Parlare la lingua di Adamo: glossolalia e lingua dei santi nell’Islam

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Parlare la lingua di Adamo: glossolalia e lingua dei santi nell’Islam

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HISTORIA RELIGIONUM AN INTERNATIONAL JOURNAL

6 · 2014

PISA · ROMA FABRIZ IO SERRA E D ITO RE MMXI V

Amministrazione ed abbonamenti Fabrizio Serra editore Casella postale n. 1, Succursale n. 8, i 56123 Pisa Tel. +39 050 542332, fax +39 050 574888, [email protected] www.libraweb.net I prezzi ufficiali di abbonamento cartaceo e/o Online sono consultabili presso il sito Internet della casa editrice www.libraweb.net. Print and/or Online official subscription rates are available at Publisher’s web-site www.libraweb.net. I pagamenti possono essere effettuati tramite versamento su c.c.p. n. 17154550 o tramite carta di credito (American Express, Visa, Eurocard, Mastercard). * A norma del codice civile italiano, è vietata la riproduzione, totale o parziale (compresi estratti, ecc.), di questa pubblicazione in qualsiasi forma e versione (comprese bozze, ecc.), originale o derivata, e con qualsiasi mezzo a stampa o internet (compresi siti web personali e istituzionali, academia.edu, ecc.), elettronico, digitale, meccanico, per mezzo di fotocopie, pdf, microfilm, film, scanner o altro, senza il permesso scritto della casa editrice. Under Italian civil law this publication cannot be reproduced, wholly or in part (included offprints, etc.), in any form (included proofs, etc.), original or derived, or by any means : print, internet (included personal and institutional web sites, academia.edu, etc.), electronic, digital, mechanical, including photocopy, pdf, microfilm, film, scanner or any other medium, without permission in writing from the publisher. Proprietà riservata · All rights reserved © Copyright 2014 by Fabrizio Serra editore, Pisa · Roma. Fabrizio Serra editore incorporates the Imprints Accademia editoriale, Edizioni dell’Ateneo, Fabrizio Serra editore, Giardini editori e stampatori in Pisa, Gruppo editoriale internazionale and Istituti editoriali e poligrafici internazionali. * Direttore responsabile: Fabrizio Serra. Autorizzazione del Tribunale di Pisa n. 36 del 30/10/2007. * issn 2035-5572 issn elettronico 2035-6455

SOMM A R IO sezione monografica Rosa Maria Parrinello, Introduzione. Alfabeti spirituali : una prospettiva compa rata Michela Zago, Il sopracciglio del sole. Nomi barbari e botanica tardoantica Guy G. Stroumsa, The mystery of the greek letters : a byzantine kabbalah ? Cordula Bandt, The Alphabet as Henotikon. The tract On the Mystery of Let ters against the background of the Origenist Controversies of the 4th and 6th centuries Alberto Pelissero, From Grammatical Syllabary to Spiritual Syllabary : From var nºasama¯mna¯ya to varnºama¯la¯ Rosa Maria Parrinello, Scrittura e persecuzione nel monachesimo bizantino : la lettera 41 di Teodoro studita Luca Patrizi, Parlare la lingua di Adamo : glossolalia e lingua dei santi nell’Islam Josep E. Rubio, Ut sub brevibus multa possit capere : la notación alfabética en el Ars de Ramon Llull  





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saggi Emiliano Rubens Urciuoli, Il triangolo comunitario e il quadrato comunitarista. Stili associativi nell’impero romano di i-ii e.v. Ezio Albrile, I Magi gnosticizzati Antonio Guerrieri, La nuova Sion. La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e il suo ingresso in Italia tra xix e xx secolo

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Recapito dei collaboratori del presente fascicolo

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Norme redazionali della casa editrice

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Parlare la lingua di A damo : glossolalia e lingua dei santi nell’Islam  

Luca Patr izi

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onendosi in una prospettiva metastorica, tutte le religioni, nell’ambito delle dottrine sulla Parola divina, si esprimono sulla questione di quale sia la lingua primordiale, e su questo argomento esistono alcuni studi interessanti. 1 Le religioni che pongono al centro delle loro dottrine uno o più testi sacri, identificano solitamente questa lingua con la lingua dei propri testi rivelati. Questo è ad esempio il caso dello Hindu¯ismo, che identifica il sanscrito con la lingua primordiale, considerando il Veda come una trascrizione diretta del linguaggio divino. 2 Allo stesso modo l’Ebraismo, prendendo come riferimento Genesi 11,1-9 in cui si afferma che prima della confusione delle lingue sulla terra vi era una sola lingua, identifica questa lingua con l’ebraico biblico, 3 sebbene nel Talmud troviamo anche l’opinione secondo la quale la lingua di Adamo era l’aramaico. 4 Anche in ambito cristiano si possono segnalare opinioni discordanti : se Sant’Agostino accoglie la teoria dell’ebraico, già prima di lui Gregorio di Nissa (m. 395) aveva espresso i suoi dubbi, e in seguito Teodoreto di Ciro (m. 457) e i Padri siriaci avevano identificato il siriaco con la lingua primordiale. 5 Questa convinzione era ampiamente diffusa fra i cristiani del Vicino Oriente nell’antichità, e ancora a cavallo tra il 16° e 17° secolo, il sacerdote maronita Jirjis ‘Amı¯ra (m. 1644) sosteneva questo primato nella sua grammatica del siriaco pubblicata a Roma. 6 Un’altra delle convinzioni che ha sempre goduto di una certa diffusione nell’ambiente delle chiese cristiane del Vicino Oriente, e che ha tentato anche qualche umanista europeo, è quella secondo la quale il siriaco sarebbe la lingua parlata da Gesù, 7 mentre secondo gli specialisti questa lingua sarebbe invece l’aramaico, anche se non si esclude che egli parlasse anche l’ebraico. 8 Mentre il termine « siriaco » deriva dal termine greco Syria, il termine originale in lingua siriaca è surya¯ya¯ o suryo¯yo¯, mentre in arabo è surya¯nı¯ o surya¯niyya. Per indagare l’origine di questa radice, può essere utile riferirsi alle fonti semitiche antiche, in particolare alla cosiddetta « Tavola dei Popoli » nella Bibbia Ebraica e alle fonti arabe, analizzando la toponomastica antica della regione del Vicino e Medio Oriente. Se si  

























1  Maurice Olender, Les langues du Paradis. Aryens et sémites : un couple providentiel, Paris, Gallimard-Seuil, 1989 ; Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Roma-Bari, Laterza, 1993 ; Abdelfattah Kilito, La langue d’Adam : et autres essais, Casablanca, Toubkal, 1995 ; Milka Rubin, The Language of Creation or the Primordial Language. A Case of Cultural Polemics in Antiquity, « Journal of Jewish Studies », 49, 1998, 2, pp. 306-333. 2  Ashok Aklujkar, The early history of Sanskrit as supreme language, in Jan E. M. Houben, Ideology and Status of Sanskrit : Contributions to the History of the Sanskrit Language, Leiden, Brill, 1996, pp. 72-75. 3  Rubin, The Language of Creation or the Primordial Language, cit., pp. 310-315. 4  Talmud Babilonese, Sanhedrin, 38b ; Rubin, The Language of Creation or the Primordial Language, cit. p. 316. 5  Olender, Les langues du Paradis, cit., pp. 13-14 ; Rubin, The Language of Creation or the Primordial Language, cit., pp. 317-328. 6  Riccardo Contini, Gli inizi della linguistica siriaca nell’Europa rinascimentale, « Rivista degli studi orientali », lxviii, 1994, 1-2, pp. 23-24. 7  Ibidem, pp. 17-18. 8  L’ultimo contributo è di Steven E. Fassberg, Which Semitic Language Did Jesus and Other Contemporary Jews Speak ?, « The Catholic Biblical Quarterly », 74, 2012, pp. 263-280.  





























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considerano infatti le denominazioni dei discendenti di Noè come popolazioni e non come singole personalità, si può osservare fino a che punto esse abbiano influenzato le denominazioni delle zone e delle lingue del Vicino e Medio Oriente, oltre ad avere influenzato le denominazioni dei gruppi linguistici coniati dai linguisti europei alla fine del 18° secolo. In Genesi 10,6, i figli di Cam (Hº a¯m), figlio di Noè, sono Cush, Mitzrayim, Put e Canaan : queste sono denominazioni delle rispettive popolazioni dell’Etiopia, dell’Egitto, della Libia e della Palestina. Il nome semitico antico dell’Egitto è attestato infatti sia attraverso il duale ebraico Mitzrayim, che attraverso la radice Msr in altre lingue semitiche antiche. In arabo il nome è Misºr, ed indica allo stesso tempo sia l’Egitto, sia la città del Cairo. 1 Invece da Sem, figlio di Noè, secondo i linguisti arabi deriverebbe il nome semitico della regione del Levante, in arabo bila¯d al-Sha¯m, i paesi di Sha¯m, la zona che comincia a sud a partire dal Sinai egiziano, passando per la Palestina, Israele e Libano, a nord fino al monte Taurus nel sud della Turchia, con il confine naturale del fiume Eufrate a est. In arabo Sem si dice Sa¯m, ma secondo i linguisti arabi ‘nella lingua siriaca’ troviamo il suono Shı¯n al posto di un suono Sı¯n, come è anche attestabile nell’ebraico Shem. 2 Così come abbiamo osservato nel caso del Cairo, anche con al-Sha¯m si intende in arabo sia la zona del Vicino Oriente che la città di Damasco. La zona settentrionale compresa invece tra l’Eufrate e il Tigri in arabo prende il nome di al-Jazı¯ra, « l’Isola », dal momento che è la terra che si trova tra il Tigri e l’Eufrate, nella parte settentrionale dell’antica Mesopotamia. 3 Questa zona è in relazione con due denominazioni, che traggono la loro origine dai nomi di due figli di Sem citati nella Tavola dei popoli, Aram e Assur. Da Aram deriva il nome della popolazione degli Aramei e il nome della loro lingua, l’aramaico, mentre da Assur, Ashshu¯r in ebraico, deriva invece la città di Ashshu¯r, che sorgeva nel nord dell’attuale Iraq, che è anche il nome di un’antica divinità mesopotamica, oltre che il nome della popolazione degli Assiri. Appare quindi probabile, viste le premesse, la derivazione del termine surya¯ya¯ dal termine Assur, considerato come unione dell’articolo semitico al- con sur. Anche l’attuale nome arabo della Siria, Su¯riya¯ si origina probabilmente da questa denominazione. 4 In ambito islamico, oltre all’opinione secondo la quale la lingua del paradiso e la lingua primordiale sarebbe l’arabo, 5 troviamo spesso nelle fonti l’opinione secondo la quale sarebbe invece la lingua siriaca, al-lugha al-surya¯niyya. Gli autori, quando parlano della surya¯niyya, a volte si riferiscono alla lingua siriaca storica, e in particolare all’ara 















1  Il nome greco Aigýpti deriva dal copto Kyptios ; gli storici arabi lo citano sotto la forma Qibtº, affermando che questo nome si riferisce a uno dei figli di Hº a¯m (Cam), figlio di Nu¯hº (Noè), mentre altri affermano invece che fosse figlio di Misºr, figlio di Qu¯t (Put ?), figlio di Hº a¯m (Cam), cf. Muhº a mmad Ibn Jarı¯r Tºa barı¯ , I profeti e i re, Milano, Guanda, 1993, p. 158 ; « Qibtº», William Edward Lane, An Arabic-English Lexicon, 1863. 2  « al-Sha¯m », Lisa¯n al-ʿarab. Un’altra teoria è che esso derivi da shima¯l, sinistra, poiché prendendo come riferimento la penisola arabica questa zona si troverebbe a sinistra rispetto allo Yemen, che si troverebbe a destra, yamı¯n. Questa teoria tuttavia non spiega la caduta della lettera La¯m, cf. al-Sha¯m, « Encyclopaedia of Islam, Second Edition ». 3  al-Djazı¯ra, « Encyclopaedia of Islam, Second Edition ». 4 ���������������������������������������������������������������������������������������������������������������� Tra gli ultimi e più significativi contributi sulla questione dell’origine di questa denominazione possiamo citare Christian Cannuyer, A propos de l’origine du nom de la Syrie, « Journal of Near Eastern Studies », 44, 1985, 2, pp. 133-137 ; John Joseph, The Modern Assyrians of the Middle East : A History of Their Encounter with Western Christian Missions, Archaeologists, and Colonial Powers, Leiden, Brill, 2000, pp. 17-22 ; Robert Rollinger, The Terms « Assyria » and « Syria » Again, « Journal of Near Eastern Studies », 65, 2006, 4, pp. 283-287. 5  Meir Jacob Kister, A¯dam : a study of some legends in tafsı¯r and hºadı¯th literature, « Israel Oriental Studies », xiii, 1993, pp. 118-119, 140.  

















































glossolalia e lingua dei santi nell ’ islam 89 maico senza una precisa distinzione tra i vari dialetti 1, mentre per riferirsi più generalmente a lingue molto antiche citano indistintamente l’aramaico, a¯ra¯miyya, il nabateo, nabat ºiyya, o l’ebraico,ʿibra¯niyya. Tra altre, possiamo citare alcune ricorrenze nei testi. Nel Muru¯j al-dhahab, al-Masʿu¯dı¯ (m. 956) afferma che la lingua dell’umanità tra Adamo e Noè era la surya¯niyya, mentre in altri passaggi afferma che la surya¯niyya fu la lingua dell’umanità fino al crollo della Torre di Babele, e che fu anche la lingua materna di Ismaele, al quale in seguito Dio insegnò l’arabo. 2 Nella stessa epoca Ibn al-Nadı¯m (m. 995), citando il commentario della Genesi del vescovo Teodoro di Mopsuestia (m. 428), afferma che Dio parlò ad Adamo nel nabat ºı¯, che è il più puro tra i dialetti surya¯nı¯, utilizzato dagli abitanti di Babele fino alla confusione delle lingue, e riporta un’altra tradizione, secondo la quale un angelo avrebbe insegnato al primo uomo la scrittura della surya¯niyya. 3 Alcune tradizioni islamiche parlano poi di un libro o di alcuni libri (sºahºı¯fa, pl. sºahºa¯ʾif o sºuhºuf) che Dio inviò ad Adamo, composti da 21 fogli oppure da 10, 21 o 40 volumi secondo altre tradizioni. Essi contenevano la scienza delle lettere, e alcune ingiunzioni divine, ed erano dettati dall’angelo Gabriele e trascritti da Adamo in lingua surya¯niyya, mentre altre tradizioni affermano che Dio insegnò ad Adamo i nomi delle cose in siriaco per nascondere questa conoscenza agli angeli. 4 Nelle Rasa¯ʾil degli Ikhwa¯n al-Sºa¯fa¯’ (seconda metà del 10° sec.) troviamo un interessante sviluppo della stessa concezione. Nel capitolo intitolato « La conoscenza a proposito delle lettere primordiali », gli Ikhwa¯n affermano che Dio insegnò ad Adamo nove segni (‘alama¯t) o lettere (hºuru¯f), un linguaggio sintetico dal quale sarebbero poi derivate tutte le altre lingue, e questi nove segni non erano altro che i nove numeri da uno a nove, che secondo gli Ikhwa¯n erano stati trasmessi agli arabi dagli indiani. 5 Attraverso questi nove segni Adamo conobbe i nomi e le qualità di tutte le cose. 6 La situazione restò invariata fino a quando i figli di Adamo si moltiplicarono : essi parlavano la surya¯niyya, che in quella fase era una lingua esclusivamente orale, senza testi scritti. Questo perché la lingua non necessitava di essere sviluppata visto il numero esiguo di persone che la utilizzavano e vista l’assenza di racconti del passato da tramandare. Le generazioni si succedettero, e con l’aumento della popolazione e dei bisogni dell’uomo, Dio cominciò ad inviare dei Profeti, e ad insegnare all’uomo l’arte della scrittura. Allo stesso tempo cominciarono a manifestarsi dei sapienti, che intrapresero la trasmissione delle notizie del passato. Infine il numero delle lettere cominciò ad aumentare, fino a giungere a 28, il numero delle lettere della lingua araba, che è il numero di lettere perfetto, così come l’arabo è la lingua perfetta 7. Infine, Ibn al-Hº aja¯r al-Haytamı¯ (m. 1566) riporta l’opinione di alcuni sapienti musulmani secondo i quali l’interrogatorio che il credente deve affrontare dopo la morte è nella lingua surya¯niyya. 8  





















1  Juan Pedro Monferrer-Sala, Una notas acerca de al-surya¯niyya, « Miscelánea de Estudios Árabes y Hebraicos », 46, 1997, pp. 229-239. 2  ʿAlı¯ ibn al-Hº usayn al-Masʿu¯ d ı¯ , Muru¯j al-dhahab wa-maʿa¯din al-jawhar, Bayru¯t, Da¯r al-fi kr, 1973, v. 1, p. 220, v. 2, p. 71. 3  Ibn al-Nadı¯m, Kita¯b al-fi hrist, Tºihra¯n, Maktabat al-Asadı¯ wa-Maktabat al-Jaʻfarı¯ al-Tabrı¯zı¯, 1971, p. 14. 4  cf. Meir Jacob Kister, A¯dam : a study, cit., pp. 117-119 ; 140. 5  Questi sono gli stessi numeri che in seguito sono stati trasmessi dagli arabi agli europei, e per questo sono ancora chiamati « numeri arabi » ai giorni nostri. 6  Riferimento a Corano, 2 :31. 7  Ikhwa¯ n al-Sº a fa¯ ʾ , Rasa¯ʾil Ikhwa¯n al-Sºafa¯ʾ wa khulla¯n al-wafa¯ʾ, al-Qa¯hira, al-Hayʾa al-ʿa¯mma li-qusu¯r althaqa¯fa, 1997, vol. 3, pp. 141-143. 8  Ibn Hº ajar al-Haytamı¯ , al-Fata¯wa al-hºadı¯thiyya, Bayru¯t, Da¯r al-maʿrifa [197.], p. 11.  













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A fianco di questa concezione della surya¯niyya come lingua primordiale e come lingua storica in cui aramaico, siriaco e nabateo si confondono, nell’ambito delle dottrine esoteriche islamiche si è diffusa la concezione secondo la quale la surya¯niyya primordiale parlata da Adamo sarebbe la stessa lingua attraverso la quale comunicano i santi (awliya¯ʾ) della gerarchia esoterica. Questa capacità di comprendere e parlare la surya¯niyya viene talvolta messa in relazione con la qualità da parte di un santo di essere ummı¯, vale a dire di non avere avuto una formazione regolare alla lettura e alla scrittura, caratteristica che il Corano attribuisce in particolare al profeta Muhºammad, e che mette maggiormente in risalto un tipo di rivelazione spirituale che viene definita ʿilm ladunı¯, la scienza infusa che proviene direttamente ed esclusivamente da Dio, che discende sui profeti e su alcuni santi. 1 Più in generale, si tratta di quel carisma spirituale che nelle religioni viene definito « dono delle lingue », o con un termine più tecnico « glossolalia », che si esplica nella capacità di parlare nelle differenti lingue oppure di parlare il linguaggio degli angeli o il linguaggio degli animali, e in particolare degli uccelli, e della quale possiamo trovare dei riferimenti costanti nei testi sacri e nelle vite dei santi ad ogni epoca e latitudine. 2 La scienza che racchiude i segreti del linguaggio nell’Islam prende invece il nome diʿilm al-hºuru¯f, scienza delle lettere, ed è analoga alla scienza assiro babilonese, e in seguito ebraica e cristiana medievale, detta « gematria ». 3 Il primo mistico musulmano a cui viene attribuita dalle fonti la capacità infusa di leggere le lingue antiche, in particolare i geroglifici egiziani, detti in arabo qala¯m al-t ºayr, « la lingua degli uccelli », nonché di comprendere la surya¯niyya, è Dhu¯-l-Nu¯n al-Misºrı¯ (m. 861). 4 Nella storia del sufismo, due santi ummı¯ accomunati dalla capacità di padroneggiare l’uso della surya¯niyya primordiale, ʿAlı¯ al-Khawwa¯sº (m. 1532) e ʿAbd al-ʿAzı¯z alDabba¯gh (m. 1720), rappresentano un caso paradigmatico che comporta delle analogie molto evidenti. 5 Numerosi riferimenti alla surya¯niyya e alla glossolalia dei santi musulmani possono essere reperiti nell’opera di ʿAbd al-Wahha¯b al-Shaʿra¯nı¯ (m. 1565), il principale discepolo di ʿAlı¯ al-Khawwa¯sº e celebre sapiente e sufi. 6 Al-Shaʿra¯nı¯ racconta che talvolta il suo maestro cominciava a parlare in una lingua incomprensibile che pareva ebraico o siriaco, 7 allo stesso modo di un altro suo mae 





























1  Vedi Ummı¯, « Encyclopaedia of Islam, Second Edition » ; Eric Geoffroy, Le soufisme en Egypte et en Syrie, sous les derniers mamelouks et les premiers ottomans, orientations spirituelles et enjeux culturels, Damas, ifead, 1995, pp. 299307. 2  Alessandro Bausani, Le lingue inventate. Linguaggi artificiali - Linguaggi segreti - Linguaggi universali, Roma, Ubaldini, 1974 ; sulla glossolalia, oltre che sulla lingua misteriosa di Ildegarda di Bingen (m. 1179), che né Bausani né Higley considerano tuttavia un esempio di glossolalia, v. anche Sara L. Higley, Hildegard of Bingen’s unknown language : an edition, translation, and discussion, New York, Palgrave Macmillan, 2007, pp. 35-50. 3  Shmuel Sambursky, On the origin and significance of the term Gematria, « Journal of Jewish Studies », vol. 29, 1, 1978, pp. 35-38 ; Denis Gril, La science des lettres, in Ibn ʻArabı¯ , Les illuminations de la Mecque, a cura di Michel Chiodkiewicz, Paris, Sindbad, 1988 ; Pierre Lory, La science des lettres en islam, Paris, Dervy, 2004. 4  Abu¯ Nuʿaym al-Isº f aha¯n ı¯ , Hº ilyat al-awliya¯ʾ wa tºabaqa¯t al-asºfiya¯ʾ, Bayru¯t, Da¯r al-kutub al-ʿilmiyya, 1988, v. 9, p. 339. 5  Eric Geoffroy, Une grande figure de saint ummı¯ : le cheikh ‘Alı¯ al-Khawwa¯s (m. 939/1532), in Le développement du soufisme en Egypte à l’époque mamelouke, éd. par Richard McGregor, Adam Sabra, Le Caire, Institut Français D’archéologie Orientale, 2006, pp. 169-176. 6  Michael Winter, Society and Religion in Early Ottoman Egypt. Studies in the Writings of ʿAbd al- Wahha¯b alShaʿra¯nı¯, The Shiloah Center for Middle Eastern and African Studies, New Brunswick, Transaction Books, 1982. 7  ʿAbd al-Wahha¯b al-Shaʿra¯n ı¯, Durar al-ghawwa¯sº fı¯ fata¯wa¯ ʿAlı¯ al-Khawwa¯sº, al-Qa¯hira, 1985, p. 23.  



















glossolalia e lingua dei santi nell ’ islam 91 stro, Muhºammad al-Sara¯wı¯, che quando si trovava in uno stato spirituale intenso, parlava ebraico, siriaco e persiano. 1 Al-Shaʿra¯nı¯ afferma poi che anche il celebre santo Ibra¯hı¯m al-Dasu¯qı¯ (m. 1296) parlava siriaco, ebraico, persiano, etiopico e tutte le lingue degli uccelli e degli animali selvatici, e trasmette in seguito degli scritti che al-Dasu¯qı¯ avrebbe lasciato ai suoi discepoli, delle litanie inframmezzate da parole in una lingua misteriosa, di cui possiamo tentare di traslitterare un frammento : « …wa la¯ sat ºa¯ris, wa la¯ ʿita¯fı¯s, wa la¯ hat ºa¯mrı¯sh, wa la¯ sat ºa¯ mrı¯sh, wa la¯ shu¯sh arı¯sh, wa la¯ raka¯sh qu¯sh, wa la¯ samla¯dnu¯s wa la¯ kita¯b samt ºalu¯l al-ru¯s, wa la¯ bu¯s ʿakmasu¯s… ». 2 Questo è un chiaro esempio di glossolalia trascritta, con un suffisso ripetuto e ritmato, in questo caso in -s, caratteristica spesso presente in altri esempi di lingue misteriose. 3 Al-Shaʿra¯nı¯ riporta in seguito un’interessante affermazione attribuita a al-Dasu¯qı¯ : « Quando un conoscitore giunge al grado spirituale della conoscenza (maqa¯m al-ʿirfa¯n), Dio gli trasmette un sapere senza intermediari, ed egli ottiene delle scienze che sono scritte sulle Tavole spirituali in cui si trovano i simboli, e ne conosce i doni e ne trae i talismani e le scienze dei suoi nomi e del suo decreto, e Dio gli comunica delle scienze consegnate nei punti diacritici, e se non fosse per la paura di incorrere nel biasimo facendone parola, ne sarebbero accecati gli intelletti. Egli riceve inoltre la conoscenza delle differenti lingue straniere, la scienza delle lettere, del significato interiore della grammatica, e comprende quel che è scritto sulle foglie degli alberi, sull’acqua, sull’aria, sulla terra e sul mare, e quel che è scritto sulla superficie della volta celeste, e quel che portano scritto in fronte uomini e jinn sul loro destino in questo mondo e nell’altro, e quel che è scritto senza scrittura al disopra del sopra e al disotto del sotto ». 4 Al-Shaʿra¯nı¯ afferma inoltre che un altro santo, Muhºammad Wafa¯ (m. 1363), avrebbe composto dei libri enigmatici, scritti in una lingua incomprensibile, « straniera », quando aveva tra i 7 e i 10 anni di età, 5 mentre in un altro passaggio afferma di avere ricevuto dal santo Amı¯n al-Dı¯n al-Najja¯r (m. 1521) una tradizione direttamente in lingua surya¯niyya. 6 In un passaggio di un’altra sua opera, al-Shaʿra¯nı¯ riporta un dialogo con il suo maestro ʿAlı¯ al-Khawwa¯sº a proposito della surya¯niyya :  





























Ho domandato al nostro maestro : in che modo Adamo e i suoi figli preservarono il Libro (almusºhºa¯f ) e le Norme (al-nawa¯mı¯s) se nessuno a quel tempo conosceva la scrittura, dal momento che in tutto l’universo Dio non l’aveva insegnata a nessuno ? Ed egli rispose : Adamo e i suoi figli, grazie alla loro conoscenza superiore, dimenticavano pochissimo. Avevano imparato i nomi delle lettere, parlavano ed esprimevano il significato tramite allusione, ma nessuno di loro scriveva di propria mano con il calamo. Inoltre nessuno di loro apprendeva il linguaggio, ma lo teneva a mente grazie all’esiguo numero dei suoi vocaboli e delle sue lettere. Sulla terra in quell’epoca gli uomini erano tutti nomadi e la comunicazione era riservata allo stretto necessario ; non vi erano racconti provenienti del passato, e nel Libro che essi preservavano non vi era ricordo di chi era vissuto prima di loro. Questo perché il linguaggio degli angeli, che è la lingua surya¯niyya, non è scritto su corpi materiali, ma la sua materia sono le sostanze spirituali (al-jawa¯hir al-nafsa¯niyya). [...] Questa situazione restò invariata finché intervennero dei cambiamenti nella loro condizione, il loro sapere diminuì, e la loro dimenticanza crebbe : le narrazioni aumentarono, e fu ne 









1  Idem, Tºabaqa¯t al-sºu¯fiyya, al-Qa¯hira, al-Maktaba al-tawfı¯qiyya, s.d., p. 568. 3  Bausani, Le lingue inventate, cit., pp. 70-71. 4  ʿAbd al-Wahha¯ b al-Shaʿra¯n ı¯ , Tºabaqa¯t al-sºu¯fiyya, p. 287. 5  Geoffroy, Le soufisme en Egypte et en Syrie, p. 303.

2  Ibidem, pp. 283-284. 6  Ibidem, p. 101.

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cessaria la conoscenza delle cronache delle epoche passate. Dio rese loro manifesta l’arte della scrittura come beneficio e misericordia da parte Sua. Poi gli domandai : ma quando Adamo discese in India 1, Dio gli insegnò le lettere indiane o quelle arabe ? Ed egli rispose : gli insegnò le lettere indiane, che non sono nient’altro che queste nove forme : 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, che raccolgono in sé l’insieme di tutto ciò che esiste : in esse si concentra l’insieme dei significati e si riassumono le parti di ogni calcolo e tutti i numeri. Attraverso queste lettere Adamo apprese tutti i nomi delle cose e i loro attributi, esistenziati dalle forme e dagli aspetti delle lettere. Adamo e i suoi figli continuarono in questo modo fino a che il numero dei suoi figli crebbe ; si parlava la surya¯niyya. Poi il cielo prese la forma che doveva prendere in seguito ai cambiamenti intervenuti con la morte di Adamo. Vi fu un aumento delle lettere, e le tutte le cose presero ad aumentare ed espandersi finché fu completato il numero delle lettere nelle 28 che costituiscono la lingua araba, sigillo delle lettere e sigillo delle lingue, e, secondo la Legge del Profeta, non vi saranno aggiunte fino alla venuta dell’Ora. 2  















Come si può notare, si tratta di una citazione quasi letterale dal passaggio degli Ikhwa¯n al-Sºafa¯’ menzionato in precedenza, con l’aggiunta di minimi particolari. 3 Anche in ambito sciita possiamo trovare dei riferimenti alla surya¯niyya : secondo un detto che viene fatto risalire ad ʿAlı¯ ibn Abı¯ Tºa¯lib (m. 661), il Nome Supremo di Dio sarebbe una formula in surya¯nı¯ o ʿibra¯nı¯, tramite la pronuncia del quale egli sarebbe riuscito in un’occasione a far risorgere il sole da dietro le montagne per permettere a lui e al gruppo di persone che erano con lui di compiere la preghiera rituale in tempo, dopo averla persa per non doverla compiere su una terra maledetta da Dio, la terra di Babele 4. Allo stesso modo l’Imam nascosto alla fine dei tempi riunirà attorno a sé i suoi 313 compagni pronunciando il Nome Divino in ʿibra¯nı¯. 5 La trattazione più completa ed esplicita a proposito della lingua surya¯niyya primordiale è rintracciabile negli insegnamenti del maestro marocchino ʿAbd al-ʿAzı¯z alDabba¯gh (m. 1723), che come al-Khawwa¯sº è stato gratificato dalla scienza infusa. Uno dei discepoli di al-Dabba¯gh, Ahºmad Ibn al-Muba¯rak al-Lamat ºı¯, metterà per iscritto le sue parole, 6 pronunciate in risposta alle più disparate domande dei suoi discepoli. In particolare gli vengono poste numerose questioni concernenti l’esegesi del Corano, a proposito di termini di incerto significato. In alcuni casi egli risponde affermando che il termine in questione è in realtà in surya¯niyya, e ne dà la traduzione. Da quel che segue, si intuisce facilmente che al-Dabba¯gh non si riferisce alla lingua siriaca storica, ma alla surya¯niyya primordiale. 7 Al-Lamat ºı¯ introduce la digressione dedicata alla surya¯niyya  











1  Secondo le leggende arabe, Adamo discese sulla terra dal Paradiso celeste nell’isola di Sri Lanka, cf. ʿAlı¯ ibn al-Hº usayn al-Masʿu¯ d ı¯ , v. 1, p. 34. 2  ʿAbd al-Wahha¯ b al-Shaʿra¯ n ı¯ , al-Jawa¯hir wa al-durar mimma¯-stafa¯dah sı¯dı¯ ʿAbd al-Wahha¯b al-Shaʿra¯nı¯ min shaykhih sı¯dı¯ ʿAlı¯ al-Khawwa¯sº, Bayru¯t, Da¯r al-kutub al-ʿilmiyya, 2005, pp. 11-12. 3  Questo passaggio, integrato nel testo di un’autorità come al-Shaʿra¯nı¯, mostra l’influenza sotterranea degli Ikhwa¯n al-Sºafa¯ʾ sul sufismo, e allo stesso tempo la precauzione nel citarli come fonte diretta. 4  Mohammad Ali Amir-Moezzi, Le guide divin dans le shı¯ʿisme originel. Aux sources de l’ésotérisme en islam, Paris, Verdier, 2007, p. 230-231. 5  Ibidem, p. 296. 6  Ahº m ad Ibn al-Muba¯ r ak al-Lamatº ı¯ , al-Dhabab al-Ibrı¯z min kala¯m sayyidı¯ ʿAbd al-ʿAzı¯z al-Dabba¯gh, a cura di Muhºammad ʻAdna¯n Shamma¯ʻ, Dimashq, 1984-1986 ; Ahº m ad b. al-Muba¯ r ak al-Lamatº ı ¯ , Pure Gold from the Words of Sayyidı¯ ʿAbd al-ʿAzı¯z al-Dabba¯gh. A Translation with Notes and an Outline by John O’Kane and Bernd Radtke, Leiden, Brill, 2007 ; Massimo Archetti Maestri, La lingua primordiale nel Kita¯b al-Ibrı¯z di Ibn al-muba¯rak, « Quaderni di Studi Arabi », 14, 1996, pp. 77-100. 7  Bernd Radtke invece, sia nelle note della traduzione dell’Ibrı¯z, sia in un suo articolo dedicato a questa questione (Bernd Radtke, Syrisch : Die sprache der engel, der geister und der erleuchteten. Einige stucke aus dem Ibrı¯z des Ahºmad b. al-Muba¯rak al-Lamatıº ¯, « Jerusalem Studies of Arabic and Islam », 32, 2006, pp. 472-502), si applica a ricontrollare le interpretazioni di al-Dabba¯gh alla luce del siriaco storico, giungendo alla conclusione che si tratti di invenzioni stravaganti del maestro marocchino.  













glossolalia e lingua dei santi nell ’ islam 93 primordiale affermando di non avere mai incontrato in precedenza un’altra persona che come al-Dabbagh conoscesse allo stesso tempo la surya¯niyya e tutte le altre lingue, degli uomini, dei jinn, degli angeli e degli animali ; l’autore racconta di un uomo che durante una visita pia alla tomba di Ibra¯hı¯m al-Dasu¯qı¯ vide il santo egiziano apparirgli e insegnargli una preghiera che conteneva una frase in una lingua sconosciuta, e della quale egli in seguito non intraprese la recitazione, per scrupolo pio ; al-Dabba¯gh afferma che la frase è in surya¯niyya, ne dà la traduzione, dicendo che al-Dasu¯qı¯ era uno dei più grandi santi, che ha raggiunto un altissimo grado spirituale, e pertanto era tra coloro che conoscono la surya¯niyya ; al-Dabba¯gh afferma che la surya¯niyya è il linguaggio degli spiriti, e i santi che sono membri del dı¯wa¯n al-awliya¯ʾ, il consesso supremo dei santi, 1 parlano tra loro in questa lingua poiché è concisa e allo stesso tempo dotata di enorme significato ; alla domanda se la lingua araba è al livello della surya¯niyya, alDabba¯gh risponde che solo la lingua del Corano lo è ; la surya¯niyya a differenza delle altre lingue non è composta da parole ma da lettere dell’alfabeto, e ogni lettera veicola un significato ; le lettere unite tra loro sono come le parole unite nelle frasi nelle altre lingue ; la surya¯niyya è diffusa nelle altre lingue attraverso le singole lettere ; egli fa l’esempio del nome proprio Ahºmad, che in surya¯niyya è composto dai 5 significati delle sue lettere ; la surya¯niyya è la radice di tutte le lingue ; soltanto coloro che hanno sperimentato il grande disvelamento (al-kashf al-kabı¯r) e gli angeli possono parlare questa lingua ; quando Adamo discese sulla terra, parlava in surya¯niyya, e questo fino al tempo in cui morì il profeta Idrı¯s (Enoch), e gli uomini cominciarono ad alterare questa lingua e trarre le loro lingue da essa ; la prima lingua tratta dalla surya¯niyya e quindi la più vicina ad essa è la lingua dell’India ; Adamo parlava la surya¯niyya quando discese dal Paradiso perché essa è la lingua degli abitanti del Paradiso ; secondo al-Dabbagh il detto del Profeta che afferma che la lingua del Paradiso sarebbe invece l’arabo non è autentico ; egli afferma che se si osserva il linguaggio dei bambini, si potrà trovare in esso termini in surya¯niyya ; Adamo parlava ai suoi figli in tenera età in surya¯niyya, e insegnava loro in questa lingua i nomi delle cose ; essi insegnarono in seguito ai loro figli, e così via di generazione in generazione, e qualcosa di innato di ciò rimane nei bambini ; inoltre, fino a quando i bambini sono nutriti con il latte materno, il loro spirito è connesso alle assemblee angeliche celesti, che sognano durante il loro sonno, e così percepiscono qualcosa del loro linguaggio, che è la surya¯niyya ; alcune delle proto-parole pronunciate dagli infanti sono in surya¯niyya ; si può apprendere questa lingua frequentando coloro che fanno parte del dı¯wa¯n al-awliya¯ʾ, che parlano sempre in surya¯niyya eccetto quando tra loro è presente il profeta Muhºammad, nel qual caso parlano arabo per rispetto nei suoi confronti ; l’interrogatorio dei due angeli nella tomba dopo la morte è in surya¯niyya, e al-Dabbagh si sofferma nel dettaglio sulle domande e sui loro significati ; risponde in seguito ad una serie di domande su termini non arabi nel Corano, per indicare quali tra queste parole sono in surya¯niyya ; soltanto il Polo Supremo (al-ghawth, il Soccorso) e i sette poli della gerarchia iniziatica che stanno sotto di lui conoscono la surya¯niyya, che egli ha appreso nell’arco di un mese da un altro iniziato, e che ha insegnato ad al-Lamat ºı¯ in un giorno ; il Corano è scritto sulla Tavola Custodita (al-lawhº al-mahºfu¯zº) in arabo e in surya¯niyya, e la parte in surya¯niyya sono le lettere isolate poste all’apertura di alcune sure ; 2 soltanto due categorie di persone co 





















































1  Cfr. Geoffroy, Le soufisme en Egypte et en Syrie, cit., p. 137. 2  cf. Mysterious Letters, « Encyclopaedia of the Qurʾa¯n », 3, 2014, pp. 471-477.  



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noscono il significato delle lettere isolate : colui che può guardare nella Tavola Custodita e colui che frequenta il dı¯wa¯n al-awliya¯ʾ. 1 A ribadire le stesse considerazioni, citandole letteralmente dal al-Dhabab al-Ibrı¯z, sarà in seguito anche l’Emiro ʿAbd al-Qa¯dir al-Jazaʾirı¯ (m. 1883), nel suo libro rivolto ai francesi, scritto nel 1855 e tradotto e pubblicato in Francia nel 1958. 2 Alcune considerazioni di al-Dabbagh sulla surya¯niyya possono suonare curiosamente familiari ripensando ad un celebre trattato medievale consacrato alla lingua : il De vulgari eloquentia di Dante. Nel proemio Dante propone una definizione di « volgare » come la lingua che noi tutti abbiamo assimilato senza seguire alcuna regola, imitando la nostra nutrice. In realtà abbiamo anche una seconda lingua, che, per quanto riguarda i Romani, è stata chiamata « grammatica », vale a dire il latino ; anche i greci hanno la loro seconda lingua, così come altri popoli, ma non tutti, perché è solo in seguito ad un lungo e intenso studio che si può giungere a padroneggiarne le regole e lo spirito. Per Dante, tuttavia, la lingua più nobile tra le due è in realtà la lingua « volgare », poiché è la prima lingua parlata dal genere umano, e perché il mondo intero se ne serve, anche se con delle pronunce e delle parole differenti, e inoltre perché è il modo naturale di esprimersi, mentre l’altra lingua è artificiale. Vediamo quindi delinearsi una particolare teoria del « volgare » come lingua primordiale che si assimila nella prima infanzia. 3 In seguito Dante introduce delle considerazioni molto interessanti a proposito della lingua di Adamo. Egli afferma infatti che il primo uomo ad utilizzare il linguaggio fu Adamo, e la sua prima parola, in risposta a una domanda non-verbale proveniente da Dio, dopo essere stato toccato dal soffio della Virtù vivificante, fu El, che lo stesso Dante traduce con « Dio ». Nello stesso tempo in cui creò l’anima, Dio creò una certa forma di linguaggio, e in questa la forma di linguaggio si espresse Adamo, e anche tutti i suoi discendenti fino alla costruzione della torre di Babele, termine che, come Dante stesso afferma, significa « confusione ». In questa stessa forma il linguaggio è stato trasmesso ai figli di Eber, che hanno preso dal loro antenato il nome di Ebrei, i quali in seguito alla « confusione delle lingue » furono i soli a conservarla, in modo che Gesù, che per quello che concerne la sua natura umana doveva nascere tra di loro, potesse utilizzare una lingua di « grazia » e non una lingua di « confusione ». Dante conclude affermando che fu dunque la lingua ebraica la prima essere modulata dalle labbra dell’uomo, più precisamente dai discendenti di Sem che si erano rifiutati di prendere parte all’oltraggiosa costruzione della Torre di Babele, i quali continuarono a utilizzare questa lingua fino alla dispersione degli Ebrei, con l’esilio forzato a Babilonia. 4 Tuttavia nel periodo di tempo che intercorre tra la redazione del De vulgari eloquentia e la Comedia Dante sembra mutare opinione. Nel canto ventiseiesimo del Paradiso, Dante incontra Adamo, che risponde a quattro domande che il poeta aveva semplicemente pensato : quanto tempo era passato dalla creazione ; quanto tempo aveva dimo 





















































1  Ahº m ad b. al-Muba¯ r ak al-Lamatºı ¯, Pure Gold from the Words of Sayyidı¯ ʿAbd al-ʿAzı¯z al-Dabba¯gh, cit., pp. 421-443. 2  Abd-el-Kader, Rappel à l’intelligent, avis à l’indifférent, traduction de Gustave Dugat, Paris, Librairie de l’institut de la bibliothèque impériale et des sociétés asiatiques, 1858, pp. 129-130. 3  Umberto Eco ha sottolineato le implicazioni di questa visione : « Se un uomo della tempra di Dante avesse veramente pensato che l’ebraico inventato da Adamo era la sola lingua perfetta, avrebbe appreso l’ebraico e in ebraico avrebbe composto il suo poema. Non l’ha fatto poiché pensava che il volgare che egli doveva inventare avrebbe corrisposto ai principi della forma universale donata da Dio meglio di quanto non potesse fare l’ebraico adamitico. Dante si candida a essere un nuovo (e più perfetto) Adamo », Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, cit., p 53. 4  Dante Alighieri, De vulgari eloquentia, i-vi.  





glossolalia e lingua dei santi nell ’ islam 95 rato nel Paradiso Terrestre ; quale fu la vera essenza del peccato originale ; qual era la lingua che egli parlava nel Paradiso Terrestre. A quest’ultima domanda Adamo risponde in questo modo :  





La lingua ch’io parlai fu tutta spenta innanzi che a l’ovra inconsummabile fosse la gente di Nembrót attenta : che nullo effetto mai razïonabile, per lo piacere uman che rinnovella seguendo il cielo, sempre fu durabile. Opera naturale è ch’uom favella ; ma così o così, natura lascia poi fare a voi secondo che v’abbella. Pria ch’i’ scendessi a l’infernale ambascia, I s’appellava in terra il sommo bene onde vien la letizia che mi fascia ; e El si chiamò poi : e ciò convene, ché l’uso d’i mortali è come fronda in ramo, che sen va e altra vene. 1  









Adamo afferma dunque che la lingua ch’egli parlava nel paradiso cadde in desuetudine prima della costruzione della Torre di Babele, momento simbolico della confusione delle lingue, poiché nessun prodotto della ragione umana può rimanere per sempre, ed il gusto dell’uomo cambia col tempo : che l’uomo parli è opera naturale, ma la natura lascia in seguito all’uomo lo sviluppo del linguaggio. Adamo aggiunge in seguito che prima della sua morte terrena, il nome con il quale si chiamava Dio sulla terra era I, e dopo la sua morte questo nome diventò El, e ciò è accaduto necessariamente, poiché le usanze dei mortali cambiano come un ramo cambia le sue foglie. Dunque nella Comedia Dante afferma che prima della lingua ebraica, e prima delle altre lingue semitiche in cui è attestato l’uso del termine El per indicare Dio, 2 vi era un’altra lingua primordiale, in cui il nome di Dio non era rappresentato da una parola, come El, ma bensì da una sola lettera, un segno che egli traccia in verticale. 3 Sull’interpretazione di questo passaggio i commentatori antichi e moderni si sono divisi : alcuni vi riconoscono uno dei nomi di Dio fra quelli che ha riportato San Gerolamo nell’Epistola, vale a dire la lettera Ia, I consonantica pronunciata Ia ma scritta con la sola I. 4 Altri leggono questo nome come numero, in analogia con l’Unità Divina, altri ancora lo leggono come un segno, scelto per la sua estrema semplicità « metafisica ». 5 A queste interpretazioni si possono aggiungere alcune considerazioni. Per Dante il nome primordiale di Dio è espresso in una lingua precedente a quella in cui è espresso come  















1  Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso xxvi, 124-138. 2  L’utilizzo della parola El per indicare la divinità è attestato in lingue semitiche molto antiche come ad esempio l’Accadico, cf. Giovanni Garbini, Olivier Durand, Introduzione alle lingue semitiche, Brescia, Paideia, 1994, p. 31. 3  Le influenze ebraiche ed arabe sull’ambiente e sull’opera di Dante sono state studiate in maniera approfondita, cfr. Giorgio Battistoni, Dante, Verona e la cultura ebraica, Firenze, La Giuntina, 2004 ; Miguel As’n Palacios, Dante e l’Islâm. L’escatologia islamica nella Divina Commedia, Milano, Net, 2005 ; Maria Corti, Dante e la cultura islamica, in Per correre miglior acque…, Atti del convegno internazionale, Verona-Ravenna, 25-29 ottobre 1999, Roma, Salerno editrice, vol. i, pp. 183-202. 4  Gino Casagrande, « I s’appellava in terra ’l sommo bene » : Paradiso xxvi, 134, « Aevum », 50, 1976, pp. 249-273. 5  Dante Alighieri, La Divina Commedia, a cura di Anna Maria Chiavacci Leonardi, Milano, Mondadori, p. 544.  













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El, vale a dire in ebraico e in varie altre lingue semitiche, lingua araba compresa, nella quale il nome Alla¯h è formato dall’articolo al- + nome Ila¯h, divinità, analogo alla forma semitica El. In questa lingua primordiale, indipendentemente dall’identificazione di questo segno, il nome primordiale di Dio non è indicato da una parola, come El, ma da una singola lettera. Questa è quindi un’altra analogia tra la concezione della lingua primordiale di Dante e la stessa concezione sviluppata in ambito islamico, a partire dagli Ikhwa¯n al-Sºafa¯ʾ fino ad al-Dabba¯gh.

c o mposto in car atter e dan t e mon ot y p e d a l l a fabr izio serr a editor e , p i s a · r om a . s tamp ato e rileg at o n e l l a t ipog rafia di ag n an o, ag n a n o p i s a n o ( p i s a ) .

* Dicembre 2014 (cz 2 · fg 3)