La religione dei Catari. Fede, dottrine, riti 8827213724

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La religione dei Catari. Fede, dottrine, riti
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Jean Duvemoy

La Religione dei Catari Fede- Dottrine- Riti Prefazione di Francesco Zambon

Traduzione dal francese di Adriano Lanza

ISBN 88-272-13 72-4

Titolo originale dell'opera: LA RELIGION DES CATHARES. LE CATHARISME Q 0 Copyright 1976-1996 Éditions Privat, Tolosa Q Per l'edizione italiana: O Copyright 2000 by Edizioni Mediterranee, Via Flami­ nia, 109 - 00196 Roma Q Printed in ltaly Q S.T.A.R., Via Luigi Arati, 12 Q 00151 Roma.

INDICE

Pag. PREFAZIONE di Francesco Zambon

11

PRENUESSA IICabrismo

17

Parte prima:

IL DOGMA

INTRODUZIONE

21

Capitolo 1: LE F ONTI DELLA FEDE l. L'ANTICO T ESTAMENTO 2. IL NUOVO TESTAMENTO 3. GLI APOCRIFI 3.1. La Visione d'Isaia 3.2. La Cena segreta 3.3. Il Vangelo dei Nazarei 4. I MITI 5. LA LETTERATURA POLEMICA

32 33 34 36 37 37 38 39 39

Capitolo II: IL DUALISMO

43 43 44 45 47 48 49 51 51 53

l. I DUE PRINCIPI l. l. La teologia del Principio buono 1.2. La teologia del Principio malvagio 1.2.1. Contraddizione col Vangelo 1.2.2. Un dio incostante, crudele e mentitore 1.3. La creazione buona 1.4. La creazione cattiva 1.4.1. Il mondo visibile /.4.2. La cattiva creazione e il niente Capitolo III: COSMOLOGIA E NUESCOLANZA l. LA PRIMA PERTURBAZIONE 2. LA SECONDA PERT URBAZIONE 3. LA CADUTA E LA CREAZIONE DELL'UOMO 3.1. Il primo mito della creazione del/'uomo 3.2. Il secondo mito della creazione dell'uomo 4. IL COMPOSTO UMANO 4.1. Il corpo carnale 4.2. L'anima 4.3. Lo spirito 5. LIBERO ARBITRIO E ORIGINE DEL MALE 5.1. La negazione de/libero arbitrio 5.2. Responsabilità della Caduta 6. L'ORIGINE DELLA VEGETAZIONE

1: Variazioni sul tema della caduta l. L'ALBIGEISMO-ALBANISMO

APPENDICE

2. LA SCUOLA DELLA BOSNIA 3. LA CADUTA PER I MODERAT I ITAL�

56 57 58 58 59 61 62 62 64 64 66 66 66 67 69 69 70 70

Capitolo IV: LA RIVELAZIONE l. LA CRISTOLOGIA l. l. «Colui che si chiamava Giovanni» 1.2. Natura del Figlio 1.3. Discesa in questo mondo e /cenosi: la parabola del pellicano 1.4. L'adombramento 1.5. Il docetismo

1.6. l miracoli

l. 7.

2.

La Passione LA RIVELAZIONE E GLI APOSTOLI 2. 1. Giovanni Battista, Maria e Giovanni evangelista 2.2. Gli Apostoli e lo Spirito Santo 2.3. Il messaggio

Capitolo V: L'ESCATOLOGIA l. LA METEMPSICOSI 1.1. Esposizione e parabola del cavallo 1.2. Reincarnazioni e meriti 2. LA SALVEZZA 2.1. Il matrimonio spirituale 2.2. L'anima gloriosa 2.3. Il paradiso della «nuova terra» 3. FINE DEI TEMPI E APOCATASTASI 3.1. Il Giudizio è già avvenuto 3.2. La risurrezione

3.3. La distruzione del mondo malvagio 3.4. L'apocatastasi Capitolo VI: Gli scismi l. LA SCUOLA DI CONCOREZZO 2. LA SCUOLA DI BAGNOLO 3. GIOVANNI DI LUGIO 4. DESIDERIO

72 72 72 73 74 76 77 78 79 79 80 80 82 83 85 85 85 86 88 88 89 90 91 91 92 93 93

APPENDICE II: Le autorità a sostegno dell 'esegesi catara

94 95 102 104 105

APPENDICE III: L'informazione introduttiva di Moneta

107

Parte seconda: LA LITURGIA E LA CHIESA CATARE Capitolo I: IL BATTESIMO l. IL BATTESIMO DEI PERFETTI l. l. Il noviziato

1.2. La trasmissione della Preghiera 1.2.1. La trasmissione del Libro 1.2.2. La catechesi 1.2.3. La trasmissione vera e propria della Preghiera 1.3. Il consolamentum 1.3.1. Il celebrante 1.3.2. l voti 1.3.3. La catechesi 1.3.4. Il rito 6

12 1 127 129 129 130 130 131 133 134 135 136 137 137

2. IL BATI'ESIMO DEI MORENTI 2.1. Il patto o convenenza 2.2. Il rito 2.3. Il ministro 2.4. L' «endura»

140 140 141 144 145

Capitolo II: LA REGOLA DI GIUSTIZIA E DI VERITÀ l. L'ASTINENZA

·

l. l. L'alimentazione carnea 1.2. Il vino 1.3. Le quaresime e i giorni 1.4. L'osservanza 2. LA CONTINENZA 2.1. La motivazione 2.2. La teoria e la pratica 3. LA PREGHIERA 3.1. Le Ore 3.2. Il Pater 3.3. La preghiera di Giovanni Maury 4. LA VERITÀ

4.1. Il giuramento 4.2. La menzogna 5. TU NON UCCIDERAI 6. «NON GIUDICATE>> 6.1. Il rifiuto del potere 6.2. Il rifiuto della giustizia penale 6.3. Il rifiuto della giustizia civile- L'arbitrato 7. ILLAVORO 7.l. Il precetto 7.2. La pratica

151 152 152 154 154 155 156 157 160 161 162 164 165 166 166 167 168 169 170 170 171 172 172 173

Capitolo III: l RITI l. IL SERVIZIO l. l. Il rituale 1.2. La funzione penitenziale 2. IL MELIORAMENTUM 2.1. Il rito 2.2. L'imponanza 3. IL BACIO DI PACE (Caretas) 4. IL PANE DELLA SANTA PREGHIERA 4.1. La forma 4.2. La critica dell'eucaristia cattolica 4.3. Il valore del Pane della Preghiera

177 177 177 179 181 181 183 183 185 185 186 187

Capitolo IV: LA PREDICAZIONE l. L'ESORTAZIONE 2. LA SCRDTURA 3. LA PREDICA

189 189 189 190

Capitolo V: LA PERSECUZIONE l. L'ARCANO 2. L'ARRESTO 3. ILROGO 4. I DELATORI E I PERSECUTORI

191 191 192 193 194 7

196

Capitolo VI: LA CHIESA l. LA DEFEZIONE DALLA CHIESA DI ROMA

1.1. La 1.2.

sua

violazione del Vangelo

196 197

La sua avidità

1.3.

La sua idolatria

1.4. 1.5.

l suoi omicidi La sua corruzione

196

197 199 200 201 202

2. LA CHIESA CATARA 2.1. l credenti 2.2. Ordinato, perfetto, consolato

202

2.3. L'anziano 2.4. Il diacono 2.5. Il Vescovo e i suoi Figli

203 204 205

2.6. l/papa

207

2.7. Il concilio

210

Capitolo VII: SOCIOLOGIA DEL CATARISMO l. L'ECONOMIA 1.1. l beni temporali

1.1.1. La comunanza dei beni 1.1.2. /lasciti 1.1.3. l/lavoro 1.1.4. Le offerte e le taglie 1.1.5. Gli intendenti (nuntii) 1.1.6. Il tesoro 1.2. Il ruolo nell'economia

211 212 214 214 214 215 217

218

2. LA MORALE 2.1. 2.2. 3. LA 3.1. 3.2. 3.3.

Le calunnie l credenti SOVVERSIONE CATARA Il catarismo e le istituzioni L'origine rivoluzionaria del catarismo La donna

229

l. LETIERATURAE SPIRITUALITÀ La letteratura catara

1.2. 1.3.

La spiritualità catara

219 221 223 224 225 226 229

Capitolo VIII: CULTURA E CATARISMO

1.1.

211 211 211

229 230 232 232

Il catarismo: una «religio»

2. l TROVATORI 2.1. La Linguadoca 2.2. La Francia del Nord

233 236 238 239 240

2.3. L'erotica cortese 3. L'ARCHEOLOGIA 3.1. Montségur 3.2. l rifugi sotterranei e le grotte 3.3. Le stele discoidali 3.4. Le «stecti» della Bosnia-Erzegovina 8

241 243 247

Parte terza: ORIGINI E PARALLELI Capitolo 1: l NOMI DEL CATARISMO l. I NOMI RIVENDICATI 1.1. Poveri di Cristo 1.2. Cristiani 1.3. Amici di Dio 1.4. «Bonshommes» 1.5. Chiese, barbe 2. I NOMI DATI DAGLI AVVERSARI 2.1. Ariani 2.2. Catari 2.3. Patarini 2.4. Poplicani, Piphli, >.

Perciò la sua testimonianza è autentica. E, per di più, da persona avvertita, egli è stato in grado di distinguere una seconda setta, opposta alla prima, che ha già tutte le caratteristiche che saranno attribuite ai Valdesi. Ecberto di Schonau, abate del monastero benedettino di questo nome, dedica all'arcive­ scovo di Colonia (e Cancelliere dell'Impero) Rainaldo di DasseP una serie di sermoni contro i "Catari", nome che viene dato a questi eretici in Germania, nel 1 1 63 . La sua esperienza è analoga a quella di Evervino, ma più ricca di particolari: «Quando ero canonico di Bonn, ho spesso discusso con loro, insieme a persona del mio stesso sen­ tire (unanimis) e al mio amico Bertolph ed ho preso nota con cura dei loro errori e delle loro manie­ re di difendersi. Molte cose sono state conosciute su di loro attraverso quelli che avevano lasciato le loro conventicole ... Sono coloro che da noi in Germania vengono chiamati "catari", in Fiandra "piph­ les", in Francia "tessitori", dal mestiere che praticano ... Ciò mi è stato rivelato da persone che si sono separate

da voi. . . >>.

' Esse sono state spesso riunite in collezioni, fin dalle grandi compilazioni del XVII secolo (D' Achéry, Manène e Durami, ecc.), sia in qualità di testimonianze, sia a titolo principale (1. von Dollinger, cfr. infro, p. 27, n. 46). Si deve a Walter L. Wakefield e Austin Evans (Heresies of the High Middle Ages, Records of Civiliza­ tion, Sources and Studies, LXXXI, New York e Londra, 1 969), in traduzione critica ingles e , la più completa di queste coll ezioni, fonti giudiziarie escluse. 2 Evervini Steinfeldensis Praepositi, Ad S. Bernardum. Pubblicata in S. Bernardi, Opero, ed. dei Benedet­ tini, M abil lon, 1 690, c . 1488 e in seguito in J.P. Migne, Patrologia Latina, t. 1 82, cc. 676-680, la lenera di Ever­ vin o è studiata, per la data e la storia letteraria, da A. Borst, Die Katharer, op. cit., p. 4. Per il Sermone 65, vedi J.P. Migne, Patrologia Latina, t. 1 83, cc. 785- 1 1 98. ' Cfr. Julius Ficker, Reino/d von Dassel, Reichskanzler und Erzbischofvon Koln, 1 1 56- 1 1 67, Colonia, 1 850 e Aalen, 1 966, p. 94. 21

Egli è al corrente, come Evervino, di una seconda setta, che indica come i «seguaci di Hartwim). Il fatto che abbia messo a raffronto la dottrina di cui è stato informato direttamen­ te con i libri di Agostino contro i Manichei non toglie nulla al valore delle notizie fomite, trop­ po spesso sottovalutate dalla critica per questa ragione•. L'insieme assai mediocre detto deii'>. op. cit., pp. 206-2 10. R. Manselli ha creduto di vedere in que­ sto testo la confessio di cui parliamo più avanti. A. Dondaine ha ristabilito l'appartenenza dell'incipit che precede la Manifestano alla confessio riportata in seguito. (Durond de Huesca et /a po/émlque anti-cathare, in Archivum Fro­ trum Praedicatorum, t. 29, 1 959, pp. 264-265). "A. Dondaine, Durond de Huesca, op. cit., pp. 272-273. "'Archivi di Stato di Firenze, Fondo di Santa Maria Novella, ed. J. Guiraud, Histoire de l 'lnquisition au moyen­ dge, t. Il, Parigi, 1938, pp. 456-457. 70 Ed. J.N. Garvin e J.A. Corbett, The Summa contro haereticos, op. cit. 71 Ed. Martène et Dunmd, Thesaurus navus anecdotorum, l V, cc.l 705- 1 753. Cfr. Barino da Milano, Fr. Gre­ gorio O.P., vescovo di Fano e la Disputa/io inter catholicum et paterinum herelicum, in Aevum, t. 1 4 ( 1 940), 85- 140. " Attribuzione corretta da A. Dondaine, Le Manuel de l 'lnquisiteur, in Archivum Frotrum Proedicato­ rum, t. 1 7, 1 947, pp. 85- 1 94 .

29

Non è possibile datare meglio un breve cenno senza discussione scritturistica, ma bene infor­ mato, sul vescovato cataro di Firenze, contenuto nel Manoscritto Casanatensis 1730'3• La Somma attribuita all'inquisitore domenicano Pietro da Verona", assassinato nel l 25 2, che parla ugualmente di «patarini)), è, su un punto, molto vicina alla Disputatio15• Del resto, l'opera, del 1 235 circa, è concisa, intelligente e, su certi punti di dettaglio, originale. La distinzione tra le due scuole vi viene fatta secondo il criterio dell'animazione del corpo fisico (origenismo o traducianismo). L'altro gruppo di documenti ha come caratteristica di essere lombardo (32• Una cosa resta certa: le versioni cattoliche del Nuovo Testamento e la loro traduzione roman­ za erano normalmente accettate. Ogni perfetto portava su di sé un ((Testo», necessario per l'impo­ sizione del Libro sulla testa del nuovo adepto in occasione del consolamentum. Ora noi ne posse­ diamo uno, preceduto da formule liturgiche. Il Nuovo Testamento che segue è, nella sua versione romanza, perfettamente ortodosso. La stessa prese�m� della Lettera ai Laodicesi non ha niente di eccezionale33. Ancor più, il testo liturgico del prologo di Giovanni ( l , 1 - 1 7) dato in latino, è scevro di uno spagnolismo abbastarmi caratteristico che si trova nel testo romanzo che segue34• Non è dunque possibile parlare di versione catara del Nuovo Testamento, ed ancor meno ipo­ tizzare un prestito da versioni orientali, slava o greca. Né nella polemica, né nel l'uso interno scoperto, i catari si discostavano dal testo accolto dalla cristianità; e se avanzavano, o accoglie­ vano dall'esterno, correzioni o aggiunte, niente di questo genere è giunto fino a noi, ad eccezio­ ne dei modesti elementi di cui sopra. 3. GLI APOCRIFI Bisogna anzitutto segnalare un certo numero di elementi aneddotici attinti ad una tradizione orale o in ogni caso non scritturate, che poteva essere tanto cattolica che catara: ·'" Ecberto, Sermones contra catharos, op. cit., in J.P. Migne, Patralogia Latina, t. 1 95, c. 88: . Questa maniera di esporre il dualismo è sbrigativa ed in parte tendenziosa. Nelle fonti giudiziarie essa proviene generalmente da un formulario notarile che difficilmente chi deponeva poteva non sottoscri­ vere'. Ma il dualismo riveste, nei documenti dove l 'informazione è più diretta o di qualità migliore, una forma meno semplicistica. La base del dogma cataro è in questo caso la cre­ denza in due principi. Tale è l'opinione che il piccolo concilio, tenuto a Tolosa nella chiesa di Santo Stefano dal legato Pietro nel 1 1 78, si meraviglia di veder negata dagli eretici interroga­ ti8; il Libro dei due Principi di Giovanni di Lugio di Bergamo (anteriore al 1 250) e l 'insieme della polemica cattolica in Italia, si attengono alla distinzione tra quelli che pongono due prin­ cipi (dei quali abbiamo fatto i «catari assoluti))) e quelli che ne pongono uno solo (dei quali abbiamo fano i «catari moderati))). L'opinione radicale era sorretta da ragioni filosofiche: Aristotele dice che «i principi dei contrari sono contrari)). Dato che il bene e il male sono dei contrari, i loro principi sono con­ trari. Parimenti: «Tutti i contrari sono simili per natura)). Il bene e il male sono dei contrari, dunque sono simili per natura. Se l ' uno è un principio, l 'altro lo è pure. In più, se una causa è invariabile, lo è anche il suo effetto. Poiché le cose sensibili sono variabili, la loro causa non può venire dal Dio buono e vero che non muta9• Ci si rifaceva poi ad autorità dell A ntico Testamento: > ( 1 270 circa, Ms. Doat, t. XXV, f. 24r). 52

La dichiarazione ritorna, immutata, sino alla fine del catarismo: «Vi sono due mondi, l'uno visibile, l'altro invisibile. Ciascuno ha il suo dio. I.:invisibile ha un dio buono, che salva le anime. I: altro, il visibile, ha il dio malvagio, che fa le cose visibili e passeggere»". > (C. Douais, Documents, op. cit., pp . 92, 1 1 1 ). 53

nista dell'autore della Disputatio, il laico ital iano Giorgio ( 1 240- 1 250 circa)80, i catari consi­ derati da Salvo Burd', così come gli autori confutati da Moneta82, per finire col notaio d'Ax­ les-Thermes Pietro Authié alla fine del XIII secolo83• Le autorità a sostegno di questa esegesi non mancavano per l 'autore del Traité anonyme: «Quanto al fatto che ciò che è nel mondo e derivato dal mondo è niente, l'apostolo lo spiega quan­ do dice: "Noi sappiamo che gli idoli non sono niente nel mondo"; "E quand'anche avessi il dono della profezia e penetrassi tutti i misteri e avessi la scienza perfetta di tutto, se non ho la carità non sono niente" (/ Lettero

ai Corinzi, 8,4; 1 3 ,2). Donde è manifesto che se l ' apostolo stesso non è nien­

te senza la carità, tutto ciò che è senza la carità è ugualmente il niente. Donde Isaia: "Tutte le nazio­ ni davanti a Lui sono come se non fossero, ed egli le considera come il niente e come il vuoto" (Isaia,

40,47), e il Salmista: "Voi considererete tutte le nazioni come un niente" ; "Il malvagio ai suoi occhi è come un niente" (Salmi, 5 8,9; 1 4,4)» .. .

Questa esegesi topica e del resto molto antica era legata a tal punto all'albigeismo che i Valdesi, nella loro versione romanza del Nuovo Testamento, ricorrevano ad una perifrasi per evitare ogni confusione, e alcuna cosa no es faita sencza Luy, che preferivano all'equivoco senes Lui es fait nienf5• La seconda ragione data dai catari era che ci sono due universalità, due sorta di omnia. In Gio­ vanni, 1 ,3, >7• Nella predicazione popolare queste visioni vengono enfatizzate: «Ci sono due divinità che si sono date battaglia l'una contro l'altra in cielo, e il sangue è giunto all'altezza delle mura di una città»8 • La caduta di Satana, d'altra parte, portò con sé l'infrangersi del suo furnamento di vetro•.

' In quest'ultimo sistema, la mescolanza si effettua a causa dell'agitazione disordinata del principio mal­ vagio sulla frontiera che lo separa dal principio buono. Il quale non ha altra risorsa che gettargli in pasto una parte di

se

stesso.

2 Liber de duobu.s principiis, ed. A.

1



Dondaine, op. cit., p. 88. Satana è talvolta il nome del figlio. Il sole e la luna appartengono alla creazione malvagia (Moneta,

Adversus Catharos et Valdenses,

op. cit.,

p. 84), diversamente da quanto accade nel manicheismo. ' Moneta, Adversus Catharos et Valdenses, op. cit., p. 39. • A questo passo capitale si rifanno Abdia, 4; Luca, 1 0, 1 5; cit., pp. 40-4 1 ) . 1

8

lisse,



Apocalisse,

1 8,5;

Salmi,

106,26 (Moneta, op.

Apocalisse,

12,7-9 (Brevis summula, ed. C. Douais, op. cit., p . 1 1 7). Dalla deposizione di persona originaria di Lavaur (Tarn), 1 27 5 . (Ms. Doat, t. XXV, f. 22 l r).

Cfr. Apoca­

1 4, 1 5 .

Quod celum cum ascendissent fractum fuit, et diabo/us. . . cecidit de celo (Registre de Jacques Fournier, Fractum fuit celum quod era t vitreum (Ms. Doat, t. XXXI V, ff. 95v-96r).

op. ci t., t. II, p. 508);

56

2.

LA SECONDA PERTURBAZIONE

Lucifero (o Satana) non fece uso solo della violenza, ma ricorse anche all ' astuzia: Egli si introdusse nel Regno con la sorpresa o con l ' inganno e offrì agli spiriti celesti beni fino­ ra ad essi ignoti, il che gli permise di trascinarsene dietro la terza parte, secondo Apocalis­

se, 1 2,4: «La sua coda trascinava la terza parte degli astri del cielo, ed essa li gettò sulla terra». Sono questi i dati di base permanenti dai quali sono derivate versioni diverse, di cui non si può dire se siano dovute all' immaginazione dei catari stessi, a quella di credenti poco avve­ duti o a quella di avversari maliziosi10• Anche i tempi variano: questa seconda perturbazione è data come anteriore, posteriore o concomitante alla precedente. Il fondamento scritturistico è la parabola dell' economo infedele per entrambe le due scuo­ le catare. Gli albigesi hanno certi miti in forma popolare, che ci sono giunti privi di citazioni e di argomentazione

11•

L' esposizione di Moneta, basata su scritti o ricordi di polemiche, è relativamente sobria: «Dalle Scritture divine risulta evidente che le creature celesti, che siamo soliti chiamare gli ange­ li, hanno peccato in cielo . . . coloro che ammettono due principi dicono che il peccato originale non deriva dal loro libero arbitrio . Essi non lo possedevano, dicono'2• Sostengono che il Figlio del dio m alvagio sali in cielo e che qui, trasfigurato in angelo di luce, sedusse Dio e fu riconosciuto come dotato di pieni poteri

( villicus) su di

(dilectus est)

gli angeli di

loro e come loro signore, li tras­

se in inganno con la sua astuzia e li spinse al peccato, e li trascinò verso questa regione (di quag­ giù)»13.

La preghiera-catechismo dei contemporanei di Pi etro Authié,

Genesi, 3,4-5, ma la struttura della narrazione è la stessa:

1 300 circa, fa allusione a

« . . . essi vennero giù dal Paradiso

quando Lucifero l i trasse fuori di lì, facendo loro apparire che Dio voleva solo il loro bene; e, poiché il diavolo era assai ingannatore, prometteva loro il male e il bene; e disse che avrebbe dato loro delle donne di cui si sarebbero molto compiaciuti, e potere gli uni su gli altri . . . e che tutti quelli che gli avessero obbedito e fossero discesi con lui avrebbero avuto facoltà di fare il male e il bene, come Dio in cielo, e che sarebbe stato meglio essere dèi, col potere di fare il male e il bene, piuttosto che essere in cielo dove Dio non offriva loro che il bene. E così salirono su di un cielo di vetro, e come vi salirono, così caddero e furo­ no annientati . . . )) 14•

10 A quest'ultima fonte è probabilmente da attribuire la storia di Lucifero che sale al cielo e seduce la sposa del dio buono, alla quale dà un figlio, Cristo, secondo Apocalisse, 1 1 , 1 5 : «Ecco il regno di questo mondo, di nostro Signore e del suo Cristo••· Questo passo, conservato in un manoscritto del Fondo degli Scozzesi di Vien­ (l. von Dollinger, Beitriige, op . c it . , t. 11, pp. 6 1 2-6 1 3 ; cfr. A. Dondaine, La hiéron:hie cathare en ltalie, l, op. cit., p. 299, n. 38), compare come un elemento riferito al seguito di un frammento del De heresi catharo­

na

ed. A. Dondaine, op. cii., p. 3 1 1 . . . non salvandorum . . . , l , I l ). " Moneta attribuisce ai dualisti assoluti l' opinione secondo cui Satana è salito in cielo sono il travestimento

rum in Lombardia (De heresi,

di angelo di luce e vi è stato accolto come 1 8,23-35, non viene espressamente citato.

villicw,

e mantiene questo termine per tutti i capitoli . Ma

Malleo,

" Cfr. infru, pp. 67-68. 1 3 Moneta, Adversw Catharos

et Valdenses, op. ci t., p. 36. " Registre de Jacques Foumier, op. ci t., pp. 461-462. Il tema è ripreso nella medesima deposizione, p.

508, con la differenza che là si trattava della prima perturbazione e che è nella seconda che il diavolo costrul il cielo di vetro.

57

Nella predicazione popolare della stessa epoca, il diavolo fa entrare in paradiso una donna acconciata in maniera superba, e per seguirla gli spiriti precipitano in basso 1 5 • L a versione d i Pietro Authié, vecchio notaio colto e uomo

di mondo, fa risultare bene che

il contenuto del mito era un elemento irrinunciabile: «. 42 Registrf! de Jacques Fournier, op. cit., t. I, p. 228. 4'1 Cfr. in fra, p. 67. " 1 244, Bas-Quercy, Ms. Doat, t. XXJI, f. 32r. Cfr. Ms. Doat, t. XXV, f. 39r, Tolosa, 1 273: «Una donna del­ l ' isola di Tounis diceva che Lucifero aveva fatto l'uomo, e Dio gli disse di farlo parlare. Egli rispose di non poter­ lo fare. Dio allora gli soffiò nella bocca e l'uomo parlò»... «Dio vi ha messo la sua volontà». Ms. Doat, t. XXV, f. 59r-v, una donna di Cordes (Tarn), 1 272: 6\ «l'anima degli uomini non è altro che il san­

gue»68, e lo prova il fatto che quando il sangue 4.3.

ha finito di scorrere il corpo è morto.

Lo spirito

Ricondono questo secondo elemento alle sue dimensioni materiali, l'elemento spirituale dell'uomo, il suo spirito, è quell' essere celeste decaduto, consegnato, in questo mondo, all'o­ blio e alla generazione, ma promesso, come si vedrà, alla salvezza e al ritorno.

" Traité anonyme, ed. C. Thouzellier, op. cit., p. 100. "' Ritue/ de Lyon, ed. C. Clédat, op. cii., p. Xl 61 Brevis summu/a, in La somme. . . , ed. C. Douais, op. cit., p. 1 1 6. (Italia, prima del 1 252). 62 Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. l, p. 24 1 . ... Non va presa in considerazione l ' iscrizione del portale di San Benedetto di Castres: Valfredus spargi/ doc­ trine semina false,/ Corpus et una animam morte perire docet; s i tratta di un falso (Cfr. L. de Lacger, Histoire de Castres, t. l, Albi, 1 937, pp. 82 ss.) 64 Defide catholica, op. cit., in J.P Migne, Patrologia Latina, t. 2 1 0, c. 328. " Ms. Doat, l. XXV, f. 20v (Rouergue). "' Histoire générale de Languedoc, t. VIII, cc. 984-985. (Dipende probabilmente dalle inchieste di Jacques Foumier).

" L'arma no es rnas la sane, in Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. l, p. 26 1 . " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. II, p. 129. Si potrebbe naturalmente pensare a opinioni giudaizzanti

o semplicemente materialiste, ma il contesto è chiaramente cataro. Nell'ultima deposizione viene attribuito lo stes­ so valore all'anima della mula e a quella dell'uomo. 64

Esso è spirito in quanto creatura (o emanazione) di Dio, che è spirito. Ma gli tocca di esse­ re due volte anima, il che finisce col creare una certa imprecisione nei documenti. Esso, in

effetti, corrisponde nel senso corrente alla concezione teologica cattolica dell'anima. Poi, e soprattutto, esso è davvero un'anima, poiché le creature celesti possedevano e posseggono il medesimo composto tripartito dell'uomo: corpo, anima e spirito69. Il corpo e lo spirito sono rimasti nell' altro mondo al momento della caduta, e le anime soltanto sono cadute. È in un duplice senso che Lucifero ha trascinato seco la terza parte della milizia del cielo70. A questi corpi lasciati in cielo si applica l'espressione di Ezechiele «ossa arida» (Eze­ chiele, 37,4-5): «Ossa disseccate, ascoltate la parola di Dio!», «Immetterò in voi uno spirito, e voi vivrete»'', come pure numerose espressioni escatologiche72• Quanto allo spirito celeste, esso è rimasto stabile (fìrmus) e santo, al momento della perturbazione. È lo spirito santo par­ ticolare di ciascun'anima decaduta, che aspetta di riunirsi ad essa73, come si vedrà a proposi­ to della redenzione, del battesimo e del «matrimonio» catari. Questa personalizzazione degli spiriti santi porta a distinguere da essi lo Spirito Santo principale, così chiamato secondo il Salmo 50: «Rendimi la gioia del tuo salvatore. Rafforza­ mi col tuo Spirito principale» (50, 1 4). Questo Spirito Santo viene associato al Padre e al Figlio nell'Adoremus rituale'\ è quello «sul quale gli angeli bramano volgere lo sguardo» (/ Lettera di Pietro, l , 1 2)75• Questo Spirito Santo, dunque, esiste meno in ragione del posto che occupa nell'economia divina che per la traccia che lascia nella Scrittura. Autorizza, tuttavia, l' uso di formule trinitarie, in particolare nel preambolo degli scritti teologicF6. Per illustrare la distinzione, nel composto terreno, tra l ' anima e lo spirito, Filippo di Talay­ rac, un perfetto che predicava nel primo decennio del XIV secolo a fianco di Pietro Authié, raccontava l'apologo simbolico della testa d'asino: >) non deve trarre in inganno . La differenza sta nei dettagli dell'esposizione, specialmente del mito della caduta, e non in divergenze metafisiche fondamentali97•

" Dame Sabdalène de Goderville (Lauragais) 1 233 circa. Ms. 609 della Biblioteca di Tolosa, f. 63v. 89 Quercy, prima del 1 24 1 , Ms. Doat, t. XXJ , f. 227v. 90 Quercy, 1 274, Ms. Doat, t. XXV. f. 25v (Meretricium terroe. puteria). " Registrf' de Jacques Fourrrier, op. cit., t. II, p. 422. " Registro di G. d' Ablis, Ms. Latino n. 4269 della Biblioteca Nazionale di Parigi, f. 3v, 1 3 00 circa. " Il curato di Montaillou (Ariège), 1 299, Registre de Jacques Fourrrier, op. ci t., t. I, p. 230. 94 Registrf' de Jacques Fourrrier, op. cit., t. III, p. 347 " Registre de Jacques Fourrr ier, op. cit., t . II, p. 58. "" Registrf' de Jacques Fourrrier, op. ci t., t . II, p . 58, n. 60, e t. I, p. 283: non faciebat jlorf're nec gronarf'.

nec hominum generationem nec anima/ium. "Cfr. infro, p. 72.

68

APPENDICE I

Variazioni sul tema della caduta La presentazione schematica e didattica che precede non deve far diment ..:are la differen­ za abbastanza sensibile delle versioni in cui ci si imbatte presso i polemisti cattolici. Senza ricorrere a falsificazioni essi potevano far vedere che i loro avversari erano, secondo il tempo e il luogo, divisi su punti precisi, ed è possibile che abbiano sia accentuato leggere differenze ritenute trascurabili dai catari, sia compiuto estrapolazioni muovendo da premesse note, pre­ stando agli stessi catari una logica eccessiva. Il raffronto fra tali differenti versioni giustifica, come si vedrà, la linea seguita nel capitolo che precede: utilizzare i polemisti soltanto a soste­ gno di fatti accertati, che risultino o da uno scritto cataro autentico o da una deposizione pre­ stata direttamente dinanzi all'Inquisizione. •

l . L' ALBIGEISMO-ALBANISMO Si conoscono tre esposizioni differenti. La prima è quella che risponde alle notizie della

Manifestatio heresis del manoscritto di Reims1 , al trattato De heresi catharorum in Lombar­ dia2, nella presentazione delle credenze della scuola italiana di Desenzano, e ai passi della Somma di Moneta che riguardano «quelli che pongono due principi)). La seconda è quella che corrisponde a ciò che la Somma di Raniero SacconP chiama l 'an­ tica credenza dei seguaci di Balasinanza ( 1 200- 1 230). La terza sta nella dottrina di Giovanni di Bergamo (di Lugio) contenuta nella Brevis sum­ mula'. È possibile che, cronologicamente, la seconda preceda la prima. Manifestatio heresis De heresi catharorum Moneta

R. Sacconi

Brevis summula

Il diavolo assale il cielo.

Il diavolo assale il cielo.

Dio lo prende come intendente. Lucifero abusa della sua posizione

Sconfitto, trascina nella sua

Sale a sedurre gli spiriti.

e seduce gli spiriti.

caduta la terza parte degli

Il diavolo manda Lucifero in cielo.

spiriti Li rinchiude in corpi.

Li rinchiude in corpi.

Li rinchiude in c orpi .

È possibile trovare una spiegazione semplice alla soluzione adottata definitivamente dagli Albigesi della Francia meridionale: questa soluzione si trova attestata all'epoca in cui l' emi­ grazione verso la Lombardia ha fatto propria la dottrina di Giovanni di Lugio. Ma ciò non sembra affatto necessario. È molto più probabile che queste differenze, che poi non sono in effetti che semplici lacune, derivino da una diversa scelta di passi scritturali da applicare al ' A. Dondaine, Durond de Huesca, op . cit., pp. 268 ss. 2 A. Dondaine, La hiérorr:hie cothore en /tolie, l, in Arr:hivum FF. Proedicotorum, t. XIX, 1S49, pp. 306 ss. (inizio del XIII secolo). ' Summo de Cothoris, in A. Dondaine, Le Liber, op. cit., p. 7 1 : prima pars tenet opiniones antiquas quas

omnes cathori et Albonenses hobebonl in onnis Domini currentibus MCC usque od onnos curreni �s MCCXXX... ' In C . Douais, Lo somme des outorités, op . c it., p . 1 2 1 : Hec amnio il/os credere el inlellig< e comprehen­ di et intellexi ex verbis que di:cil Johonnes de Pergamo, eorum predica/or el doctor. qui et michi li;cit quod iam XL annis cathorus ero/, el ex verbis Johannis de Cucullio. qui similiterfui/ predico/or illorum et,- •ctor. ut michi iam di:cit, per onnos XXV

69

sistema fondamentale. Si vede che nel primo caso si è ritenuto di dover inserire la parabola dell' economo infedele; che nel secondo caso non si è tenuto conto che di una sola > (p. 1 98). " Registn! de Jacques Foumier, op. cit., t. l, pp. 357-358. (Ciaritas attributo di Cristo: Giovanni, 1 7,22). " Ascension d '/sai'e, ed . E. Tisserant, op. cit., p. 1 95 e nota a X, 1 1 .

76

Somma di Pietro da Verona ci dice: «Ve ne sono altri tra di loro i quali pensano che Cristo non è morto una volta sola, ma più volte; e arrivano fino a dire che ha sofferto ed è stato messo a morte in ciascuno dei sette cieli»29• 1 .4. L'adombramento Secondo la Visione d'Isaia, Cristo comparve come un bambinello accanto a Maria: «men­ tre erano soli, Maria guardò ... e vide un bambinello e si spaurl; e dopo lo spavento, il suo grembo rimase com'era, prima che avesse concepitm>30• Secondo la parafrasi di Belibasta: «Egli discese dal cielo e comparve come un neonato a Betlemme . . . la beata Maria fu gravida come se attendesse un figlio, e poi il bambino le comparve accanto e lei pensò, poiché la sua gravidanza era sparita, di aver messo al mondo un figlio, mentre invece non l'aveva né porta­ to in grembo, né messo al mondo»31 • Come dice Paolo (Lettera ai Filippesi, 2,7) Cristo è stato fatto «a somiglianza degli uomi­ ni e trovato, per l'aspetto, come un uomo», nella «somiglianza della carne del peccato» (Let­ tera ai Romani, 8,3)32• La carne di Cristo, la sua wnanit.à, non possono avere che un'origine celeste: «lo sono i l pane vivente, disceso dal cielo. Se qualcuno mangia d i questo pane, vivrà in eterno. E il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Giovanni, 6,5 1 )33• Il secondo «Adamo», «venuto dal cielo, è celeste» (! Lettera ai Corinzi, 1 5,47}34• D 'altra parte, Gesù è «venuto nella carne» (I Lettera di Giovanni, 4,2), per cui non è in Maria che l'ha trovata. Del resto, è pro­ vato a sufficienza che egli «non è di questo mondo» (Giovanni, 8,23)15 e che è stato «conce­ pito dallo Spirito Santo» (simbolo)16. Al di là dell'esposizione troppo ingenua della Visione d 'Isaia, il Vangelo costringeva a pre­ cisare le circostanze dell'incarnazione. È quanto faceva, nel 1 300 circa, il curato di Montail­ lou: >20, «ciò avvie­ ne con l' introdursi via via in diven;i corpi, fm quando le anime trovino il corpo di qualche appartenente alla loro setta>> 2 1 . «Gli spiriti passano di tunica in tunica fin quando entrino in una "bella tunica", e cioè nel corpo di un uomo o di una donna che hanno la "conoscenza del bene">>22• «Le anime passano di corpo in corpo fino a che abbiano fatto penitenza del peccato commesso in cielo>>n 10 Registre de Jacques Foumier, op. ci t., t. Il, " Registro di G. d' Ablis, op. c it . , f. l 8r, 1 9v.

p. 408. Cfr.

" Ed. Guébin- Lyon, op. cit., l, p. 1 3 .

ivi, t. II, p. 36.

" De fide catho/ica, in J.P. Migne, Patrologia Latina, t . 2 1 0 , c . 3 1 7. " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. I, p. 207. " Registre de Jacques Foumier, op. ci t., t. I, p. 473. " Registre de Jacques Foumier, op. ci t., t. l, pp. 229, 220. " Hystoria albigensis, ed. G uébin , op. cit., t. III, p. 5 . " Ed. in A. Dondaine, Durond de Huesca, op. cit . , p . 270. " Ed. T. Kaeppeli, op. ci t., p. 327. 10 Registre de Jacques Foumier, op. ci t., t. I, p. 283. Errore di chi depone: ratti, rospi e serpenti sono esclusi. (Vedi , t. III, p. 22 1 ). 21 Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. I, p. 283. 22 Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. I l , p. 35. " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. II, p. 408. 86

Infatti, il «mondo non avrà fine sin quando tutte le anime, tutti gli spiriti fatti dal Padre celeste nel cielo, dove peccarono e caddero, non si siano reincamate nei corpi nei quali pos­ sano diventare buoni cristiani»24• Troppa era l ' insistenza dell'albigeismo sull' eternità della creatura divina, perché que­ st'ultima dottrina non sia quella vera. La contraddizione deriva probabilmente da una duplici­ tà d'insegnamento. In una prima fase destinata ai semplici o ai principianti, per i quali la sorte finale deve essere in funzione del merito e la morale poggiare su un imperativo ipotetico, la salvezza non era automatica. Ma le formule: «se sei cattolico, sarai dannato» oppure «se non ti sei reincarnato nel tuo nono corpo, sarai dannato», dovevano presto essere abbandonate nel corso dell' indottrinamento. Più dubbia rimaneva la sorte di coloro che hanno peccato contro Io spirito, vale a dire di coloro che avevano consegnato ai loro persecutori i perfetti, che potevano conferire il battesi­ mo dello spirito. Il Vangelo infatti insegna che a costoro non sarà mai perdonato (Matteo, 1 2,3 1 ) «Quelli che li perseguitano, li arrestano o li denunciano non vedranno mai la faccia di Dim>H. «Essi nop avranno mai pace o tregua>>26• È tuttavia possibile che, anche su questo punto, la logica abbia avuto il sopravvento, e che .

il principio per il quale «ogni creatura di Dio sarà salvata»21 abbia avuto una portata generale, così da includere tanto gli spiriti caduti volontariamente dal cielo al momento della caduta (i demoni) che i delatori: «Nessuno di quegli spiriti che consentirono o prestarono fede espres­ samente al diavolo, poiché sono diventati dèmoni, ritornerà al cielo fino al giorno del Giudi­ zio. Però se vi ritorneranno o no, nel giorno del Giudizio, nessuno lo sa, perché questo è uno dei segreti di Dio, e su questo punto essi saranno rimessi alla misericordia e alla volontà di Dim/8• Simile era la sorte riservata a Giuda e ai delatori contemporanei29• Ma siccome in questa deposizione si fa allusione, ad un tempo, al peccato di disperazione e al Giudizio finale, non è escluso che ci si trovi in presenza di una contaminazione cattolica o popolare nello spirito di chi depone: «Nessun eretico, credente o perfino cattolico, sarà dannato, qualunque sia il suo peccato (a meno che non sia morto nella disperazione), purché abbia implorato la misericor­ dia di Dio»30. Il concetto di merito, d 'altra parte, si reintroduceva, alla stessa epoca, indirettamente a pro­ posito della qualità delle reincarnazioni. A causa dei vizi si rischiava una reincarnazione igno­ miniosa in un corpo di animale, mentre grazie alle virtù si era destinati ad una bella tunica. Quanto al numero totale delle reincarnazioni, esso dipendeva dalla colpa commessa in cielo al momento della caduta: «A seconda che peccarono più o meno in cielo o vollero lasciare il cielo, vi ritorneranno più presto o più lentamente. Ma tutti gli spiriti, tutte le anime che cad­ dero dal cielo, prima della fine del mondo, vi ritorneranno »3 1 • Nonostante i suoi meriti, S an Paolo aveva avuto bisogno d i tredici tuniche, oppure trenta­ due. «Egli ebbe tredici tuniche, e in qualcuna era stato uomo assai malvagio, perché perse­ guitava la Chiesa di Dio»n. Il caso di San Paolo era tanto più convincente in quanto forniva

'' Registre de Jacques Foumier, op. ci t., t. III, p. 220. " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. Il, p. 49; t. l, p. 446. " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. I l , pp. 393, 395; t. III, p. 69. '' Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. I l , p. 222. Tota creatura Dei salvaretur fina/iter. Ma ci sono demoni, e Satana prima di tutto, che non sono creature di Dio (ivi). " Registre de Jacques Foumier, op. cii., t. I l , p. 490. " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. Il, p. 49 1 . 30 Registre de Jacques Fournier, op. ci t., t. II, p. 503. " Regis/re de Jacques Foumier, op. cit., t. II, p. 407. '' Registre de Jacques Foumier, op. ci t., t. I li, p. 1 79. Ms. Doat, t. XXX IV, f. 96r.

87

l 'unico sostegno scritturistico alla tesi della metempsicosi (Lettera ai Romani, 7,9- 1 0): «Ci fu un tempo in cui vivevo senza la Legge ... Ma io morii ... >>. L'ultima incarnazione salvifica è frutto della grazia divina. «Guardatevi dal male, fate il bene. Considerate come sia conveniente fare il bene. San Paolo fu cattivo, e quando il Padre volle, fu attirato a Lui. Nessuno si può salvare se il Padre non lo attira a sé, e non appena qual­ cuno è attirato dal Padre a Lui, egli subito lo segue ed è salvo))n. Si finì col dire che i meriti, magari acquisiti in un'esistenza precedente, facilitavano la buona morte e riducevano il digiuno rituale34•

2. LA SALVEZZA Se soltanto la morte libera definitivamente l'anima, la sua salvezza, almeno provvisoria­ mente, è assicurata fin dal battesimo di spirito. Lo stato di perfezione consente di non appar­ tenere già più al mondo.

2. 1 . Il matrimonio spirituale Difatti l' infusione dello spirito, mediante l' imposizione delle mani da parte di coloro che già lo posseggono, ha per effetto di operare un ricongiungimento mistico, quello dell'anima ancora imprigionata nella carne con il suo spirito rimasto in cielo al momento della caduta, poi disceso alla Pentecoste, in quella legione simbolica di 1 40.000 angeli35• A detto ricongiungimento vanno riferiti i testi del Nuovo Testamento, che parlano del matrimonio36• «Dio ha fatto il matrimonio spirituale, che avviene tra l'anima e lo spirito, allor­ ché l'anima si unisce allo spirito, e viceversa, per obbedire ai precetti di Dio, quando entram­ bi concordano in ciò e vi si attengono strettarnente))37• Questo spirito consorte è, come abbiamo visto, lo Spirito Santo: «Nell' imposizione delle mani l'anima riceve, come guida

(regimen),

il proprio spirito, che ha lascia­

to in cielo quando consenti al diavolo e ne rimase ingannato. Questo spirito lo chiamano spirito santo, o "stabile", perché è rimasto saldo

in

quell ' inganno , e perché non può, nella vita presente, essere

ingannato dal diavolo mentre custodisce e governa l'anirna))38•

L'esistenza degli «angeli custodi)) viene dimostrata con la Lettera agli Ebrei, 1 ,7 e 1 4: «Lui che fa i suoi angeli come spiriti ... Sono tutti spiriti servitori (administratorii) mandati al ser­ vizio di quelli che erediteranno la salvezza))39• L'angelo custode è «lo spirito di Cristo)) citato dalla I Lettera di Pietro, I , I l , dalla Lettera ai Romani, 8,26, e soprattutto dalla Lettera ai Romani, 8, 1 5 : «Noi non abbiamo ricevuto di nuovo lo spirito di schiavitù nel timore, ma lo spirito di adozione dei figli, nel quale gridiamo: Abba (Padre))), e tutti i passi paolini che distinguono la carne dallo spirito (Lettera ai Romani, 8,3-9), specialmente Lettera ai Roma­ ni, 3,9: «Se almeno lo spirito di Dio abita in voi))40• H

Registre de Jacques Foumier, op. ci t., t. III, p. 1 80. (Cfr. Giovanni, 1 2,32). '"' Registre de Jacques Foumier, op. cit., Il, p. 407. Cfr. infro, p . 1 50. J l Cfr. supra, p. 84. 36 Moneta, Adversus Catharos et V aldenses, op. cit., p. 336: >".

Il ricongiungimento con il corpo originario avverrà solo al termine dell'ascensione. Quan­ to al corpo di carne, è ovvio che non parteciperà affatto alla risurrezione. (ex) la carne della Vergine, ma non è «parte de»

" Pietro da Verona, Somma, ed. T. Kaeppeli, op. cit., pp. 325-326 . .. R. Sacconi, Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 76. " Moneta, Adversu.s Catharos et Valdenses, op. cit., pp. 247-248; Anselmo di Alessandria, De hereticis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 3 1 0. 46 R. Sacconi, Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, op. cii., p. 76. 47 Moneta, Adversu.s Catharos et Valdenses, op. cit., p. 248; Anselmo di Alessandria, De hereticis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 3 1 2, e cfr. p. 298. " Ed. in l. von Di:illinger, Beitriige, op. cit., p. 90. " Anselmo di Alessandria, De hereticis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 3 1 1 . "' Moneta, Adversu.s Catharos et 1-0/denses, op. cit., pp. 2 1 9-220. " Moneta, AdverTUS Catharos et Valdenses, op. cit., p. 233. " Moneta, Adversu.s Catharos et Valdenses, op. cit., p. 233: ((Gli altri, quelli che ammettono un solo prin­ cipio, pensano che la santa Vergine fu veramente una donna, nata soltanto da una donna senza il seme maschi­ le . . . Certi di loro la credono nata di padre e madre carnali. Ma non credono che la carne di Cristo sia una carne materiale avuta dalla carne della santa Vergine. l primi credono che essa fu tratta materialmente dalla carne della santa Vergine, ma che né la carne di quest'ultima né la sua lo furono dalla massa di Adamm1 .

1 00

(de) la carne della Vergine, idea che riflette probabilmente una correzione di Maneo, 1 , 1 6 (de qua natus) in ex qua natus, secondo il greco � "cr 'tyevvrJ 9Jt 1l. Per poter giudicare la poca attendibilità di tali esposizioni, si deve ricordare che 1'/nterro­ gatio fu accolta favorevolmente dalla scuola di Concorezzo fm dal 1 1 90. Ora il suo testo è esplicito: «Mio Padre ... inviò prima di me uno dei suoi angeli, chiamato Maria, per accoglier­ mi. Io entrai dall'orecchio e uscii dall' orecchio))��. Essa insegna parimenti l' identità di Giovanni Battista con Elia e ne fa un angelo inviato dal Padre. Ciò nonostante l' opinione generale sarebbe stata che egli fu inviato da Satana, con il compito di ostacolare col suo battesimo d' acqua la salvezza ad opera di Gesù. 58•

Il troducianismo [V.] >8• I catari confutati da Eberardo di Béthune si giustificano anch'essi adducendo Marco, 1 6,16. 9 Per Ermenegaudo il battesimo non giova a nessuno, se non è chiesto con la bocca e col cuore, a detta degli albigesi'0• Le relazioni circostanziate della fine del XIII secolo e dell' inizio del XIV aggiungono a questi argomenti teorici, che vengono riaffermati, dei particolari concreti atti ad impressiona­ re i fedeli: « È San Giovann i (sottinteso: e non Gesù) che ha istituito il battesimo d'acqua, senza sapere quel che faceva)). « È per ignoranza, e non secondo il precetto del Signore, che s'impartisce il battesimo nella Chiesa romana. Poiché, come si legge nel Vangelo, "chi ha creduto ed è stato battezzato nell'acqua dello Spi­ rito Santo (sic), ecc." (Marco, 16,16 e 1 ,8). Ma l'acqua nella quale i bambini vengono battezzati dalla Chiesa romana non è l'acqua dello Spirito Santo, ma un'acqua f�:tida e putrida (fetoris et corruptio­ nis) e tale da non poter avere il potere di lavare i peccati. L'acqua dello Spirito Santo della quale parla il Vangelo e della quale Dio ordinò: "Battezzate, ecc." (Matreo, 28,18) è la Parola di Dio e le Sue opere buone, e chiunque le compie e crede nella sua Parola è colui che è battezzato con l ' acqua dello Spirito Santo)). «Il battesimo istituito dalla Chiesa romana non vale nulla e non è di alcun vantaggio all'uomo; è, al contrario, nocivo perché fa piangere i bambini)). ((Un giorno che Giacomo Aulhié (o suo padre) aveva portato a battezzare un bambino, quest'ultimo, dopo che fu battezzato e lo si volle ridare alla madre, fu trovato morto a causa del freddo preso nel­ l'acqua in cui era stato battezzato)). ((Tanto varrebbe che si battezzassero i bambini nell'Aude))11 • (di battesimo impartito ai bambini prima dei sette anni non ha alcun valore)). ((Non vale nulla, a meno che non lo si riceva di propria volontà e senza costrizione (gratis). Cristo, quando fu battezzato da Giovann i , era un uomo fatto ... I bambini non hanno l'uso della ragione, e a loro non piace essere battezzati, e perfino piangono e urlano quando i preti li bagnano con l 'acq \18)>12 •

Per Pietro Authié, la distinzione tra i due battesimi è il preambolo dell' iniziazione di un nuovo credente: (Nedi dunque quanta differenza c'è tra la Chiesa romana e la nostra. Nella Chiesa romana, quando nascono dei bambini, il padrino e la madrina li portano, pochi giorni dopo, alla chiesa, e quando sono

' Evervino, Ad S. Bemardum, in S. Bernardo, Opera, ed. 1690, op. cit., t. I, c. 1489. 7 Ecberto, Sermones contra catharos, in J.P. Migne, Parrologia Latina, t. 1 95, cc. 4 1 , 42. 1 J.P. Migne, Patrologia Latina, l. 204, c. 239. • Eberardo di Béthune, Liber antiheresis, in Maxima Bibliotheca Patrum, t. XXIV, op. cit., cc. 1 542- 1 543. 10 Ennenegaudo, Contra haereticos, in J.P. Migne, Parrologia Latina, t. 204, c. 1235. " Registro di G. d'Ablis, op. cit., ff. 39r, 46v, 24r, 1 5r. " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. II, p. 52. 128

arrivati sulla porta viene un prete qualunque, non importa se buono o cattivo, e interroga il padrino su ciò che il bambino chiede. Il padrino risponde: "La fede". Il prete domanda ancora: "E che cosa gli procurerà la fede?". Il padrino risponde: "La vita eterna". Poi al bambino viene dato un nome, e il padrino promette che il bambino sarà un buon cristiano e fedele. Però, dopo, sarà cattivo e falso . . . Invece d a noi quando qualcuno ha compiuto dodici anni ( e preferiamo che n e abbia diciannove) ed è in grado di avere la comprensione del bene e del male, se vuole accogl iere la nostra vera fede ed essere nostro credente, dopo avercene fatta promessa, parliamo con lui della nostra giusta e salda dot­ trina e lui ci promette di esserci amico e fedele, e di procurarci il bene e non il male, e di fare tutto il possibile affinché, per opera loro e di altri, molti credenti e molte credenti vengano da noi, alla nostra Chiesa che è nella Giustizia e nella Verità»".

Questa prima iniziazione, questo primo impegno è solo il primo passo che porterà gra­ dualmente al battesimo propriamente detto e alla condizione di cristiano. Il credente può, in realtà, sia far suo lo stato di perfezione, divenire un perfetto, secondo un'espressione usual­ mente adoperata, ma non autentica di origine, sia attendere l'imminenza della morte e riceve­ re il battesimo al l'ultimo momento, alla maniera dei «clinici)) delle origini cristiane. l . IL BATTESIMO DEI PERFETTI Al battesimo propriamente detto, la ((Consolazione>> (consolamentum), si arriva soltanto dopo un noviziato che si conclude con la ((tradizione della Preghiera)). 1 . 1 . Il noviziato Un ideale che i catari hanno forse perseguito, ma che probabilmente non hanno mai rea­ lizzato, almeno in Occidente, era quello di allevare un bambino fin dalla nascita nei princìpi della loro religione, tenendolo, per cominciare, lontano da ogni specie di alimentazione car­ nea e nutrendolo dapprima con latte di mandorle, poi con il pesce. Quest 'ultima informazio­ ne, tratta dalla raccolta dell ' ((Anonimo di Passau))", non meriterebbe molta credibilità, se la medesima chimera non si riscontrasse negli ambienti albigesi dell'Alto Ariège alla fine del XIII secolo. Il fattore della signora di Montaillou, Béatrice di Planissoles, la sollecita a parti­ re con lui per raggiungere i bonshommes della Lombardia. Lei si oppone facendo presente di essere incinta. Lui risponde che, se partorirà presso i buoni cristiani, suo figlio sarà un ange­ lo, perché sarà senza peccato, in quanto non avrà avuto a che fare con gli uomini di questo secolo. I buoni cristiani potranno educarlo perfettamente nella loro comunità, senza che egli abbia mai sentito parlare di nessun 'altra 11• Secondo l'Anonimo della collezione tedesca, era così che venivano reclutati i vescovi. In realtà, nel tempo di pace della Chiesa catara, quelli che entrano ne li 'ordine sono dei giovani, i quali vengono ad abitare in una casa diretta da un anziano. Lì imparano il mestiere manuale che si pratica nel laboratorio che fa da casa e, in base alle loro capacità, vi ricevono una formazione che varia secondo i casi. Anche se non è indispensabile saper leggere, biso­ gna almeno imparare a memoria il primo capitolo di Giovanni, l , 1 7 . La recitazione di esso consentirà, in caso di bisogno, al perfetto di poter impartire a sua volta il conso/amentum. Ma, se il soggetto si rivelava idoneo, la formazione andava oltre. I perfetti promettevano al giovane neofito che avrebbero fatto di lui un valido membro della Chiesa'•. Una delle parti " Registre de Jacques Foumier, op cit., t. III, p. 124. " Cfr. A. Patschovsky, Der Passauer Anonymus, op. cit.; ed. l. von Diillinger, Beitriige, op. cit., t. II, p. 372. " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. l , pp. 2 1 9-220. .

" Manoscritto 609 della Biblioteca di Tolosa, f. 29r (Le Mas Saintes-Puelles, Aude, 1239 circa), Ad un giovane signore viene p1omesso di fargli apprendere la grammatica, di modo che possa diventare una «colon­ na» della Chiesa (Ms. Doat, t. XXII, f. 6 l r, 1209 circa). 129

essenziali dell' iniziazione è la preparazione alla pratica delle astinenze rituali. Prima di tutto l'eliminazione della carne, cui segue quella di quant'altro rientra nell'alimentazione carnea. Come minimo, il noviziato doveva durare un anno, ovvero tre quaresime catare. In gene­ re era questa la durata del noviziato delle giovani1'. Ma è chiaro che la durata ha dovuto sub­ ire delle variazioni a seconda delle situazioni politiche, dell'età o della vocazione. Da notare che l' ex notaio Pietro Authié e suo fratello, partiti il giorno della festa di San Michele del 1296 da Tarascona (Ariège) per farsi perfetti in Lombardia, ritornarono nel Natale del 1 299. Per le persone in età matura, come loro, per di più membri del clero, proprio per questo destinati dalla Chiesa ad un ruolo importante, la prova era durata tre anni. 1 .2. La trasmissione della Preghiera I due Rituali in nostro possesso contengono, separatamente dal consolamentum, un rito di trasmissione della Preghiera domenicale. Il Rituale di Lione dice, dopo il rito e prima del con­ solamentum: «se egli deve essere consolato subito ... ))18• Il Rituale di Firenze, dal suo canto, dice: «se il credente non deve essere consolato ... )), e, più avanti, «se il credente deve essere consolato subito dopo aver ricevuto la Preghiera, deve venire con l'anziano della sua residen­ za, ed essi debbono fare tre riverenze dinanzi all'ordinato, ecC.))19• Il primo Rituale fa officia­ re, nei due riti, un «anzianO)). Il secondo, in entrambi, un ��ordinatm), termine che si può tra­ durre con vescovo o Figlio, come vedremo. Ma sembra che, secondo il Rituale di Firenze, il primo rito si sarebbe potuto svolgere nella residenza di provenienza, mentre il con.solamen­ tum viene impartito presso il vescovo. La liturgia comprende una trasmissione simbolica del Libro (Nuovo Testamento) ed una trasmissione della Preghiera domenicale. Quest'ultima riveste maggiore importanza e occupa il posto centrale nel rito. Tra i due momenti rituali ha luogo un'omelia, i cui contenuti sono prefissati, ma lo svolgimento viene lasciato all' iniziativa o alla capacità dell' ofliciante. 1 .2. 1 . La trasmissione del Libro La trasmissione del Libro è preliminare sia alla trasmissione della Preghiera che al con­ solamentum. Essa è preceduta dall'accertamento dello stato di astinenza dell'ordinando e dal consenso dei «cristiani)) della comunità. Non si può non ravvisare in tutto ciò il digiuno dei catecumeni, lo «scrutinim) e la tra­ smissione del Vangelo della liturgia cristiana primitiva, ma anche il loro ridursi ad elementi pressoché implicite0• L'officiante è, nel Rituale occitanico di Lione, l'«anzianm), il decano della comunità («casa)) prima della repressione, gruppo di predicatori in clandestinità)21• Egli viene assistito da colui che lo segue in ordine di anzianità. Nel Rituale latino di Firenze, l'ofliciante è un «ordinatm) (vescovo) e il suo assistente un «anzianm)22• 17 Giacomo Capelli (de Capellis), Summa contra haereticos, ed. L von DOIIinger, Beitriige. op. cit., t. II, p. 272: post unius anni probationem. Ms. Doat, t. XXIII, f. 4r ( 1 208 circa). Ms. 609 della Biblioteca di Tolosa, f. 41 r: «Non vollero ereticarla fino a che non fosse stata istruita per bene secondo le loro procedure e non aves­ se prima fatto tre quaresime)) (Saint-Martin-Lalande, Aude, 1 242 circa). " Et si deu esser consolatz adez (ed. L. Clédat, op. cit., p. 6). " Le Liber de duobus principiis, ed. A. Dondaine, op. ci t., p. l 56. 2° Cfr. Le Liber de duobus principiis, ed. A. Dondaine, op. cit., pp. 44-46. " Alla fine del XIII secolo, Pietro Authié, nonostante che la sua missione si estenda a parte di parecchi dipartimenti attuali, è soltanto un «anzianO)) . " Per le citazioni, che seguono, dai Rituali di Lione (L) e di Firenze (F) riportarsi rispettivamente a Le Noveau Testament traduit au XII/e siècle, ed. L. Clédat, op. cit. e a Li ber de duobus principiis, ed. A. Dondai­ ne, op. cit., nonché alla traduzione di R. Nelli, Ecritures calhares, Parigi, 1968, pp. 207-247.

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«Se i l credente è in astinenza e se i cristiani sono d'accordo per trasmenergli la Preghiera, si lavino le mani e facciano lo stesso i credenti se ce ne sono. Poi, uno dei bonshommes, quello che si trova accanto all'anziano faccia tre riverenze all' anziano, e poi prepari una tavola" e faccia tre altre (rive­ renze); poi mena un tovagliolo" sopra la tavola e faccia ancora tre (riverenze); mena il Libro sul tovagliolo e poi dica: >".

Secondo Raniero Sacconi82 e Anselmo di Alessandria"\ i catari della scuola di Concorez­ zo giudicavano necessario che vi fosse contatto tra la mano del celebrante e la testa del con­ solato. Tale condizione non veniva affatto richiesta da parte degli albigesi-albanisti, dato che 78

Ms. 609 della Biblioteca di Tolosa, f. 1 74r, 1 239-1240 circa.

"' Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 65 . "' Moneta, Adversus Catharos et Valdenses, op. cit., p. 293. La controversia riguarda l' identificazione tra

imposizione delle mani e confermazione, e il fano che soltanto il vescovo può effettuarle. " Ms. Doat, t. XXIII, f. 23r.

" Albanenses enim dicunt quod manus ibi nihil operatur. cum a diobolo sit ipsa creata secundum eos. . . sed sola Dominica oratio quam ipsi tunc dicunt, qui manus imponunt. (Raniero Sacconi, Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 65). " Anselmo di Alessandria, De hereticis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 3 1 3 . 1 44

un contatto fisico non poteva, logicamente, essere di alcuna importanza in una cerimonia di carattere esclusivamente spirituale. In effetti, in Linguadoca veniva operato, se necessario, un consolamentum a distanza: «Siccome Guglielmo Gamier di Lanta era stato arrestato a Tolosa e lo si portava alla forca per esse­ re impiccato, il testimone (Raimondo Azéma, cavaliere di Lanta), Raimondo Unaud il Giovane e Ale­ manno di Rouaix fecero venire al patibolo Guglielmo del Soler e Raimondo d' Aigremont, perfetti, i quali, prima che egli fosse impiccato, lo consolarono, sotto gli occhi del testimone, di Raimondo Unaud e di Alemanno di Rouaix, nonché di tutta la gente che si era radunata là, ma ignorava che ci fossero dei perfetti»".

2.4. L ' «endura» Il consolato è tenuto ad osservare integralmente gli obblighi del perfetto: non giurare, non mentire, non cibarsi di alimenti carnei, non mangiare prima di aver recitato il Pater, e nean­ che, in teoria, mangiare da solo, senza un confratello perfetto. Non avendo ricevuto una vera e propria iniziazione, restando in seno alla famiglia, c'è da temere che egli possa «cadere», sia pure involontariamente, e che perda il beneficio del consolamentum. Pertanto egli viene assi­ stito, vita natura! durante, per essere riconsolato in caso di defezione, da un perfetto, il quale gli faccia recitare il Pater prima di prendere cibo. Prima della Crociata, in Linguadoca, il moribondo veniva spesso trasferito presso i perfet­ ti, nella casa degli eretici, a meno che non vi si fosse fatto portare in anticipo senza aspettare l'ultimo momento85: «Se il malato (soprav)vive, sia presentato all'Ordine per essere riconsola­ to» (L). Allora vi è autentica iniziazione, e il consolato diventa perfetto. La sorte ordinaria del credente è questa: ricevere in extremis, all'approssimarsi del coma (od anche nel coma, se ha stretto la convenenza) un s�cramento succinto. Nel caso raro, ma non eccezionale, che soprav­ viva, egli diverrà perfetto. Ne abbiamo visto un esempio che risale al 1240 circa, relativo ad un periodo di semilibertà86• Ma vi sono altri casi non meno espliciti fino al XIV secolo: «Quel perfetto mi disse di avere accettato nella sua fede e nella sua setta, durante la malattia di cui morì, Ughetta, moglie di Filippo di Lamat. La quale, dopo essere stata ammessa, si pose in enduro. Per riguardo verso i perfetti, fu trasportata in un locale da basso, affinché potessero rimanere con lei fino alla sua morte, di modo che potesse essere riconsolata se ne avesse avuto bisogno . . . E trovan­ dosi cosi in enduro, ella chiese a Sibilla (la suocera): "Signora, accadrà presto? Morirò presto?". Sibilla le rispose: "Vivrete ed io vi aiuterò ad allevare i vostri figli". Il perfetto l' intese e si mise a ridere. Secondo quanto egli ebbe a dirmi, Sibilla intendeva che se Ughetta fosse sopravvissuta, avrebbe potuto vivere alla maniera dei perfetti e tutte e due avrebbero allevato i figl i di lei»". «Guglielmo Girart, di Francarv ille . . . promise al perfetto Pietro Sans che, se egli fosse caduto mala­ to e la malattia si fosse aggravata e fosse sembrato a Pietro Sans che ne dovesse morire, sarebbe entrato nell'Ordine di lui (la sua setta), e che Pietro Sans avrebbe potuto ammetterlo; e che se, dopo l'amm issione, egli si fosse ristabilito, sarebbe stato in obbligo di osservare la regola per sempre»".

" Ms. 609 della Biblioteca di To losa, f. 20 l r, 1 229 circa (?). In situazioni del genere, la cerimonia doveva essere perfino mentale e non orale. Persone presenti della Linguadoca non ne sarebbero rimaste in gannate. " Cfr. Guglielmo di Puylaurens, Chronique, ed. J. Duvemoy, op . c it . , cap. IIJ, p. 33: «Guglielmo P eyre di Brens gl i rispose (al vescovo di Albi) che voleva essere portato dai bonshommes . . . se non ci fosse potuto anda­ re in altro modo, ci sarebbe andato trascinandosi a quattro zampe» (Ultimi ann i del Xli secolo). 86 È il caso di Dias di Saint-Germier, visto prima (rif. n.78). " Registre de Jocques Foumier, op. cit., t. Il, p. 426. Lamat (Ariège), 1 3 02- 1 3 03 circa. Il perfetto è Pietro Authié. " 1 307- 1 308 circa, a Francarvi Ile (Alta Garonna). Pietro Sans è un diretto discepolo di Pietro Authié. Libro delle Sentenze di Bernardo Gui, ed. P. van Limborch, Historio Inquisitionis, op. cit., p. 126.

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Non è, perciò, possibile pretendere che il consolato fosse tenuto al suicidio per inedia e che all 'occorrenza ne ricevesse aiuto dalle persone intorno. Tuttavia questa è la tesi prevalen­ te presso la maggior parte degli autori, anche contemporanei, ad eccezione di Déodat Roché e Amo Borst89. Una prima constatazione va fatta: non v'è alcun elemento che stia ad indicare casi di suicidio o di omicidio rituale negli scritti di autori come Vaux-de-Cemay, Puylaurens, Pelhisson, Eberar­ do di Béthune, Ennenegaudo, Durando di Huesca, Luca di Tuy, Alano di Lilla, Moneta, Giaco­ mo Capelli (de Capellis), ecc., benché fossero tutti aspramente ostili al catarismo ed alcuni siano arrivati al punto di far proprie le dicerie popolari contro la moralità dei catari. Raniero Sacconi, che fu egli stesso per un lungo periodo un dignitario cataro (heresiar­ cha), anziché stabilire un principio rituale, si limita ad una malevola ipotesi, che non è in grado di convalidare con un qualche caso accertato, sia in qualità di perfetto (egli dovette con­ solare una quantità di credenti prima della conversione), sia in qualità di inquisitore: «Non si deve trascurare di parlare della loro Preghiera e di quando stimano necessario dirla, soprat­ tutto allorché cominciano a mangiare e a bere. Difatti, molti di loro, trovandosi infermi, hanno talo­ ra detto a quelli che si prendevano cura di loro di non mettere cibo o bevanda nella loro bocca se la malattia non permettesse loro di dire almeno il Parer noster, per cui è molto verosimile che molti di loro si siano uccisi da se stessi in tal maniera>>"".

Un suicidio rituale non si trova documentato neanche dall' Inquisizione meridionale, eccetto un unico caso nel 1 274, prima del 1 308. Ebbene, essa annoverava tra i suoi collabo­ ratori parecchi perfetti convertiti, come Guglielmo del Soler, Raimondo Gros, Sicard di Lune!, Bernardo Desplas, Bernardo Gausbert, Bernardo Lagarrigue, ecc. 91 . Va respinto nettamente ogni accostamento con accuse o fatti molto meno conosciuti o pro­ vati, che sono stati spesso messi in connessione con l'endura: - gli eretici di Monteforte, che si sarebbero uccisi tra di loro92; - l'uccisione mediante soffocamento o strangolamento, che sarebbe stata praticata in Germania93;

,. A. Borst, Die Katharer, op. cit., p. 1 97, il quale ha precisato per primo il significato esatto di endura. digiuno, e non suicidio o martirio; l 'enduro è specialmente il digiuno penitenziale del perfetto che commette una menzogna involontaria (Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. III, p. 1 26) (Cfr. infra. p. 1 48). La parola e la cosa erano state messe in chiaro per la prima volta da C. Molinier, L 'enduro, coutume re/igieuse des der­ niers sectaires albigeois, in Anna/es de la Faculté des Lettres de Bordeaux, pp. 282-299. L'enduro è ciò che ha osservato Cristo per 40 giorni nel deserto: ac facha l 'enduro, fameget el desert que de pa non ac cura, SUn­ dersreue, ed. H. Suchier, Denkmiiler Provenzalischer Lineratur und Sprache, Halle, 1 883, p. 229. "' R. Sacconi, Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 68. " l casi presentati da J.L. Riol, Dernières connaissances sur /es questions cathares. Essai de critique histo­ rique, Albi, 1 964, di suicidio o omicidio rituale nei registri anteriori al 1 245 non reggono alla prova. Noi li abbiamo esaminati e confutati in La liturgie et I 'Eg/ise cathare. in Cahiers d 'Etudes cathares. 1 967, n. 3 3 , p . 1 3 , n . 20. 92 Histoire milanaise di Landulfo il Vecchio (Mon. Germ. Histor., Scriptores, t. VIII, p. 65). È difficile par­ lare di catari, anche se si presta fede alla narrazione. " Trattato sui catari annesso all 'Anonimo di Passau, ed. l. von Dtillinger, t. Il, pp. 370, 373. Il primo a deporre, Burchard, non sa nulla e può essere preso a stento per cataro. Il secondo, Lebzet, espone nella sua deposizione un seguito di menzogne mescolate dall' inquisitore a qualche fatto reale più o meno alterato: «Quando vogliono ammettere qualcuno ridotto agli estremi, gli propongono di scegliere se vuole, nel regno dei cieli, essere fra i martiri o i confessori. Se quello sceglie la condizione di martire, lo strangolano con un panno desti­ nato appositamente alla bisogna, che in tedesco si chiama Vordhertoch (Fordertuch, "panno per metter fine"), dopo essersi chiusa la porta alle spalle. Se quello sceglie "confessore", non gli danno di che alimentarsi dopo l'imposi­ zione delle mani, se non della semplice acqua da bere. Cosicché li fanno morire di fame». (Su questo testo cfr. A. Patschovsky, Der Passauer Anonymus. Stoccarda, 1 968, passi citati sull'indice, V0 Lebzet). Colonia, 1 23 1 circa. 1 46

- i casi di puri e semplici suicidi"'. Nei periodi di pace della Chiesa in Linguadoca i moribondi consolati vengono portati nella ((Casa» dei perfetti. Vi muoiono dopo un tempo più o meno lungo, oppure sopravvivono. In quest'ultimo caso entrano nella Regola come perfetti o ritornano ad essere semplici credenti, a loro scelta, a meno che non ritornino al cattolicesimo: « Mio zio, Guglielmo di Malhorgues, si era ammalato della malattia di cui morì. Volle avere dei per­ fetti che lo consolassero ...

(viene consolato a casa sua). Siccome le sue condizioni miglioravano,

ammise di aver fatto male a farsi consolare; mangiò della carne e si fece portare all'abbazia di Boul­ bonne dove morì e

fu sepolto)) 91•

Il paragone è sorprendente. In entrambi i casi si tratta di oblazione ad terminum, ed è pro­ babile che le osservanze alimentari fossero press'a poco altrettanto rigide presso i Cistercen­ si che nella casa degli eretici. Alla fine di febbraio del 1 273, la vedova del cavaliere faidit Rainardo di Palajac, già signora di Viterbe (Tarn), viene consolata dal perfetto Guglielmo Prunel. La sua fantesca depone nel 1 274: «La signora, dopo essere stata consolata, rimase in vita per quindici giorni all' incirca senza mangia­ re o bere

nulla, tranne dell'acqua, ed

io la servii ininterrottamente fino al momento della

sua

morte,

sapendo che era stata consolata))"".

Negli stessi ambienti, tuttavia, l'antica pratica non manca di essere documentata: «Questo infermo

(Guglielmo Raimondo Francesco, di Sorèze (Tarn), 1 237 circa) disse ai presenti

che monsignor Arnaud Huc, che era diacono dei perfetti della regione di Vielmur, e il suo compagno l ' avevano ammesso nella loro setta .... e che dovevano ritornare da lui la notte seguente, e che lui non avrebbe mangiato senza di loro))97•

Bisogna poi aspettare il primo decennio del XIV secolo per tornare a trovare ciò che ora­ mai porta il nome di endura9'. La stessa accusa si trova ancora nella deposizione del cataro di Chieri del 1 387 a Pinerolo (Processus contra Valdenses in Lombardia superiori, anno 1387, ed. G. Amati, in Archivio Storico Italiano, Ser. Ili, t. I, pp. 1 6-52 e Ser. Il, t. l, pp. 3-6 1 ) (trascritta da l . von Diillinger, Beitriige, op. cit., t. II, p. 27 1 ), ma il panno è sostituito da un cuscino e dell'acqua non si dice. Il termine di martirio ha indotto il professor

Raoul Manselli a vedere, nella formula di abiura del Manoscritto (Un 'abiura del Xl/ secolo e l 'eresia ca/ara, in Bullenino del/ 'Istituto storico italiano per il medio evo e Archivio Muratoriano, n. 67, Roma, 1 955, pp. 21 2-234), un'allusione all'endura nella frase seguen­ te del Manoscritto latino 2240 della Biblioteca Nazionale di Parigi: Manus impositionem nostre secte ve/ martirium eiusdem nostre secte omnimodis dampnamus et anathemizamus. Omnes sanctos qui cum Dea regnant in celestibus el precipue martires, vere fidei cultores asserimus, non nostre secte. Il senso è chiaro: i veri santi e i veri martiri

di Moissac da lui scoperto

sono quelli dei cattolici, e non quelli dei catari. Quel che questi ultimi sono ce lo dice Gioacchino da Fiore: >). 41 Registre de Jacques Foumier; op. cit., t. Il, p. 54. 155

Detto questo, non troviamo affatto la ricerca dell'ascesi per l ' ascesi. I perfetti apprezzano ciò che hann o diritto di mangiare e di bere, e piace che sia buono. In Las novas del heretje, Izam, il cattolico, attribuisce al vescovo cataro queste assurde vanterie : «Se digiuno di frequente, non mettetevi a compiangermi, poiché spesso anch'io mangio eccellenti pietanze, salse ai chiodi di garofano, buoni pasticci. Il pesce è stimabile tanto quanto la carne cani­ va, il buon vino ai chiodi di garofano tanto quanto il vino di botte, il pane abburattato tanto quanto le pagnotte d i co nv ento ».

Per modo che gl i Authié, i quali, ritornati ad Ax, avevano fatto venire delle spezie dalla Cerdagne, offrono ad un credente parte «di una trota che avevano accuratamente cucinata e preparata con spezie gustose>>48• Il pasticcio di pesce, «pesce cotto nel pane)) empastat, fatto di anguille'9, di salmonelll, di trote, ecc . , era stimato dai perfetti un piatto assai ghiotto. Il fatto che esso venga menzionato più e più volte5 ' fin dalle prime procedure giudiziarie in Linguadoca, il carattere solenne del dono offerto dai credenti52 e soprattutto il termine adoperato dai notai del l 'Inquisizione di artocreos, che non trova corrispondenza se non in contesti monastici contemporanei53, atte­ stano il carattere rituale di questo piatto squisito. Quanto al vino, Pietro Authié, quando voleva procurarsene, aveva cura che fosse di buona qual ità 54.

2. LA CONTINENZA Essere cristiano comporta la continenza. La cosa viene notata assai presto con la formula concisa di «condanna del matrimonio)) (Liutardo, di Vertus nella Champagne nell'anno I 00055; «Manichei)) d'Aquitania nel l O 1 9- 1 020, o di Orléans nel l 022 56; Gondulfiani di Arras nel 1 025 5 7; Concilio di To losa nel 1 1 1 958; eretici di Verona nel l 040 circa; di Chalons all' in­ circa nella stessa epoca59; della regione di Soissons, all' inizio del XII secolo""). " Ed. e trad. P. Meyer, Le débat d 'lzam et de Sicard de Figueiras, op. cit. Registro di G. d'Ablis, ff. 6r, 46r. " Nel Quercy, Ms. Doat, t. XXI, ff. 306v, 307v. "' N el Lauragais, Ms. 609 della Biblioteca di Tolosa, ff. 5 1 v, 53 v. " Si rinvia a J. Duvemoy, La nourriture en Languedoc à l 'époque cathare, in Actes des X/Je et XXI Ve con­ grès d 'études régionales, Carcassona, 1 970, p. 236, n. 1 5 . " «Ognuno d i loro diede agli eretici due denari per fare degli empastads di salmone» (Ms. 609 della Biblio­ teca di Tolosa, f. 51 v). «Essi portarono a quegli eretici due empastads di salmone e dissero loro di farli avere a Raimondo Sans, il diacono degli eretici, da parte lorm> (ivi, f. 53v, Avignone!, 1235 circa). «Ho veduto a Queil­ le Vigow-oux de la Baconne ... e due giovanotti di Mirepoix ... che gli portarono W"ta cavalcatura e gli consegna­ rono degli empastads di pesce e un mantello bhm (Ms. Doat, t. XXIV, f. 242v, 1 332 circa). Una do1Ul8 di Tara­ scon-sw--Ariège racconta di aver fatto, nel 1 305 circa, un > . 149 Mir Acétaz e Bernardo Mir, cavalieri di Saint-Martin-Lalande, Aude, Ms. 609 della Biblioteca di Tolo­ sa, f. 30r, nel 1 225. Ms. Doa1, t. XXII, ff. 4 1 r, 73v. "" Ms. Doat, t. XXII, f. 274r; t. XXIII, ff. 65r, 1 3 0v. 111 Le formule adottate sono singolarmente vicine a quelle del diritto contemporaneo: praedictae partes com­ promiserunt in Bertrandum (corr.: in manu Bertrandl) Martini, episcopum haereticorum, et tunc dictus Bertran­

dus Martini haereticus, auditis el intellectis rationibus utriusque partis, dictam litem seu controversiam iriter eos amicabiliter composuil. (Ms. Doat, l XXII, f. 1 67r). 152

Ms. Doat, t. XXII, f. 73v, nel 1 229. Messo in circolazione soprattutto ad opera di Jean Guiraud, Histoire de l '/nquisition au moyen IJge, t. l, Parigi, 1953, p. 83, al seguito di C. Douais, Les Albigeois, Parigi, 1 879, p. l O, prendendo in considerazione un passo senza riscontri del Registro d'Inquisizione di Ferrier (Ms. Doat, l XXIV, ff. 1 37r-v). La nobile Berbegutre di Loubens, di Puylaurens (Tam), dice, nella sua deposizione, di aver visto un certo numero di perfett� tra i quali due tessitori ed un medico. Ha pure veduto «Guiraud Azéma, cavaliere d' Auriac (sopra Vendinelle, Alta Garon­ na) e il suo compagno, eretici, vicino al torrione, ne lla casa che appartenne a Bernardo di Montauquer... Né il testi­ mone né nessun altro adorò questi eretic i. Essi entrarono per vedere quell'eretico come un fenomeno straordina­ rio (tanquam monstrum): stava seduto là immobile come un tronco» ( 1 223 circa). Con tutta evidenza si tratta di un grande mutilato oppure di un paralitico, consolalo nei suoi ultimi giorni. m

172

vuole lavorare, neanche mangi». I catari di Colonia parlano della loro vita «santa e molto

severa», che conducono «nel digiuno, nelle astinenze, nella preghiera e nel lavoro»15'.

Predicando a dei contadini nel 1 3 00- 1 305 circa, il perfetto Filippo Talayrac sottopone a critica la Chiesa cattolica: «l preti conoscono si la Via di Dio, ma non la vogliono dire e mostrare al popolo, come sarebbe loro dovere. Dio ha ordinato loro di vivere del lavoro delle loro mani, ed ha vietato di vivere del lav oro

del popolo, come fanno adesso))155•

Benché non si trattasse di un logion apocrifo, ma più probabilmente di una parafrasi di San Paolo, l' idea era che «il Figlio di Dio ha detto che l'uomo doveva vivere del suo sudore». «Ci si deve nutrire soltanto di ciò che si è guadagnato». È da tale scrupolo che è riconoscibile l' eretico vestito, il perfetto156• Fa unicamente eccezione l'impossibilità di lavorare in cui il perfetto si trovi a causa della persecuzione. Tale impossibilità giustifica l'elemosina, ma è un'occasione per rifarsi al pre­ cetto: «Far loro del bene è la migliore elemosina, dal momento che non ardiscono lavorare: verrebbero arrestati subito»1 57• «Far loro del bene è assai meritorio, dato che non possono lavorare e circolare scopertamente»158• Come già si è visto, in caso di lavoro pesante venivano concesse dispense riguardo alle astinenze 159•

7.2. La pratica Che il precetto fosse messo in pratica è ben noto, più ancora che il precetto stesso, tanto grazie ai polemisti, i quali rinfacciano alla Chiesa catara la sua attività economica, generatri­ ce di ricchezza, quanto attraverso le fonti giudiziarie, che mostrano come l' esistenza dei per­ fetti fosse connessa quotidianamente, attraverso il lavoro, alla vita della società. I Valdesi, per primi - attaccati essi stessi sul punto della scelta fatta di «vivere del Vange­ lo », e che si vedevano opporre dai catari della Linguadoca le Lettere ai Tessalonicesi160 denunciavano la via scelta dai loro avversari: « Indubbiamente vi siete allontanati dalla fede apostolica e dalle sue opere. Non risulta da nessun luogo del Nuovo Testamento che gli apo­ stoli fossero commercianti, e che andassero per le fiere a concludervi affari mondani, e che si sfiatassero per ammassare danaro, come fate voi)) 161 • «Essi acquistano di buon grado, lavorando e facendo affari, ricchezze mondane, così come erano usi fare quando erano secolari nella vita del mondm> 162• E Durando di Huesca aggiun­ ge: «Per quello che abbiamo visto e inteso in certe zone delle province di Gota e d'Aquitania, e come è apparso chiaro per quasi tutti gli abitanti delle diocesi in cui risiedevano, essi pos-

"" Evervino, Ad S. Bernardum, in S. Bemardi, Opera, i, ed. Mabillon, op. cit., c. 1 489. "' Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. III, pp. 95-96. Al contrario, «i Perfetti vivono del loro lavoro))

(t. II, p. 30).

'" Registre de Jacques Fournie, op. cit., t. III, p. 73. "' Registre de Jacques Fournie, op. cit., l. l, p. 424. "' Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. l, p. 3 1 9. '" Supra, p. 1 54. '"' Liber antiheresis, ed. K. Selge, Die ersten Waldenser, op. cit., t. Il, pp. 77-79. 161 Die ersten Waldenser, op. cit., l. Il, p. 72. Il lavoro manuale si trova già attestato nel l 025 presso gli ere­ tici d' Arras (L. D' Achery, Spici/egium, Parigi, 1 723, t. I, c. 608) e, da parte di Evervino, presso i catari della Renania (J.P. Migne, Patro/ogia Latina, t. 1 82, cc. 677-678). '" Contra Manicheos, ed. C. Thouzellier, Une Somme anticathare, op. cit., p. 109. 1 73

sedevano campi, vigne e case proprie, botteghe, buoi, asini, muli e somari, oro e argento, e molti beni terreni di questo mondo; e lavoravano giorno e notte, ed erano uomini d'affari abili a guadagnare il danaro di quaggiù» 163 •

Nella stessa epoca, nel 1 200 circa, Gioacchino da Fiore constata la medesima cosa in Ita­ lia 1 64. Le fonti giudiziarie il lustrano più in particolare come il principio venga messo in pratica con riferimento alla Chiesa di Linguadoca all'inizio del XIII secolo, nei periodi di libertà e di non clandestinità del catarismo. Nei centri abitati esistono una o più case di perfetti, dove si esercita un mestiere e dove vengono formati degli apprendisti, cosi nell ' attività manua le come nella dottrina religiosa.

«L'8 luglio 1 246, Arnaldo Gairaud (di Vi/lepinte, Aude) ... dice che quando aveva I l anni ha visto a Verdun (Aude) Guglielmo Guibert e il suo compagno, eretici (perfetti), che gli insegnavano a tesse­ 161 re ... 40 anni fa all'incirca ... >> • «Il 28 febbraio ( 1 246), Pietro Gary, commerciante, fratello di Frate! Guglielmo Gary (di Fanjeaux) dice di aver visto a Fanjeaux (Aude) che degli eretici vi si erano stabiliti pubblicamente. Lui presta­ va opera nelle botteghe di alcuni di loro; lavorava di cucito insieme a loro guadagnando quel che poteva secondo le circostanze, e lo stesso facevano diversi giovani della città. E tutti li adoravano, come lui stesso faceva. 20 anni fa o giù di li»'66• > 168• Il concilio di Reims del 1 1 57 condanna la dottrina dei ((Piphles», dottrina ((diffusa da questi miserabili tessitori che fuggono continua­ mente da un luogo all' altro sotto falsi nomi » 169 • Le fonti giudiziarie meridionali danno conferma della prevalenza di questi mestieri. Innu­ merevoli sono le testimonianze in tal senso, e si riferiscono il più delle volte ad elemosine o vendite da parte dei fedeli di materia prima: lana, filo di canapa o di lino, cotone (((lino d'Ales-

1 63 Une Somme amicathare, pp. 120- 1 2 1 . , .. Citato da A. Borst, Die Kathare, op. cit., p . 1 88: quasi de suo /abore viventes. ' 6' Ms. 609 della Biblioteca di Tolosa, f. 1 80r. 166 Ms. 609, f. 1 5 9v, cfr. lf. 1 50v, 1 5 3v, 1 5 7v. ' 67 M s. 609, ff. 226v, 224v. 161 Sermones contra catharos, in J.P. Migne, Patro/ogia LatirJa, t. 195, c. 1 3. 1 69 G.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum co/lectio, t. 2 1 , p. 843.

1 74

sandria))) 170• Frequenti sono i lavori con materiale fornito dal cliente, al primo posto dei quali troviamo la confezione di camicie e brache, di cappelli di tela, di pezze di stoffa 1 7 1 • Compaio­ no anche cinghie, scarpe e guanti, ma potrebbe trattarsi di cose ricevute in regalo e ridate in pagamento ad altri fedeli. L'ambiente dei tessitori è indubbiamente favorevole al catarismo: ne fanno fede una tes­ sitrice che funge da agente della Chiesa a Tolosa, un tessitore che vende i suoi telai per rag­ giungere la Catalogna e farsi iniziare, tessitori di Montaillou o d' Ax (Ariège), la cui intera famiglia è colpita dalla repressionel 7l. Nel villaggio fortificato più recente di Cordes (Tarn), creato da Raimondo VII profittando della riconquista, la Chiesa si stabilisce apertamente nel 1 223 circa in una bottega dove impar­ tisce ad un tempo la buona parola e l'apprendistato: «Guglielmo d'Eives ... dice di aver visto a Najac (Aveyron) Pietro di Caussade, Grimaudo Donadeu e Pietro du Camp, eretici, nella casa che gestivano pubblicamente ... Li vide poi a Cordes dove gesti­ rono pubblicamente la loro bottega di tessitura. Vi vide Guglielmo di Vrrac, cavaliere di Cordes . . . Quando s i trovavano in detta bottega, c'era anche l 'eretico Sicard d i Figueiras che alloggiava con loro, e Talaber di Saint-Marcel e Pietro di Gironda di Mazerac che imparavano l'arte insieme a loro)) m .

Bertrando di Lamothe, di Montauban (Tarn-et-Garonne), presta i suoi operai per costruire dei telai in una casa di perfette174• Nel 1 225 circa, cinque perfetti gestiscono pubblicamente una loro casa a Hautpoul (Maz.amet, Tarn) e colui che depone dichiara di aver costruito per loro delle «telerie)) nei boschi vicini m. Infine Guglielmo Authié, già notaio d' Ax, che a Montaillou (Ariège), ali 'incirca nel 1 305, gode di una relativa sicurezza, si sdebita presso i suoi ospiti non già facendo per loro lo scri­ vano pubblico, ma cucendo loro delle camice176• Tuttavia, le arti tessili in questione non hanno nulla di rituale. Abbiamo casi di affitto di fondi a mezzadria prima della Crociata177, ed altri, più numero­ si, di fornitura di mano d'opera durante la persecuzione, e specialmente di mano d'opera fem­ minile per strappare le erbacce nei campi di cereali e per la mietitura 1 78• Le difficoltà di quel periodo inducevano i fuggiaschi a desiderare di trovare riparo nei boschi che sorgevano in una gran parte del territorio, dalla Montagna Nera ai Pirenei. Biso­ gnava essere un bravo carpentiere e saper costruire in fretta la casupola, se non la casa nella quale si poteva trascorrere qualche settimana prima di essere braccati di nuovo. Dopo la libe­ razione provvisoria di Lavelanet (Ariège) da parte di Raimondo di Péreille prima di Ognis­ santi del 1 242, nove perfetti scesero da Montségur e costruirono una casa di legname (fusta) nel torrione di Lavelanet, dove peraltro poterono rimanere soltanto otto giorni179• Abbiamo una testimonianza, per la verità unica, di due perfetti che rimangono per cinque anni a Pradelles-Cabardès (Aude); uno di loro è precettore dei figli di un notabile, Bernardo 110 171

Ms. Doat, t. XXI,

f. 290v.

Doat, t. XXI, ff. 1 88v, 288r, 250v, 29 1 v; l . XXIV, ff. 1 3 7r, ecc. m Ms. Doat, t. XXIV, f. 3; Registre de Jacques Foumier, op. cit.; Ms. Latino 4269 della Biblioteca Nazionale di Parigi, passim. 111 Ms. Doat, t. XXIII, ff. 209r-2 1 0r. 174 Ms. Doat, t. XXI, f. 279r. "' Ms. Doat, t. XXIII, f. 249v. 116 Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. II, p. 273. 111 Ms. Doat, t. XXIII, ff. 1 83r, 257v. 171 Ms. 609 della Biblioteca di Tolosa, ff. 84v, 95v, 1 46r. Ms. Doat, t. XXIII, ff. 278r, 290r, ecc. '"' Ms. Doat, t. XXIII, f. 206r. Ms.

1 75

Daide, e muore lasciando loro i suoi libri180• È più che probabile che i chierici e i membri della gerarchia fossero occupati a scrivere i >'.

Uno di loro pronuncia la formula rituale conservata nel manoscritto di Lione7• ' Confermato da R. Sacconi, servitium, in Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, Liber de duobus princi­

piis, op. cit., p. 69.

2 Cfr. Godefroy, Lexique, v. appareiller. Servisi, servitium significa anche la penitenza imposta a conclu­ sione della cerimonia. ' Cfr. infra, p. 204. «Compito del diacono è di ascoltare la confessione dei peccati veniali dei suoi subor­ dinati, che ha luogo una volta alla senimana» (R. Sacconi, Summa de Catharis, loc. cit.). -

' Concilio di Narbona ( 1 243), cap. 19:

(G.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum col/ectio, op. cit., t. 23, p. 364). ' R. Sacconi, Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 67. • 1 234 circa. Ms. 609 della Biblioteca di Tolosa, f. 1 64r. 7 Ed. L. Clédat, Le Nouveau Testament traduit au XII/e sièc/e, op. cit., pp. 47 1 -473, IX-XI. R. Sacconi pre­ senta l'incipit del rituale: Nos venimus coram Deo et vobis ad confitendum peccata nostra quia multum pecca­

vimus in verbo, opere, in visione et cogitatione. . . et cetera huiusmodi. . . Et hoc modo confitentur seme/ in mense si commode possunt. (R. Sacconi, Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, op. cit., p. 67). «Uno di lorm>: Unus pro omnibus, cfr. Anselmo di Alessandria, Tractatus de hereticis, ed. A. Dondaine, La hiérarchie cathare en lta/ie, Il, op. cit., p. 3 1 5 .

177

> dopo il trattato del 1 229, alle evasioni si provvedeva talvolta con la forza, ma il più delle volte attraverso una consistente col letta presso la comunità, che consentiva di comprare le guardie o i carcerieri. I casi di evasione erano, in effetti, molto frequenti.

3. IL ROGO Il primo rogo di cui si è a conoscenza è quello del monaco bogomilo Basilio a Costanti­ nopoli nel 1 1 1 0- 1 1 1 5 circa. Anna Comnena, che si dilunga ampiamente sul supplizio, ci fa sapere che «i Bogomili nel loro errore sono convinti di poter sopportare senza soffrire ogni sorta di supplizio, pretendendo che ci fossero degli angeli a sottrarli perfino al rogo», e che quando Basilio vide il rogo acceso si mise a recitare a mezza voce questo versetto di David (Salmi, 90,7-8): «Tu non sarai toccato, osserverai soltanto con i tuoi occhi»2 1 • All'altro capo della storia catara, viene insegnato che Cristo h a lasciato una prova a i suoi discepoli, quella del fuoco, ma ha promesso loro di aiutarli a sopportarla22, che «i buoni cri-

" Se ne trovano numerosi esempi, da Roberto il Bougre e Raniero Sacconi in poi, specialmente in Lingua­ doca. " Cronaca di Guglielmo Pelhisson, ed. C. Douais, Les sources de l 'histoire de 1 '/nquisition dans le Midi de la France, Parigi, l SS l , p. I l 0: «Dal momento che detto Raimondo in molti casi si trovava ad essere l'unico e solo testimone, nessuno metteva in questione la sua parola o la contraddiceva. l più, al contrario, dicevano:

"Signori, sappiate che ogni cosa sta come dice il signor Raimondo>, e chiedevano che fosse lui a dire ciò che essi avrebbero dovuto dire in più nelle loro confessioni, poiché era lui che conosceva meglio la verità». " Processo di Pietro Garcias, ed. C. Douais, Documents, II, op. cit., pp. 1 0 1 , 1 05 . " Si potrebbe naturalmente pensare a dei cedimenti individuali, ma non si capisce perché un uomo deciso a lasciarsi bruciare si sarebbe piegato a denunciare prima i suoi fedeli. 20 Sentences de Toulouse, ed. P. van Limborch, Historia Inquisitionis, op. cii., pp. 60, 73, 74. Non è possi­ bile ammettere una pia fraus dell' Inquisizione. 2 1 Ale:ciade, ed. e trad. B. Leib, t. III, Parigi, 1 945, pp. 22 1 -223, 226. " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. II, p. 47. Cfr. supra, p. 84. 1 93

stiani non avvertiranno il fuoco, poiché il fuoco col quale li si arde non può dare pena al corpm>23• Per tutta la durata di quella storia, il rogo è oggetto di una tradizione intesa a confortare. I catari della Renania «hanno affrontato e sopportato il supplizio del fuoco non solo con pazienza, ma ancor più con gioia»24• Arnoldo, arso a Colonia, e Dietrich, arso a Bonn, secon­ do i loro discepoli «salirono subito al cielo»25• I Manichei di Orléans, nel l 022, «si ripromettevano di uscire dal fuoco illesi» (illesos). Si avverte qui, da parte del narratore, l'influenza dell'idea di ordalia, che ebbe lunga vita nel nord della Francia26• I catari di Leon, nel 1 230 circa, 20• La tradizione è altrettanto costante per quanto riguarda le immagini. Secondo Cosma ((gli eretici non venerano le icone, ma le chiamano idoli>>21 • , dice Pietro di Vaux­ de-Cemay-2\ e segnalazioni simili si trovano in Salvo Burci o Moneta23, oppure negli interro­ gatori del XIV secolo: «Dicono che noi che abbiamo la fede della Chiesa romana adoriamo degli idoli, cioè le immagini dei

santi che si trovano nelle chiese>> 2' .

«Quelle immagini sono degli idoli, contro i quali i l Figlio d i Dio h a messo i n guardia esortando a 1 pregare in casa propria>l (Matteo, 5 , 5 )2 • «Quando l'eretico s'imbatteva in qualche immagine della Beata Maria, mi diceva: "Dai un obolo a questa Marietta !", prendendosi gioco della statua.

È il cuore dell'uomo che è la Chiesa di Dio, ma la

chiesa materiale non vale nulla, e le immagini di Cristo e dei santi che ci stanno, le chiamava idoli»26•

La malizia di cui avrebbero dato prova i catari verso le raffigurazioni simboliche del loro tempo indussero Luca, vescovo di Tuy in Galizia, che racconta i suoi ricordi di Léon nel 1 23 0 circa, ad attribuire loro dei brutti tiri: «Per canzonatura e spregio della croce di Cristo si sono immaginati

una

raffigurazione del Crocifis­

so con un piede fissato sull'altro con un chiodo solo, per cercare di distruggere o di mettere in dub­ bio la credenza nella santissima croce e le tradizioni dei santi Padri, introducendo

la novità di

forme

differenti. Lo faremo vedere meglio servendoci di quel che è accaduto in un castello di frontiera delle Gallie, che si chiama Monclus, cosi come rivelato da un rapporto fattone. Al tempo in cui l ' eresia dei manichei era molto diffusa nelle Gallie dei nostri giorni ... certi loro credenti, spinti da ispirazione diabolica, fabbricarono una statua della santissima Madre di Dio guercia e deforme . . . Fingendo di

16 Adversus Catharos el Valdenses, op. cit., p. 6 1 . 1 7 Ed. A. Lecoy de l a Marche, Anecdotes historiques d 'Etienne de Bourbon,

op. cit., p . 278. . T III, p. 226, e passim, vedi Indice: Albigeismo, Croce. Cfr. P. van Limborch, Historia Jnquisitionis, op. cit., p. 348: nullus adorarel furcas, in quibus pater suus fuisset suspensus. Cfr. anche Processo di Pietro Gar­ cias, ed. C. Douais, Documents, Il, op. cit., p. 97. Registro di Goffredo d' Ablis, in Ms. Latino 4269 della Biblio­ teca Nazionale di Parigi, ff. 24, 46r. Disputatio inter catho/icum et paterinum, ed. Martène e Durand, Thesau­ 18

rus novus anecdotorum, op. cit., t. V, c. 1 747. " A .Vaillant-H.C. Puech, Le Traité contre /es Bogomiles de Cosmas le Pretre, op. cit., p. 58. 20 Ed. R. Manselli, Per la storia dell 'eresia nel secolo XII, op. cit., p. 209. 21 A. Vail lant-H.C. Puech, Le Traité contre /es Bogomiles de Cosmas le Pretre, op. cit., p. 58. Cfr. ivi, p. 7 1 . " Hystoria a/bigensis, ed. P. Guébin e E. Lyon, op. cit., p. 1 7. " S. Burci, Liber supra stella, ed. l. von Dollinger, Beitrdge, t. Il, op. cit., p. 86; Moneta, Adversus Catharos et Valdenses, op. cit., p. 5. 24

Registro di Goffredo d' Ablis, Manoscritto Latino 4269 della Biblioteca Nazionale di Parigi, f. 28r.

" Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. III, p. 234. " Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. Il, p. 53. 1 98

soffrire di malattie varie, fecero in modo di apparire guariti per effetto dei miracoli operati da quel­ la statua. La voce correva per le città e i villaggi, come se questi miracoli fossero stati veri. Parecchi preti, per devozione, mettevano delle statue identiche nelle loro chiese. Accortisi di ciò, gli eretici, mettendo in chiaro l'accaduto, si misero a farsi beffe delle folle di gente che in gran numero accor­ reva con fervore verso quell'immagine ... )) " .

Anche se non corrisponde a verità, il racconto può almeno avere qualche interesse per l ' archeologo. Naturalmente le reliquie dei santi o le loro immagini non fanno miracoli. Cristo stesso non ne faceva e operava solamente guarigioni spirituali�8• Le chiese non sono altro che edifici. ((Non mancano di dire che la Chiesa non è un luogo materiale, ma semplicemente l' assemblea dei fedeli, poiché, dicono, il luogo non ha a che fare con la preghiera. Siccome Dio è dappertutto, si può adorarlo o pregarlo dappertutto. Cercano di dimostrarlo con il discorso di Cristo alla Samaritana: " . . . ma l'ora viene, ed è venuta, in cui i veri adoratori adoreranno in spirito e verità"))�'. Tale opinione, che incontriamo lungo tutto il corso della polemica' 0, è chiaramente espressa anche dai credenti della fine del XIII secolo: ((Il giorno dell'Epifania, avevo detto a mio padre, in presenza di Bernardo di Junac (Ariège), nel salo­ ne del castello di Junac, che volevo andare a far la veglia per la notte seguente in onore di San Giu­ liano (al quale è dedicata la chiesa di San Giuliano di Junac). Bernardo mi disse, canzonandomi: "Oh! tu vuoi far luce ai muri?"))' ' .

Topici sono gli argomenti con cui si condannano gli scampanii delle chiese: >76•

n

Anonimo di Passau, ed. l. von Dtlllinger, Beitrlige, t. Il, op. ci!., p. 273. " Ani dell'Inquisizione di Torino, ed. l. von Di!llinger, Beitrlige, t. n, op. cit., p. 273. " Ed. D. Bazzocchi, L 'eresia catara, op. cit., p. CXXXIX . " Cfr. J.L. R.iol, Telfurent /es cathares d 'après /es textes de / 'époque et /es traditions populaires, in Bul/e­ tin de la Société des sciences, arts et bel/es-lettres du Tam, t. XVTII, 1 956, Albi, 1 957, pp. 560-589. 76 Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, Le Liber de duobus principiis, op. cit., p. 66.

22 1

In realtà la seconda affermazione rende molto poco pertinente la prima. Jean Guiraud, dal canto suo, ha insistito parecchio sul fatto che i Registri dell'Inquisizio­ ne meridionale della metà del XIII secolo fanno menzione di concubine (amasie)n. Ma, a parte il fatto che i costumi dell'epoca, e specialmente quelli del clero minore locale, erano del tutto simili, egli non ha preso in considerazione l ' interdetto imposto alla regione dal 1 209 al 1 229 e la scomunica che colpiva la maggior parte dei notabili compromessi dopo quella data. Per l'inquisitore tutti i matrimoni contratti sotto quel regime erano nulli, quand'anche vi fosse stato un prete del posto favorevole ai conti Raimondo per celebrarli. Guiraud porta un caso di tali «persone più scandalose)), di tali «peccatori pubblici)): il cavaliere Raimondo Barthe di Laurac (Aude}'6• Nel 1 242 egli è «faidit)) (spogliato dei beni e fuori legge) e si stabilisce nel lebbrosario di Laurac dove è ricoverata la sua amante, che è ammalata. Va anche detto, cosa che Guiraud ignora, che ha impiccato due guardie dell' arcipretura di Laurac che avevano catturato la madre e sei sue compagne, perfette79• Ora, costui s'incontrava con delle perfette e la Chiesa catara non faceva nulla per escluderlo dal numero dei credenti. Per giudicare del valore di questo discorso basta rifarsi a quanto riferisce il cronista Guglielmo di Puylaurens a proposito dei signori di Bergy80, crociati divenuti baroni «terrieri)) in Linguadoca, che non c'è motivo di supporre messi al bando del partito cattolico. È chiaro che gli schieramenti confessionali non avevano a che vedere con la condotta personale in quell'epoca di ferro. In realtà, solamente dagli ultimi documenti inquisitoriali possiamo ottenere notizie abba­ stanza dirette e di esperienza vissuta perché meritino di essere prese in considerazione. Il livello generale dei costumi che ne traspare è di un piccante lassismo. I segugi dell'In­ quisizione non hanno difficoltà a far dire alla gente che «non si fa peccato con una prostituta, dal momento che la si paga))8 1 • Ma i perfetti insegnano una morale rigorista, anche quanto è dettata da un personaggio così

poco edificante come l'ultimo perfetto della Linguadoca, Belibasta62• Per quanto riguarda la morale ordinaria, i precetti non sono originali, ma positivi: È giusto far del bene agli ospedali, perché gli ospedali fanno del bene a tutti quelli che vi ricorrono»". >. "' Chronique, Cap. XXXI , ed. J. Duvemoy, op. cit., pp. 1 09- 1 1 1 . " Cfr. il processo di un mercante di Foix, Registre de Jacques Foumier, op. ci t., t. III, p. 296 ss. " Cfr. supra, p. 1 60, e n. 68. " Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. Il, p. 500. 14 lvi, t. Il, p. 5 0 1 . " lvi, t. Il, p. l 07.

222

tro Maury insiste: «Come sarebbe! Ho inteso dire a certi credenti che, qualunque male abbiano com­ messo, per il solo fatto di essere accolti da voi essi vengono assolti e fatti salvi!». II perfetto rispo­ se che era proprio cosi e che era quel che dicevano ai credenti. Ma non per questo dovevano ingol­ farsi (ajfogari) a fare il male, poiché fare del male a chicchessia, anche al diavolo, era peccato. «Ci è più grato sapere che un nostro credente non fa il male, che non il contrario. Perché anche se fare il male non fosse peccato, e lo è, essi se ne dovrebbero astenere in nome della buona reputazione da parte dei vicini e per timore della giustizia secolare (infatti i furfanti perdono tanto la v ita che l ' ani­ ma se condannati a morte, perché non possono essere accolti dai bonshommes)» "' . ,

Per Belibasta le opere buone sono la via della grazia, secondo un insegnamento che non ha bene assimilato e di cui non ha un'idea chiara: «Considerate come sia giusto fare il bene, e fatelo. San Paolo fu cattivo, e quando il Padre volle lo attrasse a Sé. Nessuno si può salvare se il Padre non lo attrae, e dal momento che uno è attratto da Lui, lo segue immediatamente e si salva»".

Da interpretare nel senso che è in virtù delle esistenze anteriori positive che San Paolo meritò la grazia, e che la grazia perviene al credente attraverso la penitenza88. Pietro Authié raccontava così la sua conversione: «Sono venuto a conoscenza di tutto quello che succede nella Chiesa romana: sono stato notaio. Ed ho capito che mi trovavo in gran peccato, poiché non ero nella verità e nella giustizia Per questa ragione ho smesso di peccare e mi sono messo alla ricerca della verità>>".

Le disposizioni in cui si trovava il credente dovevano essere tutt 'altro che indifferenti, tanto da costituire in realtà la condizione della salvezza per il battezzato. Dinanzi alla que­ stione della mancata salvezza di qualcuno che era stato consolato da un ministro ricaduto nel peccato dopo il consolamentum, certi catari d'Italia, nel XIII secolo, spiegavano che in realtà se era caduto la ragione stava nel fatto che per lui non c'era stato all'origine il vero penti­ mento: «Se qualcuno che era sembrato pentirsi, pecca, è perché non si è mai veramente pen­ tito))90. La condotta del credente è, perciò, soggetta ad una sanzione: ne va della possibilità della sua salvezza. 3 . LA SOVVERSIONE CATARA

A prima vista non si vede come una religione dotata di una dottrina dogmatica tanto meti­ colosa, di regole dal carattere tradizionale, se non arcaico, abbia potuto, nell'epoca in cui si affermò, rivestire un carattere rivoluzionario. Sappiamo, d'altra parte, quanto sarebbe illuso­ rio procedere ad un confronto tra religione e strutture o tendenze sociali entro confini così vaghi da includere la Bulgaria del X secolo, la Renania del XII secolo e la Bosnia del XIV secolo. Nondimeno è necessario farlo, per dare risposta a due tesi che non è possibile passa­ re sotto silenzio.

16

lvi,

t. lll, pp. 1 3 1 - 1 32. t. lll, p. 1 80. " Cfr. supra, p. 88.

" lvi,

" Registre de Jacques Fournier,

90

op. cit., l . lll, p. 124. l. von Dollinger, Beitriige, t. II, op. cit., p. 326 (Ms. Vaticano Latino, c. 4255). 223

La prima è quella della giustificazione della Crociata, che viene avanzata dagli storici catto­ lici a partire dalla fme del secolo scorso. In quanto condannava il matrimonio, la giustizia secolare, il giuramento, il catarismo mina­ va l ' ordine stabilito, si presentava come (91 • La repressione era, per­ ciò, una reazione di autodifesa della società del tempo, e in primo luogo della Chiesa. La seconda tesi, che è recente, inverte i termini della questione. Non era l ' eresia ad avere la capacità di condurre alla rivoluzione; si tratta, invece, di una tendenza rivoluzionaria che ha preso la forma dell 'eresia. Questa, dunque, è stata soltanto la forma, adeguata alla mentalità del­ l'epoca, di una rivolta degli oppressi contro le istituzioni dominanti: la feudalità e la Chiesa.

3. 1 . Il catarismo e le istituzioni Si fa presto a mostrare quale risultato finale dei suoi dogmi una società catara priva di rela­ zioni sociali, senza matrimonio, senza famiglia, senza ordine giudiziario, senza mezzi di difesa di fronte agli attacchi dal l'esterno, senza giuramento a garanzia della vali dità dei patti. Più dif­ ficile è provare con i fatti storici il fondamento di timori del genere. Forse il catarismo coltivava il sogno, in una prospetti va escatologica, di una conversione uni­ versale che portasse alla fine dei tempi. Ma si attendeva che, concretamente, la distardatio, il ritardo che il principio malvagio si accaniva a suscitare, si sarebbe fatto sentire ancora per lungo tempo. Si rassegnava perciò, come la Chiesa ufficiale, a fare assegnamento su un lim itato numero di perfetti. Adottava una pratica di vita che, riguardo a monaci e clero secolare, non era diver­ sa da quella della Chiesa cattolica. Quel che gli rimproveravano i polemisti cattolici del tempo non è il fatto di prescrivere il celibato, il digiuno, la non violenza. Gli si rimproverava di farlo per motivi erronei dal punto di vista teologico. A proposito dell'alimentazione carnea, San Bernardo scrive:

«Non mangio carne, perché alimentando l'elemento carnale, essa alimenta il vizio... Per l'eretico il caso è diverso ... Sarebbe cosa giusta e cristiana se egli ne facesse a meno non perché essa deriva dal­ l'atto sessuale, ma perché induce ad esso))"'. Riguardo alla non violenza si può paragonare la formula farisaica di cui si sarebbero avvalsi i perfetti per lasciar perpetrare l ' assassinio di un traditore in loro assenza9\ alla for­ mula con cui la Chiesa si rimetteva al tribunale secolare: ((invitandolo sentitamente a proce­ dere nei tuoi confronti senza giungere alla morte o all' amputazione di membra». Abbiamo visto la gerarchia catara della Linguadoca istituire l 'arbitrato onde prevenire le cause, intercedere nei procedimenti civili. Vedremo quale fosse la condotta delle società cata­ re costrette alla guerra. In tutto questo non vi è nulla di veramente sovversivo. Alla fine del XIII secolo i perfetti non hanno remore nel l ' indurre i giovani credenti al matrimonio, al fine di assicurare la permanenza di famiglie praticanti la loro religione, presso le quali la Chiesa potesse trovare accoglienza e dove la fede si perpetuasse••. Manifestazione di incoerenza o di lassismo, forse, ma certo non sovversione o incoraggiamento al vizio.

" J. Guiraud, Histoire de 1 '/nquisition au moyen-tige, op. cit., t. l, p. 99. Cfr. C. Douais, Les Albigeois, Pari­ 1 880, p. 253: «se quell'eresia infame fosse riuscita ad impiantarsi, la terra della Linguadoca, deserta e spo­ polata, non sarebbe stata ben presto che un immenso cimiterm>; p. 265: . 92 In Canticam, Sermone 66. 93 Cfr. supra, p. 1 95 . .. Registre de Jacques Foumier,

op. cit., t. l, pp. 292-293. 224

Per quanto riguarda il giuramento, si avrebbe torto a pensare che esso sia stato, nel l'epo­ ca classica del catarismo, il vincolo per eccellenza dei rapporti giuridici. Non è visto con favo­ re dalla società cortese la quale gli preferisce i contratti previsti dal diritto civile, il patto (con­ venenza) o la «buona fede»9l. Il fatto stesso che in certi paesi gli eretici (tanto valdesi che catari) siano stati accusati di darsi ad orge segrete dimostra che non si poteva accusarli di aver tenuto alla luce del sole, nei villaggi o nei quartieri di città, una condotta antisociale. Della quale non c'è traccia, del resto, nel corpus dell'Inquisizione, che riguarda parecchie migliaia di persone. 3 .2. L 'origine rivoluzionaria del catarismo Come si è visto, il catarismo ha criticato l'organizzazione feudale e il potere politico. D'al­ tra parte, era difficile ribattergli su questo punto, dato che, a sostegno, esso si appellava a Luca, 22,25, che riporta il precetto solennemente enunciato in occasione della Cena. Ma il problema che si pone è quello stesso che riguarda i precetti da osservare: la prescrizione vale per la società presa nel suo insieme, oppure riguarda l 'ambito dei perfetti successori degli apo­ stoli? E inoltre, posto che la società feudale è stimata malvagia in modo assoluto («è il dia­ volo che ha detto che vi sarebbero stati re, e imperatori, e conti»), è da sostituire con un siste­ ma democratico o uno teocratico? Non troviamo una risposta in alcuna fonte e può darsi che essa non sarebbe stata esattamente la stessa in luoghi e tempi diversi. È chiaro che l'opinione di un abitante della contea di Foix, saldamente catara, non era la stessa nei confronti del pote­ re nel 1 206, quando la moglie e la sorella del conte erano perfette, e nel 1 306, quando un conte minore era stato unito in matrimonio ad una principessa francese, e taglia e decima comin­ ciavano a gravare sul paese. Però, se a quell'epoca battersi contro taglia e decima o prestare orecchio alla predicazio­ ne catara, significa (ivi, t. II, p. 2 1 7). Parole dell'inquisi­ tore che chiede a degli inquisiti restii se non hanno mai sentito tali espressioni. 19 C. Fabre, Guida de Rodez . ( l 212- 1 266), in Anna/es du Midi, t. XXIV ( 1 9 1 2), p. 166 . .. Raynouard, Lexique roman, V0 ben. " Anglade, A nthologie des troubadours, op. cit., p. 1 29. " Cfr. supra, p. 1 66.

Foumier,

..

235

sul fatto che una canzone, in cui troviamo così ravvicinate le locuzioni non poteva che avere una connotazione catara

totz bes e granar efiorir,

per la maggior parte di chi l'ascoltava.

La stessa associazione di termini la troviamo nel romanzo

di Flamenca:

Aisso es de merce sosfruitz. Et es florida e granada Et em bona razis fe(r) mada Car ab si mena caritat Per cui tot ben son coronar''Tuttavia è importante notare che in questo caso (a differenza di adombrar) si tratta di termini assolutamente banali44• Tanto che, nel caso di granar e fiorir, si tratta di una delle più piatte for­ mule ripetitive della poesia d'oc fm da Guglielmo di Poitiers. Non sono i trovatori che hanno attinto dai catari, ma piuttosto questi ultimi che hanno adottato, in senso rituale, le formule meno compromettenti. Cosicché la preghiera di Giovanni Maury, oltre ad utilizzare granar e fiorir (in altro senso o

(Poesie) l 'epiteto di dreiturier riferito a Dio, non­ datz mi poder qu 'eu am so que amatz"s.

in senso simbolico), prende da Peire Cardenal ché l' espressione

2.2. La Francia del Nord Nella Francia del Nord, quanto meno nella Champagne, troviamo coesistere una poesia cor­ tese ed un catarismo largamente diffuso. A parte alcuni versi dei cronisti Filippo Mousket e Guglielmo Le Breton che riguardano direttamente la persecuzione in Fiandra, ci troviamo in pre­ senza delle medesime caratteristiche che nel Mezzogiorno: ortodossia, anticlericalismo convinto, ma anche uso ambiguo di certi termini. Sicché l'uso

di aombrer, adombrer per riferirsi

all' incarnazione

è

ampiamente attestato e il

fatto è tanto più rimarchevole in quanto il termine sembra essere stato inteso più come «celarsi, occultarsi)) che secondo la lingua d'oc46• Merita di essere segnalata una poesia del conte Teobaldo di Champagne in quanto ha per tema (cattolico stavolta) il mitologhema del pellicano'7, ma soprattutto in quanto la sua critica dei chie­ rici sembra riguardare proprio la Crociata (a cui, come nel

è noto, Teobaldo si sottrasse ad Avignone

1 226): Deus es ensi camme li pellicanz Qui Jet son nit el plus haut arbre sus E li mauvais oisiaus. qui vient de jus Ses oisellons ocit, tant est puanz. . . Et se n efust li essamples de ceus Qui tant aiment et noises et tançons, Ce est des clers qui ont /essié sermons Por guerroier et por tuer /es genz. . ''.

" Ed. Lavaud e Nelli, Les Troubadours, Parigi, 1 960, p. 882 (vv. 4637-4641 ). 44 Allo stesso modo la Vergine è piena de totz bes nella Mariagebet pubblicata in H. Suchier, Denkmii/er Provenzalischer Lineratur un Sprache, op. cit., p. 289, ed in le i j/o iris e grana tot lo gaug de l 'autisme (ivi, v. 1 77). " Ed. Lavaud e N eli i, Les Troubadours, op. cii., pp. 254, 256. 46 Cfr. Godefroy, v. aombre� " Cfr. supra, p. 77. " Ed. Wallenskold, Les Chansons de Thibaut de Champagne, roi de Navarre, Parigi, 1925, vv. 1-4, 16-19. 236

Ancora più singolare è un'opera, giudicata da chi l'ha pubblicata come proveniente dal­ l'Est della Francia, l'autore della quale si congeda dagli amici, invitandoli a disprezzare i pri­ vilegi terreni. Annuncia loro la venuta del giorno, profetizzato da Isaia, in cui gli uomini avidi lasceranno andare la preda, in cui avrà fine il tributo pagato al loro vano dominio (Isaia, 14, 3-4), in cui i perseguitati avranno pace (l/ Lettera ai Tessalonicesi, 1 ,7; Ascensione d'Isaia, 4, 1 5), in cui saranno innalzati coloro che oggi sono abbassati (Matteo, 23, 12) . Ma colui che si gloria di servire Dio in carità, fede e timore, sperando nella ricompensa del Signore buono, otterrà quelle ricchezze che attesta la santa profezia: Mai entrò in cuore di uomo, né occhio mai vide né orecchio mai intese ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano (/ Lettera ai Corinzi, 2,9 = Ascensione d'Isaia, 1 1 ,34, latino). Quelli che servono Dio, obbedienti fino alla morte (Lettera ai Filippesi, 2,8) per amor suo, osservando la legge da lui stabilita, sono ritenuti i peggiori di questo mondo, proprio loro, persone sante senza slealtà che perdonano ai malvagi. Seguiamo dunque il buon Vi andante, che è giunto a buon porto (aleç prendre l 'er­ bergerie) seguendo la retta via, privo di dubbi e senza paura. Non abbandoniamo il suo cam­ mino, poiché i briganti lo hanno disseminato di spie per sviare e far cadere in errore. Di fuori mostrano un amabile sembiante, ma di dentro sono ricolmi di slealtà e ipocrisia, falsi e ingan­ natori (enganeor). Dalle loro opere si riconosce la loro perfidia: a parole annunciano la pace del Signore, e come lupi rapaci mirano alla morte di buoni e cattivi, perché è Satana che li guida. Cristo non vuole la morte del peccatore, ma lo riprende con bontà e lo rimette sulla buona strada. Egli scese dal cielo per liberare i suoi eletti dalla follia e dal potere che è nemico a lui ed ai suoi. Quel potere che si ostina a fare inaridire il vigore del santo albero, che ha foglie, fiori e frutti, e ci riconcilia a Dio. Quelli che percepiscono il profumo del l' albero buono e che comprendono che cos'è, che cosa significa l'acqua viva, che si spande dolcemente, impregna la radice e la ristora ... (Apocalisse, 22,2}'9• Le caratteristiche di questo testamento spirituale sono molto singolari: numerose citazio­ ni scritturati introdotte con riferimento ad Isaia, il che rende lecito supporre che due di esse (Il Lettera ai Tessalonicesi, 1 ,7, e l Lettera ai Corinzi, 2,9) siano tratte dall'Ascensione d'Isaia piuttosto che da San Paolo; obbligo per i fedeli di essere obbedienti fino alla morte; calunn ie di cui essi sono oggetto; perdono da essi accordato ai malvagi, in contrasto con lo spirito per­ secutorio che anima coloro che, mentre annunciano la pace del Signore, sono causa di morte e fanno inaridire l' albero di vita e la fonte d'Acqua viva50•

" L'opera è incompleta. Ed. E. Levy, Poésies re/igieuses provençales etfrançaises du Manuscrit Extravag. 268 op. cit., pp. 1 2 1 - 1 23.

de Wolfenbuettel,

"' « A vos, amis, cui ge a m de bon ·amor - E voi/l amer to /es iors de m a vie - Ne ia n e quier, que s 'en parte a nul ior - Mes quers de vos amer sens trecherie, - Voi ge mander, a ceste departie, - Que despriseç la terene honor, - Que ainsi lefont li verai ameor, - Qui conquerent la perdurb/e vie. - Sachieç de voir q 'ore aprochons le ior, - Don

nos trovons lisant en Ysaye - Que li prixon devandrunt preneor - Ne le treu ne demanderunt mie - Ci/ qui ore ont la vaine segnorie. - Li travo/le seront lors a seior, - Li seiome seront en grand labor, - Ci/ eshaucieç qui ore s 'ume­ lie. . . Mes qui an deu servir se glorejìe, - En charite, enfoi et en temor, - En esperant /oier del bon segnar - A es/eu la tres hone partie. - Por teus vertuç conquiert horn te/ richor, - Don tesmogne la sainte profecie, - Que une n 'entra en cuer d 'ome nul ior - N 'unques ne fu veue ne hoie - Qu 'a ses amanç a deus aparel/ie - Qui l 'onorent come çon servitor, - Obbeissantjusq 'a mori per s 'amor, - Garrlant la loi, qu 'il /or a establie. - De ce siecle sont tenui li peior

- La sainte geni qui suni sens felonie, - Qui est aleçprendre l 'erbergerie - Per dreiç esc/ous, sens dote et sens paor. . .

- A /or oevres se mostre /or boisie, - Qu 'il anoitent la pais du saveur - E parchaçent mort, li lop robeor, - De bons, des maus, car Satanas /es guie. - Crist ne veaut pas la mort de/pecheor - Mes le reprent bonement et chostie, - Et

vint del ce/ per oster defo/or - Les suens esteç et de la segnorie - Qui est a lui et as suens enemie, - Qui se peine

de secher la verdor - Del saint arbre, qui portefolle etfior - Etfruit, que nos a deu reconcilie. - Ci/ qui sentent del bon arbre / 'odor - Et entendent quele est, que segnefie - L 'aigue vive, qui done douce omor, - Don la rai'ç s 'aboi­

vre et se concrie. . . "·

237

Riesce difficile attribuire l'opera ad un pio cattolico che critica una volta di più certi chie­ rici. Non spetta ai buoni membri della Chiesa né prendere congedo, né essere obbedienti fino alla morte, né temere di essere considerati come gli uomini peggiori. L'opera, a rigore, sareb­ be meglio attribuibile ad un valdese: i versi sulla calunnia sono paragonabili a quelli della Nobla Leiçon51 • Ma è infinitamente più probabile che essa provenga da un cataro, e forse in relazione a circostanze drammatiche. C'è da rammaricarsi che sia andata perduta la parte fina­ le della canzone, proprio nel punto in cui essa si metteva sulla via dell'allegoria. Così come l'abbiamo, col suo albero di vita que portefolle etfior etfruit, forse ci consegna la chiave del rituale granar e fiorir dei catari occitanici. Questo è tutto quanto si può dire, ed è già molto per un testo incompleto, non attribuito né datato, e del quale la provenienza stessa è incerta12• 2.3. L 'erotica cortese

Il problema dei rapporti tra quell'erotica che nei suoi caratteri peculiari è stata definita dai poeti classici della lingua d'oc e il catarismo è stata oggetto da parte di René Nelli di un esame approfondito51, che può essere considerato come definitivo. Le sue conclusioni danno, in real­ tà, prova di misura e l 'autore ha messo da parte molte affrettate estrapolazioni. Va anzitutto fatta una premessa di carattere generale. Se il catarismo ha avuto una posi­ zione di rilievo sul piano culturale nella buona società del Mezzogiorno, ciò è avvenuto tra il 1 1 60 e il 1 245 all' incirca. Tale periodo corrisponde a quello nel quale l'amore cortese è venu­ to codificandosi e affinandosi, in senso sempre più casto, fino a giungere alla famosa formu­ la di Montanhagol (prima del 1 2 57): D 'amor mou castitatz, «da amore viene castità))s.o. L'adesione della nobiltà meridionale al catarismo non ha, perciò, avuto per effetto di inco­ raggiare al libertinaggio dell'espressione, come non ha incoraggiato quello dei costumi. Stranamente, tuttavia, sembra che, per una sorta di nostalgia, i medesimi ambienti, alla fine del secolo, siano stati indotti a mescolare il ricordo dei costumi cortesi con quello della religione condannat a .

Le dame della regione alta della Contea di F oix, poco prima del 1 300, sono fatte oggetto di insistenti pressioni che mirano ad un tempo a sedurle come a convertirle. Il fattore di Béatrice di Planissoles, la castellana di Montaillou (Ariège) le fa una corte sfrontata (si va perfino a nascondere sotto il suo letto), chiedendole, da un lato, di cedergli, e, dall'altro, di andarsene insieme in Lombardia a incontrare i buoni cristiani: «Mi spingeva perciò a partire con lui per andare insieme a trovare i buoni cristiani, facendomi il nome di varie donne della nobiltà che già vi erano andate ... Dopo avermi dispensato in momenti e luoghi diversi i suoi discorsi eretici e gli inviti ad andarmene con lui, successe infme che WJa sera, dopo aver cenato insieme, entrò di nascosto nella mia camera da leno e mi si infilò sotto il letto .. . »".

" Vv. 375-3 80, ed. A. De Stefano, La Noble Leçon des Vaudois de Piémont, Parigi, 1909, p. 3 1 . " La provenienza dali' Est risulterebbe, per Levy, dai femminili in ie, richiesti pe r la rima, ma corretti dal copista (per la rima mesnie, nel manoscritto: mesnee) (E. Levy, Poésies religieuses provençales et françaises du MaTTUscrit Extravag. 268 de Wolfenbuenel, op. cit., p. 30). Secondo P. Meyer, il Manoscritto sarebbe stato copiato in Italia, a motivo delle ç fmali (al posto di z o tz) (Romania, VIII, 1 879). S i tratta, però, di precisazio­ ni di scarsa consistenza. " L 'érotique des troubadours, Tolosa, 1 963, pp. 199-246, di cui non è possibile qui riassumere il conte­ nuto, assai ben documentato. " Ed. P.T. Rickens, Les poésies de Gui/hem de Montanhagol, troubadourprovençal du Xl/le siècle, Toron­ to, 1 964, p. 1 22. " Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. l, pp. 220-222. 238

Stefania di Chateauverdun, madre del siniscalco della Contea, mise davvero in atto que­ sto programma. Se ne va insieme ad un tessitore di Prades (Ariège), che aveva liquidato tutti i suoi averi, e va a vivere con lui a Barcellona, mentre il suo amante si fa perfetto: «Stefania, la vedova di Guglielmo Amaud, una delle signore di Chateauverdun, aveva lasciato tutto ed era andata dai buoni cristiani. Prades Tavemier che fu accolto come eretico e prese il nome di Andrea, se n'era andato insieme a lei ... )). «Quando egli (Prades Tavernier) era ancora credente, divise e vendette i suoi beni e se ne andò a Barcellona a cercare gli eretici con la signora Stefania, vedova del cavaliere Guglielmo Amaud di Chateauverdun, il quale, lui pure, aveva venduto i suoi beni e dato in pegno i suoi uomini, e con la signora Catalane, sua figlia, che era allora nubile. La signora Catalane lavorava la seta e li aiutava parecchio con i suoi prodotti. Là furono arrestati, subendo molte perdite . . . )) "' .

Quando Pietro Authié, notaio ad Ax-les-Thermes, andò a farsi perfetto in Lombardia, la brava gente ritenne che la sua concubina avrebbe dovuto mettersi in viaggio con lui : «Senti dire agli eretici, cioè a Pietro ed a Guglielmo Authié, che detta Monette, che era divenuta amica o amante dell'eretico Pietro Authié prima che fosse perfetto, sarebbe dovuta andare con lui quando questi lasciò il paese.

E

quando fossero tornati, a loro dire, Monelle avrebbe dovuto metter­

si in viaggio con loro))n.

Colpisce la rassomiglianza fra queste tre testimonianze. Va, però, constatato che non ce ne sono altre, né in quanto riferito agli inquisitori nei decenni precedenti, né nelle composizioni poetiche. Tutto porta a pensare che, al tempo del maggior favore, l 'adesione al catarismo, così come l' ingresso in un qualsivoglia ordine religioso, faceva sì che si uscisse dall'ambiente cortese. Così era stato per la viscontessa di Penne. I poeti di corte non componevano più, per le dame che si erano convertite, versi che queste non avrebbero più ricompensato, che fosse in danaro o in smancerie. Per quante occasioni possa aver dato di successi materiali o di promozione sociale, il mestiere di trovatore è rimasto pur sempre un mestiere. L'esempio di Montanhagol a tal riguardo è molto istruttivo. In uno dei suoi componimenti egli se la prende con gli inquisito­ ri. I quali hanno ragione nel combattere l'errore, ma hanno torto di predicare contro il lusso dei nobili e di confiscare i beni di quelli che sono stati coinvolti nell 'errore. «Essi proibisco­ no che in segno d'onore si facciano doni o si arrechi beneficio»'". È come dire che la nobiltà meridionale, impoverita o spossessata, non è più in grado di compensare i suoi autori di can­ zoni e i suoi giullari. 3. L'ARCHEOLOGIA Se si considera che ogni casa che avesse ospitato un perfetto o nella quale si fosse cele­ brato un conso/amentum avrebbe dovuto, di norma, essere rasa al suolo e trasformata in depo­ sito d' immondizia, e che i catari non ammettevano edifici di culto «costruiti da mano d'uo­ mm), le immagini sacre e la croce, non ci si può aspettare di scoprire tracce della loro tradi­ zione nell'arte.

I, p. 220; t. II, p. 4 I 7. " Registro di Goffredo d' Ablis (Ms. Latino 4269 della Biblioteca Nazionale di Parigi), " Ed. P.T. Ricketts, Les poésies de Guilhem de Montanhagol, op. cit., p. 43.

"' Registre de Jacques Fournier, op. ci t., t.

239

f. 1 9v.

3 . 1 . Montségur L'opinione che l' ar>60•

Un argomento archeologico: la costruzione è realizzata secondo un progetto che prevede delle linee spezzate. Alcune mura, così come le feritoie del mastio, sono allineate in dire­ zione delle posizioni assunte dal sole. La porta non è di tipo militare. Da elementi come questi l'autore ha dedotto che la ricostruzione aveva obbedito a criteri religiosi, che il progetto teneva conto di linee di orientamento in corrispondenza delle posi­ zioni del sole per esigenze di culto; che il culto solare sarebbe testimoniato dal fatto che tra la capitolazione e la resa fu concordata una tregua, il cui solo scopo sarebbe stato di consentire ai catari di celebrare un'ultima cerimonia equinoziale. Non è possibile consentire a tali vedute per diverse ragioni: La data della costruzione non è sicura. Raimondo di Péreille fa sapere che sua madre, Fournière di Mirepoix, perfetta, risiedette successivamente a Mirepoix, a Lavelanet, poi a Montségur, e ciò sempre «più di 40 anni fa»6' . Ma sua sorella Adalais ci dice: «Mia madre Foumière fu perfetta, lasciò il marito e andò a Lavelanet. Qui rimase a lungo come per­ fetta e, durante questo periodo, si recò a Mirepoix da Guglielmo Ruggero, mio padre, mi prelevò di nascosto e mi portò con lei a Lavelanet, dove mi accudl per un certo tempo e mi indusse con i suoi incitamenti e i suoi discorsi a ricevere il consolamentum dai perfetti. Fu allora che per le insistenze e gli ordini di mia madre ricevetti il consolamentum. E Raimondo di Mirepoix e gli altri perfetti mi consolarono e mi accolsero ... Ciò accadeva trentasei anni fa»61•

Nel 1 208, data più esatta di quella fornita da Raimondo di Péreille, Foumière non si è dun­ que ancora stabilita nel nuovo castello ed è molto dubbio che la differenza d'età tra fratello e sorella fosse tale da far sì che nel 1 204 Raimondo abbia potuto personalmente decidere quel­ la ricostruzione. Il ragionamento portato avanti dal Niel, secondo il quale nel 1 204 i catari non avevano bisogno di una fortezza, non è provato dai fatti. Né, d'altra parte, corrisponde al vero, poiché è del 1 203 l 'arrivo a Tolosa del vescovo Folco, cistercense determinato, e il legato, anch'egli cistercense, Pietro di Castelnau, il quale ottiene il giuramento del conte di Tolosa di scacciare gli eretici dalla sua terra. Ebbene, l'ultimo intervento dei cistercensi nel paese era già stato una piccola crociata, nel 1 1 80.

" L'ultima è Montségur, tempie et/or/eresse des cathares d 'occitanie, Grenoble, 1967. "' Ms. Doat, t. XXll, f. 2 1 7v. " Ms. Doat, t. XXll, f. 1 4 l r-v. 62 Ms. Doat, t. XXlV, f. 204r-205r. " Femand Niel sostiene il contrario, ma il lettore si può fare un'idea sulla base delle fotografie e della pian­ ta (p. l 00) inserite nel libro.

240

- Il fatto che tutte le fonti non facciano parola dell'esistenza di un culto o quanto meno di preoccupazioni di natura astronomica, e che, in particolare, ne tacciano i difensori interrogati dall' Inquisizione nei giorni che seguirono la resa, non lascia alcuno spazio all 'ipotesi. - Il progetto del castello si adegua alla configurazione del pianoro che si trova in cima, che la natura stessa ha orientato al l' incirca in direzione da est ad ovest63• - Le finestre del mastio, dagli architravi poggiati su sostegni in quarto di cerchio, e la porta sud, ad arco piano, appaiono chiaramente posteriori all'inizio del XIII secolo, e sono dovute ai restauri effettuati più tardi dai Lévis-Mirepoix64• - Quanto riferito dai difensori interrogati attesta la presenza di stecconati, di un barbaca­ ne, di strade, di abitazioni diverse (di cui una destinata alle prediche), di abitanti del luogo, il che esclude una pura e semplice identificazione tra il castrum del XIII secolo e l'attuale rovi­ na, troppo esigua per poter essere stata sede dei fatti riportati. In conclusione, l'ipotesi avanzata non è affatto accettabile61• 3 .2. I rifugi sotterranei e le grotte

È stato anche detto che i catari effettuassero dei ritiri rituali in grotte o sotterranei. In par­ ticolare sulle grotte dell'Alto Ariège (di Lombrives a Ussat, e d'Ornolac) sono sorte delle leg­ gende a cui hanno dato ampia diffusione prima lo storico romantico Napoléon Peyrat, e poi le guide turistiche. Per quanto non ci siano ragioni che le giustifichino, si può pensare che abbia­ no suscitato curiosità varie allusioni che troviamo nelle fonti contemporanee. Gli Statuti di Raimondo VII del 20 aprile 1233 ordinano la demolizione o l 'ostruzione «di ogni riparo sospetto e lontano dalle comuni dimore dei luoghi abitati, delle caverne fortifica­ te (spe/unce infortiate) e dei sotterranei (eluse/la) nei siti sospetti o denunciati»66• Analoghe disposizioni tornarono ad essere adottate nel Concilio di Narbona del 1 24667• Anche i rapporti tra i difensori di Montségur e le grotte fortificate del Sabartès non hanno mancato di risvegliare l'attenzione. Tempo prima, Ecberto aveva denunciato l 'esistenza di conventicole tenute dai catari «negli scantinati e nei laboratori di tessitura (cellariis et textri­ nis), nonché in abitazioni sotterranee di tal genere (huiusmodi subterraneis domibus)»68• Si possono subito togliere di mezzo le grotte fortificate. Gli inventari delle proprietà dei conti di Foix hanno mostrato che esse erano sotto la loro diretta dipendenza e non erano con­ siderate in modo diverso dai castelli o dalle costruzioni fortificate. I nobili che le possedeva­ no, fossero stati o no catari e avessero ospitato dei perfetti o meno, non erano altro che i signo­ ri dei castelli69• Le spoulgas non hanno mai ospitato stabilmente gruppi di perfetti; sono ser­ vite semplicemente di punti di sosta, al modo dei castelli o delle case di amici. Il cavaliere Ospedaliere Faure di Birac narra che nel 1 23 1 :

.. Il castello è segnalato come in un inventario del 1 5 3 1 e stimato in 30.000 lire, mentre nel medesimo documento si dice che il castello di Mirepoix >, dove i credenti del vicinato le portavano da mangiare: > della Bosnia-Erzegovina I l banato di Bosnia ha costituito, attraverso una serie di vicende poco conosciute, uno stato indipendente nell'epoca classica del catarismo occidentale, ed ha registrato nel XIV secolo un notevole sviluppo. Nella seconda metà del XV secolo, l 'infiltrazione e poi la conquista turche ne hanno fatto un paese musulmano. Le fonti latine, dal pontificato di Innocenzo III al Con­ cilio di Basilea, lo presentano come una terra di eresia tollerata se non dichiarata, con la quale una delle scuole catare d' Italia ha indubbiamente intrattenuto rapporti100• Le stocci (sing., steécak tomba) della Bosnia Erzegovina - segnalate per la prima volta dali'Itinerarium di Benedikt Kuripesic, nel 1 53 1 , scoperte quasi nello stesso tempo dal fran­ cescano Gaspard Vinjalic e dall'abate veneziano Alberto Forlis nel 1 775, studiate dall'egitto­ logo inglese John Gardener Wilkinson ( 1 848), da Arthur Evans ( 1 876), dall 'ufficiale austria­ co Eduard von Kahlig ( 1 895) - cominciarono ad essere inventariate in maniera sistematica da parte di Kosta Hormann ( 1 899). Ai giorni nostri diventano materia di ricerca scientifica da parte de li' équipe del Museo di Sarajevo ed alcuni esemplari sono stati esposti nelle capitali occidentali (Parigi, 1 95 1 , 1 97 1 ) 1 0 1 • =

•, Chronique, Introduzione, ed. J. Duvemoy, op. cit., p. 25. "' Ms. Doat, t. XXIV, f. 127v, 1 1 2v. Ms. 609 della Biblioteca di Tolosa, f. 99, l O l r, 1 02 . •, Ms. Doat, t. XXIV, f. 277. " Guglielmo Pelhisson, Chronique, ed. C. Douais, Les sources de l 'histoire de 1 '/nquisition dans le Midi de la France aux X/Ile et X/ Ve siècles, Parigi, 1 8 8 1 , p. 88. Si trattava di un donai, un laico amm esso dal capi­ tolo grazie ad un lascito, a tini esclusivamente funerari. 99 Croci di ferro battuto dell'Alto Ariège risalenti al massimo al XVII secolo, preslD!te catare per il solo motivo di essere gigliate; graffiti di caverne dove si può vedere un autografo di Enrico IV, ecc. 1 00 Cfr. infra, pp. 295 ss. 10 1 Sull'argomento nel suo complesso, cfr. O. Bihalji-Merin e A. Benac, L 'Art des Bogomiles, Parigi-Gre­ noble, 1 963; G. Wild, Bogumilen end Katharer in ihrer Symbolik, t. I, op. cit., pp. 3-39, 1 60- 1 70; M. Karleja, Les Bogomiles aux mains levées, in Courrier de I 'Unesco, maggio 1 97 1 ; F. Sanjek, Les «chrétiens bosniaques» et le mouvement cathare, in Revue de I 'Histoire des Religions, t. 1 82, 1 972, pp. 1 3 1 - 1 8 1 . E. de Vitray-Meye­ rovitch e D. Bogdanovic, Les Monuments funéraires de Bosnie sont-ils bogomiles?, in Archeologia, n. 76, novembre 1 974, pp. 20 ss.

247

Si possono stimare a circa l 0.000 i monumenti esistenti nelle necropoli già individuate e possiamo aspettarci nuove scoperte di zone interessate in quelle regioni montagnose a carat­ tere carsico o boscoso quasi deserte. Quei monumenti monolitici sono a forma di «casa)); infatti si presentano come un paral­ lelepipedo sormontato da un duplice spiovente. Massicci, più alti dell'uomo, arrivano a pesa­ re 30 tonnellate e sono accostati gli uni contro gli altri in necropoli che contano da l 00 monu­ menti fino a più di 900, in casi eccezionali. Nella Bosnia orientale esiste un gruppo di monumenti che hanno l'aspetto di stele piene a forma di pilastro e, nei dintorni di Travnik, a nord di Sarajevo, di discoidali. Il gruppo di necropoli più importanti si trova in Erzegovina, da Split (Spalato) a Dubrov­ nik (Ragusa) e distanti almeno 20 chilometri a volo d'uccello dall'Adriatico. Nella regione di Mostar il gruppo risale da una parte e dali 'altra della Neretva verso i crinali che separano il paese dalla Bosnia. Quest'ultima ha un gruppo nel nord-ovest nella regione di Glarnoc, un altro, nel nord-est, nella regione di Srebenica- Vlasenica, dislocazioni a nord di Sarajevo lungo la Bosna (regione di Visoko e di Zenica) e, ad ovest di Zenica, le dislocazioni di discoidali della regione di Travnik"'�. Tali sepolcri - chiaramente stranieri, perciò antecedenti alla civilizzazione turca, e privi di riscontro nella cultura bizantina o in quella slava - debbono il loro· interesse storico e archeo­ logico alla bellezza delle forme, alla posizione ed alla ricchezza dell 'ornamentazione. Essi sono stati ben presto attribuiti ai Bogomili 103• La tesi criticata prima dagli storici serbi, che vedevano in essa un tentativo della propaganda austro-ungarica per separare la Bosnia dalla tradizione ortodossa, è stata poi ripresa con vigore, soprattutto da Alessandro Soloviev'04• Agli studiosi iugoslavi di oggi tale opinione appare poco fondata, tenuto conto delle cospi­ cue scoperte recenti e dei risultati della loro attività scientifica. La forma della casa, l ' orna­ mentazione che rappresenta legname o tegole, fanno pensare ad una transizione dalla casa funeraria in legno posta sul sepolcro ad una costruzione in pietra. È possibile che nella deco­ razione, fatta di cerchi, di spirali, di rosette, d' intrecci di fogliame, di grappoli di vite, di scene di caccia o di danza, confluiscano tradizioni decorative popolari portate dagli slavi d'al di là dei Carpazi, insieme all 'imitazione di vestigia illiriche del Basso Impero. Comunque sia, i monumenti databili iniziano dalla fine del XIV secolo. Le iscrizioni riguardano personaggi vari, fra cui dei voivodi e due gost (ospiti, nel senso di «incaricati della vigilanza))), che si possono far corrispondere ai diaconi catari. I sepolcri di questi due digni­ tari sono stati scoperti, per il gost Milutin, a Humskom vicino a Foca, e, per il gost Mislene, a Pobovsu vicino a Zenica, nella Bosnia centrale. Le discoidali, posteriori all'epoca turca, sono debitrici a quest'ultima della loro forma L'iscri­ zione letta su una di esse permette di attribuirla ad un cristiano «romano))'"'. Di tali monumenti quello di miglior fattura è un sepolcro scoperto a Donja Zgosca vicino a Visoko (Bosnia centrale), oggi al Museo di Sarajevo. Considerato in precedenza come la tomba del bano Kulin, contemporaneo di Innocen-

'" Cfr. la mappa, sommaria, inclusa in O. Bihalji e A. Benac, 101

'04

pas,

L 'Art des B6gomiles,

op. cii.

Meglio sarebbe parlare di . Bogomilentum und Bogomilengraber in den sudslavischen Ldnder,

Monaco, 1 959, pp. 1 73 - 1 98; Les Bogomiles

letin de la Classe des Lettres et des Sciences mora/es et politiques,

(in lingue occidentali). '0' Cfr. G. Wild, Bogumilen zo n. 62); tavola 64.

in VO/ker und Kulturen Siidosteuro­ in Académie royale de Belgique, Bul­ serie V, t. XXV, Bruxelles, 1949, pp. 47-62

vénéraint-ils la croix

und Katharer in ihrer Symbolik,

248

?,

t. l, op. cit., p. 1 69 (testo) e p. 1 70 (schiz­

zo III, si ritiene più prudente vedervi quella di un bano della dinastia dei Kotromanic (con ini­ zio nel 1 290)106• Non è possibile accordare aprioristicamente una colorazione bogomila a tali monumenti. Il fatto che le steéci dei due gost non siano dotate di croci e che il gost Milutin si appoggi ad un bastone di monaco basiliano a forma di tau107 merita attenzione, ma è chiaro che l'origina­ lità dell'arte bosniaca è dovuta ad una tradizione etnica più che a circostanze di natura rel i­ giosa. Come per le discoidali, gli argomenti desunti dal simbolismo non sono persuasivi. In pre­

senza di sepolcri, parte dei quali appartiene a signori feudali come si desume dalle iscrizioni, occorre uno sforzo di fantasia per prendere le anni (archi e scudi), le scene di guerra, di tor­ nei o di caccia, come elementi di un simbolismo cristiano. Parimenti, le figure di uomini in atto di levare o aprire le due mani, o una di esse - che si trovino in Erzegovina o che si tratti del sarcofago scoperto a Lurs (Alpi provenzal i)108, ritenu­ to merovingico - non bastano da sole ad associare il catarismo ad un 'arte o ad una simbolica determinate.

106

Cfr. G. Wild,

Bogumilen und Katharer in ihrer Symbo/ik,

milska crkva bosanskih Krstijana, 107

t. l, op. cii., p. 1 7, n. 30. O.D. Mandié, Bogo­

Chicago, 1 962, p. l 02.

Cfr. M. Miletié, I "Krstijani" di Bosnia alla luce dei loro monumenti di pietra, in Orientalia christiana t. 149, Roma, 1 957, pp. 1 36 ss. e tav. VII, fig. a. A. Dondaine, Durand de Huesca, in Arch. Fratrum Praed. , t. XXIX, op. cii., pp. 275-276. 108 Cfr. R. Nelli, Le Musée du Catharisme, op. ci t., p. l 08, che cita F. Beno'it, Le sarcophage de Lurs en Pro­ vence, Situation dans l 'art géométrique barbare, in Cahiers archéologiques, t. X, Parigi, 1959, pp. 27-70. Que­ sto sarcofago viene frequentemente indicato col nome di sarcofago di Domazan (Gard), sede dell'attuale pro­ prietario. Lurs è l'ubicazione dell'abbazia di Ganagobie.

analecta,

249

Parte terza ORIGINI E PARALLELI

L'improvvisa comparsa dell'eresia nell'Europa occidentale all'alba dell'XI secolo, i suoi successi negli ambienti più in vista, hanno ben presto posto il problema di come definire la sua identità. Dal momento in cui ci si rese conto che essa non era la creazione di Wl nuovo eresiarca, come nei casi resi noti dalla tradizione patristica, si pose la questione della sua ori­ gine. Se San Bernardo, interrogato da Evervino, celò il suo imbarazzo sotto delle invettive, Ecberto si prese la briga di mettere a confronto le notizie da lui direttamente attinte con quel­ lo che Agostino aveva detto dei Manichei. Un' indagine più attenta, da parte dei cattolici ita­ liani del XIII secolo, riconobbe nei due indirizzi presenti nel loro paese l'origenismo e il tra­ ducianismo1 . In precedenza Durando di Huesca, sulla scorta di lsidoro di Siviglia, tracciava Wl reperto­ rio dei predecessori dei catari : Mani, Cerinto, Ebion, Marcione, Zerohen, Arfatax, Imeneo, Nicola, Ario2• In special modo vedeva in essi dei «moderni Manichei, Marcioniti e Catari»3• La soluzione più facile, che finì per prevalere, li faceva risalire a Mani (Anselmo di Ales­ sandria, Gui di Perpignano, Nicola Eymerich, ecc.). Il domenicano Ricchini, nella sua pregevole edizione della Somma di Moneta da Cremo­ na, fu il primo ad applicarsi seriamente al problema. Nelle sue considerazioni passa in rasse­ gna, su tutti i pWlti di dottrina messi in rilievo e combattuti dal suo confratello del XIII seco­ lo, i sostenitori dell' identico errore nella Chiesa antica. Ma, Wla volta stabilito il parallelo con i Bogomili a partire da Bossuet, le ricerche dove­ vano andare assumendo crescente esattezza. Le fonti greche permisero di risalire ai Paulicia­ ni, giWlgendo così al IX secolo. Il cammino da percorrere era, in effetti, meno agevole di quanto non sembrasse al principio e la ricerca dei nostri giorni è tuttora all'opera per proce­ dere su di esso. Hans Soderberg adottò un metodo diverso: accantonare la filiazione storica per applicarsi a individuare i temi che ne fossero all'origine•. La sua conclusione fu che il catarismo si col­ locava nel filone della tradizione gnostica. L'adozione di un pari metodo condusse Marcel Dando a cogliere in esso parecchi caratteri propri dell'origenismo1• Una ricerca di tal natura è ardua e, talora, porta a risultati di scarso rilievo. Non è di alcWl vantaggio registrare che Ecberto ha rinvenuto nei catari certi tratti che Agostino attribuiva ai Manichei d'Africa, se si ammette, da un lato, che Agostino era prevenuto o male informato e, dall'altro, che Ecberto non ha fatto che copiare Agostino. Se queste due premesse corrispon­ dono a verità, la discussione verterà su concetti di pura fantasia. Alla critica delle fonti, peraltro raramente possibile, deve accompagnarsi un'opera di cer­ nita. Una certa idea o un certo rito, che ci appaiono scostarsi dalla norma o che come tali ci sono stati indicati da uomini del XIII secolo, possono benissimo non essere eterodossi ed esse­ re appartenuti al patrimonio della Chiesa primitiva. Merito di Jean Guiraud è di avere, per primo, sottoposto in tal senso ad esame le formule rituali.

'Cfr. supra, p. l 03, n. 66. Contra Manicheos, ed. C. Thouzellier, Lovanio, 1964, pp.75-76.

2

3

/vi, p. 217.

• La Religion des Cathares. Etude sur le gnosticisme de la basse antiquité et du moyen-dge, Uppsala, 1949.

' Vedi op. cit. supra, p. 234, n. 35. Dello stesso autore: Les origines du catharisme, Parigi, 1967. 252

Si danno, altresì, detenninati elementi di origine neotestamentaria, la cui interpretazione letterale (alla quale si rifacevano Catari e Valdesi) non è stata accolta come valida dalla Chie­ sa di Roma. Sarà ben difficile distinguere se si tratta della trasmissione di un'antica esegesi o di una preoccupazione di riforma e di ritorno alle origini da parte de ll 'eresia, pe r esempio per quanto riguarda l 'esclusione del batte simo di bambini e il rifiuto de l giuramento. La ricerca de lle origini re sta, dunque, problematica. Si deve navigare tra due scogli: -ridurre tutto al confronto con le antiche eresie, e allora si arriverà alla conclusione, come ha fatto Ricchini, che il catarismo ha fatto proprie tutte le eresie che sono state enumerate; - eliminare quello che era stato considerato ortodosso prima di Nicea, di Agostino o di Girolamo, quello che una certa tendenza esegetica può trovare nella Scrittura e que llo che i polemisti o gli inquisitori hanno potuto pre stare ai loro avversari ricalcando l'eresiologia dei Padri, e allora si rimarrà con niente in mano6•

6 Si può trovare una rapida, ma eccellente visione sintetica della moderna letteratura relativa all'origine del­ l'eresia medievale nell'articolo di Jeffrey Russel, Interpretations ofthe Origins of Medieval Heresy, in Medie­ val Studies, t. 25 (1963). 253

Capitolo I : I NOMI DEL CATARISMO

Occorre anzitutto passare in rassegna i termini con i quali i catari hanno definito se stessi o sono stati designati. Essi sono numerosi e contribuiscono ben poco a mettere in luce le ori­ gini del catarismo, così dal punto di vista storico come sul piano delle idee. l . I NOMI RIVENDICAT I 1 . 1 . Poveri di Cristo Questa espressione, che compare nelle dichiarazioni registrate da Evervino a Colonia («dicono di se stessi: "Noi, poveri di Cristo, senza dimora fissa, che fuggiamo di città in città come agnelli in mezzo ai lupi, subiamo persecuzione come gli apostoli ed i martiri")) )1 non è entrata nella tradizione e non è più rinvenibile in seguito, riferita ai catari. 1 .2. Cristiani

È così che vengono precisamente definiti coloro che hanno ricevuto il battesimo, ed even­ tualmente il consolamentum. Basta, a confermarlo, notare che è il nome impiegato dai Ritua­ li (Lione e Firenze) e che Raniero Sacconi, che usciva dalle loro file, asseriva: «Gli altri, che non sono insigniti di dignità (ordinibus}, vengono chiamati cristiani e cristiane))2• L'uso del termine è comprovato nella maggior parte dei casi dalla formula del me/ioramentum e lo si trova nell'ambito dei credenti fino al principio del XIV secolo: 11• All'incirca nel 1 273, un rappresentante della Chiesa catara, che faceva propaganda a Tolosa, disse che «gli amici di Dio, che la Chiesa romana perseguita, si sobbarcano a grandi fatiche, fanno grandi penitenze e conducono una vita di austerità»'1• Ritroviamo la medesima espressione nel XIV secolo. Una donna di Montaillou, parlando dei perfetti, li chiama «i buoni uomini, i santi, gli onesti (probi viri), gli amici di Dio, i signo­ ri»ll. Un altro abitante di Montaillou dice che chiamano se stessi «buoni uomini, buoni cri­ stiani e amici di Dio»14• L'espressione in questione, tutto sommato poco comune, ha un carattere consacrato e non si può fare a meno di vedervi il corrispondente o la traduzione del termine «bogomilo», che designò fin dall'origine i dualisti di Bulgaria e che i Bizantini mantennero, in associazione ad altri vocaboli, quando il movimento si diffuse nell'lmpero. ll trattato di Cosma, prete bulgaro che scri­ ve alla fine del X secolo, fa discendere i settari da lui descritti «da un prete chiamato Bogomil (= degno della misericordia di Dio), ma in verità indegno della misericordia di Dio»15• Se è vero che la radice mi/ unita al prefisso po comporta un' idea di grazia o di misericordia (cfr. Kyrie eleison Gospodi pomiloul), essa comporta anche, presa isolatamente, un'idea di benevolenza e d'amore, ed è probabile che «amici di Dio» renda correttamente il senso dell'e-­ spressione slavone16• Ma l' interpretazione di Cosma fa intendere che il termine va preso nel significato passivo: l'atteggiamento da parte di Dio, del quale il soggetto è il beneficiario. Si tratta perciò del biblico 61• A questo versetto ricorre anche, nel sinodo del 1 1 1 2, il vescovo Bruno di Treviri per pro­ nunciare la sentenza di condanna degli eretici; fa enunciare dai chierici «la sentenza del Signore»: «Poiché non dà ascolto alla Chiesa, sia per te come un pagano e un pubblicano». Dopo di che la folla si affretta a procedere all'esecuzione62• Un 'ulteriore prova de li' etimologia scritturate abbiamo n eli' espressione deonarii seu poplicani della Storia di Vézelay (per il 1 1 67), in cui da Du Cange in poi si è d'accordo nel vedere una scorretta trascrizione di telonarii, «esattori»63• Il termine, quindi, non deriva da ((pauliciano». Gli storici della prima Crociata si sono effettivamente imbattuti in certi gruppi sociali ai quali hanno dato lo stesso nome di pubbli­ cani. Descrivendo l'esercito degl'infedeli, che paragonano alle cavallette, essi segnalano la presenza ((di Persiani, di Pubblicani, di Medi, di Siriaci, di Caldei, di Saraceni, di Agareni, di Arabi e di Turchi11, e i crociati trovano vicino ad Antiochia un «fortino di Pubblicani» (castel­ lum publicanorumt'. Ma

è

chiaro che si tratta di pagani, designati probabilmente come pauliciani dalle guide

greche. Quando si ha a che fare con eretici, lo si dice, come avviene per la Pelagonia6l.

È tuttavia probabile che si giunse ad associare i due termini, sicché non si può dire con certezza se Villehardouin pensasse ai pubblicani oppure ai pauliciani quando, a proposito degli abitanti di Filippopoli, scriveva che estoient popelican"". 2.5. Tessitori Ancora secondo Ecberto, ().

Se in San Bernardo il termine allude semplicemente ad un'occupazione, per il suo ston o­ grafo vale come designazione ben precisa: «dei tessitori, che chiamano Ariani))69•

2.6. A lbigesi Questo termine, che è stato di norma sino alla fine del XIX secolo in Francia e pure in Europa, rientra anch'esso nel vocabolario dei paesi d'oil, come attestato da Guglielmo di Puy­ laurens: >, contrariamente alla defmizione data nel Dizionario.

" Antiquités, XVIII. l. (ed. Feldmann, Loeb Classica/ Library, Londra-Cambridge, 1965, pp. 20-21): «quelli dei Daci che sono detti i (Ple)isti». Tutti i manoscritti hanno ltÀri>".

[IV. 1 .2.] «Il Fi glio e lo Spirito Santo non ci sono stati fino a l 5500. Essi si sono fusi nuovamente ne l Padre, donde provenivano, e dal 5 5 33 egli è ritornato ad essere una sola persona, incorporea, ma di aspetto umano>> (Zigabeno)'8.

[IV. l .3.] «Cristo è venuto dal cielo, è disceso nell'orecchio destro della Vergine, si è rivestito di una carne che sembrava fatta di materia e simile al corpo umano (in realtà immateriale e divina), è uscito da dove era entrato senza che la Vergine si accorgesse né del suo ingresso né della sua uscita, ma trovandolo semp licemente coricato e in fasce nella grotta. Egli esegui e fece ogni cosa che si suole fare con il '1

A. Vai llant-H.C. Puech , Le traité contre /es Bogomiles de Cosmas le Pretre, op. cii., pp. 81-82.

.. lvi, p. 345.

" J .P. Migne, Patrologia Graeca, t. 1 30, c. 1 317 . .. Mss. di Vienna e deli'Escuriale, pubblicati per la prima volta da T. Uspenskij, Sinodik v nedelju provos­ lavija, Odessa, 1 89 3, poi da J. Gouillard, Le synodikon de / "Orthodoxie, in 7ravarcc et Mémoires du Centre de recherche d'histoire et civilisation de Bysance, t. 2, Parigi 1967, p. 61. L'accostamento a Apocalisse, 3, 14, non era stato ammesso dal Puech (Le traité contre /es Bogomiles de Cosmas le Pretre, op. cit., p. 139). Esso fu fatto notare a H. Grégoire da Prosper Alfaric a proposito dell'iscrizione di Laodicea di Pisidia (H. Grégoire, Un nom mystique du Christ dans une inscription de Pisidie, in Byzantion, t. II 8, 1925 (Vaduz, 1964), p. 45 2). Per J. Guillard, in Travaux et Mémoires, op. cit., t. 4, Parigi, 1 970, p. 1 89, non si tratterebbe dei Bogomili, ma di una corrente pauliciana. In effetti, l'autore ne fornisce il testo sul Manoscritto Coislinensis 213, in data del 1 027 ( Travaux et Mémoires, t. 4, Parigi, 1970, p. 187). 41 J .P. Migne, Patrologia Graeca, t. 130, c. 1 302. H. Grégoire, Un nom mystique du Christ dans une inscrip­ tion de Pisidie, op. cit., p. 45 1 , ha segnalato un'iscrizione (C.I.G. Add. IV, 9595 a) che ha il medesimo acco­ stamento ad Isaia, 9, 6. " J.P. Migne, PatrologiJJ Graeca, t. 1 30, c. 1294. ,

272

corpo, impartì l'insegnamento che si legge nei Vangeli, ma solo in apparenza fu soggetto alle pas­ sioni umane, fu crocifisso, mori e risuscitò. Ponendo fine alla fmzione e svelando il mistero (OpCÌj.la) col deporre la maschera, confuse l'apostata e lo imprigionò nel Tartaro, legato con una grande e pesante catena, e gli tolse dal nome il suffisso -el, caratteristico degli angeli. Sicché lui, che si chia­ mava Satanael, fini con l'essere chiamato Satana. Portata a termine la missione affidatagli, risali al Padre, si sedette alla sua destra sul trono dal quale Satanael era stato scacciato. Poi rientrò là donde era uscito e si fuse nuovamente nel Padre, nel cui seno era racchiuso da principio» (Zigabeno)".

[IV. l . S.] Per Cosma, Cristo non ha compiuto miracoli materiali: >.

Così dice Cosma69• Eutimio Zigabeno non fa menzione del vino: «Si astengono dalla carne, dal formaggio, dalle uova e dal matrimonio»70• Abbiamo già riscontrato come, secon­ do le sue fonti d ' informazione, tali comportamenti siano impuri al pari di quelli autorizzati dalla legge mosaica71•

[II. 1 .3 . ] Sul «digiuno prolungato», cui accennava Eutimio della Peribleptos, lo Zigabeno precisa: «Digiunano il lunedì, il mercoledì e il venerdì di ogni settimana, fmo all'ora nona»72• II.3 . 1 -3 .2 . ] «Pregando, dicono: "Padre Nostro che se i in cielo"; «Pregano, chiudendosi in casa, quattro volte di giorno e quattro volte di notte»; «Digiunare, prosternarsi e darsi al lavoro manuale nel giorno della risurrezione del Signore» (Cosma)73•

Abbiamo visto che per Eutimio della Peribleptos essi pregano sette volte di giorno e sette volte la notte e che la loro preghiera comprende gl i Adoremus del rituale cataro74• Per Eutimio Zigabeno: «Chiamano preghiera soltanto quella che il Signore ha dato nel Vangelo, il Pater noster. La recitano sette volte di giorno e sette volte la notte . La dicono tutte le volte che si dedicano alla preghiera, alcu­ ni dieci volte, accompagnata a genuflessioni, altri quindici volte, altri ancora di più o di menm>".

6'

J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 1 30, c. 1 3 12. J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 1 3 1 , c. 56: Kat 'tflç Ul't (Cosma)80.

[III.4.2.] «La comunione non è stata istituita per volontà di Dio e l'eucaristia non è realmente il corpo di Cri­ sto come voi (gli ortodossi) pretendete, ma è un semplice alimento, come tutti gli altri. Infatti non è stato Cristo ad istituire la messa>>. «Quelle parole (del/ 'istituzione della Cena) vanno riferite ai quat­ tro Vangeli e agli Atti degli Apostoli e non alla santa comunione)) (Cosma)" . «Chiamano pane della comunione la preghiera del Pater noster. Viene detto, infatti, "pane sopraso­ stanziale". Parimenti il calice della comunione è l'Alleanza della quale parla il Vangelo.

È

detto:

"Questo calice è la nuova Alleanza")) (Luca, 22,2 0). Nell 'aver parte all'uno e all 'altro consiste la Cena mistica)) (Zigabeno)".

[V. l .] Ali 'arcano, ed al rinnegamento in caso di persecuzione o di arresto, veniva, come abbiamo visto, data giustificazione in base a due logia. Eutimio della Peribleptos ne aggiun­ ge un altro: «Simulate ogni cosa)) (mv'ta U1t01CplVEcr9E)83• L'arcano viene evidentemente giu­ stificato con Matteo, 7,6 (Zigabeno). " J.P. M igne, Patrologia Graeca, t. 1 30, c. 1 325. 77 Ed. G. Ficker, Die Phundagiagiten, op. cit., p. 38. " A . Vaillant-H.C. Puech, Le traité contre /es Bogomiles de Cosma le Prétre, op. cit., p. 86. 79 /vi, pp. 57, 84, 85. "' /vi, p. 90. " lvi, pp. 6 1 -62. " J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 1 30, c. 1 31 3. " Ed. G. Ficker, Die Phundagiagiten, op. cit., p. 26.

276

Il comportamento adottato è attestato a partire da Cosma: «Nel caso che si chieda loro: "È cosi che voi agite e parlate?", lo negano, e dichiarano sotto giura­ mento: Noi non siamo quelli che credete. E ci mettono tanta detenninazione nel rinnegare le loro pra­ tiche e le loro preghiere da far pensare che non ci sia niente di riprovevole in loro»,..

[11. 1 .3.] «Se uno avesse ucciso il figlio del re con un pe:zzo d i legno, forse che quel legno potrebbe esser caro al re ?>>. «Fanno a pezzi le croci e se ne fanno utensili>> (Cosma)". «Hanno in spregio la sacra croce in quanto ha ucciso il Salvatore>> (Zigabeno) .. .

«Se qualcuno avesse fatto morire tuo padre impiccandolo ad un albero, tu onoreresti e adoreresti quell' albero? Certo che no!>> (Germano II)". «Quelli che venerano le immagini sono paragonabili ai Greci pagani» (Cosma)81• «Non celebrano nessuna delle feste del S ignore e nessuna commemorazione dei santi martiri e dei santi Padri>> (Cosma)89• «Non sono gli apostoli che ci hanno trasmesso la liturgia, né la comunione, ma Giovanni Crisosto­ mO>> (Cosma)"'.

[II. l .S.] «Se voi (gli ortodossi) foste santificati come pretendete, perché non vivete come v i è stato prescrit­ to di vivere? ... I preti fanno tutto il contrario: si ubriacano, rubano, hanno altri vizi nascosti, e non c'è nessuno che impedisca loro di condursi tanto male>> (Cosma)91•

[VII.2. 1 .] Tra le calunnie, accanto ai soliti luoghi comuni: adorazione del diavolo, sabba rituale, inclusi incesti e sacrifici urnani92, troviamo un riscontro dell'abrenunciatio al battesi­ mo rinfacciata ai catari: «Coprono di sputi quelli che essi iniziano ... Li sottopongono ad un lavacro con spugne impregnate di acqua sporca, dalla testa ai piedi e dai piedi alla testa>> («Confutatio et eversim>,

che si richiama a

Eutimia della Perib/eptos)93•

[VII.3 .2.] Gli storici contemporanei dei paesi d' Oriente insistono con forza sul carattere rivoluzionario del bogomilismo. Tale propensione si basa su fonti effettive d'informazione, fra cui principalmente il passo di Cosma citato prima••. Altre fonti dicono ben poco sulla que­ stione. Bisogna procedere con molto discernimento per quel che riguarda l'origine sociale dell'eresia9S, quanto meno al di fuori di Bisanzio, e riconoscere che non disponiamo di ele­ menti diretti e circostanziati relativi alla condotta di vita, al di là dell'ambito strettamente religioso. '"' A. Vaillant-H.C. Puech, Le traité contre /es Bogomi/es de Cosmas le Pretre, p. 84. " lvi, pp. 58-59.

16 J.P. Mignc:, Patrologia Graeca, t. 1 30, c. 1 3 1 2 . 11 J.P. Migne, Patrologia Graeca, t . 140, c . 632. a A. Vaillant-H.C. Puc:ch, Le traité contre /es Bogomi/es de Cosmas le Pretre, p. 7 1 . 19 lvi, p . 84. "' lvi, p. 63. 91 lvi, p. 65. 92 M iche le Psello, De operatione daemonum, in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 122, cc. 828-833. 93 J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 1 3 1 , c. 46. 94 Supra, n. 78 . •, Cfr. A. Vail lant- H.C. Puech, Le Traité contre /es Bogomiles de Cosmas le Prétre, op. cit., p. 166.

277

Va comunque messa da parte un'interpretazione su cui spesso ritorna il traduttore di Cosma, il Vaillant, che sembra lecito considerare inesatta: «Loro stessi gli (al diavolo) hanno dato il nome di Mammona . . . definiscono servi di Mammona gl i uomini che si sposano e che vivono nel mondo. . . inoltre respingono il santo battesimo e provano avversione per i bambini piccoli che si portano a battezzare . . . li evitano con repulsione inventando­ si per essi sempre nomi nuovi, da rozzi ignoranti quali sono: li chiamano "figli di Mammona", e rite­ nendo di dirli "figl i del diavolo" li defmiscono "figli di ricchi". Infatti Mammona è la ricchezza ... >> ...

Il significato è evidente: l'accostamento tra Mammona e la ricchezza spetta a Cosma e non ai Bogomili. L'interpretazione del Vaillant non regge: «Rifiuto di obbedire alla classe dominante, rifiuto di lavorare per i ricchi. Aggiungiamo da parte nostra: rifiuto di generare dei figli per loro. Procreare dei bambini, vuoi dire consegnarli a Mammo­ na: fame dei "figli di ricchi", e una tale maldestra espressione sta chiaramente a significare servi della classe dei ricchi» 97•

Una cosa è certa: Cosma scrive in un paese devastato dalla guerra, dopo aver visto la Chie­ sa autocefala bulgara soppressa, dopo aver conosciuto in larga misura le imprese di Basilio Il, il «Bulgaroctonio)). Onde ben valutare le parole dello Slavo occorrerebbe sapere se l' impera­ tore è lo zar bulgaro oppure il basileus di Costantinopoli, se i ricchi sono gli antichi boiardi oppure i conquistatori bizantini, se Cosma è un prete della Chiesa bulgara oppure quello che noi chiameremmo un > n°.

Raniero aggiunge di essere appartenuto alla setta per anno meno, si può situare tra il 1 2 1 5 e il 1 2401 3I.

1 7 anni, un periodo che, anno più

• L a rubrica finale dell'lnterrogatio /ohannis Al termine di questo apocri fo si leggono, nelle fonti esistenti132, le seguenti indicazioni: «Questo è (Manoscritto di Dole: "qui ha fme") il segreto degli eretici di Concorezzo, portato dalla Bulgaria al loro vescovo Nazario e pieno di errori)). Tale frase figura anche, nel suo inci­ pit e nel suo explicit, nell'opera di Anselmo di Alessandriam. L'indicazione concernente la Bulgaria è: «Questo è il segreto degli eretici di Concorezzo, portato dalla Bulgaria e pieno di errori, nonché di pessimo latino)). È invalso l'uso di aggiungere a prima di Nazario: > e ((Concorricii vero dicunf)) 146• Solamente alla fine di quest'ultima trattazione fa menzione degli Sciavi, per far loro affermare, d'altronde, quel che il Dondaine ha riconosciuto come un erro­ re147. Nella chiusa del suo libro, invece, compare nel medesimo paragrafo a tre riprese un'apostrofe solenne: ((O A lbanenses, o Concorricii et o Bagnolenses!)), inesplicabile per il lettore, che fino a quel momento non ha mai inteso parlare di Bagno/enses e che sino alla fine del libro non ritrova più gli sc/avi148• Sembra proprio, perciò, che lo schema A, B, C rappresenti soltanto un primo assaggio nell'ambito di quella famiglia di documenti, oppure anche che abbiamo a che fare con uno schema A, C, nel quale l'elemento B sia stato interpolato in maniera poco accorta. Tra le fonti autentiche va citato il Liber de duobus principiis, opera o rifacimento del­ l' opera del vescovo albanista Giovanni di Lugio. Egli se la prende con durezza con la scuola avversaria dei Garatenses (seguaci di Garatto, vescovo di Concorezzo, tesi C), ma ignora, a quanto sembra, il partito B'4". In Raniero Sacconi ( 1 250), invece, lo schema A, B, C trova decisa conferma e va a costi­ tuire il preambolo della Somma:

'" /vi, p. 23 3. ''� Liber supra Stella, ed. l. von Dllllinger, Beitriige, t. Il, op. cit., p. 52; ed. Barino da Milano, in Aevum, 1 9, op. cit., p. 323. , .. Ed. C. Douais, Lo Somme des authorités, op. cit., p. 1 1 4. '" Ed. A. Dondaine, Lo hiérarchie cathare en Ita/ie, t. l, op. cit., pp. 298-305. 1 46 Liber supra Stella, ed. l. von OOilinger, Beitriige, t. Il, op. cit., pp. 58-60. '" /vi, p. 6 1 . Ed. A. Dondaine, Lo hiérarchie cathare en Italie, t I, op. cit., p. 303. '41 È probabile che la redazione originaria avesse tennine dopo la trattazione dedicata ai Valdesi: « ...Eccle­ siam romanam>> (Ed. l. von Dollinger, Beitrlige, t. II, op. cit., p. 65). Quanto segue è molto confuso. 149 Ed. A. Dondaine, Le Liber de duobus principiis, op. cit., p. 64. 286

«Bisogna anzitutto sapere che la setta dei catari si divide in tre partiti o sette principali: la prima è quella degli

Albanen5es,

la seconda è quella dei

Concorrenses,

la terza è quella dei Baiolemes, e si

trovano tutte in Lombardia» '"'.

Raniero ci dice che tutte le Chiese catare, che enumera in 1 6, traggono origine dalle due Chiese di Bulgaria e di Dragovitza. Riferisce dei rapporti tra il vescovo di Concorezzo Naza­ rio e la gerarchia bulgara. Ma anche lui è riservato sulla dottrina B: «Le Chiese di Bagnolo concordano con i catari di Concorezzo quasi su tutto, salvo per il fatto di sostenere che le anime furono create da Dio prima della creazione del mondo e che fu allora che esse peccarono. Credono ugualmente con Nazario che la santa Vergine fu un angelo . . . Nessuna Chiesa catara è interamente d ' accordo con quella di Concorezzo . ..

I provenzali (Tolosa, Albi, Carcassona)

condividono gli errori di Belesinanza e degli antichi Albanisti. .. La Chiesa di Francia è d 'accordo con quella di Bagnolo»" ' .

Accanto a questo schema delle diverse posizioni in Lombardia, l'Italia presenta vari docu­ menti, caratterizzati dal fatto di descrivere la dottrina catara sotto un 'unica forma o, comun­ que, di non attribuire alle differenze di opinione alcun effetto suli 'unità della setta. Il primo di questi documenti, il più antico, è la Manifestatio, attribuita ad un cataro mila­ nese, Buonaccorso, che si può datare all'incirca nel 1 1 90152• Per lui l'unica differenza tra i catari è che alcuni dicono che Dio ha creato gli elementi ed altri no. Dicono che: «il diavolo ha fatto Adamo dal fango della terra e vi ha incorporato a forza un angelo di luce, poi ha fatto Eva, con la quale si è congiunto, e da qui

è nato Caino ... Cristo non ha fatto alcunché come

uomo, ma soltanto in apparenza»' ".

La redazione, lunga e di epoca tarda, del documento include un elemento topico: «credono che Maria, madre di nostro Signore Gesù Cristo, sia nata da una donna soltanto e non da un uomo» 'S4.

Detto elemento lo troviamo solamente nella Somma attribuita per errore al francescano Giacomo Capelli (de Capellis) 1 55, per il quale esso è proprio ai catari più dotti. Tale Somma propone anche il testo presente in Moneta, dove quest'ultimo precisa le opinioni degli slavi sull'angelo Maria156• Ma per la Somma sono soltanto alcuni dei loro dottori, quidam ex ere­ siarchis eorum, a sostenerlo157• Insomma, essa presenta i diversi errori attribuiti ad A, B, C, ma disordinatamente, intro­ dotti da «alii, a/ii autem. . . )), «dicunt quidam. . . )). Teme di non riuscire a venire a capo della questione: «Non possiamo affermare nulla con certezza per quanto concerne l 'animazione e il soffio vitale del corpo d'Adamo, perché in proposito fra di essi tanti sono i miti

(jabulationes) quanti sono gli

eretici».

'"' lvi, p. 70. '" lvi, p. 77. 112

La si può esaminare nella versione breve del Ms. Latino I 4927 della Biblioteca Nazionale di Parigi, edita da R. Manselli, Per la storia del/ 'eresia nel secolo XII, in Bullettino del/ 'Istituto Storico Italiano per il Medio

Evo,

n. 67, Roma, 1 955, pp. 206 ss. "' lvi, pp. 206-209. '"' lvi, p. 209. "' Summa contra haereticos, ed.

D. Bazzocchi, L 'eresia catara, op. cit.; ed. I. von Dtlllinger, Beitriige, t. Il, op. cit. "' Moneta, Adversus Catharos et Valdenses, op. cit., p. 233. "' Lettura scorretta nell'edizione di I. von Dtlllinger, Beitriige, t. Il, op. cit., p. 277.

287

Una ragione può vedersi nella dissimulazione osservata dai catari. Vi sono alcuni che cre­ dono alla preesistenza delle anime: «essi condividono la credenza, ma senza professarla in pubblico (la metempsicosi) . .. >>I S8 . Uno dei passi utilizzati da Moneta riveste particolare importanza, in quanto concerne la Visione d'Isaia, nota ai Bogomili:

Giacomo de Cape/lis16()

Moneta1 59

«Alcuni di loro aggiungono anche che tutti i profeti sono condannati, eccetto Isaia. Hanno infatti un libriccino nel quale è scritto che lo spirito d'Isaia, rapito fuori del corpo, fu condotto fino al settimo cielo e che là vide e intese certi segreti. Tale libro, essendo pieno di siffatte fantasie, è da loro adottato con ardo­ re. Penso che detta Scrittura sia lDl apocrifo, rifiutato in passato dalla fede cattolica, che hanno conservato presso di loro fmo ad ora)).

«Quelli che pongono due principi dicono che i profeti furono buoni. Ma in passato li condannavano tutti eccetto Isaia. Dicono di possedere un suo libriccino, nel quale è scritto che lo spirito d'Isaia, rapito fuori del corpo, fu condotto fino al settimo cielo e che là vide e intese certi segreti, di cui fanno gran conto».

Come si vede, dinanzi a passaggi nei quali Giacomo Capelli (de Capellis) riportava le opi­ nioni di «alcuni» catari, Moneta ha creduto bene di introdurre delle precisazioni, come «gli Slavi» oppure «Quelli che pongono due principi», strutturando in sistema ciò che la fonte avanzava solo con cautela. Tra gli scrittori italiani che illustrano l 'unicità del punto di vista conviene ricordare prima di tutto la Somma attribuita a Prevostino di Cremona 161, poiché, insieme con gli autori rap­ presentativi dello schema A, B, C, ha come particolarità di designare gli eretici con il termine di catari. Si tratta di coloro che dicono che Dio ha creato soltanto le cose invisibili e immate­ riali, mentre il diavolo ha creato quelle visibili e materiali. Vi sono due principi, quello buono e quello malvagio, due nature, la buona e la malvagia162• L'opera indica una sola variante nelle opinioni dei catari: ve ne sono alcuni che, pur ammettendo insieme agli altri che Gesù non ha avuto un'anima umana, precisano che in lui è stata la divinità a tenere luogo dell'anima163• Sappiamo da altra fonte che questa era l'opinione di Nazario, il vescovo di Concorezzo in rap­ porti con la Bulgaria164• Caratteristica propria agli altri documenti italiani in nostro possesso è di designare i cata­ ri esclusivamente, o principalmente, con il termine di patarini. Il primo in ordine di tempo è una confessione di fiorentini convertiti, del 1 229. Vi sono due principi (luce e tenebre). Sedotti dal principio malvagio, Lucifero ed i suoi angeli caddero. Un angelo buono mandato in terra fu incorporato a forza da Lucifero nel corpo d'Adamo. Cristo 1"

Summa contra haereticos, ed. l. von D!lllinger, op. cit., pp. 274, 277. "' Moneta, Adversus Catharos et Valdenses, op. cit., p. 2 1 8. Moneta e il Francescano recano diveni fram­ menti identici. Basta menerli a confronto per rendersi conto che Giacomo Capelli (de Capellis) non ha ripro­ dotto Moneta, ma, al contrario, è Moneta che lo ha copiato, oppure che essi hanno disposto di una fonte comu­ ne, più contenuta, della quale abbiamo in Giacomo la testimonianza più fedele. 1 60 Summa contra haereticos, ed. l. von D!lllinger, Beitrage, t. II, op. cit., p. 276. 1 6 1 Ed . J.N. Garvin e J.A. Corbett, The Summa contra haereticos ascribed to Praepositirrus o/Cremona, op. cit. "' lvi, p. 4. 1 6' lvi, p. 64. 1 .. Anselmo d'Alessandria, De hereticis, ed. A. Dondaine, La hiérarchie cathare en ltalie, t. Il, op. cit., p. 3 1 1 . 288

discese dal cielo con 1 44.000 angeli, dopo aver preso dati elementi celesti dalla Vergine'6�. Uno dei due convertiti che fecero la confessione dichiarò di non aver mai inteso parlare di parecchi di quegli argomenti 166• Un'altra confessione di catari fiorentini è presentata dal frammento in cui rientra la Mani­ festatio de Bonaccursi nel Manoscritto Latino 1 4927 della Biblioteca Nazionale di Parigi. Essa contiene soltanto elementi comuni a tutte le scuole catare, eccettuato il dato secondo cui Caino è figlio di Eva e del diavolo'67• Il domenicano Pietro da Verona, assassinato nel 1252, sarebbe l' autore di un trattato ben documentato nel quale i catari sono chiamati patarini e che si limita a segnalare le divergen­ ze tra di loro con le semplici parole «gli uni» . . . «gli altri», ecc. Uno dei pregi maggiori dell'opera è quello di aver sottolineato la distinzione tra un parti­ to origenista, che credeva alla preesistenza delle anime, ed un partito traducianista, evidente erede di Lucifero di Cagliari'68• La Disputatio inter catholicum et paterinum del laico Giorgio, ali 'incirca nel 1240- 1 250, è un'opera del tutto omogenea; secondo Giorgio, origenismo e traducianismo vengono pre­ sentati come credenze collegate tra loro all'interno un'unica dottrina catara. Da un lato, il diavolo, che altri non è se non l ' «economo infedele», creatura che godeva al principio della fiducia di Dio, ha fatto due corpi umani che non è riuscito ad animare (e ciò per la durata di 30 anni), nei quali Dio ha posto le anime di Adamo ed Eva raccomandando loro di non addonnentarsi; da esse provengono le anime dei patriarchi che finora non hanno potuto ottenere salvezza. Dali' altro lato, l 'opera aggiunge: «Per modo che tutti gli spiriti cadu­ ti entrano in diversi corpi ... e le anime degli uomini altro non sono che gli spiriti caduti»169• Secondo l' autore detti patarini credono che Caino sia figlio di Eva e del diavolo. Di quanti siano i princìpi egli non dice. Tuttavia riporta l'argomentazione catara: «Giovanni dice: "Senza di lui niente è stato fatto", vale a dire le cose che passano, che non sono niente» 1 70• Per lui, infine, Maria è un angelo. Bisogna ricordare, per concludere, il frammento II della Brevis summula, dichiarazione di un albanista che ha fatto propria la dottrina di Giovanni di Bergamo (di Lugio) e che mette in evidenza il proprio origenismo, l'accettazione dei libri sapienziali e profetici, l 'eternità della materia171• Se ci si soffenna a considerare tale posizione, si dovrà ancora una volta riconoscere che è in Lombardia, dove viene adoperato il tennine di «catari>>, che la tripartizione A, B, C si trova asserita in modo indubbio. Da parte degli scrittori che adoperano il tennine «patarini» l 'ele­ mento B spesso è mancante e la suddivisione meno dichiarata. Alla metà del XIII secolo A e C hanno subito un'evoluzione, A nel senso del radicalismo metafisico, C, al contrario, in un graduale ritorno al cattolicesimo (Giovanni di Lugio e Desiderio). Nel 1 24 1 Moneta preferi­ sce ancora parlare di Bulgari e di Slavi più che di C e di B. Quanto a quest'ultimo partito, esso ,., Archivi di Stato di Firenze, Fondo di Santa Maria Novella, ed. J. Guiraud, Histoire de 1"/nquisition au moyen-tige, t. Il, op. cit., pp. 456-457. 1 66 Histoire de l "Jnquisition, op. cit., p. 457: Dixit tamen dictus Petrus quod de multis capitulis que in dieta carta continentur, nichil ab aliquo intellexit. ' " De confessione hereticorum, ed. A. Dondaine, Durand de Huesca et /a polémique anti-cathare, in Archi­ vum Fratrum Praedicatorum, t. XXIV, Roma, 1 959, pp. 272-273. "' Quorum primum errorem traxisse videntur ab O"igine (sic) qui dixit animas simul a principio mundi esse creatas; alium vero deduxerunt ab antiqua heresi Luciferianorum qui dixerunt animas e traduce proveni­ re. Ed. T. Kaeppeli, Une Somme contre /es hérétiques de saint Pie"e martyr, in Archivum Fratrum Praedica­ torum, t. 1 7 , 1 947, p. 327. , .. Ed. Martène e Durand, Thesaurus novus anedoctorum, t. V, op. cit., c. 1 720. 170 Thesaurus novus anedoctorum, op. cit., c. 1 706. '" Ed. C. Douais, La Somme des autorités, op. cit., pp. 1 1 5- 1 2 1 .

289

è assai poco conosciuto e nei suoi confronti la distinzione in base all'unicità o alla dualità di princìpi è del tutto inappropriata. La inadeguatezza e la confusione tra le posizioni A, B, C vengono alla luce attraverso gli elementi topici. Il topico «Maria è un angelo)) è attribuito a Nazario da Raniero Sacconi, quale elemento ripreso dalla Chiesa di Bulgaria. Però è una caratteristica del partito B. Se ne dovrebbe dedur­ re che il partito C, costantemente fedele alla Chiesa bulgara aveva dimenticato la sua dottrina nel 1 1 90, mentre il partito B, in relazione con la «Siavonilm, l 'avrebbe mantenuta. Altro elemento topico è l'esegesi di Giovanni, 1 ,3, «senza di lui il niente è stato fatto)). La quale appartiene ad Albanus (?) forse caposcuola del partito A secondo l' intenzione di Salvo Burci, ma altresì al patarino con il quale discute Giorgio. Tuttavia i critici convengono nel rin­ tracciare nell'opera di quest'ultimo la dottrina B. Nondimeno, la stessa opera di Giorgio illustra la caduta con la parabola dell'economo infedele proprio come Moneta quando descrive il partito A. Questa parabola non viene utiliz­ zata da «quelli che pongono soltanto un principio)) (C), i quali utilizzano, invece, Luca, l O, 30 (il buon Sarnaritano) e Matteo, 1 8,23 ss. Orbene, se quest'ultima parabola è utilizzata nel1'/nterrogatio Johannis, adottata dal partito C, vi troviamo anche quella dell'economo infe­ dele172. La questione, d'altronde, è di scarso rilievo; quest'ultima parabola è, come si è visto, esplicitamente attribuita da Cosma ai Bogomili. Insomma, i polemisti cattolici italiani non sono riusciti a dar conto in maniera convenien­ te delle dottrine catare con l'adottare una suddivisione basata sul punto dell'unicità o della dualità di princìpi, la quale era appropriata se riferita alle posizioni estreme dei partiti A e C La verità è che gli scismi italiani sono stati originati da questioni personali e che soltanto il partito C, la scuola di Concorezzo, costituisce propriamente una dissidenza: ((Nessuna Chie­ sa concorda con essa in nessun puntO>) m.

1 .4.3. Le fonti non italiane - Cronologia La prima testimonianza è quella di Evervino, il quale, nella sua lettera a San Bernardo di Citeaux, informa della scoperta di eretici a Colonia nel 1 143 : «Coloro che hanno fatto ritorno alla Chiesa ci hanno detto che essi hanno una gran quantità di segua­ ci diffusa su quasi tutta la terra. Quelli che sono stati arsi sul rogo ci hanno detto a propria difesa che quella eresia era rimasta nascosta fino ai nostri tempi dall'epoca dei martiri e che si era conservata in Grecia e in qualche altro paese»"'.

Abbiamo ricordato la dichiarazione di Niceta secondo cui nel 1 1 67 le Chiese catare ((Sono in pace tra di lorO)). L'esistenza di un disaccordo viene menzionata negli scritti del valdese convertito nel 1 207 Durando di Huesca. Nel Contra Manicheos egli afferma: «l catari sono in disaccordo tra di loro e si condannano vicendevolmente, come noi stessi e moltis­ sima parte della popolazione, tanto chierici quanto laici, abbiamo potuto constatare e sentirlo aper­ tamente da loro nelle diocesi di Carcassona, di Tolosa e di Albi. Inoltre, i manichei greci sono in con­ trasto con i Bulgari e gli uni e gli altri sono in contrasto con i Dragovitziani»171•

Altrove egli dice: "' Quantum bebes domino tuo? ... Patientiam habe in me. '" Raniero Sacconi, Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, Le Liber de duobus principiis, op. cit., p. 77. '" J.P. Migne, Patrologia Latina, t. 1 82, c. 679. '" Ed. C. Thouzellier, Une somme anticathare. le Liber contra manicheos de Durand de Huesca, Lovanio, 1 964, pp. 2 1 0-2 1 1 .

290

«Essi sono divisi in tre partiti e ciascuno giudica e condanna l 'altro. Alcuni obbediscono agli eretici greci, altri ai Bulgari, altri ancora ai Dragovitziani»'".

Ci troviamo di fronte a due affennazioni che vanno considerate separatamente. Nella prima, la più degna di fiducia, Durando parla della sua esperienza personale. Bisogna inten­ dere che ognuna delle Chiese della Linguadoca è separata dalle altre, oppure che entro l'am­ bito comune delle tre Chiese i catari sono in disaccordo? La prima interpretazione - come si potrà vedere nella nostra Histoire des cathares è smentita dai fatti. Come si desume dalle esplicite infonnazioni fomite dalle procedure del­ l' Inquisizione, nelle zone di confine tra le diocesi i fedeli appaiono in relazione indifferente­ mente con i predicatori di questa o di quella. Non v'è scisma tra le diocesi e il disaccordo che Durando dice di aver constatato non può riguardare che dissensi personali oppure, più raramente, di dottrina, entro un ambito omoge­ neo. Ne conosciamo un solo caso, il Concilio di Mirepoix (Ariège), che, all' incirca nel 1 206, riunì 600 perfetti al fine, a detta del testimone, di «trovare una soluzione ad una questione sorta tra gli eretici»177• Va ricordato che Raniero Sacconi, che ha eretto in sistema la distinzione tripartita del cata­ rismo, presenta i «Provenzali)) come uniti in uno stesso partito. Ora, catari meridionali e cata­ ri di Francia (che secondo lui dovrebbero appartenere ai due distinti partiti A e B) sono uniti e vivono insieme, che si tratti del canonico di Nevers Guglielmo, riparato a Servian (Hérault) nel 1 206 circa, o del vescovo del Tolosano, residente a Sinnione in Italia nel 1 272 con il vescovo di Francia e quello della Lombardia (partito A), i quali procedono congiuntamente a delle ordinazioni1". -

1 .4.4. Le fonti non italiane - La dogmatica Nella loro grande generalità le fonti non italiane espongono solo un' unica teologia. Evervino di Steinfeld, nel 1 145 circa, Ecberto di Schonau (Bonn e Colonia, nel 1 1 63 circa), il Liber antiheresis di Durando di Huesca (Linguadoca), composto assai prima della conver­ sione, ed il suo Contra Manicheos ( 1 1 8 5 circa), Alano di Lilla (Montpellier, 1 1 90- 1 200 circa), Eberardo di Béthune (Fiandra) prima del 1 2 12, Ennenegaudo (Linguadoca) nel 1 200 circa, Luca, vescovo di Tuy in Spagna, che narra della sua giovinezza a Léon ( 1 220 circa), riferisco­ no tutti di un'unica dogmatica. È il medesimo catarismo che viene professato in Gennania (di cui le fonti italiane tacciono, benché Sacconi sia contemporaneo delle deplorevoli gesta del­ l'inquisitore Corrado di Marburgo), presso i Francesi, i meridionali e gli Spagnoli. Se ci si dovesse fennare all'unicità o alla dualità di princìpi, troveremmo che quasi tutti questi autori asseriscono che i catari credono all'esistenza di due dèi179, o addirittura il ricor­ so all'espressione «due princìpi)) desunta da Sant 'Agostino180• In effetti, risulta che i catari in questione posseggono un corpo di dottrina ben definito, in tutto confennato dalle infonnazioni dirette fomite dall' Inquisizione: "' Une somme anticathare, op . cit., pp. 1 38- 1 39

1 77 Deposizione del cavaliere Pietro Guglielmo d'Arvigna (Ariège) del l 8 ottobre 1 246, Ms. Doat, t. 24, ff. 240v-24 1 r. "' Raniero Sacconi, Summa de Catharis, ed. A. Dondaine, Le Liber de duobus principiis, op . cit., p. 77. Pietro di Vaux-de-Cemay, Historia Albigensis, ed. Guébin e Lyon, t. l, Parigi, 1 926, pp. 46-47. Ms. Doat, t. 25, f. 1 45v; t. 26, f. 1 5v. '"' Duos enim deos esse dicunt (Ennenegaudo). Heretici dicunt duos deos �sse (Eberardo). Quod duo dii e:cisterent (Tolosa, l I 78, lettera del cardinale legato Pietro di Saint-Chrysogone, in J.P. Migne, Patrologia Lati­ na, t. 204, c. 239). Duosfateri deos (Luca di Tuy). 1 10 Già nel 1 1 77, lettera di Raimondo V, conte di Tol osa, in Gervaso di Canterbury, Rerum britannicarum medii aevi scriptores, t. 73. 1 , Londra, 1 879, p. 270. Pietro di Saint-Chrysog01;e, op. cit.. p. 1 20. Alano di Lilla, De fide catholica, in J.P. Migne, Patrologia Latina, t. 2 1 0, cc. 309-3 1 1 , ecc.

29 1

- Identificano la creazione malvagia al nulla, nell'interpretare Giovanni, 1 ,3, come fa il «patarino)) con il quale discuteva il laico Giorgio o il presunto Albanus 111 • - Sono origenisti : le anime degli uomini sono spiriti celesti caduti per istigazione del dia­ volo, tutti preesistenti alla creazione dell'uomo182• Tale opinione è in effetti condivisa dai Bogomili (o i patarini) della Bosnia, come attestato dalle fonti italiane, che parlano di Slavo­ ni o del partito B. Gli elenchi di errori, molto tarde, di detti patarini ne danno conferrna183• - Si hanno due narrazioni della creazione dell'uomo. In una, tipicamente origeniana, il diavolo ha fatto per gli spiriti caduti involontariamente sulla terra delle (>, vale a dire dei corpi (Genesi, 3,2 l )'s-�. Nell'altra, il diavolo ha fatto il corpo dell'uomo di fango e, con modalità che variano, in esso è stato imprigionato uno spirito oppure un angelo, facendo sì che quel corpo fino ad allora inerte si animasse 185• Questa seconda narrazione è assai importante perché simile a quella di Eutimio Zigabeno attribuita ai Bogomili bizantini all 'inizio dell 'XI secolo, la quale, come abbiamo visto, è altret­ tanto grossolana. Se ne potrebbe dedurre che vi fosse realmente una duplicità di dottrina, basata su una duplicità di miti, per cui la creazione-fango sarebbe stata attinta ai Bogomili moderati o bulgari, mentra la creazione-tuniche di pelle sarebbe stata propria di un partito ((dragovitziano)). Ma sarebbe un errore. I due miti vengono professati nelle medesime cerchie e li troviamo anche, insegnati uno subito dopo l'altro, sulla bocca del medesimo predicatore cataro'16• Il fatto è che abbiamo qui due narrazioni del Genesi, che riportano miti appartenenti a redattori e ad epoche diverse, e che i catari, da esegeti scrupolosi, si sono creduti in debito di utilizzare entrambi, come aveva già fatto prima di loro, senza deviare dall'ortodossia giudeo­ cristiana, Filone di Alessandria187• Questi catari occidentali sono doceti188, pensano che Cristo ha un nome diverso da Gesù (Giovanni e non Michele come nel caso dei Bogomili bizantini)119 e che, unito al Padre prima della redenzione, tornerà a riunirsi a lui alla fine dei tempi, opinioni esplicitamente testimo­ niate da Eutimio Zigabeno1 90• - Maria e Giovanni Evangelista sono angeli 1 9 1 , ma Maria è anche una figura simbolica che

111

Traité anonyme, ed. C. Thouzellier, Un traité cathare inédit, op. cit., pp. 2 1 6-2 1 7. Alano di Lilla, De fide catholica, in J.P. Migne, Patrologia Latino, t. 2 1 O, c. 3 1 2. C. Douais, Documents, Il, op. ci t., pp. 92, I l i . Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. Il, p. 2 1 8. Ms. Doat, t. 34, f. 95v ( 1 30 1 ). "' Ecbeno, Sermones contra catharos, in J.P. Migne, PatrologiD Latina, t. 1 95, c. 96. Traité anonyme, ed. C.Thouzellier, Un traité cathare inédit, op. cit., pp 286-306. Alano di Lilla, De fide catholica, in J.P. Migne, Patrologia Latino, t. 21 O, c. 3 1 2. C. Douais, Documents, Il, op. cit., p. 1 1 7. Una tolosana nel 1 273, M s. Doat, t. 25, f. 43r. Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. II, p. 2 1 8. Ms. Doat, t. 34, f. 95v ( 1 301). "' Manoscritto del Fondo Nani, Venezia, ed. l. von Dtlllinger, Beitrtige, op. cit., t. l, pp. 242 ss. Confes­ sion de trois patarins du 14 mai /461, ed. N. Lopez e V. Proaiio Gil, Juan de Torquemada, O. P , Symbolum pro informatione manicheorum (El bogomilismo en Bosnia), Burgos, 1 958. Deposizione di Giacomo Bech, di Chieri ( 1 3 87), ed. l. von Dtlllinger, Beitriige, op. ci t., t. Il, pp. 265 ss. 1" Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. Il, pp. 35, 407-408,489-490; t. III, pp. 1 3 1 , 2 1 9-220. Traité anonyme, ed. C. Thouzellier, Un traité cathare inédit, op. cit., p. 257. 18' Ms. Doat, t. 22, f. 32r ( 1 244); ivi, t. 25, f. 39r (Tolosa, 1 273); ivi, t. 25, f. 59r (1 272). Stefano di Borbone, ed. A. Lecoy de la Marche, Anacdotes historiques d 'Etienne de Bourbon, op. cit., p. 294. 186 Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. Il, p. 408; t. III, p.223; t. I, p. 228. 111 De opificio mundi, ed. Arnaldez, Pouillou e Montdésen, Parigi, 1 96 1 , pp. 2 3 1 ss. 1 " Opinione certificata dalla generalità dei polemisti cattolici da Ecbeno fmo a Giacomo Foumier. Cfr. supra, pp. 77-79. 189 Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. II, p. 53. L'idea proviene dalla V'JSione d 'Isaia: ((Cristo, che sarà chiamato Gesù>> (ed. E. Tisserant, Ascension d'/sai'e, Parigi, 1909, p. 1 93 per la versione etiopica, p. 223 per il testo greco). 1 90 Registre de Jacques Foumier, op. cit., t. Il, p. 489; t. III, p. 2 1 7. 292

sta ad indicare la Chiesa universale degli spiriti buoni192; idee che corrispondono a quelle bogomile (o > (red) ricorda il medesimo titolo portato dai vescovi catari. I l fatto che i tre personaggi sono presentati qui come succedutisi l'un l'altro ricorda pure il passaggio del titolo episcopale al Figlio maggiore e poi al Figlio minore. Lo staretz Radin, al quale era destinato I'Evangeliario, era senza alcun dubbio un dignitario patarino. '" Arch. Secr. Varie. , Reg. Vat. 5, f. 103v, ed. O. Mandié, bogomilslco crkva bosanskih Krstjana, op. cit., pp. 435-436; /ac-simi/e, p. 454: J.P. Migne, Patrologia Latina, t. 2 1 5, cc. 1 53- 1 55. '" Cfr. O. Mandié, Bogomilslco crkva bosanskih Krstjana, op. cit., pp. 90-94. '" Ed. L. Stojanovié, Jedan prilog k poznavanju bosanskh bogumila. (Un contributo alla conoscenza dei Bogomili di Bosnia), in Starine Jugoslavenske alcodemije - znan. l umjet. V Zagrebu, t. l 8, Zagabria, l 886, pp. 230-232. O. Mandié, Bogomilslco crkva bosanskih Krstjana, op. cit., pp. 91 -92 (La nostra traduzione si basa sulla restituzione del testo di O. Mandié, p. 93).

296

Abbiamo dunque due elenchi ((episcopali» patarini, uno dei quali anteriore ad un perso­ naggio importante e venerato, che ha dovuto cessare nei primi decenni del XIII secolo, dato che i numeri da 1 3 a 1 5 vivevano nel 1 203; l'altro che ha meritato di essere distinto, per il fatto che con il suo numero l , Rastudoe, ha avuto inizio una situazione nuova. Aleksandr Soloviev ha stabilito nel modo più convincente che si tratta del greco Rastudij (Aristodios), cittadino di Zara, originario dell 'Apulia, orefice e letterato, citato neii'His toria Salonitana dell'arcidiacono Tommasom. Il medesimo Rastudij, d'altronde, risulta colpito da anatema in tre esemplari del Sinodico dell 'Ortodossia serba, quelli di Plevlja, di Deca e di Zagabria, che sono espressamente diretti contro i Bogomili. Tali testi, che si rifanno ad una formula bizantina del IX secolo, si sono venuti accrescen­ do per sedimentazione nel corso dei secoli. Le tre formule serbe sono di epoca posteriore, pro­ babilmente della fine del XIII secolo almeno. L'elenco degli eretici di Bosnia e di Erzegovi­ na varia a seconda della provenienza: Plevlja

Rastudij Radomir Orafi lo Tolko Tvr'do§

gost Radin

Dei:a

Zagreb

Belizmen'c Rastudij

Belizmen'c Rastudij

Draiilo Rastima gost

Orafilo

Tvordoi (pop) Dobrko

Tvrdo§ Dobrko Radosim Rastima gost pop Drug Tvrdko pop Braten Hote§'".

Tvrtko pop Braten

Il confronto induce a ritenere che l 'elenco di Plevlja abbia ricevuto delle aggiunte in un momento successivo, come del resto è nella natura di documenti siffatti. Si può, perciò, sup­ porre che il fatto che Belizmen'c si trovi menzionato sugli elenchi di Deca e di Zagabria non pregiudichi la priorità per Rastudij. L'identificazione di quel nome con quello dell'eresiarca italiano della scuola albani sta, Belesinanza, fatta notare da Kniewald e Soloviev215, può dun­ que essere ammessa, ma non il suo posto nella gerarchia bosniaca. Potrebbe trattarsi di una menzione di epoca posteriore ed erronea, di origine puramente libresca. Quel che è sicuro è che per la Chiesa serba il ((bogomilismo» ha inizio in Bosnia con Rastudij. Secondo quanto riferisce Tommaso, egli sarebbe stato soltanto un predicatore: "' A. Soloviev, Vjersko uéenje bosanske crkve, Zagabria, 1 948; La doctrine de / 'Eglise de Bosnie, in Aca­ démie royale de Belgique, Bul/etin de la classe de Letlres . , 5° Ser., t. 34 ( 1 948), pp. 48 1 -534; Autour des Bogo­ miles, in Bysantion, t. 22 ( 1 952), Bruxelles, 1 953, pp. 8 1 . 1 04. L' Historia è stata editata da F. Racki, Monumento S/avorum Meridionalium, t. 26, Zagabria, 1 894, p. 80, il passo riguardante Aristodius ripreso da O. Mandié, Bogomilslca crkva Bosanskih Krstjana, op. ci t., p. 1 1 8. '" Testi riprodotti da O. Mandié, Bogomilslca crkva bosanskih Krstjana, op. cit., pp. 40-4 1 e A. Soloviev, Autour des Bogomiles, in Bysantion, op. cit., pp. 82 ss. "' Cfr. A. Soloviev, Autour des Bogomi/es, in Bysantion, op. cit., pp. 92-93. O. Mandié, Bogomi/slca crkva bosanskih Krstjana, op. cit., p. 58. .

297

.

«C'erano a quel tempo due fratelli, figli di Zorobabel, che si chiamavano l'uno Matteo e l'altro Ari­ stodius. Per parte di padre provenivano dall'Apulia, ma fm dal l'infanzia erano diventati cittadini di Zara. Essi erano in re lazione specia lmente con la Bosnia, poiché erano bravi pittori, abbastanza esperti nei lavori di o reficeria. Avevano buona conoscenza delle lettere latine e slave. Ma erano tanto immersi, sotto l'ispirazione del diavolo, nell'eresia che non so lamente vi aderivano ciecamente, ma la predicavano anche, con la loro bocca scellerata))216•

Si sarà notato che per i successori di Rastudij nelle scomuniche serbe non vi è alcun nome in comune con l'elenco deii'Evangeliario di Batalo. Quest'ultima fonte merita senza dubbio di essere privilegiata, essendo più diretta e meno sospetta di tendenza all'imitazione o d'ignoran­ za. Ma di fronte a tante perplessità non è possibile arrivare a conclusioni troppo sicure. Rastudij ha indubbiamente, all'inizio del XIII secolo, preso la guida dei «cristiani)) di Bosnia in una situazione che ha fatto di lui, ad un tempo, un capo venerato ed un innovatore. Tali «cristiani)) già esistevano prima di lui e l'elenco dei predecessori di Rastudij viene ad essere autenticato dai nomi dei tre dignitari conosciuti dal legato d'Innocenzo III. O.D. Mandié ha proceduto ad un calcolo attendibile della durata media dell'ufficio dei t:ijed bosniaci, che gli ha permesso di situare il primo, Geremia (Eremis), all'incirca nell'anno l 000217• Egli ha anche fatto notare che i primi nomi Geremia e Lazzaro (Azarija) sono dei nomi ebrei, come erano di moda nella Macedonia bulgara alla fine del X secolo, mentre, inve­ ce, il terzo nome dell'elenco, Kuklec, è croato. Non arriva al punto di identificare detto Gere­ mia con il pope Geremia, presunto autore di apocrifi, noto attraverso l'Indice di Pogodin218• Si può fare l'ipotesi di una Chiesa bogomila, con origine dalla Macedonia al principio del­ l'Xl secolo, i cui dignitari tenessero, nel 1 200 circa, sotto l'influenza di avvenimenti politici, un atteggiamento ambiguo nei confronti del papato, ma che si sarebbe indirizzata definitivamente verso l'indipendenza per impulso di Aristodius nel 1230 circa. Ma non se ne può trarre conclu­ sione alcuna riguardo all'origine del catarismo occidentale. Anche se è quasi certo che Beliz­ men'c e Belesmanza siano lo stesso nome, e, quand'anche le fonti serbe fossero degne di fede, esse starebbero ad indicare un'origine italiana della Chiesa bosniaca e non l'inverso. 2.2. La dogmatica La prima fonte, a contrario, è la regola di Bilino Polje del 1 203. Il maestro (magister) Dragié ed i suoi condiscepoli s'impegnano ad accettare quel che prima respingevano: gli alta­ ri, la croce, la lettura dell'Antico Testamento, la messa, la confessione e la penitenza, i cimi­ teri, la comunione, i digiuni cattolici, le festività. Essi prenderanno ormai il nome di Fratelli in luogo di ((Cristiani)); uomini e donne saranno separati nei conventi, dove le persone coniu­ gate saranno ammesse solo con il consenso dell'altro coniuge. Questo è tutto2 19• Abbiamo visto, per la prima metà del XIII secolo, quali fossero gli accenni fatti da parte dei polemisti lombardi agli Slavi, identificati con la Chiesa di Bagnolo.

'" Ed. O. Mandié, Bogomilska crkva bosanskih Krstjana, op. cit., p. 1 1 8. Egli si basa su una durata media di 1 4 anni (Bogomilska crkva bosanskih Krstjana, op. cit., p. 1 27). Si può anche fare un calcolo che vada dal 1203, data in cui Dragié (n" 13 del primo elenco) è capo dei > (f. 223, l. 1 6- 1 9). Reitzenstein aveva avvia­ to un confronto, poiché dà inizio a proposito deli ' Interrogatio ad un discorso del tutto fuori posto sull'ottavo giorno. Egli non poteva ignorare il Manoscritto della Marciana, indicato da Thilo e da Schmidt. Evidentemen­ te ha rinunciato a teneme conto (Die Vorgeschichte der christlichen Taufe, op. ci t., p. 3 1 4) . Vi sono, invece, ele­ menti positivi nelle indagini dello studioso tedesco: l'aggiunta di KaÌ. mJpl a Giovanni, 1 3 ,4, che nell ' lnterro­ gatio è ben riconoscibile (Die Vorgeschichte, op. cit., p. 304), è presente in certi testi; il tema dell'uomo di tren­ t'anni e della pietra gettata nell'abisso compare in un'Apocalisse apocrifa di Giovann i , purtroppo non databile (citato da Reitzenstein, Die Vorgeschichte, op. cit., p. 294). 13 A. Vaillant, Le livre des secrets d'Hénoch, Parigi, 1 952. 14 Etfacta estfacies eius sicutferrum calefactum, R. Reitzenstein, Die Vorgeschichte, op. cit., p. 299. 1' A. Vaillant, Le livre des secrets d'Hénoch, op. cit., p. 39. 16 Le livre, op. cit., p. 1 9; R. Reitzenstein, Die Vorgegeschichte, op. cit., p. 299. 1 1 Henoch ministrum suum, et elevcniit Henoch super firmamentum . . . , R. Reitzenstein, Die Vorgeschichte, op. cit., p. 299. ' 1 Apocryphes bogomiles et apocryphes pseudo-bogomiles, in Revue de I 'Histoire des Religions, t. 1 38 ( 1 950), pp. 22-52, 1 76-2 18. •• Per il giudaismo, cfr. il De Deo di Filone, in cui l'Essere ineffabile è affiancato da due potenze, Dio crea­ tore (theos) e Signore (Kurios) giusto e incaricato di punire. M. Harl, Cosmologie grecque et représentations juives dans l 'oeuvre de Philon d 'A iexandrie, in Colloques nationaux du Centre national de la Recherche scien-

308

Secondo lo schema dei catari «moderati», dei Bulgari, dell'lnterrogatio, uno di questi per­ sonaggi è stato incaricato del Male per sette millenni, in conseguenza della sua ribellione. Secondo lo schema «radicale», una parte della creazione di Dio è «caduta» nel nulla. In ter­ mini algebrici, siamo ancora in un vero e proprio monismo. Di fatto, tale nulla ha una sua forte obiettivazione. Ma il punto è che questi due schemi, che appaiono contraddittori, appartengono alla mede­ sima religione. Tali variazioni in tema di antologia non sono in fondo che virtuosismi esege­ tici e, in qualche singolo caso, come per Giovanni di Lugio, delle esercitazioni scolastiche. L'unità di dottrina si realizza sul piano della cosmologia, della creazione. Non è Dio l'au­ tore diretto dell'universo sensibile. Teologia del Principio buono [11. 1 . 1 .]

Le proprietà della sussistenza, della verità e dell'immutabilità del Dio per eccellenza, in opposizione all'ambito delle cose che cadono sotto i sensi, sono chiaramente presenti presso tutti i pensatori dell'antichità che hanno subito l'influenza del platonismo. Valga, come esempio, trattandosi di esegesi neotestamentaria, l'opinione espressa da Ori­ gene nel Commento a San Giovanni: 20

Parimenti, Gregorio di Nissa dirà: «Nessuna delle cose che cadono sono i sensi ha reale sussistenza, tranne l' Essere trascendente dal quale tutto l 'universo dipende . . . L'essere autenticamente reale è quello che è immutabile. .. »".

L'idea che Dio è essenzialmente bontà (Deus-bonitas dei catari) viene espressa anche da Origene, per il quale lo stesso Figlio non possiede che «l'immagine» della suprema bontà22• Teologia del Principio malvagio [11. 1 .2.]

La sua triplice caratteristica: di essere malvagio, di essere il demiurgo e di essere il dio de ll' Antico Testamento, consente di accantonare molte sbrigative identificazioni. A tali carat­ teristiche il sistema manicheo non risponde affatto, e già Agostino ne era consapevolen. Veniva venduto al porto di Cartagine un libro anonimo. Qualcuno lo leggeva e la folla si accalcava per ascoltarlo «con una curiosità ed un piacere malsano». Il libro in questione fUJue (Lione, I l - 1 5 septembre 1 966), Parigi, 1 967, p. 1 9 3 . Per la Cabala, cfr. S. Shahar, Le catharisme et le début de la Cabale, op. cit. Nell 'Omelie Clementine: «Dio ha diviso due regni ed ha stabilito due epoche. Ha deciso di dare al Malvagio il mondo attuale perché è piccolo e passa presto ed ha promesso di attribuire al Buono il mondo futuro perché è grande ed eternO>> (trad . A. Siouville, Parigi 1 933, p. 365). Tema che si ritro­ va neli' lnterrogatio Johannis. 20 Ed. e trad. C. Blanc (Sources chrétiennes, n. 1 20, Parigi, 1 966, p. 1 42; cfr. p. 1 1 4, n. 2). 21 J'ita di Mosè, in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 44, c. 333, citato da J. Daniélou, Platonisme et théo­ logie mystique, Essai sur la doctrine spirituelle de saint Grégoire de Nysse, Parigi, 1 944, p. 35. 22 De Principiis, ed. Koetschau, Lipsia, 1 9 1 3 , p. 47, seguendo Girolamo, Ep. ad Avitum, in J.P. Migne, Patrologia Latina, t. 22, c. l 060. " Contra adversarium Legis et Prophetarum: «l manichei, benché non accettino il libro del Genesi e impre­ chino contro di esso, ammettono che sia stato un dio buono che ha creato il mondo, anche se operando su una sostanza, di una natura estranea». Ed. dei Benedettini, t. VIIJ, c. 849.

309

((malediceva il dio creatore del mondo)) e i brani che Agostino riferisce sono dello stesso teno­ re delle ((antitesi)) di Marcione24, del Simone delle Omelie Clementinll5, dei Manichei26 o dei nostri catari. Agostino lo attribuisce ad un Marcionita o ((a qualcuno di qualche setta meno nota ai cristiani))27• In realtà, dalle citazioni risulta - e Agostino lo dice nelle sue Ritrattazionf8 che per il libro d'autore ignoto il dio dell'A ntico Testamento era ((il peggiore dei diavoli)) (pessimus dae­ mon) e questa è una qualifica che conviene assai poco al Dio giusto di Marcione. Bisogna considerare che nessuna eresia dell'antichità ci ha consegnato un elenco cosi esauriente di ((antitesi)) tra Vecchio Testamento e Nuovo Testamento come i catari e che nes­ suno di quegli elenchi vi somiglia in modo tanto caratteristico da giustificare una filiazione. L'idea può essere venuta loro da una qualsivoglia scuola dualista e il resto lo ha fatto la loro ermeneutica, con l'aiuto del quarto Vangelo. I nomi dati al personaggio malefico, Satanael-Samael per i Bogomili descritti dai Bizan­ tinF9, o Lucibel, non sono riconducibili ad una tradizione ereticale. Il primo è proprio del giudaismo ortodosso. Il secondo ad un costume letterario occiden­ tale di origine incerta. Se si trova associato al catarismo presso Raul di Coggeshall e Gugliel­ mo di NangisJ0, adoperato a titolo peraltro eccezionale dai catari o dai beghini della Lingua­ docaJ', si trova anche testimoniato in opere non eterodosse: Roman d 'A iexandre, Floir et Bla­ cheflor, Le Deguerpissement de corps, la Prise de Pampelune, la Vìolette, ecc. (Luciabel, Lus­ sabiax, ecc.) arrivando fino all'epoca di Marot; in Spagna fino al XIX secolo (Zorrilla) (Luz­ bel), e infine al Portogallo (Lusbel)n. La qualità di figlio, o di cherubino, desunta da Ezechiele, 28, 1 2 (caduta del re di Tiro), la missione di governare il mondo, sono idee generiche, che si trovano già in Taziano, Tertulliano, Lattanzio, Gregorio di Nissa, San Gregorion. -

·

L 'anima parte di Dio [IL 1 .3.]

Il paragone con i raggi del sole ha un precedente in Filone, ma è da lui riferito propria­ mente ai due serafinP•. Nella sua lettera pasquale del 402, tradotta da Gerolamo, Teofilo fa dire ad Origene che le

'' Cfr. A. Hamack, Marcion, Darrnstadt, 1 960, pp. 74 ss. " Trad. A. Siouville, Parigi, 1 933, pp. 334 ss. " Agostino, Contra Adimantum: Acta A /"Che/ai, ecc. " Contra adversarium Legis et Prophetarum, op. cit., t. VIII, c. 849. " Contra adversarium, op. cit., cc. 847-848. " Cfr. A.Vaillant-H.C. Puech, Le traité contre les Bogomiles de Cosmas le Prétre, op. cit., p. 189, n. 3, che ritiene probabile l'imprestito all'Ascensione d 'Isaia. Ma si può anche ipotizzare il Libro di Enoc, come pure il contesto del primo cristianesimo slavo. 10 Citati da A. Borst, Die Katharer, op. cit., p. 1 52, n. 3 . " Lucifer qui ante, dum erat in celo, Lucibel vocabatur: deposizione del pastore Giovanni Maury· (inizi del XIV secolo, Registre de Jacques Fournier, op. cit., t. II, pp. 492-5 1 0). Deposizione del 1 244, Castelsar­ rasin, Ms. Doat, t. XXII, f. 1 2v. Sui beghini (Montpellier, inizi del XIV secolo) Ms. Doat, t. XXVII, lf. 58v, 59r, 62v. " Cfr. Godefroy, Lexique, ed altri dizionari. " Taziano, Discorso ai Greci, ed. H.C. Puech, p. 1 1 7. Tertulliano e Lattanzio citati da J.Turmel, Histoi­ re du diable, Parigi, 1 93 1 , pp. 1 4- 1 5 . Gregorio di N issa, Grande catechesi, in J.P. Migne, Patrologia Grae­ ca, t. 45, c. 28. S. Gregorio, citato da J. Turmel, Histoire du diable, op. cit. ,. Citato da C. Bigg, The Christian Platonist of Alexandria (The Bampton Lecrures), ried. Oxford, 1 967, p. 39.

310

anime avranno la stessa natura di Dio31, in quanto il rapporto dell'anima a Cristo (((all'imma­ gine») è come quello di Cristo a Dio36• Il Niente [11. 1 .4.2.]

L'identificazione della materia e del male col niente è un luogo comune che Origene prima attribuisce a determinati interpreti, e che in seguito fa suo, nel Commento a San Giovanni37• Nei Commenti ai Salmi stabilisce una relazione tra il grado di bontà e quello di essere38• Questo concetto fu adottato da Gregorio di Nissa, per il quale il peccato è stato ((annichi­ lamento» (ÉI;ou&vlìmç)39• Lo troviamo nell'esegesi della I Lettera ai Corinzi, 8,4, di Ester, 14, I l e di Giobbe, 1 8, 1 4- 1 5 presso Girolamo40 e, d'altra parte, in Plotino, in Proclo, nei Naas­ seni, ecc. Il male = amissio boni di Agostino non è lontano. Ma è da Origene che la formula, corrente nell'epoca ellenistica, viene collegata a Giovanni, 1 ,3. Battaglia di Michele col Drago [III. ! .]

Girolamo avrebbe per primo riferito il capitolo XII dell'Apocalisse alla caduta degli ange­ li. Nel XII secolo tale corrispondenza veniva accolta da Pietro Lombardo e sarebbe diventata di uso comune41 • Preesistenza e caduta delle anime [XIII.2-3.]

È superfluo rammentare che è ad Origene, nel Perì ArchOn, che si deve questa teoria, alla quale in seguito e stato dato il suo nome42• I Padri di Cappadocia, benché non abbiano osato dare apertamente un'interpretazione allegorica al mito del Genesi, la mantennero in forma coperta a proposito della prima creazione ((Secondo l'immagine». Fu soprattutto da parte del loro diretto discepolo Evagrio Pontico che la dottrina venne più precisamente definita43• Accanto agli origenisti timorosi, che, come Rutino o Basilio e Gre­ gorio Nazianzeno, scrissero per riabilitare Origene attenuando il suo pensiero, d'ora in avan­ ti si ebbe una schiera di monaci origenisti rimasti fedeli alle sue posizioni più avanzate, che furono condannati da Giustiniano nel 553.

" Girolamo, Lettere, ed. J. Laboun, t. Il, Parigi, 1 949- 1 96 1 , pp. 5 1 -53. " Idea indubbiamente propria di Origene: In Johannem, ed. C. Blanc, Commentaire sur saint Jean, in Sources chretiénnes, n. 1 20, Parigi, 1 966, pp. 1 1 4- 1 1 5. " Commentaire sur saint Jean, op. cit., pp. 267-277. " Citato da R. Cadiou, Lajeunesse d'Origène, Parigi, 1 935, p. 90. " Cfr. ed. Laplace, Gregorio di N issa, La création de l 'homme, in Sources chrétiennes, n. 6, Parigi, 1 943, pp. 67-68, 73. " Cfr. A. Orbe, En los albores de la exegesis Johannea, in Estudios Valentinianos II, Analecta Gregoria­ na, t. LXV, Roma, 1 955, pp. 293-297. " Cfr. J. Tunne l, Histoire du diable, op. cit., pp. 5 1 -53. " È stata oggetto di discussione, ma complessivamente risolta in senso negativo, la questione dell' adesio­ ne di Clemente Alessandrino a ciò che da lui viene attribuito a Platone (Stromata, l, 67,4). Cfr. J. Hering, Etude

sur la doctrine de la chute et de la préexistence des ames chez Clément d 'A iexandrie, Bibliothèque de l 'Eco/e des Hautes Etudes (Sciences religieuses), t. 38, Parigi, 1 923, pp. 28 ss. " Sull'argomento è fondamentale il libro di A. Guillaumont, Les Kephalaia gnostica d'Evagre le Pontique et l 'histoire de l 'Origénisme chez /es Grecs et /es Syriens, Patristica Sorbonensia 3, Parigi, 1 962 (specialmen­ te pp. 90-1 05). È anche da vedere l 'esposizione d' insieme dell'argomento di C. Tresmontant, La métaphysique du christianisme et la naissance de la philosophie crétienne, Parigi, 1 96 1 , pp. 427 ss. 311

In Occidente, nel IX secolo, la teoria venne ripresa da Scoto Eriugena, che l'attingeva da Gregorio di Nissa, senza tuttavia circondarsi delle stesse precauzioni di quest'ultimo... Ma già per l'autore delle Questiones novi et veteris testamenti (Pseudo-Agostino Ambro­ siaster?) l' idea implicava il dualismo (Marcione) e si accompagnava al puritanismo's. Sulle cause della caduta Clemente Alessandrino, a dire di Fozio, aveva, nelle Ipotiposi, interpretato alla lettera Genesi, 1 6, 246• Se angeli e anime erano uniti in un tutto omogeneo, ne conseguiva che erano quelle anime che erano venute a procreare in questo basso mondo. Per Origene si poteva scegliere tra due cause: =

«Esse , che stavano in cielo , cadde ro a causa della l ussuria (lasciviam) o dell 'o rgoglio , quando accadd � che o si fecero trascin are dal desiderio con cu pendo le spose degli uom ini, oppure si misero al seguito di Colui che disse: "Po rrò il mio trono al di sopra delle nu bi e diventerò uguale al l'Altissimo "»".

Su come avvenne la caduta, il parallelismo con i catari è dei più espliciti. La caduta, per gli origenisti, avvenne secondo livelli differenti in relazione all'atteggiamento assunto dall 'a­ nima celeste al momento della perturbazione. Per Origene le anime che si schierarono volontariamente dalla parte del diavolo sono dèm'05. 'Per Origene, essa è, (qJotremmo dire, congiunta allo spirito in matrimonio»; si trana di un ((matrimonio spirituale» (7tVEUJ.HlLtKòç ..,up.oç)'06• E Gregorio di Nissa non fa uso di reticerml nell' adoperare la metafora: t

«Sono quelle nozze in cui, come dice il Salmo, lo Sposo, venendo dalla camera nuziale, si è uni o , con la mistica rigenerazione, alla Vergine che s'era prostituita agl'idoli - siamo noi - avendola ripri­

'

stinata nell integrità verginale»'''.

Non c'è da stupirsi se, rimuginando nella loro cella siffane immagini, i monaci ((messa­ liani» di cui parla Eutimio Zigabeno abbiano creduto che: «Le anime dei perfetti provano, cessata l'indifferenza nel rapporto con lo sposo celeste, lo stesso pi a­ 1 cere che provano le donne nel congiungersi carnalmente con l ' uomo» 01

Escatologia [V.2.2.]

Per Origene, come per il suo discepolo Gregorio di N issa, la distinzione tra i sessi, conse­ guerml della caduta, viene meno con l'avvento della salvezza. (d corpi si risolveranno in anime e non vi sarà più alcuna differenza di sesso»109. ((La grazia della risurrezione non ci viene proposta (da Luca, 20,35-36) in altra maniera che come la reintegrazione nella condi­ zione originaria di coloro che sono caduti ... il nostro ritorno allo stato primitivo ci rende simi­ li agli angeli»110. Ma accanto a questa concezione spiritualista, che risale a Filone, troviamo in Girolamo, al tempo in cui era ancora origenista, una formulazione più realistica: ((Mariti amia­ mo le nostre spose, anime amiamo i nostri corpi, affinché le spose siano mutate in uomini, i corpi siano mutati in anime e non vi siano più differenze di sesso»'" . Infatti, risusciteremo nell'uomo-Cristo112 (cfr. Vangelo di Tommaso, 1 1 4). L'argomento della veste e della corona, che attendono in cielo il ritorno dell'anima che le ha perdute, può provenire direttamente dall'Ascensione d 'Isaia (9,24)11 1 . Ma due secoli dopo ·

102

lreneo, Contra haereses, l, 23, l . Excerpta ex Theodoto, ed. F. Sagnard, op. cit., p. 1 82. De baptismo, V, 43. 1 04 Discorso ai Greci, citato da M. Spanneut, Le stoiCisme des Pères de I 'Eglise, op. cit., p. 1 39. 101 De anima, XLI: animam nubentem spiriflli. 106 In Genesim, Omelia l, 1 5 , in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 1 5 8; In Manheum, XVII, 2 1 , in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 1 3 , c. 1 540, cfr. W. V!llker, Das Vollcommenheitsideal des Origenes, Beitri:ige rur historischen Theologie 7, Tubinga, 1 93 1 , p. 1 05 . 1 07 In J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 44, c. 997; trad. J. Danié1ou, Platonisme et théologie mystique, op. 101

cit., p. 1 79. 101

Patrologia Graeca, t. 1 30, c. 1 285. In Ephesios, V, 272, citato da W. VOlker, Das Volkommenheitsideal, op. cit., p. 46. De hominis opificio, in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 44, c. 1 89; trad. J. Daniélou, Platonisme et théologie mystique, op. cit., pp. 1 63- 1 64. 1 11 In Ephesios, in J.P. Migne, Patrologia Latina, t. 26, cc. 567-568: 111 et w:ores in viros et corpora redi­ ganfllr in animas. Et nequaquam sii sexuum alia diversilas. 1 12 In J.P. M ign e, Patrologia Latina, t. 26, c. 534: creverimus in eum virum, de quo propheta ait: Ecce vir, Oriens nomen il/i (Zaccaria, 6, 1 2). ' " Cfr. H. S!lderberg, La religion des Cathares, op. cit., p. 244, che tratta dell' argomento nel quadro delle 1 09

110

In J.P. Migne, Frammento

religioni originarie del Vicino Oriente.

318

Gregorio di Nissa non ha problemi a distinguere «le tuniche di pelle che fanno da involucro alla nostra natura)) e «quelle vesti che erano nostre)) e a dire che il Padre restituirà queste ulti­ me ai suoi figlioli prodighi"•. Per Origene, se l 'anima gloriosa dovrà passare attraverso il fuoco, questo non la brucerà, come è detto in Isaia, 43,2"5• È evidente che non c'è risurrezione della carne: «Se si crede con l'Apostolo che il corpo, risorgendo in gloria, potenza e incorruttibilità, è già diven­ tato spirituale è assurdo e contrario al suo pensiero dire che esso sarà ancora soggetto alle passioni della carne e del sangue, mentre l 'Apostolo afferma chiaramente: " La carne e il sangue non potran­ no ereditare il Regno di Dio, né la corruzione potrà ereditare l'incorruttibilità" (/ Lettera ai Corinzi,

1 5,50))) 1 1 6•

Paradiso terrestre [V.2.3]

Anche se, come è possibile, la nozione di una sosta intermedia nel paradiso terrestre in attesa della consumazione del secolo è venuta ai catari dal patrimonio di idee del loro tempo, va osservato che essa risale alla più venerabile antichità. Ireneo ci dice: « l presbiteri, che sono i discepoli degli apostoli, dicono che quelli che sono stati rapiti (Enoc, Elia) sono stati trasportati là (nel paradiso terrestre). Per i giusti e per coloro che sono portatori dello Spi­ rito (7tvEUJUXt(){jK)potç) è stato preparato il paradiso nel quale fu trasportato l' apostolo Paolo e dove egli intese parole inesprimibili coi nostri sensi attuali, e dove essi rimarranno fino alla consumazio­ ne finale, preludendo cosi alla condizione d' incorruttibilità)) " '.

Il Giudizio è già avvenuto [V.3 . 1 .]

Questa è l 'opinione espressa in maniera categorica da Origene nel Perì Archon: «Penso che tale giudizio abbia già avuto luogo prima)) (tale aliquid opinor etiam ante iamfactum)11 8 • Egli cita in proposito // Lettera a Timoteo, 2,20-2 1 . Sul «iudicium discretionis)), cfr. Agosti­ no, In Iohannis evangelium, L. Il, 6. L 'inferno [V.3.3.]

Già da Filone era stata formulata l'opinione che non vi sia altro Ade che la condizione ter­ rena . Origene riterrà che le pene previste dalla Scrittura debbano essere intese solamente in senso allegorico. Citando Isaia, 4,4, Isaia, 47, 1 4, e Malachia, 3,3, egli spiega che le punizioni, di cui fa fede !'Antico Testamento, lungi dall'essere una condanna irrevocabile sono una santificazione, un soccorso ed una purificazione 1 19• Dal Nuovo Testamento apprendiamo l 'esistenza di un giudizio di discriminazione (Luca, 12,46). Tale «separazione consiste nel fatto che dall'anima verrà separato Io spirito)), che è come dire che essa sarà ricondotta alla condizione umana. Quanto alle «tenebre di fuori)), Ori­ gene afferma:

114

Citato da J. Daniélou, Platonisme et théologie mystique, op. cit . , p. 62. Citato da C . Bigg, The Christian Platonist ofAlexandria, op. cit., p. 275. 1 16 De Principiis, II, I O, 3, in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. l i , c. 235. 11' Contra Haereses, V, 5, l . 111 De Principiis, II, 9, 8, in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. I l , c. 232. 1" De Principiis, II, I O, 6, i n J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. I l , c. 238 . 1"

319

«Penso che con quell'espressione si debbe intendere meno una qualche atmosfera oscura e priva d i luce che i l fatto d i continuare a d essere immerso nelle tenebre d i una completa ignoranza, al di fuori di ogni lume d' intelligenza. E bisogna vedere se per caso ciò non significhi che, come i santi otter­ ranno i loro corpi, nei quali hanno vissuto in santità e purezza dimorando in questa vita, fatti lumi­ nosi e gloriosi, con la risurrezione, cosi gli empi, che avranno amato in questa vita le tenebre del­ l 'errore e la notte dell'ignoranza, saranno, dopo la risurrezione, rivestiti di corpi oscuri e tenebrosi. A meno che, ancora, non si debba chiamare oscurità e tenebre l'attuale corpo grossolano e terreno, nel quale si sia nuovamente costretti a ricominciare a nascere, una volta che, estintosi questo mondo, vi sarà il passaggio ad uno nuovo)) "0 •

Sulla scia di Origene, Gregorio di Nissa ed il suo tardo discepolo Scoto Eriugena respin­ geranno l'idea di inferno eterno'2' . Distruzione del mondo [V.3.3 .]

I Valentiniani ritenevano che il fuoco nascosto in questo mondo avrebbe distrutto com­ pletamente la materia ed avrebbe finito per divorare se stesso122• Per Origene, «alla fme del mondo il fuoco consumerà la terra e tutti gli elementi» (infine saeculi terram et omnia elementa ignis ardore decoquenda)123• Apocatastasi [V.3.4.]

Citando la Lettera ai Romani, 8,28 e Giovanni, 1 7,2 1 , Origene pensa che i fini ultimi con­ sisteranno nel ritorno di tutte le cose alla prima creazione immateriale124• Anche se ciò non escluderà una nuova caduta, postulando un altro mondo sensibile125• Tale soluzione permette di dare risposta al problema imbarazzante di coloro che hanno peccato contro lo Spirito, la colpa dei quali potrebbe, a prima vista, apparire imperdonabile: «è pacifico che non possa esserci perdono alcuno nel caso di coloro che furono degni di ricevere lo Spirito Santo, quando, dopo aver goduto di una unione di tanto pregio e valore, si volgessero d i nuovo a l male ));

essi finiranno con l'ottenere grazia al termine di una «annata di secoli»: «quando il trascorrere di molti secoli avrà compiuto quel che si potrebbe chiamare un'annata di seco­ li, allora si avrà la consumazione del mondo attuale e ci saranno secoli a venire, il cui principio sarà "il mondo futuro". Nei secoli futuri Dio manifesterà le ricchezze della sua grazia con bontà. Cosi che l'anima del colpevole e di colui che avrà peccato contro lo Spirito Santo rimarrà trattenuta dal peccato durante tutto questo secolo presente, ma ne sarà liberata in qualche maniera nel secolo futu­ ro dal principio alla fine)) 126 .

Si consideri come l'ottimismo di Origene venga a coincidere con quello dei catari, diversa­ mente che per gli Gnostici, per i quali il peccato contro lo Spirito non poteva essere rimesso127• 120 De Principiis, I I , l O, 7-8, c. 240. Da notare l'affinità della «discriminazione>> di Origene con la «distinzione)) dei catari, desunta dai medesimi versetti. 121 Cfr. E. Jeauneau, ed. Jean Scot, Homélie sur le Prologue de Jean, op. cit., p. 37. 122 lreneo, Contra Haereses, t. I, 7, l . 121 In Genesim, V, 4, in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. 1 2, c. 1 9 1 . '" De Principiis, III, 6 , l , in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t . I l , cc. 334-335. 12' De Principiis, III, 6, 5, in J.P. Migne, Patrologia Graeca, t. I l , c. 338. '" In Johannem, I l , 79- 8 1 , ed. e trad. C. Blanc, op. cit., pp. 258-259; De oratione, 27, 1 5, in Patrologia Graeca, t. I l , c. 5 1 9. "' Libro segreto di Giovanni, ed. W. Ti ll, Die gnostischen Schriften des koptischen Papyrus Beroliensis 8502, Berlino, 1 955, pp. 1 69 ss. Cfr. R. Mc L.Wilson, The Gospel of Philip, op. cit., p. 72.

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l temi moderati [VI.]

La preesistenza di quattro elementi alla creazione del mondo e l'intervento di un demiur­ go (ma buono, il nous) compaiono nel VI anatematismo del Concilio di Costantinopoli (553): «(a chi dice) . .. che

al mondo, quando è nato, sottostavano elementi antecedenti la sua esistenza, il secco, l'umido, il caldo, il freddo e il modello secondo cui era stato foggiato, e che non è stata la san­ tissima e consostanziale Trinità a fare il mondo, a causa della quale esso è creato, ma che è l'intel­ letto, come dicono, che, quale demiurgo preesistente al mondo e datore dell'essere al mondo stesso, lo ha creato, sia anatema!>> 1 28 •

L'idea che Caino è il prodotto dell'unione di Eva con il serpente non deve stupire, poiché essa è già un' idea rabbinica129• Il traducianismo, anch'esso non ha nulla di originale. Esso è adottato esplicitamente da Tertulliano110 e per Origene è una delle ipotesi su cui il magistero (praedicatio) non si è anco­ ra pronunciato11 1 • 2. I LUOGHI TOPICI RITUALI Il battesimo [1.]

Il concetto che i catari avevano del battesimo non è nuovo. Dire che con il battesimo si diventa cristiani è quasi tautologico. Dire che esso fa del peccatore un «figlio della luce)) è comune: q>