Mutamenti nel romeno di immigrati in Italia

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Materiali Linguistici. Collana a cura dell’Università di Pavia, Dipartimento di Studi Umanistici La collana, fondata originariamente per accogliere lavori nati nell’ambito degli insegnamenti linguistici dell’Università di Pavia, è di fatto aperta anche a contributi di studiosi di altre sedi e colma così un’oggettiva lacuna della pubblicistica a carattere linguistico. Data la complessità del fenomeno linguaggio, è inevitabile che la linguistica sia oggi al centro di una rete di rapporti interdisciplinari che la collegano alla critica letteraria, alla sociologia, alla psicologia, alla filosofia, all’informatica, secondo una molteplicità di punti di vista teorici e metodologici. Il confronto tra approcci diversi è un momento essenziale per lo sviluppo degli studi linguistici e in questa convinzione la collana non intende porsi alcuna restrizione tematica e non intende riflettere alcuna «scuola», ma è pronta ad ospitare lavori scientifici su qualsiasi argomento riguardante il linguaggio. In questa prospettiva la collana si propone di pubblicare ricerche e raccolte di saggi dal taglio assai diverso, dibattiti sullo stato della ricerca in particolari settori, studi monografici e contributi originali che si rivolgono sia agli specialisti sia al largo pubblico interessato alla materia. Tutti i volumi pubblicati nella collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validità scientifica.

Comitato di direzione: Anna Giacalone Ramat, Cecilia Andorno, Annalisa Baicchi, Giuliano Bernini, Marina Chini, Sonia Cristofaro, Pierluigi Cuzzolin, Elisabetta Jezek, Silvia Luraghi, Gianguido Manzelli, Maria Pavesi, Vito Pirrelli, Michele Prandi, Irina Prodanof, Paolo Ramat, Massimo Vedovelli.

Segreteria: Elisa Roma Dipartimento di Studi Umanistici - Sezione Linguistica. Corso Carlo Alberto 5, I-27100 Pavia (tel. 0382/984484) Per maggiori informazioni i lettori possono consultare il sito: http://lettere.unipv.it/diplinguistica/

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Alexandru L. Cohal

MUTAMENTI NEL ROMENO DI IMMIGRATI IN ITALIA

FRANCOANGELI

Il volume è stato pubblicato con il contributo dell’Associazione Armonis di Ia¸si Romania (www.armonis.ro)

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Indice

Indice delle tabelle

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Elenco delle abbreviazioni e dei termini tradotti

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Ringraziamenti

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Introduzione

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1. Mutamento e contatto linguistico 1.1. Cause interne ed esterne del mutamento 1.2. Lingue in contatto e mutamento

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1.3. Lingua romena nell’immigrazione recente

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2. Immigrazione romena in Italia 2.1. Caratteristiche socioculturali dell’immigrazione romena in Italia

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1.2.1. Fattori linguistici ed extralinguistici che favoriscono il mutamento, p. 20; 1.2.2. Lingue in contatto, fra mantenimento e logorio linguistico, p. 22; 1.2.3. Livelli linguistici interessati dal mutamento da contatto, p. 24; 1.2.4. Esiti dell’interferenza e mutamento da contatto, p. 25

2.1.1. Due decenni d’immigrazione romena in Italia, p. 36; 2.1.2. Quadro socio-statistico, p. 39; 2.1.3. Distanze fisiche e (spazi) virtuali, p. 41; 2.1.4. Integrazione e (trans)nazionalismo, p. 44; 2.1.5. Lavoro, p. 46; 2.1.6. Famiglia, p. 47; 2.1.7. Donne, p. 49; 2.1.8. Figli, p. 51; 2.1.9. Nonni, p. 53; 2.1.10. Istruzione in romeno, p. 54; 2.1.11. Chiesa, p. 55; 2.1.12. Pubblicazioni e internet, p. 57; 2.1.13. Prestigio, p. 51 5

2.2. Repertorio linguistico degli immigrati romeni in Italia. Usi e scelte linguistiche

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2.2.1. Romeno, p. 60; 2.2.2. Italiano, p. 63; 2.2.3. Bilinguismo, p. 65; 2.2.4. Repertorio, p. 67; 2.2.5. Reti sociali, p. 70

2.3. Comunità linguistica romena 2.3.1. Transcomunità, p. 72; 2.3.2. A posto di previsioni, p. 73

3. Metodo, strumenti, tecniche 3.1. Metodo di ricerca 3.1.1. Soggetti dei gruppi sperimentali, p. 72; 3.1.2. Soggetti dei gruppi di controllo, p. 81; 3.1.3. Tecniche, p. 82; 3.1.4. Formulazione delle ipotesi, p. 82; 3.1.5. The Native Speaker Evaluations, p. 84

3.2. Strumenti di ricerca quantitativa 3.2.1. Questionario sociolinguistico, p. 87; 3.2.2. Compito narrativo Chaplin, p. 91; 3.2.3. C-Test, p. 93

3.3. Tecniche di ricerca qualitativa 3.3.1. Registrazioni di conversazioni libere, p. 96; 3.3.2. Osservazione partecipante, p. 97; 3.3.3. Forum, p. 97

4. Mutamenti nel romeno in contatto con l’italiano 4.1. Esiti del contatto nel romeno L1 a livello di discorso 4.1.1. Introduzione, p. 107; 4.1.2. Commutazione di codice, p. 110; 4.1.3. Calco, p. 118; 4.1.3.1. Semantico, p. 119; 4.1.3.2. Polirematiche, p. 120; 4.1.3.3. Sintattico, p. 122; 4.1.3.4. Morfologico strutturale, p. 124; 4.1.3.5. Categoriale, p. 128; 4.1.3.6. Flessionale, p. 131; 4.1.4. Marcatori di discorso, p. 133

4.2. Esiti del contatto nel romeno L1 a livello di sistema 4.2.1. Dativo e genitivo preposizionali, p. 136; 4.2.1.1. Casi dativo e genitivo nel romeno, p. 136; 4.2.1.2. Tipi di D/G: romeno standard vs. innovazioni e adozioni, p. 140; 4.2.1.3. Mutamenti nel genitivo e nel dativo del romeno d’Italia, p. 146; 4.2.1.4. D/G romeno, excursus diacronico, p. 150; 4.2.2. Passivo e agente nella varietà di romeno d’Italia, p. 154; 4.2.2.1. Passivo con a veni nel romeno, p. 155; 4.2.2.2. Passivo con a veni nel romeno d’Italia, p. 161; 4.2.2.3. Marche preposizionali dell’agente nella costruzione passiva, p. 162; 4.2.3. Marcatura dell’oggetto diretto, p. 168; 4.2.3.1 Morfema pe nel romeno, p. 168; 4.2.3.2 Marcatura dell’oggetto diretto nel romeno d’Italia, p. 172; 4.2.4. Innovazioni nell’infinito, p. 177; 4.2.5. Innovazioni nel congiuntivo, p. 183; 4.2.6. Pronome-articolo dimostrativo cel, p. 185; 4.2.6.1. Pronome/articolo dimostrativo cel nel romeno, p. 186; 4.2.6.2. Pronominalizzazione dell’articolo dimostrativo cel in Ro L1, p. 187; 4.2.7. 6

Relativo care, p. 188; 4.2.8. Prestito, p. 192; 4.2.8.1. Tipi di prestito, p. 193; 4.2.8.2. Ruolo della parentela linguistica nel prestito, p. 198; 4.2.8.3. Assimilazione dei prestiti, p. 203; 4.2.8.4. Nuovi sostantivi, aggettivi, p. 207; 4.2.8.5. Nuovi verbi, avverbi, p. 212; 4.2.8.6. Fra calco e prestito, p. 219; 4.2.8.7. Derivazione e composizione, p. 227; 4.2.8.8. Fonetica e fonologia dei prestiti, p. 229; 4.2.8.8.1. Pronuncia, p. 230; 4.2.8.8.2. Ipodifferenziazione fonemica, [in-] vs. [ɨn], [gn] > [n’], [ʎ] > [l’], [l], sc + i > [ʃ], [ts] / [dz] > [ts], pp. 231-237; Geminate, p. 238; Dittonghi, p. 239; 4.2.8.8.3. Epentesi, p. 241

4.3. Risultati della ricerca quantitativa

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242

5. Lingua romena in Italia 5.1. Mantenimento di L1 5.2. Innovazioni in L1 5.3. Mutamento nel romeno in contatto con l’italiano

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261 261 263 267

Appendici

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4.3.1. Punteggi del C-test, p. 242; 4.3.2. Punteggi del compito Chaplin, p. 244; 4.3.3. Indicatori sociolinguistici, bilinguismo, mantenimento e innovazione, p. 247; 4.3.4. Reti sociali e mutamento linguistico, p. 252; 4.3.5. Trasmissione delle innovazioni, p. 258

1. Questionario sociolinguistico laureati bilingui con romeno L1, p. 271; 2. Istruzioni per il compito narrativo Chaplin, p. 280; Simboli CHAT, p. 281; 4. Corpus Chaplin Laureati bilingui L1 romeno (esempi), p. 284; 5. C-test in romeno (con soluzioni), p. 291; 6. Ctest in italiano (con soluzioni), p. 294

Bibliografia

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Indice delle tabelle

Tabella A. Integrazione degli immigrati in Italia. Dimensioni, ambiti specifici, misure e indicatori

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35

Tabella B. Stadi di L2, livelli di istruzione e di uso della L1 prima dell’emigrazione e in Italia

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66

Tabella C. Indicatori sociolinguistici del questionario con le rispettive variabili

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Tabella D. Esempio di calcolo con l’algoritmo del questionario sociolinguistico

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Tabella E. Scelta delle lingue

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90

Tabella F. Tabella parlo romeno

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90

Tabella G. Declinazione D/G secondo il tratto ‘determinazione’, tratto da Mallinson (1988)

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Tabella H1. Tipi di D/G: romeno standard vs. innovazioni e adozioni nel romeno d’Italia

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148

Tabella H2. Occorrenze delle innovazioni, casi dativo e genitivo nei corpora

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148

Tabella H3. Mutamento nell’espressione dei casi dativo genitivo nel romeno

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Tabella I. Indicativo presente vs. congiuntivo presente della I coniugazione romena

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183

Tabella J. Punteggi del C-test in L1 laureati

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9

Tabella K. Punteggi del C-test laureati con L1 professionale

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Tabella L. Punteggi del C-test laureati con L1 non professionale

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Tabella M. Punteggi del C-test laureati con L1 elementare

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243

Tabella N. Punteggi del compito Chaplin in L1 e L2, laureati

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Tabella O. Soggetti con innovazioni maggiori in L1, livello e uso di L1 e livello di L2

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246

Tabella P. Indici del questionario sociolinguistico, con l’istruzione in L1 e l’uso di L1 prima dell’emigrazione e usi delle due lingue in Italia

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248

Tabella R. Compito Charlie Chaplin e C-Test in L1 e L2 sull’abilità lessicale. Analisi quantitativa

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Tabella S. Compito Charlie Chaplin in L1. Distribuzione delle innovazioni

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Tabella T. Reti di soggetti con partner e famiglie romenofoni

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Tabella U. Punteggi del compito Chaplin dei soggetti di reti con partner e famiglie romenofoni

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254

Tabella V. Reti di soggetti con partner italofoni e famiglie miste (maggiormente L1)

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Tabella X. Punteggi del compito Chaplin dei soggetti di reti con partner italofoni e famiglie miste (maggiormente L1)

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Tabella Y. Reti di soggetti con partner di altre nazionalità e famiglie miste (maggiormente L1)

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Tabella Z. Punteggi del compito Chaplin dei soggetti di reti con partner di altre nazionalità e famiglie miste (maggiormente L1)

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Tabella W. Trasmissione delle innovazioni. Innovazioni maggiori in L1, livello e uso di L1 e reti

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Elenco delle abbreviazioni e dei termini tradotti

[conv. dipl.] = [conversazioni libere, diplomati] [narr. laur.] = [narrazioni Charlie Chaplin, laureati] (language) change = mutamento linguistico1 (trad.) it. = tradotto in italiano (trad.) rom. = tradotto in romeno ↑ = intonazione ascendente ↓ = intonazione discendente Acc. = accusativo code-mixing, language mix = codice mistilingue code-switching = commutazione di codice cong = congiuntivo D = dativo fem = femminile G = genitivo 1

È stato preferito il termine, mutamento, che traduce l’inglese change e il romeno schimbare. Tuttavia, laddove nell’originale altri autori hanno usato quei termini o cambio o cambiamento, la citazione riporta il termine originale.

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ind = indicativo interferenza = azione di una lingua sull’altra a livello di sistema in situazione di contatto linguistico It L2 = l’italiano appreso spontaneamente degli immigrati romeni di prima generazione language attrition = logorio linguistico language maintenance = mantenimento linguistico language shift = sostituzione di codice lat. = latino masc = maschile N = nominativo pl = plurale prep = preposizione pres = presente orig. lat. = origine latina Ro L1 = varietà di romeno degli immigrati romeni di prima generazione in Italia Ro pop. = romeno popolare, varietà di romeno parlato, sovradialettale, sovralocale (si veda 3.4.1.) Ro att. = romeno attuale o romeno standard, identificabile con il romeno letterario o con una varietà di lingua più possibilmente vicina al romeno letterario (si veda 4.2.) sg = singolare vs. it. = nell’italiano attuale la norma è... vs. rom. = nel romeno attuale la norma è...

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Ringraziamenti

È doveroso sottolineare che senza il contributo delle persone che mi sono state accanto durante gli anni, questa impresa non si sarebbe concretizzata. L’aiuto è arrivato (almeno) in quattro modi: Fra i docenti della scuola di dottorato, con sede amministrativa a Pavia, che aveva coinvolto durante i miei studi gli Atenei di Pavia, Bergamo, Bologna, Bolzano, Cagliari, Milano Bicocca e Torino, alcuni hanno avuto un ruolo scientifico di grande importanza: ringrazio qui i professori Giuliano Bernini, Marina Chini, Paolo Ramat, Emanuele Banfi e Gianguido Manzelli. I soggetti della ricerca, romeni immigrati in Italia, hanno risposto con entusiasmo e serietà alle richieste del ricercatore; a loro vanno – assieme al volume – la mia ammirazione e la mia gratitudine. A nome di Materiali Linguistici, la professoressa Anna Giacalone Ramat ha voluto accogliere la mia tesi di dottorato fra i prestigiosi volumi di questa collana a cura dell’Università di Pavia; ringrazio – oltre la direttrice della collana – anche le professoresse Cecilia Andorno ed Elisa Roma, le quali, con la loro lettura, mi hanno aiutato ad affinare sia il contenuto che la forma del libro. Il maggior supporto materiale e spirituale è arrivato dalla mia famiglia: il riconoscimento più grande va a Jonida, Ionica e Marcela.

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Introduzione

Questa è la prima ricerca sul repertorio linguistico della comunità immigrata romena di prima generazione in Italia, con particolare focalizzazione sul mutamento nella lingua romena. Gli spazi concettuali in cui si muove la ricerca sono quelli del mutamento linguistico, delle lingue in contatto e della sociolinguistica dell’immigrazione. Il primo capitolo inquadra la questione del mutamento linguistico da contatto, dal punto di vista dei principali fattori che influiscono sul mutamento, nonché dal punto di vista dei vari esiti dell’interferenza fra le lingue; si chiude con la presentazione delle ricerche recenti sulla lingua romena dell’immigrazione più recente. Il secondo capitolo descrive l’immigrazione romena in Italia nei suoi tratti essenziali, illustrando come i fattori extra-linguistici (prestigio, valori, aspetti psico-sociali ecc.) agiscono sugli usi linguistici, andando (o meno) nella direzione del mantenimento della lingua romena. Dopo aver inquadrato più da vicino il bilinguismo degli immigrati dei gruppi sperimentali, esponendo le associazioni fra livelli di L1 (romeno) e L2 (italiano), la discussione si incentra sui tratti più rilevanti del repertorio, in prospettiva sociolinguistica. Vi si pone la questione dell’esistenza di una comunità (linguistica) romena in Italia (la prima come numero di parlanti fra le altre popolazioni immigrate), sostenendo che si può parlare di una ‘transcomunità’ (linguistica) romena. Il terzo capitolo è dedicato al metodo e alle condizioni in cui si è svolta l’indagine. Vengono descritte le tecniche e gli strumenti adoperati sia per il lato più sociologico, sia per quello della raccolta dei dati sociolinguistici e più nello specifico ci si chiede cosa si può attendere dalla loro applicazione; infine, si dà conto dei vantaggi e dei limiti di alcuni strumenti adoperati. Sono presentati i criteri adottati nella composizione dei gruppi sperimentali e il tipo di rappresentatività del campione rispetto alla popolazione romena immigrata in Italia. Il quarto capitolo esamina i fenomeni linguistici innovativi nel romeno (in contatto con l’italiano), a livello di discorso e di sistema. Vengono associati 15

alcuni esiti significativi con risultati dell’applicazione di strumenti di ricerca (questionario, compiti di lingua), tentando di misurare la portata del mutamento nel romeno d’Italia. Gli esiti di questo tipo sono presentati in una prospettiva funzionale e anche diacronica, integrando la presentazione dei meccanismi di interferenza con una descrizione delle condizioni storiche in cui compaiono le innovazioni nel romeno. Dopo il capitolo conclusivo (il quinto), il lavoro si chiude con l’appendice in cui sono presentati alcuni strumenti dell’indagine quantitativa e con la bibliografia.

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1. Mutamento e contatto linguistico

1.1. Cause interne ed esterne del mutamento Nel quadro della linguistica storico-comparativa, il mutamento linguistico – visto in primo luogo come serie di mutamenti fonetici e fonologici – è stato spiegato in una prospettiva del mutamento come fenomeno ‘interno’ alla lingua (Bopp [1816] 1999, Paul [1880] 1920). Il mutamento – come illustrato, per esempio, dalle dinamiche del passaggio dal protoromanzo alle lingue neolatine – si spiega in quanto paradigma di riassesto dell’intero sistema-lingua, o di alcuni suoi sottosistemi, in seguito alla variazione fonologica (ad esempio, passaggio dalla quantità alla qualità nel vocalismo e nel consonantismo, eliminazione delle opposizioni di lunghezza vs. brevità, palatalizzazione delle occlusive velari ecc.) (Iordan, Orr 1973). Con la nascita della geografia linguistica si è mostrato che il processo del mutamento non avveniva solo nel tempo, ma anche negli spazi delimitati dalle isoglosse (Gilliéron, Edmont 1902 – 1912 e prima Schuchardt 1885); le condizioni del mutamento fonetico venivano individuate anche ‘esternamente’ alle leggi della struttura linguistica, “non come un automatismo della lingua, bensì come una particolare manifestazione del comportamento umano, che coinvolge la coscienza dei soggetti parlanti” (Loporcaro 2003, 27). Al contrario della visione meccanicista dei neogrammatici, per la Scuola di Praga il mutamento è in essenza – anche se non si riduce solo a questo – la ricerca del sistema fonologico (e della lingua in generale) di mantenere equilibrio, simmetria e stabilità. I principi della fonologia diacronica dello strutturalismo – validi anche nel contatto – assumono come centrale l’esistenza di un rapporto quasi-circolare fra ‘tendenze’ (interne) e ‘influenze’ (esterne): “La langue n’accepte des éléments de structure étrangers que quand ils correspondent à ses tendances de développement” (il così detto ‘principio di conformità strutturale’ apud Jakobson 1971, 241).

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Candidata a ricevere questi elementi ‘estranei’ – candidata ad accogliere quindi l’innovazione – è quella parte del ‘sistema lingua’ che presenta delle “contraddizioni interne” e che rappresenta spesso la parte più “debole” della struttura (Coşeriu 1981, 92, 98); in altre parole, la lingua appare come un sistema con un centro “forte” e una periferia di zone “molli” (Franceschini 2003, 129), intendendo con le ultime quelle zone dove la norma permette il mutamento linguistico come modalità sia restrittiva (perdita di forme e di funzioni) sia positiva (“il diverso e il nuovo” – enfasi dell’autrice). Le parti ‘deboli’ e più esposte all’innovazione possono essere di volta in volta una zona del lessico, della fonetica/fonologia o anche della grammatica di una lingua; i cambiamenti iniziati in una di queste zone possono portare a ristrutturazioni (delle parti) del sistema e quindi a mutamento. Sul piano sincronico, il mutamento linguistico in generale (vale a dire non limitato alla situazione di lingue in contatto) si manifesta nelle forme “sporadiche” di “errori correnti” rispetto a una norma stabilita e “dal punto di vista funzionale nella presenza all’interno dello stesso “livello” di lingua di varianti facoltative e modi isofunzionali” (Coşeriu 1981, 832). Nondimeno, l’innovazione avviene nell’unico luogo in cui esiste la lingua, cioè nella parole: “[La] lingua, però, non può venire isolata dai “fattori esterni” – vale a dire tutto quello che costituisce la fisicità, la storicità e la libertà espressiva del parlante – perché si trova solo nel ‘parlare’” (ibidem, 12). L’altro ordine di cause del mutamento ha quindi a che fare con le condizioni socio-culturali in cui una data comunità usa la lingua/le lingue a disposizione; la manifestazione delle innovazioni può essere correlata con circostanze di natura extralinguistica specifiche dei parlanti, come migrazioni, contatto linguistico con popolazioni straniere di frontiera, distanza da centri normativi. Il propulsore del mutamento è l’adozione di innovazioni che, dapprima individuali, saranno condivise dal codice della comunità dei parlanti. Si possono distinguere quattro tappe in cui il mutamento accade: “(…) l’adozione (di un’innovazione da parte di un parlante individuale), la diffusione (l’adozione da parte di più parlanti), la selezione (l’uso alternato della vecchia tradizione e di quella nuova), il mutamento (l’abbandono di una tradizione e l’accoglimento dell’altra o l’imposizione di una certa distribuzione di entrambe le “tradizioni” nello stesso “dialetto”, o alla fine, in “dialetti differenti”)”. “(…) la forma fondamentale dei mutamenti linguistici è l’adozione, questa essendo un atto sempre individuale (anche se più parlanti accettano simultaneamente la stessa innovazione). 2 Come esempio di coesistenza nel sistema del ‘nuovo’ accanto al ‘vecchio’ (dell’innovazione accanto alla conservazione) si parla del lat. magis – forma adoperata per la realizzazione del comparativo – che dà il rom. mai di mai frumos (‘più bello’), rispetto al lat. plus (ivi, 90).

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La diffusione è soltanto una serie di adozioni successive; la selezione è, in sé, un fatto di discorso; il mutamento è solo il punto finale del processo di mutamento nella lingua di una comunità di parlanti” (Coşeriu 1992, 14, enfasi dell’autore).

Lo sforzo terminologico di distinguere tra mutamento linguistico “naturale” (language internal) e mutamento linguistico da contatto, detto non natural contact induced (Trudgill [1974] 1995) si scontra con il fatto che tutti i mutamenti sono in fondo ‘interni’ alla lingua. Affermare che un mutamento sia dovuto a fattori ‘esterni’ è solo un modo operativo di distinguere fra due tipi di fattori. Invocando quelli ‘esterni’ si fa riferimento alle condizioni del mutamento, e qui il contatto con altre lingue è coinvolto; invocando quelli ‘interni’ ci si appella ai meccanismi (endogeni) del mutamento, come, per esempio, l’analogia. Di ‘esterno’ nel mutamento vi sono i fattori sociali che condizionano l’interferenza: “both the direction of the interference and the extent of the interference are social determined” (Thomason, Kaufmann 1988, 35-36, riprendendo l’idea di Coteanu (1957, 147) sui “facteurs de nature sociale”).

1.2. Lingue in contatto e mutamento Non tutte le motivazioni del mutamento sono riconducibili alla dicotomia ‘interno’ ed ‘esterno’; oltre alle cause qui discusse, una serie di universali cognitivi e comunicativi è corresponsabile del mutamento (Heine, Kuteva 2005, 122); tuttavia, questa distinzione è utile a rilevare sia l’importanza del quadro socio-culturale in cui accade il contatto fra le lingue qui studiate, sia l’insieme di fenomeni specifici dell’interferenza tramite i quali può prodursi il mutamento. In una situazione di contatto dovuta all’immigrazione di ingenti gruppi di persone, l’intensità e la durata del contatto3, per dire solo alcuni aspetti extralinguistici, sono responsabili della velocità con cui i fenomeni di interferenza accadono, mentre l’equilibrio socio-culturale fra i gruppi di parlanti influisce sul rapporto di forze fra le lingue del repertorio bi-o plurilingue e può incidere sul tipo e la quantità dell’interferenza – quindi del mutamento, nonché sul tipo di impiego delle lingue – quindi sul loro mantenimento o logorio.

3 Secondo Berruto (2009a, 5-7) le definizioni del contatto linguistico possono essere unite “ricuperando sia la focalizzazione sui parlanti che quella sul sistema linguistico (…): dalla prospettiva del parlante, due (o più) lingue sono in contatto quando sono in qualche misura padroneggiate entrambe da uno o più parlanti; conseguentemente, dalla prospettiva del sistema, due (o più) sistemi linguistici sono in contatto quando si trovano compresenti e interagiscono in qualche misura (congruenti strutture sono esposte all’interazione)”.

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1.2.1. Fattori linguistici ed extralinguistici che favoriscono il mutamento Il bilinguismo4 può accelerare il mutamento; questo appare vero soprattutto nei casi di bilinguismo intenso e duraturo (Heine, Kuteva 2005, 13), dove il contatto (generalmente causa ‘esterna’) può rafforzare il mutamento ‘interno’, già in atto nella lingua ricevente: “language contact speeds up the rate at wich language change proceeds” (Trudgill 1983, 103). L’orientamento all’uso delle lingue (di cui si dispone) e le capacità plurilingui dei parlanti interagenti variano nel tempo; da questa dinamicità, che sta al centro del ‘sistema lingua’, nasce il mutamento linguistico (Franceschini 2003, 127). I casi di plurilinguismo sono di notevole importanza perché, com’è noto, molti mutamenti linguistici individuati col metodo storicocomparativo sono nati in condizioni di intenso bi- e multilinguismo, come quello dell’area balcanica di cui anche il romeno fa parte (Banfi 1985, 1991). Alcuni fenomeni come il sincretismo tra i casi dativo e genitivo o la sostituzione dell’infinito con il congiuntivo hanno dato adito a un dibattito relativo alle proporzioni in cui essi possono essere sviluppi interni avvenuti nel romeno prima di convergere nel Balkan Sprachbund, dove si sono affermati grazie alla catalizzazione da contatto. Studiando il mutamento linguistico presso tre lingue in contatto, precisamente fra il burushaski (Srinagar – India) in contatto con due lingue (urdu e kashmiri), Munshi (2010, 34) osservava che – se le situazioni sociali lo impongono – gli effetti del contatto si possono manifestare a livello strutturale in mancanza di una tappa preliminare di (intenso) prestito lessicale, che generalmente ci aspetteremmo. Avendo notato che il burushaski prendeva lessico dall’urdu mentre a livello strutturale era debitore al kashmiri, Munshi arriva ad affermare che i due tipi di interferenza sono risultato di due “fenomeni di contatto” alquanto differenti che possono anche occorrere indipendentemente uno dall’altro: quello lessicale sarebbe maggiormente influenzato da fattori sociopolitici (atteggiamenti e ideologia attorno alla lingue) mentre quello strutturale sarebbe determinato di più dal grado di stabilità del bilinguismo e dalla durata e dall’intensità del contatto stesso. A queste affermazioni si potrebbe obbiettare che il bilinguismo, di cui si parla in relazione al prestito strutturale, è a sua volta influenzato dagli ‘atteggiamenti e dall’ideologia attorno alla lingue’, fattori poi chiamati in causa in relazione al prestito lessicale. 4

Rispetto alla definizione del bilinguismo ‘ideale’ (che non mescola i codici – Weinreich [1953] 1968), considero qui il bilinguismo come il funzionamento di due lingue in diversi contesti della vita del parlante, senza poter definire con precisione la competenza in ognuna di esse, situabile tendenzialmente in un punto del continuo, con più competenza verso una delle lingue o con una competenza equilibrata fra le due (Grosjean 1998).

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Alla luce di quanto detto, risulta che per conoscere la natura e la misura dell’interferenza fra due lingue in contatto (come romeno/italiano) si dovrà sapere di più sul tipo e sul livello di bilinguismo degli immigrati e quindi esaminare le scelte linguistiche attuate (cfr. 2.2. Repertorio linguistico); infine, un’immagine più chiara sull’interferenza sarà precisata nel momento dell’analisi del discorso (cfr. 4.1.) e in quello dell’analisi del ‘sistema’ L1 (cfr. 4.2.). La vicinanza fra le lingue in contatto può favorire il mutamento. Va ribadito che, come nel caso di interferenza tra idiomi più distanti5, sono sempre i fattori extralinguistici, anagrafici, storici e le motivazioni psico-sociali a condizionare – a monte – la direzione degli esiti linguistici anche per idiomi imparentati. Per esempio, nello specifico contesto storico della Romania, i romeni della Transilvania migrati nella Moldova, parlanti di un dialetto molto simile6 a quello degli ospitanti, “hanno mantenuto a lungo la loro pronuncia (…), al contrario, i bulgari hanno assimilato perfettamente il romeno, perché il bulgaro è una lingua straniera” (Puşcariu 1937, 99). Parlanti di due dialetti della stessa lingua si possono opporre alla convergenza più di quanto questo possa accadere presso parlanti di due lingue tipologicamente differenti. Tenendo conto delle condizioni che influenzano di volta in volta l’esito del contatto, va detto che anche le affinità tipologiche fra le lingue che vanno a interferire possono influenzare il livello e la velocità con cui procede la scelta fra mantenimento o sostituzione (Thomason, Kaufmann 1988, 54); nello stesso tempo, le affinità a livello tipologico possono portare a una certa semplificazione delle lingue in contatto (Berruto 1993, 6-8). Per esempio, nel caso del “profondo bilinguismo e biculturalismo” greco-latino della Sicilia, la produzione nel greco di forme semplificate sul (solo) modello latino potrebbe essere interpretata, secondo Consani (2006, 478), in base alla tipologia secondo la quale tendenze già presenti nei due sistemi linguistici in contatto dovrebbero portare a un’accelerazione e un potenziamento del fenomeno in questione. Rispetto alla durata del contatto, tendenzialmente la possibilità che si verifichino mutamenti cresce di pari passo con la grandezza del periodo del contatto. In base a delle ricerche sociolinguistiche che avevano come oggetto i mutamenti fonologici nel contesto urbano statunitense, si è potuto prevedere che il tempo necessario affinché si potesse registrare un mutamento è in generale di circa 5

“(…) typological distance is not ultimately a barrier to convergence, because successive changes bring about more and more convergence” (Backus 2005, 323). Sono gli atteggiamenti verso la lingua minoritaria e certe scelte sociali – quindi aspetti extralinguistici – a influenzare maggiormente la scelta di mantenere o meno questa lingua (cfr. Cap. 2), se fra ‘lingua’ e ‘identità’ la relazione è da considerare iconica (Giles et al. 1977). 6 Essendo due dialetti troppo vicini strutturalmente per differenziarsi (è interessata poco la fonetica, molto poco il lessico), non si è arrivati a una situazione di reale bidialettismo (Berruto 1995, 249).

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venti anni (real time – Labov 1994). Per quel che riguarda il fattore ‘tempo’, le caratteristiche del contesto migratorio possono permettere un mutamento più celere (ad es., possono intervenire fattori come l’inurbanamento, la stratificazione sociale, l’ambiente pluriculturale e plurilingue).

1.2.2. Lingue in contatto, fra mantenimento e logorio linguistico L’esito dell’interferenza fra la lingua di partenza e quella di arrivo (come qui il romeno vs. l’italiano) si può in un certo momento situare su un punto del continuo che ha da un lato il mantenimento della lingua minoritaria, dall’altro il suo logorio. La letteratura presenta un quadro molto articolato e ricco di esempi provenienti da diverse zone e da vari tipi di lingue in contatto7. Un accento particolare va posto sul bilinguismo, soggetto anch’esso a posizionamento – spesso in configurazioni complesse – su un continuo che ha ai suoi estremi l’indipendenza o la forte interdipendenza delle lingue nel parlante (Kroll, De Groot 2005). In molti casi di contatto, si potrebbe considerare la commutazione già dalla sua fase iniziale8 in termini di logorio della lingua minoritaria e della sua sostituzione, perché la commutazione è talvolta indice di un meccanismo di interferenza fra le grammatiche dei sistemi in contatto, non solo tra strati lessicali (Myers-Scotton 1992, 33). Altri autori considerano la commutazione un procedimento naturale del bilinguismo, che non implica necessariamente il logorio; anche avendo descritto le condizioni in cui il language shift può avvenire, è difficile prevedere – se ne esiste uno – il momento preciso9 in cui il mantenimento lascia il posto alla sostituzione. Le semplificazioni di sistema in una lingua minoritaria in situazione di contatto possono apparire come riassesto di funzioni, adempite da altre funzioni riciclate all’interno o da compensazioni provenute dalla lingua modello. Soprattutto fra lingue tipologicamente imparentate, come il romeno e l’italiano, il logorio può interessare il piano grammaticale. Con il logorio, la lingua erosa può anche manifestare un’ipersemplificazione di sistema che termina con l’incapacità di continuare ad attuare le sue funzioni basilari (An7

Una rassegna di questi esiti è presentata in Thomason (2001), che è una rielaborazione dal punto di vista della linguistica storica di Thomason, Kaufmann (1988). Recentemente un riepilogo aggiornato in Matras (2009). 8 L’autrice trae queste conclusioni in base a evidenze da ricerche sulle lingue erose dell’Est Africa. 9 “The question is whether, when we find interference or convergence phenomena in the structure of language in contact with others, we should necessarily see these as signs that shift is in progress and loss impending” (Wollard 1989, 355).

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dersen 1982, 8510), se non riesce a compensare in alcun modo con risorse dal suo interno (dal core morfosintattico) la mancanza dell’accresciuta malfunzionalità (“functional defectivity” – Sasse 1992, 16). Una L1 il cui lessico soffre modifiche anche drammatiche – come spesso capita in situazioni di intenso contatto, condivide l’aspetto del mancato accesso al suo lessico con una lingua che si trova appunto ai primi stadi di erosione (Andersen 1982, 113). Difficilmente invece è possibile prevedere il logorio, come anche difficile risulta prevedere uno stato di creolizzazione diverso da uno di convergenza linguistica11. La presenza di processi anche ingenti di interferenza in una lingua minoritaria non presuppone necessariamente una lettura dei mutamenti in chiave di logorio linguistico, seppure alcuni suoi sintomi possono ipotizzarsi12. In casi di contatto che dura da cinque-sette secoli (come fra italiano e walser o fra italiano e arbëreshë), la creatività linguistica può invece portare a degli esiti diversi dal logorio, come “(…) probabili fenomeni di contatto ormai sedimentato, di interferenza e talvolta di convergenza reciproca a livello locale” (Dal Negro 2005, 159). Se le lingue in cui si opera commutazione di codice integrano (anche e soprattutto morfologicamente) gli elementi incapsulati nella commutazione, si potrebbe ottenere così una lingua mista13. Il quel caso si dovrebbe considerare la possibilità di avere un nuovo codice, poiché – come nel caso dello spanglish – le lingue in contatto non si stanno subordinano una all’altra (Di Sciullo et al.1986).

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Il ‘logorio cosmetico’ si riferisce alla perdita evidente di features della lingua minoritaria, che tuttavia non impedisce la comunicazione in questa L1, non venendosi nemmeno a creare un divario fra i parlanti affetti da questo mutamento e esponenti della comunità L1 in cui questa competenza non è cambiata. Il ‘logorio disfunzionale’ invece si riferisce alla perdita di competenza linguistica in L1 che impedisce la comunicazione e che innesca un divario fra questi parlanti – rispettivamente parlanti ancora competenti nella L1 (p. es. i parlanti nativi non emigrati) (ivi). 11 “There seems to be no reason therefore to draw an a priori distinction among pidginization, creolization, and other diffusion processes: the difference may be merely one of degree” (Romaine 1989, 381). 12 Si è costatato che, in certe condizioni, la sostituzione delle costruzioni complesse con costruzioni analitiche sarebbe una delle caratteristiche del logorio linguistico (Thomason 2001, 230). 13 Due aspetti definiscono una lingua mista. Per prima cosa, nella ricerca di effetti speciali durante l’atto comunicativo i bilingui sono abili a controllare il loro repertorio così da selezionare in modo strutturato forma e struttura degli enunciati. Secondo, questa selezione compartimentizza e tiene separato il livello grammaticale dal livello lessicale dell’enunciato della “lingua mista”, distribuendo, per esempio, il compartimento lessicale a una delle lingue e il compartimento grammaticale all’altra (Matras 2009, 289).

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1.2.3. Livelli linguistici interessati dal mutamento da contatto I vincoli al mutamento previsti da Weinreich et al. ([1968] 1977, 103: “alcuni cambiamenti non potranno aver luogo…”) sono stati contraddetti dai risultati di ricerche su situazioni diverse di lingue in contatto che hanno mostrato come “change can occur at any and all levels of the linguistic system” (Thomason, Kaufman 1989, 9). Nondimeno, in una gerarchia degli elementi passibili di mutamento, alcuni sembrano più facilmente trasferibili rispetto agli altri (“some kinds of features are more easily transferred than others” – ibidem, 15). In una situazione di contatto le varie categorie non vengono a interferire in ugual modo, bensì secondo delle gerarchie, in relazione al posizionamento del bilingue in un certo tipo di contatto, distinguendo, per esempio, il contatto casuale da quello intensivo. Così, gli elementi della scala del prestito14 di Thomason, Kaufman (1998, 74-76) sono in ordine crescente: “content words, function words, minor phonological, syntactic and lexical semantic features, adpositions, derivational affixes, phonemicization, word order changes, phonological borrowings include introduction of new distinctive features, inflectional affixes and categories, significant typological disruption, phonetic changes.” È più difficile prendere in prestito la morfologia, perché più marcata rispetto alle altre forme di organizzazione del codice, anche in situazioni di intenso contatto e bilinguismo, mentre a livello fonologico il mutamento (da contatto) ha come causa l’inabilità del parlante o la sua riluttanza a mantenere completa e consistente la separazione fra i sistemi fonologici delle due lingue (Matras 2009, 222). Il parlante può percepire le similarità fra i suoni della L1 e quelli della L2 provenienti dagli elementi comuni di base di articolazione o da elementi simili dei sistemi fonetici (cfr. 4.2.8.8. Fonetica e fonologia dei prestiti) e può modificare i suoni delle parole nella L1 – non solo nei prestiti – sul modello fonologico della L2 (interferenza e convergenza fonologica – Weinreich [1953] 1968, 36). La scala di Matras (2009, 153), pur tenendo conto essenzialmente dei vincoli di procedimento linguistico segnalati nel modello precedente, mette tuttavia l’accento sul criterio utilitario-pragmatico che guida il processo comunicativo (anche) in situazioni plurilingui: “nouns, conjunctions > verbs, > discourse markers > adjectives > interjections > adverbs > other particles, adpositions > numerals > pronouns > derivational affixes > inflectional affixes”. “La motivazione del prestito è ancorata nella funzione pragmatica e semantica delle categorie implicate e nel contributo che esse portano all’elaborazione mentale degli 14 Con il termine borrowing scale gli autori si riferiscono ai diversi livelli linguistici coinvolti nell’interferenza (cfr. 4.1.1. Introduzione).

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enunciati nel discorso. Questo a sua volta suggerisce che la motivazione al prestito sia tipicamente fatta scattare dal meccanismo stesso del procedimento linguistico, non dalla convenienza o l’inconvenienza offerte dalla forma della struttura, né dagli atteggiamenti sociali o culturali” (Matras 2009, 16315).

1.2.4. Esiti dell’interferenza e mutamento da contatto In una situazione di contatto, il livello del discorso accoglie per primo materiale della lingua modello, sotto forma di innovazioni che possono (o meno) sedimentarsi a livello di sistema e quindi costituirsi in mutamento. Secondo il ‘principio facilitante’ (Clyne 2003, 162), il parlante immerso in più lingue identifica certi elementi lessicali come “facenti parte di più di una lingua”, il che può stimolare un primo tipo di esito, la commutazione di codice. Nel modello di Clyne la commutazione di codice (‘transversion’) è facilitata dalla presenza di certi elementi di innesco (‘triggers’): i prestiti poco o non integrati (fonologicamente), i nomi propri, gli omofoni intralinguistici. Ci si può aspettare che l’alternanza di codice porti a processi di lessicalizzazione o grammaticalizzazione nei codici, dovuti alla sistemazione dei nuovi elementi nel sistema attraverso opposizioni paradigmatiche o collegamenti sintagmatici (Auer 1998, 2016). Nella dinamica delle complesse situazioni socio-culturali di bilinguismo, meccanismi come alternanza, commutazione di codice e mescolanza di codici possono stabilizzarsi e quindi portare a mutamento (Matras 2009, 138), o possono accelerare e favorire (Croft 2000, Thomason 2001) la sua manifestazione all’interno del sistema-lingua. A livello del sistema-lingua, gli effetti del mutamento possono essere di tipo ‘positivo’, se l’innovazione viene promossa nel senso creativo del termine, aggiungendo elementi al sistema o modificando quelli esistenti, oppure possono essere mutamenti di tipo ‘restrittivo’, se l’innovazione apportata conduce alla perdita di elementi. Al limite, già il prestito lessicale (accanto all’‘inserimento’ – Muysken 2005, 75) può essere considerato un mutamento, pur senza toccare ancora la questione dell’impatto fonetico e fonologico delle nuove unità lessicali sulla 15 “Motivation to borrow is anchored in the intrinsic semantic-pragmatic function of the affected categories and in the contribution they make toward the mental processing of utterances in discourse. This in turn suggests that the motivation to borrow is typically triggered by the language-processing mechanism itself, not by the convenience or inconvenience offered by the formal shape of the structure, nor by social or cultural attitudes.” 16 “In this final step, the elements take on a new grammatical function or lexical meaning which in not based any longer on the inferences which are triggered by their otherlanguageness; rather, it is defined in structural terms, by paradigmatic oppositions and syntagmatic links” (ivi, enfasi dell’autore).

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lingua ricevente (cfr. 4.2.8. Prestito). Nell’interferenza poi, sia al livello del lessico sia al livello sintattico-grammaticale, è spesso la valenza espressiva delle singole parole e delle parole polirematiche17 a innescare il calco (cfr. 4.1.3. Calco), che è frutto di operazioni metaforiche e metonimiche attraverso le quali può verificarsi il mutamento semantico (Gusmani 1981-1983). Generalmente, l’interferenza a livello strutturale, del sistema-lingua, può dare luogo a (1) mutamento in quanto replica di modelli provenuti dall’altra lingua, o a (2) mutamento in quanto attivazione e moltiplicazione di usi propri, già conosciuti ma periferici. A questo livello, il mutamento coinvolge modifiche nella distribuzione delle varianti di espressione di una funzione, senza comportare il cambio della categoria grammaticale (Heine, Kuteva 2005, 138-139). Un esempio è rappresentato dall’espressione analitica dei casi morfologici romeni in Italia (cfr. 4.2.1. Dativo e genitivo preposizionali), dove – grazie al contatto – iniziano a essere adottati modelli preposizionali ispirati dall’italiano (1). (1) mă gîndeam cum era cînd eram acasă şi mîncam felurile de mama mea [forum] [pensavo come era quando ero a casa e mangiavo i piatti di mia madre; vs. rom. G morf. felurile de mîncare ale mamei mele] Per quel che riguarda il secondo tipo di mutamento (‘replica di modelli linguistici di una lingua diversa’), il mutamento può essere visto come un processo creativo18, una strategia opportunistica che permette al parlante di fare massimo uso delle sue risorse linguistico-espressive e, nello stesso tempo, di conformarsi alle attese sulla selezione del materiale linguistico in uno specifico contesto conversazionale. Nell’esempio seguente di L1 (tratto dal corpus delle conversazioni libere di immigrati) viene replicata su un relativo della L1 la funzione di congiunzione che il relativo che può avere nella L2 (cfr. 4.2.7. Relativo). (2) noi încercăm să facem de ani de zile, 10 ani care eu o am pe fata mea [conv. dipl.]

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Era già osservato da Bally ([1909]1963, 66, 87) che il grado di coesione fra, per esempio, due parole può essere da caso a caso diverso: “gravemente malato” (– solido ) vs. “senza dubbio” (+ solido). 18 D’altronde, nonostante per definizione la grammaticalizzazione sia un processo tendenzialmente unidirezionale, dalla parola ‘contenuto’ verso la parola ‘grammaticalizzata’, ci sono anche evidenze di degrammaticalizzazione, cioè di cambio di senso evolutivo, questa volta dalla grammatica verso il lessico (Ramat 1992).

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[noi proviamo a fare da anni, da 10 anni che io ho mia figlia, qui il relativo care (invariabile) funge da congiunzione; vs. rom. (avverbio) de cînd (‘da quando’)] Il meccanismo è illustrato dal modello di Matras (2009) del così detto “pivot-match19”, tramite il quale vengono prodotte nuove strutture linguistiche basandosi sulla potenzialità polisemantica delle parole in un repertorio multilingue. Il “pivot-match” è un meccanismo tramite il quale si imita nella lingua ricevente un modello della lingua donatrice, modificando un significato di una parola polisemica della lingua ricevente sullo schema della lingua donatrice. In un punto di condivisione di una certa funzione presso le lingue in contatto, il bilingue stabilisce un perno sul quale porta nella lingua ricevente funzioni finora non condivise (Matras 2009, 27, 310). L’interferenza fra lingue in situazioni di contatto come quelle qui studiate riporta altresì casi in cui il mutamento appare nella sua accezione restrittiva, attraverso indebolimento semantico, perdita di proprietà morfo-sintattiche, al limite anche erosione di sostanza fonologica (ivi, 306). La situazione di contatto è una circostanza che può scatenare o incentivare il processo di grammaticalizzazione (Hopper, Traugott 2003, 63); la grammaticalizzazione – in quanto epifenomeno del mutamento linguistico – può agire in tutti i piani della lingua secondo l’assunto (ammesso implicitamente o esplicitamente nei lavori sull’argomento) che il mutamento sintattico (e non solo) possa rappresentare una “semplificazione” della grammatica (Longobardi 2003, 186), anche se in letteratura i casi di mutamento che fa risultare il sistema più complesso non sono rari (Giannini 2003, 9720).

1.3. Lingua romena nell’immigrazione recente Sono pochissime – e circoscritte alle piccole realtà locali – le ricerche sociologiche qualitative sull’immigrato romeno in Italia: Castagnone et al. (2007), Cingolani (2009). Dal lato più specificatamente linguistico, che riguarda i comportamenti e gli atteggiamenti linguistici di questi immigrati, la 19

“Pivot-matching is, essentially, an opportunistic strategy, which allows the speaker to make maximum use of his full linguistic-expressive resources while at the same time conform to the expectations on word-form selection in the particular conversational setting” (Matras 2009, 29). 20 Per esempio, se, come anche per l’evoluzione fonetica, dal punto di vista morfologico “la direzione preferenziale dei mutamenti morfologici sembra orientata dal complesso verso il semplice (…), tuttavia, la configurazione dei processi morfologici comunque registrabili sotto l’insegna della semplificazione è senz’altro più soggetta ad andamento ciclico” (ivi).

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bibliografia è ancora meno ricca (cfr. infra); ridotta è la bibliografia dedicata al romeno lingua della recente ‘migrazione economica’ (Sandu 2006): gli studi più importanti sono quello di Jieanu (2012) per il romeno della Spagna e quello di Cherciov (2011) per il romeno del Canada. Non sono molti nemmeno gli studi sul romeno delle popolazioni di origine romena che vivono da secoli nei paesi confinanti con questo paese; più recentemente, del romeno in Ungheria si sono occupati Iancu (1994) e Borbély (1996), mentre del romeno in Bulgaria, Nestorescu (1996). Infine, la bibliografia sul romeno parlato in paesi ancora più lontani è ancora più ridotta21. Jieanu (2012) si è proposta di analizzare i tratti socioculturali della recente immigrazione romena di prima generazione in Spania (le zone di Madrid e Castellón de la Plana), gli usi e la distribuzione delle lingue nel repertorio (oltre L1 romeno, L2 spagnolo e, in parte, il catalano). Nella parte di analisi dei fenomeni del discorso bilingue, l’autrice descrive le pratiche di commutazione di codice nel parlato (e, secondariamente, nei testi scritti di giornali e forum), mentre nella parte dedicata agli effetti dell’interferenza che sembrano sedimentarsi nella L1 vengono descritti i vari tipi di calchi e di prestiti. Gli immigrati romeni chiamano attualmente la loro L1 rumaniol o romaniol o romañol, con un termine ispirato dal modello spanglish per segnalare una certa mescolanza fra L1 e L2 e anche per esprimere aspetti di un’identità socioculturale in qualche misura nuova22. Entrambe le lingue sono adoperate in parallelo, con la L1 specializzata maggiormente per l’ambito familiare e amicale (romeno) e con la L2 per i rimanenti contesti di interazione (Jieanu 2012, 193-194). Nel caso del romeno di immigrati di prima e anche della nuova generazione (chiamata generazione 1.5) di immigrati romeni della Spagna, l’autrice suggerisce parlare di un nuovo “socioletto”23, poiché a suo parere dall’interferenza risulterebbero tali trasformazioni da considerarlo già un idioma romeno altro. Tuttavia, almeno in questo momento storico i risultati più significativi dell’interferenza vi esposti si concentrano soprattutto a livello del vocabolario: tramite un grande numero di ispanismi, i quali – seppure adattati in maniera talvolta eterogenea ai paradigmi morfologici romeni – co21 La situazione aggiornata della lingua romena fuori dai confini romeni è presentata in Galopenția, S. (2009), Româna globală. Româna și vorbitorii ei în afara României, Fundația Culturală Secolul 21, București. 22 “(…) pentru a face distincţia între românii din ţară şi cei din Spania şi pentru a evita folosirea termenului rumano, care căpătase anterior (2004-2006) nuanţe peiorative”(Jieanu 2012, 191). 23 “Elementele provenite din limba spaniolă nu sunt cunoscute vorbitorilor de limbă română din România sau din alte spaţii geografice din afara Spaniei, iar structurile gramaticale în care sunt introduse elemente lingvistice spaniole nu sunt cunoscute vorbitorilor de limbă spaniolă care nu sunt români, deci, rumañolul nu poate fi înţeles decât de rumañoli, de românii din Spania care folosesc permanent cele două limbi: româna şi spaniola” (ivi, 195).

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stituiscono in sostanza altrettanti punti di innovazione ai fini di arricchimento lessicale nella L1; infine, tramite i calchi, presenti in grande numero soprattutto grazie alle affinità fra le lingue in contatto. A sua volta, la commutazione di codice, seppure molto presente nei discorsi degli immigrati, potrebbe essere considerato piuttosto un fenomeno tipico del parlante bilingue e non di per sé un propulsore di mutamenti strutturali in questa varietà di romeno della Spagna. Lo studio di Cherciov (2011) si basa su una ricerca quinquennale sul bilinguismo di immigrati romeni di prima generazione, immigrati in Canada dopo il 1990. Con l’aiuto di strumenti di ricerca principalmente quantitativi, viene analizzata la dinamica del contatto romeno / inglese presso soli soggetti con livello elevato di istruzione. “In summary, while L1 attrition remains a possible outcome of language contact in a migrant context, the research conducted here establishes that this is not a necessary outcome in the first generation of migrants” (ivi, 199).

Presso questi laureati, un livello alto di istruzione in L1 si associa a un livello alto di L2, ma non si associa a una chiara propensione per il mantenimento della L1. “With respect to cognitive factors, L1 maintenance (or the avoidance of L1 attrition) does not appear to be a direct function of high language aptitude. High levels of L2 acquisition, however, appear to correlate with high language aptitude” (ivi, 185).

I risultati ottenuti con il questionario indicano tuttavia che anche in assenza di un atteggiamento positivo nei confronti della prima lingua (“attitude index is generally low”), la maggioranza dei soggetti dell’indagine continua ad adoperarla con una frequenza relativamente alta (ibidem, 122). Nel distinguere con dovuta precisione l’interferenza lessicale nel romeno del Canada, si è dovuto fare i conti con il fatto che le parole inglesi – entrate come anglicismi in molti spazi (“culturali, economici, politici, amministrativi, formativi, educativi, sportivi, mondani, pubblicistici” – Buzatu 2007, 182) – hanno avuto dopo l’apertura all’Occidente della Romania (1990) fino al 2011 una progressiva influenza sulla lingua romena (Cherciov 2011, 141). A livello di sistema, l’effetto più rilevante del contatto sembra essere per il romeno del Canada una certa riduzione del vocabolario romeno correlata con la difficoltà a ritrovare parole quando i bilingui sono messi nella situazione di produrre un discorso a tema in questa lingua (il compito Charlie Chaplin). Il fatto non sorprende: Andersen (1982, 113) aveva già rilevato che poteva considerarsi segno di logorio la difficoltà a estrarre elementi di vocabolario – parole singole o sintagmatiche – (“on-going speech production”). Esiti di un precoce logorio in L1 29

presso alcuni bilingui – osservato soprattutto a livello lessicale – non si possono estendere né al gruppo sperimentale, tanto meno alla popolazione di riferimento, e non mettono in discussione il rapporto abbastanza equilibrato fra le due lingue del repertorio, romeno L1 e inglese L2 (Cherciov 2011, 155). Borbély (1996) ha studiato il ruolo degli atteggiamenti nei confronti delle lingue del repertorio di una comunità romena stabilitasi attorno al 1700-1750 in Ungheria (a Kétegyhaza), al confine con la Romania. Si tratta di cifre che variano da 10.740 a 25.000 di etnici romeni, a seconda che vengano censiti dalle autorità locali oppure dalle associazioni di questa minoranza. La comunità vive separata dalla comunità etnica ungherese, così che anche oggi i romeni mantengono abitudini, modi di vita, identità etnica distinta (Borbély 1996, 312); tuttavia, specie per le nuove generazioni, è in atto il processo di sostituzione del romeno con l’ungherese. “A minor part of the community, mainly the younger generation, can be considered Hungarian monolingual. In the case of the Rumanian Hungarians, bilingualism can be considered a transitory state between Rumanian and Hungarian monolingualism” (ivi, 313).

L’ipotesi di Borbély era che gli atteggiamenti nei confronti delle lingue fossero in stretta relazione con le scelte di lingua e che fossero correlati con l’età, l’istruzione e il genere dei sedici parlanti intervistati. È emerso che gli intervistati collegano l’etnicità con la lingua parlata (ibidem, 313), le giovani donne usano con i figli l’ungherese piuttosto che la varietà locale di romeno, una lingua con forti influenze ungheresi, progressivamente sostituita (“dying language” – ibidem, 319) con l’ungherese ufficiale. Mentre la stragrande maggioranza degli intervistati dichiara che è bene che i figli imparino anche il romeno (standard), accanto all’ungherese, la varietà di romeno locale gode si scarso prestigio poiché è una varietà mista di romeno e di ungherese. Una ricerca di carattere sociologico e antropologico denominata Emigranţi din România la Torino (1989-2006), che ha coinvolto ricercatori dell’Institutul de Filologie Română “Alexandru Philippide” e dell’Università “Alexandru Ioan Cuza” di Iaşi e della Cattedra de romeno dell’Università di Torino, si è proposta di indagare sulla strategia di mantenimento identitario culturale e linguistico degli immigrati (Olariu 2010, 222). Si sono realizzate interviste in cui immigrati romeni di Torino narravano eventi della loro vita (circa cinquanta ore di registrazione audio). Uno degli aspetti rilevati è stato la bassa lealtà linguistica degli immigrati di ceto medio-basso, specie a livello lessicale, bassa lealtà nei confronti della quale gli intervistati sembrano manifestare un sentimento di ‘colpevolezza linguistica’ (sentirsi a disagio nel parlare una lingua di origine in cui appaiono segni di interferenza con la L2), in 30

maniera progressiva secondo la misura in cui avviene l’acquisizione della seconda lingua (ibidem, 227). L’unica ricerca di sociolinguistica italiana che coinvolga soggetti con la prima lingua il romeno è Le lingue straniere immigrate in Italia dell’Unità di ricerca pavese, nel quadro della ricerca Cnr-Agenzia 2000, che a partire dal 2002 si è occupata essenzialmente della descrizione delle lingue del repertorio degli immigrati minori (alunni) e adulti loro genitori, nel nord-Italia (Chini 2004). Anche se limitato alle zone di Pavia e Torino e anche se di impostazione quantitativa, l’indagine sociolinguistica apre alle questioni di mantenimento e sostituzione della lingua di origine (L1) nel contatto con la lingua di arrivo (L2), abbozzando fattori di tipo qualitativo (status, vitalità, prestigio) da ponderare in modo più preciso in studi successivi. La ricerca si occupa principalmente di soggetti della ‘generazione uno e mezzo’ (figli giovani di immigrati), prendendo in esame alcuni casi in cui è coinvolta l’interazione genitori – figli. È possibile che la vicinanza geografica dei romeni (come anche degli albanesi) e una certa affinità della lingue nel repertorio fanno sì che i figli di queste popolazioni siano più propensi all’uso – anche esclusivo – dell’italiano. In più, rispetto ad altri europei orientali, questa ricerca rileva che i figli dei romeni sembrano più propensi (come anche i figli d’ispanofoni) alla sostituzione del romeno con l’italiano (shift) o agli usi misti (romeno/italiano).

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2. Immigrazione romena in Italia

2.1. Caratteristiche socioculturali dell’immigrazione romena in Italia In questo capitolo sono descritti i comportamenti e gli atteggiamenti rispetto agli usi delle lingue presso i soggetti studiati; viene proposto inoltre un modello interpretativo della loro realtà socioculturale e linguistica in base alle quali dare delle interpretazioni; infine, viene suggerito di estendere – con le dovute cautele – alcune interpretazioni riguardanti il campione a gruppi più numerosi di immigrati romeni. Mi avvalgo dei risultati delle 76 interviste (nel Lazio e Umbria fra 2002 e 2006) della ricerca Dacoromana (Cohal 2007) e dei risultati delle interviste della presente ricerca, che ha coinvolto 24 soggetti (nel Lazio e in Lombardia negli anni 2008 – 2011); accanto alle proprie conclusioni saranno riportate notizie tratte da (pochi) lavori di tipo sociologico e antropologico, ricerche soprattutto quantitative (e senza approfondimento su singoli soggetti) realizzate, soprattutto dopo il 2000, per conto di istituzioni romene e italiane. Con un campione così piccolo (e anche a causa di altre questioni di metodo, cfr. Cap. 3) non si possono certo estendere le caratteristiche di alcuni immigrati romeni alla ‘comunità romena immigrata’ in Italia, tuttavia esse si possono rapportare alle conoscenze pregresse nel campi d’indagine, allo scopo di rilevare un set di tendenze utili alla descrizione dell’immigrazione romena in Italia, in particolare al suo repertorio linguistico. Per ogni sottoparagrafo, sia che si parta dai risultati delle ricerche precedenti, sia che si parta dalle proprie considerazioni, le conclusioni che saranno avanzate riflettono quindi il confronto fra le conoscenze già acquisite e gli elementi di novità della ricerca in oggetto; nel corso dell’argomentazione sarà precisato se si parla di tendenze di singoli individui o di un gruppo sociale di piccola portata (cioè di soggetti dalla presente ricerca e le loro reti sociali), o, al contrario, di tendenze che – una volta reperite al loro interno – potrebbero

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attribuirsi con maggiore probabilità a un numero più grande di immigrati romeni, se non addirittura all’intera popolazione. Infine, allo scopo di rendere il testo più fruibile, nella prima parte del capitolo sono presentati per primi e ricevono uno spazio più ampio risultati di ricerche precedenti (2.1. Caratteristiche socioculturali…), integrati con risultati e riflessioni originali, mentre nella seconda parte del capitolo ha più spazio la presentazione dei dati e dei risultati propri (2.2. Repertorio linguistico…), sulla base dei quali vengono proposte alcune riflessioni conclusive (2.3. Comunità linguistica romena). La descrizione di carattere sociologico dell’immigrazione romena in Italia ha lo scopo di esaminare gli indici ‘misurabili’ dell’integrazione – come inurbamento (percentuale di dimore in città) o ‘indicatori economici’ – utili per inquadrare il repertorio linguistico degli immigrati e per illustrare quali condizioni possono prevedere il mantenimento o la sostituzione della lingua romena in Italia. L’analisi che seguirà in questo paragrafo prenderà in considerazione dimensioni, ambiti specifici e indicatori di integrazione sociale degli immigrati sul suolo italiano (Golini et al. 2001). Nella tabella seguente si distinguono quattro dimensioni sociali dell’integrazione (A, B, C, D). L’ammontare delle variabili della terza colonna (indici numerici laddove le proprietà sono discrete, misure laddove non lo sono) aiutano a dare un’interpretazione agli indicatori nella seconda colonna; questi ultimi rappresentano elementi descrittivi delle dimensioni sociali della prima colonna. Sono riportati nella seconda e nella terza colonna gli indicatori più attinenti al caso dell’immigrazione romena1. A livello sociologico interessa studiare fattori come quello ‘demografico’, ‘politico’, ‘economico’ e ‘culturale’ dell’immigrazione romena, che avranno un peso determinante per l’indice di ‘vitalità etnolinguistica’2.

1 L’impossibilità di accedere ad alcuni dati precisi ha imposto l’eliminazione, dall’algoritmo originale (proposto da Golini et al. 2001), di alcune voci come Quota di senza casa / Affollamento o Naturalizzazioni e acquisizioni della cittadinanza; tuttavia così facendo non si corre il rischio di falsificare il quadro generale poiché si tratta di voci secondarie nella composizione degli indicatori. 2 Lo studio delle diverse minoranze (storiche o di immigrazione recente) parte dall’assunto della centralità della lingua nel corpo etnico (Le Page, Tabouret-Keller 1985); il modello a qui si è ispirati per questa indagine è quello della ‘vitalità linguistica’ (Giles et al. 1977). Sul concetto di ‘vitalità’ si è tornati più volte, come anche su quello della difficoltà concettuale e metodologica di inquadrare gli atteggiamenti dei parlanti (Berruto 2002, 109, Franceschini 2003, Berruto 2009b, 175).

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Tabella A. Integrazione degli immigrati in Italia. Dimensioni, ambiti specifici, misure e indicatori (Adattamento da Golini et al. 2001) Dimensioni A. Struttura demografica, sociale e territoriale

Ambiti specifici A.1. Struttura demografica e comportamento riproduttivo della comunità immigrata, A.2. Struttura sociale, A.3. Struttura territoriale

B. Relazioni con la comu- B.1. Relazioni con il paese di nità di origine e con quella origine di accoglimento B.2. Relazioni con il gruppo etnico di origine e con gli altri gruppi B.3. Relazioni con il paese di accoglimento C. Inserimento lavorativo e C.1. Inserimento lavorativo mobilità socio-professionale

D. Vita nella società

D.1. Alloggio D.2. Devianza

Misure e indicatori A. 1.2. Struttura per età, A.1.3. Composizione per genere, A. 1.4. Struttura per stato civile, A. 1.5. Natalità / fecondità, A.2.1. Livello di istruzione, A.3. 1. Distribuzione della popolazione sul territorio; B. 1.1. Rimesse, B.3.1. Ricongiungimenti familiari, B. 1.2. Contatti con familiari in patria, B.2.1. Iscritti ad associazioni etniche, B.2.2. Matrimoni tra stranieri, B.3.2. Uso della lingua italiana, B.3.3. Matrimoni misti C.1.1. Tasso di attività e partecipazione femminile, C.1.2. Tasso di disoccupazione, C.1.3. Settori di occupazione e qualifiche professionali, C.1.4. Utilizzazione del capitale umano D.1.l. Distribuzione sul territorio urbano (concentrazione geografica e segregazione), D. 1.2. Tipo di sistemazione abitativa, D. 2. 1. Intensità dei comportamenti devianti

A livello socio-psicologico interessa il ‘reticolo sociale dei contatti linguistici’ nella descrizione dei contatti personali degli immigrati, l’uso dei media e il supporto alla lingua (di origine) a livello istituzionale. Il livello più prettamente psicologico riguarda l’atteggiamento circa le lingue in contatto, cioè il convincimento razionale e affettivo di usarle allo scopo di integrarsi nella nuova società e/o di mantenere la lingua di origine. Per esempio, è stato osservato più volte (Köpke, Schmid 2004, Köpke 2007) presso comunità immigrate che presentano segni di logorio linguistico L1 che il fattore attitudinale è fortemente correlabile con la scelta e la frequenza di impiego di questa lingua. Alcune informazioni di carattere antropo- e sociologico dovrebbero integrare il quadro socio-statistico permettendo di descrivere meglio la comunità immigrata e di trovare con più precisione gli elementi correlabili con le questioni propriamente linguistiche (Fasold 1984, 216).

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La composizione del quadro è stata ispirata dal modello delle variabili extralinguistiche che concorrono alle scelte di lingua proposto da Allard e Landry (1992, 174). In questo modello interpretativo elementi socio-culturali e psicologici della comunità immigrata sono correlati con caratteristiche delle lingue a disposizione, allo scopo di descrivere il frame all’interno del quale spiegare gli esiti linguistici e le scelte di lingua. Stabilendo al margine sinistro e destro del continuo una situazione di partenza di monolinguismo nella lingua/e di origine, e rispettivamente una situazione di arrivo di monolinguismo nella lingua/e di arrivo, la combinazione di variabili di vario tipo nel percorso migratorio va a determinare dei gradi di bilinguismo: dominato dalla lingua di origine, bilanciato o bilinguismo dominato dalla lingua di arrivo.

2.1.1. Due decenni d’immigrazione romena in Italia La storia dell’immigrazione romena in Italia si può suddividere in due periodi, ai quali corrispondono all’incirca due tipi di progetto migratorio, secondo l’epoca storica che i paesi di partenza e di arrivo attraversano (Sandu 2006). All’interno del ventennio della migrazione romena in Italia (1990 – 2010) si può riconoscere un primo periodo (dal 1990 fino al 2002 circa) caratterizzato da un’immigrazione romena più propensa a mettere radici. Tale periodo può essere descritto con i modelli tradizionali della migrazione in quanto integrazione / assimilazione. Invece, il periodo dei successivi dieci anni (dal 2002 fino a oggi) è caratterizzato da una immigrazione in parte diversa, per la quale il riferimento al modello transnazionale / circolare è forse più adeguato. Questa suddivisione è in qualche misura artificiale: alcuni immigrati del primo decennio possono presentare caratteristiche di quelli del secondo decennio e viceversa – immigrati “recenti” possono manifestare comportamenti e atteggiamenti tipici dell’immigrazione romena degli inizi. Tuttavia l’operazione è utile non solo ai fini teorici della descrizione di tendenze generali della sociologica dell’immigrazione, ma anche ai fini della descrizione del repertorio (cfr. 2.2.). Il primo decennio della Romania post-comunista (1990 – 2000) fu caratterizzato da un processo brusco e intenso di transizione verso il capitalismo postindustriale per cui il Paese dovette bruciare più tappe possibili in poco tempo. Quarantacinque anni di mentalità comunista-dittatoriale portarono all’impoverimento della sfera privata e pubblica, distrussero la proprietà materiale e spirituale (cioè la storia) assieme al senso di responsabilità individuale. Il passato comunista della Romania era stato quello della visione unica del mondo e dell’economia pianificata gestita dallo Stato “in quanto unico proprietario dei mezzi di produzione e delle unità economiche” (Dallago 1982, 36

37), mentre dopo il 1989, dopo la caduta del regime comunista, l’ingegneria politica, economica e sociale disegnò un Paese-economia di mercato, che fosse parte di un contesto europeo e globalizzato. Ciò provocò un nuovo abbassamento del livello di vita e un eccessivo impoverimento della popolazione, che resero più acuto il senso di “artificialità” dell’esperimento economico capitalista in Romania (Bal 2003, 3). Il patto sociale si allentava e assieme alle riforme e alla disoccupazione cominciava l’emigrazione, prima verso la Germania, l’Ungheria e Israele (1990-1994), poi verso la Spagna e l’Italia. L’immigrazione romena dei primi anni 1990 era un’immigrazione di poche decine di migliaia di persone, che metteva radici molto lentamente. Non più del 20% del totale degli immigrati romeni di oggi sono giunti durante questo primo decennio, arrivando piano a piano a contare circa 200.000 presenze (Caritas 2002). L’immigrazione romena di quei primi anni ha visto un periodo di buona accoglienza in Italia, grazie alla simpatia ispirata dalla tragedia vissuta per cinquanta anni ma anche grazie alle affinità culturali, fra le più importanti la lingua – essendo il romeno un’isola di neolatinità circondata da lingue slave, dall’ungherese e dal turco. Arrivano nella penisola le prime vittime del cambiamento economico: abitanti delle piccole città romene, specie della regione della Moldova, i primi disoccupati della mega-industria comunista, qualche rifugiato politico. Pochissimi romeni (da circa 400 negli anni 1990 ai 1500 iscritti annualmente a corsi universitari negli anni 2000) arrivano in Italia per motivi di studio, perché molti romeni già possiedono un titolo di studio superiore (MIUR 2011). Nel secondo decennio (2000 - 2010) la Romania ha mostrato un inizio di crescita economica e di speranza di miglioramento della qualità della vita. Dalla Romania, senza che si fermasse la migrazione verso l’Europa, cominciavano ad arrivare in Italia, accanto alle vecchie categorie di emigranti e ai famigliari dei primi arrivati, altri tipi di migranti: romeni più poveri, anche contadini dei paesi, a volte intere piccole comunità (Cingolani 2009) e romeni con un progetto di migrazione più breve, romeni “pendolari”. La crisi monetaria ed economica iniziata verso il 2005 ha colpito duramente anche la Romania, fattore che ha incentivato il carattere provvisorio e insicuro degli spostamenti e degli insediamenti, anche perché il paese accogliente, l’Italia, subiva parimenti trasformazioni nel campo del lavoro e dell’energia, con effetti negativi soprattutto sul livello di vita delle classi medie e povere (dove tradizionalmente si posizionano gli immigrati). Il primo decennio vedeva arrivare in Italia persone con progetti a lungo termine, per “mettere radici”. Diversamente il secondo gruppo (non) progetta

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il presente e il futuro3. La metà del campione di una ricerca sociologica del 2007 indica il lavoro e il bisogno di soldi come le ragioni principali di questo secondo periodo d’immigrazione; solo il 2% arriva in Italia alla ricerca di “un altro stile di vita, un cambiamento” (MMT & AGS 2007, 9). “Chi è arrivato in Italia all’inizio degli anni ’90 pone l’accento sulla propria maggiore capacità di progettazione, un maggiore senso di responsabilità e scelte più ponderate rispetto agli ultimi arrivati, accusati di superficialità e assenza totale di programmazione e di valori guida. Questo venire a patti con la precarietà significa per i giovani romeni posticipare le scelte fondamentali, come la formazione della famiglia e l’ingresso nell’età adulta” (Cingolani 2009, 278).

Con l’entrata della Romania nell’UE (2007), il brusco passaggio di statuto da immigrati extracomunitari a lavoratori romeni in Italia (comunitari con doppia residenza) rende la Romania – accanto all’Italia e all’UE – corresponsabile nell’accoglienza e nella co-gestione di più di un milione di individui. La maggioranza dei romeni in Italia sente invece la mancanza di uno statonazione romeno che tuteli in qualche modo i loro interessi. “In sintesi, a vent’anni dalla caduta del muro (…), l’apprendimento politico risulta essere un processo incompiuto, ostacolato da una forte ideologizzazione della questione della giustizia transizionale4. Tale limite influisce sulla capacità del postcomunismo di generare un nuovo senso di solidarietà basato sull’analisi del passato” (Cortona, Lanza 2011, 230-231).

La spersonalizzazione e l’alienazione inculcate durante i quasi cinquant’anni di comunismo si manifestano spesso nella visione assistenzialista dell’immigrato che, anche a distanza di molti anni dall’allontanamento dalla Romania, percepisce ancora il paese di origine responsabile, in qualche modo, del suo destino. Il passato si riflette anche nella frammentazione accentuata dell’associazionismo romeno in Italia, in crescita negli ultimi dieci anni (MMT & AGS 2007, 48), caratterizzato da soggetti che attirano pochi consensi e pochi iscritti, eppure sempre in forte competizione l’uno con l’altro. Probabilmente come reazione alle vessazioni subite nel regime dittatorialecomunista (1945 - 1989), le scelte politiche dei romeni immigrati in Italia (inclusi i soggetti della ricerca) sono spesso di destra e spesso ci si oppone quasi a priori a qualsiasi cosa arrivi da sinistra. Alla risposta del perché ci si collochi a destra o addirittura all’estrema destra dell’orizzonte politico, gli immi3 Il gruppo “sperimentale” della presente ricerca è formato da soggetti appartenenti a entrambi i gruppi (cfr. 3.1. Metodo di ricerca). 4 Gli autori si riferiscono alla ricerca di giustizia – sempre rimandata – per chi ha sofferto le rappresaglie del regime comunista e si ritrova spesso ‘vittima’ del mondo capitalista.

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grati elencano: famiglia, fede cristiana, proprietà privata, sicurezza, conservazione delle tradizioni, della lingua madre, tutti più o meno ‘valori’ ideologici della destra storica. Molti di loro sono interessati alla vita politica, tuttavia non vanno a votare perché dichiarano di non sentirsi rappresentati dalla classe politica, a prescindere dallo schieramento; i pochi che votano per le elezioni locali in Italia votano spesso partiti già noti per aver intrapreso o per intraprendere tuttora provvedimenti a sfavore degli immigrati. Questo paradosso si può spiegare con la sindrome dell’‘ultimo della barca’, un messaggio di chiusura e mancanza di solidarietà nei confronti dei connazionali e di altre nazionalità immigrate, probabilmente dovuto alla percezione di se stessi come presenza-disturbo nel paese di arrivo.

2.1.2. Quadro socio-statistico Se nel primo dei due decenni qui considerati il numero dei romeni non superava le cinquanta mila presenze, dopo la liberalizzazione dei visti turistici (2002) il numero dei romeni in Italia è arrivato a circa 300.000. Dopo l’ingresso della Romania nell’UE (2007) il numero dei romeni in Italia cresce ancora, ma non proporzionalmente alla libertà di movimento concessa. L’ingresso nell’UE non porta l’innalzamento dello stipendio minimo in Romania (che si aggira attorno ai 200 €), mentre l’opinione comune degli immigrati romeni snobba la recente apertura dell’UE verso il loro paese di origine, asserendo che, tutto sommato, l’inclusione nell’Unione ha il ruolo di distribuire a più soggetti nazionali gli effetti negativi della nuova5 recessione monetaria e della povertà, più che sostenere e far crescere i romeni e il loro Paese. Anzi, le cifre del Ministero degli Interni mostrano che il vero boom di presenze aveva già raggiunto il suo massimo alla fine del 2006 (i romeno erano circa mezzo milione, fra regolari e irregolari) e che, in realtà, con la regolarizzazione dei “vecchi” soggiornanti non ancora registrati nei Comuni (legge Bossi-Fini), l’iscrizione all’anagrafe faceva così emergere i romeni non più clandestini ma residenti. La regolarizzazione non ha aumentato le cifre assolute, ha solo cambiato lo status di che era già sul territorio. “Tale effetto [l’aumento dei romeni] si è progressivamente affievolito già nel corso del 2008 e ancor più del 2009” (ISTAT 2010, 4).

5 La precedente recessione monetaria si ebbe nel periodo immediatamente seguente la fine del regime comunista: svalutazione rapida della moneta, privatizzazione delle grosse imprese (di cui quelle metallurgiche importanti), politiche commerciali recanti gravi danni alle industrie locali, specie nell’agraria.

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Nel 2012 la popolazione romena si addensa maggiormente nei centri cittadini del Lazio, del Piemonte e della Lombardia. Un quarto dei romeni si trova nel Lazio (a Roma ci sono 122.000 residenti romeni). La Provincia di Torino conta 86.000 residenti romeni, quella di Milano 41.000. Il Ministero dell’Interno, MIUR, Caritas e ISTAT hanno monitorato gli aspetti amministrativi, abitativi, scolastici e lavorativi dell’immigrazione romena fin dal 1989. Alla fine del 2009, l’ISTAT e il Ministero degli Interni calcolavano che il numero dei romenofoni6 (romeni e moldavi) in Italia si aggirava attorno a un milione; la maggioranza aveva un livello degli studi elevato: il 40% era laureato, il 30% era diplomato (CNR 2011). A questa stima va aggiunto il numero degli immigrati presenti sul territorio non raggiunti dal conteggio: i lavoratori in nero, i residenti senza contratto d’affitto, non contati a causa della difficoltà di operare controlli anagrafici nei confronti delle famiglie degli immigrati senza un contratto di lavoro e senza un contratto di affitto, quindi ufficialmente inesistenti. Più di un milione di romeni vivono quasi permanentemente in Italia, secondo un trend che va a stabilizzarsi intorno a questa cifra (Piperno 2009, 15-16). Il legislatore europeo non ha trovato ancora la formula giuridica per inquadrare queste persone, che non sono minoranza, non sono cittadinanza, non sono per intero immigrazione visto che, dal momento che si è in Europa, sarebbe più opportuno considerarli lavoratori comunitari. Con l’aumento delle presenze romene, l’Italia si è sforzata di elaborare politiche volte a integrare gli immigrati romeni; ciò ha significato regolarizzazioni periodiche, servizi sociali per i più disagiati, espulsioni di clandestini, azioni svolte soprattutto dalle associazioni pro-migranti per fronteggiare i momenti di xenofobia (Pittau 2008). I fattori che favoriscono l’emigrazione massiccia in Italia, nel caso dei romeni, sono molti (Turliuc, Turliuc 2009, 3107): - “geopolitici: la vicinanza territoriale, - la facilità della mobilità dovuta al fatto che sono cadute molte barriere relative alle frontiere, - il processo di globalizzazione ecc.; - economici: il basso indice di sviluppo umano, - il calo dei costi dei viaggi ecc.; - culturali: la vicinanza linguistica, - una tradizione culturale condivisa e la presenza degli italiani in Romania.” 6 Non si è calcolata l’etnia rom (zingara) dell’ultimo ventennio di emigrazione verso l’Italia, di cui molti esponenti parlano anche romeno (o anche un dialetto romeno). 7 “Geo-politici: proximitatea teritorială, uşurinţa mobilităţii datorită căderii multor bariere privind frontierele, procesul globalizării etc; economici: indicele dezvoltării umane scăzut, diminuarea costurilor călătoriilor etc.; culturali: apropierea lingvistică, o tradiţie culturală împărtăşită şi prezenţa italienilor în România.”

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I motivi per cui il romeno viene in Italia variano secondo la posizione occupata nel tessuto sociale in Romania. Chi parte per la difficile situazione economica dichiara di voler guadagnare e tornare, e spesso per vari motivi rimane più del previsto; chi parte perché vuole realizzare un futuro migliore in termini di crescita sociale e culturale (unita comunque alla prospettiva di un miglioramento economico) dichiara di voler rimanere in Italia e fa della sua vita un percorso d’integrazione, in cui non mancano tappe di devianza o esclusione sociale (Baldi, Savoia 2006, 69-71).

2.1.3. Distanze fisiche e (spazi) virtuali Il contatto con la Romania dei romeni immigrati nei primi dieci anni del ventennio era caratterizzato da una difficoltosa comunicazione con il tessuto sociale che avevano lasciato alle spalle. A parte le notizie portate dal nuovo arrivato, i contatti con i familiari rimasti a casa si basavano per lo più sul mezzo telefonico, mentre limitata era la possibilità di programmare visite periodiche. La telefonia cellulare non aveva piani tariffari abbastanza bassi per rispondere ai bisogni di comunicazione del mercato dei migranti. La velocità e la frequenza di spostamento fra i due paesi sono maggiori nel secondo periodo, specie dal 2005, quando lo spostamento avanti-indietro è stato favorito dall’abbassamento dei prezzi di trasporto (terrestre e aereo), essendosi aggiunte alle due compagnie aeree di bandiera altre quattro low cost. Alla fine del 2007 due terzi del campione di una ricerca sociologica visitava almeno annualmente la famiglia in Romania (MMT & AGS 2007, 5). Il 2000 vede decollare finalmente la comunicazione dai telefoni cellulari con tariffe per immigrati. Specie dal 2006 le frontiere diventano ‘eteree’ e le autostrade ‘elettroniche’ (Giacomarra 2000, 13, 17). Nel secondo decennio dell’immigrazione tutta la tivù romena può essere ricevuta a prezzo accessibile via satellite ed è infatti presente in quasi ogni casa di immigrato. Alcuni siti internet commerciali presentano notizie nazionali e locali per cinque minuti al giorno, in romeno. L’effetto – rilevato dai questionari e dalle interviste – è quello di una diminuzione drastica dei tempi di visione dei canali italiani a favore delle TV web / digitali / satellitari che offrono 24 ore su 24 informazione e intrattenimento in lingua romena. Si tratta di canali che trasmettono per il pubblico dalla Romania mentre in Italia nessun canale è concepito e prodotto per questi immigrati. I programmi – soprattutto di informazione – vengono visti da circa metà delle donne e da quasi l’80% dei maschi. Un accertamento quantitativo del 2007 conferma la forte presenza della TV in lingua romena nelle case degli immigrati: tre quarti del campione guarda ogni giorno i canali romeni (MMT & AGS 2007, 26). 41

È difficile valutare – dai questionari e dalle interviste – se il grado di anomia sociale (con Durkheim) a causa dello stress migratorio sia in diminuzione grazie alla TV digitale / satellitare. Certo è che l’interesse per l’informazione del paese di origine è così forte da suggerire – oltre la forte nostalgia – la sensazione che in realtà non si sia andati via del tutto. Anche se si tratta di un broadcasting non differenziato, presso i romeni in Italia è comune la convinzione di sentirsi in questa maniera immersi nella realtà dell’altra sponda. Gli intervistati sono fieri di questo cordone ombelicale, e riportano critiche puntuali e aggiornatissime alle varie questioni economiche e politiche contenute nell’agenda televisiva romena. L’esposizione alla TV è una variabile dell’indicatore del “mantenimento linguistico” e una variabile dell’indicatore ‘identità’8. Gli immigrati non sono esposti al romeno scritto bensì a quello parlato e televisivo, piattaforma per eccellenza dei mutamenti linguistici in atto. Di conseguenza, al ‘mantenimento’ si deve aggiungere l’‘orientamento’, intendendo con ciò il fatto che spesso la TV, più che le fonti scritte o la radio, è ‘contenitore’ e ‘trasmettitore’ di tendenze, devianze e innovazioni, alcuni delle quali si consacrano o scompaiano. Il contatto con la Romania è consentito ultimamente anche da internet, compreso nell’abbonamento di telefonia fissa di moltissime famiglie con figli in età scolastica o in cui sono presenti immigrati con interessi di studio e lavoro. Il canale è questa volta più generoso (comunicazione dialogica, ricerca tendenzialmente infinita di elementi collegabili al paese di origine) ma più difficile da adoperare; pochi diplomati accendono il computer per navigare in internet, anche perché di solito chi ha internet ha accesso anche alla TV digitale romena. Conseguenza di questo quadro della nuova comunicazione è che i paesi ricchi non rappresentano più delle fate morgane, delle terre promesse, ma diventano più trasparenti all’analisi grazie alla possibilità di mettere i miti alla prova con più velocità. L’informazione viaggia in entrambi i sensi: uno studio recente presso i romeni residenti nella Moldova, – quindi presso i possibili candidati alla partenza – mostra che pochi dichiarano di voler emigrare in Italia e invece per molti di coloro già presenti qui “la scelta di rimanere in Italia tenendo attivi i legami con la terra d’origine è una risposta alla crescente incertezza lavorativa e alla diffusa discriminazione” (Cingolani 2009, 277). Dalla Romania, l’Italia è percepita come una terra socialmente insicura, in cui ol8 In altro contesto, le trasmissioni televisive costituirono per gli italiani, nel periodo di standardizzazione dell’italiano parlato, funzione di modello linguistico, debitore all’italiano di Roma, come mostrava De Mauro (1991, 137, 439, 458) e più recentemente costituiscono mezzo per l’alfabetizzazione (italiana) degli immigrati (Baldi, Savoia 2006, 159-161).

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tre l’orario di lavoro il romeno è spesso percepito come disturbo (Simoni 2007, 195). Inoltre, al senso di abbandono della cultura di origine – segnalato con l’atto di emigrare – si viene ad aggiungere il senso di appartenenza ed esclusione (d)alla cultura di arrivo. Questa dualità si riflette nel tipo di reti sociali e nella modalità translocale (‘translocality’ – Appadurai 1996) con cui sono vissuti gli spazi sociali e simbolici dell’immigrato transnazionale. Due aspetti di questa translocalità hanno conseguenze importanti sulle scelte linguistiche degli immigrati. Il primo aspetto è quello della mobilità limitata del “bi-localismo” caratterizzante l’immigrazione romena. Precedentemente all’arrivo in Italia, la stragrande maggioranza degli immigrati non aveva maturato un’esperienza di migrazione simile alla migrazione interna italiana (dal sud al nord); nella Romania del secolo scorso le famiglie giovani si spostavano generalmente – per motivi di lavoro – in una città a pochi chilometri dal paese nel quale tornavano a fine settimana per continuare a coltivare i campi. Con l’emigrazione, lo spostamento verso l’Italia è in linea generale un’impresa una tantum, con la quale la località italiana – dove si lavora – si sostituisce a quella romena. Per la maggioranza degli immigrati romeni, la scelta di spostamento alternativa potrebbe essere tornare al paese d’origine. D’altronde, in generale dalle ricerche (di tipo sociologico) sull’emigrazione romena si evince che la stragrande maggioranza dei soggetti è ancora molto attaccata affettivamente al luogo di origine, a dieci come anche a vent’anni dopo l’arrivo in Italia (Otovescu9 2008, 238). Il secondo aspetto, derivato dal primo, è quello della perdita di polarità delle nozioni di partenza e arrivo. Oltre a essere pressoché interscambiabili, lo stesso situare questo tipo d’immigrato in punti opponibili del tipo ‘dentro/fuori’ o ‘qui/là’ sarebbe un procedimento senza aderenza alla realtà. Situandosi su un continuo fra due punti, con la possibilità di ricollocarsi in ogni momento, l’immigrato non è più messo davanti alla scelta radicale di scegliere fra la cultura (e la lingua) di arrivo – a significare ‘integrazione’ e affermazione sociale – e la scelta opposta, di mantenere le sue radici culturali (e linguistiche) – a significare ‘segregazione’. In questa situazione gli immigrati avvertono altresì un’alienazione dovuta all’incertezza del proprio collocamento in questi spazi, che provano a risolvere massimizzando l’apprendimento e la competenza della lingua seconda e, nello stesso tempo, mantenendo la lingua d’origine. 9 Questa ricerca in particolare è stata condotta in ambito universitario nel 2007 (Università di Craiova, Romania). I soggetti sono stati 160 immigrati romeni stabiliti in Italia. È stato adoperato un questionario di 89 elementi, con domande fisse e libere. Gli intervistatori sono stati studenti universitari romeni di sociologia dalla città di Craiova (ibidem, 26).

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2.1.4. Integrazione e (trans)nazionalismo La psicologia sociale identifica concettualmente l’apprendimento di un nuovo contesto sociale con il mutamento, nella configurazione di un apprendimento-cambiamento della struttura cognitiva (conoscenza), di un apprendimento-cambiamento della motivazione e di un apprendimento-cambiamento dell’ideologia o del sentimento di appartenenza a un gruppo (Lewin 1972, 93). Fondamentalmente, l’integrazione implica l’apprendimento di regole specifiche del paese di arrivo, ma non può non fare i conti con il bagaglio socio-culturale che l’immigrato porta con sé. Quello che si portano ‘da casa’ gli immigrati è l’identificazione con il modello di società essenzialmente ‘nazionale’, senza escludere il lato di diversità etnica da includere nel concetto di ‘nazione’ (il caso degli zingari romeni, cittadini a pieno titolo in Romania). Questo tipo di nazionalismo non produce però livelli elevati di coesione e partecipazione alla vita comunitaria. Il nazionalismo (della Romania) con il quale s’identifica la diaspora è sostanzialmente lo stesso tipo di nazionalismo comunista che mette con urgenza il carattere etnico-nazionale davanti a tutti gli altri elementi identitari, soprattutto davanti a quelli astratti come cittadinanza europea e valori europei. “I romeni sono ancora affascinati e manipolati con questo tipo di retorica perché il nazionalismo rappresenta un punto stabile nell’insicurezza riguardante la situazione economica (…)” (Popenici 2008, 133). Fuori dalla Romania, in un ambiente considerato ostile soprattutto all’inizio, questo si riflette nel modo essenzialmente basato sulla nazionalità nel cui si raggruppano gli immigrati, sia che si riuniscano nella Chiesa (nazionale ortodossa), con l’occasione delle feste, nelle associazioni o nei partiti politici (tutto a carattere soprattutto nazionale). Con la migrazione transnazionale diventa invece acuto quello che si affrontava già con la migrazione ‘integrazionista’: “le culture non costituiscono delle totalità nettamente descrivibili con confini immutabili, né è possibile definire un rapporto di rispondenza immediato tra tali culture ed i gruppi di popolazione” (Lo Schiavo 2010, 8, enfasi dell’autrice). Il modello transnazionale10 (della mobilità, della circolarità) funziona come una continuazione di quello nazionale, illustrando il riassesto dell’immigrato fra i due mondi in cui la partenza non si è conclusa e l’arrivo non è definitivo. È la velocità di spostamento di persone, idee, informazioni e merci, a costituire il tratto nuovo da integrare al classico modello dell’immigrazione. 10 “Transmigrants are immigrants whose daily lives depend on multiple and constant interconnections across international borders and whose public identities are configured in relationship to more than one nation-state” (Schiller et al.1995, 1). Una panoramica aggiornata della letteratura (multidisciplinare) sulla migrazione (trans)nazionale si trova in Vertovec (2009).

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Contrariamente alla teoria che vede la comparsa della seconda generazione come un freno alla transitorietà della migrazione11, il modello della migrazione transnazionale rende più chiara la lettura della crisi dei principali modelli d’integrazione europei (assimilazione vs. multiculturalità)12; tuttavia resta comunque il fatto che per la seconda generazione il tratto trans- di questo modello di migrazione può essere messo in crisi da alcuni fattori, come la scarsa motivazione a mantenere contatti con il paese di provenienza nella misura in cui l’integrazione nel paese di arrivo si consolida (Lee 2011). Il vero elemento di novità dei modelli trans- e post-nazionale è il ruolo attivo del migrante, di chi combatte l’incertezza sociale aggiornando costantemente la sua identità, fra “migrazione” e “integrazione” (Ambrosini 2008, 181). Una ricerca quantitativa nel Piemonte, rara nel suo genere, ha mostrato che per un campione di 350 immigrati romeni il “sedentarismo” non è più un dato certo del progetto di vita, né a breve, né a lungo termine (Olariu 2010, 226). L’immigrazione romena in Italia è per molti versi circolare: molte persone fanno avanti-indietro dandosi il cambio sul lavoro ogni tre-sei mesi (Ambrosini 2008, 120). Dopo il 2007, uno dei genitori (preferibilmente la donna) continuerà a fare il pendolare fra i due paesi, mentre le famiglie vivono costantemente in affitto ‘temporaneo’, senza un’abitazione propria13, anche se si è residenti da più di dieci anni in Italia. Gli immigrati romeni mantengono legami intensi con persone della Romania, vanno più spesso nel loro Paese, danno e ricevono dai connazionali lì rimasti idee, informazioni, denaro14, merci, comportamenti (Ambrosini 2009, 22). Tuttavia, nonostante la continua partecipazione alle vicende del paese di origine, circa la metà dei soggetti lamenta l’immagine negativa che il Paese di origine ha di loro15. 11 “Dal momento in cui i minori o gli adolescenti vengono coinvolti nell’atto migratorio, l’immigrazione finisce con il perdere il proprio carattere transitorio” (Bartolini, Morga 2007, 101). 12 Riferendosi agli immigrati dell’Olanda, Snel et al. (2006, 304) affermano: “Generally, our findings support the assumption that transnational involvement does not necessarily impede integration.” 13 Nell’Italia degli ultimi trenta anni, rispetto agli altri paesi europei, per gli italiani stessi, la casa popolare è una realtà molto problematica, mentre la casa di proprietà rimane una percentuale sotto la media europea (ISTAT 2010, sito istituzionale). 14 Non è raro che i padri mandino dalla Romania la loro pensione con corrieri ai figli immigrati in Italia, per aiutarli a sbarcare il lunario. Oltre il suo lato pratico, lo spostamento dei soldi verso la Romania è uno scenario tramite il quale il migrante afferma il diritto di appartenenza al luogo di destinazione. 15 Questo non capita in Albania, paese con più esperienza di emigrazione, dove l’uscita dal paese è un rito iniziatore alla maturità; l’emigrazione – benché catalizzatore di forti disagi sociali – è caricata da un maggiore prestigio.

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L’isolamento sociale dei nuovi arrivati si modifica comunque proporzionalmente al collocamento rispetto al potere e al prestigio, a prescindere dalla nuova libertà di movimento. Nel quadro dell’interazione con il questionario (cfr. 2.2. Repertorio linguistico), la metà degli intervistati ha risposto “no” alla domanda (65) “Ha intenzione di tornare (definitivamente) nel suo paese?” ma anche “no” alla domanda (66) “Emigrare era stata una buona idea?”. Emerge così la doppia esclusione, stare sospesi fra “qui” e “là” (Vertovec 2004), la frustrazione di non sentirsi a casa su nessuna delle sponde fra le quali ci si muove. La provvisorietà dei lunghi soggiorni, la necessità di aiutare continuamente la famiglia rimasta a casa, lo spostamento di ingenti somme di denaro e merci verso il paese di origine (come se ci si volesse ri-stabilire lì, nonostante la dichiarata volontà di integrarsi in Italia) sono alcune delle caratteristiche più importanti dell’immigrazione transnazionale romena. Un limite sostanziale non solo di questa ricerca è che concetti come ‘identità’ possono essere definiti in modo diverso dagli immigrati e il loro rapportarsi a questi concetti può cambiare durante l’esperienza migratoria. Tuttavia, intuitivamente, questo tipo d’immigrazione altalenante in cui gli individui s’immergono periodicamente nell’ambiente di origine dovrebbe avere in generale naturali effetti di mantenimento dell’identità e della lingua romena in diaspora. A prescindere del livello degli studi, gli intervistati vantano l’ibridismo della loro identità, apprezzano le competenze professionali acquisite in Italia, riconoscono come positivo il capitale culturale e linguistico che l’immigrazione ha portato.

2.1.5. Lavoro Fra i fattori socioeconomici più importanti che mettono l’immigrazione romena in netto svantaggio rispetto agli autoctoni, uno dei più rilevanti è l’occupazione lavorativa16. Il 30% dei romeni di una ricerca recente dichiarava di essere discriminato al lavoro (MMT & AGS 2007, 4). Si accusa di non ricevere l’apprezzamento aspettato e di essere invidiati ed esclusi se la loro situazione economica migliora: per circa la metà degli intervistati è chiaro che nel nuovo tessuto socio-economico l’ascesa lavorativa è bloccata al livello del primo impiego di posizioni senza prestigio (manovali, domestici, giardinieri,

16 “Among the socioeconomic indicators, occupation is clearly the most influential factor, followed by educational level, while house value has the least value” (Labov 2001, 118).

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autisti, pulizia, cure mediche), a livelli inferiori17 rispetto agli studi svolti e alle competenze acquisite nel proprio paese (Caritas 2010a). I romeni si inseriscono nei settori lasciati vuoti dalla mancanza di lavoratori italiani, soprattutto nell’industria (25%) e nell’edilizia (23%). Nel caso dei maschi l’insicurezza sulla permanenza lavorativa in Italia è più acuta che per le donne, non solo negli anni della clandestinità (prima del 2007), ma anche dopo l’entrata della Romania nell’UE. Mentre le donne lavorano ‘chiuse’ nelle abitazioni e nelle case di cura, gli uomini lavorano generalmente in nero e all’aperto, esposti ai controlli di polizia. Nell’immaginario collettivo di autoctoni e alloctoni il romeno rappresenta – fra le altre comunità – il lavoratore per eccellenza (Valtolina 2012, 15). Uno dei valori positivi dell’indicatore prestigio dell’immigrazione romena è questo culto del lavoro, un capitale sociale importante, modello sul quale vecchi e nuovi arrivati negoziano la loro presenza. Se la famiglia non viene riunificata, con uno dei genitori rimasto in Romania l’immigrazione cambia carattere, diventando turismo lavorativo, con periodi da 3-5 mesi di permanenza alternata fra i due paesi, sia che si tratti di donne18 sia che si tratti di uomini. La precarietà del lavoro dell’immigrato – che lo fa tornare periodicamente in patria – si può considerare una variabile positiva dell’indicatore mantenimento della lingua di origine.

2.1.6. Famiglia Il tempo che intercorre fra l’insediamento dei primi arrivati e l’arrivo del coniuge è in media 2-3 anni. Sei romeni su dieci intendono rimanere in Italia: la tendenza all’insediamento si sta rivelando sempre più stabile, come attestano anche le nascite e i ricongiungimenti famigliari (Caritas 2010b). Se non si riesce a emigrare assieme, la tendenza principale dell’immigrazione romena (con l’età media sotto i 40 anni) è ricongiungersi con la famiglia, anche quando non si pensa di rimanere per tutta la vita in Italia (MMT & AGS 2007, 32); in generale invece si spera di far vivere nel paese di arrivo il resto della famiglia19, a prescindere della durata prevista del soggiorno. L’insicurezza della 17

La scelta di occupare queste posizioni lavorative comporta un declassamento sociale che può incidere negativamente sulla rappresentazione della nuova identità dell’immigrato, la frustrazione che ne deriva potendo provocare disagi di vario tipo, di cui i meno studiati sono quelli all’interno del nucleo familiare (cfr. infra, Figli). 18 La maggioranza delle donne romene immigrate ha tra i 40 e i 60 anni. 19 “(…) la migrazione risponde a una strategia familiare che vuole garantire la sopravvivenza e l’avanzamento dei membri del nucleo familiare proprio o esteso” (Catanzaro, Colombo 2009, 199, 200).

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permanenza in questo paese è dovuta soprattutto al fatto che si fa fatica a ottenere un contratto di affitto20, situazione che le ‘domestiche’ (donne che lavorano presso famiglie italiane) spesso riescono a evitare fino al momento del ricongiungimento famigliare. Un indicatore dell’integrazione della popolazione immigrata nel tessuto sociale di accoglienza è – tra l’altro – l’incidenza delle famiglie miste (italiani e stranieri) sul totale delle famiglie. “Le famiglie miste sono un quinto delle famiglie con stranieri”, e un po’ meno del 20 % delle famiglie miste in Italia ha un componente romeno (ISTAT 2011, 3). I dati del Primo rapporto sull’immigrazione (2007) mostrano che i romeni hanno una moderata tendenza all’esogamia, inibita dal valore simbolico identitario del matrimonio con un connazionale (74% di matrimoni omogami nel 2006). Se consideriamo invece la scelta di matrimonio degli immigrati transnazionali non-cristiani e non-europei, essenzialmente endogama (BeckGernsheim 2007), i romeni contraggono più frequentemente matrimonio con italiani o persone di altre nazionalità21, anche perché nei romeni c’è un atteggiamento positivo nei confronti dell’istituzione della famiglia, considerata uno dei valori più importanti, da situare – come mostra una recente ricerca dell’Università di Craiova – prima del lavoro, dell’amicizia e della religione (Otovescu 2008, 251-252). Nonostante il luogo comune della perdita d’identità data dal matrimonio misto, l’esogamia può anche influire positivamente sul mantenimento della lingua immigrata, che si parla in concomitanza con la lingua maggioritaria. Come mostra uno studio sui repertori linguistici delle famiglie con stranieri delle zone di Pavia e Torino, se nella famiglia con genitori romenofoni le scelte si concretizzano o verso il mantenimento della lingua di origine o verso la sua sostituzione con la lingua di arrivo (di più la seconda, se vi sono figli), nelle famiglie con un genitore non romenofono le chances che si continui a parlare il romeno possono essere maggiori: “le coppie miste tendono a promuovere un comportamento plurilingue (per lo più di italiano e L1 del genitore straniero) a scapito del monolinguismo sia conservativo (nella L1) che innovativo (in italiano)” (Chini 2004, 170). Quindi, come mostrano anche le risposte degli intervistati, se nella coppia c’è un italiano22 o un partner di nazionalità diversa da quella romena, il figlio tende a essere indirizzato (an20

“Le famiglie con stranieri si trovano più spesso in condizioni di grave deprivazione abitativa” (ISTAT 2011, 7). 21 Sri Lanka 98%, Macedonia 95%, Filippine 92%, Cina 91% , Albania 91%, Senegal 91%, Marocco 86%, Tunisia 84%, Ecuador 66%. Solo Ucraina 36% e Polonia 29% manifestano una tendenza decisamente esogama. 22 Complicando un quadro complesso, quello della ristrutturazione della famiglia – cella sociale nel mondo italiano moderno, l’esogamia femminile romena, seppur di minore rilievo, ha attratto sulle immigrate il discredito sociale di ‘demolitrici’ della famiglia autoctona.

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che) verso lo studio della lingua romena, più che nei casi di endogamia, mentre, di solito, a causa del desiderio di velocizzare l’integrazione e di ottimizzare l’esposizione del figlio alle opportunità del nuovo paese, una famiglia romena di quest’ultimo tipo favorirà il parlare solo italiano, curandosi meno della trasmissione della L1 al figlio.

2.1.7. Donne Se l’immigrazione del primo periodo era più tradizionale, sul modello dell’uomo capofamiglia, nel secondo periodo è la donna il traino dell’immigrazione. Le immigrate romene hanno acquisito nella rete sociale mista (sia in Romania che in Italia) un riconoscimento pubblico e un maggiore prestigio rispetto alle donne che non sono andate a lavorare all’estero, nonché più potere nel rapporto con i maschi, grazie all’autonomia garantita dagli stipendi più alti se paragonati con gli stipendi romeni e pressappoco pari rispetto agli stipendi dei loro mariti se anche essi immigrati23. Anche se il modello famigliare rimane di tipo patriarcale e anche se all’interno del nucleo famigliare non si raggiunge sempre il livello di riconoscimento che la donna emancipata del Centro e del Nord – Italia si è conquistato, la novità dell’immigrazione romena in Italia della seconda decade d’immigrazione è la donna (Institutul Naţional de Statistică – România 2009). La relativa sicurezza percepita dalle donne romene nello spostarsi da sole è data dalla vicinanza culturale, dalla rete di amici e parenti romeni che aspettano la nuova arrivata fornendole l’aiuto minimo necessario per i primi mesi di permanenza (Vlase 2006). In secondo luogo quella sicurezza è data nella grande maggioranza dei casi dal fatto che la nuova arrivata inizia subito a lavorare, spesso senza avere elementi di lingua italiana a parte qualche routine, eppure con il vantaggio di avere un tetto sicuro dal primo giorno e un salario pattuito. L’immigrazione femminile (51% nel 2011) non ha problemi a giungere in Italia anche non accompagnata dalla controparte maschile; se così accade, il progetto di ricongiungersi in Italia è sottinteso. Le donne romene si collocano nel mercato del lavoro immigrato soprattutto nel lavoro a domicilio (oltre un

23 Parlando di ”ricongiungimenti rovesciati”: ”Il ricongiungimento a guida femminile altera profondamente questo modello di rapporti di genere: sono le mogli a procurare le risorse economiche per il sostentamento della famiglia; sono esse a promuovere il ricongiungimento, decidendone tempi e modi; sono sempre le donne a fare da guida nell’inserimento nella nuova società, disponendo di una padronanza almeno basilare della lingua e di una certa dimestichezza con la società ricevente (Ambrosini 2008, 134).

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terzo sono collaboratrici domestiche, seguite da cameriere, operaie, addette alla pulizia, infermiere e cuoche24). I legami familiari sono il primo canale d’informazione in generale, a maggior ragione per la ricerca del lavoro, che si trova nella maggioranza dei casi attraverso i parenti e con l’aiuto degli amici. Come risulta dalla propria ricerca, le donne sposate sono le garanti della coesione familiare fino al secondo e terzo grado di parentela, facendo incontrare obbligatoriamente la famiglia allargata in occasione delle ricorrenze cristiano-ortodosse, molto spesso agli onomastici, ai compleanni dei figli, mentre in uguale misura uomini e donne partecipano alla vita associativa delle comunità o alla vita religiosa aiutando il prete a gestire la chiesa. Esse sono più attente alle tradizioni dei paesi di provenienza, stimolano i famigliari a farle rivivere nella nuova patria, risentendo dell’assenza di tradizioni italiane simili nel paese di arrivo. I questionari e le interviste mostrano che le donne sono più aperte verso le reti di lavoro in cui incontrano italiani e costruiscono più degli uomini reti sociali con legami in cui accettano italiani. Da questa ricerca risulta che le donne romene sono anche al centro dei reticoli sociali immigrati, pur non essendo i loro leader, e anche le innovazioni nella lingua romena sono state rilevate soprattutto nelle parlate dei soggetti femminili25 (cfr. 4.3.4. Reti sociali). Poiché, in generale e come risulta da questa ricerca, la donna è il nodo fondamentale fra i legami ‘forti’ (in famiglia, con il proprio gruppo etnico) e i legami ‘deboli’ (con altri gruppi etnici, con gli autoctoni), il grado di appagamento sociale del genere femminile nell’immigrazione ha importanti ripercussioni sulla percezione del vissuto dell’immigrazione nella sua interezza. Una lavoratrice romena va spesso ad abitare presso la persona che cura, che arriva anche a conoscere a fondo, spesso entrando nell’intimità delle famiglie e delle loro abitudini. Siccome le donne rappresentano circa la metà dell’immigrazione romena, fungono da traino per l’intera comunità verso una scelta socioculturale e linguistica mista, in cui la cultura e la lingua propria sono fortemente in concorrenza con la cultura e la lingua di arrivo. Specialmente le donne immigrate che svolgono lavori domestici entrano in contatto con i dialettofoni bilingui (dialetto più italiano) di età adulta e anche anziani; questo fatto costituisce un 24

“Pur nei limiti dell’attendibilità delle informazioni sulla professione tratte dai permessi di soggiorno, segnalate in modo generico o mancanti, si osserva, per alcune province, che il lavoro domestico è prerogativa delle ecuadoriane a Milano e Genova; è svolto soprattutto da rumene a Torino e Roma” (ISTAT 2007, 53). 25 “(…) the leaders of the linguistic change are people at the center of their social networks, who other people frequently refer to, with a wider range of social connections than others” (Labov 2001, 356).

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presupposto perché esse siano esposte così a una varietà di italiano popolare con tratti sovraregionali, in cui – come risulta dalle interviste – sono spesso presenti enunciazioni mistilingue e commutazioni di codice con l’italiano standard (Grassi et al. 1997, 166, 179).

2.1.8. Figli In generale sul territorio italiano alla più giovane età delle famiglie con stranieri si associa un’elevata presenza di minori in famiglia (nel 36% di esse è presente almeno un minore, contro il 26% delle famiglie italiane). Questa presenza è più o meno marcata a seconda della provenienza geografica. L’ISTAT indica che “diversamente da altri paesi, in Italia più alto è il numero di figli, maggiore è il rischio di povertà”, mentre “l’ulteriore precarietà del lavoro impedisce alle nuove generazioni la creazione di nuovi nuclei familiari” (Caritas 2010b, 2). Tuttavia, se gli immigrati hanno in generale più figli rispetto agli italiani, le famiglie con cittadinanza moldava e romena fanno registrare delle percentuali più basse di minori e figli viventi in Italia26. Questo non è indice di un progetto migratorio individuale orientato al solo lavoro e non è sintomo di una minore volontà di radicamento in Italia. Ciò che succede è che molte madri immigrate impiegate nel lavoro domestico lasciano i figli in Romania in cura presso i parenti anche per 2-3 anni sperando di poter accumulare soldi per l’educazione dei figli e/o per l’acquisto di una casa di proprietà; in questo, l’abbandono temporaneo dei figli fa parte del progetto di ricongiungimento, impedito dal fatto che la donna non ha spazio abitativo per i figli. C’è da aggiungere lo stato simbolico della casa di proprietà27 nell’immaginario del romeno che esce da cinquanta anni di privazione della proprietà (i romeni non avevano la proprietà dell’abitazione, lo Stato possedeva tutto per loro) nonché il valore simbolico attribuito all’educazione dai romeni come dalle popolazioni povere in generale. Si tratta di un fenomeno scaturito dalla povertà ma anche favorito dalla vicinanza geografica fra Romania e Italia.

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Sono 200.000 (su un totale di un milione di romeni) i figli degli immigrati. Sono 50.000 i romeni nati in Italia dal 2000. 105.000 sono i figli dei romeni iscritti nelle scuole italiane (dati ISTAT 2011, sito istituzionale). 27 Circa la metà del campione di una ricerca sociologica del 2007 presso gli immigrati romeni in Italia risiedeva presso i genitori mentre un altro 40% abitava con il partner. Quasi il 10% è sotto sfratto. La stragrande maggioranza quindi non possiede uno spazio proprio dove poter vivere o aspetta la casa di eredità (MMT & AGS 2007, 13).

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La grave situazione dei figli rimasti temporaneamente senza un genitore (Soros 200728) non contraddice il trend del progetto di migrazione della maggioranza dei romeni, che è orientato al ricongiungimento familiare. Non è facile far venire in Italia i figli e il resto della famiglia. Il mancato o il ritardato ricongiungimento famigliare dell’immigrato romeno, sia da extracomunitario sia da lavoratore europeo – a causa degli ostacoli burocratici – costituisce una delle maggiori cause di insoddisfazione, dopo quella della mancanza del lavoro. Anche nel caso in cui la famiglia riunita vive nel paese di arrivo, i conflitti fra figli e genitori hanno spesso risultati della stessa gravità di quelli rilevati dalla Fondazione Soros (e da altri enti di ricerca) per i figli rimasti in Romania. Le motivazioni delle tensioni fra genitori e figli di immigrati sono di diversi tipi. In primo luogo si può parlare di pressioni sugli immigrati come anche sugli autoctoni dovuti ai cambiamenti globali di cui è soggetto sia il paese di provenienza che l’Italia, dai quali deriva una forte incertezza sul presente e sul futuro lavorativo. In secondo luogo si tratta di un ‘naturale’ conflitto generazionale, soprattutto quando i figli portati in Italia sono nella fase adolescenziale (Castiglioni, Santoro 2010, 121-129) segnalato da problematiche comuni anche nella società accogliente. In terzo luogo, si tratta da un conflitto nato dalla proiezione di riscatto sociale con la quale i genitori investono il progetto di realizzazione sociale della nuova generazione, fatto riflettuto soprattutto nelle attese dei genitori sulla riuscita scolastica dei figli, in cambio ai grandi sacrifici che i genitori fanno come immigrati. Queste attese non sempre sono adempite dai figli, non solo a causa dello svantaggio oggettivo che i figli di immigrati possono avere nell’apprendimento rispetto ai loro coetanei italiani (in particolare mancanze di tipo linguistico e/o di accomodamento nel nuovo sistema sociale e scolastico) ma soprattutto come atto di rifiuto delle responsabilità a loro carico. Il risultato può anche avere conseguenze gravi, come abbandono scolastico, atti antisociali (Castiglioni, Santoro op. cit.) o anche tendenze suicide29 da ricondurre a stati depressivi di cui è affetto di solito l’intero nucleo familiare, non solo i figli. In ultimo luogo, un’altra ragione di confitto è costituita dal fatto che i figli degli immigrati sono i soggetti più esposti all’offerta culturale del paese di ar28

L’abbandono scolastico, la depressione e la tendenza al suicidio sono alcuni degli effetti più gravi della mancanza della madre o di entrambi i genitori. Lo studio ha coinvolto circa 200.000 bambini e adolescenti della Romania, fra il 1998 e 2006. 29 Ringrazio lo psichiatra Ioan Ciprian Farcaş, il quale ha attirato la mia attenzione su quanto il tipo di disagio giovanile di tipo depressivo sia frequente anche nella comunità romena (almeno a Milano), realtà di cui – come spesso accade con le devianze psicosociali – il pubblico romeno e italiano, non è conoscenza, come lo è nel caso dei disagi psicologici di figli di immigrati rimasti in Romania.

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rivo, al contrario dei genitori che sono più ancorati nei valori della tradizione del paese di provenienza; secondo quello che è già sapere comune negli studi sull’acquisizione delle lingue seconde, saranno le esigenze di integrazione sociale e culturale dei figli a fare da traino supplementare per l’eventuale shift verso l’italiano dei loro genitori. I soggetti della presente ricerca si impegnano di ottenere per i loro figli sia un buon romeno che un buon italiano, la L1 per non far perdere le tradizioni romene e per permettere di comunicare con la famiglia e gli amici rimasti in Romania, l’italiano perché è ovviamente necessario alla buona integrazione della nuova generazione in Italia. Le due lingue non vengono adoperate separatamente secondo domini di uso differenti; non c’è soprattutto la premura che in casa si parli solo il romeno. L’unica ricerca di sociolinguistica che includeva figli di immigrati romeni (Chini 2004, 17430) ha infatti rilevato che all’interno della famiglia endogama, nell’interazione con i loro figli i genitori romeni adoperano di più la seconda lingua rispetto a quanto capita in altre comunità immigrate dell’area torinese e del pavese.

2.1.9. Nonni Il quadro socio-comunitario della ricerca prende in esame aspetti definitori della sola prima generazione d’immigrati, i cui figli sono ancora in età giovane o troppo giovane perché si possa parlare in maniera definitiva di condizioni di trasmissione intergenerazionale della lingua di origine. È noto che soprattutto il momento della trasmissione intergenerazionale costituirà il momento chiave in cui si deciderà sulla probabilità che la lingua immigrata sia mantenuta o lasciata (Dorian 1989, 9, Berruto 1995, 213, Dressler 2003, 19-2031). Se in generale la presenza di anziani nella famiglia potrebbe anche ridurre l’incidenza della privazione materiale nelle famiglie di stranieri (ISTAT 2011, 17), il numero dei nonni immigrati è ridottissimo, specie per la comunità romena. Questo accade a causa del loro rifiuto di accompagnare la famiglia giovane, in veste di rappresentanti di una cultura tradizionale e agricola che li lega profondamente alla loro terra. Spesso collegata alla mancanza di input nella lingua di origine, come può essere la lingua dei nonni, la comparsa del semi-speaker (Sasse 1992, 17) è il punto di non ritorno dal quale si misura il tempo che manca sino alla sparizione di una lingua in concomitanza con la 30

In quello studio, le famiglie romene risultavano “più sbilanciate verso l’abbandono del repertorio linguistico del Paese di origine, fra le quali sono leggermente più numerose quelle che usano esclusivamente l’italiano o che affiancano alla L1 anche l’italiano” (ivi). 31 “Una lingua non è morta in senso stretto se svolge un ruolo in una comunità comunicativa di parlanti madrelingua” (ivi).

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sua sostituzione completa con una seconda lingua. Il language shift primario inizia in quei casi di bilinguismo in cui la lingua primaria non è più trasmessa alla successiva generazione: quello può essere considerato il momento iniziale di decadimento per quella lingua (ibidem, 13). La mancanza dei nonni si traduce così in una variabile negativa dell’indicatore di mantenimento della lingua d’origine.

2.1.10. Istruzione in romeno Nel livello primario delle scuole italiane “tra le dieci cittadinanze più rappresentate per quanto riguarda la presenza di alunni nelle scuole italiane statali e non statali, troviamo i romeni al secondo posto”, dopo gli albanesi (Torre 2008, 24). Non esistono ancora accordi regionali o nazionali fra l’Italia e la Romania sulla questione dell’insegnamento del romeno o in romeno nelle classi con numero importante di alunni romeni. L’Institutul Limbii Române è l’istituzione creata dal Ministero romeno dell’Istruzione nel 2007 per tutelare la lingua romena tramite l’organizzazione dei corsi di lingua, cultura e storia romena per i figli degli emigrati romeni. La sua attività è stata rivolta fino a oggi verso 19 comunità romene, grazie a un personale di 81 professori di madrelingua romena, arrivando a insegnare a solo 5565 allievi su un totale di 68381 figli di romeni che studiano in italiano (Ministero Romeno della Pubblica Istruzione, 2007). Le iniziative d’immagine delle istituzioni romene a sostegno della lingua romena sono i corsi di lingua presso l’Accademia della Romania di Roma e presso l’Istituto romeno di cultura e ricerca umanistica di Venezia. Per i romeni residenti in Italia non è prevista alcuna forma di tutela della loro lingua di origine; secondo la legge italiana (Orioles 2003, 18-19, Marra 2009) – che collega lo statuto di lingua minoritaria con i principi territoriali, cronologici e di differenziazione linguistica – la comunità romena non si costituisce in una minoranza ‘linguistica’. “La preferenza [di tutela] per le minoranze linguistico-territoriali, e viceversa il discrimine per i gruppi di immigrati o per i gruppi cosiddetti nomadi, come Rom e Sinti (esclusi dalla tutela nonostante l’antico insediamento sul nostro territorio), si spiega probabilmente con la preferenza per l’omogeneità linguistica di gruppi o comunità che si identificano con l’uso di una specifica lingua in uno specifico territorio e quindi per il tentativo di ricondurre ad un isomorfismo assoluto la triade lingua-etnianazione” (Dal Negro 2009, 91, enfasi aggiunta).

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2.1.11. Chiesa Poco sostenuta dallo Stato romeno (che interviene solo dopo il 2007 – Ihlamur 2009, 265), riconosciuta ufficialmente sul suolo italiano nel settembre del 2011, la Chiesa ortodossa romena (Biserica Ortodoxă Română – BOR) è rappresentata dai preti inviati nelle comunità romene di medie e grandi dimensioni. La sua funzione è sostenuta dalla Chiesa cattolica italiana che offre gli spazi di preghiera. La Chiesa (di maggioranza) ortodossa rimane uno spazio dove si parla e si trasmette una delle varietà di lingua romena più vicine allo standard, visto che la preghiera ortodossa domenicale è in un romeno alto e fuori dalla chiesa la comunità di credenti parla prevalentemente in romeno. È importante notare che, siccome non esistono corsi di lingua italiana predisposti dalla BOR prima della partenza, una volta arrivato in Italia il prete – che generalmente ha un secondo lavoro – acquisisce la seconda lingua come un qualsiasi immigrato (cfr. 2.2. Repertorio linguistico). Fuori dall’edificio della chiesa – poiché non si vuole mescolare il ‘sacro’ con il ‘profano’ – avvengono le transazioni circa i problemi sociali più o meni gravi, sempre in romeno; il prete e molto spesso la moglie del prete ortodosso (rom. preoteasa) sono al centro di un reticolo sociale pro-attivo di tipo associazionistico, che, riunendosi attorno allo stabile della chiesa, fornisce praticamente il primo aiuto psicologico alla comunità. Una delle caratteristiche più importanti della Chiesa ortodossa romena in Italia è la coesione dei suoi credenti in base all’etnicità e alla nazionalità; dovuto alle vicende storiche dell’affermazione di questa Chiesa (Ihlamur 2009), sarebbe difficile separare la fede dalla lingua in cui viene detta la liturgia o dall’etnia. Fatto non insolito, la Chiesa ortodossa – conosciuta anche per il suo conservatorismo dogmatico e di rito – ha così una funzione centrale nel mantenimento del tratto etnico dell’immigrato transnazionale. La Chiesa ortodossa in Australia, per esempio, è un riferimento non solo nel mantenere centrale l’identità nazionale-comunitaria dell’immigrato ma anche nel mantenere la L1 degli immigrati (Clyne 2003, 51). Lo stato comunista romeno aveva molto operato per secolarizzare la Chiesa ortodossa ma anche per usarla come valore costituente della nazione, mentre nella pratica quotidiana la religione è stata da sempre praticata assieme alle credenze pre-cristiane o a varie superstizioni. Il grado di secolarizzazione dei romeni è alto, e in generale il livello di pratica della religione per i romeni che non emigrano è da situare fra basso e moderato, come presenza ai riti della chiesa.

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Nelle città il livello scende, fino ai comportamenti detti della ‘fede della domenica’, dei riti cristiani per le sole ricorrenze importanti, battesimo, matrimonio e funerali. Questa categoria è ben rappresentata dal soggetto maschio con studi superiori che proviene da un contesto cittadino e non ha bisogno della chiesa per trovare il lavoro. Per tutti la Chiesa ortodossa romena è tuttavia simbolo di autorevolezza e rispettabilità. Diverse indagini degli ultimi venti anni mostrano che, assieme all’esercito nazionale, la Chiesa continua a essere una delle istituzioni in cui i romeni hanno maggiore fiducia e attorno alla quale si possono aggregare. Il grado di pratica religiosa dei romeni moldavi (del nord-est della Romania) è sopra la media nazionale; le loro terre natie vantano diversi siti di tradizione eremita, monasteri e chiese con una forte vivacità spirituale e culturale. Andare a messa soddisfa il bisogno di contatto con la lingua madre, che una volta era assicurato dall’ambiente originario. Il recente acquisto di un immobile per una parrocchia ortodossa romena della Lombardia è stato accolto con entusiasmo poiché il valore simbolico della proprietà materiale, sovrapposto a quella spirituale, dà un forte senso di sicurezza e continuità presso la comunità religiosa. Per molti dei romeni “le istituzioni religiose sono centrali nei processi migratori perché forniscono risorse spirituali, risorse materiali e risorse sociali, contribuendo alla definizione identitaria e all’inserimento dei soggetti nei nuovi contesti” (Cingolani 2009, 229). Se la prima generazione d’immigrati sceglie di andare in chiesa, la seconda generazione – oggi ancora in tenera età – potrebbe andare in chiesa solo per l’espressa volontà dei genitori di insegnare ai propri figli bilingui la religione ortodossa in romeno, cosa particolarmente ardua non solo in caso di matrimoni misti. Tuttavia, le esperienze pregresse32 indicano nella Chiesa una variabile positiva nel mantenimento della L1 in contesto migratorio.

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La chiesa è rimasta l’unica isola di lingua romena per la comunità di romeni stabiliti a Kétegyháza nel XVIII secolo. “The 1990 census counted 10.740 Romanians living in Hungary, but the Association of Romanians-Hungarians estimates about 20.000 to 25.000. (…) The local Romanian [a dialectal variant of Romanian] is used in conversations within the family, between friends and neighbours. Except for conversations before and after Orthodox religious services, however, the dominant language (spoken by most then 50 % of the interlocutors) is Hungarian” (Borbély 1996, 313, enfasi aggiunta).

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2.1.12. Pubblicazioni e internet Esistono solo tre periodici cartacei in romeno33, a carattere informativo: un settimanale regionale in Piemonte indirizzato ai romeni e ai cittadini della Repubblica Moldova, un settimanale solo per i cittadini della Repubblica Moldova (con grosse difficoltà di diffusione e con uscite intermittenti) e un terzo settimanale – il più importante – che copre tutto il territorio italiano e che ultimamente esce anche in una versione online. Se nella prima decade (19902000) esisteva solo il terzo ed era scritto in un romeno ‘italianizzato’, specialmente dopo il 2003 la linea editoriale è diventata più severa nel rispettare il romeno standard, adoperando criteri morfologici e ortografici, anche se non sempre molto precisi nell’adattamento dei prestiti dall’italiano. Il quarto dei settimanali romeni in Italia appare pochissimo sulla carta e ha anche problemi nella diffusione, ma non manca in internet. Il fatto di costituire anch’esso centro di aggregazione dei lettori immigrati pur non essendo molto rintracciabile sulla carta (nella modalità offline) dimostra quanto l’attenzione degli immigrati sia rivolta anche all’informazione diffusa con i mezzi elettronici purché sia in romeno e purché tratti aspetti dell’immigrazione. I mezzi elettronici – supporto per i giornali e i forum a loro connessi – sono caratterizzati da una maggiore partecipazione poiché permettono un dialogo quasi in praesentia fra i giornalisti e i lettori, come dimostrano i dati statistici disponibili presso gli amministratori dei siti. Nondimeno, la varietà della lingua negli ambienti virtuali è meno riconducibile a una varietà standardizzata capace di trasmettere un sistema linguistico elaborato a questa e alle seconde generazioni. La presenza degli immigrati in questi luoghi di elaborazione linguistica è in costante crescita: il 35% del campione di una ricerca del 2007 aveva internet nell’abitazione. Il 10% di questo campione lo usava ogni giorno per informarsi, mentre il 6% lo usava ogni giorno per comunicare con la Romania, nel tempo non lavorativo (MMT & AGS 2007, 26). Non vanno trascurati gli aspetti interattivi, motivanti e creativi della comunicazione attraverso questi mezzi, dato che il coinvolgimento del navigatore in rete indica appunto una elevata propensione all’uso della lingua di origine. L’attività di scrittura partecipativa più significativa è svolta nei forum a carattere etnico (dal 1998) e nei blog (soprattutto dopo il 2005) dove il romeno abbonda di prestiti integrati e non integrati e di calchi. Se si discute della lin-

33 I nomi di queste pubblicazioni, in ordine: Ora României, Gazeta Basarabiei, Gazeta românească, Actualitatea românească.

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gua italiana, spesso delle richieste di aiuto per apprenderla, la discussione è fredda e professionale. Questi spazi ospitano anche molte critiche e infuocati dibattiti – da parte degli stessi internauti – circa l’evoluzione del romeno scritto e parlato in Italia, che essi stessi chiamano rotaliano. Il ‘forumista’ romeno in Italia, senza badare al fatto di essere in prima persona attore di quel cambiamento, fa spesso con veemenza dichiarazioni circa l’inalienabilità della sua lingua romena. Fenomeno non ancora studiato appieno, lo spazio virtuale mette alla disposizione della comunità una bacheca di dialogo per la ricerca dell’identità, spazio in cui la lingua ha – lo dimostra la consistenza e il tono delle conversazioni – una spiccata centralità, accanto ai documenti, al lavoro, alla casa, alla salute.

2.1.13. Prestigio È stata più volte attirata l’attenzione sul fatto che la manipolazione dei fatti di cronaca nei giornali e nei media visivi italiani34 circa la caratteristica del tratto negativo “criminoso” del romeno ha spesso colpito tutta la comunità per i gravi errori di pochi e ha spesso generato ondate di atti razzisti e sprezzanti nei confronti della comunità romena. Attraverso la selezione e diffusione ripetuta dei fatti di cronaca nera in cui erano implicati immigrati romeni, i media hanno favorito la costruzione nell’immaginario degli italiani (e degli stessi immigrati35) di una rappresentazione negativa dei romeni in Italia, che si viene a contrapporre all’impressione generalmente positiva36 che gli autoctoni hanno su di loro quando arrivano a conoscerli di persona. Si è venuta così a creare 34

“Il caso dei romeni è del tutto singolare perché, dopo aver rilevato la funzione di capro espiatorio attribuita nel passato al Marocco e all’Albania, stanno conoscendo un andamento molto più virtuoso di quanto appaia nel dibattito pubblico” (CNEL 2010, 176). “La collettività romena, da ultimo stigmatizzata in negativo, non risulta essere tra quelle con il più elevato incremento della criminalità, pur essendo la collettività caratterizzata dal maggiore aumento numerico” (ibidem, 184). 35 Sull’impatto dei media sull’immagine che gli immigrati costruiscono su loro stessi si veda Baldi, Savoia (2006, 147-158), e Giacomarra (2000, 137-146). 36 “Nella variante assimilazionista il romeno viene rappresentato come facilmente adattabile a noi, il più integrabile tra gli immigrati, perché immagine vivente del nostro passato: il mondo che ha lasciato è lo specchio della società italiana alle soglie dell’industrializzazione di massa. I romeni sono ferventi cristiani, grandi lavoratori, legati ai valori familiari; le donne vengono esaltate perché hanno conservato l’arte domestica e il rispetto dell’autorità maschile, gli uomini perché sono lavoratori instancabili e tengono la parola data. La presenza romena testimonia così un’integrità di valori che la società italiana, secolarizzata e corrotta, ha ormai perso, e per questo viene sottolineata soprattutto la forza rigenerativa di tale presenza” (Cingolani 2009, 55).

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una “oscillazione tra una rappresentazione penalizzante e una rappresentazione stereotipicamente includente” (Valtolina 2012, 15). È molto probabile l’ipotesi che la pressione mediatica abbia un peso notevole nell’enfatizzazione dell’atteggiamento di sottomissione e che abbia aumentato la scarsa considerazione che i romeni hanno di loro stessi. Infatti, le prese di posizione dei singoli romeni e dei rappresentanti di associazioni intervistati possono essere lette nella chiave interpretativa della sindrome di Stoccolma, poiché – oltre a esprimere il disagio di essere discriminati – generalmente tendono a prendere le difese di chi li attacca e a motivare le azioni a proprio danno. Così, una ricerca sugli immigrati aveva rilevato che circa la metà dei romeni intervistati tendeva ad avere nei confronti della propria comunità l’immagine ‘standard’ promossa dai media: quella di una comunità senza dignità (MMT & AGS 2007, 34). Molti di loro prendono posizioni di accettazione autolesionista; nondimeno, si deve osservare che, non accompagnata da reazioni nazionalistiche o razziste da parte dei romeni, questa accettata colpevolezza è uno dei fattori che velocizza il mimetismo culturale e porta a una più celere integrazione / assimilazione degli immigrati. “Le retoriche dominanti vengono spesso introitate e riproposte dagli stessi migranti che cercano di accreditarsi presso la società d’arrivo accedendo ad un linguaggio condiviso” (Cingolani 2009, 56). Come effetto di tutto ciò, un terzo dei romeni sta nel 2008 “temporaneamente in Italia” e vuole tornare “a breve” in Romania, anche se quasi il 70% di loro ha una buona opinione dei datori di lavoro. Tre quarti dei romeni sente che l’atteggiamento razzista contro di loro nei media italiani lede gravemente la loro immagine e un terzo dichiara di essere stato offeso in pubblico almeno una volta perché romeno, tuttavia il 90% di loro ha un’ottima opinione dei vicini di casa italiani37, mentre una ricerca non governativa del 2007 rilevava che il 14% del campione romeno immigrato era stato offeso perché di etnia romena, con parole dette o scritte (MMT & AGS 2007, 4). Questi aspetti suggeriscono che gli immigrati si stanno collocando in una posizione inferiore rispetto alla comunità accogliente, di cui si denunciano gli abusi ma della quale si riconosce la superiorità. Nonostante questi aspetti negativi, l’orgoglio che i romeni manifestano circa la loro lingua di origine pesa molto sul lato positivo della variabile prestigio. In una situazione di contatto linguistico come questa si parte dall’ipotesi che nei processi di socializzazione la scelta di assegnare a una delle lingue un particolare ruolo indichi la lingua come variabile centrale nella

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Il governo romeno pubblica i dati sul sito http://www.publicinfo.gov.ro/pagini/11.php

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definizione dell’identità. Questo è vero – più che in altri casi38 – per la minoranza romena in Italia, come si potrà osservare nel prossimo paragrafo. Fatto non certo singolare nel mondo, i romeni sono un caso tipico di consapevolezza del prestigio di cui la loro lingua gode nel mondo. I romeni si considerano popolo neolatino “with all the implications about ‘national character’” (Trudgill [1974] 1995, 41); letteratura, arte, filosofia e sistema di educazione scolastica mettono il tratto linguistico al centro del sistema valoriale dei romeni. Questo è valido anche per i soggetti di questa ricerca, in modo trasversale rispetto al loro livello di istruzione, alla rete sociale alle quale appartengono e al tempo di soggiorno in Italia.

2.2. Repertorio linguistico degli immigrati romeni in Italia. Usi e scelte linguistiche Allo scopo di ottenere un’immagine del repertorio più possibilmente vicina alla realtà degli immigrati, sono stati correlati i comportamenti socioculturali dei soggetti della ricerca – discussi nel paragrafo precedente – con degli aspetti prettamente sociolinguistici, come scelte e collocazione delle loro lingue nel repertorio, secondo criteri di sociolinguistica correlazionale e funzionale / interpretativa (Berruto 1995, 30). In più, per ragioni connesse all’intento argomentativo, in questo paragrafo saranno anticipati alcuni risultati di compiti di L2 di laureati, risultati che saranno esposti interamente, assieme alle considerazioni conclusive, nel capitolo quarto (cfr. 4.3.)

2.2.1. Romeno Dalla Moldova (la regione orientale della Romania) proviene la parte più cospicua della migrazione romena verso l’Italia e comunque verso l’Europa (CNCSIS 2010, 4839), cioè dalla regione romena più povera e geograficamente più lontana dall’Europa, la più inserita nella sfera di influenza culturale sla-

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In uno studio sulle scelte di lingua dei filippini di Oslo, in cui si adopera principalmente l’analisi delle reti, si costata: “their multilingualism can have contributed to their assigning less value to a particular language in their language socialization and transmission of cultural identity and that their sense of belonging including a Filipino identity was accomplished through other arena, as noted above, for example, through religion” (Lanza, Svendsen 2007, 295). 39 Una ricerca del dipartimento di Geografia dell’Università di Iaşi (Moldova, Romania) mostra che circa il 60% del totale dei moldavi dalla Romania emigra in Italia (ivi).

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va, anche dopo il periodo sovietico40. Si tratta dalla metà nord-est della Romania (Suceava, Botoşani, Iaşi, Neamţ, Bacău, Vaslui, Vrancea, Galaţi), l’aria geografica del dialetto moldavo41 (Lăzărescu 1984, 208). Il moldavo è il dialetto del dacoromeno più esposto ieri come oggi al contatto linguistico, con il numero più alto di parlanti fuori dai confini dalla Romania: più di un milione di presenze in Italia e in Spagna, non contando in questa sede i parlanti di moldavo della Bessarabia e della Bucovina. La situazione vissuta nel paese di origine da questi immigrati è sostanzialmente il monolinguismo romeno. Le caratteristiche del dialetto moldavo lo rendono troppo ‘vicino’ alla lingua romena42, al contrario di quanto capita nel caso del bilinguismo italiano/dialetto (Berruto 1990), dove la distanza fra i dialetti italiani fra di loro o fra i dialetti e l’italiano standard è maggiore. L’unità linguistica del romeno (Capidan 1943, 93-98) – cioè la ridotta distanza fra i dialetti del dacoromeno e il romeno comune43 nonché la ridotta variazione diatopica all’interno dei dialetti dacoromeni – è dovuta da un lato alle condizioni storiche in cui la comunicazione fra gli individui ha assicurato la circolazione delle innovazioni fra questi dialetti (Puşcariu 1940, 213-217) e da un altro lato al fatto che fra il romeno letterario e i dialetti il contatto è sempre stato intenso, rispetto alla situazione delle altre lingue romanze (Niculescu 1978, 180-183). Come risultato, nel panorama romeno “le più numerose differenze fra i dialetti sono a livello fonetico e lessicale, quelle morfologiche essendo rare (benché il loro valore fosse molto elevato)” (Marioţeanu Caragiu 1975, 173). In questo quadro uno o più varietà dialettali44 diventano principali nello stabilire la norma del romeno; fra questi, “studi recenti di sintassi popolare arrivano alla conclusione che le parlate moldave starebbero alla base del romeno letterario” (Lăzărescu 1984, 229). 40

C’è un’ampia documentazione comprovante il carattere culturale misto (fatti di un miscuglio originale di oriente e di occidente) della Moldova dei secoli XVII-XIX (Djuvara 2006). 41 Facente parte del così chiamato (sotto)dialetto nordico del dacoromeno, in Romania “il sottodialetto moldavo è parlato in Moldova, il nord della Transilvania e in Maramureş” (Marioţeanu Caragiu 1975, 145). È parlato il sottodialetto moldavo anche in Bessarabia e in Bucovina (Pop 1950, 667-668). 42 I tratti specifici del dialetto moldavo si costatano “soprattutto nel consonantismo e nel lessico, agli altri livelli della struttura linguistica segnalandosi relativamente pochi tratti con ruolo di individualizzazione” (Marioţeanu et al. 1977, 130). 43 Si veda soprattutto la nota 46. 44 Della norma sintattica basata sul parlato del dialetto moldavo in Vulpe ([1980] 2006, 256). Una teoria contraria – basata più su degli studi diacronici – afferma che la base dialettale della lingua romena letteraria è la parlata della Muntenia (Gheţie 1975, 428). Per uno dei maggiori linguisti romeni, la base dialettale del romeno letterario sarebbe un compromesso fra i dialetti romeni, fra il dacoromeno nordico e di quello del sud (Philippide 1894, I, 8-9).

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La maggioranza degli immigrati (l’80% di questa ricerca come di altre ricerche) ha concluso i 12 anni di scuola obbligatoria45. La combinazione di questi ultimi due fattori (dialetto vicino al romeno comune e alta scolarità) spiega il motivo per cui la maggioranza degli immigrati intervistati in questa sede indica come unica lingua di origine il romeno e solo in pochi si dichiarano parlanti di romeno e di dialetto. Si può parlare così oggi di un tipo specifico di diglossia interna con, da una parte il romeno letterario (“governées par la norme prescriptive”) e dall’altra parte le varietà non-letterarie (“governées par leur normes descriptives”) i cui poli non si oppongono in maniera rigida, dato il carattere permissivo del romeno letterario (Ciolac 2006, 49-50). Viceversa, dalla metà del secolo scorso il prestigio del romeno letterario ha progressivamente livellato le parlate romene sotto la sua influenza: “non esiste una comunità linguistica in cui non sia penetrata l’influenza della lingua letteraria” (Marinescu 1984, 616-617). I risultati dei questionari mostrano che, dal punto di vista diastratico, la varietà di romeno degli immigrati soggetti della ricerca si presenta come una continuazione all’estero della varietà di romeno comune usuale46 (Ciolac 2006, 70-71: care; în care > care (dal quale > quale; nel quale > quale); in parallelo alla tendenza per la brevità si manifesta quella della “amplificazione della comunicazione” tramite ripetizioni; anacoluto: “noi de-amu ne luase o frică mare” (noi ora ci aveva preso una gran paura): il desiderio di posizionare subito il soggetto.

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La perdita di tantissimi laureati (10% del totale, di cui metà donne) e intellettuali costituisce per la regione Moldova un “cattivo affare” (CNCSIS 2010, 31). 46 Si intende con ‘romeno comune’ quella varietà di romeno parlato, sovradialettale, sovralocale, sottoposta alla variazione diatopica e diastratica, a sua volta suddivisibile nel ‘romeno comune letterario’ e nel ‘romeno comune popolare’ (ivi). D’ora in poi – per comodità – sarà adoperato il termine ‘romeno popolare’. Per ragioni di brevità, con ‘romeno parlato’ si intenderà il ‘romeno popolare parlato’.

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A queste si aggiungono altre caratteristiche del romeno (comune) popolare (Gheţie, 1976a, 26-30): • •

il dativo preposizionale: “şi-l dă la oameni ca să-l poată mînca” (e lo dà agli uomini per poterlo mangiare) vs. D morfologico: (şi-l dă) oamenilor; şi elemento di discorso: “şi-l dă la oameni ca să-l poată mînca” (idem): qui “il valore copulativo della congiunzione si perde del tutto” alternandosi spesso nelle parlate alla paratassi vera e propria.

I tratti specifici del romeno (comune e popolare) degli immigrati costituiranno una variabile importante da includere nella discussione riguardante le innovazioni nel romeno in contatto con l’italiano, sia per l’analisi a livello di discorso (cfr. 4.1.), sia per l’analisi dei fenomeni di ‘sistema’ (cfr. 4.2.).

2.2.2. Italiano Le statistiche riportano che i romeni acquisiscono spontaneamente la seconda lingua e in modo abbastanza approfondito (CARITAS 2010a) secondo motivazioni derivate dalla complessa situazione di inserimento nel paese di arrivo. Prendendo in considerazione l’anzianità dell’immigrazione, l’apprendimento della lingua italiana è percepito come elemento motivante per il successo lavorativo e per l’integrazione presso gli immigrati della prima decade, mentre presso i rappresentanti del secondo momento d’immigrazione la motivazione di apprendimento della lingua è minore, di tipo più funzionale: la lingua viene appresa perché utile al lavoro, agli aspetti logisticoamministrativi, ai riti di civile vicinato, ai consumi, alla salute. Nondimeno, la vicinanza tipologica fra le due lingue facilita l’apprendimento della L2, dato che l’acquisizione viene favorita dall’organizzazione equiparabile di settori della grammatica delle due lingue (Bernini 2010, 139-140). Non prendendo in considerazione le variabili sociolinguistiche individuali, i dati indicano che solo gli impiegati (quindi pochissimi) imparano a scrivere in italiano. La metà degli intervistati laureati che aveva un livello avanzato o quasi nativo di italiano ha dichiarato che la lettura dei giornali in L2 costituiva la fonte dell’apprendimento. Fondamentalmente a causa della percezione di facilità con la quale si pensa di apprendere l’italiano (lingua “semplice”, “facile”, “più facile del francese”), la stragrande maggioranza dei romeni – come anche la maggioranza dei soggetti di questa ricerca – non fa ricorso ai corsi di italiano prima di emigrare, come non usufruisce dei corsi offerti sul territorio ospitante. La L2 è appresa generalmente dalla TV: l’80% del campione di una 63

ricerca del 2007 indicava come fonte di informazione sulla realtà italiana Canale5, RAI1, Italia1 e RAI2 (MMT & AGS 2007, 43). In secondo luogo, la L2 ha come input il vicinato e i datori di lavoro (uomini – edilizia, trasporti; donne – domestiche, cure mediche). Visto il carattere famigliare della piccola e media impresa italiana – luogo di lavoro soprattutto dell’uomo – spesso i rapporti fra il datore di lavoro e l’immigrato romeno sono definiti dal contatto informale e dalla conoscenza e fiducia reciproche47. Il lavoro di cura ai malati – svolto soprattutto dalle donne – richiede un grande dispendio di energie cognitive e un intenso uso della seconda lingua. Entrambe le situazioni portano a una veloce acquisizione della seconda lingua, tramite l’esposizione a un input misto: dialetti (soprattutto settentrionali, laziali settentrionali e centro-meridionali, umbri – Pellegrini 1977) e italiano regionale, con l’accento messo sull’ultimo, che viene parlato più frequentemente in loro presenza48. Se i dialetti italiani si assestano fra la loro “italianizzazione” (Berruto 1993, 27) e la loro rivalutazione in quanto differenti rispetto all’italiano49, nella zona dove vive il gruppo più numeroso degli immigrati romeni (Lazio – ISTAT 2007) la distanza fra dialetto e italiano è ulteriormente ridotta. Anche se nelle altre due zone di concentrazione numerica (Piemonte, Lombardia) questa distanza è sensibilmente maggiore, l’uso del dialetto e dell’italiano da parte degli autoctoni non implica processi d’apprendimento separati, come capita altrove (p. es. Sicilia) dove questa distanza è ancora più grande e dove dialetto e italiano hanno domini d’uso tendenzialmente distinti50. E anche quando ci si adopera di più il dialetto (al lavoro), dalle interviste ci risulta che si appella spesso al code-switching (dal dialetto all’italiano) per farsi capire dagli operai romeni. I romeni (diplomati e laureati) manifestano un’attitudine positiva nei confronti del superamento della fase di apprendimento iniziale e fanno pressione sugli autoctoni dialettofoni affinché si usi l’italiano nelle interazioni – al posto del dialetto – , poiché lo avvertono più ‘vicino’ al romeno e 47

“Ci sono realtà di confine, classificabili ancora come organizzazioni pur registrando una presenza rimarcata di caratteristiche non organizzazionali in molte aziende medio-piccole in cui, pur prevalendo la logica organizzativa, i rapporti interpersonali giocano un ruolo non sottovalutabile” (Balducci 1986, 35). 48 Nel 2006 più del 70% degli italofoni parlava in italiano regionale (e non in dialetto, prediletto in ambito famigliare) agli estranei (ISTAT 2007). 49 Ultimamente la rivalutazione positiva del dialetto fa sì che esso venga adoperato come formula marcata diatopicamente per rifarsi al colore locale e alle tradizioni, ma gli immigrati non sono inizialmente chiamati, in quanto estranei, a parteciparne (Berruto 2001). 50 In questo caso molto probabilmente “l’apprendente sarà esposto per lo più separatamente alle due lingue d’arrivo e potrà sviluppare dei processi di acquisizione indipendenti, potenziando l’uno o l’altro a secondo degli spazi sociali frequentati e delle propensioni individuali” (Amoruso, Scarpello 2010, 4).

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perciò possono fare ancora di più perno sulla prima lingua nel defossilizzare l’interlingua51. Almeno un terzo degli intervistati diplomati52 era consapevole che il loro italiano contenesse elementi lessicali dialettali e non avvertiva invece la presenza degli elementi dialettali nel romeno adoperato. Presso i soggetti diplomati della ricerca è stato osservato che la percezione delle interferenze dialettali nell'italiano dei nativi porta alla valutazione positiva del proprio italiano acquisito e del proprio romeno nell’immigrazione, permettendo loro di esprimere un giudizio positivo sulla “competenza linguistica” in generale (Danesi 2001, 50).

2.2.3. Bilinguismo Secondo de Bot (2007), studiare i mutamenti di una L1 in una prospettiva cognitivista impone di investigare il livello di acquisizione della L2 nei bilingui53, poiché le lingue del repertorio dei soggetti sono interconnesse e formano un sistema dinamico di sottosistemi in cui mutamenti nell’uno possono catalizzare mutamenti nell’altro. Senza poter con ciò predire la direzione dei mutamenti all’interno dell’arcisistema, analizzarle in parallelo permette di avere – secondo de Bot – una visione più corretta della disposizione delle lingue del repertorio in un dato momento. Secondariamente, interessa sapere quanto un certo livello della seconda lingua influenza la performance nella prima. In questa prospettiva, alcuni test linguistici (il C-test e il compito narrativo Charlie Chaplin) sono stati somministrati in tutte e due le lingue allo scopo di investigare il livello di bilinguismo dei soggetti (laureati) della ricerca, confrontando il livello di L1 con i livello di L2. La valutazione dei livelli di L1 dei soggetti si è basata su quanto dichiarato nei questionari54, mentre la valutazione del loro livello di L2 si basa sui risultati ai test di lingua italiana (cfr. Tabella B, alla pag. 66). A margine dei risultati ai test – discussi per esteso nel paragrafo 4.3.3. – si costaterà che i soggetti mostrano un livello post-basico di L2 (Chini 2005, 80-93); i risultati indicano inoltre per questi soggetti livelli di 51

Questo si correla positivamente con l’anzianità di permanenza. Per il concetto di varietà di apprendimento fossilizzata, Berruto (1995, 105-106). 52 Le osservazioni sull’italiano dei laureati sono presentate nel paragrafo seguente. 53 Queste sono le caratteristiche del bilingue, richieste a livello operativo dalla presente ricerca: è emigrato in un’età sopra i diciassette anni e risiede nel paese di destinazione da almeno dieci anni (Köpke, Schmid 2004, 9-12). 54 Grazie all’interazione prolungata con i soggetti laureati, è stato possibile avere la conferma della veridicità delle loro dichiarazioni.

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competenza di L1 e di L2 di poco inferiori ai livelli di L1 e di L2 rilevati nei gruppi di controllo (di nativi). Tabella B. Stadi di L2, livelli di istruzione e di uso della L1 prima dell’emigrazione e in Italia N° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

Codice COT CRG STB VIP MAS IOP CRC OVN LAB IAP DOR GEA ANP PAD CRO diplomati

Sogg. #1 #2 #7 #3 #8 #4 #9 #12 #5 #15 #6 #14 #11 #13 #10 dieci

Istruzione laurea quinquennale L1 laurea quinquennale L1 laurea quinquennale L1 laurea quinquennale L1 laurea quinquennale L1 laurea quinquennale L1 laurea quinquennale L1 laurea quinquennale L1 laurea triennale L1 laurea triennale L1 laurea triennale L1 laurea triennale L1 laurea triennale L1 laurea L2 in corso laurea L2 in corso diploma

Uso L1 ante L2 professionale professionale professionale professionale professionale non professionale non professionale non professionale elementare elementare elementare elementare elementare elementare elementare elementare

Stadi L2 quasi nativo quasi nativo avanzato avanzato avanzato intermedio intermedio intermedio intermedio intermedio intermedio intermedio avanzato avanzato avanzato intermedio

Il livello di L2 dei primi cinque laureati e degli ultimi tre (soggetti #1-5 e #13-15) è alto (avanzato e quasi nativo) con la differenza che il livello di romeno (educazione L1 e uso L1) degli ultimi tre prima dell’immigrazione era decisamente inferiore rispetto a quello del primo gruppo. Il gruppo dei sette soggetti mediani (#6 – #12) presenta uno stadio intermedio della varietà postbasica L2. Il tipo di uso della L1 prima dell’arrivo in Italia dei soggetti è il seguente: - professionale, laurea quinquennale in lettere o giornalismo, il soggetto continua a usare la L1 nel suo lavoro esponendosi attivamente e costantemente alla norma della L1 (es: soggetto #1 laureato in giornalismo che fa il giornalista); - non professionale, laurea quinquennale, il soggetto continua a usare la lingua L1 nel suo lavoro, tuttavia non si espone attivamente alla norma della L1 (es: soggetto #4 laureato in statistica che lavora nella pubblica amministrazione); - elementare, laurea di base (triennale) in domini di studio lontani dal campo umanistico; il soggetto non ha lavorato dopo la laurea in un campo dove viene richiesto un uso alto della L1 o non ha mai lavorato perché è emigrato (es: soggetto #15 laureato in musicologia che lavora in un’orchestra).

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In base all’analisi incrociata dei risultati degli indici ‘abilità L1/L2’ (cfr. 3.2.1. Questionario sociolinguistico) e dei risultati dei test linguistici (cfr. 4.3. Risultati della ricerca quantitativa), si costata che a un livello alto di italiano corrisponde la preservazione di un livello alto di romeno, eccetto il caso dei soggetti con lauree in L2 in corso, quando si ha un bilinguismo squilibrato a favore dell’italiano. I diplomati non sono stati esposti ai test di lingua come i laureati ma registrati su supporto elettronico. Dall’analisi del corpus delle loro conversazioni si evince che più frequentemente i soggetti adoperano l’italiano e il romeno come codici separati, nonostante facciano elevato uso del prestito e della commutazione (cfr. Cap. 4). Dallo stesso corpus – per quel che riguarda il loro romeno55 – e dalle loro interazioni con italofoni alle quali si è potuto essere testimoni – per quel che riguarda il loro italiano – risulta che il bilinguismo dei diplomati è abbastanza equilibrato, distribuito in grandi linee fra un livello/uso elementare di L1 prima e dopo il momento dell’emigrazione, e un livello di L2 post-basico intermedio nell’immigrazione. Dall’analisi di questi risultati, dei dati dei questionari e dei dati dei corpora risulta una situazione di bilinguismo intenso con la sovrapposizione delle lingue del repertorio nella maggioranza dei domini, in misura maggiore nel dominio dell’amicizia e della famiglia, in misura minore in quello del lavoro e dell’associazionismo, mentre il dominio della religione rimane esclusivamente L1. Con quest’ultima eccezione, non essendo in presenza di una divisione delle lingue per ambiti di uso e vista anche la ridotta ‘distanza linguistica’ (cfr. 1.2. Lingue in contatto… Fattori linguistici; Premessa, Cap. 4.) fra le due lingue in contatto, è possibile che la concorrenza fra i due codici nello stesso repertorio acceleri l’interferenza in entrambe le direzioni (dalla L2 verso L1 e viceversa).

2.2.4. Repertorio Tramite i questionari si sono isolate alcune variabili importanti per arrivare all’analisi degli atteggiamenti e dei comportamenti linguistici nelle diverse situazioni d’interazione sociale, secondo gli interlocutori, l’argomento e il luogo di socialità (Berruto 1995, 86-87), nei domini più importanti come la famiglia, l’amicizia e il lavoro. Dopo le variabili fisse del background del soggetto (domande 1-5, 8, 9, 15, 16), fra cui anche l’educazione linguistica (6, 10-14) un elemento importante da rilevare è l’atteggiamento (24, 26, 30, 31, 55 Anche le sequenze di commutazione nella L2 (cfr. 4.1.2.) rilevate nei discorsi dei diplomati indicano – con il grado elevato di grammaticalità degli enunciati – questo livello di L2.

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41, 43, 47, 52, 64, 65) che può indicare maggiormente l’intenzione di mantenere o meno la L1. La ricerca sul romeno degli immigrati di prima generazione (in Canada) aveva infatti riportato il fattore ‘atteggiamento’ al centro delle scelte di lingua: “It seems that a negative attitude towards the L1 and a desire to assimilate rapidly into the dominant society are the most important initiators of the attrition process. For example (…) those migrants who felt strongly about immediate acculturation in the L2 environment post immigration are those for whom the decline of the L1 was most visible” (Cherciov 2011, 123).

Per studiare la distribuzione delle lingue in contatto, al punto quarantotto del questionario si sono indicate le persone con le quali si interagisce di più nelle reti principali e secondarie e in che lingua. Al punto seguente (49) è stato indicato più precisamente in che misura si adopera ognuna delle lingue nei diversi domini linguistici (parenti, amici, animali, lavoro, chiesa, negozi, bar, associazioni). Le scelte di lingua interessano soprattutto : la lingua del servizio religioso (20, 21), la lingua dei calcoli mentali (25, 51, 53), con il partner al momento (36, 38), con il partner anteriormente (39) e con la famiglia (40, 42, 43), con gli amici (28), con gli animali di compagnia (49), la lingua dei media consultati (54-57), infine la lingua adoperata nelle varie forme di associazione (50). È noto che nei bilingui la strategia di compartimentazione dei codici è una scelta pragmatica di manipolazione delle risorse del repertorio a scopi di socializzazione e di negoziazione di aspetti extralinguistici rispetto alla conversazione (Myers-Scotton 2002, 43-45). Come prevenzione della discriminazione a cui sono soggetti, accanto ad altre minoranze (Pagliai 2011, 96-97), gli immigrati intervistati dichiarano che capita spesso di usare fra di loro l’italiano come lingua ‘nascondiglio’, per mimetizzarsi nei luoghi pubblici (mezzi di trasporto, stazioni, code al supermercato) dove avviene la commutazione con l’italiano. Gli immigrati romeni scelgono di adoperare la seconda lingua con italiani e altre nazionalità (“convergent accommodation” – (Giles et al. 1977, 334), mettendo la L1 in una posizione subordinata rispetto alla L2; tuttavia i romeni parlano fra loro il romeno nelle situazioni in cui sono presenti altre nazionalità immigrate se gli italofoni sono assenti (“divergence”, ivi). Che il passaggio alla L2 sentito come necessità sia raro, lo illustra bene il caso delle famiglie miste. Nell’ambito famigliare in cui esiste un italofono o un non-romenofono, il 90% dei romeni intervistati durante la presente ricerca ha dichiarato che la lingua in cui si apre la conversazione è L2 e il 60% degli stessi romeni ha dichiarato che se l’italofono non è partner attivo in quella 68

conversazione la L2 si cambia dopo qualche minuto con la L1, poiché in fondo “aprire la conversazione in italiano, davanti agli italiani, è [solo] buona educazione”. Dai questionari e dalle interviste risulta che la seconda lingua è parlata ‘accanto’ al romeno, senza una tendenza evidente di prendere il posto della prima lingua. Gli atteggiamenti e le scelte linguistiche indicano sia la tendenza al mantenimento della lingua d’origine in riferimento alla varietà standard, sia quella dell’acquisizione di un buon livello di l’italiano a scopo di ascesa sociale56. L’italiano è la lingua dell’ambito lavorativo, tuttavia gli uomini che lavorano in edilizia e agricoltura preferiscono parlare in romeno fra di loro se gli italofoni sono una minoranza nei rispettivi gruppi di lavoro. Nel dominio degli affetti si parla maggiormente in romeno, ma ci sono segni che la L2 inizia ad affiancare la L1, specie nelle conversazioni delle coppie romene endogame con maggiore anzianità d’immigrazione. L’atteggiamento rispetto alle lingue a disposizione e i rispettivi usi raffigurano un quadro generale di bilinguismo dove la diglossia non interviene. Lo shift secondario (Fishman 1966) a livello soprattutto di commutazione di codice (interfrasale) accade in tutti i domini, a parte in quello della religione57. A attenuare la forte pressione culturale subita dalla comunità/lingua immigrata è probabilmente il tipo di ‘contatto intermittente’ (con il paese di provenienza) alla quale si riferisce il tipo di migrazione transnazionale. Questo può avere un ruolo importante sia nel ridurre la ‘distanza’ fra la L1 e la L2 nel repertorio sia nel contenere – o comunque condizionare – i mutamenti possibili della L1 in seguito al contatto con l’italiano. Essendo un bilinguismo a maggioranza unidirezionale58, l’atteggiamento degli immigrati romeni dovrebbe essere più prono all’accettazione dell’innovazione linguistica e della sua diffusione nella lingua minoritaria (Matras 2009, 219).

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Il fatto è confermato da una ricerca recente sui figli degli immigrati romeni (che ha coinvolto l’Italia, la Spagna e la Romania). Il mantenimento e la trasmissione della lingua romena alle future generazioni costituiscono obiettivi centrali dei genitori [che] “esprimono spesso preoccupazione per la perdita della lingua da parte dei ragazzi, per quanto parziale” (Colombo 2012, 130-133). 57 Anche all’uscita dalla messa, quando si conversa nella chiesa, o si mangia, e anche fuori dalla chiesa, la comunità è molto attenta a non commutare nella L2. 58 L’interferenza del romeno sull’italiano è inferiore presso i laureati con livelli alti di italiano, tuttavia quando appare ha un forte carattere identitario. Alcuni discorsi con italofoni integrano parole romene nell’italiano (marcatori di discorso, appellativi e interiezioni), destando perplessità e parere generalmente positivo da parte del pubblico italofono. Sono i soggetti con un periodo di residenza più lungo e con un grado maggiore di ‘integrazione’ nei reticoli sociali, in termini di riconoscimento dei meriti e in termini di realizzazione professionale.

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Come effetto del continuo e forte contatto con la cultura/lingua L1, viene invece ripetutamente asserita dai soggetti della presente ricerca l’esigenza di tenere separati i codici e di mantenere un romeno ‘puro’59. Una delle condotte più criticate nei forum (supra) circa l’uso delle due lingue è l’abitudine di mescolarle all’interno dello stesso enunciato e anche dello stesso discorso. Generalmente è riconosciuto che per i romeni ‘parlare bene il romeno’ corrisponde – anche dopo più di dieci anni d’immigrazione – al fatto di tenere separate le lingue, alla non-commutazione all’interno degli enunciati o dello stesso discorso, mentre sono considerate ‘corrotti’ i discorsi L1 caratterizzati da prestiti e calchi lessicali e grammaticali (“culpabilitate lingvistică” – Olariu 2010, 22760). Soprattutto per i diplomati, la presente ricerca conferma infatti l’intento di mantenere identità e cultura tramite la coltivazione della lingua di origine segnalando al contempo la consapevolezza di subire forti influenze italiane nel parlare.

2.2.5. Reti sociali Le scelte dei romeni di prendere casa (in affitto o di proprietà) non si differenziano in base all’etnia degli abitanti, così che si vive “da soli” o in poche famiglie romene in quartieri assieme a italiani o ad altre cittadinanze immigrate. Più del 90% dei romeni sceglie di vivere in quartieri in cui la maggioranza è costituita da italiani (MMT & AGS 2007, 34, 38, Otovescu 2008, 233) e di solito i vicini con i quali si stabiliscono i primi rapporti sono di etnia italiana. Dispersa soprattutto nelle metropoli61 o in aree con piccole città, la comunità romena di prima o di seconda immigrazione non si ghettizza e non si concentra in unità territoriali con omogeneità di tipo esclusivo, né per scelte lavorative né per insediamento abitativo. 59 Infatti, il fenomeno è stato già incontrato. Da una ricerca che esplorava le scelte di lingua presso una comunità di bilingui romeni da diversi secoli stabiliti in Ungheria si evince che l’identità etnica si riflette nel prestigio della lingua romena (Borbély 1996, 314, 319) e che il passaggio delle nuove generazioni al monolinguismo ungherese sia dovuto al fatto che la varietà locale di romeno parlata dalla comunità manca di prestigio poiché mista, romeno-ungherese. 60 L’analisi di 350 questionari distribuiti agli immigrati romeni di Torino rilevava la consapevolezza dei soggetti del fatto di mescolare il romeno con l’italiano e anche il loro dispiacere al riguardo. La ricerca è Emigranţi din România la Torino (1989-2006). O abordare culturalantropologică, Iaşi – Torino. 61 Il modello romeno di ascesa sociale che gli immigrati si portano da casa è quello dello spostamento dal paese verso la città (Torre 2008, 85); modello proveniente dall’impostazione economico-industrializzante del regime comunista, per cui il rurale è correlato con l’arretratezza e la mancanza di cultura, mentre la città, anche in condizioni abitative più difficili, simboleggia un maggior prestigio.

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L’immigrazione romena stabilisce in generale legami sociali in L1 deboli sul territorio italiano: gli individui sono diffidenti e isolati, si raggruppano piuttosto attorno alla famiglia, difficilmente si ritrovano se non alle ricorrenze molto importanti e si associano poco. “L’isolamento sociale in cui versa la maggior parte delle famiglie immigrate è confermato da un dato ulteriore: la casa è il luogo principale dove si trascorre il tempo libero (42,6%); in alternativa, ci si incontra nei tipici spazi di aggregazione degli immigrati, come piazze, parchi, sedi associazioni, luoghi di culto (26,9%)” (Simoni 2007, 194).

Ci sono degli esempi del fatto che l’isolamento e la dispersione possono in certe condizioni condurre alla scelta di rinunciare alla lingua di origine. In una ricerca del 1965 sulla vitalità e il mantenimento dei tre dialetti romeni al sud del Danubio, i fatti costatati suggeriscono che “un’isola linguistica, anch’essa molto piccola, può mantenersi per molto tempo, evidentemente subendo le influenze del contesto alloglotta circostante. La causa principale della sparizione delle lingue parlate in molte isole linguistiche è la dispersione degli abitanti” (Neiescu 1965, 237).

Le scelte di lingua degli immigrati sono alla lunga influenzate dalla dinamica sociale di tali reti sociali. Il modello di riferimento che correla le scelte linguistiche con le reti è quello detto strong ties – weak ties (Milroy, Milroy 1985) che vuole individuare la discriminante per scelte di lingua come, tra l’altro, la velocizzazione delle innovazioni o del mutamento linguistico: “Linguistic change is slow to the extent that the relevant populations are well established and bound by strong ties, whereas it is rapid to the extent that weak ties exist in population” (Milroy, Milroy 1985, 375).

Nell’ambito dell’immigrazione italiana, le reti sociali delle donne appaiono più solide e ricche rispetto a quelle degli uomini; in particolare, per la stragrande maggioranza delle domestiche romene62, sono le reti di amicizia, nella loro complessa configurazione, a costituire il supporto sociale. Tuttavia, se il 62 “Le reti di amici sono un’altra forma di sociabilità che si avvicina molto, assieme a quelle familiari, a quello che le intervistate definiscono come un “ritorno alla normalità”. Rispetto alle reti di conoscenti, le reti di amici sono selettive e basate su precise aspettative normative (come testimoniato anche dai frequenti conflitti e delusioni riportati nelle interviste). Rispetto alle reti di familiari, con le quali spesso sono parzialmente sovrapposte, tali reti non conoscono confini precisi, sono maggiormente flessibili in termini di frequenza e intensità dei contatti, possono essere maggiormente eterogenee in termini di composizione. “È frequente che le donne maggiormente inserite in questo tipo di reti abbiano relazioni sia con connazionali sia con italiani” (Catanzaro, Colombo 2009, 142-143).

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carattere forte delle reti transnazionali dell’immigrazione può incidere positivamente sul mantenimento della L1, una certa debolezza di tali reti, oltre a condurre con più probabilità verso fenomeni d’interferenza (fino allo shift) con la cultura maggioritaria, permette che la comunità immigrata non si segreghi. “I legami deboli, spesso denunciati come generanti alienamento (…) sono qui visti come indispensabili per l’opportunità degli individui e per la loro integrazione nelle comunità; i legami forti, aumentando la coesione sociale, portano alla frammentazione generalizzata” (Granovetter 1973, 1378).

Nei nodi di forza dei reticoli di dimensioni superiori ma più ‘lontane’ dal soggetto, cioè in quelle reti in cui la frequenza d’incontro è ancora più ridotta rispetto a quelle secondarie, la mediazione è fatta dagli opinion leaders da cercare fra i romeni arrivati per primi in Italia con almeno 10 anni di anzianità di permanenza: professionisti (specie nell’edilizia e nelle ditte di pulizia), ‘vecchie’ domestiche diventate coordinatrici di cooperative di intermediazione di lavori, traduttori, auto-meccanici, capi e staff di associazioni, colletti bianchi (impiegati nei sindacati, nei comuni), membri di famiglie miste italoromene, giornalisti che scrivono per loro e, fra questi, uomini politici – pochi, immigrati come loro – presenti come uditori e consulenti nei consigli comunali. Tuttavia, a causa della debolezza delle reti e – a monte – a causa dello specifico psicosociale della comunità romena immigrata, il peso della loro mediazione è ridotto sia all’interno sia verso la comunità ospitante. Gli strumenti scelti per la propria ricerca permettono di approfondire i vari aspetti che connettono la struttura delle reti sociali con il mutamento linguistico presso gli immigrati romeni scelti come soggetti. Tale discussione seguirà nel paragrafo 4.3.4. Reti sociali.

2.3. Comunità linguistica romena 2.3.1. Transcomunità Si può parlare di una comunità linguistica (romena) in Italia se sono osservati alcuni criteri essenziali (Chini 2009, 288-292): (a) “condivisione della lingua”, (b) “comunanza di stanziamento”, (c) “interazioni regolari e frequenti”, (d) “condivisioni di atteggiamenti sociali verso le lingue e di norme di uso”. L’analisi degli elementi descritti nei due paragrafi precedenti consente rispondere infine – seppure provvisoriamente – a tali quesiti, secondo una prospettiva ‘comunitaria’ dell’immigrazione. 72

(a) Per quel che riguarda il primo, si tratta di un “criterio linguistico minimale”, che permette di includere “nella stessa comunità linguistica immigrati parlanti varietà diverse della stessa lingua o dialetti diversi” (ivi). Come mostrato, l’immigrazione romena in Italia corrisponde a questa descrizione, dato che fra i suoi membri esiste una sufficiente comprensione linguistica in L1. (b) Secondo il criterio socio-geografico, si può parlare di una comunità se i soggetti si concentrano in certe zone, piuttosto di abitare dispersi. Nonostante il rifiuto dell’immigrazione romena di raggrupparsi a base etnica, a differenza di quanto capita – per esempio – con alcune popolazioni africane (Dal Negro, Guerini 2007), i romeni si stabiliscono sul territorio italiano in una configurazione geografica che predilige comunque il Lazio, il Piemonte e la Lombardia, ma anche qui l’insediamento non porta alla formazione di ‘quartieri romeni’. (c) Il terzo criterio è quello al quale l’immigrazione romena sembra meno corrispondere, anche se studi etnografici e sociologici monografici non esistono ancora per fare luce in maniera sostanziale su questo aspetto. Le interazioni più regolari e frequenti sembrano non sconfinare molto dal quadro familiare, a eccezione di quelle mediate dalla chiesa ortodossa romena. Secondo la mia analisi, gli effetti negativi dell’anomia sociale viene risolta almeno in parte – e presso la maggioranza degli immigrati romeni – dalla transnazionalità con la quale si vive l’immigrazione, tramite la quale viene alimentato anche il contatto con la lingua romena della Romania. (d) Infine, l’analisi degli atteggiamenti sociali degli immigrati verso le lingue – sia secondo gli studi ricordati sia per quel che mi risulta – appaiono alquanto centrati sul senso di appartenenza culturale al paese di origine, mettendo al centro identitario la lingua. Questi aspetti ci permettono di ammettere l’esistenza di una comunità (linguistica) romena in Italia (la prima come numero di parlanti fra le altre popolazioni immigrate), più precisamente di una ‘transcomunità’ (linguistica) romena, concentrata nei tre nuclei regionali menzionati.

2.3.2. A posto di previsioni I tratti extra-linguistici più importanti di questa ‘transcomunità’ linguistica in Italia si costituiscono in un sistema dinamico, in cui non è sempre facile distinguere quelli decisivi per le presenti o future scelte linguistiche. Si può ragionevolmente ammettere che nella misura in cui una o più variabili analizzate nei due paragrafi precedenti assumerà maggiore importanza presso gli immigrati, i loro atteggiamenti e comportamenti influiranno sul mantenimento della lingua immigrata o, al contrario, verso il suo logorio e/o la sua sostitu73

zione con la lingua di arrivo. Ci sono fattori che – secondo il periodo di arrivo – riguardano gli immigrati del primo decennio (I), del secondo (II), o che possono valere per immigrati arrivati in entrambi i periodi63. Secondo un sunto dei modelli più importanti (indicati in Clyne 2003, 48-69) questi fattori possono essere sintetizzati così, in ordine di importanza: Fattori dell’indice mantenimento di codice: • • • • • • •

forte continuazione dei legami con il paese di origine (I, II) (indica transnazionalità), circolarità della migrazione (II) (indica transnazionalità), progetto migratorio “temporaneo” (II) (indica transnazionalità), prestigio di ritorno nei confronti del bilinguismo dialetto/italiano (I, II), forte presenza della chiesa ortodossa romena (II), giornalismo scritto in romeno (II), attività culturali (I, II).

Fattori dell’indice sostituzione di codice: • • • • • • • • •

basso grado di prestigio (I, II), sindrome di Stoccolma (II), dispersione territoriale (I, II), presenza consistente di figli (seconda generazione) che fanno da traino per L2 (II), mancanza della generazione dei nonni (I, II), ostilità della società di arrivo, che può velocizzare la sostituzione di codice se non innesca una reazione di orgoglio (I, II), condizioni politiche sfavorevoli in cui si trova la comunità e la lingua immigrata (I, II), limitato insegnamento nella lingua d’origine (II), povertà (II).

Fattori ambivalenti: •

dimensione femminile64 dell’immigrazione, dato che le donne sono spesso “mediatrici fra le due lingue” – Chini 2004, 174), (I, II),

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C’è da aspettarsi che alcuni parlanti del primo decennio manifestino comportamenti e atteggiamenti scaturiti da fattori che di solito stimolano atteggiamenti o comportamenti tipici per il secondo decennio, tuttavia, sia le evidenze numeriche che tendono a formare tendenze generali sia le analisi qualitative di cui dispongo danno ragione di mantenere separati i due periodi, per una migliore descrizione del quadro d’insieme. 64 In un altro lavoro (Chini 2006, 202) si riporta che gli alunni romeni di famiglie immigrate del Nord-Italia sostituiscono più spesso la L1 con l’italiano se le loro conversazioni avvengono con le madri, rispetto alla frequenza dello shift se si parla con i padri. Tuttavia, secondo la mia osservazione presso i soggetti, le donne romene sono anche le più osservanti delle tradizioni famigliari e religiose che coinvolgono l’uso della L1.

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• • • • •

esogamia (I)65, carattere famigliare dell’immigrazione66 (I, II), similarità culturale e vicinanza tipologica L1 / L267 (I, II), educazione scolastica media (II) e elevata (I, II) della maggioranza degli immigrati, numero dei parlanti (I, II).

In questo caso di attuale bilinguismo stabile ‘paritario’, la lealtà delle future generazioni combinata con la capacità innovatrice nei confronti di questa varietà di romeno – e in assenza di un controllo normativo che la inibisca – sono fattori che potrebbero portare il loro romeno alla convergenza con l’italiano, più specificatamente ad “advergenza” (“avvicinamento di un sistema all’altro” – Berruto 2009a, 18-20). Se nella seconda e la terza generazione, in seguito al verosimile inserimento graduale nel paese di arrivo – con la diminuzione dell’intensità del transnazionalismo – la L1 sarà invece impiegata in un numero sempre più limitato di domini d’uso o solo in alcuni domini d’uso, l’esito possibile continuerà a essere la dilalia o si potrà transitare anche verso la diglossia (Berruto 1995, 232249). Assisteremo a tali esiti se la lingua di origine non rimarrà, in tutto questo tempo, niente altro che una varietà di romeno all’estero o se la lingua di origine non scomparirà nell’arco di due generazioni, gradualmente sostituita dalla lingua della comunità di accoglienza. Oppure, ancora, si potrà parlare di una varietà mistilingue (“mixed code”, Auer 1998, 15) se – in seguito a uno sviluppo di un’identità mista – i parlanti faranno largo uso della commutazione di codice; al livello del sistema, “una situazione di bilinguismo intensivo sfocia in una ristrutturazione unificante dei sistemi, che si fondono e danno luogo a una terza lingua” (Berruto 2009a, 18). Un esito possibile – riguardante le future generazioni – è il monolinguismo nella seconda lingua con il rispettivo abbandono della lingua d’origine, previa invasione crescente del secondo codice in un numero maggiore di situazioni d’uso e per un numero più grande di parlanti di una (in senso più tradizionale) comunità linguistica immigrata. Si tratterebbe di un passaggio – spesso lento e graduale, con possibili fasi intermedie di diglossia – dalla lingua originaria (e minoritaria) alla lingua del paese di arrivo nei parlanti di generazioni succes65

Ovviamente, si parla della trasmissione intergenerazionale della lingua minoritaria, con rilevanza secondaria nel mantenimento del romeno della prima generazione. 66 Guardata in prospettiva temporale, la famiglia è il luogo della “doppia mediazione” fra la lingua di partenza e la lingua di arrivo (Lüdi e Py in Chini 2004, 25) in un modello classico dell’immigrazione. 67 La facilità di apprendimento della L2 potrebbe lasciare più spazio e energia al mantenimento della L1.

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sive alla prima (Fishman 1972). Per queste future generazioni, la progressiva sostituzione non implica sempre un processo contrario alla creatività; infatti, in alcuni casi, si può affrontare la mancanza di conoscenza della L1 con l’apporto di innovazioni in questa lingua (Gal 1989, 33068). In questo senso, l’esito linguistico della sostituzione della lingua dipende dalle condizioni psicologiche e sociali in cui si trovano i parlanti della nuova minoranza linguistica, dalla qualità e quantità dei legami che la diaspora mantiene con il paese di origine, dal tipo di socializzazione e insediamento sul nuovo territorio (cfr. 1.2. Lingue in contatto… fra mantenimento e logorio linguistico). Già in Chini (2004, 327) si osservava presso i romeni del Ticino e di Torino “una maggiore propensione allo shift verso l’italiano o gli usi misti (…) rispetto ad immigrazioni di alte origini [che] potrebbe essere spiegata con l’affinità delle lingue e in parte anche delle culture d’origine con la lingua e la cultura italiana”. Infine, se avviene una diminuzione di presenza della lingua minoritaria, un possibile esito nelle fasi finali del processo di sostituzione è il logorio linguistico della L1, come ristrutturazione di sistema, lieve o estrema. Il logorio – influenzato pesantemente da processi extralinguistici e psicolinguistici – è difficilmente osservabile a livello collettivo adoperando mezzi quantitativi poiché il logorio è un processo soprattutto individuale (de Bot, Clyne 1994, Cherciov 2011, specie pag. 191), come individuale è anche l’altro processo, quello della creazione linguistica (Coşeriu 1981, 12). Nel prossimo capitolo sarà presentato il metodo della presente ricerca mediante il quale si è studiato il mutamento ‘da contatto’ nella lingua romena degli immigrati nonché le loro scelte (culturali e) linguistiche in ambiente italiano.

68 “(…) we should examine the linguistic changes occurring during language shift not only through the metaphor of death and decay that the “pastoral” tradition provides, but also through an image of conflict and competition between differing forces – cognitive, interactional, symbolic – whose effects on the details of linguistic practice are sometimes contradictory” (ivi).

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3. Metodo, strumenti, tecniche

3.1. Metodo di ricerca Questo capitolo presenta il metodo, le tecniche, gli strumenti e il tipo di analisi adoperati per la ricerca. La parte ‘qualitativa’ è consistita nell’atto di osservare i soggetti nelle loro interazioni sociali abituali, sia per studiare esiti del mutamento nella lingua, sia per indagare atteggiamenti, abilità e preferenze di collocazione nelle reti. L’inchiesta di tipo dialettologico (Marioţeanu et al. 1977, 66-67), sia con l’intervista approfondita sia con l’osservazione partecipante (degli immigrati soggetti della ricerca, diplomati e laureati, cfr. 3.3.2.), è stata la migliore via per confermare le reali scelte di lingua indicate da essi in un questionario (cfr. 3.2.1.) e per controllare la frequenza e il dominio di uso delle innovazioni linguistiche della loro L1. Il metodo sperimentale che si è adottato per la ricerca ‘quantitativa’ ha dovuto tenere conto dei seguenti aspetti: a) natura degli oggetti studiati: individui, soggetti di interazioni psicosociali; b) natura delle proprietà che si attribuiscono a questi oggetti: natura continua, come abilità (difficilmente quantificabili) e atteggiamenti (difficilmente misurabili) sociolinguistici; c) natura delle relazioni tra le proprietà nell’ambito entro cui si svolge la ricerca: una relazione non deterministica, fra proprietà interconnesse, che quindi non possiamo facilmente isolare per studiarle separatamente (Marradi 2007, 84).

Per esempio, non si possono fare correlazioni causali fra diversi stati di proprietà essenziali come ‘atteggiamenti’ e ‘mantenimento di L1’, al massimo è ammesso fare delle associazioni al margine delle quali provare interpretazioni (ibidem, 89). C’è quindi una reale difficoltà, non solo di ordine pratico ma – a monte – di tipo concettuale, nell’investigare atteggiamenti, abilità e competenze linguistiche. In più serve molta cautela nell’allargare risultati ottenuti dallo studio quantitativo o anche qualitativo su (alcuni) individui a 77

un’intera popolazione1, anche se selezionati per essere rappresentativi. “Quando consideriamo la competenza del parlante, ci sono difficoltà nello specificare cos’è veramente un mutamento linguistico e come esso è attualizzato (…)” (Milroy, Milroy 1985, 347, enfasi aggiunta). In particolare, è difficile presumere di avere accesso, durante la raccolta dei dati, alla precisa spiegazione della variazione nelle parlate dei soggetti: potrebbe darsi che nel momento dell’intervista non si trovino nelle condizioni migliori per mostrare le loro competenze linguistiche. Non per ultimo, investigare tramite strumenti come questionari o testi di lingua la propensione per mantenimento vs. logorio linguistico è un’impresa difficilissima, giacché si tratta di proprietà difficilmente misurabili (Köpke 2007 29-30). Siccome questa ricerca non si è potuta avvalere di un campione numeroso, come, per esempio, la ricerca Le lingue straniere immigrate in Italia (Chini 2004), alcuni accorgimenti di metodo sono stati necessari per garantire un senso pratico ai risultati ottenuti. I venticinque soggetti della presente ricerca (e meno di sessanta dei due gruppi di controllo) sono stati selezionati in modo da rappresentare con le loro caratteristiche le caratteristiche della popolazione dello studio sul contatto linguistico, vale a dire la prima generazione di cittadini romeni (o doppie cittadinanze di nazionalità romena) residenti in Italia da più di sette anni, molti laureati, altri diplomati. Rispetto al fattore istruzione si è operata la distinzione fra laureati e diplomati, allo scopo di provare poi a individuare in questi gruppi gli iniziatori delle innovazioni nella prima lingua e la direzione della loro propagazione. Si è scelto poi un insieme di tecniche e di strumenti che permettessero di essere applicati su questo numero ridotto di soggetti, non rinunciando all’attendibilità dei risultati (Marradi 2007, 114). Poi, la scelta di alcuni individui fra gli immigrati romeni di fare parte del gruppo sperimentale è stata mossa dalla necessità di avere un campione, dal quale poter generalizzare alla sua popolazione – con le cautele necessarie – alcune conclusioni. Trovare il metodo più efficace per illustrare lo scopo di questa ricerca è stata un’attività decisiva; l’effetto delle scelte di metodo si osserveranno in molti passi di questo lavoro. L’interconnessione più evidente – e necessaria – è con il capitolo precedente, dove sono descritte le caratteristiche antropologiche e di carattere sociale e sociolinguistico che interessano la popolazione alla quale si riferisce il campione della ricerca, cioè la comunità romena immigrata in Italia. 1

“Granted that the interpretation of utterances involves the attribution of intentions, attributing those intentions to others is not the same as saying that we have grasped their actual motivations. Even if we knew precisely what those motivations were, this would not mean that such motivations actively determined a speaker’s choice of one linguistic variant or another” (Labov 1994, 550).

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Non a caso il terzo capitolo è successivo al precedente: per poter avere un campione (di che cosa?) rappresentativo (di chi?) si è dovuto a monte fare una descrizione più completa possibile della popolazione alla quale il gruppo sperimentale si rapporta, operazione utile non solo per avere un quadro coerente d’insieme, ma allo scopo di individuare le caratteristiche personificate poi dai singoli soggetti del gruppo sperimentale. Per essere sicuri dell’attendibilità dei risultati della ricerca, appunto. Solo dopo aver fatto ciò, gli interrogativi sul metodo, tecniche e strumenti sono andati avanti. È doveroso aggiungere in questa introduzione al capitolo che – nonostante l’attenzione al metodo – le conclusioni di questa ricerca sono necessariamente parziali e vanno considerate soprattutto tendenze, poiché sono rilevate presso un gruppo limitatamente rappresentativo, tendenze che tuttavia possono diventare significative se corroborate con risultati di ulteriori ricerche.

3.1.1. Soggetti dei gruppi sperimentali I soggetti dei gruppi sperimentali sono stati scelti per corrispondere più possibilmente con le loro caratteristiche a quelle della popolazione per la quale fanno da campione. Si tratta non di un “campione casuale sistematico” (Marradi 2007, 103-104), ma di una costruzione intenzionale di due gruppi di (quindici) laureati rispettivamente di (dieci) diplomati che cerca di riprodurre la configurazione socio-professionale e anagrafica della popolazione di immigrati romeni di prima generazione in Italia (cfr. Cap. 2). La rappresentatività non è tuttavia assoluta, soprattutto perché – a monte – è impossibile garantire che tutte le proprietà rilevanti di questa popolazione fossero state registrate; pertanto dirò che esso è rappresentativo rispetto alle proprietà descritte. Per esempio, considero qui la proprietà ‘bilinguismo’ della popolazione immigrata romena nel senso lato e generale del termine, senza aver potuto studiare in profondità le caratteristiche di questo bilinguismo. Secondo la mia osservazione empirica delle lingue di repertorio di molti soggetti (studiati fra 2002 e 2012) si può parlare di un bilinguismo abbastanza equilibrato in cui la prima lingua non viene dimenticata una volta con l’acquisizione della seconda (Grosjean 1989, 9). Il campione dei laureati e dei diplomati è composto quindi da diversi tipi d’immigrati romeni. In base al criterio anagrafico, essi sono stati scelti all’interno della popolazione per adempiere a questi requisiti: • •

con convivenza/matrimonio endogami prima di emigrare (DOR, IOP, VIP); con convivenza/matrimonio endogami nel paese di arrivo (GEA, LAB, COT);

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• • • • •

con convivenza/matrimonio esogami nel paese di arrivo (PAD, OVN, STB, MAS, CRC); con figli/nipoti nati prima di emigrare (DOR, IOP); con figli/nipoti nati nel paese di arrivo (CRG, VIP, PAD); senza figli (COT, CRO, ANP, GEA, LAB, OVN); single (IAP, ANP).

In base all’età: • • • •

sopra i 50 anni (IOP, MAS, circa un terzo dei diplomati); fra i 40 e 50 anni (DOR, CRC, COT, CRG, VIP, circa un terzo dei diplomati); fra i 30 e 40 anni (STB, ANP, GEA, PAD, LAB, circa un terzo dei diplomati); fra i 20 e 30 anni (CRO, GEA, IAP).

In base al genere: • •

femminile (IOP, MAS, CRC, VIP, ANP, CRO, LAB, IAP, STB, PAD, metà dei diplomati); maschile (DOR, COT, CRG, GEA, OVN, metà dei diplomati).

In base alla collocazione geografica sul territorio italiano: • •

centro Italia (CRG, STB, VIP, MAS, IOP, LAB, IAP, DOR, IAP, un quarto dei diplomati); nord Italia (COT, CRC, PAD, OVN, GEA, ANP, tre quarti dei diplomati).

In base al criterio dell’istruzione: • • • •

con laurea quinquennale prima di emigrare (COT, CRG, STB, VIP, MAS, IOP, CRC, LAB, IAP); con laurea triennale in Romania e specialistica nel paese di arrivo (ANP, GEA, CRO); con laurea quinquennale nel paese di arrivo (PAD); con diploma conseguito in Romania (i diplomati).

In base al criterio dell’uso della prima lingua prima dell’emigrazione e dopo: •



professionale (COT, CRG, STB, VIP, MAS). Per esempio (COT, CRG) una laurea quinquennale in lettere, giornalismo o sociologia, con il soggetto che continua a usare la lingua L1 che ha studiato in facoltà nel suo lavoro del dopo-università e attivando costantemente l’aggiornamento alla norma della L1; non professionale (IOP, CRC, OVN). Per esempio (IOP) una laurea quinquennale, in statistica, dove il soggetto continua a usare la lingua L1 che ha studiato in 80



facoltà nel suo lavoro del dopo-università, ma la L1 non costituisce oggetto di indagine nel suo lavoro; elementare (LAB, IAP, DOR, GEA, ANP, PAD, CRO). Per esempio (IAP) una laurea di base (triennale) in musicologia, il soggetto dopo la laurea ha fatto dei lavori sottopagati, dove non è stato richiesto un uso alto della L1 o non ha mai lavorato perché è emigrato. Qui entrano tutti i diplomati.

In base alla situazione economica/reddituale, secondo quanto dichiarato: • • •

buona (CRG, IOP, PAD, VIP, DOR, CRC); soddisfacente (MAS, STB, CRO, GEA, LAB, metà dei diplomati); precaria (COT, ANP, IAP, OVN, metà dei diplomati).

In base alla dimensione religiosa: • • • •

ortodossi praticanti (IOP, VIP, metà dei diplomati); ortodossi non praticanti (COT, ANP, CRG, MAS, CRC, OVN, GEA, PAD, CRO, metà dei diplomati); cristiani protestanti (IAP); altre pratiche spirituali (STB, DOR, LAB).

In base alla collocazione geografica sul territorio romeno, la maggioranza dei laureati e dei diplomati – soggetti di questa indagine – proviene dal nord-est della Romania (Moldova), da dove proviene anche la maggioranza degli immigrati romeni in Italia (cfr. 2.1. Caratteristiche socioculturali dell’immigrazione… Quadro socio-statistico).

3.1.2. Soggetti dei gruppi di controllo I quindici soggetti del gruppo di controllo romeno che hanno eseguito il compito narrativo Charlie Chaplin e il C-test sono studenti laureati in Romania (a Iaşi), monolingui con conoscenze buone di inglese (imparato a scuola) ma non di italiano, con età fra ventidue e trentatré anni, metà maschi e metà donne, tutti abitanti del nord-est della Romania (Moldova). I quindici soggetti del gruppo di controllo italofono che hanno eseguito il compito narrativo Charlie Chaplin e il C-test sono studenti italiani, laureati, soggiornanti nel Centro e nel Nord-Italia.

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3.1.3. Tecniche Riguardo all’attendibilità con la quale si possono considerare ‘genuini’ e fertili per l’analisi linguistica i risultati dei test, compiti e fonti di dati, più le tecniche e gli strumenti sperimentali offrono condizioni di elicitazione vicine alle condizioni d’interazione con la quale sono abituati i soggetti, più i risultati saranno attendibili. La graduatoria delle tecniche e degli strumenti investigativi adoperati nella ricerca rispetto al grado di attendibilità è – in ordine decrescente – la seguente: 1. Conversazione libera. Produzione orale, registrata con microfono in posizione discreta, in ambito informale L1 [maggiore attendibilità] [dati rilevati dai soggetti della ricerca, immigrati bilingui diplomati, cfr. 3.3.1.] 2. Osservazione partecipante. Produzione orale, non registrata, le considerazioni sugli atteggiamenti rispetto all’uso delle lingue e i fenomeni linguistici sono annotati dal ricercatore, a fine incontro [attendibilità ↓] [dati rilevati dai soggetti della ricerca immigrati, bilingui diplomati e laureati, cfr. 3.3.2.] 3. Compito Charlie Chaplin. Produzione orale, registrata con microfono, si narrano dieci minuti di film [attendibilità ↓] [dati rilevati dai soggetti della ricerca, immigrati bilingui laureati, cfr. 3.2.2.] 4. Forum. Produzione scritta, non è un test, tuttavia è verosimile una forma di autocontrollo dovuta al mezzo scritto [attendibilità ↓] [dati rilevati da internet, cfr. 3.3.3.] 5. C-Test. Test scritto, la pressione della norma è più alta rispetto a quella che può capitare nei test di lingua orali [attendibilità ↓] [dati rilevati dai soggetti della ricerca, immigrati bilingui laureati, cfr. 3.2.3.] 6. Questionario sociolinguistico. Produzione orale, trascritta con l’aiuto del ricercatore, cui presenza è potenzialmente inibitrice [minore attendibilità] [dati rilevati dai soggetti della ricerca immigrati, bilingui diplomati e laureati, cfr. 3.2.1.]

3.1.4. Formulazione delle ipotesi Rispetto agli scopi iniziali della ricerca, una provocazione di metodo è stata quella di pensare a delle tecniche non solo sensibili alle caratteristiche del campione al quale si applicavano, ma anche allo specifico degli scopi (socio)linguistici prefigurati: (1) Il primo scopo del lavoro è costituito dalla descrizione delle innovazioni di questa varietà di romeno inquadrando i principi di mutamento rilevati in L1 in un quadro storico della lingua romena in contatto con l’italiano. Considero innovazioni le realizzazioni lessicali e morfosintattiche che appariranno nelle parlate e nei testi scritti degli immigrati bilingui in Italia, realizzazioni che si 82

presentano come varianti discordanti rispetto alla norma del romeno parlato (per i testi parlati) e dello scritto (per i testi scritti) (Coşeriu 1992, GALR 2008). Si è partito dall’assunto che se un’innovazione apparirà nella maggioranza dei gruppi che la ricerca riesce a isolare in base a criteri diastratici, diafasici e diamesici, allora la possibilità di attestare il mutamento potrà essere maggiore. In pratica, la probabilità di avere mutamento nel romeno immigrato (in contatto con l’italiano) cresce se le stesse innovazioni sono presenti sia (a) nelle parlate e nei testi scritti degli immigrati con ridotta istruzione e che fanno un uso di L1 nel paese L2 fuori dal controllo del romeno normativo, sia (b) nelle produzioni degli immigrati con istruzione superiore (per le quali il controllo da parte della varietà standard di romeno si presume sia maggiore), sia infine (c) se sono presenti in concomitanza nelle conversazioni libere, nei test linguistici a tema e nello scritto (forum). La fonte più preziosa di dati è rappresentata dalle registrazioni di parlate spontanee, ‘naturali’. È plausibile parlare di un mutamento in atto, se un’innovazione che appare nelle conversazioni libere di (L1) di immigrati con istruzione (generale e linguistica2) bassa-media è presente anche nelle conversazioni libere (e a maggior ragione anche nello scritto) di migranti con istruzione media-alta in L1. Per indagare quanto detto fino a questo punto, è stato impiegato un set di strumenti che ha integrato la visione della ricerca quantitativa con quella qualitativa. Sono stati adottati strumenti della ricerca quantitativa, come un compito di narrazione su un tema imposto e un test scritto in entrambe le lingue, dai quali sono risultate trascrizioni. Allo scopo di investigare questa ipotesi di carattere sociolinguistico, si sono isolati dei sottogruppi nel gruppo dei laureati secondo il criterio dell’uso della prima lingua prima dell’emigrazione, e in seguito in Italia (professionale, ecc. – cfr. supra). Si presuppone che più il contatto con la sua variante letteraria è intenso e – secondariamente – più le abilità e gli atteggiamenti nei confronti di L1 dovrebbero avere valori positivi nell’immigrazione. Tutto sommato, sembra giusto pensare che sono questi soggetti (laurea in lettere, uso intenso della L1 prima e dopo l’emigrazione) il baluardo di mantenimento del romeno fuori dalla sua patria. Si è dato per scontato poi che se certe innovazioni presenti nelle parlate dei diplomati si ritrovano anche nelle parlate dei laureati, soggetti teoricamente più “resistenti” all’erosione da contatto (Köpke 2007, 20-21), potrebbe parlarsi di innovazioni in atto nel romeno d’Italia. 2

Come mostrato da molti, tra cui in Italia da Bocale (2009, 351), presso immigrati ucraini dell’Italia del centro: “We posit that the greatest degree of interference from Italian is found among the less well educated, those who speak dialect or possess a less solid basic Ukrainian”.

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(2) Il secondo scopo del lavoro è descrivere l’associazione fra il livello di logorio della L1 e acquisizione della L2 nelle produzioni linguistiche degli immigrati romeni, indagando sul ruolo degli atteggiamenti e delle opinioni dei parlanti riguardo alle comunità (ospite e ospitante) e alle loro lingue nel mantenimento del romeno. A questo scopo, un questionario sociolinguistico ampio è stato compilato per rilevare alcuni stati importanti di proprietà come l’atteggiamento nei confronti delle lingue/culture in contatto, il tipo di contatto, la scelta delle lingue, le reti sociali. Sia il compito scritto sia quello della narrazione sono stati richiesti in entrambe L1 e L2. I compiti (narrativo Charlie Chaplin vs. compilativo C-test) sono stati eseguiti a distanza di 2 e 6 mesi uno dell’altro, con la tecnica one shot – una sola elicitazione. Secondariamente, è stata rilevante soprattutto l’osservazione diretta dei venti (dal totale di venticinque) bilingui che – nell’arco dei tre anni – hanno condiviso con il ricercatore alcuni aspetti della loro vita permettendo un migliore inquadramento delle risposte alle domande del questionario e facilitando una verifica più precisa dei livelli di L1 e L2 dei soggetti. L’osservazione partecipante è stata utile in questo senso anche per osservare gli atteggiamenti nei confronti delle due culture/lingue in contatto, e gli usi linguistici. Con la creazione dei sottogruppi nel panel dei laureati secondo il criterio ‘istruzione’ è stato possibile poi di associare i vari stadi di ‘istruzione’ con stati e misure di altre variabili (‘atteggiamento’, ‘contatto L1/L2’ ecc.) osservando quale pesava di più nel binomio mantenimento / logorio del romeno L1 in Italia.

3.1.5. The Native Speaker Evaluations Quasi alla fine del percorso della ricerca, nella fase di analisi dei dati, è stato osservato che alcuni fenomeni linguistici dai corpora degli immigrati potevano essere interpretati in base al (possibile) influsso diastratico di una varietà di romeno della Romania, quando invece si aveva pensato di avere di fronte esiti dovuti al contatto con l’italiano L2. Ciò significava anche il fatto che l’uso di alcune tecniche e strumenti adoperati fino a quel momento era insoddisfacente per perseguire tutti gli scopi della ricerca. Per indagare sulla possibile sovrapposizione di ragioni diverse alla base delle stesse innovazioni, si è proceduto all’adattamento di tecniche collaudate come matched guise di Lambert (1967) e soprattutto subjective reaction test di Labov (1966). Il matched guise test di Lambert (1967), apparso nell’ambito degli studi sociologici, non concentrava l’analisi solo sull’atto linguistico, ma investigava il significato socio84

culturale che gli ascoltatori attribuivano all’uso delle lingue del repertorio (per esempio, fra inglese e francese in Canada). Il subjective reaction test di Labov (1966, 405-54, 1994, 509- 511, 2001, 194-195) è un adattamento del test di Lambert a fini più propriamente linguistici. La nuova tecnica andava a isolare alcuni costituenti di parlate individuali, concentrando l’analisi al livello di variabili linguistiche. Venivano presentato agli ascoltatori un set di enunciati con diversi valori della variabile isolata dal ricercatore (per esempio, [r] articolata o non articolata a fine sillaba).

La tecnica The native speaker evaluation (in Cherciov3 2011, 119-122) ipotizza che l’ascoltatore potrebbe discernere fra gli eventuali stili conversazionali dello stesso parlante, come anche fra una parlata ‘diversa’ e una più ‘nella norma’ di una varietà di lingua. Da questo ha risultato che, diversamente da quanto capitato nei test sociolinguistici sopramenzionati, agli esaminatori non sono state sottoposte varianti di variabili linguistiche e/o registrazioni di gruppi di controllo, ma i soli esiti problematici. Questi esiti, sotto forma di spezzoni audio o sotto forma di enunciati di testo, sono stati presentati quindi a un panel di cinque monolingui della Romania che corrispondevano al profilo dei bilingui del gruppo sperimentale (meno la conoscenza dell’italiano). È stato richiesto loro di esprimere post hoc opinioni sulla provenienza geografica dei soggetti della ricerca, sull’estrazione sociale di questi soggetti e sulla comprensibilità dei loro enunciati. Non è stato chiesto espressamente agli esaminatori se gli enunciati contenessero fenomeni ‘fuori dalla norma’ del romeno, ma è stato suggerito di esprimere un’opinione rispetto a quello che ascoltavano/leggevano. Sono state così sollecitate valutazioni più possibilmente dettagliate sui fenomeni linguistici. Gli esaminatori hanno assegnato agli enunciati loro sottoposti vari giudizi (e con gradi di precisione ogni volta differenti), che il ricercatore ha successivamente ordinato in una serie graduale. Le risposte sono state libere, non imposte dal ricercatore precedentemente; sono state le opinioni espresse dagli esaminatori ad essere a posteriori inquadrate in una di queste categorie scalari: ‘si dice così nel romeno letterario’, ‘si dice così nel romeno di ogni giorno’, ‘si dice così nel romeno, ma non mi sembra del tutto a posto’, ‘ho sentito dire così, ma è un uso scorretto’ e ‘non si dice così in romeno’. L’applicazione di questa tecnica ha permesso di ottenere due risultati profittevoli. Da un lato, si è potuto stabilire che nell’ascolto delle registrazioni/nella lettura degli enunciati se gli esaminatori avvertivano l’estraneità geo3 “The main purpose of this task was to examine whether the long-time migrant bilingual speakers in our study are perceived as migrant/non-migrant speakers in Romanian or native/non-native in English by Romanian non-migrant and English native speakers respectively” (ivi).

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grafica4 dei soggetti della ricerca, ovvero di una pronuncia diversa da quella abituale del romeno (nel caso dell’ascolto dei brani). Da un altro lato, si ha avuto un elemento di controllo supplementare circa l’assegnazione del luogo di apparizione delle innovazioni in questa varietà di romeno, nell’intento di distinguere fra quelle nate nel parlato degli immigrati una volta arrivati in Italia, come risultato del contatto con l’italiano L2, e fra quelle che trovavano inizio nel romeno, e quindi probabilmente presenti nella loro lingua prima dell’emigrazione. (Certamente, anche queste innovazioni sarebbero da considerare risultato del contatto linguistico.) Questo secondo interrogativo guida l’intero lavoro di analisi dei fenomeni di contatto, come si avrà modo di vedere nel capitolo quattro e nel capitolo conclusivo (il quinto).

3.2. Strumenti della ricerca quantitativa Per analizzare sia il bilinguismo sia le innovazioni nella prima lingua degli immigrati si sono creati più corpora. In primo luogo, per trovare le innovazioni, si è creato un corpus di dati ‘naturali’ in L1 ottenuto con registrazioni presso i diplomati, in secondo luogo, per l’analisi del bilinguismo dei laureati e per verificare se si ritrovano le stesse innovazioni, si è creato un corpus in L1 e in L2 ottenuto con registrazioni di narrazioni su un tema imposto (narrazione Charlie Chaplin) e un test di abilità linguistica generale in L1 e in L2 (CTest). In fine, l’analisi dei dati di un corpus dei due forum romeni più importanti in Italia ha permesso di controllare se certe innovazioni si presentano anche nel romeno L1 scritto. Questa ricerca condivide in parte il design sperimentale di alcune ricerche che studiano il logorio linguistico presso immigrati bilingui (Dostert 2009, Cherciov 2011) in base a un metodo e a un set di strumenti sviluppati da M. S. Schmid (2005), presentati nel manuale di ricerca The Language Attrition Test Battery. Si sono scelti e adattati il questionario sociolinguistico, il compito Charlie Chaplin e il C-Test. Principalmente, il compito Charlie Chaplin e il C-Test promettono di dare una valutazione dell’abilità linguistica generale del soggetto bilingue. Strumenti di indagine per il gruppo sperimentale di 15 soggetti bilingui laureati: •

Questionario sociolinguistico (rilevare atteggiamenti verso le due lingue) (scritto in L1),

4 È utile ricordare che i fenomeni innovativi nel romeno L1 chiaramente dovuti al contatto con italiano non sono stati inclusi nel test.

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• •

Narrazione di dieci minuti di una scena del film Modern Times di Chaplin, da registrare in forma digitale, cinque minuti per ogni lingua, C-test (scritto in L1 e L2).

Strumenti di indagine per il gruppo sperimentale di 10 soggetti bilingui diplomati: • •

Questionario sociolinguistico (rilevare atteggiamenti verso le due lingue) (scritto in L1), Conversazioni a tema libero, senza l’intervento del ricercatore, da registrare in forma digitale (orale). Ogni soggetto riascolterà le sue parole, cancellerà a sua discrezione parti della registrazione e darà il consenso all’uso scientifico dei dati da lui forniti.

Strumenti di indagine per il gruppo di controllo romenofono: • • •

Breve questionario sociolinguistico per avere dati sulla competenza linguistica dei romeni non immigrati, C-test (scritto in romeno), contiene problemi di lingua romena isolati prima della costruzione della ricerca, Narrazione di dieci minuti in romeno di una scena del film Modern Times di Chaplin, da registrare in forma digitale.

Strumenti di indagine per il gruppo di controllo italofono: • •

C-test (scritto in italiano), contiene una versione in lingua italiana del test, Narrazione di dieci minuti in italiano di una scena del film Modern Times di Chaplin, da registrare in forma digitale.

3.2.1. Questionario sociolinguistico Il bilinguismo non è un valore dato per sempre, ma – in una prospettiva funzionale (Grosjean 1998) – può variare secondo una serie di fattori psicologici, demografici, sociali dati dalla situazione di discorso. Adattamento del questionario sociolinguistico sviluppato in inglese da Schmid (2005), originariamente collaudato su immigrati olandesi in Canada e costituito da 79 elementi, il presente questionario si propone di registrare, oltre variabili fisse come età, istruzione, genere, periodo di immigrazione, specifiche anagrafiche, distribuzione in reti sociali, anche un insieme di opinioni sulle lingue/culture in contatto.

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Per provare se la lunghezza del questionario sociolinguistico (67 elementi) poneva questioni di ‘response set’ (Marradi 2007, 117), cioè di risposte distratte a una batteria troppo lunga di domande, il questionario è stato utilizzato preventivamente su due immigrati bilingui con le caratteristiche dell’auspicato gruppo sperimentale. I soggetti hanno mostrato forte motivazione e volontà di impiegare quasi un’ora per rispondere alle domande, quindi la forma del questionario è rimasta quella presente. Il ricercatore ha avuto un “ruolo attivo e un atteggiamento critico” nell’assicurarsi che i soggetti avessero riflettuto sulle domande (ibidem, 151). Il questionario sociolinguistico esamina quattro zone concettuali riguardanti l’immigrato: a) dati personali, b) contatto L1/L2, c) scelta delle lingue, d), e) abilità in L1 e in L2, f) atteggiamento verso L1/L2. Tabella C. Indicatori sociolinguistici del questionario con le rispettive variabili a) Dati personali

Età al momento presente Età al momento dell'immigrazione Periodo dell'immigrazione Genere Livello d’istruzione nel paese L1 b) Contatto L1/L2 Frequenza delle visite nel paese L1 Uso di L1 Lingua nativa degli amici % (percentuale) di L1 nelle reti sociali Contatto con ‘casa’ in L1 L1 al lavoro Lingua nativa del partner / ex-partner c) Scelta delle lingue L1 in chiesa L1 con il partner al momento / anteriormente L1 con i nipoti Lingua calcoli mentali / Lingua parlata da soli L1 con la famiglia L1 con gli amici L1 con gli animali di compagnia L1 nelle associazioni L1 Uso di L1 nei media consultati d) Abilità in L1 L1 al momento presente L1 all’inizio dell’immigrazione Cambiamento delle abilità in L1 Bilinguismo L1 / L2 Giudizio sugli altri e) Abilità in L2 Lezioni di L2 in Romania e in Italia Livello istruzione nel paese L2 L2 al momento presente L2 prima dell’immigrazione

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f) Atteggiamento

Importanza del mantenimento di L1 Importanza che i figli apprendano L1 Preferenza culturale/di lingua Importanza di L1 nel contatto con il paese di provenienza Nostalgia di casa Disturbato da accento L1 nella parlata in L2? Intenzione di tornare? Scelta giusta, emigrare?

Si spera che concetti come ‘importanza di parlare in L1 con i figli’ rappresentino non solo per il ricercatore, ma anche per i soggetti, l’estensione concettuale degli indicatori principali (‘scelta di lingua’, ‘contatto L1/L2’, ‘atteggiamento’). La tecnica adoperata per rilevare le opinioni dal questionario sociolinguistico è la scala Likert (Schmid 2005), con la quale viene chiesto ai soggetti di rispondere alle domande con una scelta fra gradi differenti (e messi in progressione) di approvazione. A ogni risposta viene dato un codice (1, 2, 3, 4, 5) simbolico e non numerico, che in seguito entra in un algoritmo di misurazione di indici come ‘scelta di lingua’, ‘abilità linguistiche’, ‘contatto L1/L2’, ‘atteggiamento verso L1/L2’. Questi indicatori – tra l’altro – sono importanti per le ricerche menzionate sopra, che studiano il logorio linguistico presso la L1 di popolazioni immigrate. All’opposto dei risultati che indicano il logorio si trovano quei risultati che indicano il mantenimento della prima lingua. Per la presente ricerca, l’interpretazione degli indicatori calcolati dall’algoritmo con Excel (rappresentando misure di atteggiamenti e opinioni) è quella della ‘diretta proporzione’. Più la cifra nella casella è alta, più ‘scelta di lingua’, ‘contatto L1/L2’, ‘atteggiamento’ vanno verso il mantenimento della L1 in ambiente L2. Tabella D. Esempio di calcolo con l’algoritmo del questionario sociolinguistico Soggetto Esempio 1 Esempio 2 Min >< 4.0

Index scelta 3,7 2,9 1.6 >< 4.9

Index atteggiamento 3,9 1,9 1.0 >< 4.0

Propensione mantenimento 11,6 7,1 > mantenimento L1 >

Le risposte al questionario del soggetto esempio 1 conducono a dei valori degli indicatori ‘contatto’, ‘scelta’ e ‘atteggiamento’ come quelli proposti come esempio illustrativo nelle caselle. Un’analisi si può fare all’interno della tabella D per paragonare i risultati dei due soggetti rispetto ai diversi indicatori. Si può dire, per esempio, che l’indicatore ‘atteggiamento’ del soggetto esempio 1 è quasi al massimo e superiore al corrispettivo dell’esempio 2. 89

L’altra analisi si può fare sommando gli indicatori, che sono in questo caso diventano numerici, per analizzare così la propensione al mantenimento in L1. Alla base, la ‘diretta proporzione’ vuol dire che più il valore espresso in codici non numerici (tuttavia presenti nelle celle come cifre) è alto, più l’indicatore che sta misurando si inclina verso il lato della prima lingua/cultura L1, e viceversa – verso la lingua/cultura L2 – se il suo valore e inferiore. Un indicatore importante è quello delle ‘reti sociali’ (per la discussione teorica si veda 2.2. Caratteristiche socioculturali e per i dati 4.3.4. Reti sociali e mutamento). Vale la pena riportare le variabili che lo compongono, nel questionario alle domanda 48 e 49 (le tabelle sono qui accorciate; la Tabella Parlo Italiano della domanda 49 non è stata riportata). “48) Includa nella tabella le persone dalla Romania o dall’Italia con le quali comunica più spesso. Se considera opportuna, la rubrica del nome può anche essere vuota. Attraverso questa tabella, vorrei capire che lingua lei usa di più: il romeno o l’italiano. Ho completato io stesso la prima riga, come esempio.” Tabella E. Scelta delle lingue Nome

Dove vive

Nazionalità

Incontrati come?

Da quando vi conoscete?

È un parente? Quale rapporto?

Che lingua parlate?

xxx …

RO …

RO …

Sorella …

25 anni …

Si, sorella …

Romeno …

“49) Adesso indichi in che misura lei usa la lingua romena nella Tabella parlo romeno e la lingua italiana nella Tabella Parlo Italiano (qui non riportata, formalmente identica alla Tabella Parlo Romeno). Lasci pure libera la casella che non la riguarda.” Tabella F. Tabella ‘parlo romeno’ Tabella parlo romeno Sempre

Spesso

A volte

Raramente

Molto raro

Mai

Con i parenti Con gli amici Con gli animali in casa Al lavoro In chiesa Nei negozi, bar In gruppi, organizzazioni Con certe occasioni (quali?)

Con l’aiuto dell’indicatore ‘reti sociali’ si cercherà di capire il tipo di collocamento sociale degli immigrati facendo emergere le discordanze tra gli atteggiamenti dichiarati dai soggetti – spesso inconsapevoli di mentire – e i 90

comportamenti sociali e le preferenze culturali/linguistiche reali. Risultati del questionario come quelli sulle reti non valgono solo per interpretazioni di ordine antropo- e sociolinguistico; essi saranno in seguito associati con le misurazioni degli indicatori principali determinate dal questionario e con la frequenza delle innovazioni presenti nei compiti di lingua degli stessi soggetti, allo scopo di capire di più sulla presenza e la trasmissione delle innovazioni in L1 (cfr. 4.3.).

3.2.2. Compito narrativo Chaplin Il compito di narrazione di sequenze dal film Modern Times di Chaplin è noto in ambito dell’acquisizione di lingue seconde (Perdue 1993, Chini 1998), adoperato fra l’altro all’Università di Pavia per il progetto PRIN “Struttura del lessico e competenza testuale in lingua seconda: prospettiva acquisizionale e prospettiva interazionale” (responsabile M. Chini), allo scopo di studiare aspetti dell’acquisizione di competenze testuali nella strutturazione di un testo narrativo presso apprendenti madrelingua tedesca e spagnola. Il compito della narrazione di film senza sonoro è stato adoperato, tra l’altro, per studiare l’effetto del logorio in L1 a livello lessicale presso immigrati adulti della prima generazione serbi e croati in Norvegia (“retelling” in Skaaden 2005). Si è adoperata qui la versione del The Language Attrition Testing Battery (Schmid 2005) del compito Chaplin, allo scopo di studiare l’abilità di produrre narrazioni orali – a tema – presso i laureati bilingui. Le scene del film sono particolarmente intense: il protagonista appena fuori dalla prigione incontra lei, una senzatetto che ruba un pezzo di pane; appare un poliziotto aggressivo, loro scappano insieme e nell’interazione immaginano la casa e il pranzo dei sogni. Le immagini non sono molto lontane dalla vita nell’immigrazione di molti romeni, forse non dei laureati intervistati; questo fattore permetterà – presumibilmente – un livello alto di coinvolgimento emotivo e potrebbe portare a minimizzare la tendenza di rispettare la norma del romeno durante la narrazione. Nell’intento di ridurre più possibilmente l’incidenza della variabile ‘comprensione’ sulla produttività linguistica, si è scelto di introdurre il soggetto al tema del film, nonché di fare visionare la sequenza da narrare due volte: una prima volta il soggetto ha guardato il film assieme al ricercatore, libero di chiedere qualsiasi cosa e di ricevere risposte a qualsiasi dubbio sul film e sul task da eseguire dopo. Per ridurre il peso della variabile ‘velocità’ della trama del film sulla produzione linguistica durante il compito, la prima visione del film è stata – dove richiesto dal soggetto – messa in pausa per chiarimenti sul contenuto del film. Una seconda volta appunto il soggetto ha rivisto il film e ha narrato, libero di inserire qualsiasi commento, con la condizione di 91

non allontanarsi troppo dal filo dell’azione in corso sullo schermo, nell’impossibilità di rivolgersi al ricercatore per domandargli altro. La produzione audio del soggetto è stata registrata, in base alla scelta del soggetto, una metà in L1 (5 min) e l’altra metà in L25. Sembra che il possibile logorio in L1 incida – a livello psicolinguistico – più sulla produzione linguistica che sull’abilità di ricevere e collocare il materiale lessicale (Andersen 1982). Non essendo una produzione orale spontanea, ma imposta e con un tema predeterminato, il compito aggiunge uno stratagemma per poter ottenere un corpus di lingua con dati abbastanza vicini a quelli ‘genuini’ della conversazione libera. Per arrivare a ciò il compito è stato progettato per essere risolto sotto la pressione del tempo: il parlante è istruito che il film che starà vedendo non si potrà fermare se perderà il filo della narrazione, in più è pregato di dare più dettagli possibili. Il soggetto è così messo alla prova per trovare le strutture lessico-grammaticali adatte a narrare le immagini televisive. Simboli CHAT sono stati adoperati nella trascrizione di questo corpus (cfr. Appendici 5 e 6), mentre il software CLAN ha permesso di calcolare la diversità lessicale. Si è scelto di non calcolare indici ispezionati con CLAN in altre ricerche (“fluency measures: the number of pauses, the number of repetitions, and the number of retracings” – Cherciov 2011, 109), a causa della loro ridotta rilevanza rispetto agli interessi della presente ricerca6. D’altronde, non ottenendo un corpus troppo grande, è possibile rilevare ‘a occhio nudo’ alcuni fenomeni, come per esempio il totale delle preposizioni. Infine, quantificare le pause, le ripetizioni e i riempimenti sonori serve abbastanza poco, poiché anche davanti a un corpus ricco di questi dati presso gli immigrati studiati, essi non possono essere separati in modo sostanziale dalla strategia di discorso. Lo mostra per il romeno recente Ionescu Ruxăndoiu (2000, 33) la quale mostra alcune funzioni discorsive delle ripetizioni: - semplice mezzo per guadagnare tempo e per meglio pianificare il proprio intervento; - funzioni “cognitive complesse”: produrre e comprendere gli enunciati; sottolineare gli oggetti essenziali / problematici; - funzioni “testuali”: “creare coesione fra gli enunciati”, commentare; - funzioni “stilistiche”: enfasi, coinvolgimento emotivo; - funzione “argomentativa”: amplificazione dell’efficienza argomentativa; 5

Le indicazioni complete del procedimento sono specificate in Appendice 3. I punteggi ottenuti dai soggetti immigrati per queste variabili sembrano essere – nella maggioranza dei casi che studiano il logorio lessicale con il compito Chaplin – maggiori rispetto a quelli del gruppo di controllo. Così anche nel caso dei romeni in Canada: “The results (…) reveal that, on average, the participants in the bilingual group produced more pauses, repetitions, and retracings in the L1 and the L2 than the monolingual Romanian and English control groups” (Cherciov 2011, 114). 6

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- funzione “conversazionale”: assicurare il processo conversativo, cedere la parola; - funzione interattiva: segno di coinvolgimento nell’atto comunicativo come atto di scambio, di accordo/disaccordo, di segno di sorpresa, attraverso cui si sollecita la correzione e la precisazione di alcuni elementi (problematici).

Più interessante sarà invece osservare attentamente nel corpus della narrazione le varianti fuori norma (e le innovazioni), le preferenze sintattiche e grammaticali in L1, e le condizioni in cui appare la commutazione di codice. Avere impostato uno schema in cui il compito sarà fatto anche in L2 permetterà di fare più luce sul livello di bilinguismo individuale e di gruppo, specie se i dati risultati saranno associati con quelli ottenuti al C-test e in seguito con gli indicatori sociolinguistici del questionario.

3.2.3. C-test Il compito C-test (Grotjahn et al. 2002) è un test di abilità linguistica generale, costruito sul concetto di ‘riduzione della ridondanza’. La sua funzionalità è stata collaudata presso varie lingue (inglese, lingue romanze, germaniche, ungherese, turco, giapponese) e tuttora è adoperato in studi sull’apprendimento di seconde lingue di adulti. Il soggetto deve completare 20-25 inizi di parola in non più di due minuti per ogni testo. L’inizio di parola è costituito da una lettera o più e il soggetto deve trovare la parola adatta all’enunciato e completare la parte mancante. Il completamento dell’intero compito, trovare intorno a cento parole, non può superare trenta minuti. I testi sono presentati nel seguente ordine: primo il meno difficile, secondo il più difficile, poi gli altri in ordine progressivo rispetto alla difficoltà. La versione del C-test adoperata per la lingua romena è realizzata da Cherciov (2011, 71-72). Si riporta qui un esempio (cfr. Appendice 5): “Satul reprezintă cea mai veche formă de locuire a peisajului geografic românesc. Leagănul civil________ românesti, sa________, locul un________ poetul Lucian Blaga cons________ că s-a năs________ veşnicia, a cont________ la îmbog________ permanentă a tradi________ şi patri________ cultural. Încă din perioada Daciei prer________ se cons________ pe terit________ ţării noa________ existenţa constru________ din le__________, piatră şi cără________. Părăsirea Daciei d________ romani a d_________ la accentu________ ruralizării oraş________, predominînd aşezările alcătuite din bordeie şi amplasate aproape de pădure sau lângă cursul unui râu. Întemeierea Ţărilor Române şi apoi a României Mari a adus cu sine transformări profunde satului românesc.”

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[Le soluzioni, sono, in ordine: civilizaţiei, satul, unde, considera, născut, contribuit, îmbogăţirea, tradiţiilor, patrimoniului, preromane, constata, teritoriul, noastre, construcţiilor, lemn, cărămidă, de (de către), dus, accentuarea, oraşelor.]

La versione in italiano del C-test adoperata è fondamentalmente quella proposta da Grotjahn et al. (1994, 115-149). Si riporta qui un esempio (cfr. Appendice 6): “Collodi è l’autore dell’opera più bella e più viva della letteratura infantile italiana. Pinocchio, i________ suo protag________, è il pr________ amico d________ bambini italiani c_______, con l______, vivono l________ avventure fanta________, dal Campo d________ miracoli al ventre d________ Pesce-cane; con l_______ soffrono e s_______ divertono, se_______ essere m_______ disturbati dall’int_________ moralistico e pedag________ della sto________. Pinocchio nacque p_______ caso n________ 1883 dalla ma________ di Collodi, br_______ giornalista, m_______ scrittore se______ particolari prop______ letterari.” [Le soluzioni, sono, in ordine: il, protagonista, primo, dei, che, lui, le, fantastiche, dei, del, lui, si, senza, mai, intento, pedagogico, storia, per, nel, mano, bravo, meno, secondo, propriamente.]

Il risultato del C-test è la somma di tutti i valori ottenuti ai testi compilati, che, per 100 parole, può arrivare a un massimo di 9007. La performance di cui da conto il C-test è indicata da risultati numerici; più il risultato è alto più la performance è alta. Non si può negare il fatto che in questo senso interviene la variabile ‘comprensione del testo’. Nel caso del C-test traspare con forte evidenza il fatto dell’impossibilità di isolare e quindi di misurare separatamente ‘capacità cognitiva’ e ‘performance linguistica’. Questo significa che un risultato alto nel C-test non può assicurarci quanto il soggetto abbia compreso del testo che compila (Grotjahn, Tönshoff 1992). Tuttavia, nonostante questi limiti, il ricercatore ha la possibilità di esplorare fra le risposte ‘errate’ o approssimative il grado di creatività linguistica (più precisamente lessicale) e rilevare – se presenti – gli esiti di interferenza fra L1 e L2 apparsi nella compilazione. Il C-test può misurare solo in modo generale la performance nel settore della grammatica e della sintassi. Molto probabilmente il C-test non è uno 7 Il punteggio assegnato in base al quale l’algoritmo calcola la performance nel C-test da Schmid (2005): 0 = vuoto; 1 = parola scorretta e classe di parola scorretta; 2 = parola scorretta tuttavia classe di parola corretta; 3 = parola corretta tuttavia classe di parola scorretta; 4 = parola corretta, classe di parola corretta, tuttavia disaccordo grammaticale; 5 = parola, classe e accordo corretti, tuttavia permane un certo errore; 6 = variante accettabile, tuttavia grafia scorretta; 7 = parola corretta con grafia scorretta; 8 = variante accettabile; 9 = parola corretta.

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strumento adatto riguardo l’investigazione del mantenimento versus logorio linguistico (Cherciov 2011, 192-193), lo studio dell’erosione necessitando di strumenti più fini8. Il C-test può dare conto tuttavia della competenza linguistica generale L1 e del L2 del soggetto, e, con più precisione, può dare un’idea sul livello di bilinguismo, se applicato in L1 e in L2. Per misurare tendenze del mantenimento vs. logorio o del mantenimento vs. sostituzione di lingua, sono necessari strumenti di analisi più approfondita sui testi dei bilingui, con i quali associare i risultati del C-test per quel che riguarda la facilità con la quale viene ritrovato il materiale lessicale. A differenza di quanto capita con il compito narrativo Chaplin (cfr. 3.2.2.) che prova a misurare una produzione lessico-grammaticale in uscita, il C-test misura la capacità di ritrovare elementi lessico-grammaticali in un testo prestabilito. Inoltre, nella misurazione con il C-test intervengono variabili come ‘lettura’ e ‘scrittura’, che non ricevono punteggi e sui quali si possono dare solo giudizi indiretti, suggeriti dai risultati per la performance generale misurata dal test. In questo senso, i due compiti sono in qualche modo complementari.

3.3. Tecniche di ricerca qualitativa Lo studio del bilinguismo impone poter elicitare dati da entrambi codici (lingue) senza prediligere in qualche modo nessuno dei due (“ordine delle parole, in quale lingua presentare le istruzioni” – Walters 2005, 229). Essendosi proposti di studiare solo in maniera generale il bilinguismo (romeno L1 / italianoL2) e di più le innovazioni in L1, è stato necessario avere entrambi i tipi di dati9, prediligendo tuttavia i dati in L1. La situazione interattiva con i soggetti che hanno eseguito i compiti di lingua è stata impostata in L1 dal ricercatore, allo scopo di ridurre al massimo l’interferenza con la L2. Con questo filtro dovrebbero apparire nei corpora quelle istanze di interferenza più consacrate e più condivise da un numero ampio di soggetti (Grosjean 2011, 12). Così non è stato fatto nel caso della compilazione dei questionari e neppure nel caso delle registrazioni audio delle conversazioni dei diplomati, nelle quali invece sono stati i parlanti stessi a privilegiare la scelta del romeno L1 come lingua ‘matrice’ di dialogo. 8

In uno studio sulle lingue di anglofoni residenti da molto tempo in Germania, il C-Test non ha rilevato differenze significanti fra il livello lessicale del gruppo di controllo e quello del (presupposto) gruppo di bilingui con logorio in L1 (Dostert 2009). 9 È stato richiesto ai laureati di esprimersi in L2 nella seconda parte del compito narrativo Charlie Chaplin e nella seconda parte del compito scritto C-test (cfr. 3.2.).

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3.3.1. Registrazioni di conversazioni libere Una delle ambizioni iniziali nella progettazione di questo lavoro è stata avere molti di questi dati ‘naturali’, ottenuti tramite registrazioni per una durata di più di venti ore; alla fine, per mancanza di disponibilità dei soggetti, ci si è accontentati di meno di sette ore di conversazione libera, registrata in ambito informale presso immigrati diplomati. Condivisa dalla ricerca dialettologica, la tecnica risolve il bisogno di dati di produzioni orali spontanee senza che il loro tema e registro siano imposte dal ricercatore, in cui il bilingue imposti e sviluppi il discorso secondo i suoi bisogni comunicativi e psicosociali. Fondamentalmente ci si aspetta che l’innovazione, in frequenze e tipi, sia da scoprire nei discorsi degli immigrati soprattutto con questa tecnica. Le registrazioni hanno voluto sorprendere i soggetti nelle loro interazioni in cui ci si aspetta che usino la prima lingua, e in quelle situazioni informali della loro vita in cui i temi ‘caldi’ dell’immigrazione avevano più possibilità di apparire nei discorsi: riunioni familiari, incontri della domenica, il dopo-funzione fuori dalla chiesa. “La comunicazione orale, anche quando si realizza sotto l’impero delle norme letterarie, è caratterizzata da un rilassamento delle esigenze, permettendo (addirittura favorendo in determinate condizioni) la penetrazione di certi elementi marcati come non letterari, i regionalismi, elementi popolari e argotici. Un grado superiore di permissività in questo senso caratterizza l’uso familiare della variante standard: essa rappresenta l’anello di collegamento fra la variante letteraria e le altre ipostasi (non letterarie) attraverso le quali esiste e si manifesta la lingua romena” (Guţu Romalo 1996, 21, enfasi dell’autrice).

Sono stati registrati i dieci diplomati del gruppo sperimentale bilingue, ai quali non sono stati proposti i test, ma solo un questionario conoscitivo all’inizio del percorso dei tre anni (2009-2011). Un limite della ricerca è stato non provvedere anche a registrazioni di conversazioni libere di immigrati laureati (bilingui). “L’utilizzo socialmente e individualmente differenziato delle diverse varianti [varietà di lingua] ha come risultato testi che, per le loro caratteristiche, si collocano – in termini sociolinguistici – al livello “alto” o al livello “basso” della comunicazione” (Guţu Romalo 1996, 21, enfasi dell’autrice).

Avere già sottoposto i laureati a diversi test specifici di lingua, ha contribuito nella decisione di non applicare questa tecnica nel loro caso.

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3.3.2. Osservazione partecipante Traendo ispirazione dalla forza della tradizione dialettologica romena (ricordo qui solo Weigand con Linguistischer Atlas des Dacorumanischen Sprachgebietes, 1898-1909 a Leipzig e Iordan, con Arhiva,1923-1928 a Iaşi) e consapevoli dall’apporto che essa può dare alla sociolinguistica (Sornicola 2002), lo studio del romeno in Italia era iniziato – dallo studio pilota (Lazio 2002-2006) – come una ricerca in cui si annotavano le innovazioni e le preferenze dei parlanti in L1, cercando di associarne (o spesso solo di indovinare) una provenienza geografica agli immigrati romeni con i quali s’interagiva. Allora come adesso non è stato possibile adoperare il questionario e fare una ‘vera’ inchiesta; corrisponde invece alle esigenze imposte in questa sede la tecnica dell’osservazione diretta tramite partecipazione alla vita degli informanti e l’intervista approfondita, tecniche ‘qualitative’ integralmente condivise e apprezzate dalla ricerca sociologica non-standard (Marradi 2007, 90-93). In molti momenti, come sul lavoro (in pochi, tuttavia molto suggestivi casi), in strada, nei negozi, accompagnare i soggetti nelle loro interazioni più comuni ha consentito di fare osservazioni interessanti sulla distribuzione delle lingue nel repertorio e ha permesso di ottenere altre conferme sulla frequenza delle innovazioni in L1 comparse nelle registrazioni. Essere assieme ai soggetti ha permesso anche di controllare la veridicità delle loro risposte alle domande del questionario, come, per esempio, l’opinione sulla propria lingua (cfr. Appendice 1, domande 24 e 26). Dall’associazione fra i comportamenti nella vita di ogni giorno dei soggetti e alcuni risultati del questionario e stato rilevato che uno stato dichiarato su una variabile nel questionario sociolinguistico non corrispondeva sempre agli usi linguistici reali. Si tratta della nota ‘desiderabilità sociale’ (Marradi 2007, 110), fattore di disturbo che necessità essere sempre preso in considerazione ed eventualmente controllato con altri mezzi, come qui quello dell’osservazione. 3.3.3. Forum Di solito i forum sono presi in considerazione come database per ricerche quantitative di vario stampo, incluse quelle linguistiche. Non una tecnica, non uno strumento, il forum è un serbatoio di dati linguistici che – in certe condizioni – può funzionare da strumento ‘qualitativo’. In questo lavoro le innovazioni e in generale i dati dei forum rappresentano conferme di un mutamento in corso, se prima è stato rilevato con strumenti quantitativi e qualitativi presso i diplomati e i laureati. Non è stata eseguita una ricerca per ogni innovazione nei forum, bensì si è preferita una lettura esaustiva delle rubriche di lingua 97

e una lettura selezionata di parti dei forum e la loro analisi. A monte si è deciso quali discussioni coinvolgevano il piano emozionale degli immigrati, poiché presumibilmente là avremmo trovato una L1 meno controllata e più vicina al suo stato ‘naturale’. Una selezione a campione è stata fatta su queste discussioni più rilevanti, che costituiscono quindi il corpus dei forum; in seguito sono state cercate e (dove è stato il caso) analizzate le innovazioni condivise con altri corpora. I due più importanti e grandi forum dedicati ai romeni d’Italia – tuttora funzionanti, gestiti dagli immigrati – sono “Forumul românilor din Italia” (dal 2001 al 2007 all’indirizzo www.romaniinitalia.net/it/forum, oggi archivio, dal 2007 a oggi all’indirizzo www.romania-italia.info/) e “Forum ItaliaRomania.com” (dal 2003 all’indirizzo www.italiaromania.com/forum/). Il primo forum funziona senza interruzione dalla sua apparizione e offre informazioni pratiche come risposte alle domande (degli iscritti e dei visitatori) dal campo della giurisprudenza dell’immigrazione (lavoro, casa, salute, soggiorno in generale), informazione culturale (nozioni di lingua italiana e romena, eventi artistici, religione), pubblicità e servizi. La seconda funzione dei forum è quella di facilitare una discussione informale su temi proposti dagli iscritti: notizie (locali o dalla Romania), turismo (in Italia e in Romania), educazione dei figli, gastronomia, vita di coppia, letteratura, sport. Una rubrica ‘calda’ è quella di “Să scriem corect... in română și italiană – nu vă supărați dacă vă corectăm” (Scriviamo correttamente …in romeno e in italiano – non ve la prendete se vi correggiamo). Questi i temi delle discussioni riguardanti le lingue, rilevati dall’archivio del forum (discussioni fino al 2007: http://www.romania-italia.info/forum/b13/) e dal forum attivo (http://romania-italia.info/roit/sa-scriem-corect-in-romana-i-italiana/) al 15 settembre 2012, nell’ordine di numero di visualizzazioni10: Lingua romena per romeni (totale visite 66.151): generalità 12173, pronumele la dativ si la acuzativ 11709, gramatica 1702, Cind se foloseste conjunctivul? 1335, Î VS Â 2740, Cand scriem "nostri" si "vostri" cu doi i ? 1328, folosirea articolului genitival 1904, Declinarea pronumelui relativ "care" 2581, Cuvinte imprumutate din alte limbi 6870, remarca/remarci... remarce?? 3797, Limbaj messenger sau diactrice? 1547, Genul substantivelor 3580, Prepozitii si adverbe 2000, Greseli frecvente in limba romana 693, Imperfectul verbului "a vrea" 9102, complementul indirect! 1062; Limba romana, aceasta necunoscuta 881, Faceți, Făceți-le 108, Sa ne exprimam corect 420, După 19 ani de la introducerea cuvântului ”sunt”, românii încă scriu și pronunță “sînt” 285, Biblioteca online 334;

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È stata riportata la grafia originale dei forum, sia per il romeno sia per l’italiano.

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Italiano per romeni (totale visite 56706): periodo ipotetico si11 congiuntivo imperfetto 13130, Timpurile verbale in italiana 14666, Probleme la invatarea limbii italiene 15729, Cum se zice ? 1401, poti invata singur? 4708, ed/ad sau e/a? 1342, gramatica lb. italiene 2381, Invatati Italiana 759; Citeva reguli gramaticale italiene 61, Perioada ipotetica din Limba Italiana 430, Parliamo italiano 581, "CI" si "NE", cand si in ce contructii verbale se utilizeaza? 134, Probleme cu gramatica italiana 406, Conjugările verbului 978; Limba romana pentru straini (italieni) (totale visite 56.006): As vrea sa invat romaneste 41155, Italienii care iubesc româna 1262, Modi e tempi verbali in romeno 5849, As vrea sa invat romaneste 735, Tempo Imperfetto in lingua romena 776; altro 6229; Traduzione romeno-italiano, italiano-romeno: diverse discussioni, totale visite 52432; Argomenti identitari ‘caldi’ sul mantenimento/deperimento del romeno (totale visite 13.706): despre mutilarea limbii române 1342, Il rotaliano (la varietà di romeno d’Italia): O noua limba? Italo-romana... 3257, Jurnalistii la ce scoala merg? 1796, Saraca limba romana 534, Eu credeam ca ma prostesc in rotaliana 1074, din tezaurul limbii romane - problema ptr toti 470, Neclasificarea limbilor in foaie verde si solzi de peste 2726, rumeno sau romeno??? 1618, probleme de exprimare în limba românã 889; Strumenti digitali per imparare il romeno e l’italiano (lingue e dizionari online): diverse discussioni, totale visite 24.003.

Il forum è scritto in romeno, nondimeno uno spazio in lingua italiana è dedicato agli iscritti di italofoni (di solito coniugi di romeni). Uno spazio insolito e molto visitato nel primo forum è il “Libro nero dei romeni in Italia - il libro nero dell'associazionismo romeno in Italia” dove gli iniziatori si assumono il ruolo e la responsabilità di opinion leader all’interno della comunità. Le segnalazioni di difetto dei romeni persone pubbliche nei confronti di connazionali sono analizzate e infine pubblicate nel forum con il corredo di materiali necessari a comprovare gli abusi. Non è un terreno caotico di discussioni, ma uno spazio strutturato con admin e tre moderatori, non profit, sostenuto dalla forza di non pochi romeni conoscitori del campo dell’information tecnology e che si impegnano gratuitamente ad aiutare la comunità immigrata. L’informazione di tipo sociale costituisce il motivo più importante di traffico. Generalmente un romeno si iscrive, pone due-tre domande e riceve più di una risposta precisa e veloce, dopodiché, per usare le parole dell’admin “la maggioranza di questi visitatori sparisce o continua a leggerci in silenzio”. Nel momento di massima espansione di pubblico (e di dialogo) il forum ha avuto circa ventimila membri (2006). Con l’entrata nell’UE i problemi buro11

Grafia corretta: şi (it. e).

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cratici dei romeni in Italia diventano meno urgenti e il forum perde una parte degli iscritti e delle visite anonime centrate sui temi anagrafici dell’immigrazione. Il forum ha fatto quindi ‘reset’ nel 2007 per eliminare i membri ormai estinti, oggi contando circa 5000 partecipanti, di cui circa 3000 stabili e 300 perennemente attivi, con un rapporto donne / uomini di 1.2 / 1. In questo secondo periodo circa quarantamila computer unici accedono al forum ogni mese, cioè almeno quarantamila romeni immigrati, mentre il totale delle letture di elementi del forum arriva alla cifra quasi incredibile di mezzo milione al mese, e comunque la metà del totale delle letture prima dell’entrata della Romania nell’UE. Il secondo forum, di dimensioni inferiori al primo, è centrato sugli stessi temi e con la stessa logica. Dal 2003 a oggi ha avuto più di 3.500 argomenti di discussione e 73.000 messaggi. Vanta un numero simile di iscritti (cinquemila) e un traffico internet simile. La rubrica di lingua intitolata “Limba Italiana (si romana) pentru toti” (Lingua italiana (e romena) per tutti) (www.italiaromania.com/forum/forum.asp?FORUM_ID=36) al 15 settembre 2012 contiene questi temi, nell’ordine di numero di visualizzazioni: Italiano per romeni (totale visite 31.197): Curs practic [di lingua italiana] 2576, Cursuri limba italiana la Roma 2290, Curs italiana la Ravenna 262, Cursuri gratuite de competente lingvistice 575, Curs de limba italiana pentru straini 5374, Aiuto per scrivere in italiano 583, Invatarea limbii italiene 8506, Immigrati, via al test di italiano 1169, Vreau sa invat limba italiana 4131, Notiuni de gramatica si fonetica [italiana] 2451, folosirea infinitivului in limba italiana 1369, Articolul hotarat si nehotarat [italiana] 1911; Lingua romena per romeni (totale visite 18.687): La "Grammatica romena" [per romeni] 10860 [visite], Dex-ul corect politic (109), Greseli gramaticale [romeno] 5916, Linguaggio da SMS/internet 1802; Argomenti identitari ‘caldi’ sul mantenimento/deperimento del romeno (totale visite 8.218): Cuvinte romanesti vs Parole italiane 4859, Sa vorbim corect romaneste 2066, Orele de romana ucid literatura 102, Cei mai buni dintre straini 1191; Traduzione romeno-italiano, italiano-romeno: diverse discussioni, totale visite 2608; Strumenti digitali per imparare il romeno e l’italiano (lingue e dizionari online): diverse discussioni, totale visite 2193.

Come le conversazioni orali, anche quelle scritte (dei forum) risultate dall’interazione di soggetti che presentano caratteristiche comunitarie12 e cir12 Si è partecipato alle riunioni dei forumisti, che si incontrano più volte all’anno. Si tratta sempre di un core organizzativo di circa 40 persone, di cui una ventina partecipa quasi ogni giorno ai dialoghi (i moderatori) e di cui una decina di loro è indispensabile per gli incontri fisici (lo staff).

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coscritte all’etnicità e ai temi dell’immigrazione sono espressione di ‘discorso’ informale. Anche se il forum non è una chat room, la libertà data dall’anonimato e il tipo di scrittura che emula il parlato, specifiche della lingua di internet (Crystal 2001, 194), collocano questi testi nella zona del romeno popolare. Le discussioni nelle rubriche dedicate alla lingua dei due forum riflettono maggiormente l’insoddisfazione degli immigrati sugli effetti dell’interferenza nella lingua materna. Lo scopo – spesso esplicitato – è quello di correggere errori di L1 oppure quello di ricordare le valenze ‘positive’ di questa lingua. La dimensione linguistica risulta essere centrale nella conservazione dell’identità nazionale degli immigrati. Una discussione interessante è “Romania Da, Romania Nu – Si bune si rele, sa luam Romania pe toate partile” (it. Romania Si, Romania No – anche buone, anche cattive, prendiamo la Romania in tutti i lati) con settemila visite in cui gli immigrati entrano ‘in collisione’ non solo fra di loro ma anche con i connazionali dalla Romania. Il collegamento continuo, fisico e spirituale, con il paese di origine è la costante di questa rubrica e non solo, collegamento che costituisce una prova diretta dell’indicatore ‘trasnazionalismo’ (cfr. 2.1. Caratteristiche socioculturali… Integrazione e (trans)nazionalismo).

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4. Mutamenti nel romeno in contatto con l’italiano

In questo capitolo saranno descritte le dinamiche più rappresentative del romeno degli immigrati in seguito all’interferenza con l’italiano, in base ai fenomeni linguistici e sociolinguistici rilevati dalla ricerca. Secondo Berruto (2009a), i fenomeni riguardanti il contatto nel sistema linguistico si possono ridurre a due grandi classi: il prestito e l’interferenza. Per ‘interferenza’ l’autore ha in vedere “il trasporto di tratti, proprietà, categorie, regole (ai vari livelli di analisi, ma soprattutto morfosintattiche e semantico-pragmatiche). “Facendo un impiego dei termini “un po’ più specifico, ristretto e univoco rispetto ai vari impieghi che se ne trovano nella sterminata bibliografia in tema” l’autore intende per ‘prestito’ “il trasporto dall’uno all’altro dei sistemi linguistici in gioco di materiale ‘di superficie’, unità o items (per lo più e tipicamente lessicale e semantico-lessicale, anche se ovviamente non può essere escluso il prestito fonetico-fonologico e morfosintattico)” (Berruto 2009a, 8). Nella letteratura, specie di lingua inglese, solitamente con il termine ‘interferenza’ si intende l’azione di una L2 su una L1, ma anche il processo che va nel senso contrario (l’azione di L1 su L2) riceve vari nomi, come ‘substratum influence’, ‘transfer’ e ancora ‘interferenza’; Van Coeten (1988, 3) suggerisce di parlare in quest’ultimo caso (vale a dire l’azione di L1 su L2 nel corso dell’acquisizione di L2) di ‘imposition’, allo scopo di svincolare ‘interferenza’ dalla sovrapposizione di significati differenti. In questo lavoro, sulla scia di Gusmani (1981, I, 142) e Berutto (op. cit.), intendo con interferenza il processo (scaturito in situazioni di contatto) tramite il quale una lingua influenza un’altra, processo attuato dapprima nel discorso e i cui risultati possono andare a sedimentarsi al livello del sistema (o della langue – in termini saussuriani). L’interferenza è qui intesa dunque in senso generale, e a due sensi; tuttavia, visto l’oggetto del presente studio, in questa sede interessano i suoi esiti nella L1, la lingua romena degli immigrati in Italia. 103

La distinzione fra il livello del discorso (paragrafo 4.1.) e quello del sistema che adopero qui è una distinzione funzionale, con il ruolo di differenziare fra gli esiti del contatto specifici del discorso bilingue e quelli che si possono considerare ‘di sistema’ (paragrafo 4.2.). L’innovazione può scaturire dal livello di discorso; è invece più probabile rilevare i fenomeni di mutamento nel piano della ‘lingua’1. Eccetto il caso dell’istroromeno, i cui dialettofoni (bilingui) hanno subito l’influenza dell’italiano per molti secoli (Marioţeanu Caragiu 1975, Kovačec 1984), si verifica per la prima volta nella storia una situazione di contatto fra il romeno (degli immigrati) e l’italiano di portata così notevole, sia dal punto di vista socio-antropologico (cfr. Cap. 2) che linguistico. Pertanto, a interferire sono due lingue neolatine che si avvicinano per una serie di somiglianze e concordanze, mentre alcune differenze si minimizzano a livello dialettale2. Nel contesto romanzo, i sistemi fonologici del romeno e dell’italiano sono molto vicini, specie nell’esito delle affricate e in quello delle consonanti palatali (Lausberg 1976, 277). Una ricerca contrastiva fonostatistica sullo stadio recente del romeno e dell’italiano ha rilevato che “gli inventari fonematici qualche volta si assomigliano tanto che diventa molto difficile ogni tentativo di determinare le divergenze e specialmente il peso degli elementi differenti” (Maneca, Senatore Perillo 1977, 179). L’italiano ha “nella maggior parte dell’Italia” un sistema vocalico a quattro gradi, composto da sette vocali: [i, e, ɛ, a, ɔ, o, u] (Rohlfs 1966, 6). Il romeno non conosce l’apertura/la chiusura di [o] e [e], ma il suo sistema fonologico ha in più di quello italiano i fonemi [ǝ] “la vocale centrale per eccellenza” (Mioni 1973, 334) e [ɨ], la centrale non arrotondata “gutturale e palatale” (MeyerLübke 1890, 66, 226). Storicamente, l’italiano e il romeno concordano per quel che riguarda il plurale vocalico in -i (rom. fii, ‘figli’), il passaggio delle occlusive latine sorde [t, k] all’affricata alveolare sorda (di pizzicare [ts] e del rom. oţet, ‘aceto’), ma si separano per quel che riguarda la lunghezza consonantica, la geminazione essendo sconosciuta al romeno (lat. lacte > rom. lapte, ‘latte’), il cui sistema 1

Secondo la distinzione di Weinreich: “In speech, interference is like sand carried by a stream; in language, it is the sedimented sand deposited on the bottom of a lake. The two phases of interference should be distinguished” (Weinreich ([1953] 1968, 11). 2 Sulle concordanze linguistiche fra i dialetti del sud Italia e il romeno della Dacia, Iordan (1923-1938) ipotizzava che soprattutto le innovazioni comuni potevano essere elementi residui di un presunto periodo di intimo contatto fra queste zone di latinità, almeno fino al quinto secolo (Rosetti 1986, 81). All’analisi dialettologica le concordanze appaiono esiti concomitanti e piuttosto indipendenti, nel romeno come nei dialetti meridionali italiani; d’altronde, nell’area romanza il fenomeno non è circoscritto solo al caso preso in esame da Iordan (Ferro 2003, 185344).

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consonantico permette tuttavia maggiori possibilità di formare gruppi consonantici (Mioni 1973, 319). La chiusura del timbro della vocale [a] > [ǝ] non interessa il sistema fonologico italiano, tuttavia [ǝ] si trova a livello fonetico, come variante diatopica della pronuncia3. Come nel caso precedente, il fonetismo romeno arcaico [ĝ] è presente nei dialetti italiani (Rohlfs 1966, 261, 282). Un fonetismo incontrato nel dialetto moldavo (da dove proviene la maggioranza degli immigrati romeni) è la palatalizzazione della [n] > [ń] (Coteanu 1961, 120, Lăzărescu 1984, 221). Con [ń] viene approssimato nelle conversazioni degli immigrati il fonema [ɲ] di cigno, visto che nel romeno manca il fonema nasale palatale [ɲ] (Mioni 1973, 322). Anche il suono [ń] rom. joc, ‘gioco’, moldavo ĝioc; lat. (agg.) quinque > it. cinque, rom. ĉinĉi, ma moldavo șinși, it. reg. centr. [ŝ]inkue. Il parlante di romeno incontra più difficoltà con l’approssimante laterale palatale [ʎ] di gli, liquida inesistente nel sistema fonologico romeno (Coteanu 1961, 120, 150). Uno stadio primario dell’evoluzione della l/ll + jot si ritrova tuttavia nel moldavo (come anche nell’istroromeno): aliŭ (‘aglio’), hiliŭ (‘figlio’) (Meyer-Lübke 1890, 466). Il romeno degli immigrati potrà rendere [ʎ] con l’allofono [ł] del moldavo, una [l] palatalizzata in minore misura (Lăzăre3

In certe zone dell’Italia (Alatri, Campobasso, Abruzzo) [a] > [e]: trapene, mámmeta (Meyer-Lübke 1890, 279). Per quel che riguarda [a] > [ǝ], “verso una riduzione più o meno forte delle vocali atone tendono anche vasti territori dell’Italia meridionale (…): cfr. napoletano tradǝtorǝ ‘traditore’(…); cfr. barese addǝrǝturǝ ‘addirittura’” (Rohlfs 1966, I, 160, 161). 4 Secondo la linguistica romena si tratta in realtà di sottodialetti, poiché i dialetti romeno sono il dacoromeno, il meglenoromeno, l’istroromeno e l’aromeno. Si deve parlare, per esattezza, del sottodialetto moldavo (considerato anche nordico, assieme ai sottodialetti del nord-ovest della Romania) come uno dei sottodialetti del dialetto dacoromeno. In questa sede, per semplicità, si dirà ‘dialetto moldavo’ intendendo con ciò, ovviamente, il tipo di ‘sottodialetto’ specificato dalla dialettologia romena (Marioţeanu et. al. 1977).

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scu 1984, 216), come, similmente, la “predorsale” è resa con [ʎj] nei dialetti settentrionali e con [lj] nei dialetti italiani centrali (Mioni 1973, 57, 58). Alla luce dei tratti condivisi dalle lingue/dialetti, l’esistenza di una nota ‘tolleranza’ fonetica del romeno5 – oltre a costituire in sé una condizione che favorisce l’ipodifferenziazione nell’interlingua (Weinreich [1953] 1968), potrà facilitare il prestito e l’interferenza verso il romeno, a livello fonetico e fonologico e poi – come spesso accade – a tutti i livelli di lingua. Il lessico di matrice latina è ancora oggi vigoroso nel romeno, anche sotto forma di parole a “etimologia multipla” (Graur 1950) prese in prestito fra i secc. XVII e XX dall’italiano, dal francese e dal latino, molte delle quali presenti nel vocabolario di alto uso o nei vocabolari specializzati della lingua. Negli ambiti in cui gli inventari lessicali del romeno e dell’italiano condividono molto elemento latino-romanzo (Maneca 1969, Maneca 1972), il calco lessico-grammaticale sarà un procedimento molto attivo in Ro L1. Sarà interessante per la linguistica romanza osservare cosa capiterà con quei tratti che il romeno non condivide con l’italiano6, in seguito al contatto prolungato e al bilinguismo. Da un lato ci sono i tratti arcaici (come il neutro) e più conservativi rispetto a quelli dell’italiano (come i casi), da un altro lato ci sono le innovazioni in cui il romeno non concorda con l’italiano (la sostituzione dell’infinito con il congiuntivo, il futuro analitico ecc.). Si può ragionevolmente supporre che, nei punti ‘deboli’ (apud Coşeriu 1981) in cui il sistema-romeno già tende a operare innovazioni nella nuova situazione di contatto, esso favorirà o selezionerà probabilmente quei mutamenti che corrispondono alle differenze rispecchiate nella lingua che funge da modello. Per esempio, stando alle parole di Weinreich ([1953] 1968, 417), si può ragionevolmente prevedere che – per esempio – la morfologia (nominale e verbale) del romeno potrà dare spazio all’analitismo, sotto l’influenza della lingua italiana.

5 Con riferimento alla metatesi nelle parlate popolari regionali, uno dei più importanti studiosi di fonetica del secolo scorso affermava che nel romeno “esiste in grande misura una permissività collettiva per «gli errori» di pronuncia di chi posiziona i suoni nella parola in luogo diverso rispetto al posto tradizionale” (Puşcariu 1923, 379). 6 Con altre lingue romanze il romeno condivide tratti differenti. Per esempio, accanto allo spagnolo, al portoghese, all’engadinese e al retoromanzo, il romeno costituisce un gruppo in base ai seguenti fenomeni: “Acc. prep., left dislocations, clitic doubling, the infinite as a noun, dative as subject” (Posner 1996, 201). 7 “Significantly, in the interference of two grammatical patterns it is ordinarily the one which uses relatively free and invariant morphemes in its paradigm – one might say, the more explicit pattern – which serves as the model for imitation” (ivi).

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4.1. Esiti del contatto nel romeno L1 a livello di discorso 4.1.1. Introduzione Se dal lato pragmatico e psicolinguistico l’interferenza, la commutazione di codice e la traduzione sembrano essere caratteristiche “uniche solo nei bilingui” (Walters 2005, 16), l’analisi del discorso può fare luce sulle attitudini di cui si occupa la sociolinguistica interazionale (Gumperz 1982), poiché il livello del discorso immagazzina dati della costruzione identitaria nell’interazione sociale (“a group’s mixed ethnolinguistic identity” – Appel, Mysken 1987, 129). L’operazione mistilingue nel discorso rispecchia a livello linguistico una strategia psico-sociale che conferisce all’immigrato un’identità posizionata in diversi punti sul continuo dell’identità etnolinguistica. Per esempio, un’enunciazione mistilingue può costituire un posizionamento identitario del tipo noi-loro (18), uno più propenso verso la componente L1 (2) o un posizionamento identitario ibrido ed equilibrato L1/L2 (3). (1) e greu dar sîntem9 în doi, tiriamo avanti, ştii cum zic italienii [conv. dipl.] [L1 (è difficile ma siamo in due) / L2 / L1 (sai come dicono gli italiani)] (2) scrie, mamaie, cum se spune în limba română şi în limba italiană. giardino, il giardino, cu articolul, cu toate… după aceea zice: în limba română ştii cum? facem şi în limba română [conv. dipl.] [L1 (scrivi, nonna, come si dice nel romeno e nell’italiano) / L2 / L1 (con l’articolo, con tutto… dopo quello dice: sai come nella lingua romena? facciamo anche nella lingua romena)] (3) am venit în Italia, terţo nome: Nico [conv. dipl.] [L1 (sono venuto in Italia) / L2] Il quadro teorico dell’analisi del discorso è ampio e assai travagliato; in esso spuntano varie approssimazioni e discordanze concettuali tra i principali

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Per ogni tipo di fenomeno discusso si riporta solo un esempio per parlante. Ho scelto di scrivere sînt tutte le volte che il parlate pronuncia [sɨnt] per sunt (‘sono’), nonostante l’ortografia (etimologica) del verbo a fi alla prima persona sia nel romeno sunt. A sua volta, in questo lavoro il fonema rom. [ɨ] sito all’interno delle parole è ridato con la lettera î (secondo la tradizione ortografica della scuola di Iași) e non con la lettera â, imposta dall’Accademia romena il 17 febbraio 1993 (cfr. Academia Română, Institutul de Lingvistică «Iorgu Iordan» (1997), Îndreptar ortografic, ortoepic şi de punctuaţie (quinta edizione), Univers Enciclopedic, București e online http://www.acad.ro/alteInfo/pag_norme_orto.htm). 9

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modelli, dovute (anche) alle modifiche imposte del corso delle ricerche nella vasta area delle lingue in contatto. Se il modello interpretativo di Gumperz (1982) integrava motivazioni sociali nella descrizione della strategia comunicativa della commutazione di codice, se il modello di Thomason, Kaufmann (1988) voleva integrare i fattori sociali nella descrizione degli esiti del contatto10, il modello di Myers-Scotton (1992 e segg. – matrix language frame model), pur ammettendo che i gli esiti osservabili nel discorso sono scaturiti da elementi socio-e psicolinguistici, propone un’analisi macrostrutturale del discorso, in cui le lingue in contatto si combinano secondo criteri propriamente linguistici. Il modello vede le lingue in contatto come un dia-sistema linguistico in cui avviene l’inserimento di elementi di una lingua secondaria in una ‘lingua matrice’ sia a livello frasale sia a livello della proposizione o anche del sintagma. Il modello descrive, in modo talvolta troppo rigido (i vari esempi che seguono lo possono illustrare), le ‘regole’ attraverso i quali le lingue in contatto selezionano il materiale in questa struttura di discorso. Principalmente, l’analisi della commutazione avviene in uno schema in cui la componente ‘matrice’ impone alla lingua ‘inserita’ regole grammaticali e modelli morfologici (desinenze, prefissi, morfemi). Le regole morfologiche suggerite ai lessemi di una lingua inserita sono rispettate con coerenza variabile; nei prossimi esempi la lingua ospitata può essere l’italiano L2 (4-6) o il romeno L1 (7), le commutazioni sono in grassetto. (4) îmi făcuse mie scont come lavoratore dentro şi deja era foarte scump [conv. dipl.] [L1 (mi aveva fatto a me sconto) / L2 / L1 (e già era molto caro)] [scont è adattato, caduta della vocale] (5) eu cunosc sindaco de la Y. [conv. dipl.] [L1 (io conosco) / L2 / L1 (da Y.)] [sindaco, non adattato morfologicamente] (6) asta-i pentru bambìni, e dedicată [conv. dipl.] [L1 (questo è per) / L2 /, L1 (è dedicata)] (7) si face un’altra fattura [conv. dipl.] [L2/ L1 (fa) / L2] 10 “We certainly do not deny the importance of purely linguistic factors as pattern pressure and markedness considerations for a theory of language change, but the evidence from language contact shows that they are easily overridden when social factors push in another direction” (Thomason, Kaufmann 1988, 4).

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Data la complessa combinazione dei dati linguistici nel discorso è spesso difficile stabilire una categoria sicura in cui qualcosa accade. Considerato che il plurale in -i è condiviso dal rom. e dall’it., bambìni in (6) può molto bene non essere considerato commutazione ma prestito adattato. Sono quindi gli elementi fuzzy, come i prestiti con grado diverso di adattamento o gli ibridismi morfologici il cui modello non è sempre trasparente, a porre con urgenza il problema dell’importanza dell’individuazione del ‘codice di riferimento’ in cui si presuppone avvenga l’enunciazione, e che dovrebbe costituire il modello di base dei processi linguistici coinvolti nella commutazione. Nei casi di una coppia di lingue imparentate in cui la commutazione può scattare impercettibilmente (Auer 1998), vale ancora di più l’osservazione di Berruto circa la difficoltà di decidere quale è la lingua matrice in enunciati (come 8-9) in cui “pare che le due grammatiche siano integrate e compenetrate” (Berruto 2009a, 29-30). (8) sunt mereu în giro cu maşina [conv. dipl.] [L1 (sono sempre) / L2 / L1 (con la macchina)] [essere in giro; idiomatico; vs. rom. merg cu...] (9) soprattutto partea dinspre Italia e tutto mare, è difficile di arrivare via terra din Italia [conv. dipl.] [L2/ L1 (la parte dell’Italia è / L2 (+di) / L1 (dall’Italia)] Questo è uno dei motivi per cui la ‘commutazione’ nel senso risolutivo e restrittivo di ‘alternanza di due codici all’interno dello stesso enunciato’ risulta limitativo per la descrizione di fenomeni di discorso così complessi. Concepire invece il discorso bilingue come ‘enunciazione mistilingue’ presuppone ammettere l’esistenza di un’equazione dinamica fra le lingue in contatto in cui la lingua matrice – di volta in volta da trovare – considera gli inserimenti ricevuti come più estranei al suo codice (Muysken 2005, 122, Berruto 2009a, 2529). Per Muysken (2005, 22) la soluzione funzionale11 sarebbe considerare ‘lingua matrice’ (“language index”) la lingua che apre e che poi ‘governa’ l’intero enunciato della commutazione (government model). Nell’esempio (10) [L1 / L2 / (L1)], la matrice sarebbe la L1, a prescindere dell’esistenza nel discorso della seconda sequenza (L1) pe stradă.

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Sempre in una prospettiva funzionale, è la libertà creativa dei parlanti a scegliere come iniziare e ancorare la predicazione, come selezionare gli elementi dal loro repertorio multilingue (Matras 2009, 134).

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(10) m-am uitat la un po’ di gente (pe stradă) [conv. dipl.] [L1 (me ho guardato a [‘ho guardato a’]) / L2 / (L1 (sulla strada))] I fenomeni rilevanti a livello di discorso si possono differenziare (apud Berruto 2009a, 10) in tre classi: alternanza di codice, commutazione di codice (code switching) ed enunciazione mistilingue (code mixing). A questa descrizione credo possa partecipare in parte, come quarto elemento di confine, il calco, poiché i suoi principi semantici riguardano sia i meccanismi della commutazione sia quelli dell’interferenza strutturale in senso lato (le precisazioni sono rimandate al sottoparagrafo 4.1.3. Calco). In questo paragrafo saranno esaminati solo i fenomeni di discorso tipici dei bilingui. I prestiti e l’interferenza morfo-sintattica (‘structural borrowing’) – anche se intimamente correlati con le pratiche di discorso – saranno discussi separatamente nella seconda parte del capitolo (4.2. Esiti del contatto nel romeno L1 a livello di sistema). Questa separazione procedurale (Backus 2005, 314-315) ha lo scopo di facilitare l’esposizione e non di separare – teoricamente – risultati di pratiche altrimenti cooccorrenti. Gli esempi presentati in questo paragrafo sono riconducibili agli esiti rappresentativi del contatto a livello di discorso, con particolare attenzione alla lingua romena (L1). Affinché un esito divenisse un tipo – e quindi un elemento di discussione – gli esempi registrati hanno dovuto avere frequenze distribuite in tre dei quattro corpora, vale a dire nel corpus delle conversazioni libere, nel corpus della narrazione Charlie Chaplin e nel corpus dei forum (escludendo quindi il corpus – scritto – del C-test). L’etichetta accanto all’esempio citato contiene l’indicazione del corpus in cui quel tipo è presente con maggiori frequenze.

4.1.2. Commutazione di codice In questa fase del contatto, la commutazione occupa un ampio spazio nei discorsi dei bilingui romeni12, a dimostrare che la loro abilità bilingue (Poplack 1980) è elevata (cfr. 2. 2. Repertorio linguistico). I dati dei corpus mostrano che – nelle sequenze commutate – i bilingui realizzano sequenze coerenti (11), costruendo generalmente enunciati grammaticali13, con rispetto delle norme delle lingue in contatto. 12 Molto probabilmente anche l’anzianità dell’immigrazione è implicata. La generazione più anziana della comunità di romeni stabilita da centinaia di anni in Ungheria guarda con atteggiamento negativo la commutazione del codice, che abbonda nelle generazioni giovani (Borbély 1998, 319). 13 Anche il grado di adattamento morfo-fonologico dei prestiti è alto (cfr. 4.2.8. Prestito).

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(11) però ne dava un proiect a noi, mamele, ventiquattro din ventiquattro (ore) [conv. dipl.] [L2 / L1 (ci) / L2 / L1 (un progetto) / L2 / L1 (per) / L2 (ore)] [la commutazione avviene nei dativi morfologici L1 (nouă, mamelor), cfr. 4.2.1. Dativo e genitivo] Soprattutto nella commutazione, questo stile alternante, se si presenta con costanza nei discorsi degli immigrati, riflette l’espressione di un’identità mista14 (Gumperz 1982). Al contrario, se la commutazione di codice non costituisse qualcosa di molto vicino a un’operazione automatica, allora molto probabilmente il discorso che la incorpora non starebbe a indicare un’identità (bilingue) condivisa (Myers-Scotton 2002); ci sono tuttavia circostanze in cui questa marcatezza è motivata. È il caso in cui la commutazione ha una funzione eufemistica15: il parlante bilingue evita di esprimere un concetto considerato inappropriato (12) o volgare (13) nella L1 ma che – non percepito come tabu nella L2 – sceglie di esprimerlo con materiale linguistico della seconda lingua, con la quale commuta. Generalmente si tratta di epiteti e di espressioni fraseologiche. (12) Li-am făcut un compliment spunînd doar atît. Fanno VOMITARE, eco la parola giusta…[forum16] [L1 (gli ho fatto un complimento dicendo solo questo) / L2] (13) da ce eu dacă mă duc la biserică chiar mă duc pentru preot? ... xxx porca mizeria! [conv. dipl.] [L1 (ma come, se io vado in chiesa, davvero vado per il prete? xxx) / L2] Per Gusmani (1981, I, 106), “il successo che i termini d’origine straniera hanno come sostituti eufemistici di designazioni di oggetti e azioni per un verso o l’altro imbarazzanti, si spiega bene con il loro carattere ‘neutro’ e scarsamente evocativo”, almeno nella prima fase della diffusione della parola (…)”. Questo tipo di commutazione segnala spesso la presenza di conflitto fra i ‘vecchi’ e i ‘nuovi’ tratti dell’identità socioculturale del parlante, simboleggiati dalle due lingue del repertorio. Con riferimento soprattutto al parlato dei figli di immigrati (la generazione 1.5), la psicologia transculturale ha rilevato il fatto che l’uso di espressioni più o meno marcate, provenute da una lingua 14

Ciò accade nonostante l’attitudine purista nei confronti della L1 degli immigrati dichiarata e anche dimostrata nella socialità (cfr. Cap. 2). 15 Lo stesso si può notare in 4.2.8.1. Tipi di prestito e 4.1.3.1. Calco semantico, esiti dell’interferenza con i quali si evitano parole considerate nel romeno tabu. 16 Gli esempi dei forum sono riportati con la grafia originale.

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diversa da quella dei genitori, corrisponde al rifiuto di fermarsi nella configurazione della ‘vecchia’ identità. “D’altra parte di sostiene che l’uso della lingua del Pese di accoglienza può avere un effetto liberatorio (…). L’apprendimento e l’uso di nuove parole su cui pesava nella lingua d’origine l’interdetto familiare, sociale o culturale non fa più paura (…). In altre parole, con il ricorso alla lingua d’accoglienza, il soggetto inventa inconsciamente una procedura che gli permette di dire e di attenuare l’impatto di ciò che dice, una procedura che gli risparmia lo sforzo psichico dell’inibizione e della rimozione” (Castiglioni 2010, 69, enfasi dell’autore).

Un altro caso in cui la commutazione è marcata è la citazione di parole o frasi L2. Dal Negro e Guerini osservano (2007, 18-22) che i bilingui possono riportare nella conversazione citazioni nella seconda lingua del repertorio. Il parlante riporta il turno della conversazione alla quale si fa riferimento (14) oppure spiega una sequenza di L2 (15-16). (14) el zice, cică, signora, prendi soldi! prendi soldi, no, no, no! prendi soldi! [conv. dipl.] [L1 (egli, dice, tipo) / L2] (15) e greu dar sîntem în doi, tiriamo avanti, ştii cum zic italienii [conv. dipl.] [L1 (è difficile ma siamo in due) / L2 / L1 (sai come dicono gli italiani)] (16) Doresc sa cumpar un scaun-leagan (nu stiu cum se numeste in romaneste!) "sedie a dondolo"… [forum] [vorrei acquistare un scaun-leagan (non so come si chiama in romeno!) “sedie a dondolo”; vs. rom. balansoar; qui il calco scaun-leagăn traduce parola per parola sedia dondolo] Casi come questi sono indicatori di un bilinguismo equilibrato, in cui i bilingui cercano di disambiguare la commutazione (15) nel discorso e l’acquisizione di nuove parole (16) in L1. Considero qui con commutazione di codice l’alternanza di due codici all’interno dello stesso enunciato, mentre, con Muysken (2005, 3-4, 97, 122), ‘insertion’, ‘alternation’ e ‘congruent lexicalization’ sono meccanismi della commutazione con cui si prova a descrivere l’ampia gamma di realizzazioni mistilingue. Il modello ‘insertion’, ‘alternation’ e ‘congruent lexicalization’ ha il pregio di formare una scala di elementi ordinati secondo la progressiva complessità con cui le lingue in contatto sistemano il loro materiale a livello di enunciato. Ha invece il limite di far incontrare nella categoria dell’inserto un esito dell’interferenza appartenente sia al piano del discorso che al piano 112

della langue (cfr. 4.2.8.3. Assimilazione dei prestiti), visto che spesso nella categoria dell’inserto sono calcolati i prestiti culturali (17), che il parlante non adatta al corpo morfo-fonetico della lingua ‘matrice’ o classi senza flessione, come gli avverbi (18); tuttavia, inserti che non rispettano queste caratteristiche non sono rari17 (19). (17) eu cunosc sindaco de la Y. [conv. dipl.] [L1 (io conosco) / L2 / L1 (di Y.) (una città)] (18) sunt si cei care nu se intorc dar se duc volentieri ...atat cat timpul liber permite [forum] [L1 (sono anche quelli che non ritornano ma vanno) / L2 / L1 (…quanto il tempo libero permette)] (19) măcar dacă făceam un lavoro mai divertente [conv. dipl.] [L1 (almeno se facevo) / L2 / L1 (più) / L2] A prescindere del posizionamento tipologico delle lingue in contatto, l’enunciazione mistilingue coinvolge nella maggioranza dei casi il tipo di commutazione ‘insertivo’, con la differenza che dall’analisi di una coppia di lingue geneticamente e tipologicamente vicine (‘modello simmetrico’ – Muysken 2005, 16) dovrebbero risultare più rappresentati il tipo ‘alternante’ e il così detto ‘congruent lexicalization’ (v. infra). Al contrario di quanto capita in quest’ultimi due casi, nel caso della commutazione espressa con singole unità lessicali18 risulta più difficile discernere fra ‘inserimento’ e prestito19, situazione complicata dalla situazione di fondo lessicale comune delle lingue (romanze) in contatto (20). (20) am găsit porta închisă [conv. dipl.] [L1 (ho trovato) / L2 ? L1? (la porta) / L1 (chiusa)] [vs. rom. poarta] In casi estremi come quello delle lingue erose da contatto, lo stile insertivo può indicare invece una mancanza di competenza nella L1, essendo in quel caso “più spesso il segnale di lacune lessicali o di difficoltà di progettazione testuale e/o sintattica” (Dal Negro 2005, 164). 17 Parlo di quello che per Poplack (1980) rappresenta il prestito occasionale (“nonce loans”) e per Clyne (2003) “lexical transference”. 18 Escludo qui la commutazione con polirematiche, costruzioni definibili anch’esse come ‘unità’ ma si vedano gli es. 27 e 28 e il paragrafo seguente (4.1.3.2. Polirematiche). 19 I prestiti occasionali appaiono meno adattati (morfologicamente, sintatticamente, fonologicamente) dalla lingua in cui si enuncia.

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Nella prassi del discorso bilingue, i fatti sono spesso cooccorrenti. In molti casi, un inserto (come prima, in 21) L2 può innescare la commutazione concretizzata con una successiva sequenza L2, con l’esito di alternanza (Muysken 2005, 4), che si osserva con più chiarezza in relazione con la compatibilità o l’equivalenza delle due lingue al punto di commutazione (22). (21) sora mea a vut un accident prima ca eu sa fac la denuncia di smarimento del passaporto [forum] [L1 (mia sorella ha avuto un incidente) / L2 / L1 (che io faccia) / L2] (22) in ultimii ani e totul diferit. Il mondo va a puttane [forum] [L1 (negli ultimi anni è tutto diverso) / L2] Il tipo ‘congruent lexicalization’ (23-24) da conto di un enunciato mistilingue in cui si può osservare la convergenza dei modelli lessico-grammaticali delle lingue coinvolte, totalmente o in parte (Muysken 2005, 122). (23) băi, vezi că am trei metri da mandare in Inghilterra. Trei metri sînt anumite costi. Una volta că ai sempre trei metri plăteşti un tot; una volta că ai superat trei metri plăteşti un alt tot [conv. dipl.] [L1 (eila, vedi che ho tre metri) / L2 / L1 (tre metri sono certi) / L2 / L1 (hai) / L2 / L1 (tre metri paghi un tot) / L2 / L1 (hai) / L2 / L1 (tre metri paghi un altro tot)] (24) ‘expres’ vuol’ dir că azi ai trimis, il giorno dopo c’è già… la destìno: Spania, Germania [conv. dipl.] [L1 (espresso) / L2 / L1 (che oggi hai mandato), / L2 / L1 (alla destinazione?: Spania, Germania; (destinazione) vs. rom. destinaţie] Una delle caratteristiche prevalenti a livello di discorso bilingue presso i soggetti della ricerca corrisponde appunto al tipo ‘congruent lexicalization’, che di solito è rappresentativo per le seconde generazioni (Muysken 2005, 9, 122), mentre nella terminologia di Poplack (1980) la presenza di questi ‘intimate code-switching’ (commutazioni intrafrasali modulate sulle regole sintattiche di entrambi i codici) segnalerebbe una fase di bilinguismo maturo e avanzato. Il fatto è qui indubbiamente favorito dalla vicinanza tipologica delle lingue in contatto, alle quali i parlanti attribuiscono in generale uguale prestigio. Per Clyne (2003, 78) c’è bisogno di un’operazione concettuale con la quale separare il processo alla base del trasferimento di unità lessicali (‘insertion’) da quello alla base degli entrambi i meccanismi ‘alternation’ e ‘con114

gruent lexicalization’. Con questi ultimi, il parlante bilingue fa un’operazione di “transversion”, che è innescata da un “diverso processo psicologico” poiché coinvolge un’analisi più profonda, al livello delle strutture sintattiche dei due codici. “The speaker is crossing over into the another language rather than transferring something, a lexical item or unit from one language to another. (…) Transvertion includes both intra- and interclausal switching. It enables us to express ‘crossing over’ to the other language rather than alternating between the languages” (ibidem, 75-76, enfasi dell’autore).

In questa prospettiva funzionale del passaggio da una lingua all’altra la ‘matrice’ può imporre delle restrizioni sintattiche (“lexicosyntactic transference” – Clyne 2003, 78) all’enunciato. Nei prossimi esempi il soggetto discute con un suo parente in visita dalla Romania, quindi si trova in una situazione per cui il discorso è impostato nella modalità L1, con L1 lingua ‘matrice’ a imporre delle restrizioni. Qui (25, 26) il predicato (‘main verb’ – Muysken 2005, 67) – che dovrebbe determinare la ‘matrice’ – è una realizzazione condivisa in cui L1 sembra avere prevalenza. (25) dacă nu reuşeşti să faci armonie, să vai d’accordo con tutti, nu e bine [conv. dipl.] [L1 (se non riesci [cong.] che tu faccia armonia, che) / L2 / L1 (non è bene)] [il tempo verbale di andare qui corrisponde all’indicativo (mergi = vai) del paradigma del congiuntivo romeno: să + ind. pres: să mergi] (26) ho [?] andat avanti aşa o săptămînă [conv. dipl.] [L2 ho / L1 (andato) / L2 (avanti) / L1 (così una settimana)] [L2 con l’ausiliare agrammaticale ho (avere vs. essere: sono) che traduce l’ausiliare rom. am (di avere); il participio andat è adattato sul modello rom. in -t, con la caduta della vocale finale] Rispetto a questa tipologia progressiva della commutazione, vista quindi in relazione con le condizioni che gradualmente permettono livelli maggiori di accesso ai codici in contatto, un ruolo significativo nella ‘transvertion’ sembra offrire invece la semantica degli elementi coinvolti. Grazie alla loro plasticità, le commutazioni innescate da verbi sintagmatici dell’italiano (Simone 1996) sono presenti spesso nei discorsi dei bilingui. Dall’analisi dei corpora è risultato che le polirematiche20 (Masini 2011) costi20 Termine generico per definire un’ampia gamma di unità lessicali (chiamati anche idiomatismi, fraseologismi, collocazioni, espressioni multiparola ecc.) riunite in base a dei criteri

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tuiscono un esito prediletto della commutazione con L2 (come anche per il calco fraseologico), facendo ingente concorrenza (per numero di frequenze) alla categoria degli inserti21. Si osserva che spesso la commutazione con una polirematica (considerata qui come l’innesco più il suo sintagma) rappresenta quella parte di enunciato che racchiude il peso stilistico della comunicazione (27); insomma, il ‘senso’ di una sua parte più importante, se non dell’intero enunciato. (27) mi-a zis azi zodia că cineva: îmi dă o spinta [conv. dipl.] [L1 (mi ha detto oggi l’oroscopo che qualcuno mi da) / L2 una spinta; (dare una spinta); vs. rom. mă ajută] Il mutamento semantico può avvenire anche in conseguenza alla pratica della commutazione di codice di polirematiche, nei casi in cui il significato della sequenza ‘inserita’ porta al riassesto nel significato di vocaboli della sequenza che in quel momento costituisce la ‘matrice’ dell’enunciato. Nell’esempio seguente, la L1 condivide con la L2 la parola bravo, che appare una prima volta nella commutazione (o nel prestito) dalla L2 dă del bravo e la seconda volta nella sua posizione prototipica nel romeno, dove è principalmente interiezione (bravo! – esclamazione di apprezzamento). (28) patronul mie îmi dă del bravo, îmi zice bravo că sei stato atento [conv. dipl.] [L1 (il padrone a me mi da) / L2 del bravo [dare del bravo vs. rom. mă felicită / L1 (mi dice) L2 / L1 (che) / L2] L’esempio (28) sarebbe un caso di ‘composite codeswitching’, nei termini di Myers-Scotton (2002, 279) in cui – a differenza di quanto capita nel ‘classic codeswitching’, dove il passaggio da un codice all’altro li lascerebbe “più o meno intatti” – il codice matrice va a “convergere a un certo livello della struttura astratta” con il codice incapsulato, potendo così costituirsi in presupposto per il mutamento nella lingua ‘matrice’, qui il romeno. strutturali (non-sostituibilità delle parole interne con altre parole equivalenti; nonmodificabilità e inseparabilità dei singoli costituenti; invariabilità dell’ordine dei costituenti) e semantici (non-composizionalità; perdita di significato dei singoli costituenti; equivalenza funzionale con le parole semplici; istituzionalizzazione o convenzionalizzazione) (ivi). 21 La reperibilità delle parole polirematiche nel discorso dei bilingui è dovuta alla parziale condivisione di un fondo comune idiomatico di eredità romanza e probabilmente anche dalla condivisione di fattura colta di tanti modi di dire che hanno circolato fra i Balcani e il Mediterraneo (Cohal 2008). Alla forza semantica di queste strutture va aggiunta la loro non scomponibilità sintattica, insieme costituendo presupposti di potenziamento della commutazione (Backus 2003), del ‘passare’ da un codice all’altro.

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In questa lingua, bravo è secondariamente aggettivo, con il senso di ‘coraggioso’, tuttavia il suo impiego aggettivale è abbastanza raro nel romeno comune; l’interferenza con l’italiano porta all’arricchimento della sfera semantica di bravo aggettivo, che inizia a essere usato anche con il significato di ‘abile’ (29). Le condizioni in cui viene attualizzato il calco in questa varietà di romeno in contatto con l’italiano (nonché le sue caratteristiche) saranno discusse per esteso nel paragrafo successivo; qui è utile sottolineare che le commutazioni, specie quelle da polirematiche, possono favorire l’apparizione del calco e con ciò la loro apparizione nel discorso rappresenta un momento iniziale del (probabile) mutamento. (29) Am nevoie de o fata bravă [forum] [ho bisogno di una ragazza brava, calco da brava; vs. rom. pricepută, abilă] La linea che separa il caso della commutazione con polirematiche dai prestiti22 da polirematiche non è molto definita, come suggeriscono gli esempi con parti della polirematica L2 adattate alla L1 (ospìţii – 30). In generale le polirematiche L2 entrano facilmente in contatto con il sistema L1, il quale storicamente conosce anche esso molto questo procedimento e in cui è molto presente ai giorni nostri la tendenza verso l’analitismo. (30) care aveau probleme mai grave finivano in ospìţii [conv. dipl.] [L1 (coloro( che) avevano problemi più gravi) / L2 (finivano negli ospizi) / ospìţii: prestito?; vs. rom. a ajunge la ospiciu] In assenza di restrizioni e inneschi universali (Muysken, Appel 1987), alcuni vincoli hanno il ruolo di prevedere quello che maggiormente può limitare la commutazione, fissando delle regole senza valore predittivo23 sui punti di discorso in cui essa non può avvenire. Per esempio, secondo Poplack (1980), il vincolo del morfema libero impedirebbe la commutazione in strutture con dipendenza morfologica mentre il vincolo dell’equivalenza faciliterebbe la commutazione in strutture sintattiche

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Si può dire lo stesso per il calco (paragrafo successivo, 4.1.3.) e per il prestito (cfr. 4.2.8.). 23 “Questa conclusione relativizzante emerge già dal confronto dei risultati della ricerca ed è indotta, empiricamente, dal fatto che sembrano esserci sì restrizioni o principi predittivi validi per singole coppie di lingue, ma d’altra parte non si trovano restrizioni o principi predittivi generali che siano esenti da controesempi man mano che ampliamo l’ottica nella sterminata gamma dei casi di commutazione di codice” (Berruto 2009a, 25).

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equivalenti24 (osservabile qui negli enunciati di tipo ‘congruent lexicalization’). Soprattutto in due lingue geneticamente imparentate tutto si può tendenzialmente prestare e tutto può costituire punto di accesso all’altro codice, specie col passare del tempo, fermo restante il tipo di bilinguismo nei parlanti. È piuttosto nei punti di asimmetria fra le due lingue che si osserveranno gli esiti della commutazione e del comportamento multilingue in senso lato. In rapporto alla forza di L1 di mantenersi in contesto L2 (cfr. Cap. 2), i comportamenti discorsivi porteranno alla convergenza (“ristrutturazione sintattica” – Muysken 2005, 272) o si finalizzeranno con un ‘codice misto’, come nel caso dello spanglish, se fra L1 e L2 ci sarà un certo equilibrio (Di Sciullo et al. 1986) o – eventualmente – lasceranno sedimenti sotto forma di innovazioni e mutamenti nel romeno d’Italia.

4.1.3. Calco Il più produttivo esito lessicale del contatto con l’italiano è il calco, seguito dal prestito, anch’esso importante sia come quantità che come risorse impegnate per l’assimilazione all’interno del romeno L1. Secondo Gusmani “tra i due tipi di innovazione non c’è reale contrapposizione di natura” (1981, I, 12): come fenomeni di interferenza linguistica differiscono solo nella modalità in cui avviene l’innovazione: ciò può accadere tramite l’impiego di materiale preesistente nella lingua (per il calco) o tramite “la riproduzione” (ibidem, 10), con diversi gradi di fedeltà, di un modello straniero nella lingua che sta innovando (per il prestito). Come fatto di contatto, la produttività del calco si può prevedere in base alla conoscenza della lingua modello, al grado di apertura dei bilingui verso la cultura-lingua modello (cfr. Cap. 2) e anche in base alle “affinità strutturali” (Gusmani 1981, I, 20) delle lingue in contatto. Non soprenderà molto, nel caso di contatto fra due lingue con radici comuni, come romeno/italiano, una maggiore facilitazione di fenomeni di interferenza come il prestito e il calco. L’arricchimento del vocabolario tramite calchi lessicali e sintattici “di scheletro” principalmente dal latino, francese e italiano (Philippide 1984, 166), tipico del romeno colto, è un processo che continua senza interruzione dal secolo VXI secolo fino a oggi (Hristea 1997), con alcuni momenti più intensi in cui si è esteso anche verso il 24 La commutazione di codice non avviene quando una regola morfo-sintattica della lingua modello è assente nella lingua ricevente: “(…) a switch is inhibited from occurring within a constituent generated by a rule from one language which is not shared by the other” (Poplack 1980, 586).

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romeno comune, come nel periodo italianeggiante (secc. XVII-XVIII) o – successivamente (sec. XVIII) – in quello ‘francese’ (si veda anche 4.2.8.3. Assimilazione dei prestiti).

Il calco è il risultato di un complesso meccanismo fatto da operazioni semantico-lessicali, grammaticali e sintattiche a livello di discorso bilingue, mentre alcuni dei suoi esiti possono avere riscontri a livello di sistema, sotto forma di innovazioni nella lingua ricevente. Il calco è una replica del piano semantico della parola, ma anche dell’enunciato; è un caso di replica sostanziale, mentre la replica del pattern (dello schema) si riferisce al piano formale, strutturale, della funzione ispirata dal modello della lingua donatrice e importata dalla lingua replica (Matras 2009, 236). D’altra parte, come la teoria della grammaticalizzazione spiega, quello che spesso appare un mutamento sintattico potrebbe essere stimato come conseguenza secondaria di un mutamento semantico avvenuto in una parola, portato fino al passaggio dell’elemento verso un’altra categoria, fatto che può implicare anche il riassesto sintattico (cfr. 4.1.3.5). 4.1.3.1. Il calco è il processo (e il suo risultato) di cattura da parte di parole L1 di tratti semantici provenienti da parole L2, senza coinvolgimento di cambiamenti morfematici (31). Solitamente questo tipo di calco è denominato semantico: è il tipo di calco più prolifico nel romeno d’Italia. (31) îmi făcuseră o literă şi o fotocopie [conv. dipl.] [mi avevano fatto una lettera e una fotocopia; vs. rom. scrisoare, copie xerox, mentre il valore semantico di literă è ‘lettera dell’alfabetto’] (32) am prins salariul de la începutul anului [conv. dipl.] [ho preso lo stipendio dall’inizio dell’anno; vs. rom. a lua salariu, mentre i valori semantici principali di prins è ‘afferare qualcosa o qualcuno; fissare’; il verbo ha molte altre accezioni, ma non qualla dell’italiano prendere nella polirematica prendere lo stipendio] ‘Semantico’ è tuttavia un termine di compromesso (Gusmani 1983, II, 12), poiché anche nei calchi morfologici (in Gusmani nominati “strutturali” – p. 11) il piano semantico è comunque interessato dall’innovazione. Di questo si darà conto in seguito (cfr. 4.1.3.4.); per adesso, il termine ‘semantico’ è utile alla descrizione di quei casi in cui le nuove parole nascono dall’interferenza linguistica solo in quanto prestito (e in certi casi riassesto) di significato, senza che ciò porti necessariamente a modifiche di tipo strutturale (morfologico),

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come capita nel secondo calco dell’esempio, fotocopie, un calco di composizione. (33) cape-le erau italiene [conv. dipl.] capo fem. pl. erano italiane [‘le cape (le padrone) erano italiane’; vs. rom. şefele] - l’operazione è stata facilitata dall’etimo comune, il lat. caput; - in romeno cap (neutro: [sg. masc.] cap, [pl. fem.] capuri / capete) significa ‘testa’ mentre in italiano capo (masc.) ha consacrato il senso di ‘comandante’ (conserva anche quello di ‘testa’). In capele del Ro L1 si è operato un calco semantico. (Non ci sono prove di un’unità lessicale bigenere con il sg. fem. *o capă, capa nel romeno, tuttavia la possibilità di sistema esiste.); - su capele si è operato il cambio del paradigma di genere, ma non sul modello italiano (masc. sg. capo – masc. pl. capi) bensì su un modello morfologico romeno del fem. pl. in -ele (p. es. şefele). A dimostrare l’importanza del calco semantico come fonte di mutamento, sta il fatto che l’interferenza (con l’italiano) può portare alla ristrutturazione del significato in un certo campo semantico. (34) # să intre şi # [/] să-i plătească # consumul lui [narr. laur.] [che entri e che paghi la sua consumazione; vs. rom. consumaţie = consumazione] La ristrutturazione nella sfera dei significati (34) è correlata con il cambio di genere grammaticale, senza che ciò porti a degli effetti nel piano morfologico. Il fem. consumazione non sembra essere alla base di consum, che è piuttosto calco dal masc. consumo, a sua volta con il significato – in entrambe le lingue – di ‘uso di beni risultati dalla produzione per il soddisfacimento dei bisogni della produzione e delle persone’. Viene di nuovo scelto il termine con il significato meno marcato (consumul), a scapito di quello marcato (fem. consumaţie ‘cibi e bevande di ristorazione’). 4.1.3.2. Un sottotipo particolare di calco è quello da polirematiche25. Come anche i marcatori, dal punto di vista pragmatico le polirematiche hanno una forte visibilità nel discorso bilingue. Questo sottotipo di calco – chiamato da Gusmani (1983, II, 60) ’calco sintematico’ – costituisce quasi la metà di tutti i calchi registrati nei corpora. 25

L’utilizzo del termine è stato chiarito nel paragrafo 4.1.2.

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Il romeno ha sviluppato storicamente tramite il calco fraseologico un fecondo meccanismo di arricchimento del suo vocabolario. Rispetto ai proverbi o agli aforismi, che possiedono un grado di articolazione sintattica nonché lunghezza maggiori, le ‘polirematiche’ presentano spesso un alto grado di espressività e – rispetto ai primi – permettono una certa scomposizione. Nelle nuove polirematiche è facile che col tempo una parola centrale si isoli a formare un’entrata separata nel vocabolario (fr. faire antichambre > rom. a face anticameră ma anche anticameră). Tuttavia, Hristea (1997, 21-22) non considera che in questi casi si tratti di un vero calco bensì un tipo di traduzione: “gli idiomatismi sono traducibili e non calcabili”. Esiste la possibilità che alcuni costituenti di polirematiche portino – oltre all’apporto di significato – a delle innovazioni grammaticali nel sistema L1 (35) ma non sono pochi i casi in cui l’effetto dell’interferenza a questo livello non è del tutto chiara (36): (35) nimic de pozitiv nu am luat de la ei [conv. dipl.] [niente di positivo non ho preso da loro; collocazione; vs. rom. costruzione senza la prep. de: nimic pozitiv – secondo Heine, Kuteva (2005, 54) un caso di “preposition calquing”] (36) punctul sta că noi vroiam să facem (petreceri) [conv. dipl.] [il punto era che noi volevamo fare (feste); vs. rom. ideea era că] Spesso questi calchi sintagmatici si sostituiscono a delle polirematiche del romeno (Ro L1 polirematiche > polirematiche rom.) (36-40). In un numero minore di situazioni i calchi sintagmatici non corrispondono a parole sintagmatiche nel romeno (Ro L1 polirematiche > rom singole parole); la loro selezione nel discorso prevale sul principio dell’economia grazie alla loro plasticità nonché alla loro semantica culturale (41). (37) untul face rău26, nu? [conv. dipl.] [il burro fa male, no?; vs. rom. …nu e bun] (38) ...că te chiem eu la telefon [conv. dipl.] [che ti chiamo io al telefono; vs. rom. a suna la telefon] (39) nu vad ora sa plec acasa [forum] 26 Considerata dal gruppo The Native Speaker Evaluations formulazione appartente al romeno basso; in più la formulazione è considerata fortemente fastidiosa.

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[non vedo l’ora di andare a casa; vs. rom. de-abia aştept să plec acasă] (40) mi-a placut teribil sa ma pun din nou in joc aici [forum] [mi è terribilmente piaciuto di mettermi di nuovo in gioco qui; vs. rom. a o lua (din nou) de la capăt] (41) şi pus în regulă cum a auzit ea [narr. laur.] [e messo in regola, come ella ha sentito; una formula analitica Ro L1 (pus în regulă) sostituisce una formula sintetica del romeno (angajat); essere pus în regulă è di fondamentale importanza per l’immigrato, poiché dipende la sua permanenza in Italia, cioè avere o meno dei documenti quindi diritti] È interessante notare la notare la funzione eufemistica27 di calchi fraseologici come in (42), che permette al bilingue di schivare le parole tabu del romeno mantenendo comunque un livello alto di plasticità nella comunicazione. (42) termina lucrarea şi ne făcea cîte o cur ca să terminăm în două zile lucrarea [conv. dipl.] [finiva il lavoro e ci faceva quante un culo (‘un culo tanto’) purché finissimo in due giorni l’opera; idiomatico, ‘rimproverare, deplorare insistentemente il comportamento di qualcuno’ (Quartu 2001, 154); vs. rom. ne certa] 4.1.3.3. I calchi da sintassi L2 (che coinvolgono anche alcuni aspetti semantici L2) non comportano modifiche nella morfologia nelle parole L1. Possono a loro volta suddividersi in calchi grammaticali (43-50), i cui effetti di imitazione delle regole grammaticali L2 si ripercuotono sulla grammatica e la sintassi L1, e rispettivamente in calchi di ‘ordine di parole’ (“pattern” – Hopper, Traugott 2003, 63 (esempi 51-56). (43) toţi suntem veniţi aici pentru a face bani [forum] [tutti siamo venuti qui per fare soldi; l’ausiliare per il passato prossimo, a fi (suntem); vs. rom. a avea (am), am venit] (44) procesele verbale vin înregistrate imediat [conv. dipl.] [i processi verbali vengono registrati imediatamente; vs. rom. (a fi) sunt (înregistrate) – cfr. 4.2.2. Passivo con a veni] (45) eu o las, e G. si E. că nu suportă să plîngă [conv. dipl.]

27

Funzione notata anche per la commutazione (cfr. 4.1.2.) e per i prestiti (cfr. 4.2.8.1.).

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[io la lascio, è G. e E. che non sopportano che [ella] pianga; la congiunzione rom. că traduce qui il pronome che in ruolo di elemento di subordinazione nella frase; vs. rom. care – cfr. 4.2.7. Relativo] (46) chiar daca am dori să o înlocuì complet [conv. dipl.] [anche se desidereremmo sostituire lei completamente; il parlante sostituisce il congiuntivo rom. înlocuim con l’infinito înlocuì, sul modello It L2; immutata la posizione della congiunzione să, marca del congiuntivo – cfr. 4.2.5. Congiuntivo] (47) lor ar vrea sa faca orice numai sa faca ceva bani [forum] [loro vorrebbero fare qualsiasi cosa solo per fare un po’ di soldi; (loro in it. contemporaneo può essere soggetto) calco grammaticale, la forma atona del pronome ei per la III persona al D/G (lor) diventa soggetto nella L1 in rapporto al verbo predicato să facă; vs. ro. ei (ar vrea)] (48) stau terminînd acum maşina ta (de reparat) [conv. dipl.] [sto finendo adesso la tua vettura (da riparare); il verbo stau diventa semiausiliare telico, il costrutto calca il presente continuo italiano; formula con verbo sintagmatico innesistente nel rom.] (49) pe cine eu să-i molez copilul pentru o lună-două? [conv. dipl.] [a chi mollare il bambino per un mese-due?; con pe cine la sintassi Ro L1evita il dativo sintetico vs. rom. cui (să-i las...?) con una formula analitica – cfr. 4.2.1.1. Casi dativo e genitivo] (50) el o zis la doctoriţă aşa [conv. dipl.] [egli ha detto alla dottoressa così; calco che incontra la tendenza nel rom. D prep.; vs. rom. D morf. Doctoriţei – cfr. 4.2.1.1. Casi dativo e genitivo] (51) şi toată fericită se reîntoarce în casă: dansînd [narr. laur.] [e tutta felice ritorna nella casa ballando; vs. rom. (collocazione) foarte fericită, in Ro L1 toată inizia a far parte nella costruzione del superlativo] L’imitazione dell’ordine delle parole è un aspetto molto incontrato nel contatto (Heine, Kuteva 2005, 61). L’effetto di questa replica – in pochi casi

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in cui l’ordine di parole non si sovrappone nelle due lingue28 – può colpire la sintassi, come mostrano i prossimi esempi: (52) oricum am deja citit în românã toate cartile de Harry Potter, care aveam deja citit în italiana [forum] [comunque aveva già letto in romeno tutti i libri di Harry Potter, che avevo già letto in italiano, inversione, nella Ro L1 il parlante intercala l’avverbio fra l’ausiliare e participio, sul modello It L2 (avevo già letto); vs. rom. am citit deja, pe care le citisem deja] (53) mai demult l-am aproape injurat ptr o afirmatie deplasata [forum] [tempo fa l’ho quasi imprecato per un’affermazione fuori posto, inversione, nella Ro L1 il parlante intercala l’avverbio fra l’ausiliare e participio, sul modello It L2 (l’ho quasi imprecato); vs. rom. aproape l-am înjurat] (54) am trait cateva experientze dureroase in sud italia [forum] [ho vissuto qualche esperienza dolorosa nel sud Italia, ordine di parole invertito; vs. rom. Italia de sud o sudul Italiei (marcato, articolato -ul); sintagma Ro L1 strutturato sull’ordine delle parole del quasi-idiomatismo della It L2 (Sud Italia)] (55) mentalitatea este complet schimbată a ei [conv. dipl.] [‘mentalità completamente cambiata la sua’, la mentalità è completamente cambiata la sua; si è dislocata una parte del topic, per introdurre subito il focus; fenomeno di oralità piuttosto insolito nel rom.] (56) nu prea, non, nu e că se duce spesso [conv. dipl.] [non tanto, non, non è che va spesso; il romeno non conosce la realizzazione della preterizione con che; vs. rom. [approssimativo] nu se poate spune că) 4.1.3.4. I calchi morfologici strutturali si differenziano dai precedenti poiché sono appunto propulsori di modifiche nella morfologia L1 per quel che riguarda la flessione, il cambio di classe di parola o la formazione della parola in senso lato, senza che tuttavia sia coinvolta la sintassi della lingua modello. Come anche nel caso del prestito (cfr. 4.2.8.2.), alcune affinità fra le due lingue hanno il ruolo di favorire la presenza di questi tipi di calchi nel romeno, il particolare le affinità nel piano etimologico ma anche quelle che 28

Tipologicamente, l’ordine delle parole del romeno è dell’italiano corrispondono (SVO), con alcune riserve sul romeno, date dal particolare influsso della sintassi dello slavo sul romeno che ebbe fine nel secolo XVIII (Niculescu 1991).

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riguardano la morfologia. La loro classificazione, soprattutto nello sforzo di distinguerli dai fenomeni di prestito, pone non pochi problemi, a causa della misura variabile in cui vengono coinvolte morfologia e semantica nei vari processi di interferenza osservabili. La terminologia del calco adoperata si basa sull’impostazione teorica di Hristea (1968, 1977) ed è altresì debitrice alle riflessioni di Gusmani sul calco (raccolte nei due volumi di Saggi sull’interferenza linguistica 1981 – 1983) e infine all’analisi dei fenomeni di interferenza rilevati nel romeno scritto in Italia di Merlo (200729). L’indagine pionieristica di Merlo si basa su un corpus di testi di giornali, elaborati dagli stessi immigrati romeni. Dotando l’argomentazione con numerosi esempi, vi viene proposta una prima inquadratura degli esiti principali del contatto a questo livello: il prestito e soprattutto il calco. In ordine inversamente proporzionale rispetto alle frequenze incontrate nei corpora della presente ricerca, sono stati incontrati tre tipi: il calco morfologico di struttura, il calco morfologico categoriale, il calco morfologico flessionale. Il calco morfologico strutturale (in Merlo (2007, 254-255) denominato ‘calco morfologico strutturale totale30’) è il meno incontrato ma presenta aspetti molto interessanti riguardanti le morfologie (delle lingue) in contatto. (57) trebuie sa stam cu bratele incrucisate si sa lasam ca totul sa acada de la sine? [forum] [dobbiamo stare con le braccia incrociate e lasciare che tutto accada da sé?; vs. rom. să se întîmple. Si noti che il significato del rom. a cădea (= cadere) in espressioni come ziua ta cade bine anul acesta (il tuo compleanno cade bene quest’anno cioè ‘capita’) oppure asta nu ne cade bine (questo non cade bene cioè ‘non ci sta bene’) si avvicina molto al significato secondario di accadere: ‘capitare, avere luogo’] L’apparizione di questi calchi ha anche una ‘motivazione’ storica. Al passaggio dal latino popolare alle lingue romanze, la tecnica di derivazione con a- (Prep. Morf.>Prep.

Tabella H2. Occorrenze delle innovazioni, casi dativo e genitivo nei corpora Innovazioni Ro L1 D prep. con prep. la al posto del D sintetico D prep. con prep. pe cine al posto del D sintetico G prep. con prep. la e de al posto del G sintetico

Occorrenze nel corpus diplomati

Occorrenze nel corpus laureati

Occorrenze nel corpus di controllo61 (laureati)

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6

9

1

0

0

5

4

0

In passato si era già osservata nel romeno parlato dalle minoranze (romene) della Bulgaria (varietà rappresentata dai dialetti oltean e bănăţean più romeno popolare) la tendenza a diffondere il G preposizionale su calco di una struttura corrispondente bulgara, che impiega il morfema na: rom. di bulg. secretaru la partiịa, fáta la uomù (Rusu 1984, 400). {il segretario del partito, la figlia dell’uomo} La ristrutturazione dei casi rappresenta un tipo di mutamento abbastanza frequente nella letteratura del contatto. Maandi (1989) ha studiato il riassesto (tramite diminuzione a due) dei tre casi (cioè del nominativo, genitivo, partitivo) dell’oggetto diretto dell’estone in contatto con lo svedese. Gli ultimi due casi collassano in uno solo, gradualmente, dopo tre generazioni di bilingui, trattandosi di un cambiamento iniziato nella L1 prima dell’emigrazione. “The results of intensive language contact can have the effect of accelerating internally motivated changes in the system of the less-used langauge, and direct influence from the majority language will be difficult to resist” (ivi, 227). 61

Il numero delle occorrenze nel corpus del gruppo di controllo è in relazione a dieci minuti di narrazione del film di Charlie Chaplin, mentre il gruppo sperimentale di immigrati ha narrato solo cinque.

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Il dativo preposizionale (con la) è stato recentemente rilevato in forma e condizioni simili a quelle rilevate da questa ricerca da un lavoro dottorale che ha studiato la varietà di lingua romena della recente emigrazione romena in Spagna (Jieanu 2012).

I casi di D e G al margine della norma del romeno sono stati attestati in numero sufficiente, sia nei compiti di narrazione sia nel parlato libero (per quel che riguarda i soggetti del gruppo sperimentale) sia nelle interviste (i soggetti della ricerca sul campo) così come nei testi scritti (soggetti dei forum). Il panorama delle realizzazioni attributive (con G) e complementari (con D) del romeno degli emigrati in Italia espone la zona di cooccorrenza fra il ‘vecchio’ e il ‘nuovo’ nel sistema, con le innovazioni al margine della norma, accanto al modello centrale, quello morfologico. Nei termini di Heine e Kuteva (2005, 138-139) l’uso maggiore di un pattern al posto dell’altro è un caso di “category extension”. Non si è cambiata la categoria grammaticale ma solo il modo principale di realizzarla: “what changes is the internal structure of categories”; la sostituzione dei casi con affissi con modi perifrastici dell’espressione casuale sarebbe un esito di “rinnovamento” dovuto al contatto linguistico62 (ivi, 169). Il fatto che le innovazioni siano presenti trasversalmente sia nel corpus dei laureati che nel corpus dei diplomati accresce la possibilità che si tratti di innovazioni nella lingua degli immigrati e non di casi riconducibili a un certo tipo di input linguistico della lingua di origine (criterio della frequenza d’impiego – Baxter et al. 200963). È stato osservato che le innovazioni sono meno frequenti in contesti comunicativi formali, in cui gli interlocutori e gli scopi dell’interazione impongono un maggiore autocontrollo; tuttavia il mutamento non viene isolato diastraticamente. Nondimeno anche in quel caso alcuni parlanti mantengono la variazione fra le forme morfologiche e quelle preposizionali. Nel prossimo

62 “Technically speaking, renewal is not an instance of grammaticalization which is defined as leading from less grammatical to more grammatical forms and constructions. (…) nevertheless, renewal is a common part of many grammaticalization processes, constituting the initial stage of the process, and introducing a new cycle of grammatial to grammatical evolution” (ivi). Gli autori riportano lo studio di Breu (1990) sul sistema dei casi nel croato del Molise e nell’italiano, in cui avviene una dinamica simile: italiano: la casa di quella donna slavo molisano: hiža do one žene 63 Contrariamente alla teoria di Labov (2001) della propagazione del mutamento data dalla correlazione fra innovazioni e strati sociali che ne adottano, l’approccio evoluzionista (Baxter et al. 2009, Blythe, Croft 2012) prevede che la propagazione delle innovazioni scaturisce dalla frequenza con la quale queste vengono replicate nell’interazione dei parlanti (“change by replication” – Blythe, Croft 2012, 270). Prima ancora lo aveva suggerito Bloomfield (1964).

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esempio – che proviene dalla narrazione del film di Chaplin di un laureato (IAP) – coesistono entrambi i tipi di D (prep. e morf.) nello stesso enunciato: IAP: şi: îşi aprinde ţigara dă şi la copilaşi [D prep.] ... (e si accende la sigaretta e da anche ai bambinelli...) IAP: əə@fp din nou poliţistului [D morf.] îi + (dopo di che di nuovo al poliziotto gli fa che...) IAP: [//] îi cere [/] să-i plătească cheltuielile... (gli chiede di pagarli le spese...)

4.2.1.4. D/G romeno, excursus diacronico Una breve presentazione delle diverse fasi storiche dell’evoluzione della morfosintassi casuale del romeno aiuterà a fare il punto sul D/G della varietà di romeno immigrato in Italia, una varietà di lingua in cui – tra l’altro – il drift analitico nel romeno, influenzato da un’altra lingua romanza, si rafforza, facendo anche un uso in qualche misura nuovo delle preposizioni. Le lingue romanze hanno mutato l’espressione delle funzioni dei casi latini (Lausberg 1976, 9), adottando per lo più espressioni analitiche a partire, già in latino, da contesti in cui “sono le norme stesse a offrire un terreno comune a due costruzioni, una sintetica ed una analitica” (Molinelli 1998, 150). Le costruzioni D venute ad affermarsi nella sintassi delle lingue romanze si spiegano con l’instabilità del sistema dei casi nel latino tardo. La “rovina della declinazione” (Väänänen 1967, 11764) porterà, “sin dall’VIII secolo, a un sistema formato da due casi” (Palmer 1977, 199). Già parecchi verbi latini sono determinati da complementi posti in D o in Acc. con ad, in: mitto aliquid alicui oppure mitto aliquid ad aliquem. Si trova pure, fin dal tempo di Plauto, la concorrenza che ad più Acc. fa al D sintetico (ibidem, 206). In occidente, poiché “al singolare, lo strumentale e, più tardi, il locativo si sono confusi con altri casi (l’ablativo e il G); al plurale una sola forma serviva il D, l’ablativo, lo strumentale e il locativo”, i casi precisano i loro valori con l’aiuto delle preposizioni (Väänänen 1967, 118, 120), mentre in Dacia il D/G morfologico permane (Rosetti 1986, 99). L’identità formale D/G è comunemente considerata un balcanismo, la cui spiegazione risiede secondo alcuni autori nell’influenza del greco-bizantino (Sandfeld 1930, 214). Per altri questo sincretismo sarebbe da considerare invece uno sviluppo romanzo: 64 Nel paragrafo intitolato “La ruine de la déclinaison” l’autore richiama il fatto che le lingue romanze (a parte il romeno, l’antico provenzale e – in parte – l’antico retico, che hanno mantenuto “des vestiges de la déclinaison”) non conservano se non il singolare e il plurale dell’accusativo (Väänänen 1967, 117 – edizione francese).

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“l’uguaglianza formale di G/D romeno deriva dall’evoluzione interna del latino tardo nelle provincie del Danubio” (Iliescu, Macarie 1964, 444). “La fusione del caso G con il D in una sola forma” è un balcanismo in senso di convergenza, non di filiazione (Puşcariu 1940, I, 173). D’altronde, nel neogreco l’identità D/G proviene dal G mentre nel romeno proviene dal D (Banfi 1985, 52, Iliescu 2006a, 219). Secondo una visione più articolata65 ma allo stesso tempo più scettica sulla “omogeneità nella distribuzione dei balcanismi” che “appare seriamente messa in discussione” (Banfi 1991, 112), si è considerato che uno sviluppo romanzo orientale, “almeno nel caso del romeno, non è da opporsi necessariamente a quella dell’influsso neogreco” (Banfi 1985, 53). Insomma, prima di considerare in romeno un fenomeno come conseguenza del contatto con altre lingue, si dovrebbe guardare alla potenziale causa “interna” rappresentata dalle tendenze strutturali romanze del romeno (Sala 1976, 70). Come nel francese antico, l’identità fra il dativo e il genitivo romeno è da addebitare piuttosto a un’evoluzione dal dativo sympatheticus del latino tardo (Iliescu 2006a66).

Agli inizi del romeno (romeno comune primitivo) i casi erano espressi con le preposizioni de (G) e a (D), una tendenza già comune nel latino tardo. L’espressione sintetica del dativo e del genitivo guadagna molto spazio accanto alle formule con preposizioni, fino a diventare maggioritaria nel romeno del sec. XVI (Rosetti 1986, 557). Nei primi testi romeni, per lo più traduzioni su un originale slavo, poi latino, accanto a de e a per esprimere il dativo e il genitivo la formula analitica si arricchisce con nuovi elementi preposizionali che si riassestano: la, de la, între, către, întru, spre, pre, înaintea (Diaconescu 1964, 227, 229). In un’analisi di alcuni testi rappresentativi del secolo XVI (Codicele Bratul, Codicele Voroneţean, Tetravanghelul lui Coresi), Dimitriu mostra che nello scritto circa il 50 % delle occorrenze del D/G erano realizzate con le preposizioni a e de (naintě a tot norodul, în locu de fečoru). L’autore conclude: “Il sistema preposizionale della lingua romena è molto resistente nel tempo, poiché le differenze dal XVI secolo al XX secolo sono poche e generalmente periferiche” (Dimitriu 1984, 26, 27).

65 Invece della delle condizioni in cui si è avuta la “convergenza” o la “interferenza linguistica” da un solo punto di vista, talvolta “fortemente limitativo”, una visione della “stratificazione” in diacronia di “grandi episodi” potrebbe meglio descrivere la complessità di una realtà, come quella balcanica, molto articolata (Banfi 1991, 115-116). 66 “La typologie de l’expression du génitif possessif est en effet la même dans les plus anciens textes roumains et en ancien français. Les variantes possibles sont les mêmes: l’ancien datif adnominal sans préposition, datif adnominal avec la préposition à, rarement avec la préposition de. ” (pp. 216-217) e ancora “Le génitif de possession roumain (fiul regelui), tout comme celui de l’ancien français (li filz le roi), ainsi que les constructions avec a (trestie a cǎrtulariu, fiu al regelui) et les formes françaises parallèles du type li filz al roi continuent le datif adnominal latin sans préposition et avec la préposition AD” (p. 218).

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Testimonianze della fase antica in cui coesisteva l’espressione sintetica dei casi accanto a quella analitica sopravvivono nelle parlate del dialetto di Crişana (Cluj) dove esiste l’articolo determinativo G masc. li sia enclitico (sg. masc.) caluli (pl. cailor) sia proclitico casa li Dórd’e (Iancu 1964, 553), e nelle parlate del dialetto di Maramureş, dove esiste la controparte proclitica per il fem. sg. ai Florică, la casa i Docă (Coteanu 1961, 113). Nel romeno del XVI secolo è stata attestata la determinazione nominale G solo per il fem. sg. ii Sara (Palia de la Orăştie, 1582) (“vago ricordo della flessione del nome in romeno” – Densuşianu 1932, 175-177), continuata solo in alcune parlate dialettali: fem. ei Ane, ‘ad Anna’ (Puşcariu 1940, 238). Molto probabilmente la lingua romena deve allo slavo il rafforzamento della flessione nominale sintetica, se non, secondo Niculescu (1965, 141), l’esistenza stessa della flessione per la classe de nomi femminili (rom. casă, vulpe, con dativo/genitivo case, vulpi). Da una fase storica della lingua all’altra il caso analitico continua invece a rafforzarsi diventando nel romeno popolare il tipo principale, mentre il caso morfologico si specializza per il registro alto della lingua67. Già nel protoromeno si presenta una certa variazione nella realizzazione del D68, che, accanto a quella sintetica, registra la formula preposizionale del tipo ad: ad extructionem aetomae dedit (iscrizione della Dacia69 – Mihăescu 1960, 157) e più tardi (sec. XVI) la formula preposizionale D del tipo a (condivisa con il G): cu voia a toţi domnilor, grăiţi a toată adunărei (Palia de la Orăştie) (Densuşianu 1914, 192). Tuttavia, la formula D con a: dădu a doi lucrători (Densuşianu 1914, 143, Rosetti 1986, 272) sarà marginale nel romeno dei secc. XVI e XVII, andando poi a scomparire col tempo, mentre quella di G con a: Pătru, apostol a lui Isus serve ancor’oggi la realizzazione del G del numerale: tată a trei copii (Manoliu Manea 1995, 274, 278). Nel periodo successivo (XVIII secolo) “il D/G in iei (nopţiei, ‘alla notte’) appare più raramente, mentre diventano frequenti le forme di G/D analitico costruite con le preposizioni a, de, de la: în mijloc de besearecă invece di Ro 67 Parlando dell’influenza degli elementi non latini nella formazione della lingua romena, Niculescu (2007, 46-47) afferma: “Nella misura in cui si specializza, la cultura bizantino-slava riduce il suo raggio d’azione: all’inizio influenzava tutte le varietà romene, ma presto tende a interessare solo il dacoromeno, e, all’interno di esso, gli strati socioculturali superiori.” 68 Già nel latino, e poi negli inizi della letteratura romena (XVI secolo: vocea mea ad Dominum clamavi [Psaltirea Şcheiană, 3, 5]) per esprimere il D “il costrutto preposizionale era un espediente comodo quando si trattava di nomi propri stranieri (indeclinabili), come erano molti nomi biblici, ciò che ha dovuto favorire l'impiego dell'espressione analitica” (Väänänen 1967, 197, Molinelli 1996, 80). 69 Altre iscrizioni: (a Apulum) ad funus et titulo contulerunt colleg(ia) falerum, (a Sarmisegetusa) ad impetum lippitudinis, ad veteres cicatrices (prodest) (Mihăescu 1960, 156).

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att. în mijlocul bisericii70 (nel mezzo della chiesa), purtători de trebile domniei71 invece di Ro att. purtători ai treburilor domniei (portatori delle faccende del regno) din pîntecele de la maica noastră72 invece di Ro att. din pîntecele mamei noastre (dal ventre di nostra madre), au spus a tot norodul73 (hanno detto all’intero popolo), şi au dzis la şoltuzul74, invece di Ro att. au zis şoltuzului (hanno detto al podestà). Questo è quindi un periodo di sintassi “più complessa rispetto alla struttura sintattica del romeno antico del XVI secolo, più variegata e, con l’avvicinamento alla sintassi popolare, più chiara, ma la difficile salita verso chiarezza, concisione e equilibrio era appena iniziata” (Munteanu, Ţâra 1978, 80-85). Reminiscenza del G preposizionale adnominale del latino, nel latino del Danubio una costruzione de + ablativo (successivamente una con de + Acc.) era già equivalente al G morfologico: si qui antem de her (edi)nus meis se ipsum vel alios ... morum (iscrizione della Dalmazia, Mihăescu 1960, 155). Questa formula farà nel XVI secolo da modello per ‘G con de’ nelle costruzioni che designavano una ‘parte di’ (Väänänen 1967, 121): prin mijloc de băserecă (attraverso, (nel) mezzo della chiesa); i pochi sintagmi rimasti nel romeno attuale sono ormai considerati accusativi: mijloc de pădure, margine de cîmp (Densuşianu 1914, 143). Un altro uso normativo del G con morfema de nel romeno odierno è un prieten de-al meu (un amico dei miei, ‘uno dei miei amici’) (Cornilescu 2006, 25), erede anhe’esso del G adnominale latino con preposizione. L’uso delle preposizioni non è quindi solamente formale. Philippide nota che la specializzazione della preposizione de del G arcaico romeno crea una “differenziazione” semantica75, nel senso di indicare “il posseduto”: iubirea de D-zău, frica de cîne, cioè ‘un tipo di amore’, ‘l’amore di Dio’ vs. (avere) un certo tipo di paura: ‘la paura del cane’. Questo mentre il G morfologico (con il morfema-articolo lui) indica “colui che possiede”: iubirea lui D-zău, frica cînelui, cioè ‘Dio ha amore’, ‘il cane ha paura’ (Philippide 1894, 216). De del G preposizionale è adoperato nel romeno attuale anche per rendere meno ambiguo un sintagma nominale con più di un caso morfologico (vedi sotto). Il D adnominale scomparirà nel secolo XIX, quando, in presenza di una sintassi semplificata, gli elementi subordinanti (preposizioni, congiunzio70

Dicţionarul limbii române moderne, Bucureşti, 1958 Neculce, I. ([1959] 2008), Letopiseţul Ţării Moldovei, ed. Iorgu Iordan, Bucureşti 72 Dicţionarul limbii române moderne, Bucureşti, 1958 73 Neculce, op. cit. 74 Neculce, op. cit. 75 Si tratta della differenza altrimenti nota come ‘genitivo oggettivo’ e ‘genitivo soggettivo’, non distinta dalla preposizione italiana di, come nella traduzione degli esempi romeni riportati sopra (Iordan, Robu 1978, 387). 71

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ni) si specializzeranno, evolvendosi dal modello greco-latino usato per traduzioni e scrittura nei secoli scorsi (Munteanu, Ţâra 1978, 183). Con il periodo del romeno letterario (dopo il XVIII secolo) si entra in un’epoca in cui i casi sono realizzati per lo più morfologicamente tramite gli articoli. Nel romeno del periodo compreso fra i secoli XVI e XVIII (inizi del romeno scritto/letterario) le marche morfologiche del D/G sono spesso ridondanti, poiché si applicano non solo ai nomi ma anche ai loro modificatori nel sintagma nominale: şi au pus caftanul în spatele lui Ion Racoviţă vornicului, omului celui bogat (Repina 1971, 460, 463). Il romeno moderno (dal 1950 in poi) conosce un importante riemergere delle formule preposizionali nella realizzazione del D/G, che, di fatto, è continuata per tutto il tempo a sussistere nel dialetto e nel parlato comune poco sorvegliato. La tabella seguente riassume i tratti di questa evoluzione nel romeno rispetto alla quale si viene a posizionare il mutamento dei casi nella varietà di L1 studiata. Tabella H3. Mutamento nell’espressione dei casi dativo genitivo nel romeno Romeno, periodo Secc. XVI – XVII Secc. XVII – XVIII Secc. XVII – XIX Sec. XIX – 2010 Ro L1 in Italia, 1990 - …

D/G sintetico

D/G analitico coesistenza coesistenza, il tipo analitico guadagna terreno specializzazione registro alto specializzazione registro basso a scapito del tipo sintetico, aumenta l’uso del tipo analitico coesistenza, il tipo analitico tende a diventare principale

4.2.2. Passivo e agente nella varietà di romeno d’Italia L’analisi sul corpus dei dati orali dei soggetti della ricerca e sul corpus dei forum rileva che il passivo subisce una certa variazione, sia per quel che riguarda il verbo ausiliare (14) a veni con il quale concorre l’ausiliare a fi, sia per quel che riguarda la preposizione che introduce il complemento di agente animato (15). In quest’ultimo caso la preposizione semplice de tende a sostituire quella composta, de către. (13) Ro pop.: acest lucru vine făcut aşa… [questa cosa viene fatta così]

(Dimitriu 1967, 298)

(14) Ro L1: îi vin date instrucţiuni… [conv. dipl.] [gli vengono date istruzioni]

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(15) Ro L1: sa fie sustinute de toti ceilalti romani [forum] [che siano sostenute da tutti quelli altri (‘gli altri’) romeni] Per quel che riguarda l’adozione dell’innovazione a veni – ausiliare del passivo e la marca preposizionale dell’agente de către, le frequenze sono le seguenti. Le parlate dei laureati che narrano il film Modern Times contengono due esempi di passivo con a veni al posto di a fi e nessuna preposizione composta de către per introdurre l’agente animato; le parlate spontanee dei diplomati contengono un caso di passivo con a veni e nessuna preposizione composta de către per introdurre l’agente; il C-test (scritto, solo per i laureati) contiene ventuno casi con de către e nove con de (situazione simile in percentuale a quella del gruppo di controllo); i forum hanno due casi di uso fuori norma della preposizione de e due casi con un uso fuori norma con de către. Le frequenze rilevate sono poche in numero assoluto, tuttavia la loro presenza è significativa rispetto alla dimensione dei corpus, anche perché la costruzione passiva è in generale poco adoperata dal romeno popolare. Parlando del romeno come erede del latino orientale danubiano, Mihăescu (1960, 146) affermava sul passivo del protoromeno che “in generale il passivo aumenta man mano che aumenta la forza di costruzione dei parlanti, mentre di solito la lingua del popolo la evita”. La diatesi passiva è una tecnica appartenente oggi soprattutto alla lingua romena scritta, mentre il parlato preferisce, senza escludere il passivo, la diatesi attiva. 4.2.2.1. Passivo con a veni nel romeno Il passivo romeno viene realizzato fondamentalmente con l’impiego di tre elementi: l’ausiliare a fi (‘essere’), il participio e l’agente. L’agente diventa sintatticamente complemento, pur rimanendo soggetto (logico) dell’enunciato; la “promotion” del paziente (topic nell’enunciato passivo) nel ruolo sintattico di soggetto è una risultante dell’enunciato passivo; il focus della comunicazione è l’agente, che porta la nuova informazione (Siewierska 1984, 3, 76: demotion of the agent / promotion of the patient). Nelle lingue romanze, il perfetto passivo del latino (participio più esse) – sebbene con significato mutato – continua la realizzazione del passivo. Anche per il romeno a fi (‘essere’) è l’ausiliare della diatesi passiva: rom. sunt lăudat, it. “sono lodato laudātus sum] marquant primitivement un résultat acquis après une certaine durée de l’action dans le passé ou l’antériorité par rapport à un verbe au passé” (Väänänen 1967, 138), con il passare del tempo nel romeno si tende a scaricare sul participio76 76

Il passivo romeno con a fi, a causa del “senso terminativo dato dal participio, esprime più il risultato dell’azione che il fatto che il soggetto grammaticale patisca l’azione fatta dall’agente” (Frâncu 2009, 91). Con a veni alla diatesi attiva si ha una costruzione equivalente

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l’informazione passiva, cioè “il senso passivo si concentra nella matrice semantica del participio”: (20) este / vine / pare invidiat de colegi (è / viene / sembra invidiato dai compagni) (Pană Dindelegan 2003, 138, esempi dell’autrice). Una seconda possibilità di realizzazione del passivo conosciuta da alcune lingue romanze occidentali è il passivo con verbi di movimento al posto di ‘essere’, possibilità comune in italiano (17) la porta viene chiusa) e in spagnolo (18) todos venimos forçados) (Diez 1844, 187). Tale espressione del passivo in queste lingue romanze è dovuta alla “instabilità semantica” del perfetto passivo latino, che indicava l’azione conclusa, “sia comprendendovi semanticamente il processo dell’azione (‘sono stato lodato’), sia limitandosi al risultato finale (porta clausa est, ‘la porta è chiusa, sta chiusa’). (…) Per evitare l’instabilità semantica nella gradazione temporale del tipo sum laudatus, in molte lingue si prendono i verbi di movimento ire e venire come verbi ausiliari che indicano lo svolgimento dell’azione” (Lausberg 1976, 226, 227). In italiano, la sostituzione dell’ausiliare essere con venire (22) allontana la possibilità di confondere l’enunciato passivo con tale ausiliare con uno attivo con participio nome predicativo (del tipo la porta è chiusa): (22) la porta è chiusa vs. la porta viene chiusa (Lo Cascio 1976, 33) Non si è a conoscenza di prove di questo passivo con a veni nel romeno antico77 e nemmeno nei primi testi dei secoli XVI-XVII. Il passivo con a veni è oggi in romeno una costruzione marginale, circoscritta alle varietà popolari e dialettali. La costruzione passiva con a veni è stata attestata nella zona di Oltenia e Buzău (centro-sud della Romania) (Brâncuş 1999, 101) e in più zone della Valacchia (Neaga, 1977, 410-412), Braşov e Orşova (Timotin 2002, 102), quindi non nelle zone da cui provengono gli immigrati soggetti della presente ricerca. Iordan (1950, 277-279) ha chiamato questo fenomeno “tracce di un passivo romeno con a veni”. I suoi esempi, dal parlato popolare: (23) grinda aceea vine aşezată aici (quella trave viene messa qui); vine unsă, vine slăbit, vine festonată (viene lubrificata, viene indebolita, viene orlata con punto festone). Iordan dubita del valore semantico deveniendi (espressione del cambiamento di stato) di a veni romeno in questi esempi. In (24) apa vine mare al passivo con un complemento di agente che determina il participio con senso passivo: (21) Vine însoţit de părinţi şi de prieteni (viene accompagnato da genitori e da amici) (Merlan 2001, 115). 77 In Dacia (a Sarmizegutusa) sono state scoperte solo iscrizioni con essere: dilecta fui (= sum) (Mihăescu 1960, 147).

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(l’acqua viene grande), il verbo vine ha più un valore di verbo semiausiliare o eventualmente quello di una semplice copula se si analizza il vine di apa vine mare, apa se face mare (l’acqua viene grande, …si fa grande; ‘diviene grande’) dove vine serve, secondo Iordan, solo come elemento di collegamento sintattico fra soggetto e il predicato nominale (ivi). Per la Grammatica limbii române la questione dell’esistenza del passivo con a veni nel romeno di oggi è ancora da risolvere (GALR 2008, II, 136). Pană Dindelegan (2003, 137, 138) considera che a veni in questi esempi andrebbe considerato un sostituto dell’a fi in un predicato nominale. Il romeno – specie quello popolare – adopera una serie di operatori copulativi che stabiliscono grosso modo un rapporto di sinonimia con a fi (a ajunge, a veni, a deveni, a rămîne, a părea (‘arrivare, venire, diventare, rimanere, sembrare’). A veni – secondo l’autrice – appartiene di più a questa categoria che a quella degli operatori del passivo; con questo sarebbe da scartare per il romeno l’ipotesi di uno sviluppo romanzo precoce, come per l’italiano, della variante passiva con a veni. Invece, se si rammenta (dalla definizione della stessa Grammatica – 2008, II, 135) che costruzione passiva prototipica è risultata da una combinazione fra operatore più participio, allora questo participio – nei casi di chiaro significato passivo – potrà costituire il criterio decisivo per poter decidere la natura degli operatori nei casi limite, come quello dell’esempio seguente. La situazione di interferenza fra romeno e italiano ha prodotto nella Ro L1 degli immigrati una maggiore frequenza di uso del passivo con sostituti di a fi, cioè di costruzioni con gli operatori a veni (‘venire’) (25) e a rămîne (‘rimanere’, cui uso è marginale, rispetto a venire, in it.). Vanno così a essere attivate tecniche periferiche del passivo romeno, come nell’esempio (26), dove sul modello di un predicato nominale, l’operatore a rămîne (sostituto del copulativo a fi), diventa grazie all’interferenza con It L2 un operatore del passivo (sostituto dell’operatore a veni de per l’introduzione dell’agente continua secondo il principio ‘una forma’ = ‘una funzione’, dato che la rianalisi nella Ro L1 è favorita dal modello preposizionale dell’introduzione dell’agente da un solo elemento della lingua seconda, da [ indefinito specifico > indefinito non-specifico” (Croft 2003). (52) “pe Maria a văzut-o [(MDO pe) Maria l’ha vista

Ana”92 Anna]

(Mallinson 1988, 409)

(53) “la adus nenea pe copil” (Bossong 1991, 149) [IIIsg. masc. Acc. ha portato lo zio (MDO pe) bambino] 4.2.3.1 Morfema pe nel romeno La questione della MDO nel romeno è complessa principalmente perché questi parametri che appartengono a tipi di classificazioni differenti non agiscono in modo uniforme sull’uso del morfema dedicato (pe), facendo così risultare la classificazione della MDO “folta e sconcertante”. “Nel romeno contemporaneo, le norme che riguardano l’uso della costruzione con o senza pe inglobano situazioni che obbligano all’uso di pe e situazioni che ammettono entrambe le costruzioni (gli inventari offerti di solito dalle grammatiche ignorano questa distinzione...)” (Guţu Romalo 1969, 178).

Il tratto essenziale che regola la MDO nel romeno è l’animatezza (inherence93), ma anche per la classe degli animati umani esiste una variazione. Nei

92

“(...) when the object inverts with the subject (...) it is pe alone which distinguish object from subject” (ivi). 93 “Spanish and Rumanian are the two languages where positive Acc.’- marking is more extended than everywhere else in the Romance family: in both of the languages, inherence is the dominating factor” (Bossong 1991, 161).

168

termini di Bossong, rispetto al tratto della constituence94 l’oggetto diretto copil nell’esempio (54), tratto da Bossong (1991, 158) – al contrario di quanto accade in (53, 55) – non verrebbe marcato con pe poiché molto probabilmente ha un’esistenza meno “indipendente o autonoma”. (54) “a născut o femeie [ha partorito una donna

un un

copil negru” bambino nero]

Negli esempi (53, 54) dello stesso Bossong, entrambi gli oggetti copil sono nomi umani senza articolo determinato, in posizione post-verbale, e determinano un verbo transitivo. In base al parametro della determinatezza, è meno attendibile la MDO di un oggetto con l’articolo indeterminato un (un copil) (54) o se l’oggetto diretto è deducibile dall’enunciato (56), mentre cresce la probabilità della MDO nel caso di un oggetto individualizzato, vale a dire in quei casi in cui l’oggetto è determinato con l’articolo determinativo (a, nell’esempio 55) o richiamato sia dal clitico l- (in 53) sia dal pronome o (55), i quali raddopiano l’oggetto diretto. (55) “(o) [(la)

văd vedo

pe (MDO pe)

mama” (GALR 2008, II, 398) madre art. det. -a]

La “self-constituence”95 degli esempi di Bossong nel romeno non è però inerente all’oggetto, come lo mostra l’esempio (56), tratto da Guţu Romalo (1969, 178). (56) “aştept profesorul” (art. -ul) = “aştept pe profesor” [aspetto il professore aspetto (MDO pe) professore] Nemmeno la determinatezza è una discriminante per tutti i casi. Nel caso della marcatura dell’oggetto animato nell’ultimo esempio, il complemento diretto si può formulare sia con pe sia senza. In realtà, all’interno di uno schema generale basato sui parametri riconosciuti della marcatura differenziata dell’oggetto, sono le indicazioni del parlante (su quello che costituisce per lui il centro sul quale si mette l’accento della comunicazione) a determinare l’uso del morfema pe.

94

“The semantic factors which play a role in the subdivision [object/subject] can be arranged according to three basic dimensions which I call the domain of inherence, of reference, and of constituence, respectively” (Bossong 1991, 158). 95 “In DOM system, self-constituent objects, i.e. objects which are independent, or autonomous with respect the verb, tend to be positively marked (Bossong 1991, 158).

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Tali indicazioni possono essere la prosodia (60) e la posizione dell’oggetto diretto rispetto al verbo (57); queste possono decidere sui contesti di applicabilità della MDO, svincolarla dal parametro animatezza (57, 58) o, in negativo, possono eliminare la MDO (45, 46) nonostante si tratti del parametro più saliente in questa lingua, l’animatezza. Spesso ci si appella alla MDO di un inanimato per ragioni espressive, in collocazioni con ordine di parole fisso come in 57 (esempio tratto da Beyer 1980, 526), dove, come si diceva, l’oggetto sta prima del verbo (rispetto alla formula generale SVO): (57) “cui pe cui se [chiodo (MDO pe) chiodo riflessivo [‘un chiodo si stacca sempre con un altro chiodo’]

scoate” stacca]

La MDO si estende anche a oggetti diretti non animati come in 58 (esempio fornito da Mardale 2002, 86) se il parlante enfatizza nel discorso l’oggetto diretto: (58) “pe [(MDO pe)

trandafir rosa

l-a l’ha

lăsat albina la urmă” lasciato l’ape indietro]

In questi ultimi casi, considerati non tipici, la MDO esprime molto probabilmente la necessità del parlante di specificare o meno, di individualizzare tramite pe (anche) un referente non-umano, allo scopo di risolvere un enunciato altrimenti ambiguo (Mardale 2002, 89-90). Al polo opposto (59), eccezionalmente, è possibile che pe manchi nei costrutti con nome animato e articolato con art. det. (-a, -ul) se, per l’enfasi, l’oggetto diretto si trova in posizione iniziale96: (59) “oaia [la pecora (N-Acc.)

o la

manîncă lupul” (Graur 1968, 303) mangia il lupo (N-Acc.)]

Pertanto l’ipostasi di pe marca dell’oggetto diretto nell’accusativo come opposizione al nominativo non è universale. L’ordine delle parole può marcare il complemento diretto eludendo così l’uso morfema pe (60): quando l’opposizione N-Acc. si neutralizza sotto l’aspetto della desinenza, il SN che si trova dopo il verbo è interpretato come oggetto diretto: 96 A seconda questa volta della semantica dell’oggetto, il morfema pe non interviene nel caso di oggetti generici animati se i “nomi di persone esprimono la professione, l’occupazione, la qualità (“căutam informatician”) e se “si riferisce all’intera classe di individui o alla specie” (“creşte animale”) (GALR 2008, II, 397). {cerchiamo informatico; cresce (‘alleva’) animali}

170

(60) “peştele mare înghite [il pesce grande inghiottisce

peştele mic” (Irimia 1983, 117) il pesce piccolo]

Davanti a questo quadro complesso, non è facile giungere a delle conclusioni. Nel romeno odierno, MDO con pe occorre per ragioni di espressività anche fuori dai casi prototipici, mentre per quelli prototipici è diventato quasi un optional, servendo ancora solo per distinguere fra soggetto e complemento diretto non solo animato, in pratica potendo risolvere la possibile confusione data dalla “omonimia morfologica nominativo – accusativo, indipendentemente dalla loro posizione nell’enunciato” (Guţu Romalo 1973, 165). La tendenza a estendere la MDO con pe anche in casi in cui i primi due parametri non sono osservati fa parte di un processo lungo che parte dagli inizi del romeno e che si evidenzia soprattutto nel XX secolo. La seconda, che appartiene di più al romeno moderno, è quella di eliminare la MDO con pe in alcuni casi per cui era motivata, tendenza che nel romeno d’Italia – in seguito al contatto con l’italiano – si accentua e si espande a più casi tipici. Come è noto, conseguenza della caduta delle consonanti finali del latino tardo, in tutte le regioni della Romanìa (nel dialetto dacoromeno) si è sentito il bisogno di differenziare l’accusativo dal nominativo con un morfema (inizialmente con valore circostanziale locativo: pe, dissimilato dal rom. ant. pre sulla (“pe”) base). 102 La stragrande maggioranza degli immigrati – incluso il gruppo sperimentale – proviene da queste zone.

172

Ultimamente si nota che la MDO tende a diventare più presente nei dialetti settentrionali italiani come risultato dell’intenso contatto con l’italiano103 (Iemmolo 2010, Iemmolo 2011, 237-245). Sembra tuttavia che l’influenza di queste varietà di italiano sulla sorte della MDO nel romeno degli immigrati sia frenata se non del tutto assente. Nella Ro L1 la frequenza della marcatura con pe tende a diminuire in maniera drastica (la MDO manca 8 volte nel corpus dei diplomati e 9 volte in quello dei laureati), seguendo in questo modo le sue predisposizioni endogene, come dimostrano i casi presentati di seguito. Se nel romeno familiare e poco sorvegliato si sceglie di marcare o non con pe l’oggetto diretto secondo l’opzione stilistica del parlante (Graur 1968, 303104, GALR 2008, II, 399), nel romeno d’Italia esiste la tendenza a non marcare l’oggetto diretto espresso con il nome proprio animato (61) o espresso con il pronome105 (62, 63) e in particolare con il relativo106 (64, 65), come risultato dell’interferenza con la L2. (61) martorul cu vînzătorul îi ajung pe poliţist şi Charlie [narr. laur.] [il testimone con il venditore lo raggiungono (MDO pe) poliziotto e Charlie; vs. rom. pe Charlie. In tutti i registri del romeno odierno si deve marcare l’oggetto diretto animato nome proprio con il morfema pe] (62) cunosc cineva care deci la Pavia [conv. dipl.] [conosco qualcuno che, quindi, a Pavia; tendenza nel rom. nel registro basso, oggetto diretto +umano (pron. indet.) senza MDO pe; vs. rom. pe cineva. Frase considerata dal gruppo The Native Speaker Evaluations formulazione non appartenente al romeno]

103

Il fattore ‘tempo’ può rilevarsi decisivo per la trasmissione di tratti come la MDO. Per esempio, in una situazione di contatto prolungato, la MDO del maltese – lingua tipologicamente distante dal siciliano – ha molto probabilmente subito l’influenza di quest’ultimo (Iemmolo 2011, 85). 104 “Esiste oggi una certa esitazione per quel che riguarda l’uso della preposizione pe all’accusativo. Da un lato troviamo casi in cui mi sembra superflua, da un altro lato manca laddove l’aspetteremmo” (ivi). 105 Nel periodo degli inizi del romeno letterario (XVI-XVII secolo) era già conosciuta l’alternanza di care / pe care nell’anafora di referenti animati, varianti fra cui la formula MDO con pe si consacra infine come marca dell’oggetto diretto (Puşcariu 1922, 570). Questa variazione si mantiene anche nel sec. XVIII; non capita più se non con esempi del tutto limitati nei due secoli successivi (Mardale 2009, 101-107). 106 L’alta frequenza di care al posto di pe care va vista anche come fenomeno di discontinuità nel discorso, accanto a casi di semplificazione delle strutture connettive intrafrasali con care (cfr. 4.2.7. Relativo).

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(63) sa o duceti la gradinita, iar ceilalti trei copii sa-i inscrieti la scoala [forum] [che la portiate all’asilo e gli altri tre bambini [CONG: ‘che’] li iscriviate a scuola, tendenza nel rom. nel registro basso, oggetto diretto +umano (pron. dim.) senza MDO pe; vs. rom. pe ceilalţi] (64) păcat că între timp urcă şi fata care el mai-nainte a încercat s-o salveze [narr. laur.] [peccato che nel frattempo sale anche la ragazza che lui ha provato a salvarla; vs. rom. pe care; tendenza nel romeno odierno, tuttavia MDO necessaria soprattutto perché care sostituisce un animato, oltre a essere richiesto dalla presenza del clitico -o] (65) la intrebarile care le pun romanii, se raspunde destul de eficent [forum] [alle domande che le mettono i romeni, si risponde abbastanza efficientemente (‘alle domande messe dai romeni, si risponde…’); tendenza nel romeno attuale, tuttavia pe è richiesto dal clitico le che raddoppia l’oggetto diretto] Nei due casi precedenti i clitici o e le raddoppiano i complementi diretti e trasmettono informazione semantica e sintattica, coprendo, al posto del pe mancante, la funzione di indicare il complemento diretto, fata (+umano) nel primo caso e întrebările (-animato) nel secondo. Nel romeno il morfema pe dovrebbe apparire sempre in correlazione con il clitico, non secondo l’animatezza ma come “individualizzante” e inibitore di ambiguità (GALR 2008, II, 403). Nella mancanza di pe in contesti in cui esso è marca consacrata della ‘determinazione’ e della ‘individualizzazione’ (quindi specie per nomi con referente animato/umano) queste informazioni si possono recuperare dalla riorganizzazione sintattica o dalle istanze comunicative (a livello pragmatico e extralinguistico). Nel caso della MDO del relativo (64-65) queste informazioni si recuperano dai clitici (o, le) che hanno ruolo di marche di accordo. Nei casi d’interferenza più cospicua dalla L2, il romeno d’Italia costruisce enunciati in cui la sparizione di pe trascina con sé il clitico, che non viene più espresso (66). Questa tendenza è riscontrata anche nelle parlate dei laureati e nello scritto. (66) oricum am deja citit în românã toate cartile de Harry P., care aveam deja citit în italiana [forum] [comunque ho già letto in romeno tutti i libri di Harry P., che avevo già letto in italiano; vs. rom. pe care le citisem deja în italiană; inversione, nella L1 il parlante intercala l’avverbio fra l’ausiliare e participio, sul modello L2]

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In altri casi, l’oggetto diretto è marcato da un altro morfema, la, anche questo un fenomeno spiegabile con l’interferenza: L2 fa da selezionatore fra il morfema pe e la preposizione la (a striga pe / la cineva, )] vs. rom. a ieşi în evidenţă] La funzione eufemistica è concretizzata in misura notevole anche nei prestiti da polirematiche. (18) el e un mare fiu de la miniòta [conv. dipl.] [egli è un gran figlio di mignotta] (19) ca să se descarce ea de [/] de peţo ăla o venit şi... [conv. dipl.] [purché ella (si) scarichi (da) quel pezzo di... è venuta e...; dal contesto della discussione si capisce che il soggetto si riferiva a una cosa spregiativa] (20) chiar că nu mai capesc un c…zo [forum, donna] [davvero non capisco più un…; prestito adattato morfologicamente sul modello della III coniugazione in -e, creşte, (eu) cresc] (21) la marea Neagră, apa-i murdară, nisipul îi… face schifo [conv. dipl.] [al mar Nero l’acqua è sporca, la sabbia è... fa schifo] Il prestito da materiale difficilmente traducibile – come nel caso dei prestiti culturali (22, 23) – o da materiale difficilmente scomponibile – come nel caso delle polirematiche appena viste – ha il ruolo modificare gli schemi di procedimento linguistico (apud Matras 2009, 219) all’interno della lingua ricevente, e, conseguentemente, si costituisce in stimolo del mutamento linguistico a livello grammaticale e sintattico, come mostrato dagli esempi seguenti (22-29): (22) daca aveti probleme de logare pe noul forum scrieti la webmaster [forum] [se avete dei problemi di login nel nuovo forum scrivete al webmaster, tendenza nel rom., D prep con la, la webmaster, inglesismo entrato nella Ro L1 dall’It L2; vs. D morf. webmasterului, cfr. supra, 4.2.1.3. Mutamenti nel genitivo e nel dativo] (23) pina acum 70% din valoarea de la perizia… [forum] [fino adesso il settanta per cento del valore della perizia…; qui G prep. de; vs. rom. G morf. (valoarea) periţiei; vs. rom. (giuridico) expertizei. Il fatto

197

che si tratti di un prestito non adattato al G può incidere sulla scelta della tecnica preposizionale, che lascia il nome invariabile.] (24) m-am fidat de ei [conv. dipl.] [mi sono fidato di loro; vs. rom. m-am încrezut în ei, il prestito attira con sé la preposizione de dal modello L2 (di), vs. în (it. in), *m-am fidat în ei] (25) asta din respect pt terza persona [forum] [questo dal rispetto per la terza persona; vs. rom. pentru persoane terţe; inversione, il sintagma Ro L1 è strutturato sull’ordine delle parole della L2] (26) ciao a toti voi care a-ti avut aceasta stupenda idee [forum] [ciao a tutti voi, quasi-idiomatismo con specializzazione della preposizione a per il D; vs. rom. Acc. vă salut pe voi toţi) che avete avuto questa idea stupenda; prestito; vs. rom. minunată] (27) am zis sa fac o mica introducere urand la toti buona domenica! [forum] [ho detto di fare una piccola introduzione augurando a tutti buona domenica!, probabilmente l’uso del D prep. con la, la toţi – tendenza nel rom. – è favorito dal prestito buona domenica (rom. o duminică bună!), vs. D morf. tuturor (cfr. supra, 4.2.1.3. Mutamenti nel genitivo e nel dativo)] (28) aşa că viene arestat [narr. laur.] [così che viene arrestato, il prestito ( rom. fapt = fatto); vs. rom. realizabilă, ma anche il neologismo molto recente rom. factibil] (30) sotul sau sotia pot face reintregirea familiei cu compagno aflat deja in italia [forum] [il marito o la moglie possono fare il ricongiungimento famigliare con il compagno trovato già in Italia, orig. lat. cumpanis, cumpanium; vs. rom. partener (rom. (nome) companie = compagnia)] (31) iau vitamine de la-nceputul gravidanţei [conv. dipl.] [prendo vitamine dall’inizio della gravidanza, orig. lat. gravidus; vs. rom. sarcinii, tuttavia rom. (femeie) gravidă = (donna) incinta] (32) dar are timp, măi, Sil., lasă nu te preocupà [conv. dipl.] [ma è in tempo, măi (interiezione) Sil, lascia, non ti preoccupare, orig. lat. occupare; vs. rom. nu îţi fă griji (rom. a se ocupa = occupare)] (33) îs foarte ricercaţi [conv. dipl.] [sono molto ricercati, orig. lat. circare; vs. rom. căutaţi (rom. a în-cerca = provare)] Alcuni prestiti in cui stanno interferendo assieme significanti e significati affini delle due lingue, mostrano di essere il risultato di processi di spiccata creatività linguistica (34). (34) nu sunt asa deluzionata ca si K. [forum] [non sono così delusa come K., orig. lat. delusionem a sua volta dal lat. deludere; vs. rom. deziluzionată ( major use pattern (Heine, Kuteva 2005). Nella conclusione di un lavoro teorico importante (Weinreich et al. [1968] 1977, 201), il principio del mutamento è concepito in correlazione con il luogo che va a occupare una certa variabile sociolinguistica nel sistema linguistico (e anche in relazione al significato sociale che lo accompagna), cioè se quello che rappresenta la caratteristica di un sottogruppo di parlanti si potrà estendere alla lingua della maggioranza, non rappresentando e non diffondendo più il significato di (una) classe. Il fattore tempo mostrerà quale delle innovazioni apparse solo in Italia saranno candidate al mutamento linguistico e quali di questi mutamenti saranno per primi accettati dalla lingua. Parlando dell’individualità del romeno nell’ambito delle lingue romanze – alla luce della sua specificità dovuta soprattutto al contatto con le lingue slave e con quelle dei Balcani – gli studiosi hanno spesso sottolineato il potere di assimilazione di questa lingua, la cui latinità “metaforicamente parlando, ha sempre finito per prevalere” (Niculescu 2007, 437). Nel passato, il romeno ha dato prova sia di capacità di mantenimento malgrado le forti pressioni storiche e sociali sulle sue comunità di parlanti, sia di forza di rinnovamento nelle varie situazioni di contatto, il cui risultato non è mai stato disastroso, bensì inserito in traiettorie dettate tutto sommato da predisposizioni endogene. “(…) gli elementi autoctoni traco-daci e illirici del cosiddetto sostrato, gli elementi lessicali greco-bizantini, magiari, turchi, il lessico religioso greco-slavone, i contatti permanenti con le lingue slave nelle regioni liminari dello spazio linguistico romeno (…), tutti questi elementi sono stati completamente integrati nelle strutture grammaticali e fonetiche latino-romanze. La medesima operazione di integrazioneassimilazione si è prodotta anche nel caso di elementi alloglotti più recenti, nella fase moderna della lingua letteraria e di quella parlata, con il neo-greco, l’italiano, il tedesco, il francese” (ibidem, 75).

Come aveva osservato anche Jieanu (2012) per il romeno L1 in contatto con lo spagnolo, la grande capacità di questa lingua di assimilare i prestiti (e in particolare l’ingente capacità di adattamento alla regole morfofonologiche della L1) può essere segno di una flessibilità strutturale del romeno e una sua capacita di uscire rinnovato dal contatto, caratteristiche con le quali può inca7 “Iordan definisce tale caratteristica come “potere di assimilazione” del romeno (…), Graur vede in questo fatto una prova della vitalità delle tendenze latine continuate nel romeno. Da parte nostra, consideriamo questo fenomeno come un atto fondamentale di language loyality, secondo la formulazione di Weinreich (1953)” (ivi).

266

merare in modo proattivo una pressione linguistica ed extralinguistica anche molto intensa da parte di una L2 di maggiore prestigio.

5.3. Mutamento nel romeno in contatto con l’italiano A ogni fine paragrafo del capitolo quarto sono state proposte interpretazioni per i vari fenomeni di mutamento rilevati nel romeno L1; qui invece viene proposta una riflessione conclusiva che si fonda non solo su quelle interpretazioni ma anche su quello che la ricerca ha portato alla luce nella sua interezza. In questa ricerca si era enunciata l’ipotesi di carattere sociolinguistico (che alla luce dei risultati si può adesso sostenere) per cui si poteva essere in presenza di inizi di mutamento nel romeno immigrato (in contatto con l’italiano) se le innovazioni fossero presenti sia nel corpus delle conversazioni libere, sia nei testi scritti degli immigrati con livello d’istruzione inferiore, sia nel corpus di immigrati con livello d’istruzione superiore. Alla luce dei risultati sociolinguistici, sono state fatte osservazioni (in sincronia) sulla vitalità di romeno L1 in ambiente italiano (cfr. 2.1., 2.2) e – in ottica diacronica – osservazioni su innovazioni / mutamenti nella lingua romena (cfr. 4.2.). Si è tentato di dare spiegazione alle condizioni in cui un’innovazione interviene nella parole ed è adottata nel sistema (che è – poi – una ri-costituzione dalla norma) in questa varietà di romeno. È risultato che, in quanto catalizzato dall’italiano, il mutamento del romeno d’Italia si trova in una sua fase iniziale, seppur velocizzata dal contatto con una lingua di maggiore prestigio presso i bilingui; una fase caratterizzata – come si è visto – della tendenza verso la generalizzazione di alcune innovazioni e verso l’adozione di altre. Il tipo di mutamento risultato dal contatto con l’italiano non è catastrofico, al contrario, questo mutamento sembra si svolga molto probabilmente secondo il ‘principio di conformità strutturale’ (apud Jakobson), continuando dunque delle tendenze endogene della lingua che lo opera, il romeno. La propagazione del mutamento nel romeno d'Italia avviene con adozioni (nella lingua di immigrati con un’istruzione più alta) di quelle innovazioni originate nelle parlate della L1 di immigrati con istruzione più bassa8. Nel gruppo sperimentale, ai soggetti di genere femminile è stato attribuito un valo-

8

Noto nei casi di contatto: “Rather than full-fledged grammatical categories, use patterns are frequently variants restricted in their occurrence, e.g. to a particular social layer of speakers register or region” (Heine, Kuteva 2005, 41).

267

re maggiore sull’indice ‘innovazione’ rispetto ai valori ottenuti dai soggetti di genere maschile. Come è risultato dell’analisi dei compiti dei laureati (compito Charlie Chaplin e C-test), del corpus dei diplomati (conversazioni libere), e del corpus (scritto) dei forum, si potrà ragionevolmente asserire che il luogo in cui cercare la maggioranza delle fonti innovatrici della L1 è la varietà di romeno popolare e dialettale. Specialmente nel romeno, la velocità con la quale l’innovazione può trasmettersi verso la norma è una variabile molto rilevante. Non solo il romeno popolare è fortemente ‘invaso’ da elementi del registro alto della lingua romena, ma l’omogeneità stilistica del romeno popolare parlato è data anche dal fatto che “il romeno letterario è costruito sul linguaggio ‘popolare’” (Irimia 1986, 79). La direzione presa dal romeno d’Italia sembra quella di far diventare mutamenti le innovazioni nate nel paese di origine il cui corso è accelerato dal contatto con l’italiano. Guardati in ottica romanza, alcuni fenomeni del mutamento di questa varietà di romeno si iscrivono in un percorso che l’italiano in parte conosce già. Altri esiti, come il dativo preposizionale, esulano dal caso del contatto che si è studiato (Ro/It), potendosi parlare di un trend pressoché generale in situazioni di contatto, sia che si tratti di lingue in contatto che di dialetti in contatto con lingue9.

9 Nel caso di contatto fra lingua e dialetto, non è raro che “ACC direct object markers tend to replace DAT indirect obj. mark” (Trudgill 1983, 103). Secondo Thomason, Kaufmann (1988, 48) si trovano più casi di prestito sintattico a rimpiazzare un tratto morfologico funzionale corrispondente nell’altra lingua, e non viceversa.

268

Appendice

Appendice 1. Questionario Sociolinguistico Questo questionario è stato ideato allo scopo di vedere il modo in cui la lingua romena è adoperata dai romeni che vivono in Italia. Contiene 67 domande. Se una di queste domande non è rilevante per il suo caso (per esempio se una domanda si riferisce al modo in cui i suoi figli usano la lingua romena, ma lei non ha figli), metta una X davanti a quella domanda è passi alla domanda successiva. Le risposte devono appartenerle in totalità, poiché quello che mi pressa di capire è il modo in cui lei, in qualità di parlante di lingua romena, adopera la sua lingua madre. Se una questione le sembra poco chiara, mi chieda precisazioni, senza esitazioni. Non esistono risposte giuste o sbagliate.

1) Qual è la sua data di nascita? ……………………………………………………19……………………….. 2) Lei è: 

donna



uomo

3) Lei è nato: Città / Paese:…………………. Paese: …………………. 4) Cittadinanza?

Possiede anche un’altra cittadinanza? (indichi quale)  ………………

 ………….

5) Lei considera che, in Romania, parlava la lingua standard o un dialetto?  

romeno standard un dialetto del romeno: (zona storica) ……………………..

6) Specifichi il livello di scolarizzazione al quale è arrivato, con il Paese di ottenimento del titolo:      

Primi IV anni Paese: …………… Anni V-VIII Paese: …………… Liceo o scuola superiore Paese: …………… Altre specializzazioni, dopo, per esempio Università, specializzazione in: Dottorato o master, specializzazione in:

Paese: …….. Paese: …….. Paese: ……..

Quali corsi di lingua (eccetto per imparare la lingua italiana) ha seguito in Italia?  corso di…  mese/anno… 7) Nel caso in cui lei ha fatto il Liceo o la Scuola superiore anche in Italia, quanti anni sono stati in Romania e quanti in Italia? Romania _____ Italia ______ 271

8) In che anno è arrivato in Italia? 19_____ A che età? __________ 9) Eccetto il periodo vissuto in Italia, lei ha vissuto fuori dalla Romania per un periodo più lungo di 6 mesi? Inferiore?   

No Si, in:............................................................  un periodo di: Si, in:............................................................  un periodo di:

10) Quali altre lingue ha appreso prima di iniziare i primi anni di scuola?  No, solo il romeno  Altre lingue, come:………. 11) Prima del suo arrivo in Italia, ha seguito in Romania corsi di lingua italiana, privati o in classe?  No  Si, un periodo di  mese/anno… 12) Dopo il suo arrivo in Italia ha seguito corsi di italiano?  Si, un periodo di  mese/anno…  No 13) Torniamo alla vita scolastica. Che lingue ha imparato a scuola? ........................................ / ........................................ ........................................ / ........................................ 14) Che lingue ha imparato privatamente, fuori dal sistema scolastico? ........................................ / ........................................ ........................................ / ........................................ 15) Qual è la sua professione attuale? ............................................................................. ................................................................................ 16) Se lei ha avuto più professioni, la prego di indicarle cronologicamente: 1. ........................................... 2. ........................................... 3. ........................................... 4. ........................................... 17) Da quando vive in Italia, lei va in Romania?  No, mai  Si, ma solo occasionalmente  Si, regolarmente : Una volta ogni ___ anni / _____ volte all’anno 272

18) La prego di indicare i motivi per le visite in Romania (anche più di una casella)  Problemi urgenti di famiglia (come, per esempio, matrimonio ecc.)  Visitare la famiglia e i parenti  Altri motivi: ……………………………………………………………………………… 19) Le va in chiesa in Italia? (Mi interessa perché là si parla di solito in romeno.)  No, mai  Si, occasionalmente  Si, regolarmente 20) (Se lei ha indicato che va in chiesa, quando ci va) in che lingua/ lingue si tiene il sermone? …………… / ……………… 21) Generalmente, come apprezza il suo livello di lingua italiana prima del suo arrivo in Italia?  avanzato  ok  limitato  molto limitato  non sapevo per niente l’italiano 22) Generalmente, come apprezza il suo livello di lingua italiana attualmente?  molto limitato  limitato  ok  avanzato  come quello di un nativo 23) Quanto spesso lei parla in romeno?  giornalmente  settimanalmente  mensilmente  qualche volta all’anno  più raramente (indichi):………………………….. 24) Considera che è importante che lei parli il romeno?  molto importante  importante  non ho un’opinione  non è importante  non è per niente importante 25) Che lingua adopera quando fa dei calcoli mentali? (indichi) 273

Romeno : Mai Italiano : Mai

Raramente Raramente

Delle volte Spesso Delle volte Spesso

Sempre Sempre Vuole commentare? ………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………… 26) Considera che è importante che i suoi figli (o futuri figli) parlino e imparino il romeno?  non è per niente importante  non è importante  non lo so  è importante  è molto importante 27) Si è fatto molti amici in Italia?  Si  No 28) Generalmente, in Italia, i suoi amici sono  solo parlanti di lingua romena  tutti i due gruppi, ma di più sono i parlanti di romeno  parlanti di italiano e romeno, più o meno in parti uguali  tutti i due gruppi, ma di più sono i parlanti di italiano  solo parlanti di lingua italiana 29) Dove/come ha fatto amicizia? (anche più di una casella)  in un gruppo dei romeni o in un’organizzazione romena  tramite altri amici  a lavoro  attraverso la scuola dei figli  in altri modi, e si tratta di: ………….……………………..…………… ……………………………………….…………………………………… 30) Fermo restando che non è facile fare un’analisi di questo tipo, si sente più vicino alla cultura romena o italiana?  alla cultura italiana  a entrambe, ma di meno a quella italiana  a entrambe, più o meno ugualmente  a entrambe, ma di meno a quella romena  alla cultura romena 31) In che lingua sente di esprimersi con più facilità?  in entrambe  in romeno  in italiano 274

32) Il suo stato civile?  sposato/a  separato/divorziato (a)  vedovo/a  vivo in copia  solo/a 33) Qual è stata la lingua che il suo partner de vita (o ex partner) parlava durante l’infanzia?  italiano  romeno altra lingua, e si tratta di:…………………….. 34) Se il suo partner non è nato/a in Italia, quali sono stati i motivi per i quali egli/ella si è spostato in Italia? ………………………………………………………………………………. ………………………………………………………………………………. 35) In che anno il suo/ la sua partner in Italia? 19 __ A quale età?_________ 36) In che lingua parlate adesso (o parlavate) con il partner?  solo in romeno  in entrambe ma di più in romeno  in entrambe, in modo più o meno uguale  in entrambe, ma di più in italiano  solo in italiano 37) Qual è la professione del partner? ………………………………………………………….…………………… 38) Lei ha figli?  No  Si, in età di ............................................................................. 39) In che lingua parla con i suoi figli? Se avesse figli, in che lingua parlerebbe loro?  solo in romeno  in entrambe ma di più in romeno  in entrambe, in modo più o meno uguale  in entrambe, ma di più in italiano  solo in italiano 40) In che lingua parlano i suoi figli?  solo in italiano  in entrambe, ma di più in italiano  in entrambe, in modo più o meno uguale  in entrambe ma di più in romeno  solo in romeno 275

41) Lei incoraggia i figli a parlare in romeno? Se avesse figli, incoraggerebbe loro a farlo?  Si, ogni tanto  No, mai  Si, spesso 42) Lei coregge i figli se e quando fanno errori in romeno? Se avesse figli, li correggerebbe per gli errori di romeno ?  mai  molto raramente  delle volte  regolarmente  molto spesso 43) Se i suoi figli non parlano e non capiscono bene il romeno, rimpiangete questo fatto? Per colo che non hanno figli: nel caso in cui avesse figli, rimpiangesse questo fatto?  No, per niente  Non tanto  Non lo so  Un poco  Moltissimo 44) Lei mantiene i legami con la famiglia e con gli amici dalla Romania?  tutto il tempo  spesso  delle volte  raramente  molto raramente 45) In che modo si tiene in contatto con quelli dalla Romania?  telefono  lettere  e-mail  altre modalità, e si tratta di: ………………………..…………………. …………………………………………………………..…………………. 46) Che lingua adopera nei contatti con quelli dalla Romania?  solo in romeno  in entrambe, ma di più in romeno  in entrambe, in modo più o meno uguale  in entrambe, ma di più in italiano  solo in italiano

276

47) Lei considera che la lingua romena ha un ruolo importante nel mantenimento dei legami con la sua famiglia?  per niente  non tanto  non lo so  grande  molto grande 48) Includa nella tabella le persone dalla Romania o dall’Italia con i quali comunica più spesso. Se considera opportuna, la rubrica del nome può anche essere vuota. Attraverso questa tabella, vorrei capire che lingua lei usa di più: il romeno o l’italiano. Ho completato io stesso la prima riga, come esempio. Nome

Dove vive

Nazionalità

Incontrati come?

Da quando vi conoscete?

È un parente? Quale rapporto?

Che lingua parlate?

xxx …

RO …

RO …

Sorella …

25 anni …

Si, sorella …

Romeno …

49) Adesso indichi in che misura lei usa la lingua romena Tabella 1 e la lingua italiana Tabella 2. Lasci pure libera la casella che non la riguarda. Tabella 1

Parlo romeno Sempre

Spesso

A volte

Raramente

Molto raro

Mai

A volte

Raramente

Molto raro

Mai

Con i parenti Con gli amici Con gli animali in casa Al lavoro In chiesa Nei negozi, bar In gruppi, organizzazioni Con certe occasioni (quali?) Tabella 2

Parlo italiano Sempre

Spesso

Con i parenti Con gli amici Con gli animali in casa Al lavoro In chiesa Nei negozi, bar In gruppi, organizzazioni Con certe occasioni (quali?)

277

50) Da quando abita in Italia, lei fa parte di un gruppo o di un’organizzazione romena?  No  Si, e si tratta di (includa il nome dell’organizzazione e il periodo di attività) ……………………………………………………………… 51)

Trovandosi da solo, che lingua usa nei momenti di rabbia, tristezza? ………………………………………………………………………..

52)

Le manca la Romania?  No, poiché…………………………………………………………………  Si, e di più mi manca……………………………………………………..  Qualche volta, perché………………………………………………………

53) Quando parla fra sé e sé, lei che lingua adopera? ……………………………… 54)

Lei ascolta musica romena?  No  Si

55)

Lei ascolta i canali radio romeni?  No  Si

56)

Lei legge giornali, libri o riviste romene?  No  Si

57)

Lei guarda i canali TV in lingua romena?  No  Si  Mi piacerebbe, ma non ho accesso a questi canali

58)

Lei considera che il suo livello di lingua romena è cambiato?  No  Si, considero che sia migliorato  Si, considero che sia peggiorato

59) lia?

Lei considera che usa la lingua romena di più, o di meno, da quando vive in Ita  

No, non considero che adopero la lingua romena di più e di meno Si, credo di usare più raramente la lingua romena Si, credo di usare più spesso la lingua romena

278

60) Accade di non sentirsi a suo agio quando lei parla in romeno con un romeno che non ha vissuto un lungo periodo, come lei, in Italia?  Si, delle volte  No, mai 61) Se lei ha risposto con “Si” alla precedente domanda, mi dica se si stente uguale quando si trova a parlare in lingua romena con un romeno che vive, come lei, da molti anni in Italia.  nemmeno in questo caso posso dire che mi sento a mio agio nel parlare in romeno ………………………………………………………..  mi trovo di più a mio agio ……………………………………. 62) Lei considera di essere un parlante bilingue? Con altre parole, le considera di essere un parlante con una conoscenza del romeno simile alla conoscenza dell’italiano?  No, perché …………………………………………………  Si, perché …………………………………………………..  Non lo so, perché ………………………………………….. 63) Lei considera che può indovinare più facilmente lo statuto sociale di una persona sconosciute, quando parla in italiano, oppure quando parla in romeno?  quando parla in romeno, perché …………………………………………..  quando parla in italiano, perché …………………………………………..  non è rilevante che lingua parla, perché …………………………………. 64) Qual è il suo parere sui romeni (per esempio i turisti) che parlano in italiano con un accento forte?  mi irritano  non mi disturbano 65)

Lei intende tornare ad abitare in Romania?  No, non intendo andare ad abitare in Romania  No ho ancora pensato molto a questo  Si, con il tempo mi piacerebbe tornare in Romania

66) na?

Guardano indietro, considera che la decisione di emigrare in Italia è stata buo  

67)

Si …………………………………………… No …………………………………………… Non lo so …………………………………………………………

Si è arrivati alla fine di questo questionario. Grazie. Vuole dire qualcosa? Vuole aggiungere qualcosa?

279

Appendice 2. Istruzioni per il compito narrativo Chaplin 2.1. Istruzioni per il gruppo sperimentale e per il gruppo di controllo Starà per vedere una scena del film di Charlie Chaplin. Charlot è rimesso dalla prigione ma non è molto convinto che vuole andare via. Il direttore della prigione rilascia a Charlot una lettera di referenze con al quale si aiuti a trovare un lavoro. Vedremo come Charlot si dà da fare a trovare lavoro e che altre avventure lo aspettano. 2.2. Istruzioni solo per il gruppo sperimentale. A: primi 5 min.; B: ultimi 5 min. A: primi 5 min. [min. 33:20 - 38:08] Per far parlare in It L2: Lei vedrà i primi 5 minuti di questa scena del film due volte. Per quel che riguarda la prima visione, lei soltanto guarderà, e possiamo chiarire gli aspetti che non capisce. Durante la seconda visione del pezzo, le prego di narrare quello che capita sullo schermo più in dettaglio che può, in italiano. Per far parlare in Ro L1: Lei vedrà i primi 5 minuti di questa scena del film due volte. Per quel che riguarda la prima visione, lei soltanto guarderà, e possiamo chiarire gli aspetti che non capisce. Durante la seconda visione del pezzo, le prego di narrare quello che capita sullo schermo più in dettaglio che può, in romeno. B: ultimi 5 min. [min. 38:08 - 43:10] Per far parlare in It L2: Lei vedrà gli ultimi 5 minuti di questa scena del film, sempre per due volte. Per quel che riguarda la prima visione, lei soltanto guarderà, e possiamo chiarire gli aspetti che non capisce. Durante la seconda visione del pezzo, le prego di narrare quello che capita sullo schermo più in dettaglio che può, in italiano. Per far parlare in Ro L1: Lei vedrà gli ultimi 5 minuti di questa scena del film, sempre per due volte. Per quel che riguarda la prima visione, lei soltanto guarderà, e possiamo chiarire gli aspetti che non capisce. Durante la seconda visione del pezzo, le prego di narrare quello che capita sullo schermo più in dettaglio che può, in romeno. 2.3. Istruzioni per soli gruppi di controllo (italiano / romeno) Vedrà questa scena del film di 10 minuti per due volte. Nella prima visione, lei soltanto guarderà, e possiamo chiarire gli aspetti che non capisce. Durante la seconda visione, le prego di narrare quello che capita sullo schermo più in dettaglio che può, in italiano / romeno.

280

Appendice 3. Simboli CHAT adoperati nella trascrizione del corpus dei laureati 3.1. Campi permanenti obbligatori @Begin marca l’inizio della trascrizione @Languages lingua in cui parlano i soggetti di una trascrizione @Participants lista partecipanti alla conversazione trascritta @Situation descrizione del contesto, dell’ambiente della registrazione audio, utile alla migliore comprensione dei fatti di lingua trascritti @End marca la fine di una trascrizione @ID lingua|corpus|codice|età|sesso|educazione| Esempio: @ID: ro, it|PaviaDue|acronimo del nome soggetto|in anni|F,M|laurea @Bck informazioni pertinenti sul soggetto 3.2. Campi indipendenti parola* marca di deviazione della norma, si mette subito dopo la parola fuori norma um@fp, aa@fp riempimento sonore di pausa (si suppone che il soggetto prenda tempo per pensare; è un indice relativamente poco affidabile della sua produttività linguistica), la um@fp è centrata su una consonante, mentre la aa@fp è centrata su una vocale əə@fp, riempimento sonoro di pausa (si suppone che il soggetto prenda tempo per pensare; è un indice relativamente poco affidabile della sua produttività linguistica) centrata sul fono corrispondente al rom. bla@fp parlata inintelligibile, accompagnata da gesti corporei (mani e testa), con la quale il soggetto indica che salta parti del suo discorso allo scopo di tenere il passo con il filo narrativo del pezzo cinematografico visto sullo schermo # pausa tra parole, minore o uguale a un secondo; non si considera pausa uno spazio vuoto all’inizio di un enunciato (le pause tra enunciati non sono state etichettate). ## pausa tra parole, minore o uguale a due secondi; ### …sec 3; # 1 …sec 4; # 2 …sec 6; # 3 …sec 8; # 4 …sec 10; # 5 …sec >15 #d pausa non-sonora che segnala un intoppo nel flusso del parlato xxx serie di parole inintelligibili xx parola inintelligibile @n neologismo [lemma?] contiene l’interpretazione di un flusso sonoro le(mma) le lettere fra parentesi rappresentano il completamento di un lemma che il soggetto ripete nell’enunciato. Se l’inizio di parola non è stata ripetuto e completato dal soggetto nell’enunciato si è scelto di non completare (*ANP, it, riga 38: *ANP: singură şi [//] şi #d əə@fp înfometată. trad.: *ANP: sola e [//] e affamata.) parola(lettere)parola tra le parentesi è stato completato con quelle lettere della parola, nei casi in cui il parlante sorvola una sillaba come nel caso: pi(gi)ama di notte

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[= parola] con il segno =, indicazioni per i gesti deittici del soggetto che accompagnano il flusso del suo enunciato . punto enunciato dichiarativo ? domanda enunciato interrogativo ! enunciato esclamativo : sillaba allungata lemma^lemma pausa fra le sillabe [^] [&=laugh] evento locale e contemporaneo alla parlata registrata consistente in una risata +. enunciato spezzato ai soli fini della trascrizione +... l’enunciato è sospeso (intonazione) e incompleto (il soggetto non ci torna a completarlo) [dat prep] nella L1 Ro, variante meno prestigiosa di dativo, il dativo preposizionale [gen prep] nella L1 Ro, variante meno prestigiosa di genitivo, il genitivo preposizionale [agent] nella L1 Ro, realizzazione del passivo, con complemento d’agente realizzato con la preposizione semplice de o con preposizione composta de către 1 inizio di un enunciato in cui il soggetto si rivolge direttamente al ricercatoreintervistatore, nonostante l’impostazione chiara e condivisa precedente al compito di narrazione, e 2, fine di questo tipo di enunciato. [/] ripetizione senza correzione, il soggetto inizia a dire una cosa ma si ferma per ripetere la cosa detta senza cambiare il materiale detto prima del segno [/], eventualmente lo completa (*LAB: el iese să plece [/] la muncă. trad.: *LAB: egli esce per andare a [/] lavoro.). parola [x numero] variante grafica che indica la ripetizione senza correzione nel caso in cui si tratta di più ripetizioni, *VIP: reuşeşte să: [x 3] dea drumul. (trad.:*VIP: riesce a: [x 3] mandare via.), dove il rom. să è stato ripetuto tre volte. [//] ripetizione con correzione, il soggetto inizia a dire una cosa ma si autocorregge, cambiando la forma morfologica o la sintassi della parola precedentemente interrotta (*OVN: [//] îl arestează. trad.:*OVN: [//] lo arresta.). NB: il materiale che si ripete è inserito in parentesi uncinate 3.3. Campi dipendenti 3.3.1. Commutazione di codice (code-switching) Commutazione interfrasale, cioè una frase composta di una proposizione in L1 continuata di una proposizione in L2 oppure una frase composta da una proposizione in L2 continuata da una proposizione in L1 3.3.2. Mescolanza di codice (code-mixing) “Nel code mixing, il passaggio da una lingua all’altra avviene invece al di sotto e all’interno dei confini di frase (commutazione intrafrasale), talché troviamo frasi mi282

stilingui, formate da costituenti, a diversi livelli e di diversa estensione, appartenenti a lingue diverse” (Berruto 2009a, 11). 3.3.3. Prestiti borr eng prestito dall’inglese borr ita prestito dall’italiano borr rom prestito dal romeno 3.3.4. Calchi calq ita calco dall’italiano calq eng calco dall’inglese calq rom calco dal romeno lemma ita calco dall’italiano insufficientemente adattato morfologicamente 3.3.5. Altro L2 gram err errore grammaticale nella lingua seconda L2 fon err errore di pronunziazione nella lingua seconda L2 sint err errore di morfosintassi nella lingua seconda %ita traduzione in italiano, *COS: mă duc la România, %ita: vado in Romania %err codice della deviazione della norma sul fatto di lingua indicato con asterisco [*] o descrizione del fatto di lingua coinvolto %com commenti all’enunciato precedente %exp indicazioni sui fatti di lingua dell’enunciato precedente, non direttamente correlati alla deviazione della norma Ro lingua romena L1 (Ro) varietà di romeno degli immigrati romeni di prima generazione in Italia It lingua italiana L2 (It) l’italiano appreso spontaneamente degli immigrati romeni di prima generazione in Italia

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Appendice 4. Corpus Chaplin Laureati bilingui con L1 romeno (esempi) @Begin @Languages: Ro @Participants: ANP, Target_Child, @ID: Ro,|PaviaDue|ANP|36|F|laurea @Time Duration: 5 min 06 sec. domenica 9 maggio 2010, 17.16.59 *ANP: lui* primeşte # o scrisoare. %err: calq ita, gram, pron, masc, sg, °3 pers, Ro, el %com: in Ro la forma pronominale lui è per il caso Dat-Gen *ANP: prin care este eliberat din închisoare. *ANP: acum se găseşte pe un şantier naval. *ANP: împreună cu ## un alt personaj. *ANP: fericit. *ANP: începe munca. *ANP: îi vin* date instrucţiuni. %err: calq ita, lessico, it, vengono, vengono date istruzioni, Ro sunt (sono) *ANP: în ceea ce priveşte ceea ce trebuie să facă pe şantier. *ANP: trebuie să găsească un lemn. *ANP: un anumit lemn. *ANP: începe căutarea. *ANP: caută caută. *ANP: pare că a găsit un lemn #1 asemănător acelui*+. %err: manca l’accordo fra l’agg asemănător, e il pron aceluia, masc, sg, Dat *ANP: #d *. %err: borr ita, lessico, Ro, de dinainte, senza adattamento morfologico *ANP: ups [&=laugh]. *ANP: a luat lemnul şi # [//] nava care era în construcţie intră în apă. *ANP: toţi rămîn cu gura deschisă. *ANP: sigur se întoarce în închisoare. *ANP: se îmbracă îşi ia pălăria şi bastonul # şi pleacă. *ANP: singur şi afamat*. %err: borr ita, lessico, it, affamato, Ro, înfometată, accomod. morfologicamente (-t, °3 pers sg masc) *ANP: nu! apare personajul feminin. *ANP: singură şi [//] şi #d əə@fp înfometată. %err: borr ita, lessico, it, affamato, il soggetto si corregge all’interno dello stesso enunciato con il normativo Ro, înfometată *ANP: în faţa [//] unui magazin um@fp cofetării. *ANP: fură o bucată de pîine [//] o #d [//] un filon* de pîine. %err: calq ita, lessico, filone di pane, Ro, bucată de pîine, Ro filon significa ‘deposito di carbone nelle crepe della corteccia del pianeta Terra’ 284

*ANP: se ciocneşte [//] scăpînd* se ciocneşte cu el. %err: calq ita, lessico, scappare, Ro, fugă, evadeze, il soggetto avverte lo scivolamento verso la L2 It e coivolge nella frase un termine della stessa sfera semantica del evadeze, fugind *ANP: proprietarul magaziului ## îi urmăreşte. *ANP: o găseşte pe ea. *ANP: apare şi poliţistul. *ANP: proprietarul əə@fp explică poliţistului ceea ce s-a întîmplat+. *ANP: faptul ca ea a furat [/] o pîine. *ANP: el əə@fp Charlot spune că nu este adevărat+. *ANP: şi restituisce* pîinea əə@fp poliţistului. %err: calq ita, gram, Ro, dă înapoi, restituie, il soggetto completa un radicale verbale comune alla Ro e alla It con la desinenza It -isce, sg, III pers, ind pres, restituisce *ANP: ea nu poate să creadă. *ANP: o doamnă care a văzut ce s-a întîmplat+. *ANP: spune proprietarului magazinului că nu este adevărat+. *ANP: fata a furat pîinea. *ANP: proprietarul əə@fp spune totul əə@fp poliţistului. *ANP: şi: əə@fp se duce spre fată. *ANP: Charlot [/] intră [/] într-un bar într-un bistro. %err: borr ita, entrare, Ro a intra, con il quale il soggetto si corregge all’interno dello stesso enunciato *ANP: şi əə@fp îşi alege de [x 3] əə@fp mîncare. *ANP: între timp poliţistul arestează pe fată. *ANP: iar Charlot în bistro əə@fp manîncă: ## mult. *ANP: după care îl cheamă pe poliţistul # care trecea prin fata [//] bistroului. *ANP: şi îi explică əə@fp casieriţei că+. *ANP: əə@fp #d că nu are bani să plătească: ceea ce a mîncat. *ANP: aşa că viene* arestat+. %err: calq ita, lessico, it, viene, viene arrestato, Ro, e arestat (è arrestato) *ANP: da* poliţist. %err: borr ita, prep, da, Ro, de, nel costrutto arrestato dal poliziotto *ANP: aprofită* aa@fp şi aa@fp îşi aprinde [/] şi o ţigară. %err: borr ita, approfittare, Ro, profită %com: il soggetto quasi balbetta nella ricerca delle parole *ANP: bineînţeles fără să plătească. *ANP: face cadouri şi la* [dat prep] copiii care treceau prin faţa magazinului. *ANP: poliţistul əə@fp ## îl ia de mînă. *ANP: şi îl [x 4] urcă [//] [/] în duba poliţiei. %com: il soggetto quasi balbetta nella ricerca delle parole *ANP: ok. *ANP: [/] əə@fp imagini din [x 3] maşina poliţiei. *ANP: un beţiv [&=laugh].

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*ANP: Charlot əə@fp deranjat de mirosul: emanat de* [agent] beţiv. @End @Begin @Languages: ro @Participants: CRC, Target_Child, @ID: ro,|PaviaDue|CRC|40|F|laurea @Situation: i primi 3 minuti non presenti sulla registrazione sono persi a causa dei rumori ambientali che coprivano la parlata @Time Duration: 2 min 01 sec. domenica 9 maggio 2010, 17.29.18 *CRC: este femeia [//] fata care a rămas+. *CRC: [/] pe trotuar care a furat pîinea. *CRC: Charlie Chaplin intră într-un restaurant. *CRC: să mănînce. *CRC: aşa zisul restaurant la noi la români *+. %err: lang mix, unstressed position, Ro împinge tava *CRC: [//] împinge tavola* [&=laugh] studenţesc. %err: borr ita, Ro, tava *CRC: poliţia vine. *CRC: ajunge arestează fata. *CRC: Charlie Chaplin între timp termină de mîncat din restaurant. *CRC: cînd vede nota de plată vrea să plece. *CRC: vede un poliţist care trece prin faţa restaurantului+. *CRC: şi-i spune vino încoace că trebuie să mă arestezi! *CRC: vezi eu nu am bani ca să plătesc nota * [/] de plată+. %err: incompleta realizzazione fonetica della parola, plată, il soggetto si corregge all’interno dello stesso enunciato. *CRC: [//] pentru tot ceea ce am consumat la restaurant. %err: calq ita, sintassi, semplificazione del gruppo preposizionale pentru care, il soggetto la sostituisce in seguito per evitarla del tutto, nel gruppo preposizionale pentru care manca la prep din; tendenza interna al romeno odierno per molti costrutti preposizionali aventi il pronome care elemento centrale, L2 It per, la mancanza della preposizione è risentita abbastanza nei registri alti delle parlate e meno in quelle di meno prestigio *CRC: ok vino cu mine atunci îi spune poliţistul şi îl arestează. *CRC: cheamă # * [//] ## biroul aa@fp ## [/] de la puşcărie. %err: calq ita, Ro, birou, il sogetto si corregge all’interno dello stesso enunciato *CRC: cheamă [//] o: maşină de poliţie. *CRC: e* Charlie Chaplin [//] profită de faptul că este nesupravegheat. %err: borr ita, cong, e, Ro, şi *CRC: [//] zice dacă tot sînt arestat+. 286

*CRC: de ce să nu [//] fac cadou+. %err: borr ita, verb, regalare, sentito spesso nelle parlate libere coniugato all’ind. pres., accomod. morfologic.; il sogetto si corregge all’interno dello stesso enunciato, Ro fac cadou *CRC: anumite lucruri la* [dat prep] #d copii(i)*+. %err: incompleta realizzazione del genitivo, art sg, def, masc, i, nella parola Ro copiii (i bambini) *CRC: care trec pe stradă de la un magazin care # era în faţa lui. *CRC: zice dacă tot sînt arestat de ce să nu # profit. *CRC: vine [//] əə@fp maşina de la poliţie. *CRC: urcă în * [//] în dubă [x 3]. %err: incompleta realizzazione del costrutto genitivo Ro, maşina poliţiei (la macchina della polizia), il soggetto non si corregge all’interno dello stesso enunciato ma rinuncia completamente al costrutto *CRC: împreună cu toţi ceilalţi arestaţi unul mai urît decît celălalt+. *CRC: femei bărbaţi toţi la un loc. *CRC: el glumeşte şi se aşează în [//] braţele unei femei. *CRC: profită de această bunătate. *CRC: după care se face că [/] nu vede. *CRC: îl aruncă pe partea cealaltă de* [gen prep] banchetă. %err: calq ita, sintassi, il genitivo Ro partea cealaltă a banchetei (l’altra parte della panca) è evitato con la preposizione de, It l’altra parte della panca *CRC: cu faţele*+. %err: borr ita, gram, facce, pl art, Ro faţă-feţe, nel L1 Ro faţă-faţele il soggetto rinuncia alla distinzione Ro fem sg vs pl data dalla variazione fonetica a/e *CRC: de* [gen prep] Charlie Chaplin care sînt # inconfundabile. %err: calq ita, sintassi, il genitivo Ro faţa lui Chaplin (la faccia di Chaplin) è evitato con la preposizione de, It la faccia di Chaplin *CRC: se opreşte duba. @End @Begin @Languages: ro @Participants: GEA, Target_Child, @ID: ro,|PaviaDue|GEA|30|M|laurea @Bck: il soggetto dichiara alla fine della registrazione e conferma anche nel questionario di avere al momento presente un livello insoddisfacente di L1 Ro e anche di L2 It, anche se la L2 It è praticata meglio, in quanto usata nella maggioranza dei momenti (partner, al lavoro, nelle situazioni sociali). Il soggetto dichiara che l’abbassamento di fiducia nella sua competenza di L1 Ro gli abbassa il livello di L2 It, anche se si sente più confidente con la lingua seconda. Sulla registrazione ammette che lo stress di parlare nella L1 Ro lo fa balbettare, e ammette che balbetta anche nella L2 It, in minore quantità. La fonte del balbettio, dice, è la voglia di non commettere errori. @Time Duration: 4 min 59 sec.

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domenica 9 maggio 2010, 18.01.09 *GEA: deci maşina se opreşte # 1. *GEA: şi: urcă # 1 əə@fp persoana care # 1 furase: bucata de pîine+. *GEA: [//] əə@fp # 1 [/] mai devreme. *GEA: ea este foarte supărată. *GEA: şi încearcă # 1 [/] să scape. *GEA: [/] reuşeşte împreună cu # 1 Charlie Chapli. *GEA: # 6 [/] şi împreună cu el # 2 scapă* # 6. %err: calq ita, lessico, scappare, Ro, fugă, evadeze %exp: in Ro esiste il costrutto a scăpa din maşina… morţii, ma non con il senso pratico, materiale, di evadere, correre via lontano da un pericolo *GEA: după puţin timp ei [/] se opresc+. *GEA: se aşează # 1 [/] pe marginea trotuarului. *GEA: Charlie Chapli # 1 o întreabă: unde: locuieşte. *GEA: iar după: puţin timp văd: # 1 +. *GEA: [//] un cuplu # 2 care stau:* əə@fp chiar la m(arginea) [//] +. %err: calq ita, lessico, Ro, locuieşte, in più l’accordo verbale di stau è errato, sg, III pers, stă (It una copia che sta) *GEA: care au # casa # 2 [/] chiar: +. *GEA: aproape [/] de locul în care s-au aşezat. *GEA: el îi spune [/] să-şi imagineze o casă-n care ar fi împreună. *GEA: ei ar face #d [//] [//] aceeaşi viaţă+. *GEA: pe care: # 2 o fac: um@fp +. *GEA: persoanele pe care le [/] văzuseră [//] [/] înainte. *GEA: um@fp # 3 nu putea să lipsească în* imaginaţia lor: # 1 masa # 4 +. %err: prep din, din imaginaţia (in It prep da) *GEA: [/] cu de-ale gurii 1 cioè*: non*: um@fp: ceva um@fp: 2. %err: lang mix, congiunzione seguita da avverbio, Ro adică, nu %com: il soggetto alza le mani e si rivolge anche con la mimica al ricercatore per indicare che non gli vengono le parole *GEA: dîndu-şi seama că # era doar un vis s-a hotărît # 1 +. *GEA: [/] să-şi [/] îndeplinească: # visul # 4 şi: şi-atît. @End @Begin @Languages: ro @Participants: OVN, Target_Child, @ID: ro,|PaviaDue|OVN|29|M|laurea @Time Duration: 5 min 11 sec. martedì 4 maggio 2010, 16.10.45 *OVN: directorul îi dă o scrisoare [//] # şi [//] îi menţionează faptul+. *OVN: că această scrisoare o să-l ajute să-şi găsească xxx şi-l încurajează. 288

*OVN: la locul de muncă patronul citeşte scrisoarea xxx. *OVN: cheamă pe: probabil şeful de şantier+. *OVN: şi: # după ce-i înmînează scrisoarea Charlie îl urmează pe şeful de şantier. *OVN: Charlie se pregăteşte după aceea pentru începerea unui nou* zile de muncă. %err: calq ita, gram, It giorno di lavoro, maschile, agg. nou, accordo al masc sg invece di fem, sg, noi zile *OVN: xxx el trebuie să: strîngă de pe jos xx. *OVN: şeful de şantier îi spune+. *OVN: să găsească o pană xxx. *OVN: xxx să caute pe undeva pe şantier. *OVN: Charlie găseşte pana+. *OVN: numai că este: # un: element esenţial al structurii care ţine barca. *OVN: xxx pe un şantier naval # barca fiind în construcţie. *OVN: barca alunecă [/] pe sanie+. *OVN: şi: ajunge: să se scufunde [/] # în rîul care era în apropiere. *OVN: toţi cei* rămîn uimiţi. %ita: tutti quelli rimangono sbalorditi. %rom: toţi acei (muncitori) rămîn uimiţi /opp/ toţi aceia rămîn uimiţi %err: calq ita, lessico, il soggetto traduce il pronome dimostrativo It quelli con l’art det masc pl L1 Ro cei (invece che con il pron dim aceia, di livello deittico più alto rispetto all’art cei); si noti, oltre a ciò, che l’interferenza con la L2 ha innescato una ‘crisi’ sintattica: il soggetto lascia cei senza un determinato [una possibile realizzazione in Ro è “cei+topic” = cei de acolo (It. ART DET di là)]. Si costata anche la semplificazione della deissi (pronome dimostrativo > articolo dimostrativo), ma la frequenza dell’innovazione è bassa. *OVN: şi atuncea Charlie spune că-i mai bine să se întoarcă la închisoare+. *OVN: decît: [&=laugh] să lucreze în aceste condiţii. *OVN: [//] singură. *OVN: o fată: ## (cum ) se spune o [//] # o fată a străzii. %exp: ipercorretismo, il termine che viene ulteriormente scambiato (vagaboandă, It vagabondo) è marcato e ha minore prestigio nella norma Ro, ma il termine sostitutivo (o fată a străzii, It ragazza della strada) (un costrutto analitico) non è marcato *OVN: se opreşte în faţa [/] unei: vitrine. *OVN: care cred că era: magazin de pîine. *OVN: apoi fură [/] # [//] o: franzelă din: maşina+. *OVN: # [//] de unde descărca: # vînzătorul. *OVN: fură o pîine apoi aleargă şi dă peste Charlie: Chaplin. *OVN: căzînd* amîndoi pe jos. %err: sintassi, ‘evitamento della complessità’ tramite il gerundio, funzione modale del gerundio, manca la proposizione principale regente, Ro ind, pres, cad (cadono) *OVN: vine vînzătorul. *OVN: ea spune nu nu! *OVN: nu am vrut. *OVN: probabil îi era foame. *OVN: ajunge [/] şi poliţistul. 289

*OVN: Charlie spune staţi liniştiţi că nu a fost cea* +. %err: calq ita, lessico, quelli, per Ro il costrutto è incompleto, all’art dim fem sg cea manca il nome determinato (cea) femeie, probabilmente il soggetto traduce il pronome dimostrativo It quella con un art dim in L1 Ro (cea) *OVN: eu [/] # am furat: această pîine. *OVN: poliţaiul atuncea îl ia pe Charlie lăsîndu-l* pe: ceilalţi doi: # în aşteptare. %err: accordo errato, pron masc pl, i, lăsîndu-i *OVN: fata rămîne uimită de acest gest+. *OVN: în schimb [//] un: martor care a văzut+. *OVN: spune nu a fost Charlie dar: a fost: această fată care a furat pîinea. *OVN: martorul cu vînzătorul îi ajung pe poliţist şi Charlie*. %err: costrutto imcompleto, manca la prep, acc, pe, pe Charlie. Nel romeno odierno si deve marcare l’oggetto diretto animato nome proprio in acc con la prep pe. *OVN: spunîndu-le* întoarce-te că # fata este cea care a furat pîinea. %err: sintassi, ‘evitamento della complessità’ tramite il gerundio, funzione modale del gerundio, manca la proposizione principale regente, Ro verb, ind, pres, spune (dice) *OVN: Charlie intră intr-un: # restaurant cu autoservire+. *OVN: umplînd* [/] două cu vîrf cu mîncare. %err: sintassi, ‘evitamento della complessità’ tramite il gerundio, funzione modale del gerundio, manca la proposizione principale regente, Ro ind, pres, umple (riempie) *OVN: poliţistu: duce acea fată care-a furat pîinea+. *OVN: [//] probabil la maşină. *OVN: Charlie a terminat de mîncat deja e: sătul. *OVN: priveşte nota [/] de [&=laugh] plată cu: stupoare. *OVN: prin faţa [//] restaurantului trece poliţistul+. *OVN: iar Charlie chemîndu-l* îi arată nota de plată îndemnîndu-l să plătească. %err: sintassi, ‘evitamento della complessità’ tramite il gerundio, funzione modale del gerundio, manca la proposizione principale regente, Ro ind, pres, cheamă (chiama) *OVN: poliţaiul văzînd că nu are bani [//] < îl arestează > # [/] îl arestează. *OVN: [/] # în timp ce [//] poliţistul cheamă: # maşina+. *OVN: # Charlie îşi ia un trabuc dintr-un magazin care era lîngă. *OVN: dă şi [//] unor copii care erau +... *OVN: dă: probabil bomboane îndemnîndu-l din nou pe poliţist să plătească nota de plată. *OVN: ok vine maşina de: poliţie iar Charlie: elegant urcă în acea maşină. *OVN: ok în maşină: foarte plină de: # infractori. *OVN: unul dintre ei foarte turmentat [&=laugh]. *OVN: # care şi rîgîie printre altele. @End

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Appendice 5. C-test in romeno (con soluzioni) In următoarele pagini veţi găsi 6 texte scurte. Fiecare text conţine spaţii goale în care anumite părţi ale cuvintelor au fost eliminate (de reţinut însă că nici un cuvânt nu a fost eliminat în întregime, decît cu mici excepţii). Încercaţi să completaţi spaţiile goale. În unele situaţii, mai multe variante sunt posibile, astfel neexistînd doar răspunsuri corecte sau greşite. Acest test a fost conceput în aşa fel încât obţinerea unui scor de 100% să fie aproape imposibilă, deci nu vă faceţi probleme dacă întâmpinaţi greutăţi. Alocaţi un număr de maxim 5 min. fiecărui text. Pentru ca testul să fie pertinent nu folosiţi nici un fel de dicţionare, lucraţi singur(ă) şi nu reveniţi asupra textelor completate în prealabil. Scrieţi în dreapta textului timpul acordat. 1. Bine aţi venit la Facultatea de Litere din cadrul Universităţii din Iaşi! Facultatea de Litere, u________ dintre ce________ mai ma________ facultăţi d________ cadrul univer________ prin carac________ ei diversificat, pregă________ în fun________ de specificul sec________ profesori pen______ învăţământul preuniv________ precum şi cerce________ (lingvişti şi cri________ literari), ca________ didactice univer________, traducători, inter________ specialişti în rela________ cu publ________. Cercetarea ştiin________ este ax_______ pe problemele limbii, lingvisticii, ale literaturii sau ale antropologiei. [Soluzioni: una, cele, mari, din, universităţii (universitar), caracterul, pregăteşte (pregătind), funcţie, secţiei, pentru, preuniversitar, cercetători, critici, cadre, universitare, interpreţi, relaţiile (relaţii), publicul, ştiinţifică, axată]

2. Pentru multe di________ familiile româneşti, sumele provenite ________ emigranţi continuă să constituie a________ doilea salariu î________ casă. Întorcînduse d________ Italia, mulţi emigranţi vor lua c________ ei obiceiuri şi idei noi, în afara res________ economice cu care speră să deruleze o activitate î________ propriu imediat ce se întorc ______ România. Surse oficiale afirmă că, î________ general, românii Lombardiei vin ________ oraşele nord-estului României şi că la sfîrşitul experienţei lor din străinătate, dacă se vor întoarce ________ Ţară, se vor duce din nou ________ Iaşi, Bacău, Galaţi, oraşe care gă________ de ceva timp multe firme mi________ italiene. Mulţi emigranţii italieni plecaţi ________ România în______ cele două ră________ mondiale locuiau î________ aceste oraşe. [Soluzioni: dintre, de la, al, în, din, cu, resurselor, în, în, din, în, la, găzduiesc, mijlocii (mici), din, în, între, războaie, în]

3. Etnogeneza românilor reprezintă un eveniment istoric fundamental în istoria noastră naţională. Ea a fo_______ un pro_______ complex, îndel_______ la ca_______ au contr_______: statalitatea dac_______ şi creş_______ puterii aces_______ cucerirea Daciei d________ romani, colon________, romanizarea dac_______, continuitatea popul_______ daco-romane în condi_______ convieţuirii cu popul_______ migratoare; astfel, răspâ_______ creştinismului duc_______ în fi______ la cre______ unei et______ distincte în spa______ central-sud-est european. 291

[Soluzioni: fost, proces, îndelung, îndelungat, care, contribuit, dacică (dacă, dacilor) creşterea, acesteia (acestora), de (de către), colonizarea, dacilor, populaţiei, condiţiile, populaţiile, răspîndirea, ducînd (duce, duceau), final, crearea, etnii, spaţiul] 4. Satul reprezintă cea mai veche formă de locuire a peisajului geografic românesc. Leagănul civil________ românesti, sa________, locul un________ poetul Lucian Blaga cons________ că s-a năs________ veşnicia, a cont________ la îmbog________ permanentă a tradi________ şi patri________ cultural. Încă din perioada Daciei prer________ se cons________ pe terit________ ţării noa________ existenţa constru________ din le________, piatră şi cără________. Părăsirea Daciei d________ romani a d________ la accentu________ ruralizării oraş________, predominînd aşezările alcătuite din bordeie şi amplasate aproape de pădure sau lângă cursul unui râu. Întemeierea Ţărilor Române şi apoi a României Mari a adus cu sine transformări profunde satului românesc. [Soluzioni: civilizaţiei, satul (sau), unde, considera (consideră), născut, contribuit, îmbogăţirea, tradiţiilor (tradiţiei), patrimoniului, preromane (preromanice), constata (constată, constituie), teritoriul, noastre, construcţiilor, lemn, cărămidă (cărămizi), de (de către), dus, accentuarea, oraşelor (oraşului)]

5. Psihologii consideră că funcţia de conducere modifică personalitatea cu peste 70%. Percepţia put________, posibilitatea prac________ de expr________ a tend________ de domi________ modifică int________ şi un________ aspecte p________ biologice a________ sistemului ner________, care dev________ extrem de rea________ şi de la________. Recent, s-a demon________ ştiinţific că perso________ care aj________ în fun________ active d________ conducere î________ accentuează probl________ psihice. În final însă, totul depinde de intensitatea percepţiei puterii şi mai ales de educaţia şi autocontrolul cadrului de conducere nou investit. [Soluzioni: puterii, practică, exprimare, tendinţei, dominare, intens (integral, intensitate), unele pur, psihobiologice, ale, asociate, nervos, devine (devin), reactiv (real, reale, realiste), labil, demonstrat, persoanele, ajung, funcţii (funcţie), de, îşi, problemele]

6. Pe vremea dacilor, simbolurile primăverii erau confecţionate în timpul iernii şi se purtau doar după 1 Martie. Mărţişoarele er________, pe atu________, pietricele al________ şi ro________ înşirate pe o a________. Alte su________ arată că mărţiş________ constau în mon________ care er________ atârnate de fi________ subţiri de lâ________, negru cu a______. Tipul de mon________ (aur, arg________ şi br________ indicau stat________ social. Dacii cre________ că ace________ amulete ad________ fertilitate şi frum________. Acestea erau purtate până când copacii începeau să înflorească şi apoi atârnate de crengile acestora. [Soluzioni: erau, atunci, albe, roşii, aţă, surse, mărţişoarele, monede (monezi, monturi), erau, fire, lînă, alb, monedă (montură), argint, bronz, statutul, credeau, aceste (acele), aduceau (aduc), frumuseţe]

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Appendice 6. C-test in italiano (con soluzioni) Nelle seguenti pagine troverete 5 testi brevi. Ognuno contiene spazi vuoti, parti delle parole sono stati cancellate (ma le parole non mancano del tutto, se non con piccole eccezioni). Per favore, provate a riempire in modo adeguato gli spazi liberi. In molti casi ci sono più di una possibilità, così che non ci sono risposte sbagliate e risposte giuste. I testi sono così impostati da non dare la possibilità per nessuno di prendere un punteggio 100 % risposte giuste, quindi non vi preoccupate se incontrerete problemi. Avrete un massimo di 5 minuti per ogni testo. È importante non adoperare dizionari o altre fonti grammaticali. Nondimeno, una volta spostati verso il prossimo testo, non tornerete sui testi che avete appena completato. Scrivete a destra di ogni testo il tempo necessario per la sua compilazione. Grazie. 1. Tutti viviamo in presenza delle attese che altri proiettano su di noi. Questo è quello che noi risp______: gli al____ che provano a cap_______; le att_______ sono pred_______ di cosa loro pensano che noi fa________, sen________ e pens_______. Gen________ noi acce________ lo st________ quo, ma potrebbe essere di________ adempiere a queste asp________ quando esse arr________ da parte della nostra stessa fam_________ e può essere difficile ign________, soprattutto qu________ esse arrivano dai nostri ge________. [Soluzioni: rispecchiamo, altri, capirci, attese, predizioni, facciamo, sentiamo, pensiamo, generalmente, accettiamo, status, difficile, aspettative, arrivano, famiglia, ignorarle, quando, genitori]

2. Per molte d_______ famiglie romene, le somme provenute dagli immigrati costituiscono ancora i_______ secondo stipendio i_______ casa. Ritornando d_______ Italia, molti immigrati trascineranno c_______ essi abitudini e vedute nuove, oltre alle ri_______ economiche con le quali sperano di iniziare una l_______ attività una volta tornati in Romania. D_______ fonti ufficiali risulta che, per________, i romeni della Lombardia vengono d_______ città del nord-est d________ Romania e alla fine della loro esperienza straniera, se torneranno _______ Paese, andranno di nuovo _______ Iaşi, Bacău, Galaţi, città che acc______ da un po’ di tempo molte med_______ imprese italiane. Molti immigrati italiani andati _______ Romania f_______ le due guerre mondiali risiedevano i______ queste città. [Soluzioni: delle, il, in, dall’, con, risorse, loro, da, perlopiù, dalle, della, in, a, accolgono, medie, in, fra, in]

3. Collodi è l’autore dell’opera più bella e più viva della letteratura infantile italiana. Pinocchio, i_______ suo protag_______, è il pr_______ amico d_______ bambini italiani c________, con l________, vivono l_______ avventure fanta_______, dal Campo d_______ miracoli al ventre d_______ Pesce-cane; con l_______ soffrono e s________ divertono, se________ essere m_______ disturbati dall’int_______ moralistico e pedag________ della sto________. Pinocchio nacque p_______ caso n_______ 1883 dalla ma_______ di Collodi, br________ giornalista, m________ scrittore se_______ particolari prop_______ letterari. 293

[Soluzioni: il, protagonista, primo, dei, che, lui, le, fantastiche, dei, del, lui, si, senza, mai, intento, pedagogico, storia, per, nel, mano, bravo, meno, secondo, propriamente]

4. Fondata nel 1361 dal papa Bonifacio IX, l’Università degli Studi di Pavia è una delle migliori più vecchie università. I pr________ studenti si sono la_______ in ar_______ e med________. Anche o________ l’Università degli studi di Pavia è un vi_______ centro di ric________ con molte facoltà, membri e qu________ 20.000 st_______ di_______ e laureati. Attraverso le s________ 9 fa________ e sc________ e 10 Collegi aff________, l’Università off________ più d________ 100 dif_______ titoli e di________ nel quadro ge_______ del programma Universitario italiano. [Soluzioni: primi, laureati, arte, medicina, oggi, vibrante, ricerca, quasi, studenti, diplomati, sue, facoltà, scuole, affiliati, offre, di, differenti, diplomi, generale]

5. Roberto Bracco, scrittore di commedie e poeta napoletano, è stato invitato da alcuni amici per una settimana a Fiuggi. Ma pas_______ la sett________ egli n________ pensa p_______ niente di and________. I pad________ di ca________ si sono stancati di averlo co________ ospite e n________ sanno co________ mandarlo v________. Alla fi________ della sec________ settimana, l________ padrona d________ casa g________ va vicino, a tavola, e g________ dice: “Pe________ che S________ moglie sa________ molto cont________ di ri______!” – “Mia moglie? Certamente!” risponde pronto e tranquillo lo scrittore, “Quanto è gentile nel pensare anche a lei! Corro subito a telefonarle di venire!” [Soluzioni: passata, settimana, non, per, andarsene, padroni, casa, come, non, come, via, fine, seconda, la, di, gli, gli, penso, Sua, sarà, contenta, rivederlo]

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Materiali linguistici a cura dell'Università di Pavia, Dipartimento di linguistica

Ultimi volumi pubblicati: PATRIZIA SORIANELLO, Linguaggio e sindrome di down (disponibile anche in e-book). GIOVANNA ALFONZETTI, Il discorso bilingue. Italiano e dialetto a Catania. MARIA CHIARA FELLONI, Prosodia sociofonetica. L'italiano parlato e percepito a Parma (disponibile anche in e-book). MARIA ROSA CAPOZZI, La comunicazione pubblicitaria. Aspetti linguistici, sociali e culturali. MARINELLA CARUSO, Italian language attrition in Australia. The verb system (disponibile anche in e-book). IGNAZIO PUTZU, GIULIO PAULIS, GIANFRANCO NIEDDU, PIERLUIGI CUZZOLIN (a cura di), La morfologia del greco tra tipologia e diacronia. MARINA CHINI (a cura di), Topic, struttura dell’informazione e acquisizione linguistica (disponibile anche in e-book). FRANCESCA SANTULLI, Le parole del potere, il potere delle parole. Retorica e discorso politico. FABIANA ROSI, Learning Aspect in Italian L2. Corpus annotation, acquisitional patterns, and connectionist modelling (disponibile anche in e-book). FABIO MONTERMINI, Il lato sinistro della morfologia. La prefissazione in italiano e nelle lingue del mondo (disponibile anche in e-book). GIORGIO F. ARCODIA, La derivazione lessicale in cinese mandarino (disponibile anche in ebook). LIDIA COSTAMAGNA, STEFANIA SCAGLIONE (a cura di), Italiano acquisizione e perdita. ANDREA SANSÒ (a cura di), Language resources and linguistic theory. CRISTINA MARIOTTI, Interaction strategies in english-medium instruction. CARLOTTA VITI, Strategies of subordination in Vedic. ANNA CILIBERTI (a cura di), La costruzione interazionale di identità. Repertori linguistici e pratiche discorsive degli italiani in Australia. BARBARA TURCHETTA, Lingua e diversità. Multilinguismo e lingue veicolari in Africa occidentale. PIERLUIGI CUZZOLIN, MARIA NAPOLI (a cura di), Fonologia e tipologia lessicale nella storia della lingua greca. Atti del VI incontro internazionale di linguistica greca. MARIA NAPOLI, Aspect and Actionality in Homeric Greek. A contrastive analysis. DOMENICA ROMAGNO, Il perfetto omerico. Diatesi azionalità e ruoli tematici. ALESSANDRO MENGOZZI (a cura di), Studi afroasiatici. XI incontro italiano di linguistica camitosemitica. FEDERICA DA MILANO, La deissi spaziale nelle lingue d'Europa.

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