Piedi nudi. Calcio e sesso, scopate e pallonate 9788879532068, 8879532065

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Italian Pages 196 [248] Year 2009

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Piedi nudi. Calcio e sesso, scopate e pallonate
 9788879532068, 8879532065

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Proprietà letteraria riservata Copyright © 2010 Kaos edizioni Prima edizione aprile 2010 ISBN 978-88-7953-206-8 www.kaosedizioni.com

Carlo Petrini PIEDI NUDI

PREMESSA

A richiesta dei miei lettori, con questo libro riprendo il tema del sesso nel calcio. Una questione che i mezzi di comunicazione trattano raramente e solo in termini scandalistici, mistificandola con quintalate di ipocrisia e censure. Per come ho scritto di sesso nei miei precedenti libri, cioè chiamando le cose col loro nome, qualcuno mi ha accusato di essere un pornografo. Così voglio accontentare questo qualcuno con un libro "pornografico" per davvero, dove parlo a ruota libera di cazzi e di fiche nel mondo pallonaro. Da spettatore-lettore (sempre più per interposta persona, dato che oramai sono quasi cieco), racconto qui storiepallonare "a luci rosse", alcune delle quali in parte già accennate nei miei libri precedenti. Attraverso i mezzi di comunicazione, il potere continua a spacciare per vera la facciata di comodo dei calciatori maritini modello, tutti monogami e padri di famiglia esemplari, salvo l'eccezione di qualche isolato Petrini pecora nera. Invece la realtà come dimostrano queste pagine - è l'esatto contrario: quella che viene fatta passare per eccezione è la regola, e viceversa. Infatti il mondo pallonaro è un concentrato di falsità e ipocrisia in tutto, anche in fatto di sesso: sono lì a dimostrarlo i tanti calciatori gay e bisessuali ancora oggi costretti a recitare fidanzamenti, a nascondersi dietro matrimoni di facciata. 4

CARLO PETRINI

Certo i moralismi e l'ipocrisia che coprono il sesso nel mondo pallonaro non sono uno specifico italiano. Diciamo che (comeper la corruzione e la criminalità) nel nostro Paese raggiungono il top. Forse è un primato dovuto olfatto che abbiamo un primo ministro fanatico di calcio, il quale è un monumento vivente alla falsità e all'ipocrisia anche nella vita privata. Infatti il Nano di Arcore si dice ultracattolico e cultore della famiglia, ma si è sposato due volte; in pubblico ha sempre recitato la parte del maritino affettuoso, ma ha cornificato per anni sia la prima moglie sia la seconda, scopandosi troiette dello spettacolo (dice la moglie numero due) e prostitute che per lui si chiamano escori, pagandole in denaro oppure in natura... In conclusione, devo un ringraziamento particolare agli amici della Kaos edizioni: senza il loro aiuto (archivio e editing) questo libro - così come iprecedenti - sarebbe rimasto solo un'idea. C.P.

Il casto di Cristo Il pallonaro juventino Nicola Legrottaglie, atleta di Cristo dalle alterne fortune, all'improvviso ha scoperto Dio («Gesù è un centravanti fortissimo: se ti punta, prima o poi ti fa gol»), e soprattutto è diventato un ultra della castità. Niente di male, non è mica obbligatorio fare sesso, si può vivere bene anche senza. Il fatto è che il nostro devoto verginello nel 2009 ha scritto un libro autobiografico {Ho fatto una promessa, Piemme edizioni) per spiegare come è riuscito a diventare felicemente casto dopo una giovinezza scopereccia piena di sensi di colpa, e per incitare i lettori a fare come lui. La lettura fa venire in mente, per associazioni inspiegabili, l'abito mentale di un serial killer: «La prima volta che ho fatto sesso avevo 19 anni e dopo averlo fatto ho cominciato a piangere... Mi ero sentito dire per anni che a Dio il sesso fuori dal matrimonio dava fastidio, e in me questa consapevolezza era ben radicata». «A una bella donna non ho mai saputo dire di no. Oggi ringrazio Dio per avermi lasciato dentro quel seme che non mi ha fatto smarrire del tutto. Andare a letto con molte ragazze ha sempre i suoi rischi, non sai mai che cosa può capitarti...». «Sapevo che il sesso era sbagliato, e il rapporto completo, 6

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di conseguenza, l'ho avuto solo con poche. Poche rispetto al numero di quelle che ho frequentato. Mi fermavo sempre un attimo prima, con molte facevo altro, mettiamola così...». «So di avere peccato e, per furore giovanile, di essermi tuffato nella carne allontanandomi così da Dio... Dio sa che impazzivo per le more». «Non riuscivo a trovare un appagamento spirituale nel fare sesso... Il mio problema vero era fondamentalmente di eliminare il rapporto sessuale, il vero covo del diavolo...». «Cominciai ad affrancarmi dalla mia schiavitù legata alla sfera sessuale. Sono riuscito a vincere quella dipendenza che avevo dal sesso fine a se stesso. Pensare che fino a quel momento non avrei mai immaginato di poter stare senza una donna per più di una settimana». Il pio Legrottaglie non è solo sessuofobo, è anche omofobo. Infatti, al meglio del suo stato confusionale da fanatico integralista, scrive: «Anni fa ho conosciuto un gay che a Napoli si prostituiva per strada. Praticava addirittura il travestitismo, era incerto del suo sesso. Lungo le strade malfamate, pagato per vendere il proprio corpo, era in piena crisi interiore. Dio lo ha soccorso. Oggi ha moglie e figli, è consapevole di essere un uomo, ama Gesù e prega sulla Bibbia. Rinascere significa anche questo. L'omosessualità è un tema molto dibattuto nella nostra società: oggi viene vista come una moda, una maniera come tante per essere contro. Nella Bibbia c'è scritto chiaro e tondo che l'omosessualità, sia maschile che femminile, è peccato. Solo il matrimonio, l'unione tra un uomo e una donna, è benedetto nel nome di Dio. Il matrimonio è infatti consacrato nel sacro vincolo». Nelle sue pagine sbrodolate di fede, gonfie di Bibbia, e tormentate dai sensi di colpa per i peccati scoperecci fino alla pace dei sensi finale, il pallonaro juventino è riuscito a infilarci dentro due ruffianate da italiano-medio che con la fede c'entrano molto poco e col Signore proprio niente. Due ruffianate che in gergo volgare si polo

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Il retrocopertina del libro di Nicola Legrottaglie (Piemme edizioni) che inneggia alla religione, demonizza il sesso, e santifica gli Agnelli e la società juventina. 8

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trebberò chiamare pompini. La prima, per i defunti padroni: «Gianni Agnelli era morto pochi mesi prima che io arrivassi [alla Juventus, ndr\. Non ho avuto l'onore di conoscere l'Avvocato, però ho conosciuto Umberto, il fratello... Poi, poco dopo, anche Umberto se n'è andato e mi ha lasciato dentro un grande dispiacere. Era un uomo buono... Se dovessi dire che cosa gli Agnelli hanno lasciato a questa squadra senza dubbio penserei alla scia del loro profumo». La seconda per la ditta juventina: «Lo stile Juve era lo stile dell'Avvocato prima e di Umberto poi. Un'eredità... piena di fascino e storia, che oggi stanno portando egregiamente avanti la nuova società con tutta la dirigenza». Con una leccata finale: «Rimarrei volentieri all'interno di una società come la Juventus, che ha prestigio e ha sempre dimostrato una chiara sensibilità verso chi soffre e in particolare verso i bambini, il che fa della Juve non solo una società di calcio ma un gruppo di persone che hanno a cuore il prossimo. Gesù è il motore, noi siamo i veicoli della sua testimonianza». Il fanatismo religioso di fra Legrottaglie è all'italiana, cioè di genere utilitaristico. Infatti racconta che la sua fede è nata in cambio di un "miracolo": «Una sera, pregando Dio, lo pregai più forte: "Signore che dici di esistere, il mio sogno è quello di diventare un calciatore di serie A. Se un giorno lo diventerò, sarò per te un missionario nel mondo". Fu la mia promessa a Dio. Lui la sua parte l'ha fatta, ora tocca a me». Praticamente, il pallonaro Legrottaglie ha fatto un affare con Dio: in cambio della serie A, è diventato un missionario. Accecato dal fanatismo, il povero Legrottaglie non ha capito che la fede è tale se non ha niente in cambio. Accecato dalla sessuofobia, non ha capito che il sesso è piacere, gioia e vita, e anche quello - per chi crede senza scambi - ci avvicina a Dio. 9

Porci con le ali e senza Verona, dicembre 1976. Era una prigione a quattro stelle, e mi sarebbe piaciuto sapere perché si chiamava ritiro. C'era chi giocava a carte, certi stavano chiusi nella cabina del telefono per delle ore a parlare di niente, altri guardavano nel vuoto. Io in quel periodo mi sfogliavo le fregole poetiche del Porcellone: «Una delle faccende più terribili è stare a letto, una notte dopo l'altra, con una donna che non hai più voglia di scopare... Si spogliò davanti a me con la fica dall'altra parte... Solo perché t'ho chiavato 144 volte... Il sogno di un uomo è una puttana con un dente d'oro che scopa e fa pompini...». Poi uscivo fuori a fumare senza farmi vedere. Ci trovavo S. che fumava pure lui, però lui spesso si fumava un cannone: tanto, da riserva sempre in panchina, era sicuro che l'indomani non avrebbe giocato, così poteva farlo senza menate. Da fumato, S. cominciava a ridere e non la finiva più, continuava a ridere, qualunque cosa gli dicevi rideva, e rideva anche se non gli dicevi niente. In quei giorni nel ritiro arrivarono due copie di Porci con le ali, il libretto maiale di cui tutti parlavano. Cominciammo a leggerlo, a turno, con gran piacere perché 10

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era pieno di sesso e scopate per tutti i gusti. Partiva con «Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo. Figa...», e non finiva più. A un certo punto quel libretto diventò un gioco antinoia, il gioco consisteva nella lettura di gruppo, a voce alta, dei passi più porcelli: «Tentazione del primo dopo pranzo: ce la facciamo una sega? La sega digestiva è quasi più importante di quella soporifera, scaccia il malumore del pranzo familiare, prepara ad affrontare le sofferenze pomeridiane, spesso stimola le attività intestinali. Inoltre la sega a letto e quella al cesso hanno pregi e gioie diverse. Più tranquilla e dolce la prima, più sessuosa e perversa la seconda, con possibilità di seguire in diretta le portentose attività della mia colonna di marmo (in realtà continuo a pensare di avercelo piccolo)... Per la sega pomeridiana di solito uso qualche giornalino, di quelli di cui bisogna sempre dire che sono tanto volgari da diventar fastidiosi o che sono la peggior mercificazione della donna fatta dal capitale, ma che secondo me sono estremamente gustosi. Le cose che preferisco sono i primi piani del cazzo che entra nel culo o di lei che gli lecca le palle: queste due cose qui mi fanno proprio impazzire, me ne vengo all'istante...». «E ci prendiamo a pecorina. Io con la fronte appoggiata alla vasca, le ginocchia inginocchiate, le caviglie tese, lui che mi infila il cazzo con estrema cura, come una servetta infilerebbe l'ago, tenendolo con la mano (io non lo vedo ma lo sento) e portandolo a tastare il terreno accidentato di tutti questi miei buchi infiniti. Il culo e la figa... Non so come muovermi, se tendo il corpo il suo prezioso piccolo coso esce da me, deraglia, schizza fuori, se rimango da brava accovacciata senza stringere né allargare, tutta composta, anche l'amore diventa una ginnastica, una specie di tiro alla fune in cui, oltretutto, bisogna vincere in due... Ma l'orgasmo non viene. Neanche a lui, perché è troppo impegnato, un atleta sudato... Mi lecca il collo, la nuca spostandomi i capelli, le mani a massaggiarmi i seni che in quella posizione sono due pere che pendono come pendagli.

Incominciai a spingere, piano e poi sempre più forte...». «Ogni tanto mi vengono in mente cose truci, tipo sbatterla sul letto-strapparle le mutande-infilarglielo in culo facendola 12

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urlare... Me la sto inculando, me la sto inculando, me la sto inculando. Sono venuto...». «Marcello mi tira fuori dai pantaloni la camicia e la maglietta e mi infila una mano sul petto, carezzandomi. Prima dappertutto, poi i capezzoli, poi la pancia. E andato avanti per un po' mentre continuavamo a parlare... Poi ha tirato fuori la mano, l'ha posata sul bottone dei jeans... Quello che mi sconvolgeva di più era che mi si fosse rizzato, e che avrebbe capito che le carezza mi avevano eccitato... Mi ha sbottonato il bottone, ha tirato giù la lampo, ha fatto scavalcare all'elastico delle mutande il pisello duro e lo ha preso in mano. Lo carezzava da tutte le parti, davanti dietro in punta, poi i peli e le palle fin dove arrivava la mano... Mi ha tirato giù i pantaloni e le mutande e lo ha preso in bocca... Con una mano mi carezzava le palle, un dito dell'altra me lo ha infilato nel culo, e mi ha fatto un pompino...». «Quando gli prendo in mano il cazzo è quasi per riconoscenza, lo stringo per fargli sentire che sono contenta... Presa, sdraiata e scopata prima che finisse il disco. Le sue dita nella carne umida fra le grandi labbra (per dirla in linguaggio scientifico) ripetono i movimenti delia sua lingua nella mia bocca. Così il mio corpo incomincia a sembrare una cosa unica dalla testa alla figa...». «Mi sono completamente spogliato, ci siamo stesi su un letto e lui mi ha baciato dappertutto, prima davanti i capezzoli l'ombelico la piega delle gambe l'uccello, poi mi ha aperto le cosce e mi ha leccato le palle e sotto, poi mi ha fatto mettere a quattro zampe e mi ha baciato la schiena le chiappe e addirittura mi ha leccato il buco...». «Mi sfuggono a grappoli i primi sospiri. Vorrei stare zitta, ma lui mi tiene un dito fermo sulla clitoride, mentre con il cazzo fa il suo dovere di maschio dotato, riuscendo a soddisfare sia la parte vaginale che quell'altra, e l'orgasmo è terribilmente vicino, tanto che devo deglutire per non urlare, e poi urlo per non soffocare...». «Lei ha incominciato a masturbarsi, con la mano appoggiata sul pube e il dito teso a frugarsi dentro. Allora anch'io

mi sono accomodata sulla schiena e ho fatto lo stesso... Allora Lisa mi ha abbracciata ed è venuta sopra di me, e si strofinava come un grosso gatto col corpo uguale al mio...». 14

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Dopo il gioco della lettura di gruppo mi venne la curiosità di leggere la molla ispirativa dei porci alati, lo psichiatra sudafricano David Cooper (mai sentito nominare). Mi procurai La morte della famiglia, e mi divertii ancora di più a leggere: «Gli uomini, naturalmente, sono dei porci. E le istituzioni umane naturalmente sono porcili, o fattorie per l'allevamento di porci, e mattatoio per porci... Il porco è l'animale più invitante del mondo dal punto di vista anale e genitale. Offre a chiunque il suo orifizio anale, con lo sporgente labbro inferiore...». Fino alla festa del suino: «Se i porci avessero le ali, secondo il detto inglese, potrebbe accadere qualsiasi cosa. Bene, forse i porci hanno delle misteriose ali invisibili, e forse noi non le vediamo perché abbiamo paura che questo "qualsiasi cosa" possa accadere. In tal caso siamo dei porci con ali o invisibili o rudimentali. Alcuni hanno ali semplicemente invisibili e possono farle apparire in qualunque momento. Ad altri le ali rudimentali non permetteranno mai ascesa e volo, neppure in sogno». Pensavo ai porci con le ali rudimentali osservando i tifosi. Ci applaudivano senza motivo, urlavano i nostri cognomi in coro, ci buttavano addosso grida belluine, imprecavano se sbagliavamo un tiro o un passaggio. E quando perdevano la pazienza, liberavano nell'aria cori di buuuuu e selve di fischi e bordate di insulti senza nessuna pietà. Guardavo le loro facce paonazze di esaltazione, occhi sbarrati e bocche spalancate. La coreografia era manicomiale, un baccano assordante di fischietti e sirene e tamburi, con drappeggio di striscioni e bandiere sbandierate... Erano maiali senza ali, che non potevano alzarsi in volo, neanche per sogno. 15

L'intoccabile Anche nel calcio ci sono gli intoccabili. I pallonari più bravi, i più famosi, quelli più idolatrati dai tifosi e riveriti dai media, possono fare tutto quello che cazzo gli pare, in campo e specialmente fuori, tanto nessuno fiata, l'omertà è garantita - zitte le società, muti i tifosi, e tombe quei servi dei giornalisti. Il più intoccabile di tutti, per anni (cioè fino a quando ha giocato ai massimi livelli), è stato il grande Maradona a Napoli. In campo era un mago, così fuori dal campo lui poteva permettersi tutto, comprese piste di cocaina lunghe dei metri, senza che nessuno fiatasse. Stavano tutti aggrappati al supercampione (la società per gli affari, i compagni di squadra per i comuni interessi di carriera, i tifosi per il fanatismo, i giornalisti per il potere), complici e omertosi come le belle statuine di un presepe napoletano. Anche con il sesso, è chiaro, il superpallonaro argentino ci dava dentro. Benché fosse regolarmente fidanzato e poi sposato e padre di famiglia, il Diego Armando non si faceva mancare niente: attricette e signore bene, mignotte singole o in coppia, perfino qualche travestito, negli alberghi oppure nel suo appartamento di Posillipo, 16

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per scopate semplici o complicate, gratis o a pagamento. Spesso lui telefonava alla tenutaria di un casino, e "la merce" gli arrivava a casa come la pizza a domicilio. Ancora oggi c'è chi ricorda di quella volta che Maradona, in un albergo di Roma, vide arrivare nell'hotel una nota cantante piena di curve e appassionata di atleti, Loredana Berte. Lui salì subito in camera, la chiamò al telefono e senza giri di parole le propose di scopare. Lei gli disse: «Ma come sai che mi piace il cazzo?», e lui le rispose: «L'ho letto sul giornale». Indimenticabile l'intervista che Maradona (fra l'altro padre di almeno un figlio illegittimo) rilasciò a "Playboy" nel marzo del 1987. Qual è l'atteggiamento più eccitante di una donna? «Quando si piega e ti mostra il culo: la prima cosa che ho notato di mia moglie, quando l'ho conosciuta, è che aveva un culo incredibile». Cosa pensa degli omosessuali? «E un bene che ci siano e che si moltiplichino, perché così aumenta nelle donne il bisogno di veri maschi». Ha mai tradito sua moglie? «Mai!». 17

Senza pietà Fa pensare la storia del calciatore anglo-nigeriano Justin Fashanu. Fa pensare parecchio, provoca pena e imbarazzo, ed è per questo che è stata cancellata. Nato a Londra nel febbraio 1961 da genitori nigeriani, cresciuto con il fratello da genitori adottivi, Justin debutta come calciatore professionista nelle file del Norwich City nel 1979. È piuttosto bravo, e ha davanti un bel futuro pallonaro. Nel 1981 passa al Nottingham Foresi per un milione di sterline. Nel 1990 Fashanu esagera con la sincerità: dichiara di essere omosessuale. Una pubblica ammissione che sputtana il machismo del football di Sua maestà, e che fa cadere in disgrazia Justin. La stessa comunità nera britannica lo mette al bando come se fosse un lebbroso. L'omofobia del pubblico e la vigliaccheria degli avversari gli rendono la vita impossibile, con inevitabili ripercussioni negative sul suo rendimento calcistico. Parecchie squadre se lo rimbalzano come se fosse una pallina da tennis: Manchester City, West Ham, Leyron Orient, Newcastle... Finché nel 1993 un grave infortunio al ginocchio mette fine alla sua carriera pallonara. Nell'autunno del 1995 Fashanu lascia l'Inghilterra e si 18

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trasferisce negli Stati Uniti, a Ellicott City, nel Maryland, dove fa l'allenatore del Maryland Mania Club. Poi, nel marzo 1998, un ragazzo diciassettenne lo accusa di stupro: il giovane dichiara alla polizia di essersi svegliato nel letto di Fashanu dopo una serata di alcol e marijuana, e di avere subito da lui abusi sessuali, compreso un pompino. Interrogato dalla polizia, Justin conferma di avere passato la serata col giovane, e di aver avuto con lui un rapporto sessuale consenziente. Ma per la sessuofobica giustizia americana, che in molti Stati considera reato perfino i rapporti sessuali orali, rischia una condanna a vent'anni di carcere. Allora Fashanu torna in Gran Bretagna, in cerca di soldi e degli aiuti necessari per la propria difesa legale. Ma trova tutte le porte chiuse: nessuno vuole aiutarlo. La mattina del 3 maggio 1998 il corpo di Justin Fashanu viene trovato impiccato in un garage privato, alla periferia di Londra. Ha lasciato un biglietto con scritto: «Non ho stuprato quel ragazzo. Abbiamo avuto un rapporto sessuale, e la mattina lui mi ha chiesto dei soldi; quando glieli ho negati ha detto: "Adesso ti faccio vedere io!"... Spero che il Gesù che amo mi accolga: con Lui troverò la pace». La brutta storia di Justin Fashanu, crudele come poche, forse non è stata inutile. Una delle sue ex squadre, il Manchester City, nell'estate del 2006 ha detto basta con l'omofobia e col tabù gay nel mondo pallonaro. Riferiscono le cronache: «Uno dei club più prestigiosi d'Inghilterra, il Manchester City, ha deciso di dare un calcio all'ultimo tabù del football e ha sottoscritto un accordo che lo trasforma in una squadra "gay-friendly". Significa che la società si impegna a diventare campione delle pari opportunità, assumendo personale omosessuale per il suo stadio e campo di allenamento e invitando la comunità gay della città ad accorrere in tribuna. 19

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Il Manchester City ha dovuto staccare un assegno milionario per Stonewall, la potente associazione che difende i diritti di gay e lesbiche in Gran Bretagna, per poter essere incluso nella lista "gay-friendly". Un elenco nel quale si sono iscritte già la Bbc, la catena di supermercati Sainsbury's e la Royal Navy. Si tratta di garantire una politica di reclutamento e difesa del personale omosessuale che comprende il divieto e la sanzione di linguaggio o atteggiamenti offensivi o di pregiudizio sul posto di lavoro. Il club di Manchester impiega circa 700 persone tra tempo pieno e part-time. Il direttore generale Alistair Mackintosh ha spiegato all'"Observer": "Vogliamo mandare un messaggio chiaro di benvenuto tra noi a gay, lesbiche e bisessuali". Perché non ci sono calciatori dichiaratamente gay?, ha domandato la Bbc in una recente inchiesta. Risposta di Alan Smith, ex manager del Crystal Palace: "Semplice: puoi ubriacarti e picchiare tua moglie, e i tifosi lo troveranno accettabile se continui a giocare bene; ma se un giorno dovessi dire "Sono gay" l'impatto sarebbe disastroso". E ricorda: "Ho avuto in squadra giocatori che non giravano con una ragazza aggrappata alla spalla e che leggevano libri: era dura per loro negli spogliatoi e in campo"... Tony Cascarino, ex star irlandese, ricorda la storia di Justin Fashanu, che giocò con Nottingham Forest e Hearts e nel 1990 decise di uscire allo scoperto. Diventò il bersaglio degli insulti del pubblico e degli avversari. Otto anni dopo si tolse la vita, e la polizia concluse che non aveva retto alla pressione» '. 1 Guido Santevecchi, "Corriere della sera", 29 agosto 2006. 20

Cazzi con l'anima Il giornale femminile "Cosmopolitan" nel giugno del 2002 ha sparato in copertina un nudo maschile: quello del divo pallonaro Fabio Cannavaro, che però si tiene un pallone sull'uccello per nascondere l'unico particolare che non vuol far vedere alle lettrici. «Dodici campioni si mettono a nudo», titola eccitata la rivista, e nelle pagine interne i 12 pallonari mostrano le loro grazie muscolose, unti e depilati come attricette, per ispirare qualche ditalino alle lettrici cosmopolite. «Dodici splendidi corpi sì, ma con l'anima», scrive il giornale, anche se l'anima, di solito, non si vede, e infatti qui si vede solo la carne. E sentite questa: «Abbiamo scoperto che, dietro quei dodici contratti miliardari, ci sono ragazzi sinceri, con valori semplici, che sanno prendersi delle responsabilità, e che sono sorprendentemente preoccupati di quello che pensano le donne: le loro, ma non solo quelle...» - che meraviglia, c'è quasi da commuoversi. Le foto muscolose "con l'anima" sono accompagnate da dichiarazioni che sembrano fatte da dei veri filosofi: «Le donne mi piacciono formose: quando abbraccio una donna la devo sentire» (Marco Di Vaio). «Le fan mi chie21

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Il giornale femminile "Cosmopolitan" del giugno 2002 pubblica le foto sexy di "12 campioni" pallonari che "si mettono a nudo" (Foto di Andrea Garuti). 22

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dono di tutto, anche i boxer» (Fabio Cannavaro). «Per me una donna deve essere donna in tutti i sensi» (Gianluca Zambrotta). «Il mio modello di donna è mia madre trasportata al giorno d'oggi» (Bernardo Corradi). «Mi piace guardare una donna affascinante, ma finora non ho mai avuto voglia di lanciarmi con nessuna: l'ho fatto solo con mia moglie» (Thomas Helveg). «Le donne sono la cosa più bella della vita, ma possono anche essere la più brutta: dipende...» (Gigi Buffon). «Si capisce quando una donna mi piace, perché la guardo in modo diverso» (Cristiano Doni). «Quando penso al genere femminile penso a mia madre e a mia moglie» (Vincent Candela). «Per le donne siamo speciali perché siamo famosi e abbiamo soldi» (Jonathan Zebina). I pallonari moderni sono così: come tante attricette sexy, volentieri si tolgono le mutande per farsi fotografare nudi (a pagamento, certo). Narcisisti e esibizionisti, mostrano alle folle quello che hanno di meglio: i pettorali e le chiappe. Dopo, magari, quando gli fa comodo, si lamentano perché il pubblico non rispetta la loro privacy. 23

Troppo bello Il portiere della nostra squadra juniores, D., era di una bellezza esagerata. Era così bello che ci provocava invidia, disagio e imbarazzo. Aveva la faccia da giovane attore hollywoodiano e un corpo che faceva venire in mente il David di Michelangelo. Per vendicarci della sua bellezza, avevamo deciso che D. dovesse essere per forza finocchio, e come tale lo si tormentava - non soltanto a parole. A quell'epoca, accusare qualcuno di essere gay era il massimo dell'offesa, non c'era niente di più infamante, nemmeno essere definiti ladri o delinquenti. Nello spogliatoio la presenza nuda di D. era causa di una sottile tensione. Allora non eravamo disposti ad ammetterlo, ma il suo culo - alto e stretto come quello di una lolita - provocava in qualcuno di noi desideri nascosti e inconfessabili. E il suo cazzo, più grosso della media dei nostri ordinari, era la molla dello scatenamento. Così, come forma di esorcismo collettivo, D. era il bersaglio fisso delle molestie più crudeli e ossessive. Di solito lui protestava, imprecava, bestemmiava e tentava di ribellarsi, finché si rese conto che queste sue reazioni erano benzina sul fuoco. 24

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Come minimo, qualcuno lo raggiungeva sotto la doccia da dietro, gli strusciava il cazzo fra le chiappe e gli gridava porcate facendo l'effeminato. Oppure in gruppo lo si assaliva e lo si riempiva di sberle, pizzicotti, succhiotti sul collo, spettinature, e violente palpate in mezzo alle gambe. Una volta S. sotto la doccia gli pisciò addosso. Un'altra, mentre due lo tenevano fermo, un terzo tentò di mettergli un dito nel culo... Si arrivò a nascondergli tutti i vestiti, lasciandolo nudo nello spogliatoio fino a tarda sera. Coretti, insulti e prese in giro erano la sua colonna sonora. Il tiro al bersaglio finì all'improvviso, non appena D. la piantò di protestare e cominciò a stare al gioco. 25

Depravato A vedere certi giornali britannici, all'inizio di settembre 2007, sembra che sia scoppiata la Terza guerra mondiale. Invece è solo il fatto che tre pallonari del Manchester United - il campionissimo Cristiano Ronaldo, Nani (Luis Carlos Almeida da Cunha) e Anderson (Anderson Luis de Abreu Oliveira) - hanno pagato alcune mignotte per un festino di sesso tra pochi intimi. Sempre in vena di esagerazioni per vendere più copie, i tabloid strillano: «Cristiano Ronaldo: orgia con cinque squillo». Le cinque signorine a pagamento si chiamano Tyese, Gemma, Hannah, Julia e Brandy-Lee. Le prime due hanno raccontato qualche dettaglio della marchetta multipla al "News of the World": Tyese Cunningham e Gemma Storey, due delle cinque escort con cui se la sono spassata Cristiano Ronaldo e i suoi due compagni del Manchester United, raccontano di avere adescato il campione da 120 mila sterline settimanali, e i suoi colleghi (le star da 14 milioni di sterline Nani e da 17 milioni di sterline Anderson), con l'aiuto di biancheria intima sexy dei grandi magazzini. Le escort da 150 sterline l'ora hanno abbassato la guardia e hanno lasciato che gli assi del pallone facessero gol a loro 26

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piacimento. Scivolando dentro e fuori dalla piscina e dalla Jacuzzi di Ronaldo, le ragazze hanno partecipato a un'orgia durata un'intera notte, prendendosi solo qualche pausa per uno spuntino sul costoso divano color panna del supercampione. «Era un divano enorme, fatto a L, e non riuscivo a credere di essere lì», dichiara la diciottenne giamaicana Tyese, «credevo quasi che fosse tutto uno scherzo!». Lo scherzo, però, è arrivato dopo, quando ha contato i soldi che ha ricevuto alla fine del corpo a corpo: un totale di appena 2.900 sterline, più una mancia di 40 sterline, il tutto pagato con carta di credito, da dividere fra le cinque ragazze. Una cifra che non sarebbe nemmeno arrivata a coprire il conto delle bottiglie di champagne per una serata del calciatore in un locale notturno. «Mi hanno fatto sentire una poveraccia», sospira Tyese. «Sono stata a letto con almeno 200 clienti, ma nessuno mi ha mai trattata con così poco rispetto. A quelli non gliene frega niente dei nostri sentimenti, non ci hanno nemmeno rivolto la parola: si sono limitati a spostare i nostri corpi nelle posizioni che preferivano». / Certo, i sentimenti dovevano essere ben lontani dai suoi pensieri, quando Tyese ha ricevuto la telefonata dell'agenzia di escort McKenzie di Leeds, a 60 km da Manchester, dove Ronaldo e i suoi due compagni volevano festeggiare la prima vittoria di stagione del Manchester United, ottenuta la scorsa settimana ai danni degli Spurs. «Ero appena stata con un cliente, così ho risposto che avevo già un impegno con delle amiche», dice la bella giamaicana. Ma quando ha saputo che si trattava di calciatori, ha subito cancellato tutti gli impegni: «Ho indossato un miniabito blu e oro, e biancheria intima bianca e nera comprata in un grande magazzino ma molto sexy, che mi metteva bene in evidenza il seno». Invece la ventenne Gemma, sapendo che si trattava di calciatori, ha scelto una marca un po' più lussuosa per le coulottes che ha subito indossato: «Era roba firmata, volevo avere un aspetto eccezionale. Il capo ci aveva spiegato che se si fossero divertiti ci

avrebbero senz'altro richiamate per altre occasioni». Insieme alle colleghe Hannah, Julia e Brandy-Lee, Tyese ha fatto la maggior parte della strada in taxi, dopodiché una Mercedes, guidata da «un tipo grasso», le ha portate nella 28

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grande abitazione di Ronaldo. Prosegue Tyese: «Abbiamo superato alcuni portoni, e ci siamo ritrovate in una villa spettacolare. Il ciccione ci ha fatto entrare, poi ha domandato: "Chi di voi è Hannah?". Era lei che aveva la macchinetta per il pagamento con le carte di credito». Quindi sono entrate nel salotto, dove il brasiliano diciannovenne Anderson le ha accolte baciandole sulle guance, mentre un sorridente Ronaldo (il quale ha una tormentata relazione con la bella di Hollyoaks Gemma Atkinson) stava seduto sul divano. Aggiunge Tyese: «Poi è arrivato un uomo, che dòpo ho scoperto essere Nani, con addosso solo dei boxer: si dimenava dicendo "Sono arrapato, sono arrapato". Allora ho capito che non sarebbe stata una faccenda di sesso ordinario». Alla ragazze è stato detto di bere dei drink a base di vodka e Red Bulls. Racconta Gemma: «Avevo riconosciuto solo Ronaldo, che mi piaceva abbastanza, così gli ho chiesto: "Non ce l'hai una piscina?"». Subito dopo Tyese e Gemma si sono ritrovate nude nella piscina insieme a Ronaldo e Nani. Tyese racconta: «Avevo capito che io piacevo a Nani, così mi sono dedicata a lui. Abbiamo cominciato a baciarci, ma non credo che gliene fregasse niente di me: voleva solo scopare, punto e basta. Così gli ho messo le gambe attorno ai fianchi, e mentre ci baciavamo ho visto che Gemma stava baciando Ronaldo. Poi Ronaldo si è rivolto a me e mi ha detto: "Baciala"». Appena Gemma e Tyese hanno cominciato il loro petting lesbico, Ronaldo ha tirato fuori Gemma dalla piscina e se l'è portata nella doccia. Racconta Tyese: «Lei se lo stava godendo, la sentivo strillare di piacere». Infatti Gemma stava sperimentando l'aitante calciatore portoghese. «E molto ben dotato», precisa, «e a un certo punto mi ha fatto girare, mi ha spinto contro il muro e mi ha presa da dietro... Poi mi sono ritrovata con lui che mi scopava sulla tazza del cesso... Alla fine ho dovuto fare una doccia per rinfrescarmi». Nel frattempo Tyese stava facendo sesso con Nani nella sauna. Ridacchia, mentre racconta: «Nella sauna faceva un caldo tremendo! Il suo cazzo ha una forma strana... E durato

solo quattro-cinque minuti, ma faceva così caldo che è stata una faticaccia». Come se fosse finito il primo tempo, Ronaldo e Nani si so30

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no distesi a riposare, così le ragazze si sono rivestite. Racconta Tyese: «Abbiamo bevuto qualcosa e fatto uno spuntino, poi abbiamo dato una occhiata alla casa. C'era qualcosa di buffo, perché tutte le foto erano girate in modo che nessuno potesse vederle». Dopo i drink e la pausa, le ragazze si sono rispogliate e ributtate in piscina aspettando il secondo tempo, ma la faccenda ha preso una brutta piega. Racconta Tyese: «All'improvviso è tornato l'uomo ciccione che ci aveva accompagnate fin lì, vestito solo con i boxer. Era orribile, grasso e pelato: si è infilato nella piscina, ha preso Gemma e l'ha trascinata fuori dall'acqua, portandola via... Sono andata da sola in salotto, e me ne sono rimasta una ventina di minuti stesa sul divano a bere e a guardare la televisione. Era tutto un po' surreale. Poi dal piano di sopra è scesa Hannah, che mi ha detto: "Non posso credere di essere qua... Devo assolutamente riuscire a scopare con Ronaldo, prima di andarmene di qui". Io le ho risposto: "E cosa ci vuole?!". Poi ho sentito Gemma che urlava e mi chiamava: sapevo che voleva che andassi a salvarla dal tipo grasso, così mi sono nascosta, e quando lei è scappata verso il salotto non è riuscita a vedermi. Poi il ciccione l'ha riagguantata e l'ha trascinata al piano di sopra. Una decina di minuti dopo è riapparsa Brandy-Lee, e insieme siamo uscite in giardino per farci una canna. Dopo è arrivato il ciccione, e ha detto che voleva farsi un giro con me; gli ho risposto di aspettare che finissi di fumare. Così me la sono presa comoda, e ho fumato anche un po' di quella di Brandy-Lee per prolungare l'attesa». Però non c'era via di scampo. L'uomo ha portato Tyese al piano di sopra, in una camera da letto. Spiega lei: «Dopo qualche minuto gli ho detto che avevo bisogno di bere qualcosa. Mi sono rivestita e sono corsa da basso, dove ho incontrato Gemma, e siamo uscite di nuovo». Lì hanno trovato Ronaldo e Nani: «Non so perché, ci siamo messi a parlare di chiappe, e Ronaldo mi ha fatto tastare le sue, grosse e muscolose, poi lui ha cominciato a palpare le mie. Gli devono essere piaciute, visto che mi ha preso per mano e mi ha porta-

ta in una stanza lì accanto. Io ho pensato: "Eccoci, adesso faccio sesso con Ronaldo!". Mi ha sollevato il vestito fin sopra la testa, io mi sono tolta le scarpe. E entrato nella Jacuzzi, si 32

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è seduto, io l'ho raggiunto e mi ha preso da seduto... Siamo andati avanti a scopare così per un po', senza che lui mi dicesse nemmeno una parola, finché è venuto; a quel punto è uscito dalla vasca. Eravamo pagate per stare lì, certo, ma lui mi ha trattato senza un briciolo di rispetto. Mi sono rivestita e sono andata fuori a farmi una fumata». Poi è stato il turno di Anderson. «E venuto da me e mi ha portato nella stanza accanto alla piscina», racconta Tyese. «Con lui fare sesso mi è piaciuto, lui non mi ha trattata come un pezzo di carne. Gli ho messo le gambe attorno alla vita e abbiamo scopato, anche lui era piuttosto ben dotato. Alla fine mi ha baciata. Con Anderson non mi sono sentita una miserabile». Poco dopo Tyese e Gemma erano di nuovo nella piscina, stavolta insieme a Nani, Anderson e Ronaldo. «Io baciavo Gemma, e poi tutte e due baciavamo anche i ragazzi», racconta Tyese. «Uno di loro a un certo punto mi stava scopando, però nel groviglio non so chi fosse». Poi è inorridita, vedendo che l'uomo grasso rientrava. «Ronaldo gli ha detto qualcosa, poi si è girato verso di me e Gemma e ci ha detto: "Adesso uscite, che voglio vedervi fare le lesbiche che si leccano". Abbiamo ubbidito, siamo uscite e ci siamo messe a leccarci, mentre loro stavano a guardare. Ronaldo è uscito dalla piscina per godersi meglio la scena; Anderson ci guardava di lato, mentre Nani stava dritto in piedi davanti a noi - tutti a guardarci». La fine della scena saffica ha segnato il fischio finale, e a quel punto Ronaldo se n'è andato a letto. In tutto erano state lì quattro ore. «Il ciccione ci ha detto: "Prendete la vostra roba e andatevene". Ci ha trattate come delle merde. Ha chiamato un suo amico che ci ha dato un passaggio a casa», racconta Tyese. «Avevo pensato che fare sesso con tre stelle del Manchester United sarebbe stato come toccare il cielo con un dito. Invece mi sono resa conto che sarebbe stato meglio se mi avessero fatto uno scherzo, piuttosto che essere trattata così». Qualche giornale italiano, nel riportare la notiziola scandalistica, definisce Ronaldo «depravato», e per non

sfigurare con i tabloid britannici allunga i tempi scrivendo di «orgia durata un giorno e una notte nel suo vil34

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Ione di Manchester». Con qualche dettaglio di depravazione aggiuntiva: guardando la scena saffica di Tyese e Gemma che si leccavano la fica, Ronaldo si sarebbe addirittura masturbato - cazzo che maiale! Meno male che in Italia porcate del genere non ne succedono. I supercampioni nostrani non sono dei "depravati": loro certe cose non le fanno, di prostitute non ne conoscono, orge e ammucchiate non sanno neanche cosa sono, le seghe non ne parliamo. I calciatori italici sono tutti fidanzatini e maritini amodino, puri, casti e fedeli, e quando vogliono fare un po' di sesso - a fini procreativi, sia chiaro! - amoreggiano con moglie e fidanzate nella posizione del missionario. E soltanto di lunedì. 35

Amor patrio Giugno 1996. Subito dopo l'eliminazione della Nazionale italiana dai Campionati europei, il settimanale di pettegolezzi "Novella 2000" esce nelle edicole con uno scoop pallonaro: alcune foto del commissario tecnico degli azzurri, l'antipaticissimo Arrigo Sacchi, in compagnia di una venticinquenne indicata dal giornale come la sua «amante segreta». Fin qui niente di strano: anche il moralista Sacchi, cinquantenne e regolarmente sposato, avrà le sue debolezze. Più interessante il racconto del direttore del giornale, Federico Andreoli, che dichiara di avere subito pressioni dal presidente della Federazione calcistica per non pubblicare le foto galeotte: «Il servizio era pronto da alcune settimane, prima dell'inizio dei Campionati europei, ma c'è stato un pressante interessamento di Matarrese, che anche a nome di Sacchi mi ha pregato di lasciare tranquilla la Nazionale almeno fino a quando era impegnata in Inghilterra. E così avevo deciso di rinviare il nostro reportage sul tecnico degli azzurri. La promessa a Matarrese l'ho mantenuta, ma adesso non c'erano più vincoli e ho pubblicato il servizio». Resta da capire cosa c'entrasse la "tranquillità" della 36

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Nazionale con le presunte avventure extraconiugali del commissario tecnico, e che cosa c'entrasse nella faccenda il presidente della Federazione. Certo, in Italia le istituzioni pallonare si occupano di tutto, anche del sesso dei giocatori, e perfino delle loro donne. Nelle registrazioni telefoniche dell'inchiesta Calciopoli c'è la funzionaria della Federazione pallonara Maria Grazia Fazi che dice al designatore arbitrale Paolo Bergamo: «Vogliamo parlare... dei problemi... di quale situazione con la fidanzata di [nome di giocatore della Juventus, ndr] che io non ho il piacere di conoscere [e che] oltre che una poco di buono è anche una mezza lesbica». 37

L'Anatroccolo inguaiato A Genova, il 27 aprile del 1990, viene arrestato il centravanti del Genoa e della nazionale uruguayana Carlos Aguilera. Arrivato a Genova nell'estate del 1989, 24 anni, sposato e padre di due figli, idolo dei tifosi rossoblu, soprannominato "Pato" (cioè "Anatroccolo"), Aguilera è accusato di essere coinvolto in un giro di squillo (giovani ragazze sudamericane fatte arrivare a Genova e avviate alla prostituzione) organizzato da una banda di uruguayani in Italia. I capi della banda, pregiudicati con precedenti per traffico di droga, erano talmente amici del giocatore che spesso lo accompagnavano ai suoi allenamenti. Lo scandalo è da prima pagina, roba di sesso e droga (però senza rock'n'roll). L'agenzia Ansa dice che «sarebbe stato il sesso, non il denaro, a far finire nei guai il centravanti del Genoa. Secondo gli inquirenti, infatti, il calciatore non avrebbe tratto guadagni dalla "collaborazione" con la banda, ma in cambio di prestazioni sessuali avrebbe favorito la ricerca di eventuali clienti... Aguilera avrebbe inoltre ceduto gratuitamente a una amica una bustina di cocaina (un grammo e mezzo), e si sarebbe adoperato presso il capo dell'organizzazione 38

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per far riammettere nella banda un componente già estromesso». In città circola la voce che tra i clienti trovati dall'Anatroccolo ci fossero molti colleghi pallonari. Il procuratore del giocatore, Ricardo Fuica, difende il suo cliente miliardario dicendo che «Aguilera è un tipo socievole, gli piace la compagnia, e questo lo ha tradito». Il presidente genoano Aldo Spinelli difende il suo investimento miliardario dichiarando: «Aguilera è un bravo ragazzo... Certo, aveva intorno personaggi poco raccomandabili che lo cercavano dappertutto, anche agli allenamenti. Noi l'avevamo avvertito, gli avevamo detto: "Stai alla larga". Ne avevamo parlato anche ai carabinieri, per convincerlo, e lui di questa gente si era liberato... Magari qualcuno di loro se l'è presa, e ha cercato di incastrarlo». Ottenuti gli arresti domiciliari, e subito dopo di nuovo libero, l'Anatroccolo fa l'angioletto: «Sì, è vero, ho sbagliato, ma ho fatto tutto per ingenuità... Frequentavo questa gente perché erano miei connazionali, li consideravo degli amici, da noi l'amicizia è molto importante... Non immaginavo di finire in una storia del genere, credevo che anche loro, come me, amassero soprattutto il calcio». I giornali scrivono che fra le telefonate registrate dalla polizia durante le indagini ce n'è una dove si parla anche di calcio. Alla vigilia di Genoa-Lazio un uruguayano della banda ha telefonato a Aguilera e gli ha detto che un pareggio sarebbe andato bene a tutti, anche al Genoa: c'è il sospetto che sia stato un modo per dire all'Anatroccolo di non "esagerare" in campo, di non darsi troppo fa fare... La partita, giocata il 25 marzo 1990, era finita in parità, 2 a 2. «Sulla vicenda grava anche l'ombra del Totonero», scrivono i giornali, ma l'avvocato del giocatore precisa: «Durante gli interrogatori non si è parlato di fatti legati al calcio». «Comunque si concluda questa vicenda, è chiaro che il Genoa rischia non poco... Anche nel caso in cui il procedimento 39

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penale dovesse prendere una piega favorevole per il calciatore uruguaiano, così come sono in molti a credere, è chiaro che ben difficilmente Aguilera potrebbe continuare a giocare in Italia. Per la società rossoblu, che l'estate scorsa lo acquistò per una somma leggermente superiore ai due miliardi, si porrebbe l'obbligo di vendere Aguilera all'estero, con conseguente perdita di carattere finanziario, oltre che tecnico, visto che proprio Aguilera, dei tre uruguaiani acquistati dal Genoa, era apparso il migliore, segnando e facendo segnare. L'ultima sua prodezza risale a mercoledì sera quando ha fatto un bel gol nell'amichevole Germania-Uruguay. Sostituirlo, quindi, non sarà facile, così come non sarà facile cederlo, anche all'estero, in Europa o in Sud America, se non a prezzi stracciati. Un brutto problema, insomma, e per il giocatore e per la società» l. Alla vigilia del processo, Aguilera (che nel frattempo era passato al Torino) lascia l'Italia e se ne ritorna per sempre in Uruguay. L'8 giugno 1994 il tribunale di Genova lo condanna in primo grado a due anni di reclusione e a 5 milioni di multa per favoreggiamento della prostituzione, detenzione e cessione di droga. E la telefonata "calcistica" per il pareggio? Ma quella non c'entra col tribunale e la Giustizia, è solo una delle tante faccende pallonare che non è il caso di approfondire. Nel novembre del 2000, a Buenos Aires, l'Anatroccolo viene fermato (e poi rilasciato) dalla polizia, durante una retata nei locali notturni della capitale argentina, perché trovato in possesso di sostanze stupefacenti. All'inizio del 2007, buone notizie dall'Italia per "Pato": «Aguilera potrà tornare a Genoa. L'indimenticabile attaccante uruguayano rossoblu degli anni Novanta, maglia numero 9, ha ottenuto l'indulto, chiesto dal suo difensore... "Sono 1 Agenzia Ansa, 27 aprile 1990. 40

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felice", commenta Aguilera dalla sua casa di Montevideo. "Arriverò appena possibile, anche perché non vedo l'ora di rivedere il Genoa". Aguilera aveva un conto in sospeso con la giustizia italiana per una condanna del 1996 a due anni di reclusione e a una multa per favoreggiamento della prostituzione e detenzione di cocaina. A causa della multa, Aguilera non potè usufruire della condizionale. Rischiava perciò di essere arrestato se fosse rientrato in Italia: per questo dovette anche rinunciare a partecipare alla cerimonia, che si tenne il 24 maggio del 2001 al "Ferraris" in onore dell'amico Gianluca Signorini, che poco dopo morì per il morbo di Lou Gehrig. Pato inviò però una testimonianza video che fu trasmessa sui megaschermi e commosse gli spettatori. Con la maglia del Genoa, Carlos Aguilera giocò tre stagioni segnando 33 reti. Il suo nome rimarrà per sempre legato alla storica doppietta che permise al Grifone di battere il Liverpool a Anfield Road» 2. Nel Belpaese il perdono alla fine non si nega a nessuno. Specialmente per i peccati di soldi e di sesso. 2 "la Repubblica", 12 gennaio 2007. 41

«Dove non è previsto essere gay» Francesco Coco, che ha lasciato il calcio nel 2007, è stato un pallonaro da invidiare. Meriterebbe una medaglia, dato che è stato più famoso come playboy che come giocatore. Per anni lui sembrava più impegnato a trombare che a giocare, infatti era più presente sui giornali di gossip che su quelli sportivi. Comunque il ragazzo non è affatto uno stupido, anzi. Lo ha dimostrato con uno scritto del settembre 2006, col quale ha cercato di smentire la sua immagine di pallonaro-playboy sempre a caccia di "veline", di smontare il luogo comune dei calciatori tutti uguali e omologati (al ribasso), di denunciare la corsa al conformismo. Ecco le parole di Coco, troppo intelligenti per essere apprezzate nell'ambiente: «Piccola dimostrazione matematica: in serie A ci sono 18 squadre con 25 giocatori per un totale di 450 atleti. Di veline, ne vengono fuori due all'anno. E quelle che hanno avuto una storia con un calciatore si contano sulle dita di due mani. Dunque, esistono almeno 400 campioni del pallone che non hanno mai avuto una relazione con le stelline [della tv]. Senza considerare i ragazzi della serie B. Ce n'è abbastanza per dimostrare che l'accoppiata velina42

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calciatore è un fenomeno "di carta", gonfiato soprattutto dai giornali di gossip, forse perché aumenta le tirature. Per quanto mi riguarda, se una ragazza ambisce a sposarmi, deve sgombrarsi la mente da questo luogo comune. Con tutti i suoi annessi e connessi: culto della celebrità, vacanze in Costa Smeralda, prive in discoteca, auto di grossa cilindrata e vestiti all'ultimo grido. Anzi, proprio l'imitazione in massa dello stereotipo "velina-calciatore" è l'espressione di quello che mi sembra il difetto più grande della nostra generazione e dei rapporti affettivi: la riproduzione passiva di uno stile di vita deciso da altri, per la paura di mostrarsi come si è veramente, senza vergogne, rischiando in prima persona. Per questo timore, motivato anche dalla paura di prendere bastonate, la maggior parte della gente soffoca e reprime il proprio io, vivendo una vita che non le appartiene. Come se in campo un calciatore giocasse coi piedi di un altro. Nessuno mette più l'anima "a nudo", insomma. Tutti si illudono di stare tranquilli essendo uguali, omologati. Così, anche chi non è superficiale, lo sembra. Magari lo diventa pure. Ma io non ci sto. Ho sempre vissuto con la massima di William Blake scoperta attraverso il mio idolo (comportamentale, più che musicale), Jim Morrison: "Solo spalancando le porte della percezione scopri com'è il mondo: infinito". Figuriamoci poi se si parla d'amore, quando devi tirar fuori tutto te stesso [...]. Non Io nego: vivo il sesso con naturalezza e spontaneità. Ma soprattutto come scoperta continua. Non mi limito al kamasutra. Sono pronto a fare qualsiasi cosa. Anche perché ci sono infinite "posizioni" mentali... Il che spiega come mai si consumi "lo stesso atto fisico" con personalità differenti. Con ciò, se avessi avuto tutte le donne che hanno raccontato [i giornali di gossip, ndr] e che pensa la gente... [...]. Forse sono l'eccezione che conferma la regola. O la regola che smentisce i luoghi comuni di cui sopra. A voi il giudizio. In 12 anni di gioco ho conosciuto più di 200 giocatori, ma non ho raggiunto un grado di confidenza tale da potermi esprimere anche per loro.

E poi, lo avrete capito: io sono contrario alle generalizzazioni. Tifo sempre perché vinca l'individuo con le sue particolarità. A prescindere dal fatto che sia il migliore. Se no, do44

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vremmo restare quasi tutti in panchina, nella partita di una vita non giocata» '. Queste sagge parole, scritte nel 2006, non sono servite a niente: il povero Coco ha continuato a essere più famoso come playboy che come calciatore. E le sue prodezze più note hanno continuato a non essere quelle in campo, ma quelle scoperecce (vere o inventate dai giornali pettegoli). Ecco perché, invece di finire nello scandalo di Calciopoli, lui è finito in quello di Vallettopoli, sezione fotoricatti, per due faccende di fotografie "scottanti". La prima è una cazzata. Coco è stato fotografato in compagnia di un (o una) transessuale: ha pagato 6 mila euro per impedire che le foto arrivassero ai soliti giornali di gossip. La seconda faccenda è molto più interessante, è una specie di giallo. La storia risale all'estate del 2000, quando Coco era un giocatore del Milan. I paparazzi lo fotografano al largo della costa spagnola, tra Formentera e Ibiza, su uno yacht in compagnia di un gruppo di amici: sono tutti maschi, e sono tutti nudi... Il giornale "la Repubblica" scrive che le foto ritraggono Coco insieme a quattro «uomini dai fisici atletici in intimità sul ponte della barca» intenti a fare «un'orgia in mezzo al mare». Cazzate e cazzeggi, ma per l'ipocrita mondo pallonaro sono fotografie troppo compromettenti, potrebbe venirne fuori il primo "scandalo gay" del calcio italiano. Ecco perché i paparazzi offrono queste foto alla società rossonera: sanno che il Milan ha il culto "dell'immagine", del "sembrare", è noto che i berlusconiani non ba' Dalla prefazione a Mio marito è un calciatore, di Francesco (Bibi) Veluzzi con Prisca Rossi, Sonzogno editore 2006. 45

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Francesco Coco in posa sexy, in questa foto pubblicata dal giornale femminile "Cosmopolitan" del giugno 2004 (Foto di Pasquale Russo). 46

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dano a spese per nascondere la realtà con trucchi e imbrogli \ Sul finire del 2006 il vicepresidente milanista Adriano Galliani viene interrogato dal magistrato titolare della inchiesta Vallettopoli: Galliani: «Sono passati diversi anni, quindi... Ma ricordo bene che qualcuno ha chiamato il Milan, qualcuno di questi fotografi che circolano...». Magistrato: «Fabrizio Corona, forse? Se lo ricorda se è stato Corona o qualcuno... Prima di tutto, lei conosce Corona?». Galliani: «Lo conosco perché ho lavorato in televisioni, quindi... Io ero amministratore delegato di Mediaset, il padre di [Fabrizio] Corona lavorava da noi, Corona è un fotografo e manager di stelle...». Magistrato: «Che fosse stato lui a contattare il Milan non se 10 ricorda?». Galliani: «No, giuro che non me lo ricordo... Contattarono 11 Milan... io credo che fosse il 2002... Certamente queste foto sono arrivate sulla mia scrivania. Credo sia... abbiano chiesto, non ricordo più se 30 milioni o 30 mila euro... Erano foto fatte su una barca al largo di Ibiza... dove c'erano solo uomini in atteggiamenti... non so se per scherzo o cose... non da ambiente del calcio. Voglio dire...». Magistrato: «Un po' equivoci...». Galliani: «Sì, soprattutto per via del fatto che fossero tutti uomini, perché se fossero stati uomini e donne, al di là delle cose, le avrei lasciate andare le foto, perché così... Quindi io ho pensato che... non ho avvisato Coco. Che se queste foto fossero andate sui giornali avrebbero danneggiato molto Coco». Magistrato: «E quindi il Milan...». Galliani: «E quindi il Milan» [...]. 2 Lo insegna il padrone Silvio, che per sembrare giovane si fa lifting e trapianti, per sembrare bello si mette il cerone e si trucca, e per sembrare alto si mette ai piedi scarpe con tacchi da 10 centimetri. Tutto inutile... 47

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Magistrato: «In quel momento la pubblicazione di quelle foto avrebbe creato un danno di immagine al giocatore, ma anche probabilmente la possibilità di un potenziale danno economico al giocatore e alla società...». Galliani: «... E alla società. Secondo me, sia che fosse stato trasferito, sia che fosse rimasto al Milan... perché poi giocare con queste foto omosessuali in un ambiente sportivo, dove non è previsto essere omosessuali... Personalmente, io sono rimasto scandalizzato vedendo queste foto, proprio... sul fatto che, ripeto, fossero tutti uomini, e quindi ho pensato che valesse la pena di farle ritirare». Magistrato: «E quindi...». Galliani: «Non ho detto nulla a Coco, ho comperato queste foto, le ho pagate trattenendogli i soldi dallo stipendio. Quando lui mi ha chiesto il perché di questa trattenuta, io non gli ho detto una parola, gli ho dato in busta chiusa sigillata queste foto e ho detto: "Il perché è qui dentro... Adesso esci... e se hai qualcosa da ridirmi, ritorna a dirmelo da domani in poi". Non l'ho più né visto né sentito. Quindi, in effetti, le ha pagate lui queste foto lì, attraverso di me». Che bella storiella! Il pallonaro Coco, in vacanza al mare, se ne sta nudo in barca con quattro amici (maschi) nudi pure loro. Cosa facciano di preciso non si sa, diciamo per non sbagliare che si fanno i cazzi loro. I paparazzi scattano alcune foto, che poi mostrano alla società Milan calcio. Il boss Galliani - uomo di straordinaria moralità, e con un senso del pudore da fare invidia a don Bosco - rimane «scandalizzato» alla vista di quelle foto, e decide di toglierle dalla circolazione comprandole per un tot di milioni perché sono «foto omosessuali in un ambiente sportivo dove non è previsto essere omosessuali». Peccato che poi il tot di milioni lo fa pagare al giocatore. Insomma Galliani compra, e Coco paga3. 3 E pensare che il 10 dicembre 2006, intervistato da "la Repubblica", alla domanda «Ma lei ha mai pagato per non fare uscire delle 48

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Ma la storia raccontata dallo "scandalizzato" Galliani al magistrato è una versione dei fatti aggiustata nel classico stile berlusconiano. Infatti Francesco Coco (che ormai gioca nel Livorno) dichiara che «Galliani quelle foto non me le ha mai date. Mi chiamò dicendo che c'erano e che le ritirava lui, anche se voleva che le pagassi io, così imparavo per il futuro». Poi il giocatore dà la sua versione dei fatti: «Io ero al sole, al largo della costa spagnola, tra Formentera e Ibiza, con alcuni miei amici, sulla mia barca. Mi abbronzavo in nudo integrale, e mi divertivo. Se ci sono 40 gradi e prendi il sole nudo non per questo sei gay! Mi stavo solo abbronzando e divertendo, sulla barca c'era un gran senso di libertà...». E ripete: «Non ho mai ricevuto da Galliani queste fotografie, e se lui ci ha visto atmosfere tipiche dell'omosessualità forse dovrebbe consultare un dizionario e rinfrescarsi la memoria sul significato del termine». Dunque le foto "compromettenti" di Coco col culo all'aria e il pisello al vento in mezzo a giovanotti nudi, foto pagate un mucchio di milioni dallo stesso giocatore, se le è tenute il pudico Galliani. Perché? A quale scopo? Forse il vicepresidente del Milan e presidente della Lega ogni tanto le riguardava per scandalizzarsi un altro po'? Oppure le mostrava ai giocatori rossoneri per proibirgli di fare cose del genere? Chissà! Resta la domanda: perché le foto "proibite" di Coco pagate dal giocatore se le è tenute il moralizzatore Galliani, noto moralista pieno di pudore? Non si sa. Anche perché nessun servo di giornalista si è mai disturbato a domandarglielo. Sfogo finale di Coco, proprio contro i giornalisti: «Ci sono calciatori che ne fanno di tutti i colori e nessuno ne fotografie?» il prode Coco aveva negato: «Mai!». E alla domanda: «Altri hanno mai pagato per lei?», aveva risposto: «Ma scherziamo? Io non mi nascondo, sono uno che gira a testa alta, non ho paura di espormi». Che simpatica canaglia! 49

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parla. Bersagliano sempre me con accuse cattive: puttaniere, drogato, gay...». Ma certo che i pennivendoli si accanivano! Coco non era un campione, non recitava la commedia del maritino con la mogliettina e la carrozzina con dentro il pupo. E soprattutto, non era più un giocatore del magico Milan... Comunque questi casini Coco se li merita: nessun calciatore, prima di lui, aveva osato dire di avere come «idolo comportamentale» il mignottone Jim Morrison! Per fortuna che nel mondo pallonaro nessuno sa chi sia Morrison, sennò scoppiava un casino gigantesco: un personaggio come il cantante dei Doors è troppo impegnativo per i porci senza ali del calcio tricolore. Non solo a causa dell'urlo edipico di Jim: «Padre, voglio ucciderti! Madre, voglio fotterti!», ma anche per la sua sfrenata bisessualità, gridata ai quattro venti con frasi tipo: «Non mi importa di sapere chi mi succhia il cazzo, l'importante è che qualcuno me lo succhi», oppure: «Sono solo! Ho bisogno di amore! Avanti, nessuno vuole amare il mio culo?!». 50

Fantasmi e rimozioni Alla fine del 2008 la tv privata La7 manda in onda la testimonianza di Victor, un gigolò per calciatori. Cioè un giovane prostituto per pallonari gay. Il servizio televisivo precisa che Victor è anche lui un calciatore, e che «molte società di serie A si sono rifiutate di far intervistare i loro giocatori su questo tema» - il tema è naturalmente quello tabù dell'omosessualità. Venticinquenne, giocatore di serie C, regolarmente fidanzato, il gigolò Victor racconta del suo giro omoerotico a pagamento, all'ombra del mondo pallonaro: «Vendo le mie prestazioni sessuali a giocatori di squadre importanti, ho circa trenta clienti calciatori, di cui una dozzina di serie A, anche sposati. E ce ne sono un paio che fanno parte della Nazionale. Li incontro spesso in albergo, la domenica sera, dopo la partita, nell'unico momento di tranquillità che hanno. Chiedono di rilassarsi, e non hanno problemi a farsi baciare in bocca. Però hanno paura di far sapere, anzi sono terrorizzati dall'idea di essere scoperti. Con uno mi sono incontrato al buio, fuori Milano, non so chi fosse, i patti erano che tutto dovesse essere fatto a luci spente. In tre occasioni mi hanno chiesto di fare l'amore in grup51

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po, con più giocatori della stessa squadra ma anche con amici di formazioni diverse. E solo una questione sessuale, niente chiacchiere. Tengono molto alla loro privacy e hanno una dannata paura di essere scoperti e di scoprirsi. Solo uno ha raccontato di sé, si è lasciato andare. Lo sanno che gioco anch'io, ma non vengo richiesto per questo. Mi chiamano per una questione di delicatezza, preferiscono una cosa soft. Sono più attivi che passivi. Molti di loro sono bisex, hanno bisogno di una facciata rispettabile, magari sono anche sposati, in Italia nessun calciatore del campionato ammetterà mai di essere gay, almeno non ora. Ci sono troppi condizionamenti sociali, e forse è giusto così. Gli incontri avvengono quasi sempre in albergo o a casa di amici. Negli hotel la scusa è sempre quella, un documento da ritirare, un autografo da far firmare, e così si riesce a non farsi registrare. Il prezzo dipende dal contesto e dal tempo. Chiedo da 500 a 2.000 euro. Se si tratta di restare tutta la notte (capita di rado), la tariffa sale. Mai avuto una discussione sui soldi, lo capiscono da soli. Come arrivano da me? Tramite il passaparola. Io frequento imprenditori e professionisti, persone che prima di fare questo lavoro non conoscevo. Nella divisione dove gioco io [serie C, ndr\ è capitato che alcuni giocatori si sono dichiarati privatamente e abbiamo fatto sesso nello spogliatoio, correndo il rischio; ma per fare un passo pubblico bisogna avere molto coraggio». Nel mondo pallonaro questo servizio televisivo viene ignorato, certe faccende è meglio tenerle nascoste, e poi si sa che il calcio italico è impegnato in faccende molto più serie. Invece a Berlino il presidente della Deutscher Fussball-Bund (la Federcalcio tedesca) Theo Zwanziger, intenzionato a affrontare il problema dell'omofobia nel calcio in Germania, ha invitato i calciatori e le calciatrici gay a fare coming out: «Garantisco che il Dfb perseguirà qualsiasi discriminazione o insulto rivolto a qualsiasi calciatore gay o calciatrice lesbica. Il nostro statuto parla chiaro: la Federazione calcistica tedesca è contro

ogni tipo di discriminazione. E anche in futuro io conti53

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nuerò a sollevare il tema dell'emofobia nel mondo del calcio». Tutto questo mi riporta alla memoria un ricordo del passato, una delle poche volte che da pallonaro mi trovai davanti il fantasma gay. Capitò per caso, perché avevo deciso di allenarmi un lunedì che era previsto di riposo. La domenica non avevo giocato, dovevo ancora smaltire bene un infortunio e volevo stringere i tempi della ripresa, così a metà pomeriggio andai al campo per allenarmi in tutta tranquillità sapendo di trovarlo deserto. Ma all'esterno, stranamente, c'erano parcheggiate due macchine, una era quella dell'allenatore, l'altra di T., il nostro difensore più grintoso; però sul prato, oltre la rete di cinta, non si vedeva anima viva. Entrai nello spogliatoio convinto di trovarceli: c'erano dei vestiti appesi all'attaccapanni a muro, una borsa sulla panca e un paio di scarpe sotto, nient'altro. Ma dalla porta chiusa della stanzetta dei massaggi, sulla destra, arrivavano gemiti e rantoli strozzati che il silenzio amplificava. Nell'aria c'era qualcosa di strano, qualcosa che mi fece diventare guardingo. Ritornai fuori, girai sul retro dell'edificio, lasciai la mia borsa per terra, afferrai la scala a pioli usata per andare sul tetto, la portai vicino alla finestra-feritoia che in alto aerava la stanza dei massaggi, salii e guardai dentro. T., completamente nudo, se ne stava sdraiato sul lettino, con le gambe aperte: in mezzo c'era il nostro allenatore, regolarmente vestito con la tuta d'ordinanza, che piegato su di lui come un salice piangente gli stava facendo un pompino. Ogni volta che il mister gli leccava le palle e con la lingua saliva fino alla cappella, T. gemeva e sbatteva un braccio; e quando gli prendeva in bocca il cazzo, T. rantolava mettendogli le mani sulla testa e inarcando la schiena... La faccenda andò avanti così per un po', finché T. non piazzò le gambe sulle spalle 54

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del mister, gli afferrò la testa e lo obbligò a un succhiamento più deciso e senza interruzioni. I gemiti di T. aumentarono di intensità, sobbalzava sul lettino a scatti, ansimava e grugniva; a un certo punto cacciò un urlo da orgasmo così improvviso e forte che mi spaventai e per poco non ruzzolai giù dalla scala. Il nostro allenatore, poco più che quarantenne, aveva moglie e figli, mentre T., fresco di servizio militare, era fidanzato con una tipa carina e si sarebbe sposato pochi mesi dopo... Nella mia testa scattò quella che gli psicologi chiamano "rimozione": cancellai tutto, e l'indomani col mister e con T. mi comportai come se non avessi visto niente.

Il timidone sexy In occasione dei Mondiali di calcio del 2006 un settimanale berlusconiano per donne moderne manda in edicola uno "speciale", una raccolta di foto sexy dei pallonari della Nazionale. Titolo: «I più belli del mondo. 17 straordinari ritratti degli atleti che vi hanno fatto battere il cuore». Prezzo di vendita della marchetta di carta: 5 euro. Uno dei pallonari fotografati in posa sexy è il milanista Alberto Gilardino, immortalato con le mani in tasca, la camicia bianca slacciata per mostrare bene l'ombelico col cinturone firmato, e uno sguardo da bel tenebroso intenzionato a fecondare la lettrice. Il testo che accompagna la foto è uno spasso. Prima racconta il soggetto in un epico atto di eroismo: «Una notte del 2001 fa un incidente in auto. Una delle macchine coinvolte finisce in un fiume con una ragazza dentro. Lui si butta e la salva. Un vero eroe» - cazzo! Poi lo scatenamento: «Alberto Gilardino è il sogno di ogni madre. E il classico bravo ragazzo, oltretutto miliardario, da far sposare alla propria figlia. Quest'aria posata, perbene, gli pesa un po'. Nelle occasioni importanti, infatti, si fa crescere la barba per appa56

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rire più grande e più maschio. Per gli ultimi Mondiali ha scelto un taglio di capelli accattivante, ma non è riuscito a liberarsi dall'aspetto di bravo ragazzo. D'altra parte, quando la sera non gioca, alle 22.30 è già a letto. Ma spesso, a fargli compagnia c'è A.B., 23 anni, sua fidanzata dal 3 marzo 2003 e studentessa universitaria». La fidanzata dell'eroe-modello, la studentessa universitaria A.B., è così consapevole del tesoro che ha per le mani che lo dipinge come un noioso imbranato: «Alberto è un ragazzo umile, equilibrato, e da piccolo era molto timido. A volte, quando si accorge di aver sbagliato, arrossisce ancora». Che quadretto meraviglioso! Poi riecco il timidone Gilardino, ancora in posa sexy. È per un opuscolo intitolato "Milan Dolce & Gabbana": un catalogo che celebra l'impegno dei due stilisti berlusconiani per regalare un tocco frocesco ai pallonari del Milan berlusconiano. Il timidone è fotografato così: in camicia nera, cravatta viola e jeans consumati, sdraiato nell'erba; ma la camicia è fuori dai pantaloni per scoprire il pancino, e due dita della mano destra sono infilate nella patta... In una seconda foto, il timidone è in posa hard: con indosso solo gli slip, sdraiato sul lettino dei massaggi, tra le mani del massaggiatore... Un bel giorno il nome di Alberto Gilardino salta fuori nello scandalo dei fotoricatti che vede imputato il bellimbusto Fabrizio Corona. Perché risulta che il pallonaro timidone ha sborsato qualche migliaio di euro per impedire la pubblicazione sui giornali di alcune foto che un paparazzo gli ha fatto di notte nel parcheggio di una notissima discoteca milanese. Foto definite dalla stampa «compromettenti», foto che era meglio che non si vedessero in giro perché avrebbero rovinato l'immagine romantica del Gilardino fidanzatino-modello. Infatti il magistrato scriverà di foto che «avrebbero potuto creare danno anche nei rapporti di fidanzamento» del pallonaro timidone e casalingo. 57

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Comunque tanto timido il Gilardino non deve essere. Almeno a giudicare dalla telefonata che fa il 30 ottobre 2006 al mattatore dello scandalo, il supertamarrone Fabrizio Corona, per metterlo sull'avviso: Gilardino: «Io ti devo... niente... oggi sono stato a Roma perché mi hanno... mi ha chiamato la Questura di Roma, ieri cioè mi è arrivata una lettera che dovevo presentarmi, no?». Corona: «Sì». Gilardino: «E, sinceramente, si pensava che mi dovevano... si pensava che... non so... che mi dovevano interrogare su vicende calcistiche o meno. Invece mi hanno chiesto su di te. Se conoscevo Corona, se... mi hanno chiesto se conoscevo Corona e che rapporto avevo con Fabrizio Corona, e insomma gli ho parlato, gli ho spiegato della nostra conoscenza già da un po' di anni, e loro sono arrivati al discorso... mi hanno parlato che sapevano tutto di quella volta che ci eravamo incontrati, e sai quella volta quando avevo fatto ritirare... quando ci eravamo sentiti per il ritiro delle foto, queste cose qua... Mi hanno chiesto domande su questo discorso qua e ho dovuto rispondere. Ho dovuto rispondere!». Corona: «Sì, tranquillo. Io ho la coscienza a posto». Gilardino: «Sì, sì... Te lo sto dicendo perché io oggi sono andato giù a Roma per parlare di questa cosa qua a mia insaputa». Corona: «Solo per questa cosa qua ti hanno chiamato?». Gilardino: «Sì. A mia insaputa, perché io dovevo andare... Io sono andato giù pensando di parlare... non so... procuratori, vicende calcistiche... Loro mi hanno chiamato chiedendomi notizie su di te. Chiedendomi soprattutto di quella vicenda che... di quelle foto che mi avevano scattato...». Corona: «Okay, bene bene, ma io sono tranquillo. Io ti volevo chiedere un'altra cosa...». A causa di questa telefonata, il timidone Gilardino viene indagato dal magistrato per favoreggiamento. Allora s'incazza e dichiara ai giornali: «E incredibile, questa storia è incredibile! Denuncerò tutti coloro che proveranno a mettere in dubbio la mia onestà!». Poi corre

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Il timidone Alberto Gilardino secondo la pubblicazione "Milan Dolce & Gabbana" (Foto di Mariano Vivanco). 61

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da un avvocato, e subito dopo firma un bel comunicato con scritto: «Come persona informata dei fatti sulla nota vicenda, nel novembre dello scorso anno ho riferito al pubblico ministero su quanto a mia conoscenza. Non ho nulla da aggiungere, precisando di aver nominato, come legale di fiducia, l'avvocato L. R. del Foro di Biella. Mi riservo ogni azione a tutela dei miei diritti laddove fossero diffuse notizie lesive della mia reputazione». Sarebbe stato bello se al comunicato il timidone sexy ci avesse allegato le foto fatte sparire... 62

A difesa dell'immagine

L'attaccante juventino David Trezeguet è un altro di quei maritini pallonari che all'immagine pubblica della fedeltà coniugale ci tiene parecchio, e pur di mantenerla non bada a spese. Una notte del 2005 è stato fotografato, a Milano, fuori dalla solita discoteca per galletti e galline vip, in compagnia di una fanciulla che non era sua moglie, e in atteggiamenti non proprio camerateschi. Per impedire che quelle foto finissero su qualche giornale, rovinando così l'immagine pubblica della sua fedeltà coniugale (e magari facendo incazzare parecchio la mogliettina), Trezeguet si è comprato quelle fotografie pagandole 20 mila euro in contanti. Perché nel mondo pallonaro dell'apparenza, pagando si può perfino rendere credibile la finzione della fedeltà coniugale. 63

La malattia come tabù Ci sono calciatori sieropositivi, anche in serie A, ma questo non si può dire perché per il mondo pallonaro è un tabù, è una faccenda che crea casini e rovina il business. Capirai: non solo è una malattia "maledetta" in quanto è associata al sesso gay e alla droga, ma c'è pure la psicosi del contagio. Fa niente se l'aids si trasmette anche attraverso i rapporti eterosessuali, e se il pericolo di contagio è limitato ai contatti di sangue: è meglio non parlarne e basta, l'immagine pubblica del circo pallonaro, popolato di gladiatori sani e muscolosi, non può essere macchiata dall'onta di una condizione "imbarazzante" come la sieropositività. Alla fine del 1986 i medici dell'Inter fecero le analisi anti-aids a tutti i giocatori. Fu una operazione segreta, che però trapelò provocando imbarazzi e polemiche nell'ambiente nerazzurro. Al punto che il responsabile dello staff medico interista, dottor Pasquale Bergamo, dovette dichiarare: «Abbiamo fatto il test anti-aids perché si parla molto di questa terribile malattia. Non certo perché si temesse qualcosa, o perché si pensi che quella dei calciatori sia una categoria a rischio». Il trentottenne Giuliano Giuliani (ex portiere del Na64

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poli dei tempi di Maradona) nel novembre del 1996 è morto di aids, però la notizia è stata solo mormorata. Qualche giornale ha parlato di «una lunga malattia», altri hanno scritto di «complicazioni polmonari», altri ancora che «le cause della morte sono un mistero». Reticenza, imbarazzi, silenzi non per rispetto della privacy (quando mai i giornali si fanno problemi del genere!), ma per non rovinare l'immagine pallonara sana e gagliarda, luccicante e miliardaria. E non è un caso che al funerale del povero Giuliani abbiano partecipato pochissimi ex colleghi, quattro gatti di numero. «Il sesso, la droga e l'omertà hanno ucciso mio marito», dirà qualche anno dopo l'ex moglie Raffaella Del Rosario, «la droga e il sesso che si praticavano nel clan Maradona hanno rovinato Giuliano». Il giornalista Giacomo Amadori nel 2003 ha rotto il tabù: ha scritto dell'aids nel calcio e ha raccontato di un giocatore straniero, attaccante di una squadra di serie A, sieropositivo: «Una storia segreta del calcio italiano». Per ragioni di privacy ha taciuto il nome del calciatore, ma nel mondo pallonaro tutti sanno chi è. Amadori ha riportato anche le testimonianze del direttore sportivo e del medico sociale della squadra '. Attaccante straniero, alto 1,90 per 90 chili, il giocatore è arrivato in Italia nell'estate del 1999, ingaggiato da una società del Sud di serie A. Quando dagli esami medici è risultato sieropositivo, il presidente l'ha rispedito subito al Paese d'origine, ma la Fifa è intervenuta in difesa del giocatore. Ricorda il direttore sportivo: «A livello internazionale i giocatori sieropositivi sono protetti in modo assoluto, è impossibile rescindere i contratti. E co' Cfr. «Noi, il campionato e l'aids» di Giacomo Amadori, "Panorama", 3 luglio 2003. 65

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munque in Italia un lavoratore con l'hiv non è licenziabile». Dichiara il medico sociale: «Quando la Fifa gli ha dato ragione io ho gioito: è stato un atto di civiltà che, da un punto di vista umano, ci ha fatto crescere come gruppo... Mi risulta che un altro calciatore sieropositivo sia stato scaricato da una società del Nord, mentre un altro si è curato per lungo tempo all'estero (ma non sono certo che fosse sieropositivo)». L'arrivo del giocatore, racconta il direttore sportivo, è stato preparato con cura: «Prima abbiamo comunicato la situazione a tutti quelli che avrebbero lavorato con lui, dai dirigenti ai massaggiatori», poi ne sono stati informati gli altri giocatori, ai quali è stato spiegato che l'unico pericolo di contagio erano i contatti col sangue. E per i giocatori delle squadre avversarie? «Non correvano nessun rischio», assicura il medico sociale, «perché da anni, quando un calciatore perde una goccia di sangue, viene subito portato a bordo campo per essere curato». Il pallonaro sieropositivo è diventato un titolare della squadra, e ha segnato qualche gol. L'unica precauzione è che medici e massaggiatore, negli spogliatoi, utilizzavano guanti di lattice, ma lo facevano con tutti i giocatori per non umiliare il malato. Tutto è filato liscio per tre anni. Poi, nel febbraio 2003, il giocatore sieropositivo è tornato in patria, in prestito a una squadra locale. 66

Scopate milionarie Verso la fine del gennaio 2001, a Milano, scandalo di pallonari "a luci rosse". Pedinando alcune prostitute organizzate attraverso un sito Internet, la polizia ha scoperto che alcune fanciulle "a pagamento", la tarda sera del 16 gennaio, hanno fatto festa con un gruppo di giocatori dell'Inter nella casa milanese di un giovane dirigente del club nerazzurro. Titoloni sui giornali, servizi alla tv, ma niente nomi dei pallonari puttanieri. Anzi, la società Inter, con un comunicato, dice che non è vero, tutte balle: «Dopo aver effettuato un approfondito controllo con tutti i giocatori della squadra, l'Inter smentisce qualsiasi collegamento fra i propri tesserati e persone coinvolte nell'inchiesta». Invece è tutto vero, e un giornale pubblica la testimonianza di una delle sei squillo che hanno sollazzato gli interisti arrapati. Lei si chiama Manuela, e accetta di parlare a una condizione: «Di nomi non ne faccio, neanche morta», e aggiunge: «Ma lasciateli stare, in fondo sono ragazzi come gli altri, e hanno fatto quello che a tutti gli uomini piace fare - dov'è lo scandalo?». Poi racconta: 67

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«Tre settimane fa una di noi è stata contattata da un giocatore dell'Inter. Le ha chiesto se poteva portare qualche altra amica a una festa privata che si sarebbe svolta la sera di martedì 16 gennaio, al ristorante "Speakeasy" in via San Marco, a Brera. Il giocatore e la ragazza si conoscevano già da tempo, diciamo che si vedevano con una certa frequenza. I calciatori interisti dovevano festeggiare qualcosa tra loro, tanto è vero che la squadra era quasi al completo. Inoltre, nel locale non c'erano altri clienti, perché i giocatori lo avevano affittato tutto per loro, infatti siamo entrati tutti dal retro. Abbiamo cenato normalmente, facendo anche qualche brindisi. Una serata tra amici, insomma... Verso le 23 ci sono stati i saluti. Un po' di giocatori se ne sono andati, altri invece - 6 o 7 - si sono uniti a noi ragazze, e tutti insieme siamo andati in un appartamento dalle parti di viale Zara, di proprietà di uno dello staff della squadra. Là per un po' abbiamo chiacchierato e bevuto, poi ogni giocatore si è appartato con una ragazza. II festino è durato fin verso le 2 di notte, dopodiché il giocatore che aveva contattato la ragazza l'ha chiamata in disparte e le ha dato il compenso della serata: sei milioni, che ci siamo poi divise un milione a testa» \ L'allenatore della squadra nerazzurra, Marco Tardelli, non può fare la voce grossa coi suoi giocatori: ex campione della Juventus e della Nazionale, quando era un pallonaro in attività anche lui era un focoso playboy, aveva avuto perfino una relazione con la pornostar Moana Pozzi2. Così Tardelli dichiara alla stampa: «Io so di 1 "Il Messaggero", 31 gennaio 2001. 2 Nelle sue memorie, la pornostar Moana Pozzi (morta prematuramente nel settembre del 1994) scrisse: «Nel 1984 ho avuto con Tardelli una storia d'amore telefonica. Mi era stato presentato da un amico giornalista che conosceva bene i miei gusti in fatto di uomini. Nel periodo in cui ci siamo frequentati facevamo raramente l'amore a causa dei suoi continui viaggi e ritiri con la Juventus, però 68

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una cena con tutti i giocatori offerta con la multa pagata per il ritardo di uno di loro... I ragazzi dicono che è stata una cena e basta, ma se anche fosse successo qualcos'altro dopo, sono tutte stupidate... Comunque, se uno si fa beccare vuol dire che non è abituato a fare certe cose: io ai miei tempi non sono mai stato beccato - voglio precisare però che io le donne non le ho mai pagate... Tanti altri giocatori di altre squadre fanno cose del genere, ma non finiscono sui giornali, quindi complimenti a chi riesce a non farsi scoprire». Una seconda "squillo" milanese via Internet, la venticinquenne Monica, conferma che i pallonari (e non solo quelli interisti) sono dei clienti abituali: «Da noi di calciatori ne vengono, eccome, soprattutto per le feste e le "cene" con il "dopocena". Sono tipi insospettabili: mai e poi mai diresti che uomini così devono pagare per avere una donna... Eppure i calciatori sono una delle categorie che normalmente vengono a cercarci, anche se non lo fanno direttamente. Nomi non ne faccio, e non mi va neanche di stavamo al telefono per ore cercando di conoscerci meglio, raccontandoci quello che avremmo voluto fare insieme e parlando soprattutto di sesso. Quando capitava a Roma per giocare una partita, lo raggiungevo di notte nell'albergo dove stava con i suoi compagni di squadra che, complici, lo aiutavano a sfuggire ai controlli del Mister. Il suo compagno di stanza gentilmente mi cedeva il posto e tornava alle 7 della mattina quando io me ne andavo di nascosto. Mi piaceva molto fare l'amore con Marco e trovavo eccitante il suo comportamento spontaneo e dolce, come un ragazzo alle prime armi. Della nostra storia ricordo un episodio divertente... Lui doveva partire per giocare con la Nazionale in Australia e mi telefonò dicendomi che sarebbe rimasto all'aeroporto di Roma per due ore in attesa del volo. Era un mese e mezzo che non ci vedevamo e tutti e due avevamo una gran voglia di abbracciarci. Presi la mia Mercedes e lo raggiunsi a Fiumicino. Marco mi stava aspettando davanti alle "partenze", lo feci salire nella macchina e lo portai in un parcheggio. Ci sedemmo nei sedili posteriori e cominciammo a fare l'amore incuranti della gente che passava». 69

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dire di quali squadre, non voglio avere grane, ma anche a me capita di averli come clienti... Mi è sempre capitato per cene, per feste tra compagni di squadra, e magari anche con altri della società. Di solito sono serate con più ragazze che cominciano nei locali, bei posti alla moda, e che poi finiscono in una casa privata. D'altronde uno che ti paga due o tre milioni non lo fa certo per una sveltina. Ti cercano per parlare, per bere, ridere e divertirsi, poi la serata - è logico - si conclude a letto. I calciatori non sono i tipi che preferisco. Spesso sono arroganti, e in gruppo diventano ancora più strafottenti. Sono vanitosi, troppo attenti al loro fisico; sanno di essere belli e pieni di soldi, e te lo fanno pesare. Solo una volta mi è capitato di avere a che fare con un calciatore molto carino e affidabile, ma è uno che ha già smesso di giocare... Una volta ho partecipato a una di queste "cene", loro non si erano presentati come calciatori ma io li ho riconosciuti. So che il festino è poi proseguito in una casa privata, mi è sembrato di capire che volevano fare un'orgia, allóra io me ne sono andata - non mi piaceva il clima, e loro erano troppo gasati, dicevano: "Ma volete davvero essere pagate? Guardate che ci sono donne che pagherebbero loro per venire a letto con noi"...» 3. II casino dei giornali sulla scopata milionaria dei pallonari interisti si conclude nel giro di due giorni. L'unica traccia che resta è su un paio di striscioni dei tifosi nerazzurri con scritto: «Menù del giorno: spaghetti alla puttanesca», e «Puttanieri: andatene fieri». I nomi dei pallonari puttanieri non sono venuti fuori, e questo è l'importante. Così le rispettive mogli e fidanzate cornute possono stare tranquille: il loro uomo non c'entra, si sa che le cornute sono sempre le altre. 3 "la Repubblica", 1" febbraio 2001. 70

Pornostar di provincia Il campionato pallonaro di serie A 1993-94 è quasi arrivato a metà, quando nei bar di Parma comincia a girare una voce sempre più insistente: l'attaccante gialloblù Faustino Asprilla (detto Tino) ha smarrito la via del gol perché ha perso la testa per una donzella "a luci rosse". Lui, 24 anni, è sposato con un figlio; lei, Petra, 27 anni, tedesca, è una pornostar del giro della molto più famosa Cicciolina. Si dice che i due si siano conosciuti in un locale notturno, e che da allora lui non pensi più al pallone ma solo a scopare con lei. Sono pettegolezzi pieni di eccitazione, diversi dai soliti che si fanno nei bar di città sulle "notti brave" dei giocatori. Perché la Petra è una bionda belloccia, che nei suoi pornoshow adopera un serpente, e che nei suoi film hard ci dà dentro senza risparmio. Mentre lui è un bel mulatto "superdotato": si mormora che il ragazzotto sia la mascotte dello spogliatoio del Parma per via del suo gran cazzo che fa crepare d'invidia tutti gli altri giocatori. La faccenda si complica quando le voci dicono che Asprilla ha spedito moglie e figlio in Colombia per essere più libero di vivere la sua storia scopereccia con la pornostar. Lui giustifica l'allontanamento della famiglia 71

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dicendo che la moglie «non sopporta questo freddo, non le piace Parma perché c'è la nebbia». Ma nessuno ci crede, anche perché il giocatore colombiano pare avere Puccellone rapace: si dice che ci abbia provato con tutte le commesse dei negozi del centro, e che non manchi mai ai "festini a luci rosse" organizzati da qualche suo compagno di squadra. «Ho sentito queste voci su me e Asprilla, a Parma non si parla d'altro!», dice ai giornali, tutta giuliva, la sexyPetra. E racconta una versione dei fatti che fa sbellicare dal ridere: «Avevo visto giocare Asprilla, e volevo conoscerlo, volevo capire che tipo era. Parma è una città piccola, i locali dove andare sono sempre gli stessi, anche per i giocatori del Parma. Così l'ho conosciuto; poi ci siamo rivisti un paio di volte e abbiamo bevuto qualcosa insieme, tutto qui... Ma è stata una delusione: io da lui volevo un'amicizia, mentre a lui dell'amicizia non gliene fregava niente, lui da me voleva qualcos'altro... Adesso mi ossessiona col telefono, continua a telefonarmi, dice che vuole rivedermi a tutti i costi... Mi ha cercato anche sabato scorso, alla vigilia della partita col Milan, voleva scappare dal ritiro per venire a casa mia, ma io gli ho proibito di venire. E una lotta continua: lui mi telefona, e se gli propongo di uscire lui non ne vuole sapere, lui vuole stare in casa... In città dicono che è colpa mia se lui non fa più gol, ma questo è pazzesco. Vorrei tanto parlare col presidente e con l'allenatore, per spiegargli che io non c'entro niente se Asprilla in questo periodo in campo non rende... Lui è famoso, è abituato a avere tutto, a Parma ci sono tantissime ragazze che sarebbero disposte a mettersi con lui, ma si è intestardito con me, forse perché non mi può avere». Poi la pornostar-che-non-la-dà ne racconta una ancora più divertente: «Per convincere Asprilla a smettere di telefonarmi mi sono inventata la storia che il presidente della società mi aveva chiesto di non incontrarlo più, ma lui ha continuato a telefonarmi lo stesso... Anzi, hanno cominciato a chiamarmi anche altri giocatori del Par-

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ma... Nomi non ne faccio, diciamo praticamente quasi tutta la squadra... Mi telefonano continuamente e mi dicono che hanno comprato tutti i miei film, e mi chiedono di fare uno spettacolo privato solo per loro... Naturalmente ho rifiutato, perché io sono trasgressiva sul lavoro, nei miei spettacoli in giro per l'Italia, ma nella vita privata sono completamente diversa. Loro pensano che siccome una fa un certo lavoro deve essere tutto facile... E poi io non sono una rovinafamiglie!». Dopo qualche settimana, una rivista di moda pubblica un servizio fotografico: Asprilla nudo, insieme alla pornostar Petra nuda anche lei. Il giornale precisa che si tratta di un fotomontaggio, ma per realizzarlo il giocatore ha accettato di posare davanti al fotografo come mamma l'ha fatto. E un gran casino (in tutti i sensi), dato che Asprilla in campo continua a non fare più gol, e i tifosi sono sempre più incazzati. «Una sexy-star ha fermato Asprilla», titolano i giornali. Probabilmente a quel punto interviene la dirigenza del Parma. Perché all'improvviso il pallonaro colombiano si presenta ai giornalisti come se fosse vittima di un complotto: «E stata Petra a volermi conoscere dopo avermi visto giocare, e adesso lei vuole solo farsi pubblicità col mio nome». Allora la pornostar tira fuori le unghie, e replica: «Capisco che Asprilla è sposato e che deve giustificarsi coi tifosi... Se volessi farmi pubblicità, andrei sul pesante e racconterei ben altre cose... Lui si è arrabbiato solo perché io ho dichiarato che fra noi non c'è stato niente, e questo l'ha ferito nell'orgoglio». Questa commovente storiella ambientata nella provincia pallonara di serie A si conclude con un commento finale da Oscar dell'allenatore del Parma, Nevio Scala: «Di questa faccenda abbiamo parlato negli spogliatoi, con Asprilla, e ci siamo fatti un sacco di risate. Credo che lo multerò perché non mi ha presentato la signorina». 74

Luci rosse Ho scritto e ripetuto che in fatto di sesso i calciatori ne combinano di tutti i colori, e mi sono messo in piazza per primo raccontando di quando, da giocatore, scopavo come un riccio. Così qualche pennivendolo italiota, represso e bigotto, mi ha accusato di essere un pornografo e un esibizionista. E perché il potere pallonaro non gradisce: deve essere rispettata l'immagine (falsa come Giuda) del giocatore integerrimo padre di famiglia, innamorato della mogliettina e per sempre a lei fedele... Sono quegli stessi giornalisti pronti a raccontare gli scandaletti erotici dei divi pallonari di ieri, oppure stranieri e possibilmente non attivi in Italia. Prendiamo, per esempio, le cronache sportive della primavera del 2004, ricche di varie storie a luci rosse nel mondo pallonaro, tutte all'estero. La più divertente è arrivata dal Cile, e riguardava l'imminente e strombazzato matrimonio dell'ex attaccante dell'Inter Ivan Zamorano con la modella cilena Maria Eugenia Larrain. Il matrimonio è andato a monte alla vigilia della cerimonia, e la mancata sposa, in lacrime, ha spiegato ai giornalisti il perché: «Io e Ivan avevamo problemi di coppia, e abbiamo pensato di risolverli prima del matrimonio 75

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invece che dopo». Secondo la stampa cilena, i "problemi di coppia" consistevano nel fatto che lei avrebbe sorpreso il promesso sposo impegnato in accoppiamenti gay filmati da una cinepresa. In Inghilterra gli scandali pallonari a luci rosse sono all'ordine del giorno. Uno dei più noti è quello del dicembre 2007, a Londra, con protagonista Jonny Evans, difensore del Manchester. Una corrispondenza londinese del "Corriere della sera" ha raccontato la faccenda sotto il titolo «Il campione e lo stupro»: E una squadra mitica il Manchester United: campione di Inghilterra, insegue l'ennesima Champions League. Ma questa non è la cronaca di una vittoria, è il riassunto di una giornata di ordinaria follia finita con un'accusa di stupro e l'arresto di un calciatore. Lunedì "i ragazzi" festeggiavano il Natale; il capitano aveva raccolto le quote di adesione: 6 mila euro circa a giocatore; mobilitato una dozzina di uomini del servizio d'ordine del club; fatto montare un tendone in città, non per il party, quello era fissato in un albergo di lusso, ma per la "selezione". La scelta delle ragazze che avrebbero partecipato. Sono arrivate in massa nel pomeriggio: modelle, ex star di soap operas, giovani animatrici delle notti, anche una miss Manchester. Nel tendone sono state esaminate e solo le cento più glamorous sono state ritenute degne di salire sugli autobus che le hanno portate al Christmas party. «Mercato del bestiame, le hanno trattate come pezzi di carne», ha raccontato poi un testimone. I campioni sono arrivati in serata, dopo il pranzo di Natale, un giretto in un casinò, una sosta al pub (lunga e molto alcolica, naturalmente). E la festa è cominciata. Tutto l'albergo era stato riservato dal Manchester, comprese le 30 stanze da letto. Si è bevuto ancora molto: solo il conto del bar è stato di una sessantina di migliaia di euro. Un giocatore ha passato il tempo a mischiare birra e champagne e «tirare su la gonna a tutte quelle che gli venivano a tiro». Un altro «ne ha trascinato una verso il bagno», prima di essere fermato. Wayne Rooney,

stella dell'attacco, ha chiacchierato con due studentesse e secondo le testimonianze «ha chiesto loro se avessero mai fatto cose a tre: 77

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capite, due ragazze e un ragazzo». Dopo le 4 del mattino la polizia ha ricevuto una telefonata «molto emotiva» di una ragazza di 26 anni che ha denunciato di essere stata violentata... Il [sospetto stupratore] è stato identificato in Jonny Evans, diciannovenne difensore irlandese. Lui ora dice di non aver fatto niente di male, pare che prima ci sia stato un litigio finito con una testata in faccia al fidanzato della giovane... Anche le pagine sportive di "la Repubblica", sebbene riservate al calcio colto e politicamente corretto perché compilate da intellettuali organici, si sono occupate della "festa" natalizia del Manchester, con tanto di inviato, anzi inviata, a Londra. E qui l'affare si ingrossa, perché si parla di «stupro di gruppo»: Non era solo Jonny Evans, già denunciato per stupro. Il party di Natale del Manchester United, una festa da 6 mila euro a testa, alla quale non erano state invitate né mogli né fidanzate ma attricette e modelle, sta assumendo ogni giorno di più i contorni di uno scandalo a luci rosse. Il popolare "Sun", ieri, ha raccolto in esclusiva la testimonianza di due giovani che quella notte erano al Great John Street Hotel, là dov'erano anche i giocatori del più celebre football club d'Inghilterra, e la loro descrizione è quella di un'orgia selvaggia con sesso di gruppo. Altri calciatori della squadra inglese, annebbiati dai fiumi di champagne, si sarebbero approfittati di una ragazza, completamente ubriaca, e avrebbero fatto sesso con lei. «A un certo punto dalla camera», hanno precisato le testimoni, «venivano i tipici gemiti di una ragazza che faceva l'amore mentre i maschi gridavano come delle iene». Nel gruppo, che era composto di cinque o sei uomini, c'erano tre facce notissime, quelle di tre famosi («uno famosissimo») calciatori del Manchester. Alla fine dell'incontro in camera da letto, gli uomini sono usciti ridendo rumorosamente e la ragazza, che secondo la descrizione avrà 1 Guido Santevecchi, "Corriere della sera", 21 dicembre 2007. La vicenda non ha avuto nessun seguito giudiziario a carico di Evans. 78

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avuto non più di 19 anni, completamente ubriaca, sembrava soddisfatta di sé [...]. Il Christmas party per gli strapagati calciatori del Manchester è avvenuto lunedì scorso e finora aveva sollevato scandalo perché una delle ragazze invitate apposta per allietare la serata era andata alla polizia a denunciare di essere stata attaccata e violentata dal diciannovenne Evans, che gioca anche nella Nazionale nordirlandese. Evans si proclama innocente, ma nel corso delle indagini gli investigatori hanno raccolto testimonianze di ragazze che dicono di aver fatto l'amore di gruppo con parecchi fuoriclasse del pallone, e gli ultimi dettagli emersi ieri sono destinati a peggiorare di molto la situazione. Con l'eccezione di Cristiano Ronaldo, tutti i grandi calciatori del Manchester erano presenti alla festa che doveva essere per lo scambio degli auguri di Natale 2. In quegli stessi giorni, i media italiani informano che la seconda squadra pallonara di Manchester, il City, ha pareggiato il derby con lo United in fatto di scandali a luci rosse. Ecco cos'hanno combinato due giocatori del Manchester City: «Il protagonista risponde al nome di Micah Richards, beccato mentre, insieme a un compagno di squadra non identificato, fa sesso con una minorenne nella toilette di un hotel. Più che beccati, i due si sono autorivelati. Perché il video sarebbe stato girato col telefonino dagli stessi calciatori, che l'avrebbero inviato agli amici prima che finisse tra le mani dei giornalisti... Un video particolarmente osceno, e per certi versi esilarante: il cellulare che squilla, i protagonisti dell'orgia che non si bloccano...» 3. 2 Cinzia Sasso, "la Repubblica", 22 dicembre 2007. 3 Ivo Romano "La Stampa", 24 dicembre 2007. 79

L'ottavo re di Roma Il fuoriclasse carioca Paulo Roberto Falcào all'inizio degli anni Ottanta era l'ottavo re di Roma con la maglia giallorossa. Una trionfale carriera pallonara, la sua, accompagnata da voci di bisessualità, di avventure sia etero che gay nelle notti romane. «Dicono che Paulo è omosessuale», protestò indignata la madre del giocatore nel dicembre del 1983, «forse se Paulo si decidesse a darmi retta e a sposarsi queste voci finirebbero». Pronta la replica del figliolo: «Non ho nessuna intenzione di sposarmi per far tacere certe voci scandalistiche». Però a un certo punto, attaccate le scarpette al chiodo, l'ex campione romanista cede e prende moglie con regolare matrimonio. Nel 1999 il Tribunale dei minori di Roma attribuisce a Falcào la paternità di un figlio ormai diciannovenne, nato da una relazione del campione brasiliano con la rampolla di una dinastia di commercianti di Trastevere. Una love story risalente al 1980, quando appunto Falcào vestiva la maglia giallorossa e se la spassava in lungo e in largo nelle notti romane. Poco tempo dopo la sentenza giudiziaria, colpo di scena: la signora Falcào chiede il divorzio, attribuendo il 80

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fallimento matrimoniale all'omosessualità del marito. E nel corso di un'intervista, la moglie dell'ex campione romanista racconta: «Un giorno sono tornata a casa nostra, a Porto Alegre, e ho sorpreso Paulo Roberto nudo davanti allo specchio del bagno, mentre un'altra persona stava facendo la doccia; sul momento ho pensato che fosse un'altra donna, invece era un uomo». Passano i decenni, ma le notti romane dei pallonari giallorossi sono sempre di attualità. Nell'ottobre del 2002 la polizia scopre nella Capitale un bordello di lusso frequentato da vip e da alcuni giocatori di Roma e Lazio. I giornali fanno i nomi di quelli che sarebbero stati i clienti pallonari del bordello, cioè il fior fiore delle due squadre romane, e allora scoppia il finimondo: polemiche, smentite, querele, minacce di querele, e così via. La smentita dell'avvocato del centravanti romanista Gabriel Batistuta è da antologia: «Il mio assistito non ha mai incontrato "squillo" né di alto né di basso bordo». La reazione più divertente è quella della società giallorossa: «Sono notizie false e diffamatorie nei confronti dei nostri tesserati, gravemente lesive della loro reputazione, nonché arrecanti un evidente danno agli azionisti dalla nostra società quotata in Borsa». Nel baraccone pallonaro del Duemila è così: più tira l'uccello, più si ammoscia la Borsa... 81

Pigs without wings Londra, settembre 2003. Una ragazzina diciassettenne accusa di stupro collettivo otto pallonari della Premier League. Nella denuncia, la giovane afferma di essere stata portata da un calciatore nell'hotel di lusso Grosvenor House (cinque stelle) per un rapporto sessuale consensuale; ma all'improvviso nella camera hanno fatto irruzione altri sette pallonari, e due di loro l'hanno violentata a turno «costringendola a pratiche sessuali innaturali». Dopo un'accurata indagine, la polizia di Scotland Yard mette sotto accusa i calciatori Carlton Cole (del Chelsea) e Titus Bramble (del Newcastle). Ma quattro mesi dopo i due accusati vengono prosciolti: gli inquirenti non hanno trovato elementi di prova sufficienti per dimostrare che la ragazza non fosse consenziente al rapporto sessuale di gruppo. Madrid, marzo 2004. La squadra britannica del Leicester, durante una pausa della Premier League, è nel ritiro spagnolo alberghiero-golfistico di La Manga, sulla Costa del Sol. Dopo aver partecipato a una festa organizzata dai pallonari britannici, tre turiste tedesche di colore denunciano di essere state stuprate da loro. La polizia di Cartegna ferma 9 giocatori, e l'indomani ne 82

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trattiene in arresto tre - il capitano Paul Dickov, il giamaicano Frank Sinclair e il nordirlandese Keith Gillespie - con l'accusa di violenza sessuale e violazione di domicilio. Secondo le tre accusatrici, i 9 pallonari del Leicester, ubriachi dopo la festa, avrebbero fatto irruzione nelle due stanze dove le ragazze alloggiavano, e tre di loro le avrebbero violentate. I tre accusati dicono invece di essere stati adescati dalle tre turiste, e in pratica costretti a fare il loro dovere di maschi... Risultato del match: pareggio e denuncia archiviata. Londra, ottobre 2005. Il ventenne Cristiano Ronaldo, attaccante del Manchester, e un suo amico trentenne vengono arrestati dalla polizia di Scotland Yard e rilasciati su cauzione. Due ragazze, che Ronaldo e l'amico hanno portato in una camera dell'Hotel Sanderson per fare sesso a quattro, li hanno denunciati per stupro. Ma le prove della violenza sessuale non vengono trovate, così Ronaldo e l'amico se la cavano indenni. Londra, dicembre del 2006. Il portiere Ben Alnwick, il centrocampista Liam Lawrence e l'attaccante Chris Brown, pallonari del club di seconda divisione Sunderland, fanno un'ammucchiata con una ragazza; per aumentare l'eccitazione, l'orgia viene filmata. Non si sa come, ma il video comincia a circolare... Morale: le cronache dei tabloid scrivono che i tre pallonari inglesi «ripresi durante l'orgia rischiano pesanti sanzioni disciplinari». Ma perché i tre porcelloni debbano subire le sanzioni disciplinari non viene spiegato. Londra, dicembre 2007. La redazione del giornale britannico "News of the World" riceve in forma anonima un filmato "a luci rosse". Riprese con un telefonino, lunghe un minuto e mezzo, le immagini non lasciano dubbi: mostrano il pallonaro Micah Richards del Manchester City, e un altro calciatore della Premier League non identificabile, impegnati in un rapporto sessuale a tre con una ragazza all'interno della toilette di un albergo. I giornalisti del settimanale britannico prima si guarda-

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no e riguardano il filmato, poi gridano allo scandalo e fanno i moralisti indignati. Londra, gennaio 2008. I tabloid scrivono che Cristiano Ronaldo, attaccante del Manchester United, ha fatto un'ammucchiata con un amico e due prostitute d'alto bordo in una stanza dell'Hotel Hilton di Roma. Stavolta niente accuse di abusi né denunce per stupro: solo vagonate di moralismi da parte dei giornalisti, frustrati, repressi e invidiosi. 85

Il ragazzo modello A metà degli anni Novanta una vistosa prostituta brasiliana d'alto bordo, la biondissima ventinovenne Marilda Antonelo, racconta a un giornale la sua relazione con il divo pallonaro Massimo Crippa. Lui, all'epoca, è centrocampista del Parma e della Nazionale, viaggia in Porsche e dice di avere un unico hobby: «Le donne». Arrivata in Italia nel 1991 per tentare la carriera di attrice, la bonazza Marilda, che ha una certa somiglianza con una copia di Marylin Monroe, invece del cinema si è dovuta accontentare di fare la squillo di lusso a Milano. La fanciulla ha la fica d'oro: mezzo milione per un'ora, tre milioni per una notte. Tariffe adatte a uomini col portafoglio pieno, come per esempio i calciatori, che per questioni di fica (e di macchine) non badano a spese. E difatti la mancata diva brasiliana è diventata famosa come squillo di "serie A" nel giro pallonaro di serie A. Il racconto di Marilda all'inizio sembra la trama del film Pretty Woman, ma subito dopo la sua "love story" col centrocampista diventa una commedia all'italiana: Una sera di novembre del 1994, nell'appartamento dove lavoro, a Milano, si presentano in quattro: Massimo Crippa, 86

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Ruben Sosa [centrocampista dell'Inter, ndr] e due loro amici, di quelli specializzati nel trovare le donne ai giocatori. Non li riconosco: di calcio, fino ad allora, non sapevo niente. Chiedo come sono arrivati a me, e Massimo spiega: «A letto sei famosa». Vogliono che io esca con loro, ma non mi fido: quattro sono troppi. Allora Massimo dice: «Secondo te ho la faccia del ricercato?». Io scherzando gli rispondo: «No: piuttosto del calciatore». Lui sbianca: «Come hai fatto a indovinare?». Mi mostra la sua carta d'identità: c'era proprio scritto calciatore. Lui insiste: «Vieni con me. Ti voglio». Era carino, così timido che non riusciva neanche a guardarmi negli occhi. E poi era un campione, io ero un po' depressa, avevo voglia di divertirmi... Così mi sono fidata e ho accettato l'invito. Li ho seguiti: un bar di Brera, la discoteca "Hollywood". Mi hanno chiesto perché facevo quel lavoro: «Perché la vita mi è andata così», ho risposto. E Crippa: «Adesso è finita. D'ora in poi starai con me». Al momento non gli ho creduto: «Perché mi dici questo? Perché proprio a me? Tu puoi avere tutte le donne che vuoi...». E lui: «No, tu sei diversa. Tu mi piaci». Quella notte Massimo ha dormito nella mia camera. Abbiamo fatto l'amore. Alla fine voleva pagarmi, ma ho rifiutato. Da lui non ho mai voluto una lira. Gli unici regali che mi ha fatto sono due casse di vino fragolino, e 50 paia di calze a rete perché aveva un vizio: sempre, prima di fare l'amore, voleva strapparmi le calze di dosso. E io l'avevo avvertito: «Se continui così, mi manderai in fallimento». Dopo quella prima notte, Massimo è tornato a Parma, per allenarsi. Il pomeriggio mi ha chiamata, e da allora ogni giorno così: «Ci vediamo, stasera?». Se non mi trovava voleva sapere: «Che cosa hai fatto oggi?», e io: «Perché mi fai queste domande, se già conosci le risposte?». Poi lui a metà dicembre si è deciso: «Da oggi in poi smetti davvero». Ho smesso. Sono andata a casa sua a Parma, e poi ospite nella villa del suo compagno di squadra Asprilla. Una festa dietro l'altra, donne sempre diverse, quasi sempre pagate, alcol a fiumi... A Milano c'è un calciatore [dell'Inter, ndr] che organizza orge in piena regola: a lui piacciono gli uomini, soprattutto i

travestiti, ma ai festini chiama anche ragazzine, fotomodelle, donne a pagamento... Si comincia con lo spogliarello, poi tutti vanno con tutti, in casa ogni porta resta aperta in modo che 88

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nessuno si perda niente. Un paio di volte sono stata lì con Massimo, ma eravamo innamorati e non partecipavamo... Droga? Io non ne prendo, e non ne ho vista. La notte di Natale, Massimo aveva bevuto dieci caipirinha, io almeno tre. Fuori dal ristorante, nella Porsche, mi ha strappato le calze, voleva fare l'amore in mezzo alla strada. Gli dicevo: «Ma se passa qualcuno ci vede!», e lui: «Non me ne frega niente!». Quella sera sono rimasta incinta, l'avevo avvertito che non prendevo la pillola... Eravamo a Milano, in via Montenapoleone, volevo comprarmi un vestito per Capodanno. Incontriamo un amico suo con la moglie; quello saluta, mi guarda e se ne va. Entriamo in un negozio dove, per essere elegante davanti a Massimo, compro un abito da cinque milioni (quante idiozie ho fatto in quel periodo!). Torno al residence, squilla il telefono, era il tizio che avevamo incontrato [in via Montenapoleone, ndr] poco prima: «Ho scoperto chi sei», mi fa, e aggiunge: «Quanto vuoi per uscire con me? Cinque, dieci milioni, non è un problema». Gli ho riattaccato in faccia. Il 31 dicembre io e Crippa abbiamo fatto festa insieme. Quella notte aveva bevuto parecchio, correva come un matto, e per evitare un palo ha provocato un incidente - non ci siamo neanche fermati... Allora, per amore, io gli perdonavo tutto... Lui mi diceva sempre: «Marilda, tu sei tre persone in una: femmina, amica, donna». Ma F8 gennaio 1995, la sera di Parma-Juventus, ho avuto un assaggio di come sarebbe andata a finire [la partita la vìnse la Juve per 3 a 7, e il Parma perse in pratica lo scudetto, ndr]. Io ero ospite di Asprilla. Oltre a Massimo, che era ubriaco e molto nervoso per la sconfitta, c'erano il giocatore portoghese Fernando Couto [difensore del Parma, ndr] e due ragazze. Mi stavo truccando per uscire a cena. Crippa è entrato in bagno, era stravolto, mi ha detto: «Adesso ti ammazzo!». Forse scherzava, ma io ero terrorizzata. Gli altri, alla fine, l'hanno convinto a piantarla. Comunque siamo usciti. Cena, altre be-

vute, discoteca, e al ritorno, alle 5 del mattino, in autostrada, Crippa e Asprilla erano ubriachi fradici. Ogni tanto facevano fermare la macchina, scendevano, si spogliavano. Massimo, poi, voleva anche fare sesso - quella volta mi sono rifiutata. Mi ha chiamato a Parma dopo una partita, sono arrivata 90

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con due amiche. Lui aveva bevuto ancora. Mi ha insultata, ci siamo presi a schiaffi, e me ne sono tornata a Milano. Un giorno gli ho telefonato per dirgli che ero incinta, e lui: «Ma sei sicura che sia mio?». Ho messo giù e ho deciso di abortire. Qualche domenica dopo mi hanno telefonato due giocatori della Sampdoria: «Sappiamo che a letto sei grande. Dobbiamo festeggiare una vittoria. Vieni?». Ci sono andata, ma a pagamento '. La pubblicazione di questo bel raccontino (con tanto di foto del focoso pallonaro abbracciato alla prostituta brasiliana) scatena un gran casino. Con i giornalisti, Crippa nega tutto: «Sono tutte falsità! E vero, l'ho conosciuta, ma lei adesso cerca solo pubblicità». Il procuratore del giocatore commenta: «Se Crippa facesse davvero questa vita da assatanato, sarebbe difficile vederlo giocare bene come gioca... Certi particolari inventati da quella donna danneggiano l'immagine del mio assistito». Interviene anche il padre del giocatore, per annunciare una querela del figlio sputtanato contro la brasiliana sputtanatrice: «Adesso si passa agli avvocati». L'ultimo a dire la sua è l'allenatore del Parma: «Crippa è un ragazzo modello, io lo porto sempre come esempio a tutti gli altri giocatori». C'è da aggiungere ancora un particolare sul "ragazzo modello". In quello stesso periodo, il nome di Crippa (che prima di passare al Parma aveva giocato nel Napoli) è saltato fuori in un'inchiesta della Procura napoletana sul night "La Cachaca". Il locale, frequentato da vari calciatori del Napoli, è stato chiuso dalla polizia perché sospettato di essere al centro di un giro di cocaina. «Non ci sono calciatori né tra gli arrestati né tra gli indagati: 1 Raccolta dai giornalisti Marco Gregoretti e Jacopo Loredan, la testimonianza della Antonelo è stata pubblicata da "Panorama" il 23 giugno 1995. 91

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il consumo personale di droga non è reato. Ma i pentiti della camorra fanno i nomi di ex giocatori del Napoli, come Bruno Giordano, Vincenzo D'Amico e Massimo Crippa, frequentatori abituali del "Cachaca"» 2. Interrogato dai carabinieri, Crippa ammette: «La notte del secondo scudetto vinto dal Napoli [30 aprile 1990, ndr] ci fu una festa sulla nave chiamata Angelina Lauro, c'eravamo tutti noi della squadra, le mogli e le fidanzate, i responsabili della società. A un certo momento si avvicinò una barca che non avevo mai visto, subito dopo andai in un bagno e tirai la coca. Posso dire che anche altri compagni di squadra, di cui non so riferire con certezza i nomi, tirarono cocaina. Fu il manager di Maradona, Guillermo Coppola, a dirmi che, se volevo, avrei trovato la cocaina nel bagno della cabina. Data l'euforia del momento, mi feci accompagnare da Coppola e vidi sul lavabo la cocaina, che presi in piccola dose. Ricordo che fu Coppola a sistemarne una striscia per farmela prendere. Vidi entrare nel bagno anche alcuni compagni come Andrea Carnevale, Ferdinando De Napoli, Tebaldo Bigliardi, Alessandro Renica e Maradona...». 2 "Panorama", 23 giugno 1995. 92

Le positività di Mutu Il pallonaro romeno Adrian Mutu, attaccante del Chelsea, nella primavera del 2004 finisce tra le braccia della pornostar Laura Andresan (ex modella nuda di "Penthouse"). Ma sono scopate "cinematografiche"... Infatti la Andresan, specializzata in cazzi dei calciatori, ha organizzato nella sua alcova di Bucarest, all'insaputa dei suoi partner, una specie di reality per guardoni. La scena funziona così: mentre lei si fa scopare dal pallonaro di turno, dalla finestra di un appartamento di fronte un suo amico-complice filma tutto nei minimi particolari. Così, nel pornoreality casereccio della Andresan ci finiscono prima Cosmin Contra (ex milanista in forza all'Atletico Madrid), poi i nazionali romeni Marian Aliuta e Alexandru Piturca, e infine - appunto Adrian Mutu, noto attaccante del Chelsea. Poi, a ottobre, l'esame antidoping dice che Mutu ha preso cocaina. Il pallonaro romeno ammette di avere sniffato, ma dice che lo ha fatto solo «per migliorare le sue prestazioni sessuali». A quel punto la pornostar Andresan esce allo scoperto: racconta ai tabloid britannici il suo primo incontro erotico con Mutu, e conferma che lui sniffa cocaina per scopare meglio. 93

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«Da un comune amico avevo saputo che il calciatore Mutu mi aveva visto in giro per locali, e che gli ero piaciuta parecchio. Poi una sera lui mi ha telefonato chiedendomi di uscire. Io l'ho invitato a casa mia, e lui ci è venuto insieme al nostro comune amico Crang e alla mia amica Anca. Quella sera Adrian era bellissimo, vestito dalla testa ai piedi Dolce & Gabbana, ma all'inizio era stranamente timido. Abbiamo bevuto qualche drink, poi Crang e Anca hanno cominciato a darsi da fare tra loro. Io sono andata in cucina per preparare un dessert di ananas, ma mentre stavo affettando il frutto mi sono ferita un dito con il coltello, e mi è scappato uno strillo. Adrian è corso a domandarmi se avevo bisogno di aiuto. Quando ha visto il taglio, mi ha sollevato la mano, si è messo il dito ferito in bocca e ha cominciato a succhiarmi il sangue come un vampiro. La timidezza di Adrian è scomparsa all'istante: prima che potessi rendermene conto, tutti i suoi vestiti firmati sono finiti sul pavimento, e lui stava lì nudo in piedi davanti a me. Si è messo a baciarmi e palparmi il seno con passione, poi mi ha strappato di dosso i vestiti e si è messo a leccarmi la fica. A un certo punto mi sono seduta sul tavolo e gli ho stretto le gambe attorno ai fianchi, e lui ha cominciato a scoparmi. Sono molte le ragazze che vorrebbero fare sesso con Mutu, ma io devo dire che mi ha un po' deluso. Ha un gran bel corpo, e finché abbiamo parlato è stato affascinante e sexy. Ma all'atto pratico, in fatto di sesso si è rivelato un dilettante: non è molto dotato, ce l'ha piuttosto piccolo e scopa come un ragazzino con pochissima esperienza. A un certo punto Adrian ha voluto che andassimo nel letto, dove c'erano già Crang e Anca che stavano facendo sesso. Ci siamo infilati nel letto anche noi, e abbiamo cominciato a scopare accanto a loro. Dopo un po' che si dava da fare con me, Adrian deve essersi accorto che non stavo partecipando, così ha cominciato a interessarsi a Anca, che è una rossa piccoletta molto sexy. Lei si è messa a fargli un pompino, mentre io sono rimasta lì a guardarli, perché non mi andava di fare sesso con Crang. Poi Adrian ha spostato di lato Anca, e ha

ricominciato a scopare con me: niente da dire, ci dava dentro con foga, era parecchio eccitato dalla situazione, però devo confessare che non mi faceva un grande effetto, e aspettavo 95

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solo che finisse. Con tutti i soldi che ha, e con quell'aria da bellone tutto elegante, il grande Mutu a letto non è poi così grande. E quando tutto è finito, mi sono resa conto che non mi piaceva più molto». «Non mi ha sorpreso», dice ancora la pornostar Andresan, «che Mutu sia risultato positivo al test antidroga: so che lui fa uso di cocaina. Ha cominciato poco tempo fa, quando ha avuto una relazione con la mia amica Diana, e con lei sniffava regolarmente prima di fare sesso. Diana era arrivata al punto di considerare normale il fatto di sniffare una pista di coca prima di fare l'amore, lei me lo raccontava come un fatto normale, ma poco tempo dopo ha cominciato a pagare un duro prezzo... Diana ha la mia stessa età, anche lei è stata su "Penthouse": era bellissima, con lunghi capelli neri. Ma adesso la droga l'ha resa magrissima e con un'aria da malata...». Dunque il povero Mutu è un pallonaro coglione ma sincero. E vero, sniffava cocaina per scopare meglio, come testimonia la Andresan, che però, da vera esperta del ramo, precisa che i risultati erano scarsi. 96

L'ultimo bastione Nel dicembre del 2005 il giornale britannico "Financial Times" annuncia che «l'ultimo bastione dell'omofobia sta vacillando». Il bastione vacillante del pregiudizio antigay è quello del calcio. Secondo il giornale, tre calciatori gay tedeschi sarebbero disposti a fare coming out se altri colleghi pallonari e gay faranno altrettanto. Ecco il testo dell'articolo, firmato da Simon Kuper e pubblicato dal giornale britannico il 16 dicembre 2005: «Tre calciatori professionisti tedeschi si sono detti disponibili a fare coming out, ma solo se i responsabili della campagna troveranno altri giocatori gay disposti a dichiararsi insieme a loro. Uno dei tre è un calciatore di primissimo piano, mentre gli altri due giocano in campionati minori tedeschi. E un altro segno che l'ultimo bastione dell'omofobia - le squadre maschili - sta vacillando. Si avvicina l'ora che lo sport prenda atto della rivoluzione avvenuta nel costume sociale. La prossima settimana la Gran Bretagna diventerà l'ennesimo Paese occidentale a riconoscere le unioni tra persone dello stesso sesso. Il penultimo bastione, le forze armate, sono già crollate in molte nazioni occidentali. Le forze armate britanniche non solo ammettono i gay, ma mandano soldati in T-shirt attillate a marciare nei 97

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cortei del gay pride per promuovere il reclutamento. L'aviazione canadese ha ospitato un matrimonio gay in una base aerea. In Europa e in Nord America cresce di anno in anno la percentuale di popolazione che dichiara di non avere alcuna preclusione verso l'omosessualità. Certo, il senso comune dice che i team sportivi e i loro sostenitori sono troppo idioti per tollerare i gay. In parte, le squadre sono sempre state terrorizzate dall'idea di essere associate all'omosessualità proprio perché molti dei loro rituali sembrano omosessuali. Le comunità monosessuali, le docce in comune, l'ossessivo culto del corpo, gli abbracci e i baci dopo i gol, i fan che cantano inni d'amore per un giocatore: ammettere che l'omosessualità sia anche solo possibile, sarebbe come strappare a questo mondo la sua innocenza erotica. Con questo non si vuole sostenere che tutte le squadre sono fatte da omosessuali non dichiarati, bensì che possono scambiarsi effusioni, completamente nudi, senza che nessuno metta in dubbio il loro orientamento sessuale. Però il luogo comune antigay è arrivato al capolinea. Anche se alcuni atleti sono dei veri idioti, la maggioranza è sempre più tranquilla rispetto all'omosessualità. Il solo giocatore di uno sport di squadra che abbia dichiarato la propria omosessualità nel corso della sua carriera è stato il rugbista australiano Ian Roberts, autore di un coming out nel 1995, e la maggior parte dei giocatori di quello sport proletario e macho ha preso le sue difese [...]. David Beckham sta così bene nei panni di icona gay, che è arrivato a posare come una pin-up per la rivista gay "Attitude". In Olanda, nel 2002, quando la rivista di calcio "Johan" ha svolto un sondaggio tra i calciatori professionisti, solo il 20 per cento si è detto d'accordo con l'affermazione "Nel mondo del calcio non c'è posto per gli omosessuali". E lo scorso anno negli Stati Uniti il 74 per cento dei 750 giocatori professionisti di baseball intervistati dal "Tribune" ha affermato che un compagno di squadra gay non gli creerebbe nessun problema. E probabile che molti di loro sa-

pessero già di avere dei compagni di squadra gay... Lo sport professionistico, come l'esercito americano, ha già adottato una politica all'insegna dell'«io non chiedo, tu non dici» [...]. Alcuni club calcistici della Bundesliga tedesca hanno già gruppi di tifosi gay, i quali di solito sventolano bandiere ar99

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cobaleno con il nome della squadra: quasi tutti sono emanazioni delle società. Si può dire che il mondo dello sport sta cominciando a muoversi. E stranamente, la prima a muoversi è stata la Football Association inglese: derisa per decenni per il clima di omertà che vi regnava, il mese scorso ha organizzato un convegno sull'omofobia - per i canoni del calcio, una vera stranezza. La mossa della federazione inglese ha messo in imbarazzo la Uefa, cioè l'autorità calcistica europea, costringendola a muoversi a sua volta. A febbraio, durante la conferenza dell'Uefa a Barcellona, un gruppo di lavoro discuterà di omofobia. E William Gaillard, direttore comunicazione Uefa, ha dichiarato: "Per quanto ci compete, i calciatori gay possono essere certi che saranno protetti". Il primo impegno è trovarli. E prevedibile che i giocatori gay usciranno allo scoperto quando riterranno l'ambiente sufficientemente amichevole. Non ci siamo ancora arrivati. Bandire gli idioti che gridano insulti omofobici sarebbe già d'aiuto. E lo sarebbe anche indurre i club e i giocatori etero a parlare della questione. Gerd Dembowski, il responsabile tedesco della campagna contro la discriminazione nel calcio che sta tentando di riunire i calciatori gay, mi ha detto di non essere riuscito a convincere i calciatori eterosessuali a sostenere pubblicamente la sua causa: gli hanno spiegato che erano tutti molto disponibili verso i gay, però no, spiacenti, anche troppo impegnati per partecipare». Due anni dopo questo articolo, l'ex cestista britannico John Amaechi, atleta della Nba fino al 2003, dichiara di essere omosessuale. «Ho parlato con una decina di calciatori gay attualmente in attività, e ho sconsigliato loro di fare coming out: finirebbero subito al rogo. E già successo al povero Justin Fashanu, distrutto per avere dichiarato di essere gay. Non servirebbe a niente, e la nostra causa non ha bisogno di altri martiri». Secondo Amaechi, nel calcio i tempi non sono ancora maturi per una reale accettazione sociale della diversità sessuale. E parlando dell'omofobia nel basket e nel calcio, afferma: «I miei compagni di squadra sapevano benissimo che

ero gay, e mi accettavano perché ero un gay silente: ero 101

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In alto, a sinistra: Caniggia e Maradona festeggiano un gol. A destra: Guti, centrocampista del Real Madrid, con un amico. Sotto: due giocatori del Liverpool festeggiano la Champions League.

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accettato perché non facevo riferimenti alla mia condizione... Anche nel calcio regna il conformismo di un rigido ideale di mascolinità per paura di essere considerati gay anche se non lo si è: nel calcio non portarsi a letto qualunque donna che respira significa essere gay, come pure avere amicizie femminili non a sfondo sessuale. Nel calcio perfino chi legge un determinato giornale, o usa parole con più di tre sillabe, è considerato gay...». Dopo aver lasciato il basket, Amaechi lavora a Londra come psicologo comportamentale. Perché non viene un po' in Italia, a studiare l'omofobia tricolore negli spogliatoi e fuori? Potrebbe divertirsi (in tutti i sensi).

Sederini d'oro Nel marzo del 1999 la trentaduenne brasiliana Làzara Souza De Morais, detta Lara, finisce nei guai: accusata di essere l'organizzatrice di un giro di squillo d'alto bordo a Milano, viene arrestata con l'accusa di sfruttamento della prostituzione e traffico di cocaina. Durante l'inchiesta salta fuori anche il nome di qualche calciatore. Il primo riferimento a un pallonaro lo fa una del giro, la ventiquattrenne brasiliana Ohana: «Io sono stata anche a delle feste nella casa del calciatore Nicola Berti [centrocampista dell'Inter, ndr] e del suo amico Max... Ho avuto un incontro sessuale presso l'abitazione del calciatore Berti: oltre al giocatore, c'erano Lara, Vera, Max e una ragazza italiana... Mi invitò Lara, e mi diede 800 mila lire». Interrogato dal magistrato, Berti conferma: «Ho frequentato Lara nel periodo dal 1994 al 1997, e sapevo, come del resto sapeva il mio amico Max, il tipo di vita che lei faceva... A volte le davamo una somma di 500-700 mila lire a testa, che andavano a coprire le sue prestazioni e quelle delle altre ragazze portate da Lara. Confermo che fui io a presentare il collega giocatore Ronaldo a Lara, se non ricordo male nell'ottobre del 1997; l'incontro avvenne nella mia abitazione». 104

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Un'altra fanciulla del giro, Sandra Regina, dice ai magistrati: «L'unico incontro sessuale [che ho avuto] con il calciatore [brasiliano] Ronaldo è avvenuto in un appartamento di Milano; a questo incontro era presente, oltre a Lara, un ragazzo brasiliano, Sergio, forse suo cugino, Ohana e un'altra ragazza russa. L'incontro venne organizzato da Lara, che mi contattò invitandomi all'incontro in quanto Ronaldo voleva conoscermi avendo sentito fare il mio nome. Mi pagò personalmente Ronaldo dandomi un milione e mezzo in contanti. In occasione dell'incontro con Ronaldo c'era della cocaina e, oltre a me, ne fecero uso la ragazza russa e il cugino di Ronaldo». Lara dichiara a verbale che Berti le chiedeva di andare a casa sua o di amici per incontri sessuali a pagamento: «In occasione di un Natale, era presente anche un suo amico di nome Shalimov [centrocampista dell'Inter, ndr] con cui ho avuto un rapporto sessuale pagato da Berti» Due anni dopo lo scandalo, Lara Souza De Morais si lascia andare con un giornalista e racconta qualcosina dei suoi casini coi pallonari, però non fa nomi: «C'era un calciatore superdotato che io chiamavo "Sederino d'oro" perché ha veramente un bel didietro. Il primo soprannome che gli ho dato è Niky, e la sua casa [di Milano], per anni, è stata meta trasgressiva all'eccesso... Si andava avanti fino alle 6-7 del mattino, quasi tutte le settimane. Finita la partita, si andava a mangiare al "Porcào" o al "Picanhas", che sono ristoranti brasiliani, o al "Santa Lucia", dove fanno anche la pizza fino a tardi. Poi in discoteca - "Hollywood", "Shocking", "Beau Geste"... Poi si finiva a casa di Niky. A volte andavamo direttamente da lui, anche a cena. Non sempre succedeva qualcosa di strano: potevamo anche mangiare, bere e chiacchierare fino alle 4 del mattino. Quando però succedeva, beh!, era senza sosta. Generalmente restavamo io, "Sederino d'oro" e i suoi amici Paolo, Max e Fa1 Cfr. "La Stampa", 22 luglio 1999. 105

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brizio. Poi, a rotazione, c'erano anche altri calciatori. Chiamavamo ragazze e travestiti, o solo travestiti, dipendeva dai gusti e dalle voglie dei presenti. E ale, si andava avanti fino alle 6-7 di mattina, e anche oltre. Io però guardavo, al massimo facevo qualche pompino, non scopavo mai. "Sederino d'oro" era molto generoso: mi pagava bene e in fretta... Ho cominciato a uscire col calciatore R., che mi corteggiava. Siamo stati fidanzati per un bel po'. Come fa adesso R. a dire ai giornalisti che non mi conosce?! Non mi piaceva molto andare in giro con lui, né al ristorante né in discoteca: ci voleva la guardia del corpo perché tutti lo riconoscevano, volevano parlare con lui. E allora ci rintanavamo a casa sua. Mi piaceva moltissimo baciarlo sulla bocca, però lui a letto non era un granché, anzi». La signora Lara conclude l'intervista con i fuochi d'artificio: «Anche i calciatori sniffano cocaina, ma poco... E non sono solo quelli dell'Inter che vanno a prostitute, pippano e fanno le orge, ma anche quelli delle altre squadre. Per non parlare dei presidenti: quelli sì che se ne intendono di feste - ce n'è uno che ne fa di tutti i colori... Poche sere fa alcuni calciatori dell'Inter e del Milan ci hanno di nuovo provato con me, mi hanno chiesto di andare alle loro feste...» 2. 2 Intervista a Làzara Souza de Morais di Marco Gregoretti, "GQ", maggio 2001. 106

Cazzi, culi e seghe Nel circo pallonaro certi personaggi che in pubblico portano la cravatta, in privato mangiano, razzolano e ruttano proprio come se fossero in una porcilaia. Lo dimostra bene il linguaggio che usano al telefono: una parlata da Vernacoliere spinto piena di sessismo da caserma, pecoreccia come un film di Alvaro Vitali, dove il cazzo, il culo e la sodomia impazzano. Ecco qualche esempio di linguaggio telefonico tra Innocenzo Mazzini (vicepresidente della Federazione italiana gioco calcio ') e Lucianone Moggi padrino della Juventus: 1 Nel curriculum biografico del Mazzini raccontato dai carabinieri dell'inchiesta Calciopoli c'è scritto: «Nel 1997 ha fatto la sua apparizione a livello nazionale quale commissario straordinario del settore giovanile e scolastico della Figc (stagione sportiva 1997-98). Nei quattro anni successivi (1998-2001) è stato presidente del settore giovanile e scolastico della Figc e per l'anno 1999 anche delegato Uefa per il calcio giovanile e amatoriale. Dal settembre 2001 al gennaio 2002 è stato Commissario straordinario del settore tecnico Figc, per poi essere nominato il 28 dicembre 2001 vicepresidente della Figc con delega sul doping, delega congiunta alle altre ine107

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renti le modifiche allo Statuto della stessa Federazione e alla valorizzazione e tutela vivai. Mazzini è, altresì, responsabile organizzativo del Club Italia. Tutti gli incarichi sono stati confermati con la rielezione di Carraro a conferma del disegno criminoso portato avanti dall'organizzazione facente a capo a Moggi. Gli elementi acquisiti raffigurano Innocenzo Mazzini come elemento centrale della compagine abilmente organizzata da Luciano Moggi, del quale risulta essere alter ego fedele e prodigo che con continuità lavora a favore degli interessi del gruppo di cui è un importante promotore, svolgendo sottile opera per la conservazione del potere del gruppo stesso nel sistema». 108

Testa di cazzo Mazzini: «Senti, per caso tu hai mica risentito tra le varie cose quel testa di cazzo di B.?». Moggi: «No, no, quando lo risento lo mando affanculo e via». Mazzini: «Ma una volta che gli chiedo un piacere io... Ma insomma, è proprio una testa di cazzo». Moggi: «Eeee... questo qui è proprio una testa di cazzo, di quelli mica male eh?». Altamente in culo Mazzini: «Ma che cazzo ci stai a fare a perder tempo?... Lucianino...[...]». Moggi: «Nooo, però se lo son preso talmente altamente in culo, questo qui è già il primo passo, per tirarglielo in culo anche in un'altra maniera, guarda!». Mazzini: «[...] Ma io ho paura di romperti i coglioni... Un abbraccio amore mio. Ciao! Ciao!». Moggi: «Ciao!». Otto seghe Moggi: «Sì, ma tanto nun c'è... Lì che cazzo ti vuoi incontra?». Mazzini: «Abete si è incontrato con Della Valle». Moggi: «Sì ma... e fanno flop tutti e due!». Mazzini: «Madonna! Guarda, mi farei... mi farei otto seghe!».

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Anche il presidente-padrone della Lazio, Claudio Lotito, è un noto dicitore di cazzi e culi rotti: «Porca puttana, porca, poi quel cazzo di arbitro... Allora è un pezzo di merda!... Che cazzo ne so... E allora è quello che ci rompe il culo questo?... Gli ha rotto il culo e ridevano... Aiutalo e num me rompe il cazzo... Io tra l'altro mi sono rotto i coglioni di aiutare le teste di cazzo... Adesso fuori dai coglioni!... E cazzo, allora significa che me fai incula... Mi fai inculare da Franco... Forti per rompermi il culo... Mi sono rotto i coglioni di aiutare le teste di cazzo». Comunque il numero uno della parlata pecoreccia e sessuomane è sempre lui, Lucianone Moggi, fine dicitore di culi e cessi: «Eh... ma lui deve accetta, perché noi stiamo dando il culo, eh? Aho!... Oggi mi telefona il... un personaggio che praticamente prima ce lo tirava in culo, ora non è che ci fa favori, però cerca di dimostrarsi della ditta!... Ma vaffanculo, va!... Mi rompo i coglioni, e se me li rompo io me li rompo bene... Allora, quindi, gli faccio il culo... Gli faccio passa le feste a Torino a pulì i cessi!... Proprio a presa per il culo... Gli faccio il culo!». 109

A fin di bene Negli anni Settanta in molti avevamo qualche metodo personale per migliorare le prestazioni in campo - cose innocenti, non intendo il doping. C'era chi il giorno prima mangiava cibi "miracolosi", chi prima di entrare in campo prendeva due aspirine oppure beveva tre-cinqueotto caffè; c'era chi alla vigilia dormiva 14 ore, chi andava a messa per chiudere aiuto a Dio, e chi la domenica mattina si masturbava per scacciare la tensione negativa. Io per un periodo mi ero ficcato in testa che se entravo in campo da arrapato rendevo di più. Come se la voglia di sesso potesse essere una specie di molla che sul terreno di gioco mi dava più carica, più energia, più vigore. Così la domenica mattina, mentre gli altri prendevano raffiche di caffé o dormivano o si facevano una sega o andavano a messa, io mi mettevo a leggere qualche paginetta erotica. Cominciai la terapia con Henry Miller. «Oh Tania, dove sono ora la tua fica calda, le tue grosse giarrettiere, le tue morbide cosce piene? C'è l'osso, nei miei venti centimetri di cazzo. Ti stiro tutte le grinze della fica, Tania, gonfia di seme... Il tuo Sylvester! Sì, lui sa accendere il fuoco, ma io so infiammare una fica... Io ti chiavo, Ta110

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nia, in modo che tu resti chiavata. E se temi di farti chiavare in pubblico io ti chiaverò in privato. Ti strapperò un pelo dalla fica... ti morderò la clitoride... Mi sorprendo a domandarmi cosa si debba provare, durante il rapporto sessuale, a essere donna: se il piacere è più acuto, eccetera. Cerco di immaginare qualcosa che mi penetri l'inguine...». Per le partite importanti mi caricavo di più facendomelo venire duro con Emmanuelle. La scopata in aereo era il massimo: «Era sdraiata sul lato destro, con le cosce e le ginocchia ripiegate... L'uomo la stringeva ai fianchi, da dietro. Fece scivolare una gamba tra quelle di Emmanuelle e le entrò dentro con una spinta perentoria, facilitata dalla durezza del suo cazzo e dall'umidità della carne di lei. Solo dopo aver raggiunto il punto più profondo della vagina e avervi indugiato, previo sospiro di piacere, lui cominciò a muovere ritmicamente il suo cazzo con forti colpi regolari. Superata l'angoscia, Emmanuelle ansimava, più bagnata e calda a ogni movimento. Quasi fosse stato nutrito da lei, il cazzo aumentava di volume, ampliando e velocizzando il movimento. Attraverso la nebbia della felicità, lei riusciva a stupirsi che la corsa dell'ariete nel suo ventre potesse essere così profonda... Quando capì, dall'accelerazione dei movimenti, dalla rigidità delle mani che abbrancavano le sue natiche, e da un improvviso, ulteriore gonfiore del cazzo che la penetrava, che il suo partner stava per venire, si lasciò andare anche lei. La frustata dello sperma portò il suo piacere al parossismo. Mentre si svuotava dentro Emmanuelle, l'uomo si trattenne il più a fondo possibile nella sua vagina... Perfino nel mezzo dello spasmo, lei manteneva lucidità sufficiente per godere al pensiero delle colate cremose, aspirata dall'apertura oblunga del suo utero, attiva e golosa come una bocca...». L'idea che il fatto di andare in campo col cazzo duro migliorasse il mio rendimento svaporò piano piano, partita dopo partita. Quando girava male io giocavo male,

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Emmanuelle non c'entrava niente, anzi a volte un di più di energia causava danni e appannava la lucidità. Nonostante Henry Miller e Emmanuelle spesso giocavo male, così alla fine uscivo dal campo incazzato nero, e della voglia di scopare per qualche ora non me ne ricordavo neanche più. 113

Tacchi e tacchetti Il campionissimo ucraino Andrij Shevchenko, attaccante del Milan berlusconiano, comincia a mettere in mostra le sue grazie come superpagato testimonial di una marca di scarpe da calcio. In cambio di un pacco di milioni, si mette nudo, seduto per terra con le gambe incrociate e le mani sui piedi, mentre con le due ginocchia stringe la scarpa da reclamizzare, coi tacchetti bene in vista, messa di profilo a strapiombo sull'uccello (oscurato col computer). L'espressione facciale del testimonial è un po' ebete, ma tanto la faccia non interessa a nessuno: ben più importante è il tatuaggio che si vede sulla spalla sinistra (ormai i tatuaggi sono obbligatori, ce li hanno cani e porci, non se ne può più fare a meno). Poi il pallonaro ucraino, convinto di essere un irresistibile simbolo del sesso, posa per un servizio sexy (a pagamento) in coppia con la sua signora, la modella americana Kristen Pazik. Il servizio viene pubblicato da una di quelle inutili riviste di carta patinata. In copertina, con il titolo «Pallone + moda + passione = Sheva & Kristen», ci sono il pallonaro e la modella americana avvinghiati: lei in mutandine e reggiseno di pizzo nero (firmati), con lo sguardo voglioso; lui a torso nudo, l'elasti114

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Il pallonaro Andrij Shevchenko posa nudo per reclamizzare una marca di scarpe. 115

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co degli slip (firmati) che esce dai jeans (firmati), con lo sguardo da pesce lesso. I due si stringono nell'estasi fissando il lettore. All'interno il servizio fotografico sembra ambientato in una clinica svizzera. Prima lui, il pallonaro ucraino, seduto da solo sul letto, sempre a torso nudo, con i jeans (firmati) sbottonati e ai piedi un paio di anfibi (firmati). Poi tocca a lei, da sola sul letto, in sottoveste nera (firmata), scarpe di vernice nera (firmate) con tacchi a spillo (firmati). Nella terza foto sono tutti e due sdraiati uno vicino all'altra, e nel quarto scatto c'è lui che dorme sopra il seno di lei (tutto firmato, è chiaro, anche il sonno). Titolo del servizio: «Storia di passione tra pallone e sfilate». Le didascalie sono da sbellicarsi dal ridere: «Che coppia... Insieme vivono l'amore inseguendosi per il mondo tra partite e passerelle. E in esclusiva ci svelano i loro sogni segreti e ricordano il primo bacio». Lui: «La mia storia con Kristen non finirà mai. Anche se ora abbiamo così poco tempo...». Lei: «Tra amore e carriera scelgo l'amore. Ho incontrato Andrij e non me lo faccio scappare». Insieme: «Sfruttiano ogni attimo per vederci. Magari anche pochi minuti nell'Hotel di una città qualsiasi». Alla domanda su chi abbia fatto la prima mossa, lei risponde: «Sono stata io. Eravamo a una festa di Armani e io, tifosa del Milan, quella sera volevo fare i complimenti a Andrij per come aveva giocato la partita». Ma che love story meravigliosa, sembra un sogno (firmato)! Da ricordare i precedenti sentimental-milanisti della Kristen, vera tifosa del Diavolo. Prima di diventare la signora Shevchenko, lei era fidanzata con Piersilvio Berlusconi, il rampollo del presidente-padrone del Milan. E un bel giorno, in preda al sacro fuoco artistico della top model, aveva posato nuda, sdraiandosi come mamma l'ha fatta addosso ai tronchi (beati loro!) delle piante nel parco della villa di Arcore. Foto bollenti, condite da dichiarazioni tipo: «Sono una ragazza che ha avuto la fortuna di incontrare il Principe azzurro Piersilvio», «Pier-

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Kristen Pazik, fidanzata di Piersilvio Berlusconi e futura signora Shevchenko, posa nuda nel parco della villa berlusconiana di Arcore per il settimanale "G()" (Foto di Fabrizio Ferri). 118

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Silvio è come un dio, punto e basta», senza dimenticare

il Re: «Silvio Berlusconi è la persona più affascinante del mondo, conquista tutti». Il nudo arrapante della top model nel parco di Arcore, e le sue parole devote per il Padre e il Figlio, non avevano commosso il presidente-padrone Preoccupato che le elettrici borghesine di Forza Italia si scandalizzassero per tanta bellezza non rifatta e senza silicone, il Nano di Arcore aveva scacciato la povera Kristen dal paradiso terrestre come Eva dopo la mela. Ma lei non aveva fatto in tempo a disperarsi: era finita tra le braccia di Andrij. Nell'estate del 2006 il campionissimo Shevchenko e il Milan berlusconiano hanno messo in scena la più squallida commedia mercenaria della storia pallonara. Il centravanti milanista ormai trentenne e la società rossonera avevano l'ultima occasione di incassare una montagna di milioni di euro dal Chelsea di Roman Abramovich, ma il Nano di Arcore voleva farlo senza inviperire i tifosi-elettori del Diavolo. Così ha allestito una penosa commedia a base di dichiarazioni pubbliche false e spudorate. Shevchenko: «Andrò al Chelsea, ma non per soldi o perché al Milan non mi trovo bene: perché voglio che i miei figli imparino a parlare inglese». Galliani: «Il Milan di Berlusconi non ha mai venduto un suo campione per denaro, e Shevchenko ha ancora tre anni di contratto con noi. Deve essere chiaro ai tifosi che noi Sheva non vogliamo cederlo: è lui che se ne vuole andare al Chelsea, per motivi familiari...». Berlusconi: «Sheva se ne vuole andare in Inghilterra, sua moglie vuole vivere in un Paese anglosassone». Shevchenko: «In questa mia decisione i sol1 Le foto nude della Pazik erano state pubblicate dal solito mensile patinato con il titolo «Forza Kristen!». 119

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I coniugi Shevchenko nel servizio fotografico sexy pubblicato dal settimanale "GQ," del novembre 2003 (Foto Gian Paolo Barbieri). 120

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di non c'entrano niente: è assurdo tirare in ballo il discorso economico!». Morale della commedia. Per la cessione del giocatore, il Milan ha incassato dal Chelsea l'astronomica cifra di 45 milioni di euro. E il signor Shevchenko, che al Milan intascava 5 milioni di euro l'anno, al Chelsea guadagnerà quasi il doppio: 9 milioni di euro netti a stagione, per quattro anni - totale: 36 milioni di euro... Così, grazie al "sacrificio" del Milan berlusconiano, i figlioletti del campionissimo ucraino potranno imparare l'inglese. E grazie alla sensibilità coniugale di Andrij, la signora Shevchenko potrà coronare il sogno di vivere in Gran Bretagna (allontanando così il fastidioso fantasma gay del modello di Armani di cui mezza Milano spettegolava...). 121

Insufficienza di prove Nel giugno del 1997 una ragazza olandese, la ventenne Marielle Boon, denuncia Patrick Kluivert (centravanti del Milan e della Nazionale olandese), e tre amici del giocatore, per stupro. La violenza sarebbe avvenuta la notte del 13 maggio, nell'appartamento di Amsterdam del campione pallonaro, dopo che i quattro l'avevano prelevata in una discoteca. Ecco il racconto della ragazza: «Avevo bevuto quattro birre e due bottiglie di "Shooter", un cocktail alcolico piuttosto pesante. Alle 4.30 sono uscita dalla discoteca, e lì si trovava Kluivert in compagnia di tre persone. Hanno fermato un taxi, e lui mi ha detto: "Vieni con noi?". Mi ricordo solo di avere riso, non capivo... Mi hanno spinto dentro il taxi, e lì hanno cominciato a mettermi le mani addosso... [Arrivati nell'appartamento di Kluivert] loro mi hanno strappato i vestiti di dosso. Uno di loro mi teneva per le braccia, un altro per le gambe. Mi hanno obbligata a inginocchiarmi vicino a un divano rosa costringendomi a fare quello che volevano loro... Hanno continuato a toccarmi, poi mi hanno stuprato uno dopo l'altro. Ricordo che gridavano: "Adesso tocca a te!"... Non potevo muovermi. Ricordo che si sono fermati solo quando li ho pregati di lasciarmi andare al 122

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bagno. Dopo mi hanno trascinata sul letto matrimoniale di Kluivert, le lenzuola erano di seta, accanto al letto c'era una culla, e hanno ricominciato... Ero stanca, avevo bevuto troppo... Ogni tanto mi davano degli schiaffi in faccia per farmi stare sveglia... mi volevano cosciente. Kluivert era l'unico nero, e era l'unico che si era messo il preservativo... Sono andati avanti fino alle 7... Alla fine mi hanno ripetuto più volte di scordarmi di dove ero stata... Uno di loro voleva portarmi fuori lasciandomi in una siepe, ma Kluivert ha chiamato un tassì, e siccome non avevo un soldo lui mi ha buttato 85 fiorini dalla finestra». In quel periodo, il ventenne Kluivert è una stella di prima grandezza dell'Ajax, ma da poche settimane il Milan 10 ha ingaggiato a colpi di miliardi per il campionato italiano 1997-98. Negli stessi giorni in cui sarebbe capitato 11 fattaccio, la moglie del giocatore era in clinica perché stava partorendo il loro primo figlio. Due anni prima, Kluivert al volante di una Bmw aveva provocato un incidente stradale che era costato la vita a un uomo, e si era preso una condanna in primo grado per omicidio colposo. Tutti requisiti perfetti per venire a giocare in Italia, dove c'è il calcio più spettacolare del mondo. Nell'ambiente pallonaro olandese, il giovane campione è famoso per le sue "amicizie pericolose" e per le sue notti brave nelle discoteche. Così, nessuno sembra mettere in dubbio che Kluivert e tre suoi amici, dopo una notte in discoteca, si siano "divertiti" tutti insieme con una ragazza, proprio mentre la moglie del giocatore era in clinica a partorire: il problema è solo se la giovane era d'accordo o no... «Non voglio soldi», dice Marielle Boon, «voglio giustizia: in Olanda c'è lo stato di diritto, e la violenza sessuale è un delitto». Nella denuncia, la ragazza ha precisato particolari dell'appartamento di Kluivert che solo chi c'è stato può sapere. «E chiaro che la ragazza è stata in quella casa, e che ci sono stati dei rapporti sessuali fra la ragazza e Kluivert e i suoi amici», dichiara un funzionario della

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polizia di Amsterdam, «ma la domanda cruciale è: rapporti volontari o forzati? C'è stato il reato oppure no? Toccherà alla inchiesta accertarlo». Il presidente dell'Ajax commenta: «Non ci sentiamo responsabili di come si comportano i nostri giocatori nel loro tempo libero». La nuova squadra di Kluivert, il Milan, manda subito a Amsterdam un avvocato per seguire da vicino gli sviluppi della storiaccia: l'investimento miliardario è in pericolo, perché il giocatore rischia una condanna a 12 anni di prigione. A luglio la magistratura olandese archivia la denuncia della ragazza per insufficienza di prove. Un giornale italiano commenta: «Kluivert non verrà processato per violenza carnale: l'accusa è stata archiviata. Per i dirigenti del Milan non poteva esserci miglior viatico per la presentazione ufficiale del centravanti». L'amministratore delegato rossonero Adriano Galliani è euforico, l'affare non è sfumato: «Per Kluivert, l'Atletico Madrid ci aveva offerto 30 miliardi di lire, ma noi abbiamo risposto di no». 125

L'omofobo sputtanato Invece di andare a nascondersi dopo la sputtanata di Calciopoli, Lucianone Moggi è sempre sulla scena pallonara, e lo vedi ospitato da giornali e televisioni come se niente fosse. Si sa che la faccia di tolla non gli ha mai fatto difetto. Quasi nessuno si ricorda più che i carabinieri hanno scritto che Lucianone capeggiava una «organizzazione criminale», una «piovra moggiana... poggiata su ricatti, violenze psicologiche e connivenze di ogni genere», che era il capo di «una compagine delinquenziale». Del resto, nell'Italia berlusconiana sono note di merito. Una delle ultime stronzate che Lucianone ha detto è questa: «Il calcio non è adatto agli omosessuali: infatti nel mondo del calcio non ce ne sono, né tra i giocatori né fra i dirigenti». E dopo la cazzata numero uno, ecco la stronzata numero due: «Non so se i calciatori siano contrari ai gay in squadra, sicuramente io lo sono. E posso affermare che, nelle società dove sono stato, non ne ho mai avuti, mai... Non lo avrei mai voluto, un giocatore omosessuale, e anche oggi non lo prenderei. E se mi sbagliassi e ne scoprissi uno, farebbe prima ad andarsene... Sono all'antica io, ma conosco l'ambiente del 126

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calcio dall'interno, e in questo ambiente uno che è gay non ci può stare. Un omosessuale non può fare il mestiere del calciatore». E sapete perché? Perché «si sta nudi sotto la doccia...». Fin troppo gentile il commento sarcastico del giornalista Maurizio Crosetti: «Nella visione forse un po' schematica di Lucianone, il calcio è dunque quella cosa che si fa senza vestiti, lavandosi tutti insieme sotto un getto di acqua bollente, e nel caso ci fossero gay nei paraggi è altamente sconsigliabile lasciarsi sfuggire il sapone, e soprattutto chinarsi per raccoglierlo... La sua ultima esternazione è un clamoroso falso: perché in campo, ieri come oggi, gli omosessuali ci sono sempre stati, e ci mancherebbe altro... Eppure Moggi sa che il calcio è un ambiente molto tollerante: non solo con i gay, ma anche con gli ex dirigenti truffatori». Il povero Lucianone straparla, ma c'è da capirlo: l'omosessualità, antica come l'umanità perché è un aspetto della natura umana, è un argomento eccessivo per la sua modesta levatura intellettuale e per la sua ridotta capacità di comprendonio. Lui al massimo può intendersi di fica, quella è una tematica facile e alla portata di tutti. Infatti i carabinieri che si sono occupati delle porcate moggiane hanno scritto anche: «Il Moggi dispone di un servizio di scorta e accompagnamento per permettere alla donna con la quale ha una relazione extraconiugale, S.G., di effettuare in breve tempo una visita dentistica e un incontro presso gli studi della Rai». In fatto di sessualità, Lucianone è così retrogrado anche perché si è dimenticato di farsi schiarire le idee dal suo caro amico Lapo Elkann, uno a cui piacciono parecchio i travestiti, cioè finte donne con venti centimetri di birillo vero. Poteva farsi spiegare da Lapo se nel calcio ci sono gay o no fra i giocatori e fra i dirigenti, invece di star lì a parlare con lui delle 60 macchine Fiat con supersconto a disposizione della Juve, cioè del maneggione Moggi...

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Certo, i signori giornalisti che ancora oggi raccolgono e diffondono le stronzate moggiane antigay sono sempre ben attenti a non ricordare ai lettori e ai telespettatori di quando Lucianone, direttore generale del Torino calcio, ingaggiava prostitute per "ammorbidire" arbitri e guardialinee, al punto da essere indagato nientemeno che per il reato di favoreggiamento della prostituzione (prostituzione eterosessuale, sia ben chiaro!)... Allora è sempre il caso di rinfrescare la memoria servile dei pennivendoli-lecchini. Le puttane per arbitri e guardalinee è uno scandalo dei primi anni Novanta. Saltò fuori quando i magistrati torinesi che indagavano sulla contabilità "nera" del Torino calcio trovarono nella agenda del ragioniere della società granata un appunto datato dicembre 1991 con scritto: «Ieri si è presentata una certa Riva, faccia, fisico e abbigliamento da puttana di alta classe: voleva 6 milioni per le prestazioni sue e di colleghe per gli arbitri Aek-Atene. Nessuno mi aveva avvisato». Interrogato in merito all'appunto, il ragioniere spiegò ai magistrati che il Torino calcio, per le tre partite di Coppa Uefa giocate nell'autunno-inverno 1991, aveva "regalato" alle terne arbitrali, per allietarne il soggiorno torinese, un terzetto di prostitute, le cui prestazioni erano state poi pagate dal Torino con i fondi neri: «Ammetto il pagamento in favore di terne arbitrali. Erano pagamenti che compiacenti signore vennero a chiedermi, sia nel caso della terna arbitrale Aek-Atene, sia in altri due casi, per un arbitro turco e uno svedese. L'importo fu sempre lo stesso, e anche le signore compiacenti erano sempre le stesse... Era stato Luciano Moggi [direttore generale del Torino, ndr] a combinare questi incontri... Una volta io avevo mandato via la signora, ma Moggi mi disse che aveva ragione lei [ a voler essere pagata, ndr], così liquidai il compenso... Torino-Aek ci costò quasi 10 milioni per intrattenere piacevolmente l'arbitro e i guar 129

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dalinee. Era chiaro che Moggi si occupava delle prestazioni amorose per gli arbitri» Interrogato dai magistrati, il presidente granata Gian Mauro Borsano non ci girò intorno: «Per alcuni arbitri internazionali confermo che sono state pagate delle somme per procurare loro delle donne. Se ne occupava sempre Moggi». Anche la signora Riva confermò ai magistrati che lei e due colleghe si erano occupate, per conto del Torino, di sollazzare il soggiorno torinese di arbitri e guardalinee, raggiungendoli la sera nell'albergo dove alloggiavano. L'unico che invece negò tutto fu proprio lui, Lucianone Moggi: sotto inchiesta per favoreggiamento della prostituzione, si difese dicendo che quelle tre signore erano solo delle hostess-accompagnatrici, delle interpreti ingaggiate dal suo segretario Luigi Pavarese per ragioni di lingua parlata... Lo scandalo è finito come di solito finiscono gli scandali in Italia: in cavalleria. Due o tre episodi erano troppo poco per dimostrare il reato di favoreggiamento della prostituzione, e quanto all'illecito sportivo la legge non comprendeva le competizioni organizzate dalla Uefa: così l'inchiesta fu archiviata. Ma nel decreto di archiviazione, i giudici confermarono che il Torino calcio aveva ingaggiato prostitute per le terne arbitrali, che la decisione «era riferibile al Moggi», e conclusero esprimendo un «severo giudizio sulla slealtà» della dirigenza granata con queste parole: «L'iniziativa di rendere più ameno il soggiorno degli arbitri a Torino, in occasione di partite di Coppa Uefa, qualun' Il ragioniere della società granata si riferiva a tre partite Uefa: Torino-Reykjavik del 2 ottobre 1991, finita G a l , diretta da una terna arbitrale jugoslava; Torino-Boavista del 24 ottobre 1991, finita 2 a 0, diretta da una terna arbitrale inglese; e Torino-Aek di Atene dell'11 dicembre 1991, finita 1 a 0 e arbitrata da una terna belga. 130

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que siano state le reali finalità dell'ingaggio di avvenenti signore addette al dopocena, rivela una chiara volontà di addolcire la severità degli arbitri, rendendoli obbligati verso la città che li ospitava con tanto riguardo e quindi sicuramente meno liberi nell'esercizio del loro incarico. La lesione degli interessi sportivi, nonché la frustrazione delle regole che animano il gioco del calcio e qualunque altro tipo di competizioni sportive, si stagliano in modo anche troppo evidente» J. Se il mondo pallonaro fosse una cosa seria, "il regista" della «lesione degli interessi sportivi», cioè Lucianone Moggi, avrebbe finito lì la sua carriera. Invece la sua carriera è andata avanti, avantissimo, anzi di più, fino alla poltrona di direttore generale della Juventus. L'uomo giusto al posto giusto. Fra gli applausi dei giornalisti servi del potere pallonaro. ' La storia di questo scandalo, e la carriera pallonara di Lucianone Moggi, sono raccontate in Lucky Luciano di Ala sinistra e Mezzala destra (Kaos edizioni 1998): una biografia censuratissima dai pennivendoli dei vari giornali sportivi. 131

La commedia coniugale Da quando si sono sposati (luglio 1999), per qualche anno il pallonaro inglese David Beckham e la sua consorte Victoria Adams hanno recitato la commedia pubblica dei coniugi perfetti: lui maritino impeccabile, e lei mogliettina devota, con tre bei bambini intorno. Sempre mano nella mano, innamoratissimi, fichissimi, ricchissimi, con lui che da vero padre-modello si faceva fotografare col bimbo in braccio o mentre spingeva la carrozzina col pupo per strada... Una bella sceneggiata, raccontata come una favola. Una favola, appunto. La messinscena è franata all'inizio del 2004, quando è venuto a galla un pezzo di verità: cioè che la signora Beckham, come quasi tutte le mogli dei calciatori, ha più corna di un cervo. Infatti il suo supermaritino (un figo della madonna, un vero sex symbol), come e di più di qualunque pallonaro, ha un uccello che non si accontenta del dovere coniugale. Anzi, è sempre alla ricerca di novità, che naturalmente trova a piene mani. Il fotoromanzo mediatico dei Beckham-Giulietta & Romeo ha cominciato a stracciarlo la ventiseienne Rebecca Loos, raccontando ai tabloid britannici le sue scopate clandestine con il bel David - e la fanciulla non è 132

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noiosa come una mogliettina: «Io sono bisessuale, e a letto raccontavo a David i miei rapporti lesbici nei minimi dettagli. Lui si eccitava terribilmente... Del resto anche a David piacciono gli uomini attraenti, lui è un animale da sesso e un amante esplosivo... Comunque», precisa Rebecca, «sia chiaro che io non sono una rovinafamiglie: il matrimonio fra David e Victoria era già in crisi da tempo». Dopo la Loos, una mezza dozzina di altre fanciulle testimoniano che sotto la maschera di Beckham maritino-modello si nasconde uno stallone sempre pronto alla monta. La ventinovenne anglo-malese Sarah Marbeck, per esempio, ha raccontato di essere stata scopata dal superpallonaro biondo addirittura negli spogliatoi, subito dopo una partita. Niente di strano: chi può credere che un tipo come Beckham possa recitare per tutta la vita la parte dell'impiegato del sesso coniugale? Poi nel 2007 i coniugi Beckham si sono trasferiti con la prole negli Stati Uniti, naturalmente a Los Angeles, e nell'America ipocrita e bigotta hanno ricominciato la commedia della bella famigliola superstar. Lei dichiara: «Abbiamo passato un periodo veramente difficile, ma sapevamo che il matrimonio non è una passeggiata. Abbiamo incontrato degli ostacoli, ma ne siamo usciti ancora più forti. Le cose, tra noi, vanno addirittura meglio adesso di quando eravamo appena sposati». Il consorte conferma tutto. E per convincere gli scettici, i Beckham si fanno fotografare così: lui sdraiato a torso nudo, mentre lei gli appoggia la faccia sull'inguine e una mano sulla patta; lei in posa provocante sdraiata a gambe aperte sul cofano di una macchina, in costume e stivaloni alti, con lui seminudo che sembra lì lì per scoparla; tutti e due seminudi a letto, pronti per accoppiarsi; lui in slip che le sta sopra come se la stesse montando... In Usa, Beckham gioca nel Los Angeles Galaxy (contratto da 250 milioni di dollari in cinque anni, più altrettanti di merchandising all'anno), si tinge i capelli e si

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I coniugi Beckham in versione erotica sul settimanale "Vanity Fair" del 20 settembre 2007 (Foto Steven Klein). 135

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fa fotografare con le unghie smaltate di rosa. I compagni di squadra lo chiamano Marilyn, e lui sta al gioco: anzi, si dice «onorato» del fatto di essere un idolo della comunità gay californiana perché «è bello sentirsi amati e ammirati». Intanto in Italia la divetta televisiva Belén Rodriguez commenta: «Beckham non mi piace: mi sa di gay...». Non sarà la storia della volpe e l'uva? 137

Zibaldone gay Nei primi anni Novanta l'olandese John Blankenstein, arbitro internazionale, ha dichiarato a un giornale sportivo tedesco: «Sono gay, come lo sono tanti calciatori. L'ho sempre detto, lo sa anche la Federazione olandese, che non mi ha mai creato nessun problema. Mi dispiace solo che il mio compagno non segua la mia attività sportiva perché a lui il calcio non interessa... Gli insulti del pubblico non mi fanno paura, prima o poi ci si abitua e non ci si fa più caso». In Italia, a metà degli anni Novanta, la Federcalcio ha commissionato alcuni spot pubblicitari per la tv. Nel primo, un tifoso baffuto diceva: «Con gli amici ci troviamo tutti insieme, tutti uomini, e sono momenti di grande passione, quasi d'amore, a volte capita che ci abbracciamo... Oh, ma cos'hai capito, a me mi piacciono le donne!, ma allo stadio ci vado con gli amici». Il presidente dell'Arci gay Franco Grillini ha giustamente protestato: «E come dire: "Ehi tu, bada che non sono mica frocio, io sono uno normale!". E il solito vecchio stereotipo che viene riproposto, in forma di pubblicità, alle 8 di sera davanti a milioni di telespettatori, e che fa leva sugli schemi omofobi e razzisti». 138

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Alla fine degli anni Novanta il giocatore della Nazionale brasiliana Vampeta ha accettato di posare nudo per la copertina del giornale brasiliano "G", un mensile gay: «Sono eterosessuale ma non ho niente contro i gay... Ce ne sono tanti, nel calcio professionistico». Così Vampeta si è guadagnato il soprannome di "Svampita", e secondo certe voci ha poi scoperto nuovi orizzonti. L'attore di teatro Gianluca Ferrato, interprete di Ultima stagione in serie A (una commedia che racconta l'amore clandestino fra due calciatori), ha spiegato a un giornale di avere avuto, negli anni Ottanta, una relazione gay - «patita sulla mia pelle» - con un famoso pallonaro. Fu «una passione devastante come lo possono essere solo le passioni giovanili», ha raccontato Ferrato, ma siccome il campione giocava in un grande club la storia clandestina finì come doveva finire: il calciatore gay si sposò con un'ingenua signorina recitando la parte del marito. «Mi capita di rivederlo in televisione, si sa che anche i "reduci" vengono chiamati a dibattere, e provo ormai molta tenerezza per quest'uomo che non mi fa più pensare a cose straordinarie. E mi chiedo dove sia il ragazzo che mi diceva: "Pensa se la società sapesse dove sono, li sto fregando e loro nemmeno se lo immaginano". Invece se lo immaginavano, così lui si sposò». Nel Duemila, in Inghilterra, i lettori di alcune riviste gay hanno eletto loro idolo erotico-sportivo il fuoriclasse David Beckham, allora nel Manchester United. L'interessato ha commentato: «E fantastico essere amati e ammirati, da uomini o da donne fa lo stesso. Altri calciatori mi criticheranno perché il calcio è uno sport così macho, ma io trovo che questa ammirazione dei gay sia molto eccitante. Per qualcuno dei miei colleghi potrebbe essere un problema, per me no». All'inizio del Duemila, in Spagna, il centrocampista del Siviglia (e nazionale under 21) Francisco Gallardo, per festeggiare un compagno che aveva fatto gol, gli ha messo la testa in mezzo alle gambe e ha fatto finta di

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succhiargli l'uccello. È successo il finimondo: giornali e telegiornali hanno gridato allo scandalo, e la Federazione ha processato Gallardo per «lesione della dignità sportiva e della decenza». Anche in Spagna il baraccone pallonaro ha delle idee un po' confuse su cosa siano la "dignità" e la "decenza". Il 7 gennaio 2002, durante la partita Bologna-Brescia (finita 2 a 0), i giocatori rossoblu Claudio Bellucci e Carlo Nervo hanno festeggiato un gol baciandosi sulla bocca. E bastato questo per agitare i bacchettoni e gli omofobi, e un giornale ha scritto: «E un modo di festeggiare che ha creato molte polemiche». Polemiche per un bacio: siamo arrivati a questo punto... Nel gennaio 2010 il centrocampista argentino Jesus Datolo, in forza al Napoli, posa seminudo (con indosso solo gli slip) per la rivista gay argentina "Romeo Mag". Foto semplici, senza malizia, perfino banali. Eppure... eppure il presidente partenopeo Aurelio De Laurentiis s'incazza. E il Napoli calcio decide di multare il giocatore: il pretesto è che non poteva farsi fotografare per vincoli contrattuali relativi alla gestione dell'immagine, riservata al club partenopeo. 141

Il bordello dei massaggi L'estate del 2002 la scalda anche il "Viva Lain", un centro massaggi di Torino scoperto e chiuso dalla polizia perché accusato di essere un eros center a pagamento (cioè prostituzione). In pratica, certi clienti si facevano "massaggiare" l'uccello con seghe e pompini, ma c'era anche qualche "servizio completo". La faccenda diventa uno scandalo nazionale da prime pagine e da titoli dei telegiornali: non solo per il moralismo nazionale, ma soprattutto perché fra i clienti del locale ci sono un tot di pallonari della Juventus e del Toro (più qualcuno di serie B). Il vero casino, come al solito, lo fanno i mass media: come se si trattasse di un fatto grave, di un delitto, come se non si sapesse che i calciatori con il sesso se la spassano in tutte le maniere. Il giornale torinese "La Stampa", giocando in casa, non si tira indietro, e dà la notizia a tinte forti (titolone: «Diciassette calciatori per i match a luci rosse») scrivendo: «Mezzo campionato utilizzava i servigi delle fanciulle del centro massaggi scoperto nell'elegante casa d'epoca della Crocetta [quartiere bene di Torino, ndr]. Diciassette sono i calciatori 142

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clienti delle squillo, in rappresentanza di sette squadre. La classifica è guidata dalla Juventus, con 5 calciatori, a ruota segue il Torino con 4; il derby finisce in parità solo se calcoliamo un quinto granata che da tempo ha appeso le scarpette al chiodo. Con juventini e torinisti, tra i clienti del "Viva Lain" figurano due interisti, un atalantino e un piacentino. Poi, a ribadire che la casa chiusa per vip godeva di una nomea che correva chilometri e chilometri, ecco un altro derby: quello tra Verona e Chievo. In questo caso, parità assoluta: 2 a 2, ciascuna squadra contando una coppia di propri elementi. I diciassette calciatori godevano di un servizio personalizzato a domicilio... Nell'abitazione di una delle ragazze arrestate la polizia ha sequestrato hashish e cocaina, il carburante per le performance personalizzate e domiciliari delle "massaggiatrici": qualcuna avrebbe ammesso che più di un giocatore si sarebbe corroborato con la droga approfittando del fatto che un infortunio o una squalifica l'avrebbero tenuto fermo la domenica, e dunque al riparo dal controllo antidoping. Come mai tanta serie A cliente del "Viva Lain"? Secondo gli inquirenti, una delle prostitute era l'ambasciatrice del "sesso a pagamento" tra i calciatori, ne bazzicava i bar, ristoranti e anche i ritiri... Nel bordello della Crocetta erano assidui anche due collaboratori di un noto direttore sportivo... La fama interregionale del bordello si spiega con il passaparola tra gli eroi della domenica, in qualche caso con una passata comune militanza al soldo della tale società, con l'interesse per questo tipo di svaghi che, unitamente a quello per le auto, spopola tra i miliardari della serie A. Lo scrisse già Carlo Petrini (centravanti degli anni Settanta, autore di Nel fango del dio pallone, libro sacrilego per il football) che negli spogliatoi sono sempre circolate guide con gli indirizzi delle case chiuse più lussuose di ogni città» '. Una delle massaggiatrici del "Viva Lain" arrestata per sfruttamento della prostituzione, la trentenne L.B. in arte Sophie, è una delle fanciulle specializzate nel fare

1 Claudio Giacchino, "La Stampa", 2 luglio 2002. 144

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Il settimanale "Panorama" dell'11 luglio 2002 dedica allo scandalo del "Viva Lain" la copertina e un ampio servizio all'interno. 145

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massaggi più o meno "completi" ai pallonari. Lo racconta lei stessa in un memoriale, pubblicato da un settimanale col titolo «Diario della squillo amata dai campioni»; l'articolo è illustrato con foto della fanciulla seminuda a gambe spalancate, oppure con un pallone sulla passera per coprirla. Sophie racconta: Uno dei primi a cui ho fatto il "massaggio" è stato M.M. [ex calciatore di Napoli e Juve, ndr]. Quando l'ho visto l'ho riconosciuto subito. «Allora, il Genoa come va?» gli ho chiesto, ben sapendo che dopo avere giocato nella Juve aveva ricoperto un incarico nello staff della squadra ligure. Io del calcio so tutto, sono tifosa del Torino da quando avevo cinque anni, e soltanto adesso, dopo l'arresto e la vergogna per lo scandalo, penso che non riuscirò mai a realizzare il mio sogno di diventare una giornalista sportiva... Un giorno M. chiede un massaggio con me e Diana (anche lei arrestata per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione). Io con M. avevo già avuto un rapporto completo, ma la seconda volta è andata male. Per me, almeno. E successo prima dei Mondiali: nella vasca per l'idromassaggio, comincio a parlare delle convocazioni per Corea-Giappone: «Che dici, Montella farà bene?»; lui si arrabbia da morire: «Ma come ti permetti? Sai cosa me ne frega dei Mondiali. Qui dobbiamo concludere», e mi sbatte fuori dalla cabina. Ho avuto rapporti con vari calciatori. Con I.T. e N.A., M.I. e C.Z. li ho incrociati in segreteria [del "Viva Lain", ndr], e una volta ho visto entrare R.C.: abbiamo provato entrambi un grande imbarazzo, R. è un mito del Toro, ci conoscevamo già. Con I.T. c'è quasi amicizia: ho ancora memorizzati sul cellulare i messaggini che mi mandava quando partiva in trasferta. Non gli ho mai chiesto soldi: né a lui né a A. Non me la sentivo. Perché andavo soltanto con i giocatori della Juventus? Forse quelli del Torino venivano bypassati in segreteria, era di dominio pubblico che io avevo delle frequentazioni nell'ambiente e seguivo sempre la squadra tra gli ultras della curva. I giorni dei calciatori erano il giovedì o il venerdì, e qualcuno veniva quando sapeva che la domenica sa-

rebbe stato in panchina o non era convocato... 147

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Con P.M. sono stata fidanzata. L'ho conosciuto tre anni fa al "Pick Up" di Torino, una discoteca dove la domenica sera si trovano sempre i calciatori sia del Toro che della Juve. Lui era con M.I.: «Eccoli qui i gobbi» li avevo salutati chiamandoli con il nome che usano i granata per gli juventini. Ma la storia con lui è iniziata dopo. Una cartomante mi aveva detto: «Ti innamorerai di un uomo in divisa». La sera incontro M. nella pizzeria "La Lampara", e finisce che andiamo tutti nel bellissimo appartamento di I. Saremo stati in cinque o sei, c'era anche un calciatore della Fossanese che è soprannominato "Attila". Ma parlare di P. non è una cosa che faccio volentieri: ero innamoratissima di lui, e questo mi ha portato a passare sopra a certi suoi comportamenti violenti. Sono andata "a casa di A.S. [calciatore del Torino, ndr] con Emanuela, la ragazza che poi ha fatto la denuncia alla polizia. S. è fidanzatissimo, come calciatore lo stimo: quella sera (era il 21 settembre 2001) sapeva che mestiere facesse la ragazza che era con me. Anzi, gli avevo raccomandato di non lasciare in giro indizi compromettenti e invece, appena entriamo, vedo sullo schermo del computer la sua foto in campo. Su un mobile c'era una fila di bottiglie di vino numerate con lo stemma del Toro, mi ha preso un colpo. Sono rimasta lì con loro per un po'... Cosa sia successo tra loro non lo so, sono partita per andare a vedere Roma-Fiorentina. Un paio di settimane dopo, durante una discussione, la Emanuela mi rinfaccia: «Devi ancora darmi i soldi di S.» 2. In difesa dei pallonari "massaggiati" si schiera subito il pontefice dei giornalisti sportivi, Giorgio Tosatti, che scrive: «Quando si scopre un giro di squillo d'alto bordo i mezzi d'informazione impazziscono e, dimenticando ogni deontologia professionale, gareggiano nella ricerca del cliente illustre... Nessuno dovrebbe rivelarne l'identità, né la magistratura né le forze dell'ordine né i giornali né la tv. Perché ciò li espone alla gogna pubblica, ne 2 Cfr. "Panorama", 25 luglio 2002. Tutti i giocatori, citati con nome e cognome, hanno smentito il racconto della massaggiatrice. 148

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danneggia l'immagine, e ne può compromettere vita familiare e lavoro... Perché ci sono sempre di mezzo i calciatori? Perché frequentano le prostitute anche loro, come la valanga di italiani salvati dall'anonimato. E perché 10 fanno pur essendo così ricercati dalle donne? Perché ci sarà pure la volta che vuoi fare sesso senza coinvolgimenti sentimentali». Il concetto è chiaro: si fa ma non si deve sapere, per non rovinare "l'immagine", e per non far incazzare la moglie cornuta turbando la famigliola... Giornali e tv mettono in croce la responsabile del "Viva Lain", Tiziana Maritano, fatta passare per una criminale tenutaria di mignotte, e tirano in ballo il racket internazionale della prostituzione, lo spaccio di stupefacenti, il riciclaggio di miliardi... Sono tutte balle, robe inventate per ingrossare lo scandalo e rincoglionire bene l'opinione pubblica. Il moralismo scandalistico di giornali e tv diventa indignazione verso i calciatori, giovanotti belli-ricchi-famosi perciò ancora più colpevoli di essersi fatti massaggiare l'uccello, o di essersi fatti fare un pompino a pagamento, sui lettini del "Viva Lain". Mentre i mass media seguono lo scandalo per settimane, il magistrato ascolta come testimoni vari pallonari juventini e granata. I varbali delle deposizioni sono uno spasso. S.A., calciatore del Torino «Sapevo dell'esistenza del centro, nel senso che me ne aveva parlato qualcuno, ma non l'ho mai frequentato personalmente, forse mi sono limitato in una occasione a accompagnare un conoscente che è salito e ha lasciato subito il centro. 11 conoscente che ho accompagnato, di cui conosco solo il nome Marco, mi disse che andava a salutare una persona senza precisare altro. Ho conosciuto la B. [massaggiatrice del "Viva Lain", ndr] circa 3 o 4 anni fa nel corso di un ritiro precampionato. Era una tifosa del Torino che seguiva la squadra sovente. Per quello che ne sapevo era soltanto una appassionata di calcio, e dopo questo primo incontro ci siamo sentiti per telefono, ricordo

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anche che seguì la vicenda relativa al mio infortunio nel 2001. Non sono mai uscito da solo con lei, in alcune occasioni l'ho incontrata presso ristoranti unitamente a altre persone. Una sua amica bionda, di cui non ricordo il nome, forse S., aveva una relazione sentimentale con M.B. [calciatore del Toro, ndr] e pertanto poteva capitare di incontrarsi in locali pubblici». Domanda delpm: «La B. le ha fatto conoscere delle sue amiche?». Risposta: «Sì, ho conosciuto delle sue amiche ma non ricordo i nomi. Una l'ho conosciuta presso un ristorante in quanto aveva una relazione con C. [calciatore del Toro, ndr], credo che si chiamasse P. Un paio di altre amiche le ho incontrate in locali che si trovano nella zona della mia ex abitazione, in via...». Domanda del pm: «Nell'ambito della frequentazione della B. e delle sue amiche, ha mai ricevuto presso la sua abitazione la B. unitamente ad altre ragazze?». Risposta: «Sì, in un paio di occasioni la B. è salita a casa mia unitamente a una sua amica. In un paio di occasioni sono passate dopo cena e si sono limitate a prendere un caffè, in una terza occasione, forse durante l'estate dell'anno scorso, una sua amica accompagnata da lei è rimasta presso la mia abitazione da sola fino all'una o alle due». Domanda delpm: «Ricorda il nome di questa persona?». Risposta: «No». [Il magistrato mostra una foto di E.P., e l'interrogato conferma che è lei.] Domanda del pm: «Con

questa ragazza ha avuto rapporti ses-

suali?». Risposta: «Sì,

ma si trattava di rapporti consenzienti, nel senso che io non mi sono accordato con nessuno, né con la ragazza, per il pagamento di alcunché». Domanda del pm: «Sapeva che la B. si prostituiva?». Risposta: «No, quando sono andato al centro ad accompagnare il mio amico ho visto che lei era lì ma non sapevo cosa facesse [...]. Devo dire che qualche tempo dopo la B. mi telefonò dicendomi che la ragazza si era invaghita di me e che mi voleva rivedere, ma io le dissi che non mi interessava, così come in un'altra occasione rifiutai di trascorrere una sera-

ta con un'altra amica della B. perché effettivamente non mi piaceva. La ragazza che venne a casa non mi disse che si prostitui152

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va, e io pensai che era lì perché le piacevo. Del resto anche B. mi aveva detto che m'avrebbe portato un'amica alla quale io piacevo. Durante la serata non ho mai avuto la sensazione che la ragazza fosse lì per denaro, ma più semplicemente perché ritenevo di piacerle. Del resto a noi calciatori capitano spesso amici o amiche che propongono incontri con ragazze che ci vogliono conoscere. Per sentito dire nell'ambiente posso precisare che si diceva che alcuni calciatori frequentavano il centro "Viva Lain"». C.Z., calciatore della Juventus «Ho frequentato il centro "Viva Lain" nel settembre-ottobre 2001 e sono stato accompagnato da A. [calciatore della Juve, ndr]. Il luogo era stato indicato da T. [calciatore della Juve, ndr] come un centro dove le ragazze si prostituivano. E stata l'unica occasione dove sono stato presso il centro, ma non ricordo la ragazza con la quale andai... Non ricordo quanto ho pagato, ma comunque pagai alla cassa». M.L, calciatore della Juventus «Sono stato presso il centro "Viva Lain" in un paio di occasioni. Poiché conoscevo la titolare del centro [Tiziana Maritano, ndr] in quanto mi era stata presentata come amica del calciatore D.M. che io frequento, la stessa mi invitò ad andare presso il centro che lei gestiva. Pertanto un paio di anni fa mi sono recato una prima volta per salutarla, e la stessa Maritano mi ha mostrato i locali. In quella occasione non ho ricevuto massaggi o altro. La Maritano mi spiegò però come funzionava il centro, e che si potevano avere rapporti sessuali con le ragazze che ci lavoravano. Non fu esplicita, ma mi fece intendere che le cose andavano in quel modo. Sono tornato dopo circa un anno in compagnia di T. [calciatore della Juve, ndr] che sapevo frequentare il centro. Anche in quella occasione non ho avuto rapporti con le ragazze, ma mi sono limitato a prendere un caffè con la Maritano». Domanda del pm: «Ha frequentato altri centri o locali come il "Viva Lain"?». Risposta: «Sì, nel senso che ho frequentato in qualche occa-

sione il circolo "Jonny club" sito in Torino in compagnia di 154

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T. e M. [calciatori della Juve, ndr]... Presso il locale non ho mai avuto rapporti sessuali con le ragazze, anche se sapevo che le stesse si prostituivano. Non ricordo con quali modalità ho pagato le consumazioni». I.T., calciatore della Juventus «Sono andato per la prima volta presso il centro "Viva Lain" circa due anni fa. Sicuramente sono stato consigliato da qualcuno, anche se non ricordo da chi. Quando sono andato sapevo che lì lavoravano ragazze che si prostituivano. Presso il centro ho conosciuto la proprietaria e una decina di ragazze che ci lavoravano. Non ricordo in questo momento i nomi. Al di fuori del centro, ho anche ricevuto presso la mia abitazione di via... D., in una occasione da sola, e una brasiliana in un'altra occasione. In queste circostanze erano presenti anche miei amici, tra cui uno di nazionalità croata. In un'altra occasione T. ha organizzato una cena presso un ristorante messicano di Torino, e con lei c'erano alcune ragazze, sempre del "Viva Lain". Alla cena erano presenti anche D. e I. [calciatori della Juve, ndr] e alcune persone che non c'entrano col calcio. Preciso che quella sera nessuno ha avuto rapporti con le ragazze e la serata è terminata in quel locale. Per quanto riguarda le mie visite al "Viva Lain", ho sempre pagato le prestazioni sia in favore del centro che alla ragazza con la quale andavo [...]». Domanda del pm: «Ha frequentato altri centri o locali come il "Viva Lain"?». Risposta: «Sì, nel senso che frequentavo il circolo "Jonny club" sito in Torino. L'ho frequentato decine di volte, e in quel luogo consumavo rapporti sessuali con le ragazze appartandomi nel piano interrato. Nel locale il prezzo delle ragazze era più alto di quelle del "Viva Lain". Un rapporto completo costava 300 mila lire, e spesso pagavo tramite carta di credito o assegno direttamente alla cassa del bar... Al "Jonny" andavo con i miei amici, non ricordo se ero andato anche con M. [calciatore della Juve, ndr]. Non ricordo chi sia il

proprietario del locale, credo di non averlo mai conosciuto». 156

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P.M., calciatore della Juventus «Non ho mai frequentato il centro "Viva Lain". Sapevo che esisteva, ma non mi sono mai recato preso il centro». Domanda delpm: «Conosceva o ha frequentato una ragazza... il cui nominativo è L.B. [massaggiatrice del "Viva Lain", ndr]». Risposta: «Sì, l'ho conosciuta in una discoteca di Torino circa 4 anni fa. Dopo il nostro incontro l'ho vista un paio di volte a casa di un amico. Non la conoscevo come prostituta, e credo che mi frequentasse perché voleva stare con me. Tra noi non vi è mai stata alcuna relazione. Da allora non l'ho più incontrata». Domanda delpm: «Ha frequentato circoli o locali dove si prostituivano ragazze?». Risposta: «Sì, il locale notturno denominato "Jonny club" a Torino, dove ci sono andato anche con amici e con T. [calciatore della Juve, ndr]... Ci sono stato molte volte, e ho sempre pagato in contanti o con la carta di credito. Il prezzo era variabile tra le 150-300 mila lire. Ho avuto rapporti sessuali con le ragazze e con altre che non sono riprodotte nell'album mostratomi anche perché le ragazze cambiavano spesso. I rapporti sessuali avvenivano o nel piano interrato, oppure al piano superiore del locale...». Domanda delpm: «Ricorda di aver preso parte a una cena nel 2001 che si è svolta presso il ristorante messicano "Tacos Locos" e alla quale presero parte T, D., I. [calciatori della Juve, ndr] oltre ad alcune ragazze?». Risposta: «Sì, ricordo quella serata, c'era stata presentata da T., e tutti abbiamo partecipato pensando di concludere con le ragazze, ma in realtà io me ne sono tornato a casa senza concludere nulla. Per quello che ne so, anche gli altri hanno concluso la serata allo stesso modo». A.N., calciatore della Juventus «Lo scorso anno, nel mese di settembre-ottobre, con T. [calciatore della Juve, ndr] ci recavamo insieme al "Viva Lain" di Torino, unitamente a Z. [calciatore del Torino, ndr]. Detto centro

era conosciuto da T. In quella occasione effettuavo un massaggio con una ragazza che al momento non ricordo il nome. Mi ci sono recato in seguito in un'altra sola occasione, in cui mi ci ero recato unitamente al mio compaesano M.L. abi158

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La massaggiatrice del "Viva Lain" Sophie, fotografata da "Panorama" del 25 luglio 2002 (Foto di Guido Argentini}. 159

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tante a C, di circa una trentina d'anni. In quest'ultima occasione il massaggio si concludeva con un rapporto manuale, motivo per cui io da allora non mi recai più presso il centro. Non ricordo se ho pagato per i due massaggi sopra descritti [...]. Escludo di essere andato presso altri centri o circoli simili a quello del "Viva Lain"». Anche il verbale dell'interrogatorio della massaggiatrice più vivace del "Viva Lain", la B.L. col nome d'arte "Sophie", è uno spasso. Comincia con note biografiche impeccabili: «Mi sono diplomata nel 1990, ma già prima avevo iniziato a lavorare. Ho fatto la commessa presso alcuni negozi di Torino. Ho lavorato come segretaria presso la Fiat e la Sai... Ho svolto attività giornalistica per conto di Telepiù e Stream in merito a trasmissioni sportive... Fino a quando non ho svolto l'attività di massaggiatrice il mio reddito era piuttosto basso, nel senso che non potevo permettermi particolari lussi». Quando il magistrato le mostra le foto dei pallonari juventini e granata, lei ne riconosce alcuni: «Riconosco I.T., un frequentatore assiduo [del "Viva Lain", ndr], al quale ho praticato in due occasioni rapporti orali senza compenso... Riconosco C.Z. che frequentava il centro... Riconosco M.I., che ho visto al centro in un paio di occasioni... Riconosco N.A., che era un frequentatore assiduo e che con me ha avuto un rapporto orale dietro il compenso di 60 euro». Poi Sophie va a ruota libera: «Quando arrivavano i calciatori, o altre persone che volevano rimanere anonime, venivano chiuse le porte del centro e l'interessato veniva accompagnato direttamente in cabina dove poi lo raggiungeva la ragazza che veniva scelta. Per quanto riguarda altri sportivi che frequentavano il centro, preciso quanto segue. Un paio di mesi fa, quando il campionato era in corso, si presentò M.M., ex giocatore della Juventus e poi presidente del Genoa e deputato, al quale praticai un massaggio con masturbazione manuale ricevendo il compenso di 60 euro. In seguito il M. si presentò e chiese un 161

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"quattro mani" che iniziammo io e Diana. Poiché io sono appassionata di calcio e vorrei fare la giornalista sportiva, continuavo a fare domande che forse non interessavano il cliente tanto che mi allontanò in malo modo dalla stanza e Diana terminò da sola la prestazione. Restando nell'ambito sportivo, ricordo un altro cliente del centro, tale P.G. che credo sia un dirigente dell'Udinese calcio. P.G. era un mio cliente al quale praticavo massaggi con prestazioni sessuali complete, ricevendo in alcuni casi un corrispettivo e in altri casi gratuitamente. Recentemente gli parlai al telefono mentre lo stesso si dirigeva verso Roma [...]. P.G. mi venne presentato da un altro cliente, P.C., attualmente in forza all'Udinese e già direttore generale della Roma. P. è venuto solo due volte al centro, e gli ho praticato un massaggio con rapporto orale o manuale. La seconda volta era andato con un'altra ragazza. Sempre in merito agli sportivi che frequentavano il centro, un'altra ragazza che lavora come massaggiatrice e che si chiama Kim, mi disse che aveva avuto rapporti sessuali con il giocatore del Venezia M. - ma io non l'ho mai visto personalmente». Le memorie di Tiziana La responsabile del "Viva Lain" ha poi raccontato la storia del suo allegro eros center nel libro Massaggi proibiti (Kaos edizioni). Libro censurato col silenzio da tutti i giornali, specialmente da quelli che dedicano paginate alle più deprimenti stronzate del mondo pallonaro. Eppure nel libro ci sono scritte cose divertenti. «Fra le centinaia di clienti del "Viva Lain"», scrive Tiziana Maritano, «c'era di tutto: imprenditori, commercianti, professionisti, industriali, avvocati, medici, qualche politico, e attori... C'era addirittura un tizio che di mestiere faceva il prestigiatore. Potevano mancare i calciatori, una categoria così bisognosa di relax? No di certo! Infatti è proprio perché ci venivano calciatori di serie A (ma non solo) che il "Viva Lain" è diventato uno 162

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scandalo nazionale». E parlando dei pallonari che ha conosciuto, la Maritano utilizza dei soprannomi per non «rovinargli l'immagine». Ecco qui di seguito le pagine dove l'ex titolare del "Viva Lain" ha raccontato le prodezze erotiche dei pallonari bianconeri e granata. Il "benessere dei campioni" cominciò più o meno nell'estate del 1999. Io ero amica d'infanzia di un calciatore del Torino, un bel ragazzone mediterraneo che era poi passato a giocare per un'altra squadra di serie A. Io e lui, in passato, avevamo avuto una breve storia, dopo la quale eravamo rimasti in contatto. Mediterraneo una sera mi telefonò e mi invitò a una festa in casa di un suo amico, chiedendomi di portare un paio di amiche. Ci andai insieme a una ragazza del "Viva Lain" (capitava spesso che ci si frequentasse anche fuori dal lavoro), Gabry, e sua cugina Lisa. Salimmo la scalinata a spirale di un lussuoso palazzo del centro (sul citofono c'era solo il numero), e entrammo in un salone con divani in pelle blu oltremare; le luci erano basse, la musica a un volume altissimo. Mediterraneo ci presentò due ragazzotti che lì per lì non riconobbi, anche se le loro facce non mi erano nuove: erano due calciatori della Juventus, gli amiconi Cip e Ciop; con loro c'era un venticinquenne belloccio con occhialini e capelli rasati a zero, Dino. Costui chiese subito a Gabry di accompagnarlo a comprare le sigarette, e uscirono; Mediterraneo, Lola e io sedemmo sprofondando nei divani. Cip e Ciop andarono in un'altra stanza, e quando tornarono, poco dopo, erano tutti e due completamente nudi. Due corpi che erano una meraviglia, veramente, sembravano i bronzi di Riace; ma quello loro nudità esibita a freddo, senza una ragione, coi batacchi che gli sballonzolavano mosci in mezzo alle gambe, mi pareva un po' ridicola (ho sempre trovato che la nudità maschile abbia qualcosa di comico). Loro, nudi dalla testa ai piedi, vennero a sedere sui divani e si misero a chiacchierare con noi come se niente fosse. Chiaro che

la festicciola sembrava avere intenzioni piccanti. 164

PIEDI NUDI

Al ritorno di Gabry e Dino, Cip andò all'ingresso ad aprirgli in quello stato, ma loro (a parte un momento di stupore di lei) sembrarono non farci caso: si capiva che i due erano molto distratti. Infatti si diressero subito nella camera da letto che dava sul salone, accesero la luce, entrarono e chiusero la porta. Pochi minuti dopo Cip e Ciop si avvicinarono in punta di piedi alla camera, e si misero a origliare i gemiti che provenivano dalla stanza; poi, a turno, cominciarono a guardare dal buco della serratura. A giudicare dalla prepotente erezione dei loro batacchi, lo spettacolo audio-video era dei migliori. Noi tre, dai divani, osservavamo divertiti la scena di Cip e Ciop "guardoni" e arrapati come se fossimo stati al cinema, mentre Mediterraneo, a bassa voce, li incitava a farci la telecronaca "minuto per minuto". La scena andò avanti così per una mezz'oretta: i due campioni nudi, col batacchio sempre più ritto, indaffarati a spiare, ascoltare e riferire. E quando l'amplesso fra Dino e Gabry arrivò al culmine, loro spalancarono la porta della camera gridando e ridendo... Dopo ci trasferimmo tutti nella camera a fianco per assistere a un altro spettacolo. Cip e Ciop, coi batacchi ancora per aria, si infilarono nel letto matrimoniale nella posizione del "69", si coprirono con un lenzuolo, e incominciarono a muoversi come se stessero "succhiandosi" a vicenda. Dopo un po' Cip invitò Lisa nel letto, lei accettò senza neanche spogliarsi; i due campioni le saltarono addosso, uno davanti e l'altro di dietro, tenendola stretta in mezzo - lei vestita, loro nudi, si capiva che avevano solo intenzione di giocare. Infatti Cip, ridendo, disse rivolto a tutti: «Ve l'immaginate se adesso entrasse qualche giornalista, un fotografo... Questo sì che sarebbe un bello scoop!». Mentre in camera si giocava alle luci rosse, io girai un po' per la casa, che era piena di tappeti persiani. C'erano due bagni, uno con la doccia, e uno doppio con due lavabi e due specchi. La cucina era all'americana, con marmo chiaro e un grande frigorifero vuoto (solo una tavoletta di cioccolato e

una bottiglia di Iimoncello). Un poster di calcio attaccato al muro e un libro sulla Juve appoggiato su una mensola mi chiarirono l'identità di Cip e Ciop - ecco perché la loro faccia non mi era sembrata nuova. 166

CARLO PETRINI

Si era fatto tardi, e Dino se ne andò dicendo che l'indomani mattina doveva lavorare. Ciop ci chiese di dormire lì con loro: «Non vogliamo scopare, vogliamo solo un po' di coccole». Ma anche noi l'indomani dovevamo lavorare, così preferimmo andarcene. A dormire con loro restò il solo Mediterraneo, che in quell'appartamento si muoveva come a casa sua. Di quella seratina mi restò l'impressione che i simpatici Cip e Ciop fossero due giocherelloni un po' esibizionisti, e mi divertivo a immaginare che fossero legati da una segreta passione gay. Tutto sommato era stata una serata piacevole, tanto è vero che fu la prima di una serie. In quel lussuoso appartamento, che era la casa di Cip (ma in pratica ci viveva anche Ciop), ritornai più volte, senza mai dimenticarmi di lasciare sul tavolo i bigliettini da visita del "Viva Lain". Quando Mediterraneo non era impegnato con la sua squadra, veniva a Torino e si piazzava in casa di Cip. A volte la sera, anche a tarda ora, mi telefonava invitandomi là. Per lui ero solo un'amica (Mediterraneo non ha mai messo piede al "Viva Lain", nonostante i miei ripetuti inviti), mi chiamava perché sapeva che in quel periodo ero single. La seconda volta che accettai il suo invito, una domenica sera, la passammo tutta davanti alla tv insieme a Cip e Ciop: bevendo birra e limoncello, seguimmo le due trasmissioni sportive della Rai e di Mediaset. Fu uno spasso sentire i loro commenti ai commenti della tv. Conduttori e opinionisti si presero pernacchie, battutacce e fischi. Era la loro rivincita sugli odiati giornalisti, sulle cazzate del calcio parlato. Quando sullo schermo passarono quelle tabelle con le percentuali del possesso palla, dei falli fatti o subiti, dei tiri in porta o fuori dalla porta, Cip e Mediterraneo lanciarono verso il televisore una scarica di insulti, il più gentile dei quali fu: «Guarda 'sti coglioni cosa cazzo si inventano!». Cip era un tipo un po' snob, però era simpatico; Ciop, invece, era un ragazzo umile e alla mano. Mi piacevano perché - a differenza di tanti loro colleghi - non se la tiravano da campioni e non erano assatanati di sesso femminile. Non mi

vedevano come una da scopare, così mi fu facile diventare loro amica. Contrariamente a quello che scriveranno i giornali, né Cip 168

PIEDI NUDI

né Ciop vennero mai al "Viva Lain" per farsi massaggiare; Ciop non ci mise mai piede, mentre Cip veniva qualche volta a trovarmi (ma non si ritirò mai nelle cabine con le nostre ragazze). In compenso, al "Viva Lain" cominciò a venirci qualche loro amico, grazie ai bigliettini da visita del centromassaggi che gli seminavo in casa: ricordo che i primi furono un buttafuori di discoteca e un art director, due tizi che avevo visto una sera nella casa dei campioni. Un giovedì sera la casa di Cip era un bordello indescrivibile: eravamo in una dozzina, e ballavamo nel salone con una musica a volume così alto che tremavano i vetri (i vicini di casa dei campioni di calcio sono pronti a perdonare tutto ai loro idoli...). Quella sera Mediterraneo era su di giri come non lo vedevo da un pezzo. Prima ci provò con una delle ragazze presenti, ma gli andò buca; poi trovò la tipa disponibile e la portò in bagno: tornò dopo un quarto d'ora tutto scalmanato (Mediterraneo, che è un po' esibizionista, mi sussurrò in un orecchio che avevano scopato in piedi contro il muro senza togliersi di dosso un solo indumento). Non passò mezz'ora che il focoso campione era pronto per un bis, e che bis! Mediterraneo si appartò in camera da letto con la stessa tipa e con un ragazzo, e si scatenò in un bel triangolo erotico (a un certo punto, nudo, venne a chiedermi se volevo partecipare, ma gli dissi che ero troppo tradizionale per l'ammucchiata). Cip e Ciop, invece, si comportarono come sempre da veri virtuosi: ballarono e si divertirono nella maniera più casta che si potesse immaginare. A notte fonda, quando quasi tutti gli invitati se n'erano andati, chiacchierammo di rapporti di coppia, amore, sesso e corna. Mediterraneo spiegò che per i calciatori la vita sentimentale è un gran casino pieno di stress e di problemi, che molte donne usano il sesso per accalappiargli la notorietà e il conto in banca, che lui comunque trovava assurdo mettersi in coppia da giovani e rinunciare così a tutte le occasioni... Cip e Ciop gli diedero ragione. Io fui sincera e feci la mia solita figura da fotoromanzo: cercavo l'amore, volevo l'uomo dei miei sogni, stavo aspettando il Prin-

cipe azzurro, e a quasi trent'anni il sesso senza sentimento ormai non mi interessava più. 170

CARLO PETRINI

Ricordo una domenica sera passata a casa di Cip aspettando che lui e Ciop tornassero da Firenze, dove avevano giocato e perso contro la Fiorentina. Insieme a me c'erano Mediterraneo e due ragazze del "Viva Lain". Pensammo di accogliere i campioni di ritorno dalla sconfitta preparandogli una pastasciutta di consolazione. Cip e Ciop arrivarono a casa che era già notte. Erano così incazzati per la partita persa che si rifiutarono di mangiare, mostrando di non gradire troppo neanche la nostra presenza. E quando io, rimettendo a posto la cucina, senza volere ruppi il vetro di un'anta, Cip andò su tutte le furie e si chiuse in camera da letto a farsi sbollire l'ira. Per fortuna l'amico Mediterraneo riuscì a fargliela passare, e quando ritornò nel salone noi ragazze ce ne stavamo andando in punta di piedi. Il primo calciatore juventino che venne al "Viva Lain" come cliente fu un marcantonio alto e possente, un vero stallone. Nessuna di noi l'aveva riconosciuto come un campione di calcio, sembrava piuttosto un playboy internazionale; venne da noi accompagnato da un amico, dissero che di mestiere facevano i businessman. Lo Stallone era così bello, così gentile e così elegante, che io - non so perché - diventai subito diffidente. Appena si accomodò nella cabina, dissi alla ragazza che lo avrebbe massaggiato, Luna, di fare molta attenzione perché di quel tipo non mi fidavo. (Si fece massaggiare anche il suo amico, in un'altra cabina.) Mi accorsi dopo che si trattava di un campione bianconero, perché sulla scheda che gli avevo dato da compilare aveva scritto il suo vero nome e cognome (non credevo ai miei occhi!). Così pretesi che Luna mi raccontasse come era andata in cabina. Lo Stallone aveva voluto il massaggio "completo", anzi completissimo (cioè sia con la mano sia con la bocca), le aveva lasciato una mancia generosa, e nudo - diceva Luna, entusiasta - era ancora più bello che vestito, aveva un corpo incredibile. Dopo quella prima volta, lo Stallone diventò un nostro af-

fezionatissimo cliente. E ogni volta che arrivava lui - bello come un adone, elegante e gentile come un lord inglese, generoso come un nababbo - il "Viva Lain" si trasformava per un'oretta in un club di scatenate tifose juventine... 172

PIEDI NUDI

A volte lo Stallone arrivava da noi insieme a un altro giocatore della Juve, il Tucano. Un timidone che faceva tenerezza, un tipo dal carattere dolcissimo. Il Tucano si faceva fare sempre e solo il massaggio "semplice". Lo so perché le ragazze, ogni volta, uscivano dalla cabina perplesse oppure incavolate, a molte piaceva parecchio. Ma lui, a quanto pare, voleva solo il relax senza varianti, veniva al "Viva Lain" solo per il massaggio platonico - e ci trovava un gran gusto, tanto è vero che una volta, durante il trattamento, si addormentò. Marta si invaghì del Tucano, e tentò in tutte le maniere di fargli il massaggio "completo", ma non ci fu verso. «Per me, quello non è normale», disse, rassegnata, l'ultima volta che ci provò inutilmente. Un bel giorno lo Stallone invitò me e le ragazze del "Viva Lain" a una festa serale in casa sua. A scanso di equivoci, io ci andai in compagnia del mio uomo. Solita via del centro, altro citofono col numero, nuovo appartamento superlusso: salone con divani in pelle nera, un grande televisore appoggiato sul pavimento, un hi-fi modello fantascienza con casse ultrapiatte a pieno volume; poi cucina full-optional, doppi servizi con lavandini rossi, due camere da letto, e un bel terrazzo. Insieme allo Stallone c'erano due suoi amici atleti, più tre calciatori: Cip (senza Ciop, che aveva un altro impegno); il Rustico (giocatore di una squadra di serie B); e una delle star juventine, il Divino, un tipo altezzoso con la faccia da capretto e l'aria spocchiosa. Del "Viva Lain" c'erano cinque ragazze, più io col mio uomo. Cenammo tutti insieme - pizza con birra e coca-cola - seduti intorno a un grande tavolo. Il clima era leggero, lo Stallone era un amabile padrone di casa che rendeva piacevole la conversazione; l'unica nota stonata era il Divino, sempre chiuso nel suo altezzoso mutismo da divo costretto a stare con i comuni mortali. Dopo la pizza arrivarono in tavola scaglie di parmigiano e bottiglie di rum, mentre la musica aumentava di volume. L'atmosfera diventò calda quando quel giocherellone di Cip

prese sulle sue ginocchia Deborah e cominciò a infilarle le mani nello spacco della gonna. Fu come un segnale. I due muscolosi amici dello Stallone si imboscarono in bagno con Va174

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nessa, la quale poi mi raccontò di averli sollazzati contemporaneamente con una doppia fellatio (giusto per non fare preferenze). Lo Stallone allungò le mani su Selene, le abbassò le spalline del vestito, le tirò fuori i seni e cominciò a giocarci a tempo di musica. A quel punto, ecco il colpo di scena: il Divino balzò in piedi come un agile capretto, trascinò Cinzia in mezzo al salotto, e si lanciò in uno show indimenticabile. Dimenandosi a suon di musica appiccicato alla ragazza, il Divino si tolse senza slacciarle le firmatissime scarpe da atletica che calzava, poi, una dopo l'altra, le calze. Sempre muovendosi al ritmo della musica appiccicato a Cinzia, si sfilò la aderentissima maglietta di microfibra grigia che indossava, quindi cominciò a slacciare la camicetta di lei, gliela tolse e la buttò per terra. Cinzia rimase in reggiseno, ma il Divino, sempre muovendosi sinuoso e lascivo al ritmo della musica, la afferrò per i capelli e glielo strappò di dosso... Poi, lentamente, si sbottonò i jeans neri che fasciavano il suo bel posteriore e le sue preziose gambe da gol, se li sfilò, e restò con un paio di slip grigi superfirmati - che fisico bestiale da fotomodello! Il mio uomo cominciò a sbuffare, ma io ero interessatissima allo spettacolo, che stava entrando nel vivo (assistere allo striptease integrale di un campionissimo di calcio è un privilegio che una donna non può perdere!). Il Divino posò le mani sui pantaloni di pelle di Cinzia, glieli slacciò, glieli abbassò, e anche lei restò in mutandine. Continuavano entrambi a ballare, il campione stava addosso a lei sinuoso come un serpente. Poi caddero gli slip di lui, e il Divino schiacciò il suo batacchio d'oro mezzo sveglio contro il deretano danzante di lei. Mentre stava per sfilarle le mutandine, il Ruspante gli si avvicinò e gli disse qualcosa nell'orecchio; visibilmente scocciato, il Divino bofonchiò parole incomprensibili. Lo spettacolo finì sul più bello: il Divino, il Ruspante, più uno degli atleti amici dello Stallone, portarono Cinzia in camera da letto, chiusero la porta, e là si scatenò una furibonda ammucchiata 3 a 1. Lei, poi, mi raccontò che i campioni andarono in gol tutti e tre, ma che nel groviglio - forse per un

errore dovuto alla foga - ci fu anche una autorete... Che bello sarebbe stato poter rivedere i gol, e soprattutto l'autorete, alla moviola! 176

PIEDI NUDI

Lo Stallone e il Tucano furono dei portafortuna: dopo di loro, al "Viva Lain" cominciò ad arrivare qualche altro calciatore della Juventus, ma anche del Torino. Mi procurai un paio di foto di gruppo delle due squadre per poterli riconoscere (la curiosità, si sa, è femmina). Diventarono nostri clienti sia lo juventino Azzurro dall'aria malinconica, sia il suo compagno di squadra Timidone. Azzurro era un tipo tranquillo e riservato, pareva un ex chierichetto tutto casa e chiesa; quando capitava, mi divertivo a guardare in tv i suoi tiracci sbilenchi - però al "Viva Lain" la mira ce l'aveva giusta. Timidone, invece, era un ragazzone bruno che diventava rosso come niente; ma appena entrava in cabina non arrossiva più, e la sua timidezza perdeva un po' di pudore. Dei granata venivano il bell'Acquario, il compagnone Biondo e il libidinoso Indio (ci veniva anche un dirigente della società). Loro, anche se erano decisamente meno famosi degli juventini, erano ossessionati dalla riservatezza: quando telefonavano per fissare l'orario volevano parlare solo con me (e se per caso ero assente mi chiamavano sul telefonino), pretendevano che io fossi presente al loro arrivo, mi pregavano di non farli stare in sala d'attesa neanche un minuto, non volevano incontrare nessuno, avevano paura di essere riconosciuti. Erano anche simpatici: un giorno ci portarono foto e gagliardetti del Toro, perché dicevano che al "Viva Lain" c'era troppa Juventus. A ogni nuovo arrivo di campioni le ragazze squittivano: non solo i giocatori erano gagliardi giovanotti dai corpi bellissimi, ma sapevano essere generosi con le mance - praticamente, per le ragazze era come unire l'utile al dilettevole. E a parte il Tucano, tutti volevano un bel massaggio "completo". Dopo un po' alcuni dei calciatori e qualche ragazza del "Viva Lain" cominciarono a vedersi "fuori orario" la sera. L'indomani le fortunate ci raccontavano la loro serata coi campioni. Non volevo che le ragazze mischiassero lavoro e vita privata, ma nel caso dei calciatori la mia era una battaglia persa in partenza, così non ci provavo neanche.

Una mattina Corinne arrivò al lavoro sventolando due paia di slip appartenuti a due fuoriclasse juventini: disse che non 178

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glieli aveva sfilati lei, ma li aveva raccolti ai piedi del letto durante una festa con ammucchiata finale. Erano i nuovi trofei dei campioni del pallone: non più le maglie, ma le mutande... Terry aveva tentato di farsi un giocatore bianconero fidanzatissimo (uno di quelli che al "Viva Lain" non ci hanno mai messo piede, l'aveva conosciuto a casa dello Stallone), però non ci era riuscita: perché lui voleva farlo solo col preservativo, ma appena si era infilato il guanto il batacchio gli era crollato come per uno svenimento e non c'era più stato verso di risollevarlo. Sul cellulare di Carmen una sera arrivò una strana telefonata. L'uomo le disse di essere il celebre campione juventino di lungo corso (mai visto al "Viva Lain"), disse che con altri due compagni di squadra stavano festeggiando in casa il compleanno di uno di loro, e la invitò ad andare là con due amiche: se li avessero fatti divertire, c'erano pronti tre assegni da un milione l'uno. Lei gli domandò come avesse avuto il suo numero di cellulare, lui rispose che glielo aveva dato lo Stallone (che però non partecipava alla festa di compleanno). Carmen declinò l'invito, ma il campione di lungo corso non si rassegnò: disse che se era un problema di soldi, si poteva aumentare la cifra... «Io non sono una puttana!», sbottò lei chiudendo la telefonata. I rapporti "privati" fra le ragazze del "Viva Lain" e vari campioni della Juventus a volte provocavano degli equivoci. Dopo una serata a base di sesso, Cip mi telefonò per lamentarsi che una delle ragazze aveva piantato una grana a un suo compagno di squadra perché voleva essere pagata. «Cosa c'entro io?», gli risposi. «Le mie collaboratrici, fuori dal locale, sono libere di fare quello che vogliono... E voi, mi pare, siete persone adulte e vaccinate». Seppi poi che la fanciulla venne "pagata in natura": i campioni le diedero le loro maglie di gioco che - dissero - avevano «un certo valore da collezionisti». Gisella me ne raccontò un'altra. Una sera, dopo una cena di gruppo, sua sorella aveva accettato la corte dello Scatenato (altro campionissimo della Juve mai venuto al "Viva

Lain"), che l'aveva portata in un albergo extralusso. Lo Scatenato era una furia non solo in campo ma anche a letto: un j animale da sesso, un maschione instancabile, ore e ore di am180

PIEDI NUDI

plessi fino alla mattina dopo, quando la povera sorella di Gisella era uscita dal letto con le parti intime infiammate. Lo Scatenato, tutto soddisfatto della sua virilità atomica (chissà se gli avessero fatto l'esame antidoping...), prima di lasciare l'albergo aveva dato alla stremata fanciulla un assegno di 2 milioni dicendole: «Non ti offendere: è che voglio farti un regalo ma non ho tempo di andare a comprarlo». Oltre agli equivoci, c'erano anche episodi piacevoli. Un giocatore della Juve, il Tucano, si meritò per esempio l'oscar della gentilezza. Gli chiesi se mi faceva avere due biglietti per assistere al derby Toro-Juve; lui fu così gentile che invece di due biglietti mi regalò due abbonamenti omaggio in tribuna per tutto il Campionato. Un giorno capitò un fatto divertente. Arrivò lo Stallone per farsi fare il solito massaggio "completissimo", era in compagnia di Cip che mi voleva salutare; siccome entrarono ridendo come dei matti, gli domandai cosa ci fosse di così divertente, e Cip me Io raccontò. In via Antinori avevano visto la macchina di Azzurro parcheggiata; e mentre stavano suonando il citofono del "Viva Lain", dal portone era uscito proprio lui. Trovandosi davanti i due compagni di squadra, Azzurro era avvampato come uno scolaro sorpreso a copiare, e aveva balbettato di essere stato dal dentista (nel nostro palazzo c'era infatti anche uno studio dentistico); loro erano scoppiati a ridere, e ridevano ancora. Risi anch'io. Il malinconico Azzurro si era appena fatto fare un bel massaggio "completo" effettivamente attinente qualcosa di orale, ma i denti non c'entravano; e la ragazza che glielo aveva fatto non poteva assolutamente essere scambiata per un dentista. Peccato solo che dopo quella volta l'Azzurro-paonazzo da noi non si fece mai più vedere. Ricordo una cena organizzata in un locale messicano con quattro campioni juventini e qualche loro amico; c'eravamo io, Vanessa, Deborah, Ale e Tina. Fra birre e tortilla, passammo un paio d'ore piacevoli. A un certo punto lo Scatenato saltò in piedi incazzatissimo: si era accorto che il proprietario del locale, da dietro il banco, sta-

va riprendendo la nostra tavolata con una piccola telecamera 182

CARLO PETRINI

- l'uomo si scusò e consegnò subito il nastro allo Scatenato. Chissà se il filmato aveva colto le scintille erotiche che c'erano nell'aria, specialmente fra lo Stallone e Deborah, che sedevano vicini. Lei aveva cominciato a tirare cubetti di ghiaccio che cadevano sempre sulla patta dei giocatori; e loro rispondevano con lanci di cubetti che cadevano sempre nella generosa scollatura di lei... A un certo punto Deborah si alzò per andare al bagno; un momento dopo lo Stallone la seguì; tornarono dopo una decina di minuti, prima lui, poi lei, e tutti ci stupimmo in silenzio per quel frettoloso ritorno. Più tardi, mentre si tornava a casa, Deborah ci raccontò quello che era successo in bagno. Lei si stava lavando le mani, e nel grande specchio che c'era sopra il lavabo aveva visto entrare lo Stallone: lui senza parlare le aveva abbassato le mutandine, si era tirato fuori l'arnese e l'aveva presa da dietro, all'impiedi, mentre lei stava appoggiata al lavandino. Il vedersi nello specchio, e il "pericolo" che entrasse qualcuno, li aveva fatti godere entrambi a tempo di record. Spesso il Timidone juventino arrivava al "Viva Lain" per il massaggio in compagnia del suo amico del cuore, un giocatore di serie B che aveva occhi, capelli e carnagione scuri come un corvo. Il Corvo giocava in una squadra del Sud, e dopo qualche massaggio con Ketty la invitò a trascorrere là qualche giorno di vacanza, ospite a casa sua. Lei ci andò, e passò tre giorni da favola: quando non era impegnato con gli allenamenti, lui la accompagnava a fare compere in centro, di sera la portava nei migliori ristoranti della città e a ballare in discoteca, poi di notte la faceva sentire femmina fino in fondo. La mattina che Ketty tornò al lavoro, ci raccontò quella bella vacanza dicendosi invaghita del Corvo, cavaliere di giorno e grande amatore di notte. Quella stessa sera, il Timidone bianconero si mise ad assediarla di telefonate: la invitava a casa sua, voleva uscire con lei, voleva fare una vacanza con lei, voleva fare l'amore con lei... Probabilmente, aveva saputo dall'amico Corvo delle belle giornate di vacanza con

Ketty, ma soprattutto delle belle nottate, e il Timidone non voleva perdere l'occasione di fare altrettanto. Dopo la decima telefonata, Ketty perse la pazienza e gli disse: «E inutile che 184

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insisti: non voglio venire a letto con te!». Allora il Timidone si rassegnò e non la chiamò più. I calciatori sono convinti di essere uomini irresistibili per qualunque donna, e quando ricevono un rifiuto fanno fatica a capirlo. Dopo averlo massaggiato un po' di volte, Deborah fece l'errore di prendersi una sbandata per lo Stallone. Ce ne accorgemmo tutte, e le colleghe cominciarono a prenderla in giro. Ma un bel giorno, all'improvviso, l'idillio finì: Deborah si rifiutava di massaggiare lo Stallone, e quando lui arrivava lei manco lo salutava e evitava di incontrarlo. Le domandai spiegazioni. Era successo che lo Stallone, di fronte agli occhi dolci di Deborah, per un po' aveva fatto finta di niente, poi, quando lei era stata cotta al punto giusto, le aveva domandato il numero del cellulare, e subito dopo, con un sms, l'aveva invitata a casa sua per una serata speciale. Ecco la "serata speciale" raccontata da Deborah: «Avevo il cuore in gola all'idea che anche lui, forse, era preso da me... Dopo il lavoro sono corsa dal parrucchiere, e ho passato un'ora davanti allo specchio a truccarmi e vestirmi da superfiga. Già me la immaginavo la serata: una cenetta intima con tanto champagne, poi baci e carezze fra le sue braccia davanti alla tv, e alla fine una notte d'amore... Sono arrivata a casa sua in taxi, lui mi ha accolto sulla porta come in un film: prima mi ha baciato a lungo, poi mi ha preso in braccio e mi ha portato sul divano. Ma non era da solo: in casa c'erano altri tre atleti, me li ha presentati - uno lo conoscevo già, era un campione di nuoto, gli altri no (mi pare di aver capito che fossero giocatori di pallavolo, ma loro non parlavano l'italiano)... Beh, ho pensato di essere arrivata troppo in anticipo, e che quei tipi, di lì a poco, se ne sarebbero andati lasciandoci soli. Abbiamo cominciato a bere e a chiacchierare del più e del meno; ero a stomaco vuoto, così dopo il primo rum ero già mezza ubriaca... A un certo punto lui mi ha chiesto se potevo fare ai suoi amici un massaggio dei miei, dato che fra tutte le ragazze del "Viva Lain" ero senz'altro la più

brava. Mi sono detta: come al solito non hai capito niente, ti ha invitata a casa sua non per una serata romantica ma per 186

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farti fare gli straordinari... Ero un po' delusa, però quel complimento di essere la più brava mi faceva molto piacere; e poi ho pensato che se l'avessi accontentato coi suoi amici gli sarei piaciuta ancora di più... Così ho accettato. Il nuotatore si è spogliato nudo per primo, e si è sdraiato per terra, sul tappeto; io mi sono tolta le scarpe, mi sono avvicinata, e ho cominciato a massaggiarlo, mentre gli altri tre, seduti sul divano, guardavano. A un certo punto si è spogliato il secondo, che si è sdraiato vicino al primo, e ho cominciato a massaggiare anche lui. Poi è arrivato il terzo... Avevano dei corpi incredibili, uno più bello dell'altro, muscolosi e lisci come delle statue - dopo il massaggio stavano lì per terra sul tappeto, tutti con l'uccello duro... Per ultimo si è spogliato lui, che si è sdraiato vicino agli altri; ma invece di lasciarsi massaggiare, mi ha tolto tutto quello che avevo indosso, mi ha sdraiato sui corpi dei suoi tre amici e ha cominciato a leccarmi in mezzo alle gambe... Io non capivo più niente... Due si sono messi a succhiarmi i capezzoli, il nuotatore mi ha ficcato la lingua in bocca, e mentre loro facevano questo, lui ha cominciato a scoparmi lentamente... E stata una esperienza scioccante, forse perché non avevo mai fatto un'orgia (invece loro erano degli esperti, lo si capiva da come si muovevano)... Ho perso completamente il controllo, non ero più io, ho fatto delle cose che non avrei mai immaginato di poter fare - eppure è successo, è successo tutto, dico tutto, quello che può succedere nel sesso... Io da sola con quattro uomini, mi sembrava di essere in un film, specialmente quando sentivo la voce di lui che mi incitava dandomi della troia, e io appena sentivo la sua voce godevo... Non so quanto sia durata. So che alla fine sono andata in bagno e sono rimasta sotto la doccia per mezz'ora: avevo sperma dappertutto, anche nei capelli. Quando sono tornata di là, con indosso un accappatoio che mi arrivava fino ai piedi, due se n'erano già andati, c'erano solo il padrone di casa e il suo amico nuotatore; ero convinta che mi avrebbe ospitato per la notte, che avrei dormito con lui, ma appena mi ha vista ha detto: "È ora che vai, è tardi, domani devo fare l'allenamento". Sono rimasta zitta: ho raccolto i miei vestiti, so-

no tornata in bagno a truccarmi, con il mio cellulare ho chiamato un tassì, e me ne sono andata senza salutare sbattendo la porta... È vero: non mi aveva obbligato a fare l'orgia, non 188

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mi aveva promesso dei soldi. Ma quel bastardo si era approfittato del fatto che avevo una cotta per lui, mi ha usato per divertirsi insieme ai suoi amici, e alla fine mi ha trattato peggio di una puttana, perché non mi ha neanche pagato... Sarà un gran figo, sarà un campione, sarà miliardario, ma per me è solo un gran bastardo, e non voglio averci più niente a che fare». Povera Deborah pasticciona! Non aveva capito che lo Stallone, anche se era gentile come un lord, era comunque un maschio, e in più era un calciatore. E in ogni caso, ben le stava: quante volte dicevo alle ragazze che non dovevano assolutamente mischiare il lavoro con la vita privata? Mi dispiaceva solo che fra i clienti del "Viva Lain" non ci fosse uno psicologo (almeno, credo che non ci fosse...): gli avrei domandato perché ai campioni gli piacciono così tanto le ammucchiate dove ci sono più maschi che femmine... In base ai racconti che facevano poi le ragazze, nelle cabine del "Viva Lain" i due campioni juventini nostri affezionati clienti non erano precisamente dei fuoriclasse. Il Timidone cominciava la seduta sempre molto imbarazzato, al punto che teneva indosso gli slip; se li toglieva solo quando il massaggio era a buon punto e il batacchio minacciava di saltargli fuori comunque - allora la timidezza gli passava... La conclusione del trattamento preferita dal Timidone era quella di farselo succhiare, ma gli piaceva anche masturbarsi guardando la massaggiatrice in atteggiamenti osceni. Non voleva di più, perché diceva che là dentro non era a suo agio, non c'era l'atmosfera giusta, aveva sempre paura che potesse entrare qualcuno. Era come ossessionato dalla paura di essere sorpreso in quella situazione, ma non si sa da chi (forse dall'allenatore?)... Un vero peccato - dicevano le ragazze sospirando - dato che era dotatissimo, e non solo in fatto di statura! Lo Stallone era tutta un'altra cosa, lui non era mai timido, anzi!, le mutande se le toglieva al volo come prima cosa. Mentre la ragazza cominciava il massaggio, lui le mormorava fra-

si sconce, e più il trattamento andava avanti più lui diventava scurrile alzando la voce e allungando le mani. Di solito la conclusione era che la ragazza gli praticava la masturbazione 190

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orale mentre lui le dava della troia e le tirava i capelli. Oppure voleva che lei si sdraiasse sul lettino e si masturbasse, mentre lui, in piedi, faceva altrettanto venendole addosso. Gli altri giochi erotici preferiti dallo Stallone per il culmine del trattamento erano la masturbazione reciproca, oppure lei che lo faceva venire masturbandolo col seno. A quanto dicevano le ragazze, né il Timidone né lo Stallone chiedevano mai di fare sesso completo, e se glielo si proponeva loro rifiutavano come se gli si fosse chiesto un azzardo troppo pericoloso. Queste pagine delle "memorie di Tiziana", e i verbali degli interrogatori dei calciatori coinvolti nella faccenda, sono stati censurati col silenzio da giornali e tv, cioè da quegli stessi giornali e televisioni che avevano montato lo scandalo del "Viva Lain". Perché i media italiani, più che informare, pilotano e manipolano e censurano le notizie. Come dimostra la storia del "massaggiato speciale".

Il massaggiato speciale Fra i clienti del centro massaggi presunto bordello "Viva Lain" di Torino, oltre ai giocatori juventini e granata, c'è anche un altro personaggio supervip del mondo pallonaro: nientemeno che il designatore degli arbitri Pier Luigi Pairetto. E questo dovrebbe essere il vero scandalo: il designatore degli arbitri che frequenta in segreto una specie di bordello insieme a giocatori di serie A! Eppure di Pairetto al "Viva Lain" giornali e tv non parlano, censura, "La Gazzetta dello sport" zitta e mosca. La consegna della mafia mediatica è il silenzio, questo personaggio non deve assolutamente comparire. Silenzio e censura anche quanto Pairetto, convocato dal magistrato che segue l'inchiesta, dichiara a verbale: «Ho iniziato a frequentare il "Centro Viva Lain" circa tre anni fa in quanto avevo letto un annuncio su un giornale [...]. Le prime volte che mi sono recato al Centro ho effettivamente effettuato massaggi con una ragazza che ricordo chiamarsi Mirella e un'altra della quale non ricordo il nome. Successivamente, in occasione di un massaggio con Marzia, quest'ultima mi ha chiesto se desideravo fare anche un massaggio intimo e io ho accettato. Nell'occasione la Marzia mi massaggiò masturbandomi e mi disse se per quel tipo di massaggio ero 192

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disposto a farle un regalo: io le lasciai 50 mila lire all'interno della cabina, e quindi pagai poi normalmente il massaggio alla cassa. In seguito mi sono recato qualche altra volta al Centro e ho fatto massaggi intimi con masturbazione manuale con altre ragazze delle quali ricordo Diana e Giorgia; anche in queste occasioni ho sempre lasciato la mancia di 50 mila lire alla ragazza, in cabina, pagando poi il prezzo del massaggio alla cassa [...]. Non ho mai sentito, neanche negli ambienti calcistici che pure frequento, che calciatori ovvero altri personaggi particolari frequentassero il Centro. Preciso tuttavia che io non ho mai parlato con nessuno del fatto che frequentavo il Centro, e quindi non ho neanche riscontri circa la frequentazione da parte di altre persone. Preciso, tra l'altro, che non ho mai saputo, né mi è stato riferito, che all'interno del Centro si facesse uso di sostanza stupefacente». Dunque il signor Pier Luigi Pairetto, dal 1999 designatore degli arbitri del campionato di serie A, aveva rapporti sessuali con massaggiatrici all'interno di un locale chiuso dalla polizia con l'accusa di essere un bordello. Un locale pubblico che era frequentato, allo stesso scopo, anche da alcuni calciatori della Juventus (e del Torino). Eccolo il vero scandalo del "Viva Lain", la vera notizia! Il designatore arbitrale e vari giocatori della Juve (e del Torino) si facevano fare pippe e pompini (e forse qualcos'altro) dalle stesse fanciulle nello stesso "bordello"! Una notizia che se fosse stata pubblicata avrebbe provocato un puttanaio e costretto Pairetto a dimettersi da designatore arbitrale. Ecco perché la mafia pallonara ha censurato tutto col silenzio. Così il signor Pairetto, tra un "massaggio" e l'altro, ha potuto continuare a fare il suo mestiere, cioè a manovrare, pilotare, truccare i sorteggi arbitrali nell'interesse della Juventus (e non solo...). Non è finita qui. Mentre l'omertà dei pennivendoli e la censura della mafia pallonara lo tenevano fuori dallo

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scandalo, il designatore arbitrale Pairetto in quella stessa estate del 2002 metteva il culo su una seconda poltrona, stavolta addirittura internazionale: in agosto veniva nominato vice presidente della Commissione arbitrale europea (Uefa). Una seconda carica ottenuta proprio grazie al fatto che era stato tenuto fuori dallo scandalo. Nel mio libro Scudetti dopati. La Juventus 1994-98: flebo e trofei (Kaos edizioni), pubblicato nel maggio del 2005, ho scritto che Pairetto - designatore arbitrale, nonché vice presidente della Commissione arbitrale Uefa - era stato tra i clienti del "Viva Lain", e ho riprodotto il verbale del suo interrogatorio. Ma tutte le "Gazzette", e i vari pennivendoli delle pagine sportive, hanno continuato a far finta di niente: censura e silenzio, le cose che gli riescono meglio. Nel frattempo il designatore Pairetto, dietro le quinte, ne combinava di cotte e di crude protetto dall'omertà. Per esempio: la Fiat Auto metteva a disposizione della Juventus moggiana decine di automobili nuove con sconti anche del 50 per cento, e il designatore Pairetto ne approfittava a piene mani, per sé e per un tot di amici - decine di milioni di lire risparmiati grazie allo "sconto Juve". Ecco cosa ha testimoniato l'addetto Vittorio Pastore: «Nel 2002, su segnalazione di Luciano Moggi, si è presentato da me l'ex arbitro di calcio, allora designatore arbitrale, Pier Luigi Pairetto, il quale ordinava una vettura, credo fosse una Fiat Bravo di colore blu, che gli veniva consegnata con lo sconto Juventus». La prima di una lunga serie: infatti erano seguite una Lancia Thesis, una Lancia Musa per la fidanzata, una Lancia Lybra, due Croma, ben 8 Panda per un amico imprenditore... L'avvocato del designatore arbitrale ammetterà davanti alla Caf: «E fuori di dubbio che la compagna del dottor Pairetto o i suoi amici abbiano potuto ottenere delle condizioni più favorevoli nell'acquisto di autovetture... Per quanto a sua conoscenza, lo sconto proveniva direttamente da Fiat Auto per intercessione

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Il verbale dell'interrogatorio del designatore arbitrale Pairetto, frequentatore dell'eros center "Viva Lain" come alcuni giocatori juventini, nascosto dai giornali. 197

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del Moggi, a titolo di mera amicizia e a prescindere dai rispettivi ruoli in ambito Figc. Detto atteggiamento potrebbe forse essere criticabile, ma certamente non foriero di tentativi di alterazione del normale andamento del campionato». Davanti ai magistrati di Calciopoli, il secondo designatore arbitrale, Paolo Bergamo, a proposito delle schede telefoniche "schermate" fornitegli da Moggi per poter parlare senza essere intercettati dalla magistratura, accennerà anche al collega Pairetto: «Moggi mi consegnò tra dicembre 2004 e gennaio 2005 un apparecchio cellulare contenente una scheda di nazionalità sicuramente non italiana affinché comunicassimo con tale apparecchio. Mi viene chiesto di indicare la marca e il modello del telefono cellulare, e io rispondo che non lo ricordo. Mi viene chiesto attraverso quale azione materiale io effettuavo la ricarica della scheda telefonica, e rispondo che, su indicazione di Moggi, digitavo un codice numerico sull'utenza cellulare sapendo che attraverso questa semplice operazione la scheda veniva ricaricata... Ho ricevuto telefonate su questa scheda solo da Luciano Moggi e Pier Luigi Pairetto... Mi sembra di aver parlato con Pairetto per cui si è deciso di utilizzare l'apparecchio anche per nostre comunicazioni su argomenti più delicati, e cioè relative a commenti più specifici sull'arbitraggio di alcune partite, con particolare riguardo a eventuali errori commessi dagli arbitri... Mi viene chiesto se Pairetto si dotò di tale apparecchio prima o dopo il momento in cui ebbi la disponibilità dell'utenza da Moggi: probabilmente ciò avvenne dopo. Colloco in quel periodo la circostanza in quanto mi sembra di ricordare che ebbi una discussione con Carraro piuttosto animata e quindi intesi commentarla con Pairetto su un'utenza riservata». Perché il duo Moggi-Pairetto a un certo punto comincia a utilizzare cellulari non intercettabili? Perché devono nascondere i loro incredibili maneggi basati su telefonate tipo queste. Nella prima, Moggi chiama casa

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Agnelli; nella seconda, di qualche minuto dopo, Pairetto chiama un suo amico, tale Enzo: Voce maschile: «Casa Agnelli, buongiorno». Moggi: «Sono Moggi, buongiono. Avrei bisogno di Nalla». Natta: «Ciao Luciano». Moggi: «Io avrei bisogno in tempi rapidi per un amico importante... di una Maserati». Nalla: «Sì». Moggi: «Quattroporte». Nalla: «Quattroporte?». Moggi: «Sì... Ti diamo tempo una settimana-dieci giorni, va bene?». Nalla: «Va bene». Enzo: «Pronto?». Pairetto: «Enzo?». Enzo: «Ciao Gigi». Pairetto: «Ascolta, volevo dirti: la macchina ce l'ho già praticamente». Enzo: «Quale?». Pairetto: «... Quindi quando vogliamo andare poi a prenderla c'è a disposizione praticamente una Maserati». Enzo: «Ma dai!». Pairetto: «Sì, quindi...». Enzo: «Madonna!». Pairetto: «Adesso quando rientro domani chiamo direttamente la Casa Reale». In un'altra telefonata intercettata dai carabinieri, Bergamo afferma che il collega Pairetto «risponde al Milan, alla Sampdoria, all'Inter, al Verona, al Vicenza, al Palermo... A tutti quelli dove ci sono grandi magazzini...». Infatti Pairetto, mentre con una mano fa il designatore arbitrale, con l'altra è impegnatissimo come imprenditore nella grande distribuzione, ha le mani in pasta con varie società commerciali, e traffica con macchine Fiat e Maserati a prezzi superscontati. "Viva Lain", macchine a metà prezzo, affari e maneg200

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gi di vario tipo: tutte faccende che non si potevano raccontare, perché il designatore Pairetto era uno dei cardini del baraccone pallonaro. E il martedì commentava pubblicamente in forma giornalistica - a quattro mani con l'esimio collega Bergamo - la domenica arbitrale del campionato: naturalmente sulle ospitali pagine della "Gazzetta dello sport", rosa dalla vergogna. 201

La censura e l'immagine I protagonisti di questa storia sono due celebri pallonari degli anni Ottanta e Novanta, Michele Padovano e Gianluca Vialli. Entrambi attaccanti, entrambi per anni con la maglia della Juve, i due erano accomunati anche dalla fama di playboy. Negli anni d'oro, Padovano veniva descritto dai giornali sportivi come uno scatenato donnaiolo, un vero collezionista di femmine. La fama di Vialli sul tema era ancora più ricca: considerato un sex symbol, gli veniva attribuita una quantità di relazioni scoperecce con attricette e cantantine; lui, esibizionista e narcisista, si calava con gusto nella parte del dongiovanni, e volentieri si calava pure i pantaloni facendosi fotografare in mutande, e spesso anche senza. La fama da playboy di Vialli aveva però qualcosa in più: gli veniva attribuita anche qualche avventura gay. Per quest'ultima voce, riportata da un giornale milanese a metà degli anni Novanta, il Gianluca nazionale aveva sporto querela per diffamazione, e il tribunale gli aveva dato ragione con una sentenza motivata in maniera veramente ridicola: infatti il giudice stabiliva che, sicco202

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me «un calciatore è un simbolo per lo sport e per la società», dire che un calciatore è gay significa rovinarne gravemente l'immagine e diffamarlo in quanto «essere gay non è consono a un soggetto che viene preso a esempio da migliaia di giovani». Sarà per un'altra coincidenza, oppure perché al sesso spesso si accompagna la droga, fatto sta che il duo Padovano-Vialli nel 2006 è finito, a diverso titolo, in una vicenda giudiziaria di spaccio internazionale di stupefacenti. Il 10 maggio 2006 un'operazione antidroga della magistratura di Torino porta al sequestro di 23 quintali di stupefacenti e all'arresto di 33 persone. Fra loro c'è l'ex giocatore juventino Michele Padovano, 39 anni, incarcerato con l'accusa di «associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. Secondo gli inquirenti, Padovano (che da gennaio era direttore generale dell'Alessandria, serie D) finanziava a colpi di decine di migliaia di euro i viaggi della banda di trafficanti, specializzata nell'importare in Italia, dal Marocco via Spagna, hashish e cocaina che poi venivano smistati, da Torino, in tutto il nord Italia. Fra le persone indagate, ma non direttamente coinvolte nell'associazione criminale, c'è un altro ex pallonaro juventino, Nicola Caricola, 43 anni, con l'ipotesi di accusa di cessione di stupefacenti. Nelle intercettazioni telefoniche fatte dagli inquirenti, ce ne sono un paio dalle quali salta fuori il nome di Gianluca Vialli (che però non risulta indagato). Il 28 ottobre 2004, alle ore 14.44, prima di assistere alla partita Juve-Roma al Delle Alpi, e prima di passare la serata insieme, Vialli chiama Padovano utilizzando il telefonino di Caricola: Padovano: «Dopo ti fermi o vai via?». Vialli: «Ci vediamo dopo». 203

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Padovano: «Va bene, va bene». Vialli: «Abbondante, eh!». Padovano: «Sarà fatto... ragazzaccio!». Vialli: «Eh, ragazzaccio... Perché poi me le porto a Milano, le scarpe!». Padovano: «Va bene, va bene...». Il 16 dicembre 2004 «Padovano consegna a Caricola una imprecisata quantità di cocaina, che a sua volta [avrebbe ceduto] a Vialli per uso personale» '. Padovano telefona a Vialli: Padovano: «Senti, ho pensato di lasciargli qualcosina in modo tale che quando vai a Genova non rompi più i coglioni e sei a posto». Vialli: «Sarebbe perfetto!». Padovano: «Va bene?». Vialli: «Va bene!». Padovano: «Ho già fatto». Vialli: «A chi, a Nick [Nicola Caricola, ndr]?». Padovano: «... [Incomprensibile]». Vialli: «Grande, grandissimo, perfetto!». Padovano: «Va bene?». Vialli: «Bravo Michele, sei un grande!». Padovano: «Pensatemi, quando siete insieme». I giornali pubblicano la notizia dell'arresto di Padovano per faccende di droga, e riportano i suoi contatti sospetti con Caricola e Vialli. Vialli nega tutto: «Non ho mai fatto uso di cocaina in vita mia, e sono estraneo a tutta la vicenda. Le intercettazioni telefoniche hanno un significato completamente diverso...». Nega tutto anche l'avvocato di Caricola: «Il mio assistito afferma la sua totale estraneità a qualsivoglia partecipazione a reati in tema di stupefacenti». 1 "la Repubblica", 11 maggio 2006. 204

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Padovano è un cocco della stampa sportiva, che scrive: «Sui campi di calcio ha fatto fino in fondo il proprio dovere, calciatore di ottimo livello e buono anche per le grandi squadre». Un quotidiano sportivo racconta la sua carriera pallonara titolando: «Due anni alla Juve, e una fama di sciupafemmine». Un altro giornale informa che Padovano è un "atleta di Cristo" perché si è avvicinato alla religione evangelico-battista. Ma tutti i media censurano gli anni di Padovano al Cosenza calcio 1987-90, anni culminati con la morte violenta del suo amico centrocampista Donato Bergamini (18 novembre 1989). Tutti i giornali l'il maggio 2006 scrivono dell'arresto di Padovano per fatti di droga, ma tutti nascondono quanto dichiarò il padre di Bergamini nel 2001: «Donato mi aveva confidato che Padovano fumava spinelli... Mi aveva raccontato che Padovano a Cosenza era stato fermato dalla polizia per faccende di droga - non mi ricordo se arrestato o solo fermato - e lo avevano rilasciato perché era intervenuta la dirigenza della società, che era riuscita anche a non far finire la faccenda sui giornali... Sono convinto che Padovano sa tante cose che potrebbero essere collegate alla morte di Donato, ma non le ha volute dire, probabilmente per paura» 2. Per i giornali sportivi basati sulla censura, scritti da pennivendoli che sbrodolano paginate di cazzate, i precedenti di Padovano non sono gli anni "tossici" di Cosenza e la morte violenta del suo amico Bergamini, ma sono il fatto che «racconta la leggenda, trovò l'affetto delle tifose: belle donne e macchine potenti». 2 Cfr. C. Petrini, // calciatore suicidato, Kaos edizioni 2001, pag. 113. Questo libro - nel quale ho ricostruito il delitto Bergamini, dimostrando che il povero Donato non si suicidò e neanche morì per una disgrazia (come dice la versione ufficiale della magistratura) ma fu ucciso, probabilmente per faccende di droga - è stato censurato da tutta la stampa sportiva. 205

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Alcuni degli show di Gianluca Vialli, sex symbol e playboy con e senza mutande. 206

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Oltre a nascondere con la censura i trascorsi di Padovano, le "Gazzette" si preoccupano di tutelare con forza l'immagine del divo Gianluca Vialli. Lo fanno riportando a caratteri cubitali le solenni parole di smentita dell'ex superpallonaro diventato telecronista di Sky: «Non ho mai preso cocaina in vita mia, nel modo più assoluto. Non sono un santo: a carriera finita e prima di diventare padre, in qualche serata fra amici mi è capitato di fumare una canna. Ma dalla cocaina sono sempre rimasto distante perché so quanto faccia male... Metto la mano sul fuoco per Caricola, un ragazzo perbene che certamente non ha nulla a che fare con la droga. Quanto a Padovano, lo ritengo un grande amico oggi più di ieri, e spero tanto che riesca a dimostrare la sua innocenza, per lui e per la sua famiglia. Se poi ha sbagliato, ma deve essere dimostrato, è giusto che paghi... Questa storia ha messo a dura prova il mio equilibrio di padre, di figlio e di marito. Nel corso della mia carriera sono stato definito gay, e non lo sono pur non avendo nulla contro gli omosessuali; sono stato definito dopato, e non lo ero; cocainomane è stata l'ultima etichetta, e per quanto abbia le spalle larghe questa mi ha fatto vacillare. Mia figlia è ancora piccola, ma con mia moglie e con i miei genitori ho dovuto parlare, rassicurarli...». In pratica Vialli ammette di essersi fatto qualche spinello, però nei tempi "giusti": cioè solo dopo aver smesso di giocare, e prima di metter su famiglia (che bel tempismo da piccola borghesia!). Fa finta di non sapere niente dei trascorsi di Padovano con la droga, infatti «la mano sul fuoco» la mette solo per Caricola. E poi fa la vittima alludendo a complotti: «Qualche cattivo pensiero mi è venuto: troppe coincidenze in questa storia!». Resta la domanda delle cento pistole: perché Vialli è finito in quelle strane intercettazioni dal linguaggio perlomeno ambiguo? Risposta: «Ci ho pensato un po' senza trovare una risposta, e dopo un po' ho deciso di non spaccarmi la testa».

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Anche Padovano si proclama innocente, dice che ha solo «prestato dei soldi [40 mila euro, ndr] a un vecchio amico: non sapevo cosa volesse farne». Ma resterà in carcere per 3 mesi, più altri 7 agli arresti domiciliari. E quando verrà rimesso in libertà, dirà di avere «capito le cose vere della vita: la famiglia, mia moglie, mio figlio e alcuni amici». L'interrogatorio di Vialli, il 4 ottobre 2006, è parecchio divertente: «In effetti, come mi viene chiesto, ho fatto uso di sostanze stupefacenti, ma escludo di avere mai fatto uso di sostanze diverse dall'hashish. Quindi è del tutto falso quello che è comparso sui giornali. Qualche volta ho fumato spinelli, ma mai cocaina, né eroina né altre sostanze. La mia prima esperienza di spinelli risale a quando avevo 17 anni e abitavo a Cremona. Era l'inizio degli anni Ottanta. La seconda volta è stata a 32 anni, cioè dopo il 1996, quando non svolgevo più l'attività di calciatore in Italia. All'epoca giocavo a Londra nel Chelsea. Mi è capitato qualche volta, durante l'estate, di fumare in Italia e in Inghilterra. Ma faccio fatica a dire le persone da cui ho ricevuto lo stupefacente, nel senso che mi è sempre capitato di farne uso in occasioni sporadiche, come una festa in cui magari qualcuno mi passava una canna. Ho conosciuto Michele Padovano in maniera stabile nell'anno 1995-96, quando giocavamo entrambi nella Juventus. Solo dopo il campionato ebbi modo di accorgermi che Padovano faceva uso di hashish in quanto ebbe a offrirmi una canna. Eravamo insieme in Costa Smeralda. Preciso che non ricordo se fossimo nello stesso albergo... Con lui non c'è mai stato alcun rapporto d'affari, quando ci vedevamo a Torino ci incontravamo in vari posti come lo stadio, i ristoranti, ecc. Siamo stati insieme pure nella casa di Riccardo Grande Stevens, che era ed è un mio grandissimo amico. Lì è capitato che io e Padovano fumassimo dell'hashish all'insaputa di Riccardo Grande Stevens, che non ne faceva uso. Lo tenevamo all'oscuro.

Richiesto ancora di dire tutta la verità in merito alle perso211

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ne con cui ho fatto uso di sostanze stupefacenti, in quanto agli atti risulta qualcosa di meno riduttivo di quanto finora ho esposto, confermo da un lato che Riccardo Grande Stevens mai ha fatto uso - che io sappia - di sostanze stupefacenti e mai ne abbiamo fatto uso in sua presenza... Ho letto sui giornali la trascrizione della telefonata tra me e Padovano e ammetto che, in quell'occasione, a casa di Riccardo Grande Stevens venne anche Nicola Caricola con il quale facemmo uso di hashish nel mondo che ho detto. Al riguardo dichiaro che io non so se Padovano abbia fatto un regalo a Caricola, escludo in modo categorico che Caricola mi abbia passato alcunché. [Con la parola intercettata "Abbondante, eh!"] alludevo all'hashish. [Quanto alle "scarpe" da portare a Milano] in questo momento non so spiegare a cosa mi riferissi, quello che so con sicurezza è che io non ho mai portato dell'hashish in giro, e meno che mai da Torino a Milano» 3. vens, legale della famiglia Agnelli nonché ex presidente della Juventus) dichiara ai magistrati: «Conobbi Vialli quando ancora giocava nella Sampdoria. L'occasione fu data dalla necessità di Vialli di trovare un albergo in Sardegna dove trascorrere le vacanze estive. Si rivolse a Beppe Dossena, ex calciatore del Torino che io conoscevo, il quale mi telefonò sapendo che mio padre in quel periodo era presidente della società Ciga-Hotel. Mi chiese quindi se potessi interessarmi per risolvere il problema... Quando due anni dopo Vialli passò alla Juventus ci frequentammo diventando grandi amici. I giocatori che vedevo più spesso erano anche Peruzzi, Pessotto, Torricelli, Conte, Di Livio e Padovano. Spesso andavamo al ristorante insieme... Quando Vialli iniziò a commentare le partite, se seguiva la Juventus veniva ospite da me. Ricordo che raramente frequentavano la mia abitazione anche Massimo Mauro e Nicola Caricola... Vialli non mi ha mai detto che a casa mia ha fatto uso di sostanze stupefacenti. Non me lo ha detto neppure dopo lo scandalo connesso all'arresto di Padovano. Fino a questa sera, pur venendo qui insieme, non mi ha mai confidato di aver fatto uso di stupefacenti nella mia abitazione». 212

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Il 26 febbraio 2009 Padovano viene rinviato a giudizio, mentre Caricola viene prosciolto. La vicenda giudiziaria non riguarda Vialli, che però protesta per la sua "immagine": «La mia immagine è stata sporcata per un fatto che penalmente era comunque irrilevante. Oggi, quando vado al ristorante, evito di andare a fare pipì anche se mi scappa, perché ho paura che la gente pensi: "Ecco, Vialli va alla toilette a tirare cocaina"...». 213

Il potere dell'eros In ritiro, alla vigilia della partita più importante della stagione (la nostra classifica è disastrosa, siamo arrivati all'ultimo appello), la tensione si respira nell'aria. Ognuno ha un proprio modo di calmare il nervosismo. Il mio è la Storia di 0, che leggo a singhiozzo, una paginetta per volta a intervalli regolari come una medicina: «... Lo sconosciuto, dopo averle accarezzato i seni e le natiche, le chiese allora di allargare le gambe. "Ubbidisci" le intimò René, il quale la sosteneva all'impiedi appoggiandosi contro la sua schiena, e con la mano destra le accarezzava un seno, e con l'altra le stringeva una spalla. Lo sconosciuto, seduto sul bordo del letto, tirando il pelo lentamente aprì le labbra che proteggevano l'incavo del ventre. René la spinse in avanti in modo che fosse più accessibile, e le circondò la vita con il braccio destro così da reggerla più saldamente... Gemette quando quelle labbra estranee, premendo sulla protuberanza di carne, la infiammarono repentinamente; poi si ritrassero per consentire che la calda punta della lingua la infiammasse di più; gemette più forte quando le labbra la ripresero; sentì indurirsi la punta nascosta che quei denti e quelle labbra aspiravano in un morso interminabile, un morso lungo e dolce che la fece ansimare... Il sesso dell'uomo affondò nella guaina del suo ventre...». 214

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«Sempre a legge 'sti cazzo di libri!?» mi interrompe T. Lui, invece, ha sempre nelle mani "La Gazzetta dello sport", "Il Corriere dello sport", "Tuttosport", "Il Guerin sportivo", ce li ha in mano anche quando va al cesso. «Già, e senti cosa c'è scritto», gli rispondo, e leggo a voce alta: «Il movimento della bocca, rinchiusa attorno al cazzo che aveva ingoiato, saliva e scendeva, il viso le si inondava di lacrime ogni volta che il cazzo turgido la colpiva nel fondo della gola, respingendole la lingua e provocandole una forte nausea... Sentiva di avere una bocca bella poiché il suo amante si degnava di penetrarla, e infine la irrorò: ricevette lo sperma come si riceve una divinità...». T. spalanca gli occhi. «Però!», dice con stupore sincero. «Ma ci sono anche dei libri così?! Cazzo, fammi vedere... Io pensavo che sui libri ci fosse scritto solo roba da intellettuali che si fanno le seghe mentali... Mi sa che mi metterò anch'io a leggere qualche bel libro!». 215

La confessione Nel febbraio del 2000 la rubrica "Questioni di cuore", curata dalla giornalista Natalia Aspesi sul supplemento "Venerdì di Repubblica", ospita la lettera di un ex calciatore. La lettera comincia così: «Ormai sono più vicino ai 40 che ai 30, ho una moglie, ho un figlio. Loro mi amano molto e io li amo moltissimo, sono la mia vita. Ho loro, ho un bel lavoro, ma io non so chi sono». Poi la confessione: «Fino a qualche anno fa la mia vita era completamente diversa. Facevo il calciatore, giocavo in una squadra di serie A, avevo i soldi, l'attenzione della gente, della televisione, avevo chi mi diceva cosa fare. Non avevo tempo di pensare, di farmi le domande che ora invece non mi fanno dormire. Io so che sono omosessuale, anche se questa parola mi fa schifo. Mi hanno insegnato che non si può essere omosessuali, e negli spogliatoi ce lo dicevamo come accusa scherzosa. Avevo il calcio che mi riempiva la vita. La società mi aiutava, mi seguiva passo passo, si preoccupava anche di quel lato della vita. Mi hanno detto che era ora che mi trovassi una moglie. Adesso è tardi, ho fatto delle scelte, ho moglie e figlio. Ma dopo una cena di lavoro, in macchina, sto male perché mi sento solo. E capisco che da quella parola non posso scappare. 216

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Ci sono posti in cui ci sono altri come me, che però non hanno paura di quello che sono. Allora divento anch'io come loro, e faccio tutto quello che mi sembra giusto, ma poi devo tornare a casa, da mia moglie, da mio figlio. E torna il sole, e io non so più chi sono. Ho paura di innamorarmi e che una notte non torno più a casa, poi penso a mio figlio e vado avanti. La gente ancora mi ferma per strada, mi chiede autografi, parliamo di calcio, ma se sapessero anche loro mi odierebbero. Hanno ancora i miei poster ma nessuno accetta un calciatore omosessuale. Se fossi uno scrittore o un attore nessuno penserebbe male. Ma nel mio mestiere non si può. A volte ho pensato che altri calciatori avessero il mio stesso problema, ho anche avuto voglia di confidarmi. Ma poi devo continuare a fingere, di giorno. Cosa posso fare per non sentirmi fuori posto? Devo scappare lontano o essere sempre legato a quello che la gente pensa di me? Loro hanno i miei poster, ma io ho questa parola, omosessuale, che mi tormenta». Bella la risposta della giornalista: «E vero che lo sport, e soprattutto il calcio, sono simboli di virtù virili, tanto che i tifosi spesso scadono nel virilismo più assurdo e pericoloso... Capisco il suo drammatico dilemma, che però dovrebbe riguardare meno i suoi tifosi e più le persone che ama e le sono vicine. Se lei è stato un atleta amato e ammirato, le sue imprese non potranno essere cancellate da quello che lei ritiene un marchio infamante, e che è invece il suo modo di essere uomo. E il sotterfugio, è il silenzio, sono l'ipocrisia e l'inganno a turbarla e renderla infelice». 217

Il bellone e la bonazza Xra la fine del 2006 e l'inizio del 2007 la coppia Marco Borriello-Belén Rodriguez - lui bellone pallonaro, lei bellezza argentina strafica - finiscono alla ribalta delle cronache per una faccenda di doping e sesso. Lui, attaccante del Milan, nel novembre del 2006 è risultato positivo all'esame antidoping, e si è giustificato dicendo che è colpa di una cura che gli ha prescritto il dentista. Lei, aspirante showgirl televisiva, si è presa la colpa spalancando le gambe davanti ai media: «Marco non prende mai medicine, è sempre molto attento. Gli esami [antidoping, ndr] hanno evidenziato che la sostanza trovata è contenuta in una pomata e negli ovuli che stavo utilizzando io in quei giorni per curare un'infezione vaginale. Lui non l'ha usata, ma noi abbiamo rapporti sessuali non protetti. La ginecologa mi aveva dato anche delle compresse che dovevamo prendere tutti e due... Credo che presto verrà dimostrato che si è trattato di uno scambio intimo di... cortisone». Già che è in argomento sesso, e dato che ha bisogno di farsi notare, la bellona non si tira indietro e parla volentieri dei cazzi suoi con la stampa: 218

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A proposito di sesso: Marco ama la biancheria intima, le guepiere tanto di moda? «Abbiamo solo vent'anni! Lui va subito al dunque, non vede niente: ho provato con le autoreggenti, ma per lui è meglio togliere tutto immediatamente». Quanta schiettezza, Belen! Il vostro è proprio un grande amore... «Quando ho conosciuto Marco ero da pochissimo in Italia. L'ho visto al Billionaire, in Sardegna - una noia! - e subito ho esclamato: "Ma chi è questo, quanto è bello!". Anche lui si stava annoiando, così siamo andati via insieme. Marco non perde tempo e io nemmeno: ci conoscevamo solo da mezzora e già ci stavamo baciando! A me non importava niente del suo giudizio, né di quello degli altri...». Lei è gelosa? E chi dei due è il più vanitoso? «A periodi, Marco, da buon napoletano, a volte si fa prendere dalla gelosia, mi chiama e mi chiede: "C'è qualcuno che ti dà fastidio? Dimmelo, Belencita". Smettila, tronco subito io... Il più vanitoso è Marco di sicuro. Si veste alla moda, si informa su tutto, cura i suoi capelli. Erano lunghissimi prima che andasse al Milan, poi li ha dovuti tagliare» '. Rotto il ghiaccio mediatico con la faccenda del doping per la pomata vaginale, il bel pallonaro e l'aspirante telefica, coppietta rampante, nell'estate del 2008 finiscono in posa sulla copertina del settimanale "Max". Lui mostra con orgoglio i bicipitoni da palestrato; lei indossa solo uno slippino nero, dal quale spunta l'ala di una farfalla tatuata in zona strategica. Lui, da dietro, tiene la mano destra sulle tette nude di lei come se volesse coprirle: invece lascia due dita aperte per mostrare alla plebe il bel capezzolo della morosa bonazza. All'interno c'è da ridere: «Il gran pezzo di bomber e la 1 Anna Maria Di Luca, «Dopato per... l'amore», "Sport Week" (cioè il settimanale della "Gazzetta dello sport"), 13 gennaio 2007. 219

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Per la serie "Eros e pallone", la coppia Borriello-Rodriguez mostra le sue grazie erotiche sul mensile "Max" del giugno 2008. 220

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bella che gli ha fatto perdere la testa». Lei dice di lui: «È il giusto mix di tenerezza e virilità, e poi è bello come pochi». Lui dice di lei: «Sono orgoglioso che sia la donna più desiderata dagli italiani». Questo è solo l'antipasto, il meglio arriva adesso. Lui: «Io uno sciupafemmine? Sono tutte balle! Sono sempre stato un timido con le donne, sono maturato tardi: i primi peli mi sono cresciuti a 18 anni, e la prima storia di sesso l'ho avuta a 19...». E lei, mostrando al lettore cosce, culo e tette: «Dopo essere andati a letto la prima volta pensavo di non vederlo mai più, una notte di sesso sfrenato me l'ero presa, poteva bastare... Ma lui non si dava pace, e dopo una settimana già mi diceva "Ti amo". Io lo snobbavo, era il mio modo di sfidarlo, sapevo che aveva fama di stracciafemmine. Lo torturavo, lo mettevo alla prova, volevo vedere se aveva le palle. Le aveva, e dopo quattro mesi ho ceduto. Mi piacciono gli uomini decisi. Il mio corpo possono averlo in tanti, ma la mia mente se la meritano in pochi». La mente, capito? La bonazza dalle labbra tumide, accoppiata al bomber sciupafiche, è una specie di femminista all'incontrario: «L'uomo che non è capace di farmi stare zitta in due secondi non lo rispetto, lo mando affanculo in due secondi». Anzi, è una post femminista: «Per me è finito il tempo di mostrare il culetto in giro, mi sento pronta per l'intrattenimento televisivo». Ecco, appunto, lei è proprio pronta come intrattenitrice tv. Le tv del Nano di Arcore, è chiaro. 221

Lo svedese bergamasco L'ex pallonaro svedese Glenn Peter Stromberg, capitano dell'Atalanta negli anni Ottanta ricordato per i lunghi capelli biondi da vichingo, oggi collabora con la tv nazionale svedese come commentatore di calcio. Però vive ancora a Bergamo, città che non ha lasciato nemmeno quando ha smesso di giocare: «Mi sono sposato e ho tre figli. Dopo vent'anni mi sento italiano. Anzi bergamasco». Stromberg si sente così italiano che durante le sue telecronache gli capita di sbagliare lingua: «Spesso mi succede che mentre parlo in svedese, involontariamente uso qualche parola italiana: allora, ma và, ecco... Per fortuna nessuno se ne accorge - pensano che siano mezze pernacchie». Durante una intervista, Stromberg ha raccontato un episodio di quando giocava nella squadra bergamasca: «Dopo la retrocessione in B dell'Atalanta, alcuni tifosi per punirmi incominciarono a chiamarmi "Marisa". Io non capivo, finché il massaggiatore mi spiegò: "Glenn, ti prendono in giro dicendo che sei omosessuale"... Io soffrivo molto. Mi domandavo: "Possibile che un imbecille dice cose infanganti senza diritto su una cosa assurda e 222

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tutti ci credono?". E la notizia era arrivata anche in Svezia... Un giorno mi telefona mia madre: "Glenn, qui in paese dicono che ti chiamano Marisa perché sei gay. Mi sa che è meglio che lasci l'Italia, non meriti di essere trattato così"...» Effettivamente Stromberg sembra proprio italiano, un italiano medio. Infatti considera l'omosessualità «una cosa infangante», e considera «una cosa assurda» l'ipotesi che possa riguardarlo; poi tira in ballo la mamma... E pensare che il popolo svedese è noto da sempre per apertura mentale e liberi costumi sessuali! Forse è tutta colpa del fatto che Stromberg ha vissuto troppi anni a Bergamo. 1 Cfr. "Libero", 7 marzo 2004, intervista di Alessandro Dell'Orto. 223

Il trombatore Aiutato dal telecronista Pierluigi Pardo, il campione pallonaro Antonio Cassano promette di dire tutto in 180 paginette di autobiografia. Incomincia con una negazione rassicurante: «L'unica cosa di cui sono sicuro è che non mi sarei mai rovinato la vita con le droghe. Mi fanno schifo. Tutte. Non fumo e non bevo. Al massimo un dito di vino bianco, annacquato. Lo so che non è il massimo per uno che dovrebbe essere il ribelle del calcio italiano. Ma le cose stanno così. Spero di non avervi deluso» '. Prosegue con una sbruffonata un po' ridicola: «A uno che mi stava veramente sulle palle dopo l'ennesimo tunnel ho detto: "Sei come tua madre, stai sempre con le gambe aperte". Non l'ha presa con ironia...». Poi racconta che quando giocava nella Roma, lui e il divo Francesco Totti erano «una coppia straordinaria», amici per la pelle, anzi per la fica, infatti insieme si scopavano «bonazze e donne della tv», una vera strage di fi1 Cfr. Antonio Cassano con Pierluigi Pardo, Dico tutto, Rizzoli 2008. Ibidem tutte le successive citazioni. 224

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che: «Due amici single con una filosofia semplice: prendiamo tutto e basta... Poi con il passare del tempo lui si è fidanzato e ha lasciato il testimone all'allievo. Ma in quei mesi penso che la strage che abbiamo fatto insieme sia stata pazzesca. Nessuna coppia di amici al mondo ha mai fatto questo». Del resto la scoperta del sesso per Cassano è stata precoce e devastante come una malattia della crescita che non passa più: a 10-11 anni «il mio corpo ha cominciato a cambiare e così anche la testa, che inizia seriamente a occuparsi dell'argomento [sesso, ndr]. In poco tempo sono diventato un vero appassionato della materia. Un vero malato. Oggi lo sono ancora, e ho affinato tecnica e stima di me stesso...». Certo, ha avuto solo «quattro fidanzate in undici anni», e lo riconosce lui stesso che «sono poche». Però «in compenso ho avuto qualche altra avventura. Diciamo tra seicento e settecento donne, una ventina della quali appartengono al mondo dello spettacolo, ragazze bellissime alle quali sarebbe stato difficilissimo dire di no. Infatti io dicevo sì. Nomi non ne faccio, sono un signore...» - questo è sicuro! Però adesso il buon Cassano ha messo la testa a posto, cioè si è fidanzato, o meglio ha trovato l'amore vero (gli altri erano finti): «Le strafighe sono un motivo per cui vivere, o meglio lo erano fino a quando ho trovato l'amore vero, cosa che mi è successa da poco tempo ma mi ha già cambiato la vita. Prima, resistere alle tentazioni per uno come me era impossibile. Mi piacciono troppo le belle donne. E io non ho talento solo in campo. Sono bravissimo, perché ci metto la passione e la tecnica. Soprattutto le donne di alto livello, con loro sono perfetto. Con le altre, a volte, posso essere sbrigativo, due secondi e via. Non ho mai fatto cilecca, a meno che per cilecca non si intenda appunto essere veloci e pure un po' egoisti. Ma la donna mi piace troppo. Io ho lo stesso vizio di Michael Douglas. L'unica differenza è che lui è stato ricoverato, io an-

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cora no, non sono andato in clinica. Il sesso piace a tutti, si sa, ma a qualcuno di più. Ecco, io sono quel qualcuno lì.,.». Se il lettore non l'avesse ancora capito, a Cassano la fica piace veramente tanto: «Io ho sempre bisogno delle donne. Ne ho trombate molte, anche in ritiro». E ci spiega come: «E piuttosto facile... Andavamo negli spogliatoi delle giovanili, spesso usavamo i lettini dei massaggi, ogni tanto se ne spaccava uno, e la mattina big surprise... Anche se lo scoprivano non mi dicevano nulla, chiudevano un occhio. Anche perché spesso ho giocato grandi partite dopo aver fatto sesso». Ma non si deve pensare che Cassano sia tutto cazzo, ha anche un cuore: «Ho avuto tantissime donne, poche però mi sono rimaste dentro veramente. A livello sessuale forse una dozzina...». E poi via così, con una raffica di spunti: «Cosa c'è di meglio di un gol decisivo al derby... dopo che hai passato la notte con una strafiga?». «Il suo compito era portarmi tre o quattro cornetti dopo aver trombato, perché è normale che ti viene fame alle due o alle tre di notte. E allora che fai? Dopo che trombi devi mangiare: e io quello facevo». «Anche [Ronaldo] ha una passione sfrenata per le donne. Da questo punto di vista siamo veramente simili: due malati». «Così in ritiro, prima di un'amichevole, cerco almeno di far fruttare la trasferta e trombo tutta la notte con una modella olandese». Basta così... 227

Spionaggio con ricatto Nel giugno del 2000 l'attaccante Roberto Rambaudi, ex della Lazio e della Nazionale, in finale di carriera come ala destra del Treviso (serie B), denuncia per tentata estorsione il presidente della società veneta. Secondo il giocatore, il Treviso calcio voleva liberarsi di lui, e per costringerlo a rompere il contratto prima della scadenza prevista lo ha fatto pedinare da alcuni detective privati armati di macchine fotografiche «per poi ricattarmi con la mia famiglia». Inutile precisare che l'obiettivo dello spionaggio erano le eventuali scopate extraconiugali dello spiato. «Fra spie, donne, soldi e pettegolezzi, il caso Rambaudi ha messo in subbuglio tutta Treviso, però anche il mondo del calcio», scrive un giornale. «Nel dossier raccolto sul giocatore ci sono venti foto ma, pare, nessuna compromettente. Alcune lo riprendono con un altro calciatore del Treviso e due donne riprese di spalle... Sesso presunto, sesso immaginato ma usato come arma di ricatto». Regolarmente sposato, con dei figli, Rambaudi si dice «umiliato» per lo spionaggio organizzato dalla società sulla sua vita privata. Ma non è certo la prima volta che 228

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una società fa pedinare un proprio giocatore per spiarne la vita privata e le eventuali scappatelle extraconiugali. Il presidente del Treviso replica dando a Rambaudi del bugiardo, e precisando che quei "pedinamenti" erano solo controlli sul comportamento extracalcistico del giocatore nell'interesse della squadra e della società. Infatti è ben noto che gli "interessi pallonari" arrivano fin dentro le mutande dei giocatori. 229

Cazzate fenomenali Ronaldo detto Fenomeno è venuto in Italia nell'estate del 1997 con quell'aria da chierichetto accompagnato dalla mamma e dalla fidanzatina Ronaldinha. Con la mamma è andato dal Papa per far vedere al mondo che lui è tanto religioso; con la Ronaldinha è andato in televisione per far vedere agli italiani che lui è un gran bravo ragazzo tutto mamma, morosa e preghiere. Poi, come tutti i bravi pallonari, si è sposato (con un'altra, perché Ronaldinha non andava d'accordo con la mamma) e ha fatto un bel bambino (chiamato Ronnie). Ma intanto che metteva su la sua bella famigliola in pubblico, il Fenomeno in privato se la spassava: per esempio, con una pornostar ucraina, la slavata bionda-ossigenata Oksana Klocko (in arte Axen). Lo ha raccontato la pornodiva a tv e giornali, precisando che lei si faceva scopare da Ronaldo "per amore" (cioè senza farsi pagare) anche se il superpallonaro brasiliano, Fenomeno in campo, non lo è certo a letto... La pornodiva ha aggiunto di non poter essere smentita in quanto sarebbe in grado di esibire "le prove" della sua relazione con Ronaldo, e ha lasciato intendere che tra "le prove" ci sarebbe qualche altro giocatore dell'Inter. Nessuno l'ha smentita. 230

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Da asso pallonaro conosciuto nel mondo come Fenomeno, Ronaldo può dire cazzate in libertà, che i giornali sono sempre pronti a pubblicare parola per parola. E capitato anche nel 2004, quando il Fenomeno, a Madrid, si è messo a straparlare di sesso con la stampa spagnola. I giornali italiani - anche quelli che di solito fanno i bigotti con la puzza sotto il naso - non si sono lasciati scappare lo scoop senza mutande, e hanno riportato anche loro, con il dovuto risalto, le cazzate dette dal Fenomeno: «La mia donna ideale deve essere bionda e romantica, un po' santa e un po' puttana... Le donne che preferisco sono quelle con la minigonna e i tacchi a spillo... Ho già soddisfatto tutte le mie fantasie di sesso: una volta sono andato a letto con due lesbiche che vivevano insieme... Il particolare del corpo femminile che preferisco è il seno, naturale o siliconato fa lo stesso... Faccio sesso tre volte alla settimana, e tutte le volte che mi capita di farlo prima della partita poi gioco meglio, ma molti allenatori non me lo permettono... A letto mi è capitato di fare cilecca, ma non voglio dire né dove né con chi». E pensare che quando il Fenomeno giocava nell'Inter, la tifoseria nerazzurra - sempre troppo generosa - aveva confezionato uno striscione con scritto: «Sesso o Ronaldo? Ronaldo!». E la sua fidanzata di allora, la bionda Ronaldinha (con minigonna e tacchi a spillo), aveva raccontato che a "Ronnie" capitava di fare ancora la pipì a letto, forse perché a volte dormiva ancora con l'orsacchiotto di peluche. Che tenero cucciolone! Un ritrattino di Ronaldo senza mutande l'ha fatto l'ex prostituta brasiliana d'alto bordo Làzara de Morais Souza, nel libro II mio nome è Lara (di Michele Focarete, Aliberti editore). Nel libro Lara spiega che la prima volta che ha visto l'uccello di Ronaldo «rimasi alquanto delusa: niente di eccezionale, tutto nella norma. Anzi». Poi racconta che a lui piaceva indossare le mutandine di lei: «Spesso si 231

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Il fenomenale Ronaldo con la prima fidanzatina ufficiale, Ronaldinha (foto piccola), e con una modella sul settimanale "Sport Week" (giugno 2004, foto C. Carpi).

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spogliava completamente e appariva in cucina con le mie mutandine addosso... Mi ero tolta gli slippini neri, trasparenti, con le piume rosse, e glieli avevo lanciati affinché li indossasse. E lui lo fece, venendomi incontro come fosse una vamp...». E infine racconta che il Fenomeno aveva un problemino "tecnico": «Il suo problema maggiore? L'eiaculazione precoce. Anzi precocissima. Appena mi penetrava non riusciva a trattenersi. Allora cercavamo di supplire con dei giochini erotici. Con dei falli finti o con delle zucchine, dei cetrioli...». Col passare del tempo, però, il coniglione Ronaldo è diventato porcellone. Infatti Lara racconta di un «ménage à trois che - verso la fine del nostro rapporto - si consumò» tra lei, lui e Carmine, «il factotum onnipresente del campione». Una sera che lei e Ronaldo si erano messi a scopare nel lettone, «il fido Carmine [assisteva] alla scena spiandoci dalla porta che era rimasta socchiusa», finché «all'improvviso si gettò sopra al bomber nella mischia». Certo, poi Lara è finita nei guai giudiziari per una faccenda di sfruttamento della prostituzione con giro di droga. E a quel punto come si è comportato il campionissimo Ronaldo? Così: «Da buon opportunista, come tradì la sua squadra [l'Inter, ndr] tradì anche me. Non fu mai convocato per rispondere ufficialmente nell'ambito dell'inchiesta, ma ai giornalisti e agli amici negò persino di avermi conosciuta». La seconda moglie di Ronaldo, la modella brasiliana Daniela Cicarelli, ha resistito a fianco del marito Fenomenale 86 giorni. Poi, nel dicembre del 2005, è sbottata: «Nel matrimonio con Ronaldo l'unica cosa che ci ho guadagnato sono delle belle corna». Secondo la fanciulla, «Ronaldo ha sempre 200 donne a sua disposizione in qualsiasi momento, pronte a buttarsi nel suo letto», così dopo 86 giorni ha fatto la valigia: «Sono successe cose gravi perché arrivassi a andarmene. Mio padre ha ten233

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tato di farmi cambiare idea ripetendomi che non potevo mollare tutto in quel modo, ma io gli ho risposto che quello che non potevo era dormire con tutte quelle corna in testa». E pensare che una delle 200 amanti a disposizione del Fenomeno, la modella Fabiola Francois, ha dichiarato che dal punto di vista sessuale Ronaldo esprime «la potenza di sette gorilla». Arrivato al crepuscolo, il Fenomeno è stato ingaggiato dal Milan, e allora avanti coi miracoli! All'Inter e al Real Madrid era grasso e lento, ma a Milano il potere mediatico del Nano di Arcore lo ha fatto diventare snello e agile come un gatto selvatico. Imbottito di soldi come un tacchino ripieno a Natale, Ronaldo ha cominciato a dire ai quattro venti di essere innamorato del Milan, che l'ambiente milanista è fantastico, che Milanello è meraviglioso, che Berlusconi è magico, e così via a colpi di miliardi... Quello che diceva dell'Inter quando incassava i miliardi dell'Inter, e quello che diceva del Real Madrid quando li incassava dal Real... Un mercenario fatto e finito. Si è perfino lasciato crescere i capelli per fare contento il Nano pelato di Arcore. In fatto di mignotteria, Làzara de Morais Souza in arte Lara era una dilettante. 234

Povera Italia Ho già scritto da qualche parte che la differenza tra l'Inghilterra (patria del football) e l'Italia (patria del calcio come furbizia) può essere riassunta da questi due esempi: loro hanno avuto i Beatles, noi i Ricchi e Poveri; loro i Rolling Stones, noi i Pooh. Oppure: loro sono la patria di Oscar Wilde, noi di Alberto Sordi. Le differenze fra britannici e italiani sono di tutti i generi, e si manifestano in tutti gli ambiti. Quindi vanno dalla musica ai giornali, e arrivano anche nel calcio e tra i pallonari. Ecco un parallelo che dà bene l'idea. Londra, febbraio 2006. Il giornale inglese "News of the World" racconta una vicenda "a luci rosse" con protagonisti due calciatori: I giocatori - uno dei quali convocato diverse volte nella Nazionale inglese - sono stati ripresi con la fotocamera di un telefonino, mentre erano avvinghiati insieme a un amico molto noto nell'industria musicale, intenti a un'orgia omosessuale capace di scioccare l'ambiente del calcio. I tre uomini - la cui identità non può essere rivelata per motivi legali - sono ritratti mentre indossano solo canottiere e boxer e sono impegnati in "contrasti" che i loro tifosi non si sarebbero mai aspettati di vedere. 235

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Nelle sorprendenti fotografie (viste dal titolare della nostra rubrica dedicata allo showbiz Rav Singh) il Giocatore A - un noto campione famoso per i suoi atteggiamenti ribelli e anticonformisti - si infila il cellulare nei boxer, e con quello si esibisce in un atto sessuale troppo osceno per essere descritto. Poi il Giocatore B compone il suo numero, in modo che il telefonino vibri. Il Giocatore A è anche ritratto sul letto mentre il Giocatore B - un centrocampista-goleador valutato molti milioni di sterline - si inginocchia per praticargli un coito orale. Nel frattempo, il "musicista" è chino sui due, intento a baciare e accarezzare i due calciatori, che giocano a tutto campo. La fonte che ci ha fornito le immagini ha commentato: «I tifosi resterebbero scioccati, se sapessero chi sono i giocatori. Entrambi hanno avuto delle ragazze, e uno dei due ha ancora una storia in corso. Inoltre sono entrambi noti come playboy, sul genere cacciatori di sottane nei locali notturni. Sono sempre sui giornali con qualche bella ragazza. Nessuno avrebbe mai immaginato che fossero coinvolti in una cosa del genere». Lo scabroso convegno sessuale si è svolto nell'appartamento di uno dei due calciatori. La fonte ha aggiunto: «Si sono spogliati fino a rimanere in canottiera e boxer, che non è esattamente la tenuta adatta a una tranquilla chiacchierata. Poi sono finiti in camera da letto, dove la partita è cominciata; in breve sembrava il set di un film porno. Uno, il Giocatore A, è steso sul letto, mentre il suo amico, il Giocatore B, gli si inginocchia sopra e gli fa un pompino. La faccia del Giocatore A fa smorfie di piacere. Mentre avveniva questo, il tipo dell'ambiente musicale stava chinato sui due, baciando e palpando ogni pezzetto di pelle che riusciva a raggiungere. Poi il Giocatore B si è alzato ed è andato dall'altra parte della stanza, a cambiare la musica. Mentre lo faceva, l'altro, il Giocatore A, ha preso il cellulare, e lo si vede mentre se lo infila nelle mutande. Allora si vede il primo, Giocatore B, che si affretta a chiamarlo al telefono, attivando la vibrazione. Poi il Giocatore B continua a ripetere la chiamata, mentre il Gio-

catore A chiude gli occhi». Dalle immagini sembra che sia il Giocatore A a condurre il gioco porno-erotico, mentre il "musicista" sembra accon237

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tentarsi di stare a guardare. «Erano così a loro agio, che non sembrava essere la prima volta che lo facevano», ha commentato la nostra fonte. «Non sarei sorpreso di sapere che hanno già fatto altre volte questo tipo di giochino». Milano, maggio 2006. Il settimanale italiano "Vanity Fair" intervista Fabio Cannavaro, e il lettore si rotola nell'ipocrisia. Il superpallonaro della Nazionale definisce «una bufala» il fatto che i giocatori italiani se la spassino con le divette della tv, perché «nella stragrande maggioranza dei casi i calciatori sono fidanzati o sposati, e fanno una vita assolutamente normale». E a proposito di omosessualità dice: «Io non ho mai visto un calciatore gay, né ho avuto sospetti su nessuno. Ma prima o poi succederà, e bisognerà affrontare anche quello». Alla domanda: «E vero che gli spogliatoi sono pieni di prodotti di bellezza?», il prode Cannavaro risponde: «E vero, soprattutto per i ragazzi di colore. Nella Juve, per esempio, Thuram e Vieira sono sempre lì a incremarsi e profumarsi» - ma guarda: non viene in mente lo schifoso luogo comune razzista che i negri puzzano? Povera Italia!

Il padre spirituale del baraccone pallonaro Stavo scrivendo il libro sulla morte del centrocampista Donato Bergamini, così nel maggio del 2001 andai a Cosenza accompagnato dal mio amico Vasco. Dovevo incontrare padre Fedele Bisceglia, il capo degli ultra del Cosenza che al telefono si era detto disposto a raccontarmi qualcosa di interessante sulla morte di Donato. Di padre Fedele sapevo che era un frate cappuccino missionario, che fin dagli anni Settanta era un fanatico di calcio, che era supertifoso della squadra calabrese di cui faceva l'assistente spirituale, e che il 20 novembre 1989 aveva celebrato la messa funebre, nella chiesa della Madonna di Loreto, per la morte di Bergamini. Sapevo anche - me lo aveva riferito una fonte sicura - che il frate aveva un debole per le donne (specialmente per quelle giovani). Quello che invece non sapevo è che nel luglio del 1985 padre Fedele aveva organizzato il primo convegno nazionale degli ultra pallonari dichiarando: «Per vivere da cristiani non occorrono chiese e basiliche. In Africa ho fatto il missionario all'ombra di un albero, qui a Cosenza lo faccio alla domenica allo stadio insieme agli ultra del Cosenza». 239

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Non sapevo neanche che nel novembre del 1994 padre Fedele era diventato amicissimo della pornostar Luana Borgia, e che andava allo stadio insieme a lei. «Cosa c'è di strano», diceva il frate marpione, «Luana è una star della carne, io dello spirito!». Questa "amicizia" tra il frate pallonaro e la stella dei cazzi aveva fatto scandalo, dato che Luana era una vera porcona. Lei diceva che a tavola il suo piatto preferito era il pesce e il frutto la banana, e i titoli dei suoi film lasciavano poco spazio alla fantasia: Alcuni cazzi fa, Un culo un mito, Amiche del cazzo, La calda ninfomane, Luana la porcona, Puttana per gusto, Maialate, eccetera. Ma il padre francescano la perdonava volentieri: «Luana non è il diavolo, è una sorella peccatrice come tutti noi... Nemmeno Gesù Cristo era imbarazzato dalla Maddalena... E poi io sono anche medico: una coscia o un seno non mi fanno impressione...». Luana ricambiava dicendo che gli sarebbe piaciuto fare un film hard col frate intitolato Sotto la tonaca, tanto. Il mio incontro con padre Fedele, nel maggio del 2001, all'Oasi francescana che il frate aveva messo in piedi, fu una mezza barzelletta. E vero che l'abito non fa il monaco, ma lui sembrava un frate come io assomigliavo a una suora! La nostra chiacchierata su Bergamini durò un paio d'ore, ma pareva un dialogo fra sordi. Lui continuava a dire che Donato era stato ammazzato, altro che suicidio!, però non spiegava il perché; e invece di rispondere alle mie domande, voleva che rispondessi io alle sue. In pratica, lui voleva sapere se avevo scoperto qualcosa di nuovo sulla morte del giocatore del Cosenza, da chi mi stavo informando sulla faccenda, se avevo intervistato qualcuno dei giocatori di allora, e così via... Per la notte, padre Fedele ci ospitò nell'Oasi. Facemmo un'ottima cena nel refettorio insieme a lui, al suo segretario e a due gradevoli signorine che ci presentò come sue collaboratrici. Più che un convento, quel posto mi sembrava un ostello. Io e Vasco dormimmo in una cella con due letti gemelli, mi ricordo che feci attenzio-

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ne a chiudere bene il catenaccio dall'interno. L'indomani il frate cominciò a dire in giro che io ero là a Cosenza perché stavo scrivendo un libro sulla morte di Bergamini; questo fatto mi disturbò parecchio, laggiù c'era un clima che non mi piaceva per niente, con Vasco decidemmo di andarcene subito. Nel salutarci, padre Fedele si raccomandò con me che lo tenessi al corrente delle mie ricerche per il libro. Quando ho saputo la notizia dell'arresto di padre Fedele con l'accusa di avere stuprato una suora, nel gennaio del 2006, non mi sono affatto meravigliato. Certo, può darsi che sia tutto uno sbaglio e che lui sia innocente, può darsi che la suora stuprata si sia inventata tutto. Ma la faccenda non è inverosimile, come dimostrano certe telefonate del frate nel ruolo di seduttore, tipo questa del 19 novembre 2004: Padre Bisceglia: «Ah... ah... ah... Digli: "A padre Fedele la coscia gli interessa"...». Donna: «Le tiene belle!». Padre Bisceglia: «Ah, le tiene belle! Me le farebbe vedere?, è stuzzicante!». Donna: «Te le fa vedere quando viene... quando viene primavera, adesso non te le fa vedere». Padre Bisceglia: «E va bene!». Donna: «Quando viene primavera perché d'inverno porta sempre i pantaloni». Padre Bisceglia: «Io me la devo cuocere a questa qua, me la devo cuocere...» [...]. Donna: «Io ti metto per iscritto che ci sei stato». Padre Bisceglia: «Che ti posso dire? Come ti ho detto di Maria Assunta, ti dico pure di questa, no? Se Maria me la dà te lo dico subito. Guarda, ha della labbra Maria, sensuali...». Per non parlare della telefonata del 10 dicembre 2004, durante la quale il frate pallonaro immagine di scopare con la sua interlocutrice Milly: «Mi piaci da morire, ti 242

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voglio... Sì che sei vicino a me, forza, ti sto toccando tutta... Sì, forza che ti faccio impazzire, forza...». La telefonata finisce con lei che dice: «Mi fai impazzire, sei un diavolo!», e lui che risponde: «Non sono un diavolo, sono un uomo!... Grida, grida, amore mio, forza... Grida! Dimmi che mi vuoi!». Sentite quest'altra telefonata del frate con una donna, fatta il 6 dicembre: Donna: «Volevo dirti che ho fatto un sogno». Padre Bisceglia: «Dimmelo, descrivimelo...». Donna: «Ho sognato che mi avevi versato addosso della cioccolata...». Padre Bisceglia: «Addosso a te?». Donna: «Eh». Padre Bisceglia: «Bello!». Donna: «Un sogno che mi ha fatto un poco piacere. Non volevo farlo, ma è stato bellissimo!». Padre Bisceglia: «Sei cattiva, sei una birichina...». Donna: «Stavamo in un albergo, mi hai fatto svestire e mi hai messo addosso questa cioccolata...». Padre Bisceglia: «Tu sei restia a parlare... Abbiamo fatto tante belle cose, questo voglio sapere! Ti è piaciuto?». Donna: «Molto, però poi ho pensato: sono una zozza». Padre Bisceglia: «Ti piacerebbe fare dal vivo quello che hai visto nel sogno? Se ti è piaciuto molto lo puoi fare...». Secondo la suora stuprata, padre Fedele l'avrebbe violentata anche insieme al segretario del frate, Antonello Gaudio, e in un'occasione i due avrebbero addirittura filmato lo stupro. Dopodiché, per costringerla al silenzio, padre Fedele le avrebbe detto: «A Cosenza conosco tutti: magistrati, politici, giornalisti, poliziotti e carabinieri. E sono amico del mafioso Carmelo De Pasquale. La tua parola non vale niente contro di me». Gli sviluppi giudiziari del casino che ha per imputato il "padre spirituale" del Cosenza calcio è una vera com243

PIEDI NUDI

media all'italiana: il solito rosario di ricorsi, cavilli, sentenze, controsentenze, tribunali del riesame, e così via, mentre gli anni passano. Non mancano le note di colore, come quella di un misterioso pornovideo: «Nella vicenda di padre Fedele Bisceglia spunta anche un porno amatoriale intitolato "Il diavolo in convento". Alcuni fotogrammi del film sono fra gli atti depositati dal sostituto procuratore di Cosenza, Claudio Curreli, ai giudici del Tribunale della libertà di Catanzaro che si occupa del caso... Non è chiaro chi siano i protagonisti del filmato. Gli agenti della polizia di Stato che hanno visionato il film evidenziano nel loro rapporto che la donna avrebbe un saio nero e delle calze corte, e che l'uomo avrebbe egli occhiali e la sua immagine non sarebbe compatibile con quella di padre Fedele. Gli investigatori, inoltre, evidenziano che il film, di natura amatoriale e della durata di 4 minuti, sarebbe stato girato in una camera di albergo o comunque in un ambiente diverso da quello dell'Oasi francescana. Non sarebbe dunque il video che, secondo la deposizione della suora che li ha accusati, i due \padre Bisceglia e Usuo segretario, ndr] avrebbero girato mentre la violentavano. Gli investigatori, però ritengono che la figura maschile potrebbe essere compatibile con quella di Antonio Gaudio...» '. Ma padre Bisceglia consegna al giudice per le indagini preliminari una letterina contenente il giuramento «dinnanzi al mondo intero e con le mani sul Vangelo che il delitto-peccato di stupro, singolo o di gruppo, ascrittomi da suor G.A. non solo non l'ho commesso, ma neanche pensato». A un certo punto i difensori del frate dichiarano che padre Bisceglia non avrebbe potuto commettere la violenza sessuale di cui è imputato in quanto è affetto da "la Repubblica", 27 marzo 2007. 244

CARLO PETRINI

una patologia alla prostata che lo renderebbe impotente. Intanto, anche per il frate pallonaro i guai non vengono mai da soli: prima l'Ordine dei cappuccini lo sospende a divinis, poi lo espelle. Durante l'udienza processuale a porte chiuse del luglio 2008, suor G.A. racconta che il primo stupro lo avrebbe subito andando nella cella del frate a portargli il pranzo: «Quando entrai nella stanza padre Fedele mi afferrò i polsi, mi scaraventò sul letto e mi violentò per la prima volta. Padre felele si macchiò il saio con il sugo della pasta perché durante la violenza il vassoio con il pranzo cadde a terra». Secondo le cronache giornalistiche, «il racconto della suora è proseguito con la descrizione degli altri quattro presunti casi di violenza. La religiosa ha raccontato anche di un episodio durante il quale padre Fedele, tenendola per un braccio, l'avrebbe trascinata nella sua stanza dove successivamente avrebbe abusato di lei» '2. Il seguito alle prossime puntate. 1 Ibidem, 10 luglio 2008. 245

INDICE Premessa, 7

Il casto di Cristo, 9 Porci con le ali e senza, 13 L'intoccabile, 17 Senza pietà, 19

Cazzi con l'anima, 22 Troppo bello, 25 Depravato, 27

Amor patrio, 33

L'Anatroccolo iguaiato, 35