La sublime scuola italiana: Poeti, Volume 1: Le rime italiane del Petrarca [Reprint 2021 ed.]
 9783112447307, 9783112447291

Citation preview

SUBLIME" SCUOLA ITALIANA OVVERO LE PIÙ E C C È L L E N T I OPERE DI

PETRARCA, ARIOSTO, X> ANTE, T. TAS* SO, PULCI, TASSONI, SANNAZZARO, CHIABRERA, BURCHIELLO. MACCHIAVELLI, BOCCACCIO, CASA» VARCHI, SPERONE SPERONI, LOLLIO, GOZZI, MARTINELLI, ALGAROTTI. i,Così vieti adunar la bella Scuola i,Del bel Paefe la, ove H Sì fuonà. D a n t e I n f . C . 4 . e C. 3 3 .

E D I Z I O N E DI

G I U S E P P E de- VALENTI. P O È T I

VOLUME 1

' 5

t. •"

»»

BERLINO E STRALSUNDA fiifesso AMÀDKO A U G U S T O L A N G È

'ilPu'LXXXV.

L E

RIME

ITALIANE DEL

P E T R A R C A TRATTE DALLE MIGLIORI E PIÙ AUTENTICHE IMPRESSIONI ESEGUITE IN ITALIA»

EDIZ

IONE

D

r

A G O S T I N O de- V A L E N T I .

% BERLINO E STRALSUNDA PRESSO

AMÀDEO AUGUSTO MDCCXCIX.

LANGE

AI

LEGGITORI.

P

J er quanto celebri Scrittori l'Italia prodotto ab* bia , e tuttoché moltiffimo dalle famofe Opere l o . i o molti illufòri Letterati di ogni Nazione ne ab« bian ritratto, non per tanto è sì divulgata la conofcenza degl* Italici Ingegni , iiccome quefti in efFetto lo meritano, e fecondo che altri ancor attinger ne pollano. L ' oftacolo maggiore deriva certamente, per non trovarli dagli Amatori della Italiana faccenda le Angolari, o dicali divine Opere dell' Italica Nazione, delle quali pur anche raro ne è 1* incontro in alcune delle più fcelte Biblioteche. Quéfta rarità medefìma, dopo tante replicate riftainpe in Italia, ed in varie Città d ' E u ropa efeguite, e con si avidità eiitate, conferma i pregj, e le prerogative loro j ed in confegufnza denota un bifogno di nuovi efemplari.

»3

Or

VI

AI

LEGGITORI.

Or d u n q u e , per far cofa grata agli Amatori dell' Italica favella, e fupplire alla fcarfità, che i n Germania fe ne h a , propofto mi f o n o , animato da quella biiona accoglienza che le precedenti m i e Opere hanno ricevuta, * ) di agevolare con una nuova Imprefiìone 1' acquifto delle Opere dei generalmente più lodati Promotori e gran Maeftri Italiani. P O E T I :

Petrarca,

Arioflò,

Dante,

T . Tallo,

Pulci,

T a l l o n i , Sanazzaro, Chiabrera, Burchiello. P R O S A T O R I :

Macchiavelli, Boccaccio, Cafa, Varchi, Sperone Speroni, L o l l i o , Gozzi, Martinelli, Algarotti, Onde, con rifparmio e facilità, potrà chiunque lo defidera, abondevolmente pafcere 1* erudita fu a. curioiità. Perchè po: m i fon prefiffo di dare con la p i e . fente Opera una generale concifa idea delle fublim i cognizioni, delle fuperiorità di vedute, della i b m m a delicatezza di gufto, della nobile eloquenr a dei furrifeiiti fovrani Autori Italiani, onde Sublime *) Voìlftaenlige

Beffali 1782.

Toskatiìjche Spracfitehr» fiir Deatfche,

Italiaenijchef Elementarbuch.

«783.

Berlin und Stralfund

AI

LEGGITORI,

VII

hlime Scuoia Italiana la n o m i n o , però Tempre riporterò in quefta Collezione, non tutte le divcr« fe Opere, ma le più eccellenti di loro foltando. E , fìccome niuno può ben fcrivere e parlare una lingua con Io apprenderla da un folo maeitro» o dalle fole regole gramaticali ; nò, da Verlioni, fquarci, e troncati paiTaggi d' Autori, appieno può conofcere il vero buono, o godere il bello delle ben proporzionate parti d' un* Opera, ma bensì (la una ripetuta lettura, dallo ftudio eziandio, e da un fino non interrotto efame fopra le più fcelte e pure Produzioni di var} A u t o r i ; così per quefto pure neceffario credetti, che ciafcuna Opera c o m parisl'e t u t t a , e nel fuo elTer intiera. Acciò poi a vicenda comparifcano materie ricreative, ed altre ferie; e variando, fi pafii da uno Stile, o da un Carattere ad un altro, procederò xiel corfo dell' Opera, non fecondo il tempo, che gli Auteri vifiuto hanno, ne fecondo il rango, che loro converrebbe, ma feparando e collocando le Opere in guifa, che ad un Poeta alternativamente fucccda un P r o f a t o r e , e di maniera, che ogni Autore, o fola Opera, polla, da chi Jo brama, com e in Volume a parte elTer ufata. Finalmente non m a n c o , per quando II è da me, di porger queft' Opera corretta, e fecondo la moderna ortografia, con tutto ciò, che neceilario #4

ed

VII!

AL

LEGGITORI.

ed utile è a decoro e fchiarimenttì della medefima, 61' Intendenti giudicheranno Te io vi Ha riufcito. Prendete amorevoli Leggitori in buon grado quefta mia intraprefa« di cui lo fcopo principale •è di recarvi piacere ed utilità; e vivete felici.

VITA

VITA E COSTUMI D I

FRANCESCO PETRARCA. F r a n c e f c o Petrarca nacque il 1504. in Arezzo di Tofcana, ove i di lui Genitori, d' antico ed onorato legnaggio fiorentino, benché di mediocre fortuna, Ricacciati dai Neri, lì eran da Firenze ritirati. Suo P a d r e , avendo già il Giovane Petrarca compiuti i 7. anni, dopo aver più e più volte invano tentata la permifiione di rimpatriare , finalmente fuor d' ogni fperanza deliberò di trasferirli colla famiglia in Avignone, dove allora la Corte Romana faceva Reiìdenza. Qui imparò Petrarca le prime lettere, e giudicandolo il Padre di mirabile ed eccellente ingegno, lo fece pasfare in età d' 11. anni a Carpentraffo, per ivi far il corf® dei giovenili Itudj. Dai i 5 . fino ai Tuoi anni lo mandò a Monpelieri, e poi tre altri anni a Bologna per imparare il Diritto. In quello ultimo luogo fu fcolare di Cino da Piftoja, e di Giovanni Andrea Calderino eccellenti Giurisconiulti, Pervenuto Petrarca all' età di 22. anni,efen* 5

tita

X

tita la morte de' fuox Genitori, f u coftretto, per confervare le paterne facoltà, di ritornarfene i n Avignone, e abbandonare le Leggi, a cui, più per paterno volere, che per propria inclinazione dedicato fi era. Il fufleguente anno 1527. e. 25. dell' età fua ebbe principio quel Tuo famofo amare verfo una certa nobil Fanciulla provenzale Madonna Lauretta, o fecondo il.Poeta noftro, Laura di Sade, d' anni 18. La forza di quello tanto decantato amore non venne in lui giammai m e n o , perchè egli con tande leggiadre poeiie amò e celebrò la bella fua Laura 21, anno in vita, e 10. anche dopo la morte di ella. Di anni 28. accefo Petrarca da lodevol deOdcrio di veder la Francia e la Germania, fe^ne andò a Parigi ed in Fiandra, e poi lungo il Reno per 1' Alemagna, da dove fi portò a L i o n e , e indi palToifene a Roma. Dopo alcuni mefi, defiderofo di continuare gli ftudj, ritornò di Roma in Avignone, ove per alquanto tempo flette al fervigio del Papa Giovanni XXII. da cui in molte occorrenze f u adoperato, e molte volte mandato i n Italia a Roma,' ed in Francia a Filippo Re. A v vedutoli però il Petr, che le grandi fperanze fattegli,dal Pontefice erano pure illuiiorii, s'avvisò allontanarli dalla Corte, e 11 trasferì ad abitare in Valchiufa, vicino alla terra abitata dalla fua Lau» i a . Ivi compro/Il un orticello con una piccola cai a , e vi dimorò per io. anni. In quello tempo egli fcriffe la maggior parte delle fue opere in Profa ed in VerH, e fpecialmente 1' Affrica, Divul-

Xi Divulgatali la f a m a d i q u e f i a eccellente latina J'oeiìa, f u nella fua età di 32. anni invitato dal Se-, nato R o m a n o a paflare a R o m a , [ier i v i ell'er incoronato P o e t a , ove giunte nel i 5 . l i . e dal Sig. O r f o dall' Anguillara Senator R o m a n o ricevette la corona d* alloro nel Campidoglio. Q u i n d i per a u tender unicamente agli itudj, partì Francefco Petrarca da R o m a , e fi condulle a Parma, ove tini SS. eli Correggio ricevette molti o n o r i , e particolarm e n t e 1' Arcidiaconato di queftà Città. Ivi li ritirò in u n luogo folitario, detta Selva Piana, fopra il fiuma L e n z a , e q u i terminò il FLUÌ detto P o e m a latino dell' Affrica, G i u n t o Petrarca al X L , a n n o , nè avendo ancora potuto ottenere l'effettuazione d' eiier richiam a t o dall' efilio di Firenze, e della reftituzione dei paterni bèni, fe n e ritornò in Francia alla fua abitazione di Valchiufa, e all' ozio de' fuoi ftudj. M a dopo alcun tempo fu richiamato nel l o t t f . i n Italia, per replicati i n v i l i di G i a c o m o di Carrara, Signor a quel t e m p o di P a d o v a , che conferir g l i fece u n Canonicato nella detta Cattedrale, In quella fua dimora a Padova, e nell' età fua di anni 44... m o r ì nell 1548.1' eccellente da l u i tanto amata L a u ra, che f u lepolta nella Chiefa de' Frati M i n o r i i n A v i g n o n e . Morto Umilmente in quefto tempo il Carrarefe, e fentendo Petrarca ancora dell' attaccam é n t o . per la grata Tua Colitudine di Valchiufa,

quantunque 1* oggetto del Tuo ardente amore non vi

XII v i foffe più, egli vi ritornò nel 1349. 1 1 3 3 P e r breve tempo, imperocché 1' anno feguente, in occaiìone il* un Giubileo, egli palio a Roma per dar 1* ulti» mo addio a' fuoi amici, è particolarmente al Sig. Stefano C o l o n n a , già vecchi f i l m o , che 1' amava, come fe egli folle flato fuo proprio figlio. Forfè non farebbe egli giammai più ritornato in Avignone, fo dal Papa Clemente VI. egli non v i folle flato richiamato. Sazio finalmente, dopo la motte d i quefloPapa, e del Cardinal Colonna fuoi grati M e cenati, della ftanza di Provenza, li deliberò paflare il reflo della fua vita nella Lombardia, ove da tutti i Signori era onorato e defiderato, maffixne dai Vi/conti, ed ove riwiafe ¡0. anni nella Ciltà di Mil a n o , e nei vicini l u o g h i , andando or a Padova ora a Venezia, fecondo 1* occorrenze. Finalmente fentendofi grave d'anni, palio a Venezia per finirvi i fuoi giorni. Ma eiTenrlo nata guerra tra i Veneziani , ed il Sig. Francefco di Carrara f u o amico, per allontanare da fe ogni fofpetto , egli fiflò per Tempre la fua dimora dieci miglia italiane fopra Padova, vicino ai monti Euganei, in un luogo detto Arqua, ove fi fece a fuo guflo fabbricar una Cafa, e dove menò il reflo de' fuoi giorni in poetici e iìlofofici ftudj. In queito tempo gli pervenne da Firenze la reflituzione di tutti i beni paterni, coli' effer anche rimetto dall' eiilio. Mori in Arqua nel 1 3 7 4 . in età di anni 70,

Di

XIII

Dì donna non vile di Milano ebbe una figliuola di nome Francefca, che maritata aFrancefco di Boriano Milanefe f u la fua erede. Petrarca fu fobrio nel vitto, pulito nel veftire, benigno e liberale, amico degli amici, fortunatiffimo nelle amicizie delle tefie Coronate, e degli uomini grandi ; e '1 brio e '1 piacere delle c o n v e n zioni. F u di comune ftatura, non di molte gran f o r z e , ma di mirabil deftrezza. Di forma eccellente, di color tra bianco e bruno, di vivaciffimi occhi, e tanto perfetta vifta, che oltre ai 60, anni poteva fenza occhiali ben leggere ogni mirmtiffima lettera.

ALCU-

ALCUNE L E T T E R A R I E NOTIZIE SOPRA I L

P E T R A R C A E L E SUE RI IME.

I - J e vaiti tà delle cognizioni di qtìeiìo mirabil Poeta gli compararono preffo gì' Italiani, e pofeia preffo le altre Nazioni una ftima sì univerfale, che f u tenuto co a guifa di fogni, fono vani e fuggitivi.

V c i , eh' «[colute in rime (parta il ítionó Dì pereh' i o non fapea d o v e , ne quando M e "1 ritrovarti, folo l a g r i m a n d o L a 've "toltp m i f u , d ì e notte a n d a v a R i c e r c a n d o dal lato, e dentro all' a e q u e ; E g i a m m a i poi la m i a l i n g u a non tacque, M e n t r e p o t e o , del Tua cader m a l i g n o : O n d ' io prelì col fuon color d' un Cigno« Così l u n g o T amate r i v e andai, C h e v o l e n d o p a r l a r , cantava fempre M e r c è c h i a m a n d o con eftrania v o c e : N e m a i i n sì d o l c i , o V s ì f o a v i t e m p r e R i f o n a r feppi g l i amorofi gtiai> C h e '1 cor s' umiliaiTe afpro e feroce. Q u a l f u a f e n t i r , elle '1 r i c o r d a r m i cuoce» M a m o l t o p i ù di q u e l , che per i n n a n z i , D e l l a dol e ed acerba m i a nemica, E bifogno che i o dica ; B e n c h é fia t a l , eh' ogni parlare avanzi. Q u e f i a , che col m i r a r g l i a n i m i f u r a , M ' aperte i l p e t t o , e '1 cor prefe con mano D i c e n d o a m e : d i ciò n o n , f a r p a r o l a : Poi la r i v i d i in altro abito fola T a l , eh' i' non la conobbi ( o fenfo u m a n o } A n z i le dilli '1 v e r pien d i p a u r a : Ed ella nell' ufata fua figura T o l t o t o r n a n d o , f e c e m i , o i m è laffo, D ' u n quali v i v o , e s b i g o t t i t o l'affo. Ella p a r l a v a t i t u r b a t a i n v i l t à , C h e t r e m a r m i fea dentro a quella petra, U d e n d o : I ' non fon forfè , c h i tu credi ; E dicea meco ; fe coftei mivfpetra, B Nuli»

18

IN

VITA

N u l l a y i t a m i fia nojofa o trifta ! A farmi lagrimar Signor mio riedi. C o m e , non io; p a r io moHi indi i piedi, N o n a l t r u i incolpando, che me fteflb. Mezzo tutto quel à i tra v i v o e morto. M a , perchè 'l tempo è corto, ]La penna al buon voler non può g i r preffo ; Onde p i ù cofe nella mente ferine V o t r a p a l a n d o , e Col d' alcuno parlo, Che maraviglia fanno a chi 1' afcolta; M o r t e m i s' era intorno al core avvolta ; N e tacendo potea di fua man trarlo, O dar (occorfo olle virtù ti afflitte, ' !Le v i v e voci ra' erano i n t e r d i l l e ; Ond' io gridai con carta e con inchioftro .\ Non fon m i o , n o ; s' io moro i l , danno è vofirp. Ben m i crcdea dinanzi agli occhi Cuoi D ' indegno far così di niercè degno : E quella fpeme m' avoa fatto ardito. M a t a l o r umiltk fpegne difdegnó, Talor lo ' n f i a m m a ; e ciò fepp' io dappoi, L u n g a ftagion di tenebre vefiito, Che a q u e i preghi i l mio l u m e era fparito, E d io non ritrovando intorno intorno O m b r a di l e i , neppur de' fnoi piedi orma, C o m ' utrni, che tra via dorma, Gìttaimi fianco l'opra 1' erba tin giorno. I v i acci'.fando il f u g g i t i v o raggio, Alle lagrime trifte allargai '1 freno, E lafciaile cader, coiti 1 a Ior parve'; Nfe g i a m m a i neve fott' al Sol difparve, Come-io fenti' mé tutto venir meno, E farmi una fontana a pie d' u n faggio. Gran tempo u m i d o tenni quel v i a g g i o . C h i u d ì mai d' uom vero nafeer f o n t e ? E parlo cofe manifelie e conte L ' a l m a , eli' e fai' da Dio fatta gentile, CCh.

DI

MADONNA

LAURA.

19

([Che già d' altrui non può venir tal grazia) Simile al fuo fattoi- fiato ritiene ; P e i ò di perdonar mai non e fazia A chi col cuore, e col fembiante umile D o p o quantunque offefe a mercè v i e n e : E , fe cantra Tur itile ella foltiene D ' efler molto pregata, in lui fi fpecchia; E fai, perchè '1 peccar più fi pavente : Che non ben ii ripente D e l l un m a l , chi dell' altro s' apparecchia. Poiché Madonna da pietà commofla Degnò mirarmi, e riconobbe, é vido Gir di pari la pena col peccato; Benigna mi ridulTe al primo fiato. Ma nulla è al mondo, in eh' uom fjggio fi fide} Che anepr poi ripregando , i nervi e 1' olla M i volfe in dura felce, e cosi fcofiV Voce rimàiì dell' antiche Tome, Chiamando morte, e lei fola per nome, i i t o dogliofo errante, mi rimembra, Per fpelonche deferte e pellegrine J'ianlì molt' anni il mio sfrenato ardire; E ancor poi trovai di quel mal line, E 1 ritornai rielle terrene m e m b r a : Credo, pur più dolor ivi fentire. I ' fegui' tanto avanti il mio delire d i ' un di cacciando s i , com' io folea, M i molli; e quella fera bella e cruda I n una fonte ignuda S i flava, quando '1 Sol piìi forte ardea. I o , perchè d' altra vifta non m' appago, Stetti a mirarla : ond' ella ebbe vergogn» ; E per farne vendetta 4 o per celarle, L ' acqua nel vifo con le man mi Tparfe, Vero dirò ([foiTe e* parrà menzogna) C h ' i' Tenti' traimi della propria imago; E d in un cervo folitario e vago D i fclva in felya l'alto ini trasformo; R i E*

So

IN

VITA

Ed ancor de' miei can fusso lo fiormo. CI Canzon i' non fu' mai quel nuvol o(To trasformarmi in lei P i ù , eli' i' mi Zìa, non eli' a mercè m i vaglia, D i qnal pietra più rigida, sì intaglia, Penfofo nella vifta oggi farei; O di Riamante, o d' un bel marmo bianco Per la paura forfè, o d' un diafpro Pregiato poi dal vulgo avaro , e feiocco : E farei fuor del grave giogo ed afpro, Per cui ho invidia di quel vecchio llanco, Che fa colle fue fpallc ombra a Marocco.

A r o o t « STO, Nella 'prefente Stanza mojlra il Petrarca, d' aver veduto una pajlorella, che lavava mi velo da tefla di Madoimn Laura.

N

on al fuo amante più Diana piacque, Quando per tal ventura tutta ignuda I,a vide in mezzo delle gelid' acque; CU' a me la paftorella «lpeilta è crudi Pofta a bagnar un.leggiedretto velo, Ch' a Lauta i l v a g o , e biondo capei chiuda: Talché mi fece o r , quand' egli arde il Cielo, T u t t o tremar d' un amorofo gielo.

Argo-

DI

MADONNA

LAURA.

A R OOStENTO. Dicefi che il Petr. mandajje quejìn Canzone, ed una epifio• la ah Sig. Nicolo di Renza, Cittadino Romano , il quale, ficcarne quello, che defiderava dì liberar la Patria, £j-o-« vandofi la. Corte Romana in Avignone , prefe il Campi* doglio, e /cacciò tutti quelli, che tenevano il governo per nome del Papa.

S p i r t o g e n t i l , clie quelle membra rea»!, Dentro alle qua' peregrinando alberga Un Signor valorofo , accorto, e faggio; Poiché fe' giunto all' «morata verga, Con la' qual Roma, e i fno' erranti correggi, E la richiami al fuo antico viaggio; I o parlo a t e ; perù eh' altrove un raggio N o n veggio di v i r t ù , eh' al mondo è fpental Che s ' afpetti, non i o , uè che t ' agpgni I t a l i a , che (noi guai non pàr che lenta ; Vecchia, oziofa, e lenta. D o r m i r à fempre ; e non lì a* chi la f v e g l i ? L e man le avefs' io avvoke entro a' capegli. N o n fpèro, che giammai dal -pigrp Tonno Muova la tefta per chiamar eli' uom faccia,' S ì gravemente è opprefla , e di tal Toma. M a non fenza deftino alle tue braccia, Che fcuoter forte ^ e follevar la ponno, È or commeiTo il noftro capo Roma. 'Pon man in quella venerabil chioma Securamente, e nelle treccie fparte S Ì , che la neghinola efea del fango, I ' , che dì e notte del fuo Itrazio piango, D i mia fperanza ho in te la maggior p a r t e : Che, fe '1 popol di Marte Doveffe al proprio onor alzar mai gli occhi, Farmi p u r , che a' tnoi dì la grazia tocchi.

V

an-

48

VITA

L * antiche m u r a , CIL' ancor t f m e , ed a m a , E trema '1 m o n d o , q u a n d o fi r i m e m b r a D e l t e m p o a n d a t o , e 'ndietro fi r i v o l v e j E i fallì, dove f u r chiufe le rpcnibra Dir tal» che non f a r i n n p feri za fama, S e 1' u n i v e r f o pria non lì difTolve; E tutto q u e l , eh' u n a m i n a involve, Per te fpera faldar o g n i f u o v i z i o . O g r a n d i , Scipioni, o fedel B r u t o , Q u a n t o * * a g g r a d a , s' egli è ancor v e n u t o E-omor l a g g i ù del ben locato offici^. Corpo ere', che F a b r i z i o S i faccia l i e t o , udendo la n o v e l l a ? JB dicer R o m a mia laià an^or bella« E , fe cofa di qua nel Ciel fi c u r a ; L ' a n i m e , che lafsìi fon cittadine, E d hanno i corpi abbandonati i n terrai D e l l u n g o odio civil ti pregali firie, Per cui la gente ben non s' aificura ; O n d e '1 camin a' lor tetti li ferra ; C h e fot g i à ù d e v o t i , ed ora in g u e r r a Q u a l i fpelunca di JadroM fon fatti» T a l , eh* a' buon folamente ufeio li c h i u d e ; E tra g l i Altari , e tra le fiatile i g n u d a O g n ' ì m p r e f a n u d e l p a r , che Ji tratti. D e h n'innto diverli a t t i : N e fenza f q n i l l e s' incomincia afTalto, £ h e per D i o ringrazi.ir f u r poiìe in alto. L e donne l a g n i n o l e , e '1 vuljjo inerme^ Della tenera e t a t e , e i vècchi fianchi, C h ' hanno fé in o d i o , e la fa v e r d i la v i t a ; E i neri fraticelli, e i b i g i , e i bianchi Coli' altre fchiere t r a v a g l i a t e , e ' n f c r m e G n d a n : O S i g n o r noltro a i t a , aita : E la povera gente sbigottita T i feopre le fue piaghe a m u l e a m i l l e ; C h ' A n n i b a l , non eli' a l t r i , farian : E , fe ben g u a r d i alla m a g i o n di D i o ,

DI

MADONNA

LAURA.

CU' arde oggi t u t t a ; aliai poche f a v i l l e S p e g n e n d o , lìen tranquille L e v o g l i e , che fi moftran sì i n f i a m m a t e : Onde fien 1' opre tue nel Ciel laudate. O r l i , L u p i , L e o n i , A q u i l e , e Serpi A d una gran marmorea colonna p a n n o noja f o v e n t e , ed a fe danno. D i coftor piagne quella gentil donna, C h e t' ha c h i a m a t o , acciocché di lei flerpi L e male piante , M' andava fconofciuto e pellegrino ; Quand' ecco i tuoi miniftii ( i ' non Io donile) Per daziai a d i v i d e r , eh 1 al tuo dettino M a l chi contratta, e mal chi £ nafeonde.

ARGOMENTO.

In quefta Canzone r i f a r i f c e il P. die pi ' volte ha pregate Amore ad e ¡Ter ¿lì benigno, ma che non era mai fiato ejandilci nemici, eh' i' iant' a m o ? Amor con quanto sforzo oggi mi vinci; E fe non, eh1 al delio crefce la fpeme, I' cadrei morto, ove più viver bramo.

ARGOMENTO, Parla V appaffiotoato P, della. fìvrjì'a di dove Amore tò , e perchè le f lette d' Amore non lo uccifero, do il dejiderioj che egli ha di morire.

lo /detmojlran-

I o avrò fempre in odio la fenefira, Ond' Amor m' avventò già mille Arali, Perch' alquanti di lor non fur mortali ; Cli' è bel morir , mentre la viti e delira. Ma '1 fovrafìar nella prigion terreflra, Cagion m' è lafTo d' infiniti mali: E piu mi duol, che Ben meco immortali, Poiché 1" alma dal col' non li fcapeitia. Mifera, che dovrebbe efler accorta Per l.nga efpenenza ornai, che 'I tempo Non è eli' indietro volga, o chi 1* affieni. Più volte 1 ho con tai parole feorta: Vaitene trifta, che non va per tempo, Chi dopo laiTa i Tuoi dì più feleni.

ARGOMENTO, Con la comparazione s' avvide bene, che zo de' fuoi occhi, ora s' accorge, che per farlo vìvere in

di chi faetta, dice il P. che M. Laura il colpo il quale Amor gli tirò col mezdoveva ejjer a lui funefto. E che egli il colpo non fu già mortale, ma bensì maggior tormento e pena*

•ì tofto , come avvien, clie 1' arco (cocchi Buon iagittario, di lontan difeerne,

Qu«l

D I

MADONNA

LAURA.

Qual colpo è da fprezzare, e . innamorar}'. , convfcendo Itt bravil i della- vita, e come bifogna eJJ'er mondi e netti nel far sì tremendo ultimo p a j f a g g i o . JL/a bella D o n n a , che cotanto a m a v i , S u b i t a m e n t e «' è da n o i partita, E , per q u e l che io ne fpevi, al C i e l falita ; S i furon g l i atti Cuoi d o l c i , e foavi. T e m p o è da r i c o v r i r a m b e le, chiavi D e l tuo c u o r , eh' ella poiTed va i n vita,' E f e g u i r lei per via d r i t t a , e fpedita ; Pefo terren rfon Ila p i ù che t' a g g r a v i . Poiché fe1 fgombro della m a g g i o r [alma, L ' altre p u o i giufo a g e v o l m e n t e porre. Salendo quali un pellegrino fcarco. B e n v e d i ornai, ficcomo a morte corre O g n i cola creata, e quanto ali alma B i f o g n a i r l i e v e al perigliofo varco.

ARGOMENTO. Fì.t E

N T

o.

il l'iugo t y r j , che egli f c j y i r a innamorato i o Li vicinanza alla morta, con alcune contrarietà dall' arno« rofo fno fiato provenienti. imanlì addietro i l feftodecim' atinO De' miei fofpiri, ed io trap.ifTo innanzi Vetfo 1' eftremo; e parmi che pur dianzi Fofle '1 principio di cotanto affanno. L ' amar m' e dolce, e util il mio danno, £ '1 •tfiver gravo ; e prego eh' egli avanzi L ' empia fortuna; e temo non chiuda anzi M o l t e i begli occhi, che parlar mi f«nno. Or qui fon Isffo, e voglio efler altrove; E vorrei più Vol re, e più non voglio, E per. piìi non poter fo, quani 1 io poffo; E d' antichi deiir lagrime nuove Piovali, com' io fon pur quel, eh' io m i f o g l i o ; Nè per m i l l e rivolte ancor fon mollo. G 2

ArqO'Ì

IN VITA

LOO

,

ARGOMENTO.

fingendo il F, in quejìa Canzone un colloquio fra la fdm et ed ejjh coinè egli da. fanciullo s' innamora]) e d L'I Li dottrina, umana, la quale poi gli fece conofcer la .diurna. £ dimojlra, che ambedue nafcefj'ero a ur, parto; ma prima V umj.ua 9 per rifletto, che col mezzo delle cofe viftbili fi vien a cognizione ¡delie invifibili. Un'in prima s' acquifia l' umana , e poi la divina.

u

dice,

na D o n n a più b e l l a a ( T a i g h e '1 S o l e , E p i ù l u c e n t e e d' a l t r e t t a n t a

etade.

C o n famofa beltade A c e r b o i n c o r m i trafle alla fua fcliiera. Oitefta i n pen fieri, in opre, ed in parole, P e r ò eli' è delle cofe al m o n d e rade, Qiiefia per m i l l e i l i a d e S e m p r e innanzi m i f u leggiadra a l t e r a ; S o l o per lei t o r n a i da q u e l , eli'' io era, P o i c h é lofférli g l i o c c h i f u o i da preffo : P e r tuo « m o t VA' e r ' i o meiFo A faticofa i m p r e l a affai per

tempo,

T a l , c h e s' i ' a r r i v o al defiato p o r t o , S p e r o per lei g r a n t e m p o V i v e r , quand' a l t r i m i terrà per m o r t o . Queita m i a donna m i m e n ò m o l t ' a n n i P i e n di vaghezza g i o v e n i l e ardendo, S i c c o m ' or i o c o m p r e n d o , S o l per a v e r di m e p i ù certa prova» M e d i a n d o m i p u r 1' o m b r a , O 1' v e l o , o i panni T a l o r di Te, ina '1 vifo n a f c o n d e n d o ; E d i o , laflo , credendo V e d e r n e aliai, tutta 1' eth mia n u o v a Pallai c o n t e n t o ; o '1 r i m e m b r a r m i g i o v a . F o i c l i ' a l q u a n t o di l e i v e g g i ' o r p i ù i n n a n z i , 1 ' dico , che p u r dianzi, Q u a l i o non 1' avea viltà infin allora, M i fi i c o v c i i e ; o n d e ini n a c q u e u n g h i à c c i o Nel

D I

MADONNA

t

LAURA.

IOI

Nel c u o r e , ed evvl ancora, E farà ferapve, finche io le fia in braccio. Ma i"On mei tolfe la p a u r a , o '1 g e l o ; Che pur tanta baldanza al mio cor diedi, Cli* i* le mi filini! a' piedi, Per più dolcezza trar degl' occhi fuoi : Ed e l l a , clic limofio avea già '1 velo Dinanzi a' miei , mi diflc : Amico or vedi* C c m ' io fon bella, e chiedi Quanto par fi convenga agli anni t u o i . M a d o n n a , dilli, già ;i»an tempo in voi Poli '1 mio amor , eli' io Tento or sì 'njìammato, Ond* a me in quefto ftato Altro volere, o difvoler m ' è tolto. Con voce allor di sì mirabil tempre Bifpofe, e con un volto, Che temer e fperar mi farà Tèmpre. Pia do fu al inondo fra così gran turba, Ch' udendo ragionar del mio valore, N o n fi fentiffe al core Per breve tempo slmen qualche favilla: Ma r avveifaiia m i a , che '1 ben perturba, T- fto la fpegne, ond' ogni virtù more ; E regna altro Signore; Che promette una vita più tranquilla. Della tua mente A m o r , che prima aprilla, M i dice cofe veramente, ond' io Veggio, che 1 gran delio Pur d' onorato fui ti farà degno. £ come già Ce' de' miei rari amici. Donna vedrai per legno, Che farà gli occhi tuoi via più felici. I ' volea d i r , queft' è impollìbil cofa; Quand' e l l a : or m i r a , e leva gli occhi un poco I n più riporto loco, Donna, eh' a pochi fi moftrò giammai. Ratto inchinai la fronte vergognofa, Sentendo nnovo dentro m a g g i o r f o c o :

G5

Cd

102

IN

VITA

E d ella il pvefo in gioco. D i c e n d o : i' veggio b e n , dove tu fiaì., Siccome '1 Sol co' Tuoi poiTenti rai Fa (abito fparir ogni altra itella ; Così par or mcn bella L a vifta mia, cui maggior luce preme. M a io però da' miei non ti d i p a n o ; Che quella, e me d' un feme, Lei- davanti, é me poi produfle un parto. jRuppefi intanto di vergogna i l nodo, Ch' alla mia lingua era distretto intorno Su nel primiero [corno A11 or, quand' io del fuo accorger m ' accorti, E 'ncominciai : S' egli è ver quel, eh' io o d o ; Ueato il padre, e benedetto i l giorno, C h ' ha di voi 1 nioiulo adorno, E t u l i o '1 tempo, eh' a vedervi io corfi : E fe mai della via d i i l i a m i torfi, D u o l m c n e forte a [l'ai più, eli' i o non i n o l t r o ; M a fé dell' efler voftro Polli dégno udii' p i ù , del deiìr ardo. Penfofa ini rifpofe, e così fifo Tenne '1 fuo dolce fguardo, Ch* al cor mandò colle parole i l vifo. Siccome piacque al noitio elenio padre, Ciafcuna di noi due nacque immortale : M i f e r i ! a voi che v a l e ? M e ' v ' era, che da noi folle 1 difetto. Amate, belle giovani e leggiadre F u m m o alcun t e m p o , ed or fiam g i u n t e a tale, Che coftei batte 1' àie, Per tornar all' antico fuo ricetto. 3T per me fon un' ombra ; ed or s' ho detto, Quantd per te sì breve intender puoili. Poiché i pie Tuoi fur molli, Dicendo non temer, eh' i ' m' allontani« D i verde lauro una ghirlanda colie.

La qual colle lue n a n i Ìatoino

DI

MADOWWA

LAURA.

io3

Intorno intorno alle mie tempie avvolfe, Canzon, olii tua ragion ckiattUlTe ofeu'ra, D i ' : non ho cura, perchè tofto fpero, Ch 1 altro rneflaggio il vero Farà in più chiara voce roanifeito. Io venni fol per i(Vegliare altrui; Se, olii m' impofc queilò, Non m' ingannò, quand' io parti' da lui. ARGOMENTO. ìl Petrarca rìfponde e un Verrarefe, il quale, avendo crf tinta l:i morte del l'aria, avBA perciò fa ti a uns. Canzone s e dicagli d' eJH'er ancor in vita t ma bensì ¡lato in pericola di morte.

Q u e l l e pietofe rime, in eh1 io m ' accorli jDi vofiro ingegno, e del cortefe affètto, Ebber tanto vigor nel mio. cofpetto, Che ratto a q'uefta penna la man porti; Per far voi certo, che gli eftremi morii D i quella, oli' io con tutto 'l mondo afpetto, Mai non Centi', ma pur fenza fofpetto Infili all' ufeio del fuo albergo corli : Poi tornai 'n dietro, perch' ib ridi fcritto D i fopra '1 limitar, che '1 tempo ancora Non eira giunto al mio viver preformo.; Ben eh' io non vi leggelli il d ì , ne 1* ora, Dunque s' acqueti ornai '1 cor voitrà afflitto ; E cerchi uom degno» quando sì 1' onora, ARGOMENTO. In quejlo Madrigale il P. efori a, "Umore a ferir In quale dileggiava la fua pojanza.

O r

M-

laura*

vedi Amor, che giovinetta Donna T u o regno (prezza, e 'del mio mal non cura $ G 4 E f»

104

IN

VITA.

J ! fra duo ta' nemici è sì fìcura. T u fé' armato, ed ella in treccie e *n gonnr.j>rjjje men dura e crudele , egli non era perà àet tutto /¡curo, pérchi tanto