Il risanamento energetico degli edifici
 9788868850227

Table of contents :
Cover Page
Copertina
Colophon
Indice
Introduzione
Prefazione di Demis Orlandi
Prefazione di Stefano Mazzotti
Edifici ed energia
«Pensare, agire, comunicare»
Lo stato energetico del patrimonio edilizio italiano
Gli incentivi fiscali all’efficienza energetica negli edifici
Il ritorno dell’investimento
Risanamento energetico: La via della rinascita dell’edilizia
«Le tecnologie e le competenze sono qui»
La certificazione energetica degli edifici
La Direttiva EPBD
La certificazione energetica in Italia
Come si certifica un edificio
Il fallimento della certificazione energetica in Italia
CasaClima e ClimAbita
Edifici: Dalla certificazione alla rinascita dell’economia
Al caldo d’inverno, al fresco d’estate
Isolare l’involucro e ventilare: Comfort e risparmio
L’involucro edilizio
I materiali termoisolanti
Il termocappotto
Quality management del termocappotto
Isolamento del tetto
Serramenti alto efficienti
Riscaldamento ad alta efficienza
Riscaldare con l’energia solare: L’aria calda
Riscaldare con l’energia solare: L’acqua calda
Riscaldamento a fonti rinnovabili: Le caldaie a biomassa
Risanare gli impianti termici
Energia solare indiretta: Le pompe di calore
Installazioni domestiche delle pompe di calore
Casa B: “Pagavo 135 Euro l’anno di gas e dal 2011 nulla più”
Illuminazione ad alta efficienza
Illuminazione efficiente
Illuminazione solare
Rivoluzione LED
Il mercato dei LED
Lighting Designer

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Il risanamento energetico degli edifici

Mario Pagliaro

Il risanamento energetico degli edifici

Mario Pagliaro

Edizione digitale: gennaio 2014

ISBN: 9788868850227

Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl

INDICE

Introduzione

Prefazione di Demis Orlandi

Prefazione di Stefano Mazzotti

Capitolo 1 - Edifici ed energia

1.1 «Pensare, agire, comunicare»

1.2 Lo stato energetico del patrimonio edilizio italiano

1.3 Gli incentivi fiscali all’efficienza energetica negli edifici

1.4 Il ritorno dell’investimento

1.5 Risanamento energetico: La via della rinascita dell’edilizia

1.6 «Le tecnologie e le competenze sono qui»

Capitolo 2 – La certificazione energetica degli edifici

2.1 La Direttiva EPBD

2.2 La certificazione energetica in Italia

2.3 Come si certifica un edificio

2.4 Il fallimento della certificazione energetica in Italia

2.5 CasaClima e ClimAbita

2.6 Edifici: Dalla certificazione alla rinascita dell’economia

Capitolo 3 - Al caldo d’inverno, al fresco d’estate

3.1 Isolare l’involucro e ventilare: Comfort e risparmio

3.2 L’involucro edilizio

3.3 I materiali termoisolanti

3.4 Il termocappotto

3.5 Quality management del termocappotto

3.6 Isolamento del tetto

3.7 Serramenti alto efficienti

Capitolo 4 - Riscaldamento ad alta efficienza

4.1 Riscaldare con l’energia solare: L’aria calda

4.2 Riscaldare con l’energia solare: L’acqua calda

4.3 Riscaldamento a fonti rinnovabili: Le caldaie a biomassa

4.4 Risanare gli impianti termici

4.5 Energia solare indiretta: Le pompe di calore

4.6 Installazioni domestiche delle pompe di calore

4.7 Casa B: “Pagavo 135 Euro l’anno di gas e dal 2011 nulla più”

Capitolo 5 - Illuminazione ad alta efficienza

5.1 Illuminazione efficiente

5.2 Illuminazione solare

5.3 Rivoluzione LED

5.4 Il mercato dei LED

5.5 Lighting Designer

A Mario Pecoraino,

pioniere del solare termico in Sicilia

Introduzione

Gaetano -- 40enne, sposato, due figli -- vive a Palermo in un appartamento in via Trabucco realizzato al tempo del “sacco di Palermo”. A contatto con il tetto, la casa era delimitata da un “involucro” (le pareti e il tetto) privo, come pressoché tutti gli edifici italiani, del minimo isolamento.

Fino al giugno del 2013, il microclima all’interno dell’abitazione era sempre stato invivibile: una sauna di estate, e al freddo umido in inverno. Una situazione di disagio che in estate costringeva la famiglia a tenere sempre accesi i condizionatori, e in inverno a fare lo stesso con i termosifoni alimentati dalla caldaia a gas.

Risultato: Oltre mille metri cubi di metano e oltre 3mila kWh (chilowattora) di elettricità da pagare ogni anno per un appartamento di 100 metri quadri, nella città con le tariffe dell’energia fra le più alte in Europa (oltre 1 euro per ogni metro cubo di metano e oltre 20 centesimi per un kWh di elettricità - che diventano oltre 30 centesimi se avete un contatore superiore ai 3 chilowatt).

Uno dei giovani corsisti del Polo Fotovoltaico della Sicilia ha quindi consigliato a Gaetano di isolare due pareti e il tetto. Ma non con il polistirolo utilizzato con successo in Germania per difendersi dal freddo; piuttosto con un materiale naturale, efficace nel difenderci tanto dal freddo che dal caldo: la fibra di legno.

Gaetano, un tecnico, ha quindi installato da sé ottantatre pannelli di fibra di legno spessi 4 cm sulle pareti in questione e sul tetto, dall’interno.

Tre giorni di lavoro al costo complessivo di uno scooter, ed ecco la casa risanata.

E questo non solo nella casa del grande attore o del benestante avvocato che pure già da tempo nelle loro case di Mondello beneficiano di case in quiete termica grazie alla fibra di legno.

Ma anche in una normale famiglia del ceto medio.

*****

Vivere e lavorare in edifici energeticamente efficienti e solarizzati significa vivere nel comfort e risparmiare.

Ovvero, due delle maggiori necessità delle famiglie e delle aziende italiane messe in crisi dall’euro il cui cambio con il dollaro -- passato da 0,7 a 1,3 $/ € in meno di dieci anni -- ha messo fuori mercato l’export italiano largamente basato sulla formidabile capacità delle medie (e, in parte, delle piccole) imprese del manifatturiero e dell’agricoltura di esportare i loro beni nel mercato globale.

Ridurre i costi di esercizio degli edifici abbattendo drasticamente la bolletta energetica libera immediatamente una significativa quota di risorse finanziarie che possono essere utilizzate per abbassare i prezzi delle merci e

dei servizi; ovvero rende disponibile alle famiglie nuovo reddito utile a rilanciare la domanda interna e, con essa, l’intera economia.

In questo senso, l’efficienza energetica non è solo l’unica via per rilanciare l’edilizia in Italia. Ma è il modo concreto con cui l’edilizia potrà contribuire al più complessivo rilancio di tutta l’economia nazionale.

Questo richiede di dotarsi di competenze e conoscenze che sono in larga parte nuove, tanto per i tecnici che per gli imprenditori e gli operatori economici dell’edilizia, ai quali questo libro è rivolto.

******

La pubblicazione del libro sotto forma di eBook è, a nostro avviso, da tempo matura. Il lettore beneficia così di tutti i vantaggi del libro elettronico, a partire dall’accesso diretto ai riferimenti inseriti come link ipertestuali. Libri, video, articoli, progetti e interviste non diventano più risorse lontane da reperire quando ne avremo il tempo, ma fonti di informazione e conoscenza alla portata di un click sul vostro e-reader.

Inoltre, la ricchezza e la varietà delle soluzioni emerse da un decennio di sforzi applicati al risanamento energetico degli edifici italiani (e non tedeschi) rende a nostro avviso necessaria una sintesi in cui le soluzioni realizzate vengono presentate nel contesto della condizione attuale del mercato dell’edilizia nel nostro Paese, colpito da una crisi che in Italia non ha precedenti storici.

Ed ecco perché il lettore troverà nelle pagine seguenti un’analisi concreta della vicenda concreta dell’efficienza energetica in edilizia in Italia inserita nel difficile contesto economico italiano.

Per inviare i propri commenti, per ulteriori approfondimenti e notizie il lettore è cordialmente invitato ad utilizzare il nostro sito: qualitas1998.net.

Buona lettura.

Mario Pagliaro Palermo, gennaio 2014

Prefazione di Demis Orlandi

Lasciatemi dire prima di tutto una cosa. Grazie.

Grazie a Mario per il grande lavoro che sta svolgendo ormai da anni in questo settore in Sicilia: un contributo davvero importante per l’economia e il futuro dell’edilizia a basso consumo in Italia.

Entusiasmo e coraggio, queste due parole racchiudono secondo me il senso del suo impegno. E rappresentano anche la base del mio credo per cambiare il modo di costruire in Italia.

Anni fa, quando ancora ero uno studente di Architettura, mi chiedevo se un giorno non troppo lontano, le persone prima che i tecnici, potessero arrivare ad una reale consapevolezza dell’abitare, in stretto contatto con il proprio benessere e nel rispetto del nostro pianeta.

La passione e la volontà di voler crescere in questo ambito per poter un giorno contribuire nel mio piccolo ad un cambiamento, mi spinse oltre i confini del nostro bel paese, prima in Spagna e successivamente nella fredda Inghilterra, dove i miei orizzonti tecnici e culturali si allargarono fortemente cambiando il mio modo di fare e vivere l’architettura.

Tanti sacrifici ma tanta passione e voglia di cambiare e guardare avanti.

Ma mancava qualcosa, e quel qualcosa era strettamente legato alle mie origini.

****

Per scelte lavorative e di vita, decisi allora di tornare a casa e di intraprendere un percorso di studi che cambiò definitivamente il mio modo di relazionarmi con il costruire, prima ancora che le mie competenze. Scelsi di seguire infatti il Master di 2^ livello CasaClima dell’Università di Bolzano e di intraprendere, dopo due anni di studi, una Tesi sul costruire a basso consumo in climi mediterranei con il Prof. Peter Erlacher, al quale mi sento profondamente legato ancora oggi.

Il Prof. Erlacher non rappresenta solo un caposaldo del costruire a basso consumo in Italia, ma è anche una persona che (rara avis) unisce ad un livello culturale fuori dal comune una particolare umiltà.

Molto di quello che ho imparato l’ho acquisito dalla sua grande esperienza e non mi stancherò mai di ringraziarlo sia per gli insegnamenti che per tutti i suoi consigli.

Ed ora eccomi qui, a poter scrivere su questo tuo importante testo, ad aver l’onore di parteciparvi con una Prefazione che, seppur breve, spero risulti al lettore densa di autenticità e significato.

****

L’edilizia in questi anni ha subito una forte contrazione; direi una contrazione senza precedenti non solo nella mia decennale attività professionale ma anche da quello che leggo e ascolto dai miei colleghi.

L’unico modo di uscire da questo “tunnel” su cui ci siamo avvitati risiede, a mio avviso, nella capacità di differenziare e far crescere l’offerta in edilizia, cercando di elevare il livello costruttivo, innanzitutto dal punto di vista della sostenibilità.

Che significa anche una drastica riduzione dei consumi energetici.

Ma non solo.

E’ semplicemente inaccettabile che, a fronte di tecniche di costruzione e materiali innovativi e naturali, ormai consolidati sul territorio, si continui a costruire “groviere” energetiche che portano non solo ad alte dispersioni ma, realmente, a pessime condizioni di comfort interno che poi verranno subite dalle persone che vivono e lavorano negli edifici.

Una riflessione deve essere fatta sui consumi, per capire qual’e’ la portata del fenomeno.

Lo sappiamo. Le nostre abitazioni sono in gran parte energivore, cioè consumano e disperdono fortemente l’energia usata per riscaldarle, con una media nazionale di circa 17 litri di gasolio al mq per anno.

Una follia! Se si pensa che con le tecniche costruttive attuali, senza un grande impegno economico, si puo’ arrivare a 6-8 litri di gasolio al mq anno di consumi, si comprende come non solo stiamo inquinando l’ambiente pregiudicando il futuro dei nostri figli; ma stiamo anche sperperando le nostre risorse economiche senza alcuna ragione che non sia l’obsolescenza costruttiva.

In fase di progettazione si può e si deve fare di più. Quindi, non solo post operam. La cultura, ancora troppo diffusa sul nostro territorio, secondo la quale il comfort climatico domestico e lavorativo dipende dall’utilizzo degli impianti (riscaldamento o raffrescamento) non solo ci rende schiavi del costo indiscriminato e in continua crescita del petrolio e del gas naturale, ma ci porta ad un futuro nel passato, con alti costi energetici e bassa qualità dell’abitare.

Dobbiamo reagire tutti, e insieme dobbiamo chiedere con forza ai nostri tecnici e agli imprenditori dell’edilizia un rapido e definitivo cambiamento che ci porti, tutti, a pretendere abitazioni confortevoli e autosufficienti dal punto di vista energetico, che ci consentano di vivere e lavorare nel comfort.

E’ tecnicamente possibile ed economicamente conveniente per ognuno di noi. Costruttori, progettisti e clienti. E il cambiamento, come mi insegnò il Prof. Erlacher, ancora oggi dipende dal coinvolgimento delle persone tramite l’informazione e la formazione. In una parola, facendo e promuovendo una nuova cultura del costruire e dell’abitare che è già qui, seppure non ancora diffusa come lo sarà fra qualche anno.

Inoltre è di fondamentale importanza costruire abitazioni per vivere sano e non solo delle scatole a basso consumo.

L’utilizzo di materiali naturali certificati e innovativi, che l’azienda per cui lavoro propone da oltre 20 anni con grande passione, è una condizione necessaria per raggiungere quel benessere invernale ed estivo che tutti noi auspichiamo.

Il mio sogno che un giorno tutta l’Italia, e non solo una parte di essa, possa eccellere anche in questo campo, non è molto lontano. Ma si tratta di un obiettivo che può essere raggiunto solo tutti insieme.

Tutti: non solo tecnici, costruttori e immobiliaristi. Ma anche la “Signora Maria” di cui parla Norbert Lantschner, di cui ho letto in questo libro.

Ho chiesto a Mario perché volesse una mia prefazione. Perché quello che credo interessi è la testimonianza di chi opera sul campo, mi ha risposto.

I valori della formazione, passione e crescita che Mario porta avanti sono di fondamentale importanza e pienamente condivisi: lo strumento concreto per cambiare il modo di vivere e costruire nel nostro amato Paese.

Tutti insieme, e senza guardare indietro, ora è il momento di agire! Con passione e rispetto, ma senza alcuna paura. E questo libro contiene così tanti spunti che non vi rubo altro tempo.

Buona lettura!

Demis Orlandi Roma, Dicembre 2013

Prefazione di Stefano Mazzotti

Novembre 2011, parto dall’aeroporto di Rimini destinazione Palermo.

L’amico Diego viene a prendermi all’aeroporto, destinazione: Polo universitario di Trapani, ove dovrò tenere un convegno incentrato sul tema dell’efficienza energetica degli edifici. A me spetterà l’onere e l’onore di entrare nello specifico dell’isolamento delle superfici verticali opache (questa è la sua definizione tecnica, in gergo comune si tratta, semplicemente, delle pareti esterne degli edifici).

Giungo all’università poco prima dell’orario previsto per il mio intervento.

Questo anticipo mi permette di ascoltare una parte dell’intervento di un professore che espone con grande chiarezza e passione.

Quando giunge la mia volta, timidamente ma presuntuosamente, esordisco dicendo che “non sono del tutto in accordo con quanto appena esposto dal professore che mi ha preceduto” (non lo nomino, perché non ne ho ancora memorizzato il nome…); il tema in questione è quello della “traspirabilità” delle pareti perimetrali degli edifici.

Il Professore sorride e con aria del tutto serena mi invita ad esporre liberamente il mio pensiero. Timido, presuntuoso ed intimorito dalla

signorilità del Professore, espongo il mio pensiero, avvallandolo con tutte le conoscenze fisiche in mio possesso e proseguo con l’intervento previsto.

Il Professore mi ascolta con attenzione. Al termine dell’intervento, saluto e ringrazio gli intervenuti, i quali si alzano ed abbandonano l’aula, mentre il Professore si avvicina a me, mi tende la mano, stringe energicamente la mia e mi pone i suoi complimenti…

Io, timido, presuntuoso, intimorito, stupito, provo ammirazione per questa persona che ora ha un nome che mi si imprime chiaramente nella mente: professor Mario Pagliaro, chimico come me.

Cerco di scusarmi per quanto esposto, ma ancor prima di terminare la frase, il Prof. mi interrompe, perché, secondo lui, non ho nulla di che scusarmi ed anzi, ribadisce i suoi complimenti.

Io, timido, presuntuoso, intimorito, stupito, ammirato, rimango per un attimo dubbioso e mi allontano raccogliendo tutte le mie cose; il prof. Pagliaro mi raggiunge e mi invita a prendere un aperitivo insieme.

Io, timido, presuntuoso, intimorito, stupito, ammirato, dubbioso, al cospetto di questo professore tanto signorile, penso di essere giunto alla resa dei conti… certamente fuori da queste mura me le canterà a dovere! Com’è giusto fare nei confronti di chi si permette di penetrare in casa altrui e sentenziare a sproposito.

Ci rechiamo al bar, non lontano dall’Università, ordiniamo un po’ di vino e cominciamo a chiacchierare di varie cose, senza più toccare quell’argomento specifico. Già in quel momento, il Professor Pagliaro mi intima di farlo diventare, semplicemente, Mario.

Io, timido, presuntuoso, intimorito, stupito, ammirato, dubbioso, ancor più ammirato, mi ritrovo a disquisire di un tema a me tanto caro, quello appunto dell’efficienza energetica, come se fossi seduto a casa mia con un amico (non a caso, il tutto proseguirà anche a cena).

Io, timido, presuntuoso, intimorito, stupito, ammirato, dubbioso, ancor più ammirato, a mio agio, infine capisco: quel Professore, il Professor Mario Pagliaro, Mario, sono racchiusi tutti in un unico uomo, sempre uguale a se stesso, dietro una cattedra, al bar, al ristorante o lungo una strada; un uomo che non possiede facce differenti, che non affronta questo tema, che ci accomuna, tanto per fare, perché oramai “va di moda”, ma lo fa con una passione ed una competenza contagiose, coinvolgenti.

Insomma: ho avuto la fortuna di conoscere un grande uomo.

******

Da quel giorno sporadicamente ci sentiamo telefonicamente, abbiamo avuto occasione di incontrarci nuovamente in un Convegno al quale partecipavamo come relatori. Occasionalmente ci confrontiamo: un rapporto di collaborazione a distanza (vivo vicino Rimini) ma, ancor più, un’amicizia inaspettata, anomala, legata da un filo invisibile che ci collega attraverso gli oltre 700Km di distanza.

Dopo tanti mesi durante i quali non ci siamo sentiti, ecco il filo inscindibile che mi strattona, Mario mi chiede se ho voglia di scrivere qualche riga di prefazione a questo suo nuovo libro.

Io, timido, presuntuoso, intimorito, stupito, ammirato, dubbioso, ancor più ammirato, a mio agio, amico, onorato accetto con grande entusiasmo.

Un solo problema: comincio a scrivere, di getto, quanto sopra riportato, quindi mi chiedo se questo possa essere tema per una prefazione. Controllo il significato di questo termine e mi rendo conto di essere andato completamente fuori tema. Dubbioso, mi domando se cancellare tutto, e rifletto: un libro dovrebbe essere letto ed interpretato con il trasporto e la partecipazione con il quale viene scritto, quindi quale miglior inizio se non cercare di far comprendere, a chi sta leggendo, chi sia lo scrittore, l’uomo? Dubbio fugato.

Ricordo come a seguito dell’emanazione dei Decreti Legislativi 192 e 311 (in vigore da febbraio 2007) dicessi quanto il sistema progettuale e quello costruttivo in Italia sarebbero mutati profondamente; e come di fatto fossimo entrati in un’epoca di vera e propria “rivoluzione energetica”.

A qualcuno sono sembrato un illuso, perché “in Italia nulla cambia”.

Ebbene, non è stato così. In Italia è cambiato tanto, il sistema progettuale è stato stravolto. L’edificio ora deve essere trattato come un sistema integrale. I tecnici -- strutturali, termici, acustici, impiantisti, ecc -- sono “obbligati” a lavorare insieme.

Siamo sinceri, si è giunti a questo non grazie alla coscienza di noi italiani, ma perché ci hanno, fortunatamente e finalmente, obbligato.

Oggi infatti, esprimendomi da cittadino che vorrebbe comprare un immobile sborsando tutti i risparmi della vita trascorsa ed anche di quella futura, sono in grado di valutarne la qualità in tutti i sensi.

Non acquisto più solo perché l’immobile è ubicato nel posto “in”, perché ha la vista sul mare, perché ha il rubinetto di tendenza, ma lo posso acquistare anche perché ha un valore intrinseco, non visibile, che riesco a valutare grazie alla sua classificazione energetica o, più precisamente, all’Attestato di prestazione energetica (APE); l’esatto equivalente della classe “Euro X” dell’automobile o della classe energetica A o B degli elettrodomestici.

Oggi, cioè, posso finalmente acquistare bello e buono. E non più solo bello.

Grazie.

******

Inizialmente qualcuno ha cominciato a parlare di edifici ad alta efficienza energetica, qualcuno di case passive, e ricordo come sembrasse di sentir parlare dei veri pionieri, per non dire dei sognatori.

Fino a pochi anni fa non sapevamo nemmeno cosa fosse una casa passiva (in Germania ultimata addirittura nel 1991). Poi ne abbiamo cominciato a sentir parlare e sembrava fosse appannaggio solo di pochi “sboroni” (concedete il termine ad un romagnolo di razza!) che volessero pavoneggiarsi. Oggi è assolutamente nella normalità e, dopo qualche insuccesso iniziale, si può affermare con assoluta certezza che sia anche realizzabile con perfetta efficacia (il monitoraggio dei consumi nel tempo dimostra come i dati reali corrispondano a quelli di calcolo) se si riesce a coniugare qualità di progettazione, di materiali e di posa.

Odio sentire dire dai progettisti: “Bello parlare di case passive, edifici ad energia quasi zero, case in classe A… la realtà è che mancano le maestranze per riuscire a realizzarli!”

Odio sentire dire agli applicatori: “Lo faccio così da trent’anni… vuoi che non sappia come si fa?”

Da anni, insieme alla mia Azienda, sto combattendo questi luoghi comuni realizzando corsi di formazione professionale (denominati Master G) rivolti ad applicatori, a direttori lavoro -- ma anche specifici per progettisti -- dove cerco di inculcare a tutti la parola che riteniamo sia quella chiave: condivisione.

Solamente attraverso la condivisione di obiettivi e di mezzi con i quali perseguirla, si può giungere a realizzare o riqualificare un edificio conseguendo esattamente gli obiettivi prefissati.

Quindi: formazione, aggiornamento, qualità, condivisione.

Talvolta, nel proporre dettagli costruttivi, veniamo tacciati di essere esagerati, fondamentalisti; ma gli applicatori, in particolare, devono comprendere che attraverso la conoscenza dei dettagli riescono non solo a realizzare opere di qualità, durevoli e perfettamente funzionali ma riescono anche ad abbassare il proprio rischio d’impresa e a distinguersi sul mercato dal resto delle imprese edili.

******

Lavorare in “classe A” è ciò che veramente può fare la differenza nella giungla del mercato e che può soddisfare tutti gli attori in gioco: Dal committente, al progettista, al posatore, al fornitore dei materiali.

In questi mesi si sta concretizzando un ulteriore importante passo avanti: presto infatti si dovranno cominciare a costruire, e si potranno costruire solo, nuovi edifici che siano ad energia “quasi zero”, ovvero a consumi di energia fossile pressoché nulli, con gran parte del fabbisogno energetico residuo coperto dalle fonti energetiche rinnovabili, e in primis dal sole.

Non solo. Si dovrà mettere mano in modo significativo agli edifici esistenti: a partire da gennaio 2014 ogni anno il 3% di edifici riscaldati e/o raffreddati, di proprietà pubblicata -- oppure occupati da Enti pubblici e governativi -- dovranno essere risanati energeticamente. Entro aprile 2014 tutti gli Stati della UE dovranno elaborare una strategia a lungo termine volta a mobilitare investimenti nella ristrutturazione di immobili.

Non potrebbe essere diversamente, in particolare in Italia, considerando che importiamo circa l’82% dell’energia necessaria.

È quindi logico e ragionevole. Lo Stato italiano è obbligato dall’Europa che a sua volta è obbligata a livello internazionale dal Protocollo di Kyoto. Grazie.

Ci obbligano a consumare meno energia, proprio a cominciare dal patrimonio più energivoro in assoluto: l’abitazione.

******

I dati ISTAT parlano chiaro, in Italia abbiamo un patrimonio enorme di edifici che non hanno praticamente mai subito manutenzione; che sono in classe energetica pessima, e di conseguenza hanno perduto enormemente valore sul mercato, essendo fonte d’inquinamento e di spese energetiche non più sostenibili.

La riqualificazione significherà guadagno economico, ambientale e salutare per tutti noi. Grazie.

La riqualificazione dell’esistente sarà il vero traino dell’economia nei prossimi anni.

Il risanamento energetico degli edifici può essere messo in pratica solamente partendo dall’isolamento termico delle superfici esterne; ed è proprio della cultura dell’efficienza energetica -- ottenuta in particolare attraverso il sistema d’isolamento termico a cappotto -- che parlo oramai da parecchi anni.

Ed oggi, finalmente, posso cominciare a farlo in chiave diversa, perché non è sempre necessario spiegare alle persone quanto sia importante fare efficienza: è un concetto che ormai è diventato patrimonio di molti, ma ritengo che sia ancora straordinariamente importante continuare a diffondere questa cultura, ritengo che sia un dovere al quale non può sottrarsi chi, come me e Mario, lavora in quest’ambito.

Concludo con un concetto che voglio esprimere con grande fermezza.

Risanamento energetico non significa fare le cose “bio” o “green” o “verdi” o “eco”, parole con le quali spesso si ama “riempirsi la bocca”.

Un intervento di risanamento deve essere sostenibile e lo è in quanto tale, molto spesso indipendentemente dai materiali con il quale viene eseguito. Quindi cerchiamo di fare efficienza: cerchiamo le soluzioni migliori per il nostro bisogno specifico, facciamolo anche economicamente ma senza perdere di vista la qualità; ed, infine, facciamolo possibilmente con materiali ecosostenibili.

Sono sicuro che l’amico Mario abbia concepito questo libro per dare una mano a conseguire questi obiettivi, senza aver la presunzione di insegnare il “verbo”.

Stefano Mazzotti San Mauro Pascoli, dicembre 2013

CAPITOLO 1 Edifici ed energia

1.1 «Pensare, agire, comunicare» Questa è la situazione dei consumi energetici basati sul petrolio -- ha esordito il presidente della Fondazione ClimAbita, Norbert Lantschner, aprendo a Palermo nell’ottobre 2012 il Seminario “Marcello Carapezza” (guarda la photogallery).

Figura 1.1. Norbert Lantschner a Palazzo delle Aquile, a Palermo, per il Seminario “Marcello Carapezza”.

«84 milioni di barili al giorno. Qualcosa come se mettessimo in fila ogni giorno 1,27 milioni di autobotti. La metà del periplo terrestre, che è pari a 42mila km, mentre lo spessore della coltre celeste che consente la vita è di pochi km.

«Come se parlassimo di uno strato di brina su una mela. Nella quale, nel solo 2011, abbiamo riversato 34miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Il record storico.

«Il petrolio è già carissimo, ma a 300 dollari al barile diventerà incomprabile.

Figura 1.2. Tra il 2000 e il 2012 i prezzi del petrolio sono aumentati di oltre il 200% (triplicati), quelli del carbone del 160% e del gas sul mercato europeo di circa il 300%. E la fattura pagata dall’Italia per l’import dei fossili dal 1995 al 2012 è passata da 20 a 65 miliardi di €. [Immagine: Prezzi dei combustibili fossili sul mercato mondiale in $/TEP; Fonte: Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile]

«Chi sa che gli edifici da soli contribuiscono al consumo di energia più dell’intero settore dei trasporti? Quasi il 50% dei consumi complessivi di energia su scala globale.

«Nel 2011 l’Europa ha speso 499 miliardi di euro per importare gas e petrolio, il 3.9% dell’intera ricchezza prodotta.

«Nel 1999 erano 90 miliardi. Sono risorse di cui priviamo le nostre comunità. Ed è una situazione che ci porterà al collasso economico e ambientale.

«Dovete capire che tutta la strategia europea che porta con le varie Direttive fino agli edifici a consumo zero, nasce dalla consapevolezza che non possiamo più utilizzare gas e petrolio per gli edifici. Perché ci servono ancora per l’industria e per i trasporti.

Figura 1.3 Norbert Lantschner, Mario Pecoraino (al centro) e Pippo Di Marzo. Due dei maggiori esperti siciliani di edilizia alto efficiente con il presidente di ClimAbita

«Il petrolio a basso costo è lì fuori: davanti a voi fuori dalle finestre di questo magnifico palazzo. Sono le migliaia di case prive di qualsiasi isolamento. Che in inverno per riscaldarsi e di estate per raffrescarsi con gli split consumano la nostra ricchezza e portano alla devastazione ambientale che vediamo.

«E’ ovvio, ed è responsabile nei nostri confronti e in quelli dei nostri figli, che dobbiamo cambiare questa situazione folle.

«Così quando i giornalisti mi chiedono perché in Germania, Svezia, Danimarca le tecnologie per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili nelle case sono conosciute, amate e utilizzate da tutti, io gli rispondo: E voi perché non ne parlate seriamente mai?

Figura 1.4 «Un termocappottista è un operaio edile che ha ricevuto adeguata formazione sulla corretta posa del cappotto termico. In Italia, sono pochissimi»

«Il Cresme nel 2012 ha concluso uno studio dal quale emerge che in Italia nei prossimi 5 anni dovremo rifare 300 milioni di metri quadri di coperture, e 140 milioni di pareti.

«Se lo faremo, come hanno già fatto molti Paesi europei, creeremo 300mila posti di lavoro.

«Nuovi posti di lavoro fatti però in gran parte di nuove professioni che poco hanno a che vedere con le tradizionali maestranze dell’edilizia: cappottisti, esperti in diagnosi energetiche, installatori solari, impiantisti specializzati in energie rinnovabili, esperti nella posa di serramenti ad alta efficienza.

«Tutte competenze nuove che in larga parte ancora non esistono.

Figura 1.5 L’Italia, con l’euro e la crisi finanziaria deflagrata nel 2008, conosce la più grave crisi dell’edilizia della sua storia unitaria. Oltre 12mila imprese chiuse e 250mila posti di lavoro perduti.

«In Italia infatti gli edifici sono stati in gran parte costruiti fra gli anni ‘50 e gli anni ‘80 del secolo scorso, senza alcuna attenzione al consumo energetico visto che l’energia costava quasi nulla. Ora che devono essere ristrutturati per ovvie ragioni di degrado legato all’età, questo dovrà avvenire curandone il risanamento energtico.

«La Germania lo ha fatto e lo sta facendo usando una politica con incentivi così ben concepiti che per ogni euro speso dallo Stato ne sono rientrati 5 sotto forma di risparmio di gas e petrolio, e di gettito fiscale e contributivo aggiuntivo.

«Possiamo farlo anche noi. Partendo però dalla necessaria apertura mentale al nuovo. In quest’ordine: Pensare, agire e comunicare.

Figura 1.6 « Bio’, ‘eco’, ‘green’, sono tutti termini che stanno perdendo significato perché troppo spesso legati ad attività di greenwashing che con lo sviluppo sostenibile non hanno niente a che fare.

«Intendo dire che non bisogna soltanto comunicare. ‘Bio’, ‘eco’, ‘green’, sono tutti termini che stanno perdendo significato perché troppo spesso legati ad attività di greenwashing che con lo sviluppo sostenibile non hanno niente a che fare.

«Invece, partendo dalla riflessione, possiamo comprendere perché questa non è una crisi economica come le altre; ma è una crisi epocale che mette in discussione il nostro modo di vivere e di produrre.

«Le tecnologie per risanare gli edifici sono tutte lì: pronte ad essere usate. Non è come nella mobilità, che ancora non sappiamo se useremo l’elettricità o l’idrogeno.

«Le persone però non le conoscono e quindi non le usano.

«Quando nell’estate di 4 anni fa con Matteo Renzi allora presidente della Provincia, abbiamo messo in Piazza della Repubblica a Firenze, un cubo di ghiaccio di un metro cubo all’interno della fibra di legno e abbiamo chiesto ai cittadini con delle cartoline se dopo 10 giorni avremmo trovato del ghiaccio, quasi tutti hanno risposto di no.

«Ed è comprensibile. La temperatura sulla parete al pomeriggio era di 56 gradi! Dopo 12 giorni siamo andati, c’erano 30 telecamere, e il 96% del ghiaccio era ancora integro.

Figura 1.7 L’allora presidente della Provincia di Firenze Matteo Renzi, il presidente dell’Agenzia Fiorentina per l’Energia Luca Talluri e l’allora direttore dell’Agenzia CasaClima, Norbert Lantschner, in Piazza della Repubblica a Firenze il 20 agosto 2008.

«Quello che serve allora sono informazione e nuova cultura: fra i progettisti, le maestranze e le imprese. E fra le persone.

«Dobbiamo mettere in castigo questa casta di progettisti e costruttori che continuare a fare come hanno sempre fatto.

«Cioè a costruire colabrodi energetici come quelli che hanno fotografato in Legambiente ancora in questo Rapporto. E che poi dureranno 50 anni e continueranno a mangiare energia non dovuta.

«Poi dobbiamo intervenire anche sulla casta dei dirigenti pubblici. Perché fino ad ora in gran parte hanno mostrato solo inerzia e resistenza.

«Quando invece gli Enti locali hanno tutto ciò che serve, partendo proprio dal semplice Regolamento edilizio, per incentivare il cambiamento nel modo di costruire.

Figura 1.8 « CasaClima ha avuto uno straordinario successo perché metteva al centro l’utente: la Signora Maria.

«La chiave del successo è mettere al centro dello sforzo di imprese, progettisti, amministratori e ricercatori il singolo utente che ha bisogno di comprendere e apprezzare quello che vogliamo realizzare.

«CasaClima ha avuto uno straordinario successo perché metteva al centro l’utente: la Signora Maria. Che adesso firmando un contratto di affitto o di acquisto di un immobile sapeva cosa significava che fosse certificato CasaClima.

«Perché lo aveva già sentito sulla propria pelle -- andando nelle case di amici e conoscenti -- quale fosse la differenza fra una casa normale e una CasaClima.

Figura 1.9 La società immobiliare altoatesina ZEBAU diventa partner CasaClima con la consegna del certificato da parte dell’allora direttore Norbert Lantschner ai titolari dell’azienda.

«Così la prima società immobiliare dell’Alto Adige, che all’inizio ci aveva semplicemente snobbato, dopo 2 anni ha rivoluzionato la sua offerta. E ha

smesso di vendere e affittare immobili che non fossero certificati CasaClima.

«Così abbiamo iniziato a toccare gli interessi economici di alcune aziende. E quando si fa questo, iniziano i casini. La politica è intervenuta ed ha messo fine alla mia esperienza in CasaClima.

«Ma questo è un processo di cambiamento che non si lascerà certo fermare da questi giochini.

«Perché è la stessa portata della crisi che richiede di rendere veramente sostenibile il nostro modo di costruire e di vivere le abitazioni.

«E devono smetterla anche quei professori universitari che fanno i puristi. E che ci invitano a usare formule sempre più sofisticate. Gli ultimi software per il calcolo delle prestazioni energetiche, usano algoritmi che fanno uso di 550-600 equazioni. Questo per arrivare a valori che riguardano la terza cifra decimale.

Figura 1.10 «Anche voi, qui in Sicilia, provate a lasciare aperto un frigorifero in classe A++ e poi vediamo quanto consuma!

«E questo mentre studi europei ci indicano che è la non corretta gestione degli impianti a far perdere fra il 25 e il 40% del risparmio energetico.

«Inoltre, dobbiamo capire che dobbiamo tornare al contatto con la Natura. Perché il distacco dalla Natura ci ammala. E ammala le nostre società.

Figura 1.11 Il logo della Fondazione ClimAbita intende richiamare la circolarità dei cicli dei materiali e dell’energia che è propria della Natura.

«Quindi, non solo costruire, ma anche abitare sostenibile. E qui ClimAbita darà un ulteriore contributo. Cercando di riportare in condizioni di “ciclo chiuso” il nostro modo di abitare. Con un’attenzione forte al tema dei rifiuti e a quello dei materiali usati per costruire».

1.2 Lo stato energetico del patrimonio edilizio italiano Costruiti in larga parte durante gli anni del boom economico senza alcun riguardo ai consumi energetici, circa 2/3 degli edifici esistenti sono antecedenti al 1976 anno in cui fu varata la legge 373 riguardo al risparmio energetico nelle nuove costruzioni; ed una percentuale analoga non subisce interventi di manutenzione straordinaria da almeno vent’anni.

Figura 1.12 In Italia le case hanno consumi medi di 170 kWh per metro quadrato di superficie calpestabile all’anno (ovvero 17 litri di gasolio o 17 metri cubi di metano per metro quadro all’anno).

Secondo uno studio presentato nel 2004 dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Arpa) della Lombardia il fabbisogno energetico delle abitazioni italiane varia da 249 a 124 kWh/m²a, in relazione all’età e alle dimensioni dell’edificio; comunque molto al di sopra di una moderna costruzione di Classe A (30 kWh/m²a).

I nostri edifici consumano quindi troppo combustibile (energia primaria) tanto per il riscaldamento che per la produzione di acqua calda sanitaria. In altre parole, in Italia le case sono autentici “colabrodo energetici”, con consumi medi di 170 kWh per metro quadrato di superficie calpestabile all’anno (ovvero 17 litri di gasolio o 17 metri cubi di metano all’anno).

In dettaglio, sono circa 17,5 milioni gli edifici che consumano in media tra i 200 e i 250 kwh/m²a e circa 8,8 milioni che consumano 150 kwh/m²a a fronte della nuova edilizia pari a circa lo 0,6% dell’esistente.

Indice energetico Un edificio a 120 mq di superficie riscaldata calpestabile con un indice energetico di 110, consuma 120 x 110 = 13.200 kWh di energia per anno. Questo fabbisogno d’energia per il riscaldamento corrisponde a un consumo annuo di 1.320 litri di gasolio, 1.344 mc di metano, 2.700 kg di pellets o 3.144 kg di legna da ardere.

Figura 1.13 Nel nostro paese dal 10 anni i consumi di energia per abitazione si sono ridotti solo del 2,6%: oltre 4 volte meno della media europea. In un grafico la variazione del consumo totale, elettrico e del riscaldamento, per abitazione nel periodo 2000-2009, a fronte delle riduzioni ottenute da Germania, Francia e Regno Unito.

Inoltre, il consumo di energia per abitazione ha mostrato una riduzione del 2,6% nel 2009 rispetto al valore del 2000: notevolmente al di sotto della riduzione dell’11,7% per la UE a 27 Paesi.

Il 79% del consumo in una casa privata in Italia è attribuibile al riscaldamento e alla produzione di acqua calda sanitaria. Il resto, a parte l’utilizzo di gas e Gpl in cucina (5%), è costituito essenzialmente da energia elettrica destinata agli elettrodomestici e all’illuminazione (15%).

Figura 1.14 Consumi tipici di energia in un’abitazione nel contesto dei consumi di energie in Italia.

Tabella 1.1 Consumi energetici per fonte e per funzione d’uso (migliaia di TEP)a

L’elevata incidenza dei consumi per riscaldamento rispetto ai consumi totali del residenziale è da attribuire prevalentemente alle caratteristiche dell’involucro edilizio. Quindi, il primo intervento da eseguire per l’abbattimento dei consumi è sull’involucro dell’edificio per aumentarne la capacità isolante.

1.3 Gli incentivi fiscali all’efficienza energetica negli edifici Per far fronte a questa situazione gravemente deficitaria, dal primo gennaio 2007 è in vigore in Italia un significativo incentivo fiscale alla riqualificazione energetica degli edifici sotto forma di detrazione fiscale del 55% delle spese sostenute per la coibentazione dell’involucro edilizio, la sostituzione di infissi, acquisto di pannelli solari per la produzione di acqua calda e caldaie ad alta efficienza.

Tabella 1.2 Tipologia degli interventi ammessi alla detrazione fiscale del 55% e detrazione massima

TIPO D’INTERVENTO

DETRAZIONE MASSIMA

riqualificazione energetica di edifici esistenti

100.000 euro (55% di 181.818,18 euro)

involucro edifici (pareti, finestre, compresi gli infissi, su edifici esistenti)

60.000 euro (55% di 109.090,90 euro)

installazione di pannelli solari

60.000 euro (55% di 109.090,90 euro)

sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale

30.000 euro (55% di 54.545,45 euro)

Nel complesso il bonus, introdotto dalla Legge Finanziaria 2007 rappresenta il più generoso programma di incentivazione messo in campo in Europa per limitare il consumo di energia nel settore edile.

A seconda del tipo d’intervento che si decide di affrontare è possibile ottenere una valore di detrazione massima che varia da 30 mila a 100mila euro. Ad esempio, se si effettua un intervento sull’involucro di coibentazione delle pareti di tamponamento e sostituzione degli infissi, è possibile detrarre fino ad un massimo di 60 mila euro; ciò significa che la spesa totale che concorre alla detrazione può raggiungere quasi i 110mila euro.

Il provvedimento ha incontrato uno straordinario successo. Dal 2007 alla fine del 2011 circa il 5,5% del patrimonio edilizio residenziale italiano è stato interessato da riqualificazione energetica (parziale o globale) e circa il 5% delle famiglie italiane ha beneficiato delle detrazioni.

Per usufruire della detrazione fiscale ripartita in 10 anni successivi, la documentazione degli interventi eseguiti viene trasmessa all’Enea entro 90 giorni dal termine dei lavori.

L’Enea dunque gestisce l’intero programma ed è in grado di elaborare dati precisi tanto sugli interventi che sul loro impatto energetico.

Gli italiani, con gli incentivi, si sono cambiati gli infissi e, in parte, le caldaie. Le altre attività di riqualificazione energetica hanno valori percentualmente modesti, anche se sono quelli che potrebbero consentire i maggiori benefici unitari in termini di energia risparmiata. Gli interventi largamente predominanti sono stati quelli di sostituzione degli infissi, che nel 2011 hanno rappresentato il 59% del totale, in crescita anche rispetto al 2010 (55%); seguiti dall’installazione di caldaie a condensazione (24% degli interventi), e di pannelli solari termici per la produzione di acqua calda (11%).

Figura 1.15 Risparmio energetico medio ottenuto per tipologia di intervento nel biennio 2007-2009. [Fonte: Enea, 2012].

Nel biennio 2007-2009 circa il 50% degli interventi ha riguardato gli infissi, per un risparmio energetico medio per tipologia d’intervento di 2,56 MWh. Esattamente pari a un decimo del risparmio ottenuto attraverso la coibentazione di tetti e solai (20,56 MWh), eseguite nel 3-4% dei casi, e ad un quinto della sostituzione dell’impianto termico (11,97 MWh).

L’Enea a inizio 2013 stimava in quasi 10.000 GWh/anno il risparmio di energia cumulato riconducibile a questo sistema di incentivazione a partire dal 2007 fino a giugno 2013 (ossia alla data della presunta chiusura della campagna di incentivazione), pari a circa 2,2 milioni di tep l’anno. Secondo l’Agenzia, la quota del patrimonio edilizio residenziale interessata dagli interventi di riqualificazione energetica arriverà inoltre a quasi il 7%.

Figura 1.16 Risparmio energetico annuo conseguito per tipologia di intervento ammesso a detrazione fiscale del 55%. Dai proiettati al 30.06.2013. [Fonte: uno Enea, 2013].

Nel quadriennio 2007-2010, sono stati oltre 11 i miliardi di euro di investimenti (autentici) mobilitati. Secondo i dati dello studio commissionato dall’Enea al Cresme, se il costo della manovra per lo Stato è stato di 6.446 milioni di euro, i benefici monetari dati dal risparmio in bolletta (3.200 mln €), dal maggior gettito fiscale (3.310 mln €) e dall’incremento del reddito derivante dal patrimonio immobiliare (3.800 mln €), ammontavano a 10.310 mln di euro, questo senza contare lo stimolo ad occupazione, innovazione e tessuto produttivo.

Figura 1.17 Benefici al 2015 degli investimenti realizzati nel periodo 2007-2010. (Fonte: Enea, 2012).

Il nuovo Governo, dunque, con il Decreto Legge n. 63/2013 (convertito in Legge n. 90/2013, 3 agosto 2013) ha stabilito che la detrazione fiscale del 55% prevista per interventi di riqualificazione energetica, venga innalzata al 65% (ripartita in dieci anni), a partire dal 6 giugno 2013 e fino al 31 dicembre 2013, per i privati, e il 30 giugno 2014, per i condomini. Ma fra i provvedimenti inclusi nella Legge finanziaria approvata dal Consiglio dei Ministri, è previsto che entrambi i bonus fiscali siano prorogati di un anno (fino al 31 dicembre 2014).

1.4 Il ritorno dell’investimento Investire in efficienza energetica conviene molto più che investire in titoli azionari o in titoli pubblici. A fronte di costi certi altrettanto certi e conosciuti sono i benefici che ne conseguono mentre il mercato finanziario è dominato dalla volatilità, cioè del caso, che dopo la crisi finanziaria globale deflagrata nel 2008 ormai tocca persino gli Stati con il default del debito di Grecia e Irlanda evitato solo dall’intervento dei partner comunitari.

Figura 1.18 Schema dell’andamento temporale di costi ed entrate nel caso di un investimento in efficienza energetica (sx) e nel mercato dei capitali (dx). [Immagine riprodotta con il permesso di Miniwatt.it].

Mettendo a confronto i flussi monetari connessi ad un investimento con quelli di un investimento in conto capitale dello stesso ammontare, si vede come l’investimento in efficienza energetica comporta entrate certe tramite il risparmio energetico a fronte dell’investimento iniziale, mentre l’investimento in conto capitale comporta entrate per via degli interessi e, alla fine dell’investimento, il ritorno del capitale soggetto all’inflazione.

Dunque, a fronte del valore del capitale investito, è facile contabilizzare le uscite e le entrate connesse all’investimento per la durata dell’utilizzo dell’edificio tenendo conto del tasso d’interesse applicato all’investimento (il costo del denaro, pari al capitale più gli interessi) e quello d’inflazione a partire dall’anno in cui viene realizzato l’investimento.

Figura 1.19 L’Agenzia CasaClima evidenzia per le famiglie 7 chiari motivi per investire in efficienza energetica.

Risanare un edificio sia dal punto di vista energetico che ambientale è utile e vantaggioso da quello economico. L’incremento di valore che ne consegue è determinato da almeno da 7 punti, chiaramente identificati dall’Agenzia CasaClima di Bolzano, fin dall’avvio delle sue attività di marketing e comunicazione.

L’efficienza energetica conviene sempre, soprattutto su edifici costruiti prima del 1980. Il risparmio sulla bolletta garantito da tali interventi si

protrae per l’intera vita dell’immobile, regalando alla famiglia proprietaria l’equivalente di 2-3 tredicesime all’anno. Oltre a un elevato comfort abitativo, abitare in una casa energeticamente efficiente offre una precisa convenienza economica, facilmente quantificabile nel rapporto fra costi di esecuzione delle necessarie opere di coibentazione e abbattimento dei consumi di combustibile per il riscaldamento e di energia elettrica per il raffrescamento estivo.

Figura 1.20 Quasi mai la ristrutturazioni vengono condotte con l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica dell’edificio. Eppure il costo principale è quello di impalcature e manodopera...

Le misure più convenienti riguardano l’isolamento delle coperture, la sostituzione dei vetri singoli con vetri doppi, l’isolamento a cappotto e la sostituzione della caldaia. Intervenire sull’involucro dell’edificio è ovviamente più costoso che sostituire gli infissi o montare una caldaia alto efficiente. Eppure, è facile comprendere che se occorre tirare su i ponteggi per rifare una facciata, il costo è prevalentemente quello di montare (e smontare) i ponteggi e quello della manodopera, e non quello di applicare un po’ di materiale isolante. Pertanto, è facile far realizzare la coibentazione di un edificio in coincidenza di una ristrutturazione già pianificata. Eppure ancora oggi, quasi mai la ristrutturazioni vengono condotte con l’obiettivo di migliorare l’efficienza energetica dell’edificio.

1.5 Risanamento energetico: La via della rinascita dell’edilizia Nonostante l’entità dei risultati conseguiti dalla Legge sul 55%, in Italia il 95% degli edifici del Paese deve essere riqualificato.

Con il continuo aumento del costo dell’energia è evidente che nessuno vorrà vivere in case energivore per cui da un lato ci sarà un abbattimento del valore dell’immobile a seguito della mancata riqualificazione energetica dell’edificio; e dall’altro inizierà la costruzione di edifici nuovi a basso consumo.

Figura 1.21 Albergo a palazzina trasformato in edificio residenziale di 6 appartamenti in Classe A a Chianciano Terme. Il consumo energetico per il riscaldamento è passato da 150 a 30 kWh/m²a, che moltiplicato per la superficie totale di 614 m² si traduce in un risparmio di 72.000 kWh/anno; ovvero circa 7mila € risparmiati ogni anno (Immagine dell’Arch. Paolo Cornacchini).

I prezzi dell’energia elettrica e dei combustibili (metano e Gpl) continuano infatti a crescere inesorabilmente. In Sicilia, ad esempio, abbiamo superato i 30 centesimi per un kWh di elettricità e da tempo ormai in larga parte dell’isola il prezzo del metano ha superato il valore di 1 € per metro cubo.

In Europa sono stati posati negli ultimi 30 anni oltre 700 milioni di metri quadri di termocappotto. Di conseguenza, gli standard di consumo degli alloggi si attestano su valori medi di 5-7 litri di combustibile per metro quadro/anno.

Ora tocca all’Italia dove la normativa ormai in vigore fa del nostro un Paese con leggi per l’edilizia all’avanguardia dal punto di vista energetico. Concentrare dunque risorse e capacità sul risanamento energetico dell’esistente (e sulla costruzione di nuovo alto efficiente) è la migliore opzione che ha l’industria edile italiana per uscire dalla più grave crisi mai conosciuta.

Figura 1.22 Il complesso residenziale “Baroni” in costruzione a Modena ospita alloggi tutti certificati in classe A da CasaClima. [Immagine di Abitcoop].

Il trend è ormai evidente e si estende a tutta Italia. Abitcoop è una cooperativa di abitanti che opera in provincia di Modena da oltre 30 anni e ha 17mila soci. Dal 2007 ha costruito 196 case certificate in classe B dall’Agenzia CasaClima, inclusa la propria nuova sede in classe A Gold. Ad esempio, il complesso residenziale “Baroni” costituito da tre palazzine da 16 alloggi, ognuno certificato Classe A dall’Agenzia CasaClima di Bolzano.

Parte di questi alloggi (soggiorno, cucina, due camere matrimoniali, due bagni, ripostiglio, ampia loggia, autorimessa e posto auto coperto) sono in edilizia convenzionata a prezzi calmierati a dimostrazione che è possibile costruire edifici ad altissimo risparmio energetico a costi così contenuti da renderla comunque un’attività profittevole.

Figura 1.23 La formazione e l’informazione sono la chiave per fare realmente efficienza energetica in edilizia. Ecco i corsisti del secondo Master ClimAbita Sicilia organizzato dal Polo Fotovoltaico della Sicilia.

In questo contesto, la formazione di competenze operative nel campo dell’efficienza energetica è un fattore strategico di sviluppo e un’importante

opportunità di lavoro in un contesto formativo nazionale ancora largamente deficitario. Occorre fornire ai tecnici, agli imprenditori dell’edilizia e manager bancari una formazione avanzata sul tema del risanamento energetico degli edifici, trasformando le imprese edili in imprese per la riqualificazione energetica di case, aziende ed uffici.

I manager bancari devono essere formati perché nonostante le numerose offerte di finanziamento presenti nei siti delle principali banche e delle società finanziarie e la concomitante possibilità dei clienti di cumulare risparmio, incentivi e contributi, persiste una notevole difficoltà all’accesso al credito per il finanziamento delle opere.

Al contrario il risanamento energetico delle aziende ne migliora da subito i bilanci, alleggerendole di costi impropri che, istantaneamente, si trasformano in cespiti.

Fra progettisti ed imprese dell’edilizia, poi, occorre passare da quella che il grande consulente energetico siciliano Massimo Enei chiama la logica proprietaria del proprio “vecchio poco” ad una visione fatta di condivisione del “nuovo molto”. Perché l’efficientamento del patrimonio edilizio esistente non toglie lavoro a nessuno ma lo crea: trattandosi di un mercato nuovo e ancora perlopiù inesistente.

A beneficiarne saranno tanto le imprese che per persone che negli edifici ci vivono e ci lavorano: ovvero tutti noi.

1.6 «Le tecnologie e le competenze sono qui» Il 12 dicembre 2013 il Polo Fotovoltaico della Sicilia ha organizzato a S. Giovanni Gemini il convegno “Edifici. Siciliani. Risanati”.

Le tecnologie per costruire, o per ricostruire, in Classe A ed anche meglio sono qui con noi, ha esordito Michele Tagliareni. Titolare di Tagliareni CasaComfort, uno dei principali store dell’edilizia alto efficiente in Sicilia, Tagliareni ha frequentato a Bolzano i corsi dell’Agenzia CasaClima e, a Palermo, il Master ClimAbita Sicilia. Ha fornito una consulenza qualificata sul risanamento energetico e sulla costruzione di edifici alto efficienti a numerosi proprietari di abitazioni.

Figura 1.24 Edificio ristrutturato e risanato energeticamente nel corso del 2013 da Tagliareni Casacomfort a S. Giovanni Gemini, in Sicilia.

Le norme che dettano ad esempio valori di trasmittanza periodica per il tetto U = 0.20 ci fanno capire come le norme europee ed italiane siano state scritte per i climi del Nord. In Sicilia un tetto con U = 0.20 renderà invivibile il sottotetto. Oggi siamo in grado di costruire tetti che anche qui in Sicilia non si lasciano mai attraversare dal calore. Dobbiamo -- ha continuato Tagliareni -- semplicemente smettere di costruire come abbiamo sempre fatto; e iniziare a installare regolarmente -- e correttamente -- il termocappotto come normale modo di costruire; e non

perché è richiesto dalla legge. Prendiamo una casa di 160 mq qui a S. Giovanni Gemini.

Figura 1.25 Posa del termocappotto in un edificio risanato da Tagliareni Casacomfort a S. Giovanni Gemini.

Se invece del semplice blocco in Poroton da 30 cm, utilizziamo lo stesso blocco in Poroton 600 da 30 cm e vi applichiamo esternamente uno spessore di 8 cm dei pannelli in Neopor, in inverno avremo un risparmio del 62% sulle spese di riscaldamento, e d’estate del 92% sulle spese per il condizionamento; ovvero praticamente una bolletta invernale di 210 euro e una estiva di 15 euro.

Quella che vedete qui alla fine sarà una casa a consumo quasi zero come richiesto dalla nuova Direttiva europea. Guardate le fotografie. Voi sapete benissimo che è la corretta posa in opera del termocappotto con l’eliminazione di tutti i ponti termici -- ad esempio nei punti di attacco fra pareti e tetto; e in quelli fra il controtelaio dei serramenti e i vari spigoli -- a fare la differenza. All’interno, poi, abbiamo realizzato un ulteriore termocappotto in fibra di legno, manterrà l’ambiente domestico in pieno comfort, tanto termico che acustico, durante tutto l’anno solare.

Figura 1.26 La facciata a pietra dell’edificio risanato a S. Giovanni Gemini è stata richiesta dalla Soprintendenza in accordo alla locale tradizione del costruire.

E’ stato quindi fondamentale quello che dice il Dr Pagliaro. Ovvero agire da "evangelisti dell’efficienza" e formare le maestranze. "Noi abbiamo lavorato sempre così", vi dicono. Esattamente come i progettisti. E i risultati aggiungo io -- si vedono. Al contrario, quando imparano diventano dei veri termocappottisti ed oggi sono in grado di installare l’involucro edilizio ad alta efficienza come pochi altri qui in Sicilia. Ed eccolo il risultato finale. Le persone che stanno per andarci a vivere ci hanno detto che non avevano mai visto queste cose durante i lavori edili cui avevano assistito in precedenza; loro, come tutti noi.

1.7 Il risanamento di casa: Una soluzione accessibile a tutti Gaetano -- 40enne, sposato, due figli -- vive a Palermo in un appartamento in via Trabucco realizzato al tempo del “sacco di Palermo”.

A contatto con il tetto, la casa è delimitata da un “involucro” (le pareti, le finestre e il tetto) privo, come pressoché tutti gli edifici siciliani ed italiani, del minimo isolamento.

Figura 1.27 Giugno 2013: Installazione dei pannelli in fibra di legno all’interno del tetto di casa di Gaetano, a Palermo. Con 83 pannelli il proprietario ha risanato casa propria, trasformandola da luogo di discomfort alla dimora confortevole che tutte le famiglie dovrebbero abitare.

Fino a giugno 2013, il microclima all’interno dell’abitazione era sempre stato invivibile: una sauna di estate, e freddo umido in inverno. Una situazione di disagio che in estate costringeva la famiglia a tenere sempre accesi i condizionatori; e in inverno a fare lo stesso con i termosifoni alimentati dalla caldaia a gas.

Risultato: Oltre mille metri cubi di metano e oltre 3mila kWh (chilowattora) di elettricità da pagare ogni anno per un appartamento di 100 metri quadri, nella città con le tariffe dell’energia fra le più alte in Europa (oltre 1 euro per ogni metro cubo di metano e oltre 20 centesimi per un kWh di elettricità che diventano 32 centesimi se avete un contatore superiore ai 3 chilowatt).

Uno dei giovani corsisti del Polo Fotovoltaico della Sicilia ha quindi consigliato a Gaetano di isolare due pareti e il tetto.

Figura 1.28 Insiste Demis Orlandi di Naturalia-BAU: “Il termocappotto deve essere multifunzionale e garantire, con un’unica soluzione,

isolamento invernale, estivo, acustico e traspirabilità. E deve farlo attraverso l’uso di materiali salubri”.

Ma non con il polistirolo utilizzato con successo in Germania per difendersi dal freddo; piuttosto con un materiale naturale, efficace nel difenderci tanto dal freddo che dal caldo: la fibra di legno.

Il proprietario, un tecnico, ha quindi installato da sé 83 pannelli di fibra di legno spessi 4 cm sulle pareti in questione e sul tetto.

Tre giorni di lavoro al costo complessivo di un ciclomotore, ed ecco la casa risanata.

In casa al fresco e il rumore fuori

Durante l’estate del 2013, al solito caldissima, a casa di Gaetano i condizionatori sono rimasti accesi solo nei giorni più caldi, per meno di un’ora al giorno.

Ma alla temperatura termostatica di 27 gradi e per un’ora; e non -- come avveniva prima -- a 20 gradi per quasti tutto il giorno.

Figura 1.29 Prodotti in Slovenia, un Paese a basso costo del lavoro, i pannelli in fibra di legno Hofatex Therm installati da Gaetano a Palermo sono molto meno costosi di quelli prodotti in Germania, Francia o Svizzera.

Il fresco creato dalle pompe di calore adesso non viene subito disperso dall’onda di calore proveniente dalle pareti e dal tetto.

Ora è possibile stirare i capi di vestiario senza che il contatore “stacchi” la corrente. Come quasi tutte le famiglie siciliane, infatti, anche quella di Gaetano ha scelto un contatore che impegna una potenza di 3 kW

(chilowatt); per cui ogni volta che la richiesta di potenza eccede questa soglia di qualche centinaio di watt, ecco che automaticamente si “stacca la luce”.

Le tempeste notturne che regolarmente colpiscono Palermo adesso non si traducono più nell’effetto “bombardamento” del tetto che prima costringeva i quattro familiari a un risveglio improvviso quanto sgradito.

La fibra di legno, infatti, è anche un eccellente isolante acustico capace di tenere fuori di casa il rumore.

Adesso la famiglia di Gaetano vive nel comfort domestico, e risparmia ogni anno 800 euro. Denaro che potrà essere utilizzato, ad esempio, per far apprendere ai figli una lingua straniera.

Il risanamento energetico di casa, quindi, si traduce subito in comfort, risparmio e sviluppo economico, non solo per il grande attore comico o per il benestante avvocato, che pure già da tempo a Mondello (Palermo) beneficiano di case a basso consumo grazie alla fibra di legno.

Ma per qualsiasi famiglia della classe media italiana, che oggi può accedere al comfort domestico mentre l’ambiente si risana.

CAPITOLO 2 La certificazione energetica degli edifici

2.1 La Direttiva EPBD Della nostra auto, quando l’acquistiamo, sappiamo tutto. Quanto consumerà e come fare ad ottimizzare i consumi. Di casa nostra, invece, non sappiamo nulla. In Italia, ad esempio, circolano 34 milioni di veicoli che immettono in atmosfera 45 milioni di tonnellate di CO2 (anidride carbonica) ogni anno. In pratica, ogni veicolo disperde 1,3 tonnellate di CO2 per un consumo medio di 700 litri di combustibile.

Figura 2.1 In media ogni veicolo in Italia disperde 1,3 tonnellate di CO2. Un’abitazione, invece, ne emette 2,8. Ma chi ne è consapevole?

Allo stesso tempo i 22 milioni di abitazioni del nostro Paese ogni anno disperdono in atmosfera 77 milioni di tonnellate di CO2, di cui l’80% sono emissioni dovute al solo riscaldamento. Ogni alloggio, quindi, disperde in media 2,8 tonnellate di anidride carbonica derivanti dalla combustione di 1.200 litri di combustibile, pari a 15-16 litri di combustibile per metro quadrato.

Nel 2002, dunque, la Commissione europea promulga la Direttiva 2002/91/CE “Energy Performance of Buildings Directive” (EPBD) sulla prestazione energetica nell’edilizia che introduce la certificazione energetica degli edifici.

La Direttiva individua una serie di strumenti che gli Stati membri devono adottare per promuovere il miglioramento della prestazione energetica degli edifici, ed essenzialmente identifica la diffusione della certificazione energetica per diffondere presso gli utilizzatori la conoscenza della prestazione energetica degli edifici che utilizzano, fornendo uno strumento utile ad una scelta consapevole in fase di acquisto/locazione di immobili.

Figura 2.2 La grande direttiva EPBD intende promuovere il cambiamento attraverso l’informazione fornita dai proprietari ad acquirenti e locatari.

L’Italia recepisce la Direttiva tre anni dopo (dunque in ritardo) con il Decreto legislativo (D.lgs) 192/05, successivamente modificato con il D.lgs 311/2006. Il quadro normativo viene quasi completamente definito solo a metà del 2009, quando vengono emanati i due Decreti attuativi riguardanti i limiti di fabbisogno di energia, i criteri di calcolo, e le Linee guida nazionali per la certificazione energetica.

D.lgs. 192/2005 "Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia”

D.lgs. 311/2006 “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell’edilizia”

D.lgs. 115/2008 “Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici” (Introduce le UNI TS 11300 per la certificazione e i criteri per i certificatori)

DM 26/6/2009 Linee guida nazionali per la prestazione energetica complessiva dell’edificio

Dunque, in fase di costruzione, compravendita o locazione deve essere messo a disposizione di acquirenti e locatari l’Attestato di Certificazione Energetica (ACE). In esso sono riportati tanto i “dati di riferimento che consentano ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico dell’edificio” che le “raccomandazioni per il miglioramento del rendimento energetico in termini di costi-benefici”.

La nuova Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia, già pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 18 giugno 2010 sostituisce dal 1° febbraio 2012 la Direttiva EPBD del 2002. La nuova Direttiva prevede l’obbligo di costruire edifici “ad energia quasi zero” entro il 31 dicembre 2020; ed entro il 31 dicembre 2018 per quelli occupati o di proprietà degli enti pubblici. Viene cancellato il limite dimensionale riguardante la superficie degli edifici sottoposti a ristrutturazione importante (stabilita dalla direttiva 2002/91 in 1000 mq) al di sopra della quale interviene l’obbligo di rispettare i requisiti minimi di prestazione energetica fissati dallo Stato. E viene introdotto l’obbligo di riportare su tutti gli annunci dei mezzi di comunicazione commerciali l’indicatore di prestazione energetica nei casi di vendita e di locazione.

Figura 2.3 Le 7 classi di efficienza energetica degli edifici definite dalla normativa comunitaria. Un edificio in classe A consuma meno di (o al massimo) 30 kWh/m² in un anno.

In Italia, la Direttiva viene recepita all’interno del Decreto Legge 63/2013, convertito in Legge 90/2013 che detta le nuove regole sulla prestazione energetica in edilizia degli edifici nuovi e di quelli oggetto di ristrutturazioni rilevanti.

Legge 3 agosto 2013, n.90 Conversione in legge, con modificazioni, del Dl 63/2013 - Recepimento direttiva 2010/31/Ue sulla prestazione energetica in edilizia e proroga detrazioni fiscali del 55% e 50% per efficientamento energetico e ristrutturazioni degli edifici

Decreto del Presidente della Repubblica 75/2013 attuativo del Decreto Legge n. 36 del 4 Giugno 2013 recante "Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo”. Dal 12 luglio 2013 è entrato in vigore il che riforma tutta la disciplina della certificazione energetica degli edifici ponendo finalmente rimedio alla procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea verso l’Italia. Dal 6 giugno 2013 per gli edifici di nuova costruzione, sottoposti a ristrutturazioni importanti, in caso di vendita o di nuova locazione di edifici o unità immobiliari, sarà necessario produrre l’Attestato di Prestazione Energetica (APE) e non più l’Attestato di Certificazione Energetica (ACE). Le disposizioni del DPR 75/2013 si applicano per le Regioni e le Province autonome che non abbiano ancora adottato propri provvedimenti in materia di certificazione energetica degli edifici.

La nuova Legge, in particolare, introduce alcuni articoli che rivedono sostanzialmente il D.Lgs. 192/2005 al fine di adeguarlo alla Direttiva, il cui mancato recepimento aveva fatto avviare una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea.

Dal 5 giugno 2013, in fase di certificazione energetica degli edifici, non dovrà essere più prodotto l’Attestato di Certificazione Energetica (ACE), ma l’Attestato di Prestazione Energetica (APE), utilizzando come metodologia di calcolo quella stabilita dal Dpr 59/2009, fino a quando verranno emanati i Decreti attuativi della nuova Legge. La Regione Emilia Romagna, ad esempio, ha equiparato le definizioni di ACE e di APE.

2.2 La certificazione energetica in Italia L’obbligo di allegare l’ACE a tutti gli atti di vendita e ai contratti di locazione di qualsiasi edificio (indipendentemente da dimensione e destinazione d’uso), originalmente sarebbe dovuto entrare in vigore dal luglio 2009. Da quella data, tutti i proprietari avrebbero dovuto incaricare un “tecnico abilitato” a predisporre la certificazione energetica dell’appartamento secondo un’analisi del rendimento energetico dell’edificio; e quindi alla redazione dell’Attestato di certificazione energetica dell’edificio.

Figura 2.4 Il vicepresidente di Ance, Piero Torretta: “L’iniziativa di cancellare l’obbligo della certificazione energetica è nata dai notai che, per la preoccupazione di allegare un atto ai rogiti, hanno spinto per cancellarne l’obbligo”.

Il legislatore nazionale, invece, in contrasto con la Direttiva EPBD, dopo un iniziale obbligo di allegare il certificato agli atti di compravendita (sia per edifici di nuova costruzione sia per quelli esistenti), ha prima eliminato e poi convertito l’obbligo di allegare il certificato al contratto in obbligo di dotare l’immobile del certificato, indebolendone così l’efficacia.

La cancellazione e il rinvio di tale obbligo è stata commentata lucidamente dal vicepresidente di Ance, Pietro Torretta:

«L’iniziativa è nata dai notai che, per la preoccupazione di allegare un atto ai rogiti, hanno spinto per cancellarne l’obbligo.

«Per non avere la responsabilità dell‘atto - anche se la certificazione è del certificatore e non certo del notaio - hanno cancellato un documento importantissimo. Mi chiedo come sia possibile che ci siano forze in Parlamento che si prestino a questo tipo di meccanismi.

E’ un brutto modo di fare politica».

Dopo l’apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, il Governo italiano allora in carica ha varato la possibilità che per tutti gli edifici di consumo ritenuto elevato di autocertificare, da parte del

proprietario, il proprio edificio come ad alto consumo, cioè in classe G (> 160 kWh/m²a); il che vuol dire che per anni la certificazione energetica di terza parte, in caso di compravendita, è stata regolarmente evitata.

L’aspetto più problematico della certificazione, ai fini della sua efficacia è però il sistema di accreditamento dei certificatori. L’ACE doveva infatti essere redatto da un certificatore energetico secondo le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, approvate con decreto del Ministero dello Sviluppo economico il 26 giugno 2009: uniche norme tecniche di riferimento; validità decennale del certificato; e prescrizioni relative all’aggiornamento dell’attestato a ogni intervento che migliori la prestazione energetica dell’edificio.

Figura 2.5 Tutti gli Ordini degli ingegneri pugliesi hanno subito fatto ricorso al Tar contro la nuova normativa regionale in tema di certificazione energetica degli edifici. E hanno vinto.

Quando però Regioni economicamente e politicamente deboli come la Puglia hanno provato (con il Regolamento n. 10/2010) a definire i criteri e le procedure in materia di certificazione energetica degli edifici, estendendo la possibilità di accreditarsi come certificatori a professionisti appartenenti a numerose categorie (ingegneri, architetti, agronomi, chimici, geometri, periti industriali, periti agrari), subito gli Ordini provinciali degli ingegneri di tutte e 4 le province pugliesi presentano con successo ricorso in tutte le sedi regionali del Tar.

Chi sono i tecnici abilitati? [All.3 D.lgs 115/08] Si definisce tecnico abilitato un tecnico operante sia in veste di dipendente di enti ed organismi pubblici o di società di servizi pubbliche o private (comprese le società di ingegneria) che di professionista libero od associato, iscritto ai relativi ordini e collegi professionali, ed abilitato all’esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici ed impianti asserviti agli edifici stessi, nell’ambito delle competenze ad esso attribuite dalla legislazione vigente.

Ai soli fini della certificazione energetica, sono tecnici abilitati anche i soggetti in possesso di titoli di studio tecnico scientifici, individuati in ambito territoriale da regioni e province autonome, e abilitati dalle predette amministrazioni a seguito di specifici corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici con superamento di esami finale. I predetti corsi ed esami sono svolti direttamente da Regioni e Province autonome o autorizzati dalle stesse amministrazioni.

In attesa di un nuovo Regolamento, i progettisti pugliesi hanno continuato a rilasciare l’ACE senza dover frequentare uno specifico corso di formazione e iscriversi nell’apposito elenco dei certificatori.

Eppure, la gran parte degli ingegneri, degli architetti e dei geometri italiani è priva delle competenze necessarie per redigere una certificazione energetica, non avendo praticamente mai studiato o condotto una verifica delle prestazioni energetiche degli edifici, anche solo con riferimento alle capacità di uso dei software per il calcolo dei fabbisogni energetici. In Lombardia, ad esempio, che ha da tempo legiferato tutti i certificatori devono aver frequentato un corso accreditato dal Cened, ovvero dalla potente finanziaria regionale Finlombarda che gestisce direttamente -- per conto di Regione Lombardia -- il Cened creato dalla Regione come Organismo di accreditamento in materia di certificazione energetica degli edifici. Nella Regione economicamente e politicamente più influente d’Italia i professionisti dell’edilizia non hanno fatto alcun ricorso contro la legislazione voluta dal Governo di Roberto Formigoni.

Figura 2.6 La Lombardia è stata con l’Emilia-Romagna la prima regione italiana a legiferare in materia di energetica degli edifici in Italia. Oggi in Lombardia ci sono 1,2 milioni di edifici certificati.

Dunque, in Italia a non essere uniformi sono stati proprio i requisiti professionali e i criteri per assicurare la qualificazione e l’indipendenza dei certificatori energetici. Secondo i ricorrenti le competenze trasferite durante gli studi universitari ai tecnici progettisti -- in un Paese in cui il costruito ha consumi medi di 17 litri di gasolio annui a metro quadrato -- erano e sono sufficienti a condurre la certificazione energetica.

Da un punto di vista sostanziale, le cose infatti non cambiano: è necessario ricevere una formazione specifica, teorica e pratica, sull’energia in edilizia.

E infatti il nuovo DPR 75/2013 ha stabilito che per essere abilitati o per accedere al corso di abilitazione di 64 ore (art. 2 commi 3 e 4) occorre essere laureati in ingegneria, architettura, fisica, matematica, chimica, geologia, agronomia e scienze ambientali; ovvero essere in possesso del titolo di geometra, perito agrario o agrotecnico, perito industriale.

Un tipico programma del Corso di 64 ore per certificatore energetico conforme ai contenuti minimi previsti dall’Allegato I al DPR 75/2013

I Modulo La legislazione per l’efficienza energetica degli edifici Le procedure di certificazione Obblighi e responsabilità del certificatore

II Modulo Il bilancio energetico del sistema edificio impianto Il calcolo della prestazione energetica degli edifici

III Modulo Analisi tecnico-economica degli investimenti

Esercitazioni pratiche con particolare attenzione agli edifici esistenti

IV Modulo Involucro edilizio

V Modulo Impianti termici

VI Modulo L’utilizzo e l’integrazione delle fonti rinnovabili

VII Modulo Comfort abitativo La ventilazione naturale e meccanica controllata L’innovazione tecnologica per la gestione dell’edificio e degli impianti

VIII Modulo La diagnosi energetica degli edifici

Per il resto, come spiega bene l’architetto e auditor CasaClima Cristina Marinuzzi, il nuovo DPR ha riproposto in pieno la definizione già data dal D.Lgs. 115/2008 e lasciato aperte tutte le incertezze con un riferimento alle competenze attribuite al tecnico abilitato dalla legislazione vigente che, in Italia, risale agli anni ’20 e ’30 del XX secolo, secondo le quali architetti e ingegneri, al di là delle specifiche attribuzioni, sono titolati alla certificazione nel campo dell’edilizia civile. Le lauree triennali sono abilitate con riferimento alle costruzioni civili semplici, geometri e periti sono abilitati con riferimento alle modeste costruzioni civili.

E infatti, di nuovo gli ingegneri hanno chiesto la modifica del regolamento dettato dal DPR 75/2013, sostenendo che non è possibile obbligare gli ingegneri iscritti all’Albo a frequentare specifici corsi di formazione e a superare un esame finale per essere considerati abilitati a redigere la certificazione energetica degli edifici, poiché il laureato con il vecchio ordinamento, abilitato ed iscritto ai tre settori dell’Albo degli ingegneri, possiederebbe già tutte le competenze necessarie per redigere la certificazione energetica degli edifici, senza l’onere di dover sostenere alcun corso/ esame aggiuntivo.

In ogni caso, non c’è stata nemmeno una fase transitoria per coloro che hanno già lavorato e acquisito competenze nel settore della certificazione energetica prima dell’entrata in vigore del DPR 75/2013. In Sicilia, per esempio, la Regione ha sospeso i tecnici abilitati prima del DPR per i quali lo stesso Decreto richiede un corso di formazione che nessuno aveva ancora seguito.

2.3 Come si certifica un edificio Il DM 26/6/2009 definisce la prestazione energetica complessiva dell’edificio attraverso l’indice di prestazione energetica globale EPgl:

EPgl = EPi + EPacs + EPe + EPill

(1)

dove EP sta per “Energia Primaria” e: EPi è l’indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale EPacs è l’indice di prestazione energetica per la produzione dell’acqua calda sanitaria EPe è l’indice di prestazione energetica per la climatizzazione estiva EPill è l’indice di prestazione energetica per l’illuminazione artificiale

Essendo la normativa comunitaria stata scritta a Bruxelles con l’influenza decisiva della Germania, non è un caso che ai fini della produzione dell’Attestato di certificazione energetica il legislatore abbia limitato il calcolo solo alle prime due tipologie di consumo: riscaldamento e produzione dell’acqua calda sanitaria.

Figura 2.7 Il modello nazionale di Attestato di certificazione energetica.

La certificazione prevede quindi essenzialmente il calcolo del fabbisogno energetico per il riscaldamento invernale, cioè l’energia totale richiesta per mantenere la temperatura ambiente a 20 °C per l’intero periodo di riscaldamento.

Il legislatore ha da tempo definito il fabbisogno termico di una determinata area geografica relativa alle vigenti normative sul riscaldamento delle abitazioni con l’unità di misura “Gradi Giorno”. Ovvero un numero adimensionale che rappresenta la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo

annuale convenzionale, delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura convenzionale, fissata in Italia a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera.

In funzione dei GG sono state definite le 6 fasce climatiche del territorio italiano e i limiti massimi relativi al periodo annuale di esercizio dell’impianto termico ed alla durata giornaliera di attivazione:

fascia A: < 600 GG; ore 6 giornaliere dal 1º dicembre al 15 marzo; 2 Comuni fascia B: tra 601 e 900 GG; ore 8 giornaliere dal 1º dicembre al 31 marzo; 157 Comuni fascia C: tra 901 e 1400 GG; ore 10 giornaliere dal 15 novembre al 31 marzo; 989 Comuni fascia D: tra 1401 e 2100 GG; ore 12 giornaliere dal 1º novembre al 15 aprile; 1611 Comuni fascia E: tra 2101 e 3000 GG; ore 14 giornaliere dal 15 ottobre al 15 aprile; 4271 Comuni fascia F: > 3000 GG; nessuna limitazione (tra le ore 5 e le ore 23 di ciascun giorno); 1071 Comuni

Figura 2.8 Più alto è il valore dei “gradi-giorno” più il clima è rigido e quindi più basso dovrà essere il valore della trasmittanza termica

Un valore di Gradi Giorno basso indica un breve periodo di riscaldamento e temperature medie giornaliere prossime alla temperatura fissata per l’ambiente. Al contrario, valori di Gradi Giorno elevati, indicano periodi di riscaldamento prolungati e temperature medie giornaliere nettamente inferiori/superiori rispetto alla temperatura convenzionale di riferimento.

Al di fuori di tali periodi gli impianti termici possono essere attivati solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l’esercizio e comunque

con una durata giornaliera non superiore alla metà di quella consentita a pieno regime. Fra i comuni italiani, Sestriere ha il valore di gradi giorno più alto con 5165 GG mentre il comune di Lampedusa e Linosa ha il valore di GG più basso con 568 GG.

Le norme tecniche della serie UNI 11300, in Italia, definiscono il metodo di calcolo univoco delle prestazioni energetiche degli edifici utilizzabile in Italia ai fini della certificazione energetica degli edifici.

Nel dettaglio, l’efficienza energetica di un edificio viene valutata tramite il calcolo del bilancio energetico, da cui risulta il fabbisogno energetico dell’edificio espresso in kWh/m²a, che include il fabbisogno termico del riscaldamento e della produzione d’acqua calda sanitaria.

Quando si stende un’analisi energetica, il bilancio energetico deve chiudersi: tutto deve tornare confrontando quello che entra nella struttura esaminata con tutto quello che esce. Tenendo conto di tutti consumi all’interno, più tutte le perdite. Quindi, occorre prendere in considerazione tutti i flussi energetici, incluso il calore umano emesso (ogni persona emette 80-100 W di calore, per cui in un’azienda con 100 persone al lavoro si comprende che stiamo parlando di un contributo termico rilevante).

Figura 2.9 Flussi termici in un edificio residenziale. Parte del calore impiegato e pagato viene poi disperso per conduzione, irraggiamento e per ventilazione nell’ambiente esterno. [Immagine riprodotta col permesso da Miniwatt.it]

Tutta questa energia viene dissipata attraverso l’involucro dell’edificio. Il diagramma di Sankey mostra il flusso direzionale in cui la larghezza delle frecce è proporzionale alla quantità di flusso (di materiale, energia o costi). In quello seguente, relativo il flusso d’energia primaria utilizzata per il riscaldamento di un edificio riscaldato, sono distinte le perdite dovute al trasporto e alla trasformazione dell’energia, al rendimento dell’impianto, nonchè i guadagni solari e quelli da sorgenti interne.

La Parte 1 della norma UNI 11300, traduce in numeri questo grafico qualitativo calcolando l’energia primaria a metro quadrato misurata in kWh/m²anno necessaria per riscaldare un edificio, per un intero anno in regime di funzionamento continuo,

L’energia primaria (Q) si calcola dall’energia termica utile (QH), ovvero l’energia netta necessaria per riscaldare la casa (a meno delle dispersioni impiantistiche) diminuita degli apporti interni e solari.

Il calcolo di tiene conto di tutti i mesi e dei rendimenti impiantistici, pertanto il fabbisogno energetico per la climatizzazione invernale Epi è uguale al [QH/rendimenti impianto], dove per rendimenti impianto si intende:

Ƞe = rendimento di emissione Ƞd = rendimento di regolazione Ƞrg = rendimento di distribuzione Ƞgc = rendimento di produzione

Il migliore sito per mantenersi aggiornati sul tema dell’efficienza energetica degli edifici è MyGreenBuildings.org del giovane ingegnere marchigiano Andrea Ursini Casalena, capace di veicolare con due slides l’impostazione del calcolo dettato dalle norme UNI 11300 sul fabbisogno di calore per il riscaldamento.

Figura 2.10 Forse il migliore sito italiano in tema di efficienza energetica degli edifici è MyGreenBuildings.org del giovane ingegnere marchigiano Andrea Ursini Casalena.

Il software gratuito DOCET del Cnr consente di calcolare rapidamente il fabbisogno energetico di un edificio residenziale esistente con superficie al di sotto dei 3000 m² -- e quindi la classe energetica fornendo anche suggerimenti sui possibili interventi migliorativi e valutazione dei benefici. Il software implementa in modo dettagliato le norme UNI TS 11300 secondo il DM 26/06/09 per la certificazione energetica e permette la stampa diretta del certificato energetico.

Figura 2.11 E’ facile, attraverso il video reso disponibile da Ursini Casalena, comprendere come funziona DOCET Pro 2010.

La versione DOCET PRO 2010 dello stesso software, sviluppata congiuntamente all’Agenzia CasaClima consente di effettuare la verifica dell’efficienza energetica dell’involucro edilizio (e dunque la certificazione) per qualsiasi edificio: residenziale e non, senza limitazioni di superficie, esistente o di nuova costruzione.

Il software è un’applicazione interamente online disponibile sulla piattaforma XClima che non richiede alcuna installazione. Si opera da un

qualsiasi computer in rete e non è quindi necessaria l’installazione di eventuali aggiornamenti derivanti da migliorie del software o da adeguamenti a future normative. Il costo dell’abbonamento annuale è di 120 € oltre IVA, inclusa la possibilità di partecipare a corsi di formazione online.

Quali dati inserire per il calcolo della Classe energetica di un edificio

La località in cui è ubicato l’edificio per selezionare i gradi giorno Il tipo di abitazione, casa singola o un appartamento in condominio e gli eventuali locali non riscaldati Le dimensioni in pianta e il perimetro dell’edificio (si calcola il volume riscaldato e la superficie utile riscaldata) I dati sull’involucro edilizio: pareti, serramenti tetto e ventilazione L’impianto di riscaldamento e il tipo di combustibile utilizzato

Il software consente il calcolo dell’efficienza complessiva dell’edificio (energia primaria) tenendo conto del fabbisogno di energia per la produzione di acqua calda sanitaria e per l’illuminazione dei locali, unitamente al calcolo dell’energia necessaria per la climatizzazione dell’edificio.

Esistono numerosi software commerciali certificati dal CTI che possono essere utilizzati per la certificazione energetica degli edifici. Hanno prezzi di listino compresi tra i 400 e i 2.000 €, a seconda delle funzioni. Il software gratuito Class On Line reso disponibile dall’Anit (Associazione Nazionale

per l’Isolamento Termico e acustico) consente di calcolare rapidamente il fabbisogno energetico di un edificio e quindi la classe energetica fornendo anche suggerimenti sui possibili interventi migliorativi e valutazione dei benefici.

2.4 Il fallimento della certificazione energetica in Italia «L’Italia -- ha spiegato Norbert Lantschner al Seminario “Marcello Carapezza” tenutosi a Palermo nell’ottobre 2012 -- ha già perduto la possibilità della certificazione energetica.

«In Lombardia ci sono 800mila immobili certificati. I controlli da parte della Regione sono stati 40. E anche sul risultato di quei 40 controlli è stato apposto il segreto. E’ ovvio che così non può funzionare».

Figura 2.12 Elena Scaratti, consulente lombardo CasaClima e architetto. Ha diretto per anni l’Associazione Archinnova.

Come stiano le cose in Italia rispetto alla certificazione energetica lo ha spiegato bene Elena Scaratti, consulente energetico che da anni lavora in collaborazione con l’Agenzia CasaClima di Bolzano, in un bell’editoriale (“La certificazione è ostacolata dai poteri forti” comparso nel 2009 su Metamorfosi, rivista dell’Associazione Archinnova.

«Sono passati otto anni da quando la Comunità Europea ha introdotto la direttiva 2002/91, ma a che punto stanno i lavori nel nostro paese? Sintetizzando potremmo dire che non è cambiato nulla. Le ragioni di questa staticità normativa dipendono in parte da una incapacità gestionale degli amministratori, in parte dalle forti pressioni delle lobby, che vedono in questo processo un limite al proprio consolidato status. D’altro canto non ci giustifichiamo perché progetti meritevoli come CasaClima trovino costantemente opposizione da parte di sindaci e associazioni di categoria, quando riscuotono pieno interesse tra cittadini e imprenditori lungimiranti. CasaClima tutela il soggetto debole, ovvero l’acquirente e punisce il furbo. Nessun altro metodo di certificazione italiano si fonda sul principio del controllo terzo.

«Al contrario assistiamo ancora al certificato compilato dal professionista senza obbligo di verifica e test; è sufficiente depositare un faldone cartaceo o elettronico, presso un qualche ufficio pubblico, che nessuno aprirà mai. Il nostro lavoro, negli ultimi anni, ha promosso la crescita e l’implementazione di questo progetto sul territorio nazionale eppure, malgrado numerosi contatti e sforzi, abbiamo assistito a fenomeni di boicottaggio, derivanti dalla paura dei poteri economici. I principali oppositori di questo sistema sono gli ordini professionali e le associazioni di categoria dei costruttori e degli artigiani, anche se esistono ovviamente delle eccezioni.

«Non stupiamoci dato che, dove viene richiesto un cambiamento e un maggiore impegno, chi è abituato al benessere economico con il minimo sforzo, proverà a ritardare il più possibile o a impedire la trasformazione. La certificazione è ostacolata da poteri forti. Esempi di pressione economica sulla politica li abbiamo visti sugli enti provinciali di Ferrara e Genova; la prima elaborò in accordo con l’Agenzia CasaClima un piano di sviluppo provinciale che trovò ferrea opposizione da parte degli ordini e tra le obiezioni si leggeva “CasaClima non rispetta il Genius Loci Ferrarese”.

«Vorrei chiedere a chi scrisse quelle obiezioni se ha mai fatto un giro per la città e se sia in grado di dirmi quanti edifici lo rispettino? A Genova invece, di cui scrivemmo nel terzo numero di Metamorfosi, l’ente provinciale Muvita fu bloccato dalle associazioni di categoria pochi giorni prima dell’accordo, con la ragione “CasaClima porta le aziende altoatesine sul nostro territorio”. Ma se le aziende del territorio non hanno tecnologie efficienti devono rimetterci i cittadini? Fatti di questo genere ne sono accaduti a decine».

La certificazione energetica degli edifici è lo strumento per facilitare la diffusione della cultura della efficienza e del risparmio energetico fra la gente. Uno strumento per creare un mercato consapevole e virtuoso nel quale l’utilizzatore dell’edificio sia capace di comprendere il valore delle migliori realizzazioni. La sua importanza è ribadita nella nuova Direttiva che, per rafforzarne l’efficacia, prevede che il certificato energetico oltre ad essere consegnato agli acquirenti o messo a disposizione degli affittuari (così come già previsto originariamente), sia anche riportato nelle pubblicità immobiliari, perché possa essere utile per una scelta consapevole.

Eppure sul sito Groupon la si trova in vendita a 59 euro in Piemonte e a 99 euro in Lombardia.

Figura 2.13 La certificazione energetica degli edifici in Italia è in vendita a 59 Euro su Groupon.

Nel 2012 dunque Altroconsumo ha acquistato online tre coupon su Groupon: due a 99 euro e uno a 129 euro. Tutti, dopo un sopralluogo in casa, promettevano di far avere un certificato che attestava la classe energetica dell’immobile. In un caso non c’è stato alcun sopralluogo. E i certificati ottenuti sono stati regolarmente tutti diversi: Classe energetica F per il certificato condominiale, E per quello eseguito con sopralluogo, e D per la ditta che ha

eseguito tutto online. Eppure, il numero di coupon venduti era così elevato che il cliente ha dovuto attendere fra uno e due mesi per avere il certificato!

2.5 CasaClima e ClimAbita La certificazione CasaClima è il protocollo di certificazione energetica degli edifici presentato nel 2002 conforme alla Direttiva EPBD sulla certificazione energetica degli edifici pubblicata nello stesso anno.

Qui, a differenza di quanto avviene nel resto d’Italia dov’è il venditore a scegliersi il certificatore, l’intero processo di certificazione è gestito dall’Agenzia pubblica CasaClima accreditata nel 2005 come ente certificatore dalla Provincia di Bolzano (che ne è anche unico proprietario) che sceglie il certificatore all’interno di un proprio Albo e lo invia come auditore indipendente. Il cliente paga l’Agenzia, e non direttamente il certificatore. In questo modo, il protocollo impedisce che il soggetto certificatore sia coinvolto nell’attività di progettazione, direzione lavori e fornitura di materiali edili e costruzione.

Non ci sono controlli a campione, o parziali. La patente energetica viene concessa casa per casa, edificio per edificio. Con controlli in cantiere e sugli edifici conclusi. Pertanto, ovviamente, non è possibile pagare una certificazione 59 Euro.

Figura 2.14 Le classi di certificazione CasaClima sono solo le prime 2: A e B. Quello C è infatti considerato lo standard minimo di costruzione.

Si tratta di una certificazione premiante. Si possono quindi certificare soltanto edifici in Classe A e in Classe B. Inoltre, è possibile certificare con la Classe “Oro” la cosiddetta casa “1 litro”, cioè un edificio in cui i consumi per riscaldare l’involucro sono pari o inferiori ai 10 kWh/m²a.

Per ottenere la certificazione il cliente accetta di far sottoporre la propria abitazione ad un rigido controllo del processo di edificazione, che avviene in

tre momenti: analisi del progetto, sopralluoghi in cantiere, e test di congruità tra l’eseguito e il progetto iniziale.

Al termine del processo, se il risultato è positivo, l’Agenzia rilascia il certificato energetico con validità 10 anni, e la relativa targhetta CasaClima.

Il certificato illustra la qualità termica dell’immobile in modo semplice e comprensibile offrendo al committente una facile valutazione energetica dell’immobile: buona o eccellente. E non, quindi, 7 classi di consumo difficilmente comprensibili.

La visione pioneristica dei suoi fondatori -- l’ex direttore dell’ufficio “Aria e Rumore” della Provincia autonoma di Bolzano, Norbert Lantschner e i suoi collaboratori -- ha fatto sì che, mentre nel resto d’Italia la certificazione energetica degli edifici diveniva l’ennesima occasione mancata, in Alto Adige venissero attratti giovani e tecnici da ogni parte d’Italia.

Figura 2.15 La consegna dei certificati e delle targhette CasaClima "R" per appartamenti e edifici ai primi 14 progetti pilota nell’ambito della fiera Klimaenergy 2013.

In dieci anni l’Agenzia ha certificato oltre 5mila edifici e ha formato a Bolzano oltre 1000 persone in corsi che vanno da brevi incontri di un paio di giorni a veri e propri Master strutturati che in molti mesi formano i Consulenti energetici o gli Auditori CasaClima.

L’Agenzia è una Srl, dunque una società formalmente privata, che però è interamente di proprietà della Provincia autonoma di Bolzano che, oltre ad

un contributo di 500mila euro ogni anno, paga l’affitto della sede. L’Agenzia non costruisce, non vende prodotti per l’edilizia e non fa progettazione. Ha 143 aziende partner e fa certificazione e formazione. Nel 2012 ha fatturato 2,8 milioni di euro. Alla fine del 2013, aveva 29 dipendenti ed aveva in corso nuove assunzioni.

Nel 2012, la Provincia ha messo fine alla direzione di Lantschner, il quale, pochi mesi dopo, ha presentato la Fondazione ClimAbita: una Fondazione internazionale con compiti simili a quelli di CasaClima (formazione e certificazione), ma con una forte vocazione ad uscire dall’ambito del territorio altoatesino per raggiungere non solo le altre regioni italiane, ma anche i Paesi al di fuori dell’Italia.

Non casualmente, il primo corso della Fondazione è stato tenuto con la modalità della formazione a distanza a corsisti argentini nell’ambito di una partnerhsip con l’Università di Mendoza. Inoltre, come dice il suo stesso nome, la Fondazione enfatizza l’importanza dell’abitare sostenibile, ovvero la necessità di coinvolgere le persone che poi andranno a vivere ed abitare negli edifici a basso consumo energetico. Organizza quindi, a Firenze come in Argentina corsi come “Abitare Green” rivolti a coloro che intendono avvicinarsi al mondo degli edifici a basso impatto ambientale, con consumi energetici ridottissimi e con alto valore ecologico.

Alla fine del 2012, la Fondazione si è dotata di un proprio protocollo per la certificazione.

Il protocollo e_ClimAbita

- il protocollo e_ClimAbita effettua la classificazione in base all’efficienza energetica annuale e alla qualità costruttiva dell’involucro edilizio

- l’efficienza energetica annuale è classificata in base ad un nuovo indice energetico unico per tutto l’anno denominato indice del fabbisogno annuale complessivo di energia utile per il riscaldamento invernale e il raffrescamento EPa,invol dato dalla somma EPi, invol + Epe, invol

- il protocollo e_ClimAbita prevede il controllo tutti i progetti e tutti i cantieri degli edifici sottoposti a certificazione

La condizione per essere certificati con il protocollo e_ClimAbita è la completa conformità alla legislazione vigente in materia di contenimento dei consumi energetici e della certificazione energetica a livello nazionale, regionale e provinciale

Classe SUPERIOREpa, invol ≤ 45 kWh/(m²/anno)

Classe PREMIUMEpa, invol ≤ 25 kWh/(m²/anno)

Gli edifici in classe SUPERIOR e classe PREMIUM che hanno grado di copertura del fabbisogno complessivo di energia primaria maggiore del 100% con energia da fonti rinnovabili prodotta in loco saranno inoltre qualificati SUPERIORATTIVA e PREMIUMATTIVA

Nel dettaglio, il protocollo e_ClimAbita introduce la figura del Supervisor energetico il quale, nominato dalla Fondazione, sovrintende all’intero processo di certificazione dal controllo del progetto, al controllo della costruzione fino alla conclusione. Al termine il Supervisor energetico, in qualità di certificatore accreditato a livello nazionale, regionale o provinciale, emette il certificato energetico secondo la legislazione nazionale, regionale o provinciale contestualmente al certificato e_ClimAbita emesso dalla Fondazione.

La conformità alla legislazione nazionale, regionale e provinciale rende il protocollo di certificazione e_ClimAbita legalmente applicabile in tutto il territorio italiano, senza alcuna limitazione.

Figura 2.16 L’Energy Pass ClimAbita.

Alla fine, l’edificio certificato può apporre il proprio Energy Pass che con due sole notazioni, la classe ClimAbita e un codice digitale QR, dà praticamente tutte le informazioni necessarie a chiunque sia interessato in quell’edificio a basso consumo.

2.6 Edifici: Dalla certificazione alla rinascita dell’economia Lehman Brothers, Parmalat, Barclays, Enron. Sono solo alcune delle imprese, finanziarie ed industriali italiane e non, regolarmente fallite pur essendo in possesso, al momento del fallimento, della massima certificazione del bilancio “di terza parte”, cioè ottenuta pagando un certificatore.

Per quale motivo nel settore dell’edilizia, la certificazione dovrebbe essere diversa? Se un’impresa ne paga un’altra per essere certificata, i loro interessi convergono. Si tratterà di mettersi d’accordo.

La certificazione altoatesina degli edifici CasaClima o quella ClimAbita, invece, non sono un bluff. Ma nel caso del Sudtirolo italiano, a impedire il rapido degrado della certificazione sono stati lo streben e la testa del fondatore, Norbert Lantschner.

Figura 2.17 Termofotografia del grattacielo “Generali” di Catania realizzata in un pomeriggio di febbraio del 2012. Le dispersioni termiche sono evidenti.

In pratica, a fine anni ‘90 Lantschner intuì che, poiché in Italia pressoché nessuno conosceva gli edifici a basso consumo, lui e i suoi collaboratori, fra i quali Peter Erlacher, avrebbero formato i progettisti e pure gli installatori tanto per il risanamento energetico degli edifici esistenti che per la costruzione di case e alberghi a basso consumo.

Quindi, il focus non sulla certificazione. Ma sulla formazione, la divulgazione e il coinvolgimento delle imprese edili, e di quelle al servizio dell’edilizia. E al posto delle 7 confondenti “classi energetiche” varate dai burocrati europei, con le loro freccette colorate, due sole classi. Ed entrambe di alto valore: la A e la B.

Così avrebbe funzionato.

“All’inizio le due più grosse società immobiliari locali ci snobbarono -raccontava Lantschner a Palazzo delle Aquile nell’ottobre del 2012 --. Oggi costruiscono e ristrutturano solo in regime CasaClima”.

Dieci anni dopo, un pomeriggio del febbraio 2012, a Catania il più grande termografo siciliano invitava gli architetti corsisti a fotografare con il suo splendido obiettivo al Germanio il grattacielo “Generali” antistante la bella sede dell’Ordine provinciale degli architetti.

Ed eccoli, tutti i balconi e le facciate rosse a disperdere il calore generato bruciando il metano venduto a prezzi fra i più elevati in Europa (anche 1,20 euro a metro cubo).

Enei giustamente enfatizza come l’approccio siciliano alla questione dei consumi energetici degli edifici al Sud e in Sicilia dovrebbe essere esattamente complementare a quella del Sudtirolo italiano, che a sua volta copiò Austria e Germania.

Figura 2.18 L’ingegnere siciliano di origini laziali Massimo Enei. “Le esigenze dei nostri edifici qui in Sicilia, e direi in buona parte dell’Italia, sono praticamente complementari a quelle degli edifici altoatesini o austriaci”.

Lì il polistirolo venduto dai colossi tedeschi della chimica, per difendersi dal freddo invernale. Da noi la fibra di legno o il silicato di calcio per tenere fuori le interminabili onde di calore africano.

In Alto Adige quindi gli infissi basso emissivi; al Sud la ventilazione naturale come necessità.

In Alto Adige i pannelli solari ad integrare la produzione elettrica e di calore.

E al Sud talmente tanto sole da produrre più energia del necessario.

In breve, in Sicilia per tenere gli ambienti di vita e lavoro a 20 gradi di inverno e a 26 di estate, portando l’umidità ai valori del campo di benessere igrotermico, non è più necessario bruciare combustibili fossili.

Allora, perché non lo facciamo subito?

Semplice. Non perché manchino i certificatori energetici. Ma perché né i progettisti né gli imprenditori edili conoscono le tecnologie, le soluzioni e il mercato dell’edilizia alto efficiente. Eccola, dunque, la via della rinascita economica siciliana ed italiana. Risanare, edificio dopo edificio, il patrimonio edilizio portando le bollette (luce e gas) delle famiglie da 2mila a 200 euro annui.

Liberando in questo modo un’immensa quantità di denaro stupidamente buttato via dai camini delle caldaie in inverno; e d’estate facendo funzionare i condizionatori. Mentre i tetti, invece di produrre elettricità e acqua calda, continuano a raffreddarsi d’inverno e a riscaldarsi d’estate senza alcun costrutto: anzi costringendo i proprietari a riscaldare e a raffrescare ancor di più.

Figura 2.19 Per far percepire il piacere di abitare in una casa in legno ad alta efficienza energetica, la Rubner ha costruito alcune case che mette a disposizione dei potenziali clienti per fargliele valutare personalmente.

Ma l’uomo non vive di solo pane. Insistere solo sul risparmio non serve a nulla. Per mobilitare le persone, che nonostante la crisi continuano a comprare gli smartphone a 700 euro; e le auto tedesche, bisognerà fargli toccare con mano il benessere immediato che comporta vivere e lavorare in edifici fatti così.

Come fa l’altoatesina Rubner. Che nei pressi della propria sede ha fatto costruire un paio di case in legno in classe A Oro. Le persone prenotano e ci vanno a passare il weekend. Da 10 anni, la Rubner conosce solo la crescita con un fatturato passato da 155 ai 362 milioni di euro del 2012.

Così come, felice di casa sua, è l’avvocato palermitano che a Mondello, proprio come l’attore con la casa più in là, si gode in maglietta casa sua con gli impianti sempre spenti; e la fibra di legno a causarne il benessere.

I casi sono decine. Il Polo Fotovoltaico della Sicilia li ha raccolti e li usa per i propri corsi finalizzati alla pratica. Per portare concretamente l’energia solare e l’efficienza energetica alle famiglie e alle imprese; e costruire così un futuro migliore tanto per le famiglie e le imprese che per l’ambiente attraverso l’utilizzo intelligente delle risorse naturali e dell’innovazione.

E formando le risorse umane più preziose: i giovani che altrimenti, senza uno scopo e senza prospettive, precipitano in un presente senza speranza.

CAPITOLO 3 Al caldo d’inverno, al fresco d’estate

3.1 Isolare l’involucro e ventilare: Comfort e risparmio Il motivo per cui gli edifici italiani consumano tanta energia (in media, 17 litri di gasolio a metro quadrato ogni anno), e sono così privi di comfort, è semplice. Il cemento, come buona parte dei materiali inorganici usati in edilizia, è un materiale termicamente scadente e comporta, insieme alle coperture e ai serramenti altrettanto scadenti, perdite di calore rapide e ininterrrotte durante la stagione fredda; e l’ingresso dalla calura estiva durante la stagione calda. Un pannello di materiale isolante ha un valore tipico di λ = 0,04 W/mK mentre il cemento ha λ = 2,10 W/mK.

E’ come dire che 15 cm di isolante ci proteggono dal freddo come un muro di cemento spesso 8 metri!

Figura 3.1 Il cemento, come buona parte dei materiali inorganici usati in edilizia, è un materiale termicamente scadente.

La conduttività termica (λ) Indica la quantità di calore, espressa in watt (W), che passa attraverso 1 mq di materiale dello spessore di 1 m, nell’arco di 1 ora, a fronte di una differenza di temperatura interno/esterno pari a 1 Kelvin. Quanto minore è questo coefficiente, tanto meglio, perché significa che esiste una minore trasmissione di calore. Unità di misura: W/mK

Trovandosi in un ambiente con superfici fredde, il corpo irradia più calore e si avverte una sensazione di freddo anche se la temperatura dell’aria sembra sufficientemente alta. L’intensità degli scambi termici fra il corpo umano e l’ambiente circostante, dipende dalla temperatura dell’aria e da quella delle superfici circostanti (pareti, soffitti, pavimenti). Il corpo sta perdendo calore per irraggiamento: la sensazione di freddo è immediata. Inoltre, se il materiale della parete assorbe il calore irradiato più rapidamente -- come nel caso, ad esempio, di una parete di pietra rispetto ad una parete di legno (che è un cattivo conduttore di calore) -- si sentirà ancora più freddo.

Figura 3.2 Il comfort termico all’interno di un edificio dipende dalla temperatura dell’aria, ma anche da quella delle pareti che, se è troppo bassa (sx) risulta nella radianza del calore dal corpo e in una sgradevole sensazione di freddo.

In generale, le condizioni termiche in un ambiente sono buone quando la somma della temperatura dell’aria e quella delle pareti è uguale alla temperatura media del corpo (37°C), il che avviene quando la temperatura delle superfici circostanti supera leggermente quella dell’aria.

E siccome il comfort climatico -- la sensazione di caldo e di freddo -- è intimamente collegato all’umidità: non solo occorre modulare la temperatura di aria e pareti, ma fare in modo che l’umidità dell’aria sia compresa tra il 40 e il 70%, condizioni nelle quali il corpo umano non subisce notevoli perdite per irraggiamento.

Tabella 3.1 Temperatura e umidità relativa ottimale nei vari ambienti

Ambiente

Temperatura (°C)

Umidità relativa (%)

Soggiorno

16-20

40-60

Stanza da letto

12-16

50-70

Cucina

12-14

50-70

Bagno, doccia

20-22

50-70

WC

20-22

40-50

Corridoio

12-14

40-60

Scala, pianerottoli

10-12

60

Il benessere termico non è solo una questione del rapporto di temperature, ma possiede anche una componente soggettiva. Le condizioni igrotermiche sono buone quando sono percepite come gradevoli. I fisiologi hanno pertanto eseguito numerosi test con persone di diversa età, peso, sesso e altezza. Ed hanno così definito sperimentalmente il campo di benessere igrotermico.

Figura 3.3 I fisiologi hanno eseguito tanti test con delle persone e definito dei campi di benessere igrotermico. [Immagine riprodotta con il permesso di Miniwatt.it].

Il campo di benessere igrotermico ci dice che la temperatura e l’umidità dell’aria vengono percepite insieme. Pertanto per assicurare alle persone un autentito comfort, soprattutto nel periodo invernale e in quello estivo, quando la temperatura esterna e quella desiderata all’interno sono molto differenti, in estate, le temperature interne si possono mantenere facilmente nel campo del benessere termico, senza ricorrere al climatizzatore, con l’ombreggiatura delle finestre durante il giorno e la ventilazione naturale notturna. Già una temperatura interna inferiore di pochi gradi (3-5 °C) a quell’esterna viene percepita come gradevole.

Nelle condizioni meteorologiche miti come quelle del Meridione italiano, è facile usare la ventilazione naturale per attivare la refrigerazione notturna dell’edificio e migliorare drasticamente il comfort termico, olfattivo e respiratorio di coloro che durante il giorno vivono nell’edificio.

Figura 3.4 L’effetto camino: l’aria riscaldata diventa meno densa e sale verso l’alto, fuoriuscendo verso le finestre poste sul tetto. [Immagine riprodotta con il permesso da Somfyarchitecture.it].

Ad esempio, un sistema automatico con temporizzatori come quello prodotto dall’italiana Somfy che fa sì che le finestre vengano aperte la notte e chiuse di giorno. Le finestre si aprono e si chiudono automaticamente grazie ai temporizzatori e ai sensori climatici interni/esterni. Durante la notte l’aria viziata esce per lasciare il posto all’aria fresca che entra nell’edificio.

In inverno si pone il problema inverso di dover mantenere il comfort termico, cioè il mantenimento di una temperatura tra 16 e 20 °C indipendentemente dalla temperatura esterna. Questo richiede la fornitura di calore che deve essere prodotto in una quantità che dipende dalle prestazioni termiche dell’edificio.

In un edificio con alte prestazioni termiche, portare la temperatura interna a 16 °C o a 23 °C, non incide molto sul consumo energetico, perché le perdite di energia sono assai modeste. Ma incide profondamente sul benessere delle persone che in quell’edificio vivono o lavorano.

Prima di procedere all’isolamento, pure necessario, dell’involucro dell’edificio occorre comprendere che in un ambiente chiuso in cui si trovano delle persone, la qualità dell’aria diminuisce rapidamente.

La percentuale di ossigeno decresce a causa della respirazione ed aumenta quella di biossido di carbonio (CO2). Aumenta rapidamente anche l’umidità dell’aria e si sviluppano cattivi odori. L’aria diventa viziata e, quando la concentrazione di CO2 supera lo 0,07%, l’aria è esausta. In queste condizioni diminuisce la concentrazione, si manifestano sonnolenza e cefalea.

La qualità dell’aria Oltre alla temperatura, la qualità dell’aria degli ambienti chiusi è influenzata da 6 fattori che vanno dall’umidità relativa, alle particelle sospese, ai microbi, alla CO2 e alle sostanze allergeniche:

Biossido di carbonio CO2 Vapore acqueo (afa) Sostanze maleodoranti Gas e vapori (incluso il Radon) Microrganismi

In breve, il fattore più importante per il comfort climatico all’interno di un edificio è la qualità dell’aria, cioè la sua purezza, temperatura e umidità. In Italia, come in buona parte dei Paesi industrializzati, trascorriamo più del 70% del nostro tempo all’interno di un edificio.

Una persona inspira ed espira ogni giorno 20.000 litri d’aria e necessita ogni giorno di almeno 30 m³ d’aria per sentirsi bene. In una famiglia di 4 persone, ogni giorno vengono rilasciati circa 10 litri di vapore acqueo da attività come cucinare, lavare, innaffiare i fiori e dalla traspirazione corporea. E’ dunque necessario ventilare ed arieggiare gli interni con regolarità per espellere questa umidità.

La ventilazione fornisce nuovo ossigeno, asporta l’aria esausta e, con essa, anche l’umidità e altri inquinanti. Il ricambio d’aria deve quindi avvenire in rapporto al numero delle persone presenti e al tipo d’attività che esse svolgono.

D’inverno, dunque, nelle abitazioni risanate dotate di un termocappotto è utile ricorrere alla ventilazione meccanica con recupero di calore alimentata da una pompa a basso consumo di elettricità. L’aria fresca e preriscaldata,

infatti, previene la formazione delle muffe sui materiali della costruzione, e abbatte i consumi energetici riducendo l’esigenza di riscaldamento.

Figura 3.5 I vantaggi della ventilazione forzata per gli ambienti domestici. La tecnologia garantisce comfort, riduzione della rumorosità, espulsione dell’aria viziata e un ambiente idoneo anche per i soggetti allergici. [Immagine riprodotta con il permesso di Isodomous.com].

Gli aeratori dotati di ventole motorizzate e dotati di trasformatori integrati, vengono collegati alla rete a 220 Volt e funzionano con consumi contenuti (7/15 Watt) e bassissima rumorosità. Utilizzando questi aeratori di livello tecnologico molto avanzato -- che funzionano ad immissione ed emissione

contemporanea dell’aria, che viene convogliata attraverso tubi a doppio flusso protetti da griglie anti-intemperie – è possibile realizzare l’aerazione meccanica controllata sia per singola stanza sia per unità abitative, senza canalizzazioni o impianti specifici poiché sono le stanze stesse a fungere da canalizzazione. Negli edifici ben isolati è possibile risparmiare energia in modo sensibile, grazie ad un recupero di calore superiore al 90% e ad un risparmio energetico che va dal 30 al 50% (10 - 25 kWh/m² annuo).

Figura 3.6 Nello scambiatore d’aria con recupero di calore Meltem l’aria consumata e l’aria fresca passano l’una vicino all’altra, in un flusso incrociato restando comunque sempre separate. [Immagine riprodotta con il permesso di Isodomous.com].

L’elevata portata d’aria (100 m³/ora) fa sì che un solo apparecchio possa ventilare e aspirare anche ambienti molto grandi. Non sono quindi necessarie le ingombranti e costose condutture con assorbenti acustici degli impianti centralizzati. Sulla base dei valori misurati dai sensori di CO2 e umidità dell’aria, un microprocessore integrato calcola il ricambio d’aria ottimale e imposta in modo completamente automatico il livello di ventilazione corretto. Così, si compie solamente la ventilazione che è effettivamente necessaria.

L’aria consumata viene aspirata dai locali tramite un ventilatore e apportata allo scambiatore di calore. Un secondo ventilatore aspira l’aria fresca dall’esterno e la soffia, anche in questo caso dopo la filtrazione, attraverso lo scambiatore di calore. Qui l’aria consumata e l’aria fresca passano l’una vicino all’altra, in un flusso incrociato, attraverso le placche in alluminio dello scambiatore di calore, restando comunque sempre separate. In questa fase il calore viene trasmesso dal lato caldo al lato più freddo. L’aria consumata e raffreddata è espulsa all’esterno e l’aria dall’esterno, riscaldata, fluisce nella stanza senza creare correnti.

Figura 3.7 Diffusori del sistema di ventilazione Griglie Design. Anche per questi diffusori è disponibile una gamma di Griglie Design per integrarle in qualsiasi stile di arredamento [Immagine riprodotta con il permesso da Comfosystems.it].

I moderni impianti di ventilazione forzata si adattano ad ogni costruzione -case mono o bi familiari, villette a schiera, edifici a più piani, in mattone o in legno -- garantendo un’ottimale qualità dell’aria in ogni ambiente della casa, con una particolare attenzione all’estetica. I diffusori, a parete o a pavimento, possono essere montati a parete o a soffitto integrandoli con l’arredamento come nel caso della gamma “Griglie Design” di Zehnder: una serie di griglie di copertura che si adattano ad ogni

contesto architettonico degli ambienti (modelli a parete, a pavimento, a soffitto, disponibili laccate in colore bianco sovraverniciable e in acciaio inox).

3.2 L’involucro edilizio L’involucro tipicamente è composto da quattro strutture:

1. le pareti 2. Il solaio verso il basso 3. gli infissi 4. Il tetto

Dunque, le dispersioni termiche attraverso l’involucro edilizio sono attribuibili alle pareti, al tetto, alle finestre e al solaio (contro terreno o verso la cantina). Il grado di isolamento di questi elementi è espresso dalla trasmittanza termica U: più basso il suo valore e minore sarà la perdita di calore.

La trasmittanza termica (U) La trasmittanza termica è il flusso di calore istantaneo che passa attraverso una parete di un materiale per unità di superficie di parete per grado di differenza tra la temperatura interna e la temperatura esterna. L’unità di misura è W/m²K. Un valore basso sta significare che il calore farà più fatica ad uscire verso l’esterno. In un edificio ad alta efficienza il valore U di tetto, pareti, solaio e finestre dovrà essere il più basso possibile.

Il coefficiente di trasmissione termica globale di una struttura (il valore di trasmittanza U), ad esempio di una parete, è il valore inverso della resistenza termica (R) totale espresso in W/m²K, che a sua volta è pari alla somma dei singoli valori di trasmittanza dei diversi materiali. Naturalmente, tanto più lo spessore del materiale è elevato, tanto maggiore sarà la resistenza termica (R).

Pertanto, dal rapporto fra lo spessore e il la conducibilità del materiale (lambda o λ) si ottiene il valore di questa resistenza termica R espressa in m²K/W:

R = s/λ [m²K/W]

Per ottenere la prestazione globale termica di un edificio, si sommano le resistenze termiche dei materiali che la compongono, compresi i rivestimenti interni ed esterni.

In una parete, ad esempio, troviamo presenti materiali di struttura completamente diversi (mattoni, laterizi, cemento armato, acciaio) che hanno valori di conducibilità estremamente elevati. Pertanto, l’elemento imprescindibile per creare una struttura edile sana dal punto di vista energetico sopperendo al contenimento del flusso termico e aumentando la qualità ambientale interna è l’applicazione di un isolante termico (cappotto esterno). In media, 5 cm di isolante a base di poliuretano espanso (PUR) equivalgono a circa 60 cm di laterizio o 2 m di calcestruzzo!

Figura 3.8 Il calore attraversa rapidamente le pareti non coibentate. Isolare è dunque la prima priorità energetica. [Immagine riprodotta da www.ediltec.com con il gentile permesso di Ediltec Srl].

Analogamente, con soli 2 cm di isolante in fibra di legno con conducibilità termica = 0,045 W/mK applicati ad un muro di pietra si ottiene una riduzione del 52% della trasmittanza termica U; mentre con 10 cm la riduzione è addirittura dell’84%.

I valori minimi per la trasmittanza termica U per le diverse zone climatiche sono prescritti dal D.Lgs.192 e dal successivo D. Lgs 311.

All’inizio del 2010 è stato quindi pubblicato il Decreto 26 Gennaio 2010, dove si modificano alcuni valori di trasmittanza termica ripresi dal DM 11 Marzo 2008, per potere accedere alla detrazione del 55% delle spese per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici.

In sostanza, i valori massimi limite di U da rispettare, per poter accedere alle detrazioni fiscali, sono stati ulteriormente abbassati, rispetto ai valori minimi necessari per rispettare la legge.

Tabella 3.2 Valori limite U (W/m²K) per le strutture opache per accedere alla detrazione del 55%

La trasmittanza è il parametro da considerare quando si parla di contenere le dispersioni termiche invernali: bassa trasmittanza termica significa infatti minore consumo energetico per riscaldamento. Ma assumere la trasmittanza come unico indicatore consente di eseguire analisi energetiche semplificate, cioè in regime stazionario, su base mensile o addirittura stagionale.

In altre parole, descrivere i componenti dell’involucro edilizio con un singolo parametro come la trasmittanza termica è riduttivo e può condurre, nella calda estate italiana, a spiacevoli sorprese. Da questo approccio e dai suoi vantaggi semplificativi scaturisce la tendenza ad isolare sempre più: ma un isolamento estremo può avere effetti funesti nel periodo estivo. L’isolamento, che trattiene il calore in inverno, durante

l’estate svolge la medesima funzione, determinando il surriscaldamento degli ambienti.

Nei climi caldi, quindi, l’isolamento deve essere necessariamente affiancato da adeguati sistemi per controllare i guadagni gratuiti (fonti di calore all’interno dell’edificio, radiazione solare attraverso le superfici trasparenti, ecc.), altrimenti si determina un sensibile deterioramento delle condizioni di benessere e sorge la necessità di raffrescare artificialmente.

La presenza dell’isolante permette di ridurre gli apporti di calore dovuti alla trasmissione attraverso l’involucro. Ma in estate, si verifica un flusso termico inverso a quello invernale; i materiali che compongono gli elementi dell’involucro trasmettono verso l’interno il calore dovuto all’irraggiamento solare. Un termocappotto eccellente deve quindi proteggere dal freddo, e allo stesso tempo aumentare notevolmente l’inerzia termica della struttura, smorzando l’onda termica che attraversa la struttura.

Figura 3.9 In presenza di un isolante dotato dell’opportuna massa termica, l’onda termica che attraversa la struttura viene smorzata e sfasata. [Immagine riprodotta con il permesso di Andrea Ursini Casalena].

In altre parole, nel risanare un edificio dobbiamo cioè costruire tutto l’involucro opaco in modo da ottenere uno sfasamento, ovvero un ritardo deliberato con cui la temperatura all’interno dell’ambiente raggiunge quella esterna, che dovrebbe essere almeno di 9 ore (e superiore alle 10 ore nei climi più caldi) in modo di poter tenere fuori le temperature elevate per almeno una giornata.

L’inerzia termica (trasmittanza termica dinamica Udin) è la capacità di un componente edilizio (parete o tetto) di attenuare le oscillazioni della temperatura ambiente dovuta ai carichi termici interni ed esterni variabili nell’arco del giorno (radiazione solare, persone.

Lo sfasamento è la differenza calcolata in ore tra il picco della temperatura della faccia esterna di una muratura ed il picco della della faccia interna. Più calore specifico offre un materiale e maggiore è lo sfasamento: Più il materiale riesce ad assorbire calore e più sarà capace di cederlo con lentezza.

I materiali isolanti artificiali in genere non hanno molta densità e dunque assorbono poco calore: si dice che hanno scarsa capacità termica volumica:

Capacità termica volumica = calore specifico x densità

I materiali con maggiore densità (kg/m³) offrono maggiore protezione estiva. Per raggiungere un corretto livello di sfasamento la legge (D.lgs. 311) prevede che la massa superficiale delle murature verticali e orizzontali deve essere maggiore di 230 Kg/m².

3.3 I materiali termoisolanti Con lo sviluppo del mercato dell’efficienza energetica in edilizia, da poco sono in commercio materiali che velocizzano enormemente i tempi di posa e riescono a garantire performance termoacustiche degne dei più impegnativi sistemi a cappotto. Mettendo a confronto gli spessori utili per ottenere un valore omogeneo di trasmittanza termica (ad esempio 0.4 W/m²K), i valori ottenuti con materiali sintetici non sono più eccessivamente migliori di quelli dei materiali naturali come il legno.

Figura 3.10 Potere termoisolante di diversi materiali edili. [Immagine adattata con il permesso da www.gasparellafranceschini.it].

Un tempo i materiali isolanti di origine sintetica erano largamente superiori dal punto di vista prestazionale rispetto a quelli naturali. Ma oggi la progressiva crescita tecnologica dei materiali naturali e rinnovabili come il legno, il sughero e la lana di lino fa sì che le prestazioni termiche invernali siano paragonabili a quelle dei materiali sintetici (polistirene, poliuretano, lana di vetro e lana di roccia) mentre restano largamente superiori in termini di prestazioni estive.

Che sono quelle che maggiormente interessano buona parte dell’Italia. Un pannello in fibra di legno ha una capacità termica massica fino a 12 volte superiore ad un pannello di polistirene. La maggior parte degli isolanti, avendo densità basse, non ha elevata capacità termica, e ciò non permette di generare uno sfasamento nel passaggio dell’onda termica verso l’interno. Ad esempio, la fibra di legno con densità pari a 150 kg/m³ permette uno sfasamento di 8 ore con uno spessore di 12 cm. Per ottenere la stessa prestazione sarebbero necessari 35 cm di un pannello in polistirene con densità 25 kg/m³ o 33 cm della classica lana di roccia usata nelle intercapedini.

Figura 3.11 Confronto fra gli spessori utili di alcuni materiali coibenti per ottenere uno sfasamento di 8 ore. [Immagine adattata con il permesso da www.gasparellafranceschini.it].

In altre parole, un cappotto in fibra di legno serve anche per la protezione dal caldo estivo grazie alla sua inerzia termica molto alta, pari a 2.100 J/kgK, e per la protezione acustica grazie alla porosità e all’alto peso dei pannelli. Utilizzando altri materiali isolanti a bassa densità, invece, occorrerebbero spessori dell’ordine dei 35-40 cm: in questi casi la funzione di sfasamento dell’onda termica deve essere assolta principalmente dalla struttura muraria.

Il DPR 59 del 2 aprile 2009 (attuazione dell’articolo 4 del D.lgs 192/05 sul rendimento energetico in edilizia) definisce i requisiti minimi per la prestazione energetica degli edifici e degli impianti termici, non solo in riferimento alla climatizzazione invernale ma anche a quella estiva.

Fra i due metodi per la valutazione della qualità termica dell’involucro, si fa riferimento proprio allo sfasamento (metodo basato su parametri qualitativi in base alla Norma UNI EN ISO 13786). E’ dunque evidente come le buone prestazioni estive richiedano uno sfasamento di almeno 10 ore.

Materiali isolanti naturali Stuoie in cotone o cotone sciolto Valore λ: 0,04 – 0,045 W/mK Principali applicazioni: n

Il mattone tradizionale è un pessimo isolante. Ma utilizzando un mattone speciale per isolamento termico, non è necessario nessun ulteriore isolamento. Esistono tre tipologie di mattone speciale: il mattone pieno; il mattone porizzato; e il mattone porizzato speciale.

Figura 3.12 Porotherm Plan plus di Wienerberger, un sistema di blocchi rettificati in laterizio alveolato con fori saturati di perlite. [Immagine riprodotta con il permesso di Wienerberger].

Un esempio di mattone pieno è il Porotherm Plan plus, un sistema di blocchi rettificati in laterizio alveolato con fori saturati di perlite (granuli di pietra lavica naturale) che consente di costruire murature monostrato con elevati valori di isolamento termico.

I blocchi sono dotati di una cospicua massa frontale, in grado di conferire alle pareti grande inerzia termica, protezione dai rumori e ottimi requisiti di resistenza al fuoco mentre la combinazione con la perlite, ne accresce le prestazioni termiche. Tipicamente il blocco da tamponamento ha una conducibilità termica di 0,08 W/mK e il blocco portante di 0,11 W/mK, valori che permettono di realizzare edifici a basso consumo di categoria superiore con un unico materiale.

L’esempio più celebre di murature in mattoni porosi (laterizio alleggerito) sono quelle costituite con mattoni Poroton disponibili in svariate porosimetrie e densità. La serie 800 M.A., ad esempio con una percentuale di foratura del 45% ha una conducibilità termica compresa fra 0.18 e 0,23 W/mK adatta alla costruzione di edifici in zona climatica A e B.

3.4 Il termocappotto Il rivestimento a cappotto (termocappotto) è un sistema d’isolamento esterno delle facciate costituito da diversi strati sinergici che proteggono le pareti esterne degli edifici (strato isolante, intonaco sottile armato, rivestimento di finitura).

Il termocappotto: Sistema di isolamento termico con intonaco Il termocappotto è un sistema integrato, che non si esaurisce nei soli pannelli isolanti. E’ costituito da pannelli di materiale isolante, che vengono applicati direttamente al di sopra dell’intonaco esterno con una malta adesiva apposita, e ulteriormente fissati con dei tasselli

Sulla superficie dei pannelli incollati e fissati ben accostati fra loro viene applicata una malta al cui interno è annegata una rete di armatura che dovrà servire a compensare i forti sbalzi di temperatura cui la rasatura è sottoposta (evita crepe e fessurazioni).

Il termocappotto è la soluzione più efficace per conseguire drastiche riduzioni tanto del calore dissipato all’esterno che per isolare un edificio dalla calura estiva, attestando una riduzione del consumo dei combustibili fino all’80%, per l’intera vita utile dell’edificio; che sarà di molto prolungata perché, quando è applicato come occorrerebbe fare sempre all’esterno, il rivestimento a cappotto è capace di proteggere termicamente le strutture dell’edificio.

Figura 3.13 Termocappotto mediante la posa dei pannelli a base di idrati di silicato di calcio (Multipor) dello spessore di cm. 20. I pannelli sono stati posati con apposito collante e fissati alla sottostante muratura con

tasselli meccanici a vite. [Immagine riprodotta con il permesso da http://casapassiva.wordpress.com].

Quello che occorre, nell’adottarlo, è un vero e proprio quality management del rivestimento a cappotto: dal supporto al rivestimento di finitura passando ovviamente per il pannello isolante.

In generale, il termocappotto deve chiudere ermeticamente l’involucro dell’edificio ponendo massima attenzione ad evitare la formazione di ponti termici in qualsiasi punto dell’involucro (specie in corrispondenza di solai, balconi, finestre e relativi telai).

I pannelli isolanti intonacabili in fibra di legno T-Brown della Tassullo, ad esempio, consentono di realizzare un termocappotto sia esterno che interno delle pareti perimetrali. Il pannello è composto di vari strati di fibre di legno. Gli strati esterni consentono una notevole aderenza del rinzaffo ed offrono le migliori condizioni per l’applicazione di sistemi di intonacatura.

Figura 3.14 Il sistema di isolamento termico “Brown” di Tassullo con pannello in fibra di legno e strato rasante in calce idraulica naturale. [Immagine riprodotta con il permesso di Tassullo Materiali SpA].

Il pannello in fibra di legno ha conducibilità termica λ pari a 0,045 W/mK, peso specifico pari a 210 Kg/m³, e coefficiente di resistenza alla diffusione del vapore μ = 5.

La resistenza alla diffusione del vapore acqueo (µ)

Indica la resistenza opposta da un materiale a uno strato d’aria dello spessore di 1 m. Un valore µ pari a 1 significa che il materiale lascia passare tanto vapore quanta aria. Un valore µ pari a 5 significa che la resistenza alla diffusione del vapore è cinque volte superiore a quella relativa all’aria.

Come materia prima vengono utilizzati sciaveri, schegge e minuzzoli di legno di conifera, quindi residui di legno di scarto delle segherie. La lignina, resina propria del legno, funge da legante naturale, conferendo al pannello isolante la necessaria stabilità dimensionale senza aggiunta di leganti artificiali, e garantisce un microclima interno piacevole e salubre senza emissione di composti organici volatili come avviene nel caso dei materiali coibenti polimerici quali il polistirolo (che viene espanso con l’esano).

Parametri T-Brown

Massa volumica apparente 210 (kg/m³) Calore specifico medio equivalente della parete 2100 (J/kg K) Trasmittanza con spessore 60 mm 0,65x10-3 (W/m²K) Resistenza al vapore μ 5 (adimensionale) Resistenza al fuoco senza intonaco 4,3 (m/m°C)

Il pannello è abbinato all’uso della calce idraulica naturale ad elevata traspirabilità. Il termocappotto risultante è dunque traspirante e crea una membrana capace di isolare con efficacia ma allo stesso tempo di far “respirare” l’edificio, dando la possibilità di abitare un ambiente interno sano e gradevole sia d’inverno che d’estate.

In generale, se si vuole una casa che interagisca e dialoghi con l’ambiente circostante, modulando intrinsecamente, senza consumare energia, la complessità e l’imprevedibilità del clima, allora occorre per forza rinunciare all’approccio semplificativo e considerare anche le proprietà dinamiche dell’involucro edilizio.

Ad esempio, il pannello Pavadentro è un pannello coibente in fibre di legno con uno strato funzionale minerale, studiato appositamente per rispondere alle esigenze dell’isolamento interno. Da un lato garantisce una certa diffusione al vapore dall’interno verso l’esterno, e d’altro canto però non si deve verificare una formazione di condensa all’interno degli elementi edili.

Figura 3.15 Pannello in fibre di legno con strato funzionale per il cappotto interno. [Immagine riprodotta con il permesso di Pavatex].

Grazie alla sua capacità accumulativa, il pannello in fibre di legno riesce ad assorbire il vapore acqueo dall’aria abitativa. Lo strato minerale garantisce invece un passaggio controllato dell’umidità. In questo modo il pannello permette la diffusione al vapore e il trasporto acqueo capillare, rendendo sicura la costruzione della parete e garantendo così un clima abitativo piacevole.

Un’alternativa ottima per il risanamento di edifici in zone umide sono i pannelli in silicato di calcio che garantiscono un un buon isolamento insieme alla regolazione attiva dell’umidità dell’aria grazie alla elevata porosità fine (90% di pori) che dà luogo ad un elevata assorbanza capillare (µ=6, cioè è molto aperto alla diffusione del vapore).

Il silicato di calcio ha un pH=10, quindi è alcalino e previene intrinsecamente la formazione di muffe. Il materiale ha una conduttività termica sufficientemente bassa, λ=0,05-0,07 W/mK, ed è in classe di infiammabilità 1.

I pannelli si producono con sabbia quarzosa e calce e sono armati con cellulosa per renderli stabili. La buona flessibilità li rende facilmente segabili e adattabili al risanamento energetico di pareti interne. Tuttavia, i pannelli sono fragili ed occorre prestare particolare cura durante la loro posa.

Figura 3.16 Pannello in silicato di calcio. Ideale per l’isolamento interno. [Immagine riprodotta con il permesso di Roefix].

Un’alternativa molto diffusa in Italia (oltre 18 milioni di m² di cappotto applicati) è il sistema Termok8 di Ivas. L’azienda offre praticamente l’intera gamma di pannelli termoisolanti e di rivestimenti. Il suo termocappotto più venduto fa uso di pannelli in polistirene espanso (EPS) o estruso (XPS).

Figura 3.17 La sede di Lavazza a Torino. Da oltre 25 anni vi è installato un TermoK8 Ivas. [Immagine riprodotta con il permesso di Stefano Mazzotti].

L’azienda ha installato in Italia oltre 18 milioni di metri quadri di termocappotto, fra i quali il grattacielo della Lavazza a Torino. Fa parte del consorzio Cortexa e nella sua sede in Romagna cura la formazione di termocappottisti di tutta Italia.

Da pochi anni sono giunti sul mercato i nuovi isolanti sottili basati o su nanotecnologie (aerosil di silice) o su materiali termoriflettenti. La francese Actis, ad esempio, commercializza sotto forma di rotoli flessibili il Triso, un materiale ideale per l’isolamento rapido di tetti, sottotetti e pareti verticali.

Figura 3.18 Termocappotto con termoroflettente Actis Triso-Super 9 a Ripabianca (PG): fissato su listelli di legno e concluso con il faccia a vista esterno. Valore di trasmittanza U = 0,165 W/m²K. [Immagine riprodotta con il permesso di Manisi].

Uno spessore di soli 3 cm isola come 21 cm di lana minerale. La trasmittanza U = 0.19 W/m2K ne fa l’isolante più efficace, dal punto di vista dell’isolamento invernale, a parte l’aerogel di silice. Actis Triso Super 9 viene applicato alla parete o al solaio mediante un’orditura in cantinelle in legno; ogni foglio di prodotto deve essere sovrapposto, graffato e sigillato a quello successivo.

Il corretto funzionamento del sistema isolante richiede intercapedini d’aria di 20 mm su entrambi i lati; da una parte generata dalla presenza di cantinelle e dall’altro staccando la finitura di rivestimento interna.

Figura 3.19 Un campion di isolante termoroflettente Actis Triso-Super 10.

Le formidabili proprietà termoisolanti, l’eccellente isolamento acustico, e l’ovvia rapidità dovuta alla facile installazione lo stanno facendo affermare rapidamente sul mercato italiano. Ad esempio, per realizzare un termocappotto esterno in Umbria da parte della Manisi di Porto Recanati, dove si vede chiaramente il listello di legno per creare la camera d’aria chiusa tra forato interno e termoriflettente.

Il Triso Super 10 di Actis è un sistema iperisolante che si basa sul principio della riflessione dell’irraggiamento in grado di garantire un elevato comfort termico estivo ed invernale in spessori molto ridotti. Il sistema è composto da 19 strati (pellicole metallizzate, ovatte, schiume, lane di pecora e pellicole a bolle), 8 dei quali sono pellicole riflettenti di cui: 2 pellicole metallizzate con griglia di rinforzo; 6 pellicole riflettenti intermedie; 3 tipi di ovatta e 8 schiume.

Le pellicole riflettenti alternate ad altri prodotti coibenti creano un ostacolo al passaggio termico, non solo per conduzione e convezione (tipico degli isolanti tradizionali), ma anche per riflessione termica e tenuta all’aria. Al lancio commercial, nel 2007, costava 30 euro al metro quadro. Oggi il suo prezzo non supera i 20 €/m2; e per notevoli quantitativi può essere significativamente più basso.

Figura 3.20 I pannelli Spacecork racchiudono in 1,4 cm l’isolamento formidabile dell’aerogel di silice con la solidità e l’ottimo isolamento del sughero.

A Bergamo un appartamento in condominio di 85 m² realizzato negli anni ’70, fra il settembre e il dicembre 2008 è stato interamente ristrutturato portandone i consumi da 288 a 24,1 kWh/m²a grazie al termocappotto interno in Triso Super 10. L’appartamento, sito a Villa d’Almè, ha rapidamente ottenuto la classificazione Classe A del Cened.

L’aerogel di silice è, con λ = 0,013 W/mK, il migliore materiale termoisolante conosciuto. Sintetizzato artificialmente a partire dai precursori della silice, l’aerogel è stato per quasi un secolo troppo costoso per essere utilizzato dall’industria delle costruzioni. Nei primi anni 2000 due aziende chimiche americane hanno sviluppato una sintesi molto più economica, e poco dopo sono arrivati sul mercato dell’edilizia i primi pannelli e le prime stuoie in aerogel di silice.

Spaceloft: Caratteristiche tecniche Formati disponibili: 5mm in rotoli da 120 m², larghezza cm 145; 10mm in rotoli da 66 m², larghezza cm 147; Densità nominale: ρ =150 kg/m3 Resistenza diffusione vapore acqueo: μ = 5 Resistenza alla compressione: σ > 80 kPa al 10% di deformazione Reazione al fuoco: Euroclasse C S1 D0

Idrofobicità: Si Putrescibilità: nulla Durabilità: certificata > 60anni ETA: European Technical Approval 11/0471

Spaceloft, ad esempio, è il nome del materassino isolante flessibile composto da Aerogel di silice amorfa e fibre di rinforzo costituite al 50% di fibre rinforzate di poliestere e 50% di fibre di vetro ad alta densità. In soli 10 mm di spessore, Spaceloft offre una conducibilità termica λ pari a 0,013 W/mK a 10°C, circa 4 volte inferiore rispetto alla lana di roccia.

Tabella 3.3 Confronto fra i costi del termocappotto su parete per complessivi di 108 mq in lana di roccia (spesso 4 cm) e in aerogel (spesso 1 cm), e decremento del valore immobiliare dell’appartamento. Conducibilità termica λ in opera Costo indicativo materiale isolante Costo indicativo della manodopera per realizzazione cappotto Costo complessivo cappotto al Mq Costo totale cappotto Superficie utile calpestabile occupata dall’isolante Decremento valore immobiliare

0,044 W/m²K 15 €/m² 35 €/m² 50 €/m² 50 €/m² x 108 m² = 5.400 € m 10,00 x 4 x m 0,04 = 1,60 m² 2.500 €/m² x 1,6 m² = 4.000 €

0,013 W/ m²K 43 €/m² 35 €/m² 78 €/m² 78 €/m² x 108 m² = 8 m 10,00 x 4 x m 0,01 2.500 €/m² x 0,6 m²

Il pannello multistrato Spacecork costituito da un feltro nanoporoso in Spaceloft rivestito su entrambe le facce da due fogli in sughero supercompresso dello spessore di 2 + 2 mm è già ampiamente utilizzato in Italia per il risanamento energetico di ambienti interni dove il maggior costo rispetto alla lana di roccia (43 vs 15 €/m²) viene recuperate attraverso il minore consumo di prezioso spazio interno.

3.5 Quality management del termocappotto Poiché il termocappotto è un sistema è importante che tutti i componenti impiegati (isolante, collante, rete, ecc.) facciano parte di un sistema integrato per cui risultino compatibili fra loro

Elementi del sistema termocappotto - Collante - Isolante - Tassello di fissaggio (ETAG 014: linee guida tecniche europee per i tasselli) - Rasatura (intonaco di fondo) - Armatura - Rivestimento - Accessori (rete angolare, profili per raccordi, profili per giunti di dilatazione, profili per zoccolatura, nastri di guarnizione)

Figura 3.21 Il sistema Paulin Koibenta: una serie di prodotti reciprocamente compatibili che permettono di effettuare l’intero lavoro: collante rasante in polvere, rasante frattazzabile bianco, manufatto isolante in lastre di polistirene espanso EPS, rete in fibra di vetro, tasselli in polipropilene e rivestimento di finitura acrilico e silossanico in varie granulometrie.

I tecnologi di Ivas giustamente insistono che conoscere bene il rivestimento a cappotto significa conoscere bene tutto ciò che riguarda:

Figura 3.21 Il sistema di isolamento termico a cappotto. Schema. [Immagine riprodotta con il permesso di Stefano Mazzotti].

a) supporto b) collante c) isolante d) malta rasante e) rete di armatura

f) malta rasante g) rivestimento di finitura

Figura 3.22 Esercitazione pratica al Master G organizzato da Ivas nella sua sede di S. Mauro Pascoli, in Romagna. [Immagine riprodotta con il permesso di Stefano Mazzotti].

La cattiva posa del termocappotto è in grado di pregiudicarne la capacità termoisolante; e non garantisce la durata del manufatto che, anzi, esposto alle intemperie si stacca facilmente dalle pareti. Ad esempio, nel caso del termocappotto Termok8 di Ivas è, la società di assicurazione (la Reale

Mutua) non copre il costo del rimpiazzo dell’opera pure parte della polizza assicurativa in caso di cattiva installazione.

Ecco perché, fra l’altro, Ivas organizza presso la propria sede il Master G per formare i “termocappottisti”, ovvero le nuove professionalità dell’edilizia richieste da questa fondamentale nuova attività costruttiva.

Online sono disponibili decine di esempi utilissimi. Ad esempio, per l’installazione di un cappotto in fibra di legno. Le pareti del supporto non devono essere umide, altrimenti è facile prevedere il distacco dei pannelli termoisolanti.

Figura 3.23 La posa corretta dei pannelli è secondo un ordine sfalsato come una muratura; avendo cura di posizionare in modo sfalsato anche le lastre sugli spigoli per evitare di avere un giunto tra le lastre lungo tutto lo spigolo. [Immagine riprodotta con il permesso di Stefano Mazzotti].

Il pannello, applicato alla muratura mediante solo fissaggio meccanico, viene poi rasato mediante calce idraulica con annegata una rete in fibra di vetro. La successiva rasatura potrà accettare qualsiasi tinteggiatura di finitura in pasta.

Il modo corretto di tassellare prevede l’uso obbligatorio del copritassello in materiale isolante. Il tassello non dovrà essere né troppo superficiale, né troppo in profondità.

La tassellatura va sempre effettuata: su supporti intonacati (indipendentemente dal tipo di supporto portante) su supporto portante in calcestruzzo per edifici di altezza superiore al limite di “edificio alto” (= 22 m) su supporto portante in legno con spessori del materiale isolante ≥ 10 cm per sistemi di cappotto con rivestimenti modulari su tutte le superfici di cui non conosciamo le caratteristiche meccaniche

per i sistemi di cappotto con pannelli in fibra minerale (lana di vetro, lana di roccia, fibra di legno)

Figura 3.24 Le quattro fasi della tassellatura corretta: Foratura, Inserimento del tassello nel foro, avvitamento e incasso del tassello, e inserimento del copritassello isolante. [Immagine riprodotta con il permesso di Stefano Mazzotti].

Gli schemi di tassellatura corretta sono solo due: Una per la posa di materiale isolante fibroso, e l’altra per materiali polimerici.

Figura 3.25 Gli schemi di tassellatura corretta sono solo due: Una per la posa di materiale isolante fibroso, e l’altro per materiali polimerici. [Immagine riprodotta con il permesso di Stefano Mazzotti].

Figura 3.26 Una polizza assicurativa a copertura dei rischi sul TermoK8 di Ivas. [Immagine riprodotta con il permesso di Stefano Mazzotti].

L’incollaggio a quattro punti angolari e un punto centrale è un metodo completamente errato perché il materiale isolante (specialmente se polimerico, come il polistirolo) sui bordi è libero di dilatarsi e ritirarsi inducendo forti sollecitazioni sulla rasatura armata e sul rivestimento.

Figura 3.27 L’applicazione delle lastre isolanti attraverso l’incollaggio a quattro punti angolari e un punto centrale è “la madre delle disgrazie del cappotto”, dice il tecnologo di Ivas Stefano Mazzotti. [Immagine riprodotta con il permesso di Stefano Mazzotti].

Di fatto, la lastra non aderisce al supporto se non nei quattro punti in cui c’è il collante. La sua instabilità induce forti sollecitazioni sulla rasatura armata e sul rivestimento, col risultato che il termocappotto sottoposto alle sollecitazioni dei venti finirà per staccarsi!

Quando il tassello viene inserito causa lo sfondamento del polistirolo deforma il piano di posa della rasatura. Diventa così impossibile creare una superficie complanare in modo corretto. Il risultato sarà la rapida formazione di crepe sul cappotto. In breve, il 90% delle crepe sul cappotto è dovuto ad una posa difettosa del pannello isolante.

Figura 3.28 La posa corretta dei pannelli isolanti: l’incollaggio a cordolo perimetrale continuo e punti centrali o, in alternativa e solo per pareti ben ripianate, l’incollaggio a tutta lastra con spatola dentata. [Immagine riprodotta con il permesso di Stefano Mazzotti].

Al contrario, l’incollaggio a cordolo perimetrale continuo e punti centrali è il metodo in assoluto più corretto (riportato su tutti i manuali tedeschi) perché blocca sul supporto l’intero perimetro della lastra e la parte centrale della stessa. E’ idoneo anche per i supporti non troppo regolari, tipici degli edifici esistenti. Anzi, a differenza dell’incollaggio a tutta lastra con spatola dentata che va bene solo se la parete è molto regolare e ben ripianata e che non consente di recuperare avvallamenti o asperità del sottofondo, consente una

ripianatura perfetta della parete perché permette di utilizzare spessori di colla pari a 1-1,5 cm. La rasatura sopra la rete posata a secco sui pannelli isolanti, a sua volta, è un’operazione completamente errata ed è il secondo dei due principali errori di posa.

Figura 3.29 Dice Stefano Mazzotti, tecnologo di Ivas, “La rasatura sopra la rete posata a secco sui pannelli isolanti è il ‘padre delle disgrazie’ del cappotto”.

Infine, le sigillature, per la buona e corretta riuscita del termocappotto, non sono un “optional” ma una necessaria applicazione per la durabilità di tutto il sistema.

3.6 Isolamento del tetto Un altro punto importante d’intervento è il tetto dove l’Italia si presenta all’ultimo posto per centimetri di isolante applicato. All’ultima rilevazione fatta dall’Associazione europea dei produttori di isolanti (Eurima), l’Italia era buon’ultima nell’Europa a 27 con soli 5 cm di spessore di isolamento realizzati nelle coperture degli edifici.

Figura 3.30 L’Italia è ultima in Europa per spessore di isolante applicato ai tetti. Un dato che la dice lunga sullo stato del settore delle costruzioni italiano, almeno per quanto riguarda il residenziale. [Immagine riprodotta con il permesso di Eurima].

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Il tetto è la prima parte dell’edificio da isolare. L’isolamento può essere realizzato sul tetto o sul solaio: basta coprire con un isolante tutta quella superficie che fa parte dell’involucro.

Ad esempio, Tetto Master è il nome commerciale della copertura con coibentazione in fibra di legno commercializzato da Naturalia-BAU. Questa soluzione riunisce in sinergia una serie di componenti destinati a realizzare un tetto isolante dal punto di vista termico e acustico, che è anche traspirabile, capace di gestire l’umidità ambientale e di lunghissima durata.

Figura 3.31 La variazione del Tetto Master realizzata dall’ingegnere Pippo Di Marzo in un’abitazione di Mondello, nelle immediate vicinanze di Palermo, in un contesto paesaggistico vincolato dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. [Immagine riprodotta con il permesso dell’Ing. Giuseppe Di Marzo, Studio AR/IN].

I pannelli isolanti in fibra di legno, grazie all’elevato potere di accumulo del calore unito a una minima conducibilità termica, garantiscono un’eccellente protezione dal caldo estivo, dal freddo invernale e dal rumore. Un sottile pannello poroso in fibra di legno ad alta densità rende il pacchetto di isolamento calpestabile durante la posa.

A proteggere da acqua e umidità i pannelli sono due guaine: la guaina igrovariabile e traspirante Intesana posta sul tavolato che regola il passaggio del vapore acqueo garantendo il massimo del comfort abitativo. Mentre a proteggere l’isolante dalle intemperie e dai raggi ultravioletti è l’altrettanto fondamentale guaina traspirante Stamisol Pack 500, che viene incollata sui sormonti.

In generale, il legno viene rapidamente danneggiato dall’acqua prodotta dalla condensa o da eventuali infiltrazione. Pertanto, per l’esecuzione di un tetto a regola d’arte è innanzitutto necessaria la realizzazione di un efficiente strato di isolamento termico che sia al contempo impermeabile ed ermetico (a tenuta d’aria).

La diffusione aperta del vapor acqueo garantita dagli Smt ha permesso un miglioramento delle soluzioni progettuali con il modello di tetto ventilato in cui il problema della condensazione di vapore acqueo nelle strutture viene risolto diversamente e più efficacemente rispetto alle soluzioni di impermeabilizzazione tradizionali.

Figura 3.32 Posa del telo sottomanto traspirante. [Immagine riprodotta con il permesso di Coperlegno].

Ancora una volta, è importante mantenere inalterata la diffusione al vapore. Ecco perché si applicano guaine sottomanto traspiranti che permettono una buona traspirabilità ed eccellente impermeabilità all’acqua.

Si tratta di membrane traspiranti (Smt) in polipropilene impermeabili, ermetici e leggere che vengono applicati sottocopertura con grandi benefici, con peso variabile da 180 g/m² fino a 300 g/m².

In fase di applicazione gli Smt sono dunque maneggevoli, adattabili alle condizioni di lavoro in copertura e più semplici da installare. La loro posa non prevede la realizzazione di una saldatura a fiamma viva al supporto, ma avviene per mezzo di fissaggi meccanici e opportune sovrapposizioni libere, sigillate tramite nastri o bande adesive, in modo da ottenere una buona tenuta all’aria, oltre che completare la tenuta impermeabile già realizzata grazie alle sovrapposizioni.

Il peso minore degli Smt, infine, permette un alleggerimento costruttivo della copertura. Le tradizionali membrane bituminose hanno una massa superficiale che varia dai 3,5 kg/m² fino ai 5,0 kg/m².

3.7 Serramenti alto efficienti Le finestre sono l’elemento costruttivo fondamentale di congiunzione tra interno ed esterno dell’abitazione: ci permettono di vedere fuori e di far penetrare in casa i raggi solari per sfruttarne l’energia (guadagno energetico passivo). Per sfruttare al massimo l’energia solare d’inverno, dunque, le finestre più ampie andrebbero sempre progettate sul lato Sud dell’edificio (e andrebbero poi opportunamente schermate d’estate per evitare l’effetto serra).

Figura 3.33 I serramenti tradizionali sono un punto debole energetico che, grazie all’innovazione tecnologica degli ultimi 20 anni, sono stati trasformati in punti forza.

D’altra parte, le finestre sono grandi dissipatrici d’energia. In una casa normale, prima del risanamento energetico, le perdite di calore attraverso le finestre possono rappresentare il 40% delle dispersioni energetiche totali. Pertanto, riqualificare le finestre è essenziale per il contenimento dei costi di gestione per riscaldare durante l’inverno, e per aumentare il benessere abitativo. Una casa efficiente deve possedere finestre con caratteristiche termiche elevate (con valore U il più basso possibile) nonché fonoassorbenti per proteggerci dal rumore circostante.

E’ quasi sempre necessario installare nuovi infissi con nuovi controtelai. Quelli esistenti sono infatti pieni di ponti termici dovuti a materiali costruttivi con diversa trasmittanza e non ben isolati, che posti a contatto tra loro causano un’agevole trasmissione del calore.

Figura 3.34 Questa termofoto mostra chiaramente come spesso sia il controtelaio a determinare le perdite di calore maggiori nei serramenti. [Immagine adattata con il permesso di Agenzia CasaClima].

I telai costituiscono spesso fino al 30% della superficie totale delle finestre e sono l’elemento di congiunzione mobile tra vetro e parete dell’edificio. Maggiore è la temperatura del telaio, minore è la possibilità che si sviluppino fenomeni di condensazione dell’aria.

Pertanto, al fine di garantire un elevato comfort termico all’interno degli ambienti le finestre devono essere dotate di un telaio dalle elevate caratteristiche termiche nonché di vetri camera isolanti, a due o a tre strati a seconda della zona climatica. In ogni caso, è fondamentale che le proprietà isolanti delle finestre siano adeguate a quelle degli altri elementi costruttivi (muri perimetrali, tetto e solaio) e quindi al rendimento energetico complessivo dell’edificio. Spesso sono installati serramenti a elevata efficienza su involucri edilizi scarsamente coibentati. Una situazione che, oltre ad essere antieconomica, spesso è dannosa perché le pareti interne allora diventano più fredde del serramento. In altre parole, se si effettua solo il cambio delle finestre, queste finiranno per avere facilmente una prestazione energetica migliore di quella delle pareti col risultato che il vapore acqueo contenuto negli ambienti interni non condenserà più sulle superfici vetrate delle finestre, ma su quelle dei muri freddi, con il forte rischio che si formino muffe.

Figura 3.35 La sostituzione dei serramenti inefficienti con quelli ad alte prestazioni energetiche va effettuata insieme al resto dell’involucro. Altrimenti è elevato il rischio della formazione di condensa e muffa sull’involucro non risanato.

Il valore U totale d’una finestra, così come è spesso indicato nei preventivi dei fornitori, vale esclusivamente per le specifiche dimensioni dell’elemento standard, come da prove in laboratorio.

Sono di fondamentale importanza: l’uso del taglio termico per la soglia della finestra e della porta finestra il fattore isolante del telaio, valore U = 1,3 l’ottima posa per evitare i ponti termici.

In realtà a parità di caratteristiche, il valore U totale di un serramento varia con il variare della dimensione complessiva del serramento. In generale, è importante scegliere dei tipi di finestre che non superino una trasmittanza termica U di 1,3-1,4 W/m²K raggiungibile con l’impiego di vetrocamera basso emissivo e telai in legno.

La trasmittanza dell’infisso Uw Il valore di trasmittanza Uw misura la quantità di calore che passa attraverso un serramento.

Dove: Uw: Trasmittanza termica della finestra Af: Superficie del Telaio Uf: Trasmittanza termica del telaio Ag: Superficie del vetro Ug: Trasmittanza termica del vetro Lg: Perimetro del bordo del vetro ψ: Conducibilità termica del bordo del vetro

La trasmittanza termica Uf normalmente ha valori più alti di quelli del vetro Ug il che significa che il telaio generalmente isola peggio del vetro. Un telaio in Pvc/alluminio ha ottime prestazioni termoisolanti tipicamente con valore Uf di 1,2 W/m²K; mentre un telaio in Pvc/legno ha Uf = 1,1 W/m²K

Spesso il distanziatore fra le due o tre lastre che formano la vetrata termoisolante è in alluminio, per cui l’area in prossimità dei bordi della vetrata risulta più fredda della restante parte, con la formazione di condensa del vapore acqueo proprio ai bordi!

Occorre sempre acquistare finestre a giunto perimetrale termicamente migliorato, grazie all’impiego di distanziatori realizzati con materiali che conducono il calore (λ più basso) meno dell’alluminio: come l’acciaio

inox o, meglio ancora, il Pvc.

Figura 3.36 E’ importante verificare che il distanziatore di un serramento sia in materiale isolante, ad esempio Pvc.

Per gli edifici a basso consumo energetico è comunque consigliabile l’impiego di vetri termoisolanti, ovvero vetrocamera con argon all’interno, il cui valore Ug è compreso tra 1,1 e 0,9 m²K/W.

Figura 3.37 Le proprietà isolanti dei moderni vetrocamera surclassano le pessime capacità isolanti del vetro singolo.

Nelle vetrature più termoisolanti esistenti un deposito di ossido di argento nanometrico (non visibile ad occhio nudo) è applicato sulla superficie orientata verso il vetro camera. La schermatura impedisce ad una consistente parte di radiazione termica di fluire verso l’esterno, riflettendola verso l’interno del vano e contenendo le perdite di calore. Tutti gli infissi Spi, ad esempio, sono dotati di un vetro basso emissivo.

Il D.M. 26 Gennaio 2010 fissa i limiti di trasmittanza termica U per accedere alle detrazioni fiscali del 55%.

Tabella 3.4. Valori obbligatori della trasmittanza per accedere agli incentivi del 55%.

Zona Climatica

Trasmittanza U delle finestre fino al 31.12.2009 [D.M. 11.03.1998] (W/m²K)

Trasmittanza U d

A

3,9

3,7

B

2,6

2,4

C

2,1

2,1

D

2,0

2,0

E

1,6

1,8

F

1,4

1,6

Nel mercato dei serramenti esterni in pochi anni siamo passati da un prodotto di tipo artigianale senza regole, ad un prodotto che è ormai di tipo industriale fortemente normato, che deve rispettare regole ben precise. Ciononostante sul mercato si trovano spesso manufatti con contenuti tecnologici e prestazioni molto diverse tra di loro che influenzeranno in modo significativo il comfort all’interno delle case e il costo per il condizionamento degli ambienti.

Le aziende italiane sono all’avanguardia nella produzione dei serramenti alluminio-legno (l’esportazione italiana di serramenti in alluminio-legno nel 2009 è stata il 30% della produzione totale) e propongono continuamente prodotti nuovi e dalle proprietà termiche ed estetiche sempre migliori. L’alto valore dei materiali utilizzati, la sinergia fra design e prestazioni (termiche e meccaniche) dell’infisso, rendono il serramento in alluminio-legno la soluzione ottimale per gli interventi di recupero edilizio, soprattutto nei centri storici.

Figura 3.38 La finestra in alluminio-legno coniuga prestazioni di isolamento più elevate rispetto ai tradizionali serramenti a taglio termico.[Immagine riprodotta con il permesso di Spi SpA].

Ad esempio, le finestre “Trial” a giunto aperto di Spi, con il profilo in alluminio è separato da quello in legno, hanno valori di trasmittanza termica Uw fino a 1.1 con Ug = 0,7 W/m²K.

Tabella 3.6. Parametri della finestra in legno alluminio Trial di Spi.

Isolamento termico

Isolamento acustico

Resistenza alle intemperie

Uw fino a 1,1 (con Ug=0,7W/m²K)*

38 db

Permeabilità all’aria: classe 4 (min 1 - max 4)

Tenuta alle infiltrazioni d’acqua: classe 9A (min 1 - m Resistenza al vento: classe C3 (min 1 - max 5)

* valore calcolato su finestra 1 anta dim. 1230x1480 mm

Il telaio è spesso 44 mm, la camera vetro 30 mm e la ferramenta a nastro è alloggiata in un blocco interno in poliammide altamente isolante. Le guarnizioni, generalmente realizzate in gomma Epdm (etilene-propilene-diene), garantiscono alla finestra prestazioni d’isolamento termico e acustico, ottimizzato con l’applicazione di vetri isolanti normali ed a più camere.

I materiali che realizzano l’interfaccia fra alluminio e legno assorbono differenti dilatazioni termiche dei due materiali, impediscono la formazione di condensa, creano un taglio termico e, in aggiunta, conferiscono un ottimo isolamento acustico normalizzato di facciata.

Figura 3.39 Controllo termografico dei cassonetti degli avvolgibili dopo il risanamento

Tuttavia, va posta particolare attenzione al cassonetto d’alloggiamento della tapparella, che deve essere ermetico e ben isolato. E’ preferibile realizzare i cassonetti esternamente all’involucro dell’edificio; al contrario, se la tapparella è integrata nella parete interna, si dovrà prevedere un idoneo isolamento dell’alloggiamento

Il montaggio deve essere ermetico e ciò va richiesto espressamente alla ditta fornitrice (specificandolo nel contratto di acquisto). Se la finestra non è montata correttamente, si creano ponti termici con conseguente dispersione di calore e creazione di muffe.

Una finestra con vetro basso emissivo deve essere montata utilizzando sempre il controtelaio, in legno o comunque isolato. Il controtelaio, poi, dovrebbe essere ancorato alla parete esterna e inglobato nella relativa coibentazione (il

termocappotto).

Figura 3.40 Una finestra con vetro basso emissivo montata in modo adeguato, utilizza sempre il controtelaio (in legno o comunque isolato) che dovrebbe essere ancorato alla parete esterna, e poi inglobato nella coibentazione esterna. [Immagine riprodotta con il permesso dell’Arch. S. Fattor, corso base CasaClima].

Particolarmente importante è che la posa avvenga realizzando la tenuta all’aria e al vento, utilizzando appositi nastri adesivi e guarnizioni autoespandenti. La sola applicazione della schiuma di montaggio non è sufficiente, in quanto la schiuma poliuretanica non mantiene le proprie caratteristiche di elasticità nel tempo, e non riesce a garantire la necessaria prolungata impermeabilità all’aria.

CAPITOLO 4 Riscaldamento ad alta efficienza

4.1 Riscaldare con l’energia solare: L’aria calda Grazie ai collettori solari ad aria il sole può aiutare a riscaldare e a ventilare qualsiasi tipo di struttura, da un’abitazione ad un grande centro commerciale. L’aria esterna è incanalata nel pannello solare termico dove viene rapidamente riscaldata dal sole a causa della sua bassa capacità termica anche in presenza di poca radiazione luminosa.

Figura 4.1 Il collettore solare modello “Twinsolar” della tedesca Grammer Solar. [Immagine di Accomandita TSE].

Un semplice ventilatore alimentato dalla corrente generata da un piccolo pannello fotovoltaico integrato, porta l’aria calda direttamente all’interno dei locali come nel caso del modello “Twinsolar” della tedesca Grammer Solar. Il sistema quindi è totalmente autonomo essendo alimentato al 100% dall’energia solare.

L’assorbitore è un corpo nero costituito da alette in alluminio dipinte di nero. All’interno dell’assorbitore circola l’aria che dopo essere stata prelevata dalla luce di aspirazione viene forzata dalla ventola e convogliata nell’apertura di scarico, e da qui all’interno dell’immobile.

Ad esempio, a Terrasini, un villaggio marittimo in provincia di Palermo, l’umidità domestica di una casa -- pure venduta al proprietario come edificio costruito in accordo ai principi della bioedilizia -- aveva tassi di umidità relativa costantemente compresi fra il 70 e il 78%.

L’umidità così elevata aveva causato la formazione di muffa non solo sulle pareti: ma addirittura su vestiti, scarpe, mobili e tende. Al tipico cattivo odore dovuto alla muffa, si associavano danni alla salute sotto forma di patologie respiratorie dei residenti sviluppate durante la notte.

E’ stato quindi installato un impianto solare termico ad aria suddiviso in due parti: il primo di 4 m² installato su tetto con supporti e orientazione Sud a trenta gradi; il secondo di 2 m² installato a parete. Entrambi sono autoalimentati da un pannello fotovoltaico a 12 V incluso nel pannello fototermico ad aria. Il costo dell’investimento complessivo (comprensivo di IVA e dei lavori di installazione e canalizzazione) è stato di 5.980 Euro.

Figura 4.2 Il sistema Grammer Solar viene installato su tetto (sopra); e può anche essere inserito su parte (sotto) dando così l’impressione di un’altra finestra, come nel caso di questa casa a Terrasini, in Sicilia. [Immagini riprodotti con il permesso di Mario Pecoraino].

In margine all’installazione (nel mese di Ottobre) una sola settimana di funzionamento del pannello fototermico che giorno dopo giorno immette in casa aria riscaldata relativamente asciutta è stata sufficiente per portare il tasso di umidità relativa a un valore di circa il 50%. Le muffe ed i cattivi odori sono rapidamente spariti, e il proprietario ha trasformato una casa che aveva perduto il suo valore in un ambiente domestico confortevole grazie ad una costante e continua opera di climatizzazione naturale: aria pura, ricca

d’ossigeno e calda continuamente immessa nell’abitazione durante le ore solari.

Al contrario, nemmeno l’impianto di riscaldamento a metano mantenuto acceso per più ore al giorno e durante la notte, nonostante gli elevati consumi, era stato in grado di eliminare la muffa.

Figura 4.3 Il canale che convoglia l’aria calda all’interno della casa di Terrasini rivestito prima (sx) e dopo il rivestimento in cartongesso (dx) [Immagini riprodotti con il permesso di Mario Pecoraino].

Un sistema di controllo termostatico mette a confronto la temperatura ambiente con quella del collettore e spegne o accende il ventilatore a seconda della temperatura raggiunta (comando della temperatura differenziale). Una volta raggiunta la temperatura ambiente desiderata, l’impianto si spegne.

In Sicilia, l’impianto ha una resa maggiore del 25% rispetto ai valori indicati dal produttore tedesco, ottenuti dalla progettazione per il freddo clima della Germania, dove sono oltre un milione le case dotate di pannelli fototermici ad aria.

Come detto, anche con basso livello d’irraggiamento il sistema è in grado di effettuare un preriscaldamento dell’aria che viene convogliata all’interno dei locali.

Figura 4.4 Innalzamento medio temperatura con intensità d’irradiazione diverse (temperatura esterna 0°C, funzionamento con aria esterna). [Immagine di Accomandita TSE].

Con una radiazione solare di 500 W/m², raggiungibile facilmente anche nel periodo invernale, la temperatura sale di circa 20 gradi. Con un irraggiamento di 300 W/m², il 60% dell’energia solare incidente viene trasformata in calore, che viene convogliato sotto forma di caria calda all’interno dell’edificio. Nel caso di strutture senza altra fonte di riscaldamento (ad esempio seconde case o capannoni industriali) già con una radiazione ridotta – ossia con il cielo coperto – il sistema inizia a funzionare e ad immettere aria nuova e calda nell’edificio.

Quando il sole splende, e il valore tipico di irradiazione è di 1000 W/m², Twinsolar raggiunge il massimo rendimento: il 75% dell’energia solare incidente viene trasformata in energia termica che riscalda l’edificio; mentre la centralina di controllo limita il funzionamento al solo periodo di necessità. Le dimensioni dell’impianto dipendono dalla superficie dei locali da riscaldare. Un valore indicativo per il dimensionamento del collettore per un edificio con standard medio d’isolamento termico e locali con una altezza media di 2,5 m è 1 m² di collettore ad aria → 10 m² di superficie abitativa.

Figura 4.5 Le dimensioni dell’impianto a ventilazione solare fototermica dipendono dalla superficie dei locali da riscaldare. [Immagine di Accomandita TSE].

In edifici con uno standard d’isolamento buono o in impianti installati in paesi del Sud Europa con 1 m² di superficie del collettore è possibile riscaldare e ventilare fino a 15 m² di superficie abitativa. Se ad esempio è previsto un TwinSolar 6.0 la lunghezza massima della canalizzazione è 10 m. Se nel sopralluogo ad esempio si riscontra che la canalizzazione da realizzare dovrà essere di lunghezza pari a 8 metri, quel sistema si potrà utilizzare tranquillamente.

4.2 Riscaldare con l’energia solare: L’acqua calda Sito sulla collina che domina Palermo, l’Hotel Bel 3 è il classico albergo a gestione familiare italiano categoria 3 stelle e picchi di maggior presenza nei mesi primaverili ed estivi. L’hotel è dotato di 128 posti letto, di una cucina a servizio della sala ristorante, una lavanderia e un bar.

Figura 4.6 L’ Hotel Bel3 situato sul promontorio di Baida, dal quale si può ammirare la città e il golfo di Palermo [Immagine per gentile concessione di Mario Pecoraino].

Fino al 2006, ogni anno il consumo di gas di petrolio liquefatto (GPL) per la produzione di acqua calda sanitaria (ACS) accumulata in 2 boiler da 1.500 litri, comportava una spesa di circa 22.000 euro.

In seguito all’istallazione (nel maggio 2006) di un impianto solare termico a circolazione naturale sul lastrico di copertura, l’hotel adesso produce dal sole oltre il 60% del proprio fabbisogno di ACS. Il costo della bolletta del gas è passato prima a 6mila euro; e poi si è ridotto ulteriormente a soli 3mila euro dopo il collegamento della centrale termica alla rete del metano per la produzione del fabbisogno di calore residuo.

In breve, l’entità del risparmio ottenuto – 19mila euro annui – è stata tale che il tempo di rientro dell’investimento è stato di 4 anni: un risultato eccezionale considerando che nel 2006 questi impianti non erano oggetto di alcuna agevolazione fiscale (che sarà introdotta dal Governo solo dalla fine del 2007).

L’impianto in questione è costituito da 8 sistemi Solahart modello 303 Kf, collegati in parallelo a gruppi da 4 sistemi, in alimentazione al gruppo dei due boiler della centrale termica. L’impianto è “a circolazione naturale” nel senso che il fluido termovettore (acqua + glicole propilenico antigelo) riscaldandosi sale per convezione ad un serbatoio di accumulo esterno e posto più in alto del pannello.

Figura 4.7 Schema della circolazione naturale nel solare termico. [Immagine per gentile concessione di Solarea].

L’impianto non necessita quindi di energia elettrica e altre apparecchiature che ne aumenterebbero i costi di acquisto e manutenzione. Tutto funziona con l’energia solare. Quando l’irradiazione cessa, il sistema va in quiete. Non ci sono parti meccaniche in movimento. Il circuito è aperto, in quanto l’acqua calda che viene consumata viene sostituita dall’afflusso esterno di acqua proveniente dall’impianto idrico esistente.

In generale la tecnologia del solare termico consente un risparmio sino all’80% sulla produzione di acqua calda e sino al 50% sul riscaldamento (per ambienti ben isolati). In Italia in media il livello di irraggiamento è pari mediamente a 5-6 kWh/mq/giorno, per cui 4 m² di pannelli solari sono in grado di soddisfare il 60% circa del fabbisogno annuo di acqua calda sanitaria di una famiglia di 4 persone.

Figura 4.8 Un impianto solare termico è il primo intervento che ogni famiglia dovrebbe attuare per ridurre i consumi di energia fossile e sostituirli con l’energia gratuita del sole.

Il pannello solare funziona sfruttando l’“effetto serra” per cui un corpo nero assorbente posto sotto vetro si riscalda e trasferisce il calore ad un fluido termovettore che a sua volta trasferisce questo calore all’acqua, che così si riscalda. Il vetro permette il passaggio dei raggi solari, ma poi assorbe la radiazione infrarossa emessa dall’assorbitore caldo attenuando la dispersione dell’energia all’esterno. Nella parte sottostante del pannello è inserito un materiale isolante (in fibra di vetro o in poliuretano espanso) che riduce le dispersioni di calore. Il tutto (vetro, assorbitore, fascio dei tubi, isolante termico e scocca posteriore) è tenuto assieme da uno chassis che assembla le parti e conferisce al pannello robustezza e stabilità.

Il serbatoio di accumulo dell’acqua ha un volume tipico fra 150 e 300 litri ed è coibentato al fine di mantenere alta la temperatura dell’acqua per molte ore e garantire la disponibilità di una riserva di acqua calda anche al mattino presto o dopo una giornata di brutto tempo.

Figura 4.9 Il formidabile sistema solare termico Plano con boiler spesso 26 cm e tubi sottovuoto altamente selettivi.

Al suo interno contiene uno scambiatore di calore ad intercapedine nel quale circola il fluido termovettore del circuito primario che, cedendo il calore ricevuto dal sole, riscalda l’acqua contenuta nel serbatoio. Quindi nel serbatoio si trovano due circuiti idraulici separati: quello primario del pannello, in cui circola il liquido riscaldato dal sole e quello secondario in cui circola acqua sanitaria e che è collegato all’impianto idraulico di casa.

L’acqua calda prodotta e accumulata nel boiler può essere utilizzata per gli usi sanitari di casa, alberghi, scuole, camping e impianti di balneazione, o per riscaldare le piscine o gli ambienti dei più svariati edifici; incluse grandi strutture come edifici plurifamiliari, ospedali, piscine, residenze per studenti.

Inoltre, come nel caso del fotovoltaico, la tecnologia sta rapidamente evolvendo per cui, ad esempio, esistono sul mercato impianti a circolazione naturale altrettanto efficienti, ma belli perché privi di qualsiasi impatto visivo. Ad esempio il sistema solare termico a circolazione naturale con boiler da 180 litri alto solo 26 cm denominato Plano prodotto a Pordenone da un’azienda italiana.

Disponibile in due colori (cotto e ardesia) l’impianto fa uso di un pannello solare ad altissima efficienza fototermica composto da 22 tubi sottovuoto in vetro borosilicato, protetti da un vetro blindato da 2.2 mm, con rivestimento three-target. L’accumulo e lo scambiatore di calore ad intercapedine sono in acciaio inox ad alta resistenza alla corrosione.

Figura 4.10 Il pannello solare a tubi sottovuoto di Kloben è costituito da una serie di tubi in vetro borosilicato ad intercapedine isolata mediante vuoto. La superficie assorbente è una vernice multistrato elettrodepositata posta all’interno dei tubi per massimizzarne la durata e la costante trasformazione energetica . (Immagine di Kloben).

I pannelli solari sottovuoto sono di gran lunga i più efficienti, grazie alla riduzione delle perdite termiche dovuta al potere isolante dell’aria sotto vuoto e al fatto che una lamina in alluminio ad alta riflettenza aumenta l’area captante e soprattutto e rende il collettore solare indipendente dall’angolo di incidenza della radiazione solare garantendo il funzionamento in tutte le ore giornaliere ed in tutte le condizioni climatiche.

Per questa ragione le tipologie più recenti di questi pannelli -- che non soffrono più del loro limite storico, la fragilità -- stanno rapidamente mettendo fuori mercato i pannelli solari piani vetrati. Ad esempio, i collettori della linea SKY CPC 58 sviluppati e prodotti in Italia da Kloben sono in grado di ottimizzare e massimizzare l’apporto energetico solare a tutti gli impianti per la produzione di acqua sanitaria, acqua di riscaldamento o acqua di processo.

Figura 4.11 Schema di impianto solare termico a circolazione forzata integrato ad una caldaia a metano. C’è consumo elettrico dovuto alla pompa e alla centralina di controllo.

Gli impianti a circolazione forzata sono più complessi e costosi e sono generalmente utilizzati per l’integrazione del riscaldamento invernale. In questi impianti, è una pompa alimentata dall’elettricità a far circolare il fluido termovettore per la cessione del calore raccolto dal fluido attraverso una serpentina posta all’interno del boiler.

L’efficienza termica è molto più elevata degli impianti a circolazione naturale, perché il boiler posto all’interno del locale caldaia è meno soggetto a dispersione termica durante la notte o in condizioni climatiche avverse.

Si tratta di integrazione al riscaldamento invernale realizzato con una caldaia perché in inverno l’irradiazione solare è ridotta mentre è elevata la richiesta di calore per il riscaldamento. Tipicamente, in questi casi si ricorre ad un sistema di distribuzione del calore radiante a pavimento, che funzionando a bassa temperatura (30-40°C) possano essere alimentati dai pannelli solari termici integrati ad una caldaia a biomassa a condensazione; oppure ad una pompa di calore alimentata dal fotovoltaico.

Figura 4.12 Nella ristrutturazione di un rustico in provincia di Treviso, il pavimento radiante a bassa temperatura è stato realizzato con pannelli cover 30 di RDZ. (Immagine di RDZ SpA).

Ad esempio i pannelli radianti dell’azienda friulana Rdz installati a pavimento, consentono di riscaldare la casa in maniera uniforme, senza fastidiosi spostamenti d’aria (grande vantaggio per asmatici e soggetti allergici) ed in piena libertà sul posizionamento del mobilio.

In pratica, l’acqua calda generata dall’impianto solare termico alimenta il pavimento radiante circolando e rilasciando calore; quando i collettori

termici non riescono a far raggiungere all’acqua la temperatura ottimale di utilizzo, interviene la caldaia che, oggi, può e dovrebbe utilizzare al posto del gas un combustibile rinnovabile e abbondante come la sansa, il legno o il pellet.

4.3 Riscaldamento a fonti rinnovabili: Le caldaie a biomassa La biomassa vegetale è la materia che costituisce le piante. L’energia in essa contenuta è energia solare immagazzinata durante la crescita per mezzo della fotosintesi clorofilliana. Per questo motivo le biomasse, se utilizzate all’interno di un ciclo locale continuo di produzione-utilizzazione, sono una risorsa energetica rinnovabile e rispettosa dell’ambiente. Posto che la distanza su cui viene trasportata la biomassa dal sito di produzione a quello di combustione sia bassa (pochi km), la combustione di biomassa non dà alcun contributo netto all’effetto serra, perché il carbonio che si sprigiona sotto forma di CO2 proviene dall’atmosfera stessa, e non dal sottosuolo.

Figura 4.13 Una stufa a pellet come questa dell’azienda vicentina Caminetti Montegrappa, silenziosità e velocità dell’accensione sono garantiti dall’uso dell’elettronica e di progettazione avanzata (Immagine di Caminetti Montegrappa Srl).

Oggi, le tecnologie per l’utilizzazione dei combustibili vegetali in impianti di riscaldamento domestici hanno raggiunto livelli di efficienza, affidabilità e comfort del tutto simili a quelli degli impianti tradizionali a gas o gasolio. Ad esempio, una stufa per il riscaldamento a pellet di interni ha un design elegante, con pannello frontale con apertura in vetro per la visione della fiamma, e funziona con notevole economia di esercizio e comfort grazie alla modulazione lineare della potenza gestita da una centralina a microprocessore. Le principali tipologie di caldaie per la combustione di biomasse per il riscaldamento di piccole-medie utenze sono tre, sulla base delle tre principali categorie di combustibili vegetali:

• legna da ardere in ciocchi • legno sminuzzato (cippato) • pastiglie di legno macinato e pressato (pellet)

A parità di calore prodotto, però, i combustibili vegetali costano molto meno rispetto a quelli fossili. Il grafico consente un rapido confronto tra i tre principali combustibili fossili da riscaldamento (gasolio, metano e gpl) e le tre principali biomasse.

Figura 4.14 Combustibili fossili e biomasse a confronto: costo di 1 litro equivalente di gasolio. [Immagine di Itabia, 2011]

Ne consegue che il risparmio di esercizio è talmente elevato da consentire il rapido recupero del capitale investito nell’impianto. Ad esempio, nel caso di un’abitazione di 200 mq il tempo di rientro è compreso fra gli 8 e i 2 anni a seconda del tipo di combustibile fossile sostituito con la legna. Va notato, inoltre, che spesso per abitazioni in campagna la biomassa è disponibile a costo zero ed in quel caso il tempo di rientro dall’investimento si riduce a 24 mesi!

Esempio. Abitazione da 200 m2, impianto a legna Impianto: Caldaia a fiamma inversa da 20 kW, centralina di regolazione, accumulatore inerziale 1000 litri, bollitore sanitario 300 litri

Fabbisogno energetico stimato per riscaldamento e acqua sanitaria: 45.000 kWh/anno pari a: - 4.700 mc/anno di metano - 4.500 litri/anno di gasolio - 6.250 litri/anno di gpl - 130 quintali/anno di legna da ardere stagionata

Costi Costo impianto (indicativo): 13.000 € compresa installazione e IVA 20% Detrazione Irpef 36% = 4.680 € Costo da ammortizzare: 13.000 - 4.680 = 8.320 € Spesa per legna: 130 q a 11,00 €/q = 1.430 €/anno Confronto legna - metano Metano risparmiato: 4.700 mc a 0,52 €/mc = 2.440 €/anno Risparmio di esercizio: 2.440 - 1.430 = 1.010 €/anno (41%)

Tempo di rientro: 8.320/1010 = 8,2 anni.

Nel caso costo legna = 0, 8.320/2.600= 3,2 anni

Confronto legna - gasolio Gasolio risparmiato: 4.500 l a 0,83 €/l = 3.730 €/anno Risparmio di esercizio: 3.730 - 1.430 = 2.300 €/anno (61%)

Tempo di rientro: 8.320/2.300 = 3,6 anni. Nel caso costo legna = 0: 8.320/4150= 2,0 anni

Confronto legna - gpl Gpl risparmiato: 6.250 l a 0,62 €/l = 3.870 €/anno Risparmio di esercizio: 3.870 - 1.430 = 2.440 €/anno (63%) Tempo di rientro: 8.320/2.440 = 3,4 anni. Nel caso costo legna = 0: 8.320/3.870= 2,1 anni

La soluzione migliore è quella della sansa delle olive (non quella esausta) che costa il 30% meno del pellet, di cui ha una resa superiore se ben essiccata ed è completamente ecologica. Nelle più moderne caldaie a biomassa, infatti, basta svuotare la cenere una volta all’anno e per il resto si gestiscono come una caldaia a gas.

In alternativa, una soluzione ottima sono le caldaie a legna tal quale: le più moderne, quelle a gassificazione e a fiamma inversa arrivano a rendimenti anche sopra al 90%, hanno l’accensione automatica, sono modulabili e s’interfacciano perfettamente con un termostato. Il limite più grande è che richiedono la carica di legna una o due al giorno, e la cenere va svuotata ogni 2-3 giorni.

Scriveva, ad agosto 2013, Enrico nei commenti ad un articolo su Qualenergia.it:

CONVIENE! Ho installato, nella mia villetta a due piani, totali 230 mq, un impianto con caldaia a biomassa integrato da pannelli solari termici. E’ la soluzione ideale, anche perché la casa è riscaldata con pannelli a pavimento, che richiedono una temperatura, per l’acqua di circolazione, di massimo 38°.

Ciò mi consente un risparmio annuo di circa 1200 euro rispetto ad un impianto con caldaia a gas metano (la mia zona di residenza è alle pendici dell’Etna, temperatura dei mesi più freddi 0 - 13 C°). Il massimo del risparmio si ha alimentando la caldaia a legna, dove è abbondante ed economica, come nella mia zona.

Il pellet qui al Sud è caro perché si deve importare da Nord e i costi del trasporto incidono. Una buona soluzione l’ho trovata nell’utilizzare la sansa delle olive (non quella esausta!), che costa il 30% meno del pellet, ha una resa superiore se ben essiccata ed è ecologica.

Gli impianti nel 2009 costavano indicativamente da 1,5 a 3 volte più dei loro concorrenti a gas. Da allora, il gap si è ridotto ed oggi il costo e l’investimento per un’abitazione - che è quasi sempre superiore ai 2-3mila euro -- viene recuperato, grazie al risparmio, in meno di 3 anni.

Figura 4.15 Disponibile con potenze comprese fra 12 e 32 kW, la nuova caldaia a condensazione della consente un risparmio ulteriore del 15% sul costo del combustibile.

Produttori austriaci come ÖkoFEN sono in grado di fornire ai clienti caldaie che hanno un sistema di stoccaggio delle ceneri che permette di fare lo svuotamento e la pulizia una volta all’anno, diventando così del tutto

analoghe a quelle a gas. Naturalmente, conviene acquistare caldaie a biomassa a condensazione che sfruttano anche il calore dei gas fumi, con un tipico recupero del 15% della potenza.

4.4 Risanare gli impianti termici Titolare di Assytek Servizi Tecnici, Giuseppe Lino è uno dei maggiori esperti di caldaie alto efficienti in Sicilia. Ha fatto realizzare decine di impianti per la produzione di acqua calda sanitaria e il riscaldamento tanto di abitazioni che di grandi utenze commerciali a bassissimo consumo; quasi sempre integrati ai pannelli solari termici.

Il 12 dicembre 2013, Lino ha tenuto una presentazione a S. Giovanni Gemini alla Giornata di studio "Edifici.Siciliani.Risanati" il cui valore e significato è rilevante per chiunque lavori nel campo del risanamento energetico degli edifici.

Gli impianti termici esistenti, ha esordito Lino, vanno pressoché tutti risanati.

Figura 4.16 Sostituire una caldaia tradizionale con una caldaia a condensazione moderna comporta un risparmio immediato del 15% sul costo del combustibile. [Immagine di Beretta].

Ho iniziato a lavorare in questo settore che ero poco più che un ragazzo nei primi anni ‘90. Quando ho iniziato, le caldaie erano poco più che delle pentole. Oggi sono sofisticati sistemi per la produzione di calore controllati elettronicamente, e siamo in grado di recuperare il calore dai fumi delle caldaie, portandoli da 130 a 50 gradi e recuperando così oltre il 15% del calore che altrimenti andrebbe disperso in aria.

In Sicilia -- ha continuato Lino -- dobbiamo partire quindi dalle caldaie, che sono inefficienti e quasi sempre sovradimensionate. E poi passare ai corpi scaldanti che sono quasi sempre sporchi e che devono essere sostituiti con corpi scaldanti molto più rapidi ed efficienti nello scaldare l’ambiente.

Ma andiamo per ordine. Quando ci chiamano troviamo regolarmente caldaie che sono dimensionate anche del triplo rispetto alla reale potenza richiesta dalla casa, dall’albergo e dall’azienda.

Sono appena tornato da un sopralluogo in una delle maggiori -- e migliori -cantine della Sicilia. Hanno una caldaia in ghisa da 300 kW. In margine al sopralluogo ho verificato che la massima potenza richiesta non supera i 130 kW.

La prima cosa da fare, dunque, è installare una caldaia correttamente dimensionata che sia "a condensazione", ovvero con il recupero del calore dai fumi.

Figura 4.17 Termofoto di un termosifone prima e dopo il lavaggio. [Immagine riprodotta per gentile concessione di Giuseppe Lino].

Ma la seconda cosa, pure molto importante, è risanare i corpi scaldanti. Quello che troviamo è che i termosifoni nelle case vengono quasi nascosti: dietro le porte, negli incassi delle pareti o nei punti marginali delle pareti. Inoltre, sono quasi tutti così sporchi che funzionano per un terzo della loro capacità.

Questa è una termofoto di un termosifone in una casa in provincia di Palermo. Come vedete, ad emettere calore è meno di un terzo della

superficie complessiva.

Quando gli diciamo che occorre pulirli, i clienti non sanno giustamente neanche che è possibile. E’ un’operazione professionale che richiede dei prodotti chimici costosi e una pompa dedicata. Ma è veramente efficace, e andrebbe fatta ogni 4-5 anni perché all’interno dei termosifoni si forma la vegetazione proprio come sulla chiglia delle barche, tanto che poi aggiungiamo anche un inibitore.

Questa fotografia, relativa ad una pulizia effettuata di recente in Sicilia, credo che parli da sola.

Figura 4.18 Le scorie prodotte dal lavaggio chimico di un impianto di riscaldamento domestico. [Immagine riprodotta per gentile concessione di Giuseppe Lino].

Quando infine decidiamo di cambiarli, i termosifoni, occorre scegliere corpi scaldanti moderni che oggi hanno raggiunto un’efficienza senza precedenti.

Guardate questa immagine. Come vedete un termoconvettore statico da 1500 Watt utilizza 1,1 litri d’acqua a fronte dei 21 litri di un analogo termosifone in acciaio.

Se moltiplicate tale valore per dieci, che è il numero medio di termosifoni in una casa, vedete che la differenza nei consumi sta nella differenza dell’energia richiesta per scaldare 21 litri o 210 litri d’acqua.

Inoltre, il termoconvettore, proprio come un termosifone in alluminio, riscalderà la casa in tempi record.

Figura 4.19 Confronto fra corpi scaldanti con eguale potenza resa. Volumi d’acqua da riscaldare. [Immagine riprodotta per gentile concessione di Giuseppe Lino].

I risultati del risanamento energetico degli impianti termici, e della solarizzazione, parlano da soli. Questa è una villa a Mondello, nei pressi di Palermo, abitata tutto l’anno.

Figura 4.20 Il risparmio annuo in margine alla solarizzazione e alla sostituzione della caldaia tradizionale con una a condensazione in questa villa di Mondello (PA) è stato di quasi 1300 mc di gas in un solo anno. [Immagine riprodotta per gentile concessione di Giuseppe Lino].

Abbiamo lavato i corpi scaldanti, e installato un impianto solare termico a circolazione forzata in alimentazione ad un unico boiler da 200 litri, che integra una nuova caldaia a condensazione. In un solo anno, il proprietario ha risparmiato 1255 metri cubi di metano, pari ad oltre 1500 euro.

E siccome il prezzo del gas, come quello di tutti i carburanti e combustibili, non fa che salire, questo risparmio non farà che crescere anno dopo anno.

4.5 Energia solare indiretta: Le pompe di calore Utilizzata fin dagli anni ‘70, la tecnologia delle pompe di calore per riscaldare, condizionare e produrre acqua calda sanitaria da fonte rinnovabile, anche in presenza di temperature esterne molto rigide (-20°C), oggi è quella più efficiente ed efficace al fine di ridurre i consumi di energia degli edifici incrementando, al contempo, l’utilizzo delle fonti rinnovabili.

Figura 4.21 Le pompe di calore sono una tecnologia che sfrutta l’energia solare accumulata nell’aria, nel terreno o nell’acqua. [Immagine di Clivet].

In generale, le pompe di calore (PdC) sono sorgenti di energia solare indiretta, ma egualmente pulita ed illimitata, che consentono risparmi dal 40 al 60% di energia primaria, con pari riduzione della CO2 emessa, e impiegano per il loro funzionamento circa il 75% di energia rinnovabile sotto forma di calore prelevato dall’ambiente esterno (dall’aria, dall’acqua o dalla terra).

Vantaggi delle pompe di calore • riscaldamento e raffrescamento con un’unica macchina • incremento dell’efficienza energetica • utilizzo di fonti di energia rinnovabile • riduzione delle emissioni inquinanti • riduzione dei costi gestionali e manutentivi dell’impianto • aumento della classe energetica e del valore dell’immobile

Riconosciuta dal 2009 con la Renewable Energy Sources Directive (Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili) come tecnologia a energie rinnovabili, la pompa di calore deve il suo nome al fatto di essere in grado di trasferire calore da una sorgente a bassa temperatura a un ambiente a temperatura più alta, così come una pompa solleva un fluido da una quota inferiore a una superiore.

Il processo -- inverso rispetto a quello che avviene spontaneamente in natura -- è reso possibile dall’energia fornita alla macchina che trasforma in energia

utile il calore (energia a bassa entalpia), altrimenti inutilizzato, presente nell’ambiente.

Figura 4.22 Una pompa di calore con COP = 4, utilizza il 50% in meno di una caldaia che produca un’equivalente quantità di calore. [Immagine di Clivet].

Una pompa di calore elettrica a compressione è costituita da un circuito chiuso percorso da un fluido frigorigeno. I componenti del circuito possono essere raggruppati in un unico blocco o divisi in due parti (sistemi split) collegate dalle tubazioni nelle quali circola il fluido frigorigeno.

Per funzionare, una pompa di calore necessita ovviamente di energia, ma quella che trasferisce all’interno dell’ambiente sotto forma di calore è maggiore di quella che consuma, garantendo così un notevole risparmio. La pompa di calore sfrutta, infatti, il calore gratuito e illimitato immagazzinato nell’aria, nell’acqua superficiale, nelle falde acquifere sotterranee e nel terreno.

Figura 4.23 Il circuito di una pompa di calore elettrica a compressione è costituito da un compressore, un condensatore, una valvola di espansione e un evaporatore. [Immagine di Qualenergia.it].

L’efficienza è misurata dal coefficiente di prestazione COP (Coefficient of Performance), che è il rapporto tra l’energia fornita (calore ceduto al mezzo da riscaldare) e l’energia elettrica consumata. Il COP varia a seconda del tipo di pompa di calore e delle condizioni di funzionamento ed è tanto maggiore quanto più bassa è la temperatura a cui il calore viene ceduto (nel condensatore) e quanto più alta è quella della sorgente da cui viene assorbito (nell’evaporatore). Le PdC elettriche sono di gran lunga le più efficienti con valori di COP che possono superare 4. Rispetto al classico ciclo frigorifero delle macchine elettriche a compressione, dove l’aumento di pressione all’interno del ciclo è dato per azione meccanica, il sistema ad assorbimento provvede all’aumento di pressione per azione termica: un generatore a gas (generalmente, gas naturale) scalda la soluzione refrigerante/assorbente, innescando così il ciclo.

Figura 4.24 Le temperature medie italiane sono ideali per il funzionamento delle pompe di calore perché consentono efficienze molto elevate. [Immagine di Clivet].

Verso l’interno la pompa di calore può riscaldare - o raffreddare, se reversibile - direttamente l’aria degli ambienti oppure può farlo attraverso un fluido intermedio, normalmente acqua, che trasporta il calore nei vari ambienti, dove un ulteriore scambiatore di calore (ventilconvettori, sistemi radianti ecc.) lo trasferisce all’aria.

Verso l’esterno la pompa di calore può scambiare calore direttamente con l’aria oppure attraverso un fluido intermedio, acqua o acqua glicolata, che a sua volta lo scambierà con la sorgente esterna: acqua superficiale o di falda, terreno con sonde verticali od orizzontali (geotermia a bassa entalpia).

La scelta della sorgente termica è fondamentale perché si riflette sia sulla prestazione energetica dell’impianto, sia sul dimensionamento della pompa di calore. La soluzione più economica dal punto di vista impiantistico -- e particolarmente adatta alle nostre zone climatiche -- è quella che utilizza come sorgente termica esterna l’aria, che ha il vantaggio di essere disponibile sempre e ovunque.

La potenza resa dalla pompa di calore decresce con il diminuire della temperatura dell’aria esterna. Ma le temperature medie italiane sono elevate e consentono efficienze molto elevate proprio per le pompe di calore aerotermiche che hanno costi di installazione inferiori rispetto alle altre tipologie.

Figura 4.25 Lo scalda acqua a pompa di calore NUOS di Ariston. [Immagine di Ariston].

Il vantaggio nell’uso della pompa di calore dunque deriva dalla sua capacità di fornire più energia (calore) di quella (elettrica o meccanica) impiegata per il suo funzionamento in quanto estrae calore “gratuito” dall’ambiente esterno (dall’aria, dall’acqua o dalla terra). I sistemi a pompa di calore sono in grado di lavorare su due fronti - l’efficienza energetica e le rinnovabili termiche migliorando la classe energetica dell’edificio e migliorando la qualità dell’aria nelle grandi aree urbane.

Naturalmente, il costo di una pompa di calore di pari potenza è nettamente superiore a quello di una caldaia. Ma il paragone va fatto rispetto all’applicazione di una caldaia e di un condizionatore, perché le PdC sono utilizzate come climatizzatori durante la stagione calda e come fonti di calore d’inverno. Inoltre, il drastico risparmio di energia primaria comporta costi minori. A patto di utilizzare il fotovoltaico per abbattere il costo del kWh tradizionale. In Italia, infatti, collegare una pompa di calore al contatore principale dell’abitazione in tariffa D3 è sconveniente.

Figura 4.26 Naturalmente, lo scalda acqua a pompa di calore può essere alimentato dall’elettricità solare. E in quel caso, la bolletta del gas praticamente si azzera.

Tipicamente in Italia, per consumi oltre i 2700 kWh/annui, il prezzo a kWh dell’energia passa da un minimo di circa 17 c€/kWh, con tariffa lineare BTA (o altri usi) -- terziario o residenziale centralizzato -- a un valore crescente dai 27 ai 31 c€/kWh con l’aumentare dei consumi nel settore domestico: tariffe D2 o D3. Valori nettamente superiori alla media europea (12 c€/kWh). Il sistema tariffario elettrico nel settore domestico va quindi a penalizzare proprio le fasce di consumo oltre i 2700 kWh/annui anche nel caso in cui si stiano impiegando sistemi efficienti e rinnovabili come le pompe di calore che, al contrario, consentono elevati risparmi di energia primaria.

Grazie invece al sistema “fotovoltaico + pompa di calore” è possibile abbattere non solo i costi dell’elettricità ma anche quelli per la produzione di acqua calda sanitaria. Una pompa di calore (come il NUOS di Ariston, ad esempio), alimentata da un impianto fotovoltaico correttamente dimensionato, genera acqua calda sfruttando la corrente elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici, e riduce il costo delle bollette di gas e luce fino al 90%.

Figura 4.27 L’impianto fotovoltaico da 3,87 kW sul tetto della famiglia Rossi nella campagna di Ancona (SolarWorld) produce in media oltre 5mila kWh ogni anno. [Immagine di SolarWorld Italia].

In più con il sistema Fotovoltaico + Pompa di calore si aggiunge la possibilità di detrarre i costi per la pompa di calore al 50% in 10 anni e, rinunciando agli incentivi, quella di godere dell’agevolazione fiscale anche per il fotovoltaico.

L’applicazione autenticamente vantaggiosa del fotovoltaico concerne la produzione di abbondante elettricità dal tetto per la copertura del proprio

fabbisogno energetico. Per questo, l’impianto viene connesso alla rete pubblica a bassa tensione. La corrente continua (c.c.) in bassa tensione generata naturalmente senza rumore o emissioni di sorta dai moduli fotovoltaici poggiati sul tetto viene convertita in corrente alternata dopo essere passata attraverso un inverter, e sostituisce con energia pulita solare l’energia che sarebbe normalmente stata tratta dalla rete.

Gli impianti domestici nascono per autoprodurre, quindi famiglie ed imprese non pagano più la bolletta ma attingono energia dai pannelli installati sul proprio tetto e connessi in rete. L’energia generata in bassa tensione sul tetto entra nella casa ovvero direttamente sul sito di utilizzo. Non c’è quindi più bisogno né di trasformare, né di trasportare energia.

4.6 Installazioni domestiche delle pompe di calore La diffusione dei sistemi a pompa di calore è una grande opportunità di crescita economica sia per il territorio, dove lavorano le imprese di installazione, che per la bilancia dei pagamenti visto che l’Italia dispone di una florida industria delle pompe di calore con aziende come Riello, Ferroli, Ariston, Clivet e molte altre, le principali delle quali sono federate nell’associazione Co.Aer

Figura 4.28 La sede di Clivet, ai piedi delle Dolomiti. [Immagine di Clivet, riprodotta con il permesso].

L’italiana Clivet ha oltre 20 anni di esperienza e ha realizzato centinaia di impianti funzionanti con sistemi in pompa di calore: partendo dai settori industriale e terziario, recentemente ha esteso la sua offerta al residenziale.

Ad esempio, il complesso residenziale “Borgo Morandi” realizzato a Solarolo in provincia di Ravenna senza consumo di territorio, attraverso il recupero di una zona artigianale dismessa, con edilizia ad alta efficienza e comfort (CasaClima A+) utilizza un unico impianto a PdC per il raffrescamento estivo e il riscaldamento invernale (eliminando gli antiestetici condizionatori split).

Nel dettaglio, una pompa di calore modello GAIA Aria31, della Clivet con COP stagionale = 3,5 per ognuno dei 18 alloggi. Si tratta di unità-impianto che integrano in sé tutti i principali elementi di una centrale termica incluso accumulo da 200 litri per la produzione di acqua calda sanitaria, gruppi di pompaggio e predisposizione per il collegamento ai pannelli solari fotovoltaici.

Figura 4.29 il complesso residenziale “Borgo Morandi” realizzato a Solarolo in provincia di Ravenna. [Immagine di Clivet].

La diffusione del calore è affidata ai pannelli radianti che, funzionando a bassa temperatura, migliorano il comfort abitativo. Il fabbisogno dei 4000 kWh complessivi per riscaldamento e produzione di ACS per ogni appartamento di 100 mq viene soddisfatto con la fornitura alla PdC di 1142 kWh (= 4000/3,5).

Ogni famiglia di 4 persone necessita poi di ulteriori 3500 kWh elettrici annui per il funzionamento degli elettrodomestici. Pertanto il fabbisogno annuo è

1142 + 3500 = 4642 kWh.

E’ stato sufficiente installare dei pannelli fotovoltaici su ogni singolo modulo abitativo per una potenza complessiva di 2,5 kWp per ottenere dal sole 3100 kWh all’anno. Restano da reperire in rete, dunque soltanto 1542 kWh (4642 – 3100).

4.7 Casa B: “Pagavo 135 Euro l’anno di gas e dal 2011 nulla più” Casa B sorge nel territorio del Comune di Casteldaccia, in provincia di Palermo. Nel 2010 il proprietario ha intrapreso i lavori di risanamento energetico che lo hanno portato a disconnettersi dalla rete del gas pur vivendo in una casa ad altissimo grado di comfort, di dimensioni ragguardevoli.

Figura 4.30 I collettori solari autocostruiti, sul tetto di Casa B., a Casteldaccia, in Sicilia.

Ha quindi fatto condurre l’isolamento dell’involucro attraverso la posa di un termocappotto con pannelli in XPS da 5 cm, la sostituzione degli infissi con serramenti ad alta efficienza e l’isolamento del tetto (ventilato) con pannelli in XPS da 12. Ha quindi fatto installare un pavimento radiante che distribuisce nell’abitazione il calore prodotto da 9 metri quadri di pannelli solari termici autocostruiti posti sul tetto e collegati ad un impianto a circolazione forzata in alimentazione ad un boiler da 1000 L.

Il 6 giugno 2011, nonostante la giornata piovosa, i pannelli erano in grado di portare l’acqua calda sanitaria ad una temperatura di 45 gradi. Originalmente, la produzione del calore non coperto dai pannelli fototermici era assicurata da una caldaia a gas per un consumo residuo di 135 Euro. Dopo un anno, però, il prorietario ha integrato il suo impianto fotovoltaico con nuovi moduli ad alta efficienza ed ha installato una pompa di calore elettrica idrotermica ad altissima efficienza (COP 5,1: per ogni kWh d’energia elettrica consumato, la pompa di calore renderà 5,1 kWh di calore).

Figura 4.31 Particolare del boiler e del relativo termometro a Casa B., fotografati il 6 giugno 2011.

Adesso è la pompa di calore a produrre il calore non coperto dalla produzione solare, per cui il proprietario ha chiesto ed ottenuto dal distributore nazionale del gas naturale la disconnessione di casa propria dalla rete del gas, ottenendo indietro la cauzione depositata all’atto della stipula del contratto di fornitura del gas.

Figura 4.32 Impianto fotovoltaico da 5,88 kW con moduli ad alta efficienza Sunpower sul tetto di Casa B., in Sicilia.

CAPITOLO 5 L’illuminazione ad alta efficienza

5.1 Illuminazione efficiente L’illuminazione pesa solo per l’11% nel consumo totale di elettricità in ambito residenziale. Quindi abbattere i consumi elettrici per l’illuminazione con il passaggio a lampade ad alta efficienza non è, dal punto di vista energetico, prioritario.

Ma lo è dal punto vista del comfort e della qualità della vita. Per cui, risanare l’illuminazione domestica diventa prioritario tanto quanto risanare l’involucro dell’edificio.

Figura 5.1 Gli usi elettrici obbligati comprendono Illuminazione, elettrodomestici e condizionamento. E la ripartizione del consumo di energia nel settore domestico non è pressoché cambiata da quanto l’Enea ha pubblicato il suo Rapporto 10 anni fa (Fonte: Rapporto Enea, 2004).

L’illuminazione copre circa il 19% dell’uso di elettricità nel mondo e si basa per quasi tre quarti sull’antiquata ed energeticamente inefficiente lampada a incandescenza perfezionata da Edison nel 1878.

Ancora nel 2009 In Italia si vendevano oltre 3 milioni di lampade ad incandescenza da 100 Watt e 1,5 milioni di lampade a risparmio energetico da 18 a 20 Watt, corrispondenti ad una 100 Watt ad incandescenza. Avendo un’efficienza ridicolmente bassa, intorno al 2%, in Europa le lampada ad incandescenza sono ormai fuori mercato. Nel dettaglio, La Direttiva EUP della Commissione UE approvata l’8 dicembre 2008 impone per le lampade il rispetto entro il settembre 2012 delle classi di efficienza energetica A, B e C, ovvero come minimo la classe delle lampade fluorescenti compatte, mentre le lampade alogene possono raggiungere anche la classe D.

Figura 5.2 L’etichetta energetica comunitaria indica la classe di efficienza energetica e le caratteristiche di luce prodotta da ogni lampada commercializzata nella UE.

Dal settembre 2012 sono state quindi poste fuori mercato le lampade a incandescenza da 100, 75, 40, 25 e 15 Watt. Dalla stessa data vengono immesse sul mercato solo le lampade di efficienza energetica A, B o C, indipendentemente dalla loro potenza. Dal 2016, saranno bandite anche le lampadine di classe C.

Anche le lampade per illuminazione hanno infatti una specifica etichetta energetica (energy label) che indica la classe di efficienza energetica e le caratteristiche di luce prodotta. Nel dettaglio, il settore 1 indica la classe di efficienza energetica contrassegnata da una lettera (dalla classe “A”, molto efficiente, alla classe “G”, inefficiente: più alta è l’efficienza e più corta la freccia).

Il settore 2 contiene tre importanti informazioni sulla lampada:

• flusso luminoso in Lumen • potenza nominale in Watt (potenza elettrica assorbita dalla lampada) • durata media della lampada (ore in accensione)

Tabella 5.1. Classi di efficienza energetica per lampade a diversa tecnologia A Lampade fluorescenti con reattore elettronico; LED B Lampade fluorescenti con reattore magnetico C Lampade alogene ad alta efficienza D Lampade alogene E Lampade standard ad incandescenza F Lampade standard ad incandescenza G Lampade decorative ad incandescenza

Secondo uno studio di Philips del 2009, la sostituzione a livello mondiale delle lampade ad incandescenza per uso domestico con tecnologie di ultima generazione (a fluorescenza prima e a LED poi) porterà ad un risparmio di 46 miliardi di euro in elettricità e 239 milioni di tonnellate di CO2 (pari alla produzione di 228 centrali elettriche o a 685 milioni di barili di petrolio in un anno). In Italia, invece, la messa al bando delle vecchie luci permetterà di risparmiare 5,6 miliardi di chilowattora all’anno, con un beneficio di oltre 1 miliardo di euro ogni anno.

Le lampade fluorescenti compatte (CFL) sono formate da uno o più tubi di vetro contenenti vapori di mercurio, con un elettrodo posto all’estremità di ciascun tubo. All’accensione della lampadina, la corrente attraversa gli elettrodi provocando una scarica di gas: i vapori di mercurio emettono un raggio ultravioletto che viene trasformato in luce visibile dalla polvere fluorescente che ricopre la parete interna del bulbo.

A differenza dei modelli a incandescenza, le lampade CFL non sviluppano subito la loro massima intensità luminosa: per avere luce piena bisogna attendere qualche decina di secondi. Un difetto fastidioso che risulta accentuato nel caso di avverse condizioni ambientali (freddo, umidità) che rende fra l’altro le lampadine CFL inadatte all’illuminazione di determinati ambienti (ad esempio la toilette). Contenendo mercurio, che con un solo milligrammo può contaminare 4mila litri d’acqua, si pone ovviamente il problema dello smaltimento delle CFL.

Figura 5.3 Le lampadine CFL sono un serio rischio per l’ambiente. Il Consorzio Ecolamp, ad esempio, gestisce la raccolta ed il trattamento dei rifiuti derivanti dalle CFL a fine vita. [Immagine di Ecolamp]

Per questo è necessario recuperare le lampade esaurite, consegnandole integre presso l’isola ecologica più vicina. Quando una lampadina fluorescente si spacca il mercurio altamente volatile si diffonde immediatamente nell’ambiente per cui occorre ventilare il locale per circa 30 minuti ed evitare di toccare i frammenti con le mani.

Le lampade CFL, inoltre, generano emissioni elettromagnetiche, ovvero generano un campo elettromagnetico ad alta frequenza che varia da marca a marca ed è superiore a quello di tutti gli altri tipi di lampade, eccetto quelle al neon che si comportano in modo similare anche se con un minor impatto.

Mediamente, secondo l’esperto di inquinamento elettromagnetico Achille Sacchi con le lampadine CFL si dovrebbe rispettare una distanza di almeno 1 m dalla lampada, anche se ogni azienda produttrice costruisce lampade diverse, e quindi con conseguenze diverse a livello di inquinamento ambientale.

In breve, le lampade CFL non sono una tecnologia ecologica e sono già largamente obsolete, a causa dell’affermarsi sul mercato globale dell’illuminazione a LED.

Prima di installare i LED, tuttavia, dobbiamo imparare ad utilizzare la luce solare realizzando tunnel solari (o lucernari tubolari) per portare, durante il giorno, la luce solare in quegli ambienti di casa non serviti dalle finestre.

5.2 Illuminazione solare Inventato nel 1980 dall’australiano Steve Sutton il lucernario tubolare è un dispositivo che, come i pannelli solari, è di facile istallazione e non richiede modifiche strutturali della copertura. La prestazione di illuminazione naturale negli ambienti interni è semplicemente eccezionale. Nel 1990 nasce la Solatube Limited, che nel 1991 lancia il primo Solatube. In pochi mesi il Solatube diventa il lucernario più venduto in Australia.

Figura 5.4 I camini solari, inventati in Australia nel 1980 e commercializzati dal 1991, sono un’alternativa di straordinaria qualità e convenienza per l’illuminazione diurna degli edifici.

In due anni l’azienda si espande agli Stati Uniti, e apre gli uffici in California. Oggi, ha clienti in oltre 70 Paesi, inclusa l’Italia.

Il Solatube Daylighting System venduto oggi è un tunnel solare a tenuta ermetica in cui tutte le parti (calotta captatrice, scossalina, condotto e diffusore) sono dotate di guarnizioni per bloccare le infiltrazioni di insetti e di polvere; mentre il design compatto, la forma della calotta captatrice e della scossalina lo rendono -- a differenza dei lucernari tradizionali dove solitamente si forma condensa e muffa -- praticamente esente da esigenze di manutenzione perché rendono impossibile l’accumulo di detriti.

Il tunnel -- che si adatta perfettamente a tutte le tipologie di tetti, da quelli piani a quelli a falda -- cattura i raggi solari mediante una vetrata esterna visibile sul tetto, li incanala all’interno del tubo composto da materiale riflettente, e da qui poi veicola la luce naturale fino all’ambiente prescelto nel quale è installata un’apposita plafoniera bianca.

Figura 5.5 Un corridoio illuminato a luce solare catturata e veicolata con un solar tube fino alla plafoniera bianca che appare come una luce artificiale che emette pregiata luce bianca solare.

S’individua la posizione ottimale in cui sistemare la calotta esterna, in modo che riesca a captare la luce del sole anche durante le ore più deboli della giornata, soprattutto al tramonto e durante l’inverno, ossia in quei periodi in cui i raggi del sole hanno un’incidenza notevolmente più bassa.

Utilizzando solo elementi già pronti all’uso, l’installazione è rapida. Una volta deciso dove installare la calotta, si studia e realizza il percorso che i

solar tube seguono all’interno dell’involucro edilizio. Si provvede quindi al posizionamento dei diffusori di luce, ovvero le lampadine solari a cui arriva la luce per essere irradiata all’interno di ciascun ambiente della casa, generalmente proprio al centro come un vero lampadario, in modo da garantire un’illuminazione che sia davvero uniforme e totale della stanza.

5.3 Rivoluzione LED L’illuminazione cosiddetta “a stato solido” realizzata attraverso i diodi emettitori di luce (LED) rappresenta la maggiore rivoluzione in ambito illuminotecnico dall’invenzione della lampada a filamento incandescente.

Figura 5.5 L’illuminazione “a stato solido”, ovvero con i LED, è una rivoluzione reale nel mondo dell’illuminotecnica, che sta già cambiando il modo di illuminare in pressoché tutti i contesti applicativi.

I LED sono già pronti e certamente convenienti come sostituti delle vecchie lampade da vari punti di vista:

• luminosità • dimensioni • consumi • durata • reperibilità • costo ambientale di produzione • costo di smaltimento • inquinamento residuo (le CFL contengono mercurio. I LED no)

La luce viene prodotta attraverso un processo fisico nella giunzione del diodo, chiamato “ricombinazione elettrone-lacuna” che dà origine all’emissione di fotoni di colore ben definito, che dipende dall’energia liberata nella ricombinazione. Le luci LED sono alimentate da un circuito elettronico, il cui scopo principale è quello di ridurre la tensione di rete dai canonici 220 V ai pochi volt richiesti dai LED.

La vicenda dei LED

Anche se il fenomeno di elettroluminescenza fu scoperto nel 1907 dallo scienziatoinglese Henry Round, è stato nel mese di ottobre 1962 che il fisico

americano Nick Holonyak introdusse la prima luce LED visibile mentre lavorava alla General Electric. Si trattava di un LED rosso a base di arseniuro di gallio e fosforo (GaAsP). L’invenzione portò ai display a LED rossi in commercio già nel 1964. Grazie alla dimensione minuscola i LED avevano abbastanza intensità luminosa e durata di vita da essere utilizzati nei display di calcolatrici tascabili e orologi digitali durante la prima metà degli anni ‘70.

Nel corso degli anni, la tecnologia è avanzata dal colore rosso, passando per l’arancione, giallo e verde nel 1980. Nel 1991, il giapponese Shuji Nakamura inventò il primo LED ad alta intensità blu basato su nitruro di gallio (GaN). Era quello che mancava per lo sviluppo del LED bianco visto che la luce blu poteva essere convertita in giallo utilizzando un rivestimento di fosforo.

Il tasso di miglioramento dei LED ha una regola empirica chiamata Legge di Haitz, secondo cui circa ogni dieci anni il costo per la produzione di LED per lumen (unità di luce emessa utile) si riduce di un fattore 10, mentre l’emissione di luce a LED aumenta di un fattore di 20.

L’utilizzo dei LED per la retroilluminazione nei display LCD è ormai lo standard tecnologico in diverse applicazioni consumer mobili come telefoni cellulari, fotocamere digitali, lettori MP3 e televisori. I LED stanno diventando lo standard nell’illuminazione esterna pubblica come nell’utilizzo della luce nei semafori, nei segnali stradali e nelle bacheche. Ed entro il 2021, si prevede che l’illuminazione a LED possa raggiungere oltre il 50% del mercato edilizio commerciale.

La tecnologia a LED organico (OLED), basata su uno strato di materiale elettroluminescente tra due strati organici polimerici, nel frattempo è stata anch’essa commercializzata per l’illuminazione domestica e di ambienti

ricreativi. I pannelli OLED offrono infatti un’illuminazione tenue e naturale, più delicata per gli occhi e più rispettosa dell’ambiente, grazie al controllo dell’illuminazione variabil. Tonalità, temperatura del colore e luminosità possono essere controllati liberamente, producendo non solo una precisa luce bianca, ma anche una vivida gamma di tonalità sfaccettate adatte a ogni occasione.

Come spiega Danilo Paleari -- docente di Tecnologie LED al Master in Lighting Design del Politecnico di Milano -- i LED rappresentano un cambiamento tecnologico epocale, una radicale trasformazione nell’intero settore, non solo quale nuova sorgente di illuminazione ad altissima efficienza energetica; ma anche dal punto di vista della qualità, flessibilità e possibilità di gestione della luce, che apre un nuovo modo di progettare la luce artificiale.

Figura 5.6 Dice Danilo Paleari: “I LED consentono di sostituire le sorgenti luminose esistenti con sorgenti ad altissima efficienza; ma consentono anche di ripensare integralmente le lampade creandone di nuove che prima non erano possibili a causa della bassa flessibilità delle vecchie lampade”.

In generale, la tecnologia ha costi ormai abbordabili. Ai prezzi correnti, un impianto d’illuminazione a LED costa da 2 a 4 volte di più di un impianto tradizionale. Ma con risparmi sui costi per l’energia elettrica che possono toccare l’80% e con il costo del kWh elettrico sempre in crescita il tempo di rientro dall’investimento ormai è stimato in 2-3 anni.

Dal punto di vista applicativo i LED sono sempre più utilizzati nell’illuminazione degli ambienti a causa di una serie di vantaggi concreti e rilevanti. La lampada LED si accende immediatamente, ed è totalmente priva di mercurio, sostanza invece presente in quelle a fluorescenza sempre più utilizzate perché a basso consumo consentendo quindi di ovviare all’annoso problema dello smaltimento delle lampade a basso consumo, e di risparmiare energia rispettando l’ambiente.

Figura 5.7 La vita media dei LED decresce lentamente e in modo costante fino ad oltre 100mila ore, per poi crollare rapidamente.

Dopo un periodo di mortalità infantile, in cui si ha un calo abbastanza brusco, si passa ad una curva che ha una pendenza costante e che dura per un periodo abbastanza lungo, salvo poi “crollare” di nuovo arrivati a fine vita (qui supposta attorno alle 120.000 ore).

La curva è influenzata in maniera molto forte dalla corrente con cui vengono alimentati i LED (maggiore è la corrente, minore è la durata), dalla temperatura di giunzione a cui lavorano (maggiore è la temperatura, minore è la durata) e dagli “sforzi” cui i LED sono sottoposti durante la loro vita (cali bruschi di alimentazione o sovraccarichi ad esempio possono compromettere il loro funzionamento).

L’efficienza luminosa, ossia il rapporto tra la quantità di luce e l’energia necessaria per produrla, è alta e in continua crescita. Se per le fluorescenti arriviamo a valori di 80-90 lumen su watt, con il LED superiamo i 120-130. Fino al 2007, avevamo lampade a intorno ai 60 lumen/watt, ma oggi le migliori lampade LED sono già a 120-130 lumen per watt e le migliori possono raggiungere i 170 lm/W.

I LED presentano un rischio fotobiologico essendo sorgenti di luce emittenti una forte componente blu. E il Ministero della Salute ha in corso un approfondimento tecnico-regolatorio.

E’ sufficiente, allora, selezionare sul mercato sistemi che non permettano la visione diretta del fascio luminoso emesso dai LED, al fine di evitare i rischi connessi all’abbagliamento. In particolare, è sufficiente selezionare sul mercato lampade LED ad uso domestico appartenenti ai gruppi di rischio 0 e 1 della normativa EN 62471:2008 “Misurare il rischio foto-biologico del dispositivo LED”.

Ad esempio, le luci LED dell’italiana Reggiani -- grazie ai propri proiettori che utilizzano ottiche intercambiabili -- sono certificate in Gruppo 0, “Gruppo esente da rischi”, il che ne garantisce la massima sicurezza in qualsiasi ambito d’uso, senza limitazioni.

Figura 5.8 Il Bookshop Arion Rome, utilizza luci LED a sospensione e da parete in metacrilato o in vetro soffiato dell’italiana Reggiani, certificate in Gruppo 0.

Serve, cioè, che i produttori investano in innovazione per produrre sorgenti luminose efficienti, ma anche sicure e affidabili.

Altro punto di forza del LED è la durata. Le fluorescenti possono durare 89mila ore; quelle al sodio raggiungono le 15 mila ore. Le lampade a LED durano invece decine di migliaia di ore: circa 40-50mila ore, trascorse le quali non si spengono ma diminuisce la quantità di luce.

Basta però prendere un qualsiasi data sheet di LED per capire che in funzione della corrente in ingresso la vita utile attesa passa da 100.000 ore se la corrente è a 350 mA,a 60.000 ore se alimentato a 700 mA.

L’alimentatore elettronico deve quindi calibrarsi in funzione del data sheet del LED. Tanto più sarà ottimale l’utilizzo del LED tanto più saranno alte le performance dell’apparecchio in termini energetici e di vita utile.

Figura 5.9 I lighting designer italiani cercano di comunicare in modo nuovo su Facebook.

La manutenzione, tuttavia, non è nulla. Come spiega Matteo Seraceni è possibile quindi calcolare, nel migliore dei casi, che durante le 50.000 ore attese di funzionamento degli apparecchi, andrà cambiato 1 LED su 10 ed 1 alimentatore su 20.

Una volta compreso il meccanismo di rottura è facile anche capire le condizioni di garanzia che alcuni produttori mettono sui propri prodotti: quando si afferma che la garanzia sui LED è di 5 anni a meno di rotture

inferiori allo 0,2% ogni 1000 ore, significa che il produttore ci sta garantendo la “normale” rottura attesa. Tutto ciò che riguarda i guasti accidentali, le sovra o sotto-alimentazioni che possono danneggiare il sistema, gli errori costruttivi (dovuti magari alla saldatura sbagliata dei diodi sulla piastra), ecc. e che rendono la percentuale più alta dello 0,2%, non sono sottoposti a garanzia.

Tabella 5.2 Perché illuminare con i LED

Crescono anche le temperature di colore che presto saranno quelle ottimali (fra 2500 e 3000 K). Ad esempio, il modulo OLED di Verbatim, ha una temperatura di colore di 3000 Kelvin.

Quando comunemente si dice che una luce è calda, in realtà questa corrisponde ad una temperatura di colore bassa, viceversa un temperatura maggiore produce una luce definita comunemente fredda. Tale definizione ha una motivazione puramente psicologica, poiché la nostra mente tende ad associare a colori come il rosso o il giallo-arancio l’idea di caldo ed a colori come il bianco o l’azzurro l’idea di freddo.

Figura 5.10 Quando si dice che una luce è “calda”, in realtà questa corrisponde ad una temperatura di colore bassa, mentre una temperatura maggiore produce una luce definita “fredda”. Il “bianco caldo” tipico delle luci domestiche sta intorno ai 3000 K.

La temperatura di colore E’ la temperatura che dovrebbe avere un corpo nero affinché la radiazione luminosa emessa appaia cromaticamente più vicina possibile alla radiazione considerata. lo spettro luminoso emesso da un corpo nero presenta infatti un picco di emissione determinato esclusivamente dalla sua temperatura. Nei LED è possibile regolare liberamente la temperatura di colore, l’ideale per l’illuminazione d’atmosfera e l’efficienza energetica.

Quando comunemente si dice che una luce è calda, in realtà questa corrisponde ad una temperatura di colore bassa, viceversa un temperatura maggiore produce una luce definita comunemente fredda. Tale definizione ha una motivazione puramente psicologica, poiché la nostra mente tende ad associare a colori come il rosso o il giallo-arancio l’idea di caldo ed a colori come il bianco o l’azzurro l’idea di freddo.

Una temperatura bassa (sempre però nell’incandescenza, intorno ai 2000 K) corrisponde ad un colore giallo-arancio. Scendendo si passa al rosso ed all’infrarosso, non più visibile, mentre salendo di temperatura la luce si fa dapprima più bianca, quindi azzurra, violetta ed ultravioletta. Il limite tradizionale dei LED è la quantità di luce emessa (flusso luminoso espresso in lumen per W), che nei modelli più economici raggiungeva fino a poco tempo fa solo i 20 lumen per watt; mentre una lampada ad incandescenza ha un’efficienza luminosa di circa 50 lm/W e le migliori fluorescenti arrivano a efficienze luminose di 80 lumen per watt.

Figura 5.11 Le lampade da da 7 W Master LED della Philips illuminano gli interni dell’azienda olandese Reggs e quelli di migliaia di altri edifici nel mondo.

Ma i LED sono semiconduttori, e dopo anni di stasi tecnologica, da 10 anni sono soggetti ad un trend di innovazione simile a quello dei microprocessori. Fino al 2007, avevamo lampade a intorno ai 60 lumen/watt, ma oggi le migliori sono già vicine ai 200 lm/W. Crescono anche le temperature di colore che presto saranno quelle ottimali (fra 2500 e 3000 K).

5.4 Il mercato dei LED Prima dell’introduzione dei LED per l’illuminazione degli ambienti, il mercato dell’illuminazione (il cosiddetto lighting) era rimasto stagnante per decadi, con 3 grandi produttori mondiali (Philips, OSRAM e General Electric) che si dividevano il 60% del mercato.

I LED hanno portato una rivoluzione largamente imprevista, resa bene da questo grafico della IMSResearch.

Figura 5.12 La crescita delle vendite dei LED è stata (ed è) così rapida che già nel 2013, secondo IMS Research, a livello globale le lampade LED erano le più vendute con il 40% del mercato.

Spiega l’analista Philip Smallwood come il tasso di crescita del mercato dei LED è stato del 100% e come già nel 2013 le lampade LED avrebbero avuto la maggior parte, il 40%, del mercato dell’illuminazione. Dal 2018, la sostituzione di gran parte dei corpi luminosi inefficienti unita alla lunga durata dei LED comporterà una diminuzione del mercato per cui i produttori iniziali conquisteranno la gran parte del mercato.

Dal 2015, sono previsti LED in commercio con efficienze superiori alla soglia dei 180 Lumen/watt.

A differenza di GE, Philips (col marchio Lumileds) e OSRAM posseggono stabilimenti dove producono luci LED, proprio come Samsung, LG e Sharp ovvero come l’americana Cree, la coreana Seoul Semiconductor, la giapponese Nichia e molti nuovi produttori cinesi come e che nel corso degli ultimi 5 anni hanno investito massicciamente nella produzione dei LED.

«Come ti controllo il mercato dei led» «Il mercato delle lampade tradizionali (incandescenza e scarica in gas in generale) sono gestiti in Europa in regime duopolistico da OSRAM e Philips. Le cose potevano essere diverse per il mercato del LED, forse non lo sapete, ma nel mondo sono molteplici le aziende in grado di produrre LED, ma purtroppo a quanto pare non è così per le tecnologie di gestione, di interfaccia sul chip, ecc, cioè tutto quello che riguarda il sistema strettamente preposto al corretto funzionamento dei diodi.

«La Philips infatti, forte dell’acquisto di ColorKinetics nel 2007 per la modica cifra di 791 milioni di dollari, è diventata proprietaria di circa 1000 brevetti relativi allo sviluppo della tecnologia LED, nell’accezione più ampia del termine. Quindi l’azienda olandese dall’alto del suo trono, a partire dal giugno 2008, ha introdotto una programma di licence patent rivolta alle sorgenti tradizionali e, novità delle novità, estesa alla tecnologia LED. In sostanza viene imposto l’obbligo a tutti coloro che utlizzano led sia per corpi illuminanti, sia per insegne luminose a pagare le royalties sui brevetti di proprietà Philips…

«Ovviamente il pagamento della quota parte non dovuto se la tecnologia LED è Philips.

«Nell’ottobre del 2008 è stato sottoscritto un accordo tra Osram e Philips (nemiche giurate da sempre) che estende l’esenzione di pagamento delle royalties anche alla tecnologia dell’azienda tedesca…

«A mio parere una politica al limite della decenza che in sostanza dovrebbe garantire a Philips prima di tutto e Osram poi di mantenere inalterata l’egemonia sulla produzione delle sorgenti luminose, estendendola anche al mondo del LED. E quindi mettere al sicuro il controllo di tutta la fetta di mercato riguardante il LED che, previsioni alla mano, sarà una fetta via via sempre più grande, visto che il futuro dell’illuminazione sarà allo stato solido (SSL).

«Voi cosa ne dite, riusciranno veramente i due giganti europei ad imporre questa politica a tutte le aziende mondiali produttrici di LED? Io spero di no!»

Il risultato di questo sconvolgimento è che il mercato dei LED progredisce con i ritmi di quello dei PC: già vecchio appena comperato. E’ necessario conoscere alcune basi della tecnologia e del mercato dell’illuminazione e poi, naturalmente, mantenersi aggiornati sulla continua offerta di prodotti sempre più all’avanguardia.

Figura 5.13 Un sito che offre un’ampia selezione eccellenti lampade LED è MiniInTheBox.com.

Come spiega Gianni Forcolini del Politecnico di Milano, dietro la mancata disponibilità di LED c’è una strategia di mercato che non fa aumentare l’offerta e calare i prezzi: i produttori hanno investito sulle fluorescenti compatte e vogliono continuare a venderle.

Questo, naturalmente, non è di ostacolo ai produttori asiatici che hanno reso disponibili sul web un’ampia offerta di LED di elevata qualità. Un sito che ad esempio offre un’ampia selezione eccellenti lampade LED è MiniInTheBox.com. Un altro è Outled.it.

Occorre fare molta attenzione. Molti agenti cinesi si spacciano per commerciali di aziende importanti senza esserlo rifilando dei prodotti di scarsa qualità. Le aziende serie li acquistano verificandone la qualità direttamente dalla fabbrica produttrice.

Mentre a loro volta i produttori di LED di qualità certificano la qualita dei lotti di produzione validandoli con test specifici. Ad esempio, tutti i prodotti commercializzati da Outled.it sono coperti dalla garanzia convenzionale del produttore e dalla garanzia di 24 mesi per i difetti di conformità (ai sensi del D.Lgs. 24/02).

A inizio 2014 è nato in Italia il primo Gruppo di Acquisto online tramite il quale un fornitore di lampade a LED metteva a disposizione uno stock di 1000 unità ad un prezzo molto più basso di quello praticato nei negozi, riservato ai primi mille aderenti al Gruppo.

Figura 5.14 All’inizio del 2014 è nato in Italia uno dei primi Gruppi online di acquisto LED.

Le lampadine a LED sono disponibili in tutte le forme (a spot, riflettore, goccia, sfera, candela e globe); e con luci di varie tonalità (luce bianca calda o fredda, ma anche rossa, verde, blu, gialla). La versatilità della tecnologia è infatti un ulteriore elemento che contribuirà alla sua rapida diffusione nelle case di tutto il mondo.

Dopo una fase iniziale in cui i venditori di materiale elettrico hanno venduto singole lampade LED con attacco E72 a “bulbo” (con avvitatura classica,

quella maggiormente utilizzata nelle case italiane) anche 25 euro, sul mercato è iniziata la concorrenza con un’offerta che è già molto più ampia del tradizionale duopolio che ha dominato il mercato delle lampade a scarica. Oltre a Philips ed OSRAM, sono arrivati i produttori asiatici e americani. Ecco alcuni modelli con attacco E27 e tonalità luce “bianco caldo” presenti sul mercato. Si vede chiaramente come da un modello all’altro i produttori offrano significative differenze di efficienza misurata dal rapporto fra i Lumen (flusso luminoso) e il consumo in Watt.

Figura 5.15 Le lampade LED sono disponibili con tutti gli attacchi delle lampade a scarica tradizionali.

• IKEA Ledare: lampadina a LED da 400 Lumen, con consumo di 7.5 W. Paragonabile ad una lampadina a incandescenza da 40 Watt. • OSRAM – Parathom Classic A advanced 60 320°: lampadina a LED da 810 Lumen, con consumo di 12 Watt. • Panasonic LDAHV6L27CGEP: lampadina a LED da 470 Lumen, con consumo di soli 6.4 Watt. • Philips – Lampadina LED Standard da 8 Watt: emissione luminosa da 600 Lumen. • Samsung SI-I8W061140EU: lampadina a LED da 490 Lumen, con consumo di soli 6.5 W. • Verbatim Lampa LED Classic A 7.3W: lampadina a LED da 480 Lumen, con consumo di soli 7.3 W.

Nel’autunno del 2013 sono stati pubblicati i primi risultati dei test condotti su 40 modelli di lampade a LED (sia lampadine a bulbo che faretti) nell’ambito della ricerca “IEE-PremiumLight”. La ricerca ha preso in considerazione, oltre all’efficienza, anche la resa cromatica (o resa del colore: colour rendering) e colore della luce (colour temperature). Ricordiamo qui che se si desidera luce bianco-calda le lampadine devono avere temperatura di colore tra i 2700 e i 3200 K.

Un primo risultato – tipico dei mercati ancora non maturi -- è stato che i prodotti di maggior qualità non necessariamente hanno costi più elevati.

Figura 5.16 Le lampade LED in vendita da Ikea hanno efficienza tipica di 50 lm/W. Ma il gigante dei prodotti per la casa le vende a prezzi intorno ai 2 Euro/W. Le famiglie così le preferiscono alle lampade CFL che stanno rapidamente perdendo la loro quota di mercato. [Foto dell’Autore all’Ikea store di Catania, dicembre 2013].

Tutte le lampade a bulbo a luce bianca calda testate hanno mostrato una rispondenza pressoché totale con i valori dichiarati dal produttori (temperatura di colore tra 2600 e 3100 K). La resa cromatica (Colour rendering index Ra) è risultata buona per la maggior parte dei prodotti (Ra = 80-85). Un’ottima resa cromatica (90 Ra) è stata riscontrata in alcuni prodotti dei marchi: Philips, Ledon e Ikea. Gli

unici prodotti che non hanno raggiunto il livello minimo di resa cromatica (Ra = 80) sono quelli prodotti da AustroLED, Kanlux e Clima, che hanno raggiunto valori compresi tra i 60 e 70 Ra.

Per quanto riguarda la luminosità, i valori dichiarati hanno mostrato una rispondenza con quelli verificati. Uniche eccezioni i prodotti di AustroLed, Megaman, Lysexperten, Clima e Leduro, la cui luminosità di è dimostrata dall’11 al 50%inferiore rispetto ai valori dichiarati.

Tredici dei modelli testati ha raggiunto ottimi valori di efficacia (70-89 lumen/watt). Valori di bassa efficienza sono stati riscontrati nei prodotti marchiati IKEA, Lysexperten e Clima, che garantiscono soltanto 50 lumen/watt.

Figura 5.17 Davvero disvelatori i risultati dei tesi sulle prime 40 lampade LED nell’ambito della ricerca europea “PremiumLight”. La ricerca ha preso in considerazione, oltre all’efficienza, anche la resa cromatica, e la temperatura di colore.

In breve, la maggior parte dei prodotti testati ad oggi sono consigliati ai consumatori. L’efficienza energetica misurata è già superiore del 25-35% rispetto alle lampadine CFL, e anche rispetto alla resa cromatica i migliori prodotti superano le lampade compatte fluorescenti. Analogamente, la sostituzione dei faretti alogeni con i corrispondenti LED è sempre consigliata. E poiché la durata di vita utile dei LED rispetto alle

alogene è doppia o tripla, i risparmi energetici ed economici sono decisamente elevati. Il consiglio principale è quello di scegliere prodotti con resa cromatica minima di 80 (pari ai requisiti richiesti dalla UE dall’autunno 2013) e con vita utile dichiarata di almeno 25.000 ore. Ovvero di verificare che la lampadina LED abbia una parte metallica visibile, che permette di dissiparne il calore e ne assicura una durata di vita superiore.

5.5 Lighting Designer La luce influisce notevolmente sul nostro benessere psico-fisico, agisce sull’umore e la produttività quotidiana. Nel risanamento energetico di un edificio, quindi, occorre realizzare progetti d’illuminazione efficienti, ma anche ecologici: capaci di sfruttare il più possibile la luce naturale e poi di integrarla efficacemente con la luce artificiale, attraverso l’utilizzo di prodotti e sorgenti luminose amiche dell’ambiente.

Figura 5.18 Pianterreno di una villa illuminata con sistemi Solatube 160 DS della serie Brighten Up di Infinity Motion. In questo modo, i due locali sono stati dotati di un’adeguata illuminazione diurna, senza

sprecare spazio sfruttabile e senza dover ampliare la metratura delle stanze.

I camini di luce ad esempio possono e dovrebbero sempre essere utilizzati come nel caso del complesso di 12 villette su due piani illuminate dai tubi solari australiani Solatube distribuiti in Italia da Infinity Motion.

Le regole da seguire dopo per una buona progettazione della luce artificiale sono semplici:

• Scegliere luci d’intensità proporzionale alle attività che si svolgono nei diversi spazi • Usare luci il più possibile simile alla luce naturale (qualità cromatica elevata) • Usare luci efficienti

Un’illuminazione artificiale, per essere confortevole ed integrare in modo efficace l’illuminazione naturale, deve essere studiata in modo specifico per ogni stanza e per ogni attività che vi si svolge. In altre parole, occorre partire dai dati sullo stile di vita degli abitanti e modulare l’illuminazione di una casa sulla base delle attività che vengono svolte solitamente nei suoi ambienti.

Figura 5.19 La rivista bimestrale Luce e Design è uno strumento imprescindibile per l’aggiornamento professionale del lighting designer italiano.

Le scelte progettuali devono essere finalizzate a garantire sempre una giusta quantità di luce per ogni situazione, ad eliminare fenomeni d’abbagliamento o ombre disturbanti, e ad assicurare una buona qualità della luce -- indice di resa cromatica e temperatura di colore -- simile alla luce naturale.

A questo serve la figura professionale del lighting designer: Un professionista laureato in architettura o in design con un’esperienza

specifica nel settore dell’illuminazione capace di progettare l’illuminazione all’interno degli edifici.

Figura 5.20 Elettra Bordonaro è una dei lighting designer italiani più richiesti all’estero.

«In Italia -- dice l’architetto Elettra Bordonaro in una bella intervista ad Archilight.it (“La luce, la perfezione, l’acqua, le città orfane di lighting designer”) ora non più disponibile online -- manca completamente la cultura professionale del lighting designer rispetto a Francia, Regno Unito, Svezia.

«Pare che da noi non se ne avverta la necessità. Per il cliente è una spesa in più visto che le aziende fanno il progetto gratuitamente.

«Nel 2006-2007 lavoravamo al flagship store di Giorgio Armani di Tokyo: Un’esperienza straordinaria d’integrazione tra progetto architettonico e illuminazione, con il committente che aveva esigenze altissime e ha preteso il massimo della qualità. Armani ci disse

-‘A me piace la luce, ma solo lei. Nulla che faccia luce’.

«Il lavoro andò benissimo e il negozio ha ricevuto molti premi».

Ringraziamenti

Questo volume deve molto al lavoro dei tanti che vi hanno contribuito con la condivisione delle loro conoscenze, del loro lavoro e con i loro continui spunti di discussione.

Ringrazio Demis Orlandi, Massimo Enei, Stefano Mazzotti, Giuseppe (“Pippo”) Di Marzo, Angelo Badalamenti, Michele Antonio Tagliareni, Mario Pecoraino, Francesco Liuzza, Giuseppe Lino, Diego Mormino, Tommaso Castronovo, Antonello Puma, Flora Gulino, Tania Casella ed Emanuela Finocchiaro. Ovvero, alcuni degli autentici pionieri dell’efficienza energetica e dell’energia solare in Italia (e in Sicilia).

Il loro lavoro “sul campo” ha fra l’altro dato un contributo fondamentale alla comprensione che le esigenze di risanamento energetico degli edifici del Meridione italiano sono spesso complementari a quelle degli edifici del Nord Europa; mentre la produzione energetica solare è così significativa e perdurante nel corso dell’anno da rendere gli edifici “a energia quasi zero” una concreta e conveniente alternativa.

E’ importante che gli eBook siano prodotti con criteri di qualità editoriale persino superiori a quelli dell’editoria cartacea tradizionale. Desidero quindi ringraziare il mio editore, Simplicissimus Book Farm, e in particolare Lorenzo Giuggolini e il suo team editoriale, per la cura e l’attenzione riservate alla produzione di questo eBook.

Mario Pagliaro