Illuminismo e critica. Foucault interprete di Kant

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Rudy M. Leonelli Illuminismo e critica Foucault interprete di Kant Prefazione di Étienne Balibar Quodlibet Studio

Indice

Prefazione di Étienne Balibar

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Premessa

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Diagnosi del presente: «discontinuità minime» e «giornalismo filosofico»

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I.

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2. La problematizzazione del 1978: Che cos'è la critica?

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3· Pensare l'Europa a partire dai Lumi: la differenza franco-tedesca delle posizioni critiche

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4· Autocritica della ragione: I' «epistemologia» di Canguilhem e la «sociologia» della Scuola di Francoforte

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5· La problematizzazione del 1983: Che cos'è l'Illuminismo?

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6. Le critiche di Habermas: un altro concetto di tradizione

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7. Trasformazioni del discorso e trasformazione di sé: la scrittura come sperimentazione

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8. Dal libro «strumento delle lotte» al libro «esperienza»

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9· Chi è «noi»? I due volti della critica kantiana

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Bibliografia degli scritti di Rudy M. Leonelli

Prefazione di Étienne Balibar

Il libro che compare oggi, nella perfetta traduzione di Guglielmo Forni Rosa, non è soltanto una testimonianza della nostra amicizia e comune riconoscenza verso il suo autore - è anche questo, certamente. È piuttosto, in un piccolo libro, un contributo importante agli studi foucaultiani e alla comprensione di ciò che ci sembra oggi una svolta decisiva della filosofia contemporanea. È ciò che vorrei provare a far comprendere in breve, prima di lasciare la parola all'autore. La cosa mi sembra ancora più importante se si pensa che le pubblicazioni relative al pensiero e all'opera di Foucault - che accompagnano la riedizione di tutti i suoi libri e la progressiva disponibilità della quasi totalità degli inediti - hanno raggiunto ormai un'ampiezza notevole, in un gran numero di lingue, che nemmeno gli specialisti possono più consultare. E certamente, in questa massa, vi sono studi di primo piano, che descrivono una grande varietà di punti di vista. In questo mondo, l'originalità è la cosa più diffusa. Questa, però, di cui stiamo parlando, nella sua brevità e apparente modestia, non passerà inosservata. Il presente lavoro contiene la terza parte della tesi di dottorato che Rudy Leonelli aveva sostenuto nel dicembre 2007 all'Università di Parigi X - Nanterre, con questo titolo: Foucault genealogista, stratega e dialettico. Dalla storia critica alla diagnosi del presente, davanti a una giuria formata da Catherine Colliot-Thélène, Bruno Karsenti, Pierre Macherey e io stesso; la commissione gli aveva concesso all'unanimità il giudizio più elevato. Questa tesi, preparata formalmente sotto la mia direzione, ma in realtà elaborata in maniera del tutto autonoma, aveva un carattere singolare: essa non rappresentava, per l'autore, un pri-

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mo lavoro di ricerca, ma piuttosto un modo di fissare, con una sintesi provvisoria, un insieme di ricerche già seguite (e talvolta pubblicate) per anni, e di saggiarne tanto la coerenza filologica che quella filosofica. Del resto, quelle ricerche sono continuate in seguito 1 • Benché fossero parziali, i risultati ottenuti non erano per questo meno impressionanti, ed è una fortuna che essi, almeno in parte, siano oggi messi a disposizione di un pubblico di lingua italiana. Certo, si potrebbe desiderare che la totalità del lavoro di Rudy Leonelli (la cui prima parte si occupa del rapporto nascosto della Storia della follia del 1961 con la Fenomenologia hegeliana, e la seconda - la più lunga - del modo in cui il corso del 1976, «Bisogna difendere la società», iscrive la tematica marxiana della lotta delle classi in una genealogia della «controstoria», per potere generalizzarla) sia, in un giorno non lontano, disponibile per i lettori. Ma non bisogna rimpiangere, anzi al contrario, che la terza parte esca separatamente, perché, malgrado qualche allusione a sviluppi precedenti che si troveranno qua e là, si tratta di un saggio autonomo, che organizza ed espone in dettaglio una grande problematica filosofica. Come dicevo poco fa, si tratta di quella svolta del pensiero contemporaneo formata dalla costruzione di una nuova idea della critica, cui Foucault ha dato un contributo decisivo. Leonelli però non ha voluto discuterne il contenuto con un «confronto» astratto, nello stile delle vecchie esposizioni della storia della filosofia; il che avrebbe avuto subito come effetto di smorzare e snaturare l'impresa di Foucault come intervento e esperienza di pensiero anche se la questione dei «rapporti» che Foucault mantiene con i grandi inventori del discorso critico: Kant, Nietzsche, e, in modo più sotterraneo ma non meno determinante, Marx, è chiaramente al centro delle sue preoccupazioni. In maniera più «storica», Leonelli ha cominciato a tirare tutti i fili di cui è formato l'enigma su cui si trovano periodicamente bloccati i lettori di Foucault: cioè, il suo ritorno quasi ossessivo all'invocazione e all'interpretazione dell'opuscolo di Kant: Was ist Aufklarung?, pubblicato nel 1784 come risposta (Beantwortung) alla domanda avanzata dalla Berlinische Monatsschrift. Questo testo non era ignorato dagli ' Si veda in particolare il volume collettivo Foucau/t-Marx. Paralleli e paradossi, a cura di Rudy M. l.ronelli, Bul1.oni, Roma 2010.

PRF.l'AZIONE

Il

storici della filosofia e dagli storici delle idee, ma era considerato dai primi come un sottoprodotto giornalistico dell'attività filosofica dell'autore delle tre Critiche, e dai secondi come uno dei tanti documenti che indicavano lo sforzo del pensiero dei Lumi per trattare un rapporto con il «dispotismo illuminato». Ben presto in realtà, e sempre più spesso negli ultimi anni della sua scrittura e del suo insegnamento, Foucault è tornato a commentare questo testo. Ne ha fatto come lo specchio o l'interlocutore immaginario dei suoi tentativi di definire, riassumere e rilanciare il suo lavoro di storico e di filosofo, inserendovi in modo più o meno nascosto elementi di continuità e di rinnovata apertura. Leonelli ha visto che questa preferenza (saremmo tentati di dire: questa fissazione) possiede in un certo senso la chiave di ciò che bisogna intendere come genealogia: perché non si tratta semplicemente di un «metodo», ma della cifra in cui si nasconde la modalità riflessiva della filosofia di Foucault. Egli ha visto che la decifrazione di questa chiave richiedeva una lettura sintomale, oppure una «genealogia della genealogia», i cui risultati avrebbero superato di gran lunga il semplice recupero dei vari «momenti» della discussione di Foucault con il suo lavoro (e sul suo lavoro). E dunque Leonelli si è dedicato a questo compito di decifrazione con uno scrupolo filologico e una empatia intellettuale che l'hanno finalmente condotto molto al di là, mi sembra, di ciò che aveva inizialmente immaginato. Non vorrei affatto, beninteso, riassumere in anticipo questa ricerca, che condurrà il lettore a sorprese, poi a scoperte, a spiegazioni inattese e a nuove riflessioni. La si legge con una meraviglia crescente per l'ampiezza delle questioni che sono implicate nella lettura dei testi, purché se ne mettano in rilievo tutti gli aspetti e se ne percorrano incessantemente le varie direzioni, verso il futuro e verso il passato, tenendo conto della loro differenza di statuto (libri di storia e di metodo, saggi, corsi, articoli, interviste... ), ma senza stabilire fra loro preventivamente una scala di dignità teorica o politica. Si vedrà che questa ricerca così minuziosa conduce Leonelli fino a riproporre, con pieno diritto, la questione del razionalismo e della sua conflittualità interna, dunque delle alternative alla dialettica (oppure, secondo un'altra possibilità, delle sue trasformazioni possibili).

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Ma, nello spazio ridotto di una prefazione, vorrei segnalare qualche aspetto del lavoro di Leonelli che mi ha specialmente colpito durante la rilettura, e che sono sicuro colpirà ugualmente altri lettori. Il primo aspetto riguarda il modo in cui, progressivamente, seguendo Foucault molto da vicino, Leonelli è riuscito a collegare un complesso di problemi attorno all'enigma sollevato dall'insistenza con cui si presenta il problema dell'interpretazione di Was ist Aufklarung?. In fondo ci sono tre grandi problemi, il cui statuto, e gli strumenti disciplinari che richiedono, sono a prima vista molto diversi. Il primo è quello della storia del pensiero di Foucault, ormai aperto a ogni genere di discussione e d'interpretazione. È il problema dei «metodi» successivi definiti e utilizzati da Foucault, dei suoi «oggetti» di studio (a volte strettamente localizzati, a volte arditamente diffusi su diverse epoche), del rapporto diretto o indiretto che questi mantengono con gli «interventi» di Foucault negli affari della società (le prigioni, gli ospedali, i tribunali, il «disordine delle famiglie»), delle «influenze» da lui ammesse o negate, o da cui dichiara essersi allontanato ($ade, Bataille, lo «strutturalismo», l'epistemologia). Ma soprattutto, è il problema di sapere come comprendere la coesistenza dei temi caratteristici dell' «ultimo Foucault», la novità radicale che essi rappresentano, e però anche la luce che essi gettano sulla sotterranea continuità dell'opera (che non sarebbe tanto del genere di un'intuizione fondamentale tenacemente sviluppata, quanto di una specie di lotta interminabile con se stesso): l'ontologia di «ciò che siamo» e la «diagnosi del presente», il «governo di se stesso e degli altri» e ciò che Leonelli ha chiamato una pratica della «disobbedienza volontaria», la politica della verità e laricerca di una nuova parresia che ci ricolleghi nel presente con il «dire il vero» dei Greci e dei Romani ... In fondo l'originalità di Leonelli, qui, è di non costruire una problematica totalizzante (o d'immaginare un sistema, anche «aperto»), ma di decentrare la questione, mettendola in rapporto con altre, e anche con diverse «interlocuzioni» strategiche (tra cui, specialmente, il grande confronto con Habermas intorno alla lettura e alla funzione di Kant). Tutto questo si sviluppa con una straordinaria attenzione alla lettura dei «detti e scritti» di

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Foucault, alla ricorrenza sintomatica di certe questioni o formulazioni (tra cui in particolare la famosa «diagnosi del presente»). Così egli può stabilire, senza alcuna possibilità di contestazione, che questo problema dell'attualità (attualità del pensiero, pensiero dell'attualità) non ha mai cessato di complicarsi e di definirsi, e però esso ha formato dall'origine (e comunque dopo gli interventi di Foucault nella discussione sullo «strutturalismo») l'asse di orientamento del suo lavoro oppure il senso del suo sforzo o conatus. Il secondo problema - a prima vista più specifico, o più «disciplinare» (dato che Foucault, pur criticando severamente la chiusura e i formalismi, non si è però mai collocato al di fuori della disciplina detta «filosofia») - è il problema del significato, delle intenzioni e della portata del «ritorno a Kant» nella filosofia contemporanea, o meglio dei «ritorni a Kant» successivi e in contrasto fra loro, tra cui quello realizzato da Foucault stesso. Anche qui, non vorrei sottrarre al testo la sua novità, ma segnalare in anticipo l'uso stupefacente del procedimento interpretativo che Leonelli scopre presso Foucault (come era stato tematizzato nel 1971 nel famoso saggio scritto per Hyppolite: Nietzsche, la genealogia, la storia), con il «rispetto» e la «violenza» che gli appartengono. La lettura di Leonelli è destinata a mostrare come Foucault, confrontandosi con il testo di Kant che a poco a poco aveva sottratto alla sua «attualità» per iscriverlo nella «nostra», sia passato dalla discussione classica sul problema della modernità (la sua origine, la sua possibile scomparsa) al chiarimento della modernità come problema: un problema senza soluzione immediata che avrebbe cominciato a «inquietare» il pensiero filosofico alla fine del XVIlI secolo e continuerebbe a «inquietare» anche il nostro. La struttura discorsiva che, durante quasi due secoli, avrà così governato le possibilità della filosofia europea (o almeno della filosofia «continentale») di identificarsi all'universale, è presentata da Leonelli come l'oggetto costante delle preoccupazioni di Foucault, orientate dalle esperienze drammatiche del suo tempo, tra il disastro dei totalitarismi, il mutamento dei saperi antropologici e la riconsiderazione delle istituzioni disciplinari che «razionalizzano» l'assoggettamento degli individui e dei loro comportamenti ai grandi apparati del potere sociale e politico.

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Si può dire che questa struttura è la «ragione», e che si tratta quindi di problematizzare gli scopi della ragione, come pure i suoi mezzi per produrre la certezza individuale e collettiva. Ma questa problematizzazione non si fa in una sola maniera. Di qui le due biforcazioni, o «chiasmi», che Foucault ha organizzato attorno all'opera kantiana e alla sua «eredità» contestata: - anzitutto la biforcazione che separa un progetto critico di fondazione del sapere attraverso una «analitica della verità», o una riflessione trascendentale sulle condizioni di possibilità della conoscenza, e una interrogazione sulla storicità del pensiero, che si rivolge a avvenimenti, rotture, rovesciamenti; - poi, la biforcazione interna a quest'ultima prospettiva (la più strettamente implicata, quindi, nell'interpretazione della Beantwortung di Kant) tra una «via tedesca» della critica, che si prolunga dai giovani hegeliani (tra i quali troviamo anche Marx) fino a Weber e ai teorici della Scuola di Francoforte, dove ciò che conta soprattutto è il mettere in relazione la razionalità con gli effetti di dominio sociale e culturale; e una «via francese», che proviene da Auguste Comte e si sviluppa nella scuola bachelardiana di epistemologia storica, dove ciò che conta è il «potere» esercitato sulla conoscenza stessa dalle diverse distribuzioni del pensabile e dell'impensabile, che potremmo chiamare degli apriori storici. Seguendo Leonelli, si comprende la ragione più profonda che ha sostenuto i «ritorni a Kant» nell'opera di Foucault, e la sua ossessione per il significato del «piccolo» opuscolo del 1784: è la necessità di connettere questi due chiasmi, queste due linee di contrasto, intorno a uno stesso punto d'eresia, che è poi soltanto il punto in cui l'Europa s'interroga sui limiti e i conflitti della sua «universalità». Ma al tempo stesso si annuncia l'introduzione del teno problema, la cui discussione è stata inclusa da Leonelli nel «giro» delle implicazioni che cercava di sbrogliare. Questo teno problema si chiama autocritica della ragione. È quello che comporta le divergenze più profonde circa il senso filosofico (ed etico) dell'impresa foucaultiana: in particolare la sua assegnazione ripetuta, da parte di certi lettori contemporanei, a un compito di «decostruzione» della verità (un termine che, lo sappiamo, non è suo), e l'idea di una «contraddizione», che sa-

rebbe insuperabile, tra l'obiettivo di una critica della razionalità occidentale e l'uso di mezzi essi stessi razionali per fare opera di storico e di filosofo. Di questa obiezione, Habermas ha fornito la versione più elaborata e insieme più aggressiva (ed è per questo, giustamente, che Leonelli attribuisce al suo confronto con Foucault una funzione strategica). Di nuovo, lascio al lettore la cura di scoprire l'argomentazione dell'opera (che trovo personalmente del tutto convincente). In fondo, essa tende a rifiutare l'alternativa tra il «culto» razionalista, per il quale la ragione è intoccabile, e il nichilismo (al quale si sono avvicinati, influenzati dalla lotta contro il nazismo, gli autori della Dialektik der Aufklarung, tradotto in francese come «dialettica della ragione»). La ragione non deve essere l'oggetto di una sacralizzazione che, di fatto, la mette al servizio dei poteri stabiliti, ma nemmeno diventare il bersaglio di un tentativo di illusoria demolizione che le sostituisce il proprio lato oscuro. Essa deve identificare il proprio ambito e pensare la necessità dei conflitti che genera il proprio dualismo interno, come struttura di sapere e struttura di potere. Così, essa si spinge ai limiti: alla soglia della trasgressione e sul fronte delle resistenze e delle lotte che le appartengono. In questo modo essa può dare un senso attivo, sovversivo, alla sua pretesa di verità e di dire il vero. Non credo di far dire a Leonelli null'altro se non ciò che risulta dal suo scrupoloso confronto tra i due sviluppi che, di volta in volta, avranno orientato i «dialoghi» di Foucault con i filosofi e i sociologi della Scuola di Francoforte, da un lato, gli storici delle scienze e gli epistemologi «alla francese» (collegati da lui alla tradizione della «filosofia del concetto») dall'altro. Ma non confondiamoci: quello che Leonelli voleva mostrare non è che Foucault avrebbe più o meno operato una «sintesi» di critica tedesca e di epistemologia francese, è piuttosto - in accordo con lo spirito di un lavoro che cerca la problematizzazione e non la sistematizzazione o la totalizzazione - che Foucault ha occupato il punto di rovesciamento e di scambio, sempre di nuovo spostato e però rigorosamente definibile, tra le due vie che conducono la ragione a riconoscere i propri limiti, e in questo senso arrivano all'attualizzazione sempre rinnovata del progetto dei Lumi.

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Orientamento verso l'interno del lavoro di Foucault e della sua «ricerca», necessità del ritorno a Kant e insieme della «divisione» o «scissione» della sua opera per comprendere la differenza fra le varie correnti della filosofia europea, «sintesi disgiuntiva» dei progetti filosofici che conducono all'autocritica della ragione, questa è dunque la notevole complessità che il libro di Leonelli ci rivela dietro l'insistenza di Foucault a ritornare ancora e sempre al testo della Beantwortung kantiana (e, si potrebbe anche dire, dietro l'insistenza di questa a rimanere nel pensiero di Foucault). Ne viene che la «genealogia» non è un metodo positivo che si potrebbe opporre ad altri (per esempio ali' «archeologia»), ma il nome di una forma radicale in cui si pratica la riflessività filosofica impadronendosi di ciò che è «altro» da lei: i saperi, i poteri, i comportamenti. Presentando le cose in questo modo condensato e difficile, ho senza dubbio rischiato di rendere oscuro ciò che, nel libro di Leonelli, si sviluppa per gradi producendo via via la propria evidenza. Si tratta, da parte mia, di un tentativo di mostrare a che altezza si trovano in definitiva le poste in gioco del suo lavoro. Prima di lasciargli la parola vorrei ancora, però, indicare quelle che mi sembrano appunto due scoperte filosofiche leggibili direttamente nella dimostrazione storica e filologica scrupolosa che ci viene offerta. Vi è anzitutto questa ammirevole spiegazione del legame interno fra il pensiero di Foucault e quello di Georges Canguilhem, intorno alla categoria di esperienza applicata al pensiero teorico e alla scrittura di libri di storia; Leonelli ci mostra che questa arriva a Foucault dal modo in cui Canguilhem aveva commentato l'Introduzione allo studio della medicina sperimentale di Claude Bernard come una «esperienza di sperimentatore». Il rapporto riflessivo che Canguilhem (un filosofo medico) mantiene con Bernard (un medico filosofo), Foucault stesso lo mantiene non solo con Kant, e con Nietzsche, ma anche con lo stesso Canguilhem (quanto a me, sarei tentato, in questa direzione, di dire che Althusser l'ha mantenuto con Machiavelli; ma si tratta di testi postumi che Foucault non poteva conoscere). Non è un rapporto «metodologico», malgrado il titolo, quindi non è un rapporto libresco o pedagogico, ma è un rapporto pratico nel campo stesso della teoria, che chiarisce il modo in cui il pensiero

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«si allontana» dai propri modelli e «snatura» i propri cominciamenti (Herkunft), per lasciarsi sorprendere dalle loro implicazioni. Questa dimostrazione possiede un interesse particolare per completare la «genealogia» del pensiero di Foucault, ma anche per far comprendere l'importanza oggettiva dell'opera di Canguilhem, al di là delle funzioni di sostegno universitario che è comunque corretto riconoscergli. Essa istituisce fra loro una specie di Zweisamkeit o «solitudine a due» (l'espressione di Nietzsche a proposito del suo rapporto con Spinoza). E per terminare c'è ancora - movimento segreto di tutto il libro - l'elaborazione dovuta a Leonelli della nozione di attualità, ispirata da Foucault ma che si muove «un passo oltre» ciò che Foucault ha potuto dirne, in particolare per la scoperta della complessità «surdeterminata» dei problemi di cui ho appena parlato, e per il modo in cui tematizza i movimenti di retrospezione e anticipazione, d'interpretazione e trasformazione dei discorsi filosofici e del loro radicamento istituzionale. Sviluppando il «gioco» di questi movimenti temporali che Foucault ha praticato e solo in parte teorizzato (specialmente con la costruzione del personaggio di Kant come individuo storico-filosofico), Leonelli supera la nozione sartriana di «situazione», come pure la nozione althusseriana di «congiuntura teorica» (entrambe conosciute da Foucault), e apre la possibilità di pensare la «presenza del soggetto nel campo dell'analisi», come attività riflessiva e trasformatrice, e anche come possibilità di lotta. Egli ci orienta quindi verso una migliore comprensione di che cosa indica il «noi» di Foucault quando esprime l'idea di una «ontologia di ciò che noi siamo» (che è poi una ontologia di ciò che noi stiamo diventando). In questo «noi», estraneo a ogni psicologia come a ogni sociologia, ma che ci permette a un tempo di rendere individuale e collettiva una soggettività teorica e militante, partecipante, Foucault stesso si è preparato un posto e ha preparato un posto anche per altri: altri pensieri, altre azioni, altre voci future. Ciò che voglio dire in questo modo è che leggendo questo libro, dove la personalità dell'autore diventa così discreta, quasi anonima, costantemente rivolta alle discussioni di concetti o ai dettagli della filologia, una voce filosofica tuttavia si fa sentire chiaramente, che raddoppia quella di Foucault proprio mentre

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dialoga con lui. La voce singolare di Rudy Leonelli, appassionata di verità e di precisione. Un filosofo, per sempre, è una voce nel campo della razionalità. Ascoltiamolo adesso che ci parla di ciò che sa e di ciò che cerca.

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M. Foucault, Dits et écrits 1954-1988, édition établic sous la dircction dc D. Dcfort et F. Ewald, ave