Il regno di Jhwh e del suo messia. Salmi scelti dal primo libro del salterio 8831136321, 9788831136327

Il presente volume raccoglie una lunga frequentazione dei primi salmi, caratterizzata dall'approccio cosiddetto &qu

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Il regno di Jhwh e del suo messia. Salmi scelti dal primo libro del salterio
 8831136321, 9788831136327

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Il presente volume raccoglie una lunga frequentazione dei primi salmi, caratterizzata dall'approccio cosiddetto "canonico", che. con� sidera 9Qnl salmò' non isolatamente, ma nel contestò del saltèrio. èome in· uh libro i singoli capitoli fanno parte di un discorso unitario, e riòn si capirebbero isolandol1 uno �, in senso di "essere divino" (Sa/ 45 , 7, cf. anche Is 9, 5: 11:ll ':>�) , ma si tratta di un caso isolato di fronte a centinaia di testi in altro senso. 7 Perlitt 1 995 , pp . 67-80. 8 Rinaldi 1 98 1 . 9 Festorazzi 1 965, pp. 9 1 -94 . 1 0 Cf. Talstra 1 996, pp. 14-19. Talstra però sottolinea troppo la consequenzialità, giungendo alla seguente traduzione: «What is a man, that you should notice him, Il a human, that you should pay attention to him? l That you even placed him little below gods Il with honour l splendor would crown him ? l Yet you make him rule the works

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Il regno diJHWH e del suo Messia

di "spiegazione" , cioè l'autore spiega qui il senso del «prendersi cu­ ra» al v. 5b l i . I due imperfetti che seguono (1:1it!lJm, v. 6b; 1:1"·��n, v. 7 a) hanno valore di qatal 12. Forse la forma jiqtol è stata preferita per ragioni fonetiche, per concordare i due verbi con il wajjiqtol inizia­ le del v. 6 (,;,;onn,). Effettivamente alla fine del v. 7 l'autore ritorna al perfetto (;,n�) : il riferimento è al momento della creazione. G ha tutti i verbi dei vv. 6-7 all'aoristo. GENERE LETTERARIO E

SITZ IM LEBEN

TI Salmo 8 viene considerato generalmente un "inno" n. Come ta­ le lo classifica anzitutto la cornice dei vv. 2 e 10, in cui il salmista non guarda alle proprie necessità, ma loda semplicemente Dio per la sua grandezza. Anche l'indirizzo plurale ( ''nostro Dio") lo distingue dalle lamentazioni che precedono, caratterizzate dall"'io" del salmista. A differenza dal Sal 9, il Sal 8 non è un canto di ringraziamento: il sal­ mista non ringrazia Dio per qualche beneficio particolare, lo loda per se stesso, per il suo agire "ordinario" nella creazione 14. Non si tratta però di una forma "pura" . Al v. 4 il salmista parla in prima persona singolare, e il discorso, qui iniziato, va fino al v. 9. Ora il discorso in prima persona singolare non è tipico dell'inno, che è composizione destinata ad essere cantata nelle feste di Israe­ le. Esso appartiene piuttosto all'ambiente sapienziale 15, a cui d'altra parte anche la domanda retorica del v. 5 e l'interesse per le specie animali ai vv. 8-9 fa pensare. In fondo è un"'antropologia" che qui viene tracciata, un argomento tipicamente sapienziale. Non a caso il salmo viene ripreso da Giobbe (cf. Cb 7 , 17- 1 8) . Anche la menzione del "nemico e vendicatore" al v. 3 non è ti­ pica dell'inno, ma delle lamentazioni. Come inno, il Sal 8 avrebbe il suo Sitz im Leben al tempio, nel­ la liturgia festiva. Si pensa generalmente ad una liturgia notturna (si

of your hands . . . » (p. 19). Ma, mentre le due preposizioni del v. 5 sono introdotte da questo non è il caso per le due del v. 6, che pertanto non vanno messe sullo stesso piano delle precedenti. l i Cf. Joiion 1 965 , § 1 1 8j . 12 Cf. Joiion 1 965 , § 1 13h. Cf. Gunkel 1 985 , p . 3 2 ; Castellino 1 955, pp. 446-449. 14 Cf. Hossfeld e Zenger 1 993 a, p. 77. Cf. Zenger 1 98 1 , qui 143 , nota 8; W.H . Schmidt 1 969, p . 2. ' :l ,

13

15

Salmo 8

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parla soltanto della luna e delle stelle, cf. v. 4, il sole non viene no­ minato) , e ad un alternarsi tra " coro" (i w. 1 -3 e 10) e "solista" (i w. 4 -9). Ad un'esecuzione musicale fanno pensare anche le indicazioni del titolo. Ma la cosa non è così sicura. Stolz classifica il Sal 8 tra i " salmi postcultici" 1 6 . Gerstenberger 17 e Albertz 1 8 pensano, come già accennato a rispetto del Sal 3 , alla liturgia sinagogale o "protesi­ nagogale" in piccole comunità, il che sembra più verosimile del­ l'ambientazione al tempio. Prinsloo mette però in guardia dall'inter­ pretare il salmo secondo schemi prefabbricati, che rischiano di fal­ sarne la comprensione 19. Anche se fondamentalmente si tratta di un inno, il Sal 8 ha dei caratteri particolari che vanno rispettati, e non sacrificati sull'altare del "genere letterario" . Quanto all'epoca della composizione, ci sono degli agganci let­ terari evidenti. Anzitutto Gn l , 26-28. Il racconto sacerdotale della creazione costituisce lo sfondo dei w. 6-9, e quindi rappresenta un terminus a quo per la composizione 2 o. Il salmo non è preesilico. Co­ me terminus ante quem va ricordato Gb 7, 17-18, che certamente è posteriore al Sal 8, di cui fa la caricatura. Secondo Deissler colui che ha composto il Sal 8 è «un uomo del postesilio, vicino alla cosiddet­ ta "sapienza teologica" e allo stesso tempo alla teologia · sacerdota­ le» 21 . Generalmente si propende per il periodo persiano (V sec.) 22 . LA QUESTIONE DELL'UNITÀ

Generalmente il salmo veniva considerato unitariamente 23, ma ultimamente si moltiplicano le voci che ne considerano la composi­ zione come secondaria, redazionale. Ciò che fa difficoltà è compren­ dere il rapporto che unisce la prima parte del salmo, i w. 2-3 , con la seconda, w. 4-10. La prima parte è al plurale, la seconda al singolare. 16

17 18

p. 36. 19

Stolz 1 983 . Gerstenberger 1 988, pp. 67 72 ( " Hymn of a synagogal community " ) . Albertz 1 992 , p . 5 5 8 nota 14 ( " Gemeindeloblied " ) . Così anche lrsigler 1 997 , -

,

Prinsloo 1 995 a, pp. 3 7 1 -3 7 7 .

20 Anche se alcuni autori p rop end ono ultimamente per un'autonomia del Sal 8 a

riguardo di Gn l , 26.28: si tratterebbe di una comune dipendenza da tradizioni legate all' ideologia regale, cf. Irsigler 1 997 , p . 3 1 . 2 1 Deissler 1 96 1 , p . 49. 22 C f. Tournay 1 97 1 , p. 30, nota 58; Irsigler 1 997 , p. 37. 23 Cf. , ad esempio, Kraus 1978, pp. 204·206; Steck 1 98 1 .

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La seconda parte parla della creazione, la prima sembra invece allu­ dere a conflitti t ra gruppi sociali ( "nemico " , "vendicatore " , v. 3b). W. Beyerlin ritiene il salmo composizione unitaria, ma, a livello di " critica della tradizione" ( Uberlie/erungsgeschichte), distingue tre seg­ menti: i vv. 2b-3 sarebbero esilici, rifletterebbero l' esperienza di umi­ liazione dell'esilio; i vv. 4-9 sarebbero postesilici e rifletterebbero un ambiente sapienziale; i vv. 2a e 1 0 sarebbero la parte più ta rdiva del salmo, mirante a fondere le due precedenti tradizioni in unità 24 . Da un punto di vista della critica letteraria, ci sono diverse pro­ poste che descrivono l'unità del salmo come redazione di più parti originariamente indipendenti. Zenger, ad esempio, riscontra due strati redazionali: una "preghiera sapienziale" , ai vv. 2 a .4 - 1 0 (primo postesilio), e un'amplificazione rispecchiante la spiritualità dei "po­ veri di JHWH " , ai vv. 2 b- 3 (epoca ellenistica) 25. Per l'unità del s almo si pronuncia invece decisamente O.H. Steck, il quale rileva una corri sp ondenza semantica tra il rapporto dei "bimbi e lattanti" con il "nemico e vendicatore" e quello tra l"'uomo/figlio d'uomo" con gli animali 26. Anche noi siamo per l'unità del salmo, come lo studio strutturale che segue metterà in ri­ lievo. A nostro avviso il passaggio dal plurale al singolare non è se­ gnale di diversità redazionale: si può spiegare molto bene come ope­ ra di uno stesso autore, che ora si sente unito alla comunità, ora par­ la della sua personale esperienza (cf. Sal 3 , 9 ! ) . D'altronde JHWH non è Dio solo del salmista, ma del popolo di Israele, per cui dire «nostro Dio» è normale, anche se a parlare è un singolo israelita. Anche il passaggio dalla situazione storica (v. 3 ) ad una c onsidera­ zione s a pienziale, cosmica (vv. 4-9), non è senza parallelo nei salmi. La mescolanza di generi letterari diversi è tipica dell'epoca tarda, come già s i è visto per il Sal l .

24 Beyerlin 1 96 1 . In questo senso anche Irsigler 1 997 , pp. 9-10, che però propen­ de per un'anteriorità di 4-9 rispetto a 2b-3 . 25 Hossfeld e Zenger 1 993 a, p. 77. Altre proposte nella stessa direzione, con qualche diversità nella determinazione degli strati redazionali: Spieckermann 1 989, pp. 227·230; Kaiser 1 994, p. 2 15 ; Loretz 1 976, pp. 1 1 7- 120. 2 6 Steck 198 1 ; Steck 200 l .

Salmo 8

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STRUTTURA

La ragione che Zenger adduce per ritenere secondario il v. 2b è che esso non viene ripetuto alla fine del salmo: il v. 10 riprende solo la prima metà del v. 2 27 . Zenger avrebbe ragione se la poesia fosse ma­ tematica, ma nella poesia le ripetizioni non sono qualcosa di mecca­ nico. Sono "variazioni sul tema" , come in una sinfonia. La stessa af­ fermazione non ha lo stesso valore all'inizio e alla fine del salmo . Come sempre, la ripetizione di lessemi e concetti è fondamen­ tale per cogliere la poetica del nostro salmo. Oltre all'inclusione, vi­ stosa, tra il v. 2a e il v. 10, è da segnalare la triplice ripetizione del termine c•o\0, "cielo" (vv. 2b.4a.9a) . Tre volte viene anche ripetuta la particella interrogativo-esclamativa ;,o ; " come, che cosa" ( vv. 2a.5a. 10) . Tra le altre ripetizioni segnaliamo quella del lessema c• (vv. 9a e 9b) , che bilancia quella di fi� (2a. 10), e l'evidente ripresa di j'Ml1�::l� 'illl1o , "opere delle tue dita" (v. 4a) in j'i' 'illl10 , "opere delle tue mani" (7a) . La prima riguarda le creature celesti, la seconda gli animali: delle prime si prende cura direttamente Dio, le seconde le affida all'uomo. Ma sono tutt'e due " opere delle sue dita" . Una caratteristica dello stile del Sal 8 è il "raddoppiamento" , cioè l'esprimere un concetto con due sinonimi. Questa caratteristica appare fin dall'inizio, dove l'invocazione :"11:"1' viene accostata ad 1l'li� : il raddoppiamento risulta chiaro nella lettura ad alta voce, che suona: 'iidiiniij 'adiinénu (v. 2a) . Al v. 3 ricorrono due coppie contrapposte di sinonimi, con valore di endiadi: da una parte gli c•pl'1 c•',',,l1 , "bimbi e lattanti" , dall'altra il cpmo1 �-,� , "nemico e vendicatore" . Anche al v. 5 sono riscontrabili due coppie di sinonimi: i due sostantivi \01l� , . . . . " . l10 d' uomo " , e 1 d ue verb 1 i:::l T , " ncor d are " , e uomo " e C i� p , " f1g ipEl , "prendersi cura". Al v. 6 appaiono nuovamente due sostantivi con valore di endiadi: ii:"!1 i1::l:::l , "gloria e splendore" . Si noti come questa caratteristica unifichi tutto il salmo, essa appare sia nei vv. 49, che nel v. 2 e 3, in versetti, cioè, che la critica letteraria tende ad attribuire ad autori diversi. Lo stesso si deve dire del vistoso fenomeno della polarità, che percorre tutto il salmo 28 . L'autore ama comporre per contrasti, af­ fiancando a un termine il suo contrario. I versetti 2 e 10 sono carat­ terizzati dalla polarità " cielo - terra" . Al v. 3 domina l'altra polarità: 27 Hossfeld e Zenger 1993a, p. 7 7 . 28 Aspetto, questo, opportunamente rilevato in Prinsloo 1995a.

I l regno

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di JHWH e del suo Messia

"bimbi e lattanti - baluardo" : l'espressione della debolezza viene ac­ costata a quella della forza. I vv. 4-5 sono di nuovo caratterizzati dal­ la contrapposizione tra tzml( e 0'11( p. , due termini che rilevano la fra­ gilità dell'uomo, e l'immensità dei cieli. A questa sottolineatura del­ la piccolezza dell'uomo il v. 6 contrappone quella della sua grandez­ za («l'hai fatto di poco inferiore a Dio»). Riprendendo una proposta di O.H. Steck z 9, P. Auffret osserva come la polarità " cielo - terra" abbia un valore strutturante per il Sal 8 (cf. tab. 26) 3 0 . Il v. 2a dirige l'attenzione alla terra (f'11() , e subito il Tabella 26 2a

Te rra

3 4

(Terra)

5 -8

(Terra)

10

Terra

2b

9

Cielo Cielo Cielo

v. 2b fa alzare gli occhi al cielo (o-� w ) . Dal cielo il v. 3 passa alla ter­ ra, ai conflitti tra i "bimbi e lattanti" e i nemici di Dio 3 1 . Il v. 4 ri­ porta gli occhi in cielo (c-�tll , v. 4a) , e il v. 5 li riconduce alla terra, dove il piccolo uomo è posto al di sopra degli esseri viventi. Alla fi­ ne dell'unità, menzionando gli uccelli, lo sguardo viene di nuovo elevato al cielo (c-�tll , v. 9a) , il che richiama, per contrapposizione, la terra (f'11(, v. 10). Si può dunque dire che la poetica del salmo vive di questa contrapposizione tra l'infinitamente grande e l'infinita­ mente piccolo. Qui veramente non c'è traccia di diversità redazio­ nale: il salmo appare assolutamente unitario. La difficoltà principale che impedisce di considerare unitaria­ mente il salmo è data dall'apparente estraneità delle due parti, v. 3 e vv. 4-9. Non si comprende che rapporto ci sia tra il discorso sui "bimbi e lattanti" e il "nemico vendicatore" (v. 3 ) da una parte, e la considerazione sapienziale dell'uomo immerso nella natura (vv. 4-9) 29 fret

Steck 1 98 1 , p p . 58-6 1 . 3 0 Auffret 1984, p . 260. Auffret è ritornato ultimamente sull'argomento, cf. Auf­

2002.

3 1 Le parole tra parentesi, nella tah. 26, si riferiscono alla presenza del tema, men­ tre le altre sottolineano quando il termine stesso f"1K , e rispettivamente C'r.ITD , appare.

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dall'altra. La prima parte sembra rifarsi a conflitti concreti nella sto­ ria, la seconda fa delle affermazioni di principio, di carattere filoso­ fico. Ora, a ben guardare, le due parti non sono così estranee, per­ ché esiste un rapporto abbastanza chiaro tra i "bimbi e lattanti" del v. 3 a e l"'uomo - figlio d'uomo" del v. 5. In ambedue i casi si mette in evidenza la piccolezza e la fragilità dell'essere umano (il termine "figlio" fa pensare ai bambini ! ) . D'altra parte esiste un rapporto tra il "nemico e vendicatore" del v. 3b e gli animali, che l'uomo è chia­ mato a sottomettere. Nella considerazione dell'antichità gli animali selvaggi erano la personificazione delle forze del caos, che era com­ pito del re sottomettere e addomesticare. Come i bambini con la lo­ ro bocca sono chiamati a far tacere il "nemico assetato di vendetta" , così il "figlio dell'uomo" è chiamato a sottomettere gli animali 32. La storia (v. 3) rimanda alla creazione, alla natura delle cose (v. 5 -9). Questa sintesi di natura e storia è tipica, per esempio, del libro di Giobbe, dove Dio risponde alle domande molto concrete e "stori­ che" di Giobbe ricorrendo alla natura (cf. Gb 38-4 1 ) . A questo punto possiamo formulare la nostra proposta struttu­ rale (cf. tab. 27 ) . Sia il ricorrere della particella interrogativo-escla­ mativa :-to (vv. 2 .5 . 1 0) , sia la triplice ricorrenza della parola o•otti, " cielo" (vv. 2.4.9), invitano a riconoscere una triplice " cornice", caTabella 27

A - v. 2

Cornice: NOI

B - v. 3

I strofa: STORIA

Terra (2a) Cielo (2b) Bimbi e lattanti (3 a) Avversari, nemico e vendi-

catore (��) N-

4 -5

vv.

Cornice: IO

____

___ _

___

A"

-

v.

_ _ __

·

6-9

II strofa: CREAZIONE

D i poco inferiore a Dio (6) Animali (7 -9)

10

Cornice: NOI

Cielo (v. 9) Terra (v. 1 0)

vv.

-

_

Cielo (4) Uomo, figlio d'uomo (5)

- - - - - - - - - - - - - -- - - - - - - - - - - - - - - - - · · · · · · · · · · · - · · · - - · · · · · · · - · · · · · · · · · · · - - - - - - · · · · · · · · · · · · · · · ·· · · · ·

B'

_____ __________

3 2 Cf.

Steck 1 98 1 .

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Il

regno di ]HWH e del suo Messia

ratterizzata dalla contrapposizione " cielo-terra" : vv. 2 ; 4-5 ; 1 0. Nel­ la " cornice" mediana, il termine "terra" non appare, ma la terra è rappresentata dall'uomo. D'altronde il termine t:m: , "uomo", riman­ da etimologicamente, secondo Gn 3 , 19, a ilo,x , "terra" . Le tre cor­ nici presentano inoltre il passaggio dal "noi" (vv. 2 . 1 0) all"' io" (v. 4 ) . All'interno d i questa cornice, s i corrispondono due strofe, vv. 3 e 69. La prima (v. 3) propone il contrasto, storico, tra i "bimbi e lattan­ ti" e i nemici di Dio; la seconda ( vv. 6-9) pone questo contrasto sul­ lo sfondo, archetipico, del dominio dell'uomo sugli animali. Si noti come il tema del salmo non sia il dominio di Dio nei cie­ li: questo costituisce lo sfondo del dominio (subalterno) dell'uomo sulla terra. Per questo il salmo termina con le parole: «JHWH, si­ gnore nostro, com'è possente il tuo nome su tutta la terra ! ». Effet­ tivamente le due strofe (vv. 3 e 6-9) sviluppano il dominio dell'uo­ mo sulla terra, secondo il tema annunciato già nel Sal 2 . IL TITOLO, V. l

Dal punto di vista teologico è importante l'attribuzione a Davi­ de, d'altronde comune a quasi tutti i salmi del primo libro. Su que­ sto sfondo si comprende l'applicazione del Sal 8 a Gesù Cristo che ne fa, ad es. , la lettera agli Ebrei (cf. Eb 2 , 5 - 10) 33. Notiamo come il titolo abbia una funzione redazionale, acco­ stando il Sal 8 al seguente Sal 9 e staccandolo dal Sal 7 . Tra le due serie 3 -7 e 1 0 - 1 4 , caratterizzate dal lamento, vengono così posti i due Salmi 8 e 9, che dal punto di vista del genere letterario sono ca­ ratterizzati dalla lode (Sal 8) e dall'azione di grazia (Sal 9) 34 . LA PRIMA CORNICE: TERRA E CIELO, V. 2

Il salmo si apre con un'esclamazione di meraviglia che dà il to­ no a tutto il poema (si veda la triplice ripresa della particella inter­ rogativo-esclamativa ilO ai vv. 2 .5 . 10). È l'atteggiamento tipico della lode: l'orante non trova "normali" le cose che vede, sa meravigliar-

33 Cf. Urassa 1 998. 34 Cf. sopra, p. 23 .

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Come la meraviglia è l'inizio della sapienza, così essa è l'inizio della preghiera. La cornice propone subito la polarità, caratteristica del salmo, tra "terra" (v. 2a) e " cielo" (v. 2b). Come sopra si notava, l'accento è posto sulla "terra " , infatti la seconda parte, che parla del cielo, è costituita da una proposizione relativa, e quindi secondaria rispetto al v. 2a . «JHWH, signore nostro, . . . ». Il termine 111x , "padrone, signo­ re" , viene usato dagli ebrei come sostituto per il tetragramma divi­ no l"'1:"T' . Leggendo 'Jdoniij, Israele riconosce in :"11 :"1 ' il proprio signo­ re, il proprio "re " , secondo la teologia del Sa/ 2: effettivamente spes­ so il termine 111x si riferisce ad un re. Il nostro salmo usa il prono­ me di prima persona plurale: "signore nostro " 35 . È la prospettiva di Dt 6, 4 : «Ascolta Israele, 1J':"T':ltot :"11 :"1'». JHWH è il nostro Dio, cioè il «Dio di Israele». Qui nel Sa/ 8 è forse possibile intendere il "noi" in riferimento alla comunità dei "poveri di JHWH" , che recita i salmi. Le due cose non sono in contraddizione, perché questa comunità ha coscienza di essere il vero Israele, il vero popolo di Dio, che ricono­ sce JHWH come suo signore e re. « . . . com'è possente il tuo nome su tutta la terra ! ». Anzitutto è da notare la tensione tra la prospettiva particolare, espressa da "si­ gnore nostro" , e quella universale, sottolineata: «su tutta la terra», fiN:'! i:l:�:J. JHWH , il Dio di Israele, non è Dio soltanto di Israele, ma di tutta la terra. L'orizzonte dell'inno è cosmico. Cioè: il rapporto di Israele con il suo Dio viene posto sullo sfondo della creazione. Il Pio di Israele è anche il creatore, come già lo schema teologico del l>entateuco, dove il racconto della creazione precede la storia del popolo di Israele, esprime. Si introduce così, fin dall'inizio, un bi­ nomio (creazione-storia) che percorre tutto il salmo. Poiché JHWH è signore di tutta la terra, anche il suo popolo acquista una dimen­ Sione universale: esso ha parte all'universalità del suo re. i'iX è il primo dei termini che appartengono al campo semanti­ co della "gloria" . Gli altri sono: 11:"1 , "maestà, magnificenza" (v. 2b) , j,'l:::l:l , "gloria, onore" (v. 6), ii:'!, "splendore" (v. 6). Si tratta di voca­ boli che usualmente vengono attribuiti a Dio o anche al suo rappre­ �ntante sulla terra, il re. Nel nostro salmo, i primi due vengono at· tribuiti a Dio (v. 2 ) , gli altri due al "figlio d'uomo" (v. 6) . In tal mosi.



.

'n

35 L'espressione 1l'l,K in riferimento a JHWH è attestata nell'AT solo in testi tar· (Ne 8, 10; 1 0, 30; Sal l35, 5; 147 , 5, cf. 136, 3 ) .

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do viene sottolineata la straordinaria vicinanza dell'uomo a Dio («Tu l'hai fatto di poco più piccolo di Dio», v. 6) . Il termine 1'"11-: esprime lo stupore dell'uomo di fronte a qualcosa che lo sopraffà, sia in senso fisico ( ''forte, potente" , cf. Es 15, 10. 1 1 ) , sia in senso metaforico, estetico ("grandioso, imponente" , cf. Ez 1 7 , 23 [i cedri del Libano] ) . Poiché al v. 3 si parla di guerra ( "baluardo " ) , sembra che la prima accezione, che è anche la più comune, sia preferibile. Anche il "nome" appartiene al campo semantico della gloria. Co­ me la "gloria" , anche il "nome" è l'essere stesso di Dio in quanto può venir conosciuto dall'uomo, nel suo rapporto con la creazione. Tour­ nay sottolinea l'importanza di questo concetto in tutto il mondo se­ mitico, e soprattutto nell'Israele biblico e postbiblico, mettendone in evidenza la vicinanza soprattutto con la teologia di Malachia (cf. Mal l , 1 1 . 14; 2 , 2.5; 3 , 16.20) 36. Vale la pena ricordare che la santificazio­ ne del Nome di Dio è la prima richiesta del Padre Nostro: il che fa comprendere quanto la preghiera cristiana sia debitrice dei salmi. Dal momento che al v. 3 si parla di «bocca di bambini e lattanti», si met­ te in evidenza il lato "linguistico " del nome. Dio può venire invocato dagli uomini attraverso il "nome", che egli ha rivelato al suo popolo (cf. Es 3 , 14). È perciò comprensibile che questo nome sia possente " sulla terra" , e non nel cielo, perché i "bambini e lattanti" , che lo pro­ nunciano, stanno sulla terra 37. Non per niente il Salmo 8 inizia con l'invocazione del nome ineffabile: ;"t1i1' . L'espressione ';ll) "11i1 1nl viene intesa da G come un "elevare" («la tua maestà è elevata al di sopra dei cieli»: ÈTT� peTJ � IJ.E)'aÀo­ TTpÉTTE u:i a o v lJTTE pavw TWV ovpavwv , cf. 57' 12). Ma i paralleli por­ tano in altra direzione. L'espressione compare ancora, infatti, in Nm 27 , 20; l Cr 29, 25 ; Dn 1 1 , 2 1 cf. Sal 2 1 , 6, con il significato di "por­ re magnificenza su qualcuno" , cioè "rivestire qualcuno di magnifi­ cenza" . Nei passi paralleli l'oggetto del verbo è una persona in au­ torità: Giosuè in Nm; Salomone in l Cr; un re in Dn e nel Sal 2 1 . "11i1 è il secondo lessema del campo semantico della "gloria" : è sinoni­ mo di "11:::l::l , e indica etimologicamente il "peso " di qualcuno, perciò la sua "autorità, maestà, gloria". Usualmente si accompagna a 1"1:'1 , " splendore" , con cui forma pressoché un'endiadi: "splendida glo­ ria" (cf. l Cr 16, 27 ; Gb 40, 10; Sal 2 1 , 6; 45 , 4 ; 96, 6; 104 , l ; 1 1 1 , 3 ; 145 , 5 ) . Particolarmente vicino al nostro testo è Sal 104 , 1 : «Tu ti sei 36 37

Tournay 1 97 1 , p. 20.

Cf. Harrelson 1997 .

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vestito di ,,;,, i1:1». Il poeta esprime il suo stupore di fronte alla grandezza di Dio che si rivela nella creazione. Poiché JHWH è ve­ stito di maestà ( Sa/ 1 04 , 1 ) , egli riveste i cieli della sua maestà (8, 2). Nominando Dio, il pensiero va naturalmente al cielo, come anche nel «Padre Nostro» avviene: «Padre nostro, che sei nei cieli». li cie­ lo nella sua immensità e purezza è, presso tutti i popoli (anche pres­ so i greci e i romani) , simbolo archetipico della divinità. Un parallelo al Sal 8 offre il Sa/ 1 9: «l cieli narrano la gloria di pio, e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento . . . ». È da nota­ re che il Sa/ 1 9 accosta alla lode dei cieli quella della terra: come gli astri obbediscono alla voce di Dio, così sulla terra l'uomo obbedi­ sce alla sua torah. Un accostamento simile avviene nel Sa/ 8, dove il salmista per ben due volte passa dalla contemplazione del cielo a quella della terra (vv. 2-3 e 4-5 ) . Per ritornare alla preghiera cristia­ na, la prima parte del Padre Nostro si chiude analogamente con l'in­ vocazione: «Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra». L'ordine cosmico, testimoniato dall'ordinato movimento degli astri (cf. v. 4), è per noi qualcosa di scontato, non suscita meraviglia. Per l'uomo dell'antichità il "cosmo" è frutto di una lotta mortale tra il Dio creatore e il mostro del caos, che continuamente sferra i suoi attacchi contro l'ordine instaurato dal creatore (cf. Sa/ 29 ! ) . Si com­ prende perciò che in 2a si parli di un nome "possente" e che il v. 3 parli di "baluardo" . La metafora della lotta percorre i vv. 2-3 . I cie­ li sono rivestiti della maestà di Dio, perché essi raccontano, in silen­ zio, la sua vittoria sulle potenze del caos. LA PRIMA STROFA:

«CON LA BOCCA DI BIMBI E LATTANTI», V. 3

La cornice ha mostrato che il tema del salmo non è il dominio .Pi Dio nel cielo, ma qui sulla terra. Questo tema viene sviluppato bella prima strofa, al v. 3 . Ma l'interpretazione di questo verso è molto dibattuta. Anzitutto quanto all ' identificazione dei "bimbi e lattanti" , quindi, e relativamente, a quella dell'altro binomio: "ne­ mico e vendicatore" . Per la verità, Seybold suggerisce di cambiare il TM in 3 a («con �a bocca di bimbi e lattanti»), e di leggere: «contro le parole di mal­ fattori e violenti» 38. Si esprimerebbe così non un contrasto, ma una 38

Seybold 1 996, pp. 50-5 1 .

132

Il regno di ]HWH e del suo Messia

sinonimia con il " nemico e vendicatore" di 3b. Una tale congettura va però contro le antiche versioni, che appoggiano unanimemente TM. Le altre proposte interpretative seguono TM, divergono però quanto all'interpretazione dell'espressione "bimbi e lattanti" : ne elenchiamo alcune. - Alcuni autori pensano a esseri mitologici. A Ugarit i due ge­ melli Shaharu e Shalimu (la stella del mattino e quella della se­ ra) hanno un ruolo importante nella cosmogonia 39. il "nemi­ co " sarebbe il caos, debellato dal dio creatore. li ricorso a ta­ li miti sembra però alquanto inverosimile in un testo javistico. - M. Gorg, per spiegare il versetto, ricorre all'ideologia regale dell'Egitto, in cui il faraone viene raffigurato spesso come un bambino («figlio di dio dall'uovo», cf. il commento a Sal 2 , 7) 40. Irsigler pensa che il salmo trasponga questa ideologia ad ogni uomo 41. Ma in Sal 8, 3 si parla di un gruppo, non di un individuo ( ''bimbi e lattanti" ) . - Ammesso che si tratti di comuni mortali, alcuni autori pensano si alluda qui alla semplicità dei bambini. In Germania c'è il pro­ verbio: «Kindermund tut Gottes Allmacht kund>> («La bocca dei bambini manifesta l'onnipotenza di Dio») 42. L'autore cioè vorrebbe contrapporre alla malizia degli adulti l'innocenza dei bambini 43 . Ma, se questo potrebbe ancora andare per gli c''?'?1JJ (bimbi fino all ' età di tre anni), difficilmente si addice agli C'PJ' , "lattanti" . Generalmente un lattante non sa ancora parlare. - Altri autori tengono conto che i "bimbi e lattanti" ancora non parlano, ma pensano agli "strilli " inarticolati dei neonati, che sono molto potenti, come ben sanno i loro genitori: con essi i bambini ottengono sempre quello che vogliono 44. Lund pen­ sa che il grido di un neonato rappresenta la vittoria della vita sulla morte 45. Tali interpretazioni sono certamente suggestive, ma mi sembrano estranee al mondo poetico dei salmi. 39 In questo sen so già Schedi 1 964 . La tesi è stata ripresa da Wyatt 1 996, pp. 497 -503 , e Smith 1 997 . 4 0 Gorg 1 977. 41 Irsigler 1 997 , pp. 28-29. 42 Cf. Gouders 1 973 , p. 1 67 . 43 Weiser 1 966, p . 95 . 44 Criisemann 1992 . 4 5 Lund 1 997, similmente già Rudolph 1 977, p. 3 94.

Salmo 8

133

- Beyerlin 46, seguito da Zenger 4 7 , propone di intendere "bimbi e lattanti" in senso metaforico, come designazione dei "pove­ ri di JHWH" . Tale interpretazione viene seguita anche da O. Kaiser 48, Noi facciamo nostra quest'ultima interpretazione. Se, infatti, si parla di "bocca" , cioè di "parole" , di bimbi e lattanti, un tale acco­ stam ento è possibile solo se i "bimbi e lattanti" vengono intesi in forma metaforica, come adulti con animo di bambini. È vero che il ·binomio ha abitualmente un senso concreto, indicando i bambini piccoli 49, ma ciò non vuoi dire che anche nel nostro caso abbia ne­ . cessariamente questo senso, tanto più che solo qui esso ha la forma plurale 5 0 . I passi paralleli ( l Sa m 15 , 3 ; 22 , 1 9; Ger 44, 7 ; Lam 2 , 1 1 ; 4, 4 ; G/ 2 , 16) si riferiscono ai membri più deboli ed indifesi della popolazione, che vengono uccisi in caso di una guerra di sterminio. Leggendo il Sal 8 nel contesto dei Salmi 3 -7 viene spontaneo pensa­ re a coloro che pregano questi salmi, vittime innocenti dei soprusi dei potenti 51. Del resto, nel Sa/ 13 1 il salmista applica espressamen­ te a sé questa metafora: «Come un bimbo svezzato (':lo") in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è la mia anima tra le mie brac­ 'cia>> (Sa/ 13 1 , 2 ) . Il bambino in braccio a sua madre è simbolo non :soltanto di un essere indifeso, debole, ma anche di abbandono fidu­ ;cioso e tranquillo, e ambedue le accezioni si addicono bene agli oranti dei salmi. Essi sono i "poveri di JHWH" , sia in senso mate­ ·riale, in quanto esseri indifesi, oppressi e marginalizzati dalla socie­ tà, sia in senso spirituale, in quanto non pongono la loro sicurezza in se stessi, ma in Dio. La forma stessa dell'espressione «con la boc­ �a di bimbi e lattanti», senza articolo, sembra voler alludere a un'in­ �terpretazione metaforica. Appare quindi chiaro che il v. 3 continua il discorso del v. 2a, al di là della parentesi (proposizione relativa) del v. 2b: il nome di

46 Beyerlin 1976, p. 1 1 - 17 . 4 7 Hossfeld e Zenger 1 993 a, p. 79. 48 Kaiser 1 994 . Così anche ThWAT V. coli. 1 134- 1 1 35 (Sa!bo), e Urassa 1 998.

49 È la critica che rivolgono a Beyerlin Kaiser 1 994, p. 2 10, nota 14; Irsigler 1 997 , :p. 18, nota 35. 50 In Lam 4 , 4 si trova il termine plurale c•.,':>1.1! , altrimenti il binomio appare sem­ !Pre al singolare. 51 Così anche Irsigler 1 997 , p. 38, che però distingue tra senso originario e senIL -o del salmo nel salterio.

134

Il regno di ]HWH e del suo Messia

JHWH è possente per tutta la terra perché appunto questo nome i poveri ( ''bimbi e lattanti" ) invocano ( ''bocca " ) , cantando i salmi. D'altra parte, il "noi" di 1J'JiK riceve ora la sua spiegazione: esso si riferisce agli C'PJ'1 c'':l':lw , a coloro che riconoscono la loro dipenden­ za da Dio come un bimbo da suo padre. Con questi esseri indifesi e disarmati Dio «ha eretto un baluar­ do». Il termine t!l indica di per sé l'astratto ( ''forza " ) , ma il verbo che l'accompagna iO' (letteralmente: "fondare " ) , rende chiaro che si tratta di un edificio, e quindi traduciamo: "fortezza, baluardo" . Si è notato che G ha qui una lectio /acilior, in quanto legge "lode " . È chiara la volontà di rendere ragione della "bocca dei bimbi e lattan­ ti" : con questa non si costruisce una fortezza, ma una lode. Cioè: G si rende conto che la "fortezza " è termine metaforico per indicare la "lode " . La lode, che esce dalla bocca dei piccoli, è la fortezza che Dio ha fondato. La preghiera dei poveri è l'arma con cui Dio ha ra­ gione dei suoi nemici. Si comprende come, lette alla luce del Sal 8, le immagini del Sal 2 vengano reinterpretate in forma radicalmente non violenta. Di questa forza della "bocca" del Messia si è già par­ lato commentando il Sal 2 52• Al testo di Is 1 1 , 4 si può accostare quello di Is 49, 2 , a proposito del " servo" («Egli ha reso la mia boc­ ca una spada affilata») , e quello di 1 Sam 2, l , dove Anna innalza, a nome dei poveri, il suo inno: «Si spalanca la mia bocca contro i miei nemici, perché io gioisco per la tua salvezza». È interessante notare che i termini usati iO' e t!1 hanno riscontri cosmogonici (cf. Am 9, 6; Gb 3 8, 4-7; Sa/ 24, 2 ) , di qui anche le pro­ poste di vedere nella "fortezza" il "firmamento" . Ma, nel nostro caso, questi vocaboli vengono applicati a qualcosa di pienamente storico. Che di storia si tratti viene ribadito dalla menzione degli "awer­ sari " . Si tratta anzitutto di nemici di Dio (T,,,::i) . Con tale designa­ zione si intendono verosimilmente gli uomini che contestano l'autori­ tà di Dio, i C'li�, di Sal l , l (cf. 10, 4; 14, l ) o i "re della terra" di Sal 2, 1 -3 . I "bimbi e lattanti " con il loro fiducioso abbandono in Dio e con l'amore per la sua legge (cf. l , 2) sono l'antidoto che Dio ha tro­ vato per superare la rivolta dell'uomo. Ai nemici di Dio viene acco­ stato il "nemico e vendicatore" (cpm�, �'1K ) . L'unico parallelo del52 lrsigler suggerisce lo sfondo dell'ideologia regale anche per questo. In Egitto è infatti conosciuta la forza della parola del faraone, fin da piccolo Orsigler 1997 , pp. 28-29) . Ciò si può ammettere per il testo di fs 1 1 , meno per quello di Sa/ 8, 3, dove si

parla di un gruppo.

Salmo 8

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l'espressione, Sal 44, 1 7 , si riferisce a nemici del popolo, quindi a per­ sonaggi storici (forse nel Sal 44 si tratta dei Caldei, o dei Greci) . Nel contesto del Sal 8, però, si parla di contese all'interno del popolo di Dio: cpm�1 ::l'1� sarebbe dunque un nemico che agisce, nei riguardi di un suo connazionale, come agirebbe uno straniero, vendicandosi con­ tro di lui, cosa espressamente proibita da Lv 1 9, 18 53 . Esattamente questo tipo di vendetta viene tematizzato nel Sal 7 . Di fronte ai nemi­ ci che lo attaccano ingiustamente, il salmista si gloria di fronte a Dio di non essersi vendicato (v. 5). L'atteggiamento del salmista è un at­ teggiamento non violento, come quello di un bambino disarmato, in­ capace di difendersi e di offendere. Quasi a dire che la violenza non si vince con la violenza, ma con la rinuncia alla violenza. Se infatti l'espressione "bimbi e lattanti" da una parte si contrappone, parados­ salmente, a "baluardo" , dall'altra si oppone pure a "nemico e vendi­ catore" . Un lattante non è capace di vendetta. E appunto con questi esseri Dio pone fine (n::llli hi.) al "nemico e vendicatore" . La spiritualità dei "bimbi e lattanti" viene ripresa nel NT. Il "re­ gno dei cieli" appartiene a loro, secondo Mt 1 8, 3 par. : «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel re­ gno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bam­ bino, sarà il più grande nel regno dei cieli». Il Padre celeste, infatti, «ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli» (Mt 1 1 , 25 ) . LA SECONDA CORNICE: CIELO E FIGLIO D ' UOMO, W.

4-5

Dopo che lo sguardo si è rivolto alla terra, ritorna ora, per con­ �rasto, al cielo, riprendendo e sviluppando quanto già espresso al v. ?h («della tua maestà hai rivestito i cieli») . Il tono ora si fa più per­ :�nale: si passa dalla prima persona plurale alla prima singolare '«Quando vedo il tuo cielo . . . »), dalla storia di Israele a una consi­ derazione sapienziale dell'uomo e del mondo: il salmista parla non � quanto israelita, ma in quanto uomo. D'altra parte è chiaro anche � legame con il v. 3 , poiché è tipico dei bambini piccoli il sapersi �eravigliare di fronte alle cose. La "bocca di bimbi e lattanti" sa Ìi:neravigliarsi e lodare Dio per le cose di ogni giorno. 53 Cf. Barbiera 1 991 , pp. 277-282. Contro la nota della BJ («Non si è ancora al­ la morale evangelica») , si veda, ad esempio, Gb 3 1 , 29-30.

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Il regno

di ]HWH e del suo Messia

Dal punto di vista della critica testuale, c'è da notare la differen­ za tra TM TOI!i, "il tuo cielo" , e G ToÙç oùpavQl)ç , senza possessi­ vo. G offre un miglior parallelismo: infatti il termine corrisponden­ te, "la luna e le stelle" , è senza possessivo. Ma il possessivo non è senza significato. Esso sottolinea il fatto che il cielo "appartiene a Dio", in contrapposizione alla terra, che è il dominio dell'uomo (cf. Sa/ 1 15 , 16: «l cieli sono i cieli di JHWH, ma ha dato la terra ai fi­ gli dell'uomo»). Nel nostro salmo si è rilevata la corrispondenza tra il v. 4 e il v. 7 , segnalata attraverso la ripresa dell'espressione "ope­ re delle tue dita" (v. 4) in "opere delle tue mani" (v. 7). Anche il Sal 8 contrappone il cielo, dove il creatore opera da solo (v. 4), alla ter­ ra, il cui dominio egli affida all'uomo (vv. 6-9) . L'immagine del cielo evoca nell'uomo antico anzitutto l'idea della stabilità. Tale idea viene espressa al v. 4 attraverso il verbo 11::l , " stabilire, rendere saldo", sinonimo di ,o- , "fondare" (v. 3 ) . Ambe­ due i verbi vengono usati in Sa/ 24, 2 in riferimento alla " creazione" della terra. Il cosmo viene considerato come un edificio, la cui sta­ bilità era per l'uomo antico oggetto di meraviglia. La cosmogonia egiziana rappresenta il cielo come una divinità femminile (Nut) , che venne separata dal suo partner maschile, la terra (il dio Geb) e te­ nuta così separata dal dio Schu, il dio dell'aria . Il firmamento era pensato come una volta solida, sopra la quale stavano le acque: che esso non cadesse era considerato un miracolo 54. L'altra idea che evoca il cielo è quella dell ' infinito, in senso spa­ ziale e temporale. Quando si dice che la bontà di JHWH è "nel cie­ lo" (Sa/ 36, 6), se ne esalta la grandezza senza fine, e quando si dice che il trono del Messia durerà " come i giorni del cielo" (Sa/ 89, 3 O) , se ne dichiara l'eternità 55. L'espressione «opere delle tue dita», esprime l'abilità artigiana del costruttore divino. Dio non ha lavorato con pala e badile, ma con le sue stesse dita alla costruzione del mondo: la sua non è l' ope­ ra di un manovale, ma quella di un artista 56. Lo spettacolo degli astri è particolarmente affascinante per l'uo­ mo orientale, tanto che essi sono considerati presso tutti i popoli co­ me divinità (cf. Gb 3 1 , 26-28) . Forse questo fatto è legato anche al­ la particolare luminosità del cielo nel vicino Oriente. Si tratta qui 54 Cf. Keel 1 984, pp. 2 1 -27 , /igg. 55 Cf. Zenger 1 98 1 , p. 13 1 . 5 6 Cf. Ravasi 1 997, p . 292 .

25-29.

Salmo 8

137

del cielo notturno: si parla solo della lune e delle stelle, n on del so­ le. Chi ha passato qualche notte nel deserto, o a bordo di una nave nel Mediterraneo , non dimenticherà fa cilm ente lo spett acolo di un a notte di luna piena, o popolata di una miriade di nitide stelle. È uno spettacolo che evoca spontaneam ente l'idea della piccolezza, del­

l'insignificanza dell'uomo di fronte all'infinito. L'uomo moderno, che sa che gli astri che si vedono ad occhio nudo sono solo una pic­ col a parte dell'universo, dovrebbe essere in grado di meravigliarsi ancora di più, ma ci vorrebbe una "bocca di bimbi e lattanti" . L'infinità del cielo, il girare tranquillo dell"' eterne rote", evoca per contrasto la domanda: «Che cos'è un uomo?». t!i1lN viene fatto derivare dalla radice t!i�N, "essere debole" 57 , ed effettivamente molte volte indica l"' uomo" in contrapposizione alla divinità, nel suo aspet­ to "mortale" (cf. Sa/ 1 03 , 15; Gb 7, l ; 15, 14; 25 , 4 e, vicino al nostro brano, Sal 9, 20.2 1 ; 10, 18). Anche C1N viene collegato da Gn 3 , 19 a �,N , "terra", e al fatto di essere "mortale" . Alonso Schokel legge c1N com e nome proprio: "un figlio di Adamo" . Non, cioè, Adamo, l'uo­ mo in stato di innocenza, ma i suoi figli, che portano la conseguenza del suo peccato 58, Nel contesto, è possibile inoltre cogliere nel termi­ ne 1:., "figlio ", un rimando ai "bimbi e lattanti" del v. 3 . Di fronte all'immensità del cielo, il piccolo uomo è una " quan­ tité négligeable" , in confronto con la sua eternità è un'ombra che passa (cf. Sa/ 144, 4). Pascal direbbe: «L'uomo non è che una can­ na, la più debole della natura, ma è una canna che pensa». TI salmi­ sta vede le cose da un altro punto di vista, vede l'uomo non in se stesso, ma nel suo rapporto con Dio. La sua prospettiva non è il car­ tesiano: «Penso, dunque esisto», ma: «Dio pensa a me: dunque esi­ sto». Quest'ombra che passa è oggetto dell'amore di Dio, e ciò la tende grande. Weiser sottolinea un altro aspetto di questa polarità dell'uomo, teso tra insignificanza e infinito: «Nel momento in cui l'uomo prende coscienza della sua nullità di fronte a Dio, davanti al quale egli non può avanzare alcuna pretesa, gli diviene chiaro che la natura profonda del suo rapporto con Dio è quella di una grazia che supera ogni comprensione. Solo questo pola-

57 Così ThWAT I, coll. 3 73 -374 (Maas), contro HALAT, p. 68, che lo fa deriva­ te dall'ugaritico 'ns, "essere maschio" . 5 8 Alonso Schokel e Camiti 1 992 , p. 69; cf. anche Zenger 1981 , p . 132. '·

138

Il regno di ]HWH e del suo Messia

re va e vieni tra rispetto tremante di fronte alla maestà del Dio del­ l'universo e gioia riconoscente per l'amore di questo Dio, conferisce al verso quell'ineguagliabile tono di genuina, profonda religiosità» 59.

I due verbi che esprimono l'interessamento di Dio per l'essere umano sono teologicamente pregnanti. n primo è 1::lt , " ricordarsi, pensare a qualcuno" . È caratteristico l'uso che l'autore sacerdotale fa del verbo: quando Dio " si ricorda" , è il momento in cui cambia il corso della storia. Così nel racconto del diluvio: «Dio si ricordò di Noè . . . e fece soffiare un vento sulla terra» (Gn 8, 1 ) . Così anche nel­ l'Esodo, cf. 2, 23 -25 ; 6, 5 -6. Dio non può " ricordarsi" del suo po­ polo e rimanere inerte, bisogna che faccia qualcosa per lui. Il secondo verbo, 1pE1 , " chiedere, interessarsi, prendersi cura di qualcuno " è tipico del buon pastore che ha cura del suo gregge (cf. Ger 23 , 2 ; Zc 1 1 , 16) 6o. Esso appartiene perciò all'ideologia regale: il pastore è immagine del re. Anche questo verbo, come il preceden­ te, si riferisce usualmente, nell' AT, al rapporto di JHWH con Israe­ le. Nell'Esodo, Israele ha fatto esperienza .di un Dio che "si prende cura " del suo popolo (cf. Gn 50, 24-25; Er 3 , 16; 4 , 3 1 ; 13 , 19). Il Sal 8 traspone quest'esperienza all'umanità intera 61. JHWH non è un Dio che si cura solo degli astri: egli si prende pensiero di ogni uomo, per quanto piccolo egli sia, come Israele tante volte ha spe­ rimentato nella sua esistenza. Questo raccordo tra storia e creazio­ ne illumina anche il rapporto tra il v. 3 e i vv. 4-9: l'esperienza fatta dagli c·1�J'1 1:1'""111 viene estesa ad ogni C1N J:l1 tD1JN . Forse può aver aiutato, in questa trasposizione, anche il parallelo con l'istruzione di Merikare: . • .

«Ben curati sono gli uomini, il bestiame di Dio. Egli ha creato a loro intenzione il cielo e la terra, ha scacciato il "Vorace dell'acqua" , ha creato l ' aria affinché vivessero i loro nasi. Essi sono la sua immagine, uscita dal suo corpo. Egli sorge nel cielo a loro intenzione; ha creato per loro le piante, il bestiame, i pesci che li nutrono. Uccise il suo nemico e annientò i di lui figli 59 Weiser 1 966, p. 96. 6o Cf. ThWAT VI , coll. 7 1 3 - 7 1 4 6 1 C f. Zenger 1 98 1 , p. 134.

(Andrei.

Salmo 8

139

perché pensavano di ribellarsi. Ha creato la luce a loro intenzione, e naviga (nel cielo) per vederli: Si è innalzato una cappella dietro di loro, e, quando piangono, egli ascolta» 62 .

Il parallelo fa cogliere la dimensione sapienziale del Salmo 8. rto non si può parlare di dipendenza diretta, ma di patrimonio Ce com une della sapienza orientale. Sal 8, 5 traccia in sintesi una teolo­ gia e un'antropologia, dense di conseguenze. Dio è qualcuno che si cura dei piccoli. L'uomo è un essere che sta in un particolare rap­ porto con Dio. Il mistero dell'Incarnazione conferma la verità di queste intuizioni.

LA SECONDA STROFA: L' UOMO,

RE DELLA CREAZIONE, VV. 6-9

Il v. 6 non va compreso come una risposta alla domanda del v. il ilO rimane senza risposta, come una domanda retorica, espri­ mente la meraviglia del salmista. Il wajjiqtol con cui inizia il verso (,;;,cnm ) ha senso consequenziale, esso chiarisce e precisa in che senso Dio si "ricordi " e si "prenda cura" dell'uomo (v. 5 ) . La strofa si può dividere in due parti: (a) la dignità regale dell'uomo (v. 6); (b) il suo dominio universale (vv. 7 -9) . Questa divisione corrisponde alla struttura della terza strofa del Sal 2 (vv. 7-9), in cui il Messia viene anzitutto riconosciuto come re («Tu sei mio figlio», v. 7); quindi gli vengono affidate in dominio le nazioni del mondo (vv. 8 - 9 ) . n parallelo fa risaltare una differenza: al Messia viene assegnato il dominio sugli uomini, mentre il dominio dell'uomo, nel Sal 8, non riguarda gli altri uomini, ma gli animali. La prospettiva del Sal 8 è diversa da quella del Sal 2: quella era naziona­ le, storica, questa è sapienziale 63 . Si parla, nel Sal 8, non del rapporto degli uomini tra loro, ma del rapporto tra la specie "uomo" e le altre specie della natura, in particolare le specie animali, quelle specie, cioè, the come l'uomo appartengono alla categoria di "esseri viventi". Tra 5:



62 Traduzione secondo Bresciani 1 990, p. 100. E quin di , a mio avviso, Zenger non ha ragione di sottolineare questo aspetto

63

ltl senso antropologico («Il salmo non parla di un dominio dell 'uomo su altri uomini», liossfeld e Zenger 1 993 a, p. 80) . Semplicemente la prospettiva del salmo è diversa, sa­ l'lienziale e non s tori c a : esso non tratta di quest'argomento.

Il regno di ]HWH

140

e del suo Messia

i due salmi c'è ad ogni modo una stretta somiglianza, perché nell'ideo­ logia regale gli animali selvaggi personificavano le forze del caos, che era compito del re sottomettere, al pari dei nemici della nazione.

a) La dignità regale dell'uomo (v. 6) All'immensità del cielo (v. 4 ) il salmista aveva contrapposto l'in­ significanza del piccolo uomo (v. 5 ) . Il v. 6 sottolinea di nuovo, per contrasto, l'incommensurabile grandezza di questo piccolo, insigni­ ficante essere: «Tu l'hai fatto di poco inferiore a Dio» (rinviamo per la traduzione alla critica testuale). L'idea è quella dell' "immagine di Dio " , che viene espressa in forma paradigmatica, per l' AT, in Gn l , 26-27 : «E disse Dio: " Facciamo l'uomo a nostra immagine, simile a noi. Es­ si domineranno sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sugli anima­ li, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra " . E Dio creò l'uomo a sua immagine: a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò».

Come nel Sal 8, anche qui viene espressa anzitutto la somiglian­ za dell'uomo con Dio ( " simile a noi ", 1ln1�,:l , Gn l , 26; " di poco in­ feriore a Dio " , Sal 8, 6 ) , quindi il suo dominio sugli altri esseri viven­ ti. Sullo sfondo di questa concezione c'è l'ideologia regale dell'Anti­ co Oriente, soprattutto dell'Egitto. Il faraone era "figlio di Dio " e " sua immagine" . Non solo nel senso generale che ogni figlio è simi­ le al padre: }"'immagine" aveva il senso concreto di "statua" . Il fa­ raone veniva considerato la statua vivente del Dio. Ora la "statua" non era per l'uomo antico qualcosa di inanimato: essa incorporava la divinità stessa, era una specie di "incarnazione" della divinità: «La statua rivela la divinità ed è detentrice della sua forza. Essa è ma­ nifestazione e strumento della forza divina sulla terra. Essa segnala dove e come vive la divinità» 64 .

In quanto "immagine " , " statua" di Dio, il faraone deve debel­ lare le forze del caos e favorire lo sviluppo della vita.

64 Zenger 1 983 , p. 88; cf. Lohfink 2002 , pp. 3 1 -52.

Salmo 8

14 1

In un testo neo-babilonese pubblicato da W.R. Mayer, si distin­ gue la creazione del re da quella dell'uomo comune: «Ea incominciò a parlare, egli diresse la sua parola a Belet-Ili: "Belet­

Ili, tu sei la signora dei grandi dèi. Tu hai creato la gente comune, ora

crea il re, persona chiaramente superiore. Avvolgi il suo intero essere di bontà. Formane le fatture in modo armonioso, fa' bello il suo cor­ po ! " . Allora Belet-Ili costruì il re, persona chiaramente superiore. I grandi dèi diedero al re il compito di combattere. Anu gli diede la co­ rona; Enlil gli diede il trono. Nergal gli diede le armi; Ninurta gli die­ de uno splendore abbagliante. Belet-Ili gli diede una bella apparenza. Nusku gli diede istruzione e consiglio e si pose a suo servizio» 65 .

L'operazione che fanno il Sal 8 e Gn l , 26-27 è quella di attri­ buire ad ogni uomo quello che nel mondo circostante era preroga­ tiva del re. I due attributi, di cui parla il v. 6, sono infatti prerogativa usuale Dio e del re. i,:J:l è originariamente il "peso" di una persona, cioè, di in senso metaforico, la sua reputazione nella società. Ma nel docu­ mento P il termine descrive la presenza di Dio, la sua "gloria", cioè la manifestazione di Dio all'uomo. Nel contesto della "statua", è verosi­ milmente a quest'accezione che si deve far riferimento. In quanto im­ magine (in greco: E Ì xwv ) di Dio, il piccolo uomo ne irradia nel mon­ do la "gloria" (i1:l:l , in greco: 86ça ) , come dice 1 Cor 1 1 , 7: «L'uomo non deve coprire i l capo, poiché egli è immagine (E L Kwv) e splendore (86ça ) di Dio» 66. 1i:'i è un altro sostantivo che appartiene al campo semantico della "gloria" e forma spesso un binomio con i1:'i (cf. Sal 96, 6; 104, l ; 1 1 1 , 3; Gb 40, 1 0; 1 Cr 1 6, 27) , o, come qui, con i1:l:l (cf. ancora Sal 145 , 5 . 12 ) . Della "gloria" , 1i:'i mette in evidenza l'aspetto esteti­ co: "ornamento, splendore, bellezza" . I passi citati fanno tutti rife­ rimento a Dio. Accanto a Dio, 1i:'i viene riferito anche al re (Sal 2 1 ,

6;

45 , 4 .5 ; 1 10, 3 ) .

65 Cf. Mayer 1 987 ; Van Seters 1 989, p . 3 3 7 . 6 6 Cf. Raurell 994 , p . 8 8 . Ciò che segue (« . . . l a donna invece è l a gloria dell'uo· mo») non sta nel testo di Gn 1 , 26-27 né in quello di Sal 8, 6: qui si parla, infatti, di "uomo" in generale, come " uomo e donna" (cf. Gn 1, 27 ) .

Il regno di ]HWH e del suo Messia

142

Al re si riferisce infine esplicitamente il verbo ,t:�.l1, "incorona­ re" . Il piccolo uomo viene dunque presentato come " re" della crea­ zione, luogotenente di Dio sulla terra. Per quanto grande l'uomo venga presentato, egli non è Dio, ma " di poco inferiore " a lui. Come il Messia del Sal 2 , egli non ha usur­ pato quest'onore, non se l'è attribuito da sé, ma gli è stato donato da Dio (cf. Sal 2 , 8: «Chiedi a me, e io ti darò . . . ») . Il soggetto dei verbi nei vv. 6-7 è sempre Dio, l'uomo è l'oggetto: «Tu l'hai fatto di poco minore . . ; tu l'hai coronato . . . ; tu l'hai messo a governare . . . ; tutto tu hai posto sotto i suoi piedi». Il riconoscimento della gran­ dezza dell'uomo avviene rivolgendosi, in adorazione, al "tu " divi­ no 67. Ciò fa la differenza tra l'uomo del Sal 8 e il superuomo di Nietzsche, che pone se stesso, arrogantemente, al centro della crea­ zione, come padrone assoluto di essa. Di più: le affermazioni dei vv. 6-9 vanno intese come comple­ mentari a quelle che dell'uomo affermano la piccolezza (wmc . . . c,� 1:::1 1 , v. 5 ) e l a non violenza (c•pl'1 C''',.l1 , v. 3 ) . I l re della creazio­ ne è un piccolo mortale (l!i1l� ) , la cui unica arma è la preghiera (c•pl'1 c,,,,.ll 'El�). Come Dio sceglie "bambini e lattanti " per porre fine alla violenza dei nemici, così egli sceglie un essere insignifican­ te e disarmato come l'uomo per arginare la violenza delle bestie fe­ roci e far regnare l'ordine nel mondo. Dio sceglie ciò che è piccolo per compiere cose grandi (cf. l Cor l , 26-29). .

b) Il dominio universale dell'uomo (vv. 7-9) Il v. 7 è ispirato all'ideologia regale. Il re, appunto in quanto fi­ glio e "immagine" di Dio, ha la funzione di suo plenipotenziario per difendere il paese dalle forze del caos che ne minacciano l'esistenza. Per questa finalità gli vengono conferiti speciali poteri ed autorità. È la stessa ideologia che abbiamo riconosciuto nel Sal 2 e che carat­ terizza il racconto sacerdotale della creazione, in cui la dignità "qua­ si divina" dell'uomo ( " immagine di Dio " , Gn l , 26-27) è vista in funzione del suo dominio sulla creazione. L'uomo è costituito re della creazione non per se stesso, ma per custodire la vita sulla terra. Egli è responsabile di " tutto ciò che re67 Cf. Perlitt 1995 , pp. 69· 7 1 : «Che cosa sia l'uomo, è possibile sperimentar!o so­ lo attraverso il "tu" dell'adorazione» (69) .

Salmo 8

143

spira" (cf. Sal 150, 6). Come il testo di Gn l , anche quello del Sal 8 provoca nell'uomo odierno un certo malessere: sembra che Dio au­ torizzi l'uomo allo sfruttamento indiscriminato della creazione 68 . Dobbiamo perciò soffermarci un po' per comprendere il significato di queste immagini 69 . Il dominio regale dell'uomo è "sulle opere delle tue mani" (v. 7 ) . Come si è notato, l'espressione forma un parallelo con "opere delle tue dita" (v. 4). Il salmo distingue la parte su cui Dio domina direttamente, il cielo, da quella che egli affida al dominio dell'uomo (cf. Sal 1 15 , 16) . Ma, dicendo che oggetto del dominio dell'uomo sono le "opere delle tue mani", sottolinea che il dominio dell'uomo è un dominio delegato, esercitato in nome del creatore, non a nome proprio. L'uomo è fatto responsabile della vita di fronte al creatore, custode di essa. Il verbo ':>tzlo , " dominare", caratterizza diverse for­ me di dominio. A comprendere il significato nel nostro contesto è fondamentale la convinzione, comune a tutto l' AT, che il padrone del mondo è Dio (cf. Gb 25 , 2; Sal 66, 7 ) . Ogni altro "dominio" è a questo subordinato 7o . Tipico esempio di questo tipo subordinato di potere è Giuseppe in Egitto (cf. Gn 45 , 26: ':>tzlo ) : Giuseppe è il ple­ nipotenziario del faraone e il responsabile del benessere del popo­ lo. Suggestivo è anche il parallelo di Mi 5, l ; Is 16, l , dove il "domi­ nio" (':>tzlo ) viene messo nelle mani del Messia, che lo esercita in no­ me di JHWH. Ciò permette di approfondire il legame, già intravi­ sto, tra il Sal 8 e il Sal 2 . Il dominio dell'uomo sugli animali (Sal 8) è dello stesso tipo del dominio del Messia sui regni umani (Sal 2 ) . Purtroppo, però, l'uomo ha abusato del suo potere, come le lamen­ tazioni che seguono, nei Sal l 0- 15, mostrano. «Tutto hai messo sotto i suoi piedi». Nell'iconografia egiziana è usuale la rappresentazione dei nemici che vengono messi "a sgabel­ lo dei piedi" del faraone (cf. Sal l l O, l ) n. Addirittura sulle suole dei sandali del faraone venivano dipinte figure di nemici, in modo che ogni volta che egli calzava i sandali, poneva i nemici letteralmente "sotto i suoi piedi" . Come già rilevato nel Sal 2, i "nemici" erano la 68 Cf. gli accenti critici di Carley 2000, p. 122: «Psalm 8 is a classic expression of the dominating male ego, reinforced by the psalmist's projection of this assertion of po­ wer as the will of Israel's transcendent God». 69 Cf. Grossberg 1 998. 7 0 Ciò viene espresso in forma iconografica nel vaso proveniente da Uruk rap­ presentato nella fig. 6 (da Keel l 984, p. 5 1 , /ig. 62 ) . 7 1 Cf. Keel 1 984 , p . 232 . /ig. 34 1 ; p. 233 . /ig. 342 .

144

& --

Il regno

di JHWH e del suo Messia

Fig. 6. In questo vaso, alto più di un metro, prove­ niente da Uruk, vengono rappresentate le diverse forme di vita in ordine ascendente: in basso le ac­ que di un fi ume , su cui so rgo no le piante (spighe e

germogli di palma da datteri); in un registro supe­

riore il bestiame minuto, pecore e capre; più in su uomini che recano processionalmente diversi tipi

di doni. Il registro più alto rappresenta il re (di cui si vede solo una piccola parte dell'abito) di fronte a !nanna, la dea dell'amore e della fecondità, da

c u i proviene la vita, e a cui la vita anche, cultual­ mente, ritorna.

personificazione delle forze del caos, che il re era chiamato a debel­ lare in nome di Dio. Chiaramente ciò si prestava ad abusi, ma a noi interessa comprendere l'immagine. Se, dunque, S.!Li� esprime la dimensione "provvidenziale" del do­ minio dell'uomo sulla creazione, "mettere sotto i piedi" esprime la sottomissione, con la forza, degli avversari (cf. 2 Sam 22 , 3 9 Sal 18, 39; l Re 5 , 17; Lam 3, 34; Mal 3 , 2 1 ) . Bisogna rendersi conto che gli animali selvaggi rappresentavano per l'uomo antico un pericolo, ed erano considerati come nemici dell'uomo, com'è ampiamente atte­ stato nei testi mesopotamici ed egiziani 72 . Nel nostro salmo questa dimensione viene suggerita dal parallelo con il v. 3 . Al rapporto tra "bimbi e lattanti" e " tuoi avversari - nemico e vendicatore" (v. 3 ) cor­ risponde al v. 7 il rapporto "uomo - figlio d'uomo" e " animali" (cf. tab. 28). Sull'inimicizia tra uomo e animali cf. Gn 3 , 15 (la lotta tra la donna e il serpente) ; Lv 26, 6 (si noti qui l'uso del v. n:::� fLi hi., come in Sa/ 8, 3 ) ; Dt 32, 24 (accanto ai serpenti vengono nominati qui m� ;,::�, gli " animali selvaggi" , come in Sa/ 8, 8); Os 2, 20; Is 1 1 , 6-8 73 . =

72 Cf. Gorg 1 986. 73 Per la corrispondenza tra il v. 3 e i vv. 7-9 cf. Steck 1 98 1 , pp. 62-63 . Ma Steck va troppo in là, giungendo a un'identificazione tra nemici e animali, vedendo, cioè, ne­ gli animali una metafora dei nemici. Il parallelis m o esiste, ma il v. 3 è di carattere " sto­ rico " , mentre i vv. 7-9 sono di ca ratte re " sapienziale" : bisogna rispettare l'autonomia

delle due affermazioni.

145

Salmo 8

Tabella 28 v.

3

vv.

cpm�1 :1'1K

7-9

. . .

n1� :1:1

n•:�w:-Ti;.

,,�;.�,

nnn

:-Tn!!i

C'Pl'1 c•Si;.,l.! 1:::1 tz11�K

C,K

• • •

Un testo come Ez 34, 25 permette di cogliere l'ambivalente rap­ porto dell'uomo con gli animali secondo l'AT: Dio promette di es­ sere il pastore di Israele, curando con cura ed amore le sue pecore. Di queste egli dice: «Stringerò con esse un'alleanza di pace e farò sparire (•n:�!!i:-T1 ) dal pae­ se le bestie nocive, cosicché potranno dimorare tranquille nel deserto e riposare nelle selve».

Come "pastore degli animali", come custode della vita, l'uomo è allo stesso tempo chiamato a combattere gli animali nocivi. Rap­

presentazioni di ambito mesopotamico mostrano un personaggio regale o divino che combatte contro un animale feroce tenendo al­ lo stesso tempo un piede su un animale domestico in segno di pro­ tezione (cf. fig. 7) 74 . Nella mentalità dell'Antico Oriente l'uomo da

Fig. 7 . «Tut to hai messo

sotto i suoi piedi» (Sal 8, 7). Il dominio dell'uomo sugli animali non è da intendere come una sottomissione violenta, ma come una responsabilità per la vita. L'uomo ha il dovere di difend ere gli animali deboli dagli attacchi degli animali feroci, come un buon sovrano difende i s uoi sudditi più deboli dai soprusi dei più forti.

74 Da Keel 1 984 , p. 50, /ig. 60.

146

Il regno

di JHWH e del suo Messia

una parte è "pastore" degli animali, dall'altra è "signore" di essi. Come "pastore" lo dipinge il primo capitolo della Genesi 7 5 , come " signore" lo ritrae Gn 9, 2 : «Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche' e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tut­ ti i pesci del mare sono messi in vostro potere».

Gli animali selvaggi sono personificazione delle forze del caos, che devono venire assoggettate dal re-uomo. Per questo, accanto al motivo del re che combatte gli animali feroci, nell'iconografia anti­ ca viene spesso raffigurato l'albero della vita, figura dello spazio vi­ tale che dev'essere difeso dal re 76. Il "tutto" , che viene messo sotto i piedi dell'uomo viene svilup­ pato nei dettagli nei vv. 8-9. La descrizione si sofferma compiaciuta su questa enumerazione: l'autore fa sfoggio di "sapienza" , di cui un genere letterario tipico è la "lista" di specie vegetali o animali. L'enumerazione è ordinata secondo i tre elementi: "terra" (v. 8); "cielo" e "mare" (v. 9). Essa perciò vuoi essere completa, abbraccia­ re tutto il cosmo. I tre elementi sono disposti in modo da formare centri concentrici sempre più vasti, attorno all'uomo. Accanto al­ l'uomo vengono posti anzitutto gli animali domestici (c't�'?twvaì. aÙTwv , Vg quorum non audiantur voces eorum. Questa traduzione viene preferita anche da numerosi esegeti moderni, tra cui Delitzsch 4 ed Oesch 5. Effettiva­ mente le affermazioni del v. 4, se intese in forma negativa, sembra­ no contraddire quelle del v. 3 . Se si dice: «Giorno a giorno ne effon­ de discorso» (v. 3 ) , sembra in conseguente affermare: "Non è discor­ so" (v. 4). Forse però si tratta di un voluto carattere "enigmatico" del brano 6. Preferiamo tradurre letteralmente, in senso negativo. A nostro avviso si tratta di contrapposizione tra due tipi di discorso, uno "udibile" e uno "non udibile" . Il "discorso" dei cieli è sì discor­ so (vv. 2 -3 .5 ) , ma non un discorso "udibile" (v. 4): si tratta di un "di­ scorso silenzioso" , per contraddittorio che questo possa sembrare 7. Verso 5 o1p .

Generalmente (cf. BHS) le traduzioni moderne seguono G

o cj>96yyoç mhwv (Vg sonus eorum) , supponendo una Vorlage ebraica o"1p . Ciò offrirebbe un miglior parallelismo al seguente

Ma sarebbe un'aperta contraddizione con il v. 4b («la loro vo­ ce non è udibile») . Anche qui preferiamo attenerci a TM. L'ebraico 1p indica la " cordicella per misurazioni" , di qui, in senso traslato, "ordine, armonia, ritmo" . n v. 5 c viene reso in G in maniera singolare: È v T(� �Àllfl E 9E TO TÒ >); Heinemann 1990, p. 304 («those who cannot keep themselves alive»). Questa interpre­ tazione è t rad i zion ale nell'esegesi rabbinica, come risulta dal commento del midrash su Nm 7, 89, «dall'alto del coperchio che è sull'arca dell a testimonianza»: «R. Dosa osser­ vò: È de tt o , perché l'uomo non può vedere me e restare in vita (Es 3 3 , 20). Questo vuoi dire che gli u omini non possono vedere Dio quando sono in vita, ma che possono ve­ derlo alla loro morte; in questo senso è detto: Tutti quelli che scendono nella polvere

190

Il regno di ]HWH e del suo Messia GENERE LETTERARIO E STORIA DELLA REDAZIONE

Il Salmo 22 non appartiene a un genere letterario puro. I ver­ setti 2-22 sono caratterizzati dalla supplica, si possono definire una "lamentazione individuale" . I versetti 23 -27 suppongono che la supplica sia stata esaudita: essi appartengono al genere letterario dell'azione di g razie. Mentre nei w. 2 -22 l'arante era da solo, ora è attorniato dall'assemblea dei poveri. Il sacrificio comunitario è in­ fatti tipico dell'azione di grazie (cf. v. 27: «Mangeranno i poveri e si sazieranno») . I versetti 28-32 sono ancora di un altro tipo. Seybold li intitola: " Sguardo escatologico al regno di JHWH " . Dal punto di vista del genere letterario essi si awicinano all ' inno. Secondo Sey­ bold, i diversi generi letterari rispecchiano successive fasi della com­ posizione del salmo: (a) la parte più antica sarebbe la supplica (w. 2 -22 ) ; (b) a questa si sarebbe poi aggiunta l'azione di grazie (w. 23 27 ) ; (c) e quindi l'inno escatologico (w. 28-32) . (d) Infine il salmo avrebbe ricevuto un titolo (v. 1 ) , che «avrebbe fatto del testo un bra­ no musicale o un canto» 7 . Il commento di Seybold è un caso tipico dell'esegesi tradiziona­ le dei salmi, fondata sulla ricerca del genere letterario e la ricostru­ zione dell'ambiente storico. Proprio dal punto di vista della critica delle forme, l'indagine di Westermann ha messo in luce come il rin­ graziamento sia parte integrante della supplica: il titolo del suo la­ voro sul Sal 22 , Gewendete Klage (qualcosa come "lamento con svolta" ) , è significativo s. Anche Gerstenberger si pone su questa li­ nea. Per Gerstenberger, sia l'espressione della fiducia (cf. w. 4-6. 101 1 ) , sia il ringraziamento (cf. w. 23 -27) appartengono al genere let­ terario della supplica. Solo l'ultima parte del salmo ( w. 28-32) sa­ rebbe da considerare come un'aggiunta 9. Per Gerstenberger il Sitz im Leben di queste suppliche non sarebbe il tempio, ma piccole co­ munità di fedeli che si riunivano a pregare, magari presso il letto di un infermo 1 0. F. Stolz mette un punto interrogativo sul tentativo di assegnare ad ogni salmo un preciso genere letterario e un Sitz im Leben cuipiegheranno il ginocchio difronte a lui, anche colui che non può mantenere in vita la sua anima (Sal 22, 30)», cf. Freedman e S im on 1 983 VI, p. 640. 7 Seybold 1996, p. 97. 8 Westermann 1957 . 9 Gerstenberger 1 988. I O Gerstenberger 1 988, p. 1 09; cf. Craigie 1 983 , pp. 1 97 - 1 98.

Salmo 22

191

tuale 1 1 . Ci sono salmi, dice Stolz, e il Salmo 22 è uno di questi, che app artengono a un tempo " postcultuale " , ca ratte ri zz ato appunto dalla mescolanza dei generi letterari. La vita infatti è così : qui si pas­ sa senza soluzione di continuità dalla supplica alla lode per poi tor­ nare di nuovo alla supplica. Per Stolz , il Sitz im Leben di questi sal­ mi non sarebbe, dunque , la liturgia , ma la preghiera personale. Pur riconoscendo la mescolanza dei generi letterari, altri autori cercano di ricostruire il divenire del salmo in base ad altri criteri. Ci­ tiamo solo l'esempio di Hossfeld 1 2, che fa sua la proposta di Vano­ ni n . Secondo Hossfeld, il testo base del salmo sarebbe stato una la­ mentazione preesilica, unita a certezza di esaudimento e promessa di lode (vv. 2-3 .7 -23 ) . Qui si poteva riconoscere ancora il bisogno concreto ( probabilmente una malattia) di un orante individuale. Una prima ampliazione nel senso della pietà dei poveri ( "Armen­ frommigkeit " ) , tipica del postesilio, vede nel caso del salmista un paradigma per la comunit à dei poveri (vv. 4-6.24-27) . Una seconda am pli a zione sarebbe ca rat t erizzata dalla visione escatologica del re­ gno di Dio nei vv. 28-32 14. Questi tentativi sono certamente legittimi: essi tendono a dare concretezza e spessore storico ai salmi. Ma oggi si sente, da varie parti, l'esigenza, da noi condivisa, di partire dal testo stesso, evitan­ do di costringerlo in schemi precostituiti 15, perciò il primo passo della nostra indagine sarà quello di analizzarne la struttura e la logi­ ca interna. STRUTTURA

Dal punto di vista del contenuto, il salmo è diviso chiaramen­ te, oltre al titolo (v. 1 ) , nelle due parti: 2-22 ( lamen to ) e 23 -32 (rin­

graziamento e lode). Questa divis i one contenutistica viene confer­ mata da una serie di inclusioni lessematiche. La prima parte è inclu­ sa dai lessemi l1W' , " salvare" (vv. 2 e 22 ) , pn1 ,"lontano" (vv. 2 e 20) e i'lll1 , " rispon dere " (vv. 3 e 22 ) . S opratt utto rilevante è il terzo lesse 1 1 Stolz 1 983 ; Stolz 1 980. 12 In Hossfeld e Zenger 1 993a, pp. 144- 145. 1 3 Vanoni 1998. 1 4 Per altri tentativi cf. p. es. Weimar 1 986. Cf. Prinsloo 1 995b, pp. 64·67.

15

1 92

Il regno di ]HWH e del suo Messia

ma. All'inizio il salmista si lamenta: ;mm I'Ò, «Tu non rispondi» (v. alla fine constata con gioia: ')n')!l , «Tu mi hai risposto» (v. 22) . L'esaudimento della supplica introduce così la seconda parte (cf. v. 25 : «Quando ha gridato a lui per aiuto, l'ha ascoltato»). Anche la seconda parte è caratterizzata da un'inclusione. Qui i termini sono: ,5lo , "raccontare" (vv. 23 e 3 1 ) e !l,T , "seme, discenden­ za" (vv. 24 e 3 1 ) . Questa chiara inclusione parla contro il carattere aggiunto dei vv. 28-3 2 , postulato in quasi tutte le ricostruzioni reda­ zionali. Questa prima impressione di una struttura fortemente unitaria del salmo verrà confermata dallo studio analitico che segue. Ciò ha delle conseguenze sulla collocazione storica del Salmo 22 . Se il te­ sto è unitario, allora le considerazioni fatte da molti autori sul carat­ tere tardivo, certamente postesilico, dei vv. 28-3 2 , vanno riferite a tutto il salmo: l'intero salmo ha un carattere tardivo, postesilico. 3 );

IL TITOLO,

V. l

n titolo del Sal 22 è simile a quello del Sal 8 (1,om n•m;,-�J) mtlO� ) Solo in luogo dell'annotazione n•nJ;,-',J) , Sal 22 , l presenta l'al­ tra ,nw;, n',•N-�J) , che pure viene generalmente interpretata come in­ dicazione per un'esecuzione musicale («Sull'aria: " Cerva dell'auro­ ra"») . Si tratta forse di una melodia popolare, secondo cui il salmo andava cantato. Anche il Targum («in occasione del sacrificio quo­ tidiano del mattino») riferisce il salmo alla liturgia del tempio. Con Seybold si può forse pensare a una "liturgizzazione" di un salmo, che in origine niente indica che fosse ambientato al tempio, né che fosse cantato. Nel salterio attuale i titoli hanno anche un va­ lore strutturale. Nel gruppo 15 -24 l'annotazione mtlo', ( ''per il capo­ coro"?) unisce tra loro i Salmi 18-22 e forse allude a un'interpreta­ zione messianica del Sal 22 , da leggere in continuità (e in contrasto) con i Salmi regali 18 e 20-21. ,,, ', .

LA PRIMA PARTE,

VV.

2 -22

Come l'insieme del salmo, così anche la prima parte è divisa in due strofe da precise inclusioni lessematiche, cioè dalla ripresa del­ l'espressione •',x , "mio Dio " , ai vv. 2 e 1 1 , e da quella dell'aggettivo

1 93

Salmo 22

ai vv. 2 e 12. La "supplica" del v. 1 2 riprende, cioè, il "lamento " 2-3 e forma una cornice per la prima strofa. dei TI v. 12 ha una doppia valenza strutturale 16 . Da una parte con­ clu de la prima strofa, dall'altra apre la seconda. Infatti due termini uniscono il v. 12 con la fine della seconda strofa: l'aggettivo pm (vv. 12 e 20, cf. 2 ) e il verbo ,ill , " aiutare" ( vv 12 e 20) . pn,

vv.

.

La prima strofa (vv. 2-12) Come osservato, questa strofa è incorniciata dal "lamento " dei v. 12 (N) . All'interno di questa cornice, si possono cogliere altre tre sottounità, introdotte ciascuna da un pronome personale: iln� , , "Eppure tu " (vv. 4-6, B); ·�l�, , " Io invece" (vv. 7-9, C); iln� ·� , "Sì, tu" (w. 10- 1 1 , B '). Da un punto di vista contenutistico, il brano centrale (C, vv 7 -9) è caratte­ rizzato dalla rappresentazione della presente situazione di bisogno, ed è incorniciato da due brani caratterizzati dallo sguardo al passa­ to (B, vv. 4-6; B', vv 10- 1 1 ) . Il primo di questi (B, vv. 4-6) evoca la fiducia dei padri, il secondo (B', w. 10- 1 1 ) , posto chiaramente in parallelo, evoca la fiducia, nel passato, dell'arante stesso. A questa "fiducia" si riferisce l'osservazione sarcastica dei nemici, citata nel­ la parte centrale (C, vv 7-9) : « Si è affidato a JHWH, lui lo liberi, lo scampi, se in lui si compiace» (v. 9). "Io " , "Tu " (= Dio) , " Essi" (= i nemici) sono i tre attori che con il loro alternarsi determinano la di­ visione della strofa in cinque parti (cf. tab. 36) . w.

2-3 (A) a cui fa eco la " supplica" del

.

.

.

Tabella 3 6 Versi Attori

Contenuto

Tu+ lo L amen to Tu Fiducia Io+ Essi Situazione c 7-9 di bisogno Fiducia B' 10- 1 1 Tu Tu+lo Supplica A' 12

A 2-3 B 4-6

Tempo

Parole chiave

Presente '"N , pn, (v. 2)

Passato

nt!l:::l (w. 5 .6), t!l":J/t!l"o (w. 5 .6) ( v. 9)

Presente t::� ':>:l

Passato rit!l:::l (v. 10), •':>��t (v. 1 1 ) Presente pn, - :::11,p

li; Cf. Auffret 1 998b, pp. 109- 1 1 0. 1 1 8- 1 19.

Il regno di ]HWH e del suo Messia

1 94

Perché mi hai abbandonato? (vv. 2-3 ) n primo brano, vv. 2-3 , forma una polarità, nel senso che il v. 2 esprime la dimensione spaziale ( "lontano" ) dell'abbandono di Dio, mentre il v. 3 ne descrive la dimensione temporale ( "giorno . . . not­ te") 17 . In tal modo viene espressa la totalità dell'esperienza umana. Noteremo la stessa polarità alla fine del salmo (vv. 28-32), a confer­ ma della profonda unità letteraria dello stesso 18. I due versi iniziali sono altresì caratterizzati dal passaggio dal discorso su Dio a quello sul salmista. Nella prima parte dei vv. 2 e 3 si parla di un'azione di Dio («mi hai abbandonato», «non rispondi») , nella seconda del­ l'eco che quest'azione provoca sul salmista («lontano dalla mia sal­ vezza»; «non c'è quiete per me») . La situazione di bisogno del sal­ mista viene così fatta dipendere direttamente da Dio (cf. tab. 3 7 ) .

Tabella 3 7 Coordinate

Dio

«Tu mi hai abbandonato» v. 3 Tempo («di giorno . . . «Tu non rispondi» di notte») v.

2 Spazio («lontano»)

Il salmista

«Lontano dalla mia salvezza» «Non c'è quiete per me»

«Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?». L'inizio del salmo riceve una profondità inaudita dalla passione di Gesù Cristo. Gesù l'ha pregato sulla croce (Mt 27, 46; Mc 15, 3 4 ) . In realtà tutto il Sal 22 viene visto nella tradizione cristiana come una profezia del­ la passione di Gesù. Sarebbe falso intendere questo in senso mate­ riale. Il Sal 22 non è stato scritto in previsione di Gesù. È vero inve­ ce che Gesù (o la primitiva comunità cristiana) ha compreso il sen­ so della sua passione alla luce del Sal 22. E dunque è importante comprendere il Sal 22 anzitutto nel suo senso originale. Lo studio della "Wirkungsgeschichte" del salmo, anche quando si tratta di ri­ letture all'interno della Bibbia, e perciò con valore canonico, è un passo successivo.

17 Si potrebbe anche dire che al v. 2 si esprime la forma visiva dell'assenza di Dio ( "lontananza" ) , al v. 3 quella uditiva ( " silenzio " ) . 1 8 Cf. Kselman 1982b, p. 1 89.

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In questa frase è riassunta, si può dire, tutta la prima strofa t 9 . Sottolineando l'appartenenza dell'arante al suo Dio (·':l� ·':l�, «mio Dio, mio Dio») , cosa che verrà ribadita nel verso seguente (-;.,';l�) , il salmista introduce le attestazioni di fiducia dei vv. 4-6 e l 0- 1 1 , men­ tre il lamento «perché mi hai abbandonato?» viene sviluppato nei vv. 7-9. Il salmista appartiene dunque a Dio, Dio è per lui il "mio Dio" . Il termine ':l� è un'antica denominazione di Dio in uso in tut­ to il mondo semitico. L'etimologia della parola è discussa, ma gene­ ralmente viene fatta derivare da una radice che significa "forte" 20 . Questa radice ritorna anche nel v. 20 (•n,';l·� , "mia forza" ) , e forma un'ulteriore inclusione per la prima parte del salmo. Se dunque ora Dio ha abbandonato il salmista, ciò non è qualco­ sa di naturale, ma va contro le sue convinzioni più radicare, contro la sua natura. Ciò è vero in maniera unica di Gesù, il Figlio di Dio. Ma la convinzione che Dio non abbandona i suoi fedeli è radicata nell' AT (cf. Sal 9, 1 1 ; 16, 10; 27, 10; 37, 28; 94, 14). Perciò la domanda: "Per­ ché? " è comprensibile. È una protesta contro Dio, un'accusa rivolta a lui 21. La colpa dell'attuale situazione di morte in cui si trova il sal­ mista è attribuita a Dio, che non è fedele alle sue promesse. Ciò è cer­ tamente molto umano, e questo è probabilmente il motivo per cui il terzo dei sinottici, Luca, non ha riferito questa frase di Gesù moren­ te. Eppure la protesta è anche segno di fiducia. Se il salmista non avesse alcuna speranza in una risposta di Dio, non protesterebbe. Con questo "perché" l'orante esprime un contrasto tra la sua fede («mio Dio») e la realtà («mi hai abbandonato»). Egli contesta, in nome della sua fede, una realtà che fa a pugni con la sua fede. Nel primo libro del salterio un tale "perché" caratterizza l'inizio dei Sal­ Ini 10 e 13 . «Lontano dalla mia salvezza le parole del mio ruggire». Nel se­ condo stico viene rappresentata la situazione dell'arante, viene det­ to cioè, concretamente, in che cosa consista l"' abbandono" di Dio. L' orante percepisce quest'abbandono per il fatto che egli grida, ma

108).

19 «The first part is as a whole an elaboration of the opening cry» (Mays 1 994 , p.

20 Cf. ThWAT I, col . 2 6 1 (Cross). 2 1 Cf. Broyles 1 989. Broyles di stingue, tra le lamentazioni, "lamenti contro se Stes si " , "lamenti contro i nemici " e "lamenti contro Dio " . Secondo lui, i primi due ti­ pi non sono propriamente "lamenti " , ma " suppliche" : il termine di "lamenti " si addi­ :ce solo al terzo tipo di preghiera. Solo in questo caso si tratterebbe veramente di " com­ plain t " , cioè di accusa ( " Klage " ) .

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Il regno di JHWH e del suo Messia

non riceve nessun aiuto. Contro la sua convinzione, la "salvezza" è "lontana" dalla sua preghiera. Il verbo ebraico JN� esprime anche foneticamente il ruggire del leone (cf. v. 14 ) . Anche di Gesù croci­ fisso viene raccontato "un forte grido" (cf. Mt 27, 46.50; Mc 15 , 34.3 7 ) . Nel nostro caso non si tratta di un grido inarticolato: qui ci sono delle "parole" (•m�t� .,:l, ) . Ciò che per l'orante è insopportabi­ le non è la sua sofferenza, ma il fatto che Dio lo abbia abbandona­ to. Dietro al suo dolore egli percepisce l'abbandono di Dio, e con­ tro questo egli protesta. Si tratta di un rapporto d'amore («mio Dio») che viene rotto. Della "lontananza" di Dio parla in modo im­ pressionante Geremia (cf. Ger 23 , 23 ) . Le " confessioni" del profeta sono la sua protesta contro il Dio lontano. L'immagine del "ruggire" introduce il secondo verso: «Mio Dio, io grido di giorno e tu non rispondi». Tra amici uno si aspetta che un grido, e più ancora un grido di aiuto, riceva una risposta (cf. Sal 4 , 2 ; 13 , 4; 1 7 , 6; 20, 2 .7 . 1 0 ; 27 , 7 ; 34, 5 ; 3 8 , 1 6 ) . L'esperienza del silenzio è particolarmente dolorosa, perché essa contraddice il rap­ porto che unisce due persone (•:-r':ltt , "mio Dio " ) . Effettivamente, quando l'orante riceverà una "risposta" da parte di Dio, la sua crisi sarà risolta (v. 22) . Notte e giorno esprimono una polarità. In questa forma si esprime la totalità del tempo (cf. Sal 1 , 2 ) . Qui le ore della notte so­ no associate alla " quiete" , :-r•o,,. La notte è il tempo del riposo. I sal­ mi sanno il valore di un sonno tranquillo sotto la protezione di JHWH (cf. Sal 4, 9; 62 , 2 ) . Nelle sue notti insonni (si pensa general­ mente a una malattia) , il salmista grida a Dio, come se fosse giorno, ma non riceve alcuna risposta. Come la "salvezza" del salmista (v. 2b) è legata alla "prossimità" di Dio (v. 2a) , così la sua "quiete" (v. 3b) è legata alla "risposta" di lui (v. 3a) 22 . La fiducia dei padri (w. 4 - 6 ) Con un procedimento che è tipico della preghiera di Israele (cf. Sal 42, 5 ; 44, 2 ; 7 7 , 6. 1 2 ; 78, 3 ; 1 43 , 5 ) , l'orante si collega alla storia del suo popolo. Questa dimensione " collettiva" del salmo verrà svi­ luppata soprattutto nella seconda parte (cf. v. 24 : il termine ':ltt,i!l' unisce il v. 4 al v. 24 , la prima alla seconda parte) . L'orante appartie­ ne a un popolo che ha una lunga storia dietro di sé. Di questa sto22 Per l'accostamento "lontananza" e " silenzio "

di Dio cf. Sal 35 , 22.

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ria egli "fa memoria" (cf. Sal 42 , 5 ) , con due finalità. Anzitutto per attingere fiducia per se stesso. Poi per muovere Dio a " rispondere". Nel passato, Dio ha risposto, perché non lo fa ora? Come Miller os­ serva, questo atteggiamento di rivolta può sembrare oggi "primiti­ vo". La vera preghiera non è forse quella del Padre Nostro: «Sia fat­ ta la tua volontà»? L'orante biblico lotta con Dio. Protesta. Crede che Dio possa cambiare. Si veda la preghiera di Abramo in Gn 18, 22-32, quella di Mosè in Es 32-34 o le confessioni di Geremia. «Eppure tu sei santo». La parola w,,p esprime la " diversità" , la "trascendenza" di Dio. Nel nostro caso la diversità è da compren­ dere nel senso della fedeltà. Gli uomini possono essere infedeli al lo­ ro amore e ai patti stabiliti, ma Dio è " diverso", la sua 1on è n�N (cf. Sal lOO, 5 ; 1 18, 1 -4; 136) . Si allude qui alla teologia dell'alleanza. « . . . assiso sulle lodi di Israele». Zenger intende la frase: «tu abiti le lodi di Israele», e la interpreta come un contrapporre al tempio, il luogo tradizionale dell'abitazione di Dio, la preghiera dei salmi (o•':l:-tn , "lodi"), che diventerebbero il nuovo "tempio " , il luogo della presen­ za di Dio 23. Per suggestiva che sia quest'interpretazione, e senza vo­ lerla escludere, mi sembra che qui il senso primario di :�w• sia quello di "sedere in trono, sedere come re" (cf. Sal 29, lO; 47, 9) 24. Attribu­ to tipico di ]HWH è o•:m:l :lt!l' , "colui che siede sui cherubini" (cf. Sal 99, l ; 80, 2 ) , con allusione ai cherubini che stavano sull'arca dell'alle­ anza, il "trono" di ]HWH. È quindi l'idea della regalità che qui vie­ ne espressa, un'idea che verrà ripresa alla fine del salmo (vv. 28-30, so­ prattutto v. 29). Anche in questo senso si tratta di una "estraniazio­ ne " , cioè si sostituiscono al trono di cherubini le "lodi di Israele" . n trono vero di JHWH non è tanto quello materiale dell'arca, quanto piuttosto quello spirituale delle "lodi d'Israele" . n termine m':l:-tn , "lo­ di", viene ripreso nella seconda parte del salmo (vv. 23 .24.26.27) , do­ ve indica la preghiera di ringraziamento per la salvezza ottenuta da Dio. La storia di Israele, dice il salmista, è una lunga serie di "azioni di grazie" , una catena ininterrotta di suppliche esaudite. Essa comin­ cia infatti con il grido di Israele in Egitto, che JHWH ha ascoltato (cf. Es 3 , 7-9). Su queste azioni meravigliose di salvezza si fonda il trono di Dio, il suo diritto a regnare su Israele. «In te hanno confidato i nostri padri . . . ». n termine n�:J è un Leitmotiv nella prima strofa (vv. 5 [2 volte] . 6 1 0 ) . Esso esprime l'at.

23 Zcn ger 1 999. 24 In questo senso cf. Gese 1974, p . 1 86.

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Il regno di ]HWH e del suo Messia

teggiamento di qualcuno che si sente al sicuro, tranquillo, perché protetto. Geremia sa che l'unica sicurezza dell'uomo è Dio: «Male­ detto l'uomo che confida (nt!l::l) nell'uomo, . . . benedetto l'uomo che confida (nt!l::l) in JHWH» (Ger 1 7 , 5 . 7 ) . In passato, dunque, la fidu­ cia posta in JHWH si è rivelata ben fondata, non è andata delusa. Il salmo pone "confidare" in parallelo con "gridare" (cf. tab. 38). Ciò proietta una luce sul grido dell'arante dei vv. 2 3 : non si trattava, allora, di disperazione, ma di fiducia. Se l'orante non aves­ se avuto fiducia, non avrebbe gridato. li verbo t!l;,El , "scampare, ve­ nirne fuori" , e il suo sinonimo t!l'?� (v. 6) , è tipico per esprimere la "salvezza" nell' AT. II Sa/ 22 è ricco di vocaboli riguardanti la salvez­ za: li�", " salvare" (vv. 2 .22 ) ; ,u, , "aiutare" (vv. 12.20) ; ;,"J hi. , "strap­ pare via" (vv. 9.2 1 ) . L'esistenza dell'uomo biblico è l'esistenza di un salvato, di uno scampato alla morte. Il salmista sa che l'uomo in de­ finitiva non si può salvare (cf. v. 30e: «Non possono tenere in vita la loro anima») : solo Dio può farlo. -

Tabella 3 8 v. v. v.

5b 6a 6b

In te hanno confidato A te hanno gridato in te hanno confidato

e tu li hai liberati e sono stati liberatt; e non sono stati delusi

La situazione dell'arante (vv. 7-9) Al centro della strofa viene descritta la situazione di bisogno del salmista. Vicino a lui stanno i nemici, non JHWH. «lo invece sono un verme, non un uomo». Il , iniziale esprime un contrasto tra la situazione dei padri, descritta nel brano prece­ dente, e quella attuale del salmista. «Essi non sono stati delusi, io in­ vece . . . ». La situazione di povertà e di bisogno conduce il salmista alla depressione. Egli vede se stesso come un "verme" , che striscia sulla terra, che evoca disgusto e può venir schiacciato con un sem­ plice movimento del piede. Come suggerisce Hossfeld, la descrizio­ ne dei vv. 7 - 9 fa pensare al Deuteroisaia (cf. Is 4 1 , 14 [nll'?m] ; 49, 7 [;,T::l] ; 52, 14; 53 , 4) 25 , Per Hossfeld, è stato il Salmo 22 ad influen­ zare il Deuteroisaia. Forse però è più giudizioso pensare, con la 25 In Hossfeld e Zenger 1 993a, p. 149.

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maggior parte degli autori, al contrario 26. L'immagine di uomo che qui viene rappresentata contrasta con quella del Sal 8 e con quella del re nei Salmi 18 e 20-2 1 (cf. in particolare 8, 6; 2 1 , 6 - 7 ) 27 . Se nel primo brano veniva descritto l'abbandono da parte di Dio, descrive la situazione dell' orante nei confronti della società. An­ si ra o che qui egli si trova completamente solo, isolato, tutti prendono le di­ stanze da lui (cf. v. 12: «Non c'è nessuno che aiuti»). Egli non appar­ tiene al popolo santo di Israele, di cui si parlava nei vv. 4-6. Non solo "gli uomini" (o , K , v. 7b) lo considerano una "vergogna" (:"TE:i,n ) , ma an­ che "il popolo" (oll, v. 7b). Con questo termine viene indicato general­ mente nell'AT il popolo d'Israele: il termine verrà ripreso alla fine del salmo, nel v. 32, precisamente con questo significato. Sarà, allora, un "popolo nuovo" . Anche il verbo :"!T ::l, "disprezzare", viene ripreso nel­ la seconda parte del salmo, dove al disprezzo del popolo viene con­ trapposto l'atteggiamento di Dio («Egli non ha disprezzato la pover­ tà del povero», v. 25) . Al contrario degli uomini, che considerano la povertà come una vergogna, Dio non si è vergognato di ascoltarlo. L'atteggiamento ostile del popolo viene descritto nei vv. 8-9. Si tratta verosimilmente di adoratori di JHWH, poiché dicono: «Si è af­ fidato a JHW1f» (v. 9). L'arante sente su di sé gli sguardi ostili dei vi­ cini (cf. v. 18: «Essi osservano, mi vedono»), ne sente lo scherno e la derisione (Jllt,, cf. Sa/ 2, 4): scimmiottandolo gli tolgono ogni dignità e serietà zs . L'espressione del v. 8b, iiElfD::l ,,'tQEl' , non è chiara. CEI tradu­ ce: «storcono le labbra», ma ,t;:lE:I hi. significa "aprire" 2 9 h�!:l è ciò che apre il seno materno), e quindi il senso è quello di "spala��are le lab­ bra" per dire qualcosa di osceno. Mentre essi parlano, scuotono il ca­ po in segno di derisione (cf. Is 37, 22; Sa/ 44, 15; 64, 9; 109, 25) 3 o . Lo " spalancare le labbra" viene concretizzato nel v. 9: «Si è af­ fidato a JHWH». Qui noi abbiamo preferito G a TM («affidati a JHWH») , perché la frase seguente parla del salmista in terza perso­ na 3 1 . Il verbo ';!';!J significa "rotolare" , cioè si indica un peso che si

p.

26 Cf. Cortese 1 993 , pp. 167 - 1 69, citando in questo senso lrsigler (Irsigler 1 988, 2 19), Feuillet, Gelin e Deissler.

2 7 Cf. Lorenzin 2000, p. 1 1 6. 2 8 Il pensiero va agli astanti della croce che scimmiotteggiano il grido di Gesù:

«Sta chiamando Elia ! », cf. Keel 1 969, p. 142 . 29 Cf. HALAT, p. 874 . 30 Nella passione di Gesù questo tratto viene riportato (cf. Mt 27, 39; Mc 1 5 , 29) . 3 1 Se, con il TM, si legge un imperativo («Confida in JHWH»), bisogna allora staccare questa frase dalla seguente, in terza persona («Lui lo liberi») . La prima frase

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rotola via da sé per deporlo sulle spalle di un altro. Con que­ st' espressione ci si riferisce all'atteggiamento abituale dell' orante, come il salmista stesso conferma nei vv. 10- 1 1 . Guardando indietro, il riferimento è alle parole iniziali: «Mio Dio, mio Dio». Viene cioè presa in giro la convinzione fondamentale del salmista, la sua unio­ ne con Dio, la sua fiducia in lui, la sua preghiera. O, detto altrimen­ ti: il fatto che non riceva aiuto viene interpretato come un segno che Dio non è suo amico, non si compiace di lui. L'intenzione dei nemi­ ci è quella di staccare il salmista dal "suo Dio". Questa è la tentazio­ ne fondamentale 32, L'espressione: «Lo scampi, se in lui si compiace» ha un preciso parallelo in Sa/ 18, 2 0 : «Mi ha scampato perché si è compiaciuto in me». La corrispondenza è letterale: solo il verbo ��l hi. è sostituito con il sinonimo y';ln pi. TI parallelo conferma l'intuizione che il Sal 22 voglia essere letto sullo sfondo e in continuazione con il Sa/ 18. È come se i nemici stravolgessero le parole del re, volessero fare lo­ ro il verso. In una lettura canonica si deve notare la dialettica tra le due immagini di Messia, quella trionfante del Sa/ 1 8 e quella soffe­ rente del Sa/ 22. Ciò suppone un'interpretazione messianica della fi­ gura dell'arante del Sa/ 22 . Tale interpretazione è suggerita dall'at­ tribuzione del salmo a Davide (v. 1 ) . Chi prega questo salmo è dun­ que, secondo il titolo, "Davide" , cioè il Messia. Ma forse l'intenzio­ ne messianica non è un'aggiunta successiva, bensì è inerente al te­ nore stesso del salmo originale. Almeno non si può negare che il sal­ mo sia aperto anche a questa lettura 33. Sguardo al passato (vv. 1 0- 1 1 ) I vv. 1 0- 1 1 sono da leggere in parallelo con i vv. 4-6. Come Israele deve la sua esistenza in quanto popolo al Dio liberatore del­ l'Esodo, così anche l' orante. Perciò il rapporto che unisce il salmi­ sta con Dio, che i nemici volevano mettere in dubbio (cf. v. 9 ) , è più profondo di qualsiasi altro rapporto. avrebbe il senso di una pia esortazione alla fiducia in Dio, simile ai buoni consigli che gli amici impartiscono a Giobbe, e che nella vita corrente si danno quando si visita un malato (cf. Fuchs 1 982 , pp. 238-239, nota 1 97 ) . 32 È d a notare che l e parole d i scherno dei nemici vengono riferite dai Vangeli si­ nottici alla passione di Gesù (cf. Mt 27 , 3 9-43 ; Mc 15, 29-32; Le 23 , 35-3 7 ) . 3 3 Per u n a lettura regale-rnessianica del Sa/ 22 cf. Eaton 1 986; Cortese 1 993 , pp. 169-17 1 ; Cortese 2004, pp. 54-57 ; Menn 2000.

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«Sì, sei tu che mi hai tirato fuori dal ventre». Leggiamo il ':l co­ me asseverativo. Il salmista riprende la frase che i nemici avevano pronunciato per scherno («Si è affidato a JHWH . . . »), naturalmen­ te intendendola seriamente. Dio viene presentato come una levatri­ ce (cf. /ig. 1 1 ) 34. Nella letteratura orientale si parla di nascita divina Fig. 1 · . Una rara rappresentazione realistica del parto di un faraon e. Che di un faraone si

tratti , cioè dell'incarnazione del dio sole, viene reso chiaro dalla presenza dello scarabeo con il sole sopra la figura del bambino appena uscito dal grembo materno. La madre partori ­ sce in ginocchio con l'aiuto di una donna che le sostiene le braccia. Una levatrice aiuta il neonato ad uscire dal grembo: «Sì , sei tu che mi hai estr tto dal ventre . . . su te sono stato _ ettato all ' us cire dal .. rembo>> (Sa/ 22 , 10- 1 1 ) .

a

a proposito di un re (c[ Sal 2 , 7 ) . Anche il brano della vocazione di Geremia, che fa riferimento alla nascita straordinaria del profeta (Ger l , 5 ) , risente dell'ideologia regale. Ciò si porrebbe in linea con la lettura messianica di cui sopra si parlava. Ma il pensiero viene ri­ ferito anche a singoli individui, come è il caso di Sa/ 13 9, 13 - 16 e Gb 10, 8- 12. Sembra più normale leggere il nostro brano anzitutto in senso individuale, anche se si può tener presente, sullo sfondo, una dimensione messianica e collettiva che questa figura può assumere. Concepimento e parto sono, nel mondo biblico, un miracolo di Dio, non cosa umana. Il salmista deve la sua nascita non a una levatrice, ma a Dio. Egli va subito alla causa prima. L'affermazione che segue ha risonanze nella psicologia del pro­ fondo. «Sei tu che mi hai calmato sul petto di mia madre». Il lesse­ ma n�� unisce il v. 10 con i w. 5-6 e sottolinea il parallelismo dei due brani. L'esperienza decisiva per la maturazione psicologica di un uo­ mo è quella di venir accolto con amore dalla propria madre 35 . In questa esperienza il salmista riconosce la presenza del "suo Dio " . L a frase di l la («su te sono stato gettato all'uscire dal grembo») si riferisce probabilmente al riconoscimento del neonato attraverso il padre (cf. Gn 50, 23 ) o la madre (cf. Gn 30, 3 ) . Il v. l lb va anco34 Da Kccl 1 984 , p. 229, /ig. 3 3 7 . 3 5 «È interessante notare come vengano utilizzate osservazioni psicologiche che oggi vanno sotto il nome di "fiducia fondamentale" (Urvertrauen)» (Stolz 1 980, p. 1 40,

nota 39).

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202

ra oltre, più vicino all'origine della vita umana, presentando il con­ cepimento del bambino, la sua vita prima del parto: «fin dal ventre di mia madre». Cioè: fin dal primo istante della sua esistenza l'aran­ te era unito a Dio («tu sei il mio Dio»). Con ciò egli spiega l'invoca­ zione iniziale: «Mio Dio, mio Dio». Per il salmista non c'è un rap­ porto più antico e più intimo che quello che lo unisce a JHWH. A lui egli deve tutta la sua esistenza, fin dal primo momento. Senza di lui, la sua vita è impensabile. In questo modo egli reagisce allo scherno dei nemici. Ma anche: di fronte a un rapporto così intimo, la lontananza che egli ora spe­ rimenta, e che è stata rappresentata nei vv 2 -3 e 7 -9, diviene insop­ portabile. .

Non stare lontano da me (v. 12) Al v. 12 il ritmo del verso cambia, passa dal distico al tristico (2 2 + 2 accenti) . Il movimento si fa più lento: il "largo" annuncia la fine della strofa. Il genere letterario passa dalla "fiducia" ( vv 1 0- 1 1 ) alla "supplica" . Si è notato che il v. 1 2 sta in parallelo, struttural­ mente, con i vv 2 -3 (si noti la ripresa del tema della lontananza di Dio, p1n1 , vv. 2 . 12 ) . Però dall'inizio alla fine della strofa abbiamo una trasformazione nell'arante. Egli passa dal "lamento" ( vv 2-3 ) alla " suppli ca " (v. 12). Il primo brano è carat te rizz ato dalla protesta contro la sofferenza, l'ultimo dalla supplica. Tra l'uno e l'altro bra­ no c'è il ricordo del passato, da cui l'orante ha attinto fiducia (n�:!, vv 5.6. 10). Nella sup pl ic a finale è presente la fiducia, che nel lamen­ to iniziale non veniva espressa. «Non stare lontano da me». Al v. 2 ad essere "lontana" era la "salvezza" . Ora è JHWH stesso ad esserlo. La "lontananza" di Dio va compresa in contrasto con le immagini del brano precedente (vv. 101 1 ). Come osserva Craigie, «non c'è alcuna preghiera per la guarigio­ ne o per la salvezza dalla morte (anche se questo può essere implici­ to); la preghiera comincia con la richiesta di por fine alla lontananza di Dio» 36. Al v. 12b, la "lontananza" di Dio viene di nuovo posta a contra­ sto con la "vicinanza" dell'angoscia. Così viene introdotta la secon+

.

.

.

.

36 Craigie 1 983 , p. 199. Nello stesso senso anche Stolz 1 980, p . 138 («TI proble­ ma dell'orante sta propriamente nella lontananza di Dio - questa è la quintessenza di ogni suo lamento»).

Salmo 22

203

da strofa (vv. 1 2 -22 ) , caratterizzata appunto dalla rappresentazione della situazione angosciosa in cui si trova l'arante. Il termine Mi� esprime originariamente " strettezza, accerchiamento" , il sentirsi

braccati, senza via di scampo. Questo concetto viene sviluppato nei 13 - 14 e 17- 19, due brani che iniziano significativamente con la ssa ste parola: 'J1:l:lO , "mi hanno accerchiato" . «Non c'è nessuno che aiuti». Viene espresso l'isolamento e la solitudine dell' orante, ma anche la sua fiducia unicamente in JHWH. Prima o poi, al più tardi nell'ora della morte, ogni uomo sperimenta che «non c'è nessuno che aiuti» (cf. v. 3 0e) . vv.

La

seconda strofa (vv. 12-22)

La supplica del v. 12 non è collegata soltanto con il lamento, al­ l'inizio del salmo ( vv. 2-3 ) , ma, come notavamo, anche con l'ultimo brano della prima parte, anch'esso caratterizzato dalla supplica (vv. 20-22) n . Tabella 3 9 Versi A B

12 1 3 - 14

c

15 - 16

B' 17-19 N. 20-22

Attori Contenuto Tu + io Supplica Rappresentazione Essi dei nemici Situazione di morte Io Essi Rappresentazione dei nemici Tu + io Supplica

Parole chiave

p1Mi, illl ( 12 ) 'J1::l::l0 , C'1!l ( 13 ) ;

' !l ,

i'1'iK

( 14)

'l"110�ll ( 15 ) C'::l':l:l, 'iK, i' ( 17 ) ; 'l"110�ll ( 1 8) p1Mi, illl (20) ; i' , :�';l;:, (2 1 ) ; '!l, i'1'iK , C O i (22 ) 'J1::l:l0,

'

All'inizio (v. 12, A, cf. tab. 39) e alla fine della strofa (vv. 20-22, A') viene dunque tematizzato il rapporto dell'arante con il suo Dio (tu + io) . TI centro (vv. 15- 16, C) è caratterizzato anche qui, come nella prima strofa, dalla rappresentazione della situazione di morte del­ l'arante (io). I due brani intermedi tra il centro e gli estremi erano ca­ ratterizzati, nella prima strofa, dalla fiducia e perciò fondamental­ mente dalla presenza di Dio (tu, vv. 4-6 e 10- 1 1 ) . In luogo di Dio ora 37 Cf.

sopra, p. 193 .

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vengono rappresentati i nemici del salmista (essi) , sotto la figura di bestie feroci (w. 13 - 14, B; w. 17 - 19, B'). Il salmista è attorniato non più da Dio, ma dai suoi nemici. L'inizio dei due brani intermedi del­ la prima strofa era caratterizzato dalla ripetizione della parola ;m� , "tu" (w. 4a. 10a), quello dei due brani intermedi della seconda strofa è caratterizzato dalla ripetizione del verbo 'J,::l::!O , "mi hanno accer­ chiato" (w. 13 a. 17 a). Così anche strutturalmente si verifica la giustez­ za dell'affermazione del v. 12: JHWH è lontano, l'angoscia è vicina. La " supplica" dei w. 20-22 non è collegata soltanto con l'inizio della strofa, ma riassume e conclude l'intero brano 12- 1 9. Ciò è in­ dicato dalla ripresa, in questi versetti, della metafora animale che ca­ ratterizzava soprattutto i w. 13 - 14 e 17- 19. Le singole metafore ven­ gono riprese in forma chiastica: C',El , "bufali" (v. 13 - 22b [c•o,] ) ; ;,•,��t , "leone" (v. 14 - 22a, cf. 1 7 ) ; c•:�'?:, , "cani" (v. 17 - 2 1 [::�'?:,] ) (cf. tab. 40) . Tabella 40 v. 1 3 v. 14 v. 17

v. 22b v. 22a v. 2 1

C'O, ;,·,�

:l'?:J

(cf. 17 .,llt )

Questa struttura aiuta a ritenere TM nel difficile v. 17. Con la menzione del leone in 17c, infatti, le bestie sono sette, un numero che indica la "pienezza" del male, rappresentato dai nemici-bestie. Circondato da animali feroci (w. 13 - 14) L "' angoscia" (;,,;::� ) , introdotta al v. 12b, viene descritta al v. 13 come un sentirsi accerchiato (-J,:l:lO , v. 13 , cf. 17) da belve feroci, contro cui il salmista si sente impotente. Gli animali descritti sono animali selvaggi, temuti per la loro ferocia. In primo luogo vengono i bufali (v. 1 3 ) , che nell'antichità erano simbolo di forza e di potere. Con quest'immagine l' AT si riferisce spesso a uomini forti, sani, ricchi, potenti 38. Essi sono l'esatto con­ trario dell' orante, che si sente debole, ammalato, allo stremo delle forze. Se l'orante è un "povero" bll , v. 25) , i suoi nemici sono "ric3B «Le metafore animali non hanno per la sensibilità dell' AT niente di ingiurio­ so: il poeta vuoi dire semplicemente che si tratta di personaggi potenti e ragguardevo­ li, la cui ira è da temere» (Gunkel l 986, p. 92 ) .

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chi" (cf. v. 3 0 : fiN:"T 'l�'"l , "i grassi della terra " ) , che scoppiano di sa­ lute. Per la sua situazione il salmista è diventato un "verme" (v. 7 ) , un " sotto-uomo" . M a anche i suoi nemici, per l a loro insolenza,

hanno perduto la loro umanità. Sono divenuti "tori selvaggi" , "bu­ fali di Basan" (cf. /ig. 12) 39.

Fig. 12. «Mi hanno circondato tori nu­ merosi, bufali del Basan mi hanno accer­ ch iato>> (Sal 22, 13 ) ; «Dalle corna del bu­ falo tu mi hai risposto>> (Sal 22, 22) .

Accanto al bufalo, il v. 14 menziona il leone. Egli ha le fauci spa­ lancate, è pronto a sbranare e uccidere. Questo particolare fa pen­ sare ad una contesa di fronte a un tribunale, ad accuse false, o a mal­ dicenza. Il verbo lNW era apparso al v. 2, con riferimento al salmista («le parole del mio ruggire») . Il " ruggire" dei nemici contro di lui provoca il suo "ruggire" presso Dio. Il salmista non sfoga la sua rab­ bia sugli uomini, la espone a Dio. È dunque chiaro, dal contesto, che la metafora animale non è neutra, ma ha una connotazione negativa. Non si tratta soltanto di uomini potenti, ma di potenti che usano il loro potere per opprime­ re i deboli. La legge della giungla, dove il più forte elimina il debo­ le, è legge corrente nella società, forse oggi, nella società globale, più ancora di ieri. Forse è possibile vedere in questi animali potenze demoniache 4°. In Mesopotamia è comune rappresentare i demoni sotto forma di ani39 Da Keel 1984 , p. 76. /ig. 105.

40 È sempre possibile un'interpretazione psicologica dei " nemici" , che si tratti cioè di proiezioni di un malato. Si sa che i malati tendono a sentirsi abbandonati da tutti: anche gli amici di un tempo divengono nemici, quando uno non sta bene. Nel no­ stro salmo, i nemici non vengono più menzionati dopo la risposta di Dio (v. 22 ) : al con­ trario l'orante si sente attorniato da "fratelli" (in questo senso Lohfink 1 977 , pp. 145 155 ; Fuchs 1982 , pp. 239-240; Keel 1 969, p. 206, nota 1 77 ) .

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mali selvaggi, che attentano alla vita dell'uomo, per esempio attraver­ so diversi tipi di malattie. Effettivamente la rappresentazione che se­ gue fa pensare a una malattia. Certo il testo è aperto anche a questa interpretazione, ma, come abbiamo visto, altri passi fanno pensare anche a una contesa giudiziaria, altri ancora a violenza reale (cf. la menzione della "spada" al v. 2 1 ) . Il testo si adatta a diverse situazio­ ni di sofferenza 4 1 . Vicino alla morte (vv. 15 - 16) I nemici, siano essi uomini reali (cosa che a me sembra più ve­ rosimile) o proiezioni del malato, sono in definitiva solo aspetti di­ versi del grande nemico dell'uomo, nominato al v. 1 6 : la morte. Non si parla della morte naturale di un vecchio sazio d'anni, ma di una morte prematura, repentina, per causa di malattia o di violenza. Ora la morte è, per l'uomo dell'Antico Testamento, sinonimo di lonta­ nanza da Dio 42• «Non i morti lodano Dio, ma i viventi» (Sal 6, 6; 88, 1 1 - 1 3 ) 43 . Si comprende perciò anche perché la vita del salmista, fin dall'inizio, venga caratterizzata dalla comunione con Dio. La rappresentazione fa pensare, si diceva, a una grave malattia, ma è aperta anche ad altri tipi di pericolo di vita. Essa è, forse volu­ tamente, stilizzata, va compresa non come linguaggio medico, ma come linguaggio letterario, simbolico. Nel v. 15 viene utilizzata la metafora dello "sciogliersi e liquefarsi" , nel v. 1 6 quella, antitetica, della " siccità" e del "fuoco". Attraverso la polarità "fuoco" e "ac­ qua" viene rappresentata l'universalità delle potenze di morte 44, «Come acqua sono versato» (v. 15a) . La metafora viene usata anche in 2 Sam 14, 14. Si tratta di un'espressione simbolica per in­ dicare la morte. Se la nascita è un "coagulare" (cf. Gb 10, 10), la morte è, conseguentemente, uno "sciogliere" . La stessa immagine viene riferita anche al cuore, liquefatto come cera (v. 15c, cf. Sal 68 , 4 1 Cf. Mille r 1 986, p . 1 06 («So the language is open and inviting. O r perhaps it is available and accessible to those who in any time find themselves in such straits») . Cf. Fuchs 1982, p. 247 . In questa luce si comprende anche il legame, tipico della Bibbia, della morte con la colpa. Riportando questo legame alla morte di Gesù , Paolo dice: «Colui che non ha conosciuto il peccato, egli l 'ha fatto diventare peccato per noi» (2 Cor 5, 2 1 ) . 4 3 Non è senza una profonda dimensione teologica, che l a vita venga concepita come "lodare Dio " e la morte, di conseguenza, un " essere separato da lui " , non poter cantare le sue lodi ! 44 Così Gese 1 974, p. 1 7 4 .

42

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3 ) . Le ossa, che alla nascita furono " tessute insieme" (cf. Cb 1 0, 1 1 ) , ora vengono sciolte nelle loro componenti. Il corpo d a unità diven­ ta un mucchio di ossa. Forse si può vedere, d iet ro all'immagine del liquefarsi, la realtà del sudore di un malato, e dietro a quella successiva della siccità (v. 16), la febbre, anche se ad essere " secco" non è, secondo TM, il cor­ po, ma "la mia forza" ( 1 6a) 45 . Il termine astratto fa pensare ad un senso metaforico della " siccità" . La rappresentazione della lingua "incollat a al palato" (v. 16b) è invece abbastanza realistica, ma si po­ trebbe pensare anche alla reazione psico-fisiologic a di un condan­ nato a morte 46. D'altra parte la "polvere" (v. 16c) è già in sé immagine di mor­ te. Dalla polvere l'uomo è stato tratto ( Gn 2 , 7 ) , e nella polvere è de­ stinato a tornare con la morte ( Gn 3 , 19) 47. L'immagine ritorna, nel nostro salmo, al v. 3 Od («tutti quelli che scendono nella polvere»). n destino dell' orante diviene paradigma per tutti gli uomini. La formulazione del v. 16c («su polvere di morte mi stendi») è sorprendente, tanto che anche qui gli esegeti non resis ton o alla ten­ tazione di emendare il tes to 4 8 • A parte il passivo del v. 15, nei versi precedenti ( 1 3 - 14) e in quelli successivi ( 17-19) , il soggetto è alla terza persona plurale, si riferisce ai "nemici" , sicché sembrerebbe logico leggere anche qui "mi hanno p osto" . Ma TM, appunto per­ ché lectio di/ficilior, va ritenuto 49. Il "tu" a cui il salmista si rivolge non può essere che Dio, e perciò anche il p assivo del v. 15 può as­ sumere il valore di un "passivo teologico " . Presso i popoli vicini, a condurre alla morte gli uomini erano i demoni, ossi a gli dei cattivi. In Israele c'è un Dio solo, a lui viene attribuito sia il bene che il ma-

45 Si ve da la congettura di BHS, seguita dalla CEI: «È arido come un coccio il mio palato». Ma le versioni antiche seguono TM. 46 Il grido di Gesù in croce: «Ho sete ! » (Gv 1 9 , 28) si riferis ce verosimilmente a questo passo del salmo, cf. Stolz 1 980, p. 147. 47 Forse diet ro a questa immagine c'è l'uso funerario degli ebrei: «l morti non venivano inumati, ma si usavano le grotte delle montagne come banchi sepolcrali, su cui si poteva constatare, in occasione della successiva utilizzazione del banco, la polve­ re in cui si erano disfatte le ossa precedenti» (ThWAT VI, col. 282 [Wachter]) . 4 8 BH S propone d i leggere 'ln!ltd, " m i hanno deposto " , ma può addurre solo un codice della Vetus Latina in appoggio. Questa emendazione viene seguita da Alonso Schokel e Carniti 1 992 , p. 44 1 ; Jacquet 1 975- 1 979 I, p. 5 13 ; Deissler 1 963 , p. 87 ; ecc. Altri leggono al passivo: " sono stato deposto" . 49 In questo senso anche Barthélemy et al. 2005 , pp. 136- 139 («Tu me déposes dans la pou s sière de la mort>> TOB). =

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le, egli è perciò responsabile della vita e della morte dell'uomo (cf. 1 Sam 2 , 6). Nel Sal 3 9 il salmista, alla fine del suo lamento, perce­ pisce che dietro al suo dolore c'è Dio («Tu l'hai fatto», v. 10), per­ ciò fa silenzio, non protesta più. In realtà, responsabili della morte non sono i nemici: muoiono anch'essi ! In fondo, l'unico responsa­ bile è Dio, che ha creato l'uomo mortale. Nel nostro salmo l'espres­ sione acquista il senso di una protesta. Tu mi hai fatto, io sono tuo ( vv. 10- 1 1 ) ; perché ora mi conduci alla morte (v. 16c) ? Come già morto ( vv. 17- 1 9) n brano 17- 19 sta in parallelo con 13- 15. Ciò è indicato anzi tut­ to dalla ripresa del verbo ,�, ��o all 'inizio del brano (v. 17a, cf. 13a). Nei due brani si rappresentano i nemici del salmista (''Essi": i verbi sono sempre alla terza persona plurale). Questi vengono simbolizzati da due coppie di belve feroci: ai vv. 13 - 14 si tratta dei "bufali" (plu­ rale) e del "leone" (singolare) ; al v. 17 dei "cani" (plurale) e del "leo­ ne" (singolare). D'altra parte il ':l iniziale, che noi intendiamo come causale-esplicativo, unisce i vv. 17-19 anche con il brano immediata­ mente precedente, e direttamente con l'affermazione: «Su polvere di morte mi stendi». In tal modo l' orante vede anche gli attacchi dei ne­ mici come causati (o permessi) da Dio. È il modo che Dio ha scelto per "stenderlo su polvere di morte" . Se nei vv. 15- 16 l'orante era "vi­ cino" alla morte, ora viene rappresentato come già morto. n cane, di cui qui si parla, non è l'animale da compagnia che riempie la solitudine di tanti europei di mezza età, ma il cane fero­ ce che vediamo rappresentato in scene di caccia orientali. Della fe­ rocia dei cani parla d'altronde anche la cronaca recente. Diversa­ mente dal leone e dal toro, il cane non è animale nobile: nell'Orien­ te è ritenuto animale spregevole, impuro. Generalmente non è rap­ presentato da solo, ma in branco, come è il caso anche nel nostro brano («mi hanno circondato cani») . Il salmista si sente dunque co­ me una bestia braccata da un branco di cani assetati di sangue. In 17b il salmista esce dalla metafora. Non si tratta di esseri de­ moniaci (o almeno non solo di loro), ma di uomini in carne e ossa. Sono gli stessi che erano stati menzionati ai vv. 7 -9 e 1 3 - 14, cioè i sa­ ni e ben pasciuti israeliti (cl1 ) , che verosimilmente occupano posizio­ ni di rilievo nella società ("bufali di Basan"). Essi vengono squalifi­ cati come C'l),� , "delinquenti" . La radice lll1, esprime il "male" in sé. Dunque non sono soltanto nemici personali del salmista, ma gente

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caratterizzata dall'ateismo pratico nei confronti di Dio e dalla vio­ lenza verso il prossimo (cf. Sa/ 1 0, 6- 13 ; 64, 3 -7 ) . TI v. 17 c è una famosa crux interpretum. Come già anticipato nella critica testuale 5°, noi seguiamo TM. La nostra scelta viene con­ fermata dal parallelismo con il v. 14b: anche qui, infatti, il plurale del v. 14a cambia improwisamente nel singolare i'l'iN . Similmente nel nostro passo: 'iN:I va ritenuto come apposizione di t:l'lli� nill . Conseguentemente •'m, .,. sono apposizione del suffisso di prima persona, oggetto del verbo •),El'Pi'l (cf. tab. 4 1 ) . Tabella 4 1 17b Un branco di delinquenti circondano me 17 c come un leone (circondano) le mie mani e i miei piedi

Delitzsch spiega: «Sia che essi girino attorno alle sue mani e ai suoi piedi cercando un punto dove aggredire, come un leone gira attorno alla sua preda, pron­ to a gettarvisi sopra al primo movimento, sia che, standogli attorno come un leone, vogliano rendere impossibile alla sue mani la difesa e ai suoi piedi la fuga» n .

Ad ogni modo è tolta al salmista ogni via di scampo e di difesa: egli è letteralmente in balia dei suoi nemici. Si tratta di proiezioni di un malato, immobilizzato sul suo letto? O di un condannato a mor­ te, a cui vengono legati le mani e i piedi? 52 Difficile a dirsi. «Posso contare tutte le mie ossa» (v. 18a) . Dal punto di vista della critica testuale val la pena ricordare la traduzione di Vg: dinu­ meraverunt omnia ossa mea, che ha ispirato la tradizione cristiana; si tratta di un evidente caso di lectio facilior, per concordare con l'ini­ zio del v. 1 9 . TM iElON è confortato dalle altre versioni. Il versetto si riferisce alla magrezza dell' orante. Forse è già svestito 5 3 , ritenendo­ sene imminente la morte: così si spiega meglio la curiosità e il di­ sprezzo degli astanti '(v. 18b). Degli sguardi ostili degli uomini (i'lNi) si parlava già al v. 8. 50

Cf. sopra, p . 188.

5 1 Delitzsch 1 984 , p. 2 1 4 . 52 I n questo senso Seybold 53 Cf. Kraus 1 978, p. 329.

1 996, p. 9 8 ; Gese 1 974.

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Il v. 19 è da intendere in modo molto realistico. È una triste re­ altà che gli eredi litighino per dividersi l'eredità. A volte questo suc­ cede già prima della morte del proprietario: egli è ancora in vita, ma gli eredi non si curano di lui e si preoccupano di spartirsi tra loro le sue cose, come se già fosse morto. La divisione avviene gettando la sorte, secondo Sir 14, 15 (ebraico, cf. anche Nm 26, 55-56) : «Forse non lascerai a un altro le tue sostanze, ciò che hai guadagnato a coloro che tirano a sorte? ».

In un inno dalla Mesopotamia è detto: «La bara già stava aperta, già si prendevano le mie cose preziose; pri­ ma ancora che fossi morto, già avevan finito il lamento funebre» 54 .

Nel nostro testo si parla di vesti, probabilmente perché queste erano l'unico bene del salmista. Si capisce allora perché egli giaces­ se nudo (cf. v. 18). Secondo la concezione orientale, esiste un inti­ mo legame tra il corpo e le vesti 55. Finché il corpo è in vita, esso de­ ve possedere le sue vesti. Se gli astanti l'avevano spogliato e si divi­ devano le vesti, è perché lo davano già per spacciato 56 . Supplica ed esaudimento (vv. 20-22 ) Dopo aver rappresentato la "vicinanza dell'angoscia" (v. 12) in un crescendo impressionante, il salmista ritorna alla supplica, come nel v. 12: «Non stare lontano! » (v. 20) . Il termine p1n1 caratterizza l'inizio (v. 2), il centro (v. 12) e la fine (v. 20) della prima parte del salmo. Per la prima volta ora il salmista nomina Dio con il nome di JHWH (l'altra volta, al v. 9, erano stati i nemici a pronunciare que­ sto nome) . Il brano viene introdotto da un ;"Tnllt1 , "ma tu" , come i brani esprimenti fiducia nella strofa precedente, vv. 4-6 e 10- 1 1 . Il contrasto espresso dal , iniziale si riferisce all'atteggiamento dei ne­ mici, nei vv. 17-19: «Essi mi vogliono morto, ma tu . ». . .

54 55 56 sione di

Cf. Kraus 1 978, p. 329. Cf. Gese 1 974, p. 189. Ricordiamo che il v. 1 9 viene riferito da tutti e quattro gli evangelisti alla pas· Gesù (d. Mt 27, 35; Mc 15, 24; Le 23, 34; Gv 19, 23-24).

Salmo 22

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Sullo sfondo dei vv. 1 7 - 1 9 si comprende anche l'urgenza della pplica. Quasi a dire: «ll tempo sta per scadere, anzi è già scaduto su (per i nemici io sono già morto) , perciò sbrigati, fa' in fretta a veni­ re in mio aiuto». Si è notato, del termine •m'?•tot, "mia forza" (v. 20b), il legame se­ mantico con il nome di Dio '?tot 57 . Nell'immediato contesto, l'espres­ sione si vuole contrapporre all'immagine degli animali potenti (bu­ fali, leone) elencati nei vv. 13-14. 17-19. È possibile percepire un'al­ lusione a Sal 20, 8-9. La forza del "re" non sta in carri e cavalli, ma nel "nome di JHWH " : questo nome viene, appunto, pronunciato nel Sal 22, 20a. Forse non è casuale che la "salvezza" (v. 22) sia col­ legata con l'invocazione del tetragramma santo. I vv. 2 1 e 22 iniziano ambedue con un verbo tipico per esprime­ re la salvezza: '?�J hi, " strappare" , v. 2 1 a, cf. 9; !lt!l' , " salvare" , v. 22a, cf. 2 . Seguono quattro pericoli, da cui l'arante chiede di venir salva­ to. Tre furono già nominati, e se ne è notata la ripresa in forma chia­ stica: il " cane" (v. 2 1b, cf. 17), il "leone" (v. 22a, cf. 14) e i "bufali" (v. 22b, cf. 13). n quarto, la "spada" (v. 2 1 a) , con cui si allude ad una morte violenta, rimane senza parallelo, a meno che non si accolga la suggestione di Gese, di vedervi un richiamo al "branco dei delin­ quenti" del v. 17b 5&. Se ciò fosse vero, allora la serie della tab. 40 po­ trebbe essere prolungata di un membro (cf. tab. 42) . Dunque, se il v. 20 si riconnette con il v. 12 (,T!l , pn, ) , i vv. 2 1 -22 riepilogano i vv. 13 - 19: è chiaro che i vv. 20-22, nel loro insieme, vogliono riassume­ re e ricapitolare la seconda strofa. Tabella 42 v. 13 v.

14 17a

v.

17b

v.

C',!:l

v.

ii',N

v.

C' :l

':o:l

C'l.',� n,l.'

c·�,

22b 22a

ii',N (cf. 17 ,,N)

v.

21b

:l :l

v.

21a

:l,,

':o

Oggetto della salvezza è «la mia t!lElJ». n termine indica propria­ mente la gola, come sede del respiro, cioè della vita, e del desiderio. n termine viene ripreso al V. 30e, nella famosa espressione N'? ,t!ÌElJ, 57 Cf. sopra, p. 187. 5 8 Gese 1 974 , p. 1 89.

Il regno

2 12

di JHWH e del suo Messia

«e non possono mantenere in vita il loro respiro». I due passi sono correlati. L'uomo non può salvare la sua vita (v. 30b), per que­ sto il salmista chiede a Dio che la salvi (v. 2 1a) ; e la sua preghiera viene esaudita, a dimostrazione che c'è uno solo che può salvare dal­ la morte. Il testo del salmo si rivela profondamente unitario. In parallelo con "la mia vita" viene posto, nel v. 2 1b, "l'unica mia", 'n"1'n' . È questa un'espressione piuttosto recente per indicare la vita umana (cf. Sal 35, 17 e, come sfondo, Gn 22, 2; Gdc 1 1 , 34; Ct 6, 9) . Anche noi diciamo: «Si vive solo una volta». Per l'uomo del­ l' AT, che ancora non ha ricevuto la buona notizia della resurrezione, l'espressione ha un sapore molto realistico. Ma la cosa vale anche per i cristiani, come diceva Bonhoffer: «Si può credere nella resurrezio­ ne e in un mondo nuovo solo quando si ama la vita e la terra in mo­ do tale, da ritenere che, se si perdono, tutto è perduto». L'unico tem­ po per "meritare" il paradiso, come bene esprime la parabola del ric­ co epulone (Le 16, 19-3 1), è il tempo della vita terrena. Gli animali vengono associati, nei vv. 2 1 -22 , ciascuno alla pro­ pria arma di offesa. Se l'ipotesi avanzata sopra è valida, la "spada" (v. 2 1 a) sarebbe l'arma dei C'll,� . Per il cane viene nominata la "zam­ pa" , ,, (v. 2 1 b), per il leone la "bocca", ;"!El (v. 22a, in corrisponden­ za con il v. 14), per i bufali le " corna" , C'l,p (v. 22b). Sulla crux interpretum del v. 22b abbiamo già discusso. TM è senz' altro una lettura difficile. In parallelo con "salvami" (22a) uno si sarebbe aspettato anche in 22b un imperativo ( "rispondimi"). Ki­ lian, dal canto suo, suggerisce di intendere 'ln'lll come un per/ectum con/identiae59. L'orante sarebbe così sicuro di ottenere la grazia, che ha messo al perfetto ciò che in realtà non è ancora avvenuto. Ma contro questa interpretazione sta il v. 25 , dove si dice che JHWH ha realmente risposto. Altri suppongono che il cambiamento improv­ viso nello stato d'animo dell'arante ( "Stimmungsumschwung" ) sia dovuto a un oracolo di salvezza proferito dal personale del tempio in nome di Dio 6o . Ma si tratta di una supposizione che non viene suffragata da nessun appiglio testuale. Forse si può pensare sempli­ cemente ad un processo interiore che si è andato sviluppando nel corso della preghiera 61 . I segni di un progressivo crescere della sua ;,•n ,

59 60 61

Kilian 1968, p. 176. Cf. Begrich 1964; Kraus 1978, pp. 329-330; Craigie 1 983 , p. 200. Così anche Hossfeld, in Hossfeld e Zenger 1 993a, p . 150, che parla di "Erhi:i­ rungsgewi.Bheit " (coscienza di veni r esaudito) .

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fiducia sono stati espressi: si vedano i vv. 4-6. 1 0- 1 1 . 12 e 20. Il v. 22 non è dunque così isolato. All'inizio del salmo, l'arante si lamentava che Dio "non rispon­ deva" (v. 3 ) . Ora, con la constatazione che Dio "ha risposto" (v. 22 ) si chiude la prima parte del salmo. Non è detto, di per sé, che sia stato guarito o liberato dai nemici. n problema dell'orame era la lont ananza, il silenzio di Dio. La " risposta" ha ristabilito la comuni­ cazione, l'amicizia tra i due. E ciò è l'essenziale. Come questo sia av­ venuto, non è dato sapere. Un'ulteriore difficoltà del testo ebraico è data dall'interpreta­ zione del , davanti a c•o1 'J1po . A quale dei due verbi va riferito, a 'l.ll' �,il (22a) o a 'Jn'Jl1 (22b) ? Nel primo caso si avrebbe la traduzio­ ne: «Salvami dalle fauci del leone e dalle corna dei bufali. Tu mi hai risposto» 62 • Però il ritmo e gli accenti di TM uniscono chiaramente l:l'01 'l1po a 'ln'll1 63 . In questo secondo caso la traduzione è: «E dal­ le corna dei bufali tu mi hai risposto». Cioè: la risposta è giunta pro­ prio nel momento in cui stavo per essere trafitto dalle corna dei bu­ fali 64. L'ora della notte è anche l'ora della risposta di Dio. Così è sta­ to anche nella croce di Gesù. LA SECONDA PARTE,

VV.

23-32

L'annuncio dell'esaudimento bn•Jl1 , v. 22) introduce la seconda parte del salmo (vv. 23 -32), che è caratterizzata dal ringraziamento � dalla lode 65. Questa parte è suddivisa in tre strofe, che descrivono U progressivo allargarsi della lode in cerchi sempre più ampi. La pri­ .rna strofa descrive il ringraziamento della comunità dei poveri, cioè del vero Israele (vv. 23 -27); la seconda descrive la lode dei pagani, rappresentando, rispetto alla prima strofa, un allargamento in sen62 Così traducono, tra gli altri, TOB, Elberfelderbibel, Lutherbibel, La Nuova Diodati, e tra i commentatori, Kraus, Delitzsch, Ravasi, Lorenzin, Kselman 1 982b, p. 174; Guillet 1 994, p. 16; Stolz 1 980, p. 130; Miiller 1 986, p. 422; Strauss 2003 , p. 3 3 ; Berder 2002, p. 6 . 63 S i veda l a traduzione d i Buber: «Wider Wisenthorner gibst d u mir Antwort» (Tu mi rispondi di fronte alle corna dei bisonti) (Buber 1 992a IV, p. 36). Così anche Heinemann 1 990, p. 299: «and from the horns of the wild oxen You bave heard me». 64 «The response of God comes in the midst of and in some way from the terri­ ble situation itself» (Miller 1 986, p. 107 ) ; «lt is at the depths of rejection that salvation is expected» (Ricoeur 1 998, p. 225 , in riferimento a Is 40, pp. 227-23 1 ) . 65 S i veda, s u questa parte, Barbiero 2000, pp . 1 13 - 127.

Il regno di ]HWH e del suo Messia

2 14

so spaziale (vv. 28-3 0); la terza infine descrive un allargamento in senso temporale: nella lode vengono inglobate anche le generazioni future (vv. 3 1 - 32 ) . È interessante notare che alla progressione in senso spaziale e temporale della lode si accompagna una regressio­ ne della lunghezza delle strofe. La prima strofa ha 5 versi, la secon­ da 3 e la terza 2. Le tre strofe hanno una struttura simile. Fondamentalmente es­ se sono costituite da un invito alla lode (A) , seguito da una motiva­ zione introdotta da ':l (B) , e concluso ogni volta, ad eccezione del­ l'ultima strofa, con la ripresa della lode (A ' ). La prima strofa: la lode nell'assemblea dei poveri (vv. 23-27)

Questa strofa è costruita centralmente (ABA', cf. tab. 43 ) . Agli estremi (A = vv. 23 -24; A' = vv. 26-27) è rappresentato l'invito alla lode (""l'l , vv. 23 .24.26.27), nel versetto centrale (B = v. 25) se ne espone il motivo (•;, , v. 25a) . È interessante notare la direzione del discorso: nella prima e nella terza parte l' orante si dirige dapprima a Dio con il discorso diretto, esprimendogli il proposito di lodarlo nell'assemblea dei fratelli (vv. 23 .26) . In un secondo momento egli mette in pratica il suo proposito, invitando direttamente l' assem­ blea alla lode: qui si parla di Dio in terza persona (vv. 24.27). Tabell a 43

Versi

Contenuto .

A 23-24 Invito alla lode B 25

{ a se stesso (23 )

all'assemblea (24)

Motivazione (·�)

. alia l0de P\ 26-27 InVIto

Direzione del discorso

Parole chiave ��;!, �;11, (23 ) ��;,, N,' (24)

lo -+ Tu (Dio) Voi -+ Lui (Dio) Egli (Dio) -+ lui (salm.)

{ a se stesso (26)

all'assemblea (27)

Io -+ Tu (Dio) Essi/voi -+ Lui (Dio)

'lD,1lD N,' ,

(25 )

�;,p, ��;� (26) ��;�, 1lD (27)

Il verso centrale (v. 25) è il racconto, già annunciato al v. 23 ht�o ) : il salmista racconta all'assemblea l'esperienza di salvezza che egli ha vissuto. Egli assume qui volutamente un tono impersonale, parlan­ do di se stesso in terza persona. Si noti che solo nella prima strofa il salmista si rivolge all'assemblea in seconda persona. Il discorso ai

Salmo 22

2 15

pagan i nella seconda strofa e quello alle generazioni future nella ter­

za saranno in forma indiretta. Cioè: in tutta la seconda parte del sal­ mo, i diretti destinatari del discorso del salmista sono l'assemblea dei poveri ( vv. 23 -27 ) , a cui egli annuncia un'espansione universale della lode (vv. 28-32). Invito alla lode (vv. 23-24) (Is 55, 1). .

.

Qui si tratta non di un banchetto sacrificale, ma di soddisfare alle esigenze fondamentali della vita, di saziare la fame e la sete. Più ancora, il banchetto è segno di amicizia e di intimità: esso sottolinea l'appartenenza reciproca dell'arante e del suo Dio, met­ tendosi in linea con le due affermazioni fondamentali della prima parte: '111 i11i1' (v. l b), '1�11 i1m� ':l (v. 4d) 48 . All'ospitalità offerta da un re riconduce anche il v. 5b: �� . .in faccia ai miei nemici». Viene infatti spesso citato al riguardo il pa­ rallelo con una tavoletta di El Amarna, in cui un vassallo si rivolge al faraone nei termini seguenti: .

«Che il re nostro signore . . . dia un regalo al suo servo così che i nemi­ ci possano vedere e mangiare la polvere» 49.

Per un parallelo biblico cf. Sal 86, 17; Mi 7, 16-17. L' espressio­ ne '11l: ·m non indica necessariamente vicinanza fisica, ma, come os48

Questo aspetto viene sottolineato, a ragione, da Mannari 1 966, pp. 236-242 .

49 Cf. Barré e Kselman 1 983 , p. 1 05 .

Salmo 23

253

serva Pardee, «l'enfasi cade sull'opposizione, non sulla prossimità e certamente non sulla visione» 5 o . Forse l'italiano " alla faccia dei miei nemici " corrisponderebbe meglio all'ebraico. La menzione dei ne­ mici si pone in linea con il v. 4. I nemici sono ancora presenti, ma il salmista si sente al sicuro, sotto la protezione dell'ospite divino. Co­ me questo avvenga, se attraverso il diritto di asilo garantito dal tem­ pio o attraverso un giudizio che ha stabilito l'innocenza, o ancora in altro modo, è difficile dire. Secondo Pardee, il quadro qui dipinto è quello del banchetto dopo la vittoria, rappresentato frequentemen­ te nell'iconografia orientale (cf. /ig. 14) 5 1 . F1g. 1 4 . «Tu prepari una mensa da­

vanti a

me, in faccia ai miei nemi­ ci>> (Sal 23, 5). La figu ra rappre­ senta il banchetto di Assurbanipal

la consorte dopo la vittoria su­ gli elamiti. Nella rappresentazione completa del bassorilievo (cf. ANEP 155, fig. 45 1 ) è raffigurata la testa del re di Elam, appesa ad un albero, che "assiste" al ban­ chetto dei vincitori. con

La seconda parte del verso è tutta positiva, preludendo, in que­ sto, al versetto seguente. Anzitutto è da notare l'allitterazione sul suono S: 'WNi v�w:::l mwi . In secondo luogo il verbo ltDi non può non ricordare i fiN 'JWi di Sa/ 22, 30, confermando la coerenza di TM. Come, e più, dei " grassi della terra", Dio eleva il suo fedele e lo ono­ ra con la sua amicizia. Come l'episodio lucano della peccatrice ricorda, era costume dell'ospite ungere di profumo il capo dell'invitato (cf. Le 7, 46) . Nel nostro testo viene nominato appunto l'olio profumato (v�w) , ma vie­ ne usato anche il verbo ltDi , che di per sé indica il "grasso " . Proba­ bilmente si fa riferimento all'uso, ampiamente conosciuto dalle sce­ ne egiziane di banchetto, di porre sulla testa degli invitati un cono di grasso mescolato a oli profumati che con il calore man mano si

50

Pardee 1 990, p. 27 6, cf. Bardtke 1 97 3 , p. 2 1 . Bardtke adduce, come paralleli, Sa/ 3 1 , 20; 7 8 , 12 e 1 1 9, 46: «l nemici ( . . . ) devono controvoglia riconoscere la testimo­ nianza che Dio dà in favore del suo fedele». 5 1 Da Keel 1 986, p. 87 , /ig. 3 8 .

254

Il regno di ]HWH e del suo Messia

scioglieva, emanando un profumo penetrante. Si comprende in que­ sto senso anche Sa/ 1 3 3 , 2: «È come olio profumato (v�t!i) sul capo, che scende sulla barba . . . , che scende sull'orlo della sua veste» (cf. ancora Sa/ 14 1 , 5 ; Qo 9, 8 ) . E naturalmente d a un banchetto festivo non può mancare il vi­ no (cf_ Gv 2, 1 - 1 1 ) , segno di gioia (cf. Sa/ 104, 15; Sir 3 1 , 27-28). «Il mio calice è :1'1,». Il lessema :11, significa: "bere a sazietà " , e natu­ ralmente, trattandosi di vino, fino ad inebriarsi. Della sazietà che Dio offre ai suoi fedeli nel tempio, parla il Sa/ 36, 9: «Si saziano del grasso (1tzi,o r,,, ) della t u a casa, e l i disseti a l torrente delle tue delizie».

È interessante l'uso del termine 01::1 , " calice, coppa " . Esso ricor­

il Sa/ 1 16, 1 3 : «Alzerò il calice della salvezza, n1!11W' 01::1». Nel Sal 1 1 6, il contesto è quello di un sacrificio di ringraziamento, si tratta di un banchetto sacrificale, ma il contesto del nostro salmo è diver­ da

so, almeno a livello metaforico. Il pensiero, però, della "vittoria" sui nemici è comune ai due sahni. Dopo la vittoria sugli elamiti, Assur­ banipal beve vino con la sua sposa (cf. fig. 14). Ma il termine 01::1 permette un altro parallelo, quello del Sal 1 6, 5 : D (v. 2ab) e :l (v. 3 ab). n valore strutturale delle preposizioni nel Sa/ 24 è segnalato da Auffret 1 990b, p. 1 04. 37 Cf. Keel 1984, pp. 100- 1 05 .

Salmo 24

273

zion e di questa " collina primordiale " , ritenendone le forze vitali. Anche in Mesopotamia, la costruzione dell'Esagila, il principale temp io di Babilonia, avvenne, secondo l'Enuma Elish, subito dopo la vittoria di Marduk su Tiamat. La torre del tempio si chiama " ca­ sa della fondazione del cielo e della terra " . Generalmente il tempio è considerato il luogo dove per la prima volta il caos è stato vinto e la vita è stata resa possibile, per cui fondazione del tempio e crea­ zione del mondo si sovrappongono. Ad Ugarit, dopo la vittoria su Jam, Baal costruisce il suo tempio, anche qui su un monte, il Safon, immaginato come il "monte degli dei" 3 8 • Nell'AT questo pensiero trova un'eco in Sal 78, 69: «(JHWH) costruì il suo tempio alto co­ me il cielo, e come la terra stabile per sempre». «Chi salirà il monte di JHWH?». La montagna di per sé è il punto di incontro tra la terra e il cielo. Perciò sia la piramide egizia­ na, sia la ziqqurat babilonese sono fatte a forma di montagna, o me­ glio a forma di scala, e il mito è presente nella visione di Giacobbe a Betel ( Gn 28, 1 1 -22: si notino qui due termini che caratterizzano anche il Sal 24: c,ptJ [Sal 24, 3 e Gn 28, 1 1 . 16. 17] ; ,llfti [Sal 24 , 7.9 e Gn 28, 1 7 : c•tJtlil"T ,lltzi] ) . Significativo, nel contesto del Sal 24, è il pa­ rallelo con Sal 2, 6, dove «colui che siede nel cielo» ha posto il suo luogotenente •t!l,p ,n p•:l& '?li, «sul Sion, mio santo monte». Qui non è chiaro, come non lo è nel nostro salmo, se il "monte" sia quello della città o quello del tempio 39. Nel Sal 48 il "monte santo" è tut­ ta la città (cf. vv. 2-3.9), sentita come "dimora divina" . Altro parallelo significativo è Is 2, 3 : «Venite, saliamo il monte di JHWH (mn• ,n '?� n'?l1� ) , al tempio del Dio di Giacobbe». Chi parla qui sono i popoli pagani, che vanno in cerca di una parola del Signore per risolvere i loro conflitti. Per trovare questa parola essi si rivolgono al "monte di JHWH" , che è simbolo del popolo di Israele, nel cui mezzo Dio ha posto la sua dimora. Secondo il testo masoretico di Sal 24 , 6, anche qui a salire il monte di JHWH non sono gli israeliti, ma i popoli pagani. Il popolo di Israele, " Giacob­ be" , compie la funzione di intermediario tra il cielo e la terra, impli­ cata nella metafora del monte. L'accostamento con Is 2, 2-5 è parti­ colarmente interessante, anche perché il brano inizia con l'afferma3 8 Cf. il mito «Ii palazzo di Baal», KTU 1 .3 -4 , in Del Olmo Lete 1 98 1 , pp. 1 14 13 1 , 179-212. 39 Sull'interscambiabilità dei due concetti cf. Keel 1 984 , pp. 1 0 1 - 102 ; Podella 1999, p. 12 1 .

274

Il regno di ]HWH e del suo

M.f?S$/tl

zione che il monte del tempio di JHWH " sarà stabile" (p;,l ) , un les­ sema che appare in Sa/ 24, 2 . La " stabilità" del monte Santo--è fon­ damento della " stabilità" del mondo (cf. Sa/ 46, 2 -7 ) . « . . . e chi si alzerà nel luogo della sua santità?». Come in Sal l , 5 , il verbo t:np indica il superamento di un giudizio 40 , che avviene sul monte divino. In quanto "luogo santo " , separato dal mondo profa­ no, l'accesso alla casa di Dio richiede particolari condizioni che ne ri­ spettino la santità 4 1 . Gli esegeti riconoscono qui il genere letterario delle "liturgie di ingresso al tempio" , rappresentato nell'AT da testi come Sa/ 15 ; Is 33 , 14- 16; Mi 6, 6-8; Ez 18, 5 -32 42 . Chi sta per entra­ re nel tempio pone al custode, un sacerdote, la domanda: «Chi può entrare?» (Sa/ 15, 1 ) . Il sacerdote risponde elencando una serie di re­ quisiti di ordine morale (Sa/ 15 , 2-5b: «Colui che cammina senza col­ pa . . . ») , e termina il suo discorso dichiarando che chi adempie a que­ ste condizioni è ammesso ad entrare (Sa/ 15, 5c: «Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre») . Tale rito avveniva alle por­ te del tempio, come ricorda Sa/ 1 1 8, 1 9 2 0 : «Apritemi le porte della giustizia . . . è questa la porta di JHWH, (solo) i giusti entrano per es­ sa». Riti del genere erano conosciuti presso tutti i popoli dell'antichi­ tà 43 e sopravvivono anche oggi: basti pensare alle abluzioni che fan­ no i musulmani prima di entrare nella moschea, o all'acqua santa che sta all'entrata delle chiese cristiane. Ma il nostro testo non corrisponde pienamente a un rito 44. I vv. 4-5 , si è visto, non sono una risposta alla domanda fatta nel v. 3 ; il v. 5 non si può annoverare tra le condizioni richieste al fedele per en­ trare: esso espone piuttosto ciò che il fedele otterrà nel tempio. n v. 6, che è la risposta alle domande del v. 3 , non stabilisce l'idoneità a entrare di chi ne fa richiesta. Si ha cioè l'impressione che il testo sia, non una liturgia di entrata, ma l'imitazione letteraria di una tale li­ turgia. Qui non si svolge un dialogo tra due diverse persone: si trat­ ta di un espediente retorico. -

40 Cf. sopra, p. 48. 4 1 Padella nota che l'espressione !!hp c1p�:l ricorre solo in testi tardivi, cioè nei te­ di Es 29, 3 1 ; Lv 6, 19.20; 7 , 6; 1 0, 13 ; 16, 24; 24, 9; e in Es 9, 8, il che suggerisce

sti P una data postesilica per il nostro testo (Padella 1999, p. 125 ) . 42 Cf. Gunkel 1 986, p. 102; Kraus 1 99 1 ; Koch 196 1 ; Steingrimsson 1984. 43 Cf. O. Garda de la Fuente 1 969; Grieshammer 1 974; Keel 198 1 ; Barbiere 1991, pp. 3 06-308. 44 Cf. Spieckermann 1989, pp. 201-205 ; Podella 1999, pp. 125 - 127; Lohfink e Zenger 1 994 , p. 59, nota 68.

Salmo 24

275

Come è tipico delle "liturgie di ingresso al tempio" le condizio­ ni elencate al v. 4 sono di natura squisitamente morale. Le prime due (v. 4ab) sono espresse in forma positiva e riguardano }"'inno­ cenza" (•pl) delle mani e la "purezza" ('i:.) del cuore. " Mani" e " cuo­ re " sono due metafore per indicare la prima l'azione esteriore, la se­ conda l'interiorità. La " purezza" non riguarda, cioè, solo il compor­ tamento esterno, ma anche il cuore, come Gesù chiede nel discorso della montagna. 'Pl e ,:l sono concetti non cultuali, ma etici, essi ri­ guardano non tanto il rapporto con Dio, ma con il prossimo, i rap­ porti interpersonali nella comunità 45 . Sal l5, 2 usa il concetto paral­ lelo c·�n (cf. Gb 9, 22-23 ) . È in fondo !"'integrità" , l'essere "intero " , non diviso, falso, nel comportamento e nel cuore. ll secondo distico del v. 4 è redatto in forma negativa, e costi­ .tuisce un parallelismo sinonimico. Notiamo anzitutto l'allitterazio­ ne sul suono f: 'afer lo nasa lasfiiw' na/fi. Essa verrà ripresa al v. 7 46, '«Non ha portato a vanità la mia anima», indica l'abuso della poten­ '.za vitale collegata con l'essere divino e concretamente manifestante­ si nel " Nome " . Si è visto sopra il parallelo con Es 20, 7, cioè con il secondo comandamento del decalogo: «Non nominare il nome di ,Dio invano» 47 . Lo stico parallelo concretizza: «e non ha giurato per ,la menzogna». È, insomma, l'abuso del nome di Dio mediante il :giuramento menzognero che si ha in mente 48, E quindi nel v. 4 si ri­ ;�iede a colui che vuoi salire nel monte di JHWH una triplice ret­ �itudine: nell'agire (le mani,. v. 4a� , nel pens.are (il cuor�, �· �b) e nel :\) arlare (v. 4cd) . Lo stesso tnnom10 carattenzza anche 1 1mz1o del Sal ::15 : «Camminare nell'integrità (c·�n ) e agire con giustizia, parlare nel 45 Cf. TI1WAT, I, col. 844 (Hamp). 46 Sui fenomeni sonori nel Sa/ 24 cf. Mazor 1 993 . 47 Si veda, sul significato di Sa/ 24, 4cd e sul suo rapporto con Es 20, 7, Veijola

1991 . Veijola adduce un interessante parallelo con un testo egiziano, in cui un artigìa· di Deir el Medineh sì rivolge a Ptah, il suo dio protettore, in questi termini: «lo so­ "'o quell'uomo che ha giurato il falso per Ptah, il signore della Maat. Egli mi ha fatto

no

V'edere le tenebre in pieno giorno. ( . . . ) Guardatevi da Ptah, il signore della Maat, per­ t:hé egli non lascia impunito alcun misfatto. Guardatevi dal pronunciare il nome di Ptah ingiustamente, perché chi lo pronuncia ingiustamente andrà in rovina». Appare qui chiaramente che il "pronunciare il nome dì Dio invano" e il "giurare il falso " sono due espressioni sinonimiche, appunto come in Sa/ 24, 4cd e in Es 20, 7. A diverse con­ clusioni giunge Seremak 2004, che dedica allo studio di Sal 24 , 4 ben 135 pagine (cf. ·J)p. 47 -52 e 1 95 -324) (per la critica, cf. sopra, p. 259, nota 2). 48 li tema del giuramento falso è poco presente nell'AT. Forse perché il timore �llegato con un tale abuso era molto grande. I pochi paralleli ci conducono all'epoca esìlica (Lv 5, 22.24 ; Ger 7, 9) e postesilica (Zc 3 , 3 .4; Mal 3 , 5).

Il regno di ]HWH e del suo Messia

276

cuore con verità, non aver menzogna sulla lingua» (cf. tab. 6 1 ) . In maniera simile il discorso della montagna inizia con la beatitudine dei "puri di cuore" (Mt 5 , 8) . Tabella 6 1 Sal 24, 4

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Sal 15, 2 -3

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Se comprendiamo bene, ciò che il nostro salmo chiede è dunque, più che l'assenza del peccato, l'assenza della falsità, cioè dell'intenzio­ ne di utilizzare il dono di Dio in maniera non retta 49. Effettivamente nel Sal 25 il salmista si presenta a Dio come un peccatore (d. w. 7 . 18), perché sa che Dio «insegna la via ai peccatori» (v. 8). Nel delineare la struttura, si è notato il legame del v. 4cd con il v. 5 : Chi «non porta a (t, tti!IJ) menzogna» il dono divino, costui «ri­ porta da (lo ttiDJ) Dio benedizione e giustizia». Non si tratta, diceva­ mo, di do ut des: qui chi dà è soltanto Dio. n compito dell'uomo è quello di non abusare del dono ricevuto. n dono di Dio è duplice: da una parte la "benedizione" , dall'altra la "giustizia" . Della "bene­ dizione " , cioè della pienezza di vita che uno riceve al tempio, parla­ no ancora Sa/ 29, 1 1 ; 67, 7 e 133 , 3 . In questi passi però destinata­ rio della benedizione è l'israelita. Tenendo presente che nel nostro salmo si parla del pellegrinaggio dei popoli, il parallelo che viene in mente è quello di Gn 12, 3 , dove la benedizione di Dio ai popoli passa per la benedizione di Abramo: «Benedirò coloro che ti bene­ diranno, e coloro che ti malediranno maledirò, e in te saranno be­ nedette tutte le famiglie della terra». L'altro dono è quello della "giustizia" (;,p""Tll) . Dahood intende qui ;,p""Tll come sinonimo di "elemosina" , e traduce «generous treat­ ment» 5o. Ma una simile traduzione banalizza il testo. Si è visto che generalmente la giustizia è requisito richiesto a chi vuole entrare nel tempio. Se nel nostro salmo si dice che Dio stesso darà la giustizia a chi con cuore retto si accosta al suo tempio, ciò è qualcosa di inau49 Così anche Otto 1 986, p . 1 66: (Sa/ 24, 7 . 9 ) . La figu­ rina di piombo proven ien t e da Baalbeck, di epoca romano­ i m pe riale, mostra la figura colossale di Jupiter Heliopolita­ nus, posta su due cavalli giganteschi, uscire dal tempio in suo

ono re . Anche Isaia vede JHWH «seduto su un trono alto ed

elev ato ; i lembi del suo manto riempivano il tem p io>> Us 6, 1 ) .

60 Cf. Lohfink e Zenger 1 994 , p . 62 , nota 83 .

61

Da Keel 1 984 , p . 15 1 , /ig. 237.

282

Il regno di ]HWH e del suo Messia

«Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita ! ».

Anche qui si tratta di una concezione diffusa in tutto l'Antico Oriente 62• In Egitto le diverse porte che conducevano, all'interno del tempio, fino all a cella della divinità, erano poste sullo stesso as­ se ed andavano progressivamente restringendosi: su ogni architrave era raffigurato l'emblema del cielo (un sole fiancheggiato da due urei) . Le varie porte raffiguravano i diversi cieli. Perciò la progessio­ ne verso l'interno era allo stesso tempo progressione verso l'alto: nella cella, sopra la divinità veniva rappresentato il sole alato, che raffigurava il cielo. Nel rito quotidiano dell'apertura della cella si pronunciavano queste parole: «Vengono aperte le porte del cie­ lo» 63_ Per l'ambiente mesopotamico si veda la fig. 17 64 . Fig. 1 7 . I l re Nabuapal-Iddin di Babil on ia viene introdotto da un sacerdote nel tempio di Sippar, dove si trova su un taolo l' m l m.. di S m s, il dio sole. Dietro, sotto un bal­ dacchino, siede lo stesso dio personificato. Sotto la scena si vede rappresentato l'oceano

celeste con quattro pianeti. Non ci si deve chiedere se la scena si svolga in cielo o sulla

terra: il tempio è allo stesso tempo cielo e terra.

"Porte eterne" (c':ll7 'nnEl ) , vengono chiamate le porte del tem­ pio, non perché siano state fatte molto tempo prima della composi­ zione del salmo, ma perché sono, allo stesso tempo, le porte del cie­ lo, la dimora di Dio, e partecipano dell'eternità del cielo stesso. Le porte devono alzarsi fino al cielo «perché entri il re della glo­ ria». Si è notata la vicinanza di questa visione con il trisagion di Is 6 (cf. v. 3 : «Santo, santo, santo JHWH sabaot, tutta la terra è piena della tua gloria») e con il Sa/ 29, dove il termine ,,�;::, ritorna ben 4 62 Cf. Janowski 200 1 . Cf. Keel 1 984 , p . 1 5 1 . 64 D a Keel 1 984, p. 153 . /ig. 239, cf. ANEP, p. 178. /ig. 529.

63

Salmo 24

283

volte (w. 1 .2 .3 .9) , in unione con il termine -,':ltJ (v. 1 0 ) . Indubbia­ mente abbiamo qui a che fare con la teologia del tempio, testimo­ niata anche dalla presenza massiccia della teologia della "gloria" del doc umento P. Però in tali testi non si parla di un "entrare" di Dio nel tempio. Si suppone che egli già sia presente. La "venuta" di Dio viene collegata dai commentatori generalmente con l'entrata pro­ \:essionale dell'arca in Gerusalemme, o in occasione della traslazio­ �e al tempo di Davide (cf. 2 Sam 6), o in una commemorazione an­ nuale di tale traslazione. Ma gli indizi finora raccolti convergono a collocare Sal 24 in epo ca postesilica, ed è naturale supporre la stessa epoca anche per J'ultima strofa. Allora i testi che vengono in mente sono anzitutto Ez 43 , 1 -9, dove si descrive il ritorno della gloria di JHWH nel suo tempio, che essa aveva abbandonato all'inizio dell'esilio. Poi Is 40, ·9-10, dove insieme al popolo che ritorna a Sion viene rappresenta­ to il ritorno di Dio stesso: «Ecco il vostro Dio ! Ecco JHWH Dio viene con potenza (N,::l' ptn::l)». Se qui si parla del ritorno degli israe­ liti, il Tritoisaia descrive il pellegrinaggio dei popoli a Gerusalemme, il tema della seconda strofa del nostro salmo (cf. Is 60, 3: «Cammi­ neranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere») , a cui s i sovrappone il ritorno d i JHWH nella città santa (cf. Is 62, 11 : «Dite alla figlia di Sion: ecco, viene [N::l] il tuo salvatore») . Si tratta, dunque, della venuta escatologica di JHWH nel suo tem­ pio 65 , quale viene cantata anche in Zac 2 , 14 (anche qui in connes­ .sione con la " conversione" dei popoli) ; 8, 3 ; Ma/ 3 , l . È appunto questa " intronizzazione " escatologica che è cantata nei salmi di ]HWH-re. Si vedano, per esempio, Sa/ 68, 17- 1 8.25 ; 96, 13 ; 98, 9. Si comprende, dunque, come l'autore del Sa/ 24 possa mettere in parallelo il pellegrinaggio dei popoli a Sion (24, 3 -6) e l'ingresso di }HWH nel suo tempio (24, 7 - 1 0) 66. Ambedue sono awenimenti escatologici legati all'awento del regno di Dio. Anche l"' esame di co­ scienza" dei vv. 3 -5 trova in questa collocazione il suo significato. In­ fatti in Is 33 la cosiddetta "liturgia di ingresso al tempio" dei vv. 1416 è posta in una simile prospettiva escatologica, collegata con il ri­ torno a Gerusalemme e con la ritrovata presenza di Dio nel suo tem-

65 66

In questo senso si veda Smart 1 933 . Il parallelismo delle due strofe è ben osservato in Lohfink e Zenger 1 994 , p. 62, nota 83 .

284

Il regno di ]IIWH e del suo Messia

pio (cf. Is 3 3 , 17 .22) 67 • Una simile prospettiva è riscontrabile anche in Is 66, 1 -2. Nel v. 8, alla domanda su chi sia questo " re della gloria" , la cui grandezza raggiunge il cielo, viene data come risposta: «}HWH for­ te e potente, JHWH potente in battaglia». I paralleli non rimanda­ no alle guerre di Israele, in cui l'arca faceva da palladio nelle batta­ glie contro i popoli vicini, ma, ancora, all'escatologia. È da citare an­ zitutto il canto del mare, che celebra la venuta di JHWH in Sion, al­ la testa del suo popolo (cf. Es 15 , 17 - 18: «Lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua sede, JHWH, hai pre­ parato . . . ») . Qui JHWH è presentato come un guerriero, e il v. 3 suona: ) , come agnello è condotto al macello, come pecora muta (nc':>Kl ) , di fronte ai suoi tosatori, e non apre la sua bocca (1'!:1 nn!l' K':>)».

Questo atteggiamento viene ripreso e problematizzato, come avremo modo di vedere, nel Sa/ 3 9 (cf. vv. 2 .3 . 10). Un breve esame dei titoli dei salmi conferma la struttura sopra delineata (cf. tab. 63 ) . Tabella 63 35, l 36, l 37, l 38, l 3 9, l 40, l 41, l

, ,, , ,,,, n1n' i:lll':> i'::ltn?

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n::>J�':>

i10T�

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pn'i'? n�l�':> n::>l�? n�l�?

Il primo gruppo di Salmi (35-37) è caratterizzato dal titolo i1i?. I Salmi 35 e 37 formano inclusione, mentre il Sa/ 36, come centro della serie, ha un rilievo particolare. L'altro guppo di Salmi (38-4 1 ) è caratterizzato dall'iscrizione i1i? i10m , che nei Salmi 3 9-4 1 si af­ fianca all'altra, nllO?. Questi tre salmi sono inoltre uniti da un dop­ pio chiasmo: i1i? i10!0 (3 9, l ) ; ,,��� i1i':> (40, l ) ; di nuovo i1i':> ,,�!o (4 1 , 1 ) , mentre i Salmi 3 8 e 39 sono caratterizzati da un'indicazione aggiunta (;-::m?, 38, l ; pn'i'? , 39, 1 ) .

292

Il regno di JHWH e del suo Messia

TRADUZIONE

l . Al maestro del coro. Per Jedutun. Salmo. Di Davide.

2. Mi son detto: «Custodirò le mie vie per non peccare con la mia lingua, terrò davanti alla mia bocca un bavaglio finché l'empio è davanti a me». 3 . Sono rimasto muto, in silenzio, ho taciuto - senza giovamento, anzi, il mio dolore si è esasperato. 4 . Mi arse il cuore nel petto, ogni volta che ci pensavo bruciava un fuoco: allora ho parlato con la mia lingua: 5. «Fammi conoscere, JHWH, la mia fine, quale sia la misura dei miei giorni: saprò quanto effimero io sono. 6. Ecco, di (pochi) palmi hai fatto i miei giorni, e il tempo della mia vita è come niente davanti a te. Sì, nient'altro che un soffio è ogni essere umano, per forte che sia ! SELA. 7. Veramente, come un sogno se ne va l'uomo, per un soffio appena fanno tanto rumore, ammucchia (ricchezze) , ma non sa chi le raccolga. 8. E dunque, in che cosa ho sperato, mio Signore? A te si volge la mia attesa. 9. Liberami da tutte le mie colpe, non rendermi scherno dello stolto. 10. Sto in silenzio, non apro la mia bocca, perché sei tu che l'hai fatto. 1 1 . Allontana da me i tuoi colpi: sotto l'attacco della tua mano sono alla fine. 12. Quando educhi l'uomo con castighi per il peccato, tu corrodi come un tarlo quanto gli è caro: sì, un soffio è ogni essere umano. SELA. 13 . Ascolta la mia supplica, JHWH, al mio grido porgi l'orecchio,

Salmo 39

2 93

di fronte alle mie lagrime non tacere. Perché uno straniero sono io presso di te, un forestiero, come tutti i miei padri. 14. Distogli da me il tuo sguardo e sorriderò, prima che me ne vada e più non sia». CRITICA TESTUALE

Verso 2 'Mi�N . Generalmente il verbo viene tradotto: "Ho detto" . Que­ sto è anche il significato letterale, ma dal momento che esso sta in tensione con l'espressione 'mi'?:� 'Mi::li (v. 4c) , il significato non può essere che quello di un " dire nel cuore" , cioè di formulare interior­ mente un proposito. (2c) CEI «porrò un freno» segue, come molte traduzioni, G È 9É �rw T >); Hossfeld e Zenger p. 255 . 7 Grelot 2001.

l993a,

Salmo 40

337

Verso 1 3 n1l'ti':l . Dahood ritiene che TM abbia poco senso, perciò corregge con n1l'ti':l («l am unable to escape») s. Giustamente Kselman rigetta quest'emendazione, poiché il "non vedere" è del tutto ragionevole: le lacrime impediscono la visione (cf. Lam 5 , 1 7 ; Sal 3 8, 1 1 ) 9, Verso 1 4 I vv. 14- 1 8 hanno u n doppione in Sal 70, 1 -6. M a i due testi pre­ sentano piccole varianti. In 70, l, per esempio, manca la frase ini­ ziale di 40, 14: ;,1;,' ;,�; , che forma un chiaro richiamo a 40, 9 . Verso 15 L'avverbio .,,, "insieme " , manca in Sal 70, 3, così pure l' espres­ sione ;,n�o':l, " per distruggerla" . Verso 1 6 In luogo di 1�1te', " rimangano esterrefatti " , Sal 70, 4 ha 1:::11 tD' , " ri­ tornino l si convertano " . G (Sal 3 9, 16) KO I1L) ed essi saranno il mio popolo».

La somiglianza non si limita alle singole parole (il11n, cf. Sal 40, 9c ; ::l,p::l, cf. Sal 40, 9c; ::ln::l, cf. Sal 40, Be; C'il"N , cf. Sal 40, 9b), ma riguarda il contenuto. Secondo Geremia, il fallimento della prima alleanza era dovuto al fatto che la volontà di Israele era diversa da quella di Dio. La legge di Dio era scritta su tavole di pietra, non nel loro cuore, rimaneva estranea al loro animo, per cui l'osservanza di­ veniva impossibile. La nuova alleanza viene contrassegnata dal fat­ to che la legge viene scritta nel cuore degli israeliti, in modo che tra la volontà di Dio e quella del popolo ci sia un'intima consonanza. Lo stesso concetto viene espresso anche da Ezechiele: «lo vi darò un cuore nuovo e porrò dentro di voi (c::l:::l1p:::l ) uno spiri­ to nuovo. Toglierò dal vostro petto il cuore di pietra e vi darò un cuo­ re di carne. Metterò il mio spirito dentro di voi (o::�:::l1p:::l ) e farò sì che camminiate secondo i miei precetti e osserviate i miei giudizi e li met­ tiate in pratica» (Ez 36, 26-27).

Nel Deuteroisaia questo pensiero viene espresso in 5 1 , 7 : «Ascoltatemi, voi che conoscete la giustizia, popolo che ha la mia leg­ ge (•mm) nel cuore».

I tre passi sono più o meno contemporanei, di epoca esilica. Durante l'esilio cresce dalla catastrofe la speranza in una "nuova al­ leanza" , caratterizzata dalla "legge nel cuore " . Nel salterio, questa teologia viene espressa soprattutto in Sal 3 7 , 3 1 (cf. anche 5 1 , 12): «Egli h a l a legge (;,,,n) del suo Dio nel suo cuore: i suoi passi non va­ cillano».

Salmo 40

363

C'è un alt ro testo profetico, il cui vocabolario è particolarmen­ te vicino a Sal 40, 9, cioè il racconto della vocazione di Ezechiele. «Egli mi disse: Figlio dell'uomo, mangia quello che trovi, mangia que­ sto rotolo (;,"�� ), poi va' e parla alla casa di Israele. Io apersi la mia bocca, ed egli mi fece mangiare il rotolo (;,"�� ). Egli mi disse: Figlio dell'uomo, dà da mangiare al tuo ventre, riempi le tue viscere (Tll� ) con questo rotolo (:-t"l�), che io ti do» (Ez 3 , 1 -3 ) .

I l " rotolo" qui non rappresenta l a legge, m a il contenuto della rofezia di Ezechiele (nello stesso senso anche Ger 36 e Zc 5 , 1 -2 ) . (> E vero che si tratta sempre di parola di Dio, quindi una certa rela­ zione con il Sal 40, 7-9 sussiste. Se si !lccetta questo, allora il paral­ lelo permetterebbe di leggere Sa/ 40, 7 - 9 come un racconto di voca­ zione profetica, il che non sarebbe inverosimile (cf. vv. 1 0- 1 1 ). Si tratterebbe, ad ogni modo, di un tema secondario: l'accento principale è posto chiaramente sulla ili1n, e sulla nuova dimensione che la torah acquista nella nuova alleanza. Alla luce dei paralleli so­ pra citati, emergono due dimensioni: (a) La nuova alleanza appar­ tiene, secondo Geremia, Ezechiele e il Deuteroisaia, all'era escato­ logica ( " dopo quei giorni " , Ger 3 1 , 3 3 ) ; (b) L'alleanza viene promes­ sa non a una singola persona, ma al popolo di Israele. Nonostante le difficoltà 86, mi sembra che ambedue queste dimensioni facciano parte dell'orizzonte del salmo. Quanto alla prospettiva escatologica, essa è stata già introdotta nel discorso sul " canto nuovo" (v. 4 ) . An­ che della dimensione collettiva si è già parlato, soprattutto in riferi­ mento ai due strani cambi di numero ai vv. 4b ( "nostro Dio " ) e 6c ( " a nostro favore" ) . Come è stato notato nel Sal 22 B7 , anche qui il salmista vede irrompere, nella sua salvezza, l'epoca nuova, definiti­ va, del regno di Dio.

86 Haag si pronuncia contro un riferimento di Sal 40, 7-9 alla teologia della nuo­ va alleanza, proprio a motivo del carattere escatologico di questa (Haag 1 995 , p. 67 ) . Ma già K. Barth notava le dimensioni straordinarie della figura del salmista nel Sal 4 0 : «Il Salmista h a certo parlato d i s e stesso, m a , appunto, d i s e stesso i n quanto guardava in tutt'altra direzione, cioè là dove egli rivolgeva la sua preghiera» (K. Barth 1 959, pp. 67 1 -672 ) . Gli fa eco Kidner: « . . . with a declaration which in reality none but the Mes­ siah will be able to fulfil, as the New Testament makes plain» ( Ki dne r 1 97:> , p. 158). 87 Cf. sopra, p p . 2 1 5 , 222 .

3 64

Il regno di ]HWH e del suo Menia

La quarta strofa (vv. 1 0-1 1)

Con il v. 9 termina il " canto nuovo" , in cui il salmista ringrazia Dio per la salvezza ricevuta. Ora egli anzitutto guarda indietro, di­ cendo a JHWH che egli ha compiuto il suo dovere (quarta strofa, vv. 1 0- 1 1 ) , poi si volge alla presente situazione di difficoltà, attin­ gendo dal passato fiducia che Dio continuerà ad essere giusto e mi­ sericordioso (quinta strofa, vv. 12-13 ). La quarta strofa, si è detto, è inclusa dalla menzione della :l i ',;,p nei vv. 1 0b e l l e. Essa è inoltre caratterizzata da un curioso alter­ narsi di affermazioni positive e negative (cf. tab. 78). Tutti i verbi riguardano il fatto dell'annuncio. ll profeta afferma di aver parlato e nega risolutamente di aver taciuto. L'annuncio ac­ quista una dimensione eccezionalmente importante. Si tratta pro­ priamente di una dichiarazione di innocenza, quasi che il salmista si debba difendere dall'accusa di aver taciuto. Forse egli era tentato di tacere? E perché? Perché il tacere sarebbe stato una colpa? Tabella 78

A B B AB

vv.

Affermazione positiva

lOab lO cd l l ab l lcde

Ho annunciato

Ho parlato

Affermazione negativa

Inclusione nella grande assemblea

Non chiuderò Non ho nascos to Non ho occultato

alla grande assemblea

Seybold ritiene che per il salmista non fosse piacevole racconta­ re le proprie debolezze e le proprie colpe (:-rtot�n, v. 7 c, cf. 13 c) 88. Più verosimilmente, Alonso Schokel pensa a una somiglianza con il ser­ vo di JHWH 89. Infatti l'annuncio del servo avviene in un contesto di persecuzione (cf. Is 50, 5-6: si noti come anche qui l'affermazio­ ne negativa di aver eseguito l'ordine di Dio venga accompagnata da quella negativa di non essersi tirato indietro) . Come il servo di JHWH, anche il salmista si sente chiamato ad annunciare un mes­ saggio da parte di Dio (cf. vv. 4ab.6ef) . Nel Sal 3 9 , parlare era pec88 Seybold 1 996, p. 1 69. 89 Alonso Schokel e Camiti 1992, p. 687 .

Salmo 40

3 65

cato (cf. Sal 3 9, 2), qui è peccato tacere. Tra i due brani intercorre l' esperienza della salvezza (Sal 40, 2-3 ) . Oggetto dell'annuncio non può essere che la salvezza che il sal­ mista ha sperimentato. Così la quarta strofa si congiunge con la se­ conda 90 e la prima. Solo che i verbi al v. 4 e 6e sono all'imperfetto, indicando un'azione futura ("lo vedranno molti e temeranno . . . " , v. 4c; "io voglio annunciarli e parlarne" , v. 6e) , mentre nei vv. 1 0- 1 1 es­ si sono prevalentemente al perfetto, indicando un'azione passata ("ho annunciato" , v. 1 0; "non ho nascosto . . . , ho parlato . . . , non ho occultato" , v. 1 1 ) . Solo il v. 10cd è redatto all'imperfetto: "non chiu­ derò " , tot":ltot tot". Si può pensare, in questo caso, ad uno sguardo al futuro, sebbene una traduzione al passato non sia, anche qui, im­ possibile. Secondo Delitzsch «è tutto uno sguardo indietro» 9 1 , Na­ turalmente, ilpassato a cui il salmista si riferisce è il "canto nuovo" , da lui intonato ai vv. 5 -9. È interessante notare che nei vv. 1 0- 1 1 non si faccia accenno ad avvenimenti, come al v. 6, ma a qualità divine. Sono quegli aspetti dell'essere di Dio che si sono manifestati nell'avvenimento salvifico. E dunque per la terza volta si parla di questo avvenimento. La pri­ ma volta (vv. 2 -3 ) il salmista ha redatto un racconto dell'avvenimen­ to della salvezza; la seconda (v. 6) ha ringraziato Dio, riconoscendo­ ne in lui l'autore; la terza (vv. l 0- 1 1 ) egli contempla il volto che Dio ha rivelato in questo avvenimento di salvezza. Le qualità di Dio che vengono menzionate sono sei, ma la prima, la "giustizia" (pi� ) , ha una posizione di rilievo, per essere in stato assoluto, mentre le altre cinque hanno tutte il pronome possessivo di seconda persona (cf. tab. 79) . Tabella 79 pill , "giustizia" ( l Oa) 1nm'll't , "la tua verità" ( 1 1 c) 1"1Cn , "il tuo amore" ( 1 1d)

1npill, "la tua giustizia" ( l l a) 1n:11�n, "la tua salvezza" ( l le) 1n�N, "la tua fedeltà" ( 1 1 d)

«Ho annunciato la giustizia». ll verbo ��:J p i el significa " dare una buona notizia" . Esso corrisponde al greco EÙayyEÀL(w, da cui viene il termine "vangelo" . È il verbo tipico del Deuteroisaia, che 90 Cf. sopra, p. 342, tab. 7 3 . 91 Delitzsch 1 984, p. 3 1 1 .

366

Il regno di ]HWH

e

del suo Messia

viene chiamato, appunto, il "Vangelo dell'AT" . Nel Deu tero isai a il verb o si riferi sce all'annuncio della fine dell'esilio e al ritorno nella terra promessa (cf. Is 40, 9; 4 1 , 2 7 ; 5 2 , 7 ) . Esso viene usato anche dal Tritoisaia (ls 60, 6; 6 1 , l) in riferimento alla salvezza escatolo gi ­ ca di Gerusalemme. A detta di Braulik, il n os tro testo è p arti colar­ mente vicino a Is 6 1 , 1 :

«Lo spirito del mio Signore, JHWH, è su di me, poiché JHWH mi ha unto. Egli mi ha mandato ad annun ci are una buona nuova (1w:J) ai po­ veri, a guarire quanti hanno il cuore spezzato, per gridare liberazione ai prigionieri, apertura del carcere agli incatenati». Con questo verbo il salmista si pone nella sequela del servo di JHWH e dell'anonimo autore di Is 6 1 , l . Egli ha compiuto la sua missione di annunciare la buona nuova della salvezza. L'oggetto della proclamazione viene espresso con il termine p,ll . Esso connota sempre un riferimento alla giustizia e all'ordine divino, ma in questo contesto si tratta di "giustizia salvifica", che viene rista­ bilita (è infatti una "buona nuova " ) . Quest'accezione del termine è ti­ pica del Deuteroisaia (cf. Is 5 1 , 1 .5.6.7.8) . La " giustizia " non va inte­ sa in senso astratto, ma con creto . Attraverso il suo agire nella guari­ gione del salmista, Dio ha ristabilito !' "ordine" del mondo. Accanto a Isaia, il pensiero va al Sa/ 22 . n salmista, che è stato oggetto di una guarigione prodigiosa, si sente in dovere di annunciare la buona nuo­ va anzitutt o ai poveri (Sal 22, 23 -27), ma poi a tutti gli uomini (vv. 2 8 30). I salvati da tutto il mondo, a loro volta, verranno a Gerusalemme per «annunciare la sua giustizia, ,np,ll» al popolo nuovo (v. 32) 92 , n legam e del Sa/ 40 con il Sa/ 22 viene confermato dall' espressio­ ne :l, ':mp , " grande assemblea" (v. lOb). Essa appare infatti , nel salte­ rio, ancora solo in Sa/ 22 , 26 (cf. 23 ) e 35, 18. Qui, come anche nel Sal 40, il termine designa J nn>JN �-tC, ·n�C,N�, 39, 10). Quindi la "povertà" si caratterizza come non violenza, accetta­ zione della sofferenza, umiltà di fronte a Dio. Se all'inizio del libro il salmista è convinto della propria inno­ cenza e si contrappone ai peccatori, dichiarandosi un puntiglioso osservante della legge (cf. Sal 7, 4-6.9; 18, 2 1 -25) , nei Salmi 35-4 1 , si è visto, l 'orante s a di essere peccatore lui stesso. Come nei profe­ ti dell'esilio, Geremia, Ezechiele e Deuteroisaia, dalla coscienza del proprio peccato nasce la nozione della "legge nel cuore" , che nel­ l'ultima raccolta trova espressione in Sal 3 7, 3 1 (,::lc,::l ,.i1c,N m,n ) e 40, 9 (·11� 1,n:::1 1ni,n) . Quindi la nozione di torah, centrale nel primo libro (cf. Sal 1 e 1 9) viene interiorizzata come conformazione pro­ fonda della vita alla volontà di Dio al di là di ogni esteriorità legali­ stica (cf. Sal 40, 7 -9) . Al Deuteroisaia rimanda anche la concezione del " servo di JHWH " . Nell'ultima raccolta del primo libro significativamente il lessema 1'� non viene mai usato, né in riferimento a Dio né in rife­ rimento al Messia. "Davide" viene chiamato " servo di JHWH" (Sal

Una visione d'insieme

391

36, 1), e come tale si riconosce effettivamente l'arante di Sal 3 5 ,

27 15 . Continuando sulla linea del Sal 22, il Sal 40 delinea una figura di Messia che è antitetica a quella trionfante dei Sal 1 8 e 20-2 1 , e il Sal 4 1 vede la grandezza del Messia nel prendersi cura dei poveri (Sal 4 1 , 2 ) . S e il Sal 3 7 ancora prospetta per i "poveri d i JHWH " il pos­ sesso della terra, il dono che JHWH ha dato al suo popolo quando l'ha liberato dalla schiavitù dell'Egitto (vv. 3 .9. 1 1 . 18.22 .29.34), il Sal 3 9 termina con la constatazione: «lo sono uno straniero presso di te (10ll '�J� iJ) , un forestiero come tutti i miei padri» (Sal 39, 13 ) , ri­ nunciando ad ogni pretesa anche riguardo alla terra. L'unica eredi­ tà del salmista è JHWH, e gli basta. Abbiamo notato che anche l'altro grande tesoro di Israele, il tempio, di cui cantava il Sal 29 come del luogo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, viene ridimensionato nel Sal 40. Con la per­ dita del tempio, Dio ha espresso al suo popolo che a lui non impor­ tano i sacrifici esteriori, ciò che egli richiede dal suo popolo è il compimento della sua volontà (Sal 40, 7 - 9 , cf. Sal 1 ) . La legge di Dio sostituisce così il tempio con il suo sistema sacrificale. Sulla stessa li­ nea, forse riflettendo ciò che avveniva nelle comunità ebraiche del­ la diaspora, il Sal 22, 4 così si rivolge a Dio: «Tu abiti le lodi di Israe­ le, ',�iiD' n,',;m :::! �,'». Dio si rende presente non più nel tempio, ma dove Israele recita i salmi, le lodi (c,',;,n) di Dio 1 6 . Indubbiamente gli accenti posti dalla redazione del primo li­ bro denotano un ambiente sociale e spirituale tardivo, già di epoca ellenistica, vicina agli ambienti apocalittici e a Zc 9- 14, non molto lontana dalla redazione finale del salterio n. Certamente i singoli sal­ mi hanno avuto una vita precedente, ma la parte del redattore non è stata superficiale, tanto che uno esita a usare il termine " redatto­ re" : di molti salmi egli è stato possibilmente l'autore. L'impronta di una mano unitaria si rivela sempre più chiaramente, mano a mano che si approfondiscono i richiami tra l'uno e l'altro salmo. Allo stes­ so tempo è evidente che la composizione del primo libro non è av-

15 Sul legame tra i " servi " del salterio e il " servo sofferente" del secondo Isaia cf. Berges 2000. 16 Cf. sopra, p . 1 97 . 1 7 Zenger pone l a redazione finale del salterio tra il 200 e il 150 a.C., cf. Zenger et al. 200 1 , pp. 32 1 -323 .

3 92

Il regno di ]HWH e

del suo Messia

venuta tutta d'un fiato: alcuni temi si sovrappongono, alcuni salmi non si inquadrano perfettamente nello schema da noi delineato. Ciò testimonia che il redattore finale non ha creato di sana pianta il li­ bro, ma ha usato materiali preesistenti, ordinandoli secondo un suo piano, ma conservandone l'individualità.

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