La nascita della filosofia vista dai greci. Appendice: può ancora Talete essere considerato il «primo filosofo»? Ediz. illustrata 8875880131, 9788875880132

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La nascita della filosofia vista dai greci. Appendice: può ancora Talete essere considerato il «primo filosofo»? Ediz. illustrata
 8875880131, 9788875880132

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il giogo 17

Collana diretta da Luca Greccm

«èhwv yàp LOXÙç O'U~uyoiJ(JL KUL OLKll, JtOLU ~1JV(ÙpLç 'tWVOE KUp'tEp0Yt8pa;» Eschllo, Frammento 267.

«-ròv nét8EL ~aeoç 8Év'tu KUpLWç EXEl,v» Eschilo, Agamennone, 177.

«~U""cpÉpEL (JWcppOVELV urtò m:ÉVEL» Eschilo, Eumenidi, 520.

«oihtCù OWQ)pOVcLV ÈnLm;aouL» Eschilo, Prometeo, 982.

In copertina:

Giovanni Casertano

Trono Ludovisi. Rilievo centrale, manno. 460-450 a,C, circa, Museo Nazionale Romano.

LA NASCITA DELLA FILOSOFIA VISTA DAI GRECI

GIOVANNI CASERTANO,

In appendice

La nascita della filosofia vista dai Greci. Prima ed, "Il Tripode srl

fl ,

Napoli, 1977.

Può ancora Talete essere considerato il "primo filosofo"?

In appendice:

Può ancora Talete essere considerato ilI/primo filosofo"?

ISBN 88-7588-013-1

Copyright ©2007

J6I1 ,di"",

~)ffde p/Mance Via di Valdibrana 311 - 51100 Pistoia Tel.: 0573-480013 - Fax: 0573-480914 C. c. postale 44510527 www.petiteplaisance.it e-mail: [email protected]

Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avràjatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada. ERACLITO

'div1~n} Evemero, Diagora e Ippone erano preferibili, perché purnon avendo «conosciuto la verità stessa, [ ... ] almeno hanno sospettato l'errore}), Clemente conclude che «punti estremi dell'ignoranza (à!J.u8(u) sono dunque l'ateismo e l'adorazione dei demoni» (c. 18). Anzi, migliori delle greche sono addirittura le divinità degli Egiziani che, «sebbene siano degli animali, non sono adultere, non sono lascive e neppure una di esse va in caccia di piaceri che siano contro natura}) (c. 29). Naturalmente, a questo atteggiamento di critica radicale, si accompagna in Clemente quell' altra sua tipica concezione di uno sviluppo, bene o male, di un Àoyoç e di un' 6.À1l8uu che si esprimono a sprazzi nelle dottrine dei pagani - naturalmente, di alcuni pagani - per trovare poi la loro piena e completa estrinsecazione nel cristianesimo: «I Greci, infatti, avendo indubbiamente ricevuto talune scintille del Verbo divino, abbiano [pure] fatto sentire solo pochi accenni della verità, testimoniano la potenza di essa che non è stata nascosta; ma insieme, d'altra parte, rivelano la propria debolezza, perché non giunsero fino al termine» (c. 57). E ancora, dopo aver riportato dei passi di Cleante e di Pitagora, Clemente conclude: «Bastano anche queste cose, riferite dagli stessi pagani per ispirazione di Dio, e da noi scelte, come una guida verso la conoscenza di Dio, a colui che è capace, sebbene in piccola misura, di scorgere la verità (c. 55). 272 CLEM. ALEX. protr. c. 48. 273 Ibidem c. 49. 268

274

Ibidem c. 50.

275

ANTISTH. fr. 24 Mullach EP.G. II, p. 277.

276XENOPH.

288

L. ROBIN, Storia del pensiero greco, tr. it. di P. Serini, Milano 1962.

289

FRANKFORT e altri, La filosofia prima dei Greci, tr. it. di E. Zolla, Torino 1963.

29{)

J.-P. VERNANT, Mito e pensiero presso i Greci, tr. it. di M. Romano e B. Bravo, Torino 1965.

E M. CORNFORD, From Religion to Philosophy, London 1912; Principium Sapientiae, Oxford 1952. 292 Vedi sopra a III.1., III.2., IIl3. 291

293

B. FARRINGTON, Storia della scienza greca, tr. it. di G. Gnoli, Milano 1964.

294

Vedi sopra a H.4. e II.2.

295

Zeller I, I, pp. 49 e sgg.

M. L. WEST, Early Greek Philosophy and the OrientI Oxford 1971. 297 Vedi sopra a IIl1., 11l3. 298 E. PACI, Stona del pensiero presocratico, Torino 1957. 299 Oltre il lavoro già citato, si veda J.-P, VERNANT, Le origini del pensiero greco, tr. it. di E Codino, Roma 1976. 300 Vedi sopra a III.1. 296

301

G DE' SANTILLANA, Le origini del pensiero scientifico, tr. it. di G. De Angelis, Firenze 1966.

302

S. SAMBURSKY, Il mondo fisico dei Greci, tr. di V. Geymonat, Milano 1967.

303

J. BURNET, Early Greek Philosophy, London 1892.

P. TANNERY, Pour l'histoire de la science helléne, Paris 19302 . 305 Vedi sopra a II.4., III.2. 304

306

Cfr. G. VASARI, Opere, val. W, Firenze 1906, e Trattato della pittura, Lanciano 1924.

Così E. GARIN, Universalità di Leonardo, in Scienza e vita civile nel Rinascimento italiano, Bari 19722, p. 95. 307

memor. W 3,13-14.

277

CLEM. ALEX. protr. c. 54.

278

CLEM. ALEX. strom. 312 c, 320 a.

279

CLEM. ALEX. strom. 274 b.

106

La si ricava da EUSEB. p. e. XIV 4, 5; cfr. MARTANO, Numenio, pp. 71-72 n. 3. 287 PLAT. Phaedr. 275 b-c. 286

107

Appendice

Può ANCORA T ALETE ESSERE CONSIDERATO IL «PRIMO FILOSOFO»?

r

Apparso in Miscellanea di studi classici in onore di E, Manni, Giorgio Bretschneider, Roma 1980, Tomo II, pp. 395-411.

Crediamo sia utile, prima di affrontare direttamente la nostra domanda, annotare alcune indicazioni di carattere metodologico, a nostro avviso estremamente importanti sia per inquadrare meglio il senso proprio della domanda stessa, sia, più in generale, per cercare di fissare il più chiaramente possibile il senso della nostra opera di ricostruzione di epoche o di concezioni tanto lontane dalle nostre, come appunto i primi secoli della cultura ~(filosofica» e «scientifica~~ dei Greci, La lettura del passato è un fatto costante della nostra cultura - anzi di ogni tipo di cultura - e non sembra che l'incalzare ed il potenziarsi degli aspetti tecnici e tecnologici in una civiltà attenui od annulli quest'esigenza. Leggere il passato per comprendere il presente può essere l'espressione del bisogno di individuare nessi e costanti nella storia dell'uomo e delle sue idee, di valutarne la consistenza, di verificarne la validità; può essere quindi l'espressione del bisogno di rifuggire da qualsiasi giudizio sul nostro presente che sia improntato al nostro impulso (più o meno velleitario) del momento, al nostro slancio sentimentale e passeggero, alla nostra esigenza individualistica; in una parola, al bisogno di rifuggire da una visione, tanto per usare il linguaggio hegeliano, che in fondo è «astratta», per ritrovare invece e riaffermare la necessità del vitale e concreto nesso particolare-universale. Ma la lettura del passato può anche avvenire - e purtroppo avviene ancora - perché si vuole "dimenticare» il presente ed i problemi che in esso urgono, perché si intende, se non ritornare, almeno rifugiarsi in un mondo ormai scomparso che assume il valore di un asilo, agognato per i valori che in esso si vedono o si credono di vedere affermati. Anche questo secondo tipo di lettura del passato è in fondo espressione di una esigenza del presente, ma molto spesso le letture di questo tipo ci offrono degli esempi chiarissimi di come spesso chi parla non fa altro che monologare: aspirazioni, sentimenti, concetti, idee, che lo studioso crede di scoprire nel libro - nel documento - che ha dinanzinon sono altro che aspirazioni, sentimenti, concetti, idee suoi propri e che appartengono soltanto a lui. Una lettura del passato quindi che sia tale in maniera autentica - una lettura che sia «storica» o «storicamente accettabile» - deve sforzarsi soprattutto di evitare tre pericoli. 111

Può ANCORA TALETE ESSERE CONSIDERATO IL «PRIMO FILOSOFO»?

Appendice

1. OPERARE ANACRONISMI Dove per anacronismo non si intende tanto l'invertire date o fatti, quanto l'operare trasposizione di tematiche, di atteggiamenti mentali, di impostazioni culturali. In genere questa trasposizione avviene quasi sempre dal presente al passato, nel senso che questo viene visto esclusivamente in funzione di quello, nel senso che questo prepara e perciò non è ancora, ma preannunciao precorre quello. È un modello di «storicità malintesa» che funge in questo caso, ed il pericolo è quello di perdere lo specifico e l'autentico di un' epoca, di un fatto o di un documento. Un esempio dell'anacronismo di questo tipo, che potremmo chiamare positivo, è un' affermazione del genere: «La tesi di Talete che l'acqua è il principio e la causa di ogni cosa è una tesi in fondo errata perché tiene conto soltanto della causa di tipo materiale e trascura altri tipi di cause, come quella formale, quella efficiente, quella finale». È a tutti noto che affermazioni anacronistiche di questo tipo si trovano spesso nell' opera e nei giudizi di Aristotele. Ma la trasposizione può anche avvenire in senso inverso (e l'anacronismo risultare, per così dire, negativo), quando ci ostiniamo a non vedere la novità emergente da un contesto formalmente tradizionale. Un esempio di anacronismo negativo è un' affermazione di questo tipo: «La tesi di Senofane secondo la quale gli uoInini sono fatti di terra e di acqua non è altro in fondo che la ripresa del vecchio mito di Pandora narrato da Esiodo ne Le opere e i giorni, secondo il quale Efesto crea la prima donna, Pandora, impastando della terra con dell'acqua e dandole forma». È a tutti noto che affermazioni anacronistiche di questo tipo cominciano di nuovo a riaffiorare in recenti saggi di storiografia antica. Nell'anacronismo positivo si compie 1'errore di portare il presente nel passato; nell' anacronismo negativo si compie l'errore inverso di prolungare il passato nel presente.

dell' «altro», del «diverso», di ciò che non quadra con il disegno prefissato

2. OPERARE SCHEMATIZZAZIONI Lo schema è assolutamente necessario alla scienza; l'errore consiste

nel sovrapporre lo schema ai fatti, nel costringere questi in quello, laddove al contrario è necessario sempre che lo schema sia verificato dai fatti. Lo schema - cioè l'interpret!1zione - deve «dar conto» dei fatti, come si dice, nel senso che deve costituire la loro «trama»,la loro «chiave di lettura»; non deve sovrapporsi ai fatti, come pure si dice, nel senso che non deve dichiararli «illegibili» o «confusi» allorquando essi non rientrano in regole solo nostre. La validità di uno schema - cioè di un'interpretazione - si ha specialmente laddove esso renda conto 112

e con le tesi assunte: in una parola la validità di uno schema e di un'interpretazione si ha speciaimente laddove esso nella sua legittima opera di semplificare e di raccordare non perde il contatto con l'individuale e lo specifico, cioè con la complessità della realtà culturale alla quale si sta applicando. 3. OPERARE ASSOLUTIZZAZIONI Non si può ritenere di riflettere sul passato, di capirlo e di assimilarlo considerando «definitiva» una qualunque soluzione. L'opera di comprensione e di assimilazione non è mai un' opera compiuta, un' opera che raggiunge risultati dati una volta per tutte. Sia nel campo storico, come in quello filosofico, come in quello scientifico il lavoro non è mai terminato: ogni nuova acquisizione, ogni nuova conoscenza, sia pure quando non rimettono in discussione risultati già acquisiti o addirittura «pacificamente» riconosciuti, rendono però sempre necessario un lavoro di ricognizione, di rifondazione e di ripensamento, che porta a nuovi angoli visuali, a nuova intelligenza di sistemi anteriori, a nuove scoperte cii connessioni e relazioni. Non assolutizzare il senso della propria ricerca significa perciò non soltanto non affermare ingenuamente di ritenere verità assolute i risultati della propria ricerca, ma soprattutto essere coscienti che ogni «risultato» ottenuto, ogni «punto fermo» stabilito in tanto sono validi in quanto riescono a porre nuovi problemi e ad aprire nuove vie d'indagine. Una ricerca non assolutizzante, una ricerca «aperta» in questo senso è in effetti la vera ricerca «storica», perché in definitiva affonda le sue radici in esigenze sociali e individuali che cambiano continuamente, in un «tempo presente» che continuamente impegna l'uomo a trarre nuove lezioni da quel mondo opaco che è il suo passato, ed illuminano di nuove luci per poter più consapevolmente proiettarsi nel «suo» futuro.

Queste indicazioni metodologiche, che crediamo valide per una ricerca su qualsiasi campo della storia umana passata, acquistano un

particolare rilievo proprio se intendiamo analizzare fenomeni culturali di epoche temporaimente tanto lontane dalla nostra, come è appunto il caso di questa nostra analisi, che vuole cercare di mettere in luce il significato di un sapere filosofico e di un sapere scientifico nella cultura greca del V-IV secolo a.c., le loro connessioni, il loro costituirsi autonomo di fronte ad altre forme di «sapere» molto più antiche o ancora ad essi 113

Può ANCORA TALETE ESSERE CONSIDERATO IL «PRIMO FILOSOFO»?

contemporanee.-Ed infatti, nel momento in cui noi parliamo di «scienza» e di ,