Il paragone della caverna. Variazioni da Platone a oggi 9788870881264, 8870881261

Viene riprodotto il testo delle conferenze tenute a Napoli il 2 e il 3 ottobre 1984 presso l'Istituto Italiano per

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Il paragone della caverna. Variazioni da Platone a oggi
 9788870881264, 8870881261

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KON RAD GAIS E R

Il paragone della caverna Variazioni da Platone a oggi

BIBLIOPOLIS

ISBN i!i!-70i!i!-1 2 6- 1 Copyright © 19i!5

by Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Napoli, viale Calascione 7

INDICE

Premessa

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Il

La preistoria del paragone platonico della caverna 1. Sul signifi cato fìlo sofìco del paragone della ca verna in Platone . . . . . . . . . .

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1. Aspetti del pensiero platonico . . . . . . . . . . . . . 2 . La forma del l 'analogia . . . . . . .. . .. . . . . . . . . . .

15 18

II . Il mito nel Fedone di Platone: il luogo dove abi­ tiamo è dentro la terra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

20

III . Sugge stioni per Platone dalla tradizione precedente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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. 1 . Parmenide: ascesa dal buio alla luce . 2 . Eraclito : i l modo di pensare per analogia . . 3. Il mondo come caverna . . . . . . . . . . . . . . . . . .

22 23 24

a) Le caverne come abitazioni del l 'uomo . . . b) Cu lti delle caverne e caverne mistiche . . c) Concezioni orfiche e pitagoriche : il corpo come sepolcro , la vita terrena come punizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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4. Empedocle :

ora

viviamo

un

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mondo

sotterraneo

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IV. Ricapito/a zione

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Rielahorazioni in autori antichi e moderni

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Aristotele: u n nuovo modo d i vedere la realtà . . . . ,. . . . . .. . . . .. . . . .. .. . . . . . ..

35

2 . Massimo d i Tiro: l'uomo nel la prigione del le passioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

37

3. Arnobio : un esperi mento speculativo anti­ platonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

37

4 . Gregorio d i Nissa : la morte come l iberazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

39

5 . Giordano Bruno : emancipazione dal l 'errore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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6 . H. L. Spiegel e Jan Saenredam: oscurità e .. . .. . .. i l luminazione del cuore

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1. Interpretazioni l.

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7. Francesco Bacone: la cri tica del le i mma-

gini false . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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8. Clive Staples Lewis : la rappresentazione del l 'al di là . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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9 . Luigi Pirandel lo: angoscia e consolazione .

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50

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l O. Samuel Becket t : fine del mondo . . . . . . .

Il. Friedrich

Diirren matt:

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l 'autodistruzione 50

del l 'uomo

II. Ricapito/azione: Tema e variazioni . . . . . . . . . . . . .

8

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Appendice: Testi e bibliografia

A.

1 . Empedoc le , fr . B 1 20 e 12 1 Diel s-Kranz 2 . Platone , Fedone 1 09 B-E . 110 E - III C . . . 3. Platone , Repubblica VII 514 A - 5 1 9 B . . . . . .

B.

1 . Ari stotele , Sulla filosofia (fr . 1 3 Ross) in Cicerone , De natura deorum II 37, 9 5 . . . . . 2. Massi mo di Tiro , Ph ilosophumena 36,·4 . . . . 3. Arnobio, Adversus nationes II 20-26 (20-22) . 4 . Gregorio di Nissa , De mortu is 37 , 1 6 - 39 , 2 Heil . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . 5 . Giordano Bruno, De la causa , prin cipio et uno 1 - 3 ; De immenso et innumerabilibus I 2 6 . H. L . Spiegel, Hertspiegel . Jan Saenredam , Antrum Platonicum (inci­ sione in rame) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7. Francis Bacon; Novum organum scientia ­ rum I 42; De dign itate et augmen tis scien tiarum V 4 .... . . . . . . . . . .. 8 . Clive Staples Lewis, Transposition ( I 962) 9. Luigi Pirandello, Ciàula scopre la luna ( 1 9 1 2) . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . lO. Samuel Beckett , Le dépeupleur (I970) . . . . . Il. Friedrich Diirrenmatt , Der Winterkrieg in Tibet (I981) .. . . . . . . . . . . . . ..... . . . . . . . . . . . .

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P REMES SA

Viene riprodotto il testo delle conferen ze tenute a Na ­ poli il 2 e il 3 ottobre 1984 presso l'I stitu to Italiano per gli Studi Filosofici. Al centro del mio discorso è il paragone platonico della caverna. Qui di séguito preferi sco parlare di 'Para ­ gone della caverna ' anziché adoperare l'espre ssione piu con sueta 'mito della caverna ', perché non si tratta pro­ priamente di un mito tramandato da lungo tem po. Non è però mia intenzione interpretare questo testo famoso, ma indagare piutto sto lo. sua preistoria e la storia della sua influenza e della sua recezione. Tale questione deve con­ durci, a passi veloci, attraverso tutta la storia dello spi­ rito, dai presocratici fino ai giorni nostri. Forse sarà po ssibile, sul fondamento di quest'unico esempio, rendere evidenti le varia zioni sul paragone della caverna , vale a dire un po ' lo scambio di paradigmi dell'antropologia filosofica e letteraria, a partire dalle origini del pensiero filosofico. Il tentativo di tracciare una visione cos i ampia dello sviluppo complessivo mi sembrava particolarmente adatto per l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici; perché que­ sto I stituto non è rivolto soltanto alla ricerca su una determinata corrente o epoca filosofìca, ma alla rappre­ senta zione, cioè al 'rendere presente' la filosofìa in genere: la filo sofia in tutto il suo sviluppo ed effetto storico e nel suo significato riguardo ai problemi del mondo d'oggi. Mi sia permesso pertanto di dedicare le mie. conferen ze Il

all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofic i con un para­ gone, una ulteriore varia zione sul ,'7aragone della caverna. Forse siamo d'accordo che noi tutti, l'u manità, ci tro­ viamo oggi nel buio di una grande incertezza e insicu­ rezza. In questa s itua zione scoraggiante ci sono poch i raggi di luce che emanano un bagliore di speranza, che ci sia cioè una via di salve zza . Uno dei raggi di luce in questa oscurità è p roprio l'Istituto Italiano con le sue attività di incoraggiamento, di illum ina zione, di ideali­ smo. È per questo motivo che sono molto grato a questa fonda zione napoletana, italiana, europea, mondiale. Nella preparazione delle conferen ze mi sono avvalso della collabora zione di Margarita Kranz (Tiibingen) : la sua conoscenza della letteratura e le sue capac ità inter­ pretative si sono rivelate un a iuto prezioso. Per la tradu ­ zione del testo tedesco ringra zio Tiziano Dorandi e Edel­ traud Diirr.

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LA PREI STORIA DEL PARAGONE PLATONICO DELLA CAVE RNA

I. S U L SIGNIFICATO FI LO SOFICO DE L PARAGONE DE LLA CAVERNA IN P LATONE

1. A spetti del pen siero platonico Conosciamo tutti i l paragone della caverna che i l Socrate platonico , all 'inizio d e l setti mo libro della Re­ pubbli ca , racconta e poi spiega (7 , 5 14 A 5 19 B: cf. A 3 nel l 'appendice). Pri ma viene descri tta la cavern a : la si­ tuazione dei prigionieri incatenati che vedono solo le ombre delle cose che vengono portate in fi la sul lo sfon­ do; poi l 'ascesa faticosa dalla caverna alla luce del so­ le; dopo , le due forme di vita sono messe fra loro a con­ fronto : la felicità di coloro che sono stati liberati e l 'infelicità dei prigionieri; e infine viene descritta la sorte di quel lo che torna nella caverna: lì non si crede a ciò che racconta del mondo vero, ma viene deriso e magari ucciso. AI paragone segue l 'interpretazione . So­ crate spiega che i luoghi rappresentati nel paragone corrispondono ai gradini del la realtà, dei quali si è già parlato prima, alla fine del sesto libro . Si può tentare d i rendere chiara l a corrispondenza tra la rappresentazione attraverso un paragone (il lato del l 'immagine) e la realtà (il lato delle cose) con lo schema che segue . -

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Vale l 'analogia A : B

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B :C

Le frecce indicano la relazione del l ' immagine o mi­ mesis (modello � immagine) PARAmNE (LATO DELL'IMMAGINE) (B)

Mondo dei fenomeni

REALTÀ (LATO DELLE COSE)

(C) Mondo delle idee

Sole

Idea del bene (aga/h6n)

le singole cose

idee

(a) in cielo (stelle)

(a) sopraordinate: idee numeri, spe­ cie piu comuni, norme valutative

(b) subordinate: idee delle singole cose

oggetti della matematica

immagini riflesse e ombre

(A)

Mondo della caverna

(B)

Mondo dei fenomeni

Fuoco

Sole

gli uomini che passano dietro il muricciolo

le anime (invisibili)?

gli oggetti portati in fila

gli oggetti corporali nella loro inte­ rezza

immagini di creature viventi (statue)

(a) creature viventi (della natura)

b) prodotti dell'arte

attrezzi

le impressioni relative degli oggetti corporali

le ombre sulla parete

oggettivamente: qualità materiali soggettivamente: impressioni ·momentanee dei sensi, aspetti parziali

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Il paragone della caverna contiene in nuce tutta la fi losofia di Platone . Gli aspetti principali del pensiero pl atonico sono qui presentati in forma concentrata . (a) Ontologia Platone stesso nel l'i nterpretazione ri leva l 'aspetto ontologico. Il paragone mette davanti agl i occhi i due campi differenti dell 'essere: il mondo dei feno meni il­ luminato e ravvivato dal sole e i l mondo dei modelli matematici e ideali con l ' i dea del bene come base su­ prema di tutte le cose . Come tra questi due grandi campi dell 'essere , cosi anche a l l ' interno del l 'uno e del­ l 'altro campo deve esistere la relazione del l 'im magina­ zione (rispecchiamento , adombramento) . (b) Teoria della conoscenza Al l a conseguenza dei gradini dell 'essere deve corri­ spondere esattamente una conseguenza dei modi diversi del la percezione e della conoscenza. I dati del la perce­ zione sensoriale e del l 'esperienza empirica sono partico­ lari e inattendibi l i , come nel paragone le ombre sulla parete . Alla certezza e alla veri tà conducono soltanto il pensare e la conoscenza teoretica. Incerte sono le i m­ pressioni della percezione sensoriale sia perché con ciò ci vengono trasmessi soltanto stretti ritagli del la realtà intera , sia perché la nostra esperienza soggettiva non corri sponde veramente all 'oggetto . Per esempio non pos­ siamo mai percepi re un fenomeno corporeo , come un uomo determinato, nel la sua totalità spazio-temporale . Alle qualità percepite sensorialmente , per esempio ai colori , corrispondono forme e moti degli atomi o, come diremmo oggi , onde elettromagnetiche con determinate frequenze , che , come tal i , non vedia mo. Le ombre sul la parete del la caverna sono , su questo piano , aspet ti ed impressioni del la percezione senso­ ri ale. Sotto un altro riguardo esse sono da intendere 17

come le rappresentazioni morali , secondo le quali gli uomini abitualmente si regol ano , o anche come le opi­ nioni dei poeti (come O mero) le cui opere esercitano una forte infl uenza educativa. (c) Educazione Inoltre il paragone del la caverna di Platone rende chiara la concezione pl atonica sul l 'educazione filosofica . All'inizio del paragone Socrate dice : ciò che qui viene rappresentato metaforicamente è la nostra qualità di essere umani (qruOLç) riguardo all 'educazione (ltmùÉLa) e a l l a non-educazione (ÙltmÙEuo(a). Infatti i l paragone de­ scrive un processo educativo. Viene inteso come conti­ nuo scioglimento e liberazione . Insegnare , qui non signi­ fica indottrinamento , ma il 'rivoltare ' , che dà la possibi­ lità , a chi i mpara , di vedere la verità da se stesso . La liberazione però non conduce a l l ' i ncertezza e al fortui to, ma a un legame volontario che si basa sul la compren­ sione. Alla fine di questo cammino coincidono in uno la libertà vera e un legame superiore. (d) Politica Infine il mondo dell a caverna è anche il mondo dei l itigi politici. Qui si può guadagnare onore e riconosci­ mento , ma anche essere perseguitati ed uccisi. Inter­ pretando i l paragone , Socrate spiega che non si deve lasciare la politica a quelli che si fanno guidare dalle false im magini delle opinioni comuni , ma che il filo­ sofo deve tornare nel l a caverna per portare lì a un effetto politico ciò che lui ha riconosciuto come vero . 2 . La forma dell'analogia La struttura concettuale che è sottesa al paragone del l a caverna è l 'analogia A : B B : C. Il mondo del la caverna (A) sta a l mondo dei sensi (B) come il mondo dei sensi (B) sta al mondo delle idee (C) . Allo stesso =

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modo in particolare : i l fuoco ne lla caverna sta al sole come il sole sta a l l 'idea del bene. Nel l ' analogia A : B B : C, B costituisce il medio geometrico. Secondo ciò il campo medio del paragone, il mondo sens �riale , da una parte è sovraordinato al mondo della caverna , dall 'altra è subordinato al mondo del le idee . Il mondo in cui ci troviamo viene dunque definito , per cosi dire, da entrambi i lati . La funzione principale del l ' analogia consiste nel fatto che aiuta a dischiudere qualcosa che pri ma ci era sconosciuto. Delle tre parti del l a proporzione due sono 'conosciute ' : conosciamo il mondo dei fenomeni , ma anche il mondo della caverna poiché sebbene sia finto è sempre possibile im maginarlo. Ci è invece 'scono­ sciuto' il mondo sovrasensoriale delle idee , che però può essere compreso in maniera indiretta se collegato con le due grandezze conosciute per analogia . Dal momento che l a forma concettuale dell 'analogia può servire a rendere immaginabile l 'ignoto e i l nasco­ sto, fino ad oggi essa ha svolto un ruolo eminente per il pensare filosofico e in particolare anche per quello religioso e teologico . Paragoni che si basano sulla struttura del l ' analogia devono aiutarci a comprendere il sovraumano , il divino, l 'al di là e il trascendental e . Si deve però essere consapevoli di quello che l 'analogia è capace di fare e no . L'ana logia non è adatta a pro­ vare l 'esistenza : non si può di mostrare che esiste vera­ mente ciò che ci viene detratto. Cio nonostante non è poco quello che l 'analogia può fare : fa apprendere , al­ meno in maniera im maginaria , approssimativa o indi­ retta, ciò che va oltre la nostra forza d'immaginazione; con ciò mostra che la sua esistenza, anche se non è sicura , è sempre pensa bile e dunque possibile . Tali paragoni analogici traggono una certa forza persuasiva dal la verosimiglianza comune che ciò che per la nostra capacità umana di conoscere è l 'ultimo e il supremo, non è il definitivo e l 'assoluto . In particolare , i risultati dell a fisica moderna e l a teoria dell 'evoluzione biolo­ gica recentemente sem brano rafforzare questo sospetto . =

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II. IL MITO NEL FEDONE DI PLA T ONE : I L LUOGO DOVE ABITIAMO È DENTRO LA TERRA Passiamo ora alla questione del la prei stori a del pa­ ragone del la caverna del la Repubblica. Ci sono stati stadi preliminari , preparazioni , suggestioni che hanno portato a questo paragone . U n 'paragone del l a caverna' anteriore si trova già in Platone stesso . In una narra­ zione mitica alla fine del Fedone (108 C 1 1 5 A: cf. A 2), un dialogo scri tto prima del l a Repubblica , Socrate rac­ conta: La nostra terra è una sfera sospesa li beramente nell 'universo . Noi uomini crediamo di abitare sul la su-' perficie del la terra nel la luce , ma viviamo in una ca­ vità del la terra , in una conca piena di acqua e aria nebbiosa. Vediamo l a luce del sole soltanto intorbidita attraverso l 'aria . Per rendere chiaro ciò Socrate spiega: La luce è ancor piti oscura nel l 'acqua sia per i pesci sia per uno spettatore i m maginario che dal fondo del mare guardi verso l 'alto . Il luogo dove abitiamo s i trova dunque sotto l a vera superficie della terra , cosi come il fondo marino si trova profondamente sotto il nostro campo di vita . Questa rappresentazione immaginaria si aVVIcma molto al paragone della caverna . La struttura del l 'ana­ logi a è la stessa qua e là . Poiché , secondo il mito del Fedone , vale l 'affermazione: le condizioni visive sul fondo marino (A) stanno alle condizioni di vita presso -

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di noi , nel l 'aria intorbidita (B), come queste condizioni di vita (B) stanno alla situazione del la vera superficie terrestre , nella luce del l 'ètere puro (C) . La scala dall 'oscuro al chiaro, dall 'i mpuro al puro si estende ancora di piti in alto e in basso se seguiamo il racconto di Socrate : sotto l a cavità nella quale abi­ tiamo a l l ' i nterno del la terra si trova il mondo di Ade , dove devono trattenersi le anime impure; e sopra la luce del l 'ètere è da pensare il mondo spirituale , nel quale le anime comp letamente pure devono trovare la loro quiete . Ciò che Pl atone vuole sia preso sul serio in questa rappresentazione - tranne l a conoscenza scientifico­ naturale, che la terra è una sfera - è il principio strutturale del passaggio graduale dal l ' ordi nato e chiaro a l di sordi nato e oscuro. La descrizione del l e cavità nel la superficie terrestre è una finzione mitico-poetica . Deve il lustrare la situazione dell 'uomo e cioè nel l o stesso senso come il paragone della ca­ verna : la l i mitatezza che , al solito, impedisce all 'uomo di conoscere ciò che è veramente .

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III . S U GG ESTIONI PER PLATONE DALLA TRADIZIONE PRECED ENTE La preistoria del paragone della caverna inizia co­ munque già molto tempo prima di Pl atone . Platone non fu nemmeno il primo a dire che noi uomini vi­ viamo, per cosi dire , in una caverna, in un mondo sotterraneo, in una prigione e che il nostro mondo non è il mondo vero . Il primo autore di cui possiamo dire con una certa sicurezza che abbia paragonato il nostro mondo umano con una caverna è Empedocle di Agri­ gento , vissuto circa due generazioni prima di Platone . Tuttavia, pri ma di passare a Empedocle voglio trattare di tradizioni ancora piu remote , che preparano i n modi diversi il paragone del l a caverna. 1 . Pa rmenide: ascesa dal buio alla lu ce È una esperienza umana vecchissima e diffusa fra tutti quella che l a luce significa vedere e conoscere , il buio invece non-vedere e ignoranza . In questo senso appunto si parla spesso del la luce e del buio, del l a chiarezza d e l cielo e del la nebbia anche nel la poesia greca arcaica, soprattutto in Omero e Pindaro , e qui corre il confine tra il significato 'reale' e quello 'imma­ ginario ' , 'metaforico'. Da questo concetto si sviluppa

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poi ciò che presso i fi losofi viene indicato come ' meta­ fisica della luce ' : la descrizione della causa del la cono­ scenza come una luce , che è paragonabile al sole . In modo particolarmente impressionante Parme­ nide. che visse intorno al 500 a . C . a Elea. ha dato forma al contrasto tra luce e buio . All 'inizio del suo poema fil osofico-di dascalico viene descri tto il cammino dalI 'opinione apparente (M�a) alla verità (aÀti{)-ew) come ascesa dal buio alla luce (fr . l D .-K.) . Parmenide si vede , come dice , su un carro tirato da cava lle, ac­ compagnato dalle figlie di Elio, portato dal la casa della notte verso la luce ; gli si apre davanti un por­ tone; e poi una dea parente della luce gli svela la veri t à . La somiglianza di questa ascesa verso la luce con il cammino del paragone del la caverna è evi dente . 2 . Eraclito: il modo di pensa re per analogia Un 'altra l inea conduce da Eraclito di Efeso (che fu piu o meno coetaneo di Parmenide) al paragone della caverna di Platone. In Eraclito , per la prima volta, troviamo usata la forma concettuale dell 'analogia in maniera simile a come dopo la userà Platone . C 'è una sentenza di Erac lito: « L 'uomo ha fama di fanciullo di fronte alla divinità , cosi il bambino di fronte all 'uom o » (fr . B 7 9 D.-K.). U n'altra sentenza: « L 'uomo p i u sapiente apparirà come una sci mmia di fronte al la divinità , per sapienza , per bellezza e per ogni altro rispetto » (fr . 8 3 D .-K.). A queste sentenze è sottesa l 'analogia : bam­ bino sta a uomo come uomo sta a dio; scimmia sta a uomo come uomo sta a dio. U n senso simile assume in Eraclito la seri e : servo - padrone - dio (fr . 53 D .-K .), o dormente - sveglio - saggio (fr . l D .-K .) L'analogia ha già in Eraclito lo stesso effetto che in Platone : serve a dischiudere il divino che prima ci era sconosciuto; e, allo stesso tempo , rende chiaro che i valori umani misurati con l 'assoluto sono insufficienti . .

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3. Il mondo come caverna

(a) Le caverne come abitazioni dell'uomo Chiediamoci ora come già prima di Platone si sia svil uppata l 'idea che noi uomini viviamo in una specie di caverna . Dobbiamo qui stare attenti soprattutto al passaggio che conduce dalle caverne reali e il loro si­ gnificato multiplo per gli uomini ;;lI concetto immagi­ na rio che , in senso meta forico , abitiamo i n una ca­ verna . Le caverne, da tempo remoto , sono abitazioni umane . Offrono all'uomo protezione e sicurezza . In molti miti si mantiene vivo il ricordo del l a caverna come l uogo di rifugio , della nascita e dell a morte . Dal momento che le caverne sono abitazioni per i vivi si è immaginato di conseguenza che anche il mondo dei morti fosse un grande regno di caverne sotterranee . Tutto ciò appartiene all'àmbito della realtà . Non possiamo parlare di un paragone se non dopo che la caverna è stata 'riportata ' a un'altra cosa in senso me­ taforico o parabolico, dove cioè l a nostra vita umana somiglia a una cavern a .

(b) Culti delle caverne e caverne mis tiche Le caverne servivano pure al la venerazione e al cul to degli dèi , e in luoghi chiusi a forma di caverne avevano luogo le iniziazioni ai misteri . Nel le caverne semi buie ci si poteva sentire vicini alla divinità; e nei culti m isterici , come a Eleusi , certamente gli iniziandi restarono impressionati anche da apparizioni luminose , dunque da improvvise i l luminazioni del buio m i stico . I n epoche p i u tarde il luogo a forma di caverne , nel quale si incontrava il dio , poteva essere inteso come immagine del nostro mondo . Cosi nel culto di Mitra . Fino a che punto questo valesse già per il tempo piu antico precedente a Platone e per quello di Platone , 24

rimane dubbio . Alcuni interpreti vogliono spiegare il pa­ ragone del l a caverna di Platone partendo da tali caverne che avevano un significato religioso . Mi pare però che da questo punto non si guadagni molto per la comprensione del paragone platonico . La caverna platonica non è p ro­ prio il luogo dove appaiono e vengono venerati gli dèi , ma in Platone gli uomini devono uscire dalla caverna per es­ sere piu vicini agli dèi . (c) Concezioni O1fiche e p i tagoriche: il corpo come se­ polcro, la vita terrena come punizione Ci mettiamo i nvece su una via che conduce al para­ gone della caverna di Platone se ci rivolgiamo a certe concezioni degli orfici e dei pitagorici - che , come ben si sa , sono difficili per noi da distinguere . Essi sostenevano l 'opinione che l'anima umana nella vita di adesso è l egata al corpo per sua disgrazia: il suo esistere in questo legame col corpo è come una prigionia , una punizione, una ma­ lattia , persi no come essere sepolti . Da questi circoli pro­ viene l'espressione « soma-sema » : i l corpo - un sepolcro . La concezione dell a prigione e del sepolcro è affine all'immagine del la caverna tanto piu se a tale concezione si congiunge il pensiero che in questa vita la nostra ani ma è infelice quanto comunemente si considerava lo fossero le anime dei morti prigionieri nell 'Ade . Che i pi tagorici dell 'Italia meridionale e del l a Sici lia facessero uso di i mmagi ni del mondo sotterraneo per la vita terrena , si evince da un passo il luminante del Gorgia di Platone (492 E 493 E) . Vi si racconta che un pitago­ rico di lì compose una poesia m i tica che diceva: quelli che devono fare penitenza portando acqua in una botte bu­ cata , non vanno cercati nel l 'al di là, ma una vita tale conducono qui quelli che sono privi di ragione , spinti da desideri insaziabili . Ciò che originariamente era una vi­ sione per l 'al di là, viene utilizzato ora per caratterizzare la vita di questo mondo . Da questa tradizione - mi pare - deriva al paragone -

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della caverna di Platone la concezione che gli abitanti dell a caverna sono legati e che la loro li berazione dai vincoli è allo stesso tempo una guarigione (ramç, 5 15 C 4), perché la vita priva di ragione somiglia a una ma­ lattia . 4. E mpedocle: o ra viviamo in un mondo so tterraneo Ancora prima di Platone , Empedocle di Agrigento - i nfluenzato evidentemente da quelle concezioni orfi­ co-pitagoriche - ha paragonato esplicitamente il no­ stro mondo a una caverna. Questo si deduce soprat­ tutto da due frammenti dei suoi Katha rmoi (Poema lustrale), se seguiamo l ' interpretazione piu probabile dei testi . Nei Ka th a rmo i Empedocle descrive i destini dell 'anima che per i peccati viene al lontanata dal mondo degl i dèi e che ora , legata al corpo , deve tra­ scorrere un lungo periodo di punizione e purificazione . In un frammento trasmesso da Porfirio (120 D K : cf. A 1 ) le potenze che conducono l 'anima dicono : « Giungemmo sotto questa caverna coperta » . Dicono questo , se intendiamo bene le parole, quando l 'anima , allontanata dal mondo divino , entra nel mondo ter­ reno . Porfirio porta questa citazione come prova che già prima di Platone i pitagorici hanno inteso i l nostro cosmo come una specie di caverna . Nell 'altro frammento (12 1 D .- K . : cf. A 1 ) si parla di un luogo 'senza gioia' nel quale tutti i possibili spiriti infelici vagano 'sul prato di Ate al buio' . Queste espres­ sioni ricordano il mondo di Ade come lo descri ve Omero nell a Nekyia del l 'Odiss ea . Alcuni interpreti hanno pertanto pensato che Empedocle qui (come an­ che nel l 'accenno alla 'caverna coperta ') parli del regno dei morti nel mondo sotterraneo. Credo però che sia giusta !'interpretazione dom inante , secondo la quale Empedocle qui intende il nostro mondo terreno come una specie di mondo sotterraneo e perciò per la sua .-

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descrizione usa concetti che provengono da visioni del­ l'Ade . Questo vale per la parola 'prato' , mentre Omero dice dell 'Ate che Zeus l 'ha buttata sul l a terra ed essa ora si muove tra gli uomini (Iliade 1 9 , 1 30-13 1 ). A favore di questa interpretazione sta anche la noti­ zia di Plotino che già Empedocle, come dopo di lui Platone , ha indicato l 'universo in cui viviamo come una caverna . Empedocle presuppone dunque la concezione co­ mune dei Greci che le nostre anime , dopo l a morte , scendono nel l 'Ade, dove sotto la terra conducono una esistenza di ombre e dove espiano i delitti di questa vita . Empedocle però dà un nuovo senso a questa opi­ nione spiegando : Siamo già ora nel mondo sotterraneo e già ora espiamo i delitti precedenti . PUÒ darsi che anche per Empedocle (cosi come per Platone nel Fe­ done) esista sotto terra un Ade tenebroso come luogo di punizioni ancora peggiori . Ma Empedocle vuoI dire che già i l nostro mondo sotto i l sol e , paragonato col mondo pieno di luce , è un dominio del buio . Nel mondo superiore vivono gli dèi e le anime pure . Per mezzo di purificazioni l a nostra anima dopo aver espiato qui le sue colpe può tornare nel mondo della luce pura dal quale è venuta giti. Con ciò Empedocle ha anticipato l 'immagine e il pensiero fondamentale del paragone dell a caverna di Platone : l a caverna come espressione del l a lontananza dal la verità, del l 'alienazione e del l a prigionia del no­ stro essere uomini . Già in Empedocle è sottesa la forma concettuale del l 'analogia . Per la sua rappresen­ tazione val e : l 'Ade , i l mondo sotterraneo omerico (A) , sta alla nostra vita terrena (B), come l a nostra vita terrena (B) sta al mondo pieno di luce degli dèi (C) . In relazione al mondo divino, i l nostro mondo u mano è un luogo del buio , della disgrazia, del l a punizione , che , dunque , somiglia all 'Ade . Che Platone riprenda ed elabori filosoficamente il paragone di Ade di Empedocle, è dimostrato sia dal 27

Fedone sia dal l a Repubblica . Il mito del Fedone ri­ prende il pensiero di Empedocle e lo esplicita con una differenziazione piu precisa: ora non viviamo nella luce , non nel mondo vero, ma neanche nell'Ade , pro­ fondo sotto la terra, ma in mezzo in un luogo semi­ buio, che può essere immaginato come una cavità nel la superficie terrestre . Nel l a Repubblica la caverna , in maniera simile a Empedoc l e , assume taluni tratti propri del la antica concezione del l 'Ade . Là dove So­ crate mette a confronto la felicità di quelli che sono venuti alla luce con l 'infelicità di quel li che sono an­ cora prigionieri (5 1 6 D), cita le parole di lamento del l 'Achi lle omerico nel mondo sotterraneo (Odissea Il, 489-490): «È meglio essere servo di un contadino (che il re dell 'Ade)! » E nel l 'interpretazione Socrate para­ gona il cammino dalla caverna alla luce con l 'ascesa dall 'Ade verso gli dèi (52 1 C).

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IV . RICAPITOLAZIONE Questa VISIOne d 'assieme sulla preistoria del para­ gone della caverna ci permette di riconoscere ancora piu chiaramente la concezione di Platone. C 'erano , come abbiamo dimostrato , proprio anche per il paragone del la caverna suggestioni e modelli che Platone ha ripresi e uniti e ai quali ha dato una forma nuova. I predecessori piu importanti di Pl atone erano (a) Parmenide , con la rappresentazione immaginaria dell 'ascesa dal buio alla luce; (b) Eraclito, con la forma concettuale dell 'analogia; (c) gli orfici ed i pita­ gorici , presso i quali sembra che fosse usuale app licare le rappresentazioni del l 'al di là alla vita terrena di ora; e (d) Empedocle, con l 'opinione che il nostro mondo , visto dal mondo degli dèi, è un mondo sot ter­ raneo, una caverna dell 'Ade. Poiché Empedocle ha of­ ferto la suggestione piu importante e poiché , da parte sua , era già influenzato dai pitagorici, si può affermare che Platone , col paragone del l a caverna , come con molti dei suoi pensieri piu importanti , si ponga nel la tradizione pi tagorica . Allo stesso tempo però su questo sfondo diventa chiaro che i l paragone di Platone , come tutta la sua filosofia, non è soltanto un prodotto di opinioni o co­ noscenze anteriori , ma che egl i , di quello che gli era offerto dall a tradizione , ha fatto qualcosa di nuovo e di 29

original e . Egli supera i predecessori per la ricchezza interiore dei pensieri del paragone nei cui diversi aspetti si rispecchiano quasi tutti i tratti del pensiero platonico . Il paragone. i n Platone riceve un contenuto di senso piti p regnante e piti p rofondo dal punto di vista della dottrina delle idee . In questa connessione peculiare di Platone il nuovo motivo principale del paragone consiste nel fatto che il mondo dei fenomeni non è altro che apparenza immaginaria. Però soltanto con questo i l paragone del l a caverna diventa proprio un 'paragone dei paragoni ' . Poiché chiarisce cosi, non solo in maniera evidente la miseria e la lontananza dal la verità del la vita umana , ma spiega anche che tutto ciò che ci circonda ha il carattere dell 'immagine e però deve essere inteso come paragone del vero es­ sere .

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RlEbABO RAZIONI I N AUTORI ANTICHI E MODE RNI

Vorrei ora tentare di offri re , per mezzo di alcuni esempi , una vi sione d 'assieme sul la storia dell ' i n­ fluenza del paragone pl atonico del la caverna . Dob­ biamo domandarci i n che modo autori antichi e mo­ derni abbiano ripreso e trasformato il paragone plato­ nico . Dopo quanto ho spiegato , già i l paragone di Pl atone non è una invenzione del tutto nuova , ma una somma e una variazione di concezioni precedenti , soprattutto del la concezione di Empedocle che noi uomini adesso ci troviamo in un mondo sotterraneo simile a l l 'Ade . Per la tradizione ulteriore però i l model lo è diventato la magnifica raffigurazione di Pl atone ; da allora le va­ riazioni sono sti molate i n maniera diretta o il!diretta da Platone. Per la mia conferenza ho scelto undici esempi : quattro dal l 'antichità pagana e cristiana, sette dai tempi moderni. Queste sono rielaborazioni del para­ gone particolarmente istruttive . Ul teriori variazioni che conosco non cambierebbero nella sua essenza il quadro complessivo del lo svi luppo. Intenzional mente mi sono limitato ad alcune variazioni nel l e quali è conservata l 'immagine del l a caverna , della prigione buia. Se si vol essero raccogliere i testi nei quali è impiegata la contrapposizione tra buio e luce , tra ce­ cità e vista nel l a situazione basil are dell 'uomo (come per esempio anche nel la Divina Comedia di Dante) si andrebbe all 'infi nito a causa del l 'abbondanza dei pos­ sibili esempi. 33

Guardando alle riprese e variazioni piti tarde del paragone pl atonico si può individuare un tema comune dato da Platone: la si tuazione dell 'uomo nel mondo. Invariabilmente nell'im magine della caverna viene rap­ presentata la condi tio humana. Allo stesso tempo però la domanda sui fondamenti dell 'esistenza umana ri­ ceve , di volta in vol ta, una risposta diversa . (a) In nessuna delle metamorfosi piti tarde è conservata la totalità degli aspetti che il paragone platonico pre­ senta . l piti tardi si limi tano all 'uno o all 'altro aspetto che riprendono da Pl atone oppure ne trovano di nuovi nel paragone . Nessuna delle piti tarde variazioni con­ tiene dunque una interpretazione comp lessiva del la realtà e della vita umana cosi ampia come il model lo platonico . (b) Sarà comunque soprattutto da osservare che i piti tardi pensa tori e poeti , con i loro paragoni del la caverna, non accettano semplicemente la visione platonica dell 'uomo , ma si allontanano piti o meno da Platone , si rivoltano persino contro lui . Seguendo i diversi paragoni del la caverna possiamo dunque stu­ diare paradigmaticamente come , nel corso dei secoli , d a Pl atone fi no a oggi , sia cambiata l a concezione del la situazione dell 'uomo nel mondo - la compren­ sione dei suoi desideri , del le sue speranze , del l a sua disperazione . Poiché la visione dell 'esistenza umana è essenzialmente cam biata , anche il paragone della ca­ verna doveva assumere una forma sempre diversa.

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I. INTERPRETAZIONI 1 . Aristotele: u n nuovo modo di vedere la realtà Per primo , Aristotele, il grande allievo di Pl atone , si è sentito provocato a rinnovare i l paragone platoni co. In questa trasformazione del paragone si ri specchia tutto il contrasto fra Aristote le e Platone . Nel dialogo aristotel ico Sulla fìlo sofia , che non ci è stato tramandato , si leggeva ciò che conosciamo al­ meno da un riferimento in Cicerone (De natura deorum II 37, 9 5 , che sembra una tra duzione piuttosto precisa : cf. B 1 ) : se uomini - cosi spiega Aristotel e - cresciuti in una dimora sotterranea a forma di caverna giunges­ sero poi , all 'improvviso. all 'aria aperta, vedendo la na­ tura magnificamente ordinata, riterreb bero certo che gli dèi esistono . La meraviglia non sarebbe m inore se la caverna dove abitavano fosse stata fornita di ogni comodità che rende la vita pi acevole . ( 1 ) Come i n Platone , cosi anche in Aristote l e . il pa­ ragone il lumina il contrasto tra ! ' incomprensione del l 'uomo comune e la conoscenza del l a veri tà fi loso­ fica. Anche Aristotele invi ta a i ntendere , per cosi dire , 'dietro' ai fenomeni lo spirito divino come causa fon­ dante di tutto il visibile. In Aristotele non abbiamo piu l ' analogia tripartita (A : B B : C). ma una proporzione =

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quadripartita : gli uomini che vivono in abitazioni sot­ terranee (A) stanno a quelli che giungono improvv isa­ mente alla lUce e si meravigliano (B) come gli uomini comuni indifferenti nei confronti della bellezza del co­ smo (C) stanno a quelli che giungono alla conoscenza, che ammirano il cosmo come qualcosa di divino (D) . -In Aristotel e , come in Platone , l 'analogia serve a chia­ rire la situazione dell 'uomo comune , a guisa di un paragone: il mondo , finché accettiamo spensierata­ mente il suo ordine come qualcosa di comune , è per noi una di mora nella quale ci sistemiamo confortevol­ mente e facilitiamo la nostra vita per mezzo di con­ venzioni - e nella quale siamo pure ciechi riguardo alla verità , perché non vediamo l 'agire dello spirito divino. Ciò nonostante ci consideriamo felici perché non abbiamo occhi per la conoscenza che ci rende veramente felici . Alla conoscenza giungiamo attraverso la filosofia che ci insegna a vedere il sorprendente in ciò che pare essere comune . (2) Non ostanti tutte le concordanze con Platone dobbiamo però constatare anche differenze essenziali . Proprio nei due paragoni del la caverna si palesa i l contrasto principale tra la fi losofia pl atonica e quella aristotelica . Aristotele rifiuta l a dottrina delle idee. Per lui il 'mondo vero' non è piu l 'essere sovrasensoriale e trascendente , ma i l cosmo visibile in cui viviamo . La realtà, nel la quale dobbiamo conoscere l'opera di una ragione divina , non è il mondo delle idee , ma la na­ tura che ci circonda, alla cui bel lezza e regolarità siamo fin troppo abituati . Con ciò Aristotele torna alla comprensione del mondo usuale per i Greci: non vi­ viamo in un mondo di ombre paragona bile all'Ade , ma nel regno della luce . Quello che i mporta è soltanto che percepiamo giustamente il sorprendente e i l divino in­ torno a noi .

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2 . Massimo di Tiro: l'uomo nella prigione delle passioni In maniera essenzial mente diversa Massimo di Tiro , u n predicatore fi losofico itinerante del secondo secolo d. C ., fa uso del l 'immagine della caverna (Philosophu ­ mena 3 6 , 4 : cf. B 2 ) . Con i suoi discorsi Massimo vuole richi amare e guidare gli uomini verso una vi ta mi­ gliore . Il suo scopo è affine all'ideale ci nico del l 'essere senza bisogni ; e cosi si rivolta contro la dipendenza da passioni e piaceri inutil i . I n questo senso fa uso del l 'im magi ne dei prigionieri in una segreta buia . La vita degli uomini comuni somi­ glia alla misera esistenza di quelli perché sono dipen­ denti da desideri e cosi vivono in mancanza di libertà. Chi invece rinunzia ai piaceri del momento conduce una vita libera , simile a quelli che giungono dal la pri­ gione alla luce e possono muoversi liberamente . Anche nel paragone di Massi mo si tratta dunque della situazione del l ' uomo comune e del la possibilità della liberazione attraverso la filosofia . Massi mo però vede tutto da un punto di vista morale . Il suo interesse non è rivolto alla comprensione dell'ordine cosmico nel la sua totalità o alla conoscenza di una realtà tra­ scendentale, ma alla questione della forma di vita mo­ ral mente giusta . Questo paragone del la caverna serve a dar forza a un appello morale al singolo uomo che deve essere guidato all 'indipendenza interiore . 3 . Arnobio: u n esperimento speculativo antiplatoni co Arnobio, a cui adesso passiamo velocemente, era maestro di retorica nell a città di Sicca nel Nord Africa. Per rendere credibile la sua conversione al cri­ stianesi mo, compose l 'opera Adversus nationes. Nel se­ condo libro di quest 'opera , tra l 'altro, vuole spiegare che l'anima umana non deriva da Dio e non è i mmor­ tale nel la sua sostanza naturale, ma lo può diventare per la grazia del Dio nel quale credono i cristiani . 37

Confutando l 'opinione del l a provenienza divina e del l ' i m mortalità dell'ani m a , Arnobio si rivolta contro la tradizione platonica. Perciò l 'immagi ne del la ca­ verna assume in lui un significato completamente di­ verso. Il paragone diventa un esperi mento specu lativo. La forma del l 'analogi a è del tutto abbandonata . Arnobio spiega in una descrizione dettagliata (Ad­ versus nationes II 20-26: cf. B 3) : se un uomo crescesse in un luogo sotterraneo in completa solitudine, senza educazione e comunicazione con al tri uomini e poi , improvvisamente , fosse condotto a l l a luce del giorno , non avrebbe nessuna idea di tutte le cose che vede ora e parlando non p otrebbe farsi cap ire. Cosi si vede che l 'ani ma uma na per na tura non porta nessuna cono­ scenza in sé, come sarebbe presum ibile secondo la dottrina del l 'anamnesis , ma p uò guadagnare ogni cono­ scenza solo con l 'esperienza nel corso del la vita e con l'educazione , in particol are anche con l'i mparare a parlare . Arnobio dunque , con il suo esperimento speculativo , non i ntende dire che la nostra vita umana comunque somiglia a una tale esistenza in caverne. Intende p iut­ tosto chiarire che l 'ani ma umana per na tura è rozza , incolta e bisognosa e non partecipa per niente alla pienezza del l a conoscenza divina e al l 'i m mortalità. Il mondo luminoso è il nostro mondo umano della cul­ tura e del la comunicazione , nel quale possia mo guada­ gnare determinate conoscenze e rendere abbastanza si­ cura la nostra vita , senza però giungere alla cono­ scenza di Dio e al l'i mmortalità . Ciò che ci fa raggiun­ gere questa mèta non è la nostra propria aspirazione alla conoscenza , ma soltanto la grazia divina . Si può discutere che cosa di questa concezione di Arnobio sia genuinamente cristiano . Di sicuro si può dire che dà a l l ' immagine della caverna una tendenza antipl atonica. Il significato del paragone platonico (e anche aristotelico) in Arnobio viene rovesciato. In Pla­ tone (e Aristotele) quel l i che escono dal l a caverna, an38

che se p ri ma vengono abbagliati dal la luce , giungono alla loro determinazione suprema e autorealizzazione. In Arnobio quelli che sono giunti alla luce sono in una condizione di comp leta incomprension e , perché il loro carattere innato , p rivo di ragione , non li rende abili a comprendere nem meno le cose piti comuni . 4 . Gregorio di Nissa: la morte come liberazione Un pensiero che nella Repubblica è da Platone preso in considerazione solo in maniera latente , sarà p iti tardi, diversamente , uno degli aspetti piti i mportanti del paragone del la caverna: il passaggio a una vita migliore attraverso la morte . Già lo stoico romano Seneca ha trasformato il para­ gone in questo senso. In una delle sue Epistole morali 002, 2 1 -30), dove medita sulla morte , Seneca , invece di una caverna , parla del ventre materno dal quale si è liberati con la nasci ta; e mentre prima era rappresen­ tata la via della conoscenza ora si tratta la morte come una li berazione dal buio della vita terrena : cOSI, spiega Seneca , come passiamo con la nascita dal buio alla luce di questo mondo , la morte è forse un'altra nascita attraverso la quale giungiamo al la vera, eterna luce. Come Seneca , ma ora orientato da un punto di vista crist iano , similmente parla Gregorio di N i ssa, il grande teologo del IV sec. , nel suo scritto Su i morti (cf. B 4) : la nostra vita di adesso nei confronti con la vera vita è come la prigionia in un carcere buio. Se ci troviamo bene in questa prigione e non vogliamo la­ sciarla, è soltanto per il motivo che non sapp iamo niente della vita nel la luce. Quelli che sono fuggiti dal la prigione , i n fondo, dovrebbero compiangere gli altri che stanno ancora là . Nel dip i ngere ciò che vedono quelli che sono giunti alla luce, anche il paragone di Aristotele avrà offerto 39

qualche suggestione . Nei confronti di Platone, oltre le concordanze, si possono di nuovo constatare diver­ genze. (1) Anche in Gregorio i l paragone ha ancora la forma della proporzione tripartita: la vita in una pri­ gione buia (A) sta alla vita nella luce (B) come la nostra vita terrena (B) alla vera vita dopo la morte (C) . Anche con il pensiero che la nostra anima nella morte trapassa dal buio della caverna alla luce del vero es­ sere , Gregorio non si separa da Platone . Nel paragone della Repubblica, a dire il vero , questo aspetto non è esplicitato; però Platone dice , in maniera chiara , nel mito del Pedone e in molti al tri luoghi, che l 'anima dopo la morte , non essendo piu legata al corpo, è capace di riconoscere la verità meglio di adesso, quando a causa del corpo è attaccata al mondo senso­ riale . (2) La differenza fra il punto di vista di Platone e quello del teologo cristiano sta nel fatto che il passag­ gio dall a vita terrena a quella dell'al di l à , che deve essere una ascesa alla luce , non viene piu effettuato dalla filosofi a . Cosi non possiamo neanche anticipare questa ascesa in questa vita . Non di meno in Gregorio non c 'è un ritorno nella caverna di quelli che sono stati liberati . Che quelli che sono giunti alla luce si rivolgano ai prigionieri compiangendoli , è diventato soltanto un pensiero ipotetico: se non fossero sottratti a ogni dolore terreno , dovrebbero compiangere gli al­ tri . Il legame delle rappresentazioni platoni che con quelle cristiane si rileva i n particolare anche nella de­ scrizione della magnificenza del l ' al di là con metafore tratte dal Nuovo Testamento. 5. Giordano Bruno: emancipazione dall'errore

In tempi moderni il paragone della caverna ci si presenta per primo in Giordano Bruno , la cui vita lo

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porta da Nola a Napoli , nel l 'Italia del Nord , poi a Ginevra , in Franci a , in Inghi l terra , in Germani a , e fi­ nalmente di nuovo in Italia - fino al suo rogo a Roma nel l 'anno 1 600. Ciò che Bruno presenta con l 'i mmagi ne del mito del la caverna è la li berazione dal l ' angusta visione del mondo della scolastica medioevale attra­ verso la teoria eliocentrica di Copernico. Andando oltre Copernico , Bruno non crede piu in una sfera delle stelle fisse come saldo limite del mondo, ma vede , nelle stelle fisse , soli, che vagano in un cosmo infinito. Il sentimento della liberazione porta Bruno piu volte ad esprimersi con immagini metaforiche: egli si vede liberato dalle catene dell 'errore, illuminato dall a luce del sole che scaccia l 'oscurità della notte , o anche liberato nell a vastità e nella chiarezza del cielo . Queste immagini ricordano la lode della dottrina epicurea i n Lucrezio, ma in particolare il/mito della cavern a . D a Platone sono ispirati l a descrizione nel primo dialogo di De la causa, principio et uno (1584) e i versi latini del poema didascalico De immenso et innumerabilibus (1591) (cf. B 5). In entrambi i passi Bruno parla dell a liberazione da una oscura prigione, poi paragona dettagliatamente le diverse reazioni degli uomini di fronte alla luce delle nuove conoscenze con il comportamento degli animali al sorgere del sole: gli uni temono la luce e tornano a rifugiarsi nell 'oscurità (come gli uccelli not­ turni e le talpe) , gli altri salutano con gioia il giorno nascente. Dal paragone platonico della caverna Bruno ri­ prende ! ' idea che gli uomini sono dapprima accecati dal l 'insolita luce, in modo tale che molti non sono pronti ad accogliere la nuova verità . Diversamente che in Platone - e piu vicino agli intenti del paragone aristotelico - la luce del sole in Bruno non simboleg­ gia piu la verità del le idee trascendenti , ma la nuova comprensione dell a natura e dell 'universo nell a sua grandezza infinita. 41

6 . H. L. Spiegel e fan Saen redam: oscu rità e illu mina­ zione del cuore Verso la fine del sedicesimo secolo , l 'olandese Hen­ drick Laurenszoon Spiegel ha composto un ampio e dotto poema intitolato Hertspiegel (Specch io del cuo re: cf. B 6) . Nel terzo libro di quest 'opera viene raccontato in modo nuovo il paragone platonico del la caverna . La caverna è per l 'autore una rappresentazione del cuore umano con i suoi i mpulsi oscuri e la sua abilità a volgersi verso la luce della ragione e della verità di­ vina . Spiegel , per primo, ha ispirato il pittore olandese Cornelis di Haarlem nella rappresentazione della ca­ verna platonica in un quadro . Questo quadro , dipinto nel 1 59 8 , è andato perduto; possediamo però una i nci­ sione in rame di Jan Saenredam del l 'anno 1 604 che riproduce il quadro . L'incisione in rame mostra l'Antrum Platonicum con particolari cambiamenti che , nel l ' i ntenzione del poema di Spiegel , rappresentano concezioni contemporanee . U na sala, come si vede nella raffigurazione , è divisa in due stanze da un muro : una parte oscura e una parte i lluminata da una lampada . Un corridoio con­ duce al l 'aria aperta , alla luce chiara del sole. Sul muro stanno statue : figure al legoriche delle virtù cristiane e dei vizi mondani . Gli uomini seduti al buio (però non incatenati) guardano le ombre del le figure allegoriche sulla parete e parlano di loro . Gli uomini nella stanza illuminata dal la lampada ovviamente si trovano in un campo medio tra il buio degli esseri privi di ragione e le figure nella luce fuori della caverna . Il quadro olan­ dese raffigura qui i rappresentanti delle scienze e del la filosofia, che hanno assunto determinate conoscenze, ma non sono ancora giunti alla verità della rivelazione cristiana . Davanti , due uomini tentano di convincere quelli seduti nel buio a seguirli e a vol tarsi verso la luce . 42

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Qualcos 'altro si vede soltanto leggendo ciò che H . L . Spiegel aveva scri tto s u l paragone del la caverna nel suo poema didascalico : vide nella caverna di Platone una rappresentazione del cuore u mano con le sue emo­ zioni buone e cattive . Secondo questo , sul quadro la parte oscura corrisponde al ventricolo destro del cuore , nel quale ci si im maginava che avessero trovato di­ mora gli impulsi oscuri del l 'uomo , la parte chiara al ventricolo sinistro con le aspirazioni buone; e l 'uscita verso la luce corrisponde alla grande aorta del cuore che porta il sangue fresco nel corpo . Il titolo del quadro è preso dal Vangelo di Giovanni : « La luce è venuta nel mondo , e gli uomini hanno amato le tenebre piu del la luce » . A ciò corrispondono gli elementi del quadro che provengono dal la tradi­ zione cristiana: la raffigurazione del l e virtù e dei vizi sul muricciolo e sulla parete; la posizione intermedia del l e scienze e del la filosofia , tra il buio, nel quale persiste la massa, e la luce di cui parla i l Vangelo . Qui abbiamo dunque del tutto una trasposizione del paragone della caverna ne l mondo concettuale del­ l 'umanesimo cristiano del Rinasci mento . 7 . Francesco Bacone: la critica delle immagin i false Lasciamoci condurre dal nostro argomento dal l 'O­ landa all 'Inghilterra ! Là i l Lord cancelliere e fi losofo Francis Bacon al l ' inizio del diciassettesi mo secolo si serve del paragone del la caverna in modo anal ogo a Giordano Bruno . Egli esige una conoscenza de l la na­ tura nuova , imparziale e metodicamente sicura , che deve ascendere dal l 'esperienza ampia a regole razio­ nali . L'ostacolo pri ncipale su questo cammino , Bacone lo vede nei molti preconcetti ingannevol i , abitudini e autorità del l 'uom o . Egli chiama queste i mmagini false 'idol i ' (idola ) e distingue diverse specie di questi pre­ giudizi : i mmagini false che sono insi te nel la natura del l 'uomo (idola tribus) , inganni del l inguaggio (idola 44

fori), le false tradizioni e dottrine dei filosofi che creano un mondo teatralè e fittizio (idola theatri), e un'altra specie , che chiama i mmagini false della caverna (idola specus) . Questi 'idol i ' della caverna risultano - a diffe­ renza del le disposizioni della natura umana comune dagli errori e pregiudizi individuali del singolo . Nello scritto De dignitate et augmentis scientia rum dice a que­ sto proposito (cf. B 7): « Per quanto concerne le 'false immagini della ca­ verna ' , queste trovano la loro origine nella natura dello spirito e del corpo proprio del l ' individuo , cosi come nel la sua educazione e abitudine anche i n fatti casuali che capitano al singolo uomo . Infatti quella della ca­ verna di Platone è una i m magine molto bel l a . Se dun­ que qualcuno - a parte le finezze squisite del paragone - dalla pri ma infanzia fino a l l ' età matura vivesse in una caverna o una grotta buia sotto terra e poi , del tutto i mprovvisamente, uscisse all 'aria aperta e vedesse questa grande opera del cielo e del la natura , senza dub­ bio (pri ma) gli verrebbero in mente una moltitudine di idee strane e stupide e si i mpossesserebbero del suo spirito . Noi però natural mente viviamo sotto il cielo aperto; tuttavia le nostre ani me pensanti sono chiuse nelle caverne dei nostri corpi cosicché necessariamente raccolgono una infinità di i m magini , errori e falsità, in quanto escono dal la loro caverna solo raramente e per poco te mpo e non si trattengono sempre a guardare la natura , per cosi dire , sotto il cielo aperto . Con quel l 'im­ magine della caverna di Platone concorda anche otti­ mamente la nota sentenza del paragone di Erac lito (fr . B 2 . 8 9 Diels- Kranz) , che g l i uomini cercano le loro conoscenze nei propri mondi individuali e non nel grande mondo comp lessivo » . Bacone dunque , con il paragone della caverna - e in aggiunta con la sentenza di Eraclito - chiarisce la situazione del l 'uomo comune che non è ancora capace di osservare e pensare in maniera scientifica. Chi ha tali 45

preconcetti non può comunicare con i l mondo vero e sovraindividuale. Bacone vuole aiutare l 'uomo ad accor­ gersi dei suoi p reconcetti ed a com bat terli ed a l i berarsi di loro , per quanto possibi le, per poter progredire sul cammino del la conoscenza oggettiva della natura. Bacone concorda con Platone nel dire che l 'uomo raggiunge la conoscenza soltanto superando le i m ma­ gini false. Lo stato di confusione de l l 'uomo che esce a l l ' i mprovviso dal la sua caverna ricorda la descrizione di Platone dove nel l 'ascesa si debbono sempre combat­ tere l 'i ncertezza, la confusione , l 'abbagl iamento e dove chi è liberato vorrebbe sempre tornare tra le ombre della caverna che gli sono fam i liari . Bacone però non si è appropriato del paragone pl atonico senza cam bia­ menti essenziali. (al In Pla tone , dietro le om bre della caverna , vanno intese tutte le possibi li opi nioni false , addirittura anche errori collettiv i . Bacone definisce come idola specus spe­ cialmente le opinioni false del l 'individuo . Ovviamente fu soprattutto la concezione de l l 'essere prigioniero del proprio corpo e del l 'i solamento nel le i mmagini perso­ nal i , che condusse Bacone alla metafora p latonica. (b) Bacone non crede nelle i dee platoniche . Per lui esiste soltanto l 'ordine della natura che è spiegabile con l 'empiria. La sua concezione dunque è p iti vicina all 'a­ nalogia del paragone aristotelico che p latonico: l 'uomo che è rinchiuso nella caverna sta a quello che è venuto alla luce come l 'uomo comune , pre so dal le sue autoil lu­ sioni , sta a quel lo che si dedica alla conoscenza scienti­ fica della natura. (c) Nel paragone di Platone, quel lo che sale sopra è confuso dal la chiarezza che , in un primo momen to , lo abbaglia perché è abituato al mondo delle ombre; le i m magini ingannevoli però ri m angono nella caverna. In Bacone , quello che esce a l la luce porta con sé le sue immagini ingannevoli , e sono proprio quel le che impe46

discono una comprensione giusta del m ondo . Questo significherà : per Platone la percezione risu lta sbagliata o giusta secondo verso qua li oggetti si rivolge l 'uomo . Bacone invece vede la fonte degli errori proprio nel l a ragione umana; e i l progresso verso la conoscenza se­ condo lui consiste nel fa tto che l'uomo si rende conto dei suoi pregiud izi e de lle i mmagini inga nnevoli che corrompono la sua ragione . Ciò che Platone descrive come ascesa dagli oggetti i m m agi nari a quelli che esi­ stono nella realtà , i n Bacone diventa dunque un pro­ blema dell 'autocri tica del soggetto. Con questa sogget­ tivazione come con l 'interiorizzazione individua listica del paragone della caverna si palesa un aspetto fonda­ mentale con il quale la filosofi a moderna si allontana i n maniera sempre piti decisa dalla fi losofia antica . 8. Clive Staples Lewis: la rappresentazione dell'al di là Nel nostro seco lo Clive Stap les Lewis si è avvici­ nato di nuovo a Platon e . Egli era professore a Cam­ bri dge e scri tt ore versatile. l suoi lavori sci ent i fici trat­ tano di letteratura medi oevale . Ma sono piti noti i suoi Essays di teologia morale e c ri t ica sociale cosi come i suoi romanzi e libri per bambini . Sotto il titolo Transposition (Trasposizione) Lewis ha pub blicato una predica di Pentecoste nella quale spiega che le rivelazioni soprannatural i per raggiun­ gerei devono essere 'trasposte' secondo le condizioni del nostro mondo empirico (cf. B 8) . La real tà spiri­ tuale ci può incontrare sol tanto nelle forme del mondo naturale . Ciò però non significa che non le appartiene un essere proprio e superiore , come vede l o scettico. Un esempio che può rendere chiara la trasposizione da un medio piti ricco a uno p iti ristretto è la ridu­ zione del la nostra realtà tridi mensionale e colorata a un disegno a due dimensioni . A questo proposito Lewis racconta la storia seguente : U na donna è stata gettata ,

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· in una . segreta nella quale non si vede niente del mondo esterno . La donna partorisce nel carcere un figlio e lo al leva li. Poiché ha un blocco da disegno e delle matite descrive al figlio il mondo esterno Cbn l 'aiuto di disegni . U n giorno scopre che il figlio si i m magi na che il mondo vero consista solo di tratti di ' matita . Tenta di spiegargli che i n realtà non è cos i ; ma ora il figlio non può proprio piti i mmaginarsi niente del mondo vero , perché i tratti di matita erano l 'unica cosa che credev TIÀa"twVL ) , monEQ ' E !-l" n EÙoxÀEL "t ò av"tQov , "tbÙE "t ò nuv Ùoxw !-l0L ÀÉyELV , onoll yE À'UOLV "twv ÙEO !-lWV xaì. avoÙov Èx "tO'ii oltl] ÀaLoll "tf] 1pllXf1 IPl]OL v EtVaL "tijv nQòç "tò VOl]"tòv lt o Q EL av -

.

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e la caverna significa per lui ( = Pl atone) , come mi sembra , cosi come la 'grotta ' per Empedocle. tutto questo mondo (visibile) , dove . come dice , una libe­ razione dai vincoli e un' ascesa dal l a caverna è pe r l 'anima il viaggio verso i l mondo spiritua l e . Studi sul la preistoria del la metafisica d e l l a l uce c del paragone della caverna nel l a poesia e filosofia pre­ socratica : J. H. WRIGHT, The Origin o/ Plato's Cave , « Ha rv ard Studies in Class i ­ cal Philology » 1 7 ( 1 906) , pp . 1 3 1 - 1 42 .

U . v . WILAMOWITz-MoELI.ENDORFF , Die Kat}aQllol des Empedokles , " Sit­ zungsberichte der Preussi schcn Akademie der Wissenschahen » , Ph i l -h i s t K I . 1 929, 2 7 ( Berlin 1 929). .

.

H. FRÀNKEL, A Thought Pattern in Heraclitus , " Amer. Journ . Philol . » 5 9 ( 1 93l:!), pp . 309- 3 37; Eine heraklitische Denk/orm , i n H . FRAN­ KEL, Wege und Formen des frnhgriechzschen Denkens (Miinchen 1 9602) , pp . 2 5 3- 2 l:! 3 . J . A . NOTOPOULOS , The Symbolism 01 t h e S u n a n d Light in t h e Republzc o/ Plato , 1. « Classical Phi lology » 39 ( 1 944), pp . 1 63- 1 72 . R . BULTMANN, Zu r Gesch ichte del' Lich tmetaphysik i m Altertu m , " Philo­ !ogus » 9l:! ( l 94l:!) , pp. 1 -3 6 . W . JAEGER , D i e Theologie del' Irnhen griechischen Denker ( Zii ri ch 1 9 5 3 ) (spec . pp . 1 70- 1 7 1 s u Empedoc l e , Ir. 1 2 0 D . - K . ) . W. BElERWALTES, Lux intelligibilis. U ntersuchung l u r Lichtmetaphysik der Griechen , Diss . (Miinchen 1 957) . H. BLUMENBERG , Licht als Metapher del' Wahrhezt. 1m Vorjeld del' ph ilo­ sophischen Begriffsbildung , « Studium Generale» l O ( 1 957), pp . 432-447 . G . ZUNTZ, Persephone. Three Essays o n Religion and Though t i n Ma­ gna Graecia ( O xtord 1 97 1 ) . C. GALLAVOITI, Empedocle. Poema f isico e lustrale (Milano 1 9 7 5 ) . D . BREMER, Hinweise z u m griechischen Ursprung und ZUl' europciischen Geschichte der Lichtmetaphysik , « Archiv fii r Begrillsgeschich t e » 1 7 ( 1 97 3 ) , p p . 7-35; Licht als universales Darstellungsmedzum. Materialien und B ibliograph ze , « Archi v fiir BegriUsgeschichte » I l:! ( 1 974) , p p . 1 l:! 5-206; Licht und Dunkel in del' Irnhgriechischen Dichtung ( Bonn 1976), « Archiv tur Begritlsgeschichte » , Supp l . I . M . R . WRIGHT, Empedocles: The Extant Fmgments . Edi ted wi th an lntroduction , Commentary, and Concordance (New Ha ven I Lon­ don 1 9 1:i 1 ) .

63

2 . PLATONE , Fedone 1 08 C 1 1 5 A : Racconto mi tico sulla forma del la terra . -

Sacra te narra che la terra ha forma di sfera e che noi abitiamo in una cavità del la superficie terrestre . 1 09 B-E . 1 1 0 E - I I I C (Traduzione di Giovanni Reale : Platone , Fedone , Brescia 1 970, 1 9�Ql!) . Infatti , intorno alla terra ci sono numerose cavità di ogni forma e di ogni grandezza , entro le quali si sono riversate insieme l 'acqua , l 'aria e la ne bbia. Ma la terra , in se stessa , è pura e si trova nel cielo puro, dove si trovano anche gli astri ; e questo cielo, la mag­ gior parte di coloro che sogl iano trattare di queste cose chiamano etere . E l 'ari a , la nebbia e l ' acqua sono sedimenti dell 'etere e sempre si riversano i nsieme ne lle cavità del l a terra . Orbene , abi tando nelle cavità del la terra , noi non ce ne accorgiamo e siamo convinti di abitare sulla superficie del la terra , come se uno , abi­ tando nel mezzo della profondità del mare, credesse di abitare sopra la superficie del mare, e, vedendo attra­ verso l 'acqua il sole e gli al tri astri , credesse che il mare fosse cielo e , per sua infi ngardaggine e debolezza , non essendo mai arrivato all 'estremo lembo del mare , non avesse mai visto , trattosi fuori dal l 'acqua e levato il capo verso questa regione , quanto questa sia piu pura e piu bella di quella dove egli abita , né avesse mai sentito dire questo da qualcuno che l 'avesse già vista . Ora proprio questo è ciò che succede anche a 64

noi : abitando glU in una del l e cavità del la terra , cre­ diamo di abi tare sopra la terra , e chiamiamo l 'aria cielo, perché sembra che attraverso essa , come se ap­ punto fosse cielo, si muovano gli astri . E la nostra si tuazione è la stessa : per de bolezza e infingardaggine noi non si amo capaci di attraversare l 'aria e giungere fino alla estrema superficie di essa : infatti, se qualcuno giungesse agli estremi confini dell'aria , o se, messe le ali, riuscisse a volare fino lassit, levando il viso fuori dall'aria vedrebbe le cose di là, cosi come i pesci, levando il capo fuori dall'acqua, vedono le cose di qua; e se la sua natura fosse all' altezza di sostenere una tale visione, conoscerebbe che il vero cielo, la vera luce e la vera terra sono quelle . E la terra è ornata di tutte queste cose e anche d'oro e d 'argento e di altri metal li preziosi (questi , infatt i , sono tutti visibili e ve ne sono dovunque , in grande ab bondanza) , cosi che il vederla è una visione veramente degna dei beati . E ci sono molti animali e di molte specie e anche uomini; ed alcuni di essi abitano a l l ' interno del la terra , altri sulle sponde del l 'ari a , come noi sulle sponde del mare , ed altri in isole che sono accanto al continente , i ntorno alle quali scorre l 'ari a : perché, insomma, quello che per noi e per i nostri bisogn i è l'acqua ed il mare, lassit, invece, è l'aria, e quello che per noi è l'aria per loro è l'etere. Le loro stagioni sono , poi , cosi tempe­ rate , che essi non hanno malattie e vivono molto piti a lungo che non qui da noi . E per vista , udito, intelli­ genza e per tutte le altre facoltà , superano noi nella stessa misura in cui l'aria supera l'acqua per la sua purezza, e l'etere l'aria. E vi sono anche boschi e tem­ p I i sacri agli Dei , nei quali abitano veramente gli Dei , e c i sono oracoli e divinazioni e visioni e altri modi di comunione diretta fra gli uomini e gli Dei . E , ancora , vedono il sole, la luna e gli astri cosi come sono, e godono di ogni altra felicità che s'accompagna a tutte queste cose . . .

65

3 . PLATONE , Repubblica

VII 5 1 4 A 5 1 9 B . -

I l paragone della caverna d i Platone . Alcune interpretazioni : J. A. NOTOPOULOS , The Symbolism o{ Ihe Sun and Ihe Lighl in Ihe

RepubLic or PLalo, Il , « Classical Philology » 39 ( 1 944), pp . 223-

240. M . HElDEGGER, PLatons Lehre von der Wahrheit

(Bem 1 947 1 ) .

P. GRENET, Les origines de l'anaLogie philosophique dans Les diaLogues

de Plalon (Paris 1 948) . Th . BALLAUF, Die Idee der Paideia. Eine Studie zu Platons 'Hòhlenglei­

chnis ' und Parmenides' 'Lehrgedich t ' (MeisenheimlGlan 1 9 52). D . TARRANT , The Cave and the Sun , « Hibbert Joumal » 52 ( 1 953/54), pp . 360-367 .

N . MAImN-DESLIAS, Le mythe de la caverne (Paris 1 959) . J. FERGUSON, Sun, Line and Cave again , «Classical OuarterIy »

13 ( 1 963), pp . 1 88- 1 93 . R. C . CROSS - A . D . WOOZLEY, Plato's Republic: A Philosophical Com­ mentary (London 1 964), pp . 1 96-230 (Sun, Line and Cave) . J . RAVEN, PLalo's Thought in the Making (Cambridge 1 965), cap . l O : Sun, Divided Line and Cave. P.-M. ScHUHL ( 1 968), vedi B. l : Aristotel e .

R. G . TANNER , �Létvma and Plato's Cave , «Classical QuarterIy » 20

( 1 970), pp . 8 1 -9 1 . W . K . C . GUTHRlE, A History or Greek Philosophy , VoI . IV : Plato. The Man and h is Dialogues, Earlier Period (Cambridge 1 975), pp . 5 1 2-

518. J . R . S . WILSON, The Contents o{ the Cave , « Canadian Joumal of Philosophy » , Supp i . 2, 1 976 (New Essays on Plalo and Ihe Pre-So­

cratics , ed . R . A. Shiner and J. King-Farlow), pp . 1 1 7- 1 29 .

66

J. MORRISON , Two Unresolved Difiiculties in the Line and the Cave , « Phronesi s » 22 ( 1 977), pp. 2 1 2-23 1 . J.

ANNAS ,

An

Introduction

to

Plato's

Republic

(Oxford

1 9� 1 ),

pp . 242-27 1 : Sun , Line and Cave. J. MALCOLM, The Cave Revisited, « Classical Ouarterlp 3 1 ( 1 9� l ), pp . 60-6� . R. FERBER, Platos Idee des Guten (Sankt Augustin 1 9�4) , pp . 1 1 5- 1 4 � .

67

B . 1 . ARISTOTELES , De philosoph ia , fr . 1 3 Walzer-Ross i n Cicero , D e natura deorum I I 3 7 , 9 5 : Praecl are ergo Aristoteles si essent, inquit , qui sub terra semper habitavissent bonis et inlustribus domi ci­ liis quae essent ornata signis atque picturis i nstructa­ que rebus iis omnibus qui bus abundant ii qui beati putantur, nec tamen exissent unquam supra terra m , accepissent autem fama e t auditione esse quoddam nu­ men et vim deoru m , deinde aliquo tempore patefactis terrae fauci bus ex illis abditis sedi bus evadere in haec loca quae nos i ncoli mus atque éxire potuissent , cum repente terram et mari a caelumque vidissent , nubium magnitudinem ventorumque vim cognovissent aspexis­ sentque solem eiusque cum magnitudinem pulchritudi­ nemque tum etiam efficientiam cognovissent quod is diem efficeret toto caelo luce diffusa , cum autem terras nox opacasset tum caelum totum cernerent astris di­ stinctum et ornatum lunaeque luminum varietatem tum crescentis tum senescentis eorumque omnium or­ tus et occasus atque in omni aeternitate ratos immuta­ bilesque cursus : quae cum viderent , profecto et esse deos et haec tanta opera deorum esse arbi trarentur . atque haec quidem i l l e . ARISTOTELE, Opere , voI . I l : Frammenti , Traduzione di Gabriele Giannantoni (Bari 1 9 73) , pp . 209-2 1 0 . Eccellente è ciò che scrive Aristotele : s e c i fossero de­ gli uomi ni i quali avessero sempre abitato sotto la terra 68

in buone e i lluminate dimore , adorne di statue e pit­ ture , e forni te di tutte quelle cose di cui abbondano coloro che si stimano felici; se essi però non fossero mai saliti sul l a terra e avessero solo sentito parlare dell 'esistenza di una certa natura e potenza divina, e dopo qualche tempo, spalancatasi la terra , fossero po­ tuti uscire da quelle loro dimore e pervenire nei luoghi che noi abiti amo; quando a un tratto avessero veduto la terra e il mare e il cielo , e avvertita la grandezza delle nubi e la forza dei venti , e scorto il sol e , e in­ sieme con la sua grandezza e bel lezza avessero cono­ sciuta l 'attività con la quale, diffondendo la luce per tutto il cielo, esso produce il giorno; se poi , oscurata la terra dall a notte , avessero scorto il cielo tutto trapunto e adorno d 'astri , e le fasi della luna crescente e ca­ lante, e le nascite e i tramonti e le orbite immutabil­ mente fissate per l 'eterni tà di tutti questi corpi celesti : s e essi avessero scorto tutto ciò , riterrebbero certo che gli dei esistono e che tanta grandezza è tutta opera loro . - Cosi si esprime Aristotele. Interpretazioni : W. JAEGER , Aristoteles. Grundlegung einer Geschichte seiner Entwick­ lung (Berlin 1 92 3 , 1 9552). pp . 1 67- 1 68 . A .-J . FESTUGIÈRE , La révélation d'Hermès Trismégiste, Il . Le Dieu Cos­ mique (Paris 1 949), pp . 2 1 9-259. P.-M . SCHUHL, La fabulation platonicienne (Paris 1 968) : Les thèmes platoniciens de la Caverne (33-52); Le thème de la Caverne chez Aristote et après lui (53-62) . B. EFFE , Studien zur Kosmologie und Theologie der Aristotelischen Sch­ rift « Ober die Philosoph ie» , (Miinchen 1 970) , pp . 9 1 -94 .

69

2 . MASSIMO DI TIRO (circa 1 2 5- 1 8 5 d . C.), Philosophu­ mena 3 6 , 4 (ed . H . Hobein, Leipzig 1 9 1 0 , testo greco) .

Quale uomo è cosi privo di ragione, cosi traviato dai suoi desideri , cosi infelice che per ! 'incli nazione verso piaceri piccoli e momentanei e beni di dubbio valore , verso speranze insicure e incerti successi , non voglia andare incontro e trasferirsi in una felicità co­ munemente riconosciuta come tal e ? E questo, benché sappia che (cosi) si l i bererà da molteplici mal i , che mescolati col secondo modo di vivere ( quello indiriz­ zato verso il piacere) , non fanno altro che la sua con­ dotta di vita sia abbandonata alle circostanze , infel ice e completamente senza successo . Voglio dunque rappresentare ciascuna delle due forme di vita con un'immagine . Per prima cosa para­ gono questa vita 'nobile' e varia con una terri bile pri­ gione dove uomini infelici vengono tenuti in una se­ greta senza luce con molto ferro intorno ai piedi , e con un col lare pesante intorno al collo e con le mani inca­ tenate da vincoli molesti : tutti sporchi , stretti doloro­ samente , impauriti e sospiranti . Con il tempo e l 'abitu­ dine si procurano là dentro un qualche sol lievo e di­ vertimento , ubri acandosi talvolta nel carcere e can­ tando con confusione , abbuffandosi e facendo l 'amore - pur non rimanendo soddisfatti appieno da nessuno di questi piaceri per la paura e ! 'incertezza e per i l ricordo dei m a l i presenti . Di conseguenza in ogni pri=

70

gione si possono sentire tutte e due le cose insieme : lamentarsi e cantare , sospirare e giubilare . L'altra vita i nvece la paragono con un uomo che si trattiene nella luce pura , dopo che gli sono stati sciolti i piedi e le mani , e che gira i l collo in ogni direzione , che dirige i suoi sguardi verso il sol e , guarda le stelle, distingue notte e giorno , aspetta le stagioni dell 'anno , sente i venti e respira aria pura e libera : un uomo che è anche privo di quei piaceri goduti là dentro insieme con i suoi vincoli , che non si ubriaca, non fa l 'amore e non si abbuffa , che non sospira e non giubi l a , non canta e non si lamenta, non si riempie, ma per quanto gli è appena sufficiente a vivere è fine e coltivato ri­ guardo al ventre . Quale i mmagine dunque loderemo? Qual e vita de­ ploreremo, quale preferiremo? Sceglieremo, adescati da piaceri amari e miseri , la vita nel carcere , promi­ scua , offuscata, « dove dunque c 'era lamento e grida di vittoria degli uomini » * , poiché allo stesso tempo godono e sospirano ? Non cosi tu , o mia anima misera !

*

Omero , Il. 4, 450 (descrizione di

71

u na

battagl ia) .

3 . ARNOBlO , Adversus nationes II 20-26 (cp . 20-22 Arno­ bius , Adversus nationes libri VII , ed . C. MARCHESI , Torino 1 934 , 1 9 532) .

Et ut vobis cl arius manifestiusque monstremus, cuius sit pretii homo, quem simil l i mum creditis poten­ tiae superioris existere , concipite animis hanc imagi­ nem vestris et , quod fieri si adgrediamur potest , tam­ quam si simus adgressi , si militudi nis adsumptione te­ neamus . Sit igitur nobis tellure in effossa locus habita­ bilis formam cubilis efficiens , tecto et parieti bus clau­ sus , non algidus in l'rigore , non fervoris nimii in calore , sed ita temperatus et medius ut nec l'rigoris sensum nec ardore m validum perpetiamur aestatis . In hunc sonus omnino nullius incidat vocis , non avis , non be­ stiae , non tempestatis, non hominis , non denique fra­ goris al icuius aut concrepantis terri biliter caeli . Exco­ gitemus deinde quemadmodum lumen accipiat: non ex inlato igni neque ex sole conspecto sed nothum aliquid fiat , quod i maginem luminis caligi ne interposi ta men­ tiatur; ianua non una sit nec sit introitus rectus , adea­ tur inflexibus flexuosis nec rec ludatur aliquando , nisi cum necessaria ratio postularit . (2 1 ) Nunc quoniam imagini praeparavimus sede m , accipiamus deinceps mox aliquem natum e t in loci il lius hospitium , quod ha beat rem nullam et sit inane ac vacuum , Platonica licet aut Pythagorea progenie aut horum alicuius, qui acuminis perhibentur fuisse diuini aut ex deum responsis sapientissimi nuncupati . Quod 72

cum actum fuerit , nutriri ut debeat sequitur et ali mo­ niis convenienti bus educari . Adhi beamus igitur et nu­ tricem , quae semper ad eum nuda, semper si lens acce­ dat , verbum nul lum faciens nec in sermonis al icuius ora et labra diducat , sed cum mammas dede­ rit et consequentia supplerit offi ci a , datum quieti lin­ qua t et ante fores cl ausas dies noctesque conti nuet : poscit eni m plerumque res , nutricias adesse curas et observari temporarios motus . At vero cum coeperit so­ lidioribus ci bis infans de bere fulciri , nutrice inferantur ab eadem, veste ut diximus posita et tenore reticentiae servato . lpse autem qui i nfertur cibus sit unus atque idem semper, nihi l materia differens nec per varios redintegratus sapores , sed aut fi tilla de milio aut sit panis ex l'arre aut , ut saecula imitemur antiqua , ex cinere caldo gl andes aut ex ramis agresti bus baculae. Potio autem vini sit prorsus incogni ta nec sedandae aliud admoveatur siti quam liquor purus e fonti bus caldore ignis intactus et, si fieri potis est , mani bus subministratus cavis . Fiet enim fami liaris e more con­ suetudo in naturam versa nec adpetitio porrigetur ulte­ rius , esse amplius nesciens quod petatur. (22) Quorsum igitur haec spectant ? Vt, quoniam creditum est ani mas divinas a deo immortales esse et ad hominum corpora disciplinis cum omnibus advo­ lare , experiamur ex isto quem hoc genere volui mus educari , capiatne res fidem an sit levi ter credita et frustrabili expectatione praesumpta . Proceda t igitur nobis sol itudine in operta nutritus quot vultis annos agens , vultis vicenarius , vultis tricenarius , i m mo cu m annos l'uerit quadragi nta permensus , mortalium conci­ liis inferatur, et si verum est i l lum principalis esse substantiae portionem , iam laetae ex font i bus vitae de­ rivatum hic agere , antequam notitiam rei sumat ali­ cuius aut sermone i m buatur humano , det responsu m rogatus , quisnam sit ipse aut quo patre , qui bus sit in regioni bus editus , qua pacto aut quanam ratione nutri­ tus , quid operis aut negotii celebrans ante acti te mpo73

ris decurrerit aevitatem : ita ille non omni pecore l igno saxo obtunsior atque hebetior stabit, non missus in res novas et numquam sibi ante cognitas ipsum sese est ante omnia nesciturus? Poteritne , si quaeras , sol quid sit ostendere , terra maria sidera nubes nebula p luviae tonitrua nix grando ? poteri t arbores scire quid sint , herbae aut gramina , taurus equus aut aries, camellus elephantus aut milvus ? Interpretazioni : A.-l . FESTIJGlÈRE, La doctrine des «viri novi" sur l'origine et le sort des ames d'après Arnobe, Il 1 1 -66 , in Mémorial Lagrange (Paris 1 940), pp . 97- 1 32 .

H . BWMENBERG, Das dritte Hohlengleichnis (Torino 1 96 1 ) . P. KRAFFT, Beitriige zur Wirkungsgeschichte des iilteren Arnobius , Wies­ baden 1 966 (Klassisch-Philologische Studien 32) , pp . 1 6 1 - 1 72 per la recezione del paragone della caverna presso M. Mersenne e La Mettrie .

74

4 . GREGORIO DI NISSA , De mortuis , ed . G . Hei l , p . 3 7 , 1 6 3 9 , 2 (testo greco) : -

Come mai dunque sono preoccupati quelli che com­ piangono chi è deceduto? È senz'altro cosi che i l morto, s e n o n fosse completamente libero d a ogni emo­ zione passionale, perché ha deposto il piacere e il do­ lore insieme con il corpo, avrebbe compianto con mag­ giore diritto i superstiti ai quali capita lo stesso di quelli che sono tenuti in una prigione : l 'abi tudine al buio e la confidenza con la tenebra fanno si che essi considerino la condizione data come piacevole e priva di fatiche . E cosi compiangono anche quelli che ma­ gari sono liberati dall a prigione .poiché non conoscono la luce chiara che accoglie quelli che hanno lasciato le tenebre . Se i nfatti conoscessero quello che si vede all'aria aperta , la bel lezza della chiarezza del cielo, l 'altezza del firmamento , lo splendore raggiante del le luci là, la danza delle stell e , le rivoluzioni del sol e , il cammino della luna , il multiforme alternarsi del le sta­ gioni sulla terra con le sue piante , l a visione piacevole del mare che si increspa i n onde dolci sotto i raggi del sole e mosso da un leggero soffio di vento, le bellezze degli edifici privati e pubblici dei quali si ornano le città piu famose e ricche : se dunque quelli che sono nati nella prigione avessero conoscenza di queste belle cose , non potrebbero piu compiangere q uelli che ven­ gono condotti fuori dal l a prigione come se venissero separati da qualcosa di buono . Ciò che natural mente 75

pensano quelli che sono li berati dal la pnglOne su quelli che ancora sono in carcere , cioè che loro anche in futuro devono sopportare una vita miserabile, que­ sto mi sem bra deplorerebbero e compiangerebbero an­ che quelli che sono fuggiti dalla prigione di questa vita , sem mai fossero capaci di espri mere con lacrime la compietà verso gli i nfelici che devono trattenersi ancora di piti nei torment i di questa vita, perché non vedono le bel lezze ipercosmie e sovrasensorial i : troni e dominazioni , p rincipat i , potestà , l eserciti di angeli , 2 riunioni di giusti , la città superiore e la festa sovrace­ leste dei coscritti.3 Edizione del testo greco: Gregorii Nysseni opera , vol . lX = Sermones , pars l (Leiden 1 967). (De mortuis , ed . G . Hei l , p . 37, 1 6-39, 2).

Interpretazioni : J . DANIÉLOV , Le symbole de la Caverne chez Grégoire de Nysse , in Mullus, Festschrift Th. Klauser, « 1 ahrbuch fUr Antike und Chri­

stentum » Erg .-Band l ( 1 964), pp . 43-5 1 . W . B LU M , Eine Verbindung der zwei Hohlengleichnisse der heidnischen Antike bei Gregor von Nyssa , « Vigiliae Christianae " 28 ( 1 974) ,

pp. 43-49.

All ' interno della tradizione neoplatonico-cristiana del la chiesa orientale, cui appartiene Gregorio di Nissa, si situa piti tardi i l monaco Simeone (chiamato ,di nuovo teologo ») vissuto intorno all 'anno 1 000 nei monasteri dell 'Asia Minore; questi ha i nterpretato dif­ fusamente i l mito della caverna nel senso dell a mistica I 2 J

Ep. Col. I , 1 6. Ev. Luc. 2, 1 3 . Ep. Hebr. 1 2 , 22-2 3 .

76

rel igiosa : Eth ikoi logoi I 1 2 . 3 1 9 4 5 1 Darrouzès (Sy­ méon le nouveau théologien , Traités théologiques et éth i­ ques , Introduction , texte critique, traduction et notes par J. Darrouzès , I, Paris 1 966) . Secondo questa descrizione la luce del l a rivel azione cristiana che penetra nella caverna dell 'esistenza umana , produce una commozione , una illuminazione ed una elevazione mistica . -

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5 . GIORDANO BRUNO ( 1 548- 1 600)

De la causa, principio et uno ( London, 1 5 84) Dialogo primo, 1 - 3

(Le opere italiane di G iordano Bruno , ed . P. d e La­ garde , Gottingen 1 88 8 , voI . I, pp . 2 1 0- 2 1 1 ) Elitropio . Qual rei nelle tenebre auezzi , che li berati dal fondo di qualche oscura torre escono alla luce ; molti de gl ' essercitati nella volgar philosofia, et al tri , pauentaranno , admiraranno , et (non possendo soffrire il nuouo sole de tuoi chiari concetti) si turbaranno . Philotheo . Il difetto non è di· luce , ma di lumi : quanto in se sarà piu bello, et piu eccel lente i l sole , tanto sarà à gl ' occhi d e l e notturne strige odioso et discaro di uantaggio. Elitropio . La i mpresa che hai tolta , (6 Philotheo) è difficile, rara , et singulare : mentre dal cieco abisso uuoi cacciarne , et amenarne al discoperto , tranqui llo, et sereno aspetto de le stelle, che con si bella uarietade ueggiamo disseminate per il ceruleo manto del cielo . Benche à gl ' huomini soli l ' aiutatrìce mano di tuo piatoso zelo soccorra; non saran però meno uarii gl' effetti de ingrati uerso di te, che uarii son gl ' ani mali che la benigna terra genera , et nodrisce nel suo ma­ terno et capace seno : se gl' è uero che la specie hu­ mana , particularmente ne gl ' indiuidui suoi , mostra de tutte l 'altre la uarietade , per esser in ciascuno piti espressamente i l tutto , che in quelli d 'al tre specie . 78

Onde uedransi questi , che qual appannata talpa , non si tosto sentiranno l 'aria discoperto : che di bel nuouo risfossicando la terra , tentaranno à gli natiui oscuri penetrali . Quelli qual notturni ucelli, non si tosto har­ ran ueduta spuntar dal lucido oriente l a uermigla am­ basciatrice del sole : che dalla i mbeci l l i tà de gl ' occhi suoi uerranno i nuitati alla caliginosa ritretta . Gli ani­ manti tutti banditi dal l 'aspetto de le lampade celest i , e t destinati all'eterne gabbie , bolge , e t antri d i Plutone, dal spauentoso et Erinnico corno d'Alecto richiamati , apriran l 'ali , et drizzaranno il ueloce corso alle lor stanze . Ma gl' animanti nati per uedere il sol e , gionti al termine del l ' odiosa notte , ringratiando la benignità del cielo, et disponendosi à riceuere nel centro del globoso cristallo de gl ' occhi suoi gli tanto bramati , et aspettati rai : con disusato applauso di cuore , di uoce , et di mano adoraranno l 'oriente . . .

De immenso e t innumerabilibus seu de universo et mundis (Helmstedt - Frankfurt , 1 5 9 1 ) Liber l , caput 2

(Jordani Bruni Nolani opera latine conscripta , ed . F. Fiorentino , voI . I l , Napoli 1 879, pp . 206-208) Vt reus in tenebris assuetus, quando profunda Exerit e cavea ad sole m attonita ora , repente Conqueritur jubaris non sueto robore laesus: Sic quem vulgaris sophiae vinxere tenacla, Quemque diu fatuis pavit sermoni bus usus , Heic ubi non poterit radios perferre nitentes Fulgentis soli s , turbari fronte videbis . At non propterea lucem culpare licebit, Quae quo splendidior, quantoque augustior, et quam Pulchrior est , tanto i mpense hanc nocturna propago Saeva strigum semper torvo insectabere vultu . Altu m , difficile m , raru m perferre labore m Mens me sacra jubet , coeca dum tendit abysso 79

Captivos ani mos sacris numeris in amoenum Abducere aspectum circum su blime micantu m , Oueis cultu vario natura exornat Olympum Non ullo adstrictum fine , im menseque capacem , Ouo non sit numerus divinam concelebrantum Virtutem; tantum dominum quia curia tanta Addecet et solium semper super omnia celsu m , Et majestatem i m mensam sine margine templum . U t varias tamen usque adeo species ani mantum Terra dedi t , paucis humana est forma tributa, Perpaucique homines veri sun t , quique deorum Alta i nter multos habiti sunt i ndole digni ; Non aliter talpas hinc contemplabere , dium Sicubi in aethereum aspectum adventasse licebi t , Horrentes iterum telluris fodere dorsum Matris, tentabunt veterem adremeare cavernam . Nocturnus Bubo , dirum mortali bus omen, U t primum Cypriam viderit claro ex oriente Surgentem , et valvas , rapida vertigine , matri Adproperae rerum , Phoebi monstrare parentis , Non feret ille Jovem refugax pervadere apertum . Armentum , cui i njunctum colere antra Acherontis Atque interdictum est sublimem tol lere vultum , Incurvo ad Orcum ventre , et cujusque serenae Lampadis aspectus , cornu imperiosa recurvo, Hoc adiget noviter, revocabitque i l lud Erynnis . Porro felici cognata animantia sol i , Antrorum a d um bras , noctis fugientia a b umbri s , A d tenebrasque sinus materni , quando mol estae In noctis l'inem trahit orbita temporis i l l a , Sublatis sub lime oculis, animoque refecto , Respirant , grates vicibus referuntque benignis , Insueto cordis plausuque Orientis adorant Atria, de quorum stabulis crinitus Apol lo Auratis curru m vectantem tela diei Extul it, atque operum coelo gratissi mus alto Admonitor, spacium nostri percurrit Olympi , 80

quando oculos tantos oculum col legi t in unu m , ut Argum Mercurius Phoebi virtute perem i t . Traduzione ital iana : GIORDANO BRU NO, Opere latine , a cura di C . Mon t i , Torino 1 9150 , p p .

422-424.

Al l ' i nizio di questa opera (De immenso et innumera­ bilibus I 1 , pp . 20 1 -202) sono rappresentate poetica­ mente la li berazione dalle catene del l 'errore e l 'ascesa verso la luce , come anche in forma piu estesa nel De l'injìnito universo et mondi ( 1 584, Le opere italiane , ed. P. de Lagarde , 1 8 8 8 , pp . 305-306) .

81

6 . HENDRICK LAURENSZOON SPIEGEL ( 1 549- 1 6 1 2) : un passo sul paragone della caverna nel suo poema H ertspie­ gel (Specch io del cuore) III 70- 1 54 . SAENREDAM , Antrum Platonicum , incisione i n rame ( 1 604), riproduzione d i u n quadro perduto di Cornelis di Haarlem ( 1 598) , ispirato da H . L. Spie­ gel (cf. supra , pp . 42-44) .

JAN

Sopra ! 'i m magine : Lux venit in mundum et dilexerunt homines magis tenebras qua m luce m (Gio. 3 , 1 9) Epigramma sotto l 'i m magine : Maxima pars hominum caecis i mmersa tenebris volvitur assidue , et studio laetatur inani . Adspice ut obiectis obtutus inhaereat umbri s : u t veri si mulacra omnes mirentur amentque , et stolidi vana ludantur i m agine rerum . Quam pauci meliore luto , qui in lumine puro , secreti a stolida turba, ludibria cernunt , rerum umbras, rectaque expendunt omnia lance . Hi , posita erroris nebula, dignoscere possunt vera bona , atque alios caeca sub nocte latentes extrahere in c laram lucem conantur; at illis nullus. amor lucis : tanta est rationis egesta s . Sotto l 'epigramma: H. L. Spiegel figurari et sculpi curavit ac doctis­ sirho ornatissi moque domino Petro Paaw in Lugdu­ nensi Academ ica professori medico donum dedit . 82

Edizion i : HENDRlCK LAU RENSZOON SPIEG(H)E L , Hartspiegel, i n nieuwer taal en di­

chtmaat overgebrach t door Wi l l em BILD ERDlJK (Amsterdam 1 82 8 ) . HENDRICK LAURENSZOON SPIEGEL , Hertspiegel, uitgegeven en taalkundig

toegelich t door A l bert Come l i s DE JONG (Amsterdam 1 930) : l ibri I-III .

In terpretazioni : P. J . VINKEN , H. L. Spiegel's Antrum Platonicu m , « Oud-Hol land " 7 5 ( 1 960 ) , pp . 1 2 5- 1 42 . Ph . VERDIER , Des mystères grecs à l'age baroque. Commentaires à l ' «An­ trum Platonicu m » de J. Saenredam , in Festsch ril t Ulrich M iddel­ dor I ( Berlin 1 96/l) , pp . 376-39 1 (Tav . CLXXIV) .

Con la stessa i ntenzione di re ndere chiara la possi­ b i l i t à della conoscenza di D i o dal punto di vista cri­ stiano , i l mito della caverna v iene util izzato poco dopo da B l a ise Pasc a l ( 1 62 3 - 1 662) i n una lettera del 1 -4- 1 64 8 (Pasc a l , Oeuvres complètes , Texte éta b l i e t annoté par Jacques Chev a l i e r , Paris 1 9 5 4 , pp . 483-486) . Egli spiega che noi , da peccatori , c i trov iamo i n uno stato di lon­ tananza da Dio; ma nelle cose corporee che ci c i rcon­ dano Dio ci mostra le i m m agini della real tà i n v i si b i l e e spi rituale . Som igliamo dunque a prigion ieri a i quali è indicata la via del la l i berazione , che però per lo più sono i ncapaci di comprendere i segni d 'aiuto: « De sorte que nous devons nous considérer comme des c ri m inels dans une pri son toute re m p l i e des i ma­ ges de leur I i b érateur e t des i nstruct ions nécessaires pour sorti r de l a servitude; m a i s i l fa ut avouer qu 'on ne peut apercevoir ces saints caractères sans une lu­ mière surnature l l e ;

car comme toutes choses parlent

de Dieu à ceux qui le con naisse nt , et q u ' e l les l e décou­ vrent à tous ceux qui l 'a i ment , ces memes choses le cachent à tous ceux qui ne l e connaissent pas . Aussi l 'on voi t que dans les ténè b res du monde on les suit

83

par un

aveuglement

bru t a l ,

que

l 'on

s 'y a ttache

et

q u ' o n e n fai t l a dern i è re fi n de s e s désirs , ce qu'on ne peut l'a ire sans sacri lège , car i l n'y a que Dieu qui doive è t re la dern i è re fi n camme l u i seuI est l e v rai principe .

84

7 . FRANCIS BACON ( 1 56 1 - 1 62 6 ) . Edizione de l l e opere a cura di SPEDDING-ELLIS - H EATH ( London 1 8 5 7- 1 8 5 9) .

Novum organum scientiaru m ( 1 620) , I 4 2 Idola Specus sunt idola hominis individui . Hab e t eni m unusquisque (praeter a berrationes naturae huma­ nae in genere) specum sive cavernam qua n d a m i n d i v i ­ duam , q u a e lumen naturae frangit et corrumpi t ; v e l propter naturam cuiusque propri a m e t s ingulare m ; v e l prop t e r educa tionem et conversationem c u m a l i i s ; v e l prop ter lectionem l i b rorum , e t autori tates eoru m quos qui sque colit et m i ratur;

vel p rop ter differentias i m­

p ressionu m , p rout occurrunt in animo p raeoccupato et praedisposito aut i n animo aequo et sedato , vel e i us­ modi ; ut p i ane spiritus humanus (prout disponi tur i n hom i n i bus s i ngu l is) sit res vari a , et o m nino perturbata , e t quasi fort u i t a : unde bene Herac l i tus , homines scien­ tias quaerere i n m i noribus mundi s , et non i n maiore si ve co m m u n i .

De dign itate et augmentis scientiarum ( 1 62 3 ) , V 4 Quod ad Idola Specus a t t i ne t , i l l a ortum habent e x prop ria cuiusque n a t u r a et a n i m i et corporis;

atque

etiam ex educatione et consuetudine , et fort ui t i s reb u s , quae singu l i s ho m i n i bus accidunt . Pu lcherri m u m enim e m b lema est i l lud de Specu Platonis . Siquidem si qui s ( m i ssa i l l a exquisi ta para bolae su b l i m i tate) a prima

85

infantia in antro aut caverna obscura et subterranea ad maturam usque aetatem degere t , et tunc derepente in aperta prodiret , et hunc coe l i et rerum apparatum contueretu r , dubium non est , quin animum eius subi­ r e n t et perstringerent quamplurimae mi rae et absur­ dissi m ae

phantasiae .

Nos

vero

scilicet

sub

aspectu

coel i degi m u s ; i nterea tamen ani m i i n cavernis corpo­ rum nostrorum conduntur; ut infinitas errorum et fal ­ s i t a tu m i m a g i n e s hauri re necesse sit , si e specu sua raro tantum et ad b reve al iquod tempus prodeant , et non i n contemplatìone naturae p erpetuo tanquam sub dio morentur . E m b l e mati siquidem illi de Specu Pl ato­ nis opt i me conveni t parabola i l l a Herac liti , quod homi­ nes scientias i n mundis maiore quaeran t .

prop ri i s et

non

in

mundo

Interpretazione : R . BRANDT ,

Vber die vielfaltige Bedeutung der Baconschen /dole ,

« Phi­

losophisches Jahrbuch » 83, 1 97 6 , pp. 42-70.

U n conte mporaneo di Bacone usa l ' i mmagine de l l a caverna p e r chiarire i l contrasto tra l 'oscuri tà d e l l 'eru­ dizione scolastica e l a luce del l a verità scientifica­ mente riconosciut a : René Descarte s , Discours de la Méthode ( Leiden 1 63 7 ) , Sixième Partie , 7 1 : « i l s m e semblent parei l s à un aveugl e , qui , pour se b attre sans désavantage con t re un qui voi t , l ' aurai t . . .

fai t venir dans le fon d de que lque cave fort obscure ; et j e puis dire que ceux-ci ont intéret que je m 'a bstienne de publier les principes de l a p h i losophie dont je me sers : car étant très si mples et très évident s , com me ils sont , j e ferai quasi l e meme , en les publiant, que si j 'ouvrais quel ques fenetre s , et faisais entrer du jour dans cette cave , où i l s sont descendu pour se battre » . Il risultato della critica del l a ragione di Kant viene i l l ustrato da Heinrich Heine ( 1 797- 1 8 5 6) tramite il mito del l a caverna d i Platone . Da Kant in poi , spiega

86

Heine , dobbiamo essere consapevoli del fatto che ci troviamo n e l l a situazione di quei prigionieri , e pure i rrevoca b i l mente : « Kant ci dimostrò che non sappiamo niente del l e cose come sono i n sé e per sé stesse , ma che sappiamo qualcosa di loro soltanto per quanto si rifl et tono nella nostra mente . Siamo dunque de l tut t o c o m e i prigionieri d e i qua l i Platone . . . racconta d e i fatti cosi t r i s t i . . . » (Heinrich H e i n e , Zur Gesch ichte der

Religion und Ph iZosophie in DeutschZand, Drittes Buch , in H . Heine , SiikuZarausgabe , Band 8 , BerlinJ Pari s 1 97 2 , pp . 1 97- 1 98). Guardando i problemi d e l l e scienze naturali e de l l a tecnica moderna , determinate dal l a matemat i c a , i l É m i l e Chartier, 1 8 6 8- 1 9 5 1 ) pensatore francese Alain ( =

Propos d'A­ Zain , voI . I, Paris 1 95 6 , p p . 763-764 (2 5-3- 1 928) e più estesamente i n ldées , Paris 1 94 7 , pp . 4�- 5 9 . attualizzò i l mito p l atonico: ' La cavern e ' in

87

8 . CLIVE STAPLES L EWIS ( 1 898- 1 963) Transposition. A Sermon at Mansfìeld College (Ox­ ford) , i n They Asked for a Paper ( London 1 96 2 ) , pp . � 66- 1 82 ( 1 77- 1 79) : Let us construct a fab i e . Let us p i c ture a woman thrown into a dungeon . There she bears and rears a son o

He

grows

up

seeing

nothing

but

the

dungeon

wa l l s , the s t raw on the fl oor, and a ! i t t i e patch of the sky seen through the gra t i n g , which i s too high up to show anything except sky . This unfortunate wom an was an artis t , and when they i mp risoned her she ma­ naged to bring w i t h her a drawing pad and a box of penci i s . As she never Ioses the hope of de!i verance she is constant l y teaching her son a bout that outer world which he has never see n . She does i t very l arge Iy by drawing h i m picture s . Wi t h the penci i she attempts to show him what fi e I d s , rivers , mount ains , c i t ies and waves on a beach are Ii ke . He i s a dutifu i boy and he does his best to bel ieve her when she tel l s him that that outer worl d is far more i n teresti ng and gi orious than anything in the dungeon . At t i m es he succeed s . On t h e who le h e gets o n tolera b l y wel l unt i l , o n e day , he says something that gives his mother pause . For a m i nute or two they are at cross-purposes . Final l y it d a w n s on h e r that he has , a l l these years , lived under a m isconcep tion . " Bu t » , she gasp s , " you d id n't think that the reai world was ful l of I i nes drawn i n Iead penci l ? » " What ? » says the boy . " No p e nc i l - marks the-

88

re ? " And instantly his whole notion of the outer world becomes a b l ank. For the lines , by which alone he was imagining i t , have now been denied 01' i t . He has no idea of that which will excl ude and dispense w i t h the lines , that 01' which the l i nes were mere ly a transposi­ tion - the waving t ree-tops , the light danc ing on the weir, the coloured three-dimensional reali ties which are not enclosed i n l i nes but defi ne the ir own shapes at

every

moment

with

a

delicacy

and

multiplicity

which no drawing could ever achieve . The chi l d wi l l get the idea tha t the real world i s somehow l ess visi b l e than his mother's pictures . I n rea l i t y i t because i t is incompara b l y more v i si b l e .

lacks

l i nes

S o with us o " We know not what w e shall be » ; but we may be sure we sha l l be more , not l ess , then we are on earth . Our natural experiences (sensory , emotio­ nal , i maginative) are only like the drawi n g , l i ke pencil­ led l i nes on f1 at papero If they vanish in the risen l i fe , they w i l l vanish o n l y as pencil l i nes v a n ish l'rom the real landscape ; not as a cand l e f1 ame that is put out but as a candle f1ame which becomes invisi bl e because someone has pul led up the b l i n d , thrown up the shut­ ters , and let i n the blaze oi the risen sun o II motivo del b a m b i no nato in prigion e , che non può comp rendere la descriz ione del mondo nel l a luce , proviene da Gregorio Magno , Dia/agi IV 1 , 3 ( G régo i re le Grand , D ialogues , Tome III , Texte critique et notes par A. de Vogiié , traduction par P. Anti n , Paris 1 980, Sources chré t iennes 2 6 5 , p. 20) : Ac si e n i m p raegnans mulier mi ttatur in carcerem i bique puerum pariat , qui natus puer in carcere nu­ t riatur e t cresca t ;

cui

si fortasse mater , quae

hunc

genui t , solem , luna m , ste l l a s , montes e t campos , uolan­ tes aues , curre n t es equos nominet , i l l e uero qui est in carcere natus et nutritus nihi l al iud quam tene b ras carceris sciat , et haec quidem esse audi a t , sed q uia ea

89

per experi mentum non nou i t , ueraciter esse diffidat; i t a i n hac exilii sui caecitate nati homines , dum esse summa e t i nui s i bi lia audiunt , diffi dunt an vera s i n t , q u i a s o l a h a e c infi m a , i n quibus n a t i sunt , u isi bi l i a nouerunt . Una versione fiabesca del paragone della cavern a : C . S . LEWIS,

The Silver Chair. A Story for Ch ildren ( 1 9 5 3 ,

Puffin Books 1 96 5 ) . U n principe d e l fantastico paese Narnia è stato ra­ pito da una strega nel mondo sot terraneo . Ammaliato da que l l a obbedisce come un oggetto che si lascia co­ mandare senza difesa . Due bambini del nostro mondo scendono nel mondo sotterraneo per . l i berare il prin­ cipe . La strega ammalia anche l oro con le sue magie e li convince che non esiste al tro mondo se non que l l o sot terraneo dove si trovano . Tutto i l rest o è soltanto un sogno . A uno dei l i beratori riesce tuttavia di spe­ gnere i l fuoco magico e poi spiega : questo mondo d e l l e ombre p u ò essere l 'unico rea l e , ma p o i i nostri sogni sono pur sempre migl iori di questa logora realtà e noi vogliamo uscirne per cercare i nostri sogni anche se con C I O ne morremo . Dopo l a strega è tramutata in un serpente e ucci sa; i prigionieri giungono a l l a luce e sono salvati .

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9 . LUIGI PIRANDELLO ( 1 867- 1 936), Ciàula scopre la luna ( 1 9 1 2) i n Opere di Luigi Pirandello , I. Novelle per un anno I (Verona 1 9 56) , pp . 1 2 72- 1 2 7 8 . Ciàul a ,

un

giovane

apprendista

mi natore ,

lavora

ogni giorno , da p resto fino a tardi , in una miniera di zolfo . Solo una volta ha vissuto il buio del l a notte fuori , quando uscì a l l ' aperto piu tardi del solito . Da allora ha p aura del buio del l a not t e , mentre gli è fami­ liare il mondo del l a mi niera i l l u minata da una piccola lampada a olio . Ciàu l a un giorno deve l avorare piu a lungo del solito n e l l a miniera fi no a notte inoltra t a . Trascina ndo un carico pesante verso l 'alto ha paura del l e tenebre d e l l a notte che lo aspettano fuori . Uscendo però vede per la prima volta , con coscienza , la luna con la sua luce consolante e la guarda sbalor­ dito . La conc lusione del l a nov e l l a è : Per u n momento l a paura del bujo del la notte fu vinta dal l a costernazione che , cosi caricato, e con l a stanchezza c h e si sentiva addosso , forse n o n avre b b e potuto arrampicarsi fi n lassu . Aveva lavorato senza pietà tutto i l giorno . Non aveva mai pensato Ciàula che si potesse aver pietà del suo corp o , e non ci pen­ sava neppur ora; ma sentiva che , p roprio , non ne po­ teva piu . Si mosse sotto i l carico enorme , che richiedeva an­ che uno sforzo d ' equi li bri o . Si , ecco, si , poteva muo-

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vers i , al meno finché andava in piano . Ma come sol levar quel peso , quando sarebbe cominciata la salita ? Per fortuna , quando la salita cominci ò , Ciàula fu ri­ preso dalla paura del buj o d e l l a notte , a cui tra poco si sare b be affacciato . Attraversando le galleri e , que l l a sera , non gli era ve­ nuto il solito verso della cornacchia , ma un gemito ra­ schiato, protratto . Ora , su per la sca l a , anche questo ge­ mito gli venne meno , arrestato dallo sgomento del si len­ zio nero che avre b b e t rovato nella i mpalpabile vacuità di fuori . La scala e ra cosi ert a , che Ciàu l a , con l a testa protesa e schiacciata sotto il carico , pervenuto all 'ultima svol tata , per quanto spingesse gli occhi a guardare in su , non po­ teva veder la buca che vaneggiava in alto . Curvo , quasi toccando con la fronte lo scalino che gli stava sopra , e su l a cui lubricità l a lumierina vaci l l ante rifletteva appena un fioco lume sanguigno , egl i veniva su , s u , su , dal ventre della montagna , senza pi acere , anzi pauroso del l a p rossima li berazione . E non vedeva ancora l a buca , che l assu l assu si apriva come un occhio chiaro , d 'una deliziosa chiarità d ' arge n t o . Se ne accorse s o l o quando fu agli ultimi scalini . Dap­ pri m a , quantunque g l i paresse strano , pensò che fossero gli estremi barl u m i del giorn o . Ma la chiaria cresceva , cresceva sempre p i u , come s e i l sol e , che egli aveva pur visto tramontare , fosse rispuntato . Poss i b i l e ? Restò - appena s bucato all 'aperto - sbalordito . II carico g l i cadde d a l l e spal l e . Sol l evò un poco le braccia; apri l e mani nere i n que l l a chiarità d 'argento . Grande, p l acida , come in un fresco , luminoso oceano di s i lenzio , gli stava di faccia la Luna . Si , egli sapeva , sapeva che cos'era ; ma come tante cose si sanno , a cui non si è dato mai importanza . E che poteva importare a Ciàu l a , che i n cielo ci fosse la Luna ? Ora , ora sol tanto , cosi sbucato , di notte , dal ventre d e l l a terra , egli la scopriva .

92

Estatico, cadde a sedere sul suo carico , davanti a l l a buca . Eccol a , eccola l à , eccol a là , la Luna . . . C 'era la Luna ! l a Luna ! E Ciàula si m i se a piangere , senza saperl o , senza volerl o , dal gran conforto , d a l l a grande dolcezza che sentiva, nel l 'averla scoperta , l à , mentr'ella saliva pel cielo, l a Luna , col suo ampio velo di luce , i gnara dei monti , dei piani , del l e valli che rischiarav a , ignara di lui , che pure per lei non aveva piu paura , né si sentiva piu stanco , nella notte ora piena del suo stupore .

93

1 0 . SAMUEL BECKEIT, Le dépeupleur ( 1 970) .

Samuel Beckett scrisse Le dépeupleur nel 1 966 e pubblicò il racconto nel 1 970 (Paris , Les Editions de Minuit) . Il titolo è tratto da un verso di Alphonse de Lamartine : « Un seul étre vous manque et tout est dé­ peuplé » . Lo spopolatore è dunque la cosa che cercano gli uomini descritti da Beckett e a causa della sua assenza alla fine tutto viene ad essere 'spopolato' . Que­ sti si trovano in un grande cilindro e tentano di tro­ vare una via di uscita . Ma i tentativi sono vani . La fede in una uscita si basa su una ipotesi come è scritto nel seguente passo : De tout temps le bruit court ou encore mieux l 'idée a cours qu 'il existe une issue . Ceux qui n 'y croient plus ne sont pas à l ' abri d 'y croire de nouveau conformé­ ment à la notion qui veut tant qu 'elle dure qu 'ici tout se meure mais d 'une mort si graduelle et pour tout dire si fluctuante qu'elle échapperait méme à un visi­ teur . Sur la nature de l 'issue et sur san emplacement deux avis principaux divisent sans . les opposer tous ceux restés fidèles à cette vieil le croyance . Pour les uns il ne peut s 'agir que d 'un passage dérobé prenant nais­ sance dans un des tunnels et menant camme dit le poète aux asiles de l a nature . Les autres révent d 'une trappe dissimulée au centre du plafond donnant accès à une cheminée au bout de l aquelle bril leraient encore le soleil et les autres étoiles . Les revirements sont fré­ quents dans les deux sens si bien que tel qui à un 94

moment donné ne jurait que par le tunnel peut très bien dans le moment qui sui t ne jurer que par la trappe et un moment plus tard se donner tort de nouveau . Ceci dit il n'en est pas moins certa in que de ces deux partis le pre­ mier se dégarnit au profit du secon d o Mais de façon si lente et si peu suivie et bien entendu avec si peu de réper­ cussion sur le comportement des uns et des autres que pour s 'en apercevoir il faut ètre dans le secret des dieux . Ce glissement est dans la logique des choses . Car ceux qui croient à une issue accessible com me à partir d 'un tunnel elle le serait et mème sans qu 'ils songent à l 'emprunter peuvent ètre tentés par sa découverte . Tandis qu 'aux par­ tisans de la trappe ce démon est épargné du fai t que le centre du plafond est hors d 'atteinte . Ainsi i nsensi ble­ ment l 'issue se déplace du tunnel au plafond avant de n'avoir j amais existé. Voilà un premier aperçu de cette croyance en elle-mème si étrange et par la fidélité qu 'elle inspire à tant de creurs possédés . Sa peti te lumière inutile sera bien la dernière à les quitter si tant est que le noir les attende . Debout au sommet de la grande échelle développée au maximum et dressée con tre le mur les plus grands peu­ vent toucher du bout des doigts le bord du plafond . Aux mèmes corps la mème échel l e dressée verticalement au centre du sol en leur faisant gagner un demi-mètre per­ mettrait d'explorer à loisir la zone fabuleuse dite inacces­ sible et qui donc en principe ne l 'est aucunement . Car un tel recours à l 'échel le se conçoit . Il suffirai t d 'une ving­ taine de volontaires décidés conj uguant leurs efforts pour la maintenir en équilibre à l 'aide au besoin d'autres é­ chelles faisant office de jambes de force . Un moment de fraternité. Mais celle-ci en dehors des flambées de vio­ lence leur est aussi étrangère qu'aux papillons . Ce n 'est pas tant par manque de creur ou d'intel ligence qu'à cause de l 'idéal don t chacun est la proie . Voilà pour ce zénith inviolable où se cache aux yeux des amateurs de mythe une issue vers terre et ciel .

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I l . FRIEDRICH

DURRENMATI, Der Winterkrieg in Tibet (L'inverno di guerra nel Tibet , racconto) , ( Z urich 1 984) , dappri m a i n Friedrich Durren mat t , Stoffe I-III (Zurich 1 9 8 1 ) , pp . 95- 1 79 .

Que l l o che viene raccontato è presentato come un graffito tracc iato da un soldato sull e pareti di gal lerie sotterranee . I l sol dato continua a vivere , dopo la terza guerra mondia l e , n e l l a quale l a nostra cultura è stata distrutta da bom be atom iche , i n un labirinto di ca­ verne .

Tra

le

sue

iscrizioni

si

trova

anche

questo

brano : La via del l a conoscenza non è percorri b i l e senza l 'audacia di costru i re finzioni . Cosi nel buio assoluto che regna in torno a me mi i m magino una l uce; non la luce assolut a , m a u n a l u c e che corrisponde a l l a m i a situazione . Mi i m magino i nfatti uomini in una cavern a , uomini che dal l a gioventu sono legati con catene fuse i ntorno a l l e ga m b e e a l col l o cosi che rimangano seduti i mmo­ b i l i e possano vedere soltanto in avant i , sul l a parete de l l a cavern a . Nel l e mani hanno dei mitragli atori . So­ p ra loro splende un fuoco . Tra i l fuoco ed i prigionieri i n c atenati c 'è una via . Lungo questa via m i i m magino u n muricciolo. Su questo muro, i m magino, vengono t rascinati da potenti guardiani uomini che ugua l mente sono i ncatenati e i mpugnano m i t ra . M a p o i , scivol ando sui ciotto l i del suolo d e l l a ca-

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verna e con t i nuando a s c o l p i re la m i a iscrizIOne , m i domando s e m i sarà m a i poss i b i l e v edere di me e degli a l t r i qual cosa che non s i a n o l e o m b re che il fuoco p ro i e t t a su l l a p a rete del l a c a v e rna di fro n t e a l l a m i a facc i a , e s e considererò mai v e r o qualcos ' a l t ro c h e n o n siano l e o m ­ b re d i quel l e fi gure . E veramen t e , s e u n a voce d a u n qua l ­ s i a s i luogo m i gri dasse c h e queste om b re , c h e h a n n o pure le o m b re di m i t ra , sono i m i e i nemic i , mi domando se a l lora non s p a rerei a queste om b re su l l a parete del l a ca­

v e rna dava n t i a m e , e in q u e s t a maniera , p e rc h é i p roiet­ t i l i ri m b a lzereb bero su l l a pare t e , non ucciderei , i n qual­ che m o d o , que l l i c h e come me sono i n c a t e n a t i a l l e ga m b e e a l c o l l o ; e se q uest i , credendo l a stessa cosa e agendo come me, non uccidere b bero p u re me. Se però m i fossero tolte le catene e fossi sp i n t o ad a l zarmi su b i t o , a g i ra re l a

t e st a ,

a

cam m i n are su e g i ti , a guardare l a luce , e se fa­

cendo questo provassi dolori e , a causa d e l l a luce forte , non potessi guardare quegli u o m i n i le cui o m b re ero pri m a a b i t u a t o a vedere , uom i n i n e l l a m ia stessa condi­ zi one : non s a re i a l lora d e l l 'opi n i one che le figure- o m b ra v i ste pri m a a v ev ano p i ti rea l t à di qu e l l e che mi v engono mostrate adesso ? E se fos s i costretto a fi ssare l a luce stessa scapperei per i l d o l ore e m i rivolgerei d i nuovo a questi uom i n i - o m b ra che pote vo guardare; e ri m a rrei convinto che questi erano vera m e n t e p i ti chiari di que l l i c h e mi erano s t a t i mostra t i , perché questi erano i miei nemici; e non rico m i ncerei a spa rare per ucci derli di nuovo e p e r farmi u c c i d ere di nuovo d a l oro ? Non c 'è b i sogno che mi d i a risposte u l t e riori . U na vo l t a ho già avuto i m i e i pro b l e m i con questa s i m i l i tu­ d i n e ; forse l a lessi i n u n q u a l ch e l uogo , o l ' ho inven tata , non lo so p i ti . Pro b a b i l me n t e l ' ho i n v e n tata mentre l ' ho inci sa sul l a p i e t ra . I l fuoco che rifl e t t e l e o m b re deve essere nato i n tempi re mot i , non p e r n iente ogni a n i m a l e teme i l fuoco , i l fuoco

è qualcosa di n e m i c o , e il nemico del l 'uo m o è la sua om­ bra .

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Finito

di

stampare

nel dicembre 1985

Gralitalia s.r.l. Cercola (Napoli)

dalla