Il frammento Maffeiano di Nestorio e la catena dei Salmi donde fu tratto 8821004554, 9788821004551

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Il frammento Maffeiano di Nestorio e la catena dei Salmi donde fu tratto
 8821004554, 9788821004551

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STUDI E TESTI ---------------- 1 5 4 -----------------

G IO V A N N I Card . M E R C A T I B IB L IO T E C A R IO

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IL FRAMMENTO MAFFEIANO DI NESTORIO E LA CATENA DEI SALMI D ONDE EU TRATTO

CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA MDCCCCL

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STUDI E TESTI 1. Tattasso, M . Antonio Flaminio e le principali poesie dell’ autografo Vat. 2870. 1900. pp. 66. 2. Vattasso. Marco, Le due Bibbie di Bovino ora codici Vaticani latini 10510-10511 e le loro note storiche. 1900. pp 44. 3. Franchi de’ Cavalieri, l'io. La Passio ss. Ma­ riani et lacobi. 1900. pp. 71. 1 tav. (facs.J. 4. Vattasso. Marco. Aneddoti in dialetto romane­ sco del sec. xiv. 1901. pp. 11 4.1 tav. 5. Mercati, Giovanni. Note di letteratura biblica e cristiana amica. 1901. pp. v m , 254. 3 tav. 6 . Franchi de’ Cavalieri, Pio. I martiri! di s. Teodoto e di s. Ariadne. 1901. pp. 184 [3]. 1 tav. 7. Mercati, Giovanni. Antiche reliquie liturgiche ambrosiane e romane. 1902. pp. 75 [2J. 8 . Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. 1902. pp. 36 [3J. 9. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Nuove note agiografiche. 1902. pp. 75 L3J. 10. Vattasso, Marco. Per la storia del dramma sa­ cro in Italia. 1903. pp. 127. 11. Mercati, Giovanni. Varia sacra. 1903. p. 112. 12. Mercati, Giovanni. 1. Un frammento delle lpotiposi di Clemente Alessandrino - 11. Parali­ pomena Ambrosiana. 1904. pp. [2J, 46. 13. Catalogo sommario della Esposizione Gregoriana. 2“ ed. riveduta e aumentata. 1904. pp. 74. 14. Vattasso, Marco. Del Petrarca e di alcuni suoi amici. 1904. pp. 105 |3J. 15. Mercati, Giovanni. Opuscoli inediti del beato card. Giuseppe Torninosi. 1905. pp. 55. 1. tav. 16-17. Vattasso, M. Initia patrum aliorumque scri­ ptorum eeclesiastic. latinorum. 1906. 2 voi. 18. Vattasso, Marco. Frammenti d ’un Livio del v secolo. 1906. pp. 18. 3 tav. 40 x 35 cm. 19. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Hagiograpbica. 1908. pp. 185 12J. 20. Sattasso, Marco. I codici Petrarcheschi della Biblioteca Vaticana. 1908. pp. x, 250 [2], 2 tav. pieg. (facs.J. 21. Carusi, Enrico. Dispacci e lettere di Giacomo Gherardi, Nunzio pontificio a Firenze e Mi­ lano. 1909. pp. c u x n , 723. 22. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche Fascicolo 3°. 1909. pp. 13], 122. 23. Tisserant, Eugène. Codex Zuqninensis rescri­ ptus Veteris Testamenti. 1911. pp. [2], l x x x v , 275 [2], 6 tav. (facs.>. 24. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fascicolo 4°. 1912. pp. [4], 194. 25. Patzes, M. M. Kpirov rov ilar^rì TnroviceiTos, sive librorum LX Basilicorum summarium. Libros i -X l i graeee et latine ediderunt Contardus Ferrini t Iohannes Mercati. 1914. pp. X L v n , 203. 1 tav. (faes.]. 26. Corrati, Michele. Documenti e ricerche per la storia dell’ antica Basilica Vaticana. Tiberii Alpharani De Basilicae Vaticanae antiquis­ sima et nova structura. 1914, pp. l x i , 222. 7 tav. (2 pieg.). 27. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fascicolo 5°. 1915. pp. [3], 135. 28. Vattasso. Marco. Rime inedite di Torquato Tasso. 1915. pp. 92. 2 tav. (facs.). 29. Carusi, Enrico. Lettere Inedite di Gaetano Ma­ rini. I. Lettere a Guid’Antonio Zanetti. 1916. pp. 59.

30 . Mercati, Giovanni. Se la versione da ll’ebraico

del codice Veneto greco V II sia d i Simone Atumano. 1916 , pp. 64 , 3 . 2 tav. 31 . Mercati. Giovanni. Notizie varie d i antica let­ teratura medica e d i bibliografia. 1917. pp. 74 . 32 . Vattasso. Marco. Hortus caelestìum deliciarum ... a D. Ioanne Bona. 1918 . pp. ovii [ 2], 158 . 3 tav. (ritr., face.). 33. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fascicolo 6°. 1920. pp. [2], 224. 34 . Guidi, Pietro e Pcllcgrinetti, Ermenegildo. In ­

ventari del Vescovato, della Cattedrale e di altre chiese di Lucca. Fascicolo I. 1921. pp. [ 2 ], 342 . 35 . Lanzoni, Francesco. Le origini delle diocesi antiche d’ Ita lia ; studio critico. 1923 . pp. 3 , 672 . 1 c. geogr. pieg. Prima edizione dell’ opera indicata al numero seguente 35 [bis]. Lanzoni. Francesco. Le diocesi d ’ Ttalla

dalle origini al principio del secolo «il (an. 604) ; studio critico. 1927 . pp. x n , 1122 . 36 . Schiaparelli, Lnigi. Il codice 490 della B iblio­

teca capitolare di Lucca e la scuola scritto­ ria lucchese (sec. v m -ix ). 1924, pp. [ 3 ], 115 , 8 tav. (facs.). 37 -42 . Miscellanea Francesco Ehrle. Scritti d! sto­ ria e paleografia. 1924. 5 voi. e 1 album ili., tav. (facs.). 43 . Lanzoni, Francesco. Genesi, svolgimento e tra­ monto delle leggende storiche ; studio critico. 1925 . pp. [ 2 ], vm , 304 . 41 . Mercati, Giovanni. Per la cronologia della vita e degli scritti dì Niccolò Perottl arcivescovo di Siponto. 1925 . pp. x m , 170 , 9 . 5 tav. 45 . Sussidi per la ronsultazione dell’ Archivio Vati­ cano. Voi. I. Schedario Garampi. Registri vaticani. Registri lateranensì. Rationes Camerae. Inventario del fondo concistoriale. 1926 . pp. ix, 222 . 8 tav. (facs.). 46 . Mercati, Giovanni. Scritti d ’ Isidoro 11 Cardi naie Ruteno e codici a lui appartenuti che si conservano nella Biblioteca apostolica V ati­ cana. 1926. p p . x i i , 176 , 6, 9 . 6 tav. (facs.). 47 . Schiaparelli, Lnigi. Influenze straniere nella

scrittura italiana dei secoli v m e i x ; note paleografiche. 1927 . pp. 72 . 4 tav. (facs.). 48 . Nogara. Bartolomeo. Scrìtti inediti e rari di Biondo Flavio, con introduzione. 1927 . pp. o x cm , 282. 4 tav. (facs.). 49. Franchi de’ Cavalieri, Pio. Note agiografiche. Fascicolo 7°. 1928. pp. [3], 253. 50 . Borghezio. Gino e Vattasso, Marco. Giovanni di

M°. Pedrino depintore. Cronica del suo tem­ po. Voi. I (1411-1436). 1929 . pp. v i i , 564 . 51 . Patzes, M. M . KpiTov t o v / 7arfij T¡ ttovkcitos librorum LX Basilicorum summarium. Libros X I 1 I-XXI 1 I edldit Franciscus Doelgor. 1929 . pp. x vm [ 2 ], 226 . 52 . Vattasso, Marco. Statuto d i R occa de’ Baldi dell’ anno m c c c c x i -v i i i pu bblicato... con in­ dice e glossario d i Pietro Sella. 1930 . pp. 55 . 53 . Norsa, Medea e Vitelli, Girolamo. Il papiro Vaticano greco 11. 1. (Paftwplvov irepì vytjs 2 . Registri fondiari della Marmarica. 1931 . pp. x x i i i , 70 . 15 cav. In parte pieg. (facs.). 43 .5 x 32 cm.

54. Rome, Adolphe. Commentaires de Pappus et

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STUDI E TESTI ---------------- 15 4 -----------------

G IO V A N N I Card. M E R C A T I BIBLIOTECARIO E ARCHIVISTA DI S. R. CHIESA

IL FRAMMENTO MAFFEIANO DI NESTORTO E LA CATENA DEI SALMI D ONDE FU TRATTO

CITTÀ DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA MDCCCCL

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IM P R IM A T U R : D atum Rom ae, in C ivitate V atican a, die l a Septem bris 1950. F r.

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o n t i,

0 . E . S. A.

Secr. Oiv. Vat.

T IP O G R A F IA

P O L IG L O T T A

V A T IC A N A

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MONS. ANGELO MERCATI PREFETTO D ELL’ARCHIVIO SEGRETO VATICANO NELL’ANNIVERSARIO L X X X DEL GENETLIACO IL FRATELLO CHE VIDE LA FESTICCIUOLA PEL SANTO BATTESIMO ADDÌ VI OTTOBRE MDCCCLXX

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Q uesto articolo fu pen sato e sbozzato i n conform ità d i esp liciti che n o n oltrepassasse le

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« desiderati »,

p a g in e, fo sse d i argom ento storico o bibliografico, o in te ­

ressante i n gualche m odo biblioteche e cultura d ell'A lta Ita lia . A v en d o m elo questo inattesam ente fo rn ito u n codice d i S c ip io n e M a ffe i, su l quale p er tutt’ altro m otivo dopo

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a n n i ero tornato (v. p .

16

), lo trattai difilato il p iù stringatam ente, colla s p e ­

ranza d i poter accontentare m ediante accen n i e rim a n d i i lettori e m e. M a dopo m i sono accorto che p iù d i u n p u n to , quantunque n o n p rim a rio, era sfuggito a dotti di autorità grande, e che altri doveva n si correggere, e q u ind i schiarire e provare, senza d i che le cose restano com e p rim a . P erta n to , conservato l’ abbozzo dentro le linee p r i ­ m itive e solo am pliatolo alquanto n e i p u n ti accennati, affinchè n o n restasse oscuro p er la trop pa brevità, h o preferito abbandonarm i nelle note dichiarative e dim ostrative, trascrivendovi p a ssi n o n solo in ed iti, m a anche editi e d i m od ern i, che ben pochi p osson o e sogliono verificare, e dei quali n o n si penserebbe n em m en o che talora sono stati alterati nelle sta m p e, on d e la n ecessità d i u n a vigile critica eziandio letteraria p rim a d i servirsen e; abbondando i n r in v ìi e date p recise p e r fatti che d ’ordinario s i ricordano solo vagam ente ed in co n fu so , se p u r si ricordano, e trascorrendo a r i­ scontri e rilievi anche u n p o ’ lontani, perchè n o n ho p iù l’agio di farli

m eno i m ­

portunam ente altrove e creció p ossa n o risparm iare dubbi, verifiche e ricerche agli altri. L e cose piccoline, oltre che m en o si curano e si rim andano all’ultim o, sono le p iù difficili a rintracciare e precisare. A tal u o p o m i è tornata com oda la m od a od ierna d i rigettare contro l'u so degli

Studi e Testi

le note alla fin e, i n quanto perm ette d i svilu p pa rle a p ia cim en to sc o m ­

p agin an d o m olto m en o la co m p o sizion e tipografica, e trascina a leggere difilato il testo ricorrendo alla n ota solo dove n e venga la curiosità o se n e senta la necessità p er ca pir bene ciò che forse n on v i è stato detto chiaro e p reciso. P erch è p o i l’articolo n o n era e n o n è p er i V ero n esi, i quali contin u an o a conoscere ed am are le m em orie cittadine com e p och i nelle pertu rba zion i m odern e, essi p erd on era n n o che v i sian o note ed osserva zion i p er loro su perflu e, ed altre arretrate e insufficienti com e d ’uno straniero occu pa tosi da lontano delle cose loro p er qualche giorno.

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TAVOLA

PAG.

I.

-L a

controversia MafEei P ia ti.............................._ ....................................................

1

II.

-

Il framm ento preteso di N estorio...........................................................................

9

I I I . - L a catena del codice Capitolare Veronese C X V I I I ( 1 0 8 ) ......................... 15 N o t e ..................................................................................................................................................... 22 Indice

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IL FRAMMENTO MAFFEIANO D I NESTORIO E LA CATENA D EI SALMI D ’ONDE FU TRATTO Poiché il frammento di Nestorio fu posto in luce da Scipione Maffei nella critica dei frammenti attribuiti a S. Ireneo da Cristoforo Matteo Pfaff (1686-1760), il quale asseriva di averli scoperti in catene della Reale Libreria di Torino, dove aveva dimorato dal 1710 al 1712 in qualità di precettore e di predicante del principe ereditario del Württemberg, e venne insieme ricordato qualche codice finora non riconosciuto, e furono alla fine diffuse insinuazioni maligne circa la conservazione di quell’insigne biblioteca italiana, purtroppo ai giorni nostri per ben due volte danneggiata gravissimamente, gio­ verà, ad introduzione, riassumere la storia di quella controversia letteraria durata oltre 30 anni, in quanto interessa i codici Torinesi e i Maffeiani della Capitolare di Verona. Riassumerla (e le si farà anche varie giunterelle) non è difficile dopo lo studio di Adolfo Harnack (t 1930), niente meno, nè più ad un Italiano è odioso, dopo che egli non ha dubitato di pubbli­ carne i risultati nel voi. X X , 3 (1900) di T e x t e u n d U n t e r s u c h u n g e n z u r G e s c h i c h t e d e r a l t c h r i s t l i c h e n L i t e r a t u r sotto il titolo significan­ tissimo: D i e P f a f f ' s c h m I r e n ä u s - F r a g m e n t e a ls F ä l s c h u n g e n P f a f f 's n a c h g e w ie se n .

I La controversia Maffei Pfaff Avendo lo Pfaff nel 1712 comunicato gli accennati frammenti d’Ireneo al Maffei, che l’aveva conosciuto in Torino e glieli avrebbe domandati a Verona 1 per pubblicarli nel G i o r n a l e d e ' L e t t e r a t i d ' I t a l i a , — ciò che Pfaff, se non aveva destramente provocato, volentieri ac­ cettò, perchè usciti in quel G i o r n a l e recante la licenza dei « Refor­ matori dello Studio di Padoa » per « non v ’esser cosa alcuna contro la Santa Fede Cattolica » giusta « la Fede di Revisione, et Approba­ tione del P. F. ... Inquisitore » ecc. e sotto la protezione del Maffei avrebbero circolato senza sospetto per l’Italia e le altre nazioni cat­ toliche, — il marchese, sebbene ancora novizio negli studi più severi, 2 ne’ quali dipoi gareggiò ben presto cogli ottimi, e per nulla dubbioso della

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Il frammento Maffeiano di Xes torio

buona fede dello Pfaff, di cui ammirava il sapere grande e la felicità nello scoprire testi antichi, alla lettura concepì dubbi sulla genuinità dei frammenti, e tosto li comunicò al suo maestro P. Benedetto Bac­ chiai, monaco cassinese allora abate di S. Pietro a Reggio Emilia (1713-18), che « tanto studio ha posto per ritrarmi dalle bagatelle e per rivolgermi tutto a gli studi ecclesiastici ». E poiché alla lettera si era dimenticato di allegare i frammenti stessi, e frattanto « ripen­ sando » i dubbi gli erano « di molto accresciuti, » 3 glieli mandò dentro una nuova lettera, in cui « Ho replicato... la maggior parte di quanto esposi nella passata lettera, acciochè Y. P. B.ma si compiaccia di arrichirmi in questo proposito di n u o v i l u m i » (ne aveva dunque già ricevuto una risposta?). Avendo il Bacchini probabilmente approvato le critiche e la forma rispettosa, 4 e, direi anche, dato suggerimenti dotti e saggi in misura che non si è venuta a conoscere per la mancata edizione della C o r r i s p o n d e n z a L e t t e r a r i a e degli O p u s c o l i di lui, 5 il Maffei mandò al G i o r n a l e i frammenti e le osservazioni dello Pfaff, la propria lettera al Bacchini, ritoccata per lo meno in principio e in fine, affinchè ap­ parisse definitiva nè trasparisse la sua distrazione, e fors’anche 6 la nota preliminare, che parla del marchese quale terza persona e pare del direttore, e tutto uscì come articolo IY del t. X Y I, anno 1713, pp. 226-254, ed in tal forma comunemente lo si conosce grazie alla dif­ fusione e credito del G i o r n a l e , alle ristampe fatte secondo esso nelle R i m e e P r o s e d e l 8 r. M a r c h . M a f f e i , Yenezia 1718 e 1719 (« identica alla prima » Dono), pp. 265 sgg., e nell’ed. Yeneta di S. Ireneo, voi. II fine, pp. 3-40, con l ’aggiunta di ima versione latina nel quinterno supplementare n di pp. numerate 1 2 (in qualche copia messo a prin­ cipio) che fu riprodotta dallo Stieren, voi. II, 381 sgg. Siccome però tanto nell’edizione del 1742, in Appendice alla I s t o r i a t e o l o g i c a del medesimo Maffei, fra gli O p u s c o l i e c c l e s i a s t i c i v o l g a r i e l a t i n i , che «lo stampatore » afferma di avere « avuti con tali giunte scritte a mano, 7 che si può dire esserne questa l a s o l a , e l’ a u t e n t i c a edizione», quanto nell’ed. del 1790 fra le O p e r e d e l M a f f e i , X Y II, 346 sgg., la lettera al Bacchini contiene alcuni incisi di p i ù (sopra ne ho rife­ riti due), e vi stanno dentro i frammenti d’Ireneo senza le osserva­ zioni dello Pfaff, che nel G i o r n . formano un § 1 a sè, insomma in un’altra forma, con notevoli mutamenti, come se ne vedrà più avanti anche nella lettera del 1716 (v. sotto, ad es., la n. 16), non si può non tenerne conto, attesa la dichiarazione dello « stampatore », maschera dell’autore, ed atteso segnatamente che vi apparisce una 3a lettera al Bacchini da Yerona 3 aprile 1719 — dopo la D i s s e r t a n o a p o l o g e t i c a dello Pfaff — notata bensì dal P e z z a n a (v . lan. 3), ma sfuggita allo

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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Stieren e allo Harnack. Perciò nei passi che c’interessano particolar­ mente, sarà seguita l’ed. del 1742, benché talvolta scorretta, e dove servirà, si annoterà la scrittura del G i o r n a l e . Ora, fra i dubbi sollevati dall’acuto Italiano, uno, di carattere generale ed affatto neutro o, come dicono, non confessionale, che attaccava la radice, ossia l’esattezza e sicurezza dei nomi e del testo degli autori usati a formare le catene dalle quali Pfaff asseriva d’avere tratto i 4 frammenti, dovette ferire vivamente l’uomo che ne cono­ sceva bene l’autore vero, e perciò forse (lo sospettò anche H arnacic, p. 69) aveva voluto « coprirli coll’autorità del Maffei » concedendo­ gliene come favore grande la pubblicazione sul G i o r n a l e , quasi fos­ sero una primizia di un pregio unico e di vivissimo interesse per tutta la Cristianità, Occidentale ed Orientale. L ’appunto era questo (gli altri non fanno allo scopo della pre­ sente nota) secondo l’edizione l a, a cui Pfaff si curò di rispondere: « Son presi, come si vede, da Catene Greche, delle quali p iù d ’ u n a fu già a n c h e d a me osservata, ne’ C o d i c i di T o r i n o . Ma è noto, che non è in questa parte da fidarsi molto delle Catene, quando in esse non si trova indicata l’Opera, onde i detti, che vi si registrano, furon tratti. Per questa ragione dichiara il P. Massuet... » (G io r n a le , XYI, p.246). Ma nell’altra del 1742 fra gli O p u s c . t e o l ., p. 14, appare così rimaneggiato ed ampliato, quasi che l’avversario avesse già tratte fuori le « simili congerie di detti de’ Padri »: «A queste difficoltà si aggiunge l’essere questi frammenti cavati da Catene Greche, delle quali p iù d ’ u n a anche da me fu osservata ne’ M a n u s o r i t t i di T o r i n o . Ognuno sa, che non è in questa parte da fidarsi molto delle Catene, nè di simili congerie di detti de’ Padri, mas­ simamente quando non si trova indicata l’opera, onde i detti, che si regi­ strano, furon tratti. 8 Per conto de’ nomi confusioni, ommissioni, traspo­ sizioni vi si ritrovano assai frequenti. Per questo è, che il P. Massuet nella dottissima sua edizione non diede se non come dubbiosi (a) que’ frammenti, che da così fatte raccolte furon dedotti; e tanto più per non dirsi in esse, in qual libro, e in qual monumento di S. Ireneo quelle sentenze si rinve­ nissero ... ». Pfaff non tardò a difendere i frammenti e le note sue, sia diret­ tamente punto per punto, sia indirettamente dentro dissertazioni aggiunte, coll’opera di 647 pagine numerate (oltre una trentina senza numeri) uscita all’Aia nel 1715: 9 8 . I r e n a e i E p i s c o p i L u g d u n e n s i s F r a g m e n t a A n e c d o t a ecc.; ma rispetto alle catene, invece di indicare « (a) S. Iren. p. 338 non adeo tuta fìdes ». [cf. P.

G .,

VII, 1223 s.]

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Il frammento Maffeiano di isestorio

con precisione quale o quali di Torino gli avevan 3 fornito i frammenti, tentò di cavarsela con divagazioni, estendendo il significato di catena a parecchie altre compilazioni affatto differenti di materia e di deno­ minazione, ed il numero de’ codici a « varii » d’una « certa età », per cni erano tanto più stimabili i frammenti stessi.10 Ricevuto il libro nel marzo 1716, 11 il Maffei, non persuaso, dando a credere per bocca del giornalista, che deviava per la prima volta « dall’uso suo» di non risponder mai «nulla a chi gli scrive contra », con una lunghissima dissertazione, sotto forma di lettera al P. Bacchini (di certo conscio e più che conscio della cosa) in data Verona 30 aprile 1716, replicò, principiando appunto dalle catene, sulle quali si ferma per ben 5 numeri o capitoli (2-6) e 12 pagine (55-67) del G i o r n a l e to. X X V I, anno 1716, artic. I I . 12 Ivi dimostra con «una serie di esempi convincenti » l’inesattezza dei nomi degli autori nelle catene » (H ar nack, p. 2 2 ) e le alterazioni che vi hanno subito « anco le sentenze, prese veramente da gli Autori indicati... con tanto cangiamento di parole addotte, che appena si riconoscono » (n. 5), sottoponendo ad una critica minuziosa il principio della catena Oorderiana sopra i Salmi, la «più ampia, e più splendidamente impressa d’ogni altra... e citata molto, e adoprata dagli eruditi, ma non so se da niuno an­ cora ben’ esaminata » (n. 2), in cui, conchiudeva, « di 35 passi regi­ strati sul primo Salmo, non so se oltre a dieci saranno i sicuri, e de’ quali si possa mostrar riscontro » (n. 5). Ma è notevole, che, mentre nella prima lettera del 1713 non aveva accennato ad alcuna catena di sua proprietà e rilevato soltanto che « più d’una anche da me fu osservata ne’ Manuscritti di Torino », nella seconda del 1716 ne menziona una « fra’ miei Mss. Greci in un membraneo codice assai antico » (n. 2), e poi (n. 5) « quell’inedita opera sopra il Salterio, ch’è stata citata come Catena di Xiceta, Vescovo di Serra in Macedonia », producendone ad « esempio » dell’asserita « mutazione e troncamento » un passo di Xestorio ridotto a meno della metà nella catena del Cordier; e cita pure (n. 3) una spiegazione « fatta da Mceforo Blemmida, l’inedita opera del quale sopra il Sal­ terio, che assai di rado si rinviene fra Mss., duplicata conservo » , 13 inoltre di « S. Cirillo Aless. su i Salmi... un frammento d’insigne Ms. ch’io possedo » ; 14 come nel seguito della lettera (n. 27; G i o r n . , p. 125) cita il suo « codice contenente quantità di lettere Greche del decimosesto secolo, 15 e fra queste, sedici del Margunio, altre col nome di Manuele, altre di Massimo, che esso prese nell’esser fatto da’ suoi Vescovo di Citerà, oggi Oerigo, benché il dottissimo Fabrizio gli creda due personaggi », e la copia « Della Bolla, che contiene il decreto d’unione delle Chiese Greca, e Latina, ... ch’io tengo fra le più care

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

cose, e quale per assicurarla dalle troppo facili vicende delle case private, penso di donare alla libreria Vaticana » , lc insomma quasi la metà dei mss. greci, di cui 16 anni dopo darà l’indice nella V e r o n a illu str a ta .

Poiché degli altri codici, ben conosciuti come provano le note, non occorre dir altro, e per riconoscere quelli delle catene è necessario ponderare le parole del Maffei, sarà bene finir subito la storia dei frammenti in quanto riguarda la biblioteca Torinese. ilei 1718 Pfaff, già dall’anno precedente professore di teologia a Tübingen, pubblicava là contro la 2a lettera del Maffei (ch’era anche apparsa in versione tedesca nella N e u e B i b l i o t h e k , 58 Stück, 595 sgg. ) 17 una lunga prefazione alla D i s s e r t a n o a p o l o g e t i c a d e f r a g m e n t i s I r e n a e i a n e c d o t i s ece . , 18 che sarebbe stata difesa il 1 0 maggio da due discepoli, in cui ritirava tacitamente un’espressione, che aveva messo in so­ spetto il Maffei, ed assicurava che meritavano fede i codici Torinesi, « ubi Ignatius, Iustinus m. alia Irenaei, Origenes, Hippolytus comparent » (p. 427), ma senza dire quali e quanti fossero, nè altro che illu­ minasse al riguardo, come rilevava a p. 25-27 H a r n a c k , il quale finì asserendo che « Maffei hat auf diese Duplik nicht mehr geantwortet ». Evidentemente è sfuggita allo Stieren e a lui la 3a lettera del marchese da Verona 3 aprile 1719 al Bacchini, stampata fra gli O p u ­ s c o l i e c c l e s ., pp. 35-40, e nelle O p e r e X V II, 405-415, in cui quasi esul­ tando dichiara di non aver visto nella D i s s e r t a n o a p o i . « per quanto spetta ai punti controversi... cosa che non sia già ribattuta abbon­ dantemente »; accetta la sfida lanciata « nel paragrafo ottavo, che Ireneo per n u o v a o b l a z i o n e intende sempre delle primizie (quasi quella dagli Ebrei non si fosse fatta) » ecc. ecc., e con una citazione, pure sfuggita, della E i s t o i r e c r i t i q u e d e la R e p u b l i q u e d e s L e t t r e s t a n t A n ­ c i e n n e q u e M o d e r n e (che si pubblicava ad Amsterdam dall’ugonotto emigrato Samuele Masson, ministro della chiesa inglese di Dord­ recht) riferentesi però all’opera del 1715 ed alla l a lettera del Maffei, 19 non alla D i s s . a p o l o g ., termina così: « Pare al Sig. Pfaff in quest’ultimo suo libro d’aver trionfato; ma vera­ mente ne’ punti qui controversi rimane più che mai sconfitto. Era il primo contrasto sopra l’essere i suoi Frammenti di s. Ireneo, o non essere. H o p iù riscontri, che anco i più dotti fra li separati da noi siano del mio senti­ mento. Mi è avvenuto di vedere il nono tomo dell ’I s t o r i a C r itic a d ella R e ­ p u b b lic a L etteraria-, opera che si va stampando in Olanda. Von so chi ne sia l’autore, ma dotto è certamente. Tratta in esso di questi frammenti, e conchiude così: J e n e m ’é to n n e n u lle m e n t , de ce q u e S c i p i o M a f f e j u s le s a it c o m b a ttu s et re je tte z . F r a n c h e m e n t , j e tr o u v e s e s r a is o n s to u c h a n t le u r in c e r titu d e , (et) le u r s u p p o s i t i o n , tr è s p l a u s ib le s , et très b ie n jo n d é e s

».

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Il frammento Maffeiano di isestorio

Stando alla stampa, che rappresenta la forma definitiva datale dall’autore al momento della data o di una posteriore revisione, si direbbe che fino al 3 aprile 1719 il Maffei non avesse trat­ tato della D i s s e r t . a p o i . col Baechini, nè questi l’avesse veduta, e che gli sottoponesse allora, da Verona, quello che aveva pensato di scrivere, ed avrebbe scritto allo PfafE. 20 Invece dalla inedita C o r r i ­ s p o n d e n z a L e t t e r a r i a del Baechini 21 risulta che fino dal 13 gennaio egli aveva scritto in proposito da Reggio al marchese e il 25 marzo, pur da Reggio, preparata una lettera per lo PfafE medesimo (lettere delle quali sarebbe caro conoscere il testo e non l’esistenza soltanto); e, d’altra parte, risulta che il marchese giunse a Reggio appena due giorni dopo — il mercoledì santo (5 aprile) — e vi stette fino alla metà di maggio. 22 Onde la probabilità (se non vogliamo malignare) che il Maffei abbia portato seco da Verona il testo meditato ed ab­ bozzato fino dal principio dell’anno o poco prima, e poi migliorato secondo le osservazioni del veneratissimo maestro e del tutto finito alla data della partenza; 23 e si fosse di già proposto non di scrivere poscia un’apposita lettera allo PfafE d’eguale contenuto, ma di co­ municargli o fargli comunicare dal Baechini quella diretta al Bacchini medesimo, nella quale si era espresso con tutta la libertà e con­ fidenza permettendosi voti e giudizi chiari ed aperti quali avrebbe esitato a scrivergli direttamente. Benché non ne conosco prova nè PfafE abbia lasciato traspirare di avere ricevuto la lettera del Baechini e quella del Maffei sotto la predetta o altra forma, sono persuaso che il marchese per qualche via gliele abbia fatte pervenire, non tanto a mostrargli che ritenevasi nel vero e convincernelo, quanto perchè se ne riprometteva — lo si direbbe al modo e al tono del discorrere e sollecitare — un effetto benefico sull’animo del protestante, per il quale continuava a profes­ sare la solita stima ed una calda affezione fraterna. Appunto per non guastare tale effetto, non già per avversione degli Zeno editori del G i o r n a l e , nè perchè il Maffei non volesse più avervi parte nè più se ne interessasse, come per qualche tempo parve ma passò a mo’ di temporale (cf. S t u d i M a f f . , pp. 556 sgg.), è presumibile che egli nè allora nè poi vi pubblicasse la lettera. Essa neppure comparve nell’ed. Veneta di 8 . Ireneo, approvata nel 1729 ma terminata nel 1734, quando il Maffei stava in Francia occupato di tutt’altro, ma solo del 1742, in appendice alla I s t o r i a t e o l ., frammezzo agli O p u s c . e c c l ., dopo che verosimilmente, conosciute le altre opere e prima e poi uscite 24 dello PfafE (del quale non si sarà mai disinteressato), egli aveva capito la vanità della sua speranza di guadagnarlo alla Chiesa Cattolica. Comunque, PfafE, al quale non potè sfuggire nè l’ed. Veneta pre-

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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detta, in cui il P. Francesco Leoni dell’Università di Padova rile­ vando di nuovo l’ambiguità e promiscuità dei termini usati da lui a nominare le fonti lo stringeva a produrre « exempla aliqua, quibus et nos certi simus nullo pacto in examinandis iis codieibus quasi oscitantem virum alioquin acutissimum erravisse » , 25 nè l ' I s t o r i a t e o l . del 1742 con l’ultima lettera dell’avversario al Bacchini, per oltre 30 anni non si curò mai di dare spiegazioni sulle pretese fonti dei passi controversi, come se non convenisse nemmeno tornarci sopra e fosse un perditempo. Ma tanta noncuranza e dissimulazione gli diventarono moralmente impossibili dopo la comparsa nel 1749 dei C o d i c e s m a n u s c r i p t i B i b l i o t h e c a e R e g i i T a u r i n e n s i s A t h e n a e i , con una prefazione in cui si dovette necessariamente ritoccare i tasti e dell’« ac­ curatissimo catalogo dei codici greci » promesso dallo Pfaff a testimo­ nianza delle « Efemeridi di Lipsia » 26 e non pubblicato (p. Y), e dei frammenti di S. Ireneo cercati diligentissimamente ma invano tanto da sospettare, non volendolo « fraudis et mendacii arguere », che « una mano invidiosa avesse strappato i fogli o rubato i codici », e lamen­ tare (p. V ili), perchè lo si supponeva morto, « Cur saltem Pfaffius Codices nominatim non indicavit, unde ea desumsit, cum singuli suis distincti essent notis? et cur Scripturae librum, ac textum reticuit, cui subiecta esset, quam alfert, S. Irenaei commentatio? Certe id perficere debuisset, ut a se inventis Sanctissimi Patris fragmentis fidem et autoritatem conciliaret». Pfaff, tuttora vivo e professore e cancelliere di Università, non potè più tacere, e facendo l’offeso di un attacco che non si sarebbe mai aspettato, 27 sotto forma di lettera « c u r r e n t e abs me c a1 a m o scripta Tubingae die 15 Oct. a. 1751 » al Kapp redattore dei N o v a A c t a E r u d i t o r u m di Lipsia, che la pubblicò nell’annata del 1752, pp. 443 sgg., per tutta risposta raccontò una storia, poco credibile e tuttavia non messa in dubbio, della sua ammissione alla biblioteca 28 e della difficoltà di accesso che in seguito ancor egli e il Maffei avrebbero provato ; 29 insinuò che dopo la sua partenza alcuni « i m p r o b a m Codieibus p l u r i b u s manum iniecerint », e si fece meraviglia dell’asserzione che c’erano t u t t i ancora i codici registrati nei cataloghi vecchi con le loro segnature, affermando che egli non aveva trovato nè segnature nè cataloghi, 30 ed opponendo, a prova delle manomissioni, che il codice dei F i l o s o f u m e n i , di cui aveva mandato le varianti al Wolf, non compariva nel catalogo del Pasini ®1. Pretese che, se avesse il tempo di leggerlo tutto e confrontar col suo il nuovo catalogo, « plura sane mihi occurrerent, partim obelo transfìgenda,

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Il frammento Maffeiano di Eestorio

partim supplenda »; mancandogli però ormai anche l’ardore giovanile di dare alla luce « plura anecdota e Codicibus Taurinensibns descripta » e del resto ben comprendendo « non edenda esse anecdota, nisi quae internimi et praecipuum secum pretium vehant », alla fine come per gentilezza suggeriva e raccomandava ai signori Torinesi di pubblicare il loro codice « bene scritto » delle questioni A m f i l o c M a n e di Fozio . 32 Pfaff visse ancora 8 . anni, pur sempre professore e cancelliere universitario in Tübingen sin al 1756, e dal 1757 al 1760 in Giessen, ma si guardò bene dal dire qualche cosa di più, mentre avrebbe po­ tuto d’un colpo togliere ogni dubbio (come rilevò H arnack, p. 31) pubblicando del proprio catalogo i tratti riguardanti le collezioni da cui aveva trascritto i frammenti d’Ireneo, e stampando quelli da lui pretesi di Ignazio, Giustino, Origene ed Ippolito, desideratissimi anche se minimi in quel fiorire degli studi patristici non meno di ora, e che poi non dovevano essere così numerosi. Conscio di avere men­ tito ed insieme esagerato enormemente per dar fumo negli occhi, e memore dei rischi procuratisi coi quattro piccoli frammenti, non aveva dato fuori gli altri, se pure li aveva fabbricati, nè il millan­ tato catalogo, e furbescamente sgattaiolò sempre, illudendosi che in tal modo col tempo, spariti gli avversarli, tutto sarebbe caduto in eterno obblio; solo erasi avventurato a trarre in campo la pretesa scomparsa dei F i l o s o f u m e n i , ritenendosene sicuro per l’altro crimine accreditatogli dal Diels, D o x o g r a p h i O r a e c i , p. 155, ed ammesso da H arnack , p. 65, n. 1, di averne sottratto i primi 15 fogli e celato il furto con una falsa numerazione nuova dei fogli rimanenti: 33 « Il fal­ sario è stato anche un ladro, e il ladro un falsario » (H arnack ). Attese le reticenze e tortuosità sue e tutta una serie di punti insostenibili osservati nei frammenti stessi (fra cui la riproduzione in uno di una lettura sbagliata dello Halloix!), «una scusa dello Pfaff è impossibile: egli è smascherato come falsario »; è escluso « che l’in­ gannato sia stato egli » (p. 6 6 ). « Jetzt ist der Tübinger und Giesser Kanzler als Betrüger entlarvt, und es spricht sehr viel dafür, dass er auch ein Handschriftendieb gewesen ist » (p. 69): tale la conclusione di questa tristissima storia, memorabile per vari rispetti e degna di entrare in un nuovo opuscolo D e s e r a n u m i n i s v i n d i c t a , se mai si tornerà a scrivere S a g g i m o r a l i , e da non dimenticare per cautela nelle biblioteche meno ordinate e meno vigilate. E ladri dotti e fal­ sari secondo i mutati gusti ed interessi; sono tutt’altro che scomparsi. Ora torniamo alle catene del Maffei.

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

II Il frammento preteso di destorio Eipetiamo le parole del Maffei sulle proprie catene e sul passo di destorio secondo l’edizione del 1742. 1) « Una Catena Ho io fra’ miei Mss. greci in un membraneo codice assai antico, e per altro assai corretto, nella quale per quanto spetta a’ prefissi nomi, errori trovo, e confusione infinita » (n. 2 ). 2 ) « Io tengo queirinedita opera sopra il Salterio, cH’è stata citata come Catena di diceta, vescovo di Serra in Macedonia; e avendo già Pietro Felkmano 34 tratti da essa quei gran frammenti di S. Atanagio su i Salmi riportati nell’tdtima edizione (b), Ho avuto comodo d’osservarne la diffe­ renza. Da cHe ben si può ravvisare, quanto poco consigliata fosse l’opposizion del Savilio (c) a Daniel Barbaro, d’aver poco fedelmente attribuiti al Grisostomo de’ passi, cHe non erano nel suo Ms., il che dice avere sco­ perto per posseder lui un altro Ms. della Catena stessa; quasi però doves­ sero essere uniformi. Appunto nel codice pur’ora ricordato Ho trovato col nome di S. Atanagio alcun di que’ passi, cHe registrò il Barbaro; e cHe non vedendosi ora nel Greco degli editi comentarj di quel Padre, poteva per alcun sospettarsi, cHe senza autorità fossero da lui col nome di S. Ata­ nagio stati inseriti » (n. 5). 3) «Ma già cHe questo codice Ho per le mani, di quanto avanti Ho avvertito intorno alla mutazione, e troncamento, un esempio apportar voglio da esso, cHe abbia seco il piacer della novità, e l’utile della notizia, dell’anonimo comentario annesso dal P. Oorderio alla sua Catena (d) sul fine del Salmo 34 così si legge: ” Ε φ η δ έ τ ι ς , δ ιά τ ο ύ τ ω ν κ α τ ε ύ χ ε σ θ α ι τω ν

εχ θρ ώ ν τον Δ α β ίδ ,

ή β ε λ τ ι ω θ ή ν α ι τ ο ύ τ ο υ ς θ έ λ ο ν τ α , τ ύ π τ ε γ ά ρ ά δ ό κ ιμ ο ν

άργύρω ν

καί

κ ρ ίσ ιν

ή

iva τ ο ύ τ ω ν π α σ χ ό ν τ ω ν

α υτούς

π ροση ύ χετο

mio Ms.),

κ α θ α ρ ισ θ ή σ ετα ι'

ούχ

ώς

ή

iva

μ α σ τιζό μ εν ο ι

β ελ τίο υ ς

φ ιλ ά ν θ ρ ω π ο ς

ά λ Χ ώ ς μ ισ ο π ό ν η ρ ο ς .

G ì fu

τη ν

μ έλλουα α ν

φ ύγω σι

ετεροι γ έ ν ω ν τ α ι.

πολεμηθηναι γά ρ

(1 .

dal senso, e dal

μ ισ ά ν θ ρ ω π ο ς,

e h i d is s e , c o n

q u elle p a r o le

fa r p r e ­

g h ie r a D a /v id c o n tra i n i m i c i : o v o le n d o c o s ì , ch e s i m ig lio r a s s e r o , poichìe s i d e p u r a l ’ a rg en to c o l b a tte r lo ; fu tu r o ;

o p e r c h è p a te n d o

o

essi,

p e r c h è fla g ella ti q u i ,

fu g g is s e r o

il g iu d ic io

d iv e n t a s s e r o g li a ltri m ig l i o r i : im p e r c io c c h é

p r e g a v a , ch e fo s s e r o c o m b a ttu ti, n o n c o m e o d ia to r d elle p e r s o n e , m a d el p e c ­ c a to .35

Or questo passo si ha nel Ms. in questa maniera.

(b) t o m . 1. p. 1241. [ P . G . , X X Y II, 547-590] (c) in ed. CHrys. p. 108. [Senza conoscere questo passo, osservai il medesimo in B i b l i c a , X X V I, 1946, p. 155, n. 1; X X Y II, p. 1] (d) [I. 1,] p. 632.

t.

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Il frammento Maffeiano di hiestorio

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Ν ε σ τ ο ρ ίο υ .



κ α τ ε ύ χ ε σ θ α ι τ ω ν ε χ θ ρ ώ ν Òi ε ξ α ι τ ί α ς

θήναι το υ ς εχ θρ ούς βουλ όμ ενον' τ ύ π τ ε γ ά ρ σ ετα ι·

δεύ τερ ον,

θώ σι τη ς

φ α σί ...

ά ν α β ε λ τ ιω -

ά δ ό κ ιμ ο ν χ ρ ν σ ί ο ν κ α ί

κ α θ α ρ ισ θ ή -

Iva ( Μ ε μ α σ τ ι ζ ό μ ε ν ο ι κ α ί π ο λ ε μ ο ύ μ ε ν ο ι,

α ιω ν ίο υ ’ τ ρ ίτ ο ν ,

ζω ν' π α νούργος γά ρ

ίδ ώ ν

Iva τ α ΐ ς τ ο ύ τ ω ν μ ά σ τ ι ξ ι ά φ ρ ονα μ α σ τ ι ζ ό μ ε ν ο ν ,

κ ο υ φ ό τερ ο ν

ά λ λ ο υς

κ ρ α τα ιώ ς α υ τό ς

τ έ τ α ρ τ ο ν , τ ο ν β ίο ν λ ο ιμ ο ύ κ α ί ν ό σ ο υ ά π α λ λ ά τ τ ω ν ' π έ μ π τ ο ν , α υ τ ώ ν μ α θ η τ ε υ θ ώ σ ι τ ά ς έπ εν εχ θ είσ α ς π λ η γ ά ς π ω σ ι τ ιν ε ς , εστι γά ρ

π ο ύ εσ τιν

ο

σ ω τη ρ ία α ύ τ ω

Θ εός τού Δ α β ίδ ; μ η εν τ ω

Θ εω

α υτού,

εύρεθη

π α ιδ ε ύ ετ α ι·

i v a 36 κ α ί

φ ο βη θέντες' εκ τον,

π ειρ α -

σ ω φ ρ ο ν ί-

ά λλοι

iva μ η ε ϊ -

α υ τό ν έκ δ ικ εί καί σ ώ ζ ε ι ; ούκ

πολεμηθήνα ι

δε

τούς

πολεμουν-

τ α ς ε ύ χ ε τ α ι ο υ χ ώ ς μ ι σ ά ν θ ρ ω π ο ς , άλλ’ ώ ς μ ισ ο π ό ν η ρ ο ς .

«D i

N e s t o r i o . L e i m p r e c a z i o n i c o n tra i n e m i c i p e r s e i m o t i v i d ic o n o f a r s i :

p r i m a v o le n d o m ig lio r a r li, p o ic h é b a tti l ’o r o , 37 e s i a ffin e r à . 2 . p e r c h è c a s ti­ g a ti, e g u e r e g g ia ti q u i, p r o v a s s e r o p i ù lie v e i l

d a n n o e te r n o .

3.

p e r fa r s a v i

g li a ltri c o ’ ca stig h i d i q u e s ti, im p e r o c c h é i l tr isto v e g g e n d o fo r te m e n te battu to lo sto lto , v i e n e a d a m m a e s tr a r s i. bo.

5.

4 . p e r lib era re i l m o n d o d a p e s t e , e d a m o r ­

a c cio ch è i m p a r i n o d a lo ro a n c h e g li a ltri, e p a v e n t i n o le in f e r i t e p ia g h e .

6 . a c cio ch è a ltri n o n d ic a : d o v ’ è i l D i o d i D a v i d e ? p e r c h è n ó i v e n d ic a , e n o i d ife n d e ? e i n o n tr o v a n e l s u o D i o s a lv e z z a . P r e g a d u n q u e , che ch i lo c o m b a tte c o m b a ttu to , n o n c o m e o d ia to re d elle p e r s o n e , m a del p e c c a to . Forse il quarto e il quinto furono qui mal posti, 38 non così il sesto a torto ommesso da chi lo traportò nel oomento lavorato quasi a modo di Catena, e per altro molto lodevole. Secondo il mio codice questo è dunque un fram­ mento di hfestorio; e pare ne abbiamo un riscontro nell’Autor Corderiano, che ne sopprime l’odioso nome » (ib.). s ia

Adunque il Maffei menziona prima come sua una catena in mem­ brana, di caratteri assai antichi, del cui compilatore tace il nome, quasi che lo ignorasse, ossia non ve l’avesse veduto; e poi, senza indi­ care la materia e rantichità del manoscritto, « quell’inedita opera sopra il Salterio, ch’è stata citata come catena di Mceta, vescovo di Serra », della quale però riferisce che presentava col nome di S. Ata­ nasio « alcun di que’ passi che registrò il Barbaro » n A V A u r e a i n q u i n ­ q u a g i n t a D a v i d i c o s P s a l m o s D o c t o r u m G r a e c o r u m C a t e n a da lui tra­ dotta, 39 ma P. Felckmann non trovò « in σ υ λ λ ο γ ή Mcetae Heracleotae in Biblioth. Palatina » di Heidelberg, ora Yaticano Palat, gr. 2 4 7 . Inferisce inoltre dal codice medesimo, senza dire se stava d e n t r o l’opera predetta (come verosimilmente il Maffei riputò che sarebbe stato sottinteso) o in un’ a g g i u n t a secondaria, quali i codici di frequente contengono, il passo di Hestorio, di cui bene riconobbe un compendio dentro il commento dei salmi, pubblicato dal Cor­ derio, senza nome nel t. I e come dell’Eracleota (Teodoro) nel II e nel III, tra la p a r a f r a s i dell’Anonimo (Diodoro del P. Mariès; un epitomatore di vari commenti incerti ma di scuola Antiochena secondo Mgr. Devreesse) 40 e la catena.

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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Bigorosamente parlando, potrebbe arguirsi dalle espressioni di­ verse del Maffei, che egli possedette due codici del genere delle cate­ ne: uno, membranaceo, di catena a n o n i m a , assai corretto, coi nomi prefìssi ai passi, però con errori e confusione infinita, ed uno, di ca­ tena che aveva i passi di S. Atanasio raccolti dal Felckmann nella S y n a g o g e ε ξ η γ ή σ ε ω ν di M ceta Eracleota ed altri noti dal Barbaro ma non riferiti dal Felckmann, e del compilatore doveva portar a vista la qualifica « di Serra », e che da questo 2° codice avrebbe tratto il frammento di Kestorio. Onde l’argomentazione, che il M ceta Maffeiano col Kestorio sia sparito fra il 1742 e il 1890, mancando esso fra i codici greci della Capitolare catalogati dall’Pmont nel C e n t r a l b l a t t f ü r B i b l i o t h e k s w e s e n , V ili, 489-497, e fra i mss. della catena di M ceta indicati nel C a t e n a r u m G r a e c a r u m C a t a l o g u s di G. Karo e Ioh. Lietzmann (1902), 32-35, in cui per di più non comparisce affatto Nestorio fra gli autori adoperati nelle catene (v. l’indice, p. 173), come osservò subito l’interessatissimo Fr. Loofs . 41 Ma, in contrario, non avrebbe per avventura il Maffei al 1° luogo, dove pone in dubbio i nomi di autore prefissi agli estratti singoli e non dei compilatori delle catene stesse, tralasciato il nome di M ceta o per inavvertenza a quel momento della lettera, o piuttosto di pro­ posito per non confondere e con l’intenzione di farne il nome dopo a luogo più opportuno? e non sarebbe egli ciò dimostrato a sufficienza ove si dimostrasse che la catena Maffeiana in pergamena ebbe parti sotto il nome di M ceta di Serre ed insieme il passo col nome di Kestorio? Ora precisamente questo si può dimostrare coll’aiuto delle indi­ cazioni fornite dal Maffei medesimo nella V e r o n a i l l u s t r a t a . Parte terza, Capo settimo, Gallerie, all’ultima delle quali, la M a f f e i , presso la fine (ed. 1732, col. 273) dà la nota de’ suoi « Alquanti Manuscritti. Prima tra’ Greci, Commentarj sopra i Salmi, da’ quali fu tratto già un Frammento di Nestorio nella Lettera sopra alcuni frammenti, pretesi di Sant’Ireneo. Carta che si conosce tagliata già da codice in carattere maiuscolo, contenente un’esposizione di Cirillo Ales­ sandrino sopra i Salmi, qual esposizione sarebbe non solamente inedita, ma finora incognita, e innominata ». Dicendosi tutto ciò in un capoverso unico, e nella continuazione dell’indice avendo il Maffei a ciascun manoscritto dedicatone uno, fuorché dove espressamente unisce come nel successivo: «Copie due della interpretazion de’ Salmi di Mceforo Blemmida: inedita » (cf. la n. 13 a p. 24), o dove appena accenna assommando come a «Poesie, e Prose varie volgari, e Latine, cominciando dal 1300. Cronica del

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Il frammento Maffeiano di Xestorio

Coma in ottava rima. Scritture molte Istoriche, Politiche e d’altro argomento »; « Raccolte d’antiche Iscrizioni di Feliciano e di Fra Giocondo »; « Opere del Calderino, delle quali si è parlato sopra negli Scrittori »; « Alquanti rotoli de’ tempi Longobardi, scritti in corsivo antico », non sembra ingiustificabile il ritenere che la « carta che si conosce tagliata già da codice in carattere maiuscolo » stesse nello stesso manoscritto, per guardarlo o guardarla, e non da sè come una unità per nulla naturale e diffìcile da custodire e conservare, qual’è al presente. Ma, ancorché per una inavvertenza o dell’autore o dello stampatore non si fosse andato a capo, sta che commentario e carta erano tenuti accanto, e p r i m a il commentario e la « carta » dopo, non ostante il pregio singolarissimo dell’inedito sconosciuto e la cele­ brità del Santo autore e l’antichità della scrittura, e le « pitture » accennate dall’Omont. 42 Pertanto, non essendovi alcun dubbio, ed è ben riconosciuto, che la « carta » è l’odierno ms. Capitolare C X IX (109), sulla cui prove­ nienza e disposizione ripetutamente 43 argomentai, senza badare per fortuna al passo della V e r o n a i l l u s t r a t a , che forse mi avrebbe sviato, rimane di vedere se il codice precedente C X V III (108) contenga il frammento di Xestorio e presenti il nome « Xiceta di Serra ». Orbene al medesimo salmo X X X IY , in cui il « commentario » del Corderio dà in compendio il senso del frammento conservandone in buona parte le parole, il ms. C X Y III (108) al basso del f. 33r ha chiaro chiaro: Ν ε σ τ ο ρ ί ο υ T ò κ α τ ε ν χ ε σ θ α ι τ ω ν ε χ θ ρ ώ ν ecc., quale lo pub­ blicò il Maffei con alcuni errori caratteristici, proprii del codice, e qualche inesattezza del Maffei, sviato da quelli o non ancora ben sicuro nella lettura de’ mss. greci nè fissatosi nella traduzione, come dimostrano i parecchi mutamenti di parole nella ed. del 1742. Inoltre, al capo di ben otto salmi: X L Y III, X L IX , LI — LIY, L X Y II e L X Y III, si vede scritto chiaro, per lo più in rosso vivo: τ ο ϋ σ ε ρ ρ ώ ν , ed al salmo LIY, prima del v. 8 : ε ω ς ώ δ ε τ ο ϋ σ ε ρ ρ ώ ν (f. 8 8 r). Risulta quindi che il ms. Maffeiano con Xestorio e Xiceta fu in pergamena; e poiché nessun’altra catena greca dei salmi, od altra opera che potesse dirsi tale, il marchese nel 1732 dichiarò di posse­ dere o di aver posseduto, non può dubitarsi che la catena menzio­ nata nel n. 2 della lettera del 1716 era l’opera inedita che nominò nel n. 5, e disse citata come catena di Xiceta dal Felckmann. E lo si potrebbe confermare dalla « confusione infinita » di quella, se la frase non sembrasse dal contesto limitata ai « nomi prefissi », perchè nel codice erano così disordinati i fogli, ai quali segnatamente ricorre τ ο ν Σ ε ρ ρ ώ ν , che di recente si sono dovuti riordinare così: 63, 6 8 , 64, 65, 173-176, 6 6 , 67, 69 e mutare i numeri da 64 a 176. 44

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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Biconosciuta la fonte unica, quale conto farne per Nestorio e per Mceta? Per Nestorio nessuno. Nella scrittura Ν ε σ τ ο ρ ί ο ν il Maffei stesso (e i dotti interessatisi di poi al frammento sino al Loofs e oltre) quasi certamente avrebbe veduto uno degli errori della sua catena « nei nomi prefissi», se appresso al Corderio avesse consultato V A u r e a C a t e n a di Daniel Barbaro, che verso la fine del salmo X X X IV , pp. 342-3, presenta come A st e m i il passo tradotto, senza i numeri ma coi motivi 4° 5° e 6 ° del ms. Veronese, ed osservatone il testo greco, parimenti con A s t e r i u s al margine e colla numerazione, e più corretto, in A n t in . A geiìlio (Ajello), C o m m e n t a r l i i n P s a l m o s (Eoma 1606, p. 147; e Parigi 1611), all’istesso salmo: testo che dai codici suoi Vat. 7 e 16, ossia Vat. gr. 1617 e Begin. gr. 40 (catene X V II e I X di Karo e Lietzmann), stampò come nuovo e ’ Α σ τ ε ρ ι ο ύ J. B. Pitra , A n a l e c t a s a c r a , III (1883), 432, 45 — opera am­ piamente recensita in 4 numeri della T J i e o lo g is c h e L i t e r a t u r z e i t u n g 1884, 20 anni prima di N e s t o r i a n a , dal Loofs, il quale in N e s t o r . non fà neppure un cenno di tutto questo, — e che L oofs, N e s t o r . , ristampò d u e volte nello stesso tenore, prima dal G i o r n a l e d e ' L e t t e r a t i direttamente (p. 67), e poi (p. 223) da F abricius-H arles , X , 531 (una seconda ristampa dal G i o r n .l ) con tre congetture infe­ lici, e la sconsolante conclusione: « Ueber die Echtheit dieses Fragments làsst sich vielleicht auch dann nichts sagen, wenn man seme Fundstelle kennt. Aber ich kann diese nicht einmal angeben; Karo und Lietzmann ... nennen die Katene nicht. 46 Man wird dies Pragment daher als zweifelhaft bezeichnen mùssen » (p.6 8 ). Di fatto, le catene che a quel passo, o ad un suo compendio o rifacimento, 47 presentano il nome di Asterio, l’ariano (f dopo il 341), anteriore di un secolo a Nestorio, n o n s o l o s o n o p a r e c c h i e (l’ho notato nei tipi a me accessibili III, IV, VI, IX , X , X V , X V I, X V II di Karo e Lietzmann e nel Barbaro, risalgano o no in ultimo all’estratto fattone direttamente da un unico antico e qualunque ne siano le parentele), di cui una per lo meno è di prima mano e di primo valore, la VI, rimasta negli accurati codici del sec. X Barocciano gr. 235 e Vatic. gr. 1789, che ha conservato parecchi altri frammenti di Asterio, ma l o h a n n o p r o p r i o q u e l l e d e l l o s t e s s o t i p o (X V II) d e l V e r o n e s e e a f f i n i , in codici più antichi ed emendati (v. K aro e L., p. 49), ond’è presumibile senz’altro che Ν ε σ τ ο ρ ί ο ν sia una corruzione di ’ Α σ τ ε ρ ι ο ύ , avvenuta in copie più tarde e meno buone, a causa della vicinanza dei nomi nella scrittura e dell’abitudine di lasciare al rubricatore raggiunta delle iniziali.

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Il frammento Maffeiano di Vestono

Di simili corruzioni il Veronese dà subito dopo un altro esempio non meno cospicuo, perchè al v. 3 ha l’esposizione molto prosaica: T ò « έ κ χ ε ο ν » άντ'ι τ ο υ γ ΰ μ ν ω σ ο ν , ε π ε ι δ ή τ ο έ κ χ ε ό μ ε ν ο ν γ υ μ ν ο ΰ τ α ι τ ο ν α γ γους. το δ ε « σ ν γ κ λ ε ι σ ο ν » ά ν τ ί τ ο υ ά π ό κ λ ε ισ ο ν κ α ι π ε ρ ίκ λ ε ισ ο ν α υ τ ό ν τ ο ν δ ρ ό μ ο ν τ ω ν π ο λ ε μ ίω ν , ξίφ ε ι τ η ν ο ρ μ ή ν α υ τ ώ ν ά π ε ί ρ γ ω ν , 48 che è un compendio dell’esposizione di Diodoro di Tarso pervenutaci anche fuori delle catene, per tradizione d i r e t t a n o n e s p o s t a a s c a m b i d i a u t o r i come in quelle. Ora il copista del Vero­ nese prefìsse in nero ϊο δ ώ ρ ο υ , tenendo staccato enormemente da o l’i.', che il rubricatore storditissimo (v. al principio delle n. 55 e 56 altri due spropositi grossi di lui) prese per l’iniziale prescritta, e dipinse ’Ϊ . 49 Non conoscendosi un ’ ϊο δ ώ ρ ο υ esegeta ed il nome stesso apparendo una stranezza, il correttore medesimo, che ά β Ά 'ά π ί ρ γ ω ν del copista ben fece ά π ε ί ρ γ ω ν , cavò fuori ’ Ι σ ι δ ώ ρ ο υ , tutt’altro autore, più volte citato anch’esso nelle catene, al quale non si attribuirà per questo quella nota filologica, Bon così tuttavia nelle catene affini: e il Vat. 744 e il Torinese B I 22 e l’ Ambrosiano C 98 sup. e il Vat. 1422 han­ no chiaro chiaro Δ ι ό δ ω ρ ό ν , nè altrimenti il ben diverso Begin. gr. 40. Aggiungasi, a mostrare l’intelligenza del copista, che per avere diviso insensatamente la parolina e supposto μ ή in μ ία ν , senza accor­ gersene nemmeno quando ebbe a scrivere δ ε υ τ έ ρ α ν , τ ρ ί τ η ν ecc., giunse a trascrivere la ragione Ia di Asterio: μ ία ν , β ε λ τ ι ω θ ή ν α ι τ ο ύ ς ε χ θ ρ ο ύ ς β ο υ λ ό μ ε ν ο ν , nei termini seguenti che dicono tutt’altro: μ ή ά ν α β ε λ τ ι ω θ ή ν α ι τ ο υ ς ε χ θ ρ ο ύ ς β ο υ λ ο μ έ ν ο υ ς , ponendo in difficoltà gli editori, a prin­ cipiare dal Maffei, il quale sulla scorta del θ έ λ ο ν τ α del commento Corderiano tacitamente corresse β ο υ λ ό μ ε ν ο ν ed omise μ ή , sostituen­ dovi egli e non il Fabricius parecchi puntini per il supposto di una lacuna più grande, che Loofs propose di colmare con ά ρ έ σ α ι τ ω Δ α β ί δ . Anche nella ragione 2a: iva ώ δ ε μ α σ τ ι ζ ό μ ε ν ο ι κ α ι π ο λ ε μ ο ΰ μ ε ν ο ι κ ο υ φ ό τ ε ρ ο ν 60 π ε ι ρ α θ ώ σ ι τ ή ς α ιω ν ίο υ (non più!) egli non sentì bisogno del sostantivo evidentemente sparito, che Loofs suppose ζ ω ή ς o un τ ο ν α ιω ν ίο υ sostantivato. Però dell’omissione stessa non sembra giu­ sto far colpevole proprio lui, perchè la si vede pure (e questo è indice della loro affinità) nelle catene dell’Ambrosiano 0 98 sup. e del Vat. gr. 1422, e verosimilmente fu anche negli esemplari da cui procedono altre catene, perchè, oltre il κ ρ ίσ ε ω ς del Barocc. gr. 235 e compagni, ivi compariscono (v. lan. 47) le varianti κ ο λ ά σ ε ω ς (Vat. 744) e β α σ ά ν ο υ (Begin. gr. 40; Ambros. H 112 sup. f. 40v), che sembrano o supplementi congetturali di una parola mancante, o correzioni di una creduta guasta. Pertanto sopra quel solingo Ν ε σ τ ο ρ ί ο ν di tal cod. non si può nulla poggiare, nè per esso mettere in dubbio l’attribuzione che n’è fatta

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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ad Asterio in parecchie più antiche catene, taluna delle quali è di. valore primario. Tanto basta al proposito nostro nè occorre andar oltre a cercare se tale tradizione diffusa sia per altri motivi ammissibile o no. Lo farà, se mai bisogna, il eh. Prof. Marcello Richard, occupa­ tosi ripetutamente di Asterio, che ne va raccogliendo le reliquie an­ che dalle catene dei salmi 51 e le pubblicherà, si spera, in una edizione davvero critica. Ili La catena del codice Capitolare Veronese CXVIII Quanto a M ceta è da notare che 1) nel Veronese il suo nome non comparisce a capo della ca­ tena, dove l’hanno, ed era naturale, il Coislin. gr. 190 e il Palat. gr. 247, e neppure nella sottoscrizione, così prolissa ed istruttiva, come nel predetto Coislin. e negli acefali Mosquense 190, e Athon. 3648,52 bensì a capo del salmo X L V III e degli altri sette indicati sopra, fuori dell’uso comune, giacché nominato l’autore della catena nel titolo a principio, non lo si nomina dipoi a ciascun salmo, bastando quel titolo; 2) la catena del Veronese ai salmi predetti, ed anche al L° benché senza τ ο ν Σ ε ρ ρ ώ ν , è veramente quella che nel codice Palatino è inti­ tolata a Mceta, ma curiosamente non ha mai al margine i nomi degli autori che il Palatino non di rado ivi presenta e che il Veronese me­ desimo ha, per lo più dentro la catena e talora ai margini, in altre serie di salmi, segnatamente nelle prime decine e dal L X X V II al CXVIII; 3) realmente dopo V & og ώ δ ε τ ο ν Σ ε ρ ρ ώ ν del salmo LIV, 7 il sèguito della catena del salmo, e non solo di esso (come sarebbesi potuto per sé intendere e non l ’avrei contestato per cautela, man­ candomi al confronto il cod. Palatino, che per lo smarrimento di un fascicolo probabilmente, salta dal principio del salmo L U I al LVII, 3) ma anche dei susseguenti LV-LXVL non è preso a Mceta, bensì di nuovo alla catena ben diversa X V II del Vat. gr. 744, con un cambia­ mento che la brevità stessa dello spazio occupato mostrava a vista, ed il contenuto affatto differente da quello del Palatino nei salmi LVLI-LXVI prova non essere accidentale, per semplici omissioni o salti, ma congenito o di composizione, e realmente vi ritorna insieme al τ ο ν Σ ε ρ ρ ώ ν il M ceta del Pa­ latino ai salmi L X V II, L X V III e L X IX , anzi fino al principio del v. 17 del L X X I , 53 però con tratti, talora lunghi, di più, 54 che direi

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Il frammento Maffeiano di Xestorio

omessi nel Palatino per abbreviare anziché aggiunti da un estraneo, o altrimenti da Xiceta medesimo, salvo che coll’esame degli altri codici si giunga a vedere che egli ha rimaneggiato la propria ca­ tena e ne restano come due edizioni. Fino a questo punto il τ ο ν Σ ε ρ ρ ώ ν soprascritto al salmo e 1’εως ώ δ ε portavano pianamente, ma nello stesso tempo, col rivelare la strana composizione della catena, suggerivano di adocchiarvi qua e colà le parti antecedente e susseguente del Salterio fuori dei salmi XXTI e CXY in cui l’avevano saggiata Karo e Lietzmann, e del X X X I Y esaminato a causa del passo di Xestorio, di cui sopra. Avendolo già fatto piuttosto largamente per lo scopo mio primo e principale, che era di conoscere con certezza se e come vi erano nominati negli estratti delle omilie di S. Giovanni Crisostomo i nuovi traduttori dal salmo C X IX al GL, e quanti scoli di Areta vi erano trascritti, ed accertato così in circa 25 salmi ch’eravi davvero come di regola, con poche secondarie ma talora buone differenze, la catena X Y II o del Yat. gr. 744, poiché si vedrà quanto prima questo nello studio apposito già dato al tipografo, mi restringo a dire che fino al salmo X L III il Veronese ha tale catena, ma nei salmi X L1Y -X LYTT quella del Pa­ latino gr. 247 o di Mceta, e che dal L X X V II in poi, se le esteriorità ed i molteplici tasti non ingannano, o se Xiceta non mutò metro, ha l’altra, quantunque non possa farsene la controprova col trovarla discorde da quella di Xiceta chi non ne ha un codice alla mano. Ma è notevole, che nei salmi X L IV -X L Y II, diversamente da ciò che sopra fu rilevato al riguardo del X L V III e successivi τ ο ν Σ ε ρ ρ ώ ν , compariscono per lo più dentro le righe a capo di parecchi estratti, e talvolta ne’ margini, i nomi degli autori, quantunque assai meno che nel cod. Palatino e non sempre d’accordo, anzi un paio di volte con errori gravi quanto Xestorio per Asterio, essendovi trasformato il Damasceno in Didimo 55 e Basilio in Massimo56. Ed è notevole altresì che vi sono passi di più o assai più lunghi, 57 proprio come talora nel sèguito τ ο ν Σ ε ρ ρ ώ ν , onde la probabilità che fino dal X L IY vi sia copiato il medesimo codice, oppure un altro della medesima forma. Conseguentemente è certo che la catena del Veronese non è di un tipo unico, omogeneo dal 1° all’ultimo salmo, bensì di Xiceta per quin­ dici salmi almeno, però non di seguito ma a salto, in due blocchi, dal salmo X L IY al LIV e dal L X Y II al L X X I, e per il rimanente è di tutt’altro tipo, poniamo unico sotto riserva, al momento non potendo studiarla in tutte le parti quanto occorre. Con ciò stesso è chiarito da un lato perchè il Maffei l’abbia conosciuta come di Xiceta e vedutovi frammenti di 8 . Atanasio non veduti dal Felck-

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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mann nel Palatino, e conseguentemente sia stato così ritenuto nel denominarla e nell’usarla; e d’altra parte perchè Karo e Lietzmann, ristrettisi a saggiare nelle catene i prologhi ed epiloghi e i salmi X X I I e CXY, e non a bastanza pazienti nel cercare dentro il testo i nomi degli autori, più difficili a rilevarvisi quando non sono in colore spic­ cante, che quelli isolatamente scritti in margine, non siansi accorti che v ’erano anche non pochi fogli di Niceta, e il nome di Xestorio e di altri, Iobio ad esempio, 58 che non era indifferente notare. È certo ancora che per Niceta il Yeron. aiuta poco o nulla nel riguardo dei nomi desideratissimi degli autori, o perchè il rubricatore li abbia trascurati o perchè l’esemplare stesso ne difettasse; ma merita considerazione per i tratti in più, sia per la poca distanza sua dal tempo del compilatore, sia perchè resta da conoscerne i mss., i quali non sono molti, quasi tutti più recenti e per lo più incompleti. Quanto all’altra catena, una cosa è certa, che discende da un esem­ plare che aveva scoli del celebre Areta di Cesarea e vi ha qualche buona lezione, ed aveva pure al salmo CHI, 17 il passo Α ν α σ τ α σ ί ο υ : ’ Ε π ε ι δ ή ά π λ ώ ς — ο ϊ κ η σ ιν , che M ariès 59 suppose comune ai 14 codici della catena X V II indicati da Karo e Lietzmann, ma probabilmente a torto, perchè vedutine i 4 a mia mano e loro affini lo ritrovo solamente nel Veronese e senza nome, e perciò lo direi non una particolarità del tipo, ma del gruppo dei Parigini gr. 140, 141 e 161 (i soli veduti dal Mariès) più antichi del Yeron. e senza i supplementi τ ο υ Σ ε ρ ρ ώ ν e col nome Ά ν α σ τ . , se sono stati ben datati e descritti. Quindi insomma, non ostante gli errori rilevati dal proprietario medesimo e qui stesso nelle note (57 e 58 ad es.), sembra codice da esaminare non di sfuggita: lo faccia chi può. Ma come mai quella t a l e confusione di due tipi tanto diversi? La spiegazione più piana sembrerebbe questa: che si prese a copiare la catena più vecchia da un codice con taluni scoli di Areta; però al salmo X L IY vistasi la mancanza di parecchi salmi, per la perdita probabilmente di un fascicolo o due, la si supplì dalla catena di Xiceta che si aveva o si potè ottenere a prestito. Così di nuovo, per la medesima cagione, al salmo L X V II; e se ne avvertì coscienziosa­ mente i lettori collo scrivere in testa a ciascun salmo τ ο ν Σ ε ρ ρ ώ ν . Nel sèguito il codice vecchio, o il 2° suo tomo (il Veronese, verosimil­ mente ad imitazione dell’esemplare, termina il s. L X X Y I in 2 pira­ midi rovescie sovrapposte, e lasciata bianca per 2-3 la pagina prin­ cipia al foglio seguente il L X X V II con un fregio rosso come al salmo I), non avrebbe subito perdite cotanto gravi, nè bisognò più ricorrere a Niceta o ad altra catena. Che le due perdite sopradette si possano supporre di fascicoli o di un numero di fogli poco diverso, lo persuade 2

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Il frammento Maffeiano di Xestorio

la lunghezza del testo delle catene cognate e similmente disposte Vat. 744 e Torinese B I 22 ai salmi XLIV-LIV, 7, che è nel 1° di 20 pagine e nel 2° di 16 fogli o due quaternioni, ed ai s. L X Y I-L X X I, che è di 1 2 pagine in ambo i manoscritti, ossia di un ternione, e dovette riempire in proporzione del sesto e della scrittura un numero di tri­ fogli non diverso di molto. Dove sia stata fatta quella mistura, Dio sa, ma forse nel Levante anziché nell’Italia meridionale, di questa non apparendovi indizio negli ornati e nella scrittura, nè in scritture posteriori, di cui anzi, una lunga, sull’ultimo salmo, ai margini del f. 202v e in alto del 203r, forse del sec. u n o xiv, ha tutta la scioltezza e correttezza di un buon copista d’Oltremare. 60 In Italia però probabilmente era già dai primi del secolo x v i almeno, come dimostrano l’indice incollato sull’interno del piatto anteriore (v. la n. 49), il registro dei fascicoli e dei fogli a grossolanelettere e cifre in basso, quale usavasi fino dalle prime stam­ pe, ed una numerazione dei fogli in alto, anteriore a quella seguita nella legatura di quel secolo, in cuoio con fregi impressi su tavole di legno. Dopo il 1569 l’ebbe in mano un buon uomo, che in principio, sul retto, curiosamente rigato a matita, del f. ora III di guardia, 61 segnò solennemente il contenuto così: « commentami |in |PSALTERIUM |DAVID |ex diversis auctoribus gr§|cis decerpti, vel per eos |collecti. [ Daniel Barbarus hos |commentarios in latinum | conuertit |», ed in una striscia di pergamena, pure rigata, incollata al verso, non rigato, del f°. predetto, si arrischiò a trascrivere il titolo rubricato del Salterio, ih una l a linea a maiuscole, e sotto in minuscole greche, e poi in una 3a a tradurlo, con errori grossolani: basti riferirne Δ α β ί δ τ ω ν (π ρ ι ) π ε ρ ί τ ω ν α σ μ ά τ ω ν -ψαλμοίν |David de canticis psalmorum ». Se egli sia stato il possessore o custode del codice, o solo un « con­ sulente » del possessore, forse segnato ma fortemente cancellato sul retto dell’antecedente f. coniugato (II), qualcuno di Verona o del Veneto riuscirà a scoprire; ad ogni modo il Maffei, che di sua mano (me ne assicura il E.mo Sr. Bibliotecario della Capitolare Can. Giu­ seppe Turrini) corresse al di sotto gli errori del buon uomo, lo rico­ nobbe alla scrittura e lo nominò nella 2a postilla: « Xon sic, Perette mi, non sic: sed Δ α β ί δ τ ο π ρ ώ τ ο ν ά σ μ α τ ω ν ψ ι λ μ ώ ν ». Di Battista Peretti, nato in Soave nel 1520 c. e morto nell’aprile 1611, autore di un’« Istoria delle Sante Vergini Teuteria e Tosca, con un Catalogo de’ Vescovi » Veronesi (1588) e di «un Calendario, o sia Martirologio, e un libretto intitolato Memoriale, 62 e la vita di

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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S. Zeno » e (1602) « de’ primi quattro Vescovi », diede notizie il Maffei nella V e r o n a i l l u s t r a t a . Parte II, libro IV verso la fine (ed. 1732, col. 221 sg.), ricordandovi in particolare che « In codice Saibante si ha un fascio di memorie da lui raccolte nell’udir le omilie d’ Alfonso Salmerone... recitate in Verona l’anno 1548 in dichiarazione dell’epistole di S. Paolo » 63 e che « Essendo stato Arciprete di S. Giovanni in valle, ordinò quell’Archivio, ch’era insignissimo, e vi ripose ancora più Mss., tra quali era una Gramatica Greca da lui lavorata, note in Eusebio, ed altre fatiche ora smarrite »; onde la certezza morale che egli difficilmente si sarà ingannato a dire del Peretti le scritture di quel foglio di guardia, e tuttavia non ritenne di lui o di S. Giovanni in Valle il codice stesso, se non vogliamo supporre che l’abbia com­ preso tra i « più Mss. » e non menzionato perchè di opera altrui, e non del Peretti. Comunque, era in possesso del Maffei nel 1715, possibilmente anche nel 1712, benché non l’abbia menzionato nella corta lettera l a al Pacebini, o perchè non l’avesse ancora studiato, 64 o per brevità, riputando ozioso e vano indicare, segnatamente in accenni fatti per altri motivi, la provenienza immediata de’ suoi mss. e cimeli, o non amando specificare pubblicamente negozi privati suoi, ne’ quali era costretto a « tirare » e a « speculare », e talvolta per la passione fece tentativi non degni, perchè non era un riccone e ne’ momenti di slancio spendeva. 65 Xon è impossibile che se ne trovi notizia nelle sue carte, donate alla Capitolare con tutti i mss. greci, latini e volgari, e colà raccolte in 33 buste in foglio , 66 forse anche nel suo I n d i c u l u s ms. dei codici Capitolari, dal quale Mai trasse le pregevoli notizie ed osservazioni sulla paginetta di S. Cirillo (v. p. 21, e la n. 43), leggendovisi la frase « n u p e r r e l a t i codicis », della catena senza dubbio, da cui traspare essersene parlato poco addietro. Trasportata insieme cogli altri suoi codici nella Capitolare un p o’ prima della morte del marchese (11 febbraio 1755), vi ricevette il numero arabico 108, e separatone il Cirillo, probabilmente per con­ servarlo e presentarlo in modo più degno e signorile, ricevette il n.° 109. Indi a non molto, in un ordinamento nuovo, ebbero i nu­ meri romani CXV III e CX IX , e secondo il nuovo ordine ed i nuovi numeri (premessi agli antichi, che sogliono aggiungersi fra parentesi) li catalogò l’abate Antonio Masotti (1733-1806) nella inedita B i b l i o th e ca

M a n u sc r ip ta

G a p itu la r is,

r e c o g n ita ,

d ig e s ta ,

su p p le ta ,

V eron ae

1788, che si dà liberamente agli studiosi, e fu data anche a me il 1 marzo 1894, e mi fece conoscere che al salmo XLVTII la catena aveva τ ο ν Σ ε ρ ρ ώ ν (p. 487) e credere che egli un tempo si era proposto di pubblicare la catena; ma perchè « modo fatiscentibus oculis »,

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Il frammento Maffeiano di Xestorio

non lo poteva più, avrebbe dato volontieri, « si quis aggredì laborem velit, quae in enm finem collegeram » (p. 485). Ma anziché del modesto Masotti, paziente ordinatore ed accurato lavoratore, affezionatissimo della sua biblioteca, quell’ardito pro­ posito e quella profferta non sarebbero piuttosto del Maffei, che tanti e grandiosissimi, al di là delle forze e dei mezzi di una sola persona, ne concepì e più o meno tradusse in atto e poi trascinato dalle circo­ stanze e dall’ardore di nuove imprese lasciò in tronco, fra cui preci­ samente una B i b l i o t h e c a V e r o n e n s i s m a n u s c r i p t a di ampio stile « e con notizie e con riflessioni », quale pensava non vedutasi fino allora? Lo permettono di supporre i Yeronesi che hanno maneggiato a lungo attentamente quei due volumi del Masotti. « Opera del Masotti, o dirò meglio del Maffei, alla quale poco invero aggiungeva del proprio il Masotti », non esitò a dirli il coscienziosissimo bibliotecario G r u x iA K i, che in un primo tempo aveva pensato « di tentarne la stam­ pa» ( L a C a p i i ., pp. 183 sg.). Parimente al S i m e o n i non è apparso «dub­ bio, che il lavoro non solo nelle sue linee generali ma anche nelle parti minori sia da credersi compiuto dal Maffei, poiché la descri­ zione è bene spesso fatta in persona p r i m a c o n a c c e n n i a e p i s o d i d e l l a s u a v i t a . Il Masotti non può aver aggiunto osservazioni sue d’indole scientifica od erudita, deve essersi limitato a completare le notizie lasciate in bianco, le descrizioni materiali dei codici e altri dati di fatto »; insomma a raccogliere, ordinare e ridurre in forma le schede Maffeiane (in S t u d i M a f f . , pp. 693 sg.). Una conferma delle riferite affermazioni è il fatto attestatoci dal G i u l i a b i , che «larghe di notizie, con lunghi tratti di aneddoti [in­ tendo: estratti o passi trascritti], sono le prime due Glassi dei codici [la I Sacri, la II G r e c i s a c r i e profani], nelle quali si può di­ re sta tutta l’opera Maffeiana: per le altre d’ordinario la sposizio­ ne segue assai breve incompleta ». Dunque attenti a non trascurare e a non sfogliare in fretta quel catalogo, supponendolo d’un abate italiano ben poco distinto e valo­ roso, perchè in 73 anni di vita passata in città come Verona e con quella biblioteca alla mano pubblicò nulla nè fece nè fa parlare di sè come parecchi altri abati regolari e secolari del Settecento inoltrato battaglieri e spregiudicati, sui quali si sono pubblicati con una viva compiacenza ed ammirazione volumi su volumi, quantunque di raro occorra di consultarne le opere, ben altrimenti da quello che la comune degli studiosi veri è costretta a fare con le opere dei modesti coetanei v. g. Ballerini, Degli Agostini, De Rubeis, Di Meo, Gallicciolli, P. Ildefonso, Lazzeri, Mingarelli, Mittarelli e Costadoni, Sarti, Trombelli ecc., ecc., della linea legittima Bacchini, Muratori, Maffei.

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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Ora proprio il catalogo del Masotti sembra che il M ai67 abbia citato come « manuscriptum capitularium codicum indiculum a Scipione Maffaeio confectum », perchè dice descritto da lui il frammento di S. Cirillo « sub numero 119 », ossia sotto il numero romano (non l’ara­ bico) datogli nell’ordinamento posteriore alla morte del Maffei e seguito dal Masotti. In conseguenza, siccome il passo sopra il foglio di S. Cirillo è apertissimamente del Maffei, così quello precedente sulla catena, colla confessione del proposito di pubblicarla e dell’ab­ bandono per l’indebolimento della vista, più volte lamentato dal Maffei nelle lettere, e con la profferta, non insolita in lui, di dare le sue note, dev’essere di lui, e non del Masotti, il quale l’avrà sem­ plicemente ricopiato senza mutarne una parola, appunto per non apparire l’autore della B i b l i o t h e c a . L ’eccellente bibliotecario Mons. Giuseppe Turrini * e qualunque studioso di colà potranno accertare ciò in un batter d’occhi, e quanto al catalogo e quanto alle schede sulla catena, le quali dovrebbero essere preziose, se sono come quelle sul fr. di S. Cirillo o sulla Catena Corderiana del salmo I, benché con un codice tanto malsicuro e senza il sussidio dei parecchi altri affini e meno scorretti sarà toccato spesso anche ad un Maffei di batter l’aria. * Avendogli comunicato le prove di stampa, Egli, dopo avere « ripas­ sato minutamente tutto il materiale maffeiano attraverso la descrizione che ne fa il Catalogo di D. A. Spagnolo (che nel 1894 non era ancora incominciato)», mi ha scritto: « Quello che nelle 33 buste v ’è di autografo, oppure in copia espli­ citamente o equivalentemente riconosciuta del Maffei, relativo ai Codd. Capitolari, e che il Masotti trascrive fedelmente, alla lettera, nel Cata­ logo in cui entra l’opera sua, riguarda soltanto i manoscritti che erano proprietà del Capitolo, e che furono oggetto del famoso rinvenimento. Dei manoscritti che furono donati dal Maffei, e in particolore del Cod. CXVIII, non ho trovato nulla. Donde abbia trascritto il Masotti ciò che nel Catalogo riguarda propriamente questi manoscritti, io non so. «D ’altra parte, io non ho dubbio alcuno, in base alle ragioni che Ella stessa espone, che tutto il Catalogo in parola, e particolarmente le note riguardanti il Cod. CXVIII, siano del Maffei».

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Il frammento Maffeiano di Nestorio

NO TE p. 1 . 1 Tanto affermò Pfaff nella Dissertano Apologetica del 1718, che si può leggere in 8 . Irenaei Episc. Lugdun. et Martyris Opera, ed. Venet. 1734, alla fine del t. II, p. 61; ed. A. Stieren, Lipsia 1853, t. II, p. 423 (cit. da H aenack , p. 7, n. 1); ma non nella Patrol. gr., V II, dove non furono riprodotti i frammenti in questione e nessun scritto relativo, e solo alla col. 418 ve n’è un accenno tolto allo Stieren. E si può credergli, avendo il marchese avuto gran parte nella fon­ dazione del Giornale e vive premure per esso fino a tutto il 17 13 ; v. G. B olo­ gnini , Se. Maffei critico e giornalista, in Studi Maffeiani, Torino 1909, pp. 533-542. 2 Al tempo del ritrovamento dei codici Capitolari di Verona (ottobre 17 12 , non 17 13 , come assicurò G. B. C. Giuliari, L a Capitolare Biblioteca di Ver., 1888, p. 27; v. A. Spagnolo, I Marchesi Se. Maffei e F r. Muselli, ne L'Ateneo Veneto, 1907, t. I, p. 341) « praeclariores interioresque Ecclesiastieas litteras v ix primoribus labris attigeram, Graecas tantum delibaveram: Hebraica elementa vix videram: Latine prosa oratione disserendi ante aliquot tantum menses primo periculum feceram; Criticae nec ipsum nomen, ut hodie vulgariter accidit, satis assequebar. Incipiendum mihi ergo fuit eo ipso aetatis anno, quo popularis meus Panvinius desiit (d’anni 39!), hoc est post praelongam immortalium voluminum adornatam seriem decessit », confessò egli in un passo più volte citato della prefazione alle Complexiones di Cassiodoro (1721; Patrol. lat., L X X , 13 14 , dove però è stampato « ne primoribus quidem 1. » ed omesso «prosa ora­ tione »). « Certo vi è però dell’esagerazione », secondo L. Simeoni, Gli studi sto­ rici ed archeologici di 8c. ili., in Studi Maff. cit., p. 686 , n. 4; ma la verità risulta abbastanza da ciò che egli racconta ib. p. 681 e 685. Comunque, ben si com­ prende che il marchese con quella coscienza abbia nel 1 7 1 1 a Torino sinceramente ammirato lo Pfaff e presentatolo ai lettori del Giornale, t. V I, p. 457, come « un soggetto dottissimo nelle lingue Ebrea e Greca », il quale « benché non ecceda il 24 anno di sua età, pubblicò anni sono [1709] una Dissertazione Critica sopra alcune lezioni del nuovo Testamento », e prestatagli fede. p. 2. 3 Nel Giornale X V I, 245 sg., e nelle ristampe da esso, queste parole (e le altre riferite sopra, per le quali forse Ipp. Pindemonte parlò di una quarta le t­ tera al Bacchini sull’argomento con sorpresa e incredulità di A. P ezzana , Con­ tinuazione delle memorie degli Scrittori e Letterati Parmigiani, V I, 874) non com­ pariscono; però stanno a p. 10 degli Opuscoli ecclesiastici, con quale legitimità si dirà poco oltre nel testo. Di lettere del M. al Bacchini E. D o r o , Bibliografia Maffeiana (un’appendice separata degli Studi M.), p. 79, n. 46, indica una sola nella Busta X , n. 2, della Capitolare: la « Bozza autografa della lettera I », quale uscì nel Giorn., si direbbe al rimando; e nessuna del Bacchini a lui, che pur ne dovette ricevere parecchie, attesa la loro profonda amicizia e reciproca stima, per cui il B. « negli ultimi due giorni della sua vita [ f i settembre 17 2 1] non d i­ mandò d’altri che del Maffei, e non si lamentò se non di non veder lui prima che morire » (Pezzana , p. 878, dal Giorn. X X X V ). Causa della perdita fu la comoda ma deplorevole abitudine di « tagliarle in pezzetti, mettendoli in filo secondo le materie per giovarsene a ’ suoi usi letterarj », come rispose il botanico ed anti­ quario, per 23 anni collaboratore e « contubernale » carissimo del marchese, J . Er. Seguier di Nìmes (1703-1784; v. G. B oissier, in Bevue des deux Mondes, X C II, 18 7 1, 446-472; A. Spagnolo, Se. Maffei e il suo viaggio all'estero 1732-1736,

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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Corrispon­ denza letteraria^ del P . A . Bocchini. Cf. I . A v r ò , Memorie degli Scrittori e Letterati Parmigiani, V , 420. D i qualcuna però resta la m inuta o una copia, com e si vedrà

p. 8 e 10 n. 2) al P . A b . A ndrea M azza (1 72 4-179 7), che raccoglieva la

nelle n. 4 e 21.

4 Nella Corrispondenza letter. raccolta dal P. Mazza (v. la n. 3) e passata alla Palatina di Parma, al « f. 340 e seg. » è lettera al Maffei « con picciolo pream­ bolo che comincia: Le ritorno i Frammenti con le Osservazioni sopra de’ medesimi dell’eruditissimo Sig. Pfaff eco. Questa lettera scritta in Italiano trovasi poi in Latino anche fra le latine del Bacchini fatte copiare, ed approntate dal Mazza per la stampa, colla data Begii Lepidi I V K al. Iu n ii 1714 , ma con qualche v a ­ rietà. A questa copia ne ho trovata unita, ma non cucita con essa, un’altra di mano del medesimo P. Mazza, la quale non oso chiamar copia, tanti sono i pen­ timenti, e le cancellature ch’egli vi fece, e che indurrebbero piuttosto a credere ch’ei l’avesse tradotta in latino. Del che io non so dare ragione ». Pezzana , VI, 903, il quale a p. 874 ne cita altra copia, « di pugno di D. Bruno Pandola... copi­ sta e scolaro del Bacchini », col titolo: Osservazioni delP . B.mo sopra i frammenti di S. Ireneo del sig. Pfaff, pur nella Palatina di Parma, e la dice a p. 903 « non... bene ordinata, e varia alquanto da quella del P. Mazza », e suppone scritta « per proprio u so... secondo che (tali Osservazioni) uscivano dalla penna del Bacchini che le mandò poscia per lettera al Maffei ». Chi le ha comode e se ne interessa, le confronti colle Maffeiane: qui basti notare che il testo latino apparisce una fa ­ tica del Mazza mirante agli stranieri ignari dell’italiano, e che l’anno 17 14 (29 mag­ gio) è forse un errore suo o della stampa, assegnandosi al 17 13 la lettera del marchese a lui (H arnack , p. 7; D oro, p. 10, n. 22 e 23). Il Maffei difatti, dopo che a Modena (v. la n. 23), nel luglio e agosto 17 13 stette in Reggio presso il B ac­ chini (v. Spagnolo, p. 342 sg.; Studi Maff., p. 688 , n. 3, dov’è sfuggito « aprile » per luglio), e là si era portato alcuni Mss. della Capitolare e se ne fece mandare altri permettendosi trattamenti de’ codici e dei possessori da « barone feudale » (Simeoni, n. 3 c.), « perchè qui ho i libri da collazionare, ho il P. Bacchini da con­ ferire, ed ho di più un prete che copia perfettamente ogni sorta carattere », di certo il Pandola (1690-1746), «franco nelle antiche scritture, come allievo del P. Abate Bacchini » (Maffei, Istoria diplomatica, ed. 1727, p. 172), tra le Adversaria Ms. del quale Pezzana , V II, 152, ricorda essere trascritto «in parte un codice antichissimo portato dal Maffei in Reggio, secondo che nota egli stesso a f. 138 e seg..., ove ne pose alcuni estratti. Iv i diede conto di altro Codice, anti­ chissimo anch’esso intitolato: Cassiodori... Complexiones in Epistolis Apostolorum, ed, a c. 15 1, di un terzo, optimae notae ante mille annos exarati... quo ita Psalterium dispositum est ut ab una parte legantur psalmi graece characteribus latinis, et ab alia latini, literis latinis. Continet etiam hoc Psalterium aliqua can­ tica. E qui riferisce canticum trium puerorum ». Il celebre R, del sec. vi! Anche nel 1719 il M. portò seco a Reggio il grande papiro Vat. Y I non ancora suo (v. sotto, la n. 65). 5 Cf. P e z z a n a , V I I , 316 sg. Iv i si legge: « D a una sua lettera [del P . M azza] dell’ 11 genn. 1782 a ll’A ffò appare che non si eseguisse in quel Monistero [di S.

pel ti­ di vedersi da un giorno all’altro spo­

Salvadore di P a via ] la stam pa della R accolta delle Opere del Bacchini

more grandissimo in cui erano gliati delle intere loro sostanze.

que’ M onaci

Iv i dice pure che ne a veva già m andati colà due

volum i, e che divisato avev a di approntarne altri due durante l’ impressione de’ prim i, se si fosse eseguita ». Superfluo ricordare che si era in pieno Giuseppinism o, Giansenism o, eco., e che sorte m olto peggiore aspettava ne’ rivolgim enti

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Il frammento Maffeiano di Nestorio

successivi non solo tante imprese storiche e letterarie e biblioteche monastiche e capitolari magnifiche (ma quanti ora le conoscono?) con un fatale interrompimento della buona tradizione italiana Bacchini Muratori Maffei, ma anche e quanto! - l’oro e le collezioni più preziose della Nazione, per non dire altri beni superiori ma meno considerati, e neppure immaginati ora dai più, con un lucro cessante e danni emergenti, dei quali sarebbe bene conoscere non vaga­ mente nè all’ingrosso la gravità e le conseguenze e non dimenticarle o sprezzarle. 6 Di simili infingimenti giornalistici il Maffei non fu netto; anzi... Cf. B o ­ ne’ Studi Mafj., 546 sgg.; 555 sg.

lognini

7 Per tali aggiunte, benché disordinate e talora di luogo incerto (ciò che non si può temere dell’ed. 1742), è pregiata l’ed. milanese 1826 della Verona illustrata.

p. 3. 8 Questo, per quanto riguarda le catene b i b l i c h e ,

dei salmi certa­

m ente, quali ci sono pervenute (non dico quali furono all’origine), non è esatto; anzi d ’ o r d i n a r i o

l’ opera non s’ indica, sottintendendosi che è il com m en ­

VIn Psalmo­ rum inscriptiones di S. Gregorio Nisseno. 9 Ye ne sono in giro copie con date « Lugduni Batavorum Hagae Comitum et Prancofurti ad Moenum Sumptibus Societatis M DCCXLIII »; ma solo il titolo fu ristampato, il resto è tale quale, comprese le tre pagine di « Addenda et emen­ danda », che in una nuova edizione sarebbero state utilizzate ai giusti luoghi e non ricomparse. H arnack , p. 1 0 , n. 1 , non si è espresso bene. p. 4. 10 Cf. H arnack , p. 1 0 sg. 11 «venutomi un mese fa d’ Ollanda» nel Giornale, X X V I, 53. «un mese fa » è omesso negli Opusc., p. 5. 12 L a lettera intera, con una presentazione dell’« editore », vi occupa le pp. 51-142, e il suo testo è passato nelle Mime e prose, 270-308, e nelle ed. 1734 e 1853 di S. Ireneo. Il testo ritoccato, quale l’autore volle dopo, è negli Opusc., pp. 15-35, e Opere, X V II, 358-404. Il numero dei capitoli essendo al principio il medesimo, cito questo anziché le pagine; alla fine invece essendo nel Giorn. differenze e ripetizioni, ne cito la pagina. 13 Ora codici Capitolari C X X II ( 1 11) e C X X III (112): v. H. Omont, Les manuscrits grecs de la Bibliothèque Capitulaire et de la Bibliothèque Communale de Verone, nel Centralblatt fiir BibliotheTcswesen, V i l i (1891), 491. Il marchese non accenna, forse perchè non l’aveva ancora ricevuta (però non la ricordò nean­ che nel 1732), alla copia — ora C X X IV (113) — di un vecchio codice dello stesso commento, già di Gerasimo Vlachos (1607-1685; v. Vita del Panagioti [op. di P. A. B arzani], Brescia 1760, p. 80 sgg.; É. L egrand, Bibliographie hellénique du dix-septième siede, III , 11 5 sgg., 3 1 1 sgg.; V, 408 sg.), eseguita nel 17 14 per il marchese, forse invaghitosi di stamparla, dal Panagiotis di Sinope (f 1736), che egli ospitò per anni in Verona « eum suorum studiorum socium, Veronensis iuventutis praeceptorem, et Graecarum litterarum illecebram reputans » (J . L ami, Deliciae eruditorum, IX , 1740, p. X X V II), e continuò a stimare e favorire anche dopo il passaggio a Brescia (cf. Vita cit., p. X I I sg., 79 sg., 85 sgg., 96 sgg., ecc.). Sulle due segnature della Capitolare cf. Giuliari, p. 183 sg.: L ’arabica « sul dorso in alto di ciascuno » è la più antica; quella « con numeri romani al basso » fu introdotta fra il 1755 e il 1778, quando fu « dato nuovo ordinamento ai Codici ». 14 V. Giornale, X X V I, p. 60, n. 4; omesso nell’ed. del 1742! forse perchè il M. aveva frattanto inserito il f. nella catena membranacea. V. la n. 43. 15 Ora C X X X II (121); v. Omont, p. 493, con l’annuncio che la raccolta tario o l’ omilia o altra trattazione n ota del Padre sul libro, v . gr.

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''f^iWJP^S^fir'

e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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doveva form are « l ’ oggetto di una prossim a pubblicazione » del Legrand, però non a vven u ta. I l codice con altri due o tre fu prestato al L a m i in Firenze per la

(v. Delie., I X , p. X X X I V ) . Aggiungo, per la storia dei codici, che nel n. 18 (Giorn. 19) della lettera Maffei cita il cod. greco 66 della Libreria Saibante, che conteneva sotto il nome del Crisostomo l’omilia spuria De poenitentia I (’Ael ¡lèv /ivrj/ioveóeiv, P . G., L X , 681 sgg.), come appare dal passo che ne cita col termine «singolare» Qeoocpayiav (684, 25 dal basso). Ora nel catalogo degli 80 codici greci della Saibante che pubblicò del 1732 nella Verona ili. Parte III, 241-244 « riferendogli secondo i nu­ meri, con cui gli feci contrasegnare gran tempo fa, benché nati in parte dal tempo e dalla succession degli acquisti », c’è a « 66 . Callimaco », nè vi appare altro co­ dice corrispondente fuori del « 7. Omilie varie pur di S. Gioan Crisostomo, tra le quali intera una, ch’è dimezzata nelle edizioni », com’è precisamente la suddetta om. nell’ed. del Savile; codice che fra i n o n n u m e r a t i 99 manoscritti « Libri graeci » delVindice delli libri, che si ritrovano nella raccolta del Nobile Sign. Giulio Saibante (Verona 1734), pp. 217-219, sembra ricorrere al 13 ° luogo « S. Io. Chrysostomi Sermones varii. Cod. f. », cartaceo, non « Membran. », come altri­ menti vi sarebbe stato segnato (cf. E . F oerster, Mittheilungen über Hand­ schriften des Libanios in Sitzungsberichte der Kön. Preussischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin, X X V II, 1885, p. 902, dove sono indicati 15 codici pro­ fani della Saibante ora con qualche altro nella Laurenziana fra gli Ashburnhamiani 1439 sgg.; v. N. Festa in Studi italiani di Filologia classica, I, 206 sgg.; H. E ostagno, ib. V I, 144, 160). Pare quindi il Miscellaneo gr. 221 — già Saibante — della Bodleiana, cartaceo, in f 0., del sec. x v e x v i, che al n. 1 1 ha appunto quell’omilia spuria (v. H. Coxe , Catalogi codd. mss. Bibliothecae Bodleianae Pars prima, col. 775). Coxe , col. 774-88, indica come della Saibante i Miscellanei 218-262, ossia 45 codici greci. Ma anche dopo ve n’è qualcuno che sembra corri­ spondere a codici dell’Indice del 1734; per es., il 264 « olim Monast. S. Nazarii Veronae, postea Andreae Chiocii » (del quale parecchi mss. ha la Laurenziana fra gli Ashburnhamiani latini) = al 39 [Maffei 28] «S. Theodorae Vita. 8 »; il 265 « Erotemata Grammaticalia ex [Manuele Moschopulo]» = 95 Ind.?; il 266 « Cl. Ptolemaei Opus Quadripartitum» = 36 Ind. «PtolomeiTetrabiblos. Membran. 8 »; il 263 che risponde al n. 30 del Maffei. Questi codici anche F. Madan , A Summary Catalogne of Western Manuscripts in thè Bodleian Library al Oxford, IV (1897), 422-3, fondato forse sul catalogo della vendita, indicò della Saibante e li computò tutti insieme 52 (nn. 20497-20548 = Misceli, gr. 218-268), dando un numero diverso alle due parti del Mise. 257 ed aggiungendo il 268, sebbene pervenuto alla Bodl. per altra via nel medesimo anno 1820. Sarà tuttavia bene guardarne le vecchie segnature, particolarmente se abbiano la grossa cifra rossa sul dorso, che vi fece apporre il Maffei; quale conserva tuttora, ma era coperta presso che interamente dalla targhetta con la segnatura odierna, il Vat. gr. 2155, entrato in biblioteca non prima del 18 13, come appare dal ms. Inventarium codd. Vatt. gr. 993-2160 rifatto (in sostituzione dell’Allacciano voi. I l i bruciato nel 1797 c.) da Girolamo A m a t i , il quale al cod. 2152 notò « Hactenus 18 12 », e al 2153 « Nova additio 18 13 ». Il codice, assai pregevole per le date di tempo — a. 981 — e di luogo ecc. ha visibilissimo il 2, col quale lo cita il Maffei, e lo suppone Vindice, ponendolo al 2° luogo. Sul cod. v. M. V ogel-V. G a r d t h a u s e n , Die griechischen Schreiber des Mittelalters und der Benaissance (1909), p. 110 e 470; K . L ake and S. L ake , Dated Minuscule Mss. to the Year 1200, V II (1937), p. 10, Plates 470-471. pubblicazione

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Il frammento Maffeiano di îles torio

Quell’insigne libreria Saibante fu per la massima e la migliore parte dispersa « oltre monti » nel secolo x ix . Sui codici esportati dal Celotti circa il 1820, v. Zentralblatt fiir Bìbliothekswesen, X X V II, 1910, p. 367 s.; H. G. Opitz, Untersuehungen zur üeberlieferung der Schriften des Aihanasius, 1935, p. 96. Su quelli compresi nella vendita Gianfilippi a Parigi nel 1842, cf. Giuliabi, Belle emigra­ zioni letterarie italiane eoe., Genova 1871, p. 5. In Italia sono tornati i 69 ora nella Comunale di Verona, parecchi già delTAshburnham ed ora nella Laurenziana di Firenze (v. le note 62 e 63). p. 5. 16 Della bolla nessuna parola nel Giornale, p. 133: le 23 linee sopra di essa sono un’aggiunta dell’ed. del 1742, p. 33. Nella Verona illustrata. Parte III, capo V II fine (ed. 1732, p. 274 sg.; 1826, t. IV, 400 sg. immutata) se ne fa men­ zione, ma nemmeno un’allusione al pensiero di donarla alla Vaticana. Siccome effettivamente ella vi è entrata l ’ 8 gennaio 1740 assieme ai 5 famosi papiri Maffeiani (v. A. Mebcati, I l decreto d’unione del 6 luglio 1439 nell’Archivio Segreto Vaticano, in Orientalia Christiana periodica, X I, 1945, p. 13 sg.), non può sup­ porsi che quell’aggiunta il Maffei l’abbia scritta dopo, nè che scientemente l’ab­ bia mantenuta nell’ed. del 1742, contraddicendo a quello che aveva scritto da Verona il 29 ottobre 1739 al Card. Domenico Rivera, e ripetuto il 5 novembre al Bottari: « O r a mi è venuto in animo di aggiungervi (ai papiri) una carta pecora, che stimo più de i Papiri... » (v. l’opusc. Nozze Valente-Contessa. C. Ci ­ polla , Se. Maffei e il suo soggiorno a Borna nel 1739, pp. 17 e 15), perchè i due personaggi ne avrebbero inferito che il marchese li aveva giocati avendo così pensato e scritto fino dal 1716. Al Rivera (p. 15) raccontò «che « venne questa copia a Verona, perchè il vescovo di Verona [card. Francesco Condulmer, 14381453] ebbe in quel Concilio molta azione, ed era nipote del Papa. Si conservava tra le carte d’una famiglia, non apprezzata, e non conosciuta. Mando anche questa con la cornice, che nello acquistarla le feci fare, dovendosi avvertire che vi è anche la Bolla in latino qual resta ripiegata sotto la Greca ». 17 Cit. da Stieben , II, p. 424, n. 3, e da H abnack , p. 25, n. 1. Non l’ho vista. 18 Si può vedere con l’errore di data M D CC XXV ÏII nell’appendice dell’ed. Veneta di S. Ireneo, pp. 57-78, e dello Stieren, II, 421-465. 19 T. I X (1715), p. 353, in un avviso da Leida da parte di un conoscente dello Pfaff e non suo avversario, del quale come contemporaneo importa riferire le impressioni più favorevoli alla tesi del Maffei che non quelle del sottilissimo critico di due secoli dopo (v. H abnack , p. 13): « Mr. Pfaffius, qui a donné quatre Fragments de S. Irenée au Public avec trois Dissertations, et qui vous est connu sans doute, étant venû de la Haye ici, avant son départ pour Paris, me fit l’hon­ neur de me venir voir. Il me fit voir son Ouvrage, mais je ne pûs l ’examiner alors, n’aiant été que demi-heure avec lui. Mais, aiant emprunté hier cet Ou­ vrage d’un Libraire, qui l’avoit, j ’ai trouvé, après un examen assez attentif, que ces Fragments étoient incertains, ou supposez plutôt. II me paroît même, qu’il font plus pour nos sentimens touchant l’Eucharistie, que pour l’Eglise Bomaine, ou pour Mrs. les Luthériens, du nombre desquels est Mr. Pfaffius. Ainsi je ne m’étonne... » come sopra. p. 6 . 20 « Eccomi per la terza volta a ragionarle de i pretesi frammenti di S. Ireneo. Vedrà ora una terza stampa del Sig. Pfaff: Dissertatio Apologetica etc. Tubingae an. 1718 , 4. Continua l’Autore... Osservi in grazia... Gli scriverò adun­ que... Gli scriverò altresì... io penso di ricordargli... (p. 35 sg.)... Mi sarebbe caro intendere da V. P. Rev.ma... » (p. 40). 21 P ezzana V I, p. 903 (v. sopra, n. 4): « ...un’altra pur del Bacchini al me-

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desimo Maifei su quest’esso argomento, che trovasi al N ,° 124, e che ha la data Begii Lepidi Ididus Ianuarii 1719 . Questa è seguita immediatamente da altra lettera latina di D. Benedetto al Pfaffio sulla medesima materia colla stessa data, ma Octavo K al. A prii. 17 19 ... sguardano ambedue la Dissertazione Apo­ logetica pubblicata dal P iali nel 17 1 5 ... Io penso poi che la seconda lettera al Maffei, e l’altra al Pfaff in data del 17 19 sieno la cosa stessa che le Observationes in dissertationem apologetìcam Pfaffii, che stanno registrate sotto il N.° L I X (6 ) del Cat(alogo) Pozzetti» (sul quale v. ih. 904 sgg.). 22 P . A g . R andini al Can. P. G-agliardi, da Reggio S. Pietro V giugno 1719 : « Il Sig. Marchese Maffei giunse il mercoledì santo, ed è partito per Verona alla metà del passato Maggio »; in A. S ambuca , Memorie istorico-critiche intorno al­ l ’antico stato de’ Oenomani (Brescia 1750), p. 309. 23 In tre giorni v i si poteva giungere da Verona. Non avrà voluto partire il 2, domenica delle Palme, nè arrivare il giovedì santo, e quindi si sarà affrettato. Nel 17 13 , quando si recò a Modena per farvi recitare la Merope e v ’era « aspettato come il Messia » e trovò « ordini ai confini alle porte ecc. più d’uno mi vuole in casa sua », come scriveva di là il 31 maggio al cugino Co. Bertoldo Pellegrini (G. B iadego , Da libri e manoscritti, Verona 1883, p. 7), e quindi sarà andato con certa solennità e ad agio, non lasciò Verona prima del 27; cf. la lettera di tal giorno al Vallisnieri: « Io parto per Modena »..., citata dal D oro, p. 102, n. 46, che rimanda al Nuovo Archivio Veneto, t. X II , 1906, p. 90, dove non c’è. 24 Cf. Oatalogue generai des livres imprimés de la Bibliothèque Nationale, C X X X V , 622 sgg. A Parigi debbono avere tenuto molto d’occhio gli scritti dello Pfaff. p. 7. 25 Ed. Ven. p. 80; H arnack , p. 27 sg. 28 Acta Erudìtorum: H arnack , p. 24. L ’aveva già annunciato nel Giornale de’ Letterati, V I, 1 7 1 1 , p. 457, il Maffei medesimo con lettera da Torino 26 giugno ad A. Zeno, certamente sulla parola del medesimo Pfaff: « ha avuto agio di rac­ coglier molto, e singolarmente di fare un’esatto catalogo de’ Manoscritti Greci, illustrandolo di critiche osservazioni, il quale è molto desiderabile, che ben tosto si divulghi». Nell’ed. del 1742, in cui la lettera è ristampata col titolo Succinta notizia de’ manuscritti che si conservano nella Beai Libreria di Torino, ma con la data « Torino 25 maggio 17 12 » (p. 10), le parole riguardanti Pfaff sono mutate solo al complemento « un esatto Catalogo », che è ridotto a « il Catalogo ». 27 « Nunquam credideram, fore ut eiusmodi in me vibrarentur tela » in S t i e r e n , II, p. 527. 28 « Quum p r i m u m admitterer, i n d u l g e n t e (e il bibliotecario non l’avrà ignorato) Serenissimo Sabaudiae Duce magno Victore Amadeo, cuius p e r p e t u u m favorem et gratiam expertus fui, ad bibliothecam hanc, archivo regio tum iunctam, curam illius gerebat abhas Machetus, qui mirabatur, me tanto ardere desiderio, illam frequentandi. Quid, aiehat ille, studio teneris, vetustos hos Codices, p u l v e r e e t s i t u s q u a l i d o s , inspiciendi? Iam enim s t a t s e n t e n t i a [del Re? del Duca? dei ministri? chi poteva de­ cider tanto?] Codices hosce, qui s p a t i u m g r a t i s o c c u p a n t , q u o s n e m o i n t e l l i g i t v e l c u r a t , exigendi ex hoc loco e t p r o ’i i c i e n d i . Nihil esse addebat, quod attentionem mereatur, quam mensam istam Isiacam et volumina Pyrrhi Ligorii, quae in bibliotheca serventur » (ih., p. 525). Ma qual fiore di bibliotecario, che non sapeva nè parlare nè tacere, e faceva tanto onore a ’ suoi serenissimi padroni, non dico compatrioti savoiardi e piemontesi, e si apriva in tal modo, egli abate, ad un ministro protestante, precettore del Prin-

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Il frammento Maffeiano di Ne,storio

cipe ereditario protestante, ospite del Re, aveva scelto la Corte! esclamerebbe ognuno, se fosse vera quella discorsa. Ora il Maffei, che prima di andare a Torino aveva ricercato notizie da al­ cuni Piemontesi sulla libreria di Corte ed intesone che « dopo un grand’incen­ dio di 50. anni fa [1666; 3° incendio di quel secolo! v. Documenti inediti per ser­ vire alla storia dei Musei d'Italia, I, 1878, p. v i i e x x ; Pfaff nei tre anni che stette a Torino non ne udì proprio nulla? e non glielo fecero sospettare nemmeno le condizioni dei libri e la sede impropria? ], nel quale tutti i libri erano stati gettati dalle fenestre, quelli che si erano potuti ricuperare, non erano più stati posti in ordine, ma stavano in una stanza confusamente », giunto a Torino verso il giugno del 1 7 1 1 « e dato ordine per alquanti giorni a quegli affari, che mi han qua con­ dotto, mi portai (scriveva ad A. Zeno il 26) alla Libreria. Vidi nel primo aspetto, che i libri non più in massa, nè alla rinfusa, ma stanno disposti nelle sue scanzie: benefizio, che si dee principalmente all’applicazione del Sig. Abate Machet, Savoiardo, umanissimo gentiluomo, stato pochi anni sono Ministro a Venezia, il quale per ordine sovrano va rendendo la sua faccia alla Libreria, riordinandola in ragionevol modo, per fino a che il tempo, e la pace [al principio è detto: «non udendosi qui parlar d’altro, che di unir le truppe, e d’andare in campagna »] diano luogo all’esecuzione delle auguste idee, che in materia di lettere sono già qui concepite, per le quali io spero, che vedremo ancora questa provincia non risplender meno per la gloria degli studj, che si faccia al presente per quella dell’armi » (Oiorn. de’ Lett., V I, 450 sg.; Opusc. eecl., p. 1 , accorciato e con v a ­ rietà di parole, non di senso). Ne esaminò parecchi e copiò passi « in que’ ritagli di tempo che mi avanzano e con le nuove difficoltà che sono note per l’andare in Libreria» di cui scriveva da Torino il 17 luglio 1 7 1 1 al cugino B. Pellegrini (v. Studi Maff. p. 543, n. 3), com’era naturale in que’ trambusti bellici, e pro­ babilmente anche per motivi d’altro genere (cf. la n. 30). « Io presi subito a far’inchiesta de’ Mss. (così sèguita negli Opusc.). Ve n’ha così gran numero, che ascenderà senza dubbio ad alcune m igliaia... 0 quanto caro mi sarebbe potermi trattener qui più mesi, e pescare a lungo in questo mare! Così di fuga nè pur’ agio avrei di prendergli tutti per mano, e molto meno di compilarne un sufficiente catalogo ». Il Maflei nel testo primitivo dà notizie assai più degli stampati (p. 452 sg.), e verso la fine (p. 481), riferito che « il nostro Sig. Alecco [Ottavio f 1730; v. G. M. M a z z u c h e l l i , Scrittori d’Italia, I, p. 432 sg.; Studi Maff., p. 732], mi ha mandata da Verona una lunga lista d’ Opere o smarrite, o tronche, o rarissime, e controverse di Santi Padri, perchè ricerchi attentamente, se ve ne fosse alcuna», soggiungeva: « non vi trovo nulla di tutto questo, e degli Autori da lui nominati vi è solamente qualche opuscolo, e qualche frammento di S. I p p o l i t o e d i S. I r e n e o » (sulla fede dello Pfaff?). Finalmente, nè così scemo nè così imprudente a discorrere e tanto inos­ sequente al Duca, « cuius perpetuum favorem et gratiam expertus fui », potè essere l’Abate stato ministro a Venezia, e nemmeno così ignorante, avendo studiato a Lovanio e fattosi onore per il sapere. V. i prolegomeni all’ed. fototipica M. T. Ciceronis de re publica (1934), p. 144, n. 3, e ib. n. 2, il passo di P f a f f , dell’a. 17 12 , si noti!, di cui si può accettare come incontestabile quanto non riguarda lui stesso: « indicem Hebraeorum Graecorumque codicum, qui c u m t o t a B i b l i o t h e c a i a m a n t e a n n u m in o r d i n e m r e d a c t i [non osò mica dire: da sè], a t q u e a p u l v e r e s i t u q u e l i b e r a t i e r a n t, manu scriptorum confeci, latinos tantisper seponens ... ».

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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29 « et veniae mihi prolixe primum datae postea restrictae... Quin imo et tandem tum illustri viro, Scipioni Maffeio, tum miM, n e s e i o q u o f a t o , aditus ad bibliothecam non amplius tam liber, ut antea, fuit » (Stieren, p. 6 2 6 ). Se queste parole stessero da sè e non venissero in quel contesto, non farebbero impressione sfavorevole a qualsiasi non ignaro delle circostanze del tempo e del luogo, le quali appositamente nella nota 2 8 si sono fatte presenti con lunghi passi del tempo medesimo, non considerati in H a r n a c k , p . 2 9 sgg. 90 Nell’ardore della ricerca del nuovo in una massa grande, cbe sarebbe stata disordinata e confusa (« nullo ordine dispositos nec ullo consignatos cata­ logo » p. 526), e già condannata ad essere gittata via, chi può credere che egli abbia badato se c’erano o no segnature le quali a nulla più. servivano? Nonché un forestiere (per così dire) di passaggio, nemmeno un Torinese se ne sarebbe interessato. E poi, notava H a r n a c k , p. 63, η. 1, Pf. scriveva allora di mss. che non aveva più veduto da quasi 40 anni. Quanto agl’inventari e cataloghi, allora in qualche biblioteca si andava adagio a comunicarli per timore di danni, come si andava adagio, e talora non era concesso di studiarvi e veder carte. Così nel 17 10 l’archivista della Capitolare di Verona Mons. Cannelli, benché « d’ottimo cuore, e mio intimo am ico,... per ora ... non può lasciar por piede là dentro nè a me nè ad altri » (Maffei al Muratori 18 novembre 1710), e « la ragione si è perchè per avere i Canonici mostrate le lor carte senza riserva a tutti, e specialmente a persona d’a l t r o S t a t o e per trarne lume in materie gelose, quindici anni fa, o sedici, uscì un ordine di quel Tribunale istesso [civile], che non si lasciassero veder senza licenza » (M. a Michel Morosini 20 novembre 1723. Cf. Studi Maff., p. 684 sg.). Chi sa quante volte sia accaduto il simile, e noi v i supponiamo grettezza, invidia, inciviltà eco.! 31 Questo è verissimo, ma a suo danno (cf. H a r n a c k , p. 63, n. 1 ); però non è vero che il Pasini siasi dimenticato di descrivere la parte del codice lasciata in biblioteca da PfafE. V. P a s i n i , p. 70, cod. V I: b. IV. 6 , poi C 1 10, «abbastanza ben conservato, salvo i primi e gli ultimi fogli danneggiati dall’acqua. Anche la legatura o r i g i n a l e e pregevole è discretamente conservata ». G·. D b S a n c t i s in 1 livista di Filol. e d’istruzione classica, X X X I I , 397. p. 8 . 32 Cf. P . (?., CI, 13, 23. Nei titoli latini è più volte indicato il. numero che nel Torinese portano le questioni quando è diverso da quello dell’ed. 33 Osservò il fatto e lo annunciò all’Usener A . Kiessling ( D i e l s , 1. c . ) . Indi apparisce quanta fiducia e libertà dovette lo Piatì: godere in quella biblioteca. Non so se dopo Diels e Wendland i 15 fogli tolti siano stati ritrovati in qualche parte: « nos Taurinensem n o n a c c u r a t e e x c u s s u m [da PfafE, che anche in Lattanzio non è stato trovato esatto] esse valde dolemus, quia ex exemplo antiquiore et paulo diverso a ceteris deductus videtur » ( D i e l s ). p. 9 . 34 Veramente F e l c k m a n n , A d opera S. P . N. Athanasii Archiep. Alex. Appendix (1601), p. 92 e 95, la cita solo come « Nicetae Heracleotae, Nic. Metropolitae Heracleae », benché nel Palat. gr. 247 da lui usato segua τοϋ τοΰ Σερρών, che omise probabilmente perchè ignaro o non sicuro del significato, o come meno significativo. Maffei invece tiene al semplice τοϋ Σερρών del suo codice e lo spiega come sopra, allo stesso tempo vedendovi il Niceta 6 Σερρών registrato fra gli scrittori fino dai tempi del Gesner e suo compendiatore e del Possevino. Sui nomi, la vita e le opere di Niceta cf. J . S i c k e n b e r g e k , Die Lukaskatene des Nihetas von Heraldeia, in Texte und Untersuchungen, X X II, 4, p. 1 ss. 35 Ad esempio dei mutamenti (perchè non vale riferirli tutti e del resto nel discutere se ne riporterà qualche altro ancora), nel Giorn. è tradotto invece:

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Il frammento Maffeiano di Nestorio

augurar male Davide a’ nemici,... o perchè t r i b o l a t i qu i..., che fossero t r a ­ vagliati... p. 10. 36 Nel Giorn., più fedelmente al eod.: Iva μη καί άλλοι..., ma è tuttavia tradotto: «acciocché imparino... e temano le pene inferite », contro il senso che è: « affinchè non se ne facciano discepoli anche altri », come bene raccolse B a r ­ b a r o , p. 343, 4 dall’altra redazione (v. sotto, n. 47): « Ut alii eorum flagella v i­ dentes, ab eis eruditionem et disciplinam accipere nolint ». Loors andò oltre: cambiò μή (che segnò « Fabr. Harl. ») in δήΐ II cod. ha, e Maffei lo riprodusse, αύτών, ma v è d’inchiostro pallido; quindi è o espunto o piuttosto aggiunto dal cor­ rettore che usava un inchiostro debolissimo, αύτψ è la lezione del Barocciano 235 e compagni, che scrivono pure subito dopo επενεχθείσας αύτω πληγάς sottinten­ dendo άφρονα e non εχθρούς. 37 È dimenticato Υάδόκιμον. L a versione del Giorn. è ad orecchio, ma lo esprime: poiché Toro i m p u r o eoi batterlo si purga. In Prov. X X V , 4 si legge άργύριον come nel Corderio e nella sua fonte, e nel Veronese stesso, e non χρυσών come sopra. Più grave è la variante nell’altra citazione de’ Prov. X X II, 3 άφρονα μαστιζόμενου per πονηρόν τιμωρούμενου. Citazione a memoria? che però risale alla fonte, leggendosi così anche nella catena primaria del Barocciano gr. 235, in quella del Vat. gr. 744 e affini, in Barbaro p. 343, 3. 38 Qui eccede: la tradizione sta per i s e i motivi, e « il sofista » autore era portato a moltiplicare più che a semplificare. Che sembrino quattro, è avvenuto perchè nella fonte probabile dello ps. Eracleota — un codice della catena III o IV o del Barbaro o di qualche altra apparentata, con testo accorciato e senza espli­ cita numerazione (v. sotto, la n. 47) — un copista ne aveva saltato, o non aveva trovato nell’esemplare lacunoso, i motivi rimasti in altri codici della catena (v. ih.). 39 Venezia 1569, « apud Georgium de Caballis ». Sopra essa v. R. D e v r e e s s e , Revue biblique, X X X I I I (1924), 65-81; 498-521; e cf. Biblica, X X V I (1945), 153 sgg.; X X V II, 2. 40 Chaînes exégétiques grecques nel Supplément du Dictionnaire de la Bible, I, 1128 sgg., e Códices Vaticani graeci, III, 1950, p. 34, dove rimanda agli scritti del P. Mariés. p. 1 1 . 41 Nestoriana. Die Fragmente des Nestorius gesammelt, untersucht und herausgegeben (Halle 1905), p. 6 8 . L ’altra sua pubblicazione Die Ueberlieferung und Anordrmng der Fragmente des N., 1904, non è che la I a parte di Nestoriana. p. 12. 42 «Peintures », chiaro chiaro, a p. 491. F a meraviglia che nè il Maffei nè il Mai, che vide il foglio, v i abbiano fatto accenno. Attesa l’età, dovrebbero essere preziosissime, anche se brutte. D’altra parte, sorprende che Omont, il quale nel fr. di S. Cirillo vide il 1 dei codici Maffeiani indicati nella Verona illu ­ strata, abbia dimenticato di notare come Maffeiano e rispondente allo stesso numero la catena C X V III (108). 43 Studi e Testi 142 (1948), 129 sgg. Badando solo alle parole della Verona ili., sarebbe stato ovvio sottintendere, che il foglio stava già prima del Maffei unito alla Catena come un foglio di guardia. Invece giusta il « manuscriptum capitularium codicum indiculum a Scipione Maffaeio confectum », del quale Mai trascrisse il passo relativo, il marchese stesso, possessore del foglio Ano dal 17 16 almeno (v. sopra, p. 4 e n. 14), dopo avere per più anni aspettato « le molte altre somigliantissime paginette » promessegli, « ne avolet pagella et depereat, ut i n i t i o nuper relati codicis [della catena] diligenter assueretur, curavi » Ma i , Novae Patrum Bïbliothecae, III, p. X ; P . G., L X V III , 1 1 1 sg.). Deve esserne

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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stata separata dopo. L ’« Indiculus » citato dal Mai sembra quello che porta il nome del Masotti ma contiene tratti ne’ quali il Maffei parla come sopra in prima persona. Y . sopra, p. 20 sg. 44 Al disordine indicato sopra, che sembra risalire al tempo della legatura, ancora conservata, del secolo x v i, ne precedette un altro, rivelato dalle cifre più antiche dei fogli, ad es., 67-70, già 173-176, che prima erano 100-103. p. 13 . 45 Ivi seguono 4 linee Καλή τών είρημένων — ψήφον, che sono di T e o d o r e t o , P . Θ., L X X X , 1109, 11-14 . Se Pitra, invece della copia Vat. gr. 16 17, avesse usato l’originale 744 ( = 2° presso lui), avrebbe veduto ben distinti i due estratti. 46 L a notarono a p. 50, ma senza indicare che vi comparivano i nomi di Nestorio e τον Σερρών, non taciuti invece — per lo meno il 2° — nel catalogo manoscritto dei codici Capitolari, che si suol dare agli studiosi. 47 Se ho ben visto, ve ne sono per lo meno due o tre. Già nella catena pri­ maria il compilatore lo presenta come un riassunto dicendo: "Αλλος δε (e al mar­ gine Άστέριος) παρά τούτους (cioè Didimo, Teodoreto ed Eusebio, dei quali prima ha distintamente riassunto le opinioni colle solite vaghe designazioni a mo’ di S. Giovanni Crisostomo: ó μεν οϋτος, άλλος dè... ό δε τρίτος, però con le sigle al mar­ gine) διά εξ αίτιας εφησεν, e lo pone alla fine di tutto, non avendo col commento di, Asterio ma degli altri tre formata la catena del salmo. Allo stesso posto e col medesimo testo lo ha la catena secondaria aggiunta al salmo Esaplo nel palin­ sesto Ambrosiano. Invece quella del Barbaro, che ha conservato i n p a r t e le parole prece­ denti del c o m p i l a t o r e (v. « Incerti » p. 342, 48-53), lo ha bensì agli ultimi versi del salmo, ma seguito da 6 passi a l t r o n d e derivati, e lo ha in un testo alquanto abbreviato e s e n z a e n u m e r a z i o n e , quale precisamente si legge allo s t e s s o p o s t o , e pur con un s e g u i t o di 7 passi, s o l o i n p a r t e uguali di autore e di testo, nella catena II I (Yat. gr. 1682, f. 120r) e similmente nella IV (dell’ Ottob. gr. 398, f. 98r) e nella X (del Borgiano gr. 2), che hanno sèguiti diversi. Esso vi principia come nello ps. Eracleota: "Εφη δέ τις κατεύχεσθαι..., ma poi presenta i motivi m a n c a n t i da lui nell’ed. del Corderio, e già nei codici Vat. 412 e Barber. gr. 525, probabilmente per un salto di copista, dopo γένωνται (v. sopra, p. 9): πανούργος γάρ ίδών άφρονα μαστιζόμενον κραταιώς αυτός παιδεύεσαι' ή iva τής αυτών νόσου ό βίος απαλλαγή' ή Iva μή μαθητευθώσιν αύτοις έτεροι τάς τούτων δρώντες πληγάς' ή iva μή τις έίπη Πού εατιν δ Θεός τού Δαυίδ' ούκ έστι σωτηρία αύτφ εν τώ Θεώ αυτόν, πολεμηθήναι..., e le varianti distintive dal primo testo εθέλοντα per βουλόμενον, την μέλλουσαν εκφύγωσι κρίσιν per κουφοτέρας πειραθώσι τής αιωνίου κρίσεως e le altre che si vedono nelle parole saltate. Invece non agli ultimi versi ma al p r i m o del salmo, e con l’introduzione del « Nestorio » Veronese τό κατεύχεσθαι των εχθρών dì εξ αιτίας φασί, e col testo della catena primaria Barocciana l’hanno le catene dei Vat. 744 e 1422, Ambros. C 98 sup., Regin. gr. 40, nelle quali però al luogo di κρίσεως o leggesi κολάσεως (744) oppure βασάνου (Regin.), o è scritto nulla come nell’Ambros. e nel Vat. gr. 1422 e nel Nestorio Veronese. Se, com’è possibile, il compilatore del tipo della Barocciana fece egli stesso l’estratto dal commento integro di Asterio (ciò che forse apparirà dagli altri estratti Asteriani della catena), la posizione primitiva dovette essere alla fine, e posteriore il trasporto al v. 1 , dove suggeriva di por­ tarlo, e forse anche stette in Asterio, la proposizione finale: πολεμηθήναι δέ τούς πολεμοϋντας εύχεται, che nel Regin. gr. 40 succede sì, ma staccata e coll’iscrizione τον αυτού. Un riassunto brevissimo ma coi numeri e con parole rispecchianti il testo del

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Il frammento Maffeiano di Vestono

Baroec. e del Begin. ne ha fatto l’ignoto commentatore del cod. Ambrosiano H 112 snp., f. 40v, cit. a p. 14. p. 14. 48 È corretto d’altro inchiostro da άπίργων. Nel Yat. gr. 627, copia del Messinese 38 di tradizione diretta, il passo non accorciato è (f. 49v): Tò «εκχεον» αντί του γύμνωσαν λέγει ρομφαίαν, ώσπερ γάρ το έκχεόμενον γυμνοϋται τοΰ άλλου (sic), οϋτως καί το γυμνούμενον ξίφος εκκεχϋσθαι δοκεϊ. το ούν γύμνωσαν «εκχεον» εΐπεν. το δέ «σύγκλεισον έξεναντίας των καταδιωκόντων με» άντί τοΰ άπάντησον αύτοϊς καί περίκλεισον αύτοϊς τον δρόμον, ξίφει την όρμήν αύτων άπείργων. Ed è cosi nel Coisliniano 275, come il compendio del Veronese è il medesimo, eccetto varianti af­ fatto secondarie, del Parigino gr. 140, del sec. x (cf. L. M a r i è s , Le commentaire de Diodore de Tarse sur les psaumes in Bevue de l’Orient chrétien, X X IV , 1924, p. 156). Da quello manifestamente, e non dal verbosissimo passo parallelo di T e o d o r o M o p s u e s t e n o , ed. Devreesse, in Studi e Testi, 93, p. 176 sg., deriva il compendio della catena; compendio che nella catena del Corderio, I, p. 634, è attaccato ad un frammento inscritto Ώριγένους, e così è passato nella P . (?., X II , 13 12 , 6-10. 49 Un’altra volta per lo meno il rubricatore fece lo stesso sproposito, al salmo X I I I , 3, f. 12 r, dove al passo interpolato «Τάφος άνεωγμένος - απέναντι των οφθαλμών αυτών», έν δε τφ έξαπλώ τούτα ούχ εϋρηται scrisse in testa, senza termi­ nare la riga per un buon terzo vuota: Ίόδωρ0. και ΘεοW καί κήρνϊΐ καί δίδυμ0. Onde non fa meraviglia che in un rettangolo di pergamena trasportata ed incol­ lata sull’interno del piatto anteriore fra i «Nomina Graecorum auctorum ex quibus [ decerpti vel per quos (p. q. aggiunto sopra) collecti sunt hi commentarli in Psalterium » uno studioso, della prima metà probabilmente del sec. x v i , abbia segnato in una prima colonna « Iodorus. | Ceryllus. | Didymus. » e alla fine della 2° (principiante con « Aretha ») « Seuerus. | Diodorus. » distintamente, badando ad altri luoghi del Veron. dove il nome è integro. Quei quattro nomi e il seguito, riferiti come uno scolio nell’edizione R o­ mana dei L X X , e poi secondo K , cioè la catena (XV) del Vat. gr. 1422 che vi ha in margine il monogramma di Origene forse per riguardo aM'έξαπλώ, dal Mai in S. Cirillo, P . G., L X I X , 804, pare significhino « tractum illum a τάφος ad αυτών lectum fuisse in Diodori, Theodori, Cyrilli et Didymi commentariis » ( M a x ). Però nelle catene non trovansi riportati (a quanto sembra) passi dei loro com­ menti sopra quegli stichi interpolati, e solo nel Teodoro Mopsuesteno latino, ed. Devreesse, p. 80, 14-81, 28 se ne vede un’esposizione particolareggiata. Lo scoliasta nondimeno, che verosimilmente avea preso a fondo della propria catena quei quattro commenti, potè benissimo darlo ad intendere con verità, se nei codici che usò, stette come lemma, ancorché senza spiegazioni, quella interpolazione largamente diffusa nei più antichi salteri cristiani (cf. R a h l f s , Psalmi curri Odis nell’apparato). Lo scolio, oltre che nella catena X V , ricorre nella X V I (Ambros. C 98 sup., pur col monogramma di Origene!) e X V II (Vat. 744, Veron.) per lo meno, ed è un altro indice della loro parentela, ed una particolarità del gruppo. Fuori di questo citasi unicamente l’altro « scolio » di D, ossia del Vat. gr. 754, il quale ha l’interpolazione in margine sotto (non esaplari di certo!) e coi due scoli della numerazione minore principiante ad ogni salmo: β’ ’Εγώ είμί ή οδός, φησίν ό σωτήρ, καί αυτός έστιν ή ειρήνη ημών: γ’ τφ γάρ φόβφ Κυρίου εκκλίνει πας άπό κακόν, ossia del commento secondo (il primo e maggiore è l’Atanasiano, coi tratti numerati da a a ρ' senza riguardo al cambio dei salmi) messo a fondo della catena, e di fianco la nota n o n p i e n a : ούδαμοϋ κείνται των ψαλμών πόθεν δε ό άπόστολος εϊληφεν αυτούς [doveva dunque averli citati prima] ζητητέον. È da

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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assegnare pertanto al compilatore della catena, e non allo studioso del Tetraplo e dell’Esaplo che riferì al margine del Salterio le varianti dei nuovi traduttori e le lezioni dei L X X comparenti in quelle due opere origeniane. Indi, poiché gli scoli della numerazione minore sono per lo più attribuiti ad Origene nelle altre fonti, seguirebbe che Or. avrebbe pur egli ritenuto nel suo Salterio comune il passo interpolato ed anche esposto nelle sue brevissime note spirituali per la co­ mune delle persone pie. Tanto a complemento della nota del Mai. Donde poi trasse l’Apostolo quei versetti, indicò O r i g e n e nei passi riportati dalla catena In Epist. ad Borri, ed. Cramer, p. 17 sgg. 50 Pare lezione migliore che non il κουφοτέραν del Barocc. 23δ (- ρας Vat. gr. 1789, ma ας pare corretto, non è chiaro se da -ραν ο -ρον ο -ρον). p. 15 . 61 Cf. l’art. Une ancienne collectìon d’homélies greeques sur les Psaumes I - X V in Symbolae Osloenses, X X Y (1947), 54-73. 52 Del catalogo del Lampros, o Dionysiu 114 ; cf. Anal. Bolland., L X V III (1950), p. 221. 53 A questo verso il Palatino e il Veron. hanno in comune le prime sei righe βιάζονται τινες τω αίσθητώ Σαλομώντι (σολ. Ver.) — δτι διηνεκώς ταύτης άπήλαυον σοφίας, ma poi differiscono totalmente, proseguendo il Palat.: κνριώτερον δε επί Χρίστον, δείκνυαι γάρ ώς ούτος ό μη άποκτανθείς μετά των βρεφών (S. A t a n a s i o , Ρ . G., X X V II 325 C)... e terminando, dopo un’intera pagina, senza un nome di autore qualsiasi: εκ πάντων οϋν δήλον δτι εις τον Κύριον ό ψαλμός λέλεκται (S. Α ταν ., D) ed il Veronese, f. 119 v, presentando invece Tò εύλογημένον παρ’ούδενί κεϊται, δείκνυαν δε αυτόν ήλιου καί σελήνης πρεσβυτέραν (da T e o d o r e t o , Ρ . G., L X X X , 1440, 3 sgg.)... καί πέρας την προφητείαν λαβεϊν, καί επιλέγει Γένοιτο γένοιτο (ib. 1441 Β), precisamente come nella catena del Vat. 744 e affini. 54 Ad es., nel salmo X L V III, 8 , mentre il Palat., f. 273v-274v, ha Ba>·. (marg.) Προς δυο — κτίααντος αυτήν εγένετο (Ρ. G., X X I X , 437 BC), poi, se n z a nom e, Καί καλώς εϊπεν — μή οϋν αιχμάλωτον αυτήν ποιεί (che è del C r i s o s t o m o , ib. L V , 229, 19-41) e βάλ- (marg.) έξωνήσασθαι μεν οϋν — εξίλασμα ίαντοΰ (X X IX , 441, 13 sgg.), il Veron., f. 68 , privo di nomi e con divisioni ed iniziali errate come βοήσαι per νοήααι, presenta in più fra i due ultimi estratti quanto sta nell’ed. di S. B a s i l i o da 437C a 441, 13! Parimenti al v. 12, dopo l’anonimo Δέον (Νέον\ Veron.) φησί διά πίατεως — των αιωνίων σκηνών προετίμησαν (il principio è da S. A t a n a s i o X X V II, 225D, e il resto da S. B a s i l i o 448C), il Veron., f. 70r, ha senza nome, in più del P a­ latino, come una unità il lungo tratto: ’Ιδού καί έτέρας άνοιας είδος — έστώααι πανταχοϋ (C r i s o s t o m o 231, 19 dal basso - 232, 8 ) ούχ δρφς τούς οίκοδομοϋντας — εις μακαριότητα λογιζόμενοι ( B a s i l . 448 C-449, 7). E così nel ν. 13. Il medesimo fatto si osserva più volte nei salmi L X V II-L X X I. Per es., alla fine del L X V II il Veronese, f. 106v, ha, dopo l’estratto ultimo del Palatino da S. C i r i l l o : ΟΙ τής αρετής ερασταί— τον λαόν αύτοϋ (L X IX , 1160 CD) le n o ν e lunghe linee Τάχα δε επί τής δευτέρας του Χριστού παρουσίας — τήν τών Άνω πνευμάτων τάξιν μιμούμενοι tratte da S. A t a n a s i o (X X V II, 305 A), ed al titolo del L X V III dopo 1’έκτενέστερον προσηύχετο di S. C i ­ r i l l o (L X IX , 11 6 1 B ) , le t r e linee di continuazione: ώ ς καί τρις τήν προσευχήν προσαγαγεΐν — δ Χριστός αυτός περί ¿αυτού εμαρτύρησαν, che sembrano dello stesso Santo. Ancora al v. 1 1 , f. 108v sg., dopo il tratto di S. C i r i l l o εϊποι δ’αν τις — κωλυτική γάρ τής (γάρ τις) εξ άλογων παθών επάρσεως ή νηστεία (ib. 1164 BC), aggiunge le s e t t e linee: δθεν οί τών επιγείων — έπαινοϋσι δε το φαϋλον, d e n t r o le quali ricorrono le parole del frammentino Γελώσι eco. (ib. C), attribuito nominatamente allo stesso Santo dal cod. E = Vat. gr. 2057. Viceversa, nel salmo L X X , 6 il Palatino, f . 354v, alla fine di un passo Εϋσεβ. Oi δε απόστολοι φασίν ώς ό Χριστός 3

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Il frammento Maffeiano di Nestorio

di ov... presenta queste quattro righe mancanti nel Yeron. f. 1 14v: èv μ ό ν φ δέ τούτο μάλλον Αρ μ ό σ ε ι , Χριστά) άθ ό λ ω τ ον έαχηκότι τον νουν εκ γαστρόζ καί τέρας δόξαντι πολλοΐς διά το τούς μέν δοκήσει λέγειν τήν επιφάνειαν, τούς δέ ψιλόν αυτόν Άνθρωπον· τέρας δέ αύτοϋ καί ό θάνατος καί ή γέννησις διά τό μή κατά φύσιν. ώς έξης λέγει, che hanno alcune frasi del suo commento (X X III, 776D-777, 29) e assai più del passo Εύσεβείον Μόνφ δέ φησιν έτερος άρμόττει — ούδ’Άν μετέσχε ζωής, C0 m’è riferito nella catena I I I (Vat. gr. 1683, f. 3V). Più oltre, sul v. 203, dove il Palat. non presenta alcun estratto, il Veron. f. 116 r ha senza nome secondo il suo solito le s e i linee: Άναβιώσεως φησί τινός υπολαμβάνονται τυχηκέναι (sic) ... τήν νέαν καί μακαρίαν ζωήν άποδούς, che di S. Cirillo sembrano al linguaggio e ine­ dite. Finalmente nel salmo L X X I al v. 14 il Yeron., f. 119 r, dopo il passo a mosaico (sembra), anonimo anche nel Palatino: ’Απαλλάξει, φησί, πάσης πλεονε­ ξίας — άμαρτάνων αδικεί μέν εαυτόν μόνον ή καί έτερον (cf. CORDER., II, 476, 1-7), ha quest’altra più lunga esposizione a mosaico (direi): Άλλως δέ ώνόμασεν Αδικίαν μέν τήν κατά δ ι ά ν ο ι α ν αμαρτίαν, τόκον δέ τήν κατ’ ενέργειαν — δούς καί τό Ιδιον αίμα υπέρ ημών (la fine da E useb . 812 AB). — Queste differenze, le più cospicue, non le sole cadutemi sotto gli occhi, potranno servire in un primo tempo a vedere se un codice stia col Palatino oppure col Veronese, e ad incoraggiarne l’esame ove presenti a g g i u n t e e nomi. Siccome Niceta sfruttò molto il commento di S. Cirillo che aveva ancora intero (e forse qualche altro non più superstite) e dallo scadente eod. Palatino si sono tratti in luce ed attribuiti a Padri parecchi fram ­ menti non loro, converrà esaminarne bene una volta (come lo fu quella di S. Luca) la grossa sua catena dei salmi, benché lavoro affrettato di sei mesi appena, in cui per la maggiore sua erudizione e intelligenza fece forse più del semplice espila­ re, come felicemente per noi si accontentarono di fare altri meno dotti scoliasti. p. 16. 55 Nel salmo X L V , v. 6 , di fianco al lungo estratto: ΟΊδα μέν Άλλην πόλιν τού Θεόν, τήν παναγίαν Παρθένον ·— τη τρίτη ημέρα τής Αναστάαεως έργασάμενος, che empie una pagina intera, il Palatin., f. 257v, in rosso, come di solito, ha τοϋ δαμασκ{η)ν(οϋ); invece il Verón., f. 55v, dopo il principio οίδα καί Άλλην — προκαθαίρουσα insensatamente attaccato all’estratto precedente ύψηλότεοον δέ Άγιος ών ό έν Αγίοις Αναπαυόμενος — ταχύν βοηθόν αυτόν έχουσα (cf. S. A t a n a s i o 216 A), in un ampio bianco lasciato nella riga scrive di prima mano in nero Àj, ossia da"/, ancora ammissibile, e poi a capo continua intrepidamente: "Hv καί σκήνωμα αύτοϋ δ ϋψιατος ecc.; ma il rubricatore ritocca la sigla, e la fa diventare di Didimo ΔιΔυ~! Del Damasceno però, — che Niceta alla fine del v. 7 nomina espressamente den­ tro il testo cosi (Pai. f. 258v, Veron. f. 56v): d δ’έκ Δαμασκού (Palat. marg. τοϋ δαμαιΤΑ·) θειος Ίω . καί (om. Ver.) έθνη ταραττόμενα καί βασιλείας κλινομένας τάς των δαιμόνων νοεί, καί προστίθησιν εις δήλωσιν τής έαυτοϋ διανσίας· ήλθε γάρ ό βασιλεύς μου καί καθείλε τόν τύραννον, — sono tutt’al più le prime sei linee dell’estratto fino a των τής Αφθορίας σημάντρων {-νδρων Ver.) μή παρασαλευθέντων: quanto segue da Τάχα δέ σκήνωμα Θεού τήν σάρκα λέγει τήν θεοφόρον è di S. B a s i l i o 424B-42S, 8 (cf. B a r b a r o , p. 473, 30-47). Non avendo trovato nelle edizioni di S. Giovanni Damasceno i due passi attribuitigli dalla catena di Niceta sul salmo X L V , 5 e 7, che non mi avevano l’aria di spuri, nè tuttavia ritenendoli inediti, sebbene gli indici dei luoghi della S. Scrittura, aggiunti alle ed. antiche, non mi avessero aiutato a ripescarli, mi sono rivolto a veri conoscitori del Damasceno, i E.mi PP. Benedettini di Scheyern, che da lungo tempo preparano l’ed. critica delle sue opere, ed il P. M. Jugie Agostiniano dell’Assunzione. Questi mi ha risposto (15-7-1960): « S.Jean Dama­ scène n’ayant laissé aucun commentaire sur les psaumes, il est bien difficile de

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e la catena dei salmi d’onde fu tratto

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se prononcer sur l’authenticité de ces deux citations. L a l re pourrait être au­ thentique, à cause de προκαθαίρουαα, le Damascène parlant de cette prépurification, dans le De fide orthodoxe, où il s’inspire de S. Grégoire le Théologien, et dans la 1 « homélie sur la Dormition. Il peut se agir de une citation empruntée à la com­ pilation Tà παράλληλα », Nè altrimenti il Pi loh. M. Hoeck, Direttore del Byzan­ tinisches Institut di Scheyern, desideroso da anni di accertare se il Damasceno è stato davvero usato nelle catene, com’è asserito in parecchi cataloghi di co­ dici, ma non riuscito finora, per i noti ostacoli, ad esaminare in originale o in foto­ grafia i manoscritti indicati. « Sie (i due passi citati da Niceta) berühren sich tatsächlich mit damaskenischen Gedankengängen, besonders die erste, aber vielleicht doch zu allgemein, als dass man eine direkte Uebernahme behaupten dürfte, zumal es sich um Anklänge an Sehriftstellen handelt, die auch anderen Autoren (zum Beispiel Andreas von Kreta) sehr geläufig sind ». Poiché la cosa è di certo interesse, chiunque trovi in catene citazioni e s p l i c i t e del Dama­ sceno, bene meriterà dandone notizia pubblica o almeno comunicandola priva­ tamente ai BB .m i Padri Benedettini di Scheyern. A me sovvengono ora un pas­ so sul cantico d’Isaia X X Y I, 10 nella catena del Yat. gr. 2057 alle odi (v. Orientalia Christiana periodica, X , 1944, p. 2 1, n. 2) e 8 ai salmi I. 1 e 6 ; II, 1: III, 1; IX , 30 e 32 nella catena del Borgiano gr. 2 (Baroeciano 223 e Gerosolimi­ tano già del monastero della S. Croce 1; v. Studi e Testi 142, p. 5, n. 2), che quasi tutti si trovano nell ’Aurea Catena del B a r b a r o ( v . pp. 6 , 46-54; 1 1 , 47 sg.; 18, 29-30 marg.; 26, 47-53; 108, 51-53), più ampia e altrimenti ordinata. 58 Nel Yeron. al s. X LV , 1 1 Σ χ ο λ ά σ α τ ε , dentro la penultima riga del f . 57r, sta chiaro chiaro per d i s t e s o Βασιλ "Εξ dal σχολα'ι ας κατορθούντες — ή αλη­ θινή κατά Θεόν ύποταγή, mentre al margine del Palat., f. 259v, è più spiccante an­ cora μα~, cioè S. Massimo il Confessore, l’autore vero, del quale quello scolio, rico­ nosciuto da Mgr. Devreesse per l’interr. X L V della Quaestìones et dubia, (P.