Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge 8834317211, 9788834317211

Non siamo nati per leggere, ma siamo dotati di un cervello straordinariamente plastico. Così apprendiamo dalla storia e

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Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge
 8834317211, 9788834317211

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MARYANNE WOLF

PROUST e il

CALAMARO Storia e scienza del cervello che legge

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Ml n. • I* V .

200?

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www.vilaL'pensiero.it

U' IdiDciipic per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti >li-l I y'i' di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 6X, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. U' riproduzioni effeUuaie per finalilà di carattere professiomtle. economico o niniiìicaùalc o comunque per uso diverso da quello personale possono essere i-ITctluatc a seguito di .specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di l'otta Romana n. 108, 20122 Milano, e-mail: [email protected] e sito web www.iiidro.org

'l'itolo originale: Piotisi and the Squid. The Story and Science of the Hrmlhif^ limin (t? 2007 !)>• Malfanne Wolf 'IVaduzione di Stefano Galli © yOOi) Vita e Pensiero - Largo A. Gemelli, 1 - 201'2.S Milano LSKN 978^8-343-1721-1

Indice

Indice delle illusU"azioni Prefazione

VII 3

PARTE PRIMA C o m e il cervello ha imparato a leggere I. IL III.

I m p a r a r e a leggere da Proust e il calamaro C o m e il cervello si è adattato alla lettura: i primi sistemi di scrittura La nascita di tin alfabeto e le proteste di Socrate

9 31 59

PARTE SECONDA C o m e il cervello impara g r a d u a l m e n t e a leggere rV. V. VI.

C o m e si comincia a leggere, o p p u r e n o La 'storia naturale' dello sviluppo della lettura: collegare le parü del giovane cervello che legge La storia infinita dello sviluppo della lettura

91 121 149

PARTE TERZA Q u a n d o il cervello n o n riesce a i m p a r a r e a leggere VII. Il r o m p i c a p o della dislessia e il p r o g e t t o cerebrale VIII. Geni, doti e dislessia IX. Conclusioni: dal cervello che legge a ' c i ò c h e verrà'

181 217 231

Ringraziamenti

249

Note

255

INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

Figura 1 - La piramide della lettura

16

Figura 2 - I sistemi visivi

H)

Figura 3 - Esempio di q u i p u inca

32

Figura 4 - Contrassegni

Sf)

Figura 5 - Il p r i m o 'cervello lettore di contrassegni'

38

Figura 6 - Esempi di scrittura c u n e i f o r m e

40

Figiu-a 7 - Cervello c h e legge logosillabico

44

Figura 8 - Geroglifici egizi p e r uccello, casa, tempio e palazzo

51

Figiu^a 9 - Tre cervelli che leggono

70

Figura 10 - D u e caratteri cinesi

102

l'igura 11 - N e u r o n e e mielina

ior>

l''igura 12 - Cervello che legge ai primissimi stadi

I3H

l'if^tira 13 - Il sistema limbico

ir,(.

l''igura 14 - Cervello c h e legge fluidamente e capisce (con le \'ie dorsale e ventrale)

ir,7

l'igiira 15 - Cronologia della lettura

KiO

vili

INDICE DEl.I.K

ll.l.l/'SI

RAZIONI

Figura 16 - Reti n e n ' o s c (ieirattenzione

161

Fig;ira l7 - M a p p a fonologica

166

Figura l8 - (x)nic il cervello legge u n a parola ad alta voce

169

Figur.i li) - La c o m p r e n s i o n e nel lettore esperto

175

Figura 20 - Piramide dei c o m p o r t a m e n t i di lettura

185

Figura 2l - Cervello affetto da alessìa

188

Figura 22 - Processi visivi e processi uditivi

189

Figura 23 - Ipotesi linguistiche ed elaborazioni fonologiche

190

Figura 24 - Ipotesi cumulative sulla dislessia

193

Figura 25 - Risonanza magnetica funzionale e d e n o m i n a z i o n e rapida (RAN)

197

Figura 26 - Ipotesi di O r l o n sulla strefosimbolia

201

Figura 27 - (ìronologia p e r la dislessia

204

Figura 28 - Disegno della Torre di Pisa di Ben N o a m (17 anni)

214

Dedico questo libro a tutti i membri della mia passati, presenti e futuri

famiglia...

Prefazione

Alle parole h o dedicato tutta la mia vita: c e r c a n d o i loro nascondigli nei m e a n d r i del nostro cervello, s t u d i a n d o i loro strad di senso e la loro foi'ma, e i n s e g n a n d o ai giovani i loro segreti. In queste p a g i n e vi invito a riflettere sulla p r o f o n d a creatività c h e sta al c u o r e del leggere le parole. Niente nel nostro sviluppo intellettuale merita di m e n o di essere d a t o p e r scontato, in questa fase storica di rapida transizione verso u n a cultura di tipo digitale. A n c h e e soprattutto p e r c h é mai c o m e oggi il processo della letuira ci è a p p a r s o in tutta la sua bellezza e complessità, dato c h e mai l'importanza dei suoi apporti è stata scientificamente più evid e n t e o d a t o c h e mai tali apporti s o n o a p p a r i pili a rischio di essere messi in s e c o n d o p i a n o d a nuove f o r m e di comunicazione. Ragionare su ciò c h e possediamo e interrogarci su c h e cosa vogliamo conservare s o n o i temi ricorrenti in queste pagine. Capire c h e cosa facciamo, in realtà, q u a n d o leggiamo sarebbe, p e r usare le parole indimenticabili dello studioso fin de sièck Sir E d m u n d Huey, «il culmine dei risultati di u n o psicologo, p e r c h é sarebbe c o m e descrivere la maggior p a r t e dei più intricati meccanismi della m e n t e u m a n a , così c o m e sciogliere la storia ingarbugliata della più notevole capacità specifica c h e la civiltà abbia a p p r e s o nella sua intera storia»'. Grazie agli apporti di discipline così diverse c o m e la storiogi-afia evolutiva e la neuroscienza cognitiva, la nostra attuale conoscenza del cervello c h e legge apparirebbe sbalorditiva a E d m u n d Huey. Sappiamo c h e nella storia della specie u m a n a ogni nuovo tipo di sistema di scrittura h a impiegato millenni p e r evolversi, e h a richiesto al nostro cervello diverse f o r m e di adattamento; sappiamo che la poliedrica maturazione della capacità di leggere inizia nell'infanzia e raggiunge livelli s e m p r e più alti di abilità; e sappiamo che la strana commistione di difficoltà e talento tipico della dislessia - in cui l'ap-

4

PRIFAZIONE

p r e n d i m e n t o della lettura è per il cervello u n ' i m p r e s a ardua - è u n a miniera di intuizioni che s t a n n o t r a s f o r m a n d o la nostra comp r e n s i o n e della lettura. Nel loro insieme, queste discipline stann o f a c e n d o luce sulla quasi miracolosa capacità del cervello di r i o r ^ n i z z a r s i p e r a p p r e n d e r e a leggere e p e r f o r m u l a r e pensieri originali. C o n questo libro mi p r o p o n g o di riesaminare questioni dale p e r scontate - p e r esempio, c h e i m p a r a r e a leggere sia p e r il bamb i n o qualcosa di naturale. NeU'evoluzione della capacità della nostra m e n t e di a p p r e n d e r e , leggere n o n è affatto qualcosa di n a t u r a l e - il che ha implicazioni affascinanti, m a a n c h e d r a m m a tiche, per u n gran n u m e r o di persone, e specialmente p e r i bambini. La stesura di questo libro h a richiesto l'assunzione di u n a pluralità di punti dì vista, p e r acquisire i quali mi sono stati necessari m o l d anni. Sono docente di sviluppo infantile e neuroscienza cognitíva; ricercatrice c h e si occupa di linguaggio, lettura e dislessia; m a d r e di b a m b i n i di cui leggerete più avand e paladina della lingua scritta. Dirigo, alla Tufts University di Boston, u n centro di ricerche - il Center f o r Reading a n d Langtiage Research dell'Eliot-Pearson D e p a r t m e n t of Child D e v e l o p m e n t - in cui i miei colleghi e io studiamo l'atto del leggere in soggetti di ogni età, p e r lo più affetti da dislessia. Il nostro sforzo c o m u n e è rivolto a capire le implicazioni della dislessia nei contesti linguistici più diversi, da quello in cui la lingua principale è l'inglese o u n idioma avente le stesse radici - si tratti del tedesco, dello spagnolo, del greco o dell'olandese - a quelli in cui si u s a n o lingue ad esso m e n o i m p a r e n t a t e c o m e l'ebraico, il giapponese o il cinese. Siamo coscienti del prezzo che è richiesto ài b a m b i n o che n o n i m p a r a a leggere, i n d i p e n d e n t e m e n t e dal fatto che p r o v e n g a da u n a c o m u n i t à filippina, da u n a riserva di nativi americani o d a u n s o b b o r g o b e n e s t a n t e di Boston. Molti nostri sforzi sono indirizzati alla progettazione di nuovi interventi e alla valutazione dei loro effetti sul c o m p o r t a m e n t o , nella scuola e nel cervello. Grazie alle m o d e r n e tecniche di scansione, è oggi possibile letteralmente 'vedere' l'attività cerebrale che a c c o m p a g n a la lettura, p r i m a e d o p o i nostri interventi. La s o m m a di queste esperienze, l'insieme delle ricerche disponibili e la consapevolezza del diffondersi nella società di nuovi

PREFAZIONE

5

m o d i di c o m u n i c a r e mi h a n n o spinto a scrivere il m i o p r i m o libro p e r il lettore c o m u n e , E confesso c h e devo ancora finire di abituarmi a u n o stile che n o n c o m p o r t a riferimenti immediati ai tanti studiosi il cui lavoro è alla base di gran parte di questo libro. Spero vivamente che i lettori a p p r o f i t t e r a n n o dell'ampia sezione di n o t e e riferimenti bibliografici relativi ai sìngoli capitoli. Il libro c o m i n c i a r e n d e n d o o m a g g i o alla bellezza, alla varietà c all'inventiva delle primissime f o r m e di scrittura; p r o s e g u e c o n gli spettacolari, nuovi scenari dello sviluppo d e l cervello che legge e dei m o d i della sua acquisizione; e t e r m i n a c o n le difficili q u e s t i o n i relative ai p r e g i e ai pericoli di ciò c h e abbiam o di f r o n t e . U n po' paradossalmente, la prefazione spesso serve all'autore p e r p r e s e n t a r e le sue idee finali sul libro c h e h a terminato. Questo volume n o n fa eccezione. Ma anziché c o n c l u d e r e con p a r o l e mie, vorrei usare quelle del mite r e v e r e n d o Ames, protagonista del r o m a n z o Giiead di Marilynne Robinson, q u a n d o affid ò la sua epistola-testamento al figlio ancora piccolo: «L'ho scritto quasi tutto con la più p r o f o n d a speranza e convinzione. Vagliando i pensieri e scegliendo le parole. Sforzandomi di dire la verità. E ti dirò f r a n c a m e n t e che è stato bellissimo»^

PARTE PRIMA

Come il cervello ha imparato a leggere

Parole e musica s o n o i binari dell'evoluiion»' umana. (John S. D u n n e , A Vision Qwst) Sapere c o m e qualcosa h a avulo origine è spos so il migliore indizio su c o m e essa funziona. (Terrence Deacon, The Symbolic Species)

C/\PITOLO PRIMO

Imparare a leggere da Proust e il calamaro

C'redo che leggere, nella sua essenza originaria, [sia] quel fruttuoso miracolo di una comunicazione nel mezzo della solitudine. (Marcel Proust)' L'apprendimento implica il nutrimento della natura. (Joseph LeDoux)'' N o » siamo nati p e r leggere. È passato solo qualche migliaio di a n n i d a i r i n v e n z i o n e della lettura. L'invenzione h a p o r t a t o con sé u n a parziale riorganizzazione del nostro cervello, che, a sua volta, h a allargato i confini del n o s t r o m o d o di p e n s a r e m u t a n d o l'evoluzione intellettuale della nostra specie. La lettura è u n a delle invenzioni più straordinarie della storia; la possibilità di d o c u m e n t a r e i fatti storici è u n a delle sue conseguenze. Ma questa invenzione dei nostri a n t e n a t i è stata possibile solo grazie alla straordinaria capacità del cervello u m a n o di stabilire nuovi colleg a m e n t i tra le sue strutture preesistenti; u n p r o c e d i m e n t o reso possibile dalla sua capacità eli essere modellato dall'esperienza. Questa plasticità c h e sta al c u o r e della struttura del cervello è la base di gran p a r t e di ciò c h e siamo e di ciò c h e possiamo diventarci Q u e s t o libro racconta la storia del cervello c h e legge, nel c o n t e s t o della nostra evoluzione intellettuale. U n a storia c h e cambia, davanti ai nostri occhi e sotto i polpastrelli delle nostre dita. I prossimi d e c e n n i v e d r a n n o altre trasformazioni della nostra capacità di c o m u n i c a r e , q u a n d o attiveremo nuovi collegainenti cerebrali s o s p i n g e n d o la nostra evoluzione intellettuale in u n a varietà di direzioni nuove. Sapere ciò c h e la lettura richiede al n o s t r o cervello, e s a p e r e c o m e essa contribuisce alla

I( )

C:OME 11. ii( ita di specializzarsi e quella di f o r m a r e nuovi collegamenti ti.i le aree associative. U n a delle maggiori difí'erenze tra il cervel-

I PRIMI SISTEMI DI

SCRim'R/\

37

lo di qualsiasi primate e il cervello u m a n o è lo spazio riservato alle a r e e associative. Queste aree, essenziali p e r la lettura dei simboli, s o n o assegnate sia a tipi più esigenti di elaborazione sensoriale, sia alla p r o d u z i o n e di rappresentazioni mentali'" delle informazioni da usare in seguito (pensiero 'rappresentativo'). La capacità rappresentativa è di estrema importanza p e r l'uso dei simboli e p e r molta p a r t e della nostra vita intellettuale. Ci aiuta a ricordal e e r e c u p e r a r e dalla m e m o r i a ogni sorta di rappresentazioni, dalle immagini visive c o m e l ' o r m a di u n p r e d a t o r e o l'aspetto di u n contrassegno, a schemi uditivi c o m e il s u o n o di u n a parola o il ruggito di u n a tigre. Inoltre, la facoltà rappresentativa getta le basi della nostra capacità evolutiva di riconoscere quasi a u t o m a t i c a m e n t e gii schemi di i n f o r m a z i o n e c h e ci circondano. Tutto ciò ci ha p e n n e s s o di specializzarci nel riconoscimento delle informazioni sensoriali - sia che si trattasse di i m p r o n t e di m a m m u t o di capre rappresentate da u n contrassegno. È la m e d e s i m a cosa. Ma p e r leggere i simboli, era necessario ben più della specializzazione visiva dei nostri antenati. Era cruciale collegare le rappresentazioni visive ai dati linguistici e concettuali. Collocata dove i tre lobi posteriori del cervello s o n o più vicini, l'area del giro angolare", definita dal g r a n d e n e u r o l o g o del c o m p o r t a m e n t o N o r m a n Geschwind c o m e «l'area associativa delle aree associative», è in posizione ideale p e r c o n n e t t e r e diversi tipi di informazioni sensoriali. Il n e u r o l o g o francese d e l l ' O t t o c e n t o Joseph-Jules Déjerine'^ aveva ossen'ato che u n a lesione nella regione del giro angolare produceva u n deficit della lettura e della scrittura. E oggi i neuroscienziati J o h n Gabrieli e Russ Poldrack con le loro é q u i p e del MIT e dell'UCLA h a n n o trovato, con tecniche di scansione cerebrale, c h e le vie nei'vose in arrivo e in partenza dalla r e g i o n e del giro a n g o l a r e " s o n o f o r t e m e n t e attive d u r a n t e l'app r e n d i m e n t o della lettura. Le ricerche di Raichle, Poldrack e Gabrieli ci autorizzano a inferire che le probabili basi fisiologiche della p r i m a lettura dei contrassegni d a parte dei nostri antenati consistessero in u n a fine rete di collegamenti tra il giro angolare e alcune aree visive vicine, n o n c h é , se D e h a e n e h a ragione, con alcune a r e e parietali collegate al pensiero n u m e r i c o e con aree occipito-temporali implicate nel riconoscimento degli oggetti (cioè l'area 37) (Fig. 5).

38

C O M E II. iil()grafici (cioè a somiglianza della cosa significata). I caratteri piiiografici e r a n o facilmente riconosciuti dal sistema visivo, dato ( he l>astava cercare l ' a b b i n a m e n t o con u n vocabolo della lingua

I PRIMI SISTEMI DI SCRITTL'RíV

41

parlata. Stanislas D e h a e n e ha osservato che molti simboli e lettere usati dalle scritture e dai sistemi numerici di tutto il m o n d o i n c l u d o n o f o r m e e altre proprietà visive assai c o m u n i " , che corris p o n d o n o a oggetti n e l l ' a m b i e n t e naturale e artificiale. Il r o m a n ziere francese Victor H u g o , citato in precedenza, ce lo h a fatto n o t a r e in p i e n o XIX secolo. H u g o era convinto che tutte le lettere derivassero dai geroglifici dell'antico Egitto, ricavati a loro volta da immagini naturali c o m e i fiumi, i .serpenti e gli steli dei fiori. Le d u e intuizioni del neuroscienziato e del r o m a n z i e r e si assomigliano m a restano congetlure; nello .stesso t e m p o esse sollevano il p r o b l e m a di c o m e abbia fatto il cervello a d a r e prova di tanta alacrità nel riconoscimento delle p r i m e lettere e parole. Nella teiTOinologia evoluzionistica di D e h a e n e , la risposta sarebbe che grazie alla stilizzazione di aspetti familiari della realtà sensibile, i primi simboli pittografici s o n o stati in grado di 'riciclare' u n a serie di circuiti cerebrali usati p e r il riconoscimento e la d e n o m i n a z i o n e degli oggetti. Ma questo sistema relativamente semplice n o n d u r ò a lungo. In m o d o misterioso e abbastanza stupefacente, p o c o d o p o la sua comparsa la scrittura c u n e i f o r m e cominciò a complicarsi. I suoi simboli persero il carattere pittografico d i v e n t a n d o più astratti e 'logografici'. U n sistema di scrittura logografico esprime anch'e.sso i concetti della lingua parlata in m o d o diretto, senza rinNÌare ai suoni delle parole corrispondenti. Col t e m p o , però, molti caratteri sumerici c o m i n c i a r o n o a r a p p r e s e n t a r e alcune sillabe della lingua parlata. Q u a n d o un sistema di .scrittura h a questa d o p p i a f u n zione di rinviare sia ai concetti sia ai suoni sillabici è detto dai linguisti logoúllabko e la sua c o m p r e n s i o n e richiede al cei-vello u n o sforzo intellettuale sensibilmente maggiore. In effetti, p e r .svolgere questa d o p p i a f u n z i o n e , i circuiti del cervello sumerico c h e leggeva devono essersi parecchio complicati. In p r i m o luogo d o b b i a m o pensare che si sia verificato u n sensibile a u m e n t o della d o m a n d a di circuiti nervosi nelle regioni visive e visivo-associative, p e r decodificare quelli che alla fine sarebbero stati centinaia di caratteri cimeiformi. U n a simile riorganizzazione delle a r e e \'isive p u ò essere pai~dgonata a u n a u m e n t o della capacità deWhard disk di u n computer. In s e c o n d o luogo, le esigenze concettuali del sistema logosillabico coinvolsero più sistemi cognitivi, c h e a loro volta e b b e r o bisogno di più collegam e n t i con le aree visive dei lobi occipitali, con le a r e e linguistiche

42

COME [L C E R T O X O HA IMP¿\R.\TO A 1,F.(;(;ERE

dei lobi temporali e c o n i lobi frontali, l lobi frontali f u r o n o coin» void p e r via del loro r u o l o nelle abilità esecutive c o m e l'analisi, la p r o g e t t a z i o n e e l'attenzione, tutte indispensabili all'elaborazione dei suoni elementari delle sillabe e delle parole e alla gestione delle categorie s e m a n t i c h e c o m e um,ano, pianta e tempio. Fare attenzione alle caratteristiche dei singoli suoni d e n t r o le parole dev'essere stata u n a g r a n d e novità p e r i nostri antenati, e fu la conseguenza di u n a trovata particolarmente brillante. C o n l'ampliarsi del lessico, i Smneri introdussero nel loro sistema di scrittura il cosiddetto pnncipio del rebus, che consiste nell'usare un simbolo, c o m e uccello, p e r trasmettere n o n il significato del vocabolo, ma il suo s u o n o , che in sumerico corrispondeva alla prima sillaba di u n a parola. In questo m o d o , il simbolo p e r uccello veniva a svolgere d u e funzioni: esprimere il suo signiiicato, o p p u r e il suo s n o n o linguistico. Naturalmente, togliere ambiguità ai d u e usi richiedeva ulteriori nuove funzioni, compresi speciali marcatori sia p e r i suoni sia p e r le c o m u n i categorìe di significato. A loro volta i m a r c h i fonetici e semantici richiesero circuid cerebrali a n c o r a più raffinad. P e r immaginare a che cosa il cervello sumerico finì c o n Tassomigliare, possiamo aiutarci con dtie stratagemmi. Torniamo, innanzitutto, ai risultati dell'équipe di Raichle® che h a osservato che cosa succede q u a n d o u n significato viene conferito alle parole. Per esempio, Raichle e i suo colleghi h a n n o osservato c o m e il cervello legge pseudo-vocaboli t o m e mbli e vere parole c o m e limb {arto), in cui le lettere sono le stesse m a la loro disposizione è senza senso in un caso, dotata di senso nell'altro. In a m b e d u e i casi, all'inizio entravano in attívita le stesse a r e e m i v e , m a d o p o il riconoscimento nelle regioni delle associazioni visive, la pseudoparola stimolava scarsa attività cerebrale. Al contrario, le parole vere trasiormavano il cervello in un alveare di attività. La rete di processi attivati dalle parole dotate di senso c o m p r e n d e v a la risposta delle aree corticali visive dell'associazione visiva alle configurazioni percettive o rappresentazioni; quella delle aree frontali, temporali e parietali, che davano informazioni sui suoni verbali minimi O fonemi e infine quella delle aree dei lobi temporali e parietali incaricate di gestire i significati e i collegamenti con altre parole vere e proprie. La differenza di attività cerebrale tra le d u e disposizioni delle Stesse lettere - delle quali n n a soltanto era u n a parola - corrispondeva a quasi m e t à corteccia cerebrale. E con

I PRIMI S l i T E M ) 1)1 SCRITTUR/\

4S

Ogni probabilità, di f r o n t e a parole cuiieiformi o geroglifiche i primi lettori sumeri ed egizi, cominciando a creare ì primi sistemi di scrittura, u s a r o n o parti di quelle stesse regioni cerebrali. A ulteriore c o n f e r m a di cjuesto scenario, h o a n c o r a u n asso nella manica. P e r dare u n ' a l t r a occhiata al cervello sumerico che legge, possiamo ricorrere a u n sisterna di scrittura vivo e vegeto costruito in m o d o simile (cioè in m o d o logosillabico). U n a lingua tuttora in uso h a infatti u n analogo passato di transizione dai simboli pittografici a quelli logografici, usa marcatori fonetici e semantici p e r togliere ambiguità ai simboli e rinvia a un a m p i o f:(»^i£idi dati ricavati dalle scansioni cerebrali. Mi riferisco alla lingua cinese. J o h n DeFrancis", studioso di lingue antiche c citiese, classifica sia quest'ultimo sia il sumerico tra le scritture logosillabiche; h a n n o infatti molti aspetd comuni - sebbene, ovviamente, ci siano a n c h e delle differenze. Il cervello che legge il cinese (Fig. V) rappresenta quindi u n ' a p p r o s s i m a z i o n e attuale e ragionevolmente b u o n a dei cervello dei primi lettori sumerici. Un circuito cerebrale molto più a m p i o ha preso il posto di quello dei lettore di contrassegni. Questo n u o v o a d a t t a m e n t o cerebrale richiede aree molto più estese nelle regioni visiva e di associazione visiva in a m b e d u e gli emisferi. Diversamente d a altri sistemi di scrittura (per esempio alfabetici), i sistemi sumerico e cinese mostrano u n a considerevole partecipazione delle aree dell'emisfero destro, che contribui.scono a soddisfare le notevoli esigenze di elaborazione spaziale dei logogrammi, n o n c h é di f o r m e più generali di elaborazione. Numerosi e visivamente impegnativi, i logogrammi richiedono l'intervento di b u o n a parte delle d u e aree visive, e dì u n ' i m p o r tante r e g i o n e occipito-temporale chiamata area 37, implicata nel riconoscimento degli oggetd che D e h a e n e ipotizza essere la principale sede del 'riciclaggio n e u r o n a l e ' nella lettura e scrittura^-. Anche se la lettura fa s e m p r e uso di porzioni dei lobi frontali e temporali p e r gli aspetd progettuali e p e r l'analisi dei suoni e dei significati delle parole, 1 sistemi basati sui logogrammi semb r a n o m e t t e r e in attività p a r d b e n precise delle aree frontali e temporali, in p a r d c o l a r e alcune aree coinvolte in abiHtà della m e m o r i a motoria. I neuroscienziati cognitivi Li-Hai Tan e Charles Perfetti e la loro é q u i p e di ricerca all'Università di Pittsburgh h a n n o accertato u n particolare i m p o r t a n t e , cioè che queste aree

44

C O M I IL GERVEI L O ILA iMP.\RATO A LEGGERE

Figura 7 - Cervello che legge logodllabko AREA UNITIVA

GIRO 50PRAJV1AR(.INA:,E

AREE FRONTALI CIRO .\NC' significa che u n l e o p a r d o è nelle vicinanze, m e n t r e il s u o n o «back» indica l'avvicinarsi di un'aquila, R e c e n t e m e n t e , d u e zoologi scozzesi h a n n o osservato che le scimmie h a n n o c o m b i n a t o i d u e richiami, otten e n d o n e u n terzo tramite cui avvertire le scimmie più giovani che è t e m p o di a b b a t ì d o n a r e la zona^'. U n a simile innovazione tra le scìmmie putty-nose è analoga al nostro uso dei m o r f e m i p e r crear e n u o v e parole, u n o stratagemma spesso impiegato dai Sumeri nei loro sistema di scrittura.

I

PRIMI

SISTEMI

DI SCRnTURA

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L'invito alla modestia che ci è rivolto dalla scrittura e dalla pedagogia dei Sumeri n o n riguarda la loro c o m p r e n s i o n e dei principi morfologici, ma il loro essersi resi c o n t o che l'insegnam e n t o della lettura deve cominciare c o n u n ' a t t e n z i o n e esplicita verso le caraueristiche principaii della lingua orale. È p r o p r i o quello che si cerca di f a r e oggi nel p r o g r a m m i più 'aggiornati'^, dove gh aspetti f o n d a m e n t a l i di u n a lingua sono incorporati nelle istruzioni di lettura. U n ' i d e a del tutto sensata. Se credeste di esser e gli iinici lettori al m o n d o e se n o n foste stati influenzati da nessun m e t o d o p r e c e d e n t e su c o m e insegnare a leggere, cerchereste di immaginarvi le caratteristiche della lingua orale in m o d o d a realizzarne u n a versione scritta. Per i primi insegnanti s u m e r i il risultato f u u n insieme d u r a t u r o di principi linguistici che facilitar o n o l ' i n s e g n a m e n t o e l ' a p p r e n d i m e n t o , e in più accelerarono lo sviluppo delle capacità cognitive e linguistiche dei Sumeri alfabetizzati. Così, c o n il contributo sumerico all'insegnamento della lettura e della scrittura alla nostra specie comincia la storia di c o m e il cervello c h e legge ha cambiato il nostro m o d o di ragionare. U n o degli aspetti m e n o noti ma più consolanti del retaggio sumerico è che le d o n n e dei palazzi reali imparavano a leggere. Le d o n n e possedevano il loro particolare dialetto, c h i a m a t o Emesal o 'fine idioma'^" p e r distinguerlo dall'Emegir, il dialetto standard, o 'idioma principesco'. II dialetto f e m m i n i l e differiva nella p r o n u n c i a di molte delle sue parole particolari. Possiamo solo i m m a g i n a r e la complessità cognitiva richiesta agli allievi che dovevano alternare u n dialetto con l'altro passando dai testi in cui le d e e parlavano nel loro 'fine idioma'^ a quelli in cui gli dei utilizzavano il loro 'idioma principesco'. È u n a gradita testimonianza in favore di questa antichissima cultura che alcune delle p r i m e canzoni d ' a m o r e e n i n n a n a n n e del g e n e r e u m a n o siano state composte dalle sue d o n n e : Vieni sonno, vieni sonno, vieni dal mio bambino corri sonno dal mio bambino acquieta t suoi occhi senza pace, posa la mano sui suoi occhi luminosi e quanto alla sua lingua inesperta fai che il balbetto non lo tenga sveglio "'.

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COME IL t:ER\ El.l.O HA IMl'.-UUTO A LEGGERE

Dal sumerico

all'accadico

Un'altra testimonianza a favore del sistema di scrittura sumerico è che a l m e n o u n a quindicina di popoli antichi, compresi i Persiani e gli Itüti, adottarono la grafia cuneiforme dei Sumeri e i relativi metodi di insegnamento molto t e m p o d o p o il tramonto della lingua sumerica'". Come le civiltà, anche le lingue muoiono. All'inizio del II millennio a.C., il sumerico stava diventando u n a lingua morta, e nuovi lettori cominciavano a studiare 'elenchi !)ilingui' di vocaboli nella sempre più diffusa hngua accadica. Nel 1600 a.C. nessuno parlava più il sumerico, ed è tanto piti notevole che il sistema di scrittura accadico e i suoi metodi di insegnam e n t o abbiano conservato tanti simboli e procedimenti del sumerico scritto. I metodi di insegnamento sumerici h a n n o contribuito al processo educativo per un lungo periodo della storia della Mesopotamia. A questo riguardo, esiste u n ' i m m a g i n e memorabile non piti antica del 700 a.C., in cui d u e scribi lavorano fianco a lianco, u n o su tavolette di argilla l'altro su papiro, u n o con la .sci ittura degli antichi, l'altro con la nuova'-. Solo dal 600 a.C. la .scrittura sumerica scomparve. E{)])ure n e rimasero le tracce sotto forma di alcuni caratteri e piocedimenti (iell'accadico, che f u lingua franca del Vicino Oriente dal III al I millennio a.C. L'accadico fu usato e adottato dalla maggior parte dei popoli mesopotamici p e r alcimi dei più antichi e i m p o r t a n t documenti, a partire dall'intramontabile ritratto della condizione u m a n a dell'accadica Epopea di Gilgamesk Per chi mi sono dato da fare, per chi ho \iaggiato, per chi ho sofferto? Quanto a me, non ne ho ricavato assolutamente niente Scoperta su dodici tavolette di pietra a Ninive, nella biblioteca di A.ssurbanipal, re degli Assiri tra il 668 e il 627 a.C., YEpopen di ('.iliranwshporta il n o m e di Shin-eq-imninni, u n o dei primi scrittori conosciuti della storia. Nel poema, che incorpora siciuamente temi di leggende orali molto pili antiche, l'eroe Gilgamesh comb a u e contro terribili avversari, supera ostacoli spaventosi, p e r d e l'amico prediletto e impara che nessuno, lui compreso, ptiò sfuggile all'ultimo avversario di ogni essere u m a n o - la morte.

i l'RlMI SISIKMI n i SCRnTURA

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Gilgamesh e il turbine di scrini accadici c h e gli h a fatto seguito illustrano alcinii importanti iniuamenti storici della scrittura. La p u r a e semplice dimensione delle o p e r e e la fioritura di generi Ietterai! d i e d e r o u n e n o r m e contributo alla base di sapere del II millennio a.C. I titoli di questi scritti raccontano anch'essi u n a s t o n a - dalle commoventi o p e r e didattiche c o m e i Consigli di un padre al figlio, o spirituali, c o m e il Dialogo tra un uomo e il suo Dio, alle legg e n d e mitologiche c o m e Enlil e Nilil. L'impulso di codificare p o r t ò a quella che è p r o b a b i l m e n t e la prima delle enciclopedie, s o b r i a m e n t e intitolata Tulio quello che sappiamo deWuniverso. Analogamente, i n t o r n o al 1800 a.C. il CMice di Hammurabi diede al m o n d o la prima brillante codificazione delle leggi della società governala da quel g r a n d e sovrano, m e n t r e il Trailnio medico di diagnosi e pìvgnosi classificò tutte le nozioni m e d i c h e conosciute. E inevitabile che il livello di s \ i l u p p o concetluale, organizzazione, astrazione e creatività testimoniato dagli scritti accadici spostino l'attenzione, fin qui rivolta alle esigenze cognitive di u n particolare sistema di .scrittura, ai passi avanti dello sviluppo cognitivo. Alcune caratteristiche dell'accadico lo r e n d e v a n o u n p o ' piti facile da u.sare - con u n a risen'a. Le lingue antiche c o m e l'accadico, ma a n c h e lingne c o m e il giapponese e il c h e r o k e e , h a n n o u n a struttura sillabica abbastanza semplice e ordinata. Simili lingue orali si p r e s t a n o b e n e al tipo di scrittura d e t t o sillabario, in cui ogni sillaba, anziché ogni singolo suono, è d e n o t a t a da un simbolo. (Per esempio, q u a n d o il capo nativo a m e r i c a n o Sequoya decise di inventare u n sistema di scrittura, utilizzò u n sillabario, particolarmente adatto alle ottantasei sillabe della lingua cherokee*''.) U n sillabario perfetto, o ' p u r o ' , per l'accadico avrebbe p e r ò portato a l l ' a b b a n d o n o dei \'ecchi logogrammi sumerici e causato ima r o t t u r a col passato che gli Accadi trovavano inaccettabile. Col t e m p o , prese f o r m a u n c o m p r o m e s s o che f u poi utilizzato in altre lingue. L'accadico c o n s e n ' ò gli antichi logogrammi sumerici p e r alcune parole importanti di uso c o m u n e c o m e 're', mentile le altre parole f u r o n o espresse coi sillabario. Così, la lingua e la culttna siuneriche s o p r a n i s s e r o - u n g r a n d e merito della cultura accadica - a n c h e se il risultante sistema di scrittura diventò più complicato. Del resto, molti sistemi di scrittura complessi di varie regioni del m o n d o celano il desiderio di u n a cultura di preservare la cultura o la lingua che l'ha preceduta.

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COME IL C E R V E U . 0 HA IMPARATO A LEGGERE

La stessa lingua inglese è u n a n a l o g o a s s o r t i m e n t o di atiaccan i e n t o al passato e p r a g m a t i s m o . T r a le sue radici figurano il g r e c o e il latino, il f r a n c e s e , l ' a n t i c o inglese e altri, a u n p r e z z o c h e o g n i scolaro e s t u d e n t e anglosassone s c o p r e a sue spese. I linguisti classificano l'inglese scritto tra i sistemi marfofonmid, perc h é la sua o r t o g r a f i a t e n d e a e s p r i m e r e t a n t o i m o r f e m i {unità di significato) q u a n t o i f o n e m i ( u n i t à di s u o n o ) - p e r lo s g o m e n t o di tanti nuovi lettori inconsapevoli delle sue ragioni storiche. P e r illustrare il carattere m o r f o f o n e m i c o nella lingua inglese, i linguisti N o a m Chomsky e C a r o l Chomsky si s o n o serviti di vocaboli c o m e -muscle (mmcolo) p e r c h i a r i r e c o m e le p a r o l e p o r t a n o c o n sé u n a storia i n t e r a , n o n diversamente dalle radici suiin e r i c h e a l l ' i n t e r n o del vocabolario accadico®^. Per e s e m p i o , la c m u t a in mtiscle p u ò s e m b r a r e del tutto inutile, ma in realtà collega visivam e n t e la p a r o l a inglese al latino musculus d a cui h a avuto origin e , e a cui deve la p a r e n t e l a con altri vocaboli quali muscular ( vigoroso) e musculature ( muscolatura). In queste u l t i m e parole, la e è p r o n u n c i a t a e r a p p r e s e n t a l'aspetto/o)tómc(> del sistema alfabetico mglese, così c o m e la t n i u i a di muscle trasmette visivamente l ' a s p e t t o morfemico di quel sistema. In sostanza, l'inglese rapp r e s e n t a u n c o m p r o m e s s o tra la r a f f i g u r a z i o n e dei s u o n i singoli della l i n g u a orale, e la r a p p r e s e n t a z i o n e delle radici dei suoi vocaboli'^'. A causa di u n c o m p r o m e s s o di q u e s t o tipo, i giovani lettori di antico accadico d o v e t t e r o c o n f r o n t a r s i c o n u n sistema di scrittura i n t e l l e t t u a l m e n t e e n e u r o l o g i c a m e n t e esigente. Difficile stupirsi c h e il sistema di scrittura accadico, c o m e il suo p r e d e c e s s o r e s u m e r i c o , richiedesse dai sei ai sette a n n i p e r essere conoscitito a f o n d o . La lentezza d e i r a p p r e n d ì m e n t o , unita a p o t e n d fattori politici, f e c e r o del leggere e dello scrivere u n a prerogativa di u n a ristretta élite di s a c e r d o d e m e m b r i della c o r t e - i soli c h e potevan o p e r m e t t e r s i di d e d i c a r e p a r e c c h i a n n i alla p r o p r i a istruzione. In n e s s u n luogo questi limiti socio-polìtici h a n n o o p e r a t o p i ù c h i a r a m e n t e e n e g a t i v a m e n t e che nella vicenda, parallela a quella m e s o p o t a m i c a , dell'altro ' p r i m o ' sistema di scrittura - 1 geroglilici dell'antico Egitto, c h e s e c o n d o a l c u n i studi recenti a v r e b b e r o p r e c e d u t o il sistema s u m e r i c o di u n secolo o forse più.

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J PRIMI SISTEMI DI SCRITTITRA

Un altro 'primo'? L'invenzione



gmgtijici

Per molti anni la maggior parte degli studiosi h a sostenulo che i Sumeri abbiano inventato il p r i m o sistema di annotazione della lingua parlata, e che la scrittura degli Egizi fosse derivata in qualche m o d o dal sistema sumerico. Nuovi dati linguistici suggeriscon o però che un'invenzione della scrittura totalmente indipendente abbia avuto luogo in Egitto intorno al 3100 a.C. o, in base a dati ancora controversi di egi,ttoIoghi tedeschi ad Abydos, nel 3400 a.C. - in epoca p r e c e d e n t e la scrittura sumcrica^^ Se la scoperta verrà confermata, i geroglifici dovranno essere considerati il p r i m o g r a n d e adattamento evolutivo del cervello che legge. Poiché le prove n o n sono ancora definitive, de.sidero esporre il sistema geroglifico degli Egizi (Fig. S) come un adattamento indipendente. Esteticamente affascinanti e classificabili in sostanza tra i logogrammi, i primissimi geroglifici erano molto diversi sul piano visivo dalle 'impronte d'uccello' della Mesopotamia. Chiuncjue abbia provato a decifrare qtialcuna di queste antichissime scritte finisce presto con rinnamorarsi del suo mero pregio estetico. In ogni caso, entrambi i sistemi impiegavano il poco c o m u n e principio del rebus, ed entrambi erano considerati un d o n o divino^". Nel t e m p o la scrittura geroglifica si è evoluta in un sistema misto c o m p r e n d e n t e sia logogrammi per un nucleo di significati linguistici, sia segni speciali per i suoni consonantici (i cosiddetti fonogrammi). Per esempio, il segno geroglifico per casa ha u n a b u o n a somiglianza con una casa vista dall'alto - come si immaginava c h e la vede.ssero gli dei. Il segno poteva essere usato come

Figura 8 - Geroglifid egizi per 'uccello', 'casa\ 'tempio' e 'palazzo'

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COME 11, CER\-ELLO HA IMI'AR-VrO A l.EííC.tRK,

logograiniiia semplice ed espressivo per significare la casa, o essere letto come combinazione consonantica pr. Poteva a n c h e essere scritto d o p o altri logogrammi per essei e certi che quei segni fossero pronunciati con pr. Si tratta del marcatore o complemento fonetico, che troviamo a n c h e nel sumerico. O p p u r e , il segno p u ò essere posto con parole semanticamente affini come tempio q palazzo, in m o d o che il lettore p r e n d a confidenza con l'uso della parola (si veda indietro). Per q u a n t o riguarda le esigenze cognitive, il sistema egizio, come quello sumerico, deve aver rappresentato una sfida formidabile p e r il lettore neofita. Questi doveva immaginare come, precisamente, un dato segno era impiegato. Ancora u n a volta. la varietà di strategie richieste da questi usi differenti, sommata alla valutazione cognitiva e alla flessibilità necessaria a decidere che risorse usare e quando, richiedeva un'intensa atdvità cerebrale. Riconoscere un logogramma richiedeva collegamenti visivo-concettuali, riconoscere i segni consonantici richiedeva collegamenti tra sistemi visivi, uditivi e fonetici, e riconoscere i marcatori fonetici e semantici e.sigeva ulteriori capacità di astrazione e classificazione, oltre che di analisi fonologica e semantica. Inoltre, l'antica scrittura egizia non era né raggruppata dalla punteggiatura né sistematicamente ordinata da sinistra a destra o da destra a sinistra. Come alcuni altri sistemi dell'AiUichità, i geroglifici erano disposti nello stile detto bustrofedico, parola di derivazione greca che sta a dire girarsi come il bue, in cui u n a riga va da sinistra a destra e la seguente da destra a sinistra e di seguito, come il b u e q u a n d o ara un campo. Invece di scorrere il testo sempre nello stesso senso, come si fa oggi, l'occhio si spostava legg e r m e n t e in basso alla fine della riga e cambiava direzione. Gli Egizi scrivevano a n c h e dall'alto in basso e viceversa, secondo la forma delle superfici su cui traccia\'ano i simboli. Il risultato era che i lettore di geroglifici doveva possedere un ampia g a m m a di attitudini, compresa una memoria visiva assai sviluppala, la capacità di analizzare suoni e fonemi, e u n a considerevole flessibilità cognitiva e spaziale. C o m e il sistema sumerico e la maggior parte delle altre ortografie antiche, nel corso dei secoli il sistema egizio ha introdotto molti segni nuovi e alcune caratteristiche inedite. Ma diversamen-

I PRINU S I S T E M I D I S C R I T T I R.A

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te da altri sistemi, quello dell'antico Egitto a n d ò a n c h e incontro a d u e importand cambiamend. Innanzitutto, a beneficio di scribi e copisti, il sistema geroglifico finì con l'includere d u e dpi di scrittina corsiva. Questo primo cambiamento aggiunse efficienza all'atto di scrivere e copiare tesò, con grande sollievo, presumibilmente, di tutti gli scribi. I quali p e r ò dove\'ano avere apprezzato ancor più il secondo cambiamento. in sostanza, gli Egizi scoprirono l'equivalente del f o n e m a . Forse la gente non fece saki di gioia, ma per gli scribi l'invenzion e f u di e n o r m e importanza perché li aiutara a esprimere nomi nuovi, si trattas.se di città o di membri della famiglia reale o di parole e nomi di lingue straniere. L'ingegnoso principio del rebus poté .svolgere questo compito solo fino a un certo p u n t o . Un f e n o m e n o simile fu osseiTato, molto più tardi, nei d u e sistemi di scrittura giapponesi: il kanji, più antico, logografico e liasato sul cinese; e il kana, più recente, di tipo sillabico, (('ome l'alfabeto parziale egizio, il sillabario kana fu pensato come s u p p l e m e n t o al kanji, pei" permettere alla lingua scritta di esprimere parole e nomi nuovi o vocaboli di origine straniera.) Sappiamo che questa scoperta linguistica f u compiiua nell'antica scrittura egizia q u a n d o cominciò a incorporare un piccolo sottogruppo di caratteri p e r esprimere le consonanti dell'egizio parlato. C o m e disse il linguista Peter Daniels'^ fu u n a specie di miracolo nella storia della scrittura - la nascita di u n «alfabeto parziale per le consonanti». Questo nuovo g r u p p o di caratteri dell'antico egizio lu il primo barlume di quella che sarebbe diventala la terza conquista cognitiva della storia della scrittura: la nascita dei sistemi basad sull'intima struttura sonora delle parole. Ma come n o n fu concesso a Mose di rivere nella Terra promessa, così n o n toccò agli Egizi sfruttare pienamente il loro abbozzo di alfabeto. Per ragioni culturali, polinche e religiose il sistema geroglifico n o n evolve mai in una scrittiua davvero efficiente, nonostante le possibilità implicite nel suo qtiasi-alfabeto. Dai circa 700 segiìi standard dell'epoca del Medio Regno, il n u m e r o di geroglifici crebbe nel millennio seguente fino a qualche migliaio, alcuni di questi f u r o n o appesantiti da strati su strati di complicati significati religiosi, che sempre m e n o persone riuscivano a padroneggiare'^. Una simile tra.sformazione fa pensare che sul piano concettuale la lettura geroglifica, lungi dal semplificarsi, sia

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COME U, CKRVEM-O HA 1M1'.\R/\T0 A LEGGERE

diventata sempre piti impegnativa - e di conseguenza s e m p r e più elitaria. A])prcndiamo però dai milioni di lettori cinesi, che ogni giorn o imparano a leggere scoiTevolmente la loro lingua impiegando anch'essi migliaia di caratteri, che il declino e la caduta del sistema egizio di scrittiu^a n o n si p u ò spiegare solo con il sovraccarico della memoria wsiva. Nel I millennio a.C., il cervello dello scriba egizio p u ò benissimo avere dovuto ricorrere, per gestire i significati delle iscrizioni, a u n a piCi estesa attività corticale, e a maggiori risorse cognitive di q u a n t e fossero necessarie per la maggior parte dei sistemi di scrittura esistiti nella storia. Paradossalmente, il sistema egizio, parzialmente consonantico ed evolutosi for.se a causa della macchinosità dei geroglitìci, potrebbe alla fine rivelarsi il singolo più importante contributo all'evoluzione dell'alfabeto nella stona degli antichi sistemi di scrittura.

Ossa di drago, gmci di tartaruga e nodi: gli strani segni di alivi antichi sistemi di scrittura Le storie così diverse dei sistemi egizio e sumerico non risolvono la questione se la scrittura sia stata inventata i n d i p e n d e n t e m e n t e da ciascuna cultura, o se un sistema sia passato nell'altro. A livello planetario, gli indizi suggeriscono che la scrittura sia stata inventata almeno tre volte nell'ultima parte del millennio a.C., e a l m e n o altre tre volte in rarie parti del globo in epoche successive^'. Oltre ai sistemi egizio e sumerico, la scrittura degli abitanti della regione dell'Indo si sviluppò dai marchi dei ceramisti nel 3300 a.C. fino a ti-asformarsi, intorno al 2500 a.C., in scrittura vera e pi'opria. Una scrittura che resta n o n decifrata e continua a frustrare ogni tentativo di comprenderla^-'. Il p r i m o dei sistemi di scrittura succe.ssivi comparve a Creta nel II millennio a.C. Presumibilmente influenzato dalla scrittura egizia, comprendeva im sistema pittografico, u n a sorta di sistema geroglifico in versione cretese, n o t o come lineare A, c il leggendario lineare B " (sul sistema greco si veda il capitolo III). U n diff e r e n t e sistema logosillabico assai ricco e originale f u creato dagli Zapotechi e usato da loro, dai Maya e dagli Olmechi in tutta l'America Centrale. Per decenni, lo sbalorditivo sistema di

I PRIMI SISTEMI DI SC-RlTTL k-X

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scrittura dei Maya sfidò, conic il lineare B dei Greci, ogni tentativo di decilVazione, D o p o d i c h é accadde l'imprevedibile: u n o studioso d e l l ' U n i o n e Sovietica di Stalin che lavorava in quasi-isoh u n e n t o e c o n ben p o c o materiale a disposizione decifrò quel codice a p p a r e n t e m e n t e inviolabile". Narrata con magnifica ricchezza di particolari d a Michael Coe nel suo Brmking (he Maya Gilde, la semisconosciuta e p o p e a di Yuri Valentinovich linorosov è avvincente c o m e u n r o m a n z o poliziesco. Knorosov i m m a g i n ò c h e i brillanti antichi Maya applicassero vari principi linguistici, tra cui l'uso di marcatori fonetici e semantici paragonabili a quelli sumerici ed egizi, ma a n c o r a piti simili al m o d o in cui i giapponesi h a n n o c o m b i n a t o i loro d u e tipi di sistemi, logografico e sillabico. U n altro g r a n d e mistero c e n t r o a m e r i c a n o è p e r ò all'orizzonte. R e c e n t e m e n t e , Cxary U r t o n , a n t r o p o l o g o dell'Univeristà di I l a n ard, e il suo collega Jeffrey Quilter h a n n o suggerito u n altro m o d o di i n t e r p r e t a r e i bellissimi e misteriosi quipu (o khipu), l'antico sistema di fili e corde colorati intrecciati in n o d i e s t i e m a m e n te complicati (si veda la figura fiY''. Urton h a soipreso linguisti e studiosi degli Inca con la sua ipotesi c h e i circa 600 quipu tuttora esistenti costitui.scano tin .sistema di .scrittura hica a n c o r a inspiegato. O g n i tipo di n o d o , ogni direzione del n o d o e ogni suo c o l o re p o t r e b b e r o c o n t e n e r e infonnazioni linguistiche p r o p r i o c o m e ogni n o d o del tulUth, lo scialle da preghiera ebraico. Fino a quel m o m e n t o , si era jjcnsato che i quipu fossero delle specie di abachi, a n c h e .se certe c r o n a c h e di storici spagnoli del XVI secolo riferiscono che alcuni hica avevano rivelato ai missionari c h e intere culture e r a n o racchiuse in quei nodi. (Il risultato fu che i missionari si a f f r e t t a r o n o a bruciare tutti i (¡uipu che tro\avano p e r liberare gli Inca dai legami con le di\'inità del passato!) Attualmente, U r t o n e collaboratori si sen-ono dei quipu rima.sti p e r decifrare quella che p o t r e b b e benissimo essere u n ' a l t r a antica, complicata f o r m a di .scrittura. Un ulteriore mistero riguarda un a m i c o sistema di scrittura cinese. S e b b e n e i .suoi inizi siano di solito fatti risalire al p e r i o d o S h a n g (1500-1200 a.C.), alcuni suidio.si .sono d e l l ' o p i n i o n e c h e un sistema cinese esistesse d a molto prima. Un altro esempio di scoperta fortuita è il rinvenimento di u n ' a n t i c a scrittura cinese niente m e n o c h e nelle farmacie dell'Ottocento. A quel t e m p o , si

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COME IL CERVELLO HA IMPAKATO A LEGCiERT

faceva a gara p e r acquistare le 'ossa di drago', cui si attribuivano proprietà curative magiche, e alcuni n o t a r o n o gruppi di segni sui carapaci di t a r t a m g a e su ossa più antiche, L ' o p i n i o n e attuale è che i quesiti alle divinità fossero tracciati in cinese arcaico su scapole di bue e carapaci di tartaruga, poi rotti c o n ferri roventi p e r l e g g e i t i responsi divini nelle c r e p e che si formavano. Un'iscrizione divinatoria c o m p l e t a conteneva quesito, data, responso e ciò che poi era effettivamente successo. Per esempio, un'iscrizione di 3000 anni fa della dinastia S h a n g racconta che il re Wu Ding volle sapere se !a g'ravidanza della regina sarebbe culminata in u n 'lieto evento'. Gli dei risposero che sarebbe successo solo se H a o , la regina, avesse partorito in certe date. N o n f u così, e la fine dell'iscrizione c o n f e r m a il sacro responiio: «Il p a r t o n o n fu u n lieto evento. Nacque u n a bambina»''®. Caratteri tracciati con gran cura e conservati p e r secoli d a u n carapace di tartaruga s o n o u n a b u o n a m e t a f o r a p e r inciti segni del cinese, o g n u n o dei quali racchiude interi libri di storia. C o m e si è visto, la scrittura cinese, a] pari di quella sumerica, è u n sistem a misto logosillabico che tende a conservare nei suoi caratteri tracce importanti del p r o p r i o passato. Chiede, quindi, ai nuovi lettori di sviluppare u n a quasi prodigiosa m e m o r i a wsiva e spaziale, che si consolida a n c h e attraverso la pratica c o n t i n u a della calUgrafia. Esattamente c o m e nel caso dei c o m p l e m e n t i fonetici sumerici ed egizi, u n piccolo marchio a c c o m p a g n a molti dei caratteri più usati, d a n d o informazioni sulla p r o n u n c i a delle sillabe. Q u e s t o dettaglio di n a t u r a fonetica aiuta a riconoscere u n a p a r t e dei caratteri, le cui caratteristiche visive sarebbero altrimenti a n c o r a più difficili da distinguere e imparare. C o m u n q u e , il cinese mostra a n c h e ulteriori d i f f e r e n z e rispetto ad altri a n d c h i sistemi di scrittura. In p r i m o luogo, è a n c o r a a d o p e r a t o . 11 sistema di scrittura cuiesc è u n d o n o che il passato h a elargito al p r e s e n t e ed è a n c o r a v e n e r a t o dai suoi lettori. Q u a n d o Gish J e n , la celebre scrittrice cinese-americana, si recò in Cina p e r u n a l u n g a visita, e b b e l'occasione di v e d e r e u n u o m o m o l t o a n z i a n o c h e o g n i g i o r n o andava al p a r c o m u n i t o di u n l u n g o bastone. L e n t a m e n t e , p e r tutto il pomeriggio, tracciava g r a n d i caratteri cinesi sul t e r r e n o asciutto, e s e g u e n d o l i alla p e r f e z i o n e . Il v e n t o finiva coi cancellarli; n o n prima, p e r ò , che avessero riscosso l ' a m m i r a z i o n e di u n b u o n n u m e r o di passan-

1 PRIMI SISTEMI DI SCRITTURA

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ti*'. La scena c a t t u r a i p o t e n t i m o d i in cui la grafia cinese f u n g e n o n solo d a mezzo di c o m u n i c a z i o n e m a a n c h e d a f o r m a artistica, e forse, p e r l ' a n z i a n o osservato da G ì s h j e n , d a espressione di spiritualità. Nel m i o s e m i n a r i o p o s t l a u r e a , h o s c o p e r t o u n ' a l t r a a r e a di diversità tra le a n t i c h e o r t o g r a f ì e e il cinese. Q u a n d o h o chiesto ai miei s t u d e n t i cinesi della Tufts University c o m e ave.ssero i m p a r a t o tanti caratteri in così giovane età, si s o n o messi a ridere e h a n n o risposto c h e avevano u n 'sistema segreto': pinyin. I lettori p r i n c i p i a n t i i m p a r a n o il pinytn come u n aiuto p e r afferr a r e i c o n c e t t i n e l leggere e scrivere, e c o m e p r e p a r a z i o n e concettuale in vista d e i r a p p r e n d i m e n t o di 2000 caratteri e n t r o il q u i n t o a n n o di istruzione p r i m a r i a . Qual è il segreto del pinyinì U n piccolo alfabeto. D a n d o ai giovani lettori la sensazione di p a d r o n e g g i a r e u n limitato sottoinsieme di caratteri, q u e s t o alfab e t o cinese li aiuta a capire l ' a r g o m e n t o d e l b r a n o da leggere e a p r e p a r a r s i al seguito.

N o n è l ' u n i c a sorpresa del cinese. U n o dei più piacevoli paradossi. della g r a n d e varietà di sistemi di scrittura in uso nel m.ondo coinvolge u n a n t i c h i s s i m o sistema riservato alle d o n n e . Diversamente dal resto del cinese, c h e è logografico, il sistema delle d o n n e e r a esclusivamente basato sulla trascrizione fonetica dei suoni d e l cinese, La strana e s t u p e f a c e n t e storia del nu shu la '.scrittura delle d o n n e ' - è descritta assai b e n e nel r o m a n z o di Lisa See Fic}ir di Neve e. il ventaglio seg)-eLo'''\ Lettere rituali in nu shu e r a n o dipinte su ventagli finemente decorati o ricamate su stoffe eleganti. P e r secoli questo Sorprendente sistema di scrittura h a aiutato u n piccolo g r u p p o di d o n n e a sopportare, e se possibile a superare, le costrizioni di un'esistenza di cui i loro piccoli piedi fasciati e r a n o il simbolo. L'ultima d o n n a in g r a d o di leggere e parlare ii nu shu, Yang Iiuanyi, è m o r t a r e c e n t e m e n t e all'età di novantasei anni, Il nu shu è u n a toccante testimonianza della g r a n d e i m p o r t a n z a della scrittura in vite che, altrimenti, sarebber o rimaste nell'isolamento'™. Il nu shu è a n c h e u n e s e m p i o della magnifica diversità delle scritture del m o n d o , e insieme l ' i n t r o d u z i o n e ai sistemi di scrittura fonetici, ai sillabari e agli alfabeti. C o m e la lingua cinese, í sistemi di scrittura alfabetici n a s c o n d o n o molti misteri, interrogativi e sorprese. È c o m e se c e r c a n d o di scoprire quanti di n o i s o n o

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COME IL CLm^IXO

IMPAR.'V.TO A UiCC.ERE

diventati lettori di alfabeti volessimo colmare u n a lacuna nel n o s t r o sapere, afferrare qualcosa c h e conosciamo a metà, m a c h e rimane oltre la nostra portata. Per Socrate sarebbe stato meglio che nessuno lo avesse imparato, p e r ragioni sulle quali, d u e millenni e mezzo più tardi, vale ancora la p e n a di riflettere.

CAPITOLO TERZO

La nascita di un alfabeto e le proteste di Socrate

Bella e feconda sovra il negro mare giace una terra che s'appella Creia, nelle salse onde d'ogni parte attinta. Gli abitanti v'abbondano, e novanta contien cittadi, e la favella è mista. (Omero, Odissm)' Quelli che possono leggere vedono due volte meglio. (Meiiandro) U n a delle più interessanti recenti scoperte sulla storia della scrittura è avvenuta in Egitto a Wadi el-Hol - u n t o p o n i m o il cui p r e o c c u p a n t e significato è 'gola del terrore'. In quel luogo desertico, riarso da u n caldo impieto.so, gli egittologi J o h n D a m e l l e D e b o r a h Darnell trovarono strane iscrizioni, parecchi secoli più antiche del più a n d c o alfabeto cono.iciutol La scoperta sembrava rappresentare T'anello m a n c a n t e ' tra il precursore in scala ridotta, il sistema egizio, e la successiva, bella scrittura ugaritica, c h e m o k i studiosi classificano tra gli alÉibed. I D a m c l l c r e d o n o che gli scribi e i lavoratori semiti che vissero in Egitto al t e m p o degli Hyksos, i n t o r n o al 1900-1800 a.C., siano stati gli inventori di quel sistema, che sembra avere sia sfruttato certe possibilità del limitato sistema consonantico egizio (una scoperta attesa) sia incluso alcuni e l e m e n d della successiva scrittura semidea ugaritìca ( u n a scoperta inaspettata). Esaminata la scrittura di Wadi el-Hol, Frank Moore-Cross, insigne studioso di Harvard, è g i u n t o alla conclusione che esso è «chiaramente la più a n d c a delle scritture alfabetiche»'. MooreCross vi ha trovato molti simboli simili o identici a lettere ben n o t e di e p o c h e successive, e h a suggerito che faccia p a r t e di «un'unica evoluzione dell'alfabeto». La misteriosa iscriiione di

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c : o M E IL ( ; E R \ K I . I . ( ) H . \ I M P . \ R . \ T O A I.KCK.KRK

Wadi el-Hol è i m p o r t a n t e p e r c h é ricliiama la nostra attenzione sulla prima di d u e q u e s d o n i assai sfaccettate circa l ' a d a t t a m e n t o del nostro cervello alla lettura. In p r i m o luogo, da c h e cosa è costituito im all'abeto e che cosa lo r e n d e diverso dalle vestigia di u n p r e c e d e n t e sillabario o logosillabario? La risposta a questa d o m a n d a ci p r e p a r a alla seconda, più ampia questione: esistono risorse intellettuali significative che siano prciogativa del cervello c h e legge u n alfabeto? L'arcaica scritttna di Wadi el-Hol p u ò senz'altro essere tm anello linguistico m a n c a n t e tra d u e tipi di sistemi di scrittura - sillabario e alfabeto - ma la scarsità di d o c u m e n t i disponibili in tale scrittura r e n d e difficile un'analisi completa. Il sistema ugaritico, un p o ' più tardo, è il candidato pivi n o t o al ruolo di p r i m o alfabeto ed è stato classificato sia tra i sillabari sia tra gli alfabeti. Ebbe origine nel p r o s p e r o e diversificato r e g n o costiero di Ugarit (oggi la costa settentrionale della Siria), un crocevia di vivaci attività commerciali maritiime e terrestri tramite carovana che richiedevano qualche g e n e r e di n o t a z i o n e \ A Ugarit si parlavano a l m e n o dieci lingue e si impiegavano c i n q u e sistemi di scrittura, oltre al sistema indigeno". Ma il fatto piti i m p o r t a n t e è che gli abitanti di LTgarit ci h a n n o lasciato u n i m p o r t a n t e ror/wsdi scritti, che docum e n t a alctnii contiibuti decisivi della nascita dell'alfabeto. U n o dei c o n t r i b u d in questione è l ' e c o n o m i a legata alla riduzione del n u m e r o di simboli necessari alla scrittura. A n c h e se il c u n e i f o r m e accadico f u il p u n t o di partenza della scrittura ugaritica, nesstmo scriba di Accad sarebbe stato in g r a d o di decifrare il nuovo sistema ugaritico di trenta segni - di cui solo ventisette e r a n o impiegati nei testi religiosi. In questo sistema atipico siinil-cuneiforme, segni consonantici i n d i p e n d e n t i e r a n o combinati con segni con.sonantici che distinguevano le vocali adiacenti^ Nella classificazione dei sistemi di scrittura del linguista William Daniels, il sistema ugaritico .sarebbe considerato lui ahjad, o un tipo particolare di alfabeto, m a ciò è a n c o r a oggetto di discussione^ C o m u n q u e sia classificato, il sistema di .scrittura ugaririco f u ima conquista straordinaria. Fu usato p e r c o m p o r r e testi di vario g e n e r e , dai d o c u m e n t i amministrativi agh inni, ai miti e ai poemi, ma soprattutto i testi religiosi. A tal proposito, u n a delle questio-

L A N A S C I L A DI I N AI JABL-.TO

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ni che più f a n n o pensare è la misura in cui la lingua ugaritica parlata e scritta h a influito sulla .scrittura della Bibbia ebraica". Un piccolo n u m e r o di suidio.si tra cui J a m e s Kugel, biblista di Han-ard, sottolinea le tante affinità con l'Andco Testamento, riscontrabili negli argomenti, nelle immagini e nello .stile .spesso lirico". Un'altra scoperta s o r p r e n d e n t e sulla .scrittura ugaritica conc e r n e il suo uliliz/.o di un 'abbecedario', c o m e i linguisti chiaman o i sistemi c h e e l e n c a n o le lettere di una .scrittura in u n o r d i n e fi.sso. Una curiosità della storia della scrittura è che la stessa sequenza dell'abbecedario ugaritico caratterizza la scrittura protocananea del II millennio, che si sarebbe evoluta nel sistema consonantico fenicio, che a .sua volta si sarebbe evoluto nell'alfabeto greco - a l m e n o .secondo u n a ricostruzione a m p i a m e n t e accettata. L'abbecedario è quindi l'indizio di un collegamento tra questi d u e candidati al m o l o di primi alfabeti e suggerisce a n c h e l'esistenza di q u a l c h e r e m o t o sistema educativo che standardizzò l'app r c n d i n i e n t o delle lettere in u n o r d i n e fi.s.so. C o m e l'impiego di elenchi di vocaboli da parte dei Sumeri, un .simile o r d i n a m e n t o del caratteri fornisce al lettore neofita u n a strategia cognitiva p e r ricordare piti facilmente i .segni di ima scrittura. P u r t r o p p o l'impiego di questo sistema aiTascinante t e r m i n ò i n t o r n o al 1200 a.C. con la distruzione di Ugarit d a parte di popoli iin'asori. La scomparsa di Ugarit h a lasciato senza risposte molte d o m a n d e sulla sua antica ed elegante scrittura, che p o t r e b b e senz'altro aver contribuito al linguaggio così evocati\'o della Bibbia ed essere stala u n o dei primi alfabeti sillabici impiegati dall'umanità. Un racconto attinente di ispirazione biblica scritto da T h o m a s Mann parla a p p u n t o della creazione dell'alfabeto'". Nel racconto, che è intitolato La legge, Dio chiede a Mo.sè di scolpire d u e tavole di pietra con c i n q u e leggi .su cia.scuna tavola, c h e tutù .siano in g r a d o di c o m p r e n d e r e . Ma, si angoscia Mose, c o m e ci si aspetta che egli incida nella pietra i precetti del Signore? Mosè conosce i caratteri e.solici degli Egizi; ha risto le iscrizioni dei popoli mediterranei con segni a f o r m a di occhio, insetto, corna e croce. Conosce a n c h e la scrittura sillabica delle tribù del deserto. Ma nessuno di q u e i segni per esprimere parole e cose è adatto a c o m u n i c a r e a tutti i dieci c o m a n d a m e n t i . Preso dall'ispirazione, Mosè capisce di dover usare u n sistema universale; u n sistema c h e

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COME IL CERVELLO HA IMPARATO A LEGGERE

permetta a tutti i popoli, q u a l u n q u e sia la loro lingua, di leggere le sue parole; così inventa l'alfabeto: la scrittura che assegna a ogni suono u n simbolo, e in cui i simboli possono formare le parole di q u a l u n q u e lingua. Sul m o n t e Sinai, n o n limgi da Wadi el-Hol, Mose p r e n d e nota delle parole che Dio gli ha dettato e le incide tutte su d u e tavole di pietra. Pur non essendo né un linguista né u n archeologo, Mann ha descritto l'essenziale del contributo rivoluzionario dell'alfabeto alla civiltà, e i principi fondamentali della terza grande conquista della storia della scrittura: lo sviluppo di u n sistema atto a esprimere, con un piccolo n u m e r o di segni, l'intero repertorio di suoni di una lingua". Riducendo drasticamente i segni linguistici da imparare, le scritture di Wadi el-Hol e Ugarit a p p o r t a r o n o i vantaggi legali all'efficienza cognitíva e a un uso più economico di memoria e sforzo mentale d u r a n t e la lettura e la scrittiu a, L'efficienza cognitiva dipende dalla terza grande caratteristica del cervello: la capacità delle sue regioni specializzate di raggiungere u n a rapidità quasi automatica. Le implicazioni dell'automatismo cognitivo per lo sviluppo intellettuale d e l l ' u o m o sono potenzialmente .sbalorditive. Se possiamo riconoscere i simboli a velocità quasi automatica, possiamo dedicare pili t e m p o ai processi mentali che t e n d o n o ad ampliarsi c o n t i n u a m e n t e q u a n d o leggiamo e scriviamo. Il cervello che legge con efficienza, il cui sviluppo richiedeva anni agli scolari sumeri, accadi ed egizi ha così, quasi letteralmente, più t e m p o p e r pensare. Gli interrogativi suggeriti dai più arcaici sistemi simil-alfabctici sono spinosi: la diminuzione del n u m e r o di segni ha portalo a un'unica f o m i a di efficienza corticale? Nel cei-vello che legge un alfabeto vengono liberate speciali capacità cognitive? E quali sono le implicazioni nel caso in cui simili risorse potenziali compaiano presto nello sviluppo del lettore neofita? La strada verso le risposte passa tramite il riesame di u n a questione fondamentale.

Da che cosa è costituito un alfabeto'? Partendo dalle definizioni tipiche delle rispettive discipline, gli studiosi c o n t i n u a n o a disputare .sulle condizioni principali per parlare di 'vero alfabeto'. Molto prima della scoperta della scrit-

lA N.\SC.ITA DI l ' \ .\1.FABF.TC)

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tura di Wadi el-Hol, il classicista Eric Havelock aveva proposto tre criteri: un n u m e r o limitato di lettere o caratteri {VítfHimumú colloca tra venti e trenta); mi g r u p p o esauriente di caratteri in grado di esprimei-e tutte le unità m i n i m e di s u o n o di u n a lingua; e la completa corrispondeza tra ogni f o n e m a della lingua e ogni elem e n t o visivo, segno o lettera. Appellandosi a questi criteri, i classicisti sostengono c h e tutti i sistemi simil-alfabctici precedenti l'alfabeto greco non soddisfano la definizione rigorosa di alfabeto. Così, la scrittura semitica n o n rappresentava le vocali; l'ebraico, in verità, ha cominciato a usare segni corrispondcnti a vocali solo u n millennio più tardi, q u a n d o le lingue parlate nella vita di ogni giorno c o m e l'aramaico e il greco rappresentavano in m o d o esplicito le vocali più i m p o r t a n ti. Per i classicisti c o m e Havelock, l'alfabeto era il c o r o n a m e n t o dell'evoluzione della scrittura e il sistema greco (750 a.C.) era stato il ]Drinio a soddisfare tutte le condizioni di im vero alfabeto e il p r i m o a p e m i e t t e r e al pensiero u m a n o di fare e n o r m i progressi'-. Molti linguisti e suidiosi di idiomi antichi dissentono profond a m e n t e da questa opinione. L'assirologo Yori C o h e n m e t t e l'acc e n t o su u n pinito su cui Havelock n o n si è soffermato''. Egli considera l'alfabeto un sistema che usa il m i n i m o di notazione necessaria a esprimere in m o d o n o n a m b i g u o u n a lingua parlata ai suoi locutori. S e c o n d o C o h e n , q u a l u n q u e sistema adatto a d e n o t a r e le articolazioni s o n o r e m i n i m e di u n a lingua parlata c h e il nostro orecchio riesce a distinguere - in opposizione alle articolazioni più grandi, c o m e sillabe e parole intere - p u ò e.ssere considerato u n alfabeto. E .se h a ragione, la scrittma ugaritica e forse l ' a n c o r a più antica scrittiua di VVadi el-Hol a n d r e b b e r o considerate primi.ssimi alfabeti. N o n posso estrarre conigli dal cilindro per risoh'ere la questione. N o n c ' è consenso u n a n i m e su questo i m p o r t a n t e primum della storia d e l l ' u m a n i t à . La r e c e n t e i m p e n n a t a di nuove informazioni .sui .sistemi di scrittura dell'Antichità p o t r à tuttavia d a r e ai lettori del XXI secolo u n a d i f f e r e n t e meta-visione. Ricostruendo il progressivo c a m b i a m e n t o nel t e m p o delle abilità cognitive e linguistiche di quelle scritture sfociate nell'alfabeto dei Greci, p o t r e m m o g u a r d a r e in m o d o nuovo alla lenta tran.sizione dal m o n d o orale di O m e r o , Esiodo e Ulisse lungo i litora-

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COMK II. CERVELLO HA IMPAHW) A LEGGERE

li di Cefalonia, Itaca e Creta fino alla società ateniese di Socrate, Platone e Aristotele. Una transizione n o n solo nello spazio e nel t e m p o , ma della memoria e del nostro stes.so cervello. Stava per verificarsi il successivo, grande a d a t t a m e n t o del cervello che legge. La misteriosa scrittura cretese e i "secoli bui' della Grecia L'isola di (ireta cela u n mito sotto ogni pietra, ma la realtà storica è affascinante q u a n t o basta. La pietra stessa p o t r e b b e essere in realtà u n a testimonianza dell'antica civiltà minoica - magari u n i r a m m e n t o di imo dei suoi palazzi s t u p e n d a m e n t e affrescati, dove alcune delle prime f o r m e di impianti idraulici e di condiz i o n a m e n t o e r a n o di rigore. Q u a t t r o millenni fa, i Cretesi costruirono m o n u m e n t i e c r e a r o n o oggetti d ' a r t e e gioielli di incomparabile bellezza; tìia inventarono a n c h e sistemi di scrittura che c o n t i n u a n o a frustrare i nostri piti strenui tentativi di decifrazione. Nel 1900, l'archeologo britannico Arthur Evans effettuò scavi nell'antico cuore della ci\'iltà minoica, la g r a n d e città omerica di Cnosso, dove si favoleggiava che un t e m p o sorgesse il palazzo di Minosse, con i suoi saltatori di lori e il pauroso labirinto abitato dal Minotauro. Durante gli scavi, Evans lece la straordinaria scoperta che sarebbe diventata l'ossessione della sua vita: 7000 tavolette di argilla coperte di ignota, incomprensibile scriuura. Diversa sia dai geroglifici egizi sia dai testi cuneiformi accadici, l'isciizione ricordava u n a precedente scrittura cretese nota come Lineare A, ma sembrava senza rapporti con il successivo sistema altabeóco greco. Evans la chiamò Lhieare B e diede inizio a quattro frustranti decenni di vani tentativi di interpretazione. Nel 1936, u n o studioso adolescente di n o m e Michael Ventris incontrò Evans, e, come lui, fu stregato dalla strana scrittura. Finalmente, nel 1952, Ventris risolse l'enigma. Piu" avendo fatto disperare gli studiosi per mezzo secolo, il Lineare B si dimostrò tutt'altro che misterioso. In parole povere, non era altro che ima resa piuttosto rozza del greco parlato a quel tempo. A Ventris, con la sua mentalità da classicista, la d e l u d e n t e scoperta deve aver dato u n a sensazione n o n mollo diverea dalla traduzione di un superato programma di messaggistica istantanea. Ventris n o n si

b V N.ViClTA DI U X Al.FABETO

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a s p e u ò mai di arrivare a decifiare il greco colloquiale'''; tuttavia, nelle parole dello stimato classicista Steve Hirsch della Tufts University, la sua traduzione del Lineare B «ha rivolu/ionato la nostra conoscenza della Grecia antica». Sappiamo ancora assai poco del Lineare B al di là della sua comparsa a Creta, nella Grecia continentale e a Cipro quindici secoli prima di Cristo, e della sua scomparsa tra il XII e l'VIII secolo a.C. In quel lasso di tempo, i 'secoli bui' della Grecia antica, una serie di invasioni portò alla distruzione di quasi tutti i palazzi - dove era custodita gran parte dei documenti - e i testí sopravvissuti sono assai pochi. Ma in quell'epoca che immaginiamo buia, u n a cultura orale assai sviluppata riuscì ugualmente a prosperare. Resa immortale nelI'VIIl secolo a.C. dall'opera di O m e r o , essa è stata tramandata da allora u n ' e p o c a d o p o l'altra. Se O m e r o fosse il cicco cantore della leggenda (e ci sono nuovi motivi per crederlo), o la personificazione di diversi poeti, o la memoria collettiva di u n a cultura tramandata oralmente, resta un mistero. Ma è incontestabile che il sapere enciclopedico e la mitologia di Iliade e Odissea contribuirono f o r t e m e n t e alla f o n n a z i o n e culturale di ogni greco. Secondo lo storico Tucidide, il cittadino greco istniito conosceva a memoria ampie sezioni dell'epica ellenica con le coinvolgenti vicende di dei e dee, eroi ed eroine'^ I n d u b b i a m e n t e , come h a sostenuto Walter Ong, g r a n d e esperto di quel periodo, molti e r a n o gli aspetti della poesia epica che si prestavano alla memorizzazione: la metrica e la ricca qualità melodica dei versi omerici a l t a m e n t e ritmici; le vivid e immagini che tornavano di c o n t i n u o (l'aurora dalle rosee dita)\ e l ' a r g o m e n t o stesso áeWUiade e dell'Oi/mm con le loro intramontabili storie di guerre e amori, virtù e fragilità. Lo studioso di letteratura Millman Perry scoprì, p e r esempio, c h e un ricco repertorio di f o r m u l e collaudate, con descrizioni stereotipate di gesta e avvenimenti, veniva t r a m a n d a t o oralmente, u n a generazione d o p o l'altra, dai bardi"^. C o m b i n a t e con le altre 'tecniche di memorizzazione' dei retori greci, queste f o r m u l e permettevan o agli antichi greci di imparare e recitare quantità di materiali la cui ampiezza oggi intimorirebbe molti di noi". U n a di queste famose tecniche consisteva nell'associare certi spazi fisici - l'int e r n o di u n a biblioteca o un tempio immaginari - a ciò c h e si doveva ricordare.

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COMK IL (:ERVi:Lt.O HA IMPAR.\TO A LEGGERE

Il poeta Simonide dà u n concreto, e impressionante, esempio della leggendaria m e m o r i a dei greci. U n a volta, d o p o che u n terr e m o t o aveva distrutto u n palazzo dove lui e molti altri stavano festeggiando, egli riuscì a ricordare i nomi di tutti i presenti e dove, precisamente, dovevano trorarsi sotto le macerie. C o m e riuscirono, Simonide e tanti altri greci, ad avere u n a m e m o r i a così potente? Negli ultimi 40.000 anni, tutù gli esseri u m a n i h a n n o condi\aso la stessa struttura cerebrale. Così, niente ci autorizza a pensare che ci fossero, tra noi e i nostri antenati ellenici, significative differenze a n a t o m i c h e in fatto di ippocampo, amigdala, lobi frontali e qualsivogliano altre strutture cerebrali al servizio della memoria. A renderci diversi dai nostri antenati dell'antica Grecia è il g r a n d e valore che costoro attribuivano alla tradizione orale e alla memoria. C o m e Socrate, dialogo d o p o dialogo, vagliava l ' a p p r e n d i m e n t o dei suoi discepoli, così gli Elleni istruiti affinavano l'abilità retorica e dialettica, e quasi a nulla davan o piti valore c h e alla capacità di controllare la parola con sapienza e potenza. straordinaria m e m o r i a dei Greci nostri antenati fu u n a delle conseguenze; u n risultato che ci sollecita a tener c o n t o dei significativi effetti della cultura sullo sviluppo di processi cognitivi presumibilmente innati, c o m e a p p u n t o la memoria'". hi quella cultura orale così sriluppata, il sistema alfabetico giunse più che a proposito. Alcuni studiosi''-' h a n n o suggerito che l'alfabeto greco scritto fu inventato soprattutto p e r c h é i Greci volevano preservare la tradizione orale omerica - p o n e n d o l o in un m o l o subalterno alla lingua parlata. In ogni caso, è probabile c h e gli antichi greci si sarebbero molto stupiti s a p e n d o che oggi, d o p o ventisette secoli, gli studiosi osservano con meraviglia questa l o r o conquista intellettuale; u n a conquista che avrebbe a poco a p o c o ridotto l'importanza della m e m o i ia e della dialetüca che essi t a n t o apprezzavano, e p r e p a r a t o l'avvento di nuove e diverse f o n n e di m e m o r i a e di risorse cognitive, c h e h a n n o c o n t i n u a t o a modellarci fino ai nostri giorni. L"invenzione' della lingua greca scritta: figlia o sorella di quella fenicia? Se a u n antico Greco fosse stato chiesto da dove veniva il suo alfabeto, p r o b a b i l m e n t e avrebbe risposto c h e era in prestito. E infat-

L \ NASCITA DI U N /U.FABKI O

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ti lo chiamava, c o m e i suoi connazionali, 'lettere fenicie' - a conf e r m a d e i r o p i n l o n e che il p a r e n t e più stretto fosse la scrittura fenicia basata sulle consonanti. Questa a sua volta aveva ricalcato le p r o p r i e lettere su sistemi cananei preesistenti (e i Fenici chiamavano se stessi Canaiìeìy. Le lettere g r e c h e alfa e beta derivano dalle aleph e belh fenicie, altro indizio di u n a radice fenicia^'. La ricerca recente, però, n o n pensa a u n a discendenza così lineare. E a l m e n o u n a guerra silenziosa è in corso tra i sostenitori di teorie diverse su c o m e l'alfabeto greco si s\iltippò^\ La prima teoria è quella c h e lo studioso tedesco J o s e p h T r o p p e r c h i a m a la 'teoria s t a n d a r d ' delle origini dell'alfabeto^': l'alfabeto greco deriverebbe d a quello fenicio, derivante a sua volta da u n p r e c e d e n t e sistema ugaritico o proto-cananeo, che p o t r e b b e essere u n a p r o p a g g i n e del piccolo g r u p p o di caratteri egizi ba.sati sulle consonanti. Ma u n altro studioso tedesco, KarlT h e o d o r Zauzich, p r o p o n e con forza una diversa interpretazione di questi inchzi: «La scrittura greca n o n è figlia, ma sorella, di quella fenicia! Queste d u e scritture d e v o n o aver avuto u n a comun e m a d r e semitica di cui n o n a b b i a m o piti nesstma testimonianza»'^'. S e c o n d o Zauzich, la scrittura greca ricorda, m o l t o più di quella fenicia, l'originario corsivo egizio. Questo e altri indizi lo h a n n o p o r t a t o a c o n c l u d e r e che la scrittura greca n o n f u u n a propaggine di quella fenicia, ma la discendente di u n a c o m u n e progenitrice; n o n la figlia, ma la sorella, della scrittura fenicia, p e r usare la stia metafora. La mitologia è u n a f o n t e p o c o affidabile. Detto questo, s e c o n d o n o n pochi miti, l'alfabeto arrivò in Grecia con C a d m o (Kadmos in gl'eco), l e g g e n d a r i o f o n d a t o r e di Tebe, il cui n o m e significa ' O r i e n t e ' nelle lingue semitiche. Q u e s t o p o t r e b b e significare c h e alcuni Greci fossero consapevoli delle origini semitiche dei loro alfabeto. Q u a l i m q u e fosse l ' i n t e n z i o n e , i miti greci su c o m e gli dei trasmisero l'alfabeto al m o r t a l e C a d m o s o n o abbastanza raccapriccianti da gareggiare c o n quelli dei fratelli Grinnii. Esiste a l m e n o u n a versione in cui egli s e m i n a d e n t i insanguinati (lettere, m e t a f o r i c a m e n t e ) p e r c h é crescano e si diffondano-^ C o m e i denti metaforici, il d r a m m a dell'alfabeto greco è sotterraneo. La versione da manuale, affine alla 'teoria standard', è la seguente; tra l'SOO e il 750 a.C. i greci p r o g e t t a r o n o il loro alfa-

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C O M K 11. C ; E R \ T . I . I . O H A IMP.AR.\I O A L E G G E R E

l i d o e lo difrusero nelle loro colonie conunerciali di Creta, Thira, Minia e Rodi. Per realizzare l'impresa, esaminarono metodicam e n t e ogni f o n e m a degli idiomi fenicio e greco. Poi, p a r t e n d o dal sistema fenicio con base consonantica, crearono i simboli p e r le vocali, essendo feiTnamenle decisi a ottenere u n a puntuale corrispondenza tra i scgiìi della loro scrittura e tutti i suoi fonemi. Così, l'alfabeto greco finì col diventare il progenitore della maggior parte degli alfabeti indoeuropei, da quello etrusco a quello turco. Ma sotto quei dettagli si nasconde una serie di misteri per scienziati cognitivisti e linguisti, a cominciare dalla seconda questione sottesa a questo capitolo.

Può un alfabeto creare un cervello diverso? Ogni volta che uomini o creature simili agli uomini si d a n n o convegno (cfr, il romanzo per l'infanzia Gli snicci, del dottor Seiis.s), prima o poi qualche g m p p o rivendica la propria superiorità, (^iò vale anche per la scrittura. Diversi influenti studiosi del XX secolo h a n n o sostenuto che l'alfabeto è il vertice della scrittura, e che, perciò, chi legge «ragiona divei-samente»-"". Nel contesto della nostra storia cognitiva, tre tesi sui presunti straordinari apporti dell'alfabeto sembrano importanti per la nostra analisi: 1. la maggiore efficienza dell'alfabeto in confronto ad altri sistemi-'; 2. il suo agevolare idee nuove, mai espresse in precedenza'^; 3. la facililà con cui il neofita acquisisce il sistema alfabetico grazie all'accresciuta consapevolezza dei suoni linguistici. (Questa capacità aiuta il bambino ad ascoltare e analizzare i fonemi, agevolando l'apprendimento della lettura e il diffondersi dell'alfabetizzazione.) Prima tesi: l'alfabeto è più efficiente di altri .sistemi di scrittura È efficiente un sistema di scrittura che permette di leggere rapid a m e n t e e capire in m o d o fluido. L'alfabeto raggiunge im'alta efficienza grazie all'economia dei caratteri (poco più di venti lettere in molti alfabeti, a fianco di 900 caratteri cuneil'ormi e migliaia di geroglifici). Meno simboli \aiol dire m e n o t e m p o e attenzione per il loro riconoscimento, e minore consumo di risorse percettive e m n e m o n i c h e .

l A NFVSCI LA U ! l ' N A I . F A B F . T O

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Nella storia della scrittura che c o n d u c e all'alfabeto, lo studio del cen'ello è di aiuto a n c h e nel vaglio di questa ipotesi. La notevole rapidità ed efficienza raggiunta dal lettore cinese m o d e r n o , c h e deve i n t e r p r e t a r e migliaia di caratteri, a p p a r e a n c h e dalle sue scansioni cerebrali (cfr. Fig. 9)^. Le immagini m o s t r a n o l'ampia capacità di spccializ/azione \isiva del cervello q u a n d o e n t r a m b i gli emisferi s o n o coinvolti nella lettura di un gran n u m e r o di caratteri. La fluidità del lettore cinese è la dimostrazione c h e l'efficienza n o n è solo dei lettori di testi alfabetici. Il cervello del lettore di sillabari è u n ' u l t e r i o r e dimostrazione. Insieme essi docum e n t a n o c h e più di u n tipo di a d a t t a m e n t o p u ò a p p o r t a r e efficienza. Ma n o n chiariscono, tuttavia, se la lettura fluida sia, in ciascun tipo di scrittura, raggiunta con la stessa facilità dal lettore medio. Possiamo vedere i diversi li\'elli di efficienza nelle lingue scritte o s s e m n d o le immagini c o m b i n a t e di tre ceiTelli che leggono della figura 9. Il cervello che legge testi alfabetici è sensibilmente d i \ e r s o da quello del suo predecessore logosillabico a causa del ridotto spazio corticale utilizzato in alciuie arce. In particolare, il cervello che legge tesò alfabetici impara a uiilizzare .soprattutto la parte posteriore dell'emisfero cerebrale sinistro, r i d u c e n d o l'attivazione bilaterale delle regioni corticali visive. D'altra parte, il cervello c h e legge testi in cinese (o sumerico) raggiunge l'efficienza a n c h e col r e c h u a m e n t o di m o k e aree di elaborazione specializzata e automatizzata di entrambi gli emisferi. Il diverso m o l o degli emisferi cerebrali è messo in exidenza d a u n afí'ascinante, pionieristico studio di un caso di lettore bilingue c o n d o t t o verso la fine degli a n n i Trenta del Novecento da tre neurologi cinesi^". I ^ c c o n t a n d o di u n soggetto colpito improvvisam e n t e da alessìa (perdita della capacità di leggere) essi clescrissero c o m e un u o m o d'affari che parlava scioltamente sia il cinese sia l'inglese, f u colpito d a un grave ictus della parte posteriore del cervello. Il particolare che incuriosì i medici f u che l ' u o m o , che n o n riusciva piti a leggere il cinese, era a n c o r a in grado di leggere l'inglese. Un simile q u a d r o clinico oggi non ci meraviglierebbe, p e r c h é le scansioni cerebrali m o s t r a n o che il cervello p u ò organizzarsi in vari modi p e r i n t e r p r e t a r e sistemi di scrittura diversi. I giapponesi (Pìg. 9 ) " s o n o particolarmente interessanti p e r c h é il cervello di

COME IL CERV'ELLO HA IMPARATO A LEGGER

70

Figura 9 - Tre cervelli che leggono nr-STRo

SINICTRC)

REGIONE FRONTALE DORSALI-

REGIONE TEMPOROP.\RIET,\LE

R E G I O N E «CCLL'LTOTEMPORALE,

REGIONE FRONTALE VENTRALE

GIAPPONF„SE

Ogni l e t t o r e d ^ v c a p p r e n d e r e d u e scritture assai diricrciiii: il kcma è, i n f a t ù , Uri sillabario m o l t o efficiente u s a t o soi^railutto p e r i vocaboli s t r a n i e r i , i n o m i di città, i nomi di p e r s o n a e i neologismi, m e n t r e il kanji, m e n o r e c e n t e , è un sistema logografico i n f l u e n z a t o d a l l a lingua cinese. Q u a n d o legge il Imiiji, il lettore g i a p p o n e s e ^isa y^e n e n ' o s e simili a quelle del lotlorc cinese'% m e n t r e quan'ant sottoposero i bambini a varie prove, scoprendo non senza memiglia che quelli che avevano effetUiato il semplice allenamento basato sulla rima mostravano una consapevolezza fonemica molto più s\ilu|ipata, e, soprattutto, imparavano a leggere più facilmente. Inoltre i bambini che si erano allenati sia con la rima sia con la visione delle lettere in comune ottennero i risultati migliori. Molti .sono i modi di coltivare la «genialità linguistica» di Chukovsky, e poesia e filastrocche sono uno di quei modi. Ma che cosa succede, sotto la superficie, allo sviluppo linguistico infantile, per giungere a un risultato così inatteso? Sostanzialmente, i bambini imparano a percepire le parole in modo più analitico col minimo sforzo possibile, facendo attenzione alle allitterazioni e alle rime e imparando a classificare i suoni in base a esse. I suoni sono poi collegati alle lettere o alle rappresentazio-

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CÓME 11. (:F.R\-E[.I.O IMI-ARA C;R.\DU/\LMENTE A LEGGERK

ni visive, corrispondenti. Pre.sc insieme, le capacità usate per ascoltare la melodia, il ritmo e gli accenti delle rime nelle filastrocche di Mamma Oca sono d'au.silio allo .sviluppo della 'consapevolezza fonemica' del bambino. Ampie ricerche sulla maturazione di questo aspetto fonologico del linguaggio indicano che abituarsi ad apprezzare le rime e l'uso dei suoni iniziali e finali in giochi di parole e filastrocche giova sensibilmente alla preparazione del bambino all'apprendimento della lettura'". Insegnare a un i)ambino ad apprezzare poesia e musica è un gioco infantile molto serio. La linguista scozzese Katie Overy^ e due membri del nostro laboratorio, Catherine Moritz" e Sasha Yampolsky, stanno attualmente controllando .se valorizzare l'istruzione musicale in se ste.ssa - per esempio nella produzione di schemi ritmici - può anche accrescere la consapevolezza fonemica e altri precuisori dello sviluppo della lettura. Se questa possibilità si dimostrerà vera, essi sperano di mettere a punto interventí precoci basati su ritmo, melodia e rima. All'asilo: dove i precursori si incontrano Vereo i cinque-sei aimi, i precursori della lettura si danno convegno nel mondo dell'asilo, dove ogni buon insegnante si prodiga perché nessun concetto, lettera e parola sia sprecato. L'apprendimento precedente diventa la materia prima di una piti formale introduzione al mondo della scrittura. Anche se già da molto tempo i precursori erano coltivati dagli insegnanti, .solo da alcuni anni abbiamo a disposizione strumenti sistemadci per facilitare Io sviltippo delle abilità della consapevolezza fonetica"". Questi metodi apparentemente semplici aiutano i bambini ad assimilare alcune difficili nozioni linguistiche"'": 1. r«intuizione mo.saica» (nel senso del racconto di Mann) di un sistema di scrittura basalo su una corrispondenza 'uno a uno' tra suoni e simboli. 2. I concetti, pili difficili, che ogni lettera ha sia un nome sia un suono 0 un gruppo di suoni che essa serve a rappresentare; e anche il contrario, cioè che ogni suono è rappresentato da una leitera o qualche volta da una combinazione di lettere. E infine l'intuizione che ogni parola può essere segmentata in sillabe e siumi.

C;OMK SI COMINCIA A L1;C;GERE, OPPL'RE NO

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La studiosa della lettura Louisa Cook Moats ha chiarito l'importanza di impiegare questi principi linguistici basilari nell'insegnamento della lettura e nello sviluppo delle prime capacità di lettura come l'assemblaggio dei suoni"". 1 bambini fanno sposso inolta fatica a capire come combinare i suoni per formare parole come pai e sai {sedevo, sedevi...-, seduto). Conoscere il principio linguistico che un fonema continuo come i può essere mantenuto per il tempo necessario al bambino per trovare una rima (con at, in questo caso) facilita molto l'insegnamento del concetto di assemblaggio dei suoni sia al bambino sia all'insegnante. Perciò, volendo insegnare a combinare i suoni verbali, sat e rat (ratto) rendono le prime combina/ioni più fattibili che non il proverbiale cat.

La seconda

storia

Fin qui, ciò che confluisce nell'acquisizione della lettura ha luogo in un mondo molto speciale, in cui mamme coniglio e ippopotami empatie! illuminano parole e sentimenti, i draghi trasmettono concetti e sintassi, e filastrocche e discutibili approssimazioni di lettere promuovono la consapevolezza di suoni e fonne tipografiche, oltre che la nascente coscienza delle loro relazioni. In quel mondo, la lettura è il risultato finale di cinque anni pa.ssati a sviluppare abilità cogniüve, linguistiche, percettive, sociali e affettive molto complesse, ognuna delle quali matura meglio in un ambiente ricco di interazioni umane. Che cosa ne sarà allora dei bambini proveniend da case in cui non si ascoltano i Racconti di Mamma Oca. non si è incoraggiati a leggere marche e insegne, a scarabocchiare lettere e a giocare con libri di ogni genere? Che ne sarà dei bambini arrivati in un Paese da altre culture, e che hanno magari ascoltano molte storie, ma in spagnolo, msso e vietnamita? Che ne sarà dei bambini che non sembrano imparare né reagire al linguaggio come la maggior parte degli altri? Sempre più numerosi grtippi di bambini di questo tipo riempiono le aule, ciascuno con esigenze differenti. E quello che succederà loro quando cominceranno ad andare all'asilo avrà serie ripercussioni per il resto della loro wta; per loro e per tutti noi.

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C O M E IL CERVTI.LO I.NrP.\RA GRADUALMENTE A LEGGERE

La lotta alla 'povertà verbale' All'insaputa delle famiglie e di loro stessi, i bambini cresciuti in ambienti con poca o nessuna confidenza con la letteratura, all'asilo e alle elementari devono già lottare per non restare indietro. Non è solo una questione di quantità di parole non ascoltate e non apprese. Non ascoltare certe parole significa non imparare certi concetti. Non incontrare certe forme della sintassi vuol dire capire meno i nessi tra certi eventi di un racconto. Non conoscere le forme del racconto vuol dire essere meno in grado di dedurre e prevedere. Quando le tradizioni culturali e i sentimenti altrui non sono mai oggetti di esperienza, si è meno in grado di capire che cosa provano gli altri. (>ome si è accennato in precedenza, una scoperta molto preoccupante frutto di una ricerca di Todcl Risley e Betty Hart su una comunità della California espone una triste realtà con gravi implicazioni": a cinque anni, alcuni bambini cresciuti in ambienti linguisticamente poveri hanno ascoltato 32 milioni di parole in meno rispetto al tipico bambino appartenente al ceto medio. Tuttavia quella che Louisa Cook Moats chiama 'povertà verbale' {wordpoverty) va ben oltre d ò che il bambino ascoltaci In un'altra ricerca relativa alla quantità di parole pronunciate all'età di tre anni, è emerso che i bambini cresciuti in contesti di povertà usano meno della metà delle parole già impiegate dai loro coetanei più fortimati. Ancora un'altra ricerca riguarda i libri che un bambino ha a disposizione a casa - libri di qualunque genere. Uno studio relatívo a tre comunità di Los Angeles ha mostrato impressionanti differenze nel numero di libri a disposizione dei bambini®'. Nella comunità più disagiata, i bambini non avevano a disposizione nell'ambiente domestico neanche un libro; nella comimità a reddito basso e ordinario la media era di tre libri per abitazione; nella comunità agiata, la stessa media era intorno a duecento. La mia storia pazientemente costruita a base di rane, parole e sintassi rischia di scomparire darantí a simili statistiche. La semplice mancanza di libri potrebbe avere un effetto de\'astante sulla conoscenza delle parole e delle cose che in quei primi anni dovrebbe cominciare a formarsi. Lo psicologo canadese Andrew Biemiller studia le conseguenze di un limitato patrimonio lessicale nei bambini piccoli". Dai

COME SI COMINCIA A LEÍKIERE. OPPURE NO

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suoi dati emerge che i bambini dell'asilo che si collocano nel venticinquesimo percentile inferiore del patrimonio lessicale tendono a restare indietro sia in questo campo sia nella lettura. All'inizio delle medie, circa tre punti pieni li separano dalla media dei coetanei sia nel vocabolario sia nella comprensione di ciò che leggono; il divano è ancora più accentuato rispetto ai bambini il cui patrimonio lessicale all'asilo era al settantacinquesimo percentile o più. In altre parole, la relazione tra s\'iluppo lessicale e successiva comprensione della lettura rende il lento incremento del lessico in questi primi anni assai più preoccupante di come appare se è considerato un generico svantaggio". Nella maturazione linguistica del bambino, niente è isolato e senza conseguenze. Molti fattori che fanno parte del 'bagaglio' con cui i bambini arrivano all'asilo non possono cambiare, ma lo sviluppo del linguaggio non è uno di essi. La famiglia media ha abbondanti possibilità di fornire al bambino tutto il necessario per uno s\iluppo linguistico normale. In un'ampia ricerca sullo sviluppo iniziale delle abilità linguisdche, l'educatrice Catherine Snow di HaiTard e i suoi colleghi hanno trovato che oltre al materiale stampato, uno dei principali aiuti alla futura capacità di leggere è semplicemente la quantità di tempo riservata al «chiacchierare a tavola»*". L'importanza di gesü così banali come parlare al bambino, leggergli qualcosa e ascoltarlo è una parte importante dello s\'iluppo linguistico iniziale, ma la realtà di molte famiglie (alcune economicamente disagiate, altre no) è che viene dedicato troppo poco tempo perfino a queste attenzioni elementari prima che il bambino raggiunga i cinque anni. Come Peggy McCardle non si stanca di osservare, con sforzi relativamente piccoli e concentrati gli anni prescolari possono arricchirsi di pos.sibilità per lo sviluppo linguistico, invece di diventare «teatri di guerra»'^''. Tutti i professionisti che si occupano di bambini possono aiutare a fare in modo che i genitori prendano coscienza del contributo che possono dare alle capacità dei figli e alla possibilità di ogni bambino di avvalersi di istituzioni prescolastiche di qualità. Per esempio, una serie di vaccinazioni, due parole con i nuovi genitori sull'importanza del chiacchierare a tavola e alcuni libri gratuiti adeguati all'età dei bambini dovrebbero essere la norma per ogni colloquio d'ingresso nei primi cin-

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(L;0ME IL CERVKLLO

I.ML'ARX (IR.\DL :VLMENTE A l,F.(i(;EKE

que anni di viia di ogni bambino che frequenterà luia scuola americana. Assistenti sociali e altri operatori in programmi di visite a domicilio come Healthy Start possono fornire anch'essi materiale e consulenza in questi campi. Il gioco ad armi pari per tutti i bambini prima dell'asilo non dovrebbe essere un obiettivo C0!5Ì difficile da raggiungere. Gli effetti delle infezioni dell'orecchio sullo sviluppo linguistico Un ostacolo ti-a i più diffusi alla condizione di gioco ad ai-mi paii è rappresentalo dalle infezioni dell'orecchio medio nei bambini piccoli, la singola patologia pediaüñca più comune negli Stati Uniti. Pensiamo a ciò che accado realmente a un bambino piccolo che sta imparando quelle due-quattro parole nuove al giorno, quando ha una patologia dell'orecchio non diagnosticata o non curata. Un giorno il bambino sente dire pur, il secondo (o il decimo) giorno sente dire pili (pillola)-, in un'altra occasione ancora sente dire purple [porpora). A causa dell'infezione all'orecchio il bambino riceve informazioni acustiche incoerenti che portano a tre diverse rappresentazioni sonore di purple. Conftisione cognitiva a parte, quel bambino non può non fare più fatica ad arricchire il suo lessico e, secondo il momento e il numero delle infezioni, rischia di non sviluppare un repertorio completo e di buona qualità delle rappresentazioni fonemiche di una lingua. Le infezioni non ctu-ate influiscono sullo sviluppo del le.ssico e sulla consapevolezza fonologica, due dei più importanti precursori della lettura. Ma i problemi non finiscono qui. Se due dei più importand preciu'sori della lettura - lessico e consapevolezza fonologica sono minacciati, lo stesso accadrà alla lettura, hi un'ampia ricerca longitudinale, uno dei miei smdenti chiedeva ad alcuni genitori di compilare un questionario sulle infezioni dell'orecchio in età prescolare, dopo di che cercava di procurarsi uitti i dati pediatrici disponibili sui figli. I risultati indicavano che i bambini con frequenti infezioni non curate dell'orecchio avevano probabilità significativamente maggiori di avere, in seguito, problemi di lettura. Una delle .scoperte più notevoli rese possibili da quella ricerca ha riguardato non tanto il risultato, abbastanza prevedibile, ma il gran numero di genitori che facevano commenti come: «Ma se

c o v i l i SI COMINCU A LECCERK, OPPl'RE NO

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tutti i miei figli avevano il 'catarro nelle orecchie' un giorno sì e l'altro anche!». In altre parole, molti genitori bene intenzionali non sospettano minimamente che le infezioni agli orecchi possano essere molto più che una semplice scocciatura. Se non curato, il «catarro nelle orecchie» si trasforma in ostacolo invisibile alla conquista della lingua parlata e scritta, e chiuncjue sia chiamato a occuparsi di bambini deve saperlo. Come per l'ambiente povero di libri, degli sforzi relativamente modesti, ma concertati, possono evitare che le infezioni dell'orecchio ostacolino lo sviluppo dei nostri bambini. Possibili influssi degli ambienti bilingui .sull'apprendimento della lettura Una questione molto più diflìcile riguarda gli effetti del dover imparare l'ingle-se nel momento stesso in cui si varca la soglia della scuola. Imparare due o più lingue è un investimento cognitivo straordinariamente impegnativo per dei bambini e una realtà in crescita per un enorme numero di studenti. Alcuni costi evidend, come gli errori di trasposizione e le sostituzioni dalla madrelingua alla seconda lingua, sono meno importanti dei benefici, purché (un purché molto importante) il bambino apprenda bene ambedue le lingue. La plasticità del cervello infantìle permette al bambino piccolo di coniseguire - con mino!- fatica che in qualunque altro momento - la padronanza di più di una lingua. Dopo la pubertà gli studenti hanno anch'essi alcuni punti di forza nell'apprendimento delle lingue, ma quando si natta di imparare a parlare una lingua senza accento straniero il cei-vello infantile è superiore da molti importanti pimti di vista. Esaminare le tante questioni che ruotano intorno al bilinguismo e all'apprendimento dà le vertigini, ma tre principi sovrastano gli altri in modo chiaro'". Prima di tutto, chi sta imparando l'inglese e padroneggia un concetto o una parola nella madrelingua impara più facilmente il concetto o la parola equivalente dell'inglese, la sua seconda lingua, 0 lingua 'scolastíca'®. In altre parole, l'arricchimento linguistico domestico fornisce le basi fondamentali, cognitive e linguistiche, per ogni apprendimento, e non ha bisogno, per aiutare il bambino, di riguardare in modo specifico la lingua 'scolastica'. D'altra parte, i bambini provenien-

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COMK 11. CKR\-EiLO IMP.\R.A. GR-^DUAUMENTE A l.KC.GERE

ti da un ambiente domestico linguisticamente povero hanno una base linguistica e concettuale più fragile sia rispetto alla madrelingua sia rispetto alla seconda lingua, quella scolasdca. Il secondo principio assomiglia al primo. Poche cose sono più importanti per imparare a leggere in inglese del livello di sviluppo linguistico dell'inglese™. Migliaia di bambini cominciano la scuola con vari livelli di conoscenza di questo idioma. Sforzi sistematici per insegnare sia i 'nuovi' fonemi dell'inglese sia il nuovo lessico della scuola (e dei libri) devono avvenire in ogni classe e per ogni scolaro. Connie Juel" ha evidenziato un problema linguistico essenziale spesso trascurato dagli insegnanti: i bambini che cominciano la scuola senza avere dimestichezza con l'inglese o con lo Standard Ainerican English degli istituti scolastici statunitensi non conoscono una parte dei fonemi che ci si aspetta che essi producano nella lettura ad alta voce, dopo cinque anni in cui «hanno imparato a ignorarli e ad ascoltare prevalentemente i loro»". 11 terzo principio riguarda l'età alla quale i bambini diventano bilingui: prima è, meglio è, per lo sviluppo linguistico sia orale sia scritto. La neuroscienziata L.aiua-Ann Petitto, di Dartmouth, e i suoi colleghi hanno scoperto che l'esposizione precoce (prima dei tre anni) a due lingue ha effetti positivi sull'apprendimento del bambino, con risultati linguistici e di lettura comparabili a quelli dell'apprendimento di una sola lingua". Inoltre, gli studi di scansione dell'equipe di Petítto su adulti hanno mostrato che il cervello delle persone la cui esposizione alla seconda lingua era stata precoce elaborava le informazioni di ambedue le lingue in regioni corticali che si sovrapponevano, avvicinandosi alla situazione dei monoiingui. Al contrario, gli adulti bilingui esposti alla seconda lingua in età più tarda erano caratterizzati da un'attività cerebrale diversa e più bilaterale. Da neuroscienziata, pen.so che un cervello bilingue sia un'ottima cosa. Tra l'altro, le ricerche di I.aura-Ann Petitto dimostrano che un cen-ello bilingue esposto precocemente ai due idiomi ha certi vantaggi coguitivi sul cervello monolingue in termini di flessibilità linguistica e multifunzionalità; ma in quanto educatrice in molte comunità in cui l'inglese non è parlato dalla maggioranza delle famiglie, sono assillata dal pensiero delle ardue e talvolta opposte esigenze tipiche dell'apprendimento di due lingue, com-

COME SI COMINCU A LEGGERI, OPPURE NO

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prese le implicazioni per l'autosùma, il sentimento di appartenenza a una realtà culturale, l'impressione della percezione delle proprie capacità e le conseguenze di tutto ciò per la lettiua. So che dobbiamo aiutare tutti i bambini a imparare la lingua della scuola, in modo che possano espnmere tutto il loro potenziale in una cultura anglofona, cominciando col diventare lettori. Per bambini educati in un 'grembo ottimale' a esprimersi in spagnolo, giapponese o russo, imparare a leggere l'inglese è una sfida più modesta, e ascoltare le favole in inglese'^ è un modo per aiutarli a collegare parole e concetti familiari della loro lingua madre alla loro seconda lingua. Per quelli che non si sono giovati di un simile grembo, cominciare la scuola e dovere nello stesso tempo imparare un nuovo idioma può essere una fatìca immane e gra^^da di conseguenze sul piano cognitivo, sociale e culturale. Sono tutti nostri bambini e dobbiamo essere disponibili verso ciascuno di loro, a cominciare dal comune impegno a dare loro un'istruzione equipaggiati di nozioni su come la lettura in ogni lingua si sviluppa nel tempo. Imparare a leggere non è mai qualcosa di automatico. Nemmeno una parola, un concetto o im'abitudine sociale possono essere sprecati nei duemila giorni che preparano il centello del bambino piccolo a usare tutte le sue pard in maturazione coinvolte nell'apprendimento della lettiu-a. Fin dall'inizio tutto sta - o non sta - lì, con conseguenze per l'intero apprendimento della lettura da parte del bambino, e per il resto della sua vita.

V

CAPITOLO QUINTO

La 'storia naturale' dello sviluppo della lettura: collegare le parti del giovane cervello che legge Nessuno ci ha mai detto di studiare le nostre vate, di farne lina materia di studio, come per imparare la storia naturale o la mtisica, né di cominciare dagli esercizi semplici passando a poco a poco ai più difficili, né di allenarci finché forza e precisione siano una cosa con il temerario salto nel trascendente... (Adrienne Rich)' In un certo senso è come se il bambino ricapitolasse la storia - dai primi goffi abbozzi di scrittura alfabetica all'ugnale se non maggiore impresa intellettuale di scoprire che la parola pronunciata è composta da un numero finito di suoni. Qeanne Chali)= Che Alla riceixa del tempo perduto, lo straordinario romanzo di Proust, sia stato evocato dal sapore di una mad^leine, è uno degli aneddoti qiiasi-mitici della letteratura del XX secolo'. Sia vero o no che il ricordo sensoriale del narratore fu solo un espediente della considerevole fantasia di Proust, la notizia è almeno plausibile. Il cervello umano immagazzina e recupera i ricordi in una varietà di modi, esperienze sensoriali comprese. Nel cominciare questo capitolo sull'apprendimento della lettura, ho cercato anch'io la mia madeleine. Cioè qualcosa che mi riporta.sse ai primi ricordi della vera lettura. Inutilmente. Non sono riuscita a risalire al preciso momento della consapevolezza di riuscire a leggere, ma alcuni altri miei ricordi - una piccola scuola con due aule, otto anni di insegnamento e due insegnanti evocano molti fi-ammenti di quella che il linguista Anthony Bashir chiama la «storia naturale» della vita del lettore''. La storia

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C:OME IL CERVELLO IMI'AIW ('.R,\ni ALMENTE A t.EC;GEW'

naturale della lettui-a comincia con i semplici esercizi, l'allenamento e la precisione, e finisce, per i fortunati, con gli strumenti e la capacità eli efl'ettuare il «salto nel trascendente». Tutto questo è successo a me in una cittadina di nome Eldorado.

Imparare

a leggere a Eldmrido, Firenze, Philadelphia

e

Antigua

Quando imparerai a leggere, rinascerai... e non sarai più così solo. (Runier Godden)-' Nei libri ho viaggiato, non solo fino ad altri mondi, ma in me stessa. Ilo imparato chi ero e chi volevo essere, a cosa potevo aspirare, e cosa potevo avere l'audacia di sognare sul mio mondo e su me. Ma ho .sentito, anche, che esistevo per gran parte del tempo in una dimensione diversa da tutti gli altri che conoscevo. C'era la veglia, e c'era il sonno. E poi c'erano i libri, una specie di universo parallelo in cui tutto poteva sLiccedcrc e spesso succedeva, un universo in cui potevo essere im nuovo arrivato, ma mai veramente uno straniero. Il mio reale, autentico mondo. La mia isola perfetta. (Anna Quindlen)'' Era desiderio di mio padre che andassi a scuola. Una richiesta inconsueta; le bambine non andavano a scuola... A cosa sen'iva l'istruzione a una come me? Posso solo dire che cosa non avevo; posso solo compararlo a ciò che avevo e trovare tormento nella differenza. Eppure, eppure... fu per quella ragione che giimsi a vedere per la prima volta cosa c'era oltre il sentiero che portava lontano da casa. (Jamaica Kincaid)' La storica Iris Origo, marchesa di Val d'Orcia, era solita citare Rumer Godden nelle cronache delle sue esperienze di apprendimento della lettura in una villa di Firenze all'inizio del XX secolo. Anna Quindlen ha scritto un'impeccabile descrizione dell'imparare a leggere a Philadelphia alla metà del XX secolo. Jamaica Kincaid ha catturato, neìVAutobiografia di mia madre, cosa significava per una bambina leggere nella caraibica Antigua che era

L \ STÓRLV N'ATl.%\U' DELLO SMLl'PPO RELUX I.ETTl'R-\

1

Stata il suo mondo infantile. E in effetti la prodigiosa facilità mostrata da Jamaica nell'imparare a leggere con\inse il suo insegnante che fosse «posseduta». Nonostante le differenze di tempo, luogo e contesto culturale tra queste scrittrici, un tema le accomuna a ogni nuovo amante dei libri. Un tema presente anche nelle mie esperienze di apprendimento della lettura a Eldorado, Illinois: la scoperta nei libri dell'esistenza di universi paralleli - il «non essere pili così soli» di Origo, r«isola perfetta» di Quindlen e quel che c'era «oltre il sentiero che portava lontano da casa» di Kincaid. 'Ironia ortografica' è una buona definizione dell'origine del nome della mia città natale. A metà del 1800 il signor Elder e il signor Reeder assun.sero un pittore 'di città' perché venisse nel paese che avevano fondato - Elderreeder, nelFIllinois meridionale - e dipingesse una insegna di benvenuto al NÌsitatore occasionale. Essendo una persona istruita, il pittore corresse con discrezione quello che prese per iui errore di ortografia degli abitanti, per cui l'insegna che dipinse fu di benvenuto a 'Eldorado'. Forse era venula così bene che non la si volle cambiare; forse non si voleva spendere altro denaro per cambiarla; né si può escludere che essa andasse d'accordo con fantasie fin lì inespresse degli abitanti della cittadina. Fatto sta che il nuovo nome attecchì, e io fui cresciuta un secolo dopo a Eldorado, Illinois. Due erano le scuole in cui si insegnav a ai bambini di Eldorado; la mia era la piccola scuola della mia parrocchia, St. Mar)-, che tanto ricordava certe incisioni dell'Ottocento: una costruzione scura, di mattoni, con due grandi aule, ciascuna con quattro classi disposte su quattro file. Gli scolari del primo anno occupavano la fila più a sinistra, Wcino alla finestra. Ogni anno ogni scolaro passava nella fila alla sua destra, verso l'uscita. Intorno alla metà del primo anno, in un pimto della fila accanto alla finestra, cominciai a leggere più di quanto parlavo - e parlavo parecchio. Dappiima imparai le materie degli scolari della seconda fila, poi mi immersi in quelle degli scolari della terza. Non ricordo quando finii di leggere quelle degli scolari della quarta, ma successe quando ancora sedevo in seconda fila. In una simile situazione - un'aula piena di bambini e bambine - avere me in classe avrebbe messo alla prova la pazienza di qualtmque

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COME IL CERNTXLO IMPAR/V t;R;\DL AUIEN l E A LEGGERE

insegnante che non fosse santa. Per fortuna, in base a quasi ogni criterio immaginabile, Suor Rose Margaret, Suor Salesia e in seguito Suor Ignatius, le insegnanti di quella scuola in miniatura, non potevano essere definite altrimenti. Quando ero in seconda fila, successe qualcosa di straordinario. La mia insegnante parlò con i miei genitori, Frank e Mary Wolf, e all'improvviso in fondo all'aula i libri cominciarono a comparire. Scaffali semiviioli si popolarono come per magia di volumi di ogni genere: fiabe, enciclopedie di scienze, storie di eroi e, ovviamente, biografie dei .santi. Alla fine della quarta, quando mio fratello Joe sedeva in terza fila, mia sorella Karen in prima e mio fratello Greg attendeva di entrare, ormai avevo letto ogni pagina e qualcosa di più. Nel frattempo ero cambiata. Per quanto piccola sembrassi, ero ammessa ogni giorno al cospetto di metaforici giganti: Paul Bunyan, Tom Sawyer, Strepitolino e Teresa d'Avila mi erano tanto conosciuti quanto i miei vicini di casa di Walnut Street. Cominciai a vivere in due mondi paralleli, in uno dei quali non mi sentivo mai diversa né .sola. Un'esperienza che mi tornò utile, specialmente in altri periodi della vita. In quegli anni che passai seduta, e sorprendentemente tranquilla, in una piccola aula scolastica, non trascorse giorno in cui non potessi sentirmi regina, sposa o santa, secondo i casi. Gli altri ricordi nitidi che ho di quei giorni ruotano intorno a Suor Salesia, sempre indaffarata a dare aiuto agii alunni che faticavano a impalare a leggere. La guardavo ascoltare con pazienza i loro faticosi tentativi durante le lezioni, e poi di nuovo nel doposcuola, quando .si occupava di un bambino per volta. Il mio migliore amico, Jim, era appunto uno dei bambini che dovevano rimanere dopo le lezioni. Quando Suor Salesia si chinava su di lui, il Jim che conoscevo - il leader della banda, quello che aveva sempre una risposta per tutto, il Tom Sawyer e r Huckleberry Finn del XX secolo in una sola persona - spariva all'improvviso, e la pallida imitazione che prendera il suo posto articolava uno alla volta, penosamente, i suoni delle lettere che Suor Salesia chiedeva di pronunciare. Vedere quel ragazzino indomabile tutt'a un tratto così insicuro di sé metteva il mio mondo sottosopra. Per almeno un anno, nel doposcuola, lavora-

l A -STORIA NATURALE- D E L L O S M l . l ' P P O DELLA t.ETTL'R.A

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rono insicTiie quieti e detenniiiati. Suor Salesia ebbe cura di spiegare ai suoi genitori che anciie bambini in gamba come Jim potevano aver bisogno di una mano per imparare a leggere. Non venni a sapere altro, ma capii lo stesso ini paio di cose. Innanzitutto, quanto impegno Suor Salesia mettesse nell'impresa, e con quale tenacia lei e la madre di Jim contavano su di lui anche quando era sul punto di arrendersi. E questo mi sembrò qualcosa fuori dell'ordinario. In secondo luogo, quando per Jim fu il momento di passare in terza fila, vidi che il mio vecchio amico era tornato quello di sempre: più audace che mai, indomabile e sicuro di sé. A quel punto, mi resi conto che sua madre e Suor Salesia avevano compiuto un prodigio. Imparare a leggere è dawew una storia quasi miracolosa; una storia popolata da proce.ssi di sviluppo i quali, coordinandosi, permettono al bambino di accedere alla vita segreta di un mondo che sarà a sua disposizione. Socrate e gli eruditi dell'India antica temevano che leggere le parole, invece di udirle e pronunciarle, ci impedis.se di cogliere i loro molteplici sti-ati fatti di significati, suoni, funzioni e possibilità. In realtà, la lettura precoce rivela, al momento dell'acquisizione, quanto numerose siano le strutture preesistenti che contribuiscono a ogni strato, nel momento in cui, unitameiue, danno \ita ai nuovi circuiti cerebrali per la lettura. Studiare lo sviluppo della lettura precoce ci permette di intravedere le fondamenta di questa conquista della nostra .specie, a cominciare dall'intreccio di processi che nei primi cinque anni hanno preparato il bambino all'impresa, e che si ampliano in molteplici, prevedibili modi nella restante parte dello sviluppo della lettui-a. Lo sviluppo fonologico - cioè come il bambino impara a poco a poco a udire, segmentare e comprendere le piccole unità di suono che formano le parole - influisce in modo decisivo sulla sua capacità di afferrare e apprendere le leggi del suono delle lettere, che formano il nocciolo del decodificare una lingua". Lo sviluppo ortografico - cioè come il bambino impara che il proprio sistema di scrittura è una rappresentazione della lin-

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COME IL CKRW-LLO IMPARA GRADUìVLMENTE A l.EdCF.RE

glia parlata - fornisce un fondamento decisivo per tutto ciò che seguirà. 11 bambino deve apprendere gli aspetti visivi del testo a stampa - i particolari delle lettere, la loro forma, le sight words della lingua inglese - e imparare a fare lo spelling delle parole nuove. Lo sviluppo semantico e pragmatico - cioè come i bambini apprendono sempre di più sul significato delle parole a partire dal linguaggio e dalla cultura che li circonda - rafforza e velocizza la loro capacità di riconoscere una parola che si stanno sforzando di decodificare e di comprenderla con un sempre più pronto aha. Lo sviluppo sintattico - cioè come il bambino impara forme grammaticali e strutture delle frasi - permette di capire come le parole vengono usate per costruire proposizioni, paragrafi e narrazioni. Insegna inoltre come gli eventi si coliegano tra loro in un testo. Lo s\aluppo morfologico, forse il meno studiato, prepara il bambino all'apprendimento delle convenzioni su come si possono costruire le parole partendo da più piccole radici significative e unità di significato (come i morfemi). Il bambino che capisce che íÍM/fl/to consiste in tre componenti riconoscibili {dis-far-[t\to) impara meglio e prima a riconoscerlo e a leggerlo". Tutti insieme, questi s\nluppi velocizzano il precoce riconoscimento delle parti di una parola, supportano la comprensione semantica e ortografica e facilitano la comprensione delle parole note e ignote. Più il bambino è esposto alla lingua scritta, maggiore è la sua comprensione implicita ed esplicita della lingua nel suo insieme. In ciò, il bambino assomiglia ai Sumeri, nonostante i timori di Socrate. Jeanne Chali, ricercatrice a H a m r d nel campo della lettura, insegnava che l'acquisizione della facoltà di leggere sale una sequenza precisa di gradini dal pre-lettore al lettore esperto; gradini che possiamo studiare «come imparando la storia naturale o la sinfonia»'". Ed effettivamente mi piace pensare all'intreccio di relazioni tra le componenti della lettura come a una specie di sinfonia: ciò che alla fine ascoltiamo è prodotto da una pluralità di musicisti, ognuno ben distinguibile dagli altri e tutti partecipanti al tutto. Gli inizi della lettura sono quel momento della nostra vita in cui il singolo orchestrale è più riconoscibile, e ognuno di noi.

l A 'STORIA NATOR/U.!-:' DKI.l.O SVII.UPPO DELIA LETTURA

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che lo ha dimenticato, può ricordare che cosa si cela dietro ogni parola che leggiamo.

Come si sviluppa

la lettura

Lì, appollaiato su un lettino,fingevodi leggere. I miei occhi seguivano i segni neri senza saltarne uno solo, e mi raccontavo ad alta voce una storia, badando a pronunciare tutte le sillabe. Fui colto di sorpresa - o feci in modo di esserlo - ne venne fuori un gran trambusto, e la famiglia decise che era tempo che mi si insegnasse l'alfabeto. Fui solerte come un catecumeno. Arri\'ai a farmi da precettore. Mi arrampicavo sul leiiino con Senza famiglia di Hector Malol, che conoscevo a menadito, e metà recitando, metà decifrando, ne scorrevo tutte le pagine, una dopo l'altra. Girata l'ultima, sapevo leggere. Ero pazzo di gioia. (Jean-Paul Sartre)" Nell'autobiografico Le parola, Jean-Paul Sartre narra il suo primo ricordo della lettura e l'essere «pazzo di gioia» che accompagnò quell'esperienza. Anche se filtrato dalla lente del ricordo, il racconto di Sartre è simile a ciò che hanno provato innumerevoli bambini, anch'essi a metà memorizzando a metà decifrando un libro preferito finché all'improvviso (o così a loro sembra) riescono a leggere. La realtà è che Sartre accumulò infaticabilmente fonti parziali e varie di sapere finché 'all'improvviso' una soglia fu oltrepassata, ed egli decifrò il codice segreto del testo a stampa. Il resto di questo capitolo racconta i cambiamenti graduali, dinamici, in noi lettori, tra l'atdmo esaltante della decifrazione del codice, narrato da Sartre, e l'impercetdbile progresso verso la condizione di lettori esperti pienamente autonomi. Per organizzare l'esposizione, presento in questo capitolo e nel capitolo VI cinque tipi di lettori: \. il pre-lettore emergente, 2. il lettore neofita, 3. il lettore decodificante, 4. il lettore fluido e 5. il lettore esperto. Ogni tipo esemplifica cambiamenti dinamici nel progresso della lettura che attraversiamo inconsapevolmente'-. I bambini, però, non progredi.scono tutti allo stesso modo. Con riferimento alle molte differenze nelle modalità d'apprendi-

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COME II.C;F.R\'ELLO IMI'AIU C;R.ADL'.U.MENTE A LE( ii za, del talento e di una famiglia comprensiva. Uno dei niomcn ti pili intensi nella stesura di questo libro è accaduto nu'iiiic descrivevo la singolare ipotesi di Samuel T. Orton sulla lati-i ali/ zazione. Come a volte faceva al tempo delle superiori, mio liglio era seduto accanto a me al tavolo da pranzo, e disegnava proprio mentre scrivevo perché, a quel tempo, Orton probabilmente sbagliava. Alzai lo sguardo dai miei fogli e vidi che Ben stava disegnando, con raffinata precisione e con dovizia di particolari, l'intera Torre di Pi.sa... al contrario! (Fig. 28) Quando gli ho chiesto perché fosse capovolta, ha risposto che farla così gli era riuscito più facile. Nessuno di noi ricercatori può spiegare adeguatamente simili fenomeni in base alle conoscenze attuali. C'è molto che sappiamo e mollo che resta da scoprire nella storia misteriosa della dislessia. Ancora inspiegate sono le scoperte altamente stimolanti della possibilità di im circuito cerebrale della lettura sotto il dominio dell'emisfero destro - un'ipotesi che aiuterebbe a chiarire l'origine delle insolite capacità spaziali di Ben. L'anno scorso, quando Ben, compiuti i diciotto anni, era sul punto di trasferirsi presso la Rhode Island School of Design, ho deciso di parlare con lui di questo intero fdone teorico. Abbiamo traccialo diagrammi di flusso innanzitutto di come il cen'ello usa ciascun emisfero nei lettori normali, e per quali scopi generali; poi di come, col tempo, le vie nervose si raff^orzano e diventano più automatiche in seguito all'uso; infnie di come il circuito delle vie nervose potrebbe differire notevolmente nella dislessia. Mio marito Cil e io siamo abituati a stupirci di Ben, ma le sue prime domande mi hanno preso lo stesso in contropiede: «Significa che sono più creadvo perché uso questo emisfero destro più di altre persone e così le mie vie nervose destre si sono irrobustite? O significa che i dislc.ssici vengono al mondo fin dal principio con un cervello più creadvo? ». Non conosco la risposta alla domanda di Ben. Quello che so, è che ha uno stretto legame con domande di gran parte della nuova ricerca sulla questione se i circuiti di lettura dell'emisfero destro siano la causa, o la conseguenza, della difficoltà a nominare le lettere e leggere le parole.

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^ In questo libro illiLstrerò una prospettiva molto particolare sulla lettura. C"è una letteratura in crescita su diversi tipi di alfabetizzazione che include una gamma di diverse prospettive sulla lettura di vari formati tecnologici. C;fr. per e.sempio i titoli seguenti: G. Kt e.ss, IMmity in the New Media Age, Rotitledge, New York 2003; C. Lewis - B. Fabos, Instan! Messaging. Literacies, and Social Identities, «Reading Research Quarterly», 2005, 40, pp. 470-501; DJ. Leu, Litfracy and Technology: Deictic Consequences for literacy Education in Our Information Age, in M

XOTE

'I.W

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NOTK.

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    That Works: The Case for Batanad

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