John Law: teoria e pratica della moneta. In appendice «Considerazioni sulla moneta e il commercio. Con un progetto per fornire moneta alla nazione (1705)» 9788820767679, 9788820767686

Seguito dalla fama ingloriosa - e ingiusta - di "cartalista teorico" e di "pratico bancarottiere", J

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John Law: teoria e pratica della moneta. In appendice «Considerazioni sulla moneta e il commercio. Con un progetto per fornire moneta alla nazione (1705)»
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Table of contents :
Copertina
Frontespizio
Copyright
Indice
Premessa
La teoria monetaria
Il Système
Conclusione
Bibliografia
Appendice - John Law - Considerazioni sulla moneta e il commercio (1705)
Quarta di copertina

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Valerio Longhitano

John Law: teoria e pratica della moneta Documento acquistato da () il 2023/04/27.

In appendice John Law Considerazioni sulla moneta e il commercio Con un progetto per fornire moneta alla nazione

(1705)

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ECONOMIA POLITICA 4

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Valerio Longhitano

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John Law: teoria e pratica della moneta In appendice:

John Law Considerazioni sulla moneta e il commercio Con un progetto per fornire moneta alla nazione

(1705)

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978 – 88 – 207 – 6767 – 9  (a stampa) 978 – 88 – 207 – 6768 – 6 (eBook)

1. Carta-moneta  2. Sistema di Law  I. Titolo  II. Collana  III. Serie Aggiornementi: 25 24 23 22 21 20 19 18      10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

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Indice

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Premessa La teoria monetaria 1. Le banche fondiarie: Briscoe, Chamberlen, Asgill, p. 6; 2. Law: progetto di banca fondiaria per l’Inghilterra, p. 8; 3. Money and Trade Considered, p. 11; 4. L’apologo dell’isola, p. 22; 5. Dall’isola alla società, p. 24; 6. Conclusione, p. 29.

33

Il Système 1. L’ancien régime sociale in Francia: una società di “rente seekers”, p. 33; 2. Finanze, debito, espedienti alla fine del regno di Luigi XIV, p. 40; 3. Come uscire dalla crisi?, p. 43; 4. John Law in Francia: i primi progetti, p. 47; 5. La Banque Générale, p. 49; 6. Verso il Système, p. 54; 7. Dalla Banque Générale alla Banque Royale, p. 56; 8. La Louisiana, p. 59; 9. I motivi di un’opposizione, p. 63; 10. Dopo il 21 maggio 1720, p. 75.

81

Conclusione

85 Bibliografia

Appendice:

91 95 100 113 118 127 138 142 156

John Law Considerazioni sulla moneta e il commercio Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo Capitolo

1 2 3 4 5 6 7 8

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Premessa *

Nella lunga storia delle interpretazioni della teoria e della pratica monetaria di John Law due linee appaiono costanti: una ne fa sul piano teorico un “cartalista ingenuo”, completato, al momento del Système, da un “pratico bancarottiere”, l’altra ne apprezza lo sforzo di individuare un sistema monetario che renda possibile la piena occupazione. Ora, un punto è sempre presente nella produzione teorica e pratica di Law: l’idea che il volume del “commercio” – l’intera attività economica, nel linguaggio settecentesco – dipende dal volume della massa monetaria e dall’uso che di questa si può fare nel creare salari. Per Law, questa massa monetaria trova la sua limitazione assoluta nel costo, per i paesi privi di miniere, della merce metallica di cui essa è generalmente fatta, ma soffre anche di una limitazione relativa a causa del monopolio che ne hanno le classi oziose della società, che la utilizzano per l’alta rendita che essa produce nei prestiti che ne fanno ai produttori e allo Stato. Di queste limitazioni bisognava liberarsi introducendo un tipo alternativo di moneta. Due sono le situazioni nelle quali Law si è confrontato con questo problema: quella della Scozia, dove la mancanza di miniere e una bilancia commerciale in passivo non fornivano il metallo sufficiente a fare moneta, e cioè una scarsità assoluta di moneta metallica, che abbandonava alla carità le masse di poveri presenti nel paese; e quella della Francia, dove la moneta metallica veniva sequestrata, e allontanata dalle attività produttive, da un sistema sociale che premiava l’investimento in rendita finanziaria. Come dare in entrambi i casi, e con strumenti diversi, al sistema economico la quantità di moneta necessaria alla piena occupazione degli uomini e delle risorse? La complessità delle misure prese da Law all’epoca del Système, anche là dove alcuni provvedimenti – le mutazioni – possono sembrare contrari ai principi teorici da lui precedentemente sostenuti, deriva dal tentativo di applicare a una realtà economica più complessa il principio da cui parte la sua analisi monetaria: il problema della piena occupazione. Trascurato da Smith – che conosceva il Système attraverso l’opera

* La prima parte di questo volume traduce il testo – ridotto – della mia tesi di dottorato in Sciences économiques presso l’Université Paris-8. Ringrazio i Proff. Jean Cartelier e Ghislain Deleplace che hanno seguito il mio lavoro come co-directeurs de thèse. (V.L.)

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2  John Law: teoria e pratica della moneta

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di Joseph Pâris-Duverney,1 il maggiore esponente della vecchia finanza francese d’ancien régime – e, sulla sua scia, dall’insieme degli economisti liberali, questo principio è stato considerato centrale – da Melon a Steuart, da Michelet a Blanc, fino a Schumpeter2 – nella valutazione complessiva, teorica e pratica, dell’attività di Law. Questo elemento si cercherà di illustrare, a partire dagli scritti teorici di Law redatti già prima dell’esperienza del Système. Si cercherà di spiegare in questo saggio in quali termini – e a partire da quali osservazioni della realtà anglosassone – Law ha concepito originariamente caratteri e motivazioni della sua teoria monetaria, e come poi ha cercato di mettere in pratica questi principi nell’esperienza – francese – del Système.

1

Adam Smith si è occupato inizialmente di Law nelle Lectures on Justice, Police, Revenues and Arms [1896, pp. 211-218]. Law, secondo Smith, confondeva la ricchezza con la quantità di moneta e considerava arbitrario il valore di quest’ultima. Egli ribadirà questo giudizio nella Ricchezza delle nazioni [2009: 435 ss.] dove, tuttavia, sembra interpretare il “plan Mississippi” del Système come fondato sui principi d’una banca fondiaria. 2 Melon ha difeso la politica monetaria di Law all’epoca del Système, come strumento degli interessi della produzione contro la rendita usuraria, nell’Essai politique sur le commerce [Seconda edizione, 1736]. James Steuart ha celebrato il “superior genius” del Law teorico della moneta e ha difeso la politica monetaria del Système nel libro IV [parte II, capitoli XXIII-XXXIV] dell’Inquiry into the Principles of Political Oeconomy (cfr. Longhitano [2014: 47-66]). Jules Michelet parla di un Law “démocrate et républicain”, il cui tentativo avrebbe potuto far entrare il mondo “dans un immense jeu où l’Humanité même eût gagné la partie” [Histoire de France, vol. XVII, pp. 130 e 155]. Louis Blanc ne fa addirittura un precursore del socialismo e parla della sua politica monetaria all’epoca del Système come mirante a far sì che non restasse più nel regno di Francia “ni un seul produit stagnant ni un seul bras inoccupé” [Histoire de la Révolution française, 1847-1862, I, 235]. Il giudizio di Schumpeter è in due opere postume: Storia dell’analisi economica [I: 358-359] e Théorie de la monnaie et de la banque [I, 92 ss.].

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La teoria monetaria

Tra XVI e XVII secolo, l’economia europea conosce cambiamenti epocali. Alle limitate capacità monetarie rese possibili dalle ormai ridotte risorse minerarie europee e ai difficili rifornimenti consentiti dall’oro africano – l’oro del “Sudan” – si sostituisce da allora un afflusso poderoso e continuo di oro e argento proveniente dal saccheggio e dallo sfruttamento delle miniere del continente americano. Questo afflusso non solo rafforza la dimensione monetaria dell’economia europea, ma consente anche all’Europa di diventare un più consistente partner commerciale dell’Asia. Esso cambia, inoltre, i contenuti della riflessione sulla natura della ricchezza e sul ruolo della moneta nella produzione della ricchezza stessa. In un’economia che sta diventando sempre più monetarizzata, la moneta non è più solo segno di ricchezza in quanto in sé strumento di accumulazione: è ormai sempre di più strumento di mobilitazione dell’attività produttiva e del commercio. Se, nel passato, l’attenzione degli scrittori e quella dei sovrani era rivolta ad impedire a pari titolo l’esportazione di beni e quella di moneta, ora, negli Stati che non dispongono di risorse minerarie, la preoccupazione diventa quella di poter esportare beni per procurarsi moneta.1 E gli Stati nazionali, tra loro in concorrenza, venuta meno l’idea medievale della socialitas che legava l’intera res publica christiana, devono utilizzare tutti i loro mezzi per procurare moneta alla propria nazione.2 La moneta circola, facilitando la produzione e il commercio e alimentando il fisco. Alla ricchezza delle nazioni appare sempre più legata, così, la potenza degli Stati. Il commercio internazionale è la sede nella quale ha luogo un conflitto per l’acquisizione di moneta che assume i caratteri di una vera e propria guerra: una guerre d’argent. La moneta serve a valorizzare il lavoro umano, fonte 1 «Medieval economic policy was dominated […] by an unreflective bias toward “surplus” in general, and this it wanted in money and goods alike. The mercantilists recognized that they had to decide between the two and, for a two-fold reason, they fanatically adopted the first alternative.» Heckscher [1962: II, 178]. Da buon liberale, Elie Heckscher assimila questa posizione a quella napoleonica relativa al blocco continentale, tesa a far sì che «the enemy could be ruined by supplying him with goods which he would have to pay for in money». 2 Larrère [1992: 95 ss.].

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4  John Law: teoria e pratica della moneta

della produzione di beni, i cui surplus esportabili servono a rifornirsi ancora di moneta. Si scopre così che la bilancia attiva è segno di una maggiore capacità di esportare beni, capacità che si collega alla possibilità di realizzare una più piena occupazione degli uomini: la bilancia commerciale è in fondo una bilancia del lavoro. Giustamente John Maynard Keynes ha messo in rilievo come sia caratteristica di questo periodo l’attenzione degli scrittori di economia ai principi della piena occupazione.3 Permane sì, in alcuni, un’impostazione “bullionista” ingenua, che vede nella moneta – nella moneta d’oro e d’argento – la ricchezza. Ma la riflessione di gran lunga più interessante – e nuova – è quella che vede nel lavoro, e dunque nella piena occupazione degli uomini, sede e scopo dell’utilizzo dello strumento monetario al fine di produrre ricchezza. Questa direzione della riflessione economica è tipica – non senza ragione – del pensiero economico anglo-sassone. Infatti, proprio in Gran Bretagna, una massa di poveri, senza occupazione, è emersa – per via delle enclosures – come effetto d’un processo di trasformazione in corso dei rapporti sociali. Come si poteva venire a capo di una povertà che non era, come nel continente, un dato residuale di un sistema economico stagnante, ma il prodotto di un meccanismo di sviluppo che stava cambiando in positivo, peraltro, i rapporti di produzione nelle campagne espellendo i contadini dalle terre? Come inventare nuove attività produttive per impiegare masse di poveri che tali erano diventati per effetto della loro espulsione dai nuovi processi produttivi? Alle esigenze popolazioniste che il pensiero economico dell’epoca porta avanti si accompagna così quella di mettere al lavoro anche quella parte della popolazione già esistente, finita ai margini del processo produttivo, che rischiava di sottrarre risorse al paese emigrando nelle colonie.4 Ma come procurarsi i mezzi – monetari – per pagare i salari del lavoro se la massa monetaria in un paese era limitata – perché esso non disponeva di miniere – e coloro che la detenevano se ne facevano pagare caro l’uso? E come riuscirvi soprattutto quando il sistema economico – come in Scozia – non era in grado di procurarsi metalli monetabili con una bilancia commerciale attiva a fronte di un’ampia riserva di risorse umane inoccupate? 3

Keynes [2006: 528 ss.]. «Il problema dei poveri – il loro numero, le loro possibilità di lavoro, le abitudini, l’organizzazione e l’amministrazione – assorbì l’attenzione di dozzine di scrittori tra il 1660 e il 1690. Il più significativo cambiamento d’opinioni circa i poveri fu la sostituzione del concetto di sovrappopolazione che era diffuso al principio del secolo con il timore di un possibile arresto demografico alla fine. In un certo periodo mandare gente nelle colonie era sembrato una soluzione per ridurre il surplus di bocche da sfamare, ma dopo il 1660 l’emigrazione subì più critiche che elogi.» Appleby [1983: 147]. L’esigenza di dare lavoro ai poveri s’intrecciava con la riflessione sul destino della Poor Law. 4

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La teoria monetaria 5

L’idea di ricorrere a un tipo di moneta la cui materia non costasse quanto l’oro e l’argento e che – almeno all’interno – potesse circolare in concorrenza con la moneta metallica nasceva da queste esigenze. Non che il credito fosse inesistente nell’Europa già alla fine del secolo XVII. Ma a risolvere il problema di una creazione monetaria adeguata a quei progetti non bastava certo il credito che potevano concedere gli orafi. E non bastava neanche quello delle banche esistenti, come la stessa Banca d’Inghilterra,5 anch’esse limitate alle riserve metalliche di cui disponevano e con un raggio d’azione fondamentalmente cittadino. Bisognava che questa nuova moneta, che doveva circolare in concorrenza con la moneta metallica, disponesse di garanzie che la facessero accettare al pari della moneta metallica senza che si deprezzasse di fronte a quest’ultima. Non mancavano esempi di moneta alternativa. Ma, garantita personalmente soprattutto dagli orafi, essa circolava entro cerchie assai ristrette – quelle dei commercianti – cementate dalla fiducia reciproca. Come garantire una moneta – cartacea – emessa al di là di quanto le riserve metalliche ne consentivano, che potesse essere accettata nella nazione alle stesse condizioni della moneta metallica? La moneta metallica era garantita dalla merce – oro o argento – di cui era costituita. Tra la fine del secolo XVII e l’inizio del XVIII, in presenza di una realtà bancaria limitata, diversi autori di progetti monetari in Gran Bretagna volsero la propria attenzione all’idea delle banche fondiarie.6 Non era la terra un pegno più stabile in valore del metallo monetato? Non si poteva creare moneta cartacea a fronte di una garanzia in terra piuttosto che in metallo? Non diventava così possibile – considerata la grande disponibilità di terra – emettere moneta a piena concorrenza dei bisogni dell’attività economica, senza subire le limitazioni di cui soffrivano paesi come la Scozia, che non avevano miniere e non potevano procurarsene con una bilancia commerciale attiva? Non era possibile anche per questa via rendere il credito più facile ai produttori e diffonderlo nelle campagne, abbassando – senza ricorrere a provvedimenti legali sul saggio d’interesse – le pretese dei possessori oziosi di moneta metallica che la prestavano solo in presenza di alte remunerazioni?

5

«In its origin it was not only a finance company, but a Whig finance company. It was founded by a Whig Government because it was in desperate want of money, and supported by the City because the City was Whig.» Bagehot [1873: 80]. 6 Horsefield [1960: cap. 16 e 17].

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6  John Law: teoria e pratica della moneta

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1. Le banche fondiarie: Briscoe, Chamberlen, Asgill Già alla fine del secolo XVII, una significativa produzione di progetti di banche fondiarie vede la luce in Inghilterra e in Scozia. Qui ci limiteremo a ricordare i progetti di Briscoe, Asgill e Chamberlen. John Briscoe presenta un progetto di banca fondiaria nel 1694, mosso dall’idea che i prestiti presso la Banca d’Inghilterra fossero onerosi e che ci fosse necessità d’una soluzione differente.7 Nel 1696, appariva un pamphlet intitolato Several Assertions Proved, in Order to Create another Species of Money than Gold and Silver, il cui autore era John Asgill.8 Si trattava di venti Assertions che spiegavano l’origine della moneta e l’importanza di «finding out another Species of Money than Gold and Silver». Questo nuovo tipo di moneta doveva essere fatto «of something that hath all the Qualities of Money».9 La conclusione era chiara: «The securities on Lands are capable of all the Qualities of

7 «Briscoe’s plan can be summarised as follow: 20 Commissioners, at salaries of £1,000 each were to be appointed – four by Their Majesties, six by the House of Lords, and ten by the Commons. There were also to be 25 Directors chosen by the Members – remuneration unspecified. The expenses of the Office were to be met by a charge of £ 1 per £1,000 lent to the Government, and 10s. % on loans to private individuals. Freeholders and copyholders were to be invited to settle their lands with the Commissioners, who would issue bills of credit upon the security of the land, up to 20 times its annual value. These bills, if lent to the Government, would earn interest at 3%, payable to the landowner, or they could be borrowed by the landowner himself, at no charge beyond the 10s. % for expenses.» Horsefield [1960: 181-182]. Briscoe è l’autore di A Discourse on the Late Funds of the Million-Act, Lottery-Act, and Bank of England. Schewing, that they are Injurious to the Nobility and Gentry, and ruinous to the trade of the nation. Together with proposals for supplying their Majesties with money on easy terms, exempting the Nobility, Gentry, &c. from Taxes, enlarging their yearly estates, and enriching all the subjects in the Kingdom. La seconda edizione, “with large addition”, è ristampata in Monetary Theory 1601-1758, vol. III, pp. 225-329. 8 Le Several Assertions sono state ristampate da Antoyn E. Murphy in Monetary Theory…, vol. III, pp. 333-358. 9 «Money hath these several Qualities: First, The Mettal of which it is made is Valuable, from the other Uses made of it; for Silver and Gold do not receive their value from being made Money, but Money receives its value from being made of Silver and Gold […]. The second Quality of Money is Durableness and Incorruption, which is also Necessary, The Third Quality is Divisibleness into greater or lesser pieces […]. Fourthly, The Value of each piece is certified by the stamp […]. Fifthly, The Title thereof is readily transferrable; the Delivery only makes it a Title […]. Now all these qualities being Necessary to Money, nothing that wants either of these qualities can be Money, Therefore this Species must be made of something that hat all these Qualities. That whatever is capable of all these Qualities of Money, is capable of being made Money.» [Ibidem: 337-338].

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La teoria monetaria 7

Money, and therefore they are capable of being made Money».10 La terra aveva «a real Value, from the other Uses made of them»; era «durable and incorruptible»; le sue Securities erano «divisible into greater or lesser Summs»; il valore di ogni Security poteva essere «certified by a stamp given to it»; i titoli di queste Securities erano «transferrable, by delivery only».11 E infine:

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«That these Securities of Lands being thus formed into the Qualities of Money, it is in the Power of the Owners of the Lands themselves to make these Securities to be Effective and Lawful Money of England, By reserving the Rents of their Lands payable in them.»12

Il più prolifico di questi promotori di banche fondiarie sarà però il dottor Hugh Chamberlen.13 I suoi progetti, destinati all’Inghilterra e alla Scozia, saranno numerosi. La banca che Chamberlen propone nel 1703 al Parlamento di Scozia deve emettere carta-moneta su ipoteca in terra, fornendo ai proprietari un credito destinato a estinguersi in 45 anni, con pagamenti annuali uguali al 2,25% del capitale. Della somma totale, 540.000 sterline, 140.000 sarebbero state destinate all’istituzione di una work-house, dove 5.000 poveri sarebbero stati impiegati in lavori di manifattura, che avrebbero prodotto un reddito di 50.000 sterline. Il resto, 400.000 sterline, sarebbe stato «appropriated for satisfying the subscribers for their Land, setled for a Fund for this Credit: and for the Support of the Office, which necessarily must 10

Ibidem, p. 338. Ibidem. 12 Ibidem, p. 339. 13 «Born about 1630, [Chamberlen] had a distinguished medical career, becoming Physician in Ordinary to King Charles II in 1673, in succession to his father; and prospering with the aid of the gynaecological forceps which were a family secret until 1702. [….] Chamberlen’s interest in banking schemes was perhaps hereditary. His father, Peter Chamberlen, M.D., has advocated one in 1649. His brother Paul petitioned Parliament at least twice, apparently in support of another. Hugh Chamberlen himself seems to have been interested in Lumbard Banks from 1665, but his writings on Land Banks, by which he is better known, did not begin until about 1690.» (Horsefield [1960: 156]). Il testo del progetto di banca fondiaria proposta da Chamberlen al Parlamento di Scozia nel 1693 (Papers, Relating to a Bank of Credit, upon Land-Security Proposed to the Parliament of Scotland, Edinburgh, Anderson, 1693) è stato ristampato recentemente in Monetary Theory 1601-1758, vol. III, pp. 65-85. Nella stessa raccolta (vol. IV, pp. 233-240) è stato ristampato il progetto (1704) di Hugh Chamberlen e James Armour d’una banca fondiaria per l’Inghilterra: Proposal by Doctor Hugh Chamberlen, and James Armour, for a Landcredit. Si trova in Horsefield [1960: 156 ss.] una storia dell’evoluzione del pensiero di Chamberlen in materia di banche fondiarie attraverso i suoi numerosi progetti. Ovunque, la forma di restituzione del debito alla banca sembra inadeguato. Horsefield cita diverse obiezioni dei contemporanei, simili a quelle che saranno di Law, su questo punto. 11

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8  John Law: teoria e pratica della moneta

be very Expensive, being the Life and Soul of the whole Design».14 Che questo biglietto rischiasse, tuttavia, di deprezzarsi doveva essere chiaro a Chamberlen: per evitare che questo avvenisse, l’autore pensava di imporlo col corso forzoso.

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2. Law: progetto di banca fondiaria per l’Inghilterra Nel mezzo di questi dibattiti e di queste esigenze, anche John Law si farà autore, nei primissimi anni del XVIII secolo, di un progetto di banca fondiaria per l’Inghilterra. Si tratta di un testo che Antoin Murphy recentemente ha ritrovato e pubblicato.15 Ciò che sembra strano in questo testo – che Murphy data negli anni 1703-1704 – è il fatto, sottolineato dallo stesso Murphy, che esso non accenna ad uno degli elementi che faranno, un anno dopo, la forza di Money and Trade Considered, il più importante scritto teorico di Law, e che sarà costante in tutti gli scritti successivi dello stesso autore: il legame tra moneta, attività economica e piena occupazione. Scopo dello scritto è quello, più limitato, di individuare un tipo di moneta che offra maggiore comodità e più grande stabilità in valore rispetto alla moneta metallica. Si tratta di trovare un mezzo di misura dei valori che abbia in sé un valore, e che non veda questo valore – come nel caso dei metalli, nel corso dei secoli che avevano visto la rivoluzione dei prezzi – modificarsi nel tempo. Al di là dei cinque requisiti – certezza della qualità, facilità di trasporto, valore uguale in diversi luoghi, facilità di conservazione e divisibilità – che lo rendevano adatto al ruolo di moneta, l’argento presentava alcuni inconvenienti: utilizzato come moneta, non poteva essere destinato nello stesso tempo ad altri usi e perdeva valore sul lungo periodo, perché la sua quantità aumentava rispetto alla domanda, e il suo valore diminuiva a causa del carattere cumulativo della sua produzione. Un altro problema, per i paesi che non disponevano di miniere, era anche il suo costo. Fatta di metallo che ha un suo valore, la moneta è segno e insieme anche pegno dei valori delle altre merci. Ora, si potevano separare queste due funzioni, utilizzando come rappresentazione un materiale che non fosse troppo costoso e come pegno qualcosa di disponibile e di meno instabile dell’argento? Come Briscoe e gli altri, anche Law individua questo bene nella terra. Per lui, la superiorità della terra rispetto ai metalli, come pegno della moneta, consiste nella sua ampia disponibilità, nel valore più stabile nel tempo rispetto a quello dei metalli, nel fatto che essa non perde i suoi usi quando la si utilizza come moneta.

14 15

Chamberlen, cit. in Horsefield [1960: 176]. John Law’s Essay on a Land Bank, edited by Antoin E. Murphy Dublin, Aeon Publishers, 1994.

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La teoria monetaria 9

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«Money is used as the measure by which goods are valued, as the value by which goods are exchanged, in which contracts are made payable and payments are made.»16

Per Law, la moneta è la proporzione di valore che i beni hanno gli uni in rapporto agli altri. Essa è la misura per mezzo della quale sono valutati i beni consegnati in luoghi diversi.17 Ma da dove deriva il valore dei beni? Il valore dei beni non deriva dalla loro necessità, ma dal rapporto tra la loro quantità e la loro domanda. Per dimostrarlo, Law fa valere il paradosso dell’acqua e dei diamanti.18 Poiché il valore di un bene è fissato sulla base della sua quantità, della sua domanda e della sua qualità – che aumenta il valore di un bene rispetto a un altro dello stesso tipo –, questo valore cambia se cambiano qualità, quantità e domanda di esso. Questo vale per tutti i beni, compresi i metalli da cui si fa moneta. Se l’argento è meno puro, esso vale di meno. Se l’argento è più abbondante della domanda, esso vale meno, a parità di peso e finezza, di quanto valeva quando era più raro. Se la domanda d’argento è più grande, a parità di peso e finezza, esso vale di più di quando la domanda era minore. Benché l’argento possa essere portato a un alto grado di purezza, esso può vedere questa qualità diventare incerta a causa delle manipolazioni monetarie dei sovrani. La quantità dell’argento può variare a causa della produzione delle miniere e dell’uso che se ne fa. La domanda d’argento varia in funzione degli usi e delle occasioni. Più questi usi e queste occasioni aumentano, più l’argento deve valere. Negli ultimi duecento anni – afferma Law – le occasioni e la domanda d’argento sono aumentate. Ma la quantità d’argento è aumentata ancor più della domanda. Lo prova il fatto che nel corso di duecento anni, la stessa quantità d’argento che prima poteva acquistare una terra al momento può acquistarne non più di 1/57.

16

Law [1994: 55]. «100 tun of wine is delivered at Bordeaux to the order of a merchant in London, and the value is desired to be delivered in cloth at London to the order of the merchant in Bordeaux. The wine cannot be valued by the quantity of cloth it is worth at Bordeaux, nor the cloth by the quantity of wine it is worth at London, for cloth is dearer at Bordeaux than at London and wine is dearer at London than at Bordeaux. The way to Know what quantity of cloth at London is equal in value to the wine at Bordeaux is by the quantity of money each is worth at the place it is delivered. If the 100 tun of such wine as is delivered at Bordeaux be worth there £1,000 and 40 pieces of the cloth delivered in return be worth at London £,1000, then 40 pieces of such cloth is to be given at London for 100 tun of such wine at Bordeaux.» Ibidem, pp. 55-56. 18 Law [1994: 57]. 17

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10  John Law: teoria e pratica della moneta

Perché una moneta possa essere uno strumento di misura dei valori e valore nel quale i contratti sono pagati, occorre che

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«by it the value of goods in the same or different places may be measured and that both he who is to pay and he who is to receive may be certain that the sum contracted for shall be of the same value at the time of payment that is was of when the contract is made and that the payment shall be made in pieces of money whose value is of the same proportion to the denomination with the other pieces.»19

Law sottolinea il fatto che molte nazioni che praticano il commercio considerano il biglietto garantito su pegno come un mezzo più pratico e più comodo delle monete d’argento nella loro utilizzazione come moneta. Egli cita, per l’Inghilterra, i biglietti di banca e degli orafi, e fa osservare che in Olanda sono utilizzati i biglietti per i pagamenti: l’argento vi è utilizzato esclusivamente come pegno. In tutti i casi, si è più sicuri del pegno se si fa esercitare questa funzione alla terra che all’argento. Law sottolinea la superiorità di una moneta-terra sulle “bank notes or goldsmiths notes”, in quanto la banca e gli orafi possono non essere in grado di rispondere a tutte le domande di rimborso, quando i biglietti emessi superano di molto l’ammontare delle monete metalliche in cassa. Cosa che non può avvenire quando a garantire il biglietto è la terra e l’emissione è pari al valore della terra ipotecata. Law spiega chiaramente i vantaggi della terra rispetto all’argento. Essa è più qualificata dell’argento perché è soggetta a una pressione sulle sussistenze che provoca un aumento del suo valore: il contrario di ciò che è avvenuto per l’argento, che sembra destinato a perderne ancora in avvenire. «Land will in appearance rise in value being yet capable of improvements and as the demand increases the quantity being the same. Silver will in all appearance fall in value by increasing in quantity, the demand not increasing in proportion, for the increase of the quantity does not depend on the demand.»20

L’argento può perdere ancora del suo valore se perde qualcuno dei suoi usi, o come moneta o come metallo. La terra non può perdere alcuno dei suoi usi. «It is to be considered that silver has received an additional value from the uses of money which is evident by supposing silver to be no more used as money, for then, the demand for silver decreasing, its value would decrease.»21

19

Law [1994: 61]. Law [1994: 66]. 21 Ibidem, p. 82. 20

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La teoria monetaria 11

La terra, utilizzata come moneta vedrà dunque il suo valore aumentare. Così, una moneta garantita dalla terra, e rappresentata da un supporto poco costoso come la carta, è una moneta superiore alla moneta metallica. Ma come si può passare alla creazione di una moneta garantita dalla terra? Su questo punto le idee di Law sono in pieno disaccordo con quelle dei suoi concorrenti.22 Questo disaccordo diverrà esplicito un paio d’anni dopo in Money and Trade Considered.

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3. Money and Trade Considered Il progetto, illustrato in Money and Trade considered, apparso nel 1705, in occasione di un dibattito aperto da Chamberlen sull’istituzione d’una banca fondiaria in Scozia, è l’occasione, per Law, di esporre una complessa teoria della moneta. Questa teoria – Law deve aver riflettuto profondamente sulle tesi di Locke, che aveva trovato una via originale per ritornare al bullionismo23 – nasce dalla riflessione sui meccanismi di funzionamento del mercato. Il progetto ha uno scopo: «to Remedy the Difficulties the Nation is under from the great Scarcity of Money».24 L’esigenza è di avere più moneta di quanta ne consentissero l’oro e l’argento, ma che avesse lo stesso valore della moneta metallica e che circolasse in parallelo con essa. Ora, per determinare il modo più vantaggioso e praticabile per provvedervi, sembra necessario a Law «1. That the Nature of Money be inquired into, and why Silver was us’d as Money preferable to other Goods. 2. That Trade be considered, and how far Money affects Trade. 2. That the Measures have been us’d for preserving and Increasing Money, and these now propos’d be examin’d.»25

La maniera in cui le cose derivano il loro valore dagli usi ai quali le si applica è spiegato negli stessi termini dell’Essay. Ciò che è essenziale, nella determinazione

22 Chamberlen, in particolare, aveva proposto per l’Inghilterra l’istituzione di una banca fondiaria che avrebbe dovuto emettere biglietti garantiti dalla terra per un ammontare di 10.000 sterline, da estinguere con pagamenti annuali di 100 sterline per 100 anni. Sul progetto di Chamberlen si veda Horsefield [1960: 158 ss.]. 23 Sul ritorno di Locke al bullionismo, si veda Appleby [1983: 215-259]. 24 Law [1934: I, 2] 25 Ibidem.

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12  John Law: teoria e pratica della moneta

di questo valore, è il rapporto tra la quantità e la domanda.26 Ma, per lo stesso tipo di merce, interviene anche la differenza di qualità. Il paradosso dell’acqua e del diamante è qui ripreso. Detto questo, Law passa alla moneta e al ruolo che la sua introduzione ha avuto nell’evoluzione delle società e nel superamento del baratto. Il baratto era l’unica modalità di scambio delle merci prima che fosse conosciuto l’uso della moneta. Il procedimento era «inconvenient, and disadvantageous»”27: non era facile, per colui che voleva scambiare le sue merci, trovare la persona che ne avesse bisogno e che detenesse nello stesso tempo quelle che a lui interessavano; c’era incertezza nei contratti pagabili in merci, perché le merci della stessa specie erano differenti in qualità e quindi in valore; non c’era alcuna misura in grado di far conoscere il rapporto di valore che le merci avevano in generale tra di loro. Gli scambi erano difficili, il commercio era raro e gli artigiani poco numerosi. I proprietari coltivavano le terre per la sussistenza e per i bisogni delle proprie famiglie, si procuravano per baratto i beni che le loro terre non producevano e facevano le riserve per le sementi e le provviste per le cattive annate. Molte terre restavano incolte. L’argento, come metallo, aveva, nel baratto, come le altre merci, un valore in ragione degli usi che allora se ne facevano. L’argento differiva dall’argento in ragione del grado di purezza. Tuttavia, esso aveva le qualità che lo rendevano adatto all’uso di moneta: lo si poteva ridurre allo stesso grado di purezza, lo si poteva trasportare, aveva lo stesso valore ovunque, era durevole, poco voluminoso e conservabile senza sfrido e senza spesa, lo si poteva dividere in parti che, sommate, conservavano il valore dell’intero. Non è illogico pensare che l’argento, in lingotti, prima di essere coniato, fosse utilizzato come moneta. Esso era la misura in base alla quale le merci venivano valutate, nonché il valore contro il quale esse venivano scambiate e nel quale erano stipulati pagabili i contratti. I principi l’avevano dotato d’un’impronta che ne garantiva il peso e la finezza, senza che fosse necessario ogni volta pesarlo ed affinarlo. Ci si è serviti dell’argento come moneta – conclude Law – perché ci se ne serviva già allo stato di lingotto. Non era stato, dunque, come aveva affermato Locke, «the general Consent of Men» ad assegnare «an imaginary Value upon Silver, because of its Qualities fitting it for Money».28 L’argento era una merce il cui valore derivava dagli usi che 26 Law contesta qui Locke, che faceva dipendere il valore delle cose dal rapporto tra la quantità e la vendita, precisando che la vendita delle merci non può superare la loro quantità, cosa che può fare, invece, la domanda. Si veda Law [1934: I, 5]. 27 Law [1934: I, 4]. 28 «I cannot conceive how different Nations could agree to put an Imaginary Value upon any thing especially upon Silver, by which all other Goods are valued; Or that any one Country would receive that as a Value, which was not valuable equal to what it was given for; Or how that Imaginary Value could have been kept up.» Law [1934: I, 10].

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La teoria monetaria 13

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se ne facevano e dal rapporto tra la quantità e la domanda. A farlo utilizzare come moneta era stato il suo valore di merce. L’uso monetario gli ha attribuito – come all’oro e al rame – un valore addizionale. L’introduzione della moneta ha diminuito gli svantaggi e gli inconvenienti del baratto. Essa ha fornito uno strumento generale di misura dei valori e ha facilitato gli scambi. Da allora, tutte le merci hanno potuto essere convertite in moneta eguale al loro valore. Da qui, Law passa al commercio: commercio interno e commercio estero. Egli definisce rami e modalità del commercio e spiega come l’introduzione della moneta ne ha facilitato lo sviluppo. Ne conclude che «Domestick Trade depends on the Money» e che «a greater Quantity employes more People than a lesser Quantity».29 Non bastano le buone leggi a produrre il successo nell’impiego degli uomini. L’occupazione dipende dalla quantità di moneta: «Good Laws may bring the Money to the full Circulation ’tis capable of, and force it to those Employments that are most profitable to the Country: But no Laws can make it go furder, nor can more People be set to Work, without more Money to circulate so, as to pay the Wages of a greater number. They may be brought to Work on Credit, and that is not practicable, unless the Credit have a Circulation, so as to supply the Workman with necessaries; If that’s suppos’d, then that Credit is Money, and will have the same effects, on Home, and Forreign Trade. An Addition to the Money adds to the Value of the Country.»30

Sia il commercio, sia la crescita della popolazione dipendono dalla moneta. Solo una circolazione monetaria adeguata può permettere che le materie prime siano esportate manufatte. Dalla quantità di moneta esistente nel paese dipende la quantità dei salari che possono essere pagati, permettendo ai poveri e agli oziosi «to live better, and to bear a share in the Publick with the other People».31 Gli uomini hanno un valore: definito – sulla base dei calcoli di William Petty – 20 volte il suo salario annuale, un uomo che guadagna 40 scellini al mese vale 480 sterline e rappresenta una ricchezza equivalente per il paese.32 Il valore del paese è legato a questo valore degli uomini. La ragione per la quale la Scozia faceva un commercio poco significativo derivava dal fatto che essa disponeva d’una massa monetaria molto ridotta. La sua agricoltura non era capace di migliorie e le manifatture vi erano assenti. Le esportazioni si facevano quasi esclusivamente su prodotti che costavano meno che altrove e che, venduti

29

Law [1934: I, 14]. Law [1934: I, 14 e 16]. 31 Law [1934: I, 16]. 32 Ibidem, p. 24. 30

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14  John Law: teoria e pratica della moneta

all’estero, procuravano buoni profitti solo ai mercanti. Queste difficoltà nel commercio estero avevano reso la bilancia della Scozia deficitaria e il cambio sfavorevole. Il tasso d’interesse era più alto che presso i paesi concorrenti. Ora, il livello di questo tasso dipendeva dal rapporto tra la quantità di moneta circolante e la domanda. L’idea che una riduzione legale del tasso d’interesse potesse migliorare l’estensione del commercio, proposta da alcuni, su ispirazione di Child, non sarebbe servita a nulla e avrebbe presentato diversi inconvenienti. Tutt’altro effetto avrebbe avuto un abbassamento derivante da una maggior quantità di moneta circolante. La Scozia aveva tali vantaggi da poter fare concorrenza all’Olanda anche con un tasso d’interesse più alto del 3% se la moneta vi fosse in quantità adeguata alla domanda. Ma com’era possibile aumentare la massa monetaria? Quali iniziative avevano preso i governi per aumentarla o per conservarla? Avevano senso le manipolazioni a cui diversi sovrani avevano sottoposto le monete nazionali? «Some Countries have rais’d Money in the Denomination, when others have lower’d it; Some have allay’d it, when others who had allay’d it have rectified it; Some have prohibit the Export of Money under the severest Penalties, when others have by Law allowed it to be exported; Some thinking to add to the Money, have obliged Traders to bring home Bullion, in proportion to the Goods they imported. Most Countries have try’d some or all of these Measures, and others of the same Nature, and have tryed contrary Measures at one time, from what they us’d immediatly before, from the Opinion, that since the Method used had not the effect design’d, a contrary would: Yet it has not been found, that any of them have preserv’d or increased Money; but on the contrair.»33

Non c’era da aspettarsi effetti apprezzabili dalle manipolazioni monetarie e dagli ostacoli all’esportazione dei metalli. Le prime erano ingiuste perché penalizzavano o i debitori o i creditori e destabilizzavano i contratti. I secondi nuocevano alla regolarità del commercio. Solo le banche avrebbero potuto aumentare realmente la massa monetaria. Tuttavia, quelle che emettevano biglietti in presenza d’una quantità equivalente di moneta metallica non erano di grande utilità: «Credit that promises a Payment of Money, cannot well be extended beyond a certain proportion it ought to have with the Money.»34

Ora, la Scozia possedeva «so little Money, that any Credit could be given upon it, would inconsiderable».35 La bilancia deficitaria, d’altronde, non permetteva di 33

Law [1934: I, 46]. Law [1934: I, 82]. 35 Ibidem. 34

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La teoria monetaria 15

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pensare che essa potesse aumentarla per la via del commercio estero. Per aumentare la sua massa monetaria bisognava abbandonare l’idea che la moneta dovesse essere costituita esclusivamente di metallo. Se le considerazioni fatte a proposito della natura della moneta e della maniera in cui i metalli son diventati tali erano valide – visto che «There was nothing of Humour or Fancy in making Silver to be Money» – se ne doveva dedurre che «any other Goods which have the Qualities necessary in Money, may be made Money equal to their Value, with Safety and Convenience».36 La conclusione era chiara: «I shall endeavour to prove, that another Money may be Establish’t, with all the Qualities necessary in Money in a greater degree than Silver; with other Qualities that Silver has not: And preferable for that Use, tho Silver were the Product of Scotland. And that by this Money, the People may be Employ’d, the Country Improv’d, Manufacture Advanc’d, Trade Domestik and Forreign be carried on, and Wealth and Power attain’d.»37

Questa moneta non avrebbe avuto i difetti della moneta metallica. Essa sarebbe stata adatta a svolgere il ruolo di moneta, che è per Law «the Measure by which Goods are Valued, the Value by which goods are Exchanged, and in which Contracts are made payable».38 Bisognava liberarsi dell’idea che la moneta dovesse essere – in sé – un pegno (a pledge). «Money is not a pledge, as some call it. It’s a Value payed, or Contracted to be payed, with which ‘tis supposed, the Receiver may, as his occasions require, Buy an equal Quantity of the same Goods he has Sold, or other Goods equal in Value to them: And that Money is the most secure Value, either to Receive, to Contract for, or to Value Goods by; which is least lyable to a change in its Value.»39

D’altronde: «Silver Money is more uncertain in its Value than other Goods, so less Qualified for the Use of Money.»40

L’incertezza del valore della moneta metallica poteva essere l’effetto dei cambiamenti che il potere politico introduce nella denominazione delle monete: nei

36

Ibidem. Ibidem. 38 Ibidem. 39 Law [1934: I, 82 e 84]. 40 Ibidem, p. 84. 37

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16  John Law: teoria e pratica della moneta

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paesi in cui questo avveniva regolarmente, lo scambio che passava attraverso la moneta era meno certo di quello che si poteva fare per baratto. Ma anche quando questi cambiamenti non avessero avuto luogo, l’argento in lingotti o in moneta sarebbe cambiato di valore ogni volta che si fossero verificati cambiamenti nella sua quantità o nella domanda. Ora, i metalli sono beni durevoli come i materiali da costruzione: in Europa, se ne importano più di quanto se ne consumino. La loro quantità si accumula. L’aumento della domanda globale, nel corso dei secoli, non ha seguito il ritmo dei progressi della produzione delle miniere. L’argento, nel tempo, ha visto diminuire la sua capacità di acquistare altre merci e persino il tasso d’interesse – il prezzo dell’affitto del denaro – è diminuito nei secoli. Law presenta diversi esempi che illustrano questo fenomeno. Ne conclude sull’incapacità della moneta metallica di essere una misura e un pegno stabili del valore. «So tho the Magistrat did never alter the Money, yet ‘tis lyable to a Change in its Value as Silver; from any change in its Quantity, or in the Demand for it: And the Receiver is doubly uncertain whether the Money he receives or contracts for, will, when he has occasion, Buy him the same Goods he has Sold, or other Goods equal in value to them; because of the difference may happen in the Value of the Money, or the Goods he is to Buy. And this uncertainty is, tho both Money and Goods were certain in their Quality. The difference of the Prices of most Goods, from Changes in their Quantity, or in the Demand for them, would be much prevented, if Magazins were kept; but the difference in their Prices from the greater or lesser Quantity of, or Demand for Money; cannot be prevented so long as Silver is the Money.»41

Il valore dei metalli era continuamente diminuito a causa di una quantità globale più grande della domanda. Questa diminuzione del valore della moneta metallica aveva visto crescere parallelamente il valore delle terre. Ma non era stato il valore delle terre e degli altri beni ad aumentare: era diminuito il valore di merce della moneta metallica, destinato a diminuire ulteriormente davanti a un aumento del valore delle terre. «Land will continue to rise in value, being yet capable of Improvement; And as the Demand increases, for the Quantity will be the same. Silver will continue to fall in value, as it increases in Quantity, the Demand not increasing in proportion; for the increase does not depend on the Demand. Most People won’t allow themselves to think that Silver is cheaper or less valuable, tho it appears plainly, by comparing what Quantity of Goods such a weight of fine Silver bought 200 years ago, and what Quantity of the same Goods it will buy now. If a piece of Wine in France is equal in value to 20 Bolls of Oats there, that Quantity of Oats can 41

Law [1934: I, 86 e 88].

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La teoria monetaria 17 never be worth more or less Wine; so long as the Quality, Quantity and Demand of Both continues the same: But any Disproportion’d Change in their Quality, Quantity or Demand, will make the same Quantity of the one, be equal to a greater Quantity of the other. So if a piece of Wine in France, is equal to or worth 40 Crowns there; it will always continue so, unless some disproportion’d Change happen in the Quantity, Quality or Demand of the Wine, or of the Money. The Reason is plain, why Silver has encreas’d more in Quantity than in Demand: The Spainiards bring as great Quantities into Europe as they can get wrought out of the Mines, for it is still valued tho not so high. And tho none of it come into Brittain, yet it will be of less Value in Brittain, as it is in greater Quantity in Europe. It may be objected that the Demand for Silver is now greater than the Quantity. It is answered, tho the Demand is greater than the Quantity; yet it has not increas’d in Proportion with the Quantity. 200 years ago Money or Silver was at 10 p. Cent, now from 6 at 3. If the Demand had increas’d als much as the Quantity, Money would give 10 p. Cent as then, and be equal to the same Quantity of Victual, or other Goods that have kept their Value.»42

Questa diminuzione del valore dell’argento si era estesa a tutta l’Europa, senza alcuna differenza in rapporto alle quantità possedute dai singoli paesi. A fare i prezzi era il mercato generale. Sostenere che, a causa della rarità di moneta in Scozia, i prezzi avrebbero dovuto esservi più bassi che altrove in Europa non aveva alcun fondamento. Se questo fosse stato vero, in proporzione i prezzi scozzesi avrebbero dovuto rappresentare un decimo dei prezzi inglesi: ma questo era impossibile, perché, in condizioni di libero commercio con l’estero, con la possibilità di vendere e di acquistare ovunque, i prezzi non variano mai più del 30%, che è quanto costa procurarseli su un altro mercato. Le proibizioni «may raise the difference higher».43 Law contesta l’autore di Britannia languens, secondo cui il prezzo delle merci diminuisce in un paese a misura che la moneta vi diventa più rara e per il quale «if there was no more than 500 lib. in England, the yearly Rent of England would not exceed 500 lib. and an Ox would be sold for a penny».44 Egli contesta egualmente «to these who think an Addition to the Money of any particular Country would undervalue it so, that the same Quantity of Goods would cost double the Money as before».45 42

Law [1934: I, 96]. Law [1934: I, 102] 44 «Which Opinion is wrong, for as the Ox might be Exported to Holland, it would give a Price in England equal or near to that it would give in Holland: If Money were supposed to be equally scare in Holland, and other places as in England, the Ox might give no more than a Penny, but that Penny would have a value then equal to 5 lib. now; because it would purchase the same Quantity of Goods in England or other Places, that 5 lib. does now.» Law [1934: I, 102]. 45 Law [1934: I, 102]. 43

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18  John Law: teoria e pratica della moneta

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«If the Money and Credit current in England be 15 Millions, Scotland reckon’d as 1 to 10, the Money in Scotland encreas’d to a Million and a half, the Demand in proportion to the Demand in England; that Addition to the Money of Scotland, would not make Money of less Value here, than it is now in England. Goods in Scotland would Sell as they Sell in England, the Product of the Country would perhaps be 10 or 20 per cent dearer, to bring it equal to what it Sells in England; and all sorts of Manufacture would be cheaper, because in greater Quantity: And all Goods Imported would be cheaper, Money being easier borrowed, Merchants would deal for a greater Value, and Men of Estates would be capacitate to Trade, and able to Sell at less Profit. Nor would Land rise higher than in England, the Buyer having in his choice to Buy elsewhere; the better Security of a Register may be suppos’d to add a Years Purchase or two to the Value.»46

Identico discorso nel caso in cui uno Stato possa detenere una massa monetaria più forte di quella degli altri Stati d’Europa. Lo Stato più ricco in moneta profitterebbe inizialmente dei benefici della quantità e sopporterebbe solo una parte della diminuzione del valore che esporterebbe ovunque. Lo dimostrava la Spagna. «If the Money of any particular Country should encrease beyond the proportion that Country bears to Europe; it would undervalue Money there, or, according to the way of speaking, it would raise Goods: But as Money would be undervalued every where the same, or near to what it were there; it would be of great Advantage to that Country, tho thereby Money were less valuable: For that Country would have the whole Benefit of the greater Quantity, and only bear a share of the lesser value, according to the proportion its Money had to the Money of Europe. When the Spaniards bring Money or Bullion into, they lessen its value, but gain by bringing it; because they have the whole benefit of the greater Quantity, and only bear a share of the lesser value.»47

Ora, siccome tutte queste considerazioni portavano a concludere che la moneta metallica, a causa delle manipolazioni dei sovrani, aveva un valore incerto, che essa aveva perduto nel corso dei secoli gran parte del suo valore, che nonostante questa svalutazione l’argento monetato si vendeva a un prezzo più alto dell’argento metallo, e considerando che la Francia e la Spagna erano per il momento proprietarie delle miniere, le altre nazioni sembravano «to be under a necessity of setting up another Money».48 «The only Reason can be given why it has not yet been done, is that the nature of Money has not been rightly understood: Or they would not have continued buying 46

Ibidem, p. 102 e 104. Law [1934: I, 104]. 48 Ibidem, p. 106 47

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La teoria monetaria 19 Silver from Spain above its Value as a Mettal, when they had a more valuable Money of their own, and every way more fitted for that Use.»49

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Su questo punto – nel capitolo VI di Money and Trade – avendo proposto anch’egli l’istituzione di una banca fondiaria, una banca senza i limiti di emissione e di raggio di attività della Banca d’Inghilterra e della Banca di Amsterdam, Law sente il bisogno di illustrare le differenze tra il suo progetto di banca e quello di Chamberlen. Il progetto di Chamberlen prevedeva l’emissione di biglietti ipotecati sulle terre, che sarebbero stati estinti con pagamenti del 2,25% del capitale su 45 anni e dovevano circolare come la moneta metallica per il valore che esprimevano. Ora, il progetto di Chamberlen sembra a Law impraticabile. «Supposing it practicable, 45 Years Purchase in these Notes, will not be of so much value, as 20 Years Purchase of Silver Money.»50

La moneta metallica sarebbe fuggita all’estero, ove avrebbe ottenuto interessi più alti e il biglietto avrebbe perduto nel giro di pochi anni gran parte del suo valore. Neanche il corso forzoso – risorsa di Chamberlen – avrebbe potuto risolvere il problema. In realtà, questi biglietti sarebbero stati dati al costo delle spese di amministrazione dell’ufficio che li avrebbe emessi, quasi allo 0,5%. Ora – afferma Law – tutto ciò che si propone per aver corso come moneta parallelamente alla moneta metallica, e che si dà a un interesse più basso, finisce per avere un valore minore di questa. Il cambio con l’estero avrebbe fatto salire dell’equivalente di ciò che il biglietto avrebbe perduto rispetto alla moneta metallica, e se il prezzo delle merci non fosse aumentato di altrettanto, il valore delle esportazioni sarebbe diminuito e quello delle importazioni aumentato. Solo il proprietario indebitato ne avrebbe tratto un beneficio, in quanto si sarebbe liberato dei debiti a basso costo, ma avrebbe intascato poi rendite diminuite in valore, rispetto a quelle che riceveva in moneta metallica. Il progetto di Law vuol essere differente da quello di Chamberlen. Il solo tratto di rassomiglianza è il fatto che entrambi fondino il valore della nuova moneta sulla terra. Ma Chamberlen, secondo Law, dava alla terra, per anticipazione, un valore di cinquanta o cento anni il suo reddito in moneta metallica. Si trattava di un valore irrealistico. Anche in regime di corso forzoso, questi biglietti sarebbero caduti molto al di sotto del valore della moneta metallica. «Every thing receives a value from its use, and the Value is raised, according to its Quality, Quantity and Demand. Tho Goods of different kinds are equal in value now, 49 50

Ibidem. Law [1934: I, 108].

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20  John Law: teoria e pratica della moneta yet they will change their Value, from any unequal Change in their Quality, Quantity, or Demand. And as he leaves it to the choice of the Debitor, to pay in Silver-money or Bills; he confines the value of the Bills, to the value of the Silver-money, but cannot confine the Value of the Silver-Money to the value of the Bills: So that these Bills must fall in value as Silver-Money falls, and may fall lower: Silver may rise above the value of these Bills, but these Bills cannot rise above the value of Silver.»51

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Law propone l’istituzione d’una moneta territoriale «equal in value to Silver-money: And not lyable to fall in value as Silver-money falls».52 Questa eguaglianza in rapporto al valore della terra e a quello della moneta metallica è fissato considerando il valore della terra 20 volte il suo reddito annuale. «An Acre of Land rented at 2 Bolls of Victual, the Victual at 8 lib. and Land at 20 years purchase, is equal to 20 lib. and may be made Money equal to that Value, for it has all the Qualities necessary in Money.»53

La terra, essendo ciò che conserva meglio il suo valore, farà sì che la moneta ad essa legata ne segua il cammino, a differenza dell’oro e dell’argento, destinati a vederlo diminuire. La banca – amministrata da una commissione e regolata da uno statuto – concederà i biglietti ai proprietari che li richiederanno secondo tre possibili modalità: 1. I biglietti saranno prestati su ipoteca, senza che il prestito ecceda la metà o i due terzi del valore della terra; l’interesse sarà quello ordinario. 2. L’ammontare del prestito può essere l’equivalente del prezzo intero della terra, eguale a 20 anni il suo reddito; la banca entrerà in possesso della terra, che rimane riscattabile entro un certo numero di anni. 3. Il prestito, eguale al valore della terra, implica la cessione definitiva della terra alla banca. Esempio: la terra ipotecata vale 2.000 sterline, 1° caso: il proprietario riceve 1.000-1.333 sterline in biglietti; ne paga l’interesse al tasso normale e ne restituisce alla fine il capitale. 2° caso: il proprietario riceve 2.000 sterline, lascia alla banca il reddito della sua terra – al posto dell’interesse – e alla fine decide se vuol lasciare la terra alla banca o riscattarla. 3° caso: il proprietario cede la terra alla banca e ne riceve in biglietti il prezzo normale (2.000). 51

Law [1934: I, 112 e 114]. Ibidem, p. 114. 53 Ibidem. 52

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La teoria monetaria 21

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La moneta scozzese e la moneta straniera dovevano essere abbassate al tasso di quella d’Inghilterra.54 Per quattro mesi, nessuna moneta metallica, salvo quella d’Inghilterra, avrebbe potuto essere accettata nei pagamenti che non fossero diretti alla Zecca. Le nuove monete sarebbero state normalizzate nel loro valore.55 Su questo punto, «The Paper Money propos’d will be equal in value to Silver, for it will have a value of Land pledg’d, equal to the same Sum of Silver Money, that it is given out for. If any Losses should happen, one 4th of the Revenue of the Commission, will in all appearance be more than sufficient to make them good. This Paper Money will not fall in value as Silver Money has fallen, or may fall: Goods or Money fall in value, if they increase in Quantity, or if the Demand lessens. But the Commission giving out what Sums are demanded, and taking back what Sums are offer’d to be return’d; This Paper Money will keep its value, and there will always be as much Money as there is occasion, or imployment for, and no more. If a Contract for Paper Money could be satisfied by paying the same Quantity of Silver Money, than that Paper Money could not rise above the Value of Silver, and would fall with it. But as the Paper Money is a different Species from Silver, so it will not be lyable to any of the changes Silver Money is lyable to.»56

La carta-moneta – per Law – non riceve alcun valore addizionale dal suo uso, non è soggetta a variazione nel suo valore, perché la sua quantità e la sua domanda aumentano e diminuiscono insieme. La sua emissione è endogena. Essa è più adatta della moneta metallica ad esercitare tutte le funzioni a cui la moneta è chiamata. A dimostrarlo era l’esperienza delle nazioni che già l’utilizzavano, come l’Olanda e l’Inghilterra. L’esempio della Scozia lo dimostrava ancora meglio perché questo paese aveva visto circolare i biglietti di banca anche non garantiti da un fondo metallico.

54

«That after 3 Months from the Date of the Act, Scots and Forreign Money be reduced to the English Standard. The English Crown to 60 pence, and the other Money in Proportion to its value of Silver. The 40 pence to 38 pence, the new Mark to 13 pence 1/12 the old Mark to its Weight, the Ducatdowns to 68 pence. Dollars to their Weight. Guineas not to pass 22 sh.» Law [1934: I, 118]. 55 «That for what old Money or Bullion is brought to the Mint, the Mint return to the full value in new Money of 12 pence, 6 pence, and 3 pence Pieces; of eleven Denires fine, the 12 pence of 3 Drops 3 Grains weight, the other Pieces to weigh in proportion: The Expense of Coinage to be payed out of the Funds appropriat to that use. That for 3 Months, after the Act, the new Money pass for 13 pence, 6 pence half-penny, and 3 pence 1/4. That after 3 Months, Bullion and wrought Plate be of eleven Denires fine, and 5 sh. and 2 d. the Ounce of Silver, Gold not to pass 4 lib.» Law [1934: I, 120]. 56 Ibidem.

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22  John Law: teoria e pratica della moneta «Land is what is most valuable, and what encreases in Value more than other Goods; so the Paper Money issued from it, will in all appearance not only keep equal to other Goods, but rise above them.»57

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Illustrate tutte le qualità che portano la terra a poter essere considerata un pegno molto più adatto a garantire la moneta fatta di carta di quanto l’argento non potesse esserlo per la moneta metallica, Law passa a spiegare il meccanismo della monetazione con un apologo. Si tratta di una metafora della Scozia: Law vi fa una descrizione del circuito degli scambi e dei pagamenti che l’introduzione della moneta produce e del rapporto tra moneta e piena occupazione.

4. L’apologo dell’isola Law immagina un’isola che appartiene a una sola persona. Non vi esiste la moneta. Su quest’isola vivono mille individui distribuiti tra cento famiglie. Questi individui coltivano la terra del proprietario e gli pagano una rendita in natura. Sono come servitori del proprietario al di fuori della sua casa. Una parte della terra è coltivata a grano, il resto rimane a pascolo. Se un coltivatore ha una quantità eccessiva di una particolare merce, e manca di un’altra, la scambia col suo vicino. Nell’isola non esiste manifattura. La mancanza di moneta e le difficoltà degli scambi vi giustificano rapporti sociali molto rudimentali. C’è, però, esportazione delle materie prime verso il continente, in cambio di prodotti manufatti. La terra dell’isola è abbastanza fertile: i suoi abitanti, con gli eccedenti della produzione, comprano sul continente i prodotti manufatti di cui hanno bisogno e che l’isola non produce. Essendo l’eccedente pari ai loro bisogni, gli abitanti dell’isola non hanno riserve. Nell’isola vivono anche trecento poveri, o persone senza occupazione, mantenuti dalla carità. Si fa osservare al proprietario che se si istituisce una moneta per pagare dei salari, i poveri – mantenuti dalle elemosine – potrebbero essere impiegati per trasformare i prodotti che si esportavano in natura nel continente, donde si avevano in cambio i manufatti che fino ad allora venivano importati. Ora, essendo in ozio per una parte del tempo, anche i mille coltivatori potrebbero essere utilizzati a lavori addizionali, equivalenti alla produzione di cinquecento persone in più, al fine di ridurre le importazioni, fornendo agli abitanti i prodotti che si acquistavano dal continente ed aumentando le esportazioni. L’aumento delle esportazioni fornirebbe loro una quantità di merci superiore ai loro bisogni. L’ec57

Law [1934: I, 132].

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La teoria monetaria 23

cedente potrà essere messo in riserva nei magazzini. L’isola può cominciare ad avere così degli stocks. Il proprietario, che può garantirli sui prodotti che ne riceve come rendita della terra, stamperà allora biglietti segnati: 1, 2, 4, ecc. Il numero 4 è l’equivalente della quantità di grano sufficiente per il mantenimento quotidiano d’un operaio e della sua famiglia. Questo biglietto sarà dunque il salario quotidiano dell’operaio. Col biglietto n. 4 – che remunera il suo lavoro – sarà possibile a quest’ultimo acquistare, presso i coltivatori, la quantità di grano necessaria alla sua sussistenza. Per convincere i coltivatori ad accettare la carta-moneta in cambio di tale quantità di grano, il proprietario riunisce i coltivatori e dichiara di accettare che le rendite gli siano pagate in biglietti, e non più in natura. A quelli che pagavano 100 misure di grano egli impone da ora l’obbligo di pagare col biglietto che porta il numero 400. Le altre merci saranno valutate sulla base del valore che esse avevano in grano, e tutti gli altri contratti saranno regolati in biglietti, rispettando le relative proporzioni. Il proprietario ha emesso una quantità di moneta equivalente al totale della rendita che i coltivatori dovrebbero pagargli. Egli paga con questa moneta i salari dei poveri che vogliono lavorare per lui. Il circuito monetario comincia dal proprietario. I suoi operai utilizzano la moneta ricevuta come salario per acquistare dai coltivatori il grano e gli altri prodotti necessari ai loro bisogni. Tuttavia, se gli operai spendessero solo una parte della moneta ricevuta come salario, i coltivatori non potrebbero recuperare la quantità di moneta sufficiente per pagare la rendita al proprietario. Il circuito entrerebbe in crisi. Bisogna che tutta la moneta necessaria per pagare le rendite ritorni nelle mani dei coltivatori. Come evitare che gli operai tesaurizzino la moneta restante, e cerchino di aumentare il valore di quella che danno in cambio dei prodotti dei coltivatori? Il proprietario emette una maggior quantità di moneta, per attrarre una parte dei poveri che vivono nel continente invogliandoli a lavorare nell’isola. Il maggior consumo che risulterà dalla presenza di questi nuovi abitanti fornirà ai coltivatori i mezzi monetari sufficienti per onorare i loro contratti. L’isola ne riceverà un aumento di ricchezza e di potenza, perché il lavoro dei nuovi abitanti vale il doppio del loro consumo. Il valore della moneta emessa dal proprietario è accettato poiché essa paga l’equivalente delle rendite prima pagate in natura. Ma siccome la terra può essere valutata in base a un moltiplicatore del suo reddito annuale, essendo noto il valore in moneta del reddito e moltiplicando questo reddito per un certo numero di anni (es.: 20), si potrà egualmente ottenere il valore della terra nella stessa moneta. Con la possibilità di acquistare in questo modo prodotti o terre, la moneta finirà per essere accettata da tutti come strumento valido di misura e pegno di tutti i valori, esattamente come avviene nella realtà con la moneta metallica.

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24  John Law: teoria e pratica della moneta

Due elementi risaltano dalla lettura dell’apologo: la descrizione degli effetti sociali dell’introduzione della moneta in una società “primitiva” e quella delle caratteristiche del circuito monetario che investe la società. Per il primo aspetto, Law tiene a spiegare come l’introduzione della moneta tenda ad introdurre il commercio al posto del baratto, a creare la manifattura, a trasformare i poveri che vivevano di elemosina in lavoratori salariati, a moltiplicare e a diversificare, per tutti i membri della società, le diverse maniere di soddisfare i propri bisogni. Una società che vedeva una parte della sua popolazione vivere della carità gode ora dei benefici della piena occupazione. La Scozia, paese che non riesce a sfruttare tutte le sue risorse e che ha il problema dei poveri, vede riflessa, in questa metafora, la propria situazione e vi trova gli strumenti che possono farla uscire dalle sue difficoltà. Per il secondo aspetto, è da notare come a poter emettere la moneta garantendo la carta sia con la produzione della sua terra sia con la terra stessa – il cui valore è calcolato sul moltiplicatore del reddito – sia il proprietario e come la moneta emessa corrisponda esattamente alle necessità del pagamento dei salari che equivalgono sia alle sussistenze dei lavoratori sia alle rendite che i coltivatori pagano ai proprietari. La moneta è endogena rispetto alle necessità dell’economia dell’isola. Se c’è tesaurizzazione, si interviene con un’emissione ulteriore di moneta che va a sostituire la moneta che non circola. La quantità di moneta creata e messa in circolazione corrisponderà dunque sempre alla quantità che ne è “richiesta” dal sistema economico. Non c’è dunque, tra la logica della produzione dei metalli e la logica della monetazione, la divergenza che può causare l’aumento della quantità di moneta circolante di fronte alla domanda. Tra prezzo della terra, prezzo dei prodotti agricoli, salari e rendite ci sarà un rapporto stretto che garantirà la stabilità dello strumento monetario del sistema. Tutti gli elementi potranno variare, ma nelle stesse proporzioni. Lo stesso non avviene con la moneta metallica. Questa moneta vede la sua novità nel fatto che, davanti alla moneta metallica – che unisce il pegno alla sua rappresentazione – essa trova in sé dissociati il pegno che la garantisce dalla materia che la costituisce.

5. Dall’isola alla società Abbandonato l’apologo e guardando alla società del suo tempo, Law trae due elementi sui quali insisterà sempre in seguito: 1. L’idea che la moneta debba essere in se stessa – nel suo supporto materiale – il pegno dei valori che essa misura, non è essenziale per il suo ruolo economico. Se

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La teoria monetaria 25

si riesce a fabbricarla con un materiale poco costoso, trovandole una garanzia al di fuori di essa e che non subisca le variazioni di valore di cui soffrono i metalli monetati, si ottengono due risultati importanti: se ne può fabbricare la quantità necessaria alla circolazione, neutralizzando il potere di monopolio di cui godono i possessori di moneta-merce, e si può disporre di una misura dei valori più stabile, rapportata al bene che la garantisce. 2. Il bene che la garantisce in una società agraria è rappresentato dalla proprietà fondiaria: la moneta-terra è dunque una moneta migliore della moneta metallica, perché dispone di una garanzia più stabile. L’apologo, dunque, non vuol essere la rappresentazione di una situazione primitiva: è un modello che serve a comprendere meglio il funzionamento della moneta in una società avanzata. Tutti i dettagli che giustificano l’idea che Law ha della banca vi sono presenti. La carta – garantita dalla terra – può, meglio dell’oro e dell’argento, rispondere alle esigenze che ne fanno un “supporto” di moneta, perché è di più facile reperibilità, poco costosa, con una garanzia – la terra – molto meno variabile in valore di quanto lo sono le materie che costituiscono la moneta metallica. D’altronde, con la carta è possibile fare moneta a concorrenza di quanta ne esige il volume di un’attività economica che deve mettere al lavoro tutta la popolazione, fonte della ricchezza, e che deve trasformare i poveri in salariati. Tutto in questa società è regolato dalla produzione e dalla circolazione della ricchezza e se, con questa addizione di ricchezza prodotta, si riesce a limitare i consumi, esportando i surplus, anche la bilancia – come risultato – finisce per diventare attiva. L’evoluzione della società non dipende dalla bilancia commerciale, ma questa bilancia diventa attiva per effetto di un buon sistema produttivo. Non è la moneta metallica, è il credito a costituire la risorsa efficace dello sviluppo economico. È cartalista, dunque John Law? La risposta è chiaramente negativa. Law non ha mai affermato che la carta può sostituire i metalli come pegno della moneta: neanche se ciò avvenisse per decisa volontà del principe. Può sostituirli come supporto materiale, ma dietro questo supporto deve esistere un pegno che ne giustifica il valore e lo garantisce. Ora, questo pegno, in una fase in cui il dibattito ruota attorno alle banche fondiarie, può essere costituito dalla terra. Su questa linea si pone il progetto di banca fondiaria che Law propone, con Money and Trade considered, al Parlamento di Scozia nel 1705. Terra, prodotti agricoli, salari, e rendite rappresentano i punti di riferimento di un circuito che deve garantire una stabilità più solida e una crescita più consistente di quelle che possono garantire i metalli. La moneta cartacea non può avere un valore arbitrario. Questo valore dev’essere necessariamente rapportato al pegno che ne garantisce l’inserzione nel circuito. Salari, sussistenze e rendite sono legate dallo stesso meccanismo.

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26  John Law: teoria e pratica della moneta

Ma questa attenzione al rapporto con la moneta metallica fa forse del Law ante-Système un “theoretical metallist”, come vorrebbe Filippo Cesarano?58 La questione è più complessa. Law non ha fermato la sua concezione della moneta all’idea esclusiva di sostituire il metallo con la terra come “materia” del pegno. Si trattava, in una società prettamente agraria come la Scozia, di trovare un bene che giustificasse con un reddito il valore di questo pegno. Anche nell’idea della banca fondiaria si trova quella di un flusso di reddito che giustifica il pegno: qual altro senso avrebbe altrimenti il rapporto tra il valore della moneta e il valore del denier del prezzo della terra che lo giustifica? La stessa idea della terra come garanzia contiene dunque il ricorso a un flusso di reddito. Per Law, la garanzia del biglietto non è pensabile solo nella materia della terra in quanto sostituto materiale del metallo: una sorta di “metallismo per sostituzione”. L’Essay, al quale mancava, oltre al tema della piena occupazione, l’indicazione dello scopo della riforma monetaria, indicava già esplicitamente come Law pensasse, prima ancora di Money and Trade, ad altre forme di moneta non metallica. L’esperienza della Banca d’Inghilterra, della Banca di Amsterdam e delle banche italiane gli aveva fatto capire che il ventaglio dei meccanismi della creazione monetaria poteva essere più ampio. Il rapporto sempre più stretto che le guerre frequenti nel secolo XVII avevano prodotto in tutti gli Stati tra creazione monetaria e debito pubblico aveva messo in luce altre possibilità d’intervento in materia di istituzioni bancarie. Nell’Essay si faceva esplicitamente allusione a una garanzia della moneta cartacea fondata sulle azioni delle grandi compagnie commerciali, sul tipo di quelle che erano nate in Olanda, in Inghilterra e in Francia con l’approvazione e il sostegno degli Stati. Così, l’Essay faceva riferimento a un reddito, a un’attività produttiva, a un flusso, e non solo a un bene sostitutivo del metallo. Il Système non esce da una rottura in stile “praticamente cartalista”, in rapporto alla posizione d’origine qualificata come “teoricamente metallista” di Law. Sin dall’inizio, anche se il dibattito di quei primi anni sembra limitato alla questione delle banche fondiarie, c’è in Law un’idea molto articolata su diversi tipi di moneta non metallica. Negli anni seguenti Law porterà la sua idea di moneta su una realtà più moderna e più vicina alle esigenze di un’economia aperta alle manifatture e al commercio. Questo elemento appare in maniera più chiara nel Mémoire pour prouver qu’une nouvelle espèce de monnaie peut être meilleure que l’or et l’argent, che Law pubblica nel 1707. Diviso in quattro parti, il Mémoire riprende le considerazioni sulla moneta che Law ha già presentato nei suoi scritti precedenti. Innovativa appare però l’esigenza di applicare le sue idee di riforma monetaria ad una situazione come quella della Francia dove la crisi monetaria – per effetto delle guerre dispendiose di Luigi XIV,

58

Cesarano [1990: 336].

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La teoria monetaria 27

supportate da un sistema fiscale più arretrato di quello inglese – si accompagna a una gravissima crisi delle finanze pubbliche. All’idea che il ruolo della banca non possa essere limitato al volume delle sue riserve metalliche Law aggiunge ora sistematicamente quella d’una moneta che coincide con le azioni che le Compagnie commerciali emettono ormai in Europa. La conclusione sta nel legare le azioni delle Compagnie, garantite nel loro valore dal patrimonio e dai profitti delle loro attività commerciali, col debito pubblico. La banca, legata alla Compagnia, alimentata da privilegi e da monopoli garantiti dallo Stato, emette azioni e biglietti. Biglietti e azioni allargano così il volume della circolazione. L’azione può essere utilizzata come mezzo di pagamento – dunque come moneta – e la sua instabilità quotidiana in valore può rappresentare una qualità positiva sul lungo periodo, a causa della tendenza che Law già annuncia, a un suo apprezzamento continuo e progressivo. Certo, l’idea d’una moneta di carta – Law lo sa benissimo – dovrà superare in Francia le obiezioni che derivano dalla pessima esperienza dei billets d’état. All’esperienza francese Law oppone ciò che si fa in Inghilterra. L’esempio inglese dimostra che il progetto è fattibile. Se l’Inghilterra non avesse fatto uso di altri effetti come moneta, le spese militari all’estero avrebbero trasferito fuori tutta la sua moneta metallica. Il Parlamento inglese aveva preso in prestito, nel 1694, 50.000 sterline per 11 anni, concedendo ai prestatori, per lo stesso periodo, il privilegio di formare una compagnia col nome di Banca d’Inghilterra. Le quote della compagnia andavano dalle 100 alle 5.000 sterline. I soci avevano scelto i direttori. La banca era diventata la cassiera dei commercianti che vi depositavano moneta metallica e ricevevano biglietti. Essa emetteva biglietti sulle sue riserve, concedeva prestiti e ne incassava gli interessi. I profitti le permettevano di distribuire dividendi pari al 20-25%. Le azioni si negoziavano con grandi profitti. Su un fondo originario di 50.000 sterline, la banca riuscirà a far girare azioni e biglietti per un valore di gran lunga superiore. Inoltre, taillis, biglietti dello scacchiere, biglietti di banchieri si aggiungevano come promesse di pagamento in moneta a questa massa di mezzi monetari. Ma ciò che somigliava di più alla nuova idea di moneta veniva dall’esempio della Compagnia delle Indie inglese. Società per azioni come la banca, le sue azioni erano negoziate alla borsa e i giornali ne pubblicavano giornalmente le quotazioni. Esse erano utilizzate come mezzo di pagamento al valore del momento e potevano essere convertite: non costituivano promesse di pagamento in moneta. Il fondo della Compagnia che le garantiva era rappresentato dalle merci, dalle navi, dalle piazzeforti, dai cannoni, ecc. Così garantite, esse erano già moneta. Colui che non ne fosse stato sicuro le convertiva in oro o in argento, ma, ciò facendo, si contentava di una moneta improduttiva e perdeva il dividendo. In Olanda, la Compagnia delle Indie aveva visto il valore delle sue azioni crescere di 13-14 volte rispetto al loro valore di emissione. Ma era stata l’azione a veder

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28  John Law: teoria e pratica della moneta

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aumentare il suo valore? Per Law era il valore della moneta metallica ad aver subito una diminuzione: e questo confermava ancora una volta la sua instabilità e la perdita continua e progressiva del suo valore sul lungo periodo. La nuova forma di moneta pareva ancora una volta migliore della moneta metallica. Perché mai allora, in Francia, la moneta di carta non riusciva ad imporsi? Law ne dà la responsabilità agli uomini di governo, che, influenzati dagli scrittori che si erano occupati di moneta, avevano su questo argomento idee completamente erronee.59 Insistendo, alcuni anni dopo, su questi temi, nel Projet d’établissement d’une banque à Turin (1711-12), Law mostra di aver già maturato tutte le convinzioni che lo spingeranno in seguito a impiantare il Système. In questo scritto, Law riprende il discorso sul rapporto tra moneta e attività economica, un leitmotiv di Money and Trade. «L’industrie du peuple enrichit l’État. – J’emploie 100 personnes, à qui je donne 100 liv. par jour: leur travail améliore le produit 120 livres. L’État profite 120 liv. quoique je ne gagne que 20. Je suppose que leur travail ne vaut que 80 liv., je perd 20 en leur payant 100, mais l’État profite 80. J’achète une terre inculte pour 50.000 liv., j’emploie encore 50.000 pour la rendre capable de produire. Cette terre me rend annuellement 2.000 liv.: j’ai mal employé mon argent puisque 100.000 liv. ne me rendent que deux [mille], mais l’État est enrichi. Donc la monnaie quoique mal employée produit à l’État. Les espèces ne suffisent pas pour employer le peuple; une somme limitée ne peut faire travailler qu’un nombre proportionné à la somme: la même pièce de monnaie ne peut pas servir en différents endroits en même temps. L’Angleterre est une preuve convaincante de ce que j’avance: les espèces y ont été computées entre 14 et 16 millions sterlines, mais les crédits qui sont établis, ont portées les manufactures et le commerce bien plus loin que cette somme aurait pu faire, de sorte que si les Anglais voulaient retrancher les crédits et se servir seulement de leurs espèces, les manufactures et le commerce diminueraient plus que la moitié.»60

Il ruolo del credito nell’economia inglese era diventato tale che, senza di esso, l’Inghilterra «auroit été obligée à faire la paix il y a du temps, faute de moyens pour soutenir la guerre».61 Il credito era dunque utile allo Stato e non solo ai privati. Aumentando con esso la quantità di moneta in circolazione, lo Stato e i privati

59 Egli l’aveva affermato poco prima, nel 1706-1707, in un Mémoire sur l’usage des monnaies et sur le profit ou la perte qu’il peut y avoir pour un prince et pour un état dans l’altération du titre de ses monnaies et dans l’augmentation ou la diminution de leur prix par rapport aux états voisins. In questo scritto egli polemizza con Boissard e Locke, contestando al primo l’idea del valore immaginario e consensuale dei metalli che costituiscono la moneta e al secondo l’idea che la moneta sia «une portion de matière à laquelle l’autorité publique a donné un poids et une valeur certaine, pour servir de prix à toutes choses dans le commerce». Law [1934: I, 167]. 60 Law [1934: I, 215]. 61 Ib. p. 216.

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La teoria monetaria 29

avrebbero potuto prendere a prestito più facilmente, a interesse più moderato. Conveniva dunque ad ogni principe istituire il credito nel suo paese, «pour rendre la monnaie plus abondante, et donner à ses sujets les moyens de pousser les manufactures et le commerce à un plus haut point qu’ils ne peuvent être portés par les espèces».62 Come si poteva creare immediatamente il credito in Piemonte, paese sprovvisto di grandi compagnie di commercio? Law indicava allora, come garanzia, dopo la terra, dopo le azioni delle compagnie, i redditi dello Stato.

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«Il y a plusieurs sortes de crédit en Angleterre, les billets de la Banque, les billets d’Exchiquier, les taillies, les billets d’orfèvres et banquiers particuliers, les actions de la Banque, de la Compagnie des Indes, etc. De toutes ces manières d’établir le crédit, il n’y en a point qui me parait plus facile, plus solide et plus extensive à proportion du pais, que celle-ci, que S.A.R. peut introduire dans ses États, fondé sur les recettes et payements; établissant une banque ou bureau avec les officiers nécessaires donnant sûreté pour leur administration, à qui S.A.R. consignera les sommes qui sont et qui entreront dans son trésor prenant la valeur en billets payable à vue, desquels billets S.A.R. donnera en payement. L’acceptation de ce crédit doit être libre ou volontaire dans le commerce et autres payements, même dans les payements de S.A.R. [….] Pour rendre ce crédit plus extensible, S.A.R. peut ordonner que tous ceux qui ont des payements à faire à ces recettes ou qui doivent payer au Trésor royal, soient obligés de payer en billets; et comme cet ordre pourrait porter une incommodité à ceux qui demeurent à la campagne ou dans les autres villes de S.A.R., elle peut limiter l’ordre à la Ville et aux environs de Turin jusqu’à ces billets sont introduits par les États de S.A.R. et qu’il y ait des bureaux établis pour donner des billets en exchange des espèces et des espèces en exchange des billets. Ces bureaux ayant toutes les recettes et payements de S.A.R. pour introduire et soutenir son crédit, étant bien examiné, sera trouvé fondé mieux qu’aucun crédit en Angleterre à proportion de l’État. La valeur des billets étant en caisse au bureau, les négociants ne peuvent pas avoir aucune difficulté à se servir de ces billets dans leurs payements. Mais pour satisfaire entièrement les sujets de S.A.R. peut déclarer qu’en cas aucun billet présenté au bureau ne soit pas payé a vue, de ce jour tous les billets présentés ou non porteront intérêt à raison de 8 pour cent jusqu’au payement et que l’Hôtel de Ville de Turin s’engage de payer l’intérêt et capital sur le plus net des revenus de S.A.R.»63

6. Conclusione Limitandosi ad esporre le ragioni che giustificano una moneta-terra, Money and Trade Considered è uno scritto di notevole spessore teorico. Ciò che se ne deduce imme62 63

Ibidem. Law [1934: I, 216 e 218].

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30  John Law: teoria e pratica della moneta

diatamente è l’idea della falsità d’un’interpretazione che, partita da Adam Smith, ha percorso un lunghissimo cammino nella storia della letteratura concernente Law: dipinto come ingenuo “cartalista”, teorico d’una moneta fabbricata possibilmente a volontà, nello stesso modo in cui, negli anni ’30 del Novecento gli avversari hanno dipinto John Maynard Keynes. Ma bisogna, per contrastare questa interpretazione, accettare per forza la tesi di Antoin E. Murphy che, nella sua difesa dell’economista scozzese, contro l’accusa d’inflazionismo di cui è vittima, arriva a farne un adepto della teoria quantitativa della moneta?64 Law è partito dall’esigenza di trovare un tipo di moneta che superasse i difetti della moneta metallica. Egli ha sviluppato un discorso su due terreni in cui questi difetti gli sembravano evidenti: il terreno della sua instabilità in valore e quello dell’inelasticità della sua emissione legato alla quantità di metalli disponibili in un paese. Egli attribuisce l’instabilità – con una tendenza alla diminuzione sul lungo periodo – alla natura di merce della moneta metallica e al fatto che la produzione delle miniere, indipendente dalle necessità dell’emissione monetaria, ne aveva fornito nei secoli una quantità superiore alla domanda, anche se la sua distribuzione restava fortemente ineguale. Per questo, i paesi non produttori di metalli – e soprattutto quelli che non erano in grado di procurarsene con una bilancia favorevole – soffrivano d’una rarità di mezzi monetari che ne limitava lo sviluppo. Essendo i prezzi europei fissati su una quantità complessiva di moneta superiore alla domanda, i paesi in cui la moneta era rara soffrivano degli alti prezzi internazionali e degli alti tassi d’interesse che derivavano dalla rarità di moneta al loro interno, rendendo difficile la piena occupazione degli uomini e delle risorse. Le banche che erano state istituite – come la Banca d’Inghilterra e la Banca di Scozia – emettendo biglietti garantiti da riserve metalliche, non potevano estendere la propria emissione troppo al di là delle riserve stesse. Le banche fondiarie eliminavano i due difetti della moneta metallica: l’instabilità in valore e i limiti alla sua emissione. La garanzia offerta dalla terra – un bene disponibile in grande quantità e molto più stabile in valore – ne era il punto di forza. Il supporto materiale della nuova moneta – la carta – eliminava la necessità di acquistare a gran prezzo dai paesi produttori il supporto metallico e permetteva di adeguare l’emissione monetaria alle esigenze della circolazione sotto la garanzia della terra offerta. Il valore del biglietto sarebbe stato legato al valore della terra e la terra utilizzata come pegno avrebbe continuato ad essere coltivata, a differenza del metallo che perdeva ogni altro uso quando veniva utilizzato come moneta. Per giungere a questa conclusione, Law aveva dovuto dimostrare che la moneta non era – in se stessa – un pegno, ma una promessa di pagamento supportata da un

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Murphy [2007: 95-96 e 136-138].

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La teoria monetaria 31

pegno che poteva essere posto anche al di fuori di essa. Ora, se questo pegno era la terra, il valore dell’unità monetaria si proporzionava a una certa quantità di terra e dunque – attraverso il denier del prezzo delle terre – alla capacità di questa terra di produrre un certo reddito. Il credito – in forma di carta-moneta – avrebbe trovato allora il suo pegno nell’anticipazione dei frutti dell’attività economica che esso avrebbe permesso. L’ammontare dei salari necessari a pagare il lavoro degli uomini era la misura della circolazione. L’emissione monetaria, nei paesi senza miniere, non aveva più bisogno di alimentarsi a una fonte esterna. Si era trovato un mezzo potente per mettere al lavoro una popolazione senza impiego, che era il problema maggiore della Scozia e che sarebbe diventato per questa via la sua grande risorsa. Proporzionandosi ai bisogni dell’attività economica – perché endogena – la massa monetaria non rischiava più di essere inferiore o superiore alla domanda. Su questa linea di pensiero, Law vedrà le sue idee evolversi passando dalla Scozia al Piemonte e poi alla Francia. Le banche fondiarie non erano più l’unica risorsa, quando l’industria e il commercio rappresentavano importanti fonti di produzione della ricchezza. L’emissione monetaria sarebbe uscita dalle loro domande. Le istituzioni tradizionali del credito e i rentiers sarebbero stati messi al passo. Nell’aumento della ricchezza che sarebbe derivato da una popolazione messa integralmente in attività e nell’aumento del gettito fiscale che questo avrebbe consentito, i sovrani avrebbero trovato il mezzo per rendere più leggeri i carichi del sistema fiscale. Law non si era dunque limitato solo a teorizzare un nuovo tipo di moneta: egli aveva anche rovesciato, al di là dell’idea bullionista in materia di moneta, la credenza in un primato della bilancia dei conti come condizione dell’abbondanza monetaria. Certo, bisognava sempre fare attenzione alla bilancia, ma la nuova moneta – garantita dalla produzione – poteva ben sostituire il metallo nel circuito economico. Non era più necessario possedere l’oro e l’argento per avere del capitale. Sembrerebbe che siamo in presenza di un Law anti-mercantilista, ma la sua attenzione portata alla piena occupazione dimostra che il punto centrale della riflessione mercantilista in Law resta ben presente. È il punto che Keynes sottolineerà riabilitando gli antichi economisti che Smith aveva messo fuori dalla “scienza”. Un punto che James Steuart aveva già apprezzato65 e che ci permette di porre Law alla base d’una linea eterodossa del pensiero economico, che non attenderà dal funzionamento del mercato la realizzazione della piena occupazione e che attribuisce al potere politico – e al governo della moneta – l’interpretazione d’un interesse generale che non è la sommatoria empirica degli interessi particolari. E poiché la piena occupazione può essere realizzata dall’abbondanza monetaria e dal basso tasso d’interesse che ne è la conseguenza, la moneta assume il carattere d’un “bene pubblico” che deve assicurare

65

Su Steuart, difensore di Law, rinvio a Longhitano [2004: 47-66].

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32  John Law: teoria e pratica della moneta

«le plus haut niveau de production par le payement des salaires de plein emploi»:66 l’utilizzazione usuraria del denaro – con l’alto livello della rendita finanziaria – e la tesaurizzazione – giustificata dalla natura di bene della moneta-merce – non erano conformi all’interesse generale. La moneta metallica, avendo troppo le caratteristiche d’un bene, a causa del suo valore intrinseco, dimostrava in questo la sua inferiorità. Essa finiva per trasformarsi in “proprietà solida”, abbandonando la circolazione alla quale era destinata e concedendosi solo ad altissimo prezzo alle attività produttive. Bisognava rimpiazzarla, o almeno metterla in concorrenza con una moneta superiore, più astratta, d’un’emissione più elastica, poco costosa, capace con la sua abbondanza di far abbassare il livello della rendita finanziaria e di liberare la produzione. Il circuito che derivava da questa situazione aveva trovato la sua prima descrizione nell’apologo dell’isola in Money and Trade. Poiché era il proprietario ad emettere i biglietti, si era ancora nella formula della banca fondiaria. Il proprietario emetteva sulla sua terra i biglietti che pagavano i salari dei manifattori; questi ultimi pagavano con la totalità di questi biglietti la propria sussistenza presso i coltivatori; questi rimettevano al proprietario la totalità dei biglietti a titolo di rendita e il circuito poteva così chiudersi e ricominciare. Avendo il “commercio” – l’attività economica, nell’accezione settecentesca – sostituito la terra come garanzia della moneta, produzione e consumo al livello macro-economico finivano per confrontarsi, in situazione di piena occupazione, come punti di riferimento del rapporto tra offerta e domanda di moneta, e tra salari e prezzi. Non avendo fatto ricorso a una teoria del valore, il valore globale della produzione è misurato dalla quantità globale della moneta e questa quantità è determinata dalla quantità richiesta in pagamento dei salari. Un circuito semplice, dove il prezzo della moneta dovrà tendere verso lo zero, dove un tasso d’interesse del 2% – quello che Law si sforzerà di avere nel Système – potrà essere giustificato come costo d’amministrazione d’una banca pubblica. Un circuito che diventerà più complicato nel momento in cui, uscendo dall’isola, Law dovrà confrontarsi con una situazione complessa come quella della Francia, dove la rarità di moneta è l’effetto di un sistema fiscale iniquo e dell’altissimo livello d’una rendita finanziaria, pilastro strutturale d’una società, quella d’ancien régime, dove i ceti oziosi possessori di moneta giocano contro i produttori e contro lo Stato.

66 Boyer-Xambeau [1987: 105]. Il saggio di Marie-Thérèse Boyer-Xambeau, insieme ai lavori di Daniel Dessert [1984], Antoin E. Murphy [1997], Jean Cartelier [2008], François R. Velde [2004], rappresenta il meglio di una recente ondata di interesse nei confronti dell’opera di John Law. In particolare, Murphy ha prodotto la migliore biografia di Law, Daniel Dessert ha descritto in maniera esemplare il contesto sociale ed economico entro il quale opererà Law al momento del Système, François Velde ha fornito una lucida ricostruzione delle vicende del Système, Jean Cartelier ha puntualizzato in termini molto lucidi gli elementi di base della teoria monetaria di Law.

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Il Système

Elaborato su una realtà – quella scozzese – in cui il punto importante, in presenza di una gran parte della popolazione inoccupata, erano la rarità di moneta e la difficoltà a procurarsene, per mancanza di miniere e per la situazione deficitaria della bilancia commerciale, il progetto di John Law finirà per confrontarsi con una realtà come quella della Francia, le cui strutture sociali sembravano fatte per aiutare i possessori di moneta metallica a trasformarsi in cacciatori di rendite.

1. L’ancien régime sociale in Francia: una società di “rente seekers” La società francese dell’inizio del secolo XVIII è una società divisa in differenti ordini, dotati di privilegi di diversa importanza e natura, situati lungo una rigida gerarchia di dignità.1 In questa società, tuttavia, il possesso della ricchezza monetaria è un’arma strategica per la mobilità verso l’alto. La Francia non è un paese rigidamente bloccato nei processi di mobilità sociale. Il privilegio si acquista facilmente e l’aristocrazia vi rinnova da tempo i suoi quadri grazie alla ricchezza. Di questi privilegi, uno dei più significativi era quello di cui beneficiavano la nobiltà e il clero davanti alla taille: un’imposta che gravava pesantemente sulle campagne: le città se n’erano esentate, potendosene liberare in cambio di un’imposta sull’entrata delle merci, e i nobili non vi erano soggetti perché la taille derivava da un prelievo signorile sui contadini che i

1 «On sait combien l’ancien régime en général, le règne de Louis XIV en particulier, sont attachés à la notion de dignité. La dignité élève la cour au-dessus de la ville, le duc au-dessus des autres gentilshommes, le noble au-dessus du roturier, le titulaire d’office au-dessus du marchand, le capitaine chevalier de Saint-Louis au-dessus de son camarade non décoré. La priorité, reconnue par le roi aux grands chiens pour cerfs de M. le grand veneur, sur les chiens pour loups de M. le grand louvetier (1699), lorsque leurs voies se croisent, est une façon de confirmer la supériorité de la charge du premier de ces dignitaires.» Bluche–Solnon [1983: 41]. Il testo allude alla contesa tra il duca de la Rochefoucauld, grand veneur, e il marchese d’Heudicourt, grand louvetier de France, che ebbe luogo il 27 agosto 1699. Sulle differenze tra una société d’ordres e una société de classes, cfr. Mousnier [1965] contro Porchnev [1963].

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34  John Law: teoria e pratica della moneta

signori avevano ceduto allo Stato.2 Questo privilegio, in un paese in cui la fonte più importante di produzione della ricchezza era rappresentata dalla terra, introduceva molte anomalie nei meccanismi di formazione delle risorse pubbliche. La Francia aveva sviluppato le sue strutture sociali sulla permanenza di questo quadro fiscale. Una permanenza che durerà, per l’essenziale – nonostante l’istituzione del dixième e della capitation e col relativo fallimento del vingtième – fino alla Rivoluzione. La ricchezza della Francia, nel secolo XVIII, non era più soltanto agricola. Richelieu e Colbert, che avevano alimentato l’industria e il commercio rifornendoli di incentivi e facilitazioni, avevano potuto trovare già nei successi di questi settori una possibilità di prelievo fiscale non trascurabile. Le attività manifatturiere e il commercio dei prodotti dell’industria avevano trasferito in Francia buona parte dei metalli preziosi che la Spagna riceveva dall’America. I prodotti che circolavano sui mercati all’interno formavano una fonte di prelievo supplementare rispetto all’imposta fondiaria. Ma la struttura monopolistica del commercio internazionale e la dinamica economica stagnante della seconda metà del secolo XVII3 avevano finito per rendere l’attività commerciale sempre più «protetta», mentre le difficoltà finanziarie dello Stato offrivano occasioni sempre più frequenti agli investimenti improduttivi e alla patrimonializzazione privata dei beni e dei poteri dello Stato. Questa patrimonializzazione di beni e di poteri era divenuta una via privilegiata per trasformare gran parte della ricchezza proveniente dalle attività produttive in strumento di acquisizione di nuovi tipi di rendite.4 In particolare, le necessità finanziarie dello Stato, in presenza di un sistema fiscale iniquo e inefficiente, avevano attratto fortemente gran parte della moneta 2

«Taille. – Impôt levée sur les personnes ou sur les biens, longtemps perçue par les seigneurs sur leurs serfs et censitaires, levée aussi parfois par eux pour le compte du roi, et qui au XVe siècle devint uniquement royale (ordonnance d’Orléans, 1439) permanente et désormais fut une des principales ressources du budget. Imposition levée sur les personnes ou sur les biens et non point sur les marchandises. Imposition de caractère nettement militaire, levée pour la guerre, elle épargna tout naturellement la noblesse, parce que son métier était de faire la guerre, le clergé, parce que son métier était de ne pas la faire, et pesa sur la population non combattante, donc sur la population roturière, comme une sorte de rachat de conscription.» Marion [1923: 526]. Il mestiere delle armi non era più da tempo un’esclusività dei nobili, ma il privilegio di non pagare la taille per i nobili – ma anche per il clero – resterà tuttavia fino alla Rivoluzione. 3 Il «temps économique maussade des années 60 à 80», secondo la definizione di P. Chaunu [1966: 151]. 4 La natura di «a distinct configuration of wealth, noncapitalist in function, that may called ‘proprietary’», che «embodied investments in land, urban property, venal office and annuities» come caratteristica della società francese d’ancien régime era stata sottolineata da G.V. Taylor [1967: 471]. Taylor [1964] ha calcolato che l’80% della ricchezza privata sotto l’ancien régime era «richesse propriétaire». Sulla stessa linea, G. Chaussinand-Nogaret [1970].

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Il Système 35

circolante verso gli acquisti di cariche, di feudi e di titoli di nobiltà snaturando la ricchezza borghese e trasformandola in strumento di rafforzamento del sistema sociale d’ancien régime. Ma questo rafforzamento del vecchio sistema sociale trasformava sempre di più la Francia in un paese di rente seekers,5 moltiplicando ulteriormente gli squilibri del sistema fiscale. Dal fisco si traevano le risorse necessarie per pagare i salari delle cariche venali, le rendite sui prestiti e i guadagni sugli appalti di imposte. Con l’acquisizione di privilegi i borghesi si proteggevano dal fisco. I bisogni finanziari dello Stato avevano come conseguenza l’alienazione – e la patrimonializzazione – di risorse e di poteri pubblici. Questi processi influivano sul sistema fiscale e svuotavano di potere il preteso assolutismo della monarchia. Un assolutismo debole, d’altronde, ostaggio dei grandi possessori di moneta, che doveva fare i suoi conti con una società stagnante sempre più attratta dalla rendita e che aveva trovato in questa l’occasione per investire la propria ricchezza. Certo, questo assolutismo manifestava talvolta, grazie ai Visas e alle Chambres de justice, un’intenzione punitiva contro la speculazione. Tuttavia, si trattava di un atteggiamento formale, che nascondeva una debolezza sostanziale. In effetti, a partire dal momento in cui negli affari della finanza si era introdotta con forza l’aristocrazia di corte, rafforzando il fronte della rendita, interventi punitivi dell’arricchimento illegittimo realizzato sui “denari del re” erano diventati sempre meno significativi ed efficaci.6 Ora, in questo mondo attratto dalla rendita, anche gli interessi che avrebbero dovuto tenersi lontani vi si erano introdotti: l’acquisto di monopoli e di rendite era diventato normale anche per i corpi di mestiere, che rappresentavano l’infrastruttura della produzione. Una produzione protetta e che condivideva i benefici del sistema: più attenta ai privilegi e alle rendite che alle facilitazioni finanziarie, alle istituzioni creditizie e alla libertà di commercio.7 La Francia non aveva i nuovi poveri creati dalle trasformazioni dell’agricoltura in Inghilterra:8 ma soffriva d’una sotto-occupazione nascosta nelle città, a causa 5 Fukuyama [2012: 336-354]. «The entire edifice of the French state was built on rotten and crumbling foundations.» (p. 336). 6 Skocpol [1981: 96-122]. 7 Alcuni storici contemporanei (Meuvret, Vilar) si sono chiesti con ironia chi potesse essere quel Monsieur Legendre, che avrebbe chiesto a Colbert, a nome degli ambienti del commercio, di «laisser faire», dato che il commercio esigeva normalmente allora più privilegi e protezioni che libertà. 8 Un processo trisecolare di concentrazione della proprietà fondiaria, tuttavia, aveva progressivamente diminuito la presenza della piccola proprietà. Secondo Marc Bloch, in Francia, nel secolo XVIII, l’estensione delle terre in piccola proprietà sarà nettamente inferiore a quella del XV: «Si – hypothèse absurde – la Révolution avait éclaté vers l’an 1480, elle eût, en supprimant les charges seigneuriales, livré la terre à peu près uniquement à une foule de petits occupants.» Bloch [1999: 179-180].

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delle chiusure corporative, e nelle campagne, a causa della presenza predominante d’una paysannerie di piccolissimi proprietari – titolari solo del diritto di propriété utile – fortemente gravati, a causa dei privilegi fiscali dei nobili e del clero, dall’imposta fondiaria e incapaci sia di rispondere alla crescita dei prelievi sia di offrire sbocchi significativi alla produzione manifatturiera. Era una delle ragioni per cui l’industria francese produceva in prevalenza oggetti di lusso destinati ai consumi delle classi alte e ad un’esportazione protetta. Da questa esportazione la Francia ricavava la moneta metallica, profittando, per un certo periodo, del più basso livello dei suoi prezzi negli scambi commerciali con la Spagna. Meno inegualitarie nella distribuzione della ricchezza, Olanda e Inghilterra avevano potuto profittare delle opportunità del mercato interno per trovare sbocchi alle manifatture nazionali. La moneta aveva finito per diventare rara in Francia – e per veder crescere il costo del suo uso – nelle occasioni in cui lo Stato di Luigi XIV ne aveva avuto bisogno. Da qui, l’aumento sistematico del livello del saggio d’interesse per lo Stato e per i privati; da qui, il ricorso rinnovato alle pratiche tradizionali di alienazione dei demani, di vendita delle cariche pubbliche e di titoli di nobiltà, che Richelieu e Colbert avevano cercato di ridurre il più possibile. Ma siccome dal 1684 e fino al 1715 le spese avevano sempre superato le entrate, i bilanci avevano dovuto sempre far ricorso al debito. Questo debito costava sempre più caro e finiva per alimentare sempre più l’aumento del saggio d’interesse. Nel 1715 se n’era accumulato per più di due miliardi di livres tournois, mentre le entrate totali dello Stato bastavano a coprire poco più della somma dei soli interessi. Questa crescita continua del debito aveva finito per far assumere ai circuiti della formazione e della distribuzione della ricchezza francese caratteristiche originali. Grazie alle alienazioni, alla vendita di cariche e ai prestiti, si era instaurato un tipo di feudalesimo finanziario che aveva dato origine a un rapporto tutto nuovo tra economia e società.9 I «denari del re» erano nelle mani di officiers che erano 9 Esiste, presso gli storici, una forte discordanza nella valutazione della natura dello Stato in Francia. Contro Roland Mousnier, che, nella continuità di una lunga tradizione che conta i nomi di Voltaire e di Augustin Thierry, vede nell’assolutismo un potere monarchico “progressista”, in conflitto coi privilegi dell’aristocrazia, Boris Porchnev [1963] considera l’assolutismo come la “fase suprema del feudalesimo”, uno strumento di concentrazione e di distribuzione della rendita feudale attraverso il fisco. Di recente, nel quadro di un’analisi comparativa dei processi di formazione dell’ordine politico, Francis Fukuyama [2012: 336-354] ha messo la Francia, insieme alla Spagna, tra i paesi ad “assolutismo imperfetto”, in cui le necessità finanziarie hanno determinato una patrimonalizzazione privata dei poteri pubblici, dentro cui ha preso forma, per almeno due secoli, una società di rente seekers. Sulla stessa linea, per molti aspetti, si era posta Theda Skocpol [1981], che spiega come, lungo due secoli, fino alla vigilia della Rivoluzione, il rafforzamento dell’aristocrazia è passato attraverso il controllo delle istituzioni finanziarie e la possibilità che questo offriva alla

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Il Système 37

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proprietari delle loro cariche.10 Essi avevano la possibilità, molto frequentemente, di «prêter au roi l’argent du roi», facendosene persino pagare gli interessi. Questi officiers intrattenevano normalmente buoni rapporti con la nobiltà di corte, alla quale spesso si associavano negli affari e dalla quale erano protetti. Per la maggior parte, grazie all’acquisizione di titoli, finivano per diventare nobili anch’essi. La società di ordini si ristrutturava grazie a processi di mobilità che vedevano questa ricchezza borghesia di entrare nei ranghi della nobiltà. Questo quadro trova conferma puntuale in Daniel Dessert [1984], che lo studia per tutto il secolo XVII. È necessario tener conto di tutto questo dibattito, se si vuol risituare l’esperienza di Law nel suo contesto storico, come un grande tentativo di trasformare, al di là del sistema finanziario, le strutture sociali del paese. 10 «Parmi les financiers, deux groupes n’ont cessé, pendant le règne de Louis XIV, et surtout pendant la succession d’Espagne, d’être au premier rang des prêteurs de la Monarchie: les receveurs, particuliers et généraux, et les trésoriers des pays d’états et des grands départements, Guerre, Marine, Colonies. Le trait distinctif de ces financiers, c’est qu’ils sont tous officiers du roi, c’est-à-dire qu’ils remplissent les conditions, assez souples d’ailleurs, qui permettent de suivre la carrière des offices, des charges publiques. Ils doivent faire profession de catholicisme et fournir un certificat de bonne vie et mœurs. Pour le reste, il leur suffit d’acquérir à bons deniers sonnants une charge dont la “finance”, le prix, varie selon l’importance. Un office de receveur général valait, en moyenne, dix fois plus que celui de receveur particulier. Le nombre des receveurs des tailles était fixé, en principe, à 418, à raison de deux par élection. Mais le cumul était fréquent, surtout à l’intérieur d’une même circonscription. Propriétaires d’offices vénaux, ce ne sont pas de fonctionnaires. Ils jouissent d’une très grande indépendance. Chacun a ses bureaux, sa caisse, ses employés qu’il choisit et paye lui-même. Ils n’ont pas, à proprement parler, de supérieurs et le contrôle qui peut s’exercer sur eux reste assez théorique. Ils doivent seulement rendre compte de leur gestion devant la Chambres des Comptes dont ils dépendent. Les receveurs particuliers étaient chargés d’encaisser les deniers recueilles par les collecteurs: taille, taillon, capitation, dixième et vingtième. Une partie de leurs fonds servaient à faire face aux dépenses locales assignées payable sur leurs caisses. Le solde était versé aux mains du receveur général. […] L’importance de ces financiers tient moins à leurs fonctions officielles (verser au Trésor le produit des impôts directs) qu’à leur rôle officieux de banquiers de l’État. Ils consentent des avances sur les recouvrements à venir, tirent des rescription – anticipations sur les recettes – sur les receveurs des tailles et les remettent au gouvernement qui les négocie, toujours à grands frais, et s’en sert pour solder ses dépenses. Dans les provinces, les particuliers hésitaient à placer leur argent à Paris, se méfiaient de l’État, créancier peu scrupuleux et souvent insolvable. Au contraire, ils déposaient volontiers leur fonds entre les mains des receveurs généraux dont l’exactitude était connue et dont les biens au soleil inspiraient confiance aux épargnants. Les receveurs drainaient également l’argent de leurs subalternes, commis, receveurs des tailles qui jouissaient d’un crédit moindre mais non négligeable. Certain s’appuyaient sur des vastes organisations bancaires capables de rassembler en peu de temps des sommes importantes. […] Le crédit des receveurs généraux, c’est en somme le crédit de l’État, mais médiatisé, renforcé par la confiance dont ils jouissent en corps et le crédit particulier de chacun d’eux. Sans doute le font-ils payer cher au gouvernement et leurs contemporains l’ont parfois dénoncé comme un leurre. Mais pour un État dont la vocation naturelle était la semi-banqueroute, les receveurs étaient un mal nécessaire.» Chaussinand-Nogaret [1972: 22 ss.].

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38  John Law: teoria e pratica della moneta

servire da chiave d’ingresso nei ranghi dell’aristocrazia. I legami politici con la nobiltà di corte facilitavano l’ingresso nelle opportunità che il sistema offriva alla ricchezza monetaria. La grande nobiltà, associata ai financiers che controllavano i circuiti del sistema fiscale, recuperava sotto forma di rendite, a spese dello Stato e del paese, la perdita di potere politico che aveva subito da quando Luigi XIV, per meglio controllarla, l’aveva obbligata a risiedere a Versailles. I guadagni che si ottenevano grazie agli investimenti nei prestiti allo Stato, nelle forniture militari, negli acquisti di cariche e negli appalti di imposte distraevano gli investimenti dalle attività produttive: la possibilità di acquistare feudi e titoli proteggeva dall’assoggettamento al fisco. Le carriere di molti financiers illustrano chiaramente questo punto: si partiva dal commercio, si acquistava grazie a questi guadagni una carica dotata di gages,11 si entrava nelle istituzioni che maneggiavano i denari del re, ci si arricchiva e si acquistava un titolo di nobiltà, che introduceva nell’alta società, dov’era possibile ottenere monopoli e acquisire privilegi fiscali.12 Questi nuovi privilegiati trasferivano sui contribuenti il peso della taille, imposta di répartition che le comunità

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«Gages. – Appointements attachés à une charge, à un office. Ils étaient en général fort modiques, représentaient à peine l’intérêt du capital versé. Et de plus étaient fort mal payés. […] Les augmentations de gages étaient, sous l’ancien régime, presque exactement le contraire de ce qu’on entend aujourd’hui par augmentation de traitement; elles étaient un moyen d’extorquer à des officiers un supplément de finance: donner ou plutôt imposer à un officier une augmentation de gages c’était l’obliger à verser le capital correspondant à cette augmentation.» Marion [1923: 250-251]. Il che dimostra ancora una volta come l’acquisto di una carica non fosse altro che un prestito camuffato. 12 Un grande esempio, quello dei fratelli Crozat: «Originaires du Languedoc, fils d’un banquier, appartenant au milieu cossu des capitouls toulousains, Antoine Crozat et son frère Pierre se hissèrent aux premières charges et réussirent l’une des plus prestigieuses fortunes de leur siècle. La fortune des Crozat était, avec celle de Bernard et celle des Condé, l’une des trois premières du royaume. Ils avaient débuté dans la carrière des offices comme receveurs des tailles et commis de Pennautier. Ils contractèrent des alliances flatteuses. Une fille épousa même, au grand scandale des contemporaines, le comte d’Evreux, fils du prince de Vendôme, l’un des plus nobles partis de France. Devenu un moment trésorier des états du Languedoc et du clergé de France, Pierre consacra sa vie et ses richesses à réunir la plus belle collection d’art qu’ait jamais possédé un particulier. Antoine, ayant acquis la charge de receveur des finances de la généralité de Bordeaux, orienta ses activités vers le négoce maritime, les entreprises coloniales, la guerre de course et le trafic de l’argent. Il réussit, en quelques années à s’assurer un quasi-monopole sur le commerce maritime. Pour consolider sa position, il utilisa les membres de sa famille. Il les fit entrer dans la Compagnie de Guinée qu’il put ainsi contrôler. Ses beaux-frères Legendre d’Arminy et Doublet de Persan – ce dernier était trésorier du duc d’Orléans – devinrent ses auxiliaires les plus dévoués. Lorsque la Compagnie de Guinée acquit le privilège de l’asiento, c’est-à-dire le droit d’introduire des nègres dans les Indes espagnoles, Crozat en prit et en assuma presque seul la direction effective.» Chaussinand-Nogaret, [1972: 29]. Antoine Crozat diventerà marchese di Chastel.

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Il Système 39

erano tenute a pagare in solido. Così, il debito, che ingrassava i grandi possessori di moneta metallica, che vivevano di questa usura istituzionalizzata, finiva per pesare sempre di più sui gruppi sociali soggetti all’imposta, la cui consistenza si riduceva a causa degli anoblissements. La relativa rarità di moneta sul mercato, che ne era la conseguenza, alzava il livello del saggio d’interesse e riduceva la competitività del commercio francese di fronte a quello dell’Inghilterra e dell’Olanda. Il problema della Francia non era solo il peso di una feudalità residuale, legata alla signoria fondiaria, ma un sistema nuovo di feudalità finanziaria che la storiografia francese non ha sufficientemente considerato: quella di tendenza radicale13 avendo visto il peso dell’ancien régime nei costi della corte e quella di tendenza marxista14 nel prelievo signorile sulle campagne. Di fronte all’idea, che faceva progressi in Inghilterra, del fisco concepito come meccanismo per far contribuire i ricchi al fine di di dare assistenza e lavoro ai poveri, nati in gran parte con le enclosures, si era costituito in Francia un sistema nel quale le classi popolari erano obbligate a pagare al posto e a beneficio dei ricchi.15 In questo sistema, il possesso di moneta costituiva una discriminante economica e sociale.16 Con la moneta si acquistavano le cariche, si ottenevano gli appalti, si compravano i titoli di nobiltà, ci si assicurava – grazie ai prestiti e alle cariche – le rendite. La borghesia, nella quale lo Stato in Francia, con Colbert, aveva individuato – di fronte ai privilegi di nobili e clero e alla povertà dei contadini – la fonte di nuovi prelievi fiscali, soprattutto indiretti, aveva trovato, nei suoi settori più importanti, introducendosi nelle strutture della finanza pubblica, e da qui nell’aristocrazia, il mezzo per evitare i prelievi e per tosare lo Stato e il resto della società.17 L’assolutismo monarchico era dunque in Francia un assolutismo imperfetto, obbligato a lasciare un largo spazio a una patrimonializzazione privata del potere a beneficio di coloro che possedevano la ricchezza monetaria e la utilizzavano 13

Un exempio, A. Mathiez [1922-1927]. Due esempi maggiori, G. Lefebvre [1924] et B.F. Porchnev [1963]. 15 «In England, it was the poor who enjoyed tax privileges; in France it was the wealthy.» Fukuyama [2012: 352]. 16 Dessert [1984: 27-41, 413-432]. 17 Si vedano Bayard [1988] e Dessert [1981]. La descrizione che Porchnev [1963: 567] ci offre di questa situazione è la seguente: «C’était une partie de colin-maillard: l’absolutisme s’efforçait de saisir la bourgeoisie et celle-ci réapparaissait toujours derrière son dos. L’absolutisme saignait la bourgeoisie, tandis que la partie la plus riche et la plus active de cette bourgeoisie saignait à son tour l’absolutisme.» Bisogna dire che Porchnev – contro Mousnier – considera questa borghesia come una classe che ha tradito, nel secolo XVII, la possibilità di una rivoluzione reale in Francia e che si è allineata all’“assolutismo feudale” per paura delle conseguenze di una rivoluzione antisignorile condotta dal mondo contadino, quando già molti borghesi erano diventati signori. Questa idea di una “rivoluzione borghese tradita” è la parte meno accettata della tesi di Porchnev. 14

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40  John Law: teoria e pratica della moneta

per operazioni estranee alle esigenze della produzione. La moneta non era rara in Francia: essa era un vero articolo di “proprietà”, monopolio dei gruppi sociali che la sottraevano alla produzione e la facevano pagare ad altissimo prezzo, anche allo Stato. Sta qui la ragione del paradosso che accompagnerà la storia della Francia nel corso del secolo XVIII: alla concentrazione oziosa della ricchezza negli strati più alti della società si accompagneranno, fino alla Rivoluzione, le difficoltà – monetarie – dello Stato e del resto del paese.

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2. Finanze, debito, espedienti alla fine del regno di Luigi XIV Questa povertà dello Stato si manifesta attraverso la storia dei suoi bilanci. In tempo di pace, già poco dopo la metà del secolo XVII, le finanze dello Stato si erano trovate nella necessità di far ricorso regolarmente ai prestiti. All’inizio del regno di Luigi XIV, il debito consolidato ammontava a 500 milioni di livres. Esso era remunerato per mezzo di rendite sull’Hôtel de Ville e garantito dalle entrate fiscali. Ma al debito consolidato si aggiungeva già allora un debito fluttuante d’una sessantina di milioni, coperto da un ricorso ad altri debiti a breve termine. Quando le guerre facevano salire le spese al doppio o al triplo dell’ordinario, il ricorso agli espedienti diventava più frequente e significativo. La dipendenza dall’alta finanza diventava sempre più forte. Gli sforzi di Colbert, tendenti e tenere il debito sotto controllo, erano stati in gran parte neutralizzati a causa della guerra d’Olanda (1672-1678). Uscito di scena Colbert, il controllo sul debito era andato perduto. Il periodo della guerra della Lega di Augusta (1688-1697) – quando l’Inghilterra trovava la soluzione ai suoi problemi finanziari con la fondazione della Banca d’Inghilterra – vedrà in Francia l’introduzione di una nuova imposta: la capitation.18 Gli espedienti più numerosi e più stravaganti furono trovati – secondo Paul Harsin – nel corso della Guerra di successione di Spagna tra il 1702 e il 1714. 18

«Capitation. – L’impôt de la capitation fut établi par déclaration du 18 janvier 1695: il devait attendre tous les feux ou familles à la seule exception des pauvres taxés à moins de 40 sous de taille. C’était sous sa forme primitive un impôt de classes: les contribuables furent répartis, selon leur profession et situation sociale, en vingt-deux classes, chacune soumise à une taxe uniforme allant de 2000 l. pour la première (Dauphin, princes du sang, ministres, fermiers généraux) à 1 l. pour la vingt-deuxième (soldats, manœuvres, journaliers. […] La capitation fut supprimée en 1698, puis rétablie en mars 1701, cette fois sous la forme d’un impôt de répartition.» Marion [1923: 69-70]. Da allora, per i non privilegiati delle campagne, la capitation fu regolata in proporzione alla taille. L’impsta più iniqua serviva da modello per i nuovi prelievi, che si aggiungevano ai vecchi senza cambiarne la natura. Anche il vingtième, a partire dagli anni ’40, nonostante le intenzioni di Machault d’Arnouville, conoscerà lo stesso destino.

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Il Système 41

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«Les dépenses publiques qui se situaient autour de 120 à 150 millions en 1700-1701 montèrent jusqu’à 264 millions en 1711 pour se tenir encore au-delà de 200 millions jusqu’en 1714. Les recettes ordinaires n’augmentèrent que faiblement pour retomber d’ailleurs aux chiffres d’avant-guerre avant la fin des hostilités. Il en résulta un recours aux ‘moyens extraordinaires’ pour près des deux tiers de la charge totale.»19

Questo ricorso massiccio ai mezzi straordinari non poteva che far indebolire il sistema. Si screditava, inoltre, una novità, la carta-moneta, «ce palliatif de la pénurie monétaire»20 che si era cominciata a emettere per coprire il debito. La vicenda aveva avuto inizio nel 1701, nel quadro di un’operazione di riconiazione della moneta. Il direttore dell’Hôtel des Monnaies di Parigi era stato autorizzato a rilasciare provvisoriamente, ai depositanti della moneta destinata alla riconiazione, attestazioni che dovevano essere accettate come moneta contante nel commercio. Questi billets de monnaie furono emessi con moderazione, all’inizio, ma a partire dal marzo 1702 la quantità dell’emissione aumentò. L’anno seguente si era raggiunto un valore totale di sette milioni di livres. Ma il rimborso si faceva lentamente. Espediente occasionale all’inizio, questa pratica diverrà, dal 1704, un’abitudine. Sette milioni di livres in biglietti erano messi in circolazione all’occasione di un’altra riconiazione. In seguito, se ne perdette il controllo. I biglietti cominciavano ad uscire al ritmo di 4-8 milioni al mese. Nel gennaio 1706 ne circolavano per più di 100 milioni, 140 milioni in agosto, 180 milioni nell’aprile 1707.21 Il mantenimento del valore di questi biglietti era stato ottenuto all’inizio pagando ai loro detentori un buon interesse. Quando l’interesse fu soppresso, avendo ritenuto che essi potessero circolare nel paese regolarmente come moneta, il loro valore si deprezzò. All’estero, essi arrivavano a perdere l’80% del valore nominale. Poi, si screditarono anche all’interno e, nel 1707, bisognò consolidarne d’ufficio per 100 milioni. Si cercò, senza grande successo di creare una banca per assorbire il resto. Una nuova coniazione ne fece rientrare per una quarantina di milioni. Ma quando la perdita all’interno raggiunse il 62%, i biglietti furono convertiti in rendite e il corso fu soppresso. Per tutta la durata della guerra, l’unica possibilità fu il credito a breve termine. Dal 1702 fu ristabilita la Caisse des Emprunts, che prendeva depositi dai privati all’interesse dell’8%, poi portato al 10% e ridotto successivamente al 6%. Le promesse di buoni del Tesoro, conferite dalla Cassa ai suoi creditori nel 1715, superarono i cento milioni Ma questo tipo di carta-moneta non era l’unico a circolare in Francia. Davanti alle difficoltà di pagare i fornitori dell’esercito, lo Stato aveva chiesto ai receveurs des 19

Harsin [1970: II, 271]. Per i dettagli, cfr. Bouchard [1891: 205 ss.] Dessert [1984: 185-189] 21 Ibidem. 20

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42  John Law: teoria e pratica della moneta

tailles e ai fermiers d’impôts directs di fare anticipazioni con promesse di pagamento, che erano coperte a loro volta da biglietti che ne promettevano lo sconto a coloro che li accettavano. Tuttavia, la copertura effettiva era caricata sulle future entrate fiscali e su differenti voci che videro i loro fondi ipotecati su più anni di seguito. Nel 1703, le entrate di tre anni erano già impegnate. Si pensò di uscire dall’impasse convertendo il debito fluttuante in rendite sull’Hôtel de Ville. Ma nel 1715 la situazione si era ripresentata di nuovo: c’erano 600 milioni in papiers royaux nouveaux screditati del 60-70%. A tutti questi espedienti si aggiungeva il ricorso a nuove vendite di offices. Nel 1710 lo Stato, avendo già abusato di tutti i mezzi per disporre di credito, dava origine alla Caisse Legendre. Dodici receveurs généraux erano associati per incassare in regia circa 68 milioni di affaires extraordinaires. I dodici istituirono una cassa sotto la direzione del finanziere Legendre e su questa cassa poterono emettere biglietti trasferibili per conto del Tesoro. Tra il 1711 e il 1714 ne furono emessi per 400 milioni. Malgrado questi espedienti, lo Stato doveva ricorrere ad aumenti del prelievo fiscale. Esso aveva aumentato nel 1705 del 10% la tariffa della taille e delle aggiudicazioni. Nel 1710, dopo la crisi del “grande inverno” e col territorio francese occupato al nord, uscì l’editto che prevedeva il pagamento di un dixième del reddito annuale. Era un modo di mettere a punto un’idea popolarizzata dal maresciallo Vauban,22 ma non si trattava – come per Vauban – di una riforma radicale del sistema fiscale: era solo un’imposta supplementare piuttosto mal concepita che avrebbe potuto cambiare la situazione se si fossero eliminate le altre imposte. Il contributo, in assenza di controlli sui redditi, era stato lasciato alla sola dichiarazione dei contribuenti. Il clero riscatterà l’obbligo offrendo – a titolo di dono23 – 8 milioni di livres. Con un reddito nazionale valutabile tra un miliardo e mezzo e due miliardi di livres, il dixième fruttò la somma ridicola di una ventina di milioni. Per ridurre il debito, si era fatto ricorso (1700, 1701, 1704) a un’altra vecchia pratica della monarchia francese: quella delle manipolazioni monetarie. Tra il 1686 22 Vauban [1707] aveva proposto una dixme royale, destinata a sopprimere «la taille, les aydes, les douanes d’une province à l’autre, les décimes du clergé, les affaires extraordinaires et tout autres impôts onéreux et non volontaires». Su Vauban, si veda Mousnier [1968]. Il dixième sarà un «impôt du dixième du revenu (au moins théoriquement) de tous, établi par déclaration du 14 octobre 1710, qui dura jusqu’en 1717, fut rétabli par déclaration du 17 novembre 1733 jusqu’au er 1 janvier 1737, et enfin par déclaration du 29 août 1741 pour durer jusqu’à l’édit de mai 1749, qui y substitua un impôt du vingtième». Marion [1923: 181]. 23 «La prétention du clergé était qu’il était exempt, de droit divin, de toute contribution aux charges pécuniaires de l’État, et que s’il en prenait sa part, c’était pure libéralité, et non pas obligation.» Marion [1923: 186].

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Il Système 43

e il 1709 la moneta aveva perduto un terzo del suo valore in metallo. Nel 1709, una coniazione generale che aveva messo l’argento a 40 livres il marco aveva fatto guadagnare al re più del 23%. Con questa riforma, il marco d’argento del valore di 40 livres tornesi forniva 8 scudi: ogni scudo valeva 5 livres; il luigi d’oro era coniato a 20 livres. Nel settembre 1713 una diminution aveva portato l’argento a 28 livres il marco. Così, gli 8 scudi, che prima ne valevano 40, valevano ormai solo 28 livres in moneta di conto. Nel settembre 1715, data della morte di Luigi XIV, questo rapporto tra moneta reale e moneta di conto pareva dover restare fisso per l’avvenire. Il debito dello Stato ammontava allora a due miliardi di livres. Nel gennaio 1716 il ministro ordinava una riconiazione generale che lasciava alle monete lo stesso peso della coniazione precedente. La sola differenza stava nell’impronta: la vecchia moneta rappresentava un vecchio, la nuova portava la faccia di un bambino. Il rapporto tra la moneta reale e la moneta di conto era portato a 40 livres il marco d’argento: lo scudo valeva nuovamente 8 livres. L’ammontare del debito era ridotto con questa operazione a 1,4 miliardi di livres. Si era fatta rientrare poi la vecchia moneta, per fabbricarne di quella con la nuova impronta, accettando il valore del luigi d’oro a 16 livres invece che a 20. La nuova moneta usciva con le denominazione di 20 livres: si davano ai possessori della vecchia moneta 16 luigi con la denominazione di 20 livres per 20 luigi pagati 16 livres e si dava a intendere che si trattasse esattamente della stessa cosa.24 I possessori di vecchie monete, avendo scoperto il trucco, avevano trovato all’estero uno sbocco più favorevole per venderle: gli Olandesi le compravano a un prezzo leggermente più alto di quello pagato dalla zecca e, con la stessa quantità di metallo, ne facevano una di 20 livres, che facevano entrare in Francia.

3. Come uscire dalla crisi? Alla morte di Luigi XIV, i due terzi delle risorse fiscali coprivano appena le necessità di remunerazione dei creditori dello Stato in interessi. «Le bilan du règne de Louis XIV – scrive Paul Harsin – se traduit à la fois par un gonflement de la dette publique, une accentuation de la fiscalité, une aliénation de la puissance publique et une dépendance accentuée à l’égard de la haute finance.»25 24

Steuart [1767: II, 238] commenterà scandalizzato l’operazione. «Thus a person who brought 20 old louis d’ors to the mint, received back 16 of his own 20, new stamped, and no injustice was said to be done, from this demonstration of ministerial algebra, viz. 16 × 20 = 20 × 16. Can any thing be more clear and instructive! Some of my readers may not give credit to this; but it is true nevertheless.» 25 Harsin [1970: II, 271].

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44  John Law: teoria e pratica della moneta

Il sistema fiscale, malgrado gli aumenti dei prelievi, non era in grado, per le sue caratteristiche, di far fronte alla crisi. Il meccanismo col quale ogni volta si copriva il debito facendo altri debiti rappresentava una situazione di bancarotta permanente. Una contraddizione grossolana per un paese che si considerava una grande potenza ed ambiva allora a una politica di espansione territoriale e marittima. Una contraddizione che non poteva essere risolta se non grazie a una profonda trasformazione delle istituzioni fiscali e finanziarie. Ma era pensabile che si potesse cambiare, con l’accordo di coloro che ne beneficiavano, le situazioni che garantivano la stabilità di un ordine sociale fondato sulla rendita e la patrimonializzazione del potere politico? Alla fine del 1714, il Controllore generale Desmaretz aveva presentato un rapporto al re che descriveva la situazione e offriva diverse proposte «pour faire les fonds nécessaires pour les dépenses de 1715 & 1716, se remettre au courant en 1717, rendre les recettes & dépenses égales en ladite année, comme en 1683, & payer les dettes de l’État».26 Si trattava di misure di breve periodo, destinate ad ottenere l’equilibrio tra entrate e spese nel bilancio del 1717, ma preoccupavano già gli ambienti privilegiati. Il rapporto spiegava che Colbert aveva risanato una situazione simile e aveva portato il bilancio in equilibrio tra il 1662 e il 1683, agendo su una riforma del sistema amministrativo che riduceva la pletora degli uffici al solo Conseil Royal des Finances, faceva agire la Chambre de justice per il controllo del debito, diminuiva le rendite e gli stipendi degli officiers, liquidava hérédités e survivances di cariche pubbliche, sopprimeva tutte le lettres de noblesse vendute dal 1634, annullava i privilegi di nobiltà accordati ai sindaci e scabini delle città, eliminava molti privilegi sul pagamento della taille, ecc. Con queste misure, nel 1683, Colbert aveva fatto salire le entrate pubbliche a 105 milioni, redditi, «qui étaient suffisants & proportionnés aux dépenses, dans lesquelles il n’y avait que vingt millions de charges, y compris huit à neuf millions de rentes sur l’Hôtel de ville de Paris au denier dix-huit».27 La guerra, dal 1684, aveva rimesso tutto in discussione. Le misure di Colbert erano state progressivamente annullate. Misure di bassa finanza avevano sostenuto le spese di questa guerra, ma le alienazioni avevano ridotto le entrate dello Stato. Negli anni seguenti, misure simili si erano accompagnate ad aumenti del peso fiscale e ad emissioni di biglietti di ogni origine. Entrato al Contrôle, lo stesso Desmaretz aveva convertito i biglietti in rendite dell’Hôtel de ville, e siccome le entrate non erano sufficienti, era stato istituito il dixième. Ma le alienazioni diventavano sempre più

26 27

Pubblicato da Forbonnais [1758: II, 274-284]. La citazione si trova a p. 274. Forbonnais [1758: II, 276].

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Il Système 45

frequenti. Dal 1683 se ne erano fatte per 60 milioni di reddito. La gabelle,28 imposta sul consumo obbligatorio di sale, era stata diminuita, ma solo nella speranza di farne crescere il consumo e di farne aumentare il gettito. La differenza tra il 1662 e il 1714 risiedeva per Desmaretz nel fatto che i disordini finanziari del 1662 erano effetto di una «déprédation criminelle», mentre quelli del presente erano effetto di difficoltà reali, legate agli eventi naturali – il grand hiver del 1709 –, alle inondazioni, alle necessità militari, alla mortalità del bestiame. Data la situazione, non ci si poteva «servir des mêmes moyens pratiqués par M. Colbert»29 per riportare le finanze pubbliche allo stato in cui egli le aveva lasciate nel 1683. I metodi violenti, quelli utilizzati da Colbert per «faire rendre gorge aux financiers», non erano dunque opportuni.30 Era un segnale che mirava a rassicurare larghi strati dell’alta società, ma questo segnale testimoniava anche dell’impossibilità reale di ricorrere a quei metodi, essendosi ormai allargata la complicità in queste operazioni agli ambienti di corte.31 La conclusione era chiara: «Il ne reste aucun fonds pour partie des dépenses de 1715 & l’année entière 1716».32 Tra le misure che gli erano state consigliate, Desmaretz, dopo aver rilevato che in Germania e in Inghilterra si provvedeva alle necessità del debito con mezzi consistenti «en des impositions sur tous leurs biens & effets pour un grand nombre d’années»,33 consigliava di intervenire con strumenti fiscali.34 Ma bisognava alleggerire anche il peso fiscale di cui soffrivano le classi popolari, ragione per la quale egli finirà per annullare molti privilegi sul pagamento della taille e abolire una certa quantità di offices e di lettres de noblesse distribuite dopo il 1689. *** 28 «Gabelle. – Le mot de gabelle a été d’abord un terme très général s’appliquant à toute espèce d’impôt: il y a eu une gabelle des vins, une gabelle des draps,, etc.; mais de bonne heure l’habitude fut prise de l’appliquer seulement à l’impôt du sel, qui a eu pendant tout l’ancien régime une importance capitale et toujours croissante dans notre histoire fiscale. […] Aucun impôt n’a été aussi détesté que la gabelle.» Marion [1923: 247, 250]. 29 Forbonnais [1758: II, 280]. 30 In realtà, la questione era molto diversa. All’epoca in cui Colbert era arrivato al Contrôle général, questo sistema era nato da poco tempo e l’alleanza tra nobiltà di corte e finanza interessava poche persone. Era molto più facile, allora, far “rendre gorge aux financiers”. All’inizio del secolo XVIII, le alleanze tra finanza e nobiltà di corte erano molto più consistenti. Desmaretz sapeva bene che l’operazione avrebbe trovato un’opposizione politica molto più ampia. 31 Skocpol [1981: 115-116] illustra questa tendenza fino al 1788, quando, in presenza di una nuova crisi delle finanze, la paralisi di questo meccanismo produrrà l’esplosione rivoluzionaria. 32 Forbonnais [1758: 281]. 33 Ibidem, p. 282. 34 Ibidem, pp. 282-284.

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46  John Law: teoria e pratica della moneta

Se il rapporto di Desmaretz era chiaro sul deficit corrente, ciò che non era preso in conto era la situazione tragica del debito totale dello Stato.35 Dal 1684 al 1714 i bilanci erano stati sempre in passivo. Si erano coperti questi passivi con le manipolazioni monetarie, ma il debito superava allora la cifra spaventosa di due miliardi di livres. Un aumento delle entrate fiscali non sembrava di attualità, data la situazione delle attività economiche dopo le guerre. D’altronde, restando immutate le caratteristiche del sistema fiscale, le classi popolari sarebbero state tenute sempre a pagare in prevalenza. Ma i ceti privilegiati non avevano intenzione alcuna di realizzare un cambiamento e i Parlamenti avevano guidato sempre questa opposizione con grande energia. Ora, il ruolo del Parlamento di Parigi era stato fortemente ridotto sotto il regno di Luigi XIV, cosa che avrebbe facilitato le riforme. Ma alla morte di quest’ultimo, il Parlamento di Parigi recuperava, con la ripresa del diritto di remontrance, tutto il suo ruolo nel nuovo sistema di governo inaugurato da Philippe d’Orléans, che ne veniva ricompensato con la Reggenza di Luigi XV, minore. In questo quadro di vittoria della vecchia società, le riforme si facevano sempre più difficili. Come assorbire il debito? Come governarlo, nell’immediato, per recuperare la grande svalutazione che colpiva, dal 1708, i billets d’état? La situazione era tragica. Morto Luigi XIV, la déclaration royale del 1715 lo riconosceva pienamente: lo Stato era sull’orlo della bancarotta. «Il n’y avait pas le moindre fonds, ni dans notre Trésor Royal, ni dans nos recettes, pour satisfaire aux dépenses les plus urgentes; et nous avons trouvé le domaine de notre couronne aliéné, les revenus de l’État presqu’anéantis par une infinité de charges et de constitutions [de rentes], les impositions ordinaires consommées par avance, des arrérages de toutes espèces accumulées depuis plusieurs années, le cours des recettes interverti, une multitude de billets, d’ordonnances et d’assignations anticipées de tant de natures différentes et qui montent à des sommes si considérables qu’à peine en peut-on faire la supputation.»36

Gli epitaffi satirici avevano salutato la morte del vecchio ‘roi de guerre’ rappresentando l’altra parte della tragedia, quella d’una nazione – per la parte che era costretta a pagarle – oppressa dalle tasse: Il est mort comme il a vécu sans nous laisser un quart d’écu. Ci-gît au milieu de l’église 35 François Velde valuta il debito totale, nel 1715, a 2.819 milioni di livres. Questo totale deriva dalla somma di 1.069 milioni in rendite perpetue, 920 milioni in debito fluttuante al 4% e 830 milioni di salari di officiers. Il calcolo mi pare perfettamente legittimo, considerando che i salari dei detentori di cariche venali non erano altro che interessi su prestiti camuffati. Velde [2004: 3-4]. 36 In Beaurepaire [2011: 25].

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Il Système 47

celui qui nous mit en chemise. Et s’il eût plus longtemps vécu il nous eût fait montrer le cu(l). Ci-gît l’idole de la France et l’ennemi de son repos. Il fut un gouffre de finance et l’asile des impôts.37

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4. John Law in Francia: i primi progetti Era questa la situazione quando John Law, giunto in Francia, aveva inviato a Desmaretz (maggio 1715) un Mémoire sur l’acquittement de la dette publique. Era un progetto di conversione del debito fluttuante, rappresentato dai billets d’état. «Nonobstant la paix générale, la diminution des espèces, et les mesures que le Roy a pris pour soutenir le crédit des billets de la Caisse des Emprunts, ces effets perdent considérablement. Les autres effets royaux sont à très bas prix, l’argent devient rare, il n’y a pas de confiance parmi les Négocians, et plus on diffère, il sera plus difficile à y remédier.»38

Il progetto tendeva a ridurre la perdita di valore dei biglietti, a bonificare gli altri effetti, a rendere la moneta più abbondante e a ristabilire la fiducia e il credito nel paese. Law affermava che questo progetto non avrebbe pesato sui contribuenti e non avrebbe richiesto un impegno finanziario da parte dello Stato. Egli proponeva di prendere a proprio carico il costo della sua realizzazione – benché esso implicasse somme considerevoli – ma ne rivendicava «l’entière direction», assortita da un privilegio ventennale e dalla cessione di un quarto dei profitti dell’impresa, tutto sotto il controllo di un ispettore nominato dal re. Data la volontà del re di rimborsare parte dei debiti contratti durante la guerra, quelli dei biglietti della Caisse des Emprunts valutata 100 milioni di livres, Law dichiarava la propria disponibilità a mettere in opera un piano che, con 7 milioni di livres annuali, sarebbe stato in grado di pagarne gli interessi al 5% e di estinguerne il capitale in 25 anni. Il rimborso avrebbe potuto esser fatto in un tempo più breve se il re avesse permesso di utilizzare i 2 milioni annui, destinati al rimborso, all’acquisto dei biglietti al prezzo di mercato, fermo restando per i possessori il diritto di accettare o meno le condizioni della vendita. Questa procedura avrebbe immediatamente bonificato il debito, bloccando la svalutazione dei biglietti, ma il re 37 38

Ibidem. Law [1934: II, 1].

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48  John Law: teoria e pratica della moneta «auroit alors obtenu, ce que Sa Majesté estime davantage, le bien de ses sujets en diminuant la perte sur ces effets et les approchant de leur première et naturelle valeur, ce qui aidera à remettre le crédit, et la confiance publique».39

C’era di più:

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«En cas que les rentes des dettes, charges et autres dépenses de Sa Majesté et de l’État soient si fortes que le Roy ne pust rien donner pour ces remboursemens, l’affaire que le sieur Law propose en acquittera une partie considérable dans les 20 années, son dessein étant d’exploiter à cet usage les trois quarts du profit, qui doivent revenir par là à Sa Majesté, et il espère de commencer un établissement qui, avec le tems, acquittera la Couronne pourvu qu’elle ne fasse pas d’autres dettes, et qu’elle paie régulièrement les intérests de celles déjà contractées.»40

La banca avrebbe assorbito i biglietti deprezzati e ne avrebbe emessi di nuovi che avrebbero avuto la garanzia nel fatto di essere accettati – a differenza dai billets d’état – nel pagamento delle tasse e di essere utilizzati per i pagamenti da parte dello Stato. Questo ne avrebbe fatto della vera moneta. Nella lettera a Desmaretz che accompagna la proposta – e che illustra in tutti i dettagli i benefici che il credito può offrire all’economia francese in termini di piena occupazione, di crescita del commercio e delle manifatture, di risanamento della finanza pubblica e di miglioramento del cambio e della bilancia commerciale41 – Law spiega come questa partecipazione del re farà di questa banca l’istituzione più sicura, migliore della Banca di Amsterdam e della Banca d’Inghilterra. Era un modo di contestare l’idea diffusa che considerava le banche buone per le repubbliche e cattive per le monarchie. Il re non avrebbe mai potuto pensare di appropriarsi della cassa, perché sarebbe stato un colpo contro i suoi stessi interessi.42 Il modello di questa istituzione sviluppa lo schema della proposta fatta al duca di Savoia: Law l’ha rimodulata aggiungendovi il problema della conversione del debito pubblico. Si tratta di una grande novità. Ma il quadro entro cui essa si iscrive è sempre quello della preferenza per la moneta cartacea rispetto alla moneta metallica: della nuova moneta si illustra, al di là dei benefici per l’attività economica, quelli che si riferiscono al debito pubblico. Non vi si trova più la terra come garanzia, ma i profitti della banca e – col fondo destinato alla conversione del debito – le entrate dello Stato. Il progetto non sarà accolto. Ma esso presenta già gran parte degli elementi sui quali sarà costruito il Système. In effetti, vi si vede l’intenzione di governare la crisi finanziaria attraverso l’introduzione di un nuovo tipo di moneta la cui funzione – au39

Law [1934: II, 2-3]. Ibidem, II, pp. 2-3. 41 Mémoire sur les banques (juillet 1715), in Law [1934: II, 4 ss.] 42 Ibidem, II, pp. 36-37. 40

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Il Système 49

mentando con la carta la massa monetaria – è di liberare lo Stato dei debiti e di far abbassare, attraverso la riduzione del tasso d’interesse, il peso della rendita finanziaria di cui viveva, soprattutto nei suoi strati più favoriti, il sistema sociale dell’epoca.

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5. La Banque Générale Si può trovare strano che Law sia riuscito a introdursi negli ambienti di corte al momento in cui, alla morte di Luigi XIV, la forma delle istituzioni politiche in Francia sembrava seguire il modello che l’opposizione aristocratica, ispirata da Fénelon, aveva disegnato attraverso le Tables de Chaulnes.43 Un sistema di Consigli che innovava sul piano della formazione delle decisioni di governo, eliminando i dipartimenti ministeriali e riunendo in un Consiglio di Reggenza i consigli di governo che operavano sotto il vecchio re. Il Controllore generale delle finanze dava le dimissioni; le attribuzioni dei segretari di Stato passavano ai consigli particolari. Il nuovo re aveva sei anni: sarebbe diventato maggiorenne, per la legge francese, a tredici anni. Il Reggente Filippo d’Orléans disponeva dunque di un periodo di attività di quasi otto anni. Egli aveva negoziato col Parlamento un ruolo che oltrepassava i limiti segnati dal testamento di Luigi XIV, ma, in cambio, aveva dovuto restituire a quel Parlamento quel diritto di remontrance preventiva che Luigi XIV gli aveva negato nel 1673. La decisione presa dal Reggente di rifiutare la bancarotta lo porrà nella necessità di trovare una soluzione al problema della crisi delle finanze. Se il Visa, che opererà a partire dal 7 dicembre 1715, riuscirà a ridurre l’ammontare del debito fluttuante e il tasso della rendita, e se la Chambre de justice, a partire dal marzo 1716, troverà irregolarità e distribuirà sanzioni ai finanzieri che si erano arricchiti irregolarmente,44 il debito continuerà a restare molto pesante. Il Reggente deciderà allora di cambiare l’approccio al problema. L’idea di una banca sul tipo di quelle che avevano dato buoni risultati in Inghilterra e in Olanda comincerà a trovare qualche sostegno. Law, d’altronde, continuava a scrivere e a presentare progetti. Dopo un contrattempo che l’aveva visto espulso dalla Francia a causa del gioco, egli era ritornato a Parigi, dove aveva iniziato a corteggiare il Reggente. La sua proposta iniziale a Desmaretz si arricchiva, nei suoi nuovi progetti, di giustificazioni in termini di teoria

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Il modello era quello di una restaurazione anti-assolutistica diretta dall’aristocrazia, un’alternativa al “gouvernement de vile bourgeoisie” che era stato, per questa opposizione, il governo di Luigi XIV e di Colbert. Si veda Rothkrug [1965]. 44 Le sanzioni erano state in certi casi molto elevate, ma i finanzieri più importanti erano riusciti a trovare le protezioni che ne avevano ridotto l’ammontare. Dei 160 milioni previsti come sanzioni il Tesoro ne incasserà soltanto una ventina.

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50  John Law: teoria e pratica della moneta

monetaria, illustrava i benefici per l’economia, che soffriva degli alti tassi d’interesse, dimostrava come il credito potesse ovviare – sul cambio – agli inconvenienti che si era pensato di ridurre attraverso le manipolazioni monetarie; e affermava in conclusione come il credito potesse servire – sulla base dell’esperienza inglese – alla potenza dello Stato. Nel settembre 1715, Law presentava un voluminoso mémoire sul Restablissement du commerce,45 in cui erano illustrati, nei minimi dettagli, i benefici che la Francia avrebbe potuto trarre da un diverso approccio alla politica monetaria, da una revisione dei trattati ineguali che regolavano i rapporti commerciali con l’Olanda,46 da un recupero dell’attivo della bilancia commerciale,47 dagli incentivi – sulla linea di Colbert – al commercio marittimo francese, volano delle costruzioni navali e della piena occupazione nei porti,48 da un’organizzazione diversa e dalla funzione delle principali Compagnie che godevano dei diversi monopoli del commercio estero,49 dall’utilizzazione – senza dérogeance – della nobiltà nel grande commercio.50 Indicava le iniquità del sistema fiscale51 e concludeva il Mémoire con un lungo discorso sui benefici offerti dalle banche agli Stati moderni. Egli offriva la banca come strumento per estinguere, nel giro di 25 anni, il debito pubblico. Nel dicembre 1715 Law inviava una lettera al Reggente in cui esponeva i benefici che le banche e il credito potevano offrire alla nazione e allo Stato. Vi si spiegava che attraverso le istituzioni bancarie si disponeva di un vantaggio simile a quello di cui aveva goduto la Spagna con la scoperta delle Indie, ma di molto superiore.52 L’Inghil-

45

Law [1934: II, 67-259]. In realtà – l’ha dimostrato Lionel Rothkrug [1965: 435 ss.] – si tratta di un testo che per il 40% del suo contenuto s’appoggia a un manoscritto di Jean Pottier de la Hestroye, redattto nel 1700. 46 Ibidem, II, p. 91 ss. L’esempio che vi si dà è quello dell’Inghilterra dei Navigation Acts. (Ibidem, II, p. 103 ss.) 47 Ibidem, II, p. 119 ss. 48 Ibidem, II, p. 129 ss. 49 Ibidem, II, p. 198 ss. 50 Ibidem, II, p. 139 ss. 51 «Le souverain n’est point secouru dans ses besoins et dans les tems difficiles par les plus riches; au contraire les plus riches par leur crédit sçavent toujours s’exempter des charges des impositions extraordinaires qui ne tombent ordinairement que sur les moins riches et les plus pauvres. Il n’y a que le peuple qui paye la taille et de qui l’État et le souverain tirent du secours dans les tems fâcheux par les impositions extraordinaires.» (Ibidem, II, p. 118). 52 «Si l’Espagne avoit cédé les Indes aux Anglois, cette nation n’auroit pas tant profité de ce commerce qu’elle a profité de son crédit. Avant la mort de Charles II, roy d’Espagne, le commerce des Indes a fourny aux Anglois environ 25 millions par année en matière d’argent; de cela une partie était consommée, une partie payoit une balance due alors à la France, une partie étoit transportée par la Compagnie des Indes orientales; il n’y restoit qu’environ 8 millions. Ainsi, pour augmenter la monnoye d’Angleterre de

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Il Système 51

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terra, con l’introduzione del credito, aveva accresciuto la propria moneta più di quanto non avrebbe potuto fare continuando a godere solo della bilancia favorevole del suo commercio con la Spagna. L’Inghilterra di Guglielmo III, per effetto della creazione della Banca d’Inghilterra, aveva potuto finanziare le sue guerre senza pagare il denaro ad altissimo prezzo. Il credito aveva rimesso ordine nelle finanze e abbondanza nel commercio. Ora, la Francia, di fronte all’Inghilterra, in materia di commercio somigliava a un esercito che utilizza gli archi e le frecce davanti a un avversario che si serve delle armi da fuoco. Non bastava più, per valutare la ricchezza e la potenza di due paesi, comparare la quantità di moneta metallica di cui essi disponevano. Il credito aveva cambiato la realtà. Senza credito, il paese avrebbe perduto i suoi operai, attratti dai salari che avrebbero trovato all’estero, e le manifatture sarebbero cadute in declino. Ma Law dichiara che la banca “n’est pas la seule ni la plus grande” delle sue idee. «Je produiray un travail qui surprendra l’Europe par les changements qu’il portera en faveur de la France, des changements plus forts que ceux qui ont esté produits par la découverte des Indes ou par l’introduction du crédit. Par ce travail, Votre Altesse Royale sera en estat de relever le royaume de la triste situation dans laquelle il est réduit, et le rendre plus puissant qu’il n’a encore esté, d’establir l’ordre dans les finances, de remettre, entretenir et augmenter l’agriculture, les manufactures et le commerce, d’augmenter le nombre des peuples et les revenus généraux du Royaume, de rembourser les charges inutiles et onéreuses, d’augmenter les revenus du Roy en soulageant les peuples, et de diminuer le debte de l’Estat sans faire tort aux créanciers […] Je soulagerai le Roy et l’État en diminuant l’intérêt de l’argent, non pas par des lois, mais par une abondance des espèces. Les espèces que la France fabrique des matières qu’elle retire des Indes baissent et perdent de leur valeur par les quantités qui sont apportées en Europe; le crédit que

400 millions, il auroit fallu 50 années d’un commerce bien réglé et sans interruption, en donnant le produit et les manufactures du pays en eschange de ses matières. Par l’introduction du crédit, l’Angleterre a augmenté sa monnoye au-delà de cette somme, sans avoir donné en échange aucune valeur en marchandises, car le crédit qui circule dans la ville de Londres seule monte à plus que les espèces monnoyées de la France et de l’Angleterre. Ainsy il ne doit pas paroître extraordinaire que la monnaie soit si abondante à Londres, les espèces ne faisant pas la cinquième partie de ce que le crédit fait. Le revenu de cette augmentation de la monnoye produit annuellement plus que le double de ce que le commerce des Indes avoit produit par une augmentation de l’industrie et des manufactures de ce royaume, qui ont esté portées si loin qu’elles fournissent une grande partie de l’Europe. L’on dit avec raison que la nécessité est la mère de l’invention. Les Anglois ont introduit le crédit dans le commerce parce qu’ils y estoient forçés; la guerre contre la France les avoit engagés dans une forte dépense pour l’entretien des troupes dans les pays estrangers; il falloit envoyer des espèces pour fournir à cette dépense. La balance de leur commerce ne suffisant pas, et le commerce des Indes estant interrompu par la guerre, l’Angleterre auroit succombé si elle n’auroit pas trouvé des autres moyens pour se soutenir.» Ibidem, II, p. 263.

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52  John Law: teoria e pratica della moneta je propose d’introduire sera d’une valeur plus assurée et gagnera 20 et 30 pour cent sur les espèces […] La monnoye sera toujours dans une abondance proportionnée au besoin des peuples; elle ne sera ni trop chère ni trop à bon marché.»53

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La lettera era seguita da un Mémoire sur les banques (dicembre 1715), che forniva risposte alle possibili obiezioni che potevano esser fatte – e che saranno fatte – nel Consiglio del re, a cui il Reggente aveva presentato la proposta di Law. La banca avrebbe dovuto trovare i suoi fondi nelle entrate dello Stato e doveva essere pubblica. Il progetto non sarà accolto dal Consiglio.54 Il 2 maggio 1716, però, Law ottiene, in cambio, di poter aprire una banca privata.55 *** La banca di Law nasce sotto la denominazione di Banque Générale e partecipa immediatamente all’operazione nata in gennaio con la riconiazione del luigi d’oro. Essa acquista la vecchia moneta a un prezzo superiore a quello della zecca, ma inferiore al valore reale: ne dà in cambio biglietti con la garanzia della conversione al valore del momento (40 livres tornesi in un marco d’argento), senza tener conto delle eventuali variazioni tra moneta reale e moneta di conto.56 I possessori di moneta metallica 53

Law [1934: II, 266]. Il verbale della seduta del Consiglio è stato pubblicato da Levasseur [1854: 39-48]. 55 Le lettere patenti sono del 2 maggio, registrate il 4 dal Parlamento. Esse permettono a Law e soci di «établir dans le Royaume une banque générale pour leur compte particulier, et de la tenir et exercer pendant vingt années, a compter du jour de l’enregistrement de ces lettres. On leur permet aussi, de stipuler, tenir leurs livres, et faire leurs billets en écus d’espèces, sous le nom d’écus de banque, ce qui sera entendu des écus du poids et titre de ce jour» (Dutot [2000: 34-35]). Il fondo della banca è fissato a 1.200 azioni di 1.000 scudi ciascuna, il cui capitale è di 1,2 milioni di scudi, che valevano allora 6 milioni di livres. Gli scudi erano allora di 8 al marco d’argento, a 5 livres ciascuno. 56 «[La Banque] livrait ses billets contre de l’argent, et, dès qu’ils lui étaient représentés, elle en acquittait aussitôt la valeur en espèces. Point d’échéances, point de paiements à terme: le possesseur de son papier pouvait, quand il le voulait, recevoir en métaux les valeurs dont il avait le signe; il n’avait qu’à le porter à la caisse dont les fonds devaient à tout instant pouvoir suffire à toutes les demandes. C’était le fondement de son crédit et la condition qui devait en perpétuer la durée. Une partie du capital était cependant distraite pour d’autres usages; si tout commerce, tout prêt, tout emploi aventureux de son argent lui était rigoureusement interdit, elle avait le moyen de multiplier les bénéfices de ses actionnaires en avançant des fonds aux commerçants et en escomptant leurs lettres de change: double avantage qui profitait à la fois au prêteur et à l’obligé, à la banque et au négoce, enrichi d’un numéraire plus abondant; et qui pourtant était sans danger tant que les administrateurs contiendraient ces avances dans les limites d’une sage prudence. La banque se chargeait encore de la caisse des particuliers, de leur recette comme de leur dépense, et s’engageait 54

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Il Système 53

si garantivano attraverso i biglietti da una eventuale diminution del metallo: la banca si garantiva da una eventuale augmentation. Si neutralizzavano così due strumenti tradizionali delle manipolazioni monetarie. Con questa operazione, Law riusciva a creare per il biglietto un’immagine di stabilità – superiore a quella della moneta metallica – che lo staccava nettamente dall’esperienza che i Francesi avevano conosciuto con il billet d’état.57 Ma il suo progetto – sia nella forma illustrata a Desmaretz nel Mémoire sur l’acquittement des dettes publiques (maggio 1715), sia in quella proposta nel Restablissement du commerce (settembre 1715) – non aveva ancora preso consistenza. Nulla c’era in questa banca che potesse farle esercitare un ruolo in quella direzione. Il debito pubblico sarà preso in considerazione per una frazione minima. Ma il biglietto appariva già più sicuro della moneta metallica, cosa non certo trascurabile. Con decreto del Consiglio, il 10 aprile 1717 il biglietto diventava un equivalente della moneta metallica: a differenza da ciò che era avvenuto per i billets d’état, esso era accettato «comme argent dans tous les bureaux de recettes, fermes et autres revenus da sa Majesté, pour le payement de toutes espèces de droits et d’impositions». Il decreto ordinava inoltre che «à commencer du même jour, tous ses fermiers comptables, fermiers et sous-fermiers, leurs receveurs et commis comptables, et autres chargez du maniment de ses deniers dans l’étendue de son Royaume, pais et terres de son obéissance, seront tenus d’acquitter a vue, et sans aucun escompte, les billets de ladite banque qui leur seront présentés».58

Rafforzato dal decreto che ne faceva moneta a pieno titolo, il biglietto entrava nelle operazioni commerciali e scontava le lettere di cambio. Il giudizio sui benefici che ne avrebbe avuto l’economia sarà allora ben diffuso.59 Law, a cui lo statuto vietava di

à faire, à leur choix, les paiements en argent comptant ou par virements de parties, moyennant le faible droit de 5 sous par mille écus. Tout son mécanisme consistait dans l’alliance de ces trois opérations: mécanisme simple et dont le succès était certain. Mais ce qui devait rendre bien plus grande encore la faveur dont elle jouirait en France et à l’étranger, c’était la condition de faire tous ses comptes en écus de banque. La valeur des monnaies avait tant de fois varié et variait encore que nul n’y avait confiance.» Levasseur [1854: 45-46]. 57 Sui diversi tipi di biglietti in Francia, tra XVII e XVIII secolo, si veda Marion [1923: 49-50]. 58 Dutot [2000: 37]. 59 Dutot [2000: 37 ss.]. Ma Lüthy [1959: 304] trova questo giudizio piuttosto generoso. Avendo apprezzato gli effetti sul tasso d’interesse delle lettere di cambio, egli pensa che sia stata «une propagande bien forte» ad esagerare i benefici della banca. In particolare, egli pensa che la Banca non ha potuto modificare lo stato di discredito dei biglietti di Stato. E a proposito degli effetti positivi sul cambio, egli afferma che essi derivavano dalla politica monetaria di Desmaretz e che avevano preceduto l’istituzione della banca. Un giudizio che ricalca le indicazioni di Pâris-Duverney.

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54  John Law: teoria e pratica della moneta

fare prestiti, sconterà lettere di cambio a Parigi al 6% e poi anche al 4%.60 Il biglietto finirà per godere di un aggio dell’1% sulla moneta metallica. Un buon successo contro l’usura. Un utile strumento, inoltre, per i possessori di moneta metallica, per sottrarsi al pagamento dei diritti di signoraggio che accompagnavano ogni riconiazione. La banca era un’istituzione modesta. Il capitale di 6 milioni di livres, fissato dallo statuto, era stato raccolto solo in parte. Dato che solo un quarto del prezzo delle azioni era stato versato in moneta metallica e tre quarti in biglietti svalutati del 60%, e che un quarto soltanto di questo capitale era stato versato, i mezzi reali di cui la banca disponeva non eccedevano 825.000 livres: 375.000 in moneta e 450.000 (1.125.000 nominali) in biglietti. Con questi mezzi pareva impossibile che essa potesse avere un ruolo significativo e che potesse fare profitti. Ma essa emise tra giugno 1716 e ottobre 1718 biglietti per oltre 148 milioni di livres. I suoi biglietti circolavano regolarmente nel commercio a preferenza della moneta metallica. L’emissione era stata realizzata con prudenza, tenendo in cassa una riserva metallica consistente. L’attività produsse dividendi per 738.000 livres e poté rimborsare per intero i soci, nel dicembre 1718, quando fu trasformata in Banque Royale, con 4,5 milioni di livres, l’intero capitale azionario. Il rendimento del capitale iniziale fu pari al 250%. Law, che, come socio, aveva versato 93.750 livres in moneta e 112.500 livres in biglietti svalutati, incassò, tra dividendi e rimborso del capitale, 1.309.000 livres, con un profitto del 535%.61 La banca contribuì marginalmente alla riduzione del debito assorbendo biglietti per 1.125.000 livres nominali. Una goccia nell’oceano del debito totale – e forse in gran parte a favore di gente della corte – ma il meccanismo, considerati i mezzi modesti, appariva interessante. Molto meglio, in prospettiva, dei Visa e della Chambre de justice! E senza ricorso alla violenza dei mezzi di queste istituzioni: il che giocherà a favore della sua popolarità e renderà tranquillo, per il momento, il personale della vecchia finanza, ancora timoroso di dover «rendre gorge».

6. Verso il Système Nel settembre 1717, data alla quale Law fonda la Compagnie d’Occident,62 appare all’improvviso l’elemento che potrà far uscire la Banque générale dal ruolo di una semplice banca di deposito, limitata allo sconto delle lettere di cambio e all’emissione 60

Law [1934: III, 312]. Murphy [2007: 216 ss.]. 62 La Compagnie d’Occident era nata col privilegio esclusivo del commercio della Louisiana, acquistato nel settembre 1717, a cui si era aggiunto poi il privilegio del commercio delle pellicce di castoro. 61

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Il Système 55

di biglietti. Sarà possibile da allora far partire, tra Banque e Compagnie, un’operazione più consistente sul debito, cosa che era, sin dal 1715, l’intenzione principale di Law. È l’inizio, per alcuni critici di Law, della costruzione avventurosa degli strumenti di base del Système e la fine della fase tranquilla della banca che trova invece un consenso generale persino tra i critici più virulenti di Law.63 L’occasione si presenterà nel momento in cui il finanziere Crozat restituirà al re, come pagamento di tasse, la concessione della Louisiana, che egli aveva tentato di sfruttare commercialmente senza successo. Con la Compagnie d’Occident, a cui era collegata la Louisiana, Law ha la possibilità di formare un’istituzione dedicata al commercio e alla colonizzazione, verso cui far rifluire una parte del capitale del debito fluttuante, pagando gli interessi coi redditi di questo commercio. La Compagnie nasce con un capitale di 100 milioni di livres, ripartiti in 200.000 azioni di 500 livres ciascuna, pagabili in billets d’état, che si negoziavano ancora con più del 60% di perdita, ma venivano accettati al valore nominale per l’acquisto delle azioni. La raccolta del capitale si scaglionerà per un intero anno. Il suo valore effettivo, dato il deprezzamento dei biglietti, superava di poco i 30 milioni di livres. Il capitale in billets era consegnato interamente al Tesoro, che forniva in cambio 4 milioni di rendita sull’appalto degli atti dei notai, delle poste e del tabacco. Questi 4 milioni di livres di rendita annua rappresentavano il capitale effettivo della Compagnie. Si annullavano per questa via 100 milioni del debito pubblico con una spesa annua, per lo Stato, equivalente solo al 4% del capitale nominale, che non andava più rimborsato. Ma ci guadagnavano anche i possessori di vecchi biglietti che finivano, sbarazzandosene, di essere creditori mal pagati dello Stato e diventavano azionisti di una Compagnia che avrebbe distribuito redditi, recuperando più del 60% del deprezzamento del vecchio titolo. Si può vedere una grande sproporzione tra l’ammontare del capitale effettivo della Compagnie (i 4 milioni annui ottenuti dal Tesoro) e il suo valore azionario nominale – 100 milioni, di cui solo un po’ più di 30 effettivi – sproporzione che non sembra mettere la Compagnie in condizione di fare le grandi operazioni commerciali che ne avrebbero giustificato il ruolo. Ma la logica dell’istituzione mirava soprattutto alla messa a punto di uno strumento efficace per l’estinzione del debito, meno a un’attività produttiva immediata. L’alimentazione del progetto avrebbe avuto certamente bisogno dell’attività

63

Particolarmente fuorviante, a questo proposito, l’interpretazione di Herbert Lüthy, che, trattando dell’esperienza di Law, la considera come un semplice capitolo della storia della banca in Francia e vede il Système – «un monstre qui réunit le monopole du commerce maritime et colonial, le monopole d’émission, la frappe des monnaies, la levée des impôts, qui était seul chargé des dettes, des recettes et de l’entretien de l’État» (Lüthy [1959: 315]) – come l’effetto di una «deviazione» rispetto a ciò che una banca avrebbe dovuto essere.

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56  John Law: teoria e pratica della moneta

produttiva. Ma per il momento bastava pensare – estendendo il modello – che lo Stato avrebbe avuto bisogno di 80 milioni annui per annullare il capitale intero del debito di 2 miliardi, pagando solo gli interessi alla Compagnie. Il progetto avanzò lentamente. Le difficoltà iniziali, che videro passare un anno nella raccolta del capitale, non permisero alla Compagnie di incassare l’intera somma dei 4 milioni della rendita, in quanto i vecchi biglietti portati alla conversione erano rimasti per buona parte dell’anno a carico dello Stato. Ma la procedura era stata messa in movimento. Si poteva intravedere come reale, col successo, anche la possibilità di abbandonare il modello del debito alla francese – rimborsabile a termine per la parte fluttuante – e di vederlo diventare, sostenuto dai redditi delle attività economiche della Compagnie, sostenibile e perpetuo. La Compagnie d’Occident fu la base di une serie di operazioni tendenti a bonificare la situazione del debito, ritirando una buona quantità di biglietti svalutati e cercando di stabilizzare quelli che restavano in circolazione. La sottoscrizione delle azioni non fu facile. Law dovette intervenire con 6 milioni di fondi propri (aumentati poi a 10) e chiedere un investimento da parte del Reggente (40 milioni) e di altri personaggi della corte per supplire all’interesse insufficiente mostrato agli inizi dal pubblico, poco convinto di scambiare un titolo garantito sull’Hôtel de Ville con l’azione di una compagnia sottodotata.64 Il corso delle azioni salì lentamente, aiutato dal sostegno di Law, mentre i vecchi biglietti perdevano un po’ del discredito, fortemente aiutati dalla riforma monetaria del maggio 1718, che «en ramenant la livre tournois de 1/40e à 1/60e de marc d’argent et en permettant de porter aux Monnaies les anciennes espèces avec deux cinquièmes de billets d’État, pour être converties en nouveaux écus, épongea une grande partie de ces billets et en fit augmenter le cours en juillet 1718».65

7. Dalla Banque Générale alla Banque Royale Questi primi successi dovettero convincere il Reggente ad accettare la trasformazione, il 1° gennaio 1719, della natura della Banca, che diventerà – rimborsati in moneta metallica gli azionisti66 – Banque Royale. Si cambiava, per renderla più omogenea al suo nuovo ruolo, la natura della banca e si cambiava anche – ma allora apparve solo

64 Herbert Lüthy [1959: 310] scrive: «Avec de tels fondements, la Compagnie d’Occident débuta donc comme une spéculation pure, un bubble comme ils florissaient à cette époque en Angleterre». In realtà, cedendo il suo capitale al re in cambio di 4 milioni di livres d’interesse annuo, la Compagnie aveva trasformato questa rendita in appalto del tabacco, che gli forniva un reddito reale – Law se ne attendeva 6 milioni – per far fronte ai dividendi dei suoi azionisti. 65 Lüthy [1959: 310-311]. È un punto che Pâris-Duverney sottolineerà con forza. 66 Furono liquidati a 5.000 livres per azione, con un guadagno annuale del 64%.

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Il Système 57

un dettaglio – il meccanismo che aveva garantito il rapporto di conversione del biglietto in moneta metallica. Un rapporto non più fisso con una quantità determinata di moneta metallica, ma legato ormai alle variazioni della moneta di conto, con una denominazione in livres e non più in écus. Questo, introducendo di nuovo la possibilità delle manipolazioni monetarie, rischiava di far ricadere il biglietto nella dinamica di instabilità della moneta metallica.67 L’abitudine dei Francesi alle mutazioni monetarie non farà notare il cambiamento. Ma tutto rischiava di cambiare. La banca, che all’origine doveva essere pubblica, ma doveva seguire una logica d’indipendenza dal potere politico68, e che, come banca privata, ne era stata effettivamente libera, si preparava ad abbandonare così i principi del credito mercantile e abbracciava quelli – molto pericolosi in Francia – del credito pubblico.69 La moneta, metallica e cartacea, rischiava di diventare totalmente instabile e soggetta ai cambiamenti del valore della moneta di conto. Era il contrario di ciò che Law aveva sempre pensato delle qualità della moneta. Ma durante gli anni seguenti, e fino al 21 maggio 1720, le mutazioni monetarie non riusciranno a scalfire la fiducia nel credito, che otterrà un successo sconosciuto in Francia fino a quel momento. Nel dicembre 1718, la banca – aiutata dal fatto di essere passata al servizio dello Stato – poteva aprire succursali a Lione, La Rochelle, Tours, Orléans e Amiens. Nello stesso tempo, un nuovo elemento del progetto di 67 Steuart [1767: II, 240] non mancherà di esercitare su questo punto la sua ironia: «By this alteration, the money in the notes was made to keep pace with the money in the coin; and both were equally affected by every arbitrary variation upon it. This was called, rendring the paper monnaie fixe; because the denominations contained in it did not vary according to the variation of the coin: I should have called it monnaie variable; because it was exposed to changes with respect to its real value.» Ed egli osserva ancora come questa disposizione fosse in pieno contrasto con le idee monetarie di Law. Ma Lüthy [1959: I, 308] considera che la misura era comprensibile: «Les billets de la Banque royale ne sont plus stipulés en écus de banque invariables, mais en livres tournois qui viennent de subir l’affaiblissement de 20% de la refonte de mai 1718. On a beaucoup discuté, un peu à tort et à travers, de ce changement dans la dénomination des billets; et il est pourtant probable que ce changement s’imposait dès qu’on voulait faire du billet de banque, non plus une monnaie uniquement utilisée par les négociants comme la ‘monnaie en banque’ d’Amsterdam, mais celle de tout le pays: il n’était pas possible d’imposer à tout le monde un instrument de paiement ‘idéal’ dont il fallait à chaque moment recalculer l’équivalence en livres tournois.» 68 Era la condizione che Law aveva posto nel suo progetto a Desmaretz, quando aveva chiesto la direzione della Banca. 69 Steuart [1767: II, 240 n.] sarà anche molto chiaro su questo punto: «Public credit in France is the credit of the Sovereign; the solidity of which depends upon the maxims which he follows in the course of his administration.» E Lüthy [1959: 308]: «Mais la Banque royale de 1719-1720 ne ressemble plus en rien à ce qu’avait été la Banque générale. Avec le roi comme propriétaire unique de la banque, Law s’est débarrassé de toutes les limitations et garde-fou de l’ancien statut, qui avaient garanti une gestion prudente et sûre: le volume d’émission des billets de banque n’est plus réglé par le montant des dépôts ni par aucun critère comptable, mais décidé arbitrairement par des arrêts du conseil.»

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58  John Law: teoria e pratica della moneta

Law era messo a punto. Il decreto stabiliva che nelle città in cui la banca aveva le sue filiali nessun pagamento dell’ammontare superiore a 600 livres poteva più esser fatto in argento, ma solo in oro o in biglietti. Consolidata l’accettazione del biglietto, con un principio di corso forzoso, pareva già che si potesse legare al progetto della riduzione del debito pubblico l’idea della demonetizzazione dell’argento.

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*** Banque e Compagnie – con la banca al servizio della Compagnie – sono ormai i due pilastri del progetto. L’attenzione originaria di Law all’espansione della massa monetaria per influenzare il livello del tasso dell’interesse e render possibile la piena occupazione deve ormai confrontarsi con una strategia di «sortie de crise» che passa dalla riduzione del peso di una rendita finanziaria insopportabile. Ma questa riduzione della rendita dovrà mettere in discussione gli equilibri della costituzione materiale della società francese. Tre elementi si intrecceranno allora nella confezione di questo progetto. Bisognava sgravare lo Stato e il paese dal peso della rendita, spostando il carico dal sistema fiscale ai flussi di reddito provenienti dalle attività della Compagnie. Bisognava anche disciplinare al livello dei profitti della Compagnie, attraverso la fissazione dei dividendi delle azioni, il livello del tasso d’interesse generale, eliminata la possibilità, per il pubblico, di investimenti finanziari più attraenti. Bisognava impedire, infine, anche ricorrendo alle vecchie pratiche delle manipolazioni, che la moneta metallica potesse mettere in crisi il nuovo sistema monetario fondato sulla centralità della carta, destinata a sostituire il vecchio fondato sul metallo. «Les deux parties du Système – secondo Herbert Lüthy70 – s’étaient développées parallèlement et péniblement avant de se rejoindre»: giudizio condivisibile solo se ci si attiene agli avvenimenti sul breve periodo, e non alla continuità dell’approccio di Law. Ora, con la Banque e la Compagnie – e con la banca nelle mani dello Stato – si era in grado di cambiare anche i tempi della conversione del debito. Perché aspettare 20-25 anni, come previsto precedentemente? Per realizzare il progetto bisognava convincere non solo i possessori dei vecchi biglietti, ma anche i possessori di titoli del debito consolidato a convertire questi titoli – che godevano della garanzia dell’Hôtel de Ville – in azioni della Compagnie. Operazione piuttosto facile fino al momento in cui si tratterà ancora di cedere titoli svalutati, con interessi mal pagati, in cambio di azioni che ne rimborsavano l’intero valore nominale e promettevano di pagare dividendi. Ma, con l’aumento sperato del corso delle azioni, bisognava – per aumentare la fiducia del pubblico – dimostrare che la Compagnie era 70

Lüthy [1959: 309].

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destinata a grandissimi successi. E siccome, per far crescere la fiducia nel nuovo biglietto, si era scelto di non convertire direttamente le rendite in azioni, ma di rimborsarle in biglietti di banca, tentando di guidare l’utilizzazione di questi biglietti in acquisti di azioni, bisognava dotare lo Stato di un’enorme massa di biglietti destinati a rientrare con la conversione, col rischio che questi biglietti, non seguendo il percorso suggerito, entrassero in gran quantità nella circolazione e vi provocassero processi inflazionistici. Ma le difficoltà politiche non erano meno pesanti. Non potendo disporre immediatamente di redditi provenienti dalle attività commerciali, la Compagnie doveva essere dotata di risorse provenienti da monopoli che bisognava strappare alla vecchia finanza. Questa riduzione della rendita, pilastro della società d’ancien régime, non si presentava facile, né sul piano economico, né sul piano politico. Il progetto, al di là dei biglietti, doveva trovare i suoi redditi reali.

8. La Louisiana Tra maggio e giugno 1719, davanti a queste prospettive, quando il corso delle azioni della Compagnie d’Occident era ancora al di sotto del prezzo d’emissione e il capitale restava limitato, Law, che aveva bisogno di nuovi capitali, ottiene la possibilità di fondere con la Compagnie d’Occident la Compagnie des Indes orientales e la Compagnie de la Chine. Il 17 giugno il Consiglio del re – passando sopra l’opposizione del Parlamento – emetteva un decreto che autorizzava la fusione e abilitava la nuova compagnia, da allora Compagnie des Indes, a raccogliere un capitale di 25 milioni di livres. Law emetteva 50.000 nuove azioni da 550 livres, dal valore nominale di 500, quando già le prime avevano raggiunto la quotazione di 650 livres. La sottoscrizione, dovendosi aumentare stavolta il capitale effettivo della Compagnie, non era fatta in biglietti ma in moneta metallica. Ma i compratori dovevano già detenere quattro azioni “madri” – quelle della prima emissione – per poter acquistare un’azione nuova (“figlia”). Si trattava di spingere verso l’alto il corso delle azioni della prima emissione. Law progettava allora – l’afferma egli stesso – di acquistare, per dar corso alle attività commerciali della Compagnie, 24 navi da 500 tonnellate. È questo il momento della nascita del Système du Mississippi, nella prospettiva della colonizzazione delle terre americane e sui profitti attesi dall’attività commerciale che doveva derivarne. La Louisiana71 comprendeva allora l’equivalente del territorio immenso diviso oggi tra gli stati americani dell’Arkansas, dell’Illinois, dell’Iowa, della Louisiana, del Minnesota, del Mississippi, del Missouri e del Winsconsin: un’enorme estensione di

71

Si veda M. Giraud [1966: III].

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terre in gran parte deserte, dove tutto doveva essere costruito, a cominciare dall’insediamento umano. I tentativi che la Compagnie aveva fatto prima che Law ne ottenesse il controllo non avevano avuto successo. Sarebbe stato necessario un grande sforzo per farvi nascere produzione e commercio. Ma quello di Law non era un progetto a breve termine. La durata dei privilegi commerciali ottenuti dalla Compagnie sulla Louisiana era di 25 anni. Ma ora, a differenza dal momento in cui Law aveva contattato Desmaretz, la prospettiva temporale della conversione del debito non si estendeva più su 25 anni.

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*** L’affare della Louisiana testimonia dell’evoluzione delle idee di Law sulla moneta e sui mezzi per garantirla. Con la Louisiana il problema non è – come Lüthy cerca di far credere72 – di garantirla con la terra, sulla base del meccanismo proposto per le banche fondiarie, ma coi redditi della colonizzazione e dello sfruttamento commerciale di queste terre. Non con un bene, ma con un flusso di redditi, oltre che coi capitali (moneta, equipaggiamenti, merci) della Compagnie. Dunque, al di là delle difficoltà materiali degli inizi, c’era dietro il Système un progetto produttivo reale che avrebbe dovuto sostenere azioni e biglietti offrendo loro una protezione più ampia e più stabile di ciò che avrebbe potuto fare il metallo. Non era l’imitazione della truffa delle Bubbles alla quale spesso si tende ad assimilarlo.73 Ma bisognava costruire questo destino della Louisiana. Al momento della sua acquisizione, essa contava solo 500 abitanti di origine europea. Come popolarla? I tentativi di continuare come si era fatto fino ad allora furono perseguiti. Si tentò con gli engagés, si alimentò l’immigrazione straniera dalla Svizzera e dalla Germania, si tentarono accordi coi corpi di mestiere. Si privilegiò intanto, per scarsità di uomini, il popolamento della sola vallata del Mississippi. Le difficoltà si rivelarono insormontabili: le terre americane non producevano abbastanza sussistenze per la popolazione in arrivo; le malattie, a causa del clima e del regime alimentare precario, ridimensionavano pesantemente gli effettivi dei nuovi arrivati. L’agricoltura avrebbe dovuto essere il settore privilegiato, essendo la produzione di manufatti riservata alla madrepatria; si tentò di coltivare le piante “industriali” come l’indaco e il cotone, ma la sola attività che parve destinata a un futuro commerciale 72 «Si Law paraît s’être aperçu assez tôt qu’il était dangereux de fonder une circulation fiduciaire étendue sur un gage immobilier, et si l’étude des différentes banques publiques d’Europe l’a conduit à préconiser une banque fondée sur le crédit mercantile et public, il ne paraît jamais s’être tout à fait détaché de ces idées de départ; au bout d’un long détour, et à une échelle grandiose, le «Mississipi» a précisément abouti à créer une immense circulation de papier gagée sur d’immense terres vierges et inconnues.» Lüthy [1959: 288-289]. 73 Contro questa tradizione, si veda Bentemessek [2007: 1385-1416]. Ma già anche Steuart [1767: 386-389].

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Il Système 61

fu la coltura del tabacco. Ma bisognò trovare la manodopera specializzata. I nativi non ne avevano l’esperienza. La vita nella colonia rimase dunque molto difficile. Per suprema ironia, vi mancò la moneta e persino i biglietti di banca non vi arrivarono. L’utilizzo di billets de subsistance, al posto dei salari monetari, per l’acquisto dei beni alimentari, diede corso ad una speculazione largamente diffusa al livello popolare. Il costo della vita vi fu permanentemente caro. I redditi del commercio, destinati ad assorbire il debito e a remunerare gli azionisti non potevano dunque arrivare immediatamente. Bisognava provvedere in altro modo per supplirvi. Bisognò giocare sui guadagni offerti dalla speculazione sui corsi. Una forte pubblicità venne allora organizzata per vantare presso il pubblico le potenzialità dell’investimento. Law poté emettere altre azioni spingendo sui corsi. Si ebbe allora una terza emissione di azioni “nipoti”, 50.000 azioni del valore nominale di 500 livres, offerte questa volta a 1.000 livres, pagabili in 20 trance da 50; ma bisognava dimostrare di possedere 4 azioni “madri” (prima emissione) e una “figlia” (seconda emissione). Il sostegno al corso delle azioni – già raddoppiato – continuava. Ma bisognava allargare la base dei redditi della Compagnie. L’acquisto più significativo fu quello del privilegio della zecca, pagato 50 milioni, che dava alla Compagnie 6 milioni di reddito e un controllo importante sull’emissione della moneta metallica. Un successo importante per tenere sotto controllo la concorrenza tra i diversi tipi di moneta. Il 26 luglio 1719 Law annunziava che la Compagnie avrebbe pagato agli azionisti un dividendo di 6o livres per azione. Un dividendo del 12% sul valore nominale di 500 livres (ma del 40% sul valore reale dei biglietti screditati utilizzati per l’acquisto) su 300.000 azioni emesse in totale fino ad allora. Per pagarlo, sarebbe stata necessaria una somma di 18 milioni di livres. La Compagnie – Harsin74 e Murphy75 sono d’accordo – disponeva in effetti dei redditi per pagare questi dividendi. Quattro milioni le venivano dall’interesse pagato dallo Stato per i 100 milioni di billets d’état assorbiti con la prima emissione, tre milioni dal monopolio del commercio del tabacco, sei milioni dal privilegio della zecca, cinque milioni dai profitti delle attività commerciali. Ricapitoliamo la cronologia delle emissioni di biglietti e azioni e degli acquisti della Compagnie nel corso dell’anno 1719, fino al momento dell’annunzio del pagamento dei dividendi. – Al 1° gennaio, data dell’istituzione della Banque Royale, i biglietti di nuovo tipo ammontavano a 59 milioni di livres. – Il 22 aprile, venivano emessi 51 milioni di livres in biglietti, rimborsabili non più in scudi di banca ma in livres. 74 75

Harsin [1928: 165-166]. Murphy [2007: 255-256].

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62  John Law: teoria e pratica della moneta

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– Maggio: fusione della Compagnie d’Occident con la Compagnie de Indes, e con la Compagnie de la Chine. La compagnia prende il nome di Compagnie des Indes. – Giugno: emissione (seconda) di 50.000 azioni a 500 livres ciascuna, pagabili solo in moneta metallica. – Giugno: emissione di biglietti per 50 milioni di livres. – Giugno: acquisto, per 50 milioni di livres, dei privilegi della zecca. – Luglio: emissione (terza) di 50.000 azioni a 1.000 livres ciascuna, pagabili in biglietti. – Luglio: emissione di biglietti per 240 milioni di livres. La questione dei vecchi billets d’état era stata risolta. Una buona parte era stata convertita in azioni della Compagnie d’Occident, il resto aveva recuperato il suo valore nominale e circolava regolarmente. Ma si era risolta così solo la questione del debito fluttuante. Restava tutto intero il problema del debito consolidato, che rappresentava un carico molto più consistente. Nell’agosto 1719 Law poteva lanciare al Reggente una proposta che era un vero e proprio colpo contro il sistema della rendita che viveva nell’ombra della finanza pubblica. Egli chiedeva l’assegnazione, per nove anni, alla Compagnie des Indes dell’appalto (la Ferme) della riscossione delle imposte indirette76 per 52 milioni di livres, contro i 48,5 offerti dalla cordata dei fratelli Pâris-Duverney, da cui acquisterà la compagnia rimborsando le cariche dei receveurs généraux. Inoltre, offriva allo Stato un prestito di 1,2 miliardi di livres (divenuti 1,5 e poi 1,6), al 3%: una somma con la quale il debito intero avrebbe potuto essere convertito. Era un colpo mortale per la finanza usuraia alla quale si strappava così la più grossa delle fonti dei suoi redditi. Inoltre, Law si dichiarava disponibile a pagare le pensioni del 1720 e offriva persino di pagarle con un anno di anticipo in cambio d’un interesse del 3%.

76

La Ferme delle imposte indirette era, dal 1680, il risultato della concentrazione di diverse centinaia di contratti particolari in un contratto generale che comprendeva la gabelle, le aides, i demani e i diritti di tratta e di entrata. «Depuis très longtemps la monarchie afferme l’exercice de certaines fonctions et la perception des impôt indirects. Il dispose rapidement d’argent frais et les fermiers constituent un écran entre l’État et les contribuables, dérivant l’impopularité fiscale vers des particuliers pris isolément ou en compagnie. Les financiers constituent également un milieu de manieurs d’argent auquel le Roi a souvent recours pour emprunter sous diverses formes. […] En 1653 les fermiers et financiers sont intéressés dans près des trois quarts des recettes de l’État. Le règne personnel de Louis XIV ne connaît pas de changement notable, si ce n’est une concentration des fermes.» Dictionnaire [2010: 542]. L’assegnazione della Ferme alla compagnia di Law eliminava – a favore dello Stato – i guadagni eccezionali che i finanzieri vi facevano: in più si impediva agli avversari del Système di maneggiare grandi somme in biglietti, provenienti dalla riscossione delle imposte, da utilizzare contro la Banca, esigendone la conversione in metallo.

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Il Système 63

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9. I motivi di un’opposizione Se le attività della Banque e della Compagnie avevano suscitato opposizioni, di cui si era spesso reso interprete il Parlamento di Parigi, ma che erano state superate con l’appoggio del Reggente e per il fatto che, coi guadagni sui corsi delle azioni, si erano offerte anche ai vecchi traitants facili occasioni di profitto, la richiesta della Ferme delle imposte indirette, che coronava un processo di accumulazione di ruoli commerciali e finanziari che mettevano la Banque e la Compagnie ai posti di comando delle attività della finanza pubblica, finirà per sollevare la reazione del vasto mondo della vecchia finanza e dei suoi alleati in seno alla Corte. L’acquisizione della Ferme perfezionava ciò che per i critici – antichi e moderni – del Système sarà il “monstre” di un progetto étatiste che completava l’assolutismo politico con un assolutismo economico. Inoltre, strappando alla vecchia finanza il maneggio dei denari del re, si eliminava il pericolo per la Banque di dover convertire in moneta metallica i biglietti che essa emetteva e che la Ferme avrebbe potuto presentare all’incasso. La Compagnie aveva finito per prosciugare le fonti della rendita finanziaria, concentrando nelle proprie mani tutto ciò che ne alimentava le fortune. Ora, Banque e Compagnie erano in grado di determinare il livello del saggio d’interesse del denaro nel paese. In più, avendo eliminato l’intermediazione della finanza nella gestione del sistema fiscale, la Compagnie prendeva nelle sue mani il destino di una possibile riforma del fisco. Il biglietto aveva ricevuto il pieno riconoscimento della sua centralità. Ma si apriva un conflitto, nel quale la vecchia finanza, corteggiata e in parte associata – ma senza poterne più controllare i meccanismi – ai successi del Système, comincerà a utilizzare tutti gli strumenti possibili – economici e politici – per recuperare il potere che aveva avuto in mano e per evitare la propria eutanasia. Da questo momento, essa cercherà di profittare delle debolezze del Système per distruggerlo, possibilmente dopo aver realizzato in «proprietà solida» i guadagni che molti dei suoi rappresentanti avevano fatto in biglietti e in azioni. I successi del Système avevano profittato della protezione del Reggente, che era entrato in conflitto col Parlamento di Parigi che aveva creduto di poter riprendere le antiche prerogative, ma che sarà mandato in esilio per la sua opposizione.77 Ora, il Parlamento vedeva la propria esistenza stessa messa in pericolo, davanti all’ipotesi che Law potesse fornire al Reggente i mezzi per riscattare, tra gli altri offices venali, anche le cariche parlamentari, mettendo fuori gioco quella opposizione. La monarchia francese non rischiava di ridiventare assoluta, dopo le speranze apertesi a favore dell’opposizione aristocratica dopo la morte di Luigi XIV? Interessi politici ed interessi

77

Cfr. Faure [1977: 494 ss.]

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64  John Law: teoria e pratica della moneta

economici, minacciati da questa rigenerazione economica del potere regio, covavano un’alleanza di fatto che avrebbe potuto scatenare le sue offensive alla prima occasione. Per il momento la proposta di Law passava al Consiglio di Reggenza, con qualche dissenso, ma senza opposizione esplicita.

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*** Riprendiamo il sommario delle operazioni che abbiamo lasciato interrotto alla fine del luglio 1719. – Agosto 1719. La Compagnie ottiene la Ferme delle imposte indirette, promette 200 livres di dividendo per azione e presta al re 1,2 miliardi di livres al 3%, in cambio di 36 milioni d’interessi annuali. In seguito, il prestito sarà portato a 1,5 e a 1,6 miliardi e gli interessi a 48 milioni di livres. – 12 settembre. Emissione di biglietti per un valore di 120 milioni. – 13 settembre. Emissione di 100.000 azioni, al prezzo di 5.000 livres ciascuna. – 28 settembre. Emissione di 100.000 azioni, al prezzo di 5.000 livres. – 2 ottobre. Ancora 100.000 azioni, al prezzo di 5.000 livres. – 4 ottobre. Ultima emissione di 24.000 azioni, per ordine del Reggente, e non del Consiglio, non consegnate alla Compagnie. In totale, erano state emesse a questa data 624.000 azioni. Da 550 a 1.000 e poi a 5.000 livres, in pochi mesi, l’aumento dei corsi di emissione aveva potuto beneficiare di una serie di interventi di sostegno sul mercato. La Compagnie aveva acquistato e venduto azioni, per sostenerne i corsi: aveva introdotto il pagamento frazionato – con la possibilità di cedere le azioni di cui si era pagata anche solo la prima tranche – e la vendita a termine. Ma l’aumento dei corsi e l’aumento delle emissioni avevano implicato necessariamente un’emissione parallela di biglietti destinati a rendere possibile l’acquisto delle azioni. *** La svolta che il progetto di Law conosce a partire dal settembre 1719 sembra a Edgar Faure come il momento di passaggio da un “plan sage” a un “plan fou”, che condurrà il Système all’esplosione.78 A differenza di Herbert Lüthy, che considera il tentativo di Law nel quadro della storia dell’istituzione bancaria in Francia e vede nel Système una sorta di «deviazione», Faure prende molto più sul serio l’intenzione di Law di assorbire il debito: ciò che resta nell’ombra, nella visione di Faure è il fatto che, per Law, non si trattava solo di risolvere una situazione temporanea, ma di porre le condizioni per 78

Faure [1977: 219-243].

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Il Système 65

eliminare definitivamente un sistema fondato sulla centralità della rendita, alimentato da un sistema fiscale iniquo. Questo progetto doveva necessariamente passare attraverso l’eliminazione delle fonti tradizionali della rendita finanziaria e il mantenimento del tasso d’interesse al più basso livello, eliminando ogni alternativa rispetto all’investimento in azioni. In base al principio per cui il sistema sociale migliore è quello nel quale non sia quasi necessario pagare un costo per il denaro, Law, ispirandosi all’Olanda, aveva pensato che un tasso del 2% fosse la soluzione ottimale. L’alto prezzo dell’azione, davanti a un livello del tasso d’interesse molto basso, si rivelerà una scelta infelice: ma esisteva un mezzo più efficace per stabilire un buon tasso d’interesse? Law, che guardava all’esperienza olandese, ha sottovalutato l’ampiezza e la forza di un sistema sociale che da quasi due secoli ininterrottamente viveva di un alto livello e di un’ampia ridistribuzione della rendita. Non si è reso conto del fatto che persino i profitti speculativi di cui egli aveva fatto beneficiare gli azionisti avrebbero finito per rendere insignificanti i guadagni “normali” che il nuovo sistema poteva garantire: a quel punto, finiti i profitti della speculazione, con le azioni che toccheranno quasi le 10.000 livres, la prospettiva della “réalisation” diventava imminente. Se la società olandese poteva ben accontentarsi di un tasso d’interesse molto basso, la struttura gerarchica della società francese non era disposta ad imitarla. Anche gli ambienti del commercio e della manifattura, teoricamente interessati a pagare meno il denaro, organizzati in corpi di mestiere, beneficiavano del meccanismo della rendita: i corpi di mestiere erano tra i maggiori prestatori dello Stato.79 Più che di «plan fou» si trattò dunque di «ennemis forts». *** Essendo le azioni pagabili per tranches, la Compagnie aveva ricevuto, ai primi di ottobre 1719, 111.300.000 livres in biglietti (parzialmente svalutati quelli vecchi) e in moneta metallica, come anticipi (due per la terza e uno per la quarta) per un totale nominale di 182.500.000 livres. Essa doveva ancora ricevere, per saldo del pagamento delle emissioni seguenti, 1.615.000.000 livres. Dutot80 afferma che le prime emissioni valevano allora sul mercato 1.350.000.000 livres. Il re che, salendo al trono era indebitato per 2.062.138.000 livres, il cui costo annuo in interessi era pari a 89.983.453 livres, si liberava di 52.363.200 livres d’interessi, pagando alla Compagnie soltanto 36 milioni: risparmiava così 16.363.200 livres per anno.

79 Era la ragione per cui diventerà difficilissimo, per buona parte del secolo, eliminare i corpi di mestiere. Sarebbe stato necessario preliminarmente liquidare i loro crediti. 80 Dutot [2000: 126-127].

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66  John Law: teoria e pratica della moneta

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La Compagnie otteneva annualmente 36 milioni come interessi sul prestito fatto al re e 4 milioni sull’appalto del tabacco. In totale, fino ad allora, 40 milioni, senza contare gli introiti sulla Ferme des impôts, sulla zecca e sul commercio delle Indie. Essa doveva teoricamente un dividendo al 4% sulle 624.000 azioni emesse, il cui capitale nominale, a 500 livres ciascuna, ammontava a 312 milioni di livres: il dividendo annuale era dunque di 12.480.000 livres. Ma era il paese, secondo Dutot,81 quello che guadagnava più di tutti. Le attività produttive ne beneficiavano: i capitali erano offerti dalla Banque al 2%. Il 5 ottobre 1719 Law sosteneva a 5.000 livres il corso dell’azione, dando l’ordine al cassiere della Compagnie di pagare a questo prezzo le azioni che si fossero portate all’incasso dopo aver incassato il dividendo. Si trattava delle azioni della prima emissione, pagate in gran parte in biglietti svalutati. L’operazione era intesa ad evitare che 81 «Le françois est industrieux et laborieux, il ne cherche qu’à gagner, c’est au gouvernement à protéger et favoriser son travail, et même à lui fournir des moyens qui puissent l’encourager; et récompenser ses talens, aussi lui fournit-il icy, par le remboursement des rentes et par le crédit, les instruments qui luy manquoient pour mettre en valeur son travail et son industrie. Les rentes fixes et oisives, laissoient les biens fonds dans l’oisiveté, et entretenoient les hommes dans la paresse et dans la langueur. Il étoit donc du bien de l’État et des peuples d’abaisser l’intérêt de l’argent, et de convertir les contrats de rentes, dans des effets qui pussent servir à tous les besoins du commerce et concourir avec la monnoye de crédit et l’espèce, à faire multiplier la culture des terres, l’industrie et le commerce intérieur et extérieur. Les actions de la Compagnie des Indes, sont d’une communication aussi facile que l’argent, elles peuvent servir dans tous les besoins journaliers, aussi ont-elles été faites pour être substituées à la place des rentes qui n’étoient d’aucun secours au commerce, ne pouvant se convertir aisêment en argent, et à la place des autres effets Royaux qui étoient dans un discrédit presque total. Au contraire, la grande demande des actions leur procuroit un bénéfice considérable sur l’argent. L’exemple du gain ne permettoit pas de penser à la perte, tout le monde concuroit à faire valoir ces nouveaux crédits, qui étoient comme autant de forces motrices, qui donnoient à toutes les parties de l’État, une rapidité de mouvement, qui en augmentoit la valeur. Il falloit donc profiter du moment favorable et ne pas donner le temps à la réflexion, car elle ne manque jamais d’affoiblir l’ardeur et de refroidir l’imagination: mais d’un autre côté en multipliant ainsi ces actions, ne couroit-on pas risque de donner atteinte à ce grand crédit? Il méritoit bien d’être conservé très précieusement, il avoit été étably par l’art et par la fortune, dans un temps ou il étoit aussi difficile que nécessaire, pour mettre le Roy, l’État et son peuple, dans une puissance, et dans une abondance, qui fissent respecter la France à toute l’Europe, en rendant aux peuples de la campagne, la nourriture et le vêtement, les moyens de réparer leurs maisons qui étoient délabrées, de défricher la terre que l’indigence lassoit inculte. De rétablir les manufactures, de former un grand commerce maritime et intérieur. De faciliter les payements réciproques, de soulager les débiteurs, de simplifier la finance, de se soustraire de l’oppression des usuriers, et de diminuer les désordres de la Chicanne. Ces grandes vuës nous étoient présentées par un étranger, mais cet étranger, comme on le voit, étoit meilleur citoyen que les citoyens mêmes, il vouloit le bien général d’un État dont il n’étoit pas, et ceux qui en étoient ne le vouloient pas.» Dutot [2000: 128-129].

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Il Système 67

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i possessori potessero liberarsene a un prezzo inferiore a quello delle nuove emissioni. Se, da un lato, Law aveva l’esigenza di mantenere il corso delle azioni a 5.000 livres, dall’altro, doveva facilitare l’acquisto a coloro che, vedendo i guadagni che esse procuravano, avevano bisogno di procurarsi i biglietti con cui acquistarle. Ma doveva altresì fornire alla Compagnie i biglietti con cui provvedere agli eventuali rimborsi. Il 10 ottobre 1719, la Compagnie aveva portato a 1,5 miliardi il prestito di 1,2 miliardi al re. Ne aveva ricevuto un interesse portato a 45 milioni e, inoltre, pagando altri 100 milioni, 3 milioni sul monopolio del tabacco: in totale 48 milioni. Il re portava il suo risparmio sugli interessi del debito a 21.817.600 livres. Continuiamo il sommario delle operazioni che abbiamo lasciato al 4 ottobre 1719. – – – – –

24 ottobre 1719. Emissione di biglietti per 120 milioni di livres. 29 dicembre. Emissione di biglietti per 129 milioni. Gennaio 1720. Emissione di biglietti per 21 milioni. Febbraio 1720. Emissione di biglietti per 279 milioni. 22 febbraio 1720. La Banque Royale è incorporata nella Compagnie.

Il 5 gennaio, Law era stato nominato Controllore generale delle finanze. I suoi poteri aumentavano sensibilmente. *** Sostenendo l’aumento dei corsi delle azioni con l’emissione di biglietti, Law doveva evitare che questa massa di carta-moneta, introdotta nella circolazione per convertire le rendite e per riacquistare le azioni a rimborso, non finisse per dirigersi verso una realizzazione in moneta metallica. Se l’aumento del corso delle azioni doveva incitare all’acquisto, era utile, per scoraggiare queste realizzazioni, non trascurare il ricorso alle vecchie pratiche delle manipolazioni monetarie.82 82

Le manipolazioni avranno due modalità: le riconiazioni e le variazioni che si faranno subire al rapporto tra moneta reale e moneta di conto. I biglietti, fissati ormai «invariabilmente» in livres, resteranno stabili fino al 21 maggio 1720. Qui una tavola delle variazioni subite dal luigi d’oro da 25 al marco e dallo scudo d’argento da 10 al marco: luigi d’oro scudo d’argento novembre 1716 30 livres 3 18 9 36 6 maggio 1718 7 maggio 1719 35 6 2 agosto 34 6 23 settembre 33 5 16 3 dicembre 32 5 12

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68  John Law: teoria e pratica della moneta

A partire dal 27 febbraio un editto vieta di detenere più di 500 livres in moneta metallica, sotto la minaccia di ispezioni domiciliari e di confische. Nel frattempo, avendo l’azione toccato il valore di 10.000 livres, Law, nel novembre 1719, aveva cessato di sostenerla. Era troppo tardi. Alla fine di dicembre, egli annuncerà la decisione di pagare, per il 1720, un dividendo di 200 livres per azione: un tasso del 40% sul valore nominale (e persino del 100%, considerato che si era accettato il pagamento in vecchi biglietti svalutati), ma solo del 2% sul suo valore di mercato per gli ultimi compratori. Un guadagno in capitale del 4.650% per i primi acquirenti, ma che scendeva verso zero per gli ultimi arrivati. L’azione era certamente sopravvalutata. Si poteva pensare che essa potesse mantenere il suo valore e che trovasse compratori? E come avrebbero reagito, a questo punto, i possessori di un simile titolo? Tra febbraio e marzo 1720, Law ha la sensazione che la situazione gli sta sfuggendo di mano. Fa pubblicare sul Mercure de France une serie di lettere nelle quali illustra i benefici del nuovo sistema di finanza contro l’antico sistema delle rendite. Quelle rendite – vi si spiega – erano il frutto di un’utilizzazione improduttiva della ricchezza. Le opportunità offerte dal Système risiedevano nell’utilizzazione produttiva che se ne cominciava a fare. La vecchia amministrazione nascondeva la ricchezza monetaria del paese e faceva aumentare il costo del denaro. Ora, il denaro a caro prezzo era il segno più sicuro «d’un état peu aisé et penchant vers la misère».83 Il nuovo sistema 1° gennaio 1720 31 5 8 22 gennaio 36 6 28 gennaio 34 5 13 6 25 febbraio 36 6 3 marzo 48 8 1° aprile 36 7 29 maggio 49  10 8 5 6 juin 45 7 10 16 luglio 40  10 6 15 30 luglio 72 12 settembre 54 9 24 ottobre 36 7 10 Questa tavola, elaborata in base alle cifre del documento pubblicato da E. Faure [1977: 663-674], non mostra la complessità della questione, poiché non tiene conto delle operazioni fatte sulle monete metalliche. Ci si è tenuti qui a due tipi di monete dal contenuto metallico costante: nella realtà, c’era una circolazione parallela di monete di diverse coniazioni, dal peso diverso. Le manipolazioni monetarie si esercitavano su due terreni: da un lato le augmentations (improvvise) e le diminutions (annunciate) del valore in livres del luigi e dello scudo servivano a convincere i possessori di moneta metallica a sbarazzarsene, per paura delle diminutions annunciate; dall’altro, il controllo della zecca, acquisito dalla Compagnie, permetteva di intervenire sulle monete metalliche modificando il numero dei luigi e degli scudi tagliati nel marco. Le riconiazioni delle monete contribuivano così alla manipolazione. 83 Law [1934: II, 100].

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Il Système 69

aveva messo il denaro a minor prezzo, permettendo a chiunque di fare il commercio senza essere mercante. Quelli che si lamentavano della fine delle rendite consolidate, criticando il nuovo sistema, coltivavano interessi particolari che non coincidevano con l’interesse generale. Essi facevano come «ce médecin qui donna la malédiction à la ville où tout le monde se portait bien».84 Solo coloro che non avevano ancora convertito le loro rendite non avevano guadagnato direttamente dal nuovo sistema. Ma rari erano quelli che non vi avevano guadagnato indirettamente. Quanti debitori si erano liberati dei debiti, quanti proprietari avevano visto aumentare il valore delle loro case e delle loro terre, quanti artigiani e commercianti avevano beneficiato della domanda del loro lavoro! Il credito decuplicava il fondo che si possedeva. Il credito di un principe avrebbe potuto ottenere molto di più di quanto poteva ottenere un privato. Quindi, l’immagine dell’opposizione tra non solo due sistemi di finanza, ma anche tra due modelli di società: «Mais quel est l’usage que le roi fait de ce crédit, conformément aux principes du nouveau Système? C’est de le prêter à une compagnie de commerce, dans laquelle tombent successivement tous les effets commerçables du royaume, et qui n’en fait qu’une masse. La nation entière devient un corps de négociants dont la Banque royale est la caisse, et dans lequel, par conséquent, se réunissent tous les avantages du commerce d’argent et de marchandises. Cela même sauve un inconvénient que l’on voit en Angleterre, où les intéressés à la Banque et les actionnaires de la Compagnie du Sud sont opposés les uns aux autres, et courent risque de se décréditer et de se ruiner mutuellement. Tous les peuples ont cru de tout temps que le commerce des particuliers mêmes faisait la plus grande richesse d’un État. Que doit-on penser d’un État qui fait le commerce en corps, sans l’interdire néanmoins aux particuliers? Et si un commerçant est d’autant plus capable de grandes entreprises qu’il a de plus grands fonds, le roi peut-il trop engager tous ses sujets à réunir leur argent pour faire les avances du commerce général que la France vient d’entreprendre? C’est là aussi la principale raison du remboursement des rentes constituées. Quand ces sortes de rentes seraient utiles aux particuliers, il est certain qu’elles ne servent de rien à l’État pris en général; et si bien des particuliers s’applaudissent en secret de pourvoir à leur fortune indépendamment du bien général, le roi doit s’applaudir bien davantage de réduire tous ses sujets à ne trouver de fortune que dans l’abondance et la félicité de tout le royaume. Voila en abrégé le Système qu’on a présenté au prince dans l’état déplorable où la mort du feu roi nous avait laissés. De sorte qu’un arrangements assez avantageux par lui-même pour être reçu en toute situation et en tout temps, était devenu un remède nécessaire et l’unique remède qu’on pût apporte aux maux de la France.»85

***

84 85

Law [1934: II, 100]. Law [1934: II, 104-105].

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70  John Law: teoria e pratica della moneta

La prima quindicina del mese di marzo 1720 si vedono uscire due decreti del Consiglio. Col decreto del 5 marzo, la linea seguita da novembre in poi sembra invertita. L’azione, che era stata abbandonata al mercato, vede il suo valore fissato a 9.000 livres. La Compagnie apriva nuovamente il suo ufficio di compravendita delle azioni. Si possono trovare per questo decreto due spiegazioni di diversa origine: o l’intenzione – se veramente Law ha approvato la decisione – di mantenere il livello dell’azione a 9.000 livres per stabilizzare il tasso dell’interesse al 2%; o la pretesa degli azionisti di mantenere – o di poter realizzare – il titolo sotto la garanzia del mantenimento della sua sopravvalutazione. Se ci si tiene alla prima spiegazione, si deve concludere che Law ha fatto un grave errore di valutazione. È ciò che pensa François Velde. Ma se ci si tiene alla seconda, considerando ciò che ne dirà Dutot86, collaboratore di Law, occorre concludere che il decreto è il frutto di una pressione degli azionisti – molto presenti a corte – per costringere Law a garantire il prezzo dell’azione al livello al quale egli l’aveva portata. Il decreto rischiava di portare il Système all’esplosione. Davanti alla volontà sempre più chiara da parte di molti azionisti di liberarsi del titolo, non si poteva che decidere di annullare la decisione presa in febbraio di sospendere l’emissione di biglietti. Le emissioni dovranno ricominciare, ora che le richieste di rimborsi delle azioni presso la Compagnie superano gli acquisti da parte del pubblico. I biglietti, che fino ad allora erano messi in circolazione per permettere al pubblico di acquistare azioni, cominciano ad essere emessi per rendere possibili i rimborsi da parte della Compagnie. Il Système sta per crollare. – Marzo 1720. Emissione di biglietti per 191.803.060 livres. – Aprile 1720. Emissione di biglietti per 792.474.720 livres. – 1° maggio 1720. Emissione di biglietti per 642.395.130 livres. In totale, a quest’ultima data, la Banque avrà stampato biglietti per 2.696.400.000 livres, quasi il doppio di quanti ne sarebbero dovuti servire alla conversione delle rendite. Di questo totale, 2.235.083.690 saranno messi in circolazione. Il resto rimarrà nelle casse della banca. La proporzione tra la moneta metallica circolante e la massa della moneta cartacea rischia allora di diventare ingovernabile. La conversione delle rendite rischia di passare attraverso l’inflazione. Per questo, il decreto annunciava una augmentation immediata della moneta metallica. Si tentava di attirarla verso la banca, davanti alla

86

Dutot [1843: 910 ss.].

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Il Système 71

prospettiva che di lì a poco – lo si decise in effetti l’11 marzo – essa dovesse subire una forte diminution. La prospettiva è quella di procedere verso la demonetizzazione del metallo, dopo averlo catturato. Ma l’oro e l’argento si nascondono. Come uscire dalla situazione? Due problemi si presentano, peraltro: Bisognava contrastare la preferenza per la moneta metallica, la cui concor–renza l’aumento dei prezzi, spinti Le dall’inflazione (Tab. 1); si mostrava pericolosa. manipolazioni tornavano così all’ordine Ma si trattava di un’iniziativa –dellagiorno. degradazione del cambio (Tab. 2). di complemento. Tab. 1 - Prezzi, salari monetari, salari reali 1716-17 = 100 (Dati: E. Hamilton)

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250 200 150 100

0

gen 1716 mar mag lug set nov gen 1717 mar ma lug set nov gen 1718 ma mag lug set nov gen 1719 mar mag lug set nov gen 1720 mar mag lug set nov

50

Salari monetari

Prezzi

Salari reali

Tab. 2 - Evoluzione del cambio con Olanda e Inghilterra Fonte: Dutot

15 10

-15 -20

=

lug

giu

apr

mag

feb

mar

dic

ott

nov

set

ago

lug

apr

giu

Con l'Olanda

gen 17120

-10

mag

-5

mar

0

feb 1719

5

Con l'Inghilterra

82

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72  John Law: teoria e pratica della moneta

Si tenta di far fronte al primo con interventi sui mercati dei beni essenziali – il mercato della carne soprattutto – ed aumentando la quantità delle monete di piccolo taglio – in rame –, considerando che i biglietti erano essenzialmente costituiti di grossi tagli che non si adattavano alla spesa popolare.87 Il secondo è molto più grave e più difficilmente riparabile. Dal novembre-dicembre 1719, il cambio della moneta francese sull’Olanda e l’Inghilterra aveva conosciuto una svolta. In marzo, il valore della moneta francese crollava su entrambi i fronti. Il dualismo tra biglietto e moneta metallica finiva per far temere un attacco contro la Banque, incapace di far fronte alla conversione. Come uscirne? Bisognava contrastare la preferenza per la moneta metallica, la cui concorrenza si mostrava pericolosa. Le manipolazioni tornavano così all’ordine del giorno. Ma si trattava di un’iniziativa di complemento. Nel corso del mese di marzo, mentre conduceva sul Mercure de France la campagna a favore della conversione delle rendite in azioni, Law aveva pensato a una soluzione molto più decisa:88 riportare l’azione a un prezzo sostenibile, intorno a 5.000-5.500 livres, ma sterilizzare contemporaneamente l’inflazione di biglietti diminuendone il valore di metà, per renderlo equivalente a quello della massa della moneta metallica. Law avrebbe presentato questo piano al Reggente, che non l’avrebbe approvato. Si potevano colpire così fortemente gli azionisti, tra cui il re e la gente di corte, che avrebbero visto il valore dei loro portafogli ridursi improvvisamente di metà? Ma il Système rischiava di disarticolarsi. Un prezzo dell’azione intorno a 10.000 livres era buono se gli acquisti continuavano, rendendo possibile un rientro rapido dei biglietti alla banca. Ma dal momento in cui il movimento aveva cambiato direzione, e le azioni erano portate alla Compagnie per essere convertite in biglietti, si era costretti a creare altri biglietti. Si era sul punto di perdere il controllo della circolazione monetaria. I biglietti emessi per la “piccola circolazione” della conversione del debito89 raddoppiavano in quantità e prendevano vie non previste. 87 Il taglio minimo dei biglietti era di 10 livres, mentre il salario giornaliero di un operaio equivaleva a 6 livres. Ma il grosso dei biglietti era costituito da tagli di 100 e 1.000 livres. 88 Dutot [1843: 910 ss.] 89 Il rimborso delle rendite del debito in biglietti piuttosto che in azioni, «dans l’attente que les rentiers, privés de tout autre moyen de placement, emploieraient leurs capitaux remboursés en nouvelles souscriptions d’actions» fu, secondo Lüthy «l’une des erreurs plus graves de Law» (Lüthy [1959: 317]). Lüthy sembra non aver compreso il piano di Law: convertire il debito legittimando – nello stesso tempo – il biglietto come moneta a pieno titolo, accanto e, poi, al posto della moneta metallica. Steuart [1767: II, 386-389] l’aveva capito benissimo.

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Il Système 73

Ora, nel momento in cui la Compagnie si ritroverà tra le mani – avendole in gran parte riacquistate a 9.000 livres – 300.000 delle 624.000 azioni emesse, l’operazione che Law aveva concepito in marzo non poteva più essere rimandata. Il 21 maggio 1720 un decreto emesso in assenza del Consiglio di reggenza diminuiva progressivamente, a scadenze mensili, la denominazione del biglietto (fino al −50% il 1° settembre) e dell’azione (−44% al 1° dicembre).90 Dutot dà la sua spiegazione del decreto: bisognava equilibrare il valore della massa monetaria cartacea (biglietti + azioni) alla massa della moneta metallica, essendo la prima ormai fuori da ogni proporzione sostenibile davanti a quest’ultima. Questa spiegazione, coerente con le idee monetarie di Dutot, provocherà il sarcasmo di James Steuart.91 Il decreto è più sfumato. Il preambolo si apre illustrando le differenze tra la situazione presente e «l’état où le royaume se trouvoit réduit avant l’établissement de la banque», quando l’avarizia dei prestatori era «montée au point d’exiger plus d’intérêt par mois que les loix n’en avoient réglé pour toute l’année». Una situazione che aveva costretto il re a moltiplicare «les contraintes contre les contribuables». Esso ricorda le difficoltà dei proprietari terrieri, l’indebitamento, la cessazione delle manifatture, della navigazione e del commercio: spiega come «le négociant étoit réduit à faire banqueroute, et l’ouvrier contraint d’abandonner sa patrie pour chercher à travailler chez l’étranger». Tutto ciò «pendant que le prêteur d’argent vivait seul dans l’abondance». Poi esso spiega come «par l’établissement de

90

Ecco la tavola delle riduzioni ordinate dal decreto del 21 maggio: azione (9.000 l.) biglietto da 100 l. dal 22 maggio 8.500 80 dal 1° luglio 8.000 75 dal 1° agosto 7.500 70 dal 1° settembre 7.000 65 dal 1° ottobre 6.500 60 dal 1° novembre 6.000 55 dal 1° dicembre 5.500 50 Prima del decreto, i biglietti valevano 2.696.400.000 livres, le 194.000 azioni in mano al pubblico, a 9.000 livres ciascuna, 1.746.000.000 livres. Il decreto riduceva le prime a 1.348.200.000 e i secondi a 1.067.000.000 livres: in totale 4.440.400.000 livres, ridotte a 2.415.200.000. Il re consentiva di ricevere i biglietti al loro valore intero fino al mese di gennaio 1721, in pagamento di imposte e in acquisizioni di rendite vitalizie. 91 «The men of speculation were all of opinion, that as long as there was no more paper issued by the bank than there was coin in the kingdom, there could be no harm done. Of this, any person who has read Dutot, de Melon, Savary, and others, will be perfectly satisfied. And I desire no farther proof of the total ignorance of the French in matters of this kind, than to find them agreeing, that bank paper is always good, providing there be coin in the nation to realize it, although that coin be not the property of the bank.» Steuart [1767: II, 245-246].

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74  John Law: teoria e pratica della moneta

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la banque et de la Compagnie des Indes, le roi a[vait] remis l’ordre dans ses affaires», come «la noblesse a[vait] trouvé dans l’augmentation du prix de ses terres le moyen de se libérer, le commerce et la navigation [s’étaient] rétablis, les terres cultivées et l’artisan travaillait». Ma «des personnes mal intentionnées» avevano obbligato il re «de donner l’arrêt de son Conseil du 5 mars dernier, pour soutenir par l’affoiblissement des monnoies le crédit de ces établissements si utiles et si nécessaires». «Cet affoiblissement et la grande faveur des actions a[vaient] donné les moyens aux débiteurs de se libérer». Restava solo da compensare le perdite subite dai minori, dagli ospedali e dalle comunità e «en même temps à rétablir le prix des monnoies dans la proportion qui convînt au commerce étranger et au débit des denrées»: è quanto era stato fatto col decreto dell’11 marzo che ordinava «les réductions du prix des espèces». A quel punto «Sa Majesté a jugé que l’intérêt général de ses sujets demandoit qu’on diminuât le prix ou la valeur numéraire des actions des Indes et des billets de la banque pour soutenir ces effets dans une juste proportion avec les espèces et les autres biens du royaume, empêcher que la plus forte des espèces ne diminuât le crédit public, donner en même temps aux créanciers privilégiez les moyens d’employer plus favorablement les remboursemens qui pourroient leur être faits; et enfin prévenir les pertes que ses sujets souffriroient dans le commerce avec les étrangers. Et Sa Majesté s’est déterminée d’autant plus volontiers à cette réduction qu’elle sera même utile aux propriétaires des actions des Indes et des billets de banque, puisque ces effets auront leurs répartitions ou dividendes avec plus d’avantage, et qu’ils seront conversibles en monnoie forte qui produira au moins 50% de plus en espèces ou matière d’argent après la réduction qu’à présent.»92

Tutto questo, per difendere un tasso d’interesse al 2% che non era nelle corde della società francese d’ancien régime. Biglietti e moneta metallica avevano abbandonato le azioni – e la produzione – e si erano diretti verso i consumi (acquisti di terre e di immobili) e la speculazione sui mercati esteri. Da lì l’aumento dei prezzi e la degradazione del cambio. Una situazione che Schumpeter93 e Keynes94 hanno perfettamente descritto. Donde la ragione del decreto, che aveva infranto un principio posto solennemente il 22 aprile 1719: la garanzia dell’inviolabilità del biglietto. I Francesi erano abituati da secoli alle variazioni della moneta metallica: per questo avevano riposto la loro fiducia nel biglietto di Law. Tutto crollava ora. Avrebbero mantenuto questa fiducia? 92

Levasseur [1854: 230-231]. Schumpeter [2005: I, 92]. 94 Keynes [1963: cap. XXIII]. 93

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Il Système 75

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10. Dopo il 21 maggio 1720 Per i possessori di azioni, gli effetti del decreto del 21 maggio erano diversi in base all’epoca in cui il loro acquisto era avvenuto: se prima o dopo che il prezzo aveva raggiunto le 5.500 livres. Nel primo caso, il possessore conservava un guadagno pari alla differenza tra le 5.500 livres e il prezzo al quale egli aveva acquistato l’azione. Una differenza ancora enorme per coloro che avevano comprato con le prime emissioni. Nel secondo caso, egli perdeva tutta la differenza tra il prezzo pagato e quello al quale il decreto riduceva l’azione. In tutti i casi, egli conservava sull’azione un dividendo che restava fissato, per il 1720, a 200 livres. Chi perdeva senza riserve era il possessore di biglietti. Il decreto induceva in errore affermando che una riduzione parallela di biglietti e di prezzi – che erano aumentati a causa della sovrabbondanza di circolante – non cambiava nulla per il possessore di biglietti, data la forte diminuzione subita l’11 marzo dalla moneta metallica. Ciò non era vero, in ogni caso, per chi aveva convertito le proprie economie in biglietti, vendendo immobili e terre o accettando biglietti in estinzione di crediti. Conventi, istituzioni caritative, corpi di mestiere che avevano cambiato le loro rendite in biglietti e azioni erano nella stessa situazione. L’emissione di una grande quantità di biglietti finalizzata all’acquisto e al rimborso delle azioni aveva finito per essere esogena rispetto alle necessità dell’economia. Un’enorme quantità di azioni era ritornata nelle mani della Compagnie. Il prezzo altissimo al quale esse erano state fissate dal decreto del 5 marzo aveva fatto nascere le difficoltà. Le nuove abitudini alla speculazione borsistica e i guadagni che si erano realizzati rendevano meno appetibile, ai nuovi speculatori creati dal Système, l’acquisto di azioni che garantivano un dividendo del 2% e non fornivano più margini di guadagno in capitale. Anzi, a quel prezzo, soprattutto per chi aveva acquistato a prezzo più basso, e soprattutto per gli ambienti di corte che avevano beneficiato di attenzioni particolari da parte di Law, era diventato interessante vendere piuttosto che acquistare o detenere quei titoli. Dunque, il ritorno dei biglietti alla Compagnie, allo scopo di chiudere la «piccola circolazione» alla quale erano destinati, non aveva avuto luogo. I loro possessori avevano utilizzato i biglietti per altri usi, acquistando immobili, terre, gioielli, oro e argento. I biglietti, moltiplicati a causa del rifiuto delle azioni, erano entrati nella circolazione normale, gonfiandone il volume e facendo temere una pressione per la richiesta di una conversione in metallo. Ma non si trattava solo di biglietti e di azioni. Attraverso le vicende del Système passava il conflitto politico e sociale che avrebbe dovuto decidere del destino dell’ancien régime fiscale-finanziario del paese. Il Système stava distruggendo tutte le fonti della rendita su cui vivevano i vecchi equilibri sociali. Non c’era più nulla in Francia che potesse permettere rendite finanziarie al di sopra di un tasso del 2%. I

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monopoli commerciali e l’appalto della riscossione delle imposte indirette erano stati acquisiti dalla Compagnie. Raggiunto il prezzo di 9.000 livres, le azioni difficilmente potevano promettere allora altri guadagni speculativi. Il credito era stato regolato su costi che sgravavano lo Stato e i produttori dell’usura, mentre l’abbondanza di moneta aveva permesso anche la liberazione dei debiti nelle campagne e dato aiuto alle attività produttive. Ma Law era finito prigioniero di coloro ai quali – soprattutto a corte – aveva consentito grandi profitti con la speculazione in borsa e che non erano più disposti a vedere i loro guadagni disciplinati dal livello di reddito che il Système aveva ormai imposto. Il Système aveva potuto disciplinare la rendita, ma aveva perduto il controllo dello strumento della speculazione. Introdotto da Law per attirare la moneta nel Système, questo strumento aveva finito per essere utilizzato ormai sistematicamente da coloro che non intendevano essere implicati nella riorganizzazione definitiva del sistema finanziario. Sia l’intervento del 5 marzo 1720, che garantiva a 9.000 livres il prezzo dell’azione, sia i diversi interventi manipolatori della moneta metallica, sia il decreto del 21 maggio sono interventi – non sempre coerenti – in difesa dell’architettura del Système contro la disarticolazione che se ne prospetta. Il Système disponeva allora certamente di risorse sufficienti per pagare i dividendi degli azionisti, ma rischiava di essere perduto se non fosse stato capace di assorbire nell’investimento azionario la liquidità che esso aveva creato e che aveva fatto sparire la moneta metallica. La situazione sarebbe stata ancor peggiore se – davanti alla fuga del metallo – la Banque si fosse trovata obbligata ad emettere ancora altri biglietti per rimborsare altre azioni. Soltanto questo può spiegare non solo la direzione ondeggiante ma anche l’assurdità apparente degli interventi che accompagnano, tra febbraio e maggio 1720, la vita del Système. Per salvare la realtà del Système, Law ha finito per non seguire del tutto, nella pratica, diversi principi che, in Money and Trade, ispiravano il suo approccio teorico ai problemi del governo della moneta. La stabilità monetaria non esiste più e le vecchie manipolazioni, funzionali ora al fine di stabilire una concorrenza forzata tra diversi tipi di moneta, sono tornate con forza.95 Il decreto del 21 maggio 1720 tenterà di riorganizzare il Système su una base più sostenibile. Ma non si era considerata la reazione di coloro che avevano portato i biglietti fuori dal meccanismo dell’investimento azionario e si ritrovavano con una moneta che perdeva di colpo metà del suo potere d’acquisto. Che senso aveva ricordare loro che, in fondo, rispetto al nuovo valore dell’azione, non si era perduto granché? La data del decreto era stata scelta con cura: il 19 maggio era la domenica di Pentecoste. Il Parlamento andava in vacanza per una settimana. I borghesi di Parigi 95

Tra il settembre 1719 e il dicembre 1720, il valore della moneta d’oro subirà 28 mutazioni, quella d’argento ne conoscerà 35. Cfr. Marion [1923: 384].

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Il Système 77

si allontanavano dalla città. E poiché l’attività economica nel paese marciava a ritmo sostenuto – a causa dell’abbondanza di moneta e del suo basso costo – nessuno aveva sospettato che il decreto potesse produrre il panico e le opposizioni che esso provocò. In effetti esso fu immediatamente percepito come una misura punitiva del biglietto che, nell’opinione, aveva acquisito una vita indipendente dall’uso suggerito come strumento finalizzato all’acquisto di azioni. E la perdita di fiducia nel biglietto metteva in crisi l’intera architettura del Système. Ora, per il biglietto sembravano rinnovarsi le vicissitudini che avevano colpito alcuni anni prima i vecchi billets d’État. Le reazioni convinceranno il Reggente ad annullare, sei giorni dopo – il 27 maggio 1720 – il decreto del 21 maggio. Tutto sembrava tornato come prima, tranne la fiducia. Per James Steuart, il Système era ancora a questa data difendibile. Non lo sarà più alcuni giorni dopo, quando, all’improvviso, il Reggente deciderà di restituire alla Compagnie le azioni del re, per farle bruciare, in cambio dell’annullamento del debito sul prestito dei biglietti. Il re doveva alla Compagnie 1.600 milioni di capitale e 48 milioni di interessi annui. Egli deteneva ancora 100.000 azioni, il cui reddito annuo gli avrebbe garantito 20 milioni di livres. Restituendole, lo Stato si sgravava di una parte del debito e di una parte (25 milioni annui) degli interessi, che venivano trasferiti in rendite al 2,5% sull’Hôtel de Ville. Le azioni nelle mani del pubblico, visto che 300.000 erano quelle riacquistate dalla Compagnie, erano dunque ridotte a 200.000. Rimaneva il problema dei biglietti entrati nella circolazione per più di 2 miliardi di livres. Non essendo riusciti ad assorbirli attraverso la vendita delle azioni e a ridurne il valore attraverso il decreto del 21 maggio, essi dovevano essere «riacquistati» per essere poi distrutti. Ma come riacquistarli? Non rimaneva altra risorsa che quella di convertirli in rendite. In effetti, proprio in rendite essi furono convertiti, nella maggior parte. Tolti i 90 milioni pagati in moneta metallica, i 200 milioni portati in banca come fondi di credito e i 530 milioni convertiti in rendite sull’Hôtel de Ville già nel mese di giugno, ciò che restava dei 2.697 milioni in biglietti fu bruciato dopo essere stato convertito in diversi tipi di rendite: 470 milioni convertiti un rendite al 2,5%. 400 milioni in rendite perpetue al 2%. 100 milioni in rendite vitalizie al 4%. 200 milioni in rendite diverse a interessi tra il 2 e il 3%. Si bruciarono altresì i 707 milioni ancora nelle casse della Banque. Nella liquidazione del Système, i capitali del debito non subirono diminuzione. Lo stesso non avvenne per i rendimenti. Fondandosi sulle dettagliate informazioni di Dutot, Steuart calcola in 27 milioni di livres la somma degli interessi di cui i creditori furono «derubati» dallo Stato.

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78  John Law: teoria e pratica della moneta

Lo Stato guadagnava dunque qualcosa, nell’immediato, derubando i suoi creditori. Perdeva molto in prospettiva. Perdeva la guerra con la vecchia finanza. Esso si ricaricava del debito interamente e ne spostava il peso verso il vecchio sistema delle rendite sull’Hôtel de Ville. Ciò che rimase più visibile fu la ricomposizione del vecchio sistema fiscale e finanziario. Di nuovo, ai debiti dello Stato si sarebbe fatto fronte attraverso i prestiti, e i prestiti sarebbero stati pagati col prelievo fiscale. Il vecchio sistema, per il quale i contribuenti non privilegiati avrebbero continuato a pagare per arricchire l’usura pubblica, era dunque ristabilito. E se nuove imposte saranno istituite più tardi, esse finiranno per conformarsi al sistema iniquo della taille. Del Système resterà – unica creazione, spogliata progressivamente di tutti i suoi fondamenti e ridotta a semplice compagnia commerciale privilegiata – la Compagnie des Indes. Essa perderà in poco tempo parte dei suoi privilegi (1721, il monopolio del tabacco; 1726, la Ferme générale delle imposte indirette). Sarà smantellata più tardi quando, così ridotta, senza rapporto con le intenzioni di colui che l’aveva fondata, non rappresenterà altro che che un vecchio arnese dell’economia d’ancien régime.96 L’ancien régime si ricostruirà sulle sue caratteristiche tradizionali. Un «assolutismo putrido» (Fukuyama), dove l’aristocrazia resterà fino alla fine preoccupata di mantenere intatti i propri privilegi. Né i tentativi di Machault d’Arnouville, negli anni ’40, né quelli di Turgot, negli anni ’70, riusciranno a cambiare in misura sensibile le cose. Né Calonne, alla vigilia della Rivoluzione, vi avrà maggior fortuna. Una società di rente seekers, per essere costretta ad abbandonare le sue posizioni, avrà bisogno di ben altro che delle iniziative di un ministro riformatore. *** La fine del Système non può far dimenticare di Law – pur considerando gli errori che ha potuto fare – la figura di un riformatore dotato di una solida riflessione sulla natura e sul ruolo della moneta. Ma sono stati necessari quasi tre secoli perché, da «gambler, duelliste, assassin et banqueroutier», egli potesse entrare di pieno diritto nella storia del pensiero economico. È stato necessario inoltre – al di là dei cambiamenti dei sistemi monetari – l’indebolimento del paradigma liberale, che 96 Tuttavia, «quoique dans la forme, la Compagnie des Indes de Law ait abouti à pousser jusqu’à l’extrême limite le système du monopole, ce ‘monopole général’ était ce qui, dans la pratique, se rapprochait alors le plus de la liberté du commerce, en faisant sauter le compartimentage des compagnies exclusives, en accordant très libéralement les licences et les concessions à toutes les initiatives particulières qui se présentaient en encourageant les entreprises, au lieu de les décourager, et en mettant au service de l’expansion commerciale la banque elle-même, les capitaux attirés par la spéculation, et enfin l’inflation du crédit. Malgré les désillusion et la débâcle du ‘Mississipi’, c’est dans ce domaine que les réalisation de Law paraissent les moins contestables». Lüthy [1959: 300].

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Il Système 79

assegnava al mercato tutti gli equilibri sociali e che, a partire da Adam Smith, non aveva fatto altro che sbeffeggiarlo come teorico monetario. Law ha visto nella moneta lo strumento fondamentale dell’attività economica: una buona moneta era la chiave dello sviluppo economico e della piena occupazione, una cattiva moneta era la causa dell’impossibilità di mettere interamente al lavoro la popolazione. L’utilizzazione di una moneta-merce – quella fatta d’oro o d’argento – soffriva di diversi inconvenienti: il valore di ogni merce essendo determinato dal confronto tra la sua quantità e la domanda, la moneta metallica non poteva garantire la propria stabilità in quanto misura dei valori. Inoltre, essa era monopolio nelle mani dei paesi produttori d’oro e d’argento e – all’interno dei singoli paesi – di gruppi sociali che vivevano della sua cessione onerosa in prestiti a gran prezzo fatti ai privati e allo Stato. Un fenomeno che moltiplicava i suoi effetti in tempo di guerra – quasi permanentemente, allora – quando le spese moltiplicavano i bisogni degli Stati. Come evitare questo ricatto che si scaricava sui contribuenti, e, in Francia, dove il sistema fiscale era ingombro di privilegi, soprattutto su quelli più poveri? La Francia del 1715 si era presentata a Law come un laboratorio dov’era possibile sperimentare le proprie ricette economiche. In Francia egli tentò di realizzare un progetto nel quale l’eliminazione del debito pubblico avrebbe dovuto accompagnarsi all’introduzione di un nuovo sistema monetario fondato sulla carta. Questa carta, però, non doveva più essere garantita – come alle origini della sua riflessione – da un’ipoteca sulla proprietà fondiaria, ma sull’anticipazione di una ricchezza organizzata attorno alle grandi istituzioni di commercio e di credito, capaci di creare e di far circolare la moneta necessaria, che sarebbe stato possibile procurarsi a un prezzo modico. Fu questo prezzo – un tasso d’interesse al 2% – a guidare l’azione di John Law al tempo del Système. Un avvenimento che rimane come un grande tentativo d’instaurare un nuovo sistema monetario, che la società francese, largamente abituata, nei suoi strati superiori, ai benefici della rendita, non apprezzò e che finì per essere portato al fallimento da coloro che ne erano stati, al momento della speculazione, i suoi maggiori beneficiari.

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Conclusione

La riflessione economica di Law vede le sue origini nel contesto della società scozzese, all’inizio del secolo XVIII. Comparata all’Inghilterra e all’Olanda, la Scozia è allora un paese arretrato, caratterizzato da un’attività commerciale ridotta. Il costo della vita in Scozia è più basso che in Inghilterra e in Olanda. Ma il paese non profitta di questo vantaggio sui concorrenti, perché la rarità di moneta – secondo Law – non consente di aumentare le sue capacità produttive mettendo al lavoro una parte importante della sua popolazione inoccupata. I suoi prodotti, meno cari, profittano solo ai commercianti internazionali, mentre essa è soggetta ai prezzi – più alti – dei prodotti stranieri. La Scozia non dispone di miniere d’oro e d’argento e la bilancia commerciale passiva non le permette di procurarsi metalli preziosi attraverso il commercio. La riflessione di Law si concentra su un punto: come far uscire la Scozia da questa situazione d’impotenza, sfruttando le risorse che potevano farne una concorrente importante dell’Inghilterra e dell’Olanda? Per Law la risposta è chiara: bisogna trovare il modo di procurarle tutta la moneta necessaria a metterne in attività le risorse. Law parte da un principio: non solo la moneta metallica non è la sola moneta possibile. Essa non è neanche lo strumento perfetto per svolgere il ruolo che l’attività economica le assegna. Se gli uomini hanno utilizzato metalli particolari per far loro svolgere sia la funzione di misura dei valori sia quella di pegno dei valori scambiati, resta il fatto che i metalli di cui si fa moneta, essendo merci che si scambiano sul mercato a valori che si fissano sul rapporto tra la loro quantità e la domanda, non presentano i requisiti di stabilità di cui dovrebbe godere una misura invariabile, e finiscono inoltre per costare cari ai paesi che non dispongono di miniere. Law pensa a una moneta nella quale il mezzo rappresentativo sia dissociato dalla natura di merce che ne rappresenta il pegno. Egli pensa alla carta come supporto materiale di un tipo diverso di moneta, ma deve trovare una garanzia che ne giustifichi la funzione di pegno. Egli vede nella terra – correttamente valutata – la garanzia che può giustificare l’esistenza di una moneta capace di circolare in concorrenza con la moneta metallica e, al limite, di sostituirla in tutte le sue funzioni.

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82  John Law: teoria e pratica della moneta

Una moneta di credito, dunque, che suppone l’esistenza di un’istituzione che la emette. Partito dall’idea delle banche fondiarie, tema di un dibattito animato in Inghilterra e in Scozia tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, Law arricchirà la sua riflessione a contatto con le realtà continentali e con le loro esperienze in materia di credito: l’Olanda, la Svezia e l’Italia. Ne dedurrà l’idea della moneta come anticipazione di una ricchezza da produrre. La creazione monetaria non farà che adattare la quantità della massa monetaria alle esigenze dell’attività economica nazionale. La moneta esce dalla Banca quando serve all’attività economica. Può tornarvi, uscendo dalla circolazione, quando non serve. La Banca è allora lo strumento strategico dell’attività economica. Essa fornisce, a costo ragionevole, la moneta, la cui quantità insufficiente in mezzi metallici ne fa normalmente aumentare il costo facendo crescere così la massa della rendita finanziaria. Ne risulta chiaramente che l’idea di creare un nuovo tipo di moneta, che s’aggiunge alla moneta metallica, deriva dall’intenzione di alimentare le attività produttive e, nello stesso tempo, di limitare, nella società, il peso della rendita. Un peso che grava eccessivamente sui produttori e sugli Stati. Giunto in Francia, Law fa l’esperienza d’un sistema sociale il cui pilastro è costituito dalla rendita, un sistema che associa la rendita all’investimento nei meccanismi che permettono una promozione all’interno del sistema degli ordini. Se la società scozzese era una società arretrata, la società francese è per Law una società malata che favorisce e garantisce il parassitismo sociale e opprime quella parte della popolazione a cui si impone di produrre ricchezza per mantenere lo Stato e quella parte della società che vive della ridistribuzione garantita dall’iniquità dei meccanismi fiscali. Law proporrà un nuovo sistema di finanza nel quale la ricchezza esistente sotto forma monetaria passa per le iniziative di una banca mentre un’istituzione aperta all’azionariato s’incarica dell’organizzazione delle grandi attività produttive e commerciali. Un grande disegno in cui la carta-moneta è destinata a sostituire i metalli. In questo sistema, i rentiers trovano la possibilità di trasformarsi in associati alle attività economiche e lo Stato quella di disindebitarsi e di trarre profitti da queste attività sia per diminuire i prestiti – coi relativi interessi – sia per riformare iniquità e peso del sistema fiscale. In effetti, non sono certo i rentiers il fondamento della società e dello Stato, ma gli operai e i contadini. Questo progetto susciterà l’ammirazione dei democratici e dei socialisti nel secolo XIX, in Francia, e farà paura non solo al mondo della rendita e della finanza francese del suo tempo, ma a tutta la società liberale del XIX e del XX secolo, per la quale il Système assume le caratteristiche di un “monstre étatiste”, distruttore dell’iniziativa privata. Si trovano proprio in questa situazione le ragioni dell’opposizione dei contemporanei e delle molte critiche successive che hanno investito Law nel secolo XIX e

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Conclusione 83

dopo. Ma oppositori contemporanei e critici successivi hanno spesso sorvolato sul fatto che la rendita finanziaria era il bersaglio dell’azione di Law e che Law è stato sconfitto dalla forza degli ambienti sociali interessati alla rendita. La sua sconfitta è stata soprattutto una sconfitta politica, il risultato di una rivolta conservatrice. Ma è stato molto più agevole spiegarne il fallimento imputandolo ai suoi errori teorici in materia monetaria, di cui il Système non sarebbe stato altro che l’applicazione pratica. Se ne ottenevano due risultati: si squalificava l’economista e il riformatore e si fissavano i metalli, per più di due secoli, al centro di ogni sistema monetario. Inoltre, si assegnava al mercato – con una moneta-merce – il ruolo di regolatore di tutti gli equilibri. Niente Stato imprenditore, niente Stato banchiere! È stata necessaria l’esperienza della crisi di questo sistema monetario e quella delle crisi economiche e dell’occupazione che si sono manifestate a partire dagli anni ’30 del secolo XX per far apprezzare la teoria e la pratica di Law in materia di moneta. Così, sul piano delle esperienze di uscita dalle crisi che si son potute fare allora, si son potute apprezzare sia l’originalità e la fecondità degli apporti teorici di Law in materia di moneta, sia – malgrado la sconfitta – la grandezza di un tentativo che, d’un sol colpo, in meno di due anni, ha tentato di istituire, in un grande Stato, un sistema monetario tutto nuovo, di realizzare un disciplinamento severo della rendita finanziaria, di rilanciare la produzione e l’occupazione e di riformare un sistema fiscale impresentabile. E tutto questo sulla base di un approccio che la cultura liberale in formazione non sarà in grado di condividere. Lo Stato era troppo presente in questo approccio. Si comprende bene così sia l’opposizione che questo tentativo doveva sollevare nell’immediato, nel vecchio mondo dell’ancien régime, sia quella – teorica, ma anche pratica – che avrebbe trovato lungo più di due secoli di cultura economica e politica segnata da un liberalismo che mostrerà le sue faglie sin dagli anni ’30 del secolo XX, sia sul piano del sistema monetario sia su quello della piena occupazione.

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John Law

Considerazioni sulla moneta e il commercio Con un progetto per fornire moneta alla nazione (1705)

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Money and Trade Considered With a Proposal for Supplying the Nation with Money Edinburgh Printed by the Heirs and Successors of Andrew Anderson, Printer to the Queens most Excellent Majesty, Anno DOM. 1705.

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Traduzione di Valerio Longhitano

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Indice

CAPITOLO 1 Come si valutano le merci. – Del baratto. – Dell’argento: suo valore come metallo; qualità che lo rendono adatto a servire da moneta; valore addizionale che esso ha ricevuto dall’essere stato impiegato a quest’uso. CAPITOLO 2 Del commercio, e fino a qual punto esso dipende dalla moneta. – Come l’aumento della popolazione dipende dal commercio. – Del cambio. CAPITOLO 3 Dei diversi modi impiegati per conservare ed aumentare la moneta. – Delle banche. CAPITOLO 4 Esame dei diversi mezzi che si propongono oggi: alzare la moneta o alleggerirla, fondere l’argenteria, regolare la bilancia del commercio o ristabilire la banca. CAPITOLO 5 Insufficienza di tutti i mezzi proposti per accrescere la moneta o per istituire un credito, con promessa di pagare in moneta metallica. – La moneta metallica ha perduto molto del suo antico valore. – La terra ha più valore. – L’argento può perdere il valore addizionale che ha ricevuto dal suo uso come moneta. CAPITOLO 6 Esame del progetto presentato al Parlamento dal Dottor H[ugh] C[hamberlen]. CAPITOLO 7 Il mio progetto. – Motivi per cui lo sostengo. CAPITOLO 8 Difficile situazione della Scozia, nonostante i suoi vantaggi naturali.

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Sono stati presentati diversi progetti per far fronte alle difficoltà in cui versa la nazione, a causa della grande rarità di moneta. Perché ci si formi un giusto giudizio, che sia il più sicuro, il più vantaggioso, il più praticabile, pare necessario: 1° analizzare la natura della moneta e i motivi per cui l’argento è stato utilizzato a preferenza di altri beni; 2° considerare il commercio e l’influenza della moneta sul commercio; 3° esaminare i mezzi utilizzati fino ad oggi, per conservare ed aumentare la quantità di moneta, e quelli che ora vengono proposti.

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Capitolo 1

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Come si valutano le merci. – Del baratto. – Dell’argento: suo valore come metallo; qualità che lo rendono adatto a servire da moneta; valore addizionale che esso ha ricevuto dall’essere stato impiegato a quest’uso. I beni traggono un valore dagli usi ai quali li si applica; e il loro valore è più o meno grande non tanto in ragione dei loro usi più o meno apprezzati, più o meno necessari, quanto in ragione della loro maggiore o minor quantità rispetto alla domanda. L’acqua è di grande uso, ma di poco valore, perché la quantità d’acqua è di molto superiore alla domanda. I diamanti sono di poco uso, e però di grande valore, perché la domanda di diamanti supera di molto la loro quantità. Beni della stessa specie differiscono in valore, in ragione di qualche differenza nella loro qualità. Un cavallo è migliore di un altro cavallo; l’orzo di un paese è migliore dell’orzo di un altro paese. I beni cambiano valore in ragione di qualche cambiamento nella loro quantità o nella domanda. Se l’avena è in maggior quantità rispetto all’anno precedente, e la domanda è uguale o minore, l’avena avrà meno valore. [5] Locke afferma che il valore dei beni è in ragione della loro quantità rapportata alla vendita. Ora, la vendita delle merci non può superare la loro quantità, ma la domanda può eccederla. Se la quantità dei vini importati dalla Francia è di cento barili e la domanda di cinquecento, la domanda supera la vendita e i cento barili si venderanno a un prezzo più alto che se la domanda fosse solo uguale alla vendita. Così, i prezzi delle merci non sono in ragione della quantità rapportata alla vendita, ma in rapporto alla domanda. Prima che si conoscesse l’uso della moneta, le merci si scambiavano per baratto o per contratto, e i contratti si facevano pagabili in merci. Questa pratica del baratto era scomoda e svantaggiosa. 1. Colui che desiderava barattare non trovava sempre la persona che avesse bisogno delle sue merci e che possedesse quelle che egli desiderava in cambio. 2. I contratti pagabili in merci erano incerti, perché merci della stessa specie differivano in valore.

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96  John Law: teoria e pratica della moneta

3. Non c’era misura che potesse far conoscere il rapporto di valore che le merci avevano tra di loro.
In questa situazione di baratto, c’era poco commercio e pochi erano gli artigiani. Tutti dipendevano dai proprietari terrieri. I proprietari coltivavano la terra nella quantità che bastava per provvedere ai bisogni delle loro famiglie, per barattare con le cose necessarie che la loro terra non produceva e per formare riserve destinate alle sementi e alle cattive annate. Il resto rimaneva [6] incolto o si concedeva a titolo di vassallaggio o di altri servizi. Le perdite e gli inconvenienti che accompagnavano il baratto dovevano costringere i proprietari a un maggior consumo dei prodotti della propria terra, e a un minor consumo di altri oggetti; oppure, per rifornirsi, essi dovevano impiegare la loro terra a produrre le diverse cose di cui avevano bisogno, benché essa fosse adatta a una sola specie di produzioni. Così, una grande quantità di terreno restava incolta; ciò che era coltivato non era impiegato a ciò che l’avrebbe fatto produrre con maggior vantaggio, e gli abitanti non erano impiegati alla coltura che conveniva loro meglio. Come metallo, l’argento aveva un valore, nel baratto, come le altre merci, in ragione degli usi ai quali allora esso era destinato. Così come le merci della stessa specie differivano in valore, l’argento differiva dall’argento a seconda che fosse più o meno puro. L’argento era soggetto a un cambiamento di valore come le altre merci, in ragione di qualche cambiamento nella sua quantità o nella domanda. L’argento aveva qualità che lo rendevano adatto all’uso di moneta. 1. Poteva essere portato a un grado costante di finezza, e quindi reso certo nella sua qualità; 2. La consegna ne era facile. 3. Era dello stesso valore da un luogo [7] all’altro, o la differenza ne era lieve a causa della facilità del trasporto. 4. Essendo poco voluminoso e durevole, lo si poteva conservare senza perdita e senza spesa. 5. Lo si poteva dividere senza perdita, poiché un’oncia in quattro pezzi era uguale in valore a un’oncia in un pezzo solo. Avendo l’argento queste qualità, è ragionevole pensare che esso facesse funzione di moneta ancor prima che fosse coniato. Ciò che s’intende per far funzione di moneta è che l’argento in lingotti era la misura mediante la quale le merci erano valutate, il valore mediante cui esse erano scambiate e nel quale i contratti erano stipulati pagabili. Colui che aveva più merci di quanto non potesse impiegarne doveva cercare di barattarle con dell’argento, anche se non ne aveva bisogno; l’argento aveva una qualità certa; trasferirlo era facile; lo si poteva conservare senza perdita o spesa; con

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 97

questo argento egli poteva, in base ai suoi bisogni, acquistare altre merci, in tutto o in parte, in patria o all’estero, poiché l’argento era divisibile senza perdita ed aveva uguale valore in luoghi differenti. Esempio: A aveva cento pecore e voleva scambiarle con cavalli e B aveva dieci cavalli che erano uguali a cento pecore, o avevano lo stesso valore, e voleva scambiarli; ma siccome A non aveva bisogno pressante di cavalli, piuttosto che tenerli a sue spese, preferiva barattare le sue pecore con C, che gliene dava il valore in argento, col quale egli avrebbe potuto acquistare i cavalli quando ne avrebbe avuto bisogno. [8] Oppure, se C non aveva argento, ma aveva la facoltà di pagare la sua obbligazione in argento, oppure in cavalli consegnabili al tempo in cui A ne avrebbe avuto bisogno, A poteva scegliere di prendere l’obbligazione pagabile in argento, piuttosto che in cavalli, perché l’argento era fisso nella sua qualità e i cavalli differivano molto nella loro. Così, ci si serviva dell’argento come valore nel quale i contratti erano stipulati pagabili. Ci si serviva allo stesso modo dell’argento come misura mediante la quale le merci erano valutate, poiché esso è certo nella sua qualità. Esempio: se A aveva cento carichi di piombo, e desiderava scambiarlo con dell’orzo, l’argento era il mezzo per conoscere quale quantità d’orzo era uguale in valore al piombo. Se i cento carichi di piombo erano uguali a cinque once d’argento fino, e le cinque once d’argento fino uguali a venti bolls 1 d’orzo, allora venti bolls erano la quantità d’orzo che bisognava dare in cambio del piombo. L’argento era facilmente trasportabile: e poiché, inoltre, aveva lo stesso valore in posti diversi, lo si utilizzava come misura con la quale erano valutate le merci che si dovevano consegnare in luoghi differenti. Esempio: se un carico di vino doveva essere consegnato a Glasgow da A, mercante del detto luogo, all’ordine di B, mercante ad Aberdeen, e se il valore doveva essere fornito in avena, ad Aberdeen, da B, all’ordine di A, il vino non poteva essere valutato in base alla quantità di avena che esso valeva a Glasgow, né l’avena in base alla quantità di vino che essa valeva ad Aberdeen. Il vino e l’avena potevano differire in qualità, o avere maggiore o minor valore in un luogo piuttosto che in un altro. Il mezzo per poter conoscere quale quantità di avena era uguale al vino stava nella quantità di [9] argento che ognuno di questi oggetti valeva nei luoghi in cui essi dovevano essere consegnati. Se il carico di vino valeva a Glasgow venti once d’argento fino, e le venti once d’argento fino valevano cinquanta bolls d’avena ad Aberdeen, allora cinquanta bolls erano la quantità di avena che bisognava dare in quel luogo in cambio del vino.

1

[Un boll equivaleva a circa 218 litri.]

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98  John Law: teoria e pratica della moneta

L’argento era suscettibile di un contrassegno. I principi, per la maggiore comodità dei popoli, istituirono delle zecche per sottometterlo a un titolo e coniarlo. Da allora, il suo peso e la sua purezza furono noti, senza che fosse necessario pesarlo o affinarlo; ma il conio non aggiunse nulla al suo valore. Per queste ragioni ci si è serviti dell’argento come moneta; e quando lo si è coniato, è stato unicamente per una conseguenza dell’uso che se ne faceva in lingotti, sebbene non con la stessa comodità. Locke ed altri, che hanno scritto a questo proposito, dicono che il comune consenso degli uomini ha assegnato un valore immaginario all’argento, in forza delle qualità che lo rendevano adatto all’uso di moneta2. Io non saprei concepire come differenti nazioni potessero accordarsi per dare un valore immaginario a qualcosa, e in particolare all’argento, col quale sono valutate tutte le altre merci: o che un paese volesse ricevere come un valore ciò che non era stimato uguale a ciò per cui lo si dava: o come questo valore immaginario possa essere stato mantenuto. Ma, supponiamo che la Francia accetti l’argento come un valore immaginario, e le altre nazioni lo ricevano a questo valore, in quanto così esso è accettato in Francia: allora, per lo stesso [10] motivo, uno scudo che in Francia passa per 76 soldi dovrebbe passare in Scozia per 76 pence, e in Olanda per 76 stivers. Invece, neanche in Francia, dove lo si è alzato, lo scudo vale più di prima, quando era a 60 soldi. È ragionevole pensare che l’argento si barattasse per ciò che esso era valutato negli usi come metallo, e che lo si desse come moneta in ragione del suo valore nel baratto. Il nuovo uso della moneta, al quale fu applicato l’argento, dovette aggiungere qualcosa al suo valore, perché, come moneta, esso ovviava agli svantaggi ed agli inconvenienti del baratto; e di conseguenza, venendo ad aumentare la domanda d’argento, esso ricevette un valore addizionale, uguale all’aumento della domanda provocato dal suo uso come moneta. Questo valore addizionale non è più immaginario del valore che l’argento aveva nel baratto come metallo, poiché tale valore derivava dall’applicazione a tali usi, e variava in funzione della domanda d’argento come metallo rispetto alla sua quantità. Il valore addizionale che l’argento ricevette dal suo uso come moneta proveniva dalle sue qualità, che lo rendevano adatto a quest’uso; e questo valore fu in ragione della domanda addizionale che il suo uso come moneta provocò. Se uno o l’altro di questi valori è immaginario, allora lo sono tutti i valori: poiché nessuna cosa ha valore se non dagli usi ai quali la si applica, e in ragione della domanda che se ne fa, in rapporto alla sua quantità.

2

Upon Interest, pag. 31, e Upon Money, pag. 1.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 99

Così, poiché l’argento aveva un valore e delle qualità che lo rendevano adatto a servire [11] come moneta, qualità che non avevano le altre merci, se n’è fatta moneta, e lo si è coniato per la maggiore comodità dei popoli. I nomi delle differenti monete dovettero essere Numero 1, Numero 2, e così di seguito. Il Numero 60 dovette essere la stessa cosa di uno scudo; poiché nome e contrassegno servirono solo a certificare che quella moneta conteneva una certa quantità d’argento, di una certa finezza. Le merci di ogni altro tipo, che hanno le stesse qualità, poterono allora e possono oggi essere convertite in moneta uguale al loro valore. L’oro ed il rame possono essere trasformati in moneta, ma nessuno dei due con la stessa convenienza dell’argento; poiché i pagamenti in rame sono scomodi a causa del volume e l’oro non è in quantità abbastanza grande per servire da moneta. Nei paesi in cui l’oro abbonda, lo si impiega come moneta. Ci si serve del rame nei paesi in cui l’oro e l’argento sono rari. L’oro è monetato a causa della maggiore facilità dello scambio di questo metallo, e il rame per servire nei piccoli pagamenti; ma l’argento è la misura mediante la quale le merci sono valutate, il valore mediante cui le merci sono scambiate e nel quale i contratti sono stipulati pagabili. Man mano che la moneta si accrebbe, gli svantaggi e gli inconvenienti del baratto furono eliminati; il povero e l’ozioso vennero impiegati; si coltivò una maggiore quantità di terreni; le produzioni aumentarono; le manifatture e il commercio si perfezionarono; i proprietari terrieri vissero meglio, e il popolo fu meno dipendente da essi. [12]

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Capitolo 2

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Del commercio, e fino a qual punto esso dipende dalla moneta. – Come l’aumento della popolazione dipende dal commercio. – Del cambio. Il commercio è interno o estero.
Il commercio interno consiste nell’impiego della popolazione e nello scambio delle merci all’interno del paese. Il commercio estero si compone di diversi rami. 1. Se prodotti e manufatti eccedono il consumo, se ne esporta una parte, e si importano in cambio merci straniere. 2. Si vendono le proprie merci in un porto straniero, e si caricano in questo porto nuove merci da vendere in un altro, il che procura un guadagno più considerevole che se le merci esportate fossero state condotte direttamente in questo porto. 3. Si importano prodotti e manufatti di altri paesi, dove e quando essi sono a buon mercato, per rifornire i paesi dove essi sono cari, e nel periodo in cui sono cari. [13] 4. Si importano i prodotti degli altri paesi, e si esportano sotto forma di manufatti. 5. Si noleggiano o si affittano bastimenti. Il commercio, interno o estero, può farsi per baratto, ma non per così grandi valori come con la moneta, né con altrettanta comodità. Il commercio interno dipende dalla moneta. Una maggior quantità impiega più individui di una minore quantità. Una somma limitata può far lavorare solo un numero di individui ad essa proporzionato; ed è con poco successo che si fanno leggi per impiegare i poveri e gli oziosi nei paesi in cui la moneta è rara. Delle buone leggi possono portare la moneta al massimo grado di circolazione di cui essa è capace e vincolarla agli impieghi che sono più vantaggiosi per il paese; ma nessuna legge può andare più lontano, e non si può far lavorare un maggior numero di uomini senza che sia messa una maggiore quantità di moneta in circolazione per pagare i loro salari. Li si può far lavorare a credito, ma ciò non è praticabile, a meno che il credito non abbia abbastanza circolazione per coprire i bisogni degli operai; in questo caso, il credito è moneta, e produrrà gli stessi effetti della moneta sul commercio interno ed estero. Una maggior quantità di moneta aggiunge valore al paese. Finché la moneta frutta interesse, essa è impiegata, ed ogni impiego della moneta dà un profitto,

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 101

anche se colui che la impiega ci perde. Esempio: se si mettono al lavoro cinquanta uomini, ai quali si pagano 25 scellini al giorno, e se anche il [14] prodotto del loro lavoro eguaglia o vale solo 15 scellini, il valore del paese non è meno aumentato di altrettanto. Ma siccome è ragionevole supporre il loro lavoro uguale a 40 scellini, di altrettanto è aumentato il valore del paese. Se l’imprenditore guadagna 15 scellini e 15 scellini possono essere considerati uguali al consumo degli operai, che precedentemente vivevano di elemosina, 10 scellini restano a questi al di là del loro consumo. Se uno stone 1 di lana vale 10 scellini, e se, trasformata in panni, essa vale 2 sterline, questo prodotto ha aumentato quattro volte il valore che aveva in lana: si può supporre che gli operai consumino più di quando non erano impiegati: ammettiamo un quarto in più, dunque, e la nazione guadagna ancora il doppio del valore della produzione. Così, sia che l’imprenditore guadagni, sia che non guadagni, una maggior quantità di moneta giova alla ricchezza nazionale, libera il paese di un numero di poveri e di oziosi proporzionato al numerario aggiuntivo, dà a questi la possibilità di vivere meglio e di sostenere, insieme agli altri abitanti, una parte dei carichi pubblici. Il primo ramo del commercio estero, che è l’esportazione e l’importazione delle merci, dipende dalla moneta. Se una metà degli individui è impiegata, e tutte le produzioni e le manifatture si consumano, più moneta, impiegando un maggior numero di individui, darà un sovrappiù da esportare. Se poi i beni importati bilanciano i beni esportati, una maggiore aggiunta al numerario impiegherà ancora più persone, o impiegherà le stesse con maggior vantaggio; il che, producendo un’esportazione maggiore o di maggior valore, stabilirà una bilancia attiva. Se, al contrario, la moneta diminuisce, una parte degli uomini, [15] dapprima impiegati, restano senza lavoro o sono impiegati con minor vantaggio; le produzioni e le manifatture saranno minori, o di minor valore; di conseguenza, l’esportazione è minore e la bilancia sarà a favore degli stranieri. Il secondo e il terzo ramo del commercio estero, che si chiamano commerci di trasporto, sono oggetto di monopolio fuori dall’Europa per i paesi che hanno le colonie, in Europa per i paesi che vendono a prezzi più bassi. La Scozia ha, nel commercio, dei vantaggi per i quali i suoi mercanti possono vendere a prezzi minori dei mercanti in Olanda; più bassi sono il costo della vita, le imposte, i salari degli operai e dei marinai e i costi per le sussistenze. Ma se il fondo del mercante olandese è di 10.000 sterline, e la sua spesa annuale è di 500, egli può, guadagnando il 10 per cento all’anno, aggiungere ogni anno 500 sterline al suo capitale; mentre il mercante scozzese, il cui fondo è di 500 sterline, e la spesa annuale è di 50, non può fare un commercio così a buon mercato.

1

[Misura di peso, pari a 14 libbre.]

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102  John Law: teoria e pratica della moneta

Mi si chiede in che modo può commerciare un mercante olandese che ha solo un fondo di 500 sterline? Egli riduce i suoi consumi affinché un commercio al 10 per cento di profitto possa bastargli; oppure, siccome la moneta in Olanda è in maggiore quantità, per cui la si prende a prestito più facilmente, e ad un interesse minore, egli si procura del credito per una somma maggiore, in ragione del 3 o del 4 per cento; in questo modo, egli guadagna il 6 o il 7. E finché la quantità di moneta non aumenterà in Scozia, o finché non vi si diminuirà la spesa, noi non potremo commerciare a buon mercato come gli Olandesi, sebbene noi abbiamo per il commercio dei vantaggi che essi non hanno, e sebbene essi soffrano di inconvenienti ai quali noi non siamo esposti. Grazie ad una maggior quantità di moneta e ad un maggior risparmio, gli Olandesi hanno il monopolio del commercio di trasporto, anche di fronte agli Inglesi. [16] Il quarto ramo del commercio estero, cioè l’importazione delle materie prime dagli altri paesi, e la loro esportazione come manufatti, dipende dalla quantità di moneta. Noi siamo talmente lontani dal competere con gli Olandesi in questo commercio, che le nostre lane erano inviate in Olanda, e importate da lì manufatte, nonostante l’ostacolo di un divieto di esportare le lane e di importare le manifatture. Oltre ai vantaggi menzionati qui sopra che noi abbiamo nel commercio sugli Olandesi, la materia prima è il prodotto del nostro suolo, e le manifatture da noi hanno più privilegi che in Olanda. Si obietta che, se il divieto fosse continuato, le manifatture avrebbero potuto perfezionarsi. I vantaggi che alcune persone hanno tratto dalle manifatture hanno potuto dar luogo a un maggior numero di stabilimenti, mentre la moneta diminuiva. Ma la moneta che vi si è impiegata è stata sottratta a qualche altro uso al quale essa serviva precedentemente; la moneta non può servire in due luoghi contemporaneamente. Si obietta che il permesso di esportare le lane ha provocato l’esportazione della moneta; che sono state inviate in una sola volta 5.000 sterline in Inghilterra per acquistarvi delle lane. Ci si chiede cosa sono diventate queste lane? Si risponde: esse sono state inviate in Francia per acquistarvi del vino. In questo caso, poiché le lane inglesi del prezzo di 5.000 sterline valgono 8 o 10.000 sterline in Francia, le 5.000 sterline inviate in Inghilterra hanno risparmiato l’invio di 8 o 10.000 sterline in Francia. [17] A quelli che non esaminano a fondo la situazione di questo paese può sembrare strano che si permetta, legalmente, l’esportazione delle lane; ma se le produzioni della Scozia non possono essere manifatturate con meno di 50.000 individui, e la moneta che può essere riservata alle manifatture è sufficiente soltanto a impiegarne 25.000, una metà della produzione sarebbe perduta, se non se ne permettesse l’esportazione.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 103

Il quinto ramo, cioè il nolo o la locazione delle navi, dipende dalla moneta come gli altri rami del commercio. Là dove le navi si noleggiano dagli stranieri, e sono mantenute da una grande domanda per il loro commercio, tutte le navi devono essere noleggiate più a buon mercato che in altri luoghi; e i mercanti sono sicuri di trovarvi tutte le navi adatte per le merci che vi caricano, e per la destinazione dei paesi in cui trafficano. Questo commercio dei noli porta in Olanda le merci degli altri paesi, sebbene destinate ad essere vendute altrove. Se i tessuti di lana inviati dall’Inghilterra in Portogallo danno il 25 per cento di beneficio, e soltanto il 15 inviati in Olanda, il mercante inglese preferirà inviare queste merci in Olanda per il 15 per cento, piuttosto che in Portogallo per il 25; e il mercante olandese, che può commerciare a più basso costo in ragione del più basso prezzo del nolo, ecc., si accontenta dell’altro 10 per fare il trasporto in Portogallo. La maggior parte degli autori che hanno scritto sul commercio lo suddividono in commercio nazionale e commercio privato. Essi dicono che un mercante può guadagnare là dove la nazione perde. Se si trasportano [18] nelle Indie 1.000 sterline in monete o in lingotti e 1.000 sterline in merci o provvigioni, e il prodotto della vendita vale 8.000 sterline, il mercante ne guadagna 6.000; ma poiché queste merci si consumano tutte all’interno del paese, la nazione perde le 1.000 sterline esportate in monete o in lingotti. Essi non considerano se le 8.000 sterline di merci importate (che si suppone siano tutte consumate all’interno del paese) non diminuiscano il consumo delle materie prime o manufatte del paese, al punto da procurare all’esportazione un accrescimento almeno uguale alle 1.000 sterline esportate in moneta o in lingotti esportati. Ma, accordando che esse non diminuiscano il consumo delle merci del paese, e che il loro uso non sia del tutto necessario, poiché queste merci valgono 8.000 sterline nel paese o fuori, la nazione guadagna 6.000 sterline. Se gli abitanti le consumano, e in usi stravaganti, la colpa non è del commercio, né questo commercio dev’essere, per questa ragione, definito svantaggioso: la colpa è del governo, che dovrebbe impedire il consumo eccessivo delle merci straniere, principalmente di quelle delle quali si può fare a meno senza provocare un consumo eccessivo delle merci del paese; di fronte a una simile misura, che rende la vendita di queste ultime meno vantaggiosa nel paese che all’estero, i mercanti le esporteranno, o diminuiranno in futuro l’importazione. Se le merci delle Indie Orientali, che si vendono 1.000 sterline in Inghilterra, valgono all’estero solo 800 sterline, restituendo i diritti che esse hanno pagato all’entrata, e dando inoltre un premio per incoraggiare l’esportazione, la loro vendita all’estero sarà più vantaggiosa che in Inghilterra. Una nazione può consumare le proprie merci, o quelle straniere, per un valore superiore a quello delle produzioni naturali, delle manifatture e dei profitti com-

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104  John Law: teoria e pratica della moneta

merciali; ma ad essere svantaggioso non è il commercio di queste merci, è il loro consumo eccessivo. Il consumo eccessivo delle materie prime e delle manifatture del paese può essere deleterio come quello delle merci straniere; perché, se se ne consumano al punto che l’esportazione dell’eccedente non possa pagare il consumo delle merci straniere, la bilancia sarà in disavanzo, e bisognerà pagare questo disavanzo in moneta o in lingotti. [19] Una nazione può guadagnare dove il mercante perde; ma tutte le volte che il mercante guadagna, la nazione guadagna altrettanto e molto di più, secondo l’ammontare del sostentamento e del salario degli individui impiegati, oltre che dei diritti riscossi sulle merci. Alla perdita di una nave assicurata, la nazione perde ed il mercante non perde niente; ma in questo caso mercante è l’assicuratore, ed egli perde tanto quanto la nazione. Così come il commercio dipende dalla moneta, allo stesso modo l’aumento o la diminuzione della popolazione dipende dal commercio. Se c’è occupazione nel paese, la popolazione vi resta, e se il commercio è più esteso di quanto ne serve per impiegare la popolazione, esso ne attira altra dai luoghi in cui essa non è occupata. Sir William Petty valuta un uomo a 20 volte il salario annuo; in base a questo calcolo, un marinaio, la cui paga è di 40 scellini al mese, vale 480 sterline. [20] La Scozia fa un commercio ben poco considerevole, perché essa possiede una piccolissima parte della moneta. Essa ha un piccolo commercio interno; ma il paese non è valorizzato, né le produzioni manifatturate. C’è un po’ del primo ramo del commercio estero, ma esso si fa con un grande svantaggio per gli abitanti, che pagano più care la maggior parte delle merci straniere, e sono peggio serviti delle altre nazioni. Se essi hanno qualcosa più a buon mercato, ciò viene dalla modicità dei diritti d’importazione. In Scozia, le merci acquistate per l’esportazione lo sono a prezzo basso; e il beneficio del mercante è grande. Se 100 stones di lana valgono in Olanda 10 pezze di tela, queste 10 pezze sono vendute in Scozia per il valore di 180 o 200 stones di tale lana. Le merci che non fruttano questo grande profitto non sono esportate; e quelle che lo sono non si esportano in grande quantità, perché il fondo del mercante è esiguo. La Scozia non coltiva gli altri rami del commercio estero, non essendo in grado di commerciare ai bassi prezzi delle altre nazioni. Alcuni pensano che, se l’interesse sul denaro fosse abbassato per legge, il commercio si estenderebbe, perché i mercanti potrebbero impiegare una maggior quantità di moneta e commerciare più a buon mercato. Una simile legge avrebbe molti inconvenienti, e vi sono molti dubbi che ne sortisca qualche buon effetto; indubbiamente, se la riduzione dell’interesse fosse prodotta da una maggiore quantità di moneta, il fondo applicato al commercio sarebbe più considerevole, ed i mercanti commercerebbero più a buon mercato, in base alla facilità del prestito e alla riduzione dell’interesse sul denaro, senza che ne risulti alcun inconveniente.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 105

[21] Quando l’interesse fosse al 3 per cento in Olanda, e continuasse ad essere al 6 in Scozia, se si potesse avere da noi una quantità di moneta uguale alla domanda al 6 per cento, i vantaggi che noi abbiamo per il commercio, e che non hanno gli Olandesi, ci metterebbero in condizione di estendere ugualmente il commercio in tutti gli altri suoi rami, malgrado la differenza dell’interesse del denaro. Se in Scozia la quantità di moneta fosse uguale alla domanda al 6 per cento, gli Olandesi non potrebbero fare così a buon mercato il commercio delle aringhe, perché le difficoltà di questo commercio derivano per noi dalla scarsità di moneta. I materiali necessari al commercio del pesce sono meno cari in Olanda; ma il buon mercato delle sussistenze basterebbe a noi per bilanciare il tutto; e poiché l’onerosità di questi materiali, come quella delle altre merci straniere, deriva dalla scarsità di moneta, rimediando a ciò, questi materiali, e le altre merci straniere, che non sono di produzione olandese, si venderebbero allora altrettanto a buon mercato in Scozia. Il cambio ha luogo allorché un mercante esporta per un valore maggiore di quel che importa, e gli è dovuta moneta all’estero; un altro mercante, che importa per un valore maggiore di quel che ha esportato, ha bisogno di moneta all’estero; quest’ultimo, pagando il primo in moneta dello stesso peso e titolo, o allo stesso valore di quello che gli è dovuto, risparmia a se stesso l’inconveniente, il rischio e la spesa di inviare moneta all’estero; all’altro risparmia quelli di farla venire da fuori; ed entrambi risparmiano le spese della coniazione. Finché si è mantenuto l’equilibrio tra il commercio estero e la spesa, il cambio è rimasto in parità: ma allorché una nazione [22] ha importato per un valore più grande, o ha avuto all’estero più bisogni di quanti se ne potessero compensare con le spese degli stranieri presso di essa, è diventato necessario inviare all’estero la bilancia in moneta o in lingotti, ed il mercante o il gentiluomo che possedeva o che aveva bisogno di moneta all’estero, per risparmiare l’inconveniente, la spesa e il rischio del trasporto, dava un tanto per cento ad un altro, in base alla valutazione degli inconvenienti, delle spese e dei rischi. Fu così che il cambio si elevò al di sopra della parità e divenne un commercio. Thomas Mun (On Trade, p. 100) afferma che quando il cambio è contro una nazione, esso le è vantaggioso. Se 100 sterline di Londra valgono ad Amsterdam solo 90 sterline della stessa moneta, e si suppone che gli Olandesi inviino 500.000 sterline di merci in Inghilterra, e gli Inglesi ne inviino per 400.000 sterline in Olanda, ne segue che la moneta dovuta agli Inglesi ad Amsterdam bilancerà 440.000 sterline di ciò che era dovuto a Londra agli Olandesi. Così 60.000 sterline pagano la bilancia. Mun non considera che le merci olandesi che valevano 500.000 sterline, quando il cambio era alla pari, valgono a Londra 555.555 sterline, allorché 90 sterline ad Amsterdam valgono 100 sterline a Londra; e che le 400.000 sterline di merci inglesi in Olanda valgono solo 360.000 sterline, essendo questa somma

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106  John Law: teoria e pratica della moneta

uguale, al cambio, a 400.000 sterline in Inghilterra. Dunque, invece di avere un vantaggio di 40.000 sterline, come egli pretende, quando il cambio è contro di essa, l’Inghilterra paga 95.555 sterline in più di quanto avrebbe pagato se il cambio fosse stato alla pari. Quando il cambio è sopra la parità, lo si paga non solamente [23] per l’ammontare della bilancia dovuta, ma esso colpisce la massa intera del cambio nel luogo in cui la bilancia è dovuta. Se la bilancia è di 20.000 sterline, e le somme scambiate dai mercanti che hanno moneta all’estero con altri che ne devono, o che ne hanno bisogno, sono di 60.000 sterline, le tratte per le 60.000 sterline si vendono care quanto, o all’incirca, le 20.000 sterline della bilancia. Questo influenza allo stesso modo il cambio nei paesi in cui la bilancia non è dovuta. Esempio: se il cambio tra la Scozia e l’Olanda è del 3 per cento al di sopra della parità contro la Scozia, ed è alla pari tra l’Inghilterra e l’Olanda, sebbene non vi sia bilancia dovuta all’Inghilterra dalla Scozia, tuttavia il cambio con l’Inghilterra aumenterà; 100 sterline pagate in Inghilterra per la Scozia, dall’Olanda, daranno infatti 103 sterline. Così, si può supporre che tra la Scozia e l’Inghilterra si avrà questa somma al 2 per cento, poiché la difficoltà della rimessa è minore che se fatta attraverso l’Olanda. Le merci sono vendute agli stranieri in base al loro costo primitivo. Esempio: se certe merci, che valgono 100 sterline in Scozia, ne valgono 130 in Inghilterra, esse saranno esportate, supponendo che il 30 per cento sia sufficiente per le spese e per il profitto. Se il prezzo di queste merci diminuisce in Scozia da 100 sterline a 80, esso non si manterrà in Inghilterra a 130 sterline, e diminuirà in proporzione; poiché, o i mercanti scozzesi venderanno al ribasso l’uno con l’altro, oppure i mercanti inglesi esporteranno loro stessi queste merci. Allo stesso modo, se aumentano di prezzo in Scozia da 100 a 120 sterline, esse aumenteranno proporzionalmente di prezzo in Inghilterra, a meno che gli Inglesi non possano procurarsi altrove queste [24] merci più a buon mercato, o supplire al loro uso con merci di altro tipo. Ogni volta che il cambio è al di sopra della parità, tutte le merci esportate saranno vendute più a buon mercato, e tutte quelle importate saranno pagate più care di prima. Esempio: un mercante invia ogni anno in Inghilterra 6.000 sterline di merci, costo primitivo, spese e benefici compresi. La moneta è, in Inghilterra e in Scozia, dello stesso valore, e non vi è bilancia dovuta; ma una bilancia dovuta all’Olanda, elevando il cambio del 3 per cento al di sopra della parità per l’Olanda, e colpendo il cambio per l’Inghilterra del 2 per cento, 5.882 sterline e 7 scellini pagano le merci in Inghilterra, perché, in base al cambio, questa somma è uguale a 6.000 sterline in Scozia. Dunque una bilancia dovuta all’Olanda, alzando il cambio negli altri paesi, causa in Scozia una perdita di 117 sterline e 13 scellini sul prezzo di 6.000 sterline di merci inviate in Inghilterra.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 107

Le merci inglesi sono vendute proporzionalmente più care. Esempio: se un mercante inglese invia annualmente in Scozia per 6.000 sterline di merci, costo primitivo, spese e benefici compresi, bisognerà pagare 6.120 sterline in Scozia per le merci, poiché questa somma equivale in Inghilterra solo a 6.000 sterline. Se il cambio fosse stato alla pari, le merci scozzesi inviate in Inghilterra si sarebbero vendute 117 sterline e 13 scellini di più, e le merci inviate in Scozia 120 sterline di meno. Così, su tutte le piazze in cui il cambio è al di sopra della parità, le merci che si inviano sono vendute tanto meno care, e quelle che se ne importano sono tanto più care [25] quanto più il cambio è al di sopra della parità, sia che l’importazione o l’esportazione di queste merci si faccia da parte dei mercanti scozzesi, sia che si faccia da parte degli stranieri. Il negoziante che traffica in merci inglesi non guadagna più che se il cambio fosse stato alla pari, sebbene egli venda più caro, e colui che traffica in merci scozzesi non guadagna di meno, sebbene egli venda a prezzo più basso: essi ottengono entrambi lo stesso profitto di quando il cambio era alla pari. La Scozia paga il 2 per cento in più per le merci inglesi, e l’Inghilterra il 2 per cento in meno per le merci scozzesi: l’intera perdita, o almeno una gran parte, ricade in Scozia sul proprietario fondiario, ed è anche il proprietario fondiario che, in Inghilterra, ottiene il beneficio in totalità o in gran parte. Le nazioni che ritengono che l’esportazione di moneta o lingotti, per pagare la bilancia in disavanzo, è una vera perdita di queste ricchezze e nuoce molto al commercio, avrebbero potuto vietare l’importazione di merci non necessarie ai loro abitanti, o gravarle di dazi per diminuirne il consumo; esse avrebbero potuto dare degli incentivi all’industria, che avrebbero aumentato e migliorato le produzioni naturali o scoraggiato di farne un consumo stravagante, il che avrebbe infine accresciuto la massa dell’eccedente da esportare. Ognuna di queste misure avrebbe ristabilito l’eguaglianza tra il commercio ed il cambio, e non avrebbe causato una bilancia dovuta dall’estero. Ma in luogo di tali misure, queste nazioni proibiscono l’esportazione delle monete e dei lingotti, e ciò non può produrre altro che un peggioramento del cambio, in ragione dei rischi che simili regolamenti aggiungono a quest’esportazione, peggioramento che si può supporre del 3 per cento; e siccome questi regolamenti producevano effetti molto svantaggiosi, [26] facendo vendere tutte le merci esportate del 3 per cento più a buon mercato, e tutte quelle importate del 3 per cento più care, più essi venivano eseguiti rigorosamente, più il cambio diventava sfavorevole e più il danno diventava forte. La bilancia era sempre esportata in moneta o in lingotti dal mercante che era debitore, dal banchiere che dava le tratte, o dallo straniero al quale essa era dovuta.

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108  John Law: teoria e pratica della moneta

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Supponiamo che la moneta di Scozia, d’Inghilterra e d’Olanda sia dello stesso peso e della stessa finezza; che la Scozia non commerci con altri paesi; che il cambio sia alla pari; che il valore dell’esportazione annuale della Scozia ammonti a 300.000 sterline, costo primitivo, e 30 per cento di spese e di profitti; che le merci importate siano di 280.000 sterline, spese e benefici 30 per cento; che una metà del commercio si faccia da parte dei mercanti scozzesi, e l’altra metà da parte degli Inglesi e degli Olandesi. Dovuto alla Scozia, per metà dell’esportazione fatta dai suoi mercanti, sterline.... Dovuto, per l’altra metà dell’esportazione, fatta dagli Inglesi e dagli Olandesi.....    Totale...................................................................................................................... Dovuto dalla Scozia all’Inghilterra e all’Olanda, per le merci importate dagli Inglesi e dagli Olandesi............................................................................................ Dovuto, per le merci importate dai negozianti scozzesi...........................................    Totale......................................................................................................................

195.000 150.000 345.000 182.000 140.000 322.000

[27] Inoltre, la spesa degli Scozzesi all’estero supera quella degli stranieri in Scozia di 40.000 sterline. Ammettendo che sia tale la situazione annuale del commercio e della spesa della Scozia, si avrebbe una bilancia dovuta di 17.000 sterline, e a meno che gli Scozzesi non restringano il consumo delle merci straniere, in maniera da diminuirne l’importazione, o non restringano il consumo delle proprie merci, in maniera da accrescerne l’esportazione; a meno che essi non aumentino o non migliorino le loro produzioni naturali, in modo da renderne l’esportazione più consistente o di maggiore valore; a meno che essi non restringano la loro spesa all’estero; poiché occorre che questa bilancia sia pagata, essa uscirà, o in moneta, o in lingotti, e farà aumentare il cambio del 3 per cento. Il divieto di esportazione della moneta lo farà salire ancora del 3 per cento. Se gli Scozzesi l’esportano essi stessi, risparmiano 1.020 sterline di cambio sulle 17.000 sterline della bilancia dovuta, somma che è perduta se a fare questa esportazione sono i mercanti inglesi; ma la perdita che un tale aumento nel cambio causa sulle merci è ancora più notevole. Le 195.000 sterline dovute all’estero per le merci della Scozia esportate dai mercanti scozzesi saranno pagate con 183.962 sterline di moneta inglese o olandese, essendo questa somma uguale a 195.000 sterline in Scozia, al cambio del 6 per cento. Le 150.000 sterline dovute per il costo primitivo delle merci esportate dai negozianti inglesi ed olandesi, saranno pagate con 141.500 sterline di moneta inglese o olandese, somma che equivale a 150.000 sterline in Scozia. Le 182.000 sterline dovute dalla Scozia per merci importate da mercanti inglesi e olandesi equivarranno a 192.920 sterline in Scozia, e le 140.000 sterline, costo primitivo delle merci che i mercanti scozzesi hanno portato in patria, equivarranno a 148.400 sterline in Scozia. Tale sarà dunque il risultato:

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 109

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[28] Dovuto alla Scozia, per merci esportate, sterline............................................. Acquistato all’estero, costo primitivo.......................................................................... Bilancia della spesa all’estero.........................................................................................    Dovuto alla Scozia dall’estero................................................................................ Dovuto dalla Scozia per merci portate da Inglesi e Olandesi ................................ Inglesi e Olandesi portano via in merci...................................................................... Dovuto agli Inglesi e agli Olandesi in Scozia............................................................. 3.962 sterline dovute dall’estero alla Scozia in moneta scozzese ...........................    Resto dovuto dalla Scozia.......................................................................................

183.962 140.000 40.000 3.962 192.920 150.000 42.920 4.199 38.721

Così l’aumento del 3 per cento nel cambio, proveniente dalla bilancia dovuta di 17.000 sterline, e il 3 per cento in più, proveniente dal divieto di esportazione delle monete, procurano alla Scozia una perdita di 21.721 sterline, e portano la bilancia dell’anno successivo a 38.721 sterline, sebbene il commercio sia lo stesso di prima; delle quali 21.721 sterline, perdute attraverso il cambio, se ne sarebbe risparmiata una metà se l’esportazione di moneta fosse stata libera. Poiché il cambio al 6 per cento sopra la parità causa una perdita di 21.721 sterline, l’alzamento della moneta dell’81/3 per cento, elevando il cambio con l’Inghilterra al 14 per cento ed al 30 con l’Olanda, rende [29] la perdita proporzionalmente più grande, supposto che le merci scozzesi continuino ad essere vendute allo stesso prezzo precedente l’alzamento della moneta, o che non aumentino nella stessa proporzione della moneta; perché quando il cambio era in parità, 100 sterline di merci scozzesi erano pagate all’estero con 130 sterline di moneta inglese; ma essendo 114 sterline in moneta inglese uguali per il cambio a 130 sterline in Scozia, il mercante scozzese è in grado di dare per 114 sterline, e con altrettanto beneficio, la stessa quantità di merci che egli vendeva prima 130 sterline. Così, delle merci straniere che valevano all’estero 100 sterline, e vendute in Scozia 130 sterline quando il cambio era alla pari, non possono vendersi attualmente meno di 150 sterline in Scozia, essendo questa somma uguale ora solo a 130 sterline di moneta inglese; e il profitto del negoziante non è maggiore di quando egli vendeva la stessa quantità di merci per 130 sterline. Non è allora improprio esaminare quali conseguenze risulterebbero dall’abbassamento della moneta al livello di quella inglese e dalla sua libera esportazione. Io ho supposto prima che il commercio fosse fatto per metà dai mercanti scozzesi, e per metà dagli inglesi e dagli olandesi; ma siccome la maggior parte si fa grazie ai mercanti scozzesi, io supporrò lo stato del commercio di conseguenza. L’uno o l’altro punto di vista chiarirà l’oggetto della questione. Supponiamo adesso la situazione del commercio col cambio al 15 per cento con l’Inghilterra ed al 30 con l’Olanda; supponiamo che il [30] valore di tutte le esportazioni della Scozia sia di 300.000 sterline, di cui 250.000 esportate dai

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110  John Law: teoria e pratica della moneta

mercanti scozzesi, e che, vendute col 30 per cento di benefici e spese, esse diano 325.000 sterline.

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In moneta inglese, sterline............................................................................................. Esportato dagli stranieri per 50.000 sterline in moneta inglese..............................    Totale dell’esportazione.......................................................................................... Merci importate............................................................................................................... Spese all’estero.................................................................................................................     Bilancia dovuta dalla Scozia..................................................................................

282.608 43.478 326.086 306.086 40.000 20.000

Abbassando la moneta al livello di quella d’Inghilterra, e permettendo legalmente la sua esportazione, si ridurrebbe il cambio al 2 o al 3 per cento con l’Inghilterra e al 17 o al 18 con l’Olanda, nonostante la bilancia dovuta; poiché essendo allora 100 sterline a Edimburgo uguali a 100 sterline a Londra, ed essendo l’esportazione libera, nessuno darebbe qui più di 102 o 103 sterline per 100 sterline a Londra, perché la pena e la spesa dell’invio di questa somma a Londra non sarebbero considerate più alte. Supponendo che l’esportazione, l’importazione e la spesa all’estero continuino sullo stesso livello, sarebbe dovuta allora una bilancia alla Scozia. [31] Essendo il cambio al 3 per cento con l’Inghilterra, e in proporzione con gli altri paesi, lo stato del commercio sarebbe: Dovuto in moneta inglese per 325.000 sterline, costo primitivo, spese e benefici delle merci esportate dai mercanti scozzesi.......................................................... Dovuto in moneta inglese per 50.000 sterline di merci esportate dagli stranieri..    Totale dell’esportazione........................................................................................... Dedotto il valore delle merci importate....................................................................... E la spesa all’estero..........................................................................................................     Sarà dovuta alla Scozia una bilancia di..................................................................

315.534 48.544 364.078 306.086 40.000 17.992

Questa bilancia dovuta alla Scozia riporterebbe non solamente il cambio in parità, ma ancora lo stabilirebbe in favore della Scozia al 3 per cento; ed al 3 per cento in più, perché l’esportazione della moneta inglese è proibita. Allora 100 sterline in Scozia varrebbero 106 sterline in Inghilterra, e in proporzione negli altri paesi. Tale sarebbe allora lo Stato del commercio: Dovuto in moneta inglese per 325.000 sterline, costo primitivo, spese e benefici di merci esportate dai mercanti scozzesi, e per 50.000 sterline, valore di quelle esportate dagli stranieri........................................................................................... [32] Spese all’estero........................................................................................................ Importato dall’estero......................................................................................................     Bilancia dovuta alla Scozia....................................................................................

397.500 40.000 306.086 51.414

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 111

Se l’esportazione annuale è grande come io suppongo, e la bilancia solamente di 20.000 sterline, allora, abbassando la moneta al livello di quella inglese, si otterrà una bilancia dovuta di 51.414 sterline, sebbene l’esportazione della moneta non sia permessa. Si obietterà forse che un tale movimento nel cambio, abbassando il valore della moneta straniera, impedirebbe la vendita delle nostre merci all’estero; poiché certe tele acquistate in Scozia per 100 sterline, e vendute 115 sterline a Londra, danno attraverso il cambio il 31 per cento di beneficio, mentre se il cambio fosse del 6 per cento in favore della Scozia, il beneficio sarebbe solo del 9 per cento. Rispondo che se un mercante inglese prende una tratta per 1.000 sterline in Scozia, per acquistare tele, col cambio in parità, le tele sono vendute in Inghilterra, in rapporto al costo primitivo, alle spese ed al beneficio normale. L’anno successivo, il cambio è a favore dell’Inghilterra; allora, le tele si vendono in Inghilterra meno care di prima. Il terzo anno, il cambio ritorna in parità; allora, le tele si vendono in Inghilterra come il primo anno. Se il costo primitivo delle tele è più alto, il consumatore paga di più per questo motivo, e il beneficio del mercante è lo stesso. Tutte le nazioni si sforzano per quanto possono di condurre il cambio a loro favore. Il cambio dell’Olanda [33] con l’Inghilterra è del 12 o del 15 per cento; con la Scozia, del 30; con la Francia, del 40 o del 50, talvolta di più; tuttavia, le merci olandesi si vendono in questi paesi: il negoziante ha lo stesso profitto che se il cambio fosse più basso; ma il consumatore li paga più cari. I drappi inglesi si vendono a Parigi da 18 a 20 lire tornesi l’aune2 di Francia quando il luigi d’oro è a 12 lire, e da 20 a 23 lire quando il luigi d’oro è a 14 lire, perché il cambio con l’Inghilterra diventa più caro in proporzione di quanto è alzata la moneta di Francia. La maggior parte delle merci esportate dalla Scozia sono di tale natura che gli stranieri non vorrebbero farne a meno, anche se dovessero pagarle il 10 o il 20 per cento in più. Le nostre lane ne sono un esempio: quando l’esportazione era proibita, la lana era venduta in Olanda e in Francia al doppio del costo primitivo; adesso essa è caduta al 30 o al 40 per cento di beneficio. Si pagano le merci in ragione del costo primitivo, delle spese e del profitto ordinario; là dove esistono delle proibizioni, si valuta il rischio di esportarne in frode alla legge. La lana in Olanda vale meno oggi che in tempo di pace, perché la vendita delle sue manifatture di lana è minore; ma anche quando la lana in Olanda fosse di un valore così grande quanto prima, ed anche quando il manifatturiere olandese, piuttosto che mancarne, pagasse 200 sterline per lane che possono costarne solo 100 in Scozia, tuttavia, siccome sa che la proibizione è rimossa, e che i mercanti scozzesi possono vendergli a miglior 2

[Misura di lunghezza pari a cm. 118. Il luigi (louis) era una moneta reale, la lira (livre tournois) era la moneta di conto.]

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112  John Law: teoria e pratica della moneta

conto, egli non acquisterà, a meno che non trovi un profitto ragionevole. Così, o i mercanti scozzesi riducono il prezzo concorrendo tra loro al ribasso, o il mercante olandese lo fissa lui stesso con le sue commissioni. Se si mettesse una [34] tassa su merci il cui valore all’estero potesse sostenerla, il mercante guadagnerebbe lo stesso e a pagare la tassa sarebbe solo lo straniero. Inoltre, l’abbassamento della moneta potrebbe non diminuire il prezzo all’estero; poiché se, quando si è alzata la moneta, le merci hanno potuto aumentare di prezzo o diminuire di qualità, allo stesso modo, quando, grazie all’abbassamento della moneta, 100 sterline conterranno 33 corone e 1/6 d’argento in più di quanto 100 sterline ne avevano prima, si potrà acquistare con 100 sterline una maggiore quantità di merci di prima; oppure, esse saranno fabbricate di migliore qualità, soprattutto le tele, la cui materia prima potrà essere importata più a buon mercato; ma ammettendo che dopo l’abbassamento della moneta le merci in Scozia si vendano come prima e non siano fabbricate di miglior qualità, ammettendo ancora che un terzo o più delle merci esportate non aumentino di prezzo all’estero, perché gli stranieri potrebbero essere riforniti a minor costo, dagli altri paesi, dello stesso tipo di merce, o sostituirne l’uso con merci di altro tipo, o anche consumarne una minore quantità, questo non dovrebbe tuttavia impedire un simile intervento sulla moneta e sul cambio, poiché un premio all’esportazione potrebbe essere dato a favore delle merci i cui prezzi all’estero non sarebbero abbastanza considerevoli da restituire un ragionevole profitto. Ma a causa della preoccupazione che un’alterazione del cambio o che un abbassamento del valore della moneta straniera portino a diminuire l’esportazione delle merci, questa misura non sarebbe prudente, a meno che non vi sia un fondo destinato a pagare i premi per l’esportazione, e ad aumentare la massa della moneta necessaria per mettere gli abitanti al [35] lavoro; poiché, senza una maggior quantità di moneta, non si può supporre che l’esportazione dell’anno successivo sia uguale a quella dell’anno in corso: essa diminuirà a causa della diminuzione della moneta, perché una parte degli individui attualmente impiegati resterà in ozio, non per mancanza d’amore per il lavoro, o per mancanza di imprenditori, ma per mancanza di moneta sufficiente per occuparli.

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Capitolo 3

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Dei diversi modi impiegati per conservare ed aumentare la moneta. – Delle banche. I mezzi impiegati per conservare ed aumentare la quantità di moneta sono stati, in certi paesi, opposti a quelli adottati in altri, mentre misure contrarie sono state prese negli stessi paesi, senza che alcuna diversità di circostanze le rendesse necessarie. Certi paesi hanno alzato la moneta nella sua denominazione, mentre altri l’hanno abbassata; alcuni l’hanno alleggerita, mentre altri, dopo averla alleggerita, l’hanno rettificata; alcuni hanno proibito l’esportazione delle monete, sotto le pene più rigorose, mentre altri ne hanno autorizzato l’esportazione con regolamenti; alcuni, immaginando di accrescere la quantità di moneta, hanno obbligato i commercianti ad importare lingotti in proporzione di quanto importavano in merci. [36] La maggior parte dei paesi hanno utilizzato, in tutto o in parte, questi ed altri mezzi dello stesso genere; essi hanno anche provato, nello stesso tempo, mezzi contrari a quelli che avevano impiegato immediatamente prima, persuasi che, se il metodo scelto non aveva prodotto l’effetto previsto, lo si sarebbe ottenuto col metodo opposto; tuttavia, non si è ancora accertato che alcuno di questi mezzi abbia conservato o aumentato la moneta, anzi ne è risultato il contrario. Le banche sono ancora il miglior mezzo che si sia utilizzato per aumentare la quantità di moneta. L’uso è molto antico in Italia, ma io ho saputo che l’invenzione è dovuta agli Svedesi. La loro moneta era di rame, e scomoda in ragione del suo peso e del suo volume: per rimediare a questo inconveniente, fu istituita una banca nella quale le monete potevano essere messe in deposito; si ottenne credito in rapporto al valore, e questo passò nei pagamenti e facilitò il commercio. Per la stessa ragione, gli Olandesi istituirono la banca di Amsterdam. La loro moneta era d’argento, ma il loro commercio era talmente esteso da rendere scomodi anche i pagamenti in argento. Questa banca, come quella di Svezia, è un deposito sicuro, dove i mercanti possono portare la moneta sulla quale ottengono un credito per commerciare: oltre al vantaggio di facilitare e di accelerare i pagamenti, le banche risparmiano le spese dei cassieri, dei sacchi e del trasporto e le perdite sulla moneta falsa; e la moneta è più sicura che nei magazzini dei commercianti,

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114  John Law: teoria e pratica della moneta

perché è meno esposta agli incendi o al furto, in quanto si prendono tutte le misure necessarie per garantirla. [37] I mercanti che hanno fondi nella banca di Amsterdam, e gli stranieri che trattano con essi, non sono esposti alle variazioni che si possono far subire alle monete, alleggerendole o cambiando la loro denominazione, perché la banca accetta le monete in base al loro valore reale: per questo si dà loro il nome di moneta di banca. E benché questa moneta risulti alzata nei pagamenti correnti, essa è accettata nei pagamenti di banca per il valore in base al quale se n’è fatto il deposito. L’aggio della banca varia da un quarto a un mezzo per cento, secondo che la moneta sia più o meno rara. Le banche in cui la moneta depositata è eguale al credito dato sono solide; infatti, anche nel caso che la si domandasse nella sua totalità, la banca non potrebbe mancare ai suoi pagamenti. In base allo statuto della banca di Amsterdam, la somma intera per la quale è dato credito dovrebbe rimanervi per far fronte alla domanda; tuttavia, gli amministratori ne prestano una parte per fare i fondi del lombardo, e si presume che prestino anche grandi somme per altri scopi. Più prestano, più accrescono la moneta, il che procura un beneficio al paese impiegando un maggior numero di persone ed estendendo il commercio. Essi accrescono la moneta destinata ai prestiti, il che rende i prestiti più facili e meno costosi. Infine, la banca fa essa stessa un beneficio, ma è meno solida; e benché con ciò nessuno sia leso, e nessuno ne abbia timore, perché il credito è buono, tuttavia, se le richieste fossero della totalità dei fondi o superiori a quanto resta in cassa, esse non potrebbero essere soddisfatte finché la banca non avesse fatto rientrare le somme prestate. Il bene certo che ne risulta farebbe più che bilanciare [38] i rischi, anche quando la banca mancasse ai suoi pagamenti una volta ogni due o tre anni, purché le somme prestate fossero ben assicurate: può avvenire che dei mercanti che vi hanno depositato moneta non la ritrovino al bisogno; ma per mezzo della sicurezza del credito e dell’interesse che vi è legato, essi si procurerebbero moneta a un piccolo sconto e forse addirittura alla pari. Durante l’ultima guerra, l’Inghilterra istituì una banca, per procurarsi gli stessi vantaggi offerti da quella di Amsterdam e accrescere con la sua istituzione la quantità di moneta. Questa banca fu composta da sottoscrittori, che prestarono al re, per undici anni, 1.200.000 sterline, all’81/3 per cento, su un fondo garantito dal Parlamento, e ottennero per lo stesso periodo il privilegio della banca. La somma dovuta dal governo era per i privati una sicurezza che rispondeva delle perdite eventuali che la banca potesse soffrire. Questa banca era più solida dei biglietti degli orefici, che circolavano precedentemente. Essa aumentava considerevolmente la quantità di moneta, attraverso

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 115

un’emissione di biglietti di molto superiore alla moneta che era in banca; e la somma prestata al re, che costituiva il fondo, e apparteneva ai sottoscrittori, si negoziava con profitto, e dava nel commercio gli stessi effetti della moneta metallica. Io non so come questi biglietti siano stati poi portati allo sconto, se per circostanze nazionali o a causa di cattiva amministrazione. Il fondo della banca di Scozia era di 100.000 sterline, di cui un decimo depositato. Questa banca era più solida di quella d’Inghilterra, per l’esistenza di un registro in cui la maggior parte delle somme prestate era assicurata. L’ammontare dei biglietti fu portato a quattro o cinque volte il valore della [39] moneta in banca, e questo aumentò di molto la moneta della nazione. Questa banca era di maggior uso rispetto a quella di Amsterdam o d’Inghilterra; i suoi biglietti erano accettati nella maggior parte dei pagamenti, e in tutto il paese, mentre la banca di Amsterdam serviva unicamente questa città e quella d’Inghilterra era poco utilizzata fuori di Londra. L’interruzione dei pagamenti che si ebbe presso la banca di Scozia era stata prevista e avrebbe potuto essere evitata. Poiché il consumo delle merci straniere e la spesa in Inghilterra avevano ecceduto il prezzo delle merci esportate, il pagamento della bilancia fatto in moneta aveva diminuito il credito della banca. Ora, il credito è una cosa volontaria, dipende dalla quantità di moneta esistente nel paese e cresce o diminuisce con essa. Biglietti da una sterlina sostennero la banca, fornendo carta per i piccoli pagamenti ed evitando così in parte la domanda di moneta: per mezzo di questi biglietti, la banca avrebbe potuto conservare il suo credito finché non si fossero prese altre misure per procurare moneta al paese, se la notizia di un possibile alzamento della moneta non avesse causato una domanda straordinaria, che in pochi giorni esaurì la moneta della banca e ne bloccò i pagamenti. In questa scarsità di moneta non sarebbe stato facile trovarne abbastanza per sostenere la banca, anche quando le persone più accreditate l’avessero intrapreso; la voce di un alzamento della moneta aveva provocato domande solo da parte degli abitanti di Edimburgo; in poco [40] tempo i biglietti sarebbero venuti dalla provincia in così grande quantità che tutta la moneta posseduta non avrebbe potuto soddisfare le domande. Se il Consiglio privato avesse proclamato l’abbassamento della moneta, la corona inglese di 5 scellini, e le altre monete in proporzione, diminuendo due pence per corona in tre giorni, e gli altri 3 pence nel giro di un mese, trovandosi neutralizzata la causa delle richieste, con ogni evidenza la moneta sarebbe ritornata alla banca. Supponendo che la situazione della banca fosse stata conosciuta o sospettata dal pubblico, una simile decisione avrebbe avuto lo stesso effetto, malgrado la sospensione dei pagamenti. In questo caso, l’annuncio della decisione avrebbe potuto sostenere la banca. Essendo buona la sicurezza, nessuno, o almeno pochissimi

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116  John Law: teoria e pratica della moneta

avrebbero tenuto la moneta in perdita piuttosto che riportarla alla banca. E se in tre giorni il rientro della moneta non fosse stato così rapido come nelle attese, il Consiglio, con una seconda dichiarazione, avrebbe potuto ridurre la corona di 5 scellini subito, e di altri 6 pence nel giro di tre giorni. Ristabilito il credito della banca, si sarebbe potuto, se necessario, rialzare la corona di 5 scellini e 5 pence, e le altre monete in proporzione, come prima. Alcuni sono contrari alle banche in cui la moneta in riserva non è equivalente al credito. Essi dicono: 1° che la domanda può eccedere l’ammontare della moneta in banca; 2° che noi non ci accorgiamo [41] affatto, o ce ne accorgiamo in misura minima, se il nostro commercio o la nostra moneta diminuiscono, e che, venendo la banca a mancare, noi siamo in una posizione peggiore di prima. Rispondo alla prima obiezione che quand’anche non ci fosse alcun vantaggio per la nazione nell’aumento che la banca procura nel numerario, né per i privati – a cui essa fornisce, e a più basso interesse, una moneta che essi non potrebbero trovare altrimenti – e quand’anche i proprietari non vi guadagnassero niente, le altre comodità, quali la maggiore prontezza, la maggiore facilità dei pagamenti, ecc., fanno più che compensare questo rischio; senza di che i biglietti di banca, quelli degli orafi e dei banchieri non sarebbero mai preferiti alla moneta metallica, sapendo tutti che la banca può sospendere i pagamenti e che gli orafi e i banchieri possono fallire. L’altra obiezione è come se si dicesse che un mercante che ha un piccolo fondo e che fosse capace di impiegarne uno maggiore, dovrebbe rifiutare l’offerta che gli venisse fatta senza interesse d’una somma eguale al suo fondo, o maggiore, se il fondo si accrescesse; dovrebbe rifiutarla perché potrebbe considerarsi più ricco di quanto non sia e perché, se il suo fondo diminuisse, gli si potrebbe ritirare la somma prestata. Se si considera che la moneta metallica in banca sia di 15.000 sterline e che ci siano biglietti per 75.000 sterline, c’è un’addizione di 60.000 sterline al numerario della nazione senza interesse; perché ciò che pagano quelli che hanno preso a prestito è guadagnato dai proprietari. A misura che aumenta la moneta della nazione, il credito della banca si estende e la massa dei biglietti diviene più grande; e ben lungi dal rendere le persone meno attente alla situazione del paese, i libri della banca offrono un mezzo più sicuro di ogni altro per giudicare dello [42] stato del commercio e della moneta. Se si può sostenere il commercio con 100.000 sterline, e la bilancia è a svantaggio degli stranieri, le stesse misure unite a una maggior quantità di moneta renderebbero la bilancia ancora più forte; e non bisogna supporre che questa moneta addizionale, fornita dalla banca, sia in pura perdita, se la bilancia dovuta dal commercio procura un accrescimento di moneta metallica. Quando la moneta è abbondante, il credito può cadere per qualche accidente, ma non tarderà mai a

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 117

risollevarsi; esso può perdersi solo per scarsità di moneta. Un simile credito può sostenere il commercio nel caso in cui, senza di esso, il commercio dovesse crollare; ma mai può arrecargli danno. Si fa un’altra obiezione contro le banche, ossia che esse incoraggiano l’esportazione di moneta fornendo somme nelle specie che hanno maggior valore all’estero. Per rispondere a questa obiezione, farò un’ipotesi: A, mercante, ha bisogno di 1.000 sterline in Olanda, e desidera che B, banchiere, gli dia una tratta per tale valore; non c’è moneta dovuta in Olanda ai mercanti scozzesi, per cui bisogna che B esporti moneta per pagare la lettera di cambio che egli ha tratto; ma siccome non c’è banca, né alcuna possibilità di procurarsi 1.000 sterline in monete da 40 pence, egli spedisce denaro in diversi tagli di moneta; questo non impedisce alla moneta di uscire, ma rende il cambio del 2 o 3 per cento più caro che se si fosse potuto trovare monete da 40 pence; e quand’anche non restasse più altra moneta che dei vecchi marchi, se c’è una bilancia sfavorevole, essi uscirebbero, anche se valessero non più di 10 pence. Per quanto alto sia il cambio, il beneficio dell’esportazione [43] è lo stesso; e ben lungi dal nuocere al paese, la banca, fornendo moneta che si può esportare con minima perdita, mantiene il cambio al 2 o 3 per cento più basso di quanto non sarebbe altrimenti, e risparmia annualmente l’esportazione di una somma considerevole per pagare la bilancia più forte che l’aumento del cambio avrebbe causato.

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Capitolo 4

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Esame dei diversi mezzi che si propongono oggi: alzare la moneta o alleggerirla, fondere l’argenteria, regolare la bilancia del commercio o ristabilire la banca. Quando mi servo dell’espressione alzare la moneta io intendo dire alzarla nella sua denominazione; non suppongo affatto che ciò aggiunga qualcosa al suo valore. Non c’è altro mezzo per aumentare il prezzo dell’argento che quello di diminuirne la quantità o di aumentarne la domanda. Se l’esportazione e il consumo dell’argento superano l’importazione, o se la domanda aumenta, l’argento avrà più valore. Se la quantità importata supera quella esportata o consumata, [44] o anche se la domanda è diminuita, l’argento avrà minor valore. Se alzare o alleggerire la moneta potesse aggiungere qualcosa al suo valore, o produrre qualche buon effetto per il commercio interno o estero, mai nessuna nazione mancherebbe di moneta; 100 sterline potrebbero essere portate, con l’alzamento o l’alleggerimento, a 2, a 10, a 100 volte la loro prima denominazione, o al di là, secondo il bisogno. Ma poiché è ingiusto alzare o alleggerire la moneta, perché in tal caso i contratti si pagano ad una somma minore di quella per la quale ci si è impegnati; e siccome ciò produce effetti negativi sia sul commercio interno che su quello estero, questo strumento non è impiegato da nessuna nazione che abbia rispetto per la giustizia o che conosca la natura del commercio e della moneta. Se A vende 12 chalders di grano per 100 sterline pagabili tra 6 mesi, e con le quali egli deve acquistare lettere di cambio per lo stesso valore, che si trarranno su di lui in Francia per dei vini dei quali egli ha dato la commissione; se nello stesso tempo la moneta è alzata o alleggerita del doppio, le 100 sterline che A riceve pagheranno solo la metà dell’effetto che egli deve acquistare, perché esse non sono più uguali che a 50 sterline della moneta per la quale egli ha contrattato; e queste 100 sterline non acquisteranno la stessa quantità di merci del paese che 100 sterline acquistavano precedentemente. Con questa moneta, si pagheranno i debiti, si riscatteranno antiche obbligazioni contrattate sotto la fiducia pubblica, perché è piaciuto al principe dire che ciascuno prenda per intero pagamento la metà di ciò che gli è dovuto; ma, nei mercati ulteriori, si avrà riguardo al valore della moneta; le merci

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 119

aumenteranno di prezzo, senza che questo sia forse in proporzione all’alzamento della moneta. E quelli che non aumentano di prezzo le loro merci in proporzione saranno danneggiati. [45] Quando si portano 6 pence a 12 pence, 6 pence valgono sì 12 pence; ma il valore del penny è ridotto a mezzo penny. Per chiarire meglio questa materia, io supporrò, quando la moneta è alzata, sia che le merci aumentino di prezzo sia che non aumentino. Se le merci aumentano, allora l’alzamento della moneta non produce l’effetto voluto. Se una pezza di sarge si vende 40 scellini, e lo scellino è alzato a 18 pence, la pezza di sarge si venderà 3 sterline; ciò aumenta l’espressione numerica della moneta e paga i debiti con due terzi di ciò che è dovuto, ma non aggiunge nulla al numerario. È questa la conseguenza naturale dell’alzamento della moneta; poiché quello che si considera non è la più alta denominazione, ma il valore dell’argento. Se, quando si è alzata la moneta, le merci conservano il prezzo che avevano prima, allora tutte quelle esportate si vendono per un valore minore all’estero, e tutte quelle importate si pagano più care. Esempio: mezza corona è portata a 40 pence, ed essa acquista la stessa quantità di merci che 40 pence acquistavano precedentemente; allora, il mercante che spedisce in Olanda, per il valore di 300 sterline, merci che là si vendono 390 sterline, guadagnerebbe 220 sterline sul valore di 300 sterline esportate, perché le 390 sterline in Olanda sarebbero uguali a 520 sterline in Scozia, o tanto varrebbero in base al cambio alla pari o inviate in lingotti. Questo commercio non porterebbe più profitto alla nazione di quando il ritorno delle merci rendeva solo 390 sterline; poiché 390 sterline, prima di essere alzate, contenevano [46] la stessa quantità d’argento di 520 sterline di moneta alzata, e acquistavano anche una quantità altrettanto grande di merci straniere. Ma il commercio sarebbe talmente vantaggioso per il mercante, che molti di quelli che lo intraprendessero non troverebbero mai abbastanza merci da acquistare; e poiché un numero maggiore di acquirenti che di venditori farebbe salire il prezzo in Scozia, i mercanti, vendendo al ribasso l’un l’altro, farebbero abbassare i prezzi in Olanda. Ma anche quando i prezzi si mantenessero bassi da noi, e i nostri mercanti sostenessero un valore alto dei prezzi all’estero, gli Olandesi, sapendo che le merci sono così a buon mercato nel paese, non ne acquisterebbero nessuna dai nostri mercanti, ma le trarrebbero per commissione in cambio di quelle che essi avessero inviato. Supponiamo che l’esportazione annuale, del valore di 300.000 sterline, costo primitivo, si venda all’estero 390.000 sterline; che l’importazione e la spesa all’estero sia di 410.000 sterline, e che si inviino 20.000 sterline in moneta per pagare la bilancia. Essendo la moneta rialzata di un terzo, e conservando le merci lo stesso prezzo precedente, 225.000 sterline, inviate in Scozia in moneta straniera o in merci, o attraverso il cambio, acquisterebbero ciò che si vendeva precedentemente 390.000

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120  John Law: teoria e pratica della moneta

sterline. Continuando l’esportazione, l’importazione e la spesa all’estero nella stessa misura, la Scozia dovrebbe una bilancia di 185.000 sterline; poiché, benché le merci scozzesi siano vendute al di sotto del loro valore, tuttavia le altre nazioni non darebbero le loro più a buon mercato di prima, o a un prezzo minore rispetto a quello che potrebbero ottenere in altri paesi. Si obietterà forse che noi abbiamo più produzioni naturali e manifatture di quante ne sono consumate o esportate, e che la vendita a prezzo più basso provocherebbe una maggiore domanda delle nostre merci all’estero. [47] La produzione e le manifatture sarebbero suscettibili di un notevole accrescimento, se noi avessimo moneta per impiegare gli uomini; ma io sono convinto che noi non abbiamo una grande quantità di merci al di là di quella che è consumata o esportata. Ammettiamo che vendendole più a buon mercato si possa far aumentare la domanda; che la maggiore domanda procuri alle produzioni e alle manifatture un accrescimento fino al valore di 1.000.000 di sterline; ammettiamo ancora che la riduzione straordinaria del prezzo delle merci non ne provochi un maggiore consumo nel paese; noi saremmo comunque nella stessa condizione di prima; sarebbe sempre dovuta una bilancia di 20.000 sterline, e gli stranieri approfitterebbero del miglioramento senza dar nulla in cambio. Ma questo miglioramento è immaginario; poiché la domanda potrebbe ben aumentare, ma senza una maggior quantità di moneta non si può impiegare un numero maggiore di uomini; di conseguenza non vi sarebbe nessun ulteriore miglioramento. Noi saremmo obbligati a sopprimere quasi la metà del consumo ordinario delle merci straniere e della nostra spesa all’estero, non avendo abbastanza moneta per pagare la bilancia considerevole che sarebbe dovuta. Alcuni pensano che l’alzamento della moneta straniera possa portare moneta in Scozia. Quando la corona d’Inghilterra sarà alzata di 10 scellini, se è dovuta una bilancia dalla Scozia, il cambio sarà al di sopra della parità; e non è da supporre che un mercante inglese voglia portare corone in Scozia, quando, pagandone 100 a Londra, egli può ottenere 105 o 106 di queste stesse corone a Edimburgo. [48] Se la bilancia del commercio fosse in parità e si alzasse la moneta straniera senza alzare la moneta scozzese in proporzione, la moneta straniera entrerebbe, e uscirebbe un maggior valore di moneta di Scozia. Un paese subisce sempre la stessa perdita quando la moneta è alzata e il prezzo delle merci non aumenta in proporzione. Esempio: se gli stranieri ci inviano moneta per acquistare merci, e la moneta, esportata, non ha l’alto valore che ha presso di noi, la contropartita in merci sarà tanto minore, indipendentemente dalla mancanza del profitto che noi avremmo fatto sull’esportazione delle nostre merci. Se ogni importazione ed ogni spesa all’estero fossero vietate, la Scozia sarebbe tanto più ricca quanto più vi si apportassero moneta o lingotti; ma nella supposi-

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 121

zione di un simile divieto, la Scozia sarebbe più ricca mantenendo la sua moneta al suo valore attuale, perché se ne introdurrebbe una maggiore quantità per acquistare la stessa quantità di merci. Se si potesse supporre che noi non facessimo alcun commercio con le altre nazioni, si potrebbero alleggerire ed alzare 100 sterline, in maniera da fare produrre a questa somma, nel commercio, lo stesso effetto di un milione; ma se un solo straniero arrivasse in Scozia, egli potrebbe acquistare una gran parte del territorio o delle merci con una somma modica; un individuo opulento in Scozia farebbe, invece, all’estero una figura di miserabile. La moneta è la misura mediante la quale sono valutate tutte le merci; quando le merci non aumentano di prezzo in proporzione all’alzamento della moneta, le merci sono sottovalutate. Se [49] il valore annuale delle produzioni e delle manifatture di Scozia è di 2 milioni di sterline – ciò che ne dà un valore di 40 milioni in venti anni – e si hanno in moneta effettiva 100.000 sterline, alzando la moneta del 20 per cento la si farà passare per 120.000 sterline. Supponiamo che le merci aumentino solo del 10 per cento; allora le 120.000 sterline sono uguali in Scozia a 110.000 sterline della moneta prima che essa fosse alzata, e comprano la stessa quantità di merci. Vi è, tramite questo mezzo, un’aggiunta di 20.000 sterline al conto precedente, e di 10.000 al valore delle monete scozzesi o straniere, confrontate col valore delle merci di Scozia. Ma poiché la misura che valuta le merci è alzata del 20 per cento nella sua denominazione, e le merci non sono aumentate che del 10 per cento, la Scozia perde, in valore, 4 milioni, cioè un decimo del suo valore precedente; e chiunque venda le sue terre, riceverà come pagamento un decimo in meno, in argento o in qualunque altra merce straniera, che se avesse venduto prima dell’alzamento della moneta. Si citano la Francia e l’Olanda come esempi di nazioni che hanno alzato e alleggerito le monete. In Francia, la moneta è più alta nella sua denominazione che in ogni altro paese; ma ciò non impedisce l’esportazione delle monete di Francia. Quando il luigi d’oro era a 12 lire tornesi, la bilancia era contro la Francia, ed il cambio al 10 per cento sopra la parità. Si pagavano allora, a Parigi, 110 luigi d’oro a 12 lire per 100 luigi d’oro dello stesso peso e della stessa finezza ad Amsterdam; e poiché essi venivano scambiati per 9 fiorini, moneta di banca, si guadagnava il 10 per cento ad esportare le monete dalla Francia. Allorché si alzò il luigi d’oro a 14 lire, ciò non rese la bilancia meno sfavorevole alla Francia; il cambio rimase sullo stesso valore, [50] si pagarono sempre 110 luigi d’oro, sebbene a 14 lire, per una tratta di 100 luigi su Amsterdam, e si trovò sempre lo stesso guadagno ad esportare la moneta. Se si riuscì ad abbassare il cambio, fu perché la bilancia del commercio dovuta dalla Francia diventò meno considerevole, e questa circostanza avrebbe fatto abbassare il cambio, sia che la moneta fosse o non fosse stata alzata. Ma l’alzamento

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122  John Law: teoria e pratica della moneta

della moneta, ben lungi dal riportare la bilancia in favore della Francia, la mantiene a suo sfavore; poiché le merci francesi, non aumentando di prezzo in proporzione all’alzamento della moneta, si vendono a prezzo più basso, e quelle straniere si vendono più care; e ciò aumenta la bilancia, causa una più grande esportazione di moneta, priva di lavoro tutti quegli uomini che questa moneta teneva impiegati, diminuisce le produzioni naturali o le manifatture, così come il valore annuale del paese e la popolazione. Si crede che gli Olandesi conino dei luigi d’oro e li inviino in Francia, dove essi valgono 14 lire, e che siano state inviate dall’Olanda in Inghilterra delle ghinee, al tempo in cui si tosavano le monete inglesi, perché esse passavano là per 30 scellini. Ma si è male informati. Da quando ho qualche idea del cambio, un luigi d’oro ad Amsterdam, vecchio o nuovo, ha avuto più valore, grazie al cambio, di un luigi d’oro nuovo a Parigi; e quando si tosavano le monete inglesi, una ghinea in Olanda valeva di più, grazie al cambio, di una ghinea in Inghilterra. Quelli che non capivano niente di cambio potevano acquistare ghinee o luigi d’oro per portarli in Inghilterra o in Francia, ma avrebbero guadagnato di più acquistando tratte. Vi era allora un beneficio ad esportare dall’Inghilterra e dalla Francia ghinee e luigi d’oro verso l’Olanda. La sterlina [51] era data a quel tempo per 8 fiorini o meno; ed il cambio tra Amsterdam e Parigi è stato quasi sempre, durante gli ultimi otto o dieci anni, considerevolmente al di sopra della parità in favore dell’Olanda. Io ho visto la sterlina a 7 fiorini e 13 stivers, e lo scudo di Francia di tre lire acquistato in Olanda per 37 stivers, e a Londra per 39 pence e mezzo. Alzare la moneta in Francia è come imporre sugli abitanti una tassa che è più presto pagata, e che si crede debba essere meno sentita, di una tassa istituita in ogni altra maniera. Quando il re alza il luigi d’oro da 12 lire a 14, lo si riceve alla zecca per 13 lire, e lo si fa uscire per 14: il re guadagna così una lira per ogni luigi d’oro, e questa tassa ammonta a 20 o 25 milioni di lire, qualche volta di più, secondo la quantità di moneta esistente nel paese. Ma questo, lungi dall’aumentare la quantità di moneta, ostacola la circolazione; poiché una parte è messa in riserva per essere esportata all’occasione in Olanda, da dove si ottengono in cambio tratte per una somma di lire eguale alla stessa quantità di luigi nuovi che è stata esportata prima in vecchi luigi, aumentata dell’8 o del 10 per cento, essendo il tasso di cambio a favore dell’Olanda. Altri, che non vogliono rischiare di esportare la moneta, la conservano finché la nuova venga svalutata, ed approfittano così di un tredicesimo, che avrebbe guadagnato il re, se essi avessero portato la loro moneta alla zecca per essere riconiata. Il peso di questa tassa cade principalmente sulla classe più povera della popolazione. Si crede comunemente che le monete d’Olanda passino per più di metà di quello che valgono. Ma un esame accurato dimostra il contrario. La banca, che fa

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 123

la maggior parte dei pagamenti, [52] riceve e paga in moneta di banca, che vale più della moneta inglese. I ducatoni sono a tre fiorini, e le altre monete di banca in proporzione. Mi si dice che le monete attuali contengono argento al pro rata del loro valore o pressappoco, ad eccezione di qualcuno dei loro scellini che sono inferiori agli altri. Essi non sono stati fabbricati così volutamente; è stato un abuso reso possibile dal numero troppo grande delle città che hanno il diritto di coniare moneta; si è rimediato a questo abuso appena ci se n’è accorti, e queste monete sono state abbassate a 5 stivers e mezzo. Alcuni hanno proposto di alzare la moneta per favorire la circolazione della poca che ci resta, e per fare uscire quella che resta nascosta. Si otterrebbe lo stesso effetto ed altre buone conseguenze, abbassando la moneta per gradi e in un termine di tre o quattro mesi; poiché in base a quanto abbiamo già detto (pagine [24-25]), vi sono motivi per credere che se la moneta di Scozia fosse abbassata al tasso di quella inglese, il cambio tornerebbe a nostro favore, ed una bilancia ci sarebbe dovuta, purché l’esportazione, l’importazione e la spesa all’estero continuassero sul livello attuale. Si fa un altro ragionamento in favore dell’alzamento della moneta; cioè che certe merci che non danno abbastanza profitti all’estero non vengono esportate. Esempio: se le sarge, che valgono 100 sterline in Scozia, valgono solo 120 sterline in Olanda, il negoziante non le esporterà per un beneficio del 20 per cento; se, però, la moneta fosse alzata del 20 per cento, e le merci si mantenessero allo stesso prezzo, la quantità di moneta che comprava le sarge per il valore di 100 sterline ne comprerebbe ora per quello di 120 sterline; e, valendo queste merci in Olanda 144 sterline, l’aumento [53] di profitto, dovuto all’alzamento della moneta, ne incoraggerebbe l’esportazione. Sarebbe come dire che un negoziante che avesse 100 differenti tipi di merci, su 90 delle quali gli si offrisse il 30 per cento di beneficio, ma che non trovasse nessuno che gli dia più del 20 per cento per gli altri dieci tipi, dovrebbe aumentare di un quarto la misura di cui si serviva per misurare le sue merci, e vendere le 100 differenti specie di merci allo stesso prezzo al quale le vendeva precedentemente. Egli si troverebbe a fare una perdita notevole per effetto di questo espediente, ma sarebbe lo stesso per una nazione che alzasse la sua moneta. Per lo stesso motivo, sarebbe una gran perdita per la Scozia se tutte queste merci potessero essere esportate senza pagare diritti. Alcune dovrebbero, altre non dovrebbero essere sgravate dai dazi, a seconda del loro valore all’estero. Il mezzo vero e sicuro per favorire l’esportazione delle merci che non danno abbastanza profitto, è un premio. Esempio: se le sarge spedite verso l’Olanda danno solo il 20 per cento di beneficio, un premio del 10 per cento ne incoraggerà l’esportazione. Il premio accordato al negoziante non è perduto per la nazione,

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124  John Law: teoria e pratica della moneta

perché ciò che si guadagna grazie alla fabbricazione e all’esportazione delle merci lo guadagna la nazione. I premi sono finora il miglior metodo conosciuto per incoraggiare il commercio, e si può dimostrare che 10 o 15.000 sterline, a ciò destinate, procurano all’esportazione un accrescimento del valore di 100.000 sterline, e [54] nessuna parte di queste 10 o 15.000 sterline è perduta per la nazione; poiché se A e B, mercanti scozzesi, guadagnano il premio, per la nazione è come se esso non fosse stato dato. Quando i premi si pagano su fondi dell’amministrazione pubblica, poca moneta vi si può destinare, perché si tratta di moneta detratta dal reddito del principe; ma, se ci fosse un fondo nazionale per l’incoraggiamento del commercio, la nazione potrebbe dare al suo commercio una grande estensione, e vendere a prezzo più basso delle altre nazioni che non adottassero le stesse misure. Ma bisogna supporre per questo che vi sia nel paese abbastanza moneta per impiegare gli abitanti. Fondere il vasellame per farne moneta comporterebbe la perdita del costo dell’operazione, valutabile a un sesto, ed aumenterebbe solo di poco la quantità di moneta. Al momento della Restaurazione, il vasellame era in piccola quantità, poiché da poco era già stato ritirato. Se ne sarà fabbricato, nello stesso anno, il peso di 60 stones: una gran parte è stata fusa o esportata, la restante non potrebbe essere di grande valore. Ciò che è stato importato in vasellame appartiene ad un piccolo numero di persone di qualità che lo faranno uscire dal paese piuttosto che pagare il costo della coniazione; e in questo essi renderanno un servizio al paese – purché non lo spendano all’estero – atteso che l’argento in vasellame si venderebbe a Londra per più argento di quanto se ne otterrebbe in Scozia fondendolo. Si propone di alleggerire la moneta e di dare ai proprietari del vasellame il beneficio dell’alleggerimento. Supponiamo che le nuove monete con l’alleggerimento siano alzate del doppio nella denominazione: 5 scellini, [55] valendo 6 scellini di vasellame lavorato, daranno alla zecca 10 scellini di moneta alleggerita. Neanche in questa ipotesi si consegnerà il vasellame volontariamente; vendendolo in Inghilterra, e prendendo il suo valore in tratte, se ne avranno da 11 a 12 scellini, col cambio sopra la parità, mentre il guadagno della riconiazione può valutarsi solo a 6 pence l’oncia di vasellame. Se è necessario far moneta del vasellame, bisogna consentire l’esportazione di quello che può essere venduto all’estero per un valore superiore al suo peso, sotto la garanzia di importarne il valore in moneta o in lingotti. Altri propongono di regolare la bilancia del commercio, limitando il consumo delle merci straniere e la spesa in Inghilterra. Tramite questo mezzo, avendo ricondotto la bilancia in nostro favore, noi potremmo arricchirci vivendo sul nostro valore annuale, così come ci siamo impoveriti spendendo al di là di questo valore. Un simile regolamento avrebbe le sue difficoltà.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 125

1. Sopprimere l’importazione in tutto o in gran parte diminuirebbe considerevolmente le entrate della corona, e Sua Maestà potrebbe non ritenere opportuno accordare la sua approvazione a tale regolamento, senza averne un equivalente. 2. Il regolamento non sarebbe eseguito così rigorosamente da impedire che entri in contrabbando una parte di ciò che era abitudine importare. 3. Risiedendo i nostri principi in Inghilterra, noi siamo nella necessità di avere là i nostri ministri; essendo gli impieghi a disposizione del principe, ed essendo Londra più di Edimburgo una città di divertimenti, i nostri gentiluomini continuerebbero sempre a cercare a Londra gli impieghi o i piaceri. [56] Ma supponiamo che il re abbia approvato il regolamento con o senza equivalente, e che lo si esegua così rigorosamente che niente sia importato in contrabbando; supponiamo ancora che si possano risparmiare 20.000 sterline sulla spesa in Inghilterra, in modo che l’importazione e la spesa all’estero risultino minori di 60.000 sterline rispetto all’ultimo anno; ci sarebbero ancora, secondo me, altre difficoltà che renderebbero inefficace il regolamento. 1. Supponiamo che la bilancia che noi dovevamo per l’anno passato sia di 20.000 sterline, e che l’importazione e la spesa all’estero siano diminuite di 60.000 sterline. Quelli che propongono questo regolamento pensano forse che a noi sarà dovuta una bilancia di 40.000 sterline. Ma siccome la banca può averci fornito 60.000 sterline in biglietti al di là della moneta in deposito, e poiché si è supposto che l’anno passato sono state esportate 20.000 sterline, ne consegue che la nostra moneta è diminuita di 80.000 sterline; il valore delle esportazioni dell’anno prossimo sarà ancora minore, perché la mancanza di questa moneta avrà privato del lavoro una parte degli uomini che prima erano occupati; e nonostante il regolamento, una bilancia ancora maggiore dell’anno passato sarà dovuta da parte nostra. 2. Quarantamila sterline, costo primitivo delle merci importate, e 20.000 sterline spese all’estero, hanno diminuito il consumo delle merci del paese; e l’esportazione è stata tanto più considerevole quanto più il consumo dei prodotti nazionali era diminuito; ma poiché il regolamento ha provocato un maggior consumo delle merci del paese, l’esportazione sarà minore. [57] 3. Diversi mercanti possono avere esportato delle merci, sebbene senza un grande beneficio su questa esportazione, ma in vista dei profitti da fare sull’importazione, ma questa, essendo diminuita, può fare ugualmente diminuire l’esportazione. 4. Se la Scozia proibisce o carica di grossi dazi le merci delle altre nazioni, le altre nazioni possono proibire l’importazione delle merci di Scozia. Accordando che non si abbia nessuna difficoltà a regolare la bilancia del commercio, e che si segua lo stesso metodo dell’Olanda, noi diverremmo più ricchi, ma le ricchezze dell’Olanda crescerebbero in proporzione, e nel giro di 50 anni la Scozia, confrontata con l’Olanda, sarebbe povera come oggi.

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126  John Law: teoria e pratica della moneta

Due paesi sono uguali per produzioni naturali, per popolazione, ecc. L’uno ha 100.000 sterline in moneta, e vive sul suo valore annuale, in modo che gli è dovuta una bilancia di 20.000 sterline il primo anno, di 25.000 sterline il secondo, e così di seguito. L’altro paese ha 20 milioni in moneta, e consuma al di là del suo valore annuale, di modo che per pagare la bilancia esso esporta un milione di sterline il primo anno, 1.200.000 il secondo, e così di seguito. Quest’ultimo paese sarà presto povero, e l’altro sarà presto ricco. Ma se la nazione che ha 20 milioni in moneta si limita in proporzione all’altra, essa sarà ricca e potente, rispetto alla prima. Considerando quale modesta parte noi abbiamo delle monete d’Europa, e quanto è grande l’influenza della moneta sul commercio, [58] si riconoscerà che non vi è mezzo efficace per migliorare la nostra condizione, se non l’accrescimento della nostra moneta; e se la cosa è praticabile senza moneta, essa lo è ancora di più con questo soccorso. La banca aggiungerà poco alla moneta. Essendo il credito volontario, esso dipende dalla quantità di moneta esistente nel paese; e, anche quando la banca non fosse mai venuta meno, essa non conserverebbe tuttavia a lungo il suo credito, perché la quantità di moneta esistente in Scozia non è sufficiente per animare la circolazione della massa cartacea necessaria per il pagamento dei carichi della banca e dell’interesse dovuto agli azionisti. Si crede che i proprietari della banca progettino di rivolgersi al Parlamento per ottenere ulteriori privilegi; ma poiché il loro progetto non è stato ancora reso pubblico, io mi accontenterò di dire in generale che, se altri privilegi sono concessi, la banca non sarà allora più la stessa; o almeno essa non sarà fondata sui principi di prima. Nell’uno o nell’altro caso, tutti indistintamente dovrebbero essere ammessi a farne parte. Allorché una banca si costituisce, chiunque può prendervi parte, in base ai termini dell’Atto del Parlamento; e colui che fa le prime offerte è preferito. Supponiamo che al momento della costituzione della banca, A e B non abbiano dato la loro sottoscrizione, perché pensavano che l’impresa non sarebbe stata abbastanza vantaggiosa; finché quelli che hanno sottoscritto possono sostenere la banca alle condizioni dell’Atto del Parlamento, nessuno vi pretenderà parte, a meno che i sottoscrittori non consentano di vendere. Ma se si danno dei nuovi privilegi, A e B, come chiunque altro nel paese, [59] possono richiedere l’apertura dei libri della banca, per essere ammessi a farne parte; e tutti gli altri individui che offriranno le stesse sicurezze devono essere al tempo stesso autorizzati a fondare una banca con gli stessi privilegi; così, ogni contea di Scozia potrebbe volerne una. Dare dei nuovi privilegi a questa banca, rifiutandone di simili ad altre, che potrebbero e vorrebbero dare le stesse sicurezze, sarebbe difficile, soprattutto oggi che la nazione ha bisogno di più moneta di quanto sarebbe possibile a questa banca fornirne.

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Capitolo 5

Insufficienza di tutti i mezzi proposti per accrescere la moneta o per istituire un credito, con promessa di pagare in moneta metallica. – La moneta metallica ha perduto molto del suo antico valore. – La terra ha più valore. – L’argento può perdere il valore addizionale che ha ricevuto dal suo uso come moneta. La potenza e la ricchezza di una nazione sono date da una popolazione numerosa e da magazzini di merci nazionali ed estere. Questi oggetti dipendono dal commercio, e il commercio dipende dalla moneta. Così, per essere potenti e ricchi, relativamente alle altre [60] nazioni, noi dovremmo avere moneta nella stessa proporzione; poiché, senza moneta, le migliori leggi non potrebbero impiegare gli uomini, né perfezionare le produzioni, né estendere le manifatture e il commercio. I mezzi che sono stati usati o che si propongono oggi per conservare ed accrescere la moneta sono soggetti a delle difficoltà, e anche quando tali difficoltà fossero eliminate, questi mezzi sarebbero senza effetto, ed incapaci di fornire la moneta necessaria per il miglioramento del paese o per l’estensione del commercio, davanti ai progressi dell’industria e del commercio presso le altre nazioni. Il credito che promette un pagamento in moneta non può estendersi al di là di una certa proporzione che esso deve osservare con la moneta. E noi ne abbiamo una quantità così modesta che il credito che essa potrebbe fornire sarebbe trascurabile. Resta da esaminare se non si possa convertire in moneta qualche altro oggetto diverso dall’argento, con altrettanta sicurezza e comodità. In base a quello che è stato detto sulla natura della moneta, al capitolo 1, risulta evidente che qualunque altro oggetto che avesse le qualità necessarie alla moneta, potrebbe essere convertito con sicurezza e comodità in una moneta uguale al suo valore. Non è per capriccio o per fantasia che si fa dell’argento una moneta, è perché lo si è giudicato più appropriato a quest’uso. Io cercherò di dimostrare che potrebbe essere stabilita un’altra moneta, avente tutte le qualità necessarie alla [61] moneta in un grado superiore all’argento, riunendo altre qualità che l’argento non ha, e preferibile per quest’uso, anche quando l’argento fosse una produzione della Scozia; e che per mezzo di questa moneta, gli uomini

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128  John Law: teoria e pratica della moneta

sarebbero occupati, il paese meglio coltivato, le manifatture incoraggiate, il commercio interno ed estero sostenuti, la ricchezza e la potenza stabilite su basi solide. Io spero che ciò che propongo sarà giudicato sicuro e praticabile, vantaggioso per la Scozia in generale, e per ogni scozzese in particolare. Ma poiché io offro di dimostrare che quel che proporrò è più adatto dell’argento a svolgere la funzione di moneta, prima di venire al mio progetto farò vedere qualcuno dei difetti dell’argento monetato e dimostrerò che esso non ha adempiuto, e non adempie, la funzione di moneta. La moneta è la misura mediante la quale si valutano le merci, e il valore mediante il quale esse sono scambiate e nel quale i contratti sono stipulati pagabili. La moneta non è un pegno, come alcuni pretendono; è un valore pagato, o che ci si impegna a pagare, con il quale colui che la riceve si suppone che possa, allorché i suoi bisogni lo esigono, acquistare una quantità di merci uguale a quella che ha venduto, o altre merci di uguale valore; e la moneta il cui valore è più assicurato, sia per ricevere, sia per contrattare o per valutare delle merci, è quella il cui valore è meno soggetto a variare. [62] L’argento monetato è di un valore più incerto di altre merci, e di conseguenza meno qualificato a svolgere la funzione di moneta. Il potere che ha il magistrato di modificare la moneta nella sua denominazione e nella sua finezza toglie all’argento la principale qualità per la quale esso è stato impiegato come moneta. Nei paesi in cui si cambia spesso la denominazione o il titolo della moneta, è meno certo contrattare per dell’argento di quanto non fosse, ai tempi del commercio col baratto, contrattare per delle merci. Esempio: si prestano o si promettono cento once di argento; se ne sottoscrive un’obbligazione che ne determina il numero di sterline pagabili nel giro di un anno; nel periodo intercorrente, mezza corona diventa una corona, e 50 once bastano per pagare le 100 che erano state prestate o stipulate. Quando il magistrato non cambiasse mai la denominazione o il titolo della moneta, il valore ne sarebbe tuttavia meno certo di quello delle altre merci. Il valore delle merci dello stesso tipo o della stessa qualità differisce quando c’è un cambiamento nella loro quantità o nella loro domanda. Nell’uno o nell’altro di questi casi, si dice che le merci sono più o meno care, perché esse hanno più o meno valore, o perché sono uguali ad una maggiore o ad una minore quantità di altre merci o di moneta. L’argento in lingotti o in moneta cambia di valore allorché arriva qualche cambiamento nella sua quantità o nella sua domanda. In entrambi i casi, si dice che le merci sono più o meno care; ma è l’argento – o la moneta – che è più o meno caro, [63] perché esso ha più o meno valore, o perché è uguale a una maggiore o a una minore quantità di merci.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 129

Le merci deperibili, come i grani, ecc., aumentano o diminuiscono in quantità, a seconda che la domanda aumenti o diminuisca; così il loro valore resta uguale o simile al precedente. Le merci più durevoli, come i metalli, i materiali da costruzione, ecc., aumentano in quantità al di là della domanda, ed hanno di conseguenza minore valore. La quantità di argento o di moneta aumenta in ragione del fatto che se ne importi in Europa più di quanto se ne consumi o se ne esporti. La domanda è aumentata, ma non in proporzione alla quantità. Poiché: 1° la stessa quantità di argento o di moneta non acquisterà la stessa quantità di merci di prima; 2° il suo uso costava il 10 per cento; oggi si può avere moneta al 6, e in Olanda al 3 o al 4 per cento. Siccome un’oncia d’argento vale 5 scellini e 2 pence, e una corona vale 60 pence, a meno che non sia stata alterata dal sovrano, poche persone percepirebbero il cambiamento nel valore dell’argento o della moneta. Ma, siccome in un anno il boll di orzo si vende a 2 corone, e l’anno successivo a 3, questa differenza deriva da un cambiamento nella quantità o nella domanda di orzo o di moneta. E questa variazione della moneta, così come quella dell’orzo, causerà una differenza nel prezzo. Un uomo l’anno passato ha venduto cento pecore per 100 corone e vuole riacquistarne lo [64] stesso numero quest’anno. Sebbene la quantità di pecore e la domanda siano le stesse dell’anno precedente, se la quantità di moneta è aumentata, senza che la domanda di essa lo sia nella stessa proporzione, le cento pecore avranno un valore uguale ad una più grande somma di moneta dell’anno precedente: così la moneta sarà meno cara. Se la quantità di moneta e la domanda di essa sono le stesse di prima, e se tuttavia la quantità di pecore è minore, o la domanda è più grande, il valore di cento pecore sarà uguale ad una maggiore quantità di moneta: così, le pecore saranno più care. Dunque, anche quando il magistrato non cambiasse mai il valore della moneta, essa è tuttavia soggetta a variare, come l’argento, a causa di un cambiamento qualunque, o nella sua quantità, o nella domanda. Colui che la riceve è doppiamente incerto se la moneta che riceve, o per la quale stipula, sarà sufficiente per acquistare con essa, allorché ne avrà bisogno, le stesse merci che egli ha venduto, o altre merci di uguale valore; e ciò in ragione della differenza che può sopraggiungere nel valore della moneta o delle merci che egli deve acquistare. E questa incertezza avrebbe luogo anche quando la qualità della moneta e delle merci fosse certa. Se si conservassero delle scorte, si rimedierebbe in gran parte alla differenza provocata nei prezzi di gran parte delle merci dalle variazioni che riguardano la loro quantità o la loro domanda: ma la differenza provocata nei prezzi delle merci da una maggiore o minore quantità o domanda di moneta non potrà essere evitata fintanto che l’argento servirà da moneta.

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130  John Law: teoria e pratica della moneta

[65] Che la moneta abbia oggi molto meno valore appare dal valore che le merci, le terre e la moneta avevano 200 anni fa. Sembra, in base agli atti del consiglio di Edimburgo, che nel 1495, la mercuriale del grano fosse di 6 scellini e 8 pence il boll in moneta di Scozia. Nel 1520, fu dato l’ordine alle taverne di vendere il Bordeaux e i vini bianchi di Francia 6 pence di Scozia la pinta, e la birra a 20 pence di Scozia il gallone. Nel 1526, i mulini che appartenevano alla città furono dati in affitto per 400 merks di Scozia: essi ne danno oggi 13.000. I piccoli diritti doganali, a Leith, erano appaltati allora a 115 merks. Nel 1532, il prezzo di un carico di malto, contenente nove firlots 1, fu fissato a 32 scellini di Scozia. Nel 1551, fu dato ordine di vendere la miglior qualità di pecore a 12 pence scozzesi, la seconda a 10 pence, e l’ultima a 8 pence. Nel 1553, fu ordinato che nove firlots di malto, misura antica, compresa la tassa d’assistenza, si vendessero 36 scellini di Scozia; che il pane di campagna del peso di 40 once e il pane di città del peso di 36 si vendessero 4 pence. Nel 1555, fu ordinato ai panettieri di rendere per ogni boll di grano 140 pani di sedici once ciascuno. [66] Con un atto del quinto Parlamento della regina Maria, nel 1551, fu ordinato che i vini importati sulle coste orientali e settentrionali non si vendessero più cari di 20 sterline di Scozia il barile di vini di Bordeaux, e 16 sterline il barile di vini della Rochelle: il primo, 10 pence la pinta, e l’altro 8 pence; che il vino importato sulle coste occidentali si vendesse solo 16 sterline di Scozia il barile di vino di Bordeaux, e da 12 a 13 quello della Rochelle: il primo, 8 pence la pinta, l’altro a 6 pence. Quindi, ciò che costava 5 sterline duecento anni fa, costa oggi più di 100 sterline. Le merci non erano tuttavia né più abbondanti, né di valore minore rispetto ad ora. Al contrario, essendo l’obiettivo di questi atti quello di regolare il prezzo delle merci, è ragionevole pensare che esse erano in minore quantità di oggi, relativamente alla domanda, e che di conseguenza fossero di maggior valore. Ma essendo la moneta aumentata in quantità più della domanda, ed essendo stata alterata dal sovrano, essa è diminuita di valore: 100 sterline oggi non valgono nemmeno ciò che valevano 5 sterline in passato. Si può calcolare come la coltura delle terre sia stata perfezionata nel giro di duecento anni, poiché ciò che paga oggi 2 bolls per acro, non ne pagava allora che uno, così come si può vedere dagli antichi contratti.

1

[Misura di capacità, equivalente a circa 36 litri.]

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 131

La moneta allora fruttava il 10 per cento d’interesse; 384 acri si affittavano a un boll per acro, con le derrate a 8 scellini e 4 pence il chalder; così, la proprietà di questo numero di acri valeva 100 sterline; poiché 100 sterline producevano 10 sterline d’interesse, ed i 384 acri rendevano solo la quantità di derrate che si vendevano per 10 sterline: ma, siccome [67] la terra (preferibile alla moneta per molteplici ragioni) è valutata oggi a vent’anni il suo reddito, sebbene il denaro sia al 6 per cento, ne consegue che queste terre potevano essere valutate allora quattordici anni di reddito, o 140 sterline. Siccome la quantità di moneta è aumentata, da allora, molto più della domanda, e la stessa quantità d’argento ha ricevuto una denominazione più alta, la moneta, di conseguenza, ha meno valore; si paga per essa un interesse più basso; se ne dà una maggiore quantità per la stessa quantità di merci, e le terre valgono un numero maggiore di anni di reddito. Il valore di una terra simile – l’acro affittato 2 bolls, le derrate a 8 sterline 6 scellini e 6 pence il chalder, il denaro al 6 per cento – sarebbe di 8.000 sterline, in ragione di vent’anni di reddito. Secondo questo calcolo, la moneta vale solo la ventesima parte delle merci, e la cinquantasettesima parte della terra, rispetto a quanto valeva duecento anni fa. Questa differenza deriva in parte dai progressi che ha fatto l’agricoltura e da una maggiore domanda per le terre, essendo la quantità la stessa, cosa che ne aumenta il valore. Il resto della differenza è dovuto al fatto che la quantità di moneta è aumentata più della domanda, il che ne diminuisce il valore e ne abbassa l’interesse; come anche al fatto che essa è stata alterata nella sua denominazione. Si aveva allora nello stesso numero di pence una maggiore quantità d’argento di quanta ve ne sia oggi; cosa attestata dai differenti atti del Parlamento di quel tempo. Nel 1475, l’ottavo Parlamento di re Giacomo III ordinò che l’oncia d’argento si vendesse 12 scellini di Scozia, e che si tagliassero 12 groats 2 in un’oncia d’argento. [68] Il 3 novembre 1554, fu disposto, da un atto del Consiglio della città di Edimburgo, che l’oncia d’argento si vendesse 18 scellini e 8 pence di Scozia. Ma questi atti non menzionano quale fosse la finezza del titolo dell’argento. Supponiamo che lo stesso numero di pence avesse due o quattro volte il valore dell’argento che essi hanno oggi; allora, il valore dell’argento si sarebbe ridotto solo a un decimo o a un quinto di quanto valeva in rapporto alle merci, e ad un ventottesimo o a un quattordicesimo di quanto valeva in rapporto alle terre. Ma la moneta è caduta a un ventesimo del valore che aveva rispetto alle merci e a un cinquantasettesimo del valore rispetto alle terre.

2

[Moneta di conto equivalente a 4 pence.]

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132  John Law: teoria e pratica della moneta

Il modo di prestare il denaro in Francia – come, penso, negli altri paesi di cattolicesimo romano – è ad interesse perpetuo, riscattabile dal debitore, e tale che il creditore può disporne o trasferirlo, ma senza potere mai esigere il capitale. La legge dichiara usuraio il creditore che riceve l’interesse di un capitale che è in suo potere esigere, anche se il termine di pagamento è posteriore di diversi anni rispetto all’epoca del prestito. Supponiamo che il modo di prestare denaro in Scozia fosse lo stesso duecento anni fa, e che, avendo A 768 acri di terra valutati 1 boll di derrate per acro, 20 lire sterline rappresentassero la rendita annuale di 48 chalders, a 5 sterline di Scozia il chalder; che B, proprietario di 100 sterline in moneta, le avesse prestate ad A, all’interesse del 10 per cento, e che ne avesse ricevuto annualmente quest’interesse che trasmette al figlio, credendo di averne percepito sufficientemente da parte sua, valendo 10 sterline 24 chalders di derrate. Ma essendo l’interesse ridotto al 6 per cento per l’alzamento della denominazione della moneta, [69] il cui valore diminuisce in ragione della maggiore quantità, le 6 sterline che egli riceve per l’interesse annuale delle sue 100 sterline non valgono un solo chalder di derrate, e 384 acri, o la metà delle terre di A, che duecento anni fa valevano solo da 100 a 140 sterline, valgono oggi cinquantasette volte questa somma, supponendo che l’affitto sia raddoppiato, e che il loro valore equivalga a venti anni di reddito. Si è osservato in Francia che, circa duecento anni fa, la stessa terra ha assunto nel giro di trent’anni il doppio del valore in moneta che essa aveva precedentemente: così una terra che valeva 100 lire tornesi nel 1500 ne valeva 200 nel 1530, 400 nel 1560, e così via, finché da cinquanta o sessant’anni essa si è mantenuta pressappoco allo stesso valore. In Inghilterra, si dà per le stesse merci venti volte la stessa quantità di moneta che si dava duecento anni fa. Si crede in questo paese che sono le merci ad essere aumentate; ma queste hanno conservato il loro valore; è la moneta ad aver perso valore. La maggior parte delle merci è aumentata in quantità, pressappoco in proporzione alla domanda, e conserva pressappoco lo stesso valore che aveva duecento anni fa. La terra vale di più, poiché una coltura perfezionata la fa produrre per un maggiore valore, e poiché la domanda aumenta, mentre la quantità rimane la stessa. L’argento e la moneta hanno meno valore, perché la quantità è aumentata più della domanda. Le merci si mantengono come sono, in quantità uguale alla domanda, o con poca differenza; poiché [70] dalla domanda dipende l’aumento della maggior parte delle merci. Esempio: se la quantità di avena è maggiore della domanda per il consumo e per le scorte, il sovrappiù è inutile; così questa derrata diminuirà, e la terra verrà impiegata per produrre qualcos’altro. Se, a causa di una carestia, la quantità si trova minore della domanda, se ne troverà, nelle scorte degli anni precedenti,

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 133

per fornirla; e se le scorte non bastassero per questo, non si deve supporre che la carestia duri più di un anno o due. Il valore delle terre continuerà ad aumentare, in quanto esse sono suscettibili di migliorie, e perché la domanda di esse aumenta mentre la quantità rimane sempre la stessa. Il valore dell’argento continuerà a diminuire man mano che esso aumenterà in quantità, se la domanda non aumenta nella stessa proporzione; poiché l’aumento della quantità non dipende dalla domanda. La maggior parte degli uomini non fa attenzione al fatto che l’argento è meno caro o vale meno di prima, sebbene questo sia evidente confrontando la quantità di merci che una data quantità d’argento fine acquistava duecento anni fa con quella di merci simili che esso acquisterebbe oggi. Se un barile di vino, in Francia, è uguale in valore a venti bolls di avena nello stesso paese, questa quantità di avena non può mai valere né più né meno in termini di vino finché la qualità, la quantità e la domanda dell’una e dell’altra derrata sono le stesse. Ma un cambiamento sproporzionato qualunque nella qualità, nella quantità o nella domanda farà si che la stessa quantità dell’una sarà uguale ad una maggiore quantità dell’altra; così, se un barile di vino, in Francia, è uguale al valore di 40 scudi del paese, essa li varrà sempre, a meno che non sopraggiunga qualche [71] cambiamento sproporzionato nella quantità, nella qualità, o nella domanda di vino o di moneta. È per una ragione molto semplice che la quantità di argento è aumentata più della domanda: gli Spagnoli ne portano in Europa in così grande quantità perché essi possono estrarlo dalle miniere; perché esso ha sempre un valore, sebbene minore; e anche quando non ne giunga in Gran Bretagna, il suo valore sarà tuttavia sempre minore in Gran Bretagna, perché se ne avrà una più grande quantità in Europa. Si potrebbe obiettare che la domanda per l’argento è al momento maggiore della quantità. Rispondo che, benché la domanda sia più grande della quantità, essa non è tuttavia aumentata nella stessa proporzione della quantità. Duecento anni fa la moneta – o l’argento – era al 10 per cento, oggi è tra il 6 e il 3 per cento. Se la domanda fosse aumentata nella stessa misura della quantità, la moneta frutterebbe il 10 per cento come allora; oggi, come allora, essa sarebbe uguale alla stessa quantità di derrate o di merci che avrebbero conservato il loro antico valore. Se A avesse 1.000 sterline da prestare, le offrirebbe al 10 per cento di interesse, e se esigesse per ipoteca una terra che produca 240 chalders di derrate annualmente, come si praticava duecento anni fa, quando non vi era nessuna legge che regolasse il tasso d’interesse, A non troverebbe chi voglia prendere a prestito a queste condizioni, perché essendo la quantità di argento aumentata più della domanda, ed essendo cambiata la denominazione, la moneta ha meno valore, e la si può avere a condizioni meno onerose. Se la domanda fosse aumentata nella stessa proporzione della quantità, e la

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134  John Law: teoria e pratica della moneta

moneta non fosse stata alzata, si avrebbe oggi lo stesso interesse [72] di allora, e la stessa quantità di derrate basterebbe per pagare l’interesse; conservando la moneta il suo valore, 8 scellini e 4 pence varrebbero un chalder di derrate come a quel tempo. Se si fossero impiegate 2.000 sterline in vasellame duecento anni fa, si crede che la perdita sul vasellame sarebbe soltanto sulla lavorazione e sull’interesse; ma se le 2.000 sterline fossero state impiegate in terra, la rendita di questa terra sarebbe oggi maggiore del valore del vasellame. Benché la moneta e l’argento abbiano molto meno valore di prima, la moneta passa tuttavia per una metà o due terzi in più del valore del metallo non utilizzato come moneta. Supponiamo che l’argento cessi di essere usato come moneta in Europa: la quantità resterebbe la stessa e la domanda sarebbe molto minore, e ciò potrebbe farlo diminuire in valore di due terzi o di più; poiché, oltre al fatto che la domanda sarebbe minore, il suo uso come vasellame, ecc., è molto meno necessario che come moneta. Le merci date come valore dovrebbero, attraverso i loro altri usi, avere un valore uguale a quello per il quale esse sono date. L’argento fu prima barattato in funzione della sua utilità come metallo, ed ha cominciato ad essere dato come moneta in base al valore che esso aveva nel baratto. Esso ha ricevuto da allora un valore addizionale; avendone il nuovo uso causato una maggiore domanda, non se n’è percepito questo nuovo valore, perché la maggiore quantità l’ha fatto diminuire maggiormente; ma questo gli ha impedito di [73] diminuire in valore come avrebbe potuto, se non fosse stato impiegato come moneta e se ne fosse introdotta la stessa quantità in Europa. Non è dato sapere per quanto tempo ancora l’argento conserverà questo valore addizionale: se l’Inghilterra adottasse un altro tipo di moneta, l’argento non diminuirebbe di un terzo, perché esso è impiegato in altri paesi come moneta; ma questa diminuzione della domanda, unita al calo di valore ordinario prodotto dalla grande quantità che se ne importa in Europa, causerebbe un calo straordinario, forse del 10 per cento. Questa nuova moneta, adottata in Inghilterra, se non eccedesse la domanda, conserverebbe il suo valore e sarebbe uguale, sia nel paese, sia all’estero, ad una quantità d’argento equivalente alla somma per la quale essa fosse stata fabbricata; tanto più che l’argento avrebbe meno valore, a causa del calo ordinario e straordinario. Se l’Inghilterra cambiasse la sua moneta, altri Stati potrebbero fare lo stesso; se l’Olanda sola utilizzasse la moneta d’argento, si può supporre che il prezzo di questo metallo cadrebbe assai presto del 50 per cento a causa della diminuzione della sua domanda come moneta; e 100 sterline in Olanda non varrebbero più di 50 sterline della nuova moneta in Inghilterra, sia che la si invii in moneta o attraverso il

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 135

cambio; e man mano che arrivasse dell’altro argento in Europa, esso diminuirebbe ancora in valore a causa della sua maggiore quantità. Si obietterà forse che in Scozia la quantità di merci è in proporzione alla domanda, come essa lo è stata da qualche anno; che la moneta è più rara, sebbene la domanda sia la stessa, o forse maggiore: così, se il valore delle merci o della moneta è più alto o più basso, in ragione della loro più o meno grande quantità [74] relativamente alla domanda, la moneta, a causa della sua maggiore rarità, dovrà avere maggiore valore, ed essere uguale a una maggiore quantità di merci; tuttavia il prezzo delle merci differisce poco da ciò che era quando vi era più moneta. Rispondo a ciò dicendo che il valore delle merci o della moneta varia, a seconda che la loro quantità o domanda vari in Europa, e non in un paese particolare. Le merci, in Scozia, sono allo stesso prezzo o pressappoco allo stesso prezzo che in Inghilterra, essendo pressappoco nella stessa quantità relativamente alla domanda nell’uno o nell’altro paese: la moneta in Scozia non è più di un quarantesimo della moneta d’Inghilterra in rapporto alla popolazione, all’estensione delle terre e alle produzioni, e non è, con la domanda, al di sopra della proporzione di un decimo. Se la Scozia non fosse capace di alcun tipo di commercio con altri paesi, nello stato in cui sono le cose attualmente, la moneta vi potrebbe acquistare dieci volte la quantità di merci che essa acquista in Inghilterra, o anche di più; ma siccome la Scozia commercia con altri paesi, anche quando la moneta fosse molto più rara di quanto è oggi, o se anche essa fosse più abbondante che in Inghilterra, quando non vi fossero che 10.000 sterline o un milione in Scozia, il valore delle merci differirebbe solo del 30 per cento da ciò che esse varrebbero altrove, perché, grazie a questa differenza, si potrebbero esportare o importare queste merci; solo delle proibizioni potrebbero rendere la differenza maggiore. L’autore del libro intitolato Britannia languens,3 ed altri che hanno scritto sul commercio e la moneta, pensano che il valore delle merci si riduca in un paese man mano che la moneta vi diventa più rara; che se non vi fossero più di 500 sterline in Inghilterra, la rendita annuale [75] dell’Inghilterra non supererebbe 500 sterline, ed un bue si venderebbe un penny. Quest’opinione è errata; perché potendo esportare questo bue in Olanda, se ne troverebbe un prezzo quasi altrettanto buono in Inghilterra che in Olanda. Se si supponesse la moneta rara in Olanda e altrove quanto in Inghilterra, questo bue potrebbe essere venduto solo a un penny; ma il valore di questo penny sarebbe uguale a quello di 5 sterline di oggi, perché con esso si potrebbe acquistare, in Inghilterra o altrove, la stessa quantità di merci che si acquista oggi per 5 sterline.

3

[William Petyt]

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136  John Law: teoria e pratica della moneta

Si può dare la stessa risposta a quelli che pensano che, aumentando la moneta in un paese qualunque, se ne diminuirebbe il valore al punto che la stessa quantità di merci costerebbe il doppio di moneta rispetto a prima. Se la moneta e il credito che circolano in Inghilterra fossero di 15 milioni e, contando la Scozia come 1 a 10, la moneta di Scozia fosse portata a 1 milione e mezzo, e la domanda fosse in proporzione della domanda in Inghilterra, quest’aumento della moneta in Scozia non le darebbe meno valore di adesso in Inghilterra. Le merci si venderebbero in Scozia come esse si vendono in Inghilterra; le produzioni del paese sarebbero forse del 10 o 20 per cento più care, per essere al livello di quelle d’Inghilterra; ma tutti i manufatti, in ragione della maggiore quantità, e tutte le merci importate sarebbero più a buon mercato. Siccome sarebbe più facile prendere a prestito, i mercanti impianterebbero maggiori imprese, e i coltivatori sarebbero in grado di commerciare e di accontentarsi di un profitto più contenuto nelle loro vendite. Il prezzo delle terre non aumenterebbe più che in Inghilterra, [76] avendo l’acquirente l’opzione di acquistare altrove; si può supporre che la sicurezza di un buon catasto aggiungerebbe al prezzo il valore di uno o due anni di reddito. Se la moneta di un paese particolare eccedesse la proporzione di questo paese con l’Europa, ciò diminuirebbe il valore della moneta, o, per parlare il linguaggio comune, le merci aumenterebbero di prezzo. Ma siccome la moneta perderebbe valore ugualmente dappertutto o pressappoco, ciò sarebbe molto vantaggioso per questo paese, anche quando la moneta vi avesse meno valore; perché questo paese avrebbe tutto il beneficio della maggiore quantità, e soffrirebbe solo in parte della diminuzione del valore, in base alla proporzione della sua moneta con quella dell’Europa. Gli Spagnoli, allorché portano moneta o lingotti in Europa, ne fanno diminuire il valore; ma essi guadagnano, perché hanno tutto il guadagno della maggiore quantità e soffrono solo una parte del minor valore. Ciò che ho appena detto dimostra: 1. Che la moneta d’argento ha un valore incerto, perché è soggetta ad essere alterata dal sovrano nella sua finezza o nella sua denominazione. Una corona non contiene più argento di quanto ne conteneva una mezza corona, o 15 pence, circa 150 o 200 anni fa. 2. Che, come argento, la moneta ha perduto il valore che aveva, poiché una stessa quantità non vale la quinta o la decima parte di ciò che essa valeva una volta. Un capitalista di allora, possessore di 1.000 sterline, era più ricco di un proprietario fondiario con 240 chalders di rendita in derrate. [77] Ma un tale capitale in moneta non varrebbe oggi la cinquantesima parte di una simile proprietà fondiaria. 3. Che l’argento, sebbene così fortemente decaduto, si vende tuttavia, come moneta o come lingotti, più di quanto vale come metallo, valore estremo al quale esso sarà ridotto appena gli sarà sostituita un’altra moneta.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 137

Considerando lo stato attuale dell’Europa, e considerando che la Francia e la Spagna sono proprietarie di miniere, si crede che le altre nazioni siano nella necessità di istituire qualche altra moneta. La sola ragione per cui non lo si è ancora fatto è perché non si è mai ben intesa la natura della moneta; altrimenti non si sarebbe continuato ad acquistare dalla Spagna dell’argento al di sopra del suo valore come metallo, avendo presso di sé una moneta più valida e più adatta a quest’uso sotto tutti i punti di vista. Colui che riceve l’argento non ha grandi speranze che il suo valore aumenti, perché non è dato supporre che lo si impieghi ad altri usi rispetto a quelli ai quali esso già serve, né che la domanda ne sia aumentata, né infine che la quantità esportata o consumata diventi più grande della quantità importata. Sebbene esso sia raro in un paese in particolare, i capitalisti non guadagneranno tuttavia molto da questa rarità, come abbiamo detto; perché a meno che la rarità non sia la stessa in tutti i luoghi con i quali questo paese commercia, la moneta non avrà molto più valore che negli altri paesi. [78] Se si obietta che le miniere delle Indie Occidentali possano venire a mancare, io rispondo che è nell’interesse degli Spagnoli mettere in giro la notizia che le miniere cominciano ad esaurirsi, allo scopo di tenere alto il prezzo dell’argento. Ma se ciò fosse vero, la Francia non avrebbe avuto interesse ad impegnarsi in una guerra, quando, per il trattato di spartizione, essa avrebbe potuto avere ogni altra porzione più preziosa di questa monarchia. D’altronde, ammettere che le miniere possano esaurirsi è una ragione in più per munirci di un’altra moneta.

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Capitolo 6

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Esame del progetto presentato al Parlamento dal Dottor H[ugh] C[hamberlen]. Non era nelle mie intenzioni parlare del progetto del Dottore, essendo stato questo argomento rinviato a un comitato che dovrà presentare il suo rapporto; ma poiché diverse persone, che considerano quel progetto praticabile, sono contrarie al mio, che ritengono eguale a quello sotto un’altra forma, ho creduto necessario illustrare qui il progetto del Dottore e spiegare in che cosa il mio differisce dal suo. [79] Egli propone l’emissione di biglietti ipotecati sulle terre, da estinguersi con pagamenti annuali di circa il 21⁄4 per cento in quarantacinque anni, e che devono circolare come moneta d’argento per il valore che essi esprimono. Se biglietti emessi in questo modo avessero un valore eguale alla moneta d’argento, tutti i proprietari fondiari in Scozia vorrebbero profittare d’un vantaggio così grande e così certo, e io non vedo come sarebbe possibile farveli partecipare tutti. Supponendo la cosa possibile, quarantacinque anni di reddito in biglietti non avrebbero tanto valore quanto venti anni di reddito in moneta d’argento. Nessuna anticipazione è eguale a ciò che già esiste. Un anno di reddito oggi vale quindici anni di reddito tra cinquant’anni, perché il denaro piazzato a interesse produrrà questo valore alla fine del periodo; e quand’anche il Parlamento rendesse questi biglietti forzosi, essi non avrebbero più corso che se il governo coniasse monete d’oro eguali alle ghinee1 in peso e fino e ordinasse che esse valgono 5 sterline. Si propone di rimborsare questi biglietti e di estinguerli entro un certo numero di anni, senza altro interesse che quello necessario per pagare le spese d’ufficio, cosa che equivarrebbe circa allo 0,5%. [80] Ci sarebbero allora molti prestatori e pochi che prenderebbero a prestito, al di fuori della banca territoriale. Essendo il proprietario fondiario a prendere a prestito dal capitalista, egli pagherebbe il suo creditore e avrebbe biglietti da prestare. Il capitalista avrebbe anche lui biglietti da prestare, ma non troverebbe chi voglia

1

[La ghinea valeva allora una sterlina.]

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 139

prendere a prestito, o se qualcuno volesse, pretenderebbe di avere questi biglietti a un prezzo molto basso. Supponiamo il 2 per cento, e questi biglietti avrebbero un valore molto meno considerevole dell’argento. Tutto ciò che si propone perché abbia corso come moneta, e che si dà a un interesse più basso della moneta d’argento, avrà un valore minore. Non è pensabile che alcuno voglia prestare denaro al 2 per cento in Scozia, quando può ricavarne il 6 per cento in Inghilterra. Dunque, 100 sterline in moneta d’argento frutteranno quanto 300 sterline di questi biglietti, e 100 sterline in argento saranno eguali a 300 sterline in biglietti. Le 6 sterline frutto di 100 sterline d’argento sono anch’esse in argento, e le 6 sterline frutto delle 300 sterline in biglietti sono pagate in questi stessi biglietti; ora, poiché 1 sterlina in argento vale 3 sterline in biglietti, 6 sterline d’interesse delle 100 sterline in argento sarebbero eguali a 18 sterline o all’interesse di 900 sterline in biglietti. E quando i biglietti fossero rimborsabili in venti anni al 5 per cento per questa durata, o anche alla fine di dieci anni al 10 per cento, essi non avrebbero lo stesso valore dell’argento; ma la differenza non sarebbe così grande come nel caso in cui venissero dati per quarantacinque anni. Il vantaggio che avrebbe la nazione dal progetto del Dottore è che, una volta caduti i biglietti al di sotto del valore [81] della moneta d’argento, 500 sterline in biglietti non essendo eguali che a 100 sterline in argento, la nazione tuttavia trarrebbe da queste 500 sterline in biglietti la stessa utilità che se fossero state aggiunte 100 sterline alla moneta d’argento. Di quanto questi biglietti cadessero al di sotto del valore della moneta metallica, di tanto si alzerebbe il cambio con gli altri paesi. E se il prezzo delle merci non si mantenesse, ossia se esse non si dessero in cambio di una maggior quantità di questi biglietti, eguale alla differenza tra questi e l’argento, il valore delle merci esportate diminuirebbe, e quello delle merci importate aumenterebbe, come si è spiegato (cap. 2, p. [19]) a proposito del cambio. Il proprietario fondiario trarrebbe vantaggio da questo progetto solo se avesse debiti; infatti, anche quando egli ricevesse 50 sterline in biglietti per la stessa quantità di derrate che abitualmente gli si pagavano 10 sterline in moneta d’argento, tuttavia queste 50 sterline sarebbero eguali in valore solo a 10 sterline d’argento, e non acquisterebbero che la stessa quantità di merci nazionali o estere. Il proprietario fondiario il cui reddito era pagato in moneta sarebbe il grande perdente, perché riceverebbe tanto meno di prima in ragione di quanto questi biglietti sarebbero al di sotto del valore dell’argento. Il proprietario fondiario che avesse debiti li pagherebbe con un valore minore di quello per il quale si era impegnato, ma il creditore perderebbe ciò che guadagnerebbe il debitore.

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140  John Law: teoria e pratica della moneta

Il dottor C[hamberlen] sembra offeso dal fatto che io m’intrometta in questa vicenda, dopo aver, dice lui, preso da lui ciò che dico su questo [82] argomento. Due persone possono progettare la stessa cosa; ma per quanto posso saperne io, la mia proposta è differente dalla sua, e su questo io avevo formato un piano diversi anni prima di aver visto una qualunque delle sue memorie. Lo proverò, se necessario, con la testimonianza di persone d’onore a cui io lo comunicai nel tempo. Io non ho preso nulla, per quanto ne sappia, dal Dottor C[hamberlen]. Le terre sono, per la verità, il valore sul quale egli fonda il suo progetto, e sulle terre io fondo il mio. Se, per questa ragione, io l’ho plagiato, lo stesso rimprovero può essere fatto alla banca di Scozia. C’erano banche in Europa molto prima del progetto del Dottore; prima e dopo sono apparsi libri su questa materia. La base sulla quale io mi fondo è conosciuta dal momento in cui si è prestato denaro su terre, dal momento in cui un’obbligazione ereditabile è stata eguale a una certa quantità di terra. Chi di noi due ha costruito su queste fondamenta l’edificio più solido, il più vantaggioso e il più praticabile è quanto il Parlamento meglio di chiunque potrà giudicare. Il Dottor C[hamberlen], nel suo progetto, attribuisce alla terra per anticipazione un valore di cinquanta o cento anni il suo reddito; egli sostiene che 100 sterline pagate annualmente per dieci, cinquanta o cento anni, sono un pegno valido per 1.000, 5.000 o 10.000 sterline in biglietti, e che questi biglietti varranno quanto la moneta d’argento. Se è in grado di dimostrare alla nazione che questo progetto è praticabile, egli renderà un gran servizio, e procurerà un vantaggio certo al proprietario fondiario senza nuocere al capitalista. Io ho esposto le ragioni [83] che mi hanno fatto considerare questo progetto impraticabile; ho fatto vedere che, malgrado tutti gli atti che emanerebbe il Parlamento per istituire il corso forzoso di questi biglietti, essi cadrebbero molto al di sotto del valore della moneta metallica. Anche accordando che siano inizialmente equivalenti all’argento, è impossibile che poi due monete di specie differenti si mantengano tra loro nello stesso valore. Ogni cosa riceve un valore dai suoi usi, e il valore è definito in ragione della qualità, della quantità e della domanda. Merci di specie differenti, benché eguali in valore oggi, cambieranno tuttavia valore al seguito di un qualunque cambiamento ineguale nella loro qualità, nella loro quantità o nella loro domanda. Lasciando al debitore la scelta di pagare in moneta d’argento o in biglietti, egli limita il valore dei biglietti al valore della moneta d’argento, ma non può limitare il valore della moneta d’argento al valore dei biglietti. In questo modo, il valore dei biglietti deve cadere a misura che cada quello della moneta d’argento, e può cadere molto al di sotto di quest’ultimo; l’argento invece può salire al di sopra del valore dei biglietti, mentre i biglietti non possono mai salire al di sopra del valore dell’argento.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 141

Ciò che io propongo è di fare una moneta territoriale, eguale insieme al valore della terra e al valore della moneta metallica, senza essere soggetta a perdere valore quando l’argento perde il suo. Delle merci che hanno le qualità necessarie alla moneta si può fare una moneta eguale al loro valore: 5 once d’oro sono eguali in valore a 20 sterline, e se ne può fare una moneta di questo valore. Un acro di terra è affittato a 2 bolls di derrate che valgono 1 sterlina2: se [84] la terra è valutata venti anni il suo reddito, questo acro è eguale a 20 sterline, e se ne può fare una moneta di tale valore, perché ha tutte le qualità necessarie alla moneta; ma questo acro di terra non può ricevere dalla monetazione un valore di 50 sterline, come non possono riceverlo le 5 once d’oro. E benché le 5 once d’oro, le 20 sterline in moneta d’argento e l’acro di terra siano al momento eguali in valore, tuttavia essi non possono mantenersi sullo stesso livello; poiché, come ho già dimostrato, ogni cambiamento non proporzionato nella quantità, nella qualità o nella domanda di ognuno di questi oggetti renderà la stessa quantità dell’uno eguale a una maggiore o a una minore quantità degli altri. La terra è ciò che, secondo ogni apparenza, deve meglio conservare il suo valore. Questo valore può aumentare, ma non può diminuire. L’oro o l’argento sono soggetti a diversi accidenti che possono diminuirne il valore, ma che non potranno mai aumentarlo.

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[Nel testo «8 sterline», ma i conti non tornebbero.]

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Capitolo 7

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Il mio progetto. – Motivi per cui lo sostengo. Per fornire moneta alla nazione si propone umilmente che vengano nominati dal Parlamento quaranta commissari, che gli saranno responsabili della loro amministrazione, come anche di quella degli ufficiali loro subordinati, dei quali essi avranno la nomina. [85] I commissari avranno il potere di emettere biglietti che saranno accettati in tutti i pagamenti in cui saranno offerti. Un comitato del Parlamento sarà incaricato di ispezionare l’amministrazione, e nessuno di questi commissari potrà esser membro del comitato. La Commissione e il comitato si riuniranno due volte l’anno, a Pentecoste e a San Martino; le assemblee cominceranno dieci giorni prima e si prolungheranno per dieci giorni. Si presentano umilmente al Parlamento tre modi di emissione per questi biglietti: deciderà esso, nella sua saggezza, quale sia il più sicuro. Il primo è di autorizzare la Commissione a prestare biglietti su ipoteca in terre, senza che il prestito ne ecceda la metà o i due terzi del valore, e all’interesse ordinario. Il secondo, di fornire il prezzo intero delle terre in base al valore di vent’anni del reddito, più o meno, secondo ciò che se ne sarebbe offerto in moneta d’argento; la Commissione entrerebbe in possesso delle terre, grazie a privilegi accordati ad essa o ai suoi delegati, e le terre sarebbero riscattabili fino alla scadenza di un certo numero di anni. La terza, di fornire il prezzo intero delle terre in base alla vendita, consegnandole, senza ritorno, alla Commissione o ai suoi delegati. Contratti, privilegi o eredità saranno delegati o trasmessi in proprietà alla persona che ne paghi il valore alla Commissione. La Commissione non accetterà altra moneta che questi biglietti. [86] Nessuna persona che abbia contrattato per questi biglietti potrà essere forzata a ricevere la moneta d’argento o altro metallo. La Commissione non avrà la facoltà di monetare più di 50.000 sterline per volta, e non saranno monetati nuovi biglietti fin quando ne resterà per 25.000 sterline alla Commissione.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 143

Nei primi diciotto mesi la Commissione sarà limitata ad una certa somma; ma in seguito essa avrà il potere di monetare le somme che le saranno richieste, a meno che esse non subiscano ulteriori limitazioni dal Parlamento. Quelli che desiderano procurarsi la moneta dalla Commissione daranno ai procuratori di questa, un mese prima del termine, una nota delle somme di cui hanno bisogno, con i titoli delle terre che essi offrono in ipoteca; e quelli che avranno dei biglietti da pagare alla Commissione ne daranno avviso dieci giorni prima del termine. La situazione della Commissione, l’ammontare dei biglietti monetati, il debito e il credito, con l’ultimo numero dei differenti biglietti, saranno resi pubblici ad ogni scadenza. [87] Ogni persona che scopra due biglietti con lo stesso numero, o un numero più alto di quello pubblicato, avrà una ricompensa di 100 sterline. Sarà consegnata agli ufficiali subalterni una somma di 20.000 sterline per cambiare i biglietti, ed essi saranno presenti tutto l’anno. Ogni membro del Parlamento potrà ispezionare la situazione della Commissione. La Commissione non potrà monetare biglietti, fare prestiti o delegare i suoi diritti, se non alle scadenze della Pentecoste e di San Martino, e in presenza di venti commissari almeno, e di un terzo del comitato. I redditi della Commissione al di là delle spese, e di ciò che il Parlamento giudicherà conveniente accordarle per garanzia delle sue eventuali perdite, saranno destinati, in forma di premio, all’incoraggiamento delle esportazioni e delle manifatture del paese. La carta-moneta non potrà elevarsi di più del 10 per cento al di sopra del valore delle monete in argento; in modo che colui che contratta per pagare in carta possa conoscere ciò che deve pagare nel caso in cui non possa procurarsi della carta-moneta. Il Parlamento attuale può decretare che alle prossime sessioni, o al prossimo Parlamento, ci si occuperà della situazione della Commissione, a preferenza di ogni altro affare; e se la si giudica nociva al paese, il Parlamento potrà vietare [88] l’emissione di altri biglietti ed ordinare il ritiro di quelli già distribuiti. Nel giro di tre mesi, a partire dalla data dell’atto del Parlamento, la moneta di Scozia e quella straniera saranno ridotte al tasso di quella d’Inghilterra: cioè la corona inglese a 60 pence, e le altre monete in proporzione al loro valore metallico; cioè i 40 pence a 38 pence, il nuovo marco a 13 pence e un terzo, il vecchio marco al suo peso, i ducatoni a 68 pence, i dollari al loro peso, e le ghinee ad un valore non superiore a 22 scellini. Nel giro di quattro mesi, nessuna moneta di Scozia, eccetto quella che sarà fabbricata in virtù dell’atto, e nessuna moneta straniera, eccetto la moneta d’Inghilterra, sarà accettata nei pagamenti, né venduta in lingotti se non alla zecca.

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144  John Law: teoria e pratica della moneta

Tutte le vecchie monete o i lingotti portati alla zecca saranno pagati al loro intero valore in monete nuove di 12, 6 e 3 pence; a 11/12 di fino; le monete di 12 pence del peso di 3 grossi e 3 grani e le altre in proporzione al peso; i costi della monetazione saranno pagati con fondi destinati a quest’impiego. Tre mesi dopo l’atto, le nuove monete passeranno rispettivamente per 13 pence, 6 pence e mezzo, e 3 pence e un quarto. Dopo tre mesi, i lingotti e il vasellame saranno a 11/12 di fino, l’oncia d’argento a 5 scellini e 2 pence, e l’oncia d’oro non supererà 4 sterline. [89] La carta-moneta proposta sarà uguale in valore all’argento; poiché essa avrà un valore ipotecario in terra eguale alla stessa somma d’argento monetato che si dà per questo valore. Se sopraggiungesse qualche perdita, un quarto del reddito della Commissione sarebbe, secondo ogni apparenza, più che sufficiente per rispondervi. Questa carta-moneta non diminuirà di valore, come è diminuito l’argento monetato, e come può diminuire ancora: le merci o le monete possono diminuire di valore, se aumentano in quantità o se la domanda diminuisce. Ma, consegnando la Commissione tutte le somme domandate, e riprendendo tutte le somme riportate, questa carta-moneta manterrà il suo valore, e noi avremo sempre tanta moneta quanta ne avremo di bisogno, o quanta potremo impiegarne, e non di più. Se un contratto pagabile in carta-moneta potesse acquistarsi con la stessa quantità di argento monetato, questa carta non potrebbe mai elevarsi al di sopra dell’argento, e diminuirebbe in valore con quest’ultimo; ma poiché la carta-moneta forma delle monete differenti dall’argento, essa non sarà soggetta a nessuna delle variazioni alle quali è esposto l’argento monetato. Sebbene il Parlamento possa fornire agli abitanti carta-moneta in quantità eguale a quella di cui essi hanno bisogno, esso non può conoscere con precisione la somma che sarebbe utile al paese, poiché la domanda varia. Se la quantità di moneta è minore della domanda, il proprietario fondiario è danneggiato: 100 sterline, avendo allora maggiore valore, acquisteranno infatti una maggiore quantità dei beni del proprietario fondiario. Se la quantità di moneta è maggiore della domanda, è danneggiato il capitalista: 100 [90] sterline allora hanno meno valore, e di conseguenza non acquisteranno la stessa quantità di beni che 100 sterline acquistavano precedentemente. Se la Commissione non fornisse moneta tutte le volte che se ne domandi offrendone una buona garanzia, farebbe torto alla persona alla quale la rifiuta, e procurerebbe una perdita al paese; perché ben poca gente, e forse nessuno, prenderebbe a prestito moneta per conservarla presso di sé; e quando essa è impiegata procura vantaggio alla nazione, anche se l’imprenditore vi perde. Se la Commissione non riprendesse tutte le somme che le si offrissero di riportare, si farebbe un torto al capitalista a cui si è appena data una somma, e che

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 145

non saprebbe come impiegarla; inoltre, essendo la quantità di moneta maggiore della domanda, essa perderebbe valore. Secondo il metodo proposto, essendo la quantità sempre uguale alla domanda, la moneta conserverà il suo valore, ed acquisterà fra cinquant’anni la stessa quantità di merci di oggi, a meno che le merci non cambino di valore a causa di qualche variazione nella loro quantità e nella loro domanda. Supponiamo che questa Commissione fosse stata istituita duecento anni fa, che il valore delle terre fosse allora a quattordici anni di reddito, il denaro al 10 per cento, le derrate a 8 scellini e 4 pence il chalder, e che si fosse data carta-moneta in base alla terra: 8 scellini e 4 pence di questa carta varrebbero oggi un chalder di derrate, e 8 sterline 6 scellini e 4 pence in moneta d’argento; infatti, essendo aumentata in quantità più della domanda ed essendo stata alterata nella sua denominazione, la moneta d’argento è caduta ad un ventesimo del valore che aveva allora. [91] Ma il proprietario fondiario non avrebbe ricevuto per le derrate meno di quanto riceva oggi, perché questa carta-moneta avrebbe acquistato venti volte la quantità di merci che la moneta d’argento acquista oggi. Le terre hanno un valore più certo delle altre merci, poiché esse non aumentano in quantità, come possono fare le altre merci. I diversi impieghi di alcune merci possono essere proibiti, o l’abitudine può sottrarli ad esse per riservarli ad altre. L’impiego per la produzione del pane può essere tolto all’avena e interamente dato al frumento; l’impiego come moneta può essere tolto all’argento e dato alla terra; l’impiego in vasellame e gli altri usi dell’argento come metallo possono essere tolti all’argento e dati a qualche altro metallo o a qualche composizione che potrebbe essere più adatta a questi usi. In ciascuno di questi casi, queste merci perderebbero una parte del loro valore, proporzionata agli impieghi che ad esse sono sottratti; ma la terra non può perdere nessuno dei suoi impieghi. In effetti, siccome ogni cosa è una produzione della terra, ne consegue che la terra deve conservare il suo valore, perché le si possono sempre far produrre le derrate che sono in uso. Se il frumento è più usato, e l’avena lo è di meno, potendo la terra produrre l’uno e l’altra, le si farà produrre ciò che è più in uso, perché di maggior valore. Questa moneta non potrà ricevere nessun valore addizionale dal suo uso come moneta; anzi colui che la riceve sarà certo di non soffrirne nessuna perdita, anche quando, nel giro di un certo tempo, se ne farà cessare l’uso come moneta. La terra riceverà un valore addizionale dal suo impiego, come [92] pegno della moneta fornita; e questo valore addizionale sarà più considerevole di quello che riceveva l’argento, perché, nonostante l’impiego come pegno del numerario fornito, la terra non sarebbe spogliata di nessun altro dei suoi usi. L’argento non può essere impiegato allo stesso tempo come moneta e come vasellame; ma essendo la terra in maggiore quantità di quanta ne serve per rispondere del numerario che si avrà

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146  John Law: teoria e pratica della moneta

occasione di consegnare su sua garanzia, ne risulta che il valore addizionale che essa riceverà non sarà così considerevole come quello che riceveva l’argento. Supponendo che il valore addizionale ricevuto dalla terra sia di un quarto, le terre che valgono oggi 20 anni di reddito ne varrebbero 25. Se il Parlamento revocasse la carta-moneta, colui che la possedesse non perderebbe niente, sebbene la terra perda il suo valore addizionale; poiché non è emessa carta al di sopra del valore della terra, ad esclusione del suo impiego come moneta; al contrario, se si cessasse di servirsi dell’argento come moneta, colui che avesse argento perderebbe invece la metà o i due terzi, perché l’argento sarebbe allora ridotto al suo valore come metallo. Così, la carta-moneta che io propongo ha un valore migliore dell’argento; essa non riceve nessun aumento di valore dal suo uso come moneta; non è soggetta a nessun cambiamento nel suo valore, perché la quantità o la domanda aumenterebbero o diminuirebbero entrambe insieme; essa è di conseguenza di gran lunga più adatta a divenire la misura mediante la quale sono valutate le merci, il valore mediante il quale le merci sono scambiate, e nel quale i contratti sono stipulati pagabili. [93] Le altre qualità necessarie alla moneta, sono: 1. Di essere facilmente trasferibile. 2. Di avere lo stesso valore in diversi luoghi. 3. Di essere conservata senza perdita né spesa. 4. Di poter essere divisa senza perdita. 5. Di poter ricevere un contrassegno. La moneta di carta ha tutte queste qualità, in misura maggiore dell’argento. 1. Essa è più facile da trasferire; occorre meno tempo per pagare 500 sterline in carta che 5 sterline in argento. 2. Essendo più facile da trasportare, il suo valore in un luogo si avvicinerà sempre di più al suo valore in un altro luogo. 3. La si può conservare più facilmente, a causa del suo minor volume, e senza perdita, perché la si può cambiare presso l’ufficio. Il consumo della carta non è di così gran valore come il consumo dell’argento. Il consumo della carta è una perdita per l’ufficio, il consumo dell’argento è una perdita per il proprietario. 4. Essa può dividersi senza perdita, perché si ha la facoltà di cambiarla in biglietti di taglio più piccolo presso gli uffici. 5. Essa può ricevere un contrassegno, ed è meno soggetta dell’argento alla contraffazione. [94] La pratica della maggior parte delle nazioni commercianti conferma che la carta, a patto che abbia un valore, è più adatta dell’argento all’uso come moneta. In Olanda, si dà l’argento come pegno, e la carta è impiegata come moneta. È evidente, dopo quello che ho appena detto, che il pegno in terre è un valore migliore

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 147

del pegno in argento. In Inghilterra, prima dell’istituzione della banca, i biglietti degli orefici si accettavano nei pagamenti, a preferenza dell’oro e dell’argento: ciò dimostra che la carta-moneta ha più dell’oro e dell’argento tutte le qualità necessarie alla moneta, al punto da compensare il rischio di fallimento degli orefici, di cui si hanno diversi esempi. Locke, (Trattato dell’interesse del denaro, pag. 7) afferma che il credito di un orefice (che normalmente è solo un biglietto sottoscritto da uno dei suoi commessi) raggiunse oltre un milione e cento mila sterline in una sola volta. I biglietti della banca di Scozia hanno circolato, sebbene non vi fossero monete metalliche in banca, e sebbene l’accettazione fosse volontaria. La sicurezza della carta che io propongo sarà altrettanto buona, l’amministrazione sarà più sicura e più soddisfacente di quella di questa banca, o di ogni altra banca privata, perché questa amministrazione sarà più pubblica, e la Commissione non avrà nessuna partecipazione ai benefici. Inoltre, non si vorrà correre il rischio al quale sono esposte le banche a causa della vendita delle azioni. Sembrerebbe strano che si possano sollevare dubbi sull’amministrazione di una Commissione simile, quando gli amministratori sono nominati dal Parlamento, quando a questo devono rendere conto, quando ciò che ad essa si affida è di un’entità così modesta, [95] non potendo essere monetati dei nuovi biglietti finché vi saranno 25.000 sterline nelle sue casse, quando un comitato del Parlamento è incaricato di sorvegliare la direzione e i registri sono sottoposti all’ispezione di ogni membro del Parlamento, e la situazione della Commissione dev’essere resa pubblica tramite la stampa. Visto che i biglietti della banca avevano corso per accettazione volontaria, sebbene in banca non vi fosse moneta, è naturale pensare che la carta-moneta proposta avrà almeno altrettanta circolazione, poiché la legalità del suo corso non toglie niente al suo valore. Quelli che possedevano prima biglietti di banca non potevano essere sicuri che la banca fosse in grado di fornirne loro l’ammontare in moneta metallica, e quelli a cui si doveva pagare in moneta potevano rifiutarli; si era più incerti, dunque, che se il corso dei biglietti fosse stato legale. Dovendo la moneta d’argento diminuire di valore dell’8 o del 9 per cento in tre mesi, non è possibile supporre che si preferisca l’argento alla carta-moneta, quando i biglietti della banca, che sono una carta rappresentativa dello stesso fondo, si mantengono all’interesse ordinario; e questo sebbene il portatore non sia assicurato del pagamento alla scadenza, o dell’accettazione da parte del suo creditore. Si obietterà forse che la carta avesse corso poiché ci si poteva procurare con essa dell’argento quando lo si domandava, o ad un’epoca determinata. Io rispondo che niente era più ragionevole, ma che ciò non avrebbe avuto luogo nel mio progetto. La sicurezza data come pegno per quella carta-moneta [96] era rappresentata dall’argento; la sicurezza data per questa è la terra. Questa

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148  John Law: teoria e pratica della moneta

moneta non ha più rapporto con l’oro o con l’argento di quanto ne abbia con le altre merci; e sarebbe più stravagante dire che io non voglio prendere 100 sterline di questa carta-moneta per le merci che vendo perché non sono sicuro tra sei mesi di poter comprare un’equivalente quantità d’argento, potendo l’argento diventare più caro, del dire oggi che non voglio prendere 100 sterline in argento per le merci che vendo, perché non sono sicuro se tra sei mesi quest’argento mi consentirà di acquistare un’eguale quantità di vino, potendo il vino diventare più caro. Quattro corone non acquisterebbero una ghinea, benché esse siano state monetate per lo stesso valore; esse non acquisterebbero neanche la decima parte delle merci che quattro corone avrebbero acquistato duecento anni fa; tuttavia l’argento è accettato come un valore; lo si contratta come tale, sebbene il suo valore diminuisca di anno in anno, e sebbene esso non valga più d’un terzo di quello per cui è scambiato o stipulato, fatta astrazione dal suo uso come moneta. Aumentando la quantità in ragione della domanda, e diminuendo a misura che la domanda diminuisca, non solamente questa carta conserverà il suo valore, ma presenterà ancora il vantaggio che la terra ipotecata, fatta astrazione dal suo uso come moneta, vale tanto quanto la carta emessa, e può aumentare di valore. Si può girare l’obiezione precedente contro la moneta d’argento, e con buona ragione; poiché essa perde più prontamente delle altre merci il suo valore, e può essere molto più rapidamente ridotta al suo valore come metallo. [97] La carta-moneta proposta è uguale a se stessa; ma il fatto di mantenersi uguale ad una quantità data di un’altra merce è avere una qualità che le altre merci non possono avere, poiché questo dipende dalle fluttuazioni di queste altre merci. Essa ha un valore migliore e più assicurato della moneta d’argento, ed ha tutte le altre qualità che l’argento non ha, ed è più suscettibile di essere monetata di qualunque altra cosa finora conosciuta. La terra è ciò che vale di più, e ciò che aumenta in valore più delle altre merci; dunque, secondo ogni evidenza, la carta-moneta di cui essa è il pegno non soltanto si manterrà uguale alle altre merci, ma ancora le supererà in valore. A causa della rarità straordinaria dell’argento in Scozia, e della premura che il pubblico manifesta per averne, in seguito al suo lungo uso come moneta, sarà necessario ridurre il suo prezzo a 5 scellini e 2 pence l’oncia; ma esso perderà ben presto questo valore in carta, se la quantità che se ne importa in Europa è più di quella che se ne esporta, o più di quella che se ne consuma. Immaginiamo un’isola appartenente ad una sola persona. Cento sono quelli che ne coltivano i terreni, ciascuno con una famiglia di 10 persone, in tutto mille individui. Essi coltivano l’isola; una parte delle terre è destinata a produrre dei grani, il resto è a pascolo. Oltre ai coltivatori e alle loro famiglie, vi sono trecento poveri o disoccupati che vivono di elemosina. Non vi è moneta: le rendite sono pagate

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 149

in natura, e se ad un coltivatore avanza una produzione e difetta un’altra che serve alla sua famiglia, egli baratta col suo vicino. [98] Gli abitanti di quest’isola non sanno nulla di manifatture: la fertilità dell’isola fornisce abbastanza per il loro consumo, e a loro rimane ancora un eccedente che essi scambiano sul continente, per vestiario e per tutte le altre merci di cui essi hanno bisogno; ma siccome quest’eccedente è sufficiente solo per averne in cambio la quantità data di merci che essi consumano annualmente, essi non hanno magazzini di merci straniere o di loro produzione, per far fronte alle cattive annate, né magazzini di armi, di munizioni, ecc., per la loro difesa. Si fa notare al proprietario dell’isola, che se si istituisse una moneta per pagare i salari, i trecento poveri potrebbero essere impiegati per lavorare gli oggetti che, precedentemente, erano esportati in natura; che, siccome i mille coltivatori erano in ozio per la metà del tempo, essi potrebbero essere impiegati in modo che il loro lavoro addizionale sia uguale a quello di cinquecento persone in più, il che diminuirebbe l’importazione, fornendo agli abitanti una parte delle merci che essi traggono dal continente, ed eleverebbe l’esportazione di tre o quattro volte; infine, che il ritorno per quest’esportazione procurerebbe loro merci straniere in quantità maggiore di quel che ne serve per il loro consumo; eccedente che può esser messo in riserva nei magazzini. La moneta sarebbe regolata in base a questa modalità. Il proprietario farebbe monetare dei pezzi di carta numerati n° 1, n° 2, e così di seguito; il n° 4 sarebbe uguale ad una certa quantità di grano. I poveri e gli altri operai sarebbero soddisfatti nel prendere il n° 4 per il salario di una giornata di lavoro, a condizione che il [99] numero 4 consenta ad essi di acquistare la quantità di grano in questione; e poiché quel grano può scambiarsi con altre merci, allo stesso modo il n° 4 acquisterebbe un valore uguale di ogni altra merce. Per rendere il n° 4 uguale a questa misura di grano, il proprietario riunisce i suoi fittavoli, dichiara loro che in futuro egli vuole pagate le sue rendite in carta; di conseguenza, egli rinnova i loro contratti, e ai coltivatori che pagavano 100 misure di grano egli impone l’obbligo di pagargli il numero 400. Le altre specie di produzioni con le quali si pagava il proprietario sono stimate in base al valore che esse avevano nello scambio col grano, e i contratti sono regolati in carta. Il proprietario fa monetare carta a concorrenza del valore di un anno di rendita; egli impiega quelli che vogliono lavorare, e dà loro carta-moneta come prezzo del loro lavoro. Il fittavolo dà agli operai grano, o altre merci che egli possiede, in cambio della carta-moneta, e il proprietario riceve questa carta come rendita. Ma, siccome si può supporre che il consumo dell’operaio non sia uguale che al n° 2, ne consegue che i fittavoli non possono ottenere la somma intera emessa dal proprietario, né di conseguenza ciò di cui hanno bisogno per pagare la rendita. Se non vi si porta rime-

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150  John Law: teoria e pratica della moneta

dio, essendo in possesso del resto della carta, e non avendo bisogno di una maggiore quantità di prodotti dai fittavoli, gli operai potrebbero aumentare il valore della carta. Per evitare ciò, il proprietario fa monetare una più grande quantità di biglietti, che attireranno nell’isola una parte dei poveri e dei disoccupati del continente, ed daranno vita a un maggiore consumo, per mezzo del quale i fittavoli saranno in grado di pagare le loro rendite in carta, come stipulato. Quest’aumento [100] di popolazione è un vantaggio per l’isola poiché rappresenta per essa un accrescimento di potenza, e il lavoro di questi nuovi abitanti vale il doppio del loro consumo. Sebbene questa moneta non abbia altro valore se non quello che le ha dato il proprietario, ricevendola come pagamento della sua rendita, la si stimerà tuttavia uguale alle derrate che si pagavano precedentemente in natura. Se il proprietario desse a questa moneta un valore in terra, secondo il calcolo per cui un acro di terra paga il n° 100, a 20 anni di rendita annuale, quest’acro varrebbe il n° 2.000; e se disponesse della proprietà della terra per questo valore in carta, chi si rifiuterebbe di ricevere questa moneta, o di contrattare per essa, dato che essa pagherebbe non solamente le produzioni, ma anche la proprietà della terra ad un prezzo ragionevole? La moneta non è il valore per il quale le merci sono scambiate, ma il valore mediante il quale esse sono scambiate. La funzione della moneta è di acquistare le merci, e l’argento, quando è moneta, non è di alcun altro uso. Anche quando l’argento fosse un prodotto del nostro suolo, esso non è tuttavia adatto come la terra a diventare moneta. La terra è ciò che produce ogni cosa, l’argento è solo un prodotto. La terra non aumenta né diminuisce in quantità, cosa che può accadere all’argento o a qualunque altra produzione; dunque, la terra ha un valore più certo dell’argento o di ogni altra merce. La terra è suscettibile di migliorie, e la sua domanda può essere più considerevole; dunque, essa può aumentare di valore. [101] Non si può supporre che si impiegherà l’argento ad usi diversi da quelli ai quali è impiegato adesso, né che la domanda aumenti più della quantità. La terra non può perdere alcuno dei suoi usi, dunque essa non può diminuire di valore; l’argento può perdere il suo uso come moneta, al quale lo si impiega attualmente; dunque, può vedere ridotto il suo valore a quello del metallo. L’argento può anche perdere una parte dei suoi usi come metallo, poiché altri beni possono sostituirlo; dunque, esso può perdere una parte del suo valore come metallo; ma niente può sostituire la terra nei suoi usi. La terra può essere trasmessa per mezzo della carta, ed è per questo che essa ha le altre qualità necessarie alla moneta, in un grado maggiore dell’argento. La terra ha altre qualità che la rendono adatta all’uso della moneta, e che mancano all’argento.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 151

La terra, impiegata all’uso di moneta, non perde alcuno degli altri suoi usi; l’argento non può servire nello stesso tempo come moneta e come metallo. Il commercio e la moneta sono in dipendenza reciproca l’un con l’altra; quando il commercio deperisce, la moneta diminuisce; e quando la moneta diminuisce, il commercio crolla. La potenza e la ricchezza consistono in una popolazione estesa e in magazzini di merci nazionali ed estere: questi oggetti dipendono dal commercio, ed il commercio dipende dalla moneta. Dunque, quando il commercio e la moneta saranno [102] colpiti, direttamente e indirettamente, ciò che nuoce all’uno deve nuocere ad entrambi; la potenza e le ricchezze diventano precarie. Se si istituisce una moneta che non ha un valore intrinseco e il cui valore estrinseco sia tale da non essere esportabile e la cui quantità non sia mai inferiore alla domanda nel paese, si otterrà la ricchezza e la potenza: esse saranno meno precarie. La moneta non essendo soggetta a diminuire direttamente o indirettamente e il commercio non essendo soggetto a deperire in conseguenza, potenza e ricchezza di questo paese non saranno più precarie se non per ciò che può essere direttamente nocivo al commercio. Poiché la carta-moneta proposta è sempre uguale in quantità alla domanda, la gente sarà occupata, il paese migliorato, le manifatture perfezionate, il commercio interno ed estero esteso e si otterrà potenza e ricchezza. E poiché questa moneta non è soggetta all’esportazione, la popolazione non mancherà di lavoro, ecc. e ricchezza e potenza saranno meno precarie. Da ciò risulta evidente che la terra ha più qualità dell’argento per l’uso come moneta, che essa gli è preferibile in quest’uso anche quando l’argento fosse un prodotto di Scozia: essa è più certa nel suo valore ed ha più qualità necessarie alla moneta, con altre qualità che l’argento non ha. È più adatta, perciò, ad essere la misura generale mediante cui le merci sono valutate, il valore mediante cui i beni sono scambiati e in cui i contratti sono stipulati. [103] Se 2.000 sterline in carta-moneta sono uguali ad una proprietà di terra che vale 2.000 sterline in argento, allora queste 2.000 sterline in carta-moneta sono uguali a 2.000 sterline in argento. Colui che acquista la terra può acquistare tutto ciò che la terra produce, e colui che acquista le produzioni della terra può acquistare tutte le altre merci, nazionali o estere. Importando vini di Francia, un mercante progetta di investire il suo denaro in merci, a interesse o in terre. La Commissione non accetta monete d’argento; così egli non può procurarsi un contratto dalla Commissione, a meno che non ne fornisca il valore in carta, e parte dei proprietari fondiari non vorranno accettare argento per le loro merci o per le loro terre, perché essi hanno bisogno di carta per pagare la Commissione. Dunque il mercante preferirà vendere i suoi vini per della carta-moneta, perché con questa carta egli acquisterà le merci, i contratti o le terre

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152  John Law: teoria e pratica della moneta

in tutti i casi in cui la moneta d’argento potrà acquistarli, avendo lo stesso valore, e nei casi in cui la moneta non potrà. Ancora bisogna supporre, perciò, che l’argento abbia le stesse qualità della terra per l’uso di moneta; ma siccome l’argento ha solo un valore incerto, ed è dato per molto più del suo valore in quanto metallo, ed esso non ha tutte, né allo stesso grado della carta-moneta, le qualità necessarie alla moneta, per questi motivi, si darà la preferenza alla carta-moneta sull’argento. Si obietta che una moneta di carta, sebbene ipotecata su un fondo solido, sebbene abbia corso nel paese, [104] non avrà mai all’estero un valore uguale al suo valore in Scozia. Le merci di Scozia avranno sempre all’estero un valore simile a quello delle merci dello stesso tipo e della stessa qualità; e, sebbene di carta, questa moneta che acquista merci in Scozia acquisterà merci o monete in altri luoghi. Se delle sarge, delle tele, ecc., del prezzo di 1.000 sterline, valgono all’estero 1.300 sterline, commissioni comprese, il mercante che esporta tali merci riceverà questa moneta alla pari, ed avrà 1.300 sterline per ciò che gli è costato 1.000 sterline. Una nazione, allorché istituisce una moneta, se questa moneta ha un valore uguale a ciò che essa sostituisce come moneta, e riunisce tutte le altre qualità necessarie alla moneta, non deve preoccuparsi del valore che essa avrà negli altri paesi. Al contrario, siccome ogni paese si sforza di conservare con leggi la sua moneta, se questo Stato può immaginarne una che non avrà valore all’estero, esso otterrà ciò che gli altri paesi si sono inutilmente sforzati di ottenere attraverso regolamenti. Le nazioni tengono all’argento non perché lo si utilizza in altri paesi, ma perché non possono trovare niente di altrettanto sicuro e comodo. Il commercio tra le nazioni si fa tramite lo scambio delle merci, e se un mercante esporta merci per un valore minore di quanto ne importa, gli è fornita moneta all’estero da un altro mercante, che importa per un valore minore di quanto ha esportato. Se non c’è all’estero moneta dovuta, il mercante che [105] si era proposto di importare per un valore maggiore di quanto ha esportato si trova vincolato, e può fare solo un’importazione uguale alla sua esportazione: è l’obiettivo al quale hanno mirato tutte le leggi fatte per regolare il commercio. Si obietta che noi siamo nella necessità di acquistare merci da paesi che non ne prendono delle nostre. La Francia non permette l’esportazione di moneta; essa non permette inoltre a nessuna nave di importare merci, a meno che non si esportino dallo stesso porto merci francesi per il valore di quelle importate. Le nostre leggi vietano l’esportazione delle monete; ma siccome io non penso che l’esempio delle nazioni sia una buona risposta, mi sforzerò di darne una migliore. Supponiamo che la nostra moneta non abbia valore all’estero, e che noi abbiamo bisogno di merci dalla Danimarca, che non ne acquista delle nostre. Essendo queste merci necessarie

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 153

presso di noi, saranno valutate più di altre merci che lo sono di meno, e il valore delle merci scozzesi vendute negli altri paesi sarà trasferito in Danimarca, in merci che possono vendersi là, o in moneta straniera; e le merci necessarie saranno portate presso di noi, perché il mercante fa su di esse un profitto maggiore che su quelle che avrebbero potuto essere importate dal paese dove si erano vendute le merci esportate. Ma, siccome quest’aumento di moneta impiegherà gli uomini che sono attualmente senza lavoro, o utilizzerà meglio quelli già impiegati, ne consegue che le nostre produzioni saranno aumentate e le manifatture perfezionate. Se il consumo del paese continua sul livello attuale, l’esportazione sarà maggiore, [106] e a noi sarà dovuta una bilancia. Ora, siccome il cambio dipende dalla bilancia, la carta-moneta sarà uguale presso di noi ad una maggiore quantità di moneta d’argento all’estero. Considerando il valore annuale della Scozia un milione e mezzo e il valore annuale dell’Inghilterra 40 milioni, il valore della Scozia è soltanto la ventottesima parte del valore dell’Inghilterra. Tuttavia, dal punto di vista della quantità e qualità delle terre e del numero degli abitanti, la Scozia è almeno come 1 a 6, e noi saremmo come 1 a 6 sotto tutti i punti di vista, se avessimo abbastanza moneta per dar lavoro a tutti gli abitanti; poiché noi abbiamo vantaggi che sono a noi peculiari e che compensano abbondantemente le piantagioni coloniali e il commercio delle Indie orientali. L’Inghilterra non è valorizzata al punto in cui essa potrebbe esserlo da un aumento della quantità di moneta. Noi potremmo avere una quantità di moneta uguale alla domanda utilizzando la nostra terra per quest’uso. Dunque, il nostro paese può essere migliorato al di là del rapporto di 1 a 6. Ma, anche quando l’aumento della quantità della nostra moneta bonificasse solamente il paese al punto da rendere il nostro rapporto con l’Inghilterra come da 1 a 13, il nostro valore annuale sarebbe di 3 milioni; e, non superando il nostro consumo la metà di ciò che consuma in Inghilterra lo stesso numero di individui, se il consumo si mantenesse sul livello attuale, la bilancia dovuta alla Scozia supererebbe la bilancia dovuta all’Inghilterra. Alcuni possono considerare come un’ipotesi stravagante quest’accrescimento del nostro valore annuale; ma io prego queste persone di considerare gli effetti che [107] l’abbondanza di moneta ha avuto negli altri paesi. Man mano che è aumentata la moneta dell’Inghilterra, il valore annuale del paese è aumentato, e a misura che la moneta è diminuita, il valore annuale è diminuito. Essendo l’emissione della carta-moneta proposta uguale alla domanda, io non dubito che essa porterà il valore annuale della Scozia uguale a 3 milioni, anche quando si trascurassero la pesca e gli altri rami del commercio estero, che possono essere incrementati molto vantaggiosamente. Ma supposto che il valore annuale aumenti solo di 500.000 sterline, di cui un quarto assorbito dal maggiore consumo

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154  John Law: teoria e pratica della moneta

dei prodotti naturali e delle manifatture del paese, un quarto dal maggiore consumo delle merci straniere e dalla spesa all’estero, un quarto impiegato a formare magazzini di merci straniere, a noi ne sarà dovuto sempre un quarto per la bilancia, e questo quarto sarà importato presso di noi in argento. Se il consumo e la spesa aumentassero allo stesso grado o più dell’incremento, poiché la carta-moneta non potrebbe essere esportata, gli abitanti non resterebbero senza lavoro, le manifatture non potrebbero deperire, perché la moneta sarebbe assimilabile ad un bene inalienabile. Noi potremmo continuare a fare un consumo uguale al nostro valore annuale, ma non potremmo diminuire questo valore né diventare più poveri, anche quando lo volessimo. Se il valore dell’importazione supera quello dell’esportazione e se ci è stato fatto un credito per la bilancia, gli stranieri, per riscuoterlo essi stessi, invierebbero un valore minore di merci l’anno successivo; ma noi potremmo ridurre il consumo delle merci nazionali e straniere, e far sì che a noi sia dovuta una bilancia. [108] Le entrate della Commissione saranno di grande soccorso per l’avanzamento del nostro commercio nella sua infanzia; ciò che incoraggia l’esportazione delle merci incoraggia anche le loro manifatture; e la moneta data in forma di premio non soltanto incoraggerà l’esportazione e le manifatture, ma rialzerà la reputazione che le nostre merci hanno perduto, e ne darà loro una superiore a quella delle merci straniere. Il premio non dovrebbe essere accordato per tutte le merci, ma solamente per quelle che non trovano all’estero un profitto ragionevole, e a condizione che esse siano della qualità richiesta. Il sigillo dell’ufficio dei premi sarà applicato su tutte le merci che ottengono il premio, e tutti quelli a cui sia stato consegnato un premio si impegneranno, sotto cauzione, a pagare il prezzo di queste merci con le commissioni, se esse non fossero della qualità richiesta. Quando le manifatture e il commercio prosperano, la rendita del proprietario fondiario è ben pagata, ed essa aumenta. Quando esse deperiscono, la rendita è mal pagata e diminuisce; i premi sono un mezzo talmente efficace per incoraggiare ed estendere le manifatture e il commercio, che sarebbe nell’interesse dei proprietari fondiari autotassarsi, piuttosto che far mancare un premio dove esso sarebbe necessario. Un premio è più necessario in Scozia che negli altri paesi, poiché noi non manifatturiamo così bene come le altre nazioni; essendo i nostri fondi molto più modesti, noi non siamo in grado di vendere con gli stessi benefici, e le merci delle altre nazioni saranno preferite alle nostre, perché le nostre sono sospette. [109] Alcuni obiettano che questo progetto è nuovo, e che non è stato ancora messo in pratica da nessuna nazione.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 155

L’esempio di un’altra nazione non dovrebbe spingerci a seguire lo stesso piano, senza avere esaminato se questa nazione si è trovata meglio o peggio, e se la nostra posizione e la sua non differiscano al punto da rendere nocivo ed inefficace per noi ciò che per essa era vantaggioso. D’altra parte, non è un argomento ammissibile contro un progetto il cui scopo è il bene generale, il dire che esso è nuovo e che non è mai stato messo in esecuzione. Allorché un progetto qualunque è stato già praticato da altre nazioni, questa è una presunzione in suo favore; se esso è stato rifiutato, questa è una presunzione contro di esso. Ma una nazione saggia non deve regolarsi secondo l’esempio da seguire o da rigettare senza esame. Questo progetto non è stato rigettato: esso oggi si esegue per la sua parte essenziale in Francia, dove la carta circola per legge; e benché questa sia una maniera che, secondo ogni apparenza, doveva mettere ostacolo alla sua circolazione, io apprendo tuttavia che le tratte straniere si acquistano con carta-moneta allo stesso modo che con l’oro e l’argento. L’esempio delle nazioni, in materia di moneta, sarebbe un criterio molto incerto; perché, come io ho già detto (pagina [28]), in alcuni paesi si sono impiegati mezzi contrari a quelli impiegati in altri; e, nello stesso paese, si sono impiegate delle misure opposte a quelle che [110] si erano appena seguite; non a causa di diversità di circostanze, ma in base all’idea che, poiché il metodo impiegato non aveva avuto l’effetto sperato, questo si sarebbe ottenuto con un metodo contrario. Si può ragionevolmente concludere che la natura della moneta non è stata ancora ben compresa. Di tutte le altre obiezioni che io conosco contro questo progetto, non ve n’è alcuna che non si possa pienamente confutare; e, sotto qualunque punto di vista io lo consideri, non saprei, con tutta l’applicazione di cui sono capace, trovare nessuna obiezione alla quale non mi sia facile rispondere esaustivamente, né alcuna difficoltà nell’esecuzione che non possa essere rimossa. Se esiste qualche errore nei principi che indico, se ne ho tratto qualche falsa conseguenza, è quanto non mi è stato possibile riconoscere.

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Capitolo 8

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Difficile situazione della Scozia, nonostante i suoi vantaggi naturali. I vantaggi naturali degli Olandesi per il commercio sono la loro posizione allo sbocco dei fiumi tedeschi e la vicinanza ai commerci di grande volume. I loro svantaggi naturali sono la poca estensione del territorio, la sterilità del suolo, che non produce se non con una coltura forzata, la mancanza di miniere, i lunghi inverni, l’insalubrità dell’aria, un fondo paludoso che necessita di grandi spese per le fondamenta dei loro palazzi, per la costruzione e la manutenzione delle grandi strade e per i continui drenaggi, le coste pericolose, l’entrata difficile dei fiumi, l’obbligo di difendersi da un lato dal mare e dall’altro da vicini potenti, infine le pesanti tasse, conseguenza necessaria di tutti questi altri svantaggi. Essi hanno tuttavia perfezionato i loro pochi vantaggi al punto da diventare una nazione ricca e potente. Hanno contribuito alla loro ricchezza e alla loro potenza la protezione e il favore continuo dati al commercio dal governo, la libertà di culto accordata alle differenti religioni e la libertà di commercio agli stranieri, l’esempio del risparmio dato dagli amministratori, ma soprattutto la negligenza degli altri paesi in fatto di commercio, principalmente da parte della Spagna, che ha cacciato in Olanda la popolazione e il commercio delle Fiandre. La Scozia ha avuto dalla natura diversi vantaggi per il commercio: un territorio vasto facilmente difendibile, una popolazione abbondante, un’aria sana, miniere, una situazione adatta al commercio del Levante e del Ponente, la vicinanza ai commerci di grande volume, coste sicure, fiumi di facile ingresso, un mare e dei fiumi pescosi. Ma una popolazione numerosa, che è la maggiore ricchezza per le altre nazioni, è un fardello per noi; il suolo non è coltivato bene, le materie prime non sono manifatturate, la pesca e gli altri vantaggi per il commercio estero sono trascurati e la ragione che vi si dà generalmente è che l’indolenza e la mancanza di probità sono presso di noi dei vizi naturali. Se la mancanza di probità e l’indolenza fossero naturali, allora lo sarebbero per tutti gli uomini: se fossero particolari per un popolo, esse dovrebbero essere i difetti degli Olandesi piuttosto che i nostri. L’aria dell’Olanda è più pesante, e ciò deve portare all’ozio. L’infertilità di un paese che non produce di che nutrire gli abitanti

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 157

dovrebbe spingere questi a saccheggiare o a ingannare i loro vicini o a derubarsi gli uni con gli altri; ma è più ragionevole pensare che vizi come l’indolenza e la mancanza di probità sono la conseguenza della povertà e la povertà conseguenza di un’amministrazione difettosa. Se si fossero prese in Scozia le stesse misure che in Olanda per incoraggiare il commercio, noi l’avremmo superata in potenza e in ricchezza. Se la Spagna, la Francia e l’Inghilterra, o una di queste nazioni in particolare, si fossero applicate al commercio di così buon’ora e seguendo lo stesso piano, l’Olanda non sarebbe neanche abitata. Ma, per mezzo della sua applicazione precoce e delle scelte sbagliate degli altri paesi, questa ha formato magazzini così stracolmi di tutto ciò che è necessario al suo mantenimento e alla sua difesa, di ricche merci da vendere alle altre nazioni, di materiali di navigazione, ecc., e di una così grande quantità di argento (stimato al di sopra del suo valore come metallo, in ragione del suo uso come moneta), che, secondo ogni apparenza, finché ci si servirà dell’argento come moneta, il grande ammasso che essa ne possiede, aggiunto al suo estremo risparmio, che la mette in grado di vendere più a buon mercato di tutte le altre nazioni, le conserverà il rango che essa tiene nel commercio, e per conseguenza la sua grande potenza, nonostante i suoi svantaggi naturali, e nonostante l’applicazione presente e i vantaggi naturali delle altre nazioni. La Scozia potrebbe esercitare un commercio esteso meglio di qualunque altro paese d’Europa, e tuttavia essa è ridotta in condizioni molto misere. Il commercio è crollato; il fondo nazionale è dilapidato; gli abitanti sono emigrati; le rendite delle terre non vengono pagate; le case nelle città, le aziende agricole nelle campagne sono abbandonate alle cure dei proprietari; il creditore non può trarre dal suo denaro un interesse sufficiente per sussistere; infine, la persona e i beni dei debitori sono esposti a procedimenti giudiziari. Il proprietario fondiario che ha impegnato la sua persona e i suoi beni per il pagamento di una quantità di moneta che non è in grado di realizzare e non ha alternativa, in virtù della legge, si trova personalmente alla mercé del creditore: i suoi beni saranno venduti per quello che egli potrà ricavarne in moneta. Se due o tre capitalisti rivogliono indietro il loro denaro nell’intento di costringere il debitore a disfarsi delle sue proprietà al prezzo che piacerà loro imporgli, essi possono fare abbassare il prezzo delle terre a quindici o a dieci anni di reddito, poiché non prenderebbero obbligazioni in pagamento e pochi, o nessuno, sarebbero in grado di pagare con moneta. Se ci fosse una carestia di derrate, non avendo alcun valore in merci o in moneta per pagare i grani all’estero, noi non potremmo più conservare che una parte della nostra popolazione: la parte più agiata si procurerebbe del pane, ma gli operai, che sono la parte più necessaria, sarebbero costretti ad abbandonare il paese o a perirvi di fame. Essi non troverebbero maggiori risorse in Inghilterra, perché,

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158  John Law: teoria e pratica della moneta

essendo stati privati di lavoro, dalla penuria di moneta, un gran numero di Inglesi, quel paese ha più uomini di quanti non possa impiegarne, e i nostri, almeno in gran parte, incontrerebbero là la stessa sorte che cercavano di evitare. I proprietari fondiari mancherebbero di braccia per coltivare la terra. Essi si procurerebbero forse sussistenze e vestiario per sé e per le loro famiglie; ma, secondo ogni apparenza, i loro creditori non potrebbero ricavarne niente. Essendo il caso generale, e formando i proprietari fondiari il partito più numeroso, essi non soffrirebbero mai che si strappino loro la libertà e i beni. Ma anche quando la legge fosse eseguita, quando si mettessero in vendita i beni dei proprietari fondiari, pochi essendo gli acquirenti, i prezzi delle terre cadrebbero molto in basso. Supponete che le terre fossero cedute ai creditori a 15 volte il reddito o meno; esse sarebbero loro vendute per più di quanto non varrebbero, perché essi non troverebbero persone per coltivarle. Molti sarebbero così i perdenti, e nessuno guadagnerebbe. Se nessuna di queste evenienze avesse luogo, è sempre vero che la Scozia non può affatto sussistere nello stato in cui si trova. Se non si profitta delle circostanze presenti, se si prendono misure errate o inefficaci, è molto verosimile che la confusione sarà al colmo, prima che si presenti un’altra occasione. Alzare le monete o alleggerirle, trasformare in moneta l’argenteria o regolare il commercio sono i mezzi proposti per supplire alla mancanza di moneta, e si pensa che ognuno di questi progetti possa toglierci dalle difficoltà. Quando li si esamina da vicino, si riconosce che alzare o alleggerire le monete, lungi dall’essere un aiuto, è un danno per il paese, sotto qualsiasi circostanza. È facile provare che gli altri due sono inefficaci. Si crede che le nostre importazioni e la nostra spesa all’estero, l’anno scorso, hanno superato le nostre esportazioni di una somma considerevole; così, per riportare la bilancia in parità, noi dobbiamo non solo limitarci di una somma eguale alla moneta che abbiamo esportato, ma anche di tutto ciò di cui il nostro valore annuale può essere stato diminuito per la mancanza di questa moneta e per il mancato aumento al nostro numerario da parte della banca. Così, benché sia possibile che monetando l’argenteria e regolando il commercio si possa far pendere la bilancia dalla nostra parte, è da temere tuttavia che le conseguenze non facciano vedere che ciò non è molto praticabile, sia per questa ragione sia per quelle fatte valere in precedenza. Potrebbe sì essere un aiuto; ma regolando le nostre importazioni bisogna stare attenti a non mettere alcun intralcio alla vendita delle nostre merci all’estero. Senza questa precauzione, noi perderemo più mancando un solo mercato di quanto non guadagneremmo importando di meno; e anche quando si fossero prese tutte le precauzioni necessarie, l’aiuto che noi potremmo attenderci ragionevolmente da queste misure non potrebbe ristabilirci: esse ci conserverebbero solo nello stato di languore in cui siamo, esposti ai disordini all’interno e agli insulti di fuori.

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 159

Molti sono convinti che la penuria di moneta è unicamente la conseguenza di una bilancia sfavorevole, ma essa è tanto causa quanto conseguenza; il mezzo efficace di riportare la bilancia dalla nostra parte è quello di aumentare la quantità di moneta. Il numero dei nostri poveri è stato valutato a 200.000. La nostra popolazione era una volta più considerevole di oggi; ma il numero dei nostri poveri può essere ancora altrettanto grande. Supponiamo che siano solo 100.000 e che con l’aumento del nostro numerario se ne possano occupare 50.000, e solo per una metà dell’anno; che la loro giornata si paghi 3 pence e valga tre pence in più a chi li impiega; infine, che il loro consumo sia di un penny in più di oggi: il valore annuale della nazione riceverebbe da un simile lavoro un accrescimento di 189.583 sterline, 6 scellini e 8 pence. Ammettiamo che gli abitanti della campagna nei dintorni di Perth e di Stirling abbiano un valore di 20.000 sterline di tele, di sarge ed altre manifatture al di là di ciò che se n’è loro acquistato; benché queste merci possano fruttare il 20 o 30% di profitto dall’esportazione, i proprietari non sono in grado di esportarle, perché sono disperse in un numero troppo grande di mani, e perché essi mancano di corrispondenti fuori a cui possano affidarle per la vendita. A e B si contenterebbero di questo beneficio per assumere la fatica e il rischio di esportarle; ma la moneta è così rara che essi non ne trovano da prendere in prestito, benché offrano buone garanzie, e non possono neanche ottenere credito da parte di un così gran numero di persone per le quali essi sono stranieri. Quando avessero questo credito, bisognerebbe ancora che la gente di campagna resti in ozio finché A e B l’abbiano pagata sul prodotto dei loro ritorni dall’estero. Così, per mancanza di moneta per fare gli scambi, le merci perdono il loro valore e le manifatture deperiscono. Non è possibile determinare le somme necessarie ai bisogni della nazione, perché la domanda di moneta deve aumentare a misura che le manifatture e il commercio fanno progressi; ma la moltitudine di poveri che abbiamo avuto sempre ci fa presumere fortemente che noi non abbiamo mai avuto moneta a sufficienza. Si è calcolato che l’Inghilterra aveva 14 milioni di sterline in oro e in argento e che aveva nello stesso tempo carta-moneta per una forte somma; tuttavia, l’Inghilterra non ha mai avuto abbastanza moneta per occupare la sua popolazione: 50 milioni le procurerebbero tutta la bonificazione di cui essa è suscettibile. Se tutti fossero occupati, e col massimo vantaggio possibile, un sovrappiù di moneta attirerebbe un maggior numero di uomini dagli altri paesi. La provincia d’Olanda, con una grande quantità di moneta, con una popolazione numerosa, conseguenza dell’abbondanza di moneta, è in grado di sopportare, nelle guerre d’Europa, una parte eguale a quella di molte volte lo stesso numero di acri del miglior suolo d’Inghilterra: eppure, l’Olanda non ha gli stessi vantaggi dell’Inghilterra per il commercio. Così, il paese che può avere una quantità di moneta eguale alla domanda sarà

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160  John Law: teoria e pratica della moneta

più potente di un altro paese che, con gli stessi vantaggi, avrà solo una quantità di moneta inferiore alla domanda. Se si desse a una nazione più moneta di quanta ne è richiesta, il denaro cadrebbe di valore; ma dandogliene solo in quantità eguale alla domanda, questo valore non diminuirà. Forse attualmente 3 o 400.000 sterline eccederebbero la domanda; ma a misura che il commercio e le manifatture si estenderanno, la domanda di moneta sarà maggiore. Il mio progetto per fornire moneta alla Scozia si riduce a questo: Se una terra di 100 sterline di reddito vale 2.000 sterline in moneta d’argento; se questa terra può essere trasformata in carta e questa carta è suscettibile di essere divisa, allora questa terra può essere convertita in moneta corrente per 2.000 sterline, e chiunque riceve questa carta-moneta riceve un valore eguale alla stessa somma di moneta d’argento, al tasso attuale del valore dell’argento. Se questa carta è monetata sulla base di quindici anni di reddito, allora essa avrà più valore dell’argento, perché 1.500 sterline in questa carta acquisteranno una terra che vale 2.000 sterline in moneta d’argento. Se è monetata sulla base di venticinque anni di reddito, allora non avrà altrettanto valore dell’argento, perché 2.000 sterline in argento acquisteranno tanta terra quanto 2.500 sterline di carta. Poiché è perfettamente praticabile fare della moneta-terra, sarebbe irragionevole limitare l’industria degli abitanti facendola dipendere da una moneta che non è in nostro potere, ma in potere dei nostri nemici, mentre noi abbiamo in proprio una moneta che riunisce sotto tutti i riguardi qualità preferibili. 1. Vista la situazione a cui la Scozia è ridotta per l’estrema rarità di moneta; visto che il prezzo delle terre crolla, che le rendite non vengono pagate, che le aziende agricole sono abbandonate alla cura dei proprietari, e che le persone e le proprietà dei debitori sono esposte alle costrizioni legali per l’impegno che essi hanno preso di pagare in una moneta che non esiste quasi nel paese; 2. Vista l’insicurezza che vive il capitalista per l’incertezza del valore della moneta e il pericolo d’una confusione che può provocare la sua intera rovina; 3. Visto lo stato difficile del nostro commercio, e considerato che un gran numero di individui che ne dipendevano e vivevano nel benessere muoiono di fame o espatriano; 4. Visto che le altre classi degli abitanti soffrono in proporzione; 5. Visto che questa situazione può trascinare la nazione in una sovversione generale e consegnarla ai suoi nemici. Considerato d’altra parte:
1. Il beneficio che la nazione ricaverà da questo aumento di moneta: che la terra sarà meglio coltivata e per conseguenza aumenterà di valore, che le rendite saranno pagate e che i debitori, pagando un valore eguale

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John Law: Considerazioni sulla moneta e il commercio 161

a quello al quale si sono impegnati, potranno affrancare le loro persone e i loro beni dai pericoli ai quali sono attualmente esposti; 2. Che il capitalista sarà pagato puntualmente in moneta di un valore più certo dell’argento o di ogni altra merce, e non avrà da temere affatto confusione; 3. Che il commercio fiorirà, e che gl’individui che ne dipendono saranno incoraggiati; 4. Che la situazione delle altre classi del popolo sarà migliorata; 5. Che la nazione sarà in grado di mantenersi da sé nell’ordine, e di resistere ai suoi nemici. Considerati tutti questi motivi, l’unica questione è sapere se noi bonificheremo il nostro paese per quanto esso ne sarà suscettibile, senza preoccuparci affatto dei mezzi per regolare il commercio, o se continueremo a cullarci nella speranza di attirare l’argento delle altre nazioni. Un grande vantaggio per noi è che per mezzo del catasto noi siamo in grado di mettere questo progetto in esecuzione e di raccoglierne immediatamente i frutti, mentre gli altri paesi, che avessero l’intenzione di praticarlo, non potrebbero farlo per diversi anni, benché fosse da desiderare, per il bene generale dell’Europa, che l’Inghilterra avesse a questo riguardo le nostre stesse facilità. Io non ho avuto il tempo di sistemare le mie idee nell’ordine che esse dovrebbero avere e sono costretto a sopprimere risposte che intendevo dare ad alcune obiezioni che ho sentito fare contro questo progetto; ma se il Parlamento riterrà opportuno prenderlo in considerazione, io non dubito che sia facile dimostrare che esso offre grandi e solidi vantaggi, che non può essere in alcun modo nocivo al paese in generale, e che lo si potrà organizzare in modo tale che nessuna persona ne soffra pregiudizio.

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Seguito dalla fama ingloriosa – e ingiusta – di “cartalista teorico” e di “pratico bancarottiere”, John Law (Edinburgo 1671-Venezia 1729) resta uno dei più importanti teorici settecenteschi della moneta e un geniale – e sfortunato – Ministro delle finanze. Egli fa parte di quella schiera di scrittori di economia – apparsi prima della “scuola classica” – indicati da John Maynard Keynes come particolarmente sensibili ai problemi dell’occupazione. La creazione del Système, in un paese disastrato dagli effetti delle guerre di Luigi XIV, rappresentò un tentativo geniale di dotare la Francia di un sistema fiscale e finanziario moderno, teso insieme a tirar fuori il paese da una grave crisi e a contrastare, con l’introduzione di un nuovo tipo di moneta, il monopolio usurario e improduttivo della moneta metallica. La sconfitta di Law, davanti alla reazione d’una società di rente seekers, segnò il fallimento di un grande progetto di modernizzazione della Francia.

Valerio Longhitano ha conseguito il Master in Économie des institutions, presso l’É.H.É.S.S. di Parigi, e il Dottorato in Sciences économiques, presso l’Université Paris-8. Tra le sue pubblicazioni: “Sul taylorismo: dalla distruzione dei mestieri al compromesso fordista” (in Nuova Economia e Storia, 2010: 3, pp. 29-62), e “James Steuart difensore di John Law” (in S. Figuera – M. Grillo, Un “keynesiano” del secolo XVIII: James Steuart, Liguori Editore, Napoli, 2014, pp. 47-66).

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