Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo 9788842812296

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Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo
 9788842812296

Table of contents :
NOTE:......Page 4
I. sintesi introduttiva......Page 5
Le contraddizioni dell’Ateismo......Page 8
II. Che cos’è la Scienza......Page 9
NOTE:......Page 10
NOTE:......Page 13
III. Distinguere l’uomo......Page 31
IV. Evoluzione culturale......Page 38
V. la scienza e la cultura......Page 45
VI. Dov’è il paradiso?......Page 64
VII. Il pessimismo......Page 83
VIII. Dalla scienza......Page 94
IX. Conclusioni......Page 107

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Antonino Zichichi

Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo Tra fede e scienza

Copyright 1999 il Saggiatore, Milano il Saggiatore.

E’ opinione comune che le leggi dell’universo scoperte dalla scienza siano in conflitto con quelle imperscrutabili di Dio. La contrapposizione tra fede e scienza rappresenta uno dei dilemmi più laceranti del nostro tempo; un dramma che conobbe il suo primo, controverso atto con Galileo Galilei. In questo saggio appassionato, che si legge come un vibrante manifesto, Antonino Zichichi smentisce tale contrapposizione e la ribalta: “Non esiste alcuna scoperta scientifica che possa essere usata al fine di mettere in dubbio o di negare l’esistenza di Dio”. Proprio il grande Galilei, scopritore del principio di inerzia, della relatività e delle prime leggi che reggono il creato, era credente e considerava la scienza uno straordinario strumento per svelare i segreti di quella natura che porta le impronte di Colui che ha fatto il mondo. E credenti erano Maxwell e Planck, due padri della fisica contemporanea, uomini che hanno aperto nuovi orizzonti sulle leggi dell’universo grazie allo studio di particelle infinitamente piccole; tanto piccole da non poter contenere traccia né di angeli né di santi, e da non poter quindi avvallare, apparentemente, alcuna spiegazione razionale dell’esistenza del divino. Ripercorrendo le grandi scoperte della scienza galileiana moderna, illustrandone con estrema chiarezza l’impulso innovatore, Zichichi dimostra come fede e scienza non siano in alcun modo in contrasto l’una con l’altra, e come possano essere doni distinti di Dio, espressioni delle due componenti di cui tutti siamo fatti: il trascendente e l’immanente. Le conquiste della scienza non oscurano le leggi divine, ma le rafforzano, contribuendo a risvegliare lo stupore e l’ammirazione per il meraviglioso spettacolo del cosmo, che va dal cuore di un protone ai confini dell’universo. Antonino Zichichi è autore di studi e ricerche sulle strutture e sulle forze fondamentali della natura, alcune delle quali hanno aperto nuove strade nella fisica subnucleare delle alte energie. Ha al suo attivo la scoperta dell’antimateria nucleare; l’invenzione delle ricerche pionieristiche che hanno portato alla scoperta della Terza Colonna nella struttura delle particelle fondamentali; la scoperta - nelle forze che agiscono tra quark e gluoni dell’energia effettiva che produce proprietà di universalità nelle interazioni subnucleari. Ordinario di Fisica superiore all’Università di Bologna, ha fondato e dirige il Centro di cultura scientifica Ettore Majorana di Erice. E’ presidente della Wfs (World Federation of Scientists), e in passato lo è stato dell’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), dell’Eps (European Physical Society) e del comitato Nato per il Disarmo. Fra i suoi libri: Scienza ed emergenze planetarie (1993) e L’Infinito (Pratiche Editrice 1998).

Prefazione. «Se tu sapessi quello che hanno scoperto la Scienza e la Logica Matematica! Praticamente tutto. Se non viene fuori il Teorema di Dio, né la scoperta scientifica che Dio esiste, il motivo è semplice: i credenti sono semplicemente dei testardi creduloni. Dio non esiste e la religione è l’oppio dei popoli, come giustamente predicava Karl Marx.

«Alle soglie del Terzo Millennio come si fa ancora a ignorare le straordinarie conquiste tecnologiche che hanno portato l’uomo sulla Luna e presto gli permetteranno di passeggiare tra le Stelle? Gli astronauti sono stati lassù nel cielo e non hanno incontrato né Angeli né Santi. «Se avesse insistito nell’atto di Fede, l’uomo non avrebbe mai scoperto la Scienza che nasce dal progresso della più avanzata tecnologia. «Alle soglie del Terzo Millennio non è più possibile essere credenti. E’ tempo che tu apra gli occhi e impari qualcosa di Scienza, di Logica Matematica e di progresso tecnologico. Vedrai. Quando saprai quello che so io, sarai ateo come me. Alle mie spalle ho le conquiste della Scienza, della Logica Matematica e della Tecnologia moderna. Ricordati: da tempo immemorabile l’uomo usa la Ragione e se possiamo vedere la faccia nascosta della Luna, ascoltare le armonie dell’Universo che Pitagora (1) scoprì più di duemila anni fa, dimostrare che esiste l’ultimo pezzettino indistruttibile di materia, come Democrito (vedi nota n’ 1) aveva detto prima dell’era cristiana, tutto 1 questo lo dobbiamo al progresso tecnologico che studia addirittura il cuore dei protoni dove non c’è traccia né di Angeli né di Santi.» Questo libro è stato scritto per convincere il lettore che quanto detto dal nostro amico ateo è la prova lampante che lui sa poco, pochissimo, di Scienza, quasi nulla di Logica Matematica e confonde la Tecnica (che è l’uso della Scienza) con la vera grande Scienza, nata da un atto di Fede in Colui che ha fatto il mondo, non da un atto di Ragione e basta.

NOTE: (1) I padri del pensiero pre-galileiano vengono spesso citati dagli esponenti della cultura dominante come se non fossero passati due millenni e come se Galilei non fosse mai nato.

I.

sintesi introduttiva

1.

Tra tutte le logiche possibili una ce n’è

Durante la guerra, si fuggiva dalle città in cerca di luoghi dove non piovevano le bombe. Fu così che, seguendo la mia famiglia in un continuo peregrinare, ho conosciuto pastori, contadini, pescatori, che erano un po’ filosofi e un po’ poeti: avevano una Fede profonda, pur non sapendo quasi niente di Scienza. Questa forma di Fede popolare, di saggezza verso i grandi quesiti che da sempre l’uomo si pone, ha un suo intrinseco e inestimabile valore. Penso infatti che sia difficile, se non impossibile, arrivare alla radice dell’atto di Fede con argomenti esclusivamente razionali. L’uomo che ha Fede è fortunato. Chi non ha Fede è una persona cui manca qualcosa nel profondo della sua esistenza. La Fede è speranza. L’uomo che abbandona questa speranza non è un uomo, è un disperato. Io spero che queste pagine possano servire a dare un po’ di speranza. A tutti: credenti e non credenti. I credenti troveranno modo di capire quanto giusta e corroborata di Verità sia la loro Fede. I non credenti si accorgeranno che la loro scelta non è confortata né dalla Scienza né dalla Logica Matematica. Tanto meno dalla Ragione. Credenti e non credenti potranno comprendere come mai debbano essere proprio gli scienziati a impegnarsi, in prima persona, affinché cresca nel mondo una nuova cultura, che dia all’uomo un avvenire fondato sulla Libertà, l’Amore e la Fede. E perché debba venire, proprio dalla Scienza, una nuova speranza. Speranza per la cui esistenza dobbiamo essere grati a Galileo Galilei: il primo uomo 2 al mondo che con atto di umiltà intellettuale cercò le impronte del Creatore studiando gli oggetti volgari. Va subito fatta una precisazione. In questo libro non tratteremo la sfera della nostra esistenza trascendentale. Che noi si sia fatti di due componenti, una immanentistica e l’altra che trascende la realtà osservabile e riconducibile a verifiche scientifiche sicure, è fuori discussione. E’ già difficile trattare la sfera dell’Immanente. Figuriamoci l’altra. Di essa non parleremo per due motivi. Primo, perché un autore deve parlare delle cose in cui il suo intelletto è stato impegnato e dove ha saputo dare contributi determinanti alla ricerca della verità. Secondo, in quanto la sfera trascendentale è di gran lunga più difficile e complessa da analizzare. Ciascuno di noi ha vissuto in se stesso l’evolversi del pensiero scientifico, antico e moderno. La memoria collettiva ha dato un contributo determinante al fine di evitare il ripetersi di errori nella concezione del mondo così come appare ai nostri occhi e ai nostri sensi. Tutti gli uomini di tutte le civiltà hanno visto e sentito il mondo in cui sono nati e vissuti. Ciascuno ha cercato di operare e riflettere al meglio delle sue capacità intellettuali, al fine di capire com’è fatto il mondo. Però, fino all’arrivo di Galileo Galilei, nessuno era riuscito a trovare la strada giusta. E’ grazie a Galilei che noi possiamo dire che il mondo è retto da Strutture e Forze Fondamentali. Strutture e Forze che nessuno riuscirà mai a cambiare e il cui insieme rappresenta la Logica del Creato. Tra tutte le logiche possibili, Colui che ha fatto il mondo ha scelto quella che noi scienziati cerchiamo di decifrare, giorno per giorno, con i nostri esperimenti. Ciascun esperimento infatti è una domanda posta al Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. Sì, ho detto invisibile. Invisibili e parte essenziale dell’edificio scientifico. Fino al 1947, nessuno avrebbe potuto immaginare che la Scienza galileiana sarebbe arrivata a porre sotto il controllo della riproducibilità sperimentale fenomeni invisibili. Noi li chiamiamo Fisica della Realtà Virtuale. Una realtà che, per definizione rigorosa e scientificamente valida, non può essere osservata in modo diretto. Essa, purtuttavia, dà luogo a effetti misurabili e

riproducibili. La scoperta della Fisica Virtuale ha aperto alla Scienza orizzonti nuovi, assolutamente inimmaginabili prima del 1947. Anno in cui un grande fisico sperimentale misurò il primo effetto virtuale che adesso 2 porta il suo nome: il Lamb-shift. oggi la Fisica Virtuale è al centro dell’attenzione scientifica in quanto permette di arrivare a una grande conclusione: in un’entità minuscola di materia è scritta la storia del mondo. Di questa storia abbiamo saputo decifrare una piccola parte. Ma è scritto tutto lì. Ad esempio, in quella minuscola dimensione di spazio nella quale esiste uno dei tre mattoni fondamentali del Creato: il protone. La sua estensione è di appena un decimo di millesimo di miliardesimo di centimetro. Se un protone fosse grande come una palla da tennis io sarei grande e grosso come il Sistema Solare. Stiamo quindi parlando di minuscole entità di materia. La massa di un protone è di appena centosessantasette centesimi di milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di grammo. Chi scrive ha studiato in modo galileianamente riproducibile cosa c’è dentro un protone (in termini specialistici si dice la sua struttura) fino a distanze cento volte più piccole della sua pur minuscola estensione spaziale. Nel cuore di un protone sono scritte tutte le Leggi Fondamentali della Natura. Nessuno di noi può dire perché il Creatore del mondo ha scelto questo insieme di leggi e non un altro. Se a un insieme di leggi diamo il nome di logica-uno, noi non sappiamo perché il Creatore del mondo non abbia scelto la logica-due, oppure la logica-tre, e così via. Di logiche ne possiamo costruire molte. E tutte rigorose. Ecco perché non basta il rigore logico per decifrare la costruzione Logica del Creato. Il rigore logico è una condizione necessaria ma non sufficiente per capire com’è fatto il mondo. Da dove viene e dove va. I greci affrontarono il problema convinti che bastasse il rigore logico per venire a capo della struttura Logica del Creato. La genialità del pensiero filosofico facente capo alla scuola greca dominò per duemila anni. Archimede fu l’unica voce controcorrente. Al grande pensatore e scienziato siciliano non piaceva limitarsi a riflettere con rigore. Voleva anche fare misure. A lui si attribuisce la famosa frase: «Datemi un punto fisso e vi solleverò il mondo». In questa battuta c’è un sapere enciclopedico con dentro la meccanica razionale e i fondamenti della struttura cosmica come noi oggi li concepiamo. Purtroppo, di Archimede sono rimaste poche tracce. Quel soldato romano che lo uccise non doveva che essere il primo a compiere un delitto contro la Scienza non ancora in fasce. Nessuno può dire dove Archimede sarebbe arrivato se quel soldato non lo avesse ucciso. Una cosa è certa: per quasi duemila anni, il pensiero logico-rigoroso-astratto e disgiunto dalla verifica sperimentale resse le sorti del pensiero. Colui che voltò pagina fu Galileo Galilei.

2.

Per difendere la Verità

Uno degli obiettivi di questo libro è quello di dare al lettore gli strumenti culturali per difendere la verità su alcuni temi verso i quali ho sentito vivissimo l’interesse del grande pubblico. Viviamo - si dice - l’era della Scienza. Purtroppo non è vero. Imperversa la cultura del linguaggio e la società civile si guarda bene dall’aprire le sue porte alla Logica e alla Scienza. Viviamo come se Galileo Galilei non fosse mai nato. In effetti la cultura del nostro tempo, detta moderna, è pre-aristotelica in quanto nemmeno cerca di evitare che flagranti mistificazioni diventino componenti essenziali dell’edificio culturale. Ecco alcuni esempi. Si fa credere a tutti che Scienza e Fede siano nemiche. Che Scienza e Tecnica siano la stessa cosa. Che lo Scientismo sia nato nel cuore della Scienza. Che la Logica Matematica abbia scoperto tutto e se la Matematica non scopre il Teorema di Dio è perché Dio non esiste. Che la Scienza abbia scoperto tutto e che, se non scopre Dio, è perché Dio non esiste. Che sull’evoluzione biologica della specie umana non ci siano problemi di alcun tipo, ma certezze scientifiche. Che siamo figli del Caos, essendo questa l’ultima frontiera della Scienza. La verità è ben diversa. Eccola. Scienza e Fede sono in comunione, non in antitesi. Uso della Scienza (è questo il significato di Tecnica) non è più Scienza. Né la Matematica né la Scienza possono scoprire Dio per il semplice fatto che entrambe queste conquiste dell’intelletto umano operano nell’Immanente e non potrebbero mai scalfire il Trascendente. Né la Matematica né la Scienza hanno capito tutto. Non è vero che l’evoluzione biologica della specie umana sia basata su certezze scientifiche. Essa non è ancora nemmeno entrata nell’edificio della Scienza rigorosa dei fenomeni riproducibili. E non è vero che esiste il Caos, essendo il Caos deterministico la negazione del Caos. Affinché il lettore possa avere gli strumenti culturali per difendere la verità, sono necessarie alcune digressioni sui limiti della Scienza, sui limiti della Matematica e sui fondamenti della nostra comprensione del mondo in cui viviamo e di cui siamo parte. Mi è stato spesso chiesto come potevo

conciliare la mia fede con la mia attività scientifica. Ho pensato che c’era un solo modo per convincere il lettore: raccontare alcune esperienze vissute in prima persona. Mi sono state fatte molte domande su quello che ha scoperto il padre della Scienza. Il lettore troverà una descrizione semplice delle grandi conquiste galileiane e vedrà che è Galilei (non Albert Einstein) il padre della Relatività e dei Gedankenexperimente. (1) La grandezza di Galilei non sta tanto nelle straordinarie scoperte astronomiche (e sono molte) quanto nell’avere cercato e trovato le prime impronte di Colui che ha fatto il mondo: e cioè le prime Leggi Fondamentali della Natura. Dobbiamo a Galilei se, dopo quattrocento anni, le sue scoperte ci hanno portato alla più grande sintesi nella comprensione del Creato: Tre Colonne e Tre Forze, Fondamentali reggono la realtà materiale, dal cuore di un protone ai confini del Cosmo. Passiamo ora a una sintesi dei temi su cui mi propongo di convincere il lettore.

NOTE: (1) così chiamata oggi la classe di esperimenti che possiamo immaginare di fare per vedere se il risultato è o no in contraddizione con la validità assunta di una determinata legge. Galilei fu il primo a inventare questo tipo di esperimenti per dimostrare che la legge aristotelica sulla caduta dei corpi pesanti non poteva essere valida. Einstein, tre secoli dopo, essendo di lingua tedesca, coniò Gedankenexperimente senza ricordare che il padre dei Gedankenexperimente era stato in realtà Galileo Galilei. Il fascino della nostra esistenza Il fascino della nostra esistenza sta nella simbiosi tra Immanente e Trascendente. Noi siamo testimoni di questa simbiosi. La Fede è inestirpabile. E’ fuori discussione che la Fede sia inestirpabile. Basta vedere come nei regimi dispotici nessuno riesca a cancellare l’uomo che prega. Eppure in questi regimi si impone l’Ateismo come Religione di Stato. Fede e Ragione sono in comunione non in antitesi Ragione e Fede non sono in antitesi. Esse sono entrambe doni di Dio. Colui che ha fatto il mondo ci ha dato un privilegio unico: quello della Ragione. Usando la Ragione nella sfera immanentistica, l’uomo scopre la Logica Matematica e la Scienza. Usandola nella sfera della nostra esistenza trascendentale, l’uomo scopre la Teologia. Non c’è contrasto tra Fede e Ragione. Ce lo dice - ed è incredibile - l’Immanente. La Logica Matematica non ha mai scoperto un teorema che negasse l’esistenza di Dio. E non c’è una sola scoperta scientifica che possa portare alla negazione di Dio. Se la Ragione nell’Immanente avesse portato alla negazione di Dio, allora i suoi risultati sarebbero in antitesi con la Ragione nel Trascendente. Infatti la Ragione nel Trascendente porta alla Teologia che scopre la Fede. Fede e Ragione sono in alleanza e portano a Dio. Le contraddizioni dell’Ateismo L’Ateismo è una costruzione logica contraddittoria. Essa infatti parte dalla negazione del Trascendente e affida tutta la sua credibilità al rigore logico nell’Immanente. Questo rigore logico nell’Immanente vuol dire Matematica e Scienza. Né l’una né l’altra riescono a dimostrare che Dio non esiste. L’ateo afferma di non potere credere in Dio per rigore logico. D’altronde l’ateo conosce un solo tipo di rigore logico: quello che opera nell’Immanente. Ma il rigore logico nell’Immanente non riesce a dimostrare che Dio non esiste. Ecco l’Antinomia dell’Ateismo.

Noi siamo figli di Dio, non del Caos. La Scienza porta alla scoperta che il mondo si regge su Tre Colonne e Tre Forze, Fondamentali. L’insieme di queste Tre Colonne e Tre Forze rappresenta la Logica seguita da Colui che ha fatto il mondo per dar vita alla realtà immanentistica nella quale viviamo e di cui siamo parte. Noi non possiamo allora essere figli del Caos, ma della Logica del Creato. Chi è l’autore di questa Logica? Colui che ha fatto il mondo. E a chi è stato dato il privilegio di scoprire queste verità? Solo a una e una sola forma di materia vivente: noi. Alle soglie del Terzo Millennio l’uomo ha la certezza di essere veramente una creatura privilegiata da Dio. Lo Scientismo ha sbagliato cinque volte Lo Scientismo confonde Scienza e Tecnica (uso della Scienza) come fossero la stessa cosa. Lo Scientismo non nasce nel cuore della Scienza anzi di essa è la negazione. Lo Scientismo ha sempre preteso che la Scienza fosse, più volte, arrivata a capire tutto. Se così fosse stato, la Scienza non avrebbe potuto realizzare gli enormi progressi che ha raggiunto nella comprensione della Logica di Colui che ha fatto il mondo. Per ben cinque volte la Scienza ha saputo dimostrare che la pretesa dello Scientismo era una pura illusione. E ancora oggi è così. Scoprire una verità scientifica è come mettersi a colloquio con il Creatore La Scienza esalta la persona umana come poche altre attività nell’Immanente. Scoprire una nuova struttura in Logica Matematica, riuscire a dimostrare un teorema che nessuno per secoli era riuscito a dimostrare (esempio, Teorema di Fermat: trecentocinquant’anni per arrivare a dimostrarlo) esalta l’intelletto che lavora nell’Immanente ma non ha alcun riscontro diretto con l’opera del Creatore. Riuscire a fare un esperimento di stampo galileiano e scoprire una verità scientifica corrisponde a saper porre una domanda e ad avere la risposta giusta da Colui che ha fatto il mondo. E’ come mettersi a colloquio con il Creatore. La Scienza è sorgente di valori che sono in comunione, non in antitesi, con la Fede. La Grande Alleanza tra Scienza e Fede nel Terzo Millennio. Nel Terzo Millennio è necessaria una cultura scientifica che sia in sintonia con la Fede affinché si possano affrontare e risolvere le Emergenze Planetarie. Esse sono state causate, nel Secondo Millennio, da una cultura mistificatrice che ha agito da supporto irresponsabile alla violenza politica che ha imperversato senza limiti, permettendo che enormi risorse venissero bruciate sul tavolo della corsa agli armamenti, con un pianeta imbottito di bombe e violentato nelle sue caratteristiche vitali dalla industrializzazione selvaggia. La Grande Alleanza tra Scienza e Fede è l’unica sorgente di speranza per tutti, credenti e non credenti, affinché le Emergenze Planetarie possano essere affrontate e risolte nel Terzo Millennio. II.

Che cos’è la Scienza

II.1 La Scienza è nata da un atto di Fede Per capire cos’è la Scienza bisogna anzitutto chiedersi: com’è nata? Da un atto di Fede o da un atto di Ragione? Ai tempi di Galileo Galilei, le pietre, gli spaghi e i legni erano considerati oggetti volgari. Cose cioè non degne di essere studiate. Voglio studiare gli oggetti volgari, diceva Galilei, perché in essi c’è la mano del Creatore. Studiando le pietre scoprirò le Leggi Fondamentali della Natura: Colui che ha fatto il mondo ha scritto queste

leggi usando caratteri matematici. (1) Ed ecco il punto cruciale: cosa ne sapeva Galilei che, studiando gli oggetti volgari, sarebbero venute fuori le Leggi Fondamentali della Natura? Legando una pietra a uno spago e studiando cosa succede, nessuno poteva prevedere che dovessero venire fuori le leggi del pendolo. Facendo rotolare delle pietre ben levigate lungo un pezzo di legno e variando l’inclinazione del legno, nessuno poteva prevedere che sarebbero venute fuori le leggi del piano inclinato. Sono proprio il pendolo e il piano inclinato che hanno portato Galilei a scoprire la prima e la seconda legge del moto. Queste leggi potevano anche non esistere. Galilei non sapeva quanto vera fosse quella sua ferma convinzione: «Studiando gli oggetti volgari scoprirò le leggi del Creato». Poteva forse sapere Galilei che in un minuscolo pezzettino di pietra ci sono miliardi di protoni? 3 Né lui né alcuno scienziato, fino al 1947, potevano sapere della esistenza di quei processi fisici detti virtuali. La mia attività scientifica ha avuto inizio con lo studio dei processi virtuali in gioco in quella evanescente particella detta muone (un’evanescente particella che vive due milionesimi di secondo). La Fisica Virtuale non è solo privilegio di poche evanescenti particelle. Uno dei mattoni dell’Universo, il protone, ribolle di processi virtuali. Negli anni sessanta, insieme a un mio caro e prezioso collaboratore, Tom Massam, ho studiato come introdurre una legge di simmetria nella descrizione di alcuni processi virtuali che esistono nel cuore del protone. Grazie alla Fisica Virtuale noi possiamo oggi affermare che in un protone ci sono scritte tutte le Leggi Fondamentali della Natura. Un protone è molto più piccolo di un granello di sabbia. La sua massa, lo abbiamo già detto, è di appena centosessantasette centesimi di milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di grammo. Siamo dinanzi a una sparuta frazione di massa e di spazio. Purtuttavia in essa noi riusciamo a fare esperimenti, interrogando la natura e scoprendo nuove simmetrie, nuove regolarità, nuove leggi, la cui validità spazia da quelle microscopiche strutture ai confini dell’Universo. Cosa poteva saperne il padre della Scienza che studiando le pietre sarebbero venute fuori queste straordinarie conquiste scientifiche? Dire, nel milleseicento, (2) che bisognava seguire quella strada per scoprire le Leggi Fondamentali della Natura, non era il risultato di un discorso logico, né la soluzione matematica di una rigorosa equazione. Quella strada era null’altro che un atto di Fede in Colui che ha fatto il mondo. I nostri giganteschi acceleratori di particelle, i nostri laboratori in cui si studiano le spettacolari proprietà dell’Immanente nascono 3 da quella Fede negli oggetti volgari. Fede che doveva portare Galilei a far nascere la Scienza quale suprema attività dell’uomo che, con umiltà, studia la natura. Nata con un atto di Fede nel Creato, la Scienza non ha mai tradito il Padre Suo. Essa ha scoperto - nell’Immanente - nuove leggi, nuovi fenomeni, inaspettate regolarità, senza però mai scalfire, anche in minima parte, il Trascendente. La Scienza si presenta oggi, alla cultura del nostro tempo, come il baluardo più potente per corroborare di Verità quella Fede galileiana nella natura, quale portatrice delle impronte del Creatore.

NOTE: (1) Opere di Galileo Galilei, Il saggiatore, Ed’ Naz., VI, 232.

(2) E’ invalso l’uso di riferirsi ai secoli sedicesimo, diciassettesimo, diciottesimo, diciannovesimo, ventesimo dicendo nel Cinquecento, nel Seicento, nel Settecento, nell’Ottocento, nel Novecento. i sostenitori di questo uso dicono che non si può dire nel millecinquecento in quanto millecinquecento non indica un secolo ma un anno. Volendo essere rigorosi, anche il Cinquecento indica un anno e non si supera la difficoltà. Noi useremo il termine millecinquecento per riferirci al secolo sedicesimo, milleseicento per riferirci al secolo diciassettesimo e così via. Se dicessimo nel Cinquecento intenderemmo riferirci al sesto secolo dopo Cristo. II.2 La Scienza non ha bisogno della Tecnica Un tema su cui ha tanto insistito la cultura dominante è la pretesa che la Scienza non potrebbe esistere senza la Tecnica. Dice la cultura dominante: la Scienza è nata dalla Tecnica. Come avrebbe potuto mai, lo stesso Galilei, scoprire i satelliti di Giove, gli anelli di Saturno, le macchie solari, le montagne della Luna, le fasi di Venere, senza quella grande conquista tecnologica, il telescopio, che avvicinava ai nostri occhi cose estremamente lontane? La Scienza non solo nasce grazie alla Tecnica - dicono i soliti esponenti della cultura dominante -, ma vive alle spalle del progresso tecnologico. Non è così. Vediamo perché. Le grandi scoperte galileiane non sono né le fasi di Venere né le montagne della Luna né le macchie solari né i satelliti di Giove né gli anelli di Saturno. Queste sono tutte scoperte classificabili nell’ambito delle attività astronomiche. Che ci sia o no la Luna attorno a noi, che Giove abbia satelliti, che Saturno sia circondato da anelli, che nel Sistema Solare ci siano i satelliti del Sole a noi noti sono dettagli. Importanti quanto si vuole, ma dettagli. Cosa vuol dire? Risposta: bisogna prima capire quali sono le Leggi Fondamentali e poi i dettagli. Non viceversa. Infatti i dettagli sono conseguenze delle Leggi Fondamentali della Natura. Potremmo immaginare di togliere un satellite del Sole, non di alterare una Legge Fondamentale della Natura. Il giorno in cui l’uomo avesse una conoscenza completa di queste leggi, quindi della formazione del Cosmo, il Sole e i suoi satelliti 3 risulterebbero, di quelle leggi, una delle innumerevoli conseguenze. Le grandi scoperte galileiane sono le prime impronte di Colui che ha fatto il mondo. Esse sono state ottenute partendo non da tecnologie ma da semplicissime pietre, spaghi e legni. E usando come orologio il nostro stesso cuore. Galilei usò il battito del suo polso per misurare il tempo. Fu questa la tecnologia usata da Galilei per scoprire le prime impronte del Creatore. Scoprire una Legge Fondamentale della Natura significa aprire gli occhi su una immensa, sconfinata serie di nuovi fenomeni. La prima legge del moto, la seconda legge del moto, il principio di relatività: ecco le grandi conquiste galileiane scritte da Colui che ha fatto il mondo, con caratteri matematici. E non è tutto. Studiando come cadevano - dalla Torre di Pisa - un pezzo di legno e un pezzo di piombo, Galilei dimostrò che un chilo o dieci chili di materia toccavano il suolo nello stesso istante. (3) Trecentocinquant’anni dopo, Albert Einstein arrivava finalmente a capire il profondo significato di quel semplicissimo esperimento. Pezzi di legno o piombo, pietre e spaghi erano, ai tempi di Galilei, oggetti volgari. Essi - come abbiamo già detto - non avrebbero dovuto essere degni di attenzione e di studio in quanto non potevano essere depositari di alcuna verità fondamentale. E invece Galilei considera quegli oggetti depositari delle impronte del Creatore. 3 La Scienza nasce da questo atto di umiltà intellettuale:

dare a oggetti volgari dignità culturale, studiandoli. Questa umiltà intellettuale aveva in Galilei radici profonde: la Fede nel fatto che in ciascun oggetto, fosse esso volgare o inutile, ci doveva essere la mano del Creatore. «Le vostre potenti macchine acceleratrici, le vostre complesse attrezzature sperimentali non potrebbero esistere senza le industrie che ve le costruiscono. E’ questa o no alta tecnologia?» Sono parole di un mio amico, in buona fede, convinto che la Scienza non possa esistere senza l’alta tecnologia. Ed ecco la mia risposta. I nostri laboratori pullulano di strumenti altamente sofisticati: il non plus ultra delle conquiste tecnologiche. Che questi strumenti siano prodotti dall’industria è vero. Però i nostri laboratori, i nostri strumenti, le nostre macchine potremmo farceli da soli. Noi compriamo gli strumenti che esistono nel mercato e sono prodotti in serie. Li ordiniamo alle industrie, in quanto sarebbe inutile perdere tempo nel costruire strumenti che altri sanno già fare. Non esiste però esperimento - alle frontiere delle nostre conoscenze - in cui uno o più componenti non siano totalmente nuovi, che l’industria non saprebbe quindi né progettare né costruire e che noi invece realizziamo nei nostri laboratori. Infatti ciò che l’industria produce è sempre il risultato di applicazioni tecnologiche, frutto di scoperte scientifiche. Negli anni sessanta io lavoravo con un nuovo metodo per misurare il tempo. Esso era basato su quello che oggi è in qualsiasi orologio, il quarzo. Allora riuscimmo a fare la misura più accurata al mondo della carica debole universale. Quella carica che tiene sotto controllo la regolare combustione della nostra sorgente di luce e calore: il Sole. Se quella carica avesse un valore più elevato, noi moriremmo di caldo. Se quel valore fosse più piccolo, geleremmo per il freddo. Chi ha fatto il mondo ha scelto per la carica debole universale il valore giusto. Negli anni cinquanta c’era un obiettivo scientifico che mi affascinava: capire se il muone si comportasse o no come una specie di elettrone pesante. Per capire questo, era necessario saper progettare, costruire e misurare, con alta precisione, i campi magnetici con i quali realizzare l’esperimento. Fu così che inventai un metodo nuovo per produrre campi magnetici di forma estremamente 3 complessa. Era anche necessario misurarli con grande precisione. Ed è per questo motivo che mi misi a lavorare con la risonanza magnetica nucleare (Nmr - Nuclear Magnetic Resonance). Lavorando in quel campo pensai alle innumerevoli possibili applicazioni della risonanza magnetica nucleare nel campo della biologia e della materia vivente. Ne parlai con il più famoso biologo della scuola ginevrina, Kellenberger. ne era entusiasta, a patto che io cambiassi mestiere: occupandomene in modo diretto. Si fa Fisica per passione. A me interessava capire com’è fatto il mondo. Sarei stato felice se qualcuno avesse potuto intraprendere quella nuova strada nello studio della materia biologica e genetica. Purtroppo, a quei tempi, di Nmr se ne intendevano in pochi. Oggi, a quasi quarant’anni di distanza, questa tecnica fa parte della diagnostica medica. E io sono molto lieto che ne sia padre un caro amico, Peter Lauterbur. Sia che si tratti di applicazioni a fini di bene per la medicina, sia che si tratti di applicazioni tecnologiche utili per i nostri esperimenti, il punto cruciale è che queste applicazioni vengono dopo, non prima della scoperta scientifica, di cui quelle tecnologie sono il risultato applicativo. Ancora un esempio vissuto in prima persona. Nessuna industria sapeva produrre, per uno dei miei esperimenti, quello sulla ricerca dei quark negli urti tra protoni di altissima energia, gli strumenti (detti contatori a scintillazione e più brevemente scintillatori) indispensabili per la rivelazione dei quark. Con questo termine si indicano i costituenti dei

mattoni nucleari: protoni e neutroni. Quell’esperimento fu di cruciale importanza per capire le proprietà di questi mattoni nucleari fatti con tre quark. Era infatti necessario dimostrare, in modo galileianamente riproducibile, che la Natura ha scelto i quark quali costituenti di protoni e neutroni e che questi quark sono con proprietà tali da restare intrappolati nella struttura intima dei protoni e dei neutroni. Senza quegli scintillatori l’esperimento non si poteva fare. Oltre agli scintillatori era necessaria una enorme e complessa strumentazione elettronica e tecnologica di tipo standard. Questa è stata ordinata all’industria. Il problema tecnologico di come fabbricare quegli speciali scintillatori ce lo siamo però risolto da soli. Noi. E l’industria con la quale abbiamo lavorato produce oggi scintillatori e guide di luce tra i migliori del mondo. Se non esistessero le industrie, 3 potremmo realizzare noi stessi, nei nostri laboratori, tutto ciò di cui abbiamo bisogno per i nostri esperimenti. Potremmo avere, nel mondo, grandi e avanzati laboratori di Fisica Moderna, con molte applicazioni tecnologiche, di quelle che aiutano l’umanità a vivere meglio. E nessun laboratorio in cui si producono bombe e strumenti portatori di stragi. L’esistenza dei nostri laboratori non è legata al fatto che esistono le industrie. Industrie che, nell’immaginario collettivo, sono all’origine delle tecnologie, sia buone sia cattive. Le industrie che producono ordigni di guerra e i laboratori che studiano e progettano strumenti portatori di stragi non sono frutto del progresso scientifico. Essi nascono dal connubio tra potere politico, cultura dell’odio e tecnologia di morte. La Scienza è estranea a tutte e tre queste nefaste componenti della nostra epoca detta civile e moderna, anche se rischia di passare alla storia come quella dei barbari del 2000. Di coloro cioè che imbottirono il pianeta di bombe, inquinandolo con l’uso selvaggio della tecnologia industriale, senza preoccuparsi minimamente del fatto che un quarto dell’umanità vivesse nell’indigenza e che decine di milioni di persone morissero ogni anno, per fame. La Scienza non è figlia né complice della tecnologia, ma nemica delle bombe, dell’inquinamento e della fame nel mondo.

NOTE: (3) E’ proprio per dimostrare che corpi di massa diversa dovevano cadere allo stesso modo che Galilei inventò il primo Esperimento ideale (Gedanken, “di pensiero”) nella storia della Scienza. Non è sicuro che Galilei abbia, come si dice, lanciato dalla Torre di Pisa oggetti di massa diversa per verificarne sperimentalmente la caduta. Una cosa è certa: il suo fu il primo esperimento ideale pensato per dimostrare la contraddittorietà della fisica aristotelica sulla caduta dei corpi materiali. Supponiamo di avere un corpo pesante e uno leggero, dice Galilei. Secondo Aristotele quello pesante dovrebbe cadere più velocemente. Leghiamoli. Il tutto avrà un peso maggiore, quindi dovrebbe cadere più velocemente di ogni singolo pezzo. Invece non può essere così. Infatti il corpo leggero, se legato al corpo pesante, dovrebbe frenarne la caduta. Pertanto l’insieme dei due corpi, pur essendo il più pesante di tutti, dovrebbe cadere meno velocemente in quanto frenato dal corpo leggero. Il che è in contraddizione con l’ipotesi che i corpi più sono pesanti e più velocemente devono cadere. Galilei smantella così quanto aveva previsto Aristotele, ovviamente osservando come cadono i corpi leggerissimi e quelli pesantissimi, senza tener conto dell’attrito. E senza fare mai un esperimento su come cadevano i corpi leggeri e pesanti. II.3 Parla il padre della Fisica Nucleare

Per capire lo spirito di chi fa ricerca fondamentale, è forse bene citare un episodio famoso raccontatomi da una figura luminosa della vera grande Scienza: Pëtr Kapitza, padre della superfluidità. Quando il grande Ernest Rutherford scoprì il nucleo degli atomi, la notizia fece un certo effetto. Fino ad allora si pensava che l’atomo fosse una sfera omogenea in cui la massa e le cariche elettriche erano uniformemente distribuite. Rutherford scoprì che le cose stavano in modo ben diverso. L’atomo non era affatto una sfera omogenea. Oltre il 99,9% della sua massa è concentrata in un nucleo, le cui dimensioni sono incredibilmente piccole. Vediamolo con un esempio. Supponiamo che il nucleo di Carbonio, invece di essere fatto con dodici trottoline nucleari, sia fatto con un gruppo di dodici leoni. 3 A che distanza, dal nucleo, si troverebbe la nuvola di elettroni che determina le dimensioni dell’atomo? Risposta: a cento chilometri dal gruppo dei dodici leoni. E cosa c’è tra quella nuvola e il nucleo? Risposta: il vuoto. Quanto pesa quella nuvola di elettroni? Risposta: come se fosse fatta di sei rondinelle. Prima che Rutherford scoprisse il nucleo, le dimensioni dell’atomo erano quelle della nuvola esterna con le sei rondinelle. Questa immensa sfera - come sopracitato - si pensava che fosse uniformemente riempita di materia. E invece no. Praticamente tutta la massa dell’atomo è concentrata in una zona centrale e piccolissima, detta nucleo. Quando Rutherford annunciò questa grande scoperta, un giornalista gli pose una domanda. A pensarci sopra, veramente incredibile. Eravamo infatti nei primi decenni di questo secolo. Ed ecco la domanda: «Professor Rutherford, secondo lei, la sua scoperta potrà mai avere applicazioni nel campo dell’energia?». Lo scopritore del nucleo rifletté un po’, incredulo e irritato. Il giornalismo scientifico era ai primi passi. Al suo allievo e collaboratore - il grande Pëtr Kapitza, che mi ha raccontato questo episodio - Rutherford confidò: «Non c’è limite all’assurdità delle domande che un giornalista ti può fare». A quella domanda Rutherford rispose: «Chi pensa che la mia scoperta possa mai avere qualcosa a che fare nel campo dell’energia è come colui che ama illudersi di potersi scaldare al chiar di Luna». Parola di Rutherford: padre della Fisica Nucleare. A Rutherford interessava capire com’era fatto l’atomo. Né le bombe né i reattori nucleari sfioravano minimamente la sua pur enorme fantasia e straordinaria intelligenza. Perché? Risposta: scoprire il nucleo è come essere riusciti a leggere una pagina di quel meraviglioso Libro scritto da Colui che ha fatto il mondo. Leggere non vuol dire bruciare quella pagina. Chi, approfittando della lettura, escogita metodi applicativi per bruciare quella pagina, non può dirsi scienziato. La cultura dominante ha confuso la Scienza e le sue applicazioni, come se si trattasse della stessa cosa. Rutherford scopre il nucleo. Einstein scopre che massa ed energia 3 sono equivalenti. Due straordinarie conquiste del pensiero scientifico di tutti i tempi. Le bombe che distrussero Hiroshima e Nagasaki e quelle che ancora oggi imbottiscono il pianeta, pur se il rischio di olocausto nucleare sembra superato, hanno le loro radici concettuali in queste due grandi scoperte. Sarebbe stato meglio non sapere nulla né di nuclei né di equivalenza tra massa ed energia? Sarebbe stato meglio chiudere il Libro aperto da Galilei? Portando questo discorso alle sue estreme conseguenze si ritornerebbe in piena cultura oscurantista con il traguardo finale dell’età della pietra.

II.4 La scelta tra utensili di pace e ordigni di guerra non è di natura scientifica ma culturale Quell’età conobbe, anch’essa, strumenti di guerra e utensili di pace. Così come l’età del ferro, notoriamente pre-galileiana, che ha prodotto il bisturi - tecnica buona - e il pugnale tecnica cattiva. La scelta tra guerra e pace - quindi tra tecnologia che devasta e semina stragi e tecnologia che aiuta l’uomo a liberarsi dal bisogno - non è di natura scientifica. Sia l’età della pietra sia l’età del ferro, come tutte le altre civiltà pre-scientifiche, hanno prodotto ordigni di guerra e utensili di pace. Non è quindi corretto attribuire alla Scienza, nata appena quattro secoli fa, la colpa dell’esistenza del bene e del male e delle sue conseguenti culture: quella dell’odio e quella dell’amore. La scelta tra odio e amore è di natura culturale, non scientifica. Se predomina la cultura dell’odio, l’uomo entrerà in guerra con se stesso. E’ necessario che vinca la cultura dell’amore, affinché la pace possa diventare realtà per tutti i popoli della Terra. Accusare la Scienza di essere sorgente di guerre e di violenze politiche vuol dire attaccare i buoni per difendere i tiranni. E’ vero che la tecnologia post-galileiana discende totalmente dalle scoperte scientifiche. Se però fossero gli scienziati a dover decidere quali applicazioni permettere e quali no, saremmo in un mondo realmente giusto e veramente libero. 3 Come vedremo nel paragrafo II.9, la Scienza è infatti sorgente di valori. E tra i suoi valori ci sono la libertà di pensiero, la bontà e la generosità. Come mai la Scienza non può condizionare in modo più efficace le grandi scelte di priorità tecnologica? Risposta: La Scienza non è potere politico. Nel mondo è il potere politico che decide come usare i risultati delle scoperte scientifiche. L’uso della Scienza non è più Scienza. L’uso della Scienza si chiama Tecnologia. La scelta tra tecnologia buona e tecnologia selvaggia è nelle mani del potere politico. Questo potere ha due strade di accesso: la dittatura e la democrazia. Spesso, molti regimi dittatoriali si mimetizzano sotto etichette pseudo-democratiche. E’ così che vengono fuori elezioni i cui consensi popolari sono del 90% o addirittura di più. Questo insulto alla libertà viene gabellato come consenso e dimenticato, come se fosse veramente democratico. Quando scoppiano crisi, può accadere che regimi dittatoriali trovino pseudo-scienziati pronti ad avallare le loro nefaste scelte politiche. Esempio: Trofim Denisovi¼c Lysenko nella Russia di Stalin. La Scienza non può avere alcuna responsabilità in tutte queste calamità culturali. E infatti il grande Pëtr Kapitza ebbe il coraggio di opporsi a Stalin rifiutando la direzione del progetto della bomba-H sovietica: accettando, di quel rifiuto, le lunghe e amare conseguenze. Passiamo ai sistemi democratici. Qui è il popolo sovrano che decide. E, anche in questo caso, la Scienza nulla può fare per decidere, al posto di coloro che sono stati eletti dal popolo. Lo scienziato non è eletto dal popolo. Scienza, ripetiamo ancora una volta, vuol dire leggere il Libro della Natura. Non fare politica. Chi dalla Scienza pretende altre cose, farebbe meglio a riflettere un po’. Scoprirebbe che la Scienza, se ciò facesse, smetterebbe di essere quella suprema espressione dell’umano intelletto che nell’Immanente opera al fine di capire sempre meglio la Logica seguita dal Creatore del mondo.3

II.5 La Scienza non produce caste «Voi scienziati siete una casta di intoccabili e pretendete di trasmettere soltanto ai vostri figli il sapere che avete acquisito a spese di noi tutti. La Scienza è oggi una nuova forma di aristocrazia intellettuale ereditaria.» E’ in sintesi quanto, in un Simposio interdisciplinare, a Washington, disse un esponente dei movimenti anti-scientifici. Il figlio del grande Enrico Fermi, Giulio, viveva in un laboratorio d’Inghilterra; faceva il suo lavoro di ricerca alle stesse condizioni di tutti gli altri suoi colleghi. Che fosse o no figlio di Fermi era un dettaglio di nessun peso sulla sua vita scientifica. Ma c’è un episodio che vorrei raccontare, per illustrare quanto sia falsa l’accusa di quell’individuo contro i poteri che gli scienziati si tramanderebbero, di generazione in generazione. A Berna, un giorno, i ragazzi di una scolaresca decisero, alla fine delle lezioni, di fare baldoria: era Carnevale. Si misero a imitare, con coriandoli e mortaretti, le guerre tra marziani. L’entusiasmo li fece esagerare, tanto che un poliziotto decise di intervenire, incominciando a verificare come mai quei ragazzi non fossero già a casa. Si imbatté nel primo, al quale chiese: «Come ti chiami?». Risposta: «Einstein». Il poliziotto iniziò a innervosirsi. «Va bene per il cognome» disse, con fare ironico. «E il nome? Ti chiami forse Albert?» «Esatto» rispose quel ragazzo. Gli amici, già allegri per via del Carnevale, scoppiarono in una fragorosa risata. Il poliziotto furibondo con il radiotelefono chiamò la sede e disse: «Sentite, qui ci sono dei ragazzi che fanno troppo baccano. Adesso si divertono a rifiutare di dirmi come si chiamano. Bisogna avvertire le famiglie che vengano a prenderseli. Uno di essi ha avuto la sfacciataggine di dire che si chiama Albert Einstein». Il poliziotto della sede centrale consultò i dati sulle famiglie che vivevano nel quartiere della Scuola e disse: «Ma guarda che in quella zona abita una famiglia che si chiama proprio così». E infatti quel ragazzo era ed è il nipote del grande Albert Einstein, di cui, ovviamente, portava il nome. Ve lo immaginate il nipote di un re, di un principe, o anche di un semplice barone della famiglia reale inglese, nei panni del piccolo Albert, nipote di uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, e totalmente sconosciuto ai vigili del suo quartiere? 4 Non è vero che il loro sapere gli scienziati lo serbino nelle cosiddette torri d’avorio per tramandarlo solo a figli e nipoti. Nelle cosiddette torri d’avorio l’accesso è aperto a tutti: per essere ammessi basta avere una certa dose di potenza intellettuale. La Scienza ha potuto svilupparsi in modo così veloce grazie al fatto che essa non è chiusa in circoli privilegiati. Questo non vuol dire che non possano presentarsi casi di nepotismo scientifico. Quando ciò avviene, il valore scientifico è sempre a livelli molto bassi. Un vero scienziato non crea caste. Sono gli scienziati falliti che, arrivati per vie traverse in qualche stanza dove si esercita il potere, non scientifico ma politico, lo usano a fini di nepotismo. Accade per esempio in strutture accademiche che di scientifico hanno poco o niente. Sono azioni che possono andare avanti, al massimo, per una generazione. Ma è sempre un effetto marginale. La vera Scienza è immune da queste forme degenerative del potere, come dimostrano figli e nipoti di tutti gli scienziati che, nella ricerca scientifica, hanno lasciato traccia della loro esistenza. II.6 Non viviamo l’era della Scienza Si dice che viviamo l’era della Scienza. Se fosse vero non dovrebbe esserci posto per le mistificazioni culturali. L’era della Scienza sarà quando - come avviene oggi con musica,

poesia, pittura, scultura, filosofia e opere letterarie - l’uomo saprà sentire analoghe emozioni dai messaggi che la Natura cela nelle sue recondite strutture. La Scienza, nata poco meno di quattro secoli fa, con Galileo Galilei, non è ancora entrata a far parte del patrimonio culturale dell’uomo cosiddetto moderno. La nostra era passerà alla storia come quella in cui hanno imperversato le peggiori mistificazioni culturali. Ne vedremo tre esempi nel paragrafo II.8. Siamo ancora in una fase di transizione, in cui predomina la componente culturale pre-scientifica. Molte culture hanno usato e abusato della Scienza. C’è chi ne ha sfruttato, senza scrupoli, le applicazioni tecnologiche. E c’è chi ne ha fatto addirittura un’ideologia. Qualcuno è arrivato a negare alla Scienza qualsiasi valore. 4 La mistificazione culturale che caratterizza la nostra epoca nasce da questo strano connubio tra tecnica selvaggia, ideologia mistificatrice e potere politico violento. Per capire l’effetto potenzialmente devastante di questo connubio bisogna anzitutto analizzare cosa vuol dire tecnica nei due periodi: pre- e post-galileiano. II.7 Tecnica pree post-galileiana Nell’era pre-galileiana un’invenzione tecnologica nasceva quale risultato di innumerevoli prove su fenomeni mai compresi a fondo. L’esempio più clamoroso è l’invenzione della ruota. Essa permette il trasporto di materia con grande risparmio di energia muscolare. La ruota scarica, sull’asse portante, l’attrito che produrrebbe il trasporto di quella stessa materia trascinata per terra. Ci sono voluti cinquemila anni per capire il vero significato del fenomeno ruota. Ed è grazie a Galilei che ciò è avvenuto, con la scoperta della prima legge del moto. Essa dice: se riduci a zero tutti gli attriti, ti muovi senza sforzo alcuno. Mettere l’olio nel motore sarebbe uno spreco, se non fosse per questa legge scoperta da Galilei. Prima di Galilei si pensava che la forza fosse proporzionale alla velocità. Se così stessero le cose, non servirebbe a nulla, oggi, lubrificare il motore e, nei secoli passati, l’asse della ruota. Però anche cinquemila anni fa i fatti dicevano che era meglio mettere un po’ d’olio sull’asse. Non se ne capiva il motivo, ma era così. Sfuggiva completamente la comprensione dell’attrito quale forza che si opponeva al moto. L’invenzione tecnologica, pre-galileiana, si fermava al caso singolo. Non poteva avere conseguenze a catena su tutta una serie di fenomeni. Nasceva l’invenzione della ruota e tutto finiva nell’ambito di quel fenomeno ruota. Scoprire una Legge Fondamentale della Natura vuol dire invece aprire una finestra su un panorama vastissimo, mai osservato prima, che investe un’infinità di fenomeni, apparentemente diversi e legati invece da un’unica sorgente. Esempio: l’elettromagnetismo. Chi avrebbe mai potuto immaginare che la calamita potesse avere qualcosa a che fare con la luce o con le cariche elettriche? E 4 invece le equazioni di James Clerk Maxwell dicono: dammi la carica elettrica, lo spazio e il tempo e io sarò in grado di prevedere la vastissima fenomenologia che va dalla luce alla limatura del ferro attratta da un campo magnetico, alla batteria dell’auto che accende il motore, alla radio, alla televisione, ai calcolatori elettronici. Ecco perché, oggi, le applicazioni tecnologiche sono così vaste e si succedono a catena. Esse affondano le loro radici su una o più Leggi della Natura: completamente capite nelle loro fondamentali strutture logico-matematiche. Sta in questa comprensione, l’inesauribile possibilità di sempre maggiori sviluppi tecnologici applicativi.

Insomma, l’invenzione tecnologica nell’era pre-scientifica era il massimo cui l’uomo potesse aspirare, nello sfruttamento materiale del mondo che ci circonda. L’uomo inventa la ruota ma non scopre la prima legge del moto. Inventa un dettaglio ma non scopre la legge che permetterebbe di descrivere tutti i possibili dettagli. Le invenzioni tecnologiche, nell’era post-galileiana, rappresentano invece una parte minima degli innumerevoli dettagli, delle immense possibilità applicative che nascono dalla scoperta di una o più Leggi Fondamentali della Natura. Tutto ciò che di tecnologico oggi è stato prodotto è solo una minima parte di quanto si potrebbe ottenere dalle innumerevoli applicazioni, permesse dalle scoperte rigorosamente scientifiche. Cosa è quindi successo da Galilei in poi? La Scienza ha continuato a scoprire fenomeni nuovi. La tecnologia ha abbandonato le prove a occhi chiusi, che avevano portato in diecimila anni ad appena due invenzioni e due sole (ruota e fuoco). La tecnologia post-galileiana imbocca la strada maestra delle applicazioni estensive delle leggi scoperte dalla Scienza. A una legge seguono innumerevoli dettagli applicativi. L’enorme sviluppo tecnologico, che è sotto gli occhi di noi tutti, ha queste radici. Grazie allo sfruttamento applicativo delle scoperte scientifiche, l’uomo, oggi, riesce a muoversi con velocità di gran lunga superiori a quelle tipiche delle sue forze muscolari. Egli riesce a parlare superando distanze che vanno ben oltre ciò che riesce a vedere con i suoi occhi. 4 Telefoni, radio, Tv, aerei, raggi X, Tac, Nmr, chirurgia con raggi laser, treni superveloci sono esempi di cosa può produrre l’applicazione tecnologica di leggi capite a fondo dalla ricerca scientifica di stampo galileiano. II.8 I tre falsi teoremi della cultura dominante Purtroppo le applicazioni tecnologiche vanno ben oltre i confini del bene. Quei confini cioè entro i quali si aiuta l’uomo a vivere meglio e a rendersi sempre più degno di essere considerato figlio di Dio. La tecnologia bellica ha prodotto armi la cui potenza distruttiva mette a rischio le stesse caratteristiche vitali del pianeta. Ne discuteremo ancora nel capitolo VII. I pericoli cui l’umanità va incontro nascono dal connubio tra l’esplosione applicativa della tecnologia selvaggia, priva di qualunque principio etico-morale, e la proliferazione di forme ideologiche pseudo-scientifiche, che hanno dato vita a forme totalizzanti di potere politico, impedendo alla Scienza di manifestarsi quale fenomeno essenziale della cultura moderna. Questo connubio ha stravolto le verità fondamentali e ha fatto sì che oggi la Scienza venga confusa con le bombe e la produzione tecnologica selvaggia. La Scienza viene addirittura accusata di gravissimi misfatti. Gli esempi più drammatici sono il pericolo di olocausto ambientale, l’enorme espansione delle tecnologie belliche e la fame nel mondo. Come se non bastasse, e sta qui il paradosso più clamoroso, alla stessa Scienza viene attribuita la caratteristica essenziale di essere il nemico numero uno della Fede. E’ così che la cultura cosiddetta moderna - sarebbe giusto chiamarla contemporanea in quanto né la Logica né la Scienza sono sue componenti essenziali - ha prodotto le peggiori mistificazioni culturali di tutti i tempi. Esse possono essere sintetizzate in tre falsi teoremi: 1)

Scienza e Tecnica sono indistinguibili;

2) la Scienza non può essere sorgente di alcun valore; 3) Scienza e Fede sono in antitesi. Abbiamo già visto quanto sia falso il primo teorema. Nel paragrafo 4 (II.9) seguente passeremo in rassegna i pilastri sui quali si fonda la Scienza, questa straordinaria scoperta dell’umano intelletto. Vedremo che essa è sorgente di valori. Che questi valori sono in sintonia con i valori della Fede è uno dei temi centrali di questo libro e sarà quindi trattato in diversi capitoli. Verrà fuori che la Scienza è forse il bene maggiore che l’uomo abbia saputo scoprire, nell’Immanente.I valori della Scienza - Rivoluzione. Incominciamo con il concetto di rivoluzione. La cultura dominante ama ripetere, in occasione di qualche scoperta scientifica, che è stata fatta una vera rivoluzione. La rivoluzione scientifica non produce né morti né feriti. A rivoluzione avvenuta, tutti sono più ricchi di prima. Sarebbe corretto parlare di costruzione, più che di rivoluzione. In Scienza non si rinnega mai il passato: lo si migliora, lo si integra. E’ come se, nella scalata di una grande montagna, si scoprisse che quella vetta, che sembrava l’ultima, permette di vedere panorami mai prima osservati e, come se non bastasse, di scoprire che c’è un’altra vetta, ancora più alta. In verità il termine rivoluzione scientifica non corrisponde al vero. Lo ha imposto la cultura dominante al fine di far credere che, dopo tutto, il rigore scientifico passava per la strada obbligata della rivoluzione, intesa nella comune accezione di rivolta, con massacri e orrori, di ogni tipo. Niente di più falso. - Razzismo. Uno scienziato non può dire: «Non posso credere in questa nuova scoperta scientifica perché l’ha fatta un uomo la cui pelle ha un colore diverso dalla mia». La Scienza è un’attività intellettuale che respinge il razzismo in modo totale. - Universalità. L’uomo è da sempre alla ricerca di valori universali. La Scienza dimostra che esistono leggi universali. Le Forze Deboli che producono fenomeni misurabili nei nostri laboratori sono le stesse di 4 quelle che fanno funzionare il Sole. La luce che produce un fiammifero è analoga a quella prodotta dalle Stelle. La Forza di Gravità, che fa cadere una pietra dall’alto verso il basso e che ci tiene legati alla Terra, è la stessa di quella che sovrintende alla formazione del nostro Sistema Solare e delle Galassie. - Esaltazione dell’individuo. La Scienza esalta l’individuo e il suo lavoro. Il valore di uno scienziato non è imposto dalla forza dei carri armati, ma dalla sua intelligenza e dal suo lavoro di ricerca. E questo senza venire meno al tributo corale. Non è concepibile Albert Einstein senza Max Planck, James Maxwell, Isaac Newton e Galileo Galilei. Tutti scienziati, giganti della Scienza: tutti credenti. - Stimolo intellettuale. La Scienza stimola l’uomo a sempre nuove conquiste. Non ci si arresta mai dall’estendere e dal migliorare le nostre conoscenze. Una ideologia viene invece presentata come se fosse l’ultimo traguardo di una conquista intellettuale. E blocca l’uomo per secoli e secoli su frontiere fatte di speculazioni astratte, che presto diventano dogmi. La Scienza accetta i dogmi del Trascendente. Essa però respinge i dogmi nell’Immanente. - Umiltà. Lo scienziato è quotidianamente posto dinanzi a problemi che non sa risolvere. Galilei impiegò più di dieci anni per capire l’attrito e pervenire così alla formulazione della prima legge del moto. Einstein dedicò undici anni, dal 1905 al 1916, per capire a fondo il significato degli esperimenti di Galilei sulla caduta dei corpi materiali. Undici anni per arrivare a scrivere un’equazione. La Scienza è fatta di problemi irrisolti. Capita una cosa, si passa alla successiva. E ricominciano le difficoltà. Einstein impegnò gli ultimi trent’anni della sua esistenza nel tentativo di unificare tutte le Forze della Natura. Fu la sua grande

opera incompiuta. Come fa a essere arrogante un uomo che non sa rispondere a un quesito? La Scienza, come detto prima, è fatta di quesiti non risolti. Ecco perché essa ha, come pilastro, l’umiltà intellettuale. L’arroganza nasce dall’ignoranza. - Verità. Uno scienziato che raccontasse menzogne, sarebbe escluso dal contesto scientifico. Per la Scienza, una cosa vera deve essere riproducibile. Lo scienziato, quando arriva a capire qualcosa, o a fare una scoperta, deve spiegare in tutti i dettagli come ha fatto a ottenere quel risultato. Chiunque, ovunque, e in qualsiasi istante, qualunque sia il colore della sua pelle, deve essere in grado di riprodurre quella verità scientifica. La mistificazione e la menzogna sono estranee all’attività scientifica. - Riflessione sui fatti. La Scienza educa a riflettere, a non affrettarsi in conclusioni prive di verifiche su tutto ciò cui una scoperta può portare nei settori noti della struttura fondamentale del Creato. La Scienza educa a giudicare in modo obiettivo, non emotivo. Essa affida ai fatti, alle prove sperimentali riproducibili, il battesimo della legittimità scientifica galileiana. Non alle parole e alle formule astratte. Non ha senso dire che una teoria è matematicamente bella o brutta. Essa può essere soltanto vera o falsa. Accade poi, quasi sempre, che alla fine di una ricerca, quando in un campo ben determinato si è finalmente capito tutto, la formulazione matematica risulti sempre più elegante del previsto. - Bontà e tolleranza. La Scienza insegna bontà e tolleranza intellettuali. Gli estremi non debbono essere combattuti, ma capiti. Cose apparentemente agli antipodi, possono risultare entrambe necessarie per la descrizione dei fenomeni fondamentali della natura. Valga per tutti un esempio: la proprietà di onda e di particella. La luce, per tanto tempo, venne considerata un fenomeno corpuscolare. Poi, ondulatorio. E le due descrizioni sembravano mutuamente esclusive. Invece la luce è, al tempo stesso, e onda e particella. Per arrivare a capirlo ci sono voluti diversi secoli. La dualità onda-particella vale non solo per la luce, ma per tutte le particelle. Questa dualità è una delle conquiste più importanti nella storia del pensiero scientifico. - Lotta ai pregiudizi. La Scienza combatte i pregiudizi senza mai smettere: anche se ci vogliono secoli per smantellarli. La grande differenza fra Fisica Classica 4 e Fisica Moderna sta nel fatto che una quantità piccolissima (la cosiddetta Costante di Planck) veniva considerata esattamente zero. Un’altra quantità grandissima (la velocità della luce) veniva considerata infinita. Trecento anni per smantellare due pregiudizi. - Generosità. La Scienza ha anche importanti aspetti di generosità. Spiegare agli altri il risultato di una scoperta è cosa che arricchisce lo scienziato e chi lo ascolta. La Scienza insegna che esiste una forma, assolutamente perfetta, di generosità e di amore per il prossimo. Chi si priva di un pezzo di pane fa un’opera di bene, ma indubbiamente soffre, se di pane ne ha poco. Chi dà quello che sa non perde nulla, pur potendo arrivare a dare tutto quello che ha. - Libertà di pensiero. La libertà di pensiero è di importanza vitale per la Scienza. E in questo si inserisce il rispetto per quella forma di materia vivente chiamata uomo: quindi il rispetto della sua dignità. Tra tutte le forme di materia vivente noi siamo infatti l’unica cui è stato dato il privilegio di capire la Logica da Lui seguita per creare la realtà in cui viviamo e di cui siamo fatti. Questo privilegio unico è fonte della più alta dignità cui si possa aspirare: quella di essere fatti a immagine e somiglianza del Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. Per leggere il Libro della Natura, scritto dal Creatore, bisogna essere liberi da qualsiasi pregiudizio. L’unica guida essendo ciò che risponde Colui che ha fatto il mondo quando gli poniamo un quesito. La libertà intellettuale per porre un quesito a Colui che ha fatto il mondo deve essere totale. II.10 Se vivessimo l’era della Scienza

Se vivessimo l’era della Scienza, questi valori farebbero parte integrante della cultura cosiddetta moderna. Si tratta infatti di verità che fanno della Scienza un’attività intellettuale in perfetta comunione con il pensiero religioso. Siamo di fronte alle due componenti essenziali nelle quali si articola la nostra esistenza: una che opera nell’Immanente, la Scienza, e l’altra che opera nel Trascendente, la Fede. 4 Ed ecco la spettacolare conclusione cui si arriva. La Scienza, studiando l’Immanente nel modo più rigoroso che l’intelletto umano abbia mai saputo concepire, scopre una serie di verità, i cui valori sono in perfetta sintonia con quelli che la stessa forma di materia vivente, detta uomo, apprende dalla Verità Rivelata. A quattro secoli da Galilei, si erge in tutta la sua splendida chiarezza quanto il padre della Scienza seppe vedere con un puro atto di Fede: la Natura e la Bibbia sono entrambe opera dello stesso Creatore. La Bibbia - diceva Galilei - è la parola di Dio. La Natura è invece la sua scrittura. La Scienza ha come obiettivo di capire ciò che Iddio ha scritto, usando il rigore della Matematica. Le Leggi Fondamentali della Natura sono infatti espresse da precise equazioni matematiche: diceva e pensava Galilei. Cosa ne sapeva il padre della Scienza che, studiando come oscillano i pendoli, o come rotolano le pietre lungo un piano inclinato, dovessero venire fuori leggi rigorose? Poteva benissimo venire fuori il Caos, l’arbitrio, il capriccio: un giorno così, un anno dopo non più. A Pisa una legge, sulla Luna un’altra. Galilei invece pensava a leggi fondamentali e universali, esprimibili in forma rigorosamente matematica. L’insieme di queste leggi doveva rappresentare, e di fatto rappresenta, la Logica del Creato. In quella pietra c’è la mano del Signore. Studiando gli oggetti volgari scoprirò le Leggi di Colui che ha fatto il mondo. Fu questa Fede che spinse Galilei a sfidare la cultura dominante del suo tempo. Lui voleva semplicemente leggere il Libro della Natura, scritto dal Creatore con caratteri matematici. Riassumendo: la Bibbia è scritta in modo semplice, affinché tutti possano capirla e non ha lo scopo di spiegare com’è fatta la parte Immanente della nostra esistenza. Essa ha lo scopo di tracciare per l’uomo la via che conduce al Signore. Il Libro della Natura ci rivela come è stato costruito il mondo: l’opera della Creazione. Quest’opera non poteva che essere scritta in modo rigoroso, con caratteri matematici. Ecco perché spetta agli scienziati, in prima persona, adoperarsi affinché tutti possano sapere leggere quel Libro stupendo e affascinante. In esso c’è scritto com’è fatto il mondo. Trattandosi di una costruzione, il suo linguaggio deve essere rigoroso. Saperlo leggere vuol dire mettere a beneficio dell’uomo le leggi che reggono il Cosmo, 4 in comunione, non in antitesi, con la parola di Dio, che è la Bibbia. Se vivessimo l’era della Scienza, queste verità sarebbero patrimonio culturale di tutti. II.11 Abbiamo avuto il dono della Ragione: usiamola Abbiamo detto nel paragrafo II.8 che la cultura cosiddetta moderna sarebbe corretto chiamarla contemporanea. Essa, infatti, moderna non è, in quanto interamente basata sul Linguaggio. Né la Logica né la Scienza sono entrate a far parte del patrimonio culturale dell’uomo cosiddetto moderno. Secondo gli specialisti, un tempo - nessuno sa dire con esattezza quando, potrebbe essere centomila o un milione di anni fa - questa forma di materia vivente detta uomo si esprimeva gesticolando. Prendiamo per vera questa ipotesi. L’uomo non sapeva parlare.

Il Creatore però lo aveva dotato di un cervello in grado di potere inventare il Linguaggio. E gli aveva fatto il dono della Ragione. Senza la Ragione non sarebbe stato possibile inventare il Linguaggio. Questo però avrebbe dovuto essere il primo passo verso la scoperta della Logica Matematica prima e della Scienza poi. Oggi tutti gli uomini sanno parlare. Pochi conoscono la Logica. E ancor meno sono coloro che sanno cos’è la Scienza. Eppure l’uomo ha scoperto che l’uso del Linguaggio portava a contraddizioni logiche ben tremila anni fa. L’atto di nascita della Logica è il famoso paradosso del bugiardo che doveva portare al paradosso di Jules-Antoine Richard, a quello di Bertrand Russell e infine alla grande scoperta di Kurt Gödel. tremila anni di Logica, di cui la cultura dominante ignora l’esistenza. Ne parleremo nel paragrafo VI.6 quando discuteremo i limiti della Logica Matematica. Con la Scienza, che tra tutte le logiche rigorose possibili è quella seguita dal Creatore per fare il mondo così com’è, le cose non sono andate meglio. La cultura dominante, come abbiamo visto, della Scienza ignora i valori e ne ha deformato il vero significato. Eppure il Linguaggio doveva essere - nell’Immanente - il primo passo verso il grande traguardo della cultura scientifica. 5 Un giorno tutti gli uomini saranno scienziati. Non in quanto tutti faranno esperimenti alle frontiere delle nostre conoscenze bensì in quanto tutti saranno in grado di leggere e di capire i lavori scientifici, così come oggi leggono e capiscono un giornale o un romanzo. Non c’è alcun meccanismo che proibisca all’intelletto umano di capire un discorso rigoroso di Scienza. E’ solo un problema di educazione alla Scienza. Il nostro cervello si apre al Linguaggio nelle prime fasi della sua esistenza. E’ così che i bambini imparano a parlare la lingua che essi ascoltano. Un bimbo di genitori italiani, se educato in una famiglia cinese, parlerà cinese. Il Linguaggio non è geneticamente ereditato. E’ il nostro cervello che è già predisposto a imparare una lingua: qualunque essa sia. La seconda fase, nello sviluppo del nostro cervello, riguarda il bisogno di apprendere qualcosa che abbia legami e strutture logiche. La forma più elementare di Logica corrisponde a dire: patti chiari, amicizia lunga. Partire da assiomi e sviluppare tutte le possibili conseguenze di quegli assiomi, seguendo regole precise, è la prima tappa verso il grande traguardo della logica formale. La terza fase, nello sviluppo del cervello umano, è quando esso si apre alla Scienza. Mi diceva Jean Piaget, studioso tra i più qualificati di questi problemi, che i ragazzi apprendono prima il concetto del rapporto tra due quantità fondamentali che i concetti relativi alle stesse quantità. Esempio: i bambini capiscono prima cos’è la velocità. E poi cosa significa il concetto di Spazio e di Tempo (la velocità, lo ricordiamo, è il rapporto tra Spazio e Tempo). Cosa spinge il nostro cervello ad aprirsi prima al Linguaggio, poi alla Logica, quindi alla Scienza, nessuno lo sa. Ne è chiara la suddivisione temporale fra queste tre fasi. Su un punto si è tutti d’accordo. Il Linguaggio precede le altre due fasi. E’ però probabile che l’apertura alla Logica e quella alla Scienza avvengano quasi contemporaneamente. L’età di apertura varia da soggetto a soggetto. Essa può iniziare anche all’età di tre, quattro anni. Ciò non vuol dire che in alcuni casi l’apertura non possa avvenire verso i dieci, dodici anni. Se durante la fase di apertura non ci sono stimoli, il processo rallenta. Anche di molto. E non è un fenomeno legato alle difficoltà insite nella Logica e nella Scienza. Avviene anche con il Linguaggio. C’è un fatto clamoroso. A New 5 York una ragazza, segregata da snaturati genitori fuori dal mondo, non sapeva parlare all’età di otto anni. Scoperta per puro caso in quelle disumane condizioni, venne rieducata e adesso parla normalmente.

Il tempo necessario per imparare un Linguaggio è di qualche anno al momento giusto, cioè, quando il cervello si apre. Ci vuole un tempo dieci volte maggiore quando il cervello, non sottoposto a stimoli, si è richiuso. Con la Scienza e con la Logica il discorso è analogo. Superati i vent’anni il nostro cervello si richiude, sia alla Logica sia alla Scienza. Se è rimasto privo di stimoli in Logica e in Scienza, difficilmente ritornerà a interessarsi a queste due grandi conquiste intellettuali. Ecco perché, esattamente come si fa con il Linguaggio, che si insegna subito, con la Logica e con la Scienza dovremmo fare lo stesso. Iniziare già alle scuole elementari l’insegnamento di queste straordinarie conquiste dell’intelletto umano. Logica e Scienza dovrebbero far parte del patrimonio culturale di tutti. La scuola invece educa quasi esclusivamente al Linguaggio. E in tutto ciò che è stimolo intellettuale - stampa, radio, Tv, libri - predomina il Linguaggio. Se Linguaggio, Logica e Scienza venissero insegnate con pari impegno, tutti gli uomini, nel giro di una sola generazione, sarebbero in grado di distinguere tra queste tre conquiste dell’umano intelletto. Essi saprebbero cosa vuol dire raccontare una favola, elaborare una teoria matematica e scoprire una verità scientifica. Allora sì che potremmo dire di vivere l’era della Scienza. In questa era non ci sarebbe più posto per le mistificazioni culturali. II.12 Episodi vissuti in prima persona: muone e Terza Colonna, Antimateria, cuore del protone e Supermondo Mi è stato più volte chiesto come mai io potessi conciliare la mia Scienza con la mia Fede. Al grande pubblico è difficile immaginare cosa vuol dire fare Scienza. L’attività che mi lega allo studio della Logica della Natura non l’ho trovata mai in conflitto con le mie idee sulla componente trascendentale della nostra esistenza. Forse 5 il modo migliore è raccontare un po’ di questa attività. Attività che mai ho trovato in conflitto con la Fede. Come mai? Perché? E’ proprio vero? La risposta non posso che trovarla negli episodi più cruciali, vissuti in prima persona. Il lettore vedrà che il significato di una scoperta o il metodo da seguire per capire meglio come affrontare e risolvere un problema in nulla incidono sulla sfera trascendentale della nostra esistenza. Venne una volta al Cern Tsung Dao Lee, uno dei più grandi fisici teorici di questo secolo (Nobel, con Chen Ning Yang, per la scoperta della violazione di Parità nelle Forze Deboli). Scopo della visita di T.D’ Lee al Cern era di presentare un suo lavoro teorico al fine di convincere noi tutti che doveva esistere un neutrino diverso da quello già noto. Un altro illustre fisico teorico, presente al Seminario, commentò alla fine: «La Natura non può essere così sciocca da tirar fuori due neutrini, quando può fare tutto quello di cui c’è bisogno con un solo neutrino». Sono passati quattro decenni da quel Seminario. Oggi sappiamo che di neutrini la natura ne ha tirati fuori non due, ma addirittura tre. E chissà che non ce ne sia un quarto ancora da scoprire, magari pesantissimo, contrariamente agli altri tre che sono leggerissimi. Vent’anni fa era difficile immaginare il perché di più di un neutrino. Oggi, dopo la lettura di altre bellissime pagine del Libro della Natura, l’uomo ha intravisto un grande disegno: le tre famiglie di particelle fondamentali, cui noi diamo il nome di Colonne. Quando Wolfgang Pauli propose, tre quarti di secolo fa, l’esistenza della più evanescente particella che l’uomo fosse riuscito a immaginare, nessuno avrebbe saputo prevedere l’enorme contenuto di informazioni che possiede l’esistenza di un neutrino. Lo si è capito

nei decenni successivi quando si è scoperto che ciascuna famiglia di particelle doveva avere il suo neutrino. Fino a metà degli anni cinquanta, nessuno lo aveva ancora capito. Eccetto Colui che ha fatto il mondo. Un altro capitolo vissuto in prima persona. Era Direttore Generale del Cern Victor F. Weisskopf, uno dei padri della Fisica Moderna. Il Cern era impegnato nella costruzione del primo anello di collisione tra protoni. Una macchina detta Isr (Intersecting Storage 5 Rings), sulla cui realizzazione tecnica pochi credevano. Ma c’era di più. Sulla validità scientifica di quella nuova macchina subnucleare non molti fisici erano concordi. Ed ecco uno dei temi centrali: cosa possiamo immaginare che avvenga nell’urto tra protoni ad altissima energia? L’Isr avrebbe infatti permesso all’uomo di toccare un livello d’energia (sessantadue miliardi di elettronvolt - sessantadue Gev) mai prima raggiunto. Io, insieme al mio collega e amico Tom Massam, decidemmo di lavorare su un progetto controcorrente. Fino ad allora, nell’urto tra due protoni, tutto procedeva come se queste particelle fossero nuvolette. Immagini il lettore due nuvolette ad altissima velocità. Scontrandosi entrano l’una nell’altra. Dopo l’urto la deviazione dalla direzione iniziale è minima. Quindi gli urti dovrebbero essere a piccoli angoli, rispetto alle direzioni incidenti. Io e Tom, invece, eravamo convinti che la scommessa su cui puntare erano gli urti a grande angolo. Fu così che progettammo un grande dispositivo magnetico in grado di analizzare non solo i piccoli angoli, ma anche i grandi. Se le nuvolette avessero avuto anche una struttura interna fatta di robuste palline, (4) gli urti tra protoni avrebbero dovuto produrre anche particelle a grandi angoli. «A grandi angoli non c’è Fisica» sentenziò un fisico che purtroppo aveva un’alta responsabilità decisionale. E aggiunse: «Tutta la Fisica è a piccoli angoli». Fu così che venne approvato un altro progetto, che permetteva di studiare bene ciò che avviene a piccoli angoli. E invece una sorpresa della nuova macchina Isr del Cern doveva proprio essere la Fisica a grandi angoli. Oggi sappiamo che il protone è sì una nuvoletta. Esso però cela nel suo cuore pezzettini durissimi detti da Richard Feynman partoni per indicare una frazione del protone, tutta da capire, estremamente dura. Il partone consiste - come s’è poi scoperto - sia di quark sia di gluoni (ne parleremo ancora). E la Fisica a piccoli angoli? Questa era passata nel dimenticatoio, 5 essendo la struttura dura del protone al centro dell’attenzione. E invece anche qui c’era una grande scoperta da fare. E cioè che gli insiemi di particelle, prodotti negli urti tra particelle diverse, nonostante la natura apparentemente diversa di queste particelle interagenti, mostrano caratteristiche identiche. Un risultato totalmente inatteso. Alla base di questa scoperta c’è una quantità fisica nuova che entra in gioco: la cosiddetta Energia Effettiva. Cercherò di spiegarlo. Supponiamo di osservare due persone che entrano in un supermercato avendo nel portamonete la stessa somma: centomila lire. All’uscita una è carica di pacchi e con pochi soldi, l’altra senza pacchi ma con più di novantamila lire ancora in tasca. Al posto delle persone immaginiamo due protoni e invece di soldi mettiamo l’energia incidente. Se due protoni entrano in collisione con pari energie e dopo l’urto uno dei due di energia ne ha pochissima, deve essere associato con molte particelle. La sua energia incidente è stata spesa per produrre particelle subnucleari. L’altro protone che esce dall’urto con quasi la stessa energia che aveva prima dell’urto, di particelle associate deve averne pochissime. Studiare gli urti sulla base delle energie incidenti aveva portato fuori strada per oltre trent’anni la Fisica Subnucleare. Bastava riflettere e misurare le Energie Effettive per scoprire che era la quantità giusta che entra nei processi di produzione delle particelle

subnucleari. L’Energia Effettiva è una proprietà che caratterizza le forze tra quark e gluoni che agiscono nel cuore di protoni e neutroni. Questo episodio può ulteriormente illuminare una caratteristica fondamentale della ricerca scientifica di frontiera. E cioè che sono i risultati sperimentali totalmente inattesi ad aprirci gli occhi sulle nuove frontiere della ricerca scientifica. In che logica si inseriscono questi episodi vissuti in prima persona? Risposta: nella Logica del Creato. E infatti, nel corso di questi ultimi decenni, la Scienza galileiana è arrivata alla più potente sintesi concettuale mai raggiunta prima nello studio della natura. A questa sintesi si dà il nome di Modello Standard. essa ci dice che tutta la realtà, dalla struttura di un protone ai confini del Cosmo, si regge su Tre Colonne e Tre Forze, Fondamentali. Pertanto, qualsiasi fenomeno galileianamente noto può essere spiegato quale manifestazione delle strutture e delle forze che fanno capo a questa sintesi. 5 Alla costruzione di questa sintesi io ho avuto il privilegio e la fortuna di contribuire con idee nuove, invenzioni e scoperte. (5) In nessun caso mi sono trovato dinanzi al dubbio che la mia attività scientifica potesse essere in contrasto con la mia Fede. E dire che di novità ce ne sono state tante nel corso della mia vita scientifica. Ecco qualche altro esempio. Lo studio dell’evanescente particella già citata, il muone, della quale ho misurato con alta precisione le proprietà fondamentali, ha portato alla conclusione che quella particella poteva essere il secondo leptone. Il primo essendo l’elettrone. Questi studi mi hanno indotto a pensare che dovesse esistere un terzo leptone. (6) E’ così che ho inventato nuove tecnologie per scoprirlo, identificando il processo di produzione e la firma decisiva che potesse provarne l’esistenza. Alla ricerca di questa terza colonna del Creato ho dedicato dieci anni della mia vita scientifica. L’esistenza del terzo leptone è stata stabilita a Stanford studiando la firma decisiva da me prevista. E infatti il terzo leptone è oggi una colonna del Modello Standard. Un altro esempio. L’esistenza dell’Antimateria. La scoperta delle antiparticelle (antielettrone, antiprotone, antineutrone ecc’) aveva come base teorica la famosa equazione di Paul Adrien Maurice Dirac e l’esistenza di una proprietà di simmetria scoperta dal grande fisico-matematico Herman Weyl, cioè la simmetria rispetto al segno della carica: se esiste una particella con carica positiva deve esisterne una identica con carica opposta. Dirac immaginò una realtà in cui dovevano esistere tutte le antiparticelle, e non solo. Ma anche l’antimateria, le antistelle e le antigalassie. Infatti, la materia è fatta di particelle incollate insieme in modo da dare le varie strutture nucleari e atomico-molecolari note. Un atomo di ferro è fatto con un nucleo (di protoni e neutroni) circondato da una nuvola di elettroni. Un pezzo di ferro non è altro che un insieme di atomi di ferro. 5 Se esistono antiprotoni e antineutroni, essi, mettendosi insieme, faranno un antinucleo di ferro che, circondato da una nuvola di antielettroni, darà il primo esempio di antiatomo. Mettendo insieme un gruppo di questi antiatomi, avremo un pezzo di antiferro. Insomma, l’esistenza delle antiparticelle sembrava dovesse necessariamente portare all’esistenza dell’Antimateria, se era vero - come sembrava - che tutta la realtà fisica dovesse obbedire alla legge di simmetria per inversione di carica elettrica scoperta da Weyl. A metà degli anni cinquanta vengono i primi segni che quella legge di simmetria veniva violata e con essa altre due leggi dette di parità (scambio della destra con la sinistra) e di inversione dell’asse dei tempi. Altri risultati sperimentali sembravano mettere in crisi la struttura matematica che descriveva tutti i fenomeni fisici fondamentali: la Relativistic Quantum Field Theory, in sigla Rqft. A questo punto non poteva essere data più per scontata l’esistenza dell’Antimateria. Infatti, se è vero - come è vero - che esistono le antiparticelle, nessuno può più garantire che tra le antiparticelle agiscano le stesse forze che mettono insieme le particelle tra di loro per fare i nuclei. Insomma, se protoni e

neutroni sono legati dalle Forze Nucleari, antiprotoni e antineutroni possono non risultare legati dalle stesse forze. Il castello che era stato costruito per descrivere la struttura nucleare del mondo scricchiolava sotto i colpi delle scoperte di violazione delle proprietà di simmetria delle Leggi Fondamentali. La prova del fuoco diventa la prova dell’esistenza dell’Antimateria. Il più semplice antinucleo è quello fatto da un antiprotone legato a un antineutrone. Se questo antinucleo esiste, l’esistenza dell’Antimateria è garantita. Il nucleo fatto con un protone e un neutrone è detto deutone ed è il nucleo dell’idrogeno pesante. L’esistenza dell’antideutone dimostrerebbe che antiprotoni e antineutroni si legano insieme esattamente come fanno protoni e neutroni; ecco perché stabilire l’esistenza dell’antideutone diventa un esperimento di cruciale importanza a metà degli anni sessanta. Non basta però dire: «Sarebbe interessante scoprire l’antideutone». Bisogna inventare nuovi strumenti per andare oltre i limiti stabiliti da coloro che l’hanno già cercato. E l’antideutone era stato cercato e non trovato a un livello di un antideutone per dieci milioni di particelle prodotte. Era necessario inventare un nuovo sistema 5 per misurare i tempi molto più esattamente: a un livello di cento millesimi di miliardesimi di secondo. Ed era necessario mettere a punto un sistema di osservazione, il più potente mai prima realizzato, al fine di spingere il livello di osservazione a un antideutone per cento milioni di particelle prodotte. E’ proprio a questo livello che abbiamo scoperto l’esistenza del primo esempio di Antimateria nucleare. Nessun fisico al mondo poteva dire: io so che l’Antimateria esiste. E nessun fisico al mondo era in grado di spiegare come mai stesse crollando il formidabile edificio logicomatematico costruito per descrivere le Forze Fondamentali che agiscono tra particelle elementari. Non è vero che noi fisici sappiamo qual è il risultato di un esperimento. Se ne fossimo certi non lo faremmo, in quanto sarebbero tempo ed energie sprecati alla ricerca di cose scontate. Un esperimento originale è aperto a tutte le risposte. Quando, in una notte del marzo del 1965, io e Tom Massam - assistiti da tecnici e da tutta la squadra (centinaia di ingegneri e tecnici specializzati) che faceva funzionare la speciale macchina acceleratrice del Cern (il Protosincrotone da 28 miliardi di elettronvolt) - ci adoperavamo a mettere a punto la complessa strumentazione che doveva dirci se erano o no prodotti gli antideutoni, nulla sapevamo di quello che i nostri strumenti avrebbero dato come risultati. Potevamo anche scoprire che l’Antimateria nucleare non esiste. Se così fosse stato, la Logica del Creato non avrebbe subito alcuna grave lacuna. Ancora oggi l’esistenza dell’Antimateria resta come scoperta sperimentale e basta, non essendo stata elaborata una teoria veramente rigorosa che possa stabilirne l’esistenza. L’attuale Teoria delle Forze Nucleari è infatti formulata sulla base di strutture dette effettive, non radicate cioè su basi fondamentali. Spero il lettore abbia recepito il fascino della Scienza galileiana. (7) E il motivo per cui è assurdo preoccuparsi di essere posti dinanzi a quesiti legati alla nostra Fede quando ci si trova dinanzi a risultati sperimentali. 5 Ho parlato di crisi profonde nella nostra comprensione delle strutture logicomatematiche per descrivere la realtà (Rqft); ho parlato di una scoperta, quella dell’Antimateria che poteva esistere e poteva anche non esistere. Entrambe le risposte sarebbero state incorporate in un sistema logico rigoroso senza nulla togliere all’eleganza del disegno finale che è ancora lungi dall’essere capito. Compresa invece è la verifica della validità delle leggi che governano la formazione di atomi e molecole e quindi della nostra stessa struttura materiale. Noi siamo enormi e complesse macchine elettromagnetiche in cui l’energia in gioco è estremamente bassa. Ed ecco un problema. Le leggi dell’elettromagnetismo saranno valide a energie molto più

elevate di quelle tipiche della nostra esistenza materiale? Nessun fisico poteva dare una risposta a questa domanda se non ponendola a Colui che ha fatto il mondo. E’ quello che io ho fatto quando c’erano motivi per credere che queste leggi potessero non risultare valide alle massime energie. A questo problema ho dedicato diversi anni della mia vita scientifica. Ed è così che sono riuscito a stabilire con estrema precisione (la più alta al mondo) la validità delle leggi delle Forze Elettromagnetiche alle massime energie. Questa serie di esperimenti l’ho realizzata, assieme a un gruppo di miei giovani collaboratori, usando le strutture dei Laboratori Nazionali di Frascati dell’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare). Un altro esempio che vorrei ricordare riguarda l’invarianza rispetto allo scorrere del tempo per quelle forze che - oltre a determinare, come ho già detto, l’esistenza di atomi e molecole - erano fino a metà degli anni sessanta la base su cui venivano modellate tutte le strutture matematiche per descrivere i fenomeni fisici. Mi decisi a realizzare una serie di esperimenti per stabilire se per queste forze era o no valido il Teorema di Eugene P. Wigner. Questo teorema stabilisce che per i fenomeni elementari, dove non ci sono né orologi né entità dotate di memoria, lo scorrere del tempo deve essere totalmente equivalente: sia che si vada dal passato verso il futuro (com’è nella vita di tutti i giorni) sia che si vada dal futuro verso il passato. Come dire che, arrivati all’età di novant’anni, si possa ritornare giovani ventenni. Tutti i fenomeni fisici noti fino al 1964 obbedivano al Teorema di Wigner. E invece arriva la novità sperimentale scoperta nello studio dei 5 mesoni detti kappa-zero. Un autentico fulmine a ciel sereno. Queste particelle mesoniche, nel corso della loro brevissima esistenza, non obbediscono al teorema di invarianza rispetto allo scorrere del tempo. Andare in un verso o in quello opposto non è equivalente nel mondo dei mesoni kappa-zero. Eppure le forze in gioco dovrebbero essere di natura fondamentale e le particelle in ballo dovrebbero essere anch’esse totalmente elementari. Come la mettiamo con il Teorema di Wigner? Sarà esso anche violato in altri settori della realtà fisica? Perché non provare con le interazioni elettromagnetiche di alta energia? Sarà o no valido per queste realtà il Teorema di Wigner? Ecco lo stimolo per una serie di nuovi esperimenti. Nessun fisico al mondo poteva dire di conoscere con certezza la risposta a questo quesito. Ancora un esempio della necessità di bussare alla porta di Colui che ha fatto il mondo. Risposta: le Forze Elettromagnetiche, anche alle massime energie, obbediscono al Teorema di Wigner. La cosa rese felice l’autore del Teorema del Tempo, il grande Eugene Wigner, che mi invitò a Princeton per un Seminario in cui presentai i risultati dei miei esperimenti. Fu così che ebbi modo di conoscere l’inventore dell’iconoscopio, il padre della Tv, Vladimir Kosma Zworykin. (8) Passiamo a un altro esempio che richiama alla memoria una grande idea dei tempi in cui l’uomo pensava che fosse sufficiente riflettere sull’Immanente e in particolar modo sulla realtà che ci circonda e di cui siamo fatti per decifrare la Logica del Creato. Fu Democrito a riflettere e concludere che spezzando una pietra in pezzi sempre più piccoli si deve arrivare a un pezzettino - piccolo quanto si voglia - ma che non si romperà più in altri pezzettini per via del fatto che quest’ultimo pezzettino non è più composto di altre cose. E’ inscindibile in altre componenti in quanto non è fatto di altre cose eccetto che di se stesso. Usando la più potente macchina a collisione tra protoni, la già citata Isr, io ho studiato se un protone va o no in pezzi. Secondo Democrito dovrebbe andare a pezzi in quanto noi sappiamo che un protone è fatto con tre quark e con un mare di gluoni (i gluoni 6 sono la colla subnucleare che tiene insieme i quark dentro un protone). Dati sperimentali ottenuti nel Laboratorio Slac (Stanford, Usa) dimostravano che, martellando con estrema violenza i quark che si trovano dentro il protone, essi perdono qualsiasi legame e si muovono come trottoline libere all’interno del protone. Ragionando

alla Democrito, la conclusione è immediata. Nello scontro violento tra due protoni essi debbono rompersi in sei quark. Chi ha fatto il mondo aveva però deciso che le cose dovevano andare ben diversamente. E infatti, dopo avere inventato una nuova tecnologia per costruire rivelatori in grado di operare nelle condizioni estremamente difficili per osservare la rottura dei protoni in quark e dopo avere lavorato per diversi anni con molti miei collaboratori su questo esperimento, cosa viene fuori? Che i protoni, nonostante l’estrema violenza degli urti da noi studiati, non si rompono affatto. Essi restano perfettamente compatti come se gli urti fossero totalmente inesistenti. Vorrei dare al lettore un’idea quantitativa sulla violenza di questi urti tra protoni. Quando diamo una martellata a un pezzo di pietra la violenza dell’urto che la riduce in frantumi è miliardesimi di volte meno forte di quella che corrisponde all’urto tra due protoni da noi studiato all’Isr. rompere una pietra corrisponde a spezzare i legami tra le macromolecole, il cui livello d’energia è di qualche elettronvolt (un elettronvolt è l’energia che acquista un elettrone quando lo si fa cadere da un gradino di un Volt). L’energia media in cui esiste la vita è il centesimo di elettronvolt. Atomi e molecole devono restare intatti sotto gli urti delle molecole d’aria in cui viviamo. Le energie in gioco se arrivano a un elettronvolt rompono legami atomico-molecolari. Se mettiamo tra le nostre dita un’energia media di qualche elettronvolt ci scottiamo. I protoni invece non battono ciglio se li martelliamo con decine di miliardi di elettronvolt. Come mai? Nessuno scienziato poteva aprir bocca su questi due risultati apparentemente contraddittori. Quello ottenuto allo Slac diceva che nel cuore di un protone ci sono quark che vagano liberamente e quello ottenuto al Cern diceva che martellando i protoni con estrema violenza (anche usando neutrini per penetrare nel loro cuore) non si frantumano in quark. 6 Molti fisici pensavano alla fine di quella struttura matematica da noi già citata: Rqft, che era considerata la regina di tutte le descrizioni rigorose dei fenomeni fisici. Altri erano convinti che qualcosa di totalmente inatteso dovesse arrivare. E infatti così fu. Il totalmente inatteso ha oggi un nome: forze non-abeliane. Il motivo per cui un protone, pur essendo fatto con tre quark, non va a pezzi quando viene preso a martellate è per via della natura non-abeliana delle forze che agiscono tra i suoi costituenti. In altre parole, quark e gluoni non interagiscono così come fanno le cariche elettriche, gli atomi e le molecole. Atomi e molecole si rompono in quanto le forze in gioco - le già citate Forze Elettromagnetiche - sono di natura abeliana. Il lettore a questo punto se non ha già abbandonato la lettura - vorrà sapere cosa si intende con questi termini: abeliana e non-abeliana. Lo vedremo fra un istante. La cosa su cui riflettere è che per capire come è fatto il mondo bisogna avere l’umiltà di fare esperimenti. Il che vuol dire: chiedere a Colui che ha fatto il mondo la strada da Lui seguita. Al fatto che potessero esistere le forze non-abeliane, noi ci siamo arrivati dopo avere interrogato il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. Se ci fossimo limitati a riflettere, come faceva Democrito, non ne sapremmo nulla nemmeno oggi. Infatti, se diamo una martellata a una pietra, essa va in frantumi. Ragionando sulle conseguenze estreme, cosa dovremmo aspettarci? Rifletta il lettore. La risposta sarebbe identica a quella cui arrivò Democrito. E infatti su quali basi potremmo immaginare l’esistenza di un estremo pezzettino di pietra che, pur essendo fatto di altri pezzettini, non si rompe più? Perché non dovrebbe rompersi più? Ecco dove interviene Colui che ha fatto il mondo. Un protone consta di tre particelle, dette quark. Queste sono incollate da un tipo di forza che è radicalmente diversa da quella elettromagnetica. La forza tra particelle elettricamente cariche diminuisce all’aumentare del quadrato della distanza tra le cariche elettriche. La forza che agisce tra quark non diminuisce, aumenta all’aumentare della distanza tra i quark. Quando i quark si trovano a una distanza pari a un decimo di millesimo di miliardesimo di centimetro la forza di attrazione tra i quark diventa enorme (quasi infinita).

Ecco una proprietà delle forze non-abeliane. Se atomi e molecole fossero legati da forze non-abeliane una pietra presa a martellate non 6 potrebbe rompersi. Né potrebbe esistere il sugo di pomodoro, essendo questo sugo il risultato della rottura e della ricomposizione di legami atomico-molecolari. Per fortuna Chi ha fatto il mondo ha dato alle Forze Elettromagnetiche proprietà abeliane. Ecco perché esistono colori, sapori, tatto, gusto, olfatto, vista. E ha dato a quark e gluoni proprietà non-abeliane. Ed ecco perché protoni e neutroni sono materia fortemente compatta: esattamente come a noi serve per essere come siamo. «Grazie, Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. E grazie anche per averci dato il dono della Ragione che, se usata nell’Immanente, ci permette di capire la Logica da Te seguita.» Di questa logica vorrei raccontare un altro episodio, vissuto sempre in prima persona, ma che ha richiesto più di dieci anni per essere posto tra le cose finalmente capite. Nel mondo Subnucleare ci sono tante colle e tanti mattoni. Alle colle si dà il nome di mesoni; ai mattoni quello di barioni. Nel mondo dei mesoni c’era una proprietà che mi interessava in modo particolare: la miscela. C’erano, infatti, due diverse miscele. Una per i mesoni detti pseudoscalari, l’altra per i mesoni vettoriali. Il lettore non si scoraggi dinanzi a queste terminologie. Il fatto essenziale è che questi due tipi diversi di colla avevano miscele totalmente diverse. Perché? Nessuno era in grado di dare risposta a questa sfida che il Creatore ci metteva dinanzi agli occhi. La risposta è venuta dopo tanti anni. Io avevo costruito con i miei giovani studenti e collaboratori un nuovo rivelatore: lo spettrometro a massa mancante per neutroni. La tecnologia aveva richiesto idee nuove e invenzioni di vario tipo per studiare le proprietà dei mesoni. Dinanzi ai risultati sperimentali c’è poco da discutere: bisogna capirli. La risposta al perché è venuta da un lavoro teorico di un fisico olandese Gerardus ‘t Hooft (uno dei padri del Modello Standard). (9) Il problema era talmente complesso che per semplificarlo bisognava lavorare nello spazio e nel tempo entrambi reali. Nel nostro non è così. Ed è da questa struttura spazio-temporale tutta reale, non quindi come la nostra, che viene fuori la risposta attesa da anni. E cioè che le miscele tra i due tipi di colla (i mesoni pseudoscalari e vettoriali) debbono essere diverse in quanto il 6 vuoto fisico è fortemente legato alla colla mesonica pseudoscalare e non a quella vettoriale. E’ da questo legame che nasce la differenza tra le due miscele. Il lettore che ha avuto la pazienza di seguirci fin qui sappia che questi dettagli sono essenziali per costruire il Modello Standard. e se possiamo dire di essere arrivati a formulare la possibile esistenza del Supermondo, questo lo dobbiamo alla validità della sintesi di tutti i fenomeni galileianamente noti. Se questa sintesi non esistesse, non potremmo immaginare il Supermondo. E siamo così all’ultimo esempio vissuto in prima persona. Nessuno scienziato al mondo sa dire se esiste o no il Supermondo, che nasce da altre proprietà di simmetria delle Leggi Fondamentali della Natura, di cui parleremo più avanti. La risposta la conosce il Creatore. A noi il privilegio di continuare nell’opera di comprensione bussando alla porta. Infatti, se esiste il Supermondo, devono esistere le superparticelle. E se esistono le superparticelle bisogna scoprirne l’esistenza. Domanda: «Come mai nessuno finora le ha scoperte?». Risposta: «La massa delle più leggere superparticelle deve essere superiore a quelle da noi finora studiate nei nostri laboratori». Una cosa è certa. Affinché si possa immaginare - in termini rigorosi - l’unificazione di tutte le Strutture e Forze Fondamentali in gioco nella realtà immanente, è necessaria l’esistenza del Supermondo. Grazie all’apparato matematico di cui disponiamo, è possibile calcolare in modo rigoroso quali nuovi orizzonti apre la logica del Supermondo. Viene fuori così una serie nuova di fenomeni come la stabilità della materia, l’esistenza di materia fredda nel Cosmo e l’origine stessa dello Spazio-Tempo. E’ la prima volta che l’uomo riesce a porre su basi di rigore scientifico questo tema (l’origine dello Spazio e del Tempo)

che ha affascinato tutti i pensatori di tutte le civiltà. Un tema che - per essere posto su basi di rigore scientifico - doveva passare attraverso lo studio unificato di tutte le Strutture e Forze Fondamentali della Natura. L’opera in bronzo realizzata da Umberto Mastroianni a Erice per ricordare ai posteri l’incontro di Giovanni Paolo II con i più grandi scienziati del mondo si ispira a questa grande sintesi scientifica. Avere scoperto che esistono le Leggi Fondamentali della Natura è per la Scienza motivo di grande soddisfazione intellettuale. In nessun altro modo l’uomo avrebbe potuto toccare questo traguardo. 6 E’ stato Galileo Galilei ad aprirci la strada giusta, dopo gli innumerevoli tentativi, confusi quanto fuorvianti, dei quali è piena la storia del pensiero di tutte le epoche e di tutte le civiltà. Questi episodi vissuti in prima persona servono a sfatare un mito su cui la cultura dominante ha tanto e da sempre insistito. Il mito che vorrebbe la Scienza detentrice di tutta la verità. Questa non è Scienza ma Scientismo. Lo abbiamo visto col Supermondo. Pur essendo in grado di fare calcoli complessi e rigorosamente sotto controllo, grazie alle strutture matematiche usate, noi non sappiamo prevedere qual è la più leggera particella del Supermondo. Potrebbe essere (il lettore non si scoraggi dinanzi a questi due nuovi termini) il gravitino e potrebbe essere il neutralino. Essi indicano la cenere del Supermondo. Quale delle due è la più leggera? Lo Scientismo, che pretende di conoscere tutta la verità, non saprebbe dare alcuna risposta a questa domanda.6 NOTE: (4) Che palline non sono, ma trottoline. Tutti i costituenti ultimi della materia sono particelle elementari con moto a trottola. E’ questo il motivo per cui esiste la impenetrabilità dei corpi materiali. Infatti per queste trottoline vale il cosiddetto “Principio di Esclusione”: due identiche trottoline non possono stare nello stesso posto. Particelle composte (protoni e neutroni) da trottoline elementari (quark) sono a loro volta anch’esse trottoline. (5) A’ Zichichi in Subnuclear Physics - The First Fifty Years, a cura di O’ Barnabei, P. Pupillo e F. Roversi Monaco, pubblicato dall’Università e dall’Accademia delle Scienze di Bologna, nell’ambito delle Celebrazioni Galvaniane, 1998. (6) C.S. Wu, T.D. Lee, N. Cabibbo, V.F. Weisskopf, S.C.C. Ting, C. Villi, M. Conversi, A. Petermann, B.H. Wiik e G. Wolf, in The Origin of the Third Family, a cura di O. Barnabei, L. Maiani, R.A. Ricci e F. Roversi Monaco, Roma 1997; World Scientific Publishing, 1998. (7) Non è soltanto un sentimento mio personale. Tre miei amici e colleghi, Shelly L. Glashow, JohnIliopoulos e Luciano Maiani, quando capirono che, nel mondo dei quark, doveva esserci una nuova carica subnucleare, decisero di chiamarla fascino. Il lettore interessato può leggere Le Charme de la Physique di S.L. Glashow, pubblicato da Albin Michel, Paris 1997. (8) Il lettore interessato può trovare altri dettagli nel mio libro Scienza ed Emergenze Planetarie, Supersaggi Rizzoli, pag. 90. (9) G. ‘t Hooft, In Search of the Ultimate Building Blocks, Cambridge University Press, 1998(9). Traduzione in lingua italiana in corso.

III. Distinguere l’uomo da tutte le altre forme di materia vivente III.1 Se non fosse per la Scienza L’uomo è una delle numerose forme di materia vivente che esistono su questo pianeta. Ed ecco la prima domanda fondamentale: in che cosa, questa forma di materia vivente, si distingue dalle altre? Se fosse possibile usare argomenti legati alla sfera trascendentale della nostra esistenza, la risposta sarebbe immediata: l’uomo è l’unica forma di materia vivente che riesca a concepire Dio. Questa risposta non può essere accettata da un ateo, per il fatto semplicissimo che lui, in Dio, non crede. Se non fosse per la Scienza, il discorso tra credenti e non credenti si fermerebbe qui. Lo scoglio logico risulta infatti insormontabile. Studiando gli animali è stato possibile scoprire che molti di essi sono sensibili alla musica. Alcune specie addirittura amano la pittura. Nella enorme varietà di forme viventi che popolano la Terra, non è possibile dire che l’uomo si distingue da esse perché mangia, lavora, soffre, gioisce, apprezza la musica, ama la pittura, è coraggioso o vile, generoso o terribilmente avaro. L’Etologia tirerà fuori qualche forma di materia vivente in cui una o più di queste proprietà risultano esaltate. Si potrebbe dire: ma l’uomo le possiede tutte. Anche se fosse così, la somma più o meno completa di caratteristiche peculiari non vuol dire distinzione determinante. A una conclusione tanto generale non si è ancora pervenuti: né in modo rigorosamente scientifico, né in maniera approssimata. Ciononostante potremmo fare l’ipotesi che, un giorno, l’Etologia dimostrerà analogie comportamentali profonde tra noi e le altre forme animali. Insomma, se vincoliamo lo studio della nostra esistenza alla sfera immanentistica, siamo costretti a concludere che 6 c’è poco da sperare: non è possibile distinguere, in modo netto, l’uomo dagli altri animali. Anche essi mangiano, dormono, lavorano, cacciano, soffrono, gioiscono, apprezzano la musica e amano la pittura e forse sanno anche contare. L’analisi dell’Immanente non è però completa se si ignora un’attività, la Scienza, le cui radici sono le più profonde che l’uomo abbia saputo scavare nella realtà materiale. Nessuna specie animale sente l’esigenza, il bisogno, di capire la Logica della Natura. Quando lo scienziato lavora è come se fosse in colloquio diretto con Colui che ha fatto il mondo. Se non fosse per la Scienza sarebbe impossibile distinguere l’uomo da tutte le altre forme di materia vivente. III.2 Dal pendolo di Galilei alle Leggi Fondamentali della Natura Nella sfera dell’Immanente la Scienza è l’attività più rigorosamente ancorata a profonde basi di verità obiettiva. Uno scienziato non può dire: «Questo esperimento lo so fare solo io; pertanto questa scoperta è appannaggio esclusivo della mia potenza intellettuale». Michelangelo avrebbe potuto dirlo. Di fronte alla sua Pietà, sarebbe difficile non accettare una conclusione del genere. E così per i capolavori di Raffaello, di Bach, di Dante e di tutti i grandi Maestri della scultura, della pittura, della musica e della poesia. Con Galilei le cose cambiano radicalmente. Nessuno scienziato può attribuire a se stesso l’abilità di potere, lui solo, saper fare quella scoperta. La riproducibilità di un esperimento è uno dei pilastri fondamentali della Scienza. Quando Galilei scopre, studiando le oscillazioni di un pendolo, che la Forza di Gravità è proporzionale all’accelerazione, non alla velocità, egli ci dice esattamente cosa ha fatto. E tutti, ovunque nel mondo, in qualsiasi istante, possiamo ripetere gli esperimenti galileiani. Se questo facessimo, troveremmo gli stessi risultati. Riscopriremmo le sue stesse leggi. Ma c’è di più.

Un’opera d’Arte è punto di arrivo: nessuno potrà mai migliorare la Pietà di Michelangelo. Essa è una realtà legata totalmente al suo autore. 6 Una scoperta scientifica è invece sempre migliorabile. Dopo la relatività galileiana (1) è venuta quella di Einstein. La realtà scientifica è così come l’ha fatta il Creatore del mondo. Dalle prime leggi scoperte da Galilei siamo oggi arrivati alla più grande sintesi del pensiero scientifico di tutti i tempi, cui abbiamo dato il nome di Modello Standard. l’immensa varietà dei fenomeni fisici che si manifestano dal cuore di un protone ai confini del Cosmo si spiega con Tre Famiglie di Particelle e Tre Forze Fondamentali. Leggi di validità immutabile e universale: dalla più piccola struttura materiale agli estremi limiti dell’Universo. Chi non credesse che un fiore, un granellino di sabbia, l’aria che respiriamo, le stelle, le galassie sono tutte cose fatte a partire da protoni, neutroni ed elettroni, non dovrebbe fare altro che ripetere gli esperimenti che ci hanno permesso di arrivare a questa straordinaria sintesi: forse la più grande di tutti i tempi. Eppure c’è ancora molta strada da percorrere. Nessuno scienziato può dire dove porterà la lettura di quel Libro, aperto da Galilei poco meno di quattro secoli fa e come andrà a finire. NOTE: (1) Il primo uomo al mondo che concepì la relatività del moto fu Galileo Galilei. Fu così che Galilei liberò la Terra dall’incubo di dovere essere ferma al centro dell’Universo. Se versiamo vino in un bicchiere questo è un esperimento di meccanica dei fluidi. Se ne assaggiamo il sapore questo è un esperimento di elettromagnetismo. Se volando a mille chilometri orari su un jet di linea, con tempo sereno, riesco a versare il vino nel bicchiere come fossi fermo a casa mia, vuol dire che la meccanica dei fluidi non sente la velocità. E se, assaggiandolo, il gusto è lo stesso di quando lo bevo (lo stesso vino) a casa, allora anche l’elettromagnetismo non sente la velocità. Gli effetti dovuti alla velocità dell’aereo sono inesistenti. Galilei formulò il principio di relatività dicendo che mai un esperimento di qualsiasi tipo sarebbe stato in grado di mettere in evidenza effetti dovuti a velocità costanti. Il padre della relatività è Galileo Galilei. III.3 Mai una virgola fuori posto Una cosa è però sicura: mai una virgola è stata trovata fuori posto, in quel meraviglioso Libro della Natura. E’ successo più volte che una lettura superficiale sembrava dovesse portare a conclusioni amare: per i credenti. In qualche pagina di quel Libro sembrava regnasse una gran confusione. 7 Toccò allo stesso padre della Scienza la prima di queste esperienze. Misure estensive e di grande precisione, fatte da Tycho Brahe, portavano alla conclusione che le orbite dei pianeti attorno al Sole dovessero essere ellissi, non cerchi. Galilei si rifiutò, fino alla morte, di credere nelle orbite ellittiche dei satelliti del Sole. «Il Creatore del mondo» pensava Galilei «ha scelto, per le orbite dei pianeti attorno al Sole, figure geometriche perfette. I cerchi sono figure geometriche perfette. Le ellissi sono cerchi schiacciati, deformati. Se le misure astronomiche portano alle ellissi, esse debbono essere sbagliate.» E con questa Fede nella perfezione, Galilei faceva un salto indietro di secoli e secoli. Lui, padre del metodo sperimentale e del rigore nella verifica dei risultati, abbandonava la sua stessa creatura: la prova sperimentale.

Mi si consenta una digressione. Coloro i quali diffamano Galilei dicendo che era un finto credente, ci dicano per quale motivo Galilei rifiutava le orbite ellittiche, se non per Fede. Se fosse stato un finto credente avrebbe dovuto essere felice di sapere che precise misure astronomiche portavano a figure geometriche non perfette, per le orbite dei pianeti. E invece no: a vincere sulla Ragione nell’Immanente e cioè sulla Scienza, in Galilei, era la Ragione nel Trascendente, la Fede. Torniamo alla virgola fuori posto. Il lettore potrebbe a questo punto dire: come la mettiamo? Le orbite dei pianeti sono ellittiche, non circolari. Ce lo dicono le famose leggi di Johannes Kepler (leggi che hanno a fondamento le misure di Tycho Brahe). Esatto: sono ellittiche. Cosa ci sta sotto? Qual è il motivo per cui le orbite dei pianeti non sono quelle figure geometriche perfette invocate da Galilei? Sotto c’è la straordinaria eleganza matematica della legge di Newton. eleganza, in Matematica, vuol dire semplicità. Volendo a tutti i costi orbite circolari per i satelliti del Sistema Solare, la legge di attrazione gravitazionale verrebbe fuori con una forma incredibilmente complessa. Ma c’è di più. Nemmeno le ellissi sono perfette. Esse si muovono come se fossero leggermente deformate. Motivo: il Tempo non è qualcosa di indipendente dallo Spazio. Tempo e Spazio sono entità strettamente correlate, tanto che il Tempo è la quarta dimensione 7 di un’unica entità in cui viviamo e di cui siamo fatti: lo Spazio-Tempo quadridimensionale. E non è tutto. Se lo Spazio è reale, il Tempo deve essere immaginario. E se vogliamo il Tempo reale, lo Spazio deve essere immaginario. E’ qualcosa che sembra fare a pugni con il nostro modo di concepire la realtà in cui viviamo. Larghezza, lunghezza e altezza di una stanza sono le tre dimensioni dello Spazio. E sono reali. Il Tempo ci appare anch’esso reale e totalmente indipendente dallo Spazio. E invece queste due strutture portanti della nostra esistenza materiale sono strettamente correlate in una realtà che non può averle entrambe reali. Sembra incredibile ma è così. Per arrivare a questa grande conquista scientifica ci sono voluti trecentocinquant’anni di Scienza galileiana. Qualcuno potrebbe dire: sarebbe stato più bello avere le orbite circolari quindi una complicatissima legge di Newton e il Tempo indipendente dallo Spazio. Entrambi reali e assoluti, come insegna Immanuel Kant. In un mondo retto da leggi del genere non sarebbe possibile cuocere gli spaghetti, in quanto sarebbe impossibile accendere un fiammifero. Anzi: il fuoco, qualunque tipo di fuoco, risulterebbe impossibile. Il fuoco esiste solo se il Tempo e lo Spazio sono legati nel modo scoperto dalla Scienza galileiana. E non è tutto. Se le orbite fossero circolari si arriverebbe alla conclusione che crollerebbe la stupenda costruzione, frutto di tutte le ricerche realizzate da Galilei a oggi. Partendo dalle orbite circolari, non saremmo in grado di costruire una Logica della Natura che abbia come traguardo l’Unificazione di tutte le Forze Fondamentali. Traguardo che si presenta quale realizzazione del sogno che fu di Galilei, di Newton, di Maxwell, di Planck e dello stesso Einstein: far discendere tutto da un’unica legge. Chissà quando l’uomo arriverà, se mai arriverà, a questa sintesi. Intanto qualche virgola continua a sembrare fuori posto. Dalle orbite circolari di Galilei, passiamo alla famosa conclusione di Einstein: «Iddio non gioca a dadi». Einstein ricevette il Premio Nobel - non per il principio di relatività - ma per aver scoperto le proprietà quantistiche della luce. Le cellule fotoelettriche non potrebbero funzionare se la luce avesse soltanto proprietà ondulatorie. Come abbiamo visto nel paragrafo II.9 la luce ha anche proprietà corpuscolari. Ai corpuscoli di luce si dà il nome di fotoni.

7 La natura corpuscolare della luce è conseguenza diretta del fatto che le leggi dell’elettromagnetismo non descrivono una realtà continua, ma quantizzata. Un corpuscolo di luce ha un’energia che è proporzionale alla frequenza della luce stessa. La costante di proporzionalità è una quantità fondamentale della natura: la cosiddetta Costante di Planck. Da essa nasce l’aspetto quantistico di tutta la Fisica. Ebbene, con la scoperta delle proprietà quantistiche della luce, Einstein si iscrive tra i padri fondatori della Fisica Quantistica. Sviluppando, in modo matematicamente rigoroso, il discorso quantistico della Fisica, si arriva a certe conclusioni: assolutamente inappuntabili. Ebbene, Einstein si rifiutò di accettarle con la famosa battuta citata prima: «Iddio non gioca a dadi». E infatti le conclusioni cui si arriva partendo dai postulati della Fisica Quantistica (2) portano a concludere che, in certe condizioni, si perde il controllo di ciò che dovrebbe avvenire e il risultato lo si affida al caso. L’ultima parola non è stata ancora detta in questo affascinante campo della Fisica Moderna. Chi ha fatto il mondo sa come stanno le cose. Io sono convinto che, quando si arriverà a capire fino in fondo questo settore della Fisica, ci si accorgerà che non poteva esserci via migliore. Passando a problemi nati con la mia generazione, posso dire di avere vissuto, in prima persona, il periodo di crisi in cui si è trovato il pensiero scientifico moderno verso la seconda metà di questo secolo. Erano state scoperte tutte le trottoline e tutte le colle necessarie per fare il mondo: dal nucleo dell’atomo all’ultima galassia. Vediamolo brevemente. Per fare il nucleo ci vogliono le trottoline nucleari (protone e neutrone) e la corrispondente colla (il pione). Per fare un atomo basta aggiungere al nucleo la nuvola elettronica (e cioè gli elettroni), incollandoli con la colla elettromagnetica (il fotone). Per fare le molecole basta mettere insieme due o più atomi, incollandoli con la corrispondente colla molecolare 7 che sono sempre i fotoni. Poiché un granellino di sabbia, un aereo, il Monte Bianco sono insiemi enormi di molecole, partendo dalle tre trottoline (protoni, neutroni ed elettroni) e dalle due colle (pione e fotone) si può fare qualunque cosa del mondo, inclusi noi stessi. Ecco perché nel 1947 Enrico Fermi diceva ai suoi collaboratori: «Siamo forse arrivati alla fine del libro. Quello che resta da capire potrebbero essere solo dettagli». Tutto sembrava incredibilmente chiaro. Dimenticavo la terza colla. Quella che tiene legati noi alla Terra, la Terra al Sole, il Sole alla galassia e le galassie tra di loro. Questa colla è di natura gravitazionale (il gravitone) ed è Einstein che ne ha formulato l’esistenza. Anche se finora non esistono misure dirette sui gravitoni nessun fisico dubita della loro esistenza. Con tre trottoline e tre colle si fa tutto: dal nucleo degli atomi alle galassie. C’era qualche dettaglio supplementare che aveva fatto esclamare al grande Isidor Isaac Rabi: «Chi ha dato l’ordine di metterci tra i piedi il muone?». Questa particella, della quale abbiamo già parlato, apparentemente inutile, disturbava il panorama, altrimenti quasi perfetto, della struttura del mondo. A metà di questo secolo (1947) un paio di altre cose inutili dovevano essere scoperte. Talmente inutili e strane che ad esse era stato dato il nome di particelle strane. Molti fisici cercavano di tirar fuori un quadro unitario da tutti questi fenomeni, senza successo.

Mentre da un lato era vero che alcuni fenomeni apparivano essenziali per capire l’ordine del Creato, altri fenomeni, non meno numerosi, sembravano buttati lì, a caso, come autentici bastoni tra le ruote. Ruote della macchina logica che cercava di capire il mondo. Erano i segni premonitori di un grande salto. Quella confusa serie di virgole e lettere, apparentemente messe a caso, ci ha portato oggi sul cammino di quella che, nel mondo scientifico, viene chiamata la Grande Unificazione. E cioè la colossale costruzione proposta dalla Fisica degli anni ‘80 per spiegare tutto, assolutamente tutto. Dal cuore del protone, quindi dal quark, agli estremi confini del Cosmo. Quand’ero studente le Forze Fondamentali ben note erano quelle elettriche e quelle gravitazionali. C’erano poi in via di comprensione 7 le Forze Nucleari, Forti e Deboli. Tutte però erano considerate come compartimenti stagni. E così i diversi settori del Cosmo: dai protoni alle galassie. Il legame, tra le Forze Fondamentali e le Strutture microscopiche e macroscopiche, mancava. Oggi siamo a una incredibile sintesi, di forze e di strutture, grazie al Modello Standard. Noi fisici lavoriamo per capire cosa ci può essere oltre il Modello Standard. E siamo convinti che la risposta sia legata a come arrivare alla Grande Unificazione. Se mai l’uomo perverrà a questa grande vetta del pensiero scientifico è un altro discorso. Una cosa appare certa. Non solo in tutto ciò che è stato letto e capito il Libro della Natura non mostra una sola virgola fuori posto. Ma, arrivati dove siamo, si potrebbe addirittura azzardare un’ipotesi su quello che c’è scritto nelle pagine rimaste ancora da leggere e da capire. Il che è l’aspetto più affascinante del momento quasi magico in cui ci troviamo, oggi, nello studio delle Strutture e delle Forze Fondamentali che reggono il mondo. Se Galilei fosse con noi, forse direbbe: troppo bello per essere vero. E infatti, dinanzi agli incredibili traguardi cui doveva portare quell’umile atto di Fede, l’unico commento è il silenzio. NOTE: (2) Fu Johnny Von Neumann (il padre dei computer) a dimostrare che la Meccanica Quantistica non porta ad alcuna contraddizione, studiandone la struttura logicomatematica. Johnny Von Neumann era uno scienziato cattolico e non pensò mai di abbandonare la sua Fede a causa di quello che scopriva e inventava. III.4 Il messaggio della Scienza Le conquiste del pensiero scientifico, nel corso di questi quattro secoli, da Galilei a oggi, sono scoperte che hanno posto la Natura e le sue strutture al vaglio dell’umano intelletto. Ed è stata la Natura a superare l’uomo in fantasia creatrice. Chi ha fatto il mondo, meglio di così non avrebbe potuto. L’Universo che ci circonda e di cui siamo parte è retto da leggi universali. Ai potenti della Terra è proibito modificarle, anche in minima parte. Ecco quindi il messaggio che la Scienza può dare all’uomo del nostro tempo. Non esiste fenomeno, galileianamente noto, quindi riproducibile, che non possa essere compreso quale manifestazione della Logica del Creato. Il mondo che ci circonda, dalle sue strutture più piccole - quale è il cuore di un protone - alle sue estensioni 7 più vaste - quali sono gli insiemi galattici - obbedisce alle stesse leggi, rigorose e immutabili. L’insieme di queste leggi rappresenta la Logica (3) della Natura. Ed ecco il punto cruciale: nessuno scienziato sa dire perché, tra tutte le logiche possibili, sia stata scelta questa che, giorno per giorno,

noi cerchiamo di capire sempre meglio. Una cosa è però sicura: questa Logica esiste. E a nessun potente della Terra è permesso alterarla. Ecco il grande messaggio che la Scienza può dare alla cultura del nostro tempo. NOTE: (3) Il lettore noti che in questo discorso si definisce Logica l’insieme delle Leggi Fondamentali della Natura che oggi si reggono su Tre Colonne e Tre Forze, Fondamentali. Queste leggi potrebbero essere assunte come assiomi: cioè verità date, senza possibilità di discussione alcuna. Cambiando l’insieme di assiomi la Logica conseguente cambia. Se le Leggi della Natura fossero diverse, il mondo non sarebbe come noi lo conosciamo. La Logica di questo nuovo mondo potrebbe essere altrettanto rigorosa, ma non reale. Dove per reale si intende tutto ciò che esiste attorno a noi, nulla escluso, dal micro al macrocosmo. III.5 Le immensità di Spazio e di Tempo Studiando gli oggetti volgari, è stato possibile arrivare a sottoporre immense quantità di Spazio ed enormi intervalli di Tempo a una analisi rigorosissima. Noi viviamo e siamo fatti di Spazio e di Tempo. Chi avrebbe mai potuto prevedere, appena quattrocento anni fa, che lo studio di una pietra legata a uno spago e fatta oscillare a mo’ di pendolo, o lo studio di come le pietre rotolano su un pezzo di legno inclinato avrebbe aperto all’umano intelletto confini così sterminati di Spazio e di Tempo? Per i nostri sensi lo spessore di un capello e l’altezza del Monte Bianco sono due estremi in intervalli di spazio. Il rapporto tra il massimo e il minimo è un numero piuttosto grande: otto potenze di dieci, il che vuol dire cento milioni. Infatti - arrotondando le cifre - possiamo considerare l’altezza del Monte Bianco dieci chilometri e lo spessore di un sottile capello un decimo di millimetro. L’altezza del Monte Bianco risulta cento milioni di volte lo spessore di un capello. 7 Consideriamo adesso due estremi in intervalli di Tempo. Un centesimo di secondo: che è circa un centesimo del battito del nostro cuore (il nostro cervello non riesce a percepire intervalli di tempo più piccoli). E cento anni: che sono già tanti per la nostra vita. Il rapporto tra massimo e minimo farebbe trecento miliardi. Andando più in là col tempo, troviamo l’alba della civiltà che si fa risalire a circa diecimila anni da oggi. Il rapporto tra questo intervallo di tempo e il minimo sopra citato è trentamila miliardi: oltre tredici potenze di dieci. Su queste scale di Spazio e di Tempo l’uomo può dire di avere una certa conoscenza, grazie all’uso dei suoi sensi e del suo intelletto. Mangiare, dormire, lavorare, amare, soffrire, scrivere poesie, comporre musica, dipingere, scolpire sono tutte attività che permettono all’intelletto umano di navigare negli intervalli di spazio e di tempo sopra citati. La Scienza ha permesso all’uomo di andare molto al di là del Monte Bianco e molto più in qua dello spessore di un capello. Il Monte Bianco o la stessa distanza Europa-America diventano ben poca cosa rispetto agli spazi cosmici cui arrivano i radiotelescopi. La stessa distanza Terra-Sole (centocinquanta milioni di chilometri) è trascurabile se confrontata con le distanze che ci separano dalle più lontane galassie: migliaia di miliardi di miliardi di chilometri. Per le distanze minime la Scienza ci offre la struttura del protone: il che vuol dire decimi di milionesimi di miliardesimi di centimetro.

L’intervallo spaziale che l’uomo è riuscito a studiare, grazie alla Scienza galileiana, si estende quindi dalla struttura del protone ai confini del Cosmo. Il rapporto tra massime e minime distanze è un numero molto più grande di quello cui eravamo arrivati, ignorando la Scienza. Eravamo a otto potenze di dieci e adesso siamo a quarantacinque potenze di dieci. Oggi però la Scienza arriva a studiare - anche se solo teoricamente - intervalli di spazio in cui si pensa che tutte le Forze Fondamentali della Natura si fondano in un’unica legge. Siamo a un milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di centimetro. Nel rapporto tra massime e minime distanze siamo a sessantuno potenze di dieci. 7 Torniamo all’altra quantità base della nostra esistenza: il Tempo. Nell’era pre-scientifica il rapporto tra massimo e minimo, come abbiamo visto prima, si trovava sulle tredici potenze di dieci. Galilei ci ha permesso di capire com’è fatto il Sistema Solare. E adesso sappiamo che esso esiste da cinque miliardi di anni. E che le origini dell’Universo si trovano a quindici miliardi di anni. Sembra una enorme quantità di tempo. Eppure si trova che questa quantità di tempo è troppo piccola per fare tutto ciò di cui siamo testimoni. Infatti. Il Carbonio che fa le cellule viventi del nostro organismo, l’oro dei nostri gioielli, il ferro delle rotaie vengono tutti dalle fornaci cosmiche: le stelle. Forgiati in quelle fornaci dell’Universo sono tutti gli elementi pesanti. Dopo averli forgiati al proprio interno, le stelle, esplodendo, immettono nello Spazio i residui delle fornaci. Questi residui dopo avere vagato nel Cosmo, si mettono insieme e sarebbe così che vengono fuori, ad esempio, i materiali pesanti di cui è fatta la Terra. Tutto ciò in pochi miliardi di anni. Troppo poco. Insomma la parte materiale della nostra struttura cosmica ha avuto troppo poco tempo per essere così come la osserviamo. D’altronde questa non è la massima quantità di tempo misurabile. Il massimo di tempo, sperimentalmente misurato, è la longevità del protone. E qual è il minimo? Nell’intervallo minimo di tempo siamo al livello tipico dell’unificazione di tutte le Forze Fondamentali della Natura. Pertanto dalle tredici potenze di dieci siamo giunti a ben ottantuno potenze di dieci, sul fronte quantitativo del tempo. III.6 Nessun’altra forma di materia vivente sa farlo Entro questi immensi confini di Spazio e di Tempo l’uomo riesce a studiare e capire la Logica della Natura. Fare Scienza vuol dire infatti studiare questa Logica. Nessun’altra forma di materia vivente sa fare ciò. E si tratta di un’attività che affonda le sue radici nella sfera immanentistica della nostra esistenza. Lo studio della materia volgare porta a questa straordinaria conclusione: esiste un’attività, nell’Immanente, che permette la distinzione netta e profonda tra l’uomo e tutte le altre forme di materia vivente. Lo abbiamo già detto nel paragrafo III.1 . Non si tratta di una conclusione valida solo per i credenti, in 7 quanto la Scienza è nata in casa cattolica con Galileo Galilei, per atto di Fede nel Creato. A questa conclusione deve inchinarsi anche l’ateo, in quanto essa si basa sulla forma più rigorosa che l’uomo conosca nello studio della materia. In questi studi non intervengono mai considerazioni di natura trascendentale. Dall’inizio alla fine c’è in gioco solo e soltanto l’analisi immanentistica della realtà materiale. Nel modo più obiettivo. Per atei e credenti il verdetto della Scienza è lo stesso: l’uomo è nettamente diverso da tutte le altre forme di materia vivente, in quanto è l’unico esemplare che senta il bisogno di, e riesce a,

decifrare la Logica della Natura.8 IV. Evoluzione culturale e biologica IV.1 Se un uomo vivesse diecimila anni La cultura dominante ha posto il tema dell’evoluzione biologica della specie umana sul piedistallo di una grande verità scientifica in contrasto totale con la Fede. Eppure l’evoluzione biologica della specie umana non avrebbe mai portato l’uomo sulla Luna. Né a viaggiare con velocità supersoniche. Tanto meno a scoprire la Scienza. Immaginiamo un nostro antenato dotato di straordinaria longevità. Invece dei nostri cento anni, supponiamo che sia capace di vivere diecimila anni. Questa fantastica proprietà gli permetterebbe di osservare quello che è successo nel mondo da diecimila anni a oggi. Egli potrebbe quindi studiare il modo peculiare in cui i suoi simili si sono trasformati nel corso dei vari secoli. Troverebbe, questo nostro fantastico antenato, non poche difficoltà per capire cosa succede. E infatti, nel corso degli ultimi diecimila anni - dall’alba della civiltà ai nostri giorni l’evoluzione biologica della specie umana ha fatto ben poco. Anzi, assolutamente nulla. L’uomo è esattamente com’era diecimila anni fa. Gli evoluzionisti dicono: ma questo è ovvio. Noi abbiamo sempre detto e ripetuto che i tempi tipici dell’evoluzionismo umano sono milioni, decine di milioni di anni. Gli evoluzionisti parlano come se un milione o dieci milioni di anni fossero il risultato di una previsione teorica legata a un’equazione. Se la teoria evoluzionista avesse basi scientifiche serie, essa dovrebbe essere in grado di predire il valore esatto dei tempi che caratterizzano l’evoluzione umana. 8 I sostenitori della teoria evoluzionista del genere umano non hanno la minima idea di come impostarne le basi matematiche. La teoria dell’evoluzionismo umano non è nemmeno al livello della peggiore formulazione matematica di una qualsiasi teoria di fenomeni fondamentali. Noi fisici siamo molto rigorosi nel formulare i nostri problemi. Prendiamo ad esempio la Cromodinamica Quantistica: la teoria che descrive le forze tra quark. Essa ha un apparato matematico ben preciso ed è in grado di prevedere molti effetti. Ciononostante noi non la consideriamo una teoria galileianamente verificata in tutti i suoi aspetti. Molte proprietà della sua formulazione matematica sono ancora poco capite e tante verifiche sperimentali debbono essere realizzate. Un confronto tra questa teoria e la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana non è nemmeno ipotizzabile. Motivo: la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana non ha alcuna base matematica. Eppure molti arrivano all’incredibile presunzione di classificarla come un’esatta teoria scientifica, corroborata da verifiche sperimentali. Domanda: quali sono le equazioni di questa teoria? Risposta: non esistono. Noi fisici abbiamo la Teoria delle Forze Elettromagnetiche. Essa è galileiana in quanto capace di formulare previsioni rigorose, suscettibili di essere poste al vaglio della prova sperimentale riproducibile. Un esempio di precisione è quello della misura del momento magnetico anomalo del muone che tocca livelli di frazioni di milionesimo. Con la teoria dell’evoluzione della specie umana siamo lungi da questi traguardi. Il nostro ipotetico antenato dotato di straordinaria longevità sarebbe molto sorpreso nel vedere con quale precisione lavoriamo noi fisici e con quale precisione lavorano gli evoluzionisti del genere umano.

Per chiarire meglio su quali basi poggia la teoria evoluzionista della specie umana è bene passare in rassegna i risultati sperimentali su cui si fondano queste speculazioni teoriche. IV.2 La Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana Diciamo subito che la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie 8 umana non è Scienza galileiana. Essa pretende di andare molto al di là dei fatti accertati. Questi ci dicono che: 1) la Terra esiste da circa cinque miliardi di anni; 2) gli organismi semplici cellulari risalgono a quasi tre miliardi e mezzo di anni; 3) gli organismi multicellulari esistono da circa settecento milioni di anni; 4) i vertebrati, da quattrocento milioni di anni; 5) i mammiferi, da duecento milioni di anni. Si arriva così ai primati: settanta milioni di anni fa. La famiglia ominoidea inizia con la scimmia primitiva Dryopithecus: circa venti milioni di anni fa. E si sdoppia in un ramo (Pongidoe), che porta agli scimpanzé, ai gorilla, agli orangutanghi. E nell’altro ramo (Hominidae), che dovrebbe portare a noi, attraverso la sequenza Homo Habilis (età della pietra), Homo Erectus (età del fuoco), Homo Sapiens Neanderthalensis, fino all’Homo Sapiens, che porta a noi. Questa catena ha però tanti anelli mancanti e ha bisogno di ricorrere a uno sviluppo miracoloso del cervello, occorso circa due milioni di anni fa. Arrivati all’Homo Sapiens Neanderthalensis (centomila anni fa circa) con un cervello di volume superiore al nostro, la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana ci dice che, quarantamila anni fa circa, l’Homo Sapiens Neanderthalensis si estingue in modo inspiegabile. E compare infine, in modo altrettanto inspiegabile, ventimila anni fa circa, l’Homo Sapiens Sapiens. Cioè noi. Una teoria con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse non è Scienza galileiana. Essa può, al massimo, essere un tentativo interessante per stabilire una correlazione temporale diretta tra osservazioni di fatti ovviamente non riproducibili, obiettivamente frammentari e necessariamente bisognosi di ulteriori repliche. Nel paragrafo IV.3 discuteremo i tre livelli di credibilità scientifica. Ne anticipiamo i punti fondamentali al fine di capire a quale livello appartiene la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana. Il primo livello è quello delle prove riproducibili: chi non credesse che la forza è proporzionale all’accelerazione potrebbe ripetere 8 gli esperimenti di Galilei. Troverebbe sempre la stessa risposta. Il secondo livello di credibilità si ha quando non è possibile studiare eventi riproducibili sotto controllo diretto. Vediamolo con un esempio. Nel Cosmo si osservano diversi tipi di Stelle. Introducendo un modello teorico, si possono interpretare quelle osservazioni in modo tale che un certo fenomeno stellare rappresenti l’esempio di come nasce una Stella; un altro fenomeno, di come muore. E così via. E’ ovvio che nessuno può dire: adesso ricomincio tutto daccapo, per verificare se è proprio vero che una Stella nasce così ed evolve come previsto. Se manca qualche anello nell’evoluzione stellare, l’unica possibilità è la ricerca di qualcosa nel grande laboratorio cosmico su cui l’uomo mai potrà intervenire: il cielo. Ma c’è di più. I modelli dell’evoluzione stellare potrebbero essere con elementi ancora da scoprire. Basta ricordare la scoperta delle Stelle pulsanti (pulsar). Prima della

scoperta dei pulsar, nessuno avrebbe potuto sostenere che questo fosse un anello fondamentale nell’evoluzione stellare. Nel cielo ci sono diversi esempi di Stelle che nascono e che muoiono. Osservando esempi identici di evoluzione stellare, è come se si ripetesse l’esperimento. Pur senza alcuna possibilità di intervento diretto, come già detto. Viene infine il terzo livello: quando una serie di fenomeni accade una sola volta. Sarebbe il caso dell’evoluzione della specie umana, se non ci fossero gli anelli mancanti e le altre difficoltà prima elencate. L’evoluzione della specie umana non è ancora arrivata al terzo livello. Se lo fosse, potrebbe assurgere al secondo livello di credibilità scientifica se, qui sulla Terra, diverse volte - come avviene per i fenomeni stellari - fosse possibile osservare tutte quelle fasi evolutive da noi sintetizzate prima. Questo è ovviamente impossibile. L’evoluzione della specie umana rimane quindi al di sotto del terzo livello di credibilità scientifica. Ma non è tutto. Infatti, nella sequenza evolutiva abbiamo già visto che ci sono anelli mancanti e fenomeni non capiti. Il terzo livello di credibilità scientifica appartiene a quei fenomeni che non hanno né anelli mancanti né punti misteriosi. Ecco perché la teoria che vuole l’uomo nello stesso albero genealogico della scimmia è al di sotto del più basso livello di credibilità scientifica. Insomma, non è Scienza galileiana quella che 8 pretende di imporre verità prive di quel rigore che ha fatto nascere, con Galilei, la Scienza. L’evoluzione della specie umana, se si andasse alla radice scientifica galileiana, per quanto se ne è finora capito, non dovrebbe essere altro che un capitolo dell’elettromagnetismo applicato. Come abbiamo detto più volte, i fenomeni elettromagnetici riproducibili rappresentano il capitolo più noto e meglio compreso delle leggi fisiche che reggono l’Universo macro e microscopico. Ebbene, questa straordinaria teoria, detta Elettrodinamica Quantistica, ha come padri fondatori Maxwell e Planck: due grandi scienziati credenti. L’Elettrodinamica Quantistica, nonostante sia il massimo della costruzione scientifica odierna, non può né provare né negare l’esistenza di Dio. Come può un’applicazione, ancora tanto imperfetta e lacunosa, dell’elettromagnetismo - qual è la teoria dell’evoluzione umana - pretendere di negare l’esistenza di Dio? Eppure l’uomo della strada è convinto che Charles R. Darwin abbia dimostrato la nostra diretta discendenza dalle scimmie: per la cultura dominante non credere alla Teoria Evoluzionista della specie umana è atto di grave oscurantismo, paragonabile a ostinarsi nel credere che sia il Sole a girare intorno, con la Terra ferma al centro del mondo. E’ vero l’esatto contrario. Gli oscurantisti sono coloro che pretendono di fare assurgere al rango di verità scientifica una teoria priva di una pur elementare struttura matematica e senza alcuna prova sperimentale di stampo galileiano. Se l’uomo dei nostri tempi avesse una cultura veramente moderna, dovrebbe sapere che la teoria evoluzionistica non fa parte della Scienza galileiana. A essa mancano i due pilastri che hanno permesso la grande svolta del milleseicento: la riproducibilità e il rigore. Insomma, mettere in discussione l’esistenza di Dio, sulla base di quanto gli evoluzionisti hanno fino a oggi scoperto, non ha nulla a che fare con la Scienza. Con l’oscurantismo moderno, sì. IV.3 I tre livelli di credibilità scientifica Qualcuno potrebbe dire: «Ho visto un extraterrestre che viaggiava su un disco volante: una sola volta».

E un amico potrebbe aggiungere: «L’anno scorso, in un momento 8 particolare, sono riuscito, con la sola forza della mia volontà, a trasformare un pugno di sabbia in polvere d’oro. Non lo saprò più fare. D’altronde, come si può pretendere che un esperimento così straordinario possa essere ripetuto? E’ già difficile farlo una sola volta, figuriamoci due». E invece no. Gli esperimenti più difficili e straordinari, se sono scientificamente veri, debbono essere riproducibili. Cardine della Scienza galileiana è la riproducibilità di un esperimento. Da parte di tutti, nessuno escluso. Non solo. Ma sempre e dappertutto. L’esperimento irripetibile non fa parte della Scienza. Quando attraverso lo studio del moto, con i piani inclinati e con le pietre sospese a un filo, Galilei smantellava quell’incredibile castello di false verità. Quando quell’uomo (paragrafo VIII.2), dopo innumerevoli speculazioni filosofiche (che discuteremo nel paragrafo V.9), riusciva a comprendere e scoprire il significato dell’attrito, dimostrando con i fatti che i più grandi cervelli dell’umanità di tutti i tempi, per secoli e secoli, non avevano afferrato questa lampante verità naturale, che è costantemente sotto i nostri occhi. Quando scopriva queste cose, non faceva forse esperimenti straordinari nella loro dirompente potenza conoscitiva? Non erano forse quelli i più incredibili traguardi mai toccati dall’intelletto umano, nello studio della struttura del mondo in cui viviamo e di cui siamo fatti? Quegli esperimenti avevano un marchio di vera e nuova qualità: essi erano, dovevano essere, riproducibili. Ancora oggi, chi avesse dubbi sui risultati di Galilei - lo abbiamo già detto - può ripeterne gli esperimenti. La ricerca scientifica è basata su questo pilastro. Però ancora oggi, a quattro secoli da Galilei, questo cardine della riproducibilità viene spesso dimenticato. E’ bene quindi chiarire come stanno le cose nella Scienza galileiana. I livelli di sicurezza scientifica sono tre. Il primo appartiene agli esperimenti su cui l’uomo ha un completo controllo e che può sempre riprodurre. Esempio: chi non credesse al fatto che, fino alle energie di sessanta miliardi di elettronvolt, un protone contro un altro protone scontrandosi non si rompe, non avrebbe da fare altro che ripetere tutta la complessa serie di esperimenti da me fatti, insieme a un gruppo di miei collaboratori, usando la macchina Isr del Cern a Ginevra. E questo lo si trova scritto con tutti i dettagli nelle nostre pubblicazioni scientifiche. 8 Il secondo livello si ha quando non è possibile intervenire direttamente su un fenomeno, ma solo osservarlo. Ad esempio nel cielo. Astronomi e astrofisici scrutano, osservano e misurano ciò che avviene in quel grande e immenso laboratorio che è il Cosmo. In un angolo di cielo esplode una supernova. In un altro, ruota vertiginosamente una Stella di neutroni, e così via. Mettendo insieme il tutto, si può ricostruire come si trasformano certe Stelle. Se ci fossimo limitati a questi esperimenti di secondo livello, non avremmo mai scoperto i neutroni. E non potremmo quindi immaginare l’esistenza di Stelle fatte con particelle così peculiari quali sono i neutroni. Non è tutto. Quando un ciclo di eventi si riproduce poche volte, è bene stare attenti. Pur non avendo gli astrofisici alcuna possibilità di mettere in laboratorio una stella per ripetere l’esperimento che stanno osservando, il secondo livello di sicurezza scientifica è tanto più credibile quanto più numerosi sono i casi osservati di fenomeni identici. Un fenomeno che si osserva una sola volta appartiene al terzo livello di sicurezza scientifica. L’esempio più clamoroso è l’Universo. Gli astrofisici dicono che sia nato con il Big-Bang, circa quindici miliardi di anni fa. E che sia arrivato fino ai nostri giorni, dopo una fantastica serie di fenomeni espansivi e di raffreddamento. Affinché questo ciclo di eventi possa ripetersi sarebbe necessario un altro Universo. Ma di universi ce n’è uno solo, quindi non possiamo né riprodurre né osservare - nemmeno per una sola volta - la ripetizione dello stesso fenomeno. Non è certo un caso che in questi ultimi anni siano

fioriti tanti modelli i quali hanno in comune una proprietà: il Big-Bang non è l’origine. E si studiano i fenomeni legati alla Fisica del pre-Big-Bang. Siamo però sempre al terzo livello: manca infatti il banco di prova della riproducibilità diretta o indiretta. Il massimo cui si può arrivare è lo studio di alcune conseguenze. Un esempio è la cenere del Big-Bang, detta in terminologia scientifica radiazione a 2.7 gradi Kelvin, o luce fredda del Cosmo, e i cambiamenti causati su questa cenere da ciò che è occorso durante il pre-Big-Bang. Un altro esempio sono i campi magnetici galattici che avrebbero finalmente una loro spiegazione nella Fisica del pre-Big-Bang. (1) 8 Come diceva uno dei padri della Fisica Moderna, Niels Bohr, non esistono teorie belle e teorie brutte. Ma soltanto teorie vere e teorie false. La cosa straordinaria è che le teorie considerate a prima vista brutte risultano, alla fine, riconducibili a una bellezza e a una eleganza teorica molto più profonde. Esempio. Lo abbiamo visto con la teoria che voleva le orbite dei pianeti cerchi perfetti. Essa aveva quale base la bellezza geometrica del cerchio. Le orbite ellittiche appartengono a una teoria geometricamente brutta, in quanto l’ellisse non è altro che un cerchio deformato. Eppure le orbite dei pianeti sono ellittiche, non circolari. L’eleganza e la bellezza delle orbite ellittiche sta nella formulazione matematica che esprime la legge di gravitazione universale, di cui le ellissi, non i cerchi, sono conseguenza. L’eleganza della formulazione matematica di questa legge vince su una semplice considerazione di eleganza geometrica. Quando si arriva a capire come stanno veramente le cose, ci si accorge che la Natura ha scelto una strada più elegante e più semplice di quanto si potesse immaginare. Le condizioni complesse esistono solo quali fenomeni transitori. Esse stanno a indicare che molte cose sono ancora da scoprire, prima di arrivare al nocciolo del problema. Per far questo è necessario seguire la strada della riproducibilità scientifica. Ecco perché il primo livello rimane il perno della Scienza galileiana. Bisogna quindi diffidare di tutti coloro che, elaborando teorie, dimenticano il banco della prova sperimentale, riproducibile. Una sola volta e mai più vale per le favole, non per la Scienza. NOTE: (1) G. Veneziano, A Simple/short Introduction to Pre-Big-Bang Physics/cosmology, in Highlights: 50 Years Later,Erice 1997, World Scientific Publishing, 1998, e Pre-Big-Bang Cosmology: An Introduction, in From the Planck Length to the Hubble Radius, Erice 1998, World Scientific Publishing, in stampa. IV.4 Conclusioni sull’evoluzione biologica della specie umana Tirando le conclusioni da tutto quanto detto finora una sola cosa è sicura: questa forma di materia vivente detta uomo, da diecimila anni a oggi è rimasta esattamente identica a se stessa, come se il tempo si fosse fermato. 8 La risposta che gli studiosi danno a questa difficoltà è che l’evoluzione biologica della specie umana richiede tempi lunghissimi. Questa risposta non è il risultato di una elaborazione teorica fondata su dati sperimentali. Essa è un’ipotesi la cui Logica è la tautologia: i tempi sono lunghissimi perché sono lunghissimi. Tempi lunghissimi perché si osserva che la specie umana, in diecimila anni, non ha dato alcun segno di evoluzione biologica. Non perché i tempi lunghi siano il risultato della legge evolutiva espressa in equazioni matematiche. Per la nostra esistenza materiale c’è un dettaglio su cui riflettere. Tante cose sono cambiate in appena diecimila anni. Cosa ha determinato il complesso e straordinario

meccanismo che ha permesso all’uomo di viaggiare a velocità supersoniche, andando addirittura a finire sulla Luna? Il nostro osservatore, citato nel paragrafo IV.1, sarebbe costretto a concludere che deve esistere un meccanismo diverso da quello biologico. Questo meccanismo è l’evoluzione culturale. Il nostro saggio e longevo antenato, leggendo tutto ciò che si e scritto e che si continua a scrivere sull’evoluzione, sarebbe molto sorpreso nel notare che si parla tanto di evoluzione biologica della specie umana e poco, o niente, di evoluzione culturale. IV.5 L’evoluzione culturale Eppure, questa forma evolutiva della specie umana ha prodotto effetti veramente straordinari. Coprendosi con un materiale resistente al vento e all’acqua, dotandosi di quattro ruote e di un congegno detto motore, l’uomo è riuscito a decuplicare la sua velocità. Dotandosi di antenne, connesse a oggetti speciali, riesce a vedere cose che avvengono a distanze enormi: a decine di migliaia di chilometri. Riesce addirittura a vedere com’è fatta l’altra faccia - quella perennemente invisibile - della Luna. Sono appena due esempi. Essi dovrebbero bastare per farci capire che l’evoluzione culturale domina su quella biologica. Ed è fuori discussione che esista. I suoi effetti, come detto prima, sono enormi e alla portata di tutti, come vedremo ancora nel paragrafo VIII.7. 9 L’evoluzione biologica della specie umana è invece qualcosa che risale teoricamente a epoche molto remote. I suoi effetti non sono alla portata di tutti. Come abbiamo visto nel paragrafo IV.2, sarebbe possibile parlare di evoluzione biologica della specie umana se fosse stata costruita una teoria corroborata da fatti sperimentali. Questi fatti però sono occorsi prima dell’alba della civiltà. In diversi punti cruciali il confronto con le prove sperimentali è terribilmente lacunoso. Pertanto la teoria evoluzionistica della specie umana è, dal punto di vista scientifico, solo un’ipotesi. Interessante quanto si vuole; ad essa però manca il vaglio delle prove sperimentali riproducibili. Ne parleremo ancora nel paragrafo IV.8. IV.6 E’ come se il nostro cervello fosse programmato. Ma non basta Chi avesse dubbi sul significato dell’evoluzione culturale e sulle sue caratteristiche, profondamente diverse da quelle dell’evoluzione biologica della specie umana, non dovrebbe fare altro che guardare ai fatti. Gli esempi non mancano. Il più lampante è quello della Nuova Guinea. Individui rimasti, per migliaia di anni, al di fuori dell’evoluzione culturale, non appena inseriti nella nostra società, recuperano in poco tempo i secoli perduti, e, dopo pochi anni, si trovano in condizioni di perfetta eguaglianza con noi. E’ come se il nostro cervello fosse già programmato per accogliere e potenziare il metodo evoluzionistico basato sulla cultura. L’evoluzione culturale non conosce razze. Essa vale esattamente per tutti, allo stesso modo. Dobbiamo focalizzare la nostra attenzione su di essa, se vogliamo capire quali sono le nostre caratteristiche essenziali e qual è il nostro ruolo nell’Universo. Il Creatore ci ha fatto il dono della Ragione, mettendoci a disposizione uno strumento adeguato qual è il nostro cervello. Non basta però avere ricevuto il dono della Ragione. Bisogna anche darsi da fare affinché, grazie a quello straordinario strumento che ci è stato offerto, il dono della Ragione possa dare i suoi frutti, sia nell’Immanente sia nel Trascendente. Ne riparleremo nel paragrafo VI.9. Se il Creatore m’avesse regalato un altro cervello io avrei potuto fare altre cose. Certamente non avrei potuto studiare le Strutture e le Forze Fondamentali della Natura; ma è anche vero che, 9 se non mi fossi dedicato allo studio e alla ricerca con impegno, nonostante i doni, non avrei concluso molto. IV.7 Quando l’evoluzione biologica diventa mistificazione culturale

Insistere sull’evoluzione biologica della specie umana è legittimo se ad essa viene dato il ruolo di ricerca in un campo applicativo della materia biologica. E invece il discorso non si ferma qui. L’evoluzione biologica della specie umana è uno strumento usato costantemente per mettere in discussione i valori trascendentali della nostra esistenza. Essa diventa quindi strumento di mistificazione culturale. L’atto mistificatorio sta nell’avallo del rigore scientifico. Come se la Scienza avesse dimostrato in modo rigorosamente riproducibile che l’uomo discende dalla stessa specie animale che dette poi vita alle scimmie. Si fa assurgere la Teoria della Evoluzione Biologica della specie umana a capitolo fondamentale della Scienza e la si pone in contrasto con l’atto di Fede. Vediamo come stanno le cose dal punto di vista del rigore scientifico. IV.8 Che cos’è per la Scienza l’evoluzione biologica Abbiamo già detto nel paragrafo IV.2 che l’evoluzione biologica della specie umana è, per la Scienza galileiana, un capitolo ben preciso dell’elettromagnetismo applicato. Studiando la materia vivente, uno scienziato che seguisse il metodo galileiano - e non ne esistono altri, di metodi, per restare nell’ambito della Scienza Moderna - troverebbe che i meccanismi biologici sono esempi delle leggi fondamentali dell’elettromagnetismo. Il giorno in cui uno scienziato riuscisse a scrivere le equazioni fondamentali dell’evoluzionismo biologico, non c’è, a mio avviso, alcun dubbio su cosa troverebbe: quelle equazioni hanno le loro radici nelle leggi fondamentali dell’elettromagnetismo. La Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana è lungi dall’essere su queste frontiere. Bisognerà aspettare ancora molti anni: decenni, forse secoli. Quindi, restando nell’Immanente, il massimo traguardo cui possa aspirare la Teoria della Evoluzione Biologica 9 della specie umana è nelle Forze Fondamentali della Natura. Studiare la materia biologica è come se si volesse capire il funzionamento base di un televisore o di un calcolatore elettronico. Dopo lunghe e complesse ricerche si scoprirebbe che si tratta di applicazioni delle leggi fondamentali dell’elettromagnetismo. Sono queste equazioni in contrasto con l’esistenza di Dio? Colui che queste equazioni ha incominciato a scrivere, James Clerk Maxwell, era e rimase scienziato credente. Promuovere la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana al rango di teoria scientifica corroborata da prove sperimentali e in grado di negare l’esistenza di Dio, è uno degli atti di mistificazione culturale più gravi che siano stati commessi da quando è nata la Scienza. E infatti dovrebbero essere le equazioni di Maxwell fino alle più recenti formulazioni teoriche - Teoria dell’Elettrodinamica Quantistica (Quantum Electro Dynamics: Qed) - le candidate legittime a contestare l’esistenza di Dio. Non certo la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana che, di esse, come abbiamo già detto, è un’applicazione tra le innumerevoli che si possono dedurre. Ho lavorato in prima persona sulla verifica della Teoria dell’Elettrodinamica Quantistica (2) ottenendo i risultati più accurati della sua validità in una regione di energia che era allora la più elevata del mondo. In nessun momento del mio lavoro ho mai trovato motivo per dubitare che quella ricerca potesse essere messa in relazione con la negazione di Dio. Eppure siamo dinanzi alla verifica più rigorosa di una delle leggi fondamentali che sicuramente ha un ruolo cruciale nell’evoluzionismo biologico. Questa legge regge tutti i fenomeni elettromagnetici. A nessun potente della Terra è permesso modificarla. Chi da queste leggi volesse trarre un messaggio sul significato e sul valore della nostra esistenza può farlo. Anzi, è questo che vuole la Scienza: diventare cultura. Il messaggio dice che non può esserci contrasto di alcun tipo tra le leggi dell’elettromagnetismo e l’esistenza di Dio.

9 La cultura dominante, invece di andare alle radici fondamentali della nostra esistenza materiale, affida il messaggio sul valore ultimo della nostra esistenza a un capitolo applicativo, ancora poco studiato e denso di enormi lacune, qual è la Teoria dell’Evoluzione Biologica della specie umana. Il messaggio fondamentale, cui aspira l’uomo da sempre, deve affondare le sue radici nella Logica del Creato. Logica che soltanto l’evoluzione culturale poteva permettere all’uomo di scoprire. L’evoluzione culturale, grazie alla Scienza, offre all’uomo una straordinaria certezza. La Natura, il mondo che ci circonda, noi stessi, tutto è retto da leggi universali e immutabili. Di fronte all’evoluzione culturale e alle sue conquiste, l’evoluzione biologica della specie umana scompare. E’ come se volessimo mettere a confronto l’Everest con un granellino di polvere. Anzi peggio. Il granellino di polvere, dopotutto, contiene in sé miliardi e miliardi di protoni. E in ciascuna di queste particelle - come abbiamo già detto - sono scritte tutte le Leggi Fondamentali della Natura. Quella minuscola entità di massa - il protone - ha una grande dignità culturale. Essa è depositaria di tutte le Leggi volute da Colui che ha fatto il mondo. L’evoluzione biologica della specie umana non possiede - fino a oggi - alcun requisito per essere posta a un livello di dignità scientifica pari a quello degli studi che descrivono il più sparuto granellino di polvere. Fine del primo volume Braille NOTE: (2) Il lettore interessato a conoscere i risultati più recenti in Qed può leggere Subnuclear Physics - The First Fifty Years, a cura di O. Barnabei, P. Pupillo e F. Roversi Monaco, pubblicato dall’Università e dall’Accademia delle Scienze di Bologna, nell’ambito delle Celebrazioni Galvaniane, 1998.

V. la scienza e la cultura del nostro tempo V.1 Che cosa ne sapremmo di musica, scultura, pittura e poesia? Il cielo era limpido, il volo perfetto. Accanto a me un passeggero tutto assorto nei suoi pensieri. «Allacciare le cinture, fra pochi istanti si atterra.» Stavo andando a Londra per un Seminario che avrei tenuto nel Laboratorio Rutherford vicino a Oxford. «Nel tuo aereo viaggiava anche il decano della nostra Università, lo hai visto?» Mi chiese un vecchio collega e amico quando arrivai a Oxford. «Ero tutto preso dalla preparazione del mio Seminario» gli risposi. «I novanta minuti di volo, da Ginevra a Londra, sono passati senza che me ne rendessi conto.» Prima di prendere sonno mi interessa e mi diverte passare in rassegna i fatti salienti della giornata appena trascorsa. Che strano, mi dico, quel passeggero poteva essere il decano di Oxford, un grande ingegnere, un celebre economista, un poeta, uno scultore, un musicista, un commerciante. In novanta minuti non ci siamo scambiati una sola parola. Com’è possibile sapere qualcosa se non si fa uno sforzo, anche minimo, di interagire con chi ci sta accanto? Ma non basta. Cosa ne sapremmo di musica se Vivaldi, Bach, Beethoven, Mahler e tutti i grandi musicisti avessero deciso di mettere sotto chiave le loro opere? E cosa ne sapremmo di scultura se Michelangelo avesse sepolto la sua Pietà, il suo Mosè? E se la stessa cosa avessero fatto gli scultori di tutti i tempi?

9 Cosa sarebbe per noi la pittura se Raffaello, Botticelli, Picasso e i Maestri di tutte le Scuole, di ogni epoca, avessero nascosto in soffitta i loro capolavori? E come faremmo noi a sapere cos’è la poesia se Omero, Virgilio, Dante, Leopardi, Quasimodo, Borges e i grandi poeti d’ogni civiltà avessero deciso che le loro opere dovessero essere lette soltanto da poeti, tra poeti? V.2 Le conquiste della Scienza nelle torri d’avorio Con la Scienza è andata proprio così. E’ rimasta muta come me, in quel mio viaggio tra Ginevra e Londra. Le torri d’avorio dei nostri laboratori scientifici sono stracolme di affascinanti opere: capolavori straordinari di incredibile potenza intellettuale. Le conquiste della Scienza sono però rimaste, quasi sempre, privilegio esclusivo di una cerchia ristrettissima di specialisti. E infatti che altro è la cultura se non l’insieme delle conoscenze da noi acquisite nel corso della nostra vita? Esse vengono da noi composte, articolate, meditate e sviluppate in nuove frontiere creative. Quando una conquista intellettuale - sia di natura rigorosamente scientifica, sia di origine esclusivamente non scientifica - rimane nel mondo delle cose sconosciute ai più, essa, pur essendo nota a un gruppo di specialisti, non entra a far parte di ciò che si chiama cultura. L’uomo dell’era cosiddetta moderna ha una cultura che è quasi pre-aristotelica. Né la Logica né la Scienza fanno parte del patrimonio culturale dell’uomo contemporaneo, detto moderno. Ne abbiamo discusso nel paragrafo II.11. C’è però un dettaglio che vorrei ricordare e che riguarda direttamente noi scienziati: la Scienza ha fatto tanta Scienza ma pochissima cultura. Non solo. C’è di più. Essa ha quasi sempre lasciato parlare altri, a suo nome. Ed è così che l’immagine culturale della Scienza è stata totalmente deformata. Al punto che la cultura contemporanea dà per scontato che Scienza e Fede siano in antitesi. Che Scienza sia sinonimo di Tecnica. E che il pericolo di olocausto ambientale sia conseguenza ineluttabile del progresso scientifico. Per non citare che pochi esempi. Se gli scienziati avessero dedicato una parte, anche minima, del 9 loro tempo a fare cultura, queste mistificazioni culturali non avrebbero avuto alcuna possibilità di entrare a far parte della nostra cultura contemporanea. V.3 Una società civile non può avere a suo fondamento le menzogne Una società civile non può avere a fondamento della sua cultura le menzogne. E’ quindi necessario che l’uomo, cosiddetto moderno, si preoccupi di analizzare a fondo quali verità e quali menzogne sono contenute nel bagaglio delle sue conoscenze. E’ però dovere di coloro che fanno Scienza aprire al grande pubblico le torri d’avorio, affinché la Scienza entri, a pieno titolo e con tutti i suoi valori, a far parte integrante del patrimonio culturale di ciascun uomo desideroso di sapere come effettivamente stanno le cose, in questa attività che permette a noi miseri mortali di distinguerci nettamente da tutte le altre forme di materia vivente. La caratteristica straordinaria di questa attività intellettuale, scoperta dall’uomo appena quattrocento anni fa - grazie a Galileo Galilei -, è di affondare le sue radici nell’Immanente. In modo rigoroso. Fare Scienza vuol dire infatti cercare di capire la logica del mondo che ci circonda. Logica che risulta rigorosa, universale, immutabile nello Spazio e nel Tempo. La cultura dominante non ha soltanto stravolto l’immagine della Scienza negandone i valori. Essa ha snaturalizzato le sue stesse radici. Vediamo come.

V.4 L’Astrologia non è Scienza L’uomo è stato sempre affascinato dallo spettacolo del cielo stellato e l’astrologia nacque infatti come discorso sugli astri. I nostri antenati si erano illusi che sarebbe stato possibile capire cosa erano le Stelle osservandone la luce. E invece no. Per capire cosa sono queste affascinanti compagne della notte è necessario studiare, qui sulla Terra, nei laboratori subnucleari, i mattoni di cui ogni cosa e noi stessi siamo fatti. E cioè protoni, neutroni ed elettroni. E’ studiando 10 cosa accade negli urti tra queste particelle che siamo riusciti a capire cosa sono le Stelle. Purtuttavia il discorso sugli astri, iniziato all’alba della civiltà, ha continuato la sua strada come se nessuno avesse mai scoperto che tutto è fatto di protoni, neutroni ed elettroni; che le Stelle brillano di neutrini molto più che di luce; e che la struttura del mondo reale, dal cuore di un protone ai confini del Cosmo (inclusi quindi quark, leptoni, gluoni e le Stelle che fanno parte dei segni zodiacali) è retta da Tre Colonne e da Tre Forze, Fondamentali. Sono queste le ancore della nostra certezza esistenziale nell’Immanente, non i segni dello zodiaco né i moderni discorsi sugli astri, che moderni ovviamente non sono in quanto restano ancorati ai tempi in cui l’uomo ignorava le formidabili conquiste della Scienza galileiana. E’ incredibile ma vero che oggi l’astrologia con i segni dello zodiaco e gli oroscopi sembra essere la sorgente di tutte le certezze e l’ancora della nostra esistenza. Vediamo qual è la verità. La base dell’astrologia è il segno zodiacale cui ciascuno è legato in quanto è nato in un determinato giorno di un certo anno. E’ bene precisare che il segno zodiacale è frutto della fantasia più elementare. Se osservo il cielo e scelgo un paio di stelle che brillano, attraverso quei punti è possibile disegnare un Leone o un Ariete o uno qualsiasi dei segni dello zodiaco. Diciamo subito che il giorno in cui si nasce è legato all’inclinazione dell’asse terrestre (rispetto al piano dell’orbita che la Terra descrive ruotando nella pista cosmica attorno al Sole). Il segno dello zodiaco è invece legato alla posizione in cui si trova la Terra nell’orbita. Inclinazione e posizione vanno nettamente distinte. Infatti, nello stesso punto dell’orbita (posizione identica) ci saranno, nel corso dei secoli, inclinazioni diverse. «Se mi dici il giorno in cui sei nato e di che segno sei ti saprò dire cosa c’è scritto nelle Stelle per te.» Se uno nasce nel segno del Leone o della Bilancia o di un qualsiasi altro segno zodiacale, quel segno se lo porta dietro per tutta la vita. E ogni giorno legge l’oroscopo per sapere cosa lo aspetta. Infatti coloro che sanno leggere i messaggi cifrati del cielo scrivono sui giornali, leggono nelle rubriche radiofoniche e televisive, 10 giorno per giorno, le previsioni dell’astrologia sui destini di noi tutti. La base è il segno nel quale si nasce. A inventare i Segni dello Zodiaco fu Ipparco, vissuto nel secondo Secolo prima dell’era Cristiana, qualcosa come duemila e duecento anni fa. Abbiamo detto in apertura che lo spettacolo di una notte stellata affascina tutti. I nostri antenati si chiedevano quale fosse il ruolo delle Stelle per il futuro del mondo e per la vita di tutti i giorni. Osservando con attenzione il cielo, i nostri antenati scoprirono che esistono regolarità e anomalie. Ad esempio, in un certo istante nasce una nuova Stella. Come mai? E perché nasce questa Stella? Accade anche che essa può essere brillante molto più delle altre. Tanto che si può addirittura vedere anche di giorno. Le Stelle del firmamento di giorno non le vediamo più. Non perché spariscano ma perché vince la luce del Sole, che è dieci milioni di volte più potente della luce di tutte le Stelle del firmamento. Come mai, di tanto in tanto, nasce una nuova Stella? E perché mai accade anche che

essa brilli nel cielo tanto fortemente da non essere cancellata, come le altre, dalla luce del Sole? Quale messaggio essa porta per noi miseri mortali? Noi sappiamo oggi, grazie alla Scienza galileiana, che quelle Stelle sono fucine nucleari in cui si fabbricano Oro, Argento, Piombo, Titanio e più esattamente tutti gli elementi pesanti della Tavola di Mendeleev. Nuclei che altrimenti non potrebbero esistere. Ad esempio, l’oro dei nostri anelli non e nato nelle miniere. Una miniera d’oro è il posto in cui l’oro, fabbricato in una di quelle Stelle, è andato a finire dopo essere stato proiettato nel Cosmo nel corso della gigantesca esplosione cosmica che ha prodotto, oltre a enormi flussi di neutrini, quella luce che i nostri antenati riuscivano a vedere anche di giorno. Le nuove Stelle, osservate nel corso dei millenni, dall’alba della civiltà a oggi, non sono segnali misteriosi che il cielo vuole inviarci. Sono fenomeni fisici perfettamente comprensibili. A queste nuove Stelle si dà il nome di Nova e di Supernova. Se queste nuove Stelle non fossero mai esistite, noi non potremmo avere, qui sulla Terra, né Oro né Argento né Piombo né alcun elemento pesante. Il che vuol dire elementi i cui nuclei sono fatti con tante trottoline nucleari. Ad esempio l’atomo di Idrogeno, elemento indispensabile per l’acqua che beviamo, ha il nucleo fatto con una sola trottolina nucleare (il protone). L’Ossigeno, altrettanto 10 indispensabile per l’acqua, di trottoline nucleari ne ha sedici. Il Carbonio delle nostre cellule viventi, di trottoline nucleari ne ha dodici. Esso è quindi dodici volte più pesante dell’Idrogeno. Attualmente nel Sole un’enorme quantità di Idrogeno si sta trasformando in Elio. Il nucleo dell’Elio è fatto con quattro trottoline nucleari. Fra cinque miliardi di anni, il Sole avrà esaurito tutto l’Idrogeno e diventerà una fucina nucleare in cui, grazie al collasso gravitazionale, si riuscirà a mettere insieme tre nuclei di Elio per fare un nucleo di Carbonio. Il Sole però è troppo leggero per diventare una Supernova. La Stella a noi più vicina - e detta Sole - è destinata a finire i suoi giorni senza esplodere. Se tutte le Stelle fossero come il Sole non sarebbe stato possibile mettere in giro nel grande spazio cosmico i nuclei dei materiali pesanti, tanto utili per la nostra vita quotidiana oltre che per la struttura stessa del nostro corpo materiale. Insomma le Supernovae sono fucine indispensabili per la nostra esistenza. E non sono certamente segnali in codice che il Cosmo ci invia per terrorizzarci. Passiamo all’altra anomalia che ha attratto l’attenzione dei nostri antenati. A un certo punto nel cielo arriva una Stella con una grande coda brillante. Cosa sono queste Stelle con la coda? E perché arrivano? Cosa vuol dirci il cielo con quelle strane Stelle? Grazie alla Scienza galileiana noi sappiamo che una Cometa è un enorme pezzo di ghiaccio che viene dalla periferia estrema del Sistema Solare. In quelle zone dello spazio cosmico, oltre dieci volte più in là dell’ultimo pianeta, Plutone, c’è un’innumerevole quantità di materia gelida che ruota attorno al Sole. E continuerebbe a girare attorno al Sole se non fosse per un effetto venuto alla luce in tempi recenti: l’instabilità gravitazionale. Anche la Terra gira attorno al Sole. E se fossero solo questi due corpi celesti a ruotare l’uno attorno all’altro, non potrebbe succedere nulla. Se però a ruotare attorno al Sole sono tanti corpi, allora il sistema diventa instabile. Più corpi ci sono, più alta è la probabilità che qualcuno di essi abbandoni la sua orbita per partire verso il Sole. Quell’enorme buco da un chilometro di diametro che si trova in Arizona l’ha fatto un Asteroide cinquantamila anni fa. E da dove veniva? Tra Marte e Giove c’è un enorme numero di Asteroidi, piccoli e grandi. Cerere è il più grande, ma ce ne sono milioni piccoli come un sasso. Tutti girano normalmente attorno al Sole per secoli 10 e secoli. Accade però che, ogni tanto, un Asteroide subisca l’effetto dell’instabilità gravitazionale e sia così costretto ad abbandonare la sua orbita. I casi sono tre. O finisce direttamente sul Sole, e in questo caso non ne rimane traccia; o si mette a ruotare seguendo un’orbita fortemente ellittica; oppure si scontra con qualche altro corpo celeste. Per esempio la Luna. La

superficie del nostro Satellite ha subito un bombardamento cosmico intenso. Siccome il bombardamento non è mirato sulla Luna ma totalmente libero di seguire qualsiasi traiettoria, la probabilità di intercettare un corpo che vaga nel Cosmo dipende dalla superficie del corpo celeste candidato allo scontro. La Terra ha una superficie dieci volte più grande di quella lunare e ha pertanto dovuto subire dieci volte più colpi cosmici della nostra Luna. Da noi tutto ciò che finisce sulla superficie liquida della Terra (detta anche Oceano Globale) non lascia traccia. Quello che colpisce la superficie solida può essere cancellato dagli eventi meteorologici (venti e tempeste). Ciò non può avvenire sulla Luna perché non ci sono né oceani né atmosfera. L’instabilità gravitazionale è stata scoperta studiando la Fascia degli Asteroidi che c’è tra Marte e Giove. La fascia ghiacciata che circonda il Sistema Solare non è facilmente osservabile. E’ tuttavia fuor di dubbio che le Comete siano il risultato dell’instabilità gravitazionale che agisce in quella remota periferia del Sistema Solare. D’altronde nessuno è ancora riuscito a dimostrare come si sia formata la struttura materiale del nostro pianeta. E cioè come mai ci sia una tale enorme quantità d’acqua nella superficie esterna della Terra. Un’ipotesi molto probabile e che una o più Comete siano venute da noi a garantirci l’esistenza del prezioso liquido in superficie. Se immaginiamo la Terra come una sfera delle dimensioni di una mela, lo spessore degli Oceani corrisponde a meno dello spessore della buccia della mela. Se mettiamo insieme lo spessore dell’Atmosfera più quello degli Oceani, avremo lo spessore della buccia. Ecco dove sta la difficoltà nei modelli proposti per descrivere le origini della struttura superficiale della Terra. Quella interna, fatta con uno strato molto spesso di roccia fusa (lava) e di un nucleo di ferro incandescente, è relativamente più semplice da interpretare in senso modellistico. Riepilogando. Se non fosse per le Supernovae non potremmo avere oro, argento, piombo, ferro, carbonio e tutti gli altri materiali pesanti. Se non fosse per gli Asteroidi non potremmo avere le 10 miniere d’oro né quelle degli altri materiali pesanti qui in superficie. E se non fosse per le Comete non potremmo avere né gli Oceani né l’Atmosfera. Le anomalie che terrorizzavano i nostri antenati (Stelle nuove e Stelle Comete) non sono messaggi cifrati che ci inviano le Stelle. Sono sorgenti di vita. I nostri antenati erano affascinati dallo spettacolo di una notte stellata. Ma erano terrorizzati dalle anomalie celesti. Un’altra anomalia: tutte le Stelle erano fisse eccetto sette che erano invece erranti (in greco pianeta vuol dire Stella errante). I sette pianeti erano: Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Prima dell’era galileiana non si conoscevano gli altri satelliti del Sole: Urano, Nettuno e Plutone. (1) Il numero sette attrasse l’attenzione dei nostri antenati: sette sono le Stelle erranti, i Peccati Capitali, le note musicali (scoperte da Pitagora) (2) e i giorni della Settimana. Nel tentativo di scoprire legami tra messaggi in codice, le sette Stelle erranti vennero associate ai sette Peccati Capitali. E, nel desiderio di capire la logica di questi messaggi, si legarono i giorni a ciascuna Stella errante. Lunedì vuol dire Luna; Martedì, Marte; Mercoledì, Mercurio; Giovedì, Giove; Venerdì, Venere; Sabato, Saturno; Domenica, Sole. Un altro esempio di legame tra Stelle erranti. Il Sole sembra che giri attorno a noi impiegando dodici mesi. Giove invece appare girare 10 attorno a noi in dodici anni. Ecco l’origine del legame tra Sole e Giove. Saturno sembra che giri attorno a noi in ventinove anni; e siccome la Luna impiega ventinove giorni a girare attorno a noi, ecco il legame tra Luna e Saturno. Grazie alla Scienza galileiana noi sappiamo che Giove e Saturno girano attorno al Sole, mentre la Luna gira attorno a noi. Il Sole non gira affatto attorno a noi. Siamo noi a ruotare attorno a questa Stella. I tempi di rotazione di tutti i satelliti del Sole sono dettati dalla

Legge di Attrazione Gravitazionale, scoperta da Newton grazie alla misura dell’accelerazione di gravità fatta da Galilei. Se ci limitassimo a considerare la forza attrattiva gravitazionale, un satellite del Sole precipiterebbe verso l’enorme massa che lo attrae. E’ necessario che alla forza di attrazione gravitazionale si opponga una forza equivalente e di segno opposto: la forza centrifuga. Se vincesse la forza centrifuga, il satellite del Sole si perderebbe nello spazio cosmico allontanandosi per sempre dalla nostra Stella. L’equilibrio tra le due forze permette a un pianeta (che pianeta non è ma satellite) di girare attorno al Sole senza precipitare sul Sole né perdersi nello spazio cosmico. Nasce da questo equilibrio perfetto la Terza Regolarità nel moto dei pianeti scoperta da Keplero. E cioè che all’aumentare della distanza dal Sole aumenta il tempo necessario per girargli attorno. Ma questo aumento non è banalmente lineare. Ad esempio, se un pianeta è dieci volte più lontano non impiega dieci volte più tempo per girare attorno al Sole. La regolarità scoperta da Keplero è molto sottile. Essa stabilisce che il quadrato del periodo di rotazione varia con il cubo della distanza dal Sole. Nessuno riusciva a capire perché. A prima vista sembrerebbe assurdo. Immaginiamo una pista automobilistica circolare lunga dieci chilometri. E percorriamola alla velocità di cento chilometri orari. Impiegheremmo un decimo di ora: sei minuti. Se adesso volessimo costruire piste più grandi stabilendo che devono essere percorse alla stessa velocità il risultato sarebbe immediato. Se la pista fosse lunga cento chilometri, il tempo per percorrerla sarebbe di un’ora: dieci volte più di quella da dieci chilometri. Invece, nel caso delle piste cosmiche tracciate dalla Legge di Newton attorno al Sole, quando aumentiamo di dieci volte la lunghezza della pista, il tempo di rotazione aumenta di 31.6 volte, non di dieci. Motivo: nella pista cosmica dobbiamo garantire l’equilibrio perfetto tra l’attrazione gravitazionale e la repulsione centrifuga. Ecco perché i periodi di rotazione dei nove satelliti 10 del Sole sono quelli che noi misuriamo. Saturno impiega ventinove anni, Giove dodici e noi uno, per girare attorno al Sole. La Luna impiega ventinove giorni per girare attorno alla Terra in quanto deve obbedire alla stessa legge. Insomma, lo speciale legame tra Saturno e Luna è inesistente. Tutti i satelliti di tutti i corpi celesti debbono obbedire alla stessa legge. Se immaginassi di essere solo nel Cosmo e un piccolo oggetto cosmico dovesse diventare un mio satellite, ruotandomi alla distanza di un metro, la sua velocità dovrebbe essere di un quarto di metro all’ora. E impiegherebbe ventiquattro ore per fare un giro attorno a me. Non ci sono messaggi cosmici cifrati nei tempi e nei modi in cui i satelliti del Sole ruotano attorno alla grande Stella. I satelliti di Giove ruotano attorno a Giove, gli anelli di Saturno ruotano attorno a Saturno, e il nostro satellite naturale (Luna) più tutti quelli artificiali ruotano attorno a noi, obbedendo tutti alla Legge di Galilei-Newton che ha come conseguenza la Terza Regolarità di Keplero. I tempi e i modi in cui si muovono gli oggetti del Cosmo non sono messaggi cifrati ma esempi diversi della stessa legge fondamentale. I legami che i nostri antenati hanno voluto stabilire nel corso dei millenni, dall’alba della civiltà a oggi, sono tentativi fatti nella speranza di capire il significato di quei movimenti e dei loro tempi. Il sorgere e il tramontare delle Stelle non è legato al movimento della volta celeste che sembra giri attorno a noi in senso orario. E’ il movimento a trottola della nostra Terra, in senso antiorario, che ci dà questa illusione. Eppure il movimento rotatorio delle lancette dei nostri orologi è in senso orario proprio per l’illusione che tutto giri attorno a noi seguendo quel verso di rotazione a noi familiare. Nel corso di un anno, noi contiamo 366 albe e tramonti rispetto alle Stelle, ma 365 albe e tramonti rispetto al Sole. Perdiamo un’alba (e un tramonto) per via del moto orbitale antiorario della Terra attorno al Sole. In effetti l’anno è fatto di 365 giorni più una frazione di giorno. I nostri antenati avrebbero voluto numeri interi per i movimenti.

Ad esempio, la Luna gira dodici volte attorno a noi, in un anno. Ma non proprio dodici volte. Ecco perché il Calendario lunare non coincide con il Calendario solare. Il movimento della Luna attorno a noi e totalmente indipendente dal movimento della Terra attorno al Sole. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: tutti i movimenti dei corpi celesti debbono obbedire alla stessa legge di attrazione gravitazionale. Ma ciascuna rotazione è indipendente. 10 Noi giriamo a trottola su noi stessi in ventiquattro ore. E chiamiamo questa quantità di tempo giorno. La Luna gira attorno a noi un numero non intero di giorni: né ventotto, né ventinove, né trenta. E perché dovrebbe essere intero il numero di giorni? Cosa ne sa il moto della Luna attorno a noi del fatto che noi ruotiamo su noi stessi a trottola in ventiquattro ore? E perché il tempo necessario per fare un giro attorno al Sole dovrebbe essere espresso da un numero intero di giorni? Sono moti indipendenti. Eppure i nostri antenati avrebbero voluto che l’anno fosse composto di 360 giorni. Sapete perché? Risposta: dodici volte trenta fa 360. Dodici è il numero di volte che la Luna gira attorno a noi durante l’anno. (Sappiamo che è più di dodici, ma i nostri antenati presero per buono il numero dodici.) E perché trenta? Trenta è il prodotto della metà di due numeri perfetti: 12/2=6 10/2=5 5¿6=30 Nella disperata ricerca di regolarità (inesistenti) i nostri antenati così ragionavano: la Stella errante Luna ci dice che dodici è un numero perfetto. L’altro numero che veniva dalla Luna era sette. Infatti, prendendo per periodo di rotazione lunare ventotto giorni, e dividendolo per le quattro fasi lunari (Luna piena, mezza Luna calante, Luna nuova, mezza Luna crescente) si ottengono sette giorni. Come se non bastasse, sette era il numero delle Stelle erranti (Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno). Rimane l’altro numero perfetto: tre. Sette più tre fa dieci: il numero perfetto voluto da Pitagora; esso coincide con il numero delle nostre dita. Con tutte queste fantastiche costruzioni si arriva al grande numero perfetto: 12¿[12/2¿10/= =12¿[6¿= =12¿30=360 10 Ma in un anno ci sono 365 giorni più una frazione di giorno. Quanto precede ci apre gli occhi sulla totale assenza di significati speciali da dare alle varie posizioni di questi corpi cosmici che ruotano attorno al Sole o attorno ad altri corpi (come fa la Luna attorno a noi che giriamo attorno al Sole) con precise proprietà fisiche. Resta un ultimo punto da chiarire. Pensare che un segno zodiacale possa avere alcun rilievo sulla nostra vita è privo di credibilità scientifica. Immaginiamo di poter viaggiare su un’astronave ad altissima velocità al fine di vedere da vicino quei punti luminosi che abbiamo legato alla figura di un leone. Quei punti sono Stelle che non stanno su un piano, ma a profondità diverse. Ma anche se fossero su uno stesso piano, e se avessero l’esatta configurazione di un leone, in che modo potrebbero influire sulla nostra vita? La Scienza risponde: attraverso le Forze Fondamentali della Natura. Queste forze vengono esercitate in modo dominante su di noi dalla Stella a noi più vicina. Tutte le altre Stelle del firmamento esercitano su di noi effetti trascurabili rispetto al Sole. Se il nostro destino dovesse dipendere dalle Stelle, è al Sole che dovremmo rivolgerci essendo la Stella a noi più vicina. Ma una Stella in fondo cos’è? E’ fatta di materia composta da molecole e da atomi? No. Cos’è il Sole? Il Sole, come miliardi di altre Stelle della galassia in cui siamo, è un’enorme quantità di materia: né

solida, né liquida, né gassosa. Niente atomi né molecole. Nel Sole i protoni e gli elettroni vagano liberamente senza essere bloccati in atomi e molecole. A questo stato di materia si dà il nome di plasma. Il plasma alimenta il fuoco di fusione nucleare nella parte interna della Stella e trasmette la sua energia in superficie impiegando un milione di anni per arrivarci. E’ grazie a questa energia ricevuta dalla parte interna di una Stella che la superficie brilla di luce visibile ai nostri occhi. Noi invece non vediamo le enormi quantità di neutrini che vengono emessi dal Sole grazie alle Forze Deboli che trasformano protoni ed elettroni in neutroni e neutrini. Sono i neutroni la benzina che alimenta il motore a fusione nucleare del Sole. Per osservare i neutrini dobbiamo costruire laboratori speciali come sono quelli del Gran Sasso. (3) 10 Il Sole che vediamo sorgere entro un determinato segno zodiacale è nient’altro che una candela nucleare tra miliardi di candele nucleari. Non c’è alcuna Forza Fondamentale della Natura né alcuna struttura che possa spingerci a credere che quelle candele nucleari possano avere qualcosa a che fare con la nostra esistenza. E infine un ultimo dettaglio. Il segno zodiacale sarebbe corretto se fossimo nati quando Ipparco scoprì la cosiddetta precessione degli equinozi, e cioè il Terzo movimento della Terra. Abbiamo già visto che l’oroscopo si basa sul segno zodiacale relativo al giorno e al mese in cui si nasce. Il giorno e il mese vengono determinati dalle Stagioni (e quindi dall’inclinazione dell’asse terrestre), non dalla posizione in cui si trova la Terra nella sua orbita attorno al Sole. Invece il segno zodiacale corrisponde a una posizione della Terra nell’orbita che essa percorre attorno al Sole. Se non ci fosse il Terzo movimento della Terra, sarebbe corretto dire che non cambia mai il legame esistente tra la data di nascita e il segno zodiacale. Invece esso cambia ogni 2200 anni circa, in senso retrogrado (orario), passando cioè da un segno zodiacale a quello precedente. Questo vuol dire che, quando la Terra ha percorso un giro nell’orbita attorno al Sole, l’inclinazione corrispondente allo stesso punto nell’orbita è spostata di quattordici millesimi di grado. A conti fatti vien fuori che coloro i quali volessero continuare a credere nell’astrologia e quindi nell’oroscopo (nonostante la totale infondatezza scientifica di queste discipline) dovrebbero almeno sapere che il segno zodiacale non e quello di cui tutti parlano, ma quello corrispondente a due segni prima. Esempio, chi crede di essere del Leone sappia che è dei Gemelli. E così via per gli altri. NOTE: (1) Se questi tre satelliti fossero stati noti le “Stelle erranti” sarebbero diventate dieci; il numero considerato “perfetto” da Pitagora. Il legame tra numero di “pianeti” e fatti della nostra vita quotidiana non sarebbe stato più attraverso il sette, ma il dieci: chissà quante altre credenze astrologiche sarebbero venute fuori. (2) C’è chi dice di aver registrato l’armonia dell’Universo, la cui esistenza fu proposta da Pitagora. I nostri antenati conoscevano i suoni e sapevano che essi si propagano nell’aria, nell’acqua e in qualsiasi mezzo materiale. Nel vuoto no, in quanto i suoni sono vibrazioni di strutture materiali. Quando nel secolo scorso si capì che la luce è fatta di vibrazioni elettromagnetiche, i nostri bisnonni inventarono l’etere proprio in quanto non riuscivano a immaginare come si potessero propagare vibrazioni nel vuoto. Già ai tempi di Newton era nato il problema della propagazione della forza gravitazionale tra il Sole e la Terra, e tra le Stelle. L’etere doveva essere trasparente più dell’aria (altrimenti impedirebbe alla luce di propagarsi) e rigido più di un metallo. Infatti le vibrazioni del campo elettromagnetico (di cui la luce è un esempio) si manifestano nella direzione perpendicolare a quella in cui si muove la stessa luce. Oggi sappiamo che l’etere non esiste. Il concetto di campo, elettromagnetico o gravitazionale, supera queste difficoltà. Le vibrazioni di un campo si

propagano nel vuoto perfetto. Tra il Sole e noi c’è il vuoto. Tra le Stelle e noi c’è il vuoto. La luce si può propagare, i suoni no. (3) Il lettore interessato può leggere Dal Gran Sasso al Supermondo di L. Maiani e A’ Zichichi, Infn - Laboratori Nazionali del Gran Sasso, Infn/ae-98-19 (13 luglio 1998). V.5 Pietre, spaghi, tavoli e polso esistono dall’alba della civiltà La Scienza nasce da un puro atto di rigorosa logica, dice la cultura dominante. Ed è figlia della moderna tecnologia. E invece la Scienza, come abbiamo visto nei capitoli precedenti, nasce da un atto di Fede. Cosa ne sapeva Galileo Galilei che, studiando come oscillano le pietre legate a uno spago, o come rotolano 11 le pietre lungo un pezzo di legno inclinato, sarebbero saltate fuori le prime impronte di Colui che ha fatto il mondo? Cosa ne sapeva lui che quelle leggi dovevano esistere? Abbiamo anche visto che la Scienza non nasce dal progresso tecnologico. Legare una pietra a uno spago. Fissare l’estremo dello spago. Dare un colpo alla pietra. Usare il battito del proprio cuore come orologio che scandisce il tempo. Osservare come oscilla quella pietra. Non sono cose di straordinaria difficoltà. Prendere un tavolo di legno e pulirlo molto bene. Modellare un sasso, rendendolo simile a una sfera. Farlo rotolare lungo quel tavolo. Misurare come rotola, in funzione dell’inclinazione del tavolo. Non sono operazioni complicate. Né si può dire che le pietre, lo spago e i tavoli di legno siano oggetti di alta tecnologia. Le pietre, gli spaghi, i legni, il battito del cuore non sono mancati mai ad alcun uomo. In tutti i tempi. E in tutte le civiltà. Una cosa invece era sempre mancata a tutti: il credere che Colui che ha fatto il mondo avesse potuto lasciare negli oggetti volgari - pietre, spaghi e legni - l’impronta della sua straordinaria potenza intellettuale. Fu questa Fede che spinse Galileo Galilei a dare dignità culturale agli oggetti volgari. V.6 Se in una pietra c’è la mano del Creatore Se è vero che in una volgarissima pietra c’è la mano e il disegno di Colui che ha fatto il mondo, lo studio di quella pietra dovrà portarci molto lontano. Questo pensiero non è il risultato di un ragionamento logico-matematico. E’ un atto di Fede nel Creato. Chissà se Galilei aveva potuto immaginare dove la sua Scienza ci avrebbe portato. In una minuscola scheggia di quella pietra ci sono miliardi e miliardi di protoni, neutroni ed elettroni. Un protone ha come raggio, se ne ricordi il lettore, un decimo di millesimo di miliardesimo di centimetro. La sua massa è centosessantasette centesimi di milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di grammo. Nei paragrafi II.1, II.12 e IV.8 abbiamo detto che in quella sparuta 11 quantità di massa, contenuta in una minuscola dimensione spaziale, sono scritte tutte le leggi dell’Universo. Questo non poteva saperlo né Galilei né alcun uomo al mondo fino al 1947: anno in cui venne scoperto il primo esempio di fenomeni fisici detti virtuali. Oggi i fenomeni virtuali sono pane quotidiano, nei laboratori di Fisica Moderna. Essi permettono di misurare gli effetti indotti da processi non direttamente osservabili. Esempio: un elettrone emette un fotone e lo riassorbe. Noi non osserviamo né l’emissione né l’assorbimento del fotone. Misuriamo, dell’elettrone, il valore della sua minuscola trottola magnetica: l’elettrone infatti non è solo carico d’elettricità. Esso possiede anche proprietà magnetiche. Come fosse una minuscola calamita.

Ebbene le proprietà magnetiche dell’elettrone dipendono dal fenomeno virtuale sopra citato. E non solo da questo, bensì da tutti gli altri possibili fenomeni determinati dalle Leggi Fondamentali della Natura. Misurando con estrema precisione le proprietà magnetiche dell’elettrone è possibile venire a capo di un enorme numero di fenomeni virtuali, inclusi quelli che ancora oggi nessuno conosce. Ecco una chiave di straordinaria potenza nello studio della Logica di Colui che ha fatto il mondo. Logica che governa il micro e il macrocosmo. Questo dei fenomeni virtuali non è un privilegio dell’elettrone. Tutti i fenomeni fisici hanno questa straordinaria proprietà. Ho già detto che, quando ho studiato le proprietà virtuali di quella trottolina leptonica detta muone, non mi è certo passato minimamente per la testa di mettere in dubbio la mia Fede in quanto studiavo quelle cose. Semmai è vero proprio il contrario. Se il padre della Scienza fosse qui con noi, resterebbe, come noi, entusiasta dinanzi alle proprietà virtuali dei fenomeni fisici. Egli si accorgerebbe che di strada se ne è fatta tanta da quando, per atto di Fede, lui riuscì ad aprire il Libro della Natura. Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: mai una virgola è stata trovata fuori posto, in quel Libro. E mai una sola parola, scritta con caratteri di matematico rigore, ha permesso in quel Libro di mettere in dubbio l’atto di Fede che portò all’inizio di quella affascinante lettura. Colui che lo ha scritto ne deve sapere molto più di noi.11 V.7 L’Infinito di Galilei Galilei non fu soltanto il padre della Scienza Moderna. Egli si cimentò anche in Logica Matematica. Si parla poco, anzi mai, degli amici e dei discepoli di Galilei. Fu Bonaventura Cavalieri, che era fra i discepoli più amati, a porre il grande maestro dinanzi a un problema impossibile. Galilei riuscì ad andare fino in fondo e scoprì che la spiegazione di quel problema portava a una soluzione assurda. Era necessario concludere che la parte è uguale al tutto. Una fetta di torta è una parte di tutta la torta. Dire che quella fetta equivale a tutta la torta è una semplice assurdità. Un bicchiere di vino è solo una parte di tutto il vino contenuto nella bottiglia. Pretendere che quella parte di vino sia equivalente a tutto il vino contenuto nella bottiglia è ovviamente assurdo. Tutti i grandi pensatori di tutti i tempi avevano detto che la parte non può essere equivalente al tutto. Galilei ebbe tra le mani la prima grande proprietà degli Insiemi Infiniti. E invece di dire: «Ho scoperto la proprietà fondamentale di tutti gli Insiemi Infiniti», fu preso da sconforto e disse: «Il nostro cervello è finito, pertanto non capiremo mai nulla sull’Infinito». Invece no. Galilei aveva scoperto una grande verità matematica. Eccola: quando dinanzi a un problema ci si trova a concludere che una parte deve essere equivalente (4) al tutto, ebbene, in quel caso possiamo essere sicuri che c’è in ballo l’Infinito. La fetta di torta, il bicchiere di vino sono parti di un tutto che è sempre finito: la torta, la bottiglia di vino. Se il tutto è invece un insieme infinito, allora una sua parte risulterà equivalente al tutto. Quello che noi chiamiamo buonsenso nel giudicare la realtà che ci circonda, diceva Galilei, è basato sull’esperienza quotidiana. Nel mondo in cui viviamo e di cui siamo parte tutto è finito. Ecco perché a noi sembra scontato che debba essere assurdo sostenere: una parte è equivalente al tutto. Se vivessimo fra Insiemi Infiniti, non ci sembrerebbe affatto assurdo che la parte equivale al tutto. E’ incredibile ma vero: Galilei fu il primo uomo a scoprire la prima grande verità sull’Infinito. Oltre che padre della Scienza potremmo considerarlo padre della grande avventura matematica - 11 l’Infinito - se non

fosse per il fatto che a quella grande scoperta Galilei non prestò attenzione. Anzi, la ritenne assurda. Purtuttavia, la scoperta è galileiana. NOTE: (4) In termini specialistici si dice equipotente. V.8 Scienza e Arte con Galilei La Scienza è frutto di un formidabile rigore logico-matematico, che trova nella Natura il confronto diretto con l’opera del Creatore. La Scienza è Amore verso il Creato. Essa rappresenta il desiderio intimo dell’intelletto umano di decifrare la Logica scelta da Colui che ha fatto il mondo. C’è quindi uno stretto legame tra Amore e Scienza: più forte di quello che c’è tra Amore e Arte. L’Arte è fantasia creativa nel bene e nel male. L’Arte infatti esprime non solo sentimenti nobili e alti (legati all’Amore, alla Fede, al Perdono), ma anche dolore, vendetta e tragiche realtà. E’ l’Amore e soltanto l’Amore per il Creato la sorgente da cui nascono le grandi scoperte scientifiche. Un’opera d’Arte può nascere da sentimenti d’amore ma anche di odio. In ogni caso essa ha una caratteristica peculiare: una grande opera d’Arte è irripetibile, specialmente se nasce da sentimenti nobili e puri. La Pietà, Michelangelo, l’ha saputa concepire, sentire e realizzare lui. La Gioconda di Leonardo da Vinci, la Primavera di Botticelli sono tutte opere che nascono nel cuore e nel cervello di chi le concepisce e le realizza. Esattamente come lo sono le composizioni musicali o i grandi poemi. Una scoperta scientifica, pur essendo legata profondamente a chi per primo la sa realizzare, è un’opera che deve essere riproducibile. Nessuno scienziato può dire: questa scoperta l’ho fatta io e nessuno saprà mai ripeterla. La Scienza galileiana ha come pilastro la riproducibilità delle scoperte. L’Arte ha come fondamento delle sue opere l’essere un atto unico. Arte e Scienza appaiono agli antipodi. Un giorno, quando tutti sapranno decifrare il linguaggio scientifico, Arte e Scienza saranno, entrambe, sorgenti di grandi emozioni. Per chi ama e sente la Scienza, una scoperta scientifica, un’equazione parlano come un capolavoro d’Arte. Un giorno, queste due grandi conquiste dell’umano intelletto saranno entrambe sorgenti di pari fascino ed emozione. Per tutti, non solo per noi scienziati. 11 Il legame tra Arte e Scienza nasce nel cuore dell’uomo e si può manifestare in mille modi. Essi vanno dall’amicizia tra un artista e uno scienziato alla sintesi che uno stesso individuo può sapere operare tra queste due grandi conquiste dell’intelletto umano. Galilei, oltre a essere il padre della Scienza, fu anche un appassionato cultore d’Arte. Ed ebbe molti amici impegnati in questo settore apparentemente così lontano dal rigore della Scienza. A lui si rivolse un famoso pittore di quei tempi, Ludovico Cigoli, chiedendogli aiuto in quanto gli scultori lo attaccavano essendo lui semplicemente pittore. Fu così che Galileo Galilei elaborò una teoria straordinariamente innovativa sull’Arte che sarebbe stata ripresa - secoli dopo - da Erwin Panofsky, da tutti considerato l’autore di questa nuova scuola di pensiero. In verità quei pensieri hanno un padre diverso da Panofsky: è Galileo Galilei, che il 26 giugno 1612 scrisse al suo amico Ludovico Cigoli quanto segue: «Cosa commuove di più, il pianto mimato di un attore o il verso di un grande poeta? Tanto più la rappresentazione della realtà si spoglia delle sue vesti, tanto più essa riuscirà a esprimere con forza il messaggio della vera grande anima artistica». Insomma, diceva Galilei, precedendo tutti i pensatori dell’Arte Moderna, l’Arte più si astrae dalla realtà e più si avvicina al messaggio assoluto. Il motivo di quest’analisi galileiana fu la critica dei suoi contemporanei contro l’Arte pittorica. Gli scultori infatti pretendevano di essere loro i depositari della verità artistica.

Motivo: una statua ha tutte e tre le dimensioni dello Spazio. Il pittore invece lavora su tela: quindi delle tre dimensioni ne usa soltanto due. Conclusione: la pittura è Arte inferiore rispetto alla scultura. Galilei suggerì un esperimento con due sfere, una bianca e una nera, per dimostrare che la pretesa degli scultori era priva di fondamento. (5) La verità della natura nelle sue molteplici forme, Scienza, Astronomia, Arte, Logica Matematica, trova in Galilei un esempio che non ha precedenti in tutta la storia intellettuale del mondo.11 NOTE: (5) L’immagine che i nostri occhi percepiscono di due sfere reali e di due sfere dipinte su tela sono identiche. Per capire quale delle due immagini è quella vera bisogna usare il tatto: avvicinarsi al quadro per constatare se le due sfere sono dipinte o vere. V.9 Scienza e Filosofia L’intelletto umano può produrre teorie filosofiche e teorie scientifiche. Quelle filosofiche pretendono di essere vere in quanto pensate; prescindendo dalla prova sperimentale. Quelle scientifiche hanno invece il loro banco di prova nella verifica sperimentale. Il pensiero filosofico ha avuto tra gli obiettivi principali quello di rispondere alle tre domande: 1) cosa siamo; 2) da dove veniamo; 3) dove andiamo. Le risposte a queste tre domande si articolano su due sfere: quella trascendentale e quella immanentistica. Qui noi ci occupiamo solo della sfera immanentistica. Purtroppo il pensiero filosofico si è occupato di entrambe queste componenti della nostra esistenza. Ecco come mai la Filosofia ha invaso sia il campo degli studi teologici sia quello degli studi scientifici di stampo galileiano. Non è nostro compito dire quanti errori siano stati fatti dal pensiero filosofico nello studio del Trascendente. Nello studio dell’Immanente il pensiero filosofico è andato completamente fuori strada (paragrafo V.10). E infatti, per poter contribuire a dare risposte alle tre domande è necessario un atto di profonda umiltà intellettuale. Riconoscere cioè che la forza intellettuale del nostro cervello non basta; è necessario porre domande precise al Creatore. Sottoporre una teoria scientifica al vaglio della prova sperimentale significa arrendersi dinanzi alla maestà intellettuale del Creatore di tutte le cose, visibili e invisibili. Senza l’ausilio della verifica sperimentale noi scienziati non sapremmo trovare la strada giusta per capire la Logica del Creato. Il fatto straordinario della Scienza galileiana è quello di avere portato tutti noi a porre sotto il rigore della verifica sperimentale riproducibile, non solo i fenomeni accessibili ai nostri sensi in modo diretto o tramite speciali strumenti di osservazione, ma anche quelli totalmente inaccessibili. Anzi, l’impulso maggiore al progresso della Scienza e quindi alle risposte da dare alle tre domande è venuto, viene e verrà, dallo studio dei fenomeni totalmente invisibili (detti in linguaggio scientifico virtuali). C’è quindi una linea di demarcazione netta tra pensiero filosofico e pensiero scientifico. 11 L’uomo che ha tracciato con estrema chiarezza la linea di demarcazione tra pensiero filosofico e pensiero scientifico è Galileo Galilei. Non si pensi, come diceva Benedetto Croce («scienziati, vili meccanici»), che la Scienza sia priva di dignità culturale. Tutt’altro. Essa è sorgente inesauribile di profonde meditazioni. E di valori, come abbiamo visto nel paragrafo II.9. La Scienza ha dimostrato di essere la strada giusta per evitare all’uomo di imboccare pericolosi sentieri: il suo insegnamento dovrebbe essere esteso a tutti i rami

dell’umana attività. Si pensi a quanti drammi si sarebbero potuti evitare sapendo che non basta elaborare una teoria. Bisogna metterla subito alla prova. Coi fatti. Non con le parole. Se resiste al vaglio della prova sperimentale è bene procedere. Altrimenti bisogna cambiare strada. Supponiamo che qualcuno elabori un grande progetto per un nuovo tipo di aereo. Senza ali e senza motori. Esso dovrebbe volare in base a nuovi principî, elaborati teoricamente da quell’originalissimo inventore. Se ne può discutere per ore e giorni. Noi potremmo cercare di convincerlo che i suoi principî violano leggi ben note. Lui però risponderebbe che, proprio in quanto queste leggi sono note, non fanno parte della sua teoria, che è proprio basata su nuovi principî. Arriva un magnate e decide di finanziare quel progetto. Se quel nuovo tipo di aereo riuscisse a volare, è ovvio che dovremmo accettare quella teoria. Se però l’aereo non riuscisse a decollare, non c’è dubbio che con quella teoria il discorso sarebbe chiuso per sempre. Ed ecco la differenza di base tra discorso filosofico e discorso scientifico. La Filosofia prescinde dalla verifica sperimentale, la Scienza no. C’è però un’altra grande differenza tra speculazioni filosofiche e speculazioni scientifiche: questi due prodotti dell’umano intelletto. Essa sta nel fatto che la Filosofia ha preteso quasi sempre di avere la ricetta per risolvere tutti i mali del mondo. La Scienza non lo ha preteso mai. Sono stati gli altri a dirlo: gli scientisti, come vedremo nel paragrafo V.11. Non gli scienziati. Basta ricordare la posizione del padre della Scienza. Diceva Galilei: «Io desidero capire come oscilla un pendolo; come cade una pietra». A coloro che lo accusavano di avere scoperto una cosa blasfema - il principio di inerzia - rispondeva che mai era stata detta cosa più assurda. Il principio d’inerzia dice che, se una cosa si muove e nessuno la tocca, continuerà a muoversi, sempre. Per fermarla 11 ci vuole qualcosa. E’ la grande scoperta dell’attrito. Avvenuta dopo duemila anni di tentativi falliti. Aristotele c’era arrivato molto vicino. Anzi aveva addirittura enunciato il principio di inerzia: usandolo però al fine di concludere che il vuoto non può esistere nel mondo sublunare. Galilei doveva fare i conti con coloro i quali identificavano il movimento con la vita. Moto significa vita, dicevano gli esponenti della cultura dominante di quei tempi. Se un oggetto materiale, come una pietra, può muoversi senza fermarsi mai, ciò vuol dire che un corpo materiale qualsiasi, privo d’anima, può essere dotato di vita eterna. E questo è blasfemo. Nessuno si sognava di chiedere a quei dotti di provare con i fatti come mai si potesse pensare che moto e vita fossero cose equivalenti. Quelle erano infatti teorie filosofiche, al di sopra quindi delle volgari verifiche sperimentali. Oggi sembra incredibile che argomenti del genere abbiano potuto essere posti allo stesso livello, anzi al di sopra, del primo grande esempio di universalità in Scienza: l’universalità del moto. Di questa il principio di inerzia non è che una conseguenza. Anche se la più importante. Queste grandi novità non capitano tutti i giorni ma di rado. Mediamente, una volta ogni cento anni. Dopo l’universalità del moto sono venute: l’universalità dell’attrazione gravitazionale nel millesettecento, quella dell’elettromagnetismo nel milleottocento e adesso, nel millenovecento, l’ultimo pezzo, che unisce le Forze Elettromagnetiche a quelle Deboli. Si tratta di avventure intellettuali in cui sono impegnati i più eccezionali cervelli del mondo. In quattro secoli ne abbiamo avute quattro. Non deve essere poi così banale, se ci debbono volere ben cento anni per arrivarci. Si tratta di conquiste scientifiche di stampo galileiano. Quindi riproducibili, non frutto di speculazioni astratte, avulse da qualunque legame con la realtà. Si pensi a quel discorso citato prima, in cui si pretendeva di legare il moto alla vita. Con innumerevoli pagine scritte, come se si trattasse della più grande scoperta di tutti i tempi. Sono passati quattro secoli. Poco è cambiato. Quante tonnellate di inchiostro vengono dedicate a speculazioni astratte? Se si trattasse di poesie, nulla di male. C’è in gioco ben altro. La pretesa, cioè, che qualcuno riscopra, a cicli alterni, la ricetta giusta per risolvere i mali del mondo. Su quella ricetta si innesta un processo che può creare danni immensi. Si pensi alla teoria del marxismo scientifico. Che di galileiano

non ha assolutamente nulla. 11 Salvo le definizioni. Mai le prove. E infatti quella teoria prevedeva che il capitalismo sarebbe scomparso ignominiosamente. Che la società comunista sarebbe stata edificata come sicuro baluardo per la massima salvaguardia della dignità umana. Di uomini quali esseri fatti di materia e solo per questo degni del massimo rispetto. In verità il sistema capitalistico (non quello selvaggio) ha portato al rispetto dell’operaio. La realtà del sistema marxista lo ha schiavizzato. Per quanto riguarda le guerre si è visto che società marxiste si sono combattute tra di loro e che quindi la guerra non è imputabile soltanto al mondo capitalista. Applicare il metodo galileiano significa concludere che quella teoria va abbandonata. Se cinquant’anni fa una Filosofia poteva distruggere milioni di vite, oggi siamo ai miliardi. E’ tempo di sottoporre al vaglio della prova sperimentale tutte le speculazioni teoriche astratte. Una delle più recenti è stata quella di Herbert Marcuse, il cui Uomo a una dimensione divenne la bandiera della contestazione studentesca. Marcuse non sapeva che noi lavoravamo già sulle dimensioni frazionarie, e pensava che ridurre l’uomo a una sola dimensione fosse il minimo possibile. La sua Filosofia ha prodotto nella nostra società danni di gran lunga superiori a quanto si possa immaginare. Se Marcuse fosse stato a livello di un grande filosofo, chissà quali catastrofi avrebbe potuto causare. E’ tempo che l’uomo moderno prenda in mano la sua esistenza riflettendo su colui che passerà alla storia come il più grande pensatore di tutti i tempi. Pensatore di cose vere: Galileo Galilei. Volendo capire la Scienza Moderna e le sue conquiste, è molto più semplice - e corretto restare nell’ambito scientifico lasciando perdere la Filosofia. Non perché la Filosofia non sia un’attività intellettuale pregevole e affascinante. Tante filosofie hanno radici in migliaia e migliaia di anni di attività intellettuale: dalla scoperta del Linguaggio a oggi. Purtroppo ce ne sono state molte che hanno prodotto disastri. La Scienza, invece, è stata scoperta appena quattro secoli fa ed è bene distinguerla nettamente dalla Filosofia. Essa infatti è l’unica attività umana, nell’Immanente, che attinge la sua verità in modo intellettualmente umile. La Scienza non fa altro che interrogare la Natura. Nessuno scienziato ha mai preteso di dire: «Questa cosa è vera, perché l’ho detta io». Lo scienziato si limita a interrogare la Natura e a riportare fedelmente le risposte. Ecco perché di Scienza non ce ne può essere che una sola. Così come di Natura ce n’è una e solo una. 11 Ed ecco perché ci sono tante filosofie. Ogni filosofo, infatti, è convinto di essere il detentore della verità. Anche se, spesso, questa verità si riduce alla sua negazione. Il poeta interpreta i messaggi della Natura. Egli può far poesia sia osservando la Natura e le sue meraviglie sia sognando. Il poeta non si pone il problema della realtà dei suoi sogni. E ci sono infatti tanti modi poetici per approdare a orizzonti fantastici e irreali. La caratteristica straordinaria della Scienza sta nel suo ancoraggio totale alla realtà. Le Leggi Fondamentali della Natura non sono state inventate dagli scienziati tramite speculazioni teoriche astratte. La Scienza non ha teorie belle e teorie brutte. Ma - come abbiamo detto più volte - soltanto teorie vere e teorie false. La scelta non la fa lo scienziato, sognando o elaborando argomenti astrusi. Ma soltanto interrogando la Natura. Ed ecco il risultato più incredibile: la Natura ha leggi ferree e indistruttibili. Valide in ogni angolo dell’Universo, sempre. Non solo qui in Italia. Ma nel più remoto angolo della nostra galassia, nella più lontana di tutte le galassie. Non solo oggi, ma da quando è nato il mondo. La Natura non è un Libro scritto a caso, ma una costruzione meravigliosa. Chi avrebbe mai potuto immaginare che in un corpuscolo tanto piccolo quant’è un protone ci fossero scritte tutte le leggi dell’Universo? E chi avrebbe potuto mai dire che le particelle di cui è fatta una goccia d’acqua, un granello di polvere, fossero sorgenti inesauribili di

fenomeni nuovi, di leggi rigorosissime, che mai mente umana era riuscita lontanamente a immaginare? Queste frontiere superano o no le conquiste della Filosofia? Vanno o no al di là della più affascinante Poesia? Con il vantaggio di essere arroccate al concetto più realistico di verità in quanto tutto nasce dallo studio dei fenomeni naturali. Una cosa va soprattutto sottolineata. La Scienza è l’unico strumento che l’uomo possiede per dimostrare, con i fatti, che la Natura è un libro scritto seguendo un preciso disegno. E’ un traguardo cui né la Poesia né la Filosofia avrebbero mai saputo, né potuto, arrivare. Il motivo è semplice. Sia il pensiero poetico sia quello filosofico sono componenti della nostra attività intellettuale e fanno parte del Linguaggio. La Scienza è invece, tra tutte le possibili logiche rigorose, quella che ha scelto il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. 12 Senza lo studio di questa logica non è possibile venirne a capo. I poeti e i filosofi non studiano questa logica. Essi esercitano la loro attività intellettuale restando nell’ambito del Linguaggio. V.10 Scienza e Sapere non scientifico La Scienza galileiana nasce da un atto di umiltà intellettuale: riconoscere che il Creatore della Logica Fondamentale, su cui si regge la realtà immanentistica, è più intelligente di tutti i pensatori, di tutte le epoche e di qualsiasi civiltà messi insieme, inclusi poeti, artisti, logici matematici, i più grandi filosofi e gli stessi scienziati. Come abbiamo detto, fare un esperimento di stampo galileiano è un atto di umiltà intellettuale necessario per decifrare la Logica del Creatore. Questo atto di umiltà corrisponde ad arrendersi dinanzi alla Maestà intellettuale di Colui che ha fatto il mondo. Prima di entrare nella costruzione della verità scientifica, un esperimento di stampo galileiano deve essere riproducibile. E’ così che uno scienziato riesce a comprendere quale strada scegliere per proseguire. Lo Spazio-Tempo avrebbe potuto essere con un numero infinito di dimensioni. L’infinito infatti non porta ad alcuna contraddizione logica: ci sono voluti cent’anni per dimostrarlo (da Georg Cantor a David Hilbert, Kurt Gödel, Paul Cohen). (6) Però lo Spazio-Tempo, anzi il Supermondo, ha un numero finito (forse quarantatré) di dimensioni. Tra le tante scelte rigorosamente logiche, Chi ha fatto il mondo ne ha scelto una e una sola. Nessuno scienziato sa dire perché la scelta sia quella. Una cosa è sicura, per continuare a decifrare quella logica è necessario fare esperimenti di stampo galileiano. Ripetere cioè quell’atto di umiltà intellettuale. Sulla Scienza si è detto tutto e il contrario di tutto. Passeremo in sintetica rassegna i casi più significativi. Secondo David Hume (1711-1776) l’esperienza non può costituire il fondamento della Scienza. Ciò è errato. Basti un esempio: come l’uomo ha scoperto la prima particella elementare. Il che vuol dire qualcosa di straordinariamente semplice: una particella fatta di nient’altro che di se stessa. Questa formidabile scoperta è di natura puramente sperimentale. 12 Nessun uomo, nei diecimila anni intercorsi dall’alba della civiltà alla fine del secolo scorso, aveva saputo identificare, nella realtà materiale, un esempio di particella, come l’elettrone, fatta di nient’altro che di se stessa. Secondo Immanuel Kant (1724-1804) lo scienziato non si pone nella posizione di un alunno nei confronti della Natura ma in quella di un insegnante che impone alla Natura le leggi del pensiero umano. Così non è. Vediamolo con un esempio. Kant fu il filosofo della fisica newtoniana e della geometria euclidea. Oggi sappiamo che la Fisica va oltre Newton e che sono state scoperte le geometrie non euclidee. Kant avrebbe voluto lo Spazio e il Tempo assoluti e ciascuno a sé stante. Entrambi reali. Le leggi del pensiero umano

trovarono in Kant uno dei massimi artefici. Ma se il Creatore avesse seguito le leggi del pensiero elaborate da Kant, ci troveremmo in un mondo in cui non potrebbe esistere la luce. E noi non potremmo essere qui a discuterne. La luce esiste in quanto lo Spazio e il Tempo non sono assoluti, né entrambi reali e strettamente legati. Secondo Karl Raimund Popper (1902-1984) è compito dello scienziato non cercare conferme alle proprie teorie, bensì falsificazioni, smentite. E invece i grandi progressi della Scienza non vengono né dalla ricerca delle conferme né dalla ricerca delle smentite, bensì dal totalmente inatteso. La radioattività degli elementi chimici non faceva parte né di conferme né di smentite a tutto ciò che, l’uomo era riuscito a capire fino a quel punto. La scoperta della radioattività avvenne in modo totalmente inatteso. Quando nel 1947 vennero scoperte le prime particelle strane, nessuno le cercava, né per smentire né per confermare tutto ciò che si sapeva. Giunsero totalmente inattese. E’ ancora così che sono state scoperte tutte le straordinarie verità scientifiche di stampo galileiano, che ci hanno portato alla grande sintesi delle Tre Colonne e delle Tre Forze, cui fa capo l’immensa varietà dell’Universo nel quale viviamo. Ed è sempre scoprendo fenomeni al di fuori di ogni ricerca di conferme e di smentite che questa grande sintesi ci ha portato a ipotizzare l’esistenza del Supermondo. Su basi filosofiche confuse nasce, con Karl Marx (1818-1883), una scuola di pensiero che investe la politica, l’economia, la storia e anche la Scienza. Alla base di questa scuola c’è il ruolo centrale attribuito alla materia, considerata il principio primo da cui deriva tutta la realtà, incluse le idee e lo stesso spiritualismo che noi sentiamo, nel profondo della nostra essenza (paragrafo VII.3 e punto 7 della Nota su concetti ricorrenti, pag’ 225). 12 Vengono così fuori il materialismo storico e quello scientifico, anche se la Scienza ai tempi di Karl Marx non aveva la minima idea di cosa fosse la materia. (7) Il materialismo storico si riferisce alla vita materiale che condiziona fortemente - secondo Karl Marx e Friedrich Engels - il processo sociale, politico e spirituale della nostra esistenza. Il materialismo scientifico, pur non avendo un vero autore di riferimento, prolifera ed entra nella cultura del nostro tempo come grande conquista della Scienza Moderna anche se la vera grande Scienza scopre una netta distinzione tra massa e materia, riducendo queste strutture concettuali a entità totalmente evanescenti quali sono lo Spazio e il Tempo. Ed eccoci al cuore del problema che riguarda un aspetto generale su cui insiste la cultura dominante: il chiedersi se sarà mai possibile distinguere il sapere non scientifico da quello scientifico. Il sapere non scientifico va dalla Poesia all’Arte, alla Filosofia e a tutta l’attività intellettuale che non si preoccupa di decifrare la Logica seguita da Colui che ha fatto il mondo. Eppure, tra le innumerevoli forme di materia vivente, noi siamo l’unica cui è stato dato lo straordinario privilegio di sapere decifrare questa Logica. Il sapere scientifico si occupa a tempo pieno di studiare - in modo galileianamente riproducibile - la Logica scelta da Colui che ha fatto il mondo. Il cardine per distinguere questa attività da tutte le altre sta nell’umiltà intellettuale senza la quale il sapere scientifico non sarebbe mai nato né cresciuto. Questa umiltà intellettuale, che è indispensabile per il sapere scientifico, non sempre è presente, anzi spesso non lo è affatto, nelle attività intellettuali che contribuiscono a far crescere il sapere non scientifico. Ecco perché di Scienza ce n’è una sola mentre di Arte, Letteratura, Filosofia e di 12 altre attività intellettuali ce ne sono tante e spesso in contraddizione le une con le altre. NOTE: (6) Il lettore che volesse saperne di più può leggere il mio libro L’Infinito (1° edizione Rizzoli, 1988), ora Pratiche Editrice (1998). (7) Adesso sappiamo che la materia è fatta di massa e cariche subnucleari (di cui la carica elettrica è un esempio). Sappiamo anche che la massa è concentrato di spaziotempo. Ancora non abbiamo capito il vero significato di carica. Forse le cariche

subnucleari sono riconducibili alle dimensioni non espanse dello spazio, anzi del superspazio, le cui dimensioni non sono quattro ma, forse, quarantatré. Io non posso concentrare un pezzo di spazio, né un pezzo di tempo. Solo una Legge Fondamentale della Natura può farlo. Qualunque pezzo di materia corrisponde a un pezzo di spaziotempo concentrato. La sorgente fondamentale della materia è fatta di quantità evanescenti come sono le quarantatré dimensioni del Superspazio, strutture apparentemente fuori dalle proprietà della materia. Il materialismo detto scientifico non avrebbe mai immaginato che la materia potesse essere di natura così straordinariamente evanescente come sono le strutture e le proprietà del Superspazio. V.11 Scienza e Scientismo: le cinque grandi illusioni più l’ultima Una grande confusione esiste, nella cultura del nostro tempo, tra Scienza e Scientismo, come se fossero la stessa cosa. Lo Scientismo è la negazione della Scienza. E infatti, se lo Scientismo fosse stata una verità scientifica, l’inarrestabile conquista dell’ignoto si sarebbe già fermata cinque volte da Galilei al 1947. Lo Scientismo e la pretesa che la Scienza abbia per ben cinque volte (ecco la prima contraddizione) capito tutto quello che c’era da capire e che anche oggi capisca tutto quello che c’è da capire. Abbiamo già visto che sul Supermondo - l’ultima frontiera - la Scienza non può dire nulla fino a quando non ne sarà sperimentalmente provata l’esistenza. La migliore risposta alla pretesa dello Scientismo sta nella storia della Scienza che parla in modo lampante. Per ben cinque volte dinanzi a una scoperta senza precedenti sembrava che ci fosse poco da scoprire ancora. Attenzione: sembrava a chi? Allo scopritore mai! A coloro che parlavano di quella scoperta, sì. Ed è sempre stata questa la miccia che ha fatto scattare la molla dello Scientismo: quella pretesa assurda che mai ha sfiorato alcun grande scienziato. Dicevamo, per ben cinque volte. E infatti sono state cinque le grandi illusioni dello Scientismo. Che si trattasse di illusioni sono state le scoperte successive a dimostrarlo. Vediamo come sono andate le cose. Galilei scopre che il moto rotatorio e quello rettilineo non sono due proprietà diverse. L’una (il moto rotatorio) legata ai corpi celesti e l’altra (il moto rettilineo) ai corpi del mondo sublunare. L’unificazione di tutti i moti quali esempi diversi della stessa entità fisica - il moto - sembrò a molti il traguardo finale oltre il quale c’era poco da scoprire. Ecco la prima grande illusione. Galilei, che di quella formidabile scoperta era l’autore, fino all’ultimo giorno della sua esistenza non ebbe dubbi che quella scoperta fosse l’inizio di una grande avventura intellettuale. Avventura iniziata per atto di Fede nel Creatore. Avventura che avrebbe portato a scoprire la Logica del Creato: dalle pietre alle stelle. 12 La seconda grande illusione è occorsa con Isaac Newton quando, usando il valore dell’accelerazione di gravità misurato da Galilei, il nuovo gigante della Scienza galileiana dimostrò che la Luna cade come una qualsiasi pietra. E riuscì a formulare la legge di attrazione gravitazionale tra tutti i corpi materiali. Fu un altro passo verso l’universalità dei fenomeni galileianamente riproducibili e rigorosamente osservabili. Un passo enorme che indusse molti a pensare che la Scienza fosse arrivata al traguardo. Molti chi? Gli scientisti, non l’autore di quella grande scoperta. Newton, pur avendo inventato il calcolo infinitesimale e pur avendo dimostrato che l’energia cinetica di un corpo materiale è la metà di quello che darebbe un calcolo che ignorasse la nuova formulazione matematica dei movimenti dei corpi materiali, attribuiva al potere divino la forza per evitare il collasso gravitazionale delle Stelle, cui portava la sua equazione.

La terza illusione arriva con James Clerk Maxwell, il fisico scozzese che riuscì a mettere insieme colori e sapori, vista, tatto e olfatto, udito, elettricità, magnetismo e ottica. Le equazioni di Maxwell dicono infatti che alla base di questa enorme varietà di fenomeni, apparentemente tanto diversi, c’è una e una sola quantità fisica: la carica elettrica. Ancora una volta lo Scientismo si scatena: la Scienza ha capito tutto. Però né Maxwell né la schiera di fisici che, nel corso di due secoli, avevano lavorato alla costruzione di questa spettacolare sintesi hanno mai detto che la Scienza aveva capito tutto. Si arriva così alla quarta grande illusione quando Max Planck e Albert Einstein scoprono due proprietà totalmente inattese nella struttura del Creato. Planck scopre che la realtà fisica è quantizzata, non continua. Infatti, la più piccola quantità di azione non può essere piccola a piacere ma eguale a quella che è oggi nota come la Costante di Planck. Einstein riesce a capire il significato concettuale delle trasformazioni di Hendrik Lorentz. Insomma le conseguenze del fatto che la velocità della luce è grande, grandissima (un miliardo di chilometri l’ora) non però infinita. Nasce da questa costante universale (la velocità della luce) il bisogno di dovere considerare le due colonne portanti della nostra esistenza (lo spazio e il tempo) né assoluti né indipendenti. E legati tra di loro in modo tale che non possono entrambi essere quantità reali. Lo abbiamo già detto nel paragrafo V.10. La scoperta di Planck e quella di Einstein sono le basi della moderna descrizione matematica di tutti i fenomeni 12 fisici. Detta in termini specialistici, essa deve essere quantistica e relativistica. Dinanzi a questa straordinaria novità lo Scientismo si scatena ancora una volta. Non Planck né Einstein. E passiamo alla quinta grande illusione. Questa è occorsa nel 1947 quando con tre trottoline (protone, neutrone ed elettrone) e con quattro colle (gravitazionale, elettromagnetica, nucleare e debole) sembrava si potessero descrivere tutti i fenomeni fisici che vanno dal nucleo degli atomi ai confini del Cosmo. E qui, ancora una volta, si riscatena lo Scientismo. Non i veri autori di questa grande nuova sintesi. Che si trattasse di una illusione (la quinta) lo dimostra che mancava all’appello un nuovo mondo: l’Universo Subnucleare. E’ lo studio di questo universo che ci ha portato alla soglia del Supermondo. Si arriva così all’ultima grande illusione. Ancora una volta, che lo Scientismo abbia torto ce lo dimostra il fatto che sul Supermondo la Scienza non può dir nulla fino a quando non ne sarà galileianamente provata l’esistenza. Questa breve rassegna è la migliore prova che io sappia produrre per dimostrare che lo Scientismo è la negazione della Scienza. E infatti, se lo Scientismo avesse avuto ragione nel 1947, non sarebbe stata scoperta la Fisica Subnucleare e lo stesso vale per le altre quattro precedenti grandi illusioni. Dinanzi al Supermondo l’illusione è ancora più grande delle cinque precedenti. Nelle cinque precedenti occasioni lo Scientismo diceva che la Scienza aveva capito tutto quello che era stato scoperto. Adesso, col Supermondo lo Scientismo potrebbe dire che la Scienza ha capito tutto quello che c’è ancora da scoprire nei prossimi secoli per arrivare al traguardo della grande unificazione. Questo traguardo chissà mai quando la Scienza galileiana saprà tagliarlo. Una cosa è certa: Chi ha fatto il mondo può avere e può non avere seguito la strada del Supermondo. La risposta non ce la darà lo Scientismo ma l’umiltà intellettuale che consiste nel continuare a bussare alla porta di Colui che ha fatto il mondo: la prova galileiana. Fin qui abbiamo parlato di Scienza. Dove lo Scientismo diventa particolarmente pericoloso e quando si occupa di tecnologia moderna. Per lo Scientismo ciò che è tecnicamente fattibile diventa per ciò stesso anche moralmente ammissibile. A questa grave conclusione lo Scientismo arriva in quanto confonde la Tecnica con la Scienza. Abbiamo visto più volte che Scienza e Tecnica sono ben distinte e ne parleremo nel prossimo paragrafo. Tutto ciò che è tecnicamente 12 fattibile non ha nulla a che fare con la Scienza. L’uso della Scienza può infatti essere nel bene e nel male.

La Tecnica nasce dall’uso delle scoperte scientifiche. Questo uso può produrre utensili di pace ma anche ordigni di guerra. Come abbiamo già detto, l’età del ferro ha prodotto il bisturi (tecnica buona) e il pugnale (tecnica cattiva). La scelta tra bisturi e pugnale non può essere di natura scientifica in quanto l’età del ferro precede la nascita di Galilei di diversi millenni. La scelta tra bisturi e pugnale è culturale. Se imperversa la cultura dell’odio, l’uomo fabbricherà ordigni di guerra; se trionfa la cultura dell’amore, l’uomo produrrà utensili di pace che lo aiutano a vivere meglio. Ciò che scopre la Scienza non potrà mai essere in contrasto con la morale. Non ciò che fabbrica la tecnologia moderna. E’ di straordinaria importanza distinguere la Scienza dall’uso della Scienza (Tecnica). E’ quello che discuteremo nel prossimo paragrafo. V.12 Scienza e Tecnica Quando in Scienza noi scopriamo qualcosa, questo corrisponde ad aprire orizzonti nuovi alle nostre conoscenze. Orizzonti che possono avere due sbocchi applicativi. Uno verso il bene. L’altro verso il male. La tecnologia ha bisogno di principî etici. Scoprire una Legge Fondamentale della Natura vuol dire essere riusciti a decifrare una frase scritta dal Creatore del mondo nel libro che è dinanzi agli occhi di tutti: il Creato. La vera grande Scienza non può avere problemi di natura etica in quanto essa nasce dalla volontà creativa di Colui che ha fatto il mondo. Le applicazioni tecnologiche che scaturiscono dall’essere riusciti a decifrare quella frase sono tutt’altra cosa. Purtroppo, da Galilei a oggi, nello studio delle applicazioni tecnologiche ha avuto il sopravvento la parte relativa agli strumenti di guerra. Quella mirata alla realizzazione degli utensili di pace è sempre stata la Cenerentola. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, grazie al paradosso storico cui siamo arrivati. Oggi l’uomo saprebbe distruggere tutti i centri propulsori di vita nel mondo, in poche ore appena, ma non ha fatto nulla per difendere da pericoli naturali questa navicella spaziale nella quale è nato e vive. 12 Anzi c’è di più. Ai pericoli naturali (terremoti, eruzioni vulcaniche, asteroidi e comete) l’uomo ha aggiunto quelli da lui stesso prodotti: le cinquantatré Emergenze Planetarie. (8) Abbiamo imbottito il pianeta di bombe chimiche e nucleari e là, dove sarebbe dovuta fiorire un’industrializzazione sana ed ecologicamente rispettosa delle leggi naturali, abbiamo preferito l’industrializzazione selvaggia. Se le applicazioni tecnologiche delle grandi scoperte scientifiche fossero state studiate a fini di pace e di progresso, nel nostro pianeta adesso non ci sarebbero né Emergenze Planetarie né le decine di migliaia di testate nucleari da smantellare. La novità in questa visione d’insieme, che caratterizza lo stato in cui si trova la nostra navicella spaziale, sta nel senso nuovo di responsabilità nato nel cuore della comunità scientifica internazionale grazie al Manifesto di Erice (1982). Noi scienziati non dobbiamo più permettere che le applicazioni tecnologiche di ciò che noi stessi scopriamo siano fatte senza il nostro controllo. Non è impresa da poco. Non è mai stato così. E le difficoltà da superare sono enormi. Però il fulcro della nostra etica sta proprio in questa nuova sfida. Può sembrare paradossale. Da un lato noi diciamo che la vera grande Scienza non può essere sottoposta a controlli etico-morali di alcun tipo, essendo «Scienza e Fede, entrambe doni di Dio» (Giovanni Paolo II). E’ solo un lato della medaglia. Quello delle applicazioni tecnologiche è l’altro lato. Mai più esse dovranno essere finalizzate a scopi di morte. Per quattrocento anni la Scienza lo ha ignorato. Non può essere più così. Senza le nostre conquiste scientifiche non potrebbe esserci alcuna tecnologia: né di pace né di guerra. Noi dobbiamo evitare che sfugga al controllo della Scienza l’enorme, vastissimo, settore delle applicazioni tecnologiche. Queste, se studiate per il bene di tutti, in difesa della vita e della dignità umana, rappresentano il legame diretto con l’opera del Creatore. E’ come continuare, estendere nel tempo la Sua opera. E questo possiamo farlo solo

grazie a una Grande Alleanza tra Scienza e Fede. La tecnologia a tutti nota (elettrodomestici, satelliti, computer) 12 è poca cosa rispetto a quanto si sarebbe potuto fare se alle applicazioni pacifiche delle grandi scoperte scientifiche fosse stata data la priorità dovuta. Un esempio: quello degli organi artificiali. La medicina moderna ha aperto una nuova frontiera quando ha saputo passare alla fase della sostituzione di un organo malato. Si potrebbero salvare milioni di persone togliendo l’organo malato e sostituendolo con uno perfettamente funzionante. La via giusta è quella degli organi artificiali. Si è fatto poco per portare nel campo della medicina le conquiste della Scienza. La sostituzione degli organi malati con altri organi sani ma naturali ha fatto nascere un ignobile mercato nero che imperversa nelle zone più derelitte del pianeta dove vengono commessi delitti indescrivibili. Le metropoli del Terzo Mondo sono diventate zone di massimo rischio per l’infanzia. Ecco perché tra le Emergenze studiate dagli scienziati di Erice c’è quella delle Metropoli: autentiche mine vaganti nel mare della convivenza civile tra popoli di cultura e tradizioni diverse. Spetta a noi scienziati il compito di mettere in atto le azioni relative al dettato etico della nostra Scienza. E’ senza precedenti che nel 1982 diecimila scienziati si siano riconosciuti nello stesso documento: il Manifesto di Erice. Nel corso di questi anni è crollato il muro di Berlino e quell’ottimismo utopistico cui si era ispirato il Manifesto di Erice - grazie all’incoraggiamento di Giovanni Paolo II - risulta corroborato dai fatti. Si deve operare affinché tutti sappiano distinguere tra Scienza e Tecnica. E affinché l’Etica della Scienza diventi realtà. Infatti se l’uomo oggi vive meglio che agli inizi del secolo - nonostante i due grandi criminali (Hitler e Stalin) - ciò è dovuto alle briciole del lauto pasto consumato dalle tecnologie di guerra. Briciole che la violenza politica ha lasciato cadere sul piatto destinato alle ricerche delle applicazioni tecnologiche a fini di pace. Se con gli spiccioli è stato possibile arrivare al progresso tecnologico dei nostri tempi, nonostante l’imperversare della violenza politica, chissà dove saremmo potuti arrivare se invece che con spiccioli si fosse trattata la Scienza con finanziamenti prioritari. La Grande Alleanza tra Scienza e Fede deve portare a questo traguardo.13 NOTE: (8) Il lettore interessato può leggere il mio libro Scienza ed Emergenze Planetarie, Rizzoli (1° edizione 1993, 3° edizione 1994), Supersaggi Bur Rizzoli (1° edizione 1996, 6° edizione 1998).

VI.

Dov’è il paradiso?

VI.1 Che cosa vuol dire esistere per la Scienza Esiste il Paradiso? E se esiste, dov’è? Gli spazi celesti sono stati conquistati dall’uomo. L’incredibilmente piccolo è oggetto di intensi studi che ne scrutano le recondite strutture. Io del protone ho studiato la struttura subnucleare scavando fino a centomila volte dentro, nel suo cuore. Queste ricerche mi hanno fatto riflettere sulla misura della potenza intellettuale che Iddio ha dato all’uomo. Esse non mi hanno mai indotto a pensare che si dovesse negare l’esistenza di Dio in

quanto esiste la struttura del protone. E in questa struttura non ci sono né Angeli né Santi. Ma allora dove mai potrà essere quell’angolo in cui sperare che ci sia posto per l’aldilà? Cerchiamo di capire cosa vuol dire esistere. Una precisazione vorremmo fare al lettore. Poteva esistere la realtà immanentistica con tutte le sue strutture e le sue forze fondamentali. Niente vita però. Poteva esistere il micro e macrocosmo con la vita. Niente coscienza però. Noi siamo testimoni delle tre esistenze nell’Immanente: cosmo, vita e coscienza. La parte più semplice da capire è la prima. Siamo lungi dall’essere arrivati al traguardo. Con la vita nessuno è in grado di tentare anche la più semplice delle descrizioni che si riferiscano a logiche rigorose. Siamo lungi dal sapere scrivere la più elementare forma di equazione per descrivere la vita. (1) Con la coscienza, peggio che mai. E siamo sempre nella sfera immanentistica della 13 nostra esistenza. In questa sfera la Ragione ha portato come risultati rigorosi la Logica Matematica e la Scienza. Per la Logica Matematica esistere vuol dire non contraddirsi (ne riparleremo al paragrafo VI.4). Per la Scienza esiste tutto ciò che è riproducibile. La forma più rigorosa di ricerca scientifica è la Fisica. Esistenza in Fisica vuol dire: spazio, tempo, massa, energia e cariche fondamentali. Se una cosa non è fatta né di spazio né di tempo né di massa né di energia né di cariche, essa non può esistere. Per la Fisica. Qualcuno potrebbe dire: però ci sono troppe cose in ballo. Troppe quantità in Fisica possono dare luogo all’esistenza. In verità non si tratta di quantità indipendenti. Ancora oggi - ed è stato sempre così - il sogno dei fisici è cercare di unificare tutto ciò che si conosce: quindi anche le quantità fondamentali su cui si regge l’Immanente. L’esempio più recente è quello di Einstein. Egli ha dimostrato, nel 1905, che massa ed energia sono equivalenti. E, come se non bastasse, entrambi sono riconducibili a una precisa proprietà dello Spazio-Tempo: la curvatura. Per esistere basta quindi avere Spazio-Tempo e curvarlo. Verrà automaticamente fuori la massa-energia. Come la mettiamo con le cariche fondamentali? Einstein dedicò gli ultimi trent’anni della sua attività scientifica per cercare di dedurre la carica elettrica da qualche proprietà dello Spazio-Tempo. Oggi di cariche fondamentali ne conosciamo tante. Quella elettrica non è l’unica, come poteva sembrare cinquant’anni fa. A questa straordinaria sintesi corrisponde però, come dicevamo prima, un’immensa serie di problemi ancora tutti da risolvere. Se così non fosse, potremmo dire di aver capito tutto su come è fatto il mondo in cui viviamo. Insomma, la nostra esistenza scientifica sarebbe priva di punti interrogativi. Siamo lungi da questo traguardo. E infatti, una caratteristica affascinante della ricerca scientifica è quella di ampliare l’orizzonte di ciò che si vorrebbe capire, ogni qualvolta si risolve un problema o si scopre un fenomeno nuovo. E’ come scalare una montagna: più si va in alto, più vasto diventa l’orizzonte osservabile. Nel secolo scorso l’unificazione di tutti i fenomeni elettrici, magnetici e ottici fece pensare a molti scienziati che forse si era molto 13 vicini all’aver capito tutto. Mancava all’appello la Fisica Nucleare, la Fisica delle Forze Deboli e la sorgente delle Forze Nucleari, a noi nota oggi come fisica dei quark e dei gluoni. Nel 1947 Enrico Fermi e alcuni tra i massimi scienziati di questo secolo pensarono, ancora una volta, che probabilmente si era giunti a due passi dalla vetta. Senza pretendere che ci si fosse effettivamente arrivati, come ha fatto lo Scientismo (paragrafo V.11). La scalata è proseguita, e questi ultimi cinquant’anni ci hanno permesso di scoprire l’orizzonte della Fisica Subnucleare con tutte le sue straordinarie conquiste concettuali, che trovano nel superspazio quello che, alla stragrande maggioranza di noi scienziati,

appare come l’ultimo traguardo della Scienza: la tanto desiderata vetta. Quanto esposto rappresenta l’insieme dell’esistenza scientifica che va dalle strutture subnucleari a quelle galattiche. Senza che mai nessuno scienziato si sia sognato di dire di aver visto, nello spazio-tempo-massa-energia-cariche studiati, Angeli e Santi. NOTE: (1) Ecco perché non è giusto togliere la vita a chi commette reati, per il semplice motivo che, in caso di errore, non è possibile restituirgliela. VI.2 I limiti della Scienza Una cosa è sicura. Nessuno scienziato è in grado di dire come andrà a finire. Solo Colui che ha fatto il mondo lo sa. Questa breve rassegna serve per illustrare quanto grande sia il divario tra la visione del mondo come appare oggi alla Scienza moderna e come era appena cinquant’anni fa. Eppure si tratta del modo più rigoroso che l’uomo conosca per capire l’Immanente. Tutto ciò che scopre la Scienza ha limiti ben precisi. Quelli dettati dalla precisione con la quale riusciamo a eseguire le nostre misure. Nessuno scienziato sa quanto vale esattamente la carica dell’elettrone o la Costante di Planck o la velocità della luce o le altre quantità fondamentali della Natura, come sono ad esempio le masse dei fermioni elementari, detti quark e leptoni. Queste cose le conosce Chi ha fatto il mondo. Della nostra esistenza immanentistica, studiata in modo rigoroso dalla Scienza, sappiamo molto. Moltissimo. Siamo però lungi dall’avere capito tutto. Un’immensa vastità di problemi sfugge totalmente alla nostra comprensione. Eppure si tratta di realtà che 13 riguardano la sfera immanentistica della nostra esistenza. Di gran lunga più semplice della sfera trascendentale. VI.3 Perché meravigliarsi? Perché meravigliarsi allora quando ci si accorge che tante cose sfuggono alla comprensione della nostra esistenza trascendentale? Anzitutto, la sfera trascendentale della nostra esistenza non può essere suscettibile dello stesso tipo di analisi di quella immanentistica. Esistenza trascendentale significa infatti qualche cosa che non può essere fatta di spazio né di tempo né di massa né di energia né di cariche. Quindi niente sintesi in termini di superspazio. Trascendente vuol dire ben altro. Esistere nel Trascendente non può essere come esistere nell’Immanente. La ricerca scientifica galileiana ci ha portato a scoprire che nella Natura - quindi nell’Immanente - c’è molta più fantasia di quanto l’uomo riesca a immaginare. Nessuno, ai tempi della grande sintesi elettromagnetica, avrebbe scommesso una sola lira sull’esistenza di altre cariche, oltre quella elettrica. La scoperta delle cariche subnucleari fa parte delle cose totalmente fuori da qualsiasi previsione. Lo stesso Einstein morì senza avere mai preso sul serio la Fisica Nucleare come Forza Fondamentale della Natura, convinto com’era che a tenere insieme i nuclei degli atomi fossero le Forze Gravitazionali. Questo equivale a dire che, per Einstein, la Fisica Nucleare non doveva esistere. Enrico Fermi aveva accolto con molta riserva le prime notizie sulla scoperta delle nuove particelle - dette appunto strane. Esse infatti turbavano il panorama, apparentemente completo, della struttura della materia. E infatti, con tre trottoline e quattro tipi di colla si poteva far tutto. Dal nucleo all’atomo, alle molecole, al Monte Bianco, alla Terra, al Sole, al Cosmo; lo abbiamo visto nel paragrafo III.3. Chi avrebbe mai immaginato che c’era ancora da scoprire quell’affascinante e sterminato mondo della

Fisica Subnucleare? E che due delle quattro colle si sarebbero mescolate in modo incredibile, grazie cioè all’esistenza di masse immaginarie? E’ la sfida perenne, all’intelletto umano, di Colui che ha fatto il mondo. E dove sono gli Angeli e i Santi?13 VI.4 Che cosa vuol dire esistere in Matematica Se una cosa, per esistere, avesse bisogno di estrinsecarsi nello spazio, nel tempo, nella massa e nelle cariche, allora la Matematica non esisterebbe. Immaginare un numero come centomila non vuol dire avere a disposizione centomila chilometri né centomila chili di grano. Pensare all’infinito non ha bisogno di alcuna massa. Sono atti legittimi del pensiero, che ci permettono di scoprire il fascino del rigore logico assoluto nell’Immanente: la Matematica. Ed ecco una caratteristica formidabile del pensiero matematico. Esistenza, in Matematica, vuol dire non contraddizione. Noi possiamo inventare tutto ciò che vogliamo, in Matematica. A patto che queste invenzioni non portino a contraddizioni. Una costruzione di Logica Matematica che non porti ad alcuna contraddizione la si definisce coerente. Può anche accadere che il rigore logico assoluto porti a conclusioni dinanzi alle quali non è possibile decidere, come ha scoperto il grande Gödel. Ciò nulla toglie al fascino del pensiero matematico e delle sue frontiere. Un grande matematico amava dire: «Quella Matematica che l’intelletto umano riesce a fare esistere, grazie al rigore logico che si autoimpone, è identica a ciò che sa il Creatore». L’uomo però non conosce tutta la Matematica. Un esempio affascinante è il Teorema di Fermat che ha resistito trecentocinquant’anni. Eppure Chi ha fatto il mondo conosceva quella risposta. Un altro capitolo meraviglioso del pensiero matematico è lo studio dell’infinito, sulle cui frontiere si sono bloccati intelletti tra i più grandi nella storia di tutte le civiltà: da Platone ad Aristotele, da Archimede a Galilei. Essi non sapevano quello che poi scoprì Georg Cantor. C’è però un esempio molto semplice. Se un uomo volesse sapere quanto fa la radice quadrata di due, dopo cento anni di calcoli, sarebbe arrivato alla miliardesima cifra decimale. Per sapere quanto fa con esattezza, dovrebbe continuare il calcolo senza mai fermarsi. Si tratta infatti di un numero irrazionale. Non è quindi possibile all’uomo conoscere il valore esatto di una cosa tanto semplice quanto la radice quadrata del numero due. Chi ha fatto il mondo lo sa, l’uomo no. Purtuttavia i numeri irrazionali esistono per la 13 Matematica in quanto non portano ad alcuna contraddizione logica. Esattamente come fanno anche i numeri irrazionali trascendenti e l’Infinito. Dove sono gli Angeli e i Santi? VI.5 Se Dio esiste dimostramelo «Se una cosa è vera deve essere possibile dimostrarlo. E’ l’atto di ragione più elementare che mi spinge a una tale conclusione», amava ripetere un grande ateo, convinto, in perfetta buona fede, di avere dalla sua parte la Ragione. Che le cose stiano in modo ben diverso lo si può illustrare con un esempio. C’è un teorema in Aritmetica che dice: un numero pari è sempre somma di due numeri primi: è il famoso Teorema di Christian Goldbach. (2) Ad esempio 8 è la somma dei due numeri primi 5 e 3; 12 è la somma di 5 e 7; 14 è la somma di 11 e 3; e così via. Nessun

matematico e mai riuscito a scoprire un numero pari che non fosse la somma di due numeri primi. Potremmo dire che il Teorema di Goldbach e valido in quanto nessuno è riuscito a violarne la validità. Esso sembra descrivere una precisa proprietà dei numeri pari. Eppure nessuno è ancora riuscito a dimostrarlo, partendo dagli assiomi dell’Aritmetica. Ed ecco la prima conclusione: una cosa vera in Aritmetica, non riusciamo a dedurla dagli assiomi su cui è costruita l’Aritmetica. Si potrebbe pensare: basta aumentare il numero di assiomi e sarà possibile dimostrare il Teorema di Goldbach. E qui interviene la grande scoperta di Gödel: comunque si aumenti il numero di assiomi dell’Aritmetica, ci saranno altre verità aritmetiche che sarà impossibile derivare dal nuovo insieme di assiomi, largamente ampliato. Ne riparleremo al paragrafo VI.6. Adesso attenzione: il modo più rigoroso di ragionare è quello di porre tutto sotto il controllo del rigore matematico. Usando questo rigore, si arriva alla grande scoperta: una verità matematica può esistere, ma non essere dimostrabile. Vediamolo un po’ meglio. Una costruzione rigorosa si definisce coerentemente logica se essa 13 non porta a due conclusioni contraddittorie: come dire, a un teorema e alla negazione dello stesso teorema. La grande scoperta di Gödel stabilisce che se l’Aritmetica è una costruzione coerentemente logica questa coerenza non è possibile dimostrarla nell’ambito della stessa logica aritmetica. Il grande matematico Gerhard Gentzen, nel 1936, è riuscito a dimostrare la coerenza logica dell’Aritmetica, andando al di là e al di fuori dell’ambito in cui l’Aritmetica è costruita. La dimostrazione di Gentzen e un modo esemplare per evitare tutte le distorsioni cui ha dato luogo la scoperta di Gödel. Il Teorema di Gödel non dice che è impossibile dimostrare la coerenza logica dell’Aritmetica. Esso stabilisce, senza via di scampo, che questa dimostrazione non può essere derivata dagli assiomi aritmetici, qualunque sia il loro numero. Il Teorema di Gödel però non dice che una dimostrazione di coerenza logica dell’Aritmetica non possa essere ottenuta uscendo dall’ambito della stessa logica aritmetica. E ciò conduce a una delle più importanti conquiste della ricerca matematica che ha permesso di capire i veri limiti dell’impresa di Bertrand Russell e Alfred North Whitehead. Questi due massimi esponenti del rigore logico matematico sembrava che avessero con la loro opera Principia Mathematica toccato il traguardo supremo nella forma più rigorosa del pensiero matematico. E invece no. Oggi le cose stanno, grazie a Gödel, in modo ben diverso. Nuovi orizzonti sono stati aperti in questo campo, tanto rigoroso che sembrava avesse già raggiunto il traguardo ultimo di ogni possibile umana fantasia. E invece, pur ragionando in modo rigorosamente logico, salta fuori qualcosa di incredibile. Incredibile fino al 1931, quando Kurt Gödel, all’età di venticinque anni, pubblicò il suo lavoro dal titolo über formal unentscheidbare Sätze der “Principia Mathematica” und verwandter Systeme (Sulle proposizioni formalmente indecidibili dei Principia Mathematica e dei sistemi affini): una pietra miliare nella storia del pensiero logico matematico. Con Gödel nasce, nell’ambito del rigore logico assoluto, l’impossibilità a poter decidere. Non è vero che una costruzione logica debba necessariamente portare a una conclusione o alla sua negazione. E’ altrettanto rigorosamente logico che venga fuori la conclusione: è impossibile decidere. «Se Dio esiste, dimostramelo con un discorso rigorosamente logico» amava dire un famoso ateo. «Se non ne sei capace io mi rifiuto di fare il credulone.» 13 Questo nostro fratello ateo si era fermato al 1931. Se avesse letto il Teorema di Gödel, avrebbe capito che, anche lavorando con assoluto rigore logico, e lavorando con entità che appartengono alla sfera dell’Immanente, come lo sono i numeri, sarà inevitabile imbattersi in un teorema

impossibile da dimostrare. Se il massimo rigore logico non basta per arrivare a dimostrare un teorema, come si può pretendere che il rigore logico - nell’Immanente possa mai portare alla dimostrazione del Teorema Supremo, e cioè l’esistenza di Dio? Chi pretendesse questo, farebbe bene a studiare tanta Matematica da essere in grado di andare oltre le frontiere di Gödel e dei suoi successori. Dire: «Sono ateo perché ho dal mio lato la Logica Matematica» corrisponde a una dichiarazione di arroganza intellettuale che ignora i problemi fondamentali del pensiero matematico moderno. Avrebbe titolo a dire: «Se Dio esiste dimostramelo con un discorso rigorosamente logico» colui che fosse già riuscito a risolvere i grandi problemi della Logica Matematica moderna. Tutti: quelli noti e quelli che indubbiamente verranno fuori con il progredire della ricerca matematica. Quest’uomo deve ancora nascere. NOTE: (2) Un numero intero si dice primo se non è divisibile per nessun altro numero eccetto che per se stesso e il numero uno. Sono numeri primi 1, 2, 3, 5, 7, 11, 13, 17 ecc’. VI.6 I limiti della Logica Matematica Abbiamo visto che la Logica Matematica - operante nella sfera della nostra esistenza immanentistica - non è completa. Chi pensa di essere nel vero quando dice: «Crederei in Dio se esistesse il Teorema di Dio e se qualcuno riuscisse a dimostrarlo», legga quanto segue. Un teorema è un’affermazione. Essa può essere vera o falsa. Esempio: fuori piove. Se piove, l’affermazione è vera. Se non piove è falsa. Sembrerebbe che non potesse esistere una terza possibilità. E’ questo il principio del terzo escluso. Adesso attenzione. Per dimostrare che un’affermazione è vera o falsa bisogna fare qualcosa. Nel caso dell’affermazione citata prima basta uscire e accertarsi se piove o no. (3) Quando però dai fatti 13 della vita quotidiana si passa ai ragionamenti puramente logici, il discorso non è semplice. (4) Epimenide inventò un’affermazione (teorema) sulla quale era impossibile decidere. Essa non era né vera né falsa. Vediamola: «Io sono cretese e posso assicurarvi che tutti i cretesi sono bugiardi». Arriviamo alla conclusione che questa affermazione deve essere falsa se facciamo l’ipotesi che sia vera. E se facciamo l’ipotesi che sia falsa arriviamo alla conclusione che deve essere vera. Kurt Gödel elaborò - dopo duemilacinquecento anni un modo di trapiantare l’affermazione (teorema) di Epimenide nel cuore della Matematica: nel formalismo dell’Aritmetica. La formulazione ultima dell’affermazione di Epimenide, dopo il trapianto, non fu: «Questo teorema dell’Aritmetica è falso», bensì: «Questo teorema dell’Aritmetica non ammette alcuna dimostrazione». Una dimostrazione è una serie di passaggi logici rigorosi che si svolgono entro un determinato sistema. Nel caso dell’opera di Gödel, il determinato sistema di ragionamento al quale la parola dimostrazione si riferisce è quello dei Principia Mathematica (1910-1913) di Russell e Whitehead. Dimostrare qualcosa è un atto tra i più difficili dell’umana intelligenza. Per rendersene conto è necessaria una breve sintesi del lavoro fatto per capire cosa deve veramente intendersi con questa parola: dimostrazione. E’ un’avventura intellettuale cui partecipano alcune tra le più grandi menti di tutta l’umanità. Cercheremo di riassumerne le tappe essenziali.

14 Dopo Epimenide, Aristotele codificò i sillogismi ed Euclide codificò la geometria. Bisogna aspettare il secolo scorso per arrivare alla scoperta di geometrie non euclidee. Intorno alla metà di quel secolo i logici inglesi George Boole e Augustus De Morgan andarono molto più in là di Aristotele. Essi riuscirono a codificare le forme del ragionamento rigorosamente deduttivo. Gottlob Frege e Giuseppe Peano lavorarono per abbinare il ragionamento formale allo studio degli insiemi e dei numeri. David Hilbert elaborò una formalizzazione della geometria più rigorosa di quella di Euclide. Tutti questi sforzi erano diretti a chiarire cosa si deve intendere per dimostrazione. Gödel lavorò per dare un contributo al lungo millenario sforzo dell’uomo per spiegare che cosa sia una dimostrazione. Una dimostrazione è un’argomentazione che si svolge entro un determinato sistema di proposizioni. Nel caso dell’opera di Gödel, il determinato sistema di ragionamenti aritmetici al quale la parola dimostrazione si riferisce è quello - come detto già - dei Principia Mathematica. Quindi Gödel ha dimostrato che esiste almeno un teorema, o enunciato, che non ammette alcuna dimostrazione nell’ambito del sistema dei Principia Mathematica. E ciò basta per distruggere quell’opera monumentale in tre volumi di Russell e Whitehead. La dimostrazione di Gödel riguarda qualsiasi sistema assiomatico che pretendesse di raggiungere gli obiettivi di Russell e Whitehead. Gödel mette in evidenza che la dimostrabilità è una nozione più debole della verità, indipendentemente dal sistema assiomatico considerato. Insomma dimostrare qualcosa è impresa veramente ardua. E qui chiudiamo la parentesi sul significato di dimostrazione. Ritorniamo alla grande sfida aperta dai Principia Mathematica. Fu David Hilbert a lanciarla affinché tutti i matematici si impegnassero a dimostrare che il sistema definito dai Principia Mathematica di Russell e Whitehead è coerente e completo. Come dire: cerchiamo almeno una costruzione logico-matematica che sia coerente e completa. Come abbiamo già detto, coerente vuol dire che non conduce a una conclusione e alla negazione della stessa conclusione. 14 Completa significa che qualsiasi enunciato (teorema) dell’Aritmetica può essere derivato dalla struttura predisposta nei Principia Mathematica. E questo vuol dire che lo si può dimostrare nell’ambito di quella costruzione logica che ha come verità gli assiomi, da cui si parte. L’obiettivo dei Principia Mathematica era di derivare l’intera Matematica dalla logica, avendo proceduto a una codificazione completa dei modi di ragionamento universalmente accettabili, o per lo meno di quelli usati in Matematica. Il Teorema di Gödel dimostra che gli obiettivi di partenza di Russell e Whitehead erano pura illusione. Adesso attenzione. Tutta la costruzione logica di Gödel è basata sull’Aritmetica. L’Aritmetica è la teoria dei numeri. E’ importante avere le idee chiare sulle proprietà dei numeri e sui teoremi che possono essere formulati. Consideriamo i numeri interi: 1, 2, 3, 4, ... Essi possono essere classificati in: - numeri pari: 4, 8, 10, ... - numeri primi: 3, 5, 7, ... Un numero non è un teorema. I numeri hanno determinare proprietà. Esempio: proprietà di un numero primo: esso è divisibile solo per se stesso. Nell’Aritmetica ci sono teoremi. Abbiamo già citato quello di Goldbach: un numero pari è somma di due numeri primi: 8=5+3

I teoremi dell’Aritmetica riguardano tutto ciò che si può fare con i numeri. Gödel ebbe l’intuizione che un teorema dell’Aritmetica poteva parlare di un teorema dell’Aritmetica, magari, addirittura di se stesso, purché fosse possibile rappresentare in qualche modo gli enunciati mediante numeri. Gödel inventa un codice numerico: un modo di codificare tutto. Nella codificazione di Gödel, detta anche numerazione di Gödel, si assegna un numero a ogni simbolo o successione di simboli. 14 Ogni enunciato dell’Aritmetica, quindi ogni teorema, in quanto è una successione di simboli, riceve un numero di Gödel: qualcosa di simile a un numero telefonico o a una targa automobilistica se ci riferiamo alle esigenze della vita quotidiana. Senza numeri telefonici non potremmo chiamare nessuno. Senza targhe automobilistiche nessuno saprebbe mai risalire a chi ha fatto un’infrazione. Tutto diventerebbe caotico, disordinato. Questo espediente della codificazione permette di interpretare i teoremi dell’Aritmetica a due diversi livelli: come teoremi dell’Aritmetica e come teoremi sui teoremi dell’Aritmetica. Dopo avere inventato lo schema di codificazione, Gödel dovette elaborare dettagliatamente un modo per trapiantare il paradosso di Epimenide nel formalismo aritmetico. Mentre l’enunciato di Epimenide crea un paradosso poiché non è né vero né falso, l’enunciato di Gödel è indimostrabile (all’interno dei Principia Mathematica) ma vero. Qual è la grande conclusione? Che il sistema dei Principia Mathematica è incompleto: vi sono teoremi veri dell’Aritmetica che i metodi di dimostrazione sono troppo deboli per dimostrare. La dimostrazione di Gödel riguarda non solo i Principia Mathematica, ma qualsiasi sistema assiomatico che pretendesse di raggiungere gli obiettivi che Russell e Whitehead si erano posti. Il Teorema di Gödel dimostra che nessun sistema assiomatico, per quanto complicato esso sia, può rappresentare la vastità e la complessità dei numeri interi: 1, 2, 3, 4, ... Quindi il semplicissimo sforzo intellettuale di contare (uno, due, tre, quattro, cinque e così via) contiene in sé il seme di una straordinaria complessità e di una immensa vastità. Gödel scoprì che è impossibile costruire un sistema assiomatico in grado di produrre e dimostrare tutte le verità dell’Aritmetica. Se esistesse questo sistema lo si chiamerebbe completo. Ma c’è di più. Dice Gödel: «Supponiamo che questo sistema assiomatico esista». Ebbene, se esso è in grado di dimostrare tutti i teoremi possibili dell’Aritmetica, esso, tra questi teoremi, ne avrà anche uno che risulterà essere la negazione di un teorema già dimostrato vero. Un tale sistema assiomatico sarebbe quindi completo ma contraddittorio. Esso porterebbe infatti a un teorema e alla negazione dello stesso teorema. 14 Insomma un sistema assiomatico può essere coerente, e cioè non portare ad alcuna contraddizione, a patto che esso sia incompleto. Il colmo dell’ironia in tutta questa faccenda consiste nel fatto che, con la dimostrazione del teorema dell’incompletezza di Gödel, il paradosso di Epimenide viene rimesso proprio nel cuore dei Principia Mathematica: quel bastione ritenuto inattaccabile da qualsiasi paradosso logico. Il paradosso del bugiardo inventato da Epimenide portava - come già detto - alla conclusione: se dice la verità vuol dire che è bugiardo, se dice una bugia vuol dire che non è un bugiardo. Il Teorema di Gödel porta alla conclusione: se dimostro che un sistema assiomatico può dimostrare qualunque teorema, allora scopro che quel sistema completo è contraddittorio. Se dimostro che esso è tale da non portarmi ad alcuna contraddizione, allora ci sarà un teorema che non risulterà mai possibile dimostrare, nonostante la complessità e il rigore della struttura logica costruita per sapere sempre rispondere a qualsiasi quesito.

L’uomo sa di non poter dimostrare tutti i teoremi possibili nella logica dell’Immanente. Ecco perché non ha senso dire: «Crederei in Dio se esistesse il Teorema di Dio e se qualcuno riuscisse a dimostrarlo». NOTE: (3) Quando ero ragazzo, in Sicilia, un vecchio pastore che amava riflettere su questi problemi mi disse che a lui il principio del Terzo Escluso non andava proprio giù per un motivo molto semplice. Può esistere la terza possibilità - pensava giustamente il vecchio pastore - e cioè che fuori pioviggini (in dialetto ericino si dice pizzichiddria) e non si può quindi concludere né che fuori piove né che fuori non piove. (4) Gli esponenti della cultura dominante non hanno ancora capito che il principio del Terzo Escluso non ha alcun fondamento nel rigore della Logica Matematica. Ecco un esempio. Un giorno la stampa italiana riportò il resoconto di un acceso dibattito politico nel quale un esponente molto in vista e autorevole invocava la validità del principio del Terzo Escluso per difendere la sua tesi. Concluse il suo discorso dicendo che la logica della vita politica, in una società moderna, doveva adeguarsi alle conquiste della Logica Matematica. Quell’esponente politico ignorava le scoperte di Gödel sulla validità del principio del Terzo Escluso e aveva riflettuto meno del pastore siciliano. VI.7 Esistere nel Trascendente Nell’Immanente è possibile capire, in termini rigorosi, cosa vuol dire esistenza, grazie alla Fisica. E abbiamo visto quanto siamo lungi dalla vetta assoluta della Scienza. Nel pensiero rigorosamente logico è possibile capire cosa vuol dire esistere: cioè non contraddirsi. E abbiamo visto le enormi limitazioni della Logica Matematica. Nel Trascendente, cosa mai vorrà dire esistere? Dove mai potremmo immaginare il Paradiso? Certamente né nello spazio né nel tempo né nella massa né nell’energia né nelle cariche né nel rigore logico matematico. Sarebbe come porre un’entità suprema e assoluta sotto il controllo di quelle leggi a noi note: e sappiamo che non sono tutte, altrimenti alla Scienza non resterebbe più nulla da scoprire. In più, queste, le conosciamo in modo estremamente limitato. 14 C’è qualcuno che penserebbe di mettere in un vaso da fiori tutte le rose della Riviera Ligure? O in un bicchiere, tutto il vino prodotto in Piemonte? Porre il Trascendente sotto il controllo delle leggi scoperte dall’uomo nello studio dell’Immanente sarebbe di gran lunga più assurdo. Ecco perché l’unica risposta all’esistenza del Trascendente è l’atto di Fede. Atto che può essere corroborato dalla Ragione applicata nella sfera trascendentale della nostra esistenza. Atto che non può essere fatto né solo di Scienza né solo di Logica; in quanto sia la Logica sia la Scienza, di quell’irripetibile spettacolo della Creazione, sono soltanto una parte. VI.8 Dio e i miracoli appartengono solo alla Fede I miracoli della Madonna di Fatima, quelli di San Gennaro, di Sant’Antonio, di San Francesco sono o no credibili per la Scienza? E qual è il giudizio che la Logica Matematica può dare sull’innumerevole serie di fenomeni miracolosi di cui trabocca la tradizione popolare da un lato e la storia della religione dall’altro? E’ possibile che ancora

oggi, alle soglie del Duemila, l’uomo continui a credere nel miracolo? Può il miracolo esistere per la Scienza? E come lo si può definire in termini rigorosamente logici? Anzitutto una precisazione. Il miracolo è qualcosa alla cui spiegazione l’uomo non potrà mai arrivare usando ragionamenti rigorosamente logici. Né riuscirà mai a ripeterlo mettendo in opera le tecnologie più avanzate della Scienza. Infatti, se fosse possibile arrivare a una comprensione logico-rigorosa del miracolo, dovrebbe essere altrettanto possibile arrivare alla dimostrazione del Teorema di Dio. Fin qui per il lato puramente teorico-logico del problema. Per l’aspetto scientifico-sperimentale il discorso è analogo. Se fosse possibile riprodurre scientificamente un miracolo, dovrebbe essere altrettanto possibile arrivare alla scoperta scientifica dell’esistenza di Dio. Ma la Scienza non potrà mai scoprire Dio: vedremo in seguito perché. La cultura dominante, con il marxismo scientifico in prima fila, ha trasformato l’insieme di tante menzogne in verità. Per 14 l’immaginario collettivo, la Scienza ha scoperto praticamente tutto. Se non scopre Dio, il motivo è semplice: Dio non esiste. Anche la Matematica, nella fantasia della cultura dominante, ha poco da scoprire. Se il Teorema di Dio non è ancora venuto fuori, il motivo è identico al caso precedente: Dio non esiste. Abbiamo già visto come stanno le cose. Ne riassumiamo i risultati. E’ vero che la Scienza ha scoperto tutto? No. Il numero di problemi insoluti che sono oggi sul tavolo della Scienza supera di gran lunga quello dei tempi in cui io ho iniziato la mia attività di ricerca scientifica. Non sappiamo ancora se esiste il Supermondo, per non citare che uno dei problemi più affascinanti della Fisica Moderna. Il lettore potrebbe pensare che l’esistenza di una realtà così formidabile non è cosa da poco. Corretto. Però qualsiasi problema scientifico è poca, pochissima cosa se posto a confronto con l’esistenza di Dio. Abbiamo deliberatamente centrato il discorso scientifico su un problema di vasta, vastissima portata. Proprio per mettere in evidenza quanto piccolo esso diventi rispetto a quello del Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. Il Supermondo non è come l’Universo a noi familiare. Nel Supermondo non ci sono né oceani né montagne. Albe e tramonti. Chicchi di caffè e fiori di campo sono esempi dell’enorme vastità di cose che caratterizzano il nostro mondo. L’altro, il Supermondo, produce effetti che non riusciremmo a vedere con i nostri occhi né a sentire con i nostri sensi. Eppure sono realtà che è possibile mettere sotto il controllo della Scienza galileiana. Sono realtà che ci permetteranno un giorno di capire le radici scientifiche della nostra esistenza. Quando verrà questo giorno? Tra dieci, venti, cento o mille anni, questo nessuno lo sa. Una cosa è però fuori discussione: prima che la Scienza arrivi a scoprire ciò che è necessario per comprendere veramente tutto, sarà impossibile scoprire l’esistenza di Dio. Infatti, anche la cultura atea deve accettare l’ipotesi che, se Dio esistesse, la scoperta scientifica della sua esistenza sarebbe la più grande scoperta, in assoluto. Nulla potrebbe esistere oltre questa scoperta. Ripetiamo: la scoperta di Dio potrebbe solo avvenire dopo, non prima, che la Scienza fosse riuscita a dare le risposte a tutti i quesiti pendenti. 14 Io di quesiti ne ho tanti. Quindi non è per domani né per l’anno prossimo la scoperta scientifica dell’esistenza di Dio. Qualcuno potrebbe però pensare che Dio, più che scoperta scientifica, è un problema di Logica Matematica. Siccome la cultura dominante ha dato a credere che la Logica Matematica di problemi fondamentali da risolvere non ne ha quasi più, il discorso si ripete. Se la Matematica non scopre il modo per dimostrare il Teorema di Dio, il motivo è che Dio non esiste. E’ vero che la Matematica ha scoperto tutto? Nemmeno per sogno. Lo abbiamo visto nei paragrafi VI.4, 5, 6. Ma c’è di più. Se la Scienza e la Matematica arrivassero un giorno a scoprire Dio, cosa dovrebbe essere questa entità cui alcuni di noi credono e altri no? Dio, se fosse la Scienza a scoprirlo, non

potrebbe essere che fatto di Scienza e basta. E se fosse la matematica ad arrivare al Teorema di Dio, il Creatore del Mondo non potrebbe che essere fatto di Logica Matematica e basta. In nessun caso Dio resterebbe quello che deve essere: Dio. E cioè tutto. Questa verità di Fede non può essere riconducibile né alla Scienza né alla Matematica. Sarebbe poca cosa: e invece noi vogliamo che resti quello in cui crediamo. Dio per noi credenti è tutto: non soltanto una parte del tutto. Ecco perché il vero miracolo non potrà mai essere incapsulato né in una verità scientifica né in una verità logico-matematica. Il miracolo è opera divina ed è quindi una manifestazione diretta di quella entità troppo grande per essere riconducibile alle due più straordinarie conquiste dell’umano intelletto: Logica e Scienza. Se il miracolo fosse riconducibile a queste due grandi conquiste, non potrebbe più essere miracolo. Illudersi che un giorno qualcuno possa arrivare a sviscerare le radici logico-rigorose di un miracolo, ripeto, equivale a illudersi di poter dimostrare il Teorema di Dio. Illudersi che si possa riprodurre con metodi scientifici la realtà di un miracolo, lo ripeto ancora, equivale a illudersi di poter scoprire l’esistenza scientifica di Dio. Quindi il miracolo è destinato a essere creduto da coloro che hanno avuto il dono della Fede. E a non esserlo, da coloro che questo dono non l’hanno avuto.14 VI.9 Ragione, Fede e Scienza «Scienza e Fede sono entrambe doni di Dio» ha detto il Santo Padre agli scienziati della World Federation of Scientists. Questa frase ha bisogno di riflessione e di un’analisi logica. Anzitutto: cos’è la Scienza? Lo abbiamo già visto. Scienza vuol dire studio della Logica del Creato. Ha inizio con un atto di Fede e continua attraverso l’uso della Ragione applicata alla sfera dell’Immanente. Cos’è la Fede? La Fede è lo studio della Logica nel Trascendente. Come arriva l’uomo alla Fede? Risposta: attraverso l’uso della Ragione applicata alla sfera del Trascendente. Attenzione però. Se alla Fede si potesse arrivare soltanto attraverso l’uso della Ragione nelle tematiche trascendentali, allora potrebbero avere Fede solo i Teologi. Come ho detto nell’introduzione, ci sono uomini di Fede che non hanno mai studiato Teologia. Uomini semplici, illuminati dalla Fede per dono di Dio. E altri che con umiltà chiedono a Dio che questo dono venga loro concesso anche senza l’uso della Ragione nel Trascendente. Passiamo all’atto di Ragione nell’Immanente. Esso non appare - a prima vista - legato all’atto di Ragione nel Trascendente. Purtuttavia il legame arriva a posteriori. E cioè dopo che è stato possibile conoscere i risultati cui arriva la Scienza. E’ incredibile, ma è così. Studiando la parte materiale della nostra esistenza l’uomo scopre le Leggi Fondamentali della Natura. E non può non porsi la domanda: chi ha fatto queste leggi? Sono queste leggi universali e immutabili? Come può rispondere la Scienza a queste domande? Facendo esperimenti: passando cioè la parola al Creatore. E la risposta è positiva. Le Leggi Fondamentali che reggono la realtà materiale in cui viviamo e di cui siamo fatti sono universali e sono immutabili. Nei secoli dei secoli l’ispirazione massima di questa forma di materia vivente detta uomo è stata quella di legare la sfera trascendentale a quella immanentistica. Questo legame fatto a prescindere dalla Scienza ha sempre portato fuori strada. Oggi abbiamo tutti i motivi per credere che il legame esista e che non sia contraddittorio pensare a una perfetta sintonia tra Scienza e Fede. Entrambe hanno radici in un dono, la Ragione, che Dio ha fatto a questa e questa sola forma di materia vivente. 14 Da questo dono di Dio nasce

nell’Immanente la Scienza, nel Trascendente la Fede. Non possiamo scrivere l’equazione matematica di questo legame. Se ciò fosse possibile, dovremmo concludere che sono le stesse strutture logiche a reggere la sfera trascendentale e quella immanentistica della nostra esistenza. Così non può essere in quanto le due strutture essenziali della nostra vita devono essere in sintonia, ma non identiche. Ecco perché dobbiamo preoccuparci di vedere se le scoperte scientifiche negano Dio o se le conquiste della Logica Matematica portano al Teorema dell’Ateismo (lo vedremo in dettaglio nel paragrafo VI.10). La risposta è negativa e quindi non ci rimane che analizzare un’ipotesi di Scienza quale esclusivo dono di Dio. Ma allora, perché Dio non ha donato la Scienza a tutti gli esseri fatti a sua immagine e somiglianza? Perché solo ad alcuni e non ad altri? Questa domanda trascende la sfera immanentistica della nostra esistenza, esattamente come la trascende la domanda che avesse come obiettivo perché Dio non ha dato il dono della poesia a tutti invece di darlo solo ai poeti. E il dono della composizione musicale, come di tutte le altre caratteristiche delle umane qualità, solo agli uni e non agli altri. Arriviamo così al disegno che corrisponde a quanto prodotto nella figura Vi.9.1 (non riprodotta nell’edizione Braille in quanto si tratta di un riassunto grafico dei concetti qui esposti). 15 Iniziamo dall’alto e cioè dal fascino della nostra esistenza. Qual è? Risposta: la simbiosi tra Trascendente (che denotiamo con T) e Immanente (che denotiamo con I). L’Ateismo è la negazione del Trascendente e non può essere quindi inserito nella struttura logica della figura Vi.9.1. C’è però una conclusione sull’Ateismo che riporteremo a chiusura di questa analisi. Dato per scontato che siamo fatti di Trascendente e di Immanente, ecco i due doni di Dio: Fede e Ragione. La Fede esiste solo nel Trascendente come struttura logica. E’ chiaro che deve poi manifestarsi anche nella sfera Immanentistica della nostra esistenza. Ma come entità fondamentale la Fede è la colonna portante del Trascendente. Ecco perché nella figura Vi.9.1 la Fede è legata sempre al simbolo T (Trascendente). Passiamo alla Ragione che ha invece entrambe le componenti T e I. E’ grazie alla Ragione che l’uomo può inventare il Linguaggio: questa forma estremamente efficiente per comunicare pensieri, idee, sentimenti. Gli specialisti non sanno quando i nostri antenati hanno smesso di gesticolare e hanno incominciato a parlare. Forse centomila anni fa. Forse meno. Forse più. L’unica cosa certa è la nascita del Linguaggio scritto. Questo avviene con la scrittura cuneiforme e risale a diverse migliaia di anni prima dell’era cristiana. Per semplicità potremmo fissare la data di nascita del Linguaggio scritto a cinquemila anni fa. Con esso nasce la memoria collettiva. Le prime tavole di Matematica risalgono invece a duemilaquattrocento anni prima di Cristo. Il Linguaggio si articola in Poesia, Musica, Arte, Filosofia. Sono conquiste dell’intelletto umano in cui intervengono sia la componente trascendentale sia quella immanentistica della nostra esistenza. Dopo migliaia di anni in cui l’uomo fa uso del Linguaggio, viene scoperto che con il linguaggio è possibile, nella descrizione della nostra esistenza immanentistica, dire tutto e il contrario di tutto. Nasce così la Logica, tremila anni fa circa. (5) L’uso della Logica nello studio del Trascendente porta alla Teologia 15 mentre nello studio dell’Immanente porta alla Logica Matematica. La più grande conquista della Logica Matematica è l’Infinito. (6) Questa formidabile costruzione logica, dopo tante difficoltà, è approdata a una conclusione definitiva nel 1964. Oggi possiamo dire che la Logica Matematica porta all’infinito e che questa costruzione dell’intelletto umano esiste. Abbiamo detto nel paragrafo VI.4 che, in Logica Matematica, perché una costruzione

esista, deve non portare ad alcuna contraddizione. E la scoperta dell’Infinito non porta ad alcuna contraddizione. Quindi, per la Logica Matematica, questa costruzione dell’intelletto umano esiste. Attenzione però. L’Infinito su cui lavora la Logica Matematica non è l’Infinito assoluto. Nessuna teoria matematica riuscirà mai a portare l’Infinito assoluto sotto il controllo di un’equazione. Gli insiemi infiniti che sono oggetto di studi nella Logica Matematica sono entità costruibili (Kurt Gödel) ed entità non costruibili (Paul Cohen). Ma tutte rigorosamente separate dall’Infinito assoluto. E’ interessante notare che, per duemila anni, la Logica Matematica è rimasta bloccata sull’Infinito potenziale. (7) Con Aristotele e tutti i più grandi intelletti, incluso Galileo Galilei che pure fu il primo a scoprire la proprietà fondamentale dell’Infinito. E cioè che una parte è eguale (equipotente) al tutto. Galilei si arrese dinanzi a questa difficoltà. Come abbiamo detto nel paragrafo V.10 bisogna aspettare Georg Cantor per passare dall’Infinito potenziale a quello detto attuale scoprendo così l’infinità degli insiemi infiniti, il cui massimo livello rimane comunque al di sotto e totalmente staccato dall’Infinito assoluto (vedi nota n’ 6), come illustrato nella figura VI.9.2.—Illustrazione: Figura Vi.9.2: Partendo dall’Infinito Potenziale si passa attraverso l’Infinito Attuale che è costituito da infiniti livelli; il primo di questi è Aleph-Zero, che corrisponde all’Infinito Numerabile o Quantizzato dei numeri Interi; per poi passare ad Aleph-Uno, che identifica l’Infinito Continuo dei numeri Reali o dei punti su una retta; si arriva quindi ad Aleph-Due, che rappresenta l’Infinito delle curve geometriche; di seguito Aleph-Tre e così via fino a tendere all’Infinito Assoluto.— 15 A noi interessa mettere in evidenza che mai un teorema o comunque un lavoro di Logica Matematica ha portato (e come avrebbe mai potuto?) alla conclusione che la Fede è in conflitto con la Logica Matematica. 15 Di strutture logico-matematiche ce ne sono tante. Esse sono il risultato della fantasia più rigorosa in cui, trattando strutture logiche di natura non trascendentale, l’intelletto umano scopre rigorose verità. La Logica Matematica ha portato l’uomo a scoprire l’esistenza di infiniti insiemi infiniti. Tra tutte le strutture logiche ce n’è una che corrisponde a ciò che Galilei iniziò a scoprire quattrocento anni fa. Nessuno scienziato sa dire perché - tra tutte le logiche possibili - Colui che ha fatto il mondo ha scelto quella che noi cerchiamo, giorno per giorno, di decifrare con i nostri esperimenti e con i nostri studi teorici. Una cosa è certa: questa logica esiste. Ancora una volta debbo ribadire che non esiste alcuna scoperta scientifica che possa condurre a concludere che Dio non esiste. A quattro secoli da Galilei questo dono del Creatore - la Scienza - ci ha portato alle soglie del Supermondo. La Logica del Creato ha portato l’uomo alla scoperta di Tre Colonne e di Tre Forze che permettono di capire tutto ciò che va dalla struttura di un protone ai confini del Cosmo. E questa certezza è basata su risultati sperimentali riproducibili, risultati che, messi in una struttura logica più vasta, ci portano a concepire il Supermondo, come illustrato nella figura VI.9.3.—Illustrazione: Figura Vi.9.3: Partendo dagli Oggetti Volgari (ad esempio pietra, legna e spaghi) studiati da Galilei per cercare le impronte del Creatore; si passa attraverso la scoperta dell’Universalità del Moto e della Relatività (piuma e martello cadono allo stesso modo); si giunge alle Tre Colonne e Tre Forze Fondamentali che infine portano al concepimento del Supermondo.— Se venisse scoperto il Supermondo, potremmo concludere che l’Infinito e il Supermondo sono le due conquiste più grandi cui siamo arrivati grazie all’uso della Ragione nell’Immanente. L’uso della Ragione nello studio della sfera trascendentale della nostra

esistenza porta - grazie agli studi teologici - alla Fede. E adesso attenzione. Come si può spiegare il fatto che ci sono scienziati e matematici atei oltre a quelli credenti? Esattamente come si deve spiegare che esistono poeti, filosofi, artisti, musicisti, contadini, metalmeccanici, lavoratori di ogni ordine e grado, atei e credenti. La Fede è dono di Dio: chi ce l’ha è credente. Chi non ce l’ha è ateo. Se la Fede fosse conquista della logica nell’Immanente, dovrebbero essere credenti solo i logici. E siccome la forma più rigorosa di logica è la Matematica, dovrebbero essere credenti solo i matematici. 15 Il punto importante è che, pur essendo un dono di Dio, la Fede non deve essere in contraddizione con il rigore logico-matematico. Non deve esistere cioè il teorema che nega la Fede quale dono di Dio. La Scienza è dono di Dio: chi ce l’ha è scienziato. Se non ha avuto il dono della Fede sarà uno scienziato ateo, se ha avuto il dono della Scienza e quello della Fede sarà uno scienziato credente. Dio non ha voluto dare a tutti il dono della Fede, esattamente come non a tutti ha dato gli altri doni. C’è chi è artista e chi non lo è. Tra gli artisti ci sono i credenti e gli atei. Tra i musicisti pure. Gli scienziati sono come gli altri esseri viventi fatti a immagine e somiglianza del Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. Alcuni sono credenti, altri no. Se la Scienza fosse in antitesi con la Fede non dovrebbe esistere nemmeno uno scienziato credente. E infatti, se uno scienziato trovasse che il suo lavoro è in antitesi con l’atto di Fede, diventerebbe ateo. Mai uno scienziato credente è diventato ateo. Semmai è successo il contrario. Non è l’esistenza degli scienziati atei che pone in difficoltà logica l’essere la Scienza dono di Dio. In quanto Dio, i doni, li distribuisce non dandoli tutti alla stessa persona. Se esistesse una dote 15 dell’intelletto umano (la Matematica, l’Arte o un altro dono qualsiasi) in antitesi con la Fede, coloro che sono titolari di quella dote dovrebbero essere tutti atei. Nessuna attività è riconducibile a una dote della nostra esistenza intellettuale che sia esclusivo privilegio dell’Ateismo. L’ateo può avere o no un dono di Dio. Sicuramente non ha quello della Fede. Il credente può avere o no un dono di Dio. Egli però sicuramente ha il dono della Fede. Dono che, come gli altri, deve essere coltivato giorno per giorno. Se ricevo il dono dell’Arte e non faccio il minimo sforzo per usare quel dono, artista non diventerò mai. Con la Fede è anche così. Quel dono non va abbandonato, chi non ce l’ha se lo può conquistare, magari faticando molto di più rispetto a un suo simile. Se la Scienza fosse la conquista dell’Ateismo rigorosamente logico nell’Immanente, non dovrebbe esistere nemmeno uno scienziato credente. Com’è possibile conciliare l’esistenza di tanti scienziati credenti? Risposta: con il fatto che la Scienza è un dono di Dio, come la Fede. E che la Scienza non porta alla negazione di Dio. Inoltre l’uso della Ragione nel Trascendente porta alla Fede. Se la Scienza fosse un dono di Dio riservato solo a coloro che hanno avuto anche il dono della Fede, non potrebbe esistere un solo scienziato ateo. Invece ce ne sono. Ma la conseguenza gravissima sarebbe che solo i credenti potrebbero essere scienziati. Dio ha invece fatto le cose in modo che tutti gli altri doni potessero essere accessibili a tutti. Si può perdere il dono della Fede usando la Ragione nell’Immanente? Risposta: no. Motivo: nessuno ha finora scoperto il teorema della negazione di Dio. Credere nel Creatore di tutto non è in contraddizione con alcuna conquista della forma più rigorosa di logica, cioè la Matematica. Si può perdere il dono della Fede usando la Scienza? Risposta: no. Motivo: non esiste alcuna scoperta scientifica che possa essere usata al fine di mettere in dubbio o di negare l’esistenza di Dio. Se uno non ha avuto il dono della Fede, può conquistarsela usando la Ragione nell’Immanente? Risposta: sì. Motivo: non esiste alcun teorema di matematica (che è la forma più rigorosa di logica) che metta in dubbio o che neghi l’esistenza di Dio. Se uno non ha avuto il dono della Fede, può conquistarsi questo dono usando la

Scienza? Risposta: sì. Motivo: non esiste alcuna conquista della Scienza che metta in dubbio o che neghi l’esistenza 15 di Dio. Anzi, è proprio la Scienza ad avere dato all’uomo la sua più grande conquista nell’Immanente: le strutture logiche fondamentali della natura. NOTE: (5) Vedasi A. Zichichi, Creativity in Science, World Scientific Publishing, 1998. (6) Il lettore che fosse interessato a saperne di più può leggere il mio libro L’Infinito (1° edizione Rizzoli, 1988), ora Pratiche Editrice (1998). (7) Aristotele rimase fermo all’infinito potenziale. Gli esponenti della cultura dominante dei nostri giorni ignorano le conquiste della Logica Matematica e quando parlano d’Infinito è come se Georg Cantor non fosse mai nato. VI.10 L’Antinomia dell’Ateismo L’Ateismo nega il Trascendente. Per l’Ateismo esiste solo l’Immanente. Nell’Immanente, il rigore logico porta alla Matematica e alla Scienza. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, non esiste alcun teorema di matematica che neghi l’esistenza di Dio. Né esiste alcuna scoperta scientifica che neghi Dio. Pertanto, attraverso l’uso più rigoroso della Ragione, e lavorando nell’ipotesi che non esista il Trascendente, si arriva a un risultato chiarissimo: né la Logica Matematica né la Scienza permettono di concludere che Dio non esiste. Non è quindi corretto dire che l’Ateismo ha come fondamento le grandi conquiste della Logica Matematica e della Scienza. Un cultore dell’Ateismo potrebbe dire: va bene, però, né la Logica Matematica né la Scienza portano a concludere che deve esistere Dio. Infatti, ribadisce l’ateo, la Logica Matematica non ha ancora saputo dimostrare il teorema dell’esistenza di Dio e la Scienza non ha scoperto Dio. Quindi, conclude l’ateo, anche se è vero che l’Ateismo non ha come fondamento né la Logica Matematica né la Scienza, è altrettanto vero che entrambe queste conquiste dell’intelletto umano non riescono a dimostrare l’esistenza di Dio. Risponde il credente: Dio, per accordo unanime, è realtà trascendentale e immanentistica. E’ pertanto ovvio che, lavorando con la Logica Matematica e con la Scienza - entrambe parti fondamentali dell’Immanente - non deve essere possibile dimostrare l’esistenza di una realtà trascendentale qual è Dio. Insomma lavorando con gli strumenti della Ragione che portano alla scoperta della logica nell’Immanente, scoprire Dio sarebbe negarlo. Infatti Dio e tutto: non solo Logica Matematica e Scienza. Se Dio è tutto, non è pensabile che possa essere scoperto dalla Logica Matematica o dalla Scienza. La Logica Matematica può scoprire tutto ciò che fa parte della Matematica. E la Scienza tutto ciò che fa parte della Scienza. Ed ecco una nota interessante. La Logica Matematica non è riuscita a scoprire la Scienza. Tremila anni di Logica hanno portato a 15 tante scoperte, tra cui, la più formidabile, quella degli infiniti insiemi infiniti, costruibili e non costruibili; lo abbiamo visto nel paragrafo VI.6. I tremila anni di Logica Matematica non hanno portato a scoprire la Logica del Creato: l’insieme di tutti quei fenomeni galileianamente misurati che portano alle Tre Colonne e alle Tre Forze, Fondamentali della Natura. Questi traguardi della Scienza non sono il risultato degli studi di Logica Matematica. Nessuno sa derivare le Tre Colonne e le Tre Forze, Fondamentali della Natura dalla Logica Matematica pura. Sono gli esperimenti di stampo galileiano che ci hanno portato a immaginare l’esistenza del Supermondo. Come abbiamo detto più volte, fare un esperimento vuol dire bussare alla porta del Creatore. Ecco perché la Logica Matematica non poteva scoprire la Scienza. Tra

tutte le possibili costruzioni di Logica Matematica, ce n’è una e una sola che ha scelto il Creatore per dar vita alla realtà immanentistica di cui siamo fatti e in cui viviamo. La Logica Matematica è onnicomprensiva di tutte le costruzioni logiche possibili; purtuttavia essa non è riuscita a scoprire da sola quella parte che è stata scelta dal Creatore per costruire il mondo. L’intelletto umano ha bisogno di fare esperimenti per comprendere il disegno del Creatore. L’esistenza della Logica Matematica, e della Scienza, sono la prova che la potenza intellettuale dell’uomo è inferiore a quella del Creatore. E’ vero che, grazie alla Ragione, l’uomo scopre la Logica Matematica, operando con concetti e realtà intellettuali di natura immanentistica quali sono i numeri, le figure geometriche, gli spazi metrici, le funzioni di variabili reali e complesse, le equazioni lineari e non lineari e, più sinteticamente, Aritmetica, Algebra, Geometria e Topologia. (8) 15 Purtuttavia, non arriva a scoprire la Logica del Creato. Per scoprire questa logica ha bisogno di fare esperimenti di stampo galileiano. Se la Matematica non riesce da sola a saper decifrare il Grande Disegno, com’è possibile che riesca a dimostrare l’esistenza di Dio? L’Ateismo, se fosse espresso in modo rigorosamente logico, sarebbe una struttura logico-matematica che deve lavorare con concetti e realtà intellettuali di natura immanentistica come fa la Logica Matematica. Ebbene, la Logica Matematica, pur essendo nell’Immanente quanto di più rigoroso la mente umana abbia saputo produrre, non riesce a scoprire (senza l’ausilio di esperimenti di stampo galileiano) quella particolare struttura logica che è la Logica del Creato. Eppure questa struttura logica esiste ed è parte della Logica Matematica. La Logica Matematica non riesce a scoprirla, pur essendo, la Logica Matematica, la più potente struttura che l’uomo abbia saputo costruire nel corso di migliaia di anni, riflettendo su concetti e realtà intellettuali di natura immanentistica estremamente vasti. L’Ateismo è lungi dall’essere una costruzione logica paragonabile in rigore a quello che esige la Logica Matematica. Ammettiamo che lo fosse. E diamogli lo stesso livello di rigore della Logica Matematica. Il giorno in cui l’Ateismo fosse al massimo del suo rigore, sarebbe come la Logica Matematica. Questa logica non ha mai saputo dimostrare il teorema della negazione di Dio. Pertanto l’Ateismo non potrà mai dimostrare che Dio non esiste. La costruzione logica più rigorosa fatta di entità immanentistiche (funzioni, equazioni ecc.) non riesce a scoprire la Logica del Creato né a dimostrare il teorema della negazione di Dio. Eppure il cardine dell’Ateismo è la non esistenza del Trascendente. Dovrebbe essere quindi possibile alla struttura logica dell’Ateismo dimostrare che non deve esistere il Trascendente. E invece non è così. Infatti, prendendo come struttura logica rigorosa nell’Immanente la più perfetta che l’uomo sia riuscito a costruire, il teorema che non deve esistere Dio nessuno lo sa dimostrare. Siamo dinanzi a un discorso tautologico? No. E’ l’Ateismo che è un’antinomia. Antinomia vuol dire contraddizione. L’Ateismo accetta solo l’Immanente negando l’esistenza di una sfera trascendentale. Se tutto si esaurisce nell’Immanente e se l’Ateismo accetta il rigore logico che l’uomo scopre nell’Immanente, l’Ateismo deve accettare sia la Logica Matematica sia la Scienza. 15 Per l’Ateismo dovrebbe essere pertanto possibile riuscire a dimostrare, grazie alla Logica Matematica e alla Scienza, che non esiste la sfera trascendentale. Come abbiamo visto, la dimostrazione del teorema che nega Dio non esiste. Né esiste la scoperta scientifica che nega l’esistenza di Dio. L’ateo potrebbe dire che giorno verrà in cui la Logica Matematica e la Scienza dimostreranno che Dio non esiste. Questa fuga in avanti nulla toglie alla conclusione che oggi l’Ateismo è una costruzione logica contraddittoria. Essa infatti parte dalla negazione di Dio e affida tutta la sua credibilità al rigore logico, ovviamente nell’Immanente. Questo rigore logico non porta alla negazione di Dio, quindi la struttura

logica dell’Ateismo è contraddittoria. L’ateo dice infatti: per amor di logica non posso accettare l’esistenza di Dio. Ma il rigore logico non riesce a dimostrare che Dio non esiste. Ecco in sintesi, illustrata nella figura VI.10.1 (non riprodotta nell’edizione Braille in quanto si tratta di un riassunto grafico dei concetti qui esposti), l’antinomia dell’Ateismo. Assumere che oltre all’Immanente esiste anche il Trascendente apre gli orizzonti e non porta a flagranti contraddizioni, come l’antinomia dell’Ateismo. Per motivi di chiarezza distinguiamo nettamente la sfera immanentistica e quella trascendentale della nostra esistenza. Nella figura VI.10.2 e possibile vedere ciò che produce la Ragione nell’Immanente (Logica Matematica e Scienza galileiana) e nel Trascendente (Logica pura e Teologia). Nella parte sinistra della figura Vi.10.2 è rappresentato il percorso della Ragione nell’Immanente; tale sequenza ci dice che non è possibile negare l’esistenza di Dio. Pertanto, lavorando con la Ragione nell’Immanente non viene fuori, né con l’ausilio della Logica Matematica né con l’ausilio della Scienza galileiana, che Dio non esiste, come ha sempre preteso e continua a pretendere la cultura atea. La serie di simboli Â= Â= Â= Â= Â= (posizionata nella parte sinistra della figura Vi.10.2 a dividere la sequenza della Ragione nell’Immanente dall’Ateismo che afferma la non esistenza del Trascendente) indica la totale mancanza di legame tra l’Ateismo e le strutture logiche nell’Immanente, quali sono la Matematica e la Scienza. Nella parte destra della figura è rappresentata la sequenza della logica che accetta l’esistenza della sfera trascendentale. Il legame tra Immanente e Trascendente non porta ad alcuna contraddizione, in quanto la Teologia (costruzione logica operante nella sfera trascendentale della nostra esistenza) non è mai entrata in conflitto né con la Logica Matematica né con le scoperte della Scienza galileiana. 16 Ritorniamo sulle conquiste della Logica nello studio dell’Immanente per spiegare quanto abbiamo appena accennato prima: la serie di simboli Â= Â= Â= Â= Â= indica che non è vero quanto preteso dalla cultura atea. E cioè dei suoi stretti legami con la Logica Matematica e con la Scienza. Infatti, come riportato nella figura VI.10.1, se l’ipotesi Dio non esiste fosse valida, tutto dovrebbe esaurirsi nell’Immanente. Pertanto la Logica Matematica dovrebbe scoprire il teorema della completezza e cioè che tutta la Logica Matematica si esaurisce nell’Immanente; e la Scienza galileiana dovrebbe dirci che abbiamo capito tutto quello che c’era scientificamente da capire nell’Immanente. Abbiamo visto nel paragrafo VI.6 che la Logica Matematica e lungi dal poter dire di avere risolto tutti i problemi che sono sul 16 tavolo delle cose certe come, ad esempio, la congettura di Goldbach o l’ipotesi di Rienmann. (9) Ma c’è di più. Contrariamente a quello che spesso vien detto, la Matematica dell’Infinito non mette in crisi il concetto di Dio. Infatti il concetto di Infinito Assoluto sfugge totalmente all’analisi e al rigore logico-matematico. Tutto ciò che l’intelletto umano può analizzare è l’Infinito Potenziale e i Transfiniti. L’Assoluto no. Lo abbiamo illustrato nella figura VI.9.2. La Matematica - che come abbiamo detto più volte è nell’Immanente la forma più rigorosa di pensiero logico - arriva a conclusioni analoghe a quelle cui porta la Scienza galileiana. Entrambe queste discipline, lo ripetiamo, operano nell’Immanente. La Matematica in modo totalmente speculativo: cioè senza alcun riferimento alla realtà fisica. La Scienza galileiana, invece, seguendo passo passo tutto ciò che fa parte del mondo che ci circonda e di cui siamo parte. Il grande sviluppo del pensiero matematico porta a scoprire una realtà concettuale che sta al di sopra di tutta la Matematica: l’Infinito Assoluto. Questa realtà, assolutamente astratta e pure concepita in termini di totale rigore logico, nessun intelletto umano potrà mai conquistarla.

Esattamente come avviene nella Scienza: nessuno scienziato potrà mai capire fino in fondo il Grande Disegno. Richard Feynman (uno dei più grandi fisici teorici di questo secolo) era convinto che noi stessimo - e stiamo - vivendo un momento straordinario: quello della scoperta delle Leggi Fondamentali della Natura. Dobbiamo pertanto considerarci molto fortunati in quanto questo periodo potrebbe essere destinato a chiudersi. Se così dovesse essere, la Scienza galileiana arriverebbe al traguardo dopo appena quattro secoli. E dopo? Quale futuro potrebbe avere la Scienza oltre la comprensione rigorosa e totale della Logica del Creato? Una cosa è sicura: siamo dinanzi a un problema la cui risposta è nota soltanto a Colui che ha fatto il mondo. Ecco perché vorrei incoraggiare il lettore a riflettere sull’ipotesi a me tanto cara: l’uomo continuerà a scoprire nuovi fenomeni, nuove frontiere, senza poter mai arrivare a decifrare totalmente il Grande Disegno. Il Grande Disegno resterà sempre al di sopra di tutta la Scienza, esattamente 16 come l’Infinito Assoluto sta al di sopra di tutta la Matematica (figure VI.9.3 e VI.9.2 rispettivamente). Noi continueremo a scoprire nuovi fenomeni e sempre più il rigore di questa meravigliosa costruzione ci apparirà in tutto il suo straordinario fascino concettuale. Mai però riusciremo a capire tutto. Questa costante aspirazione dell’uomo a voler capire (sia attraverso il rigore logicomatematico, sia attraverso l’indagine rigorosamente scientifica della realtà) quello che Galilei, Newton, Maxwell, Einstein e Planck amavano chiamare il Grande Disegno di Colui che ha fatto il mondo, resterà nei secoli la testimonianza più bella, nell’Immanente, dei valori che distinguono l’uomo da tutte le altre forme di materia vivente. Colui che ha fatto il mondo ci ha dato il privilegio di entrare nella vera stanza dei bottoni: là dove è custodita la Logica del Creato. Questo grande privilegio ci è stato concesso, non per distruggere quella stupenda costruzione, negandone i valori. Ma per farci capire la vera sorgente di Infinito e di Scienza. La Matematica opera con l’Infinito Potenziale e con i Transfiniti. E li conquista, dando all’uomo una delle più grandi vittorie intellettuali di tutti i tempi. Contrariamente a quello che si è pensato per secoli e secoli, l’Infinito non porta ad alcuna contraddizione logica. Esso quindi esiste, in senso rigorosamente logico-matematico, e fa parte integrante della nostra esistenza. Esattamente come parte della nostra esistenza sono le Leggi Fondamentali della Natura. A questa e solo a questa forma di materia vivente detta uomo - lo ripetiamo ancora una volta - e dato il privilegio di capire queste straordinarie verità. E non è un dettaglio di poco conto. Coloro i quali pensano che non è corretto porre una netta separazione tra Ateismo da un lato, Logica Matematica e Scienza dall’altro, come illustrato nella figura VI.10.2, farebbero bene a riflettere sull’Infinito e sull’esistenza delle Leggi Fondamentali della Natura che ci portano alla soglia del Supermondo, come illustrato nella figura VI.9.1, e in particolare su quel piccolo riquadro dove c’è tutto da scoprire.16 NOTE: (8) E’ forse bene precisare che l’Infinito nasce già con l’Aritmetica che è la teoria dei numeri. L’Algebra è invece la teoria dei rapporti tra variabili, dove una variabile può essere un numero qualsiasi. L’Analisi è la teoria dei rapporti tra le funzioni di variabili in un determinato spazio. La Topologia è la teoria delle relazioni tra spazi, con proprietà diverse, con metriche diverse o senza metrica, con ambienti. Infatti uno spazio, se ha una

metrica è già qualcosa di ristretto. Uno spazio topologico è un insieme di punti più un insieme di ambienti. Nasce così una branca ricchissima della Logica Matematica detta teoria delle vicinità. Le quantità sopra definite sono tutte di natura immanentistica. Il lettore ci scuserà, ma è necessario dare almeno un’idea di quanto siano vasti gli orizzonti della logica nell’Immanente. (9) Vedasi L’Infinito, cit’. VI.11 Non siamo figli del Caos A questo traguardo, nell’Immanente, non siamo arrivati con l’esercizio della Ragione e basta. Ne abbiamo già discusso, ma è bene mettere in evidenza che le radici di questa straordinaria certezza di non essere noi figli del Caos sono là, dove nessuno si sarebbe mai aspettato che potesse esserci una tale formidabile verità. Studiando con rigore le pietre, Galilei scopre infatti le prime impronte del Creatore, arrivando così all’unificazione dei moti rettilinei e dei movimenti circolari. Questi due moti, fino ad allora, e per millenni, considerati totalmente diversi (i rettilinei validi nel nostro mondo materiale, i circolari privilegio invece dei corpi celesti), nessuno era riuscito a dimostrare che in verità fossero due esempi diversi della stessa realtà: il moto dei corpi materiali. La scoperta delle prime Leggi Fondamentali della Natura nasce da un atto di Fede in Colui che ha fatto il mondo. Atto di Fede che non è in antitesi con la Ragione in quanto, se c’è un’entità a noi superiore che ha fatto il mondo, questa entità ha dovuto seguire un progetto rigoroso. Ecco perché - ed è sempre Galilei che parla - le Leggi Fondamentali devono essere scritte in linguaggio matematico, esprimibili quindi attraverso formule. Perché? Risposta: la forma più rigorosa della logica nell’Immanente è la Matematica. Nessun uomo al mondo, prima di Galilei, aveva avuto l’idea di pensare che la Natura potesse essere descritta attraverso una serie di formule matematiche. Formule che - ripeto - sono il linguaggio rigoroso della Scienza. In questo quadro che posto ha la Bibbia? Galilei, lo ricordiamo, risponde: la Bibbia è il Libro scritto dal Creatore del mondo per essere capita da tutti e parla di valori, sentimenti, emozioni, miracoli. Il mondo invece è costruito partendo da un progetto rigoroso quindi da leggi fondamentali. E dov’è il libro delle Leggi Fondamentali? Risposta: davanti ai nostri occhi, dappertutto. La realtà che ci circonda è lì e aspetta di essere decifrata. Quando io mi cimento in un esperimento di stampo galileiano (rigoroso e riproducibile) cosa faccio in realtà? Pongo una domanda al Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. Nessuno scienziato al mondo saprebbe rispondere a questa mia domanda: ecco perché è necessario rivolgerla a Colui che ha fatto il mondo. Se la Scienza - come molti, non avendone mai fatta, dicono - fosse conquista di rigore logico e basta, io non avrei bisogno di fare un esperimento 16 per sapere se esiste il Supermondo. Né avrei avuto bisogno di fare un esperimento per sapere se esiste o no l’Antimateria nucleare. Né - come ho raccontato al paragrafo II.12 - avrei avuto bisogno di fare alcun esperimento per stabilire che il mattone ultimo di cui noi siamo fatti - il nucleone (10) - non si rompe anche se martellato usando le più alte energie a noi accessibili nei più potenti acceleratori. Energie che sono centinaia di migliaia di volte più potenti di quelle in gioco nelle Stelle e nelle tremende bombe-H. Il nucleone non si rompe, come abbiamo avuto già modo di vedere. Con questa proprietà il nucleone sfida tutto ciò che l’uomo aveva saputo immaginare da Democrito fino al 1970, anno in cui i risultati sperimentali da me ottenuti (con un gruppo di miei collaboratori al Cern di Ginevra) hanno stabilito la totale robustezza del nucleone. Io sono fatto con trentacinque miliardi di miliardi di miliardi di nucleoni. Questi risultati sembrano a prima vista dare ragione a Democrito: rompendo un pezzo qualsiasi di materia e continuando a romperla in pezzettini sempre più piccoli, si arriverà a una cosa elementare che nessuno più riuscirà a rompere. A questa cosa elementare

Democrito dette il nome di atomo (dal greco: cosa che non si rompe). I nostri bisnonni si erano illusi di averli scoperti: e sono gli atomi della Tavola di Mendeleev. Rutherford però, nel primo decennio di questo secolo, interrogando il Creatore del mondo, scoprì che gli atomi indivisibili non sono. Ancora oggi si chiamano con lo stesso nome (atomo) gli elementi (chimici) della famosa Tavola di Mendeleev. in effetti questi elementi - qualunque sia la loro complessità (il nucleo dell’atomo più semplice è fatto con un solo nucleone ed è l’Idrogeno, il Carbonio ne ha 12, l’Ossigeno 16, l’Uranio 297 e così via) - sono tutti fatti a partire dalle stesse trottoline: protoni e neutroni nel nucleo, elettroni fuori per fare la nuvola atomica. Il nucleone non si rompe, quindi, secondo Democrito dovrebbe essere l’ultimo pezzettino elementare di materia. Elementare vuol dire una cosa fatta nient’altro che di se stessa. Invece, interrogando il Creatore, l’uomo ha scoperto che il nucleone è fatto con tre quark e tanti gluoni. E’ lungi dall’essere una particella elementare. Eppure non si rompe. Ecco la grande 16 novità concettuale scoperta negli anni sessanta e che sfida tremila anni di pensiero, da Democrito ai nostri giorni. Dicevamo che la Scienza non è solo rigore matematico. Se lo fosse io non avrei bisogno di fare alcun esperimento. E così tutti i miei colleghi nei diversi laboratori. Abbiamo bisogno di fare experimenti, il che vuol dire porre domande al Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. Perché? Risposta: ci sono tante strade rigorosamente logiche dove il punto al quale siamo arrivati potrebbe portarci. Tra tutte queste strade, tutte rigorosamente logiche, il Creatore ne ha seguita una. Non ne conosciamo il motivo. Ma siamo sicuri che quella strada seguita dal Creatore è rigorosamente logica e ci conduce ad altre tappe nel processo di decifrazione della Logica del Creato. Logica che è scritta, non nella Bibbia, ma nel Libro della Natura, aperto quattrocento anni fa da Galileo Galilei. L’apertura di questo libro ha dato all’uomo grandi certezze: le Leggi Fondamentali della Natura. E una straordinaria dignità intellettuale: siamo l’unica forma di materia vivente cui è dato il privilegio di sapere leggere il Libro del Creatore. Quel libro rimasto chiuso per diecimila anni e aperto da un credente, Galileo Galilei, appena quattrocento anni fa: come dire ieri l’altro. Aperto questo libro cosa ha fatto l’uomo? Si è sempre più allontanato dalla parola del Signore: la Bibbia, come se essa fosse in contrasto con l’altro libro scritto dallo stesso Autore usando il linguaggio rigoroso della Logica Matematica. I due libri sono dello stesso Autore e hanno ruoli diversi: parola di Galileo Galilei. A un tale traguardo non era arrivata alcuna persona al mondo dall’alba della civiltà fino a Galileo Galilei. Fine del secondo volume Braille NOTE: (10) Il nucleone e la trottolina nucleare che può essere sia protone sia neutrone. Dal punto di vista delle Forze Nucleari, protone e neutrone sono la stessa cosa, ecco perché li si indica con un solo nome: nucleone.

VII. Il pessimismo tecnologico di fronte all’ottimismo scientifico VII.1 Da Hiroshima a oggi Viviamo in tempi virtualmente drammatici. Essi ci inducono a una conclusione di pessimismo tecnologico: fintantoché ci si limita a contare le testate nucleari e l’enorme potenza devastante degli arsenali militari, c’è poco da essere ottimisti. Hiroshima venne annientata da quattordicimila tonnellate di tritolo equivalente: la prima bomba nucleare della storia aveva questa potenza devastatrice. Non è che quella bomba pesasse

quattordicimila tonnellate. Nemmeno oggi esiste un aereo da trasporto bellico così potente. L’esplosivo era, non il tritolo, ma l’Uranio. La bomba non sfruttava una reazione di tipo elettromagnetico ma nucleare. Ecco perché qualche chilo di Uranio poteva produrre l’effetto devastatore di una bomba equivalente a un’intera nave carica di tritolo. L’uomo cosiddetto moderno è tempo che si svegli. E che sappia di dormire su un letto imbottito non di gommapiuma o lana: il letto su cui ciascun abitante della Terra dorme è fatto con tonnellate di tritolo equivalente. Infatti la potenza devastatrice montata sui missili intercontinentali, sui bombardieri strategici e nei sommergibili nucleari delle due ex Superpotenze, è milioni di volte Hiroshima: miliardi di tonnellate di tritolo equivalente. Questa apocalittica potenza, ancora oggi in perfetto stato negli arsenali bellici Usa ed ex Urss, ucciderebbe miliardi di nostri fratelli e sorelle, per effetti diretti: subito. E miliardi nel giro di qualche mese: per fame e malattie. Lo scontro nucleare Usa-Urss avrebbe sconvolto i sistemi di comunicazione, di distribuzione (viveri e 17 medicinali), le stesse riserve di cibo che garantiscono i livelli normali di approvvigionamento e quella immensa rete di assistenza internazionale su cui è fondata la nostra vita, cosiddetta civile. Perché cosiddetta? Perché continuiamo a considerarci moderni e civili pur sapendo che ogni anno sono condannati a morte milioni di innocenti: per fame. E questo avviene, non in un momento realmente drammatico nella vita del pianeta, come sarebbe se fosse stato colpito da un asteroide in grado di sconvolgerne i cicli vitali, producendo tremende carestie, ovunque. E’ già successo più volte, in milioni e milioni di anni. La mega-condanna a morte, per fame, avviene in uno dei periodi più floridi che questo pianeta si sia trovato a vivere. La sua capacità produttiva è tale che potrebbe rendere felici non i cinque miliardi e novecento milioni di abitanti, ma tanti miliardi in più. Ecco perché ha ragione Giovanni Paolo II quando dice che la crisi del nostro tempo non è di bombe ma di cultura. Chi semina vento raccoglie tempesta. La cultura dominante ha seminato ideologie fratricide. Ha incitato alla vendetta, all’odio, alla distruzione del nemico. E noi raccogliamo lotte, violenze, stermini di massa, campi di concentramento. Tutto ciò è stato fatto usando come bandiere ideologie liberatrici che hanno invece prodotto tragedie e ingiustizie ben peggiori di quelle che si volevano combattere. Su questa strada ideologica, l’umanità corre verso l’abisso, che porta alla distruzione di tutti i valori. Ecco perché siamo passati da un equilibrio tra le due Superpotenze che si reggeva sul terrore a uno stato di instabilità multipolare la cui forza trainante è sempre il terrore. Adesso il terrore è su basi limitate. Per quasi mezzo secolo il terrore è stato su base planetaria. La ben nota strategia del Mad (Mutual Assured Destruction: Distruzione Reciproca Sicura) ne era la bandiera. Questo mezzo secolo trascorso sotto l’equilibrio del terrore ha portato tante generazioni a chiedersi: a che vale impegnarsi in un lavoro, nello studio, nella Scienza, se prima o poi siamo tutti destinati a perire di olocausto nucleare? Il Mad aveva infatti tre grandi possibili micce: l’errore, la pazzia e la paura. Non esiste una tecnologia perfetta. Prima o poi l’errore tecnico poteva far saltare l’equilibrio del terrore. L’errore tecnico sfugge a 17 qualunque programmazione. Lo si era valutato in termini di probabilità. E veniva fuori: 5% all’anno. Quindi il Mad è stata una strategia la cui forza di dissuasione era basata su una probabilità del 5% all’anno che saltasse in aria il pianeta. Ci sono poi la pazzia e la paura che prescindono dall’errore tecnico. La storia insegna che entrambe queste componenti dell’umana specie non sono mai venute meno nel produrre disastri. Il fatto senza precedenti non è né la pazzia né la paura. Esse sono sempre esistite e continueranno a esistere. Senza precedenti e che

questa pazzia e questa paura hanno a portata di mano una potenza devastatrice a livelli mai prima raggiunti. E’ un problema che tocca i cinque miliardi e novecento milioni di passeggeri della stessa navicella spaziale. VII.2 Il Sole diventerebbe pallido come la Luna La primavera, l’estate, l’autunno, l’inverno, l’alba e il tramonto. Il cielo stellato. La Luna piena. Appartengono a tutti gli abitanti della Terra, uomini e donne, vecchi e bambini, nessuno escluso. E’ diritto di tutti i viaggiatori della nostra navicella spaziale possedere la luce del Sole, l’ebbrezza di un tramonto, il fascino delle stagioni e tutte quelle grazie terrestri che Iddio ha dato non a un potente e al suo popolo, ma a tutti gli abitanti del pianeta. Il pericolo di olocausto nucleare fu il traguardo cui portò la cultura dell’odio. Se non fosse stato evitato lo scontro Est-Ovest tra le due Superpotenze - le simulazioni parlavano chiaro - il Sole sarebbe diventato pallido come la Luna e la fascia di ozono che protegge noi miseri mortali dalle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole sarebbe stata al 50% distrutta. Abbiamo vissuto per decenni sull’orlo del precipizio verso cui la cultura dell’odio ci aveva spinto. Combattere questa cultura si può e lo si deve fare non con le armi di cui questa stessa cultura ha imbottito gli arsenali di guerra, ovunque nel mondo. Le nostre armi sono l’amore, il perdono, la carità, la fratellanza tra i popoli, la solidarietà con i deboli e i derelitti, affinché tutti su questo satellite del Sole abbiano il diritto di vivere in pace e prosperità materiale e spirituale. Una lunga premessa per arrivare al nocciolo del problema che 17 oggi scuote credenti e non credenti. E cioè tutti coloro che vogliono lavorare affinché trionfi nel mondo la cultura dell’amore. Sta nei miliardi di nostri fratelli e sorelle che soffrono di sottosviluppo, il vero baluardo per bloccare la folle corsa agli armamenti tuttora in atto, nonostante il crollo del Muro di Berlino. Continuare a investire risorse nella corsa agli armamenti vuol dire portare l’umanità verso un nuovo abisso privo di speranza: pur essendo desiderio di tutti un mondo in cui trionfino i valori della cultura dell’amore. Sono vergogna del nostro tempo gli arsenali imbottiti di bombe, i campi di concentramento, le sacche geografiche del sottosviluppo, le stanze dei bottoni che possono cancellare la vita a miliardi di nostri fratelli e sorelle, i regimi che offendono giorno per giorno la dignità suprema che possiede anche il più derelitto degli esseri viventi, i milioni di morti ogni anno per fame e l’ipocrisia di tutti coloro che pretendono di essere civili e moderni pur continuando a fingere: come se queste vergogne non esistessero. Il Terzo Millennio ha bisogno di quella cultura che ha in Giovanni Paolo II l’Apostolo primo, per coraggio spirituale, culturale, morale e civile. L’Apostolo che sfida i potenti della Terra, ovunque essi siano, affinché venga restituita all’uomo la sua suprema dignità. Di questa cultura ha bisogno l’umanità nel Terzo Millennio per evitare che il Sole diventi pallido come la Luna. VII.3 La Fede è inestirpabile Cosa fa un uomo che prega? Chi offende? Chi minaccia? Quali trame può tessere? Quali attentati può preparare? E quali congiure? Nessuna società si può dire civile, se non garantisce ai suoi cittadini il rispetto delle sue dignità individuali. Prima fra tutte la libertà di preghiera. La libertà religiosa è il fondamento di tutte le libertà umane. Ivi inclusa la libertà di restare ateo. A patto che l’Ateismo non diventi Religione di Stato, come insegna l’ex Urss e quei

regimi in cui, ancora oggi, imperversa la violenza politica. La libertà di pensiero, la dignità dell’esistenza spirituale sono beni di inestimabile valore. Nessun potere politico, per nessun motivo, può arrogarsi il diritto 17 di privare un uomo, un solo uomo, della sua suprema dignità: quella di sentirsi figlio di Dio, fatto a Sua immagine e somiglianza. Privare un uomo, un solo uomo, per umile e diseredato che possa egli essere, del diritto inalienabile di pregare è crimine inammissibile contro tutto il genere umano. Esattamente come crimine è privare un uomo della libertà di pensiero. La minaccia di un olocausto nucleare è stata per mezzo secolo nel cuore dell’uomo cosiddetto moderno. Esattamente come nel cuore dell’uomo sta quella volontà maledetta di privare il suo simile del diritto alla preghiera e alla libertà di pensiero. «Come al tempo delle lance e delle spade» ha detto il Santo Padre «così anche oggi, nell’era dei missili, a uccidere, prima delle armi, è il cuore dell’uomo.» Sta in questo cuore la crisi del nostro tempo. Se facessimo nel mondo il referendum proposto tanti anni fa dal Presidente Sandro Pertini, se nelle grandi metropoli dell’Est e dell’Ovest, del Nord e del Sud, e nei più reconditi villaggi di ogni paese della Terra fosse possibile esprimere liberamente il proprio voto, l’umanità farebbe sentire la sua grande volontà di vivere in pace e libertà. Siamo lungi da questo traguardo. Nel mondo ci sono ancora tanti paesi in cui è proibito essere credenti. La tragica realtà dell’ex Urss insegna che nessuno è mai riuscito a cancellare l’uomo che prega: ecco la prova che la Fede è inestirpabile. VII.4 Il confronto tecnologico non regge Un altro motivo che induce al pessimismo tecnologico e il confronto tra le due tecnologie. Quella prodotta dalla cultura dell’odio e quella che nasce dalla cultura dell’amore. Perché pessimismo tecnologico? Si potrebbe dire che alle bombe fanno riscontro le enormi applicazioni tecnologiche a fini di pace. La medicina moderna riesce ad aiutare l’uomo, là dove tecniche avanzatissime avevano fallito. La scoperta della fissione e della fusione nucleare garantiranno alle generazioni future la libertà dal bisogno energetico. Queste realtà - dicono gli esponenti della cultura dominante - non potrebbero esistere senza le bombe nucleari. Non è così. Tecnologia selvaggia e progresso scientifico non sono legati. Lo abbiamo discusso nei paragrafi II.12 e V.12. 17 Le scoperte scientifiche aprono la via a nuove applicazioni tecnologiche. L’accensione del fuoco nucleare di pace avrebbe potuto dare all’umanità un avvenire di pace, al riparo da tremende carestie. E infatti il parametro che misura il livello di vita di un popolo è la quantità di energia pro capite di cui dispone. La sacca di povertà in cui ci sono i focolai più gravi di morte per fame e per inedia si trova là dove l’energia media pro capite e ai livelli dell’età della pietra. Purtroppo, la scelta tra applicazioni pacifiche e quelle che producono ordigni di guerra e che ci hanno portato sull’orlo dell’apocalisse non è in mano alla Scienza ma alla violenza politica. Ecco per quale motivo il confronto tecnologico non regge. Se confrontassimo i vasti campi della tecnologia pacifica con gli innumerevoli settori in cui si articolano le applicazioni tecnologiche a fini di guerra, dovremmo concludere che la tecnica del male stravince sulla tecnica del bene. Nella tecnologia pertanto predomina seccamente il pessimismo. Non dobbiamo infatti dimenticare il recente passato. Quando, mettendo nei calcolatori elettronici i dati sugli schieramenti bellici Usa-Urss veniva fuori, come abbiamo detto prima, l’apocalisse: la distruzione di tutti i centri propulsori di vita nel mondo. Nei computer non è però possibile mettere nulla che abbia radici nella nostra esistenza trascendentale.

Passiamo dunque allo studio dell’esistenza umana, che si proietta nella sfera trascendentale della nostra vita, per riconquistare la speranza. VII.5 Chi avrebbe mai immaginato Chi avrebbe mai immaginato, fino al 1978, che un uomo privo di missili interconunentali, di aerei supersonici, di sommergibili nucleari, un uomo senza divisioni corazzate né eserciti, sarebbe diventato il più potente dei potenti? Non in bombe, ma in forza morale, civile, culturale e scientifica. Un uomo che è oggi punto di riferimento per tutti coloro che sperano in un avvenire, non di drammi. Non di morte, ma di vita. Non di schiavitù, ma di libertà. Non di disperazione, ma di felicità. Non di ingiustizia, ma di rispetto per la dignità umana. 17 Al di sopra degli arsenali imbottiti di bombe e sulle macerie del Muro di Berlino, sventola idealmente una bandiera luminosa per tutti: credenti e non credenti. Chiunque nel mondo soffra per ingiustizie patite, trova in Giovanni Paolo II un’ancora di salvezza. Una fiaccola accesa di Fede e di speranza, affinché trionfi nel mondo la cultura che vuole gli uomini fratelli in Dio. E’ la totale incapacità tecnologica di prevedere cose del genere che mi dà motivo per essere ottimista. Ed ecco il confronto su cui riflettere: al pessimismo che affonda le sue radici nell’Immanente tecnologico, fa riscontro un grande ottimismo che ha le sue radici nella sfera trascendentale della nostra esistenza. La Scienza è componente fondamentale di questo ottimismo. Essa infatti ha permesso all’uomo, grazie all’esercizio della Ragione più rigorosa, di scoprire, con lo studio dell’Immanente, valori inaspettati (paragrafo II.9). Al pessimismo tecnologico fa quindi riscontro un ottimismo scientifico. Insomma, cosa in realtà accende la mia speranza? Il fatto che, quando eravamo a due passi dal precipizio dell’olocausto nucleare, nessun amico futurologo mi ha saputo predire che sarebbe nata, proprio a casa nostra, nella tanto dimenticata cultura cattolica, la luce nuova che avrebbe illuminato l’alba del Terzo Millennio dando all’Umanità la certezza di potere affrontare e risolvere le Emergenze Planetarie, di cui il Secondo Millennio è stato portatore a causa della più feroce criminalità politica che si sia mai abbattuta sulla Terra. VII.6 Quel Crocefisso nello studio di Pertini Una delle cose più belle della mia vita e stato conoscere Sandro Pertini. Mi invitò al Quirinale perché voleva sapere come mai io avessi portato i fisici europei dal Papa, nonostante il caso Galilei. (1) Ero allora Presidente della European Physical Society (Eps) e Presidente dell’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) ed ero impegnato, 17 con il Giornale Nuovo di Indro Montanelli, in una battaglia culturale per fare capire al grande pubblico i valori della Scienza attraverso le sue conquiste, spiegando cosa di fatto sono queste conquiste. Al Presidente della Repubblica dissi cose che allora erano poco note ma che adesso molti sanno, visti gli anni trascorsi, le conferenze, gli articoli (su giornali e riviste di grande diffusione) e i libri pubblicati, di cui questo è un esempio. A un certo punto il Presidente Pertini mi disse: «Vede, Professore, accade che qualche mio vecchio compagno, venendo qui, mi chieda come mai io ho lasciato quel Crocefisso lì, invece di rimuoverlo dallo studio del Presidente della Repubblica. Gli rispondo che non lo farei mai per due motivi. Primo, perché ho un grande rispetto e una profonda ammirazione per quell’uomo finito sulla

croce per dire cose giuste. Secondo, perché quel Crocefisso è da molti - lei è tra questi, io no - amato e venerato». «E io gliene sono grato» risposi «per averlo lasciato lì.» «Però» aggiunse Pertini «lei dovrebbe dire al Papa, da lei tanto amato, che lei ha un amico ateo.» Cosa che puntualmente riferii al Santo Padre. E Giovanni Paolo II mi disse: «Quando avrà occasione di incontrare il Presidente Pertini gli dica: “Il Papa mi ha detto che lei la Fede ce l’ha negli occhi”». L’occasione arrivò presto. Dopo qualche settimana ricevetti a Ginevra una telefonata dal Quirinale: «Il Presidente la invita alla proiezione del film La sindrome cinese». Dopo la proiezione, il Presidente mi pose alcune domande sui reattori nucleari, e altri invitati presero parte al dibattito. Prima d’andar via sussurrai al Presidente che avevo qualcosa di riservato da comunicargli. E così riferii quanto m’aveva detto del suo ateismo il Santo Padre. Mi prese sottobraccio, salutò tutti e mi chiese di restare ancora un po’. Tra film e discussione s’era fatto molto tardi. Con grande commozione Pertini mi disse che quella frase del Papa lo riempiva di gioia: «Mia madre» aggiunse «era terziaria francescana e io di questo Pontefice ho una grande stima. Lo ammiro per il coraggio, la franchezza e l’onestà del suo agire». Gli raccontai come l’avevo (indirettamente) conosciuto prima di portare in Vaticano il Consiglio di Presidenza dei Fisici Europei. Me ne aveva parlato il rappresentante polacco al Consiglio, di questo coraggiosissimo Cardinale che, a Cracovia, riuniva periodicamente fisici e scienziati per discutere 17 quale verità potesse esserci nel marxismo scientifico (io, nelle mie conferenze, dicevo che il marxismo scientifico è la negazione della Scienza). Fu perché del nuovo Papa conoscevo le preoccupazioni scientifiche - raccontai a Pertini - che proposi al Consiglio di Presidenza Eps di andare in Vaticano. Il Santo Padre ci accolse con entusiasmo e aprì le porte della Chiesa alla Scienza (30 marzo 1979). Raccontai a Pertini quella che è oggi nota come la prima frase di Giovanni Paolo II ai fisici: «Tutto ciò che nasce da un atto d’Amore non deve essere mai punito. Se non compreso, quindi, se appare in errore, quell’atto di Amore deve essere perdonato. Infatti, quando quell’atto d’Amore verrà capito, esso contribuirà ad arricchire la nostra Fede». Esattamente quello che e successo con Galilei, il quale, volendo studiare con un atto d’amore verso il Creato le pietre per scoprire le impronte (Leggi Fondamentali della Natura) di Colui che ha fatto il mondo, non venne capito. Pertini mi disse che dovevo considerare aperte alla Scienza le porte del Quirinale e che potevo contare su di lui per la mia battaglia culturale. Fu così che ebbero inizio i Seminari di Erice sulle Guerre Nucleari e il primo concorso per i migliori studenti d’Italia ricevuti al Quirinale e premiati dal Presidente della Repubblica. Fu pure così che ebbe inizio, grazie a Gianni Letta, Direttore del Tempo (di Roma) la prima pagina di cultura scientifica della stampa italiana il cui successo ha indotto poi il Corriere della Sera (di Milano) e La Stampa (di Torino) a seguirne l’esempio. Non è certo un caso che fu con Sandro Pertini che l’Infn ebbe il Progetto Gran Sasso approvato, lo status dei fisici in missione all’estero equiparato a quello dei diplomatici e altre grandi iniziative incoraggiate e sostenute con un forte aumento del piano quinquennale dell’Infn. Ma la cosa più importante e stata la grande amicizia nata tra Sandro Pertini e Karol Wojtyla. Il Presidente della Repubblica in ogni occasione esprimeva profonda stima e grande affetto verso questo Papa veramente eccezionale. Giovanni Paolo II ha dimostrato la non validità del Teorema di Stalin (chi non ha divisioni corazzate non conta nulla) (2) facendo crollare il Muro di Berlino e diventando - forte, non di divisioni corazzate 17 ma della sua Fede - l’unica bandiera al mondo, simbolo della difesa dei valori della vita e della dignità umana, della famiglia, del lavoro, della solidarietà, della carità e del perdono, per credenti e non credenti. L’ateo Sandro Pertini aveva previsto che questo Papa sarebbe diventato il simbolo del riscatto morale e materiale per tutti coloro che soffrono nel mondo. L’affettuosa e viva amicizia tra Sandro Pertini e Karol Wojtyla è stato il motore dell’azione culturale da me intrapresa negli

anni settanta e che ci porterà nel Terzo Millennio verso la Grande Alleanza tra Scienza e Fede. Alleanza aperta a tutti, anche ai non credenti, alla sola condizione che condividano i valori della Scienza in sintonia con i valori della Fede. Con Sandro Pertini vennero al Quirinale scienziati di tutto il mondo, stimolati a studiare temi che stavano a cuore al Papa e al Presidente più amato dagli italiani. Temi che avrebbero dato vita alle ricerche scientifiche più attente e rigorose sull’identificazione delle Emergenze Planetarie. Emergenze che sono non soltanto le due arcinote Effetto Serra e Buco dell’Ozono, bensì cinquantatré. Sandro Pertini - come ho già detto, figlio di una terziaria francescana - ha lasciato nella nostra memoria un ricordo di profonda stima e grande affetto verso questo Papa, non solo per il suo eccezionale Apostolato ma anche per essere il Capo di uno Stato (il Vaticano) cui la storia aveva sottratto ingenti patrimoni artistico-monumentali, non sempre trasformati (come avrebbe dovuto fare - diceva Pertini - almeno la Repubblica Italiana) in opere utili per la società civile ma abbandonati al degrado. Giovanni Paolo II, questo Papa del perdono chiesto anche a coloro che qualche colpa forse ce l’hanno, ci dà di Pertini il ricordo di un uomo che, pur dichiarandosi ateo, aveva la Fede negli occhi e agiva come un fedele e autentico figlio di Dio. Chissà, nei sedici anni sofferti in prigione per il suo impegno antifascista, quante volte Sandro Pertini sia stato sorretto dal suo amore verso la madre che pregava per lui. NOTE: (1) Il contenuto del paragrafo VIII.2 è stato da me esposto al Presidente Pertini in diverse conversazioni con lui avute al Quirinale. (2) Ricordiamo ai giovani che, negli anni terribili della guerra fredda, anni in cui imperversava nell’Europa dell’Est l’Armata Rossa, Stalin pose la famosa domanda: «Quante divisioni corazzate ha il Papa?». VII.7 Le sette Frasi di Giovanni Paolo II e la Grande Alleanza tra Scienza e Fede Come ho già detto nel paragrafo precedente, il 30 marzo 1979 S.S. Giovanni Paolo II ha aperto le porte della Chiesa alla Scienza 17 incontrando i Fisici europei in Vaticano. Nel corso di questo primo incontro il Santo Padre, riflettendo sul caso Galilei, mi parlò di errore e perdono e mi disse la frase che io riferii a Pertini. Era necessario risolvere il caso Galilei in modo da permettere alla cultura cattolica di riportare a casa i tesori della cultura scientifica galileiana che sono i suoi stessi tesori. Aperte le porte della Chiesa alla Scienza, Giovanni Paolo II pone la Scienza sullo stesso piedistallo di valori della Fede dicendo: «Scienza e Fede sono entrambe doni di Dio» (paragrafo VI.9). Nasce così la più vasta comunità scientifica mai messa assieme da alcun organismo al mondo. Giovanni Paolo II ha dato alla Scienza la forza per difendersi dall’assalto della cultura dominante, distinguendo nettamente tra Scienza (che è studio della Logica del Creato) e Tecnica (che è uso della Scienza, nel bene e nel male). Ed ecco la terza Frase: «L’uomo può perire per effetto della tecnica che egli stesso sviluppa, non della verità che egli scopre mediante la ricerca scientifica». Questa frase permette di distinguere le grandi scoperte scientifiche dalle tecnologie belliche, dall’industrializzazione selvaggia e dalle manipolazioni genetiche. L’impegno di Giovanni Paolo II ha quindi portato il grande pubblico a capire

finalmente la differenza radicale che esiste tra Scienza e Tecnica. Questo forte incoraggiamento del Papa ha dato alla comunità scientifica la forza per uscire dalle torri d’avorio, impegnandosi pubblicamente nei confronti della cultura dominante e contro le sue mistificazioni, pubblicando, nel 1982, il Manifesto diErice firmato, lo ricordiamo, da diecimila scienziati di centodieci nazioni. Agli scienziati di Erice, impegnati nello studio di come superare il pericolo di olocausto nucleare nello scontro tra le due superpotenze (Usa-Urss), Giovanni Paolo II ha detto che anche nell’era dei missili - come ai tempi delle spade - a uccidere è sempre il cuore dell’uomo, come abbiamo visto nel paragrafo VII.3. L’azione congiunta di Giovanni Paolo II e degli scienziati firmatari del Manifesto di Erice ha dato un contributo determinante al crollo del muro di Berlino. Superato il pericolo di olocausto nucleare, il Santo Padre ha dato vita a un’altra azione in seno al grande movimento di scienziati che si era tanto impegnato nello studio del pericolo di olocausto nucleare. Questa nuova iniziativa aveva come obiettivo lo studio delle Emergenze Planetarie. E’ così che la comunità scientifica internazionale, stimolata e incoraggiata da Giovanni 18 Paolo II che dice: «Il volontariato scientifico è una delle forme più nobili di amore verso il prossimo», ha messo in atto il volontariato scientifico realizzando cinquantacinque progetti-pilota in grado di stabilire la possibilità concreta di affrontare e risolvere le Emergenze Planetarie. Grazie a Giovanni Paolo II, la Chiesa oggi dà, all’Umanità tutta, la speranza concreta - se lo vogliono i governi - di poter superare nel Terzo Millennio il pericolo di olocausto ambientale. E’ però indispensabile una nuova forma di amore verso il prossimo: il volontariato scientifico. E infatti il Papa ci dice: «L’amore vince, abbatte le frontiere, spezza le barriere fra gli esseri umani. L’amore crea una nuova società». Su queste basi è possibile costruire nel Terzo Millennio una cultura scientifica che sia in comunione, non in antitesi, con la Fede. Dice ancora il Santo Padre: «La Scienza ha radici nell’Immanente ma porta l’uomo verso il Trascendente». Quanto ciò sia vero lo abbiamo visto nei precedenti capitoli. Il nuovo Rinascimento apre nel Terzo Millennio il cuore dell’uomo alla Speranza e ha le sue radici nella memoria storica del Secondo Millennio che ha visto, grazie alla Chiesa, la rinascita dell’Arte e, grazie a Galileo Galilei, la nascita della Scienza. E’ bene ricordare che, nel corso del Secondo Millennio, la Chiesa ha dato ai grandi artisti del Rinascimento gli strumenti necessari per realizzare ed esprimere la loro genialità. Se oggi l’Italia è la più grande depositaria di opere d’Arte nel mondo, questo lo deve alla Chiesa Cattolica. Come abbiamo visto nei capitoli precedenti, l’esistenza stessa della Scienza la dobbiamo alla cultura cristiana, in quanto Galileo Galilei si dedicò allo studio degli oggetti volgari per atto di Fede nel Creatore. Le prime impronte di Colui che ha fatto il mondo ci hanno portato a scoprire le Leggi Fondamentali della Natura cercate da Galilei negli oggetti volgari. Concludendo, nel corso del Secondo Millennio, le grandi conquiste dell’Arte (Rinascimento) e della Scienza (Galilei) sono dovute alla Fede Cattolica e ai valori della sua cultura. Nel Terzo Millennio sarà la Chiesa l’unica forza in grado di denunciare e affrontare il pericolo di olocausto ambientale. C’è bisogno del nuovo Rinascimento, e che sia già nato ce lo testimonia il Magistero Apostolico di Giovanni Paolo II, che ha dato vita all’azione degli scienziati 18 della World Federation of Scientists (Wfs) per studiare lo stato di salute della Terra in cui abbiamo avuto il privilegio di nascere. Gli scienziati della Wfs hanno studiato lo stato di salute della Terra identificando non due o quattro, bensì cinquantatré Emergenze Planetarie. Il Terzo Millennio, affinché queste possano essere affrontate e risolte, ha bisogno di una cultura scientifica che sia in comunione, non in antitesi, con la cultura di cui è artefice Giovanni Paolo II. Ecco i motivi della Grande Alleanza tra Scienza e Fede.

VII.8 Le porte della società civile restano ancora sbarrate alla vera grande Scienza Gli orizzonti più vasti, nell’Immanente, sono sempre quelli della Scienza. Il passato insegna che i grandi sviluppi concettuali della Scienza sono nati - non dal pensiero astratto - ma dallo stimolo intellettuale che nasce da scoperte scientifiche quasi sempre inaspettate. Ad esempio, quando i nostri bisnonni scoprirono che la velocità della luce non cambia mai - è sempre la stessa, quindi assoluta - sembrava crollasse il mondo. Dov’era finita la relatività del moto intuita da Galilei e sperimentalmente dimostrata con tanti esperimenti? Risposta. Dietro questa scoperta paradossale stava il fatto che il Tempo - quella quantità che si misura con l’orologio - non è a sé stante e indipendente. Il Tempo è legato allo Spazio. L’idea di fondere lo Spazio e il Tempo in un’unica realtà fisica non era venuta in mente a nessun pensatore nel corso dei diecimila anni che ci separano dall’alba della Civiltà. Eppure noi siamo fatti di Spazio-Tempo. Come se non bastasse, questa miscela non può essere con le due quantità, Spazio e Tempo, entrambe reali. Una deve essere immaginaria. E se volessimo una realtà, in cui questi due concetti fossero diversamente trattati, ebbene, in quella realtà scopriremmo che un fiammifero non potrebbe accendersi. Il fuoco del fiammifero è trasformazione di Massa in Energia. Questa trasformazione non potrebbe avvenire se il Tempo non fosse legato allo Spazio, come detto. Le applicazioni tecnologiche di questa grande conquista scientifica sono sotto gli occhi di tutti: satelliti, computer, elettrodomestici, 18 tecnologie mediche avanzate, Tv, per non parlare dell’energia elettrica di origine nucleare e delle sue innumerevoli applicazioni. La Tecnologia va distinta nettamente dalla Scienza. Più la ricerca scientifica è apparentemente lontana dalla realtà che ci circonda, più grandi saranno le sue conseguenze nel futuro. Esempio. Cent’anni fa il grande Joseph John Thomson studiava, con uno speciale strumento, le proprietà della prima particella elementare nota: l’elettrone. Se qualcuno gli avesse chiesto a cosa servivano quegli studi, egli avrebbe risposto in modo tale da lasciare l’intervistatore convinto che quelle ricerche erano troppo astratte per essere di interesse per la società. Quello strumento con il quale lavorava Thomson - detto tubo a raggi catodici - è adesso in ogni casa: il tubo della televisione. Oggi sugli orizzonti della Scienza c’è la ricerca del Supermondo. Esiste o no? (3) Secondo noi, per rispondere a molti quesiti irrisolti della problematica scientifica più avanzata, il Supermondo deve esistere. Quindi devono esistere anche le Superstelle che però non possono essere visibili come le Stelle, per un motivo molto semplice. Le Stelle che noi osserviamo nel cielo in una notte limpida sono visibili in quanto la materia che fa le Stelle si infiamma di fuoco nucleare: come fa il nostro Sole. La Supermateria non si infiamma di fuoco nucleare e quindi non potremo mai vedere le Superstelle. Però se esistesse la Supermateria, allora il problema della Massa mancante dell’Universo verrebbe risolto. E adesso al dunque. Quali conseguenze tecnologiche potrebbe avere la scoperta della Supermateria? Risposta: difficilmente immaginabili oggi, come lo era il tubo a raggi catodici ai tempi di Thomson. Se adesso ci limitiamo alle invenzioni che possono scaturire da cose scientificamente note, il discorso si semplifica molto. Infatti, potrebbe sembrare che la nostra società abbia dedicato una particolare attenzione allo studio delle applicazioni tecnologiche utili per l’uomo. E invece non è così. Quasi tutte le realizzazioni tecnologiche di Pace sono scaturite non da studi mirati a scopi di Pace ma dal fatto che, per puro caso, negli enormi sforzi tecnologici di 18 guerra, qualcosa trovava la possibilità di essere applicata a scopi di Pace. Se l’uomo avesse avuto come obiettivo lo sviluppo tecnologico per scopi di Pace e di Progresso, chissà quante conquiste sarebbero già realtà. Ecco un paio di esempi. L’uso dei microcomputer a livello domestico potrebbe già essere una realtà sicura. Con un

enorme aumento della sicurezza casalinga. Un’alta percentuale di incidenti avviene tra le pareti domestiche per errori dovuti a distrazione, che sparirebbero, se affidassimo la nostra memoria quotidiana a un piccolo computer. Gli aerei potrebbero già essere costruiti con tecnologie molto più avanzate di quelle esistenti: basti vedere l’enorme differenza che c’è fra l’Aeronautica Civile e quella Militare. Io sono stato impegnato in questi ultimi anni in un progetto di ricerche tecnologiche mirate esclusivamente a scopi civili. I risultati del mio progetto dimostrano che - se fossimo una società al passo con la Scienza - dovremmo metter su un grande Progetto Manhattan interamente mirato a scopi di Pace e di Progresso. Ed ecco una delle numerose conclusioni alle quali siamo pervenuti nel settore della microelettronica. La ricerca tecnologica per sistemi basati su microelettronica a livello quasi molecolare ha potenzialità inimmaginabili e grandi conseguenze nel settore della medicina avanzata. Vediamolo con qualche esempio. Le ricerche per realizzare organi artificiali sono appena ai primi passi. La medicina, grazie alle grandi conquiste della Scienza, ha saputo tagliare il traguardo di rendere possibile come abbiamo già detto - la sostituzione di un organo malato con un altro organo sano. Questo però dovremmo saperlo fare non usando organi naturali, bensì organi artificiali. La tecnologia moderna potrebbe affrontare e risolvere questo problema in tempi brevi. Se sapessimo toccare i tasti giusti nel codice genetico potremmo liberarci di tante malattie. Se sapessimo stimolare correttamente il nostro sistema immunitario di difesa potremmo fare a meno dei medicinali (che sono sempre con effetti collaterali più o meno pesanti) e permetteremmo al nostro organismo una difesa senza precedenti nell’affrontare i numerosi malanni che attualmente ci affliggono. Il progresso tecnologico ha come fulcro le scoperte scientifiche. Se noi ci fermassimo nello studio della Logica del Creato (è questa la vera Scienza) si bloccherebbero le possibilità di studiare le applicazioni 18 tecnologiche delle nuove scoperte scientifiche per il semplice fatto che di scoperte scientifiche non ce ne sarebbero più. Cosa la Scienza può scoprire lo abbiamo appena accennato. Però il passato insegna che, rispetto a ciò che noi scienziati sappiamo prevedere, quando arriva una scoperta scientifica inattesa (e ce ne sono state tante da Galilei in poi) il suo valore batte per dieci a zero ciò che avevamo previsto. E’ stato sempre così. Il futuro dipende quindi dal coraggio che avrà la nostra società nell’aprire le sue porte alla vera grande Scienza. Investendo risorse notevoli - non briciole - nella ricerca scientifica pura: vero motore di progresso tecnologico, quindi civile e sociale. La società civile in cui viviamo è ancora lungi dal poter dire di avere aperto le sue porte alla Scienza, come ha fatto la Chiesa il 30 marzo 1979. Ci siamo voluti limitare al problema dei finanziamenti per mettere in evidenza quanto chiuse siano le porte della società civile alla Scienza. In effetti, se studiassimo la struttura organizzativa, legale, sociale del nostro vivere quotidiano non potremmo fare a meno di concludere che per la società civile è come se la Scienza non fosse mai stata scoperta. E’ come se Galileo Galilei non fosse ancora nato. La comunità scientifica è quindi grata a Giovanni Paolo II per aver spalancato le porte della Chiesa alla Scienza. Cosa, ripetiamo, che la società civile non ha ancora fatto. Se lo avesse fatto non ci troveremmo con le cinquantatré Emergenze Planetarie. NOTE: (3) La risposta la conosce soltanto Colui che ha fatto il mondo, come abbiamo già discusso nel paragrafo V.11.

VII.9 La responsabilità degli scienziati: passato e futuro La cultura dominante ha fatto credere a tutti che le bombe nucleari e l’industrializzazione selvaggia siano conseguenze ineluttabili del progresso scientifico. Il grande pubblico ne deduce che sarebbe meglio smetterla con la Scienza. Noi scienziati sappiamo bene come stanno le cose: le bombe nucleari e l’industrializzazione selvaggia nascono dall’imperversare della violenza politica. Il padre della bomba che distrusse Hiroshima e Nagasaki è Hitler. Fu lui a volere il primo progetto per trasformare in ordigno di guerra una grande scoperta scientifica: la fissione nucleare. E fu Stalin a partire per primo con il progetto della tremenda bomba a fusione nucleare: 18 la terribile bomba-H. ancora una volta, un’altra grande scoperta scientifica - la fusione nucleare - trasformata in ordigno di guerra. L’industrializzazione selvaggia ha portato alle cinquantatré Emergenze Planetarie, il cui motore è la sete di potere economico, politico e sociale. Il capitalismo che dimentica i valori della vita e della dignità umana è un insulto alla Scienza e ai suoi valori. La Scienza non fa bombe né produce Emergenze Planetarie. La Scienza fa esperimenti per capire la Logica seguita da Colui che ha fatto il mondo. E’ sempre stata la violenza politica - aiutata dalla cultura dominante - a decidere le priorità per le applicazioni tecnologiche delle grandi scoperte scientifiche. La raccomandazione che vorrei proporre all’uomo del nostro tempo è di riflettere per distinguere nettamente tra Scienza e Tecnica. La Scienza permette all’uomo di sentirsi veramente fatto a immagine e somiglianza del Creatore. La Tecnica va invece posta sotto il controllo etico-morale affinché siano per sempre cancellati gli studi tecnologici che negano la vita e che offendono la dignità umana. La riflessione per noi scienziati riguarda un nuovo senso di responsabilità. La Scienza non ha mai avuto alcun potere di natura politica. Il primo fisico che immaginò l’unificazione dei fenomeni fondamentali (Matvej Petrovi¼c Bron¼stein) fu condannato a morte da Stalin in quanto non aveva voluto piegarsi alla sua ideologia. Il padre della fisica quantistica, Max Planck, ebbe ucciso il figlio dai nazisti come ritorsione perché non aveva voluto collaborare al progetto per la prima bomba nucleare della storia. Il padre della superfluidità, Pëtr Kapitza, visse sul lastrico con la famiglia per avere rifiutato di dirigere il progetto sovietico per la prima bomba a fusione nucleare. Sono solo tre esempi per ricordare che la Scienza ha pagato grossi tributi di sangue per opporsi alla violenza politica. Le applicazioni tecnologiche delle scoperte scientifiche sono sfuggite sempre e totalmente - al controllo della Scienza. Ebbene la comunità scientifica internazionale dovrebbe avere il coraggio di dire basta. Il primo segno di una ferma volontà in questa direzione è venuto con il Manifesto di Erice. Dalle parole bisogna adesso passare ai fatti respingendo responsabilità che mai sono state nostre: ecco la raccomandazione per i miei colleghi scienziati. E per l’uomo moderno affinché rifletta su Scienza e Tecnica. Noi scienziati non abbiamo mai avuto né abbiamo alcun potere 18 decisionale sulle scelte applicative. Il nostro potere è solo quello di sapere formulare progetti per capire la Logica del Creato. C’è bisogno di una Grande Alleanza tra Scienza e Fede affinché possa nascere una nuova era fondata sui valori della nostra esistenza. Valori sui quali ci ha illuminato l’Apostolato di Giovanni Paolo II. Per intervenire nelle scelte politiche è necessario dare più forza alla Scienza e alla sua grande alleata: la Fede. Dobbiamo immensa gratitudine, come uomini e come scienziati, a questo grande Papa, che ha saputo affrontare con coraggio i problemi più scottanti della cultura cosiddetta moderna. Cultura che, come abbiamo visto, resta ancorata al linguaggio e non ha aperto le sue porte né alla Logica né alla Scienza. La nostra epoca, se non fosse stato per Giovanni Paolo II, avrebbe corso il rischio di passare alla storia come quella in cui vissero i barbari del 2000. Coloro cioè che imbottirono il pianeta di bombe, vivendo di una cultura fatta di equilibrio del terrore (Mad) e di menzogne. La più clamorosa è quella che pretende essere la Scienza nemica della Fede. Ebbene, se oggi è possibile sperare e lavorare affinché

diventi realtà la Grande Alleanza tra Scienza e Fede, questo lo dobbiamo a Giovanni Paolo II, che ha gettato le basi culturali per risolvere le Emergenze Planetarie. Questo Papa, che passerà alla storia come il più grande Apostolo della Chiesa di tutti i tempi, ha dato contributi straordinari all’umanità, per la salvezza della quale è necessaria la Grande Alleanza tra Scienza e Fede. Su questa Alleanza Giovanni Paolo II ha impegnato la sua opera di Apostolo cui stanno a cuore non solo uno o due, bensì tutti i numerosi drammi che affliggono l’umanità. Drammi e problemi che il Santo Padre ha saputo proiettare nel Terzo Millennio, tracciando la via della salvezza: per ciascuno di noi, credente o non credente.18 VIII. Dalla scienza una nuova speranza VIII.1 Le persone semplici Questo capitolo ha lo scopo di passare in rassegna i punti cruciali su cui la cultura dominante ha maggiormente insistito per togliere all’uomo del nostro tempo la Fede nel Trascendente, facendogli credere che l’atto di Fede sia in contrasto con le massime conquiste intellettuali dell’era moderna: la Logica e la Scienza. Alcuni di questi punti sono stati già discussi nei capitoli precedenti e a essi faremo brevi cenni di riferimento. Altri sono nuovi. Il tutto viene trattato in modo unitario, al fine di presentare un quadro completo in cui la Scienza appare nelle sue vere e profonde caratteristiche: sorgente di una nuova speranza per tutti, credenti e non credenti. Il perché di questo capitolo lo si può capire ricordando gli argomenti che la cultura dominante ha presentato quali capisaldi indiscutibili contro la Fede. Indiscutibili in quanto presentati come fossero traguardi di Logica e di Scienza. Le persone semplici vanno alla radice dei concetti fondamentali. In fondo, ciò che noi pensiamo, dopo aver letto tanti libri, non corrisponde alla proiezione che quei libri hanno nelle menti delle persone semplici. Loro sentono dire, non sempre leggono. Ed ecco alcuni esempi. - Karl Marx ha detto che la religione è l’oppio dei popoli; la Chiesa ha condannato Galilei, quindi deve essere vero che la Scienza e la Fede sono in antitesi. - Darwin ha scoperto che l’uomo e la scimmia hanno lo stesso antenato, quindi è assurdo credere in Colui che ha fatto il mondo. - Un tempo la Terra era al centro del mondo. Il Sole, la Luna, le Stelle sembrava le ruotassero intorno; adesso la Scienza ha scoperto 19 che noi siamo in un angolino sperduto della Galassia. Sperduto e dimenticato. E’ pertanto assurdo credere in Colui che ha fatto il mondo. - L’uomo ha sempre cercato nelle cose visibili un’ancora di sicurezza. Una volta c’erano le Stelle fisse. La loro immobilità testimoniava la potenza infinita del Creatore. Adesso la Scienza ha scoperto che nulla sta fermo in cielo. Tutto si muove. Le Stelle nascono e muoiono. E l’uomo ha perso quest’ultima speranza. Così non è. E infatti sta nella Logica del Creato la vera grande ancora cui saldamente legare le radici della nostra esistenza, nell’Immanente. Logica del Creato vuol dire Scienza, il cui padre è Galileo Galilei. VIII.2 Il caso Galilei Il caso Galilei è ancora cronaca. Dobbiamo aspettare qualche migliaio di anni per avere, di esso, una lettura fedele. In gioco non c’è una delle numerose manifestazioni in cui si estrinseca l’esistenza di questa forma di materia vivente detta uomo. C’è ben altro.

Si perde nella notte dei tempi l’invenzione del Linguaggio (ne abbiamo parlato nei paragrafi II.11 e VI.9). Con il paradosso del bugiardo, l’uomo scopre che è necessario fare attenzione nel costruire un ragionamento, grazie all’uso, apparentemente corretto, del Linguaggio stesso. E’ così che nasce la Logica, tremila anni fa circa (vedi paragrafo VI.6). Non però la Scienza. Per avere un’idea di cos’è il ben altro sopra citato, bisogna dare uno sguardo alla tecnica pre-galileiana, allo studio degli astri prima di Galilei e all’attenta analisi della Logica del Creato su cui si erano cimentati (senza fare mai un esperimento) gli intelletti, anche i più potenti e acuti di tutte le civiltà. Da quando esiste la vita per questa nostra specie, ci sono state le Stelle, il Sole, la Luna, il firmamento, la ruota, il fuoco, le piume e anche le pietre che sono sempre cadute dall’alto verso il basso. Lo spettacolo della vita di ogni giorno era dinanzi agli occhi di tutti ma nessuno riusciva a trovare il filo logico corretto che potesse connettere tutti questi fenomeni, apparentemente diversi e senza alcun legame. 19 Per migliaia di anni l’uomo era rimasto inchiodato su una tecnologia che aveva solo due grandi invenzioni: la ruota e il fuoco. Il motivo di questa paralisi era dovuto al fatto che né il fuoco né la ruota né le pietre che cadono sempre dall’alto verso il basso né le piume, che invece restavano sospese nell’aria, erano stati capiti quali dettagli che derivano da una rigorosa Logica del Creato. La tecnologia dell’era pre-galileiana si muoveva come un uomo di notte in una foresta sconosciuta. Tentava e ritentava vagando al buio nella foresta. La tecnologia moderna si muove su binari sicuri: le forze e le strutture fondamentali che reggono tutta la realtà dal milionesimo di miliardesimo di centimetro a miliardi di miliardi di chilometri: dal cuore di un protone ai confini del Cosmo. Ecco il motivo delle innumerevoli applicazioni tecnologiche che hanno trasformato il mondo. Galilei non è solo grande per le sue straordinarie scoperte astronomiche (macchie solari, montagne della Luna, fasi di Venere, satelliti di Giove, anelli di Saturno) ma per avere scoperto le prime impronte di Colui che ha fatto il mondo: il principio d’inerzia, la relatività del moto, l’equivalenza tra massa inerziale e massa gravitazionale. Galilei ha misurato l’accelerazione di gravità inventando il piano inclinato, usando cioè un pezzo di legno e una pietra. E come orologio il battito del cuore. Ancora oggi sorprende la velocità con cui cadono le pietre: troppo veloci per essere misurate. E invece no. Il piano inclinato permette di rallentare il moto di caduta tanto quanto si vuole. E le misure si fanno senza difficoltà. Le avrebbero potute fare i greci, quelle misure. Per fare quelle misure era stato necessario riconoscere che la realtà a noi vicina aveva almeno la stessa dignità culturale della realtà celeste. Realtà celeste che non permette di fare esperimenti. Non possiamo prendere una Stella, accenderla e spegnerla quando e come ci pare. Possiamo invece prendere una candela e fare tutti gli esperimenti che vogliamo sulla sua luce. Fare un esperimento però vuol dire arrendersi dinanzi alla difficoltà di capire qualcosa osservandola e usando la ragione. Perché arrendersi? Non basta osservare un fenomeno (ad esempio le pietre che cadono sempre dall’alto verso il basso) e ragionarci sopra? Perché misurare la velocità con cui cade una pietra? A cosa serve? Forse non siamo abbastanza intelligenti per arrivare alla conclusione 19 definitiva sul significato proprio di quella caduta, sempre dall’alto verso il basso? E poi perché umiliarsi al punto di studiare un oggetto volgare qual è una pietra? Non è forse più degno della nostra potenza intellettuale studiare la realtà celeste? Chi avesse detto: nel cielo non si possono fare esperimenti, avrebbe avuto come risposta: e che bisogno c’è di esperimenti? Non basta la potenza del nostro intelletto per trovare le risposte corrette? La realtà a noi vicina permette di porre domande a Colui che ha fatto il mondo, la realtà celeste no. Pietre e cielo sono due realtà diverse. La potenza intellettuale della specie umana deve misurarsi con la realtà celeste - pensavano i pre-galileiani - non

con la realtà materiale alla portata di tutti. La realtà celeste è vero che non permette di fare esperimenti. Ma questa proibizione porta con sé un messaggio: proibito in quanto inutile. E’ ovvio che con la realtà terrestre si possono fare esperimenti ma è la realtà celeste a dirci che sono inutili. Sembrava fosse proprio questo il messaggio che ci dava la realtà celeste: non è possibile fare esperimenti perché non serve a nulla arrendersi. Basta la potenza della nostra ragione per capire l’Immanente: le pietre e le stelle. Restando però la realtà celeste l’unica depositaria della verità. Risalgono infatti ai tempi della civiltà greca i primi studi in cui il cielo viene trattato in modo razionale e quanto più possibile rigorosamente logico. Questa avventura intellettuale inizia seicento anni prima di Cristo e va avanti per oltre due millenni fino a Galilei. Il primo fu Talete che portò in Grecia (viaggiava molto) le osservazioni degli egizi. Talete era convinto che bastava osservare il cielo (i suoi fenomeni) e riflettere in modo logico per capire tutto. Cent’anni dopo Talete arriva Pitagora (di Samo). Pitagora pensa che si possa capire tutto sulla base delle proprietà dei numeri: dimensioni, distanze, proporzioni di fenomeni celesti hanno la loro radice logica nelle loro proprietà numeriche. L’idea di Pitagora è quella di associare fenomeni celesti a numeri. Pitagora aveva ragione a entusiasmarsi ragionando con i numeri. E infatti Pitagora scoprì che usando uno qualsiasi dei numeri noti e dividendolo per un altro qualsiasi dei numeri noti non era possibile ottenere un numero di tipo nuovo, mai prima concepito, totalmente estraneo a 19 tutti i numeri ottenibili prendendone due qualsiasi di quelli noti e dividendoli tra di loro. Eppure questi nuovi numeri esistevano. Esempio: quel numero che moltiplicato per se stesso fa due. Lo scoprì Pitagora. Nessuno saprà mai calcolare, nemmeno oggi, quanto esattamente fa. Incredibile, eppure vero. Noi conosciamo il numero due, quel semplicissimo numero che si ottiene sommando uno più uno. Ed ecco la grande scoperta. Non riusciremo mai a sapere il valore del numero che moltiplicato per se stesso fa due. Esso è circa 1,4 e più esattamente: 1,4142136... I puntini indicano numeri senza alcuna regolarità; il numero nuovo scoperto da Pitagora non è possibile ottenerlo provando a dividere l’infinità dei numeri interi e razionali tra di loro. (1) Pitagora scopre il primo esempio di numero irrazionale. Quanti ce ne sono? Un’altra enorme infinità. E infatti il primo esempio scoperto da Pitagora, cioè il numero che moltiplicato per se stesso dà come risultato quel semplicissimo numero che è il numero due, è l’inizio di una nuova avventura intellettuale. Di numeri dello stesso tipo di quello scoperto da Pitagora ce ne sono un’infinità. Pitagora si entusiasmò moltissimo nello scoprire che esistono numeri i quali non possono essere ottenuti dividendo l’infinità dei numeri interi e razionali. L’entusiasmo per queste scoperte fece immaginare a Pitagora che dovesse esistere un’armonia dell’Universo, basata sui numeri. Ritorniamo a Talete. Tra i due c’è un legame. Talete osserva il cielo e riflette in modo logico su ciò che riesce a osservare. Pitagora osserva il cielo e cerca di associare ciò che osserva a quantità numeriche. Arriva Platone e osservando il cielo cerca di dedurne proprietà geometriche. Infatti tutto sembra girare attorno a noi in modo geometricamente perfetto. Aristotele, discepolo di Platone, cerca in tutti i modi di trarre il massimo dalla riflessione logica sulle osservazioni, non solo del cielo ma dei fenomeni fisici più svariati, senza però mai bussare alla porta di

Colui che ha fatto il mondo. 19 Aristotele domina per duemila anni i tentativi fatti dall’uomo per capire, nell’Immanente, da dove veniamo, di cosa siamo fatti e dove andiamo. Senza che mai nessuno sentisse il bisogno di bussare alla porta del Creatore. Si arriva così a Galileo Galilei. Dicevamo: non basta nell’Immanente ragionare. Non basta affidarsi alla pura logica, come pensava Talete. Né basta approfondire la logica legandola a quella dei numeri, come pensava Pitagora. Né basta la logica della geometria, come pensava Platone. Né basta approfondire questi pensieri mettendo insieme tutto, come pensava Aristotele. Tutto ciò non basta. C’è bisogno di bussare alla porta del Creatore. Perché? Tra le tante strade logicamente rigorose solo una (paragrafo I.1) è stata scelta: questa la possiamo scoprire, non inventare; scoprire, bussando alla porta e chiedendo: Tu cosa hai fatto? Esempio: l’Antimateria c’è o no? Il protone si rompe o no? Le Colonne Fondamentali sono due, tre o quattro? Le Forze Fondamentali quante sono? Risposte: l’Antimateria c’è. Il protone non si rompe. Le Colonne Fondamentali sono tre. Le Forze Fondamentali sono tre. E se così non fosse stato, sarebbe ancora possibile costruire il mondo in modo rigorosamente logico? Risposta: sì. Però noi non saremmo qui. Né il Cosmo sarebbe così com’è. Einstein diceva: «Io vorrei sapere se Dio nel fare il mondo aveva o no altre scelte». A questa domanda si può solo rispondere bussando alla Sua porta e chiedendoglielo. Ecco l’insegnamento di Galilei. Che possano esistere altre strade, altre scelte per fare mondi diversi dal nostro, nessuno può escluderlo. A me interessa capire questo nostro mondo, questo nostro universo. E’ un compito arduo, affascinante, lungi dall’essere arrivato al traguardo. Il fascino della Scienza sta nell’infinita sorgente di nuovi concetti che vengono fuori bussando alla porta di Colui che ha fatto il mondo. Questo mondo ha nel suo seno il fascino del sempre nuovo. Chi avrebbe saputo immaginare che l’atomo di Democrito non è l’ultimo pezzettino di materia? L’ultimo che non si può rompere perché non è fatto d’altro? Colui che ha fatto il mondo ha deciso 19 che l’ultimo pezzettino di materia non si può rompere più, anche se è fatto di tante cose. Talmente tante che rappresentano uno straordinario universo, pur se dentro al cuore di un protone: l’Universo Subnucleare. (2) Lo abbiamo scoperto bussando alla porta, non ragionando e basta. E nemmeno ragionando in modo matematicamente rigoroso, usando quindi la logica dei numeri, la logica delle figure geometriche o altre logiche, ma bussando alla porta. Ecco la grande scoperta galileiana. Bisogna sapere bussare alla porta del Creatore e chiedergli: Tu qui, in questo particolare caso, cosa hai scelto? E’ così che l’uomo scopre le prime impronte del Creatore arrivando, dopo appena quattrocento anni da Galilei, a formulare l’ipotesi del Supermondo. Abbiamo già avuto modo di parlare delle grandi scoperte galileiane. Una breve sintesi servirà forse a capire l’enorme importanza delle scoperte ottenute da chi ha avuto il privilegio di essere il primo ad aprire il Libro della Natura. 1) L’universalità del moto (paragrafi V.11 e VI.11). Tutti i movimenti sono aspetti diversi della stessa entità fisica - il moto - senza che particolari tipi di moto siano legati a proprietà speciali come quelle dei corpi celesti. I movimenti rotatori non sono privilegio dei corpi

celesti né quelli rettilinei sono tipici dei corpi sublunari. Insomma, il mondo sublunare assurge alla stessa dignità della realtà celeste. 2) Il Principio di Relatività (paragrafi III.2 e VIII.6). Muoversi a velocità diverse, purché costanti, non produce alcun effetto fisico misurabile. 3) Il Principio di Inerzia (paragrafi II.7 e V.9). Se un oggetto si muove e se non c’è attrito, quel movimento continuerà sempre. Non sappiamo chi sia l’inventore della ruota. Fu Galilei a capirne il principio: se riduci l’attrito cammini gratis. Ecco 19 perché si mette l’olio nel motore. Se la legge del moto fosse stata quella aristotelica (forza proporzionale alla velocità) (3) sarebbe uno spreco inutile mettere l’olio nel motore, in quanto non sarebbe l’attrito a rallentare il moto. 4) Galilei, grazie alla scoperta del Principio di Relatività e del Principio di Inerzia, libera la Terra dall’incubo di dovere stare ferma al centro del mondo. Prima di Galilei si pensava che, se un corpo materiale si muove, ci deve essere una forza che lo spinge. Movimenti con velocità diverse non potevano avere nulla in comune in quanto erano concepiti come entità sottoposte a forze diverse. Galilei scoprì che la forza serve per cambiare velocità. Se un oggetto è fermo, debbo applicargli una forza affinché inizi a muoversi. Una volta in moto, posso staccare la forza e, se non c’è attrito, quell’oggetto non si fermerà più. Ce lo assicura il Principio di Inerzia. Il Principio di Relatività ci assicura che, se ci trovassimo nel salone di una nave, non sapremmo dire se essa è ferma al Porto di Livorno o in viaggio su mare piatto. Non serve a nulla essere fermi al centro del mondo. Velocità costante zero equivale a velocità costante qualsiasi. Ci si può muovere a velocità costante e non c’è privilegio alcuno ad avere una velocità invece di un’altra. 5) L’esperimento piuma e martello (paragrafo II.2). Sulla Luna, dove non c’è aria ma vuoto, piuma e martello devono cadere in moto identico. Oggetti leggeri e pesanti cadono come se le loro masse non entrassero in gioco. La massa che si oppone al moto (massa inerziale) e quella che subisce l’accelerazione gravitazionale (massa gravitazionale) sono identiche. Trecentocinquant’anni dopo si capisce perché: la massa è curvatura dello spazio-tempo. Come dire: ricordiamoci che mangiando spaghetti stiamo masticando concentrato di spazio-tempo. 6) L’invenzione del piano inclinato (paragrafo II.1). Fu così che Galilei misurò l’accelerazione di gravità. Senza questa misura Newton non avrebbe potuto scoprire che la Luna cade come 19 una qualsiasi pietra, obbedendo alla stessa legge di attrazione gravitazionale valida qui sulla Terra e anche nei cieli. 7) Le orbite dei satelliti del Sole (paragrafo III.3). Che dovesse essere la Terra a girare a trottola e attorno al Sole, lo aveva già capito Aristarco. Nel corso dei duemila anni trascorsi da Aristarco a Galilei nessuno però aveva saputo rispondere alle obiezioni sollevate da coloro che volevano la Terra immobile al centro del mondo. La teoria di Copernico avrebbe fatto la stessa fine di quella di Aristarco se non fosse arrivato Galilei. Fu lui a sapere rispondere a tutte le obiezioni usando l’umiltà intellettuale della verifica sperimentale. Il padre della Scienza pensò che le orbite dei satelliti dovessero essere cerchi perfetti in quanto il cerchio era la figura geometrica ideale. E le antiche misure astronomiche sembravano confermare questa ipotesi. Fu un astronomo danese (non professionista, dilettante), Tycho Brahe, a eseguire le prime misure di alta precisione. Misure che indussero Keplero a concludere che le orbite dovevano essere ellittiche. Le ellissi sono cerchi schiacciati. Galilei pensava che il Creatore non avrebbe potuto non scegliere figure geometriche perfette e morì convinto che le orbite non potevano essere ellittiche ma perfettamente circolari. Come vedremo alla fine di questo paragrafo, è con le orbite ellittiche che si chiude il caso Galilei.

La scoperta della Scienza è di appena quattro secoli fa. Ecco perché dicevamo prima di non essere ancora in storia ma in cronaca. Come mai non ci fosse arrivato nessuno prima, è oggi al centro dell’attenzione di studiosi e specialisti. (4) C’erano infatti tutti gli strumenti a portata di mano. Il Linguaggio, la Logica e gli oggetti volgari. Noi pensiamo che mancasse solo la Fede nel credere che quegli oggetti volgari dovessero essere depositari di una straordinaria dignità culturale: le impronte di Colui che ha fatto il mondo. Queste impronte erano e sono le Leggi Fondamentali della Natura: scritte con il rigore del linguaggio matematico. Siamo dinanzi alla più grande scoperta di tutti i tempi, nello studio dell’Immanente. 19 Galilei osservava le cose del mondo con l’umiltà di chi le considera doni di un Essere a noi superiore. Non con l’arroganza di chi ritiene l’intelletto umano il centro di tutto il sapere, come avevano preteso fino ad allora gli esponenti della cultura dominante dei precedenti millenni. C’è chi sostiene che la Scienza sia nata dalla curiosità. Questo non spiega però come mai nel corso dei diecimila anni trascorsi dall’alba della civiltà a Galilei questa curiosità non abbia saputo far nascere la Scienza. Tocca a noi, scienziati credenti, ricordare con chiarezza come stanno le cose con le origini della Scienza. Per vedere se l’esercizio di questa attività implichi la pratica dell’Ateismo. E’ nel seno della Chiesa di Cristo che ha avuto origine la Scienza. Essa non è nata nella cultura del Caos né in quella dell’Ateismo. Era necessario amare la Natura per considerare le pietre oggetti degni di studio. La millenaria arroganza culturale aveva sempre disprezzato ciò che non era un puro prodotto di intelletto. Galilei dimostrò invece che solo l’umiltà intellettuale ci avrebbe permesso di leggere e di decifrare quella grande opera. Umiltà che poteva solo nascere dalla convinzione che financo un minuscolo granellino di polvere dovesse essere opera di Dio. Allora non poteva che essere un atto di Fede. Oggi è una realtà scientifica. Galilei studiava le cose vicine e lontane. Fuori c’erano gli astri. E lui scoprì le macchie solari, le montagne della Luna, le fasi di Venere, i satelliti di Giove, gli anelli di Saturno, come abbiamo già visto: smantellando il credo aristotelico, in base al quale il mondo degli astri doveva essere perfetto e immutabile. Vicino a noi c’erano le pietre. E lui trovò le prime impronte che abbiamo descritto e che ci hanno fatto scoprire le Tre Colonne e le Tre Forze portandoci alla soglia del Supermondo. Ai pensatori pre-galileiani non mancavano né pietre né spaghi né tavole di legno: gli strumenti con cui Galilei scoprì la Scienza Moderna. Eppure qualcosa doveva mancare loro se è vero, come è vero, che sono trascorsi più di duemila anni per arrivarci: da Talete a Galilei. A essi mancò l’umiltà intellettuale che solo l’amore verso la natura può dare. Di questo amore Galilei fu il grande sacerdote. Chi avrebbe mai detto che un granello di polvere sarebbe stato degno di studio! Eppure, oggi sappiamo che in esso ci sono miliardi di miliardi di protoni, neutroni ed elettroni. E sappiamo anche che ciascuna di queste particelle è una incredibile miniera di 19 cose nuove. Tutte sottoposte al rigore della Logica di Colui che ha fatto il mondo. Logica che opera nel piccolissimo, esattamente come se tutto, anche il più sparuto angolo dell’Universo, dovesse rispondere a un preciso e inconfondibile disegno. Sapendo queste cose è difficile sostenere che la natura sia opera del Caos (paragrafo VI.11). Diceva Galilei: le Sacre Scritture sono la parola di Dio, la Natura è la Sua opera. E infatti abbiamo visto nel paragrafo II.9 che la Scienza è sorgente di valori. La Scienza non ammette bugie, violenze, razzismo, arroganza. Uno scienziato che manipolasse i risultati di un esperimento; che volesse usare la forza per imporre le sue teorie; che si rifiutasse di accettare una scoperta in quanto fatta da un individuo di razza diversa dalla sua; che respingesse il dialogo con i colleghi, pretendendo di sapere lui tutte le verità: uno scienziato del genere non avrebbe alcuna credibilità scientifica. Un uomo così non potrebbe essere uno scienziato.

La Scienza, nata nel cuore della cultura cristiana, non ha mai tradito, nel suo enorme sviluppo, la Fede di colui che l’ha scoperta. Oggi infatti la Scienza rappresenta il pilastro principale per chi volesse dimostrare che la Natura è opera di Dio. Come aveva detto Galilei. L’interpretazione atea della Scienza deve spiegare perché questa irripetibile conquista dell’intelletto umano ha avuto bisogno dell’atto di Fede nel Creato. Questa spiegazione, il pensiero ateo non potrà mai darla. Per il semplice fatto che l’ateismo non accetta che esista il Trascendente. Il punto di vista ateo è terribilmente limitato e senza vie d’uscita. Se non esiste il Trascendente, non ha senso l’atto di Fede. Se non ha senso l’atto di Fede, non può venir fuori la scoperta della Scienza. Passiamo all’interpretazione trascendentale. La più grande scoperta dell’umano intelletto, nell’Immanente, nasce da un atto di Fede nella Logica del Creato. E si chiude con un atto di Fede: Galilei morì, come sappiamo, convinto che le orbite dei satelliti del Sole non potessero essere ellittiche. NOTE: (1) Vedi L’Infinito (1° edizione Rizzoli, 1988), ora Pratiche Editrice (1998). (2) A. Zichichi in Subnuclear Physics - The First Fifty Years, a cura di O. Barnabei, P. Pupillo e F. Roversi Monaco, pubblicato dall’Università e dall’Accademia delle Scienze di Bologna, nell’ambito delle Celebrazioni Galvaniane, 1998. (3) Fu Galilei a scoprire che la forza è proporzionale non alla velocità ma all’accelerazione. (4) Il lettore interessato può consultare Le Secret de l’Occident di D. Cosandey, Arléa, Paris 1997. VIII.3 Dettagli. Il Papa che ama la Scienza La Tecnica può privare l’uomo della sua stessa libertà, rendendolo schiavo di se stesso. La Scienza no. Essa arricchisce l’uomo e il 20 suo spirito. Sono parole di Giovanni Paolo II, il Papa che ama la Scienza. Questo straordinario Apostolo dell’unità cristiana, ha messo in primo piano l’invito alla meditazione. Rifletta la Scienza sul significato delle sue conquiste. E l’uomo impari a riflettere su ciò che scopre la Scienza. A prima vista possono sembrare dettagli. Un fiore sulla tomba di un eroe è un dettaglio. Un’opera di carità e d’amore è un dettaglio. Rispetto al Cosmo, questa immensa estensione di spazio, di materia e di tempo, cos’è Madre Teresa di Calcutta? Un dettaglio. E Maximilian Kolbe? Un altro dettaglio. Come tanti altri. Rifletta l’uomo sui dettagli della Scienza: è l’invito del Santo Padre. Per la Scienza l’uomo è figlio del Cosmo. Se siamo qui è perché un oggetto cosmico - la Terra - si è trovato alla giusta distanza (un piccolo dettaglio) da una delle tante numerose Stelle della Galassia, di cui siamo piccolissima parte. Di Stelle, infatti, nella nostra Galassia, ce ne sono circa cento miliardi. Se la Terra fosse più vicina al Sole, moriremmo di caldo. Più lontana, moriremmo di freddo. Se la Terra fosse piccola come la Luna, non sarebbe stato possibile alla Forza di Gravità trattenere quel sottile strato d’aria, tanto

essenziale per la nostra vita. Si immagini la Terra come una sfera, con raggio un metro. Lo strato d’aria in cui noi viviamo sarebbe spesso appena un millimetro: un piccolissimo dettaglio. L’Everest, pure. Chi osservasse la sfera da lontano avrebbe la sensazione di vederla completamente liscia. Una foresta, un campo di grano, un ruscello: tutti trascurabili dettagli. Se quella sfera fosse perfettamente liscia, non ce ne sarebbe alcuno di questi dettagli. Se la Terra fosse più grande, i nostri muscoli non ce la farebbero a vincere l’attrazione gravitazionale. Ci sentiremmo schiacciati da una forza più grande di noi. Com’è noto, la Terra gira attorno a se stessa come una trottola: un giro completo, in ventiquattro ore. Sta in questo moto a trottola l’origine dell’alba e del tramonto. Un dettaglio tra tanti. La Terra ruota anche attorno al Sole: per un giro completo impiega un anno circa. Quando un bambino gioca con la trottola, non si preoccupa affatto dell’asse di rotazione che la trottola ha rispetto al pavimento sul quale gira. Il pavimento ideale della Terra è il piano della sua orbita attorno al Sole. Rispetto a questo piano, l’asse 20 di rotazione della trottola, detta Terra, è inclinato. Se non lo fosse, addio Primavera, Estate, Autunno e Inverno. Vivaldi non avrebbe mai potuto comporre le sue stupende Quattro Stagioni. Alle foglie morte non potrebbe seguire lo spettacolo della Primavera. La raccolta delle messi non avrebbe mai potuto ispirare Bruegel. Nessuno saprebbe cos’è la vendemmia. Il fenomeno straordinario delle stagioni è tutto lì: in quell’angolo di inclinazione che ha l’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita. Un altro dettaglio. Il Carbonio delle nostre cellule non e stato fatto qui sulla Terra. Né il Piombo con cui vennero composti i primi caratteri a stampa di Johann Gutenberg. Né il Ferro né l’Oro. Tutti questi elementi vengono da lontano: miliardi e miliardi di chilometri. Le fornaci che hanno fuso questi elementi pesanti sono state Stelle. Se non fosse per quelle Stelle - oggi scomparse - non sarebbe stata possibile l’esistenza del marmo né dello scalpello. Michelangelo non avrebbe mai potuto scolpire la sua Pietà. Né il Mosè. I colori e i pennelli sono anch’essi fatti a partire da sostanze i cui nuclei sono stati fusi in quelle Stelle. Senza di esse Raffaello non avrebbe potuto dipingere la sua Annunciazione né Leonardo la sua Gioconda. Dettagli, che trovano però le loro radici nelle immense distese di spazi cosmici e nelle peculiari distribuzioni di materia tipiche di questo mondo. Esso è fatto con circa cento miliardi di Galassie, ciascuna con cento miliardi di Stelle. Tutto lì. Quanto c’è voluto per farlo, questo mondo? Misure di Astrofisica Moderna permettono di avere un’idea sui tempi: circa quindici miliardi di anni. Poco, troppo poco, diceva il grande Bohr, padre della fisica atomica. Eppure la Scienza non ci sa dire una parola di più: se vuole stare - come deve - entro i confini delle sue verità galileiane. Prima di Galilei l’uomo non aveva la più pallida idea di cosa fosse il Cosmo. Nulla di quanto sopra esposto faceva parte della sua cultura. Grazie a Galilei, in appena quattrocento anni circa, siamo arrivati a conoscere tutti questi dettagli. Cosa significano quattrocento dei nostri anni per l’orologio del Cosmo? Se sono vere le teorie cosmiche che prevedono, dopo l’espansione, il collasso gravitazionale totale, la vita dell’Universo potrebbe essere di cento miliardi di anni. Per un uomo che vivesse cento dei nostri anni, l’ipotetico orologio cosmico batterebbe il secondo cosmico un miliardo di volte più lentamente dei nostri orologi. 20 Quattrocento dei nostri anni corrisponderebbero ad appena dodici secondi e mezzo di tempo cosmico. L’uomo ha appreso quanto da noi sopra esposto, in appena dodici secondi e mezzo di tempo cosmico. E non è ancora tutto. Un altro dettaglio manca all’appello. Ce lo insegna la Fisica Subnucleare. Noi siamo fatti a partire da tre trottoline: protone, neutrone ed elettrone. E così ogni cosa di questo mondo: il mare, l’aria, un fiore, una rondine, insomma tutto. Queste trottoline sono dotate di una grande longevità.

Le misure sperimentali più esatte sono quelle con i protoni. Esse ci permettono di concludere che la longevità di questa trottolina, tanto fondamentale per la nostra esistenza, è di almeno centomila miliardi di miliardi di miliardi di anni. La vita dell’Universo, rispetto a quella potenziale del protone, è come un battito delle nostre ciglia. Un altro dettaglio, certamente tra i più affascinanti. Ne basterebbe uno solo per ispirare infinite riflessioni. E invece sono tanti questi dettagli. Anche il Papa che ama la Scienza è un dettaglio. Forse il più straordinario. Certamente il più profondo, per il significato che esso è destinato ad avere nella cultura del Terzo Millennio. Vale indubbiamente la pena riflettere. VIII.4 Giovanni Paolo II e lo Spirito di Erice Nei primi anni ‘60 nasce a Erice una nuova Istituzione per colmare il gap esistente tra gli studi universitari e le attività di ricerca nei grandi laboratori. Il Centro di Erice viene fondato al CERN di Ginevra nel 1962 per volontà mia, di John S. Bell, Patrick M.S. Blackett, Isidor I. Rabi e Victor F. Weiss-kopf; il Centro assume la denominazione di Ettore Majorana Foundation and Centre for Scientific Culture. Attorno a questa Istituzione si è creata nel giro di un decennio una vasta comunità scientifica grazie alle sue attività di frontiera e al prestigio dei suoi fondatori. Nel 1979 questa comunità di scienziati ha trovato in Giovanni Paolo II la sua bandiera per una Scienza dal volto umano, non in conflitto ma in comunione con le nuove idee che questo Papa si accingeva a portare nella cultura del nostro tempo. Verrà il giorno in cui coloro i quali fanno ricerche scientifico-tecnologiche in gran segreto dovranno essere accusati di crimine contro l’Umanità. 20 Aprire le porte dei laboratori scientifici, qualunque sia il tema della ricerca ivi portata avanti, non solo darebbe nuovo impulso alla ricerca scientifica in tutti i campi dello scibile, ma bloccherebbe di colpo la folle spirale della corsa agli armamenti che oggi, dopo il crollo del muro di Berlino, non ha più motivo d’essere. Potrà sembrare utopistico che si possa mai arrivare a estirpare dai laboratori scientifico-tecnico-militari il segreto. Una cosa è però sicura. Se non riusciamo in questa impresa, prima o poi, il pianeta è destinato ad affrontare tragiche realtà. Gli studi per realizzare i cinquantacinque progetti-pilota aperti ai migliori cervelli, senza barriere razziali, ideologiche, politiche, religiose e geografiche (Est, Ovest, Nord, Sud), sono il frutto di un impegno che la comunità scientifica ha preso mettendo in atto il volontariato scientifico. Un insegnamento e uno stimolo di Giovanni Paolo II per tutti coloro che amano la pace, non solo a parole, ma che desiderano costruirla giorno per giorno con i fatti. Questi progetti hanno le loro radici nell’insegnamento di Giovanni Paolo II. Ciò che gli scienziati diErice hanno saputo fare nel corso di questi trent’anni di attività, dando vita a un nuovo modo di intendere la collaborazione scientifica internazionale, Senza Segreti e Senza Frontiere, non ha precedenti. E’ questo lo Spirito di Erice, nato grazie a Giovanni Paolo II. VIII.5 Il marxismo scientifico è stato smentito dalla Scienza: la Religione non è l’oppio dei popoli e Marx non è il difensore dei deboli Per l’immaginario collettivo il profeta dell’Ateismo, l’apostolo dei poveri e il maestro della vera Scienza è Karl Marx con il suo teorema (La religione è l’oppio dei popoli), la sua bibbia (Il Capitale) e il suo pensiero rigoroso - di cui abbiamo parlato nel paragrafo V.10 noto come materialismo scientifico. Abbiamo già visto che il pensiero rigorosamente scientifico di Marx è la negazione della Scienza. Che il teorema dell’Ateismo è stato

smentito dai fatti, essendo stato dimostrato (vedasi paragrafo VII.3) che la Fede è inestirpabile. Rimane da trattare il ruolo di Marx quale difensore dei poveri. E qui l’opera cui tutti fanno riferimento è Il Capitale. Come mai allora il marxismo reale ha prodotto una delle 20 più spietate violenze politiche che si siano abbattute sulla Terra? In verità Il Capitale non riflette la natura umana e politica di Marx. Come lavoro filosofico Il Capitale è un’opera poco riuscita. La personalità di Marx viene invece fuori con chiarezza leggendo la sua vivace e magistrale saggistica. Marx non perdonava chiunque osasse avanzare la pur minima critica contro i suoi teoremi. Era talmente intollerante da scagliarsi anche contro coloro, come Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865), Bruno Bauer (1809-1882) e Ferdinand Lassalle (1825-1864) che in fondo sostenevano idee vicine alle sue. Marx trattava con disprezzo anche poveri e piccoli esponenti dello stesso movimento comunista in cui lui militava quando osavano mettersi contro i suoi pronunciamenti. La violenza politica del comunismo reale che ha imperversato nei paesi dell’Est europeo e nell’Urss ha le sue radici, non nell’opera filosofica Il Capitale, bensì nella saggistica di Marx che non viene quasi mai citata. Mi raccontava qualche anno fa uno studioso di problemi socioculturali che, su mille marxisti, non più di uno ha letto le opere di Marx. Gli altri ne parlano per sentito dire. E’ così che nasce e si sviluppa la cultura di massa. Quello che è scritto nei trattati sono in pochi a conoscerlo. Basta che un propagandista si metta a parlare di marxismo scientifico e il gioco è fatto. Quanti saranno quelli che si metteranno a leggere le opere di Marx per confrontarle con i trattati scientifici, al fine di verificare se è vero o no che ha senso parlare di marxismo scientifico? Lo abbiamo visto nel paragrafo V.10. Tutti conoscono il teorema di Marx: «La religione è l’oppio dei popoli». E tutti sanno che la Chiesa ha condannato Galileo Galilei, quindi la Scienza. All’uomo semplice che ama la verità, viene dato in pasto un discorso estremamente semplice. Marx combatte la religione. E la religione condanna il marxismo. La religione però condanna anche la Scienza. Pertanto il marxismo e la Scienza debbono avere legami profondi. Tanto profondi che il marxismo può in certi aspetti diventare sinonimo di Scienza. Nasce così l’ideologia scientifica: quella componente del pensiero marxista il cui ruolo dovrebbe addirittura essere di guida per la stessa Scienza. La verità è ben altra, come abbiamo visto nel paragrafo V.10. L’ideologia scientifica è il peggiore nemico della Scienza. 20 Il marxismo respinge i dogmi del Trascendente. Ma ha portato a una realtà sociale basata su un insieme di dogmi imposti nell’Immanente. Un marxista doveva credere che il giorno in cui il pensiero di Marx fosse diventato realtà, l’uomo avrebbe dovuto essere libero dai bisogni, più felice, più tutto. Basta volare un paio d’ore per andare a toccare con mano, non uno, ma numerosi paesi in cui il marxismo è stato realtà. E si trova che in ciascuna di queste realtà veniva messa fuori legge la dignità dell’uomo e diventava legge una nuova religione, l’Ateismo di Stato. E’ questa realtà in armonia con la Scienza? No. La Scienza lascia l’uomo libero nella scelta tra Fede e Ateismo. Imporre l’Ateismo come Religione di Stato, negare all’uomo il diritto alla preghiera, non sono conseguenze ineluttabili del progresso scientifico. Come la mettiamo col traguardo fondamentale predicato dall’ideologia scientifica? Nulla di più falso. Lo ricordiamo ancora una volta: secondo l’ideologia scientifica, il progredire della ricerca galileiana avrebbe dovuto portare il Trascendente sotto il controllo delle leggi fisiche. Questo vuol dire: fine del Trascendente. E infatti le leggi fisiche nascono dallo studio rigoroso dell’Immanente. Se queste leggi avessero permesso di porre sotto controllo il Trascendente, io non avrei potuto scrivere questo libro. Per il semplice motivo che, essendo scienziato, avrei dovuto concludere che ormai non c’è più posto per la Fede, in quanto la Scienza ha conquistato il Trascendente.

Dicevamo prima e ripetiamo: nulla di più falso. La Scienza ha scoperto nuovi fenomeni, inaspettate e inimmaginabili realtà, senza però mai intaccare minimamente quella sfera esistenziale che fa parte del Trascendente. Insomma, il marxismo e l’ideologia scientifica sono in totale antitesi con la Scienza e con i suoi valori. Coloro i quali continuano a ripetere che il trionfo del marxismo è altrettanto ineluttabile quanto il progresso scientifico non sono altro che espressione perversa di un moderno oscurantismo. La religione non è l’oppio, ma la speranza dei popoli; ed è Cristo, non Marx, il grande alleato e il vero difensore dei deboli. VIII.6 A ogni angolo dell’Universo la stessa dignità Galilei ci ha insegnato a non avere paura del moto. Diceva il grande Piaget: «La prima cosa che colpisce un bambino è il movimento. 20 Tutto si muove attorno a lui». Nel cercare di decifrare lo spettacolo meraviglioso che la Natura offre ai suoi occhi, il bambino vorrebbe però star fermo. Come ha cercato di fare l’uomo per secoli e secoli. Desiderare di essere fermi al centro del mondo è un’esigenza primordiale, un fatto quasi istintivo. E’ l’evoluzione culturale che ci ha liberato da questi assurdi complessi. Galilei ci ha fatto capire che andare a dieci, cento, mille chilometri orari è perfettamente equivalente. Io posso gustare il sapore di un gelato, ascoltare una stupenda sinfonia, leggere un bellissimo libro - insomma fare qualsiasi cosa - senza poter stabilire se sono a bordo di una nave che viaggia su un mare piatto a dieci chilometri orari o se sono su una astronave che si muove a diecimila chilometri orari. L’unica condizione è che quelle velocità siano costanti. Nel salone di quella nave o astronave è come se fossi fermo al centro del mondo. Si rifletta un istante: tutti i saloni delle ipotetiche astronavi che viaggiano a velocità costante sarebbero al centro del mondo con le stesse proprietà. I pensatori dell’era pre-galileiana avevano bisogno di essere fermi al centro del mondo. Infatti, su un punto erano tutti d’accordo: se qualcosa si muove, ci deve essere una forza, non importa se palese o nascosta. Insomma, forza vuol dire disturbo della quiete. Se un farmacista facesse le sue pesate di precisione su un vecchio tranvai in corsa per le strade di San Francisco, le sue medicine sarebbero poco raccomandabili. Anzi, pericolosissime. Galilei ha spiegato all’uomo che il moto con velocità costante non è sottoposto ad alcuna forza. Questa serve soltanto per cambiare velocità. Non per mantenere in moto qualcosa a velocità costante. Nella vita di tutti i giorni non è così, in quanto dobbiamo combattere l’attrito, che è una forza negativa. Il Principio di Inerzia ci dice che, se un corpo materiale è dotato di velocità costante, su di esso non agisce alcuna forza. Il Principio di Relatività ci dice che tutte le velocità costanti sono equivalenti. Ecco perché non c’è alcun bisogno di quel posto privilegiato e libero da qualunque forza: il centro del mondo. Anzi, di questi centri è come se ce ne fossero centinaia, migliaia: tutti quelli che si vuole. Infatti, basta andare a velocità costante per sentirsi, a tutti gli effetti, nel centro del mondo. Galilei ha dato a ogni angolo dell’immenso Universo la stessa dignità 20 di essere tutti al centro del mondo. Eppure, sembrava blasfemo togliere la Terra da quella posizione di assoluto privilegio, dicendo che doveva girare attorno al Sole. Migliaia di anni prima di Copernico c’era stato Aristarco a suggerire la stessa cosa. Purtroppo, cent’anni dopo Aristarco non nacque un Galilei. Ed eccoci così al secolo sedicesimo. Non basta dire: secondo me, la Terra gira attorno a se stessa e attorno al Sole. Bisogna sapere rispondere a tutte le obiezioni di coloro che, contro quell’ipotesi, avanzano critiche di fondo. Fu Galilei a smantellare tutte le obiezioni, sollevate dai dotti dell’epoca, contro la teoria che voleva la Terra perennemente in moto. La più grave di tutte le obiezioni era

quella da noi poc’anzi discussa sul centro del mondo. L’arma di Galilei non fu, però, la dialettica teorica, ma la prova sperimentale. E fu con una di queste prove che il padre della Scienza Moderna doveva arrivare a una straordinaria scoperta: un pezzo di legno e un pezzo di piombo cadono esattamente allo stesso modo. Anche se il pezzo di piombo pesa circa dieci volte più del pezzo di legno. Mangiare dieci chili di pane non è come mangiarne un chilo. Bere dieci litri di vino non è come berne uno solo. Però, anche se pane e vino hanno sapore diverso, la loro massa può essere esattamente la stessa. Massa vuol dire resistenza al moto. Dieci chili di vino oppongono la stessa resistenza al moto di dieci chili di pane o di dieci chili di arance o di rose o di qualunque altra cosa. Supponiamo che a spingere quei dieci chili di massa sia una forza elettrica o di qualunque altra natura. A questa resistenza al moto si dà il nome di massa inerziale. La stessa massa è però sorgente di una forza (quella gravitazionale) che genera moto. Questa massa viene chiamata massa gravitazionale. Ed ecco la conseguenza della grande scoperta di Galilei: la forza gravitazionale agisce in modo tale che tutti gli oggetti precipitano al suolo in modo identico. Non solo come prima detto, dieci chili di piombo e un chilo di legno. Anche dieci chili di pane, esattamente come un chilo. Nasce così l’equivalenza tra massa inerziale e massa gravitazionale. Questa equivalenza, scoperta da Galilei, è stata, dopo cent’anni circa, rimisurata da Newton, con una precisione di una parte su mille e, agli inizi di questo secolo, da Roland Von Eötvos, con una precisione di una parte su cento milioni. In tempi recenti, Robert H. Dicke ha spinto la verifica sperimentale a quel limite veramente incredibile di una parte su cento 20 miliardi. E’ una delle misure più esatte della Fisica Moderna e, a quasi quattro secoli di distanza da Galilei, conferma in modo straordinario una delle più importanti scoperte della Fisica galileiana. E’ su questa scoperta di Galilei che Einstein meditò dal 1907 al 1916: nove anni per approdare alla famosa teoria generale della gravitazione. Il cui punto di partenza fu colui che ha liberato l’uomo dalla schiavitù di sentirsi legato al centro del mondo: Galileo Galilei. VIII.7 La grande certezza nell’Immanente nasce dall’evoluzione culturale, non da quella biologica Indistinguibile da noi era l’uomo di Cromagnon, il nostro più vicino antenato: vissuto diecimila anni fa circa. Da allora a oggi l’evoluzione biologica della specie umana è stata ferma. Ciò che porta a una decisiva rottura con il resto del mondo animale è l’evoluzione culturale. Un uomo, oggi, può sapere cosa pensava un suo fratello, vissuto cinquemila anni fa, grazie all’invenzione del linguaggio scritto. Nessuna forma di vita animale, nonostante i milioni di anni di evoluzione biologica della specie umana, è approdata a nulla di simile. Il linguaggio scritto ci permette di entrare in comunione intellettuale con Aristotele e Platone. Questo, gli animali non lo sanno fare. Grazie all’invenzione della Logica, l’uomo ha saputo mettere ordine nei suoi pensieri. Nella sua abilità di costruire discorsi complessi. La forma più rigorosa di logica è la Matematica. C’è chi studia il linguaggio dei delfini e di altre forme di vita animale. Nessuno, però, riuscirà mai a scoprire, attraverso l’uso di questi linguaggi, il teorema di Pitagora. O la logica degli insiemi infiniti su cui Georg Cantor, Kurt Gödel e Paul Cohen hanno saputo realizzare una delle più meravigliose costruzioni di rigore logico assoluto. Grazie alle scoperte della Scienza siamo arrivati a immaginare le quarantatré dimensioni del Superspazio.

Preoccuparsi di evoluzione biologica, ignorando quella culturale, equivale a insistere nella ricerca di una piccola monetina in un pagliaio, ignorando che, a due passi, c’è una enorme miniera d’oro. 20 Si sono scritte migliaia di pagine, versati fiumi di inchiostro, sull’evoluzione biologica della specie umana. Il silenzio ha dominato invece su quella grande e straordinaria verità: l’evoluzione culturale. Dedichiamo maggiore attenzione allo studio serio della Natura, le cui leggi non cessano di arricchire la nostra esistenza. Facciamo in modo che queste leggi diventino patrimonio culturale dell’uomo moderno. La cultura è interamente appresa e non biologicamente ereditata, anche al minimo grado. Mio figlio non saprà mai nulla di Supermondo, se non lo studia. Egli saprebbe tutto quello che io so, se la cultura fosse biologicamente ereditaria come i caratteri genetici. Chi fosse appassionato di evoluzione, studi quella culturale. Il futuro dell’uomo risiede lì. L’evoluzione biologica della specie umana non avrebbe mai portato l’uomo sulla Luna. Né a viaggiare con velocità supersoniche. Né ci avrebbe portato alla possibilità di vivere più a lungo di quanto siano riusciti a vivere i nostri antenati di tutte le civiltà. L’evoluzione culturale non conosce razze. Essa vale esattamente per tutti, allo stesso modo. Il messaggio che la Scienza dà alla cultura del nostro tempo non soltanto è chiaro ma anche denso di profondo significato per la nostra esistenza. Il mondo in cui viviamo è retto da leggi universali e immutabili. Nel Libro della Natura, aperto poco meno di quattro secoli fa da Galileo Galilei, mai una virgola è stata trovata fuori posto. Il primo passo affinché la cultura contemporanea diventi veramente moderna consiste in un processo di demistificazione. Sono le menzogne culturali che hanno permesso a tante falsità di essere gabellate quali verità. Alcune di esse con il marchio di garanzia scientifico. E’ così che l’evoluzione biologica dell’umana specie e stata gabellata quale verità scientifica. E’ così che la Scienza è stata presentata quale nemica della Fede. Ed è sempre così che la Tecnica è stata identificata con la Scienza e che a qualche ideologia propugnatrice di lotte e di odio è stato dato il marchio di garanzia scientifico. La speranza, all’uomo nel Terzo Millennio, solo la Scienza e la Fede possono dargliela, entrambe frutto di Ragione, nell’Immanente e nel Trascendente. Questa speranza ha le sue radici nell’evoluzione 21 culturale di cui la Fede nel Trascendente e la Scienza nell’Immanente sono le due colonne portanti. VIII.8 L’unica vera colpa della Scienza Viviamo un’era nella quale la potenza distruttiva nelle mani dell’uomo potrebbe cancellare qualunque segno di vita su questo piccolo e indifeso satellite del Sole. Come se non bastasse, la potenza dei supercomputer è tale da poter mettere sotto controllo un numero di persone superiore a quello di tutti gli abitanti della Terra. E’ necessario che la Ragione e l’Amore abbiano il sopravvento sulla follia e l’odio che imperversano nel mondo. Fede e Ragione non sono in antitesi. L’atto di Fede porta ad amare il prossimo come se stessi. La Scienza insegna ad amare, non a distruggere la Natura. Né a privare l’uomo delle sue libertà. Chi fa bombe non può dirsi scienziato, in quanto fare Scienza vuol dire studiare la Logica della Natura, rispettandola, non sconvolgendola. La Scienza è fonte di valori universali e immutabili (paragrafo II.9). Valori che sono in comunione, non in contrasto, con quelli che l’uomo apprende dalla Verità Rivelata. Fede e Ragione sono i due pilastri sui quali costruire un mondo in cui tutti gli uomini possano veramente sentirsi fratelli, qualunque sia il colore della loro pelle e la geografia dei luoghi in cui sono nati.

La Scienza ha una sola colpa: quella di avere fatto tanta Scienza ma pochissima cultura. Essa ha quindi la sua parte di responsabilità se siamo arrivati a un mondo in cui, come già detto più volte, per ciascun abitante, inclusi vecchi, donne e bambini, ci sono, pronte a esplodere, tonnellate di tritolo equivalente in potenza esplosiva. E mancano invece gli appena trecento chili di viveri pro capite all’anno che basterebbero affinché venisse, per sempre, cancellata quella tragedia che colpisce decine di milioni di nostri fratelli e sorelle: la morte per fame. Chi osservasse da una lontana Galassia questa nostra minuscola navicella spaziale e ciò che in essa accade, dovrebbe concludere 21 che in quell’angolo dell’Universo abbondano gli esplosivi e scarseggiano i viveri: la Terra deve produrre tritolo equivalente e armi, non grano né riso né viveri di altro tipo. Siamo alla soglia dell’autodistruzione. E, come se non bastasse, si continuano a inventare e costruire armi sempre più potenti, strumenti portatori di apocalittiche stragi. La corsa agli armamenti ha come spinta irresistibile l’odio e l’irrazionale volontà di volere distruggere, annientare il nemico: costi quel che costi. Se la Scienza avesse fatto cultura, le ideologie portatrici di odio sarebbero finite nel ghetto delle irrazionali follie, nemiche dell’uomo e della Scienza. E’ tempo che la Scienza entri a far parte del patrimonio culturale dell’uomo cosiddetto moderno. Affinché ciò avvenga è necessario che il Libro, aperto da Galileo Galilei quattrocento anni fa, sia accessibile a tutti. Spetta a noi scienziati, in prima persona, fare in modo che tutti sappiano leggerlo. Quel Libro ci fa capire che la Ragione e l’Amore sono le strutture portanti dell’Universo: dal cuore del protone ai confini del Cosmo. Non lasciamo più ad altri la libertà di parlare in nome della Scienza e di stravolgere le sue conquiste e i suoi valori. VIII.9 Credere in Cristo non è in conflitto con la Scienza Quell’uomo sulla croce è in conflitto con la Scienza? E perché dovrebbe? Abbiamo già analizzato nel paragrafo VI.8 i motivi per cui i miracoli appartengono solo alla Fede. Atei in buona fede - e credenti debbono essere d’accordo su un punto: Cristo è il simbolo della difesa dei valori della vita e della dignità umana. Che sia figlio di Dio è un problema di natura non scientifica. Ma certamente non in conflitto né con la Logica del Creato né con la Logica Matematica. Il valore di un Crocefisso nello studio di un ateo ha in Pertini (paragrafo VII.6) l’esempio più significativo. L’uomo che crede deve sapere che Gesù Cristo non ha nulla che possa essere considerato in conflitto con la Scienza per un motivo estremamente semplice e su cui abbiamo tanto insistito. La sfera della nostra esistenza trascendentale non è in conflitto né con la 21 Logica né con la Scienza essendo queste attività il risultato dell’uso della Ragione nell’Immanente. Credere in Dio è un problema che riguarda la sfera trascendentale della nostra esistenza e non può quindi subire limitazione alcuna dalle attività rigorose operanti nella sfera immanentistica della nostra esistenza.21 IX. Conclusioni e la grande alleanza tra scienza e fede Nessuna scoperta scientifica ha mai messo in dubbio l’esistenza di Dio. La Scienza è fonte di valori che sono in comunione, non in antitesi con gli insegnamenti delle Sacre Scritture, con i valori quindi della Verità Rivelata.

Né la Scienza né la Logica permettono di concludere che Dio non esiste. Nessun ateo può quindi illudersi di essere più logico e più scientifico di colui che crede. Chi sceglie l’Ateismo fa quindi un atto di Fede: nel nulla. Credere in Dio è più logico e più scientifico che credere nel nulla. Si potrebbe obiettare: dal momento in cui risulta impossibile arrivare a Dio tramite una scoperta di Logica Matematica o per via di una scoperta scientifica né Logica né Scienza possono essere più invocate per arrivare all’atto di Fede. Tutto ciò è esatto. Infatti la Fede è un dono di Dio. Corroborata però dall’atto di Ragione nel Trascendente. Si rifletta comunque un po’. La Logica Matematica e la Scienza sono attività intellettuali che operano nell’Immanente. Se fosse possibile dimostrare l’esistenza di Dio tramite un rigoroso procedimento di Logica Matematica, Dio sarebbe l’equivalente di un teorema matematico. Se fosse possibile dimostrare l’esistenza di Dio per via di una serie di ricerche rigorosamente scientifiche, Dio sarebbe l’equivalente di una grande scoperta scientifica. Se ciò fosse possibile, l’uomo sarebbe in grado di arrivare al Teorema Supremo: la dimostrazione matematica dell’esistenza di Dio. Ovvero alla più straordinaria di tutte le scoperte scientifiche: la scoperta di Dio. 21 Teorema e scoperta oltre le quali non potrebbe esserci nient’altro. Sia la ricerca matematica sia quella scientifica hanno invece una proprietà fondamentale in comune. Ogni scoperta apre nuovi orizzonti. Concetti mai prima immaginati, Colonne e Forze di cui nessuno era riuscito a fantasticare l’esistenza, si presentano agli occhi del ricercatore come tappe di un cammino apparentemente senza fine. Colui che ha fatto il mondo queste cose le conosce. Solo un Suo pari potrebbe saperne altrettanto. Noi siamo miseri mortali: fatti sì, a Sua immagine e somiglianza. Privi però della Sua potenza intellettuale. Ecco perché io penso che noi non sapremo mai tutta la Matematica né tutta la Scienza. C’è un aspetto della realtà in cui viviamo che mi affascina in modo particolare: il cammino senza soste, l’ascesa continua, nello studio della Logica Matematica e della Scienza. Ciò è possibile grazie all’intelletto che ci ha voluto dare Colui che ha fatto il mondo. E’ un privilegio straordinario essere stati invitati al tavolo della Ragione che opera nell’Immanente e nel Trascendente. Attorno a quel tavolo noi siamo seduti, desiderosi di apprendere, non di cacciar via Colui che ci ha invitati. Il tavolo della Ragione permette però all’uomo di riflettere sul Trascendente e sull’Immanente. Ed ecco dove l’atto di Fede, che è dono di Dio, si coniuga con l’atto di Ragione. Infatti, anche la Ragione è dono di Dio. Il Secondo Millennio ha visto nascere la Scienza Moderna - grazie a Galileo Galilei - e ha anche visto l’uso della Scienza nelle mani della violenza politica. Risultato: il pianeta nonostante il crollo del Muro di Berlino - è ancora imbottito di bombe chimiche e nucleari. Come se non bastasse l’industrializzazione selvaggia continua a distruggere preziose risorse facendo avanzare i deserti e inquinando sempre di più il pianeta. La Scienza, nell’Immanente, è la più grande conquista dell’intelletto umano. Perché? Risposta: è grazie alla Scienza che l’uomo ha scoperto di essere depositario di un privilegio unico. Privilegio che nessun’altra forma di materia vivente ha. E cioè: sapere decifrare la Logica del Creato. Se non fosse stato per la Scienza, l’uomo non saprebbe ancora oggi che esistono le Tre Colonne e le Tre Forze, Fondamentali della

Natura. L’insieme di queste leggi è la Logica che ha seguito il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. 21 L’uso della Scienza ha permesso grandi conquiste di civiltà. Se oggi si sta meglio che in qualsiasi altra epoca storica, se la vita media dell’umanità tocca livelli mai prima raggiunti a memoria d’uomo, questo è merito delle applicazioni tecnologiche a scopi di pace. Il vero motore del progresso non sono le ideologie politiche ma le grandi conquiste della Scienza che hanno aperto le strade ad applicazioni tecnologiche per l’uomo. Però l’uso della Scienza non è più Scienza. Purtroppo da quando è stata scoperta la Scienza, le applicazioni tecnologiche contro la vita, contro l’amicizia tra i popoli, contro i valori della dignità umana hanno fatto la parte del leone. L’uso della Scienza a scopi di guerra e di distruzione ha prevalso. Le applicazioni tecnologiche per migliorare il livello della vita e per difendere la dignità umana non sono state mai prioritarie nelle scelte politiche. L’uso della Scienza ha bisogno di valori. La più grande e genuina sorgente di valori è la Fede. Nell’Immanente è la Scienza - fonte di valori in sintonia con la Fede - che ci ha aperto gli occhi sull’esistenza delle Leggi Fondamentali della Natura. Nel Trascendente è la Fede l’indiscutibile sorgente di valori affinché l’uso della Scienza non sia più contro l’uomo né contro la vita ma per il benessere, la prosperità, la giustizia e il rispetto della dignità umana. Ecco perché nel Terzo Millennio dobbiamo riuscire a realizzare una Grande Alleanza tra Scienza e Fede. 22 Nota su concetti ricorrenti In questo volume vengono introdotti concetti forse non troppo familiari al lettore. Accade spesso che qualche sequenza logica si sviluppi su capitoli diversi. Troppi richiami a pagine precedenti avrebbero costretto il lettore a interrompere il filo logico della lettura per cercare i riferimenti necessari. In questi casi ho preferito ricordare esplicitamente i concetti già esposti. Prima dell’indice analitico ho riassunto e messo insieme le seguenti espressioni ricorrenti spiegandone sinteticamente i contenuti e illustrando la loro sintesi in una figura schematica (riportata a pagina 226): “Questa forma di materia vivente detta uomo”, “Tre Colonne e Tre Forze, Fondamentali”, “Le Leggi Fondamentali della Natura”, “La Logica di Colui che ha fatto il mondo”, “Dal cuore di un protone ai confini del Cosmo”, “Il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili”, “Immanente e Trascendente”. 1 - Questa forma di materia vivente detta uomo. Noi siamo una complessa struttura elettromagnetica. I nostri centri nervosi, i nostri muscoli sono sistemi fatti con atomi e molecole. Atomi e molecole interagiscono tramite le forze elettromagnetiche. I nostri sensi: tatto, olfatto, gusto, vista, udito, esistono in quanto esiste la carica elettrica. Non abbiamo ancora capito come funzioni il nostro cervello. Purtuttavia è fuori discussione che esso è come un computer a livello molecolare. Nei computer che noi usiamo, anche il più piccolo elemento e il più sottile dei conduttori o semiconduttori, gli stessi sottilissimi fili, sono fatti con miliardi e miliardi di molecole. I circuiti elettromagnetici che determinano il funzionamento del nostro cervello non sono basati su miliardi e miliardi di molecole ma su singole molecole. C’è una profonda 22 differenza tra le due macchine elettromagnetiche: il nostro cervello e i computer. Il nostro cervello è dotato di creatività, i computer no. La creatività nel Linguaggio ha i seguenti parametri: estetica, bellezza, carisma, successo. La creatività in Logica ha un solo parametro: non contraddizione. La creatività in Scienza ha un solo parametro: riproducibilità sperimentale. Per tutti questi motivi e bene fissare nella memoria la definizione nell’Immanente di ciò che veramente siamo (uomini e donne): una delle

innumerevoli forme di materia vivente. Con un solo privilegio: quello di sapere decifrare la Logica di Colui che ha fatto il mondo. (1) 2 - Tre Colonne e Tre Forze, Fondamentali. Le Tre Colonne Fondamentali sono dette, in gergo scientifico, le tre famiglie di particelle. (2) Ciascuna famiglia (o colonna) consiste di due quark e due leptoni. Gli oceani, la Luna, il Sole, noi stessi, siamo fatti con i quark e i leptoni della prima famiglia. A che servono le altre due? Risposta: a fare il mondo, oggi, così come è. Se, alle origini, il numero di famiglie non fosse stato tre, noi non avremmo potuto essere qui a discuterne. Le Tre Forze Fondamentali sono: la Forza Elettrodebole. Si tratta di una miscela di due Forze Fondamentali che produce sia le Forze Elettromagnetiche (il cui ruolo abbiamo descritto nel punto 1) sia le Forze Deboli (che sono la valvola di sicurezza affinché il Sole non si spenga né salti in aria). La miscela di queste due Forze Fondamentali è un risultato recente (avvenuto in quest’ultimo quarto di secolo) della Fisica Subnucleare. Questa miscela è possibile grazie all’esistenza della Fisica delle masse immaginarie. (3) La Forza Subnucleare forte che agisce nel cuore di un protone o di 22 un neutrone. Neutroni e protoni se non fosse per la carica elettrica (positiva per il protone e zero per il neutrone) sarebbero particelle identiche. E infatti, in gergo specialistico, si definisce nucleone sia il protone sia il neutrone. Noi abbiamo studiato cosa c’è dentro un nucleone andando centomila volte sotto la sua estrema periferia. Nel cuore di un nucleone c’è l’Universo Subnucleare dove si manifestano tutte le Forze Fondamentali ma predominano gli effetti prodotti dalla Forza Subnucleare forte descritta da un apparato matematico denominato in sigla Qcd (Quantum Chromo Dynamics). (4) E’ questa Forza che ha dimostrato - due millenni e mezzo dopo Democrito - che non vale quanto aveva pensato il filosofo greco. E cioè che l’ultimo pezzettino, di una pietra o di qualsiasi altro tipo di materia, non si rompe più perché è fatto di nient’altro che di se stesso. Il nucleone non si rompe nonostante abbia dentro di sé un intero Universo Subnucleare in cui si manifestano virtualmente tutti i fenomeni che noi osserviamo, inclusa la nostra stessa origine (nota ancora oggi come Big-Bang, anche se adesso sappiamo che non è questa l’origine del mondo). (5) La Forza Gravitazionale è responsabile del fatto che le pietre cadono sempre dall’alto verso il basso e permette a noi miseri mortali di restare legati alla Terra; lega la Terra al Sole; tiene il Sole e tutte le altre Stelle compatte nella Galassia e le Galassie insieme a formare il Cosmo. 3 - Le Leggi Fondamentali della Natura. Con questo termine noi intendiamo riferirci all’insieme delle Tre Colonne e delle Tre Forze. 4 - La Logica di Colui che ha fatto il mondo. Nessuno Scienziato sa dire perché, tra tutte le logiche possibili, Chi ha fatto il mondo abbia scelto quella che porta alle Leggi Fondamentali da noi scoperte e cioè le Tre Colonne e le Tre Forze. Se la Logica fosse stata un’altra, non avremmo avuto le Tre Colonne e le Tre Forze e noi non potremmo essere qui a discuterne. 5 - Dal cuore di un protone ai confini del Cosmo. Le Leggi Fondamentali della Natura agiscono in qualsiasi parte, anche minima, della realtà immanentistica. Nel cuore di un protone le Leggi Fondamentali sono esattamente identiche a quelle in gioco fino ai limiti estremi del Cosmo. Se le Leggi Fondamentali non fossero esattamente come sono, il cuore di un protone non sarebbe così com’è. E i confini del Cosmo non sarebbero come sono. Il lettore potrebbe notare che, invece del termine nucleone, usiamo protone. Il motivo è semplice: protoni e neutroni sono nucleoni in quanto - lo abbiamo già detto - quasi identici. Gli esperimenti si fanno però con i protoni poiché, per accelerare particelle e portarle ad alta energia, c’è bisogno della carica elettrica (il protone ce l’ha, il neutrone no). 6 - Visibili e invisibili (il Creatore di tutte le cose).

La realtà visibile è quella che l’uomo ha osservato e cercato di capire dall’alba della Civiltà, senza però mai arrendersi alla Maestà di Colui che ha fatto il mondo, come fece Galileo Galilei quattrocento anni fa. Nel 1947 è stata scoperta la realtà virtuale. Una realtà che nessuno strumento - anche il più potente che si possa immaginare - riuscirà mai a osservare direttamente. Questa realtà virtuale produce effetti galileianamente riproducibili e rigorosamente misurabili. La realtà virtuale è al centro delle ricerche più avanzate della Scienza galileiana e sarà predominante nel Terzo Millennio e nei millenni a venire, quando ci si avvicinerà sempre più al Grande Disegno di Colui che ha fatto il mondo. 7 - Immanente e Trascendente. I sei punti finora trattati si riferiscono alla nostra esistenza nell’Immanente. Nella figura 1 (pag’ 226), parte da noi una freccia che indica l’Esistenza n. 2 e l’Esistenza n. 3. Se non fosse per questo dettaglio, noi, tutto ciò che si riferisce all’Immanente si fermerebbe all’Esistenza n. 1, cioè all’Universo senza vita e senza coscienza. Infatti le Leggi Fondamentali con le Tre Colonne e le Tre Forze non includono il fenomeno vita né la coscienza. Esistono pertanto tre forme di esistenza come illustrato nella figura 2 (pag’ 227). Adesso attenzione: l’Universo senza vita né coscienza (Esistenza n. 1) ha tre livelli di credibilità scientifica. Quando parliamo di Scienza galileiana ci riferiamo sempre al primo livello di credibilità scientifica. E’ questo livello che ci ha portato alla soglia del Supermondo. Nel paragrafo I.2 abbiamo detto che il fascino della nostra esistenza sta nella simbiosi tra Immanente e Trascendente, e che noi, di questa simbiosi, siamo la migliore testimonianza. Chi avesse ancora qualche dubbio, rifletta: siamo fatti di minuscole quantità di spazio-tempo-massa-energia-cariche; queste minuscole quantità sono riuscite a formulare una sintesi rigorosa di tutti i fenomeni galileianamente riproducibili che vanno dal cuore di un protone ai confini del Cosmo: ben oltre i limiti della realtà in cui viviamo e di cui siamo fatti. Limiti che sono immensamente grandi, ma finiti. La realtà dell’Immanente è finita; eppure il nostro intelletto concepisce l’Infinito e riesce a dimostrare che gli insiemi infiniti non portano ad alcuna contraddizione logica. I nuovi e vastissimi orizzonti che - nella Logica Matematica e nella Scienza - ci ha aperto l’uso della Ragione nell’Immanente, in nulla hanno scalfito, limitato, alterato la sfera Trascendentale della nostra esistenza. In essa, nella sua più profonda intimità, sentiamo la sorgente di qualcosa che dà significato alla vita, che ci lega al passato e al futuro, pur vivendo noi sempre nell’immediatezza sfuggente del presente. E’ nella sfera Trascendentale della nostra esistenza che si manifesta il Senso di Eternità, di Mistero e di Spiritualità della vita; Eternità, Mistero e Spiritualità che sentiamo legati al bene ultimo, Ideale Supremo, il cui possesso spirituale ci appare nella sua forma di Traguardo massimo, irraggiungibile però in questo mondo. 22 Del Senso di Eternità, di Mistero e di Spiritualità della vita nessuno riuscirà mai a dimostrare l’esistenza tramite un’equazione matematica o una scoperta scientifica di stampo galileiano, per il semplice 22 motivo che Eternità, Mistero e Spiritualità fanno parte della sfera Trascendentale della nostra esistenza, le cui radici nell’Immanente si manifestano nella continua e inarrestabile aspirazione della specie umana ad andare sempre oltre tutto quello che - grazie all’uso della Ragione - siamo riusciti a scoprire e a capire.

NOTE: (1) Il lettore che volesse saperne di più su cosa si intende per creatività può leggere il mio libro Creativity in Science pubblicato dalla World Scientific Publishing. (2) Il lettore che ne volesse sapere di più può leggere il mio libro Subnuclear Physics The First Fifty Years, a cura di O. Barnabei, P. Pupillo e F. Roversi Monaco, pubblicato

dall’Università e dall’Accademia delle Scienze di Bologna, nell’ambito delle Celebrazioni Galvaniane, 1998. (3) Un chilo di spaghetti, cento grammi di caffè, tre chili di mandorle, un lingotto d’oro, sono cose reali. La loro massa non può essere immaginaria. Nel mondo a noi familiare è privo di senso pensare a masse immaginarie. Se Colui che ha fatto il mondo avesse seguito questa logica (e cioè che non debbono esistere le masse immaginarie) il Sole non potrebbe essere quella splendida candela a fusione nucleare che brilla da miliardi di anni e che per tanti altri miliardi di anni continuerà a brillare. Nessuna Stella potrebbe esistere in quanto le Stelle sono candele che bruciano di fuoco nucleare. E non potremmo esistere noi miseri mortali che ci troviamo alla distanza giusta dal Sole che ci illumina e riscalda. Colui che ha fatto il mondo ha deciso che debbono esistere le masse immaginarie. Una di esse è proprio quella che permette alle due Forze Fondamentali di mescolarsi in un’unica forza, quella elettrodebole, da cui, come detto sopra, nascono le Forze Elettromagnetiche e le Forze Deboli. Nessun pensatore, dall’alba della civiltà a oggi, aveva pensato che le masse immaginarie potessero esistere e avere un ruolo determinante per la nostra esistenza nell’Immanente. (4) Il lettore che ne volesse sapere di più può leggere il volume di V.N. Gribov, G’ t’ Hooft, G. Veneziano e V.F. Weisskopf, Creation of Qcd and the Effective Energy, a cura di L.N. Lipatov, pubblicato dall’Università e dall’Accademia delle Scienze di Bologna, 1998. (5) Vedi G. Veneziano, A Simple/short Introduction to Pre-Big-Bang Physics/cosmology in Highlights: 50 Years Later, Erice 1997, World Scientific Publishing 1998; e Pre-Big-Bang Cosmology. an Introduction in From the Planck Length to the Hubble Radius, Erice 1998, World Scientific Publishing, in stampa.

Estratti “Il fascino della nostra esistenza sta nella simbiosi tra Immanente e Trascendente. Noi siamo testimoni di questa simbiosi.” “La Scienza si presenta oggi, alla cultura del nostro tempo, come il baluardo più potente per corroborare di Verità quella Fede galileiana nella natura, quale portatrice delle impronte del Creatore.”

“L’era della Scienza sarà quando - come avviene oggi con musica, poesia, pittura, scultura, filosofia e opere letterarie - l’uomo saprà sentire analoghe emozioni dai messaggi che la Natura cela nelle sue recondite strutture.” “Un giorno tutti gli uomini saranno scienziati.” “Avere scoperto che esistono le Leggi Fondamentali della Natura è per la Scienza motivo di grande soddisfazione intellettuale. In nessun altro modo l’uomo avrebbe potuto toccare questo traguardo. E’ stato Galileo Galilei ad aprirci la strada giusta, dopo gli innumerevoli tentativi, confusi quanto fuorvianti, dei quali è piena la storia del pensiero di tutte le epoche e di tutte le civiltà. Questi episodi vissuti in prima persona servono a sfatare un mito su cui la cultura dominante ha tanto e da sempre insistito. Il mito che vorrebbe la Scienza detentrice di tutta la verità. Questa non è Scienza ma Scientismo.” “Le pietre, gli spaghi, i legni, il battito del cuore non sono mancati mai ad alcun uomo. In tutti i tempi. E in tutte le civiltà. Una cosa invece era sempre mancata a tutti: il credere che Colui che ha fatto il mondo avesse potuto lasciare negli oggetti volgari - pietre, spaghi e legni - l’impronta della sua straordinaria potenza intellettuale. Fu questa Fede che spinse Galileo Galilei a dare dignità culturale agli oggetti volgari.” “La verità della natura nelle sue molteplici forme, Scienza, Astronomia, Arte, Logica Matematica, trova in Galilei un esempio che non ha precedenti in tutta la storia intellettuale del mondo.” “Una grande confusione esiste, nella cultura del nostro tempo, tra Scienza e Scientismo, come se fossero la stessa cosa. Lo Scientismo è la negazione della Scienza. E infatti, se lo Scientismo fosse stata una verità scientifica, l’inarrestabile conquista dell’ignoto si sarebbe già fermata cinque volte da Galilei al 1947.” “Si deve operare affinché tutti sappiano distinguere tra Scienza e Tecnica.” “Perché meravigliarsi allora quando ci si accorge che tante cose sfuggono alla comprensione della nostra esistenza trascendentale? Anzitutto, la sfera trascendentale della nostra esistenza non può essere suscettibile dello stesso tipo di analisi di quella immanentistica. Esistenza trascendentale significa infatti qualche cosa che non può essere fatta di spazio né di tempo né di massa né di energia né di cariche. Quindi niente sintesi in termini di superspazio. Trascendente vuol dire ben altro. Esistere nel Trascendente non può essere come esistere nell’Immanente. La ricerca scientifica galileiana ci ha portato a scoprire che nella Natura - quindi nell’Immanente - c’è molta più fantasia di quanto l’uomo riesca a immaginare.” “L’uomo sa di non poter dimostrare tutti i teoremi possibili nella logica dell’Immanente. Ecco perché non ha senso dire: «Crederei in Dio se esistesse il Teorema di Dio e se qualcuno riuscisse a dimostrarlo».” “Se la Scienza e la Matematica arrivassero un giorno a scoprire Dio, cosa dovrebbe essere questa entità cui alcuni di noi credono e altri no? Dio, se fosse la Scienza a scoprirlo, non potrebbe essere che fatto di Scienza e basta. E se fosse la matematica ad arrivare al Teorema di Dio, il Creatore del Mondo non potrebbe che essere fatto di Logica Matematica e basta. In nessun caso Dio resterebbe quello che deve essere: Dio. E cioè tutto.” “Tra tutte le strutture logiche ce n’è una che corrisponde a ciò che Galilei iniziò a scoprire quattrocento anni fa. Nessuno scienziato sa dire perché - tra tutte le logiche possibili Colui che ha fatto il mondo ha scelto quella che noi cerchiamo, giorno per giorno, di

decifrare con i nostri esperimenti e con i nostri studi teorici. Una cosa è certa: questa logica esiste.” “Non esiste alcuna scoperta scientifica che possa essere usata al fine di mettere in dubbio o di negare l’esistenza di Dio.” “La scoperta delle prime Leggi Fondamentali della Natura nasce da un atto di Fede in Colui che ha fatto il mondo.” “Chi avrebbe mai immaginato, fino al 1978, che un uomo privo di missili intercontinentali, di aerei supersonici, di sommergibili nucleari, un uomo senza divisioni corazzate né eserciti, sarebbe diventato il più potente dei potenti? Non in bombe, ma in forza morale, civile, culturale e scientifica. Un uomo che è oggi punto di riferimento per tutti coloro che sperano in un avvenire, non di drammi. Non di morte, ma di vita. Non di schiavitù, ma di libertà. Non di disperazione, ma di felicità. Non di ingiustizia, ma di rispetto per la dignità umana.” “Al pessimismo tecnologico fa quindi riscontro un ottimismo scientifico. Insomma cosa in realtà accende la mia speranza? Il fatto che, quando eravamo a due passi dal precipizio dell’olocausto nucleare, nessun amico futurologo mi ha saputo predire che sarebbe nata, proprio a casa nostra, nella tanto dimenticata cultura cattolica, la luce nuova che avrebbe illuminato l’alba del Terzo Millennio dando all’Umanità la certezza di potere affrontare e risolvere le Emergenze Planetarie, di cui il Secondo Millennio è stato portatore a causa della più feroce criminalità politica che si sia mai abbattuta sulla Terra.” “La Tecnologia va distinta nettamente dalla Scienza. Più la ricerca scientifica è apparentemente lontana dalla realtà che ci circonda, più grandi saranno le sue conseguenze nel futuro. [...] Oggi sugli orizzonti della Scienza c’è la ricerca del Supermondo. Esiste o no? La risposta la conosce soltanto Colui che ha fatto il mondo.” “Galilei osservava le cose del mondo con l’umiltà di chi le considera doni di un Essere a noi superiore. Non con l’arroganza di chi ritiene l’intelletto umano il centro di tutto il sapere, come avevano preteso fino ad allora gli esponenti della cultura dominante dei precedenti millenni. C’è chi sostiene che la Scienza sia nata dalla curiosità. Questo non spiega però come mai nel corso dei diecimila anni trascorsi dall’alba della civiltà a Galilei questa curiosità non abbia saputo far nascere la Scienza. Tocca a noi, scienziati credenti, ricordare con chiarezza come stanno le cose con le origini della Scienza. Per vedere se l’esercizio di questa attività implichi la pratica dell’Ateismo.” “Ai pensatori pre-galileiani non mancavano né pietre né spaghi né tavole di legno: gli strumenti con cui Galilei scoprì la Scienza Moderna. Eppure qualcosa doveva mancare loro se è vero, come è vero, che sono trascorsi più di duemila anni per arrivarci: da Talete a Galilei. A essi mancò l’umiltà intellettuale che solo l’amore verso la natura può dare. Di questo amore Galilei fu il grande sacerdote [...] come se tutto, anche il più sparuto angolo dell’Universo, dovesse rispondere a un preciso e inconfondibile disegno.” “Per l’immaginario collettivo il profeta dell’Ateismo, l’apostolo dei poveri e il maestro della vera Scienza è Karl Marx con il suo teorema (La religione è l’oppio dei popoli), la sua bibbia (Il Capitale) e il suo pensiero rigoroso noto come materialismo scientifico. Il marxismo scientifico è stato smentito dalla Scienza: la Religione non è l’oppio dei popoli e Marx non è il difensore dei deboli.” “Il valore di un Crocefisso nello studio di un ateo ha in Pertini l’esempio più significativo. [...] La sfera della nostra esistenza trascendentale non è in conflitto ne con la Logica né con la Scienza essendo queste attività il risultato dell’uso della Ragione nell’Immanente.

Credere in Dio è un problema che riguarda la sfera trascendentale della nostra esistenza e non può quindi subire limitazione alcuna dalle attività rigorose operanti nella sfera immanentistica della nostra esistenza.” “Siamo fatti di minuscole quantità di spazio-tempo-massa-energia-cariche; queste minuscole quantità sono riuscite a formulare una sintesi rigorosa di tutti i fenomeni galileianamente riproducibili che vanno dal cuore di un protone ai confini del Cosmo: ben oltre i limiti della realtà in cui viviamo e di cui siamo fatti. [...] Del Senso di Eternità, di Mistero e di Spiritualità della vita nessuno riuscirà mai a dimostrare l’esistenza tramite un’equazione matematica o una scoperta scientifica di stampo galileiano, per il semplice motivo che Eternità, Mistero e Spiritualità fanno parte della sfera Trascendentale della nostra esistenza.” Fine