Prassi e teoria della retorica in Roma
 9788880865636, 8880865633

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UNIVERSITÀDEGLISTUDI DI LECCE DIPARTIMENTODI STUDI STORICI dal Medioevo all'Età contemporanea

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saggie ricerche collana diretta da Bruno Pellegrino

LIX

Università degli Studi di Lecce Pubblicazioni del Dipartimento di Studi storici dal Medioevo all'Età contemporanea Comitato scientifico: Mario Casella, Ornella Confessore, Bruno Pellegrino

Maria Elvira Consoli

Prassi e teoria della retorica in Roma

CONGEDO EDITORE

Volume pubblicato con il contributo delMURST (ex 60%) erogato dal Dipartimento di Studi Storici dal Medioevo all'Età contemporanea dell'Università degli Studi di Lecce

ISBN 8880865633

Tutti i diritti riservati CONGEDO EDITORE

ad patris memoriam

PREMESSA

Pregnante di significato al suo nascere il termine 'retorica' ha subito nel corso del tempo un processo di deterioramento, che lo ha allontanato dalla primigenia significazione concettuale intrinseca al sintagma prrrop11d1 'l'Ézv71 e ad eipm da cui trae origine. Sottesa, infatti, al termine 'retorica', con il quale si indicava l'arte della parola, era l'idea di parlare riuscendo insieme a organizzare i pensieri ed esprimersi persuasivamente, ordinando in consequenzialità logica la successione dei concetti: dote di pochi, che, emergendo con il dono della parola, richiamavano l 'attenzione della comunità, suscitando l'interesse generale e, con esso, il desiderio di emulazione. Le assemblee descritte nei poemi omerici attestano l 'impor 7 tanza che si attribuiva all'uso della parola e agli effetti persuasivi che con la sua potenza si potevano conseguire sulla collettività. Il primo, però, a dare il nome fin dal VI secolo a. C. ad una dottrina retorica, diffusasi poi nel corso del V secolo in Sicilia e nella Magna Grecia, è stato, com'è noto, Pitagora 1, che costretto a spostarsi da Samo per alcune vicissitudini politiche, fondò una scuola a Crotone. I suoi discorsi, tramandati da Giamblico di Càlcide, fra il III e IV secolo d. C., nel libro De vita Pythagorica, contenevano una dottrina che, essendo rivolta a persuadere l'uditorio mediante il fascino e il sapiente uso della parola, poteva già definirsi psicagogica. · 1

Non a caso ricordato da Cicerone, Cato 38.

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Intesa, quindi, come arte dell'espressione 'oratoria', la retorica divenne parte rilevante dell'insegnamento dei sofisti2 e trovò nelle. condizioni sociali, politiche e culturali della polis del V secolo a.C. il clima propizio per svilupparsi e prosperare, mirando a costituire, al di sopra delle antiche distinzioni di révoç e di censo, una nuova classe dirigente, rivolta ad un diverso impegno nell'azione educativa, politica e morale. Contrariamente però a quanto ci si sarebbe aspettato, lo sviluppo letterario della 'retorica' non ebbe la sua genesi in Grecia dal naturale evolversi della sofistica, che, più diffusa tra le minoranze aristocratiche, suscitava le reazioni democratiche, ma s'irradiò, come ricordato dallo stesso Cicerone 3, dalla Sicilia. A Siracusa l'abbattimento della dinastia dei Dinomenidi (466 a.C.) aveva innescato tra gli antichi e i nuovi possessori delle proprietà fondiarie, a suo tempo confiscate dai tiranni, una lunga serie di processi, che impegnava le parti in causa a sostenere con eloquenza le proprie ragioni, avvalendosi di un repertorio di accorgimenti oratori e dialettici riuniti in un primo manuale di retorica, probabilmente rielaborato da Tisia4 • Questa tendenza a dare norma al discorso era in realtà contemporanea dei primi studi svolti da Protagora di Abdera 5 per indagare la struttura dei vocaboli, la morfologia e la loro coor2

L'appellativo, da Platone in poi, come, richiamando Popper, rico:da B. VICKERS,Storia della retorica, trad. it. R. Coronato, Bologna 1994, 132 ss., assunse la sfumatura dispregiativa di sterile cavillatore e presuntuoso sapiente, rimanendo tale nella tradizione e nel linguaggio comune. 3 Brut. 46 ss. 4 Cfr. W. RHYSROBERTS, The new rhetorica/fragment (Oxyrhynchus papyri, part. III., 27-30) in relation to the sicilian rhetoric of Corax and Tisias, "Cl. Rev." voi. XVIII, London 1904, 18-21. 5 Ricordato da Platone nel Meno (91E) è ritenuto l'iniziatore e il massimo rappresentante dell'antica sofistica greca, che incominciò a professare trentenne, continuando per quarant'anni nel V secolo, in opposizione al contemporaneo Socratt\ Ad esclusione di un brano d'interesse stilistico e retorico (fr. 9 Diels-Kn:nz), citato da Plutarco, e di brevi frammenti (3,10,11,12 D-K) di carattere pedagogico e didattico, della sua produzione rimane soltanto una breve parte iniziale dello scritto Sugli dei e di quello sulla Verità (frr. I e 4 D-K).

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dinazione sintattica, nonostante che fin dai primi tempi si delineassero nella retorica due tendenze: una, intesa a dare rilievo al contenuto, cioè agli argomenti e alla loro logica concatenazione, invenzione e disposizione; l'altra, a sottolineare l'importanza preponderante della forma e dell'elocuzione. Apparentemente opposto, ma sostanzialmente analogo al relativismo protagoreo, era lo scetticismo assoluto6 , che comportava a sua volta la svalutazione di ogni conoscenza oggettiva, proprio del siculo Gorgia da Leontini, primo ad attuare in Grecia il concreto insegnamento della retorica. Giunto ad Atene nel 427 a.e. come ambasciatore della sua città per gli aiuti contro Siracusa, e poi tornatovi da esule, Gorgia aprì una scuola esercitando vasta e profonda influenza sugli Ateniesi e sui Greci. Considerando la persuasione effetto di ingannevoli suggestioni7 verbali e artifici dialettici, egli diede agli Ateniesi l'esempio di un'eloquenza ridondante e di parata. Nel suo stile, ritenuto 'sublime', sovrabbondavano figure come l'antitesi e gli effetti di armonia e di ritmo; e poiché nella concezione gorgiana tutta quan-

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Il cui rappresentante, Pirrone di Elide (IV sec. a.C.), fondò nella città natale una scuola ed ebbe numerosi discepoli. Nucleo sostanziale del pirronismo (cfr. Lo scetticismo antico, Atti del Convegno, organizzato dal Centro di Studio del Pensiero Antico, a cura di G. Giannantoni, Napoli 1981, 69 ss.) è l'affermazione che di due proposizioni contraddittorie è impossibile dire se runa sia vera e conseguentemente l'altra falsa, e neppure che l'una sia più probabile dell'altra. Potendo, infatti, dimostrarsi entrambe vere o false con ragionamenti pro o contro, di uguale peso e della stessa forza probativa "isostenia delle ragioni", è impossibile giungere a una vera conoscenza. Molti nel corso dei tempi i discepoli di Pirrone: le sue teorie giunsero, pur senza ottenervi una posizione preminente, nell'ambiente romano, dove, com'è noto, agirono il filosofo Cassio, il retore Favorino, autore di un trattato di tropi pirroniani, e ancora alcuni filosofi del tardo impero, combattuti da Agostino (Conf. 5,10,19 ss.; C. Acad. 3,17,37 ss.), la cui critica a fondo dello scetticismo e del probabilismo, basata sulla fiducia, sia nella testimonianza dei sensi, sia nelle capacità conoscitive della ragione, preservò tutto il Medioevo dal dubbio sc.ettico. 7 Si veda a tale proposito A. MANZO,Su alcune implicazioni della àn,i-rr, nella retorica antica, AA. VV. Studi di retorica oggi in Italia, Bologna 1987, 55-62. 9

ta la poesia era considerata come logos in metro; retorica e poetica sostanzialmente s'identificavano. Dall'insegnamento di Gorgia dipende in gran parte Isocrate, che coltivò soprattutto l'eloquenza epidittica e ridusse a simmetrica uniformità la struttura architettonica del periodo. Autorevole e sistematico enunciatore di precetti, Isocrate prese posizione tanto contro la tesi di Platone, che negava alla retorica la qualità di arte ( réxv11), concedendole solo quella di 'pratica' (nparµarei'a),quanto contro l'apatia morale di Gorgia e in genere dei sofisti e l'assenza di scrupoli propria dei logografi. I risultati cui era giunta la retorica verso la metà del IV secolo a.e. vennero riassunti e schematizzati nei molti manuali ( -réxvaz) tra i quali si affermò la Rhetorica ad Alexandrum 8, falsamente attribuita ad Aristotele, il quale inizialmente nei Rhetorica e nel Grillo aveva dedicato la sua attenzione soprattutto alla prassi retorica sostenendo le tesi espresse da Platone. Successivamente però, richiamandosi nella Politica (H 1328b, 1334 a) e nell'Economico (A1344a) al principio socratico della conoscenza e dell'educazione delle attitudini profonde dell'individuo, approfondisce e rielabora nella Rhetorica tutta la ricerca teorica sulle norme che regolano l'arte del dire e potenziano le facoltà logico-espressive e persuasive dell'oratore (f 1403b)9 • La Rhetorica aristotelica segna quindi il passaggio dall'oratoria spontanea e individuale a quella studiatamente pensata per l'esercizio dell'arte oratoria e la trasmissione del sapere attraverso un affinato e sapiente uso della parola. Avendo fatto della retorica l'oggetto del suo insegnamento essoterico, Aristotele era giunto a realizzare una sintesi fra il pensiero platonico e quello gorgianoisocrateo: è suo il principio, di cui si appropriò Cicerone, che somma eloquenza è somma sapienza, e la possibilità di elevare

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Per i suoi contenuti e la discussa attribuzione ad Aristotele, si veda S. teatro delle passioni. Pathos nella retorica antica, "Elenchos" 1, 1995, 70-79. 9 A. PLEBE, Breve storia della retorica antica, Roma-Bari, 19902 , 53 ss. riconduce per questo ad Aristotele l'origine 'scientifica' della tecnica retorica. GASTALDI, //

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la retorica ad arte, in quanto parte della logica e 'corrispondente' (dv1:frrrpo