Le mille e una regola. Grammatica italiana comparata e ragionata [First ed.] 2980232815

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Le mille e una regola. Grammatica italiana comparata e ragionata [First ed.]
 2980232815

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Bruno Villata

LE MILLE E UNA REGOLA Grammatica italiana comparata e ragionata

Losna & Tron Montréal

Bruno Villata

LE MILLE E UNA REGOLA Grammatica italiana comparata e ragionata

Losna & Tron Montréal

Éditeur: Losna & Tron

Montréal, P.Q. Copyright B. Villata

Distribution: Le Bouquin International 395, Boul. Cartier Laval, P.Q. H7N 2K8 - Canada

Tél. (514) 688-6036 Fax: (514) 688-8844

Dépòt Légal III trimestre 1992 Bibliothèque Nationale du Québec Bibliothèque National du Canada

Villata, Bruno Le mille e una regola Grammatica comparata e ragionata

ISBN 2-9802328-1-5

Premessa

Frutto di una lunga esperienza didattica, di una costante osservazione delle difficoltà che allofoni e dialettofoni incontrano nello studio della lingua italiana, il presente volume si propone di facilitarne la comprensione della grammatica, comparandola con quella delle lingue di grande diffusione intemazionale. Gli idiomi di cui si tiene conto in questa comparazione sono soprattutto l’inglese ed il francese, più raramente lo spagnolo ed il tedesco. Nonostante tali premesse comparative, il testo è ben lungi dall’essere una trattazione teorica o dotta di fatti grammaticali o delle varie teorie linguistiche. In effetti, pur avendo la profondità derivante dalla conoscenza che l’autore vanta di parecchie lingue, nella maggior parte dei casi, le regole sono presentate in forma schematica e semplice, in modo da permettere una rapida comprensione del funzionamento della lingua e delle associazioni particolari alla cultura italiana. Proprio perché si tengono in considerazione le norme che caratterizzano altri sistemi linguistici, questo volume dovrebbe costituire uno strumento efficace per ovviare o prevenire quei

fenomeni

dovuti

all’interferenza

o alla confluenza

dei

codici,

immancabili nelle situazioni di lingue in contatto. Per quanto concerne la terminologia, si è evitato di far ricorso all’uso di voci troppo tecniche che forse non sarebbero state ben intese dalle persone cui è indirizzato questo volume.

Pur essendo diretta a degli allofoni, va detto che la presente grammatica dovrebbe essere molto indicata anche per quei locutori, esclusivamente italofoni, il cui comportamento è in costante oscillazione tra la norma dell’italiano regionale e quella dell’italiano nazionale. Volendo, in questo manualetto, essi potrebbero trovare il filo per uscire dal labirinto delle parlate regionali e giungere ad una comprensione logica delle norme che regolano l’italiano nazionale. Oltre a quanto fin qui detto, il lettore osserverà che «Le mille e una regola» privilegia la prima parte della grammatica tradizionale, mentre tratta la seconda, cioè la retorica, la stilistica, la sintassi della proposizione e del periodo, in modo piuttosto conciso. La scelta è stata intenzionale perché l’intento dell’autore è stato appunto quello di presentare la prima parte della grammatica tradizionale italiana, prendendo come punto di riferimento le lingue internazionali più diffuse. A questo proposito, in alcuni paragrafi finali si presentano esempi dell’influenza lessicale delle lingue forti sull’italiano.

Prima di concludere questa breve introduzione, vorrei ringraziare i colleghi e gli amici che mi hanno sostenuto in questo lungo lavoro e tra di essi vorrei ricordare in modo particolare il professor Pino Buffo.

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f

FONOLOGIA # 1. L’alfabeto

LE LETTERE DELL’ALFABETO A

a

N

enne

B 0 D E F G H

bi ci di e effe gi acca

O P Q R S T U

o pi cu erre esse ti u

I

i

V

vi, vu

J K L

i lungo/a cappa elle

W X Y

vu doppio/a ics ipsilon

M

emme

Z

zeta

In genere K, W, X e Y non sono considerate lettere dell’alfabeto italiano e si trovano per lo più in parole di origine straniera.

# 2. Le vocali Le vocali italiane hanno un suono chiaro, distinto e breve. Questo suono rimane più o meno costante in tutte le posizioni. A

A, da, ma, fra, tra, carta, mamma, papà, papa, panna, data, parata. E Se, bene, neve, arte, rete, pera, mela, essere, bere, vedere, credere, per, perdere, verde, selva. Si noti la differenza tra : e ed è, see sé, teetè.

I Di, sì, timidi, pipa, sigaretta, finire, mi, ti, fine, dire, ridire.

O Poco, molto, oro, otto, pomodoro, broccolo, monologo, dove, come. U Blu, su, uno, utile, uva, ultimo, uguale, luna, fumo, musica, tubo. J La -j- era molto più usata in passato. Oggi si trova soprattutto all’inizio di alcuni nomi propri e rappresenta il suono di una -i- davanti ad un’altra vocale. In tale posizione la -i- è considerata semiconsonante. Esempi: Jacopo, Jervolino, Jonio, Juventus...

Y La -y- si trova in parole straniere e, secondo rappresentare il suono della -i- vocalica (derby) semiconsonantica (yogurt, yoga).

la posizione, può o quella della -i-

#3. Vocali aperte e vocali chiuse Per quanto i segni che rappresentano i suoni vocalici siano solo cinque, va detto che nella lingua italiana tali suoni dovrebbero effettivamente essere sette in quanto le vocali mediane toniche, -e- ed -0-, possono avere un suono aperto o un suono chiuso. Alcune parole assumono un valore semantico diverso a seconda che la -e- e la -0- siano aperte o chiuse. Esempi: bòtte (colpi) e bétte (recipiente); accètta (da accettare) e accétta (scure).

Va detto che ai nostri giorni ben pochi italiani rispettano questa differenza di apertura delle vocali, anche perché una pronuncia "errata" non nuoce alla trasmissione del messaggio, in quanto il significato delle varie unità lessicali dipende dal contesto in cui si trovano, più che dall’apertura con cui vengono pronunciate alcune loro vocali. Esempi: gli hanno dato un sacco di botte; nella botte piccola c’è il vino buono. L’accetta è un utensile che serve per tagliare il legno. Anche lui accetta il suo invito. Osservando il comportamento linguistico degli italiani si nota che, spesso, la pronuncia aperta o chiusa di determinati suoni vocalici dipende dalla provenienza regionale dei parlanti più che da ragioni etimologiche.

A meno che non si risalga all’etimologia latina, non ci sono infatti regole per stabilire quando la -e- e la -0- si pronunciano aperte o chiuse. In genere: suonano chiuse quando sono atone, cioè quando non hanno accento tonico.

# 4. Suoni vocalici costanti A differenza di altre lingue, le vocali italiane mantengono il loro suono naturale anche quando sono seguite da altre vocali o quando sono seguite da consonanti nasali. Esempi: trenta, quaranta, sessanta, insalata, fungo, sempre, in, con, lei, Lei, lui, noi, voi, sei, mai, paese, leale, poi, egoista, UOVO.

# S. Dittongo e iato L’incontro di due vocali forti: -a-, -e-, -0-, dà sempre luogo a uno iato, cioè a due emissioni di voce, quindi a due sillabe. Esempi: le-a-le, co-e-ren-te, pa-e-se, le-o-ne, po-e-ta, Pa-0-lo. In genere l’incontro di una vocale dolce, -i- 0 -u-, con una vocale forte, -a-e- -0-, dà luogo a un dittongo, che è pronunciato con una sola emissione di voce. Nei dittonghi l’accento tonico cade sulla vocale forte -a-, -eoppure -o-. Nella divisione in sillabe il dittongo non si può scindere. Esempi: pie-de, tuoi, miei, cuo-re, pia-ce-re, piog-gia, uo-vo, uo-mo, buo-no, fuo-co, pia-no, più, già, mai, sei.

Quando, in tali accostamenti tra vocali dolci e vocali forti, l'accento cade su quelle dolci (i oppure u) si hanno due sillabe e ci troviamo di fronte a uno iato. In questi casi le vocali sono pronunciate separatamente. Esempi: e-go-i-sta, pa-u-ra, far-ma-ci-a, pen-di-0.

# 6. Consonanti

C C rappresenta il suono velare [k] nei gruppi -ca-, -co-, -cu-. Esempi: casa, cane, cosa, come, cuore, cupola, con, albicocca, cubo. Davanti alle vocali -e- ed -i-, la -c- rappresenta il suono palatale (= fr. -tche- di tchèque; = ing -ch- di cheese; sp. ch- di chiste). Esempi: ciao, cena, cera, cento, cinema, cielo, cibo, pace, arancia, circa. CH

Rappresenta il suono velare [k] davanti alle vocali -e- ed -i-. Esempi: chi, che, orchestra, zucchini, chiamare, chiave, chiesa, chiudere.

G Ha suono velare nei gruppi -ga-, -go-, -gu-. Esempi: prego, gala, gatto, gusto, gomma, angolo, gola, gufo, Augusto, agosto

Ha suono palatale (= ing. gee) davanti alle vocali -e- ed -i-. Esempi: gelo, gelato, gita, giro, Genova, gesto, Gina, Gigi, grigi, Luigi, giorno, già, giù, giornale, Giovanni, giovane, ciliegia, giusto.

GH Rappresenta il suono velare davanti alle vocali -e- ed -i-. Esempi: ghetto, spaghetti, traghetto, ghiaccio, unghia, ghiotto, preghiera.

GLI Nelle parole di origine latina, -gli- rappresenta in genere il suono palatale (= -li- fr. familier; -Ili- ing. William; castigliano -1l1- caballo). Esempi: figlio, foglio, giglio, famiglia, meglio, moglie, vaglia, bottiglia, veglia, sveglia, miglio, foglia, aglio, migliore, gli. Le parole in cui -gli- non rappresenta un suono palatale sono: anglicano, negligente, glicerina, glicemia, glicine, glicogeno e in genere tutte le parole che non sono di origine latina.

GN Ha suono corrispondente al francese -gn- (montagne), all’inglese -ny- di canyon o allo spagnolo -fi- di pefia-. Esempi: montagna, campagna, signore, ogni, signora, ingegnere, degno, bagno.

CC e GG Nei gruppi -cc- e -gg- la prima consonante ha un suono uguale a quello della seconda. Esempi: bocca, acca, occhio, vecchio, macchina, ecco, succo, ricco, secco; braccio, doccia, boccia, eccetera, ghiaccio, occidente, acciaio; agglomerato, leggo, aggressivo, posseggo, agghiacciante, reggono; oggi, legge, raggio, formaggio, pioggia, raggiungere, oggetto.

CIA, CIO, CIU - GIA, GIO, GIU All’inizio o nel corpo della parola rappresentano il suono palatale della -co della -g- davanti

alle vocali -a-, -0-, -u-. Esempi:

ciao, ciò, cioè,

Giovanni, giovane, Gianni, giovedì, gioiello, già.

In fine di parola l’accento tonico cade talvolta sulla -i-: farmacia, Lucia, leggio. H Entra in combinazione con le consonanti -c- e -g- per rappresentare il suono velare davanti alle vocali -e-, -i-. Esempi: che, chi, perché, chiesa,

chiaro, ghetto, spaghetti, aghi, occhio

All’inizio di parola -h- non è pronunciata e si trova solo in quattro forme del presente indicativo del verbo avere: ho, hai, ha...hanno.

K La -k- rappresenta il suono velare e si trova soprattutto in parole di origine straniera e nelle abbreviazioni. Esempi: Kilimangiaro, Keplero, kimono, kg. (chilogrammo), km. (chilometro).

Q QUA, QUE, QUI, QUO rappresentano i suoni [kwa], [kwe], [kwi], [kwo]. Esempi: questo, quello, cinque, cinquanta, quasi, qui, qua, quindici, quota, quadro, quotidiano, quaderno, quattro, quaranta.

Tranne che in soqquadro, il raddoppiamento della -q- viene espresso con il digramma -cq-. Esempi: acqua, acquistare, acquaiolo, nacque, piacque...

S La -s- intervocalica tende sempre più ad essere sonora (dolce). Esempi: rosa, musica, speso, rasoio, posare, casa, casetta, prosa, resa. La pronuncia sorda (aspra) sembra essere riservata a -ss-. Esempi: rossa, spesso, vassoio, passare, cassa, cassetta, essa, ressa. La s iniziale, seguita da vocale è sorda (aspra) e non sonora come in

tedesco. Esempi: sera, sei, sette, secco, sorella, sale, sopra, su, sacro, sapere. S + Consonante In questi casi il suono della -s- dipende dalla consonante che segue. È sorda (aspra) davanti a consonanti sorde (-c-, -f-, -p-, -q-, -t-). Esempi:

scatola, scopo, scuro, sfogo, sforzo, sposo, squadra, strano. La -s- è sonora (dolce) davanti a consonanti sonore (-b-, -d-, -g-, -l-, -m-, -n-, -1- € -v-). Esempi: sbaglio, sgabello, sveglia, sdraio, smalto, snaturato, sleale, sregolato.

SCA, SCO, SCU, SGA, SGO, SGU, SCHE, SCHI, SGHE, SGHI hanno suono velare. Esempi: fresco, disco, scarpa, affresco, scuola, scultura, sgarbo, sgobbone, sguardo, schizofrenico, schema, scherzo, scherma, schiena, schermo.

SCE, SCI, SCIA, SCIO, SCIU, SGE, SGI, SGIA, SGIO, SGIU hanno suono palatale (ingl. shop, fr. chomage, ted, schade). Esempi: prosciutto,

sciopero, scienza, pesce, scena, scelto, sci, asciutto, lasciare, sgelare, disgiungere. T Ha un suono

dentale, diverso dall’inglese e dal francese del Quebec.

Esempi: tu, tuo, tetto, tre, treno, tavola, tipo, tredici, trenta, tema. W

La doppia vu si trova in lemmi di origine straniera e rappresenta il suono -v- in parole di origine tedesca (Walter, Wagen) oppure -u- in termini di origine inglese (sandwich) X

Ha un suono doppio in quanto corrisponde xenofobo, xilografo.

a /ks/. Esempi:

taxista,

Z A volte rappresenta il suono sordo [ts] come in: grazie, partenza, senza, tazza, pizza, piazza, pezzo, ragazzo, ozio, spazio, negozio; mentre altre

volte rappresenta la pronuncia sonora [ds] come in: zucchero, zio, zero, zuppa, zappa, azoto, Mezzo. Nota Si ricorda che spesso la pronuncia sorda o sonora della -z- varia da regione a regione. Comunque si può dire che questa consonante ha pronuncia sorda [ts] davanti ai dittonghi -ia, -i0, -ie (Grazia, ozio, Alpi Cozie, lezione, immondizia), nelle desinenze -anza -enza -ezza (finanza, credenza,

giovinezza...), mentre ha suono sordo [dz] nelle desinenze -izzare e izzazione (rateizzare, rateizzazione). Si noti che davanti ai dittonghi -ia, -ie, -io la z ha suono sordo [ts] e viene rappresentata graficamente con una sola -z-anche se suona come se fosse doppia. Esempi: vizio, dazio, ozio, grazie, esercizio...

# 7. Accento tonico Secondo la posizione dell’accento tonico, le parole italiane si possono dividere in tronche, piane, sdrucciole, bisdrucciole e trisdrucciole. Le parole tronche, a volte dette anche ossitone, hanno l’accento tonico

sull’ultima sillaba. Esempi: papà, città, università, virtù, gioventù, lunedì, martedì, falò, oblò.

Le parole piane, a volte dette anche parossitone, hanno l’accento tonico sulla penultima sillaba. Esempi: orchestra, spaghetti, zucchini, agosto, cantare, finestra, manifesto.

Le parole sdrucciole, a volte dette anche proparossitone, hanno l’accento tonico sulla terzultima sillaba. Esempi: scatola, cupola, sillaba, tavola, favola, musica, parlano, dicono, trovano, facevano, trovavano, dicevano, capivano... Le parole bisdrucciole hanno l’accento tonico sulla quartultima sillaba. Esempi: abitano, terminano, indicano, dubitano. Le parole trisdrucciole hanno l’accento sulla quintultima sillaba. Esempio: indicaglielo.

# 8. Casi particolari In alcuni casi una parola può assumere un significato diverso a seconda della posizione dell’accento tonico. Per esempio capitano può essere pronunciato come parola bisdrucciola o piana. Nel primo caso -capitanocorrisponde alla terza persona plurale del presente indicativo di capitare, mentre nel secondo caso -capitano- ha il valore di comandante. Perdono può essere parola piana o sdrucciola. Nel primo caso -perdono- è sinonimo di assoluzione o grazia, mentre nel secondo -perdono-corrisponde alla terza persona plurale del presente di perdere.

Anche per le parole di questo genere è il contesto a dare il significato all’unità semantica. Nella lingua scritta una volta era frequente segnare l’accento sulle vocali toniche di queste parole, ma ora tale usanza sembra essere sempre più rara, per cui, ad esempio, si suole scrivere: «Vengo subito» oppure «Ha subito un’operazione al menisco» senza nessun accento su subito, che è sdrucciolo nel primo caso e piano nel secondo.

#9. Accento grafico L’accento tonico è espresso graficamente solo se la parola è tronca, cioè solo se esso cade sull’ultima sillaba. Sulle vocali -a-, -i-, -0-, -u- attualmente si usa mettere l'accento grave: più, può, comò, papà, sofà, già, così, sì... Sulla -e- l’accento è grave in: caffè, è, tè, e nelle parole contratte -piè- (piede); acuto in: sé, né, ché, perché, fé (fede)... e sulla -e- della terza persona singolare del passato remoto.

# 10. Accento sui monosillabi Essendo formati da una sola sillaba, i monosillabi non dovrebbero avere accento grafico. Si pensi per esempio a: re, ma, fa, su... Tuttavia, si usa mettere l’accento su alcuni di questi monosillabi per distinguerli dalle particelle simili, aventi però significato diverso. Tra queste particelle ricordiamo: dà (da dare) da (preposizione) dì (giorno) di (preposizione) è (da essere) e (congiunzione) là (avverbio) la (articolo o pronome) lì (avverbio) li (pronome) né (negazione) ne (particella pronominale o avverbiale) sé (pronome) se (congiunzione) sì (avverbio) si (pronome riflessivo o impersonale) tè (bevanda) te (pronome personale). Esempi: Chi dà ai poveri, dà a Dio. Il treno arriva da Roma. La domenica è dì di festa. Ecco il libro di Carletto. Oggi è giovedì. Il sabato e la domenica sono giorni attesi. La massa dei tifosi era là, davanti allo stadio. I fogli li ha messi lì, sul tuo tavolo. Oggi non ha né penna né matita. Quanti ne abbiamo oggi? Chi fa da sé fa per tre. Se piove non usciamo. Dice di sì, ma fa come vuole lui. Lei si sveglia presto. Bevono molto tè. Non pensa che a te.

Si usa inoltre mettere l’accento sui monosillabi che presentano il dittongo ascendente quali ciò, già, può e anche su giù e più.

# 11. Troncamento Questi monosillabi accentati non vanno comunque confusi con quelli del tipo po’ (poco), da’ (dai), va’ (vai), fa’ (fai), sta’ (stai)... in cui l’apostrofo sta ad indicare il troncamento, cioè la caduta di una sillaba o di una vocale. Quanto a di’ (lat. dic), imperativo di dire, si usa scriverlo con l’apostrofo per distinguerlo da dì (giorno) e da di preposizione. La medesima considerazione si dovrebbe fare per le forme letterarie fe’ (fece) e fé (fede). A proposito del troncamento si può ricordare il caso di signore, dottore, ingegnere, professore e cavaliere che perdono -e- finale quando precedono un nome proprio. Esempi: ha visto l’ingegner Rossi; hai incontrato il signor Bianchi; conosco il dottor Rossini; ti ha telefonato l’ingegner Carletti Le forme più comuni di troncamento sono costituite da un e derivati (alcun, nessun...), da qual, che essendo troncamenti di uno (alcuno,

nessuno...) e quale, non richiedono l’apostrofo quando precedono una parola che inizia per vocale. Esempi: un giorno, un amico, qual è il tuo giorno preferito?

Anche se non obbligatorio, il troncamento è poi ancora frequente negli infiniti seguiti da parole con cui formano un nesso molto stretto, come per esempio in: voler bene, aver fame, aver sonno, aver paura, andar cantando, correr rischio...

Per quanto meno frequenti ai nostri giorni, va detto che si possono trovare troncamenti degli avverbi bene e male, dei nomi e degli aggettivi in uscenti in -ore, in -ero e in -le, degli alterati in -ino e in -one ed anche delle forme verbali in -mo e in -no. Esempi: ben presto; chi mal fa mal pensa; in cuor suo, il pensier, fiorin fiorello..., balcon, siam venuti, ben detto, ben fatto, son ritornati, così fan tutte...

# 12. Consonanti doppie L'opposizione tra consonanti semplici e consonanti doppie è quasi sempre collegata a quella fra vocali brevi e vocali lunghe, nel senso che la vocale che precede le consonanti doppie è più breve di quella che è seguita da una sola consonante. Per esempio, la e di pena è più lunga della e di penna, come la o di pollo è più breve di quella di polo. Dato che questa differente pronuncia può portare a delle differenze semantiche, si consiglia di fare particolare attenzione a questi suoni: baco-bacco eco-ecco SEcO-Secco cade-cadde tufo-tuffo lego-leggo mogio-moggio bela bella colo-collo calo-callo anelo-anello polo-pollo camino-cammino —soma-somma coma-comma cane-canne

nono-nonno tono-tonno poro-porro

pena-penna capello-cappello bara-barra

sano-sanno —copia-coppia COro-COrro

casa-cassa

visi-vissi

speso-spesso

rosa-rossa note-notte tuta-tutta

casetta-cassetta speso-spesso rito-ritto

rete-rette moto-motto patina-pattina

sono-sonno vano-vanno papa-pappa mese-messe sete-sette bruto-brutto seta-setta

# 13. Divisione in sillabe Una sillaba può essere composta da una sola vocale, da una consonante e da una vocale, da più consonanti e più vocali. Esempi: e-spia-re, a-mo-re, o-dio, sta-dio, suoi, pie-tra, qua-si, vo-ca-le, stra-da.

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Il modo in cui si suole dividere in sillabe le parole italiane non sempre corrisponde a quello delle altre lingue. Per esempio, nel caso di una vocale seguita da più consonanti, la divisione in sillabe avviene nel modo seguente: a. se le consonanti sono doppie, la prima fa sillaba con la vocale che precede e la seconda con quella che segue. Esempi: let-to, car-ro, spes-so, cap-pel-lo, mam-ma, pol-lo, ac-qua. b. lo stesso avviene se la prima delle due consonanti è r, 1, m oppure n. Esempi: an-co-ra, ar-te, al-be-ro, cam-po, pen-sa-re, can-ta-re, par-te. c. in genere, la -s- seguita da consonante fa sillaba con la vocale che segue e non con quella che precede, come avviene per esempio in francese. Si vedano i casi seguenti: i-strio-ne, tra-scri-ve-re, tra-spor-ta-re, i-sti-tu-t0, pa-sta, e-sper-to, e-spro-prio.

# 14. Iniziali maiuscole La lettera maiuscola si usa all’inizio del periodo e con i nomi propri.

I nomi dei giorni, i nomi dei mesi e gli aggettivi indicanti nazionalità si scrivono con l’iniziale minuscola. Esempi: Carlo è canadese. Lunedì e martedì sono i primi giorni della settimana. A maggio va in vacanza e visita molte città italiane. Attualmente si registra una forte tendenza a scrivere con l’iniziale minuscola le unità lessicali indicanti nazionalità, anche quando sono usate con valore di sostantivi. Esempi: gli italiani sono cresciuti in altezza. I tedeschi viaggiano molto.

# 15. Segni di punteggiatura I segni di punteggiatura sono più o meno gli stessi in quasi tutte le lingue. In italiano essi sono: il punto (.), la virgola (,), il punto e virgola (;), i due punti (:), la parentesi tonda ( ), la parentesi quadra [ ], il punto esclamativo !, il punto interrogativo (?), il trattino - e i puntini di sospensione ... (di solito tre o cinque). A capo.

# 16. Il punto

Il punto segna la fine del pensiero ed indica una pausa maggiore. Lo si può

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trovare dopo una sola parola, dopo un’unica proposizione o alla fine di un periodo.

# 17. La virgola La virgola indica una pausa minore ed in genere la si usa nei casi seguenti: a. nelle enumerazioni Esempi: uomini, donne, giovani, vecchi e bambini tutti erano presenti.

Si noti che l’ultimo elemento di questa enumerazione è preceduto dalla congiunzione e che appunto sostituisce la virgola. b. per separare il nome da un’apposizione Esempio: Cesare, il fondatore dell’impero, morì nel 44 a. C.

c. per isolare un inciso all’interno di una proposizione Esempi: Milano, cioè la capitale economica d’Italia, si trova in Lombardia. Questo vostro comportamento, pensateci bene, alla lunga finirà per Nuocervi. d. per isolare un’espressione avverbiale che separa il verbo dal complemento diretto Esempi: il cliente osservava, con interesse e attenzione, i prodotti esposti sulle bancarelle del mercato. e. per separare complementi simili Esempi: quell’anello era d’oro, d’argento, di platino o di plastica?

f. per isolare la frase relativa quando questa non determinante Esempi: era andata dalla zia, che l’aveva invitata a cena. Lavora in un ufficio che è piccolissimo.

ha valore di

‘g. per unire delle proposizioni coordinate, siano esse principali 0 secondarie Esempi: prima del via i corridori vanno al ritrovo, firmano il foglio di partenza, controllano il loro mezzo, parlano con il loro direttore OSS, fanno rifornimento e firmano persino degli autografi. h. per isolare le proposizioni dipendenti Esempi: se arriviamo in tempo, prendiamo il treno delle cinque. Siccome indietro non si poteva tornare, dovette tirare avanti. Quando lui arrivava a

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scuola, la lezione era quasi sempre cominciata. Nota In parecchi casi, l’uso o meno della virgola dipende soprattutto da un fatto di stile che, essendo personale, può variare da persona a persona. Leopardi era molto attento all’uso delle virgole, in quanto diceva che una virgola, messa al punto giusto, illuminava tutto il periodo. Va anche ricordato che, oggi, gli scrittori sembrano usare la virgola con molta maggior parsimonia che non in passato.

# 18. Il punto e virgola Il punto e virgola indica una pausa maggiore rispetto a quella della virgola, ma inferiore rispetto a quella indicata dal punto. In genere chi usa il punto e virgola, se ne serve per separare due proposizioni che si completano in un periodo. Attualmente il punto e virgola è sempre più frequentemente sostituito dalla virgola o dal punto, a seconda della lunghezza della pausa che si intende esprimere.

# 19. I due punti In genere i due punti non separano, ma piuttosto anticipano o annunciano un pensiero e introducono il discorso diretto. Esempi: Gli aveva detto: «Verrò qui e poi ti ci porterò io» C’è una persona che non vorremmo incontrare: lui.

# 20. Il punto interrogativo Il punto interrogativo si trova alla fine di una frase in cui si formula una domanda. Esempi: Ci venite anche voi? A che ora parte l’aereo? # 21. I puntini di sospensione I puntini di sospensione, di solito tre, meno spesso cinque, si usano per esprimere una sospensione dovuta ai motivi più diversi. Per esempio essi possono indicare reticenza, allusione, minaccia, stupore, imbarazzo ed anche una semplice interruzione del discorso. Esempi: A caval donato ... È meglio che lui non venga se no...

# 22. Il trattino Il trattino serve per delimitare un’incidentale, ma anche per separare una parola che viene divisa perchè si trova alla fine della riga. Il trattino, chiamato anche lineetta, serve talvolta per unire due parole accostate per formare un composto. Esempio: italo-americano; l'impero austro-ungarico.

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# 23. La parentesi tonda La parentesi tonda ( ), si usa per isolare un inciso che serve a spiegare o a precisare un concetto che, se fosse posto tra due virgole, potrebbe appesantire eccessivamente il periodo.

# 24. La parentesi quadra La parentesi quadra racchiude solitamente parole che non fanno parte del testo, ma che servono per chiarire la frase.

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L’ARTICOLO DETERMINATIVO # 25. Funzione L’articolo determinativo ha la funzione di evidenziare il nome che accompagna, distinguendolo dalla massa. Esempi: finalmente ha comprato la racchetta. La casa ha due piani. Oltre ad attualizzare un concetto, l’articolo determinativo italiano può sostantivare qualsiasi altra parte del discorso. L'articolo determinativo è anche preposto a un nome per esprimere un concetto generale. Esempi: spiega il perché del suo agire. Bisogna unire l’utile al dilettevole. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. La giustizia trionferà. Il ferro è molto

utile. # 26. Origine In alcune lingue, quali il latino e il russo, questa particella non esiste. L’articolo determinativo delle lingue e dei dialetti romanzi deriva da un aggettivo dimostrativo latino, nella maggior parte dei casi ille, illa, illud. In origine questo dimostrativo serviva per indicare qualcosa di già nominato, un po’ come noi diciamo : ho visto questo amico che... (vidi illum amicum...). Col passar del tempo però il dimostrativo perse valore. Come dimostrativo fu infatti sempre più frequentemente sostituito da eccu ille, eccu illa, eccu iste, eccu ista ecc... cioè quello, questo..., mentre ille, illa, usati da soli, assunsero il valore di semplici articoli. Come avviene nelle altre lingue romanze, anche in italiano, l’articolo si accorda con il nome a cui si riferisce. Quindi la sua forma varia a seconda del genere (maschile o femminile) e del numero (singolare o plurale) del nome che esso accompagna. Essendo atono, cioè senza accento proprio, l’articolo si appoggia all’unità semantica che lo segue immediatamente. Ad essa adatta anche la sua forma e con essa costituisce un gruppo unico. Esempi:

lo stadio, l'immenso

stadio, l’amica, la cara amica, lo scopo,

l’aeroporto, l’assemblea, l’eroe... Per questa sua caratteristica di appoggiarsi sulla parola che segue, cioè di piegarsi in avanti, l’articolo è detto proclitico. # 27. Forme dell’articolo Gli articoli determinativi italiani sono:

IL, LO, L’, LA, I, GLI, LE.

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# 28. Maschile

LO (singolare), GLI (plurale) si usano davanti a parole maschili che iniziano per -s- impura (cioè per -sseguita da una consonante sb..., sc... ), gn-, ps-, x-, z- ed -isemiconsonante. (Per -i- semiconsonante si intende una -i- seguita da un’altra vocale, come in: iodio, ieratico. . . Soprattutto in parole di origine straniera, questo suono può anche essere rappresentato da -j- o da -y- come in: jugoslavo e yogurt). Esempi: lo studente - gli studenti; lo scolaro - gli scolari; lo jugoslavo - gli jugoslavi; lo zio - gli zii; lo psicologo - gli psicologi; lo yogurt - gli yogurt. L’ (singolare), GLI (plurale) si usano davanti a parole maschili che iniziano per vocale. Esempi: l’esercizio - gli esercizi; l’ozio - gli ozi; l’utile -gli utili; l’italiano - gli italiani oppure gl’italiani; l’amico - gli amici. GLI si può quindi apostrofare solo quando è seguito da una parola che inizia con la vocale -i-. Va ricordato però che oggi è più frequente l’uso di gli senza apostrofo. IL (singolare), I (plurale) si usano davanti a tutte le altre parole maschili. Esempi: il libro - i libri; il quadro - i quadri; il prete - i preti; il treno - i treni; il camion - i camion; il film - i film.

Nota. Per quanto in passato fosse comune l’uso degli articoli lo e gli davanti alle parole maschili inizianti con il digramma -pn-, va detto che attualmente i parlanti usano preporre alle poche parole maschili inizianti con questo digramma gli articoli il e i, per cui sarebbe più corretto dire: il pneumatico, i pneumatici. # 29.

Femminile

L’ (singolare), Le (plurale) si usano davanti a parole femminili che iniziano per vocale. Esempi: l’ora le ore; l’italiana - le italiane; l’impresa - le imprese; l’università - le università; l’amica - le amiche. LA (singolare) LE (plurale) e

sqo

0 _s_

»

semiconsonante. Esempi: la storia - le storie; la strada - le strade; la prova

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- le prove; la neve - le nevi; la iena -le iene; la iettatura - le iettature; la ionosfera # 30. Gli si vocale esseri,

Apostrofo può apostrofare solo quando è seguito da parola che inizia con la -i-. Esempi: gli italiani o gl’italiani, gli inglesi o gl’inglesi, gli gli uni e gli altri, gli ori, gli orologi, gli amici.

Si ricorda che per quanto i grammatici diano per facoltativa l’elisione di gli davanti a parola che inizi con -i-, l’uso dimostra che attualmente sono più correnti le forme: gli italiani, gli inglesi, gli interventi, gli inizi ecc... Naturalmente, se la -i- è seguita da un’altra vocale, gli non si apostrofa. (#28) Esempi: gli ionici, gli iutifici.

Anche per il singolare femminile -la- si sta verificando una tendenza a non apostrofarlo davanti a parole che iniziano per vocale. Va comunque detto che -la- non si può elidere quando precede la semivocale -i-. Esempi: la iuta, la ionosfera, la iena... Le non si apostrofa mai perché, in certi casi come in: le università, le ipotesi, le analisi, le oasi..., l’articolo costituisce l’unico elemento che distingue il singolare dal plurale. Va tuttavia ricordato che in passato, soprattutto in poesia, era comune apostrofare -le- seguito da vocale e che, ancor oggi, i parlanti di alcune regioni dell’Italia centrale usano dire: l’ore, l’ova ecc... invece di le ore, le uova... # 31. Uso poetico e letterario Da quanto appena segnalato si deduce che, nei secoli scorsi, l’uso dell’articolo non era regolato dalle stesse norme cui è soggetto ai nostri giorni e che, nel corso degli anni, si sono registrate parecchie oscillazioni. Tanto per citare alcuni esempi ricordiamo che ai tempi di Dante si usava scrivere: li accorgimenti, lo principe, mentre nelle opere del Machiavelli si trova solitamente: el principato... Questa oscillazione nell’uso dell’articolo si ritrova poi anche in poesia che, è bene ricordarlo, in italiano ha sempre avuto un linguaggio suo particolare, diverso da quello della prosa e della lingua parlata. # 32. Articolo e acronimi Le lingue moderne abbondano di acronimi, cioè di parole formate dalle lettere iniziali di parecchie altre unità lessicali. Quando le sigle formate da queste lettere sono pronunciabili, allora le si considerano come dei nomi

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veri e propri, e, in quanto tali, sono soggetti alle regole appena descritte. Quindi si scriverà: gli USA, la FIFA, il MEC, la CEE, l’INPS, l’UEO, la FIAT ecc... Di solito il genere di questi acronimi corrisponde a quello rappresentato dal nome indicato dalla prima lettera. Per esempio: la FIAT (fabbrica italiana automobili Torino), l'INPS (istituto nazionale previdenza sociale). Quando l’acronimo non è pronunciabile ci si può regolare in uno dei due modi seguenti: o si ricorre alla lettura delle lettere e l’articolo si conforma al nome della prima lettera, 1’FBI L’effe bi ai, oppure si legge il nome che questa prima lettera rappresenta, il FLN (fronte . . . .). Di queste due forme consigliamo la prima. # 33. Perché tante le forme dell’articolo italiano? L'articolo determinativo ha un indice di frequenza di gran lunga superiore a quello di qualsiasi altra unità lessicale italiana e ciò è facilmente comprensibile, se si pensa che ogni sostantivo italiano è in genere preceduto dall’articolo.

Quello che sorprende quanti sono abituati ad esprimersi in lingue che non hanno articolo o che come l’inglese ne conoscono una sola forma, è la varietà di articoli presente in italiano. Se l’articolo presenta un numero di forme maggiore rispetto a quello delle lingue sorelle (come le lingue regionali o le altre parlate neolatine quali il portoghese, lo spagnolo, il francese e il rumeno, dove però l’articolo è posposto al sostantivo), ciò è dovuto a ragioni storiche e fonologiche e si spiega più facilmente osservando i cambiamenti subiti dal latino parlato nelle varie regioni dell’antico impero.

Infatti, come dimostrano gli esiti portoghesi, spagnoli e francesi delle parole latine inizianti con -s- impura, quali per esempio scribere [escrever (pt.), escrivir (sp.), écrire (fr.)], i locutori dell’Iberia e della Gallia dovevano aver introdotto una -e-, prostetica, per agevolare la pronuncia delle parole latine inizianti con questo digramma, che doveva essere estraneo alle loro abitudini linguistiche. Nella penisola italiana la pronuncia di questo digramma doveva invece essere più familiare, tant'è vero che parole inizianti con -s- impura sono comuni anche in molte parlate regionali. Tuttavia, per mantenere intatto il ritmo della lingua, basato sulla successione consonante/vocale, ogni qualvolta si trovava un sostantivo che iniziava con un digramma contenente una -s- impura o con un gruppo di consonanti difficile da pronunciare quale

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per esempio -sp-, l'articolo che lo precedeva doveva terminare con un suono vocalico. Ecco perché illu libru è diventato il libro e illu sponsu è diventato lo sposo, mentre in portoghese, in spagnolo e in francese si ha rispettivamente: o libro e 0 esposo, el libro e el esposo, le livre e l’époux.

# 34. Osservazioni sulla pronuncia Quanto detto al paragrafo precedente dovrebbe consigliare di evitare pause di qualsiasi genere tra l’articolo e l’unità lessicale che lo segue immediatamente.

L’unione dell’articolo con la parola che lo segue, non solo conferirebbe più fluidità al discorso, ma evita a molti ispanofoni di trasferire in italiano la -e-, prostetica, che esiste nella loro lingua, ma non che non si trova in italiano. # 35. L’articolo davanti ai nomi stranieri In seguito ai frequenti contatti tra le varie lingue e le varie culture che caratterizzano la nostra civiltà moderna, non è raro che alcuni termini di una lingua vengano introdotti nel codice di un’altra. Per quanto concerne l’uso degli articoli determinativi o indeterminativi di fronte a questi lemmi di origine straniera, in italiano si fa caso più al suono, cioè al modo in cui essi sono pronunciati, che al modo in cui sono scritti nelle varie lingue di partenza. Quindi l’articolo sarà lo per il singolare e gli per il plurale se il

loro suono iniziale corrisponde a /sci/ (ing. shampoo, shock; fr. Champagne), mentre sarà il per il singolare e i per il plurale, se il suono corrisponde per esempio a quello delle semplici up" o "jet".

c o g come in "check

Si noti che in italiano la h iniziale è sempre muta, per cui si dirà comunemente: l’hobby, gli hobby, l’hotel, gli hotel, l’habitat, l'handicap.

USO DELL’ARTICOLO DETERMINATIVO # 36. Usi particolari A differenza di altre lingue, in italiano si usa l’articolo determinativo nei casi seguenti:

a. davanti al possessivo, aggettivo o pronome Esempi: il suo libro è nuovo, il nostro è vecchio. La sua casa è alta, la mia è bassa. La loro macchina è rossa, la tua è verde.

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b. davanti ai nomi astratti Esempi: la verità viene sempre a galla. Le bugie hanno le gambe corte. La giustizia trionferà. c. davanti ai nomi usati in senso generale Esempi: le donne italiane sono eleganti. I turchi fumano molto. Gli americani mangiano molta pasta? d. davanti ai nomi di metallo Esempi: il ferro è molto utile. L’oro è un metallo prezioso. Però: questo anello è d’oro o d’argento?

e. davanti al numero indicante l’anno Esempi: il 1989 è stato un anno importante. Colombo scoprì 1’America nel 1492. Alessio è nato nel 1991. Il ’76 è stato l’anno delle Olimpiadi di Montreal. L’89 non è stato un anno bisestile. Si noti che, per quanto concerne l’uso dell’articolo davanti ai numeri, è prassi comune regolarsi sul modo in cui detti numeri sarebbero espressi in lettere. Così se si dice il °76 (settantasei) si dovrà dire 1’89 (ottantanove). f. davanti ai nomi dei mesi e dei giorni Nelle date, anche il nome del mese e il numero indicante il giorno sono solitamente preceduti dall’articolo. Esempi: le lezioni sono cominciate nel settembre del 1990. Sono venuti qui il 5 gennaio del 1990. Oggi non è il primo maggio.

Se il nome del mese non è seguito dall’anno, di solito si omette l’articolo quando è preceduto da una preposizione. Esempi: Ci rivediamo a settembre; si sposeranno a maggio. Il mese di dicembre piace molto ai bambini. g. per esprimere la data Nelle lettere, per indicare la data, è sempre più comune trascurare l’articolo. Infatti la forma più corrente è la seguente: Milano, 20 maggio, 1991; Genova, 4 aprile, 1992. Le forme: Roma, addì 24 settembre 1990..., oppure: Pisa, il 3 ottobre 1990... sono sempre più rare, anche se fanno parte del linguaggio

burocratico amministrativo.

h. davanti al numero che indica l’ora Esempi: sono le due e un quarto. Era l’una esatta. Però: è mezzogiorno, è mezzanotte.

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i. davanti al numero indicante una percentuale Esempi: il 20% della popolazione è bilingue. Gli fa uno sconto del 35%. I. davanti ai numeri indicanti somma od età approssimativa Esempi: il costo si aggira sui centomila dollari. Era un giovane sui vent'anni.

m. davanti al nome che precede prossimo o scorso nelle espressioni del tipo: l’anno scorso, il mese prossimo, la settimana scorsa..., però si dice: lunedì prossimo, martedì scorso... n. davanti al nome dei giorni o a quello delle stagioni Esempi: la domenica è festa. La primavera è la prima stagione dell’anno. L’inverno è una stagione fredda. Si noti comunque la differenza tra: lunedì vado a scuola (cioè lunedì prossimo), e, il lunedì vado a scuola (cioè tutti i lunedì). Nota. I nomi dei giorni e delle stagioni perdono l’articolo quando sono preceduti dal verbo essere e non sono seguiti da determinanti. Esempi: ieri era domenica. Domani sarà martedì. Era la Domenica della Palme. Era (d’) estate. Quando comincia l’estate? Era la primavera del 1980. Oggi è il primo lunedì del mese. o. davanti a un aggettivo che indica lingua o popolo Esempi: l’inglese non é una lingua tanto facile. I Portoghesi abitano nella penisola iberica. Quando l’aggettivo indicante la lingua si trova dopo il verbo parlare si usa sottintendere l’articolo. Esempi: loro parlano sempre italiano, però capiscono anche lo spagnolo e il francese. p. davanti ai nomi di stato, di continenti o di regioni Esempi: Il Canada è un grande paese. L’Inghilterra si trova a nord della Francia. Il Piemonte è ricco di vigneti.

# 37. Nomi di stato... preceduti dalla preposizione in Si ricorda che i nomi di stato, di continenti o di regioni perdono l’articolo quando sono preceduti dalla preposizione in. Esempi: abita in Canada e va in Francia. Napoli si trova in Campania, Genova in Liguria.

Per quanto concerne le regioni si è tuttavia soliti dire: nel Veneto, nel Molise, nel Lazio e negli Abruzzi.

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Va ancora ricordato che, se accompagnati da un aggettivo o da una locuzione determinante, i nomi indicanti stato, regione o continente conservano l’articolo, anche quando sono preceduti dalla preposizione in. Esempi: andiamo in Italia o meglio nell’Italia meridionale. Boston si trova in America, più precisamente nell’ America del nord.

Quando nord e sud sono preposti al nome si usa dire: in Nordamerica, in Sudamerica che corrispondono a nell’ America del nord, nell’ America del sud # 38. Nomi di stato e la preposizione di Di solito i nomi di stato perdono l’articolo anche quando seguono la preposizione di che indica specificazione o provenienza. Esempi: l’unità d’Italia. I prodotti di Germania. Però è meglio usare l’articolo, quando la preposizione di esprime appartenenza a tutto il paese. Esempi: i tesori del Perù. La storia della Francia. # 39. Natale, Capodanno, Carnevale, Pasqua

Capodanno, Pasqua, Natale, Carnevale articolo. Di solito l’articolo non si usa Esempi: il Natale è una grande festa. A mezzanotte. Per Capodanno andranno festeggia dappertutto.

possono essere usati con o senza dopo le preposizioni a, di o per. Natale molti vanno alla messa di in montagna. Il Capodanno si

# 40. Nomi di città Salvo poche eccezioni quali: La Spezia, L’Aia, Il Cairo, L'Aquila, La Mecca... i nomi di città rifiutano l’articolo. Lo richiedono solo quando sono accompagnati da un aggettivo o da una locuzione determinante. Esempi: quest'estate hanno visitato Milano. Chissà come sarà la Milano del duemila. I turisti hanno visitato la vecchia Napoli. Nota. Come si può dedurre dagli ultimi due esempi, in italiano i nomi di città sono femminili. # 41. Nomi di fiumi, laghi, mari, grandi isole, monti Pure i nomi indicanti fiumi, laghi, mari, grandi isole e monti

sono

solitamente preceduti dall’articolo determinativo. Esempi: il Po, il Trasimeno, l’ Adige, 1’Arno, il Lago di Como, il Mediterraneo, l’Adriatico, la Sicilia, la Maiella, la Sila, il Gran Sasso, le Alpi, gli Appennini... Eccezioni: i nomi di alcune isole quali: Corfù, Cipro, Rodi, Cuba, Pantelleria, Trinidad... sono solitamente usati senza articolo. Per quanto

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concerne l’uso della preposizione indicante lo stato in luogo o il moto a luogo, va detto che in genere i nomi di questo gruppo di nomi richiedono la preposizione a e non in. Esempi: sono andati in Sicilia e non a Cuba. A Trinidad l’inverno è mite. Per pasqua andranno a Rodi. # 42. L’articolo con i punti cardinali In genere i nomi indicanti i punti cardinali non richiedono l’articolo quando sono usati nel senso proprio. Esempi: la Svizzera si trova a nord dell’Italia. La nave si dirigeva verso sud. Se però nord, sud, est e ovest hanno il valore di regioni, territori ecc... allora richiedono l’articolo. Esempi: Molti italiani si sono trasferiti al nord. L’autobus portava i turisti verso il sud. # 43. L’articolo al posto del possessivo Spesso in italiano si usa il semplice articolo determinativo invece del possessivo, per indicare oggetti di cui è evidente l’appartenenza al soggetto. Esempi: esce e prende l’ombrello perché piove. È caduto e si è slogato la caviglia. Dammi il cappello per favore. # 44. Enumerazioni Nelle enumerazioni tutti icomponenti della lista richiedono l’articolo se lo si usa davanti al primo elemento. Esempi: i ragazzi, le ragazze e i giovani sono arrivati. Giovani, vecchi, uomini e donne, tutti piangevano. Ha visto i cugini, le cugine, gli zii e le zie. Le donne, i cavalier, l’arme, gli amor io canto (Ariosto).

Va comunque ricordato che, per rendere la descrizione più rapida, in casi di questo genere si preferisce spesso omettere l’articolo. Esempio: salutati amici e parenti, se ne andò. # 45. Nomi qualificati da uno stesso aggettivo Non si ripete l’articolo con due nomi plurali formanti un’unica espressione o quando i due nomi sono qualificati da uno stesso aggettivo. Esempi: non sopporta i suoi frequenti dubbi e tentennamenti. Il Ministero dell’industria e commercio...

# 46. Frasi negative e proverbiali L’articolo si omette in alcune frasi negative davanti a un nome usato con valore indeterminato e nei proverbi. Esempi: non batté ciglio. Non apriamo mai bocca. Non ha soldi. A caval donato non si guarda in bocca.

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# 47. Signore, signora, signorina, dottore... Signore, signora, signorina, dottore, avvocato, professore ecc..., richiedono l’articolo tranne che nel discorso diretto e nelle esclamazioni. In quest’ultima situazione tutti i nomi rifiutano l’articolo. Esempi: Ha incontrato il professor Serio e la Signora Rossi. Il signor Bianchi abita qui, al terzo piano. Però: «Buon giorno dottore, come sta?» «Ingegnere, venga a trovarci presto!» «Ragazzi, oggi non abbiamo tempo da perdere.» «Infermiera!» # 48. Superlativo relativo Davanti al superlativo relativo non si usa ripetere l’articolo determinativo come in francese. Esempi: Era la casa più alta del quartiere. È il compito

più facile che abbiamo fatto. squadra.

È stata la vittoria più bella della nostra

# 49. Cognomi I nomi del casato degli uomini celebri sono normalmente preceduti dall’articolo: il Petrarca, il Boccaccio, 1’ Aretino, il Bembo, il Buonarroti, l’Alighieri. In altri casi, come per esempio: Verdi, Garibaldi, Rossini, Volta, Donizetti, Meucci..., si preferisce usarli senza articolo.

I cognomi di donne famose sono solitamente preceduti Deledda, la Serao, la Duse, la Loren...

dall’articolo: la

# 50. Nomi di battesimo di personaggi famosi Con il nome di battesimo si dirà solo: Dante, Galileo, Michelangelo... I cognomi di questi personaggi famosi, e anche delle persone comuni, rifiutano l’articolo quando sono accompagnati dal nome di battesimo. Così si dirà: Dante Alighieri morì a Ravenna nel 1321. Francesco Petrarca nacque ad Arezzo. Vittoria Colonna visse nel Cinquecento. Giovanni Bianchi è arrivato a Milano nel 1990.

# 51. Nomi propri accompagnati da determinante Accompagnati da determinanti, questi nomi propri richiedono l’articolo. Esempi: il divino Metastasio; il Dante del "De vulgari eloquentia", il Verdi del Nabucco...

# 52. Plurale dei cognomi Usati al plurale, anche i cognomi prendono l’articolo. Esempi: i Gracchi,

i Medici, i Borboni, i Savoia, i Bianchi, i Rosso...

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I cognomi delle persone comuni non richiedono l’articolo se usati al singolare. Nello stile giornalistico è frequente l’uso dell’articolo davanti ad un cognome. In questo caso l’articolo ha il valore di "il già citato"... Esempi: ha telefonato Serio, ho visto Fogli... Il Ricci non ha potuto arrestare la macchina, che... # 53. Nomi propri usati in senso figurato I nomi dei personaggi famosi richiedono l’articolo quando sono usati in senso figurato o quando se ne indica l’opera. Esempi: il Petrarca che ammiriamo è quello del Canzoniere. Questo è il Botticelli che si vede agli Uffizi. I Savonarola non sono sempre bene accetti. # 54. Nomi propri preceduti da titolo ecclesiastico I nomi propri non richiedono l’articolo se sono preceduti da un titolo ecclesiastico: fra Paolo Sarpi, San Giovanni Bosco, monsignor Casaroli... Ha visto fratel Celestino...

# 55. Nomi di battesimo Solitamente anche il nome di battesimo delle persone comuni è usato senza articolo. Esempi: ho visto Gianni; ha parlato a Maria ecc... Si noti che nel parlare quotidiano di alcune regioni sono comuni espressioni del tipo: ha visto il Gianni; ha parlato alla Maria ecc...

le

# 56. Pronome seguito da apposizione I sostantivi usati come apposizione di un pronome perdono l’articolo. Esempi: noi studenti abbiamo sempre molto da studiare. Voi cittadini dovete rispettare le leggi.

# 57. Nonsi usa l’articolo determinativo Come si è potuto fin qui notare, l’uso dell’articolo determinativo è piuttosto complesso e sarebbe molto lungo, forse anche impossibile, segnalarne tutti i casi, tanto più che a volte il comportamento può variare nell’ambito di un contesto simile. Per esempio, mentre in numerosi proverbi i nomi sono usati senza articolo, non mancano i detti in cui i nomi sono preceduti

dall’articolo. Si pensi per esempio a: "buon vino fa buon sangue", "a caval donato non si guarda in bocca", dove il nome è usato senza articolo, e a "il lupo cambia pelo ma non il vizio", "tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino", "la pratica vale più della grammatica", dove invece l’articolo precede il nome. Per dare comunque un quadro più ampio di quest’uso piuttosto complesso ricordiamo i casi, non ancora segnalati, in cui non si usa l’articolo determinativo. Tra di essi possiamo ricordare:

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a. alcune frasi proverbiali Esempi: tra moglie e marito non mettere il dito, buon sangue non mente, cosa rara cosa casa... b. i titoli, le insegne, gli annunci... Esempi: occasionissima! Arrivi. Partenze. Panetteria. Caffè. Letteratura

latina... c. le espressioni e le locuzioni avverbiali Esempi: con indignazione, con veemenza, a spasso, a rilento, in pace...

d. i casi in cui verbo e nome formano un’unica espressione Esempi: aver voglia, aver fame, aver sonno, voler bene... e. le espressioni in cui il nome ha valore modale o strumentale oppure quando indica materia

Esempi: studia con interesse, beve con moderazione, è venuto in metrò o in macchina? Gli ha regalato una catenina d’oro. f. i casi in cui il nome ne completi il significato di un altro Esempi: cose da pazzi, tavolo da gioco, abito da sera, campo di calcio, campo da tennis, vita da cane, camera da letto... g. i nomi comuni

quali casa, scuola, classe, chiesa, ufficio...

non

richiedono l’elemento attualizzante quando sono preceduti dalle preposizioni a/in. Esempio: a casa, a scuola, in classe, a tavola, andiamo in chiesa, siamo in ufficio dalle nove alle cinque. Scende in cantina.

Alcuni di questi nomi sono usati senza articolo anche con la preposizione da. Esempi: usciamo da scuola alle cinque. Al mattino quando usciva di casa era ancora buio. Vengo da casa

Si noti che mentre esce casa e a casa non sono espressioni: quest'anno freddo e così è rimasto

di casa e esce da casa hanno lo stesso valore, in del tutto equivalenti. Si pensi infatti alle seguenti non va in vacanza, rimane a casa. Ieri faceva tutto il giorno in casa.

L’ARTICOLO INDETERMINATIVO # 58. Origine e funzione Gli articoli indeterminativi italiani: un, una, uno derivano dagli aggettivi numerali latini (unus, una, unum).

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L’articolo indeterminativo serve per indicare una cosa non ben definita, infatti lo si usa per introdurre un nome non ancora citato o una categoria generale. Esempi: ha cercato un regalo per il figlio. Un bambino non sa queste cose.

# 59. Forme dell’articolo indeterminativo Anche per l’articolo indeterminativo la forma da usare dipende dal genere del nome che segue e da come esso inizia. Gli articoli indeterminativi sono:

UN’, UNA, UN, UNO # 60. Femminile UN’ si usa davanti a parole femminili singolari che iniziano per vocale. Esempi: un’amica, un’opera, un’epoca, un’ipotesi, un’usanza, un'ora, un’analisi. UNA si usa davanti a parole femminili singolari che iniziano per consonante 0 per -i- semiconsonante. Esempi: una radio, una storia, una sera, una porta, una iena. # 61. Maschile UNO si usa davanti a parole maschili singolari che iniziano per -s- impura (= s+consonante), gn-, ps-, x-, z- € i semiconsonante. Esempi: uno

straniero, uno scoiattolo, uno sportivo, uno zero, uno psichiatra, uno xenofobo, uno yogurt, uno iato. UN si usa davanti a tutte le altre parole maschili. Esempi: un operaio, un giornale, un amico, un libro, un elefante, un asciugamani, un pneumatico, un prestito. # 62. Apostrofo Si ricorda che l’articolo un richiede l'apostrofo solo al femminile. Esempi: un’amica / un amico, un’operaia /un operaio, un’italiana / un italiano, un’ora / un osso, un’autista (f.) / un autista (m.). (#11) # 63. Plurale L'articolo indeterminativo non ha plurale, per cui quando un nome plurale è usato senza articoli ha valore indeterminato. Esempi: legge libri interessanti; riceve cartoline da tutto il mondo; compra sigarette leggere. Questo, per esempio, non sarebbe possibile in francese dove l’uso del partitivo (du, de la, des...) è obbligatorio.

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USO DELL’ARTICOLO # 64.

INDETERMINATIVO

Omissione dell’articolo indeterminativo

a. In italiano si usa omettere l’articolo indeterminativo davanti a nomi indicanti titolo, professione, fede religiosa o nazionalità che seguono un verbo copulativo (essere, rimanere, diventare...). Esempi: il padre di Luigi è protestante. Lei è rimasta italiana? Carlo era milanista. Però, questi nomi richiedono l’articolo indeterminativo se sono accompagnati da un aggettivo o da altro determinante. Esempi: il padre di Luigi è un buon protestante. Il suo è un italiano del secolo scorso. Lei è un’italiana vera. Era un milanista sfegatato.

b. Come avviene per il partitivo, spesso in italiano si può omettere l’articolo indeterminativo davanti a nomi concreti o astratti. Esempi: non è cosa da dirsi in pubblico. Era riuscito a fuggire con parte del bottino. L’ha detto a persona rimasta sconosciuta.

c. L’omissione dell’articolo indeterminativo è frequente dopo -come-. Tale omissione avviene anche se il sostantivo è seguito da un determinante o da una proposizione relativa. Esempi: l’ha trattata come persona amica. È stato ricevuto come rifugiato politico. # 65. Articolo e apposizione L’articolo indeterminativo di solito non si usa davanti a un nome che abbia funzione di apposizione. Esempi: Genova, città della Liguria si trova al centro di un ampio golfo. L’Orlando Furioso, poema cavalleresco del "500 fu scritto dall’ Ariosto.

# 66. Che peccato! Come in francese non si usa l’articolo indeterminativo nelle frasi esclamative del tipo: Che peccato! (ing. What a pity!), Che bella giornata! (ing. What a fine day!) Esempi: Che brutto scherzo! Che sfortuna! # 67. Articolo indeterminativo e nomi propri Anche l’articolo indeterminativo può precedere un nome proprio usato in senso figurato o per indicarne l’opera. Esempi: in quel museo c’è un Mantegna. Si dà molte arie e si crede un Leonardo. # 68. Omissione con aggettivi davanti a uno stesso nome L’articolo indeterminativo non si ripete davanti a due aggettivi che si riferiscano allo stesso nome o a due nomi che indichino una stessa persona.

.

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Esempi: Un’umile e sincera compunzione. Un suo confratello e amico. Una vecchia amica e compagna di lavoro. Carlo è un collega e amico di Gianni. # 69. Articolo indeterminativo e possessivi L’articolo indeterminativo può precedere gli aggettivi possessivi. Esempi: Ce l’ha detto un nostro amico. Era un suo conoscente.

# 70. Uso letterario e oscillazioni nel tempo Come per l’articolo determinativo, anche per quello indeterminativo si assiste ad una oscillazione nell’uso delle varie forme. Per esempio, in passato, l’uso di -uno- era molto più frequente di quello attuale, in quanto non era limitato dalle regole della -s- impura. Machiavelli per esempio scriveva solitamente uno principe. # 71. Articolo partitivo Benché non obbligatorio come in altre lingue, anche in italiano si può usare l’articolo partitivo. Secondo i casi esso è rappresentato da: - del, dello, dell’, della, dei, degli, delle. L’idea di partitivo può anche essere espressa con gli aggettivi indefiniti -alcuni/e, qualche- o con -un po’ di-. Esempi: legge dei libri utili, legge alcuni libri. Ha letto qualche libro. Scrive delle cartoline dall’Italia. Riceve alcune cartoline/ qualche cartolina... Ieri ha bevuto solo del latte... AI mattino prende un po’ d’acqua calda. # 72. Articolo partitivo nelle frasi negative Come detto nel paragrafo precedente, ricordiamo che l’uso dell’articolo partitivo non è obbligatorio. Infatti tra: -ha degli amici importanti- e -ha amici importanti- in italiano si preferisce la seconda forma. Nelle frasi negative poi, il partitivo non si usa affatto, però, quando possibile, il nome, è usato al plurale. Esempi: non beve latte. Non aveva idee. Non aveva amici. Non conosceva regole. Non compra giornali.

Degne di nota sono quindi le strutture negative, senza partitivo o aggettivo indefinito, che non sarebbero corrette in francese o in inglese. Esempi: non hanno più ricevuto sue notizie. Scusi, non ho spiccioli. In ottobre gli alberi non hanno più foglie.

PREPOSIZIONI ARTICOLATE # 73. Formazione Quando l’articolo determinativo segue le preposizioni di, a, da, in, su, queste due particelle si fondono in una sola parola, dando origine a delle preposizioni articolate. Nella formazione delle preposizioni articolate va

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tenuto presente che, fondendosi con l’articolo, di diventa de e in diventa ne.

di a da in su

il

lo

l’

la

del al dal nel sul

dello allo dallo nello sullo

dell’’della all’ alla dall’ dalla nell’’nella sull’ sulla

i

gli

le

dei ai dai nei sui

degli agli dagli negli sugli

delle alle dalle nelle sulle

#74. Cone per Anche le preposizioni con e per conoscono delle preposizioni articolate. Tali preposizioni articolate erano molto più frequenti in passato ed ora sono usate soprattutto in poesia o nella lingua parlata. Le forme più comuni sono col (con il), coi (con i) e colle (con le), mentre quasi scomparse sono le preposizioni articolate con -per-. Esempi: È andato con lo zio. Lo fanno per il suo bene. Paolino è rientrato con la camicia rotta. Era rientrato col solito treno. # 75. Preposizioni davanti a nomi di città o titoli Quando una preposizione viene a trovarsi davanti a un nome di città (La Spezia, L'Aquila), a un titolo (Il Corriere della Sera, I promessi sposi) ecc... che inizi con l’articolo, ci si può regolare in uno dei modi seguenti:

a. la preposizione e l’articolo formano una prepozizione articolata. Esempi: È arrivato dalla Spezia o dal Cairo? L’hanno letto sul Corriere della Sera. b. la preposizione e l’articolo non si contraggono. Esempi: Sono venuti da L’Aquila. Sono stato a La Spezia. Ho letto un capitolo de "I promessi sposi". Ha trovato questa notizia ne "La Stampa".

Si noti che in questi casi di e in diventano rispettivamente de e ne.

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IL

NOME

# 76. Il genere dei nomi I nomi italiani sono maschili o femminili. In italiano non esiste il genere neutro. Il genere dei nomi italiani si può riconoscere dalla loro desinenza al singolare. #77. Nomiin -0 In genere i nomi che al singolare terminano in -0 sono maschili. Esempi: il quadro, il pennello, l’inchiostro, il cavalletto, il fico, il cielo, il mandorlo,

lo strepito. Eccezioni: la mano, l’eco, la soprano, la virago, la biro. L’eco è femminile

al singolare e maschile al plurale. Contralto, soprano e mezzosoprano possono essere maschili o femminili. Sono pure femminili quei nomi in -0 quali: la radio, la moto, la foto... che corrispondono dalla contrazione di parole più lunghe. A questi termini va aggiunto dinamo. Esempi: la foto (da fotografia), l’auto (da automobile), la moto (da motocicletta), la dinamo...

# 78. Nomi in -a In genere i nomi che al singolare terminano in -a sono femminili. Esempi: la penna, la matita, la porta, la cassa, la casa, l’opera, la carta, la tenda, la faccia, la scia, la traccia. Sono però di genere maschile alcuni nomi di origine greca terminanti in -a quali: il poeta, il dramma, il diploma, il tema, il problema, il teorema, il sistema, il clima, il panorama, il fantasma..., a cui si possono aggiungere: il boa, il boia, il gorilla, il lama, il paria, il sosia, il pigiama, il vaglia. Anche il cinema, contrazione di cinematografo, è di genere maschile. # 79. Nomi di genere comune I nomi che al singolare terminano in -ista, -cida, -iatra possono essere sia maschili che femminili e perciò sono detti di genere comune. In questi casi il solo articolo distingue il maschile dal femminile. Esempi: il/la pianista; il/la violinista; un/un’artista, il/la ciclista; il/la pediatra; un/un’omicida.

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# 80. Nomi in -e Dei nomi che al singolare terminano in -e, alcuni sono maschili altri sono femminili. Siccome non esiste una regola precisa per conoscere il genere di questi nomi, a meno che non si risalga al latino, si consiglia di studiarli con il relativo articolo e, in caso di dubbio, di far ricorso al vocabolario. Tanto per dare un’idea delle differenze tra l’italiano e le altre lingue, si riportano alcuni nomi il cui genere non corrisponde a quello di altri idiomi. Per esempio: il dente, il fiore, il calore, il dolore, il sole, il cuore, il Natale, il serpente, il sapore sono maschili; la volpe, la gente, la mente, la sorgente

sono femminili.

Per i sostantivi in -e non ci si può quindi sempre regolare sui corrispondenti nomi francesi o di altre lingue. Infatti oltre a: il mare, il dente, il fiore..., in italiano i nomi astratti in -ore sono maschili. Esempi: il pudore, l’ardore, il rossore, il rumore, il sapore... Può essere comunque utile ricordare che, come nelle altre lingue romanze, sono femminili i nomi uscenti in -ione € -tudine. Esempi: un’impressione, le abitudini, la solitudine, una buona educazione, una rapida evoluzione. # 81. Nomi in -ante, e in -ente

Se usati come nomi, anche i participi presenti (in italiano terminano sempre in -ante oppure in -ente) possono essere sia maschili che femminili. Eccone alcuni esempi: il/la cantante; il/la gerente, il/la veggente; il/la perdente; il/la docente. # 82. Nomi in -i, -u

I pochi nomi che al singolare terminano in -i oppure in -u sono per lo più femminili. Eccone alcuni esempi: la crisi, l’oasi, la paralisi, l’ipotesi, l’analisi, l’elettrolisi, la tesi, la prassi, la crisi, la genesi, l'apoteosi, l’eclissi, la metamorfosi, la gioventù, la virtù, la tribù. Sono maschili: il brindisi, il caucciù, il tabù, il dì, lo sci, lo zebù e il

bambù.

FEMMINILE DEI NOMI # 83. Formazione del femminile Anche se in parecchi casi, come per esempio: il papà e la mamma, il fratello e la sorella, il padre e la madre, il frate e la suora, l’uomo e la donna, il marito e la moglie, il genero e la nuora ecc..., esistono due forme, una per il maschile e l’altra per il femminile, assai spesso il femminile di un nome è derivato dal maschile mediante il semplice cambio

della desinenza.

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#84. -0>-A_ -E>-A La maggior parte dei nomi terminanti in -o ed alcuni nomi in -e diventano femminili cambiando la desinenza finale in -a. Esempi: amico - amica, nemico - nemica, ragazzo - ragazza, padrone padrona, signore - signora, gatto - gatta, bambino -bambina.

# 85. -O -E -A > -ESSA Altri nomi diventano femminili aggiugendo la desinenza -essa. Esempi: leone - leonessa, poeta - poetessa, avvocato - avvocatessa, principe principessa, duca - duchessa.

# 86. -TORE > -TRICE I nomi uscenti in -tore cambiano questa desinenza in -trice. Esempi: lavoratore - lavoratrice, benefattore - benefattrice, direttore - direttrice, operatore - operatrice. Tra le eccezioni più importanti si ricorda: dottore e pastore che fanno rispettivamente dottoressa e pastora.

# 87. -SORE > -TRICE Ad eccezione di pochissimi casi, tra i quali professore e predecessore, i cui femminili sono rispettivamente professoressa e predecessora, i nomi in -sore diventano femminili aggiungendo la desinenza -trice alla radicale del verbo da cui derivano. Esempi: possessore, (verbo possedere) posseditrice; precursore, (verbo precorrere) precorritrice; confessore, (verbo confessare) confessatrice.

#88. -O -E > -INA Pochi altri nomi aggiungono la desinenza -ina. Esempi: eroe - eroina, re - regina, gallo - gallina, zar -zarina. # 89. Nomi di genere comune Come s’è visto, i nomi di genere comune hanno una sola forma per il maschile e per il femminile. In questi casi l’unica differenza tra il maschile ed il femminile

consiste

nell’articolo.

Esempi:

il/la custode,

il/la

farmacista, un/una cantante, il/la gerente, il/la nipote.

# 90. Nomi di genere promiscuo Molti nomi indicanti animali hanno una sola forma, che è usata sia per il maschile che per il femminile. Esempi: l’aquila (f.), il leopardo, la tigre, il canguro...

33 Per specificare il genere di questi animali, si deve aggiungere maschio o femmina dopo il nome stesso. Esempi: la tigre maschio, la tigre femmina; il canguro femmina, il canguro maschio.

PLURALE DEI NOMI #91. Regole generali Per fare il plurale dei nomi basta cambiare la vocale finale secondo i principi trascritti qui di seguito. #92. -A> -E I nomi femminili terminanti in -a diventano plurali cambiando la desinenza -a in -e. Esempi: la rosa - le rose, la dalia - le dalie, la tela - le tele, la scarpa - le scarpe, la cravatta - le cravatte. Eccezioni: l’arma - le armi, l’ala - le ali.

#93. -A>-I I nomi maschili terminanti in -a diventano plurali cambiando la desinenza -a in -i. Esempi: il poeta - i poeti, il sistema - i sistemi, il tema - i temi, il dramma - i drammi, il teorema - i teoremi, il sistema - i sistemi, il problema - i problemi, il pigiama - i pigiami

Eccezioni: i boia, i boa, i cinema, i gorilla, i lama, i paria, i sosia, i vaglia, che rimangono invariati. # 94. Nomi in -ISTA, -IATRA, -CIDA

I nomi di genere comune in -ista, -iatra e -cida formano il plurale in -e se sono usati al femminile, in -i se sono usati al maschile. Esempi: il turista - la turista, i turisti - le turiste;

l’autista - l’autista, gli autisti - le autiste;

lo psichiatra - la psichiatra, gli psichiatri - le psichiatre. # 95. Adattamenti ortografici Questo cambio della vocale finale può comportare ortografiche.

delle variazioni

# 96. Nomi in -CA e -GA Per esempio il plurale dei nomi terminanti in -ca e in -ga sarà rispettivamente -che e -ghe se il nome è femminile, -chi e -ghi se il nome è maschile. Esempi: la barca - le barche, l’arca - le arche, la droga - le droghe, la bottega - le botteghe, la lega - le leghe, il monarca - i monarchi, il gerarca - i gerarchi, lo stratega - gli strateghi, il collega - i colleghi, la collega - le colleghe, il duca - i duchi.

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Perché questo cambiamento? Perché i digrammi -ch- e -gh- rappresentano il suono velare davanti ai suoni vocalici /e/ ed /i/).

# 97. Nomi in -CIA -GIA Il plurale dei nomi uscenti -cia e in -gia è -cie, -gie se l’accento tonico cade sulla -i-. Esempi: la magia - le magie, la farmacia - le farmacie, la strategia - le strategie, l’allergia - le allergie, la bugia - le bugie. Se l’accento tonico non cade sulla -i-, i nomi in -cia e in -gia fanno il plurale in -ce e -ge quando la -c- e la -g- sono precedute da un’altra consonante. Esempi: la doccia - le docce, la pioggia - le piogge, la mancia - le mance, la loggia - le logge, la quercia - le querce, la torcia - le torce, la forgia - le forge. Se la -c- e la -g- sono precedute da vocale, le parole in -cia e in -gia, non aventi l’accento tonico sulla -i- del gruppo finale, dovrebbero fare il plurale in -cie e in -gie. Esempi: la camicia - le camicie, la ciliegia - le ciliegie, la valigia - le valigie. Va detto che non sempre l’uso segue questa regola. Infatti, mentre si nota ‘ la persistenza della forma provincie accanto a province, parecchi usano scrivere ciliege, valige ecc... invece di ciliegie, valigie...

#98. -O> -I I nomi che al singolare terminano in -o si fanno plurali cambiando la -o finale in -i. Esempi: il vetro - i vetri, l’albero - gli alberi, il tino - i tini, l’aggettivo - gli aggettivi, il suono - i suoni. Eccezioni: centinaio, migliaio, paio, miglio e uovo che al plurale escono in -a e diventano femminili: le centinaia, le migliaia, le paia, le miglia e le uova. Contralto, soprano, mezzosoprano hanno due plurali: uno regolare (i contralti, i soprani, i mezzosoprani) se sono usati al maschile, mentre rimangono invariati se sono considerati femminili (le contralto, le soprano, le mezzosoprano).

#99. :0>-Ie-I I nomi terminanti in -i0 fanno il plurale in -ii se l’accento tonico cade sulla -i-. Esempi: lo zio - gli zii, il leggio - i leggii, il pendio - i pendii, il ronzio - i ronzii, il mormorio - i mormorii.

35 Se invece l’accento tonico non cade sulla -i- di -io, allora il plurale di questi nomi termina con una sola -i. Esempi: l’esercizio - gli esercizi, il macellaio - i macellai, l’ozio - gli ozi, il vizio - ivizi, l’ufficio - gli uffici. Tra le eccezioni ricordiamo: il dio e il tempio che fanno rispettivamente gli dei e i templi, forme dotte che ricalcano il plurale latino. Nel caso di templi la forma latina deve essere stata introdotta per evitare omonimia con tempi, plurale di tempo.

# 100. Nomi terminati in -CO -GO Dei nomi in -co e in -go alcuni fanno il plurale in -ci e in -gi, altri in -chi e in -ghi. Per quanto sia molto difficile stabilire delle regole per questa categoria di nomi, si può dire che i bisillabi fanno generalmente il plurale in -chi e -ghi. Esempi: il cuoco - i cuochi, l’arco - gli archi, il fico - i fichi, il buco - i buchi, il bruco - i bruchi, il lago - i laghi, il fungo - i funghi, il mago - i maghi, il parco - i parchi. Eccezioni: greco - greci, porco - porci. In genere i polisillabi fanno il plurale in -chi e in -ghi se -co e -go sono preceduti da consonante. Esempi: l’ingorgo - gli ingorghi, l’impacco - gli impacchi, l’imbarco - gli imbarchi, l’albergo - gli alberghi. Se invece -co e -go sono preceduti da vocale allora fanno il plurale in -ci e -gi. Esempi: l’amico - gli amici, il medico - i medici, il teologo - i teologi. Come accennato, questa regola è piuttosto arbitraria e parecchi nomi non seguono questa norma che non si basa su elementi molto validi. Tra le unità che mantengono il suono velare si possono ricordare: valichi, carichi, dialoghi, epiloghi, monologhi..., ma l’elenco sarebbe veramente troppo lungo. Quindi in caso di dubbio si consiglia di far ricorso ai vocabolari che, in alcuni casi, presentano addirittura le due forme. # 101. Nota esplicativa Perché tanta incertezza a proposito di questo plurale? L'incertezza è dovuta al fatto che nei digrammi -ce-, -ge-, -ci- -gi- le consonanti -c- e -g- hanno subito nel corso dei secoli un processo di

palatalizzazione. Mentre infatti, in latino arcaico, essi rappresentavano i suoni velari che si notano ancora in alcune parlate della Sardegna (kentu, kimbe, it. cento, cinque) o negli imprestiti passati dal latino ad altre lingue in epoca antica (es. lat. cellarius > ted. keller), nelle lingue romanze -ce-, -ci-, -ge- e -gi- hanno assunto un suono palatale (it. cento, cinque; rum. cinci) o anche sibilante (fr. cent, cing; sp. ciento, cinco).

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E così, i lemmi più comuni quali amico, nemico, greco ecc... che derivano dal latino per via popolare, hanno subito la palatalizzazione (amici, nemici, greci...), mentre le parole che nei secoli scorsi i dotti hanno immesso nel lessico italiano prendendole direttamente dal latino, mantengono ancora la pronuncia classica latina (chi, ghi) suggerita al momento dell’imprestito. In molti casi esiste poi oscillazione tra la forma velare (-chi, -ghi) e quella palatale (-ci, -gi). Anche i vocabolari danno le due forme (per es. astrologi e astrologhi). Comunque, dato che i parlanti tendono a seguire il modello: amico - amici, nei casi di dubbio è meglio optare per questa forma, e cioè: astrologi, filologi ecc... # 102. Nomi con doppio plurale Oltre ai nomi appena citati ve ne sono alcuni altri uscenti in -0, per lo più già appartenenti alla stessa classe dei nomi neutri latini in -um, che hanno addirittura due forme di plurale: una in -i, regolare secondo lo schema italiano, e una in -a, regolare secondo il sistema latino. La maggior parte di questi due plurali ha acquisito un significato suo proprio. Qui di seguito ne riportiamo i più comuni. il braccio

il budello

il calcagno il cervello

il ciglio il corno

il cuoio il dito

il filo il fondamento

il fuso

le braccia i bracci le budella

i budelli le calcagna i calcagni le cervella i cervelli le ciglia i cigli le corna i corni le cuoia

i cuoi

le dita i diti le fila i fili le fondamenta i fondamenti le fusa i fusi

(del corpo) (di fiume, di croce, di strade) (intestini) (vie lunghe e strette) (nelle locuzioni) (parte del corpo) (parte del corpo) (ingegni, menti)

(parte del corpo) (di strade, di burroni, di fossi) (di animali) (strumenti musicali) (tirare le cuoia = morire)

(pelli)

(della mano tutti insieme) (considerati separatamente) (senso figurato; di congiura...) (senso proprio, es. della luce) (di casa, di edificio) (del sapere...) (il gatto fa le fusa) (fusi orari; per filare)

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il gesto

il ginocchio

il grido il labbro il lenzuolo il membro il midollo

le gesta i gesti le ginocchia i ginocchi le grida i gridi le labbra i labbri le lenzuola i lenzuoli le membra i membri le midolla i midolli

il moggio

le moggia i moggi

il muro

le mura i muri

l’osso

il riso il serramento il sopracciglio

lo staio

le ossa

gli ossi le risa i risi le serramenta i serramenti le sopacciglia i sopraccigli le staia

gli stai lo strido l’urlo

il vestigio

le gli le gli le

strida stridi urla urli vestigia

i vestigi

(le imprese) (i segni) (con lo stesso valore) (con lo stesso valore) (di uomo) (di animali) (del corpo) (di ferita) (due lenzuola) (numero imprecisato) (del corpo) (di associazioni, comitati) (con valore collettivo) (raro) (raro) (più frequente) (di città, di fortezza... cioè se circoscrivono un luogo) (se manca il senso precedente, della stanza, in senso figurato) (del corpo) (negli altri casi) (risate) (prodotti commestibili) (con valore collettivo) (più comune)

(recipienti) (solo dell’uomo) (di animali e dell’uomo) (solo umane)

(più usato) (raro)

# 103. -E>-I I nomi in -e, tanto maschili che femminili, fanno il plurale in -i. Esempi:

il dente - i denti, la gente - le genti, il fiore - i fiori, la sorgente - le sorgenti, la lezione - le lezioni.

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Tra le eccezioni ricordiamo il bue e mille che fanno rispettivamente buoi (lat. boves) e mila (lat. milia).

i

# 104. Nomi in -IE In genere i pochi nomi in -ie rimangono invariati al plurale. Tuttavia si nota una forte tendenza da parte dei parlanti a usare i plurali in -i forse seguendo il modello di: la moglie - le mogli. E così si ritrovano con sempre maggior frequenza plurali quali le superfici, le speci, le effigi che, però, molti vocabolari riportano solo sotto la forma di: le superficie, le specie... Per quanto rari, sono ancora degni di nota i plurali seguenti: la serie - le serie, la barbarie - le barbarie, la progenie - le progenie, la congerie - le congerie. # 105. Nomi invariati al plurale Alcuni nomi rimangono invariati al plurale. Tra di essi si devono ricordare: a. tutti i nomi che hanno l’accento tonico sull’ultima sillaba (quindi le parole tronche, i monosillabi ed i loro eventuali composti). Esempi: il re i re, la gru - le gru, il viceré - i viceré, l’autogrù - le autogrù, la virtù - le virtù, la città - le città, l’oblò - gli oblò ecc... b. i nomi che terminano in -i. Esempi: la tesi - le tesi, l’analisi - le analisi, la paralisi - le paralisi, la crisi - le crisi, l’oasi - le oasi ecc ...

c. tutti i nomi presi a prestito dai lessici stranieri. Esempi: lo/gli sport, il/i bar, lo/gli zar, il/i garage. d. i nomi che sono ottenuti dalla contrazione di parole più lunghe. Esempi: l’auto - le auto, la radio - le radio, la moto - le moto, il cinema - i cinema, una foto - due foto.

e. alcuni nomi in -a quali: boa (serpente), boia, gorilla, paria, sosia e vaglia.

Si noti che boa può essere maschile il boa (serpente) o femminile la boa (di salvataggio), il cui plurale è però regolare (le boe). f. i nomi delle lettere dell’alfabeto. la a - le a, la acca - le acca, la zeta - le zeta.

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# 106. Nomi sovrabbondanti Alcuni nomi, quali frutto, orecchio e tavolo, hanno una doppia forma al singolare e al plurale. Mentre orecchio / orecchia, tavolo / tavola, con i rispettivi plurali orecchi / orecchie e tavoli / tavole, non presentano grandi differenze di significato, frutto e frutta e i relativi plurali assumono significati leggermente diversi a seconda dei contesti in cui vengono a trovarsi. Si notino tuttavia le espressioni seguenti: il tavolo di cucina è grande. Ragazzi, a tavola! # 107.

Frutto, frutta

Oltre ad indicare il prodotto di una pianta, frutto e frutti sono usati soprattutto in senso figurato: frutti di lavoro, di capitali, di investimenti o pure un insieme di frutti considerati anche dal punto di vista commerciale e alimentare. Frutta, che è sempre usato con valore collettivo, quindi singolare, indica solo la frutta da tavola. Si noti che nessun italiano direbbe: ho mangiato una frutta, ma piuttosto "ho mangiato una pera", "ho preso una mela" oppure "un po’ di frutta" o anche "della frutta". # 108. Legno, legna Tra i nomi sovrabbondanti si potrebbero inserire anche legno e legna. Il primo, legno, indica la parte dura dei tronchi e dei rami dell’albero, quindi il materiale, mentre la legna si rifesrisce al materiale da ardere.

# 109. Nomi con doppio singolare Alcuni nomi, quali passeggero/e, nocchiero/e, scudiero/e e pochi altri, presentano due forme al singolare. La più comune è comunque quella in -o, mentre quella in -e è in regresso ed è riservata più che altro alla poesia. # 110. Nomi difettivi Come in molte altre lingue, anche in italiano vi sono nomi mancanti del plurale o del singolare e che, appunto per questa ragione, sono detti difettivi.

# 111. Nomi usati solo al singolare Sono solitamente usati solo al singolare:

a. La maggioranza dei nomi astratti e dei nomi collettivi. Esempi: la bontà, la superbia, il bestiame, il fogliame. b. I nomi di malattie.

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Esempi: il diabete, il cancro, la tisi, l’epilessia...

Ad essi vanno aggiunti concetti quali la fame, la sete, il sonno, il brio, la tema (poetico per timore)...

c. I nomi delle feste. Esempi: il Ferragosto, il Capodanno, l’Epifania, il Natale, la Pasqua. d. I nomi indicanti prodotti. Esempi: il miele, il latte, il pepe... e. I nomi di metalli, di elementi chimici o di concetti che si riferiscono a

una cosa unica. Esempi: il rame, il ferro, l’elio, l’equatore... Quando i nomi indicanti metallo sono al plurale, in genere assumono un valore semantico differente perché sono usati in senso figurato. Per esempio: i bronzi di Riace, prende i ferri e se ne va... indicano rispettivamente le statue di Riace, gli utensili... # 112. Nomi usati solo al plurale Sono usati solo al plurale:

a. Nomi di origine dotta quali le calende, le idi, le nozze, i fasti, gli annali, i posteri, i penati, le esequie, i lari, le masserizie... che già in latino presentavano la sola forma del plurale. b. Quegli oggetti che sono formati da due o più parti quali: le forbici, gli occhiali, le manette, le redini, le molle... c. Nomi che indicano pluralità di azioni o di oggetti quali: le dimissioni, le mutande, le stoviglie, le tenebre, le ferie, gli spiccioli, i pantaloni.

NOMI COMPOSTI # 113. Considerazioni generali Per quanto concerne il plurale dei nomi formati dall’unione di due parole, ci si regola in vario modo, a seconda di come sono formati i nomi stessi.

# 114. Nome + nome a. stesso genere Se il nome composto è formato da due sostantivi dello stesso genere, solo il secondo prende il segno del plurale. Esempi: pescecane - pescecani,

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cavolfiore - cavolfiori, capoverso - capoversi, capolavoro - capolavori, capoluogo - capoluoghi, capogiro - capogiri. b. genere diverso Se i due nomi sono di genere diverso, solo il primo prende il segno del plurale. Esempi: pescespada - pescispada, capoclasse - capiclasse, caposcala - capiscala, capofamiglia - capifamiglia.

Eccezioni: banconota, ferrovia i cui plurali sono rispettivamente banconote e ferrovie. # 115. Nome + aggettivo I composti formati da un sostantivo e da un aggettivo prendono il segno del plurale in entrambi i termini. Esempi: capocomico - capicomici, caposaldo - capisaldi, cassaforte - casseforti, terracotta - terrecotte, acquaforte acqueforti, acquatinta - acquetinte. Eccezione: camposanto fa camposanti.

# 116. Aggettivo + nome a. Se l’aggettivo precede un nome maschile, solo il secondo termine prende il segno del plurale. Esempi: francobollo - francobolli, altoparlante altoparlanti, bassorilievo - bassorilievi, chiaroveggente - chiaroveggenti. Tra

le eccezioni

si possono

ricordare:

l’altoforno

- gli altiforni,

il

bassopiano - i bassipiani, il bassofondo - i bassifondi. Il purosangue e il fondovalle sono invece invariabili.

b. Se il nome è femminile, in genere cambiano tutti e due i termini. Esempi: la mezzatinta - le mezzetinte, la mezzaluna - le mezzelune, la malalingua - le malelingue. # 117. Verbo + nome a. verbo + nome plurale I composti formati da un verbo e da un nome restano invariati se quest’ultimo è al plurale. Esempi: il/i portalettere, il/i portaombrelli, il/i giradischi, il/i portachiavi, l’/gli apriscatole, l’/gli accendisigari. b. verbo + nome singolare maschile Se il sostantivo è singolare di solito esso diventa plurale se è di genere maschile. Esempi: parafulmine - parafulmini, battibecco - battibecchi, tergicristallo - tergicristalli, parafango - parafanghi. Perdigiorno, spartitraffico, tritatutto sono invariabili.

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c. verbo + nome singolare femminile Se il nome è femminile singolare, allora il composto rimane invariato. Esempi: il/i battilastra, il/i posacenere, il/i portacenere, il/i cacciavite, il/i salvagente. Eccezione; il battimano - i battimani.

# 118. Preposizione/avverbio + nome Esistono poi dei nomi composti da una preposizione e da un nome o da un avverbio e da un nome. Questa categoria di parole non sembra seguire una regola ben determinata in quanto, alcune come: sottopassaggio/sottopassaggi, retroguardia/e, soprattassa/e, sottoveste/i..., prendono il segno del plurale, mentre altre quali: il/i sottoscala, il/i senzatetto, il/i retroterra... rimangono invariate. # 119. Casi particolari Esistono poi ancora dei casi particolari come pellerossa e pomodoro. Il plurale del primo può infatti essere pellirosse, pellirossa e pellirossi, mentre quello del secondo può essere pomodori, pomidori e pomidoro. Pomodori è attualmente la forma più comune, mentre pomidoro, da pomi d’oro, ricorda la struttura dei composti del tipo: ficodindia / fichidindia. # 120. Verbo + verbo oppure verbo + avverbio I nomi composti da due verbi o da un verbo e un avverbio sono invariabili. Esempi:

il/i saliscendi, il/i viavai, il/i dormiveglia,

il/i posapiano,

il/i

lasciapassare .

# 121. Tendenze moderne Nella lingua moderna sono frequenti gli accostamenti di due parole, in cui la seconda determina la prima, pur senza formare un vero e proprio nome composto, come avviene in guerra lampo, caso limite, posto chiave, ragazza squillo, romanzo fiume, busta paga, decreto legge. Il plurale di questi abbinamenti si fa solo nel primo nome: guerre lampo, casi limite, posti chiave, ragazze squillo, romanzi fiume, buste paga, decreti legge. Il secondo infatti, non ha valore nominale, ma sostituisce un’intera proposizione: una guerra che è rapida come un lampo, un caso che costituisce un limite... Questi abbinamenti non vanno confusi con quelli del tipo ragazza madre,

ape regina e studente lavoratore, dove tutti e due i termini prendono il segno del plurale in quanto il secondo è un’apposizione (#884) del primo.

43 NOMI

ALTERATI

# 122. Introduzione A differenza del francese e dell’inglese, in italiano è molto comune aggiungere un suffisso a un nome per modificarne, seppure leggermente, il significato. In un certo qual modo il nome alterato viene ad avere il valore del nome stesso e di un aggettivo. Così, alberetto equivale a piccolo albero, mentre nebbione corrisponde a nebbia densa e fitta. In genere con il diminutivo e l’accrescitivo si esprime un giudizio riguardante la grandezza, mentre con il vezzeggiativo, il peggiorativo e dispregiativo si esprime un sentimento. Va comunque aggiunto che la distinzione tra il valore dei vari suffissi non è sempre netta e spesso il significato è precisato solo dal contesto. Non solo la distinzione tra diminutivo e vezzeggiativo, diminutivo ed accrescitivo è a volte personale, ma vi sono dei casi in cui il suffisso peggiorativo -accio acquista addirittura un valore positivo. Si pensi all’esclamamazione: Poveraccio! si usa per esprimere compassione verso qualcuno. Le stesse considerazioni si potrebbero fare per alcuni altri suffissi. Per esempio -ino o -etto, che solitamente hanno una connotazione positiva, potrebbero assumere un valore peggiorativo.

# 123. Diminutivo I suffissi per il diminutivo sono: -ino, -ello, -etto, -iolo -uolo. Esempi: libro, libricino, libretto, librettino; ragazzo, ragazzino, ragazzetto, ragazzuolo; macchina, macchinina, macchinetta; strada, stradina, stradetta, stradicciola. L’uso di -uolo è molto meno frequente degli altri suffissi. Si noti che i nomi uscenti in -one richiedono una c prima dei suffissi -ino e -ello. Esempi: pallone - palloncino, balcone - balconcino, cordone cordoncino, vallone - valloncello, garzone - garzoncello...

# 124. Accrescitivo I suffissi per l’accrescitivo sono: -one,-ona -otto, -ozzo. Con il suffisso one, anche le parole femminili diventano maschili (un donnone). -otto, -0zzo sono suffissi leggermente accrescitivi. Esempi: lupo - lupone lupacchiotto; nebbia - nebbione; giovane - giovanotto; predica - predicone - predicozzo. # 125. Vezzeggiativo I suffissi per il vezzeggiativo sono: -uccio, -uzzo, -iccio, -icchio. Esempi: becco - beccuccio, labbro - labbruzzo, terra - terriccio, Maria - Mariuccia, occhi - occhiuzzi.

# 126. Peggiorativo I suffissi più comuni per il dispregiativo sono: -accio, -astro, -onzolo, -iciattolo, -ucolo, -upolo. Esempi: cane - cagnaccio, poeta - poetastro poetucolo; stanza - stanzaccia, mostro - mostricciattolo; casa - casupola; maestro - maestrucolo.

# 127. Nomi al superlativo A conclusione di questi paragrafi sui nomi alterati vorremmo anche segnalare che, nella lingua moderna, si trova talvolta il suffisso -issimo, proprio degli aggettivi, aggiunto ai sostantivi dando origine a dei composti con valore intensivo quali: campionissimo, partitissima, finalissima, presidentissimo, governissimo, canzonissima..., che corrispondono quindi: a grandissimo campione, a grandissima partita... FORMAZIONE

DEI NOMI

# 128. Introduzione Come avveniva già in latino, anche in italiano molti nomi sono formati mediante l’aggiunta di una desinenza ad una radice verbale od aggettivale. Tali desinenze possono già dare un’idea del significato del sostantivo. Qui di seguito, disposte in ordine alfabetico, presentiamo quelle che ci

sembrano le desinenze più frequenti. # 129 -aggine, -iggine e -uggine Sono suffissi che già in latino servivano per formare nomi di piante o esprimevano idea collettiva. In italiano queste desinenze indicano anche qualità astratta o difetto fisico. Esempi: sbadataggine, fuliggine, ruggine, lentiggine, vertigine. # 130. -aggio Derivato dal suffisso latino -aticus, che serviva per formare aggettivi, poi passato a suffisso di sostantivi per indicare qualità astratte, nomi collettivi o stati della società. Esempi: formaggio (caseum formaticum), linguaggio, ortaggio, messaggio, servaggio, pedaggio, coraggio, lavaggio...

# 131. -aglia Aggiunto a un nome ha per lo più valore collettivo ed anche peggiorativo. Esempi: gentaglia, plebaglia, soldataglia, marmaglia, ciurmaglia, boscaglia, sterpaglia... # 132. -aia Come femminile di -aio indica professione, però serve anche per indicare il luogo dove crescono determinate piante o dove si trovano determinati animali. Esempi: fungaia, colombaia, pollaio, ghiacciaia, topaia, risaia.

45 # 133. -aio Indica per lo più una professione. Esempi: orologiaio, fornaio, merciaio, lattaio, giornalaio, camiciaio...

# 134. -aiolo Come -aio indica per lo più una professione. Esempi: boscaiolo, pizzaiolo, firmaiolo, barcaiolo, erbaiolo. # 135. -ame (-ime, -ume) Suffisso tipico di sostantivi con valore collettivo. Esempi: mangime, pollame, legume, marciume...

fogliame,

# 136. -anda -enda Derivati dal neutro plurale del participio futuro passivo latino, i nomi che presentano questa desinenza indicano per lo più un oggetto concreto. Esempi: agenda, mutande, faccenda, merenda, filanda...

# 137. -ano In latino indicava appartenenza e serviva soprattutto per la formazione di aggettivi divenuti poi anche sostantivi. Esempi: pagano, sacrestano, paesano, cristiano, cappellano, ortolano... # 138 -ante, -ente Desinenze tipiche del participio presente che spesso ha assunto valore di sostantivo. Esempi: mandante, comandante, gerente, studente, vincente,

ente, perdente, dirigente... # 139. -anza, -enza Aggiunti per lo più ad un verbo indicano stato, modo di essere. Esempi: ignoranza, importanza, conoscenza, decadenza, discendenza, minoranza,

maggioranza, costanza, resistenza... # 140. -ata, -ita, -uta Participio passato femminile dei verbi, indica l’azione espressa dal verbo stesso. Esempi: fumata, salita, seduta, uscita, sortita, veduta, dormita, spremuta, telefonata.

Questi suffissi sono poi anche stati aggiunti a sostantivi e possono indicare il contenuto, il colpo inferto con l’oggetto rappresentato dal nome o anche -"un’azione propria di...". Esempi: cuchiaiata, scodellata, occhiata, gomitata, fucilata, cordata, retata, manciata, manata, buffonata, porcata, pagliacciata, carognata...

46

# 141. -ato In latino serviva per indicare cariche o uffici. Lo si può anche aggiungere a temi verbali ed in questo caso indica il risultato dell’azione espressa dal verbo stesso. Esempi: consolato, vescovato, arbitrato, magistrato, celibato; passato, pensato, odorato, elaborato, bucato, lavato...

# 142. -erìa Indica per lo più negozi, laboratori; serve ad esprimere concetti astratti e concreti. Esempi: pescheria, profumeria, fantasticheria, monelleria, corbelleria, fesseria, stramberia. # 143. -eto, -eta Aggiunti a nome, soprattutto di alberi, servono per indicare i luoghi dove essi crescono 0 comunque si trovano. Esempi: pineta, querceto, oliveto, pioppeto, frutteto, canneto, cardeto, alboreto. # 144. -ezza Aggiunto a un aggettivo indica per lo più un’idea astratta. Esempi: contentezza, giovinezza, ricchezza, naturalezza, pienezza, destrezza, rigidezza, durezza...

# 145. -ìia Aggiunto a un aggettivo indica per lo più nozione astratta o collettiva. Esempi: cortesia, borghesia, frenesia, bramosia, ritrosia.

# 146. -ia Suffisso comune per indicare luoghi geografici. Esempi: Germania, Campania, Francia, Grecia, Sicilia... # 147. -iera Indica per lo più recipiente. Esempi: saliera, insalatiera, oliera, paniere, petroliera... # 148. -iere (femm. -iera) Indica per lo più professione. Esempi: cameriere, profumiere, gioielliere...

artificiere,

bersagliere,

droghiere,

# 149. -iìo E il suffisso tipico dei sostantivi verbali che indicano per lo più azione continua e persistente. Esempi: lavorio, borbottio, sfottio, ronzio, logorio, gorgoglio, mormorio...

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# 150. -ismo, -esimo Suffissi che in genere servono per esprimere movimento di idee o correnti di pensiero. Esempi: comunismo, socialismo, fascismo, ateismo, protestantesimo, paganesimo, cristianesimo...

# 151. -ista Questo suffisso indica la persona che compie un’azione. Come detto prima (#79), i nomi in -ista possono essere maschili e femminili. Esempi: autista, tassista, artista, pianista, barista, dentista...

# 152. -izia Derivazione dotta dal suffisso latino -itia, indica per lo più un concetto astratto. Esempi: giustizia, mestizia, itterizia, malizia, furbizia. # 153. -mento Questo suffisso può indicare idea astratta o oggetto concreto, come avveniva del resto in latino. Esempi: portento, indumento, strumento, completamento, complemento, documento, rinnovamento, monumento... # 154. -ore In italiano i nomi in -ore hanno conservato il genere maschile che avevano in latino. (In francese i nomi astratti in -eur sono femminili). Esempi: colore, pudore, odore, sentore, furore, ardore...

# 155. -tà, -tù Questi suffissi sono caratteristici dei nomi astratti, derivati per lo più da aggettivi. Esempi: realtà, verità, crudeltà, povertà, virtù, gioventù. # 156. -toio, -toia Indica luogo o strumento. Esempi: scorciatoia, mangiatoia, annaffiatoio, abbeveratoio, lavatoio...

# 157. -tore, -sore Indicano uno strumento o una persona che compie una determinata azione. La variazione -tore -sore dipende dal participio passato del verbo che forma la radice. Esempi: costruttore, trasportatore, professore, aggressore, ascensore, compressore, oppressore, rettore...

# 158. -tudine Suffisso tipico dei sostantivi astratti derivati per lo più da aggettivi. Esempi: solitudine, beatitudine, consuetudine, inquietudine.

48 # 159. -ura Aggiunto a dei participi passati può indicare concetti astratti, concreti € anche collettivi. Esempi: imbottitura, fornitura, fioritura, bocciatura, fregatura, cottura, bruciatura. # 160. -zione -sione Aggiunti soprattutto ai verbi. Anche in questo caso la variazione -zione, -sione potrebbe essere collegata al participio passato del verbo latino. Esempi: considerazione, constatazione, colazione, contrazione, riflessione, pressione, aggressione, flessione. # 161. Verbi, aggettivi... usati al posto di un nome A conclusione di queste note sui suffissi, vorremmo ancora ricordare che,

facendoli precedere dall’articolo, in italiano si possono sostantivare sia i verbi che gli aggettivi ed anche altre parti del discorso. Esempi: il bello, il brutto e il cattivo. Il dare e l’avere. Volere l’impossibile. Unire l’utile al dilettevole. Tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare. Dimmi il perché di tutto questo. Con i ma, i se e i forse non si concluderà mai nulla. # 162. Deverbali Una tendenza molto comune dell’italiano moderno, che però non era sconosciuta in passato, consiste poi nel sostantivare le forme verbali del presente indicativo. Se considerate maschili si trovano alla prima persona, uscente in -0, mentre invece se ritenute femminili esse presentano la desinenza della terza persona, -a. Esempi: la bonifica, la replica, la delega... l’avvio, l’estimo, il degrado...

49

AGGETTIVI QUALIFICATIVI #163 Introduzione A differenza di quello inglese, l’aggettivo italiano è variabile e si accorda, in genere e numero, con il nome a cui si riferisce. Gli aggettivi si possono dividere in due gruppi: gli aggettivi qualificativi e gli aggettivi determinativi. Mentre gli aggettivi qualificativi aggiungono una qualità al nome che accompagnano, per esempio: una macchina nuova o una giornata particolare..., gli aggettivi determinativi servono a determinare il nome precisandone la posizione, l'appartenenza o il numero.

# 164. Aggettivi qualificativi Gli aggettivi qualificativi italiani sono solitamente divisi in due classi. La prima comprende tutti gli aggettivi che al maschile singolare escono in -0, mentre fanno parte della seconda quelli che al maschile singolare terminano in -e.

# 165. Prima classe Gli aggettivi della prima classe presentano quattro uscite: -o per -a per -i per -e per

il maschile singolare. il femminile singolare. il maschile plurale. il femminile plurale.

(Un ragazzo povero (Una ragazza povera (Due ragazzi poveri (Due ragazze povere

e generoso) e generosa) e generosi) e generose)

# 166. Seconda classe Gli aggettivi della seconda classe hanno due sole uscite: -e per il singolare, maschile e femminile. Esempi: un compito facile e una lezione difficile -i per il plurale, maschile e femminile. Esempi: i compiti facili e le lezioni difficili. # 167. Aggettivi uscenti in -a Oltre a queste due classi, vi sono ancora aggettivi in: -a come ottimista, pessimista, pacifista, idiota, ipocrita..., che come i nomi del tipo pianista, dentista..., presentano le tre forme seguenti: -a per il singolare maschile e femminile. Esempi: il signore ottimista, la signora ottimista; l'assessore socialista, una donna pacifista. -i per il plurale maschile. Esempi: i signori ottimisti, i giovani pessimisti; gli assessori socialisti, dei ragazzi pacifisti.

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-e per il plurale femminile. Esempi: le signore ottimiste, le giovani pessimiste; le teorie socialiste, due studentesse pacifiste. # 168. Aggettivi aventi due forme Alcuni aggettivi della seconda classe sono usati impropriamente come se appartenessero alla prima. Di pochi, però, si accettano le due forme, per lo più equivalenti dal punto di vista semantico. Tra i più comuni si ricordano: fine/o, inodore/o e triste/o. Triste e tristo hanno però un significato diverso in quanto il primo, triste, equivale a "malinconico", mentre il secondo ha il valore di "cattivo, disposto a mal fare". # 169. Aggettivi invariabili Ai gruppi or ora segnalati andrebbero ancora aggiunte alcune forme aggettivali invariabili, quali cremisi, pari, dispari, impari, dappoco, dabbene, perbene e gli aggettivi indicanti colore: blu, rosa e viola. Esempi: lo conosciamo, è una persona perbene. La lotta era impari. Il futuro è rosa. Indossava calze blu.

# 170. Arancione e marrone Mentre alcuni parlanti considerano gli aggettivi arancione e marrone invariabili, come rosa e viola, va detto che essi sono sempre più frequentemente considerati aggettivi della seconda classe, in -e, con plurale in -i. Esempi: Calzava un paio di scarpe marroni. # 171. Aggettivi indicanti colore A proposito degli aggettivi indicanti colore, va detto che restano invariati quando sono accompagnati da un sostantivo che ne precisa la sfumatura. Esempio: aveva i capelli biondi; aveva i capelli biondo oro. Indossava una maglia rosso mattone; indossava una maglia rossa. # 172. Aggettivi composti a. Se due aggettivi indicanti colore si uniscono per formarne un altro, solo il secondo è variabile. Esempi: quegli atleti indossavano maglie biancocelesti. I giocatori della Juventus indossano maglie bianconere.

Anche quando gli aggettivi sono uniti da un trattino varia solo il secondo, mentre quando i due aggettivi sono semplicemente messi l’uno dopo l’altro rimangono entrambi invariati. Esempi: le loro maglie sono nero-verdi. La loro maglia è rosso chiaro. Le loro macchine erano verde scuro.

Se invece i due aggettivi sono uniti dalla congiunzione e variano entrambi, seguendo la regola generale. Esempi: la loro macchina è gialla e rossa. I corridori indossavano casacche celesti e nere.

Sl

b. anche altri aggettivi, soprattutto quelli indicanti nazionalità o gruppi politici, vengono a combinarsi per dar vita a nuovi composti. Pure in questi casi, siano essi scritti in una sola parola o uniti da un trattino, solo il secondo è variabile. Esempi: quei paesi hanno governi socialdemocratici. Sono italo-americani o italo-canadesi?. L’alleanza austro-prussiana non durò a lungo.

# 173. Mezzo Mezzo si accorda con il nome e dovrebbe rimanere invariato quando lo si usa per indicare le ore. Esempi: ha girato mezza Italia. Sono le due e mezzo. Parla solo a mezze parole. A proposito di mezzo si noti che molti italiani, forse seguendo le regole della loro parlata regionale, usano accordarlo sempre e così non è raro sentir dire: sono le due e mezza ecc... che è una forma assai comune, anche

se i grammatici non la considerano perfetta. Mezzo si può apostrofare davanti a sostantivi singolari che iniziano per vocale. Vedasi per esempio: mezz’ora, mezz’età, a = mezz’aria, a mezz’altezza. Altre volte, mezzo si trova addirittura unito al nome che lo segue come avviene in: mezzanotte, mezzogiorno, mezzodì, mezzaluce, mezzaluna, mezzobusto, mezzoretta...

# 174. Fu Fu, usato con valore di aggettivo (= fr. feu, ingl. late) è anch’esso invariabile. Esempio: figlio di fu Giacomo e di fu Margherita...

FORMAZIONE DEL PLURALE # 175. Regole generali Nella formazione del plurale gli aggettivi seguono le stesse regole dei nomi, cioè, come s’è anche visto (#91 e segg.), la -o finale diventa -i, la -a diventa -e e in alcuni casi -i, la -e diventa -i. Esempi: un quaderno rosso, due quaderni rossi; una penna nera, due penne nere; un libro verde, due libri verdi; una lavagna verde, due lavagne verdi; un ragazzo ottimista, due ragazzi ottimisti; una signorina ottimista, due signorine ottimiste. # 176. Aggettivi in -co e in -go In genere gli aggettivi in -co e in -go formano il plurale in -chi e in -ghi se sono piani, cioè se il loro accento tonico cade sulla penultima sillaba. Se invece sono sdruccioli, cioè se il loro accento tonico cade sulla terzultima

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sillaba, formano il plurale in -ci e in -gi. Esempi: ricco - ricchi, secco secchi, rauco - rauchi, lunghi - lunghi, largo - larghi, pratico - pratici, magnifico - magnifici, analogo - analogi. Si ricorda però che non mancano le eccezioni, per esempio: greco - greci, carico - carichi, dimentico - dimentichi. Quanto detto per i nomi in -co in -go (#100/101) vale anche per gli aggettivi. # 177. Aggettivi in -ca e in -ga Gli aggettivi in -ca e in -ga, cioè i femminili degli aggettivi in -co e in -go visti al paragrafo precedente hanno il plurale in -che e in -ghe. Esempi: greca - greche, tedesca - tedesche, pratica - pratiche, analoga - analoghe...

Si noti però che il plurale di belga è -belgi- (maschile) e -belghe(femminile). Esempi: tra gli invitati c’era anche un belga. I cittadini belgi andranno alle urne per scegliere un nuovo governo.

# 178. Aggettivi in -logo, e in -fago I composti con i suffissi -logo e -fago tendono sempre più ad avere il plurale maschile in -logi e -fagi, anche se alcuni vocabolari riportano ancora le forme con la velare -ghi. Esempi: in passato questi erano popoli

antropofagi. I filologi romanzi si interessano dello studio delle lingue neolatine. # 179. Aggettivi in -io Come già si è visto per i nomi, anche gli aggettivi in -io hanno il plurale in -ii se la -i- di -ìo è tonica, mentre mantegnono una sola -i- se la -i- di -io non è tonica. Esempi: pio - pii, natio - natii, restio - restii; saggio saggi, leggendario - leggendari, milionario - milionari. Al femminile plurale gli aggettivi in -cio e in -gio mantengono la -i- non solo se la -i- è tonica, ma anche quando, pur non essendo tonica, la -i- è preceduta da una sola consonante (a questo proposito vedasi il #97). Esempi: le navi fenicie erano note in tutto il Mediterraneo. Le cose non filano tanto lisce. # 180. Bello Quando precede il sostantivo o un termine con valore di sostantivo, bello segue le stesse regole dell’articolo determinativo. Cioè per il maschile si

userà:

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bello se la parola che segue inizia con -s- impura, z, ps-, gn-, i semiconsonante. Esempi: che bello stadio! Che bello zaino! Si ha un bello spendere...

bell’ se la parola che segue inizia con vocale. Esempi: un bell’amico, un bell’esempio, un bell’armadietto. bel negli altri casi del singolare. Esempi: un bel libro, un bel regalo, un bel profitto. Un bel parlare, ma... begli al plurale davanti a parola che inizia con vocale, -s- impura, z, ecc... Esempi: che begli amici! Dei begli stadi, alcuni begli esempi, due begli zaini...

bei negli altri casi del plurale. Esempi: due bei libri, i bei quadri, i bei lampadari... Quando bello segue il nome non è più soggetto a questi mutamenti eufonici, e le sue forme saranno quelle regolari cioè: bello, bella, belli, belle. Esempi: i libri belli sono rari. Gli occhi belli piacciono sempre. Le macchine belle fanno colpo. # 181. Bello davanti a un altro aggettivo Va anche ricordato che bello può precedere un altro aggettivo o un participio passato. In questo caso, pur avendo valore avverbiale, si accorda con il nome e mantiene la forma intera (bello, bella, belli, belle). Esempi: erano belli grassi. Abbiamo comprato delle ciliegie belle fresche. I salami sono belli cotti. # 182. Bell’e Talvolta, soprattutto davanti a un aggettivo, invece di bello, si ha bell’e che è invariabile. Esempi: siamo bell’e fritti. Quando è arrivato il dottore, il malato era bell’e morto. La messa era bell’e finita. # 183. Buono Se precede il nome, buono segue le regole di uno, articolo indeterminativo.

Cioè per il maschile si userà: buono quando il nome che segue inizia con -s- impura, z, ecc... Esempio: un buono studente, un buono psicologo.

buon negli altri casi. Esempi: un buon albergo, un buon amico, un buon pasto, il buon giorno si vede dal mattino, questo è di buon augurio...

54 Per il femminile singolare si usano buon’ o buona davanti a vocale e buona negli altri casi. Esempi: una buon’amica, buon’anima, una buona giornata, di buon’ora, una buona azione. Il plurale è regolare, cioè si usano: buoni, buone. Esempi: le buone azioni, i buoni esempi, essere in buone mani.

# 184. Grande Per quanto, in molti sintagmi stereotipati, grande appaia sotto forma di grand’ davanti a parole singolari che iniziano per vocale, (es. grand’uomo, grand’affare...) va detto che l’uso moderno sembra preferire la forma grande. Esempi: una grande impresa, un grande esempio, un grande amico. AI plurale, davanti a vocale, esiste solo la forma intatta grandi, mentre davanti a consonante si può trovare la forma gran. Esempi: Dante e Verdi sono dei grandi italiani. Non riusciva a dimenticare i suoi grandi occhi. Non devi dargli retta perché sono dei gran bugiardi. Quelle sono state delle gran(di) giornate. Quando la parola che segue inizia con s impura, ps, z ecc... si preferisce mantenere la forma grande / grandi. Esempi: era un grande sportivo. Abbiamo assistito a delle grandi zuffe. Il Gran Premio d’Italia si corre spesso a Monza. # 185. Gran Va detto che grande può perdere -de- davanti a un nome che inizia con consonante. Questa forma è molto comune in sintagmi in cui la parola che segue gran è bisillaba: una gran festa, un gran ballo, una gran parte, gran voglia... Esempi: oggi è un grande giorno (oppure un gran giorno). Era stata una grande giornata (o una gran giornata)

Rari sono i casi in cui gran sta al posto di grandi. Esempio: quelli sonostati due gran gol.

# 186. Gran con valore avverbiale Si noti pure che gran può essere preposto ad un aggettivo, soprattutto bello, per rafforzarne il valore. Esempi: quando vincerà al lotto sarà un gran bel giorno. Lei era una gran bella donna, lui un gran bell’uomo. Sono dei gran maleducati (grandi maleducati). # 187. Santo In genere, santo si elide davanti a un nome maschile o femminile che inizia per vocale e quindi si ha sant’. Esempi: Sant’ Ambrogio, Sant'Anna, Sant’Eligio, Sant’ Antonio, Sant'Agnese, Sant’ Andrea...

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Davanti a nome maschile che inizia con -s impura si usa santo. Esempi: Santo Stefano, Santo Spirito... Santa si usa davanti a nome femminile che inizia per consonante. Esempi: Santa Rita, Santa Rosalia, Santa Maria... San si usa davanti a nome maschile che inizia con consonante. San Giovanni non vuole inganni, San Paolo, San Giuseppe...

Esempi:

Si noti che si dice San Zeno, San Zenobio.

Santo può apostrofarsi (sant’) quando precede un nome comune che inizia con vocale. La forma intera è però più frequente. Esempi: il Sant’Uffizio, un sant'uomo, santa pazienza, il Santo Padre, il Santo Sepolcro, la Santa Alleanza, i Santi Apostoli.

# 188. Benedetto, bravo e povero seguiti da uomo. Anche questi tre aggettivi possono presentare l’apostrofo quando si trovano davanti a uomo. Esempi: benedett’uomo, brav’uomo. pover’uomo.

A proposito di bravo, si ricorda che in italiano esso non può avere il valore avverbiale con cui è usato in altre lingue. Bravo si accorda sempre, in genere e in numero, con il nome a cui si riferisce. Secondo il caso si dovrà dunque dire: bravo, brava, bravi, brave. # 189. Posizione dell’aggettivo In genere l’aggettivo qualificativo segue il nome a cui si riferisce. Esempi: le vacanze natalizie, una signora elegante, un ragazzo simpatico, un prezzo modico.

Non è raro che gli aggettivi precedano il nome a cui si riferiscono, acquistando talvolta anche un valore leggermente diverso. # 190. Aggettivo posposto L’aggettivo posposto conserva sempre il suo valore originale e aggiunge una qualità al nome che accompagna. Quindi, se si vuole, contribuisce a meglio determinarlo ed eventualmente a distinguerlo da altri termini della stessa specie, come per esempio in: "ha preso la macchina rossa", "la carta geografica era sul tavolo nero". # 191. Aggettivo anteposto L’aggettivo anteposto al nome non ha funzione distintiva, ma attribuisce qualità intrinseche al nome che accompagna. Esempi: l'ambito trofeo era esposto nella grande vetrina (Grande indica qui solo una caratteristica

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della vetrina). La coppa era esposta nella vetrina grande (e non in quella o in quelle piccole).

Talvolta l’aggettivo posto davanti al nome

può assumere

un valore

metaforico. E ciò avviene per alto, bello, buono, caro, cattivo, grande,

Nuovo, piccolo, vecchio..., che assumono sfumature di significato differenti a seconda della loro posizione. un’altra macchina, Esempi: una nuova macchina una macchina nuova una macchina comprata da poco, un alto funzionario = importante un funzionario alto = di alta statura

un povero ragazzo un ragazzo povero

= sfortunato = non ricco.

# 192. L’aggettivo deve seguire il nome L'aggettivo segue sempre il nome nei casi seguenti: a. Quando è preceduto da un avverbio.

Esempi: un ragazzo molto povero, un libro molto bello. b. Quando deriva da un nome.

Esempi: le vacanze pasquali, la gara ciclistica... c. Quando indica nazionalità.

Esempi: in città abbiamo incontrato due turisti americani. Le macchine italiane sono esportate dovunque. d. Quando sono alla forma alterata o sono seguiti da una locuzione determinante o da complementi. Esempi: erano dei ragazzi grandicelli. Sono delle ragazze carine. Sono persone prive di mezzi e di risorse. e. Quando si tratta di participi presenti o passati. Esempi: è stata una serata divertente. Erano proprio delle feste attese. f. Quando indicano forma, colore, materia.

Esempi: sono dei tavoli rotondi, dei quadri rosa. I fiumi in piena hanno le acque limacciose. La vite prospera nei terreni argillosi. # 193. Aggettivi indicanti nazionalità Gli aggettivi che indicano nazionalità seguono il nome al quale si riferiscono e richiedono l’iniziale minuscola. Esempi: uno studente canadese, due turisti greci; dei giovani polacchi, delle studentesse tedesche.

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# 194. Come valore l’utile

Aggettivo al posto di un nome s’è visto, se preceduto da un articolo, l’aggettivo può assumere il di un nome. Esempi: il bello e il brutto. I vecchi e i giovani. Unire al dilettevole.

# 195. Aggettivo al posto di un avverbio Talvolta, l'aggettivo può anche svolgere le funzioni di un avverbio, cioè modifica un verbo o un altro aggettivo. Esempi: per farsi capire bisogna parlare chiaro. Chi va piano, va sano e va lontano. Era una gran bella giornata. Nelle espressioni: alla svelta, alla buona, alla francese, alla carlona... è chiara la caduta del sostantivo maniera o moda che accompagnava il

nome. # 196. Accordo dell’aggettivo A differenza dell’inglese, l’aggettivo italiano si accorda, in genere e in numero, con il nome a cui si riferisce. Esempi: una casa bella, due case belle; la macchina nuova, le macchine nuove, il giovane ottimista, i giovani ottimisti, le giovani tedesche. # 197. Aggettivo riferito a due nomi Se uno stesso aggettivo si riferisce a due nomi dello stesso genere, l’aggettivo si accorda al plurale, maschile o femminile, secondo il genere dei nomi. Esempi: una città e una provincia italiane. Un turista ed un viaggiatore stranieri.

Se i nomi sono di genere diverso, allora l’aggettivo si accorda al plurale maschile. Esempi: il libro e la penna sono nuovi.

# 198. Caro Caro è talvolta usato con valore avverbiale, cioè modifica il valore di una forma verbale. Ciononostante, in questi casi si usa accordare caro al suo referente e ciò soprattutto quando esso è un pronome personale espresso o sottinteso. Esempi: li ho pagati cari. (La macchina) Mi è costata cara. I viaggi costano caro. Li hanno venduti cari.

# 199. Vicino e lontano Anche vicino e lontano possono essere considerati aggettivi o avverbi. Quindi nel primo caso si accordano con il nome, mentre nel secondo rimangono invariati. Esempi: la sua casa è vicina all’università. La macchina è parcheggiata lontano dal centro. La stazione è lontana dal centro. I loro amici sono lontani.

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GRADI DELL’AGGETTIVO # 200. Introduzione L’aggettivo qualificativo può avere tre gradi: il positivo, il comparativo e il superlativo. # 201. Grado positivo Il grado positivo esprime semplicemente una qualità. Esempi: un ragazzo alto, un regalo utile, una casa vecchia, una ragazza intelligente, la tavola rotonda, il foglio bianco. # 202. Grado comparativo Il comparativo esprime un paragone: più alto, meno utile, più vecchio, interessante come, caro quanto... Il comparativo può essere di maggioranza, di minoranza e di uguaglianza.

# 203. Comparativo di maggioranza Per fare il comparativo di maggioranza, basta far precedere l’aggettivo da più e farlo seguire da di. Esempi: Roma è più antica di Venezia. Napoli è più grande di Palermo. L’oro è più prezioso del rame. # 204. Comparativo di minoranza Il comparativo di minoranza si forma premettendo meno all’aggettivo e facendolo seguire da di. Esempi: Paolo è meno studioso di Roberto. L'Italia è meno estesa del Canada. Il rame è meno prezioso dell’oro. # 205. Più... che..., meno... che... Invece di più... di..., meno... di... si usano più... che..., meno... che... quando la comparazione, riferita allo stesso soggetto, avviene tra due aggettivi, due avverbi, due sostantivi o due verbi. Esempi: sei più furbo che bello. C’erano più macchine che moto. Hanno più camicie che cravatte. È meno facile tacere che parlare. Mangiano meno carne che pesce. Mangiano meno di noi.

# 206. Rafforzamento del comparativo Volendo, si può rafforzare il comparativo con gli avverbi molto, bene o assai. Esempi: questo libro è molto più (meno) interessante di quello. La luce è ben più rapida del suono. Bene, solitamente alla forma ben, precede di solito più o.meno. Esempio: il suo lavoro è ben più impegnativo.

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# 207. Comparativo e numerali Con il comparativo dei numerali, in genere, si usa la preposizione di. Esempi: più di seicento persone hanno assistito al concerto. La sua macchina costa meno di ventimila dollari. Al comizio non c’erano più di dieci persone. # 208. Comparativo di uguaglianza Il comparativo di uguaglianza si forma con i correlativi tanto... quanto..., così... come... Tanto e così sono spesso sottintesi. Esempi: Aldo è (tanto)

intelligente quanto voi. Le lasagne sono (così) buone come i cannelloni. L’estate è utile quanto l’inverno. # 209. Superlativo Il superlativo può essere: relativo o assoluto. # 210. Superlativo relativo Il superlativo relativo esprime il più alto o il più basso grado di una qualità relativamente a un gruppo limitato di persone, di animali o di cose. Il superlativo relativo si forma premettendo l’articolo determinativo al comparativo di maggio-ranza o di minoranza. Esempi: il cane è il più fedele degli animali. Nuova York è la città più grande del mondo? Loro sono i meno studiosi della nostra classe. Era il francobollo più prezioso della sua collezione. # 211. Differenza rispetto ad altre lingue Dagli esempi riportati si può notare la differenza di struttura tra il superlativo relativo italiano e le forme francesi e inglesi corrispondenti. A differenza del francese, l’italiano non richiede la ripetizione dell’articolo davanti al comparativo di maggioranza o di minoranza quando esso segue un nome, mentre la preposizione, che precede il nome rispetto a cui si esprime il paragone, è di e non -in- come in inglese. A "Il Po è il fiume più lungo d’Italia", nelle lingue or or segnalate, corrisponde infatti: "Le Pò est le fleuve le plus long d’Italie" e "The Po ist the longest river in Italy". # 212. Tra/fra al posto di di Invece della preposizione di, nel superlativo relativo si possono usare le preposizioni tra o fra. Esempi: è il più bello tra (fra) i miei quadri. Il meno fedele dei (tra i) suoi amici.

# 213. Superlativo assoluto Il superlativo assoluto esprime il grado massimo superlativo assoluto si può formare in diversi modi.

di una qualità. Il

# 214. -issimo Il modo più comune per formare il superlativo di un aggettivo è forse quello di aggiungere il suffisso -issimo al grado positivo. Esempi: facile facilissimo, bravo - bravissimo, furbo - furbissimo... Si ricorda che talvolta l’aggiunta del suffisso -issimo può essere accompagnata da una variazione ortografica, che in genere è analoga a «quella del plurale maschile. Così da ricco si avrà ricchissimo, da lungo lunghissimo, da largo larghissimo, da bianco bianchissimo ecc... Eccezione: Ampio fa amplissimo.

# 215. -entissimo Alcuni aggettivi quali: benefico, malefico, magnifico, malevolo e munifico formano il superlativo con il suffisso -entissimo. Esempi: beneficentissimo, munificentissimo, magnificentissmo...

# 216. -errimo Invece di -issimo, alcuni aggettivi mantengono la desinenza -errimo che avevano in latino. Esempi: integro-integerrimo, celebre-celeberrimo, acre-acerrimo, salubre-saluberrimo, aspro-asperrimo. # 217. Accordo del superlativo Per quanto concerne l’ accordo, i superlativi assoluti in -issimo, in -entissimo e in -errimo si comportano come gli aggettivi della prima classe. Quindi si dirà: un libro nuovissimo, una macchina bellissma, degli amici carissimi, delle persone integerrime.

# 218. Molto, assai... Il superlativo assoluto si può formare premettendo all’aggettivo stesso avverbi quali: molto, assai e, più raramente, estremamente, sommamente... Esempi: il cane è un animale molto fedele. Era una persona molto intelligente. La serata è stata estremamente gradevole. # 219.

Arci-, stra-, extra-, ultra-, iper- ...

Il superlativo assoluto si può anche formare premettendo all’aggettivo di grado positivo uno dei prefissi seguenti: arci-, stra-, extra-, ultra-, iper-. Bisogna però notare che questi prefissi non si usano con tutti gli aggettivi. Esempi: extrafino, straricco, strapotente, ultrarapido, iperteso, superintelligente, ipersensibile. # 220. Ripetizione dell’aggettivo Il superlativo si può esprimere anche ripetendo l’aggettivo. Esempi: zitto zitto, piccolo piccolo, grande grande...

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# 221. Superlativo espresso con un paragone Un altro modo di esprimere l’idea di superlativo assoluto consiste nel paragone con un oggetto che possegga determinate qualità al massimo grado. Esempi: bianco come il latte, nero come il carbone, rosso come un gambero, docile come un agnellino...

# 222. Superlativo espresso da due aggettivi In alcuni casi si può esprimere il superlativo di un aggettivo mediante l’accostamento di un altro aggettivo. Esempi: La sua stanza è piena zeppa di libri. Sono ritornati a casa ubriachi fradici. Dopo la maratona quegli atleti erano stanchi morti. Sono biciclette nuove fiammanti. # 223. Tutto Anche tutto, premesso all’aggettivo, può rafforzarne il valore quasi come se fosse un avverbio. Va però notato che, pur svolgendo questa funzione avverbiale, tutto si accorda come se fosse un aggettivo. Esempi: l’ha visto con una macchina tutta nuova. Erano dei libri tutti nuovi. # 224. Comparativi e superlativi sintetici Oltre alla forma normale, alcuni aggettivi hanno conservato i comparativi e i superlativi sintetici latini. I più comuni di questi aggettivi, affiancati dai rispettivi comparativi e superlativi sono: buono migliore ottimo cattivo peggiore pessimo alto superiore sommo, supremo basso inferiore infimo piccolo minore minimo grande maggiore massimo

esterno interno

esteriore interiore

estremo intimo

# 225. Miglior, peggior, maggior, minor Davanti a un sostantivo singolare, migliore, peggiore, maggiore e minore possono perdere la -e finale. Esempi: la miglior vendetta è il perdono. La maggior parte degli italiani beve moderamente. Carlo è il suo peggior nemico. Era il suo miglior amico. # 226. Più buono e migliore Si noti che a volte le forme sintetiche hanno assunto un valore semantico diverso da quello dei comparativi o dei superlativi analitici corrispondenti. Ad esempio migliore e più buono non sono semanticamente equivalenti in quanto il primo è associato a qualità, anche morali, mentre il secondo (più buono) si riferisce soprattutto a cose commestibili. Esempi: le macchine migliori non si rompono mai. Questa marmellata è molto più

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buona di quella. Gli amici migliori si vedono nella sventura. I pomodori freschi sono più buoni di quelli in scatola.

# 227. Più grande e maggiore La stessa osservazione vale per maggiore e più grande, in quanto l’uso del secondo (più grande) sembra associarsi sempre più a un’idea di estensione, mentre maggiore si usa soprattutto quando manca l’idea di estensione. Esempi: la Sicilia è la più grande isola italiana. Dante è senza dubbio il maggior poeta italiano. # 228. Più piccolo Più piccolo è usato usato negli altri casi piccolo della classe.

e minore per indicare estensione o altezza, mentre minore è e per indicare età. Esempi: Marco è sempre stato il più Suo fratello minore si chiama Stefano.

# 229. Più cattivo e peggiore Più cattivo indica piuttosto cattiveria d'animo, mentre peggiore è associato ad un’idea di qualità. Esempi: quella è stata la peggior sconfitta della nostra squadra. Questo tessuto mi sembra peggiore di quello. Le persone più cattive sono le meno sensibili.

AGGETTIVI ALTERATI # 230. Introduzione Anche gli aggettivi possono essere seguiti da un suffisso che ne modifica leggermente il senso. Se il francese e l’inglese conoscono qualche caso di diminutivo dei nomi (maisonnette, ànon... booklet...), si deve dire che in nessuna di queste lingue si usa modificare l’aggettivo con un suffisso, come avviene in italiano, dove tale fenomeno è assai comune. I suffissi per gli aggettivi sono gli stessi che per i nomi.

# 231. -ino, -etto, -ello Servono per fare il diminutivo. Esempi: caro - carino, povero - poveretto - poverello, piccolo - piccolino - piccoletto. # 232. -uccio, -uzzo, -occio, -icchio Esprimono il vezzeggiativo. Esempi: grasso - grassoccio, pallido palliduzzo - palliduccio, caro - caruccio, verde - verduzzo - verdicchio. # 233.

-otto

Ha valore leggermente accrescitivo. Esempi: grasso - grassotto, piccolo piccolotto.

63 # 234. -one -ona Si usano per conferire valore accrescitivo. Si noti che con l’aggiunta del suffisso -one gli aggettivi possono diventare sostantivi. Esempi: grasso grassone/a, pigro - pigrone/a. Mentre i nomi in -one possono essere femminili (esempi: il macchinone, un donnone, uno stanzone) gli accrescitivi degli aggettivi hanno forme distinte per il maschile (-one) e per il femminile (-ona).

# 235. -accio, -astro Hanno valore peggiorativo. Esempi: pigro - pigraccio, biondo - biondastro, verde - verdastro. Aggiunto a un aggettivo indicante colore, -astro gli conferisce il valore di: che dà sul... che tende al... Esempi: quelle alghe avevano un colore verdastro. Era un oggetto rossastro.

FORMAZIONE DEGLI AGGETTIVI # 236. Introduzione In genere anche gli aggettivi possono essere raggruppati in categorie secondo le desinenze da cui sono composti.

# 237. -abile, -ibile, -ubile Solitamente applicati ai verbi, passiva. Esempi: commestibile = si può immaginare; calcolabile non può essere ripetuto; cedibile

questi suffissi indicano una possibilità che si può mangiare; immaginabile = che = che si può calcolare; irripetibile = che = che può essere ceduto.

# 238. -ace Suffisso già esistente in latino, -ace si ritrova in parole di origine dotta. Esempi: vorace, tenace, sagace, perspicace, fugace, efficace.

# 239. -aceo Suffisso di origine dotta. Aggiunto solitamente a un sostantivo indica somiglianza, qualità, appartenenza. Esempi: membranaceo, cartaceo, violaceo, coriaceo, erbaceo...

# 240. -ale Esprime la semplice qualità del sostantivo da cui deriva. Esempi: originale, personale, gioviale, elicoidale...

# 241. -ando, -endo Forma del participio futuro passivo latino che conferisce il valore di: che si dovrà... Poco usata, questa forma ha le stesse desinenze del gerundio. Esempi: il costituendo comitato (= il comitato che si dovrà costituire). Il costruendo ponte (= il ponte che si dovrà costruire). # 242.

-ano

Indica appartenenza. Si unisce a nomi di città, di stati, ai nomi propri per indicare origine o provenienza. Esempi: romano, californiano, messicano, cubano, manzoniano, urbano.

Forma del participio presente che, oltre al valore di nome, può assumere anche quello di aggettivo nel senso di: che ha, che procura... Esempi: abbiamo visto un film interessante. Era una commedia molto divertente. # 244. -ardo In genere questo suffisso, d’origine germanica, indica qualità negative. Esempi: beffardo, bugiardo, testardo, codardo, bastardo. # 245. -are Ha quasi lo stesso valore del suffisso -ale e di solito lo si aggiunge a dei sostantivi. Esempi: regolamentare, popolare, singolare, spettacolare, insulare, volgare, parlamentare...

# 246. -ario Applicato a un nome, indica partecipazione, abitudinario, reazionario, ritardatario, ordinario...

produzione.

Esempi:

# 247. -asco, -esco Una volta più diffuso, lo si aggiunge ai nomi propri ed esprime appartenenza o qualità. Talvolta può assumere valore peggiorativo. Esempi: dantesco, rivierasco, buffonesco, poliziesco, bambinesco, canagliesco, boccaccesco, romanesco, monegasco. # 248. -ate Usato per indicare origine. Esempi: ravennate, urbinate, arpinate, cesenate. # 249.

-éfico -ìfico

Indicano capacità a fare, a procurare. Esempi: malefico, benefico, munifico prolifico.

# 250. -engo, -ingo

Di origine germanica, questo suffisso indicava appartenenza. Esempi:

E)

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casalingo, solingo, ramingo, guardingo.

# 251. [-eo| Aggiunto solitamente a un nome indica appartenenza e qualità. Esempi: argenteo, aureo, roseo, cereo, terreo, cesareo, romeo, ferreo. # 252. -ese -ense Indica cittadinanza, nazionalità. Esempi: francese, barese, canadese, inglese, milanese, parmense, comense, statunitense...

# 253. -estre Suffisso che indica appartenenza, è aggiunto per lo più a un sostantivo. Esempi: terrestre, rupestre, alpestre, silvestre, pedestre, equestre. # 254. -evole Applicabile sia a un verbo che a un nome, in genere esprime qualità con senso attivo o riflessivo. Esempi: autorevole, onorevole, pieghevole, arrendevole, maneggevole. Si noti quindi la differenza tra pieghevole (che si piega) e piegabile (che si può piegare); considerevole (che si considera) e considerabile (che si può considerare).

# 255. -ico Suffisso comune per aggettivi di origine dotta. Esempi: storico, logico, monarchico, biblico, geografico, geometrico, lirico, satirico.

# 256. -ile Come -ale esprime la semplice qualità del nome da cui deriva. Esempi: puerile, virile, mensile, civile. Si noti che in parecchi aggettivi di questa classe l’accento cade sulla terzultima sillaba come in latino. Esempi: fragile, facile, difficile, utile, docile.

# 257. -ino Oltre al diminutivo, questo suffisso può servire per formare l’aggettivo da nomi comuni e da nomi di città e di regione. Esempi: alpino, divino, bovino, cavallino, monferrino.

caprino,

marino,

triestino, fiorentino,

alessandrino,

# 258. -istico Suffisso tipico dei nomi in -ista e in -ismo. Esempi: artistico, calcistico, ciclistico, podistico, automobilistico.

# 259.

-ivo, -io

Aggiunti soprattutto a participi passati, indicano qualità dell’azione che si realizza. Esempi: conoscitivo, passivo, attivo, corrosivo, solatio, natio, riflessivo. # 260. -itano, -etano Unito a nomi di città o paesi. metropolitano, amalfitano.

# 261. -orio Aggiunto a participi passati. diffamatorio, transitorio.

Esempi:

Esempi:

parlemitano,

notorio,

divisorio,

napoletano,

illusorio,

# 262. -oso Corrisponde a: ricco di, pieno di... e si aggiunge a un nome. Esempi: pescoso, pietoso, volonteroso, estroso, melmoso, collinoso, nuvoloso, nebuloso.

# 263. -uto Aggiunto a un nome, indica la presenza di una qualità o di una caratteristica per lo più fisica. Esempi: ossuto, gobbuto, occhialuto, barbuto, comuto, astuto.

67

AGGETTIVI DETERMINATIVI # 264. Introduzione Mentre gli aggettivi qualificativi aggiungono al nome una nota qualificativa, gli aggettivi indicativi o determinativi vi apportano una precisazione relativa al numero e al possessore.

La grammatica tradizionale distingue gli aggettivi determinativi dimostrativi, possessivi, numerali, interrogativi e indefiniti.

in

Mentre gli aggettivi qualificativi possono svolgere la funzione di sostantivi, gli aggettivi dimostrativi possono essere usati come pronomi.

AGGETTIVI DIMOSTRATIVI # 265. Forme Gli aggettivi dimostrativi (codesto) e quello.

italiani più comuni

sono:

questo, cotesto

# 266. Posizione Gli aggettivi dimostrativi precedono sempre il nome al quale si riferiscono e con esso si accordano in genere e in numero. Esempi: Questi tennisti, queste macchine, quelle siepi, quelle ore, quella radio, quelle radio. # 267. Questo Questo (-a, -i, -e), premesso al nome, conferisce un’idea di vicinanza rispetto a chi parla (fr. ce ...ci, ing. this). Esempi: questo libro è nuovo; queste sedie sono belle.

# 268. Sto, sta... Nella lingua parlata, soprattutto nelle regioni dell’Italia centrale, è frequente l’uso di sto, sta... al posto di questo, questa... È difficile dire se si tratta della continuazione delle forme latine iste, ista... (da cui sono derivati, questo = eccu iste, eccu ista...) oppure se si tratta di un semplice caso di aferesi della prima sillaba di questo, questa... La presenza di unità lessicali molto diffuse quali stasera (questa sera), stamani, stamattina, stanotte... potrebbe anche dar credito alla prima ipotesi.

# 269. Cotesto / codesto Cotesto, più raramente codesto (-a, -i, -e), si usa soprattutto in Toscana, mentre è poco frequente nelle altre regioni. E comune nella lingua scritta,

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soprattutto burocratica, per indicare persona o cosa lontana da chi scrive, ma vicina a chi legge. Esempio: mi rivolgo a cotesto ufficio per... # 270. Quello Quello (-a, -i, -e), premesso al nome, gli conferisce un’idea di lontananza da chi parla e da chi ascolta (fr. ce... là, ingl. that). Esempi: quella signora è montrealese. Quelle case sono alte. Quelle storie ce le avrà già raccontate mille volte. Quei fatti avvennero molti anni fa.

# 271. Uso di quello Quando è aggettivo, e quindi precede il nome, quello segue le regole dell’articolo determinativo, cioè si usa: quello (sing.) quegli (plur.), davanti a parole maschili che iniziano con -simpura, Z-, gn-, ps-, x- è i semiconsonante (#28). Esempi: quello yogurt quegli yogurt, quello studio - quegli studi, quello zero - quegli zeri, quello psicologo - quegli psicologi. quell’ (sing.) quegli (plur.), davanti a parole maschili che iniziano con vocale. Esempi: quell’elefante - quegli elefanti, quell’idiota - quegli idioti, quell’antico paese - quegli antichi paesi.

quel (sing.) quei (plur.) davanti a tutte le altre parole maschili. Esempi: quel giorno - quei giorni, quel premio - quei premi. quell’, quella e quelle davanti a parole femminili. Esempi: quell’amica, quelle amiche, quella rosa, quelle rose.

# 272. Questo qui, quello lì, quello là Soprattutto nella lingua parlata questo e quello possono essere rafforzati rispettivamente da qui/qua e lì/là. Mentre questo libro qui e questo libro qua sono del tutto equivalenti, tra quel libro lì e quel libro là esiste una differenza semantica in quanto con quel libro lì si indica un libro lontano da chi parla e vicino a chi ascolta, mentre quel libro là indica che il libro è lontano sia da chi parla che da chi ascolta. In sostanza "quel(10)... lì" equivale al toscano "cotesto". # 273. Questo mio, quel tuo... Si noti ancora che a differenza di altre lingue, tra cui anche il francese e l'inglese, l’aggettivo dimostrativo italiano può precedere il possessivo. Esempi: quelle tue ricette sono squisite. Quel tuo atteggiamento. Quel suo articolo è interessante. Questa nostra amica...

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# 274.

Stesso, medesimo

Si possono ancora considerare aggettivi dimostrativi stesso e medesimo, i cui corrispondenti francesi e inglesi sono méme (f.) e same (i.). Esempi: È sempre lo stesso problema. È la medesima strada.

Stesso

è molto più usato di medesimo.

Talvolta stesso e medesimo sono anche usati con il valore di anche, persino (fr. mème, sp. mismo). Esempi: Loro stessi hanno poi riconosciuto di avere torto.

# 275. Tale Spesso tale sostituisce il dimostrativo questo. Si tratta soprattutto di una scelta stilistica per evitare di ripetere questo. Esempi: Tale signore non era ancora arrivato. Tale storia me l’avrà raccontata cento volte.

# 276. Detto, suddetto, predetto, citato, simile, siffatto Anche detto, suddetto, predetto, citato, simile e siffatto possono avere

un significato molto affine a quello degli aggettivi dimostrativi. Ciò capita soprattutto nella lingua scritta quando, per ragioni di stile, si deve evitare la ripetizione di una stessa parola. Esempi: Il suddetto turista... = questo turista...; il predetto cliente = questo cliente...; non accettiamo una simile proposta; una siffatta soluzione ci danneggerebbe.

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POSSESSIVI # 277. Funzione Oltre a determinarlo, gli aggettivi possessivi indicano a chi appartiene il nome che accompagnano. Infatti, mentre la radice indica il possessore, la desinenza si regola sul genere e sul numero della parola determinata. # 278.

Forme

Gli aggettivi possessivi italiani sono: mio mia miei mie

tuo tua tuoi tue

suo sua suoi sue

nostro nostra nostri nostre

vostro vostra vostri vostre

loro loro loro loro

# 279. Posizione e uso dell’articolo In generale gli aggettivi possessivi italiani precedono il nome e sono preceduti dall’articolo determinativo. Non richiedono l’articolo quando accompagnano un nome indicante parentela, usato al singolare senza determinanti. Esempi: cerca il suo cappello, per favore. È suo cugino. Ti impresta i suoi guanti. Suo fratello arriva oggi. Vostro zio è venuto poco fa. # 280. Nomi indicanti parentela I possessivi che precedono nomi indicanti parentela richiedono tuttavia l’articolo quando detti nomi sono usati al plurale o quando, pur essendo al singolare, sono alla forma alterata o sono accompagnati da un determinante. Esempi: i vostri zii sono arrivati dall’Ontario. Ha incontrato il tuo fratellino. Telefonano alla sua vecchia nonna. Hanno telefonato alla vostra zia di Milano. # 281. Il mi’ babbo..., la mi? mamma... Va detto che l’uso dell’articolo davanti ai nomi indicanti parentela è piuttosto elastico. In Toscana si usa dire "il mi’ babbo, la mi” mamma", "la mi’ sorella"..., mentre in molte altre regioni d’Italia si usa dire semplicemente "mio papà, mia mamma, mio fratello, mia sorella". Gli unici nomi indicanti parentela che sembrano rifiutare categoricamente l’articolo davanti al possessivo che li precede sono: padre, madre, figlio e figlia. # 282. Loro Loro, aggettivo possessivo, è invariabile e richiede sempre Esempi: Il loro zio, la loro zia, i loro zii, le loro zie. # 283. Mia, tua, sua In romanesco mia, tua, sua, sono comunemente usati al posto

l’articolo.

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dei plurali miei, tuoi, suoi e sono posposti ai nomi cui si riferiscono. Esempi: Gli amici sua. Queste forme erano peraltro comuni in toscano e negli scrittori del passato. Per esempio in Machiavelli si trova "La provincia è spogliata da’ tua officiali". # 284. Mii, tui Mii, tui sono altre forme arcaiche, ora in disuso,

che

s’incontrano in

poesia fino all’Ottocento. Esempio: Chi fur li maggior tui? (Dante: Inferno

X). # 285. Il suo, la sua, i suoi, le sue L’aggettivo possessivo di terza persona si accorda con il nome che accompagna e non con il possessore. Quindi l'accordo è simile a quello del francese e diverso dall’inglese. Cioè: il suo libro = fr. son livre, ingl. his/her book la sua penna = fr. son stylo, ingl. his/her pen i suoi amici = fr. ses amis, ingl. his/her friends le sue penne = fr ses stylos, ingl. his/her pens

# 286. Il Suo, la Sua, i Suoi, le Sue Gli aggettivi possessivi corrispondenti a -Lei- sono: il Suo, la Sua, i Suoi, le Sue che, nello stile epistolare, sono generalmente scritti con la -Smaiuscola. Esempi: come stanno i Suoi figli? Troverà accluse le Sue ricevute. # 287. Aggettivo possessivo posposto Dicendo che in generale l’aggettivo possessivo precede il nome, si afferma implicitamente che può anche seguirlo. Le frasi presentate come esempio nel paragrafo 279, potrebbero anche essere espresse correttamente con il possessivo posposto. Esempi: cerca il cappello mio. È il cugino suo. Ti impresta i guanti suoi. Il fratello suo arriva oggi. Lo zio vostro è venuto poco fa. Ognuno va per i fatti suoi. In questo caso il possessivo è messo in maggior evidenza quasi come se si volesse dire: "cerca il cappello mio, non quello degli altri". Quando l’aggettivo possessivo è posposto anche i nomi indicanti parentela richiedono l’articolo determinativo. Ricordiamo ancora che questa forma è meno frequente della precedente..

# 288. Esclamazioni e discorso diretto La posposizione è comune nelle esclamazioni oppure quando ci si rivolge direttamente a degli interlocutori. In questi casi il possessivo perde anche

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l’articolo. Esempi: Mamma mia che freddo! Scusi, non è colpa nostra! Ragazzi miei, dovreste studiare un po’ di più! # 289. Espressioni idiomatiche Il possessivo posposto non manca in frasi stereotipate quali i detti e i proverbi. Esempi: moglie e buoi dei paesi tuoi. In casa sua ciascuno è re. Ci sono poi delle espressioni in cui il possessivo può precedere o seguire il nome senza peraltro cambiare senso. Questo fatto ci ricorda il latino,

dove il possessivo poteva precedere o seguire il nome a cui si riferiva. Esempi: per conto mio / per mio conto, da parte sua / da sua parte. In altri casi il possessivo segue il nome senza richiedere l’uso dell’articolo. Esempi: bontà sua, di testa sua, a nome mio, per tramite mio.

# 290. Dimostrativo o indefinito davanti al possessivo Invece che dall’articolo determinativo, l’aggettivo possessivo italiano può essere preceduto da un aggettivo dimostrativo (questo, codesto, quello) o anche da un aggettivo indefinito (qualche, alcuni) oppure dagli articoli indeterminativi (un, una). Esempi: quella nostra parente non si è più fatta viva. Questo tuo atteggiamento non ci piace. Alcuni suoi amici sono andati a Roma. Se ti può essere utile, t'impresto qualche mio libro. Ha telefonato un tuo amico. Una loro conoscente ha vinto la lotteria. Si noti che in queste strutture l’italiano si discosta sia dal francese che dall’inglese. Il corrispondente francese di un mio amico è un de mes amis, mentre quello inglese è a friend of mine. Per quanto concerne la struttura quel mio, questo tuo..., il francese lascia cadere uno dei due aggettivi (cet ami, mon ami...), mentre l’inglese ripete la struttura precedente: this /that friend of mine...

# 291. Omissione del possessivo In italiano i possessivi sono meno usati che in francese ed in inglese. Per esempio, quando è chiaro che un oggetto appartiene al soggetto, in italiano si preferisce usare il semplice articolo determinativo, mentre il francese e l’inglese fanno ricorso al possessivo. Esempi: prendo il libro, beve il caffè, lava la macchina... (fr. je prends mon livre..., il lave sa voiture; ingl. I drink my coffee..., he is washing his car).

Detta omissione avviene quando il possessivo non fa parte del gruppo nominale con valore di soggetto e si riferisce a parti del corpo, indumenti od oggetti personali, mobili oppure a tutto quanto riguarda la vita e gli interessi del soggetto stesso. L’omissione del possessivo è anche frequente con i nomi indicanti parentela. Esempi: era andato in Germania con il

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fratello. Ha lasciato i libri a casa. Ha ricevuto lo stipendio in anticipo. # 292. Pronome riflessivo invece del possessivo Come riportato dagli esempi sottoindicati, spesso l’italiano preferisce sostituire il possessivo con un pronome personale. Esempi: il polso le faceva male (=Il suo polso faceva male). La macchina gli si era fermata (=La sua macchina...). Si mise i soldi in tasca (=Mise i suoi soldi in tasca). Si prende il cappello (=Prende il suo cappello). Tale forma è molto comune nella lingua parlata dove, invece di usare il

possessivo, si preferisce usare il verbo alla forma riflessiva. Nota sotto il nome di dativo etico, questa forma sembra comunque presente anche in alcune parlate regionali francesi. Esempi: mi prendo la bici; mi metto il cappotto nuovo. Al mattino, prima di uscire, Carlo si beve un caffè. Si ricordi comunque che il corrispondente italiano di espressioni del tipo Je bois mon café, I drink my coffee è quindi bevo il caffè o meglio mi bevo il caffè.

# 293. Di lui, di lei Per mettere in evidenza il possessore o per conferire maggior chiarezza alla frase, invece del possessivo di terza persona singolare si può far ricorso a di lui (maschile) o a di lei (femminile). Nella lingua moderna dette perifrasi seguono il nome determinato, mentre in passato lo procedevano. Esempi: l’ha spedita alla sorella di lui. La cugina di lei era a Parigi. Talvolta "di lui", "di lei" possono anche seguire il possessivo stesso e si potrà per esempio trovare "suoi di lei" o "suoi di lui". # 294. Proprio L’italiano conosce altri due possessivi: proprio e altrui. Proprio, è usato spesso come rafforzativo degli altri possessivi. Usato da solo, proprio esprime solitamente il possessivo che si riferisce a un soggetto rappresentato da un pronome impersonale, da un pronome indefinito 0 comunque non ben determinato. Esempi: ognuno ha le proprie debolezze.

Non si può sempre fare di testa propria. L’abbiamo visto con i nostri propri occhi. Raggiungono la sede con i propri mezzi. Come gli altri aggettivi possessivi, proprio può precedere o seguire il nome che accompagna ed è quasi sempre preceduto dall’articolo. Esempi: tutti facevano i propri comodi. Ognuno vorrebbe una casa propria. Si recheranno al campo sportivo con mezzi propri.

74 # 295. Altrui Altrui (= fr. d’autrui, ingl. other people's) indica un possessore non ben definito. È invariabile e in genere segue il nome a cui si riferisce, ma può anche precederlo. Esempi: non impicciarti dei fatti altrui! Rispettate le cose altrui. Chi fa l’altrui mestiere, fa la zuppa nel paniere.

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NUMERALI

# 296. Caratteristiche Gli aggettivi numerali si dividono in cardinali, ordinali,

moltiplicativi e

collettivi.

# 297. Numeri cardinali I numeri cardinali indicano semplicemente una quantità e, tranne uno, sono tutti invariabili.

# 298. Numeri primitivi e derivati I numeri cardinali si possono distinguere in numeri primitivi: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, venti, cento e mille, da cui derivano tutti gli altri, che si chiamano appunto numeri derivati. 1 uno 30 trenta 2 due 40 quaranta 3 tre SO cinquanta 4 quattro 60 sessanta 5 cinque 70 settanta 6 sei 80 ottanta 7 sette 90 novanta 8 otto 100 cento 9 nove 200 duecento 10 dieci 300 trecento 11 undici 400 quattrocento 12 dodici 500 cinquecento 13 tredici 600 seicento 14 quattordici 700 settecento 15 quindici 800 ottocento 16 sedici 900 novecento 17 diciassette 1 000 mille 18 diciotto 1 100 millecento 19 diciannove 1 200 milleduecento 20 venti 1 300 milletrecento 21 ventuno 2 000 duemila

22 ventidue 23 ventitré

24 ventiquattro 25 venticinque 26 ventisei 27 ventisette 28 ventotto

5 000 cinquemila 10 000 diecimila

100 000 centomila 1 000 000 un milione 2 000 000 due milioni 1 000 000 000 un miliardo 2000 000 000 due miliardi

76

# 299. Uso dei numerali cardinali Oltre che per indicare una quantità precisa, i numerali cardinali si usano per designare gli anni, i giorni del mese (tranne il primo), le ore del giorno e la temperatura. A proposito degli anni si ricorda che, contrariamente al francese e all’inglese, in italiano il numero indicante l’anno deve sempre essere preceduto dall’articolo, come del resto lo è quello indicante le ore o il giorno del mese. Esempi: il 1999 è l’ultimo anno del XX secolo. Cristoforo Colombo scoprì 1’America nel 1492. Il 6 gennaio è la festa della Befana. Che ora è? Sono quasi le cinque. La lezione finisce alle sei e cinque. La temperatura era scesa a dieci (gradi) sotto zero. Oggi il termometro segna solo tre gradi. # 300. Tre nei numeri composti. Quando si trova alla fine del numero composto, l’accento tonico cade sulla

e di tre che richiede duecentocinquantatré

l’accento.

Esempi:

43.

# 301. Uno e otto nei numeri composti. Quando uno e otto si aggiungono ad un numero

quarantatré,

indicante

253

decine,

quest’ultimo perde la vocale finale. Esempi: 21 ventuno, 28 ventotto, 31 trentuno, 38 trentotto, 48 quarantotto... # 302. Decine Ad eccezione di dieci, venti terminano tutti in -anta.

e trenta,

i numeri

indicanti

le decine

# 303. Cento Contrariamente a quanto avviene in altre lingue, cento è sempre invariabile e non è preceduto da uno come in inglese (one hundred). Esempi: cento, duecento, trecento, quattrocento, cinquecentoventi... Quel paese contava settecento abitanti. # 304.

Plurale di mille.

Il plurale di mille è mila. Si ricorda che anche mille non è preceduto dal numerale uno. Esempi: mille, duemila, tremila, dodicimila, venticinquemila, centomila.

# 305. Millecento 1100, 1200, 1300, ecc... si possono solo dire: millecento, milleduecento, milletrecento... Non sono quindi ammesse le forme corrispondenti al francese onze-cents o all’inglese eleven hundred.

# 306. Milione e miliardo Al plurale milione e miliardo fanno rispettivamente milioni e miliardi.

717

Milione e miliardo si scrivono sempre separati dal numero che li precede. Esempio: l’Italia ha oltre cinquantasette milioni di abitanti. È un giro d’affari superiore ai dieci miliardi di lire, # 307. Numeri composti I numeri composti da più elementi si scrivono quarantaquattro, 95 novantacinque, 300 trecento.

uniti. Esempi:

44

I numeri composti possono scriversi separati se il primo elemento è cento o mille. In questo caso cento e mille sono uniti al numero che segue da una -e-. Quindi 152, 2700 e 101 si possono scrivere: centocinquantadue o cento e cinquantadue, duemilasettecento oppure duemila e settecento,

centouno oppure cento e uno. # 308. Uno Si noti che in genere uno è variabile solo quando è usato da solo, cioè staccato dal numero che lo precede. Esempi: cinquantuno persone. Mille e una notte. Centouno novelle. Cento e una novella. Si ricordi però che in genere la -o finale di uno può cadere secondo le regole viste per -uno-, articolo indeterminativo. 41 scatole si pronuncerà quindi quarantuno scatole, mentre 51 giornali si può pronunciare cinquantuno giornali o cinquantun giornali e per 31000 lire si potrà dire trentunmila (più comune) o trentunomila lire. # 309. Posizione dei numerali cardinali In genere il numero cardinale precede il nome a cui si riferisce e gli aggettivi che l’accompagnano, mentre segue l’articolo o gli eventuali aggettivi dimostrativi. Esempi: cento soldati, cento giovani soldati, cento soldati giovani, quei trecento giovani marinai, le mille e una notte. Nel linguaggio burocratico amministrativo e commerciale il numero cardinale segue il nome. Esempi: libri 2000 (duemila) al prezzo di 20000 Lire cadauno.

Il numero cardinale può essere preceduto dall’articolo determinativo, da un aggettivo indefinito mentre gli aggettivi possessivi possono precederlo o seguirlo. Esempi: sono venuti due suoi amici. Sono i cinque studenti greci. Sono venuti i suoi due amici. Ecco ancora altri tre nuovi studenti. Le portiamo le altre due copie. # 310. Tutti e due Preceduti da tutti/e, inumerali sono uniti all’indefinito dalla congiunzione e , dando origine ad una struttura particolare alla lingua italiana. Esempi:

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tutti e due si erano trovati là per caso. Le sue sorelle parlano tutte e tre turco. # 311. Percentuali Come detto al paragrafo 36h, si ricorda che nell’esprimere le percentuali il numerale cardinale è preceduto dall’articolo determinativo. Esempio: il

20% (venti per cento) degli studenti era assente. Pagando in contanti si ha diritto ad uno sconto del 10%. #312. In Si noti l’uso particolare della preposizione in con il numerale che segue i verbi essere e rimanere. Esempi: loro sono in dieci. Saranno in cinquanta. Siamo rimasti in due.

# 313. Su Per esprimere l’età o una cifra approssimative in italiano si può ricorrere alla preposizione su, seguita dall’articolo determinativo. Esempi: era un giovane sui vent’anni. Il costo dell’appartamento si aggira sui 300 milioni. # 314. Dugento Tra le forme particolari è da segnalare dugento (per duecento) di uso comune in Toscana, in cui la -g- suona quasi come nella parola francese: Georges.

# 315. Numeri ordinali I numeri ordinali indicano la successione in un elenco. I numeri ordinali sono variabili come qualsiasi altro aggettivo. In genere sono preceduti da un determinante, articolo o aggettivo determinativo. Esempi: la domenica è il settimo giorno della settimana. Ricordo quel primo giorno di scuola. # 316. Forme Gli aggettivi ordinali sono: Iprimo II secondo III terzo IV quarto VI sesto VII settimo VIII ottavo IX nono

V quinto X decimo

A partire da undici, i numerali ordinali si formano

aggiungendo

la

desinenza -esimo al numero cardinale. Esempi: tredicesimo, diciottesimo, trentesimo, quarantatreesimo, centesimo, millesimo. # 317. Uso dei numerali ordinali Oitre che negli elenchi, inumeri ordinali sono usati:

a. per le frazioni: 1/2 un mezzo (una metà), 2/3 due terzi, 1/5 un quinto, 3/100 tre centesimi, 13/1000 tredici millesimi;

79 b. per indicare l’ordine di successione dei re, dei papi. In questi casi sono solitamente scritti in cifre romane. Esempi: Paolo VI (sesto), Luigi XIV (quattordicesimo), Vittorio Emanuele II (secondo).

# 318. Ultimo Tra gli ordinali bisogna anche ricordare ultimo, (fr. dernier, ingl. last) e suoi derivati: penultimo, terzultimo, quartultimo, quintultimo, sestultimo. # 319. Per In alcune epressioni idiomatiche la preposizione per precede il numerale ordinale. Esempi: il presidente prende sempre la parola per primo. Lui è stato servito per ultimo. Che cosa prendete per secondo? # 320. Ennesimo In matematica indica un numero imprecisato, mentre nel parlare comune un numero elevato anche se imprecisato. Esempi: elevare un fattore all'ennesima potenza. Te lo ripeto per l’ennesima ed ultima volta. # 321. Doppi ordinali L’ordinale dei numeri composti si può formare con l’ordinale dei vari numeri primi che li compongono. Questa forma, comune in latino è oggi piuttosto rara e si può trovare soprattutto per indicare l’ordine di successione dei papi oppure per fatti concernenti la religione. Gli ordinali di questo secondo gruppo saranno dunque: decimoprimo per undicesimo, decimosecondo per dodicesimo... # 322. Vigesimo... Accanto alle forme degli ordinali che abbiamo segnalato al paragrafo 316, in italiano ne esistono altre che riguardano soprattutto le decine. Queste forme, che potremmo chiamare dotte, sono: vigesimo (20), trigesimo (30), quadragesimo (40), quinquagesimo (50), sessuagesimo (60), settuagesimo (70), ottuagesimo (80), nonagesimo (90). Esempi: Giovanni XXIII (vigesimoterzo o ventitreesimo). Pio XII (dodicesimo o decimosecondo oppure anche duodecimo).

# 323. Numerali con valore di sostantivi Come gli altri aggettivi, anche i numerali ordinali sono spesso usati con valore di sostantivo. Alcuni di essi hanno assunto un significato proprio del tutto particolare. I più comuni sono: la tredicesima ormai usato al posto di tredicesima mensilità, che i salariati italiani ottengono nella settimana prima di Natale; la decima, che corrisponde alla decima parte del raccolto che si offriva per il mantenimento del culto. Ma non bisognerebbe neanche dimenticare primo e secondo, che sono usati con il valore tecnico gastronomico di prima e seconda portata.

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# 324. Il Duecento Per indicare i secoli, forme presentate qui dal 1200 al 1299 dal 1300 al 1399

a partire dal XIII, in italiano è più comune usare le di seguito: il Duecento invece di secolo XIII il Trecento invece di secolo XIV

dal 1400 al 1499

il Quattrocento

invece di

secolo XV

dal 1500 al 1599 dal 1600 al 1699

il Cinquecento il Seicento

invece di invece di

dal 1700 al 1799 dal 1800 al 1899 dal 1900 al 1999

il Settecento l’Ottocento il Novecento il Duemila

invece invece invece invece

secolo secolo secolo secolo secolo secolo

Si noti che, quando indicano un secolo, richiedono sempre l’iniziale maiuscola.

di di di di

Duecento,

XVI XVII XVIII XIX XX XXI

Trecento

ecc...

Se si usa la forma con i secoli si può ricordare che l’aggettivo ordinale può precedere o seguire la parola secolo. Esempi: il secolo diciottesimo o il diciottesimo secolo. # 325. Doppio, triplo... Tra i moltiplicativi più comuni vanno ricordati: doppio, triplo, quadruplo, quintuplo, sestuplo, decuplo, centuplo. Per gli altri si preferisce sostituirli con il numero cardinale seguito da ...volte tanto o ...volte più. Esempi: noi studiamo il doppio di voi. Ora guadagna il triplo. La loro casa è sette volte più grande della nostra.

# 326. Duplice, triplice... Doppio, triplo, quadruplo hanno dei sinonimi: duplice, triplice, quadruplice che però sono usati solo con valore di aggettivi, mentre, come si è potuto notare dall’esempio soprariportato, doppio, triplo ecc... possono essere usati anche come sostantivi. Esempi: la domanda va fatta in duplice copia. La Triplice Alleanza. Era stato un quadruplice accordo.

# 327. Numerali collettivi Mediante l’aggiunta del suffisso -ina al numerale cardinale si ottengono dei composti quali: decina, ventina, trentina... che indicano una quantità approssimativa ed equivalgono al francese dizaine, vingtaine... ed all’inglese about ten... Esempi: ieri ha letto una ventina di pagine. Era un signore sulla trentina. # 328. Dozzina Si noti che: una dozzina può indicare una quantità precisa, cioè dodici, oppure una quantità indeterminata. Esempi: ha comprato una dozzina di

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uova. Prima di addormentarsi ha letto una dozzina di pagine. # 329. Cinquina Cinquina è un termine del gioco del lotto o della tombola che segue l’ambo, il terno e la quaterna. # 330. Terzina, quartina, sestina La terzina, la quartina e la sestina sono strofe composte rispettivamente

da tre, quattro e sei versi. A questi termini bisognerebbe aggiungere secondino e terzino, che, pur derivando da numerali, appartengono a tutt’altri campi semantici.

# 331. Centinaio e migliaio Centinaio e migliaio sono dei numerali collettivi e appartengono alla stessa categoria dei numerali in -ina. Maschili al singolare, centinaio e migliaio diventano femminili al plurale: centinaia e migliaia. Esempi: alcune centinaia di persone li aspettano alla stazione. In tasca non aveva che poche migliaia di lire. #332. -ennio Aggiunto ad un numero cardinale, il suffisso -ennio forma un nome il cui valore corrisponde a ...anni. Esempio: il biennio è un periodo di due anni, un triennio corrisponde a tre anni, un quadrienno corrisponde a quattro anni. Altri nomi di questa categoria sono quinquennio, decennio, ventennio. Mediante l’aggiunta della desinenza -ale, da questi nomi si puo ricavare anche un aggettivo: biennale, triennale, decennale... Esempi: il governo ha approvato il piano quinquennale. Hanno firmato un contratto biennale o triennale? # 333. -enne, -ario I suffissi -enne e -ario conferiscono al numerale cardinale il valore di aggettivo il cui valore corrisponde a di... anni. Questi aggettivi possono anche essere usati come nomi. Esempi: era un ragazzo quindicenne. Un tempo le persone nonagenarie erano molto rare. Anche i novantenni possono sbagliare. Al concerto rock c'erano molti quindicenni. # 334. Bi-, tri-, quadriBi-, tri-, quadri- sono prefissi comuni per indicare due, tre, quattro. Li si ritrovano infatti in molte unità lessicali, aggettivi o sostantivi. Esempi: biennio, biennale, bimestre, bimotore, bicolore, bifora; triennio, trimestrale, trimotore, triduo, tripartito; quadripartito, quadrimestre, quadriennio...

Per i prefissi degli altri numeri si fa solitamente ricorso al greco o al latino. Si pensi ad esempio ai nomi delle figure geometriche: pentaedro, esaedro,

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eptaedro, decaedro, dodecaedro o a termini comunissimi quali endecasillabo, pentapartito oppure anche a quinquennio.

# 335. Ambo, ambedue, entrambi/e Ambo, ambedue, entrambi/e (fr. tous/toutes les deux, ingl. both) hanno il significato di tutti e due e richiedono l’articolo davanti al nome che accompagnano.

Mentre ambo e ambedue sono invariabili, entrambi ha anche una forma femminile: entrambe. Esempi: ambo le parti hanno accettato il compromesso. È stato riconosciuto da ambedue le signore. Entrambi i contendenti hanno abbandonato la contesa. Entrambe le nazioni hanno firmato la pace.

Nel corso dei secoli ambedue ha conosciuto parecchie oscillazioni. Per esempio in Dante si trova "ambedui". Nei testi letterari si possono rilevare "ambiduo, ambidue, ambidui" e persino "ambiduoi" che naturalmente sono sconsigliate ai nostri giorni. # 336. Come scrivere i numeri: in cifre o in lettere? Se non si tratta di testi tecnici, dove sono evidentemente scritti tutti in cifre, i numeri si scrivono in lettere quando danno luogo a parole corte come: due, tre... dieci, venti, trenta, cento, mille, duemila, centomila ecc... Nei casi in cui la trascrizione in lettere richiede termini piuttosto lunghi, si preferisce usare le cifre, anche se si tratta di testi non tecnici. Esempi: sono rimasti in cinque. Alla riunione c’erano solo quattro gatti. Dante Alighieri

nacque nel 1265. Il 1492 è l’anno della scoperta dell’ America. Alessandria conta circa centomila abitanti. Nel giugno del 1986 i cittadini residenti ad Arezzo e provincia erano 313 304. # 337. Numeri e ore. Per esprimere le ore, si preferisce far ricorso ai numeri, se si usa il sistema delle ventiquattro ore usato negli orari dei treni e delle compagnie aeree. Mentre, col sistema delle dodici ore, si usa scrivere in lettere. Esempi: la conferenza avrà luogo alle ore 20,00. L’inizio della cerimonia è previsto per le ore 18,30. Ci vedremo domani pomeriggio alle tre. Le lezioni cominciavano sempre alle otto. Sono le cinque e un quarto. # 338. Numeri romani In base al ben noto principio di economia, è consuetudine far ricorso alle cifre romane per rappresentare i numeri ordinali che indicano i secoli o i nomi di papi e di re. Per chi non fosse familiare con questo sistema numerico, ricordiamo che i segni fondamentali sono: I (=1), V (=5), X (=10), L (=50), C (=100), D (500), M (1000). Da essi si fanno derivare

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tutte le altre forme che corrispondono alla somma dei segni rappresentati. Detti segni vanno sempre disposti in ordine decrescente, cioè prima quello indicante il numero maggiore e poi gli altri, perché quando un numero inferiore ne precede uno superiore, sta ad indicare che lo si deve sottrarre. Per esempio 123 corrisponderà a CXXIII, mentre 90 sarà espresso da XC (cioè cento meno dieci). Un’altra regola da tener presente è che le varie cifre non possono essere scritte consecutivamente più di tre volte, per cui se otto è rappresentato da VIII, nove dovrà essere IX (cioè dieci meno uno).

Si fa spesso ricorso ai numeri romani anche per le incisioni sulle lapidi commemorative.

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AGGETTIVI INDEFINITI

# 339. Considerazioni generali Anche gli aggettivi indefiniti determinano il nome, ma, come lo indica il termine stesso, lo fanno in modo non ben definito. Oltre ad accompagnare un nome, molti indefiniti possono sostituirlo svolgendo quindi la funzione di pronomi. Alcuni indefiniti possono poi anche modificare il valore di verbi, avverbi od aggettivi assumendo quindi la funzione di avverbio. Un certo numero di indefiniti, può quindi svolgere la funzione di aggettivo, di pronome e di avverbio. Esempi: Augusto fu imperatore per molti anni (agg.); questo gioiello non vale che pochi soldi (agg.); molti erano poliglotti e pochi analfabeti (pron.); quei fiori sono molto belli e poco cari (avv.); per imparare bene, bisogna studiare molto (avv.); fa molto bene ad ascoltare i suoi consigli (avv.). Molti lo ascoltano, ma pochi (pron.) lo seguono. # 340. Solo aggettivi Ogni, qualche, qualsiasi, qualunque possono essere solo aggettivi. # 341. Ogni Ogni (fr. chaque, ingl. every) invariabile, è sempre usato al singolare e può accompagnare un nome maschile o femminile. Ogni precede sempre il sostantivo e può essere seguito da un aggettivo possessivo o da un numerale. Esempi: ogni giorno esce di casa alle sei. Compra il giornale ogni mattina. Ogni paese ha le sue leggi. Viene in città ogni due settimane. Ogni nostro pensiero sarà rivolto allo studio. Andava a Milano ogni tre giorni. Ogni altra soluzione ci sembrava impossibile. # 342. Qualche Qualche corrisponde al francese "quelque(s)" e all’inglese "some / any". Invariabile, è usato solo al singolare pur avendo il significato di plurale indeterminato. Lo si trova solo in frasi affermative o interrogative. Esempi: li ha visti qualche settimana fa. Il dottore le ha dato qualche cura da seguire? Tutti abbiamo bisogno di qualche buon consiglio.

Qualche può anche essere preceduto dall’articolo, determinativo o indeterminativo, e in questi casi il suo valore è diverso da quello or ora segnalato. Esso è infatti molto simile a "certo". Esempi: una qualche soluzione la dovremo pur trovare. Era una commedia di un qualche interesse. # 343. Qualsiasi, qualunque Qualsiasi, qualunque (fr. quelconque, ingl. any sort of) sono invariabili. Usati per lo più al singolare, possono anche accompagnare nomi al plurale.

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Possono precedere o seguire il nome. Se usati con un nome plurale devono sempre seguire il nome. Esempi: gli starebbe bene qualsiasi impiego. Qualunque persona lo potrebbe aiutare. Sono macchine da corsa, non macchine qualsiasi. Si noti che, quando precedono il nome, qualunque e qualsiasi hanno un valore molto simile a "ogni", mentre quando lo seguono assumono un valore leggermente peggiorativo. Esempi: qualunque libro costava ventimila lire. Si tratta di una persona qualsiasi.

# 344. Qualsivoglia, qualsivogliano, qualsisia Qualsivoglia, qualsivogliano e qualsisia equivalgono semanticamente a qualunque, ma sono di uso letterario e quasi del tutto scomparsi dalla lingua viva. Esempi: Uomini in qualsivoglia esercizi eccellenti (Firenzuola). Non possono essere rotte da qualsisia ferro, o qualsisia colpo di pistola (Redi). # 345. Aggettivi e pronomi Altro, alcuno, certo, ciascuno, nessuno e tutto possono essere usati sia come aggettivi che come pronomi. Sono aggettivi quando accompagnano il nome, sono pronomi quando ne fanno le veci.

# 346. Altro Altro corrisponde al francese "autre" e all’inglese "other". Esempi: altro giro, altro regalo! Altri tempi! Verrà un’altra volta. Verrà quest'altra settimana.

Sia in italiano che nelle parlate regionali, altri è spesso usato con valore rafforzativo dopo i pronomi noi e voi. Esempi: noi altri (noialtri), voi altri (voialtri).

Come si potrà notare dagli esempi riportati qui di seguito, altro può mutare valore a seconda del contesto in cui si trova. Esempi: partirà quest'altra settimana (=prossima); ci ha scritto l’altro mese (=scorso); ha un altro fidanzato (=nuovo).

# 347. Alcuno/a Alcuno, singolare, ha valore negativo, cioè equivale a nessuno (fr. nul, aucun, personne; ingl. any, anybody). Usato al singolare può anche seguire il nome. Esempi: oggi non abbiamo alcuna voglia di studiare. Non c’è alcun libro che gli piaccia. Sono rientrati senza pericolo alcuno. Si noti ancora che quando precede il nome, alcuno segue la regola dell’articolo indeterminativo: un, uno (#59 e segg.). Esempio: non ha alcun

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consiglio da darci. Non c’era alcuno spettacolo interessante.

# 348. Alcuni/e Il plurale, alcuni/e, ha valore positivo cioè equivale al francese "quelques

o quelques-un(e)s" ed all’inglese "some e somebody". Esempi: hanno portato alcuni bei regali per voi. Prima di partire dovremmo sistemare alcune cosette. Alcuno/a, alcuni/e possono essere seguiti da un aggettivo possessivo. | Esempi: alcuni suoi parenti sono arrivati ieri da Napoli. Non abbiamo più ricevuto alcuna sua notizia. # 349. Certo Certo (fr. ingl. certain) ha parecchi valori. Al singolare è solitamente preceduto dall’articolo indeterminativo (un/una) ed equivale a "tale, un po’". Al plurale non è preceduto da articoli ed equivale per lo più ad alcuni/e, simili, di tale genere. Esempi: certe notizie non sembrano neanche vere. Con lui ci vuole una certa dose di pazienza. È una persona di una certa età. Fino a un certo punto.

# 350. Certo aggettivo qualificativo Certo, può anche avere il valore di aggettivo qualificativo. Se ha valore di indefinito, precede il nome a cui si riferisce. Quando invece ha valore di aggettivo qualificativo lo segue. In questo caso il valore semantico di certo corrisponde a quello di "sicuro". Esempi: chi lascia le cose certe per le incerte rischia. La sua presenza era certa.

# 351. Ciascuno Ciascuno/a (fr. chaque; ingl. each) ha lo stesso valore distributivo di ogni, ma è molto meno usato. Esempi: ciascun soldato aveva un fucile e cento cartucce. Ciascuna studentessa aveva il suo compito. Si noti che, quando precede il nome, ciascuno segue la regola eufonica dell’articolo

indeterminativo

un/uno

(#59 e segg.). Esempi:

ciascuno

studente pensava a far bene gli esami. Ciascun allievo aveva il necessario per scrivere. # 352. Nessuno Nessuno/a (fr. aucun, nul, personne; ingl. any, anybody, nobody). Quando è aggettivo e precede il nome, anche nessuno segue la regola dell’articolo indeterminativo un/uno (#59 e segg.). Esempi: non ci ha dato nessun cenno di risposta. Nessuna macchina è nuova. Nessuno studente era interessato alla lezione.

87 Si noti che quando nessuno, aggettivo o pronome, precede il verbo, questo non richiede la negazione, mentre la richiede quando nessuno segue. Esempi: Non ha incontrato nessun amico. Nessuna previsione si è avverata.

# 353. Tutto Tutto/a (fr. tout; ingl. all, every) è solitamente seguito da un articolo o da un aggettivo dimostrativo, ma può anche essere unito direttamente al nome. Esempi: guarda la tivù tutte le sere. Tutti i suoi amici sono canadesi o americani. Il suo nome è tutto un programma. Per imparare dovrà leggere tutte queste pagine. E chi ce la farà a ricordare tutte quelle regole? Ve lo offre di tutto cuore. Tutta Montreal ne parla. È un atleta molto richiesto perché gioca a tutto campo. # 354. Tutti e due Tutti/e sono uniti ai numerali cardinali che li seguono dalla congiunzione -e-. Esempi: le interessate, sono venute tutte e quattro. Tutti e due gli imputati avrebbero confessato. # 355. Aggettivi, pronomi e avverbi Alquanto, altrettanto, molto, parecchio, poco, quanto, tanto e troppo, possono essere aggettivi, pronomi ed anche avverbi, a seconda della posizione che occupano nella frase. Quando sono aggettivi o pronomi si accordano con il nome che accompagnano o sostituiscono, mentre quando svolgono la funzione di avverbio sono invariabili. # 356. Alquanto Alquanto, francese "quelques"; inglese "some, several". Poco usato, ha un valore indeterminato che si potrebbe situare tra poco e molto. Esempi: ci vuole alquanta pazienza. Tutto quel trambusto ci ha dato alquanto fastidio. # 357. Altrettanto Altrettanto, francese "autant de"; inglese "as much, as many". Più usato come avverbio e come pronome. Esempi: è preoccupato, ma lei ha altrettanti guai. Noi abbiamo molti problemi ma sono sicura che loro ne hanno altrettanti. (pr)

# 358. Molto Anche molto può essere usato con valore di aggettivo, di pronome e di avverbio. Se aggettivo o pronome è variabile, mentre è invariabile quando svolge le funzioni di avverbio. Esempi: durante le vacanze abbiamo studiato molti verbi. Molta gente non sa vivere tranquillamente. Molte persone non sanno come spiegarsi questo fatto. Molte (pron.) invece si fanno capire alquanto bene. Molti (pron.) non pensano prima di parlare. Hanno passato delle serate molto (avv.) divertenti.

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# 359. Parecchio Parecchio/a, francese "beaucoup (de), très"; inglese "several, quite a few, quite". Indica una quantità notevole, inferiore a quella indicata da molto. Attualmente questo aggettivo conosce una discreta fortuna e spesso è anche usato al posto di molto stesso. Esempi: hanno avuto parecchie difficoltà a farsi capire. Lo aspettiamo già da parecchi giorni. Allo spettacolo ha assistito parecchia gente. Parecchi (pron.) dicono che è stato lui. Gli hanno affidato due incarichi parecchio (avv.) importanti.

# 360. Poco Anche poco, (fr. "peu (de)"; ing. "little, few"), può svolgere le funzioni di aggettivo, di pronome o di avverbio. Esempi: ha sempre avuto poca pazienza con i bambini. Poche persone credono a quello che dice. Pochi altri studenti sono venuti a lezione oggi. Ci resta poco tempo prima degli esami. Pochi (pron.) ma buoni. Erano serate poco (avv.) divertenti. # 361. Tanto Tanto/a, (fr. "tant (de)", ing. "so much, so many, very"), può svolgere le funzioni di aggettivo, di pronome o di avverbio. Esempi: ha tanti ospiti che non sa dove sistemarli. Al mondo ci sono tante persone infelici. Tanti turisti visitano la nostra città. Tanto (avv.) va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Tanti (pron.) dicono che i metalmeccanici non sciopereranno. Per mantenersi in forma non bisogna mangiare tanto (avv.). # 362. Troppo Troppo, (fr. "trop (de)"; ingl. "too much, too many, t00"), può svolgere le funzioni di aggettivo, di pronome o di avverbio. Esempi: bisogna fare le cose senza troppa fretta. Hanno passato troppe ore al sole e si sono ammalati. Alcuni preferiscono non mangiare troppo pane. Troppi (pron.) non mantengono la parola data. Erano persone troppo (avv.) sagge e non l’hanno ascoltato. Ha comprato delle scarpe troppo (avv.) eleganti.

# 363. Diverso, vario Diverso e vario sono solitamente aggettivi qualificativi, ma, anteposti a nomi plurali o collettivi, assumono il valore di "più d’uno", per cui si possono anche considerare aggettivi indefiniti come -certo-. Esempi: diversi studenti non hanno capito. Varie persone erano andate ad aspettarlo. Il clima italiano è vario e poco uniforme. Il bianco è diverso dal nero. # 364. In pochi, in molti, in troppi... Come già i numerali (# 312), anche gli indefiniti richiedono la preposizione in per certe costruzioni particolari con i verbi essere e rimanere ecc... Esempi: alla fine non erano rimasti in molti. Non sono in pochi a sostenerlo nella sua impresa. Sono in troppi a dover dividere quella piccola

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somma. Erano in tanti a protestare contro la decisione poco felice della giuria. # 365. Forme arcaiche (veruno, taluno, talaltro) Per completare la rassegna degli aggettivi indefiniti si dovrebbero ancora ricordare alcune forme arcaiche e quasi scomparse dall’uso vivo quali: veruno, equivalente a nessuno, taluno, equivalente a certo, che si trova anche in correlazione con talaltro.

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AGGETTIVI INTERROGATIVI # 366. Forme e uso Gli aggettivi interrogativi sono: che, quale, quanto, usati per formulare una domanda concernente l’identità, la qualità e la quantità. Esempi: che storia è questa? A che velocità viaggia la luce? Di quali periodi intende parlare? Quanti anni hai?

# 367. Che, quale, quanto Che e quale hanno praticamente lo stesso valore. Quale è variabile, che è invariabile ed è anche più usato. Che, quale e quanto sono usati sia nelle proposizioni interrogative dirette che in quelle indirette. Esempi: chiede che storia è questa. Domanda: "Che storia è questa?" Chiede: "Di quali periodi intendi parlare". Dimmi quanti anni hai. Mi piacerebbe sapere a che velocità viaggia la luce. Qual è la capitale d’Italia?

# 368. Qual Si noti che quale non prende l’apostrofo neanche al femminile in quanto la caduta della vocale finale è dovuta a troncamento e non ad elisione. A questo proposito si ricordano il famoso digramma dantesco "qual maraviglia" e i numerosi troncamenti poetici di quale "qual fior", "qual su le trecce...". Esempi: qual è la capitale d’Italia? Qual è il paese dove tutto funziona a dovere?

AGGETTIVI ESCLAMATIVI # 369. Forme e uso Che, quale e quanto sono anche usati nelle proposizioni esclamative. È forse utile ricordare che, a differenza dell’inglese, che non è seguito dall’articolo indeterminativo. Esempi: che bella giornata! Che figuraccia! Che tempaccio! Quale indifferenza! Quante sventure! Quanti stupidi! Che peccato! Che sfortuna! Che vergogna!

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PRONOMI # 370. Introduzione Il pronome è quella parte variabile del discorso che per definizione (pro nome) sostituisce un nome, ma può tenere il posto di un’altra parte del discorso (aggettivo, pronome o verbo) ed anche di un’intera proposizione. Esempi: Gigi è un bravo ragazzo e tutti gli vogliono bene. Gigi è un bravo ragazzo e tutti lo riconoscono. Chi c’è? Cera qualcosa per te. # 371. Tipi di pronomi Come gli aggettivi determinativi anche i pronomi sono raggruppati in diverse categorie. Abbiamo infatti: i pronomi personali i pronomi dimostrativi i pronomi possessivi i pronomi relativi i pronomi indefiniti i pronomi interrogativi i pronomi esclamativi.

PRONOMI PERSONALI # 372. Definizione I pronomi personali, sono così in genere sostituiscono un nome di persona.

chiamati

perché

# 373. Soggetto e complemento I pronomi personali si possono dividere in due categorie: i pronomi soggetto e i pronomi complemento. # 374. Pronomi personali soggetto: forme I pronomi personali soggetto sono: Prima persona singolare io Seconda persona singolare tu lui lei Lei ella egli essa esso Terza persona singolare noi Prima persona plurale Seconda persona plurale voi loro Loro essi esse Terza persona plurale

# 375. Soggetto sottinteso Siccome, a differenza del francese e dell’inglese, ogni desinenza verbale

indica già di per se stessa la persona che compie l’azione, di solito in

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italiano non si usa esprimere il pronome soggetto. Esempi: li aspettiamo domani. Arriva tra poco. Quando parti? Saranno qui da un momento all’altro. Venite con noi? # 376. Verbi impersonali A differenza del francese, dell’inglese e di varie altre lingue, i verbi impersonali italiani non richiedono il soggetto. La stessa norma è valida anche per le espressioni impersonali formate dal verbo essere e da un aggettivo. Esempi: domani non pioverà. Quell’anno nevicava quasi tutti i giorni. Quest'estate ha fatto molto caldo. È impossibile che loro vengano. Sembra che arrivino i marziani. # 377. Soggetto espresso Talvolta, anche in italiano, il pronome Questo avviene nei casi seguenti:

soggetto deve essere espresso.

a. quando la frase è ellittica (=manca) di verbo. Esempi: tu a piedi, lui a cavallo e noi in macchina. Tu lavori e lei no!

b. quando il verbo è all’infinito. Esempi: voi dire queste bugie? avrei neanche immaginato. Io fare quello? Non è possibile!

Non lo

c. quando il verbo segue le congiunzioni: anche, neanche, pure, neppure, nemmeno, solo, soltanto. Esempi: solo tu non mi capisci, e neanch’io so il perché. Nemmeno loro sono andati a quella cerimonia. Soltanto voi non avete risposto. d. quando c’è contrasto tra le azioni espresse da due verbi. Esempi: noi parliamo e voi non ci ascoltate. Lei lavora sempre e lui non fa mai niente. e. con il verbo essere nelle espressioni del tipo: sono io che..., sei tu che..., è lui che..., sono loro che... Esempi: sono loro che vogliono partire. Sono stata io l’ultima a uscire.

f. per evitare ambiguità, e quindi per maggior chiarezza, si preferisce esprimere il pronome soggetto nelle persone singolari del congiuntivo in cui la desinenza è unica per due o tre persone. Esempi: pensava che tu venissi. Vogliono che lei dica tutto. Non pensano che io sia sincero. g. quando si vuole mettere il soggetto in enfasi particolare. Per evidenziare ulteriormente il soggetto lo si può anche posporre al verbo. Esempi: Voi siete venuti. Noi l’abbiamo fatto. Questo, lo dice lui. L’ha detto lei. L'ho rotto io. L'abbiamo scritto noi. Attenti parlano loro! Voi siete venute. Tu l’avevi previsto.

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# 378. Tu e Lei (Pronomi allocutivi per il singolare). Quando ci si rivolge ad una persona, in italiano si usa il tu con gli amici, i familiari o i bambini, mentre si riserva il Lei, che richiede la terza persona singolare, per rivolgersi a persona che non si conosce o che si conosce, ma con cui non si è in confidenza. In altre parole Lei corrisponde al pronome allocutivo per la forma di cortesia che in francese è rappresentato da -vous-, in tedesco da -Sie- e in spagnolo da -Usted-. Com’è noto l’inglese ha una forma unica -you-, valida tanto per la forma di cortesia che per quella confidenziale. Per quanto non ci siano regole specifiche, anche in italiano sarebbe bene scrivere il Lei allocutivo di

cortesia con l’iniziale maiuscola e ciò soprattutto nelle lettere. Si ricorda che, come tutti gli altri pronomi personali soggetto, anche i pronomi allocutivi tu e Lei sono spesso sottintesi in italiano. Esempi: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Dottore, questa sera deve venire all’opera con noi.

# 379. Accordo degli aggettivi con Lei Un tempo, gli aggettivi e i participi passati riferentisi a Lei si accordavano al femminile singolare, però attualmente è sempre più diffuso l’uso di accordarli al genere reale della persona che sostituiscono. Accordando al femminile gli aggettivi e gli eventuali participi passati, anche quando il referente è maschile, si evidenzia ulteriormente la deferenza. Quindi si dirà: Lei è stato al mare, signor Rossi? Lei è stata al mare signora, Rossi? Lei,

signorina quando è andata in Italia? Lei, Giacomo quando è arrivato in Canada?

# 380. Voi e Loro (Pronomi allocutivi plurali). Quando ci si rivolge a due o più persone di solito si usa il voi, che corrisponde al plurale sia della forma familiare, tu, che della forma di cortesia, Lei. In situazioni molto formali, per il plurale della forma di cortesia, si può usare Loro, che ai nostri giorni è d’uso piuttosto raro. Gli aggettivi e i participi che si riferiscono a -voi- e a -Loro- si accordano al genere reale delle persone sostituite. Nel caso che ci si rivolga a persone di genere diverso, l’accordo si fa al maschile plurale.

Sia Voi che Loro, pronomi di cortesia, sono solitamente scritti con l’iniziale maiuscola. Esempi: Loro, signori, sono stati bene in quell’albergo? Loro, signore, si sono divertite all'opera? Signora Bianchi, dottor Rossi, (voi) siete proprio fortunati. Maria e Carlo, siete arrivati troppo tardi. Ci rivolgiamo a Voi per avere informazioni più precise su... # 381.

Ella (Pronome allocutivo)

Nello stile epistolare, in contesti molto formali, invece di Lei si può usare

94 Ella. Esempi: La ringraziamo per l’attenzione con cui Ella ha.... Come avviene per -Lei-, gli aggettivi e i participi passati che si riferiscono a Ella si accordano al genere reale della persona o al femminile singolare. Comunque, dato il tono molto più sostenuto di Ella, ci pare più appropriato l’accordo al femminile singolare a meno che, come nell’ultimo esempio riportato qui di seguito, Ella non sia seguito da un nome chiaramente maschile. Esempi: quando Ella è venuta tra di noi, tutti ne sono stati fieri. Ella, Eccellenza, è sempre stata buona con tutti. Ella, Onorevole è sempre stato attento ai nostri problemi. # 382. Egli/ella, lui/lei, esso/essa Tra i pronomi di terza persona singolare, si deve dire che lui e lei sono di gran lunga i più usati nella lingua parlata d’oggi. Egli ed essa, che si trovano nella lingua scritta, sono preferiti quando sostituiscono nomi di persona, propri o comuni, appena citati. Però va detto che lui e lei sembrano prendere il sopravvento anche nella lingua scritta. Esso, poco usato, si riferisce per lo più a cose o ad animali. Ella è sempre meno usato come pronome non allocutivo. Esempi: lui dice di sì, lei dice di no e gli altri tacciono. Manzoni fu uno scrittore. Egli scrisse "I promessi sposi". Il cane è fedele: esso è il migliore amico dell’uomo. La sua casa è molto grande, (essa) ha sette camere da letto.

# 383. Loro, essi, esse Anche alla terza persona plurale loro è più usato di essi e di esse, soprattutto nella lingua parlata. Va comunque ricordato che loro si riferisce esclusivamente a persone, mentre essi ed esse possono riferirsi anche ad animali e a cose. Esempi: loro (essi/esse) parlano bene il greco. Lo facciano loro se vogliono. Loro (esse/essi) cantano bene e lui li ascolta.

# 384. Uso obbligatorio di lui, lei, loro L’uso di lui, lei, loro per i pronomi di terza persona singolare e plurale, è obbligatorio nei casi segnalati al # 377. Lui, lei, loro si useranno quindi:

a. nelle frasi ellittiche di verbo. Esempi: Fortunata lei! Loro vanno al mare e noi no.

beato lui! Fortunati loro!

b. nelle proposizioni il cui verbo è espresso all’infinito. Esempi: loro fare questo? Mai! Tu dire quello! Non l’avremmo mai creduto.

c. nelle proposizioni in cui il pronome soggetto è preceduto da anche, neanche, pure, nemmeno, neppure, solo... Esempi: era venuto pure lui. Non la conoscono neanche loro. Anche voi avete letto quel libro? Non lo sa neppure lei. Solo tu potevi saperlo.

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d. quando c’è contrasto tra le azioni espresse da due verbi. Esempi: lei parla, ma loro non l’ascoltano. Tu studi e lui non fa niente. e. quando si vuole mettere in risalto il soggetto. Esempi: sicuramente lui vorrà sapere tutta la verità. L’ha detto lei. f. con il verbo essere nelle espressioni del tipo è lui, era lei, saranno loro ecc... Esempi: è stata lei. Sono loro che hanno cominciato.

# 385. Cenni storici sull’uso del pronome allocutivo La storia relativa all’uso dei pronomi allocutivi italiani è piuttosto complessa e a seguirla dalle sue origini ci vorrebbe almeno un libro. Nel latino dell’età repubblicana esisteva solo il tu, poi in età imperiale il tu fu affiancato dal voi che esprimeva riguardo e rispetto in quanto bilanciava il -noi- usato dagli imperatori quando parlavano in prima persona. Oltre al tu e al voi, nel Quattrocento apparve anche la terza persona, forma ampollosa che si rafforzò nel periodo barocco anche per influenza di altre lingue, non ultima lo spagnolo. L’uso della terza persona doveva infatti essere comune anche ad altre parlate europee, tant'è vero che nella favola "Le loup et l’agneau", La Fontaine fa dire dallo spaurito agnellino che parla al feroce lupo: Que votre majesté ne se mette pas en colère, mais plutòt qu’elle considère que... Nel Settecento le tre forme coesistevano e, in una delle sue sferzanti lettere, il Baretti si scagliava contro questa usanza bizzarra della lingua italiana, in questo caso, meno pratica del francese e soprattutto dell’inglese che presentava una sola forma. Con gli anni si stabilì una certa gerarchia in quanto il Lei occupava un grado superiore al voi, che a sua volta era superiore al tu. L’uso del Lei subì comunque un grave colpo durante il periodo fascista, quando fu formalmente bandito e avversato con circolari e decreti, per far posto al Voi più rispondente alle tradizioni romane ed imperiali. Alla caduta del fascismo, il Lei, che non era del tutto scomparso, riprese rapidamente quota e, in pochi decenni, sembra essersi liberato della concorrenza del Voi. Attualmente infatti, l’uso e tutte le grammatiche riconoscono nel Lei, con il più solenne Ella, il solo pronome accettabile per la forma di cortesia. Il Voi non è comunque del tutto scomparso come pronome allocutivo per la forma di cortesia al singolare, ma non gode di molto prestigio e lo si ritrova soprattutto in alcune forme di italiano regionale. # 386. Voi, pronome allocutivo plurale. Se l’uso del voi come pronome allocutivo per il singolare è limitato e non consigliabile, esso è invece molto diffuso per il plurale, sia per tu che per Lei.

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Voi è anche usato nel linguaggio epistolare commerciale quando ci si rivolge a ditta, società o ufficio... In questo caso il Voi sembra comprendere non solo la persona a cui è indirizzata la lettera, ma anche i suoi collaboratori. Lo stesso accade quando, per esempio, il direttore d’un ufficio dice al segretario o alla segretaria: - Fatemi cinquanta fotocopie di questo documento. Qui "fatemi" intende "Lei e la persona addetta alle fotocopie". In ogni modo è una forma più gentile di "Signorina, mi faccia...", anche se apparentemente potrebbe sembrare un uso improprio del pronome stesso. # 387. Pronomi allocutivi italiani e di altre lingue Quindi l’uso dei pronomi allocutivi rispetto a quelli delle altre lingue si può riassumere nello schema seguente:

Inglese

Francese

italiano

Spagnolo

Tadao

tu

tu

tu

du

Lei Ella

Usted

Sie

Voi

vosotros

ihr

Ustedes

Sie

ERA you

# 388.

VOUS “nei be = Voi Loro

Lei, Ella e voi

LEI è il pronome più corrente per esprimere la forma di cortesia nell’Italiano odierno. Come tutti gli altri pronomi soggetto, anche Lei è spesso sottinteso. Nella lingua scritta, per situazioni molto formali, al posto di Lei si può far ricorso a Ella. Voi è usato soprattutto nella corrispondenza commerciale e, anche se usato scrivendo a una persona, sta ad indicare "Lei e la Ditta, Lei e i Suoi collaboratori". # 389. Voi e Loro Per il plurale si usa solitamente Voi. Loro, troppo formale, è usato molto

raramente.

# 390 S.V. Nel linguaggio burocratico amministrativo è di uso corrente la formula S.V. (Signoria Vostra), che richiede il verbo alla terza persona singolare. Gli eventuali aggettivi o participi che si accordano con S.V. vanno al femminile singolare. Esempi: la S.V. è convocata presso questo ufficio il due ottobre p.v. (prossimo venturo) per comunicazioni che La riguardano.

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# 391. Il possessivo riferito a Lei/Loro Trattandosi di pronomi di terza persona, Lei e Loro richiedono aggettivi possessivi di terza persona. Nello stile epistolare anche gli aggettivi possessivi che si riferiscono a Lei e a Loro, pronomi di cortesia, si scrivono solitamente con l’iniziale maiuscola. Esempi: egregio Dottore, la Sua lettera ci è giunta... L’oratore ha terminato la conferenza dicendo: "Ringrazio le signore ed i signori presenti per la loro attenzione e la loro pazienza..."

# 392. Me, te soggetti o predicati nominali. Invece di io e tu si deve usare me e te nei casi seguenti: a. nelle esclamazioni prive di verbo. Esempi: fortunata te! Povero me! Contento te! Beato te! Beato lui! Povera lei! b. dopo le congiunzioni comparative come e quanto. Esempi: la pensa come me. Vuole fare come te. Lavora quanto me. Studiamo quanto te. Vuole fare come lui.

c. quando hanno il valore di predicato nominale, cioè quando seguono il verbo essere. Esempi: se lui fosse te... Certo, ma lui non è me! Voglio essere me stesso. Non si confondano gli esempi appena citati con le forme: sono io, sei tu, ero io, eri tu... in cui si ha semplicemente l’inversione del soggetto.

Naturalmente in questi casi anche per le terze persone si usano le forme lui, lei, loro.

Nei casi diversi dai tre succitati, l’uso di me e te con funzione di soggetto è poco consigliabile. Tale uso è considerato regionale o arcaico, anche se coinvolge la stessa Toscana. Esempio: lo dici tu (e non Lo dici te). Tu hai detto questo (e non Te hai detto questo).

# 393. Pronomi personali complemento I pronomi personali complemento si possono dividere in due gruppi a seconda che siano atoni o tonici.

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PRONOMI PERSONALI COMPLEMENTO # 394.

forme atone

diretti

lo

diretti e indiretti mi ti

si

indiretti

gli

la

si le ci vi li si loro le si loro Ai pronomi personali propriamente detti, scritti in grassetto è stato aggiunto il pronome riflessivo si, il cui comportamento è simile a quello delle particelle pronominali mi, ti, ci, vi che, secondo i casi, possono svolgere le funzioni di pronomi personali e di pronomi riflessivi. Come

si può notare

dalla tabella:

lo, la, li e le hanno

il valore di

complemento oggetto, mentre gli, le e loro sono complementi indiretti. Per quanto concerne mi ti ci e vi, essi possono svolgere sia la funzione di complemento diretto che quella di complemento indiretto. La funzione di complementi diretti o indiretti è determinata dal verbo e anche dalla struttura della frase in cui si trovano detti pronomi. Esempi: Se lo vede gli parla. Se la vede le parla. Se li vede dice loro: buon giorno. Se non le vede telefona loro. Quando mi vede mi dice ciao. Quando ti vede ti dice ciao. Quando ci incontra ci parla. Quando vi incontra vi parla. # 395. Posizione Tutti i pronomi personali atoni precedono il verbo. Lo seguono quando il verbo è all’infinito, all’imperativo, al gerundio o al participio passato usato senza ausiliare. Si ricorda che loro, pronome personale complemento, non è atono e quindi segue sempre il verbo. Esempi: se lo vede gli parla. Se non la vede va a cercarla. Vedendoli ci siamo accorti che era tardi. Quando sali in macchina ricordati di essere prudente. Vistili, si fermò. Salutatele partì di corsa. In un impeto d’ira disse loro di andare al diavolo. # 396. Loro cambia valore cambiando posizione Loro muta valore a seconda della sua posizione rispetto al verbo. Quando

99 lo precede è sempre soggetto, mentre quando lo segue è pronome complemento e in certe frasi enfatiche potrebbe anche essere soggetto. Esempi: loro dicono che verranno a Pasqua (soggetto); dicono loro che verranno a Pasqua (complemento); questo lo dicono loro! (soggetto). Si ricorda poi che loro può anche avere valore di aggettivo o di pronome possessivo, a seconda che preceda un nome o lo sostituisca. # 397. Lui e lei cambiano valore cambiando posizione Anche lui e lei possono mutare valore mutando la loro posizione rispetto al verbo. Esempi: non guardare gli altri, guarda lei! (complemento); Se lei non te lo dice non farlo (soggetto); non farlo a meno che non te lo dica lui (soggetto).

# 398. mi, ti, ci, vi, si Mi, ti, ci, vi svolgono anche le funzioni di pronomi riflessivi e, come si, possono essere usati come pronomi diretti o indiretti. Esempi: quando va con gli amici si diverte molto. Ha deciso di comprarsi una macchina nuova. Non ti vergogni di aver detto quello? Prima di metterti a tavola devi lavarti le mani. # 399. lo, la, li, le (complementi diretti) Lo, la, li, le sono complementi diretti. Lo è maschile singolare, la è — femminile singolare. Li è maschile plurale, le femminile plurale. Esempi: Il pane, lo comprano dal fornaio o dal panettiere. Maria, la incontriamo

spesso all’università. I bicchieri li ha rotti lui. Le vanno ad aspettare all’aeroporto. Con andare e venire seguiti da un verbo all’infinito, i pronomi personali atoni possono precedere andare e venire o seguire l’infinito. Esempi: Li vado a trovare domani oppure vado a trovarli domani. Le vanno a vedere oppure vanno a vederle. Gli viene a parlare / viene a parlargli. Ci viene a trovare / viene a trovarci. Ne va a comprare / va a comprarne. # 400. lo pronome neutro Oltre che pronome di terza persona di pronome neutro, corrispondente -what-, sostituendo anche una frase ammetto, seppure a malincuore. Lo facili. Quando lo dice lui dev'essere

maschile, lo può svolgere le funzioni al francese -le- ed all’inglese -it- e completa. Esempi: ho sbagliato e lo sanno tutti che i pronomi non sono vero.

# 401. la pronome neutro Talvolta, soprattutto in espressioni idiomatiche, anche la può essere usato con valore di pronome neutro. Esempi: chi la dura, la vince. Se la prese con noi, poveri innocenti.

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# 402. glie le Gli e le sono i pronomi indiretti di terza persona singolare. Gli, maschile, corrisponde a "to him" (ing.) e a "lui" (fr.), mentre le, femminile, equivale a "to her" (ing.) e a "lui" (fr.). Esempi: quando vedrò Lucia, le darò il libro. Se non incontra Marco, gli telefonerà. Se non lo vede gli telefona. Se non la vede le telefona. # 403. Elisione Mi, ti, vi e si si possono elidere davanti a parola che inizia con vocale 0 con -h- muta. Va detto però che attualmente è più comune l’uso di mantenere la forma intera. Esempi: mi ha detto che non potrà venire. Ti hanno detto che lei sarebbe arrivata lunedì. Si è comprata una macchina nuova. Chi vi ha telefonato? Quello spettacolo non m’interessa (o anche non mi interessa). Ci si può elidere solo davanti a parola iniziante per -i- o per -e-. Esempi: dov’è Carlo? Qui non c’è. Loro non ci hanno più scritto da anni. C’eravamo incontrate al mare tre anni fa. L’elisione è obbligatoria davanti alle forme del verbo essere (è, era, per esprimere il valore di -there is...- (ingl.), o di -il y a...- (fr.), negli altri casi è facoltativa. Infatti mentre l’uso impone: c’è, c’erano (per there is..., il y a), i parlanti dicono tanto c’interessa interessa.

erano) mentre c’era, che ci

Lo e La si possono elidere davanti a parola iniziante per vocale, mentre li e le non si dovrebbero elidere, perché la loro elisione potrebbe nuocere alla chiarezza della frase. Di solito lo e la si apostrofano quando sono seguiti dal verbo avere. Esempi: l’hanno scritto su tutti i giornali. L’ha comprata su una bancarella. Li ha incontrati per caso. Le ha spedite ieri. Gli e le, pronomi indiretti di solito non si elidono. Per quanto si accetti l’elisione di gli davanti a una -i- (esempio non gl’interessa o non gli interessa), va detto che le non si apostrofa mai. Esempi: Gli ha promesso che sarebbe andata a trovarlo. Le ha detto ciao. # 404. Lei, La, Le La e Le sono rispettivamente il pronome diretto e indiretto del pronome allocutivo Lei. La e Le seguono le stesse regole degli altri pronomi personali atoni, l’unica differenza è che, nello stile epistolare, si scrivono con la -L- maiuscola anche quando sono unite al verbo in posizione enclitica. Esempi: Caro dottore, ci siamo permessi di scriverLe per... Egregio avvocato, contiamo di passare a trovarLa...

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Per quanto si accetti l’elisione di gli davanti a parola che inizia con -i-, va detto che le non si apostrofa mai. # 405. Le Si noti che le può essere pronome diretto od indiretto, tutto dipende dal verbo che lo accompagna e anche dal contesto in cui si trova. Esempio: le dico = fr. je lui dis, ingl. I tell her; le vedo = fr. je les vois, ingl. I see them. Esempi: se non la vediamo, le telefoniamo. Le vediamo tutte le domeniche. # 406. Loro, pronome indiretto. Quando è pronome indiretto, loro segue sempre il verbo. Va detto che attualmente è sempre più frequente l’uso di gli al posto di loro pronome indiretto. Mentre un tempo era considerato scorretto usare gli al posto di loro, oggi le due forme si possono considerare equivalenti: loro è la forma più classica. Si vedano comunque gli esempi seguenti: se non li vede telefona loro = Se non li vede gli telefona. Ha visto Maria e Giulio e gli ha raccontato l’incidente. Ha visto Maria e Giulio ed ha raccontato loro l’incidente. Chi usa gli al posto di loro dovrebbe ricordare che mentre gli precede solitamente il verbo, loro pronome indiretto lo segue sempre. # 407. Gli al posto di loro e di le Il comportamento linguistico degli italiani dimostra che, oggi più che mai, il pronome indiretto gli sembra aver preso il sopravvento sugli altri pronomi indiretti di terza persona, sia su loro, con cui è in competizione da secoli, che su le femminile singolare. Va detto che se molti grammatici accettano la sostituzione di gli per loro pronome indiretto, altri sono piuttosto contrari all’uso di gli per loro femminile plurale e soprattutto per le femminile singolare.

# 408. Ne (particella pronominale). La particella pronominale ne equivale a "di ciò, di questo, di questa, di questi, di queste, di quello, di quella, di quelli, di quelle, di lui, di lei, di loro" e può riferirsi a persona o a cosa. Corrisponde alla particella pronominale francese -en-, mentre in inglese la si potrebbe tradurre con "of it, of them, about it, about them". Esempi: hai degli spiccioli? No, non ne ho. Quanti dollari hai? Oggi ne ho venticinque. Ha visto un incidente e ne è rimasto scosso. Carlo ha incontrato una bella ragazza e se ne è innamorato. Ne ha raccontate delle belle.

# 409. Elisione di ne In genere ne si elide solo davanti ai verbi essere ed avere, in particolare

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quando è preceduto dalla particella ce. Esempi: quando esci compra il sale perché non ce n’è più. Di spettatori ce n’erano circa duecento. Quanti ce n’abbiamo oggi? Quanti ne abbiamo oggi?

# 410. Posizione di ne Come tutte le altre forme dei pronomi atoni, ne precede solitamente il verbo. Lo segue se esso è all’infinito, all’imperativo, al gerundio o al participio passato. Usato con altre particelle pronominali, ne segue i riflessivi e i pronomi personali atoni retti dallo stesso verbo. Esempi: tutte le domeniche se ne vanno in campagna. me ne dia tre etti, per favore. Abbiamo molti libri e ve ne imprestiamo alcuni. Gliene parla spesso. Devono andarsene o possono starsene qui? Sono esecizi difficili, fanne uno anche tu. # 411. Ne (particella avverbiale) Oltre ai valori suindicati, ne può ancora avere quello di avverbio corrispondente a: di là, da quel posto (fr. en, ingl. from there). Esempi: Ha messo la mano in tasca e ne ha uscito le chiavi. È entrata in classe e ne è uscita subito.

Va ancora segnalato che ne entra in alcune espressioni idiomatiche del tipo: farne di tutti i colori, non poterne più, ne va della vita

# 412. Si impersonale e pronomi personali atoni In genere il pronome impersonale si segue tutte le particelle pronominali ad eccezione di ne. Esempi: lo si vede spesso in città. La si sente cantare dovunque. Se ne parla ad ogni occasione. Le si è detto di stare tranquilla.

PRONOMI PERSONALI TONICI # 413. Pronomi personali complemento: forme toniche Le forme toniche dei pronomi personali complemento sono le seguenti: me te

lui/lei, esso/essa, sé noi voi loro essi/esse, sé Sé corrisponde al riflessivo di terza persona singolare e plurale.

# 414. Pronomi diretti ed indiretti A seconda della struttura in cui si vengono a trovare, anche questi pronomi possono svolgere la funzione di complemento oggetto (diretto) o di

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complemento indiretto. Se sono complementi diretti seguono il verbo, mentre se sono complementi indiretti sono preceduti da una preposizione. Esempi: invita voi, ma non lei. Ha mandato un regalo tutto per te. Era uscito con lei. É stato da noi. L’ha detto a me. Vanno tutti da lui. Da loro non ci si annoia mai.

# 415. Forma atona e forma tonica Dal punto di vista grammaticale le due forme sono entrambe esatte. Dal punto di vista semantico la forma tonica è più forte. La forma atona è la più usata, mentre quella tonica la si usa per dare particolare rilievo al pronome. Quando il pronome dipende da verbo si usa quasi sempre la forma atona. La forma tonica si usa quando il pronome segue una preposizione o quando, pur dipendendo da verbo, lo si vuole mettere in enfasi. Esempi: li abbiamo visti ieri sera al ristorante. Gli hanno mandato la fattura alla fine del mese. A noi ha dato un libro, a loro una stampa. Sono venuti alla spiaggia con me. Accanto a -con me-, -con te- e -con se- esistono delle forme meco, teco,

seco (lat. mecum, tecum...), ora poco usate che però sono presenti nella lingua letteraria. Esempi: lo portarono seco (con sé), vieni meco (con me). # 416. Sé, pronome riflessivo Ai pronomi tonici si deve aggiungere il riflessivo di terza singolare e plurale sé. Spesso sé è seguito da -stesso-, più raramente da -medesimo-, ed allora può perdere l’accento: se stesso, se stessa, se stessi, se stesse. Esempi: Chi pensa solo a sé è un egoista. Gli egoisti pensano solo a se stessi. # 417. Lui, lei, loro Lui, lei, loro, pronomi complementi tonici, si riferiscono solo a persone, mentre esso, essa, essi, esse si riferiscono quasi esclusivamente ad animale

o a cosa € in tale caso sono sempre preceduti da preposizione. Esempi: Carlo è andato con loro. L'hanno annunciato a lei e non a lui. Il cuoio è prezioso, con esso si fanno molti oggetti. La lana è sempre stata molto utile, con essa si fanno i vestiti.

PRONOMI ACCOPPIATI # 418. Me lo, me la, me li, me le, me ne... Quando due pronomi atoni sono retti da uno stesso verbo, il pronome che esprime il complemento indiretto (mi, ti, ci, vi e si) precede quello che ha

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funzione di complemento diretto (lo, la, li, le) ed anche ne. In questi casi mi, ti, ci, vi ed il riflessivo "si" diventano rispettivamente me, te, ce, ve, e se dando vita alle coppie di pronomi seguenti: me lo, te lo, ce lo, ve lo, se lo,

me la, tela, cela, vela, sela,

meli, teli, celi, veli, seli,

mele, tele, cele, vele, sele,

me ne; te ne; ce ne; ve ne; sene.

Si osservino a questo proposito le frasi seguenti: me lo fa; me la scrive; me li manda; me le dice; te lo fa; tela scrive; teli manda; tele dice; ce lo fa; ce la scrive; ce li manda; cele dice; ve lo fa; ve la scrive; ve li manda; vele dice; se lo fa; se la scrive; se li manda; seledice;

me ne dà; te ne dà; ce ne dà; ve ne dà; se ne dà;

# 419. Me lo e -melo, te lo e -telo... me lo, me la, me li, me le, me ne, te lo, te la ecc... si scrivono separati

quando precedono il verbo, mentre si scrivono in una sola parola quando lo seguono. Si ricorda che questi pronomi atoni seguono il verbo quando esso è espresso all’imperativo, all’infinito, al gerundio e al participio passato senza ausiliare. Esempi: ce lo dice sempre, te l’ha sempre detto..., però è venuto a dirtelo; portamelo, per favore!; dicendovelo...

# 420. Glielo... I pronomi indiretti di terza persona, gli e le, seguiti dai pronomi diretti lo, la, li, le e ne si traformano in glie- e insieme formano i seguenti gruppi pronominali: glielo, gliela, glieli, gliele e gliene. Esempi: glielo dice, gliela scrive, glieli manda, gliele dà, gliene parla.

Quindi, se non si risale all’antecedente, in questi pronomi accoppiati non si può distinguere la forma maschile da quella femminile del pronome indiretto. Questo fenomeno è comune ad altre lingue romanze, si pensi per esempio al francese "le lui, la lui ecc." oppure allo spagnolo "se lo, se la" dove i pronomi indiretti (lui e se) proprio come il glie di glielo possono riferirsi tanto al maschile (gli) che al femminile (le). Esempi: Glieli spediranno domani mattina. Non l’hanno visto, ma gliene parleranno presto. Gliele hanno imprestate ma solo per pochi giorni. Quando la vedrà, glielo dirà sicuramente.

# 421. Glielo...invece di lo ..... loro Dato che molti parlanti usano gli al posto di loro, è chiaro che glielo, gliela, glieli, gliele e gliene possono anche avere il valore di: lo.....loro, la....loro ecc... Quindi, secondo il contesto glieli do può corrispondere

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a li do a lui, li do a lei oppure a li do loro. Esempi: (i francobolli) li hanno comprati e poi glieli hanno regalati; gliele ha spedite ieri (le lettere agli amici). # 422. Pronomi atoni posposti e accento tonico Si noti che quando questi pronomi sono posposti al verbo, l'accento tonico della forma verbale non subisce spostamenti. Esempi: pensano di spedirglieli il più presto possibile. Erano venuti a portarteli, ma tu eri già uscito. Scrivendogliele in fretta, ha fatto un errore. Andatevene!

# 423. Accordo del participio passato con il pronome Il participio passato di un verbo coniugato con l’ausiliare avere si accorda, in genere e in numero, con i pronomi (complemento oggetto) lo, la, li, le e ne che lo precedono. Esempi: chi ha mangiato le due mele? Le ha mangiate lui. Ha ricevuto la lettera? No, non l’ha ancora ricevuta. Hai spedito le lettere? Sì, ne ho spedite tre. # 424. Accordo del participio passato con ne Si noti che, a differenza del francese, l’italiano richiede l’accordo del participio passato preceduto da ne, complemento oggetto di un verbo composto coniugato con l’ausiliare avere. Esempi: hai visto dei dischi volanti? No, purtroppo non ne ho mai visti. Di regali, ne ha comprati per tutti.

Naturalmente, se ne non è complemento oggetto il participio passato non si accorda. Esempi: ha visto delle belle fragole e ne ha comprato un chilo. Ho fatto una torta e ne ha mangiato un pezzo anche lui. Ha comprato dei dolci e ne ha mangiato la metà. # 425.

Accordo del participio passato con mi, ti, ci, vi

Per quanto non tutti usino accordare il participio passato con mi, ti, ci, vi complementi oggetto che precedono la forma composta con il verbo avere, noi suggeriamo di accordarlo anche in questo caso perché, così, il senso della frase è più chiaro. Infatti ci ha visto bene e ci ha visti bene non hanno lo stesso valore semantico. D'altronde, per chi non ha l’italiano come lingua madre, è molto più facile ricordare una sola regola e cioè che: il participio passato coniugato con avere si accorda solo quando è preceduto da un pronome personale, qualunque esso sia, con valore di complemento oggetto. # 426. Accordo del participio passato senza ausiliare Usato senza ausiliare, il participio passato si accorda con il pronome (mi, ti, lo, la, si, ci, vi, li, le o ne) che eventualmente lo accomapagna. Si ricorda che il valore di questa struttura assoluta corrisponde in molte lingue

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al gerundio composto. Esempi: vistili, li ha invitati a cena (avendoli visti). Salutatele, partì (avendole salutate). Vistasi (essendosi vista) perduta, si mise a pregare.

# 427. Ci, vi Oltre ad essere pronomi atoni con valore di complemento diretto ed indiretto, ci e vi possono svolgere la funzione di: a. pronomi dimostrativi con il valore di - a ciò, a questo, a quello, il cui

equivalente francese è -y-, mentre quello inglese è -about it, about that-. Esempi: è un problema serio e ci ha pensato tutta la notte. Tutti si lamentano e noi non ci facciamo più caso. b. avverbi di luogo (particelle avverbiali) con il valore di - qui, qua, là, in quel luogo - (fr. y; ingl. here, there). Esempi: vanno allo stadio e finiremo per andarci anche noi. Va in quel locale perché vi incontra degli amici. Siamo qui e ci restiamo. Veniteci anche voi. # 428. Uso e posizione di ci e vi, particelle avverbiali Pur avendo lo stesso valore, le particelle avverbiali ci e vi differiscono per quanto concerne l’uso e la posizione. Innanzitutto va detto che ci è molto più usata di vi.

Ci si usa soprattutto in concomitanza con le particelle pronominali mi, ti e vi e le segue. Esempi: vanno al mare e, se vuoi, ti ci portano. Vanno al mare e, se voglio, mi ci portano. Vanno al mare e, se volete, vi ci portano

pure voi.

Vi si usa con la particella pronominale ci e con si pronome impersonale o riflessivo, e li precede. Esempi: Vanno in montagna e se possono vi ci portano anche noi. (In quel negozio) vi si compra del pesce squisito. Per quanto concerne la posizione di queste particelle si deve quindi ricordare che: mentre ci segue le altre particelle pronominali, vi le precede. Dato che vi ci può avere due significati, cioè "noi là e voi là", per evitare confusioni sarebbe bene inserire nelle frasi che contengono queste particelle un elemento che renda il senso esplicito, per esempio pure noi, anche voi... # 429. C'è, ci sono... C'è, ci sono, c’era, c'erano... hanno un valore corrispondente al francese «il y a, il y avait- ed all’inglese -there is, there are, there was, there were-. In strutture di questo genere quindi il verbo essere si accorda con la parola

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che segue e non rimane invariato come in francese (il y a) o in spagnolo (hay). Esempi: In un giorno ci sono ventiquattro ore. Nelle ore di punta ci sarà molto traffico. Sono arrivati tardi e non c’era più nessuno.

Si noti che nelle espressioni: lui non c’è, lei non c’è, loro non ci sono... c’è e ci sono equivalgono "non è presente", "non è qui", "non sono presenti", "non sono qui (ingl. he is not here, fr. il n’est pas Îà...). Patt

282)

dtt

# 430. Ci + avere In passato ci ha aveva il significato di -c’è- (fr. il y a), si ricordi a questo proposito la nota frase del Boccaccio "haccene millanta". La particella avverbiale ci ha poi perso valore, ma non è scomparsa. Dalle favelle toscane questa struttura è poi passata all’italiano parlato delle altre regioni e vi è molto comune ancora ai nostri giorni. Esempi: scusi, ci ha un cerino (ha un cerino)? Ci hanno molti soldi (hanno molti sold)i. Ci abbiamo sonno (abbiamo sonno). Questa struttura, da evitare nella lingua scritta, non va comunque confusa con quelle simili in cui ci ha il valore di pronome atono (=a noi) o quelli avverbiali segnalati al paragrafo 394. Esempi: ci ha detto questo in poche parole, ci hanno scritto da Parigi. Scusa, ci hai (=hai) una penna? La mia non scrive più. # 431.

Ce l’ho, ce l’hai...

Il ci, divenuto ce per ragioni eufoniche, che si ritrova all’inizio di una proposizione che comincia con un pronome atono -lo, la, li e le- seguito dal verbo avere, non ha alcun valore semantico. La sua, è una funzione eufonica e ciò lo si può intuire dagli esempi seguenti, la cui pronuncia sarebbe piuttosto sgradevole senza la particella -ce-. Esempi: Lei, ce l’ha la patente? Sì, ce l’ho da molti anni. Il biglietto, non ce l’ho più, l’ho

perso. Va anche ricordato che, tanto la particella ci del paragrafo precedente quanto questa ce eufonica, si usano solo quando il verbo avere non ha valore di ausiliare. Esempi: Lei, ce l’ha la patente? Sì, l’ho presa l’anno SCOrso.

# 432. Uso incorretto di ci A proposito di ci, si ricorda che molti parlanti lo usano incorrettamente al posto di gli/le. Prestando un po’ d’attenzione al comportamento linguistico dei parlanti, anche in Italia, si può infatti udire con una certa frequenza: -ci ho detto- al posto di -gli ho detto- oppure di -le ho detto-; -ci do- invece di -gli/le do-, -ce lo dico io- invece di -glielo dico io-.

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PRONOMI RIFLESSIVI # 433. Regole generali Come s'è visto, i pronomi riflessivi: mij, ti, si, ci, vi, si seguono le regole delle forme atone dei pronomi personali complemento. Anch’essi quindi precedono sempre il verbo, tranne quando è all’infinito all’imperativo al gerundio o al participio passato, usato senza ausiliare. Esempi: mi diverto, ti diverti, si diverte, ci divertiamo, vi divertite, si divertono. Pensa di divertirsi. Divertitevi se potete! Vistisi in difficoltà, hanno telefonato alla polizia. Guardandosi nello specchio, si è reso conto di avere molti capelli bianchi. # 434. Si riflessivo e participio presente. Il pronome riflessivo di terza persona può anche seguire il participio presente, dando luogo a una struttura particolare che corrisponde, grosso modo, ad una frase relativa. Questa struttura non è molto frequente e la si può trovare soprattutto nella lingua scritta. Si noti che in questi casi il participio presente si accorda con l’antecedente del si. Esempi: sono regole riferentisi ai pronomi personali.

# 435. Pronomi riflessivi e pronomi personali I pronomi riflessivi precedono gli altri pronomi per cui, come s’è detto, si avranno i gruppi pronominali seguenti: me lo, te lo, se lo, ce lo, ve lo, se lo... Esempi: quei libri sono interessanti, me li compro subito. La macchina, te la comprerai molto presto. La lezione, se la ripete prima di essere interrogato. Quindi bisogna fare attenzione alle frasi seguenti: se la compra / la si compra; se lo mangia / lo si mangia. Nel primo caso il se è pronome riflessivo, mentre nel secondo caso si ha valore di pronome impersonale (ingl. one, fr, on).

# 436. Ci si Quando un verbo riflessivo è usato alla forma impersonale, invece di

ripetere due volte il si (uno impersonale e l’altro riflessivo), si ricorre alla coppia di pronomi ci si che appunto corrispondono al francese -on se- ed all’inglese -one himself-. Esempi: a scuola ci si istruisce, al cinema ci si diverte. Ci si presenta alla cassa; non ci si dà del tu. # 437. Aggettivi e participi passati accordati con -ci siSi noti che gli aggettivi e i participi passati che si riferiscono al pronome indefinito si si accordano solitamente al maschile o più raramente al femminile plurale. Esempi: quando si è soli ci si sente tristi. Quando ci si è presentati allo sportello, purtroppo i biglietti erano esauriti. Alla festa

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c’erano poche persone, ma ci si è divertite lo stesso.

# 438. Nota storico comparativa sui pronomi soggetto Si sarà forse notato che le forme e le regole d’uso dei pronomi personali italiani non sono poi molto diverse da quelle delle altre lingue neolatine. La lingua di questa famiglia che più si è allontanata dalle altre è il francese che, come l’inglese, richiede quasi sempre l’uso di un soggetto di fronte a forme verbali di modo finito. Infatti mentre l’italiano (mangio una mela, parlano tedesco) non pone problemi circa l’identità del soggetto, le corrispondenti forme francesi (je mange une pomme, ils parlent l’allemand) o inglesi (I eat an apple, they speak German) sarebbero incomplete se togliessimo i pronomi soggetto. Poiché la desinenza di ogni forma verbale di modo finito italiana indica già di per se stessa il soggetto, ne consegue che la sua espressione in frasi normali diventa superflua come lo era in latino. # 439. Pronomi complemento Anche per quanto concerne i pronomi personali complemento l’italiano è molto vicino alle altre lingue neolatine. Oltre ai due gruppi di pronomi, atoni e tonici, vi si riscontrano pronomi diretti e indiretti. Tanto per dare un’idea della corrispondenza di queste categorie di pronomi, si riportano qui di seguito i pronomi atoni e poi quelli tonici francesi, italiani e spagnoli. forme atone

FRANC.

me

te

le/la

lui

nous

vous

les

leur

ITAL.

mi

ti

lo/la

glile

ci

vi

li/le

loro

SPAGN.

me

te

lo/la

le

nos

OS

los/las

les

FRANC.

moi

toi

lui/elle

ITAL.

me

te

lui/lei

noi

SP.

mi

ti

é€l/ella

nosotros vosotrosellos/ellas

forme toniche VOUS nous

voi

eux/elles

leur

essi/esse

loro les

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# 440. Forme arcaiche Come per l’articolo determinativo, anche per le forme dei pronomi si sono registrate oscillazioni, facilmente rilevabili osservando testi letterari appartenenti a secoli differenti.

Tra i pronomi soggetto si possono segnalare: Eo, I’ per io (lat. ego), pronome di prima persona. Ei, e’, gli, la per il pronome di terza persona singolare; Nui, vui al posto di noi (lat. nos), voi (lat. vos) pronomi di prima e seconda persona plurale. Eglino, Elleno, elle per il pronome di terza persona plurale.

Nell’italiano letterario dei secoli scorsi si può anche trovare il soggetto davanti alle forme impersonali. Esempi di tale comportamento non mancano neanche in Manzoni. Per esempio nel Capitolo VI de "I promessi sposi" si trova "gli è perché le ho viste io quelle facce", mentre nel XV si trova "E?’ risica d’esser una giornata peggio di ieri". A forme di questo genere si possono collegare le strutture tipiche delle parlate toscane: "L’è bello!", "Questa sì che l’è bella!"... Tra le forme di pronomi complemento ora disusate si può ricordare che non è raro trovare il al posto di lo, gli al posto di li, i per gli e per li, lui per a lui. Si noti che in molti testi letterari dei secoli passati ne corrisponde al nostro ci: egli ne ama. Può essere interessante ricordare che tale forma atona di noi si ritrova anche nell’odierno rumeno. Tra le forme composte gnene equivaleva ai moderni glielo, glieli, glielo, gliele.

A proposito delle forme doppie, in passato erano comuni gli accoppiamenti seguenti: lo/la mi, lo/la ti, ecc... mentre oggi si preferiscono me lo/la, te lo/la ecc...

Ai moderni se lo, se la, se li, se li corrispondeva in passato lo si, li si, le si. Invece dei nostri glielo, gliela, un tempo si diceva anche glilo, glila... Si noti che le forme

dell’italiano

moderno

lo si, la si, li si, le si

corrispondono alle francesi "on le, on la, on les" e alle inglesi "one......it, one......him, one.....her, one......them.

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PRONOMI DIMOSTRATIVI # 441. Definizione Questo, cotesto, quello possono anche essere usati come pronomi, cioè possono sostituire il nome. La differenza tra questo, cotesto e quello è già stata spiegata per gli aggettivi, cioè questo indica vicinanza rispetto a chi parla, quello lontananza rispetto a chi parla e a chi ascolta, cotesto (codesto) vicinanza rispetto a chi ascolta. Come gli aggettivi, anche i pronomi dimostrativi sono variabili secondo lo schema degli aggettivi della prima classe, (quelli uscenti in -o al maschile singolare). Esempi: ecco i libri di Carlo e quelli di Maria. Ha fatto le parti: questa è di Gigi e quella di Ada. Che cravatte vuole? Queste o quelle? Che film preferisci? Mi

piacciono quelli romantici. Tra tutti i fiori preferiamo cotesti (quelli lì). # 442. Questo e quello pronomi neutri Al singolare maschile questo e quello hanno anche valore neutro e significano rispettivamente: questo = questa cosa (fr. ceci, ingl. this); quello = quella cosa (fr. cela, ingl. that). Esempi: questo non le piace, quello non le va. # 443. Questo, quello Usati in una stessa frase in riferimento a due antecedenti, questo indica il più vicino cioè al secondo, quello il più lontano vale a dire al primo nominato. Esempi: Carla e Maria sono sorelle, questa (Maria) è studiosa quella (Carla) no. Paolo e Giovanni sono due giovani sportivi, questo (Giovanni) gioca al calcio, quello a pallacanestro.

In altri contesti, questo e quello possono equivalere ai correlativi l’uno/a... l’altro/a. Esempi: ecco due macchine: questa è nuova e quella è vecchia. # 444. Quello + aggettivo A differenza di quanto avviene in altre lingue, il pronome quello può essere seguito da un aggettivo qualificativo. Esempi: Non mi dia le mele verdi, mi dia quelle rosse. Non ha bisogno delle lampadine grandi, ma di quelle piccole. # 445. In quel di... Questo e quello possono dar luogo a espressioni idiomatiche particolari, usate soprattutto nella lingua parlata. Tra queste espressioni possiamo ricordare:

a. in quel di che corrisponde ad "a", "nei paraggi di". Esempio: adesso loro si trovano in quel di Milano.

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b. quello di... seguito da un nome che corrisponde "alla persona che si occupa di..." Esempio: era quello della luce o quello del telefono? c. una di quelle, uno di quelli che hanno carattere dispregiativo. Esempio: lei è proprio una di quelle. d. questa sì che che ha il valore di "questo fatto", questa notizia". Esempio: questa si che è comica! Questa si che è bella!

# 446. Ciò Ciò, pronome invariabile, ha il valore ricordato comunque che per esprimere pronome neutro questo visto al #442. passati che richiedono l’accordo con

di "questa cosa", "quella cosa". Va questo concetto si usa più spesso il Gli eventuali aggettivi o participi ciò vanno al maschile singolare. Esempi: non ha fatto bene l’esame e ciò mi rattrista. Ciò non è bello.

# 447. Ciò che Ciò può essere seguito dal pronome relativo che e dar luogo al pronome doppio ciò che. Come visto al paragrafo precedente, gli aggettivi o i participi passati che eventualmente si accordano con "ciò che" vanno al maschile singolare. Esempi: ci restituisce ciò che gli abbiamo prestato. Ciò che dici è vero, ma io non posso crederci. Ciò che è detto è detto, ciò che è fatto è fatto.

In genere a "ciò che" si preferisce "quel(lo) che o quanto". A questo proposito si vedano anche i paragrafi 451 e 464. # 448. Costui, costei, colui, colei, coloro Costui, costei, colui, colei e costoro possono riferirsi solo a persone. Il loro uso non è molto frequente, anche perché questi pronomi dimostrativi sono sempre più accompagnati da un leggero tono di ostilità, di disprezzo

o anche di distacco. Esempi: ma che vuole costui! vedere. Ma chi è costui! Chi sono costoro?

Costei non la voglio

# 449. Colui che, colei che, coloro che Colui, colei, coloro sono spesso seguiti da un pronome relativo per cui si hanno le forme seguenti: colui che, colui il quale (fr. celuiqui, celui que; ingl. he who, he whom); colei che, colei la quale (fr. celle qui, celle que; ingl. she who, she whom); coloro che, coloro i quali, coloro le quali (fr. ceux qui, ceux que, celles qui, celles que; ingl.they who, they whom). Esempi: colei che parla è sua sorella, colei che vedi è Maria. Colui che ha scritto questo dev’essere un saggio. Coloro che danno ai poveri danno a Dio. Hanno scritto a colui che si occupa dei reclami.

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# 450. Chi Si deve comunque ricordare che - colui che, colei che, coloro che - sono sempre meno frequenti, in quanto al loro posto si preferisce l’uso del pronome relativo chi (#461), sia con il valore di soggetto di due verbi, che di complemento di uno e soggetto dell’altro. Le forme del tipo -colui il quale...- sono rare. Gli esempi del paragrafo precedente sono quindi meglio espressi nel modo seguente: chi parla è sua sorella, chi vedi è Maria. chi ha scritto quello, deve essere un saggio. chi dà ai poveri dà a Dio. Hanno scritto a chi si occupa dei reclami. # 451. Quanto Anche quanto può avere valore di pronome doppio ed in questi tempi conosce un uso sempre più frequente. Al singolare, quanto sostituisce sempre più frequentemente il pronome neutro ciò che, mentre il plurale quanti, quante ha praticamente soppiantato coloro che, considerato troppo letterario ed aulico. Esempi: questo è quanto mi ha detto. quanto abbiamo visto era veramente penoso. Quanti desiderano frequentare i corsi devono

iscriversi. # 452. Questi, quegli In passato questi e quegli erano molto usati per le forme pronominali maschili singolari. Nella lingua contemporanea, quando sono usati come pronomi, questi e quegli hanno la funzione di soggetto e si riferiscono solo a persone. Esempi: questi gli scrisse che... quegli è suo cugino. Questi e quegli sono ancor oggi preferiti agli altri pronomi dimostrativi quando si tratta di sostituire delle persone in quanto, come s°è detto, sia questo- che -costui- possono avere carattere leggermente peggiorativo. Esempi: ma che vuole costui! Senti questo! Questi era un mercante di passaggio nella nostra città. Riferiti a due antecedenti appena nominati, questi e quegli hanno valore correlativo. Questi si riferisce al più vicino, cioè all’ultimo nominato, mentre quegli sostituisce il più lontano, cioè il primo. In questo caso sarebbe comunque molto più chiaro usare il primo e il secondo. Esempi: Marco e Luigi sono due fratelli: questi studia da geometra, quegli da ingegnere.

Va comunque ricordato che l’uso di -quegli- con valore di pronome è piuttosto letterario. # 453. Stesso, medesimo Anche stesso e medesimo possono avere il valore di pronomi. Esempi: È sempre lo stesso: ha solo voglia di scherzare. La sua macchina è la medesima dell’anno scorso.

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PRONOMI RELATIVI # 454. Definizione I pronomi relativi, così chiamati perchè proposizioni, sono: che, cui, il quale, chi.

mettono

in relazione

due

Che, cui e chi sono invariabili.

# 455. Che che, pronome relativo invariabile, può avere la funzione di soggetto o di complemento oggetto. Si può riferire a persona animale o a cosa. In altre parole, che corrisponde ai pronomi relativi francesi qui/que e a quelli inglesi who/whom/which/ that. Esempi: conosci la signorina che passa? Il signore che vedi è suo zio. Prendi il giornale che è sul tavolo. Gli amici, che partono per le vacanze, sono passati a salutarti. In queste giornate fredde ricordano con nostalgia le vacanze che hanno passato al mare..

# 456. Cui Cui è la forma del pronome relativo usata dopo una preposizione. Anche cui è invariabile. Esempi: ha avuto un grave incidente in cui ha rischiato la vita. Le giovani a cui ha scritto gli hanno risposto. I paesi da cui arrivano sono lontani.

Talvolta la preposizione -a- può essere sottintesa e invece di -a cui- si può usare semplicemente cui. Esempio: ecco la persona cui dobbiamo molto. # 457. Il cui, la cui... Cui può essere anche preceduto dal solo articolo, che si accorda con la parola che segue il cui stesso. Il cui, la cui, i cui, le cui corrispondono dunque al francese "dont le, dont la, dont les" oppure all’inglese "whose, of which". Esempi: ecco gli studenti il cui compito è stato premiato. Era la squadra i cui giocatori erano in nazionale. È una città le cui strade si incrociano ad angolo retto. Era una persona la cui intelligenza suscitava ammirazione e stupore.

Invece che dal solo articolo, talvolta cui può essere preceduto da una preposizione articolata. Esempi: È un amico dei cui errori dobbiamo ancora sopportare le conseguenza. Giovanna, del cui arrivo ci rallegravamò, è ripartita subito. Era una persona della cui integrità non abbiamo dubbi. # 458. Il quale, la quale, i quali, le quali Il quale è variabile (i quali, la quale, le quali) e può essere preceduto da preposizione che diventa così articolata secondo le regole delle preposizioni

115 articolate. Quindi il quale può sostituire tanto che quanto cui. Va però osservato che l’uso di il quale, la quale... senza preposizione è sempre più limitato ed in pratica lo si accetta solo quando assolve le funzioni di soggetto, soprattutto per evitare possibilità di confusione. Esempi: ecco la zia di Carlo, dalla quale siamo stati ieri sera. Le città dell’Europa nelle quali vanno a studiare sono bellissime. Sono i ragazzi della squadra per i quali hai fatto molto. # 459. Nota sull’uso dei relativi Si ricorda che in genere il pronome relativo che si riferisce alla parola che lo precede immediatamente, per cui, quando lo si usa, è bene fare attenzione alla struttura della proposizione. Per esempio una frase come la seguente: "ho visto la signora con il cane che parlava con un vicino" non è grammaticalmente molto corretta, anche se è chiaro che a parlare con il vicino era la signora e non il cane. In casi di questo genere sarebbe quindi meglio cambiare costruzione o almeno usare la forma più esplicita con quale. Ho visto la signora con il cane la quale parlava con il vicino. Se due prononi relativi si riferiscono ad uno stesso nome è bene introdurre il secondo con la congiunzione e che ne rafforza appunto il legame. Esempio: ha telefonato alla ragazza che ha incontrato al mare e di cui è innamorato.

# 460. Frequenza d’uso Che e cui si usano molto più spesso di il quale, la quale, i quali, le quali. Come s’è detto, queste ultime forme sono usate soprattutto nei casi in cui si debba dare maggior chiarezza alla frase. Va ancora ricordato che il quale è usato soprattutto dopo una preposizione, mentre il suo uso è meno frequente nella funzione di soggetto. Esempi: la lettera di cui vi ho parlato è arrivata ieri. La lettera della quale ci hanno parlato si è persa. Il giornale in cui si riportano i cambi della giornata. Ecco i giornali nei quali si riportano i cambi del dollaro. Il signore dal quale hanno ricevuto la busta. Il signore da cui hanno ricevuto la busta.

# 461. Chi Come si è visto parlando dei pronomi dimostrativi, il pronome relativo chi ha il valore di due pronomi e corrisponde a colui che, colei che, coloro che. Il persona Esempi: dirò chi

verbo che accompagna chi soggetto è sempre usato alla terza singolare e gli eventuali accordi si fanno al maschile singolare.

chi vi parla è appena arrivato dall’Europa. Dimmi con chi vai ti sei.

# 462. Valori di chi Chi può avere valore di:

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a. due soggetti. Esempi: chi vivrà vedrà. Chi s’accontenta gode. Chi la fa l’aspetti. Chi fa falla, chi non fa non falla. Chi è stato a Firenze avrà sicuramente visto il Duomo. b. soggetto e complemento oggetto. Esempi: aiuta chi ti aiuta. Rispetta chi ti rispetta. Ascoltate chi vi parla. c. ma può anche svolgere la funzione di altri complementi. Esempi: vado da chi so io. Lo diceva a chi voleva ascoltarlo. Dio ti guardi da chi legge un libro solo. # 463. Chi pronome correlativo. Chi può anche essere usato come pronome correlativo. Esempi: chi la vuole cotta chi la vuole cruda. chi gioca e chi si diverte, qui nessuno lavora. # 464. Ciò che - quel(lo) che, quanto Come s’è visto, i pronomi relativi ed i pronomi dimostrativi si possono trovare in una stessa struttura. Oltre a colui che, colei che, coloro che, poco usati perché si preferisce chi, esistono pronomi neutri: ciò che, quel(lo) che e quanto, che a loro volta possono essere preceduti da tutto.

Esempi: ciò che dice è vero. (fr. ce qu'il... ing. what he...). Quanto ha scritto è pura menzogna. Quel(lo) che vi ha raccontato è assurdo. Quanto dicono non ci interessa. Chi dice quel che vuole ode quel che non vorrebbe.

# 465. Quanti, quante In alcuni casi, quanti e quante equivalgono a "quelli che", "quelle che" quindi anche a "chi" e possono svolgere tutte le funzioni segnalate per "chi". Va ricordato però che quanti e quante sono meno usati di - chi- e sono plurali. Esempi: quanti risponderanno correttamente riceveranno un premio. Risponderà a quante le scriveranno.

# 466. Usi particolari di che Oltre alla funzione di soggetto e di complemento oggetto, il pronome relativo che può avere il valore di altri complementi. Ciò capita soprattutto quando: a. si riferisce a un nome che indica tempo. Esempi: nell’anno che si sposò; il giorno che arrivò in Canada; l’anno che andarono in vacanza a Capri.

b. nelle proposizioni comparative di uguaglianza ellittiche, cioè mancanti, di verbo. Esempio: lui ha le stesse preferenze che voi.

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c. quando ha il senso di pronome neutro, cioè quando corrisponde a -ciò, la qual cosa- e si riferisce a un concetto o a una frase precedente. In questi casi è solitamente preceduto dall’articolo o da una preposizione semplice o articolata. Esempi: è stato maleducato, il che mi dà fastidio. Il dottore le ha detto che è migliorata, del che tutti si rallegrano. Quella faccenda ha un che di strano. Quell’uomo ha un certo non so che di affascinante.

d. Che si trova poi in alcune espressioni idiomatiche quali: paese che vai, usanze che trovi. Che è che non è... Quel film, non era poi un gran che. # 467. Onde, donde Tra i pronomi relativi bisognerebbe anche includere onde e donde, che non sono di uso molto frequente e possono anche svolgere le funzioni di altre parti del discorso.

a. onde, per esempio, può fungere da congiunzione finale: glielo abbiamo detto onde sapesse regolarsi; onde non essere in ritardo partì prima del solito. Come pronome relativo onde ha per lo più il valore di da cui, di cui: i mali onde erano afflitti... Nel Sabato del Villaggio (...onde, siccome suole, ornare ella si appresta dimani, al dì di festa, il petto e il crine) Leopardi lo usa con il valore di con cui. b. donde, dal latino "de unde" conosce anch’esso un uso poco frequente e piuttosto letterario. Lo si può trovare con il valore originario di avverbio di luogo "da dove" (donde venite si leggiadre e belle? - Sacchetti), con le funzioni di pronome relativo "di cui" (quel donde io non son mai sazio Petrarca) e persino con il senso di un nome (piangi che n’hai ben donde Italia mia - Leopardi). Oggi l’espressione aver donde è appunto equivalente a aver motivo, aver giusta ragione di...

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PRONOMI POSSESSIVI # 468. Introduzione e forme Le forme indicate per gli aggettivi possessivi: il mio lamia i miei le mie.

il tuo latua i tuoi le tue

il suo la sua i suoi le sue

il nostro la nostra i nostri le nostre

il vostro la vostra i vostri le vostre

il loro la loro i loro le loro

servono anche per i pronomi. La sola differenza consiste nel fatto che gli aggettivi accompagnano il nome, mentre i pronomi ne fanno le veci e sono sempre preceduti dall’articolo. Esempi: m’impresti il tuo libro? Ho perso il mio. La tua casa è alta, la loro è bassa e la sua è piccolissima. # 469. Valore nominale In certe strutture divenute ormai idiomatiche, il possessivo è usato con valore sostantivale e il nome che lo accompagnava è facilmente intuibile dal contesto. Le più comuni di queste forme sono le seguenti: a. i miei, i tuoi, i suoi... usati senza referenti indicano i familiari, gli amici,

gli intimi, i seguaci... Esempi: come stanno i tuoi? grazie. Arrivano i nostri.

I miei stanno bene

b. il mio, il tuo, il suo..., possono stare al posto di ciò che mi (ti, gli..) appartiene. Esempi: viviamo del nostro..., non vogliamo del tuo...

c. altre strutture di questo genere si possono notare leggendo i seguenti esempi: Rispondendo alla Sua (lettera) del mese scorso, vorrei informarLa che... Anche loro sono passati dalla nostra (parte)... Quel birichino ne ha combinata un’altra delle sue. Alla tua (salute)! Alla nostra! La riunione è stata lunghissima perché ognuno aveva da dire la sua (opinione).

#470. È mio... I corrispondenti francesi e inglesi delle espressioni: è mio, è tuo... sono rispettivamente: -c’est à moi, c’est à toi- e -it*s mine, it's yours-. Esempi: questo compito è suo. Quella macchina è loro. La cravatta è tua. # 471. Pronome possessivo che anticipa un nome Invece di riferirirsi a un nome già citato, talvolta il pronome possessivo può anticiparlo. Questa costruzione, non ignota ad altre lingue, è comune in italiano. Esempi: la nostra, è stata una decisone improvvisa. La sua,

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era una casupola lungo la riva del fiume. La tua, è stata un’azione buona. # 472. Questa mia... Come già segnalato per l’aggettivo, va detto che anche il pronome possessivo può essere preceduto da un dimostrativo. Esempi: quando riceverai questa mia sarà probabilmente troppo tardi perché noi partiamo in questo momento e...

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PRONOMI INDEFINITI # 473. Pronomi e aggettivi Come segnalato precedentemente (#339): altro, alcuno, certo, ciascuno, nessuno e tutto possono essere usati sia come pronomi che come aggettivi. Sono aggettivi quando accompagnano il nome, sono pronomi quando lo sostituiscono. # 474. Altro In genere altro è preceduto da un articolo determinativo o indeterminativo, da questo, da quello, da ogni o da qualche. Esempi: un altro nei suoi panni farebbe la stessa cosa. Gli altri dicono che fate male. Questi modelli non gli piacciono, ne aspetta qualche altro.

Usato senza articolo, altro ha valore di pronome neutro cioè significa -altre cose, altra cosa-. Esempi: farà questo ed altro! Desidera qualcos’altro? Sarebbe meglio parlare d’altro. Altro è dire, altro è fare. Altro si usa per rafforzare certe affermazioni soprattutto nelle strutture del tipo: che non sei altro. Esempio: stupido che non sei altro! Senz’altro ha il valore di "certamente". Esempio: verremo senz'altro. Altro che costituisce una risposta molto più forte del semplice "sì". Esempio: ci andresti anche tu? - Altro che! Tutt’altro si usa invece nelle risposte negative ed ha forza maggiore del semplice "no". Esempio: ci andresti anche tu? - Tutt’altro! Altro, altri si possono trovare in correlazione con uno, uni ed anche con alcuni. Esempi: alcuni vengono con voi, altri rimangono qui. Gli uni ridevano, gli altri piangevano: era una vera tragicommedia. Sono due bravi ragazzi: uno studia legge, l’altro medicina. Quello che è sorprendente è che si aiutano l’un l’altro come come due fratelli.

# 475. Altri Come -questi e quegli-, anche altri può essere usato con valore di singolare. In questo caso ha il. valore indeterminato di "qualche altra persona". Va detto, però, che tale forma non è comunque di uso molto frequente. Esempi: altri la pensa diversamente.

# 476. Alcuno/a Come l’aggettivo, anche il pronome ha valore negativo se singolare, mentre ha valore positivo se plurale. Alla forma negativa nessuno è molto più

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comune di alcuno. Va anche detto che -alcuno- pronome è usato solo come complemento. Alcuno/a (fr. nul, aucun, personne; ingl. anyone). Esempi: non abbiamo visto alcuno. Non è venuto alcuno.

# 477. Alcuni/e Alcuni-e (fr. quelques uns/unes; ingl. someone) è usato solo nelle frasi affermative o negative, mentre nelle frasi interrogative si preferisce qualcuno. Esempi: alcuni dicono che l’inverno è la stagione migliore. Ha molte sculture e alcune sono veramente interessanti. Alcuni non hanno visto proprio niente.

# 478. Certi, certuni Certo, certuno (fr. ingl. certain) sono poco usati e si trovano quasi sempre al plurale. Esempi: certi dicono di sì. Certuni credono di sapere tutto e si sbagliano. # 479. Ciascuno Ciascuno/a (fr. chacun; ingl. each one) si usa solo al singolare ed ha valore distibutivo. Forme antiquate e rare equivalenti a ciascuno sono cadauno/a e ciascheduno/a. Esempi: ciascuno di loro ha un’idea diversa. Queste cravatte costavano 15 dollari ciascuna (cadauna). Ricevettero una

medaglia (per) ciascuno.

# 480. Nessuno/a Nessuno (fr. nul, personne; ingl. no one, nobody). È la forma più comune per esprimere il pronome negativo. Esempi: un po’ per ciascuno non fa male a nessuno. Non dà mai retta a nessuno. Nessuno gli dà retta.

Si noti che quando nessuno precede il verbo, questo non richiede la negazione, mentre la richiede quando nessuno lo segue. Esempi: non ha visto nessuno. Nessuno l’ha visto. Nessuna delle sue amiche era presente. # 481. Niuno Di solito posposto al verbo, niuno è una variante arcaica di nessuno.

# 482. Taluno Taluno corrisponde più o meno a "certo", anch’esso è poco usato e lo si trova quasi sempre al plurale. Esempio: taluni dicono di averlo visto un anno fa.

# 483. Tutto/a... Tutto pronome è variabile e si accorda con il nome che sostituisce. Esempi: ormai le sue scuse le conosciamo tutte. Ha molti amici e tutti sono andati alla sua festa.

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# 484. Tutto Tutto (fr. tout; ingl. everything) può avere il valore di pronome neutro. Esempi: ci ha detto tutto in pochi minuti. Chi crede di sapere tutto, sa ben poco.

# 485. Tutti Usato con senso indeterminato, tutti corrisponde al francese "tout le monde" e all’inglese "everybody". Si noti che, a differenza delle due lingue appena segnalate, tutti richiede il verbo alla terza persona plurale. Esempi: tutti sanno che il Canada è un paese molto esteso. Tutti possono sbagliarsi. Tutti dicevano che era stata lei.

# 486. Pronomi, aggettivi e avverbi A seconda della posizione che occupano nella proposizione alquanto, altrettanto, molto, parecchio, poco, tanto, troppo, possono essere aggettivi, pronomi o anche avverbi. Il loro valore corrisponde a quello segnalato per gli aggettivi. Si ricorda comunque che i più usati di questi pronomi sono molto, poco, tanto e troppo. Tutti questi pronomi sono variabili, cioè prendono il genere ed il numero del nome che sostituiscono. # 487. Molto Molto è variabile secondo il modello degli aggettivi della prima classe (molta, molti, molte). Esempi: ha comprato tante mele, ma molte erano

marce. Degli amici di Mario, molti sono italiani. La pasta è buona e noi ne mangiamo molta. Usato senza antecedente, molti equivale a "molta gente" e richiede il verbo al plurale. Esempi: molti pensano che la vita sia un gioco. Molti dicono che ha fatto male a rispondergli così. Nelle frasi del tipo: è molto che non lo vediamo; è molto che aspettate; molto equivale a "molto tempo".

# 488. Poco Poco è variabile secondo il modello degli aggettivi della prima classe (poca, pochi, poche). Esempi: hai dei soldi? - Purtroppo ne ho pochi. Conosci molte persone a Milano? Ne conosco poche.

Usato senza antecedente, pochi equivale a "poca gente" e richiede il verbo al plurale. Esempi: molti frequentano la scuola, pochi studiano. Pochi credono ancora alla Befana. Poco si trova spesso nella forma contratta po’ ed entra in numerose espressioni idiomatiche. Per esempio po’ po’ indica grandezza eccessiva

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o qualità straordinarie della cosa di cui si parla . Esempio: è un po’ po’ di ragazza/o. Po? fa parte dell’espressione partitiva un po’ di. Esempio: con un po’ di buona volontà si può fare tutto. Interessante è anche l’espressione: un poco di buono. # 489.

Tanto

Tanto è variabile secondo il modello degli aggettivi della prima classe (tanta, tanti, tante). Esempi: ha scritto a tutte, ma tante non hanno neanche risposto.

Usato senza antecedente, tanti equivale a "tanta gente" e richiede il verbo al plurale. Esempi: oggigiorno tanti viaggiano spesso. Tanto può avere il valore di questo. Esempio: tanto avevano da dirci e tanto ci hanno detto. Tanto può entrare in espressioni moltiplicative. Esempio: la nostra macchina è molto cara, ma la sua costa sette volte tanto. Un tanto ha l’idea di quantità imprecisata. Esempio: allora si aveva un tanto per settimana e si doveva tirare avanti. Come già detto per i pronomi possessivi anche tanto può essere usato con valore nominale sottintendendo diverse parole. Esempi: è tanto [tempo] che non lo si vede. Manca tanto [cammino] per

arrivare alla vetta? Aveva tanto [denaro] che tutti vivevano bene. Ce ne racconta tante [storie/bugie] che non lo crediamo più. Ne ha fatte tante [bricconate] che nessuno lo vuole più vedere. Gliene ha date tante [botte] che era pieno di lividi. Tanto seguito da di e da un nome indica abbondanza, grande intesità. Esempi: c’era tanta di quella gente che non siamo neanche entrati. Sono rimasti con tanto di naso. # 490. Troppo (troppa, Adone.

Troppo è variabile secondo il modello degli aggettivi della prima classe troppi, troppe). Esempi: delle sue amiche, troppe lo ritengono un Dei suoi clienti troppi non sono puntuali nei pagamenti.

Usato senza antecedente, troppi equivale a "troppa gente" e richiede il verbo al plurale. Esempi: troppi agiscono senza riflettere. Troppi vivono al di sopra delle loro possibilità.

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Troppi non seguono i buoni consigli. Come si può notare dagli esempi precedenti i pronomi di questo gruppo seguono tutti le stesse regole. # 491. Solo pronomi Uno, ognuno, chiunque, qualcuno e qualcosa svolgono solo la funzione di pronomi. In genere uno, ognuno, chiunque e qualcuno si riferiscono a persona; qualcosa si riferisce solo a cosa. # 492. Uno Uno ha parecchi significati che però, grosso modo, equivalgono sempre al pronome indefinito di terza persona. Esempi: s’incontrò con uno (= un tale). Quando uno non c’è, tutti lo cercano. Un po’ per uno non fa male

a nessuno. Uno si usa spesso in correlazione con altro. Esempi: conosco bene tanto l’uno che l’altro. Gli uni ridono gli altri piangono.

# 493. L’un l’altro L’un l’altro ha valore reciproco e significa -a vicenda, l’uno verso l’altro-. Esempi: si aiutavano l’un l’altro. Si rincorrono l’un l’altro.

# 494. Una Una può significare "una cosa", in senso molto generale, o prendere vari significati a seconda del contesto. Esempi: non ce ne va bene una. Ce ne ha raccontata una (storia). Ne ha combinata una grossa. # 495. Ognuno Ognuno corrisponde più o meno a -ogni uomo- (fr. chacun; ing. everyone). Si usa solo al singolare ed ha valore distributivo. Esempi: ognuno per sè, Dio per tutti. Ad ognuno il suo mestiere. Ognuno ha il suo carattere. Ognuno di noi ha i suoi amici. Ognuno tira l’acqua al suo mulino. # 496. Chiunque Semanticamente chiunque equivale a -qualunque uomo- (fr. qui que ce soit, n’importe qui; ingl. whoever) e ha quasi sempre il valore di un pronome doppio. Esempi: chiunque parlava aveva ragione. Parla a chiunque gli dia retta. Chiunque lo vedesse lo riconoscerebbe. # 497.

Qualcuno/a

Qualcuno è usato solo al singolare e per lo più equivale al francese -quelqu’un- e all’inglese -somebody-. Va anche notato che qualcuno e qualcuna possono riferirsi a persona ad animale o a cosa. Esempi: c’è

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qualcuno alla porta. Crede di essere qualcuno. Ne deve aver fatta qualcuna delle sue. Che belle camicie! Ne voglio comprare qualcuna. # 498. Qualcheduno/a Qualcheduno ha lo stesso valore di qualcuno, di cui però è molto meno usato.

# 499. Qualcosa Qualcosa equivale a -qualche cosa- (fr. quelque chose, ingl. something). Se seguito da un aggettivo, richiede la preposizione di, mentre se è seguito da un verbo all’infinito richiede la preposizione da. Esempi: cerchiamo di organizzare qualcosa di interessante. Nel frigorifero ci dev’essere qualcosa da bere. Al mercato hanno trovato qualcosa di bello. # 500. Qualcosina Qualcosa si può trovare alla forma diminutiva: qualcosina e qualcosetta. Esempio: oggi ci hanno preparato qualcosina di buono. # 501.

Alcunché, checché, checchesia, chicchesia...

Alcunché, checché, checchesia, chicchesia, niuno e veruno sono pronomi di uso rarissimo e antiquato. Il loro valore comunque è il seguente: alcunché (inv.) = qualcosa checché (inv.) = qualsiasi/qualunque cosa che; checchesia (inv.) = qualsiasi/qualunque cosa; chicchesia (inv.) = chiunque; niuno (var.) = nessuno; veruno (var.) = nessuno. # 502. Niente, nulla Niente e nulla hanno esattamente lo stesso significato di -nessuna cosa-.

Quando sono posti dopo il verbo, cosa che avviene nella maggior parte dei casi, questo richiede la negazione non. Se -niente o nulla- precedono il verbo, questo non richiede la particella negativa -non-. Esempi: non vuole nulla; non dice niente. Non ha voluto niente; non ha detto nulla. Niente gli sta bene; non ha niente da fare. Niente lo disturba.

# 503. Nullo Si ricorda che nella lingua letteraria si può trovare nullo/a usato con il valore di aggettivo, come in latino. Esempio: amor, ch’a nullo amato amar perdona. (Dante) Nullo può anche avere il senso di -che non ha valore-. Esempi: il contratto è nullo per vizio di forma.

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Nel gergo sportivo, nullo può significare sia -pari- che inefficiente. Esempi: la partita si è chiusa con un risultato nullo. É stato un giocatore nullo e i tifosi l’hanno fischiato per tutta la partita. # 504. Niente equivalente a qualcosa Nelle frasi interrogative, dirette o indirette, niente e nulla possono talvolta assumere il significato di "qualcosa". Esempi: non c’era niente per noi? Le domanda se non sa nulla dei suoi amici. Non c’è niente da mangiare? # 505. Niente seguito da un nome Talvolta niente è preposto ad un sostantivo, assumendo un valore del tutto particolare che si avvicina molto a quello degli aggettivi -nessuno- e -alcuno-. Esempi: Luigi è a dieta: niente pane, niente carne, niente spaghetti, niente lasagne, solo acqua! Non aveva niente malizia.

Come si può notare, i nomi che in strutture di questo genere seguono niente devono essere espressi al plurale, a meno che non si tratti di nomi usati solitamente al singolare. # 506. Particolarità di niente, nulla e qualcosa Si noti che qualcosa, niente e nulla:

a. possono essere seguiti da altro. Esempi: Desidera qualcos’altro? No, grazie non desidero nient'altro. b. richiedono la preposizione di quando sono seguiti da un aggettivo e da se sono seguiti da un verbo all’infinito. Esempi: avete fatto qualcosa di bello? Purtroppo non abbiamo fatto niente di speciale. Non abbiamo trovato niente da mangiare. Avendo finito i compiti non ha nulla da fare. # 507. Niente con valore avverbiale Oltre ai valori sopraindicati niente può modificare il valore di un’altra parte del discorso, assumendo un valore avverbiale. Esempio: questo lavoro non è niente male.

Con valore avverbiale lo si può trovare nelle frasi seguenti: non costa niente, non lo stimano niente. Non fa niente (= non importa), è una cosa da niente... # 508. Nonnulla Nonnulla è un nome composto di nulla e vuol dire "meno che niente”.

Esempio: basta un nonnulla per farlo andare su tutte le furie.

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# 509. Moltissimo...,pochissimo... Tra i pronomi indefiniti possiamo ancora ricordare i superlativi di molto e di poco. Esempi: pochissimi sono rimasti in città, moltissimi hanno passato le vacanze in campagna o al mare. È una persona generosa e fa moltissimo per i meno abbienti

# 510. Meno, più Anche meno e più possono eccezionalmente svolgere le funzioni di pronomi. Esempi: quand’era ricco aveva molti amici, ora ne ha meno. # S11. Indefiniti con valore di sostantivo Preceduti dall’articolo alcuni indefiniti possono assumere valore di sostantivi. Si pensi a: il nulla, il/i più, il/i meno, il poco, i pochi, il molto, i molti, il troppo... il cui valore può variare a seconda del contesto. Esempi: il troppo guasta, il poco non basta. I più votarono a favore della mozione. È passato tra i più. Non dovete preoccuparvi: il più è fatto. Nel sonetto "Alla sera" Foscolo chiama l’aldilà, il nulla eterno. Il tutto è durato pochi secondi. Passano le sere a parlare del più e del meno. Dopo questo c’è il niente/nulla. # 512. Niente in espressioni idiomatiche Si notino poi le espressioni seguenti: era tanto forte che sollevava un quintale come niente (=senza sforzo); non la vuole incontrare per niente (affatto). Quegli oggetti li hanno avuti per niente. # 513. Quando

Si, pronome impersonale svolge le funzioni di pronome impersonale, si equivale al francese

on od all’inglese one. Preposto a qualsiasi forma verbale alla terza persona singolare, le conferisce un valore impersonale. Esempi: si parla, si dice, si va, si viene, si è convenuto che... L’uso del pronome impersonale italiano è comunque diverso da quello dei corrispondenti francese (on), inglese (one) o tedesco (man). L’uso del si impersonale italiano corrisponde infatti a quello delle lingue appena citate solo nelle frasi più elementari dei tempi semplici mancanti di complemento oggetto. Esempi: in classe si parla italiano; oggi si gioca al calcio; la domenica si va in campagna. # 514. Si passivante Se invece il si impersonale si trova in una proposizione che presenta un complemento oggetto, il verbo non si accorda con il si, ma con il complemento oggetto stesso che segue. Esempi: a Montreal si parlano molte lingue. Qui si comprano e si vendono oggetti vecchi. Spesso si fanno errori stupidi.

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Nelle proposizioni or ora segnalate, il si è chiamato passivante perché queste strutture corrispondono in realtà a forme passive del tipo: "a Montreal molte lingue sono parlate", "qui oggetti vecchi sono comprati e sono venduti". Ed è appunto per questa ragione che il verbo si accorda con il nome che segue, come se esso fosse il soggetto della frase. # 515. Si passivante + essere nei tempi composti Se il verbo che accompagna il si passivante è ai tempi composti (passato prossimo ecc...), esso richiede sempre l’ausiliare essere. Esempi: ieri Paolo ha corso la maratona. Ieri si è corsa maratona. Al congresso hanno parlato molte lingue. Al congresso si sono parlate molte lingue. Ha venduto i libri vecchi. Si sono venduti libri vecchi. Hanno visto molte persone. Si sono viste molte persone. Hanno parlato di politica. Si è parlato di politica. In vacanza si è giocato spesso a scacchi. # 516. Si passivante e accordo del participio passato Per l’accordo del participio passato con il -si- passivante si prevedono i casi seguenti: a. Il verbo presenta un complemento oggetto Come si può notare dagli esempi soprariportati, il participio passato dei verbi usati con il si passivante si accorda con il nome che segue il verbo, se detto nome ha valore di complemento oggetto (o di soggetto della corrispondente proposizione passiva). Esempi: al concerto si sono incontrati molti vecchi amici. Quella sera si sono cantate tante belle canzoni. Si sono viste delle cose veramente incredibili. b. il verbo non presenta complemento oggetto

Se il verbo usato con il si passivante non presenta complemento oggetto allora si hanno le seguenti possibilità:

1. il participio passato si accorda al plurale, per lo più maschile, se il verbo in questione richiede solitamente l’ausiliare essere. Esempi: si era andati al museo che però era chiuso. Ci si è divertiti molto. Si era ritornati a notte inoltrata.

2. il participio passato rimane invariato se il verbo non è solitamente usato con l’ausiliare essere. Esempi: alla festa si è cantato e ballato. Adesso mi ricordo, quella sera si è giocato a scopa. In montagna si è dormito molto. # 517. Accordo degli aggettivi con il si impersonale Gli aggettivi, che si riferiscono al pronome indefinito si, vanno accordati al plurale, generalmente maschile. Esempi: quando si è soli ci si sente tristi.

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Quando si è giovani si hanno molte illusioni. Quando si è vecchi si ragiona diversamente. # 518. Posizione del si impersonale Di solito, il pronome si precede il verbo di cui è soggetto. Esempi: qui si parla italiano. La domenica si va alla partita.

# 519. Si posposto al verbo In alcuni casi tuttavia, soprattutto negli annunci e nelle inserzioni commerciali, il si segue il verbo a cui è unito encliticamente. Esempi: si cerca una cassiera. Cercasi cassiera. Si vendono appartamenti. Vendonsi appartamenti. Affittansi appartamenti ammobiliati. Cercansi collaboratori con esperienza settore vendite. # 520. Si impersonale e altre particelle pronominali Il pronome personale si segue tutti i pronomi personali atoni ad eccezione di ne. Naturalmente, quando precede la particella pronominale ne, si si trasforma in se. Esempi: lo si vede sempre al caffè. (fr. on le voit, ingl. one sees him). La si sente cantare. (fr. on l’entend...; ingl. one listens...). Se ne parla. (fr. on en parle; ingl. one talks about it). Gli si dice. (fr. on lui dit; ingl. one tells him). La si cerca; le si dice; la si vede; ci si parla; li si sente; la si è vista; se ne parla spesso; se ne vedono di tutti i colori. # 521. Accordo del participio passato con il pronome atono Quando il verbo è ai tempi composti, il participio passato si accorda con la particella pronominale solo se questa ha la funzione di complemento oggetto. Per l'accordo del participio passato con il pronomi personali si vedano le regole esposte nei paragrafi 423/426 e anche 661 e seguenti. Esempi: in questi ultimi tempi la si è vista spesso in città. Le (= a lei) si è detto di stare tranquilla. Se ne (= di questo) è parlato spesso. Se ne sono viste di tutti i colori. Ci si è recati sul posto subito.

# 522. Si impersonale e pronomi atoni sa, Ecco un esempio del si impersonale accompagnato dai vari pronomi personali atoni (diretti ed indiretti). Pronomi diretti Pronomi indiretti mi si vede mi si dice ti si vede ti si dice lo si vede gli si dice la si vede le si dice ci si vede ci si dice vi si vede vi si dice li si vede si dice loro le si vede si dice loro

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* Secondo il contesto -ci si vede, ci si dice- possono corrispondere alla forma impersonale dei verbi riflessivi vedersi e dirsi (fr. on se voit, on se dit; ing. one sees each other, one tells each other) oppure alla forma impersonale accompagnata dal pronome personale atono di prima persona plurale (ci). In questo secondo caso -ci si vede, ci si dicesignificano: on nous voit, on nous dit (fr.); one sees us, one tells us (ingl.). # 523. Ci si = noi ci Molti italiani, i toscani in particolare, usano le strutture del tipo: ci si vede, ci si sente per esprimere la forma riflessiva o reciproca, riferita alla prima persona plurale. Spesso quindi ci si vede, ci si parla equivalgono a ci vediamo, ci parliamo. # 524. Modi per esprimere la forma impersonale

Quindi i modi più comuni per esprimere il verbo alla forma impersonale sono i seguenti: a. con il pronome si. Esempi: in classe si parla solo italiano. Si dice che l’anno nuovo sarà un anno fortunato. b. usando il verbo alla terza persona plurale con soggetto indeterminato. Esempi: dicono che domani farà bel tempo. A Montreal parlano il francese e l’inglese.

c. con il pronome tu e meno spesso con noi. La forma con il tu è meno frequente di quelle segnalate nei paragrafi precedenti, ma la si ritrova spesso in proverbi e detti. Esempi: Se vuoi vivere senza pensieri devi... Se vuoi piaceri fanne!

# 525. Cisi Una forma mista tra la personale e l’impersonale si ritrova nelle parlate toscane dove è frequente lo scambio del noi con il si impersonale. Esempi: ieri sera noi si è andati al cinema. A dire il vero alla festa noi non ci si è divertiti. Questa confluenza è anche favorita dal fatto che ci si può avere i due significati di cui si è parlato ai paragrafi 522/523

PRONOMI INTERROGATIVI # 526. Forme e uso I pronomi interrogativi sono chi, che, quale, quanto e si usano tanto nelle

interrogazioni dirette che in quelle indirette. Esempi:

chi sarà?

A che

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pensate? Di chi intende parlare? Quanti siete infamiglia? Si domanda chi mai sarà.

# 527. Chi Chi è invariabile, ma può riferirsi al singolare e al plurale. Chi si riferisce a persone. Esempi: Si domanda chi siano quei maleducati. Chi sono quelle straniere? Con chi volete parlare? Chi vi ha dato il permesso di entrare qui? # 528. Che Che ha valore di pronome neutro e si riferisce solo a cose. Il suo significato è "che cosa", "cosa" forme da cui è molto spesso sostituito. Naturalmente che è invariabile. Esempi: di che vi lamentate? Che (cosa) cercate? Che (cosa) vuoi? Che (cosa) fai di bello la domenica?

In genere -cosa- e -che cosa- presentano una frequenza d’uso superiore a quella di -che- da solo.

# 529. Quale/i Quale, quali sono anch’essi usati nelle interrogazioni dirette ed indirette e possono riferirsi sia a persone che a cose. Esempi: quali di queste macchine sono italiane? Ecco due bei maglioni! Quale preferisci? Tra tutti questi oggetti non so proprio quale prendere. # 530. Quanto/a/i/e Quanto, pronome interrogativo, può essere usato sia nelle proposizioni interrogative dirette che in quelle indirette. Esempi: Carlo ha vent’anni, chissà quanti ne ha suo fratello. Mi dà delle fragole? Quante ne vuole?

PRONOMI ESCLAMATIVI # 531. Forme e uso Chi, che, quale e quanto sono anche usati nelle proposizioni esclamative. Esempi: Ma che fate! Che odo! Che sento! Quali! Quante!

Toh, guarda chi si vede!

Quante sono!

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IL

VERBO

# 532. Definizione Tra le parti variabili del discorso il verbo è quella che indica un’azione, uno stato o un modo di essere considerati nel tempo.

# 533. Verbi predicativi e verbi copulativi Quando indica un’azione il verbo è detto predicativo. Esempi: il bambino corre, la neve cade, loro studiano le regole. Voi leggete, io parlo. . .

Quando il verbo unisce il soggetto a un predicato, aggettivo o sostantivo, lo si chiama copulativo. I verbi copulativi più usati sono: essere, sembrare, divenire, rimanere... Esempi: l’estate è bella, questa macchina sembra

nuova. Il cassiere rimase sorpreso nel vedere la cassa vuota. # 534. Verbi transitivi. I verbi predicativi si dividono a loro volta in verbi transiivi e verbi intransitivi. I verbi transitivi sono quelli esprimenti un’azione che passa dal soggetto che la compie a un complemento oggetto che la riceve. Esempi: Paola mangia una mela, Luigi scrive due lettere. Noi studiamo la lezione, tu capisci le regole. Loro hanno letto tutte le lettere. Il complemento oggetto può anche non essere espresso. Esempi: Paola mangia, Luigi scrive, noi guardiamo. # 535. Verbi intransitivi I verbi intransitivi sono quelli che esprimono un’azione che rimane sul soggetto che la compie. Esempi: Luigi dorme sempre, noi camminiamo, loro vanno al mare.

# 536. Verbi sia transitivi che intransitivi Alcuni verbi possono essere usati sia transitivamente che intransitivamente. Esempi: Guido corre; loro corrono la maratona. Loro scendono; loro scendono le scale. # 537. Forme del verbo I verbi possono essere alla forma attiva, passiva o riflessiva. # 538. Forma attiva Il verbo è detto di forma attiva quando il soggetto compie l’azione. Esempi: Luigi scrive le lettere, Guido corre. Loro leggono sempre degli ottimi libri,

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# 539. Forma passiva Nella forma passiva (dal latino patior = subisco) il soggetto subisce l’azione. Solo i verbi transitivi possono essere resi alla forma passiva. Esempi: le lettere sono scritte da Luigi. La maratona è corsa dagli atleti. Le lasagne sono mangiate da quei buongustai. # 540. I verbi compie. si sono

Forma riflessiva riflessivi esprimono un’azione che rimane sul soggetto che la Esempi: noi ci laviamo, noi ci pentiamo, tu ti diverti. Gli spettatori annoiati.

# 541. Verbi riflessivi apparenti Se la particella pronominale -(mi, ti, si, ci, vi, si)- che accompagna i verbi riflessivi, ha valore di complemento di termine, cioè corrisponde a/per me, a/per te..., il verbo si chiama riflessivo apparente. Esempi: ci laviamo le mani, si prepara una bistecca... # 542. Verbi reciproci I verbi riflessivi, che esprimono un’azione compiuta da due o più soggetti, si chiamano riflessivi reciproci. Esempi: quando ci vediamo ci salutiamo. Vi telefonate tutti i giorni. Si scrivono una volta alla settimana. # 543. Verbi pronominali I verbi riflessivi pronominali sono quelli che possono essere usati solo alla forma riflessiva. Esempi: arrampicarsi, pentirsi, accorgersi, destreggiarsi, avvedersi...

# 544. Verbi riflessivi nella lingua parlata In pratica, soprattutto nella lingua parlata, tutti i verbi transitivi possono essere volti alla forma riflessiva. Esempi: prendi un caffè? Ti sei preso un caffè? Ho bevuto una gazzosa. Mi sono bevuto una gazzosa. Usati alla forma riflessiva, tutti i verbi richiedono l’ausiliare essere.

VERBI AUSILIARI

# 545. Definizione I verbi essere ed avere sono anche usati per formare i tempi

composti degli altri verbi. Quando adempiono tali funzioni di appoggio sono appunto detti verbi ausiliari. Esempi: hai visto, sono venuti, hanno detto, è partita. # 546. Uso dell’ausiliare essere Essere si usa per formare i tempi composti:

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a. del verbo essere stesso e del verbo stare. Esempi: siamo state, erano stati, saranno state, sono stata io, non è stato lui. b. di tutti i verbi alla forma riflessiva. Esempi: si sono addormentati al cinema, mi sono pentita, il gatto si è arrampicato sull’albero. c. di tutti i verbi alla forma passiva. Esempi: le lettere sono state scritte da Luigi. L'America fu scoperta da Colombo nel 1492.

d. di molti verbi intransitivi, i più importanti dei quali sono: andare venire morire sembrare arrivare riuscire entrare diventare rimanere parere piacere uscire bastare bisognare restare partire nascere scadere succedere importare capitare apparire giungere avvenire ritornare accadere valere durare appartenere dispiacere dipendere scappare costare occorrere sparire scomparire fuggire disperare divenire ricorrere risultare intervenire invecchiare sopravvivere consistere scivolare comparire cascare sorgere ringiovanire cadere # 547. Andare e venire Andare e venire possono sostituire l’ausiliare essere in alcune forme passive. Esempi: la lettera venne scritta seduta stante. I documenti andarono persi nell’incendio. Si noti che il verbo andare seguito da un participio passato può assumere un valore corrispondente a "deve essere...". Esempi: questo lavoro va fatto con la massima cura. I verbi vanno studiati bene. # 548. Uso dell’ausiliare avere Avere si usa per formare i tempi composti:

a. di tutti i verbi transitivi di forma attiva. Esempi: Paola ha mangiato due mele, Luigi ha scritto le lettere, l’atleta ha corso la maratona. Gli studenti hanno finito gli esami. b. di alcuni verbi intransitivi. poco.

Esempi: ha pensato molto ed ha dormito

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# 549. Verbi con doppio ausiliare. Alcuni verbi possono essere usati con valore transitivo o con valore intransitivo. Nel primo caso, cioè quando sono usati con un complemento oggetto richiedono l’ausiliare avere, mentre quando sono usati intransitivamente, cioè senza complemento oggetto, richiedono l’ausiliare essere. Esempi: siamo corsi alla stazione per ricevere gli amici. Quell’atleta ha corso i 100 metri in 10 secondi netti. Sei salito sul tetto per

sistemare l’antenna che si era spostata. Ha salito le scale di corsa, perché il telefono squillava. In questi giorni il cambio del dollaro è sceso. Abbiamo sceso il pendio con difficoltà. Tra i verbi più comuni appartenenti a questo gruppo ricordiamo: passare correre scendere salire crescere saltare volare abituare fuggire aumentare rientrare convenire iniziare ricorrere calare cominciare vivere finire

# 550. Ausiliare dei verbi impersonali I verbi impersonali richiedono l’ausiliare essere. Esempi: Che cosa è successo. Speriamo che non sia accaduta una disgrazia. Che cos'è capitato? Ci è sembrato strano che...

# 551. Verbi indicanti fenomeni atmosferici Ai nostri giorni, i verbi che indicano fenomeni atmosferici quali piovere, nevicare, grandinare, tuonare ecc... possono essere coniugati sia con essere che con avere. Questa scelta dipende molto dalla regione del parlante. Esempi: ieri ha nevicato oppure ieri è nevicato. # 552. Verbi impersonali e soggetto pronominale Bisogna ricordare che, a differenza di altre lingue, i verbi impersonali italiani non richiedono il pronome soggetto. Esempi: piove, nevicava, farà bello, ha piovuto, è piovuto... # 553. Ausiliare dei verbi servili Nei tempi composti, i verbi servili (dovere, potere e volere) seguiti da un infinito, dovrebbero essere coniugati con l’ausiliare richiesto dal verbo che segue. Esempi: Ieri ha dovuto studiare (ha studiato). Ieri sono dovuto andare a scuola (sono andato). Va tuttavia ricordato che molti italiani, soprattutto nelle regioni del nord,

usano sempre avere, ausiliare che i verbi servili richiedono quando non sono seguiti da alcun verbo all’infinito. Esempi: l’hai voluto. Ha dovuto.

136

Non aveva potuto.

# 554. Forma negativa Per rendere negativa una forma verbale basta farla precedere dall’avverbio non. Esempi: parla italiano - non parla italiano. Siamo americani - non siamo americani.

# 555. Imperativo negativo Solo alla seconda persona dell’imperativo, la forma verbale affermativa differisce da quella negativa. Infatti la seconda persona dell’imperativo negativo corrisponde all’infinito preceduto da -non-. Esempi: parla - non parlare! Sii buono - non essere sciocco! # 556. Forma interrogativa La costruzione della frase interrogativa è uguale a quella positiva. Nella lingua parlata, l'interrogazione si fa cambiando il tono della voce, in quella scritta, si aggiunge il punto interrogativo alla fine della frase. Esempi: siete arrivati oggi / siete arrivati oggi? Parlate francese / parlate francese? Andavano in vacanza / andavano in vacanza?

# 557. Formazione dei verbi. Molti verbi derivano da sostantivi o aggettivi mediante l’aggiunta di un apposito suffisso (-are, -ere, -ire). Attualmente la desinenza più produttiva è quella in -are (-ificare, -eggiare e soprattutto -izzare). La maggior parte dei neologismi entrati ultimamente nel lessico italiano rientrano infatti in quest’ultima categoria. Esempi: Sponsorizzare, computerizzare, informatizzare... # 558. Prefissi Nel processo di formazione dei verbi, spesso si fa ricorso anche a dei prefissi che possono mutare il significato di un verbo originale (es. dire/contraddire/disdire, fare/disfare, intendere/fraintendere, sedere/soprassedere...). Altre volte, questo prefisso è stato preposto a un aggettivo o a un nome a cui si è poi anche aggiunta la necessaria desinenza verbale. In genere questi prefissi corrispondono alle preposizioni latine: ad, cum, de, ex, in, trans, contra, supra, sub. I prefissi più comuni sono i

seguenti: a, con, de/di, dis, in, per, pro, ri, S-...

# 559. aA (lat. ad) che davanti a radice iniziante per vocale conserva la forma latina ad-. Davanti a consonante la -d- si assimila ad essa dando luogo a un gruppo di due consonanti. Pur conservando il valore originale dell’unità lessicale da cui derivano, i verbi formati con il prefisso -ad- indicano avvicinamento, passaggio ad uno stato determinato. Esempi: arrivare,

137 assecondare, assaporare, assoldare, adunare, adescare, adempiere...

# 560. conCon (lat. cum, com- davanti a -b-, -p-, -m-; co- davanti a vocale), esprime un’idea di accompagnamento e di unione. Esempi: comprendere, comp(e)rare, considerare, contendere, combinare, cooperare, cointeressare, corrispondere...

# 561. de/diDe, di (lat. de) esprimono un’idea di allontanamento o di separazione ed anche di passaggio ad uno stato contrario. Esempi: decifrare, decedere, demoralizzare, destituire; dimettere, divergere, discendere, dipendere... # 562. disDis- (lat. dis) indica allontanamento, azione contraria. Esempi: disdire, disgiungere, disonorare, dispiacere... # 563. inIn- (lat.in; im- davanti a -b-, -p-, -m-) indica, come in latino, il moto a luogo o l’inizio di uno stato. Esempi: incamerare, intimorire, intascare, innamorarsi, inondare, incarcerare, impoverire... Se seguito da parola che inizia con -s- impura, solitamente il prefisso -inperde la -n-. Esempi: istituire, ispirare, ispezionare, iscrivere...

# 564. perPer- (lat. per) indica l’azione del passaggio attraverso, quindi anche la durata. Esempi: percorrere, pervenire, pernottare, percepire, persistere... # 565. proPro- (lat. pro) usato come prefisso esprime movimento in avanti o in fuori. Esempi: proseguire, provvedere, produrre, proteggere...

# 566. riRi- (lat. re) prefisso iterativo, che indica cioè ripetizione dell’azione o anche scambio. Esempi: rifare, ripetere, ridare, riaprire, ritagliare... # 567. sS- (lat. ex), che come -de-, introduceva il moto da luogo, ha conservato il valore di allontanamento -ed esclusione. Esempi: spostare, sbarcare, sbancare, scassare, sbiancare, sfornare, sferzare, sbloccare, sbizzarrirsi...

# 568. sopra/sovra Sopra/sovra (lat. supra). Esempi: soprannominare, sovrabbondare, sovrintendere, soprassedere...

sopraelevare,

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Si noti che, dopo il prefisso sopra/sovra, la parola che segue raddoppia la sopraggiungere, consonante semplice iniziale. Esempio: sovrastare, sopravvenire... # 569. tra/fra (inter/intra/intro). Tra/fra (lat.intra/infra) conservano il senso di "in mezzo a" che avevano in latino. Esempi: fraintendere, trattenenere, frapporre, intrattenere, introdurre, interrompere, interporre, intercalare, intromettere... # 570. tra/tras/transTra/tras/trans (lat. trans) che mantiene il senso originario di "al di là". Esempi: trasportare, trafiggere, tradurre, transitare, trasfigurare, trasmettere...

Si noti che davanti a parola che inizia con consonante il prefisso transperde la -n-.

# 571. altri prefissi Tra gli altri prefissi si possono ancora ricordare sov- (lat. sub = sotto), contro/a (lat. contra = contro) e pre (lat. prae = prima). Esempi: sovvenire, sovvenzionare, sopportare, soggiungere, soggiacere... controbilanciare, contraccambiare... premunire,predisporre, precuocere, precedere, prevenire...

MODI E TEMPI # 572. Coniugazioni I verbi italiani sono comunemente divisi in tre coniugazioni. Appartengono alla prima coniugazione i verbi che all’infinito terminano in -are, alla seconda quelli in -ere ed alla terza quelli in -ire. La seconda coniugazione comprende pure alcuni verbi come porre, tradurre, fare, dire... il cui infinito corrisponde alla contrazione delle forme latine ponere, transducere, facere, dicere... # 573. Modi Ogni verbo ha quattro modi finiti e tre indefiniti. I modi finiti sono: l’indicativo, l’imperativo, il condizionale ed il congiuntivo.

I modi indefiniti, così chiamati perché non esprimono né il tempo né la persona che compie l’azione, sono: l’infinito, il gerundio ed il participio.

# 574. Temi e desinenze Ogni forma verbale è composta di due parti: il tema e la desinenza.

Per

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ottenere il tema dei verbi regolari basta togliere all’infinito le desinenze: «are, -ere, -ire. Così il tema di trovare sarà trov-, quello di credere crede quello di partire part-.

L’INDICATIVO # 575. Definizione e tempi L’indicativo è il modo della realtà e della certezza. L’indicativo ha otto tempi: quattro semplici e quattro composti. I tempi semplici sono: il presente, l’imperfetto, il passato remoto ed il futuro. I tempi composti sono: il passato prossimo, il trapassato prossimo, il trapassato remoto ed il futuro anteriore.

IL PRESENTE # 576. Formazione Il presente indicativo si forma aggiungendo al tema le seguenti desinenze: -0, -i, -a, -iamo, -ate, -ano per i verbi in -are. Esempio: trovo, trovi, trova, troviamo, trovate, trovano. -0, -i, -e, -iamo, -ete, -ono per i verbi in -ere. Esempio: credo, credi, crede, crediamo, credete, credono. -0, -i, -e, -iamo, -ite, -ono per i verbi in -ire.

Esempio: parto, parti, parte, partiamo, partite, partono. Alla terza coniugazione appartiene un gruppo di verbi che, tra il tema e le desinenze -0, -i, -e, -ono, inseriscono la radice isc. I verbi di questo gruppo seguono la coniugazione di capire, il cui presente è: capisco, capisci, capisce, capiamo, capite, capiscono.

AI paragrafo 693 si presenta un elenco dei più importanti verbi appartenenti a questo gruppo. # 577. Accento tonico nella terza persona plurale. Si noti che, nella terza persona plurale del presente indicativo, l'accento tonico cade in genere sulla terzultima sillaba. In latino queste forme erano piane, terminavano con un gruppo di consonanti -nt- come in francese, e divennero sdrucciole quando si aggiunse una -o finale. Esempi: lat. amant > it. amano, lat. dicunt > dicono.

140

# 578. Valore e uso a. il presente indica uno stato od un’azione che avviene nel momento in cui si parla. Esempi: oggi è giovedì. Adesso piove.

b. il presente si usa per riportare un fatto accaduto in un tempo passato (presente storico). Esempi: Cesare attraversa le Alpi e va in Gallia. Nel 1492 muore Lorenzo il Magnifico. c. il presente si usa anche, soprattutto nel parlare quotidiano, per esprimere un’azione intenzionale o che accadrà in un futuro molto prossimo. In questo caso di solito è accompagnato da un avverbio o da un’espressione temporale che dà l’idea di futuro. Esempi: domani andiamo al cinema. Domenica si va al mare. d. il presente esprime anche un’azione abitudinaria o che si ripete nel presente o anche nel futuro. Esempi: la domenica va alla partita; d’estate andiamo al mare o in montagna; d’inverno si va a scuola.

L’IMPERFETTO # 579. Formazione L’imperfetto indicativo di tutti i verbi regolari si forma togliendo -re all’infinito ed aggiungendo le desinenze seguenti: -vO, -vi, -va, -vamo, -vate, -vano. Esempi:

trovavo, credevo, partivo,

trovavi, credevi, partivi,

trovava, credeva, partiva,

trovavamo, credevamo, partivamo,

trovavate, credevate, partivate,

trovavano credevano partivano.

# 580. Accento tonico Come già quelle del presente, le terze persone plurali dell’imperfetto sono sdrucciole, cioè hanno l’accento tonico sulla terzultima sillaba. Esempi: trovavano, credevano, partivano. # 581. Valore e uso L’imperfetto esprime:

a. uno stato od un’azione che durava o che si ripeteva nel passato. Esempi: quando veniva a scuola era molto giovane. Studiava tutte le sere.

b. un’azione contemporanea ad un’altra pure essa passata. Esempi: quando lo vidi andava allo stadio.

141

IL PASSATO REMOTO # 582. Formazione Il passato remoto dei verbi regolari si forma aggiungendo all’infinito senza -re le desinenze seguenti: -i, -isti, [-ò, -é, -ì], Esempi: trovai, trovasti, credei/tti credesti partii, partisti,

-mmo, -ste, -rono

trovò, credé/tte

trovammo, credemmo

trovaste, credeste

trovarono crederono/ttero

partì,

partimmo,

partiste,

partirono.

Si noti che alla terza persona singolare l’accento tonico cade sull’ultima sillaba e che i verbi in -are presentano una -ò, i verbi in -ere una -ée i verbi in -ire una -ì. Per la prima e la terza persona singolare e per la terza plurale, i verbi in -ere possono anche presentare le desinenze -ei/-etti, é/-ette, -erono/-ettero. # 583. Valore e uso Il passato remoto deriva dal perfectum latino, cioè indica un’azione del tutto compiuta o meglio un’azione che il parlante considera definitivamente compiuta. Esempi: Dante nacque a Firenze e morì a Ravenna. La rivoluzione francese scoppiò nel 1789? Il passato remoto esprime anche un’azione momentanea e improvvisa nel passato. Con questo valore lo si trova soprattutto nell’uso letterario.

Va comunque ricordato che i parlanti dell’Italia del nord non usano quasi mai il passato remoto, forma che attualmente è scomparsa dalle loro parlate regionali, come del resto lo è dal francese. Al posto del passato remoto molti usano infatti il passato prossimo.

IL FUTURO # 584. Formazione Il futuro si forma aggiungendo all’infinito senza la -e finale le desinenze: -ò, -ai, -à, -emo, -ete, -anno in cui si riconosce facilmente il presente del verbo avere. Va notato che, oltre ad aggiungere le desinenze, i verbi regolari in -are cambiano anche la a di -are in -e-. Esempi:

142

troverò, crederò, partirò,

troverai, crederai, partirai,

troverà, crederà, partirà,

troveremo, crederemo, partiremo,

troverete, crederete, partirete,

troveranno; crederanno; partiranno.

# 585. Valore e uso Il futuro semplice può:

a. esprimere un’azione che deve accadere in futuro. Esempi: arriveranno domani. Dopo la pioggia tornerà il sereno. Il conferenziere parlerà di ecologia. b. esprimere una possibilità o un dubbio nel presente (futuro potenziale). Esempi: che ora? Non so, saranno le dieci. Sarà lei?

c. assumere anche il valore di imperativo. Esempi: amerai il prossimo tuo come te stesso. Prenderete queste pastiglie due volte al giorno. Spalmerete la pomata sulla parte dolorante.

IL PASSATO PROSSIMO # 586. Formazione Il passato prossimo si forma premettendo il presente dell’ausiliare al participio passato del verbo in questione. Esempi: ho trovato, hai trovato, ha trovato, abbiamo trovato, avete...

ho creduto, sono partito/a,

hai creduto, sei partito/a,

ha creduto, è partito/a,

abbiamo creduto, siamo partiti/e...

avete...

# 587. Valore e uso Il passato prossimo indica un’azione compiuta da poco e i cui effetti hanno ancora relazione con il presente. Esempi: ieri sera hanno visto un bel film. Ha visto i colleghi. Anche lui è andato al cinema e si è divertito. Si ricorda che, per indicare un’azione compiuta, alcuni italiani usano solo il passato prossimo, mentre altri utilizzano solo il passato remoto.

IL TRAPASSATO PROSSIMO # 588.

Formazione

Il trapassato prossimo si forma premettendo l’imperfetto dell’ausiliare al participio passato del verbo in questione. Esempi:

143 avevo trovato,

avevi trovato,

aveva trovato,

avevamo trovato...

avevo creduto, ero partito/a,

avevi creduto, eri partito/a,

aveva creduto, era partito/a,

avevamo creduto.. eravamo partiti/e

# 589. Valore e uso Il trapassato prossimo si usa per esprimere un’azione passata che ne precede un’altra pure essa passata. Esempi: quando arrivava, sua mamma aveva già preparato il pranzo. Avevano già studiato perché dovevano partire.

IL TRAPASSATO # 590.

REMOTO

Formazione

Il trapassato remoto si forma premettendo il passato remoto dell’ausiliare al participio passato del verbo in questione. Esempi: ebbi trovato, ebbi creduto,

avesti trovato, avesti creduto,

ebbe trovato, ebbe creduto,

avemmo trovato... avemmo creduto...

fui partito/a,

fosti partito/a,

fu partito/a,

fummo partiti/e

# 591. Valore e uso Il trapassato remoto si usa per esprimere un’azione compiuta che ne precede un’altra, pure essa compiuta, ed espressa al passato remoto. Esempi: quand’ebbe finito, ritornò a casa. Dopo che ebbe parlato, tutti lo applaudirono. Per quanto concerne l’uso del trapassato remoto, va detto che questa forma è ancora meno frequente del passato remoto.

IL FUTURO ANTERIORE # 592. Formazione Il futuro anteriore si forma premettendo il futuro del verbo ausiliare, al participio passato del verbo in questione. Esempi: avrò trovato, avrò creduto,

avrai trovato, avrai creduto,

avrà trovato, avrà creduto,

avremo trovato... avremo creduto...

sarò partito/a,

sarai partito/a,

sarà partito/a,

saremo...

# 593. Valore e uso Il futuro anteriore si usa per esprimere:

144

a. un’azione futura che ne precede un’altra anch’essa futura. Esempi: quando avranno passato gli esami non studieranno più. Se avremo terminato il lavoro ci andremo anche noi.

b. un dubbio rispetto ad un’azione avvenuta nel passato. Esempi: chi ha rotto il vetro? Non so, sarà stato il vento. Chi gliel’ha detto. Forse gliel’avrà detto Mario.

IL CONDIZIONALE # 594. Definizione e tempi Il condizionale si usa per esprimere un’azione subordinata ad una condizione (apodosi del periodo ipotetico). In proposizioni indipendenti si usa per esprimere un dubbio, una possibilità o per attenuare un’affermazione. Il condizionale indica anche il futuro rispetto al passato. Il condizionale ha due tempi: il presente ed il passato.

PRESENTE # 595. Formazione Il condizionale presente si forma aggiungendo all’infinito senza -e le desinenze: -ei, -esti, -ebbe, -emmo, -este, -ebbero.

Esempi: troverei crederei

troveresti crederesti

troverebbe crederebbe

troveremmo crederemmo

trovereste ... credereste ...

partirei

partiresti

partirebbe

partiremmo

partireste ...

Le desinenze del condizionale presente corrispondono, grosso modo, al passato remoto di avere. Come per il futuro, anche per il condizionale i verbi regolari della prima coniugazione cambiano la -a- di -are in -e.

# 596. Valore Il condizionale presente si usa per esprimere una possibilità, un dubbio o per sfumare un’affermazione ed anche per esprimere il futuro di una proposizione dipendente da un verbo al passato. Esempi: verrebbe anche lei. Ha detto che sarebbe qui alle tre. Io direi piuttosto che...

145

PASSATO # 597. Formazione Il condizionale passato si forma premettendo il condizionale presente dell’ausiliare, essere o avere, al participio passato del verbo in questione. Esempi: avrei trovato, avresti trovato, avrebbe trovato, avremmo ... avrei creduto, avresti creduto, avrebbe creduto, avremmo ... sarei partito/a, saresti partito/a, sarebbe partito/a... # 598. Valore Il condizionale passato serve anche per indicare un’azione intenzionale o data per probabile. Come detto prima, il condizionale serve per indicare il futuro rispetto al passato oppure una possibilità. Esempi: disse che sarebbe venuta anche lei. I carabinieri avrebbero arrestato due persone sospette. Sarebbe passato da loro, ma in casa non c’era nessuno.

L’IMPERATIVO

# 599. Formazione L’imperativo si forma aggiungendo al tema verbale le seguenti desinenze: ------- , -a, «i, -iamo, -ate, -ino per i verbi in -are; recto trova, trovi, troviamo, trovate, trovino.

------- , «i, -a, -iamo, -ete, -ano per i verbi in -ere; ds credi, creda, crediamo, credete, credano. ------ , «i, -a, -iamo, -ite, -ano per i verbi in -ire;

IS parti, parta, partiamo, partite, partano. DE finisci, finisca, finiamo, finite, finiscano.

Come si può facilmente notare l’imperativo è quasi uguale al presente indicativo. I verbi in -ire, appartenenti al secondo gruppo, inseriscono -isctra il tema e la desinenza delle persone singolari e della terza plurale.

# 600. Valore L’imperativo serve per esprimere un ordine, un comando o una preghiera. Eempi: Aspetta! Perdonaci! Scusatelo! # 601. Congiuntivo esortativo Nelle terze persone, singolari e plurali, più che di imperativo, si dovrebbe parlare di congiuntivo esortativo. Infatti, come in francese, l’imperativo

146

vero e proprio è costituito dalla seconda persona singolare e dalle due prime persone plurali. Questa considerazione è importante per spiegare la ragione per cui alla terza persona i pronomi complemento precedono il verbo e non lo seguono come nelle altre persone. Esempi: portami il libro! Mi porti il libro, per favore! Dammi il giornale! Gli dia il giornale, per favore! Scrivigli! Gli scriva subito per favore!

IL CONGIUNTIVO

# 602. Definizione e tempi Il congiuntivo si usa soprattutto nelle proposizioni dipendenti da verbo che esprime augurio, desiderio, incertezza, possibilità e timore. Per quanto questo modo si stia indebolendo, bisogna dire che, come in spagnolo, anche in italiano lo si usa molto più spesso che non in francese e in inglese. Il congiuntivo ha quattro tempi: due semplici (il presente e l’imperfetto) e due composti (il passato ed il trapassato). Il presente ed il passato si usano quando il verbo della proposizione reggente è al presente o al futuro, mentre l’imperfetto ed il trapassato si trovano in corrispondenza di un verbo al passato o al condizionale.

PRESENTE

# 603. Formazione Il presente congiuntivo dei verbi regolari si forma aggiungendo al tema verbale le seguenti desinenze: -i, -i, -i, -iamo, -iate, -ino per i verbi in -are. trovi, trovi, trovi, troviamo, troviate, trovino. -a, -a, -a, -iamo, -iate, -ano per i verbi in -ere. creda, creda, creda, crediamo, crediate, credano.

-2, -a, -a, -iamo, -iate, -ano per i verbi in -ire. Parta, parta, parta, partiamo, partiate, partano. capisca, capisca, capisca, capiamo, capiate, capiscano.

I verbi della terza coniugazione che al presente indicativo inseriscono la

147

radice -isc- tra il tema e la desinenza, la inseriscono anche al congiuntivo presente.

PASSATO # 604. Formazione Il congiuntivo passato si forma premettendo il congiuntivo presente dell’ausiliare, essere o avere, al participio passato del verbo in questione. Esempi: abbia trovato, abbia trovato, abbia trovato, abbiamo trovato, abbiate trovato, abbiano trovato; abbia creduto, abbia creduto, abbia creduto, abbiamo creduto, creduto, abbiano creduto.

abbiate

sia partito/a, sia partito/a, sia partito/a, siamo partiti/e, siate partiti/e, siano partiti/e.

IMPERFETTO # 605. Formazione Il congiuntivo imperfetto dei verbi regolari all’infinito senza -re le desinenze seguenti:

si forma

aggiungendo

-Ssi, -Ssi, -sse, -ssimo, -ste, -ssero. Esempi: trovassi, credessi, partissi,

trovassi, credessi, partissi,

trovasse, credesse, partisse,

trovassimo, credessimo, partissimo,

trovaste, credeste, partiste,

© trovassero; credessero;

partissero.

# 606. Forme irregolari Tutti i verbi irregolari all’imperfetto indicativo conservano la stessa irregolarità anche nell’imperfetto congiuntivo. Esempi: tradurre: traducevo / traducessi; bere: bevevo / bevessi; fare: facevo / facessi.

TRAPASSATO # 607. Formazione Il congiuntivo trapassato si forma premettendo il congiuntivo imperfetto

148

dell’ausiliare al participio passato del verbo in questione. Esempi: avessi trovato, avessi creduto,

avessi trovato, avessi creduto,

avesse trovato, avesse creduto,

avessimo...; avessimo...;

fossi partito/a, fossi partito/a, partiti/e, fossero partiti/e.

fosse partito/a,

fossimo partiti/e, foste

USO DEL CONGIUNTIVO # 608. Uso Il congiuntivo si usa soprattutto in frasi dipendenti. # 609. Congiuntivo retto da verbi esprimenti dubbio ... Il congiuntivo si trova in frasi dipendenti da verbi che esprimono dubbio, probabilità, incertezza, emozione, comando, opinione personale, aspettativa, augurio, desiderio o timore. Esempi: dubitano che lui sia italiano. Ci sembra che questa sia una buona soluzione. Sono contenti che veniate anche voi. Non so se valga la pena di preoccuparsi tanto. Vuole che tutti stiano attenti. Esige che lo si rispetti. In fondo crede che loro non abbiano tutti i torti. Lui si aspetta che loro vadano a trovarlo. Sperava che noi gli parlassimo. Desiderano che veniate anche voi. # 610. Infinito invece del congiuntivo Si noti che nelle frasi dipendenti indicate nel paragrafo precedente, si usa l’infinito invece del congiuntivo se il soggetto della preposizione principale e quello della dipendente sono gli stessi. Esempi: siamo contenti di venire con voi. In fondo crede di non avere tutti i torti. Mi auguro di poter capire questa lingua. Pensa di aver capito le regole del congiuntivo.

# 611. Congiuntivo retto da verbi impersonali Il congiuntivo si trova in frasi dipendenti da verbi o espressioni impersonali del tipo: è importante, sarebbe utile, era necessario, è bene ecc... seguite da un verbo con soggetto determinato, anche se sottinteso. Esempi: è importante che voi impariate le regole del congiuntivo. È utile che loro sappiano comportarsi da persone educate. Era necessario che anche Paolo prendesse la patente. Gli dà fastidio che voi fumiate in classe. Sarebbe meglio che glielo dicessi tu. Era meglio che glielo dicessero loro.

# 612. Infinito invece del congiuntivo Se il verbo che segue le espressioni impersonali ha un soggetto indeterminato, allora lo si deve usare all’infinito. Esempi: è importante imparare le regole del congiuntivo. Era utile sapersi comportare da persone

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educate. Sarebbe necessario prendere la patente. Sarebbe meglio dirglielo subito.

# 613. Congiuntivo dopo un superlativo relativo Il congiuntivo si trova dopo un superlativo relativo nelle frasi del tipo: è la studentessa più intelligente che conoscano; era la persona più simpatica che avessero conosciuto; le ha regalato il gioiello più caro che avesse trovato.

# 614. Congiuntivo dopo espressioni limitative Il congiuntivo si trova dopo le espressioni restrittive del tipo: è il solo che..., era l’unico che... Esempi: Roberto è l’unico che abbia la patente. Maria era la sola che avesse studiato.

# 615. Infinito dopo espressioni limitative Le frasi precedenti si possono anche esprimere con il verbo della dipendente all’infinito cioè: Roberto è l’unico ad avere la patente; Maria era la sola ad aver studiato. # 616. Congiuntivo dopo espressioni negative Il congiuntivo si trova dopo espressioni negative del tipo: nessuno che..., niente che..., nulla che....., alcun....... che. Esempi: non conosce nessuno che sappia riparargli la macchina. Non trovava niente che le piacesse. Non ha trovato alcun libro che le piacesse.

# 617. Congiuntivo retto da strutture del tipo: un... che... Esempi: cercavano una casa che avesse due garage. Volevano una macchina che non fosse straniera. Cercano un appartamento che abbia due entrate. # 618. Congiuntivo retto da strutture quali: il meno che..., il massimo che..., il minimo che..... ecc... Esempi: è il meno che si possa fare. Era il

minimo che ci si potesse attendere. Era il minimo che si potesse donare. # 619. Congiuntivo retto da affinché, in modo che, perché, (fr. afin que, pour que; ingl. so that, in order that). Esempi: gli scrive il numero perché (affinché) non lo dimentichi. Glielo dice in modo che (affinché) si sappia regolare. Scriviamo in stampatello affinché leggiate più facilmente. Avvertitelo in modo che sappia regolarsi. # 620.

Congiuntivo retto da benché, quantunque, sebbene, (fr. bien

que, quoique; ingl. although). Esempi: benché avessimo ragione, nessuno voleva ammetterlo. Sebbene sia già tardi vogliono uscire a tutti i costi. Benché fosse tardi voleva ancora uscire. Quantunque non avesse soldi

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spendeva come un miliardario. Quantunque sia in ritardo non sembra aver fretta. # 621. Congiuntivo retto da a patto che, a condizione che, purché (fr. à condition que, pourvu que; ingl. provided that). Esempi: ti presta 100 dollari a condizione che tu glieli renda. Accettiamo l’invito purché la festa non sia di giovedì. Vengono alla festa a patto che qualcuno li

riaccompagni. Verremo purché faccia bel tempo. # 622. Congiuntivo retto da a meno che (fr. à moins que; ingl. unless). Esempi: non vengono a cena a meno che voi non gliela offriate. Andiamo a trovarlo, a meno che non venga lui da noi. # 623. Congiuntivo retto da finché con idea di futuro (fr. jusqu’à ce que; ingl. till, until). Esempi: stanno con loro finché l’aereo non parta (partirà). Non te ne andare finché loro non siano tornati. # 624. Congiuntivo retto da prima che (fr. avant que; ingl. before). Esempi: salutiamolo prima che parta. Dobbiamo fare i compiti prima che arrivino gli amici.

Se il verbo della proposizione reggente e quello introdotto da -prima- sono gli stessi, invece del congiuntivo, nella dipendente si usa l’infinito. Esempi: Salutiamoli prima di partire. Fanno i compiti prima di uscire. # 625. Congiuntivo retto da senza che (fr. sans que; ingl. without). Esempi: molti bambini fumano senza che i genitori lo sappiano. Copiava senza che il professore se ne accorgesse. Anche in questo caso, se il soggetto della principale e quello della dipendente sono gli stessi, nella dipendente si preferisce usare l’infinito. Esempio: leggeva il giornale senza capire niente. Andava spesso in vacanza senza avvertire nessuno.

# 626. Congiuntivo retto da comunque, in qualunque modo (fr. de quelque fagon que; ingl. no matter how). Esempi: comunque ti avesse risposto, avresti dovuto tacere. Comunque stiano le cose, è meglio studiare. In qualunque modo si faccia, per lui non va mai bene. # 627. Congiuntivo retto da per quanto (fr. quoique; ingl. no matter how). Esempi: per quanto corresse, non riusciva a raggiugerlo. Per quanto guadagni, è sempre al verde. Per quanto Socrate fosse un grande filosofo diceva di non sapere niente.

151

# 628. Congiuntivo nelle interrogazioni indirette Il congiuntivo si usa anche nelle proposizioni interrogative indirette. Esempi: si domandano chi sia quello sconosciuto. Si chiedono chi possa essere a quest’ora. Non capisco dove sia andato Giovanni. Si domandava chi fosse quella sconosciuta. Si chiedeva chi mai avesse potuto telefonargli a quell’ora.

# 629. Congiuntivo in proposizioni indipendenti Il congiuntivo è anche usato in proposizioni apparentemente indipendenti per esprimere augurio, maledizioni... In queste proposizioni è infatti facile intuire la caduta di una reggente del tipo: mi auguro che..., vorrei che... Esempi: fosse vero! Che il cielo te la mandi buona. Che Dio ti protegga. Sia lodato quel benefattore! Gli venisse un accidente!

USO DEI TEMPI DEL CONGIUNTIVO

# 630. Regole generali La scelta dei vari tempi dipende dalla relazione temporale che intercorre tra il verbo della proposizione principale e quello della dipendente. Tale relazione può essere di tre tipi in quanto l’azione della dipendente può essere anteriore, contemporanea o posteriore rispetto a quella della principale. A parte ciò, bisogna anche considerare il tempo del verbo della proposizione reggente, che in genere è al presente o al futuro oppure al passato o al condizionale.

# 631. Verbo reggente al presente o al futuro Quando il verbo della proposizione principale è al presente o al futuro, nella dipendente si usa:

a. il congiuntivo passato per esprimere anteriorità. Esempi: speriamo che abbia ricevuto la nostra lettera. Il maestro pensa che tutti abbiano capito le regole. Mi auguro che tutto sia andato bene. Se glielo dici penserà che te l’abbia detto io. b.. il congiuntivo presente per esprimere contemporaneità. Esempi: speriamo che siano in casa. Mi auguro che sia lui. Penso stiano bene. Credo che venga oggi. Crederà che siate voi.

che

c. il congiuntivo presente o l’indicativo futuro per esprimere posteriorità. Esempi: speriamo che riceva (riceverà) la nostra lettera in tempo. Vuole che domani vengano anche loro. È impossibile che lui dica delle cose simili.

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Però, se il verbo reggente è costituito da un’espressione impersonale o da un verbo che indica comando o volontà, nella dipendente si deve usare il congiuntivo presente e non il futuro. Esempi: vuole che tu vada domani. È impossibile che tra due giorni lui possa assistere alla riunione. # 632. Verbo reggente al passato o al condizionale Quando il verbo della proposizione principale è al passato condizionale, nella dipendente si usa:

o al

a. il congiuntivo trapassato per esprimere anteriorità. Esempi: speravo che avessero ricevuto la nostra lettera. Pensava che tutti avessero capito le regole. Avrebbero creduto che fossimo stati noi.

b. il congiuntivo imperfetto per esprimere contemporaneità. Esempi: pensavamo che fossero in casa. Sperava che tutti capissero l’italiano. Vorrei che fosse vero. Il professore vorrebbe che tutti gli studenti fossero dei geni. c. il condizionale passato per esprimere posteriorità. Esempi: sperava che sarebbero stati in casa. Pensava che al mare sarebbero state bene. Temevano che noi non avremmo potuto aiutarti. Gli studenti temevano che l’esame sarebbe stato molto difficile.

# 633. Congiuntivo imperfetto dipendente dal presente Queste regole conoscono naturalmente alcune eccezioni. Per esempio, ad una proposizione principale al presente, può corrispondere un congiuntivo imperfetto nella dipendente, e ciò soprattutto quando si deve esprimere uno stato o un’azione continua e ripetuta. Esempi: penso che scherzassero. E proprio impossibile che un secolo fa andassero sulla luna. Credo che la sua macchina fosse bianca. Mi pare che allora Lucia avesse otto anni. È impossibile che fosse il primo maggio. # 634. Congiuntivo presente dipendente da condizionale A un condizionale presente nella reggente può corrispondere il congiuntivo presente nella dipendente. Questo capita quando si vuole esprimere una possibilità o un dubbio che si riferisce al presente. Esempi: non dirglielo perché penserebbe che tu sia un bugiardo. Non dirgli niente perché penserebbe che ce l’abbiamo con lui.

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MODI INDEFINITI L’INFINITO # 635. Tempi L'infinito ha due tempi: il presente ed il passato. L'infinito passato si forma premettendo l’ausiliare al participio passato. Esempi: trovare / avere trovato; credere / avere creduto; partire / essere partito/a/i/e. # 636. Particolarità A differenza dell’inglese, l’infinito italiano può essere preceduto da diverse preposizioni. Esempi: invece di studiare gioca tutto il giorno al pallone. Le ha telefonato prima di partire. Stamattina è andato a lavorare presto. Studia per diventare dottore. Per riuscire bisogna lavorare molto.

Si noti che all’infinito italiano preceduto da preposizione in inglese corrisponde spesso il gerundio. Esempi: prima di partire... (=before leaving...). Dopo aver studiato... (= after studying...). # 637. Infinito con valore di imperativo Come s’è visto, se preceduto dalla negazione -non-, l’infinito ha valore della seconda persona dell’imperativo negativo. Esempi: non pensare al gioco, studia! Guarda avanti, non guardare indietro!

L’infinito può sostituire l’imperativo anche alla forma affermativa. In questo caso il suo valore è più generale. Esempi: conservare in luogo fresco e poco umido. Tenere la destra. Lasciare libero il passaggio. Lavare con acqua fredda. # 638. Infinito in frasi ellittiche L'infinito può anche essere usato in frasi ellittiche (cioè mancanti del verbo principale). Esempi: perché invitarli? Perché dirlo a tutti! Perché andare in vacanza ad agosto?

# 639. Infinito con valore di sostantivo Si ricorda che l’infinito presente può essere usato con il valore di un sostantivo e come tale non solo si accorda, ma può anche essere seguito da suffissi per formare dei diminutivi. Esempi: piacere: il piacere, i piaceri. Dovere: il dovere, i doveri. Mangiare: il mangiare, il mangiarino.

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IL GERUNDIO # 640. Tempi Il gerundio ha due forme: una semplice e l’altra composta.

IL GERUNDIO SEMPLICE # 641. Valore Il gerundio semplice esprime un’azione contemporanea a quella del verbo della proposizione principale. # 642. Formazione Il gerundio semplice dei verbi regolari si forma aggiungendo al tema le desinenze: -ando per i verbi in -are; -endo per i verbi in -ere e quelli in -ire. Esempi: trovare - trovando, credere - credendo, finire -finendo, capire - capendo.

In genere i verbi irregolari all’imperfetto indicativo lo sono anche al gerundio, dove mantengono la stessa anomalia nel tema. Esempi: Fare facevo / facendo; imporre - imponevo / imponendo: detrarre - detraevo / detraendo.

IL GERUNDIO COMPOSTO # 643. Valore Il gerundio composto esprime invece un’azione anteriore a quella del verbo della proposizione principale. # 644. Formazione Il gerundio composto si forma premettendo al particpio passato il gerundio

semplice dell’ausiliare essere o avere. Esempi: avendo trovato, avendo creduto, essendo partito/a/i/e, avendo capito. # 645. stare + gerundio Posto dopo il verbo stare, il gerundio forma una struttura corrispondente all’inglese -to be + gerundio- o al francese -ètre en train de...- cioè indica un’azione che è in progresso. Esempi: Sto studiando (ing. I am studying; fr. Je suis en train d’étudier). Stava lavorando (ing. she was working; fr. Elle était en train de travailler).

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# 646. andare + gerundio Anche il verbo andare seguito da un gerundio dà luogo a una struttura particolare il cui valore progressivo corrisponde all’inglese: -to be going to...- e al francese: -étre en train de...- Esempi: La situazione va peggiorando. Il malcontento della popolazione andava crescendo... Il dolore andrà diminuendo.

# 647. Valore nominale del gerundio Il gerundio può essere usato con valore nominale. Oltre alle unità lessicali quali: agenda, merenda, educanda, mutande..., ormai considerate veri e propri sostantivi, che però in origine erano participi futuri passivi latini, si possono ricordare termini quali reverendo, laureando... # 648. Gerundio con valore di aggettivo Forme quali reverendo o laureando ci ricordano pure che, premesso ad un sostantivo, il gerundio può assumere il valore di un aggettivo ed esprime un'idea di futuro. Esempi: Il costruendo ponte avrà una lunghezza di 150 metri. La costituenda società avrà sede a Napoli. # 649. Gerundio con soggetto espresso Quando il gerundio è accompagnato da un soggetto, anche se pronome, in genere esso segue il verbo. Esempi: Arrivando lei, tutti saranno contenti. Essendoci tu, le cose cambieranno.

# 650. Gerundio invece del participio presente È poi forse degno di nota ricordare che nell’uso letterario il gerundio è stato talvolta usato al posto del participio presente. Esempio: Quando la madre trafugò lui dormendo in le sue braccia. (Purg. IX).

IL PARTICIPIO # 651. Definizione Il participio è così chiamato perché partecipa della natura del verbo e di quella del nome. In altre parole esso può svolgere sia la funzione di verbo che quella di nome e di aggettivo. i

# 652. Tempi Il participio ha due tempi: il presente ed il passato.

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PRESENTE # 653. Formazione del participio presente Il participio presente si forma aggiungendo al tema le desinenze: -ante per i verbi in -are; -ente per i verbi in -ere e quelli in -ire. Esempi: parlare > parlante; credere > credente; partire > partente. I verbi irregolari all’imperfetto indicativo lo sono anche al participio presente. Esempi: fare: facevo / facente, dire: dicevo / dicente, imporre: imponevo / imponente, contrarre: contraevo / contraente. # 654. Valore e uso Il participio presente è spesso usato come semplice aggettivo od anche come sostantivo. Anzi ai giorni nostri sembra allontanarsi sempre più dalla funzione verbale per assumere quella di aggettivo e di sostantivo e ciò non solo in italiano, ma anche nelle altre lingue neolatine. Numerosissime sono infatti le unità lessicali in -ante e -ente con valore nominale. Si pensi per esempio a termini quali: gerente, offerente, utente...

# 655. Participio presente con valore verbale Il participio presente con valore verbale è usato soprattutto nello stile letterario e burocratico. Il participio presente si accorda con il nome a cui si riferisce. Esempi: Le mozioni riguardanti il progetto sono numerose. I problemi concernenti l’ecologia sono molto dibattuti ai nostri giorni. Si discuteranno problemi concernenti la circolazione.

PASSATO # 656. Formazione del participio passato Il participio passato dei verbi regolari si forma aggiungendo al tema verbale le desinenze: -ato per i verbi regolari in -are; -uto per i verbi regolari in -ere; -ito per i verbi regolari in -ire.

# 657. Valore e uso Il participio passato è usato soprattutto nella formazione dei tempi composti. Il participio passato è molto più usato del participio presente e può avere valore di verbo, di aggettivo e di sostantivo. # 658. Participio passato con valore di aggettivo Usato come aggettivo si accorda in genere e in numero con il nome a cui

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si riferisce. Esempi: addio bei giorni passati... furono ricevuti dal sindaco.

Tutti i candidati eletti

# 659. Participio passato con valore di nome Preceduto da un articolo, il participio passato può avere valore di sostantivo. Esempi: la lavandaia mette il lavato ad asciugare sulla corda. Ha fatto una bella giocata. Hanno raccontato il fatto ai carabinieri. # 660. Uso del participio passato Come visto, il participio passato può quindi essere usato da solo 0 può seguire gli ausiliari essere ed avere, più raramente venire e andare, per formare i tempi composti. Esempi: la loro casa fu costruita nel 1937. La nave ha avuto difficoltà a causa dei forti venti.

ACCORDO

DEL PARTICIPIO PASSATO

# 661. Participio passato usato senza ausiliare Usato da solo, il participio passato si accorda in genere e in numero con il nome a cui si riferisce. Esempi: gli amici incontrati al bar sono stranieri. La neve caduta imbiancava le strade della città. Lasciati gli studi cominciò a lavorare in una ditta di autotrasporti. # 662. Participio passato usato con essere Usato con l’ausiliare essere, il participio passato si accorda in genere e in numero con il soggetto. Esempi: Mario e Luigi sono andati a Genova. Maria e Carla sono passate dall’amica. Siamo arrivati dieci minuti fa. # 663. Con soggetti di genere diverso Se i soggetti sono di genere diverso, l’accordo si fa al maschile plurale. Esempi: Maria e Carlo sono arrivati ieri. Il signor Rossi e la signora Verdi sono stati qui.

# 664. Con il si impersonale Se il soggetto è rappresentato dal -si- impersonale, il participio passato e gli eventuali aggettivi che gli si riferiscono vanno solitamente al plurale maschile. Esempi: Quando si è arrivati al capolinea, si scende. Quando si era saliti, il treno era vuoto. Quando si è soli, ci si sente depressi. # 665. Usato con avere Usato con l’ausiliare avere, il participio passato si accorda con il complemento oggetto che precede, solo se questo è rappresentato da un pronome personale: lo, la, li, le e ne. Esempi: Li ha visti. Le ha salutate.

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L’ha incontrata. L’ha detto anche lui. Ne ha raccontate delle belle.

Per quanto non tutti lo facciano, sarebbe meglio accordare il participio passato anche quando il complemento oggetto è rappresentato da mi, ti, ci e vi. Esempi: ci ha salutati. Ti ha vista? Vi ha incontrate? Non m°’ha vista. # 666. Mi, ti, ci, vi complementi oggetto Per quanto i grammatici considerino facoltativo l’accordo del participio passato con i pronomi mi, ti, ci, vi, l’uso di accordarlo non sembra essere sempre generale. Si ricordi che talvolta l’accordo può giovare alla chiarezza del messaggio. Esempi: Mi ha vista. Ci ha salutati/e. Vi ha incontrati/e. Ci ha visti. Ci ha visto chiaro (=chiaramente). T°ho visto. T’ho vista. Vi ha salutati/e. # 667. Che complemento oggetto Anche per quanto concerne il participio passato preceduto da che con funzione di complemento oggetto, esiste ancora una certa qual oscillazione causata dal fatto che alcuni italiani, una esigua minoranza però, continuano ad accordarlo con l’antecedente del che. Questa usanza, comune in francese, era seguita dalla maggioranza degli scrittori dei secoli passati, mentre ora non è più in voga e sa di letterario e di affettato. Anche se grandi scrittori come il Manzoni ecc... accordavano il participio passato con il che complemento oggetto, ora quasi tutti dicono e scrivono: le lettere che ho scritto; la Sua pregiata lettera del... che ho ricevuto pochi minuti fa; la casa che hanno acquistato ecc..., Le forme con l’accordo sono rare e quasi del tutto estranee al comportamento linguistico delle nuove generazioni di parlanti. # 668. Ne complemento oggetto A proposito dell’accordo, va sottolineato che, a differenza del corrispondente francese -en-, il pronome italiano ne con valore di complemento oggetto richiede l’accordo del participio passato. In genere l’accordo si fa con l’antecedente del ne, però, se il verbo ha un complemento oggetto, l’accordo si fa con quest’ultimo in quanto ne assume il valore di complemento di specificazione. Esempi: hai visto dei dischi volanti? Sì, ne ho visti due. Hai comprato delle mele? Sì, ne ho comprate. Hai comprato delle mele? Sì, ne ho comprati due chili. Hai comprato i limoni? Sì, ne ho comprate due libbre.

# 669. Participio senza ausiliare A proposito del participio passato usato da solo, si ricorda che l’italiano conserva una forma molto simile a quella dell’ablativo assoluto latino in cui il participio passato precede il nome e corrisponde, grosso modo, al

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gerundio passato. Esempi: vistala si fermò di colpo. Salutati amici e parenti, partì piangendo. Terminate le vacanze, i turisti ritornano tristemente a casa loro. # 670. Forme particolari in -uro e in -endo Altra forma latina, presente seppure raramente nella lingua italiana, il participio futuro attivo in -uro indica un’azione che si ha intenzione di fare o che deve avvenire. Detta forma può anche assumere il valore di un sostantivo. Esempi: Nascituro = che nascerà, che dovrà nascere. Venturo = che verrà. Duraturo = che durerà. Anche la forma in -endo, di cui si è parlato al paragrafo 648, corrisponde a un participio latino (participio futuro passivo). Come s°era detto infatti, "il costruendo ponte" equivale a "il ponte che si dovrà costruire" o "che sarà costruito", mentre "l’istituendo comitato" corrisponde a un "comitato che si dovrà istituire" o "che sarà istituito. Queste forme appartengono soprattutto al linguaggio tecnico letterario che non disdegna di ricorrere ai neologismi dotti.

160

# 671.

Coniugazione di essere

INDICATIVO presente (io) (tu)

(lui/lei) (noi) (voi) (loro) imperfetto (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

passato prossimo (io) sono stato/a (tu) sei stato/a (lui/lei) è stato/a (noi) siamo stati/e (voi) siete stati/e

sono sei

è siamo siete sono

ero eri era eravamo eravate erano passato remoto (10) fui (tu) fosti (lui/lei) fu (noi) fummo (voi) foste (loro) furono futuro (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

(loro)

sono stati/e

trapassato (io) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro) trapassato

prossimo ero stato/a eri stato/a era stato/a eravamo stati/e

(io) (tu)

fui stato/a fosti stato/a

(lui/lei) (noi) (voi) (loro)

fu stato/a fummo stati/e foste stati/e furono stati/e

eravate stati/e erano stati/e remoto

futuro anteriore (io) sarò stato/a

sarò sarai sarà saremo sarete saranno

(tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

sarai stato/a sarà stato/a saremo stati/e sarete stati/e saranno stati/e

passato che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

sia stato/a sia stato/a sia stato/a siamo stati/e siate stati/e siano stati/e

CONGIUNTIVO presente

che che che che che che

io tu lui/lei noi voi loro

sia sia sia siamo siate siano

161

imperfetto che io fossi

che tu

fossi

che che che che

fosse fossimo foste fossero

lui/lei noi voi loro

trapassato che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

CONDIZIONALE passato (io) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

presente

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

sarei saresti sarebbe saremmo sareste sarebbero

IMPERATIVO

---sii

sia

siamo

siate

fossi stato/a

fossi stato/a fosse stato/a fossimo stati foste stati/e fossero stati/e

sarei stato/a saresti stato/a sarebbe stato/a saremmo stati/e sareste stal/e sarebbero stati/e

siano

INFINITO

presente passato

essere essere stato/a/i/e

PARTICIPIO

passato

stato/a/i/e

GERUNDIO

semplice composto

essendo essendo stato/a/i/e

# 672. Osservazioni sulla coniugazione di essere Il verbo essere ha parecchie forme irregolari. Il participio passato suto è forma arcaica, al suo posto si usa stato, dal verbo stare. Il participio presente ente, è usato solo come sostantivo. # 673.

Coniugazione di avere INDICATIVO

presente

passato prossimo

(10) (tu) (lui/lei) (noi)

ho hai ha abbiamo

(10) (tu) (lui/lei) (noi)

ho avuto hai avuto ha avuto abbiamo vuto

(voi) (loro)

avete hanno

(voi) (loro)

avete avuto hanno avuto

162

imperfetto (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

trapassato prossimo avevo avevi aveva avevamo avevate avevano

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

avevo avuto avevi avuto aveva avuto avevamo avuto avevate avuto avevano avuto

CONGIUNTIVO presente che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

abbia abbia abbia abbiamo abbiate abbiano

imperfetto che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

avessi avessi avesse avessimo aveste avessero

passato che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

trapassato che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

abbia avuto abbia avuto abbia avuto abbiamo avuto abbiate avuto abbiano avuto

avessi avuto avessi avuto avesse avuto avessimo avuto aveste avuto avessero avuto

CONDIZIONALE presente (10)

(tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

passato (io)

avrei avresti avrebbe avremmo avreste

avrebbero

IMPERATIVO

INFINITO

---

abbi

abbia abbiamo

presente

avere

passato

avere avuto

PARTICIPIO presente passato

GERUNDIO

(tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

avente avuto

semplice avendo composto avendo avuto

abbiate

avrei avuto avresti avuto avrebbe avuto avremmo avuto avreste avuto

avrebbero avuto abbiano

163

# 674. Osservazioni sulla coniugazione di avere Anche il verbo avere non è regolare. Le irregolarità si registrano nel passato remoto, nel futuro, nel presente indicativo e congiuntivo ed anche nell’imperativo.

# 675. Uso degli ausiliari Per quanto riguarda l’uso degli ausiliari si rimanda a quanto detto nei paragrafi 545/553.

# 676. Trovare Verbo modello della prima coniugazione. Come trovare si coniugano tutti i verbi regolari in -are

INDICATIVO presente (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

trovo trovi trova troviamo trovate trovano

passato prossimo (10) ho trovato (tu) hai trovato (lui/lei) ha trovato (noi) abbiamo trovato (voi) avete trovato (loro) hanno trovato

imperfetto (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

trovavo trovavi trovava trovavamo trovavate trovavano

trapassato (10) (tu) (lui/lei). (noi) (voi) (loro)

passato remoto trovai (io) trovasti (tu)

(lui/lei) (noi) (voi) (loro)

trovò trovammo trovaste trovarono

prossimo avevo trovato avevi trovato aveva trovato avevamo trovato avevate trovato avevano trovato

trapassato remoto ebbi trovato (10) avesti trovato (tu)

(lui/lei) (voi) (voi) (loro)

ebbe trovato avemmo trovato aveste trovato ebbero trovato

164

futuro (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

futuro anteriore

(io) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

avrò trovato avrai trovato avrà trovato avremo trovato avrete trovato avranno trovato

trovi trovi trovi troviamo troviate trovino

passato che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

abbia trovato abbia trovato abbia trovato abbiamo trovato abbiate trovato abbiano trovato

trovassi trovassi trovasse trovassimo trovaste trovassero

trapassato che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

avessi trovato avessi trovato avesse trovato avessimo trovato aveste trovato avessero trovato

passato (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

avrei trovato avresti trovato avrebbe trovato avremmo trovato avreste trovato avrebbero trovato

troverò troverai troverà troveremo troverete troveranno

CONGIUNTIVO presente

che che che che che che

io tu lui/lei noi voi loro

imperfetto che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

CONDIZIONALE presente

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

troverei troveresti troverebbe troveremmo trovereste troverebbero

IMPERATIVO

---

trova

trovi

troviamo

trovate

INFINITO

presente passato

trovare avere trovato

PARTICIPIO

passato presente

trovato trovante

GERUNDIO

semplice

trovando

composto

avendo trovato

trovino

165

# 677. Trovarsi, forma riflessiva Modello dei verbi riflessivi. Come trovarsi si coniugano tutti i verbi riflessivi in -are. Si ricorda che tutti i verbi coniugati alla forma riflessiva richiedono l’ausilare essere.

INDICATIVO presente

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

mi trovo ti trovi si trova ci troviamo vi trovate si trovano

imperfetto (10) mi trovavo (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

ti trovavi si trovava ci trovavamo vi trovavate si trovavano

passato prossimo (10) mi sono trovato/a (tu) ti sei trovato/a (lui/lei) si è trovato/a (noi) ci siamo trovati/e (voi) vi siete trovati/e (loro) si sono trovati/e trapassato (10) (tu) (lui/lei) (noi)

prossimo mi ero trovato/a ti eri trovato/a si era trovato/a ci eravamo trovati/e

(voi)

vi eravate trovati/e

(loro)

si erano trovati/e

passato remoto

trapassato remoto

(io) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

mi trovai ti trovasti si trovò ci trovammo vi trovaste si trovarono

(i0) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

futuro (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

mi troverò ti troverai si troverà ci troveremo vi troverete si troveranno

mi fui trovato/a ti fosti trovato/a si fu trovato/a ci fummo trovati/e vi foste trovati/e si furono trovati/e

futuro anteriore

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

mi sarò trovato/a ti sarai trovato/a si sarà trovato/a ci saremo trovati/e vi sarete trovati/e si saranno trovati/e

166

CONGIUNTIVO presente che io che tu

che noi che voi

mi trovi ti trovi si trovi ci troviamo vi troviate

passato che io che tu che lui/lei che noi che voi

mi sia trovato/a ti sia trovato/a si sia trovato/a ci siamo trovati/e vi siate trovati/e

che loro

si trovino

che loro

si siano trovati/e

che lui/lei

imperfetto che che che che che

io tu lui/lei noi voi

che loro

trapassato mi trovassi ti trovassi si trovasse ci trovassimo vi trovaste

che che che che che che

si trovassero

presente (10) (tu)

(lui/lei) (noi) (voi) (loro)

io tu lui/lei noi voi loro

CONDIZIONALE passato mi troverei (10) ti troveresti (tu) si troverebbe (lui/lei) ci troveremmo (noi) vi trovereste (voi) si troverebbero (loro)

IMPERATIVO

si fossero trovati/e

mi sarei trovato/a ti saresti trovato/a si sarebbe trovato/a ci saremmo trovati/e vi sareste trovati/e si sarebbero trovati/e

trovati si_trovi

troviamoci

presente

trovarsi

passato

essersi trovato/a/i/e

PARTICIPIO

passato presente

trovato trovantesi

GERUNDIO

semplice composto

trovandosi essendosi trovato/a/i/e

INFINITO

# 678.

---

mi fossi trovato/a ti fossi trovato/a si fosse trovato/a cifossimotrovati/e vi foste trovati/e

trovatevi si_trovino

Trovare, forma passiva

Modello di coniugazione di un verbo passivo. Tutti i verbi coniugati alla forma passiva richiedono l’ausiliare essere.

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INDICATIVO passato prossimo

presente (10) (tu)

sono trovato/a sei trovato/a

(10) (tu)

sono stato/a trovato/a sei stato/a trovato/a

(lui/lei)

è

(lui/lei)

è stato/a trovato/a

(noi) (voi) (loro)

siamo trovati/e siete trovati/e sono trovati

(noi) (voi) (loro)

siamo stati/e trovati/e siete stati/e trovati/e sono stati/e trovati/e

imperfetto (io) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

ero trovato/a eri trovato/a era trovato/a eravamo trovati/e eravate trovati/e erano trovati/e

trapassato prossimo (i0) ero stato/a trovato/a (tu) eri stato/a trovato/a (lui/lei) era stato/a trovato/a (noi) eravamo stati/e trovati/e (voi) eravate stati/e trovati/e (loro) erano stati/e trovati/e

trovato/a

passato remoto (io) fui trovato/a

trapassato remoto (10) fui stato/a trovato/a

(tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

fosti trovato/a fu trovato/a fummo trovati/e foste trovati/e furono trovati/e

(tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

futuro (io) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

sarò trovato/a sarai trovato/a sarà trovato/a saremo trovati/e sarete trovati/e

futuro anteriore (io) sarò stato/a trovato/a (tu) sarai stato/a trovato/a (lui/lei) sarà stato/a trovato/a (noi) saremo stati/e trovati/e (voi) sarete stati/e trovati/e (loro) saranno stati/e trovati/e

saranno trovati/e

fosti stato/a trovato/a fu stato/a trovato/a fummo stati/e trovati/e foste stati/e trovati/e furono stati/e trovati/e

CONGIUNTIVO presente

passato

che io

sia trovato/a

che io

che tu che lui/lei

sia trovato/a sia trovato/a

che tu

sia stato/a trovato/a

che noi che voi che loro

siamo trovati/e siate trovati/e siano trovati/e

che che che che

sia stato/a trovato/a siamo stati/e trovati/e siate stati/e trovati/e siano stati/e trovati/e

lui/lei noi voi loro

sia stato/a trovato/a

168

imperfetto io tu lui/lei noi voi loro

fossi trovato/a fossi trovato/a fosse trovato/a fossimo trovati/e foste trovati/e fossero trovati/e

trapassato io ‘fossi stato/a trovato/a tu fossi stato/a trovato/a lui/lei fosse stato/a trovato/a noi fossimo stati/e trovati/e voi foste stati/e trovati/e loro fossero stati/e trovati/e

CONDIZIONALE presente sarei saresti sarebbe saremmo sareste sarebbero

trovato/a trovato/a trovato/a trovati/e trovati/e trovati/e

passato sarei stato/a trovato/a saresti stato/a trovato/a sarebbe stato/a trovato/a saremmo stati/e trovati/e sareste stati/e trovati/e sarebbero stati/e trovati/e

# 679. Credere Verbo modello della seconda coniugazione. Come credere si coniugano tutti i verbi regolari in -ere.

INDICATIVO presente (i0) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

credo credi crede crediamo credete credono

imperfetto

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

passato prossimo (10) ho creduto (tu) hai creduto (lui/lei) ha creduto (noi) abbiamo creduto (voi) avete creduto (loro) hanno creduto trapassato prossimo

credevo credevi credeva credevamo credevate credevano

(10) (tu) (lui/iei) (noi) (voi) (loro)

avevo creduto avevi creduto aveva creduto avevamo creduto avevate creduto avevano creduto

169

passato remoto

trapassato remoto

(io) (tu) (lui/lei) (noi)

credei/tti credesti credé/tte credemmo

(voi) (loro)

credeste crederono/ttero

(i0) (tu) (lui/lei) (voi) (voi) (loro)

crederò crederai crederà crederemo crederete crederanno

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

futuro

(i0) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

ebbi creduto avesti creduto ebbe creduto avemmo creduto aveste creduto ebbero creduto

futuro anteriore

avrò creduto avrai creduto avrà creduto avremo creduto avrete creduto avranno creduto

CONGIUNTIVO presente

che che che che che che

io tu lui/lei noi voi loro

imperfetto che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

passato

creda creda creda crediamo crediate credano

che che che che che che

credessi credessi credesse credessimo credeste credessero

trapassato che io avessi creduto avessi creduto che tu che lui/lei avesse creduto che noi avessimo creduto che voi aveste creduto che loro avessero creduto

io tu lui/lei noi voi loro

abbia creduto abbia creduto abbia creduto abbiamo creduto abbiate creduto abbiano creduto

CONDIZIONALE presente

passato

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi)

crederei crederesti crederebbe crederemmo credereste

(loro)

crederebbero

(10) (tu) (lui/lei)

avrei creduto avresti creduto avrebbe creduto

(noi)

avremmo creduto

(voi) (loro)

avreste creduto avrebbero creduto

170

IMPERATIVO

---

credi

creda

crediamo

credete

INFINITO

presente passato

credere avere creduto

PARTICIPIO

passato presente

creduto credente

GERUNDIO

semplice composto

credendo avendo creduto

# 680.

credano

Sentire

Verbo modello della terza coniugazione. Come sentire si coniugano tutti i verbi in -ire non incoativi e che richiedono l’ausiliare avere.

INDICATIVO presente (io)

sento

passato prossimo (io) ho sentito

(tu)

senti

(tu)

hai sentito

(lui/lei) (noi) (voi) (loro)

sente sentiamo sentite sentono

(lui/lei). (noi) (voi) (loro)

ha sentito abbiamo sentito avete sentito hanno sentito

imperfetto (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

sentivo sentivi sentiva sentivamo sentivate sentivano

trapassato prossimo (10) avevo sentito (tu) avevi sentito (lui/lei) aveva sentito (noi) avevamo sentito (voi) avevate sentito (loro) avevano sentito

passato remoto (10) sentii (tu) sentisti (lui/lei) sentì (noi) sentimmo

(voi) (loro)

sentiste sentirono

trapassato remoto

(io)

ebbi sentito

(tu) (lui/lei) (voi) (voi) (loro)

avesti sentito ebbe sentito avemmo sentito aveste sentito ebbero sentito

171

futuro (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

futuro anteriore sentirò sentirai sentirà sentiremo sentirete sentiranno

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

avrò sentito avrai sentito avrà sentito avremo sentito avrete sentito avranno sentito

CONGIUNTIVO presente che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

senta senta senta sentiamo sentiate sentano

passato che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

imperfetto che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

sentissi sentissi sentisse sentissimo sentiste sentissero

trapassato che io avessi sentito che tu avessi sentito che lui/lei avesse sentito che noi avessimo sentito che voi aveste sentito che loro avessero sentito

abbia sentito abbia sentito abbia sentito abbiamo sentito abbiate sentito abbiano sentito

CONDIZIONALE

presente

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

passato

sentirei sentiresti sentirebbe sentiremmo sentireste sentirebbero

IMPERATIVO

INFINITO

PARTICIPIO

GERUNDIO

---

senti

senta

presente passato

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

avrei sentito avresti sentito avrebbe sentito avremmo sentito avreste sentito avrebbero sentito

sentiamo

sentite

sentire avere sentito

passato

sentito

presente

sentente

semplice

sentendo

composto

avendo sentito

sentano

172

# 681. Capire Verbo modello per i verbi incoativi della terza coniugazione. Si chiamano incoativi quei verbi in -ire che in alcune forme della loro coniugazione inseriscono la radice isc tra il tema e la desinenza.

INDICATIVO presente (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

capisco capisci capisce capiamo capite capiscono

passato prossimo (10) ho capito (tu) hai capito (lui/lei) ha capito (noi) abbiamo capito (voi) avete capito (loro) hanno capito

imperfetto (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

capivo capivi capiva capivamo capivate capivano

trapassato prossimo (io) avevo capito (tu) avevi capito (lui/lei) aveva capito (noi) avevamo capito (voi) avevate capito (loro) avevano capito

passato remoto

trapassato remoto

(io) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

(i0) (tu) (lui/lei) (voi) (voi) (loro)

futuro (io) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

capii capisti capì capimmo capiste capirono

capirò capirai capirà capiremo capirete capiranno

ebbi capito avesti capito ebbe capito avemmo capito aveste capito ebbero capito

futuro anteriore (i0) avrò capito (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

avrai capito avrà capito avremo capito avrete capito avranno capito

CONGIUNTIVO presente

che che che che che che

io tu lui/lei noi voi loro

imperfetto che io che tu che lui/lei che noi che voi che loro

passato

capisca capisca capisca capiamo capiate capiscano

che che che che che che

io tu lui/lei noi voi loro

abbia capito abbia capito abbia capito abbiamo capito abbiate capito abbiano capito

capissi capissi capisse capissimo capiste capissero

trapassato che io avessi capito che tu avessi capito che lui/lei avesse capito che noi avessimo capito che voi aveste capito che loro avessero capito

.

CONDIZIONALE presente

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

passato

capirei capiresti captirebbe capiremmo . capireste capirebbero

IMPERATIVO

INFINITO

---

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

capisci

capisca

avrei capito avresti capito avrebbe capito avremmo capito avreste capito avrebbero capito

capiamo

capite

presente

capire

passato

avere capito

PARTICIPIO

passato presente

capito capente

GERUNDIO

semplice composto

capendo avendo capito

# 682. Partire Modello di un verbo intransitivo coniugato con essere. Verbo della terza coniugazione non incoativo.

capiscano

174

INDICATIVO presente

(10)

parto

(tu)

parti

(lui/lei) (noi) (voi)

parte partiamo partite

(loro)

partono

imperfetto (10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

partivo partivi partiva partivamo partivate partivano

passato remoto

passato prossimo (i0) sono partito/a (tu) sei. partito/a (lui/lei) è partito/a (noi) siamo partiti/e (voi) siete partiti/e (loro) sono partiti/e trapassato prossimo (i0) ero partito/a (tu) eri partito/a (lui/lei) era partito/a (noi) eravamo partiti/e (voi) eravate partiti/e

(loro)

erano

partiti/e

trapassato remoto

partii partisti partì partimmo partiste partirono

(io) (tu) (lui/lei) (voi) (voi) (loro)

(lui/lei)

partirò partirai partirà

(noi) (voi)

partiremo partirete

futuro anteriore (10) sarò partito/a (tu) sarai partito/a (lui/lei) sarà partito/a (noi) saremo partiti/e

(loro)

partiranno

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro) futuro (io) (tu)

fui partito/a fosti partito/a fu partito/a fummo partiti/e foste partiti/e furono partiti/e

(voi)

sarete partiti/e

(loro)

saranno partiti/e

CONGIUNTIVO presente

che che che che che che

io tu lui/lei noi voi loro

passato

parta parta parta partiamo partiate partano

che che che che che che

io tu lui/lei noi voi loro

sia sia sia siamo siate siano

partito/a partito/a partito/a partiti/e partiti/e partiti/e

175 imperfetto che io che tu i che lui/lei che noi che voi che loro

trapassato che io fossi partito/a che tu fossi partito/a che lui/lei fosse partito/a che noi fossimo partiti/e che voi foste partiti/e che loro fossero partiti/e

partissi partissi partisse partissimo partiste partissero

CONDIZIONALE presente

(io) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro)

passato

partirei partiresti partirebbe partiremmo partireste partirebbero

IMPERATIVO INFINITO

PARTICIPIO

GERUNDIO

---

(10) (tu) (lui/lei) (noi) (voi) (loro) parti

parta

partiamo

sarei partito/a saresti partito/a sarebbe partito/a saremmo partiti/e sareste partiti/e sarebbero partiti/e partite

presente

partire

passato

essere partito/a/i/e

passato

partito

presente

partente

semplice composto

partendo essendo partito

partano

Note sui verbi della prima coniugazione

# 683. Verbi in -care e in -gare I verbi della prima coniugazione terminanti in -care e in -gare inseriscono una -h- davanti alle desinenze che cominciano con le vocali -i- ed -e-. Esempi: Tu lo cerchi e lo cerchiamo anche noi. Paghi tu o paghiamo noi? Che cosa cercheranno qui? Oggi interrogheranno i testimoni. # 684. Cercare e pagare Qui di seguito presentiamo le forme in cui i verbi in -care inseriscono una -h- prima della desinenza per esprimere il suono velare davanti alle vocali i- ed -e-. Come si vede tale variazione ortografica ha luogo nel presente, indicativo e congiuntivo, nell’imperativo e nel futuro. Cercare Indic. pres. cerco cerchi cerca cerchiamo cercate cercano Cong. pres. cerchi cerchi cerchi cerchiamo cerchiate cerchino

176 Imperativo Indic. fut.

--cerca cerchi cerchiamo cercate cerchino. cercherò cercherai cercherà cercheremo...

Pagare Indic. pres. pago paghi paga paghiamo pagate pagano Cong. pres. paghi paghi paghi paghiamo paghiate paghino Imperativo --paga paghi paghiamo pagate paghino Indic. fut. pagherò pagherai pagherà pagheremo — pagherete...

# 685. Verbi in -ciare e in -giare Nelle stesse condizioni, cioè quando si trovano davanti a desinenza iniziante con -i- od -e-, i verbi in -ciare e in -giare perdono la -i-. Esempi: a che ora comincerà la lezione? Che cosa si mangerà stasera? Noi mangiamo presto. Spero che cominciate # 686. Bruciare e mangiare Presentiamo qui di seguito i casi in cui i verbi in -ciare e in -giare perdono la -i- del tema. Come si potrà notare si tratta degli stessi modi e degli stessi tempi segnalati al paragrafo 684.

Bruciare brucio bruci brucia bruciamo bruciate bruciano bruci bruci bruci bruciamo bruciate brucino --brucia bruci bruciamo bruciate brucino brucerò brucerai brucerà —bruceremo — brucerete... Mangiare Ind. pres. mangio mangi —mangia mangiamo mangiate mangiano Cong.pres. mangi mangi mangi mangiamo mangiate mangino Imperativo --mangia mangi mangiamo mangiate mangino Ind. fut. mangerò mangerai mangerà mangeremo mangerete...

Ind. pres. Cong.pres. Imperativo Ind. fut.

# 687. Verbi in -gnare I verbi uscenti in -gnare dovrebbero mantenere la -i- delle desinenze delle prima persona plurale del presente indicativo e delle prime due persone plurali del congiuntivo presente, anche se parlando non si notano in quanto il digramma -gn- già rappresenta un suono palatale. Esempi: vuole che gli insegniamo l’italiano. Non pensa che voi glielo insegniate bene. # 688. Verbi in -iare I verbi in -iare che alla prima persona del presente indicativo hanno l’accento tonico sulla -i- (invio) presentano due -i- nella seconda persona singolare del presente indicativo e nelle tre persone singolari del congiuntivo presente. In queste stesse persone, i verbi che alla prima persona del presente indicativo non hanno l’accento tonico sulla -i- che precede la desinenza, presentano una sola -i-. Esempi: invio, invii...; avvio,

avvii...; studio, studi...; lascio, lasci....

177

Ind. pres. invio Cong.pres. invii Imperativo ---

invii invii invia

Ind. pres. studio Cong.pres. studi Imperativo ---

studi studi studia

Inviare invia inviamo invii inviamo invii inviamo Studiare studia studiamo studi studiamo studi studiamo

inviate inviate inviate

inviano inviino inviino

studiate studiate studiate

studiano studino studino

Note sui verbi della seconda coniugazione

# 689. Verbi in -ere Come si sarà notato, alcuni verbi in -ere sono piani, cioè hanno l’accento sulla penultima sillaba, mentre altri sono sdruccioli, cioè hanno l’accento sulla terzultima sillaba. Questa oscillazione deriva dal fatto che nella seconda coniugazione italiana sono confluiti verbi della seconda (vedere, tenere...) e verbi della terza coniugazione latina (leggere, credere...). I verbi di questo secondo gruppo, di gran lunga più numerosi, hanno conservato l’accento sulla terzultima sillaba (chiudere...). Alcuni di questi infiniti hanno addirittura perso la sillaba mediana atona (fare < facere, dire < dicere...), sillaba che però riappare nelle forme non derivate dall’infinito e di essi se ne parlerà tra i verbi irregolari. Esempi: facevo, facevi...; che io dicessi, che tu dicessi...; traducendo; ponente (da porre).

# 690. Passato remoto Come s’è già detto, al passato remoto i verbi regolari della seconda coniugazione hanno una doppia uscita: -ei/etti, -é/ette, -erono/ettero, rispettivamente per la prima persona singolare e per le terze persone. In genere si preferiscono le forme: -etti, -ette, -ettero a meno che la consonante del tema che precede le desinenze non sia già una -t-. Esempi: credette, vendettero... ma potei, poté, poterono. # 691. Verbi in -gnere Come i verbi in -gnare, anche quelli in -gnere, conservano la -i- delle desinenze -iamo, iate. Esempio: vuole che spegniate la luce. # 692. Dittongo mobile Alcuni verbi quali dolere, morire, possedere, sedersi e tenere presentano il dittongo mobile così frequente in spagnolo. Questo fenomeno consiste nel fatto che la vocale del tema si apre in un dittongo tutte le volte che essa viene ad essere tonica. Esempi: muore, muoiano, ma morirà, moriranno..; possiedo, possiedano, ma possediamo, possedete...; mi siedo, ci sediamo, ti siedi, vi sedevate.

178 Per quanto concerne possedere e sedersi, va ricordato che oltre alle forme or ora segnalate, al presente indicativo e congiuntivo e all’imperativo essi presentano forme quali: seggo, seggono; segga, si segga; posseggo, posseggono... che hanno conosciuto e conoscono una frequenza d’uso

abbastanza elevata. Va anche ricordato che per sedersi si sta verificando una certa qual tendenza a mantenere il dittongo, anche in sillabe atone come per esempio in si siederà. A questo fenomeno del mantenimento del dittongo anche in posizione atona è soggetto anche il verbo -muovere-, tant'è vero che le forme movevo, movevi ..., moverà, sono di uso piuttosto raro e sembrano forme piuttosto ricercate. Note sui verbi della terza coniugazione # 693. Verbi incoativi (che inseriscono -isc-) Come s’è detto in precedenza, non ci sono regole per stabilire a priori quali verbi inseriscono -isc- prima della desinenza. Qui di seguito elenchiamo i più frequenti tra i verbi che inseriscono questa radicale -isc- nei tempi derivati dal presente. Questi verbi sono detti incoativi, perché in latino tale suffisso indicava appunto l’inizio di un’azione. Per esempio rubescit significava incomincia a diventar rosso. capire finire preferire impedire ferire costituire unire stabilire favorire proibire costruire colpire sostituire guarire fornire seppellire ubbidire riferire impazzire tradire custodire riunire attribuire gradire punire trasferire definire restituire avvilire esaurire chiarire stupire istruire impadronirsi abolire suggerire fiorire contribuire dimagrire smarrire

arrossire

intuire

irretire

# 694. Verbi non incoativi Fra i verbi che non inseriscono la radicale i più comuni sono: sentire aprire servire soffrire offrire dormire vestire coprire divertire fuggire nutrire mentire

arrostire

tossire

-isc- tra il tema e la desinenza,

partire scoprire avvertire

seguire apparire riempire

# 695. Verbi con doppia forma Alcuni verbi quali: mentire, inghiottire, applaudire, assorbire... presentano tanto la forma normale che quella incoativa. In genere però è meglio usare la forma comune. Esempio: menti è meglio di mentisci, nutre è meglio di nutrisce... # 696. Dittongo mobile Anche il verbo venire presenta il dittongo mobile di cui s'è parlato al paragrafo 692. Esempi: vieni, viene. veniamo. venite...

179

VERBI IRREGOLARI

# 697. Definizione Per quanto la maggior parte dei verbi segua le regole della formazione dei tempi descritte in precedenza, e per quanto la loro coniugazione segua da vicino quella dei verbi modello (trovare, credere, sentire e capire) or ora presentati, ve ne sono alcuni che se ne discostano e per questa ragione sono detti verbi irregolari.

In genere le irregolarità si registrano nel tema, mentre le desinenze sono regolari, cioè corrispondono a quelle segnalate nei vari paragrafi che trattavano della formazione dei tempi. # 698. Forme chiave Benché non sia possibile dare delle regole sui verbi irregolari, si ricorda tuttavia che, in genere, le anomalie si ripetono in determinati tempi e in determinati modi, per cui, studiando alcune forme, si possono ricordare più facilmente le altre. Queste forme, che potremmo chiamare "chiave", sono la prima persona del presente indicativo, la prima persona dell’imperfetto indicativo, la prima persona del passato remoto, la prima persona del futuro ed il participio passato. # 699. Presente indicativo I verbi irregolari al presente indicativo, avranno la stessa irregolarità al presente congiuntivo e all’imperativo. Per esempio dalla prima persona del presente di fare e di tradurre (faccio e traduco), si forma il presente stesso e, cambiando le desinenze, si può risalire al presente congiuntivo (faccia e traduca) ed anche all’imperativo (faccia, facciamo... e traduca, traduciamo...).

# 700. Imperfetto indicativo I verbi irregolari all’imperfetto indicativo presentano questa stessa irregolarità all’imperfetto congiuntivo, al participio presente e al gerundio. Per esempio, cambiando opportunamente le desinenze, da dicevo (imperfetto indicativo di dire) si può facilmente risalire a dicessi (imperfetto congiuntivo), a dicente (participio presente) e a dicendo (gerundio).

# 701. Futuro Tutti i verbi irregolari al futuro lo sono anche al condizionale, per cui, ricordando la prima persona del futuro, non ci dovrebbero essere difficoltà

180

a ricavare le altre persone del futuro ed il condizionale. Per esempio essendo cadrò il futuro di cadere, il condizionale sarà cadrei ecc... Tra i verbi irregolari al futuro, i più usati sono: andare che fa andrò, bere berrò, cadere cadrò, dare darò, dovere dovrò, fare farò, potere potrò, sapere saprò, stare starò, vedere vedrò, venire verrò, vivere vivrò e volere VOTrÒ .

# 702. Passato remoto Dalla prima persona del passato remoto irregolare si formano le altre persone irregolari, cioè le terze (singolare e plurale). Le rimanenti forme del passato remoto, vale a dire la seconda persona singolare e le prime due plurali sono sempre regolari. Per esempio, da scrivere si ha: scrissi, scrivesti, scrisse, scrivemmo, scriveste, scrissero; da dire (lat. dicere) si ha: dissi, dicesti, disse, dicemmo, diceste, dissero. E questo accade per tutti i verbi irregolari. Stando così le cose, per i verbi irregolari al passato remoto, basta ricordare le prime due persone perché da esse si fanno derivare tutte le altre. # 703. Forme irregolari del passato remoto In genere i verbi irregolari al passato remoto lo sono anche al participio passato. Una buona parte dei verbi irregolari non presenta anomalie che in queste due forme. Qui di seguito riportiamo un elenco di verbi irregolari al passato remoto. Le forme seguite da = hanno la stessa radice per il passato remoto e per il participio passato (Esempi: scendere/scesi= p.p. sceso, correre/ corsi= p.p. corso); quelle seguite da + hanno una -s- nel tema del passato remoto ed una -t- in quello del participio passato (Esempi: leggere/lessi+ p.p. letto, dipingere/dipinsi+ p.p. dipinto). Per i verbi non contrassegnati da = o da +, i temi del passato remoto e del participio passato sono diversi.

accadere accadde accorgersi accorsi+ annettere —annessi= assolvere assolsi+ bere bevvi chiudere chiusi= comprimere -pressi= conoscere conobbi cuocere COSSÌ+ difendere difesi= discutere discussi= dividere divisi=

accendere affliggere appendere assumere cadere cingere concedere correre dare dipingere distinguere espellere

accesi= afflissi+ appesi= assunsi+ caddi cinsi+ concessi= corsi= diedi dipinsi+ distinsi+ espulsi=

accludere alludere ardere avere chiedere cogliere condurre crescere decidere dire distruggere esplodere

—acclusi= allusi= arsi= ebbi chiesi colsi+ condussi crebbi decisi= dissi+ -trussi+ esplosi=

essere

evadere

evasi=

fare

feci

fui

181

fingere giungere invadere mordere nascondere piangere prendere radere rendere rimanere rompere scendere sorgere tendere tingere tradurre ungere vincere

finsi+ giunsi+ invasi= morsi= nascosi piansi+ presi= rasi= resi= rimasi ruppi scesi= sorsi+ tesi= tinsi+ tradussi unsi+ vinsi+

fondere immergere leggere muovere percuotere porgere proteggere redimere ridere rispondere sapere scorgere spegnere tenere togliere trarre

vedere volere

fusi= immersi= lessi+ mossi= percossi= porsi+ protessi+ redensi+ risi= risposi seppi scorsi+ spensi+ tenni tolsi+ trassi+ vidi volli

friggere incidere mettere

nascere piacere porre pungere reggere riflettere rodere scegliere scrivere spingere tergere torcere uccidere venire volgere

frissi+ incisi= misi nacqui piacqui posi punsi+ ressi+ -flessi= rosi= scelsi+ scrissi+ spinsi+ tersi= torsi+ uccisi= venni volsi+

# 704. Participi passati irregolari Dal participio passato si formano tutti i tempi composti. Come s’è accennato nel paragrafo precedente, anche tra i participi passati si registrano parecchie forme irregolari. Qui di seguito elenchiamo appunto le più comuni. accingersi accendere acceso accinto accludere accluso accorgersi accorto affiggere affisso affliggere afflitto aggiungere aggiunto alludere alluso annettere annesso apprendere appeso appreso ardere appendere arso asperso aspergere arrendersi assolvere arreso assolto bere assumere assunto avvolgere avvolto bevuto chiesto chiuso chiudere cingere cinto chiedere comprimere compresso concedere concesso colto cogliere condurre condotto connettere connesso concludere concluso crescere correre cresciuto Corso --Sciuto conoscere difeso difendere deciso decidere cotto cuocere diretto dirigere detto dire dipinto dipingere distruggere distrutto distinguere distinto discusso discutere espellere espulso escluso escludere dividere diviso stato essere espresso esprimere esploso esplodere finto fingere fatto fare evaso evadere giunto giungere fritto friggere fuso fondere inciso incidere immerso immergere illuso illudere leso ledere invaso invadere infranto infrangere morso mordere messo mettere letto leggere

182

offerto perso porto protetto redatto reso rimasto roso sceso scorto spanso spinto

mungere nascondere parere piacere porre pungere redimere ridere rispondere rompere scindere scrivere spegnere stringere

munto nascosto parso piaciuto posto punto redento riso risposto rotto scisso scritto spento stretto

muovere offendere percuotere piangere prendere radere reggere riflettere ritorcere scegliere sciogliere sorgere spendere succedere

mosso offeso percosso pianto preso raso retto riflesso ritorto scelto sciolto sorto speso successo

tendere

teso

tergere

terso

tingere

tinto

togliere trarre vedere

tolto tratto visto

torcere uccidere vincere

torto ucciso vinto

tradurre ungere volgere

tradotto unto volto

morire nascere

morto nato

offrire perdere porgere proteggere redigere rendere rimanere rodere scendere scorgere spandere spingere

# 705. Verbi difettivi Si chiamano difettivi quei verbi che non hanno una coniugazione completa, ma si usano solo in alcune persone. Questi verbi sono di uso raro e

letterario. Qui di seguito presentiamo le forme più frequenti: Addirsi usato per lo più alla terza persona del presente e dell’imperfetto indicativo e congiuntivo: si addice, si addicono, si addiceva. Aggradare da cui si ha aggrada (= piace). Cale, da calere il cui significato corrisponde a "importare" soprattutto in frasi negative.

è usato

Consta da constare, il cui significato corrisponde a "risultare", è usato alla terza persona singolare ed ha spesso una costruzione simile a quella di "piacere" (mi consta, ti consta... Falla, da fallare, il cui valore

semantico

è equivalente

a quello di

"sbagliare". Si ricordi il detto: chi fa falla, chi non fa non falla. Ferve, fervono, ferveano, da fervere, la cui radice latina è la medesima di quella dello spagnolo "hervir". Esempio: fervono i preparativi per... (i preparativi per... si svolgono alacremente) Fulgente da fulgere (= splendere).

183 Incombere, che ha il valore di "sovrastare in modo più o meno minaccioso", non ha tempi composti ed è usato alla terza persona, singolare o plurale.

Ledere, che significa "offendere / danneggiare", ha un uso frequente nel linguaggio tecnico. Tra le forme più comuni si ricordano lede, ledono, ledeva, ledevano ed il participio passato leso. Ostare, "opporsi o fare ostacolo", è usato soprattutto alla terza persona del presente osta. In genere osta si trova nelle formule concessive dopo nulla e questi due termini hanno dato origine ad un vero e proprio sostantivo composto: il nullaosta.

Prudere, "avere prurito / pizzicare", usato per lo più all’infinito ed anche alla terza persona, singolare o plurale. Non ha tempi composti. Ha una costruzione simile a quella di piacere. Es. gli prudono le mani. Rifulge da rifulgere (=splendere). Suole, sogliono, soleva e solevano da solere, quasi sempre sostituito da essere solito.

Tange da tangere, forma latina equivalente al nostro "toccare". Usato in alcune forme rare quali "non mi tange". Urge, urgono, urgeva, urgente da urgere, il cui significato è quello di "incalzare, premere, abbisognare con urgenza". Manca dei tempi composti.

Verte, verteva, verterà da vertere, che significa "toccare, aggirarsi". Usato solo alle terze persone. Esempio: la discussione verte su una questione molto delicata. Vigere, che ha il valore di "essere in vigore", è usato alla terza persona, singolare o plurale, e non ha tempi composti; vige, vigono, vigeva...

# 706. Verbi senza participio passato Di alcuni verbi non esiste il participio passato 0, se esiste, ha assunto un valore semantico diverso da quello originario. Si pensi per esempio ad esatto che sarebbe il participio passato di esigere. Tra i verbi privi di participio passato ricordiamo: cernere e i suoi derivati (concernere, discernere...), competere, convergere, delinquere, dirimere, esigere, esimere, fulgere, fungere, stridere, suggere.

184

# 707. Forme poetiche Oltre alle forme or ora segnalate, ve ne sono altre riservate al solo linguaggio letterario. Le più note sono: Ange da angere (tormentare). Cape da capere (essere compreso). Cole da colere (onorare).

Estolle/i da estollere = innalzare. Fedire per ferire. Gire per andare. Gia per andava. Ito (in alcuni casi iuto) da ire in luogo di "andare". Lice da licere cioè "essere lecito". Luce, lucean da lucere, equivalente di "risplendere". Molce da molcere, con il signicato di "addolcire". Olire e aulire dal latino aulire per odorare. Redire, da cui il riede di leopardiana memoria, per ritornare. Tolle da tollere per "togliere". 708. Verbi sovrabbondanti Accanto a questi verbi che mancano di molte forme, ve ne sono altri quali: adempiere/adempire, compiere/compire, ammansare/ ammansire... che, pur avendo lo stesso significato, possono avere forme appartenenti a due coniugazioni diverse. Detti verbi non vanno comunque confusi con quelli del tipo: arrossare/arrossire, volere/volare... che pur essendo quasi simili hanno

valori semantici molto diversi. # 709. Principali verbi irregolari Come in molte altre lingue, anche in italiano non mancano i verbi irregolari. Oltre a quelli aventi il passato remoto o il participio passato anomali, già segnalati nei due paragrafi precedenti, presentiamo qui di seguito i verbi irregolari più importanti e di essi riportiamo solo le forme irregolari. # 710. Andare (aus. essere, part.pass. andato) Ind. pres. vado vai va andiamo andate vanno fut. Condiz.

andrò andrai andrà andremo andrete andranno andrei andresti andrebbe andremmo andreste -ebbero

Imperat. Cong. pr.

---- va’/vai vada andiamo andate vadano vada vada vada andiamo andiate vadano

# 711. Bere (lat.*bevere) (aus. avere, p. p. bevuto) Ind. pres. bevo bevi beve beviamo bevete bevono imp. bevevo bevevi beveva bevevamo bevevate bevevano pass.re. bevvi bevesti bevve bevemmo beveste bevvero

185 fut. Condiz. Cong. pr.

imp. # 712.

berrò berrai berrà berremo berrete berranno berrei berresti berrebbe berremmo berreste --rebbero beva beva beva beviamo beviate bevano

bevessi bevessi bevesse bevessimo beveste bevessero Cadere

Pass.re. fut. Condiz.

(aus. essere, part. pass. caduto)

caddi cadesti cadde cademmo cadeste caddero cadrò cadrai cadrà cadremo cadrete cadranno cadrei cadresti cadrebbe cadremmo cadreste -ebbero

# 713. Cogliere (aus. avere, part. pass. colto) Ind. pres. colgo cogli coglie cogliamo cogliete colgono pass.re. colsi cogliesti colse cogliemmo coglieste colsero Imperat. ---- cogli colga cogliamo cogliete colgano Cong. pr. colga colga colga cogliamo cogliate colgano # 714.

Dare

(aus. avere, part. pass. dato)

Ind. pres. pass.re. fut. Condiz. Imperat. Cong. pr. imp.

do dai dà diamo date danno diedi desti diede demmo deste diedero darò darai darà daremo darete daranno darei daresti darebbe daremmo dareste darebbero --- da’/dai dia diamo date diano dia dia dia diamo diate diano dessi dessi desse dessimo deste dessero

# 715. Dire Ind. pres. imp. pass.re. Imperat.

(lat dicere) (aus. avere, p. p. detto) dico dici dice diciamo dite dicono dicevo dicevi diceva dicevamo dicevate dicevano dissi dicesti disse dicemmo diceste dissero --- di’ dica diciamo dite dicano

Cong. pr. imp.

dica dica dica diciamo diciate dicano dicessi dicessi dicesse dicessimo diceste dicessero

# 716. Dovere (aus. avere/essere, part. pass. dovuto) Ind. pres. devo/debbo devi deve dobbiamo dovete devono/debbono fut. dovrò dovrai dovrà dovremo dovrete dovranno Condiz. dovrei dovresti dovrebbe dovremmo dovreste -bbero Cong. pr. debba debba debba dobbiamo dobbiate debbano # 717. Fare (lat. facere) (aus. avere, p. p. fatto) Ind. pres. faccio/(fo) fai fa facciamo fate fanno imp. facevo facevi faceva facevamo facevate facevano pass.re. feci facesti fece facemmo faceste fecero

Imperat.

--- fa’/fai faccia facciamo fate facciano

186

Cong. pr. imp.

faccia faccia faccia facciamo facciate facciano facessi facessi facesse facessimo faceste facessero

# 718. Godere (aus. avere, part. pass. goduto) Ind. fut. godrò godrai godrà godremo godrete godranno Condiz. godrei godresti godrebbe godremmo godreste godrebbero # 719. Morire (aus. essere, part. pass. morto) Ind. pres. muoio muori muore moriamo morite muoiono Imperat. ---- muori muoia moriamo morite muoiano Cong. pr. muoia muoia muoia moriamo moriate muoiano

# 720. Piacere (aus. essere, part. pass. piaciuto) Ind. pres. piaccio piaci piace piaciamo piacete piacciono pass.re. piacqui piacesti piacque piacemmo piaceste piacquero Imperat. --- piaci piaccia piaciamo piacete piacciano Cong. pr. piaccia piaccia piaccia piaciamo piaciate piacciano Oltre a presentare alcune irregolarità nella coniugazione, il verbo piacere ha un uso particolare, diverso da quello dei corrispondenti inglese (to like) e francese (aimer). Esso continua infatti la costruzione del verbo latino placere, secondo cui la cosa che piace è soggetto, mentre la persona a cui piace qualcosa svolge le funzioni di complemento di termine. Quindi mentre in inglese e in francese il verbo corripondente a piacere si accorda con la persona a cui piace qualcosa (I like apples oppure j’aime les pommes) in italiano detto verbo si accorda con la cosa che piace (le mele mi piacciono oppure mi piacciono le mele).

Piacere ha quindi una costruzione simile al tedesco (gefallen) ed allo spagnolo (gustar) e come i verbi di queste lingue è quasi sempre usato alla terza persona, singolare o plurale. Esempi: ti piace la frutta? Vi piacevano le ciliegie.

Va però detto che piacere si differenzia dai verbi appena citati perché, nei tempi composti, richiede sempre e solo l’uso dell’ausiliare essere. Esempi: la trasmissione ci è piaciuta; quelle domande impertinenti non gli sono piaciute; ti è piaciuta la partita? # 721. Porre (lat. ponere) (aus. avere, part. pass. posto) Ind. pres. pongo poni pone poniamo ponete pongono imp. ponevo ponevi poneva ponevamo ponevate ponevano pass.re. posi ponesti pose ponemmo poneste posero Imperat. --- poni ponga poniamo ponete pongano Cong. pr. ponga ponga ponga poniamo poniate pongano

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imp. ponessi ponessi ponesse ponessimo poneste ponessero

Come porre si coniugano tutti i suoi composti, i più usati tra i quali sono: disporre, opporre, proporre, imporre, supporre, comporre, esporre.. # 722. Potere (aus. avere/essere, part. pass. potuto) Ind. pres. posso puoi può possiamo potete possono fut. potrò potrai potrà potremo potrete potranno Condiz. potrei potresti potrebbe potremmo potreste potrebbero Cong. pr. possa possa possa possiamo possiate possano # 723. Produrre (aus. avere, part. pass. prodotto) Ind. pres. produco produci produce -duciamo -ducete producono imp. producevo -cevi -ceva -cevamo -ducevate producevano pass.re. produssi -ducesti -dusse -ducemmo -duceste -dussero Imperat. --- produci produca produciamo -ducete producano Cong. pr. produca produca produca -duciamo duciate producano imp. producessi producessi producesse producessimo produceste, producessero # 724. Rimanere (aus. essere, part. pass. rimasto) Ind. pres. rimango rimani rimane rimaniamo rimanete rimangono pass.re. rimasi rimanesti rimase rimanemmo rimaneste rimasero fut. rimarrò rimarrai rimarrà rimarremo rimarrete rimarranno Condiz. rimarrei rimarresti rimarrebbe rimarremmo .....

Imperat. Cong. pr.

---- rimani rimanga rimaniamo rimanete rimangano rimanga rimanga rimanga -maniamo -maniate -mangano

# 725. Salire (aus. essere/avere part. p. salito) Ind. pres. salgo sali sale saliamo salite salgono Imperat. --- sali salga saliamo salite salgano Cong. pr. salga salga salga saliamo saliate salgano # 726. Sapere (aus. avere part. pass. saputo) Ind. pres. so sai sa sappiamo sapete sanno

pass.re.

seppi sapesti seppe sapemmo sapeste seppero

fut. Condiz. Imperat. Cong. pr.

saprò saprai saprà sapremo saprete sapranno saprei sapresti saprebbe sapremmo sapreste saprebbero --- sappi sappia sappiamo sappiate sappiano sappia sappia sappia sappiamo sappiate sappiano

# 727. Scegliere (aus. avere part. pass. scelto) Ind. pres. scelgo scegli sceglie scegliamo scegliete scelgono pass.re. scelsi scegliesti scelse -gliemmo -glieste scelsero

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Imperat. Cong. pr.

---- scegli scelga scegliamo scegliete scelgano scelga scelga scelga scegliamo scegliate scelgano

# 728. Sciogliere (aus. avere/essere part. pass. sciolto) Ind. pres. sciolgo sciogli scioglie sciogliamo sciogliete sciolgono Pass.re. sciolsi sciogliesti sciolse -gliemmo -glieste sciolsero Imperat. ----- sciogli sciolga sciogliamo sciogliete sciolgano Cong. pr. sciolga sciolga sciolga sciogliamo sciogliate sciolgano

# 729. Sedersi (aus. essere part. pass. seduto) Ind. pres. mi siedo/seggo tisiedi sisiede cisediamo vi_sedete si_siedono/seggono. Imperat. ---- siediti si_sieda/segga sediamoci sedetevi si_siedano (si_seggano) Cong. pr. mi sieda/segga ti_sieda/segga si_sieda/segga si_sediamo vi_sediate si_siedano/seggano # 730. Spegnere (aus. avere/essere part. pass. spento) Ind. pres. spengo spegni spegne spegniamo spegnete spengono Imperat. --spegni spenga spegniamo spegnete spengano Cong. pr. spenga spenga spenga spegniamo spegniate spengano # 731. Stare (aus. essere part. pass. stato) Ind. pres. sto stai sta stiamo state stanno Imperat. --- Sta’/stai stia stiamo state stiano Cong. pr. stia stia stia stiamo stiate stiano # 732. Tacere (aus. avere part. pass. taciuto) Ind. pres. taccio taci tace taciamo tacete tacciono pass.re. tacqui tacesti tacque tacemmo taceste tacquero Imperat. --- taci taccia taciamo tacete tacciano Cong. pr. taccia taccia taccia taciamo taciate tacciano # 733.

Tenere

(aus. avere

part. pass. tenuto)

Ind. pres. pass.re.

tengo tieni tiene teniamo tenete tengono tenni tenesti tenne tenemmo teneste tennero

fut. Condiz. Imperat. Cong. pr.

terrò terrai terrà terremo terrete terranno terrei terresti terrebbe terremmo terreste terrebbero --- tieni tenga teniamo tenete tengano tenga tenga tenga teniamo teniate tengano

# 734. Togliere (aus. avere part. pass. tolto) Ind. pres. tolgo togli toglie togliamo togliete tolgono pass.re. tolsi togliesti tolse togliemmo toglieste tolsero

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Imperat. Cong. pr.

--- togli tolga togliamo togliete tolgano tolga tolga tolga togliamo togliate tolgano

# 735. Tradurre (aus. avere part. pass. tradotto) Ind. pres. traduco traduci traduce traduciamo traducete traducono imp. pass.re. Imperat. Cong. pr. imp.

traducevo -ducevi -duceva -ducevamo -ducevate -ducevano tradussi -ducesti -dusse -ducemmo -duceste -dussero --- traduci traduca traduciamo traducete traducano traduca traduca traduca traduciamo traduciate traducano

traducessi

traducessi

traducesse

traducessimo

traduceste

traducessero

Come tradurre si coniugano tutti i verbi in -durre. Di essi i più usati sono: ridurre produrre condurre indurre sedurre... # 736. Trarre (aus. avere part. pass. tratto) Ind. pres. traggo trai trae traiamo traete traggono imp. traevo traevi traeva traevamo traevate traevano

pass.re. Imperat.

trassi traesti trasse traemmo traeste trassero ---- trai tragga traiamo traete traggano

Cong. pr. imp.

tragga tragga tragga traiamo traiate traggano traessi traessi traesse traessimo traeste traessero

Come trarre si coniugano tutti i suoi composti quali: sottrarre contrarre ritrarre attrarre protrarre...

distrarre

# 737. Udire (aus. avere part. pass. udito) Ind. pres. odo odi ode udiamo udite odono Imperat. --- odi oda udiamo udite odano Cong. pr. oda oda oda udiamo udiate odano # 738. Uscire (aus. essere part. pass. uscito) Ind. pres. esco esci esce usciamo uscite escono

Imperat. Cong. pr.

--- esci esca usciamo uscite escano esca esca esca usciamo usciate escano

# 739. Valere (aus. essere part. pass. valso) Ind. pres. valgo vali vale valiamo valete valgono valsi valesti valse valemmo valeste valsero pass.re. varrò varrai varrà varremo varrete varranno fut. varrei varresti varrebbe varremmo varreste varrebbero Condiz. ----- vali valga valiamo valete valgano Imperat. valga valga valga valiamo valiate valgano Cong. pr.

190

# 740. Vedere Ind. fut. pass.re. Condiz.

(aus. avere part. pass. visto)

vedrò vedrai vedrà vedremo vedrete vedranno vidi vedesti vide vedemmo vedeste videro vedrei vedresti vedrebbe vedremmo vedreste vedrebbero

# 741. Venire (aus. essere part. pass. venuto) vengo vieni viene veniamo venite vengono Ind. pres. venni venisti venne venimmo veniste vennero passe. verrò verrai verrà verremo verrete verranno fut. verrei verresti verrebbe verremmo verreste verrebbero Condiz. ---- vieni venga veniamo venite vengano Imperat. venga venga venga veniamo veniate vengano Cong. pr. # 742. Vivere Ind. fut. pass.re.

(aus. essere/avere

part. pass. vissuto)

vivrò vivrai vivrà vivremo vivrete vivranno vissi vivesti visse vivemmo viveste vissero

# 743. Volere (aus. avere/essere part. pass. voluto) voglio vuoi vuole vogliamo volete vogliono Ind. pres. volli volesti volle volemmo voleste vollero pass.re. VOrrò vorrai vorrà vorremo vorrete vorranno fut. vorrei vorresti vorrebbe vorremmo vorreste vorrebbero Condiz. voglia voglia voglia vogliamo vogliate vogliano Cong. pr.

Si ricorda che dovere, potere e volere possono reggere dei verbi all’infinito e, se usati ai tempi composti, richiederebbero l’ausiliare del verbo che segue (#553). I pronomi personali atoni che accompagnano i verbi servili seguiti da un infinito possono collocarsi prima di dovere potere e volere oppure dopo gli infiniti stessi. Esempi: gli vuole parlare / vuole parlargli. Deve parlargliene / gliene deve parlare. Voglio farglielo sapere / glielo voglio far sapere. Li vuoi vedere? / Vuoi vederli? Ci vuoi andare? / Vuoi andarci? Ne dobbiamo comprare / dobbiamo comprarne. se ne devono andare / devono andarsene.

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L’AVVERBIO # 744. Definizione L'avverbio è quella parte invariabile del discorso che serve per completare o modificare il senso di un verbo, di un aggettivo o di un altro avverbio.

# 745. Tipi di avverbi Gli avverbi si possono dividere in parecchie categorie. I più comuni sono gli avverbi di modo o maniera, di tempo, di luogo, di quantità e di affermazione. # 746. Posizione Per quanto la posizione dell’ avverbio non sia sempre fissa come quella di altre parti del discorso, si potrebbe dire che in linea generale esso segue il verbo e precede l’aggettivo che modifica. Esempi: lavoravano molto. Erano dei giovani molto studiosi. L’idea di quegli amici è stata poco felice.

AVVERBI DI MODO # 747. Definizione Gli avverbi di modo, senz’altro i più numerosi, si formano aggiungendo la desinenza -mente al femminile dell’aggettivo. Esempi: candido / candidamente, fortunato / fortunatamente, apparente / apparentemente, sufficiente / sufficientemente, strano / stranamente.

Davanti alla desinenza -mente gli aggettivi in -le e -re perdono la -e finale. Esempi: facile / facilmente, debole / debolmente, celere / celermente.

# 748. Avverbio dei participi Si noti che, se usati con valore di aggettivo, anche i participi (presenti e passati) possono formare l’avverbio di modo con la desinenza -mente. Esempi: profumato / profumatamente, disperato / disperatamente, splendente / splendentemente, avveduto / avvedutamente, sapiente / sapientemente. # 749. Aggettivi con valore di avverbio Talvolta l’avverbio di modo è costituito da un avverbio di origine latina (bene, male, volentieri...) o anche da un aggettivo alla forma maschile singolare. I più usati tra questi ultimi sono: alto, basso, piano, forte... Esempi: in quella faccenda nessuno ci vedeva chiaro. Chi va piano va sano, chi va forte va alla morte. Vai tranquillo che io ti assisterò.

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# 750. Locuzioni avverbiali Altre volte si può ricorrere a locuzioni avverbiali formate, nella maggior parte dei casi, da una preposizione e da un aggettivo, da una preposizione e da un sostantivo. Per dare qualche esempio di queste locuzioni avverbiali, che, com'è facile intuire, sono numerosissime possiamo citare: per fortuna, in fretta, da lontano, a tastoni, alla carlona, alla cieca, alla disperata, a malapena, a quattr’occhi, a tu per tu...

# 751. Comparativo degli avverbi di modo Come gli aggettivi, anche gli avverbi di modo possono avere la forma comparativa o superlativa. Per esempio da candidamente si può avere più/meno candidamente e candidissimamente, da rapidamente si può avere più/meno rapidamente e rapidissimamente. La costruzione delle frasi comparative di questo genere segue le stesse regole del comparativo degli aggettivi presentate ai paragrafi 203 e 204. Esempio: l’aereo percorre questa distanza molto più rapidamente degli altri mezzi. A questi superlativi si potrebbero aggiungere i superlativi di locuzioni avverbiali quali: a postissimo, d’accordissimo... Tra le due forme di superlativo degli avverbi di modo: molto candidamente e candidissimamente, molto educatamente, molto cordialmente..., quella con molto è la più usata.

# 752. Avverbi con comparativo sintetico Alcuni avverbi hanno poi anche il comparativo sintetico. I più comuni di questi avverbi sono: bene meglio ottimamente male peggio pessimamente molto più moltissimo poco meno minimamente grandemente maggiormente massimamente # 753. Forme alterate Alcuni avverbi di modo hanno addirittura delle forme alterate che ne modificano il senso. Tra le forme più frequenti possiamo ricordare: maluccio, benino, benone. Esempi: qui tutto va benone. A scuola Pierino va maluccio, mentre i suoi fratelli vanno benino.

AVVERBI # 754.

DI TEMPO

Definizione

Gli avverbi di tempo indicano il tempo in cui si svolge l’azione. Gli avverbi di tempo più comuni sono: adesso, ora, allora, presto, tardi,

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sempre, mai, spesso, ancora, già, ormai, finora, prima, dopo, quando, subito, oggi, ieri, domani, stasera, stanotte, stamani.

# 755. mai Si noti che oltre al valore negativo, corrispondente al francese "jamais" ed all’inglese "never", mai può avere valore affermativo. Ciò capita appunto in proposizioni interrogative o ipotetiche, dove mai può assumere il valore del francese "déjà" o dell’inglese "ever". Esempi: non l’ha mai detto; non vanno mai al cinema; non vengono mai a trovarci; non era mai andata a Roma (fr. jamais; ingl. never). Hai mai visto la torre di Pisa? (fr. déjà; ingl. ever) Chi ha mai sentito una simile eresia? (fr. déjà; ingl. ever) Quando segue la congiunzione se, mai può anche assumere il valore di "per caso". Esempi: Se mai vieni a trovarci, non dimenticare che abbiamo traslocato. Se mai dovessi andare ad Arezzo, ricordati di visitare la Chiesa di San Francesco. Se mai le telefonassi salutala da parte nostra. # 756. Posizione degli avverbi di tempo Gli avverbi che indicano un tempo determinato quali adesso, ora, allora, ormai, oggi, ieri, domani,

stasera, stanotte...

si collocano prima del

verbo, ma alcuni possono anche seguirlo e in questo caso la loro posizione è più enfatica. Esempi: Stasera comincia il festival del cinema. Il ciclo di conferenze comincia stasera. Adesso vanno a comprare il regalo per la festa di Carlo. Il regalo per la festa di Carlo lo comprano adesso. Quando la pera è matura casca da sé. # 757. Posizione delle locuzioni avverbiali di tempo Di solito anche le locuzioni avverbiali precedono il verbo. Esempi: d’inverno si va in montagna a sciare. La sera leoni, la mattina pecoroni.

Aprile dolce dormire. A primavera vengono fuori tutte le magagne. # 758. Ancora, già, mai, sempre con il verbo ai tempi composti Se il verbo è alla forma composta, ancora, già, mai e sempre si mettono solitamente tra l’ausiliare ed il participio passato. Esempi: erano le otto e lui non era ancora arrivato in ufficio. Chi ha già finito l’esame può uscire. Da quando la conosceva non era mai arrivata in ritardo. L’ho sempre detto, nella vita ci vuole fortuna. # 759. Presto, tardi, sempre, mai, già, ancora Presto, tardi, sempre, mai, già, ancora seguono generalmente il verbo,

mentre

lo precedono

se li si vuole mettere

in risalto. Esempi:

mi

raccomando, ritorna presto! Sono rientrati a casa, perché s’era fatto tardi.

Glielo dicono sempre di fare attenzione. Quel ragazzo ha un difetto: non dice mai la verità. Gli hanno detto che ritomeranno ancora. A quei tempi

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andava già al mare verso il mese di aprile. # 760. Prestino, tardino Anche presto e tardi possono trovarsi alla forma alterata (prestino e tardino) e al superlativo (prestissimo e tardissimo). Esempi: aveva paura di perdere il treno, per cui è andato alla stazione prestissimo. Il traffico era lento e così sono arrivati tardissimo. Togliersi il cappotto a febbraio è un po’ prestino.

AVVERBI DI LUOGO # 761. Definizione Gli avverbi di luogo si possono dividere in determinativi, quando fanno riferimento a chi parla o a chi ascolta, e in indeterminativi se mancano di questo riferimento. # 762. Avverbi determinativi Gli avverbi determinativi più comuni sono: qui, qua, quassù, quaggiù che indicano un luogo vicino a chi parla; là, colà, laggiù, lassù che indicano un luogo lontano da chi parla e da chi ascolta;

lì e costì indicano per lo più un luogo vicino a chi ascolta o riceve il messaggio. Si ricorda che costì, come già cotesto, è usato soprattutto in Toscana, mentre nelle altre regioni è sempre più comune l’uso di lì, che ha ormai perso il valore di sinonimo di là.

Nella lingua parlata qui, qua, lì e là possono anche essere usati per rafforzare gli aggettivi e i pronomi dimostrativi. Esempi: tra tutte le giacche preferisco quella lì. Questo libro qua non sono ancora riuscito a leggerlo. # 763. Avverbi indeterminativi Tra gli avverbi indeterminativi più usati segnaliamo: dove, ove, accanto, vicino, lontano, lungi, attorno, intorno, avanti, davanti, dietro, innanzi, dinanzi, dovunque, dappertutto, dentro, fuori, su, giù, sopra, sotto, altrove. Esempi: abitavano vicino; è sotto; era fuori; sarà davanti. Dovunque andasse non poteva dimenticare gli affanni e i tormenti che si portava dentro. Si noti che, oltre ad essere avverbi, alcuni dei lemmi or ora segnalati possono avere la funzione di preposizione. In questo caso sono per lo più seguiti da una preposizione e precedono un nome o un pronome. Esempi:

195 abitavano vicino alla stazione della metropolitana. "Sotto la panca la capra campa, sopra la panca la capra crepa" è un noto scioglilingua. Davanti alla casa c’era un giardino. Abitano qui vicino alla stazione. I regali sono dentro la scatola grande.

# 764. Vicino e lontano Vicino e lontano possono anche avere il valore di aggettivi e di nomi. Esempi: per le feste scrivono ai loro amici lontani (agg.). I nostri vicini (nome) sono andati in vacanza.

# 765. Vicino a e lontano da Seguite rispettivamente dalle preposizioni -a- e -da-, vicino e lontano possono svolgere le funzioni di una preposizione e in tal caso sono appunto chiamate locuzioni prepositive. Esempi: lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Abitano vicino a noi da sempre.

# 766. Ci, vi Tra gli avverbi di luogo non bisognerebbe dimenticare le particelle avverbiali ci e vi, di cui s’è parlato al paragrafo 427 e seguenti. # 767. Ecco Tra gli avverbi di luogo è degno di nota ecco, che corrisponde all’inglese "here is, here are" e al francese "voici, voilà" e serve per indicare l’avvicinarsi o l'apparire improvviso di una persona, di una cosa o anche di un nome astratto. Esempi: ecco la chiave. Ecco gli occhiali. Ecco i nostri amici. Ecco la soluzione. Se usato con un pronome personale atono, questo si unisce encliticamente a ecco dando luogo alle seguenti forme: eccomi, eccoti, eccolo, eccola, eccoci, eccovi, eccoli, eccole, eccotelo... Esempi: eccoti servito. Eccone un altro. Eccotelo. Eccoci arrivati... Ecco si usa anche in frasi esclamative: ecco cosa capita ai disonesti! Ecco com'è la vita!

AVVERBI DI QUANTITA’

# 768. Definizione e forme Gli avverbi di quantità indicano la quantità dell’azione espressa dal verbo o il suo stato e possono modificare un aggettivo o un altro avverbio. Fra gli avverbi di quantità più comuni troviamo: poco, molto, tanto, troppo, parecchio, quanto, alquanto e niente, che abbiamo già visto tra gli

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indefiniti. Ad essi si possono ancora aggiungere: più, meno, assai, circa, quasi, appena, abbastanza, affatto, grandemente. Esempi: adesso, con le macchine, si fatica meno; la medicina ci aiuta molto; va abbastanza bene. La commedia era poco interessante. # 769. Affatto Tra le forme particolari si deve segnalare affatto, il cui valore corrisponde a "del tutto", che è usato sia in frasi positive che negative. Attualmente il valore negativo sembra prevalere, ma in questo caso sarebbe sempre meglio farlo precedere da una negazione. Esempi: non è affatto giusto che si puniscano gli incolpevoli. Non era affatto piacevole aspettare al freddo.

# 770. Assai Assai è usato da alcuni parlanti come equivalente di molto. Esempi: era uno spettacolo assai divertente. Sono dei dolori assai forti. Era un problema assai spinoso.

AVVERBI DI AFFERMAZIONE # 771. Avverbi di affermazione La forma più comune è sì, ma esistono altre forme quali: certo, sicuro, certamente, davvero, esattamente, senza dubbio, senz’altro che possono essere usati da soli, ma anche, come spesso avviene, per rafforzare il sì. Esempi: vieni alla partita con noi? Sì, certamente! M°’impresti il libro? - Sì, certo!.

A questi avverbi si potrebbero aggiungere: anche, pure, perfino, inoltre che hanno valore aggiuntivo. Esempi: sei andata al cinema? - Sì, e mi sono anche divertita!

AVVERBI DI NEGAZIONE # 772. Avverbi di negazione Le forme più comuni sono no, non, neppure, nemmeno, neanche, mica, affatto. # 773. Non La negazione non è sempre seguita da un’altra parola, di solito un verbo

a cui si appoggia in quanto non è atono, cioè non ha accento proprio. Esempi: vieni al cinema con noi? - Mi spiace, non posso. Conoscete Carlo? - Non lo conosciamo.

197

# 774. No No è invece una particella tonica e in genere è seguita da una pausa, rappresentata graficamente da un punto o da una virgola. Esempi: vieni al cinema con noi? - No, non posso. Hai studiato la lezione? - No! # 775. Neanche, neppure, nemmeno Dall’unione di né con anche e con pure... si sono formati degli avverbi negativi che sono molto usati con valore rafforzativo: neanche, neppure, nemmeno. Esempi: non lo sa neppure lui. Nemmeno lui sa quello che vuole. Non possiamo venire neanche noi.

# 776. Mica, affatto Altri rafforzativi della negazione sono mica e affatto. Mentre mica ha un valore semantico piuttosto debole, affatto è molto più espressivo tant'è vero che può addirittura sostituire no con valore di negazione assoluta. Esempi: Non è mica un bambino. Il giovane non è affatto ingenuo. Hai studiato la lezione?

Niente affatto! (Affatto!)

Altre forme negative rafforzate sono le seguenti: proprio no, certamente no, assolutamente no, non ... proprio, ecc.

AVVERBI INTERROGATIVI

# 777. Forme Un’ultima categoria di avverbi è costituita dagli interrogativi che, come indica il nome, servono per introdurre una domanda. I più comuni di questi avverbi sono dove?, come?, quando?, quanto? Questi avverbi si possono usare sia nelle proposizioni interrogative dirette che in quelle indirette. Esempi: dove vai? Prima di uscire dovresti dirci dove vai. Quanto costa? Prima di comprare devi sapere quanto costa.

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PREPOSIZIONI # 778. Definizione Così chiamata perché si pone davanti al nome, la preposizione è quella parte invariabile del discorso che serve per indicare il rapporto di un’unità lessicale rispetto a quella che la precede e comunque per indicare la funzione di una determinata parola nell’ambito della frase. # 779. Tipi di preposizioni In italiano ci sono preposizioni locuzioni prepositive.

proprie, preposizioni

improprie

e

# 780. Uso Le preposizioni, il cui uso era più limitato in latino dove la desinenza del sostantivo ne indicava già la funzione, sono molto importanti nelle lingue romanze. In questi idiomi infatti, all’infuori del soggetto e del complemento oggetto, quasi tutte le altre funzioni nominali sono rese esplicite da una preposizione appropriata. In alcune lingue anche il complemento oggetto è preceduto da una preposizione. Si pensi per esempio allo spagnolo «he visto a Pedro», al rumeno «am vazut pe Petre» o al napoletano «aggio visto a Mario», dove appunto il complemento oggetto animato è preceduto da una preposizione. # 781. Considerazioni generali Benché le preposizioni italiane abbiano un corrispondente nelle altre lingue, va detto che l’uso di queste particelle varia da lingua a lingua, anche se si tratta di idiomi vicini come lo sono quelli appartenenti alla famiglia delle lingue neolatine. La ragione di questa differenza si deve cercare nel fatto che le preposizioni svolgono un ruolo importante nella rappresentazione della realtà e nella descrizione dei fenomeni, dei rapporti e delle associazioni, fatti che in genere variano da cultura a cultura. Proprio per queste ragioni, quindi, non sempre si possono trovare delle regole precise per stabilire delle corrispondenze esatte tra le preposizioni delle varie lingue. Per rendersene conto basterebbe consultare un vocabolario bilingue e constatare l’oscillazione delle varie preposizioni.

# 782. Preposizioni semplici Le preposizioni semplici sono: di, a, da, in, con, su, per, tra, fra e senza. Di, a, da, in e su si fondono solitamente con l’articolo che segue e danno luogo alle preposizioni articolate, di cui s'è parlato al paragrafo 73.

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DI

# 783. Considerazioni generali e uso La preposizione di è la preposizione che presenta la frequenza d’uso più elevata. I suoi significati sono molteplici e qui di seguito segnaliamo quelli che ci sembrano i più importanti. Tra l’altro essa serve infatti per esprimere: a. specificazione o appartenenza Esempi: il figlio di Maria; la macchina del dottore; il negozio del droghiere; le lezioni del maestro; il giornale del sabato; i fiori del giardino; la ruota della macchina.

b. materia Esempi: una catenina d’oro; una statua di marmo; un tubo di gomma; rete di alluminio; un abito di pura lana vergine.

una

c. denominazione Esempi: la città di Montreal, il Comune di Genova, l’Isola d’Elba d. argomento Esempi: oggi si parla molto di politica; al bar discutono di sport; hanno passato tutta la serata a parlare del più e del meno. e. tempo determinato Esempi: di giorno fa caldo, di notte fa freddo. d’estate si va al mare, d’inverno si sta in casa.

f. qualità, stima e prezzo Esempi: una persona di gran cuore; sono uomini di azione. Era una macchina di scarsa affidabilità; non era che un oggetto di scarso valore; hanno rubato un quadro di estrema bellezza; il primo premio è di centomila dollari. g. origine o provenienza Esempi: pare che sia di Genova; erano di Bologna. Giovanni di Simone era un grande pittore?

h. età Esempi: un ragazzo di 15 anni; era una persona di età avanzata; Carletto è del 1985. i. abbondanza o privazione

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Esempi: il Canada è un paese ricco di minerali; l’Ialia è povera di ferro e di carbone; sono sempre pieni di boria. # 784. Partitivo Oltre ai casi segnalati si ricorda che la preposizione di, unita all’articolo, può essere usata come articolo partitivo. Entrando a far parte dell’articolo partitivo, di perde il suo valore di preposizione e quindi può essere preposto anche a un soggetto e a un complemento oggetto. Esempi: dei passanti l’hanno aiutato a riparare la macchina; al mercato abbiamo comprato delle fragole bellissime; l’hanno condotto per dei sentieri sconosciuti; è rientrato a casa con degli oggetti strani. # 785. Complemento di paragone Nelle proposizioni comparative di precede il secondo termine di paragone e segue anche il superlativo relativo. Le strutture del superlativo relativo italiano sono diverse da quelle francesi e inglesi. Esempi: Giacomo è più alto di Carlo; loro studiano meno di noi. Parigi è la più grande città della Francia. Questa è la meno bella delle sue macchine. # 786. Strutture idiomatiche La preposizione di entra poi in molte frasi idiomatiche come per esempio: "andare di male in peggio", "uscire di casa", "andare di qua", "passare di là", "di punto in bianco", "saltare di palo in frasca".

# 787. Di in locuzioni prepositive La preposizione di si usa anche per formare delle locuzioni prepositive. Si pensi per esempio a: per mezzo di, a causa di, in compagnia di, al di qua di, al di là di, a favore di, a proposito di, ad opera di...

# 788. Di dopo le preposizioni improprie La preposizione di spesso segue la preposizione impropria prima. Esempi: sono arrivati dopo colazione, ma prima di pranzo. Prima della partita sarebbe bene riscaldarci imuscoli. Prima di uscire controllava sempre tutto. A proposito delle preposizioni improprie va detto che, come senza, molte di esse, (quali ad esempio contro, dentro, dopo, fuori, presso, sopra) richiedono la preposizione di quando sono seguite da un pronome. Esempi: sembrava che tutti si fossero uniti contro di lui. Era arrivato dopo di noi e voleva passare prima di tutti. Non potranno fare niente senza di voi. Abitava presso di noi già da alcuni anni. Erano fuori di sé dalla gioia. # 789. Di davanti all’infinito Come in francese, ma a differenza dell’inglese, la preposizione di può precedere un verbo all’infinito. Esempi: erano tanto contenti che credevano

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di sognare. Ha discusso a lungo perché gli sembrava di avere ragione. Il caporale ordinò ai soldati di restare in caserma. A volte ci si pente di aver dato retta a dei cattivi consiglieri. È un libro che vale la pena di leggere. A # 790. Considerazioni generali e uso Anche la preposizione a conosce una frequenza d’uso molto elevata. Essa introduce i complementi seguenti:

a. termine Esempi: danno il libro a Mario; scrivono a Carlotta. Parla ai nostri amici, spedisce il libro al bibliotecario. b. stato in luogo riferentesi a città, paese e piccola isola. Esempi: siamo a Palermo; abitiamo a Montreal; vivono a Capri. Sono stati a Cuba o a Trinidad? c. moto a luogo riferentesi a città, paese e piccola isola. Esempi: verrete a Verona o andrete a Torino? Andiamo a casa. Vanno a Pantelleria. Quel museo è a Volterra.

d. tempo determinato Esempi: lo spettacolo comincia alle cinque; a Pasqua e a Natale vanno dai nonni. a carnevale ogni scherzo vale.

Si noti che per indicare l’ora, dopo la preposizione a, in italiano è necessario anche l’articolo. Esempi: ci vediamo alle tre. Si sono incontrate alle sei. Esce dal cinema a mezzanotte. Si mangia a mezzogiorno. Con mezzogiorno e mezzanotte l’articolo non è necessario.

e. mezzo Esempi: le locomotive a vapore sono scomparse, come lo sono i mulini a vento; andare a piedi, andare a cavallo. f. causa Esempi: sussultare ai primi rumori; raffreddarsi alle prime correnti d’aria. g. modo o maniera Esempi: mangiare all’italiana, si vestono all’americana; si vestono allo stesso modo; spaghetti all’amatriciana.

h. distributivo Esempi: i soldati camminavano a due a due; a poco a poco.

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i. fine Esempi: muovere al pianto, è stato ferito a morte.

1. distanza Esempi: il cinema è proprio qui a due passi; Milano è a circa 140 chilometri da Torino. m. limitazione Esempi: Luigi è forte a parole, ma a fatti...

n. pena Esempi: l'imputato è stato condannato a tre anni di reclusione. o. età Esempi: a dieci anni Paolo era già in quinta; a novant'anni suo nonno leggeva ancora il giornale senza occhiali. p. misura e prezzo Esempi: la macchina filava a velocità pazzesca; il corteo procedeva ad andatura lenta. Quel mercante vende a prezzi di realizzo. Vendeva le patate a duemila lire il chilo.

# 791. Ad Quando la preposizione a è seguita da una parola che inizia per vocale, per ragioni di eufonia essa si può trasformare in ad. Esempi: Ha scritto ad amici e parenti. La macchina procedeva ad andatura veloce. # 792. A in locuzioni prepositive La preposizione a entra nella formazione di alcune locuzioni prepositive quali: in mezzo a, in base a, a causa di, a proposito di, al di qua di, al di

là di. # 793. A dopo le preposizioni improprie La preposizione a segue alcune preposizioni improprie. La si ritrova infatti in accanto a, davanti a, dentro a, dietro a, oltre a, vicino a. Esempi: Il quadro è accanto alla porta. Non bisogna mettere il carro davanti ai buoi. Padova è vicino a Venezia.

# 794. A davanti all’infinito La preposizione a può precedere un verbo all’infinito. Esempi: andavano a trovarli tutte le domeniche. A sentire quello che dice lui, tutti hanno torto.

203 Si noti che, a differenza del francese, in italiano si usa la preposizione a dopo un verbo di movimento seguito da un infinito. Queste stesse strutture sono rese in inglese con due verbi al modo finito retti dalla preposizione "and". Esempi: andiamo a vedere (fr. allons voir; ing. we go and see); domani andranno a trovare i suoi cugini; vanno a visitare il museo. Si noti che, in italiano, le espressioni del tipo: andiamo a vedere non hanno valore di futuro come in francese, ma esprimono piuttosto un movimento. Esempi: loro vanno spesso a vedere la partita; noi andiamo a cercare il libro in biblioteca.

DA # 795. Considerazioni generali e uso La preposizione da esprime i complementi di: a. agente o causa efficiente, in frasi passive. Esempi: la macchina fu riparata dal meccanico; il raccolto è stato rovinato dalla pioggia. b. moto da luogo o provenienza

Esempi: arrivano dall’aeroporto; partono da Toronto; Sant'Antonio da Padova.

c. moto per luogo

Esempi: andranno a Roma passando da Firenze; sono arrivati da via Garibaldi; il ladro è passato dalla finestra. d. complemento di tempo Esempi: abitava a Montreal da molti anni; gli studenti dicono spesso: da domani studierò di più; le scuole sono incominciate da un mese. e. luogo (moto a luogo, moto da luogo, stato in luogo) con il valore di "a casa di", "presso". (fr. chez; ingl. to... at... from... ’s). Esempi: vanno dal dottore; sono state dal dottore; sono dal tabaccaio; compriamo il pane dal panettiere o dal fornaio.

f. scopo e funzione, soprattutto davanti a un verbo all’infinito. Esempi: carta da lettere; macchina da scrivere; casa da vendere; abito da donna...

g. modo o maniera Esempi: ci tratta da amici; si vestono da mendicanti; si comporta sempre da gran signore.

204 h. qualità, relazione o per esprimere un riferimento approssimativo e note caratteristiche. Esempi: un orologio da pochi soldi; un ragazzo dai capelli lunghi; un vecchio dalla barba bianca; l’ha conosciuta dal modo di camminare. i. complemento predicativo Esempi: gli faceva da padre; il marito fungeva da infermiere e da segretario.

# 796. Da in locuzioni prepositive La preposizione da entra a farte di locuzioni prepositive quali: da parte di, a prescindere da. Esempi: hanno ricevuto un invito da parte dei cugini. # 797. Da dopo le preposizioni improprie Da segue la preposizione impropria lontano e talvolta anche fuori. Esempi: lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Finalmente è andato fuori dai piedi.

# 798. Da davanti all’infinito La preposizione da può precedere un infinito. Esempi: prima di rientrare si comprava qualche rivista da leggere. Quando la scena era comica mi veniva da ridere. Quando vede gli altri soffrire gli viene da piangere.

IN # 799. Considerazioni generali e uso La preposizione in serve per esprimere: a. luogo (stato in luogo e moto a luogo) quando si tratta di stati, di continenti, di grandi isole o se si indicano luoghi chiusi. Esempi: In Giappone si fa così; il mese prossimo vanno in Italia; quando fa freddo passano tutta la giornata in casa; siamo in classe.

Nota. Si ricorda che con la preposizione in, i nomi di stato perdono l’articolo che di solito li accompagna. I nomi di stato, di regione ecc... mantengono l’articolo se sono al plurale o se sono accompagnati da un determinante. Esempi: vanno in Italia, o meglio nell’Italia meridionale; abita negli Stati Uniti, ma attualmente si trova nell’ America del sud (in Sud

America). Erano in Calabria o meglio nella Calabria meridionale.

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b. tempo determinato Esempi: in questi giorni sono molto occupati; Dante nacque nel 1265; gli ha raccontato tutta la sua storia in cinque minuti; ha terminato la ricerca in due settimane. Nota. Si ricorda che il numero indicante gli anni preceduto dalla preposizione in richiede l’articolo determinativo. Esempio: eravamo nel 1991. Tra pochi anni saremo nel duemila. c. con i nomi di via, piazza, corso, viale, ecc... Esempi: abiti sempre in Via Roma? No, ora abito in Piazza Marconi. In Corso Re Umberto è capitato un incidente. Vanno in Corso Giulio Cesare.

d. modo o maniera Esempi: vivono in miseria; ci ha ricevuti in maniche di camicia. Cammina in punta di piedi. e. mezzo Esempi: andava a lavorare in macchina; noi ci andavamo in tram o in bicicletta, ma mai in tassì. f. limitazione o argomento Esempi: Luigi è molto ferrato in storia; Bianchi è un esperto in enologia. Loro sono laureati in lettere. g. materia Esempi: guanti in pelle; in oro zecchino.

Nota. Per esprimere il complemento di materia si usa più frequentemente la preposizione di (# 783.b) h. fine 0 scopo Esempi: andare in aiuto a qualcuno...; quella macchina l’ha ricevuta in regalo.

# 800. In + numerale In precede spesso un numero o un indefinito e dà origine a espressioni quali: siamo in cinque, siamo rimasti in tre, sono in molti, sono rimasti in pochi... Si noti che in questi casi sia il francese che l’inglese non usano alcuna preposizione.

# 801. Nel... + infinito La struttura formata da in (seguita dall’articolo) e da un verbo all’infinito corrisponde al gerundio: nel fare questo = facendo questo. Esempio: mi

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sono fatta male nel salire (=salendo) le scale, si è slogato la caviglia nello

scendere le scale di corsa. # 802. In nelle locuzioni prepositive La preposizione in entra nella composizione di parecchie locuzioni prepositive. Tanto per dare qualche esempio ricordiamo: in mezzo a, nel mezzo di, in base a, in compagnia di, in virtù di... Esempi: era sempre in compagnia di persone piuttosto malandate. In base alla legge chi sbaglia deve pagare.

CON # 803. Osservazioni generali e uso La preposizione con indica:

a. compagnia o unione Esempi: Andiamo al cinema con i nostri amici; vanno in vacanza con i bambini. b. mezzo o strumento Esempi: tagliano la carne con un coltello affilatissimo; macchina non si va avanti.

con questa

c. modo o maniera Esempi: Paolo fa il suo dovere con zelo. Lo accettano con piacere. d. qualità Esempi: un signore con gli occhi chiari. Era il ragazzo con una cicatrice sulla guancia. e. tempo (circostanza temporale o causale). Esempi: con questo tempaccio si esce malvolentieri. Con la nebbia si guida male.

f. sostituisce i participi "avendo" , "tenendo". Esempi: entrò con il cappello in mano, camminava con le mani dietro la schiena. # 804. Insieme con In genere con segue -insieme- per formare la locuzione prepositiva insieme con, che a dire il vero è in competizione con la forma meno classica e combattuta dai grammatici "insieme a". Esempi: è arrivato insieme con i suoi amici. Ha passato le feste insieme con i genitori.

207 Le frasi precedenti sarebbero ugualmente corrette anche senza insieme. È arrivato con i suoi amici. Ha passato le feste con i genitori.

SU # 805. Considerazioni generali e uso La preposizione su serve per indicare: a. luogo (stato in luogo e moto a luogo). Esempi: il piatto è sul tavolo. Mettono i piatti sul tavolo. A volte i bambini salgono sugli alberi. Il nido di quei passerotti è sull’albero grande.

b. tempo (approssimativo) Esempi: si vedono sul presto, escono sul far della sera. c. argomento

Esempi: su questo argomento si è già discusso a lungo. Il discorso verte sempre su temi d'attualità. Cicerone scrisse un libro sulla vecchiaia.

d. età (approssimativa) Esempi: un giovane sui vent'anni o un signore sulla quarantina? e. misura e prezzo (approssimativi) Esempi: il suo peso si aggira sui venti chili. Il prezzo si aggira sui duecento dollari. La distanza si aggira sui trecento chilometri.

f. modo Esempi: è una persona che fa sul serio. Si confezionano abiti su misura. g. distributivo Esempi: qui due persone su tre sono bilingui. Tre giovani su dieci abbandonano la scuola.

# 806. Su = contro In alcuni casi la preposizione su può avere il valore di contro. Esempi: gli eserciti marciavano sulla città.

# 807. Su con Talvolta su può Esempi: i suoi all’amico: vieni

valore avverbiale essere usato con valore di avverbio. vengono su a trovarlo una volta al mese. Paolo disse su che giochiamo a monopoli! Erano a casa dalle sei in su.

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# 808. Locuzioni con su Anche su entra in numerose espressioni idiomatiche. Tra di esse si possono ricordare: giurare sul proprio onore; su due piedi.

PER

# 809. Considerazioni generali e uso Anche per conosce una frequenza d’uso piuttosto elevata. I suoi valori sono molteplici. Tra l’altro essa esprime:

a. termine Esempi: hanno portato questo pacco per Guglielmo. Ecco, questo è per te. b. moto attraverso luogo Esempi: passano per la via; venne per piazza Risorgimento. Scese per la scala di sicurezza. c. moto a luogo

Esempi: parte per le vacanze; parte per la Florida. I viaggiatori in partenza per Milano sono pregati di... d. moto circoscritto o stato in luogo Esempi: a ferragosto i turisti passeggiano per la città deserta. Lo vedo per la strada, è sempre seduto per terra.

e. tempo continuato e determinato Esempi: ogni volta che gli parla lo tiene al telefono per un’ora. Lo aspetta per domenica. Per Natale tutti fanno festa. f. fine 0 scopo Esempi: molti lavorano per un futuro migliore. Studia per una buona promozione.

g. mezzo Esempi: spediscono il messaggio per fax. La lettera è arrivata per corriere diplomatico. h. modo o maniera Esempi: l’hanno detto per scherzo, l’hanno fatto per gioco. i. causa

Esempi: non parla per vergogna. Per il forte vento camminare. Per il suo ritardo abbiamo perso il treno.

non

si poteva

209 1. prezzo Esempi: l’ha comprato per niente, l’ha avuto per pochi soldi. m. vantaggio o interesse Esempi: pregate per i defunti. Fanno tutto questo per i figli. n. rapporto distributivo e nelle percentuali Esempi: camminare per due, moltiplicare per cinque. Dividere per tre. Il tasso d’interesse è aumentato dell’uno per cento. o. colpa o pena Esempi: è un processo per omicidio colposo. Tutti gli imputati sono stati condannati per truffa. E stato assolto per insufficienza di prove.

p. esclamazioni Esempi: per Bacco! per Giove! per la miseria! # 810. Per seguito da un infinito Per può precedere un verbo all’infinito dando luogo a proposizioni finali, consecutive, causali... Esempi: Gli telefona per avvertirlo del ritardo. Era troppo bella per passare inosservata. Gli hanno ritirato la patente per aver

guidato in stato di ubriachezza. L’ha comprato per rivenderlo. # 811. Sta per... Le strutture stare per..., essere per... seguite da un verbo all’infinito indicano un’azione imminente o intenzionale i cui corrispondenti francesi e inglese sono rispettivamente: «aller + infinito» e «to be going to + infinito». Esempi: sembra che stia per nevicare. Il corteo stava per passare davanti a casa sua. Quando staranno per arrivare butteremo giù la pasta.

# 812. Locuzioni con per Per entra a far parte di numerose espressioni idiomatiche. Tra di esse ricordiamo: per esempio, per ora, per sempre, per il momento, per lo più, per caso, per lo meno

TRA/FRA # 813. Considerazioni generali Tra e fra hanno lo stesso valore semantico e spesso la scelta tra una preposizione e l’altra dipende dalle abitudini dei parlanti. Solo raramente questa scelta è retta da ragioni eufoniche. Per esempio, al fine di evitare la ripetizione degli stessi gruppi consonantici, è meglio dire: tra fratelli

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oppure fra tre giorni. A parte questa considerazione si ricorda che le preposizioni tra e fra sono equivalenti e servono per esprimere: a. tempo (ing. in; fr. dans) Esempi: Sarà all'aeroporto tra cinque minuti. Tra una settimana sarà Natale. b. distanza (ing. in; fr. dans)

Esempi: fra tre chilometri la strada sarà migliore. c. luogo (ing. between/among; fr. entre/parmi) Esempi: Montreal si trova tra due bracci del San Lorenzo. Qui non le piaceva: è ritornata tra i suoi.

d. compagnia (ing. with; fr. avec), o confronto Esempi: Gli piace starsene fra i suoi. Era una lotta fra avversari cavallereschi. Tra i due litiganti il terzo gode.

e. partitivo (ing. among; fr. parmi) Esempi: La sua opera è risultata la migliore fra tutte. f. relazione Esempi: è stato un compromesso tra l’utile e il piacere. In quasi tutte le società si condanna il matrimonio fra consanguinei.

# 814. Tra/fra di noi Davanti a pronome personale, si usa far seguire tra e fra dalla preposizione di se il pronome è plurale. Esempi: tra me e me, mi son detto che era meglio studiare. Quando ritorni tra di noi? Saremo presto tra di voi. Tra di loro non correva buon sangue. # 815. Espressioni idiomatiche Come le altre preposizioni anche tra e fra entrano a far parte di espressioni idiomatiche. Tra queste ricordiamo: tra poco, tra l’altro.

PREPOSIZIONI IMPROPRIE # 816. Definizione Oltre alle preposizioni semplici sopraelencate, che sono di gran lunga più usate, l’italiano ne conosce altre, chiamate improprie perché esse appartengono di solito ad altre categorie grammaticali.

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# 817. Tipi di preposizioni improprie Tra le preposizioni improprie più comuni ricordiamo: a. contro, dentro, fuori, davanti, dietro, dopo, sopra e sotto, che di

solito sono avverbi. Esempi: gli abbiamo detto di andare fuori (avverbio). Hanno visitato le chiese che erano fuori città. Faceva freddo e così siamo rimasti dentro (avverbio). Ha rimesso il giocattolo dentro la scatola. Gli sposi erano davanti, tutti gli altri dietro (avv.). L’edicola è davanti alla stazione. b. lontano, vicino, lungo, salvo e secondo, che di solito sono aggettivi. Esempi: secondo il parere degli esperti è meglio non stancarsi. Martedì è il secondo giorno della settimana (agg.). Salutano gli amici vicini e lontani. Il ciliegio è vicino alla cascina. c. durante, mediante, stante, nonostante, che sono participi presenti. Esempi: durante la notte alcuni sconosciuti sono entrati nel negozio.

d. dato, eccetto, tolto, che sono dei participi passati. Esempi: eccetto lui, tutti parlano italiano.

# 818. Locuzioni prepositive Il capitolo delle preposizioni non sarebbe completo se non si segnalassero le locuzioni prepositive, cioè dei sintagmi formati da due o tre unità semantiche, che svolgono appunto le funzioni di preposizione. Questi tipi di strutture sono piuttosto numerosi nella lingua italiana. Qui di seguito elenchiamo le locuzioni prepositive più comuni:

accanto a davanti a da parte di fino a in qualità di oltre a senza di dopo di

a fine di di fronte a dinanzi a grazie a in quanto a per mezzo di dietro a

al di là di di là da lontano da in luogo di insieme con riguardo a intorno a

al diquadi di qua da vicino a in mezzo a invece di rispetto a prima di

# 818b. Fa, senza, tranne Tra le preposizioni si dovrebbero ancora includere: fa, senza e tranne. Quanto a fa, presente del verbo fare, va detto che in determinate strutture

assume il valore di una preposizione vera e propria, il cui valore corrisponde all’inglese -ago- al francese -il y a-. Come -ago- e contrariamente alla forma equivalente spagnola -hace-, fa segue sempre il

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nome che accompagna. Esempi: un’ora fa; due mesi fa; cinque minuti fa. Senza i cui corrispondenti inglese e francese sono rispettivamente -withoute -sans- può reggere direttamente il nome senza far ricorso all’articolo. Quando però il nome retto da -senza- è seguito da un determinante è meglio farlo precedere dall’articolo. Esempi: è venuto a scuola senza libri; è venuto a scuola senza i libri d’italiano. Era uscito senza cappello e senza guanti. Quando regge un pronome personale invece di -senza- si usa senza di. Esempi: era andato senza di noi. Ha fatto tutto senza di lui.

Anche tranne (ingl. but; fr. excepté), il cui valore è più o meno equivalente a -eccetto e salvo-, era in origine un verbo. Esempi: tutti hanno studiato, tranne voi. Hanno salutato tutti tranne lei. Tranne Napoli, ha visitato tutte le grandi città italiane.

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CONGIUNZIONI # 819. Definizione La congiunzione è quella parte invariabile del discorso che serve per unire due termini di una proposizione o due proposizioni stesse. # 820. Congiunzioni coordinative e subordinative Le congiunzioni si possono dividere in due gruppi: coordinative e le congiunzioni subordinative.

CONGIUNZIONI

le congiunzioni

COORDINATIVE

# 821. Definizione Le congiunzioni coordinative congiungono due proposizioni che hanno la medesima funzione oppure due termini che hanno lo stesso valore. Le congiunzioni coordinative si possono dividere a loro volta in: copulative, disgiuntive, avversative, dichiarative, conclusive e correlative.

# 822. Congiunzioni copulative Le congiunzioni copulative sono: e (fr. et; ing. and), né (fr. ni; ing. neither... nor), anche (fr. mème; ing. also), pure (fr. aussi; ing. t00), neanche, neppure, nemmeno (fr. mème pas, non plus; ing. not even). Esempi: ha visto Maria e Paolo. Ieri pioveva ed io non avevo l’ombrello. Non ha né il cappello né l’impermeabile. Pino è uno studente modello: studia e lavora. Non sono venuti e non hanno neanche scritto. Noi siamo andati a Rimini, anche loro hanno passato le vacanze al mare.

# 823. Ed Quando è seguita da una parola che inizia con vocale, al posto della congiunzione e, si può adoperare ed. Esempi: non c’era nessuno ed allora siamo tornati a casa. Ieri non avevamo compiti e allora abbiamo guardato la tivù.

# 824. Congiunzioni disgiuntive Le congiunzioni disgiuntive sono: o, oppure, ovvero (fr. ou; ingl. or). Esempi: occorre la firma del padre o di chi ne fa le veci. Domani saranno a casa oppure a scuola. Andranno al cinema o al teatro. Vuoi questo oppure quello? Deciditi! # 825. Congiunzioni avversative Le congiunzioni avversative sono: ma, però (fr. mais; ing. but); tuttavia (fr. toutefois; ing. yet, nevertheless), eppure (fr. pourtant, cependant; ing.

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yet, however), anzi (fr. au contraire; ing. on the contrary), nondimeno (fr. néanmoins; ing. yet). Esempi: studia molto, ma non ricorda niente. Tutti i giorni ti aspettiamo, però non ti vediamo mai. L’aereo non si vede eppure ne sentiamo il rumore. Temo tuttavia che non sarà possibile. # 826. Congiunzioni dichiarative Le congiunzioni dichiarative sono: infatti, difatti (fr. en effet; ing. in fact), cioè, vale a dire, ossia (fr. c’est à dire, à savoir; ingl. that is, namely). Esempi: oggi è una bella giornata, infatti il sole splende. Andrea capisce l’italiano, difatti risponde a tono. Roma, cioè la capitale d’Italia, si trova nel Lazio. La linguistica, ossia la scienza delle lingue... Il dollaro, vale a dire l’unità monetaria americana... # 827. Congiunzioni conclusive Le congiunzioni conclusive sono: dunque, quindi, (fr. donc; ing. therefore, hence), perciò (fr. pour cela; ing. therefore), allora (fr. alors; ingl. therefore, so). Esempi: non ci piace, quindi non lo compriamo. Non lo ascoltate, allora è inutile che lui parli. È tardi, perciò non posso accompagnarvi. C’è molto da fare, dunque mettetevi al lavoro. # 828. Congiunzioni correlative Le congiuzioni correlative sono usate in coppia e uniscono due termini o due proposizioni. Le congiunzioni correlative sono: e....... e..., non solo........ ma anche, sia..... sia....., O....... O....., sia che....... sia che...... Esempi: Non solo non studia, ma anche disturba la lezione. Ha perso e la penna e i libri. Non aveva né soldi né assegni.

CONGIUNZIONI SUBORDINATIVE # 829.

Definizione

Le congiunzioni subordinative sono così chiamate perché servono per subordinare una proposizione ad un’altra. Le congiunzioni subordinative e le locuzioni congiuntive si possono dividere in: dichiarative, causali, finali, temporali, consecutive, concessive, condizionali, modali, avversative, comparative, esclusive, eccettuative, limitative, dubitative.

# 830. Congiunzioni dichiarative Le congiunzioni dichiarative sono: che (fr. que; ingl. that), come (fr. comme, comment; ing. how). Esempi: ci comunica che parte per Toronto. Ci ha ripetuto mille volte che bisogna fare così. Il verbo di modo finito introdotto da una congiunzione dichiarativa può essere all’indicativo, al congiuntivo o al condizionale: tutto dipende da

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come la reggente presenta il fatto. Se esso è reale si usa l’indicativo, se è possibile il condizionale mentre se è dubbio nella proposizione dichiarativa si userà il congiuntivo. Esempi: ci ha detto che il treno è partito in ritardo. Dice che sarebbe meglio tornare a casa subito. Pare che l’incidente sia successo sull’autostrada. # 831. Congiunzioni causali Le congiunzioni causali sono: perché, poiché, giacché, siccome (fr. puisque, comme; ing. as, since). Esempi: poiché le cose stanno così non insisto. Siccome non sapeva dove andare è rimasto a casa. È venuta perché l’avete chiamata. Giacché lo vuoi, prendilo!

Come si vede dagli esempi precedenti, le congiunzioni causali richiedono il verbo all’indicativo. Esso è però espresso al condizionale quando si vuole indicare che la causa è ipotetica. Esempi: gli abbiamo consigliato di prendere il treno perché (secondo noi) le strade sarebbero state impraticabili. Gli hanno detto di rientrare perché era tardi. Se la causa addotta come soggettiva è introdotta in forma negativa, allora si preferisce il congiuntivo. Esempio: gli abbiamo consigliato di prendere il treno non perché le strade fossero impraticabili, ma perché noi avevamo bisogno della macchina.

# 832. Congiunzioni finali Le congiunzioni finali sono: affinché, perché, onde (fr. afin que, pour que; ing. so that, in order that). Esempi: abbiamo parlato ad alta voce perché ci sentisse meglio. Ve l’ha detto affinché sappiate regolarvi. Onde essere puntuali partimmo presto. Il verbo di modo finito retto da una delle congiunzioni finali sopra citate, va al congiuntivo. Esempio: nasconde le chiavi della macchina perché nessuno gliela prenda. Ha comprato molti giocattoli perché tutti i suoi nipoti ricevano un regalo.

# 833. Congiunzioni temporali Le congiunzioni temporali sono: quando (fr. quand; ing. when), appena (fr. è peine; ingl. as soon as), appena che (fr, dès que; ing. as soon as), allorché (fr. lorsque; ingl. when), come, tosto che (fr. aussitòt que; ing. as soon as), dopoché, dopo che (fr. après que; ing. after, when), finché, fino a che, fintantoché (fr. jusqu’è ce que; ing. as long as), mentre (fr. pendant que; ingl. while). Esempi: allorché lo seppe si inquietò molto. Tosto che la vide se ne innamorò. Verrò dopo che tutto sarà passato. Lo aspetteremo finché verrà. Finché ci sarà lui si dovrà fare così. Quando andiamo al caffè lo vediamo che gioca a carte. Come lo vedo gliene parlo.

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In genere le congiunzioni temporali sono seguite da un verbo all’indicativo. Unica eccezione è costituita da prima che, dopo la quale si usa il congiuntivo. Esempi: esce prima che il gallo canti. Preparava la tavola prima che tutti arrivassero. Finché (non), fino a che (non) e fintantoché (non) possono presentare il verbo al congiuntivo o all’indicativo. Esempi: aspettiamo finché non arrivi. Finché non avrà i soldi non potrà partire.

# 834. Congiunzioni consecutive Le congiunzioni consecutive sono: cosicché (fr. de sorte que; ingl. so that), in modo che, tanto che. Esempi: ha bevuto tanto che non si regge più in piedi. Glielo ha detto in modo che sappia come regolarsi. È uscito senza cappotto cosicché si è raffreddato. Vieni presto cosicché possiamo parlare. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Le congiunzioni consecutive reggono l’indicativo quando esprimono una conseguenza reale. Tuttavia, se la conseguenza è vincolata ad una condizione, il verbo sarà al condizionale. Esempi: aveva corso tanto che si sentiva sfinito. Si sentivano tanto forti che avrebbero sfidato chiunque. Carolina gli piace tanto che farebbe di tutto per incontrarla. Se la conseguenza è invece considerata possibile il verbo sarà allora espresso al congiuntivo. Esempi: l’abbiamo accompagnata all’aeroporto in modo che non perdesse l’aereo. Gli dà sempre degli ordini precisi in modo che non abbia dubbi.

# 835. Congiunzioni concessive Le congiunzioni concessive sono: benché, per quanto, sebbene, anche se, quantunque, ancorché, pure. Esempi: benché avesse studiato molto, non sapeva niente. Quantunque avesse viaggiato molto non conosceva Roma. Sebbene ci fosse molta nebbia si viaggiava bene. Anche se era gravemente ammalato non si disperava. —

In genere le congiunzioni concessive reggono il congiuntivo. Anche se richiede l’indicativo quando esprime una ipotesi reale, il congiuntivo quando l’ipotesi è irreale o irrealizzabile. Pure è invece seguito da un verbo al gerundio. Esempi: anche se è tardi usciremo lo stesso. Benché sia tardi usciremo lo stesso. Anche se ha studiato molto, non sa niente. Per quanto abbia studiato molto, non sa niente. Anche se viaggia molto, non andrà sulla luna. Sebbene viaggi molto non andrà sulla luna. Anche se vincesse la lotteria non sprecherebbe i soldi. Pur essendo domenica, ha lavorato tutto il giorno.

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# 836. Congiunzioni condizionali Le congiunzioni condizionali sono: dato che, posto che, seppure, qualora, quando, purché, a meno che, se. Esempi: verremo purché ci siate anche voi. Seppure facesse quello, sarebbe ormai troppo tardi. Qualora dovesse piovere non usciremmo. Quando piove non usciamo. La congiunzione condizionale se regge il verbo all’indicativo quando la condizione è reale, il congiuntivo quando l’ipotesi è irreale o irrealizzabile. Esempi: se lo vedeva lo salutava. Se non lo vede gli telefona. Se avessi le ali arriverei sempre puntuale. Se avesse vinto la lotteria sarebbe andato a Roma. Se il giovane sapesse, se il vecchio potesse non c’è cosa che non si farebbe. # 837. Congiunzioni modali Le congiunzioni modali sono: come, come se, quasi, quasi che, di maniera che, altrimenti che, comunque (=in qualsiasi modo). Esempi: come parla, scrive. Comunque faccia, va sempre bene. Parla come se tutti . fossero sordi.

La congiunzione modale richiede l’indicativo quando presenta un fatto reale, mentre se il fatto è possibile, irreale o ipotetico richiede il congiuntivo e anche il condizionale. Esempi: hanno fatto come potevano. Non so come abbia potuto dire una bestialità simile. Comunque vada gli saremo vicini. Non riesce a capire come sarebbe potuto tornare a casa. # 838. Congiunzioni avversative Le principali congiunzioni avversative sono: mentre, laddove, quando. Esempi: gioca e si diverte mentre dovrebbe studiare. Andava sempre allo stadio, mentre il dottore gli aveva detto di stare a letto. Spendeva e spandeva, mentre i suoi non avevano un quattrino. Beveva e fumava laddove avrebbe fatto meglio a badare alla salute.

La proposizione avversativa, introdotta da una delle congiunzioni citate sopra, ha di solito il verbo all’indicativo, mentre, se il fatto è presentato

come ipotetico, il verbo va al condizionale. Esempi: guarda la televisione, mentre deve studiare. Guarda la televisione mentre dovrebbe studiare.

# 839. Congiunzioni comparative Le principali congiunzioni comparative sono : come, piuttosto (che), meglio che, (meno) che, (più) che, altrimenti che, quanto più ... tanto più. Esempi: quanto più l’uccello è vecchio, tanto più malvolentieri lascia le penne. La cerimonia s’è svolta proprio come se l’era immaginata.

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Il verbo delle proposizioni comparative è all’indicativo se esprime uguaglianza. Esempio: il suo fidanzato era proprio come l’avevano descritto. Quando l’uguaglianza è espressa sotto forma di ipotesi il verbo va al condizionale. Esempi: hanno agito come avremmo agito noi. Ha parlato come avrebbe parlato suo padre. Si comporta come si comporterebbe qualsiasi persona responsabile. Quando la proposizione esprime un comparativo di maggioranza o di minoranza si può adoperare il congiuntivo o, più raramente, anche l’indicativo. Se la comparazione è ipotetica si usa il condizionale. Esempio: Era meglio che lui non vedesse quello spettacolo. La sconfitta è più pesante di quanto si creda. Se la prende più di quanto non dovrebbe. Ha pagato più di quanto non avresti pagato tu. # 840. Congiunzioni esclusive La congiunzione esclusiva più importante è: senza che. Esempi: Fumano senza che i genitori lo sappiano.

Le proposizioni rette da -senza che- vanno al congiuntivo. Esempi: giocava a carte in classe senza che il professore se ne accorgesse. Aveva lasciato il lavoro senza che nessuno se ne fosse accorto. # 841. Congiunzioni eccettuative Le congiunzioni eccettuative sono: fuorché, salvo che, tranne che, eccetto che, a meno che. Esempi: verranno anche loro a meno che non ci siano degli imprevisti. Non si muove foglia che Dio non voglia.

Le congiunzioni eccettuative reggono l’indicativo e più spesso il congiuntivo. L’indicativo esprime una realtà, il congiuntivo una possibilità o un’ipotesi. Dopo a meno che è meglio usare il congiuntivo. Esempi: le nostre macchine sono uguali, salvo che la mia è rossa. Parlano sempre italiano salvo (che) quando vengono da noi. Facciamo ancora una partita a meno che non sia tardi. # 842. Congiunzioni limitative Le proposizioni limitative introdotte dalle locuzioni congiuntive per quanto, per quello che, secondo quanto, richiedono solitamente il verbo all’indicativo. Esempi: Secondo quanto scrivono i giornali, domani ci sarà lo sciopero dei ferrotranvieri. Per quello che ne sappiamo il sei gennaio è la festa della Befana.

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In genere per quanto regge il congiuntivo. Esempio: per quanto ne sappiano loro, la partita non si farà. # 843. Congiunzioni dubitative o interrogative Le congiunzioni dubitative o interrogative sono: se, come, perché, quanto, quando. Esempi: ci dica quando verrà. Scriveteci se verrete.

# 844. Nota sulle congiunzioni subordinative Come si sarà potuto rilevare da quanto riportato nei paragrafi precedenti, le congiunzioni subordinative non sono molto numerose e parecchie di esse assumono un valore diverso a seconda del contesto in cui vengono a trovarsi. Per esempio: a. mentre

ha valore avversativo

in: "voi vi divertite, mentre dovreste

studiare" e temporale in: "mentre camminavo per la strada ho visto un incidente";

b. perché può svolgere le funzioni di congiunzione finale (Vi ha scritto perché sappiate che verrà in Canadà), causale (Non è andata a scuola perché aveva la febbre). È importante notare che, cambiando valore, le varie congiunzioni possono richiedere un cambiamento nel modo del verbo che reggono. Se riesaminiamo i due periodi appena presentati: "Vi ha scritto perché sappiate che verrà in Canada" e "Non è andata a scuola perché aveva la febbre", si nota infatti che perché richiede il congiuntivo quando è congiunzione finale, mentre richiede l’indicativo quando svolge le funzioni di congiunzione causale. c. che è la più comune di tutte queste congiunzioni subordinanti. Oltre a poter assumere numerosi valori (dichiarativo, finale, causale, temporale...) va detto che essa dà origine a molte altre congiunzioni (perché, cosicché, sicché, benché, ancorché...) ed entra anche a far parte di numerose locuzioni congiuntive. # 845. Locuzioni congiuntive Tra le numerose locuzioni congiuntive ricordiamo: tosto che, dopo che, fino a che, di modo che, tanto che, per quanto, anche se, dato che, posto che, come se, quasi che, di maniera che, altrimenti che, senza che, tranne che, eccetto che, a meno che, in quanto a.

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INTERIEZIONE O ESCLAMAZIONE # 846. Definizione L’esclamazione o interiezione è un’unità lessicale invariabile che non ha funzioni sintattiche, ma serve per esprimere stupore, meraviglia, emozione, dolore, minaccia, paura o sorpresa. # 847. Tipi di interiezioni Le interiezioni si potrebbero distinguere in tre differenti categorie: le proprie, le improprie e le locuzioni esclamative. # 848. Interiezioni proprie Tra le interiezioni proprie si possono ricordare: Ah!, Eh!, Ih!, Oh!, UN!, Ehm!, Ahi!, Ohi!, Ehi!, Ahimè!, Ohimè!, Ohibò!, Uffa!, Perbacco! Davvero!... # 849. Interiezioni improprie Le esclamazioni improprie, rappresentate da unità lessicali di vario genere proferite con tono esclamativo, sono moltissime. Tra di esse si possono

ricordare: Peccato!, Zitto!, Zitti!, Silenzio!, Calma!, Bravo!, Aiuto!, Bene!, Giusto!, Canaglia!, Coraggio!, Cavolo!, Capperi!, Porco!, Basta!, Attento!, Vieni!, Andiamo!, Largo!, Vial... # 850.

Locuzioni esclamative

Le locuzioni esclamative sono composte da più parole usate con valore esclamativo. Esempi: Al diavolo!, Alto là!, Giù le mani!, Povero te!, Beato lui!, Per amor del cielo! Sarebbe veramente opera improba elencare tutte le possibili locuzioni esclamative, non solo perché la fantasia creatrice dei parlanti è inesauribile e trova sempre nuove combinazioni, ma anche perché alcune di esse non starebbero bene in una pubblicazione di questo genere.

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SINTASSI # 851. Definizione La sintassi concerne la disposizione e i rapporti delle singole parole nella proposizione e delle varie proposizioni nel periodo.

Secondo la grammatica tradizionale la sintassi si distingue quindi in due parti, la prima delle quali si occupa dei vari elementi della proposizione, mentre la seconda si occupa delle varie proposizioni che formano il periodo. # 852. Sintassi della proposizione Le varie parti di una proposizione si possono distinguere secondo la funzione che esse vi svolgono. Le parti più importanti di una proposizione sono le seguenti: il soggetto, il predicato verbale e i vari complementi. # 853. Soggetto Il soggetto corrisponde alla persona, alla cosa o all’elemento che compie l’azione o di cui si parla nelle frasi attive. Esempi: Maria gioca. La palla cade per terra. Loro scrivono. Le macchine costano molto. La terra è bagnata dalla pioggia.

# 854. Posizione del soggetto In genere il soggetto precede immediatamente il verbo, lo segue quando lo si vuole mettere in maggior evidenza. Esempi: il professore spiega la grammatica. Silenzio! Parla il professore. Solitamente il soggetto occupa il primo posto della proposizione. Però quando la proposizione comprende locuzioni avverbiali o avverbi di tempo e di luogo, questi possono precedere il soggetto e il verbo. Esempi: domani i nostri amici partono per un viaggio di affari. La domenica vanno sempre alla messa delle dieci. In Italia si festeggia di nuovo la Befana. # 855. Soggetto non espresso Come segnalato a più riprese, in italiano il soggetto è spesso sottinteso, soprattutto quando esso dovrebbe essere espresso da un pronome personale. A differenza di quanto avviene in altre lingue infatti, in italiano la desinenza di ogni forma verbale di modo finito differisce a seconda del soggetto e quindi da essa si sa chi agisce o di chi si parla. Esempi: parla di sport. Parli italiano. Sì, parlo italiano. Parlano di arte. Dice la verità. Dite tutto.

Il soggetto non è mai espresso con i verbi impersonali. Esempi: piove,

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nevicava, tuonerà, ha fatto bello...

Con i verbi all’imperativo non si usa esprimere il pronome soggetto. Solo in casi eccezionali lo si può esprimere per metterlo in enfasi particolare. In questi casi il soggetto segue il verbo. Esempi: dillo tu! Fatelo voi! Lo dicano loro. Nelle espressioni del tipo: «Tu, dillo! Voi, fatelo!» il pronome non ha valore di soggetto, ma di vocativo ed in genere lo si separa dal verbo con una virgola o anche un punto esclamativo.

Un verbo, usato alla terza persona plurale con soggetto indeterminato e sottinteso, ha valore di verbo impersonale, quasi come se avesse per soggetto il pronome indefinito -si-Esempi: dicono che domani pioverà. Mi hanno detto che è stata lei. # 856. Parole che possono fungere da soggetto Per quanto concerne la natura del soggetto, si può ancora dire che esso non è necessariamente rappresentato da un nome o da un pronome, ma può essere una qualsiasi altra parte del discorso. Esempi: il grave è che hanno

perso tutto. Lavorare stanca. I ma e i se non risolvono i nostri problemi. Per è una preposizione semplice. Le può essere pronome diretto o indiretto. # 857. Soggetto nelle frasi passive Nelle frasi di forma passiva il soggetto subisce l’azione. Esempi: la macchina è lavata dal ragazzo. Il raccolto è stato rovinato dalla grandine. # 858. Predicato verbale Il predicato verbale è costituito dal verbo. Esempi: giochiamo a scopa. Leggono il libro. Oggi piove. Andiamo a casa. # 859. Proposizione ellittica del verbo Talvolta anche il verbo può essere sottinteso. In questo caso proposizione si dice ellittica di verbo. Esempi: Tu studi e lui no!

la

Nelle proposizioni ellittiche di verbo, il soggetto deve sempre essere espresso, a meno che il verbo sottinteso non sia impersonale. Esempio: ieri pioveva, oggi no. Loro sono andati in montagna, noi no. Le proposizioni ellittiche di verbo sono comuni nella lingua parlata, dove, a volte, si trovano proposizioni mancanti non solo di verbo, ma anche di soggetto. Si pensi per esempio alle risposte alle seguenti domande: Sei stato alla partita ieri? No, e tu? Vuoi una caramella? - Sì, grazie!

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# 860. Proposizioni nominali Le proposizioni mancanti di verbo, chiamate appunto nominali, sono comunque molto frequenti nei titoli dei film o degli articoli di giornali e riviste. Esempi: Crimini in diminuzione. Tempo pessimo, guida pericolosa. Un grido di dolore. Tredicesima in ritardo. Tempo di vacanze, città deserte.

# 861. Predicato nominale Il verbo essere seguito da un nome o da un aggettivo è comunemente chiamato copula, mentre il nome o l’aggettivo che lo seguono sono chiamati predicato nominale. Esempi: La casa è bella. (La casa = soggetto; è = copula; bella = predicato nominale). # 862. Verbi copulativi Sono chiamati verbi copulativi quelli che, come nascere, sembrare, diventare, morire, apparire, hanno funzioni molto simili ad essere. Esempi: Questo sembra vero. Era diventato famoso.

# 863. Essere predicato verbale D'altra parte, quando essere non è seguito da un nome, da un aggettivo 0 da un participio passato e significa esistere, trovarsi, stare, è considerato predicato verbale. Esempio: Suo cugino è (=si trova, abita) a Boston. # 864. Accordo del verbo con il soggetto Il verbo si accorda sempre con il soggetto della proposizione di cui fa

parte. Esempi: il treno è arrivato alle undici e venti. La festa è finita con fuochi d’artificio. La chioccia con i suoi pulcini girava per l’aia. # 865. Accordo con il nome collettivo soggetto Quando il soggetto è rappresentato da un nome collettivo, come massa, folla, gruppo, schiera, squadra ecc..., seguito da un determinante al plurale, il verbo dovrebbe accordarsi al singolare con il soggetto grammaticale. Va comunque segnalato che alcuni parlanti usano accordare il verbo al plurale con il determinante, fenomeno questo che poteva già verificarsi anche in latino. La prima forma è comunque da preferirsi. Esempi: il gruppo dei corridori attraversò la città in festa. Una massa di tifosi si è riunita di fronte allo stadio. La maggioranza dei cittadini ha votato di buon mattino. # 866. Accordo con soggetto costituito da più nomi Quando il soggetto è costituito da più nomi uniti dalle congiunzioni e, 0 oppure né, l’accordo del verbo si fa al plurale, se detti nomi precedono il verbo. Esempi: La penna e la matita sono nella cartella. Né il maestro, né la maestra conoscevano l’ispettore. O lui o lei devono averlo visto.

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Se i soggetti introdotti da né ed o seguono il verbo si può trovare il predicato verbale al singolare. Esempi: non è venuta né Maria né Lucia. L’ha detto o Carlo o Gianni.

Se si deve accordare il soggetto anche nel genere va ricordato quanto già detto per gli aggettivi e cioè che il maschile prevale sul femminile. Esempi: il babbo e la mamma si sono dovuti assentare per un mese. In certi casi, per rendere più armonica la frase, sarebbe meglio lasciare per ultimo il termine maschile. Esempi: le loro compagne e i loro compagni di scuola sono venuti qui. # 867. Complemento oggetto Per quanto il soggetto e il predicato verbale possano già rappresentare una proposizione di senso compiuto, in genere tale senso è ulteriormente completato dall’aggiunta di complementi. Di questi, il più comune è senza dubbio il complemento oggetto o complemento diretto, che si unisce direttamente ai verbi transitivi senza l’uso di alcuna preposizione.

Per complemento oggetto s’intende la persona, l’animale o la cosa che, nelle proposizioni attive, riceve direttamente l’azione espressa dal verbo. Come il soggetto, anche il complemento oggetto può essere rappresentato da qualsiasi parte del discorso, anche da un’intera proposizione. Esempi: Mangiano spaghetti. Vedevano solo i loro interessi. Hanno cambiato macchina. Tutti sperano che la loro squadra vinca. # 868. Posizione del complemento oggetto Come s'è visto dagli esempi precedenti, di solito il complemento oggetto segue immediatamente il verbo e non è introdotto da alcuna preposizione. L’unica preposizione che può precedere il complemento oggetto è la di dell’articolo partitivo. Esempi: a Natale hanno mangiato degli agnolotti e del panettone. Stasera incontra degli amici d’infanzia. Ha visto Piero. Saluta lei, ma non lui.

Nota. Sarebbe quindi errato far precedere il complemento oggetto dalla preposizione -a- come avviene in alcune lingue regionali e in spagnolo. Le forme corrette sono dunque: ha visto Maria, ha salutato Piero. # 869. Complemento predicativo dell’oggetto In certi casi, il senso del complemento oggetto può essere a sua volta completato da un nome o da un aggettivo, che si chiamano appunto complemento predicativo dell’oggetto. Esempi: i cittadini hanno eletto il dottore deputato. Gli studenti giudicano il loro maestro un saggio.

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Il complemento predicativo dell’oggetto può essere introdotto da come, per, da, a, di. Esempi: lo scelsero come rappresentante sindacale. Quel pittore prese due giovani per modelli.

# 870. Complementi indiretti I complementi indiretti, che in parecchi casi servono a completare il senso della proposizione, sono numerosi e sono così chiamati perché in genere non si uniscono direttamente al verbo o al nome cui si riferiscono, ma sono introdotti da una preposizione. Quindi la caratteristica di questi complementi è quella di essere introdotti da una preposizione. # 871. Complementi d’agente e di causa efficiente Come s’è visto, nelle frasi passive il soggetto subisce l’azione, mentre la persona o l’animale che compie l’azione si chiama complemento d’agente. Quando l’azione è svolta da una cosa o da un agente naturale, tale complemento si chiama di causa efficiente. I complementi di agente e di causa efficiente sono introdotti dalle preposizioni da e più raramente dalle locuzioni prepositive da parte di o ad opera di. Si ricorda che solo i verbi transitivi possono avere la forma passiva. Esempi: il libro è letto dagli studenti. Il raccolto fu rovinato dalla grandine. Le lettere sono state esaminate dai membri eletti. Il rinvio è effettuato ad opera del terzino sinistro. # 872. Complemento di specificazione Introdotto dalla preposizione di, il complemento di specificazione consiste in un nome che ne segue un altro per meglio determinarlo. Esempi: la

macchina di Maria è nuova. I giorni della settimana sono sette. Le coste dell’Italia sono frastagliate. # 873. Complemento di termine Il complemento di termine indica la persona o la cosa in cui termina o verso cui è diretta l’azione. In genere il complemento di termine è introdotto dalle preposizioni a oppure per e si colloca dopo il complemento oggetto, se questo è espresso. Se il complemento oggetto non è espresso il complemento di termine segue immediatamente il verbo. Esempi: telefonano a Giovanni. Parlavamo a tutti. Mandano una cartolina agli amici. Hanno ricevuto una lettera per i genitori. Si ricorda che, se il complemento di termine è costituito da un pronome atono (gli, le), questo precede il verbo, a meno che esso non sia all’infinito, all’imperativo, al participio passato o al gerundio. Esempi: ti spiega la lezione. Fanno tutto questo per lui. Raccontandomi quel fatto piangeva.

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# 874. Complemento di vocazione Indica la persona o la cosa a cui ci si rivolge direttamente nel discorso. In genere il nome della persona o della cosa usato al vocativo non è preceduto da alcuna preposizione. In poesia il vocativo è spesso introdotto dalla interiezione o. Esempi: ragazzi, adesso è ora di fare sul serio. Stefano, non andare là!

# 875. Complemento di tempo Il complemento di tempo può essere: a. determinato, quando indica il momento in cui si svolge l’azione. Solitamente esso è introdotto da in, a e di semplici o articolate, ma può anche non essere introdotto da alcuna preposizione. In genere il complemento di tempo determinato risponde alla domanda: quando? Esempi: suo nonno è arrivato in Canada nel 1955. La domenica vanno a messa. A Pasqua andranno tutti al mare. D’estate fa caldo, d’inverno fa freddo. b. continuato, quando indica la durata dell’azione. Può essere introdotto da per, in, oltre e durante, ma può anche non essere introdotto da alcuna preposizione. Il complemento di tempo continuato risponde alla domanda: per quanto tempo? Esempi: rimase a Roma solo (per) due giorni. La battaglia durò oltre tre giorni. Sono riusciti a fare tutto questo in una settimana. Ha piovuto durante tutta la partita. # 876. Complemento di luogo I complementi di luogo si dividono indichino:

in parecchi tipi a seconda che

a. lo stato in luogo, cioè il luogo in cui avviene l’azione. È solitamente introdotto dalle preposizioni a oppure in, più raramente da: sopra, sotto, fuori. dentro, tra, da, per e su. Esempi: Pavese è nato a Santo Stefano

Belbo. Siamo in classe da stamattina. Il libro è sopra la sedia e non sotto il banco. Ha passato la domenica dai nonni e non tra i campi.

b. il moto a luogo, cioè la direzione verso cui tende il movimento indicato dal verbo. Le preposizioni che introducono il complemento di moto a luogo sono soprattutto in, a, da, sopra, sotto, verso e per. Esempi: vanno a Milano e poi passano in Germania. Se verranno in America verranno anche da noi. Durante le vacanze vanno sempre dai nonni. L’esercito si dirigeva verso est per marciare sulla città. c. il moto da luogo, che indica il luogo da cui proviene il movimento espresso dal verbo. Il moto da luogo è introdotto dalla preposizione da e

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in alcuni casi da di. Esempi: il treno del sole parte da Torino. Ritornano dagli Stati Uniti. AI mattino quando esce di casa sono le sette. d. il moto per luogo, che indica il luogo attraverso cui si svolge il movimento espresso dal verbo. Il complemento di moto per luogo è introdotto dalle preposizioni per, da, in, attraverso e tra. Esempi: il treno è passato per dei luoghi a noi ignoti. Il treno del sole passa anche da Grosseto e da Roma. Erano passati attraverso campi deserti. # 877. Complemento di causa Il complemento di causa indica la causa per cui avviene un’azione, esso è introdotto da per, di, da, a, con e dalle locuzioni prepositive a causa di, per via di. Esempi: non siamo potuti uscire a causa della grande bufera. È stato ricompensato per il suo lavoro assiduo. Con il freddo si esce malvolentieri.

# 878. Complementi di compagnia e di unione Il complemento di compagnia indica la persona, mentre il complemento di unione indica la cosa in compagnia della quale si fa una determinata azione. Questi complementi sono retti da con o dalle locuzioni prepositive insieme con, assieme a, in compagnia di. Esempi: arriveranno con i nipoti. Si fermava sempre a parlare con i vicini di casa. Arrivava sempre con due valigie di tela. # 879. Complemento di mezzo Il complemento di mezzo indica lo strumento o il mezzo con cui si fa o si svolge un’azione. Le preposizioni che introducono questo complemento sono: con, in, a, per. Il complemento di mezzo è anche introdotto dalle locuzioni prepositive per mezzo di e grazie a. Esempi: arriveranno con la macchina. Oggi si viaggia spesso in aereo. Gli aerei a reazione sono velocissimi. Siamo venuti con il treno del sole. Per tagliare la carne si serve di un coltello affilatissimo.

# 880. Complemento di modo o maniera Il complemento di modo o maniera indica il modo in cui si svolge o si fa l’azione. Esso può essere introdotto dalle seguenti preposizioni: con, a, di, in, senza. Esempi: trattava tutti con molta gentilezza. Si esprimeva soprattutto a monosillabi. Ha salito le scale di corsa. L'hanno pregato in ginocchio. Parla senza peli sulla lingua.

# 881. Complemento di argomento Il complemento di argomento indica ciò di cui si parla. Di solito è introdotto da di, su, sopra, circa oppure dalle locuzioni prepositive intorno a, riguardo a, a proposito di... Esempi: al bar si parla di sport 0

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di politica. Questo testo tratta solo di grammatica. Si discute molto sulle armi nucleari. Abbiamo discusso a lungo circa la possibilità di un nostro trasferimento. # 882. Complemento di fine o scopo Il complemento di fine o scopo indica lo scopo per cui si svolge l’azione. Esso è introdotto da per, da, più raramente in, di e anche da una delle seguenti locuzioni prepositive: al fine di, allo scopo di... Esempi: studiano per la promozione. La sua è una macchina da corsa. In molti stati si lotta per la libertà e l’autonomia. Ha ricevuto una bella agenda in omaggio. I muli e i cavalli da tiro non sono più molto utili. # 883. Complemento di abbondanza o privazione Il complemento di abbondanza o privazione specifica ciò di cui si ha abbondanza o di cui si manca. In genere questo complemento è introdotto dalla preposizione di. Esempi: il Mar Mediterraneo è povero di pesci. Il Canada è ricco di minerali e di materie prime. # 884. Complemento di pena e di colpa Il complemento di colpa o pena indica la colpa di cui qualcuno è accusato o a cui è condannato. In genere il complemento di colpa è introdotto da di, mentre quello di pena segue la preposizione a, con. Esempi: fu condannato a cinque anni per insubordinazione. Era incolpato di incompetenza amministrativa. Nel gioco del calcio, il fallo in aerea è punito con il calcio di rigore.

# 885. Complemento di materia Il complemento di materia indica la materia di cui è fatta una cosa. Esso può essere introdotto dalle preposizioni di o, più raramente, da in. Esempi: la loro collana è d’oro massiccio. Compra e vende articoli di metallo. # 886. Complemento di paragone Il complemento di paragone o secondo termine di paragone può indicare uguaglianza, maggioranza o minoranza. Quando si indica uguaglianza, il secondo termine di paragone è introdotto da come oppure quanto. Nel comparativo di maggioranza o di minoranza, il secondo termine di paragone è generalmente introdotto da di, ma se la similitudine avviene tra qualità o quantità riferentisi ad uno stesso soggetto, allora il complemento di paragone sarà introdotto da che. Esempi: la sua macchina è bella come la tua. E un errore grande quanto una casa. L’estate è più fredda dell’inverno. I cani sono più fedeli dei gatti. Carlo è più intelligente che studioso. Hanno meno amici che parenti.

229 # 887. Altri complementi Oltre ai complementi or ora elencati ve ne sono altri, però meno comuni. Tra di essi possiamo ricordare: a. il complemento di stima o prezzo che non è retto da alcuna preposizione. Esempio: quella collana vale cinquemila dollari. b. il complemento di limitazione, introdotto da di, per, in, a e dalle

locuzioni prepositive in quanto a, in fatto di... Esempi: secondo lei, suo zio era una persona avanzata in età, bassa di statura, sorprendente per vivacità. c. il complemento di età, che appunto indica l’età di qualcuno o di qualcosa. È introdotto dalla preposizione di o da a. Con la preposizione su si indica invece età approssimativa. Esempi: è un signore di cinquantadue anni, ma a vent'anni era già andato in America. È già sulla trentina. d. il complemento di denominazione, introdotto dalla preposizione di consiste in un nome proprio che ne determina uno generico che lo precede. Esempi: la città di Montreal fu fondata nel 1642. L’isola d’Elba si trova nel mar Tirreno. Nel mese di agosto molti italiani vanno in vacanza. # 888. Apposizione L’apposizione è costituita da un nome o da una espressione che si accostano direttamente a un nome, in genere proprio, per meglio determinarlo.

Di solito

i nomi

geografici quali monte,

fiume, mare...

fungono da apposizione dei nomi propri che seguono. Esempi: Cesare, il grande imperatore, morì nel 44 a.C. Ha visto Luigi, il figlio del giardiniere. Il fiume Po è il più lungo d’Italia.

# 889. Attributo L’attributo è un aggettivo aggiunto a un nome per meglio determinarlo. Questo aggettivo può riferirsi ai vari complementi, per cui potrà essere attributo del soggetto, del complemento oggetto ecc... Esempi: il caro amico arriverà domani. Le foglie rosse sono una caratteristica dell’autunno canadese. Loro leggono solo dei libri interessanti.

SINTASSI DEL PERIODO # 890. Definizione La sintassi del periodo concerne il rapporto delle varie proposizioni facenti parte del periodo.

230

# 891. Tipi di proposizioni Le proposizioni si dividono in principali, dipendenti o coordinate. # 892. Proposizioni principali Le proposizioni principali o indipendenti sono quelle che hanno senso compiuto anche senza la presenza di altre proposizioni. Esempi: oggi è una bella giornata. I viaggiatori sono arrivati alle sette. # 893. Proposizioni dipendenti Le proposizioni dipendenti sono quelle che da sole non. hanno senso compiuto e quindi devono dipendere da un’altra. Esempi: oggi è una bella giornata perché non piove. I viaggiatori sono arrivati benché il tempo fosse pessimo. Oltre che dalla principale, una proposizione dipendente può essere retta da un’altra proposizione, pure essa dipendente. Esempio: non è andato in ufficio, perché ha dovuto accompagnare la moglie che partiva. (perché ha dovuto accompagnare la moglie è dipendente di primo grado; che partiva è una proposizione dipendente di secondo grado). # 894. Proposizioni coordinate Le proposizioni coordinate possono essere principali o dipendenti. Esempi: oggi è una bella giornata e vado a passeggiare (coordinate principali). Oggi è una bella giornata perché non piove e perché non tira vento (coordinate dipendenti).

PROPOSIZIONI PRINCIPALI O INDIPENDENTI Le proposizioni principali si possono dividere in: # 895. dichiarative o enunciative, quando riferiscono un fatto o enunciano un giudizio. Di solito il verbo di queste proposizioni è all’indicativo, ma potrebbe anche essere al condizionale (per indicare una possibilità o un desiderio) o all’infinito. Esempi: ieri era lunedì. Voi siete venuti all’università. L’attrice ha recitato bene. A Natale andrebbero a Cuba. Ecco arrivare una carrozza tutta splendente. # 896. imperative, quando esprimono un comando. Queste proposizioni hanno il verbo all’imperativo, al congiuntivo o anche all'infinito. Esempi: vieni da noi domani! Studiate la lezione con cura! L’annunciatore legga il telegiornale. Non cantare! Maneggiare con precauzione.

# 897. interrogative dirette, quando formulano una domanda. Possono essere espresse con il verbo all’indicativo, al condizionale, al congiuntivo

231

ed anche all’infinito. Esempi: andreste al museo d’arte moderna? lei? Parteciperà anche lui al concorso? Che fare? Cosa dire?

Che sia

# 898. ottative, quando esprimono un desiderio o un augurio. In genere queste proposizioni hanno il verbo al congiuntivo. Esempi: che Dio ve la mandi buona! Possiate riuscire nella vostra impresa! Siate felici! # 899. esclamative, quando si esprime un sentimento di dolore, di meraviglia... Il verbo delle proposizioni esclamative può essere all’indicativo, al condizionale, al congiuntivo od anche all’infinito. Esempi: che bella serata abbiamo passato dai Rossi! Vengano pure! Tu, fare una carognata simile! Ma che vittoria sarebbe!

# 900. esortative, se esprimono un’esortazione, una preghiera e richiedono per lo più il verbo all’imperativo o al congiuntivo. Esempi: siate generosi! Non abbiate timore di fare del bene!

# 901. incidentali, quando, limitate da due virgole, sono inserite in un periodo senza alcun legame sintattico con le altre proposizioni. Esempi: questo, lo diciamo chiaramente, è un sopruso. Tu, ci rincresce dirlo, non sei puntuale. Oggi, mi dispiace dirlo, non ho voglia di studiare. Queste strade, lo ammettono tutti, sono pericolosissime. # 902. Proposizioni esplicite e implicite Le proposizioni, principali o dipendenti si dicono esplicite, quando presentano il verbo a un modo finito, e implicite, quando il loro verbo è a un modo indefinito, cioè all’infinito, al participio o al gerundio.

PROPOSIZIONI COORDINATE # 903. La coordinazione tra due proposizioni, principali o dipendenti, si può ottenere con: a. una virgola Esempi: Luigi va al mare, Maria va in montagna, noi rimaniamo a casa. Pensavo che Carlo lavorasse in biblioteca, studiasse a casa, giocasse a bridge, ma non mi sarei aspettato che...

Quando la coordinazione tra più proposizioni avviene mediante l’uso della virgola si ha un asindeto. b. con una congiunzione Esempi: arriva da Bologna e va a Palermo. Studia poco, ma capisce molto.

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Le congiunzioni coordinative sono: e, né, neppure (copulative); o, ovvero, oppure (disgiuntive); perciò, dunque, quindi (conclusive); cioè, vale a dire, infatti, difatti, ossia (dichiarative); e.....e, COSì.....come, non solo......ma anche (correlative); Quando la coordinazione si fa ripetendo la medesima congiunzione si ha un polisindeto. Esempio: benedetto sia il giorno e il mese e l’anno e la stagione e il tempo... c. con i pronomi correlativi chi......chi, gli uni..... gli altri. Esempi: chi leggeva chi studiava. Non sapeva chi leggesse e chi studiasse. Gli uni lavorano, gli altri si riposano.

PROPOSIZIONI DIPENDENTI # 904. Tipi di subordinazione La subordinazione di una proposizione si può ottenere con:

a. una congiunzione Esempi: vanno al mare perché vogliono abbronzarsi. Se lo invitate viene di sicuro. Ve lo dice affinché lo sappiate. La proposizione subordinata prende solitamente il nome dalla congiunzione che la unisce alla proposizione da cui dipende. Esempi: tutti vogliono uscire perché è una bella giornata (causale). Quando si studia, non bisogna ascoltare la radio (temporale). Vanno in montagna per riposarsi (finale). b. un pronome relativo Esempi: la valigia, che ha comprato ieri, s'è già rotta. Il generale, che conquistò la Gallia, fu Giulio Cesare. Cercava un impiegato che conoscesse l’inglese.

Le proposizioni dipendenti introdotte da un pronome relativo e che si chiamano appunto proposizioni relative possono avere diverse funzioni: finale, causale... c. un infinito, un participio o un gerundio Esempi: arrivati in ufficio, ci beviamo un caffè. Vedendoci affaticati, si fermò.

233 d. un pronome o un avverbio interrogativo (chi, quale, dove, quando...). Esempi: si domanda chi sia a quest'ora. Mi chiedevo dove mai fosse andato a finire il mio libro.

PROPOSIZIONI DIPENDENTI PIU COMUNI Le proposizioni dipendenti si possono distinguere in: # 905. soggettive La proposizione soggettiva svolge la funzione di soggetto del verbo della proposizione da cui dipende. Le soggettive esplicite sono introdotte da che e presentano il verbo all’indicativo se la reggente indica certezza, al congiuntivo se indica necessità, dubbio, speranza, al condizionale se si vuole esprimere una possibilità. Esempi: è certo che domani pioverà. Era chiaro che era una persona colta. È necessario che tu studi. Una volta si pensava che Marte fosse abitato. Pareva che il cielo fosse illuminato. È certo che correrebbe (se fosse allenato). Le soggettive implicite hanno il verbo all’infinito e sono introdotte o no dalla preposizione di. Esempi: con quel baccano era impossibile studiare. Era ormai tempo di rientrare. Occorre fare presto. Le proposizioni soggettive dipendono da verbi impersonali. # 906. oggettive La proposizione oggettiva ha la funzione di un complemento oggetto.

Le proposizioni oggettive esplicite sono introdotte da che e richiedono l’indicativo se si tratta di un fatto reale, il congiuntivo o il condizionale quando il verbo della reggente indica dubbio, volontà, desiderio, speranza ecc... Esempi: tutti sanno che la domenica è festa. Ieri vi hanno detto che verranno a Montreal. Gli ha detto che era andata a Capri. Gli ha detto che sarebbe arrivato il venti gennaio. Manzoni voleva che il fiorentino diventasse la lingua di tutta l’Italia. Il sibilo della sirena annunciava che passava un’autoambulanza. Molti pensano che il caffè sarebbe migliore senza zucchero. Le proposizioni oggettive implicite sono introdotte o no da di ed hanno il verbo all’infinito. Esempi: l’imputato dichiarò di essere innocente. Il dottore gli ha proibito di fumare. Tutti le hanno consigliato di riposarsi. Sente il vento fishiare. Vide arrivare i corridori.

234

La proposizione oggettiva dipende da verbi "dicendi" o da verbi che esprimono opinione e che rispondono alla domanda: chi? che cosa?

# 907. causali La proposizione causale indica la causa per cui avviene l’azione espressa dalla reggente.

La proposizione causale esplicita è introdotta da perché, giacché, poiché, siccome, che e presenta il verbo all’indicativo. Esempi: non andò al cinema perché era ammalata. Poiché non ricevette notizie gli telefonò. Siccome aveva ricevuto quella lettera, volle rientrare subito a casa. La proposizione causale implicita può presentare il verbo al gerundio, al participio passato o all’infinito, quest’ultimo può essere introdotto da per, a, di. Esempi: avendo fatto festa ieri, oggi dobbiamo lavorare di più. Arrivati gli amici, abbiamo smesso di studiare. Avendo giocato al pallone tutto il giorno, hanno dormito profondamente. Sono stanche morte per aver giocato a pallacanestro. # 908. consecutive La proposizione consecutiva, esprime la conseguenza di quanto espresso nella reggente. Le proposizioni consecutive esplicite presentano il verbo all’indicativo e sono introdotte da tanto... che, così... che. Esempi: è tanto stanco che non si regge in piedi. È caduta tanta neve che il traffico è rimasto bloccato per due giorni. Gridava tanto forte che fu scambiato per un pazzo.

Le proposizioni consecutive implicite hanno il verbo all’infinito e sono introdotte dalla preposizione da. Esempi: era tanto malandato da suscitare la pietà di tutti. Il vento soffiò tanto forte da abbattere alcuni alberi.

# 909. finali La proposizione finale indica il fine o lo scopo di quanto espresso nella reggente. La proposizione finale esplicita può essere introdotta da perché, affinché, onde, in modo che... ed ha il verbo al congiuntivo. Esempi: gli ha telefonato perché sapesse la verità da lui. Te lo dico affinché tu lo sappia. Ci avverte in modo che siamo più cauti.

La finale implicita ha il verbo all’infinito ed è introdotta da per, a, onde, al fine di... Esempi: Manzoni scrisse il "Cinque Maggio" per onorare la

235

memoria di Napoleone. Lo sfortunato passante era uscito per andare al lavoro. Si era piegato per raccogliere un fiorellino. Si ricorda che quando i soggetti della reggente e della dipendente finale sono gli stessi, il verbo della seconda va all’infinito. Esempi: ci ha telefonato per invitarci alla sua festa. Caro amico, ti scrivo per dirti che... # 910. temporali La proposizione temporale indica il tempo in cui avviene quanto espresso dalla reggente. Nella forma esplicita questa dipendente richiede l’indicativo o il congiuntivo ed è introdotta da quando, mentre, allorché, finché, appena, prima che, dopo che. Il congiuntivo si usa soprattutto dopo -prima che-. Questo rapporto temporale può essere di contemporaneità, anteriorità 0 posteriorità. Esempi: quando va a Milano passa dalla Scala. Aveva parlato con lei prima che partisse. Dopo che ebbe finito i compiti andò a giocare. Appena si firmò la pace, gli ostaggi furono liberati. Ha riparato la macchina mentre lei guardava la tivù.

Nella forma implicita il verbo può essere al gerundio o all’infinito preceduto da prima di, dopo di... Esempi: aveva parlato con lei prima di partire. Guardava la partita ascoltando la radiolina. Terminate le scuole molti vanno in vacanza. Dopo aver terminato l’allenamento fece la doccia.

Nota: si osservi la differenza semantica tra: Luigi aveva parlato con lei prima di partire e Luigi aveva parlato con lei prima che partisse. Nel primo caso (aveva parlato con lei prima di partire) è Luigi che parte, mentre nel secondo a partire è lei.

# 911. concessive La proposizione concessiva esprime una circostanza, malgrado la quale si verifica quanto espresso dalla reggente. La forma esplicita è introdotta da benché, sebbene, quantunque, nonostante, per quanto,... e richiede il verbo al congiuntivo, mentre quando è introdotta da anche se richiede l’indicativo. Esempi: sebbene fosse stanco volle terminare il lavoro. Per quanto avessero studiato, non tutti sapevano la lezione. Anche se piove, uscirò lo stesso. Nella forma implicita il verbo può essere al gerundio, preceduto da pur(e), o al particpio passato, preceduto da una delle congiunzioni segnalate per

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le concessive esplicite. Esempi: sebbene ferito, il toro dimostra una forza straordinaria. Pur avendo guidato per tre ore, non era stanco. Per quanto messo in guardia, si fece imbrogliare. # 912. comparative Le proposizioni comparative esprimono un paragone con quanto nella proposizione reggente.

detto

Nella forma esplicita il verbo delle comparative è solitamente all’indicativo, soprattutto quando esprimono uguaglianza, mentre quando esprimono maggioranza o minoranza il verbo è più spesso al congiuntivo. Esempi: si dimostrò più intelligente di quanto credessero. Lo spettacolo era tale quale ce l’avevano descritto. I danni sono stati superiori a quanto si fosse previsto.

Nella forma implicita le proposizioni comparative presentano il verbo all’infinito. Esempi: preferiamo fare una bella passeggiata piuttosto che rimanere in casa. Più che cantare strillava. # 913. modali Le proposizioni modali indicano il modo in cui avviene l’azione espressa dalla reggente. Nella forma esplicita hanno il verbo all’indicativo o al congiuntivo e sono introdotte da come, comunque, come se. Esempi: hanno fatto come hanno potuto. Parlava come se sapesse tutto. Comunque vadano le cose vi saremo sempre vicini.

Nella forma implicita la proposizione modale ha il verbo al gerundio o all’infinito, quest’ultimo preceduto da con oppure a. Esempi: si faceva capire da tutti parlando italiano. Si erano avvicinati alla macchina con fare sospetto. A mangiare troppo ingrasserete presto.

# 914. esclusive Le proposizioni esclusive indicano un fatto senza cui avviene l’azione espressa dalla reggente. Quando esplicite, le esclusive presentano il verbo al congiuntivo e sono introdotte da senza che, che. Esempi: Carletto beve e fuma senza che i suoi lo sappiano. Non c’era giorno che non pensasse a lei.

Se implicite, le proposizioni esclusive sono introdotte da senza ed hanno il verbo all’infinito. Esempi: guidava la macchina senza avere la patente. Andava in vacanza senza avvertire nessuno.

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# 915. eccettuative Le proposizioni eccettuative sono introdotte da fuorché, salvo che, a meno che (non)... e alla forma esplicita richiedono il verbo all’indicativo o al

congiuntivo. Esempi: andremo a trovarlo a meno che lui non venga qui. Non si lamentava mai fuorché quando doveva lavorare. Nella forma implicita le eccettuative hanno il verbo all’infinito e sono introdotte da fuorché, salvo che, tranne che, eccetto che. Esempi: faceva di tutto fuorché umiliarsi. Tutto era possibile fuorché raggiungere il fuggitivo.

# 916. limitative Le proposizioni limitative limitano il significato di ciò che è presentato nella reggente.

Nella forma esplicita il verbo è all’indicativo o al congiuntivo e sono introdotte da per quanto, da quanto, per quello che, secondo quanto, stando a... Esempi: secondo quanto dicono i giornali, ci sarà un altro sciopero. Stando a quello che dice lui, tutti hanno torto. Per quanto ne sappiano loro, la partita sarà equilibrata. Nella forma implicita, le limitative hanno il verbo all’infinito introdotto da

(in) quanto a, raramente da per e a. Esempi: quanto a fargli gli auguri, ci penseremo un’altra volta. A mangiare e bere non lo batte nessuno. # 917. strumentali Le proposizioni strumentali indicano lo strumento o il mezzo con cui avviene l’azione espressa nella reggente. Le strumentali si trovano solo alla forma implicita e il verbo è espresso al gerundio oppure all’infinito, introdotto da con, a forza di... Esempi: leggendo si impara molto. Risparmiando ci si arricchisce. A forza di allenarsi diventò un campione.

# 918. avversative La proposizione avversativa indica una situazione contrastante o avversa a quanto espresso nella reggente. La forma esplicita ha il verbo all’indicativo o al condizionale ed è introdotta da mentre, quando, laddove. Esempi: i genitori lavorano, mentre lui non fa niente. Canta e balla tutto il giorno, mentre dovrebbe studiare. Le avversative implicite hanno il verbo all’infinito introdotto da invece di, anziché... Esempi: trascura i consigli del dottore, invece di seguirli. Preferisce giocare a carte anziché studiare.

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# 919. relative La proposizione relativa è introdotta da un relativo, pronome od avverbio. Le proposizioni relative si possono dividere in proprie ed improprie. Sono proprie quando sostituiscono un attributo o un’apposizione. Esempi: Vittorio Alfieri, che visse nel *700, nacque ad Asti. Dante, che fu il massimo poeta italiano, morì a Ravenna.

Le proposizioni relative improprie, hanno valore di proposizione finale, consecutiva, causale... Esempi: hanno mandato una nave che caricasse quel materiale (finale). Cerca un impiegato che gli traduca le lettere. Lui che sarebbe la persona adatta non accetta.

# 920. interrogative indirette Le proposizioni interrogative indirette esprimono una domanda in modo non diretto. Le proposizioni interrogative indirette possono avere il verbo all’indicativo, al congiuntivo o anche al condizionale. Esempi: ci domandiamo che cosa sia venuto a fare qui. Si chiede se lei l’ha già saputo. Mi domando quale sarebbe la sua opinione. # 921. condizionali La proposizione condizionale esprime una condizione o una ipotesi relativa a quanto espresso nella reggente. Se esplicita è introdotta da se, a condizione che, a patto che... Il verbo è all’indicativo quando la condizione è reale o possibile, al congiuntivo quando la condizione è irreale o non realizzata. Esempi: se lo incontra lo

saluta. Se lo incontrava io salutava. Se lo incontrasse lo riconoscerebbe senza difficoltà. (In genere si usa l’indicativo quando il valore di -se- è molto vicino a quello di -quando-). Se implicita, la dipendente condizionale può avere il verbo al gerundio, al participio passato o all’infinito preceduto da a. Esempio: fai bene ad andare a scuola. # 922. periodo ipotetico Il periodo ipotetico è formato da una proposizione condizionale e dalla sua reggente. I grammatici chiamano protasi la proposizione condizionale in cui si indica la condizione necessaria perché avvenga quanto espresso nella principale, chiamata apodosi. Esempi: andrei in Italia se avessi i soldi. Se lo sapessi te lo direi. Se andava alla partita incontrava gli amici. # 923. periodo ipotetico della realtà Il periodo ipotetico può essere della realtà o dell’irrealtà. Nel periodo

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ipotetico della realtà, cioè quando si presenta un’ipotesi reale o possibile, si usa l’indicativo sia nella protasi che nell’apodosi. Esempi: se lo vede lo saluta. Se lo vedeva lo salutava. Se lo vedrà glielo dirà.

# 924. periodo ipotetico dell’irrealtà Se si tratta di un fatto ipotetico o irreale si usa il congiuntivo imperfetto o trapassato nella protasi e il condizionale presente o passato nell’apodosi. Esempi: se lo vedesse glielo direbbe. Se lo avesse visto glielo avrebbe detto. Se vincesse la lotteria farebbe il giro del mondo. Se avesse vinto la lotteria avrebbe fatto il giro del mondo. Se lo avesse saputo ce l’avrebbe detto.

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NOZIONI DI STILISTICA # 925. La retorica La retorica è l’arte del parlare e dello scrivere. Essa sorse già in tempi molto antichi e Platone, nel dialogo "Gorgia", la definì appunto l’arte della parola. Secondo la tradizione classica la retorica comprendeva cinque parti: la inventio, da "invenire" cioè trovare gli argomenti da dire; là dispositio, cioè il modo di disporre gli argomenti; la elocutio, l’esposizione degli

argomenti; l’actio, l’interpretazione con gesti appropriati; la memoria, cioè l’apprendere il testo a memoria. # 926. Il parlar figurato Oltre che dalle regole grammaticali, il parlare e lo scrivere sono retti da altre regole e da figure retoriche, secondo cui le unità lessicali in questione abbandonano il valore proprio per assumerne un altro che rappresenta una certa relazione con il primo. Questo procedimento, noto anche sotto il nome di linguaggio figurato, serve a conferire efficacia e colore nuovo al discorso. Qui di seguito illustriamo, anche con l’aiuto di esempi, quelle che sono considerate le più importanti figure grammaticali e retoriche. # 927. aferesi È un mutamento fonetico che consiste nella caduta di un suono all’inizio di una parola. Esempi: rena da arena, scuro da oscuro, verno da inverno, sendo da essendo.

# 928. allegoria L’allegoria (= altro discorso) è una figura retorica secondo la quale una descrizione o un racconto possono essere intesi con un senso più profondo, in quanto essi nascondono un altro pensiero. # 929. allitterazione L’alliterazione consiste nella ripetizione di uno stesso suono nell’ambito di poche sillabe. Esempio: Sa chi sa, che nulla sa.

# 930. anacoluto Si ha anacoluto quando un periodo è costruito più secondo lo svolgimento logico del concetto espresso dalle parole che secondo l’ordine grammaticale. Esempio: Quelli che muoiono, bisogna pregar Iddio per loro.

# 931. anafora L’anafora consiste nella ripetizione di una o più parole all’inizio di costrutti che si susseguono in un determinato ordine strofico e sintattico. Esempio: Per me si va nella città dolente/ per me si va nell’eterno dolore, / per me

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si va tra la perduta gente. (Dante) # 932. antitesi L’antitesi si basa sulla contrapposizione di concetti Esempio: Non gliel celai, ma tutto gli apersi.(Dante)

o di immagini.

# 933. antonomasia Consiste nel definire un personaggio famoso con un attributo inequivocabile oppure quando, si usa il nome di un personaggio famoso 0 di una cosa nota, per indicarne qualità o difetti. Esempi: il ghibellin fuggiasco (= Dante). Il segretario fiorentino (= Machiavelli). Novella Tebe (= Pisa). # 934.

apocope

E un cambiamento fonetico che consiste nella caduta di uno o più fonemi alla fine di un’unità lessicale. Esempi: fra’ (per frate), po’ (per poco). # 935.

apostrofe

Appello che si rivolge a persona o a cosa personificata. Esempio: Ahi Pisa vituperio de le genti/ del bel paese là dove il sì suona... (Dante). # 936. asindeto Consiste nella soppressione della congiunzione tra due o più parole. Esempio: Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori,/ Le cortesie, l’audaci imprese io canto... (Ariosto)

# 937. chiasmo Consiste nella collocazione di quattro parole od espressioni in modo tale che la prima corrisponda alla quarta e la seconda alla terza. Esempi: Cruento è il fango, la nebbia è perfida (Carducci). Qual ninfa in fonti, in selve mai qual dea (Petrarca). Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori (Ariosto)

# 938. diafora La diafora consiste nella ripetizione di una parola usata però con significato o con sfumatura diversi. Esempio: Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non comprende. # 939. domanda retorica È un’interrogazione fasulla in quanto la risposta è già implicita nella domanda.

# 940. ellissi L’ellissi consiste nell’omissione di una parola senza nuocere alla chiarezza

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della frase. Esempio: Voi studiate e loro no. (In «loro no» manca il verbo). # 941. enallage L’enallage consiste nell’uso di una parte del discorso al posto di un’altra che sarebbe più appropriata. Esempio: Vivo t’en vai così parlando onesto (per onestamente) (Dante)

# 942. endiadi Consiste nell’esprimere uno stesso concetto con due parole od espressioni simili. Esempio: Con i silenzi e con la notte (Leopardi). # 943. enjambement Si ha enjambement quando la fine di un verso non coincide con la fine di una frase. # 944. epentesi Consiste nell’inserzione di un fonema nel corpo di una parola. (Si ricorda che un fonema è la più piccola unità di suono sprovvista di significato). Esempi: Similemente il mal seme d’Adamo... (Dante). Pissicologia.

# 945. eufemismo Consiste nel far ricorso a un giro di parole per esprimere, in modo meno forte, un concetto che potrebbe sembrare o essere troppo crudo 0 sgradevole. Esempio: È passato a miglior vita (invece di: è morto). # 946. iperbato Consiste nel mutamento dell’ordine dei termini di una proposizione o di un periodo. Esempi: Giovane e bella in sogno mi parea / donna vedere andar per una landa... (Dante). Questa bella d’erbe famiglia e d’animali (Foscolo).

# 947. iperbole È una figura retorica che consiste nell’esagerazione di un’idea o di un’espressione, con il chiaro scopo di sorprendere o commuovere l’animo altrui. Esempi: è un secolo che non lo vediamo! Te l’avrà detto mille volte. # 948. ironia Consiste nell’usare una parola per esprimere il contrario. Se l’ironia è molto forte si parla di sarcasmo. Esempi: Ma quanto sei intelligente! (per affermare il contrario)

# 949. litote Figura con la quale si attenua la crudezza di un giudizio, presentando una persona o una cosa per quello che non è, invece di quello che è. In altre

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parole, nella litote si nega un concetto per affermarne il contrario. Esempi: Don Abbondio non era un cuor di leone (Manzoni). Non è un’aquila (per dire che una persona non è molto intelligente).

# 950. metafora Consiste nella trasposizione del senso di una parola ad un’altra, secondo un rapporto di somiglianza. I latini chiamavano la metafora "similitudo brevior" (paragone abbreviato) e in genere nella metafora si trasporta il senso di una parola da quello vero a quello figurato. Esempio: Carlo è una roccia (= forte come una roccia).

# 951. metonimia Consiste nell’uso di un termine in luogo di un altro, secondo un rapporto di dipendenza. Per esempio si esprime il contenente per il contenuto, il contenuto per il contenente, l’autore per l’opera, la materia per l’oggetto, l’effetto per la causa, l’astratto per il concreto. Esempi: bevi un bicchierino (contenente per contenuto); è sfuggito all’inseguimento (astratto per concreto); l’umanità (= gli uomini); aver fegato (= aver coraggio, cioè: concreto per astratto); ferro per spada, marmo per statua (materia per oggetto); le sudate carte (Leopardi) (effetto per causa).

# 952. ossimoro L’ossimoro consiste nell’accostamento di parole di senso opposto e che sembrano escludersi a vicenda. Esempi: Ingiusto feme me contra me giusto (Dante). # 953. paradosso Il paradosso consiste in un’affermazione in apparenza assurda, specialmente perché presentata sotto forma di ossimoro. Esempi: è bello perché è brutto. I paesi più poveri sono ricchissimi. # 954. paragoge (o epitesi). Consiste nell’aggiunta di una vocale alla fine di una parola. Esempi: Andoe in vita eterna (Novellino). Fue (invece di fu, frequente nell’italiano del ’300).

# 955. paragramma Il paragramma consiste nell’accostamento di due unità semantiche distinte da un solo fonema. Esempi: viso/riso, resa/rosa... # 956. paranomasia Si produce accostando due parole con sonorità quasi simile. Esempi: I like Ike (Jakobson). Silvia salivi... (Leopardi)

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# 957. pleonasmo Consiste nell’inserimento di una parola grammaticale che, nella frase, non ha alcuna funzione grammaticale o sintattica. # 958. polisindeto Rappresenta la ripetizione della stessa congiunzione nel corso dello stesso periodo. Esempi: Benedetto sia il giorno e il mese e l’anno e la stagione, e il tempo e l’ora e il punto e ’1 bel paese e ’1 loco ov’io fui giunto. (Petrarca)

# 959. prosopopea (o personificazione). Consiste nel far parlare o nel dar vita a persone già morte

0 a cose.

# 960. prostesi Consiste nel porre una vocale all’inizio di una parola per renderne il suono più gradevole. Esempi: ma in Ispagna son già mille e tre (Da Ponte).

# 961. sillessi Consiste nel fenomeno per cui il numero del verbo non concorda con quello del soggetto. Esempi: la povera gente son tutto cuore (Manzoni).

# 962. similitudine Si usa per chiarire un concetto mediante il paragone con un’immagine più familiare. Esempio: fedele come un cane. # 963. sincope Consiste nella soppressione di una sillaba nel corpo di una parola. Esempi: torre per togliere, corre per cogliere...

# 964. sineddoche Figura retorica che consiste nell’uso di una parola al posto di un’altra secondo un rapporto di quantità, indicando per esempio la parte per il tutto o il tutto per la parte, il singolare per il plurale o il plurale per il singolare, la specie per il genere o comunque un termine più ampio al posto di un altro con senso più ristretto. Esempi: vela per nave, tetto per casa, bocche per persone. Accende una sigaretta. Si dice che il turco fumi molto. Pensa ai figli. Lavoratore per operaio, casa per abitazione. Mortale per uomo, felino per gatto, quadrupede per cavallo...

# 965. tmesi Consiste nel separare una parola nelle due parti di cui essa si compone.

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# 966. zeugma Consiste nel far dipendere da un solo verbo due o più parti, ciascuna delle quali richiederebbe un verbo particolare. Esempio: Parlare e lagrimar vedrai insieme... (Dante).

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METRICA # 967. Definizione Per metrica si intende l’arte che regola i versi e il modo in cui essi si

raggruppano. # 968. il verso Il verso si definisce dal numero di sillabe che lo compongono. Quello più prestigioso è l’endecasillabo, di undici sillabe. Altri tipi di versi sono il decasillabo (dieci sillabe), il novenario (nove sillabe), l’ottonario (otto sillabe), il settenario (sette sillabe), il senario (sei sillabe), il quinario (cinque sillabe). Meno frequenti sono il quaternario (quattro sillabe), il ternario (tre sillabe) e il bisillabo (due sillabe).

Per calcolare il numero delle sillabe di un verso è necessario tener presente la sinalefe, la sineresi e la dieresi. # 969. sinalefe La sinalefe, o elisione, è il fenomeno per cui la vocale non accentata che si trova alla fine di una parola e la vocale iniziale della parola seguente contano per una sola sillaba. Esempio: Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono (Petrarca) # 970. sineresi In base alla sineresi due vocali interne continue possono contare come una sola sillaba: Piovean di fuoco dilatate falde (Dante)

# 971. dieresi In seguito alla dieresi, due vocali di una stessa sillaba possono essere calcolate separatamente. Questo fenomeno è frequente quando le vocali si trovano in fine di verso. Mirava il terziario canuto... (Pascoli)

# 972. accenti ritmici Molto importanti sono anche gli accenti ritmici, che danno appunto il ritmo al verso. In genere i vari versi devono avere gli accenti ritmici su determinate sillabe. # 973. endecasillabo Gli endecasillabi si possono dividere in tre tipi fondamentali a seconda che gli accenti ritmici cadano sulla sesta e sulla decima sillaba, sull’ottava e sulla decima oppure sulla quarta, sulla settima e sulla decima sillaba. Considerate la vostra semenza fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza.

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Li miei compagni fec’io si aguti, con questa orazion picciola, al cammino che a pena poscia li avrei ritenuti. (Inf. XXVI)

# 974. decasillabo In genere il decasillabo ha accenti ritmici sulla terza, sulla sesta e sulla nona sillaba. I cipressi che da Bolgheri alti e schietti van da san Guido in duplice filar quasi in corsa giganti giovinetti mi balzarono incontro e mi guardar. (Carducci) # 975. novenario Oltre a un accento sull’ottava, il novenario ne ha altri sulla seconda e sulla

quarta sillaba o sulla terza e sulla quinta. Ritornava una rondine al tetto: l’uccisero: cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: la cena de’ suoi rondinini. (Pascoli: X agosto)

# 976. ottonario L’ottonario ha gli accenti ritmici sulla terza e sulla settima sillaba. Su ’1 castello di Verona batte il sole a mezzogiorno da la chiusa al pian rintrona solitario un suon di corno.

(Carducci)

# 977. settenario Il settenario ha l’ultimo accento sulla sesta e uno o due accenti ritmici su una qualsiasi delle prime quattro sillabe. Ei fu. Siccome immobile, Dato il mortal sospiro, Stette la spoglia immemore Orba di tanto spiro, Così percossa, attonita La terra al nunzio sta, Muta pensando all’ultima Ora dell’uom fatale; (Manzoni: V maggio)

# 978. senario Il senario ha accenti sulla seconda, raramente sulla terza, e sulla quinta

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sillaba. Fratelli d’Italia l’Italia s’è desta; dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa. (Mameli)

# 979. quinario Il quinario ha l’ultimo accento sulla quarta sillaba.

È fosco l’aere il cielo muto; ed io sul tacito veron seduto, in solitaria malinconia ti guardo e lacrimo, Venezia mia. (Arnaldo Fusinato: L’ultima ora di Venezia).

# 980. quadrisillabo Il quadrisillabo ha accenti sulla prima e sulla terza sillaba. C'è un castello c’è un tesoro c’è un avello. Dove ignoro. Questo so che morrò nel cercare terra e mare per trovare quel castello, quel tesoro. Poi mi avrò (vo’ sperare) quell’avello. (G. Mazzoni)

# 981. trisillabo Il trisillabo ha l’accento ritmico sulla seconda sillaba. Tossisce, / tossisce, / un poco / si tace di nuovo / tossisce. / Mia povera / fontana, il male / che hai / il core / mi preme. (A. Pallazeschi)

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# 982. bisillabo Il bisillabo ha l'accento ritmico sulla prima sillaba. Dietro / qualche / vetro, qualche / viso / bianco, qualche / riso / stanco, qualche / gesto / lesto... (G.A. Cesareo) # 983. versi piani, sdruccioli o tronchi I versi or ora segnalati possono essere: piani se terminano con una parola piana (accento sulla penultima sillaba), sdruccioli se terminano con una parola sdrucciola (accento sulla terzultima sillaba), tronchi se terminano con una parola tronca (accento sull’ultima sillaba). È molto importante tener presente che, per il computo delle sillabe, tutti i versi sono considerati piani, per cui l’ultima sillaba delle parole tronche conta doppio, mentre le ultime sillabe delle parole sdrucciole contano per una sola sillaba.

# 984. rima e assonanza Altro elemento essenziale della metrica è la rima che consiste nella identità di suono a partire dall’ultimo accento. Talvolta, invece della rima, si ha l’assonanza che consiste nella corrispondenza delle ultime vocali toniche o delle lettere che seguono tali vocali toniche. # 985. versi sciolti Quando i versi non sono legati dalla rima si dicono sciolti.

# 986. tipi di rima La disposizione delle rime può assumere posizioni diverse e le rime stesse sono definite in base a tale disposizione. Le forme più comuni sono: a. la rima baciata quando si tratta di versi consecutivi: AA BB CC... b. la rima incrociata: ABBA oppure CDCCDC c. la rima alternata: ABABAB... d. la rima incatenata: ABA BCB CDC... detta anche terza rima dantesca.

# 987. strofe e stanze I versi collegati da determinate rime sono uniti in gruppi formando dei nessi di senso compiuto. A questa serie di versi uniti secondo un ordine prestabilito si dà il nome di strofa o di stanza.

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# 988. stanze Le stanze contengono quasi sempre endecasillabi e le più comuni sono: le ottave formate da otto versi il cui schema è ABABABCC;

le sestine composte di sei versi il cui schema è ABABCC; la nona rima, di nove versi. Praticamente un’ottava con un verso in più che rima con il sesto. Il suo schema ABABABCCB;

la terzina, di tre versi, per lo più legata alle seguenti con rima incatenata, ABA BCB CDC...; la quartina, di quattro versi, può avere lo schema ABAB oppure ABBA;

il distico, di due versi, aventi lo schema AA BB CC # 989. strofe Le strofe hanno forme più libere e sono meno riducibili a schemi come le stanze. Di solito le strofe non sono formate da molti versi, spesso quattro oppure otto, e vi predominano i versi brevi, specialmente il settenario. Le strofe hanno gli stessi nomi delle stanze cioè: distico per i due versi, terzina, quartina, sestina e ottava. Rare sono le strofe di cinque e di sette versi.

GENERI LETTERARI # 990. generi letterari Le composizioni letterarie sono solitamente divise nei generi seguenti: lirico, narrativo, drammatico, didascalico e satirico.

IL GENERE LIRICO # 991. il genere lirico Nel genere lirico, solitamente rappresentato da opere in versi, il poeta esprime sentimenti propri di gioia, di dolore, di amore e rimane protagonista del proprio canto.

È il genere poetico più personale e le fonti d’ispirazione sono appunto i temi or ora segnalati, quali l'amore per una persona, per la patria, per una divinità, il rispetto di ideali ecc...

Il genere lirico è presente nella letteratura italiana fin dalle origini. Dante

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[Vita Nuova], Petrarca [Canzoniere], Tasso, Leopardi, Foscolo, Manzoni, Carducci e Pascoli sono senza alcun dubbio i più grandi poeti lirici della letteratura italiana. # 992. componimenti lirici Tra i più importanti componimenti lirici possiamo ricordare: il sonetto, il madrigale, la ballata, la lauda, la canzone. # 993. il sonetto Il sonetto contiene quattordici versi, in genere endecasillabi, divisi in due

quartine e due terzine. La rima delle quartine è per lo più alternata [ABAB] oppure chiusa [ABBA], mentre quella delle terzine varia [CDC DCD] oppure [CDE CDE]. # 994. il madrigale Composto di due o tre terzine, il madrigale si chiude con uno o due distici. Lo schema più classico del madrigale è il seguente: ABB ACC DD EE. # 995. la ballata La ballata è un componimento leggero, composto di ottonari raggruppati in strofe di varia lunghezza. La ballata si apre con una strofa più breve, detta ritornello o ripresa. La rima del ritornello si ritrova nell’ultimo verso di tutte le strofe. # 996. la lauda e il trionfo La lauda, di argomento sacro, e il canto carnascialesco o trionfo, che accompagnava le sfilate dei carri allegorici o delle maschere, hanno la

stessa forma metrica della ballata. # 997. la canzone La canzone è il componimento lirico più solenne della letteratura italiana. Le canzoni possono avere un numero vario di stanze, da due a dieci, ma solitamente ne hanno tra cinque e sette. Ciascuna di queste stanze può avere un numero indeterminato di versi che sono endecasillabi o settenari. La stanza della canzone classica si divide in fronte e sirima, a loro volta suddivise in due parti, chiamate rispettivamente piedi e volte. La fronte e la sirima sono unite da un verso che ha il nome di chiave. La chiave rima con l’ultimo verso della fronte. In genere tutte le stanze di una canzone hanno lo stesso metro. Le canzoni hanno poi la caratteristica di terminare con una strofa più breve, il commiato, che è modellato sulla sirima. Di struttura diversa è la canzone leopardiana, le cui strofe in versi sciolti,

variano nel numero e nella disposizione dei versi, pur conservando gli endecasillabi o i settenari.

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# 998. componimenti di origine classica Tra i componimenti di ispirazione classica i più noti sono: l’ode, l’inno, l’elegia, l’epigramma e il carme. # 999. l’ode L’ode è in genere formata da versi molto vari, per lo più corti, e da strofe

brevi con andamento ritmico mosso. Sorta nel ’500, ebbe all’inizio un carattere leggero, mentre nel ’700, con il Parini, assunse un carattere più elevato. # 1000. l’inno L’inno era in origine un canto destinato a una divinità. Oltre a conservare il suo carattere religioso, nell’800 l’inno fu utilizzato anche per esprimere sentimenti elevati, filosofici e patriottici. # 1001. lelegia L’elegia era, nell’antichità, un componimento collegato alle cerimonie funebri o ai ringraziamenti con cui i fedeli accompagnavano le offerte

votive. Quindi vi si esprimeva tristezza per la morte o gioia per l’amore. Il metro caratteristico dell’elegia è il distico e talvolta si trova anche la terzina. # 1002. l’epigramma L’epigramma, originariamente accompagnato da un’iscrizione votiva 0 funebre, attualmente ha spesso carattere politico, scherzoso ironico e pungente. Dal ’500 l’epigramma si trova per lo più sotto forma di distici di endecasillabi. # 1003. il carme Il carme è in forma di endecasillabi sciolti. Ha carattere

solenne, come lo

testimonia, per esempio, il capolavoro di Ugo Foscolo: I sepolcri.

IL GENERE DRAMMATICO # 1004. il genere drammatico Le opere del genere drammatico sono scritte per essere rappresentate e quindi sono sotto forma di dialogo. In questo gruppo possiamo distinguere le tragedie, le commedie, i drammi e i melodrammi. # 1005. la tragedia La tragedia, che ha un linguaggio grave ed elevato, mette in scena vicende dolorose, la cui conclusione è quasi sempre tragica. Il più grande tragediografo italiano è Vittorio Alfieri [1749-1803].

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# 1006. la commedia In genere la commedia ha un lieto fine e spesso il dialogo è meno grave di quello della tragedia. I più grandi commediografi italiani sono Carlo Goldoni [1707-1793] e Luigi Pirandello [1867-1936]. Bisogna dire che, a differenza del °700, le commedie moderne possono contenere situazioni comiche o no e possono anche finire tristemente. # 1007. il melodramma Il melodramma, oggi più noto sotto il nome di opera, è una composizione in cui si confondono poesia e musica.

IL GENERE DIDASCALICO # 1008. il genere didascalico Il genere didascalico, il cui scopo è quello di ammaestrare e di insegnare, è ricco di opere in prosa. La letteratura italiana non ha avuto grandi cultori di poesia didascalica, genere che in latino aveva avuto i suoi capolavori nel "De rerum natura" di Lucrezio o nelle Georgiche di Virgilio.

IL GENERE SATIRICO # 1009. il genere satirico Il poeta satirico è spesso mosso da alti ideali di moralità, di patriottismo ecc... e tende a correggere i costumi. L’opera più rappresentativa di questo

genere è il Giorno di Giuseppe Parini [1729-1799]. Accanto alla poesia satirica si potrebbe collocare quella burlesca 0 giocosa, in cui il poeta non è ispirato dagli alti ideali del poeta satirico, ma sembra piuttosto scrivere per divertimento personale.

IL GENERE NARRATIVO

# 1010. il genere narrativo AI genere narrativo appartengono soprattutto le opere in prosa quali il romanzo, la novella e la favola. Tra le opere in versi si possono ricordare i poemi epici, i poemi cavallereschi, i poemi eroicomici e i poemi sacri. # 1011. il poema epico Nei poemi epici si esaltano le imprese, vere o immaginarie, degli eroi. Il più grande poema epico è la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso [1544-1595].

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# 1012. il poema cavalleresco I poemi cavallerechi narrano le avventure, spesso immaginarie e fantastiche, degli eroi. Le vicende vi si succedono a caso secondo la fantasia del poeta. Il capolavoro del genere cavalleresco è 1’Orlando Furioso di Lodovico Ariosto [1474/1533].

In genere il metro dei poemi epici e dei poemi cavallereschi è l’endecasillabo. Gli endecasillabi sono raggruppati in stanze di otto versi, chiamate appunto ottave (di endecasillabi).

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L’ITALIANO A CONTATTO # 1013.

CON ALTRE LINGUE

Note

Lo sviluppo delle comunicazioni ha diminuito le distanze in modo sorprendente e i contatti tra le varie lingue e le varie culture sono molto più facili e frequenti. Oggigiorno, la tecnica ci permette cose che, fino a pochi anni fa, sembravano dominio della fantascienza. In un certo qual modo le innovazioni tecnologiche hanno fatto sì che, praticamente, le lingue dei paesi più evoluti siano in contatto continuo tra di loro ed esercitino una pressione reciproca a tutti i livelli.

Pur essendo a due sensi, questa mutua pressione non è della stessa intensità. In genere le lingue che rappresentano la cultura tecnicamente più evoluta, o che comunque apporta concetti e strumenti nuovi, sono quelle che irradiano il maggior numero di unità lessicali. Se nel ’500 tale ruolo dominante fu svolto dall’italiano, nel ’600 esso toccò allo spagnolo, nel ’700 al francese, nel nostro secolo la lingua fornisce molte unità lessicali agli altri idiomi è l’inglese. # 1014. il prestito La pressione di una lingua sull’altra si svolge a diversi livelli. Limitando la nostra attenzione solo al campo lessicale, che in fondo è il più appariscente, potremmo dire che essa si manifesta in due maniere. La prima, molto più evidente, consiste nel prestito cioè nel fornire e nell’accettare direttamente l’unità semantica in questione, come per esempio è avvenuto in passato per sport o più recentemente per sponsor. E che tali unità siano state accettate perchè hanno colmato un vuoto del lessico italiano, lo dimostra il fatto che esse sono diventate produttive. Mediante l’aggiunta di suffissi, queste unità semantiche hanno infatti dato origine a tutta una serie di derivati. Si pensi per esempio a: sportivo, sportivamente oppure a sponsorizzare, sponsorizzazione, sponsorizzatore...

# 1015. il calco semantico Il secondo modo in cui si può notare la pressione di una lingua su un’altra consiste nel calco semantico, cioè nel far associare a lemmi di un idioma il significato che termini simili od omofoni hanno in un’altra lingua. Per esempio nell’italiano d’Italia è sempre più diffuso l’uso di supportare e cancellare con il valore dell’inglese to support (sostenere) e to cancel (annullare). Questo tipo di pressione, che alcuni studiosi chiamano "loanshift" altri "interferenza semantica", è particolarmente evidente nel comportamento linguistico degli italofoni stabilitisi all’estero. Per esempio molti italofoni residenti nei paesi di lingua inglese, come il Canada o gli Stati Uniti, usano unità lessicali quali licenza o educazione con il significato di patente o istruzione, valore che esse hanno appunto in

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inglese (driving licence e education). In altri contesti, come a Montreal per esempio, la situazione è ancora più complicata perché l’italiano si trova a contatto non con una, ma con due

lingue forti: l’inglese e il francese. Oltre ad essere la lingua ufficiale della Provincia del Quebec, il francese è anche la lingua della maggioranza della popolazione. Quindi, non è raro che il comportamento di un certo gruppo di italofoni rifletta l'influenza del francese anziché dell’inglese. E così, nell’italiano parlato a Montreal, può capitare che per esprimere un concetto o indicare un oggetto esistano tre unità lessicali, per esempio patente, licenza e permesso, mentre in altri casi un’unico lemma magaz(z)ino può richiamare tre concetti ben distinti in quanto alcuni, pochi in verità, gli ascrivono il senso che esso ha in italiano, altri gli conferiscono il significato inglese (magazine), mentre altri ancora lo usano con il valore francese (magasin = negozio).

Malgrado la presenza di fenomeni di questo genere, la comprensione è sempre possibile perché, com’è noto, il valore semantico delle varie unità lessicali è determinato dal contesto in cui si trovano. Però, per diminuire l’entropia della comunicazione, non è raro che in situazioni di bilinguismo, come quella montrealese, i messaggi siano trasmessi con una ridondanza di segni connotatori. # 1016. Esempi di pressione lessicale e calchi semantici. Nelle righe che seguono presentiamo alcune unità semantiche rilevate a Montreal e che riflettono appunto i fenomeni sopradescritti. Pur variando in qualità e in quantità, questo tipo di pressione caratterizza il comportamento linguistico di tutte le comunità di italofoni operanti all’estero. La lista che presentiamo è puramente indicativa perché, nelle situazioni di contatto, tutti i termini della lingua debole omofoni, ma non semanticamente equivalenti ai lemmi delle lingue forti, sono soggetti a questa interferenza semantica. Va anche detto che i lemmi presentati devono considerarsi casi di interferenza, cioè comportamenti di singoli individui, e non come prestiti, cioè non validi per tutta la comunità dei parlanti. Italiano di Montreal = Accidente Acconto Affettato

Allocazioni Applicazione Appuntare Attendere

valore nell’it. nazionale incidente conto influenzato

assegni familiari domanda eleggere, nominare essere presente

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Benvenuto Bilancia Bloccare Blocco Botte/buzzi Busso Camera Cippo Fattoria

prego estratto conto chiudere a chiave isolato stivali autobus macchina fot. di poco valore fabbrica

# 1017. neologismi di origine dotta Per concludere il nostro discorso sul lessico dell’italiano, vorremmo ancora far presente che esso si avvicina a quello delle altre lingue, anche a causa dei neologismi introdotti per via dotta. Tra l’altro i linguaggi tecnici inglesi, francesi, italiani o di altre lingue fanno ricorso a piene mani ai suffissi e ai prefissi greci o latini per formare termini nuovi, appropriati al progresso tecnologico. Qui di seguito presentiamo i suffissi ed i prefissi più comuni cui si fa ricorso per la formazione di nuovi termini. Come si potrà notare dette unità lessicali sono quasi uguali in tutte le lingue sopraccitate. # 1018. suffissi -archia (comando)

monarchia, ‘anarchia, diarchia, autarchia, oligarchia -crate (che ha il dominio) burocrate, tecnocrate, autocrate democrazia, burocrazia, partitocrazia -crazia (dominio) fiammifero, frigorifero, sonnifero -fero (che porta) esterofilia, cinofilia, emofilia -filia (affezione) anglofilo, esterofilo, cinofilo -filo (che ama) idrofobia, xenofobia, agorafobia, claustrofobia -fobia (avversione) idrofobo, xenofobo, claustrofobo -fobo (che teme) omofonia, eufonia, cacofonia -fonia (suono) omofono, cacofono, allofono, megafono -fono (suono) cuneiforme, proteiforme, multiforme -forme (forma) monogamia, poligamia, esogamia, endogamia -gamia (nozze) dattilografia, stenografia, calligrafia -grafia (scrittura) telegrafo, tecnigrafo, commediografo -grafo (che scrive) telegramma, fonogramma, ideogramma -gramma (scritto) museologia, archeologia, biologia -logia (studio) antropologo, musicologo, astrologo -logo (che studia) tossicomania, lestomania, decalcomania -mania (mania) tassametro, cronometro, barometro -metro (misura) agronomia, economia, autonomia, astronomia -nomia (legge) pazzoide, intellettualoide, asteroide -oide (simile)

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-patia (sensibilità) -scopio (che vede) -teca (raccolta) -voro (che mangia) # 1019. prefissi a-, an- (senza) ante- anti- (prima)

apatia, simpatia, cardiopatia microscopio, telescopio, igroscopio biblioteca, emeroteca, enoteca carnivoro, erbivoro, onnivoro

apolitico, analcolico, agnostico antenato, antecedente, antipasto

antipatico, antifurto, antiincendio anti- (contro) autodidatta, autogestione, automobile auto- (da solo) autostrada, autoofficina, autoriparazioni auto- (macchina) biscotto, bicolore, binomio, bisnonno bi- bis- (due volte) biblioteca, bibliofilo, bibliografia biblio- (libro) biografia, biologia, biodegradabile bio- (vita) cosmopolita, cosmonauta, cosmogonia cosmo- (universo) cronometro, cronologia, cronoscalata crono- (tempo) democrazia, demografia, democratizzare demo- (popolo) eco- (luogo dove si vive) ecologia, economia, economo elioterapia, eliocentrico, eliofobia elio- (sole) emisfero, emiciclo, emicrania emi- (metà) extra- (fuori) extraterrestre, extraurbano, extraterritoriale filo- (amico) filantropo, filorusso, filosofo, filologo fonologia, fonogramma, fonografo fono- (suono) foto- (luce) fotografia, fotosintesi, fotocopia fotoromanzo, fotoreporter, fotomontaggi foto- (fotografia) geo- (terra) geografia, geometria, geocentrico idro- (acqua) idroelettrico, idrante, idraulico inter- (tra) internazionale, interregionale, interplanetario macro- (grande) macroscopico, macrocefalo, macroglossia maxi- (grande) maxigonna, maxicongresso, maxiprocesso mega(lo)- (grande) megalopoli, megalomania, megafono micro- (piccolo) microscopio, microsolco, microlettore mini- (piccolo) miniappartamento, minigonna mono- (uno solo) monologo, monopolio, monosillabo multi- (molto) multimilionario, multinazionale necro- (morte) necropoli, necrologia, necroforo neo- (nuovo) neoarrivato, neonato, neolatino onni- (tutto) onnipotente, onnivoro, onnisciente orto- (corretto) ortografia, ortopedico, ortoepia paleo- (antico) paleografia, paleolitico, paleocristiano pan- (tutto) panorama, pangermanico, paneuropeo para- (vicino) parastatale, parascolastico, parafrasi penta- (cinque) pentapartito, pentagono, pentarchia

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peri- (intorno) piro- (fuoco) pluri- (molti) poli- (molti)

post- (dopo) pre- (prima) pseudo- (falso) psico- (mente) semi- (metà) sub- (sotto) super- (sopra) tecno- (arte) tele- (lontano) tele- (televisione) termo- (caldo) topo- (luogo) trans- (oltre) ultra- (al di là) zoo- (animale)

periferia, perimetro, perifrasi piromane, pirotecnico, piroscafo pluridisciplinare, pluriennale poligono, poliglotta, policromo postbellico, postdatare, postnatalizio prebellico, prescolastico, preromanzo pseudonimo, pseudoprofeta, pseudomorfo psicologia, psicopatia, psicosi, psicoterapia semicerchio, semiconduttore, semirigido subaffittare, subacqueo, subappalto supermercato, superstrada, superbomba tecnodidattica, tecnocrate, tecnologia telefono, telepatia, telecomando telefilm, telegiornale, telecronaca termometro, termostatico, termoreattore topografia, toponimo, topologia transoceanico, transatlantico, transpadano ultraterreno, ultramarino, ultramontano zoologia, zoofobia, zoofilo

# 1020. Parole latine presenti nel lessico italiano Malgrado questa forte pressione delle lingue moderne, va detto che, nel lessico dell’italiano parlato e scritto dalle persone colte, si ritrovano ancor oggi numerose parole ed espressioni latine, alcune delle quali sono usate anche in francese e in inglese. Qui di seguito segnaliamo quelle che ci sembrano le più comuni.

LATINO

ITALIANO

ad hoc ad honorem ad interim ad libitum ad usum delphini agenda alea iacta est alias alibi alter ego a. m. [ante meridiem] bis carpe diem casus belli conditio sine qua non coram populo

adatto, opportuno, specifico onorario temporaneo, provvisiorio a piacere per uso particolare cose da farsi il dado è tratto in altre parole (l’essere) altrove un altro io prima di mezzogiorno due volte approfitta del presente motivo della contesa condizione indispensabile pubblicamente

curriculum vitae deficit

de gustibus [non est disputandum] de iure de visu errare humanum est est modus in rebus ex aequo ex cathedra ex voto gratis [et amore dei] habitat hodie mihi, cras tibi honoris causa ibidem [ibid.] idem in articulo mortis in extremis in fieri in primis inter nos in vino veritas ipso facto iter lapsus linguae manu militari

mare magnum memorandum modus vivendi more solito motu proprio mutatis mutandis non plus ultra nosce te ipsum omissis omnibus omnium opera omnia passim p. m. [post meridiem] pro capite pro memoria prosit pro tempore

curriculum vitae deficit sui gusti non si discute per diritto di persona errare è umano ci deve essere una misura... a pari merito con autorità dalla cattedra per voto in modo gratuito ambiente in cui si vive oggi a me, domani a te a titolo d’onore nello stesso luogo lo stesso in punto di morte negli ultimi istanti in potenza innanzi tutto in confidenza (tra di noi) il vino fa parlare, la verità nel vino immediatamente cammino errore involontario con la forza immensità promemoria modo di vivere / compromesso come al solito di propria volontà cambiate le cose da cambiare non oltre conosci te stesso tralasciate alcune cose per tutti (mezzo pubblico) di tutti (competizione) tutte le opere (raccolta di) qua e là pomeriggio a testa

per la memoria salute temporaneo

261

p.s. [post scriptum] quid qui pro quo quorum referendum senior sine die specimen spes ultima dea statu quo sub iudice sui generis tabula rasa temporibus illis tot transeat

ultimatum una tantum vademecum verba volant via crucis vox populi

poscritto qualcosa confusione numero legale referendum più anziano a tempo indeterminato modello la speranza è l’ultima a morire la condizione di prima ancora da giudicare di genere particolare

portar via tutto a quei tempi cifra imprecisata vada ultima proposta una volta sola prontuario le parole volano calvario voce di popolo

262 INDICE a, preposizione 790 e segg. -- in locuz. prep. 792 -- dopo prep. improprie 793

ANALITICO -aio 133 -aiolo 134

-- e infinito 794 a- prefisso 559 abbondanza, complemento 883 783i -abile, 237

ala/ali 134 alcunché 501 alcuni/e 348 477 alcuno/a 347 476 -ale 240

accanto, avv. 763 accanto a 818

alfabeto 1 allora 827

accenti ritmici 972 accento grafico 9 -- monosillabi 10

allegoria 928

-- tonico 7, 8

alquanto 356 alterati, nomi 122/127 -- aggettivi 230/235

-- -- e pronomi posposti 422 -accio, -accio 126 235 accordo del part. pass. 661 segg.

allitterazione 929 allorché 833

altoforno, plurale 116

accrescitivo, 124; 233/234 -ace, 238 -aceo, 239 acronimi e articolo 32 ad 791

altrettanto 357

addirsi 705 aferesi 927 affatto 769 776

altrui 295 ambedue 335 ambo 335

altri 475 altrimenti che 837 839 altro 346 474

altrove, avv. 763tivo 64/65

affermazione, avverbi 771

-ame 135

affinché + congiuntivo 619 affinché, cong. 832

amplissimo 214

agente, complemento 871 795a

anafora 931 anche 771 822 --, ma ... 828

aggettivi alterati 230/235 aggettivi determinativi 264 aggettivi, qualificativi 163 -- accordo 196 -- accordo con 2 nomi 197

-- anteposti 191 -- composti 172 ----------

con valore di avverbi 195 749 con valore di nomi 194 prima classe (in -0) 165 seconda classe (in -e) 166 in -a 167 indicanti colore 171 indicanti nazionalità 193 invariabili 169 posizione 189/192

-- posposti 190 e 192

-aggine 129 -aggio 130

aggradare 705 -aglia 131 -aia 132

anacoluto 930

-- se, cong. 835 ancora 758 759 ancorché, cong. 835 -anda, -enda 136

andare 399 710 andare, ausiliare 547 -- + gerundio 646 -ando, -endo 241 annunci, e artic. det. 57b

-ano 137 242 -ante, -ente 138 243 antitesi 932 antonomasia 933 -anza, -enza 139

anzi 825 ape regina, plur. 121 aperte, vocali 3 apocope 934

apostrofe 935 apostrofo, art. det. 30

263 apostrofo e artic. indet. 62 -- pron. personali 403 apostrofo, artic. indet. 62 appena (che), cong. 833 apposizione 888 -- e pronome 56 arancione 170 arci-, prefisso 219 -ardo 244 -are 245 argomento, compl. 881 783d 799f 805c -ario 246

avverbio 744 e segg. avversative, proposizioni 918 -- congiunzioni 825 838 B ballata 995 banconota 114b

bassopiano, plurale 116

bello 180 bello grasso 181 bell’e finito 182 benché, cong. 835 benché + cong. 620

arma, plurale 92

bene 206 752

articolo determinativo 27 -- e acronimi 32

benedetto 188

-- e aggettivo con due nomi 45 -- e cognomi 49 -----

e enumerazioni 44 e nomi stranieri 35 e superlativo relat. 48 femminile 29 -- funzione 25 -- invece del possessivo 43 -- in frasi proverbiali 46 -- maschile 28

benino 753 bere 711 bi-, tri-, quadri- 334 bianconero 172a bisillabo 982 boa, plurale 93 105e boia, plurale 93 bonifica 162 braccio, bracci e braccia 102 bravo 188 bruciare 686 buono 183

-- origine 26 -- pronuncia 34 -- uso 35 e 57 articolo indeterminativo 58/63 -- femminile 60

buono, più 226 busta paga, plur. 121 Cc

-- maschile 61

-- aggettivi in.. plur. 177

-- uso 66/72 articolo partitivo 64/65

cadere 712 calchi semantici 1015 1016

-asco -esco 247 asindeto 936 assai 218 770 -astro, suffisso 126 235

cale 705 camposanto 115

-ata 140

-ate 248 -ato 141 attiva, forma verbale 538 attorno, avv. 763 attributo 889 ausiliare, verbo 545/553

-ca, nomi in... plurale 96

canzone 997 canzonissima 127 capire 681 Capodanno #39 -care, verbi in... 683 carme 1003 Camevale #39 caro 198 casa, e articolo 57g

-- dei v. impersonali 550 551 -- dei v. passivi 546c

cattivo, più 229 causa, complem. 877 790f 809i

-- dei v. servili 553

causa efficiente, compl. 871 795a

-- verbi con doppio... 549

causali, proposizioni 907 -- congiunzioni 831 celeberrimo 216

avanti, avv. 763 avere, ausiliare uso 548

-- coniugazione 673 674 -- e part. pass. 665

ce lo, -celo 418 419

avverbiali, locuz. 750

centinaio, plurale 98 331

ce l’ho... 431

264 cento 303 cercare 684 certi/certuni 478 certo 349 350 cervello, cervelli e cervella 102 c’è, ci sono 429 che, cong. 830 che, agg. interr. 367, escl. 369 che, pron. interr. 528, escl. 531 che, pr. relativo 455 459 460 -- -- usi particolari 466

che, compl. ogg. e part. pass. 667 checché SO1 checchesia 501 chi 450 chi, pron. interr. 527, escl. 531 chi, pr. relativo 461/463

chiasmo 937 chicchesia 501

chiesa, e articolo 57g chiunque 496 chiuse, vocali 3

ci, partic. avv. 427 428 766 ci, part. pron. 398 -- e participio pass. 425 666 ci + avere (ci ha..) 430 ci, uso incorretto 432

ci si 436 523 525 -- -- con agg. e part. pass. 437 -cia, nomi in... plurale 97 -ciare, verbi in... 685 ciascuno 351 479 ciò 446 ciò che 447 464 cioè 826 cinema, plurale 93 cinquina 329 citato 276 città, nomi e artic. 40

classe, e articolo 57g -co, plurale nomi in...100

-- aggeiivi 176 cogliere 713 cognomi e articolo det. 49/54 colà, avv. 762

coloro 448 coloro che 449 colui/colei 448 colui/colei che 449 come 777 830 833 839 come (se) 837 commedia 1006 compagnia, compl. 878 803a 813d

comparative, proposizioni 912

--congiunzioni 839 comparativo, grado 202 -- di maggioranza 203 -- di minoranza 204

-- di uguaglianza 208 -- e numerali 207 -- rafforzamento del... 206 comunque + cong. 626 837 con, prep. 803 e segg.

con-, prefisso 560 concessive, proposizioni 911 --, congiunzioni 835 conclusive, cong. 827 condizionale, modo 594 e segg. -- presente 595 596 -- passato 597 598 condizionali, proposizioni 921 -- congiunzioni 836 condizione che, a... + cong. 621 congiuntivo, modo 602 e segg. -- uso 608/629

------

uso tempi 630/634 retto da impersonali 611 retto da verbi di dubbio 609 dopo un superlativo rel. 613 in prop. indipendenti 629

congiunzioni 819 e segg.

-- coordinative 821/828 -- subordinative 829/845 coniugazioni 572 consecutive, proposizioni 908 -- congiunzioni 834

consonanti 6 consta 705 contralto, plurale 98 contro 817a coordinate, proposizioni 894 903 coordinative, cong. 821 e segg. copulative, cong. 822 copulativo, verbo 533 862 como, corni e corna 102

correlative, cong. 828 (così)... come 208 cosicché, cong. 834 costei/costui 448 costì, avv. 762

cotesto 269 credere 679 cui, pron. relativo 456 459 460 --, il.., la... 457 D da 795 e segg.

265 da (= a casa di) 795e

-- in locuz. prep. 796 -- e prep. improprie 797 -- + infinito 798 dappertutto, avv. 763 dare 714 data, e articolo 36d

dato, 817d -- che, cong. 836 davanti, avv. 763

davanti a, prep. 817a 818 de invece di "di" de-/di-, prefisso 561 decasillabo 974

dopoché 833 dopo di 788 doppio 325 dottore 47 dove, avv. 763 777 dovere 716 743 dovunque, avv. 763 dozzina 328 Duecento (il...) 324 dugento 314

dunque 827 duplice 326 durante, prep. 817c

E

decima 323 decine 302 decreto legge, plur. 121 degrado 162

è 10 eccetto, prep. 817d eccetto che 841

denominazione, complemento 887d 783c dentro, avv. 763

eccettuative, proposizioni 915 -- congiunzioni 841

dentro, prep. 817a

ecco 767 eco 77

determinativo, articolo 56/72 deverbali, 162

di 783 -- strutture idiomatiche 786 -- in locuz. prepos. 787 -- dopo prepos. improprie 788

-- davanti all’infinito 789 diafora 938 dichiarative, proposizioni 895 -- congiunzioni 826 830 dieresi 971 dietro, avv. 763 -- prep. 817a

e, cong.

822

ed 823 -Éfico -ìfico 249 egli/ella 382 elegia 1001 Ella 382 ellissi 940 -ello, suffisso 123 231 enallage 941

-engo -ingo 250 endecasillabo 973 endiadi 942

enjambement 943

difatti 826

«enne, -ennio 333 332

difettivi, verbi 705

ennesimo 320 -entissimo, superlativo in... 215 entrambi/e 335 -eo 251 epentesi 944 epigramma 1002

diminutivo 123 231 dimostrativi, aggettivi 265/276 dimostrativi, pronomi 441/453 dinanzi, avv. 763

dio, dei 99 dipendenti, proposizioni 893 904 dire 715 dis-, prefisso 562 disgiuntive, cong. 824 distanza, 7901 813b dito, dita e diti 92

dittongo 5 -- mobile 692, 696 diverso 363+ domanda retorica 939 donde, pron. rel. 467 dopo, prep. e avv. 817

eppure 825 -eria 142 -errimo, superlativo in... 216

esclamative, proposizioni 899 esclamativi, aggettivi 369 esclusive, proposizioni 914 -- congiunzioni 840 esortative, proposizioni 900 esplicite, proposizioni 902 -ese, -ense 252 essere, ausiliare uso 545

-- coniugazione 671

266 -- e part. passato 662 essi/esse 383 384 esso/essa 382 -estre 253

età, compl. 887c 783h 7900 805d -eto -eta 143 -etto, suffisso 123 231

eufemismo 945 -evole 254 -ezza 144 extra-, prefisso 219 F fa 818b falla 705 fare 717

femminile 83/90 -- in -a 84 -- in -essa 85 -- in -ina 88 -- in -trice 86 87 -- nomi di genere comune 90 ferve 705

generi letterari 990 gerundio 640 e segg. --, andare + ... 646 --, stare + ... 645 -- valore nominale 647 -- valore di aggettivo 648 -- con soggetto espresso 649 -- composto 643 -gia plurale nomi in... 97

già 758 759 giacché, cong. 831 giradischi, plurale 117a -giare, verbi in... 686 giù, avv. 763 gli, artic. pl. 28 gli, pron. perso. 402 gli invece di loro 407 glielo 420 glielo, per lo ... loro 421

finali, proposizioni 909 --, congiunzioni 832 finché, cong. 833 finché + cong. 623

-gnare, verbi in... 687 -gnere, verbi in... 691 -go, plurale nomi in... 100 --, aggettivi 176 godere 718 gorilla, plurale 93 governissimo 127 gran 185 e 186

fine e fino 168

grande 184

fine, compl. 882 7901 799h 809f fintantoché, cong. 833

grande, più... 227 I

fiumi, nomi e arti. 41 fondamento, plurale 102 fra, prep. 813 e segg

i, articolo 28

filo, fila e fili 102

francobollo, plurale 116 frazioni: 317a frutta, frutto 107 fu 174

fulgente 705 fuorché 841 fuori, avv. 763

i semiconsonante 2 -àa 145 -ia 146 -iare, verbi in... 688

iato 5 -iccio, -icchio, suffissi 125 232

-ic0 255 -iera 147 -iere 148

-- prep. 817a futuro 584/585 futuro anteriore 592 593 G -ga, plurale nomi in... 96 --, aggettivi 178 -gare, verbi in... 683 genere dei nomi 76/82 genere didascalico 1008 -- drammatico 1004 -- lirico 991

il, articolo 28

-- narrativo 1010 -- satirico 1009

--, locuz. prep. 802 in + numerali 312 800

-ile 256 imperative, proposizioni 896 imperativo, modo 599 e segg. imperativo negativo 555 imperfetto, indicativo 579/581 - irregolare 700 imperfetto, congiuntivo 605

impersonali, varie forme 524 implicite, proposizioni 902 in, preposiz. 799 e segg.

267 in-, prefisso 563 incidentali, proposizioni 901 incoativi, verbi 693

-- verbi non... 694 -- con doppia forma 695 incombere 705 indefiniti, aggettivi 339 e segg. indefiniti, modi 635 e segg. indefiniti, pronomi 473 e segg. -- con valore di nomi 511 indicativo, modo 575 e segg. indiretti, complementi 870 infatti 826 inferiore 224 infinito 635 e segg. -- con valore di imperativo 637 -- -- di sostantivo 639 -- in frasi ellittiche 638 infinito invece del congiuntivo 610 612 -- in propos. limtative 615 inno 1000 -ino, suffisso 123 231

}, articolo davanti a... 28

L 1°, articolo 28 29 la, articolo 29 la, pron. 399 la, pron. neutro 401

là 762 laddove, cong. 838

laggiù 762

laghi, nomi e artic. 41 lama, plurale 93

la mi’ mamma 281 lassù 762 lauda 996 le, articolo 29 le, prom. dir. 399 405 le, pr. indir. 402 ledere 705 legna, legno 108 Lei e tu 378 Lei e voi 388 Lei, accordo aggettivi con... 379 Lei, La Le 404

-ino 257 inoltre 771

lei, pr, compl. 397 417

insieme con 804

li, pron. 399 405

interiezione 846 e segg. interrogativa, forma 556 interrogative dirette, prop. 897 interrogative indirette, prop. 920 -- e congiuntivo 628 -- congiunzioni 843 interrogativi, aggettivi 366 interrogativi, avv. 777

lì, avv. 762

interrogativi, pronomi 526/530 intransitivi, verbi 535 536

inviare 688 -i0 iper-, prefisso 219 iperbato 946 iperbole 947 ironia 948 irregolari, verbi 697 e segg. -- forme chiave 698 -ismo -esimo 150 isole, nomi e artic. 41

-ista 151 -ìstico 258 italo-americano -itano, -etano 260

-ivo, -10 259

-izia 152 J

j, vocale 2

limitative, proposizioni 915 -- congiunzioni 842 limitazione, compl. 887b 790m 799f

litote 949 lo, pron. 399

lo, pron. neutro 400 locuzioni avv. e artic. 57c locuzioni prepositive 818

-- congiuntive 845 lontano, agg. 199 -- avv. 764 lontano da 765 817b loro 282 Loro e voi, pron. alloc. 380 389

loro, soggetto 383 384 loro, pr. compl. 396 417 lui/lei, sogg. 382 lui, pr. compl. 397 417 lungo, prep. 817b luogo, avverbi 761 e segg. luogo, compl. 876 799a 805a 813c M ma 825 madrigale 994 maggioranza, comparativo 203 -- sintetico 224 maggiore 224 225 228

268 mai 755 758 759 maiuscole, iniziali 14

mangiare 686

mano 77 mari, nomi e artic. 4l

marrone 170 massimo che, il... + cong.

materia, compl. 885 783b 799g maxi, prefisso me, soggetto 392 medesimo, agg. 274 medesimo, pron. 453 mediante, prep. 817c meglio 752 meglio che 839 me lo, -melo 418 419

melodramma 1007 membro, membra e membri 102 meno, pron. indef. 510 meno... che 205 meno che, il... + cong 618

meno che 839 839 meno che, a... + cong. 622 641

modo, in modo che + cong. 619 833 modo, avverbi di 747 e segg. -- comparativo degli... 751 -- -- sintetico 752 -- forme alterate 753 molti, in... 364

moltissimo, pron. indef. 509 molto 218 molto, indef. 358 487 monosillabi, accento 10

-- plurale nomi monti, nomi e artic. 41 morire 719

moto a luogo, 790c 809c -- da luogo 795b -- per luogo 795c 809b N Natale 39 ne invece di "in" 75b ne, part. avv. 411

ne, part. pron. 408/410

meno... di 206

-- e participio pass. 424 668 né 822 neanche 775 822

-mento 153 mentre 833 838 metafora 950

negativa, forma 554 negazione, avverbi 772 e segg. nel + infinito 801

metonimia 951 metrica 967

nemmeno 775 822 neologismi dotti 1017 neppure 775 822 nessuno 352 480 nessuno che... + cong. 616

mezzo 173 mezzo, compl. 879 790e 799e 803b

-- 809g mi 398 -- e part. passato 425 666 mia, plur. masch. 283 mica 776 miei, i... 469 migliaio, plurale 98 331 miglio, plurale 98 migliore 224/226 mii 284 miliardo 306 milione 306

mille, mila 304 millecento 305 minoranza, comparativo 204

minore 224 225 228 mio, è... 470 misura o prezzo, 790p 805e modali, proposizioni 913 -- congiunzioni 837 modi, verbali 573

modo compl. 880 790g 795g 799d 803c 805f 809h

niente 502 506 512 niente, = qualcosa 504

niente che... + cong. 616 niente came 505 niente male 507

niuno 481 501 no 774 nocchiere/o 109 nome -- genere 76 -- di genere comune 79 --- in -a 78 --- in -ante, -ente 81

--- in --- in --- in nomi

-077 -e 80 -i, -u 82 difettivi 110/112

nomi, formazione 128/162

nomi propri e artic. 49/55 -- e artic. indet. 69 non 773

269 nondimeno 825

parafulmine, plurale 117b

nonnulla 508 nonostante, prep. 817c novenario 975 nulla 502 506 nullo 503 numerali 296 --cardinali 297 -- -- posizione 309 -- -- uso 299

paragoge 954 paragone, complemento 785 886 paragramma 955 paranomasia 956 parecchio 369 parentesi quadra 24 -- tonda 23

-- -- in cifre o in lettere 336 numerali collettivi 327 numeri ordinali 315 316 -- -- valore di nomi 323 -- -- doppi 321 -- -- uso 317 numeri: cifre o lettere? 336 numeri e ore 337

numeri primitivi e derivati 298 -- composti 307 numeri romani 338

o o 824 -occio, suffisso 232 ode 999 oggettive, proposizioni 906 oggetto, complemento 867 -- posizione 868 ogni 341

ognuno 495 onde, pron. rel. 467a onde, cong. 832 “one, (-ona) suffissi 124 234 oppure oppure 824 ora, e articolo 35h -ore 154

ordinali 315 316 origine, complem. 783g -orio 261 -0s0 262 ossia 826 ossimoro 952 osso, ossa e ossi 102 ostare ottative, proposizioni 898

“otto, -ozzo, suffissi 124 233 otto, numerale 301

ottonario 976 ovvero 824 P pagare 684 paio, plurale 98

paradosso 954

paria, plurale 93 parlar figurato 926 parole latine 1020

participio 651 e segg. -- avverbi del... 748 participio fut. (-uro, -endo) 670 participio passato 656 e segg. -- valore di aggettivo 658 -- valore di nome 659 -- uso 660 -- accordo del p. p. 661 e segg. -- passato e pronomi 423/426

-- senza ausiliare 426 669 -- irregolare elenco 704 -- verbi senza... 708

participio presente 653/655 partire 682 partitivo 784 813e Pasqua 39

passato, condizionale 597/598 -- congiuntivo 604

passato, prossimo 586/587 passato remoto 582/583 -- verbi in -ere 690 -- irregolare 702 -- elenco irregolari 703

passiva, forma verbale 539 passeggero/e 109 patto che, a... + cong. peggio, avv. 752

peggiorativo 126 peggiore 224 225 229 pena o colpa, complem. 884 790n 8090 per, prep. 809 e segg.

-- + infinito 810 -- sta... 811 -- in locuzioni 812 per + ordinale 319 per, prefisso 564 percentuali 36h 311 perché 619 perché, cong. 831 832 843 perciò 827 perfino 771 periodo ipotetico 922

270 periodo ipotetico della realtà 923 -- dell’irrealtà 924 però 825

pochissimo/i, pron. indef. 509 poco 360 488 poema cavalleresco 1012

personali, pronomi 371/440

-- epico 1011 poiché, cong. 831

-- soggetto 374 -- -- sottinteso 375 -- -- con verbi impersonali 376 -- -- espresso 377 -- -- nota comaprativa 438 -- -- forme arcaiche 440 personali, pronomi compl. 393 -- -- accordo del part. pass. 423/426 -- -- accoppiati 418/422

polisindeto 958 pomodoro, plurale 119 porre 721 positivo, grado 201 possessivi, aggettivi 277/295 -- con nomi di parentela 280 -- in espressioni idiomatiche 289 -- in frasi esclamative 288

-- -- atoni 394

-- omissione 291

-- -- elisione 403

-- posizione 279 -- posposti 287 -- sostituiti dal riflessivo 292 possessivi, pronomi 468/472 -- valore di sostantivi 469 possessivi riferiti a Lei/Loro 391 posto che, cong. 836 potere 722 743 553

-- -- posizione 395 396 397 -- -- tonici 414 415 -- -- nota comparativa 439 pescecane, plurale 114 pescespada, plurale 114 piacere 720 piane, parole 7 piazza, in... 799c piccolo, più... 228

più 752 più, pron. indef. 510 più... che 205 più... di 204 piuttosto che 839 pleonasmo 957 plurale, aggettivi 175 e segg. --in -ca e in-ga 178 -- in -co e in -go 176 -- in -io 179 -- in -logo e in -fago 177 plurale, nomi 91 e segg. -- -a> -e 92/112 -- -a> -i 93 -- nomi di origine straniera -- nomi in -ca -ga 96 -- nomi in -cia -gia 97 -- nomi in -co, e in -go 100/101 -- nomi in -e > -i 103 -- nomi in -ie -- nomi in -io > -ii e -i 99 -- nomi invariati -- nomi in -ista, -iatra, -cida 94

-- nomi composti 113/121 -- nomi con doppio plurale 102 -- nomi sovrabbondanti 106 -- -0> -i 98 -- nomi usati solo al... 112 pochi, in... 364

povero 188 predetto 276 predicativo, compl. 869 795i

predicativo, verbo 533 prefissi dotti 1019 prefissi verbali 571 preposizioni 778 e segg. -- semplici 782 preposizioni articolate 73/75 -- improprie 816 e segg. presente, indicativo 576/578

-- irregolare 699

-- condizionale 595/596 -- congiuntivo 603 prestito 1014 prestino 760 presto 759 prezzo, compl. 8091 prima che + cong. 624 principali, proposizioni 892 pro-, prefisso 565

produrre 723 promiscuo, genere 90

pronomi 370 e segg. -- personali 372/440

-- dimostrativi 441/453 -- possessivi 468/472

-----

relativi 454/467 indefiniti 473/525 interrogativi 526/530 esclamativi 531

pronomi allocutivi, cenni storici 385 proposizione ellittica verbo 859 -- nominale 860 proprio 294 prosopopea 959 prossimo, e artic. 36m

prostesi 960 provenienza 796b provincia, plurale 97 prudere 705 punteggiatura 15 punti, cardinali 42 punti, due 19 puntini di sospensione 21 punto 16 punto esclamativo 20 punto interrogativo 20 punto e virgola 18

purché + cong. 621 836 pure 771 822

Q qua 762 quadrisillabo 980 quaggiù 762 qual 368 qualche 342 qualcheduno/a 498 qualcosa 499

qualcosina 500 qualcuno/a 497 quale, agg. int. 367, escl. 369 quale, pr. int. 529, escl. 531

quale, il... la.. 458/460 qualità, complem. 783f 795h 803d qualora, cong. 836

qualsiasi 343 qualsivoglia 344 qualunque 343 qualunque modo, in... + cong. 626 quando 777 quando, cong. 836 838 843 quantità, avverbi 768 e segg. quanto, agg. int. 367, escl. 369 quanto, pron. dimostr. 451 464

quanto, pron. int. 530, escl. 531 quanto 843

quel(lo) che 464

quello che, per... cong. 842 quello l/là, agg. 272 quello, pron. 442 443 quello + aggettivo 444 quel di.., in 445 quel tuo 273 290 questa mia... 472 questi, pron. sing. 452 questo, agg. 267 questo, agg. qui/qua 272 questo, pron. 442 443 questo mio 273 290 qui 762

quinario 979 quindi 827

R relative, proposizioni 919 relativi, pronomi 454 e segg. relazione, 813f

retorica 925 ri-, prefisso 566 riflessiva, forma verbale 540 riflessivi, pronomi 433 e segg. -- e pron. personali 435 riflessivi, verbi 541/544 -- apparenti 541

-- pronominali 543 -- reciproci 542 -- e lingua parlata 544 rifulgere 705 rima 984 rima, tipi di 986 rimanere 724

S s -sorda o sonora- 6 s-, prefisso 567 salire 725 salvagente, plurale 117c salvo. prep. 817b salvo che, cong. 841

santo 187 sapere 726 scegliere 727 sciogliere 728 scopo o funzione, compl. 795f

quanto, per... + cong. 627, 835

scorso, e artic. 36m

quantunque, cong. 835 quantunque + cong. 620 quartina 330 quassù 762 quegli, pron. sing. 452 quello, agg. 270 271

scuola e articolo 57g sdrucciole, parole 7 se, cong.

836 843

sé 416 sebbene + cong. 620 835 secondo, prep. 817b

272

secondo quanto 842 sedersi 729

sempre 758 759 senario 978 sentire 680 senza, prep. 818b

senza che + cong. 625 840 senza di 788 seppure 836 sestina 330 settenario 977 si, pron. 398 si, pron. impersonale 513

-- -- posizione 518 519 -- -- e altri pronomi 520 522 si, passivante 514 -- -- e tempi composti 515 -- -- e part. passato 516 521 664 -- -- e aggettivi 517 si, impers. e i pr. pers. 412 sì, avv. 771

sia... sia... 828 sia che... sia che... 828 siccome, cong. 831 siffatto 276 signore/a/ina 47 sillabe, divisione in 13 sillessi 961

simile 276 similitudine 962 sinalefe 969 sincope 963 sineddoche 964 sineresi 970 singolare, nomi solo al.. 111 sintassi 851 -- della proposizione 852

sotto, -- prep. 817a specificazione, complemento 783 872 spegnere 730 stante, prep. 817c stanze 987 988 stare 731 stare + gerundio 645 stato, nomi di e artic. 36p --, nomi e prep. di 38 --, nome e prep. in 37 stato in luogo, compl. 790b stesso, agg. 274 stesso, pron. 453 stima o prezzo, complem. 887a 783f sto, sta 268

‘stra-, prefisso 219 strofe 987 989 strumentali, proposizioni 917 studiare 688

si, riflessivo e part. pres. 434 su, prep. 805 e segg.-- = contro 806 -- in locuzioni 808 su, avv. 763 807 su + numerali 313

subordinative, cong. 829 e segg. suddetto 276 suffissi dotti 1018 suo di lui 293 suo, il...285 suo, il... 286

suole 705

superlativo assoluto 213/223 -- accordo 217 -- con due aggettivi 222 -- con paragone 221 -- con prefisso 220 -- con suffisso -errimo 216

sintassi del periodo 890 soggettive, proposizioni 905 soggetto 853 856 -- posizione 854 -- non espresso 855 -- in frasi passive 857 solo, il solo che + cong. 614

-- con suffisso -entissimo 215 -- con suffisso -issimo 214

solo, non... 828

sopra/sovra-, prefisso 568 soprano, 98

T «tà -tà 155 tacere 732 tale 275 talaltro 365 taluno 365 482

sosia, plurale 93 sotto, avv. 763

tange 705 tanto indef. 361 489

sonetto 93 sopra, avv. 763 -- prep. 817a

-- con tutto 223

-- sintetico 224

superlativo relativo 210/212 superlativo, nomi al... 127

S.V. 390

273 tanto che 833 (tanto)... quanto 208 tardi 759 tardino 760 te, soggetto 392

-tudine 158 tuttavia 825 tutti 485 tutti e due 310 354 tutto 353 483

te lo, -telo 418 419

U

tempio, templi 99 tempo, avverbi di 754 e segg. -- posizione 756 tempo, compl. 875 795d 803e 805b 809e -- 813a tempo, determinato 783e 790d 799b

temporali, proposizioni tenere 733

910

termine, compl. 790a 873 809a

terracotta, plurale 115 ti, part. pron. 398 -- e participio pass. 425 666 tmesi 965 togliere 734 -toio -toia 156 tolto, 817d -tore -sore 157 tra, prep. 813 e segg.

-- in locuz. id. 815 tra di noi 814 tra/fra, prefisso 569 tra/tras/trans-, prefisso 570 tradurre 735 tragedia 1005 tranne, prep. 818b tranne che 841 transitivi, verbi 534 536

trapassato prossimo 588 589 trapassato, congiuntivo 607 trapassato remoto 590 591 trarre 736 trattino 22 tre nei composti 300 tredicesima 323 trionfo 996 triplice 326 triplo 325 trisillabo 981 triste e tristo 168 troncamento 12

tronche, parole 7 troppi, in... 364 troppo, indef. 362 490 trovare 676

-- forma passiva 678 trovarsi 677 tu e Lei 378

-uccio, -uzzo, suffissi 125 232

udire 737 ufficio, e articolo 57g ultimo 318 un, artic. 61 62 un’, articolo 60 un, l’un l’altro 493 una, articolo 60 una, una cosa 494

una... un... che + cong. 617 unico, l’unico che...+ cong. 614 uno, numerale 301 308

uno, pron. indef. 492 uscire 738 -uolo, suffisso 123 uovo, uova 98 -ura 159 urge 705 -uto 263 V vaglia, plurale 93 vale a dire 826 valere 739

vantaggio, compl. 809m vario, indef. 363 ve lo, -velo 418 419 vedere 740

venire 741 venire, ausiliare 547 ventina 327 verbale, predicato 858 verbi in -are, note 683/688

verbi in -ere, note 689/692 verbi in -ire, note 693/696 verbi, forme poetiche e rare 706

verbo 532 e segg. verbo, accordo soggetto 864 -- -- soggetto collettivo 865 -- -- più soggetti 866 versi piani 983 versi sciolti 985 verso 968 verte 705 veruno, 365 501

vezzeggiativo, 125 vi, partic. avv. 427 428 766 vi, partic. pron. 398

274 vi e participio passato 425 666 via, in... 799c

viavai, plurale 120 vicino, agg. 199 --, avv. 764

vicino a 765 817b vigesimo 322 vigere 705 vivere 742 virgola 17 vocali 2, 3, 4

-- aperte 3 -- chiuse 3 vocazione, complemento 874

voi, pron. alloc. 386 voi e Lei 388 voi e Loro 380 389 volere 743 Z Z -sorda e sonora- 6

zeugma 966 -zione -sione 160

INDICE

Fonologia # 1/24 1.L’alfabeto, 2.Le vocali, 3.vocali aperte e vocali chiuse, 4.Suoni vocalici costanti, S.Dittongo e iato, 6.Consonanti, 7.Accento tonico, 8.Casi particolari, 9.Accento grafico, 10.Accento sui monosillabi, 11.Troncamento, 12.Consonanti doppie, 13.Divisione in sillabe, 14.Iniziali maiuscole, 15.Segni di punteggiatura, 16.Il punto, 17.La virgola, 18.Il punto e virgola, 19.I due punti, 20.I1 punto interrogativo, 21.I puntini di sospensione, 22.I1 trattino, 23.La parentesi tonda, 24.La parentesi quadra.

L’articolo determinativo # 25/56 25.Funzione, 26.Origine, 27.Forme, 28.Maschile, 29.Femminile, 30.Apostrofo, 31.Uso poetico e letterario, 32.Articolo e acronimi, 33.Perché tante le forme dell’articolo?, 34.Osservazioni sulla pronuncia, 35.L’articolo davanti ai nomi stranieri, 36.Usi particolari, 37.Nomi di stato preceduti dalla preposizione in, 38.Nomi di stato e la preposizione di, 39.Natale, Capodanno, Carnevale, Pasqua, 40.Nomi di città, 41.Nomi di fiumi, laghi, mari, grandi isole, monti..., 42.L’articolo con i punti cardinali, 43.L’articolo al posto del possessivo, 44.Enumerazioni, 45.Nomi qualificati da uno stesso aggettivo, 46.Frasi negative e proverbiali, 47.Signore, signora, signorina, dottore..., 48.Superlativo relativo, 49.Cognomi, 50.Nomi di battesimo di personaggi famosi, 51.Nomi propri accompagnati da determinante, 52.Plurale dei cognomi, 53.Nomi propri usati in senso figurato, 54.Nomi propri preceduti da titolo ecclesiastico, 55.Nomi di battesimo, 56.Pronome seguito da apposizione, 57.Non si usa l’articolo determinativo Articolo indeterminativo # 56/72 58.Origine e funzione, 59.Forme, 60.Femminile, 61.Maschile, 62.Apostrofo, 63.Plurale, 64.Omissione dell’articolo indeterminativo, 65.Articolo e apposizione, 66.Che peccato!, 67.Articolo indeterminativo e nomi propri, 68.Omissione con aggettivi davanti a uno stesso nome, 69.Articolo indeterminativo e possessivi, 70.Uso letterario e oscillazioni nel

tempo, 71.Articolo partitivo, 72.Articolo partitivo nelle frasi negative. Preposizione articolate # 73/75 73.Formazione, 74.Con e per, 75.Preposizioni davanti a nomi di città 0 titoli. Nome

# 76/162

76.Genere dei nomi, 77.Nomi in -o, 78.Nomi in -a, 79.Nomi di genere comune, 80.Nomi in -e, 81.Nomi in -ante, -ente, 82.Nomi in -i, -u # 83/ 90 Femminile -e -a > -essa, 86.85.-0 -a, > -e -a, > 83.Formazione del femminile, 84.-0 genere comune, di 89.Nomi -ina, > tore > -trice, 87.-sore > -trice, 88.-0 -e

276

90.Nomi di genere promiscuo

# 91/112 Plurale 91.Regole generali, 92.-a > -e, 93.-a > -i, 94.Nomi in -ista, -iatra, -cida, 95.Adattamenti ortografici, 96.Nomi in -ca e -ga, 97.Nomi in -cia -gia, 98.o > -i, 99.-io > ii e i, 100.Nomi terminati in -co -go, 101.Nota esplicativa, 102.Nomi con doppio plurale, 103.-e > -i, 104.Nomi in -ie, 105.Nomi

invariati al plurale, 106.Nomi sovrabbondanti, 107.Frutto, frutta, 108.Legno, legna, 109.Nomi con doppio singolare, 110.Nomi difettivi, 111.Nomi usati solo al singolare, 112.Nomi usati solo al plurale

Nomi composti # 113/121 113.Considerazioni generali, 114.Nome + nome, 115.Nome + aggettivo, 116.Aggettivo + nome, 117.Verbo + nome, 118.Preposizione/avverbio + nome, 119.Casi particolari, 120.Verbo + verbo oppure verbo + avverbio, 121.Tendenze moderne Nomi alterati 122.Introduzione,

# 122 / 127 125.Vezzeggiativo,

Formazione dei nomi

# 128 / 162

123.Diminutivo, 124.Accrescitivo, 126.Peggiorativo, 127.Nomi al superlativo

128.Introduzione, 129.-aggine -iggine -uggine, 130.-aggio, 131.-aglia, 132.aia, 133.-aio, 134.-aiolo, 135.-ame (-ime, -ume), 136. -anda -enda, 137.ano, 138.-ante -ente, 139.-anza -enza, 140.-ata -ita -uta, 141.-ato, 142.-erìa, 143.-eto -eta, 144.-ezza, 145.-ìa, 146.-ia, 147.-iera, 148.-iere (femm. -iera), 149.-io, 150.-ismo -esimo, 151.-ista, 152.-izia, 153.-mento, 154.-ore, 155.tà -tù, 156.-toio -toia, 157.-tore -sore, 158.-tudine, 159.-ura, 160.-zione, sione, 161.Verbi, aggettivi... usati al posto di un nome, 162.Deverbali.

Aggettivi qualificativi # 163 / 263 163.Introduzione, 164.Aggettivi qualificativi, 165.Prima classe, 166.Seconda classe, 167.Aggettivi uscenti in -a, 168.Aggettivi aventi due forme, 169.Aggettivi invariabili, 170.Arancione e marrone, 171.Aggettivi indicanti colore, 172.Aggettivi composti, 173.Mezzo, 174.Fu

Formazione del plurale # 175/179 175.Regole generali, 176.Aggettivi in -