Ritratti di umanisti

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Biblioteca Sansoni

Eugenio Garin Ritratti di umanisti

Sansoni

Copyright O 1967 by G. C. Sansoni S.p.A., Firenze

Indice

p. 7

Avvertenza

I.

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

9

II.

Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

41

III.

Guarino veronese e la cultura a Ferrara

69

IV.

Filippo Beroaldo il vecchio e il suo insegnamento bolognese

107

Poliziano e il suo ambiente

131

Girolamo Savonarola

163

Giovanni Pico della Mirandola

185

v. VI. VII.

Indice dei

nomi

219

5

Avvertenza

Sono qui riuniti, aggiornati nella bibliografia, e talora ar­ ricchiti di documenti ignoti, sette profili di grandi figure del Quattrocento, intorno a cui si annodano e si addensano eventi personaggi non banali 1•

e

Dei ritratti è stato detto, con ironia, che se « rispondono un costume e a una richiesta, e tributano omaggio all'im­ portanza attribuita agli individui », possono anche essere do­ a

vuti « alla paura di affrontare campi illimitati o a mancanza di immaginazione creativa ». Chiunque abbia esperienza di ricerche storiche sa bene come istituzioni, avvenimenti, idee, sembrino a volte più del consueto quasi condensarsi e pren­ der consistenza « nei pensieri e sentimenti degli uomini », e non esaurirsi in « cose universali e generalizzate ». Cercare di ripresentare quegli uomini non è certo agevole, ma tentar/o val bene la pena. E. G.

l I primi sei ritratti furono inclusi nel volume La cultura filosofica del Rina­ pubblicato nel 1961 dalla Casa Editrice Sansoni. Il settimo, edito nel '63 a cura del Comune di Mirandola, è qui riprodotto col liberale consenso di quella Amministrazione_

scimento italiano,

I.

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

Sum pius Aeneas; fama super aethera notus: a Virgilio e al suo eroe, e non al santo pontefice Pio I , per concorde opi­ nione Enea Silvio Piccolomini avrebbe pensato il 19 agosto 1458, allorché, dopo una serie di incontri drammatici e di in­ trighi vergognosi, i voti dei cardinali vennero convergendo su di lui, e, compiuta la scelta, gli venne chiesto quale nome in­ tendesse prendere come pontefice 1• La cosa non è senza signi­ ficato . A sua confessione gli avversari in conclave gli avevano l Aeneid. I, 378. Cfr. G. VorGT, Enea Silvio de' Piccolomini als Papst Pius der Zweite und seine Zeitalter, III, Berlin 1863, p. 11 [per la maggior letteratura su Pio II può vedersi la bibliografia in appendice allo studio di G. B iiKC K , Selbst­ d��rstellung und Personenbildnis bei Enea Silvio Piccolomini (Pius II), B ase! und Stuttgart 1956, pp. 155-60, e, soprattutto, BEKTIIE WIDMER, Enea Silvio Pic­

colomini Papst Pius II. Biographie und ausgewiihlte Texte aus seinen Schri/ten, Basel-Stuttgart 1960. Fm le bpere d'insieme, oltre il Gregorovius e il secondo vo­ lume della Storia dei Papi del PASTOR, tr. it., Roma 1925, cfr. A. WEISS, Aeneas Sylvius als Papst Pius II. Sein Leben und Einfluss auf die literarische Kultur Deutsclands, Graz 1897; W. BouLTING, Aeneas Silvius Orator, Man of Letters, Statesman and Pope, London 1908; C. A. AJJY, Pius II the Humanist Pope, London 1913; THEA BUYKEN, Enea Silvio Piccolomini. Sein Leben und Werden bis xum Epis!copat, Bonn und Koln 1931; G. PAPARELLI, Enea Silvio Piccolomini (Pio 11), Bari 1950]. Per le opere del Piccolornini le citazioni sono fatte sulle edi­ zioni seguenti: Opera, Basilea 1551; Commentarii, Rornae 1584 (integrati da Cu­ GNONI, Opera inedita, «Atti R. A ce . Lincei », 1882-83, Memorie Class. Se. Morali Storiche e Filos., serie III, vol. VIII, Roma 1883; G. LESCA, I «commentarti rerum memorabilium, quae temporibus suis contigerunt,. d'Enea Silvio de' Pic­ colomini. . . , « Annali della R. Scuola Normale Superiore di Pisa,., X, 1894); Der Brie/wechsel, ed. R. Wolkan, « Fontes Rerum Austriacarum » 61, 62, 67, 68, Wien 1909-18; Libellus dialogorum etc., in A. F. Ko L LAR, Analecta monumentorum omnis aevi Vindobonensia, Vienna 1762, II, 691-791; Historia Friderici III Imperatoris, in ibid., 1-550; Chrysis, ed. l. SANEsr, Firenze 1941.

Ritratti di umanisti

rimproverato le passate debolezze poetiche . « Vogliamo met­ tere un poeta sulla cattedra di San Pietro? vogliamo governare la Chiesa secondo le istituzioni pagane? » erano gli interroga­ tivi sussurrati dal cardinale di Rouen, che pretendeva di essere eletto ad ogni costo . Il Piccolomini, di rimando, ripeteva, a chi lo invitava a cedere al concorrente per averne in cambio de­ naro e favori : « Tu dici che [se riesce] non mi favorirà, che non mi darà quattrini, che non mi aiuterà ; che sarò tor­ mentato dalla miseria. La povertà non è dura a chi ci è av­ vezzo ; ho vissuto fin qui poveramente ; che male c' è se morirò povero? non mi toglierà le Muse che sono più dolci quando scarsa è la fortuna » 2• L'insistenza non è priva di valore nelle pagine di un uomo che sostenne sempre che la cultura, la nuova cultura formata allo studio degli antichi , aveva un'importanza centrale per la vita politica. Proprio il Piccolomini, infatti, loda Firenze per essersi servita di cancellieri dotti , ed è lui che ricorda con energia l'efficacia singolare delle epistole di Coluccia Salutati. Per lui il sapere, inteso come sapere « umano » , ossia lette­ rario e morale, nel campo delle scienze del discorso e della condotta, è fondamento per ogni attività politica. Per lui, come per Guarino da Verona che ben conosceva, chi ha re­ sponsabilità di governo deve essere esperto nelle discipline morali, ossia in quelle « arti » mondane che, insegnate con i metodi nuovi ispirati ai maestri di Grecia e di Roma, erano venute occupando una posizione privilegiata così nell'enciclo­ pedia delle scienze come nella formazione delle classi dirigenti . Proprio scegliendo quel nome il Piccolomini ribadiva una precisa continuità fra la propria attività di dotto e la funzione di capo della Chiesa : oltre le rinuncie e le ritrattazioni, pro­ clamava apertamente che sulla cattedra di San Pietro era sa2 Cfr. Prosa/ori latini del Quattrocento, Milano-Napoli 1952, p. 668 sgg., ove il testo è riprodotto secondo il Cugnoni (ma tenendo conto delle varianti indicate dal Pastor ).

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

lito l'alunno delle Muse, l'umanista, il poeta. Non a caso le testimonianze citate sopra sono tratte dalle pagine stesse del Pontefice, da quelle sue memorie che costituiscono probabil­ mente il suo capolavoro letterario, e sono certo un docum ento fra i più sconcertanti della nostra letteratura. I commentarii, stesi dal Pontefice dopo l'elezione, e condotti fino agli ultimi giorni della vita, come è noto furono pubblicati a più d'un secolo dalla morte, nel 1 584 , dall'arcivescovo di Siena Fran­ cesco Bandini Piccolomini, il quale non si contentò di presen­ tarli come opera di Giovanni Gabellino, un tedesco familiare di Pio I I , ma li mutilò e alterò sistematicamente, espungendone i testi più scandalosi, e modificandone minutamente lo stile. Chi voglia toccare con mano, in un esempio impressionante, certa chiusura della Controriforma; chi voglia vedere a luce meridiana il distacco fra la rivoluzione culturale del Quattro­ cento e la reazione postridentina, non ha che da confrontare la prosa originale, agile, crudelmente spregiudicata e splendi­ damente efficace del Pontefice Pio II con l'adattamento dato alle ·stampe sul cadere del Cinquecento, falsificato fin nel nome dell'autore 3• Fra i passi soppressi del tutto c'è, naturalmente, il reso­ conto del conclave fatto da colui che ne era stato il protago­ nista. Sono pagine spietate, di una crudezza terribile. I car3 Per la preparazione dell'edizione «castrata • è molto importante l'articolo di G. B. PicoTTI, Di un manoscritto bolognese de' « Commentarii » di Pio II, estr. da «L'Archiginnasio», IX, 1915 (cfr., dello stesso Picotti , La pubblicazione e i primi effetti della « Execrabilis,. di Pio II, « Arch, della R. Società Romana di Storia Patria •, XXXV I I, 1914 ) . Il Picotti (il cui saggio è ora raccolto nel vol. Ri­ cerche umanistiche, Firenze 1955, p. 239 sgg.) efficacemente sottolinea lo scempio opera to dal Bandini, la sua consapevole « menzogna • ( p . 244: « servilità e paura infiacchivano gli animi • ), il v il e ossequio ai potenti che lo induce a correzioni «or ridevoli, or fastidiose •· E tra l e « ridevoli » ricorda « le latrine , dove s'era­ no raccolti i fautori del Cardi nale di Rouen •, che « divengono un luogo insolito o, poco pi ù innanzi, un luogo segreto •· Del resto tutto il saggio del Picotti è esemplare per illustrare al limite le manipolazioni operate a volte sui testi del Quattrocento. L'espressione Castratura Commentariorum Aeneae Silvii è nel ms. 1320 della Nazionale di Roma (già Sessoriano 262, su cui dr. PICOTTI , op. cit., p. 240, n. 2), ch e contiene i luoghi soppressi.

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dinali ci appaiono o deboli e vili , o avidi e prepotenti. Audaci e tracotanti gli uni , desiderosi di onori e di denaro gli altri, pronti tutti a vendere e a comprare «senza Cristo la veste di Cristo ». Scrive il Piccolomini: «Una gran quantità di car­ dinali si riunirono nelle latrine e là, come in luogo conve­ nientemente segreto e appartato, si accordarono sul modo di eleggere Guglielmo [di Estouteville] e si impegnarono per scritto e con giuramento. Allora Guglielmo, fidandosi, comin­ ciò subito a promettere cariche, magistrature ed onori, e di­ stribul le diocesi. Il luogo era degno dell'elezione di tale papa; dove meglio che nelle latrine si possono stipulare sozze convenzioni? ». I mercanteggiamenti, i ricatti, le minacce, le debolezze, s'inseguono nella lucida prosa di Pio I I : la Chiesa di Cristo trasformata in «una spelonca di banditi e in un lupanare di prostitute » - per usare i suoi termini - fa da sfondo ai contrasti di quella notte drammatica. Il Piccolo­ mini incalza i cardinali : «Il romano pontefice è scelto da Dio e non dagli uomini. Tu, se sei cristiano, non eleggerai come vicario di Cristo colui che sai creatura del demonio ». Ma più terribile di ogni invettiva è la candida risposta di Rodrigo Borgia. Avendolo incontrato Enea sul far del giorno, e aven­ dogli chiesto se si fosse venduto anche lui : «e cosa vuoi che facessi? - gli rispose. - La cosa è risolta. Si sono riuniti in molti in latrina ; hanno stabilito di eleggerlo. Io non intendo rimanere con pochi fuori della grazia del nuovo pontefice. Sto dalla parte del vincitore e penso ai casi miei. Non voglio per­ dere la cancelleria ; ho già avuto una carta con la promessa scritta. Se non gli dessi il voto, gli altri lo eleggerebbero ugual­ mente ed io perderei il posto ». In realtà dietro la somma di intrighi, di bassezze e di viltà che agitavano quegli uomini non egregi anche se collocati in posto egregio, premevano gli interessi e le discordie delle gran­ di potenze italiane ed europee in un momento drammatico : la casa d'Ang iò contro quella d'Aragona per la questione di Na-

12

RJtratto di Enea Silvio Piccolomini

poli; le rivalità con Venezia ; l'eterna crisi dell'Impero, e, su tutto, l'avanzata di Maometto II, favorita dai contrasti fra gli stati cristiani, che a gara cercavano di servirsi del Turco per eliminare i propri nemici. In quell'ora tragica sembrava ne­ cessario un pontefice energico, privo di scrupoli, pronto a tutto. Fu quello che, a elezione avvenuta, confessò il cardinal Bes­ sarione, il grande Giovanni Bessarione, a nome di quanti avevano sostenuto l' Estouteville. «La Chiesa ha bisogno di un capo attivo, capace di correr dovunque per fronteggiare il pericolo turco ». Il Piccolomini a 53 anni era un vecchio, e un vecchio malato. Non senza ironia, rispondendo al Bessarione che aveva alluso alla sua gotta, dichiarò di rallegrarsi del fatto che l'unico difetto che gli avevano trovato gli avversari fosse un difetto ai piedi : «existimasti , o Nicaene.... de nobis longe melius quam nos ipsi, qui nobis pedum defectum tan­ tumm odo attribuisti » 4• Eppure, vecchio, malato e stanco , Pio I I aveva come nessun altro la ferma volontà di attuare proprio quello che era il sogno del Cardinal Niceno : la lotta contro il Turco e la riconquista dell'impero bizantino. Que­ st'uomo spregiudicato, senza illusioni sui suoi simili , fossero laici o chierici, principi o cardinali; quest'uomo esperto d'ogni paese e d'ogni costume, che aveva goduto la vita in ogni sua possibilità e che aveva soddisfatto con pienezza tutte le sue passioni, ora, al tramonto, si accingeva a battersi con ogni sua forza per una grande crociata contro l' Islam. Era uno strano approdo dopo tante tempeste. Cardinale da appena venti mesi, il Piccolomini aveva avuto una carriera movimentata. Nato il 1 8 ottobre 1 405 a Corsig nano in Val d'Orcia, aveva lasciato diciottenne il suo paese per Siena, ave ·completò i suoi studi e cominciò le sue avventure. Dire dei suoi maestri ed amici non è difficile, anche se è difficile fissare gli incontri, e i termini precisi degli insegnamenti. Ma qualche 4

CommenttUii, p. 55 a.

Ritratti di umanisti

nome può essere indicativo : Andrea Biglia, Gregorio da Spo­ leto, Mariano Sozzini, e, probabilmente, Francesco Filelfo fra i maestri ; il Panormita, il Poggio, il Bruni, il Guarino, l'Auri­ spa fra gli amici . Sui rapporti col Filelfo il discorso dovrebbe essere ben lungo; già sul modo e il luogo dell'insegnamento i dubbi non sono pochi . Filelfo, più tardi, esigendone com'era sua consuetudine quattrini e protezione, e non essendone sod­ disfatto, lo accusò dopo morto d 'ingratitudine. E quanto al Panormita, come non sottolineare l'incontro con lo scrittore forse più licenzioso di tutto il secolo, squisito nei versi e gran signore in tutto, anche nei vizi? Certo è al Panormita che vien fatto di pensare leggendo, di Enea Silvio, la non casta Chrysis, e, soprattutto, la storia in forma epistolare de duobus amantibus, composta nel '44, che si ha torto a defi­ nire boccaccesca, percorsa com'è da una nota costante di malinconia. Alla virtù della castità Enea non ambiva : « plures vidi amavique foeminas », confessò una volta. La lettera ad Andreuccio Petrucci, del ' 3 2 , ov' è la bella descrizione di Ge­ nova « paradiso di donne » (paradisus foeminarum ) , se ha una marina che può ricordare un'altra celebre marina veneta del Petrarca, ha, nel compiaciuto attardarsi sulle seduzioni femminili, la grazia di una pagina famosa del Poggio, ma fatta carica di sensualità, meno visiva, e tutta piena di morbidezze voluttuose 5• I richiami al Poggio, e, oltre Poggio, a tutta una tradizione epistolare fino a Petrarca, non sono a caso . In questi suoi primi scritti il Piccolomini, più di quanto non si sia forse rilevato, si 5 Brie/wechsel, ed. Wolkan, I, 1, p. 7 sgg . La lettera, cui si allude oltre, del Petrarca, è delle Senili, a Francesco Bruni, del 9 aprile 1363 (tr. Fracassetti, Fi ­ renze 1892, vol. I, p. 104 sgg.). Alle navi «ad instar montium ingentes • di Enea Silvio corrisponde l'immagine di Petrarca: « se tu la vedessi, diresti non esser quel­ la una nave, ma una montagna natante sul mare •; alle sponde marmoree del­ l'uno corrispondono, dell'altro, i marmorei palazzi che si levano dal mare. Il Piccolomini ha in mente Venezia, e conclude: «multo tamen nobilior Janua quam Venetia ... •· Un'analisi, in questa direzione, dei modelli « umanistici • da Petrarca a Poggio, sarebbe fruttuosa.

I4

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

modella su una tradizione illustre che nelle lettere cercò il mezzo espressivo più adatto a un nuovo modo di vivere e di sentire. La lettera è, insieme, pagina di diario, breve saggio, opuscolo morale; segue l'approfondirsi della vita interiore nel suo mobile ritmo temporale, ma senza staccarla dalle cose, cercando una continuità sfumata fra gli orizzonti del pensiero e quelli della natura. Petrarca, dopo una notte di meditazioni consegnate a un'epistola, s'affaccia sulla laguna alle prime luci dell'alba e vede una nave in vda verso l'oriente staccarsi mac:;stosa dalla riva degli Schiavoni. Sentimenti e idee si fon­ dono con torri, palazzi, colori della laguna, sfumature del cielo. Il mondo del nord, nevi, castelli, boschi, nudi femmi­ nili, cardinali in concilio, martiri sul rogo, vive nella prosa di Poggio in un'armonia singolare che rende in forma nuova un'attenzione sottile rivolta alla varietà dell'esperienza ove tutto è colto nella sua risonanza umana, e ogni modo del sentire è visto nel suo prolungamento fra le cose, in una voluta pacifìcazione col mondo. La natura, curiosamente ritrovata in tutti i suoi aspetti riposti e lontani, è come investita da una carica di appassionamento verginale per un'unione col tutto in un'atmosfera di corrispondenze gioiosamente scoperte. Le lettere di Ciriaco d'Ancona, che si continuano nei diari, sono esemplari di questo fondersi di cultura raffinata e di viva sen­ sibilità: qua un incontro e un discorso filosofico dove sor­ geva l'antica Sparta, e dove la filosofia ellenica rivive in Ge­ misto; là un'epigrafe trascritta, il mare in tempesta, un mer­ cato orientale, i coccodrilli del Nilo. Enea Silvio ha certo presenti i paesaggi del Bracciolini: alle giornate di Costanza fanno voluto riscontro quelle di Basilea. Ma come l'impegno politico e religioso già nell'impeto polemico sembra opporsi alla più distaccata curiosità del dotto ricercatore di codici, cosl il senso della temporalità delle cose, della loro mutevo­ lezza e varietà, dei casi della fortuna, assume una profondità diversa. Il letteratissimo Piccolomini tende molto presto a far

RJtratti di umanisti

convergere le varie componenti della propria vita traducendole in una prosa ove il mosaico finissimo di citazioni degli antichi e di allusioni ai moderni si fa cosa originale, oltre ogni imita­ zione e reminiscenza dotta. E, forse, è proprio questo senso del mutevole, del temporale, dell'umano avvicendarsi, che co­ stituisce sempre più il timbro schietto della sua opera. Lad­ dove Poggio indulge alla riflessione astratta, Enea Silvio inse­ risce la ricchezza di una serie di immagini: nel paesaggio ro­ mano una serpe che si snoda flessuosa fra le rovine di un antico palazzo evoca in trasparenza le stanze di antiche regine; il cader delle cose non è collocato nel giro di un'esortazione morale; è vissuto nella sua struggente malinconia. La rozzezza barbarica si distende non in un'invettiva, ma, al centro del­ l'epistola sull'educazione del principe, nella presentazione di nobili a banchetto che si riempiono goffamente di cibi e di bevande. Domani gli intrighi dei cardinali francesi, più che a parole roventi di biasimo, saranno consegnati a quegl'incontri notturni, ove il motivo dell'obliquità, che si nasconde avvolta di turpitudine vergognosa, si incentra in quell'insistenza sugli andirivieni nei corridoi pieni d'ombra, sul luogo turpe scelto per le riunioni, intorno al quale la prosa dei Commentarii batte in modo ossessivo. Così nel famoso romanzo epistolare i toni voluttuosi sono legati all'evocazione della decadenza fisica, mentre l'inizio e la fine incorniciano di vecchiezza e di morte la sensualità più accesa. Non conviene a uomo di quarant'anni raccontare storie d'amore a un cinquantenne: « troverai dei vecchi innamorati, mai dei vecchi amati; donne mature e fanciulle fuggono la vecchiezza» ( invenies tamen et aliquos amantes senes, ama­ tum nullum, nam et matronis est et p uellis desp ectum senium ). Il moralismo non è finto, né il tono è di « ammiccante galan­ teria», come a qualcuno è sembrato 6• Quel battere sulle pene 6 Al PAPARELLI, op. cit., p. 93 (il quale parLi di « morbida galanteria» e miccanti allusioni », ma &iustamente rileva anche « Li vaga tristezza » ) .

« am­

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

e le gioie dell'amore sensuale che penetra e vince gli spiriti, quel congiungere amplessi e lacrime, intrighi ingenuità e ma­ lizie, è la traduzione felice di una vita ricca e appassionata, che viene filtrandosi nella riflessione e nell'espressione lette­ raria. «Ho descritto, non ho immaginato; son cose vere. An­ che tu hai amato poiché eri un uomo. Chi non ha mai provato il fuoco d'amore è pietra o bestia. Sappiamo bene che l'ardente fiamma ha percorso anche le midolle degli dèi » (Scrip si, non

finxi. Res acta est .... Tu etiam op eram amori dedisti .... Homo enim fueras. Qui nunquam sensit amoris ignem aut lap is est aut bestia. Isse nanque vel p er deorum medullas, non lateat, igneam favillam) 7• Nei suoi scritti studiatissimi si manifesta in pieno l'uomo che nel ' 3 1 al seguito del Cardinal Domenico Capranica, ve­ scovo di Fermo, s'era avviato a Basilea al Concilio, ove il con­ flitto con Eugenio IV doveva sboccare nello scisma. L'opera del Piccolomini nel periodo di Basilea, i suoi scritti in difesa dell'autorità conciliare contro il Papa, il suo atteggiamento nei riguardi di Felice V, i suoi viaggi fino nella lontana Scozia, vorrebbero una minuta analisi. Da un lato si riassume in lui l'urto più grave, prima della Riforma, in seno alla Chiesa di Roma. Non a caso il de gestis Basiliensis Concilii, del ' 4 0 , poi ritrattato, nel '50 , nell'epistola al Carvajal de rebus Basileae gestis stante vel dissoluto Concilio, fu incluso nelle raccolte antipapali della più accesa pubblicistica protestante 8 • La tesi conciliare, repubblicana, trovò nel Piccolomini un fervido so­ stenitore. Eugenio ha scosso la chiesa ut ventus arundinem; l' ha percossa e battuta fin nelle fondamenta. Di contro si 7

Cosl nella lettera a Kaspar Schlick, del '44 (ed. WoLKAN, I, l, pp. 394-5).

E questo concorda col rilievo del SANESI sulla Chrysis, p. 28 dell'introd., su " come

egli tenesse costantemente fisso l'occhio e il pensiero all'ossetvazione e alla rappre· sentazione della realtà e della vita ». Meno convincente il Sanesi quando propende a stabilire una netta successione di tempi fra " la frivola e spensierata sensualità » del commediografo e novelliere, e l'attività politica e religiosa più impegnata. 8 Fasciculus rerum expetendarum et fugiendarum (editus ab 0RTHUINO GRATIO ... Co/oniae 1535, e ristampato dal BROWN, Londini 1690).

Ritratti di umanisti

leva la maestà del Concilio che elegge Amedeo di Savoia : « o integerrimam fraternitatem ; o verum orbis terrarum senatum ; quam pulchra, quam suavis, quam devota res fuit, hic cele­ brantes episcopos, illic orantes abbates, alibi vero doctores divinas legentes historias audire, et unum ad lumen candelae scribentem cernere, alium vero grande aliquid meditantem in­ tueri! ». Enea Silvio sacrifìcherà più tardi la sua fede repub­ blicana, e condannerà in un testo famoso, la bolla Execrabilis del 19 gennaio 1460 , la tesi conciliare ; ma non ritroverà più gli accenti caldi della sua giovinezza . Nei padri scismatici di Basilea aveva visto il senato del mondo ; fatto monarchico si divertirà a dipingere con sarcasmo dantesco i cardinali di Santa Romana Chiesa riuniti nel conclave dal quale doveva uscire vicario di Cristo proprio lui . Il rifìuto delle sue posi­ zioni si rovescia in una visione disincantata dei grandi della Chiesa. La fiducia negli uomini lo aveva fatto aderire da gio­ vane alla tesi conciliare ; la adesione alla tesi monarchica si accompagna con una sfiducia disperata velata appena di aspr a ironia. S i direbbe che, d i fronte alla corruzione generale e all 'in­ capacità diffusa, possa sopravvivere solo un atto di abbandono a misteriosi disegni non umani, allo Spirito che scende come vuole e dove vuole, per vie incomprensibili e ignote. Nei tempi di Basilea si inserisce il fortunoso viaggio in Scozia . Dopo un complesso di vicende movimentate che l 'aveva riportato in I talia, Enea era passato al servizio del cardinal Niccolò Albergati, e al suo seguito si avviò ad Arras dove do­ vevano svolgersi le trattative per la pace fra Francia e Inghil­ terra a conclusione della guerra dei Cento anni . Oltre il San Bernardo, visitò a Ripaglia il piacevole eremitaggio di Amedeo VII I , e attraverso Basilea , lungo il Reno, oltre Strasburgo, Spira, Worms, Magonza, Coblenza, per Aquisgra­ na, Liegi e Lovanio, raggiunse Arras. Da Arras è inviato presso il re di Scozia in missione segreta . Delle avventure di viaggio del Piccolomini è, questa, una delle più singolari:

!8

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

agente segreto e, insieme, ambasciatore straordinario in terre barbare e lontane, in mezzo a tempeste di mare che Io spin­ gono alle rive norvegesi, fra climi insopportabili, oscillazioni politiche e rovesciamenti di situazioni che trasformano da un momento all'altro in paese nemico una terra già accogliente ; fra fughe, travestimenti, ansie d'ogni sorta , Enea Silvio resta l'uomo colto, curioso di codici antichi a Londra, di strani co­ stumi in Scozia, di fenomeni naturali e di abitudini di corte . Le sue note di viaggio conservano i plumbei paesaggi nordici, i boschi, le rocce, le nevi , il mare infuriato , le scene di corte, e i soliti ricordi di donne : « donne pallide e belle, pronte all'amore ; baci di donne hanno là minor peso che da noi una stretta di mano » (feminas albas, venustas atque in Venerem

proclives; basiationes feminarum minoris illic esse quam ma­ nus in Italia tractationes) 9• Il castigato arcivescovo Bandini fu costretto a tagliare spesso in queste pagine ; ad espun­ gere, fra l'altro, l'episodio delle giovinette scozzesi che accom­ pagnarono Enea al suo giaciglio « dormiturae secum ... , si ro­ garentur ». Il Pontefice, perché ormai era Pio II che tornava agli antichi ricordi, si era contentato di dire che, quella notte, era in somno gravatum, e nullus ei tunc libidinis stimulus erat ; per di più aveva una gran paura dei briganti . E allora, con la mente più ai briganti che alle donne, rimandò le ragazze che se ne andarono murmurantes ( non tam feminas quam

latrones mente volvens, quos iam timebat affare, puellas a se murmurantes reiecit), e dorml solo inter capras et vaccas. Non gli capitò nulla, e considerò la salvezza continentiae prae­ mium 10• Era nato « geografo » , nel senso più ricco del termine : cu­ rioso dell'incontro fra l'uomo e la terra, del vincolo fra la storia e il suo ambiente, fra le città e gli abitanti, fra i luoghi e la vita che vi si svolge . Dalla descrizione letteraria e com9 Commentarii, p. 6 a. IO Il testo integrale in LESCA, op. cit., pp. 33-4.

19

Ritratti di umanisti

posta di Poggio , certo imitato in talune epistole, egli passa alla grande opera geografica, ma non limitandosi mai a isolare e descrivere la cornice naturale degli avvenimenti, anzi delle opere degli uomini. Guarda a Plinio e a Strabone, cari ai suoi amici più cari, al Guarino, per esempio. Ma la terra è mutata attraverso tanta storia. E i popoli, le guerre, le migrazioni, le città costruite e distrutte, i costumi: tutto con­ verge nella visione di questo nostro mondo nel suo proces so:

historia

rerum

ubique

gestarum

locorumque

descriptio.

L'opera non fu scritta: troppo ambizioso il disegno. Ma i capitoli che ne restano come saggi più o meno autonomi, dalla Germania all' Europa, all'Asia cui attenderà durante if pontificato, sono frammenti singolari di una costruzione im­ ponente, ove l'accento batte sul tempo che scorre anche per le cose, nella consapevolezza che mari, fiumi, monti, boschi, più che orizzonte dell'opera umana sono in realtà proprio essi iscritti nella trama dei rapporti degli uomini, e indisgiun­ gibilmente connessi alla loro storia, che non solo muta volto alle città, ma si lega indissolubilmente alla terra. Oltre l'imi­ tazione di grandi modelli antichi, c' è, in questa ricerca sto­ rico-scientifica di Enea, tanta curiosità nuova, tanta ansia di conoscere e di fare, che fa comprendere come, fra i libri an­ notati da Cristoforo Colombo, con il classico Plinio si tt"ovi il quasi contemporaneo Piccolomini. In mezzo a guerre, in· trighi e crociate, fra Mussulmani che avanzano e Cristiani che fraternamente si ammazzano, fra dispute di teologi e di giuristi, Enea Silvio intende rendersi conto del generarsi delle situazioni e degli eventi; dei costumi e della natura: e di tutta la natura tesser la storia. Martino Meyr gli scrive della Germania impoverita dalla rapacità di Roma; ed ecco la ri­ sposta nella descriptio de situ, ritu, moribus et conditione Germaniae. « Tu dici che la Germania, un tempo ricchissima e potentissima, è stata ridotta alla miseria e all'impotenza dalla rapacità della Curia romana. Non siamo affa tto d'accordo. La

20

Ritratto di Enea Silvio Piccolomim

nazione germanica non è né povera né debole né.... schiava. Per dimostrarlo meglio, mostreremo prima di tutto quale fosse un tempo e quale sia ora: si potrà constatare in tal modo che mai la Germania ebbe altrettanta potenza .... Risaliamo dunque all'antichità ... ». Così la dimostrazione si articola nello sviluppo storico, dai tempi romani in poi, con una descrizione che tocca delle varie forme nella vita dei popoli, delle loro consuetudini, delle istituzioni, delle città, dei prodotti. Di qui scaturisce la conclusione, con tutti i suoi agganci politici: «Se qualcuno [degli antichi] potesse parlare, lo sentirem­ mo certamente rifìutarsi di riconoscere la Germania in questa terra ridente; tutti negherebbero di essere nati in un paese ricco di gentilezza e di cultura... Tutti, se per caso uscissero dal sepolcro, levando gli occhi scorgendo l'Orsa e i Trioni e Cinosura, riconoscerebbero il cielo e gli astri sotto cui nac­ quero; ma poi guardando la terra, le città fiorenti, i pacifici costumi, l'agricoltura, i sacri riti, direbbero che non è quella la loro patria perché non ne riconoscerebbero il volto » 11• E consuetudine collocare ancora sotto il segno della « reto­ rica » e della « imitazione » , entrambe molto genericamente intese, gran parte della produzione « umanistica » , e in par­ ticolare la storia. Per dir solo di un autore che al Piccolomini fu caro, e gli fu certo in più cose modello, il Bruni, la Storia del popolo fiorentino, nonostante l'equivoco giudizio del Cro­ ce, è in realtà un gran libro, e non solo per la profonda pas­ sione civile che lo anima, ma per la saldezza della documen­ tazione di prima mano, per l'esperienza e l'impegno politico dell'autore, per la competenza che risalta ad ogni momento. Enea Silvio non è minore dell'Aretino: le grandi opere sto­ rico-geografiche, le monografìe storiche, le discussioni politi­ che, sono intessute di esperienze dirette, di conoscenze pro11 Dalla versione, leggermente modificata, del PAPARELLI, Firenze 1949 (col testo fronte). Ma sull'arretratezza culturale di Vienna cfr. Hist. Frid. III imp., ed. KoLLAR, c. 11: « studentes ipsi voluptati operam praebent, vini cibique avidi, pauci

a

emergunt docti ... ,. ,

2I

Ritratti di umanisti

fonde, e animate dall ' interesse di chi ai grandi avvenimenti è abituato ad assistere da posizioni eminenti, o a partecipare. L ' incontro di politica e s toria, di cultura e azione, di letture antiche e di esperienze moderne, caratterizza uomini che ven­ gono elaborand� nella consapevolezza critica una nuova tec­ nica del governare, e che si preoccupano di formare i dirigenti del mondo che si viene definendo in un grave momento storico . Il trattato sull'educazione altro non è che un articolato ma­ nuale ad uso di chi avrà, in qualità di principe , responsabilità di governo . E se vi si trovano inseriti perfino modelli di testi di scuola, nulla è più lontano dalla retorica di questa produ­ zione che, attraverso la consapevole elaborazione delle scienze morali nella loro dimensione storica, tende alla preparazione « scientifica » dei gruppi dirigenti per il raggiungimento del bene comune dell'umanità. Basilea, e le vicende del periodo di Basilea, maturarono singolarmente Enea Silvio . Campione della tesi conciliare , sostenitore, esaltatore e cancelliere di Felice V, nella consue­ tudine di uomini come il Cusano la sua forza polemica e la sua capacità di argomentare si nutrirono di una sostanza specu­ lativa non comune. L'apertura dei dialoghi de generalis con­ cilii authoritate, ove compare tra gl'interlocutori appunto il cardinal da Cusa, è piena di forza e di fede . « Un cristiano che voglia esser cris tiano sul serio, deve aver a cuore una cosa sopra tutte : mantenere immacolata la purezza della reli­ gione dei padri . Perciò, qualora si attenti alle tradizioni evan­ geliche, bisogna insorgere tutti, e sedare con sforzi riuniti il comune incendio. Né conviene temere che le nostre parole ci rendano odiosi, o ci suscitino contro inimicizie : e poco im­ porta se sia Paolo o Pietro colui che esce dalle vie del V an­ gelo ». Quot Philippicas, quot Verrinas Eugenii scelera pos­

sent compiere! 12 Ed. KoLLAR,

22

12•

c.

691, 7 8 3 .

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

Inviato di Felice V presso l ' Imperatore , da Francoforte a Norimberga, nell 'urto fra papa e antipapa, di fronte ai tenta­ tivi di mediazione di Federigo I I I , Enea Silvio si trova in prima linea per osservare lo sfacelo dei grandi protagonisti di molti secoli di storia. Ma quando, sul cadere del '44, si diffu se la notizia della sconfitta di Varna , il senso del crollo dell 'Occidente dovette farsi acutissimo. La Chiesa di Cristo era scossa dalle fondamenta ; dall 'Oriente l ' I slam avanzava irresistibile. Il mondo cristiano dilaniato andava in pezzi. Ques t'Europa , che è il tema intorno a cui si muovono le opere geografiche e storiche del Piccolomini , sembrava pol­ verizzarsi sotto i suoi occhi . Le forze centrifughe esplodevano dinanzi a lui ; e lui stesso le aveva alimentate. Il segreto della conversione all a « monarchia » del fiero « repubblicano » è forse tutto qui : nell'avanzata turca e nel senso di sfacelo di una lontana tradizione . Nel '46 il de or tu et authoritate Romani Imperii tentò di trasformare in programma politico quello che era ormai solo un sogno utopistico: l ' I mpero 13• L'uomo che forse come nessuno vedeva la debolezza della autorità di Federigo I I I cercava di ravvivare un ideale tra­ montato . Nello stesso tempo colui che aveva combattuto con tanta violenza per la supremazia conciliare , dopo un momento di dis taccato equilibrio si adoperava ormai per l 'unità sotto la supremazia di Eugenio IV Il 23 febbraio del '47 Eugenio moriva ; intorno a quel tempo Enea Silvio prendeva gli ordini sacri . « Satis erravi - scrive da Vienna nel marzo del '46 et nimium satis . Nunc quadragesimale adest tempus, nunc dies salutis , nunc tempus misericordie . Pone extra mentem

-

13 Lo scritto di Pio II è in forma epistolare (Epistola Enee Si/vii de Picolo­ minibus de ortu et auctoritate imperii Romani ad serenissimum et invictissimum principem et dominum, dominum Fridericum, Romanorum regem semper augustum), e fu stampato più volte ( Briefwechsel, ed . WoLKAN, II, p p . 6-24). La tesi impe­ riale è precisa: « romana regia potestas, quam sanctum imperium appellamus, ab ipsa humane nature ratione, que optima vivendi dux est, cuique omnes parere oportet, originem ducit... Omnes populi, nationes, principes, reges tuis debeant obedire mandatis ... ,.,

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Ritratti di umanisti

tuam puellam. Finge mortuam... Plenus sum, stomachatus sum, nauseam mihi Venus facit. Tum quoque et illu d verum est, languescere vires meas, canis aspersus sum, aridi nervi sunt, ossa cariosa, rugis corpus aratum est, nec ulli ego femine possum esse voluptati nec voluptatem mihi afferre femina potest » 14• Niccolò V sale sulla cattedra di San Pietro. Enea Silvio, sacerdote dal 4 marzo 1447, diventa vescovo di Trieste. Fe­ lice V antipapa fìnisce cardinale di Santa Romana Chiesa. Papi, imperatori e vescovi tessono le loro trame. Il Piccolo­ mini è nominato vescovo di Siena; Federigo III sposa Leo­ nora di Portogallo ed è incoronato. Il mondo germanico fre­ me; le rivolte si susseguono. Le fiamme corrono ovunque. Il 19 maggio 1453 cade Costantinopoli. La lettera al Cusano è traversata da un fremito d'orrore. È la res publica christian a che fìnisce: e non finisce trafitta dalla scimitarra turca; sono i tedeschi che uccidono i tedeschi, gl'italiani che distruggono gl'italiani:

«

inter finitimos viget ubique simultas, immortale

odium et male sanabile vulnus ». Enea sogna e invoca la cro­ ciata, e cerca di diffondere la nuova cultura nel mondo ger­ manico. Il 24 marzo 1455 Niccolò V muore. Callisto III gli succede. Enea diventa cardinale di Santa Sabina, e s'impegna ormai nella complicata politica italiana. Sul cadere del ' 57 muore Ladislao Postumo, il giovane re boemo per cui invano era stato scritto il trattato sull'educazione. Il 6 agosto del ' 58 si spegne Callisto III. Enea Silvio poeta è eletto capo di Santa Romana Chiesa.

Europei) aut qui nomine christiano censentur: in poco più di cinquant'anni di vita, impegnato in una attività politica di primo piano, esperto delle vicende di tutti gli stati italiani, a contatto con i sovrani di Inghilterra e di Scozia, con le cose di Francia, con l'Imperatore, con papi e antipapi, con i so14 A Giovanni Vrunt (ed. WoLKAN, II, p. 3 1 ; cfr. PAPARELLI, op. cit. p. 123, che tuttavia traduce canis aspersus s u m co n < < non sono che un cane bastonato » ) .

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

vrani e i princ1p1 dell'Impero, Pio I I aveva davanti agli occhi la fine dell'unità cristiana quale era stata concepita e realizzata nel Medioevo . Dietro i moti religiosi di Boemia , nelle aspirazioni all'indipendenza dalla Curia d'Inghilterra , Francia e Germania, nelle tesi conciliari, nella polemica sem­ pre più accesa contro la corruzione del clero , contro la disso­ lutezza degli uomini di Curia , nella rivolta contro le richieste romane di denaro , si annidavano per la cristianità minacce molto più gravi di Maometto I I . L'unione con la Chiesa grec a , trattata sotto la pressione degli avvenimenti, ma a denti s tretti, a Ferrara e a Firenze, venne paradossalmente a coincidere con una estrema tensione interna della cristianità . Pio II sapeva bene tutto questo . Quando in un disegno di riforma morale del ' 6 0 stese l'articolo de moribus curialium, la sua visione fu limpida e crudele : i curiali caccino dalle loro case scurras, histriones, ioculatores, lusores, concubini e concubine, siano multati se sono trovati cum scorto o per tabernas vinarias, o se siano sorpresi a bestemmiare Dio e i santi , e cosi via 15• Ostile ai frati , poco credulo nei miracoli , consapevole delle ragioni dei dissidi, sa bene che lo stesso indirizzo culturale per cui si è battuto tanto è un'espressione della rottura dell'unità medievale . L 'universalità delle h u ma­ nae litterae su cui Valla aveva scritto una pagina commossa non aveva più nulla a che fare con l 'unità della cultura me­ dievale . Pio II da Vienna lancerà i suoi strali contro il latino barbaro e goto ; ma nel punto stesso in cui esalterà la lingua pura di Roma raccomanderà ai principi la piena padronanza dei linguaggi volgari dei popoli da loro governati . Il moto italiano verso le humanae litterae era stato un moto d'indi­ pendenza : il recupero, contro la dominazione « gota » , della 15 Il testo fu parzialmente pubblicato dal Pastor, ma la bolla non fu mai spe­ dita. Sulla vita condotta dal Pontefi ce cfr. E. PiccOI.OMINI, Alcuni documenti ine­ diti intorno a Pio II e a Pio III, Siena 1871 (estr. dagli « Atti e Memorie della Sezione letteraria e di Storia Patria della R. Accademia dci Rozzi », n. s., vol. I).

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Ritratti di umanisti

tradizione nazionale, della storia nazionale. Il ritorno all'antico

fu sentito cosl, e cosl fu sempre sistematicamente teorizzato. Accanto all'autonomia politica era la rivendicazione di un'auto­ nomia spirituale: e proprio per questo il ritorno alla lingua e alla cultura greco-latina non fu visto in contrasto, ma anzi in connessione con lo sviluppo della cultura italiana e della lingua volgare. D'altra parte, legato a un momento di estrema raffi­ natezza e di singolare perfezione, il nuovo indirizzo culturale apparve fin da principio dotato di una forza d'espansione potente, e pose la propria candidatura a centro di gravità di una riunifìcazione europea. Ma la nuova Europa, che do­ veva rinascere sulle ceneri delle unità infrante della Chiesa e dell'Impero, era tutt'altra cosa. La nuova Chiesa era la publica dei dotti, il senato dei sapienti: quei saggi che il

res

Piccolomini aveva sognato a Basilea austeramente chini a leggere codici a lume di candela. La direzione culturale e poli­ tica dell'Europa rinata doveva esser raggiunta attraverso la consapevolezza storico-scientifica solennemente definita da Pio II nella prefazione alla nuova enciclopedia, da lui desi­ gnata sotto il segno di una geografia universale: « prudentia est quae vitam ducit; prudentiam vero multarum et magna­ rum rerum cognitio parit; quam nemo inter scriptores me­ lius historico parit » 16• La nuova ecclesia, la nuova repub­ blica cristiana, la nuova unità, si doveva cercare oltre la dissoluzione di quella antica. Così come non era il decrepito Impero che poteva aspirare a rifarsi centro di convergenza di un mondo politico in frantumi. La grandezza drammatica del Piccolomini è tutta qui: nell'aver chiuso la sua opera sulla contraddizione fra i fini a cui consapevolmente aspi­ rava, e i mezzi di cui si serviva. Quest'Europa cristiana, di cui sentiva e proclamava l'unità culturale giustificata in una unità di strutture, di configurazione naturale, di tradizioni !6

O pera, pp. 281-2.

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

storiche, non aveva più niente a che fare con le istituzioni gote » contro cui aveva scagliato i suoi strali . Quella Ger­ mania cosl mutata da essersi fatta irriconoscibile ai primi suoi figli con ciò stesso si collocava in una nuova trama di rapporti. Cosl come del tutto originale era quel Cristianesimo sotto il cui segno Maometto II avrebbe dovuto riorganizzare una nuova comunità capace di includere i popoli dell 'Oriente mediterraneo e di parte dell'Asia . Il parallelo fra Maometto II e Costantino il Grande è tra le battute più singolari e più illuminanti di Pio I I . Il quale non dubita della supe­ riorità del Sultano sui despoti di Morea , vili , infidi, inetti , spregevoli anche se cristiani. Egli sa che crudeltà e infamie infinitamente peggiori di quelle dei Turchi commettono i principi cristiani e cattolici, o fanno commettere dai sicari da loro assoldati. Sa bene che dei Turchi si servono gli stessi cristiani contro altri cristiani. Vlad , il « Voivoda del Palo » parente di Mattia Corvino di cui cercò l ' alleanza, sempre sull'orlo della diserzione , nella lotta contro la Valacchia, vinti i Turchi nell'inverno ' 6 1 -6 2 , fece impalare venticinquemila persone senza distinzione di sesso o di età , sterminando popo­ lazioni indifese e riducendo in cenere un vasto territorio otto­ mano 11• Né Ferrante d 'Aragona, che il Papa riconobbe e con cui si accordò, aveva nulla da invidiare in fatto di perfi­ dia e crudeltà ai peggiori degl 'infedeli. D'altra parte , come dimenticare l 'atroce fine di Lesbo , descritta in una lettera indirizzata proprio a Pio II dall'arcivescovo Leonardo, fug­ gito dalla prigionia mussulmana ? Mentre l 'isola era messa a sacco e gli abitanti venivano massacrati o fatti schiavi dai Turchi, Vettore Capello, al comando di una squadra veneziana di venticinque galere che avrebbe potuto distruggere quasi senza combattere le navi turche disarmate, incrociava tran­ quillamente davanti alle coste, e si rifiutava di dare asilo agli «

17 F. BABINGER, Maometto il Conquistatore e il suo tempo, Torino 1957 , p. 307

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Ritratti di umanisti

abitanti di Mitilene espugnata . E quando a I stanbul fu festeg­ giata la vittoria di Lesbo, i Fiorentini di Galata e Pera, « buo­ ni amici » del Sultano, accesero fuochi di gioia, e organizza­ rono pubbliche manifestazioni a cui parteciparono anche le navi di Firenze all'ancora nel Corno d'Oro . Non a caso gli oratori fiorentini inviati per l'elezione del nuovo pontefice sotto la guida di S . Antonino, domandarono innanzitutto di poter continuare a mandare le loro galere « nelle terre degli infedeli », magari trafficando armi 18 • Pio II conosceva bene questa realtà, ne sapeva le ragioni e ne individuava la forza. La crociata contro il Turco, che fu il programma del suo pon­ tificato fino alla morte, fu lo strumento assurdo e contraddit­ torio per restaurare un'unità e una pace che potevano essere faticosamente costruite solo per altre e diffic ili vie, e in ben diversi rapporti con quell'Oriente che avanzava minaccioso. Certo non è facile rendere oggi il senso preciso della minac­ cia turca, come non è facile ritrovare l'atmosfera di crisi spes­ so tragica di un'età che si è soliti raffigurare serena ed armo­ niosa, gioiosa e circonfusa d 'arte . Quando la notizia della caduta di Costantinopoli si diffuse nel mondo, si ebbe il senso preciso che si era giunti a una svolta della s toria. E non per­ ché era venuto a scomparire uno stato decrepito, corrot to, odiato o disprezzato in Occidente e a sua volta odiatore del­ l'Occidente, avverso anche ai tentativi di rinascita ellenica in terra di Grecia non meno che a qualsiasi accordo con la Chiesa di Roma . La caduta di Bisanzio significava che l'ultima traccia della tradizione greco-romana nella sua reincarnazione medievale era scomparsa . «Al confine tra i due continenti, dove fino allora aveva dominato quale sovrano sulla Cristia­ nità orientale il successore di Costantino il Grande, si stabi­ liva ormai il nemico ereditario della fede cristiana . . . Con buon fondamento si è qualificato l 'anno 1 45 3 quale limite del Me! [C. GuASTI], Due legazioni al Sommo Pontefice per il Comune di Firenze 8 presiedute da Sant'Antonino arcivescovo, In Firenze 1 857, p. 56.

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

dioevo » . Veramente un ciclo storico sembra concludersi in una imm ane sciagura. Racconta un cronista ottomano , che era solito accompagnare durante la ronda Maometto, che que­ sti dopo la vittoria sall sull a cupola di Santa Sofia. « Il domi­ natore del mondo - scrive Tursun Beg montò su come lo spirito di Dio . . . Dalle gallerie dei piani intermedi osservò le onde del pavimento , e salì poi sulla cupola. Quando vide che le costruzioni vicine a quelle annesse a quel forte edificio erano cadute e giacevano in rovina, egli pensò che il mondo è variabile e alla fine perirà. » . E sentenziosamente osservò : « Il ragno fa servizio di portinaio nei portici della cupola di Chosrau . Il gufo suona la musica di guardia nel palazzo di Afrasij ab » . Chi legge non può non pensare alle parole di Pio II di fronte alle rovine dei palazzi imperiali di Roma : « le serpi si snodano nelle stanze delle antiche regine » . Fra il tragico megaduca Notaras che aveva dichiarato un giorno , di fronte ai progetti d'alleanza dei Bizantini con l'Occidente, « meglio il turbante turco in città che la mitra romana », e l'inquieto Sultano, Enea Silvio era probabilmente più vicino al sultano 19•

Contro questo, ossia contro il mondo mussulmano in mar­ cia di cui sentiva tutta la forza, Pio II voleva coalizzare le forze dell'Occidente cristiano . La guerra santa avrebbe sola fatto il miracolo di placare le discordie interne, di riorganiz­ zare nell'odio di un comune nemico quell 'unità morale e poli­ tica che era ormai consunta . Appena eletto pontefice , tutta la sua attività è tesa a risolvere i contrasti pendenti fra i vari stati per giungere alla crociata. Riconosce Ferrante d 'Aragona , da un solo pensiero ossessionato : adunare u n congresso per bandire la crociata . E parte, non sa bene ancora se per Man­ tova o per Udine . Il l giugno del '59 a Mantova - i Vene­ o

ziani rifiutarono Udine - il congresso è inaugurato , ma è un 19 F . BABINGER, op. cit.

p . 60.

Ritratti di umanisti

congresso deserto , circondato da diffidenze e ostilità. Seccati i cardinali per il clima cattivo ; assenti i sovrani ; senza autorità i plenipotenziari ; avversi i Veneziani e i Fiorentini per ragioni commerciali . Solo il 26 settembre si svolge la prima seduta , in clima di sconforto, nonostante l ' impeto del Pontefice, la cui oratoria non si modella più sui classici ma sui Salmi . Ecce inimici tui sonuerunt, Et qui oderunt te extulerunt caput . Superbiunt Costantinopolitana victoria hostes tui Et, manus nostrae, inquiunt , non dominus fecit haec omni a ! Quousque patieris haec, Domine ?

Cur taces ?

cur

obdormis?

An non tibi potestas es t

Et virtus , q u a coerceas inimico s ? Et quis similis tibi i n fortibus, Domine? Magnifìcus in sancti tate, terribilis et laudabilis et faciens mirabilia , Adiuva nos, Deus , salutaris noster, Et propter gloriam nominis tui , Domine, libera nos !

20•

Il discorso di Pio II fu alto ed eloquente : « Non i nostri padri , ma noi abbiamo lasciato conquistare Costantinopoli, la capitale dell'Oriente, dai Turchi . E mentre noi ce ne stiamo a casa nostra in oziosa tranquillità, le armi di questi barbari penetrano fino al Danubio e alla Sava . Nella città dei re del­ l 'Oriente essi hanno ammazzato il successore di Costantino insieme con il suo popolo, sconsacrato i templi del Signore, abbattuto gli altari , gettate ai maiali le reliquie dei martiri, ucciso i preti , disonorato mogli e figlie, perfino le vergini con­ sacrate a Dio ; trucidati i nobili della città durante il banchetto del sultano, hanno trascinato nel loro accampamento l'imma­ gine del nostro crocifisso Salvatore con derisione e scherno al grido di ' Questo è il Dio dei cristiani ! ' e l 'hanno insozzata con fango e sputi . Tutto ciò è accaduto sotto i nostri occhi , ma noi siamo in preda a sonno profondo . Ma no, fra di noi 20

G. Bu&cK, op . cit. , p. 60 .

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

siamo capaci di combattere ; soltanto ai Turchi lasciamo fare ciò che vogliono . Per piccole cause i cristiani afferrano le armi e combattono battaglie sanguinose ; contro i Turchi , che be­ s temmiano il nostro Dio , distruggono le nostre chiese, cer­ cano di estirpare del tutto il nome cristiano, contro di loro nessuno vuole alzare un dito » 21 • L ' appello cadde nel vuoto . Molti delegati sembravano aver­ cela col Papa più che col Turco . La questione napoletana av­ velenava gli animi . Il capo della deputazione tedesca, Gre­ gorio von Heimburg da Schweinfurt attizzava le discordie . A Pio I I si rinfacciavano ironicamente i trascorsi di Enea Silvio . Venezia pretendeva il comando supremo , tutto il bot­ tino di guerra, il rimborso delle spese, 3 0 0 0 uomini per le proprie navi , 2 0 0 0 0 fanti e 5 0 0 0 0 cavalieri al confine unghe­ rese. Nel gennaio del '60 Pio I I lasciava Mantova triste e ma­ lato , dopo che le deputazioni si erano accomiatate divoran­ dosi i grassi buoi offerti al Papa dal Duca di Milano . Mao­ metto I I , probabilmente informato meglio dei cristiani delle cose di Mantova , muoveva alla conquista del despotato di Marea. A Mistra e al gruppo del Pletone i dotti italiani ave­ vano guardato come a una risorta scuola d 'Atene . Per la riscossa nazionale ellenica il filosofo aveva disegnato una reli­ gione neopagana e un 'organizzazione comunista . Ma i due despoti , Tommaso e Demetrio Paleologi , impegnati in una lotta fratricida e pronti a qualunque concessione pur di con­ servare appannaggi e privilegi, finirono entrambi miseramen­ te : Demetrio monaco ad Adrianopoli, Tommaso nell'esilio ita­ liano , pensionato del Papa, all'ospedale di Santo Spirito di Roma 22 • 21 Opera, p. 905 sgg. ( dr. BABINGER, op . cit . , p. 26 1 , da cu i si trae la versione). Cfr. la c i t . lettera al Cusano ( Opera, p. 707 ) . 22 D. A. ZAKYTIUNOS , Le despota/ grec d e Morée, l . Histoire po/itique, Paris 1932, pp . 241-97; F. MASAI, Pléthon et le p/atonisme de Mis tra, Paris 1 956.

Ritratti di umanisti

I Turchi avanzavano facilmente contro una cristianità dila­ niata discorde e corrotta, ove i ministri di Dio erano i primi a dare il cattivo esempio . Come quell'ineffabile minorita, Fra ' Lodovico d a Bologna, che riusd a truffare ben tre papi : Nic­ colò V, Callisto I I I e Pio I I . Nell 'ansia per la Crociata Pio I I nel '58 l ' aveva nominato suo nunzio pe r l'Oriente . Sul finire del '60 il frate tornò a Roma con uno stuolo di pittoreschi delegati orientali che , a sentire il « nunzio » loro unico inter­ prete autorizzato , annunciavano a nome dei loro sovrani che eserciti sconfinati erano pronti ad attaccare Maometto . Con grande spasso dei ragazzini romani , gli inviati dei misteriosi re dell 'Oriente divoravano in pubblico chili di carne, p arla­ vano poco e di rado, e giravano con straordinarie pettinature e ancor più straordinari cappelli. Dopo aver truffa to Pio I I , Fra' Lodovico andò gabbando Firenze e Venezia, un p o ' meno la Corte di Francia, fìnché, smascherato, scomparve dalla cir­ colazione e con lui si dileguò la famosa lega dei Sovrani di Oriente che aveva eccitato per mesi le fantasie e le speranze della Cristianità. Intanto alla guerra di Puglia si univano i moti romani e la ribellione contro l ' autorità papale di Fran­ cia e di Germania . Se era abbastanza agevole vincere l 'eresia di Sigismondo Malatesta, non fu altrettanto facile aver ragio­ ne di potenze contro cui poco valevano argomenti logico­ retorici e armi spirituali . Dopo la caduta di Sinope e Trebi­ sonda Pio II decise di rivolgersi direttamente al Sultano con un documento straordinario : un 'esortazione a seguire l 'esem­ pio di Costantino il Grande convertendosi alla fede cristiana : « Una piccolezza insignificante può fare di te il più grande, il più potente e il più famoso dei mortali ora viventi . Tu chiedi che cosa sia ? Non è diffi c ile trovarla , non occorre an­ dare lontano per cercarla. Si può averla dappertutto : è un po' d'acqua ( aquae pauxillum ) con cui ti fai battezzare, ti converti al Cristianesimo e accetti la fede del V angelo . Se farai questo, non ci sarà sulla faccia della terra alcun

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

principe che ti superi nella gloria o possa uguagli ar t i nella potenza. Ti nomineremo imperatore dei Greci e dell'Oriente, e ciò che ora tu hai occupato con la forza, e ingiustamente detieni, sarà allo ra tuo possedimento di diritto. Tutti i cri­ stiani ti onoreranno e faranno di te l'arbitro delle loro diver­ genze. Tutti gli oppressi si rifugeranno presso di te come presso il loro comune protettore ; da quasi tutti i paesi della terra ci si rivolgerà a te . Molti si assoggetteranno spontanea­ mente, compariranno davanti al tuo tribunale e ti paghe­ ranno imposte. Ti sarà dato di sopraffare i tiranni , di appog­ giare i buoni e di combattere i malvagi. E la Chiesa di Roma non ti si opporrà, se tu camminerai sul re tt o sentiero . L a pri­ ma sede ecclesiastica ti circonderà di amore uguale a quello degli altri re, anzi tanto più grande quanto più elevata sarà la tua posizione. A tali condizioni tu puoi conquistare facil­ mente senza lotta e senza spargimento di sangue molti regni . . . Noi non presteremmo mai aiuto ai tuoi nemici, m a ricorre­ remmo al tuo braccio contro coloro che talvolta si arrogano i diritti della Chiesa romana e sollevano le corna contro la propria madre » 23• È un testo sconcertante, e non per la parte propriamente apologetica, ove si confuta la dottrina del Corano . L'impianto dottrinale si è svelato dipendente dal Contra . . . errores perfidi Machometi del Torquemada, piuttosto che dalla Cribratio Al­ chorani che Nicola Cusano aveva dedicato all'amico pontefice , come mezz o per vincere gli infedeli. La singolarità è in quella visione sconsolata del mondo politico occidentale 24• In fondo , se si potesse dissipare l 'odio teologico , quanto meglio il Sul­ tano dei vari principi tedeschi o italiani , deboli e violenti , 23 Dall 'epistola

a 1Uometto ( BABINGER , o p . cit . , p. 30 1 ) . Un'edizione con ver· a front e , a cura di G. TOFFANIN, è uscita nel 1953 a Napoli. :M Vanno rilette l e parole del libro XIII dei Commentarii (in VoiGT , op . cit. , II, p. 367 ) : c sed omnia cedunt utilitati, nec aevo nostro honorem esse arbitranrur ,

sione

qui frucru

caret;

leqll.irur umbra

•·

potentiam

et opes

honorem

secum

trahere

putant ,

ut

corpus

Ritratti di umanisti

mancatori di fede, avidi e faziosi ! Lasci il Sultano la spada dell'Islam, e percuota con la spada di Cristo le male piante che opprimono l 'Europa : l'Europa pacificata potrà tornare in pace con l 'Oriente unificato ! Sia pure il testo pontificio uno scritto di propaganda, un manifesto e un atto d'accusa contro i potenti della cristianità . È certo un episodio ben strano che Pio I I , « nel momento stesso in cui meditava di conferire a Scander-Berg la corona reale d'Albania e pensava seriamente alla restaurazione del regno di Gerusalemme a favore del duca di Borgogna, volesse insediare il sultano degl 'infedeli Ottomani quale imperatore ortodosso dell'Orien­ te, e arbitro dell'Occidente ». Nella sua paradossalità l 'epi­ stola svela, più ancora che « l ' agitazione del mondo cristia­ no », l 'oscura consapevolezza del Pontefice che l 'unità della crociata, legata all 'unità della Chiesa e dell 'Impero , era un mito al tramonto . L 'unità e la pace del mondo non potevano essere ritrovate che al di là della grande paura di Maometto I I e dello splendido tempio pagano del violento Sigismondo Malatesta. Al di là ! in un mondo diverso, di rapporti diversi, oltre vecchi miti al tramonto . Alle crociate nessuno credeva più : e quando, di fronte all'assoggettamento della Bosnia, dinanzi all'impeto irresistibile delle forze ottomane, Venezia fu costretta a combattere per i propri interessi e per la pro­ pria salvezza , i Fiorentini non nascosero che la loro soddi­ sfazione per una guerra contro il Turco era dovuta unica­ mente alla speranza di vedere dissanguata e indebolita la città rivale. Della difesa della fede di Cristo, o dell'unità d 'Europa, ai prlncipi e alle città cristiane non importava proprio nulla . Cristo e la Chiesa, e il fronte unico contro i l Turco , poteva­ no essere buoni pretesti per raggiungere interessi molto p ar­ ticolari ; ma il Turco stesso, a volte, poteva servire quanto, anzi meglio del successore di Pietro . Di fronte a tanto realismo politico, con un gesto commo­ vente, nel marzo del ' 6 2 , malato e debole, Pio II si decide a

34

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

scendere personalmente in campo : il Vicario di Cristo offre la propria persona per la salvezza della fede . In un conci­ storo segreto del 23 settembre 1 46 3 espose il suo progetto , e la maggioranza dei cardinali l'approvò . Il 1 9 ottobre il Papa, Venezia e il duca di Borgogna strinsero per tre anni un' alleanza, impegnandosi a non fare pace separata . Ma se la bolla per la crociata ebbe un seguito popolare, le grandi potenze non si commossero . Né la fortuna arrise alle armi veneziane. Il 1 8 giugno del '64 Pio lasciò Roma diretto ver­ so Ancona dove i crociati dovevano imbarcarsi . Giunse sfi­ nito il 1 9 luglio , mentre i cardinali già pensavano al futuro conclave, né erano arrivate le galee veneziane . Quando com­ parvero la fìne era imminente . Il 1 5 agosto 1 464 spirava , quattro giorni dopo il Cusano . Immediatamente Venezia fece disarmare la squadra 25• I n faccia al mare si concludeva il suo sogno . In Marea il « pagano » Sigismondo Malatesta proprio in quei giorni at­ taccava la fortezza di Mistra per riportarne unico trofeo le ceneri di Giorgio Gemisto Pletone , perché riposassero nel « pagano » tempio di Rimini . Rimini e Ancona : il pro­ gramma politico-sociale del filosofo greco , il tempio splen­ dido dell'amore carnale , e il vecchio pontefice che, presso San Ciriaco, muore guardando impotente le « triremi » crociate , sono tre avvenimenti di un valore emblematico . E l 'umani­ sta Enea Silvio, che davanti alla eversio Europae esce solo in c ampo contro gl 'infedeli , appartiene ormai alla poesia del­ l 'Ariosto piuttosto che al ritmo solenne della Canzone d'Or­ lando . 25 A proposito della Crociata, dei rapporti con i contemporanei e della politica di Pio Il, cfr. anche : A. RATTI, Quarantadue lettere originali di Pio II relative alla guerra di successione nel reame di Napoli , « Archivio Storico Lombardo » , 30, 1903 , pp. 263-93 ; E. RrGOMERA , Papst Pius der II und der Kreuzzug gegen die Turken , Bucarest 1938; A. A. KURou , Bessarion o Ellen, voli. 2, Atene 1 947 ; E. MEUTHEN ,

Die letzen ]ahre des Nikolaus von Kues. Biographischen Untersuchungen nach neuen Quellen , Koln 1958 .

35

Ritratti di umanisti

[ Circa dieci anni sono passati dalla pubblicazione di questo scritto

( « Bullettino Senese di Storia Patria », s. I I I , 1 8 , 1 958 ), e più dalla sua stesura . La letteratura su Pio II si è molto arricchita ; la sua opera è stata celebrata a Basilea ; fra Siena e Pienza, nel maggio del '63 , è stata l'argomento di un convegno. Queste pagine, oggi, sarebbero al­ meno in parte diverse; avrebbero avuto, per lo meno, riferimenti diversi. Fra le edizioni degli scritti comparse nel frattempo giova ricordare, innanzitutto, l'inizio di una stampa dei Commentarii che riproduce il ms. Reginense 1 995 ( FRANco GAETA, Il primo libro dei « Commen­ tarii » di Pio II, L. U. Japadre, L'Aquila 1 966, con un'ampia introdu­ zione ; ma a un'edizione critica attende anche R. Ceserani ). La Chrysis ( dopo le edizioni di A. Boutemy, Bruxelles 1 9 3 9 , e del Sanesi, Firenze 1 94 1 ) è stata ristampata ( dall'ed . Sanesi ), con una versione a fronte di E. Artese, nel volume curato da VI TO PANDOLFI, Teatro goliardico del­ l'Umanesimo, Lerici, Milano 1 965, pp . 3 1 1 -44 1 . La traduzione di ALE S S ANDRO PERO S A , Teatro umanistico, Nuova Accademia, Milano 1 965, pp. 1 8 1 -2 1 8 , è opera di un filologo egregio, esperto del teatro umanistico, che già aveva discusso il testo del Sanesi (a una nuova edizione attende ora E . Cecchini, di cui v. Note sul testo della « Chry­ sis » di E. S. Piccolomini, « Rinascimento », s. I I , vol . I I I , 1 96 3 , p p . 53-7 ) . U n notevole gruppo d i Carmina, con versione a fronte, ha pubblicato L. Gualdo Rosa nel volume, curato da F. Amaldi , Poeti latini del Quattrocento, Ricciardi , Milano-Napoli 1 964, pp. 1 2 9-62 . Un 'edizione della Germania, a cura di A. Schmidt, è uscita a Colonia nel 1 9 6 2 . Fra gli scritti su Pio I I v . R . J . MITCHELL , T h e Laurels a n d the Tiara. Pope Pius II. 1 458- 1 464, Hanvill Press, London 1 9 62 ; B. Wrn­

MER , Enea Silvio Piccolomini in der sittlichen und politischen

Ent­

scheidung, Basel und Stuttgart, Helbing und Lichtenhahn 1 963 ( recen-

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini con

siti

R. Ceserani nel

molto acume da



Giornale Storico della Lette­

ratura I t aliana », 1 4 1 , 1 964, pp. 21}5-8 2 ) . Ma v. anche J. G. RoWE, The Tragedy of E. S. Piccolomini Pope Pius II, � Church History � . 1 9 6 1 , pp . 288-3 1 3 ; J. H. WmTFIELD, Aeneas Sylvius Piccolomini,

Life of Spirit ,. , 1 5 , 1 96 1 , pp. 459-7 1 ; L. M . VEIT, Pensiero e vita religiosa di Enea Silvio Piccolomini prima della consacrazione episco­



pale,

Roma 1 964 ( su cui v. F. Gaeta nell ' in troduzion e all ' ed. cit. , pp. rx-x ) ; G. ARNALDI, Ritratto di Enea Silvio Piccolomini, « Terzo Pro­ gramm a » , 1 965, III, pp . 3 6 1 - 6 ; G . CEsERANI , Pio II, « I Protago­ nisti della Storia Universale », C . E . I . , Milano 1 965. Sotto vari aspetti sono degni di nota: H . }EDIN, Bischofliches Konzil oder Kirchenparla­ ment? Ein Beitrag zur Ekklesiologie der Konzilien von Kostanz und Basel ( « Vortriige der Aeneas Silvius Stiftung an der Universitiit Base! » ,

Base! und Stuttgart, Helbing und Lichtenhahn 1 963 ; E. CARLr,

II),

Pienza. Die Umgestaltung Corsignanos durch den Bauherrn Pius II, «

Vortriige

» III, ed . cit . , 1 96 5 .

Un discorso a parte deve essere fatto per l'importante contributo

GAETA , Sulla

del

«

Lettera a Maometto II

»

di Pio II,

«

Bullettino

dell ' Istituto Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano

»,

77,

1 96 5 , p p . 1 2 7-227, con l'ed. della prima stesura dell'Epistula ( sul sag­

gio del Gaeta v.

R. Fubini, in « Rivista storica italiana » , 7 8 , 1 966,

pp . 745-7 ) . Nel 1 944 Maria Bertola segnalava Un nuovo codice di Pio II, � La Rinascita », VII, 1 944, pp. 3-16, ossia il Vat. lat. 7082 , vi sottolineava la presenza della minuta autografa della prima stesura

della famosa Epistula ( ne dava in facsimile l'inizio ) , pubblicava la mi­ nuta di una lettera di Pio al Sultano, che doveva costituire il proemio e l 'accompagnamento dell'Epistula . Era, anche questo, un testo im­

portante :

il Pontefice vi alludeva al desiderio di gloria del Sultano,

alla possibilità di trasformare la guerra in amicizia ( « ex hoste amicus fieri

� ),

all 'eventualità di discussioni e dialoghi ( « si aliquid est quod

non piane in telligis, . . . mittemus ad te si voles legatos nostros et divini iuris magistros qui omnino elucidabunt . . .

»

) . E la Bertola ( col

Vansteenberghe ) accennava all'ispirazione cusaniana ( dalla Cribratio Alchorani) dell'Epistula di Pio I I . Alla dipendenza dell Epis tula dalla Cribratio s i rifacevano nel 1 956 '

i benemeriti editori del De pace fidei R . Klibansky e H . Bascour, Lon­ dinii , In Aedibus Instituti Warburgiani, 1 956 ( « Mediaeval and Re­

naissance Studies », Suppl. I I I ), i quali affiancavano alla Cribratio appunto il De pace fidei ( « epistula illa qua Pius secundus papa Mahu­ meto regi Turcorum ut ad fidem Christianam se converteret persuadere

37

Ritratti di umanisti

temptavit , Cusani sapit doctrinam, quam Papa non solum ex Cribratione Alchorani sed etiam ex libro De pace fide i hausi t » ) .

L'affermazione degli editori cusaniani - e il Klibansky

è oggi il

più esperto conoscitore dell'opera del Cusano - sembrava trovare una sorta di conferma anche esterna nella stessa tradizione manoscritta

con l 'esempio di un codice del secolo xv di un maestro di Cracovia che non accidentalmente univa il De pace fidei e l'Epistula. Di fatto, pur nelle diffe renze,

è difficile non sentire col Klibansky una certa

convergenza di toni fra l ' Epist u la e il testo del Cusano. Basti pensare all'inno all a pax fidei in cui esce Pio I I : « O quanta esset abundantia pacis ! quanta christianae plebis exultatio !

quanta iubilatio in omni

terra ! redirent Augusta tempera, et quae poetae vocant aurea saecula renovarentur; habitaret pardus cum agno , vitulus cum leone; gladii verterentur in falces, in vomeres ac ligones rediret omne ferrum; exco­ lerentur agri, evelleretur aspera domus, terra nitesceret , vici repara­ rentur e t urbes , resurgerent tempia Deo sacrata quae ceciderunt, emer­ gerent collapsa monas teria et piena viris religiosis divis omnia laudibu s personarent torto, la

»

( Opera, Basileae 1 55 1 , p . 875). Non a caso, e n o n a

WIDMER, Enea Silvio Piccolomini, in der sittlichen und poli­

tischen Entscheidung, p. 1 38 , ha osservato : « Pax, consensus, concor­ dantia waren verwandte Begriffe » . Merito del Gaeta, oltre quello d i avere confrontato l e due reda­ zioni dell 'Epistu la pubblicando la prima , è stato quello di confortare i sostenitori della diffe renza di tono fra Pio II e Cusano individuando una delle fonti dell 'Epistu la nel Contra principales errores perfidi Machometi, composto dal Torquemada fra 1' 1 1 ottobre 1458 e il 2 2 gennaio 1459 ( « nello scrivere la Lettera a Maometto, Pio I I non ebbe sul tavolo la Cribratio del Cusano, ma il Contra errores del Tor­

quemada » ). Con tutto ciò, se è fuori dubbio l'uso che Pio II ha fatto

dei materiali fornitigli dal Torquemada ( « la parte centrale del Contra

errores è passata pressoché nello stesso ordine, perfino . . . per quel che riguarda la scelta e l'ordine delle testimonianze scritturali, nella Let­ tera » ) ; se una indiscutibile diffe renza rimane fra la pace che vuole Pio II e quella di cui discorre Cusano, non sarà male mantenere la cautela del Gaeta nel discorrere del rapporto finale fra il testo del pontefice e quelli del cardinale Cusano . A parte infatti l 'uso che Pio I I fa del Torquemada ( ordine d i argomenti, « autorità

»,

citazioni), va

tenuto presente soprattutto il fine dello scritto del Papa : nella Cribratio

-

« mentre

scrive con ragione il Gaeta - l'accessione del Sol­

dano al Cristianesimo ha un valore, diremo cosl , esemplare e pedago­ gico, la conversione di Maometto II prospettata nella Lettera ha

un

Ritratto di Enea Silvio Piccolomini

valore politico-culturale �. Attività diverse , scopi diversi, impostazione culturale divers a ; il Cusano rutto legato a una tradizione « scolastica » attinge Il i fondamenti dottrinali della sua pace, laddove Pio I I , come Valla , « inter auctores legendos », non solo non include la turba no­ voru m , ma neppure Alberto e Tommaso, rifiutahdoli in termini che ri co rdano Valla, con Valla appellandosi alla sola Scrittura e ai Padri ( giustamente il Gaeta, pp. 1 86- 1 8 7 , richiama la cosi significativa let­

tera del Piccolomini a Sigismondo d 'Austria, del 1 443 ) . Con rutto questo chi negherebbe anche le connessioni, appunto, fra Valla, Pic­ colomini e il Cusano ? Ci troviamo in un preciso ambito di problemi resi aspri dall'avan­

zata turca : è nell'arco di una politica di accordi, di « dialogo », che va collocato rutto un gruppo di « documenti » in cui rientrano non solo I'Epistula del pontefice e gli scritti del Cusano, ma anche, più t ardi, gli orientamenti di Callimaco in Polonia per accordi con i Tut· chi e per una difesa dei diritti degli Ebrei di Cracovia . !. chiaro che la lettera di Pio II va letta come quel documento politico che è, e gli scritti del Cusano vanno collocati nel loro contesto dottrinale ( della Cribratio Alchorani va tenuta presente la versione tedesca con com­ mento : Sichtung des Alkorans von Paul Naumann . Erstes Buch mit Anmerkungen von Gustav Holscher, Hamburg, Meiner, 1 943- 1 948 ; Zweites und drittes Buch, 1 946. V. anche R. H . ScHWOEBEL , Coexi­

stence, Conversio, and the Crusade against the Turks, « Srudies in the Re nais sance », 1 2 , 1 965, pp. 1 64-8 7 , p. 1 7 8 e sgg. ; MoRIMICHI WA­ TANABE, The Politica! Ideas of Nicholas of Cusa with special Reference to his « De concordantia catholica », Genève, Droz, 1 963 ). Ma se, sul terreno delle fonti, per merito del Gaeta, collocheremo ora a piè delle pagine del Pontefice tanti luoghi del Torquemada , per siruarle stori­ camente dovremo continuare ad accettare l'osservazione del Klibansky e del Bascour : Cusani sapit doctrinam ] .

39

II.

Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

l.

Paolo dal Pozzo Toscanelli, nato nel 1 3 97, morto nel 1 4 8 2, sembra accompagnare con la lunga sua vita uno dei periodi più solenni della storia di Firenze, soprattutto della storia della cultura di Firenze 1 • Quando venne alla luce, nelle case dei l Sul Toscancll i , la sua attività, le: vicende: della sua vita , resta essenziale, pur con tutte: le: inutili lungaggini c: le innumerevoli inesattezzc: , il massiccio volume di G. UZIELU , La vita e i tempi di Poolo dal Pozzo Toscanelli, Ricerche e studi, Roma , Auspice: il Ministero della Pubblica Istruzione:, 1894. L'Uzielli , a dir vero, va discor­ rendo per quasi ottocento grandi p ag ine: in folio de omnibus rebus et de quibusdam aliis; ma trova modo, sia pure in prospertivc: singolarmente deformanti , di riunire anche le poche notizie che abbiamo sul Toscanc:lli. La parte: più importante: del vo· lume: è senza dubbio costituita dal capitolo sesto, di Giovanni Celoria, il successore dello Schiaparelli alla Specola di Brc:ra, ove sono illustrate: le ricerche del Toscanelli sull e: comete. Il saggio del Cc:loria fu poi ristampato a parte ( Sulle osservazioni di co­ mete fatte da Paolo dal Pozzo Toscandli e sui lavori astronomici suoi in genere, Mi­ lano 1921 ) con una riproduzione fotografica delle: tavole toscanelliane , che nel volu­ me dell 'Uzielli comparivano invece: prive delle figure: astrologiche delle cos tellazi o ni , nella prc:occu pazionc: evidente: di c moderni= • anche: esteriormente l 'autore . I l THOilNDIKE, A History of Magie and Experimental Science , v o l . IV, New York 1934 , p. 432 sgg . , rifacendosi al Cc:loria mette in guardia di fronte alla tentazione del « mi­ to • toscanelliano, anche se , poi, resta condizionato dalla ricerca del Celoria, la quale è riprodotta, con qualche attenuazione delle parti meno felici, anche dall'ABETI ! , Storia dell'astronomia , F irenze 1949, p . 56 s gg . Ma della questione d e l Toscanelli c astrologo • si dirà largamente più oltre . Quanto allo spinoso problema di Toscanelli c precunore • di Colombo cfr . , fra l'altro, H . VIGNAUD, La lettre et la carte de Tosca­ nelli sur la roure des Indes par l'ouest. Etude critique sur l'authenticité et la valeur de ces documents et sur les rources des idées cosmographiques de Colomb, Paris 1 90 1 ; G. UZIELU, Toscanelli, Colombo e Vespucci, estr. dagli c Atti del IV Congresso Geo ­ grafico Italiano • [ 1902] ; G. UzrELLI , Antonio di Tuccio Manetti , Paolo Toscane/li , e la lunghelZQ ddle miglia nel secolo delle scoperte, c Rivista Geografica I taliana » , IX, 1902 (molto importante: per le: postille: di Antonio Manetti al ms. Conv. Soppr.

41

Ritratti di umanisti

Toscanelli di là d 'Arno, era Cancelliere il Salutati che fino a qualche ann o prima aveva avuto l'abitudine di passare quasi ogni giorno il fiume, per recarsi, non lontano di lì, a Santo Spirito, a s tudiare, meditare e discutere con Luigi Marsili, frate agostiniano a cui i rigidi costumi e le critiche crudeli alla Chiesa avevano precluso per sempre, con disappunto dei fiorentini, la dignità vescovile . Nel convento, reso sacro al sa­ pere dal ricordo dei grandi trecentisti , si erano alimentate fierezza repubblicana, serietà di studi e fervida fede . Nell ' ago­ sto del ' 9 4 il Marsili era morto ; nel ' 9 7 , proprio quando Paolo nasceva, la propaganda viscontea attaccava duramente Firenze con l'eloquente invettiva del Loschi , e Coluccio s ten­ deva, in difesa della fiorentina libertas, le sue lettere temute da Gian Galeazzo più di cavalieri in armi . Fu un duello mor­ tale, in cui la civile cultura degli umanisti fiorentini scese in campo con estrema decisione. Un grande scrittore ed uomo politico lombardo al servizio dei Visconti, confesserà di esser venuto una volta a Firenze solo per conoscere il Cancelliere che combatteva con tanto coraggio per la libertà della patria . « Cadranno in rovina, Coluccia, le mura le torri i palazzi della tua Firenze ; verrà il giorno in cui il vecchio agricoltore additerà ai nuovi coloni la terra su cui una volta sorgeva la tua città. Ma la gloria del tuo nome vivrà immortale, perché hai lottato per la patria come Camillo e Curio , Orazio Coclite e gli Scipioni , i Catoni e i Fabi » . L a profezia d i Uberto Decembrio non s ' avverò ; Firenze non cadde, e non caddero le libertà repubblicane . Quasi a consacrarne la grandezza , di lì a qualche decennio, si levava la cupola del Brunellesco , « erta sopra e cieli, ampia da co­ prire con sua ombra tucti e popoli toscani » come seri-

G . 2 . 1501, della Naz. di Firenze, in cu i si parla del Toscanelli ) ; C . DE LoLLI S , Cristo­ foro Colombo nella Leggenda e nella Storia, terza ed . , Roma 1 923 ; N. SUMIEN , La correspondance du savant Florentin Paolo dal Pozzo Toscanelli avec Christophe Colomb , Paris 1 927.

Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

verà commosso Leon Battista Alberti , del Toscanelli amicis­ simo . A ediEcarla « sanza alcuno aiuto di travature o di co­ pia di legname » contribuirono anche le ragioni matematiche che Pippo Architetto andò a imparare da Paolo fisico , dive­ nuto scienziato cosl grande da meritare , oltreché affettuosa amicizia, rispettosa venerazione di uomini come Giovanni Miille r e Niccolò da Cusa. Venuto alla luce in uno dei mo­ menti decisivi della storia degli stati italiani , nel fiore degli anni vide riuniti nella sua città, circondati di tutto lo splen­ dore dell'Oriente, i delegati al Concilio per l'unione delle Chiese ; ed ascoltò curiosamente descrizioni di terre lontane , ed offri in cambio al più venerando dei greci Giorgio Ge­ misto i sussidi di raffinate conoscenze matematiche e fisiche . Gli anni della sua vecchiaia pensosa e appartata furono anche quelli del fasto un po ' corrotto, ma vivo e rigoglioso, del Ma­ gnifico Lorenzo . Morì dopo la tragedia dei Pazzi, quando il platonismo ficiniano bello di immagini , turgido di fantasie fra orientali e barocche, era diventato la moda di artisti raffinati e di i ntellettuali decadenti, che andavano civettando con misteri ellenici e cerimonie magiche . Firenze era una grande capitale ; era p robabilmente, in quel punto, il maggior centro culturale del mondo . I dotti di Parigi, e perfino i maestri di Sorbona , aspettavano con impazienza, e salutavano con entusiasmo , le novità che venivano da Firenze . Eppure tutto questo era estra­ neo al vecchio solitario, che era stato compagno di scuola, ed amico fino all a morte, del Cusano platonico e mistico , ma con animo di mercante di spezie, innamorato di misure e numeri , non per contemplarli nei cieli di una matematica divina, ma per servirsene a far conti, a definire il cammino delle stelle che guidano i naviganti, a trarre presagi per nascite e raccolti, a calcolare l 'equilibrio delle grandi costruzioni in cui i ricchi borghesi fiorentini volevano unito il lusso al buon gusto, nella cornice di una strana pietà tesa fra Veneri sorgenti dal mare e Vergini adorate in ascetiche meditazioni .

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Ritratti di umanisti « Quelli col solo ingegno, separata ogni materia, misurano le forme delle cose ; noi, perché vogliamo le cose esser poste da vedere , per questo useremo più crassa Minerva » : sono pa­ role dell'Alberti , dette ad altro proposito, a proposito della ma­

tematica del pittore , e degli artefici in genere, in confronto alla matematica pura, considerata al di fuori di ogni corpulenta applicazione . Ma non sarebbero una cattiva epigrafe per in­ dicare la distanza fra la cultura squisitissima dei ficiniani, che guardavano con la superiorità disdegnosa di un'accademia mol­ to aristocratica perfino al tecnicismo della scienza universitaria, e un sapere nato in un mondo diverso , con propositi diversi , operoso e modesto, quasi schivo, cosi mondano , e proprio per questo cosi disincantato , spesso cosl amaro, cosl alieno dalle dolci evasioni e dai facili ottimismi . In fondo , dinanzi a una filosofia sublime, orgogliosa di assolute perfezioni, un onesto artigianato molto approssimativo scopriva l'America « per errore » , costruiva « per caso » la cupola di S anta Maria del Fiore, e calcolava le vie delle comete soltanto per migliorare con un buon oroscopo mietiture e vendemmie . Leon Battista Alberti fu grande amico di Paolo Toscanelli : a lui dedicò le Intercenali, uno dei testi più sorprendenti del secolo, un libro ancora tutto nostro , le cui pagine girarono l ' Europa , anonime, mescolate e confuse con quelle di Luciano e di Erasmo, ma a volte più belle, più gravi e profonde . Non accidentale quella dedica, anche se caratterizzata da un paral­ lelo fra medicina del corpo e medicina dell'anima, che è un luogo comune, e che ritroviamo in una più celebre dedica del Ficino a Cosimo : « Tu come gli altri medici , Paolo mio dol­ cissimo , porgi ai corpi malati medicine amare e nauseanti ; io, al contrario, in questi miei scritti, cerco di curare le malattie dello spirito con sorriso scherzoso ». In realtà non giocondo sorriso, ma un'ironia crudele, un'amarezza a volte cupa e quasi disperata, uno sconforto profondo , traversano tante di quelle pagine albertiane . Ed affettuosamente ironica dovette essere

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Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

anche un' altra dedica dell'Alberti al Toscanelli : di un'opera che non c' è giunta, e che neppure sappiamo se davvero fu scritta ; una serie di lettere immaginose e profetiche, in cui si annunciavano i casi futuri del mondo e di Firenze, vicende avvenire di principi e papi 2• Forse erano « favole », o « vi­ sioni », di quelle che piacevano tanto all'Alberti , in cui imitava ironicamente gli astrologi e i loro pronostici, non a caso man­ date anche questa volta all ' amico astrologo famoso, oltre che medico, e intento a studiare nelle comete l'imm ancabile an­ nuncio di gravi eventi futuri . Paolo non doveva prendere completamente sul serio la sua arte , anche se è difficile, di questi uomini sempre al limite fra una fede in cns1 e una scienza incerta, dire fino a che punto andassero ironizzando perfino sulle loro certezze 3 • Co2 Leonis Baptistae de Albertis V i ta , in Opere volgari , ed. BoNUccr , I, Firenze 1849, p. cxn: « e:xtant eius Epistolae ad Paulum Physicum , in quibus futuros casus patriae annos integros ante praescripsera t . . . ,._ La dedicatoria delle I ntercoenales in Opera inedita pauca separatim impressa, ed. G. MANciNI, Firenze 1890, p. 1 22 sgg .

3 Delle credenze astrologiche del Toscanelli si è discorso a lungo , e spesso a sproposito. Scriveva il Pico , Disp . adv . astro/. div . , I (ed. GAl!.IN, Firenze 1 9 46 , I , p . 60 , 5- 1 2 ) : « Paulus Florentinus , i n medicina quidem, se d praecipue i n mathema­ ticis graece latineque doctissimus, quotiens de i sta professione rogabatur, totiens in­ certam fallacemque asseverabat, affe rens inter cetera se ipsum evidens experimentum qui, cum quinque et octuaginta iam irnplesset annos , in sua tamen genitura, quam e:xaminarat diligentissime, vi talem nullam constellationem repperisset ,._ Analogamente il Ficino , nel co=ento a Platino ( Opera, II, Basileae 1 57 6 , p. 1626 ) : « Paulus Flo­ rentinus Astronomus singularis , haec ridere solebat, qui et annos vitae quinque super octoginta implevit, suam tamen genesim diligentissime contemplatu s , nihil ad aetatem conferens longam potuit invenire ,._ Nella disputatio contra indicium astrologorum ( KI.I STELLER, Suppl. ficin . , Fior . 1937, II, pp. 66-7 ) , in un testo non u tilizzato dal­ l'Uziell i , si legge : « Paulus Orticinus Florentinus, astronomus singularis et medicus, mihi dixit se ideo ab iudicando abst inuisse, quia iudicium sit difficillimum e t expe­ rimentum fallacissimum . Tot enim esse circumspicienda , ut solus sapiens naturaque forrunatus effecrum aliquem scientiae regulis praesagire valeat. Deinde effectum eius­ modi non eventurum, s i is cui eventurum predicitur sapiens fuerit. Sapientem virum temperatumque celorum effectum sepissime devitare . Adiunxit se curavisse Nicolaum Populescum p!euresi laborantem anno etatis 45, quod totum omnino predictum fue· rat ab astrologo, eumque tunc pleuresi moriturum ; tamen sua cura predictum termi­ num evasisse . Preterea affirm a vit se putare multos quotidie terminos assignatos dili­ gen t ia superare, incontinentes vero temerariosque predictiones astronomorum im· p!ere solere. De annis vero vite regulam apud astronomos haud satis certa existere . Ali as e nirn aliter in i i s procedere . Addidit se suam genesim diligentissime contem·

Ritratti di umanisti

munque è probabile che , tutto sommato, il Toscanelli prefe­ risse le dottrine di Albumasar sulle grandi congiunzioni o sui cicli della storia alle dotte dissertazioni ficiniane intorno al­ l ' anima delle stelle . Non a caso negli anni medesimi in cui il grande Marsilio stendeva la Theologia platonica, e si dilet­ tava di mistici erramenti fra mondi ideali , Cristoforo Colom­ bo trascriveva la lettera già inviata da Paolo T oscanelli nel 1 4 74 al canonico Martins per il re di Portogallo . Certi riferimenti cronologici parlano a volte un linguaggio stranamente persuasivo , e dànno un senso quasi corposo di questo mobile tessuto della vita umana che è il tempo . Nel 1 47 4 , da Firenze, Ficino annu ncia a Francesco Bandini che ha terminato la stesura del suo gran libro destinato a veder la luce nel 1 4 8 2 , l 'anno della morte del Toscanelli . Il 25 giu­ gno di quel medesimo 1 474 Paolo « fisico » spedisce al Re di Portogallo la sua carta nautica, e la non meno famosa let­ tera per una più breve via di mare verso le « spezierie » : quella lettera che Colombo trascrisse di suo pugno sul fo­ glio di guardia del suo esemplare della Historia di Pio II 4• platum nunquam invenisse vite significatorem annorumve datorem neque eam stel­ larum disposi tionem que conducere putatur ad vitam . Se tamen suos omnes etate superavisse. Quinque enim et octuaginta annos implevi t sano prorsus corpore sana­ que mente. Plures sibi morbos ex genesi certis imminuisse temporibus, quos ipse vi­ taverit medico scilicet cibo potuque, exercitatione permulta » . Lucio Bellanti al contrario, nella sua risposta al Pico (De astrologica veritate.

Responsiones in disputationes Johannis Pici adversus astrologicam veritatem, Fior.

1498) dichiara : « Paulum vero Florentinum, mathematicum, ut audivi, insignem ipse nunquam alloquutus sum neque vidi ; a compluribus tamen eius familiaribus accepi nulli cuique rei maiorem fidem adhibere quam astrologiae, verum uti vir prudentis­ simus, illam non vulgo exponebat, amicis tamen animi secreta apenens, quaecumque cognoscebat futura predicebat . . . quod Baptista Albertus Florentinus, Pauli familiarissi­ mus, scriptor quidem inter primos nostri ternporis in opere suo de architectura saepe testatur . . . ». Pico stesso, in un altro luogo ( in genere trascurato ) delle Disputationes , IX, 6 ( ed . cit . , vol . I I , p. 3 10 , 1 9-24), dà una notizia molto interessante : « in opisto­ graphis Pauli Fiorentini, medici et mathematici , duplex repperi tempus annotaturn instauratae urbis Florentiae, alterum anno gratiae octingesimo primo, alterum octinge­ simo secundo, unde siderum constitutio penitus diversa » . 4 Scritti di Cristoforo Colombo pubblicati e illustrati da Cesare De Lo//is, Roma

1 894, p. CLXxxv r , 364-5 . Non andrà dimenticato che il Martins è l'interlocutore aristo­ tel ico del de non aliud del Cusano .

Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

In quel cadere del secolo, che per Firenze era già un tramonto , forse il più bello che una civiltà possa augurarsi , è difficile non dare un senso quasi paradigmatico da un lato all a lu ssu­ reggiante teologia poetica dei platonici ellenizzanti , che inghir­ landava di ornamenti orientali la corte del Magnifico , e di contro ai calcoli che da casa Toscanelli partivano, se non a guidare, almeno a confortare e incitare il futuro am miragli o della flotta dell 'Oceano. Là, fra principi e cavalieri, la bella retorica di letterati e filosofi cortigiani , teorici e propagan­ disti del nuovo regime principesco : qua i numeri di un figli o di ricchi mercanti - Domenico padre di Paolo dichiarava nel 1 42 9 al Catasto undici famigli al suo servizio, una fante , due balie, un cavallo e una mula . E Paolo stesso , tutt 'altro che povero, nel ' 6 9 , alla morte del fratello Pietro , si oc­ cupa , sembra , della direzione della importante casa commer­ ciale che quegl i aveva a Pisa, e studia navigazioni e traspor­ ti e vie di mare, non per curiosità erudita, ma per precisi interessi . La cultura del Toscanelli, e quella di Ficino e del Landino , sembrano appartenere a due mondi diversi e lontani : da un lato artigiani , uomini politici , mercanti, in cui il sapere e l 'arte e la fede fan corpo in una società, e l a città ne è la sintesi viva e vitale . Di contro una cultura staccata, di intel­ lettu ali al servigio di un signore, ora intenti a decorarne la corte , ed ora abili e sottili consiglieri nella tecnica del go­ verno . Eppure, a guardar bene, una specificazione di compiti, una più articolata organizzazione, una più progredita razio­ nalizzazione , andavano sostituendo i professionisti ai dilet­ tanti , gli specialisti agli uomini universali . All 'approssima­ zione di chi vuoi essere completo nell'azione e nel pensiero , nell'operosa attività produttiva come nella vita politica, si sostituisce in ogni campo il tecnico rigorosamente preparato : qua il soldato e là il reggitore, qua il mercante e là l 'artista ; qua l'uomo d ' azione, là l'intellettuale . Anche se, talora, stac-

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Ritratti di umanisti

cato dall 'operoso impegno, l 'uomo di lettere tende a confon­ dersi col cortigiano e col buffone. Comunque, nella Firenze del Quattrocento, se c ' è distin­ zione fra tipi di cultura, opposizione dichiarata non c ' è . Ed hanno avuto ed hanno gran torto quegli storici che esasperano conflitti, ed operano crudeli e deformanti mutilazioni. Alberti e Toscanelli , Ficino e Landino sono, certo, profondamente di­ versi, eppure si muovono nello stesso orizzonte culturale , e mantengono fra loro rapporti costanti , e della loro diver­ genza profonda non sempre s ' avvedono . E quegli anni non s'intendono nella loro fecondità se non s 'intende questa ric­ chezza di temi contrastanti, non a caso incarnati in tempera­ menti diversi . Così Paolo fisico compare circonfuso di gloria nelle pagine :6.ciniane, come del resto si conveniva a uomo, oltre che dotto , ricco e importante . E il Landino che ne ha fatto un umanissimo elogio veneranda immagine d'anti­ chità lo unisce al ricordo di quell 'Alberti all a cui « archi­ tettura » scriverà la prefazione Angelo Poliziano 5• -

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Le differenze, e differenze grandi, sono all 'interno della ten­ sione che scuote un'epoca e una società, che l 'anima e la trava­ glia ; in cui lotte politiche e visioni profetiche e vocazioni eroi­ che ed evasioni e compromessi si incontrano a volte nelle stesse persone, come s 'incontrano agli occhi di questi uomini super­ stizioni astrologiche e voci di Dio , credenze magiche e ge­ niali intuizioni scientifiche . Dovunque contrasti e conflitti, eroismi e debolezze, concetti acutissimi e grossolane illu­ sioni . Non senza commozione vien fatto di sottolineare le stesse frasi che nelle letture colpivano uomini lontani e di­ versi, resi vicini da una vita spirituale percorsa dalle mede­ sime ansie, agitata dagli s tessi dubbi e dalle stesse passioni . Sul margine del suo esemplare dei trattati del cardinale Pietro d 'Ailly Cristoforo Colombo intorno al 1 4 8 1 trascrive 5 Per queste ed altre testimonianze si rinvia, una volta per tutte, all'Uzielli, che le raccolse con una certa diligenza.

Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

i versetti del Salmo : « caeli enarrant gloriam Dei , et opera manuum eius annunciat fìrmamentum . . . » : vive in lui stu­ pefatta ammirazione innanzi alla natura, e, insieme, il senso di una destinazione voluta dalle stelle e da Dio . Di Il a poco, a Firenze, sotto la spinta di Savonarola profeta ispirato, Giovanni Pico scriverà proprio sullo stesso tema , caeli enar­

rant gloriam Dei, pagine degne del rigore scientifico del suo amico Toscanelli per distruggere l'astrologia divinatrice che,

E si s degnava, il signore della Mirandola, innanzi alla Vergine Maria camuffata in imm agine stellare, mentre Colombo tra­ scriveva di suo pugno il testo famoso di Albumasar : « sale nel primo aspetto della costellazione della Vergine una fan­ ciulla piena di grazia onestà e purezza, lunghi i capelli e bello il volto ; e nella mano ha due spighe, e siede , . . . e nutre un bambino » . d'altra parte, era del Toscanelli la professione ufficiale

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U t Albumasar testatur Inter stellas declaratur Virgo lactans puerum . . . .

I l mistico canto della Stella Maris d i Giovanni d i Garlandia consacrava una astrologia spiritualis capace di riferire alla Vergine in precise corrispondenze le proprietà delle costella­ zioni 7 • E proprio tra le carte di Toscanelli si può leggere una lettera di un insigne professore dell'Università di Ferrara, Pietro Bono Avogaro , che, a proposito della cometa del ' 5 6 , si fa forte delle dottrine d i Albumasar per annunciare ter6 CoLOMBO, Scritti, p. 409 sgg . ; DE LoLLI S , op . cit. , p. xxv sgg . Il commento astrolog ico » del Pico al Salmo XVIII è conservato in un ms. della Comu n a le di Ferrara ( su cui cfr. un mio saggio nella « Riv. critica di Storia della Filosofia » , XII, 1957, p. 5 sgg. ). 7 CoLOMBO, Scritti, p. 437 ; cfr . ALBUMASAR, Introductorium in astrologiam , Venetiis 1 .506, VI, 2, c. 4 v; The " Stella Maris » of ]OHN oF GARLAND, ed. E. F. Wilson , Cambridge Mas s . 1946, p. 1 46 ( e , per l'astrologia spiritualis que proprie­ tates signorum Virgini tribuit, ivi, p. 99 sgg . ) . c

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ribili catastrofi soprattutto all ' I talia 8• E Paolo seguiva il corso delle comete, e ne fissava con perizia singolare i momenti, per determinare con precisione gl'influssi esiziali che ne pio­ vono sulla terra . Un legame non risolubile, o almeno non facile a sciogliers i , avvince concezioni d i geniale novità a esigenze vecchie e lo­ gore . Fra i libri postillati da Colombo , accanto alle fantasie teologico-astrologiche del cardinal d'Ailly, troviamo il Plinio volgare del Landino , quel Plinio volgare cui tanto attinse Leonardo da Vinci . Toscanelli, Landino, Colombo , l'Alberti e Leonardo sono pur sempre stretti a questi temi che animano la cultura fiorentina, la vita fiorentina, agitata fra profezie stellari e voci del Signore, fra calcoli sottili e residui di antiche superstizioni , fra voli di sublime metafisica e corpulenti in­ teressi terreni . Veramente si stava operando qualcosa di grande nel mondo : un gran mutamento avveniva nei rapporti fra l 'uomo e la realtà, e tra gli uomini che più vi contribuivano era presente i l senso oscuro di un rivolgimento radicale in atto . Leonardo disegnava e vedeva cataclismi immani ; Savo­ narola annunciava in pagine terribili i tempi dell 'Apocalisse ; 8 Ms. Magi . X I , 1 2 1 , c. 237 r e sgg . ( ora Banco Rari , 30). Il testo dell'Avogaro figura ora con i calcoli del Toscanelli, anche se di mano diversa ; reca la data del 1 6 giugno 1456 ed è u n a breve nota astrologica sulla cometa. Segue , della stessa mano, l 'inizio di un trattatello , dall 'andamento poco originale , sulla cometa. I l trattatello, incompleto, è stato attribuito al Toscanelli ( UzrELLI-CELORIA, op. ci t. , p. 327), ma senza serio fondamt"nto . Del resto, nell 'impostazione , ricorda uno scritto analogo sulla cometa del '72 contenuto nello stesso codice (Magi. X I , 1 2 1 , c. 235 r ) , e non a caso in origine unito alle pagine dell 'Avogaro . Il nome dell'autore non è facile a leggersi ; il Thorndike pensò a un Laurentius Vi terbiensis, ma, se il Viterbiensis è cer­ to , non lo è il Laurentius ( ché anzi verrebbe piuttosto fatto di leggere qual­ cosa di simile ad Annius; e le date e l'ispirazione non contrasterebbero). Quanto poi alla cometa del '56, e all'impressione che fece in Firenze, può vedersi uno scritto di Guglielmo Becchi a Pietro de' Medici del 1 5 giugno 1 456 ( Magi . XI, 40: GHuGLIELMI BECCHJ de cometa ad Petrum Cosmi de medicis civem clarissimu m ) , steso in mezzo a l gran discutere c h e s i faceva in città ( « cum a d Sancti Marci Bi­ bliothecam pergerem, familiarem quendam ex tuis ad te redeuntem offendi , quem pro mei offitii munere de te tuaque valitudine plurimum sum percuntatus. Tandem­ que dimittens, ipsum aravi u t me pu sillum tuae celsitudini commendaret. Interea vero cum ob imminentia coeli signa civitas pene tota commota si t, varieque de visis huiuscemodi et in populo et apud sci tos sunt exorte sententie . >>) . . .

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Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscan elli

Toscanelli vedeva nelle comete gravi presagi di mutamenti di leggi e d 'imperi ; Colombo cercava in Gioacchino da Fiore e in Albumasar la certezza di un 'epoca nuova del mondo, di cui si sentiva chiamato ad esser l' iniziatore . Quell 'età, che è così facile raffigurare piena d ' armonia , di gioia , di misura razionale, di saggezza antica e nuovissima , era scossa da un senso oscuro di tragedia . Di ll a non molti ann i, con pacata eloquenza Filippo Melantone da Norimberga rivolgerà a Firenze, a nome di tutta l' Europa colta, un rin­ graziamento solenne. Se il nuovo secolo è un secolo di luce , di questo gli uomini rendano grazie a Firenze e all' opera dei suoi dotti. Ma pacatezza non c'era nella Firenze della se­ conda metà del Quattrocento : e il secolo nuovo verrà annun­ ciato da un seguace del Savonarola oltre le fiamme di un rogo . La sua nascita non era senza travaglio : il nuovo equi­ librio non si raggiungerà senza contrasti . Non a caso la mi­ sura di uomini come Leonardo , Machiavelli e Michelangelo , sotto una grandezza quasi tragica , sembra celare sempre qualcosa di ambiguo .

2. Sottolineare tutto questo è necessario per intendere negli anni suoi l 'attività di Toscanelli - di lui come dei suoi ami­ ci al di fuori di quei curiosi modi agiografici e conven­ zionali a cui una storiografia di sapore positivistico non fu meno proclive della successiva storiografia idealistica . Di Toscanelli , infatti, si parlò molto al tempo delle celebrazioni colombiane , sulla fine del secolo scorso . E dopo quattrocento anni di dimenticanza fu ufficialmente proclamato, in solenni assemblee di dotti , « precursore » della scoperta dell 'Ame­ rica : la mente ideatrice del gran viaggio, l'autore di un ge­ niale e fecondo equivoco, il pensiero di fronte all 'azione . Ce-

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Ritratti di umanisti

sare de Lollis , benemerito editore degli scritti colombiani, si innamorò a tal punto di questa imm agine che, sulla fine del 1 92 3 , ripeteva ancora : « il pensiero dell 'uno , uomo di s tudi, diventò l'azione dell' altro, uomo di mare e d'avven­ ture, . . . i presentimenti dell'uno . . . divennero ossessione nel­ l ' animo dell 'uomo d'azione » . E questo, in parte almeno, al­ meno sul piano dei simboli, può anche esser vero . Meno vera l' immagine di Colombo marinaio ignorante e credulo di fron­ te a Toscanelli scienziato perfetto, immune da « medievale » superstizione, uomo compiuto, integro, libero da debolezze . Eppure fu questa la figura consacrata dalle monumentali pubblicazioni fin de siècle, imponenti per mole e per apparato scientifico o pseudoscientifìco , che composero il quattrocen­ tesco medico speziale ed astrologo in un bel mausoleo di gusto ministeriale e umbertino, destinato ad aff ascinare tutta la storiografìa successiva, fino ai nostri giorni . E poiché l 'astrologia era agli occhi di quei valentuomini una super­ stizione medievale, si stesero veli pudichi su cosiffa tte ver­ gogne, e si fece di tutto per dimostrare che astrologo, in fondo , il Toscanelli non era ; che calcolava il corso delle comete per puri bisogni speculativi . Si isolarono dal contesto in cui i secoli li avevano tramandati i fogli contenenti i calcoli 9 ; si smembrarono i venerandi codici strozziani per­ ché le ricette contro la calvizie non contaminassero le su­ blimi verità matematiche ; si misero in ombra gli aspetti dichiaratamente astrologici dei pochi testi pervenuti ; alle liste di città e di climi si cercarono fonti s traordinarie, e non ci si accorse che cosiffatte nozioni popolano i comuni manuali astrologici . E, finalmente, non contenti di aver co­ struito un purissimo scienziato, e più che un « precursore » un veggente, ci si studiò perfino di attribuirgli, oltre le virtù 9 Cosl appunto si smembrò, sc i agura tame n t e, il ms. Magi, XI, 121 ( già Strozz. 1 1 2 7 ) messo insieme, non senza ragione, con testi aflini , e probabilmente connessi. Non a caso vi si trovano codici dello Speculum a cui fa riferimento il Toscanelli.

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Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

morali e i pregi del costume, virtù eroiche . Prima si scoprl che Toscanelli era pio e vegetariano, poi si trovò che, dopo 85 anni di esilio terreno, e quasi un decennio di vita goliar­ dica padovana, morl vergine . A dire il vero Paolo Toscanelli aveva cominciato con lo studiare medicina a Padova ; e un buon medico , allora , come non si disinteressava di spezie, e medicamenti d'importa­ zione, così non poteva non occuparsi d'astrologia. E non si pensi a Don Ferrante : la teoria delle crisi , e dei giorni critici nelle malattie, era un capitolo d'importanza fondamentale nelle discussioni mediche. Su tre punti le teorie astrologiche sembravano avere fa­ cilmente ragione degli avversari : a proposito dell 'influenza che le fasi lunari esercitano sulla vita delle piante, su certe funzioni umane, sulle maree . I giorni critici in rapporto alla potatura, agli innesti, ai raccolti , ai disturbi periodici della donna, erano, insieme alle maree , i cavalli di battaglia dei fautori dell' astrologia . E quando Galileo , nella giornata quarta dei suoi dialoghi , schernisce a torto il De Dominis, e dà delle maree un'interpretazione erronea , è la sua avver­ sione alle dottrine astrologiche degli influssi astrali a farlo sbagliare . La battaglia intorno all'astrologia costituì , fra il '400 e il '500 , uno dei capitoli di maggior rilievo nella sto­ ria del sapere scientilico , ed anche un capitolo estrema­ mente delicato : il caso di Galileo, i suoi stessi giudizi su Keplero che difese l'astrologia dalla demolizione del Pico , dimostrano quanto è pericolosa una condanna indiscrimi­ nata dei libri degli « astrologi », sia sul piano dell'astrono­ mia che su quello della geografia, della medicina, e perfino della storia. Galileo sintetizzò benissimo i difetti di princi­ pio dell'astrologia : la inserzione nell'indagine scientifica di caus e fantastiche e di processi mitologizzanti , e, a un tempo, come aveva rilevato già Pico , il ricorso a cause generalis­ sime e lontane, senza curare i processi prossimi e intermedi .

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Ritratti di umanisti

In realtà l'astrologia ha una doppia faccia : da un lato è una sopravvivenza di culti astrali , dall'altro è un complesso di indagini , osservazioni e teorie scientifiche spesso inesatte, più spesso viziate da procedimenti erronei . Attribuire a una costellazione o a un pianeta, o ai loro reciproci incontri , una disgrazia , una fortuna o una piega del temperamento , è sup­ porre che Marte o i Gemelli siano in realtà, non corpi fisici , ma le antiche divinità pagane che portavano quei nomi, e che venivano identificate con le stelle . Connettere certi feno­ meni terrestri ( come le maree ) ai movimenti celesti , o sup­ porre in generale che, dato il legame che intercorre fra i fenomeni fisici, anche i cieli influiscano sulla terra, non è un'ipotesi in sé fallace , anche se è errato riportare la crisi mortale e risolutiva di una malattia, che tende a ripetersi entro un certo periodo di giorni, semplicemente alle stelle : ove il ricorso a una causa remota e generalissima, comune a fenomeni disparati , significa solo ignoranza delle « cause » vere e dei loro rapporti . E tuttavia, isolata la componente religiosa , che pure anch'essa è importante , la componente scientifica o pseudoscientifìca dell'astrologia si presenta a sua volta complessa e variamente notevole . Messo in parentesi il riferimento generico alla causa celeste, restano, dell 'astro­ logia, le osservazioni , le descrizioni , i calcoli e le ipotesi intorno agli astri e ai loro comportamenti , ossia un 'astrono­ mia tutt'altro che spregevole . E restano lo studio attento e accu­ rato dei « climi »; la descrizione delle terre , delle città , dei popoli ; le precise determinazioni dei luoghi , fatte per ren­ dere il più rigorose possibile le conoscenze dei rapporti fra cielo e terra. E, data la regolarità e periodicità dei fenomeni celesti, ecco lo studio di tutti i fenomeni periodici , e il pro­ blema della periodizzazione della storia del mondo e della vita dell'uomo : e la ricerca di aspetti costanti e variabili, e la problematica dei loro rapporti . Chi nei libri di Albuma­ sar o di Guido Bonatti , di Ibn Ezra o di Pietro d'Abano , di

Rit ratto di Paolo dal Pozzo T oscanelli

Al-Kabisi o di Cecco d 'Ascoli , credesse di trovare solo relitti di antiche superstizioni o fantasticherie di cervelli malati , andrebbe incontro a grosse sorprese : ché vi incontrerà , ac­ canto a importanti documenti di religioni lontane e a echi di credenze primitive , singolari frammenti di analisi psico­ logica del profondo , capitoli importanti di geografia, osser­ vazioni astronomiche, teorie sui cicli storici , sui caratteri delle nazioni e degli uomini , e cosl via . Né , forse, sarebbe solo una facezia l ' affermare che in un buon libro d 'astrologia di qualche All o di qualche Ornar v'è ancora da imparare più che da tanti libri di cosiddetti filosofi . Comunque, Paolo Toscanelli che studiò medicina in Pa­ dova fra il 1 4 1 7 e il 1 42 4 , proprio perché era uomo serio , integrò la sua preparazione con indagini astrologiche, e quin­ di, per condurle a fondo con serietà, con un approfondi­ mento della matematica . Tutte le notizie che abbiamo sulla sua attività e la sua cultura, più che riportarci all'astratto uomo universale caro a certa bassa retorica sul Rinascimento , ci m antengono nell 'ambito degli interessi di uno studioso preoccupato di impadronirsi della disciplina prescelta : anche gli studi di agricoltura , e di prospettiva - ossia di ottica - non ci spostano da un ben definito campo di ricerche, m entre la conoscenza del greco era , essa stessa, indispensa­ bile per l'accesso alle opere scientifiche più importanti che rientravano allora in circolazione negli originali . Non dimen­ tichiamo che è il tempo in cui si torna a leggere Tolomeo e Strabone, Galeno e Archimede , per dir solo di qualcuno de­ gli autori noti a Toscanelli. Né il fatto che Toscanelli abbia studiato a Padova è da trascurarsi : Padova significava interesse vivissimo per il sa­ pere scientifico , per la medicina , per la fisica ; e gli antichi non sdegnati né ignorati , ma cercati più che nelle opere di storia, di morale e politica, o di poesia, negli scritti di scien­ za. Studiare medicina a Padova fra il secondo e il terzo de-

Ritratti di umanisti

cennio del Quattrocento significava vivere un certo patri­ monio culturale, leggere certi libri , sentire certi maestri , ap­ prendere certi metodi . Non che Firenze ignorasse la scienza : medici e scienziati insigni erano stati fiorentini , o a Firenze avevano vissuto e insegnato . Tra i fisici e i logici basterebbe ricordare il Pelacani , uno dei maggiori allievi di Buridano ; e fra gli astronomi il Dagomari , celebrato dal Boccaccio e dal Vill ani , pianto dal Salutati, e i cui scritti probabilmente furono ben noti al Toscanelli ; fra i medici il grande Ugo da Siena, e così via . Ma il clima fiorentino, artigiano da un lato e incline, dall'altro, alle discipline politico-morali , non vide mai fiorire qualcosa di equivalente alla scienza così spregiu­ dicata , anche se, alla fine, così chiusa e conservatrice, che albergò nell'aristocratica Padova. La « libertà » padovana è sostanzialmente quella degli ardimenti scolastici sconfinanti nell'eresia : è lo spirito proprio di tutti gli ambienti intel­ lettuali d'alto livello, soprattutto universitari : uno spirito erosivo e spesso sterile , raffinato ed esaurito in se stesso, in fondo non pericoloso ed estremamente conservatore . La cul­ tura umanistico-rinascimentale fiorentina non fu universita­ ria , e fu antiscolastica : attinse da un lato al mondo dei let­ terati e degli uomini d'azione , dall'altro a quello degli arti­ sti , degli artigiani e dei tecnici . Non a caso Firenze, città, tutto sommato , di tradizione non universitaria , anche se sede di uno Studio , fu il maggior centro della nuova cultura, così nel campo della scienza come in quello delle arti : e dal suo clima uscirono Leonardo e Machiavelli, Michelangelo e Ga­ lileo . Tuttavia la preparazione padovana di Toscanelli è im­ portante, anche se, a fargli rovesciare in fecondità d'azioni e di concreti progetti, e quindi di nuovi pensieri, il suo sottile sapere accademico , contribuirono non poco i corpulenti bi­ sogni dei mercanti toscani e le sollecitazioni di artefici come gli amici suoi Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti . Ma per una ragione, soprattutto, resta memorabile la paren-

Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

tesi studentesca toscanelliana : a Padova incontrò ed ebbe compagno di studi Niccolò Cusano , e con lui strinse un'ami­ cizia che durò una vita . Al letto di morte del grande Cardi­ nale , nel palazzo arcivescovile di Todi, l'agosto del 1 46 4 , era anche Paolo ; e mise la firma in calce al testamento di Nic­ colò, accanto a quella del canonico di Lisbona Ferdinando Martins cui più tardi invierà quella lettera e quella carta che tanto significato dovevano avere nella storia . Cusano, con buona pace di certi storici fantasiosi, non ha avuto grandi rapporti con la filosofia italiana , e soprattutto fiorentina, del Quattrocento : a Firenze le sue maggiori opere filosofiche non ebbero eco nel secolo xv; Ficino sembra igno­ rarle, o quasi . Ma i contatti che il filosofo non ebbe con i filosofi, il matematico ebbe con l'amico Toscanelli, della cui dottrina fece gran conto . A lui , dal 1 450 in poi, indirizzò alcune opere sul problema della quadratura del cerchio . Scri­ vendogli da Rieti il 1 2 luglio 1 45 0 , e dedicandogli il de geometricis transmutationibus) gli ricorda commosso il pri­ mo incontro giovanile, e i legami non più interrotti, e in nome dell'antica amicizia lo prega di « correggere l'opera sua ». Che non fossero preghiere retoriche, ma un dialogo reale di scienziati, può forse arguirsi dal fatto che nel de quadratura circuli1 compiuto a Bressanone nel ' 57 , Niccolò introduce Paolo come interlocutore, mettendogli in bocca una critica aperta del de arithmeticis complementis, « libri oscuri e di dubbia interpretazione » . Nel ' 6 4 il dialogo s i ampli a : Giovanni Miiller, i l famoso Regiomontano, il 5 luglio, circa un mese prima della morte del Cusano, ne attacca gli scritti sulla quadratura, rivolgen­ dosi proprio al Toscanelli , di cui sottolinea la grande com­ petenza matematica e filosofica, quasi apponendola a quella del Cusano, su cui nel '7 1 pronuncerà un giudizio molto acerbo : « geometra ridicolo , per vanità ha riempito il mondo di frottole ». A Toscanelli invece scioglie un inno : « tu della

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Ritratti di umanisti

geometria hai cognizione pieruss1ma ; nei calcoli numenct sei espertissimo e rapidissimo . . . In te conobbi animo mite e dolce . s� alcuno v'è che lo s tudio della filosofia debba ren­ dere celebre , e la gloria della matematica consacrare per la eternità, prima d'ogni altro ai nostri tempi sei tu quello , o Paolo fiorentino , unico fra gl'italiani degno di tanto onore poiché possiedi così perfettamente tutte le discipline che , se volessi gareggiare con Archimede, forse riporteresti la p al­ ma. Te la filosofia fece, di docile alunno, maestro dottissimo : né mai ti appagasti , ottimo fra gli uomini , e dopo aver cono­ sciuto a fondo la medicina, hai appreso le lettere greche » . Du e sono l e epistole del Regiomontano al Toscanelli , e an­ drà fatto il debito conto dello stile ampolloso e dei modi retorici ; così come non possiamo seguire i vecchi storici nel­ l'attribuire senz 'altro a Paolo le tesi che nel suo dialogo gli mette in bocca il Cusano 10 • Ma è fuor di dubbio che egli è considerato scienziato superiore , e che nel '64 , quasi set­ tantenne, ha ormai raggiunto una posizione oracolare . Il Re­ giomontano continua a far riferimento alle sue osservazioni astronomiche - sue e dell 'Alberti - e non a caso batte su Archimede e sul confronto con Archimede : lo studio di Ar­ chimede è, in quel periodo , un fatto molto importante per il progresso del sapere scientifico : ed è quasi il simbolo del reciproco influsso di tecnica e scienza u _ Del resto il Tasca.

.

IO G . UziELLI, op. cit. , p. 268 sgg . ; ]oannes Germanus Pau/o Fiorentino in De accedunt N icolai Cusae quaedam de quadratura cir­ cuii etc. , Norimberga 1 533, pp. 29, 56 ecc. Per i rapporti del T . col Cusano, e per un breve scritto del T . al C., cfr. Die mathematischen Schriften del CusANO ( Amburgo 1952 ) , a cura di I. E. HoFFMANN, pp. 128-3 1 . I l Cfr. A . REY, L 'Ap ogée d e la science technique grecque. L'essor d e l a mathé­ matique, Paris 1 948, pp. 306-9 . A proposito dell'interesse per Archimede cfr. fra l ' altro il ms. dei Conv. I , V, 30 ( San Marco ), appartenuto a Filippo di Ser Ugolino Pieruzz i , la cui biblioteca, ricca di testi scientifici, converrebbe studiar meglio . Non esattamente descritto dallo Heiberg ( ARCHIMEDIS O p era , III, Lipsiae 1 88 1 , pp . LXXXVI-VIII ), contiene luoghi del d e sphera e t cylindro i n versione latina ( cfr . L . THORNDIKE-P. KIBRE, A Catalogue o / Incipits o / Medieval Scientific Writings i n Latin , Cambridge Mass. 1937, p . 126), il d e isoperimetris propositiones septem di triangulis omnimodis libri V:

Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

nelli, dottissimo, rimane uomo di indagini precise più che di parole : osservazioni , calcoli , forse consigli, suggerimenti . Questo gli chiede Cusano nel '50 una revisione ; questo gli chiede il Miiller nel '64 - in manus tuas depono gratis­ simas limandum : « ti affido l'opera mia perché tu la correg­ ga » . La sua presenza si indovina nell'eco che ha negli altri , attraverso le testimonianze . Con un ritegno singolare , e una grande umiltà, parla solo nei discorsi altrui , che suggerisce ; opera donando agli altri il resultato delle sue ricerche. Cosl con Niccolò da Cusa, cosl col Mi.ill e r, cosl domani con Co­ lombo, cosl ieri col Brunelleschi. -

Se gli scritti del Cusano e del Regiomontano ci fanno in­ travedere il grande matematico , e lo studioso d 'Archimede , i rapporti col Brunelleschi ci mettono innanzi una feconda collaborazione fra scienziati e artisti , che caratterizza singo­ larmente l ' ambiente culturale fiorentino . « Avvenne che tor­ nò da studio maestro Paulo dal Pozzo Toscanelli - racconta il Vasari - e una sera trovandosi in uno orto a cena con certi suoi amici , per farli onore invitarono Filippo : il quale, uditolo ragionare de l 'arti matematiche, prese tal familiarità con seco, che egli imparò la geometria da lui . E sebbene Filippo non aveva lettere, gli rendeva sl ragione delle cose con il naturale della pratica e sperienza, che molte volte lo confondeva » 12 •

Filippo, come poi Leonardo, era « uomo sanza lettere » , o s s i a senza cultura superiore , soprattutto d i greco e di lati­ no ; ma discuteva fruttuosamente col dottore padovano . Esperienza e ragione si incontravano e collaboravano . Pippo, l 'Alberti e Paolo sono tre nomi che fonti sicure e documenti }ORDANUS , Milleus romanus de figuris sphericis, ossia i tre libri d i Menelaos sandria (cfr. M . CANTOR, Vorlesungen uber Geschichte der Mathematik , I, 1880, pp. 349-604 ), la sfera d i Teodosio d i Tripoli ( CANTOR , op. cit. , pp . l 'Epistola Abuyafar Ameti /ilii ]osephi de arcubus similibus ecc. 1.2 VASARI , Le vite, ed . MILANESI, Firenze 1878, vol . II, p . 333; ed . l.S50, I, p. 296.

d ' Ales·

Leipzig 3 46-7 ) , Firenze

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Ritratti di umanisti

prec1s1 congiungono : e sembrano incarnare la circolazione delle idee e la collaborazione fra scienza, arti meccaniche e tecniche, fra sapienza antica e costruzioni moderne : il To­ scanelli nuovo Archimede, l 'Alberti letterato matematico e artista, il Brunelleschi ingegnere singolare. Ed è interessante rileggere nel maligno Giovanni Cavalcanti il ricordo di un piano di sapore molto leonardesco del Brunelleschi e d'altri « geometri » - e vien fatto di pensare anche al Toscanelli - con cui nel 1 4 3 0 volevano sommergere Lucca nelle acque del Serchio. « Alcuni nostri fantastici - scrive il Cavalcanti - intra i quali fu Filippo di Ser Brunellesco, . . . consiglia­ rono, e, con la loro geometria falsa e bugiarda . . . mostrarono , che la città di Lucca si poteva allagare ; e tanto con le non bene intese arti lo disegnavano, che la stolta moltitudine gri­ dava . . . : noi tocchiamo con mano quello che gli speculativi ci disegnano ; ma voi volete che la guerra sia durevole, per­ ché le dignità vi siano concedute sempiterne » 13 • Il quadro è vivace, con questo popolo fiorentino alleato dei dotti contro i magistrati che accusa di voler prolungare la guerra ; ma più interessa il convergere d'arte - e quale arte - e di scienza, di teorie e di tecniche, e nello sfondo il ritorno degli antichi - la lettura dei libri venerandi e la lezione delle cose ; esperienze e ragionamenti - come dirà in modo impareggiabile Machiavelli . Il divorzio fra lettere , scienze e arti è pura fantasticheria di storici odierni sprov­ veduti e bigotti . Paolo Toscanelli che Cristoforo Landino colloca, vene­ randa figura di antico saggio, nello sfondo di quelle conver­ sazioni fìlosofiche di Camaldoli in cui grandeggia l'Alberti, vive in un dialogo fittissimo con scienziati e tecnici, con let­ terati e artigiani . Con l 'Alberti studia i moti degli astri ; con lo strumento costruito nel Duomo studia i moti del 13 G. CAVA LCANTI, [storie fioren tine, ed. PoLIDOR I , Firenze 1 83 8 , I, p. 328.

6o

Ritratto di Paolo daJ Pozzo Toscanelli

sole 14 ; fabbrica orologi solari ; dai viaggiatori si informa di terre lontane ; discute con Giorgio Gemisto il testo di Stra­ hone, che in quegli anni aveva trovato uno studioso impa­ reggiabile in Guarino veronese . Osserva e studia l e comete del 1 4 3 3 , del '49-5 0 , del '56 , del '57 e del '72 ; immensi labores et graves vigiliae Pauli de Puteo Toscanello sup er mensura comete, come si legge nella carta 244 di quel Magliabechiano XI , 1 2 1 , da cui l'ha strappata un'improvvida pietà, che, alla fine del secolo scor­ so, volle isolare il gruppetto di presunti autografi del Tosca­ nelli . L'insieme delle osservazioni , nello scarno linguaggio delle cifre ; alcune liste di città con le indicazioni di latitu­ dine e longitudine, e qualche annotazione astrologica ; una breve nota al Cusano : ecco tutto quello che ci rimane della opera dello scienziato . Della precisione e del valore delle osservazioni sulle comete hanno discusso a lungo astronomi egregi mostrando l'esattezza sorprendente dei calcoli, ma senza tener conto del contesto culturale in cui quelle inda­ gini si collocavano . Osservazioni e scritti sulle comete, ante­ riori al Toscanelli, sono numerosi : l'attenzione degli astro­ logi, infatti, si rivolgeva con particolare insistenza alle stelle c u m caudis, che nel Centiloquio, il celebre testo attribuito a Tolomeo , sono descritte ed enumerate, e se ne indicano gl' influssi : morte di re, di ricchi signori e di nobili, e simili sciagure ( inducit mortem regum et guerras et mortem mul­

tam et decollationem et mortalitatem et mortem naturalem et mortem per gladium ) . Ai calcoli del Toscanelli, nel codice magliabechiano, va inn anzi la trascrizione di una lettera del 1 7 giugno del 1 456 di Pietro Bono Avogaro, famoso profes­ sore dello studio ferrarese, ove sono richiamate le proprietà della cometa del '56 ; e segue l 'inizio di un trattatello astro14 L. Xl:MENES , Del vecchio e nuovo gnomone fiorentino � delle osservazioni astronomiche fisiche ed architettoniche fatte nel v�rificare la costruzione libri IV

Firenze 1797 .

6r

Ritratti di umanisti

logico sulla medesima stella , la cui attribuzione al Tosca­ nelli , accettata a volte senza discussione , è tuttavia ben lungi dall 'essere sostenibile . Ma importa sottolineare lo scopo e il carattere di queste ricerche : la determinazione dei rap­ porti fra fenomeni celesti ed eventi mondani. E ciò non tanto per sostenere o meno le credenze astrologiche del Toscanelli , quanto per inserire le sue osservazioni al loro posto, in una letteratura ricca e notevole, co�tituita - non lo si dirà mai abbastanza - non soltanto da conclusioni superstiziose, ma anche da indagini e calcoli molto importanti . In altri ter­ mini , l 'opera del Toscanelli sulle comete non è una specie di miracolo isolato in un deserto, ma il prodotto felicemente corretto che si solleva su una produzione molto larga . Nello stesso manoscritto che accoglieva in origine anche le carte del Toscanelli si trovano altre trattazioni sulle comete, sulle congiunzioni e le eclissi, che probabilmente hanno legami di stretta parentela con l 'attività toscanelliana . Se da secoli i popoli erano scossi da profezie e presagi, il Quattrocento , soprattutto dalla metà in poi, vive nell'incubo di grandi avvenimenti . Come la pestilenza del 1 3 4 8 era s tata legata a congiunzioni di stelle, cosl comete e congiunzioni sembrano sottolineare l'avanzata turca, e una grande crisi della cristianità . L'ansia del secolo nuovo non traversa solo i commenti dell 'Apocalisse e le prediche dei profeti ispirati. L'antica teoria as trologica delle grandi congiunzioni , ossia dei periodi della s toria del mondo , consegnata ai diffusissimi testi di Albumasar, penetra e agita le menti del secolo xv. Il mito della Rinascita, ossia di un ciclo nuovo che comin­ cia, con tutto quel complesso di conseguenze pratiche che accompagnano una previsione creduta, che tende ad avve­ rarsi nella misura in cui è creduta ; l'idea di un radicale mu­ tamento che deve verificarsi nel secolo xv, ossia l'idea stessa del Rinascimento, che ha dato luogo a tanti deliri di storici, probabilmente ha una non scarsa componente astrologica .

Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

La quale, per tornare a Toscanelli, non si limita alle ricer­ che sulle comete, ma si estende a quei famosi elenchi di città , con misure di latitudine e di longitudine , intorno a cui tanto si è e sercitata la sagacia di storici e geografi . A dir vero sono elenchi assai poco originali : e trascritti - di alcuni indi­ cava la fonte lo stesso codice toscanelliano - da trattazioni astrologiche medievali , fra cui il famoso Speculum astrono­ miae 15 • Di uno , del più importante per il numero di località europee , africane e asiatiche, invano s 'era cercata finora la fonte e s 'era fantasticato variamente . Ora, in uno scritto tre­ centesco in volgare, probabilmente opera di Paolo dell'Ab­ baco, s 'incontra, con molti altri , anche quel famoso elenco di città, pressoché uguale, con osservazioni assai notevoli su un tema essenziale : il rapporto fra terre emerse e mari sulla superficie terrestre . Il testo , che contiene una continua discu ssione delle tavole alfonsine proprio nella direzione che, secondo il Villani , caratterizzò il Dagomari , a un certo pun­ to attacca la tesi di Tolomeo e dei suoi commentatori : « sal­ va la reverenzia di Tolomeo , egli non discerne bene le quarte della terra abitabile . . . né Alì similmente . . . » E continua di­ scorrendo dei calcoli di distanze fatti « nel mappamondo » , e della « infallibilità » delle « dimostrazioni geometriche » 16 • 15 I quattro elenchi si trovano nel Magi . X l , 1 2 1 , a c. 254 (e ora sono tra i fogli isolati fra i rari ) : l'UziELLI , p. 463 sgg . , vi andò fantasticando intorno. Il Wagner ( ivi, p. 464) gli mostrò come uno derivava dallo Speculum astronomiae, che

compariv a , e non a caso , nel codice stesso da cu i , probabilmente per iniziativa del­ testi toscanell iani . Che il termine decani,

l 'Uzielli, furono appunto strappati i

che compare nell 'altro elenco abbia rapporto con i decan i , e quindi rimandi a un testo astrologico, è possibile, e non si vede perché mai l'Uzielli lo esclu­ desse recisamente, e andasse, nientemeno, a pensare a un l ibro appartenuto a un Giovanni

de' Cani da Montecatin i . Ma il curioso è che il maggiore elenco di

ci ttà , su cui più

si

sofferma l 'Uzielli, si incontrasse proprio anche

in

un lungo

scri t to astronomico in volgare che nel manoscritto magliabechiano citato s i leggeva poco i nnanzi ai testi toscanelliani ; e d è singolere che tanti valentuomin i , fra tante elucubrazioni , non s i siano mai presa la briga di studiare con cura quella grossa sil­

loge, che non pare affa t to riunita a caso . 16 Magl. XI, 1 2 1 , c. 74 r e sgg . Sono osservazioni sulle eclissi seguite dal 1300 in poi, mescolate a scritti var i . L'autore, mentre si riferisce anche a osservazioni rac­ colte da un m aestro Landa in Siena ( c . 79 r : « scrive maestro Landa che egli con -

Ritratti di umanisti

Lungi dallo staccare gli appunti del Toscanelli dal conte­ sto delle ricerche astrologiche, e dall a loro storia cosl com­ plessa, anche qui, in Firenze, vi andranno riportati, ai fìni di individuare almeno in parte i temi stessi delle sue ricer­ che geografiche . Se è assurdo separare nel Quattrocento la medicina dall ' astrologia, anche più assurdo è dividere la geo­ grafia e l'astronomia dall' astrologia : Tolomeo , che fa testo, è presente come geografo, come astronomo, e come astro­ logo, né le sue opere sono separabili . E l' intrecciarsi, nelle note di Colombo, di Plinio e Albumasar, di Pietro d'Ailly e Pio I l , non è segno di una strana ignoranza, ma indizio di partecipazione ai modi della cultura corrente . Per Toscanelli s'è parlato di originali inchieste geografi­ che, sulla scorta di una testimonianza del Landino che ce lo presenta a interrogare viaggiatori di terre lontane . Ma la curiosità « scientifica » di terre lontane, unita a precisi inte­ ressi commerciali, nel Quattrocento è presente dovunque : e per fermarsi a uomini che vissero nell'ambiente del Tosca­ nelli, e furon legati alla sua cerchia, come non citare, fra ricordi di viaggi e lettere e note di mercanti e missionari, le indimenticabili pagine di Ciriaco d 'Ancona, con quel loro siderò in Siena . . . ,. ), dichiara di aver fatto diligenti rilievi in Fire= proprio nd periodo in cui s app i am o che il Dagomari vi operò ( c dili ge n temen te per me osserva ta in Fire= » ) . L 'autore, che è uomo do tt o, vi critiCA vivacemente le tavole alfonsine, e si vanta a più riprese della sua c nuova e vera correzione ,. (c. 84 r ) . Ora, quanto sappiamo di Paolo dal Boccaccio ( Genealogie, XV, 6, ed. V. RoMANO, Bari 1 95 1 , I I , p p . 762-3 ), dove si parla di Paolo ancor vivo, da Filippo Villani (dr. l a vita in G . BDFFITO, Paolo dell'Abbaco e Fabricio Mordente , Fire= 193 1 . Ma v . anche Gxo­ VANN I VILLANI, Cronache, XII, 4 1 ) , dal Salutati ( Epist. , ed . NovATI, I , Roma 1 891 , p . 1 5 , ove la data della morte congetturata dal Novati non sembra sostenibile ) , può confermare l'attribuzione. Né il fatto che , a un certo punto, si inseriscano nel con­ testo riferimenti a fenomeni celesti posteriori all a morte di Paolo, può costituire un ostacolo serio all 'attribuzione. t; quanto avviene negli scri tti , certamente di lui, contenuti nell'Ashburn. 1308, e nel rns . Plimpton ( già Boncompagni ) studiato dal Thorndike ( op. cit. , III, p. 207 sgg . ) . D 'altra parte, sempre nel ms. Magi. XI, 12 1 , cc. 155 r-1 65 r, s i trova un'altra opera, nettamente astrologica,_ anch'essa molto no t e­ vole, di Paolo dell 'Abbaco. Che è autore degno di molto rilievo, e sulle cui opere converrebbe condurre una compiuta indagine, anche ai fini della " collocazion e • sto­ rica del Toscanell i .

Ritratto di Paolo dal Pov:o Toscanelli

gusto di terre lontane e di mari tempestosi, di città e po­ poli d'Oriente ? e Poggio ? e nelle epistole uffici ali del Bru­ ni rapporti e relazioni d'affari con i paesi di Africa e di Asia ? Non erano solo i Portoghesi a cercare nuove vie nel mare ; né in Italia solo Venezia e Genova : anche Firenze, attra­ verso Pisa, era interessata sempre più ai problemi delle comunicazioni con i porti orientali . E Toscanelli , non solo scienziato ma uomo d ' affari , fa convergere in quella dire­ zione i resultati dei suoi studi , e le riflessioni sulle testimo­ nianze di viaggiatori . Nel giugno del '59 s 'incontra a Firenze con gli ambasciatori del re di Portogallo ; il 25 giugno 1 4 7 4 indirizza a Fernam Martins canonico di Lisbona « amico e familiare » del re di Portogallo la lettera famosa : « rimetto . . . a Sua Maestà una carta fatta colle mie mani , nella quale si trovano disegnati i vostri lidi , e le isole dalle quali il viaggio si dovrebbe incominciare , sempre verso occidente, e i luoghi ai quali si dovrebbe giungere, e quanto si dovrebbe decli­ nare dal polo , e dalla linea equatoriale , e quanto spazio, ossia quante miglia converrebbe percorrere per giungere ai luo­ ghi fertilissimi d'ogni specie d 'aromi e di gemme. E non vi meravigliate se chiamo porti occidentali quelli dove sono gli aromi , mentre comunemente si chiamano orientali, per­ ché quelli che navigheranno continuamente a ponente, per mezzo della navigazione agli antipodi, raggiungeranno dette regioni » . Le riflessioni sul mappamondo prestatogli da Fran­ cesco Castellani avevano dato i loro frutti : maestro Paolo si fermava a sognare nelle nuove terre i grandi edifici reali , e i corsi d 'acqua meravigliosi per ampiezza e lunghezza, le duecento città lungo le rive di un sol fiume, i grandissimi ponti di marmo d 'ogni parte orlati di colonne, i templi e i palazzi coperti d'oro solido , e gemme e margarite, e i dotti uomini « filosofi ed astrologi, per le cui arti ed invenzioni » fioriscono i saggi paesi. Chi legga quella lettera dimentica / _

Ritratti di umanisti

Io scienziato , e pensa ai sogni di città e mondi ideali, dai disegni del Filarete alle pagine di Tommaso Moro . Il resto è noto : autentica o meno la corrispondenza fra Colombo e Toscanelli, è certo che Colombo conosce l'idea del Toscanelli , e di suo pugno trascrive la lettera al Martins , e d attua il sogno sognato all 'ombra della cupola del Bru­ nellesco . In faccia all a prima stampa del Novum Organum di Francesco Bacone , simbolo della nuova scienza e della nuova civiltà, si vede una celebre incisione : le navi che oltre le colonne d'Ercole affrontano il mare aperto. La scienza, con esperienza e ragione, formula un 'ipotesi, disegna una carta da navigare ; e il navigante la verifica, ossia la fa vera nella misura stessa in cui la integra , la corregge, la realizz a con rischio e fatica . Cosl Colombo fece vere le erronee mi­ sure dei geografi attraverso una feconda convergenza di sa­ pere e operare . Cosl il fatto più grande del secolo xv appare l'esito ideale dell 'attività toscanellian a : di un uomo di cui, stranamente, vediamo l 'influenza in tante e cosl grandi opere altrui, e non ne afferriamo un sol tratto . È presente nelle misure della cupola del Brunelleschi, nelle prose amare dell'Alberti, nelle riflessioni matematiche del Cusano , nelle discussioni astro­ nomiche del Mi.iller, nelle polemiche astrologiche del Pico, nelle conversazioni filosofiche del Landino e di Ficino : ac­ compagna le navi di Colombo. Eppure la sua figura è, vera­ mente, più tenue di un'ombra : pochi numeri che traducono le sue lunghe veglie ; e i suoi sogni di terre favolose. Forse è l'ideale del saggio della nuova età : teso, non a esasperare la propria persona di fronte agli altri, ma a rendere più abi­ tabile il mondo e più umane le cose ; intento alle opere, e perciò vivo nelle opere a cui ha collaborato, non contro gli altri , ma insieme con gli altri , in un lavoro comune.

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Ritratto di Paolo dal Pozzo Toscanelli

[ Il testo fu pubblicato la prima volta nel maggio 1 95 7 . Nel 1 9 64 .ALE S S ANDRO PARRONCHI , Studi su la ' dolce ' prospettiva, Milano 1 9 64,

p. 583 e sgg . , sostenne la tesi che il trattatello Della prospettiva, che Anicio Bonucci , traendolo dal Ricc . 2 1 1 6 , incluse fra le opere volgari di L . B. Alberti , fosse del Toscanelli, e come opera toscanelliana lo ridette utilmente alla luce. In particolare per quanto riguarda la per­ spectiva, si sono avuti taluni contributi ed edizioni di testi, special­ mente di Biagio Pelacani, da tenere presenti : Le questioni di « per­ spectiva » di Biagio Pelacani da Parma, a cura di Graziella Federici Vescovini , « Rinascimento », s. I I , vol . l, 1 9 6 1 , pp. 1 6 3 -24 3 ; Questioni inedite di ottica di Biagio Pelacani da Parma, a cura di F . Alessio, « Rivista Critica di Storia della Filosofia », 1 6 , 1 96 1 , pp . 7 9 - 1 1 0 ; ma v . anche, di G. FEDERICI VE s covrNI , Contributo per la storia della fortuna di Alhacen in Italia : il volgarizzamento del ms. vat.

4595 e il

« Commentario terzo » del Ghiberti, « Rinascimento », s . I I , vol . V , 1 965 , pp. 1 7-49 .

Per quanto riguarda la conoscenza di Archimede nel Quattrocento, risulta chiaro che il Magister Paulus, secondo una nota del Regiomon­ tano possessore di un exemplar vetus del testo, altri non era che il Toscanelli ( e non un monaco veneto Paolo Albertini, come voleva T. L. Heath ) . D e l Toscanelli curioso di ogni fenomeno naturale, è testimonianza una lettera indirizzatagli da Volterra nel 1 474 da Matteo Palmieri, in cui il Palmieri gli descrive la nascita di un monstrum horribile : « credo nihil esse miraculum quod faciat ipsa natura ; tamen quia cognovi te, pos tquam annos discretionis ingressus fuisti, per totam vitam diligentem inquisitorem rerum novarum fuisse, credo tibi ingratum minime fore cognovisse, non dico miraculum, neque audeo affirmare esse prodigium neque portentum, sed monstrum potius raro contingens ». ( Devo il te­ sto della lettera, tratto dal ms. dell'Archivio comunale di Sarzana con­ tenente il libro secondo delle epistole di Antonio I vani, alla gentilezza della dott. Patrizia Landucci Ruffo ) ] .

III .

Guarino veronese e la cultura a Ferrara

l.

Giulio Bertoni , nel suo libro su La biblioteca estense e la cultura ferrarese ai tempi del duca Ercole I ( 1 4 7 1 - 1 505 ), pubblicò nel 1 90 3 una curiosa lettera di Ludovico Carbone, spedita il primo di ma ggio 1 4 7 3 da Firenze 1 • Il Carbone , come allievo del Guarino e maestro dello Studio , è degno di qualche mag giore nominanza che non come scrittore in volgare ; ai suoi tempi era noto , più assai che per le versioni o per certi dialo ghi latini oggi dimenticati , per le orazioni , specialmente funebri , ornate e commoventi , di cui era solito m ag nificare gli effetti con sin g olare vanità 2 • Non solo , i nl

G. BF.RTON I , LA b i b lio teca estense e la cultura ferrarese ai tempi del duca.

Ercole I ( 1 471 -1505 ), Torino 1903, pp. 126-7 . Sul C. cfr. le indicazioni bibliogra­ fiche del SABBADINI, Epistolario di Guarino Veronese raccolto, o rdi na to , illustrato, vol . III ( Comment o ) , Venezia 1919 ( « Miscellanea di storia veneta � . serie I I I , tomo

1 4 ) , p. 467, e dd BEitTONI, Guarino da Verona fra letterati e cortigiani a Ferrara ( 1 4291460), Ginevra 1 92 1 , p . 1 1 0 . Scri tti d e l Carbone in K . MiiL LNER , Reden und Briefe ital. Humaniiren, Wien 1 899, pp. 86-9 e 90-107 ( l 'orazione funebre di Guarino, « bellissimo monumen t o di riconoscenza e di ammirazione >> , i l M ii l l ner pubbl icò dai mss . Angel. 1 503 e Ottobon. 1 1 53 ; il BERTONI , Guarino, pp. 160-75 , la ripub­ blicò dall'Est . lat. 676 a dir vero , nonostante l 'asserzione del Sabbadini , pressoché identico ) . Cfr. G . ZANNON I , Un viaggio per l'Italia di L. Carbone, in « Rendiconti Ace. Lincei ,. , Scienze morali , se r i e V , vol . VI I , 1 89 8 , p . 1 8 2 sgg. A proposito dei dialoghi e delle versioni cfr . BERTON I , Biblioteca, p. 1 5 2 , n . 3; Guarino, p . 1 1 3 sgg. 2 Per i dialoghi latini ( su uno volgare cfr. A . S A LZ A , n e l l a prefazione alla sua edizione delle Facezie del CARBONE , Livorno 1 900 , pp. XIV-XXI I ) , oltre il ci t . saggio d ello ZANNONI, A . LAZZARI negli « Atti e Memorie della Deputazione Ferrarese >> ,

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fatti , i « gentilissimi e signorilli scholari » suoi, ma perfino « i montanari di Morea », presso i quali aveva accompagnato una volta Alberto d 'Este per la solita bisogna , rimanevano sbalorditi di fronte alla sua eloquenza funeraria . Nel ' 7 3 , fortunatamente, non si trattava di un funerale : il Carbone , con un gruppo di gentiluomini , andava a Napoli a prendere Eleonora d 'Aragona, la sposa di Ercole I , e della legazione era l'oratore , e si fece poi lo storico col de neap olitana lega­ tione. I bolognesi, che del resto sul piano culturale non amavano i guariniani , onorarono sl « cum grande dolcezza » l 'ambasceria, ma al povero Carbone non dettero modo di recitare la ' conferenza ' , « per la non buona disposizione del corpo di quel legato » , secondo la versione ufficiale « non so di quella dell'animo » , soggiungeva il Carbone . I fiorentini , invece, accolsero gli inviati « cum grandissima pompa » ; li mandarono a messa alla S S . Annunziata , e poi li ricevettero al Palazzo dei Signori . « I nvero mi parse - scrive il Carbone - vedere una similitudine del Senato romano » . Sentito il discorso , il Cancelliere , che era poi Bartolomeo Scala , dichiarò « che non pensava in Ferrara essere t anto bene »; e il buon Ludovico andò fierissimo dell 'elogio , fatto , forse, senza ironia : « certo io mi glorio - scriveva - esser comendato da fiorentini . . . padre de ogni eloquenza » . Il documento è interessante , com'è interessante , anche se non nuovo , il paragone tra Firenze e Ferrara . Lo troviamo già , per esempio , nel carteggio fra Poggio e Guarino , con van­ taggio dell'austerità ferrarese ; come , in altra occasione , tro­ viamo la moralità e gravità del circolo di Leonello opposta alla più corposa scioltezza degli ambienti pavesi 3 • Tuttavia , XXIV, 1 9 1 9 , p . 1 8 7 sgg . ; per l e orazioni, G . BERTONI in « Atti e Memorie della De­ putazione Modenese di Storia Patria >> , 1 907, p. 247 sgg . ; A. LAZZARI, i v i , 1 9 1 9 , p . 187 sgg. 3 L'epistola di Poggio ( ed . ToNELLI Fi renze 1 832-6 1 , vol . I I I , p. 223 ) è del 1 456 ; i l Bracciolini si propone di inviare a Guarino il figlio che non può essere bene educato i n m= alla corruzione fiorentina ( « in tam corruptis mori bus, in

zo

Guarino veronese e la cultura a Ferrara

sul piano culturale nel 1 47 3 Ferrara non aveva bisogno del­ l'ambiguo elogio dello Scala, e a proposito del modesto Car­ bone . La sua fama di centro di studi di prim'ordine era ormai europea, e affidata a ben altri nomi . C'è in proposito, degli stessi anni, una testimonianza di grande valore , di un insigne dotto d'oltralpe, Rodolfo Agricola 4• E chi abbia in mente la funzione europea esercitata dall'Agricola, e ripensi al de­ bito che egli riconobbe nella sua formazione a Ferrara, può anche concludere che, attraverso l'Agricola, la cultura ferrarese riusd, per una felice congiuntura , a raggiungere una diffu­ sione del tutto eccezionale. In realtà ciò non fu a caso . L 'Agricola era sceso in Italia come alla terra promessa, ma a Pavia non aveva trovato, nonostante la fama, quello che aveva sognato ; Pavia intorno al ' 7 0 non era più la città tu­ multuosa e faziosa, ma viva, dei tempi del V alla e del Panor­ mita, dove alla presenza del Guarino , venuto da Ferrara , V alla aveva collocato l'indimenticabile scena dei dialoghi sul pia­ cere, e dove, per gli attacchi ad Aristotele e a Battola , il giovane professore aveva rischiato la pelle , e aveva perso da un giorno all'altro la cattedra . Nell'estate del '75 Rodolfo tanta peccandi licentia . . . • ) . Per l 'accoglienza ferrarese alla Repetitio Magistri Zanini di UGO L IN O PISANI, cfr. A . DECEMBRIO, Politia literaria, Basilea 1562, p . 453 . Nel secolo successivo, nel dialogo « del piacer onesto » , il Tasso contrappone nobili e

cavalieri ai « villani di Certaldo e di Fighine », e mette in bocca al padre suo Ber­ nardo le significative parole : « e s ' io ne la mia fanciullezza non ho udito i Bacci e i Valori de la guerr a di Pisa ragionare co' sarti e con p izzicaruoli . . . , ho udito i

Comari , i Contareni, i Gradenichi , e' Giustinian i , i Barbari ed i Venier i . . . >> { Dia­ loghi, ed. GuA ST I, l, Firenze 1 858, p. 29 sgg . ) : e di qui nacque vivace polemica con la Crusca. 4 Su Rodolfo Agricola { Roelof Huusman) : F . VON BEZOLD, R. Agricola, ein deuts­

cher Vertreter der italienischen Renaissance , Miinchen 1 884 ; H. E. J. VAN DER VEL· DEN, Rodolphus A gricola { Roelof Huusman ) , Leiden 1 9 1 1 ; W . H . WoonWARD , La pedagogia del Rinascimento, 1 400-1 600, trad . E. Codignola e A. Lazzari , Firenze 1 923 , pp. 79-102 ; A. HYMA, Renaissance to Reformation, Grand Rapids Michigan 1 95 1 , pp. 1 5 1 -73 . Cfr. anche G. l. HOOGEWERF, Lo sviluppo dell'umanesimo in Olan­ da fino alla fondazione dell'Università di Leida { 1 575 ) , Roma 1 9 3 6 , pp. 8-10. Sulla sua presenza allo Studio ferrarese : F . BoRSETTI , Historia almi Ferrariae Gymnasii , I I , Ferrariae, pp. 68-9 . L'ep igrafe scritta per lui da Ermolao Barbaro, e riportata dal Borsetti , è anche nell 'ed. BRANCA degli scritti latini del B. {Epistolae, orationes et carmina, Firenze 1943 , II, p. 124).

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Agricola lasciava Pavia per Ferrara, ormai « la vera patria delle muse » , dove era ancora operosa la tradizione del vecchio Guarino e del Gaza, e dove Battista Guarino era destinato a continuare non indegnamente l'insegnamento paterno , sa­ lutato maestro d 'eccezione perfino dal maggiore dei Pico 5• Nelle pagine dell'Agricola non si legge solo l ' entusiasmo per una nuova cultura, ma è possibile seguire il suo lavoro, e capire quello che tanti storici d 'oggi non hanno ancora ca­ pito : che gli uomini nuovi , quelli che operarono ovunque nel sapere europeo , non lessero i filosofi, o non li lessero quasi mai , all a scuola degli stanchi interpreti d'Averroè o di San Tommaso, ma nelle aule dei maestri di greco e di latino che mettevano finalmente sotto gli occhi dei loro allievi gli originali di Platone e di Aristotele, di Ippocrate e di Galeno , di Strabone , di Plinio e di Celso, gli antichi scienziati e sto­ rici e filosofi , nelle loro differenze, nelle loro polemiche , nella realtà e nella storia, e, pur leggendo gli autori , davano un definitivo crollo alle autorità. V'è, tra le lettere a Paolo Ma­ nuzio, una preziosa confessione di uno s tudente venuto d'oltralpe a Padova , tutto entusiasmo per la nuova filosofia . Voleva finalmente capire che cosa avesse scritto davvero Ari­ stotele : e si precipitò a lezione di filosofia . Il Genua, il fa­ moso Marc 'Antonio Genua, professore di professori ferra­ resi ed ancor menzionato negli elenchi di averroisti tardivi, o presunti tali , borbottava un'esposizione , non sai se più in­ comprensibile per la barbarie del metodo e del linguaggio o per la mancanza di denti del poveretto che era - dicono - dei più onesti . Cosl il buon Nicasius Casletanus, venuto 5 Suo! ripetersi che l 'Agricola f u scolaro a Ferrara d e l G az a , il quale tuttavi a , c o m e si rileva d a g l i ep igrammi c h e il Poliziano scrisse per l a sua morte , s i spense appunto nel '75. Per !' Oratio in laudem Philosophiae et reliquarum artium dieta a

Rodulpho Agricola Physico in praesentia Herculis Estens. Ferrariens. Ducis Anno Domini 1 4 76, uso l 'ed . di Lovanio del 1 5 1 1 . Per l a v i ta del Petrarc a , che è un im­ portante documen to, v . L . BERTALOT, Rudolf Agricolas Lobrede auf Petrarca, Fi­ renze 1928 ( estr . dalla « Bibliofilia » , XXX ) .

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G uarino veronese

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la cult ura a Ferrara

usque e Pannonia, dovette ridursi alla familiarità dei Ma­ nuzio, dei Pinelli , dei Sigonio , dei Sofiano, e di altri cosiffatti filologi e storici , se volle leggere i filosofi che tanto amava 6 • Cosl l 'Agricola, la cui ' dialettica ' è tra le opere che più incisero sul rinnovamento della ' logica ' nella cultura euro­ pea, è un frutto della scuola dei Gaza e dei Guarini 7 A Ferrara s tudia Luciano , I socrate, Aristotele , Plinio , Quinti­ liano e Prisciano ; emenda Seneca con una perizia ammirata da Erasmo ; seguendo un sistema caro a Guarino , che predi­ ligeva storici , geografi e scienziati , legge e s tudia Tucidide , Senofonte, Diodoro Siculo , Polibio . Le lingue classiche , in­ somma , non costituiscono fine a se stesse in un'arida gramma­ tica : sono apprese nella lettura di quello che , nel Quattro­ cento, era ancora il maggior corpo storico e scientifico acces­ sibile all ' occidente . E Guarino , e in genere la scuola ferrarese , avevano dato un particolare rilievo proprio agli autori di c o s e , piuttosto che ai testi ove predominassero le p a r o l e . Non a caso tra i meriti maggiori del grande maestro sono da porsi gli s tudi su Plinio, Celso e S trabone , mentre il Gaza s 'era impegnato sugli scritti scientifici d 'Aris totele . È certo un pezzo retorico , ma è anche un bel documento , l'orazione che nel 1 47 6 Rodolfo Agricola pronunciò davanti al Duca « in laudem philosophiae et reliquarum artium » . Uno che lo conobbe negli anni ferraresi, lo descrive come « un uomo che veramente faceva piacere a guardarlo », bello e no8 Epistolae clarorum virorum , Venetiis 1 568, c . 1 43 v - 1 44 v ( « sunt aliqui per­ multi qu i se Philosophos esse volunt, neque i i , u t arbitrar, tibi igno t i . Sed omnium una ratio est : i n Averroe, et i d genus sordidis scriptoribus explanandis, plus tem­ poris ponunt et operae , quam ipso Aristotele, cuius doctrinam in amni Philosophia in primis cognoscere cupiebam . . . Genuae hoc minus sum deditu s , quod illi dentium paucitas explanatam vocum expressionem ademit . . . Cum Pinello, Sigonio, Sophiano . . . multus sum » ) ; v . anche PAULI MANUTII epistolarum libri V , Venetiis 1 56 1 , c . 175 . Sul Genua , che f u maestro del Patrizi , che non l ' amava , v . la m i a Storia della {ilo­ sofia italiana, Torino 1 9662, pp. 548-9; B . NARDI , Sa gg i sull'aristotelismo padovan o , Firenze 1 9 5 8 , p p . 3 86-94 . 7 HOOGEWERF, op. cit. , p. 9 ( « Ferrara l 'aveva formato; a Ferrara aveva scr it t o il suo lavoro principale: De inventione dialectica [ finito n e l 1 47 9 ] . . . » ) .

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bile nella figura , elegante nel dire . Eppure non è finta la com­ mozione con cui descrive il suo viaggio da Groninga, « ab isto germanico borrare », a questo studio brillante, aperto alla cultura più avanzata, a una filosofia rinnovatrice . I suoi compatrioti messi a confronto con i raffinatissimi frequenta­ tori dei circoli colti ferraresi gli sembrano barbari, indocti, elingues. E tanto ammirava la maniera e il gusto d' Italia che non sapeva disgiungere i suoi studi filosofici e letterari dalla musica e dalla pittura . Un amico lo descrive mentre per le vie e le chiese di Ferrara osserva i volti e fissa sulla carta in rapide linee figure e atteggiamenti . I l suo entusiasmo dell'orazione del ' 7 6 poté anche assu­ mere toni di maniera ; che non si trattava solo di retorica di­ mostrò più tardi , soprattutto a Heidelberg : e se si vada con­ frontando la sua morte precoce con la profonda e vasta e duratura influenza, non si può non ammirare la scuola che ebbe su di lui tanta efficacia 8• 2. Rodolfo Agricola è , per molti aspetti, un documento so­ lenne dell'influenza del Guarino sul rinnovamento del sa­ pere, e sulla riforma dell 'insegnamento e dei suoi metodi in tutte le regioni d'Europa. Guarino da Verona, maestro , non va dimenticato, anche di Vittorino da Feltre , è alle origini di non piccola parte dei programmi di s tudio destinati a diffon­ dersi dovunque : se i suoi manuali per l 'insegnamento del latino continuano a stamparsi nel Seicento avanzato 9 , ancor più importante è l'influenza esercitata dalle sue indicazioni di autori , di letture, di modi d'apprendere. Non consegnata a 8 Parlando di Agricola nel 1 539 all 'Università di Wittenberg Melantone l o in ­ dicherà quasi esemplare : « Saepe enim eruditorum exempla aliquid de studiis mo­ nent » ( Corpus Reformatoru m , ed. BRETSCIINEIDER , I I I , Halae Saxonum 1 836, p . 676 ) . 9 A Roma , per es . , nel 1 647 ( B onciarius adultus, sive d e universa grammatica latina libri duo, hoc est Donatus et Guarinus exules restituti per ]o. BAPTI STAM CoNRADUM . . • ) .

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Guarino veronese

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la cultura a Ferrara

opere teoriche ma ai maestri che avevano imparato da lui , contribul in modo decisivo a definire quella che fu , veramente, la scuola creata dal Quattrocento italiano : non professionale , non tecnica come l 'università medievale ; non di pure nozioni elementari necessarie a tutti, ma educatrice dell 'uomo, capace di suscitare nel bambino una personalità morale non condi­ zionata, ma libera , aperta domani alle possibilità di ogni spe­ cializzazione , ma prima di tutto umanamente integra , legata socialmente a ogni uomo e dotata di mezzi idonei all 'acqui­ sizione di ogni strumento , ma in pieno possesso di sé per non incorrere nel pericolo di diventare strumento . Guarino fu anche, in Ferrara , professore allo Studio : ma, veramente, la sua funzione educatrice esercitò come maestro di quel tipo di scuola preparatoria che, abbozzata dal Barzizza , fu realizzata da lui e da Vittorino in forme tra loro diverse, anche se in tanti punti convergenti. E se nella scuola di Vittorino ve­ diamo quasi un nobile modello socratico , in quella del Gua­ rino , spoglia di ogni venatura ascetica , e aliena da ogni osten­ t azione missionaria, cogliamo l'esemplare , perfetto nella sua discrezione, di una formazione laica . Umanissimo nei suoi af­ fetti familiari , coi suoi tanti figli teneramente amati ed edu­ cati , e molto positivamente aiutati e avviati ; terreno nei suoi interessi concreti di robe e di denari - pronto a sequestrare gli alunni di famiglie eminenti se non gli pagavano la dovuta e piuttosto salata mercede ; comprensivo delle umane debo­ lezze e passioni fino a lodare l' Ermafrodito del Panormita, il Guarino non fu né empio, né eretico - fu anzi , probabil­ mente, credente sincero . Bernardino da Siena, « aetate iam ac religione provectus non erubuit . . . Guarinum . . . in optimis ar­ tibus habere praeceptorem » ; Alberto da Sarteano fu suo di­ scepolo devoto ed amico . Ma , come non esitò a prendere la penna per difendere gli studi dall 'ignorante ipocrisia fratesca , cosl rimase sempre lontano da ogni anche sottinteso motivo ascetico : nell'educazione dei giovani si preoccupò della far-

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mazione del carattere senza nessun moralismo , e considerò morale - ossia formatrice del costume - la lettura dei comici antichi, in particolare di Terenzio , proponendo anche qui un esempio seguito per secoli . Si direbbe che in lui l 'unica cura fosse la liberazione dell 'uomo , in una fiducia complet a nella bontà originaria della natura. Certi tratti delle sue lettere, sulla gioia di aiutare tutte le creature viventi in una certa insis tenza anche stilistica sulle pos ­ loro Jtmbda 10 sibilità perfino degli animali - certo paterno affetto , non retorico , per tutti i fanciulli : tutto concorre a far battere l'ac­ cento su questa preoccupazione di educare, che era in Gua­ rino vocazione primaria . In Guarino come in Vittorino , con la differenza che in Guarino è assente del tutto quell'accento religioso che, invece, è il suggello dell 'opera di Vittorino . An­ che Vittorino è un laico : ma la destinazione non terrena del­ l 'uomo gli è sempre presente : è, ai suoi occhi , essenziale, !ad­ dove in Guarino è in ombra, e quasi in disparte . L'educa­ zione è per lui tutta umana; e lo studio dei classici , della loro lingua come della loro cultura , è il mezzo migliore, o almeno il migliore a lui noto , per attuare questa formazione . Ma, di nuovo , sbaglierebbe chi , guardando a certe formule dell ' insegnamento guariniano della grammatica o della sin­ tassi latina , trascurasse altri aspetti meno appariscenti , ma non meno essenziali : e cioè il tipo di scuola e di convi­ venza, e i rapporti con gli allievi , e l' affetto , e la fami­ liarità, e le cure fisiche , e gli accorgimenti psicologici del­ l' apprendimento , e la sottile penetrazione dell ' anima del fan­ ciullo . E poi gli autori scelti , e gli storici e gli scienziati , e il lavoro comune fra maestro e scolari, fino a farsi, in gradi superiori , collaborazione e ricerca scientifica condotta in-

1 0 Su humanitas, studia bumanitatis , ncubda. e > , v o l . XIV, 1 903 , pp. 1 44-5 ; A. VISCONTI , La storia dell 'Università di Ferrara ( 1 39 1 - 1 450 ) , Bologna 1 950 ( e le no­ tizie bibliografiche sulla laurea del Copernico, conseguita a Ferrara appunto , ma i n diritto canonico per consolazione d i u n o zio vescovo ) . Ma d e l Novara i l Copernico fu , in Bologna, all ievo e col laboratore ( « quem et audi v i t e t adiuvit Copernicus » ) . A lui dedicò una sua ediz ione del Q uadripartitum GIROLAMO SALIO FAENTINO ; di lui resta a stampa i l Prognosticon a1mi 1 489 ( Bononiae ) , su cui TH. AccuRT I , Editiones saec. XV p leraeque bibliographis ignotae, Firenze 1 930, n. 1 1 2 .

Guarino veronese e la cult ura a Ferrara

antichi dèi il fìorire degli astrologi , dal Piasio cremonese a Pietro Bono Avogaro , dai ' miti ' di Basinio da Parma alla ' s toria ' di Luca Gaurico , senza dimenticare quel Pellegrino de ' Prisciani astrologo e storico , che insegnava le preghiere di Albumasar alle principesse innamorate e nel 1 4 7 4 pro­ muoveva la stampa della teogonia di Esiodo fatta latina dal pio Mombrizio 29 • E d'altro lato ecco il Pico , cosl legato a 2ll Sul Piasio cfr . BoRSETTI, I I , p p . 28- 9 ; LYNN THORND I K E , A History o/ Magie and Experimental Science, vol . IV, New York , 1934, p. 459 . Sull'Avogaro , a lungo professore in Ferrara, cfr . BoRSETTI, I I , pp. 47- 8 ; BERTONI , Guarin o , p. 94; THO R ti ­ DilCE, IV, p p . 464-5 . L'Avogaro curò l'ed . di Andalò di Negro stampata in Ferrar.1 nel 1475 ( cfr. G. BARUFFALDI , Della tipografia ferrarese dall'anno 1 4 7 1 al 1 50 0 , Ferrara 1 77 7 ; Catalogue o/ Books printed in t h e Fi/teenth Century n o w in t h e Britisb Museum , V I 1930, pp. 6 0 1 - 1 4 ) ; sui suoi pronostici e gli altri suoi scritti cfr . THORN­ D I KE , IV, pp. 464-7 . Il pronostico del 1 477 , che i l Thorndike vide solo nella volga­ rizzazione in versi di Antonio Cornazzano, ho letto nell 'originale latino nel ms. Magliab . VIII, 1442, c . 1 17 sgg. ( « Ad illustrissimum et excellentissimum Principem Herculem, decus meum , Ferrariae, Muti nae et Regii Dominum potentissimum ». !: datato: « actum Ferrariae per Petruro Bonum Avog . Ferrariens . in felici Gymnasio Ferr . anno gratiae 1 477 die 27 febr. » . E reca il testo attribuito a Alberto Magno , a cui allude il Thorndike: « ut in secundo de causis proprietatum elementorum ma­ gnus voluit Albertus . . . deus creator celi et terre celum supra e ! lementa constituit u t motu suo generaret , conservare! et corrumperet universa . . . Sic celum procu l dubio in nos agi t , potentia ei ab onnipotente concessa secundum dispositiones sue sapientic . . . >> ) . Di Basinio da Parma dice il BoR SETTI ( I l , p . 3 0 ) : « adulescentulis in latina lingua erudiendis conduxit civitas decr. ed. 25 sep t . 1 44 8 » (cfr. B. SoLDATI , La poesia astro­ logica del Q uattrocent o , Firenze 1906, pp. 74-104 ; F . FERRI , La giovinezza di un poeta . . . , Rimini 1 9 1 4 ) . Di Luca Gaurico , professore dal 1 506 ( PARDI , p. 1 5 1 ) , l 'ora­ zione pronunciata nel 1 507 ( o ratio de in ventoribus et astrologiae laudibus habita i n Ferrariensi academia) fu pubblicata a Venezia nel 1 5 3 1 nel l a raccolta da lui cu­ rata d i trattati sulla sfera ( THORNDIKE, V , pp. 1 64-5 ; E . PERCOPO, Luca Gaurico ul­ timo degli astrolog i : notizie biografiche e bibliografiche, « Soc . Reale d i Napol i , Atti della Reale Ace. d i Archeologia, Lettere e Belle Arti >>, XVI I , 1 893-96 , p p . 3 - 1 02 ) . Su Pellegrino de' Prisciani, c h e attirò l ' attenzione d i A B Y WARBURG ( Gesammelte Schri/ten, Leipzig-Berlin 1932, I I , pp. 479-8 1 ) : Luzm RENIER, La cultura e le re­ lazioni letterarie di Isabella d'Este Gonzaga, G S L I, XVI I I , vol . 35, 1900, p p . 252-7 ; BoRSETTI , I I , p p . 124-5, e BARUFFALDI [ GUARIN I ] Supplement u m , Bologna 1 740, I I , p. 36; BAROTT I , I I , pp. 3 1 -6; B ER T ON I , Biblio teca , p. 1 3 , 173 sgg . ; THo R ;>; ­ DilCE , V, p . 1 68 sgg. Sulla riforma del calendario D. MARZI , La questione della ri­ forma del calendario . . . , Fitenze 1 896, pp . 23-30. Il singolare responso a Eleonora d'Aragona in F . GABOTTO , Bartolomeo Manfredi e l 'astrologia alla corte di Man­ t o va, Torino 1 8 9 1 ( = Luzw RENIER, pp. 254-5 ) . All 'Archivio di Stato di Modena i libri I, IV, V I I , V I I I e IX degli A1males Ferrarienses (MARZI, p. 23, n. l ; THORNDIK E , loc. cit . , p . 1 6 8 , n . 3 6 , con l ' i ndicazione d i u n m s . d i Dresda ) e tre volumi di Miscellanea. All'estense gli Spectacula ( BER TONI , Biblioteca, p. 13 ). Sul­ l ' Orthopasca, dedicata in un cod . Estense ( autografo ) a Giulio I I (MARZ I , p p . 1 8 e

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Ferrara , scrivere la grande opera contro l'astrologia , che un ferrarese, il Savonarola, compendiò in un libretto volgare di cui ben due copie figuravano nel 1 4 95 nella biblioteca d 'Er­ cole I. Gravemente s'i ngannerebbe chi non cogliesse i pro­ blemi serissimi che venivano agitati dall'astrologia, anche se a volte sotto apparenze strane, e tutto il complesso di ricer­ che e di calcoli mescolati a temi religiosi politici psicologici . E come non ricordarsi, alla fine, del ' platonismo ' circo­ lante in tante poetiche e retoriche, delle più importanti e delle più significative, e , quel che importa, delle più vicine all'opera degli artisti , di cui costituivano la teorizzazione e la consapevolezza critica , e su cui non di rado incidevano pro­ fondamente . Ché , anche qui , non converrebbe confondere esigenze della problematica e della polemica d'oggi con quello che fu il dibattito cinquecentesco intorno alla poetica d'Ari­ stotele, al cui intendimento il Maggi o il Patrizi non contri­ buirono meno del Castelvetro o del Robortello . Comunque, il platonismo quale concretamente fu , con i suoi sogni di città ideali e le sue indulgenze per i miti , con i suoi fremiti religiosi e i suoi vagheggiamenti irenici , con le sue ricerche di immagini e simboli, con le sue celebrazioni del sentimento fino alla rottura d'ogni compostezza di limite , può costituire almeno una feconda ipotesi di lavoro per chi voglia intendere il moto della cultura fra Rinascimento e Ba­ rocco . Come ha osservato felicemente Erich Auerbach , « il Simposio di Platone fu una specie di Bibbia per i ' libertini spirituali ' italiani , francesi, tedeschi » .

2 4 ) , e sulla dedica a Leone X , cfr. THORNDI KE, V , p . 253, che sembra ignorare i l Marzi e s i fonda su u n Marciano descritto dal Valentinelli ( X I , 1 00 ) . Del Pri· sciani, come del famoso Torquato, o Arquata, e del suo Prognosticon de eversione Europae ( THORNDIKE, IV, p . 467 sgg . ) si occupava da tempo Delio Cantimori .

Guarino veronese e la cultura a Ferrara

6.

Senza dubbio molte delle considerazioni fatte fin qui non definiscono nella sua peculiarità un ambiente : indicano, al contrario , atteggiamenti largamente diffusi. Ma come definire il carattere proprio di una cultura cittadina , al di fuori della impronta che un uomo o un gruppo riescono a darle , in parte esprimendo , in parte assimilando e rielaborando motivi , esi­ genze, idee ? Si sente a volte ripetere che vi furono tanti uma­ nesimi quanti centri di cultura : Milano, Venezia , Bologna, Firenze, Roma, Napoli . Il che è vero nella misura in cui signi­ fica il rifiuto di generalizz a zioni banali o di anticipazioni astratte, ma rischia di insinuare un equivoco qualora si vada­ no foggiando concetti non meno astratti di culture indivi­ duate al di fuori di personalità precise. Senza contare il peri­ colo di immaginare gli ' umanisti ' fissi e chiusi in gruppi locali, laddove la circolazione delle idee fu nel Quattrocento rapidissima , continui gli scambi di libri , fitti come non mai i carteggi , mobilissime le persone , frequenti gli incontri e le discussioni . Per rimanere a Ferrara, il concilio del ' 3 8 riuni dotti d'ogni parte, e i maggiori esponenti del sapere greco , da Gemisto a Bessarione ; e sappiamo - ce li descrive Lapo da Castiglionchio il giovane - che amavano discorrere . D ' altro lato Guarino, che opera in città per più di trent'anni , ha studiato a Costantinopoli , ha vissuto a Firenze, Venezia, Ve­ rona, ed è in rapporti con quanti allora hanno una qualche eco nel mondo del sapere . Ed a Ferrara ecco , a lungo , l'Auri­ spa , il Lamola dal ' 3 0 , fra il ' 3 1 e il '47 il Toscanella, nel ' 3 3 e nel ' 3 5 Francesco Barbaro in missione diplomatica , nel ' 3 3 e nel '47 Alberto da Sarteano a predicare, nel ' 3 3 il Valla, a più riprese il Panormita e una volta il Pontano gio­ vinetto ; e il Porcellio, il Traversati , Poggio , il Biondo , Enea S ilvio , Guiniforte Barzizza, Bernardo Bembo , l 'Alberti, il Decembrio, il Fazio , il Gaza maestro di greco, il Trapezunzio,

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Ritratti di umanisti

Ciriaco, il Feliciano, e altri innumerevoli fìno al Pico e al Col­ lenuccio . I dotti vengono alla corte, allo Studio e, fìnchè vive Guarino, è con lui che s 'incontrano sul piano culturale; poi col figlio Battista, o con i suoi scolari . Ed è Guarino con la sua scuola che caratterizza per primo la cultura ferrarese, la definisce, e prepara una serie di punti di riferimento che co­ stituiranno la base per una tradizione, che non è un dato sca­ turito dall'ambiente, ma un orientamento consapevolmente assunto che costruisce l'ambiente, e sia pure interpretando ed esprimendo esigenze già vive . Questo vollero dire gli antichi storici, dal Vergerio al Tiraboschi, quando affermarono che, prima di Guarino, Ferrara culturalmente non esisteva. Lo Studio stesso, di formazione recente, della fìne del ' 3 0 0 ( e in realtà del '40 0 ), fu figlio, non padre, del nuovo sapere . E questo non intese il Bertoni quando andò ricercando, in una puntigliosa polemica, i dotti che erano vissuti a Ferrara pri­ ma del 1 42 9 : ed enumerò medici e notati e grammatici, e la dimora di Donato degli Albanzani e di Bartolomeo della Mella. Non era questa la questione : già il vecchio Vergerio aveva ricordato Bartolomeo da Saliceto, e sapeva meglio di ogni altro che Petrarca quand'era ammalato aveva trovato de i medici a curarlo, e che i maestri di scuola avevano insegnato a scrivere ai ragazzini . Quel che anche il Sabbadini volle dire, e che resta vero, è altro : e cioè che fu Guarino a dare una impronta agli studi in Ferrara , a sollecitare la consapevolezza di un indirizzo , a consolidare un metodo, a definire un tono, a fondare una tradizione, al punto che non stentiamo a ricon­ giungere alla sua attività anche atteggiamenti diversi, in campi di ricerca lontani dalle lettere : al suo amore per i testi dei medici antichi la grande scuola medica ferrarese ; ai suoi studi pliniani l'attività del Leoniceno ; all'importanza da lui data al greco, come strumento d'accesso alla più grande biblioteca esistente di opere scientifico-filosofiche, l'attività del Gaza, e poi l 'esigenza di un sapere non verbale ma reale ; e , infìne,

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G uarino veronese

e

la cult ura a Ferrara

all a sua umanità cosi aliena da ogni forma di ascesi, cosi pronta alla comprensione di concezioni ed esperienze diverse, quell'apertura che è propria di non poche posizioni del pen­ siero ferrarese :.� . Quanto poi al campo specifico della filosofia , con buona pace di tanti eminenti storici , nostrani e no, l 'età dell 'Uma­ nesimo, e in non piccola misura per opera di ' grammatici ' come Bruni o Valla, vide il tramonto di un modo di filoso­ fare che aveva dominato per parecchi secoli : agonizzava ormai quella filosofia ' ancillare ' , che pur aveva avuto meriti inne­ gabili, ma che si era mossa sempre entro un ambito ben defi­ nito : era stata, e non soltanto nei paesi cristiani , la fides quaerens intellectum, la filosofia come chiosa illustrativa, la filosofia come teologia. Il rifiorire degli s tudi ' umani ' contribui fortemente alla crisi , sia perché riportò in primo piano , al di fuori di ogni deformazione, una filosofia non servile : la filosofia, anzi le filosofie ' pagane ' ; sia perché ad autori consacrati oppose nuovi autori, e nella pluralità delle autorità contrastanti mise in discussione il principio di autorità ; sia perché il fervore degli studi s torico-filologici, sviluppando il metodo critico , venne sottoponendo all'esame della ragione ogni documento , anche religioso, svelando , di nuovo , la molteplicità dei miti, delle divinità, dei credi , ed istituendo confronti , proponendo accordi , avviandosi, insomma, a riconoscere dimensioni privi­ legiate alle sole funzioni della ragione . La quale non è più al servizio della religione, ma si avvia a proclamarsi , essa, giu­ dice e interprete dei fatti religiosi, mentre quel lume divino alla cui rivelazione si riconosce un privilegio tende a confon­ dersi con la luce intellettuale che alimenta l 'umanità nel suo 00 Il che non si gnifica che non s'abbia a ricercare l a cultura ferrarese prima di Guarino - ed è meritorio in tal senso lo sforzo del Berton i . L 'errore , o la tenta­ zione, sta nell'ipo tesi d i trovar sempre precostituita quell 'unità o continuità che non è né nelle cose né in un disegno provvidenziale, ma in ben determinate volizioni e in consapevoli concepimenti_

Ritratti di umanisti

profondo , e che si è rivelata da sempre, perché è lo s tesso umano ragionare nella sua forma esemplare. Cosl attraverso il tema della ' concordia ' e della divinizzazione dell 'umano si aprl il varco all 'umanizzazione e alla naturalizzazione del divino, e uomo e natura divennero gli oggetti primari del discorso, anche se, nelle origini , si trattò di un discorso tra­ versato da una carica di entusiasmo religioso, e disposto an­ cora, piuttosto che alla scienza, al culto della natura e del­ l 'uomo . Ma, di nuovo , gli studi umani con la loro attenzione costante rivolta alle forme del dire , dalla logica alla retorica, e alle guise dell'apprendere, esercitarono una felice funzione nella direzione delle indagini storiche e logico-metodologiche . Via via che si studiano meglio , da un lato gli ' umanisti ' e dall'altro i medici e i giuristi, si vedono cadere le goffe anti­ tesi di certa sprovveduta storiografìa, e si nota una più sottile convergenza, nella quale si viene alimentando una nuova riflessione critica, ossia un nuovo modo del filosofare. Era una filosofia come consapevolezza razionale dell'esperienza, che maturava spesso al di fuori delle cattedre uffi c iali , e che, comunque, invano si cercherebbe nei commenti fatti secondo formule e programmi obbligati . Sl che non di �ado si dà il caso di professori che dalla cattedra insegnano in un modo , e in modo diverso nei colloqui privati, e perfino nei libri . I l metodo, che taluno ha seguito, d i ricercare la verità dei filo­ sofi, non nelle loro opere, ma negli appunti dei loro corsi , nelle ' dispense ' incolori di mediocri scolari, ha portato al resultato, s tupefacente ed edificante insieme, di trasformare in piissimi difensori della tradizione uomini che, non - come si insinua - la storiografìa ottocentesca, ma l 'unanime testi­ monianza dei secoli, a cominciare dai contemporanei, aveva sentito e seguito e usato come maestri di arditissima ed ereti­ cissima critica . Dir questo era necessario , perché anche della filosofia in Ferrara sono possibili in certo modo due storie molto diverse

Guarino veronese e la cultura a Ferrara

fra loro . V 'è infatti chi per storia della 61osofìa intende la esposizione delle esposizioni che i professori facevano dalla cattedra, e neppur di tutte, ma di quelle sui massimi pro­ blemi , anzi su un problema assunto come massimo , che , nel­ l 'età che diciamo, sarebbe poi quello dell'anima. Con l 'onesto Borsetti e il caotico Pardi da un lato 3\ e dall 'altro i corsi sul de anima, non resta che determinare se il Bacilieri bolognese e il Montecatini, e altri cosiffatti celebri cattedratici , furono averroisti o simpliciani , o simpliciani-averroisti , o sigeriani , o magari in qualche momento o aspetto o lezione anche tomi­ sti. E ne verrà una galleria in cui si inseguiranno i commenti di Antonio Cittadini peripatetico , di Ludovico da Valenza tomista, del Maggi e del Montecatini ; e non gli uomini , nel complesso della loro produzione, ma i soliti luoghi comuni sui soliti intelletti, senza luce di novità, privati di senso nell'isolamento di una questione convenzionale . Di contro a questa, che è pure la storia canonica , rispetta­ bile, o, come usano dire le persone per bene , speculativa­ mente impegnata , e teoricamente valida, ve n'è poi un'altra , meno per bene, grammaticale o 61ologica che dir si voglia . Quest'altra storia, in Ferrara, avrà al suo centro , nel Quat­ trocento, Guarino , maestro delle nuove generazioni . E darà un posto cospicuo, accanto alle sue idee sull'educazione , alle sue considerazioni sulla storia e sulle scienze naturali, e al suo intervento nella polemica sollevata dal Bruni intorno alla lingua 32• E toccherà dell 'opera del Gaza traduttore d'Aristo3 1 E i l Supp/ementum e le animadversiones dd BARUFFALD I , e i s a g g i d e l SECCO SuARDO ( Lo Studio di Ferrara a tutto il sec. XV, " A t t i d . Dep. Fe r r . di Storia Patria » , VI, 1 894 ) e del SoLERTI ( Documenti riguardanti lo Studio di Ferrara nei secoli XV e XVI, i v i , IV, 1892), senza trascurare le più che venti a cc ad e m ie enu­ merate per la seconda metà dd Ci nquecento dal l ' Abate GI ROLAMO BARU7FALDI ( secondo le Notizie istoriche delle accademie letterarie ferraresi, I n Ferrara 1787 ) . 32 E solo pe r d i r di qualche punto, n o n andrà , per e s . trascurat o i l ra pp o rt o fra Guarino e Vergerio. Sappiamo ( Epistolario , I I I , p. 268 ) che Guarino tenne per­ fino u n corso sul tratta t ello pedagogico del V ERGERlO ( Oratiuncula pro libello de ingenuis moribus incohando, ms . della Comunale d i Fer ra ra l lO NA 4 , f . 1 1 2 v ) , se-

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Ritratti di umanisti

tele, e della polemica tra il Leoniceno, il Collenuccio e Pon­ tico Virunio intorno a Plinio 33 • Né disdegnerà le posizioni via via assunte da medici come il Benzi o il Savonarola 34, e darà il debito rilievo ad astronomi e astrologi, dal Bianchini al Piasio, da Pietro Bono Avogaro a Pellegrino de' Prisciani . Ed oltre l'astrologia, e le indagini e le ricerche sui miti paga­ ni , non trascurerà il continuo contatto fra poesia e teologia poetica 35• Come dimenticare la stampa d 'Ermete del ' 7 2 , o i versi di Giano Pannonio sull 'interpretazione che Guarino dava dei miti teogonici ? condo la sua abitudine di discutere quanto di meglio ci ha lasciato la saggezza dei padri ( « praeclara quaedam e nostris maioribus nobis relicta sunt , ante oculos ponere soleo ,. ). Ma sul suo metodo, sullo stesso libretto didattico del figlio Battis ta , e che il figlio dice di dovere al padre , ci sarebbe da dire qualcosa di meno convenzionale di quello che si va ripetendo . Quanto all'intervento di Guarino e dei guariniani nella celebre discussione sulla lingua, cfr. la nota del SABBADINI in Epistolario , I I I , p. 408 sgg . 33 L'importanza di Guarino nel restauro dei testi scientifici antichi è fonda­ mentale per la cultura europea, e fa una certa impressione leggere la sbiadita noti­ zia del pur meritevole e diligente G. SARTON, The Appreciation of Ancient and Medieval Science during the Renaissance ( 1 450-1 600 ), Philadelphia 1955, p . 27, il quale, per al tro , del Leoniceno e del Mainardi arr i va a dire che « were not simple humanists and Galen ists, they were aware of contemporary realities ; their eyes were open to read not only Greek and Latin boo k s in library, but the book of n a ture . It is significant that they influenced Paracelsus ,._ In realtà sono , questi del Sarton , solo luoghi comun i ; del peso degli umanisti, dell 'opera del Leoniceno, egli non sembra avere idee precise . E quanto a Paracelso, converrebbe non solo determina­ re fino a che punto sarebbe un merito averlo « influenzato ,., ma anche precisare di quale influenza si tratt i . Purtroppo sul Leoniceno manca un'opera come quella che il Lockwood ci ha dato su Ugo Benzi ( University of Chicago 1 95 1 ) . Il libro del VITALIAN I , Della vita e delle opere di Nicolò Leoniceno Vicentino , Verona 1 892 , pur diligente, è di troppo inferiore all 'importanza che l 'uomo ebbe , non solo nella cultura ferrarese, ma in tutto il moto delle idee. Un informato capitolo sulla pole­ mica pliniana è quello del THORNDIKE , IV, pp. 593-6 1 0 , e ben ragionato è il saggio recente di M . SANTORO, La polemica pliniana fra il Leoniceno e il Collenuccio, « Fi­ lologia romanza >>, I I I , 1 956, pp. 1 62-205 ( qualche notizia bibliografica in SARTO N , op. cit. , p . 82 sgg . ) . Quanto al Mainardi , " Manardum illum ferrariensem , medicum so­ lertissimum doctissimumque » , lo chiamava il Rabelais che se ne fece editore nel 1 53 2 . 34 U n lungo discorso meriterebbe Michele Savonarola ( A . SEGARIZZI, La vita e le opere di Michele Savonarola, Padova 1900; THORNDIKE, vol . IV, pp. 1 82-2 1 4 ) , che è figura molto complessa di scienziato, d i storico, di moralista (cfr . GuARINO , Epistolario, I I I , pp. 363-4 ) . 35 E a proposito d i deità pagane , 'come dimenticare il Marr a sio e l a celebre ' mascherata ' mitologica da lui organizzata in Ferrara, forse nel 1433 , e descritta da uno scolaro di Guarino, NrccoLÒ LoscHI (Epistolario, III, pp . 294-6) ?

Guarino veronese e la cultura a Ferrara

Tunc tamen exuperas cum rerum astrusa recludis, Cum veterum sectas inter figmenta latentes Producis ; nec te solertior edere quisquam Mystica secreto quid celet fabula sensu, Quod vastum sine lege Chaos, quae bella Gigantum , Qui Pyrrhae lapides Phaetonteive calores, Quas Progne plumas, quae arma sumpserit Io, Daedalus arma quibus Minoia fugerit alis, Quae vis reppulerit solem, quo robore coelum Fulciat altus At1as, quod virus Gorgonos atrae, Quid facies habitusve notent et sacra deorum.

Naturalmente anche ai filosofi di professione converrà dare un posto, ma diverso . Cosl di Antonio Cittadini medico e peripatetico si potranno ricordare i curiosi contorcimenti di un corso ferrarese sul de substantia orbis di Averroè, dove si svelano preoccupazioni di novità , magari in vista di una chiamata a Pisa con l'appoggio del Ficino 36 ; cosl , a proposito del fedele commentatore di Galeno Sebastiano dell'Aquila, non sarà da trascurare la notizia che leggiamo in una lettera del 1 4 9 8 di Ludovico Ariosto a Aldo Manuzio : che cioè , accanto a quel che insegnava ufficialmente, l 'Aquila profes­ sava ' il dogma Accademico ', e nei giorni festivi commen­ tava maxima audientia Platone , sl che tutti, compreso il gio­ vane Ludovico , erano presi da un gran desiderio di leggere Marsilio , e quanti altri platonici si potessero trovare 37 • 36

Cfr. « Giornale Critico della Filosofia I taliana » , 1 956, p p . 360-3 . Lettere di LUDOVICO ARIOSTO . . . per cura di Antonio Cappelli , Milano 1 873, p p . 2-3 ( « Domino A l d o Manutio. Cum Sebastianus A q u i l a vir bo n aru m artium 37

sedulus cultor, qui apud nos praeter medicinam quam publico stipendio doce t , Aca­ demicum dogma profitetur, Platonem in Timaeo diebus festis m axim a audientia le­ gat , non mediocre desiderium studiosis incidi t habendi libros Marsili e t aliorum ,

qui al iquid de hac secta a Graecis scriptum latine trans tuleru nt . . . » ) . La lettera è dd gennaio 1498. Come s ' è accennato, nel gennaio del '72 era stato stampato subito a Ferrara ! 'Ermete ficiniano . Fra il 1 474 e il '77 è documentato uno scambio epi­ stolare fra Ficino e il ferrarese Francesco Marescalchi ( BoRSETTI , II, p. 49; FrciNI Opera, B as . 1 56 1 , ff. 644 , 738, 776 ) . Quando Pier Candido Decembrio chiede a Leonello la Repubblica, Leonello risponde ( BERTONI, Biblioteca , p. 53 ) : « Bibliothe­ cam meam revolvi feci u t tua Platonis Politia reperiretur; illa vero nusquam re-

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Ritratti di umanistz

E nel Cinquecento ecco l ' insegnamento di Pier Niccolò Castellani da Faenza, cosl importante per aver introdotto nel mondo latino la plotiniana Theologia Aristotelis, che subito ci rinvia a quel Francesco Patrizi che l'ebbe tanto cara da ripubblicarla nella Nova de universis philosophia 38 • E nel Patrizi, nelle sue lezioni di filosofia platonica, sembra racco­ gliersi e compiersi questo tono della filosofia ' ferrarese ' . Ma Patrizi è figura di primo piano : le Discussiones peripateticae sono un gran libro di filologia e di storia della filosofia, e una importante rivendicazione del naturalismo presocratico , che poteva incontrarsi con quel Telesio con cui l ' autore ebbe cor­ tese discussione . Chi vada rileggendo la vasta e complessa opera del Patrizi, politica ed estetico-religiosa e metafisica, vedrà quanto siano superficiali certe schematizzazioni di ari­ stotelismo e platonismo , e quanto ricca fosse a volte la tema­ tica di questi filosofi ' platonici ' . E non potrà non ammirare , accanto alla forza di certi argomenti, la bellezza di certi miti , ove una grandiosità barocca par già temperarsi di profondità vichiane . perta est. In inventario scriptum era t : Pol itia Platon is, volumine mediocri , literis antiquis, copertura rubea . . . ,. _ Per « uno libro de le opere de Platone che donò Bis· sarion a Borso » , cfr. BERTONI, G uarino , p. 84, n. 4 . A proposito di un commento alla Repubblica di LoRENZO RoVERELLA, cfr. BoR SETT I , I I , 1 2 - 3 . 38 L'insegnamento ferrarese d e l Castellani sembra cadere f r a i l 1 5 0 3 e il 1 504 ( BoRSETTI, I I , pp. 105-6; PARD I , p . 150 ) . L ' i nsegnamento ferrarese d e l Patrizi co­ mincia nel '77 e dura - scrive i l FIRPO - « per tre lustri operosi , folti di polemi­ che e di ricerche » ( Filosofia italiana e Controriforma, p. 1 3 ) . Chi lo ricostruisse, con le polemiche telesiane che vi s ' i ntrecciano ( i l calabrese Francesco Muti pub­ blica a Ferrara nel 1 588 la sua d ifesa del Patrizi contro il marchigiano Teodoro Angelucci, e la dedica al Telesio ) , seguendo i legami del platonico dalmata col suo giovane collega Cremonini, al quale dedicava la propria Apologia contro l'An­ gelucci ( Ferrara 1584 ) , ricostrui rebbe anche un singolase ambiente d i cultura plato­ n ica dell 'ultimo Ci nquecen to. Sul Patrizi , le sue opere e le sue condanne , oltre il cit. saggio del FIRPO, sempre informatissimo , cfr . l ' i mportante studio di T. GRE­ GORY, L'Apologia e le ' declarationes ' di F . Patrizi, nella c i t . miscellanea Nasdi , vol. l . pp. 385-424 ( qualche indicazione bibliografica in B. BRICKMAN , An lntro­ duction to Francesco Patrizi's « Nova de universis pbilosophia », New York 1951 ) . I n connessione c o n questo ambiente converrebbe d i r a nche della quasi decennale at­ t ività editoriale ferrarese dell'edi tore Mammarelli ( FIRPO, op. cit . , p. 24 ) , che co­ m i nciò e finl col Patrizi ( il sequestro della Nova de universis pbilosopbia fu per lui rovinoso ) .

I OO

Guarino vero n ese e la cultura a Ferrara

Patrizi ci rimanda all 'enigmatico Marcello Palingenio Stel­ lato e al suo cosl ricco , e cosl poco esplorato , Zodiacus Vitae , dedicato a Ercole I I , su cui , a parte le pagine del Tocco sui rapporti col Bruno, e qualche felice nota crociana, nulla ha detto una retorica incapace anche di sottolineare la conver­ genza di platonismo e fede ne ll a ragione contro i « doctores stultitiarum » che « clamando in templis res vulgi errorumque magistri » .

»

si fanno

«

decepto­

Quidquid Aristoteles vel quivis dicat , eorum Dieta nil moror, a vero cum forte recedunt . . . . Nemo putet sibi m e addictum : mihi flectere mentem Sola potest ratio : ratio dux fida sophorum est : Hanc scrutator amet veri imprimisque sequatur . . . . Est autem ratio lumen quoddam , atque animi vis, Qua curvum a recto secernimus , atque ab honesto Turpe , oculusque solet mentis quandoque vocari : Qualem oculum fortasse tibi Polypheme fuisse Signifìcant vates, quo lactea membra videbas Dilectae liquido ludentis in aequore ny mphae .

D'altra parte il Patrizi con le sue opere etico-estetiche si inserisce in una tradizione a Ferrara fiorentissima : dall 'aureo l ibretto sull 'imitazione di Bartolomeo Ricci da Lugo a Lilio Gregorio Giraldi , al Giraldi Cinthio , al Pigna, al commento alla Poetica del Maggi , ai dialoghi del Romei e del Pocaterra ; dall 'opera dell 'Equicola al trattato sull 'amore del lucchese Flaminio Nobili che il Tasso postillò ; a tutta un'atmosfera, insomma , in cui si collocano cosl bene i dialoghi tasseschi

39•

39 Lo scritto più ricco di precise indicazioni sul Palingenio resta ancora il vo­ lumetto di G . BoRGIANI , Marcello Palingenio Stellato e il suo poema lo " Zodiacus Vitae » , Città di Castello 1 9 1 3 . Sull 'insegnamento ferrarese, durato quasi un ven­ tennio, del bresciano Vincenro Maggi , cosi rispettato anche dal Telesio, che sotto­ pose al suo giudizio la prima stesura della sua maggior opera , cfr. PARD I , op. cit . , p . 1 60 . S u Bartolomeo Ricci cfr. BoRSETT I , I I , p p . 393-4 ; BAROTT I , I I , p . 9 2 sgg . , e l'ed . delle opere pubblicata in t r e volumi in Padova n e l 1 7 4 8 . I dialoghi d e l Ro­ mei, com 'è noto, ripubblicò il Solert i . Sul Pocaterra cfr . BoRSETT I , I I , p. 2 1 1 . I

I OI

Ritratti di umanistl

Né saranno da trascurare uomini molteplici come Celio Calcagnini scrittore acutissimo , e non solo per aver sostenuto il moto della terra in un troppo celebre testo 40 ; o medici pieni di interessi filosofici come il grande Brasavola, amico del Calcagnini come di Palingenio , e che fra l 'al tra ha il me­ rito di averci dato in una lezione un non dimenticabile ritratto del vecchio Leoniceno 41 • E certo avremo da ricordare anche i professori di filosofia , dal Cremonini passato a Padova, al Gianini , il cui platonismo, così poco originale, ci porta ormai in pieno Seicento : ma, soprattutto, il Maggi bresciano e il Montecatini ferrarese, che ancora insisteva sul tema scontato e pur significativo della concordia platonico-aristotelica , a compiere quella fabbrica che una bella pagina del Tasso indica suoi Due dialoghi della vergogna ( fra Orazio Arios to, Alessandro Guarino, Ercole Cas tello ) , dedicati ad Alfonso I I , pubblicò nel '92, al termine della sua attività edi toriale , Benede tto Mammare lli . Il ttattato del Nobil i , con le postille del Tasso, pubblicò D. Pasolini nel 1 895 i n Roma ( su lle discussioni d 'amore i n Ferrara è da vedere anche il seguace del Telesio, e difensore di Patriz i , FRANcEsco MUTI con le sue De pulchritudine Theses Alphonso II Ferrariae Duci dicatae, uscite i n Fer­

rara nel 1 58 9 ) . Anche troppo noti Lilio Gregorio Girald i , i l Giraldi Cinthio e il

Pigna. Non a caso i l Giraldi Cin thio poneva sotto il segno delle lezioni del Maggi , « non meno in questa parte che in tutte le altte che a raro filosofo appartengono

eccellentissimo » , i suoi lavori d 'estetica , dedicando a sua volta al Pigna « discipulo optimo atque carissimo ,. i cosi notevoli Discorsi intorno al comporre dei Romanzi ,

delle Commedie

40

e

delle Tragedie, e di altre maniere di Poesie.

CAELII CALcAGNINI Ferrariensis . . . Opera aliquot, Basileae 1 544 , pp. 288-95 ( Quod caelum stet , terra moveatur, ve! de perenni motu terrae ) . I l Calcagn ini v i cita Cusano, p . 395 , ma in modo che conferma una volta di più la scarsa penetrazione delle sue opere i n I talia, almeno per un certo periodo ( « Audio e t proxirno sae· culo magnae docttinae ac perspicacis ingenii virurn Cus arn , purpura quidem p rae­ stantem, sed multo l i teris praestan tiorem , pro hac opinione stetisse; cuius u t i nam commentarii in mRnus rneas perven issent . . . » ) . Sul Calcagnini preteso ' precursore ' di Copernico cfr . FRANZ HrP L ER , Die Vorliiufer der Nikolaus Coppernicus , insbt-­ sondere C. Calcagnini, « Mitteil. d . Copernicus-Vereins zu Thorn ,. , Heft I V , 1 88 2 , pp. 51-80; THORNDIKE , V , p . 4 0 9 sgg. Sul C . i n genere A . L AZZ A R I , Un enciclope­ dista del sec. XVI : Celio Calcagnini, Ferrara 1 936 ( dal vol. 30 degli « Atti e Mem . d. Dep . Ferr. di Storia Pattia » ) . Come è noto fu il Brasa vola a pubblicare po-. stumi gli scri tti del C . , incorrendo nelle accuse del Giraldi ( BAROTT I , I I , p. 1 1 7 ) ; sul curioso e bizzarro carattere del C . , BoRSETTI , I I , p . 1 1 5 sgg . ( BARDITI ' I ' p. 287 sgg . ) . 41 Sul Brasavola , veramente figura di primo piano - basterebbe ricordare i l monumentale i ndice di Galeno ( Venezia 1 550) -, cfr . BoRSETTI, I I , p p . 1 3 3 -4 '· BARDITI, I I , 108 sgg . ; THORNDIKE, V, pp . 445-7 1 ; SARTON, pp. 3 2 sgg.

1 02

G uarino veronese

e

la cultura a Ferrara

sempre incompiuta 42• Ma li cercheremo , anch'essi , non nelle grige dispense universitarie, dove qualche allievo trascrisse le solite esposizioni fatte per dovere d'ufficio, bensl nei luoghi

in cui tradussero a modo loro i fremiti, i contrasti , e anche la debolezza e la crisi di una cultura . Se andremo cosl leg­ gendo la filosofia ferrarese non nelle discettazioni sul numero degl 'intelletti ormai lontane da ogni interesse, e ripetute solo in ossequio ai programmi scolastici, ma nei contatti con le scienze, le lettere e le arti, con la vita politica e religiosa, e negli equivoci connubi con magia astrologia e divinità pa­ gane, allora anche i sacri nomi di Platone e di Aristotele sa­ ranno qualcosa di più che reminiscenze lontane : riprende­ ranno il sapore di discussioni precise, e ci aiuteranno a inten­

dere, non solo Ariosto e Tasso, ma pittori e architetti , e dram­ mi religiosi, e azioni e fallimenti politici . E la storia della filosofia, invece che malinconica quanto inutile rassegna di ' titoli ' universitari, s arà storia e, in ciò stesso , filosofia, ossia sforzo di comprensione di una società . Come rispondeva Celio Calcagnini ai suoi critici, che rimproveravano a lui ' gramma­ tico ' di pretendersela a filosofo , non si studia la fisica senza logica, non la logica senza la matematica, e null a senza le arti del discorso : « armonia che bene fu detta enciclopedia . Che se la filosofia è cognizione delle cose umane e divine, se huma­ nitas è intelligenza di ciò che concerne l'uomo hominis causa che cosa c'è nel cielo o sotto il cielo che non mi -

-

riguardi ( quid est in caelo aut sub caelo quod ad me spectare non debeam arbitrari ) ? » . Quale filosofia diversa dagli huma­

nitatis studia ?

42 Per il Montecatini e il Gianini , e le loro opere, v e di la c i t . Storia della filosofia italiana, p. 548 , 587, 603 , 608, 614, 662, 7 4 0 .

1 03

Ritratti di umanisli

[ Questo saggio, uscito la prima volta nel 1 95 6 , richiederebbe non poche aggiunte, sia nell'apparato bibliografico che a proposito di talune osservazioni e tesi generali, variamente accolte o discusse. E. indubbio che molti punti vorrebbero correzioni, integrazioni , chiarimenti da darsi in altra sede . Qui ci si limiterà a qualche indicazione integrativa ; e, innanzitutto, per quanto riguarda le lettere di Guarino, v. A. CAM­ PANA , Una lettera inedita di Guarino Veronese e il Plutarco m ediceo della bo ttega di Vespasiano, « Italia medioevale e umanistica », 5 , 1 96 2 , pp. 1 7 1 - 8 ; S . PRETE, Two humanistic anthologies, Città del

Vaticano 1 9 64, p. 2 2 ; C. CoLOMBO and P. O. KRI S TELLER, Some new additions to the correspondence of Guarino of Verona, « Italia me­ dioevale e umanistica » , 8, 1 96 5 , pp. 2 1 3-48. Molto rilevante l'ampia e documentata monografia di GIANVITO RE sTA, Giorgio Valagussa umanista del Q uattrocento , Padova 1 964, che, partendo da alcune in­ dicazioni del Sabbadini , offre una ricca messe di elementi per rico­ struire la vita culturale della cerchia guariniana ( quanto all'oratiuncula pro libello de ingenuis moribus inchoando , di cui è cenno nel testo, essa fu pubblicata dallo Gnesotto negli « Atti e memorie della R . Ac­ cademia di scienze lettere ed arti in Padova », N. S . , 37, 1 920- 1 92 1 , p p . 56-7 ) .

Pieno di indicazioni preziose, che possono integrare vari luoghi del testo, è il saggio di A. ROToNDÒ, Pellegrino Prisciani, 1 435 ca. -151 8, « Rinascimento » , 9 , 1 9 60, pp. 69- 1 1 0 . Sempre a proposito di astro­ logi, dell'Arquata ha discorso con eleganza M. BATAI LLON, Mythe et connaissance de la Turquie en Occident au milieu du XVI< siècle, nel vol . Venezia e l'Oriente fra tardo Medioevo e Rinascimento , Firenze 1 9 66, pp. 4 5 1 -470 ( ma in precedenza chi scrive, Arquata , Anto nio , « Dizionario Biografico degli Italiani », 4, Roma 1 96 2 , pp. 299-3 0 1 , aveva sostenuto, in base a documenti non oppugn,abili, la necessità

G uarino veronese e la cultura a Ferrara

di riportare molto più indietro di quanto non si faccia il famoso pro­ nostico De eversione Europae ). Su Rodolfo Agricola e l a dialettica ha d a t o sostanziosi contributi C. VA so u , Dialettica e retorica in Rodolfo Agricola, « Atti e Memorie dell 'Accademia Toscana di Scienze e Lettere ' La Colombaria ' », 22, 1 9 5 7 , pp. 307-55, a cui non molto aggiunge A . CRE S CINI , Le origini del metodo analitico. Il Cinquecento , Trieste 1 96 5 , pp. 58-7 1 , che, per altro, vede bene il carattere umanistico (e il tono ' pla tonico ') del nuovo insegnamento dialettico ( retorico ) , des tinato a diffondersi in tutta Europa . A questa « dialettica » ( non a quella suisetica, ancor viva a Pavia qualche decennio prima, quando se ne interessava il Barbaro ) dovette rivolgersi lo zelo di Pietro Bembo a Ferrara nel 1 499 :

«

la

lettione Dialettica, alla quale niun giorno manco » ( D elle lettere . . . a suoi congiunti et amici, et altri gentili huomini venitiani scritte, Se­

condo volume, I n Venetia 1 56 0 , c . 14 r , su cui v. P . FLORIAN I , La

giovinezza umanistica di Pietro Bembo , « Giornale S torico della Lette­ ratura Italiana » , 1 4 3 , 1 9 66, che riferisce il testo della lettera latina, sempre a Trifon Gabriele : « partim detinent s tudia dialecticae di sci­ plinae » : in Epistularum libri, Argentorati 1 6 1 1 , p. 4 1 7 . Ma su alcune osservazioni del Floriani , anche a proposito dell'averroismo di Bernardo Bembo, di cui non bene, sulla scorta dell 'immagine del Renan, ebbe a dire il Della Torre, tornerò altrov e . Quanto alle lettere di Pietro Bembo, e ai suoi entusiasmi « dialettici », non sfuggirà la vicinanza cronologica con la citata lettera dell'Ariosto al Manuzio sulle lezioni platoniche dell'Aquila , e le curiosità ermetiche e Alberto Pio, al cui

proposito v . ora l'ed . delle Lettere dell 'Ariosto a cura di V. S tella,

Milano 1 9 66, p. l, 4 1 9 ) .

Sul Mainardi e la sua opera, e, insieme, su altre figure interessanti l 'ambiente ferrarese, v . P . ZAMBELLI , Gio van ni Mainardi e la polemica

sull'astrologia, in L'opera e il pensiero di Giovanni Pico della Miran­ dola n ella storia dell'umanesimo , Firenze 1965, II, p p . 205-79 ( ma a p roposito del contemporaneo Pietro Mainardi veronese, medico e filo­ sofo, presente anch'egli a Ferrara , v . , sempre di P. ZAMBELLI, Il « de auditu kabbalistico » e la tradizione lulliana del Rinascimento , « Atti e Memorie dell'Ace . Toscana . . . ' La Colombaria ' » , 30, 1 9 6 5 , pp. 1 1 5 2 4 9 , c h e documenta bene il singolare intreccio di motivi c h e alimentò certi casi di

«

mistica averroista » , che con l 'averroismo in senso pro­

prio non avevano molto a che fare, e molto, invece , con le nuove ten­ denze s ature di temi neoplatonici ) . Più lungo discorso meriterebbe l a questione della presema nella cultura ferrarese di testi albertiani e la loro influenza sull'Ariosto :

Ritratti di umanisti

basti rinviare a C . S EGRE , Esperienze ariostesche, Pisa 1 9 6 6 , pp. 85-95 (e, per altri aspetti , a J . H . WHITFIELD, Leo n Battista A/berti, Ario­ sto and Dosso Dossi, « ltalian Studies », 2 1 , 1 966, pp. 1 6-30 ) . Del Patrizi, a proposito della filosofia amorosa, v . L'amorosa filo­ sofia, a cura di John Charles Nelson, Firenze 1 9 6 3 , e il saggio del NELSON, L'« amorosa filosofia » di Francesco Patrizi da Cherso , « Rina­ scimento », s . I I , vol. I I , 1 962, pp . 89- 1 0 5 ; a proposito della filosofia della storia, R. FRANCHINI , La logica della filosofia, Napoli 1 9 6 7 , pp . 1 1 0-25 . ]

ro6

IV .

Filippo Beroaldo il vecchio e

il suo insegnamento bolognese

l. «

Sit sanctum et venerabile apud vas poetarum nomen !

»

1•

Cosl un giovane professore italiano , Filippo Beroaldo , pre­ ludeva nel 1 47 6 a Parigi a un suo corso su Lucano . Era uomo o riginale e dottissimo , fra gli ingegni più acuti del suo tempo , filologo di rara perizia, dei pochi degni d 'esser paragonati a Poliziano, meritevole di una fama ben maggiore di quella, a ssai tenue, che lo salva dall'oblio . Proprio Poliziano lo chia­ mò primo fra i professori bolognesi , ricordando come gli stu­ diosi che da Bologna andavano a Firenze , a titolo di vanto e a modo di raccomandazione cominciassero col dire di essere discepoli del Beroaldo 2 • Chi , oggi , non solo retoricamente sostenga la varietà delle forme in cui nei diversi centri ital Oratio de laudibus gymnasii parrhisiorum et poetices acta in enarratione Lu­ cani , 1486, cit. in RENAUDET, Préré/orme et humanisme à Paris pendant [es pre­ mières guerr es d'Italie, 1494-1 5 1 7 , Paris 19532, p. 1 1 6 sgg . 2 PoLITIANI opera, I, Lugduni 1 539, p . 170 : « adeo testibus non indiget amor erga me tuus, e t studiorum simil i tudine conciliatus et multis roboratus officiis, ut qui Bononia Floren tiam veniunt, statim quasi solemniter, quo mihi se magis ap­ probent, in tua cohorte se numerent » (da una lettera del 1494 ) . E Beroaldo, p. 168 : « no n e x amore iudicium h oc est, sed e x iudicio amor. Testis sunt scholastici sex­ centi, testis est pulpitum illud ex quo cottidie profìtemur , me identidem esse prae­ conem et buccinatorem tuae singularis eruditionis. Quid multa? publice , privatim , domi, foris , in gymnasio literario, extra gymnasium, ubique locoru m , ubique gen­ tium, ubique temporum, Politianus a Beroaldo extollitur celebraturque meritissi­ mo pr aeco ni o . Tibi me virtus tua fac i t amicum ».

I 07

Ritratti di umanisti

liani venne atteggiandosi la cultura umanistica , giunto a Bo­ logna non potrà non dare singolare rilievo al primo e più notevole dei Beroaldi 3 • Amava i grandi scrittori in volgare del Trecento ; tradusse Boccaccio e Petrarca ( converti in latinum sermonem ex ver­ nacula lingua canticum Francisci Petrarcae religiosum ) ; poetò in latino con larga fortuna sì da essere a sua volta tradotto in francese dal Marot. Le sue variazioni , anche su temi sfrut­ tati e comuni , non sono volgari : come quando va sottilmente paragonando , in un'elegia all'amico e compagno di s tudi , di pranzi e di feste Mino de' Rossi, il mutar della luna col mutare della fortuna 4 : Cuncta fluunt, res nulla diu durare maligna Sorte potest, celerem quae rotat usque rotam. Ac veluti Lunae facies modo conficit orbem Et modo deficiens nocte tacente silet Et modo clara micat . . . . Sic fortuna facit . Nunc pura e t lucida fulget, Nunc obscura latet, nec manet una diu . 3 Sul Beroaldo, ol tre le biografie dei suoi scolari ( Giovanni de Pins c Barto­ lomeo Bianch i n i ) e i repertori del Niceron , del Mazzucchel l i e del Fantuzzi , cfr . C . MALAGOLA , Della vita e delle opere d i Antonio Urceo , Bologna 1872; L . FRATI , I due Beroaldi , « S tudi e memorie per la S toria della Università di Bologna » , I l , Bologna 1 9 1 1 ; E . RAIMONDI , Codro e l'umanesimo a Bologna, Bologna 1 950, p . 90 sgg . , ove sono giudizi penetran t i , e a cui si rimanda per u lteriori indicazioni biblio­ grafiche. Per i rapporti con l a Boemia v . L . PREVIALE, Umanesimo boemo e uma­ nesimo italiano , « Conviviu m », Raccolta nuova , 1 949, pp . 2 1 0-3 3 , delle cui indica­ zioni e ci tazioni mi valgo anche per il saggio del RYBA, Filip Beroald a ée!ti hu­ manisti, uscito neWAnnuario della città di Budej ovice , 1932-3 3 , p. 1 3 9 . S u l giovane Beroaldo e s u i suoi rapporti c o n i l nostro Beroaldo è da l eggere quanto questi scrive nei Commenlarii . . . Conditi in Asinum Aureum L uci i Apu/ei ( Bononiae 1 500) fol . 1 92 v . : « Philippus Beroaldus minor . . . dum sitienter philip­ pizei , hoc est Philippum imitatur , et per nostra vestigia i t , iam ex scholastico factus est professar . . . � 4 Le citazioni dagli opuscoli a stampa d e l Beroaldo faccio dalla raccolta Pm · LIPPI BEROALDI opera l Orationes multifariae a Philippo Beroaldo l editae reco­ gnitaeq.ue cum Appendicula l aliarum quoque oratiuncularum ( ho usato la copia della N az. di Firenze, Incunab . E. 6.23 ). Della sua vasta produzione miscellanea parla il Beroaldo nei Commentarii c i t . di Apuleio, fol . 2 r: « commentarii in Pro­ pertium , in Svetonium Tranquillum formati in publicum iam prodierunt . . . annota­ tiones, orationes, poernatia . . . innumera opuscula fluxere . . . ».

ro8

Filippo Beroaldo il vecchio

I motivi classici dell 'Umanesimo trovano in lui una testi­ monianza eloquente, come quando , in una orazione , viene definendo la cultura quale convergenza di dottrina e di mora­ lità : sapere che si fa scuola di vita e di costumi . « La cultura dell 'anima consiste nel rifiutare il peggio , nel ricercare il meglio , nel volere soprattutto l 'ottimo . La cultura dell 'anima consiste nell 'abbracciare le discipline liberali. La cultura del­ l ' anima è l 'eloquenza che è una delle somme virtù , che è vene­ rabile e santa, che degli stati è regolatrice splendida » . Nell 'insistere sul valore dell 'amicizia, sulle unioni dei dotti, sui colloqui epistolari , riesce , in un tema pur cosl diffuso , a trovare accenti originali . « Il bene più prezioso che gli uomi­ ni abbiano è l'amicizia, la più degna delle cose mortali . Se dal commercio degli uomini scomparisse l'amicizia , non più uomini saremmo ma fiere , ma qualcosa peggiore delle fiere medesime . . . Ed è legge dell'amicizia che gli amici lontani si scambino lettere . . . Togli i colloqui epistolari , e subito l'amore per gli assenti diverrà languido e stanco , laddove acquista freschezza e vigore negli scambi di lettere » . L 'epistolario umanistico che è i l segno tangibile di una cultura che si organizza, che stabilisce dei rapporti ben defi­ niti , che prende corpo in una società internazionale di dotti, ha un'importanza veramente singolare di cui non si dirà mai a sufficienza. Ma ciò che ne fa il documento insostituibile di un tempo, e della vita di gruppi ben definiti di studiosi , è quel trascorrere dal saggio filosofico o critico alla corrispon­ denza di viaggio, dallo sfogo personale e dalla confessione più intima al ritratto di costume, al ricordo , alla testimonianza d'affetto . Ora le lettere del Beroaldo , ben degne di essere riunite, vanno appunto dalle pagine di critica tes tuale al pia­ cevole racconto di un incontro d'amici , all 'efficace descrizione della sua vita di studioso soffocato da bozze di stampa, tor­ mentato da turbe di scolari , preoccupato da pubblici uffici, e sempre a caccia di quattrini . Ed ecco il biglietto di racco-

1 09

Ritratti di umanisti

mandazione un po' petulante ; ecco la richiesta, tra scherzosa e sfrontata , di danaro e di oggetti ai suoi più illustri discepoli. E poiché nel dialogo entrano e boemi e ungheresi e stranieri d'ogni parte, tratti a Bologna dalla fama del maestro, il qua­ dro che ne risulta è di raro valore per la storia di un'epoca e di una scuola 5 • Ma soprattutto ne vien fuori un vivace documento di co­ stume . Ai principeschi suoi antichi alli evi il professore manda un opuscolo e chiede una pelliccia. « Me ne hanno regalata una bellissima ; ma a un guardaroba che si rispetti una sola disdice ; è peggio che niente . D'altra parte in Boemia le pel­ licce abbondano , sono anzi comuni ; e tu sei cosl ricco e cosl pronto a fare qualunque cosa per il tuo maestro . Ma mi sem­ bra che la richiesta ti faccia aggrottare la fronte ! Ebbene ! aggrottala per qualcosa di più, e alla pelliccia aggiungi un cavallo . In compenso, appena stampati, ti manderò i miei commenti a Svetonio » 6• 5 In particolare sui suoi scolari boemi cfr. la dedica dell' O ra tio proverbialis : Complusculi ex Boemia scholastici ad capiendum ingenii cultum linguamque co­ medendam in hoc nostrum gymnasium litteratorium quotannis cornmigrare consue­ verun t , nitidi prorsus atque elegantes. Sed omnium sane nitidissimm Uldricus Ro­ sensis i n ter incly tos Boemiae proceres famigeratus, cuius nomini Annotationes nun­ cupatim ded icavi [ Annotationes centum ad Uldricum Rosensem, &m. 1488; ma cfr. anche gli endecasillabi ' ad inclitum baronem Uldricum Rosensem ' l ; Johannes vero Warti mbergensis amni praeconio bonitatis ornatus instar gemmae radiantis in coetu scholastico refulget , ad quem opusculum de septem sapientibus composui [ Hepta/ogos. Libellus q u o septem sapientum sententiae discutiuntur, Bon. 1 502 : ' ad J. V . , . . . familia apud Boemos arcto cognationis nexu copularur cum illustris­ simis principibus Rosensibus . . . ' ] . Fuit indidem et Martinus Crunnoviensis, quo nihil candidius, cu ius nomen Liber Orationum mearum in liminari pagina gestat inscriptum [' Collegi nuper oratiunculas nonnullas variis a me temporibus et argu­ mentis concinnatas easque te impulsore tradidi impressoribus . . . , inter scholasticos transmontanos praestantissime . . . '] » . 6 Ms. Campori ( App. 3 2 4 ) dell 'Estense ( y . S . 5 . 2 5 ) , cc . 3 v-4 r, che riproduco , qui e successivamen te, anche in tutte le peculiarità ortografiche : « Pro amicitiae p ignore mitto ad te l ibellum i n qua et seria et jocosa continentur; quae gignit fundus meus illa libenter amicis imparcio; suppellex mea chartacea est, chartas mitto; pusilla possideo, pusilla accipies ; tu qui magnus et opulentus es pro pusillis rem i t tito magna et opulenta. Munuscula mea sunt hamata et viscata, furtim latro­ cinantur. Cupio abs te remunerari remuneratione luculenta. Cupio pro chartario vi­ l ique munusculo munus pelliceum et preciosum . Scio te istic abundare pelliceis ve«

I IO

Filippo Beroaldo il vecchio

Quasi a compensare delle richieste non risparmia i buoni consigli .

«

La cultura fa buona impressione nei principi ; li

aiu t a ad imporsi , e non è necessario che sia larga e profonda. Basta poco . Una sola citazione in bocca a un principe fa più effetto di seicento testi citati in fila e a memoria dal povero Beroaldo . E allora perché non dedicare, fra la caccia alle belve e quella agli scorta, una mezz 'ora alle Muse ? E perché non tornare a Bologna a rinfrescarsi le idee ? Urbs nostra si un­ quam scortis abundavit, nunc maxime floret » 7 Se il dialogo epistolare con gli stranieri ci fa quasi toccare con m ano il peso di questo s traordinario irraggiarsi di cul­ tura, la conversazione con gli italiani ha interlocutori solenni : il Poliziano , Giovanni e Gianfrancesco Pico , Ermolao Bar­ baro ; e nello sfondo il Tebaldeo , Battista Guarino , Battista Mantovano, il Collenuccio . Eppure il Beroaldo resta sempre uguale a se stesso, e tempera di scherzi e di lieti ricordi la gravità di un Poliziano e la severa austerità di un Pico . E se negli epistolari pubblicati rimasero consegnate le sole lettere

stibus ex marte concinnatis. Rogo tuarn m un i fice n t iam et benignitatem u t unam huiuscemodi vestem m i t tere velit e t quidem dono ; non enim decet principes nego­ ciari . C an cell ari u s vester, utpote liberalis e t munificu s , misit ad me hoc anno unam , et eam quidem elegantem, quae invitavit ad alteram abs te petendam : narnque duae copulatae exornant vestiarium, sola non c o nv e ni t . Contraxisti frontem , sed magis contrahes ubi l eg eri s equum quoque deposcere ; nolo enim munere munus expungi : scio te non esse animi pus i l l i et max i me erga preceptorem; scio te et equum et pelles libentissimo animo esse missurum, et ego libellorum meorum primitias ad te semper destinabo . Et intra duos tresve ad summum menses imprimentur Commen­ tari i q u os composui in Tranquillum ; ubi erunt impressi ad te ibun t ; et s i quid ali u d exibit ex nostra officina, illud istic trans m it tetur ». 7

Ms. ci t . , c. 4 v:

« Pene praeterii quod minime fui t pretereundum , u t scil icet

te pro j ure benivolentiae rogem , moneam , horter, ne s tudia l i tteraria ex toto flocci­ pendas ; potes singulis diebus singulas saltem horas impendere v o l u p t at i li terariae, quae vera est volup tas. Scito enim litteras tanto preciosiores estimari atque splen­ didiores, quanto nobilior est ille qui eas posside t . Modica eruditio in te admira­ bilior e r i t quam in me maxima; sententiae duae tresve tempestiviter a te prolatae, maius ti bi affe rent ornarnentum quam si a me sexcentae memoriter proferentur. Po tes venar i , scortar i , potes etiam studere ; nullum enim diem tam occupatum du­ cere te opinor, ut non hora aut semihora vana relinquatur, q u a posses musis inser­ vire. Quod ut facias te rogo, et pro jure bon i doctoris monco ».

III

Ritratli di umanisti

dotte e serie , in quelle disperse si parla molto di pranzi e di piacevoli discussioni in allegra brigata. Il confronto con i circoli culturali fiorentini che ci viene imposto dallo stesso Beroaldo iter feci Florentiam usque, ubi homines offendi in studiis literarum florentissimos sottolinea questo carattere meno aulico e solenne, meno austero , ma ricco di una umanità schietta, avvivata da un sorriso costante . Certo nel Beroaldo qualche volta la pretesa di trar denari dalle lettere rasenta la sfrontatezza : ha com­ prato un campo , e per pagarlo intende sfruttare anche il terre­ moto che ha sconvolto Bologna . Ai ricchi suoi antichi scolari manda il suo opuscolo de terremotu e domanda quattrini : effice, quaeso, mi Compater, ne Vincentius inanis revertatur . . . Composui nuper libellum de terremotu; expecto Vincentium onustum pecunia. Cosi quando passiamo a leggere le sue orazioni politiche , non solo ci colpisce certa ricercata preziosità di immagini , ma anche il fatto che laddove i magistrati fiorentini lodavano la giustizia « alla ringhiera » , il Beroaldo la loda a pranzo , anzi dopo il pranzo . I Bruni , i Palmieri , i Manetti , gli Ac­ ciaiuoli , pronunciarono i loro « protesti » con accento e piglio degno degli eroi di Grecia e di Roma. Quando si sentivano addosso , sia pur metaforicamente , panni regali e curiali, an­ che il sorriso spariva dai loro volti ; il loro linguaggio correva asciutto e solenne , e le immagini erano di Platone, di Aristo­ tele e di Cicerone , con qualche condimento biblico . Parla­ vano del Sole della gius tizia e del Sommo Bene , e della stella Espero e della stella Lucifero, che non v'è « protesto » che non ricordi con le espressioni della Nicomachea. Il Beroaldo invece par che scherzi : gli antichi egiziani per indicare il ma­ gistrato si servivano di due geroglifici, un coccodrillo e un occhio. Il coccodrillo i magistrati devono tenerlo presente, ammonimento a colpire i cattivi ; l 'occhio indica l ' oculata attenzione della giustizia . La quale a sua volta ha una figlia -

-

II2

Filippo Beroaldo il vecchio

Nemesi , quam pinnatam finxit antiquitas, ut doceret eam

adventare celeri velocitate ad mulctandos malos magistratus 8• Nei protesti fiorentini non si parla di Nemesi : all a ringhiera stanno i figli ideali di Bruto e di Catone . Beroaldo invece si preoccupa anche dei barattieri ; e non dimentica di raccoman­ dare che i « tribuni » pensino alle cose multitudini et populo

iucunda, quali Martii panes, Buccelle ex saccaro et nucleis pineis, Perdices, Fasiani, e così via . Le lodi della magistra­ tura il Beroaldo le faceva alla fine del pranzo offerto dalle autorità, largitate epularum pregravatus et ingenio habetato

et concutiente. V 'è qui lo stesso spirito, tra ironico e profondamente serio al di là di ogni consuetudine retorica, dell'Oratio proverbialis, che è scritto rivelatore , forse, dell 'intimo del Beroaldo . I l tema è affascinante : la sapienza popolare ricercata sotto il segno di Socrate : ma ancora una volta il Socrate di Beroaldo

è molto diverso da quello di Giannozzo Manetti - e più vero . Il Socrate del Manetti, non a caso celebrato in una sorta di parallelo plutarcheo in confronto con Seneca, è innanzi­ tutto l 'eroe morale che consacra col sacrificio della vita il suo pensiero . Il Socrate del Beroaldo è il bonario moralista che avverte : quae supra nos, nihil ad nos. « Quel famoso Socrate, padre dei filosofi , che l 'oracolo di Apollo disse il più sapiente degli uomini , si racconta che dedicandosi agli studi di etica esclamasse : le cose che sono sopra di noi non ci riguardano . Questa testimonianza socratica insegna ad abbandonare gli ar­ gomenti sublimi , ad occuparsi di umili cose, a discendere dal cielo in terra , a lasciare il divino , a osservare il mondo umano . B Ms . cit . , c. 32 r: « Dicam ego quoque quae in buccam veneri n t , et hoc i n primi s , quod magistratum Egip t i i duobus l iteris sacris, quas hieraticas et hierogli­ phicas vocant , insculpeban t : inter coetera crocodilum et oculum , ubi crocodilus sign ifica t malu m , ocu lus iustitiam iustitiaeque custodem . Haec duo magistratibus omnibus sunt habenda ante oculo s , i n ore , in precordi i s : croccxl ilus, u t caveant a quocu m que ma lo , ut malum in a d m i n i s tranda republica procul a civi tate propulsen t ; ocu l u s quoque spectandu s , u t intelligant iustitiam colendam custcxliendamque . . . » .

113

Ritratti di umanisti

Spinto da questa sentenza del più saggio dei filosofi, che mi sonava all 'orecchio, io ho stabilito, oggi , di strisciare a terra, di andare in mezzo al popolo, e di esaminare attentamente alcuni detti popolari ». E ad un'analisi accurata i proverbi si rivelano « non meno succosi né meno utili alla vita dei volumi consacrati dei filosofi » . Simili alle antiche leggi, sono sen­ tenziosi e brevi ma ricchissimi di possibilità, legati alla vita e capaci di guidare questa nostra vita 9 • Non è qui il caso di insistere sul valore storico dell ' o ra t i o proverbialis e degli adagia del Beroaldo ; non si può tuttavia trascurare , nell'impostazione e nel tono , una volontà estre­ mamente seria di limitare la retorica umanistica . « Tu che incedi con un immenso seguito, che collocato al sommo delle dignità sei rispettato come un nume, che ti credi un dio ter­ reno , tu non sei che una bolla. Tu che nell'animo volgi cose immortali , alla cui brama il mondo non basta, cui null a è sufficiente, tu non sei che una bolla. Nulla c'è di più fragile , nulla di più superbo dell 'uomo . I mmagine della vita dell 'uo­ mo è il fiore che rigoglioso al mattino appassisce prima del vespro . Omnis caro foenum, et omnis gloria quasi flos foeni » . Ecco i proverbi dei quali sarebbe ben sciocco sorridere poi che non l i disdegnarono i saggi legislatori, e ad essi attinsero i libri dei filosofi . Altre opere del Beroaldo , s trettament e legate alla declamatio umanistica, riprendono c o n vivacità e con garbo motivi diffusi ed essenziali ; ma qui, accanto a d una singolare originali tà, si traduce anche i l suo gusto del volgare, dei modi di d i re popolari e delle forme dialettali ; quello s tesso che lo fa a volte cosl prezioso nel suo latino , 9 Anche qui forse , gioverebbe , p i ù che il riferimento agli Adagia erasmiani , que l l o ai « Det t i p i acevol i >> del Pol iziano ( su cu i sono ora da vedere le fini os­ servazioni d i G. FaLEN A , Umori del Poliziano nei « Detti piacevoli » , « L' A pprod o >> , I I I , 2 , 1 954, p p . 24-3 0 ) . Sono da rileggere , nel l ' in troduzione all 'Oratio, le parole : « nam sicut in fict i l ibus thcsauri persaepe preciosi reconduntur, i t a in h i s Jibellis opes pleru mq ue lucu l e n t a e i n c l ud u n t u r , e t perinde atque i n dactylo thecis gemmac

l i tcrarum . . .

I I4

>> .

Filippo B eroaldo il vecchio

nella imitazione artificiosa degli autori della decadenza, nel­ l 'uso del vocabolo più ricercato e più raro . Ma è quel gusto medesimo che rende il suo commento cosl largo di raffronti e di testimonianze, traversato da un amore per la parola e da un'attenzione per il mutare del linguaggio che lo fa tra­ scorrere dal documento arcaico allo scrittore cristiano , a spiare le risonanze della lingua dei paesi d 'origine degli scrit­ tori , siano essi d 'Mrica o di Spagna o di Pannonia .

2. A cogliere quasi parlante la figura del maestro bolognese tra insegnamento ed attività scientifica, nel colloquio con gli allievi e con gli amici, nel discorso pubblico e nella polemica, e perfino nella petulante richiesta di denaro e di doni, può giovare l ' analisi della abbastanza organica raccolta di epistole ed orazioni conservata in un codice Campori dell 'Estense, che 0 è degno di un certo rilievo 1 • Sono in prevalenza lettere, collocate quasi sotto il segno di una di esse a Venceslao Boemo : « Tolle epistolarum col­ loquia, cito evanidus fìet et relentescens amor inter absentes , q ui i n vicissitudine literarum iuvenescit atque refìcitur. Inter­ dum mihi dulcius est amici absentis epistola quam luculentae 1

0

S i tratta del codice Campori (App. 324 ) dell 'Estense di Modena [ y. S. 5 . 25]

d i 41 fogli numerati modernamente, scritti in bella scrittura umanistica, molto più fitti e m in u t i i primi cinque, ma probabilmente tutti della stessa man o. Sono com­ plessivamente diciassette lettere e quat tro orazioni . Il codice non reca il nome del· l ' autore. Un'ann o tazione recente, riprodotta nel catalogo a s tampa del fondo Cam· pori, dice : « queste lettere [ ma s'è visto che i n p arte sono orazion i ] non sono fo r se d'un solo autore , ma se 'l fossero , v'è luogo a credere ch'esse sieno di Gio. FiJip. po S alarolo, poiché l 'orazione a In nocenza V I I I per l a sua esal tazione al Pont ifi. cato in nome di Giovanni Bentivoglio il dimostra, giacché egli fu il capo dell'am· basciata spedita appunto a complimentare il pontefice in tal circostanza » . Ma ba· sta una semplice lettura delle lettere e delle orazioni per vedere che l ' au tore è il Beroaldo, ed anche p er rendersi conto d i un certo ordine organico d ella raccolta. Come è detto più oltre , le lettere vanno a completare quelle sparse in raccolte piìt note, del Poliziano, di Giovanni e Gian Francesco Pico.

!

I ')

Ritratti di umanisti

divitiae ». Il che, data la natura non disinteressata del Be­ roaldo , non era dir poco . Singolare pregio hanno senza dubbio quelle indirizzate a figure centrali nel campo della cultura ; esse talora vann o a integrare preziosamente le raccolte epi­ stolari già note . Cosl sapevamo dei rapporti fra Beroaldo e Barbaro, anche se nell 'epistolario di quest'ultimo non si fac­ cia mai menzione del professore bolognese ; qui invece ve­ diamo uno scambio di pubblicazioni fra i due, e sappiamo dell 'invio al Beroaldo, di Plinio studiosissimo, delle Casti­ gationes Plinianae di Ermolao 1 1 • Una lettera a Giovanni Pico ha u n a particolare impor­ tanza biografica e documentaria come quella che viene a col­ locarsi perfettamente tra lettere già note, colmando una la­ cuna ed illu strando l'inizio di un colloquio di cui in p arte conoscevamo i momenti . Ma non solo integra un carteggio ricostruibile attraverso le stampe del Pico e del Poliziano, e con l 'aiuto del Vaticano Cappon. 2 3 5 ; aggiunge notevoli indi­ cazioni sulla stima del Beroaldo per il Poliziano - « habes inter intimos Politianum Graecae Latinaeque linguae scientissi­ mum , quero amo » - e sui loro contatti 1 2 • Ai quali ci ricon­ ducono , fra dispute filologiche, anche due lettere ad Angelo Cospi 1\ intese a charire luoghi di Cicerone e di Virgilio . La prima, più ancora che un'epistola, è una serie di annotazioni dettate frettolosamente a un amico comune ; la seconda co1 1 Per

i rapporti col Barbaro vedi RAIMONDI, op . cit. , p . 104. La lettera al Bar­

baro si riporta per intero ne La cultura filosofica, p. 382. Gl'interess i per P linio sono accentuati in una lettera a Pietro Varadi, di cui si dirà più oltre. 12 La lettera al Pico è veramente molto notevole, col!llil ndo una lacuna negli s c ambi epistolari Beroaldo Polizi!Ulo P i co . Le lettere del Beroaldo al Pico c ont e ­ nute nel Vat. Cappon . 235, cc. 27 v-28 v , 36 v-37 r, sono riprodotte n e ll ' o p . cit. , pp . 270-2 . La let tera contenuta nel ms. Campori cc. 1 1 r-14 r [ vedila, op. ci t. , a pp . 361-3 ] è probabilmente la prima del cartegg i o , quella a cui il Pico rispose in­ viando alcuni suoi scritti ( Pico, Ep . , l, 2); ad essa legata l'altra del Beroaldo, inclusa nell 'epistolario pichiano, I I , 16. Connesse con queste le lettere dell 'epistolario del PoLIZIAND, Opera, ed. cit . , I, pp. 34-6; ed anche pp. 162-7 1 , 3 6 1 . 1 3 S u l Cospi , che fu poi anche professore a Vienna , è da vedere il FANTUZZ T ( Notizie degli scrittori Bolognesi, Bologna 1782, I I I , p. 217 sgg . ) .

II6

Filippo Beroaldo il vecchio

mincia proprio con le scuse per un lungo silenzio dovuto al fatto che il Beroaldo era andato a Firenze a discutere con gli amici e colleghi di questioni letterarie : « iter feci Floren­ tiam usque, ubi homines offendi in studiis literarum florentis­ simos, quorum literatissima consuetudo me imprimis delecta­ vit ac amenavit . Juvat viros vidisse literatos, juvat cum illis contendisse de literis , quae baud dubie una est honestissima contentio ». Avevano discorso di Seneca e di Plinio , di Solino e di Apollonia Tianeo . Si era probabilmente nel 1 4 8 6 ; Be­ roaldo era accompagnato da Mino Rossi ; entrambi avevano goduto dell 'ospitalità del Pico « non minus edaces quam lo­ quaces, non minus egregii liguritores , quam luculenti sermo­ cinatores » 14• Avevano fatto progetti di conversazioni fittis­ s ime ; « si non quotidiana, saltem hebdomadica literarum reci­ procatio », scriveva Beroaldo a Poliziano . In realtà gli scambi epistolari dovettero essere poi piuttosto scarsi anche se Poli­ ziano si affretterà a precisazioni sulle annotazioni giovanili a Stazio, diffuse a sua insaputa, preoccupandosi molto , evi­ dentemente, del giudizio del collega bolognese, col quale si sente unito anche contro il Merula. Purtroppo le occupazioni erano cresciute ; « si rarenter ad te scribo - si scusa il Be­ roaldo - causa est acervus occupationum quibus iugiter distineor ». Quanto al Pico , gli dava lezioni di stile laconico da un pezzo . Agli scambi amichevoli si intrecciano gli echi delle pole­ miche ; del Merula s' è accennato . Battista Guarino attacca il commento a Svetonio composto dal Beroaldo intorno al ' 9 4 ; e questi si difende indirettamente, scrivendo al Tebaldeo un'epistola notevole, più ancora che per acume filologico , per la sua sorvegliatissima misura umana, non indegna d'esser riferita a correggere, se ve ne fosse ancora bisogno , un'im­ magine troppo convenzionale delle polemiche umanistiche 15 • 14 15

Cod . Vat. Cappon. 235, 36 v-37 r. Codice Campori cit . , cc. 39 r-41 v .

1 17

Ritratti di umanisti

Antonio Thebaldeo . Sane, amice optime, scio te studiosissimum esse acerrimumque propugnatorem Baptistae Guarini . Nec immerito . Debet enim discipulus doctori pene tantum quantum fìlius parenti : alter enim corporum, alter mentium formator est. Scio quoque te mei nominis non esse spretorem , id quod iam pridem ex colloquio et mutua salutatione cognovi. Quo circa te aequum arbitrum futurum coniecto disceptatoremque optimum super calumnia litteratoria: ex rumore, li­ teris, nuntiis accepi commentarios meos in Tranquillum istic pro pul­ pito, pro tribunali, palam vellicari a Baptista Guarino . . . . Haec sunt quae in praesentia ad me delata sunt, ad quae subinvitus respondi , non ut quempiam insectarer, sed ut meipsum defenderem. Meum non est alienae scientiae obtrectatione famam aucupari ; non invideo amicis doc­ trinam, faveo alienis boni s , gaudeo eruditione multii uga precellentes hoc quoque seculo florescere . Mecum satis bene agitur si in ordinem secundae notae recipior ; extremos pudeat rediisse. Scrip s i haec pluribus quam destinaveram ; tu nos et nostra tuere quatenus veritas sini t ; si improbe carpor, occurre carpen tibus ; si recte accusar, transi pedibus in s enten­ tiam eorum in quorum nos quoque transibimus, ubi veriora nostris ediderint . Vale et salutem meo nomine imperti Baptistae Guarino, quero diligo, ut eruditus ab homine non inerudito diligi meretur.

Ed ecco, finalmente, uno scolaro divenuto compagno di la­ voro : Francesco Maria Grapaldo da Parma 16, che del Be­ roaldo aveva tal concetto da considerarlo quasi un divino ora­ colo : « cuius pensiculato iudicio scriptisque minime trivia­ libus fìdem eam habeo indubitatam , quae olim Delphlci Apol­ linis oraculo habebatur » 17 • Del Grapaldo, fra l'altro, ci sono rimaste importanti annotazioni a Plauto ; e l'epistola del Be­ roaldo intende appunto illustrare alcuni luoghi plautini , esem­ pio di quella letteratura di cui i Miscellanea del Poliziano sono il monumento più insigne . Quae si tibi non satisfecerint, rescribito ; nam enitar pro virili portione enarrare ad amussim dieta plautina . Si quid est apud scrip16

Sul Grapaldo cfr. l. AYFò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani,

Parm a 1 79 1 , I , pp. 1 25-50 .

17 De partibus aedium libri duo, I I , 3 . Del G. l 'Affò pubblica un'orazione a ]a­ capo Bonarelli, caratterizzata dai luoghi comuni dell 'oratoria « civile » : « Omn i a . . . patriae debemus, patria vero ipsa poscit, rogat, instat, urget e t compellit .. . » .

Filippo Beroaldo il vecchio

tores latinae linguae, tam poetas quam his toricos et oratores, quod tibi suboscurum et interpretatione indigens esse videatur , consuli to me, queso . Fortasse tibi literae nostrae non videbuntur esse triyiales neque protritae neque proculcatae. Et nos enim manum ferulae sub­ duximus et nos literas ill a s interiores aliquando didicimus , quas ignorat profestum vulgus atque prophanum . Tu facito periculum ;

quicquid

enim in re literaria nostrum pollet ingenium, id tibi affero atque polliceor

18 •

3. Della frequenza di scolari d'ogni nazione alla scuola del Beroaldo, della sua fama europea ben sappiamo ; ma anche di questo troviamo qui larga testimonianza, e particolarmente del gruppo a cui appartenevano quell 'Ulderico per cui nel 1 4 8 8 aveva steso varie annotationes ; e quel Martino a cui dedicò le orationes multifariae et appendiculae versuum ( Mar­ tino Boemo discipulo suo. Collegi nuper oratiunculas non­ nullas . . ) . A Ulderico invia

in pegno di amicizia il libretto pieno di cose serie e scherzose » messo assieme per il comune amico Martino, e gli promette a un tempo il commento a .

«

Svetonio . In cambio , s ' è visto, gli chiede una pelliccia e un cavallo , e lo invita a Bologna vantandogli gli scorta e ogni al­ tra titillatio ed ogni blandimentum con cui la dotta città allieta i propri studi . A Venceslao , dello stesso gruppo, scrive a più riprese annunziando anche a lui l 'imminente commento a Sve­ tonio . Ed una di queste lettere offre accenni non indegni di essere ricordati per un quadro del costume della scuola bolo­ gnese in questo scorcio del '400 19• Vincesilao Boiemo . Salve prestantissime vir. Si vales, bene est ; ego valeo et omnes nostri valent : cum dico omnes de Martino et Henrico 18

Codice Campori ci t . , cc. 8 v-9 r. c . 3 r-3 v. Su Martino, oltre le indicazioni date sopra, cfr. PREV I A L E , o p . cit. , p . 2 1 7 , c h e lo identifica con Martino Marci e rimanda a l l 'opera d i J . TRUHLAR sugli Inizi dell'umanesimo in Boemia ( Praga 1 892 ) . 19 Ibid. ,

1 19

Ritratti di umanisti

quoque loquor . Breviloquentem me in scribendo facit Vincentii nostri diligentia, qui longe plura est vobis explicaturus quam ego scriptione possem chartaque complecti. Facit iam vera inter nos mutuaque beni­ valentia ut mihi literae tuae sermonesque de te sint iucundissimi , u t ego a d te scribens a d alterum me scribere videar. Verus enim amicus alter ipse est. In rebus autem humanis amicitiam duca esse preciosis­ simam plurisque faciendam quam caetera mortalia. Si amicitia tollatur ex hominum commertio, iam non homines esse vi d ebim ur sed ferae, et si quid est feris truculentius ; amicitia vero inter absentes hoc potis­ simum glutino literario coalescit et feruminatur ; tolle epistul arum col­ loquia, cito evanidus fì.et et relentescens amor inter absentes, qui vicis­ situdine literarum juvenescit atque refì.citur. Interdum mihi dulcior est amici absentis epistola quam luculentae divitiae : hoc imprimis expertus sum legens tuas epistolas ad me humaniter et concinniter scriptas . Multi sunt tibi hinc inde amici, sed pauci Philippo veriores sincerioresque : fac periculum, nosces me rebus quam verbis esse va­ lentiorem . Martinus noster qu i te patris et patroni loco colit et observat, ope­ ram dat studio li terarum quibus et instruitur et oblectatur . Jam existi­ mat vitam sine literis non esse vitalem . J am pasturo d i sc ip li n arum co­ gnoscit esse suavissimu m ; hoc tibi sperandum est ut de homine et eru­ dito et eruditionis studioso, cuius studiis ego nusquam d esum . Quotti­ die legim us aliquid quod ad doctrinam eloquentiamque conducit. Henricus puer est indolis op t i m ae inge niosus docilis ad linguam et latinam et nostratem per d is cend a m ; cum aetate, ut spero, plurimum ,

,

,

,

profìciet . Commentarii mei in Svetonium T r an quill u m j am sunt sub impres­ sore ; ubi erunt absoluti ad te ibun t . Capies ex illorum lectione

delec­ op i­

tationem quae in illis dispersim continetu r ; probabis opus et, ut

nor, probabitur ab hominibus qui non sunt malevoli . Mittam id quod existimo tibi futurum gratiu s , quam m un u s cul a caduca et citissime

pereuntia. Mater, fratres , Jsota, Bertolatius tibi et uxori tuae maximopere

se

commendant . Ego idem facio teque rogo ut amicitiam cuius non so­ lum fundamenta j acta sun t , sed erecta fastigia, colas ac tuearis episto­ larum colloquiis missitationeque epis tolici characteris reciproca . Vale et me ama mutuiter.

Di lì a poco Martino parte ; torna in Boemia per un periodo di vacanze. Beroaldo gli consegna una lettera per Venceslao,

1 20

Filippo Beroaldo il vecchio

di ringraziamenti per un dono di pellicce ( donum est principi­ b us dignum ; merebantur id genus pelles elegantiores vestem olosericam venustare et venustaverunt ) . Gli manda in cambio la raccolta di orazioni e di versi dedicata a Martino ( mitto libellum nugarum mearum, qui tibi oppinor erit non iniucun­ dus quod Martino nostro dicatus est ) ; gli promette Svetonio . Si riposi Martino per riprendere poi e concludere gli studi : I ta maior fit post ocia virtus, quae si continenter sine laxamento exerceatur, facit animos fatiscere atque lentescere . Spero spondeo re­ cipio Martinum tuum meum nostrum exuisse iam ocium, scoriam atque squalorem, et si quid superest rubiginis intra annuum tempus deter­ surum ; iam plurimum profecit in literis , iam emunctus, iam eruditus est. Sed si adhuc annum vel biennium impendere voluerit culturae literariae, fiet haud dubie consumatus et ex ornn i parte expolitus de­ dolatusque . Plus valet in studiis novissimus annus quam sex priores ; plus me iuvat inpresentia unus dies quam olim unus mensis .

Notizie, pitture efficaci d i una vita ove l o studio s i alterna ad occupazioni e preoccupazioni pratiche, si intrecciano a te­ s timonianze e giudizi su autori classici , a cenni sull'attività letteraria del Beroaldo . Così seguiamo quasi giorno per giorno la stampa del commento ad Apuleio :a:� . :aJ Come è noto i l commento a d Apuleio, uscito i n Bologna i l primo agosto 1 500 , fu dal Beroaldo dedicato a Pietro Varadi , protetto di Giovanni Vitéz e da lui fatto srudiare i n Italia . Le notizie che avevamo sui suoi s ru d i i taliani dateci d al Bonfini, e confermate da un 'elegia di Ugolino Verino (cfr. J. Huszn, Tendenze platoniuanti alla corte di Mattia Corvino, « Giornale Critico della Filosofia I ta­ liana », XI, 1930, p. 1 52 ) trovano una conferma in una lettera del Beroaldo, Cod . Campori , c. 23 v e sgg . , molto importante : « quod me in gratia ponis apud regem istosque dinastas, est id mihi sane oppido quam iucundu m . Q uod mci nominis meaeque quantulacumque est virtutis buccinator es , . . . bene facis ; quod sititor eloqu i i nostri cuperes repuarescere, et in literatorium gymnasiurn redire posse , e s t i d quidem optabile . . . » . La lettera è del 1499; poco dopo il Be ro a ldo nella dedica all'Apuleio ricordava le sventure del Varadi, che divenuto vescovo di Kalocsa [ Co locensis] nel 1480, e protetto di Mattia Corvino, fu poi t rav o l to d a accuse ' c a lu nn i ose ' ( « veluti procellae rurbulentae ventos regios qui tibi spirabant secundissimi immutarunt in tanrum ut cymba tua retrorsum acta in scopulum i ll i d er e t ur . . . » ) . So l o dopo la m o r te di Mattia era stato liberato dalla prigion i a . Il B e ro a ld o menziona nella dedica un altro ungherese : pterea diligerem . Opus non est u t ea modo repetam . Ego sane quocumque loco munere fortune utar, et litterarum et ami­ corum futurus sum memor. Ex Urbe, idibus Aprilis 1 49 1 . ]

1 29

v.

Poliziano e il suo ambiente

Una volta, nei Miscellanea 1 , quasi alzando il tono con-­ sueto , Poliziano ci avverte che per capire un poeta, per « leg­ gere » veramente un poeta , è necessario sapere molte cose , e filosofia e medicina e diritto, e tutte le « arti » e la filologia ; né basta rimanere sulla soglia ; bisogna giungere ai penetrali, studiarle a fondo , averne quotidiana familiarità , farne san­ gue del proprio sangue 2• Ma, soprattutto , bisogna vegliare l Delle opere latine i richiami, per comodità, sono fatti sull'edizione di Lione , Apud Seb . Gryphium, I, 1 539 ( Epistolarum libri X I I ac Miscell. Cent. l ) ; I I , 1 �28 che contiene gli al tri scritti , comprese le traduzioni, e le poesie latine e greche ) ; ma il testo è dato secondo l ' aldina del 1498. Per le prose volgari e gli scritti inediti, cfr. l 'ed . di I. DEL LUNGO, Prose volgari inedite e poesie latine e greche edite e inedite, Barbera, Firenze 1 867 , e L. D'AMORE, Lettere inedite di A. Poliziano, Na­ poli 1903. Per una storia della critica e riferimenti bibliografici qui sottintesi, cfr. il cap. di B. MArER in I classici italiani n ella storia della critica a cura di W . BrNN r , vol . I , Firenze 1 9 5 4 , pp . 23 1 -�6. Per talune prose latine, cfr . I prosatori latini del Q uattrocento, Napoli-Milano 1 9�2 ; per gli epigrammi greci, l'ed . dell'ARDIZZONI , Firenze 1 95 1 ; sul carteggio, l ' articolo magistrale d i A . CAMPANA n e « La Rinascita » ,

VI , 1943, pp. 437-72. E cfr . ora la preziosa edizione della ignota Sylva in scabiem magistralmente curata da A . PEROSA, Roma 19�4. che mette fra l'altro giustamente in rilievo nel P. « un gusto per certi lati aspri della realtà » ; e v. anche J. Corr oN Hr LL, Death and P. , « The Durham University Journal "• XLVI , 1954, pp. 96-10�. 2 PoLIT. , Opera, I , 517 sgg . (Miscell. , cap . 4 : « quam multa poetarum interpre­ tibus legenda . . . » ) : « qui poetarum interpretationem suscipit, euro non solum (quod dici tur ) ad Aristophanis lucemam, sed e tiam ad Cleanthis oportet lucubrasse . Nec prospiciendae autem philosophorum modo familiae, sed et iureconsultorum et medi­ corum item et dialecticorum , et quicumque doctrinae illum orbem faciunt, quae va­ camus encyclia, sed et philologorum quoque omnium. Nec prospiciendae tantum, ve­ rum introspiciendae rnagis, neque ( quod dicitur) ab lirnine ac vestibulo salutandae, sed arcessendae potius in penetralia et in intimam familiaritatem •·

Ritratti di umanisti

al lume della lucerna di Cleante, perché delle dottrine dei filosofi sono piene le opere dei poeti 3 • Il testo finisce ricor­ dando Pico, noster amor ; che vuoi essere un ricordo indi­ cativo , e rischia d'essere un'indicazione insidiosa circa il modo in cui, secondo il Poliziano, deve intendersi il nesso poesia­ filosofia . Dell'amicizia fra Pico e Poliziano sappiamo ; e sappiamo che fu affe tto di una vita intera, sincero e profondo, con una grande influenza del filosofo sul poeta, tale che questi , dopo avere bevuto da giovane appena un sorso del fiume della sapienza ed esserne fuggito come i cani dal Nilo , poi , maturo , v ' era tornato con l'amico, e ne aveva attinto cosl largamente da chiudere i suoi giorni insegnando allo Studio fiorentino e tica e logica sugli originali greci . Che cosa il Pico pensasse della « teologia poetica » è noto, anche se i frammenti di una sua opera di tal titolo non ci sono pervenuti . Tuttavia le esposi­ zioni della Genesi e dei Salmi, le pagine sulla canzone d 'amore del Benivieni, colmano largamente la lacuna e ci presentano in forma smagliante quell 'ansiosa ricerca di una sapienza riposta. Come gli Egizi ponevan le sfingi a guardia dei sacri misteri, cosl i profeti e i santi hanno avvolto di immagini la rivelazione del Dio . Che era modo non nuovo di interpretare la poesia ; 3 PoLIT. , Opera , loc. cit . : « Plurima tamen in philosophorum maxime operibus invenias , quae sint in poetarum nostrorum libros ascita: quale videlicet, quod etiam annos abhinc aliquot, Persium publice poetam enarrantes indicabamu s , satyram i psius quintam . . . ad Platonici dialogi, qui primus Alcibiades vocatur, · exemplar veluti delineatam . . . » . Per il corso su Persia cfr. I. DEL LUNGO , Florentia. Uomini e cose del Quattrocento, Barbera , Firenze 1 897 , pp. 178-9. La Praelectio in Persiu m in Opera, II, 462-7 1 , che il Del Lungo collocava nell'84, è tutta percorsa dal problema del rapporto poesia-filosofia ( « i n hos potissimum scriptores, tamquam in speculum diligenter inspicere, qui soli normam vitae rectam pravamque ceu digito indicantes . .. Bene veteres primam quandam philosophiam poeticen esse aiebant , ab eaque potis­ simurn sapientiae auspicabantur initia . . . Vir ille doctissimus [ Persius] . . . multa ex intima philosophia admiscuit , multa dialectice dixit » ) . Su una posizione p i ù co­ mune, dr. la prae/atio ai Miscellanea ( Opera, I , 490 ) : « ut igitur lana purpuram bona fide potura certis prius inficitur medicamentis, ita literis arbitrar doctrinisque talibus excoli animos ( quod ait in Hortensio Cicero) et ad sapientiam excipiendam inbui praepararique decet ».

IJ2

Poliziano e il suo ambiente

ma il giovane filosofo vi recava un accento nuovo . Giovanni Pico era anima sinceramente religiosa : credeva nel Verbo , e credeva che la Parola fosse viva e parlante in tutti gli uomini . Combatteva per l 'unità degli uomini sotto il segno della con­ cordia. Aveva scritto un suo inno alla pace , perché filosofia voleva fosse non altro che un inno alla pace, via di persuasione che Mosè come Cristo , Zoroastro come Maometto, Platone come Aristotele, Avicenna come Averroè , San Tommaso come Duns Scoto, hanno detto una cosa sola : il mondo essere per l 'uomo, l 'uomo essere libertà operosa , costruttore di sé e della sua dimora mondana . Aveva studiato le lingue, curioso delle più lontane ; aveva speso un patrimonio in libri , ma non per adornarne una biblioteca ; cercava il sapere perché il sapere unisce ; perché solo il sapere mostrerà agli uomini che divisioni e lotte nascono dall'errore, dall'inganno e dalla superstizione . Non è facile intendere Pico , e distinguere i n lui esigenze antiche e programmi nuovi ; ma non è facile a intendersi nes­ suna delle anime complicate di questo tempo complicato . Quando vuole riunire a Roma i dotti d 'ogni luogo per gettare le basi della pace universale e del regno dell'uomo , è difficile dire se si tratti dell'ultimo concilio ecumenico di padri della chiesa, o del primo congresso internazionale di scienziati . Certamente credeva, con saldissima fede , nella liberazione del­ l'umanità attraverso la scienza, che scoprendo le radici di ve­ rità anche dell'errore , vincerà il fanatismo e restaurerà la fra­ tellanza degli uomini . Rimase a combattere per tutta la sua vita, con un senso cavalleresco della sua missione, al margine fra illusione e verità, forse perché l 'uomo è su quel margine ; e fu sempre come uno che lotta in terre di confine : magia e no ; astrologia e no ; cabala e no ; superstizione e no . La condanna della Chiesa di Roma volle farne un eretico ; Savonarola voleva farne una colonna del suo ordine . Poi che fu morto ancor giovane, annunciò dal pulpito ai suoi fedeli che il conte con­ sumava ormai nelle fiamme del castigo divino la propria in-

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Ritratti di umanisti

quietudine. Ma in San Marco, accanto al profeta ferrarese che non sempre riusciva a scuotere quegli spiriti ironici, Pico appariva invece profeta vero quando , per attuare la « concordia », sognava di mettersi a correre la terra predican­ do. Al limite fra l 'estrema possibilità critica del Quattrocento e uno spirito missionario antico, non si sa mai fino in fondo se parli per la sua bocca la religione dei padri o la fede dei tempi nuovi , la poesia degli antichi o la scienz a dei moderni : un poeta singolare, un profeta ispirato o uno scienziato chiaro­ veggente. Non può dirsi tuttavia di Poliziano senza che si parli di lui, uniti oltre la morte nell 'amore del sapere e nella quotidiana consuetudine di vita , nelle collazioni dei codici come nelle cure familiari e nelle passeggiate per i colli di Fiesole . « I s igitur - scrive il poeta - continuo me, cum quo partiti curas dulcissimas et nugari suaviter interdum solet, et quero sibi studiorum prope assiduum comitem . . . adlegit ; is me institit ad philosophiam, non ut antea somniculosis , sed ve­ getis vigilantibusque oculis explorandam quasi quodam suae vocis animare classico » 4• Seguaci entrambi della fede nuova nell 'uomo , lo furono in forma diversa . Pico radunava intorno a sé Greci, Ebrei e ma­ gari Indiani , ma per scoprire in tutti un solo volto , per trame argomento a predicare la comprensione reciproca e la p ace . Poliziano , con la curiosità dell 'uomo di scienza, cercava le differenze per apprezzarne la genesi e farne la storia . Pico h a anima d i missionario e d i riformatore , Poliziano di critico e 4 PoLIT. , Opera, I, 697 ( Miscel/. Coronis ) . Con la lode del Pico finiscono i Mi­ scellanea che ne san pieni, e dove , a ogni passo , ve n'è ricordo esplicito; ed anche quando il nome non è fatto, se ne sente l 'influenza : « Princeps hic nobilissimus Ioannes Ficus Mirandola, vir unus, an heros potius omnibus fortunae, corporis ani­ mique dotibus cumulatissimus , utpote forma pene divina iuvenis, et eminenti cor­ poris maiestate, perspicacissimo ingenio , memoria singulari , studio i nfatigabili , tum luculenta uberique facundia, dubium vero iudicio mirabilior an moribus. Iam idem totius philosophiae consultissimus etiamque varia l inguarum iiteratura et omnibus honestis artibus supra veri fidem munitus atque instructus ,._

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Poliziano e il suo ambiente

di s torico . Pico è sempre preoccupato di trasformare una sco­ perta in un programma d'azione ; l ' azione di Poliziano è un saggio, una lezione o una poesia . Vissero al declinare del seco­ lo, mentre su un limite cronologico si addensavano avvenimenti gravi : « et intanto i fati senza alcuna misericordia fanno gira­ re il fusaiolo » - scriverà Poliziano ; i Turchi avanzavano dal sud , « ché sempre mi parrà che mi sia portata innanzi la cro­ ce del mortoro - soggiungeva - mentre che questi barbari sarann o in I talia » 5• Si spensero che Carlo V I I I entrava in Firenze divisa . Ed oltre Firenze e l ' I talia mutavano faccia l 'Europa e il mondo . I l secolo si era aperto mentre un gran movimento di cultura si affe rmava su un programma di rinnovamento civile, allorché Guarino insegnava : « allevato e istruito fin dall ' infanzia sotto il segno delle Muse, hai imparato ad amministrare, rafforzare , mantenere , te, i tuoi, la città . E cosl ti è dato far vedere che proprio le Muse non sono soltanto maestre di dolci con­ centi, ma anche moderatrici degli stati ( Musas ipsas non modo chordarum et citharae, sed rerum etiam publicarum moderatrices ) » 6 • Ormai all 'umanesimo non rimanevano che due possibilità : estenuarsi in una retorica sempre più vuota ed evasiva, quale sarà domani appunto l 'umanesimo dei Ge­ suiti ; andare ad alimentare di tutta la sua forte eredità cultu­ rale la nuova scienza della natura e dell 'uomo . Ora, Poliziano risolve su un piano rigorosamente critico l'impeto operoso e fattivo degli studia humanitatis, e trasferisce tutta la loro funzione pedagogico-politica alla fondazione delle scienze morali . Pico, che da un lato preparerà il terreno alla elabora­ zione di concetti essenziali per la nuova indagine naturale, riaffermerà a un tempo la validità di quel sapere quale stru­ mento di lotta - come domani Bruno rovescerà in mezzi per convincere e trascinare gli uomini anche i segreti della ma5

Prose volgari (ed. DEL LUNGO ) , pp. 32, 36. 6 !', una lettera del ' 1 9 a G. N. Salerno ( ed . SABBADINI , Venezia 1915, I , 261 ) .

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Ritratti di umanisti

gia . Poliziano intende la libertà umana sul terreno della critica e della poesia ; per Pico poesia e filosofia, scienza e reli gione , devono servire ad una attività liberatrice . L'eredità di Pico

si troverà, domani, fra scienziati da un lato, fra riformatori ed eretici dall 'altro ; quella di Poliziano nelle nuove scuole di filologi e di storici, ma anche fra i politici e i giuristi e i nuovi logici del Cinquecento, e fin nelle opere di Ramo . Dive rs i e collaboranti ; espressioni, entrambi , delle possibilità di una feconda cultura, ma espressioni s pe s s o divergenti, Pico e Po­ liziano furono molto lontani proprio nell'intendere il nesso fra filosofia e poesia ché per il primo poesia è filosofia velata d 'immagini, per il secondo è il momento in cui l'umanità si plasma a se stessa : è il nascere operoso - e quindi , secondo l'etimologia, poetico - dell'uomo costruttore di sé. S i c species terris, vitae s u a forma, suusque Dis honor, ipsa sibi tandem sic reddita mens est

7•

Rivelazione, visione del vero per il Pico, per Poliziano la poesia è costruttrice e formatrice del mondo degli uomini : è la sintesi creatrice che domina anche le sacre dimore celesti . Quel che egli dice della poesia rispecchia puntualmente quel che Pico aveva già detto , n ell ' O rat io , sull'uomo libero creatore di sé : quell' immagine dell'uomo si incarna nel poeta. Al­ l ' Adamo pichiano corrisponde esattamente l'Orfeo polizia­ nesco . An

vero ille ferox, ille implacatus et audax

Viribus , ille gravi prosternens cuncta lacerto, Trux vitae, praeceps animae, submitteret aequo Colla iugo aut duris pareret spante lupatis, Ni prius indocilem sensum facundia victrix Vimque reluctantem irarum flatusque rebelles Carmine mollisset blando, pronisque sequentem Auribus ad pulchri speciem duxisset honest i ? 7

Nutricia, 1 1 4-5 (ed. D E L LUNGO,

p.

375).

Poliz:iano

e

il suo ambiente

Quippe etiam stantes dulci leo carmine captus Submittit cervice iubas, roseamque dracones Erecti tendunt cristam et sua sibila ponunt; Ille quoque umbrarum custos , ille horror Avemi, Cerberus, audita getici testudine vatis, Latratum posuit triplicem, tria sustulit hiscens Ora, novo stupidus cantu qui flexerat atram Tisiphonem, saevo lachrymas conciverat Orco . Ipsum fama Iovem, cum iam cyclopea magna Tela manu quatit insurgens tonitruque coruscat Horrisono et caecis miscet cava nubila flammis, Ut tamen increpuit nervis et pectine pulcher Delius altemumque piae cecinere sorores, Placari totumque sua diffundere mundum Leticia et subito coelum instaurare sereno 8 .

2.

Entro prospettive così diverse si collocano necessariamente modi diversi di avvicinare la poesia. Il « Signore della Con­ cordia » cerca, alle goriz z ando , una convergenza di concetti ; messer Agnolo ha quasi il senso della santità della parola . S e l'uomo è , secondo la formula fìciniana, copula del mondo , l a parola è copula degli uomini . Avvicinarla e comprenderla, per quel che essa è veramente, ha la serietà di un rito , ma impone anche uno studio lungo e rigoroso, tutta una scienza . Ogni elemento ha valore, fin nel minimo particolare orto­ grafico ; e va ricercato e ricostruito, nelle sue vicende e nei suoi sviluppi . I monumenti letterari consolidano questo vin­ colo umano : restituirli e comprenderli è fare veramente la scienza integrale dell'uomo . D'altronde impiantare così la con­ siderazione della « poesia » e della « filologia », significava per Poliziano staccarsi singolarmente anche da tutto quel 8 Nutricia, 1 1 6-38 (ed. ci t . , pp. 375-6 ) . Per qualche rapporto fra l' Orfeo e i Nutricia cfr. DEL LUNGO, Florentia, p. 3 3 1 .

137

Ritratti di umanisti

clima platonico entro cui nascevano le ricostruzioni delle « teologie poetiche » di cui s ' interessavano i famosi commenti del suo maestro e poi collega Cristoforo Landino . « Landi­ nus , homo et eloquens et eruditus, et Florentiae iam diu doctor bonarum litterarum celebratissimus, cui se praeceptori adulescentiae meae rudimenta magnopere debent , et qui nunc in professione quasi dixerim collega, locata iam in tuta sua sibi fama, nobis adhuc in stadio laboriosissime decertantibus ita favet, ut quicquid ipsi laudis acquirimus, quasi suum sibi amplecti atque agnoscere videatur » 9 • La riduzione lan­ diniana , ficiniana, e in parte pichiana, risolvendo l'imm agine poetica nel concetto filosofico , e intendendo questo come pa­ rola di Dio , riporta alla fine la poesia alla teologia , e brucia cosl , nella fiamma dell 'amore divino, tutta l'umanità della creazione, e con essa tutta la vicenda terrena, e tutta la s to­ ria e tutta la filologia. E perdevano senso diversità di lingue, distinzione di tempi e individuata concretezza di termini . L'afferrarsi del Poliziano al testo , al termine, significava al contrario fedeltà rigorosissima all'umanità del linguaggio e alla sua storia : fedeltà all 'istanza critica avanzata dagli studia humanitatis, di fronte alla cultura evasiva dei più ortodossi platonici fiorentini , dei cui circoli, auspice Lorenzo, Poliziano fece parte, ma da cui conviene distinguerlo con precisione . Non a caso, in questo senso, Lucio Fosforo in una sua lettera dell ' 8 5 ad Alessandro Cortesi osserva che , a parer suo , tre figure si staccano nella cultura del tempo : Lorenzo Valla, Domizio Calderini e Angelo Poliziano ( Laurentio Val­

lae, Domitio Calderina Angelum Politianum adiicio, et quasi trium viratum creo ) 10• Del Calderini, uomo d 'ingegno sot­ tile, e dell 'atteggiamento di Poliziano nei suoi riguardi, molto 9 Miscell. , cap. 77 ( Opera, I , 647 ) ; cfr. Epi st . Barpt. Scalae ( Op . I , 1 3 9 ) : « Lan­ dinus . . . praeceptor olim meus, nunc autem . . . collega, magnae v ir in literis e t aucto­

ritatis et celebritatis . . . ,. ,

IO Epist. ( Opera , I , 75 sgg . ) .

Poliziano e il suo ambiente

ci sarebbe da dire, da quell 'epigramma così « empio », ave mette a confronto il sentir messa del Ficino e la riluttanza di Domizio a recarsi ad popularem errorem n , fino al giudizio crudissimo dei Miscellanea, ave riconosce sì l'acume e la dot­ trina, ma anche sottolinea la vanità dell 'uomo giunto troppo presto alla cattedra romana , dispregiatore di tutti , ostinato negli errori , deludente , praestigiosus. Erano più di dieci anni che era morto ancor giovane , ille, ille doctus, ille quem probe nosti . . . mira eruentem sensa de penu vatum, per usar le parole dell 'epigrafe dettata proprio dal Poliziano per la lapide che , in riva al Garda, gli avevano posto Baccio Ugolino e Angelo Maffei . Iacopo Antiquario nel ricevere i Miscellanea rimase m ale : « non dovevi infierire così contro un morto » , scrive a l Poliziano nel novembre dell ' 8 9 . « L a sua fin e im­ matura - soggiunge - gli ha impedito, e tu lo sai bene , di correggere . . Fuit inter nos Domitius, et monimenta reliquit famae non poenitendae ». E Poliziano di rimando : tu dici che combattere con i morti non è bello , ed è vano , come una lotta contro i fantasmi. Eppure lo hanno fatto tutti i maggiori sapienti , ed i morti erano i loro maestri . Solo la critica ai morti , sgombra ormai di odi e di interessi, serve alla verità. Ego vero sic Domitium studiosis quasi foveam viatoribus ostendo, nec autem oblivisci videor humanitatis, qui n potius . . . melius aliquanto de vita merebor censura ista mea, quam forsan alius indulgentia. D'altra parte tutta la lettera, che potrebbe recare come degno sottotitolo « del dovere di non rispettare i morti », e che è un bel documento della spregiu­ dicatissima discussione polizianesca , indica ormai la scarsa considerazione del Poliziano per il Calderini 1 2 • Comunque, .

I l De Domitio el Marsi/io (ed. DEL LUNGO , p. 1 19 ) : « Audit Marsilius missam , missam facis illam l tu, Domi t i : magis est relligiosus u ter? l Quis dubi tet? tanto es tu relligiosior ilio, l Quanto audire minus est bona quam facere ». 12 C fr. Miscell. , 9 ( Opera, I , 524 sgg . ) , e ivi l 'epigr . ci t . ; cfr. anche fra gli epigr . , ed. DEL LUNGO, pp. 1 5 1 e 1 5 3 . Le lettere scambiate con l 'Antiquario in Opera , I, 86-92 .

1 39

Ritratti di umanisti

lasciando il Calderini e le ragioni del richiamo di Lucio Fosfo­ ro, resta felicissimo l 'avvicinamento al Valla 13• Pensatore certo di maggior respiro, come Poliziano fu poeta grande, Valla gli è tuttavia accosto per la chiarissima consapevolezza critica che recò nel coltivare gli studia humanitatis, per la stessa esigenza di intendere la filosofia come rigorosa scienza storica, contro la possibilità di ogni riduzione meramente reto­ rica. E il distacco fra i due va riportato alla diversità dei mo­ menti in cui si trovarono a vivere ; ché il Poliziano è ormai collocato tutto in un tempo in cui la nuova cultura non è più forza operosa nella città, e proprio in quella Firenze degli umanisti cancellieri e mercanti , e ormai solamente cortigiani e professori : spesso professori cortigiani . Lorenzo e Gio­ vanni Pico, ancora idealmente appartenenti al tempo delle « litterae » reggitrici degli stati, danno mano , anch'essi, a co­ struire la respublica litterarum . Nel momento in cui si aff er­ mano i platonici cade il sogno platonico che i reggitori siano i sapienti ; e la città platonica non è che un'accademia. I n questo punto fiorisce Poliziano, « senza altra repubblica ormai che quella filologica » 14 ; e tuttavia quell'antichità, che era stata scuola di uomini liberi , in lui non diventa retorica, ma scienza dell 'antichità e critica della poesia . Non è la critica di V alla o ve la forza polemica trasforma un saggio storico in un insuperabile strumento di riforma politica o religiosa ; una 13 Cfr. nella lettera del Fosforo al Cortesi (loc. cit . , p . 74) la ripresa della cele­ bre premessa del Valla alle Elegantial!: « quis enim ignorat, iam inde ab diruta urbe, amisso imperio, Italia a barbaris occupata, Romanam eloquentiam atque adeo omnem litteraturam et omnes artes periisse? Sic Caesari tuo placu i t , qui haec omnia pes­ sum, et piane perdirum i i t . Sed emersit tandem aliquando ingenium, et velut ex cineribus redivivus ignis effulsit . . . ». Per l 'avvicinamento al Valla cfr . gli esatti ri­ l ievi di M. SANTORO, Poliziano e la sua fede nella retorica, « S toa », 1948, p. 10 sgg. dell ' estr . ; e per certi caratteri della filologia del P. il pregevole studio su La polemica Poliziano-Merula, >, V, 1952, pp. 212-33. 1 4 Cfr. le belle pagine di G . FoLENA , Umori del Poliziano nei « Detti piacevoli » , « L'Approdo », I I I , 2 , aprile-giugno 1 954, pp . 24-30, onde son tratte anche l e cita­ zioni dai Detti piacevoli ( cfr. Angelo Poliziano Tagebuch [ 1 477-79 ] , zum erstem Male herausgegeben von ALBERT WESSELSKI, Jena 1929 ) .

Poliziano e il suo ambiente

non minore sapienza cntlca non si accompagna a una eguale passione « civile », ma sbocca in una non meno valida opera di poesia e di storia . Ed è proprio questo che, staccando Poli­ ziano dai suoi maestri e colleghi fiorentini, lo ricongiunge idealmente , come voleva Lucio Fosforo , al grande Valla 15•

3.

Dei suoi maestri m Firenze, e degli uomini fra cui s ' è formato , Poliziano fa spesso menzione, specialmente di alcuni . Del Landino s'è visto ; di Andronico Calli sto scriverà affet­ tuosamente a Lorenzo ( « O quantus ab ilio Spiritus in nostri pectoris ima venit ! » ) 1 6 • Ma nei Miscellanea sono indicati suoi maestri con gravi lodi il Ficino e l ' Argiropulo , principe dei peripatetici il secondo, restauratore della sapienza plato­ nica il primo, e « ben più felice del Tracio Orfeo per esser riuscito a far rinascere al suono della sua cetra la vera Euri­ dice » . Dopo di che il Poliziano dichiara che il loro insegna­ mento lo indusse a fuggir lontano dall a filosofia per abbando­ narsi alla seduzione della poesia d 'Omero che, giovinetto an­ cora, si dette a tradurre in latino miro ardore, miro studio. Alla filosofia, e in realtà a un'altra filosofia, lo riporterà Pico, 15 Per una collocazione non convenzionale si deve procedere con molta cautela nel situare Poliziano entro l'ambito del « platonismo » fiorentino ( cfr . A . B . FER­ RUOLO, A trend in Renaissance thought and art : Poliziano's « Stanze per la Gio­ stra ,. , « The Romanic Review » , XLIV, 1 953 , pp. 246-56 ) . Cfr . anche di IDA MAIER, Une page inédiu de Politien : la note du Vat. lat. 3617 sur Démétrius Triclinius commentateur d'Homère , « Bibliothèque d'Humanisme et Renaissance ,., XVI , 1954, p p . 7-17 , e la mia « nota » in proposito sul fase . 3 del « Giornale Critico della Filos. l t . ,. del '54, pp. 439-42 . Giustamente i l Russo, L'« Orfeo ,. del Poliziano , « Belfagor ,., VII I , 1 953 , pp. 269-8 1 , ha reagito contro la tendenza del MoMIGLIANO, Ritratto del Poliziano , ivi, V , 1 950 , pp. 281-7, a « distaccare » troppo Poliziano. 16 Cfr . l'elegia ad Laurentium Medicem (ed. DEL LuNGO, pp. 227- 8 ) . Quanto al Fonzio , oltre l'epigramma famoso ( « Dulce mihi quondam studium fui t ; invida sed me l Paupertas laceros terruit uncta sinus . l Nunc igirus, quoniam vates fit fa­ bula vul.gi, l Esse reor satius cedere temporibus » ) , l'elegia inclusa fra le opere del PANNONIO, Poemata, Utrecht 1784, I , 674-87 (cfr. FaLENA, op. cit. , p. 24).

Ritratti di umanisti

e non più, ut antea somniculosis, sed vegetis vigilantibusque oculis 17• E del Pico, s 'è visto, son pieni i Miscellanea e le Epistole. Non cosl è presente il Ficino ; nell 'epigramma sul sentir messa c'è forse dell 'ironia; ironia c'è certo quando lo ringra­ zia perché nei libri de vita l 'ha paragonato ad Ercole : « le mie deboli spalle non sopportano tanto onore, e con ciò dimostro di non essere Ercole che reggeva sulle sue il cielo » . Qualcosa più dell 'ironia c ' è , forse, nell 'epistola sull'astrologia, in risposta alia smentita fìciniana, circa passate debolezze magico-astrologiche. « Son contento di sentirtelo dire ; ad ogni modo oggi non ci credi più ; e se hai fatto in passato qualche concessione al linguaggio volgare, anche Aristotele scrisse dei libri di divulgazione . Se poi hai cambiato opinione, molti rispettabili filosofi lo hanno già fatto, poiché cercando, 17

Miscell. , Coronis ( Opera, l, 696- 9 ) :

« etenim ego, tenera adlmc aetate ,

sub

duobus excellentissimis hominibus Marsilio Ficino Fiorentino, cuius longe felicior quam Thracensis Orphei ci thara veram ( n i fallar) Eurydicen, hoc est

amplissimi

iudicii Platonicarn sapientiam revocavit ab inferis , et Argyropylo Byzantio Peripa­ teticorum sui temporis longe clarissimo, dabam quidem philosophiae u trique operam, sed non admodum

assiduam ,

videlicet ad Homeri poetae blandimenta narura et

aetate proclivior . . . Postea vero rebus aliis negotiisque prementibus, sic ego nonnun­ quam de philosophia, quasi de Nilo canes, bibi fugique, donec reversus est in hanc

urbem . . . Ioannes Picus ».

Questa testimonianza va integrata con l 'altra fondamen­

praelectio de dialectica ( Opera I I , 459-6 1 ) , parallela alla Lamia : ivi Poli­ ziano indica i suoi veri maestri , « Theophrastos, Alexandros, Themistios, Hammo­ tale, della

nios, Simplicios, Philoponos aliosque praeterea ex Aristotelis farnilia . . . quorum nunc in locum ( si diis place t ) Burleu s , Erveus , Occam, Entisberus S trodusque succedun t . E t quidem ego adulescens doctoribus quibusdam , nec h i s quidem obscuris, philoso­ phiae dialecticaeque operam dabam , quorum alii graecarum nostrarumque iuxt a ignari literarum , ita omnem Aristotelis librorum puritatem dira quadam morositatis illuvie foedabant, ut risum mihi aliquando, interdum etiam stomachum moverent.

Pauci

rursus, qui Graeca tenebant , quamquam nova quaedam nonnullis inaudita adrnira­ biliaque proferre videbantur, nihil tamen omnino afferebant quod non ego aliquando antea deprehendissem in iis ipsis commentariis , quorum mihi iam tum copia

fuit . . .

beneficio Laurentii Medicis . . . ». II DEL LUNGO (Florentia, p. 129) per quelli che insegnano ex commentariis fa i nomi di Andronico Callisto ( che commentò Aristo­ tele) e del Calcondila, collega del Poliziano. A proposito dell 'Argiropulo, o l tre gli epigrammi grec i , è da vedere la vivace lettera del Michelozzi ( Florentia, p. 220 ) :

« Messer Giovanni Argirop ilo venne ieri . . .

è p i ù giovane che m a i e p i ù lieto . . . f:

venuto senza barba, che so non piacerà a Agnolo, e non pare punto greco ; e non ha diment icato lo

or bene,

ma ficcavisi spesso . Di telo a Agnolo . . . » .

Poliziano

e

il suo ambiente

trovano cose nuove ( nec mutare sententiam turp e p hilosop ho, qui cottidie plus videt ) » 18 • Né v 'è gran traccia del platonismo ficiniano nell 'opera poli­ zianesca, anche se spesso Platone è presente : ma è Platone, e non la « teologia platonica »; e di Platone piuttosto quel­ l'aspetto della moralità socratica che poteva andare a ricon­ giungersi con l'insegnamento di Epitteto . Cosl messer Agnolo predilige dialoghi come il Carmide o il Liside, e traduce amorosamente il Manuale, ed ama e vuole, non quella lucerna che per essere appartenuta al filosofo costò tremila dracme,

sed eius imaginem animi, quae multo plus lucis habeat 19 • Andrebbe riletta tutta la Defensio Ep icteti indirizzata allo Scala dopo tragici eventi , « tra marie e guerre , e dolore del passato e paure dell'avvenire » - come scriveva a Madonna Lucrezia - e « tedio » mortale . E andrebbe legata, quella lettura stoica del Poliziano , ad altri ritorni allo stoicismo di quegli anni di grave crisi politica : e forse cadrebbero certi giudizi convenzionali su posizioni della cultura di questa società :m . La saggezza del Manuale era invocata contro i tempi tur­ binosi : medicina dell' anima in tutto corrispondente a quella dei corpi ; ove il voluto richiamo alla medicina è, sl, di sapore perfettamente stoico , ma è anche caratteristico in un uomo che tradusse Alessandro d 'Afrodisia, che tradusse e commentò Ippocrate e Galeno , che fra i suoi « autori » aveva Dioscoride e Plinio, e che a Plinio dedicò un'attenta lettura 21 • Su Plinio , 18

Epist. , ed . cit . , pp. 298-302. In Epicteti Stoici enchiridion e graeco interpretatum, ad Laurentium Medicem epistola ( Opera, I, 182). C'è, in queste parole, un'ironia per certe infatuazioni pia· toniche ? Per la de/ensio Epicteti, efr. ivi , pp. 205· 1 3 . :Il Pros e volgari, ed cit . , p p . 67-8 . Come n o n ricordare che Giuseppe Rensi in tempi amari e con chiaro intento, ripubblicò con la versione di Epitteto il gruppo 19

di scritti polizianeschi? 2 S ulla traduzione di lppocrate e Galeno cfr . la lettera volgare a Lorenzo, del 1 5 giugno 1490 ( ed . DEr. LUNGO , p. 77 ) , in cui lo prega di chiedere a Pier Leone, il famoso medico, di rivederla ( « se maestro Pier Lione volessi durar fatica i n rive-

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Ritratti di umanisti

anzi , il discorso dovrebbe farsi molto più lungo, e mettere a fuoco i motivi per cui gli umanisti tanto vi si consumarono sopra, dal Landino che lo tradusse , e non bene, al Barbaro che dette al testo cure amorose, a Beroaldo il vecchio che lo faceva oggetto di quotidiane meditazioni . Alessandro di Afro­ disia, Plinio, Dioscoride, Ippocrate e Galeno, e i medici tutti , e poi Aristotele : Poliziano ci svela una notevole curiosità « scientiEca » , « fìsica » , che può anche spiegare la sua scarsa simpatia , e la sua noia giovanile, di fronte al « gran » Ficino . Se all 'uomo, oltre la coscienza della natura, non restano che sogni e illusioni e belle avventure di miti, che si esprimano , quali sono , in poesia, e non si travestano in complesse costru­ zioni « teologiche » ! Diverso discorso richiede l'Argiropulo , maestro ai Fioren­ tini ben più che di peripatetismo . Se pubblicamente lesse e commentò , sugli originali , Aristotele, illustrandolo alla luce di tutta la storia del pensiero greco, trascorrendo nelle sue lezioni dai presocratici a Proclo , privatamente commentò Pla­ tone, e curò scritti di Simplicio, e trascrisse per intero Platino rivedendone il testo . Commentò i tragici , e sempre integrò con una visione totale del mondo ellenico i suoi corsi di fìlosofìa greca, non disdegnando d'altra parte di discutere le posizioni del pensiero occidentale e del commento arabo che, studente di Padova, conosceva benissimo . Il Poliziano ne parlò sempre con grande rispetto, a volte anche affe ttuo­ samente ; ma amò polemizzare con lui . I Miscellanea si aprono, non va dimenticato , con una celebre discussione del dotto bizantino, nel cui nome anche si chiudono : e cosl all ' inizio der quella mia traduzione di lppocrate e G a lieno, che è quasi al fine , e c o sl el co=ento che fo sopra , dove dichiaro tutti e termini medicinali che vengono dal greco . . . che stimo sarà bella cosa et utile, se l 'amor non me ne inganna . Messer Ermolao e 'l conte [ Pico ] mostrano pur d 'averne buona opinione » ) . Ma ne pari• anche nella La mia, o v'è cenno di quelle molte " veglie ,. , di cui dir à anche il Cri· nito ( « plurimum in ea re laooris et vigiliarum . . . ,. ) nella lettera a Gian Francescc Pico ( Opera, I, 272 ).

1 44

Poliziano e il suo ambiente

come alla fine di quello che è il capolavoro filologico del Poli­ ziano , e la summa del suo insegnamento , al nome del grande Argiropulo si unisce, e idealmente si contrappone, quello del Pico . La polemica verte , apparentemente , su una questione di grafia : entelechia o endelechia ; in realtà, sulla differenza radi­ cale fra due concetti dell'anima : atto perfetto o moto perenne, forma del corpo o motore separato, platonismo o aristoteli­ smo ? 22 • E ancora, siccome è Cicerone che parla di endelechia, i Greci contro i Latini , e il sussiego degli emigrati di Bisanzio di fronte agli Italiani che li ospitavano . L' Argiropulo aveva appunto colto l 'occasione per criticare i Latini , poco filosofi fin dai tempi di Cicerone . Poliziano , a sua volta, aveva accen­ tuato l'atteggiamento dell 'Argiropulo per scrivere un pezzo di bravura. Che il Bizantino non insistesse troppo sulla sua critica anticiceroniana, noi possiamo inferire dalle « dispen­ se » del suo corso, che possediamo nella stesura autografa del suo allievo, amico e protettore Donato Acciaiuoli . D ' al­ tra parte Poliziano non amava troppo i Bizantini , e non la­ sciava occasione per dirne male . Li trovava litigiosi e astiosi fra loro ( acerbissimae inter hos Graecos inimicitiae ), petu­ lanti e presuntuosi nei riguardi dei Latini : « vix enim dici potest quam nos aliquando, idest Latinos homines , in parti­ cipatu suae linguae doctrinaeque nos libenter admittat ista natio. Nos enim quisquilias tenere litterarum , se frugem ; nos praesegmina, se corpus ; nos putamina , se nucleum credit » . Perfino innanzi al Gaza, per concorde testimonianza uomo di statura superiore, da lui medesimo celebrato in eleganti distici greci , non risparmia critiche , mostrando indulgenza all 'acre e maligno Trapezunzio, pur di svalutare alla fine l'opera di entrambi, ai quali oppone i suoi amici veneti Ermolao Bar22 Misce/1. , I ( Opera, I , 505- 1 4 ) . Sulla questione, e sulla sua lunga storia cfr . l 'articolo di chi scrive 'EvnHxeta ' èvbeHxELa nelle discussioni umanistiche, « Ate­ ne e Roma ,. , serie I I I , 5 , 1937.

1 45

Ritratti di umanisti

baro e Girolamo Donato : nunc in isto quidem genere, ve! nitore ve! copia, vivimus ex pari cum Graecis 23• Con tutto ciò il capitolo d'apertura dei Miscellanea, steso contro la solenne figura del suo maestro Argiropulo , è un bel­ lissimo saggio, quasi esemplare per una ricostruzione del me­ todo d'indagine polizianesco . Il problema nasce su un termi­ ne, anzi su una lettera : dobbiamo correggere endelechia in en­ telechia ? La soluzione è un capitolo di storia della cultura, che si dilata in una discussione di alta metafisica su immanenza e trascendenza. Da gran signore Poliziano passa dai commen­ tatori greci ai latini , da Cicerone a Macrobio e a Boezio . Ecco il Fedro di Platone, e i rapporti fra Platone e Aristotele, e la questione del platonismo del primo Aristotele, e della costituzione del corpus aristotelico . E poi l 'anima forma, ossia immanente , e l 'anima motore semovente, ossia « sepa­ rata » ; e la gran questione della sintesi , e tutto il mondo antico e quello cristiano delle origini, e quello medievale . Due con­ sonanti : quel che sembrava un errore di trascrizione e una facile correzione ; e dietro nascondeva una secolare lotta di idee, e problemi storici a non finire . Poliziano conclude rin­ graziando Pico che nella storia e nella filologia gli ha fatto ritrovare la filosofia. A noi importa il metodo di Poliziano , e quel suo rigore , quel suo veder sempre il problema come problema s torico : quell 'applicazione costante , sistematica, consapevole, di un criterio logico . Si tratta della forma di un dittongo : ed ecco le ragionate testimonianze dei contemporanei , i casi non accu­ mulati accidentalmente ma distribuiti secondo ragione ; le 23 Miscell. , 90 ( Opera, I, 675 sgg . ) . Il Poliziano vi menziona Pietro d'Abano con molto rispetto ( p . 679 ) , pur ril eva ndo ne la scarsa conoscenza de lle lingue clas · s i ch e . Colpisce la lode al Trapezunzio ( « hos igitur si quis libros diligenter legerit [i Problemi attribuiti ad Aristotele , tradotti dal Trapezunzio e poi d a Gaza], minus profecto Gazam laudabi t , pene illius vestigiis insistentem ; quin si homo e r it inge­ nuus, credo stomachabitur, sic a Theodoro dissi mulatum . . . >> ) che aveva scr i t to cose velenosissime contro il Gaza.

Poliziano

e

il

suo

ambiente

epigrafi coeve ben controllate ; le monete del tempo . Ma dav­ vero, domanda ironico, avrà sbagliato sempre la zecca impe­ riale ? A noi non importa che le sue congetture non reggano, che una più accurata esplorazione di codici l'abbia smentito . Quel che vale è quel suo storicizzare in una storia integrale in cui , a chiarire un termine, sono chiamati oratori , storici, documenti giuridici , testimonianze epigrafiche , la vita umana di un tempo . E a volte ti vengono in mente le regole dei grandi fondatori della nuova logica ! E quella sua storia non si ferma ai classici ; insegue una tradizione culturale nel mondo cristiano . Arriva, di un codice, a ripercorrere , fin dove può , le mani per cui è passato . Nei Miscellanea ; nelle lettere , inte­ grazione necessaria dei Miscellanea ; nei corsi , fucina dei M i­ scellanea, si snoda, per chi sappia vedere , la prima grande ricerca condotta con rigore « scientifico » nei campi della letteratura, del diritto, e della storia in genere . Lo scambio d 'epistole col Leoniceno, su questioni medico­ farmaceutiche legate a Dioscoride, Plinio e Avicenna, ci mette innanzi a una consapevolezza critica ov 'è davvero l'aurora di un atteggiamento scientifico nuovo . Se poniamo mente ai grandi momenti del progresso del sapere in Occidente, li vediamo legati con due tentativi di recupero del sapere antico : l ' uno , medievale, ov'ebbero parte preponderante gli Arabi ; l ' altro, l'umanistico-rinascimentale. Il primo , nella venerazione religiosa del testo che fa autorità e che è verità, dà luogo al commento, e magari al commento del commento . Il ricorso all'esperienza, che non manca e che trae in inganno certi storici , è un caso di più entro una impostazione già presup­ posta come definitiva, e quindi non rovesciabile. Il recupero umanistico è storico-critico , e tende all a collocazione del testo in un tempo, in una situazione ben definita, onde scaturirà necessariamente l 'invito a una ricerca nuova. Nel momento in cui Aristotele o Tolomeo sono visti legati a un tempo, in quel punto stesso finisce la loro autorità assoluta, metatem-

Ritratti di umanisti

porale . In quel punto sono poste le basi di una rivoluzione logico-scientifica . Per questo il filologo Poliziano è un gran nome nella storia del progresso del sapere umano .

4. Possiamo cosl tornare all 'Argiropulo che , nonostante il suo carattere greco, non fu , in realtà, né sdegnoso di quel mondo italiano che l 'aveva ospitato , né legato ai litigi dei suoi conna­ zionali . A lui il Poliziano fu debitore, più di quel che non dica, proprio di una feconda maniera di avvicinarsi agli anti­ chi , e in parte del sentimento della continuità nazionale con i Romani , corrispondente puntualmente con quello che il dotto bizantino ostentava nei riguardi dell 'antica Grecia sua patria. E v'è già , nell' Argiropulo , il senso della solidarietà dei vari aspetti della cultura, e la preoccupazione di risolvere in problemi storici le questioni testuali e le difficoltà d 'inter­ pretazione . Ma le influenze del dotto bizantino si fanno anche meglio docum entabili là dove Poliziano , nel suo insegna­ mento allo Studio , ripercorre , in concordia discorde, le tappe medesime del suo maestro . D ' altra parte ritrovare precisi accordi , accanto a visioni originali, nelle famose prolusioni polizianesche alla Nicomachea e all ' O rganon, giova anche ad avviare verso una valutazione concreta dell'apporto dei Greci all 'Umanesimo italiano , spesso presentato in una prospettiva sbagliata . Da una posizione iniziale in cui tutta la nuova cul­ tura venne fatta derivare dal contributo dei Greci fra il conci­ lio di Firenze e la caduta di Costantinopoli, si era poi giunti all'estremo opposto di una negazione assoluta, per reagire ancora insistendo sulla funzione determinante della cono­ scenza della lingua greca. Quello a cui non si pose mai mente abbastanza , è che si tratta di un dialogo, non del tutto nuovo, fattosi a volte più frequente , proficuo per entrambe le parti, ave i Greci attinsero dai Latini, cosl come questi da quelli :

Poliziano e il suo ambiente

e non si trattò, al solito, né di un fenomeno meramente lin­ guistico , né di un apporto quantitativo di testi . Vittima insi­ gne in un nodo di errori prospettici proprio l 'Argiropulo , che ebbe peso effettivo non minore del Bessarione, certo mag­ giore del Pletone, e che introdusse i Fiorentini a una nuova lettura d 'Aristotele, ma anche alla teologia neop la tonica fin dal suo commento all 'Etica del '56 ; che , d'altra parte, vissuto nell 'ambiente di Palla di Nofri Strozzi esule , e poi fra i gruppi fiorentini antimedicei , non rimase estraneo alle loro conce­ zioni etico-politiche , cui dette voce in un trattatello dei doveri del magistrato, ave sul governo tirannico si trovano pagine non indegne della maggiore letteratura antitirannica del Quat­ trocento fiorentino . E v 'è la definizione del magistrato cor­ rotto, che fa nascere la tirannide nel punto stesso in cui dis­ socia l 'utile proprio dal bene comune ; e v'è il quadro dei cortigiani intorno al ricco potente, delineato non senza effi­ cacia descrittiva ; e v'è, finalmente, l'inno alla giustizia , anima delle repubbliche , in cui , più che l'eco , si sente l'imitazione delle orazioni di rito pronunciate dai magistrati fiorentini « alla ringhiera » :�t . D'altra parte, certi scritti minori ci pre­ s entano un Argiropulo anche maestro di retorica, mentre il compendium de regulis et formis ratiocinandi , dedicato a Fi­ lippo Valori, ci offre un interessante cenno di procedimenti induttivi 25• :M De institutione eorum qui in dignitate constituti sunt (Vat. lat . 581 1 ) : « quod si u tilitari suae studeat isce qui magistratum gerit, non eorum pro quibus guber­ nandis ad magistratum est sumptus , tyrannis rum emergebit profecto, in qua quidem cons t a! universa quae fiunt ad utilitatem ipsius tyranni , non sine vastitate interi­ ruque rei publicae, redundare . . . Adoriuntur persaepe hominem locupletem, ac in magistra tu dignitateque aliqua constitutum, homines assentatores atque adulatores, quorum animum non ingenuum , non liberum, sed abiectum servilemque esse consta t ; sub i t oqu e se se offerunt, benivolentiamque atque amicitiam simulan t . Quicquid di­ xerit aut egerit , etiam si abiectissimum sit, si honestatis fines egrediatur , id sum­ mis in coe l u m efferre laudibus solent . Quicquid placuerit id fas, id humanum . . . Ait , aiun t ; negat , negant; ridet, maiore cachinno concutiuntur . . . » . 25 G l i scritti logici dell 'A. n e l ms . I I , 1 1 , 52 della Naz. di Firenze, che è dei più notevoli e completi .

l)

Ritratti di umanisti

Proprio in questo scambio fecondo fra cultura greca e latina si collocano le più celebri prolusioni del Poliziano: alla Nico­

machea, con la ben nota classificazione delle scienze; alla logica, con la Strega e la Dialectica. La prolusione all'etica aristotelica, su cui tenne il corso nel '90-9 1 , il celebre Pane­ pistemon, da un lato ripercorre analoghe prelezioni: e quella dell'Argiropulo poteva offrirgli un modello esatto; ma, dal­ l'altro, le integra con singolare efficacia dando posto , accanto alle artes liberales, non solo alle machinales, ma alle sordidae ac sellulariae, quibus tamen vita indiget 26• Ove non è solo originale l'estensione della classificazione, ma un compiaci­ mento quasi voluttuoso dei termini, un gusto della parola rara che si affianca all'interesse per la realtà, discendendo a volte, come gli accade in una epistola, alla descrizione minuta di uno strumento, di una macchina 71 Questo raffinatissimo umanista rompe continuamente le immagini convenzionali con i suoi interessi per i problemi « fisici », col suo amore per le « fabbriche », con la sua curiosità per i fenomeni della natura. Le viole dei suoi squisiti distici latini, o le rose dei suoi versi italiani , fioriscono, si passi l'immagine, su un'osser­ vazione minuta collegata a un sottile studio di descrizioni scientifiche. Così come la malinconia del suo canto sul tramon­ tare delle stelle, non deve farci dimenticare le sue osserva­ zioni astronomiche, o l'analisi attenta dei trattatisti greci, i cui codici recano ancora traccia della sua mano. Questo fondo solido, questo aggancio alla realtà, questo ricercato sapore del concreto, è al centro delle considerazioni polizianesche sulla storia, delle belle sue pagine sulla reto­ rica, delle sue riflessioni sulla dialettica, che dovrebbero ren­ dere molto più cauti quanti vanno ricercando le sue premesse dottrinali nell'ambito della « teologia » ficiniana, a cui non 26

Opera, II, 306-31. Cfr. I. MAiER, Un inédit de Politien; la classi{ication der Bibl. Hum . et Ren. ,., XXI I , 1 960, pp. 338-55. Opera, I, 1 2 1-4.

e rché

poco importante ma perché ardua ; in questo insistere sull'etica ; in questa difesa del grammaticus come litteratus e come criticus ( « siamo noi che l'abbiamo confinato nelle scolette del trivio , come in castigo » ) ; in questa polemica contro le maligne « streghe » fiorentine che gli negano il nome di fìlosofo, c'è un intento che non può essere trascu­ rato . « Le civette sapienti facevano ai tempi antichi ; oggi di civette ce ne sono parecchie , con penne e occhi e becco di civetta, ma la sapienza, quella non l'hanno ». Alludeva solo agli « scolastici », questa battuta finale della Strega? Le nume­ rose civette indicavano soltanto qualche sparuto fraticello perso ancora dietro la logica termini sta ? Come non ricor­ darsi che in quel tempo , e in un opuscolo dedicato al Poli­ ziano, anche il Pico discuteva gli eccessi delle interpretazioni teologizzanti ficiniane , e Ficino , nel commento al Parmenide, deplorava l 'ardire con cui il giovane studioso si era permesso di cri ticarlo? 5. Quale fosse l'ambito della riflessione critica del Poliziano, e in che senso si orientassero i suoi problemi , risulta in modo particolarmente felice dall'epistolario , alla cui conclusione egli attendeva l'anno della morte 29• Lì gl 'in terlocutori del suo dialogo , i suoi veri maestri e compagni di lavoro, sono intro­ dotti attraverso le loro pagine più importanti in un quadro 29

I 52

Prose volgari ecc., p. 85.

Poliziano

e

il suo ambiente

efficacissimo , che viene a cosutmre un panorama singolare della vita della cultura letteraria della seconda metà del Quat­ t rocento, avendo a centro di riferimento Firenze . Sulla com­ posizione di quest'opera , che si stacca nella struttura dagli epistolari del secolo xv, sulla sua genesi e sui suoi intenti , sulle sue vicende e variazioni dopo la morte dell 'autore, sa­ rebbe possibile scrivere un importante capitolo di storia lette­ raria. Senza alcun dubbio ne risulterebbe l ' impegno con cui Poliziano si adoperò per rendersi conto del significato della polemica antibarbara , del ritorno e dell 'imitazione degli anti­ chi. Non a caso v'è inclusa la discussione fra il Barbaro e il Pico, sul rapporto fra espressione linguis tica e concetto , fra logica e linguaggio ; e v'è, non meno essenziale , e in qualche modo complementare , la polemica sull'imitazione, fra il Poli­ ziano medesimo e Paolo Cortesi. Il Cortesi insisteva sul tema che arte è imitazione, e imitazione della natura nella sua espressione più alta , onde lo stile ciceroniano va preso a mo­ d ello in quanto individuazione perfetta, anzi incarnazione s tessa della natura umana in una delle attività a lei proprie. Ora il Cortesi procedeva, molto più di quel che non sembri , a una riduzione scolasticizzante dell 'imitare umanistico , appli­ cando sul piano retorico a Cicerone il processo medesimo che la tradizione aveva applicato sul terreno speculativo ad Ar i­ s totele . Il modello si impone come tale in quanto la sua per­ fezione assoluta lo pone come aggettivazione metastorica, oltre cui non è possibile progresso 31• La polemica del Poliziano si articola in due tempi : imitare lo stile di un altro significa sacrificare la propria individualità, perdersi in una uniformità senza vita . Gli imitatori « carent viribus et vita, carent actu, carent affectu, carent indole , iacent , dormiunt , stertunt . Nihil verum , nihil solidum , nihil efEcax. Non exprimis - inquit aliquis - Ciceronem . Quid 3l

Opera, I, 250

sgg.

Ritratti di umanisti

tum ? Non enim sum Cicero ». Ove è anche indicata l 'inten­ zione del Cortesi verso un'oggettività negatrice dell'individua­ lità , laddove, per Poliziano , gli studia humanitatis, lungi dal­ l 'essere indirizzati ad annullare la schiettezza propria di ogni uomo in schiere di maschere , o - com 'egli dice- di scim­ mie degli antichi , tendono a far scaturire in tutta la sua ori­ ginalità la personalità di ciascuno . La quale si matura appunto nel costante contatto e confronto con le più precise , e quindi più alte personalità altrui . In questo modo tutto il passato - in sede di stile il Poliziano estende la sua attenzione an­ che agli scrittori cristiani - serve a far scaturire più nuovo e più originale il presente . Il recupero di tutta la latinit à , e oltre la latinità di quel mondo greco di cui i latini si cibarono, non è che riconquista della propria storia, che per gl 'italiani è storia nazionale interrotta dai barbari , per giungere, fatti antichi da quello studio, alla purissima produzione dell 'oggi . Per usare la metafora pol izianesca, è la selce che battuta fa sprizzare da sé tutte le scintille. Non a caso nei Nutricia vedia­ mo inseriti nella tradizione poetica classica Cavalcanti e Dante , Petrarca e Boccaccio . Non a caso , nella sua prolusione su Petrarca, il Landino aveva posto lo studio del latino classico come premessa a un più ampio e articolato volgare . Non a caso Poliziano trapassa dal greco al latino al volgare raffi­ nando il suo stile : e il suo volgare raffinatissimo è poi vol­ gare fiorentino dai modi popolareggianti. « Cum Ciceronem, cum bonos alios multum diuque legeri s , contriveri s , edidi­ ceri s , concoxeris , et rerum multarum pectus impleveris », al­ lora , e solo allora , in tanta dovizia, troverai quella suprema pu­ rezza e semplicità e nudità, che par poco ed è tutto , e nella de­ scrizione di una rosa cala la realtà intera , e per questa sua tota­ lità è accessibile a tutti, aristocraticissima e popolarissim a , su­ premamente ideale e compiutamente reale: umanissima 31• 31 Cfr. del PERNICONE, Sul testo delle «Stanze» del Poliziano, «Giornale Storico della Letteratura Italiana», vol. 129, 1952, pp. 1-25; e, a proposito della

Poliziano

e

il suo ambiente

Del resto di questo processo di riconquista di sé nella tanto faticos a conquista di uno stile lavoratissimo, v 'è come una prova dimessa ma singolare in quei « latini » che Poliziano, secondo l 'uso, preparava col volgare a fronte, per gli esercizi elementari di Piero de' Medici . Alla parola più solenne corri­ sponde il vocabolo popolare, ed auriga ha riscontro in m an­

nerino; una prosa latina sulla caducità della vita, ave la gra­ vi tà retorica della parola trita dall'uso è come trasfigurata in questo volgare : questa nostra vita non altrimenti sdrucciola che l'acqua d'un fiume; e le cose umane si dimenano un pezo, e finalmente rovinano... Se noi avessimo quanto tesoro quanto valevano le ricchezze di Creso, non potremo fare che di questa patria non siamo sbanditi; et andremo a un paese il quale non sappiamo se è inverso ponente o inverso levante, né sappiamo se quivi si vendon cavalli, o se si può dire in su qualche bella vesta che si venda all'incanto, né se gli abitatori maritino le fi­ gliole a' forestieri, né quanto essi apprezzino i nostrali. Io ho sl gran paura quando veggio aperta la terra per inghiottire e corpi nostri, che io non ardisco pure d'aprir bocca 32•

Innanzi a questo eserc1z1o scolastico vengono in mente curiosi pensieri, a cominciar da quella « patria » nostra da cui saremo « sbanditi » dalla morte, e che è la terra, mentre Ficino in quel medesimo tempo scriveva pagine commosse sulla « patria » celeste e su ques to « esilio » mondano . A parte l 'ironia di quel dubbio, se di là vi sian mercati e vendite all'incanto, con aperta allusione a quei mercanti fiorentini, di cui in un altro tema aveva detto : « hanno costoro l 'anima, come la roba, non già vendereccia ma posta bene a vendere » che era un modo originale per insegnare al piccolo Piero la differenza fra vendibilis e venalis. Più ancora che l'attacco contro l ' ipocrisia fratesca del pro-

edizione del Pernicone, le notazioni di G. DE RoBERTIS, L'edizio11e delle « Sta11ze », >, I II, 1931 pp.

655-67 (e l'art. Savonarola del PALMAROCCHI nell'Enciclopedia Italiana, vol. XXX, 1936). Notazioni importanti nel saggio di G. SPINI, Introduzione al Savonarola, « Belfagor », I I I , 1948, pp. 414-28; considerazioni acute ed esatte, a cui in più luo­ ghi ci si rifà anche in queste pagine, in L. Russo, Machiavelli, Bari 1949 3, pp. l­ lO e 201-9. Si indica qui una volta per tutte di RoBERTO RmoLFI, Vita di Girolamo

Savonarola, Roma 1952, voll. 2, a cui attingiamo l argamente; per la bibliografia più recente, dall'Ottocento in poi, M. FERRARA, Savonarola, Firenze 1952, vol. II, e, in ed. a -sé, aggiornata, Bibliografia savonaroliana, Firenze 1958. Anche troppo noti P . VILLAR!, La storia di Girolamo Savonarola e de' suoi tempi, Firenze 1930, voli. 2; J. ScHNITZER, Savonarola, ed. it., Milano 1931, voli. 2 (su cui dr. l a ree. di D. CANTIMORI, « Annali d. R. Scuola Normale Sup di Pisa>>, s. I I, vol. I, 1932, pp. 90-104, di cui si è fatto uso ) . Fra gli art. enciclopedici cfr. quello di M. M. GORCE nel Dictionnaire de théologie catholique. Preziose ind icazioni bibliografiche in A. GHERARDI, Nuovi documenti e studi intorno a Girolamo Savonarola, Firenze 1887 2, pp. 11-35.

Ritratti di umanisti

opposto al « reli tto », dell ' u o m o m e d i e v a l e che soprav­ vive e che come il cavaliere di bernesca memoria non s ' ac­ corge d'essere morto, eppur combatte contro l ' u o m o m o ­ d e r n o , il quale viceversa per esser troppo vivace finisce per non operare neanche lui nei propri tempi : tutta questa ma­ niera di andare trasfigurando le memorie del passato in ipo­ stasi dei propri ideali e delle proprie passioni, se non è priva di efficacia retorica , è tuttavia ben lontana dall 'essere s toria. Né storia fece Francesco De Sanctis quando nel 1869 venne , con bella immagine, esclamando, in un parall elo che diventò un passaggio obbligato della letteratura sull 'argomento : « Sa­ vonarola fu l'ultimo raggio di un passato che tramontava sul­ l 'orizzonte ; Machiavelli fu l 'aurora precorritrice dei tempi moderni . L'uno, l'ultimo tipo del vecchio uomo medievale ; l'altro, il primo tipo dell'uomo moderno ». L'immagi ne , per la sua precisa semplicità, doveva far fortuna ; e vi tornò su a ribadirla lo stesso De Sanctis , insistendo che « Savonarola è una reminiscenza del Medioevo , profeta e apostolo a modo dantesco », laddove « Machiavelli , in quella sua veste romana, è vero borghese moderno ». Non a caso Carducci amò accen­ tuare , ancora una volta, il contras to , in quelle sue eloquenti lezioni bolognesi « dello svolgimento della letteratura nazio­ nale », battendo fortemente sul medievalismo savonaroliano : « e non sentiva che la riforma d ' I talia era il rinascimento pagano, che la riforma puramente religiosa era riservata ad altri popoli più sinceramente cristiani ; e tra le ridde dei suoi piagnoni non vedeva , povero frate, in qualche angolo della piazza sorridere pietosamente il pallido viso di Niccolò Ma­ chiavelli » 2• 2 Per questa parte cfr. L. Russo, op. cit., p. 2 sgg. Su i 'piagnoni' dell'Otto­ cento a Firenze, cfr. G. GENTILE, Gino Capponi e la cultura toscana del sec. XIX, Firenze 1922. (Colgo l'occasione di segnalare per le sue pregevoli notizie la tesi di laurea di A. M. PELLERI, Gli studi savonaroliani e la tradizione piag non a nell'800, presentata alla Fac ol tà di Lettere e Filosofia di Firenze nel 1950, e che non credo pubblicata).

Girolamo Savonarola

Né, forse , è, di tu tt i questi, meno s ignifìcativo documento l'inizio di quelle pagine con cui, nel 1 849, nell'Appendice ven­ titreesima dell'«Archivio Storico Italiano », il benemerito padre Vincenzo Marchese dei Domenicani di San Marco venne presentando un notevole gruppo di cose savonaroliane: «Tre grandi italiani, usciti in tempi diversi da

un

chiostro medesimo,

ebbero dolorosa la vita , dubbia e combattuta la fama, e due tra essi crudelissima la morte. Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Gerolamo Savonarola lasciarono in forse quale fosse più grande o più sventurato . Tutti e tre instauratori o

cultori di una nuova filosofia in Italia; tutti e tre nemici d'ogni maniera di tirannide . . . Tutti e tre grandi nell'ingegno e nelle sventure ebbero a soffrire l 'ira di potenti nemici, che dopo aver loro conturbata la serenità della vita ne vollero dopo morte vituperata la memoria , apponendo a ' primi due la taccia di ateismo, ed al terzo quella di violata religione . Ma se la sto­ ria non poté da ogni colpa purgare la fama di Bruno , ben ri­ vendicò quella di Campanella, e il nome di Fra Girolamo Sa­ vonarola dal pat ibolo non macchiato , risplenderà eternamente

negli scritti del Nardi , del Segni , del Machiavelli e del Guic­ ci ardini , e sarà con reverenza ed affetto ricordato dagli I taliani , finché avranno cara la religione e la libertà » 3 Se strani rie­ scono i ravvicinamenti storici del Padre Marchese , e vera­

mente singolare la triade Savonarola, Bruno , Campanella, la sua pagina eloquente esprime molto bene quell'atteggiamento medesimo per cui nel 1853 il Tommaseo aveva mandato fuori sotto il titolo Opuscoli inediti di fra Girolamo Savonarola i suoi libri Dell'Italia, non a caso scegliendo quel nome, ma pensando proprio all'ideale del Frate : unus ex potissimis vitae 3 Cedrus Libani, ossia Vita di Fra Gerolamo Savonarola scritta da Fra Bene­ detto da Firenze l'anno 1510 [per cura di V. MARCHESE], « Arch. S tar. It. », tomo VI I , app. 23, pp. 41-2 . Del Marchese, oltre le Lettere inedite di Fra Gerolamo Savonarola e documenti concernenti lo stesso, usciti nell'« Arch. Star. It. », Tomo V I I I , App . 25, pp. 8-71, è da vedere, negli Scritti vari, Firenze, 1860 2, volume I , il Sunto storico del convento di San Marco.

Ritratti di umanisti

christianae e/Jectibus est animi libertas. E nel Frate amò quasi raffigurare il Santo del risorgimento d' Italia : « Raro uomo

a cui fu dato congiungere l'insegnamento e l 'esempio, la con­ templazione e l ' azione, la vita della religione e della civile so­ cietà, la scienza e l ' affetto, l'autorità di oratore e di scrittore ; far non tanto del pergamo ringhiera , quanto della ringhiera pergamo . . . Teologo ed artista ; e anche argomentando poeta ; altiero ed umile, sereno nella soavità, soave nell 'impeto ap­ punto perché forte, degno che lo venerasse quell'affe ttuosa ardente anima di Filippo Neri e tenesse in sua stanza l ' im­ magine di lui incoronata dell'aureola de' s anti » 4 • Eretico o santo, precursore o sopravvissuto, ma sempre s tac­ cato dai tempi suoi , il Savonarola , insomma , sembrava dover rimanere inconciliabile con una cultura che pur ne aveva sentito il fascino, e con un mondo che l ' aveva aspramente comba ttuto ma dopo averlo devotamente ascoltato come espressione sin­ cera delle proprie esigenze profonde . Una immagine conven­ zionale del Rinascimento in genere, e in particolare del Rina­ scimento fiorentino , pagano e lieto, spensierato e gaudente , tutto rapito in miti classici e in mondanissime feste, faceva troppo dimenticare quell ' A c c a d e m i a M a r c i a n a che vide riuniti intorno al Domenicano di San Marco i poeti e i filo­ sofi « pagani », e da cui una nuova ispirazione religios a sem­ brò venire agli artisti, mentre il Verino cantava . . .

4

Cfr. l'introduzione di G. BALSAMO-CRIVELLI alla ed. Dell'Italia, Torino 1926,

vol. I, p. xv sgg. c la recensione de l ToMMASEO stesso alla ristampa fatta dal Guasti

(Firenze 1864) della Canzona che fa uno Fiorentino a Carnasciale trovando/o fug­

girsi con uno asinello charico di sua masseritie et col fardello in spalla et doman· dando/ qual sia la chagione del suo partire risponde Carnasciale esserne suto causa lo sbandimento del fuoco allui facto dalla ciptà di Fiorenza. Et però fuggirsi per la Italia in Babylonia. [f: da notare che Babilonia è Roma. Dice Carnasciale: «Onde mosso dal dolore l vonne a Roma che mi crede ,.]. La ristampa con una introd. de l Del Lungo, e che include la descrizione del bruciamento fatta da Girolamo Beni­ vieni, ha titolo diverso [Canzona d'un Pia?,none pel bruciamento delle vanità del Carnevale del 1498]. La nota del Tommaseo uscl nella ionato che aveva posto al popolo di quella città contraddit­ toria e mirabile , peccaminosa e pronta ad ogni ascesi, crudele e generosissima. Era venuto come un barbaro nella fiorente Atene , e presto l 'ebbe conquistata con tutti i suoi dotti e tutti i suoi bizzarri e capricciosi popolani . sura del grande trattato , che poi riassumerà in italiano , vuoi salvare il carattere so­ prannaturale della profezia, lottando anche contro le altre interpretazioni naturali­ stiche. II problema diventa allora quello di sapere se le previsioni san dovute a Dio o al diavolo. II Ficino, nel suo l ibello anti savonaroliano , non nega le profezie, ma le riduce a i nflussi maligni : m a , in real tà , credeva anch'egli alla previsione del futuro come pure all'imminenza di prossimi eventi. f:. interessante studiare testi come l'Ora­ culum de nova saeculo del NEsr ( 1 4% ) dedicato al ' piagnone ' Giovan Francesco Pi­ co ; come le opere , appunto, di Giovan Francesco Pico, veramente fondamental i , quali il De rerum praenotione, o la breve Operecta . . . in defensione di Pietro Bernardo da Firenze, che il Cherubelli stampò nel 1943 in opuscolo per nozze traendola dall 'im­ portantissimo Magliab . XXXV , 1 1 6 . Per l 'avvicinamento del S. ai « fraticelli ,. fatto dai contemporanei , cfr. i Nuovi documenti intorno a Fra G. S. editi da C. Lupi nel l ' « Arch. Star. It. » , serie III, tomo I I I , pt. l, 1 866 , p . 44 . 1 2 Cedrus Libani , Ioc. ci t . , p. 6 7 . Nel Compendio di Rivelazioni il S . scrive : « Et essendo Firenze in me= la Italia come il cuore in mezw il corpo , si è degnato di eleggere questa città, nella quale siano tali cose prenunciate . . . .. .

Girolamo Savonarola « Firenze, io credo che tu ti ricordi quando io incominciai rpredicarti , già parecchi anni sono : cominciai prima sempli­ cemente senza filosofia, e tu ti lamentavi che io predicavo sem­ plicemente ; tuttavia quelle predicazioni fecero frutto nelle persone semplici , le quali bisognava tirar prima. Ma li savj cominciarono allora ad impugnare, ed ebbi dai poeti contra­ dizione , dagli astrologi , filosofi e sapienti del mondo , i quali contradicevano e andavano pungendo , e davansi a intendere che il nostro p redicare cosl semplicemente fosse per ignoranza; non dico questo per lodarmi , ma perché cosl credevano . Di poi incominciai , predicando , a por su le ragioni , e mostrarti per ragioni naturali e per la Scrittura quello che io dicevo, e ti cominciai a predicare della fede, e mostrartela con molte ragio­ ni, e allora tu toccasti le piaghe, come San Tommaso » . Sono parole queste di una predica di quel quaresimale del ' 96 su Amos e Zaccaria, che Girolamo Savonarola pronunciò in un momento decisivo della sua vita , non a caso scegliendo proprio il testo di Amos , il profeta che fu ucciso . « Questo è il fine dei profeti - aveva detto ai suoi ascoltatori - questo è il fine e il guadagno nostro in questo mondo » 1 3 Il giorno delle Ceneri aveva ripreso la sua predicazione già interrotta dal divieto pontificio ; la Signoria fiorentina aveva deliberato che la voce del profeta tornasse a suonare in Santa Maria del Fiore , e Alessandro VI aveva concesso un ambiguo permesso. A Firenze era stata gran festa ; i fanciulli in Carne­ vale s 'erano perfino astenuti dal barbaro uso di rompersi la testa e di romperla al prossimo col giuoco de' sassi . « Parve molto notabile - scriverà Iacopo Nardi - che in quel tempo fu dismessa e lasciata volontariamente quella stolta e bestiale consuetudine » 14 • Per obbedienza e amore al frate più di sei-

a

1 3 Cfr. P. LuoTTo, Il vero Savonarola 190()2, pp. 23-4. Cfr. RmoLFr, I, p . 224 sg.

e

il Savonarola di L. Pastor, Firenze

14 IACOPO NARDI, [storie di Firenze, pubbl. per cu r a di A. GELLI, Firenze 1858 , vol. I, pp. 9 1 -2 . Cfr . la c i t . Canzone ove il Fiore n � i n o chiede al Carnevale : « Dove

1 73

Ritratti di umanisti

mila ragazzi fra i cinque e i diciotto anni andarono invece ad « accattare » per « fare limosine ai poveri vergognosi ». Luca Landucci nota nel suo diario : « Si dava sanza avarizia ; pareva che ognuno volessi dare ciò che gli aveva, e massime le donne ; pareva che ognuno volessi afferire a Cristo e alla sua Madre » . E soggiunge : « Io ho scritte queste cose che sono vere , e io l' ho vedute, e sentite di tal dolcezza ; e de' mie' figliuoli fu­ rono in fra le benedette e pudiche schiere ». Il 17 febbr aio i fanciulli , adunati sulle gradinate del Duomo , cantarono « in­ nanzi alla predica dolci lalde . . . per modo che facevano per dol­ cezza piagnere ognuno e massime gl'intelletti sani, dicendo : questa è cosa del Signore » 15• Erano le stesse terribili schiere di ragazzi , che Savonarola cercò di trasformare in strumenti del ' ben vivere ' in qualche modo rieducandoli e mandandoli in giro per la città e « torre le zane de' berlingozzi, i tavolieri dei giocatori e molte licenzie delle donne ». Erano , dice il Lan­ ducci, « i fanciulli del Frate ». « I detti fanciulli - son pa­ role di un altro contemporaneo - si ragunavano insieme, e avevano fatto in fra loro uffiziali, cioè messeri, consiglieri ed altri uffìziali, i quali andavano per la terra a spegnere i giuochi e gli altri vizi . . . Andavano . . . per la città togliendo carte e dadi ; e così ancora andavano raccogliendo libri d'innamoramenti e di novellacce, e tutto mandavano al fuoco : ed ancora, andando per le strade, se avessero trovato qualcuna di queste giovani pompose, con is trascichi o con fogge disoneste, la salutavano con una gentilezza, facendole una riprensione piacevole , disono e tua fanciulli? l Capannucci stili e sassi , l Feste, giostre e tanti spassi l co n molti altri be' trastull i ? >>. E Carnasciale: « E fanciui san la mia morte l Lor m'han tolto la mia gloria l Con un'altra dolce i s teria l M ' han scacciato di !or corte, l Non fan più di me memoria . . . >>. C he cosa , almeno in parte, fossero questi fanciul l i , di condizione bassa, che godevano mira . . . licentia e che alimentavano la prostituzione, vendu ti spesso dai genitori, si desume da atti e condanne, come dal cap . VII del Concil. Fior . del 1 5 1 7 - 1 8 , che « acriter insurgit contra eos qui pueros prostituunt » . Su Savonarola e i fanciulli v . soprattutto SCHNITZER, Savonarolas Erzieher und Savo­ narolas als Erzieher, Berlin 1 9 1 3 , e Savonarola, I, p. 305 sgg. 15 L . LANDUCC I , Diario, pp. 122-4.

Girolamo Savonarola

cendo : - Gentile donna, ricordatevi che voi avete a morire , e lasciate ogni pompa e delicatezza, e tutte codeste vanità - ; con certe altre parole accomodate a simile opera, di modo che da una volta in là, se non per amore , per vergogna lascia­ v ano buona parte di loro vanità. Cosl ancora gli uomini infami e viziosi, per paura di non essere additati né iscoperti, s 'aste­ n evano da molte cose . E ancora andavano per il contado , fa­ cendo grande frutto, di modo che le cose erano ridotte in buono termine : e spesso i fanciulli si ragunavano in San Marco a consigliarsi » 16 • Uno storico nostrano, tutt'altro che avverso alle dittature del suo tempo, parlando senza molta simpatia della « dittatura di Girolamo Savonarola », usò tinte molto forti per dipingere queste bande di monelli « veri e propri inquisitori », violenti e duri, pronti a usare il bastone per ottenere elemosine , a ricorrere alla delazione e allo spionaggio ; e li mostra in giro per le nobili dimore fiorentine a strappar quadri dalle pareti , libri dalle scansie, gioielli dai cofani muliebri ; mentre il Frate , astuto politico, avrebbe fatto cosl ricorso , per sorreggere l a propria tirannide, all 'ingenuo e focoso entusiasmo de' gio­ 7 vani 1 • L'onesto Nardi , che quegli eventi aveva visto , non di giovani sobillati ci parla, ma di monelli sfrenati e abbando1 6 La vita di Giovanni da Empoli, da che nacque a che mor l , scritta da Girolamo da Empoli, suo :zio, ed. nella « Viola del Pensiero , Miscellanea di Letteratura e Morale » , Livorno, I I I , 1 84 1 , pp. 101·32, e rist. nell'« Arch. Star. I t . », Tomo I I I , App . n . 1 3 , 1 8 46 , pp . 22-3 . S u i « fanciulli » molto v i sarebbe da dire. Cfr . , a ogni modo, l'Epistola di Bernardino de fanciulli della città di Firenze mandata a essi

fanciulli el di di Sancto Barnaba apostolo, adi XI di giugnio MCCCCLXXXXV I I ( s tampata quasi subito, pate ) ; Epistola di Frate Domenico da Pescia mandata a' fanciulli fiorentini. Florentie, in Sancto Mateo, die m septembris MCCCCLXXXXV I I ; Petrus Bernardus de Florentia inutilis et indignus servulus ]esu Christi et omnium p u er orum bonae voluntatis nel cit. ms. Magliab. XXXV , 1 16, c. 60 v-72. Quanto poi al discorso di Girolamo da E m poli sulla gentilezz a d e i " fanciulli » , è da leggere nel LANDUCCI, Diario, p . 123 , notizia di i ncidenti n o n rat i : " e a d l 7 di febbraio 1495, e fanciugli levarono di capo u n a veliera a u n a fanciulla e fuvvi scandalo di sua giente, nella Via de' Mattegli » . 17 F . ERCOLE, La dittatura d i Gerolamo Savonarola, in " Civiltà Moderna >> , I I ,

1 93 0 , p. 205 .

1 75

Ritratti di umanisti

nati a sé, dal Frate ridotti a « tanta modestia, che gli spetta­ tori , e massimamente i forestieri, non s 'astenevano dall e la­ grime, prendendo gran meraviglia » . E vi sarà certo esagera­ zione anche in questo quadro del vecchio storico fiorentino ; ma nel giudicare il frate di San Marco conviene pur uscire dal luogo comune di una Firenze tutta inondata dall a luce splendente della Rinascenza in fiore, -e su cui s 'abbatte d' im­ provviso l 'ombra scura di un mal sopravvissuto Medioevo . E conviene por mente al fatto che già l 'età di Lorenzo nascon­ deva una profonda crisi economiCa e politica in atto, e diffi­ coltà di ogni genere ognora crescenti ; mentre al travaglio di una situazione esterna sempre più grave e minacciosa si univa all 'interno lo scontento per la « tirannide » medicea, e l'insof­ ferenza della vecchia classe dirigente messa da parte, colpita negli averi , e sanguinosamente battuta al tempo della con­ giura dei Pazzi . Quando Lorenzo muore, non è Savonarola a rifiutargli l ' assoluzione , come volle una leggenda cara agli storici dell 'Ottocento e oggi del tutto caduta ; ma è uno dei vecchi ottimati , che aveva amaramente pianto al consolidarsi della potenza del « novello Falaride », che annota nel suo diario : « Morte di Lorenzo de' Medici maligno tiranno » ; e dopo averne fatto un assai tristo ritratto conclude « lui es­ sere stato molti anni perniziosissimo e crudelissimo . . . alla città nostra » consumando

«

un tesoro inestimabile . . .

del

pubblico solamente in suoi propositi . . . sanza niuna u tilità della repubblica » . E chi scriveva cosl manifestava , a un tempo , una grande sfiducia nei suoi concittadini ormai « per la più parte corrotti, e per lunga servitù degenerati . . . , perduto il gusto della libertà e d 'ogni buono ed onesto vivere »

18 •

1 8 Ricordi storici d i Filippo d i Cino Rinuccini dal 1 282 a l 1 460 colla c ontinua­ zione di Alamanno e Neri suoi figli fino al 1 506 . . . , per cura d i G. AIAZZI, Firenze 1840, p. CXVI sgg. (di Alamanno ) . Lorenzo è detto ' n o vel l o Falaride ' nel dialogo De liberiate. Ma è importante confron tare la reazione d i fro n t e al ' tiranno ' del Rinucc ini , ossia di un es po n e n t e della vecc h ia oligarchia rovesciata dai Medici, e d el Savonarola e di quanti subirono l ' influenza savonaroliana. Per la ' l e gge n da '

Girolamo Savonarola

Alamanno Rinuccini è testimone non sospetto : uomo tutto dei tempi nuovi , caro ai grandi umanisti della linea del Bruni e del Manetti, dotto di greco , pieno di venerazione per l'an­ tico sapere . Si era strenuamente battuto perché venisse a in­ segnare a Firenze il più grande dei maestri bizantini, Gio­ vanni Argiropulo ; e della rinata cultura era stato fautore ed esponente . Ma a lui repubblicano era odiosa la tirannide, a lui buon cristiano era insopportabile la corrotta retorica cor­ tigianesca e il facile prostituirsi di troppi intellettuali ai pa­ droni dello stato . Consapevole della grave crisi che travaglia Firenze e l' I talia , sa che è necessaria ormai una condotta aperta e decisa, e non più il sottile gioco diplomatico intes&uto di astuzie meschine, come i duecentomila fiorini sottratti al pubblico erario per « corrompere e comperare il consenso de ' cardinali e del pontefice » onde crear cardinale « in età pue­ rile » il figlio di Lorenzo . Questa la Firenze in cui era venuto ad operare frate Girola­ mo Savonarola, non a caso caro ad uomini che restano tra le figure più alte e rappresentative della civiltà rinascimentale, e carissimo a quel Giovanni Pico che con tanta insistenza si ado · però a farlo tornare in città in un momento decisivo della sua vita . Dotto di filosofia , ma non filosofo ; colto , certo , anche di lettere, ma non devoto degli studia humanitatis; cresciuto sì in quella Ferrara che era andata tutta alla scuola umanistica di Guarino veronese, ma rimasto sotto l 'influsso tradizionale dell'austero medico Michele Savonarola suo nonno , fra' Giro­ lamo era entrato nel chiostro obbedendo ad una vocazione religiosa irresistibile, anche se non fu un versetto della Scrit­ tura ma un verso di Virgilio a suonargli dentro insistente e a dei rapporti fra Lorenzo e Savonarola è da vedere quanto ne dice il Ridolfi - e

son

pagine definitive. Ma credo che un esame puntuale della lettera del Poliziano all'Antiquario sveli anche, sottilmente, l 'influenza che Savonarola esercitò fino al '92 nella cerchia di Lorenzo . Non a caso Lorenzo si duole che il ' suo ' Pico non sia Il, con Poliziano , al suo capezzal e ! Qualcosa era mutato per tutti, con la venuta del frate.

I 77

Ritratti di umanisti

spingerlo lungi dal secolo . Al padre, il 25 aprile 14 7 5 , in una lettera di tono singolarmente alto, dichiara la ragione della propria fuga dal mondo : « la 'gran miseria . . . , le iniquitati de li uomini , li stupri , li adulteri , li latrocini , la superbia, la ido­ latria

».

E soggiunge , e par che gridi : « io più volte il dì c an­

tava questo verso lacrimevole, heu fuge crudeles terras, fuge

litus avarum. . . Io non potea patire la gran malizia de' ceca ti populi d ' I talia » 1 9 • Ma il chiostro non significò ritiro in pia contemplazione : nell'invettiva contro le turpitudini egli aveva innanzi agli occhi la corruzione e la miseria morale del clero così in alto come in basso ; e invocava l ' intervento di Cristo : Soccorri a la Romana Tua Santa Chiesa, che il demonio atterra .

A Firenze fece le sue prime prove, e quivi tornò nel ' 9 0 per desiderio del Pico ; e fu allora che cominciò la grande attività del

«

predicatore de' disperati

»,

come ebbero a chiamarlo t al­

volta ; in quella Firenze così intimamente travagliata, così piena di malcontenti e di disperati, nonostante tutto il suo splendore ; in quell' I talia così lacerata e fragile, nonostante il sapiente equilibrio ; in quella Chiesa romana a capo d ella quale, di lì a poco , doveva salire il turpe Borgia. Savonarola , secondo un suo biografo , non ebbe dapprima gran seguito : « non pre­ dicava cose molto curiose, le quali piacciono ai savi del mondo, ma utili e devote, da fruttificare all 'animo » 20 • Tuttavia ben presto il calore della sua rude eloquenza , e le profezie di im­ minenti flagelli e rivolgimenti, scossero profondamente gli animi . Predicando nell 'Avvento del '92 sul Genesi , annuncia tribolazioni e la spada del Signore che cala sulla Chiesa, e la 1 9 Cfr. RmoLFI , Vita, I , p. 12 sgg . ; I I , p. 89 (e per tera l'ed. del Ridolfi stesso , Firenze 1 933 , p . xxxii sgg. cantava ' l acrimando ' è di VIRGILIO, Aen. , I I I , 44. 20 Ai ' savi del mondo ' piacevano le prediche di fra' de re l 'epistola singolare (del 1490 ) dell'urbinate Andrea

2 35 , ff . 92 v-96 v).

il testo della famosa Jet.

e p . 1 ) . Il verso che S. Mariano, s u cu i è da ve­ Corneo ( ms . Va t . Capp .

Girolamo Savonaroia

venuta di uno che muoverà « di là dai monti a guisa di Ciro, al quale Dio sarà guida e duce, e nessuno li potrà resistere ». 1 492. A quella di Lorenzo succede in Firenze - sono pa­ role di un contemporaneo - « la superba, avara e crudele ti­ rannia di Piero di Lorenzo de' Medici . . . per esaurire e consu­ mare il s angue di questo misero popolo ». In Roma sulla cat­ tedra di San Pietro saliva Alessandro VI , in quella Roma ove , secondo uno scrittore del tempo, « si rapivano le vergini, si prostituivano le matrone, si prendevano con la corruzione le cose sacre, si saccheggiavano le case ; si buttava or qua or là gente nel Tevere ; si ammazzava senza punizione di giorno e di notte »; in quella Roma ave « monasteria quasi omnia facta erant lupanaria » 2 1 • Le qualità del Papa, secondo il Guicciar­ dini , erano a tutto questo ben intonate : « costumi oscenissimi , non sincerità, non vergogna , non verità, non fede, non reli­ gione, avarizia insaziabile , ambizione , immoderatezza, crudeltà più che barbara » 22• In un clima cosiffatto, in un tempo in cui la profezia era un'esperienza attuale , e in cui l ' ansia del fu­ turo chiedeva ora una risposta scientifica all 'astrologia ed ora un annuncio all'intelletto illuminato direttamente da Dio , Sa­ vonarola tuttavia non sfuggì mai alle esigenze di un preciso e serio impegno riformatore . La nuova società umana, la pacifica e santa città degli uomini , il Socrate ferrarese 23 come lo chiamò un suo seguace - la scorgeva sì nelle sue visioni , ma lavorava a costruirla con molta saggezza . La riforma doveva partire da Firenze : Firenze ricostituita nelle antiche libertà -

2 1 I testi dell'Infessura e di Lippo Brandolino i n G . PEPE , La politica dei Borgia, Napoli 1 946 , pp. 20· 1 . Delle pagine del Pepe sul Savonarola , pp. 108. 1 2 , cosl giuste ed equilibrate, s'è fatto uso i n questa presentazione, come di n o n poche osservazioni dello Spin i . 22 I l giudizio d e l Guicciardini n e l I libro della Storia d'Italia è ziportato dal RIDOLFI, Vita, I, p . 8 1 ; II, pp. 1 10 · 1 ( seguono le parole non meno significative : « ardentissima cupidità di esaltare, in qualunque modo, i figliuoli, i quali erano molti » ) . Povero Savonarola ! F. S. NITTI , i n un articolo del '47 ( Firenze di Sa· vonarola, � La Patria », Firenze 5 ottobre 1 947 ) , paragonò S. a Mussolini. 23 L ' i mm agin e è nel cit. Oraculum del Nes i .

Ritratti di umanisti

repubblicane si sarebbe rinnovata politicamente ed avrebbe rinnovato politicamente « i cecati popoli d' Italia » ; da San Marco i Domenicani ritornati agli antichi costumi avrebbero dato principio al rinnovamento spirituale della Chiesa. La separazione di San Marco dalla Congregazione Lombarda strap­ pata al Papa nel maggio del '93 fu la base necessaria per la futura attività savonaroliana ; e fu atto di gran rilievo :a. . La trasformazione spirituale dei Domenicani del convento fioren­ tino, il crescente prestigio morale del frate, andavano a in­ contrare il più. grave disagio della città nel tragico crollo della situazione italiana. Carlo VIII scendeva ; la spada del Signore calava sui peccatori . « Non io, ma Dio te l'ha fatto predire » esclama il frate il l o novembre del '94. « Ed ecco che egli è venuto ». E continuava, terribile : « Una voce che dice, chia­ ma : O Italia, per la tua lussuria, per la tua avarizia, per la tua superbia, per la tua ambizione, per le tue rapine ed estor­ sioni verranno a te di molte avversità, verranno a te di molti flagelli . . . Una voce che dice, chiama . . . O Firenze, o Firenze, o Firenze , per li tuoi pecc ati, per la tua sevizia, per la tua ava­ rizia, per la tua lussuria, per la tua ambizione verranno ancora a te di molte traversie e di molti aff anni . O chierica , chie­ rica, chierica , . . . che sei la principale cagione di questi mali , per il tuo mal fare viene questa tempesta : per li tuoi peccati sono apparecchiate . . . molte tribulazioni ; guai, guai , dico a chi arà chierica in capo ! ». Colpa - dunque - dei capi spiri­ tuali e temporali : su loro scende la spada del Signore ; scenda sul popolo pentito il perdono e la pace : « Io ho per te pianto tante volte, Firenze, che ti doveria bastare . O Firenze, io ho voluto parlare questa mattina a te ed a ognuno in particolare e apertamente, per non potere fare altro . E ancora la voce chiama . . . Chiama e grida al tuo Signore Dio . Io mi volto a te, Signor mio, che se' stato morto per nostro amore e per li nostri -

. .

. .

:K Su questo punto, essenz i ale, dell'opera savonaroliana è da vedere ' RmoLFI, Vita, I, p . 94 sgg.

r8o

ora '

il

Girolamo Savonarola

peccati ... Perdona, perdona, Signore, a questo popolo tuo, per· dona, Signore, al popolo fiorentino che vuoi essere tuo ! » :�:�. Ed è questo, veramente, il momento eroico di Savonarola: quando al grido di popolo e libertà Firenze caccia Piero, ed il frate combatte, insieme, due battaglie : usando di tutto il suo prestigio e della sua accortezza presso il Re di Francia per salvare dal sacco la città ; servendosi del fascino della sua pa­ rola per sedare odi e impedire vendette e stragi : « Pace, dico, pace, Firenze; se tu farai pace, tu sarai amico di Dio, che non vuole altro che pace, e Dio in ques to modo custodirà la tua città ... , e se tu non farai veramente questa pace, tieni a mente quel che io ti dico : questo sarà la tua ultima distruzione . Adunque, pace, pace, ti dico ». Cosl non scorse sangue cittadino ; fu, dice il Guicciardini, « pace e unione ». « Quanti uomini politici - s'è domandato di recente uno storico :��� , - scendono nella tomba, o salgono il patibolo con questo bell 'attivo, di aver voluto e realizzato, sia pur fugacemente, l'unione degli animi e la concordia dei cittadini ? ». Ma a una facile popolarità Savonarola preferl sem­ pre la via difficile : e cominciò da Firenze il rinnovamento d'Italia. « Intendi, Firenze, .. . quello che io ti dico; intendi che Dio mi ha ispirato.. . ; da te uscirà la reformazione di tutta l 'Italia ». Nacque cosl lo stato libero del popolo di Firenze . Savo­ narola ritrovava, più di quel che non paia, l 'ispirazione civile della vecchia classe dirigente fiorentina, ma intendeva rinno­ varla facendo tesoro delle esigenze che il principato aveva pur messo innanzi, e che le crisi interne avevano accentuato 27 Il suo tentativo politico s'infranse fra la opposizione suscitata dagli interessi minacciati degli uni e l'incomprensione di quel 25

Dalle Prediche sopra G. PEPE, op. c it . , p. 71 Cfr . SPINI , op . cit., p . indigenti e degli sconsolati l veri affamati . . . ». :l6

Aggeo

109.

=

RIDOLFI, Vita, I,

pp.

121 -2 ; II, p. 123.

427 . Sui « disperati ,. cfr. Cedrus Libani, p . 75 : « Degl i Era rifugio e gran consolazione : l Pascer facea e' po­

r8r

Ritrai/i di umanisti

popolo stesso per cui si batteva. Così come la sua riforma religiosa si spense contro il cinismo di un pontefice e di un clero pronto a servirsi di ogni bega fratesca pur di non affron­ tare quel problema che porterà di Il a poco all a divisione spi­ rituale dell'Europa . A un certo momento Savonarola volle il martirio : « O Signore . . . concedimi ch'io muoia per te come tu moristi per me » . E al popolo romano lanciò la sua profezia verace : « O Roma, Roma ! Tu arai tante tribulazioni che tu non vorresti mai aver fatto contra questa opera . Voi dite che siete e' bene­ detti, e noi gli scomunicati , e tamen voi combattete da male­ detti e da infedeli . . . e scrivete là a Roma che quel frate che è a Firenze, insieme con li suoi , vuole combattere contra di voi come contr'a' turchi e contr'a' pagani ; e che volemo mo­ rire et essere martirizz a ti , e che ho grande desiderio d'essere martirizz a to da voi . O Signore , fammi questa grazia ! Tu credi , Roma, di farmi paura : io non ho paura nessuna » 28•

Il « suo » popolo lo condusse in Piazza Signoria, a quella forca che pareva una croce ; e poi fiorl gentilmente, per secoli , il luogo del suo martirio . Uomo singolare nel tempo suo , le sue scritture politiche si collocano, senza difficoltà soverchie, fra la generazione dei grandi Cancellieri umanisti e quella di Machiavelli e di Guicciardini , che pur lo ebbero in rispetto. Profeta in un tempo che credeva ai profeti , di una severità degna di un antico saggio , esprime un aspetto non trascura­ bile del travaglio di un'età profondamente tormentata e così desiderosa di armonia e di pace . Quella pace che, per un mo­ mento , egli credette di aver conquistato alla « sua » Firenze ; come nei dolci versi di Marietta « la spiritata » : Un'arra di Paradiso Questa città pareva ; 28

r82

Dalle Prediche sopra l'Esodo

=

RmoLFI , Vita , I, p. 334 (cfr. I I , p. 201 ) .

Girolamo Savonarola

Sendo ciascuno unito

Gran pace si vedeva 29 .

Non molto dopo il tragico rogo , sceso nella tomba anche quel Ficino che non esitò a insultare il povero morto, il camaldolese Paolo Orlandini , in un documento non privo di s ignificato, congiunse nell'ultima pace tutte le grandi figure che s 'erano incontrate a disputare nei chiostri di San Marco , ed amò raffìgurarle ancora unite in un celeste nobile castello : Stava tra essi con magno decoro El nostro degno prior Bernardino , J ohanni Pico in suo nobil tesoro ; Dipoi Messer Marsilio di Ficino , Savonarola e Messer Olivieri Per loro ingegno savio e peregrino .

E, altrove, rivolgendosi direttamente « come discepolo e . . . figliolo » al Savonarola, « buon padre benigno e clemente » , soggiunge : Et or mi volgo a te, doctor perfecto, O Ferrarese e gran Savonarola, Savio e prudente, benché a noi despec to, Da poi ch'io t 'ho trovato in questa scuola , Clara di luce provida e serena, Che sopra gli altri com 'aquila vola, Non dirò adesso di cosa terrena Qual di te parla ciascheduna gente . . .

�.

I versi del frate di Camaldoli non sono belli, ma non è enza valore la sua testimonianza cosl vicina al rogo di Piazza s Signoria ; né è senza significato questa ideale riconciliazione di tutti gli spiriti magni della Firenze dell 'ultimo Quattro­ cento, riuniti oltre ogni lotta in una comune opera di umana ricostruzione . 29 Stanze fatte da una donna la quale ha nome Marietta ch 'era spiritata, m s . Magliab. XXXV , 1 1 6 ( cfr. P . CHERUBELL! in « Memorie Domenicane >> , 1 94 1 , e M . FERRARA, Contributo allo studio della poesia savonaroliana, P i s a 1921 ) . � Bibl. Naz . d i Firenze, M s . Conv . G, 4, 826 (cc. 74 e 8 1 ) .

Ritratti di umanisti



Agg iornare

» queste pagine che risalgono al '52, e che si legano

a una serie di contributi vari che hanno visto sparsamente la luce lungo circa quindici anni 359-67 ;

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