Planetario. Simboli, miti e misteri di astri, pianeti e costellazioni 8804486678, 9788804486671

Fin dall'antichità gli uomini hanno osservato con grande interesse la volta celeste, immaginando di scorgervi i per

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Planetario. Simboli, miti e misteri di astri, pianeti e costellazioni
 8804486678, 9788804486671

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Alfredo Cattabiani

Planetario Simboli, miti e misteri di astri, pianeti e costellazioni

© 1998 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano Edizione CDE spa - Milano su licenza Arnoldo Mondadori Editore

INDICE

3

Prefazione

7

Storia del cielo simbolico e del cielo reale Lo zodiaco e i suoi dintorni

41

Nel segno della creazione e della resurrezione L'Ariete astrale, 41 -:- Il pianeta Marte e il dio che l'informa, 50- Il

Triangolo, 54

58

Il

Il Toro, il Cacciatore e l'Auriga Il Toro astrale, 58 - Il pianeta Venere ovvero la Grande Madre, 71

-

Orione il Cacciatore e il Toro celeste, 75- L'Auriga e la Capra, 81

87 1 03 128

m

Fra Castore e Polluce

IV

La porta degli uomini

v

I Gemelli astrali, 87- Il pianeta Mercurio e il dio che l'informa, 98

Il Cancro astrale, 103- La Luna, 111

Il Leone e i Cani Il Leone astrale, 128- Il Sole e il dio che l'informa, 135- Il Cane Mag­

giore, la Canicola e Sirio,

141 -Il

Cane Minore, 149- La Lepre, 152-

La Chioma di Berenice ovvero la coda del Leone, 156

160

VI

La Grande Madre celeste La Vergine astrale, 160

171

VI!

Nel segno dell'armonia La Bilancia astrale, 171- Venere in Bilancia, 177

180

VIII

Il ritorno al caos Lo Scorpione astrale, 180- Il pianeta Plutone e il dio che l 'informa,

188- Ofiuco, 189- L'lnginocchiato ovvero Ercole, 194- La Freccia ed

Ercole, 199

202

IX

Nel segno della liberazione Il Sagittario astrale, 202- li pianeta Giove e il dio che l'informa, 209 La Corona Australe, 212

215

x

La porta degli dei n Capricorno astrale, 215 - n pianeta Satumo e il dio che l'informa,

223

230

Xl

Il Mare celeste L'Acquario astrale, 230- Il pianeta Urano e il dio che l'informa, 237 -

Il Pesce Australe, 238 - Il Delfino, 242- Ceto, 246- Eridano, 249 - La Nave Argo e la stella Canopo, 253

259

XII

11 riassorbimento nel non manifestato

I Pesci astrali, 259- Il pianeta Nettuno e il dio che l'informa, 266

Le altre costellazioni 271

Il mito di Perseo Perseo, 271 - Pegaso, 278 - Il Cavallino, 285- Cefeo,287 - Cassiopea, 289- Andromeda, 292

297

Il

Le Orse, il Bifolco e il Drago L'Orsa Maggiore, 297- L'Orsa Minore, 304- Le Orse e la fine di un ci­

clo cosmico, 306- Boote, 307- La Corona Boreale, 312- n Drago, 316

322

III

Gli Uccelli di Zeus e la Lira d i Orfeo n Cigno, 322- La Lira, 326- L'Aquila, 332

338

IV

11 mito del corvo di Apollo Il Corvo, 338- Il Cratere, 342- L'Idra, 345

349

v

Il Cen tauro e il Lupo Il Centauro ovvero Chirone, 349 - li Lupo, 354 - L'Altare, 356- La Croce del Sud o le quattro virtù cardinali, 359

363

VI

La Via Lattea, cammino dei morti La Via Lattea e il mito di Eracle ed Era, 363- La trasgressione di Fe­

tonte e la deviazione dell'asse, 365- Il cammino dei morti, 368

371

vn

Le costellazioni moderne Le quindici costellazioni introdotte fra il1596 e il 1613, 371 - Le sette costellazioni della carta celeste di Hevelius (1690), 380- Le quattordi­ ci costellazioni di Nicolas-Louis de Lacaille (1754), 382

387 397 40 1 423 429 437

Le costellazioni secondo le stagioni Glossario Note Bibliografia Indice dei pianeti, delle stelle e delle costellazioni Indice delle divinità e dei personaggi mitologici

PLANETARIO

A Marina figlia del Leone e del/n Luna

Lo duca

c

io per quel cammino ascoso

intrammo a ritornar nel chiaro mondo; e sanza cura aver d'alcun riposo, salimmo su, el primo e io secondo, tanto ch'i' vidi delle cose belle che porta 'l ciel, per un pertugio tondo; e quindi uscimmo a riveder le stelle. DANTF ALIGHIERI

PREFAZIONE

Gli astri e i pianeti hanno ispirato agli uomini di ogni epoca divinità ed eroi, miti e leggende, simboli e feste. Questo patrimonio di cre­ denze ci è stato tramandato dai nomi delle costellazioni e delle stel­ le, che nelle varie tradizioni mutano secondo le mitologie e le reli­ gioni. Ma la tradizione che si è imposta, anche nel linguaggio scientifico moderno, è quella greco-romana, erede della babilonese e in parte dell'egizia: ci riferiremo prevalentemente a essa in Planeta­ rio, non senza incursioni in al tre astromitologie orientali o p recolom­ biane per chiarire meglio certe figure celesti. Tuttavia il nostro viaggio nel cielo stellato non sarà limitato all'a­ stronomia perché attraverso i segni zodiacali sono stati tracciati nel passato simbolici itinerari nell'inconscio, allegorie del ciclo eterno della manifestazione e del suo riassorbimento nel non manifestato e infine si sono tratti oroscopi e pronostici. Questo libro è la seconda parte di un progetto che s'intitolerà, pa­ rafrasando Plinio il Vecchio, Storia dell'immaginario, un affresco che dall'epoca arcaica giungerà fino ai nostri giorni, descrivendo e spie­ gando in tutte le sue sfaccettature quel patrimonio mi tico-simbolico che è nato dalla contemplazione di piante, stelle, animali, acque, pie­ tre preziose e forme geometriche, ma che potrebbe svanire dalla me­ moria dei popoli europei con conseguenze irreparabili per la nostra cultura e civiltà. Soltanto mantenendo viva questa memoria ci è pos­ sibile, infatti, comprendere e interpretare sia le nostre feste e usanze sia le opere artistiche e letterarie che altrimenti diventerebbero per tanti aspetti mute e incomprensibili, come già accade ai non speciali­ sti. Si pensi, per quanto riguarda il tema di questo libro, ai continui riferimenti astronomici e astrologici di cui sono intessute le opere

4

Plallelario

letterarie antiche, medievali e moderne. Ne è un esempio la Comme­

dia dantesca, qui ampiamente citata. Ma non si tratta soltanto di compiere un viaggio nella nostra tra­ dizione astromitologica per restituirne l'autentico significato, spesso stravolto da in terpretazioni riduttive. La si deve anche reinterpreta­ re per coglierne le valenze profonde, soprattutto per mostrare come essa s' ispiri a una visione sacrale del cosmo, dove ogni fenomeno non è se non una manifestazione dell'Uno da cui tutto deriva e su cui tutto si fond a . Se perdessimo anche questa sacra memoria, il mondo si ridurrebbe a un insieme di fenomeni quan tificabili e misu­ rabili. Il Sole, per esempio, può e deve essere descritto scientifica­ mente: ma esso è anche simbolo di qualcosa che lo trascende, ci par­ la dunque dell'Altro, come del resto la Luna e come tutte le stelle e i pianeti ai quali molti popoli e generazioni hanno dato i nomi che ci sono pervenuti. Per questi motivi alcuni miti vengono rivisitati più volte nel corso del libro, con qualche voluta ripetizione per paterne isolare di vol ta in volta gli elementi simbolici ada tti a una costella­ zione specifica senza costringere il lettore a tornare indietro: così av­ viene per esempio per quello del Cigno Zeus e di Leda, o Nemesi, che appare via via nei Gemelli, nel capitolo sulla Luna e infine nel Cigno. II nostro viaggio nel cielo notturno si svolgerà con l'ausilio del so­ lo occhio nudo, come facevano gli antichi, perché ci interessano le costellazioni, gli astri e i pianeti come essi appaiono senza strumenti scientifici, anche se ultimamente sono state scoperte alcune tavolette assire, dove si parla di lenti incastonate in tubi d'oro per «dilatare la pupilla» . Ci si riferirà ovviamente ai corpi celesti classici che hanno ispirato il nostro immaginario collettivo. Tuttavia si sono aggiunti alcuni pianeti scoperti in tempi relativamente recenti -Nettuno, Plutone, Urano- perché utilizzati dall'astrologia contemporanea, e due costellazioni -la Croce del Sud e la Chioma di Berenice -, la pri­ ma perché, pur senza quel nome, era già popolare nel Medioevo, co­ me testimonia fra gli altri Dante, e la seconda perché, pur inserita soltanto nel XVI secolo negli atlanti stellari, era già conosciuta e de­ scritta nel III secolo d.C. Le altre costellazioni, classificate a partire dal Rinascimento, sono state raggruppate in un'unica parte perché non hanno ispirato miti, simboli, feste o usanze significativi: tuttavia ci siamo particolarmen­ te soffermati su quelle di loro che hanno assunto nomi di animali mitologici, come la Fenice o l'Unicorno. Ogni capitolo è illustrato dalle immagini delle costellazioni con le

Prcjazio11e

5

loro stelle principali e dai geroglifici di pianeti e segni zodiacali in modo che il lettore possa orientarsi più facilmente in questo viaggio virtuale nel firmamento. Due mappe dell'emisfero boreale e australe completano le illustrazioni. Un glossarietto finale sarà poi di valido sussidio per chi non ha dimestichezza con i termini più usuali dell'astronomia e dell'as tro­ logia. Questo libro in treccia mitologia e simbologia, storia delle religio­ ni, tradizioni popolari e letteratura, astrologia e as tronomia. L'ul ti­ ma disciplina l'ho praticata soltanto da dilettante, sicché non avrei mai potuto scrivere le pagine che seguono se non fossi stato consi­ gliato dall'astronomo Giorgio Buonvino, che ringrazio per i pazienti suggerimenti e controlli. Viterbo, sotto la luce dei Gemelli nel gcn11aio del1998

STORIA DEL CIELO SIMBOLICO E DEL CIELO REALE

Chi si manifesta sulla scena del cielo notturno? Si tratta soltanto, co­ me si dice oggi nel linguaggio astronomico, di corpi celes ti, nebulo­ se, quasar, buchi neri, galassie? Oppure le luci che brillano lontanis­ sime celano misteri che sfuggono a telescopi, sonde e astronauti? E ancora: quegli «astri>> possono concorrere a formare il nostro caratte­ re? Sono in grado di influenzare la nostra vita? Sono segni, simboli, manifestazioni sensibili del non manifestato? Le civiltà del passato, dall'America all'Estremo Oriente, vi hanno immaginato dei ed eroi, potenze cosmiche o semplicemente stru­ menti e segni della volontà divina. Così avvenne in Mesopotamia, dove si cominciò a studiare sistematicamente il cielo inventando molte costellazioni che sarebbero poi state adottate in Occidente. La cura con cui lo si osservava nasceva dalla convinzione che i «piane­ ti>> allora conosciuti fossero manifestazioni delle principali divinità del pantheon sumero orbitanti nella fascia delle costellazioni zodia­ cali, detta la via di Anu, corrispondente al nostro Urano e delimitata da quelli che noi chiamiamo tropico del Cancro e tropico del Capri­ como. Osservare i corpi celesti significava per i Sumeri conoscere la volontà degli dei. Tale concezione derivava da una visione teologica secondo la quale tutto l'universo è governato da una legge che è emanazione o materializzazione della divinità. La legge, col sapere che essa racchiude, viene rivelata agli uomini dalla divinità che si manifesta in diverse forme: per questo tutto ciò che è sulla Terra o nell'universo, dal fenomeno più grande al più piccolo, è immagine del dio o delle sue manifestazioni parziali. Tutto è immagine specu­ lare di tutto. «Tutto>> significa l'intero universo con i suoi fenomeni

8

Planetario

grandi o piccoli, lo spazio, il cielo e le sue parti, i corpi celesti e la Terra con quel che essa alberga. Ogni essere o oggetto appartiene al­ la sfera d'infl uenza di una divinità, sicché il cosmo è un'immensa fo­ resta d i corrispondenze fra astri, pianeti, elementi, stati dei corpi, umori, temperamenti, piante, minerali, pietre preziose, animali. In questo libro si è voluto offrire un esempio di tali corrispondenze nel rapporto fra segni, pi etre preziose ed essenze.

La nascita dell'astrologia in Mesopotamia L'astrologia, così come la conosciamo, è nata in Mesopotamia tar­ di, non prima dell'VIII secolo a.C. Quella antica era invece divinazio­ ne astromantica, basata sulla convinzione che la divinità preannun­ ciasse il futuro mediante segni che spettava alla mantica riconoscere e interpretare. Secondo le testimonianze delle tavolette in scrittura ba­ bilonese o assira cuneiforme, che risalgono probabilmente a un'opera anteriore al VII secolo a.C., chiamata convenzionalmente Enuma Anu­ Enlil, dov'erano raccolte osservazioni sulla Luna, il Sole e gli altri pia­ neti, si aspettava per esempio il novilunio o un'altra fase lunare per osservare se la luce della Luna fosse debole o fortemente cangiante, rossiccia o candida, e quindi se ne traevano auspici. Se ne studiavano anche le eclissi e gli aloni; e lo stesso avveniva per il Sole e gli altri pia­ neti. Poi si facevano predizioni che in genere riguardavano grandi eventi: tempeste, inondazioni, epidemie, i raccolti futuri o il destino del sovrano. Si osservavano anche i movimenti e i rapporti reciproci dei corpi celesti, ma non vi era ancora alcun riferimento alle posizioni e ai movimenti planetari: per poi assumere il significato traslato di «circolo delle figure celesti>>. Inizialmente, infatti, i dodici segni zodiacali greci, descritti da Arato, avevano tutti l'aspetto di animali o di parti di animali; poi, nel I secolo a.C., si restaurò l'antica figura babilone­ se, inanimata, della Bilancia, ricavata dalle Chele dello Scorpione. Anche il resto del firmamento era popolato prevalentemente di figu­ re animate, tant'è vero che su quarantotto costellazioni classiche sol­ tanto otto erano inanimate: Altare, Nave Argo, Corona Boreale, Co­ rona Australe, Cratere, Freccia e Triangolo Boreale. Quanto alla Lira, era un ibrido, poiché si presentava incorniciata da un rapace, identi­ ficato con un'aquila oppure con un avvoltoio. Lo zodiaco era ed è una fascia che taglia l'equatore celeste con un angolo di 23°27' (ma subisce una variazione secolare, attualmente in diminuzione, di quasi mezzo secondo all'anno) e sta per metà a nord e per metà a sud dell'equatore stesso. Presenta un'oscillazione lentissima con un periodo che copre centinaia di secoli, tuttavia l'o­ bliquità rimane sempre compresa fra 21 o e 28°. La sua linea mediana - l'orbita apparente del Sole - si chiama eclittica, dal greco kriklos ek­ leiptik6s, «cerchio dell'eclissi>>. Il nome deriva dal fatto che le eclissi si verificano quando Terra, Luna e Sole sono allineati, ovvero quan­ do la Luna viene a trovarsi con la Terra e il Sole nel piano dell'eclitti­ ca; la quale è dovuta all'inclinazione dell'asse terrestre che crea l'on­ da zodiacale del tempo «coi due frangenti solstiziali e le due risacche equinoziali>>_ lO L'inclinazione determina le stagioni, le piog­ ge, il caldo e il freddo: è la chiave del tempo circolare, del serpente Uroboros. Non casualmente, com'è stato osservato, il Cristo sulle icone e il Buddha nelle statue benedicono divaricando medio e indi-

Storia del cielo simbolico e del cielo reale

17

ce con un angolo che corrisponde all'incirca a quello a ttuale dell'e­ clittica. E non casualmente si usa portare il cappello «sulle ventitré>>, sebbene popolarmente si spieghi questa consuetudine sostenendo che sarebbe nata quando s'inclinavano con quell'angolo le sue falde per riparare gli occhi dai raggi del sole prossimo a calare sull'oriz­ zonte: per capire questa espressione occorre rammentare che nel Medioevo le ventiquattro ore del giorno si calcolavano da tramonto a tramonto. L'intero universo era racchiuso dalla sfera delle stelle fisse che ruotava con moto uniforme da oriente verso occidente attorno al­ l'asse del mondo; la durata della sua rotazione era definita , detta caduta. Per esempio il Sole è in trono nel Leone, in caduta nella Bilancia, in esilio nell'Acquario, in esaltazione nell'Ariete. Le sette orbite dei pianeti classici si svolgevano a livelli diversi, dai quali si ricavò l'immagine di un monte o di un cono. Il livello in­ feriore e più ampio era quello di Satumo mentre il più alto e stretto apparteneva alla Luna; ora, con l'inserimento dei tre nuovi pianeti, i livelli inferiori e più ampi appartengono rispettivamente, in ordine decrescente, a Plutone, Nettuno e Urano. Quella lettura del cielo si rifletté sino al Medioevo in ogni scienza. Persino la suddiv isione delle scienze tradizionali in Trivio e in Quadrivio, rispettivamente lo studio delle scienze inferiori e superiori, si basava sull'immagine della rotazione dei pianeti. Le due ultime e più elevate scienze del Quadrivio erano, non a caso, la musica e l'astronomia. L'antica dottrina dell 'armonia delle sfere ispirò anche la teoria musicale, secondo la quale le sfere erano le orbite dei sette pianeti che, percorrendo lo zodiaco, producevano suoni celestiali: a questo concetto s'ispira la scala delle sette note. Anche i colori erano attributi di un pianeta in virtù della sua azione divina: il nero apparteneva a Sa turno; il giallo a Giove; il ros­ so a Marte; la porpora, secondo un'ipotesi non provata di Winckler, al Sole, il cui attributo fra i metalli era l'oro; il bianco a Venere; il blu a Mercurio e il verde alla Luna, il cui attributo fra i metalli era l'ar­ gento.

Il simbolismo zodiacale e l'astrologia Lo zodiaco è suddiviso in dodici segni, in ognuno dei quali il Sole rimane convenzionalmente per circa un mese, cioè per 30°. Si tra tta tuttavia di una misura non soltanto convenzionale, ma anche appa­ rente perché la lunghezza reale sull'eclittica delle costellazioni che danno il nome ai non corrisponde a quella convenzionale dello zodiaco: per esempio il Toro è lungo 35° mentre lo Scorpione soltanto 7°. Inoltre \' eclittica taglia non dodici, ma tredici costellazio­ ni, perché tra Scorpione e Sagittario c'è Ofiuco, come si può consta­ tare da questa tabella (non si dimentichi che i 360° dell'eclittica co­ minciano con il punto vernale, che corrisponde all'equinozio di primavera): Ariete Toro Gemelli Cancro

da gradi

a

29

55

55

90 118

90 118 139

Leone Vergine Bilancia Scorpione Ofiuco Sagittario Capricorno Acquario Pesci

139 174 217 241 248 266 300 328 352

174 217 241 248 266 300 328 352 29

Osservando la tabella, si può constatare inoltre che i segni zodiaca­ li non corrispondono neppure alla posizione reale delle costellazioni nel cielo. Il punto equinozia le - il primo grado, quello in cui equatore celeste ed eclittica (l'orbita solare) s'intersecano - non si trova più nel segno dell'Ariete, ma nel segno dei Pesci che lo precede. Tale punto infatti si sposta a poco a poco lungo l'intera eclittica, a causa della mu tevole inclinazione dell'asse terrestre, e compie il percorso in circa 26 mila anni. Si tratta di un valore convenzionale, perché gli anni rea-

Lo spostamento dell'equinozio da/23. 820 a.C. a/2100 d.C.

Storia del cielo simbolico e del cielo renle

21

li di questo percorso variano secondo le perturbazioni del moto terre­ stre. Attualmente la precessione è calcolata in 50"26 ogni anno, un grado ogni settantadue anni. Si veda a p. 20 uno schema delle varia­ zioni approssimative dal 2 3.820 a.C. fino al 2100 d.C., che corrispon­ de al Grande Anno delle Pleiadi, detto poi Ann o Platonico,B cioè al ri tomo della stessa costellazione all'equinozio primaverile: Si può spiegare questo fenomeno con l'immagine di una trottola il cui asse inclinato si sp osti lentamente descrivendo un cerchio. «Chiunque abbia giocato col giroscopio» spiega Giorgio de Santilla­ na > 1 7 La concezione stoica dell'astrologia era già stata criticata da Dio­ gene di Babilonia (238-150 a.C.), che aveva ristretto il campo d'inda­ gine di questa disciplina all'oroscopo individuale, inteso come una serie di previsioni congetturali basate sul profilo del temperamento. In un'analoga prospettiva si sarebbe situato Claudio Tolomeo col suo testo Tetrabiblos, ovvero Le previsioni astrologiche, nel quale consi­ derava l'astrologia come un'arte congetturale, applicazione pratica dell'astronomia, che evidenziava soltanto le inclinazioni dell'indivi­ duo basandosi sul tema natale delineato dal cosiddetto oroscopo (dal greco orosc6pos, composto da 6ra, scriveva trionfalisticamente al-Kindi nell'XI seco-

28

Pla11etario

lo > pre­ cisava «resta tuttavia nella potestà della volontà seguire o rifiutare le passioni . . Sapiens homo dominatur astris>>.25 L'uomo saggio domina gli astri, che inclinant sed non necessitant. Sulla sua scia Dante faceva dire al tomista Marco Lombardo nel .

Purgatorio: Voi che vivete, ogni cagion recate pur suso al cielo, pur come se tutto movesse seco di necessitate. Se così fosse, in voi fora distrutto l ibero arbitrio, e non fora giustizia per ben letizia, e per male aver lutto. Lo cielo i vostri movimenti inizia, non dico tutti, ma, posto ch'i' 'l dica, lume v'è dato a bene e a malizia e libero voler; che, se fatica nelle prime battaglie col ciel dura, poi vince tu tto, se ben si notrica. A maggior forza ed a miglior natura liberi soggiacete; e quella cria la mente in voi, che 'l ciel non ha in sua cura. Però, se 'l mondo presente disvia, in voi è la cagione, in voi si cheggia;26

La disputa sull'astrologia continuò fra alterne vicende per il resto del Medioevo, durante il Rinascimento e nell'età barocca. Quanto al­ la Chiesa, la sentenza definitiva fu sancita con l'Indice dei libri proibiti

30

Pla11elario

( 1 596), dove si condannava l'astrologia divinatrice ma non la gene­

tliaca, cioè l'oroscopo individ uale, a patto che se ne sottolineasse il cara ttere congetturale, come spiegava anche papa Sisto V nella bolla Coeli et terrae del 1586. Ma a reprimerla nell'età moderna non furono tanto le ostilità di carattere religioso, che ogni tan to affioravano, quanto l'affermarsi della nuova scienza sperimentale secentesca e della filosofia carte­ siana e baconiana che ripudiavano tutto ciò che non era inseribile nella loro visione della realtà, confinandolo nel ghetto delle . L'ostracismo dei nuovi scienziati e dei governanti che ne seguivano i consigli fu più persecutorio di quello della Chie­ sa, tant'è vero che Colbert, istituendo nel 1 666 l' Académie des Scien­ ces, proibiva agli astronomi l'insegnamento dell'astrologia e in un decreto reale del 1 682 vietava la pubblicazione di almanacchi as tro­ logici. Nessuno s'immaginava allora la resurrezione nel secolo XX dell 'astrologia, soprattu tto di quella genetliaca che è stata usata e praticata anche da psicoanalisti come Cari Gustav J ung. Ma siamo ormai giunti alla cronaca contemporanea che in questa sede non in­ teressa.

L'astronomia moderna e le nuove costellazioni L a progressiva affermazione della rivoluzione eliocen trica coper­ nicana, che s'impose definitivamente con Keplero e Galileo, non mo­ dificò il linguaggio corrente su astri e pianeti, tant'è vero che ancora oggi noi continuiamo a dire che il Sole «sorge,, o . D'al­ tronde dal nos tro punto di vista terrestre il Sole e le al tre stelle, così come i pianeti, continuano a ;

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Le stelle di Orione

80

Planetario

In India Isus Trikanda significava «le tre frecce legate insieme>> . In Groenlandia le tre stelle si chiamavano Siktut, , perché una leggenda narrava che prima del trasferimento nel cielo erano stati tre cacciatori dispersi durante una caccia. Più poetica­ mente gli aborigeni australiani le chiamavano , poiché si ripetev a . A sua volta l'anno con un giorno in più \'enne de tto bisextilis, «bisestile». Ma il calcolo dell'anno solare in 365 giorni e 6 ore non era esatto, perché in rea ltà è di 365d 5h 48' 46",98. La differenza era di 1 1 '13",2. Ciò provocava ogni 128 anni il conteggio di un giorno in più, facen­ do così retrocedere l'equinozio di primavera come d'al tronde il sol-

140

PitJ IIeta rio

stizio d'inverno. Si pensi che nel secolo XVI quest'ultimo si era spo­ stato all'H dicembre. Fu necessaria un'ulteriore riforma, che papa Gregorio XIII attuò nel 1 582, ristabilendo l 'equinozio reale e decretando che, fra gli anni secolari, fossero bisestili soltanto quelli perfettamente divisibili per 400, per esempio il 1 600 e il 2000. Ma nemmeno il calendario gregoriano è perfetto; infatti recenti calcoli hanno accertato che l'anno tropico è di giorni 365,242.214 con una diminuzione di 61 decimilionesimi di giorno ogni cento anni ri­ spetto al nostro anno legale; sicché periodicamente si dovrà correg­ gere lo scarto accumulato.

Il Sole nella teologia cristiana Come si è già accennnato a proposito della Luna, i primi cristiani, pur rifiutando la eliolatria pagana, cominciarono un lento processo di cristianizzazione di Elio. Scriveva nel II secolo Clemente Alessan­ drino: « Una l uce brillò dal cielo su di noi, che eravamo seppelliti nelle tenebre e chiusi nell 'ombra della morte, una luce più pura del Sole, più dolce della vita di quaggiù. Quella luce è la vita eterna, e ciò che partecipa di essa vive; ma la notte teme la luce e nasconden­ dosi per la paura lascia il posto al giorno del Signore: l'universo è di­ ventato luce insonne e l'occidente si è trasformato in oriente. Questo è ciò che ha voluto dire "la nuova creazione": giacché " l'Elio di giu­ stizia" che cavalca l ' universo percorre in modo eguale tutto il genere umano, imitando il padre suo che "fa sorgere il suo Sole su tutti gli uomini" e sparge su di essi la rugiada della verità . Egli trasformò l 'occidente in oriente e crocifisse la morte in vita , . 2o Non diversamente Ilario d i Poitiers scriveva nel IV secolo che il Logos, il Cristo, era simboleggiato dal Sole: >. Indossando una maschera da falco, si avvicinava lentamente alla mummia del morto e, afferrato un picco­ lo strumento tagliente di ferro meteoritico, disegnato come l'ascia ri­ curva di un falegname, colpiva o tagliava la bocca del re-Osiride in modo da aprirla. I quattro «figli di Horo», cioè i nipoti del defunto, compivano poi lo stesso rito usando delle dita fatte egualmente di ferro meteoritico. Proprio in virtù delle qualità celesti di quel ferro, detto bja, gli Egizi attribuivano al rito la capacità di evocare la magia necessaria per l'ascesa dell'anima verso le stelle. La cerimonia si svolgeva al solstizio d'estate nella Grande Piramide di Giza, dove il condotto meridionale della camera del re era orientato nel 2450 a.C., data della costruzione del monumento, sulla Cintura di

Il Leone e i Cani

1 49

Orione, e precisamente sulla stella più meridionale, Alnitak, mentre quello della camera della regina lo era su Sothis-Sirio. Il condotto set­ tentrionale della camera del re era a sua volta orientato sulla stella po­ lare, che allora era Thuban, nella costellazione del Drago, come si spiegherà nel capitolo dedicato alle Orse. Infine il condotto settentrio­ nale della regina lo era su Kochab (/3 Ursae Minoris). Le stelle polari o circumpolari permettevano di de terminare, co­ me un orologio stellare, la posizione esatta delle altre stelle. A loro volta le quattro che disegnavano la testa dell'Orsa Minore simboleg­ giavano l'ascia usata da Horo nella cerimonia dell'apertura della bocca del faraone morto. Nei Testi delle Piramidi lo strumento è chia­ mato . Upuaut era il dio sciacallo che «apriva le vie>>, rappresentato nello zodiaco egizio di Denderah. Come hanno osservato Bauval e Gilbert, i condotti settentrionali della Grande Pi­ ramide disegnavano con le loro oscillazioni di percorso la forma del­ la sacra ascia.36 Un'ultima curiosità, che forse andrebbe interpretata come una cri­ stianizzazione del culto astrale di Osiride: in Occidente la X era il se­ gno rappresentativo che gli astronomi avevano adottato per la co­ stellazione di Orione, ricorda Charbonneau Lassay « disposte a forma di X sembravano iscrivere in punti rutilanti di fuoco - nel cielo stesso - la cifra del Signore>>. Come si rammenterà, il monogramma del Cristo era formato da un simbolo dove una l, iniziale di Iesous, era sovrapposta a una X, iniziali greche del nome di CristoY ·

Il Cane Minore

Tolomeo chiamava Procione il Cane Minore (Canis Minor), dandogli il nome della sua stella più splendente. Il suo nome greco, Prokyon, che significa «prima del cane>>, deriva dal fatto che in effetti sorge prima (pr6) del Cane (k}'on) Maggiore, essendo la sua costellazione situata fra i Gemelli e il Cancro, anche se poco più a sud. Insieme con Sirio (nel Cane Maggiore) e Betelgeuse (in Orione) forma un triangolo equila tero con la pun ta rivolta a meridione, ben visibile nel cielo. Successivamente la costellazione venne detta Antecanis, Antece­ dens canis, Antecursor, Praecanis, Procanis. Vitruvio la chiamò Ca­ nis Septentrionalis poiché si trovava più a nord rispetto al Cane Maggiore; Canis Parvus in rapporto alla sua lucentezza; Canis Pri­ mus poiché sorgeva prima dell'altro; e infine, per la prima volta nel-

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Il Cane Minore di Middleton

la storia dell'astronomia, Canis Minor in rapporto alla magnitudine di Sirio: nome che è diventato ormai canonico. Gli Arabi la chiamavano sia Al Kalb as Asghar, > e , e in senso traslato «la Luna» . In molte favole essa è l'an tagonista irriducibile del Leone, che notoria­ mente è un animale solare.42 Una leggenda buddhista narra che un giorno il futuro Buddha, assunte le sembianze di una lepre, uscì dalla tana per brucare del­ l'erba kusa, usata nelle cerimonie. Mentre se ne stava sdraiato nei ce­ spugli fece qu esta riflessione: «Non posso certo offrire dell'erba se qualche mendicante si presenterà davanti a me; d'altra parte io non ho né sesamo né riso né altro; se verrà un mendicante gli offrirò la carne del mio stesso corpo>>. Udendo quelle parole virtuose, il dio Sakka decise di mettere alla prova la lepre presentandosi nelle sem­ bianze di un bramano-t3 che chiese del cibo perché, avendo appena finito di osservare il digiuno, era affamato e non poteva dedicarsi al­ le pra tiche ascetiche. «O bramano>> gli rispose l'animale «hai fatto bene a venire da me in cerca di cibo: io oggi ti farò un dono che non ho mai fatto prima d'ora. Tu però che pratichi la virtù non puoi mac­ chiarti di un delitto. Quindi, amico, va' a raccogliere la legna e quan­ do avrai fatto un fuoco avvertimi: io sacrificherò me stessa e mi get­ terò tra le fi amme, così tu potrai mangiare la carne quando il mio corpo sarà cotto e poi dedicarti ai tuoi doveri di asceta>>. Il dio fece comparire magicamente un mucchio di carboni ardenti dove la lepre si gettò come un'oca reale che si posi su un mazzo di fiori di loto. Ma il fuoco non riuscì a scaldare nemmeno i pori del corpo del futuro Buddha. Egli allora si rivolse al dio: «Bramano, il fuoco che tu hai acceso è troppo freddo, non riesce nemmeno a scaldarrni i pori. Che significa tutto ciò?>>. «O saggio>> rispose il dio «io non sono un bra­ mano; io sono Sakka e sono venu to per metterti alla prova . >> «O Sakka, se oltre a te tutti gli abi tanti della terra volessero mettere alla prova la mia generosità, non mi troverebbero mai esitante nel prati­ carla. » Così dicendo il futuro Buddha fece un grido di esultanza si-

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mile al ruggito del leone. Allora i l dio disse: >.8

Iside come Vergine Dall'altra parte del Mediterraneo, in Egitto, si venerava una dea che teneva in braccio un fanciullo: era Iside, la sorella-moglie di Osi­ ride che, dopo aver ricomposto il corpo del dio straziato da Seth, co­ me si è narrato nel capitolo precedente, gli aveva generato Horo. lside veniva raffigurata talvolta alata e velata, mentre dal suo ca­ po sbocciava un loto, simbolo dell'illuminazione. Nella mano destra teneva il sistro, a significare il suono, la parola, e nella sinistra un ac­ quamanile, per allud ere alla sua funzione di distributrice di acqua fecondante ovvero di vita nuova. Stringeva in mano spighe di gra­ no, emblema del ciclo perenne di vita-morte-vita, fiaccole (che allu­ devano alla luce spirituale di cui era dispensatrice) e serpenti, an­ ch'essi collegati al ciclo di vita-morte-resurrezione; infine lo scrigno mistico dell'iniziazione. Talvolta la si rappresentava con Horo bam­ bino fra le braccia, secondo un topos figurativo che sarebbe poi stato adottato per la Madonna cristiana ." Negli zodiaci di Denderah e Tebe la Vergine veniva rappresentata con ali e aveva tra le mani un oggetto simile a una conocchia. Secondo Eratostene e Avieno la si doveva identificare proprio con Iside: tesi che tuttavia non si conciliava con la tradizione astromitologica greca e nemmeno con la egizia, che privilegiava Siria come stella di Iside.

Demetra e Persefone, ovvero la Grande Madre La Vergine fu identificata anche con Demetra e con la figlia Per­ sefone che era stata rapita da Ade e condotta negli inferi. Il rapimen­ to permesso da Zeus aveva suscitato l'ira di Demetra, la quale non consentì più che maturassero i frutti sulla terra finché non le fosse stata restituita la figlia. Preoccupato per la sorte degli uomini, Zeus inviò Ermes presso Ade perché Colui che regnava sui morti liberas­ se Persefone. E il dio degli inferi obbedì. Quando Demetra poté finalmente riabbracciarla, venne pervasa da un p resentimento. le domandò >. Cor­ nelio Agrippa scriveva che, quando viene esposto al sole, sembra una stella che fortifica lo spirito. Avrebbe la virtù di alleviare le sof­ ferenze degli asmatici; e, se posto sul braccio sinistro, d issolverebbe per incan to incubi, visioni e fantasmi della mente res tituendo il buon senso. Si dice che induca a pentirsi delle colpe commesse e do­ ni allegria a chi lo porta. Il Liber lapidum sostiene che, applicato sulla lima tura d'oro e levigato, protegge contro i timori notturni. Forato, infilato in un crine d'asino e legato al braccio sinistro vincerebbe tut­ ti i demoni. A sua volta il lapidario Sulle pietre spiega che le donne, portandolo, diventano attraenti: «Incidi dunque un'Afrodite e por­ tala dopo averla consacrata. Procura grandi favori>>. Posto sul plesso solare, poco sopra l'ombelico, svolge un'azione disintossicante e rivi talizzante, stimola la funzionalità del fegato, della milza, del pancreas e della cistifellea, e promuove il metaboli­ smo nel suo complesso. È u tile anche nel caso di disturbi della pelle. Infine, allentando le tensioni di questo plesso, favorisce gli sforzi per trovare moderazione negli impulsi emotivi. Adatto ai nati nel segno della Bilancia è anche il crisoprasio, un calcedonio: minerale di origine secondaria, si forma per l'azione del­ le soluzioni di acido silicico nelle aree di ossidazione dei giacimenti di nichel. Quest'ultimo conferisce al minerale la sua tipica colorazio­ ne verde mela che dura fino a quando l'acqua è presente nel reticolo cristallino della roccia. Quando è completamente disidratato, il cri­ soprasio perde la sua colorazione verde e si schiarisce. Il suo nome in greco (chrys6prasos) significa > scrive Platino «essi risalgono al ricordo di quella superiore, amano quella soltanto come immagine dell'altra; ma quando non hanno questa reminiscenza, poiché ignorano la loro passione, immaginano che la bellezza terrena sia quella vera. Finché sono temperanti, il lo­ ro attaccamento alla bellezza terrena non è colpa; è colpa invece il degradamento nel piacere sessuale.» n Afrodite è , poiché è situata al centro della testa dell'animale. La terza è Jr (di magnitudine 2,89).

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Il simbolismo astrologico dello Scorpione Come si è già spiegato, nello zodiaco greco lo Scorpione si esten­ deva anticamente fino ai piedi della Vergine: poi fu div iso in due, e le stelle delle sue chele furono destinate alla costellazione della Bi­ lancia.

Il geroglifico dello Scorpione

La vicinanza con la Vergine si riflette anche nei rispettivi simboli: entrambe hanno in comune la emme maiuscola, che nello Scorpione finisce in una codina a freccia o a dardo. La lettera emme, come si è già spiegato a proposito della Vergine, simboleggia l'Acqua primor­ diale da cui tutte le cose sono scaturite, mentre la freccia allude alla morte, alla sofferenza, a una ferita. La emme maiuscola frecciata simboleggia dunque il ritorno allo stato primordiale attraverso la sofferenza e la morte. Lo Scorpione è l'ottavo segno dello zodiaco, segno di acqua; si trova al centro del trimestre autunnale, nell'epoca in cui cadono le foglie !' si cel ebra la Commemorazione dei defunti: è il ritorno al caos nell'attesa della prossima rinascita primaverile. E simbolo di un processo di fermentazione, di putrefazione e disgregazione. Non a caso i Celti celebravano il l o novembre una delle loro feste più im­ portanti, il Samuin, che segnava la fine e l'inizio della stagione agri­ cola: capodanno della natura, fine di un ciclo e inizio di un altro. Chi meglio dell'animale nero, che fugge la luce e ama vivere nascosto, pronto a ferire col suo dardo velenoso, avrebbe potuto rappresenta­ re questo .? Il tipo dello Scorpione ha un temperamento bilioso, travagliato dalla dialettica fra aggressività ed erotismo, fra tensione verso il su­ blime da un lato e verso J' istintività dall'altro, fra distacco dalle cose e attaccamento a esse: è la dominante a far pendere la bilancia. Sul crinale, che divide la dimensione razionale da quella prera­ zionale, il tipo dello Scorpione difficilmente riesce ad armonizzare i due aspetti della sua psiche. scrive la Senard «che porta a scosse psicologiche e a rovesciamenti del destino attraverso eruzioni esplosive . . . Nonostante la sua prudenza e la perfetta lucidità della sua coscienza, lo Scorpione, a causa della rottura dell'equilibrio de­ gli elementi del suo psichismo in fermentazione, si trova in certi mo­ menti del suo destino in situazioni che non ha voluto né previs to .»8 Se tuttavia riesce a trionfare sul subconscio, non soltanto può attin­ gere le sue energie spirituali dal mondo dell'invisibile, ma anche fa­ re affiorare ciò che è celato, cooperare al passaggio dall'inferiore al superiore: come un alchimista. Lo Schiller nel suo cielo cristianizzato volle trasformare lo Scor­ pione nell'apostolo san Bartolomeo che finì, come si sa, scuoiato.

Le pietre preziose e le essenze dello Scorpione A chi è nato sotto il segno dello Scorpione, domicilio diurno di Marte ma anche di Plutone, si addicono gemme che vanno dal rosso scuro al bruno rossiccio, come per esempio il diaspro rosso, un quar­ zo compatto nel quale sono presenti sostanze silicee e che stimola la circolazione dell'energia nell'organismo, rafforza il coraggio nell' af­ frontare compiti poco graditi e favorisce un'idole combattiva e tena­ ce. La sua energia può influenzare addirittura la regolazione del me­ tabolismo, aumentando anche la sicurezza fisica. Lo si deve porre all'altezza del fegato e della milza oppure tenerlo in mano. Nel lapi­ dario greco Sulle pietre si rammenta che è utile portarlo su di sé quando si arano i campi perché propiziando la pioggia. Per lo Scorpione sono adatti anche i granati rossi : hessonite, piro­ po, spessartite e avventurina rossa. Posti nella zona del cuore, favo-

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riscono uno stato di spensieratezza e coraggio. Da questa zona, del­ ta plesso cardiaco, la vibrazione del granato giunge fino ai polmoni favorendone la funzionalità. L'opale di fuoco, giallo-rosso, che deve il suo colore alla presenza di ferro, è indicato per recuperare energia. Stimola gli organi sessua­ li e le ghiandole surrenali. Favorisce la rapidità di pensiero e rende dinamici. Ha un'azione potente se viene applicato sulla regione pu­ bica. L'arlecchino invece, che, detto anche , ha tutti i colori del­ l'arcobaleno, non soltanto po tenzia la mente e la memoria ma favo­ risce anche la facoltà di emettere divinazioni in chi possiede questo potere, purché lo si applichi alla radice del naso, tra le sopracciglia. Il lapidario Sulle pietre sosteneva che allontanasse i malefici: creden­ za che si ritrova nel Medioevo, come testimonia un'usanza diffusa all'epoca delle Crociate, quando le dame ne facevano dono ai cava­ lieri in partenza affinché portasse loro fortuna durante le battaglie. Ma si eviti di farlo cadere perché si spacca facilmente e la rottura, si ammonisce, sarebbe funesta. Adatto allo Scorpione è il corallo rosso, che non è un cristallo ma la stratificazione di materiale scheletrico di microscopici organismi marini. I Greci narravano che Perseo, quando volle purificarsi le ma­ ni in � nguinate per l 'uccisione della Gorgone, posò per qualche istant�a terribile testa su una pietra della riva dalla quale colò del sangue che colorò un'erba marina tramutandola in una pietra pur­ purea. Da allora tutte le piante della medesima specie si pietrificano diventando rosse. Il suo colore lo apparentò al sangue, simbolo della vita, sicché fu facile attribuire al corallo virtù apotropaiche. Gli antichi credevano che donasse equilibrio al corpo, rilassasse la mente e favorisse la cre­ scita di una personalità forte e stabile. Veniva portato anche dalle giovani coppie come protezione contro la sterili tà: un'usanza che ri­ sale all'antico Egitto, dove lo si sbriciolava nei campi per propiziare un raccolto abbondante e allontanare le locuste. Polverizzato in parti eguali con la perla, veniva usato per calmare le coliche e gli spasmi di vomito. Ridotto in polvere era considerato il rimedio migliore per curare le ferite provocate dagli animali mari­ ni. «l rametti, portati come amuleti dai bambini» scriveva Plinio il Vecchio «si crede abbiano un potere protettivo, e ridotti col fuoco in cenere e sorbiti con acqua, aiutano contro i dolori intestinali, della vescica e dei calcoli, così pure sorbiti nel vino o in presenza di feb­ bre, con acqua, procurano il sonno. »9

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Planclarin

Ancora oggi nel Meridione si usa portare un piccolo corno di co­ rallo rosso, talvolta anche benedetto, che dovrebbe preservare dalle disgrazie e dal malocchio. Nella cristianità, grazie al suo colore, è diventato anche il simbolo del sangue del Cristo, tant'è vero che lo si è usato, insieme con il ru­ bino, la cornalina e il diaspro sanguigno, per ornare i reliquiari della Croce. Nella med icina tibet>, non era quasi mai nominato perché si temeva di scatenare la sua collera: si preferiva designarlo con eufemismi, tra i quali il più fre­ quente era Plutone. La sua funzione di re degli inferi si addice perfettamente allo Scorpione, sicché gli astrologi moderni hanno assegnato al pianeta questo domicilio insieme con Marte. Lo si rappresentava barbuto e nudo su un trono, con una corona nera come la notte, uno scettro in una mano, a simboleggiare la sua signoria sul regno delle ombre, e una chiave nell'altra perché dal suo dominio nessuno poteva uscire. Così lo descriveva Seneca nella tragedia Ercole furioso: Con maestà terribile e crudele siede Pluto severo e tristo in fronte, ma non tanto però che non si mostri pur anche in parte simile a' fratelli e nato dal celeste seme. Il volto par essere di Giove, allora ch'egli spiega l'ardente fulmine, e l'oscuro regno cosa non ha che più tremenda sia d'esso, poich'al suo tremendo aspetto pa,nta ciò che altrui spavento porge. l O

Il pianeta, come il dio che l'informa, simboleggia l'energia vitale nel suo duplice aspetto, di vita e di morte, centrifuga e centripeta, le profondità delle tenebre interiori, gli strati più occulti della psiche. Apre la via alle immersioni nell'invisibile, alla scoperta di ciò che vi è celato, propizia metamorfosi e rinascite spirituali; ma dall'altro la­ to esprime anche tutte le potenze dell'aggressività distruttrice. Ofiuco

Vi sono alcune costellazioni collegate direttamente o indirettamente allo Scorpione, prima fra tutte quella di Ofiuco (Ophiucus), che da maggio a settembre si vede poggiare i piedi sul velenoso animale. La si rappresenta nelle sembianze di un uomo che tiene fra le mani un serpente e talvolta è anche avvolto dalle sue spire. Per questo motivo nei ca taloghi stellari odierni la si chiama anche Serpentario. Il nome deriva dal greco ofi6kos, tradotto nel latino anguitenens, ov­ vero .

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L'Ofiuco di Bayer

Si è già accennato al simbolismo solare d i questa costellazione, creata probabilmente verso il 3500 a.C. da chi poteva osservarla be­ ne alla latitudine di 35°, che corrisponde all'alto Eufrate: «In questa data» osserva Giuseppe Maria Sesti «Ofiuco era in opposizione al Sole durante la notte dell'equinozio di primavera, simbolicamente trionfando nella mezzanotte sui signori delle tenebre, rappresentati dallo Scorpione, che egli schiacciava con il piede, e dal Serpente, che teneva saldo fra le mani>>. Ma c'era un'altra coincidenza: osservando dal 35° parallelo le teste di Ofiuco e di Ercole le si vedeva cadere sul­ lo zenit in modo che «questi fratelli celesti si presen tavano uno nella zona nord del cielo e l'altro nella zona sud in posizione di comando e di conquista sulle forze dell'inverno e delle tenebre al tempo del­ l' equinozio di primavera».l l Chi era questo misterioso personaggio? Secondo l'opinione pre­ valente nell 'antichità era Carnabone (Karnabov), il re dei Geti che vivevano nella Tracia. Aveva accolto nel suo regno Tri ttolemo che, al servizio di Demetra, percorreva la Terra su un carro trainato da due

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draghi, per insegnare agli uomini la coltivazione del grano. Un gior­ no Carnabone decise di eliminare Trittolemo considerandolo perico­ loso per il suo regno. Ordinò di uccidere uno dei draghi in modo da impedirgli di fuggire col carro. Ma Demetra, che vegliava su Tri tto­ lemo, accorse nel momento in cui il suo protetto stava per essere uc­ ciso e, dopo averlo sistemato sul carro al quale aveva attaccato un nuovo drago, confinò il re fra gli astri infliggendogli la pena eterna di tenere fra le mani un drago.J2 Secondo un'altra interpretazione, preferita da Igino, si sarebbe trattato di Eracle-Ercole, rappresentato mentre sulle rive del fiume Sagaris stava uccidendo un serpente che massacrava gli abitanti e devastava i campi coltivati. Per ricompensa Onfale, la regina di quel paese, lo rimandò ad Argo carico di doni mentre Zeus lo incastona­ va nel cielo stellato. Ma vi era anche chi lo chiamava Triopa (Tri6pas), re di Tessaglia, il quale un giorno decise di demolire il tempio di Demetra perché gli servivano quelle pietre per completare il suo palazzo. Per punirlo del sacrilegio la dea gli inflisse la pena di soffrire eternamente la fa­ me; e alla fine della vita lo obbligò ad affrontare un drago che l'ucci­ se. Lo incastonò infine nel firmamento con un drago che lo stringe eternamente nelle sue spire. . Secondo il poeta alessandrino Polizelo di Rodi, Ofiuco sarebbe sta­ to Forbante (F6rbas), l'eroe tessalo della stirpe dei Lapiti che, spinto da una tempesta, approdò nell'isola dove un enorme drago, che aveva ucciso centinaia di abi tanti, aveva costretto i sopravvissuti a fuggire lontano dalla patria. Forbante non esitò nemmeno un minuto a mas­ sacrare il mostro insieme con tutte le belve che lo circondavano. Apol­ lo decise allora di premiarlo per l'eternità sistemandolo in cielo nelle sembianze di un uccisore di draghi. Gli astronomi invece erano inclini a vedervi Asclepio (Asklepi6s), che i Latini chiamarono Esculapio (Aesculapius), celebrato nell'inno omerico come , . Sulla sua nascita si narravano tanti miti. Secondo il più diffuso, Apollo aveva amato Coronide, la figlia del re tessalo Flegia; mentre era incinta del dio, la giovane aveva ceduto all'amore di un mortale, Ischi, figlio di Elato. Il dio, informato subito dell'accaduto da un cor­ vo, n uccise l'infedele. Ma quando Coronide già bruciava sulla pira funebre, Apollo fu preso dal rimorso e, prima che le fiamme ne con­ sumassero il corpo, con l'aiuto di Ermes strappò dalle sue viscere il bimbo ancora vivo.

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Così nacque Asclepio, che fu affidato al centauro Chirone per la sua educazione. Il giovinetto apprese così bene le arti del centauro che divenne un abilissimo chirurgo e un esperto di farmaci, tant'è vero che è considerato ancora oggi il leggendario padre della medi­ cina. Scoprì addirittura un rimedio che permetteva di resuscitare i morti: il sangue colato dalle vene della Gorgone che egli aveva rice­ vuto in dono da Atena. Utilizzando quello della parte destra, che era benefico, aveva restituito la vita a molti morti, fra cui Capaneo, Licurgo, Glauco, figlio di Minasse, e Ippolito, figlio di Teseo. Ma Ade, temendo che sconvolgesse l'ordine del mondo con quel rime­ dio, convinse Zeus a colpirlo con una folgore. Poi, pentito, lo resu­ scitò ponendo fra le stelle la sua immagine con un serpente fra le mani. Anche la presenza del r�le venne giustificata mitologicamente narrando che un giorno Asclepio stava riflettendo con una bacchetta in mano sul modo migliore per resuscitare Glauco, il figlio di Minas­ se e Pasifae, annegato in una giara colma di miele mentre stava inse­ guendo un topo. A un tratto un serpente tentò di salire sulla sua bac­ chetta, ma Asclepio lo uccise colpendolo ripetutamente con lo stesso legno. Poco dopo giunse un altro serpentello tenendo in bocca un'erba che pose sulla testa del primo facendolo tornare in vita. Poi i due rettili fuggirono abbandonando per terra l'erba mi racolosa. Asclepio la utilizzò subito per resuscitare Glauco. > 1 7 Eschilo invece sosteneva n e l Prometeo liberato che s i trattasse d i Eracle i n lotta non col Drago m a con i Liguri. L'eroe, dopo aver ru­ bato i buoi a Gerione, stava tornando dalla penisola iberica quando, attraversando il territorio dei Liguri, venne assalito dagli indigeni che volevano impadronirsi della mandria. Cominciò a combattere contro di loro, ma a un certo punto rimase senza frecce rischiando di essere ucciso dalla massa di gente che lo stava attorniando e già lo aveva ferito più volte. Allora s'inginocchiò, invocando il padre Zeus che, impietosito, fece apparire miracolosamente un mucchio di pie­ tre accanto a lui in modo da permettergli di cacciare i nemici. Infine

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il sovrano degli dei volle immortalare l'episodio nel cielo con la fi­ gura che ricorda quella battaglia. Areteo di Tegea congetturava che l'immagine astrale fosse quella di Ceteo, figlio di Licaone e di Megisto. Appoggiato su un ginocchio, tendeva le mani al cielo supplicando gli dei perché gli rendessero la figlia trasformata in Orsa. Si tratta di una variante del mito più cele­ bre, narrato più avanti nel capitolo sull'Orsa Maggiore, dove la pro­ tagonista si chiama Callisto. Secondo Egesianatte, un grammatico e storico vissuto nel II seco­ lo a.C. e autore dei Fenomeni, la figura rappresentava Teseo che solle­ vava la roccia di Terzene. Narrava un mito che Egeo aveva posto una spada sotto quella roccia ordinando a Etra, madre dell'eroe, di non inviare il ragazzo ad Atene prima che fosse capace di sollevare il masso e di riportare la spada al padre. Vi era poi chi vedeva in quella figura l'aedo trace Tamiri, che le Mu­ se non soltanto avevano accecato ma anche privato della sua arte per­ ché si era vantato di poter le vincere nelle gare poetiche. Se ne stava in ginocchio supplicando di restituirgli la vista e il talento poetico.lB «Secondo altri» scrive Igino «è Orfeo ucciso dalle donne della Tra­ eia per avere visto i misteri del venerabile Libero.» Questa interpre­ tazione può essere stata suggerita dalla vicinanza della costellazione della Lira, ispirata al mito del vate. Non poteva mancare in questa collana di interpretazioni anche Prometeo incatenato sul monte Caucaso. L'ultima leggenda lo identifica con Issione, di cui si è narrato nel capitolo «Nel segno della creazione e della resurrezione» a proposi­ to del mito dell'ariete dal vello d'oro.l9

Chi si cela dietro Ercole Arato descriveva la figura dell'Inginocchiato con il piede destro poggiato sulla testa del Drago e le braccia levate. La sua posizione era dunque rovesciata rispetto a quella disegnata successivamente negli atlanti astrologici. Inoltre l'Inginocchiato non teneva nella ma­ no la clava né stringeva nell'altra le teste serpentine di Cerbero. Ri­ sale soltanto al 1485, all'edizione veneziana delle Favole di Igino, la prima raffigurazione di Ercole con la clava e la pelle di leone che cer­ ca di abbattere un serpente attorcigliato a un albero. A sua volta, nel 1 603, l'astronomo Bayer disegnò nel suo atlante stellare l'eroe con la clava, la pelle di leone e in una mano un ramo carico di mele che al­ ludeva al mito del giardino delle Esperidi.

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Infine, nel 1690, Hevelius sostituì al ramo le tre teste di Cerbero raffigurate come tre serpenti, la cui cattura fu l'ul tima fa tica dell'e­ roe: Euristeo gli aveva imposto di portargli dagli inferi il cane dalle tre teste. Ade gli concesse il permesso, a patto che riuscisse a do­ marlo rivestito semplicemente della corazza e della pelle di leone. L'eroe attaccò Cerbero afferrandogli il collo fra le mani e, benché la coda del cane, che terminava con un dardo simile a quello dello scorpione, lo avesse trafitto più volte, riuscì infine ad avere la me­ glio su di lui. Questa lunga storia dimostra come in realtà poco sapessero i Gre­ ci del gruppo di stelle divise in Mesopotamia fra tre costellazioni: Gli dei alzati di Ekur ( er e 17 Herculis), Gli dei seduti (E, 1t e 8) e Il cane (parte inferiore di Hercules). Ma torniamo al mito greco. L'eroe, af­ frontata la mostruosa belva Tiamat, ovvero la creatrice originaria di un universo ancora caotico, la divideva in due parti, simboleggiate nel cielo dal Drago a nord e dall'Idra a sud, edificando con il suo corpo l'universo di cui separava le due metà tramite «l'argine cele­ ste», lo zodiaco. Quindi costruiva la struttura di tutto il cosmo, crea­ va la Terra, i grandi astri, gli uomini, le piante. 20 A ricordare nel cielo simbolico quell'episodio, Marduk era raffi­ gurato in posizione rovesciata rispetto all'attuale figura, nell'atto di schiacciare la testa della costellazione del Drago, per significare la sua > ha scritto Barbault «consistente nel donare se stessi, nell'andare verso gli altri, e nel trasferire lo slancio vitale dell'Io sull'universo circostante pur aprendosi agli istinti di possessività. Tale tendenza porta a dilatare la personali tà, a trarre profitti, ad avere successi materiali, affettivi, sociali, in sintonia o in

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sirnbiosi col proprio ambiente.)) l4 Tu ttavia queste tendenze possono causare un'ipertrofia dell'io, un delirio di grandezza. A Giove è assegnato il colore giallo che, come s'è detto, viene an­ che attribuito al Sole. La Corona Australe

Anticamente la Corona Australe (Corona Australis, detta anche Coro­ na Austrina), situata fra le zampe del Sagittario, doveva formare con esso una sola costellazione, tant'è vero che si narrava, come si è già accennato, che fosse appartenuta a Croto. Arato nei suoi Fenomeni, scritti nella prima metà del III secolo a.C., non la citava come una co­ stellazione autonoma ma come un cerchietto di stelle sotto le zampe anteriori del Sagittario. Quattro secoli dopo era nota a Tolomeo che le attribuiva le qualità La Corona Australe di Hevelius

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Nel segno della liberazione

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Le stelle della Corona Australe

di Saturno e Mercurio.IS La si chiamava anche Corona Centauri o Co­ rona Sagittarii, forse in ricordo, come suggerisce il Sesti, delle corone di raggi di sole che adornavano i gandharvas, gli esseri mitici della tradizione induista, ma di origine ancora più antica, probabilmente indoeuropea: i progenitori dei Centauri. Raffigurati come esseri pe-

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losi e animaleschi dal forte odore di terra, avevano la metà superiore del corpo di aspetto umano, ali sulle spalle, e la metà inferiore del corpo in forma di uccello. In una sezione dell'Agni Purana sulla cura del cavallo, si afferma che questo animale, in una precedente incar­ nazione, era figlio di un capo gandharva. Il legame della Corona Au­ strale con il Sagittario, con l'ibrido composto da uomo e cavallo, è confermato anche da un altro nome dato a questa costellazione, Rota Ixionis, «ruota di Issione>>, padre del primo Centauro: così detta per­ ché rappresentava la ruota infuocata che girava incessantemente nel cielo e dov'era legato Issione, punito da Zeus per aver tentato di se­ durre Era. 16 L'astronomo arabo Kazwini riferisce invece che i nomadi del de­ serto chiamavano questo cerchio astrale al Udha al Naam, «il nido dello struzzo>>, perché immaginavano le stelle vicine del Sagittario e dell'Aquila come struzzi che, usciti dal nido, andavano ad abbeve­ rarsi in quelle che consideravano le acque della Via Lattea. Ma c'era anche chi, come riferisce al Sufi nel suo catalogo stellare, vi vedeva una tartaruga (al kubbah) e altri ancora la tenda delle donne (al hiba). Nel Coelu m stellatum christianum di Schiller la Corona Australe venne trasformata, questa volta coerentemente da un punto di vista figurativo, nel Diadema di re Salomone. È una costellazione debolmente luminosa, ma facilmente distin­ guibile perché situata sul bordo della Via Lattea. La sua lucida, a Co­ ronae Australis, detta Alfecca Meridiana, da al fakkah, , raggiunge come f3 Coronae soltanto la magnitudine 4,1 1 , mentre y, una doppia formata da due stelle identiche, giunge a 5, e 1(, anch'essa una doppia, a 6, sicché non è facilmente percepibile a oc­ chio nudo.

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LA PORTA DEGLI DEI

Il Capricorno astrale

Secondo il calendario astrologico il Sole sorge al solstizio d'inverno nel segno del Capricorno. Si tratta, come per gli altri segni zodiacali, di una convenzione, perché a causa della precessione degli equinozi fin dal 60 a.C. «rinasce» nella costellazione del Sagittario e dal 2100 passerà nello Scorpione. Le stelle del Capricorno, una ventina quelle visibili a occhio nudo, si possono facilmente individuare tracciando una linea ideale da Vega, la lucida della Lira, ad Altair dell'Aquila, proseguendo poi verso sud per un eguale tratto di cielo. Il Capricorno è un animale fantastico, formato nella parte anterio­ re da un capro mentre dalle spalle in giù ha il corpo di un pesce. Se ne spiegava popolarmente la natura anfibia con la sua posizione nel cielo, in una zona che gli antichi chiamavano , dove abita­ vano esclusivamente asterismi acquatici come i Pesci, l'Acquario, il mostro marino Ceto, il fiume Eridano, il serpente acquatico Idra e la Nave Argo. I Greci narravano che Zeus vi aveva voluto raffigurare un trave­ stimento del dio Pan. Quando Tifone, il mostro che la Madre Terra aveva generato con Tartaro per vendicarsi dell'eccidio dei suoi figli, i Giganti, si lanciò con la sua mole che toccava le stelle alla conquista dell'Olimpo, gli dei fuggirono terrorizzati in Egitto dove si travesti­ rono da animali: Pan trasformò la parte posteriore del corpo in un pesce e la restante in un capro. Atena, che non era fuggita, rimproverò Zeus per la sua codardia convincendolo a combattere contro Tifone. Il re degli dei scagliò una folgore contro il mostro, per poi ferirlo con una falce di diamante e inseguirlo fino al monte Casio che sovrasta la Siria. Qui, vedendolo

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Planetario

Il Capricorno di Bayer

in cattive condizioni, cominciò a lottare con lui a mani nude. Ma Tifone, nonostante la ferita, era ancora capace di combattere valoro­ samente, tant'è vero che lo avvolse tra le sue spire imprigionandolo; e strappata la falce, gli tagliò i tendini delle mani e dei piedi. Così immobilizzato, lo trasportò sulle spalle attraverso il mare fino alla Cilicia e, giunto nell'antro Coricio, ve lo rinchiuse. Nascose pruden­ temente i divini tendini in una pelle d'orso che affidò alla custodia della sorella Delfine, il cui corpo terminava con una coda di serpen­ te. Fu Pan a salvare Zeus terrorizzando la mostruosa fanciulla con un improvviso, orribile urlo, mentre Ermes sottraeva i tendini per riattaccarli alle membra del dio. Il re degli dei, recuperate le forze, si lanciò su un carro di cavalli alati all'inseguimento di Tifone e cominciò a bersagliarlo di fulmini. L'apocalittica battaglia si concluse a favore di Zeus, il quale riuscì a uccidere il mostro e a seppellirlo sotto il monte Etna che da allora, narra Apollodoro, sprizza il fuoco di quei fulmini.! Per ringraziare Pan, il celeste sovrano volle che da quel giorno in

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poi apparisse nel cielo la figura animale che il suo salvatore aveva assunto in Egitto per sottrarsi alla furia di Tifone.2 La sua associazio­ ne con il Capricorno ispirò nel periodo classico un secondo nome al­ la costellazione, che venne chiamata anche Pan. Il significato astronomico del mito è evidente: Zeus è il Sole che, giunto al solstizio d'inverno, è in preda alle tenebre. Entrato metafo­ ricamente in una grotta oscura, viene liberato grazie all' «animale>> solstiziale in cui si era tramutato Pan, simbolo dell'inversione della rotta solare, che ora tende a uscire dagli . E Zeus-Elio, con i tendini rimessi a posto, può risalire in cielo per vincere a primavera le tenebre della notte invernale.

La vera origine della figura del Capricorno La figura del Capricorno, che ai Greci aveva ispirato quel mito, era in realtà originaria della Mesopotamia, dove ricorreva spesso il simbolo del capro dalla coda di pesce. Si chiamava in sumerico SUHUR.MAS e in accadico suhurmassu, che significano entrambi «pe­ sce-capra>>. Era l'immagine del dio Ea, signore del segno, il dio prin­ cipale nella più arcaica religione sumera, destinato a diventare suc­ cessivamente una delle tre divinità della Triade creatrice, insieme con Anu ed Enlil: il Saggio per eccellenza, creatore e architetto di tutto ciò che apparteneva al mondo sublunare. L'ideogramma del nome significava .3 Non casualmente i cristiani vollero festeg­ giare la nascita del Cristo proprio all'inizio del segno del Capricor­ no, il 25 dicembre, quando si celebrava la nascita del Sole Invitto dalle tenebre invernali. Julius Schiller nel suo zodiaco cristianizzato sistemò al posto di questa sequenza di divinità un apostolo di magnitudine modesta, san Simone.

Le stelle del Capricorno Il Capricorno non è una costellazione molto luminosa. La sua lu­ cida, 8 Capricorni, una binaria a eclisse, raggiunge la magnitudine di 2,98. È detta Deneb Algedi, dall'arabo al dhanab al jady, . Sulla testa dell'animale brillano a Capricorni, detta Giedi o Algedi, (costituita in realtà da due stelle, al e a2, chiamate Prima Giedi e Secunda Giedi, rispettivamente di magnitudine 4,53 e 3,77); e f3 Capricorni (un sistema multiplo di magnitudine 3,25), detta Da­ bih, dall'arabo al sad al dhabih, . Anticamente Sad al Dhabih era il nome che designava complessi­ vamente a e f3 Capricomi perché, quando la Luna si trovava in que­ sto asterismo, nei giorni intorno al nostro Natale, nelle famiglie mu­ sulmane si celebrava, come oggi d'altronde, la festa di Id-al-Adha, durante la quale si sacrificavano delle capre per propiziare la guari­ gione dalle malattie, ma anche la liberazione di schiavi e prigionieri. Il nome contratto in Dabih è stato poi assegnato alla stella /3, quando la a ha assunto quello di Giedi.

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Secunda G1edi

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Le stelle del Capricorno

Infine y Capricorni (di magnitudine 3,8), situata sulla coda vicino a Deneb Algedi, è detta Nashira, la Fortunata, da al sa'd al nashirah, «la portatrice di notizie fortunate)).

Il simbolismo astrologico del Capricorno Opposto al Cancro, segno dell'«incamazione» e della generazio­ ne, il Capricorno, dov'è situata la Porta degli dei,4 simboleggia il di­ stacco dalla materia. Nella natura figura la spoliazione, il raggrinzi­ mento, il silenzio e la concentrazione dell'inverno. Considerato segno di terra, rappresenta la fase del seme che, sepolto nel terreno,

Il geroglifico del Capricorno

si avvia a una lenta e graduale maturazione che sfocerà nella sua re­ surrezione come stelo d'erba primaverile. È assimilabile alla mezza­ notte della Terra dove regnano freddo e oscurità. Il tipo del Capricorno, che esprime questo universo freddo, silen­ zioso, immobile, tende a ripiegarsi su se stesso, a concentrarsi, riget­ tando ogni forma di esteriorità. Il suo autocontrollo è il risultato di un lento allenamento della volontà, esercitata a misurare istinto e sensibilità. Per questo predominano in lui le virtù suggerisce la Senard «come pure quello del ripiegarsi della coscienza umana su se stessa per raggiungere il piano infinito del mondo interiore?»S

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A questo segno, che conclude il trigono di Terra, spettano le gi­ nocchia, le ossa, le articolazioni e la rotula.

Le pietre preziose e le essenze del Capricorno Ai nati nel Capricorno, domicilio diurno di Saturno, si consiglia­ no le gemme scure come l'opale nera, l'onice e l'ossi diana. L'opale nera è adatta soltanto ai pochissimi che possono permet­ tersela, perché è una varietà molto rara che ha raggiunto nel passato quotazioni simili al diamante: ha un fondo scuro in cui si riflettono le varie tonalità di blu, di verde e di rosso. È adattissima ai nati sotto questo segno perché contribuisce a cacciare la melanconia, la paura e i sensi di colpa ai quali sono spesso soggetti. La si deve applicare all'altezza del fegato. Svolge anche una forte azione disintossicante e stimola la funzionalità delle ghiandole germinali, ovaie e testicoli. L'azione di questa pietra si manifesta anche quando viene usata per la meditazione. Ma la gemma di Saturno per antonomasia è l'onice, una varietà del calcedonio il cui colore nero è prodotto dalla presenza di inclu­ sioni di ferro e di carbonio. Nel Medioevo era considerata la pietra della sventura, della tristezza e della paura, in sintonia con la fama negativa di Saturno. Si pensava che favorisse la litigiosità. Ancora oggi ha una repu tazione negativa, tant'è vero che è soprannominata «la pietra degli egoisti>>. In realtà richiede maturità ed equilibrio, perché si addice a chi ha la forza spirituale di accettare la realtà nei suoi contrasti, nella sua alternanza di bene e male, di gioie e dolori. Soltanto a chi ha raggiunto questo stadio spirituale l'onice può gio­ vare per mantenere un giusto equilibrio in se stessi e nei rapporti con gli altri. Gli oratori e i cantanti dovrebbero portarla al collo, per­ ché sembra che contribuisca a proteggere le corde vocali dalle in­ fiammazioni . Secondo il lapidario greco Sulle pietre, > spiega Tolomeo .s Crono fu definito da Omero il padre dei tre sovrani del mondo, Zeus, Poseidone e Ade.9 Esiodo narrava nella Teogonia che Gea, la Terra, aveva generato il Cielo (Urano), le montagne e il Ponto, ovve­ ro il Mare. Poi aveva con Urano i Titani, le Titanesse, i Ciclopi e gli Ecatonchiri, esseri dalle cento braccia, giganteschi e vio­ lenti. Urano, provando orrore per quei figli, li aveva costretti a vivere nelle profondità della loro madre. La quale, disperata, chiese ai figli di vendicarla. Acconsenti soltanto il più giovane, Crono, che odiava il padre. Gea gli consegnò una grande falce di acciaio. Quando, cala­ ta la notte, Urano si avvicinò alla moglie avvolgendola tutta, il figlio gli tagliò con un colpo di falce i testicoli che lanciò dietro di lui. I O Detronizzato il padre, Crono sposò la sorella Rea cominciando a regnare sul mondo. Ma si dimostrò presto un crudele tiranno: non soltanto aveva imprigionato i fratelli nel Tartaro, ma avendo saputo dai genitori, depositari della saggezza e della conoscenza del futu­ ro, che sarebbe stato spodestato da un figlio, divorava tutti quelli che Rea metteva al mondo. La moglie, rimasta infine incinta di Zeus, andò a consultare Gea e Urano domandando loro come potes­ se salvare il bambino che stava per nascere. Grazie al consiglio dei genitori, che le avevano insegnato a ingannare il marito, Rea fuggì a Creta dove partorì Zeus. Poi, avvolta una pietra nelle fasce, quasi fosse un neonato, la diede a Crono che la divorò senza accorgersi dell'inganno. Quando Zeus divenne adulto ottenne con uno stratagemma che

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Crono restih.Iisse i figli che aveva ingoiato e, aiutato da loro, mosse guerra al padre che per difendersi dall'aggressione chiese aiuto ai fratelli Titani. Dopo dieci anni di altalenanti battaglie, un oracolo promise a Zeus la vittoria se si fosse alleato con gli altri esseri che il padre aveva fatto precipitare nel Tartaro: i Ciclopi e gli Ecatonchiri. Così Crono e i Titani furono sconfitti e incatena ti al posto degli Eca­ tonchiri che diventarono i loro guardiani. I l Ma Crono non era soltanto il dio cupo, detronizzato e solitario, divoratore dei figli; era anche benevolo, addirith.Ira l'inventore del­ l'agricolrura e dell'arte di costruire le città, e infine colui che aveva regnato nella mitica età dell'oro,IZ come lo stesso Esiodo narra nelle Opere e i giorni: Ebbene, d'oro una prima stirpe di uomini caduchi fu forgiata dagli immortali che hanno le olimpie dimore, nell'età di Crono, quando egli regnava sul cielo: vivevano come dei, con l'animo immune da affanni, ben l ungi da pene e miseria; né la vecchiaia sventurata gravava, ma sempre integri nei piedi e nelle mani nei banchetti prendevano piacere da ogni male al riparo; e morivano come vinti dal sonno; ogni bene era in loro possesso, e spontaneamente la terra feconda copioso e facile frutto recava, ed essi, soddisfatti e tranquilli, si spartivano dunque raccolti colmi di beni. n

In Italia invece Sa rumo, che venne poi assimilato impropriamente a Crono, era considerato arcaicamente soltanto un dio benevolo che aveva regnato nell'età dell'oro, sui campi e sui raccolti, come ci ri­ corda Macrobio nei Saturnali narrando che un giorno egli giunse nella penisola il cui sovrano era Giano: «Dunque, questo Giano ospitò Saturno, giunto per mare presso di lui, e da quello imparò l'arte dell'agricolrura migliorando così il sistema di alimentazione che prima della scoperta delle messi era selvaggio e rozzo: come compenso se lo associò nel regno. Egli fu anche il primo a coniare monete di rame e volle in ciò manifestare deferenza a Sa rumo: sicco­ me quello era arrivato per mare, su un verso fece imprimere l'effigie della sua testa, sull'altro una nave; e ciò per tramandare ai posteri il ricordo del dio. Che la moneta fosse così coniata si deduce ancora oggi dal gioco d'azzardo: i fanciulli, gettando in aria le monetine, gridano "testa" o "nave"; il gioco rammenta l'antica tradizione. «Quanto al loro regno associato e concorde e alla fondazione in comune di città vicine, oltre al passo di Virgilio, "l'uno aveva nome Gianicolo, l'altra Sarurnia", resta la circostanza che i posteri dedica-

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rono a loro due mesi consecutivi: dicembre, in cui si svolge la festa di Saturno, e gennaio che prende il nome di Giano. Nel frattempo Saturno scomparve improvvisamente e Giano pensò di attribuirgli maggior onore: anzitut to chiamò Saturnia tutta la regione sottoposta al suo potere, poi come a un dio gli consacrò un altare con riti sacri che chiamò Saturnali. Di tante generazioni i Saturnali precedono l'e­ ra di Roma! E volle innalzarlo alla dignità del culto in quanto artefi­ ce di una vita migliore: ne fa fede la sua effigie cui diede come attri­ buto la falce, simbolo della messe. A questo dio si fa risalire la pratica del trapianto e dell'innesto nella coltivazione degli alberi da frutta e la tecnica di ogni altro procedimento agrario . . . Il periodo del suo regno, si dice, fu estremamente felice sia per l'abbondanza dei prodotti sia perché non esisteva ancora alcuna discriminazione tra liberi e schiavi: lo si può capire dalla completa libertà che viene concessa agli schiavi durante i Saturnali.>>I4

I Saturnali e il solstizio d'inverno I Saturnali cominciavano poco prima del solstizio invernale e in epoca imperiale duravano fino al 23 dicembre. Il primo giorno in ogni comunità veniva nominato il rex Saturnaliorum, che regnava per una settimana fra banchetti, danze, giochi d'azzardo, mentre ci si scambiavano doni e i ruoli sociali s'invertivano, sicché gli schiavi potevano burlarsi del padrone e farsi servire a tavola. Si diceva che la libertà concessa agli schiavi e l'allegro caos fosse­ ro il memoriale dell'età dell'oro. In quell'occasione la statua di Sa­ turno, che durante il resto dell'anno era legata con una fascia di lana nel suo tempio, ai piedi del Campidoglio, veniva sciolta a simboleg­ giare il ritorno, sia pur breve, di quell'epoca mitica. Qual era l'origi­ ne dei Saturnali? > scriveva Apione a questo proposito >, dall 'arabo sa'd, •> ri­ spose la donna E il profeta: l>. Ci si è domandati perché un personaggio tanto secondario nella mitologia greca abbia goduto del privilegio di apparire nel cielo. La risposta che il padre di Andromeda è uno dei personaggi del mito di Perseo non ci pare molto convincente. Occorre invece riferirsi anco­ ra una volta alla terra da cui ha preso le mosse la nostra astronomia, la Mesopotamia, dove si raffigurava in questa regione celeste un re, il cosiddetto , di cui Plinio il Vecchio scrisse: > doveva essere anticamente l'immagine di una Grande Madre. Quale? Difficile de­ terminarlo. Per quanto riguarda la tradizione greca, la si è voluta identificare con Ecate che, come si è spiegato nel capitolo dedicato alla Luna, era detta anche per le sue moltepici fun­ zioni: eco probabilmente di una Grande Madre preellenica che ven­ ne poi subordinata dagli Elleni a Zeus e degradata a un ruolo >. Una terza stella alla fine della stessa linea, y Andromedae (una tri­ pla le cui due componenti più brillanti sono rispettivamente di ma­ gnitudine 2,2 e 5,0), è chiama ta Alamac o Almach,33 dall'arabo al anak al ard, un piccolo animale predatore dell'Arabia che assomiglia al tasso. In realtà essa indica il piede incatenato della giovane, tant'è vero che era anche detta Al Rijl al Musalsalah, >. Ma secondo, un'al­ tra interpretazione, questa parola si dovrebbe leggere An-nas-sur-ra, che significa «l'alta sorgente»: nome che si sarebbe mu tato a poco a poco in Unosura e infine in Kunosura, ispirando il fenicio Cynosura, che col significato di «coda del cane>> indicava l'attuale Polare. l O E furono proprio i Fenici, come si è già accennato, ad adottarla come guida per orientarsi nella navigazione. I nomadi del deserto a loro volta chiamavano la stella polare Ca­ pretto o Stella del Nord. I Greci la identificarono con Ida o Cynosura, la ninfa che, insieme alla compagna, aveva accudito Zeus e che egli aveva voluto succes­ sivamente ricompensare incastonandola nel firmamento. Oggi la si chiama sia Cynosura sia Polaris. Invece Kochab ({3 Ursae Minoris, di magnitudine 2,1 ), da al kaukab, «figlio della stella», e Pherkad (y Ur-

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sae Minoris, una doppia di magnitudine 3,08,), da a/ifa al farkadain, «il più debole dei vitelli», come stelle meridionali del Piccolo Carro, so­ no dette Guardiani del Polo. Secondo Tolomeo, «le stelle luminose dell'Orsa Minore sono simi­ li, nella loro azione, a Saturno e in parte a Venere>>. l l Nel Coe/um stellatum christiamtm questa costellazione venne tra­ sformata nel l'arcangelo Michele.

Le Orse e la fine di un ciclo cosmico Alle Orse s'ispirano miti e credenze apocalittici. Nella Russia meri­ dionale si favoleggia che all 'Orsa Minore sia incatenato un cane il quale cerca continuamente di spezzare a morsi la catena: quando vi sarà riuscito, giungerà la fine dell'universo. I Kirgh isi siberiani, secondo quanto riferisce Homberg, dicono che le tre stelle dell 'Orsa Minore più vicine alla Polare, quelle che formano una specie di arco, sono la «fune>> alla quale sono attaccate le due stelle maggiori della stessa costellazione, i cavalli: l' uno è bianco, l'altro grigio-azzurro. Chiamano poi le sette stelle dell'Orsa Maggiore ,,i sette guardiani>>, il cui compito è di custodire i cavalli dagli agguati di un lupo. Quando il lupo sarà riuscito a uccidere i cavalli, giungerà la fine del cosmo. In altri racconti le stelle dell'Orsa Maggiore diventano Ed Asich TJ ' • .



Herculis

1

-'""- Vega '�'>. Eltanin (yDraconis, di magnitudine 2,2), situata sopra la precedente, deriva a sua volta da al ras al tinnin, che significa «testa del drago>> come Rastaban. I moderni l'hanno soprannominata Zenith Star per­ ché coincide quasi perfettamente col meridiano di Greenwich. A sua volta J1 Draconis (una binaria a lungo periodo, di magnitu­ dine 5, situata sulla punta della lingua del Drago), è chiamata Ar­ rakis, da al rakis, « il danzatore», ma era anche detta Al Rafad, «il cammello isolato>>, oppure Al Ruba', «il cammellino>> o « il puledro». Nel secondo snodo due stelle, ç (di magnitudine 3,2) ed 1J (una doppia di magnitudine 2,n erano dette congiuntamente Al Ohi' Bain, ovvero «le due iene» che stavano in agguato aspettando il pas­ saggio dei cammelli per assalire il Cammellino: Al Ruba'.

III

GLI UCCELLI DI ZEUS E LA LIRA DI ORFEO

Il Cig no Nell'emisfero boreale, in una zona dove sono concentrate quasi tu tte le creature alate tranne il Corvo, sembra volare giù dalla Via Lattea un Cigno (Cygnus). L'origine di questa figurazione è molto antica, Il Cigno di Bayer

Gli Uccelli di Zeus e la Lira di Orfeo

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tant'è vero che già in Mesopotamia si ravvisava in quelle stelle un Uccello della Foresta che i Greci chiamavano genericamente Òrnis, «l'uccello»,! fino a quando Eratostene non diede loro il nome specifi­ co di Cigno. Secondo la tradizione greca l'immagine è ispirata da due versioni di un mito che abbiamo già parzialmente raccontato nel capitolo sul segno dei Gemelli: Zeus, per conquistare la riluttante Nemesi, or­ dinò ad Afrodite di mutarsi in un'aquila mentre egli diventava un cigno. Fingendo di sfuggire al rapace, il divino Cigno si rifugiò sul seno di Nemesi che invece di respingerlo lo abbracciò intenerita. Era così dolce e tranquillo, quell'uccello, che l'incauta si assopì senza so­ spettare nulla. Mentre dormiva il dio abusò di lei per poi volare via; e gli uomini, vedendo il magnifico cigno volteggiare altissimo nel cielo, favoleggiarono che vivesse nel firmamento. Perché non sco­ prissero la verità Zeus decise di porre fra le stelle la sua figura ala ta insieme con quella della complice aquila.2 Nella seconda versione, Zeus si era accoppiato, sempre nelle sem­ bianze del cigno, con Leda. Così Manilio rievocava il mito nel suo poema: Subito prossima la sede assegnata del C igno, che Giove in persona nel cielo volle creare, prezzo della bellezza con la quale sedusse l'amante, quando il dio discese m u tato nelle sembianze del niveo uccello e insinuò il voluminoso corpo in grembo alla fidente Leda . Anche ora, rivestito di stelle, vola sulle ali distese}

Igino riferisce anche una credenza secondo la quale nel Cigno è stato immortalato Orfeo a fianco della sua Lira, la costellazione con­ finante. Che il Cigno potesse essere Orfeo l'aveva già riferito Platone nella Repubblica: «Diceva infatti di avere veduto l'anima, che era sta­ ta un tempo quella di Orfeo, scegliere la vita di un cigno, poiché non voleva essere generata in una donna per odio contro il genere fem­ minile a causa della morte che egli aveva subito dalle donne>>.4

Il simbolismo del Cigno Se questi sono i miti greci, il simbolismo dei cigni è più comples­ so. Nell'Europa settentrionale precristiana essi erano il simbolo del dio solare: secondo i Celti guidavano la barca solare nell'oceano ce­ leste; ma erano anche la forma che assumevano molti esseri celesti quando penetravano nel mondo visibile. In Grecia furono consacrati ad Apollo: si narrava che mentre La-

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tona, a Delo, era in preda alle doglie, i cigni girarono sette volte in­ tomo all'isola cantando soavemente. All'ottava non cantarono più: il dio solare balzò fuori e le ninfe di Delo intonarono il canto sacro di Ilizia, la dea preposta ai parti. Ogni anno, giunto l'autunno, Apollo risaliva su un carro d'oro trainato da cigni verso il mitico paese degli Iperborei, dove di là da una barriera di ghiaccio regnava un'eterna primavera fiorita; e ritor­ nava a Delo con la bella stagione, ricondotto dai suoi cigni, i quali simboleggiavano anche la poesia, la musica e le arti, a immagine del dio della parola e del suono, protettore e maestro delle Muse. Ma il cigno era anche sacro ad Afrodite-Venere, tant'è vero che in molti dipinti ella appare su un carro trainato da questi animali, co­ me per esempio nello zodiaco di Schifanoia, a Ferrara, dove la dea regge due pomi ed è cinta di rose, mentre Ares-Marte è legato ai suoi piedi. Secondo Tolomeo, le stelle di questa costellazione avrebbero la stessa influenza di Venere da un lato e di Mercurio dall'altro.s La costellazione venne poi trasformata cristianamente dallo Schil­ ler, di ventando la Croce di sant'Elena, la madre dell'impera tore Co­ stantino, celebre per avere ritrovato lo strumento del martirio di Cri­ sto sul Calvario: così perlomeno racconta una leggenda.

Le stelle del Cigno Una parte della costellazione è stata anche chiamata Croce del Nord, dove le stelle comprese fra Deneb (a Cygni, di magnitudine 1,25) e Albireo (/3 Cygni, di magnitudine 3,09) formano il braccio ver­ ticale, mentre quelle fra 8 (di magnitudine 2,87) ed e (di magnitudi­ ne 2,46), detta Gienah, > ; Albi­ reo è la deformazione di una parola araba a sua volta traduzione del

Gli Uccelli di Zeus e la Lira di Orfeo

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Le stelle del Cigno

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greco 6rnis, «uccello)): nel Medioevo divenne inizialmente ab ireo, per trasformarsi poi in Albireo. Sadr, così scritta anche in arabo, si­ gnifica «petto)>, e Gienah, da al janah, «ala)): i punti della figura in cui sono situate. Il Cigno si trova in una zona particolarmente ricca della Via Lat­ tea, che nelle notti di tramontana si può vedere divisa in due da una banda scura di polvere, chiamata Sacco di Carbone Boreale o Fendi­ tura del Cigno (Cygnus Rift). La sua stella più luminosa, Deneb, costituisce uno dei vertici di quello che è stato chiamato Triangolo d'Estate, completato da Altair, nella costellazione dell'Aquila, e da Vega situata in quella della Lira. La Lira Come accennavo in precedenza, la Lira (Lyra), incorniciata da un ra­ pace fra il Cigno ed Ercole, fu considerata dai Greci come lo stru­ mento suonato da Orfeo. Anticamente si rappresentava da sola, sen­ za la cornice dell'uccello. La Lira di Bayer

Gli Uccelli di Zezts e In Lira di Orfeo

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Le stelle della Lira

Successivamente, gli Arabi videro in a e E Lyrae il becco e il collo di un rapace in procinto di avventarsi su una preda: tant'è vero che chiamarono a (di magnitudine 0,03) Al Nasr al Waqi', che significa «aquila del deserto>>. Da quel nome contratto in Waghi, poi in Wega, nacque l'attuale denominazione astronomica: Vega, che alla mezza­ notte del 1 o luglio culmina al suo meridiano. Furono gli stessi Arabi, sulla scia dell'interpretazione greca, a ve­ dere una lira in alcune stelle, di cui le principali sono 8, t;, y e f3, e a dare all'ultima (una binaria a eclisse con una magnitudine variante fra 3,4 e 4,1 ) il nome di Sheliak, che nella loro lingua significa «ar­ pa>>, mentre y Lyrae (di magnitudine 3,2) diventava Sulafat, «la tarta­ ruga>>, l'animale dal cui guscio Ermes aveva ricavato questo s tru­ men to. Le d ue diverse interpretazioni dell'asterismo furono poi unificate nell'immagine ormai tradizionale della Lira incorniciata dal rapace. Vega, la quinta stella per magnitudine del nostro cielo, è situata lungo il circolo che l'asse terrestre descrive durante l'anno platonico. Su questo circolo si succedono le varie stelle che hanno indicato e in­ dicheranno i poli: Vega diventerà la stella polare fra dodicimila anni, nel 14.000 d.C. La si vede brillare verso maggio-giugno a est, nell'alto del cielo in luglio e agosto, a ovest in settembre-ottobre, verso l'orizzonte occi­ dentale da novembre a dicembre e infine nell'estremo emisfero bo­ reale fino ad aprile.

Il mito della Lira Come si è parzialmente narrato nel paragrafo dedicato al pianeta Mercurio, Ermes era balza to, appena nato, dalla culla dove lo aveva posto la madre Maia, una delle Pleiadi. Uscendo dalla grotta trovò una tartaruga. Dopo averla uccisa ne svuotò il guscio sul quale tese, in onore delle sette Pleiadi, sette corde fabbricate con gli intestini de­ gli animali sacrificati: era nata la prima lira. Camminando giunse nella Pieria, dove i sacri buoi degli dei beati avevano le loro stalle e pascolavano. S'impossessò di cinquanta vac­ che che spinse sul terreno sabbioso facendole camminare a ritroso in modo da ingannare chiunque avesse voluto ritrovarle. Aveva legato sotto i suoi sandali una bracciata di rami freschi di tamerice e mirto per dare l'impressione di essere un viandante che seguiva il cammi­ no opposto con calzature originali. Si muoveva a zigzag, da un lato all'altro della strada. Giunto a Pilo, sacrificò due bestie e le divise in dodici parti, una per ciascuno dei dodici dei, assumendosi egli stesso nel pantheon olimpico come dodicesima e nuova divinità. Poi, dopo avere nasco­ sto la mandria, si avviò verso la sua grotta sul monte Cillene. Nel frattempo Apollo cercava disperatamente le bestie che gli era­ no state sottratte: aveva percorso tutti i possibili sentieri della zona ma non era venuto a capo di nulla. Finalmente durante il suo pere­ grinare incontrò nel bosco sacro di Onchesto un vecchio che gli rac­ contò di un fanciullo: e chiunque fosse questo fanciullo, guidava vacche dalle belle corna; era ancora infante, aveva una bacchetta, e si spostava da un lato all'a ltro

della strada;

le faceva procedere a ritroso, con le teste rivolte verso di lui.6

Poco dopo Apollo, grazie alla sua arte divinatoria, venne a sapere dal volo di un uccello con le ali spiegate che il ladro era il figlio di Maia. Rapidamente corse verso il monte Cillene ed, entrato nella grotta, si lamentò con Maia dicendole con voce severa che Ermes doveva restituirgli la mandria rubata. La madre laconicamente gli rispose indicandogli un bimbo che, avvolto nelle fasce, fingeva di dormire tranquillamente. Apollo, esasperato, agguantò il furfantello e lo portò sull'Olimpo accusandolo davanti a Zeus di furto. Dopo qualche abile tentativo di mentire, che divertì molto suo padre, Ermes fu costretto a condurre Febo fino al luogo dove aveva nascosto le bestie: là troneggiavano, appese a essiccare, le pelli delle due vacche sacrifica te. Invaso da

Gli Uccelli di Zeus e la Lira di Orfeo

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un'ira incontenibile, Apollo cominciò a legare il terribile fanciullo che, vistosi perduto, si ricordò della lira che portava con sé: . . . la lira, tenuta sotto il braccio sinistro, saggiò col plettro, una corda dopo l'altra; quella, sotto la sua mano, mandò un suono prodigioso. Sorrise Febo Apollo rasserenandosi; gli penetrò nell'animo l 'amabile armonia della voce d ivina, e un dolce desiderio lo prese al cuore men tre ascol tava. Suonando soavemente la lira i l figlio di Maia, sicuro di sé, stava alla sinistra di Febo Apollo; ben presto, traendo limpide note dalla cetra, cominciò a cantare - e lo assecondava l'amabile voce ­ celebrando gli dei immortali e la terra tenebrosa: come, al principio dei tempi, ebbero origine, e come ciascuno ottenne la sua parte?

Apollo, ammaliato dai suoni celestiali, gli propose un baratto che fu subito accettato: «lo ti lascio la mandria in cambio della lira>>. Più tardi, men tre le vacche stavano pascolando, Ermes tagliò una canna trasformandola in una siringa, e suonò un'al tra melodia. Apollo, nuovamente deliziato, gli propose un secondo baratto: , Questa volta Ermes non fu più arrendevole perché non aveva nulla da rimproverarsi. >9 Secondo una tarda tradizione sincretistica, riferita fra gli altri da Diodoro Siculo, >.B Dopo la morte, l'anima di Orfeo trasmigrò nei Campi Elisi dove, ri­ vestita di una lunga veste bianca, continua a deliziare i beati con i suoi canti; la lira, invece, fu trasportata nel cielo, dove diventò la costella­ zione Kitara, ovvero Tartaruga, nome ispirato dalla cassa armonica dello stesso strumento inventato da Ermes; anche da Arato la Lira ve­ niva chiamata Piccola Tartaruga. Da questo nome derivano anche quelli successivi di Testudo, Gala pago, Belua Aquatica e Testa . 1 4 Tolomeo assegnava alle stelle della Lira l'influenza di Venere e Mercurio, al pari di quelle del Cigno, quasi a confermare che dietro quell'uccello si celasse la figura di Orfeo.ls Nel Coelum stellatum christianum la costellazione si trasformò nel Presepe del Cristo. L'Aquila

La terza stella del Triangolo d'Estate è Altair (a Aquilae, di magnitu­ dine 0,77), il cui nome deriva dall'arabo al nasr al tai"r, >, che era anche il nome della costellazione in quel paese. Altair era una delle quattro stelle reali, così dette perché nel 4000 a.C. indicavano i punti equinoziali e solstiziali. La costellazione del­ l' Acquario contrassegnava approssimativamente il solstizio d'inver­ no; ma non avendo quell 'asterismo molte stelle luminose, venne scelta Altair, nell'Aquila, più facilmente identificabile a occhio nudo

Gli Ucce//i di Zeus e la Lira di Orfeo

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Le stelle dell'Aquila

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Planetario

nel cielo sebbene si trovasse leggermente spostata rispe tto al punto solstiziale. l6 Fin dall'antichità la costellazione ha ispirato l'immagine di un uc­ cello rapace. Già si è accennato al falco immaginato dai Persiani. In Mesopotamia appariva come un'aquila ( À .MU SEN in sumerico, eru in accadico), e lo era anche in India: durante il solstizio estivo, quan­ do Indra, ovvero il Sole, rendeva invisibile nella notte il serpente Vrtra (che corrisponde alla nostra costellazione dell'Idra), la Luna piena, simbolo del soma, la bevanda degli dei, si trovava nell' Ac­ quario. Si favoleggiava che in quell'occasione fosse portata dall'A­ quila celeste. «Ai tempi in cui i Rig Veda furono scritti>> osserva Sesti > disse Febo «aggiungi alla colpa? E osi

con parole ingannare il fatidico dio? Finché acerbÒ il fico penderà sull'albero tu acqua fresca non berrai da fonte>>

disse; e a memoria perenne dell'an tico fatto

splendono insieme nel ciel Corvo, Serpe e Cra te�e .l

E, in effetti, si vede nel cielo il Corvo appollaiato sulla coda dell'I­ dra mentre cerca invano di raggiungere il Cratere che si trova poco più in là. Secondo Igino, l'uccello beccherebbe il mostruoso serpente per paterne vincere la resistenza e finalmente dissetarsi. Nella tradizione greca il corvo era sacro ad Apollo perché il dio ne

Il mito del corvo di Apollo

Il Corvo di Heve/ius

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aveva assunte le sembianze quando il mostro Tifone minacciava gli dei. Originariamente era bianco finché il dio non lo punì per avergli portato una cattiva notizia. Fu quella la prima punizione. Il dio si era unito a Coronide (che in greco significa cornacchia), figlia di Flegia, re dei Lapiti. In realtà Coronide era una dea preolim­ pica, le cui sacerdotesse sapevano predire il futuro interpretando il canto di questi uccelli, sacri d'altronde a tutte le sibille e le indovine. A Coronide Apollo per imporsi come il dio oracolare per ec­ cellenza, ereditandone il simbolo del corvo, che da quel momento divenne un suo attributo. Ma torniamo al mito olimpico, che si è parzialmente na rra to nel capitolo dedicato al segno dello Scorpione. Un giorno Coronide tradì il dio con un giovane dell'Emonia. Il corvo, scoperto l'adulte­ rio, si affrettò a riferire al padrone quel che aveva visto, ritenendo che fosse suo dovere. Alla notizia del tradimento Apollo, col cuore ribollente d 'ira, afferrò l'arco e trafisse con una freccia i l petto di quella donna che tante volte aveva stretto al suo. Coronide, colpita a morte, si strappò il ferro dal corpo dicendo: >.9 Ma Arato nei Fenomeni aveva dato un'al tra immagine della scena scrivendo: « ... la belva che il Centauro tiene con la mano destra>>. E Tolomeo aveva descritto nell'A l magesto il Centauro che sosteneva quell'animale con nna mano e il tirso nell'altra. Dunque due immagini diverse si sono tramandate fin dall'anti­ chità, tant'è vero che nell 'Atlan te farnese, scolpito sulle spalle di Atlante, una statua d i marmo del II secolo a.C. conservata al Museo archeologico Nazionale di Napoli, il Centauro non trafigge l'anima­ le ma lo tiene per nna zampa; la stessa scena si vede nel Planisfero di Geruvigus del II secolo d.C., la più antica carta celeste che ci è perve­ nuta, conservata al British Museum di Londra. Infine nel progetto di globo celeste disegnato da Muhammed bin M uwajid Elardhi nel

Il Centauro c il Lupo

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1279, conservato nello stesso British Museum, il Centauro privo di lancia stringe in una mano dei fiori che pare offrire a un animale, non chiaramente identificabile, che egli afferra per una zampa. D'al­ tronde in molte altre mappe il Centauro non tiene in mano una lan­ cia ma un'asta dalla quale crescono foglie di edera o di vite oppure una pigna proprio sulla punta: una stilizzazione del tirso, quel ba­ stone nodoso e contorto, quasi un simbolo della vite, sormontato da un viluppo di edera in forma di pigna, che veniva usato durante i ri­ ti nuziali, di rinascita spirituale o orgiastici dell'antichità. Anche nel­ le medievali Tavole alfonsine si vede nelle mani del Centauro un ramo fiorito assolutamente innocuo. Fu soltanto col Rinascimento che prevalse l'immagine del Lupo infilzato, che fra l'altro non fu mai un animale sacrifica le nelle tradi­ zioni greca e romana. Come spiegare questo mistero? Forse si tratta di due tradizioni diverse e di due animali diversi . Per quanto riguarda quella in­ cruenta si potrebbe ipotizzare, sulla scia di Robert Graves, che sia l'eco di un rito arcaico dove si praticava una simbiosi estatica con la Lupa divina, la Grande Madre lunare.I o Il culto della Lupa soprav­ visse in Roma dove si favoleggiava che la città fosse stata fondata dai gemelli e nutriti da essa. Nel Coe/wn stellatum cllristianum il Lupo si è trasformato in Gia­ cobbe.

Le stelle del Lupo La costellazione del Lupo, che affiora appena all'orizzonte nelle prime sere di giugno, era invece discretamente osservabile nell'anti­ chità dalle latitudini mediterranee, tant'è vero che Tolomeo la com­ prendeva fra le quarantotto costellazioni classiche. Situata lungo la Via La ttea, abbonda di oggetti interessanti, sebbene sia stata trascura­ ta a favore di quelle vicine e più spettacolari dello Scorpione e del Centauro, e le sue stelle non abbiano nomi. Così la descriveva Igino, che non la considerava autonoma ma parte del Centauro: . 1 1 La sua lucida è a Lupi (di magnitudine 2,3), mentre f3 Lupi è d i 2,7, e ydi 2,8. Le altre stelle sono di magnitudine compresa fra 3,4 e 5,6. Tolomeo spiegava che, astrologicamente, le stelle splendenti della Belva operavano come Venere e in parte come Mercurio. 1 2

L'Altare L'Altare (Ara), su cui il Centauro si accinge a sacrificare il Lupo, è una costellazione relativamente debole e poco nota: è situata a sud dello Scorp ione. A ca usa della precessione degli equinozi oggi è completamente visibile all'orizzonte soltanto al disotto dei 23° di la­ titudine nord: culmina alla metà di marzo intorno alla mezzanotte. Da qualche secolo si raffigura completamente rovesciato mentre i Greci lo avevano disegnato diritto, con il fumo diretto a nord. Un tempo i marinai sostenevano che, se si vedeva la costellazione del­ l'Altare mentre le altre erano coperte da nuvole, si potevano paven­ tare burrasche da sud. Quell 'altare ricordava un avvenimento mitico al quale si è già ac­ cennato precedentemente. Quando Zeus, diventato adulto, volle de­ tronizzare il padre Crono, chiese consiglio a Meti, la Prudenza, che gli consegnò un veleno. Con l'aiuto di Rea si travestì da coppiere e dopo aver mescolato il veleno al vino ne offrì una coppa a Crono che, colto da conati di vomito, rigettò tutti i figli inghiottiti tanto tempo prima. Poi, insieme con i fratelli che aveva riportato alla luce, gli mosse guerra. Crono a sua volta chiese aiuto ai fratelli Tita ni, li­ berandoli dal Tartaro dove li aveva rinchiusi. Ma non tutti si schiera­ rono con lui: Iperione, Oceano, Teti, Temide e Mnemosine, memori d el suo precedente tradimento, preferirono allearsi con Zeus che aveva al suo fianco gli dei olimpici. La guerra attraversò fasi al terne finché Zeus, seguendo i consigli di Gea, liberò d a l Tartaro gli al tri Uranidi che vi erano rinchiusi: i Ci­ clopi e gli Ecatonchiri dalle cento braccia e dalle cinquanta teste. Ma i prigionieri non riuscivano a rialzarsi, stremati dal letargo d ovuto alla lunghissima prigionia: dovette somministrare loro ambrosia e nettare perché si destassero, accettando di aiutarlo nella guerra. I Ciclopi, maestri nel forgiare le armi, costruirono per Zeus uno scettro che gli permetteva di lanciare terribili saette e dirigere il fuoco distru ttore dove voleva; forgiarono per Poseidone il tridente, un'arma magica; e per Ade il celebre elmo che rendeva invisibili. Infine costrui­ rono un mastodontico altare sul quale Zeus celebrò il primo sacrificio: il suo fumo che si levava nel cielo permetteva fra l'altro di celare la di­ rezione e la potenza dei fulmini che il dio scagliava dall'Olimpo. A lo­ ro volta gli Eca tonchiri dalle cento mani, gettando simultaneamente miriadi di pietre, riuscirono a catturare molti Titani. Gli altri furono messi in fuga da Wl urlo raggelante di Pan, il quale scatenò in loro quel sentimento di terrore che da allora fu chiamato .

Il Centauro e il L upo

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I Titani sconfitti furono rinchiusi di nuovo nel Tartaro, una vora­ gine buia e profonda quanto la distanza fra la Terra e il Cielo. Il loro capo, Atlante, esiliato su una catena di montagne ai confini del mon­ do, venne condannato a reggere sulle spalle l'intera volta celeste.l3 Quanto all'Altare ciclopico, Zeus volle collocarlo come costella­ zione all'estremità meridionale del cielo, all'inizio della Via Lattea, la quale a sua volta doveva simboleggiare il fumo del primo sacrifi­ cio: il modello di tutti i sacrifici compiuti dagli uomini prima di ini­ ziare ogni impresa.I4 Così Manilio rievocava la creazione dell'Altare: . . . il cosmo possiede il suo tempio dove splende vi ttorioso l'altare dopo che celebrati vi furono i riti.

Fu quando la Terra furiosa

partorì giganti smisurati contro il cielo. Allora anche gli dei vollero divinità possenti: Giove stesso dubitava temendo di poter non po tere quando vide il suolo gonfiarsi

credendo che tutta la natura ne fosse sconvolta, e crescere montagne su altre montagne

e gli astri rifuggire l'ormai prossima presenza di cime

e i creati dalla madre caricar armi dal suo grembo squarciato, parti senza armonia e dalle frammiste membra. Né ancora si conoscevano numi capaci di nuocere loro

o poteri più grandi dei loro.

Fu allora che Giove volle stelle disposte ad Altare, quello che ancora più grande di tutti riluce .IS

L'Altare del Diluvio u niversale In vari testi sumerici si narra del Diluvio universale dal quale si salvò soltanto il Grande Saggio, diventato Noè nella mitologia bibli­ ca. Nella Saga di Gilgamesh si chiamava Uta-napisti, il cui significato è probabilmente «ho trovato la mia vita», poiché era stato dotato di vita eterna. Egli narrava a Gilgamesh la storia del terribile catacli­ sma scatenato da Enlil: Quando arrivò

il settimo giorno

presi una colomba e la liberai.

La colomba se ne andò, poi ritornò:

non avendo visto nulla su cui posarsi era tornata. Poi presi una rondine e la liberai:

la rondine se ne andò, poi ritornò.

Non avendo nulla su cui posarsi, se n'era tornata. Poi presi un corvo e lo liberai: il corvò se ne andò

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Planetario

ma, avendo trovato il ritiro delle acque, più non ritornò. Allora sparsi tutto ai quattro venti

e celebrai un sacrificio, disponendo il cibo sulla vetta della montagna ! Misi da parte sette vasi rituali per bere, e in disparte versai nel bruciaprofumi cymbopogon, cedro e mirto. Gli dei, annusando il profumo,

sentendo il buon profumo, si radunarono come mosche intorno al sacrificatore!l6

Siccome nella cosmologia sumera le stelle erano epifanie o immagi­ ni delle divinità, la descrizione secondo la quale «gli dei si radunarono come mosche intorno al sacrificatore>> si potrebbe spiegare > erano narrate sotto il manto del mito: > o . Gli Arabi le diedero il nome di Nhar di N ur, «il fiume di luce>>; in Cina era Tirn Ho, il «fiume ce­ leste>>; e in Giappone il Fiume Argentato, i cui pesci si spaventavano alla vista della Luna nuova che immaginavano fosse un amo.

Il cammino dei morti In molte tradizioni la Via Lattea rappresenta il cammino delle anime nell'aldilà, luogo di passaggio che collega i mondi divino e terrestre: così si credeva, per esempio, fra tutte le tribù dell'America del Nord, che immaginavano alla sua estremità ; e non di­ versamente i Polinesiani la considerano «la strada delle anime quan­ do passano al mondo degli spiriti>>. Nel mito polinesiano non è con­ sentito ai trapassati di restarvi, a meno che non abbiano raggiunto uno stadio di perfezione purissima: sicché devono prima o poi rein­ carnarsi. l 2 l Pawnee e i Cherokee, come si è già spiegato a proposito dello Scorpione, sostengono a loro volta: risaliva all'antichità: nel 416 a.C. il medico Ctesia, un greco di Cnido che apparteneva alla casta sacerdotale degli Asclepiadi, si trasferì in Persia alla corte di Dario II, dove rimase diciassette anni. Al ritorno in patria narrò che in India vivevano degli asini selvatici grandi come cavalli, dal corpo bianco, il capo rosso e gli occhi blu, e

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Planetario

che avevano sulla fronte un lungo como di circa un piede e mezzo. La base del como era candida, quella di mezzo nera e la p unta cre­ misi. Erano animali così straordinariamente veloci e possenti che nessuna creatura poteva superare in velocità.4 Il corno descritto da Ctesia somiglia vagamente a quello del rino­ ceronte indiano, che è rosso opaco nella parte più sottile e nero-ros­ siccio alla base; mentre il capo rosso con il corpo bianco rammenta l'onagro, l'asino selvatico, rossiccio sul dorso e grigio argento sul ventre e sul treno posteriore. Questi due animali possono avere ispi­ rato la figura fantastica dell'unicorno. Più tardi Claudio Eliano, vissuto a cavallo tra il II e il III secolo, ri­ feriva che chi beveva dal suo como era preservato da ogni malattia e veleno. Quanto all'animale, considerato feroce e invincibile, amava i luoghi desertici dove vagava in solitudine. Ma nella stagione degli amori rinunciava alla vita solitaria scegliendosi una femmina con la quale si comportava gentilmente: «e pascolano l'uno a fianco dell'al­ tra, ma quando la stagione è finita, ridiventa feroce e ricomincia a vagare in solitudine. Si narra che talvolta gli esemplari giovani ven­ gono portati davanti al re per esibirsi in combattimenti nei giorni di festa, a motivo della loro forza, ma nesstmo ricorda la cattura di un esemplare ad ulto>>.s Furono i Settanta traduttori dell'Antico Testamento a preparare ad Alessandria, nel III secolo a.C., il terreno per la successiva riela­ borazione cristiana della leggenda, interpretando l'ebraico re 'em, un animale forte e possente ma sconosciuto, con mon6keros, unicorno. Qualche secolo dopo, fra il II e il IV secolo d.C., nella stessa città dov'era invalso il metodo dell'interpretazione allegorica, si scrisse il primo bestiario cristiano, Il fisiologo, dove l'unicorno era presentato così: «Il Salmo dice: "E sarà innalzato come quello dell'unicorno il mio corno". Il Fisiologo ha detto dell 'unicorno che ha questa natura: è un piccolo animale, simile al capretto, ma ferocissimo. Non può avvicinarglisi il cacciatore a causa della sua forza straordinaria: ha un solo corno in mezzo alla testa. E allora come gli si dà la caccia? Espongono davanti ad esso una vergine immacolata e l'animale bal­ za nel seno della vergine, ed essa lo alla tta e lo conduce al palazzo del re. L'unicorno è un'immagine del Salvatore: infatti "ha suscitato un como nella casa di Davide padre nostro" [Luca 1 ,69], ed è dive­ nuto per noi como di salvezza. Non hanno potuto avere dominio su di Lui gli angeli e le potenze, ma ha preso dimora nel ventre della vera e immacolata Vergine Maria, "e il Verbo si è fatto carne, e ha preso dimora fra di noi" [Giovanni 1 ,4]>>.6

Le costellazioni moderne

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Questa interpretazione allegorica sembrerebbe poco comprensibi­ le se non sapessimo che nelle tradizioni estremo-orientali il simboli­ smo dell'unicorno è legato a quello del suo unico corno frontale che rappresenta l'Albero o Asse del mondo. Nella versione bizantina del Fisiologo è scritto «che con il suo corno esso simboleggia la Croce», immagine cristiana dell'Asse o Albero del mondo o Albero della vi­ ta. Conseguentemente l'unicorno fu anche un emblema regale: in Cina addirittura si considerava la sua apparizione come l'annuncio della nascita di un nuovo imperatore. , disegnando intorno a essa un cuore sormontato da una corona e trasformandola in una piccola costellazione. Nel 1 675 Edmund Halley la ribattezzò Cor Caroli, dedicandola invece a Carlo II d'Inghilterra, forse per ringraziare il re che aveva promosso in quell'anno la fondazione dell'osservatorio di Greenwi­ ch. Non fu l'unico atto di cortigianeria astronomica, come vedremo. Asterion, ovvero Stellato (/3 Cammz Venaticorum), è la seconda stel­ la di una certa importanza, di magnitudine 4,32. La si è chiamata an­ che Chara, che in greco significa «gioia>>. Asterione e Chara sono i nomi dei cani che Bode immaginò disegnandoli al guinzaglio di Boote mentre inseguono I'Orsa Maggiore.

Leone Minore (Leo Minor)

È situata fra la più brillante costellazione del Leone e I'Orsa Mag­ giore. Ha le sembiar;tze di un cucciolo di leone che accompagni il maestoso genitore. Non ha stelle particolarmente interessanti: la sua lucida, f3 Leonis Minoris, è una doppia le cui componenti sono rispet­ tivamente di magnitudine 4,6 e 6,3.

Lince (Lynx) Nonostante le grandi dimensioni, maggiori per esempio di quelle dei Gemelli, la costellazione della Lince è scura e non facilmente

Le costellazioni moderne

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percepibile. Fu introdotta da Hevelius per colmare una lacuna fra l'Orsa Maggiore e l'Auriga. La chiamò col nome del felino celebre per la sua acuta vista, sottolineando che si dovevano possedere gli occhi di quell'animale per individuarla. D'altronde Hevelius, laico patrono di questo libro, si vantava di osservare le posizioni delle stelle a occhio nudo quando già gli astronomi avevano ado ttato il te­ lescopio. La sua lucida, a Lyncis, è di magnitudine 3,14.

Lucertola (Lacerta)

È un'altra insignificante costellazione, situata tra Cigno e Andro­ meda, la cui lucida, a Lacertae, è di magnitudine 3,85. Nel 1697 Au­ gustin Royer, architetto del re Sole, la ribattezzò Scettro e Mano di Giustizia in onore del delfino del re. Successivamente Johann Elert Bode ne utilizzò alcune stelle marginali che chiamò Le Glorie di Fe­ derico in onore di Federico II di Prussia. Ma questi nomi, altri esem­ pi di cortigianeria astronomica, caddero presto in disuso.

Scudo (Scutum)

È una debole costellazione tra la coda del Serpente e l'Aquila: quintultima del cielo per dimensioni, fu chiamata nel 1 683 da Heve­ lius Scutum Sobiesii, «lo scudo di Sobieski>>, in onore del suo protet­ tore, il re di Polonia Giovanni Sobieski III, che si era dis tinto nella re­ sistenza contro i Turchi. La sua lucida, a Scuti, è di magnitudine 4,06. È situata in una zona della Via Lattea ricca di nubi stellari tra cui quella chiamata Ammasso di Anitre Selvatiche, che copre un'a­ rea pari a un terzo della grandezza apparente della Luna. Deve il suo nome alla forma a ventaglio che assomiglia a un volo di questi uccelli.

Sestante (Sextans) Situata di lato a sud del Leone, è addiri ttura insignificante: la sua lucida, a Sextantis, raggiunge appena la magnitudine 4,5. Rappre­ senta lo strumento che Hevelius volle commemorare nel cielo chia­ mandolo Sextans Uraniae (poi ridotto a Sextans), perché, come s'è detto, continuava a misurare con esso le posizioni delle stelle, orgo­ glioso della propria acutissima vista. scriveva «né che lassù sia bene collocato. Ma il sestante mi è servito dal 1658 al 1 679

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per stabilire la posizione delle stelle. L'imprevidenza umana me l'ha ora distrutto, insieme con il mio osservatorio e con tutto ciò che possedevo, tra le fiamme di un terribile incendio. Per questo motivo ho deciso di ricordarlo nel cielo, in onore di Urania.>> Precedente­ mente, nel 1643, il frate cappuccino Antonio de Rheita aveva collo­ cato nella stessa regione celeste la costellazione del Sudario di Cri­ sto: ma anche quel tentativo di cristianizzazione del cielo fu presto dimenticato.

Volpetta ( Vulpecula) Confinante con il Cigno, questa debole costellazione fu chiamata origina ria mente da Hevelius Vulpecu/a cum A nser, «volpetta con un'oca >>, che teneva in bocca. Successivamente l'oca è volata via o è stata mangiata dai cacciatori, sicché è rimasta soltanto la Volpetta. L'astronomo volle sistemarla fra due animali predatori, l'Aquila e l'Avvoltoio, quest'ultimo, come si ricorderà, posto tradizionalmente a incorniciare la Lira. Sebbene non contenga stelle degne di nota (la lucida, a Vulpeculae, è di magnitudine 4,4), questa costellazione è celebre perché nel 1 967 vi si scoprì il primo sonar, o radiosorgente pulsante, individuato dai radioastronomi di Cambridge.

Le quattordici costellazioni di Nicolas-Louis de Lacaille (1754)

Bulino (Caelwn) Rappresentata come un paio di bulini incrociati, è situata fra Erida­ no e il Pesce d'Oro. Oscura, quasi irrilevante, la costellazione ha una lucida, a Caeli, di magnitudine 4,0. Fu inventata da Lacaille che la chiamò col nome francese Les Burins. Fu poi ribattezzata Bulino dello Scultore (Caelum Sculptorium), abbreviato infine in Bulino (Caelum).

Bussola (Pyxis) Situata accanto alla Poppa della ex Nave Argo, sulla Via Lattea, è non meno flebile della precedente sebbene la sua lucida, a Pyxidis, raggiunga la magnitudine 3,7. Inventata dal Lacaille durante la sua osservazione dei cieli astrali nel 1 751-52, rappresenta la bussola ma­ gnetica.

Le costellazioni moderne

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Compasso (Circin us) Non meno irrilevante delle precedenti, il Compasso, usato da di­ segnatori e navigatori, si trova sotto il Lupo e il Centauro. La sua lu­ cida è a Circini, di magnitudine 3,5, con una compagna di magnitu­ dine 8,8. L'intera costellazione è oscurata da quella vicina del Centauro che contiene la stella Rigil Kentaurus (a Centauri), di ma­ gnitudine -0,27.

Fornello Chimico o Fornace o Forno (Fornax) Chiamata originariamente dal Lacaille Fornax Clzemica, è situata a sud della Balena e di Eridano e ha la forma di un fornello chimico. È insignificante: la sua lucida, a Fornacis, è di magnitudine 4,1 con una compagna stretta di magnitudine 6,6.

Macchina Pneumatica (Antlia) Quasi invisibile a occhio nudo, questa costellazione fu creata dal Lacaille per celebrare la macchina pneumatica inventata dal fisico e chimico irlandese Robert Boyle ( 1 627-91 ) . È situata a sud dell'Idra. La sua lucida, a Antliae, è di magnitudine 4,4.

Microscopio (Microscopium) Situata sotto il Capricorno e fra il Sagittario e il Pesce Australe, è poco più di un riempitivo, comprendente deboli stelle ubicate tra co­ stellazioni più conosciute. La sua lucida, a Microscopi i, è di magnitu­ dine 4,9.

Montagna Mensa (Mensa) Una delle costellazioni più vicine al polo Sud, ricorda la Monta­ gna Mensa, la Table Mountain, vicino a Città del Capo, dove Nico­ las-Louis de Lacaille aveva osservato per più di un anno il cielo au­ strale individuandovi le quattordici costellazioni da lui create. È poco luminosa e insignificante: la sua lucida, a Mensae, è di magni­ tudine 5, 1 . Una cospicua parte della Grande Nube di Magellano sconfina in questa costellazione dal vicino Pesce d'Oro, incappuc­ ciandola, come le nubi che coronavano la vetta della Table Moun­ tain.

Orologio a Pendolo (Horologium) Anch'essa debole e poco appariscente, venne rappresentata come orologio con quadrante e lancette. La sua lucida, a Horologii, è di magnitudine 3,8. È situata a sud di Eridano. tm

Ottante (Octans) Nonostante contenga il polo australe, non ha una stella equiva­ lente alla polare quanto a luminosità. La più vicina al polo australe è a Octmltis, che, situata a un grado di distanza da esso, è soltanto di magnitudine 5,5, cosicché è appena percepibile a occhio nudo purché l'a tmosfera sia limpida. La lucida, a Octantis, è di magnitu­ dine 5,2. La costellazione celebra lo strumento di navigazione chiamato ottante, che fu inventato nel 1 731 dall'inglese John Hadley: è del tutto simile al sestante, salvo per l'ampiezza del campo visivo e per il lembo graduato che nell'ottante ammontano a 45° (cioè a un otta­ vo di angolo di giro: da qui il nome), mentre nel sestante ammonta­ no a 60°.

Pittore (Pictor) Il suo nome originario, voluto dal Lacaille, era Equuleus Pictoris, che fu poi abbreviato in Pictor. La si rappresenta come un cavalletto e una tavolozza di pittore. Bode, senza successo, la chiamò poi Plu­ teum Pictoris, . È una debole costellazione a sud della Colomba (la sua lucida, a Pictoris, raggiunge la magnitudine di 3,3) ed è oscurata dalla lumi­ nosissima Canopo della Carena, una parte della ex Nave Argo.

Reticolo (Reticulum) Situata sotto l'Orologio e presso la Grande Nube di Magellano, è di scarso interesse astronomico: rappresenta il reticolo della lente del miscroscipio con cui il Lacaille misurò le posizioni delle stelle dalla Table Mountain nel 1 751-52. Sostituì una costellazione prece­ dente, introdotta nel 1 621 dall'astronomo tedesco Isaac Habrecht che l'aveva chiamata Rhombus. La sua lucida, a Reticuli, è di ma­ gnitudine 3,4.

Le coste/lazioni modeme

385

Scultore (Sculptor) Chiamata originariamente Apparatus Sculptor, è rappresentata co­ me uno studio di uno scultore, completo di una bella testa di marmo appoggiata su uno sgabello e accompagnata da mazzuolo e scalpello. Situata a sud della Balena e dell'Acquario, è una delle più deboli co­ stellazioni del cielo: la sua lucida, a Sculptoris, è di magnitudine 4,3. La sua unica caratteristica rilevante è dovuta al fatto che contiene il Sud della Via Lattea.

Squadra (Norma) Situata fra il Lupo e Altare, è una costellazione insignificante, la cui lucida, y Normae, è di magnitudine 4,0. Fu spesso chiamata nelle vecchie carte Norma et Regula perché la si figura con una squadra e una riga da disegnatore sistemate vicine al Compasso e al Triangolo Australe, situati sotto di essa. Originariamente, prima del Lacaille, le sue stelle erano aggregate ad Altare e Lupo. A causa di spostamenti successivi di confini la Squadra non ha più le stelle a e {3, che appartengono a costellazioni vicine.

Telescopio (Telescopium) Rappresenta un lungo, ingombrante rifrattore sospeso su paletti, noto come telescopio aereo, usato da Gian Domenico Cassini (16251 712) presso l'osservatorio di Parigi di cui egli fu il primo direttore. Originariamente fu collocata dal Lacaille fra Sagittario e Scorpione, come dimostra la carta del Bode; ma gli astronomi moderni hanno eliminato la parte superiore del tubo del telescopio e il suo suppor­ to, sicché adesso questa costellazione è situata fra la porzione meri­ dionale del Sagittario e la Corona Australe. La sua lucida, a Telesco­ pi i, è di magni tudine 3,5. Un altro telescopio, il Telescopium Hersclzelii, inserito nell'atlante del Bode, è stato invece elimina to.JO

LE COSTELLAZIONI SECONDO LE STAGIONI

GLOSSARIO

Ascendente: termine astrologico che indica il punto dello zodiaco che è all'o­

rizzonte est all'istante della nascita. Il punto opposto si chiama discen­ dente. Aspetti: Nell'oroscopo si studiano le distanze angolari (designate dal termi­ ne «aspetti») alle quali vengono a trovarsi i pianeti. Sono dette «aspetti maggiori» le distanze che consentono di tracciare corde corrispondenti a particolari figure geometriche: quelle di O gradi (congiunzione), di 60 (se­ stile), di 90 (quadratura), di 120 (trigono), di 180 (opposizione). Sono con­ siderati aspetti positivi o armonici quelli risultanti dalla divisione dei 360 gradi dello zodiaco per 3 o per suoi multipli: il sestile e il trigono; negati­ vi o disarmonici quelli ottenuti con la divisione per 2 e per i multipli di 2: il quadrato e l'opposizione. La congiunzione può essere armonica o di­ sarmonica secondo i pianeti che coinvolge. Asterismo: un gruppo di stelle considerate insieme per la configurazione che asswnono. Il significato della parola è analogo a quello di costellazione ma con una differenza: le costellazioni sono quelle così catalogate dagli astronomi e possono anche comprendere uno o più asterismi. Per esem­ pio il Toro comprende le ladi e le Pleiadi, l'Orsa Maggiore il Gran Carro. Talvolta gli asterismi sono il ricordo di antiche costellazioni, come per esempio le Iadi o le Pleiadi. Domicili dei pianeti: in astrologia si assegna a ogni pianeta un domicilio in uno o più segni zodiacali. Il Sole e la Luna hanno un solo domicilio: ri­ spettivamente il Leone e il Cancro. Gli altri pianeti hanno due domicili, detti diurni o notturni secondo che siano situati nelle costellazioni che vanno dalla Vergine al Capricorno e dall'Acquario ai Gemelli. Mercurio è domicilato nei Gemelli e nella Vergine, Venere in Toro e Bilancia, Marte in Ariete e Scorpione, Giove in Sagittario e Pesci, Satumo in Capricorno e in Acquario. Per capire i motivi di questa classificazione, cfr. il capitolo sul­ la «Storia del cielo simbolico e del cielo reale». Coluro: nome dato a due particolari cerchi orari: quello passante per gli

398

Planetario

equinozi (coluro degli equinozi) e quello passante per i solstizi (coluro dei solstizi), perpendicolare al precedente. I due coluri sono naturalmen­ te perpendicolari all 'equatore celeste, e il secondo anche all'eclittica. Il nome deriva dal greco k6luros, composto da k6los, «mozzo, reciso>>, e uni, , e significa letteralmente «senza coda>>, perché i due cerchi erano invisibili nella loro parte australe dagli osservatori antichi che vivevano sulle sponde del Mediterraneo. Congiunzione: istante nel quale due pianeti hanno la stessa longitudine eclit­ tica. Si considerano anche le congiunzioni in ascensione retta. I due pia­ neti sono alla distanza angolare minima poco prima o poco dopo l'istan­ te della congiunzione. Costellazioni: raggruppamenti di stelle cui si attribuisce un'immagine, frutto della tradizione mitologica antica o della fantasia di naviga tori o astrono­ mi moderni. Oggi le costellazioni accettate unanimemente sono ottantot­ to. I loro confini sono stati fissati nel l928 dall'Unione Astronomica Inter­ nazionale. Eclisse: copertura totale o parziale di un corpo celeste per l'interposizione di un altro corpo. Possono darsi due casi: l'astro, non luminoso di per sé, cessa di essere visibile totalmente o parzialmente perché il secondo corpo s'interpone fra esso e la sorgente che lo illumina (come nel caso delle eclissi lunari o di quelle dei satelliti di Giove); oppure l'astro luminoso, una stella (stelle doppie forometriche) o il Sole, cessa di essere visibile in tutto o in parte perché fra esso e l'osservatore s'interpone un secondo corpo. Eclittica: linea apparente descritta dal Sole nel cielo nel suo percorso annua­ le. È un cerchio massimo che interseca l'equa tore e divide la fascia dello zodiaco. Il termine deriva dal greco !cyklos ekleiptik6s, cioè «cerchio delle eclissi>>, perché queste possono avvenire soltanto quando la Luna è sul­ l'eclittica. La sua inclinazione media di 23°27' (lentamente variabile nel tempo) è causa della diversa altezza del Sole durante l'anno, da cui deri­ va il ciclo delle stagioni. Equatore celeste: cerchio massimo della sfera celeste perpendicolare all'asse di rotazione medio della Terra, quindi proiezione nel cielo dell'equatore medio terrestre. La sua posizione contro le stelle non è fissa, ma subisce un lento spostamento a causa della precessione degli equinozi, e sposta­ menti veloci prodotti dalla mutazione e da diverse piccole perturbazioni dell'asse terrestre. Equ inozi: sono i due punti di intersezione sulla sfera celeste dei cerchi dell'e­ quatore celeste e dell'eclittica. Quando il Sole si trova su questa interse­ zione, la durata del dì è identica a quella della notte, come spiega la stes­ sa parola latina, aequinoctium, composta da aequus, «uguale>>, e nox, «notte>>. Levata eliaca : periodo nel quale un astro sorge contemporaneamente al Sole o quasi. Serviva in passato come riferimento per l'origine di particolari

Glossario

399

fenomeni, per esempio la levata eliaca di Sirio indicava l'inizio della pie­ na del Nilo. Lucida/e: sono dette lucide le stelle visibili a occhio nudo, dalla sesta magni­ tudine in giù. Ma si dice «lucida>> per antonomasia la più luminosa della costellazione o dell'asterismo. Magnitudine: unità di misura della luminosità delle stelle. Le stelle che han­ no una magnitudine fino a 6 sono visibili a occhio nudo. Da una magni­ tudine alla successiva il rapporto è di 2,512, sicché una stella di prima magnitudine è due volte e mezzo più luminosa di una di seconda, e cen­ to volte più luminosa di una stella di sesta. In questo libro vengono indi­ cate le magnitudini apparenti, quelle cioè valutabili dalla Terra. Poiché la distanza di una stella influisce sulla luminosità della quale essa appare, la magnitudine apparente ha poca relazione con la quantità di luce che essa emette realmente, cioè con la sua magnitudine assoluta. La magnitudi­ ne assoluta di una stella è definita come la luminosità con cui essa appa­ rirebbe se si trovasse alla distanza standard di 10 parsec (cioè di circa 32,7 anni luce). Gli astronomi calcolano la magnitudine assoluta in base alla conoscenza della magnitudine apparente della stella e della sua distanza. Sicché il nostro astro diurno, il Sole, ha una magnitudine apparente di 26,8, ma una magnitudine assoluta di +4,8: mentre Deneb (a Cygni) ha una magnitudine apparente di 1,3 ma una assoluta di -7,5. Alcune stelle, dette variabili, hanno cambiamenti periodici di luminosità. Moti propri delle stelle: sono gli spostamenti delle stelle dovuti al loro movi­ mento intrinseco. Il risultato è che tutte le stelle variano lentissimamente le loro posizioni reciproche. Questo movimento è chiamato moto pro­ prio. Se gli astronomi dell'età classica si trovassero miracolosamente tra­ sportati nella nostra epoca, noterebbero poche differenze nel cielo, con la sola eccezione di Arturo che si muove molto velocemente, tant'è vero che, dal tempo dei antichi Greci, si è spostato di oltre due diametri lunari dalla sua posizione. Su periodi lunghissimi i moti propri delle stelle di­ storcono notevolmente la forma delle costellazioni. ?recessione degli equinozi: per l'effetto dell'azione combinata del Sole, della Luna e degli altri pianeti sul rigonfiamento equatoriale terrestre, l'asse della Terra descrive un ampio cono con un periodo di circa 26 mila anni, sicché i punti equinoziali, i nodi, si spostano lungo l'equatore in senso contrario a quello del Sole: precedono. Di tutto questo si tiene conto nel calendario, sicché la data rimane fissa al 21 marzo. Altrimenti tra 12 mila anni la primavera comincerebbe il 21 settembre. Poli celesti: sono i due punti in cui l'asse di rotazione della Terra incontra la sfera celeste e intorno ai quali si compie il moto apparente diurno della volta celeste. Dei due poli è detto boreale o settentrionale o nord quello da cui il senso di rotazione della Terra appare levogiro, sud o australe o meridionale quello da cui la rotazione appare destrogira. Segni: termine astrologico che indica le dodici parti in cui è suddiviso lo zo-

400

Planetario

diaco: sono detti così perché erano e sono tuttora contraddistinti, ciascu­ no, da un simbolo. Nel periodo dell'anno che porta il nome di una data costellazione, in realtà assistiamo alla levata eliaca di un altro asterismo, e questo perChé dal 60 a.C. non sono stati più adeguati allo spostamento dovuto alla precessione degli equinozi. Sicché, quando si parla del segno dell'Ariete, s'intende dire Che la levata eliaca

di quell'asterismo è stabilita

convenzionalmente fra il 21 marzo e il 20 aprile circa, mentre in realtà in quel periodo sorgono i Pesci. Inoltre il segno convenzionalmente occupa

30° dell'eclittica, mentre in realtà la costellazione di cui porta il nome oc­ cupa sempre spazi maggiori o minori o persino minimi. Si veda, su que­ sto tema, il capitolo ••Storia del cielo simbolico e del cielo reale».

Solstizi: ciascuno dei due istanti in cui il Sole raggiunge la massima declina­ zione rispettivamente positiva o negativa.

Tropici: paralleli della sfera celeste che segnano, çiascuno, le declinazioni estreme (±23°27') che il Sole raggiunge durante il suo moto annuo appa­ rente, quando cioè inverte il suo moto apparente verso il polo (australe o boreale) per tornare verso l'equatore. Al tropico del Capricorno corri­ sponde il solstizio d'inverno, al tropico del Cancro quello d'estate. Sono termini convenzionali, perché in realtà dal 60 a.C. i due tropici cadono ri­ spettivamente nelle costellazioni del Sagittario e dei Gemelli.

Zodiaco: era ed è una fascia che taglia l'equatore celeste con un angolo di

23°27', ma subisce una variazione secolare (attualmente in diminuzione) di quasi mezzo secondo all'anno e sta per metà a nord e per metà a sud dell'equatore stesso. La sua linea mediana - l'orbita apparente del Sole ­ si chiama eclittica, dal greco i0Jklos ekleiptik6s, «cerchio dell'eclissi ».

È di­

viso convenzionalmente in dodici parti che hanno origine nel punto equinoziale primaverile e che prendono il nome di segni (v.), da non confondere con le costellazioni.

NOTE

Storia del cielo simbolico e del cielo reale l

Omella Pompeo Faracovi, Scritto negli astri, Venezia 1996, p. 33. Giovanni Pettinato, La nascita dell'astrologia, Milano 1998, pp. 97-99. Pet­ tinato pubblica anche le figure corrispondenti a quei nomi: >

Note

405

1 4 Cfr. a questo proposito Alfredo Cattabiani,

Calendario, cit., pp. 311 -28; Gaio Storiil naturale, II, 122-123. 1 5 Arato, Fenomeni, 398-407. 1 6 Esiodo, Le opere e i giorni, 383-388 e 618-625. 17 Da ver, «primavera>>, e verga, . 18 Virgilio, Georgiche, IV, 232-235. Il Pesce è la costellazione del Pesce Australe

Plinio Secondo,

che sta sotto l'Acquario e il Capricorno. Il suo sorgere, che coincideva con il tra­

monto delle Pleiadi, segnava la fine della bella stagione e della navigazione. 19 Apollodoro, Biblioteca, III, 60. Alcione per esempio fu rapita da Poseidone, cui generò lreieo e Antas, eponinti di Iria e Antedone. 20 Ibid.

2 1 Igino riferisce un'ultima leggenda che si discosta dalla vulgata: le Iadi e le

Pleiadi sarebbero state originariamente quindici sorelle, figlie di Atlante e di

Etra, a sua volta figlia di Oceano. Dopo la morte di Iante cinque di loro morirono per il dolore e furono trasformate nella costellazione delle Iadi, il cui nome ha la

stessa radice. Quanto alle altre dieci, dopo la morte delle sorelle si riunirono a

deliberare, e sette di esse decisero di uccidersi. Poiché furono le più numerose a

prendere quella decisione . Cfr. Igino, Astronomia, Il, 21, 3. 22 Ovidio,

Metamorfosi,

XI, 708-748. Alcione si chiamava anche la figlia del

bandito Scirone, gettata per le colpe del padre in mare, dove si mutò nell'uccello omonimo. 23 Gaio Plinio Secondo, Storia naturale, X, 47. 24 Omero (1/iade, IX, 562) collega a questo uccello Alcione, moglie di Melea­ gro. Sua madre Marpessa, che Apollo aveva rapito all'amato marito Ida, pianse amaramente il perduto sposo, come la prima Alcione aveva pianto Ceice. Per

questo motivo volle dare alla figlia Cleopatra il soprannome di . Se­

condo Graves la leggenda è apparentemente insensata, e perché risulti compren­ sibile si deve congetturare che l'appellativo di Alcione dato alla figlia da Mar­ pessa () è probabilmente dovuto al fatto che Marpessa era uno dei nomi della dea bianca, della Mater Magna nelle sembianze di vecchia scrofa, signora del mezzo inverno, quando cadono i giorni dell'alcione. aggiunge >, pp. 264-65.

1 6 Hugo Winck.ler, op. cit., p. 64.

1 7 Ibid., p. 65. 1 8 Marina Cepeda Fuentes, Le trefacce della luna, Milano 1996, p. 40. 1 9 Apuleio, Metamorfosi, XI, 5. 20 Giuseppe Sermonti, Fiabe di luna, Milano 1986, p. 36. 21 Jbid. 22 Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Torino 1967, p. 124. 23 Dante Alighieri, Paradiso, XXIII, 25-27. 24 Esiodo, Teogonia, 371-375. 25 Inni omerici, XXXII, 3-14. 26 Il numero 9, spiega Marina Cepeda Fuentes, fa riferimento ai tre giorni nei

quali il pianeta rimane in ciascuna delle tre fasi di Luna piena, Luna nera e falce

(Le trefacce della luna, cit., p. 32). 27 Ma Semeraro, nei due volumi di dizionari etimologici intitolati Le origini della cultura europea (Firenze 1994), sostiene che derivi dall'accad.ico manu, «com­ di Luna nuova

putare>>, dunque con lo stesso significato.

28 Cfr., a questo proposito, Alfredo Cattabiani, Calendario, cit., pp. 29-33. 29 Cfr. K. Preidesanz, Papyri Greciae magicae, I, Lipsia 1928, vol. l, IV, 2786. 30 Marina Cepeda Fuentes, op. cit., pp. 44-45. 31 Esiodo, Teogonia, 411-452. Su Ecate cfr. anche Inni omerici, V, 24 sgg.; Apollo­ doro, Biblioteca, I, 2, 44; Scolii ad Apollonio Rodio, Argonautiche, III, 200, 242, 467, 861, 1035; IV, 828; Diodoro Siculo, Biblioteca storica, IV, 45 sgg.; Apuleio, Meta­ morfosi, Xl, 2; Cicerone, La natura divina, III, 18, 46. 32 0vidio, Fasti, I, 141-142.

Note 33 Vincenzo Cartari,

Le

immagini degli dei degli antichi,

409

Vicenza 1996, pp. 99-

101. 34 Ovidio, Metamorfosi, VII, 174.

35 Ibid., XIV, 397-405.

36 Inni omerici, XXVII .

37 Marina Cepeda Fuentes, op. cit., p. 85. 38 Renato Del Ponte, Dei e miti

italici, Genova 1985, p.

39 Georges Dumézil, op. cit., p. 357.

40 Cfr. a questo proposito la tradizione del

naturalmente

181.

rex Nemorensis (Ibid., pp.

355-56) e

Il ramo d'oro di Frazer.

4 1 Gabriele D'Annunzio, «Diana inerme», in La chimera. 42 Plutarco,

De facie quae in orbae lunae apparet, XXIX, 945.

43 Macrobio Ambrosio Teodosio, Commentarii in Somnium Scipionis libri duo, I, 11, 5-12. 44 Ibid., l, 12, 14-15.

45 Alfredo Ca ttabiani, Calendario, cit., pp. 241-43.

46 Cfr., a questo proposito, Alfredo Cattabiani, Florario, ci t., pp. 205-56. 47 Cfr. Alfredo Cattabiani, Calendario, cit., pp. 245-48. 48 Cfr., su questo tema, Hugo Wmck.ler, op.

cit., p. 98.

49 Plutarco, Defacie quae in orbae lunae apparet, XXX. 50 Firmico Materno, Mathesis, l, 4, 9.

51 Ugo Rahner, Miti greci nella interpretazione cristiana, Bologna 1980, pp. 177-78.

52 Ap 12,1-4.

53 M. Vloberg, La Vierge et l'Enfant dans l'art français, Grenoble 1934, vol. 2, pp.

110 sgg.

54 Anastasio il Sinaita,

55 Ibid., IV.

Hexaemeron, V.

V. Il Leone e i Cani l Il solstizio nel Leone durò dal 4380 al 2200.

2 Orapollo, I geroglifici, XXI.

3 Cfr. a questo proposito Alfredo Cattabiani e Marina Cepeda Fuentes, Bestiario di Roma, Roma 1986, pp. 314-34. 4 Igino, Astronomia, Il, 24. 5 Apollodoro, Biblioteca, Il, 5, 75. 6 Teocrito, Idilli, XXV, 192-282. Cfr. anche Esiodo, Teogonia, 326 sgg.; Nonno, Dionisiache, XVll, 52 sgg. 7 Tolomeo; Le previsioni astrologiche, l, 9, 6. 8 Gaio Plinio Secondo, Storia naturale, XXXVII, 108. 9 Inni omerici, XXXI. l O Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, cit. Torino 1976 p. 129. 11 Uberto Pestalozza, Pagine di religione mediterranea, Milano-Messina 19452,

pp. 22 sgg. 1 2 Mircea Eliade,

Trattato di storia delle religioni, cit., pp.

147-48.

1 3 Cfr. Miranda Green, Le divinità solari dell'antica Europa, Genova 1991, p. 110. 14 Platone,

Repubblica, 508, b, c.

1 5 Macrobio Teodosio, I Saturnali, l, 17, 3-5.

410

Planetario

1 6 Ibid., l, 23, 21. 1 7 Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, cit., p. 157. 1 8 Cfr. André Barbault, op. cit., Roma 1979, p. 110. 1 9 Cfr. a questo proposito Alfredo Ca ttabiani, Calendario, cit., pp. 13-21. 20 Clemente Alessandrino, Cohortatio ad Graecos, XI, 114, 1-4. 21 Dario di Poitiers, Tractatus in Psalmum, commento al salmo 118, n. 5. 22 ilario di Poitiers, Tractatus in Psalmum, commento al salmo 118, ottavo di­

scorso, n. 57.

23 Homilia de nativitate Domini: G. Morin, Hyerortimi Presbiteri tractatus sive homiliae, in Anecdota Maredsolana, III, 2, p. 397. 24 M1 3,20.

25 Le 1,78-81. 26 Alfredo Cattabiani, Calendario, cit., pp. 200-02. 27 Hugo Rahner, op. cit., p. 156. Ma cfr. tutto il capitolo

« Il mistero del sole e

della luna» per approfondire l'argomento.

28 Plutarco, Iside e Osiride, XXI. 29 Esiodo, Le opere e i giorni, 582-596. 30 Manilio, Il poema degli astri, l, 396411. 31 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, I, 9, 21. 32 Eratostene, Catasterismi, XXXIII; Igino, Astronomia, Il, 35, l e Favole, CXXX; Ovidio, Metamorfosi, VII, 763-792. 33 Igino, Astronomia, Il, 35, l; II, 4, 2 sgg.; Apollodoro, Biblioteca, III, 14, 7; Elia­ no, La natura degli animali, VII, 28. Cfr. anche Alfredo Cattabiani, Florario, ci t., pp. 98-99.

34 Testi delle Piramidi, 882-883.

35 Ibid., 939 e 458.

36 Robert Bauval e Adrian Gilbert,

Il mistero di Orione, Milano 1997, p. 232. 37 Lotùs Charbonneau Lassay, Le pietre misteriose del Cristo, Roma 1997, p. 142. 38 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, I, 9, 22. 39 Cfr. Angelo Morretta, Miti indiani, Milano 1982. pp. 153-54; Margaret e James Stu tley, Dizionario del/'induismo, Roma 1980, pp. 1 58-59. 40 Arato, Fenomeni, 513-518. 41 Igino, Astronomia, II, 33. 42 Angelo De Gubematis, Mithologie zoologique, Parigi 1874, cap. VIII. 43 La leggenda, più articolata, narra che, prima di presentarsi alla lepre, il dio

si era recato dai suoi tre amici, una scimmia, uno sciacallo e una lontra, che alla richiesta di cibo avevano offerto al bramano tutto quello che avevano. 44 fataka, 316.

45 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, 1, 9, 21. 46 Gdc 6,33-40. 47 Cfr. l'apocrifo Morte di Pilato che condannò

Gesù,

III .

48 Tolomeo aveva menzionato questo gruppo di stelle come una delle suddi­

visioni del Leone.

VI. La Grande Madre celeste 1 Nelle rappresentazioni tiene in mano una spiga.

zodiacali il segno è simboleggiato da una donna che

Note 2 Esiodo, Le opere e i giorni, 256 sgg.; 3 Arato, Fenomeni, 146-149.

411

Teogonia, 902.

4 Apollodoro, Biblioteca, I, 4, 4; Omero, Odissea, XV 250; Esiodo, Teogonia, 378-

382. Su Astreo ed Eos cfr. R. Graves,

op. cit., p.

134, n. 2.

5 Claudio Mutti, commento ad Arato di Soli,

I fenomeni e i pronostici,

Carma­

gnola, Torino 1984, p. 30.

6 Arato, Fenomeni, 143-205. 7 ora anche la Vergine torna, l tornano i regni di Sa turno; l ora dall'alto del cielo si fa scendere nuova progenie. l Tu dunque proteggi, casta Lucina, l il fan­ ciullo nascente grazie al quale l per la prima volta finirà la generazione del ferro l e sorgerà in tutto il mondo quella dell'oro; l ora governa il tuo Apollo.» 8 Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend, op. cit., p. 295. ..

9 Su Iside cfr. anche AAVV, lside, il mito, il mistero, la magia, Milano 1997. I O Sul simbolismo ctonio della melagrana cfr. Alfredo Cattabiani, Florario, ci t.,

pp. 327-31. 1 1 Secondo un'altra interpretazione la discesa negli inferi corrispondeva inve­ ce ai mesi in cui il seme giaceva negli «inferi>> dei granai prima di tornare in au­ tunno, con la semina, nella terra. Su questo problema interpretativo e sul simbo­ lismo del grano cfr. Alfredo Cattabiani, Florario, cit., pp. 427-39. 1 2 J . Marcadé, Au Musée de Delos, Parigi 1969, p. 429.

1 3 Quest'ultima soppressa nel nuovo calendario romano del 21 marzo 1969. 1 4 Virgilio (Eneide, VIII, 336) la considerava una ninfa. 1 5 Cfr. Varrone, fr. 145, in H. Funaioli,

Grammaticae Romanae fragmenta, Lipsia

1909.

16 Cfr. anche Aulo Cellio, Le notti attiche, XVI, 16. 1 7 Ovidio, Fasti, III, 403-414. 18 Marceline Senard, op. cit., p. 225.

19 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, I, 7. 20 De arte chimica, p. 585. Cfr. anche Cari Gustav Jung,

Psicologia e alchimia, To­

rino 1981, cap. 5.

VII. Nel segno dell'armonia l Manilio, Il poema degli astri, II, 256-264. 2 Igino, Astronomia, Il, 26, l . 3 Esiodo, Teogonia, 937. 4 Elémire Zolla, Le meraviglie della natura, ci t., p. 302. 5 Ibid. 6 André Barbault, op. cit., Roma 1979, p. 87. 7 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, I, 8. 8 Cecco d'Ascoli, L'Acerba, Lanciano 1916, p. 131. 9 fnni omerici, VI, «Ad Afrodite>>, 1-13. I O Esiodo, Teogonia, 154-202. Cfr. anche Omero, Odissea, VIII, 266 sgg; Apollodo­ ro, Biblioteca, I, 9, 17; IV, 4; III, 2, 2; XII, 2; XIV, 4. Quanto alla spiegazione del nome,

si tratta di interpretazioni elleniche. In realtà Afrodite è la trascrizione modificata del nome di una dea del Vicino Oriente che venne poi adottata dai Greci. 11 Plotino, Enneadi, m, 5, l .

12 Jbid., III, 5 , 3.

VIII. Il ritorno al caos 1 Ovidio, Metamorfosi, II, 193-207. 2 Dante Alighieri, Purgatorio, XXIX, 118-120. 3 Alexander Hartley Burr, LAtin American Mythology, in Mythology of Ali Races, Boston 1916, vol. 11, p. 185. 4 Stansbury Hagar, Cherokee Star-Love, in Boas Anniversary Volume, 1906, p. 363; Alexander Hartley Burr, op. cit., p. 117. Cfr. su questo argomento il capitolo dedicato alla Via Lattea. 5 Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend, op. cit., Milano 1983, pp. 294. Cfr. anche S. Hagar, op. cit., p. 363. 6 Richard Hunckley Allen, Star names, New York 1963, p. 367. 7 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, l, 9, 9. 8 Marceline Senard, op. cit., p. 346. 9 Gaio Plinio Secondo, Storia naturale, XI, 24. 1 0 La traduzione è di Vincenzo Cartari in Le immagini degli dei degli a11tichi, cit., p. 251. 11 Giuseppe Maria Sesti, op. cit., p. 387. 12 Igino, Astronomia, II, l . 1 3 Sul corvo cfr., qui, il cap. «Il mito del corvo di Apollo». 14 Igino, Astro11omia, II, 5. 1 5 Arato, Fenomeni, 97-106. 1 6 Manilio, Il poema degli astri, l, 314-315. 1 7 Igino, Astronomia, Il, 6, l . 1 8 Omero, Iliade, Il, 594 sgg. 19 Cfr. anche Igino, Astronomia, II, 6. 20 Cfr., per un ulteriore approfondimento, Hugo Winckler, op. cit., Milano 1982, pp. 83-86. 21 Cfr. per esempio Sesti, op. cit., p. 338. 22 Esiodo, Teogonia, 549-555. 23 Servio, Scolii a Virgilio, Egloghe, VI, 42. 24 Cfr., qui, il capitolo «Il Centauro e il Lupo». 25 Igino, Astronomia, II 2, 25, 4. 26 Arato, Fenomeni, 472-473.

IX. Nel segno della liberazione 1 Cfr. Catasterismi, xxvm. 2 Igino, Astronomia, Il, 27. Cfr. anche Arato, Fenomeni, 499-401; Tolomeo, Siste­ ma matematico, VII, l . 3 Giuseppe Maria Sesti, op. cit., p. 441. 4 Anche Ahura Mazda, il dio supremo dei Medi, venne ritratto all'interno di un disco alato e con un cerchio in mano. 5 Mundaka Upanishad, Il, 3-4. 6 Es 24,10. 7 Renato Del Ponte, LA religione dei Romani, Milano 1992, p. 129. 8 Cusano, LA dotta ignoranza, l, 83. 9 Cfr. Plotino, Enneadi, IV, 4, 10. 1 0 Vincenzo Cartari, op. cit., pp. 114-16.

Note

413

11 Pausania, Guida della Grecia, II, 24, 4. 1 2 Molte altre sono le immagini di Zeus-Giove che non c'interessano in questa sede. Il lettore le troverà elencate e spiegate in Vincenzo Cartari, op. cit., pp. 113-

52.

13 Marceline Senard, op. cit., p. 402. 1 4 André Barbault, op. cit., p. 115. 1 5 Tolomeo, Le prroisioni astrologiche, l, 9, 24. 16 Cfr., su questo mito, il capitolo «Nel segno della creazione e della resurre­ zione», pp. 45-46.

X. La porta degli dei l Apollodoro, Biblioteca, l, 6, 3. 2 Igino, Favole, 196; Astronomia, Il, 28. 3 Gv 10,6-10.

4 Fra i versi di Omero citati nel capitolo sulla «Porta degli uomini», ve n'era­ no due enigmatici che parevano contraddire il simbolismo delle due porte inter­ pretato da Porfirio nell'Antro delle ninfe: «l'altra invece, volta a Noto, è per gli dei l e non la varcano gli uomini ma è il cammino degli immortali>>. Significa in realtà che da questa porta gli uomini possono soltanto salire, non scendere nel cosmo. Eccezionalmente vi scendono gli dei. Per un approfondimento di questo tema, cfr. René Guénon, >.

Note

415

27 Piero Bianucci, Stella per stella, Firenze 1985, p. 212. 28 Manilio, Il poema degli astri, I, 438-442. 29 Nonno, Dionisiache, XXXVIII, 424-431 . 30 Ibid. II, 32 31 Tragedie di Euripide, a cura di Olimpio Musso, Torino 1980, vol. l, p. 415. 32 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, I, 9. 33 Conone, Racconti, VIII; Tacito, Annali, 11,60; Strabone, Geografia, XVII, 801; Servio, Scolli a Virgilio, Eneide, Xl, 263. 34 Thomas Carlyle, Gli eroi, il mito degli eroi e l'eroico nella storia. 35 Apollonio Rodio, Le Argonautiche, IV, 123-126 e 167-178. 36 Elémire Zolla, Verità esposte con evidenza, Venezia 1990, p. 1 32.

Xli. Il riassorbimento nel non manifestato

l Ovidio, Fasti, Il, 458-471. 2 Igino, Astronomia, Il, 30. 3 Sulla stella di Betlemme cfr. Alfredo Cattabiani, Calendario, cit., pp. 93 sgg. 4 Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, cit., p. 194. 5 Sul simbolismo eristico del pesce, cfr. Alfredo Cattabiani e Marina Cepeda Fuentes, op. cit, pp. 174-96. 6 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, l, 13. 7 Mt 13,45-46. B Mt 7,6. 9 Irmi omerici, XXII, «A Poseidone». 1 0 Sul cavallo e Poseidone e sugli altri cavalli simbolici cfr. Alfredo Cattabiani e Marina Cepeda Fuentes, op. cit., pp. 297 sgg. 1 1 Vincenzo Cartari, op. cit., p. 215. 12 Publio Papinio Stazio, Tebaide, Il, 45-47. La traduzione è del Cartari, op. cit., p. 214. Le altre costellazioni

l. Il mito di Perseo l Le versioni del mito sono diverse. Noi abbiamo scelto quella più funzionale alla riflessione astromitologica. Cfr. Esiodo, Teogonia, 270 sgg.; Apollodoro, Bi­ blioteca, Il, 4, 3; Ovidio, Metamorfosi, IV, 792-802; Euripide, Ione, 989 sgg. 2 Sul mito di Perseo, cfr.: Omero, Iliade, XIV, 319; Esiodo, Teogonia, 276 sgg.; Pindaro, Pitiche, XII, 17 sgg.; Apollodoro, Biblioteca, Il, 4, l; Erodoto, Storie, VII, 61; Eratostene, Catasterismi, XVI sgg.; XXII; XXXVI; Ovidio, Metamorfosi, IV, 617 sgg.; Igino, Favole, l, 63; Nonno, Dionisiache, XLVII; Clemente Alessandrino, Stro­ mati, l, 21, 105; Plinio, Storia naturale, m, 56. 3 Robert Graves, op. ci t., p. 495. 4 Ibid., p. 219. Secondo il Graves il mito di Danae, Perseo e l'arca galleggiante pare collegato a quello di lside, Osiride e l'Infante Horo: «Nella versione più an­ tica del mito, Preto è il padre di Perseo, l'Osiride argivo; Danae è la sua moglie­ sorella, come lside; Perseo l'Infante Horo; e Acrisio, il geloso Set che uccide il suo gemello Osiride ed è punito dalla vendetta di Horo». Come si racconterà nei

416

Planetario

prossimi capitoli, Perseo ucciderà per un tragico incidente Acrisia. Quanto al to­ pos dell'arca, lo ritroviamo per esempio nel mito di Semele e Dioniso che vi fu­ rono rinchiusi da Cadmo.

5 Jbid.

6 Apollonia Rodio, Le Argonautiche, li, 12, 3; IV, 1310; Apollodoro, Biblioteca, III, 12, 3; Pausania, La guida del/a Grecia, IX, 33, 5. Il racconto di Apollodoro (In, 12, 3) sulla lotta fra Atena e Pallade è in realtà una tarda versione patriarcale di quello pelasgico originario: Atena, nata da Zeus e allevata dal dio-fiume Tritone, uccise incidentalmente la sorellastra Pallade, figlia dello stesso Tritone, poiché Zeus aveva abbassato il suo scudo fra le due contendenti mentre Pallade stava per colpire Atena. 7 Erodoto, Storie, IV, 180. 8 lbid., 189. 9 Quanto alla leggenda di Poseidone che genera Pegaso in Medusa, Graves sostiene che essa ricorda la leggenda di Poseidone che genera Ariane in Demetra trasformatasi in giumenta, e la conseguente collera della dea. Entrambi i miti de­ scrivono come gli Elleni devoti a Poseidone sposassero con la forza le sacerdo­ tesse della Luna senza lasciarsi impaurire dalle loro maschere di Medusa, e assu­ messero il controllo dei riti propiziatori di pioggia e del culto del cavallo sacro (op. cit., p. 114, nota 4). 1 0 Il suo nome potrebbe derivare dall'epiteto di Ermes, Pterseus, o dal fenicio Parash, «cavaliere». 1 1 Una curiosità: il tipico vascello fenicio veniva chiamato Perseu, «il corridore)), 12 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, l, 9, 17. 1 3 Giovanni Pascoli, «X agosto», in Myricae (1892). 14 Robert Graves, op. cit, p. 114, nota 4. 15 Lo si chiamò Deliade, che sarebbe stato suo fratello, oppure Pirene o Alci­ mene, o infine Sellero, un tiranno di Corinto. Il nome di Bellerofonte ricordereb­ be dunque quel delitto, poiché significa letteralmente «uccisore di Sellero». 16 Omero, Iliade, VI, 164-170. l7 Su questo episodio esistono varie versioni: vi è chi sostiene che Atena gli ispirò la forgiatura del primo morso, chi invece favoleggia che Poseidone glielo consegnò già domato, altri ancora che fu Bellerofonte stesso a domarlo con una briglia d'oro. 1 8 Robert Graves, op. cit., p. 229. 19 Esiodo, Teogonia, 276 sgg.; Apollodoro, Biblioteca, n, 3, 2; IV, 2 sgg.; Strabo­ ne, Geografia, VIII, 6, 21; Pausania, Guida del/a Grecia, Il, 3, 5; IV, l; XXXI, 9; IX, 31, 3; Ovidio, Metamorfosi, IV, 784 sgg.; Igino, Favole, 151; Arato, Fenomeni, 205 sgg.; Igino, Astronomia, Il, 18. 20 Citato da Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend, op. cit., p. 355. 21 Giuseppe Maria Sesti, op. cit., p. 417. 22 Secondo Callirnaco, il vero motivo della sua metamorfosi fu la rinuncia a cacciare e il rifiuto di onorare Artemide. 23 Igino, Astronomia, n, 18. 24 Strabone, Geografia, 1, 42; Erodoto, Storie, VII, 61; Igino, Astronomia, II, 9; Apollodoro, Biblioteca, n, l, 4; Tacito, Storie, V, 2; Plinio il Vecchio, Storia naturale, VI, 183; Ovidio, Metamorfosi, V, 12; Nonno, Dionisiache, li, 682 sgg. 25 Claudio Tolomeo, Le previsioni astrologiche, l, 9, 1 4.

Note

417

26 Apollodoro, Biblioteca, Il, 4, 3. 27 Igino, Astronomia, II, 10.

28 Sul simbolismo della palma, cfr. Alfredo Cattabiani, Florario, cit., pp. 83-92. Per quanto riguarda il planisfero stellare di Denderah, in Egitto, nel punto indi­ cato da Cassiopea appare una gamba di animale, così descritta nel Libro dei mor­ ti: >, in Mytllology of Ali Rilces, vol. 4, Boston 1927. Igino, L'astronomie, texte établi et traduit par André Le Boeuffle, Parigi 1983. - Fables, texte établi par Jean-Yves Boriaud, Paris 1997. I miti dell'Oriente, a cura di Mario Bussagli, Roma 1976. Inni omerici, a cura di Filippo Càssola, Milano 1975. ,

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INDICE DEI PIANETI, DELLE STELLE E DELLE COSTELLAZIONI

Acamar

(B Eridani), 253

Almach

( y Andromedae), 296

Achemar (a Eridani), 253

Alnair (a Gruis), 373

Acqua, 9, 12

(y Sagittarii), 204 y Aurigae), 63, 81 Alnilam (E Orionis), 78 Alnitak (ç Orionis), 78, 149 Alphard (a Hydrae), 347-348 Al Rischa (a Piscium), 259, 261 Alshain (/3 Aquilae), 332 Alsuhail (o Velorum), 258 Altair (a Aquilae), 13, 215, 326, 332 A l tare (Ara), 12, 16, 350, 354, 356-358,

Acquario

(Aquarius), 9, 12, 17, 19-20, 36,

42, 139, 201, 215, 223, 230, 232-237, 246, 249-251 , 261, 271, 280, 284, 332, 334, 385 Acrux (a Crucis), 362 Adhara (E Canis Majoris), 147 Ain (E Tauri), 63 Al Ashfar, 132 Albireo (/3 Cygni), 324, 326 Al Chiba (a Coroi), 341

( 17 Tauri}, 64-66 Alcor (BO Ursae Majoris), 299-300, 306 Alcione

Aldafera

(ç Leonis), 132 Tauri), 13, 60, 63, 78, 144,

Aldebaran (a

365, 385 Alterf

(À. Leonis), 132 (17 Canis Majoris), 1 47

Aludra

Alula Australis Alula Borealis

(,; Ursae Majoris), 301

(v Ursae Majoris), 301

({3 Draconis), 321

Ammasso di Anitre Selvatiche, 381 Andromeda

Al Dhi' Bain, 321

Coronae Auslralis),

214 Alfirk (/3 Cepl!ei), 287 Algenib

Al Nath ({3 Tauri,

Alwaid

147, 239, 248 Alderamin (a Cephei), 287, 304 Alfecca Meridiana (a

Al Nasi

(yPegasi), 282

(Andromeda), 12, 35, 54, 259, 271, 282, 284, 292-294, 296, 381 Antares (a Scorpii), 13, 144, 182-1 85, 239 Antinoo (Antinous), 32, 336-337

Antlia, vedi Macchina Pneumatica

Algenib (a Persei), 275-276, 282

Ape

Algieba

Aquila

(yLeonis), 132 Algol (/3 Perse!), 277-278 Algorab (o Coroi), 341 Alhena (yGeminorum), 93 Alioth (E Ursae Majoris), 300 Alkalurops ()l Bootis}, 312 Al Kaprah ( K Ursae Majoris}, 301 Alkes (a Crateris), 344

(Apis), 31, 33-34, 374 (Aquila), 12, 32-33, 155, 199, 201,

214-215, 242, 326, 332, 334-337, 381 -382 Aratro, Ariete

vedi Orsa Maggiore (Aries), 8, 12-13, 1 8-20, 22, 24, 33-

34, 41, 43-50, 52, 54, 58, 60, 68, 88, 95, 135, 139, 169, 206, 246, 256, 261, 350 Arkab (/3 Sagiltarii), 204 Arkab Prior ({3 1 Sagittàri1), 204

430

Pla netario

(/P Sagittarii), 204 (a Leporis), 153 Arpa di Giorgio (Harpa Georgii), 36-37 Arrakis (JJ Draconis), 321 Arturo (a Bootis), 9, 144, 165, 299, 310-312 Ascella ( ç Sagittarii), 204 Asellus Australis (D Cancri), 1 04, 1 09 Asellus Borealis (yCancri), 103-104, 1 09 Asterion (/3 Canum Venaticorum) 380 Asterope (27 Tauri), 64-65 Atlante (27 Tauri), 65 Atria (a Trianguli Auslralis), 377 Auriga (Auriga), 12, 37, 58, 78, 81 -82, 84Arkab Posterior Ameb

86, 250, 367, 381

Avior (E Carinae), 258 Azmidiske

Carena

(a Trianguli), 54 12, 30, 35, 251, 253, 258,

(Carina),

371 , 384

Caronte, 188 Cassiopea

(Cassiopeia),

1 2, 33, 36, 271,

289, 291-292, 294, 373

Castore ( a Geminorum), 87, 91, 93, 96

Cavallino

(Equuleus),

1 2, 245, 285, 287,

374

Cebalrai (/3 Ophiuchi), 193-194 Cefeo

(Cepheus),

12, 271 , 287, 289, 29 1 ,

(16 Tauri), 64-65

Centauro

12, 1 72, 347, 349,

(Centaurus),

352, 354-356, 359, 383

Cerbero

Pedi Ceto

(Cerberus), 34, 196 (Cerberus et Ramus),

Cerbero e il Ramo

Becrux

(/3 Crucis), 362 (yOrio11is), 24, 80 l:lenetnasch ( '7 Ursae Majoris), 299 Betelgeuse (a Orionis), 80, 149 Bilancia (Libra), 8, 11 -12, 14, 16, 18-20, 70, Bellatrix

34, 36

Cerchietto, 261 Ceto

(Cetus),

12, 215, 234, 246, 248, 271,

383, 385

Chioma di Berenice

(Comae Berenicis),

1 2, 33-36, 145, 1 56, 297,

Cigno

(Cygnus),

4, 12, 33, 322-324, 326,

332, 381-382

299, 303, 307-312, 380

Botein

Cintura di Orione, 78, 80, 148-149

Bulino

Coda del Drago, 317

(t5Arietis), 50 (Caelum), 35, 382 Bussola (Pyxis), 35, 37, 382

Cacciatore,

Colomba

(Columba), 33, 371-372, 384 (Circinus), 35, 383, 385 Cor Caroli (a Canum Venaticorum), 380 Corona Australe (Corona Australis), 1 2, Compasso

Vl!di Orione

Callisto, 209 Camaleonte Cancro

(Chamaeleon), 3 1 , 371 (Cancer), 8, 1 2 , 1 7, 19, 103,

16, 33, 203-204, 212-214, 385 105,

107- 1 1 1 , 124-1 25, 129, 149, 172, 2 1 8-

Corona Boreale

(Canis Major),

12, 14, 43,

(Corona Borealis),

(Corvus),

12, 322, 338, 340-342, 344

Cratere (Crater), 12, 1 6, 338, 342-344

78, 1 28, 141- 145, 147, 149-1 50, 152, 374,

Croce del Nord, 324, 374

377

Croce del Sud

Cane Minore

(Canis Minor),

12, 78, 128,

149-152, 309, 374

Cani da Caccia

(Canes Venatici), 34, 380 Canopo (a Carinae), 1 5 1 , 251 , 253-255, 258, 311, 354, 384

Ca pella

(a Aurigae), 9, 81-83, 368 Caph (/3 Cassiopeiae), 290 Capretti, Pedi Haedi

12, 16,

156, 194, 310, 312-315

Corvo

219, 223, �347, 368-369

Cane Maggiore

4,

12, 31, 33, 156-157, 159, 371

93, 129, 139, 171-177, 185, 347

(Bootes),

Caput Trianguli

Celeno

(� Puppis), 258

Bara di Giobbe, 245

Boote

1 08, 1 10, 1 1 4, 215, 21 7-223, 226, 230, 234, 238, 241, 260, 368-369, 383

294, 312

Baham ( 8 Pegasi), 282 Balena,

Capricorno (Capricornus), 8, 12, 17, 20, 36,

(Crux),

4, 31 -32, 34, 258,

285, 324, 354, 359-36 1 , 371, 374

Cujam Cursa

(w Herculis), 1 99 ({3 Eridani), 253

Dabih (/3 Capricorni), 218

Delfino

(Delphinus), 12, 234, 242, 245 ( a Cygni), 304, 324, 326 Deneb Algedi ( t5 Capricorni), 218-219 Deneb

Indice dei pianeti, delle stelle e delle costellazioni

Deneb Dulfin (e Delphini), 246 Deneb Kaitos ({J Ceti), 248 Denebola ({J Leonis), 132 Deschubba ( .5 Scorpii), 184 Diadema (a Comae Berenicis), 156 Doppio Ammasso di Perseo, 277 Drago (Draco), 12, 14, 33, 149, 152, 182, 194-197, 283, 297, 316-318, 320-321, 346 Dubhe (a Ursae Majoris), 299 Elettra (17 Tauri), 64-65 El Rai (yCephei), 287, 304 Eltanin (yDraconis), 321 Enif (e Pegasi), 282 Ercole (Hercules), 12, 34, 152, 182, 190, 194-197, 199, 312, 314-31 5, 319, 326 Eridano (Eridanus), 12, 33, 37, 81, 148, 215, 246, 249-251, 253, 367, 372, 374, 382-384 Europa, 209 Falce, 132 Falsa Croce, 258 Fenice (Piwenix), 4, 31, 372-374, 377 Fluvius Aquarii, 230, 238 Fomalhaut ( a Piscis Austrini), 234, 238239 Fornace (Fornax), 35, 253, 383 Fornello Chimico, vedi Fornace Freccia (Sagitta), 12, 16, 199, 201 Furud (çCanis Majoris), 147 Gacrux (yCrucis), 362 Galassia, 363, 367 Galletto (Gal/us), 33, 37 Ganimede, 209 Gatto (Fe/is), 36, 38 Gemelli (Gemini), 4, 8, 12, 18-19, 37, 78, 80-81, 87-90, 93, 95-98, 103, 129, 149, 169, 283, 323, 367, 369, 381 Geminidi, meteore, 87 Gemma (a Coronae Borealis), 312-313, 315 Giedi (a Capricorni), 218 Giedi Prima (al Capricorni), 218 Giedi Secunda (a2 Capricorni), 218 Gienah (yCorvi), 341 Gienah (e Cygni), 324, 326 Giordano (Jordanus), 33, 37 Giove, 1 5, 17, 19, 28, 54, 69, 74, 80, 123, 133,

431

144, 174, 186, 2�207, 209-212, 253, 261, 263-264, 277, 289, 310, 336, 354 Giraffa (Camelopardalis), 33, 37, 373 Gli dei alzati di Ekur, 197 Gli dei seduti, 197 Glorie di Federico (Honores Federici), 37, 381 Gomeisa ({J Canis Minoris), 151 Gorgonea Quarta (w Persei), 277 Gorgonea Secunda (1r Persei), 277 Gorgonea Tertia (p Persei), 277 Graffias ({J Scorpii), 184 Gran Carro, 9, 14, 165, 290, 297, 299-301, 307-308, 312 Grande Nube di Magellano, 253, 374, 376, 383-384 Gru (Grus), 31, 373 Guardiani del Polo, 306 Guardiano delle Messi (Custos Messium), 36 Hadar ({J Centauri), 354, 359 Haedi, 82-83 Hamal (a Arietis), 50 Haris (yBootis), 312 Homam (ç Pegasi), 282 Jadi (Hyades), 36, 61, 63, 78 Idra (Hydra), 12, 36, 129, 160, 197, 215, 249, 317, 320, 334, 338, 341-342, 344347, 349, 374, 377, 383 Idra Maschio (Hydrus), 31, 249, 374 n cane, 197 Indiano (lndus), 31, 374, 377 lo, 209 lzar (e Bootis), 312 Kaus Australis (e Sagittarii), 204 Kaus Borealis (À. Sagittarii), 204 Kaus Media (.5 Sagittarii), 204 Kitalpha (a Equulei), 287 Kochab ({J Ursae Minoris), 149, 304-305 Kraz ({J Corvi), 341 Leone (Leo), 8, 12, 17, 19-20, 48-49, 78, 93, 111, 128-130, 132-135, 139, 141, 155156, 159, 165, 207, 223, 308, 374, 380381 Leone Minore (Leo Minor), 34, 374, 380

Planetario

432

Leonidi, meteore, 132

Mizar

Lepre

Mongolfiera

(Lepus), 1 2, 78, 152-153, 155-156 Lince (Lynx), 34, 380-381 Lira (Lyra), 12, 16, 194, 196, 215, 323, 326328, 332, 382 Lucertola

(Lilcerta), 34, 37, 381

Luna, 4, 8, 10, 1 5-19, 56, 60, 68-69, 72-74,

(ç Ursae Majoris), 299 (Globus Aerostaticum), 36 Montagna Mensa (Mensa), 35-36, 371, 376, 383-384 Monte Menalo

(Mons Maenalus), 34 (Musca), 32, 34, 371, 374 Mosca Boreale (Musca Borea/is), 34, 37, Mosca

78, 82, 87-89, 1 04-1 05, 1 09-1 20, 122-127,

374

1 36, 1 39-140, 155-156, 165, 1 86, 188,

Mufrid

192, 206, 210, 2 1 8, 232, 248, 256, 258, 264, 284, 29 1, 294, 300, 310, 312, 3 1 7, 334, 344, 368, 381 Lupo (Lupus), 12, 349, 354-356, 383, 385 Macchina Elettrica

(Macl1ina Electrica), 37 Macchina Pneumatica (Antlia), 35-36, 383 Maia (20 Tauri), 64-65

Mare, 148, 215, 223, 230, 234, 242, 246, 249, 253, 259, 271

Markab

(ex Pegasi), 282

( K' Velorum), 258 Marfik ( K' Herculis), 199 Markeb

Marte, 15-16, 18-19, 28, 48-50, 53-54, 60-

(17 Bootis), 312

Mulino di Amleto, 304 Muliphen

( 1J1 0phiuchi), 194 Majoris), 147

Murzim (/3 Canis

Naos (ç Puppis), 258 Nashira

(yCapricorni), 219 (Argo Navis), 12, 16, 30, 33-35,

Nave Argo

37, 151, 215, 251, 253-256, 371 -372, 382, 384 Nekkar (/3 Bootis), 312 Nettuno, 4, 1 9, 223, 264, 266 NGC 104, 377 NGC 869, 277 NGC 884, 277

6 1 , 69, 71, 80, 96, 1 09, 123, 1 33, 144,

Nihal (/3 Leporis), 153

150, 1 68, 1 74, 184-186, 189, 194, 201,

Nunki

206, 242, 263, 277, 282, 301, 310, 32 1 ,

Nusakan (/3

336 Masym

(il Hercuiis), 199

Mazza di Ercole, 199

(E Geminorum), 93 (15 Ursae Majoris), 301

Mebsuta Megrez

Mekbuda

(ç Geminorwn), 93 Menkalinan (/3 Aurigae), 83 Menkar (a Ceti), 248 Mensa, vedi Montagna Mensa Merak (/3 Ursae Majoris), 299

Mercurio, 15, 18-19, 50, 54, 61, 73, 80, 96,

(a Sagittarii), 204 Coronae Borealis), 312

Officina Tipografica

(Officina Typographi­ ca), 37 Ofiuco (Ophiucus), 12, 1 9-20, 33, 36, 1 52, 182, 189-1 91, 193-194, 317

Orione

(Orion), 12, 24, 33, 37, 58, 63-64,

66, 75, 77-78, 80, 87, 143-144, 147-149, 151- 153, 180, 204, 253, 377 Orionidi, meteore, 81

(Horologium), 35, 384 (Ursa Major), 9, 1 2, 36,

Orologio a Pendolo Orsa Maggiore

98, 101-102, 109, 123, 133, 150, 156, 159,

1 29, 149, 194, 196, 294, 297-299, 301-

1 68-169, 1 74, 186, 206, 213, 239, 263,

303, 306-308, 373-374, 380-381

277, 282, 3 1 0, 3 1 4, 324, 328, 332, 344, 354-355, 358

Merope (23

Tauri), 64-65 (yArietis), 50 M iaplacidus (/3 Carinae), 258 Microscopio (Microscopium), 35, 383 Minkar (e Corvi), 341 Mintaka (t5 0rionis), 78 Mira (o Ceti), 248 Mirach (/3 Andromedae), 295-296 Mesarthim

Orsa M i nore

( Ursa Minor), 12, 33, 1 49,

194, 297, 301-302, 304-306, 316, 32 1 , 374 Ottante

(Octans), 35, 374

Pavone

(Pavo), 31, 374 (a Pavonis), 374 Pegaso (Pegasus), 12, 33, 43, 230, 232, 234,

Peacock

242, 259, 271, 278, 280-282, 284-285, 294, 369, 374

Indice dei pianeti, delle stelle e delle costellazioni

Perseidi, meteore, 277, 312 Perseo (Perseus), 1 2, 33, 271, 275-278 Pesce Australe (Piscis Austrinus), 12, 230, 238-239, 241, 249-251, 259-261, 373, 383

Pesce Boreale (Piscis Boreus), 259-261, 295-296

Pesce d'Oro (Dorado), 31, 376, 382-383 Pesce Volante ( Vo/ans), 31, 376 Pesci (Pisces), 8, 12, 18, 20, 22, 24, 42, 162163, 211, 215, 230, 234, 238-239, 246, 259-266, 280, 283 Phekda (y Ursae Majoris), 301 Pherkad ( yUrsae Minoris), 305-306 Piccola Nube di Magellano, 253, 374, 377 Piccolo Carro, 306 Pittore (Pictor), 35, 376, 384 Pleiadi (Pleiades), 9, 12, 16, 21, 60-61, 6367, 75, 80, 306-307 Plutone, 4, 19, 185-186, 188-1 89, 223 Polaris (a Ursae Minoris), 287, 289, 294, 298-299, 304-306, 321 , 384 Polluce (/3 Geminorum), 87, 91, 93, 96 Poppa (Puppis), 12, 30, 35, 253, 258, 382 Porrima ( yVirginis), 165 Presepe, 104-105, 109 Procione (a Car1is Minoris), 9, 150- 1 5 1 , 309 Propus (T'/ Geminorum), 93 Proxima Centauri, 354

Quadrante Murale (Quadrans Muralis), 36, 312

Quadrantidi, meteore, 312 Quadrato di Pegaso, 282-284, 369 Quercia di Carlo (Robur Carolinum), 3435, 37

Ramo di Melo (Ramtls), 34 Ras Algethi (a Herculis), 197 Ras Alhague (a Ophiuch1), 193-194 Ras Elased Australis (E Leonis), 132 Ras Elased Borealis (JJ. Leonis), 132 Regolo (a Leonis), 13, 130-133, 165, 239 Renna (Rangifer), 36-37 Reticolo (Reticulum), 35, 376, 384 Rigel (/3 Orionis), 24, 80, 147, 153 Rigil Kentaurus (a Centauri), 25, 311, 352, 354, 359, 383

Robur Carolinum, vedi Quercia di Carlo

433

Rotanev (/3 Delphim), 245-246 Ruchbah (8 Cassiopeiae), 290 Rukbat (a Sagittaril), 204 Rutilicus (/3 Herculis), 197 Sabik ( T'J Ophiuchi), 194 Sacco di Carbone Boreale, 326 Sadachbia (yAquarii), 237 Sadalmelik (a Aquarii), 237 Sadalsuud (/3 Aquarii), 237 Sadr (yCygni), 324, 326 Sagittario (Sagittarius), 1 2, 18-20, 48,

60,

1 1 4, 168, 202-204, 206-209, 211-212, 214-215, 283, 367, 369, 383, 385

Sahu, vedi Orione Saiph ( K Orionis), 81 Sarin (8Herculis), 197 Sahlrno, 15, 17-19, 28, 50, 53, 60-61, 68-69, 80, 96, 109, 123, 133, 1 56, 162, 168, 174, 185-1 86, 194, 206, 209, 213, 22 1 , 223, 226-229, 235-237, 242, 246, 253, 261, 263, 277, 289, 306, 310, 321, 348, 358

Scettro di Brandeburgo (Sceptrum Brandeburgicum), 37

Scheat (/3 Pegasi), 282 Schedar (a Cassiopeiae), 290 Scorpione (Scorpius), 8, 1 1 -12, 16, 18-20, 76, 86, 152, 172, 180-190, 192, 202, 215, 250, 265, 320, 340, 349, 355-356, 369, 385 Scudo (Scutum), 34, 381 Scultore (Sculptor), 35, 385 Segin (E Cassiopeiae), 290 Segmento di Perseo, 275 Serpente (Serpens), 12, 1 52, 1 82, 190, 381 Sestante (Sextans), 34, 344, 381 -382 Sham (a Sagittae), 201 Shaula (À Scorpii), 184 Sheliak ({J Lyrae), 327 Sheratan (/3 Arietis), 50 Sirio (a Canis Majoris), 9, 14, 32, 43, 78, 141 -144, 147-152, 163, 251, 311, 354 Sirrah (a Andromedae), 282, 294 Solcometro e Sagola (Lochium Funis), 37 Sole, 4, 8-11, 14-19, 22, 24, 30, 41-42, 44, 47-49, 52, 58, 68-69, 72-74, 78, 80, 87, 89, 98, 103, 105, 108-109, 1 1 1-114, 117, 120, 122-128, 132-141, 143-144, 147, 155, 165, 167, 171, 177, 182, 188, 190,

434

Planetario

192, 197, 204, 206, 210, 212, 215, 217218, 226, 233, 261-262, 264, 310, 317, 331, 334-335, 337, 346-347, 352, 363, 366, 368-369 Solitario (Turdus Solitarius), 36

Turais

( 1 Carinae), 258

Uccello del Paradiso Unicorno

(Apus), 31, 377 (Monoceros), 4, 33, 377

Urano, 4, 7, 19, 37, 223, 235, 237-238

Sothis,

vedi Si rio Spica (a Virginis), 9, 165, 168 Squadra (Norma), 35, 377, 385

Vega

Stella di Betlemme, 261

Venere, 15-16, 18-19, 50, 54, 60, 69-75, 96,

stella polare,

123, 133, 1 44, 168, 1 75, 1 77, 1 86, 194, 201, 206, 209, 239, 263-264, 306, 310, 314, 324, 332, 344, 348, 354-355 Vergine ( Virgo), 8, 12, 18, 20, 35, 129, 145, 156, 159-165, 167-1 70, 172, 185, 261, 283-284, 291, 296, 309, 31 2, 340, 342 Via di Anu, 7 Via di Ea, 217 Via di Enlil, 217 Via Lattea, 74-75, 138, 144, 151, 183-184, 204, 211, 214, 283-284, 287, 312, 322, 324, 326, 355, 357-358, 363-370, 372, 376-377, 381-382, 385 Vindemiatrix (e Virginis), 9, 167-168 Volpetta ( Vulpecu/a), 34, 382

vedi Polaris

Stelle Indicatriei, 354 Stelle Pun tatrici, 294, 299

(a Delphini), 245-246 ( y Lyrae), 327

Sualocin Sulafat

(19 Tauri), 64-65 (1 Ursae Majoris), 301

Taigete Talita

Tania Australis Tania Borealis Tarazed

(p Ursae Majoris), 301

(À Ursae Majoris), 301

( y Aqui/ae), 332

Tauridi, meteore, 63 Tejat (p

Geminorum), 93 (Telescopium), 35, 374, 385 Telescopio di Herschel (Telescopium Herscllelii), 37, 385 Telescopio

Vela

(a Lyrae), 13, 215, 304, 326-327 ( Vela), 12, 30, 35, 253, 258

Terra, 7, 8, 10, 16-17, 21 -23, 30, 60, 74, 84,

Wasat (o Geminorum), 93

103, 108, 114-115, 117, 122-124, 126-127, 142, 161, 1 64, 197, 209, 220-222, 230, 247, 278, 283, 320, 334, 357, 366, 369, 375 Testa del Drago, 317 Testa della Medusa, 277-278 Thuban (a Draconis), 149, 304, 316, 321 Tigri (Tigris), 33 Toro (Taurus), 8-9, 12-13, 18-19, 36-37, 43, 58-61, 63, 68-71, 73, 75, 78, 81 -82, 88, 95, 147, 152, 1 72, 175, 177, 204, 2�249, 314, 369

Wezen

(o Ophiuchi), 194 (e Ophiuchi), 194

Yed Posterior Zavijava (fJ

Virginis), 165 (o Leonis), 132 Zubenelakrab ( yLibrae), 172 Zubenelgenubi (a Librae), 172 Zubeneschamali ({J Librae), 172 Zosma

a Antliae, 383

(Triangulurn), 12, 16, 34, 54, 56-

a Apodis, 377 aArae, 358 a Cae/i, 382

36 57, 374, 377 Triangolo Australe

(Triangulum Australe),

31, 374, 377, 385 Triangolo d'Estate, 326, 332 Triangolo Minore

(Triangolum Minor), 34

Tubus Herschelii Major, 37

Tubus Herschelii Minor, 37 Tucano

Yed Prior

(Taurus Poniatovii),

Toro di Poniatowski Triangolo

(o Canis Majoris), 147

(Tucana), 31, 377

a Centauri, vedi Rigil a Chamae/eontis, 371 a Circini, 383

a Columbae, 372 a Doradus, 376 a Fornacis, 383 a Horologii, 384

Kentaurus

Indice dei pianeti, delle stelle e delle costellazioni a Indi, 374 a l.Jicertae, 381 a Lupi, 355 a Lyncis, 381 a Mensae, 383 a Microscopii, 383 a Muscae, 374 a Octantis, 384 a Phoenicis, 373 a Pictoris, 384 a Pyxidis, 382 a Reticu/i, 384 a Sculptoris, 385 a Scuti, 381 a Sextantis, 381 a Telescopii, 385 a Ursae Minoris, vedi Polaris a Vulpeculae, 382 {J Arae, 358 fJ Came/opardalis, 373 fJ Cancris, 103 fJ Comae Berenicis, 156 f3 Coronae Australis, 214 f3 Crateris, 344 fJ Equulei, 287 f3 Gruis, 373 f3 Hydrae, 348 fJ Hydri, 374 fJ Leonis Minoris, 380 fJ Lupi, 355 fJ Monocerotis, 377 fJ Sagittae, 201 f3 Trianguli, 54 fJ Trianguli Australis, 377 f3 Volantis, 376 yArae, 358 yCassiopeiae, 290 yCoronae Australis, 214 yCrateris, 344 yDelphini, 245 y Equulei, 287 yHydrae, 348 r Leporis, 153 yNormae, 385 yPersei, 277 yPiscis Austrini, 261 y Sagittae, 201

yTrianguli, 54 yTrianguli Australis, 377 o Aquaridi, meteore, 237 o Arae, 358 o Canis Majoris, 147 o Cephei, 287 o Crateris, 344 o Crucis, 362 o Cygni, 324 o Delphini, 245 o Equulei, 287 o Leporis, 153 o Lyrae, 327 o Persei, 275 o Sagittae, 201

E Equu/ei, 287 E Herculis, 197 E Lyrae, 327 ç Aquarii, 237 (Arae, 358 ç Aurigae, 82-83 ç Draconis, 321 ( Lyrae, 327 ( Tauri, 63 11 Aqr�aridi, meteore, 237 Tf Aquarii, 237 Tf Aurigae, 82-83

11 Canis Majoris, 147 Tf Carinae, 258

T/ Cassiopeiae, 25 11 Draconis, 321

11 Hercu/is, 197 11 Leonis, 132 11 Persei, 275

11 Piscium, 261

11 Scorpii, 1 84

8 Herculis, 197 8 Carinae, 258

1 Aquaridi, meteore, 237 1 Piscis Austrini, 261 K Coronae Austra/is, 214 K Piscis Austrini, 261

435

436

Planetario

À. Piscis Austrini, 261 f.J Cassiopeiaf, 290 f.J Ve/orurn, 258 o

Canis Majoris, 147

tr Aquarii,

237

tr Herculis, tr

197

Puppis, 258

a Hrrculis, 197 a Octantis, 384 1/J Cassiopfiaf, 290 1/J Piscis Austrini, 261

INDICE DELLE DIVINITÀ E DEI PERSONAGGI MITOLOGICI

Abante, 272 Abele, 89

Andromeda, 248, 274, 278, 282, 287, 289, 292-293

Abramo, 47

Anfitrite, 134, 242, 267

Achille, 307, 351-352

Anfizione, 84

Acrisio, 272, 293-294

Antea, 279

Adamo, 277, 360

Anu, 77, 217, 334

Ade, 99-1 00, 137, 163, 1 88-1 89, 192, 197, 211, 223, 273, 356 Aditya, 226 Adone, 331, 343 Adrasteia, 301

Afrodite, l.'i, 53, 71, 84, 173-174, 177-179, 240, 260, 315, 323-324, 331 -332, 335

Afrodite Anadiomene, 241 Agamennone, 85 Aganippe, 272 Aglaia, 272 Ahura-Mazda, 60 Aix, 82 Alcione, 66-68 Alcmena, 318, 364 Al Ghumaisa, 1 51 Al Jauzah, 151 Al Shira, 151 Amaltea, 82 Amazzoni, 280 Ambrosia, 61

Apis, 58 Apollo, 76, 89, 99-100, 1 16, 119-120, 137, 162, 1 80, 1 9 1 - 1 92, 200-201 , 243-245, 309, 323-324, 328-330, 332, 338, 340, 342, 344-345 Arcade, 302-303, 307 Ares, 15, 46-47, 52-53, 173, 324, 343-344 Argo, 46, 255 Argo, mostro dai cento occhi, 375-376 Argonauti, 46, 89, 91, 255-256, 287, 371372 Arianna, 73, 310, 314-315 Arione, 243, 278 Armonia, 1 73-174 Artemide, 76, 1 1 6, 1 1 9-1 22, 150-151, 1 80, 302, 335, 376 Artemide Efesina, 120, 165 Arturo, 299 Asclepio, 1 80, 191-192, 201, 340, 351 Astoreth, 71 Assur, 204 Astarte, 71-72

Ammone, 45

Asteria, 1 1 7

Amon, 43

Asterione, 72

Amon-Ra, 43, 45

Astreo, 161

Amos, 59

Aswin, 284

Ampelus, 167

Atamante, 45-46, 245

438

Planetario

Atar, 71

Cefeo, re di Tegea, 287

Atargatis, 241

Ceice, 66-67

Atena, 52, 83-84, 100, 165, 174, 192, 199,

Centauri, 45, 200, 202, 213-214, 350-352

2 1 1 , 215, 255, 273-275, 279, 293, 3 1 8,

Ceo, 119, 310

364, 372

Cerbero, 100, 1 1 8, 197

Atlante, 61, 63, 65, 68, 202, 274, 310, 312, 319, 357, 366

Cerere, 89, 1 1 3 Ceteo, 196

Atlantidi, 63, 65

Chandra, 232

Atreo, 85

Chimera, 279-280

Atropo, 122

Chirone, 192, 200, 285, 340, 349-352

Atteone, 150-151 Attis, 42, 369 Atum, 105 Baal, 59 Bacco, 61, 167, 315 Bassaridi, 332 Behemot, 247-248 Bellacoola, 366-367 Bellerofonte, 279-280 Bellona, 113 Bennu, 372 Bhutavat, 78 Borea, 120, 194 Brahma, 226 Buddha, 1 6, 155-156 Bukhis, 58 Cabiri, 95 Cadmo, 174 Caino, 89 Calice, 116 Calliope, 329, 331 Calliroe, 231 Callisto, 196, 302-303, 307 Candaone, 180 Candelifera, 167 Canopo, 254 Capaneo, 192 Cariti, 174 Cannentes, 167

Cibele, 42, 47, 71-72 Ciclopi, 201, 223-224, 280, 356 Cinzia, 120, 302 Circe, 118-119, 135 Climene, 135, 181 Clitennestra, 89 Cloto, 122 Coronide, 61, 191 -192, 340 Cos, 335 Crio, 310 Crisaore, 274 Crono, 15, 46, 83, 178, 188, 200, 223-224, 227, 238, 301, 310, 335, 350, 356, 365, 367 C roto, 202, 212 Cupido, 71, 260 Dagon, 241, 263 Dakvina, 255 Danae, 272, 275, 293 Dardano, 65, 306-307 Dedalo, 72 Deimos, 52 Deioneo, 45 Delfine, 216 Delfino, 243 Demetra, 57, 163-165, 1 69, 190-191, 278, 291, 309, 330 Demofonte, 342 Derceto, 239-241, 260

Camabone, 190- 191

Desiderio, 178

Caronte, 331

Deucalione, 230

Cassiopea, 274, 282, 287, 289, 291 -292

Dia, 45

Castore, 87, 89-92

Diana, 118, 120-121, 125

Cecrope, 84, 230

Diana Dictinna, 1 1 3

Cedalione, 76

Dike, 160-162, 1 64 , 1 72

Cefalo, 144-145

Dione, 61, 310

Cefeo, 274, 282, 287, 289, 293

Dioniso, 44-45, 61, 73, 1 04-1 05, 145, 202,

Indice delle divinità e dei personaggi mitologici

439

243, 245, 308, 310, 314-315, 330, 332,

163, 1 9 1 , 216, 232, 273, 276, 293, 327-

336, 351

329, 332, 335, 344, 364, 375-376

Dioscuri, 89-92, 95, 116 Ditti, 272

Eros, 1 78, 201, 238, 260 Esculapio,

vedi Asclepio

Esile, 61 Ea, 217, 232, 255, 282

Esone, 256

Eagro, 329

Esperidi, 63, 194, 196, 274, 319

Ecate, 113, 117-118, 291-292

Estia, 10

Ecatonchiri, 223-224, 356

E tana, 334-335

Echidna, 130, 200, 280 Eete, 46, 118, 135

Etemea, 335 Etra, 61, 63, 196

Efesto, 15, 76, 82, 84, 115, 174, 232, 314

Eudora, 61

Efialte, 343-344

Eufemia, 202

Egeo, 196

Euriale, 75, 273

Elato, 191

Eurimedonte, 310

Elena, 89-90, 116, 254

Eurinome, 135

Egiale, 66

Euridice, 330-331

Elettra, 65, 306

Euristeo, 130, 197, 318-319, 346

Elia, 241-242

Europa, 60, 72-73, 144

Eliadi, sette fratelli, 135

Eva, 360

Eliadi, sette sorelle, 135 Elice, 82

Febe, 91, 119, 310

Elio, 46-47, 76, 86, 115, 126-127, 135-137,

Feo, 61

1 40, 217, 332

Fetonte, 86, 181-182, 250-251, 365-367

Elle, 45-46

Filinoe, 280

Elleno, 285

Filira, 350

Endimione, 115-116, 122

Filomelo, 309

Enio, 52

Fineo, 293

Enki, 282

Flegia, 191, 340

Enkidu, 77-78, 203

Foibos, 52

Enlil, 217, 223, 282, 357

Folo, 351-352

Ennosigeo, 117

Forbante, 191

Enomao, 84-85

Formione, 92

Enopione, 75, 145

Frisso, 45-46

Eolo, 46, 66-67, 285 Eos, 76, 115, 1 35, 161, 180

Gabriele, 101

Epimeteo, 230

Gaia, 1 1 7, 178, 223, 238, 260, 356

Era, 45, 52, 60-61 , 66, 75, 1 04, 1 1 9-120,

Ganimede, 32, 201, 231-232, 334

vedi Gaia

165, 214, 245, 272, 280, 318-319, 350,

Gea,

363-364, 375-376

Gedeone, 156

Eracle,

vedi Ercole

Ercole, 52, 89, 100, 103, 130, 191, 194-197,

Gerione, 195 Gesù Cristo, 1 6, 25, 42, 47, 72, 1 26-127,

199-200, 274, 318-319, 345-346, 351-352,

140- 1 4 1 , 149, 157, 168, 188, 201, 218,

363-364

263-265, 324, 372-373, 378-379

Eribea, 314

Ghul, 277

Eris, 52

Giapeto, 199

Erigone, 145, 160, 309 Erittonio, 84

Ermes, 15, 46, 65, 76, 84, 98-101, 118, 153,

Giano, 88, 224-225

Giasone, 46, 89, 255-256, 309, 351 Giganti, 104-105, 215, 310, 318

440

Planetario

Gilgamesh, 77-78, 204, 255, 282, 357 Giove, 82, 93, 103, 129, 1 82, 189, 209-210, 232, 260, 292, 303, 323, 334, 352, 354,

Iside, 112-113, 142, 147-148, 163-164, 291, 330, 376 Issione, 45, 196, 214, 350

357 Giove Ammone, 44-45

Jahvvèh, 59, 156, 241-242, 247-248, 344

Giunone, 103, 113, 120, 137, 232, 303, 334 Gla uco, 65, 192, 279

Khepri, 105

Glaucopide, 84

Kisha, 334

Gorgone, 83, 187, 192, 273-275, 277-279, 293 Gorgoni, 273-275

Lachesi, 123 Ladone, 319

Graie, 273-274

Latona, 116, 119-120, 137, 323-324

Grande Madre, 42, 47, 56-57, 60, 71 -72,

Learco, 245

109, 11 1-112, 116-118, 120-121, 123, 136,

Leda, 4, 89, 91, 116, 323

1 60, 163-165, 1 77, 1 92, 278, 280, 284,

Lelape, 144-145

291, 294, 355, 364, 369, 375 Grazie, 71 , 119

Leone di Nemea, 130, 345 Leto,

vedi Latona

Leucippidi, 91 Hanumat, 151

Leucotoe, 135

Hathor, 71-72, 1 1 2, 291

Leviatano, 247

Horo, 57, 112, 128, 148-149, 163-165, 275

Libero, 196 Licaone, 196, 302

!adi, 61, 63

Licia, 244

!ante, 61, 63

Licurgo, 192

Ibla, 56-57

Lilith, 277

lcadio, 244

Linceo, 90-91

lcario, 145, 150, 160, 308-309, 343

Locri, 144

Ida, 90-91 , 301-302, 305

Lucifero, 71

Idra di Lerna, 103, 345-346, 351

Luna, 59-60, 67, 73-74, 1 1 1 - 1 1 2, 1 1 5 - 1 1 7,

Ilaria, 91

279

llitia, 122 Ilizia, 324

Maera, 1 45, 150, 309

Ima, 291

Maia, 65, 99, 101, 328-329

lmait, 291

Marduk, 15, 98, 197, 209, 255, 274, 282,

lmhotep, 82 lndra, 151, 233, 334, 347 lno, 46, 245 lo, 60, 287, 375-376

320, 346 Maria Vergine, 72, 120, 1 26-127, 163-164, 168, 208, 378-379 Marte, 50, 52-54, 71, 93, 173, 324

lobate, 279-280

Mastusio, 342

Iolao, 345-346

Medea, 118, 256

Iperione, 115, 135, 310, 356

Medusa,

lppe, 285, 287

Megapente, 294

vedi Gorgone

Ippodamia, 85, 272, 350

Megisto, 196

Ippoli to, 192

Melanippe, 285

Iride, 363

Melicerte, 245

lrieo, 76-77

Melisseo, 301

lschi, 191

Méne, 116

lshara Tamtin, 184

Menelao, 254

lshtar, 15, 71, 74, 77-78, 165, 241, 274, 334

Mercurio, 54, 98, 137

Indice delle divinità e dei personaggi mitologici

441

�erope, 65, 75, 335

Pagas, 285

�eti, 310, 356

Pallade, 275

�ichele, 101

Pan, 53, 115, 202, 215-217, 260, 350, 356, 376

�in, 165 �inerva, 116, 210

Pandora, 200, 230

�inerva Cecropia, 113

Pandroso, 84

�inosse, 72-73, 144, 192, 244, 313-315

Parche, 200

�inotauro, 72-73, 314

Pasifae, 72-73, 135, 192

�irte, 84

Pegaso, 274, 278-280

�irtilo, 84-85

Peleo, 351-352

�itra, 60, 78

Pelope, 85, 272

�emosine, 356

Periandro, 243-244

�nevis, 58

Perse, 135

�oire, 100, 122

Persefone, 73, 100, 163-1 65, 169, 189, 211,

�riga, 78 �use, 119, 196, 202, 279, 324, 329, 332

294, 330-331, 335 Perseide, 135 Perseo, 187, 248, 271 -275, 278, 287, 289,

Nabù, 15, 98

292-294

Naiadi, 107, 330, 376

Pessinunzia, 1 1 3

Nefele, 45-46, 350-351

Pico, 1 1 9

Nei th, 275, 278

Piritoo, 350

Nemesi, 4, 89, 1 1 6, 323

Pirra, 230

Nereidi, 289, 315

Pleiadi, 63, 65-66, 99, 328

Nereo, 319

Pleione, 61, 65, 68

Nergal, 15, 50

Pluto, 309

Nettuno, 211, 266-267

Plutone, 137, 189, 211

Nike Apteros, 165

Polidette, 272-273, 293

Ninib, 53

Polinno, 315

N inurta, 15, 223

Polisso, 61

Noè, 255, 282, 307, 357-358

Polluce, 87, 89-92

Notte, 89, 116, 237-238

Poseidone, 72, 75, 85, 90-91, 120, 134, 188,

Numa, 139

210-2 1 1 , 223, 234, 242-244, 266-267,

Nun, 82

273-274, 278-279, 284, 289, 314-315, 356

Nut, 58, 291

Postverta, 165 Prajapati, 78

Oannes, 217, 241, 263

Preto, 272, 279, 294

Oceano, 63, 135, 238, 303, 310, 350, 356

Prometeo, 196, 1 99-201 , 230, 352

Odisseo,

Prorsa, 165

vedi Ulisse

Onfalos, 191

Proserpina, 1 1 8

Opide, 180

Proserpina Stigia, 1 1 3

Orcamo, 135

Protesilao, 342

Orfeo, 138, 1 96, 210, 322-323, 326, 329-

Ptah, 82

332, 372 Orione, 65-66, 75-77, 145, 153, 180

Ra, 43, 59, 105, 112, 134

Orseide, 285

Ra-Atum, 58

Osea, 59

Raffaele, 101

Osiride, 1 1 2, 147-149, 153, 163, 182, 330,

Ramnusia, 113

372 Oto, 343-344

Rea, 71, 188, 223, 227, 310, 350, 356, 365 Rea Silvia, 52

442

Planetario

Remo, 89

Teutamide, 293

Rodo, 135

Thanatos, 53

Romolo, 89

Thot, 57, 1 1 2

Rohini, 78

lìa, vedi Tea

Sakka, 155-156 Samas, 135, 334

lìeste, 85

Satirea, 244

lìndaro, 89, 92

Sa tiri, 202, 350

Titanesse, 223

Satyavrata, 226, 263

lìtani, 83, 117, 188, 223-224, 260, 310, 356-

Tiamat, 197, 274, 320, 341, 346

Saturno, 119, 223-228, 238

Tifone, 130, 200, 215-217, 260, 280, 340

357

Sekhmet, 82

Trie, 329

Selene, 1 1 5-116, 122, 1 26-127, 135

Triopa, 191

Selkis, 184

Trita Aptya, 233-234

Semele, 61, 245, 315

Tritone, 234

Semiramide, 240-24 1

Trittolemo, 89, 164, 190-191

Serapide, 254

Troo, 231-232

Seth, 57, 112, 148, 163 Shiva, 69

Ulisse, 75, 256

Side, 75

Upuat, 149

Sileni, 105

Urania, 71, 382

Sileno, 1 04, 351

Urano, 1 17, 178, 223, 237-238

Simma, 241

Uroboros, 16, 317

Sin, 87, 111-112

U tanapishtim, 255, 282, 357

Siringa, 376 Sisifo, 65, 245 Sole, 74, 76, 181-182, 199, 319, 331, 366-367

Vaisvaswata il Manu, 226, 263 Venere, 71, 1 73, 1 78, 260, 324

Stella del Mattino, 66

Venere Pafia, 113

Stenno, 273

Vishnu, 226, 263

Stigie, 273-274

Vrtra, 233, 334, 347

Tamiri, 196

Zeus, 4, 15, 45-46, 50, 52, 54, 56, 60-61, 64-

Tammuz, 77 Ta ranto, 244

66, 72, 76, 82-83, 86, 89-91, 99-101, 105, 1 1 6-120, 130, 138, 144-145, 160, 163,

Tartaro, 215, 260

1 74, 1 80, 182, 188, 1 9 1 - 192, 195, 199-

Teia, 115, 135, 310

202, 209-2 1 1 , 214-2 1 7, 223-224, 227,

Temi, 160-161, 310, 319

230-232, 244-245, 250, 255, 260, 272,

Temide, 356

274-275, 280, 287, 291, 301-302, 305,

Terra, 84, 180, 182, 215, 318, 357

307, 309-310, 315, 3 1 8-319, 322-323,

Teseo, 73, 192, 196, 314-315

328, 331, 335, 350, 352, 356-357, 364-

Teso, 350 Teti, 61, 135, 200, 303, 310, 315, 351, 356

365, 367, 375-376 Zeus Dodoneo, 104