Porfirio e la fisica aristotelica

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SYMBOLON STUDI E TESTI DI FILOSOFIA ANTICA E MEDIEVALE direttore: Francesco Romano

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FRANCESCO ROMANO

Porfirio e la fisica aristotelica IN APPENDICE LA TRADUZIONE DEI FRAMMENTI E DELLE TESTIMONIANZE DEL 'COMMENTARIO ALLA FISICA'

UNIVERSITÀ DI CATANIA 1985

SYMBOLON STUDI E TESTI DI FILOSOFIA ANTICA E MEDIEVALE direttore: Francesco Romano

3

FRANCESCO ROMANO

Porfirio

e

la fisica aristotelica

IN APPENDICE LA TRADUZIONE DEI FRAMMENTI E DELLE TESTIMONIANZE

DEL 'COMMENTARIO ALLA FISICA'

cruJ.ljloM y(tp ltll�pucòç v6oç ÉcntelptV ICa�{l ICÒGJ.lOV Or. Ch. fr. 108 dP

UNIVERSITÀ DI CATANIA 1985

Volume stampato con i fondi per la ricerca scientifica erogati dal Ministero della P.I.

OUJ.l.�a{VEl OÈ -rouvavriov eivat èbtEtpov "' roç Myoumv. ou yàp oiS J.l.TJOÈV el;ro, à.ìJ,.''oiS àE( n e/;ro Èç cruJlft all'inizio stesso della polemica. Là, nel trattato 38, la polemica è diretta e aspra. Oi J.l.ÈV oòv v6TJ Mv'tEç 'tQ> ì..&ycp 'tO>V J.l.ÈV Uan6vwv Kaì 'trov él; a\)'tou oùK 85ocrav è un chiarissimo riferimento ad Aristotele, Metaph. A 9, 1074 b 24 ss., dove si dice appunto che dio "pensa ciò che è piu divino, ciò che vale di piu, e che non muta" [trad. Viano]. Ma comunque, scrive Plotino, non trovando niente che valesse piu del pen­ siero, Aristotele afferma che dio rltv v6TJ ElÀoKt:U.roç) la questione della divisione dei libri della Fisica e pur sapendo che tutti 1 3 chiamano i primi cinque libri "Fisica" e gli altri tre "Sul movimento", affermò nondimeno che del movimento trattano gli ultimi quattro libri, cioè i libri dal quinto all'otta­ vo. Ora, andando avanti, Simplicio nel Proemio al libro VI (p. 923, 7-8), tornando sullo stesso argomento della divisione dei libri della Fisica, chiarisce che tra i peripatetici che seguono Aristotele in questa divisione ci sono, prima ancora di Andronico, Eudemo e Teofrasto. Infatti que­ st'ultimo, rispondendo a una lettera di Eudemo che gli chiede spiegazioni su un codice manoscritto del V libro che gli sembra erroneo, risponde che quei passi della Fisica su cui Eudemo chiede il suo parere o non riesce a comprenderli bene o essi presentano una differenza insignificante rispetto al testo tràdito. Segue la citazione di Phys. E 2, 226b 1 4- 1 6. Quindi, conclude Simplicio, Teofrasto ritiene che il libro V appartiene ai libri che vanno sotto il nome di Fisica. Della stessa opinione si capisce che doveva essere Eudemo. Porfirio seguiva tale tradizione, ma anche qui con una certa libertà di interpretazione, tanto da meritare il rimpro­ vero di Simplicio. Il qusale però non è esente neppure lui dallo stesso "vizio", giacché oscilla a proposito di questa divisione dei libri della Fisica. Infatti, mentre nel Commentario alla Fisica, luoghi citati 1\ divi=

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de con la tradizione i primi 5 libri dagli altri 3, nel Commentario al de cae/o 226, 1 9-23, forse sotto l'influenza dello stesso Porfirio, dà una divisione 4+4, attribuendo tale suddivisione nientemeno allo stesso Ari­ stotele. Sul rapporto Porfirio-Nicola di Damasco, infine, Simplicio in due luoghi presenta una loro concordanza a proposito di Diogene di Apollo­ nia. Simpl. Phys. 1 49, 1 3 ss. e 1 5 1 , 2 1 ss. [= 22-23] riferisce infatti che Porfirio attribuisce, cosi come prima di lui aveva fatto Nicola Damasce­ no, a Diogene di Apollonia l'opinione di cui parla senza citare nomi Aristotele, Phys. A 3, 1 87a 1 4 ss., secondo la quale principio è qualcosa di mezzo tra il fuoco e l'aria, ovvero qualcosa che è piu denso del fuoco e meno denso dell'aria. L'opinione di Nicola, con la quale, secondo Simplicio, Porfirio concorda, si trova espressa nel trattato "Sugli dei", opera che doveva vertere certamente sulla teologia naturale dei primi filosofi, come testimoniano altri frammenti di Nicola 1 5 • È da notare che in questa occasione Simplicio (Phys. 1 5 1 , 23-24) chiama Porfirio "il piu dotto dei filosofi" [6 7tOÀ.UIJ.atMo'ta'toç 'tÒ>V q>l.À.Orov], appellativo che non può significare altro, in tale contesto, se non che il maestro neoplato­ nico aveva una perfetta conoscenza della storia della filosofia e nella fattispecie della filosofia aristotelica e della tradizione commentarla su di essa. Probabilmente le notizie su Nicola Simplicio le trovava nello stesso Porfirio, come sospetta Moraux 1 6• Da questo quadro di testimonianze comparate sul Commentario alla Fisica di Porfirio risulta chiaro il ruolo che esso ha svolto nella ricostruzione che Simplicio ha tentato di fare della secolare tradizione commentarla intorno alla Fisica aristotelica: il ruolo di Porfirio non risulta - anche dagli scarsi frammenti conservatisi - inferiore a quello esercitato dai piu grandi commentatori che lo hanno preceduto o seguito, da Eudemo allo stesso Simplicio. A parte Eudemo, la cui grande opera sulla Fisica non è da considerarsi un vero e proprio commentario ad Aristotele, anche se a Eudemo si deve la piu antica recensione del testo 7 della Fisica di Aristotele 1 , l'unico commentatore della Fisica che in Simplicio supera in numero di citazioni Porfirio è Alessandro di Afrodi­ sia. Gli restano di gran lunga al di sotto tutti gli altri commentatori, Andronico di Rodi, Boeto di Sidone, Adrasto, Aspasio, Nicola di Dama­ sco, Temistio, nonché gli anonimi è/;11YI')'tai e Ù7tOIJ.VT)IJ.ano'tai che talora compaiono in Simplicio. Ma è significativo il fatto che è proprio con 46

Alessandro che Simplicio mette piu frequentemente in rapporto Porfirio. In conclusione, l'esame comparativo tra la testimonianza di Simplicio su Porfirio commentatore della Fisica e quella sugli altri commentatori dimostra che l'opera perduta di Porfirio ha esercitato una funzione scola­ stica e storiografica di notevole livello lungo la tradizione esegetica delle scuole neoplatoniche, se Simplicio, che arriva per ultimo ha potuto con­ servare una cosi larga e significativa traccia.

3. 1.3.

Il

rapporto con Simplicio

Se è importante e significativo il fatto che nella testimonianza di Simplicio il commentario di Porfirio si presenti spesso intrecciato o comunque collegato con quello di altri commentatori, soprattutto di Alessandro e di Temistio, altrettanto importante e significativo è, d'altra parte, il fatto che spesso Simplicio istituisca un confronto anche tra sé e Porfirio, facendo seguire e talora intercalando all'esposizione dell'esegesi porfiriana la sua propria esegesi o punto di vista o valutazione critica su di essa. Almeno in una quindicina di luoghi, tra quelli in cui Simplicio cita o si riferisce al commentario porfiriano alla Fisica di Aristotele, è presente un tale atteggiamento critico, e il piu delle volte di netta confuta­ zione o rigetto dell'opinione di Porfirio. Sicché si potrebbe dire che, mentre il rapporto tra Porfirio e gli altri commentatori si presenta alter­ nativamente ora sotto il segno della concordanza ora sotto quello della discordanza e in ogni caso come rapporto di relativa autonomia dal­ l'autorità dei predecessori o successori, il rapporto tra Simplicio e Porti­ rio, invece, offre un quadro piu rigido e uniforme, quasi sempre impron­ tato a revisione critica dell'esegesi porfiriana. Questo conferma e accresce quel carattere di reciproca autonomia tra i commentatori della Fisica aristotelica, che solo in apparenza contraddice alla unifonrtità della apo­ rematica filologica e storico-filosofica che li accomuna. Ma vediamo qualche esempio di atteggiamento concreto da parte di Simplicio nei confronti della posizione esegetica ed ermeneutica di Porfirio. Simpl. Phys. l O, 25 ss. [ 2] riferisce un frammento del commentario porfiriano, nel quale sono esaminati i vari modi di intendere il "princi­ pio" secondo Aristotele. Tali modi sono quattro, secondo Porfirio: tò é!; =

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o\S, come la materia, tò Katr o, come la forma, tò u. L'opi­ nione di Porfirio non trova scampo: Porfirio fonde e confonde due Otat­ péaetç che Aristotele ha nettamente distinte nella sua argomentazione contro gli Eleati. Altre volte la critica di Simplicio investe l'interpretazione storiogra­ fica di Porfirio, come quando ad esempio in Simpl. Phys. 1 63, 16 ss. [ 24] viene respinta l'attribuzione a Democrito ed Empedocle dell'espres­ sione di Aristot. Phys. A 4, 1 87a 3 1 «[alcuni chiamano il divenire] l'aggre=

=

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garsi e il disgregarsi)). Aristotele intende riferire questa tesi, a giudizio di Simplicio, non già a Democrito ed Empedocle, ma ad Anassagora, giac­ ché - come dice Alessandro - lo stesso Aristotele in GC A l , 3 1 4a 1 3 ss. rimprovera Anassagora di non essersi reso conto del significato delle parole quando chiama alterazione il processo di aggregazione e disgrega­ zione. In questo caso Simplicio fa appello all'autorità di Alessandro di Afrodisia per respingere l'interpretazione di Porfirio. Ma questo appello ad Alessandro è solo un conforto per chi - come Simplicio - ha a disposi­ zione anche il testo di Anassagora, il quale nel primo libro della sua Fisica scrive testualmente che >. Ho lasciato i tre verbi non tradotti pour cause e vedremo subito perché. �\.lVO\jliçew in questo contesto non può non avere un preciso signifi­ cato tecnico: non può essere preso in senso generico, dal momento che Simplicio distingue nettamente l'operazione di Porfirio da quella di Te­ mistio, e indirettamente anche dall'altra di Alessandro. �\.lVO\jliçetv indi­ ca il procedimento proprio di Porfirio, almeno relativamente al libro V della Fisica, cosi come 7tapacppaçetv indica il procedimento proprio di Temistio, e in questo caso relativamente all'intero suo scritto sulla Fisica aristotelica (in quasi tutte le inscriptiones dei Mss. si trova il termine tecnico di llapacppacnç. Cf. Praefatio all'ediz. di Schenkl in CAG V 2 [ 1 900]). Si tratta dunque di trovare il vero significato di cruvo\jliçetv, prima di discutere se esso si debba estendere a tutto il Commentario o alla sola parte relativa al libro V della Fisica. L'interpretazione che ne dà l'editore, il Diels, è indicata nell'Index, dove al riferimento di p. 9 1 8, 1 3 si legge: Physicorum synopsim scripsit [sc.Porph.] (v.p. 1453 sub voce llopcpuptoç). Il Diels quindi intende la notizia di Simplicio nel senso che Porfirio ha scritto della Fisica aristote­ lica una synopsis 2 8 • L'interpretazione del Diels sembra confermata da un altro passaggio dello stesso Simplicio, dove si attribuisce appunto a Porfirio una synopsis del V libro della Fisica: Simpl. Phys. 802,7 ss. [ = 45] «Mi meraviglio - scrive Simplicio - come il filosofissimo Porfirio nella cruvo\jltç di questo libro V, pur indagando in modo brillante la questione della divisione ecc.». Simplicio quindi chiama synopsis quella scritta da Porfirio relativamente al libro V. Questa testimonianza si trova nel Proemio al Commentario al libro V. Cosi all'inizio e alla fine del Commentario di Simplicio noi troviamo testimoniata la procedura porti­ nana del cruvo\j/içetv. A questo punto sorge la domanda: sinossi è tutto il commentario di Porfirio o solo la parte relativa al libro V? Prima di rispondere, occorre prendere in esame una circostanza importante. In Simpl. Phys. 801-802 [= 45], come abbiamo visto, la sinossi porfiriana 54

è riferita al fatto che c'è discordanza tra gli interpreti sul come sono da dividersi gli otto libri della Fisica. Aristotele - scrive Simplicio in questo prologo al libro V - dopo avere insegnato nel libro III cosa significhi movimento in senso generale, che cioè movimento è lo stesso che mutamento, ora, nel libro V, intende definire e mostrare che mutamento è nozione piu generale, e movimento nozione piu particolare, che cioè movimento è specie del genere muta­ mento. Ad esempio generazione e corruzione, come dirà Aristotele, scri­ ve sempre Simplicio, sono mutamenti, ma non movimenti. Aristotele, dopo avere quindi distinto il movimento dal mutamento, presenta le varie specie di movimento e questo discorso è collegato a quello piu generale sul mutamento, anzi ne è la continuazitme, sebbene si trovi inserito, tra questi due discorsi, quello intorno all'infinito, al luogo, al vuoto, e al tempo. Perciò Aristotele e i suoi seguaci, conclude Simplicio, annoverano anche questo libro V tra i cosiddetti libri di "Fisica dei principi", cosi come sono soliti chiamare i successivi tre libri "Fisica del movimento". Infatti, etc .. A questo punto troviamo la testimonianza su Porfirio riferita sopra: Porfirio sa tutto questo, e tuttavia chiama "Fisica dei principi" i primi quattro libri e "Fisica del movimento" gli ultimi quattro. C'è da precisare subito che anche Simplicio nel Commentario al De cae/o, 226, 19 ss. (anteriore al Commentario alla Fisica) 29 aveva non solo operato la stessa diairesis che ora rimprovera a Porfirio, ma l'aveva attribuita allo stesso Aristotele. Ma c'è un altro commentatore, posteriore e non meno autorevole, che riprende la diairesis porfiriana, Giovanni Filopono, il quale nel suo Commentario al libr� A della Fisica, p. 2-3 Vitelli, scrive che Aristotele nei primi quattro libri tratta della materia, della forma, del luogo e del tempo, e negli ultimi quattro del movimen­ to 30• Torniamo un momento sul significato del verbo cruvo\jliçstv. Il LSJ - proprio con riferimento a Simpl. Phys. 9 1 8, 1 3 - registra il significato di: bring into a generai view, e l'altro di sum up. Lo Stephanus dà il significato di "in compendium redigo". È chiaro dunque che cruvo\jl(çstv ha il significato di "riassumere", "compendiare", "ridurre un discorso in un altro piu breve, ma che abbia lo stesso contenuto e valore". Per il verbo 7tapacppliçstv, il LSJ registra il significato di «say the same thing in other words», e il riferimento che ci interessa è a Ermogene e Galeno, ambedue del II sec. d.C. 55

Nello Stephanus però si trova una serie di significati che ci sembrano piu illuminanti per il problema che ci interessa. Infatti si dice che 7ta­ paq>paçco significa "eodem sermone utens, aliquid latius et explicatius eloquor". Il riferimento è a Pseudo-Plutarco, Vita Homeri. Piu sotto lo Stephanus, dopo aver citato le opinioni di Fabius, obietta «esse 7tapaq>pa­ mç potius addere quam demere». 11apaq>paçetv può significare, dunque, «parlare, usando lo stesso discorso, in modo piu ampio e piu esplicito». 'EI;T)yetcr'dat ha per tutti e due i dizionari il significato di: expound, interpret (LSJ), e di explicare, exponere, enarrare e simili (Steph.). Dunque O"UVO'lfiçetv e 7tapaq>paçetv differiscono soprattutto perché il primo indica "abbreviazione" e l'altro "ampliamento" dello stesso discorso. Porfirio avrebbe "riassunto" laddove Temistio avrebbe "am­ pliato". Non c'è dubbio che O"UVO\jfiçetv è verbo meno adatto, quindi, dell'altro, 7tapaq>paçetv, a indicare un commentario. Non si vede come si possa fare un commento di un testo procedendo per pa­ mç. Il discorso di Simplicio relativo al libro V della Fisica nel Commen­ tario perduto di Porfirio difficilmente può essere quindi riferito a tutto il Commentario: è piu ragionevole pensare che Porfirio ha fatto una sinossi del solo libro V. Ma è ipotizzabile il perché? Vediamo. Si sa che Porfirio ritiene raggruppabili gli otto libri della Fisica secondo il criterio 4+4 e non 5+ 3, cosi come fa tutta la tradizione peri pa­ tetica e - stando alla testimonianza di Simplicio (cosa molto inverosimi­ le) - lo stesso Aristotele. Porfirio va controcorrente, dunque, e Simplicio se ne meraviglia molto ('dauJ.Laçco), anche perché stima Porfirio "filosofis­ simo" (q>IÀOcroq>oHa-rov). È lecito pensare, allora, che Porfirio abbia fatto il Commentario ai primi quattro libri che egli, come del resto gli altri, intitola 7tEpì apxrov, e abbia "compendiato" il libro V in omaggio alla tradizione che riteneva questo libro parte integrante del gruppo 1tepì apxci>v, ma che egli ritiene invece parte dell'altro gruppo dei libri m:pì Ktvitcrecoç. Un compromesso? Penso di si! Tanto piu che non risulta da Simplicio che Porfirio abbia commentato, dopo la sinossi del libro V, gli ultimi tre libri. Il suo nome, infatti, scompare - dopo questo luogo che stiamo esaminando - dalla testimonianza simpliciarta, ed è incredi­ bile che Simplicio non ne faccia piu parola, conoscendo anche questa eventuale parte del Commentario porfiriano.

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3. 3.2.

Metodo filologico e metodo ermeneutico

In 3. 1 . 1 . ho tentato una classificazione approssimativa e convenzio­ nale dei testi, frammenti e testimonianze, relativi al Commentario alla Fisica di Porfirio. Ho distinto tre gruppi di diversa natura a seconda delle diverse "intenzioni storiografiche" del commentatore 31, esegetiche, ermeneutiche e filologiche. Il risultato di questa classificazione è che le testimonianze sul Commentario alla Fisica hanno almeno un duplice carattere formale: da un lato testimoniano dell'impegno esegetico­ ermeneutico di Porfirio relativamente al testo aristotelico (vedremo subi­ to in quale direzione), dall'altro sono inoppugnabile prova della capacità di penetrazione analitico-filologica che Porfirio rivela nella maggior parte della sua opera e della quale egli stesso talvolta mette in rilievo gli ele­ menti strutturali. Metodo ermeneutico 32 e metodo filologico sono, dun­ que, fattori compresenti e caratterizzanti di questo come di altri scritti porfiriani. Si tratta ora di approfondire il loro rapporto interno, in ordine alla natura propria e specifica del Commentario alla Fisica. Cominciamo col mostrare piu dettagliatamente la "qualità" del metodo filologico di Porfirio. La prima cosa che è possibile osservare è il fatto che Porfirio appare sempre consapevole della "strumentalità" della filologia rispetto alla filo­ sofia. Dico appare, ma potrei dire che Porfirio è effettivamente e piena­ mente consapevole della giustezza di tale funzione del metodo filologico, cosi come si evince dal noto passaggio del libro I della sua De philosophia ex oraculis 33, dove egli fissa scrupolosamente e inequivocabilmente le linee della sua ricerca filologica relativamente alla ricostruzione del con­ testo degli oracoli. Un testo - scrive Porfirio - deve essere conservato integro nel suo contenuto di pensiero, e per far ciò non si deve né aggiun­ gere né togliere nulla ad esso, a meno che non si sia costretti a rendere chiaro e comprensibile il pensiero contenuto nel testo medesimo, essendo tale comprensione il fine primario della lettura del testo. La "akribeia" filologica è dunque in Porfirio funzione della ermeneutica; il filologo deve garantire la "genuinità" del testo riducendo la sua forma tràdita a quella che è ragionevole presumere sia l'autentico "pensiero" dell'autore 57

del testo 34• Filologia, dunque, quale strumento della filosofia. E qui cade a proposito una prima considerazione storico-critica. Porfirio ci presenta in Vita Platini 14,20 il conflitto di fondo esistente tra due scuole e due metodi neoplatonici, rappresentati rispettivamente da Plotino e da Lon­ gino. Plotino, dopo la lettura di due scritti inviatigli da Longino, emise quel pesante giudizio sull'amico ateniese che tutti sappiamo: Longino è si filologo, ma nient'affatto filosofo. Il fatto testimonia di una polemica in atto tra due scuole e due modi di fare filosofia: il modo di Longino inteso a chiarire e analizzare la struttura formale del testo per ridurlo alla sua purezza linguistica e retorico-letteraria, senza preoccupazioni per il contenuto filosofico e per la sua coerenza e misura interna; il modo di Plotino inteso a cogliere il nucleo di pensiero contenuto in un testo al di là della sua struttura retorico-linguistica, senza la preoccupazione cioè di ridurre prima quest'ultima alle sue rigorose dimensioni filologi­ co-formali (Plotino, si sa, era trascurato persino nell'ortografia). Non è certamente lecito radicalizzare troppo la differenza tra le due procedure di ricerca, ma è ragionevole supporre che tra le due scuole esistesse un effettivo conflitto metodologico che si ripercuoteva nella costruzione o ricostruzione della dottrina platonica (e non solo platonica) propria delle due compagini scolastiche neoplatoniche. Come si presenta la posizione di Porfirio in tale conflitto? Porfirio si rivela come uno che mira a supera­ re le "ragioni" del conflitto tra metodo filologico e metodo filosofico (o ermeneutico), e non tanto per motivi di irenismo, data anche la sua collocazione - in certa misura mediatrice - tra il vecchio e il nuovo maestro, quanto per motivi di convinzione teorica, nel senso che riteneva compatibili, con funzioni distinte, i metodi in questione. Plotino era troppo fine filologo (anche per merito dell'insegnamento di Longino) per non valutare l'importanza dell'acribia filologica nell'indagine filosofica e storica, ma era anche troppo interessato all'ermeneutica filosofica per non considerarla di primaria importanza nell'attività di ricerca di un platonico. Occorreva quindi attribuire il giusto posto e il giusto peso a ciascuno dei due metodi, nell'interesse della dignità scientifica dell'opera del filosofo, che era poi un far rivivere lo spirito dell'antico maestro, Platone, al quale in ultima analisi poteva farsi risalire la stessa polemi­ ca 3s. Nel conflitto tra filosofia e retorica Platone aveva, infatti, difeso i diritti della prima senza annientare i vantaggi della seconda, denunzian­ do di quest'ultima soltanto le sue storture e le sue esasperazioni tecnicisti58

che e neutralistiche. Ma veniamo ora all'esame del metodo filologico porfiriano cosi come si presenta nei frammenti e nelle testimonianze del Commentario alla Fisica. Riprenderemo alla fine il discorso sui motivi reali che hanno indotto Porfirio a tentare un superamento di quel conflit­ to, cercando di valutarne la incidenza nel Commentario in questione. Le fonti da me classificate come "filologiche" [ = C] sono dieci in tutto, cioè un quinto del totale, ma sufficienti a darci un'idea del metodo filologico seguito da Porfirio nel commentare la Fisica aristotelica. Di due fra�menti, il 32 e il 37, ho già discusso, adducendoli come esempi di trattamento filologico del testo aristotelico da parte di Porfirio 36• Gli altri confermano i risultati dell'analisi e precisamente il carattere rigoro­ samente "strumentale" della filologia porfiriana. Ma procediamo con ordine e per esemplificazione. Simpl. Phys. 70, I l ss. [= 4] concerne due modi di punteggiatura di un passo aristotelico (Phys. A 2, 1 85a 1 8) cosi come viene tramandata da Alessandro di Afrodisia. Porfirio sostiene una delle due lezioni in funzione di una certa interpretazione del discorso di Aristotele, interpre­ tazione che Simplicio giudica "molto ragionevole". Lo spostamento di una virgola prima o dopo una particella negativa, anche se rovescia il senso letterale di un testo, può, dunque, servire al filosofo per fornire una esegesi "piu ragionevole" di un'altra. Ed è appunto questo l'uso strumentale della filologia di cui Porfirio dà prova, senza cadere in distor­ sioni o sconvolgimenti del discorso filosofico. Dello stesso contesto Te­ mistio - ci informa sempre Simplicio - dà una esegesi diversa da quella di Porfirio, accogliendo la punteggiatura alternativa testimoniata da Alessandro 37• È possibile dunque far quadrare il significato di un testo dal punto di vista filosofico pur con opposte analisi filologiche; il che darebbe sufficiente ragione, a mio avviso, della procedura rigorosamente "strumentalista" di Porfirio. Ma un esempio ancora piu chiaro della gestione "strumentale" della filologia da parte di Porfirio è fornita da Simpl. Phys. 414, 1 5 ss. [ = 39]. In questa fonte si discute del noto passag­ gio della Fisica aristotelica relativo alla definizione del movimento: "atto di ciò che è in potenza in quanto tale" 38• Il problema filologico qui nasce dell'ambiguità dei manoscritti che hanno ora èv't"EÀiXEta ora èvépyeta. Porfirio - questa volta con il conforto di Alessandro - interpreta il passo considerando i due termini come equivalenti, pur distinguendoli nel senso del "già compiuto" [= èvépyeta] e del ••non ancora compiuto" [= 59

ÉV'tEÀ.tXEta]. Simplicio rovescia il senso di tale distinzione tra i due termi­ ni. Ma quel che conta di notare qui è che Porfirio "strumentalizza" l'uso filologico del metodo esegetico all'interpretazione filosofica del testo. Ma si dà anche il caso - talvolta - che il filologo-filosofo debba correggere "radicalmente" il testo in funzione di una verità storica legata allo stesso testo, ed è appunto quello che Porfirio fa a propostio della fonte 43. Si sta trattando della dimostrazione aristotelica secondo la quale il vuoto non esiste. Occorre dimostrare, scrive Aristotele, non già che l'aria è qualcosa e non è il vuoto di cui parlano gli uomini comuni, bensi che non esiste alcun intervallo [ouianJJ.LU] che sia altro dai corpi 39, cioè che non c'è tra i corpi intervallo che sia diverso dagli stessi corpi, sia che lo si consideri separato oppure esistente in atto [oihe xropta'tòv oÙ'tE évepye­ iq.. òv]. Su quest'ultimo inciso verte il problema filologico. Porfirio correg­ ge il testo in OÙ'tE axropta'tOV UU'tÒ>V OÙ'tE xropta't6V - né non separato da essi (dai corpi) né separato. La correzione di Porfirio sarebbe giustificata dall'accenno che nello stesso contesto Aristotele fa a Democrito e ai pitagorici 40• Infatti il primo considera il vuoto intercalato [cixropta'tov] tra i corpi (un diverso immanente), gli altri separato da essi [xropta't6v] (un diverso trascendente). La correzione dal punto di vista filologico è forte, ma non è irragionevole, come del resto sono costretti a riconoscere sia Simplicio, il quale scrive che la lezione di Porfirio «non è priva di fondamento razionale» [EXEt ot Kaì aunJ ì..&yov] 4 1 , sia il Ross, il quale scrive che «Porphyry's reading is a interesting one» 42• È questo un esem­ pio lampante di metodo filologico strumentale: il testo viene mutato in funzione della maggiore chiarezza del senso filosofico, ma sulla base di oggettive ragioni di contenuto. Ma in Porfirio il metodo filologico non è certamente quello che prevale sul metodo piu propriamente ermeneutico, sul metodo cioè che serve ad affrontare le questioni di contenuto filosofico del testo aristoteli­ co e che, come vedremo, costituiscono il fine primario del commentario porfiriano. I frammenti che trattano di problemi di interpretazione del testo della Fisica di Aristotele sono numerosi e - come si è già osservato possono essere classificati in due gruppi, rispettivamente di ermeneusi pura e di ermeneusi storica. Prescindiamo per il momento da questa bipartizione e proviamo a dare qualche esempio di metodo ermeneutico porfiriano in generale. Cominciamo dai primi due frammenti che atten60

gono al problema generale dei principi come oggetto proprio della scienza fisica secondo Aristotele. Porfirio discute approfonditamente il significato generale del discor­ so di Aristotele secondo cui «anche a proposito della scienza fisica occor­ re tentare di definire [otop{cra>. La traduzione piu corretta e chiara è la seguente: .>.:fiÀ.Wv yewà�al.

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tç cill�À.Wv yewàv.

30 Simpl. Phys. 207, 1 2- 1 8 [== Aristot. Phys. A 6, 1 89b22 ss.] Porfirio dal canto suo intende la materia come sostanza, e dice che di essa c'è una sola coppia primaria di contrari, perché la sostanza è genere e in ogni genere c'è una sola coppia primaria di contrari. Dice infatti cosi: «In ogni genere c'è una sola coppia primaria di contrari. Ma anche la sostanza è un genere. Quindi anche in essa c'è una sola coppia di contrari. Ma la materia è sostanza; sicché anche per essa c'è una sola coppia primaria di contrari. E se vi fossero piu coppie, esse di distingue­ rebbero per un prima e un dopo, non per il genere: "Infatti - dice Aristo­ tele - in ogni genere c'è sempre un'unica coppia di contrari")). [Segue la critica di Simplicio a tale opinione di Porfirio ]. 100

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Simpl. Phys. 247,30-248,20 [= Aristot. Phys. A 9, 1 92a3 ss.] Poiché Aristotele ricorda in molti luoghi che Platone chiama la ma­ teria "grande e piccolo", occorre sapere che Porfirio testimonia che Der­ cillide nel libro XI de' La filosofia di Platone, là dove si parla della materia, non fa altro che trascrivere le parole di Ermodoro, discepolo di Platone, ricavandole dal suo trattato su Platone, dal quale risulta che Platone, concependo la materia sulla base dell'infinito e indefinito, mo­ strava che essa si fonda su ciò che implica il piu e il meno, di cui fa parte anche il grande e il piccolo. Infatti dopo avere detto [se. Ermodoro? 1]: «Platone dice che degli enti, alcuni sono per sé, come ad esempio uomo e cavallo, altri sono in relazione ad altro, e di questi ultimi, alcuni sono in relazione ai contrari, come ad esempio bene in relazione a male, altri sono in relazione a qualcosa [di diverso, ma non contrario], e di questi ultimi, alcuni sono definiti, altri indefiniti», soggiunge: