Manipolazione della storia in età ellenistica: i seleucidi e Roma
 8870625508

Citation preview

UNIVERSITA' DI VENEZIA - ISTITUTO DI STUDI CLASSICI PUBBLICAZIONI DEL SEMINARIO DI STORIA ANTICA

ATTILIO MASTROCINQUE

MANIPOLAZIONE DELLA STORIA IN ETA' ELLENISTICA: I SELEUCIDI E ROMA

« L'ERMA « di BRETSCHNEÏDER ROMA 1983

Opera pubbUcata con il contributo del Consiglio Nationale délie Ricerche

ISBN 88-7062-550-8

COPYRIGHT 1983 «

L'ERMA

» DI BBETSCHNEIDER - ROMA

Via Cassiodoro, 19

PREFAZIONE

In questo libro ho cercato una sintesi delle ricerche di storia ellenistica che mi hanno più assiduamente impegnato negli Ultimi tempi. Argomento della terza parte del libro, quella che ho maggiormente sviluppato e che mi è costata le fatiche maggiori, è la guerra tra Antioco III e Roma. Ho cercato di scrivere una storia di questo conflitto non tanto come susseguirsi di fatti ed episodi militari, quanto piuttosto come scontro tra due civiltà, la greca ellenistica e la romana, come contrapposizione di argomenti giuridici, propagandistici, di temi letterari o di oracoli a sfondo politico. La propaganda e la letteratura influenzata dalla propaganda sono pure I'argomento delle prime due sezioni dell'opera, la prima riguardante le figure di Antioco I e di Stratonice nella storia, nella leggenda e nel mito; la seconda riguardante le tendenze che hanno ispirato le fonti sulla morte di Antioco II e sulla guerra Laodicea che ne seguí. Intendo qui ringraziare per i loro consigli i professori Lorenzo Braccesi, Emilio Gabba e Dante Nardo. Particolarmente grato sono al prof. Piero Trêves, per il suo incoraggiamento e il suo sostegno, alia signora Alda Croce e airamico Giuseppe Palermo dell'Istituto Italiano per gU Studi Storici, miei evergeti napoletani. ATTILIO MASTROCINQUE

Venezia, 24 settembre 1981

ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

ADAWBerlin AlV Amer. Journ. of Ane. Hist. ANET Ann. Ec. Prat. Hautes Etudes Ann. Ist. It. Num. Anz. Ak. Wien Arch. Jahrb ASAA Ath. Mitl.

BMC Bull. Acad. Royale de Belgique Bull. ép. CAH Calif. Stud. Class. Ant. CPh OQ CW Diet, des Ant.

GGA GGM GRBS Hist. Ztschr. IC IG Inscr. Délos

Abhandlungen der deutschen Akademie der Wissenschaften zu Berlin (Philos.-hist. Klasse). Atti deiristituto Véneto di Scienze, Lettere ed Arti. American Journal of Ancient History. Ancient Near Eastern Texts relating to the Old Testament (a cura di J.B. Pritchard), Princeton 1969'. Annuaire de l'Ecole Pratique des Hautes Etudes (IVe Section). Annali dell'Istituto Italiano di Numismática. Anzeiger der Akademie der Wissenschaften in Wien (Philol.-hist. Klasse). Jahrbuch des deutschen archäologischen Institutes (con Archäologischer Anzeiger). Annuario della Scuola Italiana di Atene. Mitteilungen des deutschen archäologischen Institutes (Athenische Abteilung). Bulletin de Correspondence Hellénique. Bulletin of the Institute of Classical Studies of the University of London. A Catalogue of the Greek Coins in the British Museum. Bulletin de l'Académie Royale de Belgique. Bulletin épigraphique, in «REG» a cura di J. e L. Robert. Cambridge Ancient History. California Studies in Classical Antiquity. Classical Philology. Classical Quarterly, " Classical Weekly. Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, IV voll., Paris 1877 — a cura di Ch. Daremberg ed E. Saglio. F. Jacoby, Die Fragmente der griechischen Historiker, Berlin, Leiden 1923 -. C, e Th. Müller, Fragmenta historicorum Graecorum, Paris 1855-8(1841-1924). Göttingische gelehrte Anzeigen. C. Müller, Geograph! Graeci minores, Paris 1855-61. Greek, Roman and Byzantine Studies. Historische Zeitschrift. Inscriptiones Creticae, a cura di M. Guarducci, 1935-1950. Inscriptiones Graecae. Inscriptions de Délos, Paris 1926,

10 JHS JRS Neue Jahrbb. Num. Chron. OGIS PCPS PP P & P RA RAL RE

Rëa REJ RÉL Rom. Mitl. Rev. Num. RFIC RHR Roscher, Ausf. Lex. RPh RSA SBAW SBBERLIN SCO, SEG SGD!

SIC TAM ZPE Ztschr. f. Num.

AnUIO MASTROCINQUB Journal of Hellenic Studies. Journal of Roman Studies. Neue Jahrbücher für das klassische Altertum. Numismatic Chronicle and Journal of the Numismatic Society. Orientis Craecis Inscriptiones Selectae, a cura di W. Dittenberger, Leipzig 1903-1905. Proceedings of the Cambridge Philological Society. La Parola del Fassato. Past and Present. Revue Archéologique. Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei (Classe di scienze moraU, storiche, filosofiche). Real-Encyclopädie der klassischen Altertumswissenschaft, Stuttgart 1892 - a cura di C. Pauly-G. Wissowa-W. Kroll. Revue des études anciennes. Revue des études grecques. Revue des études juives. Revue des études latines. Mitteilungen des deutschen archäologischen Institutes (Römische Abteilung). Revue Numismatique. Rivista di filología e di istruzione classica. Revue de l'histoire des religions. Ausführliches Lexikon der griechischen und römischen Mythologie, Leipzig 1884 - a cura di W. H. Roscher. Revue de philologie, de littérature et d'histoire anciennes. Rivista storica dell'antichità. Sitzungsberichte der bayerischen Akademie der Wissenschaften (philos.-hist. Klasse). Sitzungsberichte der preussischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin (philos.-hist. Klasse). Studi classici e orientali. Supplementum epigraphicum Graecum, 1923-. Sammlung der griechischen Dialektinschriften, a cura di H. Collitz e F. Bechtel. Sylloge inscriptionum Graecarum, a cura di W. Dittenberger, terzaedizione. 1915-1924. Tituli Asiae Minoris, a cura di E. Kalinka, R. Heberdey e altri, 1901. Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik. Zeitschrift für Numismatik.

capitoïo 1

Variazioni sul tema di Stratonîce, Introduzione. La vicenda di due innamorati, la fíglia di Demetrio Poliorcète, Stratonice, e il figlio di Seleuco Nikator, Antioco, è un tema di indagine storica piuttosto inconsueto, nel senso che la storiografia difficilmente ha Toccasione di intrattenersi sui sentîmentî di due giovani, anche se fígli di re. II fatto è che la vicenda ha commosso profundamente i contemporanei ed ha avuto un seguito político della più grande rílevanza. Seleuco infatti cedette in isposa la sua seconda moglie Stratonice al fíglio innamorato e concesse ai due il titolo regale e Teredità al trono. II caso fece scalpore, e ciascuno raccontava la vicenda a modo proprio, fíno a che non toccô agli storici di proporre le loro versioni. Versioni che crediamo fossero abbastanza vicine alia realtà. Ma purtroppo non possediamo i testi ellenistici che parlavano délia vicenda: possiamo soltanto capire che due importanti autori, leronimo di Cardia e Filarco, offrirono due visioni antitetiche del «caso Stratonice», Tuna favorevole ai Seleucidi, Taltra ostile. Dopo di loro moltî si applîcarono a narrare deiramore di Antioco, rendando trágico il loro soggetto, e contaminándolo con quelle di Fedra, innamorata di Ippolito. II racconto fu letto dai Greci e dai Romani e fu narrato nelle opere di molti autori d*età impériale. Ma intanto c'erano stati altri che avevano trasformato questo racconto «trágico» — apprendendolo da una delle versio-

12

ATTaiO MASTROCINQUE

ni che circolavano nei primi secoli della nostra era — in un esercizio di retorica, nel quale si dovevano rendere con parole appropriate 1 sentimenti del padre, del fígiio e deiramata. Qualcun altro aveva scritto addirittura un romanzo, prendendo lo spunto dalla storia di Stratonice e contaminándola con il tema di Mirra e Cinira. Narró cosí di un re crudele, Antioco, che s*era innamorato della fíglia e ne uccideva tutti i pretendenti. Sulle trame di questo motivo ebbe svolgimento il romanzo, il quale aveva come protagonista uno dei pretendenti, ApoUonio. La storia di Stratonice era nota a chiunque, era una tragedia, una fiaba, una novella, un romanzo, un brano di storia e di retorica. Divenne poi anche un mito, cioè una storia sacra. Nel tempio della città santa di Bambyke si sapeva che la fertUità dei campi doveva essere assicurata con il rito deirevirazione, un rito antico, che risaliva almeno alie culture del Tardo Bronzo siriano e anatolico. Ed era consuetudine che a Bambyke i sacerdoti evirati, i «Galli», fossero «amati» dalle donne. Cosi era quasi fatale che la storia di Stratonice fosse riadattata in modo tale da divenire íl primo esempio, Vaiíion, del rito dei «Galü». Solíante, al posto di Antioco figuró nel mito un eroe dal nome simile al nome di Cibele-Cibebe: Kombabos, e dalla funzione mitico-rituale simile a quella di Esmunos e di Attis. E simile ad Attis divenne pure la figura di Antioco, come eroe fondatore di Antiochia sul Meandro. Ma che cosa avvenne realmente nella reggia di Seleuco nel 294? Si presero decisioni in base a calcoli politici, poiché Seleuco aveva abbandonato allora l'alleanza con Demetrio, oppure fu il sentimento di Antioco a determinare le cose, oppure fu la nécessita di assicurare la successione al trono? Antioco tradi la fíducia del padre oppure soffri fino alia morte pur di non tradirla? Nessuno lo puó dire con certezza e a ciascuno è lecito proporre la sua versione. L 'amore di Antioco e Stratonice in funzione della dinastía Questa indagine prende lo spunto e Tawio da un recente articolo di Franca Landucci', che studia il modo in cui venne usata dalla propaganda ' Problem'! dinastici e opiníone pubblica nel «caso di Stratonice)*, in Aspeííi deU'opinione pubbllca nel mondo antico (a cura di Marta Sordi), Milano 1978, pp. 74 ss.

CAPITOLO I

13

di Seleuco I la vicenda di Stratonice. Costei, figlia di Demetrio Poliorcète e di Fila, fu data dal padre in isposa a Seleuco, nel 299, per consolidare Tamicizia, stipulata a Rhossos, tra i due sovrani^ Antioco pero, figlio di Seleuco, innamoratosi perdutamente di Stratonice, si ammalô. Soltanto il medico Erasistrato, che notó la frequenza del polso alterata per la vista di Stratonice, capi che l'origine della malattia era Tamore e cosi Seleuco, venuto a conoscenza della cosa, di buon animo accondiscese alle nozze di Antioco con Stratonice. In un discorso alle truppe, Seleuco avrebbe allora fatto leva sulla nécessita della coesione e della continuità della dinastía, che veniva consolidata non soltanto da questo matrimonio, ma soprattutto dairaver proclamato Antioco re coreggente e Stratonice regina^ Seleuco seppe dunque trasformare un episodio "scandaloso" per la mentalité dei Macedoni in un esempio di generosità e di nobiltà d'animo dei due re: lui stesso che non puni, ma anzi comprese e gratifícó Antioco, e Antioco che si sarebbe lasciato moriré pur di non commettere adulterio con la matrigna"*. La storia di Antioco e Stratonice fu certamente riplasmata poi secondo i canoni del romanzo ellenistico e il testo di Valerio Massimo fa intravedere che ne esistevano più versioni^ ma la fonte del «romanzetto edificante» quäle è riportato da Plutarco, Appiano e Luciano va identificata con lo storico filoantigonide leronimo di Cardia*. Quanto al passo di Giuliano {Misop. 347-8), Ja Landucci' vi riconoscerebbe una fonte diversa, forse Posidonio. Due osservazioni in mérito potrebbero subito essere avánzate: la paternité di leronimo per i passi di Plutarco e Appiano riceve indiretta confer' Plut., Dem. 31; 32; cf. Justin. XV. 4. 23 s. Cf. J. SEIBBRT, Historische Beiträge zu den dynastischen Verbindungen in hellenistischer Zeit, Wiesbaden 1967, pp. 48 ss. ' Plut.. Dem. 38; App., Syr. 59-61; Luc, De dea Syria 17-18; Val. Max. V. 7 Ext. I, Julian., Misop. 347-8; Syncell., p. 520 Bonn; Suid., s.v.'EpaaC 204.2 Bonn. * Justín. XV. 4. 8.; Strab. XVI. 794 EXTR.; Liban. I. 301. 12 ss. Cf. ROHDE, p. 449. n. 1. ' RoHDB, pp. 445 ss. • Cf., per es., RmsE, p. XVHI; ROHDE, p. 449, n. 1. ' P. 448, n. 1.



ATTILIO MASTROCINQUE

padre Teia, re d'Assiria (o Cinira, re di Cipro)*. II secondo tema mítico è quello del concorso nuziale e deirindovineílo. II concorso nuziale richiama alia mente i miti di Oinomao, Ippodamia e Pelope (Paus. VI. 21.10 ss.), di Penelope e Odisseo (Paus. III. I2.I), di Idas e Marpessa (Schol. // IV. 557)". II tema deirindovinello, unitamente a quello dellMncesto, ha un illustre precedente nel mito di Edipo. A mió avviso, fu la fama di questo romanzo e della storía degli amori di Antioco che causó una affermazione storicamente errata nella versione armena di Eusebio, secondo cui Antioco I «rapi la figlia Apama e la fece sua sposa»'". L'errore è apparso evidente a tutti i commentatori, i quali hanno notato come Antioco abbia dato Apama in isposa a Magas di drene (Paus. i.7.1) e come probabilmente, in un testo di Porfirio, «Y[p\ioK

CAPITOLO in

75

Studiosi* ha sviluppato, con sempre maggiore precisione, Tipotesi secondo la quale il brano liviano XXXIII. 38. 1-7 si dovrebbe riferire alia fine dell'anno operativo 197. Ed ecco le motivazioni (mi riferisco a Schmitt, seguito da Will): a) Liv. XXXIII. 38. 8 situerebbe il passaggio dell'EUesponto aU'inizio della primavera del 196: «ipse initio veris... Hellespontum petit»; quindi non si possono coUocare prima di tale passaggio la sottomissione délie città asiatiche, Tassedio di Smirne (di Abido) e di Lampsaco. Il passaggio deU'Ellesponto presupporrebbe, dunque, il possesso della sponda asiática dello stretto. Ma già lo Schmitt (p. 289) riconobbe la controvertibilità di questo argomento. In realtà, tutto si fonda su una errata interpret2izione di Liv. XXXIII. 38. 8: «ipse initio veris navibus ab Epheso profectus Hellespontum petit». Antioco non passö lo stretto all'inizio della primavera, ma a quella data mosse da Efeso con la flotta. E da Efeso ai Dardanelli vi sono circa 300 km di navigazione. Inoltre l'espressione «initio veris» va intesa come «airinizio della stagione operativa della flotta», cioè, al più presto, in aprile. Sulla riva asiática degli Stretti operavano, invece, le milizie terrestri (espressamente nominate al momento del passaggio deirEUesponto: Liv. XXXIII. 38.8). E solo pensando alle milizie terrestri si puo comprendere l'asserzione di Liv. XXXIII. 38. 2: «... aut quia locis planis positae (seil. civitates) erant aut quia parum moenibus armisque ac iuventuti fidebant...». Del resto, se anche la flotta di Antioco fosse intervenuta ad assediare Lampsaco, ben dîfficilmente sarebbe sfuggita la nave che portava la legazione di Egesia". Le operazioni terrestri si saranno iniziate prima della partenza del re da Efeso, perché da Liv. XXXIII. 38. 4 è detto che inviô da Efeso truppe ad assediare Smirne, b) L'assedio di Lampsaco si dovrebbe datare al 197 perché il viaggio di Egesia fu lungo; tocco infatti la costa greca {SIG^ 591, II. 15 ss.), Massalia ' E. DBOBN, Kritische Ausfährungen zur Geschichte Antiochus' des Grossen, Diss. Basel 1918, pp. 44-45; O. LEUZE, in «Hermes», 58, 1923, p. 202; HOLLEAUX, in CAH, VIII, p. Y19 = Etudes, V, p. 365; SCHMITT, Untersuch., pp. 289 ss.; WALBANK, Commentary, II, p. 620; BBISCOE, pp. 320-1. Suil'opinione del DE SANCTIS e della HANSEN, cf. supra, p. 61, n. 1. G. CAEDINAU, // regno di Pergamo, Roma 1906, p. 39, e n. 3; ERNST MEYER, Die Grenzen der hellenistischen Staaten, ZürichLeipzig 1925, p. 141 e D. MAGIE, Roman Rule in Asia Minor, Princeton 1950, p. 17 e n. 49, cf. Id., in Anatolian Studies Buckler p. 164, n. 7, hanno respinto la datazione anticipata. ' Cf. SIG' 591,1.44.

76:

ATTIUO MASTROCINQUE

(11. 43 SS.), Roma Gl- 49 ss.) ed infine Corinto (11. 68 ss.) dove i Lampsaceni si incontrarono con Flaminino e i Died, i quali furono impegnati durante la prima meta del 196. In realtà il congresso di Corinto fini poco prima del 20 settembre 196'; quindi, dalla fine delPinverno alia fine dell'estate tempo ce n'era per tutto il viaggio. c) La terza, piíi che una prova dell'errore di Livio, ne sarebbe, eventualmente, una spiegazione. Liv. XXXIII. 38. 1 tradurrebbe con «eodem anno» un'espressione polibiana riferentesi aU'anno olímpico 197/6, inserendone il brano neiranno consolare 196. Ma questo è pressoché impossibile, perché in Livio appare I'espressione: «eodem anno Antiochus rex, cum hibemasset Ephesi...». Livio non si è certo invéntate il fatto che Antioco passô l'inverno ad Efeso, anche questo doveva essere nella sua fonte polibiana^ Inoltre, la seconda parte del capitolo 38 (§ 8 ss.) dovrebbe esser giunta in questo caso a Livio o da un'altra fonte o da un altro brano di Polibio, lontano da quello tradotto nella prima parte. Non vi è, invece, fra le due parti, nessuna contraddizione, né stacco. Infatti, nella prima si parla dell'attività dalla diplomazia e délie forze terrestri seleucidiche; nella seconda, il discorso concerne il re in persona, a capo délia flotta: «ipse, initio veris...» (cf. 38. 4). L'ipotesi di datazione anticipata urta inoltre con l'enunciato del SC deirinizio del 196, seconde il quale Filippo avrebbe dovuto lasciare libera Abido. Gli avvenimenti del 196 si sono dunque svolti cosi: ad Efeso, durante Pinverno, Antioco promesse una campagna diplomática fra i Greci délie città costiere; in primavera, sotto la minaccia dell'esercito che si trovava presse le coste deU'ElIesponto, moite città fecero atto di sottemissione'. Contre Abido furono impegnate alcune truppe che in breve la ridussero airobbedienza'". Lampsaco e Smirne non si piegarone e cosi furone investite dagli eserciti del Gran Re. Smirne fu assediata da truppe inviate da ' HoLLEAUX, Etudes, V, p. 163, n. 5; WALBANK, Philip V, p. 325. ' Da escludersi l'ipotesi secondo la quale Antioco, dopo aver sottomesso la regione degli Stretti, sia ritoraato ad Efeso (BRISCOE, I.e.; cf. NIESE, II, p. 668). Questo, ira l'allro, sarebbe difficilmente concillabile con Liv. XXXIII. 38. 4. ' App., Syr. 2, aggiunge che dovettero accogliere guarnigioni seleucidiche. "• SCHMITT, Untersuch., p. 271 e n. 2; p. 272, in base a Liv. XXXIII. 38. 4. Lo SCHMITT, o.e., pp. 292-293, data la sottomissione di llio intorno all'autunno del 197 perché la città non inviö a Ro-

CAPiTOLo m

77

Efeso dallo stesso re (Liv. XXXIII. 38. 4), il che stabilisée l'anteriorità délia disobbedienza di Smirne alla partenza di Antioco da Efeso, dunque fra il marzo e Taprile del 196. Pressoché contemporáneo fu probabilmente, il caso di Lampsaco. Qui si concentrarono le forze che prima erano ad Abido, lasciando indietro solo un presidio per tenere la testa di ponte destinata a ricevere le truppe da trasbordare in Europa. Il re parti dai quartieri invernali allMnizio della buona stagione e raggiunse Abido probabilmente verso maggio; di li fece traghettare tutte le sue forze a Madito. L'ultimatum di Corínto La datazione anticipata della presa di Abido e delle altre città asiatiche suirEllesponto, nonché del passaggio del re in Europa, ha costretto ad una interpretazione forzata del SC e deíl'ultimatum di Corinto'. Come nel SC, imponendo a Filippo V l'evacuazione di laso, Abido e altre città d'Asia, si sarebbe inteso ammonire Antioco III, cosi a Corinto (luglio 196) i Dieci avrebbero ordinato ai legati seleucidici che il re non passasse in Europa^ pur sapendo che vi era già passato, ma fingendo di non sapere, per ammonirlo in maniera indiretta. Tutto ció è inverosimile, specie se riferito ai Romani in quel momento. Inoltre una simile interpretazione dell'ultimatum di Corinto è contraddetta da Liv. XXXIII. 34.3: «nihil iam perplexe ut ante, cum dubiae res incolumi Philippo erant, sed aperte denuntiatum...». In un'occasione análoga, a Lisimachia (inizi di ottobre), di fronte al Gran Re, i legati romani parlarono in modo diverso, denunziando il suo passaggio in Europa\ Quale motivo poteva giustificare un comportamento cosi différente in due ma una propria legazione at fíanco di quella lampsacena, che part!, seconde lo Schmitt, nell'autunno del 197. Considerando valido questo argomento, dovremmo allora, seconde la nostra datazione, situare la sottomissione di Ilio naU'invemo 196, come per tutte le altre città a Nord di Efeso. ' HOLLEAUX, Etudes, IV, p. 309, n. 2; in CAH, VIH, pp. 181 e \'&5 = Etudes, V, pp. 367-8 e 371, n. I. Cf. Niese, II, p. 649: WALBANK. Philip V, p. 179 e n. 3; WILL, Hist. Pol., II, p. 143. Diversamente: CARDINAU, o.e., p. 60, n. 1. • Pol. XVIII. 47. 1-2 (tradotto a p. 79, n. 2); Liv. XXXIII. 34. 3-4. Gli ordinarono inoltre di ritirarsi dalle città asiatiche già appartenenti a Filippo o a Tolemeo e di non attaccare le città autonome. ' Pol. XVUI. 50; Liv. XXXIII. 39; Diod. XXVIU. 12. Sulla conferenza di Lisimachia: E. BADIáN, in «CPh» 54, 1959, pp. 86 ss.



ATTIXIO MASTROCINQUE

occasioni separate fra loro da circa due mesi? II motivo non puô essere che uno: a Corinto i Romani non sapevano di Antioco in Europa, o sapevano in maniera troppo vaga, a Lisimachia lo sapevano perfettamente. Del resto, si puô apprendere da Polibio e da Livio che alla vigilia délie Istmie Flaminino e i Dieci non sapevano che Antioco era già passato in Europa". Abbiamo datato il passaggio dello Stretto circa nel maggio e Tincontro di Corinto nel luglio; potrebbe dunque sembrare strano che i Romani non sapessero niente (o niente di preciso) deiraccaduto. Ma non lo è. Romani sugH Stretti non ve n'erano, dalle città via via assediate da Antioco ben difficilmente potevano giungere notizie. Dunque i Dieci dovettero conoscere il passaggio del re o dai legati di Lampsaco, il che pero non è probabile, o, meglio, quando passarono essi stessi in Asia e nelle isole a portare gli ordini del Senatç*. L*apprensione dei legati romani (deducibile da Pol. XVIII. 49. 2 ss.) e l'atmosfera ostile délia conferenza di Lisimachia inducono, per contro, a pensare che a Corinto i Dieci fossero all'oscuro dell'avanzata di Antioco. Rifiutando la datazione anticipata dell'avanzata sugli Stretti e l'interpretazione antiseleucidica del 5C, quest*ultimo riacquista il suo signifícalo originario ed univoco: la volontà romana che le città «macedoniche» diventassero libere, mentre il dettato di Corinto viene affrancato dai macchinosi sottintesi che non gli erano propri. Flaminino e la libertas. II: il proclama délie Istmie Il momento culminante nella propaganda per la liberta greca fu il proclama di Corinto, alie Istmie del 197, quando Tito Quinzio Flaminino fece annunciare dal banditore: «II Senato romano e il genérale T. Quinzio, sconfítti il re Filippo e i Macedoni, ordinano che siano liberi, esenti da tributi, autonomi i Corinzi, i Focesi, i Locresi tutti e Tisola di Eubea, i Magneti, i Tessali, i Perrebi, gli Achei Ftioti»'. L*esplosione di gioia e il memorabile applauso che seguirono al proclama passarono dalla storia alia • Po!. XVIII. 45. 11; Liv, XXXIII. 31. 6: atransgressurum (Antioco) in Eutopam.... non dubitabant». ' Pol. XVIII. 48. 1-2. P. Lentulo a Bargila, L. Stertinio a Efestia, Taso e costa Tracia, P. ViUio e L. Terenzio da Antioco stesso. ' Da Liv. XXXIU. 32. 5; parimentí Pol. XVIII. 46. 5: Plut., Flam. 10: App., Mac. 9.4; Val. Max. IV. 8. 5, Flor. I. 23. 14-15.

CAPITOLO ni



leggenda. Del resto, Nerone, quando proclamó la liberta dei Greci, lo voile fare nel corso dei giochi Istmici (Suet. Nero, 24). Ma Flaminino alle Istmie seppe altrimenti sfruttare la temática della liberta, facendo un passo innanzi rispetto alio spirito informatore del trattato di pace con Filippo e del SC. Quest'ultimo aveva come genérico intesto: «Siano liberi ed autonomi tutti gli altri Greci d*Europa e d*Asia», e decretava IMndipendenza delle città che erano state sotto Filippo. Flaminino fece ben altro di fronte ai legati seleucidici a Corinto: si fece protettore dell'indipendenza delle città autonome che non volevano sottostare ad Antioco, cioè Smirne, Lampsaco (e forse già anche Alessa^dria)^ Più del Senato, fu Flaminino a preoccuparsi delle mosse di Antioco; ne aveva avuto notizia, come si è visto, nel 197, probabilmente da parte dei Rodî, e già neHMnverno 197/6 si era sforzato di guadagnarsi il favore dei Greci per paura che non potessero essere attratti da simpatie per Antioco*. Nel maggio del 197 Flaminino si préoccupé di non smobilitare Corinto, Calcide e Demetriade, per timoré di Antioco". La propaganda romana per Teleutheria intesa in funzione antiseleucidica prese dunque l'avvio con l'ultimatum di Corinto. Scopo di taie propaganda non era solo di intralciare il progresse delle armi siriache, ma anche di controbattere un'analoga propaganda per l'eleutheria che Antioco promuoveva per lo meno dal 204. ' Pol. XVIII, 47. 1-2; «Finita la festività (le Islmîe), discussero (Flaminino e i Dieci) primamenie con i legati di Antioco, e ordînarono, quanto aile città d'Asia, di astenersi da quelle autonome e di non attaccarne nessuna, di ritirarsi da quante recentemenie aveva catturato tra quelle sottomesse a Tolemeo e Filippo. OItre a ciô dîffidarono dal passare in Europa con l'esercíto: nessuno dei Greci infatti era più attaccato né asservito ad altri». Cf. Liv. XXXIII. 34. 3. Non mi pare che le fonti lascino intravedere una divisione di compitî tra Flaminino e i Dieci, avendo il primo organizzato la parte coreografíca, mentre i secondi avrebbero gestito le trattative con i legati siríaci. Questa è l'opinione del PASSERINI, in «Athenaeum» 10, 1932, p. 121. * Pol. XVIII. 43. 2; Liv. XXXIII. 27, 6: «Id a Quinctio facile impetratum, non guia satis dignos eos (i Beoti) credebaí, sed guia Antiocho rege iam suspecta favor conciliandus nomini Romano apud civitates erat». * Pol. XVIII. 45; Liv. XXXIII. 31. Da questi due autori si apprende che a Corinto vi fu discussione tra Flaminino e i Dieci, i qualí avrebbero voluto manienere presidí in Grecia, mentre Flaminino non accettô la loro tesi che limitatamente alie sole piazzeforti di Corinto, Calcide e Demetriade. Un disaccordo tra Flaminino e i Dieci si pu6 dedurre dal testo di App., Mac. 9. II PASSERINI, o.e.; pp. 112 e 114, insiste, a mio avviso, eccessivamente sulla noncuranza di Tito nei confront! del pericolo siriaco. il BADIáN, Rome and Aníiochus, p. 84, riprendendo, nella sostanza, la tesi del BICKERMANN, Bellum Antiochicum, ha sottolineato come il piano pojitico di Flaminino fosse volto, dal 197, a creare in Grecia una zona «neutrale», libera e in cui i maggiori potentati, Etoli e Filippo, si bilanciassero tra loro. Una Grecia padñcata e libera avrebbe costituito un «cuscinetto» tra l'Italia e il regno di Antioco.

80

ATTILIO MASTROCINQUB

Eîeutheria, autonomía, libertas, immunitas A questo punto converrà esaminare le tematiche principali délia propaganda nel corso délia «guerra fredda», dal 196 al 192. Per far questo dovremmo porre in secondo piano lo sviluppo cronológico dei fatti e i dettagli délie operazioni per ricercarne únicamente i messaggi ideologici, culturali, propagandistici che ebbero un taie peso nel corso délia guerra da far dire a Catone, rivolto agli Ateniesi (probabilmente 192 a.C), çhe «Antioco conduce la guerra con le lettere, milita con la penna e con Tinchiostro»'. Di gran lunga il più' importante fu il tema áeWeieutheria, come si è visto. Alla propaganda di Antioco, diffusa almeno dal 204 e ripresa con vigore nel 197, si oppose Flaminino, il quale si proclama il vero liberatore délie città greche e il protettore délia loro indipendenza. Il fattore chiave nella controversia e nel sorgere délie ostilità fra Antioco e Roma fu il modo di concepire i termini di eleutheria e di autonomía. Innanzi tutto si pone una questione di lessico: quale privilegio Antioco concedeva aile città che gli dimostravano benevolenza? E quale status i Romani pretendevano attribuire aile città greche d'Asia minore? Secondo il Bickermann^ si trattava áeWautonomía. Lo Schmitt^ e il Will" sostengono che Antioco concedeva soltanto privilegi minorí, libertates, non «la liberta». Un esame delle fonti mostra chiaramente che si trattava, e per il re e per Roma, della concessione átWeleutheria. Il proclama ufficiale da parte romana fu quello delle Istmie, in cui Flaminino stabili che le città greche fossero «liberae», «eleutherai»\ Di importanza ancora piíi rilevante è l'analisi della conferenza di Lisimachia. Quivi i legati romani, dopo aver denunciato il passaggio di Antioco in Europa, lo esortarono a riconsegnare a Tolemeo le città che gli aveva strappato e ad allontanarsi da quelle che appartennero a Filippo, in quanto prede di guerra (athla tou polemou, belli praemia). II solo Polibio* riferisce inoltre che Cornelio «TcapTÍveí 8è xal ' ' ' ' ' *

H. MALCOVATI, Oratorum Romanorum Fragmenta, \, Torino 1966*, p. 19, fr. 20. Bellum Aniiochichum, in «Hermes» 67, 1932, pp. 47 ss. Untersuch., p. 98. Rome et les SéleucideSt p. 595, n. 4. Cf. supra, p. 78 e n. !. XVIII. 50. 7. NuUa in Liv. XXXHI. 39 e in Diod. XXVIII. 12. Tuttavia Appiano (Syr. 3) rife-

CAPITOLO m

TÖv aÙTovoixcov àîCÊXÊcioai TCóXEWV». Delia storicità délia notizia non si puô dubitare, essa infatti trova confronto nella conferenza di Corinto, di poco tempo anteriore, quando i Romani si trovarono «SiajteXeuotiÊVoi xwv im xf]? 'Aaiaç TcóXecov xwv [xèv aô-covoixwv «Tcex^Öai xat tAsSetiiôt ïcoXefxeîv» (Pol. XVIII. 47. 1), «aperte denuntiatum ut... abstineret Uberis civitatibus, neu quam lacesseret armis» (Liv. XXXIII. 34. 3). Livio, in questo caso, pur dipendendo da Polibio, se ne distacca defínendo liberae le città che Polibio defmiva autonomoi. Il fatto è che in latino il concetto di autonomía non era traducibile che con una perifrasi e che Livio poteva preferiré un termine che meglio evidenziasse l'abuso compiuto da Antioco contro taU città'. La risposta del re non giunse che a Lisimachia. Tale risposta è riferita da Polibio (XVIII. 51. 9): «xàç 8' aùxovofxouç xûv xaxà XYJV 'Aaiav TcóXecov où Stà xriç 'PiO[xa£cov eTCtxaYÍjc Séov eîv«t xuyxávEtv xf)ç êXeuoeptaç, àXXà 8ià xr); aúxoü xaptxoç». Appiano {Syr. 3) riferisce la risposta in modo impreciso: «xàç S* iv 'AaEa îcoXetç aóxovófAouc láaeiv, eî XT]V X^çW où 'Ptot^aioiç, àXX' âauxû fjiéXXetv eÇeiv». La terminología appianea è assai meno fededegna di quella di PoHbio, dal quale, direttamente o meno, deriva*. La disputa verteva dunque, senza alcun dubbio, su città che gU uni e gli altri consideravano autonome e che avrebbero dovuto diventare libere. Tali città erano Lampsaco e Smirne, i cui legati avevano da poco raggiunto Corinto quando Flaminino e i Dieci posero ai messi del re l'ultimatum. Legati délie due città erano presentí pure a Lisimachia, dove pero sembra che il tono dei Romani fosse diventato più sommesso che a Corinto («esortavano»; non più «ordinavano»), e dove il re interruppe le loro recrimînazioni proponendo una mediazione rodia^ La chiave per comprendere il comportamento dei Romani sta nell'interpretazione del testo epigráfico relativo agli onori per Egesia, capo di una legazione lampsacena'". In esso si dice che Lampsaco fu compresa nel rendo la risposta del re círca le ciítá autonome, fa postulare una ricbiesta romana Ín materia, che doveva comparire nel testo della sua fonte, la quale, a sua volta, risaliva a Polibio. ' A. PASSEREîI, in «Athenaeum» 10, 1932, pp. 121 ss., ha mostrato corne il tenore diplomático della conferenza, quale risulta da Polibio, rispecchi la realtà dei fatti meglio del racconto liviano, teso a mostrare una netta fermezza da parte romana. Per altro verso, va notato che nella terminología romana i! concetto di libertas era abbastanza «elástico» da ammettere, ad esempio, il pagamento di tributi, a! pari dello statuto àeWautonomia ellenistica, cf. S. ACCAME, // dominio romano in Grecia dalla guerra acalca ad Augusto, Roma 1946, rist. 1972, pp. 20-21. * SuUe fonli della Syríaké: E. GABBA, in «RAL» 12, 1957, pp. 339 ss. ' Pol. XVIU. 52. 1^. '* SIG' 591. Cf. HoLLEAUX, Eludes, Y, pp. 141 ss.

82

.

ATTILIO MASTROCINQUE

trattato di pace con Filippo: auxr) (seil. 7\ ouyjtXr)Toc) [xèv a\j[i.nepi]iXape-v rifjLôç £v Taîç 36, 1942, pp. 135 ss. e in «CQ» 37, 1943, p. 8. Ma anche: S. ACCAïîB, in «RFIC» 25, 1947, pp. 94 ss.; P. TRêVES, // mito di Alessandro e la Roma d'Augusto, Milano-Napoli 1953, p. 181, n. 14. ' A. MomoLiANO, in «JRS» 32, 1942, p. 55, n. 13; cf. JESSEN, in RE., VIII, s.v. Helios, pp. 72-3. ' HoiXEAUx, Etudes, IV, pp. 146 ss. La datazione è deducibile da un confronto con i testi epigrafíci di Labraunda relativi ad Olimpico. • Liv. XXXIII. 20. IM2; cf. Pol. XXX. 31. 6. • Inschr. von Priene, 37; S/C 588, ove è tribútalo ai Rodî il primo posto nell'elenco degli arbitri ed è detto che una copia del trattato, di cui parla Tiscrizione, fu data ai legatî rodî. "• Pol. XXI. 22. 5 ss.: Liv. XXXVIII. 54. 3 ss.; cf. App., Syr. 44. " BADIáN, art. cit., p. 89. In Foreign Clientelae, p. 73, afferma che il Senato poté essere influenzato dai proclami di Poliperconte e di Antigone. STIER,

102

ATTILIO MASTROCINQUE

be un errore intendere la propaganda romana, siriaca e rodia alia stregua di tutte le concessioni di liberta d*epoca ellenistica. Negli anni della guerra antiochica non si trattava di una singóla città, ma della liberta di tutti i Greci. Questo motivo propagandístico non ha riscontro, fuorché negli anni 319-313 a.C. Aliora la temperie política era molto simile a quella del 197-192: Antigono Monoftalmo andava raccogliendo successi in ogni regione dell'Asia ed accresceva smisuratamente il suo potere, cosi da preoccupare i suoi vecchi «amici» Cassandro, Lisimaco e Tolemeo, i quali si coalizzarono contre di lui'^ Non si voleva perô arrivare alla guerra, e perciô si défini una precaria situazione di equilibrio. Anche allora fu evocata la liberta delle potéis per farne un'arma propagandística. Nel 315 i coalizzati intimarono ad Antigono di ritirarsi da alcune regioni illecitamente conquístate. Antigono rispóse aU'ultimatum con un «manifesto» in cui, tra l'altro, proclamava la liberta di tutti i Greci'\ Tolemeo non fu da meno e diffuse un suo manifesto per la liberta'". «Vedendo ciascuno dei due che la bilancia non pendeva a favore né delPuno né delPaltro, facevano a gara nel largheggiare in concessioni per accattivarsi la benevolenza dei Greci»". Si riparia di autonomía nel trattato di pace del 311'*, ma dope di allora non piíi; nelle guerre di Siria, ad esempio, non è mai questione della liberta dei Greci, ma, eventualmente, di quella di singóle poleis; neppure il conflitto ideológico sorto con la guerra Cremonidea fu di cosi vasta portata. La situazione mondiale del 197-192 non si ripeté spesso nella storia, eppure nei nostri anni Settanta abbiamo forse vissuto qualcosa di non dissimile. La contrapposizione delle due superpotenze, che non avevano intenzione di farsí guerra, condusse ad una concorrenza propagandística in campo «neutro», nel mondo greco, ed ebbe come tema principale i diritti dei Greci. Ftaminino e il tema di Alessandro Magno Nella fase della «guerra fredda» convenne alia política romana, le cui " Cf., per K., WILL, Hist, pol., I, pp. 54 ss. '* Diod. XIX. 61.3; Justin. XV, 1.3. Vi era stato. pochi anni prima, un análogo proclama di Poüperconte: Diod. XVIII. 55-56. " Diod. XIX. 62. 1. " Diod. XIX. 62. 2. '• Diod. XIX. 105. 1.

CAPiTOLO in

103

grandi linee furono tracciate da Tito, scegliere il predominio e non il dominio in Grecia, I'amicizia e la lealtà spontanea délie poleis e non i trattati di alieanza, o le occupazioni da parte di presidí'. Ad una tale scelta politica poteva essere funzionale il mito di Alessandro. Nel mondo ellenico esisteva una sola di figura di sovrano che aveva — o avrebbe — conciliato «liberta» e «impero», facendosi portavoce di entrambi, costui era Alessandro Magno. Flaminino aveva posto le basi per una propaganda romana incentrata sulla figura dell'Argeade quando a Cinoscefale si dimostrô superiore ai Macedoni, che godevano del grandissimo prestigio ereditato da AlessandroS e quando fece coniare uno statere áureo con la propria effigie al dritto e una Vittoria, che tiene una corona e un ramo di palma, al rovescio (Tav. I. 3); questo era il rovescio degli stateri di Alessandro (solo con qualche Heve particolare différente), alla cui politica nei confront! delle città il Filelleno si richiamava^ Non a caso, infatti, proclamó l'indipendenza dei Greci presso Corinto, la sede della Lega ellenica di Filippo e di Alessandro, che nel 197 fu, per certi aspetti, dissolta", ma che, per quanto riguarda la propaganda per la liberta, fu restaurata dal Filelleno. E a Corinto continuó, anche in seguito, a riunire l'assemblea dei rappresentanti áQWt poleis\ D'altra parte, gli agoni Istmici erano gli unici cui i Romani erano ammessi (Pol. II. 12. 8). Tito Quinzio Flaminino non era il solo a sfruttare la leggenda di Alessandro, vi era infatti, in quei tempi, un tale Alessandro, nativo di Megalopoli, che si spacciava per discendente del Conquistatore ed aveva chiamato ' Cf. J.A.O. LARSBN, in «CPh» 30, 1935, pp. 193 ss. ' Plut., Flam. 7. 5; cf. Justin XXX. 4; cf. XXIX. 3; «íerrebat eos (i Romani dopo Canne) et velus Macedonum devicti onentis gloría et Philippus studio Alexandrí aemulationis incensusn. Flor. 1. 23. 2: Kttaque quamvis tum Philippus régna praesideret. Romani tarnen dimicare sibi cum rege Alexandra videbaníur». Sülle pretese di Filippo d'essere discendente di Alessandro, cf. WALBANK, Philip V, pp. 258-9. ' R.A.G. CARSON, in «Num Chron.» 1959, pp. 4-6; A.A. BOYCE, in Hommages à A. Grenier, I, Bruxelles 1962, pp. 342 ss.; F. CHAMOUX, in «BCH» 89, 1965, pp. 214 ss.; G. LE RTOER, in «Ann. Ec. Prat. Hautes Etudes» 1968-69, p. 174; M. CRAWFORD. Roman Republican Coinage, Cambridge 1974, p. 548. II ramo di palma, che costituisce un'innovazione rispetto alia moneta di Alessandro, simboleggiava la vittoria (cf., per es., Suet., Aug, 94). ' Cf. DE SANCTIS, IV. 1, pp. 83-84; WALBANK, Philip V, p. 274. ' Liv. XXXIV. 22. 6 (195, assemblea all'apertura della guerra con Nabide); 48. 3, cf. Diod. XXVIII. 13 (194, assemblea alia fíne della medesima guerra); Diod. XIX. 1 (192, Flaminino denuncia ai Greci la strage dei soldati romani avvenuta a Delio). Paragoni tra il sinedrio del 195 a Corinto e le riunioni della Lega di Alessandro presso DE SANCTIS, IV. 1, p. 102 e AVMARD, Les premiers rapports de Rome et de la Conféd. Achaienne, Bordeaux 1938, p. 204.

104

ATTILIO MASTROCINQUE

i suoi fígli Filippo, Alessandro ed Apama. Di questi tre figli, Fiüppo, nella speranza di soppiantare Filippo V, si era legato ad Aminandro, re degli Atamani, e aveva indotto questo re ad unirsi alia causa degli Etoli e di Antioco III (192)*, ma le sue speranze furono mortifícate prima ancora che Antioco fosse battuto alie Termopili (191 a.C.)'. Vi fu imitazione o, meglio, concorrenza tra Flaminino e Alessandro di Megalopoli? Forse no, ma certamente la loro attività si ricoUegava alia figura del Macedone in un medesimo contesto storico. Difficile anche stabilire una -priorità cronológica: bisognerebbe essere certi della storicità del richiamo al tema di Alessandro nel discorso di Tito a Cinoscefale, mentre il suo statere data probabilmente al periodo immediatamente successivo alia vittoria*; la propaganda del megalopolitano era già in atto e già collegata alla política di Antioco quando gh furono decretati onori da parte dei De1Ü, in seguito al suo soggiorno nell'isola sacra', e questo avvenne tra il 195 e il 192'\ Flaminino, Antioco e i problemi sociali in Grecia I motivi della propaganda romana e siriaca nel 197-189 non si limitarono alla Hbertà, ma coinvolsero l'ambito économico-sociale e quello religioso. I Romani sostenevano i governi aristocratici'. Il mïglior esempio ne è il modo in cui Flaminino riportà la concordia in Tessaglia nel 194, instau' Liv. XXXV. 47. 7-8. ' Liv. XXXV. 47. 5-7; XXXVI. 8 e 13-14: App.. Syr. 13. Cf. F. DURRBACH, Choix d'inscr. de Délos, Paris 1921, nr. 60 ( = S/G' 576) con commento; WALBANK, Philip V, pp. 99 e n. 3; 198-9; 203; J. DBININOBB, Der politische Widerstand gegen Rom in Griechentand (217-86 v. Chr.), Berlin-New York 1971, p. 87. II Musn, Lo Stato dei Seleucidi, p. 118 e n. 9 vede un riflesso della medesima temática nell'uso dell'appellativo «Macedone» per Antioco III in un testo delio (DUSRBACH, o.e., nr. 59 = OG/S239; cf. irtfra, p. lOyj. * BoYCE, p. 342; CRAWPORD, LC, ove si data al 196 B.C. * DURRBACH, Choix, nr. 60: «Proposizione di Callia figlio di Antipatro: visto che Alessandro fíglio di Filippo, discendente del re Alessandro, essendo venuto a Délo e avendovi risieduto a lungo, si è compórtalo tn questo sDji^iorno con dignità e convenientemente, e non ha cessato di rendersi utile alla città in genérale e nei confronti dei singolî e quelli dei Delii che hanno potuto fare appello a lui per qualsiasi cosa: per mostrare dunque che il popólo accorda tutta la sua sollecitudine agli uomini buoni e devoti...». 10 DURRBACH, I.e.

' Sulla política sociale dei Romani in Grecia, cf. A. ss.; J. BRISCOE, in «P&P» 36, 1967, pp. 3 ss.

PASSERINI,

in «Athenaeum» 11, 1933, pp. 309

CAPITULO m

105

randovi un regime a base ce^sita^ia^ Visitó inoltre molte città, dove ristabili Vhomonoia e fece ritornare gli esuli*. In Laconia nel 195-194 Flaminino ottenne l'annullamento delle riforme sociali di Nabide''. Nel 194, alia vigilia della partenza delle ultime truppe romane dalla Grecia, Flaminino esortô gli Elleni dicendo: «concordiae in civitatibus principes et ordines inter se et in commune omnes civitates consulerent» (Liv. XXXIV. 49. 9). Generalmente la política romana si attirava il favore delle classi elevate*, come forse in Beozia* e sicuramente a Focea\ Le classi inferiori, invece, erano blandite dalla propaganda di Antioco^ Allontanatosi Filippo V dalla Grecia e dall'Asia minore, nella dialettica política e sociale delle città greche era rimasto vacante un posto d'importanza fondamentale. Filippo, infatti, a cominciare dal 215, aveva favorito prevalentemente le plebi ed aveva trascurato gli interessi delle aristocrazie'. Al posto di Filippo prese Antioco a fare il capopopolo, il benefattore delle masse; le strutture politico-sociali di molti Stati greci erano pronte ad accogliere il re-demagogo. Cosi Aricanda invoco dai suoi ufficiali Tabolizione dei debiti nel 197'°, venne ad unirsi a lui Annibale, che recentemente si era attirato, a Cartagine, il favore del popólo (Liv. XXXIII. 46. 7). Gli furono alleati gli Etoli, i quali cercavano di agitare le masse (Liv. XXXV. 34. 2), fu acclamato dalla moltitudine etolica che cercava la guerra con Roma (192 a.C.) (Liv. XXXV. 33. 1) e dal popólo di Grecia che parimenti * Liv. XXXIV. 51. 4-6. A Larissa i Romani (forse lo stesso Flaminino) inaugurarono le feste Eleutheria: SIC* 613, 1. 47; IG VII. 48: IX. 2. 525-530; «Arch. Eph.» 1910. p. 352; AKVANITOPULOS, in «RPh» 35. 1911, p. 124. Cf. NœSB, III, p. 19, n. 7. 'Plut-, Fiam. 12. Cf. J. SEIBBRT, Die politische Flüchtlinge und Verbannten in der griech. Geschichte, Darmstadt 1979, pp. 194-5. Sul significato politico dclVhomonoia, cf. W.O. WEST, in «GRBS» 18, 1977, p. 307 ss. ' Liv. XXXIV. 32. 9; 35. 4 e 6; 36. 6. Cf. J.-G. TEXIER, Nabis. Paris 1975, pp. 81 ss. ' Liv. XXV. 34. 3: in civitatibus principes et Optimum quemque Romemae societatis esse et praesenti statu gaudere. " Cf. Pol. XVIII. 43. 8; Liv. XXXV. 47. 3. ' Liv. XXXVII. 9. 1-4; cf. Pol. XXI. 6. ' Sulla política sociale di Antioco, cf. D. Mtjsn, Lo Stato dei Seleucidi, pp. 161 ss.; in «RFIC» 98, 1970, p. 242; J. DBININOBR, Der politische Widerstand gegen Rom in Griechenland (217-86 v. Chr.). Berlin New York 1971, pp. 66 ss.. part. pp. 86 ss. Recentemente D. MBNDELS, Antiochus III and Class Struggle in Greece, in «RSA» 8, 1978, pp. 27 ss., ha proposto un'analisi specifica in materia, che pera si limita alla sola Grecia, tralasciando l*Asia minore. ' Cf. MASTKOCDJQUE, La Caria, p. 189, n. 756, ove riferimenti aile fonti e bibliograña. " Agatarch., FGH 86, fr. 16, sul quale D. ASHERI, Leggi greche sul problema del debiti, in «SCO» 18, 1969, p. 60.

IM

ATTILIO MASTROCINQUB

invocava da lui la guerra (192) (Liv. XXXV. 34. 3), ottenne i favori délia plebe di Lamia (192) (Liv. XXXV. 43. 9) e délia stessa Atene (Liv. XXXV. 50. 4). Focea passó nuevamente in mano ad Antioco nel 190, in seguito a torbidi politico-sociali che avevano visto la plebe parteggiare per Antioco (Pol. XXL 6; Liv. XXXVIL 9. 1-4). A laso Antioco divenne il moderatore delle tensioni sociali e il garante della concordia (OGIS 237). Questo poteva essere un invito per gli altri Greci d*Asia e sottomettere i proprí contrasti sociali all'arbitrato del Gran Re. Ricordiamo che, neglí anni 204-203, Antioco volle parimenti che i suoi rapporti con Teo fossero di esempio (paradeigma) per gli altri Greci". Nel 196 laso era torméntala da dissidí interni, di natura económica e sociale, ed era bastata allora la parola del re Antioco per ristabilire Vhomonoia'^t ma intorno al 190 i dissidí erano divampati fino a costringere i fitoromani a iasciare ia città (análogamente avvenne a Focea), che rimase sotto il controUo di un presidio seleucidico'\ ed è probabile che gli esuli fossero esponenti del partito degli ottimati e dei ricchi che, come in Grecia e a Focea, parteggiavano per Roma'*. Tali vicende rischiarono di causare la distruzione di laso ad opera di Emilio Regillo nel 190'*. Sembra dunque che ín campo sociale la concorrenza fosse fortissima tra l'ideologia sostenuta da Roma e quella difesa da Antioco; come i Romani si atteggivano a garanti délia concordia sociale, cosi l'autorità di Antioco pretendeva di procurare Vhomónoia alie città torméntate da dissidí politico-sociali. La religione di Antioco Nel compiesso dell'attivita propagandística, la componente religiosa fu di notevolissima importanza, considerata I'intensa attività al riguardo esplicata da Antioco, come pure da parte dei comandanti romani. •' HERRMANN, in «Anadolu» 9, 196S, p. 35: 1,1. 26. La sua propaganda era allora essenzialmente in funzione antipergamena. " OGIS 237, cf. supra, p. 63 '» Liv. XXXVIL 17. 3. '* Cf. MASTROCINQUB, La Caria, p. 190. SuUe vicende di laso nel 190, cf. E.L. HICKS, in «JHS» 8, 1887, pp. 96-7, e apud OGIS 237, n. 1; G. JosT, lasos in Kariert, Diss. Hamburg 1935, pp. 17-18; ROBERT, BulLép. 1971, n. 621: MUSTI, LO Stato dei Seieucidi, p. 175; J. SEIBERT, Die politische Flüchtlinge..., pp. 197-8. " Liv. XXXVn. 17. Cf. MASTROCINQUE, La Caria, pp. 188-190.

CAPiTOLO m

ia#

Si comincerà con Antioco, che operó su due diversi piani alPintemo délia sua area di influenza: con le poleis délia costa egea anatolica si dimostro devoto e pió verso le divinità locali, come già aveva fatto nel 204-203, alio scopo di infondere confidenza agli altri Greci neU'unirsi alia sua causa; nelle province orientali e anatoliche operó perché si radicasse il cuUo della sua persona e, soprattutto, di sua moglie Laodice, alio scopo di rinsaldare ia fedeltà delle regioni «dell'obbedienza», ma il culto di Antioco si propagó anche a Délo e in Boezia. Antioco si rifaceva — piii o meno consciamente — al programma di Seleuco I: «accrescere con la pietas gli onori agli dei», e sembra che non sia venuto meno alPimpegno. Conosciamo la sua devozione per'gli dei di Magnesia sul Meandro' (205 a.C. ca.). di MiIeto\ di Teo\ di Amyzon'*, di Milasa', di Antiochia-Alabanda-* (204-203), di Nisa% di Xanto« (197). A laso si appelló al responso di Apollo Didimeo per sedare i dissidí deile fazioni'. Antioco attribui un'importanza grandissima al culto della coppia regale, e, in modo particolare, al culto di Laodice, culto che s'era già affermato a Sardi allMndomani del trionfo di Antioco su Acheo'". Correttamente il Bikerman" ha distinto un culto «di State», diffuse nelle satrapie con rególe precise, e i culti particolari per il sevrane nelle poleis, culti non vincolati, di sólito, da regele impeste daU'alto. Il culto di Antioco si era affer' WELLES, Royal Corr., nr. 31, cf. 32. ' Certamente Antíoco era tra i re che riconobbero la consacrazione di Mileto verso la fine del III secólo: S/C 590, U. 12-13, 30. Sulla datazione cf. A. REHM, Didyma, II, Berlin 1958, p. 278. ' P. HERRMANN, in «Anadolu» 9, 1965, pp. 34 ss. e 157-9. * WELLES, Royal Corr., nr 39 e ferse 40, ' J. CRAMPA, Labraunda, III. 2, Stockholm 1972, 46. Cf. J. e L. ROBERT, BuU.ép. 1970, n. 553. ' OG/S 234.

' WELLES, Royal Corr., p. 261: cf. Bull.ép. 1950, n. 28. ' OGIS 746. ' OGIS 237. Su Genisalemme: BIKERMAN, in «REJ» 100, 1935 p. 12. Sui buoni rapporti tra Antioco e ii popólo ebraico e suUe sue concessioni in materia rituale, cf., per es., M. HENOBL, Judentum und Hellenismus, Tübingen 1972', pp. 11 ss. e 494; ID., Jews, Greeks and Barbarians, tr. ing!., London 1980, pp. 42-44. '" ROBERT, in «Ann. Ec. Prat. Hautes Etudes» 1963-64, p. 371 = Opera Min. Sel., IV, Amsterdam 1974, p. 265; Bull.ép. 1971. n. 621. " Institutions, p. 247; cf. M. ROSTOVTZEFF, in «JHS» 55, 1935, p. 59; L. ROBERT, Hellenica, VII, Paris 1949, p. 13; A. AYMARD, in «REA» 51, 1949, p. 342=Etudes d'histoire ancienne, Paris 1967, p. 226.

108

ATTILIO MASTROCINQUE

mato a Teo, dove furono poste presso il simulacro di Dioniso le statue di lui e Laodice'^ «statue (agalmata) di marmo quanto piii possibile belle e adatte al culto». Esisteva pure un altare délia coppia régnante'^ e una statua di Antioco nella sala del Consiglio di Teo'\ Sugli altari di Antioco e di Laodice si compivano sacrifiai ed offerte ed era stato istituito il sacerdozio di Antioco'^ Teo onoro altamente Laodice, che si era comportata in modo pio verso gli dei e magnánimo verso gli uomini'\ Furono inaugurate a Teo festività denominate Äntiocheia e Laodikeia^\ ma già a Sardi, ne! 213, esisteva una festa per Laodice'*. Il nome di Laodice fu dato ad una fonte teia, la cui acqua veniva usata nelle cerimonie sacre, specialmenîe nei rituali nuziali délie future spose". A Teo Antioco fu assimilato a Dioniso, il nume principale délia città: la sua statua fu collocata nel tempio del dio; la sua immagine posta nella sala de! Consiglio riceveva Tofferta délie primizie dei frutti degli alberi^" e veniva incoronata con le piante che ciascuna stagione via via produceva^'. Antioco, paredro di Dioniso, assunse nel culto teio, al pari del dio, i caratteri di un nume délia natura, délia forza rigogliosa della vegetazione arbórea". Negli anni della guerra fredda Antioco si sforzo di attirare nella propria sfera d'influenza Délo, con il suc santuario panellenico di Apollo. Si è visto infatti che a Délo operó Alessandro di Megalopoli, un esponente della política e della propaganda dei Gran Re (cf. supra, p. 104). Una sta'* HERRMANN, p. 35, II. 45-47. Cf. J. e L. ROBERT, Bulí.ép. 1969, n. 496. Nel calendario éntrese delle offerte — H. ENOBLMANN — R. MERKBLBACH, Die Inschriften von Erythrai und Klazomenai, I, or. 207,11. 22, 29, 36, 49, 62, 64, 72, 93 —, databUe alia prima meta del II secólo a.C, sono menzionati sacrifici per il re Antioco. Non è pero chiaro se si tratti di Antioco III — cf. BncERidAN, Institutions, p. 247 —, o piuttosto di Antioco I — cf. HABICHT, Gottmenschentum und griechische Städte, München 1970'. pp. 93, 99 " HERRMANN, p. 39, U. 73-74. '* HERRMANN, p. 38,1. 32, cf. p. 64. " HERRMANN, pp. 37-40. '« HERRMANN, p. 39,11. 73-74. " HERRMANN, p. 37, part. 1. 6, cf. p. 56. " L. ROBERT, in «Ann. Ec. Prat. Hautes Etudes» 1963-64, p. 37l = Opera Min. Sei.. IV., Amsterdam 1974, p. 265; si veda anche ID., Nouvelles inscriptions de Sardes, Paris 1964, pp. 10 e 18. '• HERRMANN, p. 39, 11. 79-80, cf. pp. 76-79. Del culto teio per Antioco si fa menzione anche in OGIS 2A6. Cf. HERRMANN, pp. 150-151. " HERRMANN, p. 38,11. 54-55. " HERRMANN, p. 38,11. 56-57. " ROBERT, Bell.ép. 1969, n. 496-

CAPiTOLO m

ÍQ9

tua di Antioco fu innalzata nell'isola sacra a cura di Menippo, nel periodo anteriore allô scoppio delle estilita". Nel 194 fu dedicata a Delo l'effigie (eikón) «del re Antioco e délia regina Laodice»". Sono note inoltre dediche di Antioco al santuario di Delo". Antioco, corne tutti i Seleucidi, si diede molta premura per onorare Apollo e per ottenerne il favore, a Delo e certamente a Didima, dal cui oracolo era stata confermata l'origine apollinea della stirpe régnante". Ma pure a Delfi era rivolta I'attenzione di Antioco. A Delfi si era recato Pausimaco circa nel 203 per richiedere Vasylia per Antiochia-Alabanda (OGIS 234) non mancando di fare propaganda in favore di Antioco. 11 quale, stando al testo epigráfico OGIS 234, ottenne molto successo presso gli Amfizioni. Lo scultore Meidias esegui, secondo il decreto degli Amfizioni, una statua bronzea colossale di Antioco ed una del demos di Antiochia". Dal decreto amfizionico si apprende inoltre che il basamento {bema) di Antioco si trovava presso il templo stesso di Apo^o^^ Due frammenti epigrafici di Delfí ci informano poi, anche se in modo impreciso, di rapport! tra Antioco III e la città apollinea, rapporti nei quali forse interveniva anche la città di Magnesia". Pure il tempio di Apollo a Claro era oggetto degli interessamenti del re^". Un carattere sicuramente cultuale aveva la statua di Antioco eretta, pri" DuKiBACa, Choix, p. 16= OGIS 239, databile circa al 193. Cf. HOLLBAUX, Etudes, III, pp. 159 SS-, pan. p. 163 (205-192/1); SCHMITT, Untersuch., p. 94, n. 4; MUSTI, LO Stato dei Seleucidi, p. 118. Nei testo epigráfico Antioco è detto «Macedone», e in questo appellativo è rawisabüe Tinflusso della propaganda del re. Cf. MUSTI, I.e., ove ulteriore bibliografía. Sulla «macedooicità» di Antioco si vedano anche le osservazioni dello HERSMANN, pp. 81-82. " Inscr. Délos, 399 A. L. 48-49. Cf. TH. HüMOLLB, ¡n «BCH» 6, 1882, p. 57; DURRBACH, Choix, p. 76 e commento al nr. 60. Pure di carattere non cultuale, ma onorifico, era la statua di Antioco eretta a Pergamo: OGIS 240. Cf. HERRMANN, p. III. " Cf. PH. BRUNBAU, Recherches sur les cultes de Délos à l'époque hellénistique et à l'époque impériale, Paris 1970, p. 574. " Sui Seleucidi e Apollo Didimeo, cf., tra la vasta bibliografía, B. HAUSSOxnjJER, Etudes sur l'histoire de Milet et du Didymeion, Paris 1902, pp. 3 ss.; Musn, Lo Stato dei Seleucidi, pp. 96 ss.; W. GüNTHER, DOS Orakel von Dldyma, «Istanbuler Mitteilungen», Beihelf 4, Tübingen 1971, pp. 23 ss.; H. HEINEN, Untersuchungen zur hellenistischen Geschichte des 3. Jahrb., «Historia», Beiheft 2, Wiesbaden 1972, p. 48; cf. supra, parte I, p. 29. " OGIS 234, II. 26 e 36. SuH'attività di Meidias a Delfí cf. inoltre G. LIPPOLD, in RE. XV. 1, s. V. Meidias (6), c. 339; G.A. MANSUEIXI, in Enc. Arte Ant., IV, p. 978, ove bibliografía. " OGIS 234,11. 33-34. » P.M. FRAZBR, in «BCH» 78, 1954, pp. 62-67; J. e L. ROBERT, BulUp. 1955, n. 122. ^^ Iscrizione onorifica del tempio di Claro per Antioco, fîglio di Antioco il Grande: L. ROBERT, Nouvelles inscriptions de Sardes, Paris 1964, p. 18.

i 10

ATTILIO MASTROCINQUE

ma del 191, nei tempio di Atena Ilonia, un luogo di culto comune a tutti i Beoti''. In questo medesimo contesto di onori e di cultí per Antioco e Laodice si collocano i testi epigrafici di laso pubblicati da G. Pugliese Carrateüi. II primo è il decreto di una phylé iasea in onore del re, della regina Laodice e dei figli Seleuco e Antioco". Dalle I!. 7-10 si ricava che gli onori furono tributati per la benevolenza e la premura del re verso la città e il suo tempio. Vi è poi un testo", il nr. 2. I (parte prima), il quale contiene una lettera della regina Laodice agli lasei, in cui ella, conformemente alia política liberale e umanitaria dello sposo, aveva aiutato económicamente i cittadini colpiti da una recente calamita e, in particolare, metteva a dísposizione delle fanciulle povere doti di 300 dracme. Segue il testo relativo alia liberazione di laso, della quale già si è discusso {supra, pp. 56-7 ). Questa epígrafe, mutila in basso, dev'essere completata con il frammento, noto da molto tempo, OGIS 237", il quale faceva parte della medesima stele. In esse è questione della democrazia e deirautonomia garantite dal re a laso (cf., per la democrazia" e l'autonomia, il trattato con Lisimachia), della concordia política e sociale alla quale i cittadini erano invitati anche da un responso di Apollo didimeo, «archegete» della stirpe seleucidica. Nel frammento, infine, si rendono grazie al re e alla sua famiglia per i benefici e per la riacquistata concordia. Un altro testo iaseo" concerne Tentrata in carica degli strateghi, la quale doveva avvenire, forse per evitare dissidî, sotto l'egida della figura *' Liv. XXXVL 20. 3. Cf. infra. " D. LBVI e G. PUGUESE CARRATEIXI, in «ASAA» N.S. 23-24, 1961-62, p. 578, nr. 5; cf. L. ROBERT, in «REA» 65, 1963, pp. 308-9 = Qperii Min. Sel., III, pp. 1503-4; F. SoKOLOWSKi, in «GRBS» 13, 1972, pp. I7I-3 (che presenta delle imegrazioni un po' ardite). Sembra che l'organizzazione del culto per il sovrano fosse affidata, in certa misura, ai raggruppamenti civici per tribu: lo dimostra, oltre a questo testo iaseo, quello di Teo HERRMANN, pp. 37-40, in cui è questione del culto regio tribútalo dalle symmoríe. Cf. HERRMANN, pp. 56-57. A proposito del culto teio: ROBERT, Bull.ép. 1969, n. 496, ove si definisce Antioco «dieu geníilice». " In «ASAA» 29-30. 1967-68, pp. 445 ss.; cf. Y. GARLAN, in «ZPE» 13, 1974, pp. 197-8; cf. supra, p. 57. La datazione del testo non è stata senza controversie, cf. MASTROCINQUE, La Caria, pp. 133-4. '• ROBERT, Beil.ép. 1971, n. 621, p. 508. *' Sul signifícato del termine demokratia: HOLLBAUX, Etudes, III, p. 153; J.A.O. LARSEN, in «CPh» 40, 1945, pp. 89 ss. e, con maggiore precisione, Musn, Lo Stato dei Seieucidi, pp. 139-145 e in Storia e civiltà dei Greci, VU (La società ellenistica. Quadro politico). Milano 1977. pp. 280-1. " PuoLissE CARRATELLI, O.C, pp. 447-8, nr. 2. II. Le linee 17-20 vanno complétate con il frammento 2 bis (PuoLiESE CARRATELU, p. 448). Cf. ROBERT, /.C.

CAFITOLO m

11 1

di Antioco, offrendo a lui e ai suoi antenati un sacrificio presse l'altare costruito per il suo culto. Si danno disposizioni per il culto di Laodice, identifícala con Afrodite, per la sua sacerdotessa e per le cerimonie a lei dedicate. Si stabilisée che le coppie di sposi avrebbero sacrificato a Laodice*' secondo le loro disponíbilita e avrebbero partecipato alie cerimonie del culto della regina. II culto del sovrano a laso ripete, per qualche aspetto, le modalità del culto teio, ma la «spontaneità» delle manifestazioni di Teo*' cede il passo a laso ad una maggiore ingerenza diretta del sovrano stesso. Le iscrizioni di laso sonó databili prima delIa scomparsa di Laodice dalla scena politica, cioè prima delFautunno 192", anzi, prima dell'estate del 193, época in cui scomparve Antioco, fíglio del re", il quale è nominato nel decreto della pyhlé iasea. Come terminus post quern si dovrà scegliere, prima di tutto, la liberazione di laso, che si colloca nel medesimo contesto dell'espugnazione di Stratonicea, e dunque fra il luglio e l'agosto del 197"'. Ma nelle epigrafi è menzione di scambi diplomatici svoltosi dopo la liberazione (OGIS 237, 11. 2-3): (yÉypaçE TcXeovaxtç xtot STI^XîOI) e dell'altare di Antioco (Pugliese Carratelli, nr. 2. II, II. 10-12), ciô che presuppone che il culto regio si fosse radicato da qualche tempo*'^ Proporrei quindi un altro terminus post guem: l'inverno 197/6, quando cominciô l'intensa attività diplomática del Seleucide diretta a riportare le città greche microasiatiche nella sua sfera d'influenza. Il carattere del culto di Antioco prelude all'atmosfera in cui fu promossa la grande operazione religiosa che il Gran Re lanciô intorno al marzo 193". In quell'epoca Antioco si trovava a Efeso o in marcia verso la Pisidia o già impegnato nella campagna contre taie regione'*"'. Allora trasmise aile autorité delle province del regno un editto che istituiva il culto " Cf. la fonte di Laodice a Teo, la cm acqua era usata dalle spose: HERRMANN, p. 39, II. 79-80; cf. pp. 76-9. " J. e L. ROBERT, BuU.ép. 1969, n. 496: «Téos n'a pas suivi un modèle fixé par la monarchie séteucide, ni non plus par les villes de la Seleucide^*. " L. ROBERT, Hellenica, VII, pp. 26 ss, " Cf. A. AYMARD, in «RPh» 66. 1940, p. 107. *' SCHMITT, Untersuch., p. 288. " Cf. BuU.ép. 1971, n. 621, pp. 504 e 506. *' Sulla datazione, ROBERT, Hellenica, VII, pp. 16-7; AYMARD, in «REA» 51, 1949, p. 341=£ft/des d'histoire ancienne, Paris 1967, p. 225. " Liv. XXXV. 13. 4-5. Cf. AYMARD, U.

U2

ATTIUO MASTROCINQUE

di Laodice, sua moglie, e prevedeva la creazione di sacerdozi della medesima. L'editto è noto attraverso tre esemplari: quello di Eriza (Dodurga)"', quelle di Laodicea di Media (Nehavend)"* e quello proveniente dall'attuale regione di Kermanchah'". Furono scelte come sacerdotesse donne di altissimo lignaggio: a Eriza Berenice, figiia del Tolemeo di Telmesso che ancora dominava sulla regione telmessea nel 189 a.C/*, discendente della quarta generazione dal re Lisimaco"*'; a Laodicea di Media e a Kermanchah Laodice, la figiia stessa di Antioco III e di Laodice III*% che nel 196/5 aveva sposato il fratello Antioco*'. Quando ancora non erano conosciute le iscrizioni di Teo e di laso A. Aymard" notava come I'iscrizione di Laodicea di Media (Nehavend) testimonia che un «culto di Stato», quello per Laodice, fu introdotto anche in una;7o//5, e dunque non era limitato al «plat pays». I Robert" hanno pero osservato che in una polis potevano coesistere accanto ai culti di Stato i culti municipal!. Probabilmente talune opinioni moderne sul «plat pays» seleucidico sono un po* difformi dalla realtà antica. I culti di Stato erano imposti non a territori, alia chora basiliké in quanto chora, ma a uomini organizzati in villaggi e in città", e pertanto è chiaro che la prassi cultuale imposta dalla monarchia era rivolta principalmente alle città. Ad esse facevano capo molti villaggi e molti territori rurali, e nelle città avevano luego i contratti e gli atti pubblici che dai notai o dagli scribi erano registrati e datati seconde i dettami dei sovrani seleucidici (datazioni seconde i sacerdoíi eponimi dei culti di Stato). L'ottimo studio di M. Rostovtzeff sul culto dinástico per i progonoi dei seleucidi regnanti" ha sottolineate come anche questo culto di Stato, stabilité dall'autorita centrale, impegnava le " •** *'' " **

ROBERT, o.e. pp. 9-10. O.e., pp. 5 SS. ROBERT, in «CRAI» 1967, pp. 281 ss. ROBERT, Hellenica, VII, p. 17, Cf. M. SBORB, in «Clara Rhodos» 9. 193S, pp. 181 ss.; M. HOLLEAUX, Etudes, HI, pp. 365 ss.; ROBERT, l,c. " ROBERT, o.e., p. 18 e in «CRAI» 1967, p. 287. Sull'identificazione della sacerdotessa cf. anche CH. EDSON, in «CPh» 49, 19S4, pp. 114 ss; SCHBíITT, Untersuch., p. 17, *' App., Syr. 4, 17. Cf. ScHMirr, o.e., pp. 14-15. " In «REA» 55, 1949, pp. 342-5 = £ft/rfes, pp. 226-9. " BulLép. 1951, n. 234. " Cf. ROBERT, La Carie, II, p. 302, n. 5 e n, 6. " In «JHS» 55, 1935, pp. 56 ss.

CAPITOLO ra

113

città soggette e le colonie militari, mentre nelle città libere non veniva imposto dall'alto, ma poteva essere deciso in maniera indipendente. Il culto di Laodice costituî un'operazione a vasto raggio e senza risparmio di energía; ciô nonostante, si dimostrô effimera. Infatti, nel 192 il re si sposô con una giovane donna euboica'* e Laodice ripiombô nell'oscurità", per riemergere solamente dopo la disfatta di Magnesia" o addirittura dopo la morte di Antioco stesso". Grazie alle iscrizioni di Teo e di laso, sappiamo ora che il culto di Laodice si diffuse prima presso le città greche (dal 204-3 a Teo, ma già doveva essersi affermato da lempo a Sardi) e poi fu imposto nelle province dell'impero. L'affermazione del Robert*" «on comprend que les villes n'aient pas eu — ou aient perdu très vite — l'idée d'imiter ce culte royal en créant un culte municipal de Laodice^> va rovesciata: il culto di Laodice non ebbe il tempo di radicarsi e di diffondersi presso le città e le colonie dell'entroterra anatolico, di Siria e delle altre province orientali. Si traita di un fenómeno che si era verifícalo già in altri casi: degli epiteti onorifici e soprattulto cultuali attribuiti ai sovrani seleucidici dalle città greche d'Asia minore e poi fatti propri dalla litolatura ufficiale délia dinastía*'. E non è da escludere che pure l'epiteto megas attribuito ad Antioco, certamente suU'esempio del litólo basileus megas^^, fosse stato coniato dai Greci d'Asia minore". Il culto per i Seleucidi sólitamente prendeva origine da Occidente e si diffondeva poi verso Oriente, non viceversa.

" Pol. XX. 8; Uv. XXXVI. 11.1-2; 15.1; 17.7; Diod. XXXI. 2; Plut., Philip. 17; Flam. 16, App., Syr. 69; Justin. XXXI. 6. Cf. irtfra, pp. 140-4. " Cf. AYMARD, o.e., pp. 330ss.= Etudes, pp. 214 ss., part. p. 334 = 219. P. 335 «219: «ta répudiation (di Laodice III), gui ne peut pas être tenue même à demi-secrète, car elle supprime certainement ie culte de Laodikè ainsi que i'obbligation imposée aux notaires, n'est postérieure que de quelques mois — au maximum un peu plus d'un an — â l'expédition des "prostagmata"par la chancellerie royale». ** AYMARD, pp. 336-8=220, p. 19. fr. 20 («Antioco conduce la guerra con le lettere, milita con la penna e con Tinchiostro») spettasse al suo discorso agli Atenîesi in queste drcostanze di oui parla Plut., Cato Maior 12. Cf. NmsE. II. p. 694. n. 4; DE SANCTIS, IV. 1, p. 147, n. 68; AVMARD, o.e., p. 329. n. 24. " Plut., o.e., 13. '^ Plut., Philop. 16: Paus. VIII. 51. 1. Cf. Aymard, Premiers rapports, pp. 332 ss.. " Plut., Cato Maior, 12; cf. Zon. IX. 19. '* Pol. XXII. 4. 1. Cf. D. HENNIG, in «Chiron» 7, 1977. p. 124. " Pol. XX. 7. 5; Liv. XXXVI. 6. Di incerta interpretazione App., Syr. 13, ove Antioco è detto « 8Ti[iaYopi^oaç» a Tebe. '* Com'è accaduto al MENDEL, in «RSA» 8. 1978. p. 34.

CAPiTOLO m

139

to che i capi dei Beoti (in primo luogo quellt del partito di Brachilla, che contava moltissimi sostenitori'O da lungo tempo avevano permesso e voluto una política demagógica, basata sulíe sovvenzioni al popolo'\ L'appoggio ai principes boeti era dunque conseguente agli assunti sociali del re. Ma la rivoluzione non avvenne e Antioco non fu riconosciuto dalle masse come il liberatore dall'oppressione económica". Nel 192-1 Antioco non ottenne che dei successi superficiali ed effimeri, in Atamania, Eubea, Boezia (non senza riluttanza), Elide e Tessaglia — dove fu costretto ad usare la forza". II resto della Grecia era con i Romani, o, per lo meno, neutrale. L'opéra di Flaminino, attuata nel corso degü anni 197-192, si dimostrô solida, assai più penetrante e tenace di quella dei suoi avversari. Antioco fu vinto dalla propaganda e dalla diplomazia prima ancora che dalle armi dei Romani. L 'episodio di Delio È noto che i Romani pretendevano di cómbattere solo guerre giuste. Nel caso non fossero giuste, la propaganda cercava di renderle giuste. Se nel caso, ad esempio, della guerra con Perseo o della terza guerra púnica gli argomenti di diritto erano carenti o sospetti, nel bellum Antiochicum Roma aveva le carte in regola, anzi, si potrebbe dire che fu la guerra che meglio fu condotta dai Romani, un capolavoro di diplomazia e di propaganda, che va ascritto, in primo luogo, a Tito Quinzio Flaminino. I Romani erano passati dalla parte della ragione ritirando, nel 194, le loro truppe dalla Grecia, difendendo l'indipendenza delle città autonome di Ionia ed Eoíide, e denunciando le mire espansionistiche di Antioco in Tracia. Ma solo con I'episodio di Delio poterono esibire la prova inoppugnabile del torto e dell'empieta di Antioco. Era questo, a detta di Livio (XXXVI. 51. 1 ss.), un templo di Apollo, distante cinque miglia da Tanagra. Intorno al templo vi era un boschetto sacro ed invioíabile'. Quivi stavano aggi" Cf. i casi del 197: Liv. XXXIII. 28. " Pol. XX. 6. 2 e 3; Eraclide Crético, ap. MüLLER, Geographi Graeci Minores, I, p. 103, 15-16. Cf. M. FEYEL, Polybe et l'histoire de la Béotie au file siècle av. notre ère, Paris 1942, pp. 247 ss.; 284; PASSBRINI, in «Athenaeum» 11, 1933, p. 321: MENDBL, o.e., p. ISSr HENNIO, o.e., pp. 119 ss. " Cf. MENDEL, pp. 33-4, ove bibliografía. ^^ Cf., per es.. DE SANCTIS, IV. 1, pp. 148-9; HOLLEAUX, in CAH, VIII, pp. 2\0-l = Etudes, V, pp. 399-400; Wax, Hist, pol., II, p. 147. ' «In fano lucoque ea religione et eo iure sancto quo sunt templa quae asyla Graeci appellant... ».

140

ATTILIO MASTROCINQUB

randosi pacificamente dei soldati romani, altri stavano sul litorale e altri stavano foraggiando, quando furono assaliti e massacrati dalle truppe seleucidiche di Menippo. Fu questo il casus belli: «ea res Quinctio Romanisque sicut iactura militum molesta, ita ad ius inferendi Antiocho belli adiecisse aliquantum videbatur» (Liv. XXXV. 51. 5). Ma ancora più notevole è il frammento diodoreo all'inizio del libro ventinovesimo: «Delio era un santuario non molto distante da Calcide... (lacuna nella quäle Diodoro narrava dell'eccidio)... Per la quai cosa il re era diffamato (o ingiuriato: lßXaa(p7i|i£tTo) dai Greci, avendo dato inizio con empiéta alla guerra con i Romani... (altra lacuna)... Flaminino, che si trovava allora presse Corinto, chiamô a testimoni tutti gli uomini e gíi dei che era staío il re a iniziare la guerra». II casus belli dava dunque ragione sacrosanta ai Romani. Prima di passare ad altro, vorrei richiamare l'attenzione su due punti: Antioco fu accusato di empiéta e la divinité che poteva essere stata offesa fu Apollo. Fu questo il primo anello di una catena di pesanti accuse e di minacce che costellarono il cammino deila guerra, guerra nella quale due divinité rivestirono un ruólo da protagonisti: Apollo ed Atena. La lussuria di Antioco Tali furono le accuse contro il re fondate suí diritto internazionale e su quello sacrale. Ma ben altra fu la campagna diffamatoria messa in moto da Romani e alleati, per screditare Antioco circa il suo comportamento personale. Tale campagna rivela il suo carattere propagandístico per Tuso di temi tipici della letteratura sui sovrani orientaü. Nei capitoli dedicati al culto di Antioco e di Laodice si è visto quale fu l'operato seleucidico per diffondere il culto della regina nelle satrapie. Ma Laodice fu onorata e venérala pure presse le città greche. Si è visto ineltre, poche pagine avanti, come il 193 segnô il vértice dello sforzo di Antioco per espandere la sua influenza presse i Greci e rafforzare la sua autorité presse gli Orientali; si è viste anche ceme con il 192 iniziasse per il prestigie del re un revinoso declino. L'allentanamento di Laodice causó uno dei maggiori celpi alla crédibilité política, morale e religiosa di Antioco, e i SUOÍ avversari sfruttarono abilmente la faccenda in chiave propagandística. Vediamo in sintesi le fenti antiche. Pelibio (XX, ripertate da Athen. X. 439 e-0 racconta che Antioco, passato in Grecia col proposito di libe-

CAPiTOLO m

141

rare gli Elleni e di portare la guerra ai Romani, cedette, pur essendo cinquantenne, alia passione per una bellissima giovane di Calcide, figlia del notabile Cieottolemo. Pur essendo in clima di guerra, la volle sposare; egli era infatti avvinazzato e dedito all'ubriachezza, e cosi trascurô gli affari di Stato. Alla sposa dette ii nome di Eubea'. Da Polibio derivano i passi di Diodoro (XXIX. 2) e Livio (XXXVI. 11. \-2y. Diodoro aggiunge che il re trascorse il proprio tempo per celebrare le nozze e per dar luogo a splendidi festeggiamenti cosicché rovinó il proprio físico e fiaccô la combattività del suo esercito. Livio, dal canto suo, aggiunge che il re, ottenuta la mano délia giovane, passa il resto deir¡nverno\ dimentico dei suoi scopi, in conviti, simposî e voluttà. Plutarco {Philop. 17) menziona gli ozî calcidesi e aggiunge {Flam. 16) che il matrimonio con Eubea non era awenuto né all'età conveniente, né al momento opportuno. Il re era infatti troppo attempato per la fanciulla e il momento politico-militare era il più inopportuno per tali nozze. Pure Appiano {Syr. 69) menziona ie nozze e le feste solenni volute da Antioco a Calcide. E Zonara (IX. 19) ricorda le moUezze del re e gli ozî che rovinarono il morale délie truppe. Dall'insieme di queste testimonianze, di sostanziale ascendenza polibiana, si puö dedurre che lo storico acheo raccolse una tradizione antiseleucidica, relativa alla débauche di Antioco, che aveva circolato negli ambienti greci. La critica moderna ha avuto buon gioco nel dimostrare come tale tradizione fosse falsa ed ispirata da motivi propagandistici, infatti, nella cattiva stagione 192/1 il re fu tutt'altro che inattivo". F. Walbank* ed E. wm"* ' Cf. sul mutamento di nome, TAKN, in Athenian Studies près, to W.S. Ferguson, rist. New York 1973, p. 499, n. 3; WALBANK, A historical Commentary on Polyöius, III, Oxford 1979. p. 76; AYMARD, in «REA» 51, 1949, p. 328 = Etudes, p. 213. * WALBANK, Commentary^ III, p. 75, ' Per una cronología più precisa: WALBANK, Phiiip V, pp. 201-2; 328-9: il re trascorse a Calcide il febbraio e il marzo del 191. * E.A. HEYDEN, Beiträge zur Geschichte Antiochus' des Grossen, Emmerich 1873, pp. 29 ss.; J. KROMAYBR, Antike Schlachtfelder in Griechenland, II, Berlin 1907. pp. 135 e 222; HOLLEAUX, in CAH, VIII, pp. 212-3= Etudes, V, p. 402; ROBERT, Hellenica, VII, pp. 25 ss.; WILL, Hist, pol., II, p. .174. * Commentary, III, p. 76. ' L.C.

I^fâ

ATTELIO MASTROCINQUE

pens2ino, inoltre, che la propaganda romana abbia riadattato ad Antioco il tema degli ozî di Annibale a Capua. Vi è perô un altro motivo per confutare la tradizione circa Antioco a Calcide: essa non fa che riadattare due vecchi temi letterari: quello del monarca che, a causa della passione per le concubine, trascura gli affari di Stato' (un tema similare fu usato già contre Antioco I), e quello délia inclinazione per il vino da parte dei re ellenistici*. Taie la tradizione polibiana. È stato notato perô' che da questa differisce Liv. XXXVI. 17. 7. Si tratta di un passo del discorso di Acilio prima délie Termopili: «hic (seil. Antiochus), ut omnem aliam vitam siîeam, is est, qui, cum ad inferendum populo Romano belîum ex Asia in Europam transisset, nihil memorabiîius toto tempore hibernorum gesserit quant quod amoris causa ex domo privata, et obscuri etiam inter populares generis, uxorem duxit, et novus maritus, velut saginatus nuptialibus coenis, ad pugnam processit». L'accusa di aver sposato una donna non illustre, anzi, ignobile, ritorna in Liv. XXXVL 15. 1: «cernens nihil se ex Graecia praeter amoena Chalcide hiberna et infames nuptias pettsse»,. Esisteva dunque una tradizione ancora più severa délia polibiana. Anche Giustino (XXXI. 6) mi pare caichi la mano rispetto a Polibio: «rex ipse per hiemem in luxuriam lapsus, novis cotidie nuptiis deditus erat». Questo è il panorama delle fonti che di sólito vengono úsate e citate in proposito, panorama reso canónico ad una nota di L. Robert'". Vi è perô un'altra fonte, per nostra fortuna assai esplicita circa il tenore delle accuse ai danni del re. Si tratta di Flore (L 24. 9-10): «Hic (sulle rive deirEuripo) ille (Antioco) positis aureis sericisque tentoriis sub ipso freti murmure, cum praeßuentes aquae tibiis fidibusque concinerent, conlatis undique quamvis per hiemem rosis, ne non aliquo genere ducem agere videretur, virginum puerorumque dilectus habebat. Talern ergo regem iam luxuria sua debellatum Acilio Glabrione consule populus Romanus in Ínsula adgressus ipso statim adventus sui nuntio coegit ab insula fugere». In Floro (L 24. 4) Antioco è detto ignavus rexy la sua fama è detta derivare únicamente dalla sconfitta ricevuta ad opera dei Romani. Inoltre Floro (I. ' BicKERMAN, Quattro libri, p, 190. ' Aelian., Var. hist. II. 41: Antioco III è classifîcato tra i S«leucidi beoni. Cf. BIKBRMAN, Institutions, pp. 34-35. ' HBYDEN, p. 35; cf. AYMARD, in «REA» 51, 1949, p. 329, n. 1 =Etudes, p. 213, n. 8. ' Hellenicû, VII, p. 25, n. 1. Seguito, ad es., da WALBANK, Commentary, III, p. 75.

CAprroLo in

143

24. 12) ribadisce il carattere inetto e molle di Antioco affermando che affidô la flotta a Polissenida e ad Annibale perché non era in grado di tollerare neppure la vista di un combattimento. L'accenno alla «leva» di fanciuUe e fanciuUi probabilmente trova un confronto in Giustino, il quale afferma che ogni giorno il re celebrava nuove nozze. Alla tradizione polîbiana si affiancano, perianto, quella romana di Livio (XXXVI. 17. 7 e 15. 1), basata suU'ignobilità de! matrimonio di Antioco, e quella di Giustino e Floro, basata — esplicitamente in Floro, meno in Giustino — sulla descrizione délie nozze e délia lussuria del re medesimo. Un fílone délia propaganda romana riadattô, dunque, ad Antioco i! tema letterario greco del re-tiranno che si fa portare fíori da spargere sul pavimento del palazzo". II tema degli ozí di Calcide risale, con ogni probabilità, al 191. E forse vi fece un richiamo anche il poeta Ennio (siamo dunque prima del 169). È noto che nella sua tragedia Iphigenia egli si rifaceva all'euripidea «Ifigenia in Aulide»'^ Il brano più noto del dramma enniano è quello riportato da Gellio'^: si tratta del coro di soldati che, costretti ad un forzato periodo di ozio a Calcide, disquisiscono sul loro non far nulla. I commentatori di questa tragedia si sonó posti il problema del come e del perché Ennio abbia sostituito al coro euripideo di donne calcidesi un coro di soldati'". La cosa è paraître difficilmente comprensibile. A meno che non accettassimo di datare Vlphigenia a dopo l'inverno 192/1, datazione, di per sé, plausibile. In questo modo tutto diventerebbe più chiaro: Ennio, anche senza seguiré un modello greco, mise in scena un coro di soldati perché in quel periodo era ricorrente nella propaganda romana il tema degli ozí di Antioco " Cf. MASTROCINQUB, in «Athenaeum» 57, 1979, p. 264. " Cf. H.D. JocBLYN. The Tragedies of Ennius, Cambridge 1969, pp. 45 e 318-9. Per la bibliografía recente cf. H.J. METTE, Die rom. Tragödie und die Neufunde zur griech. Tragödie^ in «Lustrum» 9, 1964, p. 75. " XIX. 10. 4 = fr. XCIX Jocelyn (=fr. XI, p. 159 Vahlen). II passo è stato oggetto di uno studio datagliato di O. SKUTSCH, in «Rh. Mm.» 96, 1953, pp. 193 ss.=Studia enniana, London 1968, pp. 157 SS. Gli altri frammenti AtWIphigenia sono nel libro di JOCELYN, alle pp. 107-113. '* Ï1 BEEOK, Kleine philol. Schriften, 1, pp. 229 ss., ha pensato ad una derivazione dall'«Ifigenia» sofoclea, in base al fr. 308 P. Questo significa veramente interpretare obscurum per obscurius. Si veda infatti il framraento sofocleo e si gjudichi. 11 LEO, Ausgew, Kleine Schriften, I, Roma 1960, p. 205 e Geschichte der röm. Literatur, I, Berlin 1913, p. 192, n. 3, pensa a contaminatio con il «Telefo» euripideo. Lo SKUTSCH, Studia enniana, pp. 162-5, è ritornato all'ipotesi della derivazione sofoclea del coro deWIphigenia. II RIBBECK, Die römische Tragödie im Zeitalter der Republik, Leipzig 1875, p. 95, lo JOCELYN, pp. 336-7 e U TRAíNA. Vortit barbare, Roma 1970, pp. 144 ss., part. pp. 153-4, non rítengono che tale coro derivi da Sofocle.

144

ATTIUO MASTROCINQUB

e del suo esercito a Calcide. Questo avrebbe signifícalo riattualizzare il mito degli Achei in Aulide. Nella medesima atmosfera propagandística romana sono stati coniati i w. 693-4 del Poenulus di Plauto: «£•^0 id quaero hospitium ubi ego curer moliius quam régi Antiocho oculi curari soient.» Molto giustamente si è datata la commedia al 191 circa, proprio in base a questo accenno al re Antioco'^ Le Termopili e la propaganda etoHca I success! — se di veri successi si puô parlare — di Antioco nel 192 furono effímeri, infatti l'anno successive i Romani lo costrinsero a trincerarsi dietro le Termopili, nella speranza di vedere giungere i rinforzi dall'Asia. Ma il console Manio Acilio costrinse il re alio scontro frontale. Non valse allora la perizia degli Etoli ad impediré che duemila romani condotti da M. Porcio Catone aggirassero le formazioni siriane portandovi 10 scompiglio e permettendo al console di sterminare e di catturare i nemici in rotta. Il re con Cinquecento superstiti salpô allora, in gran fretta, da Elatea'. Proprio in relazione ai fatti del 191 inizia un importantissimo frammento dell'opera dedicata da Flegonte di Tralles aile «Slorie stupefacenti». 11 frammento, che si puô leggere nei FGH dello Jacoby, n. 257, fr, 36. III, inizia affermando che la fonte cui attinse lo stesso Flegonte era Antistene rodio, probabilmente identificabile con lo storico che fu oggetto délie critiche di Polibio^ e dunque assai vicino nel tempo e nello spirito agli avveni" CH. H. BUCK, A Chronology of the Plays of Plautus, Baltimore 1940, pp. 92 ss.; F. DELIA CoRTB, Da Sarsina a RomOt Firenze 1967', p. 62. ' Liv. XXXVI. 15-21; Plut., Cato Maior 13-14; App., Syr. 17-20; Diod. XXIX. 3: Frontin., Strat. II. 4. 4; Aua., De vir. ill. 47. 3: Flor. I. 24. 11; Zon. IX. 19; Oros. IV. 20; cf. Phlegon, FGH 2S7, fr. 36. III. 1. ' Cf. H. FUCHS, Der geistige Widerstand gegen Rom in der antiken Weit, Berlin 1938, p. 29, n. 16; E. GABBA, P. Cornelia Sdpione A/ricano e la ¡eggenda, in «Athenaeum» 53. 1975, p. 7. Contro taie identificazione J.-D. GAUOBR, in «Chiron» 10, 1980, p. 240, è costretto ad arrampicarsi sugli specchi per dimostrare che si íratta dl un aJtro Antistene, filomitridatico. II suo argoraento è questo: se Polibio avesse leite nello storico rodio i racconti antiromani riferiti da Flegonte ne avrebbe proposta im'aspra critica.

CAPrroLO m

145

menti délia guerra di Antioco^ Il frammento flegonteo riferisce una serie di avvenimenti miracolosi, accompagnati da profezie apoUinee nettamente sfavorevoli ai Romani. II tutto si inquadra entro due fatti storici, vale a dire entro due termini cronologici: la battaglia délie Termopili, 191, e il ritorno di Manlio Vulsone attraverso la Tracia, 188. Ha coito nel segno, dunque, il Gabba quando ha visto nel frammento dei Mirabilia una eco della propaganda antiromana diffusa non molto tempo dopo Magnesia*. E ciô che è più importante è l'avere individúalo la matrice etolica di taie propaganda*; infatti Tepisodio di Scipione in preda a furore profetice (fr. 36. III. 6 SS.) è ambiéntalo nelia Locride occidentale, cioè in territorio etolico, inoltre la notizia di Valerio Anziate (fr. 42 Peter = Liv. XXXVII. 48), secondo la quale gli EtoH avrebbero diffuso, nel 190, notizie false circa una sconfitta romana in Asia permette di risalire ad un medesimo contesto politico e propagandist ico d'Etolia omogeneo a quello del quale il racconto flegonteo rifletie una intensa eco. Gli episodi contenuti nel frammento furono, con ogni probabilità, forgiati dalla propaganda etolica in momeníi diversi e poi raccolti insieme da Antistene; un loro riferimento a fatti e momenti storici puö essere dunque tentato, anche se va premesso già da questo momento che i risultati ai quali si giungerà non saranno, e non potranno essere che approssimativi. * Cf. s. MAZZARINO, ílpensiero storíco classico, II. 1, Bari 1972, p. 155. * O.e., p. 9. Vi sono state altre ipotesi di datazione, assai meno probabíli, cf. p. 9. n. 14. L'inquadramento storico nell'anibito della guerra d*AntÍoco fu proposto per la prima volta da E. SCHWARTZ, in RE., I, í.V. Antisthenes, c. 2537; cf. anche F. JACOBY, FGH, II B, Kommentar, p, 846, e inoltre H. DIBLS, SibylUnische Blätter^ BerÜD 1890, pp. 1 ss.; J. N4BSK, in «Philologus» 80, 1925, pp. 298 ss.; H. WBIDISCH, Die Orakel des Hystaspes, Amsterdam 1929, pp. 53 ss.; A. PBRETTI, La Sibilla babilonese, Firenze 1943, pp. 11 ss.; F. MARTELU, in «RSA» 8, 1978, pp. 123 ss. M. HoLLEAüx, Etudes, V, pp. 244 ss., E. Wm, Hist, pol,, II, p. 202 e J.-D GAUOER, in «Chiron» 10, 1980, pp. 225 SS., propendono invece per tma datazione all'età mitridatica, già proposta dallo ZELLER, C/e* ber Antisthenes aus Rhodos, «SBBerlin» 1883, pp. 1067 ss. A.J. RBINACH, in «BCH» 34, 1910, pp. 277 SS., data invece la profezia al periodo 178-175. ' GABBA, o.e., pp. 9-10. H.W. PARKB e D.E. WORMBLL, TJte Delphic Oracle, I, Oxford 1956, p. 277, cf. II, pp. 173-4, nr. 428, pensano, giustamente, a testi diffusj dalla propaganda antiromana e filoetolica che operó a Dein tra l'inizio del 190 e il 189. 11 FUCHS, o.e., p. 7, vi riconosceva una matrice siriana. II MAZZAIUNO. o.e., pp. 156-7, vi riconosce una eco della propaganda dello stesso Annibale, il quelle fu pure storiografo e scrisse una lettera ai Rodî relativa alle imprese di Manlio Vulsone (FGH 181). Sarebbe stato Annibale, secondo il Mazzarino, a concepire e a profetizzare una coali^one asiática che avrebbe vinto Roma. Tuttavia mi pare molto probabile l'ipotesi del Gabba, oitre che per le ragioni che egli stesso adduce, per la componente di propaganda deifica che ídentificheremo nel testo flegonteo. Complícala e improbabile la tesi del GAUOBR, o.e., secondo il quale Antistene avrebbe raccçlto testi di epoche diverse, fra i quali solo i prirai, relativi a Buplago e Deifi, sarebbero dell'epoca del bellum Antiochicum.

!46

ATTILIO MASTROCINQUE

Buplago La prima forgerie storica riportata da Flegonte puô essere sintetizzata nel modo seguente'. LMndomani delia battaglia delle Termopili i Romani erano intenti a raccogliere i loro morti e a fare bottino dei nemici rimasti sul campo, ma ad un certo punto, verso la meta del giorno, un valoroso ed onorato comandante della cavalleria siriana, Buplago, si leva in piedi, nonostante avesse ricevuto ben dodici ferite, e si recô al campo romano per pronunciare questi versi: «Cessa di spogliare l'esercito andato alia terra dell'Ade; già infatti il Cronide Zeus si sdegna guardando con cruccio e si adira per la strage deH'esercito e per le tue azioni e mandera una stirpe dal cuore impetuoso nella tua terra, che metterà fine ai tuo dominio, e sconterai per le cose che hai compiu«o». I soldati romani, sconvolti, si consultarono in assemblea e decisero di cremare il cadavere di Buplago e di purificare l'esercito sacrificando a Zeus Apotropaios. Mandarono inoltre legati a Delfi per conoscere ciô che si doveva fare.LaPizia allora diede questo responso: «Ora desistí, o Romano, e sia salda la giustizia, che Pallade non muova contro di te un Ares molto piCi valente: e spopolerà le piazze, e tu, sciocco, dopo aver molto sofferto, tornerai alia tua terra dopo aver perso la grande prospérité». Si tratta del primo degli oracoli sulla rovina dell'Italia. In esso sono implicate ambedue le divinité che ressero le sorti del bellum Antiochicum: Apollo e Atena. La ragione della collera d'Atena è stata correttamente intesa da Marta Sordi^: era una risposta al saccheggio della zona sacra di Atena Itonia di Coronea ad opera delle truppe di Acilio, poco dopo la jgiornata delle Termopili\ Gli Etoli resero in questo modo la pariglia a Flaminino che, Tanno prima, aveva tacciato di empiéta Antioco per i fatti di Delio. Ma, poiché dalla temática legata ad Atena Itonia si tratta ampiamente nel volume dei Contributi dell'Istituto di Storia Antica curato dalla

' Sull'episodio cf. FUCHS, Geistige Widerstand, p. S; GABBA, Scipione, pp. 7-8. ' Nel volume Politica e religione nel primo scontro Ira Roma e l'Oriente. * Liv. XXXVI. 20. 2-3.

CAPiTOLO m

147

Sordi, rinvio direttamente ad esso, per passare aU'altro nume dei bellum Antiochicum, Apollo. / Gain e i Romani neiia propaganda etolica L'attività della propaganda etolica presso i Greci non prese I'avvio con la guerra d'Antioco, essa risaliva ad un periodo più antico: dal 279-8, quando la Confederazione aveva assunto i! ruolo di salvatrice dei Greci, in conseguenza della vittoria sui Celti'. Nella fase della «guerra fredda» la propaganda etolica non rimase certo inattiva, anzi, i suoi punti di forza, Veleutheria e il riscatto sociale delle classi inferiori, fecero tanta eco che Polibio poté inculpare la Confederazione dell'origine della guerra. Ma sembra che soltanto dopo le Termopili gli Etoli abbiano giocato tutte le loro carte ed abbiano messo in moto il loro apparato propagandistico contro Roma. Se è vero che lo svolgimento della battaglia non offri materia per confronti con i fatti del 480% probabilmente ne offri invece per una ripresa dei temí già usati contro i Galli dal 279-8\ Anche nel 279-8, infatti, le Termopili furono un punto strategico importante (Paus. I. 4; X. 20. 9-22, 12)% dove i Greci non seppero far fronte — anche allora — alie orde nemiche. E anche allora i nemici assediarono Eraclea^ e depredarono un templo di Atena, presso Trachis (Paus.

' Cf. R. FLACELIèRB. Les AitoHens à Delphes, Paris 1937. pp. 93 ss.; E. WILL, Hist, pol., I, pp. 105 ss.; G. NACHTEROABL, Les Calâtes en Grèce et ¡es Sôtéria de Delphes, Bruxelles 1977. * Si veda la banale notazione di Liv. XXXVI. 15. 12 e di Zon. IX. 19; nulla pure in Phlegon, fr. 36.III. 1-4. ' Ancora nella seconda raetà del III secólo le gesta degli Etoli erano celebrate, persino con poeml, cf. Plut., Symp. 675 B; IG IX. 2. 62 e 63 {FGH 483); FD III.. 3. 143 (218 a.C. ca.). Cf. FLACELIèRB, p. 112. Ed ancora nel 197 gli Etolî potevano contare su poeti e storici per glorificare le loro imprese: Plut., F/am. 9. Sulla fama dei Galati nel mondo greco, cf. il discorso di Manilo Vulsone nel 189: Liv. XXXVIII. 17, pan. 18-20. * FLACEUèRE, pp. 96-7; NACHTERGAEL, pp. 140 ss. Giustamente il Nachtergael ha rilevato che Pepisodio delle Termopili fu ingrandíto a maggíor gloria degli Etoli e dei Greci, sulla falsariga delta tradizione erodotea relativa al 480. Infatti né in Diod. XXI. 9. 1-3, né in Justin. XXIV. 6. 3-5 si menzionano le Termopili circa i fatti del 279. Anche i racconti relativi all'attacco dei Galati contro Delfi furono influenzati da paragoni con íl 480; cf. M LAUNEY, Recherches sur les armées hellénisti' gués, II, Paris 1950, p. 898. ' Paus. X. 20. 9. Assedio di Eraclea da parte delle forze di Acilio nel 191: Liv. XXXVI. 25-27: Plut., Flam. 15. 6: Zon. IX. 20.

Mg,

ATTUIO MASTROCINQUE

X. 22. 1). Ma alla fine gli Etoli, aiutati dallo stesso Apollo", da Artemide, da Atena' e da Quattro eroiS grazie anche al terremoto, ai fulmini e ai tuoni inviati dagU dei', prevalsero sui nuovi Lestrigoni e sui nuovi Ciclopi (cf. Paus. X. 22. 7), salvando cosí Delfi e la Grecia tutta. Corne nel 279-8 i Galli furono rappresentati alla stregua di orde titaniche vinte da Apollo per mano degli Etoli, cosí nel 191-190 ca. si cercó di «demonizzare» i Romani presentandoli come empi e nemici degli dei, di Atena in particolare"*. Delfi, tra Roma e la Confederazione Etolica Come i Romani si preoccuparono di riconquistare le simpatie dei Delii nel 192', cosi nel 191-0 operarono a Delfi in modo da strappare il luogo santo all'influenza etolica^ la quale durava su Delfi dall'epoca dell'invasione gallica\ L'epoca «dell'amicizia romana» si apri a Delfi nel 190 e duró per un secólo". È conosciuía una lettera, databile all'inverno 191-0, del console Manió Acilio ai Delfii, concernente le proprietà donate al dio e alia città per voiere di Roma, ma a scapito di cittadini etolici, per la più parte iocresi ozoli*. Vi è inoltre l'iscrizione dedicatoria della statua eque* SIG' 398, II. 17-18. ' Paus. X. 15. 2; Justin. XXVI. 8. 5. cf. XXXII. 3. 6. • Paus. I. 4. 4: X. 23. 2. Vi fu un richiamo ai temi del 480; Her. VIH. 36-39. Cf. FLACELèRE, pp. 110-1: M. DELCOURT, Pyrrhos et Pyrrha, Paris 1965, pp. 47-48; NACHTBRGAEL, p. 154 ss. ' Paus. X. 23. 1; cf. I. 4. 4. Sugli dei delle città greche che intervengono contre i Galli: M. LAUNEY, in «REA» 46, 1944, pp. 224-6 e Recherches, II, p. 898. '" Phlegon, fr. 36. III, 5. La forza dell'oracolo doveva essere riposta proprio neU'attualità del sacrilegio dei soldati di Aciîio Glabrione, perciö esso andrà riferito ad un'epoca non molto lontana dal sacrilegio stesso. ' IG XI. 4. 756; cf. supra, pp. 117-8 ^ DAUXJ Delphes, p. 610: «.politiquement parlant, l'hégémonie étolienne se trouve liquidée dès le consulat de M. Acllius». * Cf. FLACELIèRB, Les Aitollens à Delphes. SuU'operato di Acilio Glabrione a Delfi: DAUX, Delphes, pp. 225 ss.; sui Romani a Delfi: pp. 595 ss.; cf. anche J. GAGé, Apollon romain, Paris, 1955, pp. 377 ss. * DAUX, p. 610. ' P. ROUSSEL, in «BCH» 56, 1932, p. 3; recentemente è stata pubblicata un'epigrafe deifica, proveniente dalla base di Acilio, relativa ad altri doni di Acilio al dio e ai Delfii. Per reperire tali doni si erano espropriati possedimenti di locresi, per lo più amfissei. Questo testo si affianca a quello che il Roussel aveva pubblicato. Si veda J.P. MICHAUD, in Etudes delphlques («BCH» Suppl. IV), Paris, 1977. pp. 125 ss.

CAPiTOLO m

149

stre del console eretta a Delfi nel medesimo periodo (191-190)*^. Di pari passo con il trattamento benevolo riservato ai Delfii andarono le operazioni, per altro, molto risolute, di Acilio contro gli Etoli. Dopo aver ottenuto la sottomissione dei Focidesi, dei Beoti e dei Calcidesi, il console ando ad assediare Eraclea Trachinia', la quale, dopo lungo assedio, capitolô. Nel frattempo era giunto da Efeso Nicandro, con promesse e speranze di ingenti aiuti da parte di Antioco, tali da risollevare gli spiriti degli Etoli\ La caduta di Eraclea aveva consentito di intavolare trattative', le quali perô fallirono per il fatto che i Romani, prima di concederé una pace, volevano prostrare le forze degli Etoli. Manio Acilio mosse allora alla volta di Naupatto, cui pose Tassedio. Nel corso del cammino attraverso PEtoIia, ascèse al monte Oeta per offrire ad Ercole un sacrificio'", evidentemente in ringraziamento per la cattura di Eraclea. Tentativo di alienare Delfi agli Etoli, decisa offensiva militare e trattamento umiliante riservato ai legati etolici: in questo contesto storico crebbero le disperate speranze di rivincita e il movimento cultúrale che produsse la propaganda antiromana di cui Flegonte riflette una profonda eco. L'oracolo deifico sulla rovina deil'Italia, ambiéntalo dopo le Termopili, rispecchia le velleità e le speranze di rivincita degli Etoli, i quali probabilmente sfruttarono Tinñuenza che poteva esser loro rimasta su Delfi, o almeno su certi ambienti delfici insofferenti al predominio romano. Delß e il dominio universale di Roma Ritengo possibile attribuire alla medesima matrice cultúrale antiromana anche un altro oracolo deifico, che è riportato da Plutarco. I fatti che dettero lo spunto a questo oracolo profetico rimont^no al 199-198, alia vigilia della vitíoria romana su FiHppo V. Scrive Giustino (XXX. 4): «Eodem anno inter ínsulas Theram et Therasiam medio utriusque ripae et maris spatio terrae motus fuit, in quo cum admiraíione navigantium repente ex profundo cum catidis aquis Ínsula emersit. In Asia * SIC 607; cf. J. BOUSQUET, in «BCH» 88, 1964, p. 387: base con dedica dell'Amfizionia. ' Liv. XXXVI. 25-27; Plut.. Flam, 15; Zon. IX. 20. « Liv. XXXVI. 29. 3, cf. 26. 5. ' Pol. XX. 9-10; Liv. XXXVI. 27-29; cf. Zon. IX. 20. '" LIV. XXXVI. 30.3.

150

ATTILIO MASTROCINQUE

quoque eodem die idem motus terrae Rhodum multasque alias civitates gravi ruinarum labe concussit, quasdam solidas absorbuit. Quo prodigio territis omnibus vates cecinere, oriens Romanorum Imperium vêtus Graecorum ac Macedonum voraturum». È pressoché certo che ii fenómeno descritto da Giustino corrisponda al terremoto del 199-198 che coipi duramente le città dell'Asia minore occidentale, come sappiamo anche da testi epigrafici'. Il fatto interessante è che, in relazione alio stesso fenómeno, da Delfi venne una profezia di intonazione nettamente diversa da quella dei vati nominati da Giustino. La profezia è la seguente^: «Ma, quando la discendenza dei Troiani avrà il sopravvento sui Fenici ne! conflitto, allora avverranno incredibili prodigi: il mare brillera di fuoco immenso; e con scoppio di tuoni le folgori balzeranno in alto attraverso le onde, confusamente tra schegge di roccia. Le folgori cesseranno, ma la roccia restera fissa nell'oceano, formando un'isola innominata ai mortali; e il più forte (o "il migliore") sotto i colpi accaniti dei peggiori cederá!» L'oracolo, come ha ben notato il Gabba\ è di intonazione antiromana. Infatti, nei «peggiori» si dovrebbero riconoscere i Romani" e nel «più forte» Filippo, erede di Alessandro Magno. Il senso del testo indica che nel momento in cui le leggi della natura saranno sovvertite, ailora i peggiori vinceranno il più forte. La vittoria romana porta dunque con sé il caos'. Un simile oracolo, voho a sminuire o a denigrare le gesta romane, non poté essere pronunciato prima della rottura tra Roma e la confederazione etolica, alia cui política si deve certamente l'ispirazione e la diffusione di tale profezia^ Non prima del 197 dunque, ma probabilmente qualche tem' HoLLBAUX, Etudes, IV, pp. 209-210 (Panamara), ove riferimenti ad altre fonti letterarie e epigrafíche sull'awenimento; cf. J e L. ROBERT, BuU.ép. 1971, n. 621; BICKERMAN, Quattro iibri, p. 131. ' Plut., De pyth. or. 11, (399 c) (trad. Cuento, tranne che per l'ulíimo verso). PARKB-WORMELL, The Delphic Oracle, I, pp. 175-176; II, p. 144, nr. 357. * Sclpione, p. 12, n. 20. Cf. anche E. JBANMAIRB, La Sibylle et le retour de l'âge de l'or, Paris 1939, pp. 52-3; J. PERRET, bes origines de la légende troyenne de Rome (281-31), Paris 1942, p. 502; PARKE-WORMELL I, pp. 275-6. ' Cf. PARKE-WORMELL, Le; BICKERMAN, Quattro libri, p. 131. * Cf. PARKE-WORMELL, p. 275. * PARKE e WORMELL datano U testo deifico al 197, ma, a mío awiso, sbagliano quando afferma-

CAPITOLO m

i§\

po dopo. II testo profetico forse rappresenta la testimonianza più antica suU'uso dell'oracolo deifico in funzione antiromana. L'epoca della guerra d'Antioco radicó in Roma ia coscienza di aver raggiunto il dominio universale, il quäle si identificava con l'eredità degli Assiri, dei Medi, dei Persiani e di Alessandro Magno; ne fa fade un frammento di Emilio Sura databile ad un'epoca di non molto posteriore a Magnesia'. Anche gli Annales di Ennio furono probabilmente influenzati dalla teoria degli imperi che dominarono il mondón La medesima atmosfera cultúrale deifica ed etolica produsse un altro oracolo, in questo caso rivolto contro un altro tradizionale nemico della confederazione etolica, Filippo V. Esso è riportato da Pausania (VII. 8. 8-9), come una profezia della Sibilla ispirata dal dio: «Macedoni, che ándate gloriosi per i re Argeadi, per voi il regno di Filippo sarà un bene e una sventura. II primo vi farà signori di città e di popoli, ma quello più giovane annienterà ogni gloria, soggiogato dagli uomini d'Occidente ed Oriente». Pausania spiega che gli uomini d'Occidente erano i Romani e quelli d'Orienté gli eserciti di Attalo. A questo oracolo va affiancato un passo di Ensebio (I, 238 Schoene): Demetrio 11 «ebbe da lei (da Criseide) Filippo, che per primo fece guerra ai Romani diventando causa di mali ai Macedoni». II richiamo è chiaramente alI'Achille omerico, causa di mali agli Achei% ma il passo assume maggiore forza se ripensiamo che i Romani erano i nuovi Troiani'". no: «the Romans and Aetoiians are grouped together as victorious, but irtferior side». II FLACELIèRE, Plutarque, Dialogue sur les oracles de la Pythie, Paris 1962, p. 44, pensa che i «cheirones andres» siano gli Etoli. L'oracolo, al contrario, si riferisce ai soli Romani, «i peggiori»; cf. le osservazioni del GABBA, Scipione, p. 12, n. 20. ' PETER, Historicorum Romanorum Reliquiae, II, rist. Stuttgart 1967, p. 161, cf. p. CCX. Cf. J.W. SwAiN, ¡n «CPh» 35, 1960, pp. 1-3, che ha stabilito due termini cronologici entro i quali si data il frammento: Magnesia e il 171. Cf. GABBA, I.e. (ove bibliografía). Si veda anche Pol. XXI. 16. 8; Liv. XXXVII. 45. 8 (discorso di Zeuxi dopo Magnesia); Liv. XXXVII. 54. 16; cf. Pol. XXI. 23. 9 (discorso dei legati rodii dopo Mangesia). Sul tema del dominio universale cf. supra, pp. 122 ss.; sulla successione degli imperi cf. ¡nfra, pp. 163 ss. ' Fr. 501, p. 91 Vahlen = 304 Vahnaggi = Varro, R.r. III. 1. 2; Suet., Aug. 7. C. TRIEBER, in «Hermes» 27, 1892, p. 327 e SWAIN, p. 3, vi riconoscono un'allusione a computi cronologici da mettere in relazione alle teorie sulla successione degli imperi. ' Cf. TARN, in Athenian Stud. près, to ÍV.S. Ferguson, rist. Nev/ York 1973, p. 494. "* A. MoMiQUANO, in «JRS» 32, 1942, p. 57, n. 21.

152

ATTELIO MASTROCINQUE

L'oracolo sîbîllîno tramandato da Pausania è molto affine a quello riferito da Plutarco nel De pyîhicis oraculis e si pone nelia medesima atmosfera deifica controllata da tendenze politiche filoetoliche. Solo che nel primo Filippo è posto in cattiva luce, mentre nel seconde appâte come migliore dei Romani. La cronologia porta (trattandosi di profezie ex eventu), ovviamente, agli anni prossimi a Cinoscefale, all'epoca in cui gli Etoli avrebbero voluto piegare definitivamente il regno macedónico, cioè al 197-196, oppure anche all'epoca délia ripresa délie ostilità tra Filippo e la Confederazione, vale a dire al 189". La religione di Scipione Africano. I: Giove e la paura in Italia L'epoca di Manio Acilio Glabrione volgeva al termine e in Italia gli Scipioni si preparavano a succedergli. Era questo per Roma un momento difficile e denso di timori. Come già all'epoca délia guerra annibaiica, i prodigi si moltiplicarono in Italia, e perciô fu necessario espiarli con ogni cura. La statua di Apollo a Cuma aveva preso a sudare'. Si dovettero anche consultare i libri sibiIIini^ Scipione era allora massimamente in auge e, anche se non era stato possibile eleggerlo console, «a lui guardavano tutti»'. In quest'atmosfera di attesa e di ansia si deve coUocare un passo liviano (XXXVH. 3. 7) tanto importante quanto oscuro, che ci mostra il grande condottiere nel momento culminante della sua preparazione alia campagna. Momento culminante per quanto riguarda l'impostazione religiosa e propagandística scelta da " Cr. infra, p. 160 ' Flor. [. 24. 3: «Ad hoc caelestes minae ferritabant, cum umore continuo Cumanus Apollo sudaret». Ma subito aggiunge: «sed hic faventis Asiae suae numinis timor erat». Sembra di intravcdere nella spiegazione di Floro il parère sul fenómeno stesso piotiunciato da qualche coUegio sacerdotale, forse i decemviri incarícati di consultare i Librí Sibillini. Augustin., De civ. Dei III. 11 riferisce dello stesso fenómeno, G. GAOé, Apollo Romain, París 1955, p. 50, n. 1, ritiene che il prodigio si fosse verífícato nel 191, perché S. Agostino narra che nel 130 la statua aveva planto e gli anispici avevano detto che piangeva per le sorti della madrepatria. E la madrepatria di Cuma era Calcide, la quale nel 191 era teatro degli «ozí di Antioco». Ma tale interpretazione mi pare alquanto forzata. Cic, De divin. I. 43. 98, annovera il prodigio della statua cumana che suda tra i più terribili. Plut-, Flam. 12, asserísce che Antíoco spaventô i Romani più di quanto avesse fatto alcun altro nemíco dopo Annibale. * Liv. XXXVII. 3. ' Liv. XXXVI. 45. 9: «Africanum intuebuntibus cuncíis».

CAPrroLO m

151

Scipione per infondere coraggio e fiducia nei Romani; «P. Cornelius Scipio Africanus priusquam proficisceretur, fornicem in Capitolio adversus mam qua in Capitolium escenditur, cum signis septem auratis et equis duobus, et marmórea duo labra ante fornicem posuit». La valenza espiatoria del gesto di Scipione è assai difficile da cogliere, ma è certo che il suo fíne era quello di infondere fíducia nel popólo'* e che il dio sotto la cui protezione intendeva porre il suo operato, in quel momento, come in altri, era Giove CapitoHno. Si potra dunque ritenere che TAfricano abbia riproposto ancora una volta al popólo romano la sua linea di condotta religiosa, la quale già era risultata vincente in Ispagna e in Africa. Alla vigilia délia sua partenza per la Spagna, nei 210, egli aveva tenuto un discorso «taie da infondere negli uomini una speranza più certa di quanta sono soliti dare la fíducia nelie promesse umane o il calcólo in base all'affidabilità degli avvenimenti. Scipione era infatti non soltanto straordinario per le sue oggettive virtù, ma anche per una certa arte di esporle che fin da giovane aveva appreso; per lo più 'sembrava alia moltitudine che egli agisse o in base ad apparizioni notturne o essendo stato istruito dagli dei, sia che il suo animo fosse preso da una certa superstizione, sia che eseguisse senza indugio gli ordini e i consigli inviatigli come da una scelta oracolare. E a questo aveva prepáralo gli animi fin daU'inizio: da quando aveva assunto ia toga virile mai compiva alcunché di pubblico o di privato se prima non andava in Campidoglio e, entrato nel templo, non sedeva e faceva trascorreré del tempo ivi, in segreto, per lo più da solo. Questa consuetudine, che aveva conservato per tutta la vita, diede crédito, sia deliberatamente, sia per una fama divulgata senza la sua volontà, che egli era nato da stirpe divina...» (Liv. XXVI. 19. 1 ss.)*. L'ascesa al Campidoglio, normale per i generaü diretti alie province e caricaía di signifícati reconditi dall'Africano, assunse nel 190 un carattere particolarmente solenne, visto che il vincitore di Annibale vi fece erigere un arco con sette statue. L'Africano si dimoströ, ancora una volta, come il condottiero protetto da Giove Capiíolino, figura carismatica,uomo del destino (fatalis dux: Liv. XXII. 53.6) e di-

* Si vedano le interpretazioni di F. COARELU, in «Dialoghi di Archeologia», 6. 1972, p. 71: i sette più gloríosi Scipioni, da Scipione Barbato alPAfricano; e di G. SPANO, in «Mem. Ace. Line.» S. III. 3, 1950, pp. 173 SS.: sette segni dello zodiaco. Nuova interpretazione della dedica viene ora proposta da M. SoRDi, nel volume Política e religione nel primo scontro ira Roma e l'Oriente. ' Cf. Pol. X. 5. 5; Liv. XXXVIIL 51. 8-9; Auct., De vir. ¡II. 49; Val. Max. I. 2. 2; Gell. VI. 1. Cf. F.W. WALBANK, Commentary, II, pp. 200-201.

154

ATTILIO MASTROCINQUE

scendente da una famiglia che aveva contribuito in maniera decisiva alle fortune di Roma. La religione dt Scipione Africano. Il: Apollo e i successi in Grecia Se a Roma Scipione si presentava come il protetto e Tispirato da Giove Capitolino, in Grecia gli convenne perô comportarsi in modo différente. Sembra infatti che la sua devozione fosse tribútala ivi massimamente ad Apollo. Lo testimoniano la visita a Delo, probabilmente compiuta ne! 193', la dedica di una corona áurea ad Apollo delio (190)^ il decreto delio in suo onore (forse 189 a.C.)S nonché la corona dedicata alio stesso dio dal fratello Lucio (190)*. Scipione aveva avuto cura di onorare anche la sede deifica del dio, già dal 205, quando vi mando un'offerta dalle spoglie del campo di Asdrubale', ed ora, nel 190, non mancó di farvi un altro dono^. Anche in terra d'Asia la propaganda romana fece leva sul nome di Apollo. La statua del dio a Cuma aveva sudato perché preoccupata per le sorti delle città d*Asia\ Nel medesimo indirizzo religioso si colloca dunque la concessione àeWasylia al templo d*Apollo Clario a Colofone da parte degli Scipioni (190)«. Certamente la condotta deH'Africano si rifaceva alie direttive generali della política dei Romani, i quali, verso il 192, si preoccuparono di rinsaldare l'amitizia con i Delii', e si rifaceva anche all'esempio offerto dai suoi predecessori Flaminino'**, Atilio Serrano {praet. 192)", Livio Salinatore ' Cf. M. HoLLEAUX, Etudes, V, pp. 184 ss, ' Inscr. Délos 442 B, 1. 102. Sui problemi di datazione, cf. H.H. SCULLARD, Scipio A/ricanm, London 1970. p. 198. n. 163. ' IG XI. 4. 712 i = SIG' 617 = F. DURRBACH, Choix d'inscr. de Délos, Paris 1921, n. 64), a. 1. 4 è definito «prosseno e benefattore del tempio e dei Delü». ' Inscr. Délos 442 B, 1. 100 (dove figura come stratèges hypatos), cf. anche 11. 90-91 (dove figura corne stratèges). ' Liv. XXVIII. 45. 12. ' SEC 1,144, Cf. DAUX. Delphes, pp. 599-600. ' Flor. I. 24. 3; cf. Augustin., Civ. Del III. 11. » SEG ï, 440. • IG XI. 4. 756 { = Choix, m. 65). si traita di un rinnovo del légame amichevole già stabiliio, al più presto, nel 197; cf. supra, p, I08, n. 2. '" Plut., Flam. 12; SIG.' 616 (statua di Tito a Delfi, 191-0 î). Cf. anche Inscr. Délos 442 B, 11. 86 e 178 (scudo d'argento). Alla 1. 85 è nominate L. Quinzio, fratello di Tito. " Inscr. Délos 442 B,l 86.

CAPiTOLO m

155

ipraet. 191)'\ e soprattutto Acüio'^ esempio seguito poi anche dai pretori Emilio Regulo (190)'% Fabio Labeone (189)" e Sp. Postumio Albino (189)". La personalità e la fama dell'Africano diedero un'impronta e un significato più profondo sWdi pietas apoUinea dei Romani. Alia luce degii oracoli delfici antiromani diviene probabile che Toperato di Scipione a Delfi nel 190 avesse assunto anche una valenza espiatoria tipicamente romana e fosse volto, in qualche modo, a sfatare presso 1 Greci ogni sospetto di collera divina contro Roma. Gli Etoli, con le loro profezie delfiche, stavano «bluffando», e la voce del loro Apollo rimase ben presto soffocata da quella degli altri oracoli apoUinei filoromani. Scipione e il passaggio dell'Ellesponto Dunque, Giove in Italia, Apollo in Grecia furono gli dei sui quali maggiormente fu rivolta Tattenzione di Scipione. Un altro episodio del 190 mostra poi come il condottiero fosse ligio a tutti i doveri verso gU dei e insieme pronto ad assumere su di se un ruólo centrale, sia politico che religioso, nella conduzione della guerra. Livio XXXVII. 33. 6-7 afferma che i Romani, giunti all'Ellesponto, prima di passare in Asia fecero sosta «guia dies forte, quibus acilia moventur, religiosi inciderant. ídem dies P. Scipionem propiore efiatn religione, guia salius erat, düunxerant ab exercitu; causaque et is ipse morae erat, dum consegueretur». Pol. XXI. 19. 10 ss. racconta gli stessi fatti, ma afferma che l'esercito poté passare lo Stretto mentre Scipione attendeva in Europa. Uno Scipione scrupolosissimo in fatto di religione, ma anche, vi è ragione di credere, inteso ad aprire la campagna asiática con un rito pregno di si" ínscr. Délos 442 B, 1. 86. " Lettera (invernó 191/0) ai Delfii, della quale già si è parlato. P. ROUSSEL, in «BCH» 56, 1932, p. 3; J.P. MiCHAUD, in Etudes Delphigues, («BCH» Suppl. IV), Paris 1977, pp. 125 ss. " Inscr. Délos 442 B, 1. 104. " ínscr. Délos 442 B. 1. 103. Alia 1. 100 è nomioata la dedica di «Cnaiou Maelliou», dove HoMOLLB, in «BCH» 6, 1882, p. 163, vedeva una comizione di «Manliou» (probabilmenie si trattava della maniera consueta di rendere in greco quel nome), ma escludeva trattarsi di Manlio Vulsone. '* Due lettere, una ai Delfü e una agli Amfízioni, databili al maggio-novembre 189: HOLLBAUX, Etudes, V, p. 282, cf. 261 (=!R.K, SHERK, Roman Documents from the Greek East, Baltimore 1969, nr. 1).

156

ATTILIO MASTROCINQUE

gnificati típicamente romani. Cadeva allora il 19 marzo, con la festività dei Quinquatrus maiores, nel corso dei quali «ancilia moventur»'. Aüora i Salii di Marte danzavano con gli scudi divini, a significare o simboleggiare rituaimente Tapertura della campagna militare. Ai Quinquatrus corrispondeva VArmilustrium del 19 ottobre, quando i Salii di Quirino con le loro danza chiudevano rituaimente la campagna: «ancilia condentur»\ La sosta voluta da Scipione presso TElIesponto acquistava cosi un significato simbólico: la campagna militare non era iniziata in Grecia, territorio libero e «neutrale», ma iniziava, alIMnsegna del rito del salió Scipione, con il passaggio in terra d'Asia, terra che il Seleucide «ingiustamente» dominava. L'ascesa al tempio di Atena Iliaca e il sacrificio compiuto dagli Scipioni rivestirono, come si è già visto, il valore di un ritorno aile terre avite dei Romani e di un rinnovarsi dei culti antichi di Enea\ Ma vi è ragione di credere che il passaggio dell'ElIesponto fosse stato reinterpretato dalla propaganda etolica in maniera diversa, negli anni 190-188 circa, probabilmente dopo la partenza di Scipione dalI'Asia. Si è visto che gli Etoli speculavano sui fatti del 191 per identificare i Romani con i Galli. È noto un oracolo attribuito, forse aU'epoca del consolaío di Fu!vio Nobiliore, o in anni vicini, dalla propaganda etolica alio stesso Scipione; esso è riportato da Flegonte di Tralles (fr. 36. III. 7). In esso si predice che i Romani, dopo aver «saccheggiato» l'Asia.giungerannoin patria, e che allora dai luoghi più orientali della terra muoverà un esercito e un re che sottometterà Tltaüa, Ora, mi sembra assai probabiíe che questo oracolo sia stato influenzato da quello pronuncíalo dalia Sibilla Phaennis, che ' La festívitá menzionata da Livio sembra non sia stata identifícata con precisione dagli studiosi. H. MATZAT, Römische Zeitrechnung, I, Berlin 1883, p. 204, n. 2, pensa al Regifugium; G. DB SANC•ns, IV, 1, pp. 380-382, è incerto, ma giustamente fa notare che nel mese di marzo vi erano molti dies religiosi. Cf. J. KROMAYHR, Antike Schlachtfelder in Griechenland, II, Berlin 1907, p. 155, n. 1. Considerate il divarío di 117 giomi tra U computo dei mesi romani e il reale calendario solare, nel 190 i Quinquatrus caddero il 12 novembre giuliano (o il S-6 dicembre, se vi fu il mese intercalare). Sulla questione cronológica, cf. E. BICKBRMAN, La cronología nel mondo aníico, tr. it., Firenze 1963, p, 42. ove bibliografía. Su Scipione che danza, cf. anche Sen., De íranquiii. an. XVII. 4. ' L. GERSCHEI, in «RHR» 138, 19S0, pp. 145 ss.; G. DUMéZIL, La reügione romana arcaica, tr. it.. Milano 1977, pp. 248-9; cf. G. WISSOWA, Religion und Kultus der Römer, München 1912*. pp. 144 e 557. Sui Quinquatrus, cf. anche G. PICCAIüOA, Elementi speítacolari nei rituati festivi romani, Roma 1965. pp. 23-4 e 157, n. 90. Nel volume pubblicato dall'Istituto di Stona Antica deU'Università del Sacro Cuore, a cura di M. SORDI. dedicato alia guerra d'Antioco, si pone l'accento sul fatto che i Quinquatrus maiores erano una festa di Atena (Aus.. De fer. 4; Suet., Aug. 71). e giustamente M. SoRDi sottolinea il ruolo centrale della figura di questa divinità nelle vicende della guerra e il probabile richiamo alla protezione di Minerva da parte di Scipione nel 190. ' Cf. supra,p. 127.

cAPiTOLO in

15?

prediceva la rovina dei Galli che erano passati in Asia nel 277 e avevano portato distruzione e «saccheggio», la loro rovina sarebbe venuta da un re, identificato da Pausania con Attalo I (Paus. X. 15. 2-3). Magnesia e Curupedio In una ricerca che tra breve sarà pubblicata negli studi storici miscellanei in onore di P. Trêves ho cércate di mostrare come l'atteggiamentodélia dinastía seleucidica nei confront! delle città d*Asia minore fosse dipeso dal modo in cui Seleuco I e suo fíglio Antioco entrarono in relazione con ciascuna di esse nel 281, dopo Cupuredio. La venuta in Asia minore e la victoria di Seleuco I su Lisimaco erano state auspicate e favorite da moite città, nel tentativo di sottrarsi al pesante dominio del re di Tracia. Cosi, dopo Curupedio, città come Mileto, Smirne, Alessandria Troade o Lampsaco avevano ottenuto dai Seleucidi l'affrancamente dalle servitù imposte da Lisimaco. Per questa ragione la dinastía seleucidica fu considerata fonte deU'índipendenza degli loni e degli Eoli, e quest'ultimi divennero liberti e clienti dei Seleucidi. Dopo il 281 Alessandria e Lampsaco non emisero più moneta di Lisimaco, ma moneta di Alessandro', probabilmente dopo aver ottenuto da Seleuco I e da Antioco la liberta. Al contrario, Cizico, Bisanzio, Calcedone e, poco tempo dopo, Parió emisero da allora moneta postuma di Lisimaco, del quale non erano state suddite, ma che era divenuío per loro quasi un símbolo della loro resistenza contre le pretese egemoniche dei Seleucidi^ Antioco III, alia cenferenza di Efeso, aveva dette di essere pronto a ricenoscere l'indipendenza di Cizico e Bisanzio (App., Syr. 12), rifacendesi dunque alia situazione creatasi dope Curupedio. Liberando Teo dai tributi dovuti ad Attalo, Antioco III, nel 204-3, fece né piíi né mené quelle che il sue antenate aveva fatto liberando gli leni e gíi Eoli dai tributi che spettavano a Lisimaco. Antioco il Grande era considerate il nueve Seleuco Nikator, e anche per lui era venuta, nel gennaio del 189, Tora di vincere nuevamente a Curupedio. II tema della vittoria di Seleuco I su Lisimaco era state rievocate con insistenza nelle trattative del 196' e in quelle del \9V. Certamente la ' Cf. G. LE RmER, m "Ann. Ec. Hautes Etudes" 104, I97Í-72. pp. 227 ss. SuUe zecche lisimachee: M. THOMPSON in Essays in Greek Coinage to S.Robinson, Oxford 1968, pp. 163-182. ' H. SEYRIQ, Centenn. Publ. of the Amer. Num. Soc. New York 1958, pp. 603 ss.; LE RTOER, art. cit. ' Lisimachia: Pol. XVUI. S1.4; Liv. XXXIU. 40.6. * Roma: Liv XXXIV. 58.5.

ií$

ATTILIO MASTROCINQUE

leggendaria vittoria dell'antenato fu portata ad esempio presso i soldati siriani per infondere loro coraggio e fiducia. Sembra inoltre che il teatro della batíaglia del 189 fosse stato scelto proprio dallo State Maggiore di Antioco nella plana di Magnesia del Sipilo*, quella medesima «piaña di Ciro» che aveva visto la nascita del dominio seieucidico in Asia minore\ Antioco III pero fu sconfitto' e da allora le zecche di Troade e della regione degli Stretti ripresero a coniare moneta di Lisimaco. Cosi fecero anche Ilio, Lampsaco^ Certo, si trattava della valuta più in uso in quella zona, pero è curioso notare come la situazione del 281 si fosse ripetuta, per certi aspetti, nel 189. Scipione e il mito di Alessandro Nel mondo ellenico esisteva una sola figura di sovrano che aveva — o avrebbe — conciliate libertas e Imperium, facendosi portavoce di entrambi: cestui era Alessandro. Dunque, l'unice modo per affermare la supremazia romana, raccogliendo al centempe il consenso dei Greci, era di presentare un condottiere degno, o superiere ad Alessandro. Giá Flaminino, come si è visto, aveva posto le basi per una propaganda romana incentrata sulla figura del vincitore di Dario'. Ma nel momento in cui i Romani stavano diventando eredi di Alessandro, Tuomo degno della sua fama era Scipione Africano, colui che, come il Macedone, vinse in Asia il Gran Re. Vi fu negli anni prossimi al 189 un notevole sforzo da parte romana per superare il complesso di inferiorità nei confronti di Alessandro^ e sembra che si cercasse di dimostrare, in Italia e in Grecia, che Scipione era supe-

' Cf. Liv. XXXVII. 38; App., Syr. 30. * DESANCTIS, IV. I„ p. 192. ' Sulla battaglia: Liv. XXXVII. 38.44; App., Syr. 30-7; Justin. XXXI. 8; Frontin., Strat. IV. 7.30; Auct., De vir. ill. 53.1; 54.5; Zon. IX. 20. Circa la datazione (fine dicembre 190 o inizi gennaio 189), cf. DE SANCTIS, IV. I, p. 382. '

Ilio: LE RIDER, o.e., p. 237; Abido: p. 236; Lampsaco: p. 235 e in «Rev. Num.» 1961, p. 15.

' Fu Flaminino il primo grande «imitatore» di Alessandro, non Scipione, come pensava O. WEIPPBRT, Alexander-imitatio und römische Politik in republ. Zeit, Augsburg 1972, pp. 37-38. ^ Su questo problema, del quäle testimonia soprattutto Liv. IX. 16. 19-19. 17, cf., fra la vasta bibliografía, P. T^ŒVES, // mito di Alessandro e la Roma d'Augusto, Milano-Napoli 1953, pp. 1 ss.; G. NBNCI, Introduzione aile guerre persiane, Pisa 1958, pp. 215 ss.; L. BRACCESI, Alessandro e i Romani, Bologna 1975, (ove bibliografía).

CAPiTOLO m

159

riore ad Alessandro, a Pirro e ad Annibale*, questo fu soprattutto ¡1 tema del colloquio che si immaginô fosse avvenuto nel 193 fra I'Africano e Annibale ad Efeso^ Tale colloquio doveva esaltare la grandezza di Scipione e dei Romani nei confronti di tutti i condottieri ellenistici. Sono noti, inoltre, due versi di Ennio che si riferiscono alia supériorité dichiarata di Scipione su tutti i condottieri della terra'. Se i Romani avevano già superato Pirro ed Annibale, Alessandro restava sempre invitto ed invincibile, Nel mondo greco comparve dunque il nuovo Alessandro; Scipione; e mi pare probabile che la leggenda délia nascita miracolosa di quest'ultimo avesse la funzione di convincere i Greci che il vincitore di Antioco era figlio di Giove, corne lo era Alessandro. La diceria secondo la quale Scipione sarebbe nato da Giove, il quale, sotto forma di serpente, si era unito a sua madre, era stata infatti coscientemente modellata su quella relativa ad Alessandro\ È dunque verosimile l'ipotesi di Ed. Meyer, che vi vedrebbe un prodotto della storiografia greca'; e se il Meyer ha ragione, appare ora pressoché certo il collegamento — per quanto mi consta, mai preso finora in considerazione — fra la leggenda del serpente e la campagna orientale. Scipione profetico e I'agonia della Confederazione Etolica Nel 190 agii EtoU era stata concessa una tregua, alio scopo di intavola-

' Justin. XXX. 4. 9(197 a.C). * Liv. XXXV. 14. 5-12; Plut-, Flam. 21; Pyrrh, 8; App.. Syr. 9-Í0; Oros. IV. 20, ' Cíe, Tuse. V. 4íí = Vahlen, p. 216. Sul passo di Cicerone, cf. WAIíANIC, in «PCPS» 193, 1967, pp. 57-58; GABBA, Scipione, p. 11 e irtfra, p. 194. SiT Ennio e le figure dei píii illustri condottieri, cf. TRêVES, o.e., p. 116, n. 5t » Liv, XXVI. 19. 6; Dio Cass., fr. LVI. 44 M; Aucl-, De vir. ill. 49'. Quinl., Irtsr. or. II. 4. 19. Certo, vi è slato chi (HAYWOCïD, Studies on Scipio A/ricanus, Baltimore 1933, p. 26) ha sostenuto, in contrasto con Livo, che la leggenda sia sorta solo in età augustea; ma questa data^ione si è dimostra' ta, per molti aspetti, fragile Cf. WALBANK, o.e., p. 63. lí Walbank ha dimostralo che certi aspetti della «leggenda di Scipione», nata nel 209, avevano preso largamente piede nella prima mefà deí II seco-* lo. Il GABBA, Scipione, ha dimostrato che lo Scipione leggendario del frammento dí Flegonte fu un prodoito della propaganda etolica negii anni intorno al 189 a.C. e che in quel medesimo periodo' vi fi/ una fioritura di oraCcoli sibilüni. Cf. anche WEIPPERT, o.e., pp. 42 ss., ove ulteriore bibliografia* J/ HuBAi/x, Les grandes mythes de Rome, Paris f945, pp, 76 ss., ha sosten'uto che Plauto, nel suo Amphitruo, abbia voluto far allusíone al tema della nascita di Ercole per opera dí Giove in connessione con 11 lema della nascita di Scipione, ti nuovo Ercole, per opera di Giove* ' Kleine Schriften, II, Halle Í924, p. 435; cf- Weippert, p. 43 e n. 2.

160

ATTILIO MASTROCINQUE

re la pace con Roma. Ma gli eserciti degli Scipioni erano in Asia e agli Etoli e ad Aminandro sembrö pertanto opportune di risolievare il capo, tentando di approfittare del momento. Aminandro fu reinsediato nel suo regno e gli Etoli, suoi alleati, recuperarono I'Amfilochia, TAperanzia e misero le mani anche sulla Dolopia. Il tutto ai danni di Filippo di Macedonia'. Erano i primi raesi del 189 quando sopraggiunse, a fiaccare le speranze etoliche, la notizia di Magnesia. E ben presto i legati etolici di pace ritornarono da Roma con la notizia che un esercito consolare, sotto il comando di M. Fulvio Nobiliore, era partito con il compito di stroncare la resistenza etolica. Fulvio, appoggiato dagli Epiroti, pose l'assedio ad Ambracia, assedio che costitui il nodo strategico della guerra etolica del 189'. Nel frattempo Manilo Vulsone, collega di Fulvio al consolato, raccoglieva successi nella campagna contro i Galati e presiedeva alia riorganizzazione délie faccende d*Asia minore^ Gli Etoli assistettero, nel 189, al tramonto definitivo della loro egemonia sulla Grecia céntrale. Fu allora che espressero le loro speranze di rivincita, ultimi segni di vitalità política e di indipendenza. Negli ultimi capitoli si è fatto riferimento all'oracolo relativo al passaggio dei Romani in Asia e alla coalizione antiromana dei monarchi ellenistici. Ma sarà meglio rîferire più compiutamente il racconto strabiliante di Flegonte (fr. 36. III. 6 ss.). I Romani, al comando di Publio, cioè di Publio Scipione Africano\ si sarebbero recati a Naupatto, dov'era un santuario panellenico. Quivi Scipione, preso da pazzia e privo del controllo délie proprie facoltà mentali, si mise a pronunciare frasi in versi e in prosa. Saputa la cosa, tutti i soldati romani fecero ressa attorno alla tenda del generale per sentiré che cosa diceva. Ed egli, dal suo alloggiamento, pronunció questo oracolo in versi: «O patria, quale luttuoso Ares ti conduce Atena,

• Pol. XXI. 25: Liv. XXXVIII. 1-3. ' Pol. XXI. 26-28: Liv. XXXVIII. 3, 9-7; Zon. IX. 21: Pofyaen. VI. 17. ' Pol. XXI. 33-40; Liv. XXXVIII. 12-27; App., Syr. 42; Zon. IX. 20; Flcfr. 1. 27; Val. Max. VI. 1 Ext. 1: Ruf. Fest., Brev. II. 2; A'ua.. De vir. ill. 55; Oros. IV. 25, 'L'idtíntiñcazíone s'ímpone perché l'episodio di Public* viene dopo quello relativo a Buplago e Acilicf Glabrione e prima di quello di Manlio Vulsone. Sí veda, per es., GABBA, Scipione, p, 9. II solo' S.-D. GAXrdEa, in '•' CUMONT, La fin du monde, p. 67; ci. EDDY, p* 33. Per il tesiö def Bahman Yashi: E.W. WEST, Pahlevi Texts, I (iní Sacred Books of the East), pp. L-LIX, 189 ss. e il tentativo di ricostruzione def testo ellenistico ad opera dello EDDY, Thé King is dead, Lincoln 1961, pp. Í44 ss, " E. BENVÉNtSTE, iiï «RHR» Í06, 1932, pp. 337 ss. Ora l'opéra in questione è accessíbile attraverso I'edizione di G. MESSINA, // libro apocaUttico persiana