La dea Ecate. Una protettrice dalla quale proteggersi 9788854887756

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La dea Ecate. Una protettrice dalla quale proteggersi
 9788854887756

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Nicola Seraf1ni

LA DEA ECATE NELL'ANTICA GREClA UNA PROTETIRlCE DALlA QUALE PROTEGGERSl

La dea Ecate nell'antica Grecia

L

a dea Ecate è una divinità misteriosa e poliedrica, in parte ancora da sco­ prire. Bollata abusivamente dai moderni come 'ctonia', come 'dea degli

Inferi' o 'signora della magia', la sua figura è stata appiattita sotto il peso di improprie e riduttive etichette, misconoscendo in questo modo la comples­ sità diacronica di uno dei soggetti divini meno studiati e compresi del pan­ theon greco. Uno studio dettagliato delle molteplici manifestazioni rituali in

suo onore e delle testimonianze antiche (letterarie e non solo) rivela infatti un profùo inedito di questa divinità, un profùo assai più complesso di quanto si pensasse finora. Si tratta di una dea ambigua che non ammette rigide quali­ fiche, di una protettrice dalla quale occorre anche proteggersi.

N

icola Serafini

è dottore di ricerca in Letteratura Greca (Univer­ è occupato principal­ mente di storia della religione greca (in primis della dea Ecate, ma sità degli Studi di Urbino "Carlo Bo"). Si

anche di Demetra, Artemide e Afrodite) e di temi filologico-lette­ rari (come la storia dei generi 'letterari', Pindaro e

l'Inno

a

l'io/noi melico, il fr. 122 di Demetra di Callimaco). Altri indirizzi di ricerca

riguardano l'elemosina sacra, il silenzio rituale, le statue 'animate' della tradizione teurgica, la fortuna di elementi classici nel Medio­ evo e in età contemporanea e il Neo-Paganesimo.

!11 coperti11a

ISBN 978-88-548-8775-6

Hekataio11 cireneo di età elle11istica, Tempio di Ecate presso il Santuario di Apollo (Cirene, Mus. n• inv. 14205).

26,00 euro

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788854 887756

Nicola Serafini La dea Ecate nell'antica Grecia Una protettrice dalla quale proteggersi

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.aracneeditrice.it

[email protected] via Quarto Negroni, 15 00040 Ariccia (RM) (o6) 93781065

ISBN 978-88-548-8775-6

l diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con quaLsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite lefotocopie senza il permesso scritto dell'Editore.

I edizione: ottobre 2015

Alle Pleiadi e ai Fati

«Ò Lune, ton bel cdi mon heur malheurera. Si je tombe aux enfers, mon seui tourment s6ra de souffrir sans fin l'povÉwc; òmicrm Kaì. Kilòoc; ÒpÉ/;at. ecr8À1Ì ò' aùe' òJtot' èivòpEc; àE9À.Euwcr' èv àywvt: EV8a 8EÙ KCIÌ. talÉpEt XUtpoc;, dì. ÒÉ tE tl).lclt.

Astèria concepì e generò Ecàte, che fra tutti Zeus Cronìde onorò: le diede splendidi doni, che sulla terra avesse potere, e sul mare agitato. Ma anche nel cielo stellato lei ha una parte d'onore, e assai stimata è persino dagli dèi immortali. Anche ora, qualora qualcuno degli effimeri che stanno sulla terra voglia rendersi benvoluto compiendo bei sacrifici invoca Ecàte, e gran favore ne segue. Con agio la dea propizia accoglie le preghiere e gli concede prosperità, poiché ne ha potere. Di coloro che nacquero da Gaia e da Urano, e ricevettero onore, del potere di tutti costoro lei ha parte. Né il Cronìde la costrinse certo a privarsi dei privilegi ottenuti fra i primi dèi, i Titani; tutt'ora li mantiene, come quand'avvenne in antico la ripartizione. Né, quantunque unigenita, in minor grado ebbe parte dei doni in terra, cielo e mare, bensì ancor di più, poi che Zeus la tiene in gran pregio. Di buon grado assiste e giova a chi vuole: nel tribunale siede accanto ai re rispettati,

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Capitolo II

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nell'assemblea rende illustre fra le genti chi preferisce. E, quando alla guerra micidiale si armano i mortali, anche là lei assiste coloro a cui vuole benevolmente conceder vittoria, offrire la fama. Benefica, quando gli uomini gareggiano negli agoni, anche là ella li assiste e li aiuta: colui che con forza e vigore il bel premio coglie giubilante, ai genitori gran gloria concede. Benefica assiste i cavalieri, quelli che vuole. E a chi pratica l'azzurro tempestoso, pregando Ecàte ed Ennosìgeo risonante dal profondo, la nobile dea offre con agio una copiosa preda, ma se lo vuole nell'animo, con agio può anche riprenderla. Benefica, nelle stalle, con Ermes fa prosperare il bestiame; le mandrie di buoi e le greggi di capre sparpagliate e gli armenti di lanute pecore. Ma solo se lo vuole: da piccoli li rende grandi e da molti li riduce a pochi. Così, benché dalla madre sia nata unigenita, fra tutti i celesti gode di sommi onori. li Cronìde la rese nutrice di giovani, quanti al suo séguito con gli occhi vedon la luce di Aurora onniveggente. Così fu nutrice di giovani, fin dall'origine, e questi i suoi onori.

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422. ÉXEt: KOECHLY emendò il tràdito ExEt in EXEV, poiché il regime dei Titani appartiene al pas· sato, ma ai vv. 4 12-4 è Zeus che conferisce a Ecate una parte di potere su terra, cielo e mare, dunque sarebbe illogico affermare che durante il regno dei Titani essa avesse una parte di tutti i poteri. Essa go­ deva presso i Titani di un piccolo potere: Zeus non l'ha privata di questo (cfr. 423), ma l'ha altresì este· so.

425.

rur'

àpxfis: nella fattispecie, dovrebbe essere equivalente a È�,' à.PXfiS ' · Se così fosse, come no·

ta WEST2, sarebbe l'unica occorrenza in Esiodo e Omero di rur6 in senso temporale. Lo stesso uso di rur'

àpxfis è attestato anche in Xenophan. fr. 20,1 Gent.-Pr. Si noti però che West propone anche una

interpretazione alternativa, cioè di intendere «the distribution from the kingdom», con rur6 come in

Od. V. 40 ì..axwv rurò ÀT]tÙOwcrcj>6pou Jd:lwv E01J). Nella sua edizione, R. Kannicht attribuisce la battuta a Cassandra, proponendo anche una ricostruzione ipotetica della scena e dei dia­ loghi1. Si farebbe qui riferimento al già citato episodio della meta­ morfosi di Ecuba, che però per la prima volta è definita èiyaÀ�.ta ' E­ KUTTtS: intendere dgalma letteralmente è un po' problematico, anche se non del tutto fuori luogol. Per contro, è anche possibile che qui il poeta con quel termine voglia intendere 'fantasma', alludendo maga­ ri al komos Hekdtes composto di fantasmi e nominato in un fram ­ mento tragico adespota (Adesp. fr. 375 Kannicht-Snell: in/ra, Cap. IV, § 3 .2). La metamorfosi in cane avvicina dunque la regina troiana alla sfe­ ra d'influenza della dea Ecate3, anche se purtroppo è difficile farsi un'idea del contesto in cui era inserito il frammento. Per una fortuita coincidenza, però, possediamo un frammento di Aristofane in cui il commediografo sbeffeggia Euripide, con riferimento specifico pro­ prio al passo che abbiamo appena visto: «E un cane rabbioso sarò, l simulacro di Ecàte lucifera» (fr. 608 K.-A. = fr. 594 Kock KCÙ Jd:lwv à.KpaxoÀos, l ' EKwcrcj>6pou, yEvftcroJ.Uit) 4 •

III 9. 8 ; Suid. s. v . KUVÒS mlfl!l (K 2722 Adler) ; schol. Lycophr. 3 15 . Cfr. anche schol. Eur. Tr. 430 (II, p. 359 Schwartz) ; schol. Eur. Hec. 1261 (I, p. 89 Schwartz); schol. Lycophr. 1 174 (p. 2 1 8 Leone) ; Hyg. Fab. 1 1 1 ; Suid. s. v. KUv6mu.wv (K 2723 Adler). 1 KANNICHT 2004, p. 202. 2 Cfr. BURKERT 2003, p. 162. 3 Per una interpretazione di questo mito, ved. ora BUXTON 2009, pp. 58-9. 4 Cfr. Schol. Aristoph. Pax 276.

I luoghi di passaggio:

una protettrice dalla quale proteggersi

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Possiamo inoltre confrontare tali passi con un frammento melico adespota (PMG fr. 965 Page) , nel quale è descritta Ecuba metamor­ fizzata dalle Erinni mentre vaga follemente nella natura ululando: la metamorfosi per mano delle Erinni rimarca l'aspetto sinistro e oscu­ ro dell'animale in cui la regina è trasformata. Sebbene nel frammen­ to non sia nominata la dea Ecate, resta interessante il legame con il mondo ctonio, che connette il cane alla dimensione notturna. Nella versione di Licofrone, infine, Ecuba diverrà la " compagna" (bcwms) di Ecate, e spaventerà i mortali abbaiando la notte: «La figlia di Per­ se, l la trimorfa Brimò, ti prenderà nel suo séguito l e con i tuoi ab­ bai notturni spaventerai i mortali» (vv. 1 175 - 1 177). Sembra che an­ che Nicandro, per concludere, seguisse Euripide nel particolare del­ la metamorfosi in cane (cfr. fr. 62 Gow) . Di là dalle versioni minori attestate negli autori tardi e nelle fonti romane, comprese quelle sulla localizzazione della sua tomba, ciò che qui interessa è rimarcare ancora una volta la connessione del ca­ ne con la dea Ecate. La metamorfosi canina della regina troiana l'ha condotta a divenire in Euripide èiyaÀJ.UI EKcr'LllS, proprio in virtù del duplice legame che lega la dea all ' animale, e quest'ultimo a Ecu­ ba. '

* * *

Resta ora da spiegare, per concludere, la connessione della dea Ecate con il cane1 • In primo luogo, occorre ricordare un particolare 1 A proposito della quale, oltre alle fonti già discusse, ved. anche Hymn. Orph. I 5 (JK"I)­ À.aK'ì:w;; Hymn. Mag. XVIII 17 EXnliVTlT] " EpKoucrav. Solitamente, infatti, i lessicografi tendono a menzionare la testimonianza più antica in loro possesso. Sulla lessicografia, ved. soprattutto gli studi raccolti in COLACE l CALTABIANO 199 1 . Cfr. anche TOSI 1993 e TOSI 1 995. 4 Schol. vet. Aristoph. Ran. 293c (p. 48 Chantry) EVtOt ÒÈ citv aùcitv [sci!. " EpKoucrav] 1:ij ' EKii'LlJ licrtv>, ws 'Aptmocl>liVTlS Èv to-ta.vn È�EÀcrv" , tramandato (assieme a un verso della stessa opera) da Ateneo per spiegare il termine KUa.8'tc;2• Molto è stato scritto, forse anche troppo, su questo titolo e sui suoi possibili significati, soprattutto sul valore da attribuire a exelan3: tuttavia, a mio avviso la scelta più economica appare anche la più logica, , e il titolo potrà essere reso molto sem­ plicemente come 'Le donne che dicono di cacciare la dea'. Di certo, tuttavia, non sono mancati pareri più scettici sulla provenienza del nostro frammento, e si è affermato che nulla di decisivo stabilisce che i nuovi versi provengano proprio da quel mimd . La varia lunghezza delle righe in cui è disposto il testo fa pensare a una redazione colometrica, discussa nel dettaglio da C. Gallavotti, il quale tuttavia propone una disposizione colometrica differente ri­ spetto a quella tràdita nel papiro, il cui ritmo sarebbe a suo avviso

1 ARENA 1975 e, più di recente, HORDERN 2002, assieme alla sua edizione dei mimi di Sofrone (HORDERN 2004). Qualche rapido accenno in DILLON 2002, pp. 174-5; MARTIN 2005 , p. 173 e ZOGRAFOU 2010, p. 269. 2 Athen. 480b Sophr. fr. 3 Hordern ( fr. 3 Kaibei). Sul titolo e il soggetto di tale mi­ mo, ved. ora HORDERN 2004, pp. 124-26. 3 Ad esempio EITREM 1933, pp. 1 1 -12 (che intende il titolo come Austreiben der Hekate, 'cacciare fuori Ecate', che ricorderebbe la beotica BouXtp.ou i:I',ÉÀ.amç,, 'cacciata della Fame', ricordata da Plut. Quaest. Conv. 693f); Gow 1933b, p. 169 (sul significato di ÈSEÀnv); LE­ GRAND 1934, p. 27; KERÉNY I 1935, p. 13; o ancora più di recente ARENA 1975 , p. 2 18. Inte­ ressante la notazione di LATTE 1 933, p. 263 , per il quale la presenza di cjlav1:\. nel titolo po­ trebbe indicare che né Sofrone né il suo pubblico credevano più agli spiriti notturni. 4 Così soprattutto CHANTRAINE 1 935, pp. 23-26. =

=

206 Capitolo V problematico1 • n dialetto è senza dubbio di ambiente dorico: pm nello specifico, P. Chantraine ha isolato numerose particolarità lin­ guistiche prettamente siracusane, che sembrerebbero confermare la paternità sofronea2• Nel frammento è descritta una cerimonia magica apparente­ mente tratta dall a vita quotidiana dell'epoca del poeta stesso3• Una donna, che saremmo tentati di definire 'maga' o persino 'strega'4, con l'ausilio della sua assistente, compie un'occulta cerimonia al fine di liberare un gruppo di persone - «probably women», nota Page' dalla malattia o dal delirio inflitto loro da una divinità: plausibil­ mente, proprio dalla dea Ecate6• n frammento, dunque, testimonia che all 'epoca di Sofrone simili rituali magici erano già talmente dif­ fusi e conosciuti dal pubblico da poter essere utilizzati con ironia in un mimo popolare: come sappiamo, gli argomenti e i soggetti di opere come queste dovevano essere ben presenti al pubblico, affin­ ché quest'ultimo potesse apprezzare lo spettacolo. Così, è lecito sup­ porre che anche in questo caso fosse messo in scena un rituale che per forza di cose avrebbe richiesto da parte dell'uditorio una seppur

1 GALLAVOTTI 1 93 3 , pp. 459-61 . Per un'analisi ritmica del frammento, cfr. anche FESTA

1 93 3 , p. 478. 2 Sulle particolarità linguistiche del testo, ved. CHANTRAINE 193 5 , pp. 27-3 1 . 3 In un articolo davvero illuminante, KERÉNYI 1935 h a mostrato - fra le altre cose - co­ me il genere mimica non si prefigga l'interpretazione comica o caricaturale della realtà, co­ me erroneamente si è a lungo pensato, bensì una imitazione naturale della realtà: ciò sareb­ be inoltre dimostrato dall'interesse di Platone e Aristotele nei confronti di Sofrone, come esempio di pura poesia mimetica della vita reale (pp. 2-3 e passim). 4 Secondo KERÉNYI 1935, p. 4 la protagonista del frammento è «ciò che più tardi è una strega>>, vale a dire «una sacerdotessa di Ecate evidentemente (sic.')» (p. 6). 5 PAGE 1 94 1 , p. 328. 6 Sull'identità della potnia invocata, sin da sùbito gli studiosi non hanno mai messo in dubbio che sia da identificare con la dea Ecate: a tal proposito, basti ricordare ad esempio LATTE 1 93 3 , p. 262 («Es ist klar, daE die angerufene Gottin nur Hekate sein kann») o LE­ GRAND 1934, p. 27 («La rrotVUI . . . c'était Hécate incontestablement»), o ancora, più di re­ cente, HORDERN 2002, p. 1 69 («she [se. Hecate] is no doubt the rrotVUI invoked») . Per la funzione di 'patrona della magia' ricoperta dalla dea, ved. almeno DICKIE 200 1 , pp. 35-6. Potrebbe anche trattarsi, in alternativa, di vittime di malefici che ora necessitano di essere esorcizzate (cfr. Hesych. w 265 Schmidt, s. v. c.'mwt'i'JpE): su tale interpretazione, ved. in/ra, p. 210 n. l. Cfr. Theophr. Car. XVI, 7.

Ecate e la 'magia' 207

mmrma conoscenza dell'argomento che l'autore intendeva rappre­ sentare. La scena si svolge all'interno di una stanza le cui porte sono chiuse, ma che saranno aperte non appena il rituale avrà raggiunto il suo culmine, mentre la officiante inizia a impartire istruzioni, sotto­ forma di veri e propri ordini, alle donne che (plausibilmente) de­ vono essere curate. Innanzitutto, dopo aver apprestato una tavola per le offerte1, esse devono tenere del sale nelle mani, e alloro sulle orecchie (misura apotropaica, volta alla difesa delle cavità somatiche, attraverso le quali i dèmoni potrebbero entrare nel corpo) 2• Così pa­ rate, esse devono sedersi nella histia3, mentre la celebrante appresta il sacrificio di un cane4: l'assistente le porge del bitume1, su sua ri1 FESTA 1933, p. 479 pensava, secondo me a ragione, che la trdpez;a in questione non fosse una tavola sacrificale, bensì una mensa sulla quale imbandire gli xénia, le offerte di ci­ bo menzionate alla l. 1 8. Sull'utilizzo di una trdpez:.a in contesti magici, cfr. PGM IV 1 860, 2 1 89; XII 24; XIII 1 3 . 2 Per l'impiego del sale come elemento purificatorio, cfr. Theocr. Id. XXIV 97 e Tib. III 4, 10 (con particolare riguardo al rapporto fra il passo che qui interessa e quello di Tibullio, ved. EITREM 1 93 3 , pp. 1 5 - 1 6), assieme, ora, a HORDERN 2004 , pp. 1 29-30 e ROBERTSON 2010, p. 223. Invece, sul significato apotropaico dell'alloro, si può vedere Theophr. Car. XVI l, mentre altre fonti (D iog. Laert. Vit. Phil. IV 57; Hesych. K 484 1 Latte; Etym. Magn. 1 12, 14 s.v. àv't:ijvouc;) testimoniano l'usanza di apporre ramoscelli d'alloro presso le porte delle abitazioni. Cfr. anche PGM IV 2581, 2647, 2649: come è noto, soprattutto nel corso di pratiche magiche, ogni cavi tà corporea era esposta al pericolo, perché poteva fungere da ingresso per eventuali dèmoni (cfr. e.g. PGM IV 1523 ). L'alloro era indossato, infatti, in PGM VII 842, mentre di corone di alloro si parla in PGM II 1 -64; I 262-347. Cfr. Cali. fr. 194 , 28-3 1 Pfeiffer; Plut. Quaest. Conv. 693f; e infine Verg. Ecl. VIII 8 1 sparge molam et

/ragilis incende bitumine laurus.

3 Si noti che secondo Eur. Med. 397 Ecate «abita nei recessi del focolare» (J.lU;(OtS É­ cn:\.m;). Nella fattispecie, è probabile che la histia rappresenti qui l'altare sacrificale (cfr. PGM V 201 ; XII 28), o meglio la eschara, che più si addice a una divinità quale la dea Ecate (cfr. PGM IV 2338): sul ruolo dell'eschara nei culti eroici e ctoni , ved. KEARNS 1 992, pp. 678. Allo stesso modo, la scelta di tale vittima collimerebbe con un contesto purificatorio: cfr. Theocr. XVI 13; Plut. Quaest. Rom. 280b-c, 290d, 29 1 a; e supra, Cap. III, passim. 4 La scelta del cane, che come abbiamo visto era la vittima usuale in onore della dea Ecate (ved. supra, Cap. III, § 2.3 ) , ben si addirebbe anche a un contesto di magia erotica: cfr. ad esempio PGM IV 1434, 1 87 7 , 2006 ss., 2578, 2875, 2943 ss. etc. Sul sacrificio e le modalità sacrificali presenti nei papiri magici, in generale, ved. almeno l'imprescindibile }OHNSTON 2000b, assieme a GRAF 2005 , ZOGRAFOU 2008a, e al più recente PETROVIC 2012a. Sul particolare che la vittima prescelta sia qui un cucciolo (come del resto accadeva nei sacrifici ordinari , ved. supra, Cap. III), cfr. HORDERN 2004, p. 132, il quale ha ragione-

208 Capitolo V chiesta, e un pugnale-2, poi le è condotta la vittima sacrificale, mentre è preparato l'incenso per le purificazioni rituali e le torce sono spen­ te3. All 'improvviso la 'strega' ordina di spalancare le porte\ mentre intima alle 'pazienti' di rimanere in silenzio e di mantenere lo sguar­ do fisso (probabilmente) in direzione della porta5, quando final­ mente inizia la preghiera a una potnia che non può essere altri se non Ecaté, invocazione purtroppo interrotta quasi sùbito dalla mutilità

volmente spiegato tale specificazione alla luce della maggior pregiatezza della carne tenera e giovane di un esemplare ancora giovane, la cui offerta era dunque più preziosa, anche da un punto di vista economico, oltre che simbolico. Su tale particolare, cfr. supra, pp. 142-43 . 1 Sull'utilizzo del bitume (asphaltos), qui probabilmente da intendere come un qualche tipo di resina o di pece, cfr. Phot. s.vv. J.Uapà iJJ.l.Épa (J1439 Theodoridis) e paJlvos (p 33 Theodoridis). Si noti che esso era utilizzato nella purificazione (comica) delle Pretidi de­ scritta da Diphil. fr. 125 K.-A., mentre BURKERT 1992, pp. 6 1 -2 ricorda che il bitume, chia­ mato kupru, è una sostanza purificante anche nei testi accadici. LATrE 1933, p. 261 , sulla base della testimonianza di Plin. Nat. Hist. XXXV 179 (in cui si dice che il bitume era uti­ lizzato come combustibile per le fiaccole) , pensa che nel frammento sofroneo sia utilizzato proprio per le torce. Cfr. Verg. Ecl. VIII 8 1 incende bitumine laurus. Si noti, infatti, che un'intera porzione della Ecloga VIII, vale a dire i vv. 64- 109, sembra direttamente ispirata a Teocrito, e forse al suo stesso modello, cioè Sofrone; non è da escludere che Virgilio, quan­ do si discosta dal modello teocriteo, possa attingere direttamente a Sofrone, magari proprio al mimo da cui proviene il nostro frammento: a tal proposito, ved. LAVAGNINI 1935. 2 Cfr. PGM XIII 92. 3 Come è noto, l'incenso era largamente impiegato come agente purificatorio, e con va­ lori più ampi in contesti magici, per il suo (presunto) legame con il mondo dell'Oltretomba: nella notte di novilunio, non a caso, Ecate ed Ermes erano celebrati bruciando incenso (Porph. Abst. II 16) . Sull'impiego di tale resina in rapporto al culto di Ecate, cfr. anche in­ fra, pp. 409- 10, mentre con preciso riferimento al passo sofroneo che qui interessa, ved. EJ . TREM 1933, p. 22. Per quanto riguarda il particolare delle torce spente, cfr. Eur. Her. 928. 4 Su tale particolare, si può vedere Suid. s. v. MpuçE (8 598 Adler), da leggere assieme a 8 599. Secondo LATrE 1933, p. 262 le porte sono aperte per invitare la dea al sacrificio in suo onore. Sul legame fra Ecate e le porte, in generale, ved. supra, Cap. III, § 3 ; in contesti magici, più nello specifico, si pensi a Theocr. Id. II 60, dove un filtro amoroso è corparso sui battenti della porta dell'amato contestualmente a una preghiera a Ecate, o ancora a PGM IV 2708-84, dove nel corso di un incantesimo erotico si chiede alla dea di mandare l'amato presso la soglia di casa dell'invocante. 5 Interessante il particolare del silenzio rituale, sul quale rinvio a SERAFINI, Silenzio. 6 Nella fattispecie, si potrebbe pensare, sulla scia di EITREM 1 933, p. 23 , a una sorta di 'preghiera magica', di À.Oyota, 2855 à:iòwva\.a, 2242, 2326, 2335 mpta­ po\Jxos, 2340 Tapt 'AytEÀlK� E'ÙX_aptm:OUJ.l.EV 1mÈp crCù'LT\ptm;2 3 ) 8EtCJ? 'AytEÀtK� E'ÙX_aptm:ouJ.l.Ev 1 4) �ù ' Y'!Am:cv Kal. 'AyaS� 'AytÉÀCJ? IQauòws 'AxlÀÀEus Kal. faÀa'Lia ùrip aw'LT\pias p.nà. 'Lwv 'tòiwv Kat 'AvyÉÀCJ? ' Omcv �lKaicv E'ÙX_a­ miV'LCùV xaptm:-ftptov 4 5) ptm:OUV'LES ètvÉm:11crav Òtà. rrpo-ft'Lou 'AÀd;crvòpou Lain11vous. La . . .

divinità alla quale sono offerte queste dediche è chiamata Agghelos, assieme ad attributi quali 'divino', 'buono', 'giusto', e in due di que­ ste dediche è accompagnata da Zeus Hypsistos6• Ora resta da capire chi sia la divinità invocata come Agghelos. Circa mezzo secolo fa, F. Sokolowski pensava che queste dediche fossero offerte alle grandi divinità della regione caria, cioè Zeus ed Ecatel. Tale ipotesi era già stata avanzata svariati anni prima sia da M. Guarducci8 sia da A. Laumonier9, ma costoro non hanno insistito sulla probabilità di questa identificazione, che invece Sokolowski so­ stiene appieno. Per comprendere meglio queste iscrizioni, e per ter­ minare il nostro esame della funzione di tigghelos ricoperta dalla dea Ecate, sarà necessario fare un riepilogo sulla questione, e vedere la problematica delle divinità 'messaggere' anche da un'ottica più gene­ rale. In epoca tarda, come ho più volte accennato, Ecate è spesso as­ similata ad Artemide. Ciò avviene ancora più spesso quando una delle due divinità porta l'epiclesi di Agghelos, perché si crea una confusione fra le funzioni di due divinità che nella fattispecie pos1 Iscrizione su marmo rinvenuta a Eski-hissar, l'antica Stratonicea, e pubblicata da Du­ BOIS l HAlNETIE-BESNAULT 1 88 1 , no 3, p. 1 82 . Sul culto di Ecate a Stratonicea, ved. ora DEBORD 2007, e infra, Cap. VII, § 9. 2 Iscrizione incisa su una piccola base a forma di altare con acroteri, rinvenuta a Eski­ hissar, e pubblicata da LAUMONIER 1934, n° 22, p. 337. Lo studioso offre anche un buon commento, la cui bibliografia è però ovviamente ormai datata e di assai ardua reperibilità. 3 Iscrizione pubblicata da ROBERT 1 935, p. 155. 4 Iscrizione pubblicata da LE BAS l W ADDINGTON 1 870, III, p. 5 15 . 5 Iscrizione rinvenuta in Lidia e pubblicata d a ROBERT 1 958, p. 120. S i noti che i n Lidia non è attestato altrove alcun culto a una divinità chiamata Agghelos. 6 Su Zeus Hypsistos, ved. ora CHATZINIKOLAOU 2010. 7 SOKOLOWSKI 1 960. 8 GUARDUCCI 1 939, p. 35. 9 LAUMONIER 1 934, p. 338-9. Cfr. anche LAUMONIER 1958, pp. 39 1 , 4 1 8-9.

Funzioni, aspettt; epiteti: ayyeÀoç, xOovia e �wa�6poç 283

sono essere ambedue invocate come dee 'messaggere'. Secondo la testimonianza di Esichio (a 391 Latte), Artemide a Siracusa era chia­ mata Agghelos, e la stessa epiclesi le era attribuita sia a Samo sia a Didima: nell'inventario del santuario di Era a Samo si trova del resto la menzione di krédemna e kithones portati dalla dea EùayyEÀic;1 • Alcuni studiosi pensano che quest'ultimo per essere il nome della sa­ cerdotessa, tuttavia sembra più opportuno intenderlo come appella­ tivo della dea Artemide, il cui culto è ampiamente attestato a Samo2. Nei conti dei tesorieri del santuario di Didima, invece, risalenti all'epoca imperiale, troviamo menzione della costruzione di un peri­ bolo dell'Agghelos Cròv 1LEp't�oÀov tils 'AyyÉÀou) l. L'epiclesi di Ag­ ghelos è molto spesso riferita ad Artemide-Ecate, e lo scolio a Teo­ crito che abbiamo già esaminato riporta la trama di un mimo di So­ frone, che in uno scritto intitolato appunto Agghelos tracciava la sto­ ria di questa figlia di Zeus. Come abbiamo visto, lo stesso scoliasta identificava con Ecate questa figlia di Zeus ed Era4• n ruolo di dea 'messaggera' si spiega bene alla luce della fun­ zione di divinità intermediaria ricoperta dalla dea Ecate fin da Esio­ do. Intermediaria fra il mondo divino e quello umano, da un lato, ma anche fra il mondo dei vivi e quello dei morti: in una versione del mito di Persefone testimoniata da Callimaco la stessa Ecate scendeva personalmente agli Inferi per ricondurre in superficie la figlia di Demetra. Senza contare che ancora negli Oracoli Caldei la dea Ecate sarà concepita proprio come un tramite, come un soggetto inter­ mediario, fra il Mondo Sensibile e quello delle Idee5• Non solo. Platone definisce Nemesi, i cui tratti sono molto simili a quelli di Ecate, 'nunzio della Giustizia', �'tiCTls iiyyEÀOS (Leg. 7 17 d) . Inoltre la dea Ecate si fa spesso garante della giustizia e nelle defixiones è comunemente invocata per ristabilire l'ordine vendi1 MICHEL 1 900, n° 83 2, 2 1 -2: 2 Bibliografia in SOKOLOWSKI 1960, p. 227 nn. 26 e 27. 3 WIEGAND / KNACKFUSS / TUCHELT 1958, no 405, 9- 1 1 . 4 Schol. Theocr. Id. II 12b (p. 272 Wendel). 5 Tale carattere di Ecate negli Oracoli Caldei, e nel corpus cosiddetto 'teurgico', è stato messo in luce con chiarezza da }OHNSTON 1 990, p. 61 e passim, alla quale rinvio per qual­ siasi approfondimento.

284 Capitolo VI cando un torto subìto1• Gli scritti orfici, in maniera simile, menzio­ nano degli dggheloi preposti alla vendetta che hanno il compito di punire i peccatori nell'Aldilà (Hymn. Orph. III 9), mentre nel com­ plesso sistema caldaico-teurgico si riteneva che le epifanie degli dèi fossero spesso accompagnate da una folta schiera di 'angeli'2. Infine, un aneddoto sul filosofo Menippo di Gadara ci fornisce un altro ele­ mento di chiarificazione per quanto riguarda i poteri di queste divi­ nità oscure immaginate come intermediarie fra il mondo dei vivi e quello dei morti: si racconta che si spacciasse per essere una delle Erinni con il compito di investigare sui crimini e i misfatti nel mon­ do per farne poi rapporto alle potenze infere e comunicare loro i ri­ sultati delle sue indagini (Diog. Laert. VI 102). Come è noto, l'dgghelos per antonomasia è Ermes. I tragici lo rappresentano come un messaggero che portava le preghiere e le comunicazioni da un mondo all'altro, fra uomini e dèi (e.g. Aesch. Ch. 123 -6; Soph. Oed. Col. 1549; Aiax 832), e in un epitaffio è defi­ nito dgghelos di Persefone ( GVI n 1 883 ) . Del resto, la sua funzione di psicopompo non è che una sfumatura del ruolo di messaggero: in un altro epitaffio leggiamo che Ermes, Ecate, Plutone e Core hanno trasferito il morto in un altro mondo (GVI n° 1916). La stessa Ecate è invocata in un epigramma per proteggere l'inviolabilità della tomo

1 In senso più lato, in Plat. Leg. 913a-914a è nominata una Enodia che sarebbe una sorta di guardiana dell'ordine, alla quale è consacrato tutto ciò che è lasciato al suo posto. Forse è proprio in tal senso che andranno intesi alcuni ammonimenti di tipo igienico: ad esempio, in un'iscrizione proveniente da Efeso si previene chiunque dall'orinare in quel luogo, altri­ menti la dea Ecate si adirerà con lui (IEphesos Il, n° 567 Engelmann-Merkelbach n l ns lì.v wÒE oùpftm, T] ' EKaj"tll aùn� KEix.wÀ.wmt). Per il culto di Ecate a Efeso, cfr. anche IEphesos IV, n° 1233. CARABIA 1 989 si è occupata di un caso simile: si tratta di una pietra recante una rappresentazione di Ecate trimorfa in cui figura un'iscrizione latina di contenuto analo­ go alla precedente (CIL III 1 966 quisqu(is) in eo vico stercus non posu l erit aut non cacauerit

aut non m l iaverit habeat illas propitias l si neglexerit viderit). 2 Ved. e.g. Psell. Hypost. 7 5 , 14-20; Iambl. De Myst. II 4 e I I 7 ; Procl. In Remp. I 9 1 , 19 e II 255 , 20; In Afe. 377, 35 ss.; In Tim. III 262, 12, Porph. ap. Aug. Civ. Dei X 26. In alcuni casi, questi angeli-dèmoni tentavano di spacciarsi per divinità vere e proprie: cfr. e.g. Procl. In Remp. I 9 1 , 19; Eunap. Vit. Soph. 473; Synes. De Insom. 142a; Iambl. De Myst. II 3 e III 3 1 . Sull'argomento, ved. almeno ]ONHSTON 1990, p. 1 2 1 e passim. Cfr. infine anche Aug. Civ. Dei X 1 0, 1 1 e X 16, 1 9, riguardo ad angeli malèfici e dèmoni che fingono di essere dèi.

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ba 1• Infine, nelle de/ixiones sono menzionati molto spesso dei mes­ saggeri dei dèmoni infernali chiamati semplicemente dggheloi kata­ chth6nioi, ai quali si richiede di esaudire una richiesta: con questa definizione si era soliti fare riferimento proprio a Ermes ed Ecate, come specificano alcuni documentF. Ciò accadeva anche nei papiri magici: una prova rilevante è costituita da un nuovo papiro di Ossi­ rinco (Pap. Oxy. 4672), nel quale la dea Ecate è invocata affinché sia dgghelos di chi compie di sortilegio, in altre parole che esegua ma­ terialmente il maleficio. Alla luce di tutto ciò, anche in base alle strette relazioni mostrate con altre divinità messaggere, il dossier del­ le fonti si fa sempre più fornito per ciò che riguarda la funzione di messaggera ricoperta dalla dea Ecate. Si tratta di un aspetto sinora quasi ignorato, ma che mostra invece una ricchezza di testimonianze di cui, forse, sinora non si sospettava neppure l'esistenza.

2. La dea Ecate fra 'ctonio' e 'olimpico'

Come ho più volte anticipato nel corso della trattazione, la dea Ecate è da sempre considerata come uno degli esempi di divinità ctonia per antonomasia. Nelle stesse fonti, non mancano testimo­ nianze letterarie in cui la dea è accompagnata dall'appellativo chtho­ nia, fino ad arrivare alle de/ixiones, in cui la dea possiede quasi im­ mancabilmente l'epiteto in questione3. Tuttavia il dato non è da in­ terpretare con troppa semplicità: x86vtoc; l xSovt.a. non sempre è equivalente al moderno 'ctonio' l 'ctonia' . Risulta necessaria invece una ridefinizione di entrambe le categorie, per stabilire innanzitutto se presso i Greci vigeva già l'opposizione fra 'ctonio' e 'olimpico', e 1 AUDOLLENT 1 904, no 99.

2 De/ Tab. n° 74, 1 -4 Audollent: Kutayp[crcjlw] K(aì.) KCltClt [\.8w] àv[y]ÉÀ[ot6pos Kcrì. i.EpÉtS nùv Xcrpuwv Kcrì. •fts ' AptÉJ.uòos •fts ' E1tt1tlp YI&crs). Sul rapporto fra Ecate, le Cariti ed Ermes Propylaios nell'Acropoli, cfr. ora TOREL­ LI 2010. PALAGIA 2009 ha di recente messo in discussione l'importanza del culto delle Cariti nell'Acropoli, a favore di quello delle N infe, mentre il rapporto che legava Arternide-Ecate Epipyrgidia alle Cariti e a Ermes Propylaios nell'Acropoli è testimoniato dal rilievo delle Ca­ riti che si trovava all'ingresso dell'Acropoli (Paus. I 22 , 8; cfr. anche IX 35, 3): cfr. IG IF 3 664, 3 -4 ' EpJlftS ITuÀlli:TJS K!IÌ. XcrptÒCÙi:lJS· Quest'ultimo titolo era già riferito a Ermes in Hymn. Hom. Merc. XVIII 123, e stando alla testimonianza di Plut. Quaest. Gr. 303 d era una delle epiclesi del dio a Sarno. In un'iscrizione ritrovata a Castabala-Ierapoli, in Cilicia, la dea Ecate, assimilata a Selene e Artemide, è detta pyrph6ros, proprio come l'Arternide­ Ecate Epipyrgidia ateniese: IGR III, n° 903 ( CIL III 121 16) [Èii:E I.] EÀl]VCltl]V Èit' "Apu­ Jll[v l Èiu cr]È, ÒatJlOV, 1tllplj>6pov [Èv tpt]loò6pws, il cui nome deriva chiara­ mente dall'epici esi in questione1• Oltre alla Maloph6ros, le iscrizioni nominano spesso un Meili­ chios. In alcune epigrafi accanto all ' appellativo è presente anche il nome vero e proprio della divinità, vale a dire Zeus Meilichior. A questo dio, chiamato qualche volta anche Soter, era dedicata una piccola area nell'angolo Nord dello spazio sacro. Particolare fonda­ mentale: come nel caso di Demetra Maloph6ros, anche Zeus Meili­ chios sembra essere attestato a Megara Nisea. Possediamo il testo di un'iscrizione, rinvenuta a Megara e oggi purtroppo andata perduta, in cui si leggeva una dedica a uno Zeus Meilichios 'Panfilo': �IOL. MIAIXH1 TIANCI>YA04• Inoltre, è ben attestato in Grecia anche il carattere extra-urbano del culto di questa divinità: ad Atene si cele­ bravano in suo onore delle feste chiamate Didsia, che si svolgevano «fuori dalla città» (e�w -riìs 7r6Àews), come afferma Tucidide, il qua­ le aggiunge che si trattava «della più grande festa in onore di Zeus Meilichios» (I 126, 6)5• Le divinità venerate in questo santuario avevano una forte com­ ponente 'ctonia' . In tutto il sito sono presenti indizì di un culto di questo tipo, dall'altare cavo per far fluire più rapidamente le offerte al suolo, sino ai numerosi b6throi disseminati nell'area sacra6, senza 1 PARETI 1 920, p . 248 e SAMUEL 1969, p. 88. A Bisanzio il culto di Demetra è ben testi· moniato: Dion. Byz. fr. 9 Miiller (Geogr. Gr. Min. Il, p. 28) parla di due templi di Demetra e Persefone, mentre la dea è raffigurata anche in alcune monete (cfr. PARETI 1 920, p. 248). 2 Su Zeus Meilichios a Selinunte, ved. soprattutto la recente monografia di GROTTA 2010, assieme a ROBU 2009. Cfr. anche GABR I CI 1927, pp. 403-5; YAVIS 1 949, pp. 132-5 ; MANNI 1975, p p . 1 80-8; DEWAILLY 1992, pp. 148-50. S i noti che Zeus era venerato come Meilichios in numerose città del mondo greco: ved. PF1STER 1 93 1 , pp. 340-2. 3 L'alternanza (o la presenza simultanea) di queste due epiclesi non è insolita. Si veda ad es. l'accostamento di tali prerogative in Plut. Superst. 1 66d 6 4>p\.nwv ·wùs crwtijpus KUÌ.

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