Il Foro di Traiano nell’Antichità: I risultati degli scavi 1991-2007 9781407360041, 9781407360034

Questo libro illustra i risultati degli scavi realizzati dal Comune di Roma sull’area del Foro di Traiano fra il 1991 e

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Il Foro di Traiano nell’Antichità: I risultati degli scavi 1991-2007
 9781407360041, 9781407360034

Table of contents :
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Title page
Copyright page
Di relativo interesse
Indice
Lista delle figure
Premessa
Abstract
Abstract
1. Il Foro di Traiano nell’antichità.
1.1 La Basilica Ulpia.
1.2 Le cosiddette Biblioteche e il cortile della Colonna Coclide
1.3 I portici laterali.
1.4 La piazza e il lato meridionale del Foro.
2. Scavi 1991–1997/1998–2001. Settori I, II, III, IV, VA, VB.
2.1 Premessa
2.2 Settore I – Il portico e la strada di separazione dai Mercati di Traiano (fig.2.6)
2.3 Settore II – Corridoio (fig.2.12)
2.4 Settore III – Vani A/B/C/C1/D/2B/2C (figg.2.13, 2.14)
2.5 Settore IV – Area scoperta o cortile (figg.2.38, 2.39)
2.6 Settore VA – Architettura della parete meridionale della piazza del Foro. Tratto sud-est. Colonnato aggettante e sala trisegmentata (fig.2.41)
2.7 Settore VB. Architettura della parete meridionale della piazza del Foro. Tratto centrale. Colonnato aggettante e sala trisegmentata (fig.2.49)
3. Scavi 1998-2007. Settori VI-VII
3.1 Il cortile porticato meridionale (SETTORE VI).
3.1.1 Preesistenze nel Foro di Traiano. L’area di confine tra il cortile porticato traianeo e il portico settentrionale del Foro di Augusto
3.1.1.1 Indagini 1998-2000
3.1.1.2 Indagini 2005-2006.
3.1.1.3 Indagini 2006-2007
3.1.2 Il cortile porticato traianeo.
3.1.2.1. Un nuovo rilievo di dettaglio
3.1.2.2. L’area centrale scoperta
3.1.2.3. I colonnati
3.1.2.4. Le gradinate di accesso al portico
3.1.2.5. La pavimentazione del portico
3.1.2.6 Gli apprestamenti idraulici sottostanti il portico
3.1.2.7 Osservazioni sulle modalità di esecuzione dell’intervento traianeo nell’area
3.1.2.8 La terminazione dei portici e i passaggi verso il Foro di Augusto
3.1.2.9 Il muro divisorio con la sala trisegmentata
3.1.2.10 Il prospetto meridionale
3.1.2.11 I muri perimetrali
3.1.2.12 La copertura dei portici. Ipotesi ricostruttiva del soffitto cassettonato
3.1.3 Osservazioni conclusive
3.1.4 Appendice: la decorazione marmorea del cortile porticato meridionale (SIMONE SANTUCCI)
3.2 La piazza del Foro e l’Equus Traiani (Settore VII).
3.2.1 La pavimentazione marmorea.
3.2.1.1 La preparazione del lastricato
3.2.1.2 Apprestamenti del cantiere costruttivo: “listoni” di travertino
3.2.1.3 Apprestamenti del cantiere costruttivo: ‘buche’
3.2.1.4 Osservazioni sulla conformazione della superficie lastricata
3.2.2 Equus Traiani
4. Il sistema fognario del Foro di Traiano
Note introduttive
4.1 Il sistema di smaltimento delle acque del settore settentrionale del Foro
4.2 Il sistema di smaltimento delle acque della piazza, del portico orientale e del settore sud- orientale
4.2.1 Il condotto del lato meridionale della piazza (US 157)
4.3 Il sistema di smaltimento delle acque del settore meridionale
4.3.1 Il condotto che collega la sala trisegmentata al cortile porticato (US 720=231)
4.3.2. I condotti del cortile porticato (area A) (UUSS 748,767,722, 723, 712)
4.3.2.1 Il condotto US 748 (figg.4.23, 4.48)
4.3.2.2. Il condotto US 767 (figg.4.23, 4.48)
4.3.2.3. Il condotto US 723 (figg.4.23, 4.48)
4.3.2.4. Il condotto US 722/712
4.3.2.5. Il condotto US 8041
4.3.2.6. Le caditoie di carico
4.4 La connessione tra i sistemi fognari dei Fori di Augusto e di Traiano
4.5 Note conclusive sulle caratteristiche tecniche e costruttive del sistema fognario del Foro di Traiano
4.6 Osservazioni sui riempimenti e sulle ultime vicende relative all’utilizzo del sistema fognario
5. I bolli laterizi del Foro di Traiano
5.1 Osservazioni sull’opera laterizia del Foro di Traiano
5.2 I bolli laterizi del Foro di Traiano dopo i rinvenimenti delle campagne di scavo 2005-2007
5.3 I materiali rinvenuti nei riempimenti del sistema fognario
5.4 I laterizi bollati in situ e le fabbriche produttrici
5.5 Osservazioni sulla cronologia della costruzione del Foro di Traiano in base all’esame dei bolli laterizi
5.6 Note prosopografiche sui personaggi attestati nei bolli
5.7 I bolli del Foro di Traiano in altri contesti traianei
6. Considerazioni conclusive.
6.1 Basilica Ulpia. Coperture delle navate.
6.2 Basilica Ulpia. Sistemi scalari.
6.3 Adriano e il Foro di Traiano.
6.4 La decorazione architettonica del Foro di Traiano. Nuovi studi e nuove scoperte.
6.5 La nuova architettura del Foro di Traiano e l’atrium Libertatis.
6.6 L’amministrazione della giustizia nel Foro di Traiano (fig.6.14).
6.7 Diffusione del motivo della Colonna Istoriata.
7. Bibliografia
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B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 3 0 9 7

2022

Il Foro di Traiano nell’Antichità

I risultati degli scavi 1991-2007 E L I S A B E T TA B I A N C H I E R O B E RTO M E N E G H I N I

B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 3 0 9 7

2022

Il Foro di Traiano nell’Antichità

I risultati degli scavi 1991-2007 E L I S A B E T TA B I A N C H I E R O B E RTO M E N E G H I N I

Published in 2022 by BAR Publishing, Oxford, UK BAR International Series 3097 Il Foro di Traiano nell’Antichità isbn isbn doi

978 1 4073 6003 4 paperback 978 1 4073 6004 1 e-format

https://doi.org/10.30861/9781407360034

A catalogue record for this book is available from the British Library © Elisabetta Bianchi and Roberto Meneghini 2022 View of the excavations of the Forum of Trajan from the Coclide Column (Elisabetta Bianchi) cover image

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Indice Lista delle figure................................................................................................................................................................. vii Premessa............................................................................................................................................................................ xix Riassunto............................................................................................................................................................................ xxi Abstract............................................................................................................................................................................. xxii 1. Il Foro di Traiano nell’antichità. Studi ricostruttivi degli edifici prima degli scavi recenti.................................... 1 1.1 La Basilica Ulpia........................................................................................................................................................ 1 1.2 Le cosiddette Biblioteche e il cortile della Colonna Coclide................................................................................... 13 1.3 I portici laterali......................................................................................................................................................... 13 1.4 La piazza e il lato meridionale del Foro................................................................................................................... 22 2. Scavi 1991–1997/1998–2001. Settori I, II, III, IV, VA,VB.......................................................................................... 27 2.1 Premessa................................................................................................................................................................... 27 2.2 Settore I – Il portico e la strada di separazione dai Mercati di Traiano (fig.2.6)...................................................... 27 2.3 Settore II – Corridoio (fig.2.12)............................................................................................................................... 33 2.4 Settore III – Vani A/B/C/C1/D/2B/2C (figg.2.13, 2.14)........................................................................................... 35 2.5 Settore IV – Area scoperta o cortile (figg.2.38, 2.39).............................................................................................. 53 2.6 Settore VA – Architettura della parete meridionale della piazza del Foro. Tratto sud-est. Colonnato aggettante e sala trisegmentata (fig.2.41)............................................................................................................. 56 2.7 Settore VB. Architettura della parete meridionale della piazza del Foro. Tratto centrale. Colonnato aggettante e sala trisegmentata (fig.2.49)............................................................................................................. 62 3. Scavi 1998-2007. Settori VI-VII................................................................................................................................... 75 3.1 Il cortile porticato meridionale (Settore VI)............................................................................................................. 75 3.1.1 Preesistenze nel Foro di Traiano. L’area di confine tra il cortile porticato traianeo e il portico settentrionale del Foro di Augusto................................................................................................................... 75 3.1.2 Il cortile porticato traianeo............................................................................................................................... 95 3.1.3 Osservazioni conclusive................................................................................................................................. 147 3.1.4 Appendice: la decorazione marmorea del cortile porticato meridionale (Simone Santucci)......................... 149 3.2 La piazza del Foro e l’Equus Traiani (Settore VII)............................................................................................... 151 3.2.1 La pavimentazione marmorea........................................................................................................................ 153 3.2.2 Equus Traiani.................................................................................................................................................. 165 4. Il sistema fognario del Foro di Traiano..................................................................................................................... 171 Note introduttive.......................................................................................................................................................... 171 4.1 Il sistema di smaltimento delle acque del settore settentrionale del Foro.............................................................. 173 4.2 Il sistema di smaltimento delle acque della piazza, del portico orientale e del settore sud- orientale................... 177 4.2.1 Il condotto del lato meridionale della piazza (US 157).................................................................................. 185 4.3 Il sistema di smaltimento delle acque del settore meridionale............................................................................... 198 4.3.1 Il condotto che collega la sala trisegmentata al cortile porticato (US 720=231)........................................... 198 4.3.2. I condotti del cortile porticato (area A) (UUSS 748,767,722,723,712)........................................................ 206 4.4 La connessione tra i sistemi fognari dei Fori di Augusto e di Traiano................................................................... 229 4.5 Note conclusive sulle caratteristiche tecniche e costruttive del sistema fognario del Foro di Traiano.................. 235 4.6 Osservazioni sui riempimenti e sulle ultime vicende relative all’utilizzo del sistema fognario............................ 241 5. I bolli laterizi del Foro di Traiano............................................................................................................................. 245 5.1 Osservazioni sull’opera laterizia del Foro di Traiano............................................................................................ 245 5.2 I bolli laterizi del Foro di Traiano dopo i rinvenimenti delle campagne di scavo 2005-2007............................... 248 5.3 I materiali rinvenuti nei riempimenti del sistema fognario.................................................................................... 272 5.4 I laterizi bollati in situ e le fabbriche produttrici.................................................................................................... 279 5.5 Osservazioni sulla cronologia della costruzione del Foro di Traiano in base all’esame dei bolli laterizi............. 285 5.6 Note prosopografiche sui personaggi attestati nei bolli......................................................................................... 289 5.7 I bolli del Foro di Traiano in altri contesti traianei................................................................................................ 296 v

Il Foro di Traiano nell’Antichità 6. Considerazioni conclusive. La nuova immagine architettonica del Foro di Traiano........................................... 307 6.1 Basilica Ulpia. Coperture delle navate................................................................................................................... 307 6.2 Basilica Ulpia. Sistemi scalari............................................................................................................................... 307 6.3 Adriano e il Foro di Traiano................................................................................................................................... 309 6.4 La decorazione architettonica del Foro di Traiano. Nuovi studi e nuove scoperte................................................ 314 6.5 La nuova architettura del Foro di Traiano e l’atrium Libertatis............................................................................ 317 6.6 L’amministrazione della giustizia nel Foro di Traiano (fig.6.14)........................................................................... 321 6.7 Diffusione del motivo della Colonna Istoriata....................................................................................................... 325 7. Bibliografia.................................................................................................................................................................. 327

vi

Lista delle figure Figura 1.1. Planimetria ricostruttiva del Foro di Traiano con evidenziazione delle aree sinora scavate (grigio scuro) e con le date degli scavi stessi........................................................................................................................ 2 Figura 1.2. Carta archeologica dell’area intorno e a nord della Basilica Ulpia.................................................................... 3 Figura 1.3. Planimetrie ricostruttive della Basilica Ulpia a confronto................................................................................. 4 Figura 1.4. Forma Urbis severiana, frammenti superstiti della lastra 29 con alcuni settori della Basilica Ulpia e di una delle cosiddette Biblioteche (da Rodriguez Almeida 1981).......................................................................... 4 Figura 1.5. I. Gismondi 1941. Planimetria ricostruttiva dei Fori Imperiali. Particolare con il Foro di Traiano................... 6 Figura 1.6.1: Sezione ricostruttiva della Basilica Ulpia e del cortile della Colonna Traiana lungo l’asse maggiore del Foro, secondo i risultati dello studio di Carla Amici...................................................................................... 7 Figura 1.7. Sezione ricostruttiva della estremità occidentale della Basilica Ulpia, lungo l’asse maggiore dell’edificio, secondo i risultati degli studi di Carla Amici (1) e di James Packer (2).......................................................... 8 Figura 1.8. Fregio-architrave con vittorie tauroctone pertinente alla trabeazione del primo ordine della Basilica Ulpia durante la scoperta, nel 1932......................................................................................................................... 9 Figura 1.9. Veduta fotografica del retro del fregio-architrave con vittorie tauroctone (a sin.) e sezione grafica del reperto stesso (a d.)............................................................................................................................................. 9 Figura 1.10. Veduta aerea del Foro di Traiano nel 2006..................................................................................................... 10 Figura 1.11. Particolare delle transenne decorate fra le colonne dell’abaton del tempio di Asclepio a Epidauro............. 11 Figura 1.12. Veduta aerea del settore centrale della Basilica Ulpia all’interno del recinto di Pio VII, nel 1998............... 11 Figura 1.13. Prospetto ricostruttivo del lato meridionale della Basilica Ulpia secondo i risultati degli studi di Carla Amici (1) e di James Packer (2)................................................................................................................... 12 Figura 1.14. 1932. Lo scavo della Biblioteca occidentale visto dall’alto della Colonna di Traiano.................................. 14 Figura 1.15. Sistemazione attuale dei resti della Biblioteca occidentale............................................................................ 15 Figura 1.16. Sezioni ricostruttive di una delle cosiddette Biblioteche realizzata da Italo Gismondi................................. 16 Figura 1.17. Ricostruzione della decorazione architettonica delle cosiddette Biblioteche realizzata da Italo Gismondi.. 17 Figura 1.18. Ricostruzione planimetrica e sezione ricostruttiva lungo l’asse maggiore della Biblioteca occidentale secondo i risultati dello studio di Carla Amici................................................................................................. 18 Figura 1.19. 1931. Veduta generale dello scavo del portico orientale del Foro di Traiano................................................ 18 Figura 1.20. Planimetria ricostruttiva del portico orientale del Foro di Traiano................................................................ 19 Figura 1.21. Veduta aerea del portico orientale del Foro di Traiano nel 1998.................................................................... 19 Figura 1.22. Sezione ricostruttiva del portico orientale del Foro di Traiano in corrispondenza dell’asse dell’emiciclo... 20 Figura 1.23. Prospetto e sezione ricostruttivi della decorazione della facciata del portico orientale del Foro di Traiano. 21 Figura 1.24. Busto loricato marmoreo con profilo semicircolare per l’inserimento in un clipeo, rinvenuto negli scavi del portico orientale del Foro di Traiano nel 1936........................................................................................... 22 Figura 1.25. Prospetto ricostruttivo della decorazione della facciata del portico orientale del Foro di Traiano secondo AA.VV. 1989 (a sin.) e secondo Packer 1997 (a d.)................................................................................ 23 Figura 1.26. Planimetrie ricostruttive del lato meridionale della piazza del Foro di Traiano secondo Rodolfo Lanciani, Alfonso Bartoli e Italo Gismondi.......................................................................................................... 24 Figura 1.27. Schizzo assonometrico e planimetria ricostruttivi del lato meridionale della piazza del Foro di Traiano secondo James Packer............................................................................................................................... 25 Figura 1.28. Planimetria generale dell’area del Foro di Traiano dopo gli scavi realizzati dal Comune di Roma nel 1998-2007........................................................................................................................................................... 26 Figura 2.1. Veduta aerea dell’area del Foro di Traiano negli anni Ottanta dello scorso secolo.......................................... 28 Figura 2.2. Veduta dell’angolo sud-orientale del Foro di Traiano prima del 1991............................................................. 28 Figura 2.3. Planimetria dell’angolo sud-orientale del Foro di Traiano nel 1986-87........................................................... 29 Figura 2.4. Pianta dell’angolo sud-orientale del Foro di Traiano aggiornata con i risultati delle indagini del 1991-1997..................................................................................................................................................................... 30 Figura 2.5. Suddivisione in settori delle parti scavate del Foro di Traiano nelle campagne del 1991-1997, 1998-2001 e 2005-2006...................................................................................................................................................... 31 Figura 2.6. Planimetria dell’angolo sud-orientale del Foro di Traiano - Settore I – Portico e strada di separazione dai Mercati di Traiano..................................................................................................................................... 32 Figura 2.7. Foro di Traiano. Percorso di accesso al portico orientale da sud..................................................................... 33 Figura 2.8. Rilievo particolareggiato dell’impronta di una soglia marmorea in uno dei due vani porta di accesso, da sud, al portico orientale del Foro di Traiano.................................................................................................... 33 vii

Il Foro di Traiano nell’Antichità Figura 2.9. Conci d’arco in marmo bianco probabilmente pertinenti a una delle porte di accesso, da sud, al portico orientale del Foro di Traiano.................................................................................................................. 34 Figura 2.10. Un tratto della crepidine, lungo il muro perimetrale del portico orientale del Foro di Traiano, rimasto inglobato fra le strutture medievali che occuparono la strada antica di separazione tra il portico stesso e i Mercati di Traiano (1931)............................................................................................................... 34 Figura 2.11. Tratto in posto del lastricato di travertino fra la via basolata che separava il portico orientale del Foro di Traiano dai Mercati e lo scalone che oggi conduce a piazza del Grillo............................................ 35 Figura 2.12. Planimetria del corridoio corrispondente al Settore II................................................................................... 36 Figura 2.13. Planimetria del Settore III – Vani A/B/C/C1/D.............................................................................................. 37 Figura 2.14. Sezione ricostruttiva degli ambienti del Settore III........................................................................................ 38 Figura 2.15. Veduta della “Terrazza Domizianea” e della soprastante loggia quattrocentesca dei Cavalieri di Malta...... 38 Figura 2.16. Sezione (a sin.) e prospetto ricostruttivo (a d.) della “Terrazza Domizianea”............................................... 39 Figura 2.17. Resti del muro US 44 visto da est.................................................................................................................. 40 Figura 2.18. Le UUSS 43 (di restauro moderno)-44 viste da ovest.................................................................................... 40 Figura 2.19. Immagini relative alla ricostruzione dell’amb.B, nel 1931............................................................................ 42 Figura 2.20. Veduta prospettica ricostruttiva dell’interno dell’amb.B................................................................................ 43 Figura 2.21. Amb.B. Nicchia absidata superiore. Particolare della muratura laterizia curva traianea (US 53) che si addossa alla parete laterizia della “Terrazza Domizianea” (US 46) inglobandone un tratto.................................... 43 Figura 2.22. “Terrazza Domizianea” e strutture traianee addossate................................................................................... 44 Figura 2.23. Amb. B. Parete ovest (US 42). Stratigrafia muraria....................................................................................... 45 Figura 2.24. Sopra: Amb. B. Parete ovest (US 42). Ricostruzione della parete marmorea. Sotto: Decorazione marmorea parietale dell’amb. XXIX della villa di Traiano ad Arcinazzo.......................................................................... 45 Figura 2.25. Veduta generale dell’amb. C........................................................................................................................... 46 Figura 2.26. Resti della parete lunga mancante dell’amb. C (UUSS 13, 34-35)................................................................ 46 Figura 2.27. Sezione ricostruttiva della calcara insediata nell’amb. C tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII sec. d.C...... 47 Figura 2.28. Sequenza stratigrafica sottostante il pavimento dell’amb.C........................................................................... 47 Figura 2.29. Amb.C. Il muretto in scaglioni di materiale di risulta, a contrasto del riempimento US 15, in costruzione nel 1991....................................................................................................................................................... 48 Figura 2.30. Amb.C. Fondazione US 34. Le frecce indicano le tracce dei pozzetti scalpellati per alloggiare i cunei necessari alla spoliazione dei blocchi (1931).......................................................................................................... 48 Figura 2.31. Amb.C visto da ovest. Si nota la trama dei fori per le grappe di sostegno della decorazione marmorea sulla parete orientale.......................................................................................................................................... 50 Figura 2.32. Amb.C. Rilievo della parete orientale con i fori per le grappe di sostegno della decorazione marmorea (sopra) e prospetto ricostruttivo (sotto)............................................................................................................. 50 Figura 2.33. Amb.C. La parete corta meridionale (US 54) con i fori per le grappe di sostegno della decorazione marmorea.. 51 Figura 2.34. La parete meridionale dell’amb. C con i resti della grande nicchia centrale................................................. 51 Figura 2.35. Particolare dei lacerti di decorazione a stucco ancora visibili sui resti della volta di copertura dell’amb.C...... 52 Figura 2.36. Veduta dei resti della scala D. La freccia indica il primo gradino conservato e la direzione di salita........... 52 Figura 2.37. Sezione ricostruttiva nord-sud della scala D.................................................................................................. 53 Figura 2.38. Planimetria dell’area scoperta o cortile, corrispondente al Settore IV........................................................... 54 Figura 2.39. Veduta generale dell’area scoperta o cortile, corrispondente al Settore IV.................................................... 55 Figura 2.40. Il muretto a secco US 113 all’interno della fondazione US 109.................................................................... 55 Figura 2.41. Planimetria del Settore VA............................................................................................................................. 57 Figura 2.42. Veduta generale del Settore VA...................................................................................................................... 58 Figura 2.43. La gettata cementizia US 7 poggia direttamente sul banco di argilla naturale............................................... 58 Figura 2.44. La fossa di fondazione US 84......................................................................................................................... 59 Figura 2.45. A sin.(r.): prospetto laterale di trabeazione e capitello di un rudere presso “Spoglia Cristo” disegnato da Simone del Pollaiolo detto il Cronaca nell’ultimo decennio del XV sec. A d.(v.): veduta generale dello stesso rudere................................................................................................................................................ 60 Figura 2.46. 1537. Prospetto misurato della trabeazione della “Colonna di Spoglia Cristo” a Figura 2.45....................... 61 Figura 2.47. Disegno di ignoto del XVI sec. nel Codice Destailleur 3285, a Berlino, con veduta stilizzata del capitello e il rilievo del soffitto di architrave della colonna di Spoglia Cristo.............................................................. 63 Figura 2.48. Posizionamento della colonna di Spoglia Cristi............................................................................................. 64 Figura 2.49. Planimetria del Settore VB. I numeri in nero indicano le Unità Stratigrafiche mentre quelli in rosso indicano le quote sul livello del mare........................................................................................................................ 65 Figura 2.50. Ottobre 1998. Scoperta del punto di innesto del braccio obliquo meridionale in quello rettilineo centrale della sala trisegmentata.......................................................................................................................... 66 Figura 2.51. Planimetria del settore meridionale del Foro di Traiano con evidenziazione dello sviluppo della sala trisegmentata e del relativo colonnato aggettante............................................................................................... 67 Figura 2.52. Veduta aerea del Settore VB........................................................................................................................... 67 viii

Lista delle figure Figura 2.53. Reperti marmorei di grandi dimensioni rinvenuti sul fondo della fossa di fondazione US 84=5142=9002=9004.......................................................................................................................................................... 68 Figura 2.54. Spezzoni marmorei pertinenti a due diversi fregi-architravi rinvenuti sul fondo della fossa di fondazione US 84=5142=9002=9004................................................................................................................................. 68 Figura 2.55. Rilievi misurati dello spezzone di fregio-architrave FT 9153........................................................................ 69 Figura 2.56. Capitello corinzio in marmo bianco (FT 9265) pertinente all’ordine del muro di fondo meridionale della piazza del Foro di Traiano...................................................................................................................... 70 Figura 2.57. Planimetria e sezione ricostruttiva del colonnato aggettante dal muro di fondo meridionale della piazza del Foro di Traiano e della retrostante sala trisegmentata............................................................................... 71 Figura 2.58. Ricostruzione e trascrizione dell’epigrafe monumentale che doveva trovarsi inserita nell’attico del segmento centrale della parete di chiusura meridionale della piazza del Foro............................................ 72 Figura 2.59. Veduta ricostruttiva dell’architettura del tratto meridionale del Foro di Traiano........................................... 73 Figura 2.60. L’imposta della volta di copertura della sala trisegmentata visibile in un particolare della veduta attribuita a Simone del Pollaiolo detto il Cronaca e conservata alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Fig. 2.45).......................................................................................................................................................... 74 Figura 2.61. Confronto tra le immagini macrofotografiche del lato inferiore di un frammento di lastra pavimentale in porfido rinvenuto presso la sala trisegmentata (a sin.) e una delle impronte delle lastre pavimentali della sala stessa impresse sullo strato di malta di preparazione (a d.)............................................................ 74 Figura 3.1. Foro di Traiano. I resti del cortile porticato meridionale visti dall’alto........................................................... 76 Figura 3.2. Foro di Traiano. I resti del cortile porticato meridionale visti da sud.............................................................. 76 Figura 3.3. Settore di scavo relativo all’area meridionale del Foro di Traiano al limite con il portico settentrionale del Foro di Augusto...................................................................................................................................... 77 Figura 3.4. Modelli 3d delle strutture augustee rinvenute nello scavo del settore meridionale del Foro di Traiano con le diverse ipotesi ricostruttive proposte.......................................................................................................... 78 Figura 3.5. Foro di Augusto. Prima ipotesi ricostruttiva degli emicicli minori.................................................................. 79 Figura 3.6a. Foro di Augusto. Ipotesi ricostruttiva 3D con una basilica collocata sul lato corto meridionale................... 80 Figura 3.6b. Foro di Augusto. Ipotesi ricostruttiva 3D senza edificio basilicale................................................................ 80 Figura 3.7. Foro di Augusto. Planimetria del settore di scavo 2005-2006 con indicazione delle principali unità stratigrafiche pertinenti al portico settentrionale e al sistema fognario..................................................................... 81 Figura 3.8. Il taglio (US 1469) del banco di argilla naturale (US 1450) eseguito in fase di costruzione del portico del Foro di Augusto e tornato alla luce per l’asportazione del muro di fondo del portico stesso...... 82 Figura 3.9. Lo scavo della superficie di contatto tra il portico settentrionale del Foro di Augusto e il braccio occidentale del cortile porticato del Foro di Traiano (US 1475)........................................................................................ 84 Figura 3.10. Resti del portico settentrionale del Foro di Augusto...................................................................................... 84 Figura 3.11. Resti del portico settentrionale del Foro di Augusto...................................................................................... 85 Figura 3.12. Limite meridionale del Settore VI Sezione della fossa di spoliazione del portico settentrionale del Foro di Augusto............................................................................................................................................................. 85 Figura 3.13. Limite meridionale del Settore VI. Lo scavo a ridosso della fognatura moderna US 1644........................... 85 Figura 3.14. Limite meridionale del Settore VI. Sulla sommità della sezione di scavo il piano di frequentazione US 740 è tagliato dalla fossa di spoliazione US 1445........................................................................................................ 87 Figura 3.15. Limite meridionale del Settore VI. Sequenza stratigrafica degli strati di macerie e scarti di lavorazione di marmi e travertino depositati al di sopra della fossa di spoliazione del portico settentrionale del Foro di Augusto..... 87 Figura 3.16. Fondazione in opera cementizia del portico perimetrale del Foro di Augusto. Gli incavi visibili sul fondo della fossa di spoliazione sono probabilmente da riferire all’attività di recupero dei blocchi di travertino che in origine erano poggiati sulla fondazione................................................................................................... 88 Figura 3.17. Fondazione in opera cementizia del portico perimetrale del Foro di Augusto. Gli incavi presenti sul fondo della fossa di spoliazione sono probabilmente da riferire all’attività di recupero dei blocchi che in origine erano poggiati sulla fondazione.............................................................................................................................. 88 Figura 3.18. Fossa di spoliazione US 1445......................................................................................................................... 89 Figura 3.19. Dettaglio della parete sud della fossa di spoliazione US 1445....................................................................... 89 Figura 3.20. Limite meridionale del Settore VI.................................................................................................................. 90 Figura 3.21. Nuova pianta ricostruttiva degli emicicli “minori” del Foro di Augusto (elab. E. santucci)......................... 91 Figura 3.22. Emiciclo minore del Foro di Augusto visto da sud........................................................................................ 92 Figura 3.23. Foro di Augusto. Schizzo ricostruttivo del sistema di fondazione dell’emiciclo minore meridionale, intercettata dal carotaggio eseguito all’interno della Cloaca Massima nel tratto sottostante il Foro di Nerva (dis. E. Santucci)................................................................................................................................................................. 92 Figura 3.24. Blocchi di travertino poggiati in filari soprapposti sulla fondazione in cementizio del muro del portico settentrionale del Foro di Augusto.......................................................................................................................... 93 Figura 3.25. Emiciclo del Foro di Augusto......................................................................................................................... 94 Figura 3.26. Interno del condotto fognario traianeo US 712.............................................................................................. 94 ix

Il Foro di Traiano nell’Antichità Figura 3.27. Emiciclo del Foro di Augusto. Al centro i resti del setto murario in laterizio relativo alla divisione interna dell’emiciclo, originariamente addossato a un duplice filare di blocchi di tufo..................................................... 95 Figura 3.28. Foro di Traiano. Veduta ricostruttiva del cortile porticato meridionale......................................................... 97 Figura 3.29. Foro di Traiano. I resti del cortile porticato meridionale visti da ovest......................................................... 97 Figura 3.30. Foro di Traiano. Il rilievo del cortile porticato meridionale (Settore VI) eseguito nel 2006 al termine delle operazioni di scavo (ril. E. Bianchi)............................................................................................................. 98 Figura 3.31. Indicazione delle unità stratigrafiche presenti nell’area del cortile porticato meridionale............................. 99 Figura 3.32. Ipotesi di ricomposizione degli elementi lapidei della gradinata di collegamento tra l’area scoperta centrale e i tre bracci del portico colonnato sopraelevato.................................................................................. 101 Figura 3.33. Settore VI, lato est. Il taglio del banco di argilla naturale realizzato per il getto della fondazione del portico, visto da sud................................................................................................................................. 101 Figura 3.34. Settore VI, lato est. Il taglio del banco di argilla naturale realizzato per il getto della fondazione del portico, visto da ovest............................................................................................................................... 102 Figura 3.35. Settore VI, lato nord. Resti di strutture preesistenti al Foro di Traiano (US 8076) al di sotto del braccio di portico settentrionale e in prossimità della fossa di fondazione del colonnato corrispondente................. 102 Figura 3.36. Spezzoni dei fusti in cipollino pertinenti al portico colonnato che circondava su tre lati il cortile porticato meridionale............................................................................................................................................. 103 Figura 3.37. Cortile porticato meridionale. Frammento di base composita (US 8096. FT 9570).................................... 103 Figura 3.38. Cortile porticato meridionale. Profilo della base composita (US 8096. FT 9570)....................................... 104 Figura 3.39. Cortile porticato meridionale. Capitello corinzio (US 8086. FT 9101)....................................................... 104 Figura 3.40. Cortile porticato meridionale. Rilievo del capitello corinzio (US 8086. FT 9101)...................................... 104 Figura 3.41. Sezione ricostruttiva del cortile porticato meridionale. Vista da ovest........................................................ 105 Figura 3.42. Cortile porticato meridionale. Ipotesi ricostruttiva con sette colonne su ciascuno dei lati lunghi............... 105 Figura 3.43. Cortile porticato meridionale. Ipotesi ricostruttiva con otto colonne su ciascuno dei lati lunghi................ 106 Figura 3.44. Fossa di fondazione del braccio occidentale del portico.............................................................................. 107 Figura 3.45. Cortile porticato meridionale. Schema ricostruttivo del tappeto marmoreo costituito da lastre alternate di marmo portasanta e cipollino......................................................................................................................... 108 Figura 3.46. I resti delle lastre marmoree e della preparazione pavimentale sul braccio orientale del cortile porticato. Vista da est........................................................................................................................................................ 109 Figura 3.47. I resti della preparazione pavimentale con le impronte delle lastre marmoree conservati sul braccio occidentale del cortile porticato. Vista da sud...................................................................................................... 109 Figura 3.48. Braccio occidentale del cortile porticato. Un dettaglio dei resti della preparazione pavimentale e delle impronte delle lastre marmoree al termine dello scavo......................................................................................... 110 Figura 3.49. I resti della preparazione pavimentale del braccio occidentale del cortile porticato visti da ovest.............. 110 Figura 3.50. Braccio settentrionale del cortile porticato visto da sud. I resti della pavimentazione marmorea con lastre di marmo cipollino e portasanta........................................................................................................................111 Figura 3.51. Ricostruzione grafica della pavimentazione marmorea del cortile porticato in corrispondenza dell’angolo formato tra il braccio settentrionale (a sinistra) e quello orientale (in alto) (elab. S. Santucci).....................111 Figura 3.52. L’interno della c.d. Biblioteca occidentale secondo l’ipotesi ricostruttiva proposta da J. Packer................ 112 Figura 3.53. Basilica Ulpia. Ricomposizione del tappeto pavimentale............................................................................ 112 Figura 3.54. Basilica Ulpia. Schema degli assi ottici e dei percorsi interni..................................................................... 113 Figura 3.55. Cortile porticato meridionale. Schema ricostruttivo del tappeto marmoreo costituito da lastre alternate di marmo portasanta e cipollino......................................................................................................................... 115 Figura 3.56. I resti della pavimentazione marmorea del braccio settentrionale del portico, visti da est.......................... 116 Figura 3.57. Cortile porticato meridionale. Rilievo dei resti del braccio settentrionale con il tracciato della fistula conservata sotto la preparazione pavimentale (US 8114)...................................................................................... 116 Figura 3.58. Il tracciato degli apprestamenti idraulici presenti al di sotto delle strutture murarie e delle pavimentazioni del settore meridionale del Foro, come ipotizzato sulla base delle evidenze conservate........................ 117 Figura 3.59. Cortile porticato meridionale, lato sud ovest................................................................................................ 119 Figura 3.60. Settore di scavo tra i Fori di Augusto e di Traiano....................................................................................... 120 Figura 3.61. I resti del braccio settentrionale del cortile porticato e la fossa di fondazione del muro divisorio con la sala trisegmentata, visti da est................................................................................................................. 123 Figura 3.62. Massetto pavimentale della sala trisegmentata (US 8031)........................................................................... 123 Figura 3.63. Scavo del sortile porticato meridionale, lato sud.......................................................................................... 124 Figura 3.64. Cortile porticato meridionale, lato sud......................................................................................................... 124 Figura 3.65. Ipotesi ricostruttiva del lato meridionale del cortile porticato con le ampie aperture, presenti anche sulla terminazione sud dei portici sopraelevati, per il collegamento con il retrostante portico del Foro di Augusto (dis. R. Meneghini, E. Bianchi)............................................................................................................. 126 Figura 3.66. Frammento di fregio architrave a muro (US 8095. FT 9104)...................................................................... 126 Figura 3.67. Fregio architrave con grifoni (US 8065. FT 9151)....................................................................................... 127 x

Lista delle figure Figura 3.68. Prospetto e sezione del frammento di fregio architrave a muro grifone (US 8065. FT 9151)..................... 127 Figura 3.69. Lo scavo del settore VI e il rinvenimento di numerosi spezzoni di muratura in opera laterizia allo stato di crollo, molti dei quali pertinenti ai muri perimetrali del cortile porticato meridionale................................ 128 Figura 3.70. Le operazioni di scavo del settore VI, durante la movimentazione degli spezzoni di muratura rinvenuti allo stato di crollo.............................................................................................................................................. 128 Figura 3.71. Spezzone di muratura (US 1542) pertinente al muro perimetrale del cortile porticato rinvenuto allo stato di crollo. A vista il lato con rivestimento in opera laterizia............................................................................... 129 Figura 3.72. Spezzone di muratura in opera laterizia (US 1542) pertinente al muro perimetrale del cortile porticato dopo la sua collocazione lungo il limite orientale dell’area di scavo................................................................ 129 Figura 3.73. Spezzone di muratura (US 1542) pertinente al muro perimetrale del cortile porticato rinvenuto allo stato di crollo.............................................................................................................................................................. 131 Figura 3.74. Spezzone di muratura (US 1548) del muro perimetrale del cortile porticato rinvenuto allo stato di crollo sul piano del portico occidentale, collocato in posizione capovolta rispetto al suo assetto originario.................. 131 Figura 3.75. Spezzone di muratura (US 1548) del muro perimetrale del cortile porticato rinvenuto allo stato di crollo sul piano del portico occidentale, collocato in posizione capovolta rispetto al suo assetto originario.................. 133 Figura 3.76. Una porzione di crollo forse pertinente alla copertura a terrazza del cortile porticato (US 1779)............... 133 Figura 3.77. Cortile porticato meridionale. Lo scavo del settore a ridosso del portico settentrionale del Foro di Augusto.134 Figura 3.78. Cortile porticato meridionale. Spezzoni di muratura (A-D) pertinenti al muro perimetrale del cortile porticato, rinvenuti allo stato di crollo sul piano dell’area scoperta................................................................................. 134 Figura 3.79. Cortile porticato meridionale. Particolare di uno degli spezzoni di muratura in cortina laterizia (B) pertinenti al muro perimetrale del cortile porticato e rinvenuti allo stato di crollo sul piano dell’area scoperta............. 135 Figura 3.80. Frammento di lesena in marmo forse pertinente alla decorazione del muro di fondo del portico............... 136 Figura 3.81. Blocco di marmo lunense con lacunare e attacco di un lacunare contiguo (US 8097. FT 9103) relativo al sistema di copertura dei portici........................................................................................................................ 137 Figura 3.82. Prospetto del blocco di marmo lunense con lacunare e attacco di un lacunare contiguo (US 8097. FT 9103) pertinente al sistema di copertura dei portici.................................................................................................... 137 Figura 3.83. Schema grafico del piano superiore del capitello corinzio (FT 9101).......................................................... 138 Figura 3.84. Soffitto con cassettoni: schema grafico (sezione) con ricomposizione di un blocco con due cassettoni..... 139 Figura 3.85. Soffitto con cassettoni: schema grafico della ricomposizione del motivo di otto cassettoni formato dall’assemblaggio di quattro blocchi contigui (elab. E. Bianchi)..................................................................................... 140 Figura 3.86. Sezione ricostruttiva della copertura del portico (lato meridionale)............................................................ 141 Figura 3.87. Soffitto del cortile porticato meridionale, visto dal basso. Schema grafico della ricomposizione dei lacunari poggianti su architravi (elab. E. Bianchi)...................................................................................................... 142 Figura 3.88. Efeso, Biblioteca di Celso. Particolare del soffitto cassettonato poggiante su architravi............................. 143 Figura 3.89. Ricomposizione grafica del soffitto di uno degli architravi poggianti sui colonnati.................................... 143 Figura 3.90. Frammento di muratura pertinente alla terrazza di copertura dei portici con rivestimento in cocciopesto..... 144 Figura 3.91. Schema grafico della ricomposizione del frammento di muratura (US 1779) riferibile alla copertura a terrazza del cortile porticato........................................................................................................................................... 144 Figura 3.92. Prospetto del frammento di sopracornice marmorea pertinente al livello superiore del portico.................. 145 Figura 3.93. Frammento di zoccolatura marmorea (US 1923. FT 9132) pertinente al livello superiore del portico....... 145 Figura 3.94. Iscrizione dedicatoria di Traiano in marmo lunense. I frammenti in fase di scavo...................................... 146 Figura 3.95. Iscrizione dedicatoria di Traiano in marmo lunense al termine dello scavo................................................ 146 Figura 3.96. Ricomposizione grafica dei tre frammenti pertinenti alla balaustra con l’epigrafe recante il nome di Traiano vivente............................................................................................................................................................. 147 Figura 3.97. Rilievo planimetrico dell’area del cortile porticato meridionale con i lacerti marmorei presenti in situ (elab. S. Santucci).................................................................................................................................................. 149 Figura 3.98. Planimetria ricostruttiva della superficie pavimentale del cortile porticato meridionale (elab. S. Santucci)....................................................................................................................................................................... 150 Figura 3.99. Litotipi delle lastre conservate in situ del marmo Cipollino e del Portasanta. (elab. S. Santucci)............... 151 Figura 3.100. Il settore centrale dello scavo 1998-2000, corrispondente alla piazza del Foro di Traiano, compreso tra via Alessandrina (in basso) e via dei Fori Imperiali.................................................................................... 152 Figura 3.101. Veduta aerea del settore centrale della piazza del Foro al termine delle attività di scavo.......................... 154 Figura 3.102. Indicazione delle unità stratigrafiche presenti nell’area della piazza del Foro (Settore VII)..................... 155 Figura 3.103. Particolare dello strato di preparazione per l’alloggiamento delle lastre marmoree di pavimentazione.... 156 Figura 3.104. Sequenza stratigrafica degli strati preparatori e del rivestimento in lastre marmoree della piazza del Foro.................................................................................................................................................................. 156 Figura 3.105. Modello 3D dei tre livelli di preparazione della pavimentazione della piazza con l’inser­zione tra il secondo e il terzo livello della fascia di travertini (US 7452) e il rivestimento con lastre di marmo bianco (US 5759)...... 156 Figura 3.106. Lastra di rivestimento della piazza rinvenuta in situ in prossimità della gradinata del portico orientale.. 157 Figura 3.107. Lastra di rivestimento conservata in situ poco a nord del limite meridionale della piazza (2001)............ 158 xi

Il Foro di Traiano nell’Antichità Figura 3.108. Planimetria dei listoni di travertino (US 7452) alloggiati nel secondo livello di preparazione della pavimenta­zione della piazza (US 7451)................................................................................................................... 158 Figura 3.109. I listoni di travertino (US 7452) alloggiati nello strato di preparazione della pavimentazione della piazza (US 7451), visti da nord................................................................................................................................ 159 Figura 3.110. Particolare della fila di lastre di travertino alloggiate nel livello di preparazione della pavimentazione marmorea della piazza secondo l’asse nord-sud. Vista da nord............................................................. 159 Figura 3.111. Particolare della fila di lastre di travertino alloggiate nel livello di preparazione della pavimentazione marmorea della piazza secondo l’asse nord-sud. Vista da sud............................................................... 159 Figura 3.112. Particolare della fila di lastre di travertino alloggiate nel livello di preparazione della pavimentazione marmorea della piazza in prossimità dell’equus Traiani. Vista da nord................................................ 160 Figura 3.113. Pianta con localizzazione delle buche rilevate nel calcestruzzo del sottofondo del settore centrale della piazza (US 7451) e riferibili all’alloggiamento dei tiranti o dei pali di macchine da sollevamento (elab. S. Santucci)............................................................................................................................................................. 162 Figura 3.114. Ricostruzione della prima macchina da sollevamento di Vitruvio, capra con paranco e verricello........... 163 Figura 3.115. Grafico con ricostruzione dei possibili raggruppamenti di pali pertinenti a macchine elevatorie............. 163 Figura 3.116. Il rinvenimento della fossa di fondazione dell’equus Traiani.................................................................... 166 Figura 3.117. La fossa di fondazione dell’equus Traiani e il blocco di travertino conservato del basamento visibili al termine dello scavo........................................................................................................................................... 166 Figura 3.118. Fondazione dell’equus Traiani. Particolare del blocco di travertino superstite......................................... 167 Figura 3.119. Fondazione dell’equus Traiani. Il blocco di travertino che conserva sia le impronte delle grappe di fissaggio ai blocchi contigui e agli elementi lapidei superiori, sia tracce dell’attività di spoliazione.............................. 167 Figura 3.120. Schizzo ricostruttivo dei blocchi che in origine formavano il basamento (m 7,54 m x 3,76 m)................ 169 Figura 3.121. Fondazione dell’equus Traiani. Il restauro e l’integrazione dei blocchi mancanti della fondazione a lavori ultimati.............................................................................................................................................. 169 Figura 3.122. Ricostruzione grafica dell’Equus Traiani; in basso la rafFigura zione della statua equestre dell’imperatore su un denario (114-115 d.C.)................................................................................................................... 170 Figura 4.1. Appunto manoscritto relativo a sondaggi eseguiti nell’area delle c.d BIblioteche e della Basilica Ulpia nel 1932..................................................................................................................................................... 172 Figura 4.2. Planimetria generale del sistema fognario dei Fori Imperiali........................................................................ 173 Figura 4.3. Il settore settentrionale del Foro Traiano messo in luce negli anni 1811-1814 con indicazione del sistema di smaltimento delle acque................................................................................................................................... 174 Figura 4.4. Il cortile della Colonna Traiana rappresentato da Angelo Uggeri nella Tavola XVIII (part.)........................ 174 Figura 4.5. Foro di Traiano. Il sistema di smaltimento delle acque nel cortile della Colonna Traiana: A. Uggeri [1830], part.; B. elab. da Amici 1982............................................................................................................... 175 Figura 4.6. Foro di Traiano. Cortile della Colonna Traiana. Il tratto meridionale del condotto idraulico presente al di sotto della pavimentazione, visto da est..................................................................................................... 176 Figura 4.7. Foro di Traiano. Cortile della Colonna Traiana. Il tratto orientale del condotto idraulico presente al di sotto della pavimentazione, visto da nord................................................................................................................. 176 Figura 4.8. Foro di Traiano. Cortile della Colonna Traiana. Il tratto orientale del condotto idraulico presente al di sotto della pavimentazione, visto da sud................................................................................................................... 177 Figura 4.9. La fondazione del muro di delimitazione settentrionale del Foro di Traiano, in alto in un disegno di L. Rossini (1837).......................................................................................................................................................... 178 Figura 4.10. L’interno del condotto con direzione nord-sud nel quale confluivano le acque del cortile della Colonna Traiana e che recapitava le stesse al di fuori del complesso.............................................................................. 178 Figura 4.11. L’interno del condotto con direzione nord-sud nel quale confluivano le acque del cortile della Colonna Traiana e che recapitava le stesse al di fuori del complesso.............................................................................. 178 Figura 4.12. Foro di Traiano. Sezione del condotto a nord della Colonna Traiana rappresentato in una tavola del Cabreo storico delle fognature di Roma..................................................................................................................... 179 Figura 4.13. Condotto a nord della Colonna Traiana. Il fondo è formato da bipedali, due dei quali conservano i bolli CIL XV 812 e 1120a............................................................................................................................................... 179 Figura 4.14. Foro di Traiano, area della Colonna Traiana, scavi 2013............................................................................. 180 Figura 4.15. Foro di Traiano, Settore V. Il condotto fognario situato ai piedi del colonnato orientale (US 12) nel punto in cui prosegue in direzione sud, al di sotto della monumentale architettura del lato meridionale della piazza, dopo aver incontrato la confluenza con il lungo condotto US 157.............................................................. 182 Figura 4.16. Foro di Traiano, Settore V. Il condotto fognario situato ai piedi del colonnato orientale della piazza (US 12) nel tratto immediatamente precedente a quello visibile nella figura precedente..................................... 182 Figura 4.17. Foro di Traiano, Settore V, condotto US 12. In primo piano, le spallette del condotto sulle quali dovevano poggiare i blocchi di travertino della copertura................................................................................................ 183 Figura 4.18. Foro di Traiano, Settore V, la confluenza dei condotti US 12 e US 28, proveniente dall’area prospiciente l’aula di testata meridionale dei Mercati di Traiano. Vista da sud............................................................... 183 xii

Lista delle figure Figura 4.19. Settori III, VA. La rete dei condotti presenti nell’area sud orientale del Foro............................................. 184 Figura 4.20. Settori III, VA. La canaletta proveniente dalla Terrazza Domizianea (US 38) nel punto di immissione nel condotto US 28........................................................................................................................................ 184 Figura 4.21. Settore III. Il condotto US 38 visto dall’interno. In secondo piano lo sfondamento realizzato sulla pavimentazione del soprastante ambiente C............................................................................................................ 185 Figura 4.22. Settore III. Il condotto US 28, dopo aver ricevuto l’affluenza dell’US 38, si immette verso sud in direzione del cortile porticato meridionale, percorrendo tutto il lato meridionale della galleria trisegmentata........... 186 Figura 4.23. Il sistema di canalizzazioni del settore meridionale del Foro alla luce delle nuove indagini (ril. E. Bianchi, elab. E. Santucci)........................................................................................................................................... 187 Figura 4.24. Settore III. I resti della scala D. In primo piano la traccia di un discendente per lo smaltimento delle acque provenienti dai piani superiori....................................................................................................................... 188 Figura 4.25. Settore III. Il condotto US 12 situato a ridosso della fossa di fondazione US 55 e diretto al di sotto del poderoso muro in cementizio US 27.................................................................................................................. 188 Figura 4.26. Fori di Augusto e di Traiano. La rete dei canali idraulici noti in relazione al percorso della Cloaca Massima (E. Bianchi, elab. E. Santucci)............................................................................................................... 189 Figura 4.27. Foro di Augusto. L’intercapedine presente lungo il perimetro dell’emiciclo settentrionale........................ 190 Figura 4.28. Foro di Augusto. Interno di uno dei condotti presenti al di sotto della pavimentazione dell’emiciclo settentrionale. Vista verso nord................................................................................................................... 190 Figura 4.29. Foro di Traiano. Restituzione da rilievo laser scanner del secondo tratto del condotto US 157.................. 191 Figura 4.30. Il pozzo di ispezione situato nel primo tratto del condotto US 157, in prossimità dell’innesto con il condotto US 12.............................................................................................................................................................. 191 Figura 4.31. US 157. Il pozzo presente nel secondo tratto del condotto.......................................................................... 192 Figura 4.32. US 157. Il tratto con andamento curvilineo, visto da ovest verso est, rappresentato anche nella fig.4.24. Sulla destra sono visibili gli sbocchi di due delle tre brevi canalette collegate al soprastante colonnato meridionale della piazza................................................................................................................................... 192 Figura 4.33. US 157. Uno dei fori quadrangolari presenti sulla copertura a cappuccina del condotto............................ 192 Figura 4.34. US 157. L’interno del condotto nel punto di raccordo tra il secondo e il terzo tratto.................................. 193 Figura 4.35. US 157. L’interno del condotto in fase di scavo nello stesso punto della figura precedente....................... 193 Figura 4.36. US 157. Il terzo tratto del condotto in una esplorazione effettuata nel 2020............................................... 193 Figura 4.37. US 157. Il pozzo di ispezione presente all’inizio del terzo tratto del condotto in una esplorazione effettuata nel 2020............................................................................................................................................................. 194 Figura 4.38. US 157. Una delle due affluenze presenti nel terzo tratto del condotto in una esplorazione effettuata nel 2020............................................................................................................................................................. 195 Figura 4.39. US 720=231. Sul fondo la parete rettilinea del condotto US 157 prima dello scavo del suo riempimento verso ovest................................................................................................................................................... 195 Figura 4.40. US 157. Il quarto e ultimo tratto rettilineo liberato dai riempimenti per 9,30 m in una esplorazione effettuata nel 2020....................................................................................................................................... 196 Figura 4.41. US 157. Uno degli esemplari del bollo CIL XV 259 presenti sui bipedali della copertura del condotto.... 196 Figura 4.42. US 157. Sezione del condotto e della sequenza stratigrafica all’interno della quale è stato rinvenuto il ritratto marmoreo di Costantino.................................................................................................................... 197 Figura 4.43. US 157. Il rinvenimento del ritratto marmoreo di Costantino durante le operazioni di scavo del condotto.... 197 Figura 4.44. US 157. Sezioni stratigrafiche dei riempimenti nel tratto di condotto compreso tra la confluenza con il condotto US 720=231 e il limite ovest delle indagini............................................................................................ 198 Figura 4.45. US 157. Un esemplare del bollo CIL XV 259 impresso su un bipedale della copertura rinvenuto all’interno del condotto..................................................................................................................................................... 199 Figura 4.46. US 157. La prosecuzione del condotto dopo l’innesto con il condotto US 720=231 come appariva prima dello scavo dei riempimenti che ne occludevano la sezione.................................................................................. 199 Figura 4.47. Lo scavo del condotto US 157 a 9 m dall’innesto con il condotto US 720=231......................................... 199 Figura 4.48. Il tracciato dei condotti fognari del settore meridionale del Foro con relativa numerazione delle Unità Stratigrafiche........................................................................................................................................................... 200 Figura 4.49. Sezione longitudinale del condotto US 720=231 da nord a sud e sezioni stratigrafiche del suo riempimento...................................................................................................................................................................... 201 Figura 4.50. US 720=231. Particolare del rivestimento in opera laterizia delle spallette................................................. 203 Figura 4.51. Il primo tratto del condotto US 720=231, originariamente coperto con blocchi di travertino, passante al di sotto del colonnato meridionale della piazza............................................................................................. 203 Figura 4.52. Il condotto US 720=231 in corso di scavo. Vista da est. Dettaglio delle spallette con filari di bipedali sui quali dovevano poggiare i blocchi di travertino della copertura. Sulla sinistra uno dei fusti di colonne di giallo antico conservati nella fossa di fondazione; sul fondo le murature della chiesa di S. Urbano............. 204 Figura 4.53. Il condotto US 720=231 in corso di scavo. Vista da sud. Dettaglio delle spallette con filari di bipedali sui quali dovevano poggiare i blocchi di travertino della copertura................................................................... 204 xiii

Il Foro di Traiano nell’Antichità Figura 4.54. Il punto di confluenza del condotto US 157 nel condotto US 720=231 situato al di sotto della fondazione della pavimentazione della piazza.................................................................................................................. 204 Figura 4.55. Condotto US 720=231, in corso di scavo, visto da ovest. Dettaglio delle spallette con filari di bipedali sui quali dovevano poggiare i blocchi di travertino della copertura................................................................... 205 Figura 4.56. Condotto US 720=231. La sequenza stratigrafica rinvenuta nel primo tratto. Vista da nord....................... 205 Figura 4.57. Il tratto del condotto US 720=231 trasformato in cisterna a seguito della fondazione della chiesa di S. Urbano........................................................................................................................................................... 205 Figura 4.58. Uno dei pozzi realizzati sul piano di scorrimento del condotto US 720=231.............................................. 206 Figura 4.59. Un secondo tratto del condotto US 720=231, originariamente coperto con blocchi di travertino, visibile dalla fossa di fondazione del muro divisorio tra la galleria trisegmentata e il cortile porticato meridionale (US 8024)...................................................................................................................................................... 207 Figura 4.60. Interno del condotto US 720=231. Vista da sud. A destra la confluenza del condotto US 748.................... 207 Figura 4.61. Sequenza stratigrafica dei riempimenti del terzo e ultimo tratto del condotto US 720=231, anch’esso originariamente coperto da blocchi di travertino (fig.4.64, sez. 19), prima dell’innesto con il condotto US 722............ 208 Figura 4.62. Interno del condotto US 720=231, visto da nord. A sinistra la confluenza del condotto US 748, prima del suo scavo. Sul fondo il terzo tratto coperto con blocchi di travertino, al termine dello scavo......................... 208 Figura 4.63. Il condotto US 720=231 durante le operazioni di scavo. In basso è visibile lo strato US 717, formato dallo scarico di detriti prodotti in età medievale dalla spoliazione del portico traianeo..................................... 208 Figura 4.64. Sezione longitudinale del condotto US 748 da ovest a est........................................................................... 209 Figura 4.65. La spalletta meridionale del condotto US 748 (indicata dalla freccia), visibile attraverso un pozzo moderno ricavato sul braccio orientale del cortile porticato.................................................................................. 210 Figura 4.66. Interno del condotto US 748 verso est in corso di scavo............................................................................. 210 Figura 4.67. Interno del condotto US 748 prima del suo svuotamento............................................................................ 210 Figura 4.68. Particolare del paramento del condotto US 748 formato da laterizi e da tegole fratti e, all’imposta della cappuccina, da un filare continuo di bipedali disposti in piano............................................................................... 212 Figura 4.69. Il condotto US 748 visto dalla pavimentazione del cortile porticato........................................................... 212 Figura 4.70. Interno del condotto US 748 in fase di scavo. Vista da ovest...................................................................... 213 Figura 4.71. Interno del condotto US 748. Il ritrovamento della fistula poggiata sul piano di scorrimento, in corrispon­denza del blocco di travertino inglobato nella spalletta nord e dello sbocco del condotto US 767 sul lato sud........................................................................................................................................................... 213 Figura 4.72. Particolare della fistula rinvenuta all’interno del condotto US 748............................................................. 213 Figura 4.73. Interno del condotto US 748. Particolare della copertura a cappuccina con foro di forma quadrangolare per lo scarico delle acque dalla soprastante area scoperta........................................................................ 214 Figura 4.74. Lo sbocco della canaletta US 767 (a destra) nel condotto US 748 (cfr. fig.4.71)........................................ 214 Figura 4.75. Sezione nord-sud del condotto US 767, vista da ovest................................................................................ 215 Figura 4.76. Cortile porticato meridionale. Interno del condotto US 723, visto da sud................................................... 216 Figura 4.77. Cortile porticato meridionale. Il tratto curvo di raccordo tra il braccio orientale del condotto (US 723) e quello settentrionale, visto da ovest............................................................................................................... 216 Figura 4.78. Cortile porticato meridionale. Interno del ramo orientale del condotto (US 723) visto da nord................. 217 Figura 4.79. Canaletta proveniente dal Foro di Augusto (US 8108-8109) vista dal punto di innesto con il condotto US 723 del cortile porticato traianeo................................................................................................................. 217 Figura 4.80. Cortile porticato meridionale. Sezione est-ovest del tratto settentrionale del condotto perimetrale (UUSS 722-723) vista da sud........................................................................................................................................... 218 Figura 4.81. Cortile porticato meridionale. Interno del ramo settentrionale del condotto (US 723) prima del suo scavo, visto da ovest................................................................................................................................................... 219 Figura 4.82. Cortile porticato meridionale. Interno del condotto US 723........................................................................ 219 Figura 4.83. Canaletta proveniente dal Foro di Augusto (US 8108-8109)....................................................................... 219 Figura 4.84. Cortile porticato meridionale. Interno del condotto US 722........................................................................ 220 Figura 4.85. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 722. US 712. Vista verso nord.................................................. 220 Figura 4.86. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 712. Vista verso sud.................................................................. 221 Figura 4.87. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 712. Vista verso sud.................................................................. 221 Figura 4.88. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 712. Vista verso sud.................................................................. 221 Figura 4.89. I percorsi delle acque tra i Fori di Traiano e di Cesare................................................................................. 222 Figura 4.90. Interno del condotto US 722. Particolare del rivestimento delle spallette in opera laterizia....................... 222 Figura 4.91. Interno del condotto US 722. Il consistente strato formato da frammenti di decorazione architettonica (US 350) pertinenti alla spoliazione del portico soprastante..................................................................... 223 Figura 4.92. Sezione stratigrafica dei riempimenti del tratto terminale meridionale del condotto US 722=US 712....... 224 Figura 4.93. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 712. Vista verso sud.................................................................. 225 Figura 4.94. Schema grafico del funzionamento delle caditoie presenti sulla pavimentazione del cortile porticato per lo smaltimento delle acque piovane nel sottostante circuito di canalizzazioni........................................... 226 xiv

Lista delle figure Figura 4.95. Cortile porticato meridionale. I resti della caditoia di carico centrale afferente al condotto idraulico del lato meridionale........................................................................................................................................... 227 Figura 4.96. Cortile porticato meridionale. I resti della caditoia di carico US 8019, afferente al condotto idraulico del lato meridi­onale, che conserva una tegola disposta secondo un piano inclinato per il convogliamento delle acque verso la canaletta sottostante............................................................................................... 227 Figura 4.97. Angolo nord orientale del cortile porticato meridionale. Frammenti di tegole della caditoia di carico afferente al condotto US 723 con il bollo CIL XV 97b......................................................................................... 228 Figura 4.98. Lato settentrionale del cortile porticato. Caditoia centrale di collegamento con la canaletta US 723 e sull’asse del condotto US 720=231 proveniente da nord.................................................................................. 228 Figura 4.99. Lato occidentale del cortile porticato. Caditoia collegata alla copertura del condotto US 722................... 229 Figura 4.100. 1933. Foro di Augusto. I lavori attuati dal Governatorato di Roma nel secolo scorso (a. 1933)............... 230 Figura 4.101. Foro di Augusto. Interno del condotto di raccolta delle acque piovane situato ai piedi del portico settentrionale, in prossimità del Tempio di Marte Ultore..................................................................................... 231 Figura 4.102. Foro di Augusto. Particolare della tecnica costruttiva del condotto di raccolta delle acque situato sulla fronte del Tempio di Marte Ultore................................................................................................................ 231 Figura 4.103. Foro di Augusto. Interno del condotto di raccolta delle acque piovane situato al di sotto della pavimentazione dell’emiciclo settentrionale..................................................................................................................... 232 Figura 4.104. Foro di Augusto. Interno del condotto di raccolta delle acque piovane situato al di sotto della pavimentazione dell’emiciclo settentrionale..................................................................................................................... 232 Figura 4.105. Foro di Augusto. Il condotto di scarico delle fontane situate sulla fronte del Tempio di Marte Ultore..... 232 Figura 4.106. Foro di Augusto. Il condotto sottostante la piazza nel punto di collegamento con il canale di raccolta delle acque piovane del portico meridionale....................................................................................................... 234 Figura 4.107. Cloaca Massima. Lo sbocco del sistema di smaltimento delle acque del Foro di Augusto....................... 234 Figura 4.108. Foro di Augusto. L’esplorazione del condotto US 1575 sottostante la piazza........................................... 234 Figura 4.109. Foro di Augusto. Il punto di accesso al condotto US 1575 lungo il margine occidentale dell’area di scavo... 235 Figura 4.110. Foro di Augusto. Localizzazione dei condotti UUSS 1575 e 1633 individuati al di sotto della piazza..... 236 Figura 4.111. Foro di Augusto. In primo piano il condotto US 1632 rinvenuto nella fossa di fondazione del muro divisorio tra i Fori di Augusto e di Traiano............................................................................................................. 237 Figura 4.112. Foro di Augusto. Lo scavo del portico settentrionale................................................................................. 238 Figura 4.113. 1933. Foro di Augusto. Lo scavo degli anni del Governatorato nel portico settentrionale davanti all’emiciclo superstite....................................................................................................................................................... 239 Figura 4.114. Mercati di Traiano. Chiusino in travertino conservato in corrispondenza dell’Aula di testata sud del grande emiciclo........................................................................................................................................................... 240 Figura 4.115. Schema ricostruttivo dei canali di smaltimento del cortile porticato meridionale..................................... 241 Figura 5.1. Foro di Traiano. Quantificazione delle superfici di rivestimento in laterizio presenti nei diversi settori del complesso.................................................................................................................................................................... 245 Figura 5.2. Foro di Traiano. Cortina laterizia dei resti della scala situata alle spalle della cd. Biblioteca occidentale (parete est)..................................................................................................................................................... 246 Figura 5.3. Foro di Traiano. Cortina laterizia della cd. Biblioteca orientale.................................................................... 246 Figura 5.4. Cripta della chiesa del SS. Nome di Maria. I resti della cd. Biblioteca orientale del Foro di Traiano........... 246 Figura 5.5. Foro di Traiano, Settore III. Cortina laterizia dell’ambiente B..................................................................... 247 Figura 5.6. Cortile porticato meridionale del Foro di Traiano. Spezzone di crollo di muratura in opera laterizia relativo al muro perimetrale.............................................................................................................................................. 247 Figura 5.7. Esame fotomicrografico di malta pozzolanica dal paramento in laterizio del muro in opera cementizia dell’estremità meridionale del cortile porticato meridionale.......................................................................... 247 Figura 5.8. Cripta della Chiesa del SS. Nome di Maria. Cortina laterizia dei resti della scala monumentale situata sul lato nord del Foro di Traiano........................................................................................................................... 248 Figura 5.9. Foro di Traiano, Settore III. Cortina laterizia del muro di spina della scala (US 29)..................................... 248 Figura 5.10. Distribuzione e quantificazione dei bolli laterizi rinvenuti nell’area del Foro di Traiano............................ 249 Figura 5.11. 1932. Foro di Traiano. Parete nord della cd. Biblioteca occidentale durante gli scavi del Governatorato.. 249 Figura 5.12. Foro di Traiano. Elenco dei bolli laterizi rinvenuti in situ e fuori contesto.................................................. 253 Figura 5.13. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera nelle murature degli elevati del settore nord.................................. 255 Figura 5.14. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera nelle murature degli elevati del settore meridionale....................... 256 Figura 5.15. Foro di Traiano. Bolli laterizi fuori contesto già editi.................................................................................. 257 Figura 5.16. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera nelle sponde dei condotti................................................................ 258 Figura 5.17. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera sui bipedali di copertura dei condotti............................................. 258 Figura 5.18. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera sui bipedali del piano di fondo dei condotti................................... 259 Figura 5.19. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera sui laterizi utilizzati per altri dispositivi idraulici........................... 259 Figura 5.20. Cd. Biblioteca orientale. CIL XV 811d........................................................................................................ 259 Figura 5.21. Settore a nord della Colonna Traiana. CIL XV 1209b................................................................................. 260 xv

Il Foro di Traiano nell’Antichità Figura 5.22. Il bollo CIL XV 1033 rinvenuto in opera nel settore a nord della Colonna Traiana.................................... 260 Figura 5.23. Frammento del bollo CIL XV 56 dall’US 1540 (a), dall’ US 1544 (b), dall’ US 1546 (c).......................... 260 Figura 5.24. Frammento e relativo calco del frammento con il bollo CIL XV 97c (US 1540)........................................ 260 Figura 5.25. CIL XV 97c (US 1544)................................................................................................................................. 261 Figura 5.26. Frammento del bollo CIL XV 97c (US 1575).............................................................................................. 261 Figura 5.27. Frammento del bollo CIL XV 613a (US 1542)............................................................................................ 261 Figura 5.28. Frammento del bollo CIL XV 59b (US 1542).............................................................................................. 261 Figura 5.29. CIL XV 68c (US 1779)................................................................................................................................. 262 Figura 5.30. a-e: Frammenti di esemplari del bollo CIL XV 83b dall’US 1542.............................................................. 262 Figura 5.31. Frammento del bollo CIL XV 84 (US 1790)................................................................................................ 262 Figura 5.32. Quattro esemplari del bollo CIL XV 84 (US 1779)..................................................................................... 263 Figura 5.33. Porzione di muratura dell’attico del muro meridionale della piazza allo stato di crollo dove è visibile il bollo CIL XV 29c.............................................................................................................................................. 263 Figura 5.34. Frammento del bollo CIL XV 29c in opera nella porzione di cortina laterizia dell’attico del muro meridionale della piazza.......................................................................................................................................... 264 Figura 5.35. Frammento del bollo CIL XV 29g rinvenuto in opera nella porzione di cortina laterizia dell’attico del muro meridionale della piazza................................................................................................................... 264 Figura 5.36. a-b: Frammento del bollo CIL XV 68c (calco a matita)............................................................................... 264 Figura 5.37. Frammenti di esemplari del bollo CIL XV 97b............................................................................................ 265 Figura 5.38. Frammento del bollo CIL XV 612................................................................................................................ 265 Figura 5.39. Foto e calchi di esemplari del bollo CIL XV 696, dalla cd. Biblioteca ovest.............................................. 266 Figura 5.40. Frammenti di esemplari del bollo CIL XV 811d.......................................................................................... 266 Figura 5.41. Esemplare del bollo CIL XV 811fI............................................................................................................... 267 Figura 5.42. Esemplare del bollo CIL XV 811fI var......................................................................................................... 267 Figura 5.43. Frammento del bollo CIL XV 1003a............................................................................................................ 267 Figura 5.44. Esemplare del bollo CIL XV 1094d............................................................................................................. 267 Figura 5.45. Esemplare del bollo CIL XV 257 (calco a matita)....................................................................................... 267 Figura 5.46. Frammento del bollo CIL XV 267................................................................................................................ 268 Figura 5.47. Frammenti di esemplari dei bolli CIL XV 449a (a) e CIL XV 559a (b) (calchi a matita)........................... 268 Figura 5.48. Esemplare del bollo CIL XV 1113 (calco a matita)...................................................................................... 269 Figura 5.49. Caditoia nel cortile porticato. Bollo CIL XV 29b su tegola......................................................................... 269 Figura 5.50. Condotto US 8108-8109. Esemplare del bollo CIL XV 1003a.................................................................... 269 Figura 5.51. Cortile della Colonna Traiana. Il bollo laterizio CIL XV 842b impresso sulla copertura in bipedali del tratto orientale della canaletta in laterizio..................................................................................................... 269 Figura 5.52. Condotto US 722. Esemplare del bollo CIL XV 811d................................................................................. 270 Figura 5.53. Cortile della Colonna Traiana. Collettore nord sud. Esemplare del bollo CIL XV 258a su bipedale della copertura a cappuccina.............................................................................................................................. 270 Figura 5.54. Cortile porticato meridionale. Condotto US 723. Esemplare del bollo CIL XV 1003a............................... 270 Figura 5.55. Cortile porticato meridionale. Condotto US 723. Esemplare del bollo CIL XV 635c................................. 270 Figura 5.56. Cortile porticato meridionale. Condotto US 723. Due esemplari del bollo CIL XV 1182........................... 271 Figura 5.57. Cortile porticato meridionale. Condotto US 723. Esemplare del bollo CIL XV 1253f............................... 271 Figura 5.58. Cortile porticato meridionale. Condotto US 712. Esemplare del bollo CIL XV 697 (calchi a matita)........ 271 Figura 5.59. Cortile porticato meridionale. Condotto US 712. Esemplare del bollo CIL XV 1105 (calchi a matita)...... 272 Figura 5.60. Cortile porticato meridionale. Condotto US 722. Esemplare del bollo CIL XV 1094d............................... 272 Figura 5.61. Cortile della Colonna Traiana. Pavimentazione del condotto di uscita del sistema fognario. Esemplare del bollo CIL XV 812...................................................................................................................................... 272 Figura 5.62. Cortile della Colonna Traiana. Pavimentazione del condotto di uscita del sistema fognario. Esemplare del bollo CIL XV 1120a.................................................................................................................................. 273 Figura 5.63. Settore VB, cavedio per fistula. Esemplare del bollo CIL XV 811fI su tegola (calco a matita).................. 273 Figura 5.64. Settore VB, cavedio per fistula. Esemplari del bollo CIL XV 97c (calchi a matita).................................... 273 Figura 5.65. Settore VB, cavedio per fistula. Esemplare del bollo CIL XV 97c su tegola............................................... 273 Figura 5.66. Settore VB, tegole bollate alloggiate sul piano pavimentale della cd. sala trisegmentata........................... 274 Figura 5.67. Frammenti del bollo CIL XV 259 dallo scavo dei riempimenti del condotto US 157 (US 703)................. 275 Figura 5.68. Frammento del bollo CIL XV 259 dallo scavo dei riempimenti del condotto US 157................................ 275 Figura 5.69. Frammento del bollo CIL XV 259 dallo scavo dei riempimenti del condotto US 157 (US 703)................ 275 Figura 5.70. Frammento del bollo CIL XV 1096b dalla fornace medievale.................................................................... 275 Figura 5.71. Frammento del bollo CIL XV 29b dal condotto US 720=231 (US 215)...................................................... 276 Figura 5.72. Frammento del bollo CIL XV 264 dal condotto US 723 (US 329).............................................................. 276 Figura 5.73. Frammento del bollo CIL XV 613a dal condotto US 723 (US 331)............................................................ 276 Figura 5.74. Frammento del bollo CIL XV 613a dal condotto US 720=231 (US 717)................................................... 276 xvi

Lista delle figure Figura 5.75. Frammento del bollo CIL XV 63a dallo scavo di via dei Carbonari (US 93).............................................. 276 Figura 5.76. Frammento del bollo CIL XV 811d dal condotto US 722 (US 350)............................................................ 276 Figura 5.77. Frammento del bollo CIL XV 811fI dal condotto US 720=231 (US 207)................................................... 277 Figura 5.78. Frammento del bollo CIL XV 152a dallo scavo di via dei Carbonari (US 59)............................................ 277 Figura 5.79. Frammenti del bollo CIL XV 83a-b dal condotto US 720=231 (US 714)................................................... 277 Figura 5.80. Frammento del bollo CIL XV 583g dal condotto US 720=231 (US 729).................................................... 278 Figura 5.81. Frammento del bollo CIL XV 1349 dal condotto US 722 (US 350)............................................................ 278 Figura 5.82. CIL XV 408a-d dallo scavo di via dei Carbonari (US 95)........................................................................... 278 Figura 5.83. CIL XV 1670 dal condotto US 723 (US 332).............................................................................................. 278 Figura 5.84. Quadro distributivo dei bolli laterizi rinvenuti in situ nelle murature divisi per cronologia e localizzazione.................................................................................................................................................................... 280 Figura 5.85. Settore VI, lato ovest: distribuzione dei bolli laterizi negli spezzoni di crollo del muro perimetrale.......... 280 Figura 5.86. Quadro distributivo dei bolli laterizi rinvenuti in situ nel sistema fognario, divisi per cronologia e localizzazione............................................................................................................................................... 282 Figura 5.87. Figlinae attestate in tutti i bolli laterizi rinvenuti in opera........................................................................... 283 Figura 5.88. Foro di Traiano. Diagramma delle quantità di bolli laterizi rinvenuti in situ divisi per produzioni............ 284 Figura 5.89. Diagramma delle quantità di bolli laterizi rinvenuti nel Foro Traiano divisi per produzioni....................... 284 Figura 5.90. 1932. Gli scavi del Governatorato nell’area della cd. Biblioteca occidentale. Vista da ovest..................... 287 Figura 5.91. 1932. Gli scavi del Governatorato nell’area a nord della cd. Biblioteca occidentale. Vista da ovest.......... 288 Figura 5.92. Disegno ricostruttivo dell’iscrizione funeraria di Anteros Severianus (da Vella 2013, Figura 5)................ 291 Figura 5.93. Il bollo CIL XV 811d di Anteros Severianus e i bolli CIL XV 312-313 di Calpetanus Favor (f. Marcianae)................................................................................................................................................................... 293 Figura 5.94. Foro di Traiano, bolli laterizi rinvenuti in opera. Tabella comparativa dei ritrovamenti in altri complessi monumentali.................................................................................................................................................... 295 Figura 5.95. Il bollo CIL XV 200 di Vibia e del suo schiavo Atimetus a confronto con i bolli CIL XV 696-697 di T. Canedienus (Camidienus) Atimetus............................................................................................................................... 297 Figura 5.96. Grafico delle corrispondenze dei bolli laterizi in opera nel Foro di Traiano con gli esemplari rinvenuti in altri contesti................................................................................................................................................... 306 Figura 6.1. Planimetria ricostruttiva del Foro di Traiano.................................................................................................. 308 Figura 6.2. Sezione ricostruttiva della Basilica Ulpia, lungo l’asse minore, con ipotesi di copertura di tutte le navate laterali del piano superiore e di volte piatte a copertura delle navate laterali del piano inferiore......................... 309 Figura 6.3. Visualizzazione grafica dell’applicazione di un modello matematico alla ipotesi ricostruttiva che prevede la copertura di tutte le navate laterali del piano superiore della Basilica Ulpia e la presenza di volte piatte a copertura delle navate laterali del piano inferiore................................................................................................ 309 Figura 6.4. Ricostruzione tridimensionale e frontale dei monumentali scaloni convergenti disposti lungo il lato settentrionale del complesso, a ridosso del cortile della Colonna e delle Biblioteche........................................... 310 Figura 6.5. Scalone orientale. Resti nella cripta della chiesa del SS. Nome di Maria...................................................... 310 Figura 6.6. Immagine delle preesistenze e delle fondazioni nel settore a nord della Colonna Traiana ripresa dalla cima della Colonna stessa........................................................................................................................................ 311 Figura 6.7. Prospetto ricostruttivo di una delle pareti lunghe delle Biblioteche con il colonnato previsto dal progetto originario............................................................................................................................................................ 312 Figura 6.8. Prospetto di uno dei lati lunghi della cella del tempio di Bacco a Baalbek (sopra)....................................... 313 Figura 6.9. Planimetria ricostruttiva del tempio del divo Traiano secondo Guglielmo Gatti........................................... 315 Figura 6.10. 1: Planimetria delle presenze archeologiche e relative quote slm (in rosso) nell’area a nord della Basilica Ulpia. 2................................................................................................................................................................ 316 Figura 6.11. Planimetria e sezione ricostruttiva del settore meridionale del Foro di Traiano, dall’equus Traiani al Foro di Augusto................................................................................................................................................ 318 Figura 6.12. Ricostruzione orografica tra Quirinale e Campidoglio, prima degli interventi di Domiziano e di Traiano, sulla base degli studi di Antonia Arnoldus Huydzendveld............................................................................. 319 Figura 6.13. Sovrapposizione della planimetria del Foro di Traiano sulla pianta precedente.......................................... 321 Figura 6.14. Planimetria ricostruttiva del Foro di Traiano con individuazione delle funzioni attribuibili ai diversi settori..................................................................................................................................................................... 322 Figura 6.15. Sopra: assonometria ricostruttiva dei Fori Imperiali. Sotto: planimetria ricostruttiva dei Fori Imperiali.... 326

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Premessa Questo libro costituisce il proseguimento e il completamento di quello già edito sul Foro di Traiano, nel 2021, in questa stessa collana (Meneghini 2021). Mentre il volume precedente trattava dei ritrovamenti di età medievale e moderna questo contiene la descrizione e l’interpretazione delle strutture murarie del Foro rimesse in luce grazie agli scavi realizzati dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale, nelle successive campagne degli anni 1991-2007. Le strutture del Foro di Traiano descritte in questo libro sono risultate tutte circoscrivibili alla sola fase costruttiva. Non vengono dunque presi in esame materiali archeologici come la ceramica la cui presenza inizia con la formazione degli strati di abbandono altomedievali esaminati nel volume già pubblicato. Si analizzano invece nel dettaglio i bolli laterizi che, rinvenuti in gran numero, contribuiscono ad affinare la cronologia delle diverse parti del complesso. Il materiale epigrafico utile per la comprensione del monumento consiste nei resti di due sole iscrizioni monumentali che vengono descritte nel testo a fronte di un certo numero di altre, ritrovate negli scavi e di carattere perlopiù funerario e quindi di differente provenienza, che saranno oggetto di una successiva pubblicazione. Analogamente sono presi in considerazione soltanto alcuni elementi particolarmente significativi della decorazione architettonica per lasciare a colleghi più esperti nella materia la futura edizione delle migliaia di frammenti e spezzoni marmorei riportati in luce. Gli argomenti trattati oscillano quindi nell’ambito di una “forchetta” cronologica molto stretta che va dalla fine del regno di Domiziano all’inizio di quello di Adriano: uno spazio temporale di una trentina d’anni al massimo in cui fu predisposto, costruito e completato il monumento e nel quale non è sempre facile muoversi agevolmente. Molte parti del complesso risultano infatti difficili da apprezzare con precisione cronologica, in un periodo di tempo così ristretto e, talvolta, il loro riesame può aver portato alla revisione o alla modifica di interpretazioni già proposte in passato dagli stessi autori. Ciò è probabilmente piuttosto comprensibile quando si affronta l’analisi di complessi archeologici di grandi dimensioni utilizzando nuovi dati provenienti da scavi che si susseguono a un ritmo quasi annuale. Questo è proprio quello che è accaduto negli anni compresi fra il 1991 e il 2007 quando chi scrive si è occupato, come funzionario di Sovrintendenza, del coordinamento e/o della direzione dello scavo del Foro di Traiano. Subito dopo la realizzazione di due campagne iniziali, nel 1991 e nel 1997, fu avviato il cantiere di scavo estensivo sulla parte centro-meridionale del monumento grazie ai fondi reperiti dall’allora Sovrintendente, Eugenio La Rocca. I lavori, iniziati nel 1998, durarono sino al 2001 ma l’immediata erogazione di nuovi fondi consentì di proseguirli sino al 2007 quando gli scavi furono completati grazie anche alla presenza di Elisabetta Bianchi, a partire dal 2000. Questi scavi non sono però che gli ultimi episodi di una inarrestabile attività di ricerca che ha avuto inizio più di due secoli or sono con le indagini intraprese dall’amministrazione napoleonica a Roma intorno alla Colonna Traiana e nel settore centrale della Basilica Ulpia. Da allora il desiderio di conoscere l’aspetto delle grandiose architetture dei Fori Imperiali ha spinto praticamente ogni generazione di archeologi a riportare in luce qualche settore dell’area che ha però inevitabilmente risentito dell’assenza di un progetto unitario di intervento e ha via via assunto l’aspetto incompiuto che oggi la caratterizza.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità In questo periodo di indagini durato più di duecento anni sono state accumulate straordinarie quantità di dati che ci permettono ormai di ricostruire il più grande complesso architettonico monumentale dell’antichità e di esplorarne talvolta i dettagli anche se bisogna riconoscere che è forse giunto il momento per le amministrazioni pubbliche che lo gestiscono di porre in essere le procedure necessarie alla stesura di un progetto di sistemazione urbanistica che renda finalmente possibile la piena integrazione dei resti dei Fori Imperiali nella vita della città moderna. Roberto Meneghini

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Riassunto Il volume descrive i risultati degli scavi archeologici, realizzati nel Foro di Traiano dal Comune di Roma tra il 1991 e il 2007, con particolare attenzione alle strutture rimesse in luce e alle decorazioni del monumento rinvenute. Il primo capitolo passa in rassegna le ipotesi ricostruttive e gli studi specialistici sull’architettura del Foro realizzati prima o durante questi scavi. Si tratta sostanzialmente dei lavori di Carla Amici, di James E. Packer e di un gruppo di studio congiunto che, tra il 1982 e il 1997, hanno contribuito a formare con le loro ipotesi un’immagine architettonica del monumento poi solo in parte modificata dagli scavi. Nel secondo e nel terzo capitolo vengono analizzati nel dettaglio i nuovi settori del Foro di Traiano scoperti con gli scavi e corrispondenti a un’ampia parte dell’angolo sud-orientale del complesso compreso tra il portico est e l’adiacente Foro di Augusto. Qui, al momento della costruzione del Foro, venne addossata alla preesistente Terrazza Domizianea una serie di ambienti disposti su due piani e riccamente decorati con marmi colorati la cui funzione, pur rimanendo ignota, doveva senza dubbio rivestire un carattere ufficiale. La piazza del Foro era chiusa, su questo lato, da una articolata architettura di dimensioni colossali. La parete perimetrale dell’area, a pianta trisegmentata con un tratto rettilineo centrale e due laterali obliqui, era infatti decorata da un colonnato corinzio con fusti in marmi colorati delle stesse dimensioni di quello che sostiene il pronao del Pantheon. Alle spalle del colonnato si svolgeva una sala o galleria con lo stesso andamento planimetrico che immetteva in un’area porticata di passaggio al vicino Foro di Augusto. Il quarto capitolo del volume contiene la descrizione e l’analisi del complesso impianto fognante del Foro. Un monumento di queste dimensioni raccoglieva quantità eccezionali di acqua piovana e le smaltiva attraverso un sistema di fogne semplice ma solido ed estremamente esteso. Questo capitolo si lega strettamente al successivo nella misura in cui sui mattoni utilizzati all’interno dei canali è stata individuata una notevole quantità di bolli laterizi. Questi veri e propri testimoni della storia edilizia romana consentono a volte una datazione molto precisa degli edifici nei quali vengono rinvenuti. Ciò è avvenuto anche per le parti scavate del Foro di Traiano dove la presenza dei bolli laterizi ha permesso di datare con precisione le diverse parti rimesse in luce sempre comunque nell’ambito della tradizionale cronologia del complesso inaugurato nel 112 e nel 113 d.C. (piazza e Basilica Ulpia e Colonna Istoriata) e completato nel settore meridionale intorno all’anno 117 e in quello settentrionale, a nord delle Biblioteche, in età adrianea. L’ultimo capitolo contiene le conclusioni, sulla base dei risultati degli scavi, oltre che un tentativo di delineare un’immagine nuova e aggiornata del monumento anche grazie alle ipotesi scaturite dagli studi realizzati durante e dopo gli scavi stessi. Di particolare interesse appare la possibilità di identificare la corte porticata di passaggio al portico settentrionale del Foro di Augusto con l’Atrium Libertatis di età traianea mentre le fonti storico-letterarie disponibili assieme alla nuova lettura archeologica del complesso permettono di identificare le diverse parti del monumento destinate all’amministrazione della giustizia.

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Abstract The volume describes the results of the archaeological excavations, carried out in the Forum of Trajan by the Municipality of Rome between 1991 and 2007, with particular attention to the structures brought to light and the decorations of the monument found. The first chapter reviews the reconstructive hypotheses and specialized studies on the architecture of the Forum carried out before or during these excavations. These are basically the works of Carla Amici, James E. Packer and a joint study group that, between 1982 and 1997, helped to form with their hypotheses an architectural image of the monument then only partially modified by the excavations. In the second and third chapters are analyzed in detail the new sectors of the Forum of Trajan discovered with the excavations and corresponding to a large part of the south-eastern corner of the complex between the east portico and the adjacent Forum of Augustus. Here, at the time of the construction of the Forum, a series of rooms arranged on two floors and richly decorated with colored marbles was leaned against the pre-existing Terrazza Domizianea whose function, while remaining unknown, undoubtedly had to have an official character. The Piazza del Foro was closed, on this side, by an articulated architecture of colossal dimensions. The perimeter wall of the area, with a tri-segmented plan with a central straight line and two oblique lateral ones, was in fact decorated with a Corinthian colonnade with colored marble stems of the same size as the one that supports the pronaos of the Pantheon. Behind the colonnade there was a room or gallery with the same planimetric pattern that led into a porticoed area of passage to the nearby Forum of Augustus. The fourth chapter of the volume contains the description and analysis of the complex sewage system of the Forum. A monument of this size collected exceptional amounts of rainwater and disposed of them through a simple but solid and extremely extensive sewer system. This chapter is closely linked to the next insofar as a considerable amount of brick stamps have been identified on the bricks used inside the canals. These real witnesses of Roman building history sometimes allow a very precise dating of the buildings in which they are found. This also happened for the excavated parts of the Forum of Trajan where the presence of brick stamps has allowed to date with precision the different parts brought to light always in the context of the traditional chronology of the complex inaugurated in 112 and 113 d.C. (square and Basilica Ulpia and Colonna Istoriata) and completed in the southern sector around the year 117 and in the northern one, north of the Libraries, in the Hadrian age. The last chapter contains the conclusions, based on the results of the excavations, as well as an attempt to outline a new and updated image of the monument also thanks to the hypotheses arising from the studies carried out during and after the excavations themselves. Of particular interest is the possibility of identifying the porticoed court passing through the northern portico of the Forum of Augustus with the Atrium Libertatis of the Trajan age while the historical-literary sources available together with the new archaeological reading of the complex allow to identify the different parts of the monument intended for the administration of justice.

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1 Il Foro di Traiano nell’antichità. Studi ricostruttivi degli edifici prima degli scavi recenti. Roberto Meneghini Già a partire dall’età rinascimentale le scoperte archeologiche nell’area del Foro di Traiano e le numerose ipotesi ricostruttive di esso, ancora molto approssimative e spesso fantasiose, si sono succedute con frequenza1. Soltanto a partire dai grandi scavi realizzati dall’amministrazione napoleonica a Roma in corrispondenza della Basilica Ulpia, tra il 1811 e il 1814 e, soprattutto, dalla demolizione del quartiere Alessandrino, compiuta dal Governatorato di Roma in epoca fascista, si è però avuta una visione più esatta e completa del monumento che ne ha permesso lo studio analitico. Fra il 1929 e il 1932 furono infatti rimessi in luce due settori fondamentali per la conoscenza del complesso monumentale: la parte centro-occidentale della Basilica Ulpia e l’intero portico orientale della piazza confermando così l’assetto planimetrico del complesso costituito da una grande area centrale scoperta con portici su due o tre lati e chiusa a nord da una basilica disposta trasversalmente (fig.1.1). Dello scavo riguardante la Basilica Ulpia, realizzato nel 1932, esiste una planimetria2, oltre ad alcune foto3, e l’area scavata, rimasta praticabile sino a oggi grazie a un solaio di cemento armato che sorregge i soprastanti giardini (la c.d. “Esedra arborea”), è stata minutamente rilevata e studiata da Carla Amici e da James Packer negli anni Ottanta e Novanta dello scorso secolo4 (fig.1.2). Nello stesso periodo venne realizzato un altro importante studio del monumento, in collaborazione tra i responsabili per la X Ripartizione Antichità e Belle Arti del Comune di Roma (Luigi Messa e Lucrezia Ungaro) e il Dipartimento di Scienze storiche, archeologiche e antropologiche dell’antichità dell’Università di Roma “La Sapienza” (Sandro Stucchi, Patrizio Pensabene, Marina Milella, Gioia Piazzesi e Bianca Maria Tummarello)5. Questo lavoro offrì, per la prima volta, un ampio panorama della decorazione architettonica del Foro basato sulla schedatura analitica dei reperti marmorei rinvenuti nei diversi scavi eseguiti sino ad allora6. Tra il 1929 e il 1931 anche il portico orientale della piazza del Foro fu completamente scoperto, dopo la demolizione delle soprastanti abitazioni medievali e moderne, riportando in luce i resti dell’antico fabbricato e una parte (minima) della sua decorazione architettonica. Dopo gli scavi del

1929-1932 e la morte di Corrado Ricci (1934) che ne fu l’animatore, l’area rimase “quiescente” (benché curata e manutenuta dalla X Ripartizione) per quasi sessanta anni sino ai nuovi, grandi scavi del 1998-2000. Prima di questi interventi altre due campagne di scavo, condotte nel 1991 e nel 1997 (dirette da chi scrive), interessarono l’angolo sud-orientale del complesso, ai piedi della cosiddetta “Terrazza Domizianea”, completandone lo scoprimento con criteri scientificamente più appropriati rispetto ai grossolani e devastanti sterri realizzati nel periodo fascista. Questi infatti causarono la perdita pressoché totale dei dati riguardanti le vicende di età post-classica recuperati però, fortunatamente, in larga parte con l’esteso intervento realizzato con fondi e in previsione del Giubileo del 2000. Per questo scavo, del quale si pubblicano i risultati nella presente sede, fu “sacrificata”, non senza polemiche7, la grande aiuola triangolare che ricopriva la parte centrale del monumento e che era stata realizzata nel 1932 da Antonio Muñoz assieme al resto dello scarno arredo urbano dell’intera area (fig.1.1). Il sottosuolo dell’area verde si rivelò ricchissimo di strutture e dati archeologici che hanno permesso la ricostruzione quasi integrale della sua storia in epoca medievale8. Gli scavi del 1998-2000, protrattisi in alcuni settori sino al 2007, hanno consentito di scoprire ampi, nuovi tratti della antica piazza e, soprattutto, della complessa architettura che la delimitava a sud, sino al Foro di Augusto. In questo capitolo verrà focalizzato lo stato della conoscenza sul complesso traianeo, immediatamente prima degli scavi del 1998-2000, i cui risultati saranno illustrati nel resto del volume. 1.1 La Basilica Ulpia Alla fine del XIX secolo Rodolfo Lanciani realizzò la sua Forma Urbis Romae (1893-1901) e, sulla scorta degli studi compiuti dall’epoca dello scavo francese in poi (C. Lesueur, A.Uggeri, P. M. Morey, L. Canina, F. Richter e J. Guadet), vi delineò una planimetria ricostruttiva della Basilica Ulpia che può considerarsi quasi definitiva e munita di un solido riscontro nell’evidenza archeologica (fig.1.3/1). Per farlo poté utilizzare anche i frammenti della lastra 29 della pianta marmorea severiana nei quali sono incise le parti giunte sino a noi della planimetria del Foro (fig.1.4). Il gruppo di frammenti presenta alcuni problemi. Anzitutto essi sono i superstiti di una grossa porzione di lastra, disegnata ancora intera da un copista cinquecentesco, nella quale la parola (LI)BERTAT(IS),

  Per una storia degli studi del monumento vedi AA.VV. 1989, Packer 1997, pp.10-83 e Meneghini 2021a, pp.6-66. 2   Meneghini 2021a, fig.1.45 a p.44. 3   Leone-Margiotta 2007, figg. 2.557-2.566 alle pp. 388-91. 4   Amici 1982; Packer 1997; Packer 2001. 5   AA.VV. 1989. 6   L’unico precedente è costituito dallo studio realizzato sugli stessi materiali da Maria Elena Bertoldi (Ispettrice della Soprintendenza Archeologica di Roma) nel 1962, vedi Bertoldi 1962. Degli stessi anni e sullo stesso tema è la fondamentale analisi di Christoph F. Leon, vedi Leon 1971. 1

  Soprattutto da parte del comitato di quartiere del rione Monti.   Meneghini 2021a.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.1. Planimetria ricostruttiva del Foro di Traiano con evidenziazione delle aree sinora scavate (grigio scuro) e con le date degli scavi stessi.

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.2. Carta archeologica dell’area intorno e a nord della Basilica Ulpia. L’asterisco indica lo scavo del settore occidentale della Basilica Ulpia realizzato nel 1932 dalla X Ripartizione Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.3. Planimetrie ricostruttive della Basilica Ulpia a confronto. 1: Lanciani 1893-1901. 2: Gismondi 1933-1941. 3: Amici 1982. 4: Packer 1997.

Figura 1.4. Forma Urbis severiana, frammenti superstiti della lastra 29 con alcuni settori della Basilica Ulpia e di una delle cosiddette Biblioteche (da Rodriguez Almeida 1981).

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Il Foro di Traiano nell’antichità incisa alla base dell’emiciclo orientale ha fatto supporre che dopo la rimozione del rilievo collinare (mons) per la costruzione del Foro l’atrium Libertatis, l’antica sede dei censori e le sue funzioni siano stati assorbiti dal complesso traianeo9. Oltre a vistose differenze tra la topografia reale e quella rappresentata nella lastra 29, ad esempio nello sviluppo planimetrico del settore occidentale dei Mercati di Traiano, la forma Urbis mostra delle inesattezze metriche come nella larghezza della navata centrale della Basilica che nella pianta marmorea è di circa 20 mt mentre, nella realtà, ne misura intorno a 25. Nella copia delle parti di lastra mancanti la fronte della Basilica verso la piazza del Foro è indicata con una semplice fila di colonne, senza una parete continua, e quello che sembra l’avancorpo orientale della facciata stessa prosegue in due file di punti incisi che non trovano riscontro nella realtà. Dopo il Lanciani e grazie agli scavi del 1929-1932, Italo Gismondi diede corpo a una planimetria più definitiva del complesso e, in particolare, della Basilica (figg.1.3/2, 1.5) che inserì nelle due versioni successive del 1933 e del 1941 della pianta ricostruttiva dei Fori Imperiali10. Ormai l’aspetto architettonico della Basilica Ulpia era ben definito e consisteva in un edificio rettangolare, con absidi di 40 mt di diametro sui lati corti, di ca. 170 mt di lunghezza (absidi comprese) per 60 di larghezza e diviso all’interno in cinque navate: una centrale di maggiori dimensioni circondata su quattro lati da altrettante navate minori larghe poco più di 6 mt. Gli studi successivi, realizzati negli ultimi decenni del XX secolo, hanno permesso di approfondire ulteriormente l’immagine e la decorazione del sontuoso edificio che, soprattutto grazie ai rilievi particolareggiati di Carla Amici e di James Packer, è stato possibile analizzare nel dettaglio proponendone anche diverse ricostruzioni. Quello che colpisce della Basilica Ulpia e, in generale, del Foro di Traiano, sono sicuramente le dimensioni che dovevano impressionare anche gli antichi stando alle ammirate descrizioni di alcuni autori11. La Basilica, infatti, doveva raggiungere e, probabilmente, superare i 40 mt di altezza nascondendo con la sua mole la stessa Colonna Coclide (fig.1.6/1). Al pianterreno le navate erano separate da file di colonne di granito grigio (o “del Foro”), centododici in tutto, provenienti dalle cave egiziane del mons Claudianus, con fusti monolitici lisci alti mt 8,8 e con capitelli corinzi e basi composite, entrambi in marmo bianco lunense, rispettivamente alti mt 1,25 e 0,55 (figg.1.6/1-2, 1.7). Questa tipologia di fusti, alti in pratica 30 piedi romani12, era una delle taglie “standard” di colonne monolitiche in granito e in marmi colorati prodotte dalle cave romane tra il I e il II sec. d.C. assieme a quelle da 40 e da 50 piedi per il Foro di Traiano13 dove furono utilizzate per decorare settori la cui monumentalità era via via maggiore. Mentre, infatti, le colonne da 30 piedi costituivano il primo ordine della Basilica Ulpia, quelle da 40 decoravano la facciata della complessa architettura del

lato meridionale della piazza, nella quale si inquadrava l’equus Traiani, e quelle da 50 facevano parte di un’architettura estremamente monumentale, realizzata probabilmente da Adriano nel settore a nord della Colonna Coclide e variamente identificata con il tempio dei divi Traiano e Plotina o con l’arco Partico dedicato a Traiano dal senato nel 116 d.C. 14. L’ordine con fusti di granito che divideva la basilica in cinque navate era sormontato da una trabeazione della quale sono stati rinvenuti pochissimi spezzoni il più grande dei quali, rimesso in luce nel 1932 inglobato nelle murature di una moderna cantina, misura mt 1,48 di altezza per uno spessore di mt 0,9515 (fig.1.8). Si tratta di parte di un fregio-architrave (h. architrave = mt 0,73; h. fregio = mt. 0,75) in marmo lunense che raffigura una Vittoria tauroctona a fianco di un’altra Vittoria inginocchiata che orna di ghirlanda un candelabro. Il grande frammento mostra un particolare trattamento della faccia opposta a quella con il fregio delle Vittorie tauroctone, su di essa infatti appare scolpito il solo architrave mentre, al posto del fregio, il blocco è stato lasciato grezzo e vi è stato scalpellato un profondo incasso inclinato interpretato come appoggio di una volta ribassata in calcestruzzo di copertura delle navate laterali16 (fig. 1.9). In pratica il fregio con le Vittorie (sormontato da una cornice alta mt 0,97) doveva decorare la sola navata centrale mentre, lungo le navate minori, delle trabeazioni restavano visibili solo gli architravi poiché lo spazio soprastante a essi costituiva il campo di gettata del cementizio delle volte (figg.1.6/1-2, 1.7). L’intero primo ordine dell’edificio doveva essere alto mt 13,15. Durante gli scavi che, nel 1932, misero in luce il tratto occidentale della navata centrale e parte delle due navate laterali tra questa e l’emiciclo ovest, fu rinvenuta una discreta quantità di spezzoni di fusti monolitici di colonne in marmo cipollino mescolati, nei crolli, con quelli in granito grigio. Questi fusti, alti mt 7,60, erano muniti di una base e di un capitello corinzio, entrambi in marmo bianco lunense, alti rispettivamente mt 0,44-0,48 e 1,00-1,17 e dovevano essere sormontati da un fregio-architrave alto mt 1,3 con una cornice alta 0,78-0,81 per un’altezza totale dell’intero ordine variabile tra mt 11,26 e 11,33-11,3717. Nell’incertezza della loro collocazione originaria, gli spezzoni di cipollino furono rimontati, fuori dall’area della Basilica fra il 1932 e il 1934, a formare tre colonne con ampie integrazioni in laterizio presso l’angolo sudorientale del recinto che papa Pio VII (1800-1823) realizzò per delimitare gli scavi napoleonici del 1811-1814 (fig.1.10). Secondo Carla Amici queste colonne (che ora vengono rimosse per ricollocarle nella loro posizione originaria nell’ambito di un progetto di anastilosi di parte della Basilica Ulpia finanziato con fondi privati e realizzato   Cass. Dio. LXVIII, 29, 3. Vedi Baldassarri 2008-2009; Baldassarri 2011; Baldassarri 2013; Baldassarri 2015; Baldassarri 2016; Baldassarri 2021; La Rocca 2018; La Rocca 2021; Meneghini 2018; Meneghini 2021b; Bianchi-Meneghini 2021. 15   Ricci 1931, pp.120-22 e tav. I a p.123; Leone-Margiotta 2007, nn. 2.618-2.619 a p. 413 e n. 2.623 a p. 415, vedi anche n. 2.630 a p. 418. 16   Amici 1982, pp. 25-35, in part. figg. 42-45 alle pp. 26-27; AA.VV. 1989, p. 165 e fig. 65 a p. 166; Milella 1993, pp.144-45. 17   Amici 1982, pp. 37-43; AA.VV. 1989, pp. 169-75. 14

  Coarelli 2019, pp. 109-33.   Filippi 2007, pp.75-81. 11   Vedi ad es. Amm. Marc. XVI, 10, 15-16. 12   Attribuendo al piede romano un valore di 296 mm, vedi Wilson Jones 2000, p.214. 13   Ponti 1995. 9

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.5. I. Gismondi 1941. Planimetria ricostruttiva dei Fori Imperiali. Particolare con il Foro di Traiano.

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.6.1: Sezione ricostruttiva della Basilica Ulpia e del cortile della Colonna Traiana lungo l’asse maggiore del Foro, secondo i risultati dello studio di Carla Amici. 2: Sezione ricostruttiva della Basilica Ulpia e del cortile della Colonna Traiana lungo l’asse maggiore del Foro, secondo i risultati dello studio di James Packer.

dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali) dovevano trovarsi sopra quelle del primo ordine e formare il secondo ordine dell’edificio. I fusti di cipollino mostrano una assenza di finitura superficiale, sino a circa 3 mt di altezza, e delle impronte che sembrano indicare il loro inserimento in una transenna continua di muratura costruita lungo la cornice del sottostante primo ordine (figg.1.6/1-2, 1.7). La transenna doveva poi avere dei pannelli marmorei di rivestimento, probabilmente decorati, tra le colonne, come appare nella anastilosi dell’abaton del tempio di Asclepio a Epidauro (fig.1.11). L’edificio era anche munito di una coppia di scale, dislocate alle estremità della navata minore settentrionale (figg. 1.3/2-3-4, 1.7/1), che vennero

raffigurate nella pianta marmorea severiana, come indica la copia cinquecentesca della parte perduta della lastra 29 (fig.1.4). Le due scale servivano per accedere al piano superiore della Basilica senza uscire all’esterno dell’edificio. Di esse si conservano i resti della sola scala occidentale (quella orientale è sepolta sotto la moderna piazza del Foro di Traiano) che mostrano come essa si sviluppasse su sei rampe principali per mettere in comunicazione il piano terra con il piano superiore dell’edificio18. Sopra il secondo ordine poteva svilupparsi,

  Amici 1982, p. 9 e fig. 14 a p. 10; Bianchi-Meneghini 2011, pp. 81-86.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.7. Sezione ricostruttiva della estremità occidentale della Basilica Ulpia, lungo l’asse maggiore dell’edificio, secondo i risultati degli studi di Carla Amici (1) e di James Packer (2).

le navate coperte20 (fig.1.7/1). Lungo i lati corti la Basilica si apriva in due grandi absidi semicircolari il cui diametro doveva aggirarsi, come si è visto, intorno ai 40 mt. Purtroppo gli scavi realizzati sinora non sono riusciti a riportare in luce neppure una porzione dei due monumentali tratti dell’edificio21. Per immaginare come queste absidi

nella ricostruzione di Carla Amici, un claristorio finestrato sulla cima del quale poggiavano le capriate del tetto (fig.1.6/1). Nella ricostruzione di James Packer, invece, queste ultime vengono appoggiate direttamente sulla trabeazione del secondo ordine, sorretta da capitelli ionici, escludendo la possibilità di una navata al piano superiore dell’edificio19 (fig.1.6/2). Al contrario la Amici accetta l’ipotesi di almeno una navata coperta a volta ed estradossata piatta con terrazzo soprastante al piano superiore dei lati lunghi dell’edificio mentre, in corrispondenza del piano superiore dei lati corti, raddoppia

  Amici 1982, p. 45.   Una breve sezione del braccio curvo settentrionale dell’abside ovest è stata scoperta dagli scavi del 1932 ed è tuttora visibile nell’intercapedine protetta da una soletta di cemento armato che sorregge la copertura dell’area. Purtroppo le spoliazioni di età post-classica hanno completamente svuotato la fondazione del braccio curvo sino al cordolo di calcestruzzo di appoggio della struttura sul quale non sono leggibili le impronte del muro soprastante. 20 21

  Packer 1997.

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.8. Fregio-architrave con vittorie tauroctone pertinente alla trabeazione del primo ordine della Basilica Ulpia durante la scoperta, nel 1932 (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-21698).

Figura 1.9. Veduta fotografica del retro del fregio-architrave con vittorie tauroctone (a sin.) e sezione grafica del reperto stesso (a d.) (da Amici 1982).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità elementi di quest’ultimo e nicchie tra gli elementi del primo ordine (fig.1.7/2). La navata centrale doveva essere coperta con un tetto a doppio spiovente formato da capriate lignee dalla notevole luce di poco più di 25 mt, nascoste da un cassettonato. Doveva trattarsi di qualcosa di simile a quelle che noi conosciamo come capriate “composte alla palladiana” poiché realizzate nel XVI secolo dal grande architetto veneto Andrea Palladio sulla base dello studio dei monumenti antichi di Roma (fig.1.6/1-2). In realtà non conosciamo quasi nulla dei sistemi di copertura dei grandi edifici di età classica che possiamo solo ipotizzare sulla base di rare immagini che ci sono pervenute come quelle delle coperture antiche o altomedievali delle navate centrali delle basiliche di S. Pietro e di S. Paolo a Roma entrambe di 24 mt di ampiezza24. Questi due esempi riproducono capriate con catena intermedia e, nel caso di S. Paolo, con ometti laterali, un po’ come nelle capriate palladiane dove l’unico elemento in più è costituito dai saettoni. Il tetto della Basilica, come gli altri tetti del Foro di Traiano e così come ci riferisce Pausania25, doveva essere rivestito di lamine o di lastre di bronzo dorato, che brillavano al sole riflettendone i raggi e conferendo al monumento un ulteriore tratto di maestosità. Il pianterreno della Basilica Ulpia era rivestito da un ricco pavimento marmoreo del quale ci sono giunti dei lacerti e numerose impronte che ne consentono la ricostruzione. Secondo la Amici, che ne ha pubblicato uno schema ricostruttivo dettagliato26, la navata centrale recava un motivo di cerchi alternati a quadrati, entrambi in pavonazzetto, inscritti all’interno di quadrati di giallo antico bordati da listoni rettangolari di pavonazzetto che, nei punti di incontro, recavano lastre quadrate, più piccole, in giallo antico. Le navate erano separate da lastre rettangolari di pavonazzetto e da altre parallele, più piccole e di breccia africana, disposte fra una colonna e l’altra mentre, lungo le navate minori, si stendeva un tappetto di “piccole” lastre di giallo antico e pavonazzetto su file parallele poste “a scalare”.

Figura 1.10. Veduta aerea del Foro di Traiano nel 2006. Al centro sono visibili le tre colonne di cipollino rinvenute nel 1932 negli scavi del tratto occidentale della Basilica Ulpia e rimontate nel 1932-1934 presso l’angolo sud-orientale del recinto di Pio VII.

fossero attrezzate dal punto di vista architettonico disponiamo quindi della sola copia della parte perduta della lastra 29 della forma Urbis nella quale una di esse era riprodotta (fig.1.4). Nella pianta marmorea, al centro dell’abside, è raffigurata una sorta di tempietto in antis, interpretabile probabilmente come un tribunal, affiancato da dieci brevi segmenti normali alle pareti curve (cinque per parte). Carla Amici ha individuato uno spezzone di colonna in giallo antico, scanalata solo su quella che doveva essere la parte anteriore del fusto, e ne ha proposto la collocazione originaria lungo i bracci curvi dell’abside, su di un alto plinto, inserita per metà nel muro. La studiosa immaginava questa soluzione per spiegare i segmenti indicati nella forma Urbis: un colonnato corinzio con fusti di marmo giallo antico scanalati, alti mt 6,70, leggermente aggettanti dalla parete e sormontati da un attico per un’altezza complessiva dell’ordine pari a mt 11,0322 (fig.1.7/1). Diversamente, Gioia Piazzesi, autrice del saggio sull’architettura degli edifici del Foro di Traiano in AA.VV.1989, riteneva che a ornare le absidi della Basilica fossero le colonne di cipollino che la Amici collocava al secondo ordine23 mentre James Packer condivideva l’idea delle semicolonne scanalate in giallo antico sulle quali collocava un secondo ordine inserendo finestre tra gli

Uno dei maggiori problemi di interpretazione e di ricostruzione della Basilica riguarda l’aspetto del suo lato meridionale, affacciato sulla piazza del Foro. Sul terreno risulta evidente che il monumento doveva essere munito di tre avancorpi: due laterali, più piccoli, e uno centrale di maggiori dimensioni che dovevano costituire gli accessi principali dalla piazza (fig.1.12). Sulla base delle immagini stilizzate della facciata della Basilica presenti su alcune monete degli anni 112-11527 sappiamo che gli avancorpi erano muniti di colonne e, visto lo spazio a disposizione, quelli minori, laterali dovevano recare ciascuno una coppia di colonne di giallo antico mentre quello centrale, di maggiore larghezza, doveva essere munito di quattro colonne frontali di giallo con, forse, una coppia in pavonazzetto posta in corrispondenza dell’ingresso. Le dimensioni di queste colonne monolitiche erano le stesse di quelle in granito grigio del primo ordine e una di esse, in   Tampone 1996, pp. 68-100, in part. figg. 2.52-2.53 alle pp. 72-73.   Paus. 5, 12, 6. 26   Amici 1982, tav.II. 27   BMC III, 99, n. 492 e 207, nn. 982-983.

  Amici 1982, pp. 13-14 e 24-25. Nel dettaglio veniva ipotizzata una base/plinto=alta mt 1,5, fusto=6,7, capitello=0,97, architrave=0,57, fregio=0,58 e cornice=0,71. 23   AA.VV. 1989, pp. 169-75.

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.11. Particolare delle transenne decorate fra le colonne dell’abaton del tempio di Asclepio a Epidauro (foto E. Bianchi).

Figura 1.12. Veduta aerea del settore centrale della Basilica Ulpia all’interno del recinto di Pio VII, nel 1998.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.13. Prospetto ricostruttivo del lato meridionale della Basilica Ulpia secondo i risultati degli studi di Carla Amici (1) e di James Packer (2).

giallo antico, viene tradizionalmente identificata con il fusto rudentato della colonna di sinistra dell’altare all’estremità settentrionale del transetto della Basilica di S. Pietro in Vaticano. Ma mentre Carla Amici ricostruisce una facciata dell’edificio in muratura continua e aperta soltanto dai varchi frontali degli avancorpi (figg.1.3/3, 1.13/1), James Packer interpreta alla lettera le integrazioni del copista cinquecentesco alla lastra 29 della forma Urbis, dove il muro di facciata è sostituito da un colonnato, e ipotizza un edificio completamente aperto al pianterreno aggiungendo una fila di colonne in pavonazzetto a sud delle quattro già esistenti con fusti in granito (figg.1.3/4, 1.13/2). La verifica delle due ipotesi risulta particolarmente problematica visto l’altissimo grado di spoliazione della Basilica in età post-classica quando la fondazione della facciata è stata completamente svuotata e non è quindi possibile stabilire se vi fossero alloggiate delle sottobasi per colonne o i blocchi di travertino per l’appoggio di un muro continuo. Tra le posizioni dei due studiosi si inserisce quella, assai singolare, di Italo Gismondi che, nelle piante ricostruttive del Foro del 1933 e del 1941 (figg.1.3/2, 1.5) disegna una facciata continua sul lato meridionale della Basilica mentre nel plastico ricostruttivo di Roma Antica, realizzato fra il 1937 e il 1973, apre completamente l’edificio verso la piazza eliminando ogni traccia del muro e sostituendolo con una fila di colonne. La facciata al di sopra dell’ordine con fusti di giallo antico era decorata da un alto attico nel quale telamoni, costituiti da statue di daci prigionieri in marmo bianco lunense o in pavonazzetto (rispettivamente h mt 2,4 e 3), si alternavano a pannelli a bassorilievo con raffigurazioni di cataste d’armi daciche catturate e scene

di carattere ufficiale28. I daci poggiavano su alti dadi che costituivano le parti sporgenti di un basamento liscio continuo che correva sulla cornice della trabeazione sottostante mentre, sulle loro teste, aggettavano tratti della trabeazione sommitale dell’attico decorati su tre lati29. Nei segmenti rettilinei di trabeazione una fascia liscia recava incisi i nomi dei reparti militari che avevano partecipato alle guerre daciche (101-102, 105-106 d.C.). L’attico, come dimostrano i fori presenti lungo la faccia superiore degli spezzoni superstiti della sua cornice e le immagini monetali citate, doveva essere sormontato da insegne militari metalliche e decorato, in corrispondenza dei tre avancorpi, da gruppi bronzei raffiguranti Traiano su quadriga trionfale (al centro) e altri due personaggi su carri trionfali posti ai lati (fig.1.13/1-2). L’opposto lato lungo settentrionale della Basilica, invece, affacciava su di un cortile porticato di circa mt 25x18 nel quale sorgeva la Colonna Coclide.

  Le statue colossali dei prigionieri daci, ritrovate spesso nel passato nell’area del Foro di Traiano, variano in altezza e in qualità del marmo e vengono collocate perlopiù a decorare gli attici della facciata della Basilica e dei portici della piazza, vedi Ungaro1993; Ungaro 1995a; Ungaro 1995b. Per i pannelli con rilievi d’armi vedi AA.VV. 1989, pp.215-36. E’probabile che il grande rilievo con scena di extispicium conservato al Louvre e rinvenuto in quest’area del Foro facesse parte della decorazione dell’attico della Basilica, vedi Leander Touati 1987, p.91. 29   AA.VV. 1989, pp. 153-63. 28

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Il Foro di Traiano nell’antichità 1.2 Le cosiddette Biblioteche e il cortile della Colonna Coclide

di cui restano lacerti in quello occidentale, era a grandi lastre rettangolari di granito grigio di misure diverse, bordate da fasce di giallo antico. Gismondi, infine, ricostruiva una copertura con grande volta a botte cassettonata per ciascuno dei due edifici, la cui altezza, dal pavimento all’intradosso, doveva essere di mt 21,937. Non avendo elementi a disposizione per proporre una ricostruzione del portico del cortile della Colonna, del quale restano soltanto le sottobasi quadrangolari in travertino distribuite sui tre lati nord-est e ovest lungo i quali si sviluppava il portico stesso, lo studioso lo ricostruì sorretto da pilastri con capitelli tuscanici (fig.1.16). Carla Amici rivede le misure degli ordini interni dei due edifici (I ordine: base=0,31, fusto=4,70, capitello=0,67, trabeazione=1,3; II ordine: base=0,26, fusto=3,5, capitello=0,5-0,51, trabeazione=1,04), quelle delle colonne degli accessi e del portico che ricostruisce colonnato (base=0,44, fusto=7,20, capitello=0,98-1,00, trabeazione=2-2,04) e, soprattutto, sostituisce le coperture a volta con capriate nascoste da cassettonati lignei33 (fig.1.18). Per quanto riguarda il portico del cortile è certo merito della studiosa aver notato e messo in evidenza quanto già osservato in precedenza riguardo alla successiva scalpellatura delle sottobasi in travertino delle colonne del lato settentrionale del cortile stesso denotando un’apertura di quest’ultimo verso nord messa in connessione dalla studiosa con la costruzione del tempio dei divi Traiano e Plotina da parte di Adriano34. La Amici, inoltre, ipotizza che il fregio del portico fosse decorato da grifoni alati in posizione araldica ai lati di candelabri e colloca un colonnato aggettante dalla parete assieme alla trabeazione lungo il lato settentrionale esterno del complesso, dopo l’apertura del cortile verso il tempio, così come sembra indicare il frammento g della lastra 29 della forma Urbis severiana35 (fig.1.4). Il gruppo di studio AA.VV.1989 conferma sostanzialmente le ipotesi di Carla Amici variando leggermente alcune misure degli ordini interni e dettagliando l’analisi della decorazione architettonica36. Da tutti gli studiosi esce rafforzata l’identificazione dei due edifici come biblioteche e delle nicchie come armadi per libri al punto da spingere la Amici a dichiarare che: “…Sono ancora visibili in alcuni punti i fori lasciati dall’asporto dei cardini che sostenevano i telai degli sportelli e, in centro, tracce del sistema di chiusura…”37.

Il cortile porticato a nord della Basilica, pavimentato con lastre di marmo bianco e munito di un suo sistema fognante costituito da una canaletta perimetrale che scaricava in un collettore verso nord, costituiva una sorta di perno sul quale si articolavano diversi edifici. Anzitutto nel suo centro si erge ancora oggi intatta la Colonna di Traiano, che la tradizione storica identifica con il luogo fisico di deposizione delle ceneri di Traiano e di Plotina30. Nel 1932 lo scavo di un ampio settore occidentale della Basilica Ulpia portò alla scoperta integrale di uno dei due edifici contrapposti, identificati come biblioteche già dal XIX secolo, che fiancheggiavano il cortile e si affacciavano su di esso (figg.1.3-1.5, 1.14). Lo scavo napoleonico del 1811-1814 aveva già permesso di riportare in luce una porzione estremamente ridotta dell’edificio orientale, parti del quale furono viste in indagini successive, ma ora i resti di uno dei due fabbricati erano finalmente del tutto visibili e furono mantenuti accessibili con un’estensione della soletta di cemento armato che sostiene i giardini soprastanti (fig.1.15). L’edificio si presentava come un rettangolo di mt 30-35 x 25 circa. Di esso rimaneva, oltre alle impronte e a qualche lacerto del pavimento marmoreo e alle fosse di fondazione, un tratto del muro perimetrale settentrionale con i resti di tre gradini continui in cima ai quali vi era una fila di nicchie, profonde 60 cm, inquadrate da colonne di pavonazzetto delle quali restavano numerosi spezzoni. Il primo a formulare una ipotesi restitutiva delle cosiddette “Biblioteche”, basata sui nuovi riscontri archeologici, fu Italo Gismondi che realizzò alcune tavole grafiche preparatorie dei modelli ricostruttivi e del plastico di Roma antica tuttora conservati al Museo della Civiltà Romana dell’EUR a Roma31 (figg.1.16-1.17). Egli ipotizzò la presenza di un doppio ordine di colonne corinzie scanalate, appunto in pavonazzetto, lungo le pareti dei due edifici. Il primo ordine doveva essere alto complessivamente mt 7,11 (base=0,294, fusto=4,810, capitello=0,660 e trabeazione=1,35) mentre il secondo, che inquadrava una fila superiore di nicchie, raggiungeva mt 5,01 (base=0,20, fusto=3,26, capitello=0,5, trabeazione=1,05)32. Le colonne di entrambi gli ordini corrispondevano a lesene a parete scanalate, in marmo pavonazzetto, con basi e capitelli in marmo bianco di Luni. I due ambienti si aprivano sul portico del cortile della Colonna mediante una trifora nel lato corto, scandita da due colonne che il Gismondi ricostruiva di mt 8,6 di altezza (base composita=0,50 ca., fusto=7,05, capitello=1,05) anche se di esse nulla rimane salvo il blocco di travertino di sottobase. Sul lato opposto, le tracce di due muri paralleli, hanno fatto pensare alla presenza di coppie di edicole sovrapposte con colonne in antis per l’inserimento di statue, probabilmente di Minerva (trattandosi di ipotetiche biblioteche) e di membri della famiglia imperiale (fig.1.16). Il pavimento dei due edifici,

1.3 I portici laterali Nel 1931 fu completato lo sterro del portico orientale della piazza sul quale si era insediata una fila di case del medievale quartiere di abitazione che, alla fine del XVI secolo, prese il nome di Alessandrino (fig.1.19). Il portico fu rimesso integralmente in luce e le sue dimensioni apparvero di circa 120 mt di lunghezza per almeno 15 di larghezza con un ampio emiciclo di circa 40 mt di diametro (figg.1.20  Amici 1982, pp. 78-87.   Amici 1982, pp.61-69, in part. p.62, n.4. 35   Amici 1982, rispettivamente p.83 e pp. 73-76. 36   AA.VV.1989, pp. 175-90. 37   Amici 1982, pp.48-49. 33 34

  Coarelli 1999.   Le tavole sono pubblicate in AA.VV. 1989, figg. 98-102. 32   Basi, capitelli e trabeazioni erano in marmo bianco lunense. 30 31

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.14. 1932. Lo scavo della Biblioteca occidentale visto dall’alto della Colonna di Traiano (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-21661).

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.15. Sistemazione attuale dei resti della Biblioteca occidentale (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF21673).

1.21). Il fabbricato era raso al suolo38 e conservato talora al di sotto del piano di spiccato dei muri ma un certo numero di elementi superstiti della sua decorazione architettonica ne permisero lo studio e la ricostruzione. Molti elementi, come le statue dei daci prigionieri, erano già stati rinvenuti in quest’area a partire dal Rinascimento ed erano già state formulate proposte ricostruttive ma il primo a occuparsi di una ipotesi restitutiva del portico basata sull’evidenza archeologica fu Italo Gismondi nei disegni preparatori per i plastici e i modelli ricostruttivi del Foro e delle sue diverse parti (figg.1.22-1.23). Nell’area di scavo furono rinvenuti numerosi spezzoni di colonne rudentate, monolitiche in pavonazzetto che dovevano sostenere il portico al quale si accedeva tramite una scalinata continua composta da tre gradini di giallo antico. Gismondi ricostruì i fusti per un’altezza di mt 7,04-7,05, poggiati su basi composite in marmo bianco lunense di 0,42-0,43 e vi sovrappose capitelli corinzi, dello stesso marmo, di mt 1,1 di h o poco meno e una trabeazione di mt 2,2 con fregio a palmette. I ritrovamenti di materiale architettonico suggerivano poi la presenza di un attico con basi marmoree a dado per

l’appoggio delle statue dei Daci, probabilmente quelle di taglia inferiore (h mt 2,4) in marmo bianco39. Sulle teste dei Daci si trovavano elementi sporgenti di una trabeazione baccellata provvisti, al di sotto, di un pulvino che sfiorava le capigliature dei telamoni. Grazie alla presenza delle statue l’attico era così scompartito in spazi quadrangolari di mt 2,8x3,5 che Gismondi riempì inserendovi dei grandi clipei marmorei di mt 2,5-2,6 di diametro, dei quali si erano trovati alcuni grandi spezzoni che, in uno spazio centrale del diametro di mt 1,3-1,4, dovevano includere ritratti di personaggi famosi o di membri della famiglia imperiale come indica il busto loricato semicircolare rinvenuto nell’area del portico nelle indagini del 193140 (fig.1.24). Sulla cornice dell’attico Gismondi collocava dei basamenti quadrangolari non meglio specificati, in corrispondenza dei Daci. Secondo lo studioso l’interno del portico retrostante doveva essere decorato lungo le pareti da lesene che sorreggevano una trabeazione a muro, il tutto delle stesse misure dell’ordine della facciata, con fregio ornato da una teoria di grifoni in posizione araldica ai lati di candelabri. Un altissimo soffitto a cassettoni doveva nascondere le capriate di sostegno del tetto. Il

  Salvo un tratto del muro perimetrale in opera quadrata di blocchi di peperino, lisci all’interno e bugnati verso l’esterno, conservato per molti mt di altezza. 38

  AAVV.1989, pp.136-41.   Ungaro 1993, pp. 166-67.

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Figura 1.16. Sezioni ricostruttive di una delle cosiddette Biblioteche realizzata da Italo Gismondi (Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Archivio Storico Disegni Dis. 825).

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.17. Ricostruzione della decorazione architettonica delle cosiddette Biblioteche realizzata da Italo Gismondi (Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Archivio Storico Disegni Dis. 825).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.18. Ricostruzione planimetrica e sezione ricostruttiva lungo l’asse maggiore della Biblioteca occidentale secondo i risultati dello studio di Carla Amici.

Figura 1.19. 1931. Veduta generale dello scavo del portico orientale del Foro di Traiano (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-21672).

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.20. Planimetria ricostruttiva del portico orientale del Foro di Traiano (Italo Gismondi. Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Archivio Storico Disegni Dis.826).

Figura 1.21. Veduta aerea del portico orientale del Foro di Traiano nel 1998.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.22. Sezione ricostruttiva del portico orientale del Foro di Traiano in corrispondenza dell’asse dell’emiciclo (Italo Gismondi. Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Archivio Storico Disegni Dis.824).

portico si apriva poi, al centro della sua parete perimetrale, in un emiciclo di 40 mt circa di diametro dal quale era separato da una fila di dodici pilastri rettangolari marmorei rudentati dal fusto monolitico, sormontati da un capitello corinzio anch’esso rettangolare. L’emiciclo doveva essere decorato da un doppio ordine di lesene, l’inferiore ancora delle stesse dimensioni di quello del portico, il superiore di dimensioni leggermente inferiori, con nicchie per statue colossali tra le lesene del primo ordine e con finestre tra quelle del secondo (fig.1.22). Sul fondo dell’emiciclo era una nicchia con due colonne in antis sormontata forse da un’edicola analoga per una statua di grandi dimensioni. Un complesso sistema di capriate disposte radialmente sorreggeva il tetto dell’emiciclo, anche in questo caso nascosto da un cassettonato, mentre un’alta facciata con timpano triangolare si ergeva sulla linea di pilastri rettangolari ed era traforata da una fila di finestroni per una migliore illuminazione dell’interno. Pavimenti marmorei rivestivano i piani di calpestio, nell’emiciclo: un disegno di quadrati alternati a cerchi inscritti in pavonazzetto e giallo antico; nel portico: quadrati bordati da fasce negli stessi marmi divisi da quadrati più piccoli in africano.

il gruppo di lavoro Università di Roma-X Ripartizione Antichità e Belle Arti realizzò lo studio e la ricostruzione della decorazione del portico basata sull’analisi del materiale marmoreo superstite41 (fig.1.25). L’immagine di questa parte di monumento che ne scaturisce non è sostanzialmente diversa da quella delineata da Italo Gismondi e le differenze riguardano un aggiustamento delle misure dei componenti architettonici della facciata (base composita=0,41, fusto=7,6, capitello=1,17, fregioarchitrave=1,5, cornice=0,79, attico=3,32, trabeazione baccellata=0,62, cornice=0,55). Gioia Piazzesi, che firmò lo studio ricostruttivo, collocava un fregio con grifoni in posizione araldica ai lati di candelabri nel fregio della facciata e un fregio con calici d’acanto e palmette separati da fiori a calice (inv.n.2582) in un settore imprecisato del portico. Anche James Packer, nella sua opera del 1997, accolse in linea di massima la ricostruzione proposta da Gismondi e dagli altri studiosi limitandosi a rivedere le misure dell’ordine di facciata (base composita=0,496, fusto=7,051, capitello=1,176, fregio-architrave=1,31, cornice=0,70,

Dopo questa prima analisi, tutta grafica, i cui elaborati rimasero confinati negli archivi del Comune di Roma,

  AA.VV. 1989, pp. 133-46.

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.23. Prospetto e sezione ricostruttivi della decorazione della facciata del portico orientale del Foro di Traiano (Italo Gismondi. Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Archivio Storico Disegni Dis.839).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.24. Busto loricato marmoreo con profilo semicircolare per l’inserimento in un clipeo, rinvenuto negli scavi del portico orientale del Foro di Traiano nel 1931 (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-21540).

Traiano, l’equus Traiani, sulla base della nota descrizione di Ammiano Marcellino che lo dice, appunto: …locatum in atrio medio…44. Dopo i tentativi ottocenteschi di Canina e degli studiosi francesi solo James Packer propose una ricostruzione dell’equus Traiani che, nella sezione generale del Foro da lui realizzata, appariva volto verso sud e di dimensioni non molto più grandi del vero nonostante l’enfasi della descrizione di Ammiano.

attico=3,39, trabeazione baccellata=0,60, cornice=0,62) nel cui fregio-architrave collocava la decorazione con calici d’acanto (inv.n.2582) e inserendo un controsoffitto a volta ribassata con cassettonato in legno e stucco che nascondeva le capriate del tetto e poggiava sul risalto della cornice interna della trabeazione del colonnato42 (fig.1.25). Sulla cima della facciata, poggiate direttamente sulla cornice sommitale, lo studioso americano inseriva delle basi marmoree, alte mt 1,24, recanti iscrizioni con i nomi dei reparti militari che avevano preso parte alle guerre daciche intervallate dalla scritta, più volte ripetuta: ex manubiis, e sormontate dalle insegne bronzee dei reparti stessi identificandovi quei signa militaria in metallo dorato che Aulo Gellio riferisce di aver visto lungo gli elevati del Foro43.

Un’altra delle grandi incognite del Foro è sempre stata rappresentata dal reale aspetto architettonico del muro di fondo meridionale della piazza. Rodolfo Lanciani, nella sua Forma Urbis Romae, lo ricostruisce come un terzo braccio di portico al centro del quale inserisce un arco trionfale di accesso alla piazza che è probabilmente quello che appare in alcune immagini monetali degli anni 112-11545 (fig.1.26). Una trentina di anni dopo Alfonso Bartoli, grazie all’interpretazione di due disegni tardo-quattrocenteschi della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, forse di Simone del Pollaiolo detto il Cronaca, ipotizzò che la parete meridionale della piazza fosse stata decorata con un colonnato aggettante assieme alla trabeazione e con prospetto centrale ad arco trionfale secondo quanto suggerito dalle immagini numismatiche46 (fig.1.26). Poco più tardi i massicci sterri del Governatorato del 1931 misero in luce il tratto iniziale del limite meridionale del complesso nel punto di intersezione con il portico orientale e questo breve tratto

1.4 La piazza e il lato meridionale del Foro Di entrambe le parti del complesso era visibile solo una piccola parte sino allo scavo del 1998-2000. Di fronte alla Basilica Ulpia un ridotto settore, scoperto negli scavi francesi del 1811-1814, mostrava i resti della preparazione pavimentale della piazza, ormai illeggibile (fig.1.1). Lo stesso accadeva per un’area triangolare, molto ristretta, rimessa in luce nel 1929-1931 di fronte al portico occidentale, tra questo e le arcate di sostegno di via Alessandrina. Della piazza non era dunque, in pratica, visibile quasi nulla e si poneva tradizionalmente al centro geometrico di essa il gruppo equestre bronzeo di

  Amm.Marc. XVI, 10, 15-16.   BMC III, 102, n. 509 e 208; Cohen 1880-1892, II, p.36, n. 168. 46   Bartoli 1924; Meneghini 2021a, p.12 e figg. 1-13 e 1.14 a p. 15. 44

  Packer 1997, pp. 97-113. 43   Gell. XIII, 25, 1-3.

45

42

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.25. Prospetto ricostruttivo della decorazione della facciata del portico orientale del Foro di Traiano secondo AA.VV. 1989 (a sin.) e secondo Packer 1997 (a d.).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.26. Planimetrie ricostruttive del lato meridionale della piazza del Foro di Traiano secondo Rodolfo Lanciani, Alfonso Bartoli e Italo Gismondi.

parve condizionato da un andamento curvilineo spingendo Italo Gismondi a ricostruirlo come un arco di cerchio nelle sue piante ricostruttive dei Fori Imperiali del 1933 e del 1941 (fig.1.26). Nella pianta del 1941 egli recepì l’ipotesi di Bartoli e la fuse con il parziale dato archeologico di cui disponeva proponendo un muro di fondo della piazza ad arco di cerchio, decorato ai lati da otto colonne aggettanti per parte e con arco di trionfo centrale. Sul retro, tra il Foro di Traiano e quello di Augusto, il Gismondi ricostruiva un’ampia piazza lastricata sulla quale l’arco doveva prospettare con la sua facciata monumentale. Infine è interessante la proposta di James Packer tanto per la piazza quanto per la parete meridionale di essa. A seguito del ritrovamento di un taglio quadrangolare nella preparazione pavimentale della piazza, in uno scavo del 198347, e della sua coincidenza con l’inesplicata fila di punti incisi che si diparte dall’avancorpo della Basilica Ulpia nella copia cinquecentesca delle parti perdute della lastra 29 della pianta marmorea severiana (fig.1.4), lo studioso americano pensò alla presenza, in antico, di file di alberi piantate nella piazza del Foro (fig.1.27). Per il muro di fondo, invece, Packer rimase nella tradizione immaginando, pur senza alcun riscontro nell’evidenza archeologica, una parete ad arco di cerchio liscia con un arco di trionfo centrale e due archi minori ai lati (fig.1.27). A chiusura del capitolo si aggiunge la planimetria dell’area del Foro di Traiano così come si presentava all’indomani degli scavi del 1998-2007 (fig.1.28).

  Packer et al. 1983. Il taglio quadrangolare nella preparazione pavimentale di età romana è da identificare con un pozzo medievale. 47

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Il Foro di Traiano nell’antichità

Figura 1.27. Schizzo assonometrico e planimetria ricostruttivi del lato meridionale della piazza del Foro di Traiano secondo James Packer (da Packer 1997).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 1.28. Planimetria generale dell’area del Foro di Traiano dopo gli scavi realizzati dal Comune di Roma nel 1998-2007. In grigio è sovrapposta la planimetria ricostruttiva del monumento antico (da Meneghini 2021a).

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2 Scavi 1991–1997/1998–2001. Settori I, II, III, IV, VA, VB. Roberto Meneghini 2.1 Premessa

del Foro di Traiano ma un lavoro di questo tipo è, di fatto, un work in progress, costellato da tappe e conoscenze successive suscettibili di correzioni e cambiamenti, anche consistenti.

Sino al 1991 l’angolo sud-orientale del Foro di Traiano si era andato progressivamente interrando, dopo i grandi sterri del 1931 che l’avevano riportato in luce, e di esso emergevano soltanto il tratto meridionale del portico (settore I) e il piano d’appoggio delle lastre pavimentali della “sala trisegmentata” (settore VA). Gli altri settori (II, III, IV e parte del VA) erano nascosti dal terriccio accumulatosi nei decenni e dalla rigogliosa vegetazione che vi cresceva e di essi apparivano solo i grandi muri perimetrali in laterizio (figg.2.1, 2.2). La planimetria realizzata nel 1986-1987 per la pubblicazione di James Packer del 19971 documenta molto bene lo stato in cui versava l’area a più di mezzo secolo di distanza dall’intervento del Governatorato (fig.2.3). In realtà le indagini successive hanno dimostrato quanto questa parte del complesso, tenuta da sempre un po’ in disparte dal resto forse per la sua illeggibilità e marginalità, risulti importante al fine della comprensione dell’architettura dell’intero monumento. L’interpretazione delle poche strutture visibili negli anni in cui fu realizzata la pianta Getty/Packer fu ovviamente parziale e rese inevitabile perseverare nell’errore di considerare i resti emergenti del settore VA e, soprattutto, quelli della c.d. “sala trisegmentata”, come il proseguimento della pavimentazione della piazza con architetture fantastiche poste lungo il suo limite meridionale2. Naturalmente, come vedremo, lo scavo ha rimesso in luce una situazione completamente diversa oltre a dimostrare l’impossibilità di disgiungere, almeno in certi casi, lo studio del monumento dal suo scavo pena il rischio di ricostruzioni che l’evidenza archeologica può poi rivelare errate (fig.2.4). Nel 1991 si decise dunque di riportare in luce le strutture di questi settori grazie a un intervento di approfondita pulizia e di scavo a cura dell’allora X Ripartizione Antichità e Belle Arti e diretto da chi scrive. I fondi non furono sufficienti a concludere le indagini che vennero rifinanziate e completate nel 1997 a ridosso dei grandi scavi avviati nel 1998 e terminati nel 2001. Per maggiore chiarezza nella descrizione delle scoperte l’area è stata divisa in settori (IVII) corrispondenti alle diverse architetture di questa parte del Foro di Traiano (fig.2.5). Per facilitare la lettura delle strutture si sono inoltre aggiunti, all’inizio della descrizione di ogni settore, degli spezzoni della planimetria generale, corrispondenti al settore stesso, nei quali sono segnati in nero i numeri delle UUSS e in rosso le quote sul livello del mare. E’ possibile che alcune delle conclusioni alle quali si giunge in questo studio modifichino, in parte, quanto già pubblicato in precedenza a proposito delle architetture

2.2 Settore I – Il portico e la strada di separazione dai Mercati di Traiano (fig.2.6) L’area del portico orientale della piazza è stata coinvolta solo marginalmente negli interventi del 1991-1997 giacché essa era ben visibile e il suo assetto, ormai consolidato, risaliva ai restauri del 19733. Grazie a quell’intervento fu possibile fissare i frammenti marmorei superstiti della pavimentazione che risulta composta da grandi quadrati formati da due rettangoli di pavonazzetto bordati da altri rettangoli di giallo antico. Quadrati di africano erano posti ai due capi dei listoni perpendicolari e altri quadrati di pavonazzetto si trovavano agli incroci delle lastre rettangolari di giallo. Infine una fascia di lastre rettangolari di pavonazzetto bordava l’intero pavimento a ridosso dei muri perimetrali e del colonnato. Lastroni di giallo antico erano posti fra le colonne e dello stesso marmo erano fatti anche i gradini. La trama della pavimentazione resta impressa e ben leggibile sullo spesso strato di malta di allettamento tuttora conservato per l’intera estensione del portico (fig.2.6, US 66). Tratti della preparazione e settori del pavimento marmoreo restaurato si trovano entrambi a una quota media di 16,94 slm. (fig.2.6). Dal tratto conclusivo meridionale del portico provengono alcuni nuovi e importanti dati che modificano, in parte, l’immagine che si aveva in precedenza di questo settore del monumento. Nelle planimetrie ricostruttive di Italo Gismondi l’accesso al portico da sud veniva risolto prima trasformando in una strada il corridoio II e facendolo sfociare nella piazza dalla quale accedere al portico (fig.2.7a), poi con due porte aperte nel lato corto meridionale (fig.2.7b). Quest’ultima soluzione, dovuta di certo a un più accurato esame dell’evidenza archeologica, è la stessa adottata da Packer ed è quella corretta visto che rimangono ancora in situ i blocchi di travertino di appoggio della soglia di una delle due porte (fig.2.6, US 64). Tali blocchi sono stati disegnati anche nella pianta Getty/ Packer (fig.2.3) e poi rivisti e nuovamente documentati, nel 1991-1997. In questa occasione è stata ripulita con cura la superficie superiore dei blocchi sulla quale sono state individuate due incisioni guida per l’alloggiamento di una soglia marmorea monolitica che doveva misurare mt 1,4 x 3,78-3,80 (fig.2.8). L’ultima misura corrispondeva   In quell’anno fu infatti eseguito il vasto restauro delle parti superstiti della pavimentazione, come risulta dalla data incisa sul cemento in corrispondenza dell’asterisco in fig.2.6. 3

  Packer 1997. 2   Vedi 1.4. 1

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.1. Veduta aerea dell’area del Foro di Traiano negli anni Ottanta dello scorso secolo. L’asterisco indica l’angolo sudorientale del complesso (da Atlante di Roma).

Figura 2.2. Veduta dell’angolo sud-orientale del Foro di Traiano prima del 1991.

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.3. Planimetria dell’angolo sud-orientale del Foro di Traiano nel 1986-87 (Getty Center for the History of Art and the Humanities).

probabilmente alla luce della porta ed è forse dalla copertura di questo varco che provengono due conci di marmo bianco modanati pertinenti proprio a un arco di mt. 3,80 di luce che si trovano nelle immediate vicinanze4 (fig.2.9). Della soglia dell’altra porta, quella orientale, non resta nulla poiché essa è stata completamente asportata in un momento imprecisato come testimonia il taglio US 67 (fig.2.6).

formava angolo ma, esaminando i resti della fondazione US 35, tale ipotesi sembra invece da rivedere. Dallo scavo è infatti emerso che il primo tratto della linea del portico, lungo ca. 13 mt e corrispondente alla fondazione US 35, poggiava su blocchi che hanno lasciato la loro impronta sul cementizio della fondazione stessa e che erano di misura maggiore di 30-40 cm in larghezza rispetto a quelli su cui insistono le colonne (fig.2.6). Ciò significa che un elemento diverso dalle colonne poggiava, in origine, sulla fondazione e tale elemento poteva essere un tratto di muro. Il notevole spessore della fondazione US 35, pari a ca. mt 1,8, lascia immaginare che il muro soprastante fosse anch’esso di grande spessore, pari ad almeno quattro o cinque piedi romani (mt.1,2-1,5 ca.). E’ probabile che il muro fosse concluso, verso nord-ovest, dalla prima colonna o semicolonna della fila o da un pilastro analogo alle colonne quanto a marmo e decorazione. La funzione di questo tratto di muro sembrerebbe essere stata duplice. Da un lato esso costituiva senz’altro un elemento mediatore fra l’ordine del portico e quello del muro di fondo meridionale della piazza che, come vedremo, doveva avere dimensioni quasi doppie del primo5. Dall’altro questa lunga parete costituiva una barriera visiva posta alla sinistra di chi

Nel portico del Foro si entrava dunque, da sud, attraverso due grandi porte arcuate aperte sul corridoio II. Il colonnato, munito di fusti rudentati in pavonazzetto, due dei quali sono stati rimontati proprio al limite di questo settore, poggia su di una fila di blocchi di travertino dei quali restano in posto alcuni esemplari (fig.2.6). I precedenti studi su questa parte del monumento hanno ipotizzato, senza eccezioni, che la fila di colonne del portico giungesse fino al muro perimetrale meridionale col quale   I blocchi (invv. nn. 4001-4002) si trovano attualmente adagiati su baggioli in muratura nel settore IV. Entrambi possiedono una faccia conservata con cornice e tre fasce lisce sottostanti ad andamento curvilineo. Uno solo dei due conci (n.4002) è concluso in alto da una cornice rettilinea. Questo stesso concio possiede la faccia retrostante conservata e decorata da cornice e due sole fasce curvilinee (fig.2.9). Tali caratteristiche confermano l’appartenenza di entrambi i reperti a una porta ad arco di grandi dimensioni. 4

  Vedi 2.6-2.7.

5

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.4. Pianta dell’angolo sud-orientale del Foro di Traiano aggiornata con i risultati delle indagini del 1991-1997.

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.5. Suddivisione in settori delle parti scavate del Foro di Traiano nelle campagne del 1991-1997, 1998-2001 e 2005-2006.

entrava dalle due porte del lato meridionale impedendo la visuale immediata della piazza del Foro. E’ difficile dire se si sia trattato di un effetto voluto se, cioè, si intendesse introdurre gradualmente il visitatore nello spazio della piazza che egli avrebbe percepito soltanto dopo aver percorso un tratto di portico e averne apprezzato i volumi, la decorazione e la lunghissima “fuga” di colonne in prospettiva. Di certo il colpo d’occhio doveva essere sorprendente quando si raggiungevano i primi intercolumni che, aprendosi, svelavano lo spazio immenso della piazza con il gruppo equestre dell’imperatore, sfolgorante nella sua doratura e di colossali proporzioni. Le due porte sul lato corto, la direzione obbligata di accesso e il ricercato effetto a sorpresa della vista improvvisa sulla piazza sembrano escludere la presenza di un ingresso al monumento, di

recente ipotizzata6, attraverso il muro perimetrale orientale che fiancheggia questo settore7. Tale ingresso avrebbe vanificato ogni sforzo di rendere graduale la percezione delle architetture con l’imposizione di una immediata visione frontale della piazza attraverso lo schermo delle colonne. Una crepidine in lastroni di travertino bordava l’esterno del muro perimetrale e correva lungo la strada di separazione con i Mercati di Traiano. La crepidine, alta una ventina di cm, è stata quasi completamente ricostruita

  Bianchini-Vitti 2017, pp. 147-48.   Il muro perimetrale orientale del portico è quasi completamente di restauro tranne forse alcuni lastroni in travertino della crepidine esterna e fu rinvenuto, durante gli scavi del Governatorato, a livello della fondazione svuotata. 6 7

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.6. Planimetria dell’angolo sud-orientale del Foro di Traiano - Settore I – Portico e strada di separazione dai Mercati di Traiano. I numeri in nero indicano le Unità Stratigrafiche mentre quelli in rosso indicano le quote sul livello del mare.

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.7. Foro di Traiano. Percorso di accesso al portico orientale da sud. Due ipotesi secondo I. Gismondi.

Figura 2.8. Rilievo particolareggiato dell’impronta di una soglia marmorea in uno dei due vani porta di accesso, da sud, al portico orientale del Foro di Traiano. In rosso sono evidenziate le linee guida incise sui blocchi di fondazione in travertino per l’allineamento della soglia.

2.3 Settore II – Corridoio (fig.2.12)

durante i lavori del Governatorato sulla base di alcuni elementi rimasti in posto e visibili in una fotografia del 1931 (fig.2.10). L’ultimo tratto della via lastricata che separava il portico del Foro dai Mercati terminava a pochi metri dallo scalone che oggi conduce a piazza del Grillo dove, tra il basolato e lo scalone stesso, si trovava un’area pavimentata con lastroni di travertino dei quali rimangono in posto quattro elementi insieme ai frammenti di altri tre (figg.2.4, 2.6, 2.11). Da qui era possibile accedere al corridoio del Settore II e, quindi, al portico stesso.

Il settore I, corrispondente al portico, e il III, con gli ambienti III/A-III/B-III/C-C1, si aprivano sui due lati lunghi del settore II, un corridoio di mt 15x4,5 ca., che doveva essere coperto vista la totale assenza di sistemi per lo smaltimento delle acque piovane. Il piano di calpestio era rivestito da un pavimento in lastre marmoree come sembra di capire da alcune impronte rettangolari superstiti di ca. mt 0,9 x 1,5 sulla preparazione maltacea. Anche la 33

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.9. Conci d’arco in marmo bianco probabilmente pertinenti a una delle porte di accesso, da sud, al portico orientale del Foro di Traiano.

Figura 2.10. Un tratto della crepidine, lungo il muro perimetrale del portico orientale del Foro di Traiano, rimasto inglobato fra le strutture medievali che occuparono la strada antica di separazione tra il portico stesso e i Mercati di Traiano (1931) (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-20812).

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.11. Tratto in posto del lastricato di travertino fra la via basolata che separava il portico orientale del Foro di Traiano dai Mercati e lo scalone che oggi conduce a piazza del Grillo.

quota di questo tratto della preparazione pavimentale (US 65), corrispondente a mt 16,87 slm, fa pensare a un’area coperta poiché è piuttosto vicina a quella del pavimento del portico che si trova a mt 16,94 slm. Non doveva dunque esservi un dislivello apprezzabile fra i piani di calpestio dei settori I e II mentre vi era fra la strada dalla quale si accedeva al corridoio II e il corridoio stesso tramite la crepidine in lastre di travertino. La strada, alla base della crepidine, si trova infatti tra 16,74 e 16,77 mt slm mentre la sommità di quest’ultima è a 16,97 mt slm. E’ probabile che l’accesso al corridoio dalla strada fosse sbarrato da un cancello, o da un portone, anche se non ne restano tracce sul terreno. La preparazione pavimentale include alcuni fondi fittili piatti relativi a recipienti di grandi dimensioni (UUSS 68 oltre a tre impronte non numerate), di diametri variabili da 35 a 80 cm ca., collocati probabilmente in funzione di appoggio e livellamento delle lastre marmoree. Parte di un quinto fondo è invece relativo a un catino invetriato (US 69) del diam. di 60 cm ca. e di età moderna, inserito e cementato nella preparazione in un momento imprecisato. Quest’ultima è incisa da due tracce, tagliate in profondità nel senso della lunghezza dell’ambiente (US 70 e un’altra, parallela, non numerata), realizzate tra gli anni dello scavo e i Settanta dello scorso secolo, per alloggiare rispettivamente: una tubatura e un canapo elettrico. La parete corta occidentale del corridoio, confinante con l’adiacente “aula trisegmentata” (settore VA), doveva essere chiusa dal muro poggiato sulla US 35 anche se

una recente ipotesi identifica il vano e l’aula stessa con una strada di comunicazione con il Foro di Cesare8. Tra i due settori vi sono però 40-50 cm di dislivello poiché la preparazione pavimentale del corridoio II si trova a mt 16,87 slm mentre quella dell’aula è a mt 16,40-16,45. Il dislivello sembra dunque escludere l’ipotesi che la sequenza dei settori II e VA potesse fungere da strada. Non è chiaro neppure se i due settori comunicassero tra loro dato che non vi è traccia di gradini di raccordo sul piano dell’aula dove, anzi, le impronte del rivestimento pavimentale giungono proprio ai piedi del muro che si trovava sulla fondazione US 35. A meno che i gradini non si trovassero nello spessore del muro si deve dunque, probabilmente, escludere la possibilità che vi fosse una comunicazione diretta tra i due settori. 2.4 Settore III – Vani A/B/C/C1/D/2B/2C (figg.2.13, 2.14) Le strutture del settore III sono spesso conservate per notevole altezza e non è possibile comprenderne l’aspetto senza fare riferimento a ciò che di esse è sopravvissuto in elevato. Questo settore costituisce infatti un consistente lacerto del complesso intervento di adattamento del tratto terminale del portico del Foro alla preesistente architettura

  Claridge 2007, pp. 90-91.

8

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.12. Planimetria del corridoio corrispondente al Settore II. I numeri in nero indicano le Unità Stratigrafiche mentre quelli in rosso indicano le quote sul livello del mare.

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Figura 2.13. Planimetria del Settore III – Vani A/B/C/C1/D. I numeri in nero indicano le Unità Stratigrafiche mentre quelli in rosso indicano le quote sul livello del mare.

di età domizianea: la cosiddetta “Terrazza Domizianea” (fig.2.15). Tale architettura consisteva in un maestoso prospetto in laterizio, conservato sino a oltre 36 mt slm di altezza (fig.2.16), che doveva probabilmente fungere da ninfeo o fontana terminale dell’aqua Marcia e sul quale poggia ancora l’elegante loggia quattrocentesca dei Cavalieri di Malta9. In questa sede l’edificio domizianeo non verrà preso in considerazione visto che costituisce,

di fatto, una preesistenza al Foro di Traiano. Basterà ricordare i tratti più caratteristici del prospetto di questa struttura che sono costituiti dalla presenza di una nicchia monumentale a pianta semicircolare sovrapposta a un grande varco arcuato con resti di uno scalone di accesso e da numerose, piccole gallerie a sezione pentagonale che, in origine, dovevano essere destinate ad alloggiare dei tubi10. E’ possibile che, a causa di un cambio repentino

  Tortorici 1993; Bianchi-Santucci-Antognoli 2015; Meneghini 2015; Vitti 2015.

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  Come sembra dimostrare la netta impronta di un tubo uscente dalla prima galleria in basso presso lo spigolo sinistro della facciata.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.14. Sezione ricostruttiva degli ambienti del Settore III. A sin.: con copertura a terrazza. A d.: con un tetto a due falde.

Figura 2.15. Veduta della “Terrazza Domizianea” e della soprastante loggia quattrocentesca dei Cavalieri di Malta.

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Figura 2.16. Sezione (a sin.) e prospetto ricostruttivo (a d.) della “Terrazza Domizianea”. Le figure umane e le quote slm sono aggiunte (I. Gismondi. Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Archivio Storico Disegni Diss.1689-1752).

nei progetti di trasformazione dell’area tra Domiziano e Traiano, questo ninfeo non abbia mai rivestito una vera e propria funzione monumentale. L’edificio ormai costruito era però di una tale mole che si preferì lasciarlo in piedi addossandovi semplicemente le strutture di testata del portico orientale della piazza del nuovo Foro di Traiano. Queste consistevano in alcuni ambienti, posti su due piani, i cui resti sono stati ripuliti e rilevati nel corso delle indagini del 1991-1997 (figg.2.4, 2.13, 2.14). Al pianterreno è stata rilevata la presenza di quattro vani (A/B/C/C1) e di un corpo scala (D). A partire dall’angolo settentrionale della parete 46 ha inizio la fondazione in blocchi di travertino US 45 che raggiunge quello che oggi appare come un pilastro: l’US 4411. Quest’ultimo è, in realtà, la porzione superstite di un muro in laterizio nel cui lato orientale si innestava una parete a blocchi come dimostrano le profonde impronte lasciate da tali elementi, collocati a filari sovrapposti e contro i quali il muro fu

costruito12 (fig.2.17). La parete in opera quadrata poggiava sulla fondazione US 45 e fungeva da muro perimetrale settentrionale dell’ambiente A: un piccolo vano triangolare di mt. 3,5x5x3,5. Il limite occidentale dell’ambiente era costituito dalla parete US 43 che è stata completamente ricostruita in mattoni nel 1931 per poggiarvi una passerella di collegamento fra piazza del Grillo e via Alessandrina che tuttora esiste e che è stata rifatta nel 2000 (fig.2.18). La superficie della fondazione US 45 è costellata da incassi per staffe metalliche (una delle quali è ancora conservata) e per leve oltre che da canalette per colare il piombo e pozzetti per grappe tranne che in corrispondenza dell’originario spigolo occidentale dove una linea di battuta obliqua, leggermente rilevata, indica la presenza di una porticina di accesso larga circa un metro. All’interno l’ambiente A non presenta tracce di pavimentazione né di rivestimenti sull’unica parete conservata (quella domizianea) ed è possibile che si tratti di un semplice vano di servizio ricavato nell’angusto spazio compreso tra le UUSS 45 e 46.

  Il paramento laterizio dell’US 44 è visibile su tre lati, è costituito da mattoni di colore variabile dal rosa carico al marrone rossastro di lunghezza variabile fra 27 e 33 cm con punte che scendono sino a 22-24 cm e di spessore compreso tra 3,5 e 4 cm. La malta, i cui giunti appaiono quasi tutti stilati alla base, è durissima di colore grigio chiaro con alta percentuale di inclusi pozzolanacei neri e rossi di tutte le dimensioni e rari, travertinosi o calcarei di medie e piccole dimensioni. Ogni giunto è alto 1-2 cm con prevalenza di altezze intorno a 1,5. I mattoni sono di impasto piuttosto ben depurato con inclusi pozzolanacei medi e piccoli, rossi e neri e travertinosi o calcarei (bianchi) rari e piccoli. A mt 2,65 sopra il livello superiore della US 45 corre una fascia di mattoni bipedali di colore giallo chiaro spessi da 4 a 5 cm. Il modulo per 5 filari è di 24,5-26 cm. 11

Diverso è il caso dell’ambiente B che mostra caratteristiche di ufficialità oltre a una decorazione marmorea di alto livello. Si tratta di un vano rettangolare, leggermente   Le impronte sulla faccia orientale del muro mostrano che questa doveva essere addossata a una parete di blocchi alti cm 75, e larghi almeno cm 60 (come sembra di capire dall’impronta presente nel quarto filare). 12

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.17. Resti del muro US 44 visto da est.

Figura 2.18. Le UUSS 43 (di restauro moderno)-44 viste da ovest.

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Scavi 1991–1997/1998–2001 irregolare, di mt 5,74-5,86 di larghezza per 4,34-4,40 di profondità, aperto sul lato orientale in una nicchia absidata di 3 mt di diametro e di mt 4,60 circa di altezza al sommo del catino. All’atto del ritrovamento da parte del Governatorato, nel 1930, l’ambiente mancava completamente del muro perimetrale settentrionale (US 43) e recava un lacerto di quello occidentale (US 44) mentre la parete meridionale (US 42) risultava conservata in tutto il suo sviluppo originario13. Gravemente lacunosa appariva l’abside che aveva completamente perduto il catino. Quest’ultimo fu ricostruito sulla base degli incassi presenti nella parete domizianea US 46 e secondo una tecnica tipica di Corrado Ricci e dei suoi collaboratori che consisteva nel proporre in legno le integrazioni da realizzare in muratura una volta ottenuta l’approvazione della Commissione Archeologica Comunale14 (fig.2.19/ a-b). Il lato corto occidentale dell’ambiente B risultava munito di un ampio portale di accesso largo mt 3,6 mentre, sul lato opposto absidato, una porticina posta a destra dell’emiciclo (fig.2.19/b), permetteva di accedere a una scaletta in muratura (largamente ricostruita a seguito dell’intervento del Governatorato) che conduceva a un piccolo vano di risulta, utilizzato indubbiamente per motivi di servizio, ricavato nel nicchione inferiore, con scala monumentale, della c.d. “Loggia Domizianea”15.

realizzato quasi al centro dell’abside16, per l’incasso di un oggetto massiccio in un momento imprecisabile. Dell’amb. B, dunque, si conservano il lato absidato (pur con ampie integrazioni) e quello lungo meridionale ed è sulla base di queste due pareti che si può tentare di ricostruirne l’aspetto interno. La parete di fondo reca tracce consistenti di una seconda nicchia absidata sovrapposta alla prima e dalle identiche misure (fig.2.14), come ha ben mostrato Italo Gismondi in un suo disegno ricostruttivo dell’epoca, conservato negli archivi della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali (figg.2.20). Come nell’abside inferiore anche qui la muratura curva traianea (US 53) si addossa alla parete domizianea (US 46) inglobandone un tratto, al centro della curvatura, nel quale è visibile l’imposta sinistra di una ghiera (fig.2.21) che è forse quella che, in un altro disegno ricostruttivo di Italo Gismondi (fig.2.16), costituisce la piattabanda arcuata di una porta tamponata. L’ambiente B era coperto da una volta a botte che ha lasciato una profonda traccia di ammorsatura sulla parete US 46 (fig.2.19/a, in rosso) e che raggiungeva una quota all’intradosso di mt 27,51 slm con uno spessore di mt 0,42-0,45 (mt 27,93 slm) (fig.2.22). La parete US 42 è conservata, come si è detto, quasi completamente nella sua volumetria originaria e mostra la presenza, nella parte bassa e immediatamente al di sopra del sedile in muratura US 49, di una trama di fori per l’inserimento di grappe di fissaggio di un rivestimento a lastre marmoree (fig.2.23). In particolare, iniziando dal basso, si notano i resti del sedile US 49 che, alla base, reca tracce del rivestimento marmoreo sotto forma del bordo di una lastra di marmo lunense (US 48), rimasto inglobato nella preparazione pavimentale US 47 (presso la porta di accesso accanto alla scala) per la lunghezza dell’intera lastra, pari a 182 cm, con spessore variabile da 1,5 a 5 cm. Il sedile era dunque rivestito di marmo bianco, come dimostrano anche le nettissime impronte di lastre, presenti sul tratto curvilineo all’interno dell’abside, larghe 40 cm e alte quanto tutto il sedile stesso (50 cm). Sopra il sedile la trama dei fori per le grappe di sostegno svela la presenza di un complesso sistema decorativo alto poco meno di quattro mt. che doveva essere costituito da specchiature rettangolari di grandi dimensioni intervallate da rettangoli più sottili e sormontate da una triplice fascia di lastre17 (fig.2.24). La distribuzione delle lastre suggerisce una sorta di partito architettonico composto da lesene sulle quali poggiava una trabeazione suddivisa nelle canoniche tre fasce. Uno schema decorativo che ne ricorda molto da vicino altri di elevato livello come quello che doveva trovarsi nell’amb. XXIV della contemporanea villa di Traiano ad Arcinazzo18 (fig.2.24). A circa 7,5 mt di altezza sul pavimento dell’ambiente impostava la volta a botte di copertura il cui vertice si trovava tre metri più in alto (27,51 slm). Sulla faccia della parete US 42 l’ampio spazio compreso tra la decorazione marmorea applicata e l’imposta della volta ci è giunto, purtroppo, perlopiù lacunoso ma una sezione del paramento laterizio antico (fig.2.23/A’) è sopravvissuta ed

Tanto l’abside quanto la sistemazione del ridotto vano retrostante furono realizzate addossando, in età traianea, i corpi di fabbrica UUSS 42 e 53 alla facciata domizianea. Nella porzione orientale della parete dell’abside è infatti ben visibile un breve tratto della cortina laterizia domizianea (US 46) inglobato nella curvatura dell’emiciclo traianeo (figg.2.13, 2.19/b). Tutto intorno alle pareti dell’ambiente correva un sedile in muratura (US 49), alto 50 cm e largo 25, del quale restano ampi lacerti lungo i muri UUSS 42 e 44 oltre che all’interno dell’abside dove il suo sviluppo è conservato per intero. Nell’ambiente B è anche conservata quasi tutta la preparazione pavimentale in calcestruzzo nella quale sono rimaste impresse le impronte di lastre rettangolari, disposte per file parallele all’asse della stanza, di larghezza variabile tra 90 e 70 cm e di lunghezza non determinabile. La preparazione risulta mancante a ridosso del muro US 43, dove fu asportata al momento della destrutturazione della parete, e in un’ampia sezione della parte orientale a causa della traccia per la posa di un cavo elettrico scavata nel piano antico. Un’ampia lacuna nella preparazione è presente anche in corrispondenza dell’ingresso all’ambiente a causa, certamente, delle attività di spoliazione di una grande soglia marmorea che doveva esistere nel vano del portale. Il piano dell’abside è costituito da una gettata cementizia contemporanea (US 51) e nella preparazione pavimentale è presente un taglio rettangolare (US 50), di 96x50 cm,

  Il paramento della parete US 42 è costituito da laterizi omogenei di colore variabile dal rosa carico e dal rosso all’arancione, lunghi da 25 a 31 cm., raramente da 23 a 25 cm, spessi da 3,5 a 4 cm, con giunti di malta stilati di spessore compreso tra 1,5 e 1 cm. 14   Meneghini 2006, p.154. 15   Tortorici 1993, p.18. 13

  Il disassamento è pari a una ventina di cm verso est.   Vedi Vitti 2015, fig. 13 a p.172. 18   Mari 2017, p.301. 16 17

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.19. Immagini relative alla ricostruzione dell’amb.B, nel 1931. A: veduta frontale dell’amb. con evidenziazione, in rosso, dell’impronta della volta di copertura. B: ricostruzione del catino della nicchia inferiore mediante la tecnica tipica di Corrado Ricci e dei suoi collaboratori che consisteva nel proporre in legno le integrazioni da realizzare in muratura una volta ottenuta l’approvazione della Commissione Archeologica Comunale (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-21414, AF-21416).

è stata inglobata in quello di restauro moderno (fig.2.23/C). Questo lacerto mostra di essere stato in origine rivestito da intonaco come dimostrano anche alcune zeppe inserite in esso per il sostegno del rivestimento. E’ possibile che questa ampia specchiatura, come quella della parete di fronte (US 43) fosse affrescata con motivi che, oggi, ci sfuggono completamente. Anche l’abside mostra tracce della presenza di una originaria decorazione marmorea applicata che era, probabilmente, simile a quella della parete US 42 (fig.2.19/b). Nell’ambiente B, come si è detto, vi sono anche i resti della preparazione pavimentale (US 47) nella quale sono rimaste incluse 27 zeppe marmoree utilizzate per pareggiare il livello delle lastre durante la loro posa in opera (fig.2.13). Di queste zeppe due risultano in marmi non id., tre sono in africano, tre in ardesia, tredici in marmo bianco, cinque in giallo antico e una in rosso antico. Considerando che il rivestimento pavimentale era l’ultimo a essere posto in opera possiamo immaginare che in questa attività siano stati utilizzati sin dove possibile anche i materiali di risulta delle lavorazioni marmoree parietali. In tal modo potremmo avere un quadro approssimativo dei marmi utilizzati per rivestire l’ambiente che doveva avere il pavimento e il sedile ricoperti di lastre di marmo bianco e le pareti con un opus sectile a grandi riquadri di giallo antico (o di pavonazzetto, del tutto perduto) con bordure in africano e rosso antico o, ancora, in giallo. L’ambiente C confina con il B a ridosso del muro US 42 (fig.2.13, 2.25), è anch’esso caratterizzato da

elementi che ne fanno un vano di alta rappresentanza e misura mt 10,80 di lunghezza per una larghezza che, in origine, doveva essere di circa mt 6,4. Attualmente la parete opposta alla US 42 è quasi completamente mancante poiché asportata in età medievale e, al suo posto, rimangono: il cordolo di fondazione in calcestruzzo (US 35) e la pila incompleta dei primi blocchi di peperino dei filari a sud (UUSS 13) a sua volta poggiante su blocchi di travertino (US 34) (fig.2.26). L’ampio vano, più del doppio dell’adiacente B19, era dunque delimitato, sui lati lunghi, da una parte dalla parete in laterizio US 42 e, dall’altra, dal muraglione in blocchi di peperino US 13. Una spessa gettata di calcestruzzo (US 14, spess. 85-90 cm) costituisce il piano di calpestio dell’ambiente e su di essa restano impresse le impronte delle lastre di un pavimento marmoreo (figg.2.4, 2.13). Le lastre che lo componevano dovevano essere rettangolari mentre le impronte visibili, concentrate nella metà orientale dell’ambiente, appaiono larghe 65-70 cm e sembrano di lunghezza variabile. La quota attuale del calpestio è compresa fra +17,03 e +17,09, pochi cm al di sopra della preparazione dell’adiacente amb. B. Il piano è apparso inciso da numerose tracce, forse moderne, e da una calcara dal profilo leggermente ovoidale (US 116, mt 2,25x2,45) che, tra la fine del VII e la prima metà dell’VIII sec., tagliò la preparazione US 14 per quasi   Mentre il vano B aveva una superficie di ca. 32 mq, il C misurava ca 70 mq. 19

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Figura 2.20. Veduta prospettica ricostruttiva dell’interno dell’amb.B (I. Gismondi. Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Archivio Storico Disegni Dis.8942).

Figura 2.21. Amb.B. Nicchia absidata superiore. Particolare della muratura laterizia curva traianea (US 53) che si addossa alla parete laterizia della “Terrazza Domizianea” (US 46) inglobandone un tratto.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.22. “Terrazza Domizianea” e strutture traianee addossate. Quote slm degli elementi principali.

1,5 mt di profondità, intercettando una fogna a cappuccina sottostante i cui due bracci (UUSS 38 e 131) furono trasformati nei prefurni di servizio della calcara stessa20 (figg.2.13, 2.27). L’asportazione della parete occidentale dell’ambiente C ha messo in luce la sequenza stratigrafica sottostante al masso pavimentale (US 14) (fig.2.28).

Questo poggia infatti su di uno strato di riporto (US 15), spesso mediamente 60 cm, costituito da gettate di materiali di cantiere e rifiuti misti a terra. All’interno dell’US 15 vi sono principalmente schegge di travertino di pezzature diverse oltre a schegge di marmo, ossa, laterizi e rara ceramica, perlopiù anforacei. Nello strato venne scaricata una soglia di travertino larga 52 cm e alta 28 che sporge dall’interro per ca 40 cm. Il fondo della US 15, che è stata ripulita sin dove possibile, è apparso caratterizzato da una

  Meneghini 1998a, pp. 132-35.

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Figura 2.23. Amb. B. Parete ovest (US 42). Stratigrafia muraria.

Figura 2.24. Sopra: Amb. B. Parete ovest (US 42). Ricostruzione della decorazione marmorea. Sotto: Decorazione marmorea parietale dell’amb.XXIV della villa di Traiano ad Arcinazzo (da Mari 2017).

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Figura 2.25. Veduta generale dell’amb. C.

Figura 2.26. Resti della parete lunga mancante dell’amb. C (UUSS 13, 34-35).

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Figura 2.27. Sezione ricostruttiva della calcara insediata nell’amb. C tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII sec. d.C.

forte concentrazione di piccole e piccolissime schegge di travertino da lavorazione21. Lo strato US 15 è risultato gettato su di un banco di argilla naturale US 16 visibile per 15-20 cm al di sopra della fondazione US 35 (fig.2.28). A contrasto del riempimento US 15 e per limitare il forte trasudo di acqua dalla US 16 è stato realizzato, nel 1991, un muretto in scaglioni di materiale di risulta sul quale è stata apposta una placchetta marmorea con la data dell’intervento (fig.2.29). Della testata del muro US 13 restano, inglobati nelle strutture retrostanti, undici blocchi di peperino sovrapposti tutti alti 72-73 cm e larghi 79-82 (figg.2.25, 2.26). I blocchi, che possono essere ricostruiti per una lunghezza massima originaria di 140-145 cm., sono stati lasciati a un grado di rifinitura quasi grezzo sul lato interno e invece lisciati su quello opposto, verso l’esterno dell’ambiente. La pila superstite poggia su due filari sovrapposti di blocchi di travertino di fondazione: del superiore restano due blocchi incompleti poggianti, a loro volta, su di un filare inferiore di maggiori dimensioni (US 34) (figg.2.26, 2.30). Di esso restano almeno tre blocchi di varie misure. Soltanto il primo è il più visibile, misura mt 1,7 x 1,2 x 0,77 di altezza ed è caratterizzato da due fianchi spioventi che si allargano all’esterno sino a fare raggiungere al blocco la larghezza di 2 mt ca. (fig.2.26). Si tratta di un accorgimento per ancorare la   La pulizia della faccia dell’US 15, originariamente in contatto con i blocchi della fondazione US 34, ha evidenziato la presenza di materiali ceramici di età bassomedievale tra i quali: 8 frr. di ceramica acroma depurata, 3 di ceramica acroma da fuoco, 2 di ceramica invetriata da fuoco, 2 in ceramica laziale e 2 in maiolica arcaica. I frr. devono provenire dal riempimento della fossa di spoliazione della parete e della sua fondazione, scomparsa nel corso del tempo, e suggeriscono una cronologia per la demolizione della parete US 13 e della sua fondazione US 34 circoscritta ai secoli XIV-XV. 21

Figura 2.28. Sequenza stratigrafica sottostante il pavimento dell’amb.C.

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Figura 2.29. Amb.C. Il muretto in scaglioni di materiale di risulta, a contrasto del riempimento US 15, in costruzione nel 1991.

fondazione all’US 15 che in origine gli si addossava. Questo primo blocco risulta comunque incompleto dal momento che un quarto circa di esso è stato asportato, presumibilmente nella stessa fase di spoliazione medievale nella quale fu demolito il resto della struttura, scavando dei pozzetti per alloggiare cunei metallici o lignei nella sua faccia superiore (fig.2.30/Frecce). Sono visibili quattro di questi pozzetti nei quali i cunei in legno venivano espansi con l’acqua oppure battuti, se metallici. I blocchi erano collegati tra loro e fissati da grappe metalliche a П, stando alle impronte ancora oggi visibili sempre sulle loro facce superiori. La parete US 13 e i blocchi US 34 poggiavano, come si è visto, sulla fondazione US 35, un cordolo di fondazione continuo del quale non conosciamo la profondità ma che è caratterizzato dall’assenza di sbatacciatura probabilmente proprio perché gettato nell’argilla. Il lato corto settentrionale dell’ambiente C reca ancora i resti degli stipiti di un portale ampio mt 3,5, quindi quasi della stessa misura di quello dell’adiacente ambiente B (fig.2.13). Dalla planimetria dell’area (fig.2.4) risulta evidente come questi due portali fossero perfettamente allineati con gli altri due di accesso al portico del Foro, che avevano forse una luce leggermente maggiore, pari a mt 3,80. Tenendo aperti tutti e quattro questi portali, si favoriva una sorta di “allungamento” della veduta con la possibilità di inquadrare, sin dalla Basilica Ulpia ovvero dal capo opposto del portico, le nicchie sul fondo degli ambienti B-C e viceversa. Dell’ambiente C sono conservate unicamente le pareti est e sud che, nel loro paramento in laterizio, mostrano

Figura 2.30. Amb.C. Fondazione US 34. Le frecce indicano le tracce dei pozzetti scalpellati per alloggiare i cunei necessari alla spoliazione dei blocchi (1931) (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-21443).

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Scavi 1991–1997/1998–2001 evidenti tracce di un ricco rivestimento marmoreo22 (fig.2.31). La parete est (US 42) mostra un paramento laterizio conservato per un’altezza massima di mt 3,2-3,3 mentre la parte superiore, sino all’imposta della volta (+ mt 24,37 slm) è quasi completamente di restauro (fig.2.32). Probabilmente, come nel caso della faccia opposta del muro, all’interno dell’ambiente B, dall’altezza dell’ultima fascia di rivestimento marmoreo in poi, la parete doveva essere ricoperta di intonaco, forse affrescato. Nel paramento, a mt 2,5-2,56 di altezza sul piano pavimentale attuale, è visibile un ricorso di bipedali di colore giallo, spessi 4,5-5 cm. Un grande numero di fori da grappe di sostegno di un rivestimento marmoreo caratterizza la parete e ne permette la ricostruzione: resta traccia di cinque grandi lastre, alte tutte circa mt 2,30 e di larghezza variabile tra 1,5 e 1,7 mt23. Esse erano tutte inquadrate da listoni i cui elementi verticali avevano una larghezza variabile tra 0,42 e 0,52 mt24 mentre quelli orizzontali, alla sommità e alla base, erano larghi 20 cm. Anche la parete sud (US 54) reca tracce evidenti di un rivestimento marmoreo analogo (fig.2.33) e dobbiamo ovviamente pensare che anche la parete ovest (US 13) fosse decorata allo stesso modo. Alla base delle due pareti superstiti corre, come nell’ambiente B, un sedile in muratura alto ca. 50 cm dal piano di calpestio e largo ca. 25. Il sedile mostra tracce di un rivestimento marmoreo che, come dimostrano alcuni frammenti di lastra ancora in situ, doveva essere di marmo bianco lunense. E’ possibile immaginare che i marmi utilizzati per il rivestimento parietale dell’ambiente B fossero posti in opera anche nel C e che le grandi lastre rettangolari fossero di giallo antico, o magari di pavonazzetto, bordate di africano o rosso antico. Il muro (US 54), oltre a costituire il limite dell’ambiente C, formava la parete settentrionale del piccolo ambiente C125 (fig.2.13). Si tratta di un minuscolo vano di servizio accessibile tramite una porticina coperta da piattabanda in laterizio nel muro US 54, appoggiata al muro US 13. I muri UUSS 42 e 54 fanno parte di una struttura unica poggiata al muro domizianeo US 46 la cui cortina resta visibile per un tratto di circa mt 1,4 all’interno (fig.2.13). La delimitazione meridionale del vano è costituita dalla parete laterizia US 52 nel cui paramento un’ampia porzione di restauro indica la presenza, nel vivo del muro, di un discendente che, dalla sommità della struttura, immetteva le acque meteoriche nella fogna a cappuccina US 131

(fig.2.13, 2.27). Il restauro del paramento della US 52 è stato realizzato negli anni Trenta dello scorso secolo per integrare il varco di accesso al discendente utilizzato durante il funzionamento della calcara US 116. Il pavimento dell’ambiente C1 era costituito da un semplice mosaico nero, realizzato con tessere di selce, del quale resta un ampio lacerto, steso direttamente sulla massicciata US 14. Questo piano di calpestio si trovava praticamente alla stessa quota del pavimento di C. Il vano C1 era coperto da una volticella a botte impostata sui muri UUSS 52 e 54 (figg.2.30, 2.31) e l’estradosso piatto della volta (a mt 3,4 dal pavimento) costituiva il piano di una grande nicchia che ne occupava tutta la profondità. Questa nicchia mostra di essere stata prevista solo in un secondo momento visto che la parte più alta della gettata di calcestruzzo che ne costituiva il catino andava a coprire il settore terminale della volta a botte dell’ambiente così come è ancora possibile osservare nel tratto conservato di essa (fig.2.25, 2.34). Quando il catino era intatto la nicchia doveva essere alta almeno mt 6,40 dal suo piano di spiccato (fig.2.14) e avrebbe dovuto, almeno in teoria, contenere una statua di grandi dimensioni26. Nella realtà il piano di appoggio di tale statua sarebbe stato costituito dalla volticella di copertura del vano C1, inadatta a sostenere pesi eccessivi. L’assenza di fori per perni nella cortina laterizia della nicchia, oltre a quelli per il fissaggio del rivestimento marmoreo, lascia ipotizzare la presenza di un acrolito piuttosto che di un simulacro realizzato in un materiale particolarmente pesante come il marmo o il bronzo. La nicchia, infine, era rivestita internamente da lastre marmoree disposte a fasce, così come indicano, appunto, i fori per le ingrappature. La grande volta a botte che copriva l’ambiente C e il vano C1 era poggiata direttamente contro la parete in laterizio US 46, si impostava sui muri UUSS 42 e 13-34-35 ed era decorata a stucco con motivi geometrici e vegetali27. Un lacerto di tale decorazione rimane ancora in posto (fig.2.35) e la sua posizione dimostra che, in origine, questa parte del rivestimento doveva rimanere nascosta sotto la muratura della nicchia. Si tratta certamente di una variazione del progetto originario che non doveva prevedere la presenza del muro US 54, del vano C1 e della grande nicchia soprastante. Il muro UUSS 13-34-35 separa l’ambiente C e il vano C1 dalla scala D (figg.2.13, 2.14, 2.36)28. Questa era strutturata su tre rampe, sostenute da volticelle a botte impostate sulle rampe sottostanti e, con un dislivello di 12,1 mt, metteva in comunicazione il pianterreno con i soprastanti ambb. 2B-2C (figg.2.14, 2.37). Le rampe, larghe mt 1,6, poggiavano, verso l’interno, tutte sul muro di spina in laterizio US 29. Rimangono resti della prima rampa, poggiata contro il lato orientale del muro US 29, tra i quali sopravvivono il primo gradino e parte del nono (fig.2.36). Il piano terra del vano scala è costituito dalla gettata di calcestruzzo US 8 che, come il riempimento US 15

  Vitti 2015, p.163.   Da nord a sud le lastre risultano larghe rispettivamente: mt 1,7-1,521,6-1,57-1,5. 24   Da nord a sud i listoni verticali misurano rispettivamente: mt 0,52-0,50,42-0,42-0,45-0,5 di larghezza. 25   Il paramento del muro US 54 è composto di mattoni omogenei che vanno dal rosa carico al rosso e al marrone rossastro. I laterizi sono lunghi da 23 a 30 cm con prevalenza di 26-27 cm, e spessi da 3 a 4 cm. con prevalenza di esemplari di 3,5 cm. Il muro presenta un ricorso di bipedali a m.2,10 sul piano dell’ambiente C (più basso quindi di circa 40 cm rispetto a quello che marca la parete US 42). I bipedali sono di colore giallo chiaro e spessi da 4 a 5,5 cm. L’impasto dei mattoni presenta numerosi vacuoli e inclusi pozzolanacei piccoli e medi. La malta che lega i laterizi si presenta in ricorsi spessi da 1 a 2 cm (più frequentemente 1,5) ed è grigia con numerosissimi inclusi pozzolanacei rossi e neri, quarzosi piccoli, medi e raramente grandi. I giunti di malta non sono stilati e il modulo per 5 filari, giunti compresi, è pari a 35 cm mentre senza giunti scende a 26,5 cm. 22 23

  Vitti 2015, p. 172.   Vitti 2015, pp. 164-65 e, in part., fig.6 a p.164. 28   La scala è ampiamente analizzata in Bianchi-Meneghini 2011, pp. 8692 dove è indicata come D1. Nella presente sede, dunque, ci si limita a una descrizione succinta. 26 27

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.31. Amb.C visto da ovest. Si nota la trama dei fori per le grappe di sostegno della decorazione marmorea sulla parete orientale.

Figura 2.32. Amb.C. Rilievo della parete orientale con i fori per le grappe di sostegno della decorazione marmorea (sopra) e prospetto ricostruttivo (sotto).

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.33. Amb.C. La parete corta meridionale (US 54) con i fori per le grappe di sostegno della decorazione marmorea.

dell’amb. C, è direttamente poggiata sul banco di argilla naturale US 16 che affiora dai bordi dei lati lunghi di essa (fig.2.36). Al lato occidentale del muro US 29 si appoggiava il muro US 31 sul quale si impostava la volta di sostegno del pianerottolo di arrivo della seconda rampa. Questo muro US 31 doveva contenere il vano di una porta che immetteva in un sottoscala che girava intorno al muro di spina per arrestarsi al di sotto della prima rampa. La scala, sul lato esterno, era delimitata da un muro perimetrale, probabilmente con finestre per l’illuminazione, il cui elevato è completamente perduto mentre resta la fondazione in calcestruzzo US 55 sulla quale esso poggiava. Il piano di fronte all’imbocco della scala è solcato dal canale US 36, largo poco meno di trenta cm, profondo 30-40 e rivestito di laterizi che è probabilmente da identificare con la sede di una fistula plumbea (fig.2.13). In effetti, in asse con il canale, si trova un’impronta circolare nel calcestruzzo della spalletta della fogna US 38, nel sottosuolo dell’amb.C, che fa pensare al percorso di un unico tubo che poteva correre in parte all’interno della fogna stessa e rifornire, lungo il suo percorso, il cortile scoperto corrispondente all’area IV29. Sul lato settentrionale la scala D era delimitata dal muro perimetrale della sala trisegmentata del settore VA che è stato totalmente asportato e del quale rimane la sola gettata di fondazione in calcestruzzo US 1001 (fig.2.13). La scala   Il canale sembra trovarsi sul tracciato della fistula plumbea rinvenuta per un tratto di un paio di mt all’interno della fogna US 748 nell’area VI, e non si può escludere che si trattasse della stessa conduttura che, in più punti, poteva essere munita di rubinetti per la fornitura delle diverse aree di questo settore del monumento, vedi 4.3.2.1. 29

Figura 2.34. La parete meridionale dell’amb. C con i resti della grande nicchia centrale.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.35. Particolare dei lacerti di decorazione a stucco ancora visibili sui resti della volta di copertura dell’amb.C.

Figura 2.36. Veduta dei resti della scala D. La freccia indica il primo gradino conservato e la direzione di salita.

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Scavi 1991–1997/1998–2001 portico31 riproducendo anche in questo la disposizione del piano terra. L’ampiezza delle rampe della scala D, pari a mt 1,6, non è certo monumentale ma neppure di servizio dando l’idea di una comunicazione tra i due livelli piuttosto “riservata”. Gli ambienti 2B-2C erano coperti a volta ma sopra le volte doveva trovarsi la copertura sommitale che, allo stato attuale delle conoscenze, poteva essere risolta in due modi (fig.2.14): con una terrazza, o con un tetto a due falde, entrambi sostenuti da travature poggianti sul colmo del muro US 42. Nel primo caso il pavimento della terrazza poteva essere realizzato in laterizi o in cocciopesto mentre nel secondo l’assenza di ritrovamenti di esemplari interi o di parti di tegole marmoree lascia pensare a un rivestimento in lamina di bronzo o di piombo documentato, del resto, da un passo di Pausania32. Un ultimo problema riguarda l’ingresso alla scala D ovvero da quale ambiente questo avvenisse. Le pareti perimetrali del vano sono purtroppo conservate solo fino al livello di fondazione (UUSS 3435,55, 1001) o poco più (US 27) impedendo dunque di stabilire con certezza dove fosse l’accesso. Sembra ragionevole pensare che si entrasse frontalmente nel vano scala e che, quindi, il pianerottolo davanti alla prima rampa fosse raggiungibile da una porta aperta nel muro che poggiava sulla fondazione US 1001 e che immetteva nella sala trisegmentata del settore VA. Più complesso, anche se non impossibile, sembra invece immaginare un accesso dall’ambiente C, attraverso il muro UUSS 13-34-35 che avrebbe implicato la necessità di inserire una scaletta di almeno quattro gradini nel vano porta a causa del dislivello di 80-90 cm esistente tra i due vani. Certamente, nel tentativo di identificazione delle destinazioni d’uso delle varie parti del complesso, il fatto che la scala servisse un ambiente piuttosto che l’altro non è di poca importanza. Se questa fosse connessa alla grande sala trisegmentata, infatti, i vani superiori 2B-2C assumerebbero un carattere utilitario mentre, nel caso di un accesso dall’ambiente C, gli stessi sembrerebbero far parte di un insieme più organico e raccolto.

Figura 2.37. Sezione ricostruttiva nord-sud della scala D.

conduceva, come si è visto, agli ambienti 2B e 2C posti, rispettivamente, sopra B e C e contraddistinti da dimensioni analoghe salvo che per le altezze. I due vani 2B e 2C avevano infatti gli intradossi delle volte posti tra + 33,73 e +33,85 per una altezza pari a circa 5,4-5,5 mt, corrispondente a poco più della metà dei sottostanti (figg.2.14, 2.15, 2.22). Dei due ambienti superiori resta assai poco: il muro divisorio, che è poi la prosecuzione in elevato del muro US 42, e le ammorsature delle volte nella cortina della parete domizianea US 46. Molto evidente appare, nel muro divisorio, la traccia del piano di calpestio dei vani 2B-2C, posto a + 28,33 (fig.2.22). E’ possibile che i due ambienti si aprissero o fossero collegati, verso nord, mediante un vano stretto e lungo posto in corrispondenza del sottostante corridoio II riproducendo al piano superiore la distribuzione degli spazi del pianterreno. E’ ben difficile ipotizzare una destinazione d’uso per i vani 2B-2C come del resto lo è per i sottostanti B e C i quali però, se non altro, sono evidentemente contraddistinti da elementi di ufficialità e alta rappresentanza come la stessa posizione, aperta sulla testata del portico, e la decorazione marmorea. Gli ambienti del piano superiore, sicuramente non di servizio viste le dimensioni, potevano costituire tanto un gruppo isolato di vani30 quanto le stanze di testata di una eventuale galleria praticabile al piano superiore del

2.5 Settore IV – Area scoperta o cortile (figg.2.38, 2.39) Racchiusa e strettamente incassata tra le alte pareti che poggiavano sulle fondazioni UUSS 55 e 1001 e delimitata a sud dal muraglione US 2733 si trovava un’area scoperta di ridotte dimensioni, una sorta di cortile del quale rientra oggi nello scavo il tratto più orientale mentre un’ampia sezione si trova ancora sepolta sotto via Alessandrina. L’area è costituita, sostanzialmente, da una gettata di calcestruzzo (US 4), poggiata direttamente sul banco di argilla naturale e solcata da numerosi canali fognanti uno dei quali, l’US 12, la separa dalla fondazione US 55 e dal vano scala D. Sulla superficie dell’area sono impresse le profonde impronte dei blocchi di pavimentazione che erano disposti quasi secondo i punti cardinali. Uno solo di questi blocchi, l’US 32, in travertino, è rimasto in situ. Si tratta, in realtà, della metà di un blocco che, in   Meneghini 2009, pp.123-24.   Vedi supra, n.25 a p.10. 33   Per la descrizione e l’analisi del muraglione US 27, vedi Vitti 2015. 31

  Identificati in Meneghini 2009, pp.115-16 come abitazione del procurator del Foro.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.38. Planimetria dell’area scoperta o cortile, corrispondente al Settore IV. I numeri in nero indicano le Unità Stratigrafiche mentre quelli in rosso indicano le quote sul livello del mare.

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.39. Veduta generale dell’area scoperta o cortile, corrispondente al Settore IV.

origine, misurava mt. 0,8 x 1,96, era alto 0,42 ed è tuttora conservato in lunghezza per 90 cm. Il cortile, dunque, doveva essere in origine completamente pavimentato in travertino con blocchi dalle misure irregolari. Anche gli spessori dei blocchi impiegati dovevano essere irregolari poiché tutta la parte settentrionale del cortile mostra un dislivello della quota di US 8 che va da 10 a 36 cm rispetto a quella meridionale. L’area è attraversata da due canali fognari, UUSS 110-111, tagliati nella gettata US 4 e rivestiti di cocciopesto, che confluivano nel collettore US 12 e raccoglievano le acque pluviali e di servizio del cortile. Lungo il limite meridionale il settore IV è interrotto dalle arcate di sostegno di via Alessandrina e proprio sotto la seconda di queste arcate è stata ritrovata la fondazione US 109 sulla quale, in origine, insisteva uno sperone in opera quadrata di sostegno delle strutture del settore VA. I blocchi di questo sperone sono stati asportati probabilmente in età medievale come sembra dimostrare la presenza di un muretto a secco a un solo filare (US 113), realizzato con una decina di grosse schegge e spezzoni di marmo bianco e poggiato direttamente sul piano della fondazione US 10934 (fig.2.40). Nello scavo realizzato nel 1998-2000, nell’area del Foro di Cesare, sono state ritrovate fosse delimitate da filari di pietre per l’alloggiamento di alberi da frutto (IX sec.) che potrebbero essere analoghe all’US 11335. La presenza della vicina fossa US 121, forse anch’essa da identificare come una fossa per albero, sembrerebbe confermare questa interpretazione.   Nel riempimento della fossa (US 107) non erano presenti materiali datanti. 35   Santangeli Valenzani 2001, p. 274. 34

Figura 2.40. Il muretto a secco US 113 all’interno della fondazione US 109.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità 2.6 Settore VA – Architettura della parete meridionale della piazza del Foro. Tratto sud-est. Colonnato aggettante e sala trisegmentata (fig.2.41)

sulla sua superficie (fig.2.41, 2.42, 2.43). Anche questa fondazione, come tutte le altre individuate in questo settore è caratterizzata dall’assenza di cassaforma e, quindi, di impronte dei ritti probabilmente perché le pareti dei cavi, realizzati nel banco di argilla naturale sottostante, erano sufficientemente solide e non necessitavano di armatura. Un’ampia porzione del tratto occidentale dell’US 84 è occupata dalla fondazione della piccola chiesa di S. Maria in Campo Carleo, demolita nel 1931 e i cui resti sono stati rintracciati durante la prima campagna di indagini nel 199139. La fossa era riempita da un interro (US 82) che è stato evidentemente disturbato più volte in passato vista la presenza molto consistente di elementi inquinanti. Soltanto in corrispondenza delle fondazioni della chiesa l’interro originario era ancora integro ed è stato scavato sin dove possibile risultando databile alla seconda metàfine del XII secolo con presenza di pochi reperti che si spingono all’inizio del XIII40. La trama delle impronte sulla US 84 (figg.2.41, 2.44) indica che, in origine, vi erano cinque file di blocchi che poggiavano sulla superficie della fondazione: due file esterne disposte perpendicolarmente alla fondazione stessa, con elementi lunghi mt 2,00-2,30 e di larghezza variabile tra mt 1,30-1,80, racchiudevano tre file di ortostati, disposti in parallelo, larghi tra mt 0,81,00 e di lunghezza non determinabile41. All’interno della fossa rimane in situ un solo spezzone di uno dei blocchi (US 89) che mostra la presenza di un gradino per l’incasso di una delle lastre marmoree del pavimento della piazza (fig.2.41, 2.44). Verso il portico e verso la piazza del Foro la fondazione è delimitata dalla fogna perimetrale US 12 e dalla sua diramazione, US 157, che corre parallelamente a tutta questa architettura del lato meridionale mentre a ovest essa è interrotta dalle arcate di sostegno di via Alessandrina (US 9). L’evidenza archeologica ci permette dunque di interpretare il settore VA come parte di un ambiente, profondo circa 9 mt e pavimentato con lastre di marmo di un tipo non identificato, che si svolgeva alle spalle di una architettura dalle proporzioni evidentemente colossali viste le dimensioni della fondazione larga 7 mt.

L’alta parete che doveva elevarsi al di sopra della fondazione US 1001 separava il cortile IV da una complessa architettura che costituiva la delimitazione meridionale della piazza del foro. Immediatamente a ridosso della parete si trova un’ampia platea, in posizione non perpendicolare ma inclinata di 6° rispetto al vicino portico, costituita da una spessa gettata di calcestruzzo (US 7), larga mediamente 9-9,5 mt e caratterizzata da impronte nette e profonde di lastre sovraimposte (figg.2.41, 2.42). Dalle sezioni esposte sui lati lunghi si vede bene che la US 7 poggia direttamente sul banco di argilla naturale e ha uno spessore medio di 30 cm (fig.2.43). Per questo solo motivo la US 7 non può essere considerata una fondazione ma la preparazione del piano pavimentale di un’area coperta36. Si distinguono molto nettamente due serie di impronte diverse sulla superficie della gettata di calcestruzzo: la prima e più diffusa serie è quella di impronte di lastre rettangolari, disposte per file parallele, dalla larghezza costante di mt 1,1 per una lunghezza variabile fra mt 2,15 e 2,7; la seconda consiste in un’unica fila di impronte di lastre collocate in una sede leggermente più profonda (US 1002), larghe mt 1,25-1,30 e lunghe mt 2,4-2,537. La platea US 7 è tagliata anche dai pozzi medievali/moderni UUSS 58 e 63 oltre che dalla profonda canaletta US 1003, probabilmente utilizzata per il passaggio di una fistula. Anche alcune sepolture medievali (T1, T2, T3,T4) incidono profondamente il banco di calcestruzzo sino a intercettare il giacimento di argilla sottostante. In origine, dunque, il piano dell’US 7 era costituito da un pavimento rivestito da lastre di un marmo non identificato e doveva essere pertinente a uno spazio interno. Le scoperte eseguite nell’area della piazza e del settore meridionale del Foro, a seguito degli scavi negli anni 1998-2000, permettono ora di escludere definitivamente l’ipotesi che l’impronta US 1002 possa essere la sede di un muraglione perimetrale. La scoperta di lastre di travertino collocate in sedi analoghe a formare dei veri e propri “listoni”, lunghi decine di metri, ha fatto capire che la posa in opera di questo sistema deve essere collegata a un accorgimento tecnico utilizzato durante la costruzione del monumento poi destinato a restare nascosto sotto la pavimentazione della piazza 38. Adiacente alla US 7, verso ovest, è una fossa larga mediamente mt 7 il cui fondo è costituito dalla fondazione in calcestruzzo US 84 che reca impresse profonde impronte di blocchi

Come anticipato nel capitolo 1, la storia degli studi di archeologia mostra come, tra il XIX e l’inizio del XX secolo, si sia tentato di ricostruire la fisionomia di questa parte del Foro sulla base degli scarsi dati disponibili. Nell’Ottocento, soprattutto grazie ai risultati delle indagini e degli studi dei pensionnaires della Académie de France à Rome: J.B.C. Lesueur, P.M. Morey e J. Guadet, si pensava che il lato meridionale della piazza fosse costituito da un muro rettilineo o da un portico con, al centro, un grande arco di trionfo che doveva costituire il principale accesso al monumento42. Rodolfo Lanciani raccolse queste indicazioni e nella sua Forma Urbis Romae ricostruì il lato meridionale della

  Ciò anche in virtù della pressoché totale orizzontalità del piano che non prevedeva quindi lo smaltimento di acque meteoriche. 37   E’ in questa sede che in Packer 1997 e in Packer 2001, fig.149b a p. 177 viene collocato, in modo del tutto improponibile, il muro perimetrale meridionale della piazza. Lo stesso in AA.VV. 1989, p.126 dove la preparazione US 7 e, in particolare, l’impronta US 1002, vengono grossolanamente confuse con la fondazione del muro perimetrale meridionale del Foro. 38   Strutture analoghe sono le UUSS 1888, 7452, 8013-8014, 8022, 80288029, 8062, 8064, 11041-11044 rinvenute nel 1998-2000 nell’area della piazza e del settore meridionale del Foro, vedi 3.1.2.2 e 3.2.1.2. 36

  Meneghini 1992, pp.420-426; Meneghini 1998a, pp. 127-31; Meneghini 2021a, p.44. 40   Vedi nota precedente. 41   Una sola impronta di questi tre filari centrali possiede entrambe le dimensioni e documenta un blocco di mt 1,2 x 0,9. 42   Roma Antiqua, pp. 152-211, in part. pp. 159, 179 e 203; Meneghini 2021a, pp. 29-39. 39

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.41. Planimetria del Settore VA. I numeri in nero indicano le Unità Stratigrafiche mentre quelli in rosso indicano le quote sul livello del mare.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.42. Veduta generale del Settore VA.

Figura 2.43. La gettata cementizia US 7 poggia direttamente sul banco di argilla naturale.

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.44. La fossa di fondazione US 84.

piazza come un portico rettilineo interrotto, al centro, dall’inserimento di un arco di ingresso a tre fornici43 (fig.1.26). L’insigne topografo collocava l’arco in questa posizione anche sulla scorta di una delle Memorie di Flaminio Vacca nella quale l’autore dichiarava di aver visto scavare i resti di tale monumento presso la chiesa di S. Maria in Campo Carleo44. Il primo studioso a fornire dati concreti per la soluzione del problema fu Alfonso Bartoli che, nel 1924, pubblicò un saggio che mirava alla ricostruzione dell’architettura del limite meridionale della piazza del Foro sulla base della sua identificazione con due disegni rinascimentali inediti conservati presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze45 (fig.2.45). I disegni, attribuiti dal Bartoli a Simone del Pollaiolo detto il Cronaca, dovrebbero essere stati realizzati nell’ultimo decennio del Quattrocento e mostrano: una colonna di dimensioni colossali aggettante assieme alla trabeazione dai ruderi di una parete vista dal retro, inglobata da costruzioni medievali e munita di una campana e il suo rilievo misurato di profilo dal capitello all’inizio dell’attico. Un appunto sul primo disegno ne indica la collocazione topografica: “chuesto si chiama ispoglia crjsto”, ovvero presso la chiesa di S. Maria in Campo Carleo che, a causa di un affresco sulla facciata raffigurante Cristo spogliato

delle vesti durante la passione, era detta anche “Spoglia Cristo”, un toponimo che aveva finito per ampliarsi all’area immediatamente circostante46. Una conferma della collocazione topografica viene da un disegno contemporaneo, contenuto nel Codex Escurialensis, che mostra una veduta frontale dello stesso rudere delineato dal Cronaca, trasformato in una sorta di rudimentale campanile: ”a spoglia christo…”, come indica un appunto manoscritto sotto il disegno stesso47. Il merito del Bartoli è stato dunque quello di aver dimostrato che, presso la chiesa di S. Maria in Campo Carleo, il muraglione perimetrale del Foro di Traiano era decorato, almeno all’estremità orientale, da una colonna aggettante assieme alla trabeazione verso l’interno della piazza. Per estensione e per simmetria con l’antistante facciata della Basilica Ulpia lo studioso ipotizzò che tutto il muraglione, rettilineo, fosse decorato da colonne aggettanti assieme alla trabeazione, sul modello delle Colonnacce del Foro di Nerva, e munito di tre accessi dei quali quello centrale ulteriormente in risalto, in sostituzione del vero e proprio arco di trionfo ormai caro alla tradizione (fig.1.26). Sette anni più tardi, nel 1931, gli scavi del Governatorato misero in luce l’area e la platea US 7 fu immediatamente collegata all’ipotesi di Bartoli entrando nella cartografia ufficiale dei Fori, a opera di Italo Gismondi, con le planimetrie

  Lanciani FUR, tav. XXII; vedi 1.4.   Vacca, Memorie, n.6. 45   Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, cod. II, 1, 429; vedi Bartoli 1924, p.179 e tav. 37. 43

  Bartoli 1924, pp.180-82; Huelsen 1926, p.319.   Egger 1905, f° 46; Bartoli 1924, fig.5 a p.185; Meneghini 2021a, fig.1.15 a p. 16.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.45. A sin.(r.): prospetto laterale di trabeazione e capitello di un rudere presso “Spoglia Cristo” disegnato da Simone del Pollaiolo detto il Cronaca nell’ultimo decennio del XV sec. A d.(v.): veduta generale dello stesso rudere (su concessione del Ministero della Cultura, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze).

ricostruttive del 1933 e del 194148 dove il colonnato aggettante fu adattato alla US 7 che venne considerata una fondazione ad arco di cerchio; per conseguenza il muro di delimitazione della piazza divenne semicircolare con arco di trionfo centrale (fig.1.26). Da allora in poi questa ricostruzione, in larga parte frutto di una serie di errori di interpretazione delle strutture antiche, è rimasta immutata sino agli scavi del 1998-2000 e, come abbiamo visto, è entrata anche nello studio di James Packer, con le relative aggiunte e modifiche (fig.1.27). Per avere una maggiore certezza rispetto alle dimensioni e alla esatta collocazione del rudere alle origini delle osservazioni del Bartoli dobbiamo riprendere in esame i materiali disponibili. La veduta del Codex Escurialensis non è fornita di corredo metrico ed è utile più che altro per l’indicazione della decorazione del fregio con grifi e putti sorgenti da girali d’acanto che caratterizzava il grande rudere di Spoglia Cristi. Dall’analisi del rilievo realizzato dal Cronaca (fig.2.45) il Bartoli ricavò che il fregio con putti e grifi poteva essere analogo a quello del quale dovevano far parte gli esemplari conservati presso il Museo Lateranense

e trovati nel 1592-1605 presso la chiesa di S. Eufemia49. L’altezza attribuita al fregio rilevato dal Cronaca era, secondo lo studioso, di 116 cm, pari cioè a quella dei reperti del Museo Lateranense. Ulteriori misure possono essere ricavate da altri disegni d’epoca tra quelli citati dallo stesso Bartoli come nel caso di un bel prospetto misurato della trabeazione del rudere realizzato dal cosiddetto “maestro PS” nel 1537 e conservato alla National Gallery of Art di Washington D.C. (Rosenwald Collection)50 (fig.2.46). Siamo certi che si tratti dello stesso rudere grazie a un appunto manoscritto sul foglio che ci dice: “haec est Romae ad spolia xri sed hac tempestate no(n) videri potest 1537” (Questo è a Roma a Spoglia Cristi ma non si può più vedere 1537), la trabeazione a Spoglia Cristi dunque non c’era già più, nel 1537, quando il disegno fu realizzato. Un altro appunto, sopra al precedente, precisa: “la litera b dicce braccia la litera m dice d(i) minuti e reca 60 per braccio”, grazie a questa puntualizzazione dell’autore sappiamo che egli adotta come unità di misura il braccio fiorentino (cm 58,36) e come sottomultiplo utilizza il minuto, pari a un sessantesimo di braccio (cm 0,9726). Siamo dunque in

  Filippi 2007, pp. 67, 76-77, 79-81. La morte di Corrado Ricci, nel 1934, fece sì che le planimetrie rimanessero perlopiù inedite come, del resto, i risultati stessi degli scavi. Soltanto la planimetria del 1933 venne pubblicata in Ricci-Colini-Mariani 1933, p.36. 48

  Bartoli 1924, pp.186-89.   Bartoli 1924, p. 185, n°9: “Giacomo Prevost”. Il disegno è in Dumesnil 1835-1871, vol.VIII, n.17. 49 50

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.46. 1537. Prospetto misurato della trabeazione della “Colonna di Spoglia Cristo” a Figura 2.45 (da Dumesnil 18351871 – Courtesy National Gallery of Art, Washington).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità grado di dimensionare la trabeazione che risulta alta, in tutto: 5 braccia e 32 minuti, pari a 323 cm. Nel dettaglio: la cornice è alta 1 braccio, 57 minuti e ¾ (cm 114,52); il fregio è 1 braccio e 44 minuti (cm 101,15); l’architrave non ha una misura complessiva ma per sottrazione restano cm 107,31. Il fregio non è distante dai 116 cm di Bartoli ma forse si tratta della stessa misura visto che l’autore del disegno ha considerato il listello inferiore come pertinente all’architrave. Abbiamo dunque una trabeazione di dimensioni ragguardevoli e praticamente analoghe a quelle dello stesso elemento del pronao del Pantheon, pari a 330 cm. La colonna di Spoglia Cristi doveva quindi essere composta, come nello stesso Pantheon, da un fusto da 40 piedi romani (mt 11,79) e dalle relative membrature (base, alta mt 0,735 e capitello, alto mt 1,64) oltre alla trabeazione, per complessivi mt 17,39-17,46 ai quali va aggiunta l’altezza del tratto superstite di attico51. Tale altezza non è riportata da alcun disegnatore ne è calcolabile con precisione ma possiamo ragionevolmente ipotizzare che la “colonna di Spoglia Cristi” dovesse svettare per una ventina di metri e che fosse dunque ben visibile in lontananza e al di sopra delle case. Per capire in quale punto esatto si trovasse la colonna si può utilizzare un passo da una delle Memorie di Flaminio Vacca che ci informa dell’acquisto, da parte di Giovan Giorgio Cesarini, celebre collezionista di antichità della Roma tardocinquecentesca, di “una grossa colonna di cipollino, che era nel Foro Trajano in casa di Bastiano Piglialarme”52, nel 158553. Dalle Taxae Viarum del 1562 sappiamo che la casa di Bastiano Piglialarme si trovava immediatamente accanto alla chiesa di S. Maria in Campo Carleo/Spoglia Cristi54. Il ritrovamento, negli scavi del 1998-2000 nell’area di S. Urbano, di un frammento di lastra di cipollino relativo a una lesena con scanalature e di un grosso spezzone, sempre di cipollino, pertinente a una colonna di grandi dimensioni, sembra confermare la presenza di fusti di colonne da 40 piedi romani realizzati in marmor carystium in questo settore meridionale della piazza55. E’ certo che anche il fusto della colonna di Spoglia Cristi fosse scanalato come documenta un altro disegno, di ignoto del XVI sec., conservato al Kupferstichkabinett di Berlino, nel Codice Destailleur 3285, f°49, e anch’esso citato dal Bartoli56 (fig.2.47). In questo disegno la scanalatura della colonna è accennata sotto al collarino del sommoscapo ma risulta molto evidente e la sua presenza è ribadita dall’appunto manoscritto aggiunto poco sotto: “colon(n)a di spoglia cristi a roma schanalata insino alla basa ed e anchora ritta questa colon(n)a senza altro La cornice oggi n(o)n si trova ne si puo piu vedere e dalla colon(n) al pilastro suo sie braccia 4 minuti 27 ½”. Sembra dunque possibile

concludere che questa grande colonna aggettante, superstite di una ben più estesa architettura, fosse collocata all’interno della fondazione US 84, tra la chiesa di S. Maria in Campo Carleo e il limite della fondazione stessa, in corrispondenza della fogna US 12 (fig.2.48). Dall’appunto dell’ignoto disegnatore cinquecentesco conosciamo anche la distanza della base dalla lesena (pilastro) che doveva essere ancora percepibile sulla faccia interna del muraglione in opera quadrata riprodotto dal Cronaca alla fine del Quattrocento e che era di 4 braccia e 27 minuti e ½, pari a mt 2,601857 (fig.2.48). Se la colonna di Spoglia Cristi viene raffigurata dal Cronaca, alla fine del Quattrocento e, contemporaneamente o poco dopo, nel Codex Escurialensis appare ancora completa di trabeazione e di parte dell’attico, alcuni decenni più tardi essa deve aver perduto (per crollo o spoliazione) queste due componenti. Così almeno sembra di capire dagli appunti sul rilievo del 1537 del “maestro PS” e sul disegno Destailleur nel quale è detto chiaramente che: “…la cornice oggi n(o)n si trova ne si puo piu vedere…”. E’ probabile che la colonna rimanesse in piedi sino al 1585 (sdraiata avrebbe invaso la strada antistante per l’eccessiva lunghezza), munita del solo capitello ma di tali dimensioni da far parte ancora del paesaggio urbano58. 2.7 Settore VB. Architettura della parete meridionale della piazza del Foro. Tratto centrale. Colonnato aggettante e sala trisegmentata (fig.2.49) L’intervento di scavo realizzato dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, tra il 7/5/199859 e i primi mesi del 2001, ha permesso di ampliare le conoscenze di questa parte del Foro di Traiano, acquisite con le campagne del 1991 e del 1997. Le nuove indagini, infatti, hanno coinvolto tutto il settore centro-meridionale del monumento, a partire dall’area occupata dalla chiesa di S. Urbano insediatasi proprio in corrispondenza del tratto centrale del muraglione perimetrale della piazza. Naturalmente ci si attendeva di poter ricomporre questa parete secondo un andamento ad arco di cerchio, così come era stata ipotizzata sin dagli anni Trenta del Novecento. Con grande sorpresa si constatò invece che il braccio sinora scoperto era rettilineo perché andava a innestarsi con quello centrale, rettilineo anch’esso, formando un angolo di circa 6° (figg.2.49, 2.50). Le strutture rinvenute nel settore VA comunque proseguono nel VB cambiando semplicemente direzione e numerazione: la fondazione US 84=5142=9002=9004 e la platea US 7=2130=2805=8027 (fig.2.49). In questo modo si viene a formare un edificio che si può definire: “trisegmentato”, composto cioè dal lato obliquo orientale scoperto nei due tratti terminali e da un altro occidentale, simmetrico al precedente e ancora

  Le misure relative al Pantheon sono tratte da Wilson Jones 2000, p.225. 52   Vacca, Memorie, n.105. 53   Sickel 2015; Meneghini 2021a, p.12. 54   ASR, Presidenza delle Strade-Taxae Viarum, anno 1562, vol.445, ff.425-426, “Chiavica di Spoglia XPO”, in part. f°425r. 55   Meneghini 2001, p.259; Milella 2004, p. 65; Meneghini 2009, p.130. 56   Bartoli 1924, p.185, n°10. Il disegno è edito in Meneghini 2009, fig. 159 a p.130. 51

  Il plinto di base della colonna viene ricostruito con un lato di mt 2,09-2,12, per un diametro all’imoscapo di mt 1,48, secondo il metodo illustrato in Wilson Jones 2000, p.89. 58   Vedi Meneghini 2021a, fig.1.16 a p. 17 dove la colonna di Spoglia Cristi appare visibile in una veduta di Marten van Heemskerk del 15321536. 59   E’ la data della consegna dell’area di scavo all’impresa appaltatrice Ronzi di Palermo. 57

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.47. Disegno di ignoto del XVI sec. nel Codice Destailleur 3285, a Berlino, con veduta stilizzata del capitello e il rilievo del soffitto di architrave della colonna di Spoglia Cristo (Kupferstichkabinett, Berlin).

interrato; entrambi si innestano in un terzo lato rettilineo centrale (fig.2.51).

indicare la presenza potrebbe nascondersi ancora non scavata futuri scavi potranno eventualità.

Alcune lievi incongruenze planimetriche notate nel ricongiungere i due tratti del lato orientale sembrano 63

di una ulteriore angolatura che in corrispondenza della porzione di via Alessandrina. Soltanto i però confermare o escludere tale

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.48. Posizionamento della colonna di Spoglia Cristi.

La piazza del Foro non era dunque conclusa, a sud, da un muraglione ad arco di cerchio con uno o più archi trionfali di accesso ma da una inattesa architettura composta da più corpi di fabbrica: il proseguimento della fossa di fondazione US 84 sottintende infatti che il colonnato proseguisse per tutta la linea di fondo (anche se, come vedremo, secondo modalità diverse) come anche il vasto ambiente retrostante largo oltre 9 mt e corrispondente alla platea US 7. Sul fondo della fossa di fondazione le impronte dei blocchi appaiono qui secondo una trama più confusa che nel settore VA poiché essi vi erano collocati in alcuni punti per fasce parallele e in altri per testa e per taglio. La quota del fondo della fossa, in questo settore,

è risultata di circa 20-25 cm più bassa che nel VA. In corrispondenza dell’asse maggiore del monumento il fondo della fossa è attraversato dal condotto fognante UUSS 231=720 con spallette in bipedali (UUSS 1104511046=8025-8026) (figg.2.49, 2.52). Anche la quota della platea UUSS 2130=2805=8027(=7) risulta in questo tratto più bassa di 20-25 cm che nel VA mentre le impronte di lastre sulla preparazione appaiono delle stesse dimensioni di quelle presenti sulla US 7. L’impronta US 1002, ritrovata nel settore VA e sede di un listone di lastre di travertino, trova qui conferma nella continuazione dell’impronta (con i numeri di UUSS 8028-8029) ma, soprattutto, con la presenza in situ, di lastroni di travertino 64

Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.49. Planimetria del Settore VB. I numeri in nero indicano le Unità Stratigrafiche mentre quelli in rosso indicano le quote sul livello del mare. Le sigle FT seguite da numero indicano il numero di inventario dei grandi frammenti architettonici.

(UUSS 8028=8029) disposti nel senso della lunghezza (figg.2.49, 2.52). Il listone formava in questo ambiente una sorta di T poiché si connetteva a un braccio (numerato sempre come UUSS 8028-8029) disposto lungo l’asse maggiore del monumento, al di sopra della fogna UUSS 11045-11046.

Sul fondo della fossa di fondazione sono stati ritrovati sette grandi reperti marmorei (figg.2.49, 2.52, 2.53) pertinenti alla decorazione architettonica dell’elevato soprastante: si tratta di due parti di fregio-architrave in marmo bianco di misure diverse (invv. FT 9152-9153) (fig.2.54) e di cinque spezzoni di fusti di colonna monolitici, scanalati, in 65

Il Foro di Traiano nell’Antichità La dimensione dell’ordine è confermata dal ritrovamento degli spezzoni di colonne monolitiche in giallo antico due dei quali sono rudentati (FT 9154-9155)61. Tutti gli esemplari sono riconducibili a fusti con un diametro dell’imoscapo di mt 1,48 e con un’altezza di mt 11,79, pari a quaranta piedi romani; uno di essi (FT 9159), reca tracce di un intervento di restauro antico realizzato mediante l’inserimento di un’integrazione di oltre un metro di lunghezza e dello stesso marmo in una sede scalpellata dai bordi ondulati. Il fissaggio del “repair” era assicurato da un perno metallico cilindrico infisso orizzontalmente e da canalette per la colatura del piombo sul fondo della sede. Per ricostruire il definitivo aspetto della decorazione di questa parte del muro di fondo della piazza bisogna risalire alla sua lunghezza che è ben determinabile grazie alla possibilità di misurare la distanza tra l’inizio del tratto inclinato e la mezzeria della fogna UUSS 231=720 che corrisponde all’asse maggiore del monumento. Questa distanza (mt 15,26) può essere raddoppiata per ottenere la lunghezza del tratto centrale rettilineo che è pari a mt 30,52. Se da questa misura detraiamo quella corrispondente a otto volte il diametro delle colonne all’imoscapo (mt 11,84), otteniamo mt 18,68 che è lo spazio disponibile per gli intercolumni di un fronte ottastilo. Dividendo a sua volta questa misura per il numero di 7 intercolumni abbiamo mt 2,66 che rappresenta la distanza tra gli imoscapi. A essa vanno aggiunti i due semi-diametri delle colonne (mt. 0,74x2=1,48) per giungere a mt 4,14 ovvero alla distanza tra gli assi delle colonne che doveva rappresentare anche la lunghezza originaria dei tratti di fregio-architrave analoghi a FT 915362. Se, infine, dividiamo l’interasse per il diametro dell’imoscapo otteniamo il valore di 2,8 che conferma la presenza di un colonnato frontale ottastilo, con fusti rudentati di giallo antico, con un intercolumnio poco meno che diastilo. Il pronao del Pantheon, che anche in questo caso, viste le analoghe dimensioni, funge da confronto obbligato, è un diastilo perfetto con intercolumnio pari a 3 diametri.

Figura 2.50. Ottobre 1998. Scoperta del punto di innesto del braccio obliquo meridionale in quello rettilineo centrale della sala trisegmentata.

giallo antico (invv. FT 9154-9157 e 9159). Di particolare interesse appare il fregio-architrave FT 9153, in marmo lunense, purtroppo conservato solo per metà visto che è stato attraversato da una linea di rottura obliqua che ha causato la perdita di metà del blocco (fig.2.55). L’unica faccia conservata mostra l’architrave a fasce, nella sua intera altezza di cm 102,1, con un incasso grossolanamente scalpellato al posto del fregio. L’importanza del reperto è duplice poiché se da un lato mostra una assoluta analogia con la misura dell’architrave del pronao del Pantheon (cm 102), dall’altra indica, grazie all’assenza del fregio, la sua identità di faccia interna di una trabeazione destinata a ricevere un controsoffitto o un cassettonato appoggiato proprio nell’incasso della sede del fregio. Ciò significa che, lungo questo tratto centrale rettilineo della facciata, si trovava un colonnato continuo, di dimensioni analoghe a quello aggettante che decorava il lato obliquo. La faccia inferiore di FT 9153 mostra, nella parte superstite, i resti di un lacunare composto da un doppio motivo a treccia incorniciato da un kyma lesbio continuo che inquadra un pannello centrale liscio 60 (fig.2.55).

A completare il quadro ricostruttivo si aggiunge il ritrovamento, durante gli scavi, di un capitello corinzio (FT 9265), alto mt 1,65-1,66, poggiato capovolto sul piano di preparazione della piazza e inglobato nelle fondazioni del monastero di S.Urbano, a circa 20 mt di distanza dalla sua sede originaria (fig.2.56). La distanza potrebbe ben corrispondere alla caduta in avanti di un tratto dell’intero ordine provocata da un episodio di spoliazione o da un sisma.

  Lo scavo ha evidenziato la presenza, in quest’area, di numerosi frammenti di piccole dimensioni pertinenti a colonne analoghe in cipollino, giallo antico e pavonazzetto. 62   In Milella 2004, p.66, viene fornita una misura più breve, pari a mt 3,50. La misura di mt 4,14 si avvicina anche molto di più alla lunghezza del fregio-architrave aggettante assieme alla colonna di Spoglia Cristo rilevata nel disegno del codice Destailleur e pari a mt 4,0365 (fig.2.47). La stessa distanza tra gli imoscapi (mt 2,66) si avvicina molto a quella dell’aggetto dalla parete della colonna del Codice Destailleur (mt 2,6). Ciò permetterebbe di ipotizzare una lunghezza standard di tutti i segmenti di fregio-architrave utilizzati per decorare i tre tratti del muro di fondo. 61

  Del motivo a treccia resta il punto centrale di incontro tra i due versi della decorazione che permette di ricostruire il motivo per intero, vedi Milella 2004, p. 66. 60

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.51. Planimetria del settore meridionale del Foro di Traiano con evidenziazione dello sviluppo della sala trisegmentata e del relativo colonnato aggettante.

Figura 2.52. Veduta aerea del Settore VB.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.53. Reperti marmorei di grandi dimensioni rinvenuti sul fondo della fossa di fondazione US 84=5142=9002=9004. Accanto a ciascun reperto è indicato il relativo n. di inventario.

Figura 2.54. Spezzoni marmorei pertinenti a due diversi fregi-architravi rinvenuti sul fondo della fossa di fondazione US 84=5142=9002=9004. Accanto a ciascun reperto è indicato il relativo n. di inventario.

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.55. Rilievi misurati dello spezzone di fregio-architrave FT 9153. In alto a sin.: sezione lungo il centro. In alto a d.: prospetto del lato conservato. In basso a sin.: rilievo della faccia inferiore (soffitto). In basso a d.: ricostruzione dello sviluppo originario totale del reperto. Misure in cm.

Utilizzando come confronto le Colonnacce del Foro di Nerva e raffrontandone le proporzioni è possibile stabilire che ciascun lato obliquo del muraglione poteva essere decorato da un massimo di quattro colonne aggettanti assieme alla trabeazione mentre tutti e tre i lati dovevano essere sormontati da un attico di almeno 5,6 mt di altezza (fig.2.57). Finora sono stati ritrovati spezzoni di fusti monolitici rudentati da quaranta piedi romani in marmi colorati di tre tipi: giallo antico, pavonazzetto e cipollino. I fusti di giallo antico sembrano pertinenti al solo colonnato continuo centrale mentre gli altri due marmi dovevano essere impiegati per i colonnati aggettanti dei lati obliqui. Sappiamo che la prima colonna aggettante a est era in cipollino e, dunque, ci rimane sconosciuto soltanto il criterio con il quale questi elementi furono distribuiti se, cioè, vi fosse un’alternanza colonna di cipollino-colonna

di pavonazzetto o se i fusti fossero accoppiati ovvero: due in cipollino-due in pavonazzetto. Nello scavo sono stati rinvenuti tre spezzoni di una iscrizione su lastre di marmo bianco lunense di cm 12-13,5 di spessore con resti delle sedi incise per l’alloggiamento di litterae aureae in bronzo di due misure diverse (33 e 45 cm di h)63. Le sedi mostrano tracce di imperniature delle lettere al loro interno e, sul fondo del solco, resta ancora parte della malta fine per il fissaggio degli inserti bronzei. I frammenti epigrafici sono stati ritrovati all’interno degli interri medievali che riempivano gli ambienti XIV e V del monastero di S.   I tre reperti sono il FI/T/022 e altri due non numerati provenienti rispettivamente dalle UUSS 5610 (S. Urbano, cortile XIV) e dalla US 4464 (S. Urbano, amb.V), mentre di un terzo spezzone non si conosce l’US di provenienza. 63

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Il Foro di Traiano nell’Antichità aggettanti per parte che inquadrano una sorta di protiro o avancorpo centrale sorretto da due colonne. L’immagine, come tutte le raffigurazioni architettoniche numismatiche romane, potrebbe essere stata semplicemente stilizzata per ridurla nello spazio della moneta e la composizione dell’edificio, che riporta nell’esergo un preciso riferimento di appartenenza al Foro di Traiano [FORVM TRAIAN(I)], ricorda molto da vicino quella della facciata del muro perimetrale meridionale della piazza così come ci è offerta dall’evidenza archeologica68. Questa, purtroppo, non ci permette di comprendere se la facciata fosse aperta verso la piazza con delle arcate o con delle porte o finestre, perciò, nell’attesa di ulteriori, dirimenti ritrovamenti, essa viene ricostruita, in accordo con l’evidenza numismatica, come un muro continuo munito di nicchie con statue e clipei oltre che delle imponenti colonne in marmi colorati. Sempre grazie a quanto viene raffigurato sulle monete è possibile immaginare l’esistenza di trofei d’armi e gruppi bronzei sulla sommità dell’attico al centro del quale doveva svettare una maestosa sestiga con la figura di Traiano incoronato dalla Vittoria (figg.2.57, 2.58, 2.59).

Figura 2.56. Capitello corinzio in marmo bianco (FT 9265) pertinente all’ordine del muro di fondo meridionale della piazza del Foro di Traiano.

Fra i reperti marmorei rinvenuti nel sottosuolo della chiesa di S. Urbano era presente anche uno spezzone di fregioarchitrave in marmo lunense (alto cm 91) che, in origine, doveva essere murato (FT 9152) (figg.2.49, 2.53, 2.54). L’architrave, a fasce e listelli lisci e alto cm 49,5, recava tracce informi e illeggibili del fregio per un’altezza di 41 cm e, sulla faccia inferiore liscia, mostrava una linea incisa, a 11 cm dal bordo che ne marcava l’aggetto dal muro. Ricostruendo l’ordine di appartenenza di FT 9152 sulla base delle proporzioni dell’ordine aggettante con fusti da 40 piedi romani si ottiene un ordine a parete alto in tutto mt 8,45 e composto da trabeazione (h.mt 1,6), capitello di lesena (h.mt 0,79), fusto della lesena (h.mt 5,71) e base di lesena (h.mt 0,35)69. Se si esamina la veduta della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze attribuita al Cronaca (fig.2.45) si nota immediatamente la presenza della trabeazione di un ordine a parete con fregio liscio sulla faccia del muro opposta a quella dove poggia la grande colonna di Spoglia Cristo. Sorvolando sulle dimensioni della figura umana arrampicata sul rudere, evidentemente rimpicciolita per dare maggior risalto all’architettura, appare evidente che la trabeazione si svolge in corrispondenza dell’angolo interno orientale della sala trisegmentata che corre alle spalle del colonnato aggettante. Si tratta dunque di un ordine a parete che decorava il lungo ambiente che doveva essere coperto con una volta, certamente a sesto ribassato, la cui imposta sembra di intravedere, nella veduta del Cronaca, subito sopra la cornice dell’ordine stesso (fig.2.57, 2.60). Alcuni spezzoni di volta estradossata piatta con resti di terrazzo rivestito in signino sono stati, in effetti, trovati caduti

Urbano a una distanza dal muro di fondo, rispettivamente, di 10-12 e 25-26 mt. e, insieme a un quarto spezzone rinvenuto negli scavi del 1931-193264, dovevano far parte di una epigrafe monumentale di mt 29,6 x 3,6 con la titolatura di Traiano65 (fig.2.58). L’attico del tratto centrale rettilineo del muro di fondo della piazza era l’unico spazio disponibile per inserire questa gigantesca iscrizione nella quale, alla formula onomastica di Traiano espressa nella prima riga, dovevano seguire tutti gli elementi della titolatura dell’imperatore probabilmente nell’ultimo anno del suo regno (116-117 d.C.)66. La facciata verso la piazza del Foro doveva comunque risultare di notevole grandiosità soprattutto se rapportata alle minori dimensioni dei colonnati dei portici laterali e considerando lo “sfondamento prospettico” creato con l’arretramento del tratto centrale del sistema che inquadrava l’equus Traiani in un prospetto architettonico di proporzioni colossali (fig.2.58). Esistono alcuni conii monetali, in oro e bronzo del 112-115 d.C., con la raffigurazione di un prospetto architettonico che è stato talvolta identificato con il presunto arco trionfale di accesso alla piazza da sud67 (fig.2.58). Il prospetto mostra una facciata monumentale decorata da due colonne   CIL VI, 40503a. Il reperto era conservato e lo è tuttora all’interno dei magazzini della Basilica Ulpia. 65   Lo studio e la ricostruzione grafica ed epigrafica dell’iscrizione sono dovuti a Gian Luca Gregori, Elisabetta Bianchi ed Ersilia D’Ambrosio. Quest’ultima ha tuttora in corso lo studio dell’epigrafe. Vedi Meneghini 2009, pp. 131-33. 66   In accordo con la cronologia suggerita dall’evidenza archeologica per il completamento delle architetture di questo lato del Foro, vedi 3.1.2 e 5. 67   Cohen 1880-1892, II, p.36, n.168; Pensa 1969-1970; BMC III: 102, nn. 509 e 208, n. 984. 64

  Vedi però la recente interpretazione di Eugenio La Rocca che ritiene che la moneta rappresenti l’Arco Partico di Traiano a nord della Colonna Coclide: La Rocca 2018, pp.94-95. 69   Queste misure sostituiscono quelle edite in Meneghini 2009, p.134 secondo le quali l’ordine a parete risultava complessivamente alto mt. 10,76 invece che 8,45. 68

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.57. Planimetria e sezione ricostruttiva del colonnato aggettante dal muro di fondo meridionale della piazza del Foro di Traiano e della retrostante sala trisegmentata. I numeri di inventario sono relativi agli spezzoni di decorazione architettonica marmorea ricollocati in posto.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.58. In alto a sin.: ricostruzione e trascrizione dell’epigrafe monumentale che doveva trovarsi inserita nell’attico del segmento centrale della parete di chiusura meridionale della piazza del Foro. In alto a d.: particolare dell’architettura del lato meridionale della piazza del Foro raffigurata ta sul rovescio di un denario aureo traianeo del 112-115. In basso: Veduta ricostruttiva, dall’alto della Basilica Ulpia, dell’architettura del tratto meridionale della piazza del Foro di Traiano e dell’equus Traiani.

sulla preparazione pavimentale US 2130=2805=802770 (fig.2.49).

Sulla preparazione pavimentale della sala trisegmentata sono ben leggibili le impronte rettangolari di lastre delle stesse dimensioni di quelle che poggiavano sulla platea di calcestruzzo US 7 (=2130=2805=8027) e disposte secondo la medesima trama a proseguimento del tratto obliquo in quello rettilineo centrale. La tipologia di questo pavimento ricorda innegabilmente quella delle pavimentazioni delle aree scoperte esistenti all’interno del Foro che sono rivestite da grandi lastre rettangolari di marmo lunense ma, come si è visto, in questo caso ci troviamo all’interno di un ambiente chiuso e di grandi dimensioni. Un tentativo di identificare il marmo che rivestiva il pavimento della sala è stato effettuato mediante la ripresa macrofotografica delle nitidissime impronte delle facce inferiori delle lastre rimaste impresse sulla preparazione sinora rimessa in luce che conservano la trama del materiale geologico che le costituiva. Purtroppo non resta in posto neanche uno di questi elementi ma il confronto fra le impressioni rimaste e le facce non lavorate di altre lastre in diversi tipi di marmi ha evidenziato una notevole compatibilità con quelle in porfido, specie con uno scheggione di lastra pavimentale rinvenuto nel riempimento di una fogna

La presenza del contrafforte nel settore IV/Cortile71 sembra indicare proprio la necessità di contrastare le spinte verso l’esterno generate da una volta continua che, sul lato della piazza, erano invece assorbite dalla massa del grande colonnato aggettante. E’ difficile pensare alla presenza di un piano superiore coperto su questa architettura, sia per l’assenza di scale sufficienti a raggiungerlo da parte di un congruo numero di persone, sia per la presenza degli spezzoni di volta con tracce di terrazzo. Appare più probabile che tutto questo settore fosse coperto da una terrazza praticabile estesa sui bracci del cortile porticato (settore VI), come sembra anche dimostrare il sovradimensionamento dell’impianto di raccolta delle acque piovane presente in quest’ultimo72 (fig.2.59).

  Meneghini 2009, p.134; Bianchi-Meneghini 2010, pp. 124-26.   Vedi 2.5. 72   Vedi 3.1.2 e 4.3.2. 70 71

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Scavi 1991–1997/1998–2001

Figura 2.59. Veduta ricostruttiva dell’architettura del tratto meridionale del Foro di Traiano (R.Meneghini/Inklink).

vicina (fig.2.61). In foto le superfici mostrano una analoga presenza di finissime striature orizzontali, al negativo e al positivo, dovute alla lavorazione che, nel porfido, ha evidenziato gli inclusi di maggiori dimensioni che risultano in leggerissimo rilievo. Nel calco compaiono depressioni apparentemente compatibili con le impronte di tali inclusi mentre le pareti rilevate con i picchi di malta fluida consolidata corrispondono, nel porfido, agli spazi meno rilevati tra gli inclusi stessi. Se questo raffronto fosse corretto ci si troverebbe davanti a un pavimento in

porfido, della superficie di circa 900 mq, eccezionale per l’epoca, che non potrebbe che essere identificato con la Porticus Porphyretica, citata dalle fonti antiche73 e mai individuata con precisione all’interno del Foro di Traiano.

  La Porticus Porphyiretica è nota da una citazione dell’Hist. Aug., Probus 2.1 e grazie a un collare da cane o da schiavo (CIL XV, 7191), databile all’inizio del IV secolo (tene me ne fugiam et revoca me in foro traiani in purpuretica ad pascasium dominum meum). Vedi pure Papi 1995. 73

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 2.60. La freccia indica l’imposta della volta di copertura della sala trisegmentata visibile in un particolare della veduta attribuita a Simone del Pollaiolo detto il Cronaca e conservata alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Figura 2.45).

Figura 2.61. Confronto tra le immagini macrofotografiche del lato inferiore di un frammento di lastra pavimentale in porfido rinvenuto presso la sala trisegmentata (a sin.) e una delle impronte delle lastre pavimentali della sala stessa impresse sullo strato di malta di preparazione (a d.).

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3 Scavi 1998-2007. Settori VI-VII Elisabetta Bianchi 3.1 Il cortile porticato meridionale (Settore VI) Le indagini del 1998-2000 hanno rimesso in luce un’area del tutto sconosciuta del complesso, il Settore VI, costituito dal cortile porticato situato all’estremità meridionale del Foro e compreso tra la galleria trisegmentata (Settore V) e il portico meridionale del Foro di Augusto1 (figg.3.1- 3.2).

fu soggetto l’intero complesso3. Forma, dimensioni e tessitura di tali elementi non erano identiche, ma variabili in base alla loro collocazione. Dall’analisi delle impronte risulta infatti che sulla fondazione del portico dovevano essere alloggiati blocchi quadrangolari disposti per testa e per taglio, mentre elementi trapezoidali, collocati a “scalare”, erano situati al di sopra della struttura curvilinea.

Durante la stessa campagna di scavo e in due successive fasi, tra il 2005 e il 2007, la ricerca ha interessato il settore situato immediatamente a ridosso del portico meridionale del Foro di Augusto, dal quale inizia la descrizione dei ritrovamenti.

É apparso subito evidente che i resti messi in luce dovevano far parte di una architettura analoga a quella ancora visibile nei settori orientali dei portici già scavati e quindi riferirsi a una ulteriore grande esedra semicircolare collocata sul fondo del portico settentrionale.

3.1.1 Preesistenze nel Foro di Traiano. L’area di confine tra il cortile porticato traianeo e il portico settentrionale del Foro di Augusto

In fase di costruzione, alla sistemazione dei blocchi dovette seguire la gettata della preparazione pavimentale del portico (US 8093), con la posa in opera di un piano di cementizio dello spessore di 0,20–0,30 m, al di sopra del quale furono collocate le lastre marmoree del rivestimento (US 8094=1641=1643) (fig.3.3). Lo scavo, invece, non ha rivelato nulla dell’originaria tessitura del piano di calpestio della presunta esedra, poiché le trasformazioni successive hanno cancellato qualsiasi traccia della pavimentazione antica.

3.1.1.1 Indagini 1998-2000 Nella zona corrispondente al limite meridionale del complesso traianeo lo scavo ha rimesso in luce le strutture relative al portico settentrionale del Foro di Augusto2. All’età augustea sono sicuramente da attribuire la fondazione settentrionale del portico (US 8052), la preparazione pavimentale dello stesso (US 8093) e un’ulteriore fondazione che, legandosi alla precedente con andamento curvilineo, prosegue oltre i limiti di scavo in direzione del Foro di Cesare (UUSS 8141, 8011=1905) (figg.3.3).

A differenza di queste strutture, sicuramente attribuibili ad età augustea, per la datazione di altri elementi, quali un muro in opus latericium US 1897 e una platea in scaglie di travertino (US 1873), non disponendo di stratigrafie in fase che potessero restituire una cronologia assoluta, si può far conto unicamente sui rapporti tra le strutture e sull’analisi della tecnica edilizia. Si tratta comunque di interventi che interessano unicamente lo spazio interno all’esedra, realizzati prima della costruzione del complesso traianeo che ne causò l’obliterazione.

Per fare spazio a tali apprestamenti il substrato geologico (US 1903) dovette essere parzialmente livellato, in modo da creare un piano uniforme perfettamente orizzontale, prima di procedere allo scavo delle fosse di fondazione del portico e della struttura curvilinea, all’interno delle quali fu gettato il conglomerato cementizio, costituito da malta pozzolanica piuttosto compatta e caementa di diversa natura e dimensioni (in prevalenza scapoli di tufo). Su entrambe le strutture dovevano essere posti in opera blocchi parallelepipedi (forse di travertino e tufo), dei quali si conservano unicamente le tracce in negativo.

Ai blocchi dell’esedra si appoggiano due differenti strutture, separate da un condotto idraulico in laterizio di epoca traianea (US 8077)4. Tali strutture si collocano nella superficie compresa tra il muro settentrionale del portico e l’arco di cerchio descritto dall’esedra. Si tratta rispettivamente di una platea in scaglie di travertino con malta grigiastra molto compatta e di un setto murario in opera laterizia orientato in direzione nord-sud, con un dado di travertino in testata (US 8071). In entrambe le

Tutti gli elementi lapidei furono rimossi in età medievale, nel quadro di una pressoché totale spoliazione alla quale

  È noto come la destrutturazione del Foro di Augusto, o del solo Tempio di Marte Ultore, possa essere collocata già tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, sulla base di un’iscrizione incisa sulla faccia interna di uno dei colossali rocchi di colonne pertinenti al tempio (Meneghini-Santangeli Valenzani 1996, Meneghini 2000, Id. 2004). 4  Si tratta della massicciata di copertura del condotto US 722 (vedi 4.3.2.4). 3

  Bibliografia Scavi 1998-2000: La Rocca 2001; Rizzo 2001; Meneghini 2001; Id. 2001a. Approfondimenti e riflessioni in Meneghini- Santangeli Valenzani 2007; per la decorazione architettonica e scultorea: Ungaro 2007a. 2   Rizzo 2001, pp. 230-234. 1

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.1. Foro di Traiano. I resti del cortile porticato meridionale visti dall’alto.

Figura 3.2. Foro di Traiano. I resti del cortile porticato meridionale visti da sud.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.3. Settore di scavo relativo all’area meridionale del Foro di Traiano al limite con il portico settentrionale del Foro di Augusto. La numerazione è riferita alle principali unità stratigrafiche attribuite ai resti dell’emiciclo minore del Foro di Augusto.

costruzioni si è osservata la presenza di malta e inerti molto differenti da quelli impiegati nella fondazione dell’esedra, per cause dovute a esigenze di carattere strutturale o per una diversa cronologia delle varie strutture augustee.

quelli impiegati nel muro settentrionale del portico, e ad essi quindi doveva essere direttamente appoggiato un originario livello pavimentale, oggi non conservato. Si dovette così risolvere il problema derivante dalla difformità del materiale impiegato nelle altre due costruzioni, che sarebbero pertanto da riferire ad interventi successivi. Restava, tuttavia, da spiegare quale motivo avrebbe in seguito indotto i successori di Augusto ad apportare modifiche così sostanziali al progetto originario: asporto dell’originaria pavimentazione, creazione di nuovi apprestamenti e conseguente ripristino di un livello pavimentale alla stessa quota del piano di calpestio augusteo.

A conclusione della prima fase delle indagini, sulla base delle evidenze a disposizione, è stato possibile formulare alcune ipotesi ricostruttive, lasciando aperte diverse soluzioni. Secondo una prima ipotesi ricostruttiva, si è pensato che potesse trattarsi di un’esedra del tutto simile alle altre due situate ai lati del tempio di Marte Ultore (fig. 3.4a). In questo caso i blocchi lapidei, almeno per quanto attiene alla por­ zione corrispondente alla prima assise, avrebbero foderato a sud il terreno naturale, come d’altro canto avviene per

In una seconda ipotesi si è pensato alla presenza di un’esedra con muri radiali (fig. 3.4b), riconducendo al progetto augusteo non soltanto l’allestimento dell’esedra 77

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.4. Modelli 3D delle strutture augustee rinvenute nello scavo del settore meridionale del Foro di Traiano con le diverse ipotesi ricostruttive proposte. a. ipotesi della conformazione dell’emiciclo minore simile a quella degli emicicli maggiori conservati sui lati del Tempio di Marte Ultore; b. sistemazione interna dell’emiciclo con muri radiali; c. presenza di una platea di travertino all’interno dell’emiciclo; d. emiciclo con muri radiali e platea in travertino.

stessa, ma anche una sua eventuale divisione interna. Il setto murario in laterizio che si appoggia a nord alla seconda assise dei blocchi dell’esedra, potrebbe aver fatto parte di un più ampio ed articolato sistema di vani a pianta trapezoidale. La presenza sulla testata di un dado di travertino di ragguardevoli dimensioni, autorizzerebbe, inoltre, a immaginare che la facciata curvilinea della struttura fosse munita di un prospetto colonnato. La diversità del materiale edilizio impiegato nelle fondazioni, rispettivamente dell’esedra e dei setti divisori, sarebbe quindi da riferire unicamente a esigenze costruttive e non costituirebbe un indizio di rimaneggiamenti successivi. Resterebbe da spiegare, comunque, per quale motivo, all’interno dell’arco di cerchio descritto dall’esedra, si sarebbe dovuta allestire, contestualmente o in un secondo momento, una poderosa platea in cementizio.

Una quarta ipotesi ricostruttiva, relativa a un’esedra con muri radiali e platea in travertino (fig. 3.4d), pur nella diversità dei materiali impiegati, sembra al momento la più verosimile, come configurazione finale della fase pre-traianea, seguita all’esecuzione dell’originario disegno progettuale. In linea con questa ipotesi, non sarebbe necessario immaginare “asportazioni” e ripristini di presunti piani pavimentali augustei né, di conseguenza, manomissioni sostanziali del monumento. Si tratterebbe di un’organizzazione dello spazio interno caratterizzata dalla presenza di setti radiali e da poderosi piani di appoggio, forse per blocchi. In questo modo le differenze di materiale sarebbero da imputare unicamente a problemi di ordine strutturale. Già alla luce delle acquisizioni ottenute con le prime indagini, dunque, nella configurazione topografica del Foro di Augusto si era potuta accertare, almeno lungo il portico settentrionale del complesso, l’esistenza di una seconda esedra: simile per impianto a quelle situate ai lati del tempio di Marte Ultore5. Facile e suggestivo è apparso da subito riproporre lo stesso schema anche sul lato opposto (fig.3.5), restituendo così un foro con quattro esedre, che, plausibilmente può essere stato preso a modello circa un secolo dopo nell’adiacente complesso traianeo, nel quale, tuttavia, due dei quattro maestosi emicicli appartengono alla Basilica Ulpia. Proprio sull’esempio traianeo, si era immaginata la presenza di una basilica anche nel Foro di Augusto, non mancando, del resto, esempi di Basiliche a doppia abside anche prima dell’età di Traiano, come documentato, ad esempio, a Colonia, Iulia Equestris (Nyon) in Germania Superiore, del terzo venticinquennio del I sec. d.C.

Una terza ipotesi, meno sostenibile, che incontra le maggiori difficoltà nell’evidenza archeologica, è quella di un’esedra con platea in travertino (fig. 3.4c). Risulta infatti piuttosto problematico ammettere che, originariamente, lo spazio interno all’esedra potesse essere stato dotato di una poderosa platea in schegge di travertino, ubicata soltanto nell’angolo nord-orientale, mentre il resto dell’area ne sarebbe stato completamente sprovvisto. Essa infatti si doveva arrestare in presenza della struttura laterizia, visto che ad ovest di questa alla stessa quota si ritrova il substrato geologico. Ciò, pertanto, dovrebbe far ritenere l’azione di asporto, determinata dall’installazione della platea, rivolta unicamente al settore nord-orientale dell’esedra e non alla parte restante. Una soluzione di questo genere, tuttavia, appare difficilmente argomentabile, proprio da un punto di vista tecnico/strutturale. Non si comprenderebbe, infatti, per quale motivo non si sia proceduto a una sistemazione omogenea su tutta l’area.

  Inizialmente si era calcolata una misura minore del diametro rispetto a quanto poi accertato con il prosieguo delle ricerche. 5

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Scavi 1998-2007

Figura 3.5. Foro di Augusto. Prima ipotesi ricostruttiva degli emicicli minori.

Un edificio basilicale posto di fronte al tempio di Marte Ultore avrebbe occupato, tra l’altro, il posto più logico, ricomponendo con gli altri edifici del foro quella strutturazione tripartita che è elemento quasi canonico degli impianti forensi di età giulio-claudia e che spesso, proprio dal Foro di Augusto, hanno tratto ispirazione6 (fig.3.6a).

di Marco Antonio e Ottavia, sorella di Augusto, sotto forma di beneficium. A questo documento si affianca una seconda iscrizione che testimonia di una basilica che dalle due donne prendeva il nome (CIL VI, 5536). Il possibile collegamento tra le due notizie in passato ha suggerito che nell’area o nei pressi del Foro di Augusto potesse trovarsi una basilica edificata per elargizione delle due nipoti di Augusto, benché non vi sia dubbio che, come attestano le fonti, l’intero Foro, con il tempio di Marte Ultore, sia stato realizzato dal princeps a sue spese con il bottino di guerra8.

Un impianto di questo genere potrebbe ben corrispondere a quanto riportato in un testo epigrafico rinvenuto nel Foro di Augusto, di recente ripreso in esame proprio riguardo alla sistemazione del settore di aggancio tra i Fori di Cesare, di Augusto, di Nerva e di Traiano7, che menziona la munifica presenza in loco delle due Antonie, le figlie

La presenza di una basilica presupporrebbe, però, che il suo muro di facciata, rivolto verso il tempio di Marte Ultore,

  La Rocca 1998.   Alföldi 1992; La Rocca 1995, p. 87.

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  RG 21.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità sarebbero state lo spazio ideale per l’espletamento di tali compiti; d’altro canto non si può dimenticare quanto detto da Vitruvio11 circa le esedre spaziose che, nei portici delle palestre, sono la sede naturale per filosofi, retori e per quanti altri studiis delectantur. Verso la fine del IV sec. d.C. sono infatti testimoniate lezioni di retorica in foro Martis. Alcuni personaggi dell’epoca svolgevano attività didattiche nel Foro di Augusto: dopo aver letto e commentato celebri opere letterarie, i loro allievi si esercitavano nell’emendare passi corrotti e nell’analisi critica del testo12. È difficile, comunque, asserire che queste attività si siano svolte nel Foro di Augusto fin dalla sua realizzazione, quindi ben prima dell’età tardoantica, quando le informazioni in nostro possesso si fanno sempre più precise e dirette. Quale che sia stata la configurazione originaria, è certo che questo settore del Foro di Augusto fu profondamente ristrutturato in occasione o poco prima della costruzione dell’impianto traianeo.

Figura 3.6a. Foro di Augusto. Ipotesi ricostruttiva 3D con una basilica collocata sul lato corto meridionale.

3.1.1.2 Indagini 2005-2006. Tra il 2005 e il 2006 una nuova campagna di indagini, nello stesso Foro di Augusto, ha messo in luce un’ampia zona di forma irregolarmente rettangolare comprendente un settore del portico settentrionale, corrispondente grosso modo alla luce di 6 intercolumni (220 mq), ad ampliamento di quanto evidenziato nella campagna del 1998-2000 sul limite meridionale dell’area di scavo, oltre a una vasta porzione della piazza (500 mq) compresa tra il portico e il suo asse principale (fig.3.7)13. Lo scavo ha documentato due fasi: la costruzione del Foro e le modifiche che il portico settentrionale dovette subire al momento della realizzazione del Foro di Traiano, con la conseguente eliminazione della terza esedra. La totale scomparsa dei rivestimenti marmorei e delle fondazioni in blocchi di tufo o travertino ha fortemente menomato la lettura di questa parte del monumento che si è andata rivelando.

Figura 3.6b. Foro di Augusto. Ipotesi ricostruttiva 3D senza edificio basilicale (da Rizzo 2000, fig. 61).

non fosse avanzato rispetto alle absidi. Sappiamo infatti che la pavimentazione del portico settentrionale giungeva sino all’imposta dell’esedra, senza che in essa si possano ravvisare tracce dell’esistenza di un muro trasversale o di fondazioni di pilastri. E’ apparso evidente che con la collocazione, in questa zona, di un impianto basilicale lo spazio destinato alla piazza risulterebbe troppo esiguo, rendendo ulteriormente problematica la collocazione della quadriga onoraria dell’imperatore, la cui presenza è tramandata dalle fonti.

L’ampliamento dello scavo ha permesso di chiarire alcuni aspetti relativi alla costruzione del complesso augusteo. La realizzazione del Foro di Augusto comportò lo spianamento dell’intera area destinata all’opera con il raggiungimento del banco naturale e la realizzazione di un piano di cantiere su due quote differenti. In corrispondenza della piazza lo scavo fu più profondo, mentre in corrispondenza del portico settentrionale una porzione di banco naturale fu risparmiata e successivamente inserita nel basamento dello stesso14. La sezione occasionale offerta dall’asportazione del “muro di fondo” mostra il taglio per la realizzazione del portico, che presenta un andamento orizzontale e alcune tracce sovrapposte, quali, un battuto di scaglie di travertino e un taglio a sezione rettangolare (US 1454), forse una canaletta di drenaggio del cantiere (fig.3.8).

Volendo trovare invece una soluzione alternativa, occorreva considerare le esedre sotto un’altra ottica, che tenesse comunque conto di tutti gli elementi, diretti e indiretti, a disposizione (fig.3.6b). Come dimostrato da E. Carnabuci9, l’assenza di una basilica canonica non costituirebbe un impedimento insormontabile allo svolgimento delle importantissime funzioni legate all’attività del pretore urbano e del pretore peregrino: funzioni che sappiamo erano svolte all’interno del Foro10. Le esedre, veri e propri vani autonomi, in quanto “schermate” dalle ricche porticus,

  Vitr. V.II.2.   La Rocca 2001. 13  Meneghini-Santangeli Valenzani 2010. La planimetria dell’area indagata è stata pubblicata nelle figg.1-3, pp. 36-38. 14   Anche nel Foro di Cesare la differenza di quota tra piazza e porticato fu impostata già dal taglio di cantiere (cfr. Rizzo 2001, pp. 225). 11

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  Carnabuci 1996.   Suet. Aug. 29; Suet. Cl. 33; Cass. Dio. LXVIII, 10.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.7. Foro di Augusto. Planimetria del settore di scavo 2005-2006 con indicazione delle principali unità stratigrafiche pertinenti al portico settentrionale e al sistema fognario.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.8. Il taglio (US 1469) del banco di argilla naturale (US 1450) eseguito in fase di costruzione del portico del Foro di Augusto e tornato alla luce per l’asportazione del muro di fondo del portico stesso. Al banco si sovrappongono un battuto di scaglie di travertino (US 1449) e un taglio a sezione rettangolare (US 1454), forse una canaletta di drenaggio del cantiere.

Le prime strutture ad essere costruite nel tratto in esame furono: la fognatura in cementizio US 157515, la fondazione della gradinata US 1634 e la fondazione del muro di fondo US 1459=1474=1491 (fig.3.7). Nonostante la totale scomparsa di queste ultime due strutture, si deve ritenere che nella sequenza costruttiva il passo successivo sia stato il montaggio della muratura interna della gradinata in blocchi di tufo litoide e travertino e della fascia in blocchi di travertino sulla fondazione del muro di fondo. A questo punto fu realizzata la fognatura con andamento est-ovest ai piedi della gradinata US 1633 e il tratto ortogonale collegato ad essa US 1632 che attraversa il portico e il muro di fondo US 1459=1474=1491. La fognatura US 1632 doveva convogliare l’acqua piovana dall’esterno del muro settentrionale del portico verso il condotto US 1633, con un salto di quota subito a sud dello stesso muro. La sezione occasionale mostra che per realizzare l’US 1632 fu scavata la fossa 1470, poi colmata dopo la costruzione della fognatura dai due riempimenti UUSS 1438, 1468. Successivamente, compiuta l’ossatura della gradinata, il livello del portico fu rialzato con uno

strato di riporto compattato (US 1448), al di sopra del quale fu gettato il massetto US 1447, dello spessore di 25 cm circa. Il completamento del portico comportò la messa in opera di una pavimentazione marmorea posizionata su un apposito allettamento in malta pozzolanica, rinvenuta in pessimo stato di conservazione. L’originario allettamento di età augustea, in malta pozzolanica di colore rossastro e spessore variabile da un minimo di 6 cm a un massimo di 8 cm è conservato soprattutto in una fascia di ampiezza variabile a ridosso della parete settentrionale, separato in lacerti di diversa entità dalle distruzioni posteriori, ma assolutamente unitario16. Solo due sono i lacerti di pavimentazione marmorea conservati, US 1641 (a quota +15,84 m slm) sugli allettamenti UUSS 1660 e 1643 (a quota +15,85 m slm). La ricostruzione dello schema compositivo si giova anche delle profonde impronte rimaste dopo l’asportazione  Il settore indagato del portico settentrionale conserva due piccoli lacerti della pavimentazione marmorea originaria e ampie porzioni dell’allettamento in malta pozzolanica delle lastre stesse. Si tratta dei lacerti UUSS 1643, 1660 e delle porzioni 1446, 1639, 1640, 1641, 1642, 1661, 1662. 16

  Vedi capitolo 4.

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Scavi 1998-2007 delle lastre (US 1642). Pavimento e allettamento sono dunque senza dubbio pertinenti allo schema del reticolo pavimentale di grande modulo in marmo bardiglio, con motivo a stuoia in marmo giallo antico e africano, attestato nella parte dei portici indagata in occasione dei più vecchi scavi del Foro di Augusto, realizzati nella prima metà del Novecento dal Governatorato di Roma.

esedra19 e la modifica del poderoso muro di delimitazione del portico settentrionale, ora di separazione tra i due fori. Va però precisato come la spoliazione medievale di tutte le strutture, fino alla fondazione in opera cementizia, abbia reso estremamente problematica la definizione esatta degli interventi traianei. Le indagini svolte tra il 2005 e il 2006 hanno confermato la sovrapposizione in età traianea del braccio occidentale del cortile porticato sulla massicciata dell’esedra augustea, legata alla cintura in blocchi sovrapposti alla grande fondazione in opera cementizia orientata est-ovest (US 1459=1474=1491), in minima parte (US 1476) risparmiata dalla spoliazione medievale.

Le spoliazioni hanno fatto scomparire del tutto la gradinata di collegamento tra il piano del portico settentrionale e quello della piazza del Foro. La sua ossatura era realizzata con due filari sovrapposti di opera quadrata in blocchi di travertino e tufo litoide in proporzione di uno a cinque, con i primi posizionati in corrispondenza delle colonne, a costituirne la fondazione, come si può dedurre dalle parti superstiti delle gradinate del portico settentrionale e soprattutto di quello meridionale, nei pressi del Tempio di Marte Ultore. Il taglio di asportazione ha raggiunto l’interfaccia superiore della fondazione cementizia US 1634 (14,45 m slm), sottostante la prima assise di blocchi dei quali è rimasta solo l’impronta sulla fondazione stessa e sui riempimenti consolidati del basamento stesso del portico. Le impronte hanno conservato le dimensioni dei blocchi. I tre elementi di travertino, di maggiori dimensioni, misuravano 0,90/0,95 x 1,90/5 m mentre i quattordici blocchi di tufo litoide hanno minori dimensioni, 0,50/ 0,60 x 1,50/1,60 m. Considerazioni relative all’altezza delle tracce conservate contro il basamento del portico e alle quote delle pavimentazioni marmoree inducono a ritenere l’altezza dei filari pari a circa 0,50 m.

Nulla poi si è conservato di quanto costruito per chiudere il muro di fondo del portico settentrionale e non è possibile sapere se tale opera avesse inglobato o meno le strutture augustee della fronte dell’esedra. Infatti, se è certo che la fondazione cementizia continua e la cintura in blocchi furono conservate e riutilizzate, per l’alzato si può ipotizzare che siano state rispettate e integrate le opere di sostegno della copertura del portico. Ugualmente, a causa delle spoliazioni, non sono conservate tracce delle aperture di collegamento tra i due fori, certamente esistenti e in grado di raccordare la lieve differenza tra i piani pavimentali. 3.1.1.3 Indagini 2006-2007 Un’ultima serie di indagini è stata eseguita tra il 2006 e il 2007 lungo il limite meridionale del Settore VI, in corrispondenza della fossa di spoliazione del portico settentrionale del Foro di Augusto (US 1445), già rimessa in luce in gran parte nella prima campagna di scavo (fig.3.12). Nell’occasione è stata demolita una fognatura moderna (US 1644) (fig.3.13) e indagato un lacerto di stratigrafia ancora in posto, a ridosso della fognatura. L’area scavata è di forma rettangolare, si sviluppa in senso nord-sud e misura 5,70 x 1,10/1,50 m circa (fig.3.9, in alto). Rispetto alla superficie già oggetto di indagini (limiti nord ed est), la sequenza stratigrafica rimane solo lungo il limite sud, mentre a ovest è interrotta per la presenza della fognatura (US 1644).

Analoga sorte di quasi completa asportazione ha subito il muro di fondo del portico settentrionale e dell’esedra, parzialmente individuata dai precedenti scavi presso il lato nord-est del portico stesso (fig.3.9). La spoliazione ha raggiunto la quota di 14,62 m slm, lasciando solo le impronte di blocchi sulla fondazione US 1459=1474=1491 e contro la massicciata dell’esedra, in fase con essi. Fanno eccezione quattro grandi blocchi (US 1476) appartenenti a due filari sovrapposti, inglobati nelle successive fondazioni traianee (figg.3.3, 3.10-3.11)17. Le impronte e i blocchi conservati documentano per il tratto compreso tra il portico e l’esedra un primo filare con grandi blocchi disposti di testa, alto m 0,64, al quale si sovrappone almeno un secondo filare di blocchi disposti di taglio, di altezza minore, pari a m 0,4018.

Con le nuove ricerche, al di sotto di due livelli sovrapposti20 interpretabili come piani di frequentazione, probabilmente strati agricoli inquadrabili nei secoli centrali del medioevo, è apparso un altro piano di frequentazione (US 740)21, sulla cui superficie era facilmente individuabile la traccia della fossa di spoliazione US 1445 (fig.3.14).

Una successiva campagna di indagini ha permesso di individuare un settore più ampio della fondazione del portico settentrionale del Foro, confermando che la configurazione originaria del monumento fu profondamente modificata per la costruzione dell’impianto traianeo. La realizzazione di quest’ultimo comportò la totale demolizione della terza

Da questo momento lo scavo ha interessato solo i riempimenti del taglio, costituiti da una alternanza di strati di scarico: si trattava di potenti strati di macerie22, composti

  Lo stesso n. US 1476 individua diversi blocchi visibili lungo il perimetro e al di sotto della massicciata del portico occidentale del Foro di Traiano (US 1475) (fig.3.9). 18   I blocchi del primo filare presentano una larghezza molto variabile da un massimo di m 0,74 a un minimo di m 0,60. Nel senso della lunghezza ii blocchi non sono conservati, ma dovevano misurare circa 2 m. 17

  Cfr. Rizzo 2001, pp. 230-234.   UUSS 1167, 1168 (17,00 – 17,27 m slm). 21   US 740; solo individuato e non indagato. 22   UUSS 877, 1444. 19 20

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.9. Lo scavo della superficie di contatto tra il portico settentrionale del Foro di Augusto e il braccio occidentale del cortile porticato del Foro di Traiano (US 1475).

Figura 3.10. Resti del portico settentrionale del Foro di Augusto: le impronte di blocchi sulla fondazione in cementizio US 1474 e i due filari sovrapposti di grandi blocchi di travertino (US 1476) inglobati nella fondazione del portico traianeo visti da sud.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.11. Resti del portico settentrionale del Foro di Augusto: i due filari sovrapposti di grandi blocchi di travertino (US 1476) inglobati nella fondazione del portico traianeo visti da est.

Figura 3.12. Limite meridionale del Settore VI. Sezione della fossa di spoliazione del portico settentrionale del Foro di Augusto. Vista da est.

Figura 3.13. Limite meridionale del Settore VI. Lo scavo a ridosso della fognatura moderna US 1644.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità prevalentemente da minute schegge di travertino23 e di strati di schegge di marmi e travertino24 (fig.3.15); l’andamento e la forma segnalano la provenienza degli scarichi da sud, ossia dal portico del Foro di Augusto.

Nel 2010-2011 Elisabetta Carnabuci, sulla scia dei suoi studi sul Foro di Augusto, ha posto in evidenza molte delle questioni principali riguardanti le strutture augustee messe in luce dallo scavo e le connesse attività della loro rimozione in età traianea prima e di spoliazione poi28. La scoperta di un terzo imponente emiciclo, disposto lungo il lato occidentale del cortile porticato meridionale del Foro di Traiano,29 è stata accompagnata da una serie di importanti ritrovamenti.

Sul fondo della fossa sono visibili le impronte dei blocchi di travertino che costituivano la fondazione; alcune porzioni dei blocchi salvatesi dalla distruzione, furono inglobate dal massetto in conglomerato cementizio traianeo lungo la parete nord della fossa25. Sul fondo sono altresì riconoscibili incisioni di forma subcircolare, probabilmente relative all’attività di spoliazione dei blocchi (figg.3.16-3.17).

É evidente, tuttavia, che i Fori di Augusto e di Traiano sono stati vittima delle incessanti attività edilizie che hanno portato progressivamente alla loro scomparsa, prima attraverso una fase di abbandono e destrutturazione in età altomedievale e poi con le sistemazioni del quartiere Alessandrino in epoca rinascimentale e moderna. I radicali interventi di spoliazione attuati nel medioevo lasciarono sul terreno pochi lacerti di strutture e una notevole quantità di semplici impronte che oggi, purtroppo, costituiscono gli unici elementi a disposizione per una ricomposizione e interpretazione delle fasi costruttive sia per il Foro di Augusto che per quello di Traiano ma, soprattutto, per ciò che caratterizzò la trasformazione parziale del primo complesso in vista della realizzazione del secondo. Per esaminare nel dettaglio gli esiti di queste vicende, anche nel Foro di Traiano, appare necessario sintetizzare quanto già osservato a suo tempo dalla Carnabuci.

Altre tracce di questa attività sono riconoscibili sulla parete sud della fossa (figg.3.8, 3.18-3.19). La parete è interessata, infatti, da ‘sgrottamenti’ le cui dimensioni sembrano coincidere con la larghezza delle impronte dei blocchi di fondazione26. L’asportazione di questi ha messo nuovamente in luce il banco di argilla naturale, la cui litologia di base, come accennato in precedenza, è costituita dai sedimenti pleistocenici del complesso del Paleotevere, tagliati e livellati per la costruzione dei Fori di Augusto e di Traiano. Uno di questi ‘sgrottamenti’ ha permesso di documentare la presenza di una fondazione in cementizio, localizzata nell’estremo angolo sud-ovest della fossa, al di sotto della fognatura moderna US 1644: si tratta di una struttura realizzata a sacco e relativa probabilmente a una fognatura, composta da malta sabbiosa grigiastra e caementa di tufo, alloggiata in un taglio praticato nei sedimenti pleistocenici e coperta dal massetto pavimentale del portico augusteo (figg.3.13, 3.20).

Nelle sue ricerche riguardanti questo settore dello scavo la studiosa ha esaminato ognuno di questi elementi, con particolare riguardo alla consistenza delle strutture relative al Foro di Augusto, per una possibile ipotesi sulla sua forma originaria e, in particolare, per ciò che concerne il muro di delimitazione con il Foro di Traiano. Nella coppia di emicicli situati ai lati del Tempio di Marte Ultore lo spazio semicircolare interno era libero per ospitare le udienze dei pretori urbano e peregrino, come testimoniato dai documenti vadimoniali campani30. Il rinvenimento della seconda coppia di emicicli del Foro di Augusto e l’esame dei resti di uno di essi, ha consentito da un lato di considerare la possibilità che questi fossero destinati a una diversa funzione, dall’altro di escludere in via definitiva, per via del loro ingombro, l’ipotesi della presenza di un portico sul lato sud-occidentale della piazza31. L’ipotesi a oggi più accreditata è quella della presenza di un muro continuo contro il quale terminavano le estremità dei due portici32, concepiti probabilmente anche come passaggi al Foro di Cesare (fig.3.6b)33, per un percorso lineare e

In conclusione, lo scavo di questa zona è risultato di particolare interesse per la possibilità di aggiungere elementi nuovi per la conoscenza della prima occupazione di questo settore, in rapporto alla presenza della scoscesa pendice del Quirinale27 da un lato, e del Foro di Cesare dall’altro. È stata indagata un’ampia superficie corrispondente alle strutture situate sui due lati opposti del muro di separazione tra i Fori di Augusto e di Traiano, che ha restituito informazioni relative alle complesse attività di costruzione, demolizione, ricostruzione e spoliazione finale che nei secoli hanno interessato questo particolare settore dei Fori Imperiali.

  Carnabuci 2010; Carnabuci-Braccalenti 2011.   La Rocca 2000, pp. 284-285; Rizzo 2000, pp. 71-72; La Rocca 2001, p. 184 ss.; pp. 230-234; Meneghini 2002, pp. 668 ss; Ungaro 2002; La Rocca 2004, p. 178 ss; Sauron 2004 p. 27 ss; Ungaro 2004, p. 17 ss.; Carnabuci 2006, p. 178; Ventura Villanueva 2006, p. 196 ss. 30   Carnabuci 2010, pp. 110-111. 31   Carnabuci 2010, p. 129. Per ulteriori ipotesi relative all’assetto di questo lato del Foro vedi anche Meneghini-Santangeli Valenzani 2007a, p. 55. 32   E. Carnabuci, sulla base dell’interpretazione della Tavoletta ercolanese n. 89, propone l’identificazione del portico settentrionale con la Porticus Iulia in foro Augusto (Carnabuci 2010, p. 130). 33   Carnabuci 2011, p. 57.

  UUSS 743, 746, 747. Quest’ultimo, in particolare, rinvenuto sul fondo della fossa di spoliazione del portico settentrionale del foro di Augusto (US 1445), spesso cm 5, e composto da minute schegge di travertino e frustuli di carbone, sembra segnare l’inizio dell’attività di spoliazione e calcinazione di elementi architettonici di travertino (blocchi di fondazione?). 24   UUSS 742, 744. 25  Durante la fase di riempimento della fossa questa differenza strutturale deve aver causato il parziale collasso della parete meridionale e la formazione dello strato US 746, composto dai sedimenti scivolati. 26  È stata indagata solo parte di uno ‘sgrottamento’, pertanto l’interpretazione del dato non può essere certa. 27   Rosa 2022.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.14. Limite meridionale del Settore VI. Sulla sommità della sezione di scavo il piano di frequentazione US 740 è tagliato dalla fossa di spoliazione US 1445.

Figura 3.15. Limite meridionale del Settore VI. Sequenza stratigrafica degli strati di macerie e scarti di lavorazione di marmi e travertino depositati al di sopra della fossa di spoliazione del portico settentrionale del Foro di Augusto.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.16. Fondazione in opera cementizia del portico perimetrale del Foro di Augusto. Gli incavi visibili sul fondo della fossa di spoliazione sono probabilmente da riferire all’attività di recupero dei blocchi di travertino che in origine erano poggiati sulla fondazione stessa. Vista da nord.

Figura 3.17. Fondazione in opera cementizia del portico perimetrale del Foro di Augusto. Gli incavi presenti sul fondo della fossa di spoliazione sono probabilmente da riferire all’attività di recupero dei blocchi che in origine erano poggiati sulla fondazione stessa. Vista da est.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.18. Fossa di spoliazione US 1445. Dettaglio della parete sud. A vista il banco naturale di argilla, tagliato per gettare la fondazione in cementizio del muro perimetrale settentrionale del Foro di Augusto (in basso).

Figura 3.19. Dettaglio della parete sud della fossa di spoliazione US 1445. A vista il banco naturale di argilla tagliato per gettare la fondazione in cementizio del muro perimetrale settentrionale del Foro di Augusto (in basso).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità diretto di chi fosse entrato in quello di Augusto attraverso gli ingressi situati dalla parte della Suburra. L’evidenza di un secondo emiciclo lungo il portico settentrionale del Foro di Augusto suggerisce per simmetria la presenza di una struttura analoga, disposta specularmente sul lato opposto del complesso e sacrificata, con buona probabilità, in occasione della costruzione del Foro Transitorio34, come del resto confermato da un carotaggio eseguito dall’interno della Cloaca Massima35. Tuttavia, sembrerebbe trattarsi di impianti sostanzialmente diversi rispetto alle due esedre note36 sia per ciò che riguarda le dimensioni37, poiché la corda d’arco degli emicicli minori doveva misurare 37,20 m circa38, ossia 4,20 m in meno rispetto alla misura di 41,40 m degli emicicli settentrionali39, quanto per la disposizione dello spazio interno, maggiormente complessa e articolata (fig.3.21). La fondazione curvilinea in conglomerato cementizio dell’emiciclo40, gettata direttamente entro il banco di argilla   La Rocca 2001, p. 184 e 193-195; Rizzo 2001, p. 230-234; Meneghini 2002, pp. 668; vedi anche Bianchi-Santucci-Antognoli 2015. 35   Bianchi 2014, p. 97. 36   Carnabuci 2010, p. 112; Carnabuci-Braccalenti 2011, fig. 8. 37   Si calcola che l’elevato dovesse corrispondere a un’altezza di circa 30 m. 38  La nuova ipotesi ricostruttiva della misura della corda massima dell’emiciclo, precedentemente considerata dalla Carnabuci come corrispondente a 39,40 m (Carnabuci-Braccalenti 2011, p. 38), ha tenuto conto non soltanto delle misure rilevate all’interno della fossa di fondazione del nuovo emiciclo settentrionale e relative ai blocchi che originariamente dovevano far parte della fondazione stessa, ma anche dei dati relativi alla fondazione dell’emiciclo speculare, individuata nel 2009 grazie al carotaggio eseguito all’interno della Cloaca Massima (Bianchi 2014, p. 97, Fig. 32.B). Nel procedimento per la ricostruzione delle misure degli emicicli minori, realizzata su base grafica in Autocad da Elettra Santucci, che ringrazio per il prezioso aiuto, sono state considerate numerose evidenze a supporto della ricostruzione geometrica basata sulla simmetria rispetto all’asse mediano della piazza (fig.3.21): 1) il carotaggio orizzontale C5 (10,00 m) effettuato nella Cloaca Massima, al di sopra del piano di imposta della volta (0,10 m circa all’interno della parete settentrionale) ha rilevato la presenza di una fondazione in conglomerato cementizio dello spessore di 3,80 m. A una distanza di 2,70 m dal punto iniziale del sondaggio si è rilevato il punto iniziale della fondazione (fig.3.21, punto A) e a 6,50 m si è rilevata la fine della fondazione (fig.3.21, punto B), restituendo quindi lo spessore della fondazione dell’emiciclo “minore” meridionale; 2) per la ricostruzione dell’elevato dell’emiciclo meridionale minore è stato considerato lo spessore murario deducibile dalla fossa di fondazione conservata sul lato opposto; 3) per la ricostruzione dell’emiciclo settentrionale minore è stata presa in considerazione la posizione della fossa di spoliazione dei blocchi di tufo relativi alla fondazione. La sua larghezza (m 1,45) è stata utilizzata per la ricostruzione dello spessore dei muri in elevato; 4) la ricostruzione dell’arco di cerchio della curvatura degli emicicli minori è stata dedotta sia sulla base delle tracce del muro dell’emiciclo settentrionale minore (fig. 3.21, punti D, E), sia sulla proiezione simmetrica dei punti relativi alla fondazione intercettata dal carotaggio C5 (fig. 3.21, punti A1, B1 e C); 5) i setti murari radiali con pilastrini in testata, che articolavano lo spazio interno dei due emicicli minori, sono stati tracciati in base all’unica evidenza presente nel settore nord est dell’emiciclo minore settentrionale; 6) in base all’allineamento precedentemente considerato, l’emiciclo settentrionale minore si innesta sul muro perimetrale del complesso, restituendo una dimensione della corda massima dell’emiciclo pari a 37,20 m, distanza rilevata in corrispondenza dell’intersezione con l’asse mediano del muro perimetrale a cui si addossa (fig. 3.21). 39   Carnabuci-Braccalenti 2011, p. 62, n. 82. 40   Il calcestruzzo della fondazione, la cui quota si trova a 14,62-14,67 m slm, è formato da malta pozzolanica piuttosto compatta, con caementa di tufo di dimensioni varie. 34

Figura 3.20. Limite meridionale del Settore VI. La fondazione a sacco rinvenuta al di sotto della fognatura moderna US 1644, relativa a una fognatura antica alloggiata direttamente nel banco di argilla e coperta dal massetto pavimentale del portico augusteo.

naturale e legata perfettamente alla fondazione del muro di fondo del portico, è stata rinvenuta priva delle assise di blocchi che in origine le erano sovraimposti41. Sulla linea di separazione tra le due strutture doveva trovarsi un diaframma di elementi portanti, colonne o pilastri42, poggiati su una fondazione formata da una doppia assise di blocchi di travertino, disposti per testa e per taglio, ancora oggi conservati (figg.3.22-3.23). L’emiciclo presentava all’interno diverse strutture murarie, le cui basi in opera quadrata di tufo e travertino furono poi inglobate in una solida platea in opera cementizia (US 1873), formata prevalentemente da scaglie di travertino con malta grigiastra molto compatta (figg.3.3, 3.30). Secondo la Carnabuci43 la platea, già attribuita in fase di scavo a un periodo precedente agli interventi di Traiano sull’area44, è da considerare invece come opera realizzata durante la costruzione del colonnato perimetrale del cortile traianeo. La stessa platea ingloba anche alcuni blocchi lapidei di fondazione orientati secondo l’allineamento col quale l’emiciclo doveva aprirsi verso il portico, con pilastri   Le impronte di questi blocchi sono conservate lungo la facciata curva della platea in calcestruzzo, sulla fondazione del tramezzo in laterizio e nella massicciata pavimentale relativa alla costruzione traianea. 42   Ungaro 2002, p. 111, fig. 2. 43   Carnabuci 2010, p. 116, nota 25. 44   Rizzo 2000, pp. 71-72; Ead. 2001, pp. 230-234. 41

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Scavi 1998-2007

Figura 3.21. Nuova pianta ricostruttiva degli emicicli “minori”. In nero le strutture in elevato; in grigio le strutture di fondazione. Punti A-B: fondazione rilevata dal carotaggio; punto C: proiezione dell’ingombro dell’elevato ottenuta per simmetria sulla retta A-B; punti D-E: impronte delle strutture in elevato (elab. E. Santucci).

o colonne poggiati su basamenti di travertino, dei quali restano alcuni blocchi, altri m 0,30, disposti per testa e per taglio (fig. 3.24).

curvilinea dell’emiciclo stesso e la fondazione rettilinea del muro di fondo del portico augusteo, al di sopra della quale dovevano poggiare due assise di blocchi di travertino destinati a sostenere una colonna o, più probabilmente, un pilastro angolare. La struttura appare parzialmente obliterata dalla platea di conglomerato cementizio con scaglie di travertino. È possibile che i blocchi di tufo, come giustamente osservato dalla Carnabuci46, fossero parte di una struttura preesistente alla realizzazione dell’esedra.

In prossimità dell’angolo nord-orientale dell’emiciclo, è conservata una struttura formata da tre blocchi di tufo (UUSS 8043-8044/1498)45, incassata tra la fondazione

  Due dei blocchi in origine erano fissati da una grappa a doppia coda di rondine, della quale resta l’incasso. La posizione dei blocchi è indicata nella fig.3.31. 45

  Carnabuci-Braccalenti 2011, p. 47.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.22. Emiciclo minore del Foro di Augusto visto da sud. I resti della fondazione dell’ordine architettonico (colonne o pilastri?) che doveva dividere il portico settentrionale dallo spazio interno dell’emiciclo.

Figura 3.23. Foro di Augusto. Schizzo ricostruttivo del sistema di fondazione dell’emiciclo minore meridionale, intercettata dal carotaggio eseguito all’interno della Cloaca Massima (a destra) nel tratto sottostante il Foro di Nerva (dis. E. Santucci).

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Scavi 1998-2007

Figura 3.24. Blocchi di travertino poggiati in filari soprapposti sulla fondazione in cementizio del muro del portico settentrionale del Foro di Augusto. I due filari di blocchi visibili sulla destra dell’immagine risultano inglobati dalla fondazione in scaglie di travertino che occupa lo spazio interno dell’emiciclo (US 1873). I due filari di blocchi di maggior spessore visibili sulla sinistra sormontano i precedenti e appartengono, con buona probabilità, alla costruzione del braccio di portico occidentale del cortile porticato del Foro di Traiano.

In posizione arretrata rispetto alla facciata, inglobati al di sotto della massicciata del portico, si trovano blocchi di travertino con incassi, relativi probabilmente a basi per sculture47. In particolare, si è conservato un basamento (fig.3.25)48 del quale sono visibili, dall’interno della canaletta US 712, il lato posteriore e lo spessore di 0,300,32 m (fig.3.26).

per costituire la sezione superiore della fondazione curva dell’emiciclo. La fondazione fu ricavata direttamente all’interno del deposito sabbioso argilloso originario. Le impronte della prima assise di blocchi di tufo o travertino, alte 0,60 m50, visibili sullo spessore della platea di travertini e sul piano della massicciata in cementizio del muro curvo dell’emiciclo (US 8141), si trovano alla stessa quota della fondazione in cementizio del muro in laterizio, mentre il livello della seconda assise doveva giungere fino all’altezza dello spiccato del muro stesso, per il medesimo spessore della sua fondazione, anch’essa realizzata in laterizi (fig.3.27).

Dell’allestimento interno dell’emiciclo si conserva un lacerto di muro in laterizio con tegulae fractae (US 1897) e parte del dado di travertino posto in testata (US 8071) (fig.3.3), entrambi disposti radialmente rispetto al muro curvo di fondo49; restano inoltre le impronte di due assise di blocchi che dovevano essere sovrapposti alla gettata

Se da un lato la presenza delle impronte dei blocchi di fondazione sulla platea di travertini dimostra chiaramente che questa dovette essere gettata quando gli stessi blocchi erano già in opera, dall’altro, tale evidenza non costituisce di per sé una prova di recenziorità che vada oltre la semplice sequenza di una attività di cantiere.

  Carnabuci 2010, p. 124.   Carnabuci 2010, p. 118. 49  Il muro presenta una risega corrispondente all’originario piano di calpestio interno dell’emiciclo (+15,87 m slm). In testata il muro aveva un blocco di travertino (incassato nel portico traianeo e tagliato da una fogna moderna). Per la tecnica edilizia del muro in laterizio vedi Carnabuci 2010, p. 121, nota 29. 47 48

  UUSS 8041, 8142, 8042, 1905, 8011.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.25. Emiciclo del Foro di Augusto. Fondazione in conglomerato cementizio di scaglie di travertino vista dall’alto. Vi sono inglobati alcuni blocchi di travertino forse pertinenti a basamenti per sculture.

Figura 3.26. Interno del condotto fognario traianeo US 712. Sulla destra si noti lo spessore di uno dei blocchi di travertino visibili nella figura precedente e forse pertinenti a basamenti per sculture presenti all’interno dell’emiciclo augusteo.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.27. Emiciclo del Foro di Augusto. Al centro i resti del setto murario in laterizio relativo alla divisione interna dell’emiciclo, originariamente addossato a un duplice filare di blocchi di tufo. Le impronte di questi sono ancora evidenti sia sulla platea di travertino che sulla fondazione del portico traianeo che si sovrappose alle strutture augustee. A destra è visibile la muratura della fogna medievale che si è sovrapposta alle strutture antiche e ha in parte tagliato il blocco di travertino, posto in origine sulla testata del muro in laterizio (cfr. fig.3.21).

La terza esedra era movimentata internamente, oltre che dalla presenza di basamenti per statue, anche da muri radiali in laterizio terminanti con colonne, probabilmente disposti in modo da suddividere lo spazio in piccoli ambienti a pianta trapezoidale, addossati alla parete di fondo, aperti verso il portico e destinati ad ospitare armaria del materiale documentario relativo agli archivi dei pretori51 (fig.3.21).

La Carnabuci ha sottolineato come, a seguito della demolizione dell’emiciclo per la costruzione del cortile porticato sul lato meridionale del Foro di Traiano, fu realizzato un nuovo muro continuo, concepito come prosecuzione del muro di fondo del portico augusteo53. Contestualmente, parte delle fondazioni dell’emiciclo, consistenti nel primo filare di blocchi della parete curva di fondo, furono riutilizzate, integrandole nel nuovo piano di posa in calcestruzzo del portico traianeo, mentre altri elementi preesistenti, come il tramezzo laterizio e le basi in blocchi di travertino furono inglobati nella massicciata di travertini che andò ad occupare lo spazio interno dell’emiciclo.

Per ciò che riguarda il muro perimetrale che doveva trovarsi tra l’emiciclo e il pavimento del portico augusteo52, al di sopra della sua fondazione sono conservati tre blocchi di travertino in situ (US 1476), dello spessore di 0,60 m, allineati per testa e riferibili, secondo la Carnabuci, a una prima assise riutilizzata come piano di posa del massetto di sostegno del braccio occidentale del cortile porticato (US 1475). I tre blocchi, disposti per testa, sostengono un altro blocco disposto trasversalmente, sul quale a sua volta poggia la massicciata del portico traianeo (figg.3.10-3.11).

3.1.2 Il cortile porticato traianeo Nella tradizione degli studi l’area tra i Fori di Traiano e di Augusto veniva immaginata come un’ampia piazza basolata sulla quale doveva aprirsi un arco di trionfo, collocato al centro del muraglione perimetrale meridionale, posto in funzione di accesso monumentale al complesso traianeo54.

  Carnabuci 2010, p. 124.   La fondazione rettilinea del muro di fondo del portico, originariamente scandito da nicchie inquadrate da semicolonne marmoree, trovandosi tra l’emiciclo e il pavimento del portico, fu realizzata in maniera unitaria con direzione rettilinea. 51 52

  Carnabuci-Braccalenti 2011, p. 38.   Lesueur 1794-1883, p. 159, Tav. 2 (1824); Morey 1835-36, p. 179, Tav. 10 (1836); Guadet 1876, p. 203, Tav. 15 (XXX). 53 54

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Il Foro di Traiano nell’Antichità Gli scavi del 1998-2000 hanno rivelato il reale aspetto di quest’area, che è risultata occupata da un articolato sistema di edifici che dovevano svolgere una importante funzione di collegamento con l’adiacente Foro di Augusto, oltre a porsi in continuità ideologica con esso, come si è tentato di evidenziare in una ricostruzione elaborata negli anni immediatamente successivi al completamento dello scavo (fig.3.28).

ed è compresa tra il limite di scavo che a ovest definisce il margine di Via dei Fori Imperiali e a est quello di Via Alessandrina, mentre a sud, come si è visto, non essendosi conservate le opere strutturali che in origine dividevano le superfici del Foro di Traiano da quelle del Foro di Augusto, riportate in luce con la campagna di indagini 2004-2006, si deve considerare la fossa di spoliazione del muro di delimitazione tra i due Fori come quarto lato del perimetro (fig.3.29). La superficie indagata corrisponde pressoché all’intera estensione del cortile porticato, con l’unica eccezione del margine esterno del braccio di portico occidentale.

Come le indagini hanno dimostrato, la piazza del Foro di Traiano si conclude a sud con un edificio a pianta quadrangolare adiacente al lato meridionale della sala trisegmentata (Settore V) e accessibile attraverso di essa.

3.1.2.1. Un nuovo rilievo di dettaglio

La superficie occupata da tale edificio è di circa m 25 in lunghezza (nord-sud) per circa m 28 di larghezza (estovest)55, costituendo una sorta di sviluppo in profondità del settore rettilineo centrale della complessa architettura situata sul limite meridionale della piazza (figg.6.1, 6.11).

Pur non mancando un’adeguata documentazione grafica di fine scavo, elaborata per ogni campagna di ricerca, la quantità di evidenze strutturali emerse dalle indagini, unita alla difficoltà di risalire a quelle scomparse, delle quali si conservano soltanto le tracce in negativo, hanno indotto chi scrive alla realizzazione nel 2006 di un nuovo rilievo archeologico di tutto il Settore VI, eseguito in scala 1:50 (fig.3.30). Facendo riferimento a tale elaborato si procederà alla descrizione dei resti per singole componenti strutturali.

L’edificio, caratterizzato da un lussuoso apparato decorativo, si presentava come un ampio cortile sul quale si affacciavano un portico colonnato su tre lati e, sul quarto lato, un prospetto colonnato addossato al muro perimetrale settentrionale del portico del Foro di Augusto.

3.1.2.2. L’area centrale scoperta

Analogamente a quanto osservato in altre aree interessate alle indagini, la costruzione delle nuove strutture fu preceduta da un sistematico livellamento del terreno ma soprattutto, come si è visto, essa dovette fare seguito all’eliminazione di uno degli emicicli del Foro di Augusto, con buona probabilità già demolito in occasione delle attività edilizie avviate sull’area da Domiziano pochissimi anni prima.

La superficie dell’area centrale originariamente scoperta, delle dimensioni di 240 mq (18,40 x 13,00 m), era rivestita da 99 lastre rettangolari di marmo lunense. Di esse purtroppo non si è conservato che un frammento58 ma restano le impronte lasciate sulla superficie dello strato di preparazione (UUSS 1908, 1984). Le lastre, seguendo uno schema analogo a quello impiegato nel rivestimento della piazza centrale del Foro, erano disposte su 11 file, ciascuna delle quali formata da 9 lastre affiancate. Ciascuna di queste misurava 1,20 m di larghezza per una lunghezza variabile (da sud) da 1,80 a 2,20 m, con uno spessore di 0,12-0,15 m (fig.3.29). Un solo frammento è stato rinvenuto nel reimpiego di uno spezzone di crollo del muro in laterizio del portico occidentale (US 1548)59 (fig.3.31).

Il riconoscimento del reale aspetto di questo settore del Foro ha permesso di aggiungere un importante tassello per la ricostruzione dell’intero monumento, colmando il vuoto architettonico che aveva caratterizzato tutte le soluzioni ricostruttive proposte prima degli scavi. Tuttavia, l’interpretazione circa la reale funzione alla quale questo spazio era destinato, nonostante il dibattito avviato da E. La Rocca56 e da P. Gros57 subito dopo la sua scoperta, non ha ancora raggiunto una chiara definizione, ciò principalmente per la mancanza di fonti storiche o letterarie che facciano riferimento a questo settore del Foro e per il devastante grado di spoliazione subìto dal monumento in età medioevale.

Le quote rilevate sulla superficie delle impronte vanno da + 15,50 m lungo l’asse centrale a +15,47 m slm verso i lati lunghi del rettangolo, definendo un leggero profilo a “schiena d’asino”, tale da consentire un agevole deflusso delle acque nel circuito di raccolta sottostante, attraverso le caditoie presenti lungo il perimetro dell’area60 e risparmiate nel cordolo di conglomerato cementizio, sul quale doveva poggiare la breve gradinata di raccordo con i portici soprastanti.

Paradossalmente l’entità delle tracce della destrutturazione fornisce da sola la misura dell’ingente patrimonio architettonico perduto. L’area esaminata (827 mq), si estende a nord fino alla fossa di fondazione del muro divisorio con la sala trisegmentata,

  Il frammento è stato rinvenuto sul piano del portico sopraelevato, al di sotto di un crollo di muratura insieme ad altri frammenti lapidei di riutilizzo. 59  Vedi nota precedente. Il frammento ha le seguenti dimensioni 0,53 x 0,45 x h 0,145-0,15 m. Soltanto quest’ultima misura corrisponde alle reali dimensioni della lastra originaria. 60   Vedi 4.3.2.6. 58

  Nel calcolo è escluso lo spessore dei muri di fondo dei due portici maggiori. 56   La Rocca 1998; Id. 2000; Id 2001. 57   Gros 2000. 55

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Scavi 1998-2007

Figura 3.28. Foro di Traiano. Veduta ricostruttiva del cortile porticato meridionale (da Meneghini-Santangeli 2007).

Figura 3.29. Foro di Traiano. I resti del cortile porticato meridionale visti da ovest (Via dei Fori Imperiali).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.30. Foro di Traiano. Il rilievo del cortile porticato meridionale (Settore VI) eseguito nel 2006 al termine delle operazioni di scavo (ril. E. Bianchi).

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Scavi 1998-2007

Figura 3.31. Indicazione delle unità stratigrafiche presenti nell’area del cortile porticato meridionale (Settore VI). I numeri in nero indicano le Unità Stratigrafiche mentre quelli in rosso indicano le quote sul livello del mare. (ril. E. Bianchi).

Lungo l’asse maggiore e in corrispondenza della terz’ultima fila di lastre disposte in senso est-ovest, che incrocia il primo allineamento, secondo una disposizione “a croce”, dovevano trovarsi due “guide/listoni” di lastroni di travertino, dei quali si conserva una lunga fossa di spoliazione, originariamente destinati a rimanere nascosti al di sotto delle lastre pavimentali. Alcuni di questi elementi di travertino, quasi certamente di riutilizzo, si sono conservati o singolarmente o affiancati (UUSS 8064 e 1888 lungo l’asse maggiore e US 8062 sul minore) al di sopra della loro fondazione o platea di calcestruzzo (UUSS 8013-8014), direttamente poggiata sul banco di argilla naturale (fig.3.31).

Tali guide o “listoni” sono presenti anche all’interno della platea in cementizio sottostante la pavimentazione della piazza centrale del Foro (fig.3.112,A-C) e, a meno di non doverne immaginare una funzione diversa per la quale non sussistono indizi, dovettero servire durante la realizzazione del cantiere non soltanto come “marcapiano” di riferimento per tracciare le pendenze della pavimentazione, ma in funzione delle operazioni di allineamento dei colonnati mediante apposita strumentazione61 (fig.3.112,E). Nella preparazione pavimentale, sul margine orientale della

  Vedi 3.2.1.2.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità superficie scoperta, si trovano altri blocchi di travertino (US 8063), funzionali alla copertura del condotto di raccolta delle acque (US 723) che corre in direzione nordsud al di sotto della fila di lastre pavimentali disposte originariamente lungo il margine in questione.

blocchi di travertino: pari a 1,50-1,70 m di lunghezza, sui lati corrispondenti alle superfici di contatto con i blocchi adiacenti, per una larghezza variabile da 1,16 a 1,90 (prev. 1,60) m.; l’altezza doveva essere di 0,83-0.85 m e giungere circa 0,20 m al di sotto del piano di appoggio delle lastre marmoree di rivestimento dei portici. Su tre lati della fondazione del colonnato coppie di blocchi di travertino sagomati inferiormente a cappuccina dovevano consentire il passaggio dei condotti fognari e proteggere lo speco nei punti di passaggio tra le colonne63.

Lo spessore di 0,12-0,15 m delle lastre di marmo bianco del rivestimento delle quali, come si è detto, lo scavo ha restituito un solo frammento, è ricavabile dallo spessore del cordolo in cementizio che borda tutto il perimetro dell’area scoperta. La quota massima della pavimentazione del cortile scoperto doveva corrispondere a +15,64 m slm.

La quantità di frammenti lapidei rinvenuti nello scavo e pertinenti al ricco e fastoso apparato decorativo del quale questo edificio era dotato, seppur esigua, è tuttavia sufficiente per consentire di formulare una ipotesi ricostruttiva.

3.1.2.3. I colonnati Del colonnato, disposto sui tre lati interni dell’edificio a separare l’area centrale scoperta dalla pavimentazione sopraelevata dei portici, resta soltanto una profonda fossa di spoliazione continua che ha lasciato a vista, sul fondo, una platea di calcestruzzo (US 8076, visibile sul lato meridionale del portico) (fig.3.31).

I portici erano sorretti da colonne corinzie con fusti lisci di marmo cipollino (o Caristio), dal caldo e intenso color verde scuro venato, di alcuni dei quali sono stati rinvenuti spezzoni negli scavi (fig.3.36). Altri frammenti sono riferibili a lesene lisce nello stesso marmo, che dovevano essere poste in corrispondenza delle colonne sulle pareti interne del portico64. Al vivace cromatismo dei fusti e della pavimentazione, nella quale a lastre anch’esse dello stesso marmo cipollino si alternavano lastre di portasanta, doveva contrapporsi il bianco del marmo lunense delle basi, dei capitelli e della trabeazione dei quali l’ordine era munito.

La stessa platea conserva a sua volta le impronte di una serie continua di blocchi di travertino, allineati lungo i lati (UUSS 8075, 8103, 8104, 8105), che costituiva la parte superiore della fondazione sulla quale poggiava direttamente il colonnato (fig.3.32). La platea è formata da una gettata di conglomerato cementizio con scaglie di travertino, la cui superficie si trova alla quota di +15,26-15,32 m slm. Qui, come in altri punti di questo settore, è particolarmente evidente che il taglio per la realizzazione della fondazione del portico fu eseguito direttamente nel banco di argilla naturale, rimesso in luce dall’attività di spoliazione degli elementi lapidei (figg.3.33-3.34). Sul lato meridionale, inoltre, sembra sia stata riutilizzata una fondazione già presente nell’area (US 8076), mentre sul lato opposto lungo la fossa di fondazione sono visibili i resti di una struttura in blocchi riferibile quasi certamente a una costruzione precedente l’impianto traianeo (fig. 3.35)62. In questo ristretto numero di evidenze riferibili con buona probabilità ad interventi precedenti il cantiere traianeo potrebbe senza dubbio rientrare anche la platea di travertini US 1873. A questa fondazione fu poi sovrapposto un cordolo in cementizio (US 1882), necessario per sostenere il primo elemento della gradinata che conduceva al pavimento del portico e la caditoia prevista per lo smaltimento delle acque pluviali (US 1889), caratterizzata in questo punto da una disposizione anomala rispetto a quella delle altre caditoie del cortile, tutte caratterizzate da un imbocco ortogonale rispetto al condotto fognario sottostante (fig.3.31).

Uno dei quattro grandi spezzoni di fusti di colonne in cipollino presenti nell’area65 (US 8088) conserva la dimensione del sommoscapo (diam. 0,84 m). L’altezza originaria dei fusti doveva misurare 7,60 m. Tra gli altri elementi recuperati si trovano: una base composita praticamente completa (diam. 1,22 m x h 0,44 m) (US 8096=FT 9570) (figg.3.37-3.38), un frammento di cornice ionica (US 8101= FT 9136?) e un capitello corinzio in magnifiche condizioni di conservazione (diam. inferiore 0,81 m; diam. superiore 1,00 m; h 0,98-1,00 m) (US 8086=FT 9101) (figg.3.39-3.40)66. L’altezza totale dell’ordine dei portici del cortile, considerate le altezze dei frammenti conservati: base (0,44 m), fusto (7,60 m) e capitello (1,00 m), con aggiunta di architrave (0,65-0,75 m), fregio (0,65-0,75 m) e cornice (0,80 m), doveva corrispondere a 11,13/11,34 m (= circa 38 p.r.) (fig.3.41). Si tratta delle stesse dimensioni di quelli dei portici della piazza, del secondo piano della Basilica Ulpia e dei portici situati sulla facciata delle c.d. Biblioteche67.

Le impronte conservate all’interno della fossa di spoliazione consentono di risalire alle dimensioni dei

  Sul lato nord il condotto US 720=231, sul lato est il condotto US 723 e sul lato ovest il condotto US 722=712. 64   Vedi 3.1.2.3. 65   I frammenti conservati misurano da 2,00 m circa a 2,95 m. 66  Si conservano anche altri due frammenti di capitelli: il primo (US 8098) è conservato per un’altezza di 0,68 m e per uno spessore di 0,31 m e un secondo (US 8099) è delle dimensioni di 0,57 m di altezza per 0,39 m di spessore. 67   Milella 2004, p. 66; Meneghini 2009, p.145. 63

  Queste fondazioni non sembrano essere le uniche preesistenti nell’area, poiché, infatti, l’estremità meridionale del braccio occidentale del cortile porticato fu poggiata sulla platea di cementizio con travertini (US 1873), la cui superficie superiore (+ 15,60) è effettivamente più alta di circa 30 cm rispetto a quella della fondazione sulla quale fu costruito il resto del portico del cortile. 62

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Figura 3.32. Ipotesi di ricomposizione degli elementi lapidei della gradinata di collegamento tra l’area scoperta centrale e i tre bracci del portico colonnato sopraelevato (elab. R. Meneghini, E. Bianchi).

Prima di procedere con la descrizione è opportuno specificare che l’ipotesi di ricollocazione di sei colonne sul lato nord è sembrata da subito l’unica possibile, anche a ragione delle misure degli elementi di copertura68. Viceversa, nelle fosse di fondazione dei lati lunghi l’assenza di qualsiasi riferimento alla collocazione delle colonne originariamente presenti non consente nell’immediato di risalire al loro numero. La logica di riproporre su questi lati lo stesso interasse di 3,16 m calcolato sul lato breve non è sembrata da subito la più scontata, in quanto porta a determinare un numero dispari di sette colonne per lato (fig.3.42)69. L’ipotesi, pur considerata, di raggiungere un numero pari di otto colonne, utile a permettere di collocare sul lato verso il Foro di Augusto gli ultimi fusti in linea con le due colonne del prospetto meridionale, ha tuttavia suscitato fin da subito forti dubbi. Innanzitutto la riduzione dell’interasse a 2,88 m, costringerebbe a rimodulare la larghezza delle coppie di lacunari del soffitto per collocarle su architravi poggiati su colonne più ravvicinate70. In secondo luogo, su entrambi i lati una colonna si sovrapporrebbe al tracciato dei condotti fognari71 (UUSS 8108-8109, 722, 723) (fig.3.43). Non trascurabile, in ultimo, la presenza sul portico occidentale di un lacerto di lastra di marmo bianco pavimentale che si sarebbe trovata al di sotto della terza base di colonna e non, com’è logico immaginare, nell’intercolumnio. Figura 3.33. Settore VI, lato est. Il taglio del banco di argilla naturale realizzato per il getto della fondazione del portico, visto da sud.

  Vedi 3.1.2.12. 69   In questo caso le ultime colonne sull’estremità meridionale dei portici non sarebbero in linea con quelle del prospetto in colonne di granito ma leggermente avanzate (analogamente a quanto riscontrato nella ricostruzione del colonnato dei portici laterali della piazza nel punto di aggancio con il ‘muro’ di fondo. 70   Vedi nota 68. 71  Non si comprende per quale motivo si sarebbe dovuto provvedere a proteggere anche qui come in altri settori gli spechi con blocchi di travertino, quando è ovvio che il sistema di smaltimento delle acque deve essere stato tracciato sulla base del progetto dei colonnati, prevedendone la posizione. 68

3.1.2.4. Le gradinate di accesso al portico Il portico sopraelevato che bordava su tre lati l’area centrale scoperta si raccordava a quest’ultima mediante una breve scalinata continua formata da tre gradini. 101

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.34. Settore VI, lato est. Il taglio del banco di argilla naturale realizzato per il getto della fondazione del portico, visto da ovest.

Figura 3.35. Settore VI, lato nord. Resti di strutture preesistenti al Foro di Traiano (US 8076) al di sotto del braccio di portico settentrionale e in prossimità della fossa di fondazione del colonnato corrispondente.

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Figura 3.36. Spezzoni dei fusti in cipollino pertinenti al portico colonnato che circondava su tre lati il cortile porticato meridionale.

La presenza di questa gradinata è stata rivelata da un saggio realizzato nel 2006 su un testimone di stratigrafia risparmiato dagli scavi del 1998-2000, conservato lungo il lato ovest della fossa di spoliazione del colonnato occidentale e situato a 6,20 m dall’incrocio con il colonnato posto sul lato centrale72. La rimozione del testimone ha messo in luce un consistente frammento di uno dei blocchi di travertino della fondazione del colonnato (altezza del blocco: 0,83 m) (fig.3.44) e, al di sopra, un frammento di lastra di marmo bianco di Luni, dello spessore di 0,25 m, che doveva costituire il gradino più alto della breve gradinata di collegamento con i portici, nel passaggio tra gli intercolumni (fig. 3.32). Alla base della fondazione del colonnato si svolge un basso “cordolo” continuo in calcestruzzo73, dello spessore di 0,35-0,40 m e alto, rispetto al piano lastricato, da 0,12 a 0,15 m, che fungeva da appoggio del primo dei tre gradini di collegamento con il portico (fig. 3.44)74.  Il saggio ha interessato due spezzoni di crollo di muratura larghi complessivamente circa 2,70 m e collocati tra il piano del portico occidentale e la fossa di spoliazione del colonnato corrispondente. 73   Il cordolo, presente sui tre lati del portico colonnato (UUSS 1882, 1883, 1884, 8018, 1876, 8045) (fig.3.31). 74   Il cordolo appare interrotto su tre lati del cortile e a distanze regolari dalle caditoie delle acque di scolo verso il sistema di raccolta posto ai piedi del colonnato (UUSS 1181 e 1891 a sud e UUSS 8016-8017 a nord). 72

Figura 3.37. Cortile porticato meridionale. Frammento di base composita (US 8096. FT 9570).

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Figura 3.39. Cortile porticato meridionale. Capitello corinzio (US 8086. FT 9101).

Figura 3.38. Cortile porticato meridionale. Profilo della base composita (US 8096. FT 9570). Figura 3.40. Cortile porticato meridionale. Rilievo del capitello corinzio (US 8086. FT 9101).

Le caditoie di immissione delle acque pluviali e di scarico della piazza, distribuite sui tre lati del portico dovevano essere ricavate nel punto di contatto tra l’alzata del primo gradino e la lastricatura della piazza. Il gradino intermedio doveva necessariamente poggiare parte sul sottostante e parte su un incasso appositamente realizzato nel blocco di travertino. La breve gradinata doveva misurare in altezza complessivamente 0,53 m e doveva correre ininterrottamente sui tre lati dell’area scoperta, e raccordandosi sul lato meridionale con il prospetto colonnato che chiudeva l’edificio su questo lato.

Un analogo sistema di incasso dei gradini è stato documentato su un blocco superstite di sottobase delle colonne del portico orientale della piazza del Foro di Traiano, documentato in una fotografia degli scavi del Governatorato nel 193175.

  Leone-Margiotta 2007, p. 377, fig. 2.528 (AF 21595).

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Figura 3.41. Sezione ricostruttiva del cortile porticato meridionale. Vista da ovest (dis. R. Meneghini, E. Bianchi).

Figura 3.42. Cortile porticato meridionale. Ipotesi ricostruttiva con sette colonne su ciascuno dei lati lunghi (ril. E. Bianchi).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.43. Cortile porticato meridionale. Ipotesi ricostruttiva con otto colonne su ciascuno dei lati lunghi (ril. E. Bianchi).

3.1.2.5. La pavimentazione del portico

Il portico era sostenuto da una platea di calcestruzzo (US 1899)78 dello spessore di 1,03-1,05 m, al di sopra della quale poggiavano le lastre marmoree del rivestimento. Su tutti i bracci del portico, delle lastre si conservano non soltanto le impronte (US 8114= 1911, 1912) ma anche numerosi lacerti delle stesse lastre ancora in posto che consentono di risalire alle dimensioni originarie e alla loro disposizione nel tappeto pavimentale. Insieme alle impronte si conservano anche numerosi frammenti di lastrine di ardesia, annegate nel massetto, che dovevano

Il piano del portico (+ 16,30 m slm) era formato da due bracci paralleli tra loro, aventi lo stesso orientamento dell’asse principale del Foro, lunghi 25 m e larghi 5,30 m, collegati da un braccio trasversale, largo 3,50 m, lungo complessivamente 28 m e affacciato sull’area scoperta per un’ampiezza di 18 m76. La superficie pavimentale dei tre bracci del portico, pari a 325 mq, era rivestita con lastre di marmo cipollino e portasanta, delle quali si conservano molti frammenti, anche in situ77 (figg.3.31, 3.97).

dei frammenti delle lastre si rimanda al paragrafo 3.1.4, figg.3.97, 3.98, 3.99. 78  La costruzione della massicciata del braccio ovest del portico (US 1899) fu preceduta dalla costruzione del condotto fognario US 722, la cui struttura cementizia US 8077 e US 1890 (fig.4.84) appare interrotta in corrispondenza della fondazione curvilinea dell’emiciclo augusteo (vedi 3.1.1).

  Meneghini 2001, p .126.  Lacerti della pavimentazione marmorea: UUSS 8110-8111-81128113/ 8082-8083-8084-8085 (Fig. VI.30). Per una disamina litologica 76 77

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Figura 3.44. Fossa di fondazione del braccio occidentale del portico. Il saggio di scavo della sottobase di travertino della terza colonna (da nord) sopravvissuta alla spoliazione insieme a una porzione del soprastante gradino marmoreo.

servire per agevolare la perfetta posa in opera delle lastre marmoree. Le 212 lastre rettangolari che componevano il piano del portico, tutte delle stesse dimensioni di 0,90 m x 1,80 m per uno spessore di 3,5-4,5 cm, come si può vedere dallo schema ricostruttivo (fig.3.45), erano perfettamente suddivise tra 106 in cipollino e 106 in portasanta e si distribuivano, secondo un motivo “a scalare”, con giunti sfalsati, su sei file parallele nei bracci lunghi (figg.3.46, 3.47, 3.48, 3.49) e su quattro file in quello corto centrale (fig.3.50) in un’armoniosa alternanza tra il caldo colore verde e il rosa tenue79 (fig.3.51).

differenti e separate fisicamente dai colonnati, non soltanto dal punto di vista pratico per l’utilizzo di un marmo da interno piuttosto che da esterno. La scelta, evidentemente, doveva allo stesso tempo rispondere sia alla funzionalità pratica dello spazio, sia ai criteri della rappresentazione del fasto imperiale ma, forse e ancor più, a quello di una differente destinazione d’uso, alla quale è difficile risalire per l’assoluta mancanza di dati di riferimento. La partitura pavimentale così composta evidenzia lo stretto rapporto con l’architettura del portico, sottolineato dalla scelta del portasanta, un marmo il cui impiego non trova confronti in altre parti dello stesso Foro di Traiano, in abbinamento al cipollino, dominante cromaticamente perché utilizzato anche per i fusti delle colonne e delle lesene a parete. L’apparato decorativo del cortile nel suo insieme ripropone, sul versante opposto del Foro, quello del cortile porticato della Colonna Traiana, richiamato soprattutto dalla pianta, di 18 m x 26 m, e nelle dimensioni degli ordini80. L’analogia si estende anche nell’adiacente edificio della c.d. Biblioteca occidentale, con la sua

Come accade per la piazza del Foro anche questo edificio costituisce un esempio eccellente di equilibrio funzionale ed estetico tra la pavimentazione della piazza, costituita da un lastricato in materiale lapideo bianco che connota l’area scoperta, e quella interna policroma dei portici, in opus sectile. La scelta del contrasto cromatico sembra voler accentuare la distinzione tra le diverse superfici, disposte su livelli   Per la litologia dei diversi elementi marmorei si rimanda alla trattazione specialistica di S. Santucci (vedi 3.1.4). 79

  Amici 1982, p. 83.

80

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Figura 3.45. Cortile porticato meridionale. Schema ricostruttivo del tappeto marmoreo costituito da lastre alternate di marmo portasanta e cipollino.

magnifica pavimentazione con un isodomo listellato in grandi lastre di granito grigio con fasce di giallo antico81 (fig.3.52).

una grande piazza coperta. Il cortile porticato si avvale dello stesso schema pavimentale delle navate minori della Basilica, sia pure con i dovuti adattamenti imposti dalle diversità della forma e della più estesa superficie di quest’ultima. Nella Basilica lastre delle stesse dimensioni di quelle riproposte nel porticato meridionale (0,90 x 1,80 m) si trovavano disposte su 5 file, secondo un motivo isodomo semplice a giunti sfalsati, con alternanza di lastre rettangolari di pavonazzetto e giallo antico, bordate da un “listello” su entrambi i lati; negli intercolumni dovevano trovarsi coppie di lastre dello stesso colore (fig.3.53).84.

Tuttavia, lo schema decorativo del cortile porticato meridionale ripropone principalmente ed esattamente una parte del tappeto pavimentale delle navate perimetrali della Basilica Ulpia82. Qui naturalmente le maestose dimensioni dell’edificio si riflettono in uno schema più complesso e completamente diverso per la navata centrale83, in realtà   Packer 1997, pp. 264-265.   Uggeri [1830], tav. XII. Amici 1982, p. 16 e tav. II. 83  Nella Basilica le navate minori seguono perimetralmente la navata centrale lunga 150 e larga 55 m, dove il pavimento presenta una tessitura di lastre rettangolari di marmo che delimitano una serie di quadrati con inseriti alternativamente cerchi e quadrati minori, con motivo identico a quello presente nell’esedra del portico della piazza. 81 82

 Un saggio di scavo realizzato sotto Palazzo Roccagiovine ha confermato la presenza di un’alternanza regolare di cinque file di lastre rettangolari (1,80 x 0,87 m) di marmo Giallo antico e Pavonazzetto disposte a scalare (Scaroina-La Regina 2014, p. 168, fig. 2. 84

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Figura 3.46. I resti delle lastre marmoree e della preparazione pavimentale sul braccio orientale del cortile porticato. Vista da est.

Figura 3.47. I resti della preparazione pavimentale con le impronte delle lastre marmoree conservati sul braccio occidentale del cortile porticato. Vista da sud.

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Figura 3.48. Braccio occidentale del cortile porticato. Un dettaglio dei resti della preparazione pavimentale e delle impronte delle lastre marmoree al termine dello scavo.

Figura 3.49. I resti della preparazione pavimentale del braccio occidentale del cortile porticato visti da ovest. Al centro dell’immagine la fossa di spoliazione della fondazione dell’emiciclo augusteo, inglobata dalle costruzioni traianee.

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Figura 3.50. Braccio settentrionale del cortile porticato visto da sud. I resti della pavimentazione marmorea con lastre di marmo cipollino e portasanta. In alto, la fossa di fondazione del muro di fondo della sala trisegmentata. Al centro, la traccia del passaggio di una fistula plumbea.

Figura 3.51. Ricostruzione grafica della pavimentazione marmorea del cortile porticato in corrispondenza dell’angolo formato tra il braccio settentrionale (a sinistra) e quello orientale (in alto) (elab. S. Santucci).

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Figura 3.52. L’interno della c.d. Biblioteca occidentale secondo l’ipotesi ricostruttiva proposta da J. Packer (da Packer 1997).

inscritti l’uno nell’altro formando un doppio “circuito” chiuso; in entrambe le navate meridionali il motivo è disposto a scalare da sinistra verso destra, mentre quello delle due navate settentrionali presenta un andamento contrapposto86. Nel cortile porticato meridionale lo schema è analogo, ma su corridoio singolo e con un andamento semplicemente ‘bidirezionale’, perché applicato su un rettangolo aperto, nel quale la “circolarità” si spezza per indirizzare il percorso verso il Foro di Augusto, mentre il braccio centrale presenta lo stesso andamento delle lastre pavimentali delle navate meridionali della Basilica. Si potrebbe anche aggiungere una ulteriore osservazione: nella basilica i tre avancorpi monumentali d’ingresso dalla piazza sembrano indicare un asse di attraversamento da nord a sud, ma la situazione all’interno dell’edificio mostra un cambiamento del percorso in senso periferico lungo l’asse est-ovest dell’edificio, suggerito dall’andamento dei colonnati e dal pavimento stesso (figg.3.53-3.54), lasciando al centro una zona di disimpegno coloristicamente attraente87, in realtà, come s’è detto, una vera e propria piazza fornita di copertura.

Figura 3.53. Basilica Ulpia, navata centrale e laterale interna (particolare). Ricomposizione del tappeto pavimentale (da Amici 1982).

Come suggerito da Carla Amici, un disegno di questo tipo, a fasce continue di lastre alternate, sottolinea la percorribilità continua nei due sensi lungo le navate laterali, secondo un andamento rotatorio, circoscrivendo e mettendo in risalto la zona libera della navata centrale85 (fig.3.54). Le osservazioni della studiosa possono essere applicate anche al caso del cortile porticato meridionale, ma con alcune differenze. Le navate della Basilica Ulpia, descrivono nella pianta due grandi rettangoli

In modo del tutto analogo, al cortile porticato meridionale si giungeva passando attraverso l’imponente architettura del colonnato meridionale della piazza e, di seguito, nel tratto centrale della sala trisegmentata. Da questo punto il percorso doveva sdoppiarsi sui due lati di un’area scoperta connotata   Amici 1982, Tav. II.   Vedi nota precedente.

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  Amici 1982, p. 16 e fig. 21.

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Figura 3.54. Basilica Ulpia. Schema degli assi ottici (......) e dei percorsi interni (----). In evidenza, una porzione del settore centrale per il confronto con l’articolazione dello spazio connotante il cortile porticato meridionale (elab. da Amici 1981, fig 21).

da uno sfondo prospettico distinto architettonicamente, oltre il quale si poteva raggiungere il Foro di Augusto. Ne consegue che non si può affermare con sicurezza se i portici, nonostante l’effetto attrattivo della loro splendida pavimentazione, costituissero la parte più importante dell’edificio, ruolo che, con buona probabilità, è invece da attribuire all’area scoperta pavimentata in candido marmo bianco, per la quale gli stessi portici fungevano da cornice.

estremo e opposto rispetto al Cortile della Colonna. Tuttavia, sembra che qui siano state adottate alcune varianti significative che si possono riepilogare come segue: • il marmo portasanta in tutto il Foro di Traiano si trova impiegato solo in questo edificio, mentre il cipollino, ampiamente utilizzato per i fusti del secondo ordine della Basilica, non è finora attestato nei rivestimenti pavimentali; uso che risulta raro anche per ciò che riguarda gli altri Fori, ad eccezione di un impiego molto limitato nella vicina Aula del Colosso89; • eliminazione dei quadrati angolari con disco inscritto presenti nello schema delle navate della Basilica e sostituzione del motivo con una connessione angolare della trama di lastre; • sui bracci lunghi del portico fasce parallele di lastre di colore alterno hanno andamento a scalare, ma con direzioni opposte. Lungo i bordi esterni della tessitura si evidenzia una apparente anomalia dell’andamento delle fasce, costituita da uno sfalsamento del motivo; • il tappeto pavimentale a lastre rettangolari circonda uno spazio aperto, mentre nella Basilica Ulpia delimita un’ampia area chiusa; • questo stesso tappeto, come nelle navate della Basilica Ulpia, non si interrompe in corrispondenza delle porte. Tuttavia, queste nella Basilica sono collocate sempre in corrispondenza del lato lungo delle lastre, mentre nel cortile porticato i due passaggi dalla sala trisegmentata e quelli che quasi certamente conducevano nel portico settentrionale del Foro di Augusto su entrambi i corridoi si trovavano alla terminazione delle fasce rettangolari e in corrispondenza dei lati corti delle lastre pavimentali.

Secondo quanto già evidenziato in altra sede, la realizzazione di questa parte del Foro deve essere seguita di pochi anni a quella della Basilica Ulpia e del complesso di edifici intorno alla Colonna. Dunque, la riproposizione dello stesso apparato decorativo, in logica continuità con quanto già realizzato nel settore opposto, se da un lato potrebbe essere interpretata soltanto come il risultato della necessità di mantenere una visione unitaria dell’apparato decorativo, dall’altro potrebbe costituire la traccia di una qualche analogia di funzione di questi spazi. Vero è che il cortile porticato meridionale deve richiamare anche una contemporaneità di costruzione con il cortile della Colonna Traiana, nella sua conformazione scaturita dalla fase finale del processo di costruzione di questo settore seguita all’eliminazione del quarto lato. Ciò consentirebbe di attribuire al cortile meridionale il ruolo di sontuoso “vestibolo”, posto a precedere l’ingresso al Foro di Augusto oppure, in una prospettiva ribaltata, quale spazio di comunicazione diretta tra il Foro di Augusto e il nuovo Foro traianeo, qualora si dovesse privilegiare quest’ultima direzione di percorrenza. Lo schema del pavimento del cortile porticato meridionale non è dunque “nuovo” nel Foro di Traiano, ma sembra far parte di un programma decorativo esteso a tutto il complesso88, del quale questo edificio costituisce il punto

L’adiacente Foro di Augusto fu il primo dei Fori Imperiali a distinguersi per la realizzazione di pavimenti per i quali si scelsero schemi grafici proporzionati dimensionalmente con gli alzati imponenti degli ambienti di rappresentanza

  Per un’analisi descrittiva delle pavimentazioni marmoree (i sectilia pavimenta) dei Fori imperiali: Vitti 2002. 88

  Ponti 2002.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità del potere ufficiale. Certamente, un ulteriore elemento che deve aver condizionato la fastosità del cortile porticato meridionale, è quello di essere stato collocato direttamente a ridosso del complesso più antico, con la funzione di edificio deputato anche al suo collegamento diretto, ruolo che inevitabilmente doveva essere sottolineato da un adeguato apparato decorativo.

Campidoglio95, dove si trovava la sua mostra terminale96. L’acquedotto, prima di salire sul colle dirigendosi verso la cd. Basilica Argentaria, doveva alimentare le fontane, con il gruppo delle ninfe Appiadi, situate sulla fronte del Tempio di Venere Genitrice97 (fig.3.58), per poi raggiungere separatamente uno o più impianti di grande portata, forse la stessa forica occidentale del Foro di Cesare e il cd. Ninfeo affacciato sul clivo Argentario.

Nel progetto augusteo si era posta particolare attenzione non soltanto nella scelta dei marmi utilizzati per le diverse pavimentazioni, seguendo impeccabilmente gli ordini architettonici con rimandi cromatici90, ma anche nella selezione dei motivi decorativi in funzione della destinazione d’uso delle diverse parti del complesso (portici, Aula del Colosso, emicicli e Tempio di Marte Ultore). L’intero impianto architettonico si fondava su una precisa correlazione nella scala tra le dimensioni degli alzati o degli intercolumni e lo schema tipologico del disegno pavimentale adottato, definito “a grande modulo”. Il modello qui sperimentato si affermò in via definitiva anche nel Foro di Traiano, con una contestuale ripresa del linguaggio espresso, appunto, nella corrispondenza dimensionale tra i moduli dell’opus sectile pavimentale e le partiture degli alzati91.

Il condotto, tuttavia, dopo essere uscito dal cortile porticato, doveva sottopassare l’area di forma trapezoidale e probabilmente scoperta, compresa tra il cortile stesso a est, la sala trisegmentata a nord, il muro perimetrale del Foro di Augusto a sud e il portico del Foro di Cesare a ovest. In corrispondenza del limite settentrionale di quest’ultimo è stato identificato un nuovo ingresso al Foro di Cesare collocato nel muro perimetrale e caratterizzato dalla presenza, accanto a un grande portale arcuato di accesso, di un arco di scarico in bipedali che doveva proteggere una canalizzazione presente nel sottosuolo98. Éprobabile che, data la sua posizione in linea con l’impronta della grande fistula rinvenuta nel sottosuolo del braccio di portico settentrionale del cortile porticato, l’arco di scarico proteggesse la stessa conduttura, come le quote di entrambi sembrano confermare99.

Negli intercolumni della navata centrale della Basilica Ulpia fu impiegato il granito del Foro, per richiamare cromaticamente sui piani orizzontali i fusti delle navate realizzati nello stesso materiale, mentre tra gli intercolumni che dividevano le navate laterali fu adoperato il pavonazzetto. Date queste due evidenze non si può del tutto escludere che anche nella tessitura pavimentale del cortile porticato meridionale la policromia del reticolo rettangolare dell’opus sectile (fig.3.55) potesse proseguire nell’intercolumnio, per sottolineare quella dei fusti di cipollino con lastre di un marmo diverso, come l’africano, del quale sono stati trovati nell’area alcuni frammenti quasi certamente pertinenti alla decorazione parietale.

Più a sud e a una quota di poco inferiore, su un allineamento pressoché parallelo, doveva trovarsi il collettore di uscita del sistema di smaltimento delle acque del Foro, diretto verso la Cloaca Massima100 (fig.3.58). Nel 2007 lo scavo del condotto US 748 ha rivelato la presenza di un blocco di travertino largo circa 1,60 m inglobato nella spalla di una canaletta in laterizio101. Il blocco, forato al centro, documenta la presenza di una conduttura a elementi collegati l’uno all’altro con il sistema detto “a cordone e bicchiere”, testimoniato da Vitruvio con il nome di lapides perterebrati102. Si tratta evidentemente di una diramazione dello stesso acquedotto, forse diretto verso il settore centrale del Foro.

3.1.2.6 Gli apprestamenti idraulici sottostanti il portico Nel massetto di preparazione pavimentale del braccio settentrionale del portico si è conservata la traccia del passaggio di una fistula plumbea di grandi dimensioni (diam. 0,30 m)92 (figg.3.56-3.57). Questa conduttura, proveniente dagli impianti idraulici presenti all’interno della c.d. Terrazza Domizianea93, ha lasciato altre due importanti tracce del suo percorso: la prima nel settore III, consistente in un profondo incasso rivestito di laterizi in corrispondenza della scala di servizio D (US 36)94, oltre a un’impronta del suo percorso riconoscibile ai piedi del Tempio di Venere Genitrice. Doveva trattarsi del ramo dell’Aqua Marcia diretto verso la sommità del

  Meneghini 2015.   Bianchi-Santucci 2020, fig. 8. La mostra dell’Aqua Marcia si può collocare in quest’area in base ad alcune testimonianze, quali un diploma militare del 64 d.C. (CIL III, 846=XVI, 5), che attesta la presenza di una statua di Q. Marcius Rex dietro il Tempio di Giove Capitolino, e un denario di L. Marcius Philippus del 56 a.C., sul quale sono rappresentati tre archi, con l’iscrizione Aqua Mar, sormontati da una statua equestre, evidentemente affacciata sulle pendici nord-occidentali del Campidoglio. 97   Colini 1933; Amici 1991, pp. 99-100. Ulrich 1986. Bianchi 2010a, pp. 381-386; Meneghini 2010, Tav. XIV, 1; Delfino 2014, pp. 160-161. 98   Meneghini 2016, p. 28. 99   La quota di imposta dell’arco di scarico si può calcolare intorno a 17,40 m slm sulla base del disegno d’archivio rinvenuto da Roberto Meneghini (vedi Meneghini 2016, p. 29, fig. 2), mentre l’alloggiamento della fistula si trova immediatamente al di sotto della quota pavimentale del portico (16,30 m slm) e risulta quindi compatibile con il passaggio della sua prosecuzione al di sotto del muro perimetrale del Foro di Cesare. 100   Vedi 4.5. 101   Vedi 4.3.2.1, fig.4.69. Bianchi-Santucci-Antognoli 2015, p. 152, fig. 11e. 102  Vitr. De Arch. 8.6.8. Bianchi-Santucci 2020, nota 49. 95 96

  Guidobaldi-Guiglia Guidobaldi 1983, pp. 49-58; Guidobaldi 1985, pp. 176-178. 91   Packer 1997, p. 264. 92   Meneghini 2009, p. 139 e fig. 58/FF a p. 60; Id. 2015b, p. 137, fig. 8 e p. 138, fig. 9. 93   Bianchi-Santucci-Antognoli 2015; Bianchi-Santucci 2020. 94   Vedi 2.4 e 4.2. 90

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Scavi 1998-2007

Figura 3.55. Cortile porticato meridionale. Schema ricostruttivo del tappeto marmoreo costituito da lastre alternate di marmo portasanta e cipollino. Negli intercolumni si evidenzia la possibile presenza di lastre di Africano (elab. E. Bianchi).

3.1.2.7 Osservazioni sulle modalità di esecuzione dell’intervento traianeo nell’area

nella sovrapposizione con l’assetto precedentemente dettato dal Foro di Augusto104, contribuisce ad aggiungere alcuni tasselli alla conoscenza degli esiti dell’ultima delle trasformazioni imperiali.

Prima di concludere la descrizione dei portici è opportuno tornare per un momento sulla questione delle trasformazioni attuate sull’area già prima di Traiano. L’orografia della pendice del Quirinale fu in parte modificata prima per la costruzione dell’imponente complesso augusteo e successivamente da Domiziano per le opere propedeutiche alla realizzazione di un progetto finalizzato a conferire all’area un nuovo assetto, interrotto probabilmente in fase iniziale103. L’analisi e l’interpretazione delle tracce rinvenute sul terreno, nel settore corrispondente al passaggio tra i Fori di Augusto e di Traiano, nonostante la scarsezza delle evidenze materiali, e la difficoltà di attribuire con certezza alcune attività o singole opere strutturali a Domiziano o a Traiano

Lo scavo della sala trisegmentata, del cortile porticato e del suo sistema di smaltimento, come si è visto, ha rivelato come il banco di argilla naturale (deposito sabbioso-argilloso del paleo Tevere) affiori, in diversi punti, nelle sezioni lasciate a vista dalla sistematica spoliazione degli elementi lapidei delle fondazioni (fig.3.8, 3.18-3.19, 3.33-3.34)105.   Vedi 3.1.1.   In quest’area dello scavo il banco di argilla affiora in vari punti, soprattutto nel settore sud-occidentale: tra la fondazione curva del muro di fondo dell’emiciclo e la fondazione del muro in laterizio; al di sotto della sezione nord orientale della massicciata che sostiene la pavimentazione perimetrale del cortile porticato traianeo, tra la muratura del condotto a cappuccina US 722=712 (US 8077) e i blocchi di travertino inglobati nella fondazione in scaglie di travertino e tra questi e gli altri blocchi di travertino posti sulla facciata dell’emiciclo. 104 105

  Meneghini-Ungaro 2015, con bibliografia precedente.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.56. I resti della pavimentazione marmorea del braccio settentrionale del portico, visti da est. Al centro la traccia dell’alloggiamento della grande fistula dell’acquedotto diretto verso il Campidoglio.

Figura 3.57. Cortile porticato meridionale. Rilievo dei resti del braccio settentrionale con il tracciato della fistula conservata sotto la preparazione pavimentale (US 8114); a destra in evidenza la posizione del blocco di travertino inserito nella muratura del condotto proveniente dal settore sud-orientale (US 748) (ril. E. Bianchi).

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Scavi 1998-2007 Tale attività ha consentito di riportare in luce anche esigue evidenze strutturali riferibili a costruzioni preesistenti, consistenti soprattutto in blocchi di tufo, inglobate in quelle successive, che è purtroppo difficile interpretare, ma che sono documentate almeno in due casi. Un primo caso riguarda un blocco visibile nella parete della fossa di fondazione del colonnato settentrionale del cortile (fig.3.35). Un secondo caso è costituito dai blocchi di tufo con grappe a coda di rondine situati sulla linea di facciata del terzo emiciclo augusteo e probabilmente riutilizzati come sottofondazione di uno dei pilastri o colonne. Per una ipotesi ricostruttiva del contesto, tenuto conto di ciò che resta degli interventi augustei, vi è la difficoltà di attribuire all’attività di Domiziano o di Traiano evidenze che nel rapporto stratigrafico si trovano in successione diretta, intendendo con ciò, ovviamente, sia interventi di taglio, rasatura od obliterazione di strutture, sia l’appoggio o la sovrapposizione di murature nuove su altre preesistenti. Visti gli esiti delle radicali attività di spoliazione e il pessimo stato di conservazione di quel che resta e mancando dati stratigrafici certi per la definizione degli stessi rapporti tra le strutture, ci si è avvalsi praticamente solo dell’analisi della tecnica edilizia.

Figura 3.58. Il tracciato degli apprestamenti idraulici presenti al di sotto delle strutture murarie e delle pavimentazioni del settore meridionale del Foro, come ipotizzato sulla base delle evidenze conservate; in azzurro il percorso dell’acquedotto proveniente dalla c.d. Terrazza Domizianea, in giallo il ramo principale della canalizzazione per lo smaltimento delle acque verso la Cloaca Massima (dis. E. Bianchi).

La presenza di elementi attribuibili all’uno o all’altro imperatore permette di delineare anche le differenze nell’impianto dei due progetti. Di quello di Domiziano non è noto quasi nulla, se non la mera predisposizione di una nuova area edificabile anche sul lato nord della mole del Foro di Augusto, ampiamente documentata dalla realizzazione della Terrazza Domizianea106.

blocco antistante, alcuni basamenti per sculture109, nonché un’altra base di appoggio nell’angolo nord-orientale dell’emiciclo, inglobata nella massicciata di travertini110, e le stesse fondazioni dell’emiciclo furono senza dubbio riutilizzate nelle costruzioni successive, mentre altre, la cui cronologia deve essere rivista, furono costruite ex novo.

Per quanto riguarda il progetto attuato da Traiano risultano senz’altro chiari i rapporti di sovrapposizione di alcune strutture, prima tra tutte la massicciata del braccio occidentale del nuovo portico. Proprio per poter disporre di uno strumento di analisi diretta di tutte le evidenze disponibili sullo scavo, l’elaborazione di un nuovo rilievo diretto si è resa indispensabile per la documentazione e per la comprensione delle tracce sopravvissute (fig.3.30)107.

Ciò vale soprattutto per la platea in calcestruzzo con scaglie di travertino e malta grigiastra molto compatta (US 1873), gettata all’interno della superficie compresa tra la facciata dell’emiciclo, la sezione curva del muro di fondo dell’emiciclo stesso e la massicciata del portico traianeo soprastante, già considerata come parte integrante della fondazione del colonnato che circondava il cortile traianeo111, sulla base di presunte analogie costruttive relative al conglomerato cementizio impiegato, della sua quota di superficie (+15,60 m slm) e dei rapporti con le strutture adiacenti.

Sembra ormai acclarato che la demolizione dell’emiciclo fu attuata da Domiziano contestualmente all’eliminazione dell’emiciclo situato sul versante opposto108. È dunque plausibile che all’avvio del cantiere traianeo ci si trovò a dover fare i conti con la presenza di opere strutturali e infrastrutturali già predisposte da Domiziano. Del resto alcune strutture riferibili all’allestimento interno dell’emiciclo, in particolare il muro in laterizio con il

In realtà, l’esame del materiale impiegato e la verifica delle quote, non fornisce affatto un tale quadro, come

  Tortorici 1993; Meneghini 2009; Bianchi-Santucci-Antognoli 2015; Bianchi-Santucci 2020. 107   Uno stralcio dell’originale a matita di questo rilievo è stato utilizzato per la fig. 45 in Carnabuci 2011. Le accurate planimetrie elaborate in fase di scavo, costituiscono comunque una fonte di informazione preziosa. Si fa riferimento alla pianta di fine scavo 1998-2000 (ASTRA Archeologia Stratigrafica S.crl) e a quella di fine scavo 2004-2007 (Archeometra SrlParsifal Coop Di Archeologia-Archeoprogramma). 108   Meneghini-Ungaro 2015, con bibliografia precedente.

  Secondo E. Carnabuci (Carnabuci-Braccalenti 2011) la presenza di un basamento in travertino costituisce la causa dell’andamento anomalo del braccio di canaletta traianeo (US 723). I motivi del percorso di questo condotto sono piuttosto da ricondurre alla necessità di raccordare il portico occidentale del cortile con una fogna preesistente avente diverso orientamento. 110   Tale massicciata è stata attribuita da E. Carnabuci al cantiere traianeo (Carnabuci 2010, p. 49). 111   Carnabuci 2010, nota 25.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità fu del resto suggerito già nei primi rapporti di scavo112, ove fu proposto di datare la platea di calcestruzzo in un momento precedente all’età traianea. Fin da un primo esame la fondazione appariva obliterata dalle strutture del portico e della fognatura US 722, il cui nucleo cementizio (US 8077) fu ricavato a seguito di un taglio realizzato sulla platea stessa (fig.3.59).

testa (US 1476), rinvenuti sulla platea in cementizio del muro di fondo del portico augusteo (figg.3.9, 3.10, 3.11). I tre blocchi, finora considerati augustei e riutilizzati nel portico traianeo, con buona probabilità dovettero essere, invece, messi in opera contestualmente alla costruzione del portico, costituendo una prima assise sopra alla quale furono poi collocati altri blocchi disposti trasversalmente, per sostenere la massicciata del braccio occidentale del portico stesso114.

Ci si chiede, peraltro, per quale motivo i costruttori del cortile porticato traianeo avrebbero dovuto realizzare una gettata di calcestruzzo con scaglie di travertino soltanto all’interno delle strutture dell’emiciclo augusteo, ormai scomparso. Inoltre, sopra l’US 1873 appaiono poggiati sia il cordolo in cementizio della gradinata del portico (US 1882) che i resti della caditoia (US1889=8046) (fig.3.31), della quale resta il fondo rivestito da una fila di tre laterizi allineati per testa, il cui orientamento anomalo sembra dettato dalla necessità di raccordarsi con una conduttura preesistente. A favore dell’ipotesi che la fondazione e il sistema di smaltimento a essa connessa siano riferibili a un momento precedente alla costruzione del portico giocano proprio la quota di questa caditoia e il suo diverso orientamento, rispetto a quelli delle altre quattordici facenti parte del nuovo sistema di smaltimento dell’area113.

Come è invece evidente i blocchi in questione si sovrappongono a quelli della facciata dell’emiciclo (alti 0,30 m), che appaiono vistosamente e irregolarmente scalpellati per effetto di una riduzione di dimensioni o per un tentativo di spoliazione (fig.3.11). Nella posa in opera dei nuovi blocchi la superficie inferiore fu adattata alla conformazione irregolare di quelli la cui originaria funzione, evidentemente, era ormai venuta meno. Si può osservare, d’altra parte, che al di sopra della lunga fondazione del muro perimetrale del portico augusteo, altre impronte di blocchi disposti in maniera analoga si rilevano soltanto in corrispondenza del braccio occidentale del portico traianeo.

La stessa caditoia, prima di terminare nel canale del lato sud, si collega a un profondo taglio sul blocco di tufo con incasso per grappa a coda di rondine (UUSS 8043-8044), riferibile a un’epoca anteriore a quella della realizzazione dell’esedra, dilavato e ancora coperto da uno strato di concrezione calcarea. Ciò dimostra che al momento della costruzione del cortile porticato traianeo il filare superiore di travertini era già stato rimosso, consentendo all’acqua di scorrere sulla superficie del blocco di tufo. La presenza dei laterizi disposti in piano potrebbe far pensare all’alloggiamento di una conduttura, annegata nella fondazione di travertini (US 1889=8046) e connessa con il lacerto di muratura sovrapposto alla fondazione stessa.

La notevole lunghezza dei tre blocchi, il loro diverso spessore, l’irregolare disposizione sui blocchi augustei, l’assenza di ulteriori impronte analoghe visibili sul piano della fondazione in cementizio (fig.3.10), oltre che l’innegabile necessità di sostenere in questo punto la terminazione del braccio di portico traianeo, consentono di escludere ogni dubbio sulla loro recenziorità rispetto alle opere augustee. La notevole lunghezza dei blocchi in questione, circa 2 m, inoltre, sembra funzionale non soltanto all’appoggio delle strutture del portico soprastante, ma a un intervento relativo alla fondazione, ora deputata a sostenere il nuovo muro di fondo del portico augusteo.

È molto probabile che immediatamente dopo la demolizione dell’esedra siano state realizzate una o più canalizzazioni per una diversa sistemazione dell’area, mai completata, ma rioccupata da Traiano per costruirvi il nuovo cortile porticato.

Come evidenziato nella fig.3.60, prima della demolizione dell’emiciclo, nella larghezza della fondazione (pari a 2,75 m) (linea verde) dovevano essere alloggiate le strutture di sottobase sia dell’ordine della facciata con colonne o pilastri posta a separazione tra l’emiciclo stesso e il portico, sia del muro che la separava dalla pavimentazione del portico115. Nella stessa figura, la misura compresa tra la terminazione delle lastre pavimentali del portico occidentale del cortile traianeo (linea rossa) e l’originario filo interno della facciata dell’emiciclo (linea verde) dovrebbe corrispondere alla superficie riservata all’inserimento del nuovo muro di delimitazione del cortile porticato traianeo. Tale allineamento è marcato con precisione dalla posizione del grande blocco di travertino

Nello specifico, la differente conformazione e tecnica edilizia del condotto che corre ai piedi del lato meridionale del cortile porticato (US 8054), al quale furono adattate le caditoie UUSS 1409 e 8019, funzionali allo smaltimento idrico del lato di fondo del cortile stesso, potrebbe essere ricondotta alla presenza di una canalizzazione preesistente (fig.3.31). Un’altra questione è quella riguardante il filare di tre blocchi sopravvissuti alla spoliazione, alti 0,60 m e disposti per

  Carnabuci 2010, pp. 128-9. Per la studiosa soltanto il blocco superiore è da attribuire al portico traianeo. 115  Secondo E. Carnabuci lo spazio lasciato dalla fronte rettilinea dell’emiciclo, che risulta arretrata di almeno 0,72 m rispetto al filo dell’adiacente fondazione del muro di fondo, si spiega con la presenza di una ‘cintura’ di blocchi disposti lungo la facciata del terzo emiciclo. 114

  Rizzo 2000, pp. 71-72; Ead. 2001, pp. 230-234. Malta e inerti sono molto differenti da quelli della fondazione traianea del portico ciò che suggerisce una diversa funzione strutturale. 113   Vedi 4.3.2.6. Si noti che per il posizionamento di questa caditoia si dovette invertire la direzione di scarico. 112

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Scavi 1998-2007

Figura 3.59. Cortile porticato meridionale, lato sud ovest. In primo piano la platea di calcestruzzo con travertini e il taglio realizzato per la costruzione del condotto fognario US 722 (e del nucleo cementizio, US 8077) pertinente alle strutture del portico traianeo.

alto 0,40 m, che sembra costituire un tutt’uno con i tre blocchi poggiati sulla platea in opera cementizia, ai quali è sovrapposto per taglio (fig.3.11).

In corrispondenza del braccio settentrionale del portico, tuttavia, non ci sono blocchi di travertino in quanto, evidentemente, la fondazione poté essere gettata su una superficie più uniforme, in grado di offrire maggiori garanzie di stabilità. Necessariamente, anche qui tale superficie dovette essere creata ex novo, in corrispondenza della lunga fossa di fondazione del muro di fondo del portico augusteo.

Questo blocco superiore non può che essere attribuito alla costruzione della massicciata pavimentale traianea, perché la sua faccia esposta a sud è perfettamente a filo con essa. Su un’area dove erano state attuate importanti modifiche che sono all’origine delle difformità riscontrate sulle superfici superstiti, una struttura di tale solidità fu certamente realizzata per creare una base adeguata, consistente e affidabile sulla quale poggiare la massicciata cementizia del fondo del portico traianeo, il muro terminale del cortile porticato e, alle sue spalle, un nuovo muro perimetrale per il portico del Foro di Augusto.

In sostanza, l’allineamento marcato dal blocco disposto trasversalmente determina anche quello sul quale doveva avvenire il contatto tra i due Fori, individuato da un passaggio collocato evidentemente alla fine dei due bracci di portico, mentre il prospetto meridionale del cortile porticato doveva attestarsi, come si vedrà, su un allineamento spostato verso il centro del cortile, come testimoniato dalle strutture rinvenute (UUSS 8053, 8062, 8056).

Il nuovo muro continuo, costruito da Traiano nel Foro di Augusto per dare continuità al muro di fondo del portico, in sostituzione dell’originaria apertura verso l’emiciclo, ospitava presumibilmente una decorazione architettonica con nicchie inquadrate da semicolonne. Indubbiamente, la diversa altezza raggiunta dai muri perimetrali dei due fori contrapposti doveva lasciare a vista, dietro a quello del Foro di Traiano, l’alta muraglia di nuova costruzione del portico augusteo.

Permane il dubbio sulla cronologia della massicciata in opera cementizia con scaglie di travertino, che non si esclude possa essere stata realizzata durante i lavori attuati da Domiziano sull’area, dopo la demolizione dell’emiciclo che, come si è detto, deve essere avvenuta contestualmente a quella della struttura gemella presente sul lato opposto del Foro di Augusto. 119

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.60. Settore di scavo tra i Fori di Augusto e di Traiano. L’ampiezza originaria della fondazione del muro settentrionale del portico del Foro di Augusto in corrispondenza con l’emiciclo è evidenziata dalla linea verde; la superficie compresa tra la linea rossa e la linea verde individua lo spessore del muro di delimitazione del portico traianeo sovraimposto alla linea di fondazione della precedente fondazione del portico settentrionale del Foro di Augusto.

I recenti studi che hanno preso in esame le caratteristiche geomorfologiche dell’ambiente occupato dai Fori Imperiali sono ormai concordi nel collocare il piede della pendice del Quirinale proprio alle spalle dell’emiciclo nord-occidentale del Foro di Augusto116.

Dato l’esiguo spazio a disposizione, la demolizione della pendice costituì il presupposto per l’avvio di nuove costruzioni da parte di Domiziano su questo versante. É molto probabile che per opera dello stesso imperatore, per far spazio alla costruzione di un nuovo Foro, l’abbattimento

 Rizzo 2001, p. 215 ss; Meneghini-Santangeli Valenzani 2007, p. 81 ss; per gli esiti della discussione riguardante la conformazione

paleo ambientale dell’area compresa tra il Quirinale e il Campidoglio: Meneghini 2022; Rosa 2022; Arnoldus Huyzendeveld 2022.

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Scavi 1998-2007 nel Foro di Augusto dell’emiciclo sud orientale possa essere avvenuta contestualmente a quello dell’emiciclo situato sul lato opposto sud occidentale. Può essere plausibile che a fronte della continuità di funzione garantita agli emicicli maggiori, nei quali erano ospitati i tribunali presieduti dai pretori urbano e peregrino117, all’eliminazione di entrambi gli emicicli minori, con buona probabilità riservati fino ad allora alla conservazione dell’ingente repertorio di documenti prodotti dall’attività giudiziaria, si sia provveduto con il trasferimento in una nuova collocazione118. Tuttavia, l’ipotesi del contemporaneo smantellamento dell’emiciclo sud occidentale rientrerebbe nella logica di una riorganizzazione degli spazi situati alle spalle del Foro augusteo, come sembra confermare la recente ipotesi ricostruttiva nel progetto della facciata dell’edificio noto come “Terrazza Domizianea”119. Nel progetto di Domiziano, infatti, il lungo muraglione era stato concepito come possente sostruzione per delimitare l’area dello sbancamento, come elemento di giunzione tra i nuovi edifici sorti sulla pendice del Quirinale e l’imponente mole dell’emiciclo settentrionale del Foro di Augusto ma, soprattutto, come una monumentale mostra d’acqua, certamente pensata per affacciarsi su un’ampia superficie libera da altre costruzioni.

Tale supposizione si basa, oltre che sulla concreta possibilità che il cortile porticato avesse una funzione di collegamento con il Foro di Augusto, anche su alcune evidenze risultanti dall’analisi dei resti della pavimentazione. L’osservazione e lo studio dei frammenti marmorei conservati sul piano del portico orientale, infatti, mostra evidenti tracce di interventi di manutenzione e sostituzione di alcune delle lastre marmoree in corrispondenza della zona centrale su entrambe le terminazioni dello stesso braccio di portico. Tale evidenza sembrerebbe essere giustificata da una maggiore usura dovuta al continuo transito tra i due Fori attraverso un portale122. A conferma di questa ipotesi vi è anche l’analisi degli strati di preparazione della pavimentazione del portico del Foro di Augusto che ha evidenziato restauri effettuati, già in età imperiale in corrispondenza dell’asse centrale del retrostante cortile porticato traianeo123. Si tratta nello specifico della presenza, all’estremità meridionale del portico, di un frammento di marmo africano. Sul lato opposto si rileva invece, lungo il margine esterno delle lastre, verso la sala trisegmentata, una anomalia nella tessitura dello schema a scalare previsto nel disegno originario del tappeto pavimentale (visibile in alto a destra nella fig.3.97). Lo schema delle percorrenze così delineato, attraverso i due corridoi paralleli tra il Foro di Traiano e quello di Augusto, suggerisce che anche in questo contesto si sia inteso riproporre quanto recentemente stabilito circa la posizione delle porte di collegamento tra lo stesso Foro di Augusto e il Foro di Cesare, in corrispondenza della terminazione dei grandi portici (fig.3.6b)124.

Con la ripresa dei lavori del nuovo progetto di Traiano ci si trovò, dunque, a dover contemperare due esigenze di natura diversa: da un lato quella di costruire edifici (la Basilica Ulpia o i portici della piazza) nei quali nuove esedre potessero ereditare le funzioni giudiziarie degli emicicli minori del Foro di Augusto, dall’altro l’opportunità di occupare una superficie già liberata120, per costruirvi un edificio del tutto nuovo, ma che fungesse anche da collegamento con il complesso augusteo.

3.1.2.9 Il muro divisorio con la sala trisegmentata

3.1.2.8 La terminazione dei portici e i passaggi verso il Foro di Augusto

Il braccio settentrionale del portico corre parallelo al tratto centrale della sala trisegmentata ed essi sono separati da una parete della quale resta una lunga fondazione125 in conglomerato cementizio con scapoli di travertino, selce e serpentino (US 8023=8024), larga circa 2,30 m126 e interrotta a metà dal passaggio del condotto fognario US 720=231 (spallette UUSS 8025-8026) (figg.3.31, fig.3.61).

Alle due porte di accesso al cortile, che dovevano essere collocate a nord sull’asse dei due corridoi paralleli del portico e alle estremità del tratto rettilineo della sala trisegmentata, ne corrispondevano probabilmente altre due di comunicazione con l’adiacente portico del Foro di Augusto, che si trova a quota +15,79 m slm, mediante un raccordo costituito da due gradini121.

Il piano superiore della fondazione, visibile nella fossa di spoliazione del filare di blocchi di travertino che doveva poggiare sulla platea ed essere parte integrante della fondazione stessa, si trova a +15,27-17,30 m slm, circa 1 m al di sotto del pavimento del portico, la cui quota di calpestio è la stessa della sala trisegmentata (+16,26 m slm) (fig.2.49).

  Carnabuci 2010, pp. 110-111, note 7-9.   Carnabuci 2010, pp. 125-126; Ead. 2006, p. 180 ss. La menzione del repertorio degli Editti degli antichi pretori conservato in bibliotheca templi Traiani è stata interpretata come un implicito riferimento da parte di Aulo Gellio (Gell., XI, 17, 1) al trasferimento in quel luogo degli archivi giuridici del Foro di Augusto. Non si comprende tuttavia come il possibile trasferimento nel Foro di Traiano delle funzioni di luogo preposto alle attività dei tribunali dei pretori e dei relativi archivi possa essere addotto quale causa per la demolizione dei due emicicli meridionali (Carnabuci 2010, p. 126) quando, come si è detto, tale intervento è plausibilmente da attribuire a Domiziano. 119   Bianchi-Santucci 2020, p. 104, fig. 7. 120  A proposito dell’intervento domizianeo vedi Meneghini 2015a; Id. 2015b. 121   Sul tema complesso dei collegamenti e dei passaggi tra i Fori imperiali, vedi Gros 2001, La Rocca 2001; La Rocca 2006; Coarelli 2007. 117 118

  Meneghini 2007.   Bianchi-Bruno 2010, p. 87. 124   Vedi 3.1.1. 125   La fossa di fondazione è stata messa in luce per una lunghezza di circa 29 m. 126   Il profilo superiore della fossa è molto irregolare a causa dei tagli operati per l’asportazione dei blocchi. La larghezza varia da un minimo di 2,34 m a un massimo di 2,60 m. Anche sul fondo il profilo della fossa si presenza di misure variabili in larghezza da 2,20 a 2,55 122 123

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Il Foro di Traiano nell’Antichità Sulla platea restano le impronte e alcuni spezzoni dei blocchi che dovevano avere la stessa lunghezza, circa 2,20 m (lato sul quale erano affiancati), larghezza variabile da 0,75-0.90 a 1,90 m, per 0,85 m di altezza127. Del loro spessore, pari a circa 1 m, resta l’impronta sulle pareti della fossa. La lunga teoria di blocchi di travertino non doveva interrompersi in corrispondenza del passaggio del condotto, poiché per la sua copertura, come in altri settori del Foro, fu prevista la posa in opera di coppie di blocchi sagomati inferiormente a cappuccina e disposti a contrasto sulle spallette in laterizio realizzate all’imposta con filari di bipedali128.

simmetricamente opposto, ma che è scomparso nella spoliazione dell’area.

All’interno della fossa di fondazione sono conservati due spezzoni di volta in conglomerato cementizio (B-C)129, pertinenti alla copertura della sala trisegmentata, mentre altri due spezzoni (A-D) si trovano sul pavimento della sala stessa130.

Il cordolo si interrompe in corrispondenza della fossa di fondazione dell’emiciclo augusteo, fondazione alla quale doveva in origine sovrapporsi. La canaletta, infatti, tagliando la stessa fondazione, prosegue verso ovest per raccogliere le acque provenienti dalla caditoia US 1889=8046, situata sul cordolo di cementizio US 1882 della gradinata del portico occidentale traianeo.

I due plinti, distanti tra loro 5,40 m e posti a 2,50 m dagli angoli interni formati da questo lato del portico con le fondazioni dei colonnati longitudinali, erano in origine intervallati da tre caditoie idrauliche (UUSS 8019, 1409 quelle conservate)132, rivolte verso la canaletta (US 8054/8041) che borda la fondazione per tutta la sua lunghezza, prima di congiungersi ad angolo retto con il condotto US 723 che corre davanti al colonnato orientale (figg.3.31, 3.63).

Lungo la fossa di fondazione del muro divisorio, sul piano della sala trisegmentata ricavato nel massetto pavimentale (US 8031), si conserva un cavedio per alloggiamento di una fistula coperto da una fila di tegole di piccole dimensioni (US 8030) (figg.3.31, 3.62)131.

Il plinto di travertino US 8062, largo 1,78 e profondo 1,40 m, ha un profilo con due incassi: inferiormente per l’alloggiamento (larghezza 0,8-0,9 m) della lastra di copertura del condotto idraulico (spessore 0,23 m) e al di sopra un secondo incasso (largo 0,25 m) per la lastra marmorea di rivestimento della superficie scoperta del cortile (spessore 0,14 m). Il piano superiore del plinto di forma quadrangolare (il lato conservato misura circa 1,40 m), molto mal conservato, presenta lungo il margine destro alcune impronte per l’alloggiamento di grappe metalliche di fissaggio, grazie alle quali si può risalire alle dimensioni dell’elemento strutturale che si doveva trovare sovraimposto, lasciando un margine libero sul perimetro esterno di circa 0,20 m per l’alloggiamento del rivestimento marmoreo della piazza.

Il muro che poggiava sulla fondazione, probabilmente realizzato in blocchi di tufo, doveva essere spesso 1,75 m. Il suo lato nord fungeva da parete meridionale della sala trisegmentata e, quello opposto da muro di fondo del braccio settentrionale del cortile porticato. Agli estremi della parete dovevano trovarsi le due porte per il passaggio tra i settori del monumento (fig.3.41). 3.1.2.10 Il prospetto meridionale Il quarto lato, quello meridionale del cortile porticato presentava un allestimento differente da quello degli altri tre. A ridosso della fossa di fondazione del muro perimetrale del portico augusteo (US 8052), infatti, lo scavo ha rivelato la presenza di un largo cordolo in cementizio (US 8053=8056) (fig.3.31), profondo 0,90 m, conservatosi per una lunghezza di 9,61 m, e interrotto a est da un plinto di travertino, sagomato a gradoni (US 8062), che doveva avere il suo corrispettivo sul lato

Il cordolo e i plinti di travertino dovevano sostenere anch’essi una breve gradinata di raccordo con il muro perimetrale, il cui spessore (0,75 m) si addossava direttamente al muro di fondo del portico del Foro di Augusto appena ricostruito. Il cordolo, infatti, conserva tracce di malta pozzolanica rossastra per l’allettamento di una lastra di rivestimento. Immediatamente a nord del plinto si trova una caditoia con una tegola disposta con il piano inclinato verso il condotto (fig.3.64). Accanto ad essa è stata rinvenuta l’impronta del passaggio di una fistula. Delle tre caditoie che in origine dovevano servire allo smaltimento delle acque di questo lato del cortile, quella centrale (US 1409), posizionata sull’asse maggiore del cortile scoperto, si trovava a 2,70 m di distanza dai due plinti di base.

  Lungo il margine meridionale della fossa di spoliazione della fonda­ zione restano due spezzoni dei blocchi di travertino (UUSS 8038, 8039). 128   Vedi 4.3.1. 129  Il crollo denominato C è un nucleo informe di circa 2 x 1,20 m caduto all’interno della fossa di fondazione. Il conglomerato cementizio è composto da caementa di tufo giallo chiaro e malta grigia. Il paramento conserva una esigua porzione di intradosso. 130   Sul primo frammento si conserva una porzione di cortina laterizia di 0,23 m di altezza, formata da 5 filari (modulo 5/5: 26 cm). Il conglomerato è composto caementa di tufo con pozzolana e da filari di lava vulcanica [campione prelevato il 29/08/2001] (Bianchi-Meneghini 2010 e Bianchi et al. 2011. Anche il secondo frammento presenta una cortina laterizia con le stesse caratteristiche (forse con l’impronta di una ghiera?) e un conglomerato cementizio con malta grigio chiara con caementa di tufo giallo chiaro. Il frammento presenta una breve porzione di intradosso con profilo ad arco ribassato con resti di intonaco [campione prelevato il 29/08/2001]. 131   Si tratta certamente della prosecuzione della traccia rilevata anche nel Settore VA. Vedi 2.6 (US 1003), fig.2.41. 127

Per la ricostruzione architettonica di questo lato del cortile porticato sembra probabile la presenza di un ampio  Una terza caditoia, ipotizzabile per simmetria, doveva trovarsi in corrispondenza del punto in cui la canaletta US 8041 ha tagliato la fondazione dell’emiciclo augusteo. 132

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Scavi 1998-2007

Figura 3.61. I resti del braccio settentrionale del cortile porticato e la fossa di fondazione del muro divisorio con la sala trisegmentata, visti da est.

Figura 3.62. Massetto pavimentale della sala trisegmentata (US 8031). Traccia probabil­ mente riferibile all’alloggiamento di una fistula coperto da una fila di tegole (US 8030).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.63. Scavo del cortile porticato meridionale, lato sud. I resti del prospetto in origine caratterizzato dalla presenza di due colonne poggiate su plinti di travertino, uno dei quali conservato (US 8062) e visibile in alto a sinistra nella foto. In primo piano la preparazione delle lastre marmoree di rivestimento della superficie scoperta e la canaletta perimetrale (US 8054).

Figura 3.64. Cortile porticato meridionale, lato sud. Particolare della caditoia US 8019, funzionale allo smaltimento delle acque nel condotto US 8054, realizzata con una tegola disposta secondo un piano inclinato e risparmiata nel cordolo cementizio (US 8053, 8056).

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Scavi 1998-2007 portale o arco centrale per consentire, tramite un gradino alto una quindicina di centimetri posto in corrispondenza dello stesso portale, il collegamento con l’adiacente portico settentrionale del Foro di Augusto, situato a un livello leggermente superiore (figg. 3.41, 3.65). Tale collegamento, come si è visto, era forse garantito anche dai due passaggi minori posti in corrispondenza delle testate dei bracci lunghi del portico.

1575, 1590, 1779, A-D), quasi sempre reimpiegati nelle murature moderne, molti dei quali conservano porzioni del paramento di cortina laterizia138 (figg.3.69-3.70). Le posizioni di ritrovamento e lo stato di conservazione dei diversi crolli non permettono di risalire con esattezza alla loro collocazione originaria, tuttavia la fossa di fondazione, larga 1,80 m sul lato occidentale, doveva certamente ospitare il muro di fondo del portico, realizzato in opera laterizia, dal quale proviene la maggior parte degli spezzoni.

Sono riconducibili alla decorazione architettonica di questo lato del portico alcuni importanti frammenti marmorei sopravvissuti alla spoliazione. Particolarmente significativo è il ritrovamento di tre frammenti pertinenti a un fregio architrave a muro (UUSS 8065, 8095, 8100) che conservano, in diversa misura, anche una porzione del soffitto originariamente decorato a ghirlande di foglie di quercia e ghiande, preservato sul frammento US 8095=FT 9104 (fig.3.66)133. Uno di essi, di maggiori dimensioni, presenta al di sopra delle due fasce superstiti dell’architrave parte di un magnifico fregio con grifone (US 8065=FT 9151) (figg.3.67-3.68).

Occorre dunque esaminare con attenzione alcuni di questi crolli, perché rivelano importanti modalità costruttive impiegate sul cantiere. La maggior parte degli spezzoni è stata rinvenuta sul lato ovest dell’area. Qui è stato trovato il blocco di muratura US 1540, il cui nucleo era formato da frammenti di tufo, peperino, travertino e laterizio allettati in modo regolare e con malta pozzolanica grigia. Il lato che conserva il paramento laterizio era a contatto con il suolo. La cortina è realizzata con tegole (sp. 0,25-0,3 m) e laterizi triangolari139, alcuni dei quali recano i bolli CIL XV, 56 (1 es.) e 97c (4 ess.), entrambi riferibili all’età di Traiano, ma il secondo più precisamente al 117 d.C.140.

Questo rinvenimento rivela quale fosse il motivo che decorava il portico per l’intera lunghezza della trabeazione. Il fregio della corte porticata presentava una teoria continua e ininterrotta di coppie di grifoni alati e accovacciati in posizione araldica ai lati di tripodi apollinei. Come osservato da Marina Milella il motivo è molto simile, ma non identico, al fregio con grifoni e candelabri134 che si trovava nella Basilica Ulpia135. Nel frammento qui conservato il fregio e l’architrave sono parte dell’estremità sinistra del blocco e sul piano inferiore è visibile soltanto l’incorniciatura all’inizio del soffitto.

Per la posizione e la distanza dalla fossa di spoliazione si può ipotizzare che il blocco, così come gli altri dalle caratteristiche analoghe individuati a breve distanza (UUSS 1544 e 1546) e caratterizzati da laterizi recanti gli stessi bolli141, dovette staccarsi dalla sezione inferiore o mediana del muro di fondo del braccio occidentale del portico, a differenza di altri crolli che presentano nuclei con caementa più leggeri come il tufo giallo e marrone, le cui caratteristiche inducono a collocare tali porzioni di muratura in parti più alte degli elevati o prossimi alle coperture (UUSS 1548, 1779).

Il fregio, infine, doveva essere munito di una leggera coloritura di fondo per far risaltare i grifoni che, nell’immaginario degli antichi, erano bianchi136. I grifoni, ritenuti gli uccelli di Apollo, così come i tripodi, che rimandano alla stessa divinità, costituiscono probabilmente una allusione al dio quale nume tutelare di una nuova “età dell’oro”, inaugurata da Traiano, rinnovando una formula già adottata da Augusto dopo la vittoria di Azio137.

Lo spezzone di muratura di maggiori dimensioni tra quelli rinvenuti nel settore VI (US 1542), è stato movimentato durante lo scavo e successivamente collocato in corrispondenza del portico orientale del cortile (figg.3.713.72). Esso è stato però rinvenuto nella sua posizione di crollo in prossimità del lato opposto ed è quindi certo che, in origine, facesse parte del muro perimetrale ovest. Il crollo, caratterizzato da un nucleo cementizio ricco di tufi, frammenti di travertino, peperino e laterizio142, presenta

3.1.2.11 I muri perimetrali A una quota più alta rispetto al piano dell’area centrale scoperta e del portico orientale del cortile, sono stati rinvenuti numerosi spezzoni di muratura in opera cementizia allo stato di crollo (UUSS 1540, 1542-1548,

  La movimentazione e, talvolta, la demolizione degli spezzoni si è resa necessaria per le pessime condizioni di conservazione e per consentire il prosieguo delle attività di scavo, ma l’operazione, accompagnata da una capillare documentazione, ha permesso raccogliere nuovi dati oltre a un discreto numero di laterizi bollati (Bianchi 2001); vedi capitolo 5. 139   Modulo 5/5 25-26 cm. 140   cfr Bianchi 2001, pp. 94, n. 16 e p. 97, n. 21; cfr. DeLaine 2002, pp. 91 e 95s. A questo frammento di crollo, così come al frammento US 1544 si può assimilare il frammento US 1575 all’interno del quale si è rinvenuto un laterizio con lo stesso bollo 97c. 141   Nell’US 1544 sono stati rinvenuti 1 es. del bollo CIL XV, 56 e 3 ess. del bollo CIL XV, 97c; nell’US 1546 è stata riscontrata la presenza di un ulteriore esemplare del bollo CIL XV 56. 142   Queste caratteristiche suggeriscono che il blocco dovesse trovarsi in una posizione bassa della muratura originaria, dato che altri frammenti di crollo presentano nuclei con caementa più leggeri come il tufo giallo e marrone quasi certamente relativi a parti più alte degli elevati o alle coperture. 138

  Un simile lacunare si trova anche su un elemento di architrave pertinente all’area della Basilica Ulpia (FT 5989), intagliato separatamente dal fregio e decorato sui due lati lunghi opposti (Milella 2004, p. 66, nota 53). 134   Milella 2004, p. 66, nota 53: «il grifone infatti presenta un torso più magro e allungato, con costole evidenti anche verso il dorso; la coda è maggiormente staccata dal corpo, con ciuffi di pelame più evidenti nella parte inferiore, e le ali sono più estese. Inoltre, l’oggetto su cui l’animale poggia la zampa, purtroppo poco leggibile, sembra assomigliare ad un tripode invece che ad un vaso con cespo d’acanto». 135   Milella 2004, pp. 55-56, fig. 2. 136   Meneghini 2009, p. 138. Settis Frugoni 1973, pp. 38-39. 137   Zanker 1989, pp. 91-97. 133

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.65. Ipotesi ricostruttiva del lato meridionale del cortile porticato con le ampie aperture, presenti anche sulla terminazione sud dei portici sopraelevati, per il collegamento con il retrostante portico del Foro di Augusto (dis. R. Meneghini, E. Bianchi).

Figura 3.66. Frammento di fregio architrave a muro (US 8095. FT 9104). Prospetto di una porzione del soffitto con motivo a ghirlande di foglie di quercia e ghiande.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.67. Fregio architrave con grifoni (US 8065. FT 9151).

Figura 3.68. Prospetto e sezione del frammento di fregio architrave a muro grifone (US 8065. FT 9151). Al di sopra delle due fasce superstiti dell’architrave si conserva parte di un magnifico fregio con grifone.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.69. Lo scavo del Settore VI e il rinvenimento di numerosi spezzoni di muratura in opera laterizia allo stato di crollo, molti dei quali pertinenti ai muri perimetrali del cortile porticato meridionale.

Figura 3.70. Le operazioni di scavo del Settore VI, durante la movimentazione degli spezzoni di muratura rinvenuti allo stato di crollo. Vista da sud.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.71. Spezzone di muratura (US 1542) pertinente al muro perimetrale del cortile porticato rinvenuto allo stato di crollo. A vista il lato con rivestimento in opera laterizia.

Figura 3.72. Spezzone di muratura in opera laterizia (US 1542) pertinente al muro perimetrale del cortile porticato dopo la sua collocazione lungo il limite orientale dell’area di scavo.

129

Il Foro di Traiano nell’Antichità su un lato una cortina in opera laterizia143, che conserva numerose grappe metalliche da intonaco ossidate, nella quale sono stati rilevati i seguenti bolli di mattoni: CIL XV 613a (5 ess.), 59b (1 es.) e 83b (8 ess.)144, i primi due databili al primo decennio del II sec.d.C., il terzo riferibile alla fine dell’età di Traiano o ai primi anni di quella di Adriano. Le componenti del nucleo cementizio suggeriscono che anche questo spezzone di muratura doveva essere parte di una sezione bassa della struttura originaria.

Questo blocco di muratura poteva trovarsi originariamente al di sopra della porzione identificata come US 1542, dalla quale si potrebbe essere separato al momento del crollo. E’ interessante notare l’alternarsi delle qualità di caementa nel nucleo, che variano dal travertino al peperino, nella porzione rivolta verso sud, corrispondente secondo la ricostruzione alla superficie di contatto con il blocco US 1542 o, comunque, inferiore, a frammenti di laterizio e tegole, nella porzione centrale del blocco, fino al tufo misto a frammenti di laterizi, tegole e qualche frammento di piccole dimensioni di travertino e peperino nella porzione superiore, testimoniando come la tecnica di realizzazione per il nucleo cementizio fosse quella di impiegare materiali più leggeri via via che si saliva con l’altezza della muratura.

Il lato opposto del crollo, inoltre, mostra le impronte di almeno sei grandi blocchi lapidei145, affiancati su file sovrapposte (quattro visibilmente disposti per testa), contro i quali la struttura laterizia dovette essere costruita, con superfici di contatto piuttosto irregolari (fig. 3.73). La fondazione, esplorata per un breve tratto ma per tutta la sua larghezza di 1,80 m, ha mostrato che il muro che essa era destinata a sostenere, quasi certamente poggiato su un filare di blocchi di travertino di sottobase, doveva correre parallelo all’allineamento del colonnato corrispondente e costituirne la parete di fondo.

Il frammento di muratura US 1543, rinvenuto in posizione adiacente all’US 1544, non presenta cortina laterizia, ma è costituito unicamente da un nucleo cementizio (1,10 x 1,04 x 0,60 m) con frammenti informi di tufo, tegole e laterizi frammentati legati con malta di colore grigio molto tenace.

Lo spessore del crollo differisce di spessore alle due estremità da 1,50 a 1,20 m. È possibile quindi che il lato interno della struttura traianea sia stata addossata a un muro in blocchi, forse relativo a un edificio preesistente che doveva essere situato alle spalle del portico occidentale146.

Da correlare al grande spezzone US 1542 sono certamente anche i frammenti UUSS 1546, 1547 e 1590, che in origine dovevano probabilmente far parte della stessa sezione del muro. L’ultimo è costituito da scapoli di tufo, travertino, laterizi e tegole legati con malta pozzolanica di colore grigio violacea, allettati in modo regolare e conserva soltanto, analogamente a quanto rilevato sul frammento US 1542, le impronte dei blocchi di un muro in opera quadrata al quale doveva essere addossato.

Una situazione analoga è ipotizzabile per il lato opposto del cortile, oltre la fossa di fondazione del muro di recinzione del portico orientale (della larghezza di 1,80 m), dove lungo la parete moderna del limite di scavo si trova inglobata una struttura antica in opera quadrata e in laterizio originariamente disposta perpendicolarmente al muro traianeo147.

Alcuni frammenti di laterizio presenti nel nucleo recano il bollo CIL XV 84150 databile agli anni 112-115 d.C. Il blocco giace in posizione quasi orizzontale rispetto alla collocazione originaria e combacia sul lato nordovest con il frammento US 1547, rinvenuto nella stessa area (delle dimensioni 1,20 x 0,80, 0,75 m), che doveva costituire, prima dell’impatto al suolo, la sezione interna dello stesso segmento di muro. Di essa doveva far parte anche il blocco di muratura US 1546 (delle dimensioni di 1,47 x 0,72 x 0,69 m), rinvenuto a sud-est dell’US 1590. Questo frammento, a differenza dei due precedenti, presenta una cortina realizzata con laterizi e tegole tagliati in forma triangolare (largh. 0,25-0,30 m; sp. 3-3,5 cm)151. I laterizi, uno dei quali reca il bollo CIL XV 56152, sono legati con malta pozzolanica di colore grigio violaceo. Il nucleo è composto da frammenti di tufo, peperino e travertino allettati con abbondante malta pozzolanica grigio violacea. Sulla cortina sono presenti resti di intonaco o, più esattamente, dello strato di malta che doveva sostenere, insieme a grappe di ferro, come visibile anche sul frammento di crollo US 1542, il rivestimento marmoreo. Insieme agli spezzoni UUSS 1590 e 1547, dunque, questo blocco di muratura doveva costituire una

Nelle immediate vicinanze sono stati trovati altri spezzoni di muratura crollati: l’US 1544 presenta un nucleo di calcestruzzo (1,56 x 1,00 x 0,70 m) con frammenti informi di tufo e laterizi legati con malta di colore grigio violaceo allettati in modo piuttosto regolare. Un lato conserva un piccolo lacerto del paramento in cortina laterizia148 rivestita da uno strato di malta pozzolanica. Tra i laterizi alcuni presentano i bolli CIL XV 56 (1 es.) e CIL XV 97c (3 ess.)149.   Lo spezzone è stato rinvenuto nella posizione di crollo con il lato con paramento in cortina laterizia rivolto verso terra. Modulo 5/5 24-25,5 cm con tegole e laterizi tagliati a triangolo di colore rosato. La malta è di colore grigio violaceo. 144   cfr Bianchi 2001, p. 92, n. 11, p. 94, n. 18bis e p. 97, n.22. 145   Le dimensioni dei blocchi sembrano essere di 0,45-0,60 m di altezza x 0,90-1,10 m di lunghezza. 146   La tecnica costruttiva in opera quadrata di peperino fu certamente impiegata in questo settore per realizzare il muro di separazione con la sala trisegmentata, ovvero il lato settentrionale del cortile porticato. 147   I resti visibili si riferiscono a una sequenza di impronte di blocchi sovrapposti per un’altezza complessiva di 2,40 m (a partire dal basso le impronte misurano 0,55, 0,70, 0,60 m) e a una cortina laterizia sezionata per la stessa altezza. 148   Modulo e caratteristiche analoghe a quelli riscontrati nelle porzioni di crollo rinvenute nelle vicinanze. 149   Bianchi 2001, p. 97. 143

  Bianchi 2001, pp. 94-95, n. 20.   Modulo 5/5 cm 25. 152   Bianchi 2001, p. 94. 150 151

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Figura 3.73. Spezzone di muratura (US 1542) pertinente al muro perimetrale del cortile porticato rinvenuto allo stato di crollo. A vista il lato che conserva le impronte di una struttura in opera quadrata preesistente.

sezione del muro di fondo del braccio occidentale del portico, anche se qui lo spessore non è rilevabile come sul blocco US 1542, perché il nucleo è conservato soltanto per circa 0,70 m, ma è certo che, anche in questo caso, la struttura cementizia doveva essere addossata al muro retrostante in opera quadrata di tufo. Altri spezzoni di crollo presentano caratteristiche differenti da quelli fin qui trattati e possono essere attributi a un diverso segmento del muro di fondo del portico occidentale. Il grande blocco di muratura US 1548 è stato rinvenuto allo stato di crollo sul piano del portico, ancora rivestito da consistenti frammenti di lastre marmoree in situ, poggiato al di sopra di alcuni frammenti di cementizio più piccoli e informi, insieme a un frammento di lastra di marmo bianco, probabilmente riferibile alla pavimentazione dell’area scoperta, ad altri frammenti di lastre marmoree e a un pezzo di colonna di cipollino, tutti reimpiegati come zeppe (fig.3.74). Il nucleo cementizio del crollo, formato prevalentemente da scapoli di tufo giallo (le cui dimensioni sono 1,80 x 2,15 x h 0,87 m)153, presenta su un lato un paramento di cortina laterizia conservata per 1,76 x 0,60 m in altezza154, con un lacerto di intonaco di rivestimento (sp. 2 cm). La porzione di cortina, nella quale sono stati rinvenuti quattro laterizi

Figura 3.74. Spezzone di muratura (US 1548) del muro perimetrale del cortile porticato rinvenuto allo stato di crollo sul piano del portico occidentale, collocato in posizione capovolta rispetto al suo assetto originario. Vista da nord ovest. Il grande frammento conserva un’ampia porzione di cortina laterizia e un lacerto di intonaco di rivestimento. Al di sotto sono visibili un filare di bipedali e un grande blocco di travertino, originariamente situati al di sopra della cortina, al livello della terrazza di copertura.

 Tra i componenti del nucleo, oltre a caementa di tufo giallo, si riscontra anche la presenza di frammenti di laterizio, tufo marrone, rari di peperino, allettati in modo regolare e legati con abbondante malta pozzolanica grigio violacea. 154   Modulo 5/5 cm 25. I laterizi hanno colore rosato omogeneo e la malta è di colore grigio chiaro. 153

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Il Foro di Traiano nell’Antichità con il bollo CIL XV 1003a, prodotto tra la fine dell’età di Domiziano e il 107 d.C. 155, termina con un marcapiano di bipedali (sp. 5 cm), disposti su due file affiancate, sul quale si appoggia un grande blocco di travertino di 1,80 x 95 x 0,21 m di spessore, sagomato a L e lisciato a gradina su tre facce, senza tracce di imperniature. La sua superficie d’uso, oggi rivolta verso il pavimento e conservata per 0,63 m di lunghezza, presenta un foro quadrangolare da perno156e uno spessore maggiore di 0,6 m sul quarto lato, grezzo in sezione perché originariamente addossato al nucleo cementizio della prosecuzione in elevato del muro, per costituire forse con esso una sorta di gradone (fig.3.75). E’ possibile che il crollo facesse parte di una copertura a terrazza. A poca distanza da questo frammento infatti si conserva anche un altro spezzone di muratura in stato di crollo, l’US 1779 (delle dimensioni di 1,35 x 1,60 x h 0,50 m) (fig.3.76), anch’esso forse riferibile a una porzione di copertura a terrazza, del quale è stato possibile esaminare e conservare alcuni laterizi con i bolli traianei CIL XV 68c e CIL XV 84, il primo dei quali in particolare fu prodotto nel primo decennio del II secolo d.C. (figg.5.29, 5.32) 157.

Oltre ai resti fin qui descritti, sul lato meridionale del portico sono stati rinvenuti altri due elementi lapidei interessanti: un concio di travertino (US 1545) riferibile a un arco, che potrebbe provenire da una apertura situata nel muro perimetrale, e un blocco di peperino (US 1549) delle dimensioni di 0,84 x 0,74, 0,57 m, che presenta su una delle facce un incavo di forma rettangolare per l’alloggiamento di una grappa metallica. Si tratta probabilmente di uno dei blocchi della struttura in opera quadrata alla quale doveva addossarsi il muro del portico traianeo, poiché, come si è visto, impronte di simili blocchi sono visibili sul retro del frammento di crollo US 1542, rinvenuto a qualche metro di distanza. Nei pressi del blocco US 1549, in corrispondenza dell’area scoperta del cortile porticato, sono stati rinvenuti frammenti di blocchi analoghi, giacenti sul piano del Foro. Per riassumere, l’osservazione di queste ingenti porzioni di muratura crollate, che in molti casi non è stato possibile conservare a causa del loro pessimo stato di conservazione, consente di immaginare con un buon grado di approssimazione quale fosse la consistenza dei muri di alzato che dovevano costituire da un lato le pareti di fondo dei due colonnati paralleli e dall’altro i muri perimetrali esterni del cortile porticato.

Il nucleo cementizio conserva su un lato una cortina laterizia158 sulla quale poggiano i resti di un piano di calpestio159, formato da tre livelli sovrapposti: uno strato di malta, un piano di bipedali e alla sommità una fodera di cocciopesto che giunge fino al filo della cortina, creando con l’intonaco di rivestimento, a sezione leggermente inclinata160, una sorta di cordolo.

La presenza di un muro continuo in opera quadrata, alle spalle della parete di laterizio, almeno sul lato occidentale, in un primo tempo era stata considerata tutt’uno con il muro traianeo. Tuttavia, la presenza di un doppio muro non sembra giustificabile per la funzione di semplici muri perimetrali, dato che il carico da sostenere non era poi così ingente, né un tale spessore e una ossatura muraria doppia appaiono idonee per giustificare la presenza di profonde nicchie nelle pareti, all’interno delle quali potevano trovare posto sculture, decorazioni o trofei militari.

Alcuni spezzoni di muratura sono stati rinvenuti anche sul lato opposto orientale del cortile porticato. Quattro in particolare conservano porzioni di cortina laterizia (A-D) (figg.3.70, 3.77-3.78). Il blocco A, rinvenuto e collocato sul margine orientale dell’area scoperta del cortile porticato, ove tuttora giace, conserva una porzione di paramento in cortina laterizia di circa 1 mq161; il vicino blocco B, di maggiori dimensioni, presenta su un lato una cortina laterizia per la stessa altezza del precedente162 e per una lunghezza di 1,90 m, con tracce di scialbatura (fig.3.79); entrambi i frammenti hanno uno spessore di oltre 1 m e il conglomerato cementizio è formato prevalentemente da scapoli di tufo giallo, componenti che consentono di riferire i frammenti a un livello alto della muratura originaria. Altri due frammenti, di minori dimensioni (C-D), situati sul pavimento del portico, conservano anch’essi una porzione di cortina laterizia163.

Più semplicemente, per la realizzazione del progetto traianeo di questo edificio, si dovettero fare i conti con strutture murarie in opera quadrata già presenti sull’area e caratterizzate da un diverso orientamento, come desumibile dall’analisi degli spessori delle murature che appaiono come il risultato di un adattamento a preesistenze. L’esame dei numerosi frammenti di muratura dei muri di fondo dei portici, soprattutto per quanto riguarda quello occidentale, ha fornito dati importanti anche sulla tecnica costruttiva, grazie alla evidente differenziazione dei componenti del nucleo cementizio, in funzione della quota di alzato della struttura. La maggior parte dei frammenti rinvenuti allo stato di crollo sembra corrispondere alla sezione inferiore o mediana dello stesso muro e alcuni indicano la misura del suo spessore e il suo rapporto con la struttura in opera quadrata di tufo, già presente prima della realizzazione del muro traianeo. I resti di entrambe le strutture sono stati quasi certamente movimentati durante le attività di spoliazione. Alla parte sommitale del muro dovevano appartenere i frammenti UUSS 1548 e 1779.

  Bianchi 2001, p. 92, n. 4.   La cavità è profonda cm 7. 157   Un altro laterizio recante questo bollo era stato rinvenuto nel Foro nell’area della Basilica Ulpia (Bianchi 2001, p. 94, n. 18). 158   Modulo 5/5: 26-27 cm. 159   Il piano è conservato per circa 40 cm di larghezza e per uno spessore di 16 cm in totale. 160   Lo spessore dell’intonaco a parete va da 1, a 7 cm e si conserva per un’altezza di circa 30 cm. 161   Modulo 5/5: 24 cm. 162   Modulo 5/5: 24 cm. 163  I due frammenti sono stati rinvenuti allo stato di crollo, il primo all’interno del condotto fognario augusteo interrotto dalla costruzione del portico traianeo e il secondo sopra alla spalletta US 8109 del condotto fognario che sottopassava il braccio di portico orientale. 155 156

Il concio a cuneo di travertino (US 1545)164, rinvenuto a ridosso del blocco di muratura US 1546, non sembra  Vedi supra.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.75. Spezzone di muratura (US 1548) del muro perimetrale del cortile porticato rinvenuto allo stato di crollo sul piano del portico occidentale, collocato in posizione capovolta rispetto al suo assetto originario. Vista da sud est. Su questo lato è visibile il filare di bipedali, interposto tra il nucleo cementizio e il grande blocco di travertino per formare una sorta di gradone sul livello della terrazza di copertura.

Figura 3.76. Una porzione di crollo forse pertinente alla copertura a terrazza del cortile porticato (US 1779).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.77. Cortile porticato meridionale. Lo scavo del settore a ridosso del portico settentrionale del Foro di Augusto. In primo piano la fossa di spoliazione della fondazione dell’emiciclo minore del complesso augusteo, obliterato per la costruzione dell’impianto del nuovo Foro traianeo.

Figura 3.78. Cortile porticato meridionale. Spezzoni di muratura (A-D) pertinenti al muro perimetrale del cortile porticato, rinvenuti allo stato di crollo sul piano dell’area scoperta.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.79. Cortile porticato meridionale. Particolare di uno degli spezzoni di muratura in cortina laterizia (B) pertinenti al muro perimetrale del cortile porticato e rinvenuti allo stato di crollo sul piano dell’area scoperta.

direttamente correlabile con esso ma, piuttosto, con un’apertura ad arco inserita in un punto non precisabile del muro traianeo con cortina laterizia, se non addirittura del retrostante muro in opera quadrata di tufo.

L’ordine a muro doveva certamente richiamare quello delle colonne, con il cipollino, come sembra provato dal ritrovamento di frammenti di lesene lisce nello stesso marmo caristio e con il marmo bianco utilizzato per capitelli, basi e trabeazioni.

Un elemento importante scaturito dallo scavo e dallo studio dei crolli è la notevole quantità di bolli su laterizi, prodotti in un arco temporale di circa un ventennio (tra la fine dell’età domizianea e il 117 d.C.) che, insieme a ulteriori indicazioni circa i criteri delle forniture del materiale da costruzione165, fornisce un sicuro terminus post quem per l’epoca di costruzione di questa parte del complesso traianeo, che può essere fissato tra il 112 d.C. e gli ultimissimi anni del regno di Traiano.

Un frammento rinvenuto nell’area va forse riferito proprio a queste ultime. Si tratta di un frammento (inv. FT 9127) di 0,30 x 0,29 m e dello spessore di circa 6 cm, con due fasce lavorate a gradina alternate a torelli lisci. La fascia conservata per la sua altezza originaria misura 0,15 m. La sezione superiore conserva la traccia di malta per l’appoggio di un’altra lastra, mentre la sezione opposta reca l’incasso per una grappa di fissaggio ad un elemento posto inferiormente (fig.3.80). Questo elemento, pur avendo dimensioni leggermente inferiori rispetto all’architravefregio con grifone e tripode apollineo (h. della fascia 0,18 m), è sostanzialmente simile ad esso.

Dei rivestimenti parietali, purtroppo, non sono state rinvenute tracce, se non sotto forma di minute schegge di marmi colorati finite nelle fogne sottostanti. La ricostruzione del rivestimento può soltanto indicativamente essere suggerita, oltre che da questi frammenti, dagli schemi decorativi delle pareti interne di un monumento contemporaneo come il Pantheon.

3.1.2.12 La copertura dei portici. Ipotesi ricostruttiva del soffitto cassettonato L’altezza totale dell’ordine del portico, considerate le altezze dei frammenti architettonici conservati: base (0,44 m), fusto (7,60 m) e capitello (1,00 m), con aggiunta di

  Bianchi 2001. Vedi capitolo 5.

165

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Il Foro di Traiano nell’Antichità una differente conformazione dei lacunari del cassettonato posti a copertura dei corridoi laterali, rispetto alle misure dei due conservati e pertinenti al lato settentrionale167. In secondo luogo, la lastra in marmo bianco rinvenuta sul portico occidentale, attribuita alla pedata superiore della gradinata di collegamento tra la superficie interna scoperta e i portici, si troverebbe non tra due colonne ma al di sotto di una delle basi delle otto colonne, che si potrebbero collocare su questo lato. A ciò si deve aggiungere che, sul lato orientale, il braccio di fognatura proveniente dal Foro di Augusto sarebbe stato sormontato dalla terzultima colonna, anche se la questione avrebbe potuto essere risolta proteggendo lo speco, come altrove nel Foro, con blocchi di travertino sagomati inferiormente a cappuccina (fig.3.43). È molto probabile che il tutto sia stato risolto collocando, come si è detto, sette colonne su ciascuno dei lati lunghi. Tale sistemazione è la sola che consenta il dimensionamento di interassi identici a quelli del lato settentrionale (3,16 m), lasciando a vista in un intercolumnio del portico occidentale il (3°) gradino di marmo bianco rinvenuto nello scavo e, sul lato opposto, l’innesto del braccio di fogna proveniente dal Foro di Augusto con il condotto US 723, passante tra due colonne e non al di sotto di una di esse, come peraltro sembra suggerito dallo stesso tracciato della canaletta disposto diagonalmente rispetto al portico (fig.3.42). inoltre, la presenza di un numero dispari di colonne consentiva di collocare l’ultimo fusto in posizione leggermente più avanzata rispetto alle due colonne (di granito?) del prospetto meridionale, permettendo in tal modo di evidenziarlo in una sorta di sfondamento prospettico. Anche per questo motivo tale soluzione sembra preferibile rispetto all’ipotesi con otto colonne per lato, dove l’ultima di esse avrebbe dovuto trovarsi sullo stesso allineamento del prospetto centrale, dal quale viceversa doveva differenziarsi, per caratteristiche dell’ordine e per il marcato dislivello dei piani di calpestio.

Figura 3.80. Frammento di lesena in marmo forse pertinente alla decorazione del muro di fondo del portico (inv. FT 9127).

architrave (0,65-0,75 m), fregio (0,65-0,75 m) e cornice (0,80 m), doveva corrispondere a 11,13/11,34 m (= circa 38 p.r.). Il piano del portico era formato, come si è visto, da due bracci est-ovest paralleli tra loro, lunghi 25 m e larghi, escludendo la superficie sulla quale poggiavano i colonnati, 5,30 m, collegati da un braccio trasversale, largo 3,50 m, lungo complessivamente 28 m, affacciato sull’area scoperta centrale per un’ampiezza di 18 m166. La ricollocazione delle basi (1,22 m di lato) e dei fusti di colonne sui tre lati del cortile porticato, secondo uno schema che doveva prevedere 7 colonne sui lati lunghi e 6 sul lato breve (per un totale di 18), consente di risalire alla misura degli interassi che doveva essere pari a 3,16 m (fig.3.42).

La possibilità di ricostruire con un buon grado di esattezza il sistema di copertura dei portici si basa anche su due dei frammenti architettonici che lo scavo ha restituito: un magnifico capitello corinzio in marmo bianco lunense (figg.3.39-3.40) (US 8086=FT 9101) e un grande elemento marmoreo, nello stesso marmo, che conserva un lacunare e parte di quello contiguo, scolpiti nello stesso blocco (US 8097=FT 9103) (figg.3.81-3.82).

Tale misura costituisce il presupposto fondamentale per una corretta ricostruzione dimensionale dei soffitti e della distanza tra gli architravi che sostenevano i cassettoni. Al solo scopo di chiarire la connessione degli ordini architettonici con la conformazione delle coperture, si deve ritornare per un momento sulla questione dei colonnati. La mancanza di qualsiasi evidenza che permetta di stabilire con certezza il numero delle colonne presenti sui lati lunghi ha richiesto una riflessione su due possibili ipotesi. Si è visto che la presenza di otto colonne su ciascuno dei lati lunghi, apparentemente più plausibile perché corrispondente a un numero pari di fusti, si pone in contrasto con una molteplicità di fattori: il primo è una necessaria riduzione dell’interasse tra le colonne da 3,16 a 2,88 m, ciò che avrebbe comportato necessariamente anche

Come già notato da Marina Milella168, la superficie superiore del capitello presenta l’incisione di linee-guida e diverse cavità per perni con canalette per il piombo, relative al posizionamento di tre architravi, disposti a Y (fig.3.83). Alle spalle dei due architravi pertinenti alla trabeazione della facciata esterna, se ne inseriva un terzo   Vedi 3.1.2.3.   Le osservazioni esposte nel saggio di Marina Milella (Milella 2004), fanno seguito all’ipotesi ricostruttiva presentata nella tavola elaborata sulla base di un esame preliminare dei frammenti e dei resti superstiti, condotto da chi scrive assieme a Roberto Meneghini e realizzata dalla soc. Inklink (fig.3.28). 167 168

  Vedi 3.1.2.2.

166

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Scavi 1998-2007

Figura 3.81. Blocco di marmo lunense con lacunare e attacco di un lacunare contiguo (US 8097. FT 9103) relativo al sistema di copertura dei portici.

Figura 3.82. Prospetto del blocco di marmo lunense con lacunare e attacco di un lacunare contiguo (US 8097. FT 9103) pertinente al sistema di copertura dei portici.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.83. Schema grafico del piano superiore del capitello corinzio (FT 9101). Le linee interne sono relative ai punti di contatto e di sovrapposizione degli architravi; in grigio gli alloggiamenti dei perni di fissaggio.

disposto perpendicolarmente, che doveva coprire lo spazio tra la colonna e il muro di fondo del portico, sul quale il grande elemento lapideo trovava il suo secondo appoggio. Come giustamente osservato dalla studiosa, una simile disposizione è la stessa che presentano i fregi-architrave pertinenti agli avancorpi della Basilica Ulpia169.

cassettone marmoreo (figg.3.81-3.82, 3.84)171, decorato con un fiore centrale, pertinente in origine al soffitto e che doveva poggiare sui risalti del kymation dell’architrave della trabeazione interna dei tre bracci porticati, dove il motivo veniva ripetuto per decine di volte. Il blocco conserva un lacunare integro (0,87 x 0,84 m) e parte di un altro adiacente172 (figg.3.81-3.82). I blocchi interi dovevano misurare 2,12 x 90,4-104,6 x h 0,75 m, comprese anche le fasce lisce perimetrali di appoggio sui sottostanti architravi, di circa ½ piede per lato173 (fig.3.84).

Tuttavia, si deve considerare che tale soluzione, certamente relativa al braccio di portico settentrionale, largo 3,50 m, non è altrettanto facilmente proponibile per i portici laterali la cui larghezza doveva essere coperta da architravi marmorei, relativamente sottili, lunghi oltre 5 m170.

In considerazione della larghezza del portico settentrionale, data la porzione conservata del blocco, per la sua copertura

Il secondo frammento architettonico importante per la ricostruzione del portico è uno splendido elemento di

  Meneghini 2009, p. 138, fig. 173. Milella 2004, p. 66.   I due lacunari sono separati da due sottili fasce non decorate, di soli 3 cm, separate a loro volta da una scanalatura. 173   I frammenti di architrave rinvenuti non conservano il coronamento, che si ritiene dovesse sporgere di circa 10-15 cm dal filo della terza fascia dell’architrave (inferiore), sul quale doveva poggiare la fascia perimetrale dei blocchi contigui recanti i lacunari. 171 172

  Milella 2004, p. 66, nota 55. Amici 1982, 21, figg. 27-30. Per una disposizione analoga si veda anche la copertura del corridoio esterno della cella del Tempio di Venere Genitrice (Amici 1991, p. 80, fig. 112.C). 170   Meneghini 2001a, p. 261. 169

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Scavi 1998-2007

Figura 3.84. Soffitto con cassettoni: schema grafico (sezione) con ricomposizione di un blocco di marmo con due cassettoni (elab. E. Bianchi).

si può ricostruire un motivo di otto lacunari, suddiviso su quattro blocchi accostati (lunghezza complessiva 3,83 m), che occupavano la campata del portico definita dall’architrave posto sulla fronte del portico, da quelli trasversali e dal muro di fondo (figg.3.85, 3.86, 3.87).

sala trisegmentata, per l’evidente necessità di impiegare soltanto monoliti molto lunghi, a meno di non immaginare la presenza di rompitratta in grado di consentire la posa in opera di blocchi delle dimensioni “regolari” di 2,12 m. Si deve immaginare, dunque, che l’intero sistema di copertura prevedesse un totale di 116 blocchi da due lacunari ciascuno, affiancati per comporre file più o meno lunghe, per raggiungere l’ampiezza dei bracci di portico da coprire (fig.3.87). Tale sistema, come si è detto, doveva poggiare sugli architravi della facciata e su altri disposti trasversalmente tra questa e il muro di fondo di ciascuno dei tre lati del portico.

Considerando il peso specifico del marmo bianco, pari a 2,5-2,8 t/mc, ogni blocco doveva pesare circa 4 tonnellate, dunque per ogni campata di questo lato del portico sugli architravi e sul muro perimetrale si distribuiva un carico complessivo di 16 tonnellate. La profondità della superficie visibile del soffitto, corrispondente a quella dello spazio interno del portico, a filo delle colonne e del muro di fondo, doveva essere di 3,50 m (pari a circa 12 piedi). In larghezza tale spazio, corrispondente all’intercolumnio, era invece di 1,84 m (pari a circa 6 piedi)174, a fronte dell’effettiva larghezza dei due blocchi affiancati, di 2,12 m.

Come si è detto, lo scavo ha restituito alcuni frammenti pertinenti a fregi-architravi (US 8095=FT 9104 e 8100) che conservano, in diversa misura, anche una porzione del soffitto. Questo era decorato nel pannello centrale (3,28 x 0,24 m) con ghirlande di foglie di quercia, alternate a ghiande, con andamento bidirezionale rivolto verso il centro, e incorniciato da un kyma lesbio bilobato. Il motivo è preservato sul primo dei due frammenti (fig.3.66) e grazie ad esso è possibile risalire alle dimensioni originali dell’elemento: 0,79. x 3,84. x h 0,70 m. La ricostruzione grafica riproduce l’intera superficie del blocco, con la parte visibile del soffitto (circa 3,15 m) e le due estremità corrispondenti alla porzione di contatto con il piano superiore del capitello (diam. superiore 0,98 m) (fig.3.89). Per assicurare la stabilità del sistema, i blocchi dovevano essere fissati, a intervalli regolari, agli architravi e alle travature lignee soprastanti mediante barre metalliche176, delle quali lo stesso frammento marmoreo con i lacunari conserva sul retro una cavità quadrangolare per il suo alloggiamento (6 x 6 cm).

L’ampiezza dei portici laterali (5,30 m) consente di ipotizzare che per coprire una luce di questo tipo si dovette aumentare il numero dei blocchi da 4 a 6, per una lunghezza totale di 5,70 m, in modo che ognuna delle campate mostrasse 12 lacunari175 (fig.3.87), con un conseguente aumento di peso sugli architravi da 16 a 24 tonnellate. Il sontuoso ed elegante aspetto del soffitto si deve immaginare del tutto simile a quello conservato sui resti della Biblioteca di Celso a Efeso (fig.3.88). Difficile ipotizzare, invece, come dovessero disporsi i blocchi di copertura nei due angoli formati dalla confluenza dei bracci di portico (fig.3.87), a ridosso della   Secondo Marina Milella (Milella 2004, p. 66 n.57 e fig. 16 a p. 68), invece, ogni campata doveva essere coperta da una coppia di blocchi più lunghi, ciascuno con tre cassettoni disposti parallelamente agli architravi interni del portico. Lo schema proposto dalla studiosa, secondo un motivo a sei cassettoni, comporta tuttavia una misura ridotta della lunghezza complessiva dei due blocchi (2,76 m), insufficiente per coprire la luce esistente tra l’architrave posto sulle colonne e il muro di fondo (3,62 m). 175   Il cassettone conservato sul lato breve del blocco US 8097 mostra una lieve differenza di misura (84,8 cm) rispetto al lato adiacente (87,8 cm). Tale riduzione moltiplicata per 6 cassettoni può essere motivata o come un espediente per ridurre la lunghezza dell’architrave di quasi 20 cm o per correggere un effetto visivo del cassettone per la vista dal basso. 174

Al di sopra di tale sistema doveva trovarsi la copertura dell’edificio porticato, che si deve immaginare come una terrazza continua sui tre lati. Si può ritenere che tale struttura dovesse presentarsi con caratteristiche diverse da quelle presenti nei Mercati di Traiano, dove la pavimentazione delle terrazze, costituita da livelli   Ringrazio A. Coletta per questo e altri preziosi suggerimenti.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.85. Soffitto con cassettoni: schema grafico della ricomposizione del motivo di otto cassettoni formato dall’assemblaggio di quattro blocchi di marmo lunense (elab. E. Bianchi)

sovrapposti di opus spicatum e mosaico, era certamente in grado di assicurare una perfetta impermeabilizzazione177, ma è da considerare che in quel contesto, diversamente dal nostro caso, le terrazze poggiavano sull’estradosso delle volte in opera cementizia degli ambienti sottostanti178.

dovesse presentare alla sua sommità una copertura per così dire “leggera”, come sembra testimoniato dai numerosi spezzoni di muratura con estradosso rivestito in cocciopesto rinvenuti nell’area (figg.3.76, 3.90-3.91) e forse originariamente poggiati su travature lignee. Nella fig.3.86 si noti il dettaglio con la trave e il soprastante conglomerato cementizio. Il frammento di muratura rinvenuto allo stato di crollo US 1779 (fig.3.76) conserva una porzione di opera laterizia alla quale si addossa un piano formato da tre strati sovrapposti, dello spessore complessivo di 0,16 m, composti da uno spesso strato di cocciopesto poggiato su un piano di bipedali, posato a sua volta su un allettamento di malta. Su questo piano è gettato un intonaco, steso anche sulla parete di laterizi, con profilo inclinato a formare un cordolo con il cocciopesto181 (fig.3.91). È possibile immaginare che un sistema di leggere pendenze delle terrazze dovesse convogliare l’acqua piovana verso l’imbocco di discendenti, collegati con il circuito di canalizzazione che correva alla base dei portici (US 722 e US 723)182. Con buona probabilità allo smaltimento delle acque piovane doveva contribuire anche una fila di gocciolatoi posti a livello della cornice della trabeazione, dei quali però non rimane traccia.

Tuttavia se è vero che questa tecnica costruttiva, il cui impiego trova numerose attestazioni179, poteva offrite il vantaggio di garantire un’ottima impermeabilizzazione, d’altro canto, come posto in evidenza da Carla Amici per il caso della pavimentazione dell’edificio a triplice esedra a Villa Adriana180, la stessa doveva necessariamente condurre alla realizzazione di strutture di notevole carico, pari circa una tonnellata per metro quadro. Appare dunque più verosimile, che il cortile porticato, al di sopra del complesso sistema di elementi marmorei,   Vitr., VII, 1, 5-6.   Bianchini-Vitti 2018, fig. 8 e nota 17: la struttura si componeva, a partire dal basso, di uno strato di conglomerato spesso tra 12 e 18 cm, sopra al quale si trovava un piano in opus spicatum, al quale era ulteriormente sovrapposto uno strato di cocciopesto, con spessore compreso tra 8 e 12 cm, ed infine il pavimento definitivo in opus tessellatum monocromo nero con tessere di selce di forma e dimensioni irregolari, i cui lati variano tra 1,1 e 2,3 cm (generalmente 1,8 cm). 179   Pavimenti dello stesso tipo sono attestati in altri edifici traianei quali le terme di Traiano (De Fine Licht 1974, p. 34 e Amici 2016, p. 59 fig. 11), il portico che corre alle spalle del tempio di Venere Genitrice (Amici 1991, p. 109), negli ambienti esterni all’abside occidentale del portico del Foro di Traiano al di sotto dell’Altare della Patria (Egidi 2010, pp. 96-97) e infine nei Castra Praetoria (Blake 1959, p. 15). 180   Amici 2016, p. 43. 177 178

In particolare, la terrazza che copriva il braccio centrale del portico, doveva essere caratterizzata da una doppia lieve pendenza che convogliava l’acqua piovana in un   Il suo spessore va da un minimo di 0,15 m a un massimo di 0,7 m.   Vedi 4.3.2.3-4.3.2.4.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.86. Sezione ricostruttiva della copertura del portico (lato meridionale). Il soffitto con cassettoni in blocchi poggiata su architravi marmorei e soprastante struttura di conglomerato cementizio e bipedali sostenuta da travatura lignea (R. Meneghini, E. Bianchi).

discendente inglobato al centro del grosso muro divisorio tra la corte porticata e la sala trisegmentata. È forse questo un ulteriore elemento per ipotizzare che la comunicazione tra i due settori avvenisse attraverso due porte collocate in corrispondenza delle testate dei bracci laterali porticati del cortile, piuttosto che tramite un unico varco centrale.

all’intero spessore della terrazza (travatura lignea, piano di bipedali e vero e proprio pavimento di cocciopesto), dietro alla quale erano alloggiati gli incassi delle testate delle travi. Sul livello della terrazza, forse a costituire una sorta di balaustra di affaccio sull’interno dell’edificio porticato, poteva essere collocata una lunghissima struttura (in marmo bianco lunense), alta 0,68 m, disposta sul coronamento dei tre bracci di portico e formata da una fila ininterrotta di blocchi. Tre frammenti combacianti di tale balaustra di marmo bianco (lunghezza totale 1,54 m) sono stati rinvenuti nel 1999, in prossimità del limite settentrionale del cortile (UUSS 1921, 1922, 1924, 1926 = FT 9129 e 9131) (fig.3.94)184. Essi hanno il campo centrale occupato da un’epigrafe che riporta il nome di Traiano al

La pavimentazione della terrazza, costituita come si è detto da uno spesso strato di cocciopesto, steso su un piano di bipedali e poggiato probabilmente su una travatura lignea, doveva trovarsi a circa 1 m al di sopra del cassettonato marmoreo (figg. 3.86, 3.92-3.93). Al di sopra della cornice (sopracornice), della quale si è rinvenuto un frammento (US 8101= FT 9136?)183, doveva trovarsi una zoccolatura continua marmorea, della quale si è rinvenuto un unico frammento (US 1923 = FT 9132) (fig.3.93), corrispondente   Si tratta di un frammento di cornice ionica.

  Meneghini 2009, p. 138.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.87. Soffitto del cortile porticato meridionale, visto dal basso. Schema grafico della ricomposizione dei lacunari poggianti su architravi. La base utilizzata e visibile al centro è il rilievo dell’area di scavo (elab. E. Bianchi).

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Scavi 1998-2007

Figura 3.88. Efeso, Biblioteca di Celso. Particolare del soffitto cassettonato poggiante su architravi.

Figura 3.89. Ricomposizione grafica del soffitto di uno degli architravi poggianti sui colonnati. Nel pannello centrale un motivo con ghirlande di foglie di quercia e ghiande; ai lati, in grigio, la superficie coincidente con la sommità dei capitelli (elab. E. Bianchi).

nominativo, quindi ancora vivente: [cae] SAR · NERVA ·TRAIA [nus] (figg.3.95-3.96)185.

Con buona probabilità questa iscrizione, il cui studio e interpretazione sono ancora in corso, con buona probabilità doveva ricordare la costruzione del Foro186.

Le lettere, alte 0,15 m, erano originariamente riempite di bronzo rivestito da una sottile lamina d’oro, mentre lo specchio epigrafico, che ha al di sopra e al di sotto dell’iscrizione due fasce libere, alte 0,14 m, è incorniciato da una modanatura alta superiormente 0,11 m e alla base 0,15 m. Lo spessore di tale elemento architettonico è analogo a quello superiore della zoccolatura, che sembra pertanto aver costituito la sua base d’appoggio (fig.3.86).

La sua originaria collocazione al di sopra della trabeazione, ripetuta anche sugli altri lati della corte, doveva essere resa maggiormente visibile dal basso grazie a una colorazione dello sfondo del campo epigrafico (forse in rosso, per meglio far risaltare l’oro dei caratteri), che sembra testimoniata da una finitura a gradina della superficie,   La Rocca 2001, p. 209; Meneghini 2009, p. 138. L’iscrizione è in corso di studio da parte di Ersilia D’Ambrosio. 186

  La Rocca 2018, p. 94.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.90. Frammento di muratura pertinente alla terrazza di copertura dei portici con rivestimento in cocciopesto.

Figura 3.91. Schema grafico della ricomposizione del frammento di muratura (US 1779) riferibile alla copertura a terrazza del cortile porticato (ril. R. Meneghini, elab. E. Bianchi).

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Scavi 1998-2007

Figura 3.92. Prospetto del frammento di sopracornice marmorea pertinente al livello superiore del portico (US 8101. FT 9136?).

Figura 3.93. Frammento di zoccolatura marmorea (US 1923. FT 9132) pertinente al livello superiore del portico.

realizzata per una migliore aderenza del colore (figg.3.28, 3.65).

bolli laterizi rinvenuti nei crolli delle murature perimetrali dei portici databili fino al 115-116 d.C.189 La presenza dell’iscrizione, posta in opera in un momento in cui l’imperatore era ancora in vita, circoscrive inevitabilmente l’attività completamento dei lavori di questo settore del

All’atto dell’inaugurazione del Foro, nel 112 d.C.187, la costruzione del cortile porticato, seppure avviata188, non era stata ancora portata a termine, come testimoniato dai

 Inoltre, nel settore adiacente si conserva allo stato di crollo una porzione di muratura dell’attico del colonnato che precedeva la galleria trisegmentata con due bolli laterizi dei quali uno si riferisce agli anni 104-109 d.C. e l’altro a circa un decennio successivo (vedi 5.4-5.5). 189

  Fasti. Ost., ad ann 112-113.   Per la datazione del sistema fognario del Settore VI vedi 4.5 e 5.5.

187 188

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.94. Iscrizione dedicatoria di Traiano in marmo lunense. I frammenti in fase di scavo.

Figura 3.95. Iscrizione dedicatoria di Traiano in marmo lunense al termine dello scavo.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.96. Ricomposizione grafica dei tre frammenti pertinenti alla balaustra con l’epigrafe recante il nome di Traiano vivente (elab. E. Bianchi).

Foro a un arco temporale che non può estendersi oltre questi stessi anni.

con estradosso rivestito in cocciopesto rinvenuti nell’area. Lo smaltimento delle acque pluviali doveva essere garantito sia mediante un sistema di leggere pendenze delle terrazze stesse, in grado di convogliarle verso l’imbocco di discendenti e forse anche verso gocciolatoi posizionati sopra la cornice della trabeazione. L’acqua, cadendo sulla superficie scoperta dell’area centrale, grazie alla conformazione del lastricato marmoreo, veniva distribuita nelle numerose caditoie presenti sui quattro lati del cortile, che provvedevano poi a recapitarle all’interno di un condotto fognario coperto a cappuccina. Questo, seguendo i quattro lati dell’area, doveva convogliare il flusso idrico in direzione del Foro di Cesare e da qui verso la Cloaca Massima, come suggerito dalla pendenza dei piani di scorrimento.

3.1.3 Osservazioni conclusive Una prima notazione riguarda la sequenza costruttiva dell’edificio e delle sue diverse componenti. Terminate le operazioni di livellamento del terreno naturale e avviata la costruzione del sistema di smaltimento delle acque del nuovo corpo di fabbrica, furono dapprima gettate le fondazioni in cementizio del colonnato, che racchiude su tre lati l’ampio spazio centrale, e quelle previste per i muri perimetrali. Una volta ultimato l’allestimento delle parti strutturali, si procedette alla posa in opera dei piani pavimentali, disposi su livelli differenti: più bassa la zona centrale, leggermente rialzato, invece, il piano di calpestio dei corridoi laterali. In entrambe le situazioni è però analogo il sistema e il materiale adoperato nella creazione dello strato di preparazione. Si tratta di “gettate” sovrapposte in conglomerato cementizio, di consistenza piuttosto compatta. L’unica eccezione tra i due settori è rappresentata dall’inserzione, nella zona centrale, di una fascia di travertini simile a quella prevista nella piazza del Foro. Come questa, l’area centrale del cortile porticato ha un profilo a “schiena d’asino”, ed è dotata di un capiente e funzionale sistema di smaltimento delle acque meteoriche.

Nella tradizione degli studi che ha preceduto gli scavi, lo spazio compreso tra i Fori di Augusto e di Traiano era immaginato come un’una ampia piazza lastricata sulla quale doveva aprirsi un arco di trionfo, posto in funzione di accesso monumentale al Foro di Traiano190. Gli scavi hanno dimostrato quanto errata fosse questa ipotesi ormai consolidata, mentre la presenza del cortile porticato non fa che sostanziare quanto già formulato sul suo significato negli studi di Roberto Meneghini191 e di Eugenio La Rocca192, al quale si deve anche un’importante ipotesi circa la possibilità che questo edificio per «la sua posizione

La copertura dei lati porticati del cortile doveva essere a terrazza, con buona probabilità alla stessa quota di quella situata sulla sommità della sala trisegmentata, così come sembrano testimoniare i numerosi spezzoni di muratura

  Lesueur 1823-24, Tav. 2; Morey 1836, Tav. 10; Guadet 1867, Tav. 15.   Meneghini 2009, con bibliografia precedente. 192   La Rocca 2001, p. 209. 190 191

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Il Foro di Traiano nell’Antichità centrale, di chiusura visiva del complesso forense, rende più che verosimile che si tratti di un’area templare, intendendo con questo termine, in modo forse generico […] una zona recintata con valenza religiosa. Collocata in luogo di una vera e propria come sarebbe stato logico nell’ottica dei fori tripartiti, lo schema complessivo - porticato su tre lati e, verosimilmente, parete absidata sul fondo - richiama alla mente strutture con simile tipologia, ma adottata per funzioni quanto mai differenti». Quanto alla funzione dell’edificio, entrambi gli studiosi sostengono prudentemente che, in mancanza di ulteriori elementi utili all’interpretazione, essa sia ancora tutta da stabilire.

il portico augusteo, ma scendendo pochi gradini. Proprio in quest’ottica, tali passaggi, nonostante la ricchezza decorativa dei tappeti pavimentali, dei rivestimenti parietali e dei magnifici soffitti, appaiono pensati come accessi secondari. In una prima ipotesi ricostruttiva i portici laterali si immaginavano non raggiungibili dall’area scoperta centrale, a causa dello spazio insufficiente per l’inserimento di una gradinata195. Ora, grazie al ritrovamento dei resti di una sia pur breve struttura di collegamento tra i due diversi piani, si può affermare che proprio la gradinata in sé doveva assumere il ruolo fisico di raccordo, vero e proprio elemento strutturale per il percorso interno, per così dire “graduale”, tra i due complessi. Forse era proprio grazie alla presenza della gradinata, che consentiva di privilegiare la direzione “ascendente” di ingresso dal Foro più antico verso quello di Traiano, che gli spazi di quest’ultimo apparivano a chi vi entrava come una naturale estensione del primo, nel significato di una continuità ideale e fisica con gli spazi destinati alla rappresentazione del potere imperiale.

Il cortile porticato doveva quanto meno fungere da spazio mediatore fra i Fori di Augusto e di Traiano, tra i quali esso fu collocato per costituire l’unica via di comunicazione diretta tra i due complessi, prima attraversando la sala trisegmentata e poi mediante i due corridoi paralleli. L’apparente anomalìa della presenza di un edificio di forma ridotta, eppure connotato da una veste fastosa, si potrebbe spiegare in un’ottica squisitamente funzionale, come escamotage per risolvere un problema puramente topografico e allo stesso tempo architettonico, quello della differenza tra le due quote (0,47 m) sulle quali si attestano i due Fori contigui e che dovevano essere in qualche modo architettonicamente ed esteticamente armonizzate nel punto di incontro tra i due complessi.

Eppure, il fasto e l’eleganza del suo apparato decorativo, pur senza considerare la possibile presenza di un gruppo statuario o altro a connotarne lo spazio centrale scoperto, suggeriscono una funzione più specifica per il cortile porticato, che va al di là del semplice ruolo funzionale per il transito di persone. Basti pensare al passaggio dell’importante condotta d’acqua diretta al Campidoglio, al di sotto delle lastre marmoree del braccio settentrionale del portico196.

Non v’è dubbio che il percorso per giungere a questo spazio, attraverso due porte presumibilmente collocate a nord sull’asse dei due corridoi paralleli e alle estremità del tratto centrale della sala trisegmentata, e proseguire da qui verso il Foro di Augusto debba essere stato concepito con grande attenzione, per l’alto grado di rappresentanza che i luoghi rivestivano193.

Non va sottovalutata, inoltre, la posizione estremamente ravvicinata, da un lato con il settore esterno della sala trisegmentata e con gli edifici del Foro addossati alla terrazza Domizianea, dall’altro con il Foro di Cesare. A est lo scavo ha rivelato la presenza di un cortiletto delimitato dal contrafforte di sostegno della volta del vicino ambiente trisegmentato (settore IV) e di un vano adiacente di forma trapezoidale, forse comunicante con la corte stessa. Sul versante opposto, l’area compresa tra il cortile porticato, la sala trisegmentata, e i muri perimetrale dei Fori di Cesare e di Augusto, è ancora tutta nascosta sotto Via dei Fori Imperiali. L’area doveva essere anch’essa di forma trapezoidale, più o meno delle dimensioni del cortile porticato traianeo e probabilmente scoperta197, per costituire anch’essa uno spazio mediatore, poiché qui doveva trovarsi anche un accesso al Foro di Cesare198. Si individua così, anche verso questo Foro una percorrenza rimarcata, come si è visto, da tracciati idraulici sia di adduzione che di smaltimento199.

Soprattutto in considerazione del fatto che, come recentemente proposto da Eugenio La Rocca, la stessa sala trisegmentata potesse essere destinata a preservare le insegne e parte dei tesori del bottino di guerra dacico (Lyd. Mag 2,28)194. Per questo motivo dei tre passaggi verso il Foro di Augusto dei quali si è ipotizzata la presenza, quello centrale deve essere considerato il principale. In questo punto, infatti, il transito poteva avvenire grazie alla raggiunta coincidenza dei livelli, dato che la quota della superficie scoperta del cortile porticato traianeo (+15,64 m slm) qui diventa quasi coincidente con quella del portico del Foro più antico (+15,79 m slm). Viceversa, i corridoi paralleli erano percorribili poco più in alto, perché concepiti per essere alla stessa quota di tutto l’edificio traianeo; così le due aperture situate alla terminazione meridionale di entrambi, potevano consentire anch’esse il transito verso

  Meneghini 2001a, pp. 261-262.   Meneghini 2009 fig. 58/ F-F’. Bianchi-Santucci 2020 con bibliografia precedente. Vedi 6.5. 197   Vedi 2.5.1. 198   Meneghini 2016. 199  Vedi capitolo 4. 195 196

  Sul tema complesso dei collegamenti e dei passaggi tra i Fori imperiali, v. Gros 2001, La Rocca 2001; La Rocca 2006; Coarelli 2007. 194   La Rocca 2018, p. 94, nota 77. 193

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Scavi 1998-2007

Figura 3.97. Rilievo planimetrico dell’area del cortile porticato meridionale con i lacerti marmorei presenti in situ (elab. S. Santucci).

3.1.4 Appendice: la decorazione marmorea del cortile porticato meridionale (a cura di Simone Santucci)

Lastre di Cipollino si alternano a lastre di Portasanta lungo le singole file, andando a creare con le file adiacenti una linea spezzata che dalle pareti esterne si dirige verso il centro del cortile. Rispetto a questa direttrice cromatica fa eccezione solo la prima fila di lastre, disposta accanto al colonnato, che si presenta arretrata rispetto alla seconda fila, mostrando così una direzione inversa rispetto alla regolarità delle altre file. Tale disposizione, presente su entrambi i corridoi laterali, porta ad escludere un’anomalia della redazione pavimentale e consente di ipotizzare una soluzione ottica adottata per evidenziare un percorso preferenziale di passaggio a livello delle prime tre file (fig.3.98).

Tipologia pavimentale: Opus sectile marmoreo Motivo: Lastre rettangolari dalla dimensione media di 3 x 6 piedi romani, disposte secondo lo schema isodomo semplice a giunti sfalsati. Il rilievo dei lacerti marmorei ancora in opera e l’analisi delle impronte delle lastre che si sono conservate impresse sulla malta di allettamento consente di ricostruire l’aspetto generale di questa pavimentazione (fig.3.97). 149

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.98. Planimetria ricostruttiva della superficie pavimentale del cortile porticato meridionale (elab. S. Santucci).

Litotipi: Cipollino (Marmor Caristium), Portasanta (Marmor Chium).

venature e marezzature arancio rosate. Prevalgono lastre dalla tessitura omogenea dal fondo rosato uniforme del Portasanta carnicino (fig.3.99, Portasanta-1), dal fondo rosato con diffuse venature e screziature bianche e rosso violacee lineari o serpeggianti (fig.3.99, Portasanta-2). In alcune lastre le venature si fanno particolarmente elaborate come nel caso del cosiddetto Portasanta fiorito (fig.3.99, Portasanta-3); Numerose lastre è stato utilizzato il litotipo brecciato, sia con la presenza di clasti di dimensioni medie e grandi sia di clasti estremamente minuti (fig.3.99, Portasanta-4, 5).

Il marmo Cipollino delle lastre presenta ampie venature ondulate con alternanza cromatica molto contrastata in cui venature bianche si alternano ad altre verdi scure quasi sempre disposte, almeno per i frammenti che si conservano in situ, parallele all’asse maggiore della lastra. L’aspetto macroscopico consente di ipotizzare una provenienza greca, dalle cave presso Karystos e Styra in Eubea (fig.3.99, Cipollino).

Attestazioni:

Il marmo Portasanta qui rappresentato, estratto dalle cave di Latomi nell’isola di Chios200, si presenta con un cromatismo e una tessitura per lo più uniformi; i litotipi scelti sono tutti esteticamente molto rilevanti, mancando del tutto la specie bigia e quella bigia con

• Foro di Augusto, Aula del Colosso - Fascia di delimitazione in Cipollino del pavimento a scacchiera di rettangoli in giallo antico e pavonazzetto201.

  Lazzarini 1995.

  Ponti 2002.

200

201

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Scavi 1998-2007

Figura 3.99. Litotipi delle lastre conservate in situ del marmo Cipollino e del Portasanta, con le tipologie di Portasanta carnicino (1), Portasanta venato (2), Portasanta fiorito (3), brecciato (4), brecciato minuto (5) (elab. S. Santucci).

• Foro di Cesare, Portico Meridionale - rifacimento di età tetrarchica della pavimentazione del portico meridionale con l’impiego di grandi lastre pavimentali di Cipollino di recupero alternate a lastre di granito grigio in un motivo reticolato delimitato da lastre di marmo bianco202.

particolarità di questi frammenti è dato dall’uniformità del litotipo di marmor Luculleum con clasti rosati in cemento grigio-verde, probabilmente preferito in questo contesto per la sua concordanza cromatica con il verde del Cipollino ed il rosa del Portasanta al più frequente ed apprezzato Africano nero o grigio scuro con clasti rossi e violacei.

Relativamente al marmo Portasanta il suo impiego in questo contesto rappresenta un unicum nella redazione dei pavimenti in opus sectile. Pur essendo stato in precedenza utilizzato per la pavimentazione della Basilica Emilia e della Basilica Giulia, negli edifici imperiali vengono preferiti altri marmi come il Giallo antico, l’Africano ed il Pavonazzetto.

3.2 La piazza del Foro e l’Equus Traiani (Settore VII) Come si è visto, le indagini archeologiche iniziate nel 1998203, che hanno riportato alla luce circa. 6.600 mq del Foro di Traiano, hanno da subito interessato l’area a sud del “muro di Pio VII”, l’originario limite meridionale del settore di scavo messo in luce tra il 1812 e il 1814 con gli scavi del Governo Francese, finalizzati alla sistemazione della piazza circostante la Colonna, che consentirono di

Note: Gli elementi emersi dallo scavo non consentono di formulare ipotesi sulla decorazione parietale marmorea in quanto nulla si è conservato, a parte alcuni frammenti di basi in marmo bianco e delle lesene in Cipollino, che probabilmente si alternavano lungo la parete in corrispondenza delle colonne del portico.

  Preliminarmente, le attività hanno riguardato la rimozione degli interri creatisi in occasione della realizzazione di Via dei Fori Imperiali, con l’asportazione, mediante mezzo meccanico, di tutto i depositi di età contemporanea. Si trattava per lo più di scarichi di notevole consistenza, costituiti essenzialmente da materiale edilizio prodotto dalla distruzione del quartiere Alessandrino operata in occasione dell’apertura di Via dei Fori Imperiali. Al termine di queste operazioni, svoltesi nei mesi di Giugno-Luglio 1998, è stata esposta l’intera superficie di tre isolati (A, B, C) divisi dalle vie del Priorato e dei Carbonari, ed i resti di un quarto (D) abbattuto dai francesi nel 1812 per lo scavo della Basilica Ulpia (vedi capitolo 1; Meneghini 2021a). 203

Si segnalano tuttavia alcuni frammenti riferibili ad ampie lastre ed una porzione di crusta rettangolare in marmo Africano. La   Vitti 2002.

202

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.100. Il settore centrale dello scavo 1998-2000, corrispondente alla piazza del Foro di Traiano, compreso tra via Alessandrina (in basso) e via dei Fori Imperiali.

scoprire un ampio settore del Foro, corrispondente alla parte mediana della Basilica Ulpia e all’area della piazza monumentale sulla quale essa in origine si affacciava.

la piazza da un tratto di muro rettilineo centrale preceduto da otto colonne corinzie in marmo giallo antico sormontate da una trabeazione continua e da due lati obliqui laterali, muniti di quattro colonne per parte, in marmo cipollino e pavonazzetto con soprastante trabeazione “a risalti”207. Nel segmento centrale, al di sopra della trabeazione, correva un attico continuo, nel quale doveva trovare posto un’epigrafe monumentale con il nome di Traiano208.

Risale, invece, al primo decennio del Novecento lo scoprimento di una limitata porzione del lato orientale della piazza di età imperiale e i resti dell’intera estensione del portico compreso tra la piazza stessa e i Mercati di Traiano. Nel 1911, infatti, l’architetto e scenografo Corrado Ricci aveva elaborato un progetto di scavo di vasta portata che avrebbe dovuto interessare il Foro di Augusto, quello di Nerva e il Foro di Traiano, compreso il complesso dei Mercati. L’attuazione di tale progetto fu avviata nel 1924, ma nell’area corrispondente al Foro di Traiano fu possibile indagare soltanto il settore ad Est di Via Alessandrina, a motivo del forte condizionamento dovuto all’impossibilità di espropriare e demolire tutti gli edifici che nel tempo si erano sovraimposti alle aree forensi.

In tutte le ricostruzioni precedenti lo scavo giubilare, inoltre, al centro della piazza del Foro di Traiano campeggiava l’Equus Traiani, la statua equestre dell’imperatore. Di questo monumento i nuovi scavi hanno messo in luce la fossa di fondazione, rivelando una posizione diversa rispetto a quella precedentemente ipotizzata, perché situata nella metà meridionale della piazza, lungo l’asse maggiore del complesso. Lo scavo del 1998-2000 ha interessato una superficie di circa 130 m di lunghezza (dal muro di Pio VII al limite di scavo del portico del Foro di Augusto) x 40 m di larghezza tra via Alessandrina209 e via dei Fori Imperiali, riportando in luce gran parte della porzione centrale della piazza del Foro di Traiano, che si estendeva originariamente per 108 m di lunghezza x 86 m di larghezza (fig.3.100).

Tra le ricostruzioni proposte in passato204, secondo l’immagine proposta da I. Gismondi205 il Foro si presentava come un complesso formato da una grande piazza rettangolare, fiancheggiata da portici con emicicli sui due lati lunghi, chiusa a nord dal prospetto della Basilica e a sud da una struttura curva206. Le indagini condotte negli anni 19982000 hanno dimostrato che il lato meridionale della piazza del foro si concludeva con una facciata caratterizzata da una complessa architettura a pianta “trisegmentata”, formata verso

  Meneghini 2002a.   Vedi 2.6. 209  In questo saggio saranno esposti esclusivamente i risultati delle indagini svolte negli anni 1998-2000. Le recenti indagini, concluse nel 2020, che hanno interessato un tratto di via Alessandrina e che hanno messo in luce un nuovo settore della piazza antica (1140 mq circa) fino al congiungimento con il portico orientale, sono ancora inedite, fatta eccezione per un rapporto preliminare (Bernacchio et al. 2021). 207 208

  Vedi capitolo 1.   Ricci-Colini-Mariani 1933, fig. a p. 36. BCom 61, 1933, tav. agg. A a p. 262. 206   Meneghini 2009, tavv. I-II e fig 134. Vedi 1.4. 204 205

152

Scavi 1998-2007 3.2.1 La pavimentazione marmorea

lastre superstiti rinvenute214, peraltro incomplete, e dalle impronte conservate, ciascuna lastra doveva misurare 2,30 m di lunghezza x 1,15-1,19 m di larghezza x 0,12-0,16 m di spessore. All’interno dell’area in esame sono visibili le impronte di 36 file di lastre disposte per testa x 41 file disposte per taglio e il numero complessivo delle lastre comprese nella superficie scavata del Foro a questo punto dovrebbe essere di 1476, ma lo scavo 1998-2000 ha messo in luce le impronte di 1020 lastre (si includono anche quelle che dovevano coprire i listoni di travertino), mentre molte altre sono state cancellate dalle strutture murarie medievali ancora visibili nell’area215.

3.2.1.1 La preparazione del lastricato É possibile ricostruire l’aspetto della pavimentazione della piazza del Foro come un rivestimento continuo composto da lastre rettangolari di marmo bianco e di dimensioni pressoché identiche, rimosse in età post-classica, le cui tracce sono rimaste impresse sullo strato di preparazione della pavimen­tazione stessa e sono ancora visibili su tutta l’area interessata dallo scavo210 (figg.3.101, 3.102, 3.103). Dall’esame eseguito durante le indagini non sembra che la preparazione sia composta da un’unica gettata di conglomerato cementizio, ma da una sequenza verticale di strati sovrapposti211. Ciò è chiaramente riconoscibile nelle sezioni esposte dopo lo svuotamento delle buche di palo e delle fosse medievali e moderne ricavate su tutta la superficie.

Le lastre, tutte affiancate per il lato lungo secondo l’orientamento nord-sud del Foro, dovevano complessivamente essere 2700, suddivise in 45 file combacianti sul lato breve, lungo l’asse maggiore della piazza (esclusi gli avancorpi della Basilica) e fino a un massimo di 74 lastre affiancate per il lato lungo, sull’asse minore.

Un primo strato cementizio (US 7453) si impostava direttamente sul substrato geologico (fig. 3.104). Su (o insieme a) questa gettata fu impostata una sorta di spina costituita da lastroni rettangolari di travertino (US 7452, 11041, 11042, 11043), con funzione di marcapiano, per la stesura dei successivi strati preparatori. La preparazione indicata come US 7451 fu gettata in appoggio sia a nord che a sud di tale apprestamento (figg.3.104-3.105) 212. Lo strato di preparazione del piano pavimentale della piazza di età imperiale (UUSS 2530, 2853, 3276, 5504, 7450) è identificabile con l’ultimo dei tre strati preparatori del massetto, è quello di minor spessore ed era funzionale unicamente alla messa in opera delle lastre marmoree che costituivano il piano di calpestio del foro213.

Su un numero così consistente di lastre va tenuto conto delle possibili piccole differenze di misura e di eventuali difformità di modulo in talune parti del reticolo, alle quali non è possibile risalire con esattezza, quali ad esempio la lunga fascia di pavimentazione conservata sotto il muro di Pio VII o la tessitura di lastre presenti in corrispondenza della facciata della Basilica Ulpia, le cui impronte, messe in luce nel XIX secolo, non sono più leggibili da tempo sul terreno. Una lastra di rivestimento in situ della piazza fu rinvenuta nel 2001 al di sotto di Via Alessandrina (fig.3.106) in occasione dei lavori per la realizzazione di un sottopasso, verso il limite orientale davanti alla gradinata del portico. La lastra conserva integro il lato breve (1,19 m) mentre del lato lungo resta un massimo di 1,50 m. La quota rilevata sulle impronte delle lastre adiacenti (US 3276) corrisponde a +16,30 m slm.

Come si può desumere dai risultati delle indagini, la parte visibile della pavimentazione della piazza, corrispondente a una superficie complessiva di ca. 1600 mq (mentre quella originaria doveva corrispondere a 7.260 mq), è delimitata a sud dalla fossa di spoliazione del muro meridionale, mentre a nord, est e ovest prosegue oltre i limiti di scavo.

Circa 5 m a nord del limite meridionale della piazza si è rinvenuta una seconda lastra superstite (US 5759/ + 16,18 m slm) (fig.3.107). Di questa lastra in opera, dello spessore di 0,12 m, originariamente facente parte della porzione di lastricato compresa tra la statua equestre di Traiano e il muro di fondo della piazza, è visibile soltanto uno dei lati corti (1,16 m).

Le dimensioni della piazza del Foro, misurate lungo i due assi principali, ossia tra l’avancorpo centrale della Basilica Ulpia (esclusi i gradini dell’avancorpo) e il muro di fondo della piazza e tra i portici sui lati lunghi (esclusi i gradini di ciascuno di essi) doveva corrispondere a 108 m x 86 m. Come risulta dalle misure ricavabili dalle uniche due

Dunque, ad eccezione di queste due lastre i resti della pavimentazione, consistono nel solo livello della preparazione, mentre ciò che rimane visibile è costituito, da 1020 impronte relative ad altrettante lastre di rivestimento e da listoni formati da file di lastre di travertino.

  Vedi 3.2.1.3.   Si può ipotizzare che il sottofondo generale della piazza – un’unica massicciata cementizia di 47.000 mc, formata da tre strati sovrapposti e poggiato direttamente sull’argilla naturale - sia stato realizzato solo successivamente alla gettata delle fondazioni dei portici e dei due grandi edifici situati sui lati brevi del complesso. 212   Con riferimento al Foro di Traiano i punti cardinali vengono citati in forma semplificata: per nord si intende nord-ovest, per est si intende nord-est e via dicendo. 213   È probabile che l’assenza di tale strato, in corrispondenza delle buche di palo (vedi 3.2.1.3) sia dovuta al suo distacco nel momento in cui le lastre marmoree con esso alloggiate vennero asportate. 210 211

  In occasione dei lavori per l’anastilosi del colonnato della Basilica Ulpia e della gradinata frontaleè stato rimesso in luce un frammento di lastra pavimentale conservato in corrispondenza dell’avancorpo centrale (+ 16,18 m slm). 215   Circa 500 impronte sono state riportate alla luce anche con il recente scavo di via Alessandrina (Bernacchio et al. 2021, p. 343, Fig. 1 e p. 350. Figg.18-19). 214

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.101. Veduta aerea del settore centrale della piazza del Foro al termine delle attività di scavo. Sono visibili le impronte delle lastre marmoree della pavimentazione.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.102. Indicazione delle unità stratigrafiche presenti nell’area della piazza del Foro (Settore VII). I numeri in nero indicano le Unità Stratigrafiche mentre quelli in rosso indicano le quote sul livello del mare.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.103. Particolare dello strato di preparazione per l’alloggiamento delle lastre marmoree di pavimentazione.

Figura 3.104. Sequenza stratigrafica degli strati preparatori e del rivestimento in lastre marmoree della piazza del Foro (elab. E. Bianchi).

Figura 3.105. Modello 3D dei tre livelli di preparazione della pavimentazione della piazza (UUSS 7453, 7452, 7450) con l’inser­ zione tra il secondo e il terzo livello della fascia di travertini (US 7452) e il rivestimento con lastre di marmo bianco (US 5759).

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Scavi 1998-2007 bianco pari a circa 1300 mc219. Dunque, considerata la superficie originaria della piazza di 7260 mq e lo spessore di 0,12 m delle lastre, si deve ipotizzare che per la sola pavimentazione furono impiegati circa 870 mc di marmo. Riassumendo, per la posa in opera di questa imponente “platea” fu operato un sistematico livellamento della zona, al fine di creare un piano uniforme. Tutte le strutture delle fasi precedenti, assieme alla pendice del Quirinale su cui si trovavano, furono quindi rasate ed interamente asportate sino a raggiungere il substrato geologico e al di sopra di questa nuova superficie fu allestita la pavimentazione della piazza. Si dovette procedere, innanzitutto, alla messa in opera di un sottofondo in conglomerato cementizio di notevole spessore (mediamente ca. 0.50 m). Esso non fu però “steso” in un’unica soluzione, ma attraverso livelli sovrapposti, anche se identici per quanto attiene la loro composizione. Si tratta infatti di gettate successive costituite da malta pozzolanica, inerti di tufo, basalto e occasionali schegge di travertino. 3.2.1.2 Apprestamenti del cantiere costruttivo: “listoni” di travertino Contestualmente a queste operazioni si proseguì, come evidenziato in altri settori del Foro220, con la posa in opera di una fascia continua di lastre rettangolari di travertino dello spessore di circa 0,20 m, alloggiate nella preparazione pavimentale della piazza (US 7451) (fig.3.108). L’intera superficie di questa, infatti, è marcata da nord a sud, lungo l’asse maggiore, dalla presenza di file continue o listoni di lastre di travertino di diverso spessore, accostate o per testa o per taglio (qui se ne conservano in opera 26 e sono visibili le impronte di posa di altre 45) (figg.3.109-3.110, 3.111). Tutti gli elementi di travertino, per la maggior parte asportati in età medievale, presentano misure simili a quelle delle lastre marmoree di rivestimento originariamente ad essi sovrapposte, non sono rifiniti sui bordi e sono quasi certamente tutti di reimpiego, data la presenza di fori per alloggiamento di grappe o di strumenti di sollevamento di diverse dimensioni.

Figura 3.106. Lastra di rivestimento della piazza rinvenuta in situ in prossimità della gradinata del portico orientale (2001).

Nel Foro di Traiano il marmo era costituito da poco più del 12% del totale dei materiali da costruzione impiegati ed è rappresentato principalmente dal marmo bianco con oltre 13.000 mc, corrispondenti a quasi 33.000 tonnellate (peso specifico 2,5–2,8 t/mc)216. Tale notevole quantità di materiale risulta per lo più proveniente dalle cave di Luni, anche se appare documentato un uso sporadico di Pentelico, che però non autorizza a ipotizzarne una diffusione maggiore all’interno del Foro217. Il volume di marmo bianco impiegato risulta di ben dieci volte superiore a quello del marmo colorato maggiormente utilizzato, la Granodiorite (il granito grigio del mons Claudianus in Egitto), che pure totalizza più di 1300 mc218.

Il listone est-ovest (US 7452) (figg.3.102, 3.108/B, 3.109/B), che sembra aver origine in un punto prospiciente il portico occidentale del Foro, nascosto sotto Via dei Fori Imperiali, è formato unicamente da lastre affiancate sul lato lungo. Di esso si conserva una sola lastra in situ (quota + 16,30 m slm), mentre del suo tracciato sulla piazza resta visibile soltanto la fossa di spoliazione (+16,03-16,10 m slm). All’altezza dell’ultima lastra questo listone, in corrispondenza dell’asse maggiore della piazza, si interseca perpendicolarmente con una struttura analoga che si sviluppa leggermente a ovest dell’asse stesso della piazza. Questo listone, del quale si conservano 6 lastre (o blocchi?), a differenza del precedente è formato da lastre accostate per il taglio (US 7452; quota + 16,30 m slm) (figg.3.108/A, 3.109/A). Il suo tracciato prosegue verso

In uno studio di alcuni anni fa fu calcolato che per la sola piazza venne impiegato un quantitativo di marmo

  Bianchi-Meneghini 2002, figg. 6. 8, tabelle 3–5 e nota 25: «Per la determinazione dei volumi di alcune parti della decorazione architettonica in marmo bianco si sono utilizzati particolari accorgimenti. Per le statue dei daci e per i capitelli il calcolo della cubatura è stato effettuato sul blocco grezzo, prima della lavorazione. Lo spessore delle lastre pavimentali è stato stabilito nella misura di 0,15 m, sulla base dell’evidenza disponibile. Lo spessore dei rivestimenti parietali varia da 0,09 a 0,15 m in ragione delle tracce degli spessori riscontrabili su membrature architettoniche e strutture murarie. Per la determinazione dei pesi e dei volumi degli elementi costituenti la Colonna Coclide si è tenuto conto dei valori forniti da M. Wilson Jones, JRA 6, 1993, 23–38». 217   Bianchi-Meneghini 2002, nota 26. 218   Bianchi-Meneghini 2002, nota 27. 216

  Bianchi-Meneghini 2002, tabella 5.   Bianchi-Meneghini 2002, fig.3; vedi 3.1.2.2.

219 220

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.107. Lastra di rivestimento conservata in situ poco a nord del limite meridionale della piazza (2001).

Figura 3.108. Planimetria dei listoni di travertino (US 7452) alloggiati nel secondo livello di preparazione della pavimenta­ zione della piazza (US 7451). A-C: settore centrale della piazza; D: sala trisegmentata; E: cortile porticato meridionale.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.109. I listoni di travertino (US 7452) alloggiati nello strato di preparazione della pavimentazione della piazza (US 7451), visti da nord. A: fila di lastre di travertino disposte secondo l’asse nord-sud della piazza; B: fila di lastre di travertino disposte secondo l’asse est-ovest.

Figura 3.111. Particolare della fila di lastre di travertino alloggiate nel livello di preparazione della pavimentazione marmorea della piazza secondo l’asse nord-sud. Vista da sud.

nord, dove si arresta poco oltre il muro di Pio VII, nell’area prospiciente la facciata della Basilica Ulpia. Di questo ultimo segmento si conservano 4 lastre (+16,35 m slm). A sud dell’intersezione il listone piega in corrispondenza del basamento dell’equus Traiani, per poi allinearsi lungo tutto il suo lato est e proseguire secondo un andamento a zig zag verso il lato meridionale della piazza del Foro (figg.3.108/C, 3.112). Su questo tracciato si conservano in situ 14 lastre (UUSS 11041-11042-11043) (fig.3.101). Sulla superficie di questi elementi si notano le tracce di scalpellatura per la posa in opera del soprastante lastricato marmoreo della piazza, a dimostrazione che essi erano destinati a rimanere nascosti sotto il rivestimento pavimentale (US 5759). Qual era dunque l’utilità e la funzione di questi? La loro presenza non si presta a una facile interpretazione e non sembra sinora trovare alcun confronto221, tuttavia, dal momento che in origine essi dovevano rimanere al di sotto della pavimentazione marmorea della piazza, sono certamente da interpretare come tracce di apparati

Figura 3.110. Particolare della fila di lastre di travertino alloggiate nel livello di preparazione della pavimentazione marmorea della piazza secondo l’asse nord-sud. Vista da nord.

  Meneghini 2001a, p. 253.

221

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.112. Particolare della fila di lastre di travertino alloggiate nel livello di preparazione della pavimentazione marmorea della piazza in prossimità dell’equus Traiani. Vista da nord.

di cantiere pertinenti alla fase costruttiva del foro222. Più in particolare, essi possono essere visti come lunghi marcapiani (o poste) per la stesura e per la livellazione dei successivi strati preparatori della piazza, ma allo stesso tempo si deve ritenere che siano serviti, quando ancora il cementizio gettato all’intorno doveva asciugarsi con i tempi necessari al ‘tiraggio’, come un ‘corridoio’ solido e stabile nel percorso di cantiere.

rettangolo, esclusa la superficie compresa tra i due bracci del colonnato meridionale; il listone disposto lungo l’asse est-ovest della piazza non prosegue oltre il punto di intersezione con il listone nord-sud perché evidentemente serviva soltanto per raggiungere quest’ultimo; 2. la realizzazione della fossa e della posa dei blocchi per il basamento dell’Equus Traiani; 3. la realizzazione della linea di colmo del pavimento e il montaggio delle lastre intorno al basamento e ai listoni soltanto nella parte centrale, come indicato dalla presenza sul terreno delle buche lasciate dalle macchine di sollevamento; 4. la posa in opera delle lastre, montate a partire dalla linea di colmo verso l’esterno con mire progressive.

È dunque plausibile che si tratti di elementi riconducibili ad “espedienti di cantiere”, funzionali al tracciamento di marcapiani di riferimento per le pendenze del piazzale e, in seguito, come vere e proprie “passerelle” per il trasporto degli elementi lapidei di rivestimento per il supporto e la movimentazione di carichi fino a 2 tonnellate. Il calcolo è stato considerato in base alle dimensioni (2,30 m x 1,15 m x 0,16 m) e al peso medio di ciascun elemento (circa 1100 kg)223.

La collocazione spaziale di tali listoni, se appare in evidente centralità rispetto alla piazza, fa immediatamente pensare alla movimentazione di materiali e mezzi nel frenetico ritmo delle attività di cantiere sopra di essi. Tuttavia, c’è la possibilità che si tratti di un dispositivo attrezzato anche per un altro scopo. Certamente, oggi non siamo in grado di risalire agli accorgimenti progettuali messi in campo dall’architetto del Foro, tuttavia la presenza di questi listoni, opportunamente coperti con lunghi tavolati (assi o traversine lignee), poteva offrire una superficie lunga e solida (guida) sulla quale eseguire, mediante apposita strumentazione ottica, posizionata a sua volta su carrello

È possibile ipotizzare quale sia stata la sequenza costruttiva che doveva prevedere: 1. la posa dei listoni di travertino lungo i due assi della piazza (si collocano esattamente al centro del   Bianchi-Meneghini 2002, fig.1.   Si è calcolato un peso specifico per il marmo bianco (Carrara) di 2711 kg/mc. 222 223

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Scavi 1998-2007 o piattaforma rotante, controlli sul corretto allineamento dei colonnati laterali, ragionevolmente già posti in opera. Si può pensare allo strumento consigliato da Vitruvio per la livellazione, la dioptra, utilizzata per gli allineamenti a grande distanza, che consentiva di misurare sia gli angoli verticali che quelli orizzontali224. In considerazione di ciò, si deve sottolineare la disposizione dei listoni in corrispondenza dei segmenti centrali dei portici colonnati, dove, peraltro, la prospettiva per un osservatore posto al centro della piazza verso gli emicicli aperti sui portici stessi doveva essere, per così dire, ‘filtrata’ attraverso la fila di grandi pilastri allineati tra i portici stessi225 e gli emicicli sul fondo. Queste straordinarie architetture devono aver richiesto un controllo più che accurato delle linee di prospettiva, principalmente nel posizionamento di ciascuna delle colonne monolitiche. Non a caso, la presenza di un listone anche nella c.d. sala trisegmentata (fig.3.108/D), sembra seguire il percorso del colonnato posto sulla fronte, denunciando il lavoro di ‘messa a punto’ della posizione dei diversi bracci di portico del muro di fondo della piazza mediante strumenti ottici. Dunque nella sequenza costruttiva delle opere costituenti questo settore del monumento, il colonnato sarebbe stato portato a termine prima della costruzione del suo muro di fondo, strutturalmente indipendente da esso, forse anche contestualmente alla fase di montaggio della parte sommitale dell’architettura, formata dalla trabeazione e dall’attico.

I tiranti (controventi) tesi dalla parte alta della macchina si dovevano fissare ad una certa distanza, piantando a terra pali inclinati (tignum/ tigna)227 e consolidando con battipalo (fistuca) la zona intorno (fig.3.114). In fase di scavo è stata condotta una schedatura sistematica e una mappatura di tutte le buche rinvenute nello strato di preparazione pavimentale del Foro. Il campione analizzato è stato limitato al settore centrale della piazza. Si è inteso così rilevare l’esistenza o meno di “cluster” (gruppo di unità simili) che avrebbero potuto aiutare nell’interpretazione funzionale di queste evidenze. Per ciascuna unità è stata elaborata una scheda informatizzata, dotata dei seguenti campi: n° di US, area228, posizione229, pianta230, inclinazione231, coefficiente di inclinazione232, grafico inclinazione233, profondità234, orientamento, grafico orientamento, note, escursione inclinazioni235. Ciò ha consentito, a lavoro ultimato, di stilare alcuni grafici236 delle diverse evidenze, come quello che illustra i raggruppamenti possibili in base all’analogia delle dimensioni del taglio e quindi del palo (fig.3.115). Al termine di questo lavoro si è potuta constatare la forte eterogeneità del materiale a disposizione: dal grafico appare infatti evidente come sia estremamente aleatorio poter creare dei cluster significativi. Le variabili prese in considerazione consentono, attualmente, solo in pochi casi di giungere alla ricostruzione di una macchina elevatoria.

3.2.1.3 Apprestamenti del cantiere costruttivo: ‘buche’ In prossimità del tracciato segnato dalla presenza dei listoni di travertino, nel calcestruzzo del sottofondo del settore centrale della piazza (US 7451) sono state individuate numerose buche riferibili all’alloggiamento dei tiranti o dei pali di macchine da sollevamento (figg.3.109, 3.113)226.

Tuttavia, tra le 54 buche rilevate è possibile isolare almeno sette gruppi distinguibili in base al loro posizionamento rispetto alle opere provvisionali del cantiere presenti nell’area e non facilmente distinguibili come alloggiamento di travi piuttosto che di ancoraggio a terra per i tiranti (fig.3.113):

  Radicioni-Scrugli 2009.   I due portici, rialzati di circa 1 mt. rispetto al piano della piazza e accessibili tramite tre gradini marmorei, erano muniti ciascuno di 27 colonne rudentate di marmo pavonazzetto, con capitelli corinzi in marmo bianco di Luni. 226   Pisani Sartorio 2009; Sposito 2008, pp. 73-77; Giuliani 19902, pp. 199-205. L’impiego di macchine era funzionale al sollevamento dei pesi ed era basato su principi elementari. Il sistema più semplice usato per il sollevamento di pesi agganciati a funi era la capra o biga (Vitr. X, 2, 1 ss), nella quale due o più elementi lignei rizzati erano divaricati a terra e tenuti in questa posizione da tiranti (controventi). Alla sommità era appesa una carrucola (throclea/rechamus), un bozzello o puleggia attorno al quale girava la fune (ductarius funis). Il movimento era impresso tramite un verricello azionato manualmente attraverso leve (vectes). In proporzione al carico da sollevare e per sollevare pesi considerevoli a notevoli altezze si ricorreva a macchine diverse e più complesse, genericamente varae, o machinae tractoriae ed elevatoriae), in grado di azionare congegni più complessi rispetto alla semplice carrucola, verricello (sucula; tamburo ad asse orizzontale, in cui la manovella, grazie alla lunghezza del suo braccio, o leva, che è superiore al raggio del tamburo attorno a cui si avvolge la fune, alleggerisce lo sforzo del sollevamento richiedendo un giro ampio) e paranchi semplici o differenziati. Queste macchine furono spesso raffigurate sulle pitture murali o sui rilievi. Aumentando i bracci dell’argano e soprattutto la forza motrice, operai di condizione servile, la potenza della macchina poteva elevarsi fino a decine di tonnellate: in questi casi i verricelli erano sostituiti da una grande ruota cava (rota calcatoria), fatta girare da numerosi schiavi che si arrampicavano al suo interno, come nella macchina elevatoria. Il termine machina definisce un paranco a pulegge multiple e a più ordini di carrucole, che nel caso del polyspastos è a 3/5 paranchi (trispastos e pentaspastos), impiegati 224 225

per sollevare colonne e obelischi. Nella tomba degli Haterii, risalente all’età di Domiziano è rappresentato un pentaspaston (mono o bialbero?) con rota azionato da 7 operai, dei quali 5 nella ruota. Il montante o i montanti della macchina sono trattenuti da 7 tiranti, 5 dietro (retinacula) e due davanti (antarii funes). Il sollevamento del carico nel rilievo non è visibile ma doveva avvenire attraverso un paranco, forse del tipo pentaspastos, che permette di stimare la portata della macchina attorno alle 21 tonnellate. 227   Fabri tignuarii (tignum = palo inclinato): il collegio aveva sede a Roma (Traina 2000, p. 128; Cecamore 2002, p. 7) e a Ostia (Marinucci 2012, p. 8, nota 7). Sul collegio dei fabri tignuarii in generale, Vedi Pearse 1974. 228  Con riferimento agli isolati in cui è stato suddiviso il cantiere di scavo. 229   Con riferimento al quadrato entro cui cade la buca esaminata. 230   Si indicano le dimensioni interne della buca. 231   Viene indicata inclinazione delle pareti. 232  Si riporta la conversione dell’inclinazione in un dato numerico utilizzabile in via informatica per la realizzazione di “cluster”. 233   Trasposizione grafica in pianta del coefficiente di inclinazione. 234   Profondità totale o massima raggiunta. 235   Ove presenti differenti inclinazioni algebricamente sommabili: vale a dire ad esempio che nel caso di due pareti con inclinazioni di 20° e 15° l’escursione sarà nell’ordine dei 5°. 236   Sono stati elaborati altri grafici per evidenziare, di volta in volta raggruppamenti, delle evidenze simili sulla base di profondità, inclinazioni, orientamenti di superficie.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.113. Pianta con localizzazione delle buche rilevate nel calcestruzzo del sottofondo del settore centrale della piazza (US 7451) e riferibili all’alloggiamento dei tiranti o dei pali di macchine da sollevamento, originariamente posizionati in prossimità del tracciato segnato dalla presenza dei listoni di travertino (elab. E. Santucci).

1. (VERDE) In corrispondenza della terminazione del listone che corre in direzione est-ovest è presente un allineamento di 7 buche il cui posizionamento si concentra intorno agli ultimi blocchi di travertino del listone: UUSS 6437, 6441, 6443, 6445, 6447, 6455, 6483, di queste, 5 hanno lo stesso orientamento, misurano in pianta da un minimo di 0,10x0,11 m a un massimo di 0,22 x 0,11 m, hanno profondità comprese tra 0,30 e 0,52 m e dovevano essere funzionali al tiraggio di funi orientate verso sud-est. 2. (VIOLA) Ancora a est del listone ma più a nord: UUSS 7415, 7423, 7425, 7427; 4 buche hanno dimensioni di 0,12 x 0,15 m fino a 0,23 x 0,15 m per una profondità variabile da 0,63 a 0,70 m. 3. (ROSA) nel quadrante meridionale compreso tra il listone est-ovest e il listone che corre lungo l’asse principale della piazza si trovano 5 buche (UUSS 6449, 6451, 6453, 6485, 6493); le prime tre, distanti dal listone est-ovest circa 3,50 m, presentano misure e profondità simili (0,17 x 0,10 m, 0,15 x 0,11 m e 0,20 x 0,14 m, rispettivamente profonde 0,39, 0,24, 0,33 m) che consentono di riferirle agli elementi di fissaggio di una stessa macchina, probabilmente orientata in direzione del centro della piazza. La buca US 6493

che misura 0,13 x 0,13 m ed ha una profondità di 0,47 m è però anche compatibile con la buca US 6445 posizionata nel primo gruppo, sia per orientamento sia per dimensioni della pianta (0,13x0,13 m) che per profondità (0,47 m) e quindi è possibile che entrambe fossero funzionali ai fissaggi a terra delle funi o tiranti utilizzati per la stessa macchina. 4. (GIALLO) Nel quadrante opposto a quello appena descritto si trovano 13 buche (UUSS 4860, 6425, 6427, 6429, 6431, 6433, 6435, 6439, 6479, 6481, 7417, 7419, 7421). Di queste molte si trovano anche a 15 m di distanza dal listone est-ovest e 11 sono orientate in modo tale da alloggiare tiranti/funi rivolti verso lo stesso listone e quindi probabilmente relative a una macchina operativa utilizzata in questo settore della piazza. Le dimensioni in pianta sono molto variabili da 0,8 x 0,8 m a 0,22 x 0,15 m, così come la profondità che va da un minimo di 0,7 m fino a un massimo di 0,76 m. 5. (BLU) Sul fianco orientale della fondazione dell’Equus Traiani, a una distanza compresa tra 7-10 m, sono presenti 4 buche (UUSS 6471, 6473, 6475, 6477; le buche UUSS 6473 e 6475 misurano 0,20 x 0,17 m e 0,13 x 0,13 m; profondità 0,14 e 0,12 m) sembrano 162

Scavi 1998-2007 7. un altro gruppo di buche è stato rilevato più a sud del listone est-ovest verso il margine occidentale della piazza, ma è poco visibile per la presenza delle strutture medievali. Elementi lignei piantati a terra dovevano assicurare la presenza di tiranti tesi a una certa distanza dalla parte alta della macchina237; il notevole numero di buche e il loro differente grado di inclinazione nello stesso livello di gettata del cementizio di preparazione della piazza lascia tuttavia immaginare la possibile contemporanea presenza di più macchine di sollevamento, le cui tracce si rilevano soltanto al centro del cantiere di costruzione della piazza. L’insieme delle evidenze potrebbe fare riferimento alla presenza di almeno cinque o più capre (di diversa portata di carico), anche se non si può escludere che in alcuni casi le impronte dei tiranti di più gruppi di buche presenti sulla stessa superficie possano essere state pertinenti a una stessa macchina elevatoria di maggiori dimensioni, come ad esempio a una gru a tamburo238. Soltanto nel secondo e nel quarto gruppo si trovano buche caratterizzate da una maggiore profondità, forse da mettere in relazione al posizionamento di dispositivi per il fissaggio di funi funzionali a dispositivi destinati alla movimentazione di carichi maggiori. Se si considera, inoltre, che la resistenza del paranco dipende da quella degli assi delle pulegge e da quella delle funi, l’uso di una corda di canapa del diametro di 2 cm poteva consentire di sollevare un peso di 500 kg, mentre una di 4 cm poteva giungere fino a 2000 kg, all’incirca il peso di un blocco di marmo bianco di 1 mc (2,5 tonnellate); ma quest’ultimo tipo di fune richiede pulegge ingombranti ed è quindi preferibile usare corde più sottili aumentando il numero delle pulegge (paranco).

Figura 3.114. Ricostruzione della prima macchina da sollevamento di Vitruvio, capra con paranco e verricello (da Fleury 1993, fig.13).

L’utilizzo di macchine semplici per la movimentazione di pesi sembra dunque avere avuto una relazione diretta con la presenza dei listoni, funzionali tuttavia, come si è detto, anche ad altre necessità del cantiere, quale quella di garantire una stabile superficie di appoggio e di transito per gli operai durante la fase di movimentazione e posa in opera delle migliaia di lastre marmoree di rivestimento della piazza, ma forse anche per quella degli elementi lapidei, a diverso grado di finitura, destinati sia alle ossature murarie che alla decorazione architettonica.

Figura 3.115. Grafico con ricostruzione dei possibili raggruppamenti di pali pertinenti a macchine elevatorie.

aver ospitato elementi per il fissaggio a terra di tiranti/ funi il cui orientamento può essere compatibile con una stessa macchina, possibilmente da mettere in relazione con il sollevamento dei blocchi del piedistallo e del posizionamento della statua equestre. Le altre due buche hanno orientamenti divergenti e misure diverse dalle precedenti: 0,19x0,13 m e 0,20x0,20 m; profondità 0,34 e 0,41 m. 6. (AZZURRO) UUSS 6457, 6459, 6461, 6463, 6465, 6467, 6469, 6487. Questo gruppo, localizzabile poco più a nord, è caratterizzato da buche che presentano misure variabili da 0,12 x 0,12 m a 0,22 x 0,14 m e una profondità variabile da 0,25 a 0,60 m, ma soprattutto (tranne nel caso della buca US 6487) un orientamento analogo. Ciò lascia pensare alla presenza anche in questo settore di funi orientate verso sud in direzione di un’altra macchina.

Le buche individuate non sono da considerare, in ogni caso, come unità stratigrafiche negative, poiché esse, infatti, non costituiscono il risultato dell’asportazione degli elementi di fissaggio dei tiranti o dei pali ivi alloggiati, ma l’impronta più o meno profonda nel cementizio dell’elemento già in posa, intorno al quale fu gettato il cementizio della preparazione ancora in fase di presa, oppure battendo i pali nel getto della malta; del resto, viste le esigue dimensioni delle buche, le loro particolari inclinazioni e la precisione dell’intervento, sarebbe stato impossibile creare un taglio siffatto.

  Vedi nota 226.   Patti 2009; Giuliani 2001, pp. 41-42

237 238

163

Il Foro di Traiano nell’Antichità I riempimenti delle unità sopra menzionate (UUSS 7412, 7414, 7416, 7418, 7420, 7422, 7424, 7426), depositatisi successivamente all’estrazione dei singoli pali di legno, erano coperti dall’ultimo strato preparatorio del piano forense (US 7450), che si è visto essere funzionale alla messa in opera delle lastre marmoree che costituivano il piano di calpestio del Foro. La lacunosa presenza dello strato preparatorio, al momento del rinvenimento, sembra essere dovuta non soltanto all’attività di spoliazione delle lastre, che deve aver comportato sostanzialmente anche lo strappo del sottile strato sul quale erano state alloggiate, ma anche a un differente grado di resistenza dello strato stesso, in corrispondenza di possibili difformità del sottostante livello di preparazione, principalmente dell’US 7453 (figg.3.104-3.105).

della piazza dovettero essere impiegate macchine più complesse, in grado di sollevare carichi ingenti e con più ampio movimento di sbraccio, nel caso si può ipotizzare l’impiego di uno o più polyspastos243, magari montati su piattaforma rotante, le cui impronte, di dimensioni maggiori rispetto a quelle fin qui descritte e certamente presenti nell’area della piazza, sono ormai invisibili, perché cancellate al momento della realizzazione del primo strato di preparazione della piazza (US 7453)244. Oltre alle ragioni del posizionamento dei due listoni lungo i due assi della piazza per la posa in opera delle lastre di pavimentazione, il fatto che il listone disposto secondo un orientamento est-ovest provenga da ovest e non prosegua oltre il punto di intersezione con il listone nord-sud sembra suggerire la provenienza di un percorso di cantiere proprio dal Foro di Cesare. E’ molto probabile, infatti, che i materiali da costruzione venissero introdotti nell’area del cantiere dalla parte del portico occidentale, evidentemente costruito per ultimo245 e da qui fossero diretti tanto alla facciata della Basilica Ulpia, quanto al settore meridionale della piazza e al tratto conclusivo del portico orientale, aggirando l’Equus Traiani del quale, dunque, doveva già esistere almeno il basamento. Non sembra casuale che i materiali da costruzione provenissero da ovest, poiché è questo l’unico possibile punto d’arrivo della viabilità dagli scali sul Tevere e dalla Flaminia246. L’area confinante con il tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare, ricostruito da Traiano247, fu dunque plausibilmente utilizzata come zona di scarico e smistamento dei materiali fino alla conclusione dei lavori, con la chiusura della piazza a ovest.

Anche nel vicino Foro di Augusto tutti i rivestimenti marmorei della piazza e del portico settentrionale e i blocchi in tufo litoide e travertino delle fondazioni vennero sistematicamente spoliati. Nella sequenza la spoliazione più antica è quella della pavimentazione della piazza e del portico. Nella piazza, i tagli lasciati dalle operazioni di asportazione delle lastre marmoree furono ricoperti da stratigrafie databili nell’ambito del X sec. d.C.239. Un cantiere di questo tipo, paragonabile a quello messo in opera dal Bernini per la realizzazione del colonnato di Piazza S. Pietro, impone tecniche e tecnologie dalle prestazioni fuori dall’ordinario, oltre a una strategia rigorosa nella tempistica del ciclo edilizio240. Come detto in altra sede241, nel momento in cui si stava costruendo il Foro Traiano l’area di stoccaggio dei materiali, doveva essere il restaurando Foro di Cesare. L’area centrale della piazza del Foro Traiano, dopo la posa dei colonnati laterali, della complessa e imponente architettura realizzata sul lato meridionale e certamente dopo il completamento dell’ossatura generale della Basilica Ulpia, doveva ancora essere adibito a spazio per lavorare la pietra e i marmi necessari per il completamento di tutto l’apparato decorativo previsto. Qui si dovevano movimentare i pesanti blocchi (es. capitelli ed elementi delle trabeazioni) da spostare a piè d’opera, dove gli scalpellini avrebbero condotto a termine il loro compito, per collocarli poi in opera mediante altre macchine o impalcature appositamente realizzate e dislocate in prossimità dei limiti della piazza242.

3.2.1.4 Osservazioni sulla conformazione della superficie lastricata Le quote rilevate sull’intera estensione scavata della piazza o, meglio, dello strato di preparazione del suo rivestimento marmoreo (UUSS 2530, 2853, 3276, 5504, 7451), delineano quale fosse la sua originaria pendenza, certamente funzionale al disbrigo delle acque pluviali in direzione dei fognoli perimetrali di raccolta248. L’ampio settore centrale, compreso tra il listone di travertini che corre sull’asse est-ovest e l’asse che più a sud supera il basamento dell’Equus Traiani per avvicinarsi al limite meridionale della piazza, è caratterizzato da quote comprese tra + 16,35 m slm (quota massima

Nessuna delle tracce fini qui descritte sembra, tuttavia, potersi attribuire con certezza a questa fase delle attività di cantiere.

  Frau 1980.   Nel 1988 in occasione di un’indagine svolta da Roberto Meneghini sui resti dei crolli delle volte del settore occidentale della Basilica Ulpia sottostante la c.d. esedra arborea sono state rilevate simili impronte riferibili a travi portanti di una capra. Al di sotto della preparazione pavimentale si è evidenziata la presenza di una buca a sezione quadrata (FP1) che scendeva in obliquo nel calcestruzzo per circa 30 cm. Una seconda buca si trovava a un paio di metri di distanza. Il riempimento della prima era composto al 90% da sabbia gialla fine con poche ossa e frr. di ceramica non identificabili. Frammisti alla sabbia si trovavano decine di piccoli ritagli di bronzo (lungh. massima 1 cm), con sezione a 8. 245   Bianchi 2010. 246   Bianchi-Meneghini 2002, pp. 404-5, fig. 9. 247   Bianchi-Meneghini 2002, nota 8. 248   Vedi 4.3.2. 243 244

E’ evidente, dunque, che per la movimentazione e posa in opera degli elementi formanti la complessa architettura   Si tratta degli strati 1317=1378=1380=1385=1400=1425=1479; 1179=1589; vedi 3.1.1. 240   Per analogia di complessità vedi il saggio di M. G. D’Amelio sul Colonnato di S. Pietro (D’Amelio 2012). 241   Bianchi-Meneghini 2002. 242   È possibile che siano stati impiegati castelli mobili certamente più versatili dei ponteggi ordinari. 239

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Scavi 1998-2007 rilevata) e +16,23 m, con un valore ricorrente di + 16,32 m. Al di sopra di questa superficie si deve immaginare il rivestimento delle migliaia di lastre, certamente non tutte aventi lo stesso spessore, ma perfettamente livellate in superficie una volta terminata la posa in opera. La quota di una delle due lastre pavimentali conservate in situ (US 5759; + 16,18 m slm) non è da ritenere affidabile perché probabilmente dovuta ad un abbassamento di livello per il carico sovraimpostole in epoca postantica; l’altra (+ circa 16,42 m slm) corrisponde certamente a quella originaria poiché si trova lungo il bordo della piazza. Originariamente, la quota massima del punto più alto della piazza, completo del rivestimento marmoreo, doveva aggirarsi sui 16,47 m slm. In prossimità del suo limite meridionale, al di sotto del quale corre il lungo sistema di raccolta delle acque pluviali249, provenienti dalla monumentale architettura che caratterizzava questo lato del Foro, le quote della preparazione si abbassano con duplice pendenza da nord verso sud e da est verso ovest, comprese tra +16,20 m fino a un minimo di +16,09 m slm, come riscontrato proprio lungo il limite della piazza, dove la preparazione si interrompe in corrispondenza della fossa di fondazione del colonnato meridionale. Si rileva, inoltre (senza che sia stato possibile riscontrare quale sia la situazione sul lato opposto della piazza, non scavato), come in direzione del portico orientale le quote della preparazione scendano fino a +16,12 m slm, quota prossima a quella della lastra di rivestimento conservata a ridosso dello stesso colonnato (+16,24 m slm). Una quota del tutto analoga (+16,13 m slm) si riscontra sul lato opposto del complesso, a nord del listone di travertini e in direzione del colonnato occidentale, ancora sepolto. Tale livello si raggiunge passando gradualmente per quote intermedie (16,25 – 16,23 – 16,18 m slm).

spartiacque, oltre all’indubbio vantaggio di consentire un ordinato deflusso delle acque lungo l’asse trasversale, potrebbe corrispondere, come è stato recentemente suggerito, al rilievo artificiale risultante dalle opere di sbancamento251. Una recente misurazione effettuata sul frammento di pavimentazione ancora conservato al di sotto dei gradini di Giallo antico presenti sulla facciata della Basilica Ulpia, testimonia che su questo lato della piazza, anch’esso servito da un condotto di raccolta delle acque, la quota scendeva fino a + 16,18-16,24 m slm. Come si tratterà più diffusamente nel capitolo relativo al sistema di smaltimento idrico, in questo settore del Foro il condotto fognario che corre ai piedi della Basilica, era concepito per ricevere attraverso una serie di caditoie le acque meteoriche raccolte nella metà settentrionale della piazza, ma soprattutto quelle provenienti dalle coperture della Basilica e dei tre avancorpi. L’attenzione con la quale fu studiata la sistemazione della superficie della piazza in prossimità della Basilica per impedire alle acque di penetrare nell’area prospiciente la monumentale facciata si attua in un’accurata progettazione del sistema di smaltimento, esteso naturalmente anche al cortile della Colonna, fino al perimetro esterno del complesso monumentale. 3.2.2 Equus Traiani Secondo quanto riportato nelle fonti letterarie252, l’equus Traiani la statua equestre dell’imperatore rappresentato con un’immagine di vittoria alata nella mano sinistra e con una lancia nella destra, come raffigurato sui conii monetali253, doveva essere collocata all’interno della piazza del Foro254. Tradizionalmente, la statua equestre veniva posto al centro della piazza, ma il rinvenimento della sua fondazione e di un blocco “angolare” di travertino pertinente al basamento (figg.3.116-3.117), dimostra che il gruppo era in realtà spostato di circa m 25 più a sud lungo l’asse centrale della piazza stessa. Il piedistallo si trova a 71,16 m dall’avancorpo della Basilica e a 31,27-31,47 m dal colonnato del muro di fondo ed è posizionato a m 42,62 dai portici laterali.

Così, evidentemente, nei settori perimetrali della piazza, se si considera uno spessore medio di circa 0,12 m per tutte le lastre di rivestimento, la quota pavimentale doveva attestarsi sui + 16,30 m slm, dopo essere scesa su tutti i lati di circa 20 cm per consentire un rapido smaltimento delle acque meteoriche che si dovevano raccogliere nell’invaso. Si evidenzia così maggiormente l’importanza dell’accuratezza posta nella definizione della pendenza della pavimentazione in ogni punto della piazza, per far sì che il volume delle acque raccolte su tutta la superficie, convogliata anche sul lato nord, entrasse poi ordinatamente nei lunghi condotti situati ai piedi dei portici laterali, nei quali è possibile che dovessero confluire anche le acque provenienti dal settore dei Mercati di Traiano250.

Con buona probabilità la fondazione del monumento fu realizzata già durante la fase di allestimento del “sottofondo” cementizio della piazza, per essere adattato perfettamente alla futura orditura del manto pavimentale. Lo scavo ha rimesso in luce la fossa rettangolare (US 4055) di 7,70 x 4,20 x 0,60-0,70 m di profondità, destinata a ospitare la fondazione del monumento.

La doppia pendenza che la superficie della piazza presenta, sia lungo l’asse nord sud che lungo quello est ovest, e che ha il suo vertice nel centro geometrico della superficie scoperta, configurandosi come una sorta di cresta

Una platea di cementizio (+15,58/15,60 m slm), risparmiata nella gettata del primo livello di preparazione della piazza   Bianchini-Vitti 2017, p. 615. Nei Mercati di Traiano un’analoga cresta spartiacque, residuo in questo caso della conformazione naturale del terreno, si trova sulla via Biberatica all’altezza dell’arcone cavalcavia. 252   Amm.Marc., 16,10, 15-16. 253   Vedi nota 258. 254   Meneghini 2001a, pp. 253-254; Id. 2007, p. 93, fig. 93.

 Il lungo condotto US 157 è in pendenza verso sud-ovest per convogliare le acque verso il condotto US 720=231 (vedi 4.2.1). 250   É possibile che il condotto F7, rilevato al di sotto della strada basolata che separava il grande emiciclo dal Foro, a ridosso dell’aula di testata nord, si dirigesse verso il portico orientale della piazza (Bianchini-Vitti 2017, p. 615).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.116. Il rinvenimento della fossa di fondazione dell’equus Traiani. In alto al centro, il blocco di travertino pertinente al basamento.

(US 3276) doveva sostenere il basamento vero e proprio della statua, realizzato con dieci blocchi di travertino disposti su due file, come testimoniato dall’unico elemento superstite (US 4717) (figg.3.118-3.119) e dalle impronte ben leggibili di altri nove blocchi sul fondo della fossa. Lungo il perimetro dei blocchi furono poi addossati gli ultimi due strati preparatori della pavimentazione della piazza. Grazie alle impronte visibili sulla superficie del blocco superstite, si può dedurre che, in origine, ai piedi del basamento doveva trovare posto una sorta di zoccolo o modanatura e che l’area di appoggio del gruppo scultoreo era circoscritta alla sola zona centrale per un’ampiezza di ca. 6 x 2 m, occupando la superficie corrispondente a 9 lastre pavimentali. Per la realizzazione della fossa di fondazione (US 4320) dovettero essere intaccati sia la preparazione cementizia della pavimentazione255 che il sottostante banco di argilla (US 4623), sul quale essa poggiava. Per quanto detto in precedenza sulla successione degli strati preparatori posti in opera per la realizzazione della pavimentazione della piazza, è plausibile che la statua equestre sia stata realizzata per fasi successive: la sua fondazione (fossa e platea di blocchi di travertino) fu realizzata contestualmente alla Figura 3.117. La fossa di fondazione dell’equus Traiani e il blocco di travertino conservato del basamento visibili al termine dello scavo.

 Certamente tagliata poi sul limite della fossa durante la fase di spoliazione dei blocchi di travertino. 255

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Scavi 1998-2007

Figura 3.118. Fondazione dell’equus Traiani. Particolare del blocco di travertino superstite.

Figura 3.119. Fondazione dell’equus Traiani. Il blocco di travertino superstite che conserva sia le impronte delle grappe di fissaggio ai blocchi contigui e agli elementi lapidei superiori, sia tracce dell’attività di spoliazione.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità prima gettata della preparazione pavimentale, mentre il basamento marmoreo deve essere stato posto in opera dopo il completamento della lastricatura della piazza, o contemporaneamente a quello del settore circostante il monumento equestre.

conservato, mentre i sei disposti lungo i due lati lunghi del basamento dovevano essere caratterizzati da una superficie rilevata soltanto sul lato interno, in modo da creare la superficie di appoggio vera e propria del gruppo scultoreo, delle dimensioni di 6,04 x 2,26 m (figg.3.120-3.121).

Nell’area a sud-ovest del basamento le impronte di alloggiamento delle lastre della pavimentazione marmorea della piazza risultano particolarmente ben conservate e di forma regolare, mentre lungo la zona di accostamento alla fossa di fondazione si nota una sequenza di impronte di lastre di larghezza ridotta rispetto al resto. Tale evidenza si potrebbe spiegare con una parziale sovrapposizione delle lastre perimetrali di misura regolare sui blocchi di travertino di fondazione della statua equestre. In questo settore è possibile individuare una sovrapposizione degli strati preparatori della pavimentazione a un livello di circa 0,10 m di spessore, costituito da frammenti di peperino. Tale livello riaffiora anche in altre zone lungo il perimetro del basamento del lato nord-ovest e sembra corrispondere allo stesso piano ottenuto con pezzame litico e frammenti di laterizi.

La parte non rilevata, presente lungo il perimetro esterno del basamento, doveva costituire la superficie di appoggio della modanatura esterna, uno zoccolo del quale non è possibile conoscere l’altezza, ma che era forse decorato da pannelli marmorei raffiguranti cataste di armi, frammenti dei quali sono stati ritrovati nelle vicinanze257. La porzione centrale del basamento, molto probabilmente realizzata in muratura, esternamente fasciata dallo zoccolo marmoreo di rivestimento fino al piano superiore, sosteneva la statua equestre vera e propria, in bronzo, il cui aspetto ci è noto attraverso le sue raffigurazioni su alcuni conii monetali di età traianea, battuti tra il 112 e il 117 d.C.258 (fig.3.122). La serie di conii monetali che riproducono gli edifici e i monumenti principali del Foro di Traiano costituisce un unicum rispetto a tutti gli altri esempi che offrono per la rappresentazione di architetture complesse che non vengono mai raffigurate per singoli settori ma nella loro interezza. Il ruolo propagandistico di questo Foro è ben evidenziato anche dall’uso della sua immagine nel campo monetale e l’imperatore, evocato come soldato vittorioso, a cavallo e armato di lancia, costituisce il centro focale della monumentale architettura contro la quale si stagliava.

Osservando con attenzione il blocco angolare occidentale di travertino, l’unico conservato ancora in posto (US 4717) (1,45 m x 1,69 m; spessore 0,70 m; + 16,33 m slm) (figg.3.118-3.119), esso presenta, a 0,75 m dal lato occidentale, una superficie rilevata di 0,94 m x 0,87 m x h 0,85 m che occupa l’angolo interno rivolto verso il centro del basamento, e che presenta la traccia, profonda circa 0,20 m, per l’alloggiamento di una staffa orizzontale con sezione 0,13 x 0,9 m.

È evidente che, in una posizione di tale rilievo, l’immagine dell’imperatore doveva essere rivolta verso la Basilica Ulpia e avere alle spalle il prospetto colonnato del muro di fondo (fig.2.58). Dalla ricostruzione si comprende bene come la figura imperiale fosse dimensionata in rapporto a questo prospetto quasi trionfale e inquadrata in una sorta di sfondamento prospettico, ottenuto con l’ampliamento della piazza verso sud, grazie all’invenzione dei due tratti obliqui con colonne aggettanti e fra due ali di barbari prigionieri, i Daci, le cui statue erano distribuite sull’attico dei portici della piazza. In questa rappresentazione vi è indubbiamente un forte intento propagandistico, sia della grande vittoria militare, che della centralità della figura stessa dell’imperatore rispetto all’intero complesso architettonico, nel quale l’immagine imperiale assume il ruolo focale che in precedenza era delle divinità e negli edifici di culto.

La superficie inferiore appare divisa a sua volta in due settori distinti da una linea marcata da una tenue differenza di quota, nell’ordine di pochi millimetri, evidente impronta dell’alloggiamento di due blocchi distinti; quella di forma quadrangolare, posta a sinistra della porzione rilevata reca due fori quadrangolari con relativo cordolo delle canalette per la colatura del piombo di perni o grappe di fissaggio, orientati verso il blocco originariamente disposto sul lato nord, mentre l’altro di forma rettangolare e originariamente disposto sul lato corto del basamento, conserva due fori per leva e un altro foro per perno o grappa, con relativo cordolo orientato verso il lato lungo del basamento256. La superficie inferiore del travertino conserva in molte zone i segni lasciati da strumenti di lavorazione, come le gradine di diversa grandezza.

Come si può verificare in monumenti analoghi e sulla base del confronto con le proporzioni della statua equestre capitolina di Marco Aurelio, è ragionevole ipotizzare che il basamento svettasse di un paio di metri rispetto al piano della piazza; se a ciò si aggiunge l’altezza del gruppo statuario, è possibile ipotizzare che l’equus Traiani fosse alto, basamento compreso, tra 10 e 12 metri. Il solo cavallo

La possibilità di disporre del blocco superstite e delle impronte sul cementizio del fondo della fossa consente di risalire al numero dei blocchi mancanti e di stabilire con certezza le dimensioni originarie del basamento, corrispondenti in origine a 7,54 m di lunghezza per 3,76 m larghezza, e di supporre che tre dei nove blocchi mancanti avessero una conformazione simile a quella del blocco   La disposizione delle canaline per la colatura del piombo determina la sequenza della posa in opera dei due blocchi: il blocco sul lato breve dovette evidentemente essere posto in opera per ultimo.

  Meneghini 2009, p. 120, fig. 137.   Cohen 1880-1892, II, p. 68, n. 497; Zanker 1970, p. 508, n. 31, Fig.8; Stucchi 1989, pp. 261-262; Packer 1997, p. 96.

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Scavi 1998-2007

Figura 3.120. Schizzo ricostruttivo dei blocchi che in origine formavano il basamento (m 7,54 m x 3,76 m). In grigio, il blocco superstite, nella sua posizione originaria. Tre dei nove blocchi mancanti dovevano avere una conformazione simile a quella del blocco conservato, mentre i sei disposti lungo i due lati lunghi del basamento dovevano presentare una sezione a profilo rilevato soltanto sul lato interno, in modo da creare la superficie di appoggio vera e propria del gruppo scultoreo (6,04 x 2,26 m).

Figura 3.121. Fondazione dell’equus Traiani. Il restauro e l’integrazione dei blocchi mancanti della fondazione a lavori ultimati.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 3.122. Ricostruzione grafica dell’Equus Traiani; in basso la raffigurazione della statua equestre dell’imperatore su un denario (114-115 d.C.) (R. Meneghini, E. Bianchi).

doveva raggiungere m 5,5 di altezza259, giustificando pienamente l’ammirazione che traspare dalle parole di Ammiano Marcellino che lo descrisse nello scambio di battute fra l’imperatore Costanzo e il principe Ormisda avvenute nel 357 d.C. davanti alla statua stessa260.

 Nel gruppo scultoreo del Marco Aurelio il cavallo ha le seguenti dimensioni; 3,80 m di lunghezza x 1,30 m di larghezza x h 3,50 m. Si può proporre anche il confronto con le dimensioni dei quattro cavalli di S. Marco a Venezia che sono lunghi 2,52 m, hanno un’altezza massima di 2,38 m e pesano 8,5-9 quintali ciascuno. Il cavallo progettato da Leonardo da Vinci per Francesco Sforza nella seconda versione elaborata intono al 1490, nella quale il cavallo doveva essere rappresentato al passo e che avrebbe dovuto essere il più grande mai realizzato, raggiungendo i 7 m di altezza. Secondo questo modello la realizzazione del solo cavallo di Traiano, che in base alle dimensioni del basamento si può ipotizzare fosse alto 5,50 m e lungo circa 6 m, date le proporzioni con le opere citate, deve aver richiesto l’uso di circa 50 quintali di bronzo. 260   Amm. Marc. 16, 10, 15-16. La statua equestre di Marco Aurelio doveva risultare 1,6-1,7 volte più piccola di quella di Traiano. 259

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4 Il sistema fognario del Foro di Traiano Elisabetta Bianchi Note introduttive

14,00 m slm, fatta eccezione soltanto per il condotto che scorre a nord della Colonna Traiana, che scende alla quota minima di tutto il sistema di deflusso, circa 13,30 m slm, fu appoggiato direttamente al di sopra del banco naturale. Tale evidenza dimostra come sia realistico ritenere che tutto il complesso, fatta eccezione per le fondazioni dei possenti muri perimetrali, per le quali fu necessario realizzare profonde fosse di fondazione che incisero il banco più in profondità4, sia stato costruito direttamente su un’estesa superficie orizzontale formata dal banco di argilla rimodellato dallo sbancamento, evidentemente tagliato all’incirca sui 13,00 m slm anche nei settori centrale e meridionale del complesso5.

Prima di addentrarsi nella descrizione del sistema fognario del Foro, sembra utile accennare brevemente alla natura del terreno sul quale questo fu costruito. Senza voler entrare di nuovo sui risultati dei recenti studi che hanno preso in esame le caratteristiche geomorfologiche dell’ambiente occupato dai Fori Imperiali, ormai concordi nel collocare il piede della pendice del Quirinale proprio alle spalle dell’emiciclo nord-occidentale del Foro di Augusto1, è qui utile ricordare che il profilo del terreno naturale sul quale furono poggiate tutte le strutture del Foro di Traiano non corrisponde a quello originario, ma riflette gli esiti dello sbancamento. Già in occasione dei lavori che nel 1932 interessarono l’area delle cosiddette biblioteche e della Basilica Ulpia furono eseguiti saggi esplorativi dai quali risultò che il banco naturale si trovava a quote differenti che variavano, per ciò che riguardava la basilica, da 3,00 a 4,80 m di profondità rispetto al livello della preparazione pavimentale (fig.4.1, sezioni 1bis e 8)2.

Preliminarmente, si deve tenere conto dello stretto legame, evidenziato anche in studi recenti, tra la costruzione del Foro e quella dei Mercati di Traiano6, che si ritroverà espresso anche nei criteri che furono alla base della progettazione dei due sistemi fognari7, anche se quello dei Mercati fu maggiormente condizionato dalla morfologia del terreno, in quanto per il suo tracciato furono previsti numerosi salti di quota per distribuire il deflusso delle acque tra diversi livelli di terrazzamento8.

Un sondaggio geognostico eseguito nel 20083 ha consentito di indagare più precisamente la consistenza della massicciata pavimentale della Basilica Ulpia, profonda complessivamente circa 4,20 m. Al di sotto del piano pavimentale antico (+17,40 m slm) e della sua preparazione, dello spessore di 1 m, si trova una platea di fondazione in conglomerato cementizio composta da due strati distinti, spessi rispettivamente 1,50 m (frammenti di laterizi, tufo, materiali vulcanici, basalto e sabbia) e 1,75 m (primo strato preparatorio formato da materiale eterogeneo). L’intera struttura poggia, alla quota di +13,10 m slm, sulla superficie superiore di uno strato naturale, indagato per 11,50 m, formato in sequenza da una litologia limo-argillosa di colore grigio e da una sabbio-limosa di colore giallastro (+ 5,35 m slm).

Il sistema di smaltimento delle acque del Foro di Traiano, realizzato prevalentemente in opera laterizia, si sviluppa su una superficie complessiva di oltre 1100 mq e corrisponde a un volume di oltre 500 mc di muratura9. Data l’estensione del complesso, esso aveva principalmente il compito di canalizzare gli ingenti volumi di acque meteoriche, raccolte sulle coperture dei numerosi edifici e sugli spazi aperti compresi tra di essi, prima tra tutti la

 Un carotaggio eseguito nel 2008 in vicolo S. Bernardo, in corrispondenza della lunga fondazione del muro perimetrale del Foro di Traiano (Amici 1982), ha permesso di conoscere che la profondità della fondazione corrisponde a 10,90 m. 5   Lo spessore del sottofondo è ancora oggi visibile in alcuni punti del complesso, come ad esempio nei numerosi pozzi medievali dai quali fu tagliato: sotto l’intera piazza risulta di 0,75 m, sotto i portici laterali 1,6 m, mentre la sala trisegmentata, che chiude a Sud la piazza, poggia su una gettata spessa in media mezzo metro. Un dato utile che è possibile ricavare dall’analisi delle strutture visibili riguarda l’assenza assoluta di impronte di sbadacciature lungo i bordi superficiali esposti delle fondazioni dell’intero complesso. Ciò significa, probabilmente, che le gettate furono realizzate in cavo libero, nello spessore del banco di argilla naturale sottostante il Foro e che, quindi, non si spinsero a notevole profondità. 6   Bianchini-Vitti 2018. 7   Per una trattazione generale sui sistemi fognari dei Fori Imperiali: Bianchi-Meneghini 2020, pp. 85-96. 8   Nel settore superiore, i condotti situati su Via della Torre, si raccordano con il collettore del livello mediano, passante al di sotto della via Biberatica e al livello del Foro, dove la presenza di alcuni canali è stata rilevata in corrispondenza delle due Aule di testata. Maisto-Vitti 2003; Bianchini-Vitti 2018, p. 362. 9   Bianchi-Meneghini 2002, p. 410, tabella 10. 4

Analogamente, anche l’intero sistema fognario del Foro, il cui piano di scorrimento si trova sulla quota media di +  Rizzo 2001, p. 215 ss; Meneghini-Santangeli Valenzani 2007, p. 81 ss; per gli esiti della discussione riguardante la conformazione paleo ambientale dell’area compresa tra il Quirinale e il Campidoglio: Meneghini 2022; Rosa 2022; Arnoldus Huyzendeveld 2022. 2   La consistenza della gettata per il sottofondo cementizio nell’area della Basilica Ulpia e delle cosiddette biblioteche fu indagata nel marzo del 1932 fino ad una profondità massima di m 4,80. Le indagini, mostrarono come lo spessore fosse stato adattato nel settore settentrionale del Foro alla presenza di diverse preesistenze emergenti a diverse quote nel cantiere traianeo. 3   In particolare, il sondaggio verticale SI3/ 6 è stato eseguito l’8 febbraio del 2008 in Piazza Foro Traiano all’altezza della facciata di Palazzo Roccagiovine per una profondità di 20 m (q.base 21,60 m slm); da m 5,25 a m 6,75 il sondaggio ha intercettato la fondazione della Basilica Ulpia. 1

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.1. Appunto manoscritto relativo a sondaggi eseguiti nell’area delle c.d. Biblioteche e della Basilica Ulpia nel 1932 (proprietà R. Meneghini).

monumentale piazza. Il sistema fu studiato in modo che le acque potessero essere convogliate, con opportune pendenze, o mediante canali di gronda, verso gli imbocchi di discendenti, tramite i quali l’acqua poteva immettersi nei condotti sotterranei attraverso corti bracci di raccordo.

la conoscenza della rete fognaria dei Fori Imperiali11 (fig.4.2). La necessità di ripristinare il funzionamento dei condotti del settore meridionale, liberandoli dai riempimenti, è stata dettata, al di là del motivo strettamente archeologico e per esigenze di cantiere, anche dalla necessità di agevolare il deflusso delle acque meteoriche che qui tendono a ristagnare, provocando gravi situazioni di degrado per i settori superstiti del Foro.

Nell’ambito del progetto di completamento delle operazioni di scavo nelle aree dei Fori di Cesare, Augusto, Nerva, Traiano e Templum Pacis, realizzati dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale, numerosi saggi di approfondimento hanno interessato il settore meridionale di quest’altro complesso monumentale, consentendo di scavare e indagare una larga parte dell’intero sistema fognario del Foro, già individuata nella campagna precedente10. In particolare due nuove campagne di indagini (2005 e 2006-2007) hanno interessato porzioni dei condotti UUSS 157, 712, 720=231, 722, 723, 748, 767, indagando complessivamente più di 78 m lineari di canalizzazioni con metodo stratigrafico, integrando così

L’esame del sistema di smaltimento delle acque meteoriche, rivolto alla tecnica edilizia e in particolare alle pendenze e alla direzione dei piani di scorrimento delle canalette fognarie, ai sistemi di carico e deflusso dai piani superiori del complesso, come dalle coperture e dai piani pavimentali delle aree scoperte, ha rivelato la presenza di un sistema costruttivo complesso e molto articolato, caratterizzato dall’uso di precisi e ingegnosi accorgimenti tecnici, quale ad esempio una pendenza costante dell’1% dei piani di scorrimento, anche in condotti molto lunghi

 Le indagini sono state coordinate da chi scrive con la Direzione scientifica di Roberto Meneghini. 10

  Bianchi-Meneghini 2020.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.2. Planimetria generale del sistema fognario dei Fori Imperiali. In verde, i tratti ipotizzati del percorso (elab. E. Bianchi, R. Meneghini).

e le connessioni del reticolo ipogeo, atti a garantire un perfetto funzionamento (fig.4.2).

mentre il lungo condotto che corre ai piedi della Basilica sul lato nel quale essa si affacciava sulla piazza, costituisce parte integrante del circuito di smaltimento delle acque della piazza stessa.

L’analisi delle pendenze del sistema di deflusso mostra una evidente distinzione tra l’area a nord della Basilica Ulpia, servita da un collettore che doveva recapitare le acque verso sud-ovest, in direzione del bacino di raccolta localizzabile nell’area di Piazza Venezia, connesso a una viabilità che è oggi delineabile più chiaramente grazie a recenti indagini12 e di tutto il settore meridionale del complesso. Qui le acque dovevano essere convogliate in un’unica direzione, verso l’estremità sud-orientale del Foro e oltre, verso il Foro di Augusto e di Cesare, per terminare nella Cloaca Massima.

In occasione dello scavo 1811/1824 fu realizzato un lungo condotto in laterizio anch’esso coperto a cappuccina (h. 1,44 m) per raccogliere le acque dell’area archeologica14. Esso si dirigeva verso nord e correndo al di sotto della navata corta orientale della Basilica15 e, oltre il cortile della Colonna, si collegava, seguendo un percorso ad ampia curva16, con il condotto antico nord sud che raccoglieva le acque del cortile, in uscita dal complesso. Con gli scavi dell’Accademia di Francia fu ispezionato anche il sistema di smaltimento delle acque del cortile della Colonna Traiana (fig.4.4). Il cortile (24,80 x 18,30 m; +17,16/17,05 m slm) è servito, lungo il perimetro della solea, la platea di blocchi di travertino che circonda la Colonna stessa, da un circuito di deflusso idrico a pianta rettangolare, formato da un condotto a cappuccina con pozzetti di ispezione situati al centro di ogni braccio (+17,01 m slm) e alimentato da 24 caditoie disposte a intervalli regolari sui 4 lati17 (fig.4.5/A-B).

4.1 Il sistema di smaltimento delle acque del settore settentrionale del Foro Il settore settentrionale del Foro di Traiano, formato dalla Basilica Ulpia, dal cortile della Colonna Traiana e dalle aule note come “Biblioteche”, è stato oggetto di indagini a partire dagli anni 1812-1814, 1824 e 193213 (fig.4.3). Il cortile della Colonna di Traiano fu dotato di un sistema di smaltimento separato da quello del resto del Foro,

  Uggeri [1830], tav. VI, n. 5.   Cabreo Storico delle fognature di Roma, Tav. 44, Chiusino N 2478 (quota del piano di scorrimento: +15,44 m slm); Chiusino N 2477. 16   Cabreo Storico delle fognature di Roma, Tav. 44, Chiusino N 2476 (a destra); quota del piano di scorrimento + 14,75; Tav. 42, Chiusino N 2473, Sezione C-D (condotto a cappuccina visibile al centro); sezione A-B. 17   Uggeri [1830], tav. VII (“c”). Per il pozzetto situato sul lato nord: Bruno-Bianchi 2006, p. 317, fig. 18. 14

  Tra la seconda metà del I secolo d.C. e gli inizi del II sec. d.C. nell’area successivamente occupata dalle aule degli Auditoria, si trovavano edifici in laterizio affacciati su due assi stradali: la via Flaminia e una strada basolata attestata alla quota di 15,35 m slm, il cui tracciato correva a nord della futura Colonna Traiana. Ricci 2013, p. 22, fig. 5. 13   Amici 1992, p. 3. Bianchi-Meneghini 2002; per il settore nord: Bianchi 2001; Ead. 2018, fig. 28. Per il settore sud: Bianchi 2018, fig. 29. Sulle acque del Foro di Traiano: Uggeri [1830]; Narducci 1889, p. 32.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.3. Il settore settentrionale del Foro Traiano messo in luce negli anni 1811-1814 con indicazione del sistema di smaltimento delle acque (Cabreo storico delle Fognature di Roma).

Figura 4.4. Il cortile della Colonna Traiana rappresentato da Angelo Uggeri nella Tavola XVIII (part.) (Uggeri [1830]).

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.5. Foro di Traiano. Il sistema di smaltimento delle acque nel cortile della Colonna Traiana: A. Uggeri [1830], Tav. VII, part.; B. elab. da Amici 1982.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità Come già evidenziato da Carla Maria Amici18 le zone perimetrali del cortile dovevano essere più basse di circa 0,05 m rispetto alla solea19. Una pendenza del piano di circa l’1% assicurava un corretto smaltimento delle acque, coadiuvandone l’immissione. Il sistema di fognoli sottostante era caratterizzato da una pendenza più accentuata, con direzione di flusso in senso antiorario. Le acque che si riversavano nel cortile della Colonna, come rappresentato nel rilievo planimetrico del cortile e dei portici delle ‘Biblioteche’ di Antonio De Romanis20, dal piano di calpestio superiore dovevano essere recapitate nella canaletta di raccolta, posto circa 2 m al di sotto della originaria pavimentazione del cortile (+17,16 m slm)21, attraverso 24 caditoie di carico (+16,64 m slm)22, uniformemente distribuite sui quattro lati del portico. Il tratto meridionale della canaletta23, di sezione più piccola delle altre (largh. 0,55 m x h 0,79 m), si trova a quota + 15,12/15,17 m slm24 (fig.4.6). Il tratto occidentale della stessa canaletta25, oggi non più accessibile, è alto 1,69 m, è dotato di copertura a cappuccina di bipedali e ha il suo piano di scorrimento a circa + 14,77 m slm. Il tratto orientale 26, coperto a cappuccina, è alto 1,36 m (0,86 m all’imposta) e scorre a + 15.06-15,08 m slm (fig.4.7); l’angolo con il quale la canaletta si collega alla sua continuazione verso nord è realizzato con una curva (fig.4.8) che conserva nella copertura il bollo CIL XV 842b di Q. Articuleius Paetinus (console del 101 d.C., e del servo Sagitta) (Datazione: inizio del II secolo)27 (fig.5.51). Il condotto che corre davanti al lato nord28 della Colonna, coperto a cappuccina e alto 1,64/1,93 m nel ramo di sinistra (+ 14,71 m slm)29 e 1,71/2,01 m nell’altro (+ 14,58 m slm), ha un piano di scorrimento a doppia pendenza convergente verso il centro, dove con un progressivo salto di quota di circa 0,80 m, si getta nel lungo collettore30 di uscita che si dirige verso l’esterno del complesso (figg.4.9/in basso, 4.10, 4.11). Il lato settentrionale del portico, oggetto di indagini all’inizio del XIX secolo e tra il 1929 e il 1932 è stato

Figura 4.6. Foro di Traiano. Cortile della Colonna Traiana. Il tratto meridionale del condotto idraulico presente al di sotto della pavimentazione, visto da est.

  Amici 1982, pp. 52-58.   Amici 1982, p. 54, n. 2. 20   Amici 1982, pp. 57-58, fig. 91. Il rilievo è stato eseguito dopo gli scavi del 1814 (originale conservato nell’Archivio Disegni della Biblioteca di archeologia e Storia dell’Arte, coll. Roma XI, 5 II 52). 21   Amici 1982, Tav. I, e4. 22   Amici 1982, p. 56 fig. 90. Uggeri [1830], tav. VI.1. 23   Cabreo Storico delle fognature di Roma, Tav. 43, Chiusino N 2475, sezione A-B 24   Amici 1982 p. 55. 25   Cabreo Storico delle fognature di Roma o, Tav. 43, Chiusino N 2474, sezioni A-B e C-D. 26   Cabreo Storico delle fognature di Roma, Tav. 44, Chiusino N 2476, sezione A-B (condotto sulla sinistra). 27   Bianchi 2003b. 28   Cabreo Storico delle fognature di Roma, Tav. 42, Chiusini N 2473, sezione C-D (condotto a destra) e sezione E-F. 29   Amici 1982, p. 55, nota 1: secondo la studiosa la quota ricavabile da L. Rossini sarebbe sensibilmente più alta. 30   Cabreo Storico delle fognature di Roma, Tav. 42, Chiusini N 2473, sezioni A-B e C-D. Si tratta del pozzo di caduta la cui esistenza era ipotizzata da C. Amici (Amici 1982, p. 56), localizzato esattamente nel punto di raccordo tra i due spechi. 18 19

Figura 4.7. Foro di Traiano. Cortile della Colonna Traiana. Il tratto orientale del condotto idraulico presente al di sotto della pavimentazione, visto da nord.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano per circa 6 metri, ma in questo punto risulta chiuso da una tamponatura in mattoni. Verso nord, dopo 2 m si incontra un pozzo con pedarole, di 0,68 x 1 m. Superato il pozzo, il condotto prosegue per altri 3,26 m, riducendosi in altezza a 0,90 m, per poi innestarsi su un canale con direzione normale al suo asse, ma da questo punto non è stato possibile procedere nell’esplorazione. Il rivestimento del fondo del canale è formato da bipedali, due dei quali conservano il bollo CIL XV 81234 (databile agli anni 118-123 d.C.) e 1120a (118-120 d.C.) (fig.4.13)35; su un bipedale della cappuccina si trova il bollo CIL XV 258a36, databile ai primi anni del II sec. d.C. Al livello superiore, si conservano i resti di una struttura voltata, realizzata con bipedali, originariamente destinata a sostenere il piano pavimentale del portico, e composta interamente da bipedali, addossata su entrambi i lati della cassaforma di cementizio (figg.4.14, 6.6)37 che contiene il condotto, evidentemente per proteggerlo durante la costruzione della terminazione delle volte di sostegno della pavimentazione del portico. Nel 2002 su due dei bipedali fu rilevata la presenza di due bolli laterizi del 123 e del 125 d.C. (CIL XV 1033 e 1209b)38, evidenza che ha permesso di attribuire l’intera struttura fondale all’età adrianea. Figura 4.8. Foro di Traiano. Cortile della Colonna Traiana. Il tratto orientale del condotto idraulico presente al di sotto della pavimentazione, visto da sud.

Le cortine laterizie del sistema idraulico del cortile della Colonna presentano caratteristiche simili a quelle dei condotti del sistema meridionale del Foro39. 4.2 Il sistema di smaltimento delle acque della piazza, del portico orientale e del settore sud-orientale

oggetto di nuove indagini nel 201331. Tuttavia, il condotto nord-sud era stato già esplorato da chi scrive nel 200732, in quanto allora ancora accessibile in corrispondenza della fondazione in blocchi di travertino33, situata a nord della Colonna Traiana (figg.4.9/in alto, 4.10). In tale occasione fu possibile verificare che il condotto, largo internamente 0,68 m e alto 1,48 m, è coperto interamente a cappuccina, che la sua lunghezza complessiva reale è di m 14,78, contrariamente a quanto rappresentato nel Cabreo storico delle fognature di Roma (fig.4.12), e che il suo piano di scorrimento è molto profondo e caratterizzato anch’esso da una pendenza di circa l’1% (da + 13,44 a + 13,30 m slm). L’imposta della copertura in bipedali si abbassa progressivamente riducendosi da 1,87 m a 1,46 m (fig.4.11). Nel punto in cui il condotto doveva passare al di sotto della possente fondazione perimetrale del portico, lo speco doveva essere protetto da due blocchi di travertino, oggi mancanti, lunghi complessivamente 1,83 m, e sagomati inferiormente con profilo obliquo, in modo da formare una cappuccina e poggiati sulle sponde alte 1,06 m. In corrispondenza di questo punto, sulla parete destra, come si è detto, con un salto di quota di circa 1 m sbocca il condotto moderno proveniente dalla direzione della navata orientale della Basilica. Verso sud il condotto è accessibile

Il lungo condotto che corre ai piedi della Basilica, costituiva come si è detto, parte integrante del circuito   Bloch 1947, pp.14-19, partic. p.17; LSO 285. Bianchi 2001; Bianchi 2015. 35   LSO 885. 36   Bianchi 2001, p. 101, nota 37; Bianchi 2015, pp. 32-36. 37   Amici 1982, pp. 64-65, fig. 103 e 104 (sez. B-B1); pp. 66-67, fig. 106: Disegno di L. Rossini (1837) (fig.4.9). Vedi 5.2. 38   Bianchi 2001, pp. 117-119, fig. 26 (nn.24-25). Meneghini 2002, p. 689 ss; La Rocca 2004, pp. 202-204. Si tratta di un bollo del 123 d.C. (CIL XV, 1033 di Doryphorus delle figline di Domizia Lucilla) e di uno del 125 d.C. (CIL XV, 1209b delle figline di C. Iulius Stephanus). Un altro esemplare del primo fu rinvenuto nelle vicinanze, in occasione della costruzione del palazzo delle Assicurazioni Generali. Altri bolli della stessa domina si trovano tra quelli elencati dal Bloch e rinvenuti nell’area a nord del Foro. Un primo esemplare del secondo bollo, nella variante 1209a, era stato invece già segnalato dallo stesso Bloch nell’elenco dei bolli adrianei conservati fino a tempi recenti nella Biblioteca occidentale, ma ritenuto di provenienza incerta. Il ritrovamento di questi bolli costituisce la prima prova certa da un lato di una attività edilizia nel Foro da parte di Adriano, dall’altro della costruzione di parte degli elevati del settore settentrionale, realizzata con buona probabilità dopo la morte di Traiano dal suo successore, a partire almeno dal 125 d.C., a completamento e/o a parziale modifica del progetto iniziale. Alla luce di questa evidenza sembra di poter superare la cautela del Bloch, il quale ritenne di poter attribuire un consistente gruppo di 55 bolli adrianei agli scavi di Piazza Venezia. Questi bolli, perlopiù riferibili alla produzione della f. Sulpicianae del 123 d.C., potrebbero provenire proprio da questo settore de Foro, fornendo altri elementi utili per documentarne la fase adrianea. 39   Modulo 5 filari di laterizi e 5 letti di malta: h 0,26 m. Vedi capitolo 5. 34

  Delfino 2015.  Per il supporto ricevuto in occasione di una sua nuova recente esplorazione ringrazio Elettra Santucci e Luca Antognoli. 33   Amici 1982 (F5). 31 32

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.9. La fondazione del muro di delimitazione settentrionale del Foro di Traiano, in alto in un disegno di L. Rossini (1837). Nella sezione al centro è visibile il condotto con direzione nord-sud, in laterizio e coperto a cappuccina, che si dirige verso l’esterno del complesso. Una seconda sezione dello stesso condotto è visibile nel disegno in basso, ed è relativa al tratto che si distacca dal condotto interno al perimetro del cortile della Colonna Traiana (Cabreo storico delle Fognature, Sez. n. 2473).

Figura 4.10. L’interno del condotto con direzione nord-sud nel quale confluivano le acque del cortile della Colonna Traiana e che recapitava le stesse al di fuori del complesso. Vista da sud. Su un bipedale della cappuccina è impresso il bollo CIL XV 258a.

Figura 4.11. L’interno del condotto con direzione nord-sud nel quale confluivano le acque del cortile della Colonna Traiana e che recapitava le stesse al di fuori del complesso. Da notare la progressiva riduzione di altezza all’imposta della copertura e la presenza di un ampio pozzo che la interrompe a circa 2 m dal punto in accesso moderno. Vista da sud.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.12. Foro di Traiano. Sezione del condotto a nord della Colonna Traiana rappresentato in una tavola del Cabreo storico delle fognature di Roma. A destra, in sezione, il basamento della Colonna.

Figura 4.13. Condotto a nord della Colonna Traiana. Il fondo è formato da bipedali, due dei quali conservano i bolli CIL XV 812 e 1120a. Quest’ultimo è visibile nella foto.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.14. Foro di Traiano, area della Colonna Traiana, scavi 2013. La sostruzione cementizia adrianea rinforzata con una ghiera di bipedali; a destra, la fondazione del muro perimetrale nord occidentale del Foro.

di smaltimento delle acque della piazza. Esso fu messo in luce tra il 1813 e il 1824 dall’Accademia di Francia e rappresentato sia in alcune tavole dell’Uggeri40 che nella pianta delle fognature antiche elaborata nel 188941, ha sponde alte 0,85 m, è coperto a cappuccina e ha un piano di scorrimento (+14,50 m slm) situato 1,70 m al di sotto del lastricato della piazza42. Il condotto doveva ricevere le acque meteoriche riversatesi nella metà settentrionale della piazza e quelle provenienti dalle coperture della Basilica. Le sue terminazioni verso est e verso ovest dovevano quasi certamente essere collegate simmetricamente ai lunghi condotti che servivano i portici della piazza.

alzate della gradinata dei portici, direttamente in due canali lunghi circa 114 m, coperti a cappuccina, situati immediatamente al di sotto delle gradinate stesse. Il sistema di smaltimento del portico occidentale del Foro non è mai stato esplorato, ma si può desumere che sia simmetrico a quello orientale. Il sistema di canalizzazione della piazza è stato indagato soprattutto negli anni 1991-1997 in occasione dello scavo del settore sud orientale del Foro43. Qui si conserva un reticolo di canalette che lascia intuire quanto complesso dovesse presentarsi, sia in fase di progettazione che in quella di realizzazione, il problema dello smaltimento delle acque nel punto di contatto tra la terminazione del portico con la monumentale architettura del muro di fondo della piazza e il suo proseguimento, alle sue spalle, con altri corpi di fabbrica strettamente connessi. Tale articolata sequenza di edifici era costituita dagli ambienti di fondo del portico, dalla lunga sala trisegmentata e dallo spazio di risulta, certamente scoperto, compreso tra questa, il cortile porticato meridionale e più a sud la mole del Foro di Augusto. Fu realizzato un sistema formato da due collettori

Le acque provenienti dalla grande superficie della piazza, circa 9.000 mq, e dalle coperture dei portici confluivano, attraverso numerose caditoie di carico ricavate nelle   Uggeri 1830, Tavv. VI (condotto “o”) –VII.   Cabreo Storico delle fognature di Roma “Chiusini e rilievi dal n. 2473 al n 2480”; Tav. 44, Rilievo n. 2479, sezioni A-B e C-D. Le quote indicate nelle sezioni devono essere aumentate tutte di 0,44 m corrispondente allo zero idrometrico dell’idrometro di Ripetta, rilevato nel 2010 dal Dipartimento dell’Istituto Nazionale Direzione Generale Protezione Civile Ufficio Idrografico e Mareografico. 42   Qui le impronte della preparazione delle lastre di rivestimento della piazza si trovano a + 16,17-16,20 m slm. Vedi 3.2.1.4. 40 41

 Vedi capitolo 2.

43

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Il sistema fognario del Foro di Traiano pressoché paralleli, distanti circa 20 m, e raccordati, su ciascuno dei lati lunghi della piazza, alla terminazione dei condotti di raccolta dei colonnati laterali. Uno di essi correva lungo il limite meridionale della piazza e l’altro sul lato posteriore della sala trisegmentata (fig.4.2). Questo sistema permetteva un agevole collegamento delle canalizzazioni secondarie necessarie per la raccolta delle acque provenienti dalle coperture dei diversi edifici del complesso, attraverso l’impiego di discendenti.

della copertura (US 37; + 15,48 m slm)47 (figg.2.13, 4.18, in basso). Il proseguimento del canale al di sotto dell’angolo sud occidentale dell’ambiente C permetteva di raccogliere gli scarichi provenienti dal pavimento interno del portico (US 66)48. La costruzione di questo braccio di condotto dovette precedere sia la costruzione del canale US 38, proveniente da un discendente situato nel muro US 52, le cui spallette sono alte 0,96-0,86 m49, che la posa della preparazione pavimentale dell’ambiente C, come appare evidente sia dall’esame delle murature che per la presenza delle impronte dei blocchi di copertura sul calcestruzzo, gettato contestualmente alla copertura della stessa fogna US 38 (fig.4.18, a destra, fig.4.20). Il piano di scorrimento di quest’ultima è caratterizzato da una forte pendenza (da + 15,37 a + 15,27 m slm), interrotto da uno sfondamento (US 116) del pavimento del soprastante ambiente C (+ 17,07 m slm) (fig.4.21). il segmento terminale di questo condotto è possibile che segua il tracciato di una canalizzazione già esistente al piede del ninfeo monumentale (c.d. Terrazza Domizianea), nella quale doveva essere smaltita l’eccedenza delle acque che attraversavano il monumento (figg.2.13, 4.19)50. Questa ipotesi è suffragata dal rinvenimento nelle murature del condotto di due bolli laterizi della tarda età domizianea: CIL XV 1000f (in prossimità della curva) e CIL XV 259 (sulla spalletta orientale), entrambi databili alla fine dell’età di Domiziano51.

Del condotto situato ai piedi del colonnato orientale (US 12), tramite il quale il flusso idrico doveva essere convogliato verso sud in direzione dei due canali paralleli del sistema, sono attualmente documentabili circa 27 m, 9 m dei quali ormai privi di copertura44 (figg.2.41, 4.154.16). Poiché in prossimità di questo punto le quote della preparazione scendono fino a +16,12 m slm, il rivestimento marmoreo della piazza doveva trovarsi a circa + 16,20 m slm, immediatamente al di sopra del sottostante sistema di raccolta. Sulle pareti del condotto il piano di appoggio della copertura si trova infatti a + 15,43 m slm. La sua larghezza interna è di m 0,65, mentre la sua profondità non è facilmente rilevabile (l’altezza oggi visibile delle spallette non supera 0,50 m)45. Su una delle due spallette si conserva un bipedale con bollo CIL XV 1096b46, databile tra la fine dell’età domizianea e il 107 d.C. Nel punto dove il condotto è oggi a cielo aperto (fig.2.41, 4.17) doveva trovarsi una copertura costituita da una doppia serie di blocchi di travertino (+15,99 m slm), poggiati sulle spallette/pareti laterali in laterizio (+ 15,40 m slm) e sagomati inferiormente a formare una cappuccina, in modo da garantire la maggiore protezione possibile dello speco, poiché questo doveva passare tra la terminazione del muro perimetrale del portico (US 35) e la fondazione dell’imponente architettura del lato corto meridionale della piazza (US 84).

Tornando a quest’ultimo condotto, questo, subito dopo la confluenza del condotto US 12 (fig.4.22), percorrendo tutto il lato meridionale del muro di fondo della sala trisegmentata (fossa di fondazione US 1001), prosegue prima per circa 13 m al di sotto della massicciata che sostiene il corpo scala e il suo muro perimetrale occidentale (US 55) e poi della platea US 4, immettendosi al di sotto di Via Alessandrina, prima di giungere nel cortile porticato meridionale del Foro52 (Settore VI) (figg.2.41, 4.23).

La continuazione del condotto verso sud, per un tratto di circa 9 m, passa poi al di sotto della platea di cementizio della preparazione pavimentale della sala trisegmentata (US 7). In corrispondenza dell’angolo formato dal muro divisorio US 35 e l’accesso alla scala D (UUSS 29 e 31) il condotto appare di nuovo privo di copertura (imposta a 15,43 m slm) (fig.4.18). Qui interseca la derivazione proveniente da nord est del lungo condotto US 28, costruito direttamente contro il banco di argilla (US 16), che si trova al di sotto del muro di prolungamento del colonnato del portico (US 35), posto a separazione tra l’ambiente C e la scala D (fig.4.19). L’angolo interno con il quale si incontrano l’US 12 con l’US 28 mostra un accurato arrotondamento atto a facilitare lo scorrimento del flusso idrico (verso US 28). La spalletta dell’US 28 conserva l’imposta formata da bipedali disposti in piano (+15,17 m slm) e i frammenti di due dei blocchi di travertino

Lungo questo tratto del percorso verso ovest raccoglieva le acque del discendente (m 0,22 x 0,22)53 della scala D situato accanto ai primi gradini della rampa di accesso (fig.4.24), nonché probabilmente anche all’altro muro di gabbia della stessa scala, tramite la piccola canaletta di scolo US 36, risparmiata nella fondazione cementizia e in contropendenza rispetto al condotto US 28 (da +15,87 m a +15,79 m slm). Immediatamente a ridosso del muro che doveva trovarsi nella fossa di fondazione US 55 e nell’area   La profilatura a cappuccina aveva lo scopo di proteggere il condotto dall’azione di schiacciamento esercitata dai blocchi della fondazione US 34 che dovevano essere poggiati al di sopra. 48   Sul lato esterno del gomito sulla cortina laterizia fu sovrapposto un nucleo “a mammellone” di cocciopesto allo scopo di limitare i danni di erosione al paramento provocati dal flusso della corrente. 49   Modulo (5/5) 27 cm; laterizi di colore arancio scuro. 50   Bianchi-Santucci-Antognoli 2015, p. 148. Più recentemente BianchiSantucci 2020. 51   Bianchi 2001, nn. 1-2. Il bollo 259, determinante per la cronologia del complesso traianeo si trova anche nelle strutture della c.d. terrazza domizianea: Bianchi-Santucci-Antognoli 2015; vedi anche BianchiSantucci 2020. 52   Vedi 4.3.2.1. 53   Modulo 26 cm (5/5) 47

  Tale misura corrisponde alla profondità dell’architettura costituita dall’ordine architettonico aggettante e dal muro situato alle sue spalle. 45   Modulo (5/5) 31,5 cm. 46   Bianchi 2001, n. 7. 44

181

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.15. Foro di Traiano, Settore V. Il condotto fognario situato ai piedi del colonnato orientale (US 12) nel punto in cui prosegue in direzione sud, al di sotto della monumentale architettura del lato meridionale della piazza, dopo aver incontrato la confluenza con il lungo condotto US 157 (visibile a destra). In questo tratto il suo speco era originariamente coperto con blocchi di travertino sagomati inferiormente a cappuccina.

presumibilmente scoperta, ricavata tra il corpo scala, l’esterno della sala trisegmentata e del cortile porticato meridionale, si trova un canale (anch’esso denominato US 12) con spallette alte 1,10 m 54, nel quale confluiscono altri due brevi condotti paralleli (UUSS 110-111), che appaiono realizzati in connessione con il muro US 27 (fig.4.25). La prima canaletta (direzione Est-Ovest), interamente rivestita di cocciopesto, ha una lunghezza di circa 4 m ed è stata ricavata tagliando la platea US 4. La seconda (US 111), lunga attualmente circa 7 m, perchè fu probabilmente tagliata nel 1931 per la costruzione del primo dei pilastri di sostegno di Via Alessandrina, corre a ridosso del muro di fondo sud (US 27) Anche questa canaletta è stata ricavata tagliando l’US 4 e presenta un rivestimento in cocciopesto sia sui lati che sul fondo, sebbene qui sia quasi del tutto perduto. L’estremità meridionale del condotto US 12 permette di accedere a una lunga e profonda intercapedine esistente lungo l’intero perimetro esterno dell’emiciclo settentrionale del Foro di Augusto che potrebbe aver ricalcato il percorso di una canalizzazione di raccolta situata lungo il perimetro esterno dell’esedra augustea (figg.4.2, 4.26-4.27)55. Tale   Modulo 26 cm (5/5)   Questa canalizzazione si trova ad una quota inferiore di circa 3 metri rispetto al cunicolo idraulico con volta a botte (h 1,60 m; largh. 0,58 m) che corre all’interno del muro divisorio tra i Fori di Augusto e di Traiano e il cui fondo si trova a + 17,50 m slm (Vitti 2015, p. 166). 54

Figura 4.16. Foro di Traiano, Settore V. Il condotto fognario situato ai piedi del colonnato orientale della piazza (US 12) nel tratto immediatamente precedente a quello visibile nella figura precedente.

55

182

Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.17. Foro di Traiano, Settore V, condotto US 12. In primo piano, le spallette del condotto sulle quali dovevano poggiare i blocchi di travertino della copertura. Di questi restano alcuni scheggioni, visibili sulla sinistra della foto.

Figura 4.18. Foro di Traiano, Settore V, la confluenza dei condotti US 12 e US 28, proveniente dall’area prospiciente l’aula di testata meridionale dei Mercati di Traiano, vista da sud. Anche in questo tratto la copertura delle canalette era realizzata con blocchi di travertino, come testimoniato dagli scheggioni conservati in corrispondenza del condotto US 28, visibili in basso nella foto.

183

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.19. Settori III, VA. La rete dei condotti presenti nell’area sud orientale del Foro: si noti il collegamento tra i due condotti pressoché identici US 157 e US 28, che costituisce il prolungamento del condotto US 12 (ril. R. Meneghini, elab. E. Bianchi).

Figura 4.20. Settori III, VA. La canaletta proveniente dalla Terrazza Domizianea (US 38) nel punto di immissione nel condotto US 28. In alto: il piano pavimentale dell’ambiente C.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano del colonnato (US 5504 in corrispondenza della confluenza con il condotto US 720=231), sono comprese tra +16,09 m e +16,20 m slm. Questo canale (US 157), largo internamente m 0,66 e alto all’imposta m 1,10 (in questo punto la quota del fondo corrisponde a +14,18 m slm)57, è stato indagato per una lunghezza complessiva di circa 54 m, corrispondenti a poco più della metà del suo percorso che, presumibilmente, doveva estendersi fino al portico occidentale58. Il suo tracciato è composto da una successione 4 tratti rettilinei connessi da 3 pieghe che consentono di adattarlo alla particolare forma di questo lato della piazza (fig.4.23)59. Il primo breve tratto rettilineo di 2,80 m di lunghezza, interrotto da un pozzo a circa metà sulla parete settentrionale, si aggancia all’US 12 proveniente dal portico orientale con un angolo di 97°; a 1,30 dalla fine del pozzo il condotto piega una prima volta verso sud di 16°. Il secondo tratto rettilineo, lungo 27,30 m circa, presenta piccole variazioni di direzione verso ovest che gli conferiscono un andamento leggermente curvo (fig.4.29). Dopo una seconda piega il condotto, dopo aver deviato verso ovest di 21°, prosegue in un terzo tratto rettilineo lungo m 13,25, al termine del quale si incontra una terza piega, oltre la quale il condotto piega di nuovo di 9° verso ovest in direzione del portico occidentale della piazza e prosegue in linea retta per 10.60 fino all’interro che ne impedisce l’esplorazione. Sulla parete meridionale, a circa 0,60 ma dall’ultima piega del condotto, si trova la confluenza con l’US 720=231 (piano di scorrimento a + 13,89 m slm) che si dirige verso il settore meridionale del Foro.

Figura 4.21. Settore III. Il condotto US 38 visto dall’interno. In secondo piano lo sfondamento realizzato sulla pavimentazione del soprastante ambiente C.

La particolare conformazione di questo tracciato segue l’andamento segmentato del colonnato collocato sulla platea di cementizio US 84, alla quale il condotto si appoggia. Il lungo tratto caratterizzato da un andamento curvo60, doveva agevolare il disbrigo delle acque raccolte dal precedente US 12, di quelle provenienti dal colonnato con ordine aggettante e del colonnato centrale che bordava il lato meridionale della piazza, anche se il suo andamento risulta essere divergente dalla fronte del colonnato stesso (fig.4.23). Le acque dovevano essere recapitate verso il collettore US 720=231, il cui tratto iniziale si trova al di

struttura sembra essere stata ricavata risparmiando uno stretto corridoio, funzionale alla manutenzione degli impianti idraulici preesistenti e pertinenti all’esedra, e la possente costruzione traianea costituita dalla porzione posteriore dell’ambiente C e del muraglione US 27. Alla stessa canalizzazione (poi inglobata nell’intercapedine) dovevano essere raccordati almeno tre condotti situati al di sotto della pavimentazione marmorea dell’emiciclo (figg.4.26, tracciato ‘a-c’;4.28), e ancora oggi esplorabili56 e connessi con il sistema di deflusso che corre davanti alla facciata del Tempio di Marte Ultore. 4.2.1 Il condotto del lato meridionale della piazza (US 157)

 Si noti la differenza di quota di circa 30 cm rispetto al fondo del condotto, situato sul lato opposto della piazza, sulla fronte della Basilica Ulpia e a questo collegato tramite i lunghi bracci paralleli ai portici. Tale dislivello fu studiato per garantire un rapido deflusso delle acque. A questo si aggiunga anche una differenza nell’altezza delle sponde: 0,85, quelle sottostanti la Basilica, contro 1,10-1,20 m per le spallette del condotto US 157. Tale sostanziale differenza potrebbe essere letta in funzione della maggiore portata che la sezione del condotto doveva ricevere in questo punto. 58   Una lunghezza analoga (110 m) è quella che caratterizza il tracciato del collettore della via Biberatica nei Mercati di Traiano. similmente, anche questo segue l’andamento curvilineo degli edifici e della strada soprastanti con una sequenza di bracci rettilinei (Bianchini-Vitti 2017, p. 616). 59  Desidero ringraziare Elettra Santucci per le accurate misurazioni effettuate in occasione di una nuova recente esplorazione di questo condotto. 60   Si tratta forse di un espediente per evitare che lo scorrere delle acque su una sequenza di linee spezzate e angoli interni potesse deteriorare in breve tempo la struttura. Questa tecnica appare adottata invece per la costruzione del lungo condotto che corre più a sud (US 28= US748). 57

Il condotto US 12, in corrispondenza della fine del portico orientale, prima di proseguire nella direzione degli ambienti situati a ridosso della Terrazza domizianea, si dirama in un altro lungo ed articolato condotto che corre al piede della monumentale fronte colonnata posta sul limite meridionale della piazza, funzionale alla raccolta delle acque pluviali provenienti dalla scenografica architettura che caratterizzava questo lato del Foro (fig.4.2). Presso tale limite le quote della preparazione pavimentale, dove questa si interrompe sul margine della fossa di fondazione

  Come si vedrà (4.4) al condotto “c” sarà allacciato il canale di raccolta situato sul lato orientale della corte porticata del Foro di Traiano. 56

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.22. Settore III. Il condotto US 28 (in basso), dopo aver ricevuto l’affluenza dell’US 38, si immette verso sud in direzione del cortile porticato meridionale, percorrendo tutto il lato meridionale della galleria trisegmentata.

sotto dell’intercolumnio centrale. Secondo quanto rilevato in fase di scavo, il flusso di parte del quarto tratto rilevato, certamente proveniente dal portico occidentale della piazza, doveva essere anch’esso diretto verso l’US 720=231.

da caditoie di immissione (o di carico), la prima delle quali si trova sulla sinistra, proprio all’inizio di questo tratto. Si tratta di piccole aperture (30 x 20 cm) formate da un piano inclinato e coperte con due laterizi posti a contrasto. All’interno, tali immissioni si presentano come strette canalizzazioni verticali, strutturalmente simili a discendenti. Sulla volta, a distanze regolari e in corrispondenza delle caditoie e delle canalette maggiori, entrambe necessarie per favorire l’ordinata immissione delle acque pluviali nel condotto, inoltre, furono ricavati piccoli fori (fig.4.33)62, visibili anche dal piano superiore della preparazione del lastricato della piazza (+ 16,12 m slm) (figg.2.41, 4.15, in alto), la cui presenza poteva forse essere studiata per favorire lo sfogo dell’aria ed evitare il c.d. “colpo d’ariete” in caso di massiccia immissione di ingenti volumi d’acqua dal condotto e dalle caditoie stesse, oppure in funzione di approntamenti idraulici situati sul piano della piazza.

Tornando al punto di origine del condotto US 157, l’estradosso del suo primo tratto, tra l’innesto con l’US 12 fino ai moderni archi di sostegno di Via Alessandrina, è esposto per circa 10 m (figg.4.16, 2.41) (+ 16,10-16,16 m slm). Lungo la spalla nord ovest del canale, a circa 1 m dall’innesto con l’US 12 è presente un ampio pozzo di ispezione laterale (fig.4.30). A 6 m dalla prima piega la copertura in bipedali è interrotta da un secondo pozzo quadrangolare (m 0,68 x 0,68) (figg.2.41, 4.31). In corrispondenza di entrambi i pozzi è ancora ben visibile il rivestimento in cocciopesto del fondo e delle pareti con una modanatura a quarto di cerchio agli angoli. In questo tratto, il lato sinistro del condotto presenta tre brevi affluenze61, canalette in laterizio che giungono fino a sotto la massicciata US 84, larghe internamente 0,60, disposte a distanza di 7,80-8,0 m l’una dall’altra (figg.4.23, 4.32) e intervallate

Come si è detto, a circa 27 m di distanza dalla prima piega il condotto cambia nuovamente direzione63, questa volta con una deviazione di 21° verso ovest (figg.4.34  Due di essi si trovano tra i due pozzi e sono distanti 4,50 m.  Il canale è accessibile anche mediante un’apertura ricavata nell’Ambiente XVI. 62

  Soltanto la prima di esse è interamente visibile fino al fondo che presenta un profilo curvo. 61

63

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.23. Il sistema di canalizzazioni del settore meridionale del Foro alla luce delle nuove indagini (ril. E. Bianchi, elab. E. Santucci)

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.24. Settore III. I resti della scala D. In primo piano la traccia di un discendente per lo smaltimento delle acque provenienti dai piani superiori. Alle spalle di questo si nota una piccola canaletta (US 36).

Figura 4.25. Settore III. Il condotto US 12 situato a ridosso della fossa di fondazione US 55 e diretto al di sotto del poderoso muro in cementizio US 27.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano l’altezza alle spallette è di m 1,20. Si conserva parte del rivestimento in cocciopesto (altezza massima 0,60). Il condotto US 157 da qui si dirige verso il portico occidentale, dal quale in realtà dovrebbe provenire, per smaltirne le acque, come sembra provato dalla pendenza rilevata sulla pavimentazione in bipedali del piano di scorrimento, da ovest verso est, e convogliare anche queste verso il condotto US 720=231. Il fondo del condotto US 157 fu studiato, dunque, per avere direzioni di flusso convergenti verso il centro del suo tracciato, diversamente da quanto notato per il condotto del lato opposto della piazza, con flusso divergente. La muratura in cortina laterizia del condotto, alta all’imposta 1,10 m, appare molto regolare, nonostante la misura di un modulo di 5 filari di laterizi e 5 letti di malta risulti piuttosto alto (30-31 cm), realizzata con mattoni selezionati e disposti accuratamente, e rivestita inferiormente per 0,60 m da uno spesso strato di cocciopesto. Sui bipedali di copertura sono stati individuati 25 esemplari del bollo CIL XV 25965, databile alla fine dell’età domizianea (fig.4.41). Altri due bipedali recano il bollo CIL XV 1000f, contemporaneo al precedente, e il CIL XV 1346d, la cui datazione è sicuramente precedente al 107 d.C.66, mentre nel pozzo terminale del condotto, verso est, in prossimità del condotto US 12 (dove si trova il bollo CIL XV, 1096b) è stato rinvenuto il bollo laterizio CIL XV 97b67, databile al primo decennio del II sec. d.C. La presenza di questo bollo relativamente più tardo potrebbe ricondursi a un intervento successivo al completamento della fognatura. È plausibile, infatti, che la lieve differenza cronologica che separa i primi bolli da quest’ultimo, possa costituire la prova dell’avvio della costruzione del sistema fognario sotto Domiziano e del suo completamento (in questo settore relativo ai portici, agli ambienti A-C e alla scala D) nei primi anni di regno di Traiano68. Sullo stesso pozzetto di segnala, peraltro, una “cucitura” molto accurata tra la cortina del condotto US 157 (modulo 5/5 30-31 cm) e quella del pozzetto stesso (modulo 5/5: 24-25 cm).

Figura 4.26. Fori di Augusto e di Traiano. La rete dei canali idraulici noti in relazione al percorso della Cloaca Massima (E. Bianchi, elab. E. Santucci).

4.35) per seguire poi su un tracciato rettilineo (13,25 m) (fig.4.36). A 0,83 m dalla seconda piega si trova un pozzo (0,60 x 0,60 m) munito di pedarole (fig.4.37). Sulla parete meridionale a 1,81 m da questo si incontra lo sbocco di una prima canaletta in laterizio, e di una seconda a 4,67 m di distanza dalla precedente, entrambe larghe internamente 0,58 cm e quasi completamente ostruite (la prima è visibile all’interno per una lunghezza di m 1,46, la seconda per 1,95 m)64. Le stesse si innestano nel condotto principale con un asse leggermente inclinato, secondo un angolo di 86° (fig.4.38). A 4,19 m da questa seconda immissione il condotto piega nuovamente verso ovest di 9°. Proseguendo verso ovest sulla parete sinistra, a 0,60 m da quest’ultima deviazione, si trova l’imbocco del condotto US 720=231, il cui asse diverge dal precedente di 75° (fig.4.23). L’andamento obliquo del condotto US 157è visibile al centro nella fig.4.39, ripresa dal condotto US 720=231. Oltre tale imbocco l’ultimo tratto rettilineo rilevabile dopo la quarta ed ultima piega del condotto US 157 è stato liberato dai riempimenti per 9,37 m, quindi da questo punto non è più possibile seguirne l’andamento (fig.4.40). Le dimensioni interne si mantengono della larghezza di m 0,66 per un’altezza di 1,55 m, mentre

La campagna di indagini che nel 2005 è stata avviata sulla della rete fognaria del Foro ha interessato in particolare questo condotto. Il lavoro ha preso il via dal limite di via Alessandrina per poi proseguire verso est (Settore VA)69. Qui sono stati scavati campioni stratigrafici per una lunghezza media di 0,50 m, a una distanza regolare di 2 m l’uno dall’altro, per un totale di sette campioni. Di questi solo quattro (C. 1, 2, 3 e 6) si sono rivelati stratigraficamente

  Per la datazione, vedi capitolo 5, passim.   Bianchi 2003a, p. 340. 67   Bianchi 2001, n. 19. 68   Bianchi 2001, pp.83-120; Ead .2003, pp. 335-357, in part. p. 348. 69  Per la Coop. Parsifal le indagini sono state eseguite da Giordana Evangelista. 65 66

  La terminazione di queste canalette è visibile dove termina la sezione della preparazione della piazza (US 5504) al limite con la fondazione del colonnato di fondo della piazza stessa (US 5142) (fig.2.49). 64

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.27. Foro di Augusto. L’intercapedine presente lungo il perimetro dell’emiciclo settentrionale.

affidabili70; gli ultimi tre (C. 7, 8, 9) si trovavano in un tratto del condotto già esplorato nelle precedenti campagne di scavo, quindi ad alto rischio d’inquinamento, mentre la presenza d’acqua era troppo abbondante per consentire l’individuazione delle unità stratigrafiche presenti nella sezione ove erano presenti i depositi. All’interno del tratto indagato la stratigrafia si è mostrata abbastanza omogenea e ricorrente nei diversi campioni. Essa presentava uno strato di testa, costituito da un deposito a matrice limo-argillosa, di consistenza plastica, a drenaggio nullo, originatosi per decantazione, con spessore decrescente procedendo nello scavo da ovest verso est, evidenza che dovrebbe costituire prova di un naturale scivolamento dei depositi verso l’uscita del condotto. L’interfaccia superiore dello strato si presentava in più punti inquinata da materiali moderno/ contemporanei. Lo strato basale, a diretto contatto col piano di scorrimento del condotto, era costituito da un deposito a matrice argillo-sabbiosa, di consistenza compatta, a drenaggio medio, con spessore variabile man mano che nello scavo si è proceduto da ovest verso est. Al suo interno sono stati rinvenuti numerosi elementi della decorazione architettonica del portico meridionale. Lo strato intermedio era costituito da una concrezione sabbiosa, presente solo nei primi 6 m del tratto in oggetto, probabilmente originatasi con lo scorrimento dell’acqua. Figura 4.28. Foro di Augusto. Interno di uno dei condotti presenti al di sotto della pavimentazione dell’emiciclo settentrionale. Vista verso nord.

  Per tutti gli strati dei campioni 1, 2, 3 e 6 è stata eseguita flottazione su setaccio a maglia a 0,50 cm. 70

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.29. Foro di Traiano. Restituzione da rilievo laser scanner del secondo tratto del condotto US 157.

Figura 4.30. Il pozzo di ispezione situato nel primo tratto del condotto US 157, in prossimità dell’innesto con il condotto US 12.

Come risultato dall’esame del C. 6, questo strato era costituito da un deposito a matrice argillosa, di consistenza compatta, a drenaggio nullo, originatosi per decantazione. Nel procedere allo svuotamento di questo primo tratto di condotto è stato rinvenuto un ritratto colossale marmoreo di Costantino71 (figg. 4.42-4.43). Il tratto di fogna nel quale è avvenuto il ritrovamento si presentava colmato da un riempimento, spesso 1,15 m, composto da tre unità stratigrafiche direttamente sovrapposte (UUSS 158, 160, 171)72. Il ritratto (alto 0,59 m), si trovava adagiato sul

frammenti di lastre marmoree e rappresentano una percentuale minima rispetto al volume dello strato. Questa stessa unità stratigrafica è stata identificata e documentata anche nei precedenti tre campioni stratigrafici eseguiti all’interno dello stesso tratto, con spessore decrescente procedendo nello scavo da ovest verso est. US 171: deposito a matrice argillosa, di consistenza compatta, spesso cm 39 circa, originatosi per decantazione. I materiali rinvenuti nello strato sono costituiti da ossi, malacofauna, schegge di marmo, frammenti di laterizi, un unico frammento ceramico, e rappresentano una percentuale minima rispetto al volume dello strato. US 160: deposito a matrice argillo-sabbiosa di consistenza compatta, spesso cm 32 circa, rinvenuto a diretto contatto con il piano di scorrimento della canaletta. I materiali rinvenuti nello strato sono costituiti da ossi, malacofauna, semi, schegge di marmo, piccoli frammenti di lastre marmoree, frammenti di laterizi. La stessa unità stratigrafica è stata riconosciuta anche nei precedenti tre campioni stratigrafici, con spessore variabile procedendo nello scavo da ovest a est. Al suo interno si sono rinvenuti elementi della decorazione architettonica del portico meridionale (1 frammento di cornice ad astragali e dentelli, 2 frammenti di fusto di colonna scanalata, 1 frammento di fusto di colonna rudentata, 1 frammento architettonico modanato).

  Inv. FT 10337. Misure: alt. cm 59, largh. cm 33,5, spess. cm 33,5; altezza del solo volto cm 43,5; misure del foro per l’imperniatura posto sotto il collo: alt. cm 7,5; largh. m 7,5, prof. cm 7,8. Bianchi 2006. 72   US 158: deposito a matrice limo-argillosa, spesso cm 43 circa, originatosi per decantazione. I materiali rinvenuti nello strato sono costituiti da legno, ossi, malacofauna, semi, schegge di marmo, piccoli 71

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.31. US 157. Il pozzo presente nel secondo tratto del condotto. Vista verso est.

Figura 4.32. US 157. Il tratto con andamento curvilineo, visto da ovest verso est, rappresentato anche nella fig.4.24. Sulla destra sono visibili gli sbocchi di due delle tre brevi canalette collegate al soprastante colonnato meridionale della piazza.

Figura 4.33. US 157. Uno dei fori quadrangolari presenti sulla copertura a cappuccina del condotto.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.34. US 157. L’interno del condotto nel punto di raccordo tra il secondo e il terzo tratto. Vista verso est.

Figura 4.35. US 157. L’interno del condotto in fase di scavo nello stesso punto della figura precedente. Vista verso ovest.

Figura 4.36. US 157. Il terzo tratto del condotto in una esplorazione effettuata nel 2020. Vista verso est.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità La seconda tranche di lavori svolti nel 2005 è stata condotta all’interno del secondo tratto del condotto in direzione ovest, fino ad arrivare all’incrocio con il condotto US 720=231. Qui i campioni stratigrafici, di una lunghezza compresa tra i 50 e gli 80 cm, sono stati eseguiti senza intervalli regolari, a volte anche consecutivi, laddove la sequenza si presentava più articolata. La stratigrafia di questo tratto, infatti, si è rivelata più diversificata, a causa della presenza di pozzi e sfondamenti della copertura del canale. Laddove questo risultava intatto75 e la stratigrafia non disturbata da interventi antropici, lo strato di testa era sempre costituito da un deposito a matrice limo-argillosa, di consistenza plastica, con spessore ed interfaccia superiore abbastanza costanti, tranne all’estremità est del tratto in questione, dove esso si presenta digradante, ma più spesso. In questo stesso tratto lo strato basale, a diretto contatto col piano di scorrimento, era costituito da un deposito a matrice argillosa, di consistenza plastica, di colore verdastro (riconducibile a decomposizione organica), digradante da ovest verso est. Quest’ultimo conteneva una notevole quantità di ceramica residuale romana e tardo romana, costituita principalmente da frammenti di anfore; sono stati rinvenuti anche ossa con tracce di macellazione. La stratigrafia intermedia era costituita, tranne che nel C. 23, da uno strato a matrice argillo-sabbiosa, con andamento “a drappo” e spessore variabile, e dalla presenza incostante (C. 18, 22 e 23) di uno strato inferiore a matrice argillosa, digradante e di minore potenza in direzione est76. Questi strati intermedi, ad eccezione del C. 18, contenevano quasi esclusivamente detriti edilizi antichi (grumi di malta, lacerti di cocciopesto, laterizi), schegge marmoree, legno, carbone e malacofauna.

Figura 4.37. US 157. Il pozzo di ispezione presente all’inizio del terzo tratto del condotto in una esplorazione effettuata nel 2020. Vista verso ovest. Al centro, sulla sinistra in evidenza lo sbocco di una delle affluenze provenienti dal soprastante colonnato meridionale della piazza.

Nella porzione nord ovest del tratto qui preso in esame, la copertura della canaletta si presenta rotta in tre punti. Come è facile immaginare, in corrispondenza di queste evidenze (C. 4, 5 e 15), la stratigrafia era diversificata e disturbata da interventi antropici, per cui non è più possibile parlare solo di depositi, ma di veri e propri scarichi intenzionali e sincronici77. Significativo è il caso del Campione 10, realizzato in corrispondenza di un pozzo di esplorazione/ manutenzione del condotto, che sembrerebbe essere stato riempito con un unico scarico sincronico, in quanto non presenta alcuna continuità con la stratigrafia circostante. L’evidenza stratigrafica farebbe ipotizzare un’azione di taglio/asporto dei depositi formatisi nel precedente periodo di abbandono della canaletta, al fine di creare un pozzo da cui attingere l’acqua, che continuava (e continua) a scorrere nel condotto e che affiorava filtrata e depurata attraverso il passaggio nel riempimento circostante. Ancora nel tratto qui preso in esame (C. 10, 15, 16) sono state rinvenute brocche o parti di esse in ceramica a vetrina sparsa.

fondo della canaletta, incluso nello strato inferiore di riempimento (US 160), a diretto contatto con il piano di scorrimento73. La particolarità del ritrovamento consiste nel fatto che il ritratto marmoreo non sembra essere caduto accidentalmente nella fogna, ma essere stato intenzionalmente introdotto attraverso un tombino, dal momento che la copertura del condotto in corrispondenza del punto di ritrovamento risulta integra74. Lo scarsissimo materiale ceramico recuperato non ha permesso, al momento, di attribuire una datazione certa alla sequenza stratigrafica relativa all’abbandono del condotto.

  La testa, in marmo bianco lunense e in buono stato di conservazione, raffigura il principe secondo lo schema iconografico adottato in occasione del decimo anniversario della sua investitura e mostra stringenti somiglianze con i ritratti dell’imperatore rilavorati da quelli di Adriano sull’arco di Costantino. Essa è stata ottenuta rilavorando un precedente ritratto dell’inizio del II secolo d.C. raffigurante un imperatore della dinastia giulio-claudia (forse Caligola o Claudio). Bianchi 2006, p. 18. 74   Il recupero di questa scultura nell’area del Foro di Traiano appare assai significativo perché documenta la presenza, all’interno del complesso monumentale, di immagini di imperatori di età tardo antica di grandi dimensioni, che si aggiungevano alla sala di ritratti della famiglia imperiale, anch’essi di proporzioni colossali, esistenti ancora in epoca tardoantica lungo i portici del foro e forse anche nelle nicchie della parete meridionale, la cui esistenza era già nota grazie ai ritrovamenti del passato. 73

  Cioè negli ultimi 8 metri prima dell’incrocio col braccio ortogonale e nei primi 2 metri di questo, tratto nel quale sono stati prelevati i campioni 18, 19, 21, 22 e 23. La stratigrafia relativa a questi cinque campioni è stata per lo più setacciata a mano. 76   La relazione di scavo delle canalette è stata redatta da G. Evangelista. 77   Bisogna, tuttavia, segnalare che le vicissitudini subite da questi strati non consentono di ritenerli ad alta affidabilità. 75

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.38. US 157. Una delle due affluenze presenti nel terzo tratto del condotto in una esplorazione effettuata nel 2020. Vista verso est.

Lo scavo delle canalette fognarie del Foro è proseguito con la campagna di scavo 2006-200778. Oggetto di questa nuova campagna di indagini sono stati i condotti UUSS 157, 712, 720=231, 722, 723, 748, 767 (fig.4.23). Per ciò che riguarda il condotto US 157, come si è detto, il suo scavo è proseguito per 9,50 m ca., da est verso ovest, oltre la confluenza con il condotto fognario US 720=231 (fig.4.44). Qui la copertura a cappuccina è molto ben conservata e alcuni dei bipedali, mostrano ancora il bollo CIL XV 259 databile, come si è detto, agli ultimi anni di Domiziano (lo stesso rinvenuto anche su frammenti di 4 laterizi trovati negli strati di riempimento UUSS 701, 702 e 703) (fig.4.45)79. Dall’esame della stratigrafia risulta che a contatto con la pavimentazione in bipedali del condotto fognario vi erano due lenti sabbiose relative a un unico deposito (US 704) con materiale ceramico inquadrabile nella prima metà del VI secolo80 (figg.4.46-4.47). La superficie del deposito si presentava concava e compattata dallo scorrimento

  Il lavoro è stato materialmente eseguito da Alessia Savi Scarponi della Cooperativa Archeologia. 79   Vedi capitolo 5, passim, fig.5.67. 80   Nel deposito sono stati rinvenuti frammenti ceramici (Late Roman 3, Late Roman 4; Keay VII; assimilabile Pacetti 1998, figg, 8, 1-2) e numerosi frammenti ossei con tracce di macellazione. 78

Figura 4.39. US 720=231. Sul fondo la parete rettilinea del condotto US 157 prima dello scavo del suo riempimento verso ovest.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.40. US 157. Il quarto e ultimo tratto rettilineo liberato dai riempimenti per 9,30 m in una esplorazione effettuata nel 2020. Vista verso ovest.

Figura 4.41. US 157. Uno degli esemplari del bollo CIL XV 259 presenti sui bipedali della copertura del condotto.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.42. US 157. Sezione del condotto e della sequenza stratigrafica all’interno della quale è stato rinvenuto il ritratto marmoreo di Costantino (Da Bianchi 2006).

Figura 4.43. US 157. Il rinvenimento del ritratto marmoreo di Costantino durante le operazioni di scavo del condotto.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.44. US 157. Sezioni stratigrafiche dei riempimenti nel tratto di condotto compreso tra la confluenza con il condotto US 720=231 e il limite ovest delle indagini. Vista da sud.

d’acqua81. Lo strato US 704 fu ricoperto dall’US 703, un deposito fangoso verdastro con inclusi alcuni grandi frammenti di bipedali, due dei quali con bollo CIL XV 25982, provenienti quasi certamente dal cedimento della copertura83. Tra i reperti sono state rinvenute alcune schegge di marmi, per lo più relative a una pavimentazione84 e forse anche un frammento di gradino in marmo lunense, che forse segnalano l’inizio dell’attività di spoliazione del Foro. Alcuni reperti ceramici datano il deposito alla prima metà del VI sec. d.C.85 Anche la superficie del deposito verdastro aveva un profilo concavo, forse perchè reincisa dallo scorrimento continuo dell’acqua. Due depositi limoargillosi a bassa componente sabbiosa (UUSS 701-702), ricoprivano lo strato verdastro: si tratta di strati di origine colluviale al cui interno sono stati rinvenuti scarsi reperti ceramici, altri frammenti di bipedali e alcune schegge di

marmo86. La porzione sommitale del riempimento (US 700) era costituita da uno strato di limo argilloso addensato con solo alcuni frustuli di carbone. 4.3 Il sistema di smaltimento delle acque del settore meridionale 4.3.1 Il condotto che collega la sala trisegmentata al cortile porticato (US 720=23187) Il condotto US 720=231 corre in corrispondenza dell’asse centrale del Foro per una lunghezza complessiva di 26,70 m dal punto di confluenza con il condotto US 157 a quella del condotto US 722 che corre sul lato nord del cortile Porticato (Settore VI) (figg.4.48-4.49)88. La sua funzione era quella di collettore di collegamento tra il sistema di

  Per le caratteristiche e la posizione stratigrafica il deposito è correlabile alle UUSS 333, 352, 719, 750 rinvenute negli altri condotti esplorati. 82   Per la datazione vedi capitolo 5. 83   In totale sono stati raccolti n. 4 esemplari, due dei quali rinvenuti nelle UUSS 701 e 702. 84   Frammenti di portasanta, giallo antico, marmo lunense e ardesia. 85   Hayes 103B similis (500-575 d.C.). 81

 Le schede delle UUSS 701-702 non riportano indicazioni precise riguardo ai frammenti ceramici rinvenuti; tuttavia, si annota la presenza di tre frammenti di bipedali, uno dei quali con il bollo CIL XV 259. 87  Allo stesso condotto sono state assegnate due diverse numerazioni: 231 dalla Coop. Parsifal; 720 nel corso dell’indagine successiva. 88   Il condotto è stato scavato tra ottobre e novembre 2006. 86

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.45. US 157. Un esemplare del bollo CIL XV 259 impresso su un bipedale della copertura rinvenuto all’interno del condotto.

Figura 4.46. US 157. La prosecuzione del condotto dopo l’innesto con il condotto US 720=231 come appariva prima dello scavo dei riempimenti che ne occludevano la sezione.

Figura 4.47. Lo scavo del condotto US 157 a 9 m dall’innesto con il condotto US 720=231. Vista verso ovest (cfr. fig.4.44, sez. 10).

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.48. Il tracciato dei condotti fognari del settore meridionale del Foro con relativa numerazione delle Unità Stratigrafiche (ril. E. Bianchi).

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Figura 4.49. Sezione longitudinale del condotto US 720=231 da nord a sud e sezioni stratigrafiche del suo riempimento.

Il sistema fognario del Foro di Traiano

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Il Foro di Traiano nell’Antichità deflusso della piazza e quello del settore meridionale del Foro. Il condotto dopo aver ricevuto le acque provenienti dall’US 157 (in questo punto la quota della pavimentazione, incluso il rivestimento di cocciopesto è +13,85 m slm) (fig.4.39) le convogliava nel condotto US 722 (dove la quota della pavimentazione è +13,76/+13,72 m slm), per poi proseguire verso il condotto US 712, dopo aver ricevuto da est anche l’immissione dei condotti US 748 e US 723.

la quale furono realizzate, al di sopra della fognatura, la terminazione della massicciata di preparazione della piazza e la platea di calcestruzzo destinata all’alloggiamento dei blocchi di fondazione dell’ordine architettonico91. La fig.4.56 mostra la sequenza stratigrafica rinvenuta all’interno del primo tratto del condotto. Il primo strato (US 228) è interpretabile come uno scarico continuato di detriti prodotti dalle spoliazioni92. Al di sotto è stato rinvenuto uno strato argilloso (US 229)93; tra questo deposito e il piano di scorrimento della fognatura si è trovato un sottilissimo livello di sabbia nera risultato sterile.

Lungo il suo percorso questo condotto, nel quale si immettono altre affluenze, è largo internamente 0,66 m ed ha spallette in cortina laterizia alte 1,10/1,40 m fino89 (+15,21 m slm) (fig.4.50) rivestite con cocciopesto fino a 0,60 m di altezza ed è dotato di pozzetti (corrispondenti a punti di ispezione dal pavimento soprastante), muniti di pedarole e sfiatatoi. Alcune sono semplici caditoie per convogliare l’acqua dal piano pavimentale della piazza, altre sono condotti più profondi, forse collegati a discendenti di raccolta delle acque, provenienti dalle coperture del colonnato e della sala trisegmentata, situata alle spalle del colonnato meridionale della piazza.

Il tratto successivo del condotto fu trasformato in cisterna (US 735) a seguito della fondazione della chiesa di S. Urbano (fig.4.57)94 e, in tale occasione, fu demolita la copertura originaria per una lunghezza di circa 13 m. Nel nucleo cementizio della copertura superstite, dove i bipedali furono rimossi, si conserva l’impronta di un bollo CIL XV 258a la cui datazione oscilla tra gli anni 93-94 d.C. e i primi anni del II sec. d.C. Sul fondo del condotto, in corrispondenza di due pozzi connessi alla cisterna furono praticati due tagli. All’altezza del pozzo sud il taglio è circolare (diametro 0,70 m, profondità 0,55 m) e ha inciso completamente il massetto pavimentale del condotto95, arrivando ad intaccare la litologia di base, costituita da sedimenti pleistocenici del Paleotevere (figg.4.49, 4.58).

Nei tratti di condotto passanti al di sotto delle strutture murarie del Foro, corrispondenti ai muri settentrionale e meridionale e della sala trisegmentata e del muro nord del cortile porticato (fig. 4.48), la copertura doveva essere in blocchi di travertino, che furono asportati durante le fasi di spoliazioni, lasciando scoperte alcune porzioni di fognatura. In questi tratti il riempimento è caratterizzato da livelli di scarico di detriti prodotti presumibilmente dalla spoliazione delle strutture del Foro90.

Nella successiva sezione scoperta, il condotto US 720=231, a sud della cisterna, dove passa nella fossa di fondazione del muro settentrionale del cortile porticato ed è privo dell’originaria copertura in blocchi di travertino, era riempito da strati di origine colluviale (UUSS 715, 718-719) ai quali si trovano sovrapposti strati di scarico di detriti (UUSS 714, 716-717), prodotti presumibilmente dalla spoliazione delle strutture del Foro.

Il condotto è dunque attualmente in parte scoperto, poiché attraversa la fossa di fondazione svuotata del colonnato di fondo della piazza (fig.4.51) e del muro meridionale della sala trisegmentata. A 2,30 m dall’imbocco con l’US 157 (ancora sotto al limite della pavimentazione della piazza) il condotto doveva correre al di sotto della platea di blocchi che sostenevano le monumentali colonne di giallo antico (figg.4.52-4.53). La figura 45 (fig.4.54) mostra il punto di connessione tra i due condotti prima dello scavo del riempimento che lo occludeva. Le spallette, oggi scoperte, conservano ancora in posto due file di bipedali (spallette UUSS 11045-11046; + 15,29 m slm) sui quali doveva poggiare la copertura, costituita da due file di blocchi di travertino affiancati e sagomati inferiormente a cappuccina, destinata a proteggere il condotto sottostante. Un bipedale della spalletta reca il bollo CIL XV 259, mentre un bessale della cortina conserva il bollo CIL XV 600c-d, di età traianea. All’interno del condotto, verso sud, sulla sinistra, si nota una “cucitura” del paramento in corrispondenza della gettata di cementizio soprastante la cappuccina (fig.4.55). Tale evidenza costituisce, con buona probabilità, la traccia della sequenza costruttiva con

L’US 714, era un deposito argilloso96 nel quale si è trovato uno scarico di detriti di marmo, travertino e tufo (fig.4.49). Al di sotto si trovavano le UUSS 715, 326, 349, 700, 706, 749, la prima delle quali era un deposito limoargilloso97 e l’US 716, anch’essa formata da un deposito argilloso98. A contatto con la pavimentazione del condotto   Vedi 5.5.   Vi sono state rinvenute numerose piccole schegge di marmo, soprattutto giallo antico e lunense, più raro il travertino, il tufo e frammenti di laterizi, oltre a rari frammenti ceramici, fra cui un frammento di vetrina sparsa. 93  Nello strato sono state rinvenute schegge di marmo, giallo antico, portasanta e lunense e un frammento di lastra di porfido rosso. Rari i frammenti ceramici. 94   Meneghini 2021, pp. 94 e 185 ss. 95   Il riempimento di questo taglio è l’US 736. 96   Nell’US 714 sono stati rinvenuti rari frammenti di ceramica e schegge di marmo, travertino e tufo. 97   L’US 715 presentava materiali del tutto simili a quelli dell’US 714, con aggiunta di schegge di ardesia, leucitite e granito. Lo strato ha restituito anche un frammento di laterizio con bollo non identificabile. 98  Ai materiali delle due UUSS precedenti si aggiunge un frammento di lastra di porfido rosso. Frammenti di lastre di porfido rosso sono stati rinvenuti anche nelle UUSS 229 e 726. In questa US è stato rinvenuto un frammento di ceramica assimilabile a Keay LII, uno assimilabile a LR7, Keay LII e Hayes 91. 91 92

  Ad eccezione del primo tratto (lungo 2,30 m) dove si congiunge con US 157 ed è coperto. Qui l’imposta della cappuccina è a 1,40 m dal fondo. Modulo (5/5) 31 cm. 90   UUSS 714, 716, 717. 89

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.50. US 720=231. Particolare del rivestimento in opera laterizia delle spallette.

Figura 4.51. Il primo tratto del condotto US 720=231, originariamente coperto con blocchi di travertino, passante al di sotto del colonnato meridionale della piazza (alcuni spezzoni dei fusti di colonne di giallo antico sono visibili nella fossa di fondazione). Sulla sinistra le murature della chiesa di S. Urbano.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.52. Il condotto US 720=231 in corso di scavo. Vista da est. Dettaglio delle spallette con filari di bipedali sui quali dovevano poggiare i blocchi di travertino della copertura. Sulla sinistra uno dei fusti di colonne di giallo antico conservati nella fossa di fondazione; sul fondo le murature della chiesa di S. Urbano.

Figura 4.53. Il condotto US 720=231 in corso di scavo. Vista da sud. Dettaglio delle spallette con filari di bipedali sui quali dovevano poggiare i blocchi di travertino della copertura. Sulla sinistra uno dei fusti di colonne di giallo antico conservati nella fossa di fondazione; sul fondo le murature della chiesa di S. Urbano.

Figura 4.54. Il punto di confluenza del condotto US 157 nel condotto US 720=231 situato al di sotto della fondazione della pavimentazione della piazza. A ridosso di questa (in alto nell’immagine) si conservano le impronte dei blocchi di travertino che dovevano coprire il condotto.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.55. Condotto US 720=231, in corso di scavo, visto da ovest. Dettaglio delle spallette con filari di bipedali sui quali dovevano poggiare i blocchi di travertino della copertura. All’interno del condotto, sulla sinistra, si evidenzia una “cucitura” del paramento in corrispondenza della gettata di cementizio soprastante la cappuccina.

Figura 4.56. Condotto US 720=231. La sequenza stratigrafica rinvenuta nel primo tratto, vista da nord.

Figura 4.57. Il tratto del condotto US 720=231 trasformato in cisterna a seguito della fondazione della chiesa di S. Urbano.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità riduzione in schegge delle strutture murarie del Foro. Esso è composto da una matrice limo-argillosa di colore giallo e ha restituito, oltre a frammenti ceramici102 e di laterizi103, una trentina di grossi frammenti di marmo e schegge di travertino e tufo (fig.4.63). La matrice argilloso limosa giallastra dello strato proviene presumibilmente dai depositi pleistocenici del complesso sedimentario del Paleotevere che costituiscono la litologia di base di questa parte del Foro di Traiano. I depositi, intaccati già per la costruzione del Foro. tornarono alla luce durante la fase delle spoliazioni per scalzare i blocchi che costituivano le fondazioni e che erano posti in aderenza agli stessi depositi. In occasione degli scavi del 2000 e del 2005-2006 in più punti dell’area di scavo, ne sono stati riportati in luce alcuni tratti104. Quando lo strato US 717 fu scaricato nel sistema fognario, il condotto era riempito soltanto da un deposito di origine colluviale argilloso sabbioso (US 718) e dal sottile strato sabbioso US 719105. Nel Settore VI, nel punto di confluenza con i condotti UUSS 722 e 723, il collettore è interessato dalla presenza di un pozzo medievale (US 721), ricavato ampliando la caditoia di carico presente al centro del lato nord del cortile porticato e asportando i riempimenti dei condotti106.

Figura 4.58. Uno dei pozzi realizzati sul piano di scorrimento del condotto US 720=231. Sul fondo è visibile il banco naturale di argilla sul quale la fognatura era stata costruita.

Dallo scavo dei riempimenti di questo condotto provengono complessivamente 7 frammenti di laterizi recanti i seguenti bolli: databile al 104-109 d.C., un esemplare del CIL XV 29b, dall’US 215; databili più genericamente al primo decennio del II sec. un esemplare del CIL XV 613a, dall’US 717, e un esemplare del CIL XV 811f, dall’US 207; della fine dell’età traianea o degli inizi di quella adrianea, due esemplari del bollo CIL XV 83b, provenienti dall’US 714; infine un bollo con data consolare del 123 d.C., CIL XV 563g-h, dall’US 729.

si trovava l’US 719, un deposito sabbioso nel quale sono stati rinvenuti numerosi frammenti di osso, alcuni con tracce di macellazione, altri con tracce di lavorazione (un fr. di ago crinale), alcuni frustoli di carbone, due frammenti di legno e scarsi frammenti ceramici, per lo più anfore99 che sembrano testimoniare una fase di vita del complesso traianeo relativa ai secoli V-VI, mentre non sono documentati reperti tipici delle fasi di spoliazione100. Giungendo in prossimità del Settore VI, il tracciato del condotto è in parte sotterraneo e in parte scoperto, poiché attraversa due fosse di fondazione, quella del muro meridionale della sala trisegmentata (spallette UUSS 80258026101) (figg. 4.49, 4.59-4.60) e quella settentrionale del cortile porticato (spallette UUSS 8106-8107; + 15,32 m slm) (figg.4.61-4.62). Qui un bipedale della copertura conserva l’impronta del bollo CIL XV 258a (93/4-106/7 d.C.).

4.3.2. I condotti del cortile porticato (area A) (UUSS 748, 767, 722, 723, 712)

L’US 717 è il più antico fra gli strati di scarico documentati in questo tratto di condotto e, quasi certamente, si tratta di uno scarico di detriti prodotti dalla spoliazione e dalla

102

4.3.2.1 Il condotto US 748 (figg.4.23, 4.48) Il canale US 720=231, proseguendo verso sud, raccoglie da est l’affluenza del lungo condotto US 748, che ha   Hayes 91; due anse a bastoncello probabilmente assimilabili ad anfore di produzione italica di IV-VI sec. d.C. 103   Proviene dall’US 717 un frammento di laterizio con il bollo CIL XV 613a (SVCC---), databile al primo decennio del II secolo (Bianchi 2001, cat. n. 11, p. 92); vedi 5.3. 104  In particolare i sedimenti sono visibili lungo la parete sud della fossa di spoliazione del muro meridionale del Foro e lungo parte della parete nord della fossa di spoliazione del muro meridionale della sala trisegmentata, a ridosso della fognatura in esame. Per altri consistenti affioramenti, vedi 3.1. 105   Lo strato è correlabile alle UUSS 352 e 333, rinvenute rispettivamente nei condotti UUSS 722 e 723; il rapporto tra gli strati è interrotto dalla presenza del pozzo medievale US 721^. 106  Lo scavo del pozzo ha restituito alcuni esemplari di brocche in ceramica a vetrina pesante sparsa (Bernacchio-Meneghini 2017, p. 97, nn. inv. 15022-3; p. 99, n. inv. 15024).

  Late Roman 3. Lo strato è assimilabile per caratteristiche e posizione stratigrafica alle UUSS 333, 352, 704, 709, 750 (vedi condotto US 723 lato nord). 100  Nella parte settentrionale del condotto fognario 720=231, ovvero nel tratto scoperto entro la fossa di spoliazione del muro settentrionale del cortile porticato meridionale è stato rinvenuto anche un deposito argilloso addensato (US 726), consistente in uno scarico di detriti, tra i quali anche frammenti di porfido. 101   Modulo 29-31 cm (5/5). 99

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.59. Un secondo tratto del condotto US 720=231, originariamente coperto con blocchi di travertino, visibile dalla fossa di fondazione del muro divisorio tra la galleria trisegmentata e il cortile porticato meridionale (US 8024).

origine nell’area prospiciente gli ambienti situati sul limite meridionale del portico orientale della piazza. Il suo primo tratto è stato già descritto come US 28 e ne costituisce la prosecuzione fino a questo settore (fig.4.62)107. Questo lungo tratto, dopo aver seguito il perimetro esterno della sala trisegmentata (al di sotto della platea di fondazione US 4) fino all’altezza degli ‘speroni’ moderni che sostruiscono Via Alessandrina, analogamente al condotto US 157 (figg.4.2, 4.23), prosegue per circa 16,70 m al di sotto della via piegando progressivamente verso sud ovest108, per oltre 31 m fino al lato nord del cortile porticato meridionale (fig.4.64). Giunto a ridosso del portico settentrionale del cortile, in corrispondenza della fossa di spoliazione US 758A, il condotto cambia lievemente direzione (fig.4.65), sottopassa la magnifica pavimentazione marmorea del portico e confluisce dopo un tratto di 13,95 m, con un angolo di 90°, nel collettore US 720=231 (fig.4.60).

 Vedi 4.2.   L’andamento è in realtà realizzato con una successione di tratti con diverso orientamento e divergenti di pochi gradi l’uno dall’altro. All’interno del tratto scavato (da ovest verso est) sono state rilevate due pieghe, una dopo 14 m e una seconda dopo altri 4,94 m. Ciò che ha consentito di delineare l’intero andamento del condotto fino al suo congiungimento con il tratto denominato US 28 (fig.4.23). 107 108

Figura 4.60. Interno del condotto US 720=231. Vista da sud. A destra la confluenza del condotto US 748.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.61. Sequenza stratigrafica dei riempimenti del terzo e ultimo tratto del condotto US 720=231, anch’esso originariamente coperto da blocchi di travertino (fig.4.64, sez. 19), prima dell’innesto con il condotto US 722. Si tratta in questo caso dei blocchi di fondazione del colonnato del cortile porticato meridionale.

Figura 4.62. Interno del condotto US 720=231, visto da nord. A sinistra la confluenza del condotto US 748, prima del suo scavo. Sul fondo il terzo tratto coperto con blocchi di travertino, al termine dello scavo.

Il condotto US 748 fu costruito probabilmente dopo che il canale US 720=231 era stato completato e probabilmente già entrato in funzione, poiché la spalletta di quest’ultimo risulta tagliata per la connessione tra i due condotti (figg.4.60, 4.62, 4.66). In questo stesso punto dopo circa un metro, il condotto US 748 è tagliato da un pozzo di epoca moderna109, già parzialmente indagato in occasione degli scavi giubilari, per la cui costruzione furono realizzati il taglio della copertura, delle spallette e della pavimentazione della fognatura antica (circa m 1 in senso est-ovest) e la tamponatura del punto di confluenza con l’US 720=231 110. La larghezza del condotto è di 0,66 – 0,67 m, mentre l’altezza varia da 1,50 a 1,90 m. Il fondo, con pendenza da est verso ovest, scende da + 13,79 m slm (al centro, +13,76 m slm) a + 13,72 m slm. Le pareti sono rivestite di cocciopesto fino a 0,60 m di altezza e il paramento appare formato prevalentemente da frammenti di laterizi e da tegole, mentre l’imposta è marcata da un filare continuo di bipedali (fig.4.67), come evidenziato anche nel condotto Figura 4.63. Il condotto US 720=231 durante le operazioni di scavo. In basso è visibile lo strato US 717, formato dallo scarico di detriti prodotti in età medievale dalla spoliazione del portico traianeo.

  US 738^; il pozzo è visibile al di sotto di una grata di ferro, posta sulla pavimentazione del portico settentrionale del cortile porticato. 110  In fase di scavo la demolizione di tale tamponatura ha permesso l’accesso al condotto US 748. 109

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.64. Sezione longitudinale del condotto US 748 da ovest a est.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.65. La spalletta meridionale del condotto US 748 (indicata dalla freccia), visibile attraverso un pozzo moderno ricavato sul braccio orientale del cortile porticato.

Figura 4.66. Interno del condotto US 748 verso est in corso di scavo. La muratura in laterizio in basso è relativa al pozzo US 738^.

Figura 4.67. Interno del condotto US 748 prima del suo svuotamento.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano US 157. Si osserva, in particolare, come le alette delle tegole siano state disposte in parete a marcare l’imposta della copertura (fig.4.68). Questa è formata da bipedali disposti a cappuccina. Due di essi presentano il bollo CIL XV 258a (93/4-106/7 d.C.). Analogamente a quanto notato anche nel condotto US 157, nella copertura a cappuccina si rileva l’uso di un accorgimento costruttivo, per agevolare il perfetto posizionamento di coppie contrapposte di bipedali: i singoli elementi furono accuratamente scalpellati con la martellina per migliorare la superficie di contatto sia sul lato di appoggio all’imposta che al culmine della copertura. Nel condotto è particolarmente evidente l’uso di una malta ad alta componente pozzolanica di colore violaceo.

Lungo il percorso del condotto US 748 sono state rinvenute e indagate tre fosse di spoliazione (da ovest a est UUSS 758^, 765^-766^), relative a strutture murarie del complesso forense, spoliate nel corso del medioevo. Il condotto fu accidentalmente messo in luce con l’apertura delle fosse di spoliazione, così che il conseguente ingresso di acqua diede origine alla formazione di depositi limoargillosi di origine colluviale, sterili, che ostruirono progressivamente il condotto stesso. Il deposito limoargilloso US 749118 (fig.4.70) è in realtà composto da una successione di livelli colluviali. Come notato negli altri tratti indagati del condotto US 748, la fossa di spoliazione US 758^ era riempita quasi completamente da strati di scarico119 ricchi di schegge di piccole, medie e grandi dimensioni, poste direttamente al di sopra del primo strato di riempimento del condotto, a diretto contatto con il piano di scorrimento rivestito di cocciopesto costituito da un deposito a matrice sabbioso-argillosa contenente soprattutto piccoli frammenti di marmo (US 750).

All’altezza dell’imposta della copertura, lungo la parete sud, nel tratto compreso fra la fossa di spoliazione US 758^ e il pozzo US 738^, è presente un piccolo taglio di forma quadrangolare (circa 0,8-0,10 m di lato) predisposto affinché, le acque della fistula il cui alloggiamento è visibile subito a sud della fognatura e immediatamente al di sotto della pavimentazione del braccio settentrionale del cortile porticato111 (figg.4.57, 4.61-4.62), in caso di rottura della stessa, potessero confluire nel condotto.

Al di sopra di questo deposito è stata rinvenuta parte di una fistula plumbea ancora in situ (US 764), di circa m 1,45 di lunghezza, sistemata su alcuni frammenti di laterizio e di marmo, disposti a formare un piano; altri due frammenti di lastre marmoree erano disposti ai lati, appoggiati alle spallette nord e sud del condotto fognario, un po’ inclinati, forse per fungere da elementi di contenimento (figg.4.714.72)120. La fistula è composta da due tratti rettilinei gemelli, raccordati al centro da un elemento cilindrico, superiormente piatto; l’estremità orientale appare divelta, mentre, all’estremità ovest, è presente parte di un elemento cilindrico, probabilmente un altro raccordo con invito verso l’alto. La fistula è stata rinvenuta circa a metà del condotto US 748, tra il blocco di travertino ed l’affluenza US 767, lievemente fuori asse rispetto all’andamento del condotto principale. Non si può escludere che in antico a questa fistula fossero collegate altre adduzioni alloggiate nei condotti adiacenti.

A circa metà del percorso, immediatamente a est della piega, nel condotto confluisce da sud una canaletta di dimensioni ridotte (US 767)112. Di fronte ad essa, inglobato nella spalletta nord, è un grosso blocco di travertino che sporge dalla spalletta stessa per circa 0,11 m (fig.4.69)113. Il blocco delle dimensioni di 1,60 x 0,85 m reca al centro un grande foro circolare114, oggi completamente ostruito dal calcare115, all’interno del quale originariamente doveva passare acqua, in tubazione o a pelo libero. Sul fondo dello stesso condotto è stata rinvenuta una fistula di piombo di epoca tardo antica116. Il blocco si trova sul percorso di una derivazione idrica che dal piede della Terrazza Domizianea passava al di sotto dei pavimenti del settore sud-orientale del Foro, tramite tubazioni direttamente alloggiate nel massetto pavimentale o in canalette predisposte per il loro alloggiamento. Evidenti tracce di questo sistema sono state messe in luce nella massicciata della pavimentazione del cortile porticato, dove, lungo il braccio settentrionale, è visibile una lunga impronta sinuosa riferibile alla posa di una fistula di grandi dimensioni (diametro 0,30 m) da identificare forse con la diramazione dell’aqua Marcia che alimentava il Foro di Cesare e il Campidoglio117(fig.3.57).

La datazione tarda di quella che sembra essere una delle ultime attività di manutenzione del sistema, è data dallo strato sabbioso (US 750) sul quale sono posti i frammenti di laterizio e di marmo che creano il piano di appoggio della fistula. Questo strato, anch’esso di origine colluviale, ha uno spessore maggiore (0,33 m.) rispetto ai livelli sabbiosi incontrati negli altri condotti, cui è correlabile; e anche in questo caso la formazione è dovuta a scorrimento di acqua121, con apporto di detriti e pattume. Lo scavo dello strato ha permesso il recupero di abbondante materiale

  Altri due fori di forma circolare di cm. 8 circa (discendenti) sono visibili ad este a ovest della fossa di spoliazione US 766^. Questa fossa si trova al di sotto di via Alessandrina a circa 6 m dal limite dello scavo. Un altro foro circolare è presente all’apice della copertura nel tratto compreso fra la fossa 758^ ed il pozzo 738^. 112  Vedi 4.3.2.2. 113   Bianchi-Santucci-Antognoli 2015, p. 153; Bianchi-Santucci 2020. 114   All’imboccatura esterna il foro misura 0,52 m di diametro. 115   Bianchi-Santucci-Antognoli 2015, p. 153, n. 57. 116   Meneghini 2009, p. 139. 117   Meneghini 2009, p. 139. Bianchi-Santucci-Antognoli 2015. Meneghini 2016, fig. 3. 111

  Lo strato era costituito da un deposito a matrice limo-argillosa, di consistenza plastica, a drenaggio nullo, con spessore variabile: in alcuni tratti questo costituiva l’unico strato presente nel condotto. 119   UUSS 751 (strato che copre la fistula), 756. 120   Meneghini 2015; Bianchi-Santucci-Antognoli 2015. 121   La superficie del deposito appare concava, reincisa da scorrimento successivo; lo spessore è maggiore presso il limite orientale del condotto, a est di via Alessandrina fino a circa metà del condotto, e presso la fossa di spoliazione US 758^; poi diminuiscono spessore e frequenza dei reperti, fino a sparire presso il limite Ovest, ove il condotto si congiunge alla fognatura US 720=231. 118

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.68. Particolare del paramento del condotto US 748 formato da laterizi e da tegole fratti e, all’imposta della cappuccina, da un filare continuo di bipedali disposti in piano.

Figura 4.69. Il condotto US 748 visto dalla pavimentazione del cortile porticato. Nella spalletta nord è visibile il blocco di travertino originariamente destinato all’alloggiamento di una fistula per adduzione idrica.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.71. Interno del condotto US 748. Il ritrovamento della fistula poggiata sul piano di scorrimento, in corrispon­ denza del blocco di travertino inglobato nella spalletta nord e dello sbocco del condotto US 767 sul lato sud.

Figura 4.70. Interno del condotto US 748 in fase di. Vista da ovest.

organico (ossa di animali, scaglie e spine di pesce, semi, frammenti di uova, ossi lavorati)122 e di numerosi reperti ceramici databili al V-VI secolo d.C.123. Il sedimento potrebbe costituire un dato certo per la fine delle attività di manutenzione del sistema fognario di questo settore del Foro. Lungo il condotto, in prossimità della fossa US 766 (fig.4.64), sullo spiovente sono presenti due piccole aperture o caditoie di forma quadrangolare. Un’altra è visibile all’apice della cappuccina nel tratto tra il condotto US 720=231 e la fossa di spoliazione US 758 (fig.4.73). Tali aperture, probabilmente funzionali allo scarico di discendenti situati nell’area scoperta, presentano al di sotto un elemento lapideo posto in aggetto, per allontanare gli scarichi verso il centro del condotto e proteggere la cortina sottostante124. Nello stesso tratto si nota un altro   La sequenza era infatti composta da strati riferibili a un vero e proprio immondezzaio, ricco di noccioli di frutta e di ossa di cacciagione e pollame (Meneghini 2015b, p. 136 e nota 4). 123   Meneghini 2021a. 124   Un dispositivo analogo è presente anche nel condotto US 157 sul lato rivolto verso la piazza. 122

Figura 4.72. Particolare della fistula rinvenuta all’interno del condotto US 748.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.73. Interno del condotto US 748. Particolare della copertura a cappuccina con foro di forma quadrangolare per lo scarico delle acque dalla soprastante area scoperta. In alto a sinistra, il dettaglio del foro e dell’elemento lapideo sottostante.

foro ricavato all’altezza dell’imposta (diam. 0,8 m) che potrebbe aver avuto la funzione di far affluire nel condotto, in caso di rottura, le acque della fistula alloggiata appena al di sotto della pavimentazione marmorea (figg.3.56-3.57). Soprattutto in corrispondenza delle bocchette di carico è stato rinvenuto lo strato basale US 750 nella forma di un conoide di scarico. 4.3.2.2. Il condotto US 767 (figg.4.23, 4.48) Sul condotto US 748, a circa metà del tratto indagato, in corrispondenza del grande blocco di travertino incassato nella parete nord (fig.4.69), si innesta da sud il condotto US 767 con direzione nord-sud (figg.4.74-4.75), dopo un salto di circa 0,52 m. Il fondo di questa canaletta (+14,28 m slm), indagata soltanto per circa 2 m e larga internamente 0,60 m, ha una pendenza da sud verso nord, è rivestito con bipedali e ha al di sopra un massiccio cordolo in cocciopesto che restringe la larghezza dello speco fino a 0,15 m. L’altezza, nel punto di congiunzione con il condotto US 748, ove la copertura è piana, è di 0,75 m, ma diventa maggiore in direzione sud, dove la copertura è a cappuccina in bipedali. Il primo bipedale della parete ovest presenta un bollo CIL XV 1094d, databile ai primi anni del II sec. d.C.

Figura 4.74. Lo sbocco della canaletta US 767 (a destra) nel condotto US 748 (cfr. fig.4.71). Sul piano di scorrimento si nota la fistula ancora in fase di scavo.

214

Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.75. Sezione nord-sud del condotto US 767, vista da ovest.

4.3.2.3. Il condotto US 723 (figg.4.23, 4.48)

Il riempimento del tratto indagato è costituito dallo strato di scarico US 759, già individuato nel condotto 748, e dal deposito limo-argilloso US 749 che si ispessisce in direzione sud; assente il consueto livello sabbioso di base.

Il cortile porticato meridionale era servito da una canalizzazione di deflusso molto simile a quella del cortile della Colonna Traiana (fig.4.2). Qui, come si è visto, le acque raccolte lungo il perimetro del porticato venivano convogliate nel collettore nord sud per essere riversate all’esterno del Foro. Diversamente, il condotto perimetrale del cortile porticato meridionale, anch’esso in laterizio e con copertura prevalentemente a cappuccina, caratterizzato da una direzione di flusso in senso antiorario riceve gli scarichi del condotto US 720=231, al centro del lato settentrionale del cortile, dove convergono anche quelli del tratto denominato US 723 (nord-sud/ est-ovest); il circuito prosegue poi nel condotto US 722 (est-ovest/ nord-sud), l’ultimo tratto che ha il compito di recapitare le acque al di fuori del complesso.

All’interno del condotto, fino al limite del tratto scavato verso sud (fig.4.75), è stato notato che gli strati di riempimento si innalzano fino a toccare l’apice della copertura e ad obliterare completamente il condotto; si tratta probabilmente di un conoide formatosi in prossimità di una fossa di spoliazione o di un’‘apertura’ successiva (pozzo?). Ed è probabile, quindi, che il condotto US 767 sia stato danneggiato da una spoliazione. In tal caso potrebbe trattarsi di quella relativa al muro perimetrale est del cortile porticato. Pur considerando l’esiguità della porzione messa in luce, l’andamento di questo condotto lascia aperta la possibilità che si tratti della canalizzazione posta all’esterno del muro perimetrale del cortile porticato, in qualche modo collegata al sistema perimetrale di smaltimento delle acque dell’emiciclo del Foro di Augusto e dei canali situati al di sotto della sua pavimentazione marmorea (fig.4.26).

Il ramo US 723, interamente in laterizio e coperto a cappuccina (largh. 0,60 m; h spallette 0,91 m) (fig.4.76), corre ai piedi del colonnato orientale con un primo tratto rettilineo lungo 15,60 m e si raccorda con una curva al secondo tratto che borda il lato settentrionale del portico (fig.4.77), fino ad incontrare il condotto US 720=231. Le quote del piano di scorrimento vanno da +13,98 a +13,76 m slm. 215

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.76. Cortile porticato meridionale. Interno del condotto US 723, visto da sud.

Figura 4.77. Cortile porticato meridionale. Il tratto curvo di raccordo tra il braccio orientale del condotto (US 723) e quello settentrionale, visto da ovest.

Nel punto iniziale, per 1,80 m, la canaletta è protetta da due blocchi di travertino, affiancati e legati da una grappa (US 8063) (quota superiore + 15,51 m slm) (fig.4.78).

laterizi e ceramici (fig.4.81)126. Le relazioni stratigrafiche con i riempimenti dei condotti vicini sono interrotte per la presenza del pozzo US 721^, ma come mostrato dalla sezione, sono facilmente correlabili: alla base era presente il deposito sabbioso US 333, coperto dallo strato di scarico US 334 (fig.4.80).

In questo condotto, dopo 2,98 m dalla sua estremità meridionale, confluisce da est un canale secondario largo internamente 0,50 m, con spallette in laterizio (US 81088109) e fondo rivestito di bipedali (fondo a +14,40 m slm) (fig.4.79). La canaletta si innesta ortogonalmente sull’US 723 dopo un percorso obliquo (145° verso sud est) che è facile immaginare fosse collegato al sistema di canali del Foro di Augusto125 ( fig.4.26).

La cortina appare composta di laterizi e tegole di diverso colore127 (fig.4.82), ma di fattura meno accurata di quella del condotto secondario (US 8108-8109)128 (fig.4.83). Il condotto US 723, insieme a quello parallelo sul lato opposto del cortile porticato, è quello che ha restituito il maggior numero di bolli laterizi.

Dopo una curva (fig.4.77) il braccio est-ovest dell’US 723 si congiunge alla canaletta US 270=231 con un angolo di 93° verso nord-ovest. Qui ha una copertura piana e le dimensioni sono notevolmente ridotte (altezza 0,90 m, larghezza 0,40 m). Questo ultimo segmento del condotto, lungo 5,6 m, è stato scavato stratigraficamente per 2,40 m ca. (fig.4.80).

L’esame del condotto US 723 ha evidenziato la presenza sulle murature di numerosi bolli laterizi: 9 esemplari del CIL XV 1003a, databile tra la fine età domizianea e il 107 d.C.)129 (7 ess. nel tratto rettilineo; 2 ess. dalla spalletta e dal fondo canale UUSS 8108-8109) (fig.5.54); 4 esemplari del CIL XV 258a, databile come si è visto agli anni 93/4-

I riempimenti del condotto fognario US 723 sono costituiti da unità stratigrafiche formate prevalentemente da depositi limo argillosi contenenti molti frammenti marmorei,

  UUSS 326-334 = 349, 350, 352.   Modulo 24-26 cm (5/5). 128   Il condotto è interrotto bruscamente dopo circa 4,30 m per la presenza di una fossa di spoliazione ben visibile sulla pavimentazione del portico, e parzialmente coperta da un frammento di crollo del muro perimetrale in laterizio del cortile. 129   Bianchi 2001, cat. n. 4, p. 92. 126 127

  Difficile dire quale fosse in origine la direzione di flusso del condotto augusteo al quale questo fu allacciato, ma che certamente in questa fase doveva dirigere le acque verso il cortile porticato. 125

216

Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.78. Cortile porticato meridionale. Interno del ramo orientale del condotto (US 723) visto da nord.

106/7 d.C. (3 ess. dei quali si trovano nel tratto rettilineo e 1 es. nel tratto breve); 2 esemplari del CIL XV 635c, databile probabilmente alla fine dell’età di Domiziano (1 es. si trova nel ramo US 8108-8109 (fig.5.55) e un secondo dopo l’innesto con il condotto US 723); del bollo CIL XV 1182, databile all’inizio del II sec. d.C.130 si vedono 16 esemplari nel tratto curvo (fig.5.56) e altri nel breve tratto settentrionale; 2 esemplari del bollo CIL XV 1253f, databile ai primi anni del II sec.131, sono associati in opera ai precedenti nella stessa curva (fig.5.57). Durante lo scavo (2005-2006) alcuni dei riempimenti di questo condotto hanno restituito molti altri bolli laterizi: dall’US 329 provengono 1 es. del bollo CIL XV 1003a (databile tra la fine dell’età domizianea e il 107 d.C.) e 1 es del bollo CIL XV 264, anteriore al 115 d.C.132 (fig.5.72); dall’US 331, proviene 1 es. del bollo CIL XV 613a, databile al primo decennio del II secolo d.C.133 (fig.5.73); dall’US 332 proviene un bollo dell’età di Teodorico, CIL XV 1670 (fig.5.83)134.

  Bianchi 2003b; Ead. 2015, p. 32.   Bianchi 2015, p. 32. 132   Bloch 1947, 78. 133   Bianchi 2001, cat. n. 11, p. 92. 134   Alfonsi Mattei 1973, 298 N. 3, tav. I.3. 130 131

Figura 4.79. Canaletta proveniente dal Foro di Augusto (US 8108-8109) vista dal punto di innesto con il condotto US 723 del cortile porticato traianeo.

217

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.80. Cortile porticato meridionale. Sezione est-ovest del tratto settentrionale del condotto perimetrale (UUSS 722723) vista da sud.

4.3.2.4. Il condotto US 722/712

demolita dalle spoliazioni medievali135. Dopo questo segmento, seguendo un percorso obliquo per circa 5,20 m al di sotto della pavimentazione marmorea del portico traianeo (fig.4.85), il condotto prosegue su un percorso orientato secondo un angolo di 111/113° verso sud ovest, inglobando due blocchi di tufo (figg.4.86, 4.87, 4.88, a destra)136, quasi certamente per allacciarsi a una

Dalla confluenza con il condotto US 720=231 prende avvio il condotto US 722, largo internamente 0,65 m, con spallette in cortina laterizia alte 1,05 m, sulle quali è conservato in parte il rivestimento in cocciopesto (fig.4.23). Il canale raccoglie le acque del precedente e corre prima per 5,97 m a ridosso del lato settentrionale del cortile porticato (fig.4.80) e poi per 12,83 m con direzione nord-sud, lungo il portico occidentale.

  La struttura cementizia (UUSS 1890, 8077) (fig.3.31) appare sezionata in corrispondenza della fondazione curvilinea dell’emiciclo augusteo e prosegue al di sotto della fondazione del portico (US 1899) che fu costruito al di sopra. È possibile che il breve tratto mancante sia stato demolito, in occasione delle attività di spoliazione dei blocchi di travertino dell’emiciclo, evidentemente ancora in situ. 136   All’altezza della piega, la cortina laterizia si interrompe, addossandosi a due blocchi di tufo visibili su entrambe le spallette della fognatura. Il blocco visibile lungo la spalletta est misura 1,00 m di altezza e 0,70 m di larghezza. 135

Da questo punto la canaletta piega ad angolo retto per 3,12 m, attraversando prima la fossa di fondazione dell’emiciclo augusteo (US 1905), la cui sezione per 1,30 m è visibile sulla parete sud della canaletta (fig.4.84) e immediatamente dopo la fondazione con scaglie di travertino, parzialmente 218

Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.82. Cortile porticato meridionale. Interno del condotto US 723. Particolare del rivestimento delle spallette in opera laterizia.

Figura 4.81. Cortile porticato meridionale. Interno del ramo settentrionale del condotto (US 723) prima del suo scavo, visto da ovest.

Figura 4.83. Canaletta proveniente dal Foro di Augusto (US 8108-8109). Particolare del rivestimento delle spallette in opera laterizia.

canalizzazione preesistente (US 712) che inizia dopo 5,82 m e che, dopo un angolo di 97°, svolta verso ovest. Subito dopo il blocco visibile sulla parete ovest, alla quota del fondo della fognatura, è visibile una lastra di travertino posta in piano, forse una soglia137: si tratta certamente di strutture preesistenti, forse relative al Foro di Augusto o anteriori a esso.

sugli altri segmenti presenti nell’area, con laterizi di colore rosso e giallo (fig.4.90)139. La pendenza riscontrata sul piano di scorrimento del condotto, anch’esso rivestito in cocciopesto, scende da +13,76/13,73 m slm fino a +13,72/13,69 m slm nell’ultimo punto esplorato (US 712)140.

Da questo punto le acque venivano convogliate al di fuori del complesso, oppure verso il collettore che corre in corrispondenza dell’esedra sud orientale del Foro di Augusto, per dirigersi in ogni caso verso la Cloaca Massima138 (fig. 4.26, 4.89).

Una prima fase di indagini relativa al condotto ha interessato il tratto settentrionale, dove la stratigrafia ha presentato caratteristiche analoghe a quelle riscontrate in altri condotti. Solo in due casi, e sempre in corrispondenza delle bocche di adduzione, essa è risultata composta da un’alternanza di quattro strati composti, dall’alto verso il basso: da un deposito a matrice limo-argillosa, da un conoide di scarico, da un secondo deposito a matrice limo-argillosa e da uno strato argilloso o sabbio-argilloso contenente soprattutto frammenti marmorei, a diretto

La cortina laterizia dell’ultimo angolo conservato, visibile nell’esplorazione del condotto, appare diversa e formata da mattoni di colore rosso (fig.4.86), mentre la cortina del primo tratto (US 722) presenta le caratteristiche riscontrate

  Altezza 0,12 m ca.; lunghezza 0,60 m.   Bianchi 2014, fig. 31. Antognoli-Bianchi 2009, p. 118. Vedi 4.4.

  Modulo 24-26 cm (5/5).   Obliterato dalla fognatura moderna US 1644.

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139

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219

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.84. Cortile porticato meridionale. Interno del condotto US 722. In questo tratto il condotto intercetta e ingloba la fondazione dell’emiciclo del Foro di Augusto, visibile al centro tra due segmenti della spalletta in laterizio.

Figura 4.85. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 722. US 712. Vista verso nord. A destra, la parete del condotto ingloba un blocco di travertino pertinente all’impianto dell’emiciclo minore del Foro di Augusto.

220

Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.86. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 712. Vista verso sud. Sul fondo, la piega che il condotto compie per allacciarsi, probabilmente, a una canalizzazione preesistente.

Figura 4.87. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 712. Vista verso sud. Il punto di ripresa dell’immagine, leggermente diversa da quella della figura precedente, mostra sulla destra il blocco di tufo, probabilmente preesistente al condotto. Oltre questo punto il condotto, oggi allagato, non è più esplorabile.

contatto col piano di scorrimento141. Nella successiva campagna di indagini la stessa canaletta è stata scavata nel primo tratto per una lunghezza di 4,80 m ca. da ovest verso est. A contatto con il piano di scorrimento è stato rinvenuto un deposito sabbioso che conteneva frammenti ceramici ed ossei, alcuni dei quali con tracce di lavorazione. Lo strato di riempimento US 350 ha restituito di nuovo una notevole quantità di frammenti relativi ad elementi architettonici142 (fig.4.91), mentre uno spesso deposito limo-argilloso costituiva la parte sommitale del riempimento (US 349).   UUSS 336-340.   La parte mediana del riempimento (US 350) era costituita da uno strato composto in prevalenza da grandi schegge di marmo e travertino, prodotte dalla spoliazione di elementi architettonici quali colonne, cornici e gradini; in particolare si è rilevata la presenza di 14 frammenti di lastre di marmo bianco dello spessore di cm 15 e di un frammento di lastra dello stesso tipo dello spessore di cm 7. Si è riscontrata anche la presenza di schegge di tufo e pezzi di muratura, in percentuali basse. Tutti i frammenti sono stati trovati addossati alla spalletta sud del condotto, per circa 3 m di lunghezza; rari frammenti di ceramica del tipo Keay XXV, databile atra il IV e la seconda metà del V sec. d.C. 141 142

Figura 4.88. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 712. Vista verso sud. In evidenza il blocco di tufo, probabilmente preesistente al condotto, e la sequenza stratigrafica individuata sul limite di scavo (cfr. fig. 4.87).

221

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.89. I percorsi delle acque tra i Fori di Traiano e di Cesare. In verde e azzurro, le adduzioni (dirette verso il Campidoglio); in giallo il collettore di scarico delle acque piovane in direzione della Cloaca Massima (elab. E. Bianchi).

Questi due strati, formatisi, come già detto143, successivamente al deposito sabbioso US 352, risultano tagliati dal pozzo medievale 721^, la cui presenza, come per il condotto US 720=231, fornisce il termine ante quem per la datazione delle stratigrafie del riempimento144. Il segmento passante all’interno della fossa di fondazione dell’emiciclo augusteo e il successivo tratto rettilineo sono coperti a cappuccina e alti 1,45 m, ha una pavimentazione in bipedali ed è privo del rivestimento in cocciopesto. L’altezza alle spallette varia da 1,03 m per fino a 1,67 m, per sostenere una copertura in blocchi, della quale non v’è più traccia. Anche l’ultima parte esplorabile del condotto, denominata in fase di scavo come US 712, è stata indagata con metodo stratigrafico per una porzione corrispondente a 3,60 m

Figura 4.90. Interno del condotto US 722. Particolare del rivestimento delle spallette in opera laterizia.

  Si veda il condotto US 723 (fig.4.81).   Bernacchio-Meneghini 2017.

143 144

222

Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.91. Interno del condotto US 722. Il consistente strato formato da frammenti di decorazione architettonica (US 350) pertinenti alla spoliazione del portico soprastante.

circa da nord verso sud (fig.4.92)145. Per tutta la lunghezza indagata, la fognatura era obliterata da una fondazione orientata nord-sud, e relativa a una delle strutture dei palazzi del moderno quartiere Alessandrino costruita con materiali di reimpiego e malta pozzolanacea146. La stratigrafia incontrata nell’indagine (fig.4.93) era composta da un livello basale di sabbia (US 709). I reperti associati allo strato non ne permettono una datazione precisa, anche se la presenza di alcuni frammenti di anfore egee, Kapitan II, lo colloca genericamente dopo il III-IV sec. d.C. Questo strato è obliterato da un deposito di argilla limosa (US 708), di origine colluviale che non restituisce manufatti ma solo scarsi reperti malacologici. Successivamente alla formazione del deposito fangoso, all’interno del condotto si accumulò una serie di scarichi di detriti, prodotti probabilmente dalle spoliazioni in atto in questo settore del complesso (UUSS 707, 710, 711): si tratta per lo più di frammenti di elementi architettonici di marmo (lastre pavimentali, cornici, colonne), di tufo, travertino

e laterizi, con presenza di lacerti di muratura, scaricati all’interno del condotto, attraverso il tratto scoperto in seguito alla demolizione del muro perimetrale ovest del cortile porticato traianeo. Un altro deposito fangoso (US 706), anch’esso privo di manufatti, obliterò gli scarichi. Quando gli scarichi iniziarono ad accumularsi nel tratto scoperto, il condotto era ancora ostruito solo per i primi cm 30 circa di altezza. L’analisi dei due strati che costituivano il riempimento precedente alla spoliazione della copertura, suggerisce che sino alla formazione del deposito sabbioso di base, US 709, il condotto fosse ancora in funzione e oggetto di regolare manutenzione; la formazione del deposito fangoso US 708 potrebbe segnalare l’inizio del malfunzionamento del sistema, con l’interruzione della manutenzione del condotto e l’accumulo di fanghi. Questa fase di deposito fu interrotta dalle spoliazioni, la copertura in blocchi fu asportata (con tutta la fondazione del muro occidentale del cortile porticato, al di sotto del quale passava la fognatura) e i detriti prodotti dalla riduzione in scaglie degli elementi architettonici, furono scaricati all’interno del condotto. Una situazione analoga è riscontrabile in tutti i tratti di fognatura scoperti, passanti al di sotto di fosse di fondazione.

  In una prima fase delle indagini, nel 2005 erano già stati asportati i primi 3,50 m di riempimento del tratto rettilineo; l’intervento effettuato nel settembre 2006 ha interessato parte del condotto coperto a cappuccina ed il tratto scoperto dalla spoliazione medievale. 146   La presenza della struttura ha causato la formazione di uno strato sabbioso ricco di materiali moderni (US 705). 145

223

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.92. Sezione stratigrafica dei riempimenti del tratto terminale meridionale del condotto US 722=US 712.

Notevolissima è la presenza di bolli laterizi conservati sulla copertura dei diversi tratti di questo condotto (UUSS 722 e 712). Nel primo tratto del condotto US 722 (corrispondente a entrambi i rami est-ovest e nord-sud) sono stati rilevati 4 esemplari del bollo CIL XV 811d, databile al primo decennio del II secolo, 147 e nel ramo est ovest 2 esemplari di CIL XV 697, di età posteriore al 107 d.C.148; lo stesso bollo è presente anche nell’US 712, che dell’US 722 costituisce la continuazione.

tratto nord sud dell’US 722 e 3 esemplari nell’US 712 149 ; nell’US 712 si rileva anche la presenza di 3 esemplari del CIL XV 1253f, databile ai primi anni del II sec.150, associati ad 1 esemplare del CIL XV 1105, la cui datazione si estende al primo decennio del II secolo d.C.151. Altri bolli laterizi provengono, inoltre, da alcuni dei riempimenti di questo condotto: dall’US 350 un frammento di laterizio con il bollo CIL XV 811d, databile al primo decennio del II secolo insieme a un frammento con il bollo CIL XV 1349, databile con buona probabilità all’età severiana, e dall’US 352 un probabile frammento del bollo 613a.

Nel rimanente tratto, fino all’ultimo punto rilevabile, i bipedali delle coperture conservano anch’essi numerosi esemplari di bolli laterizi: del CIL XV 1094d, databile al primo decennio del II secolo, 4 esemplari si trovano nel

  Bianchi 2001, cat. n. 3, p. 92; vedi 5.4.   Bianchi 2015, p. 32; vedi 5.4. 151   Bianchi 2001, cat. n. 9, p. 92; 5.4. 149

  Bianchi 2001, cat. n. 14, p. 94; vedi 5.4. 148   Bianchi 2001, cat. n. 6, p. 92: vedi 5.4.

150

147

224

Il sistema fognario del Foro di Traiano il canale si immette al di sotto del condotto US 723 e dei blocchi US 8063. Sull’estremità opposta, analogamente al condotto US 712, esso attraversa la fossa di fondazione dell’emiciclo del Foro di Augusto. 4.3.2.6. Le caditoie di carico La quota della superficie lastricata del cortile porticato, rilevabile sulla base delle impronte delle lastre (US 1984) indica una doppia pendenza dal centro verso il perimetro interno, al di sotto del quale scorre il lungo canale (UUSS 712, 722-723) il cui flusso doveva seguire il senso antiorario (fig.3.29). Lungo il perimetro della superficie scoperta sono presenti 15 caditoie funzionali allo smaltimento delle acque collegate al sottostante condotto. Si tratta prevalentemente di caditoie di forma rettangolare, originariamente, ricavate nel rivestimento marmoreo del cortile porticato e localizzate nel punto di contatto con il gradino di collegamento con il colonnato, del quale resta un cordolo di conglomerato cementizio (Fig.4.94). L’assenza delle lastre di rivestimento ha lasciato in luce la struttura di queste aperture, all’interno delle quali si trova ancora in molti casi conservata una porzione di tegola disposta obliquamente per agevolare il deflusso delle acque meteoriche verso il condotto sottostante. Sul lato meridionale del cortile si trovano 3 caditoie153. Della prima, disposta obliquamente in piano verso il condotto 712, senza che sia stato possibile indagarne il punto di confluenza, in appoggio sulla massicciata cementizia interna all’emiciclo obliterato del Foro di Augusto restano tre frammenti di laterizio che ne dovevano costituire il fondo. La seconda (fig.4.95) e la terza (fig.4.96) caditoia attraversano la preparazione della superficie scoperta (US 8054 + 15,32 m slm) e la fondazione del colonnato meridionale (UUSS 8053/8056 + 15,48-15,50 m slm) (fig.3.31). Sul lato orientale e in connessione con il condotto US 723 si trovano 5 caditoie154, incassate nel cordolo di calcestruzzo del gradino155 e a ridosso della fossa di fondazione US 8104. All’interno del condotto, in corrispondenza della prima caditoia da sud, si trova lo sbocco di un discendente largo 0,30 m. L’ultima caditoia, verso la curva che il condotto compie per girare sul lato settentrionale del portico reca ancora in posto due tegole, una delle quali conserva il bollo CIL XV 97b, databile intorno al 113 d.C.156 (fig.4.97). Il lato settentrionale, come quello opposto, è servito da tre caditoie157 inserite anch’esse nella struttura cementizia del gradino (US 1884). Quella centrale, è in asse con il condotto US 720=231 e si trova nel punto di confluenza tra questo e la prosecuzione del condotto US 723 nell’US 722 (fig.4.98). Come si è detto, al centro del lato settentrionale del cortile porticato, la copertura dei condotti è stata parzialmente danneggiata

Figura 4.93. Interno dell’ultimo tratto del condotto US 712. Vista verso sud. L’immagine rappresenta una fase di scavo dei riempimenti precedente a quella della fig.4.87.

4.3.2.5. Il condotto US 8041 Il lato meridionale del cortile porticato era servito anch’esso da una canalizzazione per le acque pluviali (US 8041) (figg.4.23, 4.48) le cui dimensioni sono ridotte rispetto a quelle delle altre tre canalette del portico (10,79 x 0,50 m) e il cui tracciato sembra essere stato ricavato a risparmio nella massicciata US 8054 sulla quale poggiano i blocchi di fondazione del colonnato (blocco US 8062) (fig.3.31)152. In questo canale dovevano riversarsi le acque di due caditorie, una sola delle quali è conservata, con una tegola come piano di scorrimento (figg.3.63-3.64). Il rivestimento idraulico interno, date le esigue dimensioni non era in laterizio ma soltanto in cocciopesto, mentre la copertura doveva essere costituita direttamente dalle lastre pavimentali dell’area scoperta, poggiate sull’imposta delle spallette, appositamente regolarizzate mediante bipedali fratti, dei quali restano alcuni lacerti a ridosso del blocco di sottobase US 8062. All’estremità orientale

  UUSS 1889=8046, 1409 (al centro) e 8019.   UUSS 8015, 8016, 8017, 8019. 155   UUSS 8045, 1876, 8018. 156   Bianchi 2001, cat. n. 19, p. 94; vedi 5.4. 157   US 1877. 153 154

  Si veda a questo proposito il 3.1.

152

225

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.94. Schema grafico del funzionamento delle caditoie presenti sulla pavimentazione del cortile porticato per lo smaltimento delle acque piovane nel sottostante circuito di canalizzazioni (E. Bianchi, R. Meneghini).

1883=1893) presenta uno schema speculare a quello del condotto US 723, fatta eccezione per l’estremità meridionale, dove la costruzione del condotto stesso dovette essere adattata alla presenza della massicciata di fondazione dell’emiciclo del Foro di Augusto. Delle 4 caditoie presenti su questo lato160, una è conservata integralmente nella sua struttura e scarica sul vertice della cappuccina (fig.4.99), mentre quella immediatamente a sud comunica con il condotto sottostante nel punto dove piega ad angolo retto per passare attraverso la fossa di fondazione dell’emiciclo obliterato del Foro di Augusto (fig.3.31).

dal pozzo medievale 721^158 e in questa fase sono stati anche in parte asportati i riempimenti originari159. Il quarto lato della serie di caditoie del sistema di deflusso, ricavate nel cordolo di cementizio della gradinata (US   vedi 4.3.2.3-4.3.2.4.   Nell’area di confluenza dei condotti 720=231, 722 e 723, ovvero presso la caditoia presente al centro del settore nord del cortile, si rileva la presenza di un taglio (US 721^), visibile dalla preparazione pavimentale dell’area, praticato per realizzare un pozzo, causando l’allargamento dell’originaria caditoia che scaricava l’acqua all’interno del sistema fognario, la demolizione di una parte della copertura a cappuccina dei condotti 720 e 722 e l’asportazione parziale della stratigrafia che li riempiva. La larghezza del taglio all’imboccatura raggiunge 0,80 m ca., mentre all’interno del condotto 722, il diametro del pozzo misura 1,60 m circa, che si si sviluppa in direzione ovest. La profondità dall’imboccatura al fondo, costituito dalla pavimentazione originaria del condotto fognario, è di 1,75 m ca. Non sono state rinvenute strutture di contenimento dell’invaso del pozzo, né tracce di rivestimento. Si ipotizza che durante il periodo di utilizzo del pozzo non fosse previsto un rivestimento funzionale al contenimento delle pareti e al filtraggio delle acque: la stratigrafia intaccata, infatti, è composta da argille limose. Il riempimento del pozzo ha restituito numerose brocche frammentarie e tre brocche integre di ceramica a vetrina sparsa (Bernacchio-Meneghini 2017), numerose ossa animali, alcuni frammenti di legno, oltre a numerose schegge di marmo, (fra cui frammenti di gradini, colonne, lastre e altri elementi decorativi. L’utilizzo del pozzo, ad una prima analisi dei reperti, sembra inquadrabile tra i secoli X e XI. 158 159

Come osservato da Leonardo Lombardi161, ammettendo che l’afflusso atmosferico non sia cambiato dall’età romana ad oggi si può ritenere che la pioggia annuale fosse di circa 800 mm. In tali condizioni il deflusso dell’acqua di pioggia poteva essere garantito da un discendente pluviale ogni 200-300 m2 di copertura o di pavimentazione. Data la superficie totale del cortile porticato (circa 600 m2) sarebbero state sufficienti 2 o 4 caditoie pluviali a fronte delle 15 esistenti. Pertanto, è dunque da considerare con   UUSS 1881, 1891.   Sarò sempre grata al compianto amico geologo Leonardo Lombardi per gli utili suggerimenti. 160 161

226

Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.95. Cortile porticato meridionale. I resti della caditoia di carico centrale afferente al condotto idraulico del lato meridionale.

Figura 4.96. Cortile porticato meridionale. I resti della caditoia di carico US 8019, afferente al condotto idraulico del lato meridi­ onale, che conserva una tegola disposta secondo un piano inclinato per il convogliamento delle acque verso la canaletta sottostante.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.97. Angolo nord orientale del cortile porticato meridionale. Frammenti di tegole della caditoia di carico afferente al condotto US 723. Uno dei due frammenti reca il bollo CIL XV 97b.

Figura 4.98. Lato settentrionale del cortile porticato. Caditoia centrale di collegamento con la canaletta US 723 e sull’asse del condotto US 720=231 proveniente da nord.

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.99. Lato occidentale del cortile porticato. Caditoia collegata alla copertura del condotto US 722.

attenzione la quantità di acqua in afflusso nell’area scoperta, proveniente certamente dalle terrazze soprastanti i tre bracci di portico, ma anche dalla copertura del segmento del muro dell’imponente muro di delimitazione con il Foro di Augusto, costruito ex novo dopo la demolizione dell’emiciclo sud-occidentale.

di Roma163 (fig.4.100) e fra il 2005 e il 2007 si è potuto procedere, in occasione delle indagini che hanno interessato il tratto centrale della piazza164, all’individuazione di altri canali di raccolta (US 1575) e di un altro tratto del condotto che corre lungo il portico settentrionale (US 1633). Tuttavia, è nell’ambito di uno studio tuttora in corso sul sistema di canali afferenti al bacino della Cloaca Massima165 che si è proceduto a indagare e a rilevare il complesso reticolo dei condotti idraulici del Foro di Augusto. Tale reticolo era funzionale alla raccolta delle acque meteoriche provenienti dalla piazza, dalle coperture delle esedre, dal Tempio di Marte Ultore e dalle fontane antistanti il suo podio. Tramite collettori sottostanti le due esedre meridionali, una delle quali poi obliterata per la costruzione del Foro Transitorio, il sistema era collegato alla Cloaca Massima, il cui tracciato alla fine dell’età repubblicana era spostato più a sud di quello attuale166. Inevitabilmente, il sistema fognario del Foro di Traiano si adeguò alle ultime trasformazioni imposte alla Cloaca

4.4 La connessione tra i sistemi fognari dei Fori di Augusto e di Traiano Si ritiene opportuno sottolineare l’importanza del preesistente sistema di smaltimento dell’adiacente Foro di Augusto che, come già osservato in precedenza, fu parzialmente defunzionalizzato per il sovrapporsi delle strutture del complesso traianeo. Queste andarono ad occupare molte delle superfici scoperte, originariamente situate lungo il perimetro settentrionale del complesso augusteo, ora in parte riutilizzato come ricettore della rete di smaltimento del Foro di Traiano, per la sua posizione più prossima alla Cloaca Massima (figg.4.23, 4.26). Il Foro di Augusto è stato indagato solo in parte, tuttavia è possibile delineare chiaramente il suo sistema di smaltimento162. Un ampio settore fu scavato già negli anni Venti e Trenta dello scorso secolo dal Governatorato

Cozza, relativi ad alcune indagini eseguite nel 1962 e conservati presso l’Archivio storico della Sovrintendenza Capitolina (doc. n.46053). 163   Nel 1927 in occasione del taglio di Via Bonella e dello sterro dell’emiciclo meridionale fu effettuata l’”espurgazione”delle cloache con rinvenimento di monete e altro materiale che vi era caduto (Spada Potenziani 1927-1928, p. 557. 164   Meneghini-Santangeli Valenzani 2010. 165   Bianchi-Santucci 2020; Bianchi-Meneghini 2020. 166   Bianchi 2014a.

  Felici 2010; Bianchi-Santucci-Antognoli 2015, pp. 142-143; Bianchi 2018, fig. 25. Alcune utili indicazioni si ricavano dagli appunti di Lucos 162

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.100. 1933. Foro di Augusto. I lavori attuati dal Governatorato di Roma nel secolo scorso (a. 1933) (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-18830).

Massima prima da Vespasiano e dopo pochissimi anni da Domiziano, connettendosi alla rete di canali del Foro adiacente167, posto più a ridosso del grande collettore.

e connessi con il sistema di deflusso che scorre davanti alla facciata del tempio di Marte Ultore. Il ripristino in mattoni della volta (fig.4.104), si deve forse ai lavori di rifacimento del sistema fognario del Foro messo in luce con i primi scavi realizzati dal Governatorato di Roma e seguiti da massicci restauri e ricomposizioni, in particolare delle gradinate dei portici, interventi non corredati purtroppo da un’adeguata documentazione grafica e fotografica. In occasione degli scavi nella gradinata del portico fu lasciata un’apertura per consentire l’accesso ai condotti (fig.4.100). L’interramento del “magnifico giuoco delle chiaviche romane”, come lo definì Corrado Ricci170, era causa del ristagno delle acque, inconveniente al quale si pose rimedio realizzando già nel Medio Evo “ricolmate” di terra.

Il reticolo fognario augusteo è formato da canali di raccolta che corrono sotto le gradinate dei due lunghi portici, originariamente serviti da bocche di carico che ricevevano le acque meteoriche per semplice pendenza dal lastricato della piazza (fig.4.101). I due canali erano collegati tra loro da due (o forse tre) condotti con andamento normale a quello dei portici e parallelo alla fronte del Tempio di Marte Ultore (figg.4.23, 4.26). La tecnica costruttiva appare ovunque la stessa, con pareti e volta in conglomerato cementizio a sezione ribassata (largh. 0,80 m; h, 1,00 m)168 (fig.4.102). Al di sotto della pavimentazione marmorea dell’emiciclo superstite è stato indagato un sistema di almeno tre canali disposti secondo diverse angolazioni e provenienti dalla canalizzazione perimetrale esterna (vedi US 12) (fig.4.26 (a-c), 4.28, 4.103), in gran parte ancora oggi esplorabili169

Per la costruzione del sistema fognario del Foro di Traiano, collocandosi questo a ridosso del Foro di Augusto, si dovette tener conto dell’esistenza della rete di canali già esistenti, obliterandone alcuni fognoli, come nel caso del condotto US 1632, interrotto (a filo della fondazione del muro del portico US 1459=1474) dalle fondazioni del portico orientale del cortile porticato traianeo171, oppure

  Cfr. canali UUSS 712, 723, 748, 767.   Quello esplorato nel 2007 è situato nell’area di scavo compresa tra Via Alessandrina e Via dei Fori Imperiali, corrispondente al settore meridionale del Foro. 169   Al condotto “c” fu probabilmente allacciato il canale di raccolta situato sul lato orientale della corte porticata del Foro di Traiano (vedi 4.3.2.3). 167 168

  Ricci 1930, part. p. 182.   Vedi 3.1.

170 171

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Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.101. Foro di Augusto. Interno del condotto di raccolta delle acque piovane situato ai piedi del portico settentrionale, in prossimità del Tempio di Marte Ultore.

Marcio che doveva alimentare le due fontane poste sulla fronte o del Tempio di Marte Ultore172. Il suo speco, dopo aver percorso in sotterranea il Vicus Laci Fundani, doveva entrare al di sotto del muro di recinzione e della scalinata che conduceva sul fianco nord del tempio. Sotto la scala di accesso al Foro si trova un’intercapedine rivestita di cocciopesto, accessibile dal lato destro dell’aula del Colosso. Al suo interno, sulla sinistra, sbocca un condotto con forte pendenza da est verso ovest proveniente dalla Salita del Grillo; alla sommità di questo condotto, si nota un foro circolare con diametro di circa 30 cm, adatto al passaggio di una fistula idraulica. Questa doveva essere alloggiata nel canale che inizia proprio di fronte allo sbocco di questo condotto e passare all’interno della sua prosecuzione che corre lungo tutto il lato nord del basamento del tempio di Marte Ultore; da qui poteva girare ad angolo retto e continuare fino a raggiungere e alimentare le due fontane poste ai piedi della gradinata monumentale del tempio. Il sistema di smaltimento delle fontane era garantito da due canalette in travertino che raggiungevano un collettore di scarico parallelo al canale di adduzione (fig.4.105). Questo secondo condotto si

Figura 4.102. Foro di Augusto. Particolare della tecnica costruttiva del condotto di raccolta delle acque situato sulla fronte del Tempio di Marte Ultore.

riconnettendosi ad essi, come nei casi dei condotti situati sul lato est del settore VI (UUSS 723 e 767). Nella complessa rete di condotti si include anche il passaggio di una canalizzazione relativa all’acquedotto

  Bianchi-Santucci-Antognoli 2014; Bianchi-Santucci 2020; BianchiMeneghini 2020, fig. 2. 172

231

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.103. Foro di Augusto. Interno del condotto di raccolta delle acque piovane situato al di sotto della pavimentazione dell’emiciclo settentrionale.

Figura 4.104. Foro di Augusto. Interno del condotto di raccolta delle acque piovane situato al di sotto della pavimentazione dell’emiciclo settentrionale.

Figura 4.105. Foro di Augusto. Il condotto di scarico delle fontane situate sulla fronte del Tempio di Marte Ultore.

232

Il sistema fognario del Foro di Traiano collega con il canale diretto verso il portico meridionale del Foro (fig.4.106), al di sotto del quale il sistema di deflusso doveva uscire dal complesso augusteo per confluire nella Cloaca Massima, sottopassando l’emiciclo meridionale (fig.4.26). Un secondo collettore diretto alla Cloaca Massima, il cui sbocco è ancora oggi visibile all’interno della grande fognatura (fig.4.107)173 doveva certamente passare anche al di sotto del secondo emiciclo minore, quello poi obliterato per la costruzione del Foro Transitorio174.

Nello stesso settore di scavo sono stati inoltre individuati due segmenti di un ulteriore condotto (US 1632) (figg.4.110-4.111) in quest’ultima si vedono il condotto 1633 e le caditoie del portico; (fig.4.26) che sottopassa la fondazione del muro di fondo177 e il portico del Foro di Augusto178 per collegarsi con il condotto US 1633 (fig.4.112), la fognatura che correva ai piedi della gradinata del portico settentrionale augusteo affacciato sulla piazza, della quale rimane la fondazione (US 1634)179. La medesima evidenza fu riscontrata durante gli scavi del Governatorato in corrispondenza dell’emiciclo maggiore, come testimoniato da un’immagine di archivio (fig.4.113). Il fondo del condotto si trova a quota + 13,91 m slm. Si deve ritenere che anche il muro di fondo della piazza, oggi sepolto al di sotto di Via dei Fori imperiali, fosse dotato di un ulteriore canale di smaltimento delle acque sempre in direzione della Cloaca Massima (figg.4.23, 4.26).

Lo scavo effettuato tra il 2005 e il 2007, che ha interessato un’ampia porzione del settore centrale del Foro di Augusto, ha permesso infatti di individuare parte del suo tracciato175, che si è visto essere stato realizzato direttamente a contatto del banco naturale di argilla e sabbie consolidate (US 1450). Al di sotto della gettata cementizia, originariamente rivestita dal lastricato marmoreo della piazza, spessa circa 1 m e formata principalmente da tre strati (UUSS 930, 1631, 1821), sono state riportate alla luce due lunghe canalette parallele una delle quali è il condotto US 1575, che sembra tagliare questa preparazione pavimentale (figg.4.108-4.109). Si tratta di una fognatura in cementizio con orientamento nord Ovestsud est che presumibilmente doveva attraversare tutta la piazza del Foro, anche se i punti di raccordo delle sue estremità con i portici opposti non sono stati individuati (è stato possibile seguirne il tracciato soltanto per circa 30 m (fig.4.26). Le sue caratteristiche costruttive sono del tutto analoghe a quelle degli altri condotti rilevati ed esplorati nel settore prospiciente il Tempio di Marte Ultore e il portico meridionale. Il condotto, largo 0,75/0,80 m e alto circa 1 m, è coperto da volta a botte ribassata realizzata contro tavole176, situata circa 0,40 m al di sotto del piano di preparazione della piazza (+14,88/14,84 m slm). Il fondo del condotto si trova a quota + 13,44 m slm. Questo canale, che attraversava la piazza a circa metà del suo sviluppo, come si è detto, doveva molto probabilmente costituire un secondo collettore diretto alla Cloaca Massima. Tuttavia è possibile che la sua realizzazione sia stata aggiunta soltanto contestualmente alla costruzione del Foro di Traiano, integrando ed adattando la rete fognaria del Foro di Augusto a fungere da collettore per lo smaltimento di una larga parte delle acque di deflusso del nuovo Foro, in direzione della Cloaca Massima.

Le fondazioni del portico orientale dell’aula traianea hanno interrotto la fognatura augustea US 1632, a filo della fondazione del muro del portico US 1459=1474, ma l’intervento dovette collocarsi in una più generale separazione degli impianti drenanti dei Fori Imperiali, attuata verosimilmente ex novo, per garantirne un migliore funzionamento con vie di raccolta diverse e progettate caso per caso, in funzione del notevole aumento delle costruzioni sul sito e quindi delle relative superfici da drenare. In ultimo, in corrispondenza del limite meridionale dello scavo, si è rinvenuta la spalletta di un ulteriore condotto fognario, realizzato in opera cementizia a sacco, passante sotto il portico del Foro di Augusto (fig.3.13). Si deve presumere che il fondo della canaletta si trovi circa 1 m al di sotto del culmine della porzione visibile della volta (l’imposta è a + 14,67 m slm), quindi circa alla stessa quota del piano di scorrimento (+ 13,72 m slm) del condotto preesistente al quale si raccordava la fogna traianea US 712 sottostante il portico. Anche questo condotto, tuttavia, non sembra essere stato riutilizzato dai costruttori del Foro di Traiano, per via della realizzazione del nuovo muro divisorio con il Foro di Augusto e del posizionamento dei grandi blocchi di travertino poggiati sulla precedente fondazione, evidentemente si preferì spostare in altro punto gli scarichi del Foro di Traiano passanti al di sotto del portico del Foro di Augusto180.

  Bianchi 2014, fig. 32a.   Come osservò H. Bauer (Bauer 1983, p. 115) «la fogna trasversale del Foro di Augusto che taglia la nicchia rettangolare dell’Esedra sud orientale attraversa la fondazione in cementizio per dirigersi verso la Cloaca Massima con un tratto parallelo alla fogna centrale dell’ambulacro curvo, solo a un livello molto più basso. Non si conserva l’imbocco originario a quella fogna principale dei Fori. Le acque si riversano prima su alcuni blocchi di peperino della fondazione della Porticus Absidata poi su un blocco di travertino tagliato a forma di cuneo [appartenente alla seconda volta in conci aggiunta da Domiziano]. Tutto l’imbocco delle due fogne secondarie nella Cloaca Massima è oggi coperto da una piattaforma moderna fatta in cemento». 175   Felici 2010. 176   Il legante era costituito da malta pozzolanica rossastra (malta di calce e pozzolana, tritume di tufo) dura e tenace, con scaglie di tufo litoide. 173 174

  US 1459=1474=1491 fondazione del muro di delimitazione tra i Fori di Augusto e di Traiano. 178   Il lastricato pavimentale dell’adiacente portico augusteo si trova a + 15,83-15,85 m slm. 179   La fognatura US 1632 doveva convogliare l’acqua piovana dall’esterno del muro settentrionale del portico verso il condotto US 1633 con un salto di quota subito a sud dello stesso muro. Lungo questo condotto, l’individuazione della serie di pozzetti circolari rinvenuti ai piedi della gradinata che dovevano essere situati di fronte a ciascuna colonna e convogliare le acque provenienti dai gocciolatoi del tetto del portico, rende possibile immaginare quale fosse la scansione del colonnato frontale del portico (Carnabuci 2010, p. 135). 180   Contra Carnabuci 2011, p. 48. 177

233

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.106. Foro di Augusto. Il condotto sottostante la piazza nel punto di collegamento con il canale di raccolta delle acque piovane del portico meridionale.

Figura 4.107. Cloaca Massima. Lo sbocco del sistema di smaltimento delle acque del Foro di Augusto.

Figura 4.108. Foro di Augusto. L’esplorazione del condotto US 1575 sottostante la piazza.

234

Il sistema fognario del Foro di Traiano 4.5 Note conclusive sulle caratteristiche tecniche e costruttive del sistema fognario del Foro di Traiano Contrariamente a quanto resta degli alzati, l’intero sistema fognante del Foro di traiano si conserva pressoché intatto. Ciò ha permesso non soltanto di esaminarlo nel suo complesso, di analizzare le diverse soluzioni tecniche adottate e di individuare i materiali impiegati per la sua realizzazione, ma talvolta, grazie all’esame dei tracciati dei condotti, anche risalire alla conformazione delle strutture in superficie oggi scomparse. Nel delineare le caratteristiche principali della rete ipogea di condotti del Foro di Traiano è imprescindibile sottolineare la scala del progetto, dimensionato per assolvere alla funzione di smaltimento delle acque da edifici con imponenti cubature, connessi tra loro o separati da estese aree scoperte. La quota più alta dei piani di scorrimento dei condotti, + 14,77 m slm, si registra nel Cortile della Colonna Traiana, dal quale poi il collettore di uscita dal Foro, verso nord scende fino a circa + 13,30 m slm. Dal lato nord della piazza e su tutto il resto del Foro, fino al condotto di collegamento con dei sistemi fognari dei Fori di Cesare e di Augusto, le quote del fondo delle canalette si mantengono su una quota che varia da un massimo di + 14,50 m slm181, fino a + 13,69 m slm182.

Figura 4.109. Foro di Augusto. Il punto di accesso al condotto US 1575 lungo il margine occidentale dell’area di scavo.

La regolazione delle quote di scorrimento, evidentemente pensata per garantire un ininterrotto ciclo di ricezione delle acque e un loro rapido smaltimento, in fase di progettazione dovette fare i conti con la morfologia del terreno, regolarizzato in più punti per l’attività di sbancamento dell’area sulla quale il Foro fu costruito, ma anche con affioramenti di strutture preesistenti, inglobate o riutilizzate talvolta proprio nei canali esaminati.

tratti esplorati furono costruiti in trincee armate, nel terreno già rimodellato dopo l’avvenuto sbancamento, come perfettamente visibile sul fondo della canaletta US 720=231 (fig.4.58). La fognatura vera e propria veniva costruita realizzando sui due lati paralleli una gettata di opus caementicium, foderato internamente con due spallette in opus latericium. Dopo la posa della copertura, con due file contrapposte di bipedali, si procedeva alla gettata cementizia di rinfianco, che inglobava il condotto all’interno della massicciata della pavimentazione soprastante o della struttura fondale nella quale era risparmiata. La sequenza costruttiva è deducibile osservando le immagini (figg.4.15, 4.17) nella quali la canaletta US 12, così come il lungo condotto US 157, appare costruita contestualmente alla fondazione del muro in blocchi US 35. Tale attività dovette precedere la gettata della fondazione del colonnato di fondo della piazza (US 84), per l’evidente addossamento del calcestruzzo di questa ai blocchi di copertura del condotto, già in opera. La costruzione proseguì poi con la realizzazione del massetto della sala trisegmentata (US 7) che copre la copertura in bipedali della fogna US 12.

Osservando la rete dei condotti che si trovano al di sotto dei Fori imperiali e, soprattutto, al di sotto di quelli di Augusto e di Traiano, si evidenzia come questo sia il risultato di un progetto di ingegneria idraulica che risponde perfettamente e con grande flessibilità alle problematiche che l’imponente architettura di superficie aveva imposto, sia per lo smaltimento delle acque usate nel complesso, che per gli ingenti volumi di acque meteoriche precipitati sulle coperture della Basilica Ulpia, dei portici o della scenografica parete di fondo della piazza. I condotti fognari del Foro di Traiano furono realizzati con una tecnica costruttiva che non sempre è possibile esaminare direttamente. Tuttavia, analogamente a quanto è stato osservato sul procedimento di costruzione di alcune delle fogne dei Mercati di Traiano183, molti dei

A parte quanto deducibile sulla mera sequenza costruttiva, ciò che maggiormente interessa riguarda la possibilità di definire la tempistica della costruzione, per poter giungere a formulare una datazione del sistema fognario, opera necessariamente propedeutica alla realizzazione degli alzati.

  Quota corrispondente al fondo del condotto che corre ai piedi dalla Basilica Ulpia. 182   Quota corrispondente al fondo del condotto di uscita nel cortile porticato meridionale (US 712). 183   Bianchini-Vitti 2017, pp. 617, 670-671. 181

235

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.110. Foro di Augusto. Localizzazione dei condotti UUSS 1575 e 1633 individuati al di sotto della piazza.

236

Il sistema fognario del Foro di Traiano sono stati messi in luce dagli scavi nel settore meridionale dei Mercati di Traiano e sono tutti databili agli anni di Domiziano184. La costruzione dei Mercati è strettamente legata a quella del Foro di Traiano perché entrambi i complessi poterono essere edificati soltanto dopo l’eliminazione della pendice del Quirinale che, dalla quota dei Mercati, scendeva fino al Foro di Cesare. Come evidenziato dall’esame dei bolli laterizi dei due complessi185 la costruzione dovette procedere sostanzialmente in due fasi. È logico pensare che dopo i lavori di sostruzione e del taglio della pendice del Quirinale si eseguissero subito le opere necessarie per lo smaltimento delle acque, come sembra dimostrato dall’esame del sistema fognario a livello del Foro che potrebbe risalire ad età domizianea186, mentre la fogna nel tratto sud-est della via Biberatica risulta essere stata costruita in fase con i muri di contenimento delle pendici del colle. Questa parte delle fognature e del sistema di drenaggio delle acque meteoriche dei Mercati, in corrispondenza del gradone oggi contraddistinto dal percorso della via Biberatica fu evidentemente realizzata al più tardi nei primi anni del regno di Traiano. Le caratteristiche dei condotti fognari del Foro di Traiano si presentano piuttosto omogenee. Il fondo è sempre rivestito da mattoni bipedali, le spallette sono costituite da una cortina in opus latericium, foderata nei condotti maggiori da uno spesso strato di cocciopesto alto fino a 0,60 m, con un ricorso di bipedali o tegole all’imposta della copertura187, come visibile ad es. nei condotti UUSS 157 e 748 (fig.4.68). Quest’ultima è quasi sempre formata da bipedali accoppiati188, tranne quando il condotto si trova a passare al di sotto di grandi strutture, nel qual caso dovevano essere poste in opera doppie file di blocchi di travertino, profilati inferiormente a cappuccina189.

Figura 4.111. Foro di Augusto. In primo piano il condotto US 1632 rinvenuto nella fossa di fondazione del muro divisorio tra i Fori di Augusto e di Traiano. Sullo sfondo i resti del cortile porticato meridionale del Foro di Traiano.

Osservando il sistema fognario dei Mercati di Traiano, si è stabilito come questo abbia avuto origine da una progettazione organica di tutta la rete; gli spechi dei condotti passanti nelle fondazioni dei muri o subito sopra il loro spiccato, sono realizzati in fase con queste stesse strutture e quindi nei momenti iniziali della costruzione dei vari corpi di fabbrica. Tali spechi sono predisposti per ricevere in appoggio le canalizzazioni esterne ed interne ai fabbricati, realizzate solitamente in fasi di cantiere successive, ma comunque prima della messa in opera delle pavimentazioni. In linea generale si è potuto accertare, grazie anche alle evidenze offerte dall’esame dei bolli laterizi rinvenuti in opera, che le fogne situate ai livelli più bassi furono realizzate per prime, com’è logico immaginare, con il procedere dal basso verso l’alto della costruzione dei muri dell’intero complesso.

  Una di queste (F51), fu messa in luce dagli scavi del 1926-34 sotto il terrapieno su cui era impostato il tratto meridionale di via della Torre; la datazione all’età di Domiziano è data da due bolli del tipo CIL XV 259, individuati sui bipedali del piano di scorrimento, e dalla cortina laterizia delle spallette di fattura simile a quella della Terrazza Domizianea. Altre due canalette provvisorie (F52, F53) sono state individuate in occasione di un saggio di scavo nel 2000, presso il braccio sud est della via Biberatica, dove erano in relazione con due fornaci che servivano alla cottura di materiali impiegati in cantiere. La ceramica proveniente dagli strati di riempimento era tutta di età flavia (Bianchini 2003, pp. 239-240, 254-263; Bianchini-Vitti 2017, pp. 468-471). 185   Per il Foro di Traiano: Bianchi 2001; per i Mercati di Traiano: Bloch 1947, pp. 49-57. Bianchi 2003a; Ead. 2003b; Rassegna aggiornata: Bianchini-Vitti 2017, pp. 647-678, 721-734. 186   Per un’ipotesi di datazione del sistema fognario in Bianchi 2003 pp. 347-351. 187   Questa modalità costruttiva appare del tutto analoga a quella impiegata per la costruzione delle fogne dei Mercati di Traiano (Bianchini-Vitti 2017, p. 617). 188   In questi casi, come si è notato nei condotti US 157 e US 748, per la realizzazione della copertura a cappuccina fu adottato un accorgimento costruttivo mediante il quale, per agevolare il perfetto posizionamento di coppie contrapposte di bipedali, i singoli laterizi furono accuratamente lavorati con la martellina con direzione obliqua sui margini di montaggio/ attacco, corrispondenti all’imposta e al culmine della copertura. 189  Tale evidenza è riscontrabile nel condotto che corre a nord della Colonna Traiana, lungo il portico orientale della piazza (US 12) e nel condotto che sottopassa il muro di fondo della piazza stessa con la sua architettura colonnata (US 720=231). 184

Nelle prime fasi della sua realizzazione, durante l’edificazione dei vari terrazzamenti, furono impiantate, in mezzo ad altri manufatti di cantiere, alcune canalizzazioni provvisorie, con pavimento in bipedali e spallette in opera laterizia, realizzate in maniera più sommaria rispetto alle fogne definitive e prive molto probabilmente di copertura; esse provvedevano allo smaltimento delle acque meteoriche su un piano di cantiere temporaneo, ed erano destinate a essere distrutte e obliterate con il procedere della costruzione verso l’alto. Tre esempi di questo tipo 237

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 4.112. Foro di Augusto. Lo scavo del portico settentrionale. A sinistra, la preparazione della pavimentazione; al centro, la fossa di fondazione del colonnato; a destra, l’estradosso della copertura del condotto di smaltimento delle acque piovane US 1633 con i fori delle caditoie di raccolta, originariamente poste in corrispondenza delle gradinate di collegamento con la piazza. In alto al centro il passaggio del condotto trasversale US 1632.

La larghezza interna dei condotti corrisponde a poco più di 2 piedi romani190, mentre l’altezza delle spallette oscilla tra 0,90 e 1,10 m, superando queste misure soltanto in pochi casi. I condotti del cortile della Colonna Traiana sono quelli che presentano spallette con altezze maggiori, da 1,46 m a 2,00 m191, probabilmente perché vi si immettevano gli ingenti volumi di acque raccolte dalle estese superfici di copertura del settore settentrionale del Foro. Nel settore meridionale la rete di smaltimento fu organizzata in modo più articolato, con due canali di portata analoga, US 157 e US 748, deputati il primo a raccogliere le acque dei portici e della metà meridionale della piazza (settore VII), il secondo quelle dei settori I-VI e le acque provenienti dalla strada basolata dei Mercati di Traiano. Entrambi si raccordavano al collettore US 720=231, ricettore quasi certamente anche delle acque provenienti dal lato occidentale della piazza, e che, dopo aver sottopassato da nord a sud il muro di fondo della piazza, si immetteva nel

cortile porticato (Settore VI), nel quale, prima di uscire dal complesso, raccoglieva da est anche il ramo orientale del condotto si raccolta del cortile stesso (US 723). L’altezza dei canali aumenta gradualmente in funzione della portata192, come dimostrato, ad esempio, dall’altezza delle spallette del lungo condotto US 748 che aumenta da 1,12 m a 1,54, man mano che il condotto si avvicina al suo sbocco nel collettore US 720=231, e dalla differenza di altezza dei due condotti situati sui due lati opposti del Settore VI. Il condotto situato sul lato est (US 723) è alto internamente 0,72-0,91 m, perché funzionale allo smaltimento delle acque di questo lato e di quello meridionale del portico, mentre quello sul lato opposto (US 722/712) si alza da 1,00 fino a 1,67 m per poter

  Misure analoghe sono riscontrabili nei Mercati di Traiano, dove il collettore della via Biberatica prossimo all’arcone cavalcavia è alto circa m 0,85 (1,19 m dal pavimento alla chiave di volta). Nel tratto curvo della via verso nord le spallette sono alte m 1,65 e l’altezza del condotto aumenta gradualmente fino al centro del braccio rettilineo settentrionale man mano che affluiscono i condotti trasversali (Maisto-Vitti 2003, figg. 10 e 14). 192

  I condotti UUSS 12, 157, 720=231, 722 misurano internamente 0,600,66 m (quest’ultima misura è prevalente). 191  Si deve considerare che alcuni tratti dello stesso condotto hanno l’imposta della copertura a quote differenti. 190

238

Il sistema fognario del Foro di Traiano quanto non v’è traccia della predisposizione di apposite canalette lapidee per lo scolo delle acque194. Del resto, lungo il limite meridionale della piazza le impronte della pavimentazione marmorea non recano traccia di tali canalette, mentre il condotto sottostante (US 157) presenta, al culmine della cappuccina, fori quadrangolari, disposti a intervalli regolari, che è possibile dovessero corrispondere ad altrettante caditoie situate al di sotto delle cornici di copertura del colonnato. Tali caditoie erano poi alternate a pozzetti a pianta quadrata, utilizzabili anche per ispezioni. Nessuno dei chiusini originali, quasi certamente marmorei, si è conservato, diversamente da quanto si rileva nei Mercati di Traiano195. Anche in questo complesso, osservando le pendenze con le quali furono concepite le grandi superfici esterne, si riconoscono i lineamenti di una progettazione organica e unitaria. Al livello del corpo centrale, la Via Biberatica costituiva una sorta di spartiacque, servito da un collettore che passando al di sotto della Silicata degli Arcioni, convogliava verso il Campo Marzio (in direzione di via IV Novembre) le acque meteoriche raccolte dal basolato196, dalle canalette situate sotto ciascuna delle taberne e quelle provenienti dalla terrazza di copertura della Grande Aula. Allo stesso livello, all’altezza dell’arcone che scavalca la via, quasi in corrispondenza dell’antico crinale tra quirinale e Campidoglio, una parte dello stesso collettore197 si dirigeva nella direzione opposta, verso l’attuale salita del Grillo, per connettersi con la fogna che scendeva verso la Subura e da qui confluire nella Cloaca Maxima198.

Figura 4.113. 1933. Foro di Augusto. Lo scavo degli anni del Governatorato nel portico settentrionale davanti all’emiciclo superstite (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-18813).

ricevere, come collettore finale, le acque di tutto il sistema fognario del settore meridionale del Foro.

Anche la strada che separa i Mercati dal Foro di Traiano presenta una doppia pendenza che ha il suo punto più alto al centro del Grande Emiciclo199, ma è priva di un collettore fognario lungo l’intero tratto curvilineo. Qui la conformazione della superficie basolata, che si trova alle spalle del portico orientale e della esedra del Foro poteva garantire da sola il normale deflusso delle acque, scendendo gradualmente200 da una parte e dall’altra verso gli angoli opposti in corrispondenza delle due aule di testata, presso ciascuna delle quali si trova un chiusino di raccolta.

La progettazione di condotti lunghi, caratterizzati da frequenti cambi di orientamento, dovette risultare particolarmente complessa, nonostante la possibilità di impiego di tecniche ampiamente sperimentate, come l’uso del laterizio, con rivestimento delle pareti in cocciopesto, delle coperture a doppio spiovente (cappuccina), dell’utilizzo frequentissimo di apprestamenti quali caditoie e pozzi di ispezione, discendenti in terracotta193 o lapidei alloggiati in cavedi verticali ricavati negli spessi muri divisori in blocchi di tufo e più raramente nelle murature in opera laterizia del Foro. La presenza di estese terrazze di copertura, come quelle ipotizzate al di sopra dei vasti Settori V-VI, lascia immaginare la necessaria esistenza di questi apprestamenti, in grado di assicurare lo smaltimento totale delle acque riversatesi sulle coperture, recapitate in un ramo di fognatura appositamente studiato e posto al di sotto dei piani pavimentali. Si deve escludere che in alcune parti, come ad esempio lungo i muri esterni sul fondo dei colonnati, fossero utilizzati i doccioni, in

  Bianchini-Vitti 2018, p. 360, nota 32. Si vedano ad esempio, anche quelle conservate lungo il portico meridionale del Foro di Cesare. 195   Due di questi sono sopravvissuti nel braccio stradale compreso tra l’Aula di Testata sud e la recinzione del Foro di Traiano, quattro nella via Biberatica. La maggior parte sono costituiti da una lastra rettangolare di travertino in cui si apre al centro un foro circolare, con diametro compreso fra 23 e 50 cm. Due chiusini del tratto curvilineo della via Biberatica sono dotati invece di fessure oblunghe. Bianchini-Vitti 2017, p. 618. 196   Nel tratto settentrionale rettilineo della via Biberatica, lungo 45 m, la pendenza è pari allo 0,01%, in discesa verso nord come il collettore sottostante. 197   Bianchini 2003, spec. pp. 248-249 e fig. 1, n. 114; Bianchini-Vitti 2018, fig. 17, F35, F36 198   Bauer 1985, Fig. 1. Bianchi 2014. 199   Probabilmente il deflusso delle acque pluviali provenienti dalla fronte del Grande Emiciclo era assicurato da gocciolatoi esterni (Vitti 2003, pp. 315-316. Bianchini-Vitti 2017, p. 615). 200   Con una pendenza media dell’1,25%. 194

  Nei Mercati di Traiano le acque pluviali che si raccoglievano sulle terrazze e nei canali posti alla base dei tetti spioventi erano incanalate nelle fogne per mezzo di discendenti, costituiti da tubi in terracotta, con diametro compreso tra 22 e 30 cm. Nelle volte e in alcuni muri d’alzato, essi sono affogati nel nucleo in opera cementizia. 193

239

Il Foro di Traiano nell’Antichità Pur non essendo ancora del tutto chiarita l’articolazione del sistema di smaltimento delle acque di questo settore, è possibile che quelle provenienti dal Piccolo Emiciclo e dal settore della strada prospiciente l’aula di testata nord, raccolte nel condotto individuato per un breve tratto (F7 e F1) in prossimità dell’aula stessa201, si dirigessero verso il portico orientale della piazza, passando al di sotto della pavimentazione dello stesso portico (fig.4.2). Diversamente, lo smaltimento delle acque provenienti dal settore dell’aula di testata sud, al di sotto della strada che divideva il Foro dai Mercati, avveniva mediante un altro condotto (F2), nel quale dovevano confluire anche acque provenienti da via di Campo Carleo202 e del quale si conservano ancora due chiusini in travertino (fig.4.114). Tale condotto doveva convogliare le acque verso il sistema di canali che inizia con il condotto US 28, anche in questo caso passando al di sotto del portico del Foro o, in alternativa, davanti agli ambienti A-C (Settore II), dopo aver raccolto, ragionevolmente, anche le acque della scalinata di Campo Carleo (fig.4.2). Nel grande invaso della piazza del Foro, il margine di rischio per la garanzia di un corretto funzionamento del sistema fu ridotto notevolmente dividendo grosso modo in due parti la rete fognaria e utilizzando come spartiacque il centro della piazza del Foro. Le canalizzazioni relative al complesso di edifici situati nel settore nord furono concepite per essere allacciate al collettore della Via Flaminia, mentre quelle dei settori centrale e meridionale furono predisposte affinché lo scorrimento avvenisse da nord verso sud. Le acque raccolte sui lati occidentale, orientale e meridionale della piazza (condotto est-ovest US 157) confluivano nel condotto nord-sud US 720=231, che sottopassa i settori della sala trisegmentata e del cortile porticato, raccogliendo lungo il percorso anche scarichi provenienti da est (condotti UUSS 748 e 767). Il sistema fognario proseguiva poi lungo il perimetro interno del cortile porticato (UUSS 722-723), raccogliendo l’acqua proveniente dalle caditoie di carico presenti lungo la piazza scoperta (fig.4.115). Da qui le acque venivano recapitate verso l’angolo sud ovest (US 712), connettendosi a parte del sistema di deflusso già esistente nel Foro di Augusto per poi proseguire verso la Cloaca Massima, secondo un percorso che per il momento è solo possibile ipotizzare. Non si può escludere, tuttavia, che le acque seguissero un percorso più articolato, passando all’interno del Foro di Cesare e raccordandosi al suo sistema fognario, anch’esso tributario della Cloaca Massima. Si potrebbe ipotizzare che il tracciato del collettore (linea gialla tratteggiata) scorresse al di sotto di un passaggio esistente tra i Fori di Traiano e di Cesare situato nella posizione B (fig.4.89)203.

Figura 4.114. Mercati di Traiano. Chiusino in travertino conservato in corrispondenza dell’Aula di testata sud del grande emiciclo.

Le cortine laterizie presentano caratteristiche simili in tutti i condotti, per la presenza ovunque di laterizi di colore rosso e giallo. Il modulo di cinque filari di laterizi alternati a cinque letti di malta misura di norma 0,26 m, talvolta giungendo anche a 0,24 m in tratti dove il paramento si presenta particolarmente accurato. Questa è la misura che si riscontra sia nei condotti del settore nord che in quelli del settore opposto, nei condotti UUSS 12, 157 (0,240,25 m) 723 e 722. Va rilevato che caratteristiche del tutto analoghe, sia per colore che per misure, sono state osservate nel collettore della via Biberatica. L’anomalia riscontrata in alcuni punti dei condotti, nei quali si rilevano moduli superiori, pari a m 0,30-0,31, come nel condotto US 12 del portico orientale o nel primo tratto del condotto US 157 e infine in un segmento del collettore US 720=231, in corrispondenza della copertura in blocchi di travertino, sembra suggerire la presenza di interventi di restauro in punti di particolare sollecitazione dei flussi idrici, ad esempio nel punto di confluenza tra due condotti204, oppure in segmenti della struttura soggetti ad elevate sollecitazioni di carichi soprastanti. Del resto, anche per questa evidenza il collettore della via Biberatica205 offre ancora una volta un utile confronto

  Bianchini-Vitti 2018, fig. 17, i tratti F7 e F1 sono quasi certamente riferibili a uno stesso condotto che doveva dirigersi verso il portico orientale della piazza passando al di sotto della pavimentazione del portico stesso. 202   Bianchini-Vitti 2018, fig. 17, condotto F2. 203   Sul tema assai complesso dei collegamenti e dei passaggi tra i Fori imperiali, vedi Gros 2001, La Rocca 2001; Id. 2006; Coarelli 2007. 201

 A tale scopo si provvide a conformare lo spigolo con un accurato arrotondamento realizzato con i mattoni, come nel caso del punto di convergenza del condotto US 12 nel 28. 205   Maisto-Vitti 2003, p. 283. 204

240

Il sistema fognario del Foro di Traiano

Figura 4.115. Schema ricostruttivo dei canali di smaltimento del cortile porticato meridionale (elab. E. Bianchi).

per interpretare questi dati come tracce di attività di manutenzione della rete fognaria, per le quali purtroppo non si dispone di alcuna indicazione cronologica.

da un lato la scelta di dotare la piazza del Foro di un circuito di canali perimetrali, dall’altro nei Mercati quella di realizzare la grande esedra curvilinea affacciata su una strada basolata priva di un condotto sottostante che raccogliesse le acque riversate sull’invaso dai cocciolatoi superiori.

É certo che tutti i condotti fin qui esaminati nel Foro di Traiano abbiano avuto unicamente una funzione di smaltimento di acque usate. Degli impianti di distribuzione idrica, che necessariamente dovevano essere diffusamente presenti all’interno del complesso, ma dei quali non è possibile al momento individuare il percorso, con le uniche eccezioni delle tracce individuate del passaggio di fistulae nell’area prospiciente la Terrazza Domizianea e del portico settentrionale del cortile porticato206, si deve tener conto nella ricostruzione dei percorsi delle acque, per l’ovvia necessità del loro smaltimento.

L’esame dei resti del Foro di Traiano, soprattutto in relazione alle sue canalizzazioni disposte sotto i piani pavimentali, lascia aperta la possibilità che all’interno dei condotti fossero alloggiati dispositivi e apprestamenti idraulici previsti da una progettazione di livello altissimo, al servizio delle diverse funzionalità interne del Foro, delle quali purtroppo poco sappiamo, ma tale da rispondere, prima e dopo il suo completamento alle esigenze di un cantiere costruttivo complesso quale quello del Foro di Traiano.

In assenza di fonti storico-archeologiche, la ricerca sul sistema fognario dei Fori Imperiali e in particolare di quello di Traiano e in parte di quello di Augusto, si è avvalsa dell’indagine archeologica e speleologica, combinata con metodologie di rilievo tradizionali e con tecnologie all’avanguardia che hanno evidenziato la necessità di un approccio interdisciplinare per lo studio degli apprestamenti di ingegneria idraulica e le potenzialità che un progetto del genere rappresenta in termini di tutela e di valorizzazione di un complesso architettonico, per il quale è stata in passato sempre privilegiata la ricerca sul tessuto architettonico e decorativo.

4.6 Osservazioni sui riempimenti e sulle ultime vicende relative all’utilizzo del sistema fognario L’osservazione della natura dei riempimenti207 permette di fare alcune considerazioni generali: è stato notato che in tutti i tratti indagati, i depositi di base, a contatto con il piano di scorrimento, sono costituiti sempre da livelli di sabbia, talvolta conservati in lenti di grandezza variabile (è il caso, ad esempio, dell’US 704, rinvenuta in due lenti nel condotto US 157), talvolta come depositi stratificati dello spessore massimo di 33 cm (US 750 nel condotto

Soltanto sulla base di calcoli precisi delle portate acqua piovana si potranno chiarire importanti aspetti legati alla logica progettuale di alcune evidenze, quali ad esempio

  In questa breve disamina non sono compresi i bracci di fogna situati nel settore V, perché non hanno restituito materiali o perché sono stati riutilizzati in età moderna, con conseguente perdita della stratigrafia originaria. Per la stratigrafia esaminata all’interno della calcara, US 116, vedi 2.4; Meneghini 1998, pp. 132-135. 207

  Bianchi-Santucci 2020. Meneghini 2015.

206

241

Il Foro di Traiano nell’Antichità US 748)208; in rari casi si tratta di un velo di sabbia quasi impalpabile (come nel tratto più settentrionale del condotto US 720=231). La superficie di questi depositi appare liscia e compattata, spesso concava, caratteristiche che suggeriscono lo scorrimento dell’acqua quando lo strato è già deposto o ancora in corso di formazione. Al loro interno si rinvengono frammenti di anfore209, di ceramica d’uso comune, di sigillata africana, di vetro e di metallo; sono abbondanti i resti organici, costituiti da frammenti di legno, semi, frammenti di uova, frammenti ossei, alcuni con tracce di macellazione, non rinvenuti altrove. Il materiale, databile al V sec. d.C., potrebbe suggerire la presenza di un ‘abitato’ insediatosi nelle strutture del Foro di Traiano in epoca tarda, mentre la bassa percentuale dei reperti residuali sembra costituire la prova che la manutenzione ordinaria dei condotti, con la pulizia dei depositi colluviali che si andavano via via formando, a quel tempo veniva ancora eseguita. Nel corso dello stesso secolo, tuttavia, questa stessa attività sembra scomparire, dando avvio alla formazione di depositi sabbiosi.

vengono demolite e il sistema fognaro, non più soggetto a manutenzione, viene invasp da depositi di varia natura (detritica, colluviale, etc.) avviandosi verso l’interruzione del suo funzionamento. Il primo tratto di canaletta a cadere in disuso sembrerebbe essere stato quello del lato settentrionale del cortile porticato (UUSS 722 e 723), dove sono stati trovati veri e propri conoidi di scarico, riferibili a un arco cronologico compreso tra il V e l’VIII secolo d.C., ricchi soprattutto di detriti edilizi antichi e schegge marmoree, a diretto contatto col piano di scorrimento del condotto. Sembrerebbe che il passaggio tra l’uso della canaletta ed il suo riempimento volontario, con scarichi di materiale di risulta dallo spoglio di questa parte del Foro, sia stato qui abbastanza repentino, tanto da non lasciare sul fondo residui degli strati, che normalmente si depositano durante la vita di un condotto e che venivano periodicamente rimossi per manutenzione. Un caso a parte è rappresentato dall’US 350 (la cui datazione non è definibile con esattezza), rinvenuta nel condotto US 722 e indagata per 3,35 m : lo strato ha restituito una notevole quantità di frammenti di marmo, le cui grandi dimensioni e il tipo di disposizione all’interno del condotto (i frammenti sembravano come accumulati lungo la parete est) escludono la formazione a seguito di uno scarico o un apporto di tipo naturale, suggerendo che si tratti di un deposito di schegge pronte per la calcinazione o il riutilizzo.

A tal riguardo, si possono porre a confronto i dati desunti dalle indagini svolte nei condotti dei Mercati di Traiano, dove il tratto di fognatura della via Biberatica, in base all’esame dei materiali rinvenuti al suo interno fino all’arcone sovraimposto alla via, testimonia come essa cessò di funzionare dopo gli inizi del VI secolo210. La fistula di piombo rinvenuta in situ all’interno del condotto US 748, costituisce, in ogni caso, la prova che nel V sec. d.C.211 il sistema fognario dell’area del cortile porticato doveva essere ancora in funzione e oggetto di manutenzione, anche al fine di consentirne l’utilizzo per l’adduzione di acque chiare.

Anche per ciò che riguarda i condotti situati in prossimità della piazza del Foro (tratto settentrionale dell’US 720=231 e US 157), pur nella maggior limitatezza dei dati disponibili, si può dire che i depositi di base segnalino il funzionamento del complesso traianeo sino ad età tarda. All’interno del condotto US 720=231, al di sotto dell’area occupata dal complesso di S. Urbano, la composizione e i materiali rinvenuti nel deposito basale della porzione sud ovest212, a diretto contatto col piano di scorrimento, permettono di considerarlo come ultimo deposito di vita del condotto, rimasto ancora in uso in un periodo compreso tra il IV e il VII sec. d.C., prima del suo abbandono e della sua completa ostruzione.

Nettamente distinto appare l’orizzonte stratigrafico superiore, sia sul piano dell’inquadramento tipologico dei reperti e della loro quantità, sia per quanto riguarda la matrice in cui essi si rinvengono, quasi sempre limo-argillosa. Mentre nei depositi sabbiosi di base non sono state riscontrate tracce di spoliazione delle strutture del Foro, nei depositi centrali, e marginalmente anche sommitali, si rinvengono in grande quantità schegge di varia grandezza di marmi, travertino e frammenti di laterizi.

Il successivo periodo di abbandono, infatti, è segnato dai riempimenti maceriosi a matrice sabbio-argillosa, contenenti soprattutto schegge marmoree e detriti edilizi, individuati all’inizio del tratto scoperto213 e dal conseguente ruscellamento dell’acqua d’infiltrazione e dalla dispersione di materiali all’interno del tratto coperto. Questi riempimenti coprono un arco cronologico compreso tra il X e il XII sec. d.C.214.

Alcuni tratti di fognatura, una volta privati della copertura, furono utilizzati come immondezzai o discarica degli scarti prodotti dalla riduzione in schegge del materiale cavato, mentre l’afflusso di acque meteoriche causò la formazione di depositi limo-argilloso che li colmarono quasi completamente. Queste caratteristiche sembrerebbero indicare il momento di passaggio tra una fase in cui il Foro è ancora frequentato e una fase in cui le sue strutture

Lo sfondamento di alcune parti della copertura del collettore US 720=231 può forse risalire al momento

 Tale valore si rileva presso il limite orientale del condotto e va assottigliandosi sino quasi a sparire presso il limite ovest. 209   US 704: Late Roman 3, Late Roman 4; Keay VII; assimilabile Pacetti 1998, fig. 8, 1-2. 210   Maisto-Vitti 2003, p. 284, n. 41. 211  Vedi 4.3.2.1. 208

  US 719: Late Roman 3 (V-VI sec.).   US 201, campione n.17. 214   UUSS 714-716: frammenti assimilabili a Keay LII, LR7, Keay LII e Hayes 91. 212 213

242

Il sistema fognario del Foro di Traiano della costruzione del complesso dell’Ospedale di S. Urbano. La conseguente entrata di materiali in forma di conoidi di scarico ampiamente diffusi potrebbe costituire la causa dell’inquinamento del deposito di testa a matrice limo-argillosa, formatosi per decantazione d’acqua tra il periodo di abbandono e quello della definitiva ostruzione del condotto. La fase di colmamento nei condotti UUSS 720=231, 722, 723 che confluiscono al centro del lato settentrionale, almeno per ciò che riguarda l’area del cortile porticato, sembra concludersi tra i secoli X - XI, quando i riempimenti vengono tagliati dal pozzo US 721^, ricavato nel punto di confluenza dei diversi tratti di fognatura. Alla fine di questo periodo, alcune parti del condotto, così come testimoniato anche dal condotto US 157215, furono utilizzate esclusivamente come pozzi per attingere acqua, asportando parte della stratigrafia. Il tratto scoperto fu interessato anche successivamente da scarichi, come testimoniato dall’US 228, databile al sec. XII216. La sua completa ostruzione sembrerebbe avvenire in un periodo compreso tra la seconda metà del XIII ed il XIV secolo. Parte dello stesso condotto, in epoca rinascimentale, è stato riutilizzato come bacino di raccolta relativo, con probabilità, al complesso di S. Urbano. La chiusura del contesto, mediante lo scarico di numerosi livelli di detriti e pattume, è avvenuta nella seconda metà del XVI secolo, forse in concomitanza con la variazione dell’assetto urbanistico della zona conseguente all’impianto del quartiere Alessandrino.

  UUSS 173-175, campione n. 10.   Lo strato contiene frammenti di vetrina sparsa.

215 216

243

5 I bolli laterizi del Foro di Traiano Elisabetta Bianchi 5.1 Osservazioni sull’opera laterizia del Foro di Traiano A seguito di quanto già sommariamente accennato nella descrizione di porzioni di murature sia del settore VI che del sistema fognario, prima di entrare in dettaglio nei diversi aspetti legati alla fabbricazione vera e propria dei laterizi che si incontrano nel Foro di Traiano e alle questioni relative all’organizzazione delle forniture per il cantiere, temi dei quali si era già trattato in un primo studio del 20011, si ritiene utile tornare per un momento sulla consistenza delle parti del Foro eseguite in opera laterizia2 e fare qualche riflessione sulla forza lavoro necessaria per la sua realizzazione. La fig.5.1 mostra la quantificazione originaria delle superfici di rivestimento in laterizio presenti nei diversi settori del complesso, sia delle cortine degli elevati che delle canalette fognarie, distinguendo il valore delle superfici lineari da quello della cubatura dei nuclei di conglomerato cementizio, ove è possibile ipotizzarne la consistenza, sia pure in modo approssimativo. Sulla base di tali valori è possibile calcolare la forza lavoro necessaria per la realizzazione delle opere di cantiere secondo due possibili procedimenti di calcolo.

Cortine laterizie

mq

mc

cd. Biblioteche

10.962

19.030

Impianto fognario

1.152

---

Settore VI

1.344

2.688

Attico muro di fondo

180

108

Ambienti meridionali (B-C-D)

700

370

TOTALI

14.338

22.196

Figura 5.1. Foro di Traiano. Quantificazione delle superfici di rivestimento in laterizio presenti nei diversi settori del complesso.

Le cortine degli elevati si distinguono per una grande accuratezza di esecuzione, nella posa in opera dei filari, nell’omogeneità cromatica dei mattoni, con letti di malta sottili e stilati e con ricorsi di bipedali. Tali caratteristiche si riflettono su una misura ridotta del modulo (si considera per convenzione un modulo formato da 5 filari di laterizi e 5 letti di malta), corrispondente a 23-25 cm nella muratura del corpo scala retrostante la c.d. biblioteca occidentale (fig.5.2)4, nelle cd. Biblioteche (fig.5.3), come recentemente confermato dall’esplorazione dei resti di quella orientale in una cripta della chiesa del SS. Nome di Maria (fig.5.4)5, e un valore costante di 24-24,5 cm sia nei rivestimenti dei due ambienti di fondo del portico (fig.2.13, ambienti B-C, .5.4-5.5) che nei muri perimetrali del cortile porticato meridionale (Settore VI). Qui la misura di 24 cm si rileva nella maggioranza delle porzioni di muratura allo stato di crollo, riferibile alla porzione inferiore dei muri originari (Crolli A-D e US 1542) (fig.5.6), mentre si innalza a 25 cm (UUSS 1540, 1546, 1548) quando, diversamente, si tratta di porzioni di muratura attribuibili al livello intermedio o a 26-27 cm se riferibile alla porzione superiore (US 1779).

In base alla campionatura eseguita sulle cortine dei paramenti in situ e di quelle presenti su diverse porzioni di muratura allo stato di crollo, si è calcolata una media di 91 laterizi per ogni mq di superficie. Questo numero, moltiplicato per i mq totali (14.338), restituisce un totale di circa 1.304.758 mattoni utilizzati. Considerando che una squadra di manovali esperti, composta da un muratore e da un inserviente, poteva garantire in media la posa in opera di 1000 mattoni al giorno3, si è diviso il numero totale (1.304.758) per 1000, ottenendo come risultato 1.304 giorni di mano d’opera. Volendo, in alternativa, dividere il totale dei mq di cortina (14.338) per 11 mq, valore corrispondente all’incirca al lavoro totale giornaliero di un muratore si ottengono 1.303 giornate lavorative, con un risultato del tutto simile al precedente. Dividendo poi il numero delle giornate lavorative (circa 1.300) per 290 giorni in un anno (considerando necessariamente alcuni periodi di fermo lavori), si ottengono 4 anni come durata complessiva per il completamento delle opere in laterizio.

Tale sostanziale omogeneità sorprende soprattutto pensando alla presenza di materiale edilizio di diversa provenienza all’interno di una stessa unità muraria, ciò che costituisce una indicazione circa la standardizzazione di misure dei manufatti sulle quali, come si deve supporre, le fabbriche dovevano uniformarsi per rispondere a normative vigenti in materia, ma anche per l’abilità di manovali esperti che eseguirono la posa in opera con la massima accuratezza.

  Bianchi 2001, pp. 104-109; pp. 112-115.   In questo volume si è accennato alle murature del settore VI e a quelle del sistema fognario. 3   J. DeLaine (DeLaine 1997) ipotizza che la posa in opera di mattoni poteva avvenire alla velocità di 25 secondi per ciascun mattone. 1 2

  Bianchi-Meneghini 2011.   Bianchi-Meneghini 2021.

4 5

245

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.2. Foro di Traiano. Cortina laterizia dei resti della scala situata alle spalle della cd. Biblioteca occidentale (parete est).

Figura 5.4. Cripta della chiesa del SS. Nome di Maria. I resti della cd. Biblioteca orientale del Foro di Traiano. Figura 5.3. Foro di Traiano. Cortina laterizia della cd. Biblioteca orientale.

finissime, principalmente con frammenti di laterizi, caementa di Lapis Albanus, tufo litoide, tufo giallo della Via Teverina e marmo) estratto da diverse porzioni di un deposito vulcanico noto come colata piroclastica delle Pozzolane Rosse (o anche Pozzolane di San Paolo), ciascuna delle quali consente di ottenere una eccellente reattività con la calce (porzione intermedia) o una migliore qualità di resistenza meccanica (porzione basale). La principale caratteristica della “pozzolana” è infatti proprio quella di reagire con la calce, legandosi chimicamente con essa e dando vita ad una malta di eccezionale resistenza. Nel conglomerato cementizio delle volte del Foro, alle pozzolane sono state miscelate le pomici (cioè scorie ad alta vescicolazione: meno dense e quindi più leggere), mentre nelle malte dei muri in opus latericium, come risulta dal campione C27, le pomici sono assenti e alla pozzolana rossa dello strato intermedio furono miscelati pochi frammenti di Tufo Lionato (fig.5.7). La malta impiegata nei muri, in sostanza, è stata selezionata in maniera tale da possedere una resistenza a compressione più elevata8, mentre

Le cortine presenti nei condotti fognari del Foro di Traiano si presentano cromaticamente piuttosto disomogenee, per la presenza di laterizi di colore rosso e giallo, e si caratterizzano per una fattura meno regolare (figg.4.824.83). Tranne rare eccezioni, il valore del modulo è compreso tra 24 e 26 cm. Tale misura si riscontra sia nei condotti del settore nord che in quelli del settore opposto, nei condotti UUSS 12, 157 (m 0,24-0,25) 723 e 722. Lo studio petrografico di sezioni sottili eseguito sui componenti dei caementa e su quelli che, costituiscono gli “inerti” (Arenae fossiciae) presenti nelle malte impiegate per la costruzione di diverse strutture murarie del Foro, ha rivelato che nella loro preparazione fu usato un criterio di selezione, basato sulla presenza in percentuale dei diversi tipi di rocce vulcaniche e sedimentarie, per ottenere specifiche caratteristiche, in funzione del tipo di struttura nella quale le malte stesse dovevano essere impiegate6. L’esame ha rivelato la presenza di un particolare tipo di pozzolana (miscelato con altri aggregati di dimensioni

 Bianchi et al. 2011, part. pp- 75-78.   La composizione chimica delle malte campionate sulle pareti della c.d. Biblioteca occidentale si è rivelata di alta qualità (Jackson 2011, pp. 105106, Tabella 4). Si tratta delle cortine nelle quali sono stati rinvenuti i bolli CIL XV 32, 58 e 811d. 7 8

  Jackson et al. 2007; Jackson 2011; Bianchi et al. 2011.

6

246

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.5. Foro di Traiano, Settore III. Cortina laterizia dell’ambiente B.

Figura 5.6. Cortile porticato meridionale del Foro di Traiano. Spezzone di crollo di muratura in opera laterizia relativo al muro perimetrale.

Figura 5.7. Esame fotomicrografico di malta pozzolanica dal paramento in laterizio del muro in opera cementizia dell’estremità meridionale del cortile porticato meridionale (campione 07-FOROTRAI-C2): a) facies alterata intermedia di Pozzolane Rosse; b) facies meno alterata di Pozzolane Rosse (elab. da Bianchi et al. 2011, p. 75, Figura 2).

247

Il Foro di Traiano nell’Antichità nella preparazione di quella da utilizzare nelle volte si è privilegiata la “leggerezza”. Viceversa, poco selezionata è apparsa la malta esaminata nelle scale (campione C3)9, che ha rivelato una prevalente presenza di pozzolana rossa, ma miscelata con le altre pozzolane e ugualmente quella del muro perimetrale del cortile porticato (campione C10) (fig.5.6), dove assieme allo strato più alterato delle pozzolane rosse e alle altre pozzolane compaiono anche materiali di rocce sedimentarie, tanto da far ipotizzare che la sua preparazione sia avvenuta utilizzando gli avanzi di precedenti lavorazioni10. Nonostante questa particolarità legata alle malte, le cortine dei diversi corpi scala presenti nel complesso, per i quali si rimanda a quanto già esposto in altra sede11, si distinguono per la particolare accuratezza di esecuzione, come nel caso della scala monumentale attualmente visibile al di sotto della Chiesa del SS. Nome di Maria (fig.5.8) e della scala D situata a ridosso dei due ambienti di testata del portico orientale (fig.5.9).

Figura 5.8. Cripta della Chiesa del SS. Nome di Maria. Cortina laterizia dei resti della scala monumentale situata sul lato nord del Foro di Traiano.

5.2 I bolli laterizi del Foro di Traiano dopo i rinvenimenti delle campagne di scavo 2005-2007 Questo contributo si pone in continuità con il saggio pubblicato nel 2001 sul Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma dal titolo “I bolli laterizi del Foro di Traiano. Il catalogo del Bloch e i rinvenimenti delle campagne di scavo 1991-1997 e 1998-2000”12, sede nella quale si dava conto dello studio degli esemplari noti fino a quel momento: i ritrovamenti elencati da Herbert Bloch nella sezione dedicata alla Basilica Ulpia e alla Bibliothecae divi traiani nel lavoro pubblicato nel 194713, ai quali si erano aggiunti gli esemplari rinvenuti con le campagne di scavo effettuate negli anni 1991-1997 e 1998-2000. Con la campagna di scavo eseguita tra il 2005 e l’anno successivo molti altri esemplari sono venuti alla luce, rendendo pertanto necessario un aggiornamento del corpus dei bolli del Foro (fig.5.10).

Figura 5.9. Foro di Traiano, Settore III. Cortina laterizia del muro di spina della scala (US 29).

rinvenuti pochi anni prima durante lo scavo dei due edifici, non era stato possibile risalire al luogo esatto del ritrovamento. Dopo un primo esame il Bloch ritenne di poterli suddividere in “gruppo traianeo” e “gruppo adrianeo”. Alcuni dei cinquantacinque esemplari di questo secondo gruppo, stando alla notizia riportata dallo studioso, dovevano essere stati rinvenuti nel marzo del 1932 durante gli scavi dell’isolato adrianeo a nordovest del Foro di Traiano15 e in occasione delle ricerche effettuate nel 1933 nell’edificio sotto Piazza Venezia, ad ovest della biblioteca occidentale, entrambi facenti parte del complesso degli Auditoria16.

Come riportato dal Bloch, i primi ritrovamenti di bolli laterizi nel Foro di Traiano si riferiscono agli scavi effettuati tra il 1931 e il 1934 nell’area della c.d. Biblioteca occidentale e della Basilica Ulpia. Fondamentali si rivelarono i “tasti” eseguiti nelle murature sia della stessa biblioteca che di quella orientale il 17 febbraio del 1937, diretti personalmente dal funzionario archeologo del Governatorato, Antonio Maria Colini, alla presenza dallo stesso Bloch, dai quali scaturì il ritrovamento in situ dei bolli CIL XV 811d, 58, 3214 (fig.5.11).

Giuseppe Lugli riferendo nuovamente di questi ritrovamenti nelle Fontes ad Topographiam17, pur rispettando la numerazione dei bolli seguita dal Bloch e suddividendo gli esemplari per settore di provenienza li

Del consistente gruppo di esemplari conservati nell’area della basilica e della stessa Biblioteca occidentale,  Bianchi et al. 2011, part. pp- 75-78.   Ringrazio Fabrizio Marra per queste preziose osservazioni. 11   Bianchi-Meneghini 2011. 12   Bianchi 2001. 13   Bloch 1947. 14   Bianchi 2001, nn. 14, 17, 13. 9

10

  La Cava 1933, p. 257.   Rea 2014. 17  Lugli, Fontes, pp. 93-97. 15 16

248

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Laterizi bollati in opera

Laterizi bollati non in opera

Localizzazione del rinvenimento

Totali

Figura di riferimento

Settore settentrionale

6

5.13

Settore meridionale

39

5.14

Sponde dei condotti fognari

10

5.16

Coperture dei condotti fognari

84

5.17

Fondo dei condotti fognari

5

5.18

Coperture di altri manufatti idraulici

4

5.19

Scavi 1930/37; 1998-2000

52

5.15

Scavi 2005-2006

25

5.12

225 Figura 5.10. Distribuzione e quantificazione dei bolli laterizi rinvenuti nell’area del Foro di Traiano.

Figura 5.11. 1932. Foro di Traiano. Parete nord della cd. Biblioteca occidentale durante gli scavi del Governatorato (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-21603, particolare).

di Augusto” sono elencati subito dopo i bolli provenienti dalla scala a nord della Loggia dei Cavalieri di Rodi e quelli notati nella muratura di un’altra scala posta dietro all’esedra del Foro di Augusto, sicuramente riferibile alle strutture del Foro di Traiano18.

elencò secondo un ordine sostanzialmente diverso. Sotto la dicitura: “Forum Traiani - Basilica Ulpia. Lateres reperti in effossionibus fori et basilicae” si trovano infatti i mattoni bollati rinvenuti genericamente nello scavo del Foro e della Basilica; sotto: “Bibliothecae Fori Traiani. Lateres reperti in situ” soltanto i tre bolli rinvenuti in opera; sotto: “Insula Foro Traiani proxima ad orientem versus. In aedificio quodam, anno 1933 in ‘piazza Venezia’, apud forum Traiani, effosso” quei bolli che, come specificato, si riferivano ad un edificio, scavato in Piazza Venezia nel 1933, adiacente al Foro ma esterno ad esso. Inoltre, sotto “Via Biberatica. Dietro l’esedra settentrionale del Foro

Ulteriori dati sono scaturiti soltanto in occasione degli scavi realizzati dalla Sovraintendenza Archeologica Comunale nel 1991 e nel 199719 e dal 1998 al 2000. Negli  Lugli, Fontes, nn. 92-92, p. 96.   Meneghini 2002; Id. 1998, pp.127-148.

18 19

249

Il Foro di Traiano nell’Antichità anni 1991 e 1997 fu possibile analizzare le cortine laterizie di alcune canalette fognarie sottostanti la pavimentazione della piazza, disposte lungo le fondazioni del colonnato orientale, nonché i resti dei primi gradini e del muro di spina della scala che serviva gli ambienti superiori del portico. In tali strutture è stata rilevata la presenza di alcuni bolli noti soltanto in parte al Bloch per quest’area. È tuttavia con lo scavo giubilare realizzato tra il 1998 e il 2000 che il numero degli esemplari rilevati si è incrementato in modo consistente, grazie allo scavo estensivo del settore meridionale del complesso (Settori IV-VI), nel quale sono stati rinvenuti numerosi spezzoni di crollo delle cortine murarie pertinenti agli originari elevati della sala trisegmentata e del cortile porticato meridionale. I muri perimetrali dei bracci del portico erano costruiti parte in blocchi di tufo e parte in laterizio; di questa facevano parte alcuni grandi frammenti di muratura rinvenuti allo stato di crollo, classificati ciascuno con un numero di Unità Stratigrafica (UUSS 1540, 1542, 1544, 1546, 1548, 1575, 1590)20. Durante lo scavo, a causa del cattivo stato di conservazione degli spezzoni di crollo, si è proceduto alla loro parziale demolizione e movimentazione, così che è stato possibile individuare al loro interno un discreto numero di laterizi bollati.

Ai 95 esemplari di bolli documentati dal Bloch, 47 dei quali sicuramente riferibili al Foro di Traiano, si andavano ad aggiungere i 45 individuati con i nuovi scavi e con la revisione del nucleo di reperti depositati nell’area archeologica e in parte già descritti dallo studioso. Complessivamente al termine delle prime campagne di scavo per il Foro era dunque documentato un totale di 140 bolli laterizi, 125 dei quali ancora visibili (di questi 84 sono gli esemplari del Bloch dei quali è stata riscontrata la presenza e 41 quelli rinvenuti negli scavi 1991/1997 e 1998-2000). Si andavano ad aggiungere peraltro altri 15 bolli diversi ai 9 già noti per il periodo traianeo dopo la pubblicazione del Bloch. Tuttavia l’intensa attività di scavo svoltasi tra il 2005 e il 2007 ha permesso di rilevare la presenza di un cospicuo numero di 103 nuovi bolli laterizi nel complesso e di giungere a un totale di 225 esemplari documentati nel Foro, riferibili a 54 bolli differenti (fig.5.12) e rinvenuti tutti nei due settori posti alle estremità del Foro26. I nuovi esemplari provengono tutti dal settore meridionale, già interessato dalle due campagne di scavo precedenti, e principalmente dallo scavo del sistema fognario e dei suoi riempimenti. Tale attività ha permesso da un lato di avere accesso all’intero sistema infrastrutturale, dall’altro di poter osservare l’ottimo stato di conservazione delle sue murature, i piani di fondo e le coperture, prevalentemente realizzate con bipedali disposti a cappuccina e, inoltre, di raccogliere numerosi laterizi bollati nelle unità stratigrafiche formatesi nel tempo negli stessi condotti fino ad ostruirli talvolta completamente27.

In questa stessa area il sistema di smaltimento delle acque, costituito da un circuito di canalette in laterizio coperte a cappuccina, una volta liberato dai sedimenti che lo ostruivano,21 ha mostrato numerosissimi bolli in situ sulle sponde e sulle tegole utilizzate per le caditoie dell’acqua piovana collegate ai condotti e soprattutto sui bipedali delle coperture a cappuccina. Nell’area a nord, corrispondente alla superficie anticamente occupata dalla sala trisegmentata che doveva trovarsi immediatamente alle spalle del gigantesco ordine di colonne in Giallo Antico, posto a chiusura del lato meridionale della piazza, sono stati effettuati altri importanti ritrovamenti di bolli laterizi, tre dei quali conservati in opera in uno spezzone di crollo di muratura dell’attico, posto in origine al di sopra del colonnato22.

Nell’edizione del 2001 i bolli furono presentati secondo un ordine cronologico di fabbricazione che teneva conto delle datazioni comunemente accettate, ritoccate per così dire, soltanto nei casi per i quali, in mancanza di elementi certi, le caratteristiche o la presenza di un bollo accanto ad altri di cronologia certa ne poteva suggerire un diverso inquadra­ mento. Da quanto desumibile sulla base dei timbri disponibili fino alle prime campagne di indagini, i laterizi risultavano complessivamente riferibili a una produzione estesa su un arco cronologico di 40-50 anni.

Nel 2004 in occasione di un più recente lavoro di revisione dei bolli documentati dal Bloch nell’area coperta della biblioteca occidentale e dell’adiacente settore della Basilica Ulpia, gli stessi reperti sono stati trasferiti e raccolti nel deposito dei Mercati di Traiano situato al di sopra del Piccolo Emiciclo. Tale lavoro ha portato all’individuazione di mattoni con bolli, presumibilmente rinvenuti nell’area del foro negli stessi scavi del 1932 e sfuggiti all’esame del Bloch (CIL XV 110523, 68c24, 25725). Nel caso del bollo CIL XV 1105, per esempio, si tratta di un nuovo esemplare dello stesso bollo rinvenuto in un’altra area del Foro durante gli scavi giubilari.

Contrariamente a quanto fatto in precedenza, nel presente contributo non si presenterà un catalogo con edizione critica dei bolli ‘nuovi’, ritenendo in questa sede di maggior utilità segnalare la localizzazione dei bolli vecchi e nuovi nelle strutture o il loro contesto di rinvenimento. Per quanto attiene alle caratteristiche dei bolli rinvenuti si rimanda alla documentazione fotografica che, nel caso di più esemplari di uno stesso bollo, rappresenterà quello che si presenta in un migliore stato di conservazione. Il complesso dei bolli dunque viene ora suddiviso per settori e, all’interno di questi, per singole parti dell’edificio

  Vedi 3.1.2.11.   Vedi 4.3.2. 22   Vedi 2.6-2.7. 23   Bianchi 2001, n. 9. 24   Bianchi 2001, n. 18. 25   Bianchi 2001, p. 98. 20 21

  Ad eccezione di un esemplare del bollo CIL XV 822, rinvenuto nello scavo della fornace medievale. 27   Circa 25 esemplari di questi bolli sono ora conservati nel deposito dei reperti nel Foro di Cesare. 26

250

I bolli laterizi del Foro di Traiano CIL XV,1

Figlinae (Domini, officinatores, servi)

Datazione

29b

Brutianae (M. Rutilius Lupus)

104-109 d.C.

Settore nord (fig.5.13)

Settori III/ VI (fig.5.14)

104-109 d.C.

2

29g I

118 d.C.?

1

32

Circa a.110 d.C. Caepionianae (Plotia Servilia Isaurica/ L. Gellius Prudens)

58

1

Primo decennio del II sec.

63a

Caepionianae (Plotia Servilia Isaurica / Peculiaris)

Primo decennio del II sec.

68c

Caepionianae (Plotia Servilia Isaurica / T. Rausius Pamphilus)

Primo decennio del II sec.

1

83a-b

Caepionianae (Plotia Servilia Isaurica / St.Marcius Lucifer)

Fine età traianeainizi età adrianea

8

84

Caepionianae (Arria Fadilla/ T. Rausius Pamphilus)

112-115 d.C.

6

97b

Caepionianae (C.Curiatius Cosanus)

Primo decennio del II secolo

1

114-116 d.C.

7

Iuncianae

123 d.C.

152a

Domitianae (Domitius Tullus/ Agathobulus/ Aprilis)

Fine età domizianea

258a 259

Bolli non in opera nel settore nord (fig.15)

Bolli non in opera nel settore sud

(3)

Caepionianae (Plotia Servilia Isaurica / St.Marcius Lucifer)

257

Altre opere idrauliche (fig.5.19)

3

59b

97c

Sistema fognario – fondo (fig.5.18)

1

Primo decennio del II secolo Circa 110 d.C.

Sistema fognario – coperture (fig.5.17)

1

29c

56

Sistema Fognario – sponde (fig.5.16)

1 1 1 2

2

(6) 5 3 1 1

93/4-106/7 d.C.

9

Fine età domizianea

2

26

4

264

Domitianae (Domitia Cn.f. Lucilla/ Agathobulus/ Aprilis)

Anteriore al 115 d.C.

267

Domitianae (Domitia P.f. Lucilla/ Cn. Domitius Carpus)

123 d.C.

1

319

Marcianae (C. Calpetanus Favor/ Hermes)

123 d.C.

1

1

251

Il Foro di Traiano nell’Antichità CIL XV,1

Figlinae (Domini, officinatores, servi)

Datazione

408a-d

Portus Licini (M. Aurelius Antoninus )

212-217 d.C.

549a-e

Sulpicianae (Domitia Domitiana)

123 d.C.

(24) 7

559a

Sulpicianae (Claudius Livianus)

123 d.C.

(12) 5

563g-h

Sulpicianae (M. Vinicius Pantagathus)

123 d.C.

578a-b

Sulpicianae (Ti. Claudius Blastus)

Età di Traiano o primi anni di Adriano

(1)

593

Sulpicianae (C. Villius Crescens)

Poco anteriore al 123 d.C.

(2)

600c-d

Sulpicianae (tegula)

Età traianea

612

Tempesinae (Vismatius Successus)

Primo decennio del II sec.

613a

Tempesinae (Vismatius Successus/ Vismatius Felix)

Primo decennio del II sec.

635c

Tonneianae (Iulia Dynamis?/ L. Licinius Felix)

Fine età domizianea?

696

T. Canedienus Atimetus (=Camidienus nel bollo 695)

Primo decennio del II sec.

697

T. Camudenus Atimetus

Post a.107 d.C.

811d

Anteros Severianus Caesaris

Primo decennio del II sec.

811e-f

Primo decennio del II sec.

811f I-II

Primo decennio del II sec.

812

118-123 d.C.

822

Macedonianae (Antonia Manliola/ P. Raius Ryt[)

Primo decennio del II sec.

842b

Q. Articuleius Paetus (vel Paetinus)/ Sagitta

Principio del II sec.

932

Sulpicianae (Claudius Livianus)

123 d.C.

Settore nord (fig.5.13)

Settori III/ VI (fig.5.14)

Sistema Fognario – sponde (fig.5.16)

Sistema fognario – coperture (fig.5.17)

Sistema fognario – fondo (fig.5.18)

Altre opere idrauliche (fig.5.19)

Bolli non in opera nel settore nord (fig.15)

Bolli non in opera nel settore sud 1

1

1 (2) 1 5

4 3 (19) 11 2

1

4

3

1

7 1

1

1

1

1 1 1 (11) 2

252

I bolli laterizi del Foro di Traiano

CIL XV,1

Figlinae (Domini, officinatores, servi)

Datazione

1000f

Domitianae (Domitius Lucanus et Domitius Tullus/ Primigenius)

Età tardodomizianea

1003a

Domitianae (Domitius Tullus/ Agathobulus/ Trophimus)

In uso fino al 107 d.C.

1033

Domitianae (Domitia P.f. Lucilla/Doryphorus)

123 d.C.

1094d

Domitianae (Cn. Domitius Arignotus)

Primi anni del II sec. d.C.

1096b

Domitianae (Cn. Domitius Evaristus)

Ultimi anni I - inizi II sec. d.C. (età traianea iniziale)

1105

Domitianae (Cn. Domitius Chryseros)

Primo decennio del II sec.

1113

Domitianae (Cn. Domitius Trophimus)

123 d.C.

1120a

Domitianae (Cn. Domitius Trophimus/ Vitalis)

118-120 d.C.

1182

M. Annius Herennius Pollio/ Successus

Inizio II sec. d.C.

1209a

C. Iulius Stephanus

125 d.C.

1209b

125 d.C.

Settore nord (fig.5.13)

Settori III/ VI (fig.5.14)

Sistema Fognario – sponde (fig.5.16)

Sistema fognario – coperture (fig.5.17)

Sistema fognario – fondo (fig.5.18)

Altre opere idrauliche (fig.5.19)

Bolli non in opera nel settore nord (fig.15)

Bolli non in opera nel settore sud

2

1

2 1

1

7

3

1 9

1

3

1

1

1 (2) 1 1

16 1 1

1253f

Domitianae (?) L. Lurius Proculus

Primi anni del II sec.

1326

Naevius Bassus

Età augustea

1346d

Domitianae (Q. Oppius Natalis)

93/4-106/7 d.C.

1349

Domitianae (Q. Oppius Veiens)

Età severiana?

1

1670

Theodericus

Età teodericiana  (493 - 526) d.C.

1

3 1 1

Figura 5.12. Foro di Traiano. Elenco dei bolli laterizi rinvenuti in situ e fuori contesto. Alle indicazioni relative ai singoli bolli (figlinae di appartenenza, domini, officinatores, servi e relativa datazione) segue la ripartizione nei diversi settori.

253

Il Foro di Traiano nell’Antichità o per componenti strutturali del sistema fognario, dal momento che questa ripartizione è stata considerata maggiormente indicativa per la comprensione della sequenza costruttiva28.

incerto nella relativa sequenza costruttiva delle varie parti del complesso. Tuttavia, per alcuni è possibile stabilire una datazione circoscritta quando si rinvengono con esemplari che, recando nomi di proprietari o di officinatori collegati ad una determinata figlina36, rientrano in un arco cronologico più ristretto. L’incertezza sulla datazione può dipendere, del resto, da diversi fattori, quali ad esempio la frequente impossibilità, ove manchi la data consolare, di datare all’anno la produzione di un figulo. D’altro canto, la presenza di un bollo più “vecchio” insieme a manufatti di nuova produzione può facilmente motivarsi con i prolungati margini cronologici di impiego dei prodotti di talune fabbriche.

Nel lavoro pubblicato nel 2001, seguendo il criterio proposto dal Bloch, il gruppo di 55 bolli adrianei, prevalentemente databili al 123 d.C., conservato nella Biblioteca occidentale e proveniente secondo lo studioso dall’edificio scavato negli anni 1933-37 fuori del Foro di Traiano29, era stato mantenuto diviso dal gruppo “traianeo”, mentre in questo contributo gli stessi esemplari sono riuniti all’interno della sezione dedicata ai bolli presenti in quest’area, osservando la distinzione da quelli rinvenuti in situ.

Per quanto sopra esposto, la trattazione dei manufatti rinvenuti avverrà secondo la suddivisione mostrata nella fig.5.10.

La complessità della macchina organizzativa che provvide alla realizzazione di un cantiere come quello del Foro è stata già sottolineata in passato30 e in questo volume nella trattazione del Settore VII31, tuttavia l’osservazione della distribuzione dei bolli laterizi, connessa con l’esame delle informazioni presenti sui timbri e dell’uso di laterizi di produttori diversi, con abbinamenti talvolta ricorrenti, offre spunti importanti per l’interpretazione della tempistica del cantiere ma anche per comprendere come dovesse essere pianificata la fornitura di materiali edilizi necessari per la costruzione delle diverse componenti strutturali del Foro. Tali elementi risultano utili nel tentativo di stabilire se, fra le parti del complesso messe in luce, possa essere definita una cronologia relativa e la sua conformità o meno rispetto alle datazioni tradizionali. Com’è noto, secondo i Fasti Ostienses, il Foro e la Basilica Ulpia furono inaugurati da Traiano alle Calende di gennaio del 112 d.C.32. Gli stessi documenti menzionano per l’anno successivo la dedica dell’imperatore del Tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare e della Colonna Coclide in foro suo33, mentre tacciono riguardo alle “biblioteche” e al settore meridionale del complesso.

Nella fig.5.12 si presenta il quadro complessivo dei bolli documentati nel Foro secondo l’ordine assegnato nel CIL XV, 1 con l’indicazione delle figlinae di appartenenza e le informazioni relative ai nomi dei produttori37. Oltre al numero degli esemplari è indicata la loro localizzazione nei diversi settori del complesso, con la suddivisione dei ritrovamenti secondo l’ordine seguente: elevati del settore nord (fig.5.13); elevati del settore sud (fig.5.14) ; bolli non in situ pubblicati nel 2001 (fig.5.15); condotti fognari: bolli rinvenuti nelle cortine murarie (fig.5.16); condotti fognari: bolli rinvenuti sulle coperture (fig.5.17); condotti fognari: bolli rinvenuti sui bipedali del fondo (fig.5.18); coperture di altri dispositivi idraulici (fig.5.19). Seguirà una breve disamina dei laterizi bollati rinvenuti nei riempimenti dei condotti fognari. In ciascuna sezione, eventuali commenti sulla datazione dei singoli bolli sono riportati in nota, mentre nella colonna di destra si indica l’edizione precedente di ciascun esemplare. I primi bolli rinvenuti in opera nel settore settentrionale del Foro (fig.5.13) sono i CIL XV 32, 58, 811d (fig.5.20) e si trovano nelle murature delle c.d. Biblioteche38.

L’interpretazione è resa tuttavia difficile per la datazione di alcuni bolli non precisabile, se non nell’arco di un decennio. Come già evidenziato nel 2001, molti sono i bolli databili al I decennio del II sec. d.C. e i vari esemplari sono quasi tutti piuttosto noti e utilizzati in contesti traianei vicini, quali le Terme e i Mercati34 o negli ingenti restauri che l’imperatore attuò nel Foro di Cesare35. Ciò non consente di attribuire una datazione più precisa alla struttura all’interno della quale il bollo stesso è stato rinvenuto in opera, creando di conseguenza un riferimento

Per completezza di informazioni, si segnala il ritrovamento nel nucleo cementizio dell’avancorpo della Basilica Ulpia del laterizio di rimpiego recante il bollo augusteo CIL XV 1326 (Naevius Bassus)39.   Per il significato delle parole figlinae e praedia, frequentemente utilizzati sui bolli vedi Helen 1975, pp. 37-40; 82-83. 37   Vedi precedentemente Bianchi 2001, Tabella I, p. 99, Tabella II, p. 100 e Fig. 25, p. 111. 38   Per quanto riguarda le datazioni di questi bolli: CIL XV 32, vedi Bodel 2005, p. 69 n. 29, 72, 92; CIL XV 58, vedi Bloch 1947, 53. Steinby 197475, 31 n. 8, Bianchi 2003b prima dell’a. 115. CIL XV811d, vedi Bloch 1947, 17s. (età traianea); Steinby 1981: primo decennio del II secolo; Bloch 1947, 43 (Terme di Traiano), 111 (Pantheon, rotunda, e nei muri fra il Pantheon e la basilica Neptuni). Bianchi 2003b (113 d.C.); Bianchi 2015, p. 36. La misurazione dello spessore dei ricorsi di bipedali visibili sulla parete esterna nord della c.d. biblioteca occidentale (nel vano che corre sotto la scala est-ovest) rivela che questi bipedali sono del tipo 811d. La misura di 4,5 cm rilevata sotto la scala e quella di 4,7-4,8, 5,0 cm rilevata sul filare di bipedali più a sinistra, corrisponde a quella dello spessore dei bipedali di Anterote Severiano. 39   Secondo la Steinby (Steinby 1974-75, pp. 67-68) i bolli dei vari C.L. e P. Naevii (CIL XV 1315-1336 e altri) sono augustei o poco posteriori. 36

  Il numero totale degli esemplari attestati di un bollo già noto nel complesso si troverà indicato nelle tabelle riepilogative. 29   Vedi nota 15. 30   Bianchi-Meneghini 2002. 31   Vedi 3.2.1.2-3.2.1.3. 32   Fasti Ostienses I.I.XIII.1. n. 22, p.200: [K(alendis) ia] nuar (iis) imp. Traianus Forum suum et/ [Bas]ilicam Ulpiam dedicavit. 33   Fasti Ostienses I.I.XIII.1. n. 3: Id(us) Mai(us) Imp. Traianus/ [templum Ve]neris in foro Caesaris et/ [columna]m in foro suo dedicavit. 34   Bianchi 2015; vedi 5.7. 35   Bianchi 2010a. 28

254

I bolli laterizi del Foro di Traiano CIL XV, 1

Datazione

Struttura

nn. ess.

Edizione

32

Circa a. 110 d.C.

Biblioteca occidentale/N

1

Bloch 1947, 3, p. 58 Lugli, Fontes, 75, p. 94 Bianchi 2001, n. 13

(a. 1937: ora non visibile)

58

Circa a. 110 d.C.

Biblioteca occidentale/N

1

Bloch 1947, 2, p. 58 Lugli, Fontes, 76, p. 94 Bianchi 2001, n. 17

(a. 1937: ora non visibile)

811d

Primo decennio del II sec.

Biblioteca orientale/S

1

Bloch 1947, 3, p. 58 Lugli, Fontes, 77, p. 94 Bianchi 2001, n. 14

Visibile

1209b

125 d.C.

Settore a nord della Colonna Traiana – arco in laterizi a copertura del condotto NS

1

Bianchi 2001, p. 118: n. 25

Deposito Mercati di Traiano

1033

123 d.C.

Settore a nord della Colonna Traiana – arco in laterizi a copertura del condotto NS

1

1 es. x 2 frr - Bianchi 2001, p. 118, n. 24.

Deposito Mercati di Traiano

1326

Età augustea

Avancorpo Basilica Ulpia

1

Figura 5.13. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera nelle murature degli elevati del settore nord.

Altri due bolli, CIL XV 1209b (fig.5.21) e 1033 (fig.5.22), rinvenuti nel 2002, si riferiscono invece al settore del cortile della Colonna Traiana40.

I bolli 29c (figg.5.33-5.34)47 e 29g (fig.5.35)48 sono stati rilevati in un altro frammento crollato della muratura in opera laterizia dell’attico del muro di fondo meridionale della piazza del Foro49. Il corpo scala del settore III conserva invece i bolli 811fII (DOL . ANT^EROT . SEV^ER . CA[--])50

I ritrovamenti riferibili agli elevati del settore meridionale del Foro offrono un quadro molto più articolato e complesso (fig.5.14). La maggioranza degli esemplari è stata rinvenuta nei crolli delle porzioni di muratura pertinenti al perimetro esterno del cortile porticato. Si tratta dei bolli CIL XV 56 rinvenuto su tegole ritagliate in triangoli (fig.5.23)41, 97c (figg.5.24-5.26)42, 613a (fig.5.27)43, 59b (fig.5.28), 68c (fig.5.29), 83b (fig.5.30)44, 84 (figg.5.31-5.32)45, 1003a46.

II secolo. CIL XV 97c: vedi 3.1, note 142 e 151. Per la sua datazione: Steinby 1974-75, p. 30 n. 8: Bloch 1947, pp. 92, 94; Bloch 1953, p. 216 Ostia I.V.1-2 e I.VI.1, 217 I.XII.1, tutti datati all’a.120 ca. Bianchi 2001: ca. 117 d.C. Per i Portici di Pio IX (I.V.1-2, I.VI.1) di Ostia cfr. DeLaine 2002, pp. 91 e 95s.: il bollo 97c può essere datato come altri bolli rinvenuti nello stesso contesto e riferibili agli aanni 114-116 d.C. CIL XV 613a: Steinby 1974-75, p. 92. CIL XV 59b: Steinby 1974-75, p. 31 n. 3; Bianchi 2001 e 2003.2 (Mercati di Traiano): età traianea. Primo decennio del II secolo; Bloch 1947, pp. 37, 43 (Terme di Traiano). CIL XV 68c: Primo decennio del II sec.; Bloch 1947, p. 43 (Terme di Traiano), 51 (Mercati Traianei). Steinby 1974-75, p. 31 n. 9; prima dell’a. 115 Bianchi 2003b (Mercati di Traiano). CIL XV 83b: Steinby 1974-75, pp. 31s. n. 1: non oltre l’inizio dell’età adrianea. Prima dell’a. 123 Bloch 1947, p. 324. Fine età traianea - inizi età adrianea Bianchi 2001. CIL XV 83b: vedi 3.1.2.11. CIL XV 84: Steinby 1974-75, p. 31 e n. 11, Bianchi 2001: aa. 112-115 ca. Bloch 1953, p. 218. Ostia I.XIV.7 datato 112-115 ca. Prima dell’a. 123; Bloch 1947, p. 324. CIL XV 1003a: nell’esemplare rinvenuto nell’US 1548 il diametro del timbro misura cm 8,7. Il bollo si rinviene talvolta associato nello stesso contesto al bollo CIL XV 258, che è stato in uso fino alla morte nel 106/7 d.C. di Domitius Tullus (Steinby 1974-75, p. 51, n. 48). Fine età domizianea - 107 d.C. Bianchi 2001, p. 92; Bianchi 2003b. Bloch 1947, pp. 40, 43, 54, 65, 66 (Terme di Traiano, Mercati di Traiano e Forum Iulium). 47   Diametro del timbro 8,0 cm ca (la misura è calcolata sulla base del frammento), diametro dell’orbicolo 4,0 cm. Del bollo si rilevano due esemplari nella stessa porzione del crollo. 48   Diametro del timbro 9,0 cm, diametro dell’orbicolo 3,7 cm. 49   CIL XV 29c: Steinby 1974-75, p. 27 e n. 7 anteriore all’a. 114; Bloch 1947, p. 77: età traianea. Bloch 1953, p. 218 Ostia I.XIV.7 datato 112-115 ca. Primo decennio del II sec. Bianchi 2001. Aa. 104-109 Bodel 2005, p. 91. CIL XV 29g: Rinvenuto spesso insieme a bolli degli aa. 114-117, Bloch 1959, p. 236. Steinby 1974-75, p. 28 e n. 3: ca. aa. 118-120. a. 118? Bodel 2005, pp. 73s. n. 37, 75 n. 42, 91. 50   Il bollo, già segnalato dal Bloch (Bloch 1947, pp. 58-59) è ancora visibile e, nonostante il cattivo stato di conservazione, è stato possibile precisarne la variante. Diametro del timbro 8,0 cm. Per la cronologia dei laterizi prodotti da Anteros Severianus vedi 5.6.

In particolare un esemplare non proprio identico al nostro (CIL XV 1326 corr./var./ se ne differenzia per la mancanza del cartiglio, per una minore qualità delle lettere e per la legatura AE) è stato rinvenuto nella Necropoli dell’Autoparco Vaticano su una tegola in situ (pubblicato in Acta IRF VI, 1973, p. 186, B54, Tav. LVII fig, 1). Il bollo rettangolare NAEVI BASSI, presenta un cartiglio in forma di tabella ansata. In questa variante, le lettere AE sono in legatura, mentre nell’es. della Basilica Ulpia il nome è riportato per esteso. La Steinby riferisce della datazione proposta dalla Blake (Blake 1959, I, p. 299): la serie dei bolli dei C., L. e P. Naevii si può collocare nella prima metà del I secolo, precisando che non è possibile stabilire quanti di questi siano tardo repubblicani o augustei, anche se la maggior parte di essi ha le lettere del tipo più antico. Solo per pochi dei bolli dei vari C. Naevii è conosciuto un luogo di ritrovamento che può servire come base per la datazione: il CIL XV 1324 = S. 343 trovato in vari esemplari sulle tegole della Domus di Livia (PBSR 5, 1908, 292 e NSA 1957, 80, 84, 91 e 94). Per l’identica forma delle lettere e le uguali proporzioni dei bolli 1326 (e del bollo 970b e 1331d compl) la Steinby ritiene che si possa trattare di bolli contemporanei. 40   Per entrambi i bolli vedi 4.1. 41   Diametro del timbro 9,6 cm, centro in rilievo diametro 5,4 cm, diametro dell’orbicolo 4,2 cm. 42   Diametro del timbro 9,0 cm, centro in rilievo diametro 4,9 cm, diametro dell’orbicolo 3,5 cm. 43   Diametro del timbro 9,4 cm, centro in rilievo diametro 5,3 cm, diametro dell’orbicolo 4,0 cm. 44   Diametro del timbro 8,9 cm, diametro dell’orbicolo 3,5-3,6 cm. 45   Questo bollo fu rinvenuto anche nel 1991 in occasione dello scavo del settore III (US 4). 46   CIL XV 56: Steinby 1974-75, p. 31, Bianchi 2001: età traianea. Bloch 1947, p. 63 (Forum Iulium); 78 (Atrium Vestae), primo decennio del

255

Il Foro di Traiano nell’Antichità CIL XV, 1

Datazione

Struttura

nn. ess.

Edizione

56

Primo decennio del II sec.

US 1540 (parte mediana) US 1544 (parte mediana) US 1546 (parte mediana)

1 1 1

Bianchi 2001, n.16

Deposito MT

97c

114-116 d.C.

US 1540 (parte mediana) US 1544 (parte mediana) US 1575 (parte mediana)

4 3 1

Bianchi 2001, cat. n. 21

Deposito MT

613a

Primo decennio del II sec.

5

Bianchi 2001, cat. n. 11

Deposito MT

59b

Primo decennio del II sec.

US 1542 (parte inferiore- corrisp.a 1547,1590)

1

Bianchi 2001, cat. n. 18bis

Deposito MT

83b

Fine età traianea (inizi età adrianea?)

8

Bianchi 2001, cat. n. 22

Deposito MT

84

112-115 d.C.

- US 1590-corr.a US 1542

1

Deposito MT

compatibile con la datazione di 83b

- Settore VI/US 1779 (Amb. LXXII) (scavo 30.8.1999)

4

(fr. nel nucleo) Bianchi 2001, cat. n. 20

- Settore III - US 4 (“BOLLO F”)

1

1003a

Ca. a. 107 d.C.

US 1548 (parte alta)

1

68c

Primo decennio del II sec.

Area A/US 1779 (Amb. LXXII) (scavo 30.8.1999)

1

29c compl. o 29c var

104-109 d.C.

Attico muro di fondo

2

Bianchi 2001, cat. n. 12

29g (I)

118 d.C.?

Attico muro di fondo

1

Bianchi 2001, cat. n. 23

811 f II

Primo decennio del II sec.

Settore SE/ Scala D – nord (1°gradino) (“BOLLO A”)

1

Bloch 1947, 23, p. 50 (“Foro Traiano: nel fondamento degli scalini nell’angolo sud-est dietro l’esedra settentrionale del Foro di Augusto”) Lugli, Fontes, 93, p. 96 (811 e o f) Bianchi 2001, cat. n. 15

97b

Primo decennio del II sec.

Settore SE/ Scala D (US 29) = (“BOLLO E”)

1

Bloch 1947, 22, p. 50 (“Foro Traiano: nel fondamento degli scalini nell’angolo sud-est dietro l’esedra settentrionale del Foro di Augusto”) Lugli, Fontes, 92, p. 96 (97 senza indicazione della variante) Bianchi 2001, cat. n. 19

Bianchi 2001, n. 4 Deposito FC

Figura 5.14. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera nelle murature degli elevati del settore meridionale.

256

Deposito FC

I bolli laterizi del Foro di Traiano CIL XV, 1

Datazione

Localizzazione (non in contesto)

nn. ess.

Edizione

58

Circa 110 d.C.

Biblioteca o basilica

(3)

Bianchi 2001, n. 17

Non rinvenuti

68c

Primo decennio del II sec.

Basilica – navata centrale

1

Bianchi 2001, n.18

Deposito MT

97b

Primo decennio del II sec.

Biblioteca

(6) 5

Bloch 1947, 4-9, p. 58 Lugli, Fontes, 67, p. 93

Deposito MT

257

123 d.C.

Basilica Ulpia – navata ovest

1

Bianchi 2001, p.98, fuori cat.

Deposito MT

267

123 d.C.

Biblioteca ovest

1

Bloch 1947, 43, p. 58 Lugli, Fontes, 78, p. 95 Bianchi 2001, p.98, fuori cat.

Deposito MT

612

Primo decennio del II sec.

dalla basilica (Bloch)

(2) 1

Bloch 1947, 10-11, p. 58 Bianchi 2001, n.10 Lugli, Fontes, 68, p. 94

Deposito MT

696

Primo decennio del II sec.

Basilica Ulpia – navata ovest

(14) 9

Bloch 1947, 12-30, p.58 Lugli, Fontes, 69, p. 94 Bianchi 2001, n.5

Deposito MT

319

123 d.C.

Biblioteca ovest

1

Bloch 1947, 44, p. 58 Lugli, Fontes, 79, p. 95 BCom 2001, p.98, fuori cat.

mancante

549a-e

123 d.C.

Biblioteca ovest

(24) 7

Bloch 1947, 45-68, p. 58 Lugli, Fontes, 81, p. 95 Bianchi 2001, p.98, fuori cat.

Deposito MT

559a

123 d.C.

Biblioteca ovest

(12) 5

Bloch 1947, 69-80, p. 58 Lugli, Fontes, 83, p. 95 Bianchi 2001, p.98, fuori cat.

Deposito MT

578a-b

Età di Traiano o dei primi anni di Adriano

Biblioteca ovest

(1)

Bloch 1947, 92, p. 59 Lugli, Fontes, 84, p. 95 Bianchi 2001, p.98, fuori cat.

mancante

593

Ca. a. 123 d.C.

(Biblioteca)

(2)

Bloch 1947, 93-94, p. 59 Lugli, Fontes, 85, p. 95 Bianchi 2001, p.98, fuori cat.

mancanti

696

Primo decennio del II sec.

Biblioteca ovest

(5) 3

Bloch 1947, 12-30, p.58 Bianchi 2001, n.5

Deposito MT

811d

Primo decennio del II sec.

Biblioteca ovest

(2) 3

Bloch 1947, 1, 31-32, p. 58 Lugli, Fontes, 70, p. 94 Bianchi 2001, n.14

Deposito MT

811f I-II

Primo decennio del II sec.

Biblioteca ovest

7

Bloch 1947, 33-40, p.58 Lugli, Fontes, 71-72, p. 94 Bianchi 2001, n.15

Deposito MT

932

123 d.C.

Biblioteca ovest

(11) 2

Bloch 1947, 81-91, p. 59 Lugli, Fontes, 86, p. 95 Bianchi 2001, p.98, fuori cat.

Deposito MT

1003a

a. 107 d.C.

Biblioteca ovest

2

Bloch 1947, 41, p. 58 Lugli, Fontes, 73, p. 94 Bianchi 2001, n.4

Deposito MT

1094d

Primi anni del II sec. d.C.?

Biblioteca ovest

1

Bloch 1947, 42, p. 58 Lugli, Fontes, 74, p. 94 Bianchi 2001, n.3

Deposito MT

1105

Primo decennio del II sec.

Biblioteca ovest

1

Bianchi 2001, n. 9

Deposito MT?

1113

123 d.C.

Biblioteca ovest

(2) 1

Bloch 1947, 95-96, p. 58 Lugli, Fontes, 87, p. 96 Bianchi 2001, p.98, fuori cat.

Deposito MT

1209a

125 d.C.

Biblioteca ovest

1

Bloch 1947, 97, p. 59 Lugli, Fontes, 88, p. 96 BCom 2001, p.98, fuori cat.

Deposito MT

N. B. non si rinvengono i seguenti 4 laterizi bollati segnalati dal Bloch nella Biblioteca occidentale: 1-2) 97b (2 es.) (Bloch 1947, 4-9 p. 58; BCom 2001, n. 19); MT = Mercati di Traiano; FC = Foro di Cesare. Per i numeri tra parentesi, vedi p. 264, n. 58.

Figura 5.15. Foro di Traiano. Bolli laterizi fuori contesto già editi.

257

Il Foro di Traiano nell’Antichità CIL XV,1

Datazione

Struttura

nn. ess.

Edizione

Localizzazione e data del rinvenimento

1096b

Ultimi anni I - inizi Il sec. d.C.

Condotto US 12

3+

Bianchi 2001, n. 7

1997

259

Fine età domizianea

Condotto US 28

1

spalletta sud-est (1991)

Condotto US 720=231

1

Bianchi 2001, cat. n. 2

Primo decennio del II sec.

Pozzo condotto US 157

1

(1997)

Caditoia US 723

1

Bianchi 2001, cat. n. 19

1346d

ca. aa. 93/4-106/7 d.C.

Condotto US 157 (sponda?)

1

(2005)

600c-d

Età traianea

Condotto US 720=231

1

bessale spalletta orientale (2005)

1003a

ca. a. 107 d.C.

Condotto US 8108-8109

1

97b

Bianchi 2001, cat. n. 4

bipedale spalletta (2005)

bipedale spalletta (2005)

Figura 5.16. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera nelle sponde dei condotti. CIL XV,1

Datazione

Struttura

nn. ess.

Edizione

811f

Primo decennio del II sec.

Condotto sud est del cortile della Colonna Traiana

1

Bloch 1947, 98, p. 59

842b

Primo decennio del II sec.

Condotto est del cortile della Colonna Traiana

1

(2003)

258a

aa. 93/4-106/7 d.C.

Condotto nord-sud a nord della Colonna Traiana

1

Condotto US 720=231

2

Condotto US 748

2

Condotto US 723

4

Data rinvenimento

259

Fine età domizianea

Condotto US 157 (I tratto) Condotto US 157 (II tratto)

25 1+

Bianchi 2001, cat. n. 2

(2005)

1000f

Età tardo-domizianea

Settore SE/ Condotto US 28

1

Bianchi 2001, cat. n. 1

(1991)

Condotto US 157

1

1094d

Primi anni del II sec.

Condotto US 767 Condotto US 722 (4 ess. ) e 712 (3 ess.)

1 4 3 1

Bianchi 2001, cat. n. 3

1003a

Ca. a. 107 d.C.

Condotto US 723

7

Bianchi 2001, cat. n. 4

635c

Fine dell’età domizianea

Condotto US 8108-8109 Condotto US 723

1 2

1182

Inizio del II sec.

Condotto US 723. Nella curva e nel tratto breve

16

1253f

Circa a. 112 d.C.

Condotto US 723. nella curva Condotto US 712

2 1

811d

Primo decennio del II sec.

Condotto US 722

4

Bianchi 2001, cat. n. 14

697

Post a.107 d.C.

Condotto US 722 e 712

2

Bianchi 2001, cat. n. 6

1105

Primo decennio del II sec.

Condotto US 712

1

Bianchi 2001, cat. n. 9

2005

Figura 5.17. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera sui bipedali di copertura dei condotti.

258

I bolli laterizi del Foro di Traiano CIL XV,1

Datazione

Struttura

nn. ess.

812

Inizio età adrianea

Condotto nord-sud a nord della Colonna Traiana

1

1120a

118-120 d.C.

Condotto nord-sud a nord della Colonna Traiana

1

1003a

Ca. a. 107 d.C.

Condotto US 8108-8109

3

Edizione

Bianchi 2001, cat. n. 4

(2005)

Figura 5.18. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera sui bipedali del piano di fondo dei condotti.

CIL XV,1

Datazione

Struttura

nn. ess.

Edizione

811f I

Primo decennio del II sec.

Galleria portatubi/fistula su bipedale di copertura

1

Bianchi 2001, n. 15

97c

114-116 d.C.

Tegole pavimentazione Sala trisegmentata

3

(2005) Deposito Foro di Cesare 1) Tegola cm 29-31 x 40,9; sp 3,5/ Diam. 9,0 2) Tegola largh. 32; Diam.8,8 3) Tegola sp 3,9 orb. 3,9, diam 8,5

Figura 5.19. Foro di Traiano. Bolli laterizi in opera sui laterizi utilizzati per altri dispositivi idraulici.

Figura 5.20. Cd. Biblioteca orientale. CIL XV 811d.

259

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.21. Settore a nord della Colonna Traiana. CIL XV 1209b.

Figura 5.22. Il bollo CIL XV 1033 rinvenuto in opera nel settore a nord della Colonna Traiana (dis. E. Bianchi).

Figura 5.23. Frammento del bollo CIL XV 56 dall’US 1540 (a), dall’ US 1544 (b), dall’ US 1546 (c).

Figura 5.24. Frammento e relativo calco del frammento con il bollo CIL XV 97c (US 1540).

260

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.26. Frammento del bollo CIL XV 97c (US 1575).

Figura 5.25. CIL XV 97c (US 1544).

Figura 5.27. Frammento del bollo CIL XV 613a (US 1542).

Figura 5.28. Frammento del bollo CIL XV 59b (US 1542).

261

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.29. CIL XV 68c (US 1779).

Figura 5.30. a-e: Frammenti di esemplari del bollo CIL XV 83b dall’US 1542.

e 97b ([---]RA^ED^IS·C·CV^RI[---])51, già segnalati dal Bloch e collocati rispettivamente il primo su un bipedale del primo gradino e il secondo nel nucleo cementizio del muro di spina. Nella fig.5.15 sono raccolte le informazioni relative ai bolli la cui presenza è stata documentata dal Bloch nell’area della Basilica Ulpia e della c.d. Biblioteca occidentale52.   Steinby 1974-75, p. 30 n. 8: primo decennio del II secolo. Bloch 1947, pp. 43, 47 Terme di Traiano. Bloch 1953, p. 218 Ostia I.XIV.8 Terme di Buticosus datate 112 ca., I.XV.1 datato 112 ca.; 219 Horrea e Aula dei Mensores datati 112 ca. Blake – Bishop 1973, p. 181 n. 56. Lancaster 1995, fig. 6. Bianchi 2015, p. 37. 52  Nella tabella a fig.5.15 si preferisce mantenere questa ripartizione topografica segnalata dal Bloch. 51

Figura 5.31. Frammento del bollo CIL XV 84 (US 1790).

262

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.32. Quattro esemplari del bollo CIL XV 84 (US 1779).

Figura 5.33. Porzione di muratura dell’attico del muro meridionale della piazza allo stato di crollo dove è visibile il bollo CIL XV 29c.

263

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.34. Frammento del bollo CIL XV 29c in opera nella porzione di cortina laterizia dell’attico del muro meridionale della piazza.

Figura 5.36. a-b: Frammento del bollo CIL XV 68c (calco a matita).

(fig.5.42). Altri bolli sono il CIL XV 1003a (fig.5.43), 1094d (fig.5.44), 1105 si riferiscono cronologicamente al primo decennio del II secolo d.C.57 A questo gruppo dovevano appartenere anche altri bolli segnalati dal Bloch in questo contesto58, talvolta in diversi esemplari,

Figura 5.35. Frammento del bollo CIL XV 29g rinvenuto in opera nella porzione di cortina laterizia dell’attico del muro meridionale della piazza.

  CIL XV 68c: fig.5.14. CIL XV 97b: Bloch 1947, 4-9, p. 58; Bianchi 2001, n. 19; questo bollo è stato rilevato in opera nelle murature del settore meridionale (figg.5.14-5.16). CIL XV 612: Steinby 1974-75, p. 92 e Bianchi 2001, Bianchi 2003b, Ead. 2015, p. 37: primo decennio del II secolo. Bloch 1947, pp. 52, 65 (Mercati di Traiano). CIL XV 696: dei bipedali che recano questo bolli nove sono interi. Di essi 11 sono conservati nel Deposito dei Mercati di Traiano, mentre un altro si trova nella Basilica Ulpia all’interno della fossa di fondazione dell’emiciclo occidentale; su T. Camidienus Atimetus vedi 5.6. CIL XV 578a: Steinby 1974-75, p. 90: Età di Traiano o al massimo dei primi anni di Adriano. Gatti 1906, p. 331 in situ con CIL XV 566a, 583b, 597, da Gatti datati in età adrianea. Pfeiffer-Van Buren-Armstrong 1905, pp. 32s. N. 106. Anderson 2007, p. 14 N. 15 Pl. 4. CIL XV 811d: fig.5.13; i bolli sono impressi su bipedali dello spessore di 4,5 cm. CIL XV 811f I-II: fig.5.14; si tratta degli ess. identificati dal Bloch come 811e-f. La differenza tra le due varianti riguarda la forma del bollo. Le due varianti 811fI-II si distinguono per la dimensione dell’orbicolo. Un esemplare in particolare, differisce dagli altri per un centro più grande e per la mancanza nel testo della legatura AE. CIL XV 1003a: vedi fig.5.14. Uno dei due ess. non era stato visto dal Bloch. CIL XV 1094d: il bollo è impresso su un bipedale dello spessore di cm 7. Da contesti domizianei (Steinby 1974-75, p. 56 n. 3); fine età domizianea/ fine I sec. Bianchi 2001, Ead. 2003a. Bloch 1947, p. 55 (Mercati Traianei). Bloch 1953, p. 226 Ostia Terme delle Sei Colonne, primi anni del II sec. d.C. CIL XV 1105: figg.5.86-5.87; questo bollo non era stato segnalato dal Bloch. 58   Il numero è indicato tra parentesi nella fig. 5.15. 57

Questi 57 bolli, alcuni dei quali sono rappresentati da molti esemplari, sono sostanzialmente divisibili in due gruppi53. I bolli CIL XV 68c (fig.5.36)54, 97b (fig.5.37), 612 (fig.5.38), 578a-b, 696 (fig.5.39)55, 811d (fig.5.40), 811fI (fig.5.41)56. Un esemplare tra quelli della serie 811f, a parità di forma (con centro in rilievo) e di dimensioni del disco (cm 8,0), presenta una differenza nel testo consistente in una diversa abbreviazione della parte terminale del nome: DOL(iare) . ANTEROT(is) SEV^ER(iani) CAES(ARIS), privo della legatura CA^ES presente negli esemplari 811fI   Il numero complessivo non corrisponde del tutto a quelli menzionati dal Bloch, poiché in occasione della revisione di alcuni esemplari non è stata riscontrata la presenza. 54   Diametro del timbro 9,8 cm. 55   Diametro del timbro 9,2 cm. 56   Diametro del timbro 7,9-8,1 cm; centro in rilievo, diametro cm 4,4; diametro dell’orbicolo 4,3 cm. 53

264

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.37. Frammenti di esemplari del bollo CIL XV 97b.

(fig.5.48)64, 1209a sono tutti databili al 123 d.C.65 CIL XV 319, 549b, 578a-b, 593 e 1209a dovrebbero provenire secondo il Bloch dall’insula scavata nel 1933-37 presso il Foro. Il sistema di smaltimento delle acque del Foro Traiano offre un quadro molto articolato di bolli laterizi e il suo esame ha rivelato una differenziazione di materiali utilizzati per le diverse componenti strutturali dei condotti, con poche eccezioni di manufatti il cui impiego è risultato ricorrente, stando alle evidenze disponibili, per ciò che riguarda il settore meridionale, come nel caso dei bipedali recanti il bollo CIL XV 259. Le sponde dei condotti fognari che hanno permesso di rilevare la presenza di bolli laterizi in opera sono quelle del settore meridionale (fig.5.16). Nella rete di condotti connessa con il portico orientale della piazza, esplorata in prossimità della sua estremità meridionale è stata verificata la presenza di alcuni bolli

Figura 5.38. Frammento del bollo CIL XV 612.

  Diametro del timbro 9,5; diametro dell’orbicolo 4,8 cm.   CIL XV 257: il bollo è impresso su un bipedale intero. CIL XV 267: Righini 1975, p. 70 N. 41 (= CIL XV 267.11). LSO 276. Steinby 1981, p. 307 n. 15. Anderson 1991, n. 30. CIL XV 319: CIL XV 317. PfeifferVan Buren-Armstrong 1905, pp. 20s. n. 44., 79-81, nn. 50a-c tav. X.1 (= CIL XV 319.30). LSO 313. Anderson 1991 N. 36. CIL XV 549a: si conservano soltanto 7 ess. di questo bolli dei 24 totali identificati dal Bloch in diverse varianti (45-68, p. 58). CIL XV 549b: Pfeiffer-Van Buren-Armstrong 1905, 28s. N. 91. Steinby 1981, p. 312 n. 40 (= CIL XV 549a-d). Proietti 1990, pp. 557s. N. 5, fig.165.5. Anderson 1991, pp. 51 N. 71 II; 122s. N. 319. CIL XV 593: Steinby 1974-75, p. 91: è stato ritrovato con bolli dell’a. 123 e sarebbe quindi di poco anteriore. CIL X 8043.89. CIL XII 5679.85. Pfeiffer-Van Buren-Armstrong 1905, pp. 32s. N. 113. Bodel 1983, p. 39 n. 57, tav. XI.57. Anderson 1991, p. 57 N. 88, 124 N. 327. Attestazioni. Domus Augustana, 13 ess. in strutture di prima età adrianea, Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015, pp. 364, 373, 457. CIL XV 1209: Si segnala la presenza di un es. della variante b di questo bollo in situ nel settore a nord della Colonna Traiana (vedi 4.1). 64 65

ma non rinvenuti, come nel caso del CIL XV 5859, 319 e 578a-b. I bolli CIL XV 257 (fig.5.45)60, 267 (fig.5.46), 319, 549a-b (fig.5.47, a)61, 559a (fig.5.47,b)62, 593, 93263, 1113

  Di questo bollo, peraltro, è documentato un esemplare in opera nelle murature della biblioteca occidentale (fig.5.13). 60   Diametro del timbro 8,3 cm, diametro dell’orbicolo 3,5 cm. 61   Altezza del timbro 3,0 cm, lunghezza 9,0 cm. 62   Altezza del timbro 3,2 cm, lunghezza non conservata. Bloch 1947, p. 60. 63   Bloch 1947, p. 60. 59

265

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.39. Foto e calchi di esemplari del bollo CIL XV 696, dalla cd. Biblioteca ovest.

Figura 5.40. Frammenti di esemplari del bollo CIL XV 811d.

266

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.41. Esemplare del bollo CIL XV 811fI.

Figura 5.44. Esemplare del bollo CIL XV 1094d.

Figura 5.42. Esemplare del bollo CIL XV 811fI var.

Figura 5.43. Frammento del bollo CIL XV 1003a.

Figura 5.45. Esemplare del bollo CIL XV 257 (calco a matita).

267

Il Foro di Traiano nell’Antichità appena dopo il suo innesto con l’US 12 ma anche su una tegola alloggiata nella caditoia dell’US 723 del cortile meridionale (Settore VI)71 (figg. 4.97, 5.49). Nello stesso settore il condotto (US 8108-8109) sottostante il braccio orientale del portico conserva il bollo CIL XV 1003a72 (fig.5.50). Tutti i bolli si datano non oltre il primo decennio del II secolo d.C. Di essi, se il 259 è certamente riferibile a una produzione tardo domizianea, come ampiamente dimostrato dal ritrovamento avvenuto anche nei Mercati di Traiano73 e nella c.d. Terrazza Domizianea74, mentre il 1096b e il 1346d potrebbero appartenere anche ai primissimi anni di Traiano.

Figura 5.46. Frammento del bollo CIL XV 267.

I bolli laterizi presenti sui bipedali che si trovano a copertura dei condotti presentano un quadro sostanzialmente diverso (fig.5.17). Il sistema di smaltimento idraulico del cortile della Colonna Traiana è costituito da una canaletta perimetrale che serve i quattro lati del cortile e da un collettore di uscita con asse nord-sud. L’ispezione eseguita nel 2003 ha rivelato la presenza del bollo CIL XV 842b (fig.5.51) su uno dei bipedali di copertura del ramo del condotto situato sul lato orientale del cortile. A questa stessa struttura si riferisce anche la notizia riportata dal Bloch75, secondo il quale «nella fogna a sud est della Colonna su un bipedale caduto dal tetto formato alla cappuccina» fu rinvenuto il bollo CIL XV 811f. La datazione del primo bollo è stata diversamente interpretata sulla base del personaggio menzionato nell’iscrizione del timbro insieme all’officinator, il servo Sagitta. Secondo H. Dressel il personaggio dovrebbe essere Q. Articuleius Paetus, console dell’a. 101 d.C.76, mentre Gaetano Marini77 riteneva dovesse trattarsi di Q. Articuleius Paetinus console nell’ a. 12378. La prima ipotesi è ritenuta più attendibile secondo H. Bloch che colloca il bollo al principio del II secolo79. Tale datazione appare peraltro confermata dall’associazione nel contesto in questione del bollo 811f e permette di confermare la contemporaneità di costruzione del sistema fognario del cortile della Colonna Traiana con gli edifici delle c.d. Biblioteche, nelle quali si trovano come si è visto impiegati bolli dello stesso

Figura 5.47. Frammenti di esemplari dei bolli CIL XV 449a (a) e CIL XV 559a (b) (calchi a matita).

sui piani di appoggio delle coperture a cappuccina: CIL XV 1096b66 (CN·DOM^IT^I·EVA^R^ISTI/ V·O·F) (US 12), il CIL XV 25967 sia nel condotto US 28 che nell’US 720=231, dove si trova anche il bollo 600c-d68. Il bollo CIL XV 1346d69 è stato rinvenuto soltanto nella parete del condotto US 157, connesso strutturalmente con l’US 720=231. Il bollo CIL XV 97b70 è stato trovato in opera nella muratura del pozzo presente nel condotto US 157,

  Diametro del timbro 9,0 cm, diametro dell’orbicolo 4,5 cm.   V. nota n. 45. 73   Bianchini-Vitti 2017, p. 670. 74   Steinby 1974-75, p. 51 e n. 7: degli ultimi anni di Domiziano. Stadio Palatino, Bloch 1947, pp. 29, 34. Blake 1959, p. 122 n. 85. c. d. Tempio di Augusto, Bloch 1959, 34, 54 (ultimi anni di Domiziano); Blake 1959, 115 n. 9, 117 n. 20. Forum Iulium Bloch 1959, 61, 65. Ultimi anni di Domiziano Bloch 1947, p. 54. Bianchi 2001, p. 92 N. 2, 101, 110; Bianchi 2003a. Nella villa di Matidia a Monte Porzio Catone in una canaletta 28 es. del bollo 259 sono stati rinvenuti insieme al 1000f dei due Domitii, mostrando come si sia dovuto trattare di una unica fornitura (BolognaPastorini 2006, pp. 153, 154, 155). Più recentemente: Bianchi-SantucciAntognoli 2015; Bianchi-Santucci 2020. 75   Bloch 1947, p. 98, p. 59. 76   PIR2 A 1177. 77   Marini 1884, p. 610. 78   PIR2 A 1173. 79   Bloch 1947, p. 78. Vedi anche Bodel 1983, p. 45 N. 73. Lo stesso bollo è stato rinvenuto anche nei Mercati di Traiano: Bianchi 2003a, pp. 344-345. 71 72

  L’esemplare è stato rilevato in occasione dello scavo realizzato nel 1997 su un bipedale della spalletta della fogna US 12. Diametro del timbro 9,4 cm, centro in rilievo diametro cm 4,9, orbicolo cm 4,9. Età domizianea (Steinby 1974-75, p. 57). Ultimi anni di Domiziano Bloch 1947, p. 54. Ultimi anni I - inizi II sec. Bianchi 2001, p. 92 n. 7; Bianchi 2003b. 67   Bianchi-Santucci 2020. 68   Steinby 1974-75, p. 89. 69   Steinby 1974-75, pp. 47, 52 e n. 2). Ante 107 d.C. Bianchi 2003a; cfr. Bloch 1947, pp. 51, 55 (Mercati di Traiano), 66 (Forum Iulium). Bianchi 2003b, p. 95, fig. 14. 70   Vedi nota n. 57. 66

268

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.48. Esemplare del bollo CIL XV 1113 (calco a matita).

Figura 5.51. Cortile della Colonna Traiana. Il bollo laterizio CIL XV 842b impresso sulla copertura in bipedali del tratto orientale della canaletta in laterizio.

Anteros Severianus nella variante 811d80, lo stesso che si ritrova su 4 bipedali di copertura del sistema fognario del cortile meridionale del complesso (US 722) (fig.5.52). Il bollo CIL XV 258a (AGAT^HOBV^LI DOMIT^I TV^LL D L DOL/ APRILIS) è presente in numerosi esemplari sui bipedali di copertura di quasi tutti i condotti fognari esplorati all’interno del complesso81: nel condotto nordsud a nord della Colonna Traiana82 (fig.5.53): nelle UUSS. 720= 231 e 723 (ramo UUSS 8108-8109) ad eccezione del lungo condotto di fondo della piazza (US 157) nel quale predomina la presenza del bollo CIL XV 259 dello stesso Domitius Tullus (AGAT^HOBV^L·DOMITI·TV^LLI/ APRILIS) con oltre 25 esemplari rilevati in opera83. Va detto che la sua presenza qui, in associazione al bollo CIL XV 1000f 84, rilevato anche nel condotto situato a ridosso

Figura 5.49. Caditoia nel cortile porticato. Bollo CIL XV 29b su tegola.

  Vedi nota 37.   Per la sua datazione: Bloch 1947, pp. 50, 54 (Mercati Traianei), 65 (Forum Iulium). Steinby 1974-75, p. 51. Bianchi 2003b: aa. 93/4-106/7 d.C. 82   Diametro del timbro cm 9,1; diametro dell’orbicolo 4,2 cm. 83   Vedi 4.2.1. 84   Per la datazione all’età tardo-domizianea: Steinby 1974-75, p. 50; Bloch 1947, p. 55; Bianchi 2001, pp. 91s. N. 1. Aa. 93-94 d.C. Bianchi 2003b. Lancaster 1995, p. 31s.: nei Mercati Traianei il bollo compare in contesti sicuramente traianei, quindi molto dopo la data di produzione. Gasperoni 2003, p. 207 N. 5, tav. CII.3-4 (e/f). 80 81

Figura 5.50. Condotto US 8108-8109. Esemplare del bollo CIL XV 1003a.

269

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.53. Cortile della Colonna Traiana. Collettore nord sud. Esemplare del bollo CIL XV 258a su bipedale della copertura a cappuccina.

Figura 5.52. Condotto US 722. Esemplare del bollo CIL XV 811d.

del portico orientale della piazza (US 28), potrebbe costituire una prova della anteriorità di costruzione di questi condotti rispetto al resto della rete fognaria. Tale associazione (259 e 1000f) è stata osservata anche nella villa di Matidia a Monteporzio Catone85. Oltre al CIL XV 258a, nelle coperture dei condotti del cortile meridionale (UUSS 712, 723, 748, 767, 8108-8109), sono presenti numerosi altri bolli: CIL XV 1003a (fig.5.54)86, 635c87 (fig.5.55), i sedici esemplari del bollo 118288 (fig.5.56), 1253f (fig.5.57)89, 697 (fig.5.58)90, 1105 (fig.5.59)91 e 1094d92 nella canaletta US 767 e soprattutto nella US 722 (fig.5.60), la stessa dove si trova anche il già menzionato bollo 811d e nella quale si trovano associati il bollo 697 con il bollo 1105. La datazione di questi 9 bolli diversi Figura 5.54. Cortile porticato meridionale. Condotto US 723. Esemplare del bollo CIL XV 1003a.

  Bologna- Pastorini 2006.   Vedi note 46, 57. 87   Questo è impiegato anche nelle suspensurae della forica traianea del Foro di Cesare (Bianchi 2010a). Per la sua datazione: Bloch 1947, 30; Steinby 1974-75, pp. 98s. LSO 541. Bologna - Pastorini 2006, p. 155 (cd. villa di Matidia Augusta a Monteporzio Catone). 88   Età di Traiano Bianchi 2003a, p. 345. Nelle Terme di Traiano: un bollo di un altro officinatore di M. Herennius Pollio è stato trovato insieme a 811e di Anteros Severianus. Bianchi 2015, p. 32; vedi anche (Lucus Feroniae) Stanco 2010, p. 65. PIR2, H 119; Sëtala 1977, pp. 127-129. 89   Il bollo per H. Dressel è riferibile all’età adrianea (CIL XV, 1, p. 344). Bloch 1947, p. 78 Atrium Vestae. Primi anni del II sec. Per una possibile datazione agli anni 114-117 o, al più, 114-120 vedi Fiore-Mari 2003, p. 44 n. 30. 90   Diametro del timbro cm 9,3, centro in rilievo cm 4,9. In questo bollo la presenza delle lettere “DOL”, abbreviazione di opus doliare, confermerebbe una datazione intorno all’inizio del II secolo (Steinby 1993, 1, p. 140). Il bollo compare nei Mercati di Traiano nella scala settentrionale dell’emiciclo assieme al bollo 1014a di Domitia Lucilla maior, che è posteriore all’a. 107 d.C. Bloch 1947, p. 50, n.24. Bianchi 2015, p. 35. Bloch 1947, p. 111 nei muri fra il Pantheon e la basilica Neptuni. 91   Diametro del timbro 7,8 cm. É uno dei bolli più caratteristici dell’età traianea, Bloch 1947, pp. 24, 51, 55 Mercati Traianei. Steinby 1974-75, p. 56 n. 8; così anche Bianchi 2001. 92   Vedi nota 57. 85 86

Figura 5.55. Cortile porticato meridionale. Condotto US 723. Esemplare del bollo CIL XV 635c.

270

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.56. Cortile porticato meridionale. Condotto US 723. Due esemplari del bollo CIL XV 1182.

Figura 5.57. Cortile porticato meridionale. Condotto US 723. Esemplare del bollo CIL XV 1253f.

rinvenuti in 51 esemplari, è compresa nel primo decennio del II sec. d.C. Le uniche eccezioni sono costituite dal CIL XV 635c di L. Licinius Felix la cui cronologia corrisponde alla fine dell’età di Domiziano93 e dal 258a che potrebbe essere stato prodotto negli ultimi anni del I secolo, rientrando perfettamente in una logica di impiego di materiali non nuovissimi.

Figura 5.58. Cortile porticato meridionale. Condotto US 712. Esemplare del bollo CIL XV 697 (calco a matita).

dell’emiciclo settentrionale del Foro di Augusto con il sistema di scarico del cortile meridionale del Foro di Traiano. Nel settore opposto il fondo del condotto che dal cortile della Colonna Traiana (fig.4.13) si dirige verso l’esterno del complesso mostra bolli di cronologia differente: CIL XV 812 (fig.5.61) e 1120a (fig.5.62)94. La

I bolli rinvenuti in opera sui bipedali collocati sul fondo dei condotti (fig.5.18) sono pochissimi. Gli unici esemplari che è stato possibile rilevare nel settore meridionale sono tre esemplari del bollo 1003a (fig.5.54), conservati anche nel braccio laterale della canaletta US 8108-8109 (fig.5.50) che collegava probabilmente il sistema di smaltimento

  Per il CIL XV 812 è stata proposta una datazione ai primi anni di Adriano o di poco posteriore all’a. 123 (Bloch, 1947, pp. 15, 17; Steinby 1981). Il bollo CIL XV 1120a si dovrebbe collocare intorno alla fine dell’età di Traiano o ai primissimi anni di Adriano. Bloch 1947, pp. 90, 94, 323. DeLaine 2002, p.78, 92 a. 118 ca. LSO 885. 94

  Su questo figulo, vedi 5.6.

93

271

Il Foro di Traiano nell’Antichità presenza di questi bolli databili agli anni 118-120 d.C., come del resto la presenza dei bolli 1209b e 1033 degli anni 123 e 125 d.C., rilevata immediatamente a sud nell’arco in laterizi posto a protezione dello stesso condotto95, non fa che confermare una diversa cronologia degli interventi di completamento dell’estremo settore settentrionale del Foro rispetto alla costruzione del complesso costituito dalla Basilica, dalle c.d. biblioteche e dal sistema fognario del cortile della Colonna Traiana96. Per rimanere nell’ambito dell’utilizzo di laterizi posti a copertura di altri dispositivi idraulici, quali le fistulae di alimentazione idrica del settore meridionale, si segnala la presenza del bollo 811fI97 (fig.5.63) e del 97c98 (figg.5.645.65) impresso su tre tegole99 poste a copertura di un probabile passaggio di una conduttura nel massetto di pavimentazione della sala trisegmentata (fig.5.66). Il primo bollo è della piena età traianea, mentre il secondo, datato agli anni 114-116 d.C., si accorda con la cronologia delle opere murarie di questo settore, e può senz’altro costituire un dato indicativo per la datazione delle ultime fasi di completamento del complesso meridionale, consistenti nelle ultime lavorazioni funzionali alla posa in opera dei pavimenti e dei rivestimenti marmorei.

Figura 5.59. Cortile porticato meridionale. Condotto US 712. Esemplare del bollo CIL XV 1105 (calco a matita).

5.3 I materiali rinvenuti nei riempimenti del sistema fognario L’insieme dei bolli laterizi rinvenuti nel Foro comprende anche 25 esemplari provenienti dagli strati di riempimento delle canalette fognarie del settore meridionale, del settore di via dei Carbonari e della fornace medievale, scavati tra il 2005 e il 2006, che va ad implementare il numero dei bolli fuori contesto già documentati dal Bloch per il settore settentrionale: • 4 esemplari frammentari del bollo CIL XV 259 (fine età domizianea) dei bipedali crollati dalla copertura del condotto US 157 (US 703)100 (fig.5.67). Due di essi sono pressoché interi; 2 bipedali interi (figg.5.68-5.69); • un esemplare del bollo CIL XV 1096b proveniente dallo scavo della fornace (fig.5.70); • un esemplare del bollo CIL XV 29b compl. (104-109 d.C.)101 proveniente dal condotto 720=231 (US 215) (fig.5.71); • un esemplare del bollo CIL X ,1003a (107 d.C.) proveniente dal condotto US 723 (US 329);

Figura 5.60. Cortile porticato meridionale. Condotto US 722. Esemplare del bollo CIL XV 1094d.

  Bianchi 2001, pp. 117-119; Meneghini 2002, pp. 689-692.   La Rocca 2018, p. 92 con bibliografia precedente. 97   Vedi nota 57. Diametro del timbro 8,0 cm, centro in rilievo 4,3 cm, diametro dell’orbicolo 4,3 cm. 98   Vedi note 42,46. Diametro del timbro 9,1 cm, centro in rilievo 4,6 cm, diametro dell’orbicolo 3,8 cm. 99   Gli esemplari misurano 31/29 cm (largh.) x 45 cm (lungh.) x 3,5 cm (sp.) (aletta 5,0 cm). 100   I bipedali hanno uno spessore di 5,4-5,6 cm. 101   Questo bollo è differentemente datato agli anni 112-115 (Bloch 1953, p. 218 Ostia I.XIV.7) e più recentemente agli anni 104-109 d.C. (Bodel 2005, p.91). 95 96

Figura 5.61. Cortile della Colonna Traiana. Pavimentazione del condotto di uscita del sistema fognario. Esemplare del bollo CIL XV 812.

272

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.62. Cortile della Colonna Traiana. Pavimentazione del condotto di uscita del sistema fognario. Esemplare del bollo CIL XV 1120a.

Figura 5.63. Settore VB, cavedio per fistula. Esemplare del bollo CIL XV 811fI su tegola (calco a matita).

Figura 5.64. Settore VB, cavedio per fistula. Esemplari del bollo CIL XV 97c (calchi a matita).

• Un esemplare del bollo CIL XV 264102 (anteriore al 115 d.C.) proveniente dalla stessa unità stratigrafica del precedente (fig.5.72); • 4 esemplari del bollo CIL XV 613a103 (primo decennio del II sec.) provenienti da diverse UUSS dei condotti UUSS 722 (US 352), 723, 720=231 (US 717) (figg.5.735.74)104 e dallo scavo della fornace (US 260). • un esemplare del bollo CIL XV 63a (primo decennio del II sec.) proveniente dallo scavo di via dei Carbonari (US 93) (fig.5.75).   Steinby 1974-75, p. 52: anteriore alla manomissione di Agathobulus avvenuta nell’a. 115 o poco prima. Bloch 1947, p. 78 Atrium Vestae, fase traianea. 103   Vedi nota 46. 104   Diametro del timbro 9,5 cm; sp. 3,3-3,4 cm. 102

Figura 5.65. Settore VB, cavedio per fistula. Esemplare del bollo CIL XV 97c su tegola.

273

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.66. Settore VB, tegole bollate alloggiate sul piano pavimentale della cd. sala trisegmentata.

• un esemplare del bollo CIL XV 811d (primo decennio del II sec.) proveniente dal condotto US 722 (US 350) (fig.5.76)105. • un esemplare del bollo CIL XV 811fI proveniente dal condotto US 720=231 (US 207) (fig.5.77)106. • a questi ultimi due va probabilmente aggiunto un esemplare frammentario del bollo CIL XV 152a proveniente da via dei Carbonari (US 59) (fig.5.78).

• 2 esemplari del bollo CIL XV 83a-83b (fine età traianeainizi età adrianea) provenienti dagli strati inferiori di riempimento (US 714) del tratto del condotto US 720=231 ormai privo di copertura (fig.5.79)107. • un esemplare del bollo CIL XV 563g-h (123 d.C.) su bessale con 2 bolli anepigrafi fatti con punti incavati rinvenuto nello stesso condotto US 720=231 (US 729) (fig.5.80). • due esemplari non identificabili provenienti dallo stesso condotto (UUSS 715 e 729).

  Diametro dell’orbicolo 4,8 cm; sp. 4,1 cm.   Diametro dell’orbicolo 4,3 cm; sp. 4,3 cm.

105

  Diametro dell’orbicolo 3,4 cm; sp. 3,6 cm.

107

106

274

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.67. Frammenti del bollo CIL XV 259 dallo scavo dei riempimenti del condotto US 157 (US 703).

Figura 5.69. Frammento del bollo CIL XV 259 dallo scavo dei riempimenti del condotto US 157 (US 703).

Figura 5.68. Frammento del bollo CIL XV 259 dallo scavo dei riempimenti del condotto US 157.

Figura 5.70. Frammento del bollo CIL XV 1096b dalla fornace medievale.

275

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.73. Frammento del bollo CIL XV 613a dal condotto US 723 (US 331).

Figura 5.74. Frammento del bollo CIL XV 613a dal condotto US 720=231 (US 717).

Figura 5.71. Frammento del bollo CIL XV 29b dal condotto US 720=231 (US 215).

Figura 5.75. Frammento del bollo CIL XV 63a dallo scavo di via dei Carbonari (US 93).

Figura 5.72. Frammento del bollo CIL XV 264 dal condotto US 723 (US 329).

Figura 5.76. Frammento del bollo CIL XV 811d dal condotto US 722 (US 350).

276

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.77. Frammento del bollo CIL XV 811fI dal condotto US 720=231 (US 207).

Figura 5.78. Frammento del bollo CIL XV 152a dallo scavo di via dei Carbonari (US 59).

Figura 5.79. Frammenti del bollo CIL XV 83a-b dal condotto US 720=231 (US 714).

277

Il Foro di Traiano nell’Antichità • un esemplare del bollo CIL XV 1349 (databile all’età dei Severi) proveniente dal condotto US 722 (US 350) (fig.5.81)108. • un esemplare del bollo 408a-d (212-217 d.C.)109 proveniente da via dei Carbonari (US 95) (fig.5.82). • Un esemplare del bollo CIL XV 1670110 (età di Teodorico) proveniente dal condotto US 723 (US 332) (fig.5.83). • In aggiunta a questi esemplari si considera anche il ritrovamento di un bipedale con il bollo CIL XV 822.1 (primo decennio del II sec.) rinvenuto nel 1998 nello scavo del settore centrale del Foro (Amb. VII, US 2121) e già segnalato nell’edizione del 2001111. Figura 5.80. Frammento del bollo CIL XV 583g dal condotto US 720=231 (US 729).

Il bollo 29b proviene dal condotto centrale e, poichè lo spezzone di crollo dell’attico presente nelle vicinanze conserva i bolli 29 c e 29g, potrebbe essere parte del crollo della stessa struttura realizzata interamente con laterizi delle Brutianae. 83b e 613a sono i bolli rinvenuti in numerosi esemplari del muro perimetrale del quale doveva far parte l’US 1542 (figg.3.71, 3.72), quindi è molto probabile che altri elementi costituenti quella struttura siano finiti nelle fogne a seguito della sua demolizione. Il bollo 1096b rinvenuto nel settore occidentale del Foro è lo stesso presente nel condotto situato lungo il portico orientale della piazza (US 12), quindi è probabile che questo esemplare provenga dalla rete di condotti che servivano la piazza.

Figura 5.81. Frammento del bollo CIL XV 1349 dal condotto US 722 (US 350).

Del bollo 1003a sono stati rinvenuti altri esemplari in opera nello stesso condotto US 723 e nel ramo adiacente (figg. 5.16, 5.17, 5.18). Il bollo 811d, oltre a essere stato rinvenuto in opera nella c.d. biblioteca orientale e a far parte dei ritrovamenti documentati dal Bloch fuori contesto pertinenti a questo settore, è presente nella copertura del condotto fognario US 722 del cortile porticato meridionale (fig.5.17). 811f è il bollo che secondo il Bloch fu visto nel condotto sud est del cortile della Colonna Traiana e che si conserva in numerosi esemplari provenienti dal settore settentrionale del Foro.

Figura 5.82. CIL XV 408a-d dallo scavo di via dei Carbonari (US 95)

Viceversa, per ciò che concerne i bolli CIL XV 63a e 264 si tratta dell’unica unica attestazione all’interno del Foro. Similmente, per quanto riguarda il bollo 563g-h, databile al 123 d.C., non si può dire molto. Scarsissima nel Foro è la presenza di bessali: un solo ritrovamento si riferisce a un esemplare delle stesse Sulpicianae della serie CIL XV 600 rinvenuta in opera nel condotto US 720=231.

  Diametro dell’orbicolo 2,0 cm; sp. 2,2 cm.   Steinby 1974-75, p. 74. Ead. 2020, p.400. 110   Alfonsi Mattei et al. 1973, p. 298 N. 3, tav. I.3. 111   Bianchi 2001, n.8, Fig. 9, p. 43. L’esemplare è conservato nel deposito dei Mercati di Traiano insieme ai laterizi bollati documentati dal Bloch nella Basilica e nelle c.d. biblioteche. 108 109

Figura 5.83. CIL XV 1670 dal condotto US 723 (US 332).

278

I bolli laterizi del Foro di Traiano 5.4 I laterizi bollati in situ e le fabbriche produttrici

di Successus e del servus Felix per le Tempesinae e di Agathobulus officinatore di Domitius Tullus116 si collocano invece ancora nel primo decennio del II secolo, insieme ai primi bolli delle Caepionianae.

Come si è detto numerosi sono i bolli laterizi documentati negli elevati o nei crolli delle strutture murarie del Foro (fig.5.84)112. Per ciò che concerne i laterizi recanti il bollo 811d di Anteros Severianus si trovano impiegati sia nel settore della Basilica Ulpia e delle c.d. biblioteche che nel sistema fognario meridionale e in numerosi esemplari fuori contesto, mentre per ciò che riguarda i bolli CIL XV 32 e 58 si tratta delle uniche attestazioni all’interno del complesso, così come per i bolli 1033 e 1209 visti nelle strutture poste in corrispondenza del piano pavimentale del portico settentrionale del cortile della Colonna Traiana.

La figura fig.5.85 mostra la distribuzione dei 32 esemplari, rilevati nelle diverse porzioni di crollo della struttura muraria riconducibile al muro perimetrale del cortile porticato meridionale, e riferibili a 7 bolli diversi117, prodotti prevalentemente dalle Caepionianae (5 bolli), e con un solo esemplare dalle Tempesinae e dalle Domitianae. Una diversa e specifica destinazione di impiego era evidentemente prevista per i bipedali di Anteros Severianus e per le tegole di M. Rutilius Lupus. Il bollo 811f, rinvenuto in associazione al 97b di C. C. Curiatius Cosanus nel corpo scala del Settore III, ma anche nel settore bibliotecaBasilica, sia nel sistema fognario delle due estremità del complesso appaiono, come indicatore di una maggiore versatilità di impiego del manufatto in sé, in funzione della realizzazione delle prime opere infrastrutturali e di servizio del cantiere traianeo. Le tegole recanti i bolli delle Brutianae di M. Rutilio Lupo, rinvenute nel lacerto di cortina conservata allo stato di crollo dell’attico, originariamente destinato a sostenere la monumentale iscrizione onoraria e celebrativa di Traiano118, furono evidentemente commissionate e poste qui in opera per la loro comprovata qualità, come del resto osservato anche nel Foro di Cesare119.

Il quadro dei bolli attestati negli elevati dei settori meridionali (Settori III e VI) invece è ben più articolato. Le f. Caepionianae sono presenti con sette bolli diversi, CIL XV 56, 59b, 68c, 83b, 84, 97b, 97c, dei quali però soltanto il 97b si è trovato impiegato anche nel sistema fognario e 97c su tegole utilizzate per la copertura di un dispositivo idraulico posto sotto un piano pavimentale, mentre degli altri bolli sono documentati diversi esemplari negli strati di riempimento delle canalette fognarie (83b) o tra quelli fuori contesto documentati dal Bloch (68c). Negli elevati è stato visto un solo bollo delle Tempesinae (613a) e uno delle f. della gens Domitia (1003a), quest’ultimo rinvenuto anche in opera nelle murature del sistema fognario del cortile porticato meridionale, negli strati di riempimento delle canalette dello stesso settore e fuori contesto nel settore settentrionale. A questi va aggiunto un esemplare di una diversa variante del bollo 811 di Anteros Severianus (811fII), rinvenuto non nel Settore VI ma nel corpo scala del settore III, lo stesso visto, secondo quanto documentato dal Bloch, nel condotto sud est del cortile della Colonna Traiana. Come risulta dall’unica evidenza disponibile dei bolli 29c e 29gI, le tegole delle Brutianae di M. Rutilius Lupus sembrano essere state impiegate esclusivamente nelle murature di elevato113.

Già in passato è stata sottolineata l’importanza della presenza nel Foro di Traiano dei manufatti prodotti dalle Brutianae di M. Rutilius Lupus, praefectus Annonae dal 107 al 112 d.C. e praefectus Aegypti dal 113 al 117 d.C.120. Gli esemplari CIL XV 29c e 32, rinvenuto nella biblioteca occidentale, sono privi della data consolare (110 d.C) e quindi vanno fatti risalire agli anni precedenti questa data.

In sostanza l’esame dei materiali presenti nelle murature in opera laterizia del settore meridionale offre un quadro distributivo secondo il quale il cortile porticato meridionale fu realizzato con materiali riferibili sostanzialmente a sole tre fabbriche. La prevalenza dei manufatti delle Caepionianae114 si distingue per l’associazione di laterizi di due sezioni della stessa fabbrica, quella di C. Curiatius Cosanus e quella nella quale compaiono gli officinatori L. Gellius Prudens, St. Marcius Lucifer e T. Rausius Pamphilus, responsabili della produzione per conto di Plotia Servilia Isaurica e gli ultimi due anche dopo il passaggio di proprietà della fabbrica ad Arria Fadilla, avvenuto negli ultimi anni di Traiano, tanto che la produzione del bollo 83b potrebbe essere collocata nei primi anni di Adriano115. La produzione delle tegole

Dei due bolli ancora visibili nella porzione dell’attico, il 29g va attribuito a una produzione circoscritta al 118121, successiva quindi al termine dell’incarico di R. Lupo in Africa, conseguente alla morte di Traiano, avvenuta nell’agosto dell’anno precedente e coincidente con l’inizio dell’impero di Adriano. Per quanto riguarda nello specifico la costruzione del cortile porticato meridionale, la presenza dei bolli 83b, 84  Un importante lavoro di sintesi sulla produzione delle tegole è contenuto nella tesi magistrale di Sonia Pardo Torrentes “La produzione di tegulae per i cantieri di Roma. Analisi e classificazione tipologica di alcuni esemplari databili dal I al V secolo d.C.” (Sapienza Università di Roma, A.A. 2019-2020. Relatore Gian Luca Gregori, correlatore Elisabetta Bianchi). 117   I frammenti di crollo dei muri del lato est (crolli A-D) non hanno restituito bolli laterizi. 118   La Rocca 2018, p. 94. Vedi 2.7. 119   Bianchi 2015, p. 380. 120   Bloch 1947, pp. 316-320. Bodel 2005. Bianchi 2001, pp. 101-102. Bianchi 2015. 121   Steinby 1974-1975, p. 27-28; Bodel 2005, p. 93. 116

  Aggiorna la Tabella I in Bianchi 2001, p 99.   Vedi anche 5.5. 114  Sulle Caepionianae Steinby 1974-1975, p. 30-33; Camilli 2004a. Per un’analisi prosopografica di Plotia Servilia Isaurica vedi Setälä 1977, p. 164 e Helen 1975, p. 76. 115   Vedi nota 46. 112 113

279

Il Foro di Traiano nell’Antichità Figlinae/Domini

CIL XV,1

Datazione

Gens Domitia. Domitius Tullus/ Agathobulus/ Trophimus

1003a

Ca. a. 107 d.C.



Caepionianae. Plotia Servilia Isaurica/ L. Gellius Prudens

56



Caepionianae. Plotia Servilia Isaurica / St.Marcius Lucifer

59b

Primo decennio del II secolo

Caepionianae. Plotia Servilia Isaurica / T. Rausius Pamphilus

68c



Caepionianae. C.Curiatius Cosanus

97b



Tempesinae. Vismatius Successus/ Vismatius Felix

613a



Anteros Severianus Caesaris n. (servus)

811d

Settore nord

Settore sud





811e-f 811f II Brutianae. M. Rutilius Lupus



29c

104-109 d.C.

32

circa a.110 d.C.

● ●

Caepionianae. Plotia Servilia Isaurica/ L. Gellius Prudens

58

Caepionianae. Arria Fadilla/ T. Rausius Pamphilus

84

112-115 d.C.



Caepionianae. Plotia Servilia Isaurica /St.Marcius Lucifer

83b

Fine età traianea (inizi età adrianea?)



Brutianae. M. Rutilius Lupus

29g I

118 d.C.?



Caepionianae. C.Curiatius Cosanus

97c

114-116 d.C.



Gens Domitia . Domitia P.f. Lucilla/Doryphorus

1033

123 d.C.



C. Iulius Stephanus

1209b

125 d.C.





Figura 5.84. Quadro distributivo dei bolli laterizi rinvenuti in situ nelle murature divisi per cronologia e localizzazione.

Sezione del muro

UUSS (frr. crollo)

CIL XV,1

nn. ess.

Datazione

Modulo 5/5

superiore

US 1779 Terrazza

68c 84

1 4

I decennio del II sec. 112-115 d.C.

25

US 1548

1003a

1

In uso fino al 107 d.C.

US 1540

56 97c

1 4

I decennio del II sec. 114-116 d.C.

US 1544

56 97c

1 3

I decennio del II sec. 114-116 d.C.

US 1546

56

1 nella cortina?

I decennio del II sec.

US 1575

97c

1

114-116 d.C.

US 1542

613a 59b

5 1

I decennio del II sec. I decennio del II sec.

83b

8

Fine età traianea-inizi età adrianea

1 nel nucleo

112-115 d.C. (compatibile con la dataz. di 83b)

mediana

inferiore

(US 1547)

----

US 1590

84

N.B. altri ess. del bollo 613a provengono dai riempimenti dei condotti 722 e 723

26-27

Figura 5.85. Settore VI, lato ovest: distribuzione dei bolli laterizi negli spezzoni di crollo del muro perimetrale.

280

I bolli laterizi del Foro di Traiano e 97c, grosso modo relativi al quinquennio successivo a quello nel quale si colloca la data di fabbricazione della prevalenza degli altri bolli, consente di individuare il momento della costruzione negli anni ultimissimi anni dell’età di Traiano, se non nei primi anni del regno di Adriano. In questa cronologia rientra perfettamente la datazione dei manufatti impiegati per la realizzazione dell’attico soprastante le colonne di giallo antico, che compongono il lato meridionale della piazza, consentendo di fissare anche la sua costruzione, tenuto conto dei tempi necessari che dovevano intercorrere tra la fabbricazione e la posa in opera, proprio nell’ultimo anno di regno di Traiano o immediatamente dopo. Tale coincidenza conduce necessariamente all’ipotesi che tali produzioni siano state programmate e abbiano avuto luogo quando l’imperatore era ancora in vita, mentre con buona probabilità i manufatti furono posti in opera sotto il suo successore.

ma anche per la continuità delle sue forniture, testimoniata dalla presenza sul fondo del condotto nord sud, oltre il cortile della Colonna Traiana di un bipedale con il bollo CIL XV 812, questa volta riferibile a una produzione dell’inizio dell’età di Adriano e in associazione con il 1120°, recante i nomi di Cn. Domitius Trophimus e del suo operaio Vitalis e databile al 118-120 d.C. In conclusione, considerando esclusivamente il numero di bolli laterizi rinvenuti in opera nelle murature degli elevati dei settori settentrionale e meridionale e nel sistema fognario, delle undici fabbriche coinvolte nella fornitura dei laterizi per la costruzione del Foro di Traiano sei rientrano tra le figlinae più note, Brutianae, Caepionianae, Tonneaianae, Tempesinae, Domitianae, nonchè le Sulpicianae con un unico esemplare attestato in opera125. Le altre fabbriche appartengono a privati domini o a proprietari, i cui nomi non è possibile riferire con certezza a una delle figlinae nominatae (fig.5.87). Come è stato calcolato, i 14.000 mq circa dell’originaria estensione delle superfici di rivestimento in cortina laterizia devono aver richiesto la fornitura di circa 1.300.000 mattoni, distribuiti nell’intero impianto fognante, nelle c.d. Biblioteche e in alcuni settori dell’architettura meridionale del Foro126. Non si deve escludere del tutto la possibilità che anche nella Basilica alcune parti strutturali potessero in origine essere state realizzate in laterizio, come dimostra la presenza di una piccola porzione di muratura in laterizio che conserva parte della ghiera di un arco forse pertinente agli avancorpi della facciata. Ciò spiega il coinvolgimento di un così alto numero di figline in grado di fornire ciascuna una media di 118.000 laterizi, ove si deve tuttavia tenere conto della diversa gamma di produzione di ognuna delle figline, della percentuale di presenza dei rispettivi manufatti all’interno del complesso (fig.5.88). Il grafico della fig.5.89 rappresentativo di tutte le presenze di bolli rinvenuti nell’area del Foro non cambia sostanzialmente il quadro mostrato nella figura precedente, fatta eccezione per l’incremento delle quantità relative alle figline

Per quanto riguarda i bolli rinvenuti in opera nel sistema fognario (fig.5.86) è indicativa la prevalenza di impiego dei prodotti delle fabbriche delle Domitianae (CIL XV 258a, 259, 1000f, 1003a, 1094d, 1096b, 1105, 1120a, 1253f122, 1346d)123. Di questi manufatti, soltanto i laterizi con bollo 1003a sono stati rinvenuti anche nei crolli delle strutture superiori e tra i materiali documentati dal Bloch nel settore settentrionale. Per il bollo 259, in particolare, si sottolinea il fatto che si trova impresso sulla totalità dei bipedali impiegati per la copertura del lungo condotto US 157, molti dei quali rinvenuti allo stato di crollo negli strati di riempimento dello stesso condotto, in associazione con il bollo 1346d delle stesse Domitianae 124. Lo stesso bollo è stato visto, inoltre, sulla parete del condotto US 28 (Settore III) e su un bipedale della spalletta del condotto US 720= 231. Altre fabbriche fornitrici sono le Caepionianae per le tegole con bollo 97b e 97c presenti anche negli elevati del settore VI, le Tonneianae con il bollo 635c, le Sulpicianae con il bollo su bessale della serie 600. Contestualmente si rinvengono i manufatti di singoli imprenditori: Camidienus Atimetus con il bollo 697 (696 in 19 ess nel settore nord), M. Herennius Pollio e il suo officinatore Successus con il bollo 1182, rappresentato nei condotti di smaltimento da ben 16 esemplari. Nel sistema fognario del settore nord compare il bollo 842 di Q. Articuleius Paetus e del suo officinatore Sagitta.

  Sulle figline Sulpicianae, vedi Steinby 1974-75, p. 89-91e Camilli 2008b. Delle stesse figline nella “biblioteca occidentale” erano conservati anche numerosi esemplari del CIL XV 559 e 932 di Claudio Liviano, di incerta provenienza e databili al 123 d.C. L’associazione del personaggio menzionato su questi bolli si deve al Bloch, secondo il quale Claudio Liviano non è altri che Ti. Iulius Aquilinus Castricius Saturninus Caludius Livianus, prefetto pretorio sotto Traiano (A. Stein, P.I.R.II2 p. 211, n. 913) (Bloch 1947). 126   Per una recente analisi dei meccanismi logistici messi in atto per il trasporto e lo stoccaggio dei laterizi: Bukowiecki – Wulf-Rheidt 2016. In questo lavoro, relativamente al cantiere di costruzione del Palazzo dei Flavi sul Palatino, è stato calcolato che la fornitura di sesquipedali e bipedali doveva corrispondere a 1.860.000 per i primi e a 97.500 per i secondi e che per il loro trasporto dovettero rendersi necessari 34.000 viaggi di carri (plaustra) trainati da buoi. Considerando che ognuno di questi carri poteva trasportare 360 bessali, o 60 sesquipedali o 30 bipedali, si è calcolato che ogni giorno un solo carro poteva compiere 4-5 viaggi tra il luogo di stoccaggio sul Tevere e il cantiere del Palatino. Analogamente, anche nel caso del Foro di Traiano, a ragione del numero di laterizi ipotizzato, circa 1.300.000, e immaginando che un carro dovesse trasportare un carico minimo di 30 bipedali o di 60 sesquipedali o tegole per ogni viaggio, si resero evidentemente necessarie alcune decine di migliaia di viaggi perché tutti i materiali potessero raggiungere il cantiere secondo le quantità necessarie ai manovali per la posa in opera, da eseguire nei tempi previsti dalla tempistica di realizzazione del progetto. 125

Tuttavia, particolare attenzione deve essere data ai bipedali di Anteros Severianus, per la loro diffusa presenza in tutto il Foro, con i bolli 811d, 811fI-II, il primo nel Settore VI , il secondo nel settore nord ed entrambi anche negli elevati,   Sulla possibile appartenenza di L. Lurius Proculus agli officinatores dei Domitii, v. Steinby 1974-75, p. 51 n. 5. 123   Sulle produzioni delle figlinae dei Domitii: Steinby 1974-1975, pp. 37-40 e 47-58 con bibl.; per l’ubicazione degli impianti produttivi Gasperoni 2003; Camilli 2004c; Gasperoni 2005; Filippi- Stanco 2005, pp. 171-175; Gasperoni-Scardozzi 2010, pp. 83-90. 124  Sfortunatamente, il piano di scorrimento di questo condotto nonostante la sua notevole estensione, nel tratto indagato non ha restituito evidenze di bipedali bollati. 122

281

Il Foro di Traiano nell’Antichità Figlinae/officinatores

CIL XV,1

Datazione

Gens Domitia/ Domitius Lucanus et Domitius Tullus/ Primigenius

1000f

Età tardo-domizianea

Gens Domitia/ Domitius Tullus/ Agathobulus/Aprilem

259

Fine età domizianea

Tonneianae/ L. Licinius Felix

635c

Fine età domizianea



Gens Domitia/ Cn. Domitius Arignotus

1094d

Primi anni del II sec. d.C.



Gens Domitia/ Domitius Tullus/ Agathobulus/Aprilem

258a

93/4-106/7 d.C.



Gens Domitia/ Q. Oppius Natalis

1346d

Gens Domitia/ Cn. Domitius Evaristus

1096b

Ultimi anni I - inizi II secolo d.C.



Domitianae/ Domitius Tullus/ Trophimus Agathobulus

1003a

Ca. a. 107 d.C.



M. H(erennius) P(ollio)/ Successus

1182

Q. Articuleius Paetus (vel Paetinus)/ Sagitta

842b

Primo decennio del II sec. d.C.

Caepionianae/ C.Curiatius Cosanus

97b

Anteros Severianus

811d



811e-f



spallette fig. 5.16

copertura fig. 5.17

fondo fig. 5.18

● ●









● ● ●

811f II Gens Domitia/ Cn. Domitius Crhyseros

1105

T. Camudenus Atimetus

697

post a.107 d.C.



Domitianae (?)/L. Lurius Proculus

1253f

circa a.112 d.C.



Caepionianae/C.Curiatius Cosanus

97c

114-116 d.C.

Sulpicianae

600c-d

Età traianea

Gens Domitia/ Cn. Domitius Trophimus/ Vitalis

1120a

118-120 d.C.



Anteros Severianus

812

Inizio età adrianea







Figura 5.86. Quadro distributivo dei bolli laterizi rinvenuti in situ nel sistema fognario, divisi per cronologia e localizzazione.

(Amelia) e Narnia (Narni). Nel territorio di Amelia e di Narni si concentrano gli impianti produttivi delle Bruziane, Cepioniane e Tempesine128, mentre intorno a Statonia si collocano le aree di produzione della maggior parte delle fabbriche delle Domitianae, inclusa una delle produzioni destinate a un mercato vastissimo marcata de (Portu) Licini, di proprietà di Domitius Tullus (CIL XV 259)129. Le produzioni delle Tonneianae sembrano provenire da una zona più vasta compresa tra Statonia, Horta, Ameria

Cepioniane, Sulpiciane e soprattutto di Camidieno Atimeto e Anterote Severiano, i cui bipedali, come si è detto sono stati rinvenuti in gran numero nell’area della basilica. Certamente, nell’esame delle forniture per i vari lotti del materiale edilizio si deve tenere conto della originaria distribuzione geografica delle fabbriche coinvolte. Seguendo la proposta di localizzazione delle varie produzioni che si deve agli studi di Giorgio Filippi ed Enrico Angelo Stanco, è possibile localizzare molte delle figline coinvolte nella fornitura dei materiali per il Foro nel distretto della valle Tiberina127 compreso sulle due sponde del Tevere tra Statonia (Mugnano in Teverina) e Ameria

  Filippi-Stanco 2005, p. 140. (p. 403:)   Filippi-Stanco 2005, pp. 176-180. Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015, p. 396. Il Portus Licini, per il quale si è recentemente ipotizzata una localizzazione nell’ager di Statonia presso la foce del Fosso del Rio (Gasperoni-Scardozzi 2010, p. 86) era stato precedentemente localizzato in area urbana (Coarelli 2000). 128 129

  Si considerano qui soltanto le figline menzionate sui bolli laterizi rinvenuti in situ (Fig. 5.87). 127

282

I bolli laterizi del Foro di Traiano Figlinae

Domini, officinatores, servi

CIL XV,1

Datazione

Brutianae

M. Rutilius Lupus

29c

104-109 d.C.

29g I

118 d.C.?

32

circa a.110 d.C.

56

I decennio del II sec.

58

circa a.110 d.C.

Plotia Servilia Isaurica / St.Marcius Lucifer

59b

I decennio del II sec.

Plotia Servilia Isaurica / T. Rausius Pamphilus

68c

I decennio del II sec.

Plotia Servilia Isaurica /St.Marcius Lucifer

83b

Fine età traianea (inizi età adrianea?)

Arria Fadilla/ T. Rausius Pamphilus

84

112-115 d.C.

C.Curiatius Cosanus

97b

I decennio del II sec.

97c

114-116 d.C.

258a

93/4-106/7 d.C.

259

Fine età domizianea

Domitius Lucanus et Domitius Tullus/ Primigenius

1000f

Età tardo-domizianea

Domitius Tullus/ Agathobulus/ Trophimus

1003a

Ca. a. 107 d.C.

Domitia P.f. Lucilla/Doryphorus

1033

123 d.C.

Cn. Domitius Arignotus

1094d

I anni del II sec. d.C.

Cn. Domitius Evaristus

1096b

Ultimi anni I - inizi II sec.

Cn. Domitius Crhyseros

1105

Primo decennio del II sec.

Cn. Domitius Trophimus/ Vitalis

1120a

118-120 d.C.

L. Lurius Proculus

1253f

circa a.112 d.C.

Q. Oppius Natalis

1346d

93/4-106/7 d.C.

Sulpicianae

---

600c-d

Età traianea

Tempesinae

Vismatius Successus/ Vismatius Felix

613a

Primo decennio del II sec.

Tonneianae

Licinius Felix

635c

Fine età domizianea

????

Anteros Severianus

811d

I decennio del II sec.

811e-f

I decennio del II sec.

811f II

I decennio del II sec.

Anteros Severianus

812

Inizio età adrianea

Q. Articuleius Paetus (vel Paetinus)

Sagitta

842b

I decennio del II sec.

????

T. Camidienus Atimetus

697

post a.107 d.C.

M. Annius Herennius Pollio

Successus

1182

I decennio del II sec.

C. Iulius Stephanus

---

1209b

125 d.C.

Caepionianae

Gens Domitia

Plotia Servilia Isaurica/ L. Gellius Prudens

Domitius Tullus/ Agathobulus/Aprilem

Figura 5.87. Figlinae attestate in tutti i bolli laterizi rinvenuti in opera.

283

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.88. Foro di Traiano. Diagramma delle quantità di bolli laterizi rinvenuti in situ divisi per produzioni.

Figura 5.89. Diagramma delle quantità di bolli laterizi rinvenuti nel Foro Traiano divisi per produzioni.

e Narnia130. Pur in assenza di dati certi, in considerazione della consistente presenza dei suoi laterizi accanto a quelli delle figlinae nominatae, si può ipotizzare che in questa zona si trovassero anche le figline dell’officinatore imperiale Anteros Severianus.

Stando a quanto suggerito circa la possibile localizzazione delle fabbriche di bessali delle Sulpicianae intorno al Palatino131, la scarsissima presenza di bessali nel Foro potrebbe significare l’esclusione di questo cantiere dalla destinazione d’uso di questo tipo di manufatto, massivamente impiegato, peraltro, in altri cantieri traianei quali i vicini Mercati e le Terme di Traiano.

  Filippi-Stanco 2005, pp. 131-135. Steinby 1974-75, pp. 75 ss, 94100, 105. Camilli 2008b. 130

  Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015, p. 397.

131

284

I bolli laterizi del Foro di Traiano Alcuni anni fa, le analisi petrografiche, diffrattometriche e chimiche eseguite dalla geologa Paola Morbidelli su campioni prelevati da alcuni dei laterizi bollati del Foro di Traiano più rappresentativi delle principali fabbriche attestate in opera nei diversi settori (a titolo esemplificativo qui si considerano soltanto i bolli dei quali si è trattato più diffusamente in questo saggio: CIL XV 29g, 59b, 83b, 97c, 696, 811d, 1003a,1094d) hanno fornito utili informazioni riguardo la qualità e le tecniche di lavorazione dell’argilla132. Questa prima analisi qualitativa ha permesso di riconoscere le associazioni mineralogiche dei diversi impasti argillosi dei laterizi, fornendo anche dati indicativi sulle loro più probabili temperature di cottura133 e ha evidenziato che si tratta di due gruppi di impasti argillosi, caratterizzati da una mineralogia molto simile. Ad un primo gruppo (A) appartengono soprattutto i materiali o meglio gli impasti delle f. Domiziane, di Camidieno Atimeto e di Anterote Severiano, mentre al secondo gruppo (B) afferiscono sia quelli delle f. Cepioniane, che delle f. Bruziane. La variazione sia del contenuto delle fasi nella miscela che dei reciproci rapporti quantitativi ha mostrato come le diverse officine di produzione utilizzassero miscele argilla/degrassante differenti134. Queste informazioni, pur essendo preliminari per una ricerca che necessita di un notevole approfondimento, confermano da un lato una differenziazione dovuta a una diversa localizzazione dei due gruppi (le fabbriche delle Domiziane localizzate nell’area di Statonia e quelle delle Bruziane e Cepioniane dislocate tra Statonia e Ameria), dall’altro fornisce un ulteriore supporto all’ipotesi di un legame tra le produzioni di Camidieno Atimeto e di Anterote Severiano ed inoltre circa la pertinenza di quest’ultimo con le figline Marcianae, i cui impianti sono stati localizzati ad Horta135.

Nei livelli inferiori dei Mercati di Traiano sono stati rinvenuti in opera laterizi riferibili alla tarda età domizianea o dei primi anni dell’età di Traiano, CIL XV 1000f137 e 258a, insieme ad altri di piena età traianea (CIL XV 697). Va detto che il bollo CIL 258a è di produzione successiva a quella del 259, presente in numerosi esemplari anche nel sistema fognario del Foro. Quindi il rinvenimento in situ, all’interno della canaletta fognaria del portico orientale (US 28) di un esemplare del 259, assieme a un numero notevole di altri esemplari sulla copertura del condotto US 157 e come recentemente confermato anche dalla scoperta di un bollo all’interno della Terrazza Domizianea138, rende molto probabile un primitivo avvio della pianificazione edilizia nell’area da parte di Domiziano, interrotta con la sua morte prematura, avvenuta nel 96 d.C.139. Il resto dei bolli presenti nelle fogne di tutto il complesso si colloca negli anni 100-110 d.C., gli stessi nei quali furono realizzate la Basilica e le c.d. Biblioteche, in accordo con la datazione al 112-113 d.C. riferita dalle fonti letterarie per l’inaugurazione di questo settore. Questa osservazione fornisce un’importante informazione circa le modalità costruttive del sistema fognario: alcuni condotti furono realizzati prima di altri, per esigenze di cantiere nelle fasi iniziali del procedimento di costruzione del Foro, per essere poi evidentemente “stabilizzati” all’interno del più generale sistema di deflusso140, facendo in modo che la loro costruzione avvenisse contestualmente al getto delle fondazioni e quindi nel momento iniziale della edificazione dei diversi settori. Facendo riferimento alle informazioni offerte dai bolli laterizi noti fino alla data di pubblicazione del suo lavoro e tenuto conto delle due date “ufficiali” del 112 e del 113 d.C. contenute nei Fasti Ostienses, Herbert Bloch riteneva di poter escludere dall’appartenenza al complesso una cospicua aliquota di esemplari conservati nell’area in quanto riferibili all’età adrianea e quindi, secondo lo studioso, necessariamente provenienti da un contesto esterno. Già alla luce dei ritrovamenti effettuati nella campagna di scavo 1998-2000 nel settore meridionale ma soprattutto nell’area del cortile della Colonna Traiana, fu possibile constatare come le strutture murarie fossero state realizzate con materiali edilizi di pochi anni più tardi rispetto a quelle date, dimostrando chiaramente come i tempi di costruzione del Foro si fossero prolungati oltre la sua inaugurazione141, mentre di quel settore i Fasti Ostienses o qualsiasi altra fonte letteraria tacciono completamente. Del resto, come osservato dallo stesso Bloch in relazione alle righe 34-35 dei Fasti Ostienses, nelle quali si fa riferimento alle calende di gennaio del 112 d.C. per l’avvenuta inaugurazione del Foro e della

5.5 Osservazioni sulla cronologia della costruzione del Foro di Traiano in base all’esame dei bolli laterizi Per ciò che concerne le primissime fasi di costruzione del complesso formato dal Foro e dai Mercati di Traiano, come già in passato è stato posto in evidenza, l’analisi dell’opera laterizia, sia pure costituendo questa soltanto una percentuale di circa il 9% del totale dei materiali utilizzati, e l’interpretazione dei bolli laterizi forniscono un indicatore di fondamentale importanza, per risalire ai tempi di esecuzione delle diverse parti del complesso136.  Morbidelli 2001. Ead. 2004. Una parte di ciascuno dei dieci frammenti campionati è stata ridotta in polvere in un mortaio d’agata. Le polveri così ottenute sono state sottoposte ad analisi diffrattometriche ai raggi-X (XRD). 133   La presenza di minerali (wollastonite) e/o associazioni di minerali (calcite, quarzo, ecc.) fornisce indicazioni sull’intervallo di temperatura a cui sono stati cotti i mattoni. Ad esempio, è stato possibile accertare che i laterizi prodotti dalle figline del gruppo A possono essere stati cotti a temperature vicine ai 950°C, mentre per quelli delle officine del gruppo B la temperatura di cottura deve essere stata molto più bassa (intorno ai 600°C). 134  Si auspica di poter eseguire a breve analisi chimiche e subordinatamente petrografiche (data la granulometria molto fine degli impasti) che saranno fondamentali per un’adeguata e corretta interpretazione delle tecnologie di produzione di questi materiali. 135   Vedi 5.6. 136   Bianchi-Meneghini 2002. Bianchi 2015. 132

  Bianchi 2003a.   Bianchi-Santucci-Antognoli 2015; Bianchi-Santucci 2020. 139   La questione è riassunta in Lancaster 1998; vedi soprattutto Lugli 1965, pp. 233-238. 140   Per un’analoga problematica di questo tipo nei Mercati di Traiano vedi Bianchini-Vitti 2017, p. 670 (Fogne F36 e F51). 141   Bianchi 2001, pp. 117-119; Meneghini 2002, pp.689-692. La Rocca 2018, p. 65. 137 138

285

Il Foro di Traiano nell’Antichità della cortina del lato nord lato nord della biblioteca occidentale»), 811d, e, 1003a e 1094d dai Mercati, 97b e 612 specialmente dagli ambienti ai piedi della torre delle Milizie. 811d f?, 1003a e 97b nelle Terme. Singolare il riferimento dello studioso al bollo 811g «dal Foro di Traiano»147 come se il settore situato ai piedi della c.d. Terrazza domizianea costituisse una parte distinta del Foro rispetto al blocco Basilica-Biblioteche. Oggi a seguito dei numerosi nuovi ritrovamenti si può aggiungere che molti degli altri 11 bolli traianei in massima parte visti dal Bloch (FIG. 5), circa la metà sono stati rinvenuti anche nel settore meridionale148. Del settore settentrionale, ritrovamenti certi sono attribuibili soltanto alle biblioteche, mentre quelli riferiti dal Bloch alla Basilica Ulpia, come i è detto, non sono localizzabili con precisione. In considerazione della scarsità di informazioni riferita dallo studioso sulla provenienza di questi materiali accantonati nell’area della basilica e della biblioteca occidentale, non è da escludere che almeno alcuni di essi provenissero proprio dalle strutture interne al Foro scavate negli anni Trenta del secolo scorso in modo affrettato per completare in tempi brevi i lavori di sistemazione dell’area (fig.5.90). In tal caso si potrebbe ipotizzare la loro pertinenza a uno dei due edifici, ove nel caso della basilica si deve pensare alle strutture del claristorio sopra al secondo ordine della navata centrale149 oppure, nel caso dei 19 bipedali interi recanti il timbro di T. Camidieno Atimeto fanno pensare alla presenza di archi posti a copertura di passaggi tra le navate. Nel caso di una pertinenza alle biblioteche questi materiali dovrebbero essere associati a quelli già rinvenuti in opera, con i quali peraltro si presentano cronologicamente compatibili.

Basilica Ulpia142, si notava come le biblioteche non fossero menzionate e ciò fu spiegato in quanto «esse sono probabilmente contenute nel forum suum» escludendo a priori la possibilità che il completamento di queste potesse aver avuto luogo successivamente alla data di inaugurazione della Colonna avvenuta l’anno successivo. Oggi tale ipotesi non sembra più in contrasto con l’effettiva tempistica del cantiere di costruzione del Foro, come dimostrato non soltanto dal ritrovamento dei bolli del 123 e del 125 d.C. nelle strutture di sostegno del lato settentrionale del portico che circondava il cortile della Colonna Traiana, ma dalle evidenze archeologiche che permettono di prolungare le vicende costruttive fino all’effettivo completamento del settore compreso tra il limite meridionale della piazza e la corte porticata eretta alle spalle del Foro di Augusto, lungo un arco di tempo che si spinge fino all’inizio dell’età adrianea143. Per quanto riguarda la data di costruzione delle c.d. biblioteche lo stesso Bloch, non aveva alcun dubbio sul fatto che il loro impianto dovesse risalire al periodo intorno al 110, come provato dall’identità del materiale laterizio (CIL XV 32, 58, 811d), ma non escludeva del tutto la possibilità che la conclusione dei lavori potesse essersi protratta per qualche anno. D’altro canto è stato dimostrato in altra sede144 che l’avvio del cantiere di costruzione, soprattutto per ciò che concerne la realizzazione delle opere infrastrutturali necessarie per la sistemazione dell’area, seguita alle operazioni di sbancamento del terreno, deve essere riferito ad alcuni anni prima di quella data, come documentano i materiali edilizi recanti i bolli CIL XV 259, 1000f, 1096b, impiegati nelle prime opere strutturali dei Mercati di Traiano e in quelle propedeutiche all’allestimento del cantiere del Foro145.

In merito ai 55 bolli adrianei conservati nell’area della basilica e della biblioteca occidentale si tratta di timbri quasi tutti recanti la data consolare del 123 d.C. in gran parte impressi su bessali delle Sulpicianae (CIL XV 549ae, 559a, 593 e 932)150, ma anche delle Iuncianae (CIL XV 257)151, delle Marcianae (CIL XV 319), delle Domizianae (CIL XV 267 e 1113) e della fabbrica di C. Iulius Stephanus (CIL XV 1209a)152. Il Bloch escludeva innanzitutto una loro possibile pertinenza con le strutture della biblioteca occidentale, per l’evidente diversità di questi mattoni se messi a confronto con la sua cortina laterizia, mentre ne propose l’attribuzione «a una costruzione trovata nel 1933 nel corso degli scavi sotto la Piazza Venezia, situata a nord

Fu proprio la presenza dei tre bolli rinvenuti nelle biblioteche (32, 58 e 811d) a far dire al Bloch che «non può essere dunque dubbio che le biblioteche risalgano a Traiano e che i timbri traianei del magazzino [CIL XV 97b, 578ab, 612, 696, 811d/ 811e-f, 1003a, 1094d, 1105, ai quali si devono aggiungere il 58 e 68c non visti dal Bloch] debbano esser messi in relazione con queste costruzioni»146. Come osservato ancora dallo studioso i bolli della Basilica Ulpia e delle biblioteche non si distinguono da quelli delle altre costruzioni, infatti «prescindendo da 696, i cui 19 esemplari costituiscono quasi la metà del complesso di bolli traianei della zona», tutti gli altri timbri sono noti da altri edifici traianei: il 58 (lo stesso di quello «tirato fuori in un tasto

  Si tratta dell’esemplare rinvenuto nel corpo scala del Settore III.   Non sono stati rinvenuti altri esemplari del CIL XV 58, 578a-b, 612 e 696. 149   Amici 1982, p. 45-46; Tavv. III-IV; Meneghini 2001a. 150   I bolli dei quali è stata riscontrata la presenza tra quelli menzionati dal Bloch sono quelli di Domizia Domiziana, proprietaria sia delle figline che dei praedia e di T. Iulius Aquilinus Castricius Saturninus Claudius Livianus, già prefetto del pretorio sotto Traiano forse intorno al 101-102 d.C. (Setälä 1977, p. 93), anch’egli dominus delle figline. 151   La ricognizione nei magazzini che occupano l’area corrispondente al settore occidentale della navata centrale della Basilica Ulpia ha rivelato la presenza di un bipedale intero recante un bollo riferibile alle f. Iuncianae che non compare nel catalogo del Bloch. Il nome delle figline potrebbe derivare da L. Aemilius Iuncus, console suffetto dell’anno 127 d.C. ma il nome del dominus non compare sul bollo (Steinby 1974-75, p. 46). 152   Riguardo al bollo di C. Giulio Stefano poco si può dire se non che questo personaggio era forse il dominus delle f. Genianae (Steinby 197475, p. 44, n. 1). 147 148

  a. 112 K Ianuar.Imp.Traianus forum suum et basilicam Ulpiam dedicavit (NS 1932, p. 196, l. 33). 143   Meneghini 2002; da ultimo Meneghini 2021b. 144   Vedi 5.2. Bianchi 2003a. 145   Sull’importanza della presenza del bollo 259 (nel condotto US 28 rinvenuto insieme al bollo CIL XV 1000f): Bianchi 2003a; Bianchini 2003; Bianchi- Santucci-Antognoli 2015. 146   Tra i numerosissimi bolli rinvenuti tra il 1882 e il 1905 in occasione dei lavori per la costruzione del Vittoriano si segnala la presenza di bolli comuni al Foro di Traiano: 56, 635, 696, 1003a (Coppola 2012, pp. 326327). Il materiale edilizio rinvenuto doveva provenire dalle fabbriche che occupavano la soprastante Arx capitolina. 142

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I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.90. 1932. Gli scavi del Governatorato nell’area della cd. Biblioteca occidentale. Vista da ovest (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-21644).

dei bolli CIL XV 1033 e 1209b156, la cui presenza era stata rilevata nelle strutture relative alle ultime fasi costruttive del Foro di Traiano, suggerendo la contemporaneità dei due interventi.

ovest della biblioteca occidentale e oggi non più visibile ma registrata nella pianta di I. Gismondi153», descritta nella prima notizia dello scavo seguito alla demolizione di palazzo Desideri, come resti di muri «appartenenti ad un solido e nobile edificio in laterizio del II sec. d.C. con piccole esedre, di cui altre parti, riconosciute nelle cantine del demolito palazzo Desideri, sono state esplorate e rilevate compiutamente durante la costruzione dell’esedra arborea. Nulla può dirsi sulla natura e destinazioni di esso.» (figg.5.91, 6.9)154. Purtroppo le scarse informazioni disponibili su queste indagini non consentono di avere la certezza della provenienza dei bolli in questione da questo edificio. Diversamente, in occasione delle recentissime indagini effettuate nell’area di piazza Venezia, che hanno permesso di riportare alla luce le due aule rettangolari con gradonate affrontate, costruite sotto Adriano, nell’insieme dei numerosi laterizi bollati rinvenuti in situ nelle murature e negli strati di crollo155 si trovano anche numerosi esemplari

Nel saggio pubblicato nel 2001 si era accennato alla provenienza dei laterizi, all’organizzazione del cantiere costruttivo e alla rete di rapporti esistenti tra la committenza imperiale e i probabili intermediari, per le necessità legate all’approvvigionamento dei materiali da costruzione previsti per la realizzazione del Foro. Nel confronto con il repertorio di bolli doliari offerto da molti altri complessi edilizi di Roma di età imperiale si era evidenziato il coinvolgimento dei maggiori produttori laterizi del tempo, riscontrando ricorrenti associazioni di manufatti, sulla base di un piano di partecipazione che doveva far capo a norme giuridiche regolanti le grandi costruzioni pubbliche157. I dati desunti dall’esame del quadro degli esemplari disponibili, al tempo ancora parziale, erano stati messi a

  La Cava 1933, pp. 257-258, Tav. agg. A.   Meneghini 1996, pp. 47-88; spec. pp. 55, 64; La Cava 1933, pp. 257258. Nell’Archivio di Palazzo Braschi sono conservati quattro negativi originali di fotografie dello scavo: 2.568 AF 21636 (Neg. orig. XC1630); 2.569 AF 21637 (Neg. orig. XC1631); 2.533 AF 21600 (Neg. orig. XD975); 2.534 AF 21601 (Neg. orig. XD976). 155  Nel 2008 in occasione delle prime fasi delle indagini indagini condotte dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici di Roma chi scrive 153 154

ha potuto esaminare alcuni esemplari di bipedali bollati: CIL XV 265, 1113 (4 ess.), 1114 (6 ess.), 1116a (3 ess.) tutti databili al 123 d.C. 156   Ricci 2013, p. 23, nota 7. 157   De Ruggiero 1925, in particolare pp. 177-203.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.91. 1932. Gli scavi del Governatorato nell’area a nord della cd. Biblioteca occidentale. Vista da ovest (Roma, Museo di Roma, Archivio Fotografico, AF-21600).

confronto con i materiali rinvenuti in complessi traianei coevi (Terme e Mercati di Traiano e restauri traianei del Foro di Cesare) e allo stesso tempo con gli studi pubblicati negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso da Eva Margareta Steinby158. Resta di particolare interesse l’osservazione sulla scelta di impiego di determinati laterizi, dettata quasi certamente da ragioni pratiche e allo stesso tempo dalla garanzia di qualità di tali prodotti. Si spiega, in tal modo, l’utilizzo dei mattoni di maggiori dimensioni, provenienti dalle fabbriche della gens Domitia, di Camidienus Atimetus e Anteros Severianus, per le necessità legate all’impiego nella copertura del sistema fognario, mentre alle Brutianae, alle Caepionianae e alle Tempesinae dovette essere riservata la fornitura di tegole e altri laterizi da porre in opera nelle cortine.

più tarda età traianea, in linea con quanto riscontrato per le tegole delle Brutianae nel crollo della muratura in opera laterizia dell’attico del colonnato della piazza, la cui cronologia si spinge anche oltre la fine del regno di Traiano. Tale evidenza consente in via definitiva di fissare il completamento dei lavori di costruzione del Foro in un momento successivo alla data di inaugurazione del settore opposto immediatamente dopo la fine del regno di Traiano, in concomitanza con la sistemazione definitiva del cortile della Colonna Traiana160. Una volta completato il settore monumentale di ingresso, costituito peraltro dagli edifici “di facciata”, di maggiore rilevanza per la funzione cultuale e giudiziaria, per la realizzazione della parte meridionale del foro si dovette ricorrere a nuove forniture di materiale da parte delle stesse figline attestate già nell’area della Basilica e delle biblioteche, mentre il repertorio dei bolli presenti nelle fogne sostanzialmente non cambia e non va oltre gli anni 100-110 d.C.161, in quanto il sistema di smaltimento, come è logico immaginare, dovette essere realizzato prima delle altre opere, per entrare in funzione e servire da subito alle diverse attività dell’imponente cantiere.

Sul lato meridionale del complesso gli alti muri in laterizio che circondavano il cortile porticato, dei quali restano cospicui nuclei cementizi159 si presentano composti da laterizi forniti da un numero maggiore di fabbriche e, come si è visto anche da manufatti prodotti in tempi diversi all’interno di una stessa figlina. Non a caso, delle Caepioniane si trovano anche laterizi della

  Bianchi-Meneghini 2021.   Fatta eccezione per il condotto esterno al cortile della Colonna Traiana, evidentemente realizzato durante la definitiva sistemazione del lato nord del cortile stesso. 160 161

  Bianchi 2015, con bibliografia precedente.   US 1540, 1542, 1544, 1546, 1548, 1575 e 1590; vedi 3.1.

158 159

288

I bolli laterizi del Foro di Traiano 5.6 Note prosopografiche sui personaggi attestati sui bolli

ramo settentrionale (US 723, UUSS 8108-8109) vi sono altri bipedali delle Domiziane di Domitius Tullus, delle officine dello stesso Agatobulo con Aprilis (258a) questa volta anche con Trophimus (1003a)168, dell’officinatore delle Tonneiane L. Licinius Felix (635c) e di M. Herennius Pollio (1182), quantitativamente preponderante per i suoi 16 esemplari rilevati. Nel ramo meridionale (UUSS 712722) si trovano bipedali prodotti da Anteros Severianus (811d), da T. Camudenus Atimetus (697) e da Cn. Domitius Arignotus e Cn. Domitius Chryseros (vel Chryserotis) delle Domitianae (1094d, 1105), cui appartiene anche il bollo 1253f di L. Lurius Proculus169 comune a entrambe i rami del sistema fognario. La fabbricazione di entrambi i gruppi di materiali rientra nello stesso ambito cronologico ed è riferibile a un arco di tempo compreso tra la fine dell’età domizianea e non oltre il primo decennio del II sec. d.C. Tuttavia, la diffusa presenza del bollo 258a, già visto nel condotto nord sud situato oltre il cortile della Colonna Traiana, oltre che nell’US 723 anche nel condotto US 720=231, una sorta di collettore tra i rami US 12 e US 157 e quelli ora descritti, indica chiaramente una recenziorità del cantiere di costruzione di questo settore terminale del sistema fognario, offrendo peraltro una solida base di riferimento per la data di avvio delle opere soprastanti (fig.5.17).

L’analisi dei bolli presenti nei diversi condotti del sistema di smaltimento consente alcune osservazioni: nel settore sud orientale, quello cioè comprensivo delle canalette US 12, US 28 e US 157, si trovano impiegati prevalentemente laterizi delle figlinae Domizianae, come documentato dalla presenza dei bolli CIL XV 1096b e 1346d162, tuttavia spicca la presenza dei bolli 1000f e 259, entrambi tardo domizianei (figg.5.16, 5.17, 5.18). Tra questi il 1000f è sicuramente il bollo più antico, in quanto vi si trova il nome di Primigenio, attivo già intorno all’80 d.C., servo ancora sia di Lucano che di Tullo e quindi sicuramente collocabile cronologicamente prima del 93 o 94 d.C. anno della morte di Lucano. Questo bollo è documentato sia nei restauri domizianei del Colosseo163 che tra i pochissimi materiali riferibili alla costruzione originaria dello Stadio di Domiziano presenti tra i materiali raccolti nel settore sud-occidentale dell’edificio antico presso S. Giacomo degli Spagnoli ed esaminati da uestoAntonio Maria Colini164. Sul secondo bollo l’operaio Aprile appare come vicario di Agatobulo, schiavo officinatore di Domizio Tullo165. L’importanza della cronologia dei due bolli CIL XV 258a e 259 delle Domiziane per la comprensione della sequenza costruttiva di questa parte del complesso architettonico e sull’ipotesi di una progettazione di un nuovo Foro da parte di Domiziano, forse interrotta per l’improvvisa morte dell’imperatore166. Tuttavia, sembra utile sottolineare come la compresenza dei bolli 1000f e 259 non possa essere casuale ma vada riferita a un’unica fornitura, evidenza che appare confermata dai ritrovamenti effettuati nella cd. Villa di Matidia Augusta presso l’Osservatorio di Monte Porzio Catone, dove all’interno di un condotto fognario del peristilio è stata registrata l’associazione di questi stessi due bolli167.

Una particolarità riguarda il bollo di Cn. Domiti Chrysero(tis) (CIL XV 1105) molto diffuso nei complessi pubblici dell’età di Traiano170. Questo bollo secondo Tiziano Gasperoni potrebbe rientrare nella produzione delle figlinae Caninianae171, in quanto un esemplare pubblicato dallo studioso, peraltro l’esemplare rinvenuto presenta la stessa fessurazione del timbro, è stato rinvenuto presso Mugnano in Teverina in località Bucinera – Rota Rio, dove si presume debba localizzarsi l’impianto produttivo di queste figline172. Merita una particolare attenzione L. Licinius Felix, uno dei quattro incaricati della gestione delle Tonneianae in età domizianea173, probabilmente alle dipendenze di Iulia Dynamis domina delle figlinae in questa fase e, probabilmente, figlia di L. Iulius Rufus174. La serie dei suoi bolli si inquadra tra la fine dell’età domizianea e gli ultimi anni di Traiano o i primi di Adriano175. Una tegola recante il bollo 535c, conservata presso l’Antiquarium del

Due diversi gruppi di forniture, invece, sembrano doversi distinguere per i materiali laterizi con i quali è stato realizzato il sistema di smaltimento del Settore VI. Nel   La datazione di entrambi questi bolli è genericamente fissata tra la fine del I secolo e i primi anni del II. 163   Bloch 1947, p. 55. 164   Colini 1998, p. 86. Altri bolli laterizi erano già stati schedati dal Visconti e dal Lanciani nel 1867 durante i lavori di sistemazione del piano di calpestio di Piazza Navona ed editi nel quindicesimo volume del CIL. Un’attenta revisione dei bolli laterizi dello Stadio di Domiziano è stata oggetto della tesi magistrale di Paola Pagano “lo Stadio di Domiziano nell’ambito dell’edilizia pubblica della fine del I secolo d.C. attraverso l’analisi della produzione laterizia” (Sapienza Università di Roma, A.A. 2018-2019, Relatore Gian Luca Gregori, correlatore Elisabetta Bianchi). 165   Agathobulus fu servo di Cn. Domitius Tullus (258) e poi di Domitia Lucilla maior (263). Oltre ad Aprilis gli erano sottoposti altri 3 tegularii Carpus, Roscianus, Trophimus (1003a). 166   Bianchi 2001, 109-110; Bianchi 2003b, 347-352. Bianchi-SantucciAntognoli 2015. Bianchi-Santucci 2020. 167   Bologna-Pastorini 2006. Nella medesima area del peristilio sono stati rinvenuti anche altri bolli comuni al Foro di Traiano: 635c, 696 e 1094d, mentre nell’area termale gli stessi scavi hanno rilevato anche la presenza dei bolli 696 e1346d. 162

 Lo stesso bollo è stato rinvenuto anche su una tegola conservata presso l’Antiquarium del Celio (n. inv. 46696). Il frammento fa parte dei circa 900 laterizi e tegole attualmente in corso di studio (Bianchi Martini 2016). Dimensioni del supporto: 53 cm (lungh.) x 40 cm (largh.) x 2,5-3,0 cm (sp.); alette: 8,0 cm (h). 169   Vedi nota 122. 170   Bianchi 2010a, p. 283, fig. 3. Ead. 2015. 171   Camilli 2004b. 172   Cozzo 1936, fig. 25 (compl.). LSO 872. Bianchi 2001, 92 N. 9 figg. 10a-b (Foro di Traiano). Gasperoni 2003, p. 218 N. 24 tav. CXI.1-2. Bianchi 2003b, 340. Taglietti 2015, p. 274, fig. 12. Il bollo è attestato anche nella Domus Augustana (esedra, 1 es., Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015, pp. 362, 372, 464s.). 173   Bloch 1947, pp. 30 e 161; Steinby 1974-75, p. 94, 98, 99 e n.1. 174   PIR I 695; Setälä 1977, pp. 139-140. 175   Bloch 1947, p. 30; Blake 1959, pp. 117 e n. 20, 139 e n. 43, 141 e n. 56. 168

289

Il Foro di Traiano nell’Antichità Celio176, fornisce una preziosa indicazione circa la varietà dei manufatti prodotti nelle officine di questo figulo.

officinatori possano essersi trasferiti presso altre figline quando i praedia hanno cambiato proprietario e non c’è modo di supportare con certezza l’attribuzione dei bolli di Pollione a quelle figline183.

Le figlinae Tonneianae, la cui attività si estese dall’età di Claudio fino all’anno 140 d.C., dovevano costituire l’organizzazione preminente all’interno di una rete produttiva della quale facevano parte anche le figlinae Vesianae, Viccianae, Publilianae Quintianae in qualità di sezioni177.

È opportuno a questo punto soffermarsi sulla figura di Anterote Severiano, i cui bolli, come si è visto, nel Foro di Traiano furono trovati in situ nella c.d. biblioteca orientale, nella canaletta fognaria del cortile della Colonna, nel corpo scala del settore III e fuori contesto nell’area della Basilica Ulpia. Il materiale edilizio prodotto nelle sue fabbriche è di particolare interesse perché costituisce un importante indicatore non soltanto per la costruzione del Foro e dei Mercati di Traiano ma anche per quella del Pantheon184. Il bollo 811d, anche nelle varianti e-g, in particolare, è caratteristico dell’età di Traiano ed è presente pure nelle Terme, nei Mercati di Traiano e nel Foro di Cesare185, spesso in associazione con il 97b di C. Curiatius Cosanus e con il 1003a delle Domitianae.

Il cognomen dell’officinatore L. Licinius Felix è molto comune a Roma178, specialmente dal periodo repubblicano in poi, per il fatto di essere un soprannome dal significato elogiativo, “fortunato”, lo stesso utilizzato dal console L. Cornelius Sulla Felix179 e che con buona probabilità caratterizzò anche il successo e la buona gestione dell’attività produttiva di Licinius Felix. Due nomi di proprietari non si riferiscono a figline note. Di Q. Articuleius Paetus (vel Paetinus) (CIL XV 842b) non si può dire molto di più se non che il personaggio dovrebbe essere il console dell’a. 101 d.C.180. M. Annius Herennius Pollio, dalle cui fabbriche provengono i 16 esemplari di bipedali (CIL XV 1182) della copertura del condotto US 723 (Settore VI) è invece da identificare con il console suffetto dell’85 d. C.181. Nelle sue fabbriche lavoravano tre officinatores e di questi Cosmus e L. Sessius Successus si trovano anche nei bolli di Flavia Seia Isaurica (CIL XV 1422, S. 107) che evidentemente ereditò i suoi possedimenti all’inizio dell’età di Adriano. Si può ipotizzare che Cosmus e Successus abbiano lavorato sotto Seia Isaurica, così come avevano fatto sotto Herennius Pollio e in questo caso è possibile che le figline, identificate per il bollo adrianeo di Successo come Publilianae182, possano essere le stesse che il dominus possedeva sotto Traiano; tuttavia è anche possibile che uno o entrambi gli

Il nome del servo imperiale Anteros compare su 15 bolli prodotti nell’arco di circa un ventennio (CIL XV 810813)186, ma in nessun caso essi sono connessi esplicitamente con una delle grandi figline. Al servo di Traiano Anteros Severianus Caesaris servus si riferiscono i bolli 811a-g, prodotti alcuni nel primo decennio del II secolo (varianti d-f) altri nel 123 d.C. (varianti a-c), mentre al figulo dal solo nomen Anteros, seguito dalla formula che rimanda alla condizione di servo dell’imperatore (Caesaris servus), questa volta riferito ad Adriano, appartengono le serie dei bolli 810 e 812-813, tutti probabilmente databili agli anni 115–124 d.C.187. In alcuni di questi timbri Anteros è espressamente nominato come proprietario di figline (CIL XV 810a-b, 811a-f), in altri (CIL XV 813a-b) il testo è formato semplicemente dal primo nome seguito dalle sigle CAES, CAE, che esprimono ancora la condizione di schiavo imperiale. Tra tutti i bolli che recano il nome di Anteros soltanto la serie CIL XV 810a-c è databile con precisione per la presenza della data consolare del 123 d.C.

  Vedi nota 167. L’esemplare è impresso su un frammento di tegola delle dimensioni di 36, cm 7 (lungh.) x 31,5 (largh.) x 2,3-3,0 cm (sp.); alette: 7 cm (h.) (n.inv. 46617). 177   Steinby 1974-75, pp. 94-100. Camilli-Taglietti 2019, p. 175. Per la localizzazione delle fabbriche, vedi nota 129. 178   La teoria sull’origine etrusca del gentilizio Licinius trova conferma sulla base di una trascrizione bilingue pubblicata dal Lanzi, che dimostra come il nome Lecne, attestato frequentemente nei monumenti funerari etruschi, corrisponda a quello di Licinio (Smith 1844-49, I, p. 748). Secondo la testimonianza di Livio durante il consolato di uno dei membri illustri della gens, C. Licinius Calvus Stolo (364 a.C.), furono organizzati dei giochi pubblici a Roma presso i quali furono invitati a partecipare i popoli Etruschi (LIV., Ab Urb. Cond., VII, 2. Questa gens si distinse particolarmente durante il periodo repubblicano (Schulze 1904, pp. 108, 142, 192, 359, 516; Solin-Salomies 1994, p. 104). Due suoi membri furono il noto tribuno C. Licinio Crasso (VARRO. De Re., I, 2, 9) o il triumviro M. Licinio Crasso (CIC., De Div., II, 9,22). 179   Kajanto 1982, pp. 272-273. 180   Bloch 1947, p. 78. G. Marini ne aveva proposto l’identificazione con Q. Articuleio Petino console nell’ a. 123 (Marini 1884, ad 610). La freccia presente sul bollo 842a dell’operaio Sagitta come signum parlante fa diretto riferimento al suo nome servile. In un secondo bollo, quello rinvenuto in opera sotto il cortile della Colonna Traiana (842b), identico per forma e formula il signum è costituito semplicemente da fronde di palma. Secondo Bodel si tratta di un espediente per distinguere due diverse officinae una direttamente sotto il suo controllo, da un’altra, o da un anno differente in cui il figulo era meno coinvolto nella produzione (Bodel 2005, pp. 81-82). 181   Setälä 1977, p. 127-129. 182   Steinby 1974-75, p. 75-78. 176

Un’iscrizione funeraria monumentale dedicata da Anteros Aug. Severianus alla coniuge, liberta del divo Claudio getta finalmente luce sull’identità di questo personaggio. Nell’iscrizione, ricomposta da A. Vella188 sulla base di diversi frammenti rinvenuti in tempi diversi e fuori contesto (fig.5.92)189 nel cimitero cristiano al “Ponticello di San Paolo” sulla via Ostiense, in una piccola catacomba identificata dall’Armellini come cimitero di Santa Tecla190,   Bodel 1983, commento a n. 87, p. 51.   Bianchi 2010a. Ead. 2015, p. 385. Come è stato confermato dalla revisione dei bolli laterizi del Pantheon le varianti d-f si trovano nei muri della rotonda, mentre le varianti 811a-c si trovano solo nella cupola (Hetland 2007, p. 109). 185   Bianchi 2010a, p. 283, fig. 3. Ead. 2015. 186  La produzione comprende i laterizi recanti i bolli 810a-b, 811a-e, 811fI, 811fII, 811fvar, 811g, 812, 813a-b. 187   Hetland 2007, pp. 101–104. 188   Vella 2013. 189   CIL VI, 34909, integrata con AE 1988, 116 (Vella 2013, p. 220, 222, figg. 2-3a-b). 190   Per la bibliografia di riferimento Vella 2013, p. 219, note 4-5. 183 184

290

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.92. Disegno ricostruttivo dell’iscrizione funeraria di Anteros Severianus (da Vella 2013, Figura 5).

lo stesso Autore ha riconosciuto il titulus originariamente destinato a un sepolcro della prima età imperiale, probabilmente situato nelle vicinanze e pertinente a una famiglia di liberti di Claudio. Il titulus, successivo alla morte dell’imperatore (54 d.C.), perché vi è citato come divus, è di fatto la dedica di un Anteros Aug(usti scil. servus) Severianus, servo imperiale alla moglie Claudia Aegiale liberta del divo Claudio, alla loro figlia Claudia Hispana, alla figliastra Claudia Heumenia ai liberti e a lori discendenti.

si possa riconoscere il produttore di tutte le serie a lui attribuite, la sua attività nell’industria laterizia andrebbe ricondotta agli ultimi 20-25 anni della sua vita. È molto probabile che sui bolli che testimoniano dell’inizio della sua attività, fra la tarda età flavia e la prima età traianea, Anteros abbia aggiunto al proprio nome, molto comune tra gli schiavi della prima età imperiale, il secondo cognome Severi(anus), presente nella serie 811 con diverse abbreviazioni (DOL(iare) ANTEROTIS SEVERI/ CAESARIS · N), derivante con buona probabilità da un precedente padrone Severus192 e diversamente ritenuto da H. Dressel un secondo nome servile, la cui posizione corretta nella formulazione avrebbe dovuto seguire, secondo la consuetudine, il nome del padrone (Anteros Caesaris n. Severianus).193

Nella formula onomastica del dedicante manca l’indicazione relativa alla condizione servile che, secondo Vella, è stata volutamente omessa. All’indicazione del nome del padrone, in questo caso l’imperatore, segue infatti nel testo, uno spazio anepigrafe che Anteros sperava di poter “aggiornare” dopo la manumissione e il conseguente passaggio alla condizione libertina che, evidentemente, non si verificarono.

In considerazione di questo elemento che si presenta come una costante in tutti i bolli della serie 811, pur nella diversa cronologia ad essi attribuita, è certo che l’attività di Anterote Severiano, analogamente a quanto documentato anche per “l’Anteros” dei bolli 810a-b, 812-813, si sia protratta fino all’età di Adriano, come mostrato dai bolli 811a-c194.

L’aspetto e le dimensioni dell’iscrizione riflettono senza dubbio una condizione agiata della famiglia di Anteros, in contrasto con il suo status di servo imperiale, soltanto in parte compensato da quello della moglie, liberta imperiale di Claudio.

Non è dato sapere per quale motivo l’agnomen, dopo aver caratterizzato la prima fase della sua attività imprenditoriale, sia poi scomparso dai suoi timbri, anche se si potrebbe pensare ad un influsso legato al più generale fenomeno della scomparsa dei doppi nomi nei primi anni di Adriano. In alternativa, non è da escludere che per l’identificazione dell’officinatore potesse essere ritenuta sufficiente o preferita la sola indicazione del suo vecchio

Secondo l’Autore del saggio, l’Anteros Augusti (scil.: servus) Severianus del monumento funerario, nato con buona probabilità tra il 45 e il 50 d.C., potrebbe essere identificato con il già noto produttore di laterizi, che nell’a. 123 (CIL XV 810a-c) avrebbe avuto più di 70 anni191. Accettando tale identificazione e continuando a considerare reale la possibilità che nello stesso Anteros

  Per una possibile identificazione del primo proprietario di Anteros, vedi Vella 2013, p. 224, nota 29. 193   CIL XV 811. 194   Hetland 2007, p. 109; Ead. 2015, 93. 192

  Per Bloch 1947, p. 18 non soltanto i bolli recanti la data consolare del 123 d.C. (CIL XV 810a-b e 812-813a-b) ma anche i bolli 811a-c sono tipicamente adrianei.   191

291

Il Foro di Traiano nell’Antichità nome da schiavo, a ragione della sua notorietà e del suo importante ruolo al servizio dell’imperatore che non doveva ormai richiedere ulteriori specifiche distintive. Una ulteriore possibilità, come ipotizzato dal Vella, è quella di riconoscere in Anteros Severianus Caesaris n(ostri scil. servus) dei bolli 811a-f e var. e in Anteros Caesaris privo dell’agnomen, che compare nei bolli 812, 813a-b e 810a-c dell’a. 123 d.C. due personaggi distinti, collegando al secondo personaggio soltanto una produzione riferibile all’età adrianea. Secondo tale ipotesi, non del tutto da escludere a ragione della grande diffusione del nome, in ambito romano195, si dovrebbe dunque ammettere l’esistenza di un secondo figulo di nome Anteros, anch’egli intensamente impegnato nell’industria laterizia196.

bolli si potessero effettivamente attribuire ad Anterote Severiano, dato che le varianti 811a-c sembrerebbero confermare il permanere della sua condizione di schiavo anche sotto Adriano, si potrebbe così spiegare perché l’iscrizione del sepolcro non sia stata aggiornata con l’indicazione dell’avvenuta manomissione. Un’altra osservazione riguarda la lettera P, forse abbreviazione di p(rocurator)198, che campeggia al centro dei bolli 813a-b. La posizione stessa della lettera e l’evidenza ad essa riservata nel timbro giocano sicuramente a favore dell’ipotesi che allo schiavo sia stato assegnato un ruolo di responsabile del settore produttivo o di amministratore del distretto in cui si trovavano le fornaci, ruolo del quale tuttavia, sarebbe rimasta traccia soltanto per il momento successivo al 123 d.C. al quale secondo il Bloch questi bolli si possono riferire199. Anche qualora si potesse confermare lo scioglimento della nostra abbreviazione, e sempre nell’ipotesi consolidata che si stia trattando di un unico Anteros, non sarebbe comunque prudente considerare che anche sotto il predecessore di Adriano egli fosse stato investito formalmente di tale incarico, benché tale ruolo fosse divenuto indispensabile per l’espansione delle proprietà imperiali. Come si evince dalle controversie giuridiche la figura del procurator si legava proprio alla proprietà fondiaria, alla gestione e amministrazione delle grandi tenute, ed era fornita di poteri tecnico-giuridici, anche se colui che rivestiva tale incarico non doveva esercitare funzioni relative all’attività commerciale, con le rilevanti conseguenze ad essa connesse.

In entrambi i casi si tratterebbe comunque di officinatori imperiali e di proprietari delle figline, dato che l’indicazione “DOL(iare)” è presente anche sui bolli 810, ma soltanto nel caso specifico di Anteros Severianus, sempre qualora si potesse esser certi dell’identificazione del produttore dei bolli 811a-f con il dedicante dell’ambizioso sepolcro della via Ostiense, ci si troverebbe a poter confermare il notevole grado di indipendenza e di prestigio raggiunti dal servo imperiale grazie alla sua attività. A supporto di una distinzione dei due Anteros, a prescindere dalla differente datazione delle serie 810 e 813, si potrebbe anche addurre l’evidente differenza nella forma dei bolli e di altre caratteristiche intrinseche ai timbri, a meno che essa non sia da imputare a una diversa scelta estetica dei timbri stessi, in linea con l’evoluzione stilistica dell’età di Adriano. Tuttavia, anche all’interno della serie 811, le varianti a-c, riconducibili agli ultimi anni di Traiano o a i primi di Adriano si discostano notevolmente per forma, dimensioni e aspetti morfologici dai bolli 811d-f. Si rilevano in particolare alcune modiche, quali l’abbandono della forma “versibus falcatis” (811d) e l’eliminazione del centro in rilievo (811fI-II), caratteristico dei bolli di età traianea, seguita all’inserimento del signum (crumena, caput bovis, gallum), adeguamenti forse sintomatici di una diversa organizzazione interna delle officine di Anterote Severiano. Seguendo tali considerazioni sul piano formale, riguardo ai bolli 812-813 pure cronologicamente vicini ai bolli 811a-c, ma caratterizzati da un’unica linea di testo e dall’assenza di un signum, si pone nuovamente l’interrogativo se essi non possano appartenere a un Anteros diverso. Non è tuttavia da trascurare la necessità di differenziare i timbri di una stessa organizzazione produttiva anche nello stesso arco temporale, utile in taluni casi per marcare una diversa gamma di produzione, come potrebbe essere il caso del bollo 810, rinvenuto anche su tegola197.

In merito alla possibilità di attribuire ad alcuni bolli di Anteros Severianus una datazione più alta, quindi all’età di Domiziano, tale ipotesi non trova riscontro per quanto detto in questo contributo circa l’associazione dei bipedali recanti i bolli 811d e 811f, prevalentemente con altri laterizi traianei, quali il CIL XV 58, 97b e 1105, solo per citarne alcuni. Quanto alla più completa assenza nell’iscrizione del sepolcro di riferimenti all’attività svolta dal dedicante nell’industria del laterizio, tanto remunerativa da consentire ad Anteros Severianus di dedicare un sepolcro alla sua famiglia, è indicativo, come sottolineato dal Vella,   Filippi-Ranieri 2015, p. 44. Dalle fonti romane dell’età classica si ricava l’immagine di un procurator quale soggetto posto al sommo vertice di un’organizzazione produttiva fondiaria qualora una determinata proprietà fosse composta da più tenute (Miceli 2005, p. 97). Tale figura era normalmente legata all’organizzazione dei latifundia, allorché dalla seconda metà del II sec. a.C., il processo di accaparramento di terre sempre più vaste e lontane dalla capitale porrà il problema di una loro gestione attraverso agenti fidati. Dell’esistenza/istituto del procurator la più antica e sicura prova è data dalla lex agraria del 111 a.C., con riferimento l’Ager Africanus (FIRA I, 115-116= CIL I, 200 (79-80). Miceli 2005, p. 97). Il procurator, cioè era colui che si occupava proprio della gestione del fondo o delle tenute e il suo ruolo, non necessariamente il suo status sociale, era quello di un soggetto libero, che pone in essere atti che hanno diretta ed immediata efficacia nella sfera giuridica del dominus, alla stregua dei soggetti facenti parte della familia (Miceli 2005, p. 100). 199   Bloch 1947, pp. 15, 17. 198

Come si è detto, sui bolli 813 (813a-b) le sigle CAES, CAE che seguono il nome, indicano inequivocabilmente la condizione di schiavo imperiale. Qualora anche questi   Vella 2013, p. 226.   Vella 2013, p. 225. 197   CIL XV 810b, n. 8. 195 196

292

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.93. Il bollo CIL XV 811d di Anteros Severianus e i bolli CIL XV 312-313 di Calpetanus Favor (f. Marcianae).

il carattere di ambiguità con cui il personaggio tende a presentare il proprio stato giuridico di imprenditore, sebbene, difficilmente si possa considerarlo un imprenditore “privato”200 e quindi svincolato dagli obblighi imposti dalla sua condizione di servo imperiale. Difficile credere che un servo imperiale potesse svolgere la sua attività di produttore di mattoni al di fuori dell’analoga attività connessa con le proprietà imperiali. La mancanza di qualsiasi indicazione esplicita alla produzione industriale legata alla famiglia imperiale, quindi, tanto nell’epigrafe sepolcrale quanto sui timbri impressi sui manufatti, potrebbe forse rispecchiare, pur nella ufficiosità del ruolo assegnato al personaggio e degli ampi profitti che derivarono dal suo stato di servo (e dal ruolo di officinatore) imperiale, l’esistenza di un accordo con lo stesso Traiano, non espresso per ragioni cui è difficile risalire. Altrimenti non si spiegherebbero né la certificazione di proprietà delle figline da parte del figulo espressa con DOL(iare), in apparente contraddizione con la sua condizione servile, né l’irrinunciabile ostentazione della condizione economicamente agiata riflessa nel sepolcro funerario per i suoi famigliari e discendenti.

di proprietà dell’imperatore e che tanti materiali hanno dato per i monumenti contemporanei, sarebbero proprio quelle mancanti in un quadro così articolato di fornitori del materiale edilizio necessario per la costruzione del Foro destinato a celebrare proprio le imprese di Traiano. Questa osservazione potrebbe apparire marginale se non si considerasse una evidenza importante, quale l’aspetto inconsueto del bollo 811d. La sua forma “versibus falcatis”, le dimensioni del bollo e alcuni aspetti paleografici del testo dell’iscrizione rivelano una stretta somiglianza tipologica con i bolli 312-313 di Calpetanus Favor delle f. Marciane (fig.5.93), la cui area di produzione sembra doversi localizzare nella valle del Tevere alla confluenza della Nera, presso Horta, poco più a sud del distretto produttivo delle Bruziane, Cepioniane e Tempesine202 . Mettendo a confronto i bolli di Calpetanus Favor, anch’essi caratterizzati da tre linee di testo, con il bollo 811d, nella prima linea si nota come il termine DOLIARE, peraltro presente in forma abbreviata nel bollo 313, sui due bolli delle Marciane si trovi al posto riservato al nome dell’imperatore (312: IM^P·CA^ES·N^ER·TRA·AVG; 313: IMP·CAE·TRO·AVG). Il nome, completo di agnomen (Anteros Severianus), occupa per intero le altre due linee di testo, linee che nei bolli 312 e 313 sono utilizzate in sequenza per la formula di appartenenza alle figline (312: EX · FIGLI(nis) · MARCIANIS; 313: EX · FIGLI(nis) · MARC(ianis) · DOLI(are)), identica in ambedue i bolli, per il nome dell’officinatore imperiale (C·CAL·FAVORIS). Due ultimi elementi di somiglianza si riscontrano nelle caratteristiche paleografiche delle lettere e nel diametro del bollo: 9,8 cm (811d) contro 9,9 e 10,3 cm (312-313). Non è forse un caso, inoltre, che sia il bollo 811d che le varianti 811e-f si trovino associati con il 313 nelle Terme e nei Mercati di Traiano, nel Portico degli Argentari e nella forica sopra il foro di Cesare (fig.5.94). Anche qualora si volesse obiettare che queste somiglianze siano da ritenere casuali, è da considerare oltremodo difficile che accanto ai bolli di officine di proprietà imperiale, la cui funzione doveva essere proprio quella di contraddistinguere i manufatti sui quali erano apposti, potessero circolare

Un ulteriore elemento a favore dell’identificazione dell’Anteros Severianus del sepolcro con il figulo, oltre alla data di nascita, compatibile con l’epoca di attività produttiva connessa alle costruzioni di Traiano, può certamente essere costituito dalla localizzazione del sepolcro, non distante dalle aree legate al traffico fluviale lungo il Tevere e quindi alla movimentazione degli enormi quantitativi dei manufatti prodotti da Anteros Severianus per i molteplici cantieri traianei di Roma. Per ciò che riguarda ancora il possibile collegamento di questo importante officinatore con una delle fabbriche di proprietà imperiale, in altra sede fu proposto da parte di chi scrive il nome delle figlinae Marcianae201. La vistosa assenza dei bolli delle figline Marciane, finora mai rinvenuti nel foro di Traiano, assume per così dire una rilevanza ‘negativa’ alla luce del fatto che queste figline,   Vella 2013, pp. 224-225.   Bianchi 2001, 103, 113s. Per uno studio sulla probabile origine della proprietà delle f. Marciane: Champlin 1983. Filippi-Stanco 2005, pp. 188-190. 200 201

  Filippi-Stanco 2005, pp. 188-190.

202

293

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figlinae

Domini, officinatores, servi

CIL XV,1

Datazione

FT

MT

Brutianae

M. Rutilius Lupus

29c

104-109 d.C.





29g I

118 d.C.?



32

circa a.110 d.C.



56

Primo decennio del II sec.



58

circa a.110 d.C.







3

Plotia Servilia Isaurica / St.Marcius Lucifer

59b

I decennio del II sec.







3

Plotia Servilia Isaurica / T. Rausius Pamphilus

68c

I decennio del II sec.







3

Plotia Servilia Isaurica /St.Marcius Lucifer

83b

Fine età traianea (inizi età adrianea?)



1

Arria Fadilla/ T. Rausius Pamphilus

84

112-115 d.C.



1

C.Curiatius Cosanus

97b

I decennio del II sec.



97c

114-116 d.C.



258a

93/4-106/7 d.C.





259

Fine età domizianea





Domitius Lucanus et Domitius Tullus/ Primigenius

1000f

Età tardo-domizianea





Domitius Tullus/ Agathobulus/ Trophimus

1003a

circa a. 107 d.C.





Domitia P.f. Lucilla/Doryphorus

1033

123 d.C.



Cn. Domitius Arignotus

1094d

Primi anni del II sec. d.C.





Cn. Domitius Evaristus

1096b

Ultimi anni I - inizi II sec.





Cn. Domitius Chryseros

1105

I decennio del II sec.





Cn. Domitius Trophimus/ Vitalis

1120a

118-120 d.C.



L. Lurius Proculus

1253f

circa a.112 d.C.



Q. Oppius Natalis

1346d

93/4-106/7 d.C.



Caepionianae

Gens Domitia

Plotia Servilia Isaurica/ L. Gellius Prudens

Domitius Tullus/ Agathobulus/Aprilis

294

FC

TT

PP

CM

AV

LT



AT

I*



Totali 4 1





3 ●









3





6 1 2







5



3





4 1 2

● ●

● ●





4 ●

7 1

● ●



2 3

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figlinae

Domini, officinatores, servi

CIL XV,1

Datazione

FT

Sulpicianae

---

600c-d

Età traianea



1

Tempesinae

Vismatius Successus/ Vismatius Felix

613a

I decennio del II sec.



1

Tonneianae

Iulia Dynamis?/ L. Licinius Felix

635c

Fine età domizianea



????

Anteros Severianus

811d

I decennio del II sec.









811e-f

I decennio del II sec.









811f I

I decennio del II sec.







Anteros Severianus (Caes)

812

Inizio età adrianea



Q. Articuleius Paetus (vel Paetinus)

Sagitta

842b

I decennio del II sec.





????

T. Camidienus Atimetus

697

post a.107 d.C.





M. Annius Herennius Pollio

Successus

1182

I decennio del II sec.



1

C. Iulius Stephanus

---

1209b

125 d.C.



1

MT

FC

TT

PP

CM

AV

LT

AT

I*



Totali

2 ● ●



5 ●

7 3 1



3

2

Figura 5.94. Foro di Traiano, bolli laterizi rinvenuti in opera. Tabella comparativa dei ritrovamenti in altri complessi monumentali. Legenda: Foro di Traiano (FT), Mercati di Traiano (MT), Foro di Cesare (FC), Terme di Traiano (TT), Complesso Palatino (PP), Circo Massimo (CM), Atrium Vestae (AV), Lungotevere Testaccio (LT), Aqua Traiana (AT), insulae (I*).

295

Il Foro di Traiano nell’Antichità bolli impressi con timbri molto simili per forma, aspetto e caratteristiche intrinseche, fabbricati da privati domini o da dipendenti di altre figlinae nominatae.

realizzazione, come si è detto, è avvenuta qualche anno dopo la costruzione del settore settentrionale. Il nome Atimetus non è tra i più diffusi nell’onomastica servile209, ma è interessante a questo proposto il bollo CIL XV 200* (AT^IM^ET^I·VIBIA^ES·EX FIGLIN^IS NOV), dell’età di Domiziano nel quale un Atimeto è schiavo di Vibia forse nelle figlinae Domitianae Novae210. Si tratta anche in questo caso di un bollo circolare con il centro piano (fig.5.95). Un secondo bollo S.  49 compl. (ATIMETVS·VIBIA^E·EX·F N ), orbicolare con centro in rilievo è databile alla prima età traianea211. La somiglianza dei bolli 696 e 697 con il bollo 200, soprattutto con quest’ultimo per alcune caratteristiche paleografiche, lascia aperta la possibilità che T. Canedienus Atimetus e T. Camudenus Atimetus, limitatamente ai manufatti contraddistinti dai bolli 696-697, siano da identificare con lo stesso Atimeto responsabile della produzione doliare per Vibia nelle figline Nov(---)212, piuttosto che per Plotina.

Riguardo alla localizzazione delle fornaci di questo personaggio, Giorgio Filippi ha proposto un collegamento con i praedia imperiali di (Pompeia) Plotina Augusta, moglie di Traiano203. Tuttavia, questi sono stati localizzati tra Todi e Perugia mentre i siti tiberini più settentrionali che abbiano restituito bolli laterizi dell’officina di Anteros (Severianus) sono nella Valle del Rio, che dalle pendici dei Monti Cimini scende al Tevere attraverso i Comuni di Soriano del Cimino e Bomarzo, dove è certamente più probabile che si trovassero gli impianti produttivi di questo figulo. Si vuole, inoltre, ancora una volta richiamare l’attenzione sulla somiglianza del bollo 811d di Anterote con i bolli 312-313 delle Marcianae, comprese tra le proprietà di Traiano, e che dovevano trovarsi nel territorio di Orte, a breve distanza dai centri sopramenzionati, ulteriore evidenza a favore della possibilità che Anterote potesse esserne parte attiva204.

In questo caso, fatta salva la condizione servile di Atimeto nel primo dei due bolli di Vibia, l’iscrizione del secondo bollo dovrebbe certificare il passaggio a quella di liberto (di un Camidienus?), o il momento immediatamente precedente. In entrambi i casi comunque l’officinatore compare con la domina e si presenta con il solo nome servile. Se si accettasse l’ipotesi di una pertinenza a queste figline dei bolli 696 e 697, appare chiaro che l’acquisita condizione di liberto consente ormai ad Atimeto di comparire da solo sui bolli e il timbro riporta il suo nome per esteso.

Un altro personaggio i cui manufatti si trovano spesso associati con quelli sopra citati è T. Camidienus (Canedienus, Camudenus) Atimetus. Il suo nome compare come officinatore dell’imperatrice Plotina sul bollo orbicolare 695 (T·CAMIDIE·ATIM^ET·DOL/ EX·PR·PL·A^VG), assente in questo contesto205. I bolli classificati dal Dressel con i due numeri successivi, sono stati rinvenuti nel Foro su un alto numero di bipedali nell’area della basilica (696) e su due esemplari nella copertura del condotto sottostante il settore VI (697). Su di essi il nome dell’imperatrice non compare e il gentilizio del personaggio si presenta i due forme diverse.

Si sottolinea che il legame tra Anterote Severiano e T. Camidieno Atimeto, siano o no entrambi legati alla coppia imperiale, è comunque provato nel contesto in esame non soltanto dall’associazione dei bipedali di loro produzione, ma dalle caratteristiche dell’argilla e del trattamento dell’impasto nella fase di fabbricazione, come risulta dalle analisi svolte su un campione di argilla dei prodotti di ambedue i figuli213.

Il primo bollo, CIL XV 696, di forma circolare con il centro piano, riporta su un’unica linea di testo il nome dell’officinatore T·CANEDI^ENI·ATIMETI e al centro si trovano tre rami di palma206 (fig.5.95). Nel secondo, CIL XV 697, anch’esso di forma circolare, il gentilizio si presenta in forma diversa DOL DE TITI·CAMVDENI ATIMETI207. Il primo si data genericamente al primo decennio del II sec. mentre il secondo è stato rinvenuto nei Mercati di Traiano nella scala settentrionale dell’emiciclo in associazione con il bollo CIL XV 1014a di Domitia Lucilla maior, che è posteriore all’a. 107 d.C.208. É dunque possibile che la produzione dei bipedali rinvenuti nell’area della basilica recanti il primo bollo abbia preceduto anche se di un anno o poco più, quella dei bipedali con il secondo, rinvenuti in opera nei condotti fognari del settore VI, la cui

5.7 I bolli del Foro di Traiano in altri contesti traianei Gli studi sui bolli laterizi di Roma e sulla diffusione delle diverse produzioni laterizie in complessi monumentali oggetto di indagini, nell’ultimo decennio ha visto un forte incremento proprio a partire dalle prime ricerche eseguite da chi scrive sui bolli laterizi del Foro e dei   Su un bollo dell’età di Caligola (CIL XV 1280), rinvenuto nella prima nave di Nemi e nella villa di Castelfusano, compare un Atimetus servo di uno Statio Marcius Neo. Al secondo quarto del I sec. d.C. si riferisce un punzone con bollo S. 544 rinvenuto a Pompei con il nome di un altro Atimetus, schiavo di C. Satrini(us) Celer anche sul bollo 1411. 210   Steinby 1974-75, 40. 211   Steinby 1974-75, 40. Steinby 1974-75, 81. 212   Lo scioglimento del nome delle figlinae in Nov(ae) è dubbio, poiché la sezione Domitianae Novae è attestata solo da Marco Aurelio in poi. Si ritiene probabile che le f. Novae., forse di proprietà di Vibia, siano del tutto indipendenti dalle Domitianae. Camilli 2006, p. 121. 213   Morbidelli 2001. 209

  Filippi- Ranieri 2015, p. 44.   Bianchi 2001, 103, 113s.  205   Per l’origine del gentilizio Bianchi 2001, p.103, 113-114. 206   Bianchi 2001, 92 N. 5 figg. 8a-b (19 es.). Gli esemplari risultano essere stati impressi con un timbro spaccato. Righini 1975, pp. 145s. N. 111 (ined.). LSO 594. 207   Dol(iare) de (officina) Titi Camudeni Atimeti. Bianchi 2001, p. 92 N. 6. Ead. 2003a, pp. 103-104 fig. 28. Ead 2003b, p. 343 fig. 15. MNR III. Anderson 1991, 66 N. 114, fig. 28 (?). . 208   Bianchi 2015, p. 35. 203 204

296

I bolli laterizi del Foro di Traiano

Figura 5.95. Il bollo CIL XV 200 di Vibia e del suo schiavo Atimetus a confronto con i bolli CIL XV 696-697 di T. Canedienus (Camidienus) Atimetus [da LSO 221 (200), LSO 594 (696), Bianchi 2003b, p. 103 Figura 28 (697)].

Mercati di Traiano, Foro di Cesare, Terme di Traiano e impianto portuale di Lungotevere Testaccio214. L’edizione sistematica di ritrovamenti215 o con resoconti e aggiornamenti rispetto ai bolli laterizi noti per ciascun contesto offrono finalmente la possibilità di disporre di un quadro complessivo dei dati precedentemente disponibili soltanto per diversi contesti216. Per quanto riguarda i bolli del Foro di Traiano, rispetto a un primo esame dei confronti dei rinvenimenti occorsi in altri contesti monumentali dello stesso periodo217, alla luce dei nuovi repertori disponibili ed esclusivamente con riferimento ai bolli rinvenuti in situ, nella (fig.5.94). si vuole riassumere in un quadro comparativo quale sia stato l’impiego degli stessi laterizi bollati negli edifici o complessi già esaminati in precedenza, come il Foro di Cesare e l’impianto portuale di lungotevere Testaccio, in quelli per i quali sono disponibili nuovi dati, quali i Mercati di Traiano e le Terme di Traiano, infine in altri non considerati in passato, come nel caso dell’Acquedotto costruito da Traiano. A seguito delle importanti indagini svolte negli ultimi anni nel complesso del Palatino e nel Circo Massimo, anche qui i bolli laterizi rinvenuti hanno ricevuto una edizione di notevole importanza che consente non soltanto di disporre di una cospicua quantità di dati di riferimento. ma anche della documentazione fotografica dei reperti.

alcuni produttori erano in grado di offrire alla committenza per specifiche parti della costruzione, ma soprattutto di vedere nei bolli non più soltanto un semplice “indicatore” cronologico per la datazione delle murature, ma una chiave di lettura dei meccanismi economici e sociali propri dell’industria laterizia del periodo in questione218. Questi primi studi hanno permesso di verificare che anche a Roma, come già suggerito per Ostia da M. Steinby, nella realizzazione di alcune opere pubbliche di committenza imperiale, la fornitura di laterizi era sempre garantita da un ristretto numero di fornitori, talvolta legati all’imperatore con vincoli di parentela o da fabbriche di proprietà della stessa famiglia imperiale219. Inoltre, la macchina organizzativa deputata alla realizzazione di grandi complessi pubblici, doveva far conto sull’affidabilità di un sistema produttivo già consolidato, il cui presupposto non poteva che essere di natura squisitamente economica. Sotto Domiziano, nel giro di pochi anni, l’imponente sviluppo dell’edilizia monumentale aveva spinto l’industria del mattone verso un impulso esponenziale. I proprietari di vasti possedimenti terrieri furono così sollecitati ad espandere la loro attività, mediante reperimento di abili addetti alla produzione e alla creazione di una filiera produttiva che riguardasse tutte le attività di post-produzione, comprensiva del trasporto, delle fasi di stoccaggio220, sia per ciò che riguardava i prodotti destinati al mercato diffuso che per quelli riservati ad una specifica committenza. In questo caso i quantitativi dovevano essere calcolati in anticipo per le diverse esigenze dei numerosi cantieri da rifornire.

Come già esposto in una relazione preliminare pubblicata nel 2015, l’esame comparativo dei laterizi rinvenuti negli edifici pubblici di età traianea, e soprattutto delle indicazioni prosopografiche in essi contenute, ha consentito non soltanto di approfondire alcuni aspetti della produzione, quale ad esempio la gamma di produzione che

Per quanto riguarda i Mercati di Traiano, purtroppo, un nuovo contributo sui bolli laterizi pubblicato nello studio monografico sul monumento221 non offre purtroppo nulla di più di un elenco, seppure aggiornato, dei bolli divisi per livelli, non essendo seguito da un’analisi critica delle

  Bianchi 2001, Ead. 2003a, Ead. 2007, Ead. 2010a, p. 382, Fig. 3, Ead. 2015. 215   Per gli edifici del Palatino Buckowiecki-Wulf-Rheidt 2015; per il Circo Massimo Casadei 2018; inoltre per alcuni importanti contesti fuori Roma: per la necropoli di Porto Camilli-Taglietti 2019, per Lucus Feroniae Stanco 2010, per la Villa dell’osservatorio Astronomico a Monteporzio Catone Bologna-Pastorini 2006. 216   Un aggiornamento dei bolli laterizi dei Mercati di Traiano: Vigliarolo 2010, Vitti 2017; per le Terme di Traiano Volpe-Rossi 2012, Volpe-Rossi 2014. 217   Bianchi 2001, p. 105, tabella III; Ead. 2003a, p. 334; Ead. 2015, fig. 20. 214

  Bianchi 2015.   Steinby 1982. 220   Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015, pp. 396, 421. Bukowiecki-WulfRheidt 2016. 221   Bianchini-Vitti 2017. 218 219

297

Il Foro di Traiano nell’Antichità presenze rilevate nelle strutture ipogee, soprattutto relative all’apparato infrastutturale, e negli elevati.

provenire invece principalmente dalle fabbriche legate alla Gens Domitia, alle Cepioniane e alle officine di M. Herennius Pollio (fig.5.88), mentre se nell’insieme dei bolli documentati nell’area del complesso si includono anche quelli dei quali non si conosce il contesto esatto del ritrovamento, risulta molto più consistente anche la fornitura relativa alle officine di Anterote Severiano e T. Camidieno Atimeto (fig.5.89),

Allo stesso modo, la premessa secondo la quale “le indicazioni cronologiche ricavabili dal posizionamento puntuale dei bolli laterizi nei cinque livelli del complesso evidenzia che non è possibile individuare una seriazione costruttiva dei diversi corpi di fabbrica” appare piuttosto come una rinuncia aprioristica a qualsiasi tentativo di procedere in tal senso. Tale lavoro di sintesi avrebbe potuto costituire certamente un utile supporto nell’interpretazione dell’uso delle diverse produzioni di laterizi bollati attestate nei complessi dei Mercati e del Foro di Traiano, funzionalmente e architettonicamente strettamente connessi, in considerazione, soprattutto, del fatto che dei 33 bolli diversi rinvenuti in opera nel Foro ben 19 sono presenti in moltissimi esemplari anche nei Mercati di Traiano. Ad ogni modo, in logica continuità con la revisione dei bolli documentati dal Bloch nei Mercati, iniziata da chi scrive nell’ormai lontano 2002222 e alla luce dei nuovi ritrovamenti effettuati in occasione delle attività di restauro, si può qui tentare qualche utile riflessione. Appare scontato premettere, come già evidenziato in passato223, che per la costruzione dei Mercati l’imponenza delle opere in laterizio dovette richiedere un quantitativo di materiale estremamente più consistente di quello destinato al Foro224 e, conseguentemente, il coinvolgimento di un maggior numero di fabbriche produttrici. L’imponenza della macchina organizzativa necessaria per soddisfare le forniture destinate alle diverse parti del complesso monumentale disposto su cinque livelli appare evidente dal rilevamento della presenza dei diversi bolli, indipendentemente dalle questioni legate al relativo protrarsi della costruzione nel tempo fino al suo completamento in età adrianea.

Se si concentra l’attenzione sui bolli che trovano una concordanza di impiego nel Foro di Traiano, si nota che i bolli 259, 697, 811fII, 1000f, 1096a sono stati rinvenuti nel sistema fognario della via Biberatica (livello 1), mentre i bolli 258a, 811d, 1003ae 1346d si trovano anche in quello del livello superiore (livello 2). L’associazione dei bolli 697 e 258a nelle murature prossime al piano di spiccato del Grande Emiciclo (livello 0)227 dimostra che la costruzione di entrambi i sistemi deve essere stata realizzata contemporaneamente. Ciò è particolarmente indicativo perché i primi tre bolli del secondo gruppo e lo stesso bollo 697 (oltre ai bolli 635c, 1094d, 1105, 1182228 e 1253f) nel Foro sono stati rinvenuti insieme nel sistema di smaltimento del cortile porticato meridionale (UUSS 712, 722). Inoltre, osservando i due rami principali del condotto fognario della via Biberatica, nel tratto rettilineo si osserva l’associazione dei bolli 258a, 259, 1000f e 1096a e nel condotto dall’andamento curvo che segue il tracciato “alto” della stessa via Biberatica la presenza dei bolli 811d, 811f e 1003a, determinante una netta distinzione nella fornitura, probabilmente dovuta a una divisione dell’appalto per settori. Nel rapportare la prima evidenza con quanto documentato nel Foro, si confermerebbe quando ipotizzato per la sua prima cantierizzazione, come segnala la presenza dei bolli 258a, 259, 1000f (un quarto si può considerare utile per il confronto pur trattandosi della variante 1096b) nel reticolo di condotti funzionale allo smaltimento delle acque del settore compreso tra il portico orientale229 e il lato meridionale della piazza. Facendo altresì riferimento ai bolli rilevati del secondo tratto della via Biberatica, si può osservare che analogamente nel Foro di Traiano, per la copertura del sistema fognario del cortile della Colonna Traiana, furono utilizzati bipedali con il bollo 811f (insieme ad altri con il timbro 842b). Nei Mercati di Traiano, si conserva l’evidenza dell’uso di molti dei laterizi recanti i bolli menzionati anche nel primo livello degli alzati, più precisamente nei corpi scala, la cui costruzione deve essere stata realizzata contestualmente al procedere delle opere infrastrutturali. Nel secondo livello tale continuità non si interrompe ma è documentata sul Piccolo Emiciclo per la presenza di tegole sulle quali si riconoscono i bolli 58 e 97b noti anche nel Foro. Il primo è documentato nelle murature della c.d. biblioteca occidentale, mentre del secondo si ricorda la presenza negli alzati del settore VI. Se il livello 3 presenta sostanzialmente lo stesso quadro di presenze, almeno per ciò che concerne i bolli visti anche nel Foro, sul livello 4

Come si è detto i bolli rinvenuti complessivamente nel Foro sono 225, mentre quelli dei Mercati di Traiano ammontano ad oggi a circa 390 esemplari225. Per un confronto tra le produzioni presenti in entrambi i complessi si può fare un rapido confronto osservando il grafico pubblicato per i Mercati prima delle più recenti acquisizioni226. Da esso si deduce che le produzioni più utilizzate nel complesso corrispondono a quelle delle Bruziane, Cepioniane e di Anteros Severianus. Nel Foro, stando alle evidenze documentate in opera nelle murature, i bolli risultano   Devo a Lucrezia Ungaro l’invito ad avviare nel 2002 lo studio dei bolli dei Mercati di Traiano. Tale lavoro, iniziato come revisione dei bolli documentati prima da A. M. Colini durante gli scavi degli anni Trenta del secolo scorso e poi da H. Bloch (Bloch 1947) è proseguito in un’analisi delle murature in laterizio che ha consentito di rilevare la presenza di diversi bolli in opera non documentati precedentemente. Contestualmente è stato svolto un lavoro di schedatura dei circa 200 esemplari conservati nel magazzino epigrafico. Entrambi i lavori sono stati pubblicati nel 2003 sul Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma. 223   Bianchi-Meneghini 2002, Bianchi 2015. 224   Vedi 5.4. 225   Appartenenti alle stesse fabbriche del Foro con l’aggiunta di molte altre, tra le quali quelle di Plotina, Camillianae, Marcianae, Praedia Quintanensia, Rhodinianae, di altri privati domini Amphionis, Atilius (Vigliarolo 2010, Tabelle I-IV, pp. 91-96). 226   Vigliarolo 2010, Fig. 2 p. 86. 222

  Vitti 2017, p. 729.   Nei Mercati di Traiano è stato rinvenuto in una fogna del livello 4. 229   Vedi 4.2. 227 228

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I bolli laterizi del Foro di Traiano (Grande Aula) sono stati rilevati anche altri bolli riferibili alle Bruziane (32 e 29c)230. Si tratta naturalmente delle opere che rispecchiano una fase ‘matura’ della costruzione, con le quali l’edificio dei Mercati poteva dirsi completato. Al di là delle considerazioni sull’uso di un materiale della migliore qualità, quale le tegole fabbricate dalle officine situate nei praedia di M. Rutilio Lupo, è importante considerare che qui troviamo associate nelle stesse opere murarie manufatti recanti i timbri che nel Foro si trovano divisi (per quanto è stato possibile documentare) tra la biblioteca occidentale (32) e l’attico del muro di fondo della piazza (29c). Secondo quanto detto in precedenza, qui il bollo 29c nella porzione di muratura conservata allo stato di crollo risulta essere il meno recente, perché associato al 29g delle stesse Bruziane.

ha confermato l’ipotesi, proposta in occasione del primo lavoro sul Foro di Traiano, circa la concreta possibilità che questi laterizi siano stati messi in opera subito dopo la loro produzione, dimostrando come per la realizzazione di queste grandi opere si preferisse provvedere per tempo alle forniture necessarie per il completamento delle opere edilizie. Con riferimento alla fig.5.94 si segnalano in particolare i bolli 68c, 811d/ 811f e 1003a documentati dal Bloch, numerosi esemplari dei bolli 56 e 59b nei crolli delle strutture murarie (scavo 2003-2005) e l’associazione dei bolli 58 e 1096b nelle murature dell’esedra nordoccidentale235. Quest’ultima evidenza costituisce un importante elemento di confronto per l’impiego degli stessi materiali nel Foro Traiano, poiché, come si è visto, il primo bollo è stato visto nella cortina della c.d. biblioteca occidentale, il secondo nel condotto US 157, ciò che consente di avvalorare una contemporaneità della loro costruzione.

Per quanto riguarda il confronto con l’opera laterizia del Foro di Cesare relativa all’età di Traiano, ci si può riferire a quanto già trattato in altra sede231, tuttavia è qui utile sottolineare quali siano i bolli comuni ai due complessi. Pur escludendo il consistente numero di bolli rinvenuti nello stesso contesto. ma dei quali non si conosce l’esatta provenienza232, ci si può soffermare sui dati certi che in ogni caso forniscono preziose informazioni circa l’organizzazione delle forniture relative ai lavori traianei sul più antico Foro di Cesare. Il bollo CIL XV 32 di M. Rutilius Lupus rinvenuto in uno dei pilastri della Basilica Argentaria è lo stesso visto nei muri della c.d. biblioteca occidentale. Nel Foro di Cesare si ritrovano anche il 97b di C. Curiatius Cosanus e il 259 di Agathobulus e del suo servo Aprilis, il bollo 1105 di Domitius Chryseros, 635c di L. Licinius Felix e le diverse varianti dei bolli di Anteros Severianus viste nel Foro di Traiano. I nomi degli officinatori del Domitii Cn. Domitius Arignotus e Cn. Domitius Evaristus compaiono nel Foro di Cesare non con i bolli 1094d e 1096b visti nel Foro di Traiano ma con altre varianti (1094e e 1096a, insieme al bollo 1095 di Cn Domitius Charito).

Il quadro complessivo dei bolli fin qui delineato per i due grandi complessi contemporanei al Foro, i Mercati e le Terme di Traiano e dei lavori di restauro nel Foro di Cesare, induce a concludere che molte delle produzioni, rappresentate da diverse figline, dai diversi bolli di una stessa figlina o dalle varianti di uno stesso timbro dovevano essere destinate a un determinato cantiere e vi dovevano confluire sommandosi ai prodotti di alcuni materiali la cui presenza si rivela, invece, una costante nelle forniture di tre o di tutti e quattro i cantieri, come nel caso dei bipedali di Anteros Severianus. Anche nelle ricerche che hanno interessato le residenze imperiali del Palatino, le cosiddette Domus Flavia e Domus Augustana, lo Stadio e la Domus Severiana, dei circa 940 bolli rinvenuti, riferibili a un arco cronologico compreso tra il I secolo e l’età di Teodorico e che le Autrici del saggio hanno suddiviso in 7 “gruppi”, quelli in situ sono stati utilizzati come importanti indizi utili per la datazione delle strutture e delle varie fasi edilizie dell’intero palazzo imperiale 236. Dal confronto con i materiali rinvenuti in quel complesso e catalogati all’interno dei primi 3 “gruppi”, databili tra il I sec. d.C. e l’anno immediatamente precedente il 123 d.C., corrispondente all’introduzione della data consolare237, le concordanze con i bolli presenti anche nel Foro di Traiano sono limitate ai soli bolli 97b e 259. In altri casi, infatti, come in quello della serie dei bolli CIL XV 811c, 1094, 1096, 1253-b e 1346b-c sono attestate varianti diverse rispetto a quelle

Riguardo ai bolli rinvenuti in opera nelle Terme di Traiano233, il lavoro di restauro che ha riguardato l’esedra sudoccidentale ha consentito di rimettere in luce circa 100 bolli laterizi, tutti databili all’età traianea, riferibili a nove figline differenti234. L’identificazione di questi bolli  Il bollo CIL XV 32 è stato documentato anche nelle murature dell’Aula di testata nord. 231   Bianchi 2010a. 232   La schedatura dei 156 bolli laterizi conservati in una delle tabernae del Foro di Cesare è stata condotta da chi scrive nel 2008. 233  Le informazioni relative a questo contesto si basano su un primo elenco di ritrovamenti pubblicato dal Bloch (Bloch 1947, pp. 36-49) e dai successivi contributi seguiti alle più recenti indagini (Bianchi 2010b, con bibliografia precedente, Volpe-Rossi 2012, Volpe-Rossi 2014, Rossi 2016, p. 36). Il totale dei bolli rinvenuti nel contesto corrisponde a circa 840 esemplari, comprensivi dei circa 330 bolli schedati nel 2005, in occasione dello scavo eseguito nell’area dell’esedra sudoccidentale, 152 bolli dei quali rinvenuti in opera (nelle murature traianee, negli interri o crolli di strutture relativi alla costruzione del complesso monumentale, nel portico antistante l’esedra e nel condotto fognario ad esso pertinente), dei 100 rinvenuti durante i lavori di restauro che hanno interessato la stessa esedra, infine di quelli conservati nel deposito. 234   Il totale dei bolli rinvenuti nell’area monumentale delle Terme di Traiano risulta fabbricato da 15 figlinae diverse, rappresentate da 92 bolli. 230

I ritrovamenti confermano la data tradizionale di costruzione delle Terme tra il 104 e il 109 d.C., ma evidenziano completamenti e adattamenti realizzati in età adrianea (f. Sulpicianae). 235   Per quest’ultima evidenza, Volpe-Rossi 2012, p. 74, nota 12. 236   Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015. Durante i lavori svolti tra il 1998 e il 2008 sono stati rinvenuti 387 esemplari in situ e 22 fuori contesto, mentre 212 esemplari in situ e 319 fuori contesto erano già noti dalla bibliografia. 237   Gruppo 1 (I secolo fino al 93/94 d.C., data ipotizzata per la morte di Cn. Domitius Lucanus); Gruppo 2 (95-110 d.C.) cantieri flavi attivi fino alla morte di Domiziano (96 d.C.) prolungati in età traianea; Gruppo 3 (111-122 d.C.). Questo gruppo testimonia dell’attività edilizia di Traiano sul Palatino, completata anche in questo caso dai primi cantieri adrianei.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità identificate per il Foro238. Nel I secolo fino al 93/94 d.C. (Gruppo 1) l’approvvigionamento dei cantieri flavi è risultato principalmente legato alla rete di produzione delle Domitianae, con manufatti che recano il timbro di molti officinatori noti anche per il Foro di Traiano. In particolare dal territorio di Statonia provengono i materiali edilizi di altre varianti dei bolli noti nel Foro: Primigenius (CIL XV 1000a), L. Lurius Proculus (CIL XV 1253b-c), Cn. Domitius Arignotus (CIL XV 1094a), Cn. Domitius Evaristus (CIL XV 1096c).

anonime quale quella afferente ad Anterote Severiano, una concentrazione dello sforzo produttivo per la realizzazione dei cantieri pubblici destinati all’amministrazione e alla rappresentanza del potere imperiale, mirato a garantire la fornitura del materiale edilizio necessario. Anche sui cantieri palatini si osserva infatti l’impiego di laterizi prodotti appositamente e contraddistinti, all’interno delle stesse serie, come ad esempio per Anteros Severianus (811) e Q. Oppius Natalis (1346) da timbri diversi rispetto a quelle presenti nel Foro240.

Secondo Bukowiecki e Wulf-Rheidt, per la posizione di un gruppo di bolli in situ, tra i quali sono inclusi il 1094, 1096, 1346, per la loro frequenza e la distribuzione riscontrata nei quattro complessi architettonici, è possibile considerare come ormai accertato che questi bolli siano arrivati sul Palatino nelle primissime fasi dei cantieri domizianei e che di conseguenza la loro datazione possa essere più precisamente fissata nella prima parte dell’età domizianea239. Tuttavia, si deve fare attenzione perché in alcuni casi i ritrovamenti riguardano varianti diverse delle serie, ciò che non consente un confronto preciso con i materiali rinvenuti nel Foro di Traiano, poiché all’interno di una stessa serie una variante diversa può significare una produzione diversamente databile. Infatti, alcuni dei bolli inseriti dalle studiose nel Gruppo 1 (I secolo fino al 93/94 d.C.) presentano varianti la cui cronologia di produzione li colloca in un periodo compreso tra gli ultimi anni del I sec. d.C. fino al 106/7 d.C. (da esaminare per il confronto con i bolli 1094d, 1096b, 1253f e 1346d presenti nel Foro, fig.5.12).

Gli edifici del Palatino si affacciavano sul Circo Massimo, dove altre recenti indagini (2009-2016) hanno restituito nuove evidenze relative a bolli laterizi241, esaminati nella loro distribuzione all’interno della struttura per un esame diacronico degli interventi edilizi relativi a questo edificio da spettacolo, che sono andati ad aggiungersi ad altri esemplari rinvenuti a partire dagli anni Trenta del secolo scorso. Anche per questo contesto i bolli sono stati divisi in 7 gruppi, tra i quali i gruppi 2-4 raggruppano il materiale riferibile al periodo compreso tra l’età domizianea e quella traianea. Le concordanze tra i bolli del Foro di Traiano e quelli attestati in opera nel Circo Massimo evidenziano ancora una volta un quadro nel quale alcune fabbriche “dominanti” nella fornitura dei grandi cantieri pubblici si affiancano altre che rivestono all’interno di un determinato contesto, un ruolo di “compensazione e completamento” delle forniture necessarie (fig.5.94). Nel Circo sono attestati i bolli 1000f (Gruppo 2), il bollo più frequentemente attestato nel gruppo, 259, 696, 1105, 1346d (Gruppo 3) e 97b (Gruppo 4). Il riconoscimento di un uso per così dire tardivo di laterizi di grande formato (sesquipedali) recanti il timbro 1000f242 è confermato anche dall’esame di alcuni esemplari rinvenuti in opera nel Circo, che testimoniano come sia trascorso del tempo tra la produzione e la posa in opera, un intervallo di tempo nel quale il materiale deve essere rimasto in giacenza nei magazzini in attesa del suo utilizzo243. Diverso è il caso di alcuni bipedali associati ad altro materiale domizianeo posti in opera nel Circo subito dopo la fabbricazione.

Nel complesso delle residenze del Palatino, i gruppi più consistenti di figline sono rappresentati da quello legato alla famiglia dei Domitii, dalle Sulpicianae e dalle Marcianae e da un discreto numero di figline anonime. Soltanto in minima percentuale compaiono i laterizi riferibili ad altri fornitori, tra i quali le figlinae Tonneianae, Caepionianae, Tempesine e Brutianae, che al contrario ritroviamo nel Foro di Traiano tra i principali fornitori del materiale edilizio, in particolare Caepioniane e Brutianae per l’avvio e per il completamento del complesso, analogamente a quanto documentato nelle residenze del Palatino per le figline Marcianae e poi per l’officina Marciana, che hanno poi mostrato un lungo legame con i cantieri palatini. Tale evidenza sembrerebbe dimostrare da parte di queste fabbriche, insieme ad altri produttori di figline

L’analisi dei bolli laterizi del Circo ha permesso di evidenziare una prima fase nella quale si riscontra una quasi totale comunanza di forniture tra i laterizi del Circo (Gruppo 2) e quelli della Domus Augustana, mentre la gamma dei rifornimenti nei quali sono prevalenti i manufatti delle Domiziane, Marciane e di Plotina (Gruppo 3) si discosta decisamente da quella dei cantieri palatini, per accostarsi invece alle grandi fabbriche urbane traianee. In questo ambito si riscontra la presenza dei laterizi con il bollo 259. Contestualmente, su sesquipedali e bipedali degli archi di scarico e negli impianti scalari è documentato

 Per ciò che riguarda il confronto con la Domus Severiana (Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015, p. 334-335) 1096c, 1346c, 1094a, 1253 (Gruppo 1); 97b (Gruppo 2); Stadio (Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015, p. 347). 1096, 1346c, 1094a, 1253 (Gruppo 1). Dall’analisi dei bolli laterizi dello Stadio, prevalentemente riferibili al Gruppo 2, risulta un’ampia attività edilizia compiuta sotto Traiano tanto che, secondo le Autrici, i progetti edilizi di età domizianea dovettero protrarsi fino in età traianea per il loro completamento. Concordanze con il Foro di Traiano: 97b, 259 (Gruppo 2); è documentata anche una diversa variante della serie 811 di Anteros Severianus (811c) (Gruppo 3). Nella Domus Augustana, costruita solo in età traianea e per lo meno completata solo all’inizio del II secolo d.C., sono stati rinvenuti bolli delle serie 1094a e 1096c (Gruppo 1) ma la specifica della variante non consente di proporre una vera concordanza con il Foro. Nella Domus Flavia (Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015, p 379) si trova il 1094 (variante?). 239   Bukowiecki-Wulf-Rheidt 2015, p. 415, nota 1141. 238

  Nelle residenze del Palatino sono attestati i bolli 811c e 1346b-c.   Casadei 2018. Gli esemplari identificati nel corso degli scavi recenti ammontano a 76 esemplari, riferibili a 42 bolli diversi. 242   In associazione ai bolli 1094e e 1253c di Lurius Proculus. 243   Casadei 2018, p. 183-184; cfr. Bianchi 2015, p. 35. 240 241

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I bolli laterizi del Foro di Traiano il CIL XV 696244, diffusamente presente anche in ambito extraurbano245 ma che, come si è visto, non compare tra i bolli dei cantieri delle residenze palatine; come si è visto, questo bollo di T. Canedienus Atimetus (Marciane?)246 è stato rinvenuto in numerosi esemplari su bipedali nel Foro, ma non in opera, mentre il 697 si trova nel sistema fognario del settore meridionale del complesso.

A questo punto può essere utile esaminare, sia pure molto rapidamente, quali bolli presenti nel Foro siano attestati anche in altri contesti extraurbani, ma strettamente connessi all’intensa attività edilizia attuata sotto Traiano (fig.5.94). Tra le grandi opere pubbliche progettate e realizzate sotto l’imperatore un’importantissima infrastruttura fu certamente l’aqua Traiana 253, il nuovo acquedotto fatto costruire da Traiano nel 109 d.C., come testimoniato da alcuni importanti documenti iscritti254, per alimentare la Regio XIV Transtiberina. L’imponente opera idraulica raccoglieva le acque di diverse sorgenti attorno al lago di Bracciano (lacus Sabatinus), sui monti Sabatini, un territorio già dotato nel I sec. d.C., prima della costruzione degli acquedotti Alsietino255 e Traiano256, di un sistema di approvvigionamento idrico basato sul principio della “raccolta e conserva” entro numerose ampie cisterne, in grado di soddisfare le necessità della Villa c.d. dello stabilimento dell’Acqua Claudia presso Anguillara Sabazia e del ben noto complesso termale di Vicarello di piena età imperiale. Per la realizzazione del nuovo acquedotto imperiale, in parte sopraelevato257 e per più lunghi tratti sotterraneo, fu utilizzata principalmente l’opera cementizia abbinata talvolta all’uso del opus reticolatum o del solo laterizio; più spesso il rivestimento esterno ed interno presenta un reticolato regolare di blocchetti di tufo alternato ad accuratissime fasce di laterizio. Th. Ashby ne ricostruì con accuratezza il tracciato, a seguito di ricognizioni effettuate prevalentemente tra il 1914 e il 1927258. Nel territorio situato a nord di Bracciano, il sistema dell’acquedotto si alimentava progressivamente raccogliendo lungo il percorso i diversi rami di captazione idrica provenienti da diverse sorgenti259. Le acque venivano convogliate nel collettore principale situato tra i Bagni di Vicarello e Trevignano che da questo punto, dopo aver seguito la riva orientale del lago di Bracciano260 proseguiva seguendo il tracciato dell’antica via Clodia, della Cassia,

Accanto al 696 sono attestati anche il 1105 di Domizio Criserote (f. Caninianae?)247 e il bollo 1346d. Tra i bolli del Gruppo 4: è significativa la presenza del 97b. Se ci si sposta sul versante opposto del Palatino, nell’Atrium Vestae, secondo quanto documentato dal Bloch248 i bolli comuni al Foro di Traiano sono il 29c delle Bruziane, il 56 delle Cepioniane, l’1105 di Cn. Domitius Chryseros, l’811f di Anteros Severianus e l’842b di Q. Articuleius Paetinus. Come fu notato dallo studioso i bolli CIL XV 29 sono diffusissimi nelle diverse varianti in tutto il contesto, tanto da indurre lo studioso a datare in età traianea l’intero complesso orientale della Casa delle Vestali, e ad attribuire ai bolli di questa serie di Rutilio Lupo per questo contesto «la funzione di “fossili caratteristici” nella paleontologia, i quali servono a stabilire l’età degli strati geologici che li racchiudono»249. Ai bolli di M. Rutilio Lupo il Bloch associa l’1105 come indicatore per l’unitarietà di costruzione. Al confronto proposto a suo tempo dal Bloch tra i bolli dei complessi dei Mercati, del Foro e delle Terme di Traiano con quelli dell’Atrium Vestae250si possono aggiungere nuovi dati riguardanti non soltanto il CIL XV 56 documentato anche nelle Terme di Traiano ma, per ciò che concerne il bollo 842b nel Foro di Traiano (fig.5.94). Si vuole a questo punto accennare anche al confronto tra i bolli laterizi del Foro di Traiano con quelli documentati nell’impianto portuale del Lungotevere Testaccio. Come già evidenziato dall’analisi dei bolli rinvenuti nelle strutture di questo complesso, funzionale alle attività di trasporto e immagazzinaggio di merci lungo il fiume, la data di costruzione dell’edificio più a valle (Settore C)251 è stata fissata alla seconda metà o all’ultimo decennio del regno di Traiano, proprio in base alla prevalenza di bolli databili tra la fine del regno di Domiziano (1346b) e quello di Traiano (869, 1096b, 1105, 878), diffusamente posizionati nei muri a scarpa delle banchine e sulle rampe delle scale. La concordanza si rileva per i bolli CIL XV 1096b e 1105, entrambi rinvenuti nel Foro nel sistema fognario del settore meridionale, quindi relativi alle prime fasi della costruzione252.

  Sul monumento è attualmente in corso un progetto di ricerca promosso dalla Sovrintendenza Capitolina, diretto da Francesco Maria Cifarelli. Per una prima sintesi delle ricerche e per la bibliografia relativa ai diversi tratti dell’acquedotto si rimanda a Cifarelli-Marcelli 2017; IID 2020; IID. 2021. Le esplorazioni avviate a partire dal 2013 si sono concentrate nella zona attorno al lago di Bracciano, dalle prime captazioni lungo i fossi di Grotta Renara e della Fiora, fino alla zona della mola di Anguillara. 254   Sulle fonti sull’acquedotto Traiano: Mari 2008. 255   Frontino XI,1. 256   Virgili 1986. 257   Dei tratti in elevato, quelli di maggior interesse si concentrano nel tratto presso le terme di Vicarello, nell’attraversamento del fosso Galeria, nei pressi di Cesano, in località “Arcacci”e lungo la Via Aurelia antica. Qui i resti delle arcate antiche, parzialmente interrate ed eseguite in opera mista di reticolato e laterizio, sono spesso ancora perfettamente leggibili ed in parte inglobate nella struttura dell’Acqua Paola, acquedotto moderno fatto costruire da papa Paolo V che, a partire dal 1609 si sovrappose quasi perfettamente alla linea di alimentazione antica. 258   Schingo 2007. 259   Molti canali di captazione furono realizzati, solo per citare i principali, lungo il Fosso di Grotte Renara nei pressi di Bracciano, lungo il Fosso S. Fiora, con origine tra Manziana e Oriolo, lungo il Fosso delle Ferriere nella località oggi detta Bagni di Vicarello, alle Sette Botti tra Vicarello e Trevignano e alla sorgente del fosso Cerasa verso Bassano. 260   Un miglio a sud est della stazione di Cesano il condotto passava il fiume Galera, ora chiamato Fosso di Cesano, su un ponte di considerevole lunghezza, consistente in origine in uno o due archi sul torrente con una linea di archi più bassi alle estremità. Di questo gruppo di arcate, ancora in piedi nel XVI secolo, si conservano i resti di un pilone in blocchi di tufo e paramento in laterizio. 253

 Nessuno degli esemplari rinvenuti nel Circo presenta l’evidente spaccatura del timbro mostrata dagli esemplari rinvenuti nella biblioteca occidentale (Bianchi 2001, fig. 8a). 245   Giannutri IHM, CIL XI, p. 1015; Villa cd. di Matidia Augusta a Monteporzio Catone, Bologna-Pastorini 2006, p. 154. 246   Casadei 2018, p. 187. Vedi 5.6. 247   Gasperoni 2003, P. 217. Vedi 5.6. 248   Bloch 1947, pp. 67-79 249   Bloch 1947, p. 77. 250   Bloch 1947, p. 80. 251   Bianchi 2007, figg. 1, 14. 252   Bianchi 2001, p. 92 244

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Il Foro di Traiano nell’Antichità della Trionfale e da ultimo, dopo un percorso di 57 km sul percorso della via Aurelia antica261 raggiungeva la mostra terminale, indentificata dal Lanciani al di sotto di Villa Spada262. L’esplorazione di alcuni di questi condotti ha offerto la possibilità di documentare la presenza di bolli laterizi, soprattutto sui piani di scorrimento realizzati in bipedali.

nel quale, attraverso una serie di bocchette, si raccoglie ancora oggi acqua sorgiva. In un altro collettore a questo connesso e formato da cunicoli scavati sempre nel banco roccioso sono state trovate tegole con i bolli CIL XV 97b delle f. Caepionianae utilizzate come copertura del paramento269. Ancora più a valle il piano di scorrimento in bipedali presenta l’associazione di bolli 1003a270 con bolli 263 databili agli anni immediatamente precedenti al 115 d.C.

Lungo il ramo del Fosso di Grotte Renara263 si trova la Botte dell’Acqua Precilia, una camera di captazione sotterranea, dalla quale parte un cunicolo dotato di gradini laterali sui quali gli esploratori hanno visto due esemplari del bollo CIL XV 29b delle f. Brutianae, mentre altri laterizi recavano il timbro CIL XV 97b di C Curiatius Cosanus delle f. Caepionianae264. A questo condotto si collega un altro cunicolo che capta le acque della c.d. Botte delle Cinque Vene, la cui pavimentazione è caratterizzata dalla presenza di bipedali sui quali sono impressi ben venticinque bolli 811d e 811f di Anteros Severianus265. Nella Botte delle Venticinque Vene la pavimentazione in sesquipedales presenta due esemplari di bolli laterizi delle Brutianae266. Nel primo caso sembra si tratti del CIL XV 29e, nel secondo potrebbe trattarsi di una diversa variante della serie (29a-d).

Queste evidenze, costituiscono certamente una prova inconfutabile per la contemporaneità di costruzione dell’Aqua Traiana con il grandioso complesso termale del Colle Oppio), le cui dediche dovettero avvenire a due giorni di distanza l’una dall’altra271, perché il nuovo acquedotto potesse garantire da subito l’approvvigionamento delle terme, ma allo stesso tempo offrono un’informazione importante circa l’identità delle fabbriche che hanno provveduto alle fornitura dei materiale laterizio utilizzato per entrambi i progetti (fig.5.94). Inoltre, queste stesse evidenze da un lato costituiscono la prova della contemporaneità di esecuzione dei due rami di acquedotto ai quali si è accennato, dall’altro confermano come determinate forniture riferibili ad alcune fabbriche particolari costituissero una costante nella scelta dell’approvvigionamento dei materiali da costruzione. Riguardo ai diversi laterizi impiegati nei due rami dell’acquedotto presi in esame, in entrambi sono stati rinvenute tegole marcate con il timbro 97b, insieme a bipedali di Anterote Severiano con i timbri 811d/811f. In aggiunta a questa concordanza, nel ramo del Fosso di Grotte Renara (Botte dell’Acqua Precilia) sono presenti anche alcuni bolli delle Bruziane (CIL XV 29b), mentre nel ramo di Vicarello in associazione con due diverse varianti del bollo 811 di Anterote Severiano (811e-f) e con il 263 si trova un altro bollo delle Domiziane, il CIL XV 1003a. I bolli comuni al Foro di Traiano e all’aqua Traiana, pur rintracciabili in un quadro ancora frammentario che si auspica possa essere integrato a seguito delle nuove esplorazioni di nuovi rami dell’acquedotto, mostrano in ogni caso un riferimento costante alle forniture di Anterote Severiano, delle Cepioniane e Domiziane e almeno per ciò che riguarda il ramo del Fosso di Grotte Renara annche delle Bruziane. É sufficiente in ogni caso la presenza di questi quattro bolli 97b, 811d, 811f e 1003a, anche se diversamente associati nello stesso contesto, per richiamare la nostra attenzione sulla identità delle forniture ampiamente esaminate nel sistema fognario del Foro di Traiano, in particolar modo per ciò che concerne la costruzione del settore meridionale, il cui completamento, come si è detto, dovrebbe essersi spinto di qualche anno oltre la data di inaugurazione del Foro (112 d.C.). La cronologia di questi bolli, come sintetizzato nella fig.5.94, è circoscritta al primo decennio del II

Il ramo del Fiora non sembra aver restituito bolli laterizi, mentre numerose sono le attestazioni derivanti dalle indagini condotte nei diversi rami presenti nella tenuta di Vicarello, lungo il Fosso di Monte Sassano-Fosso delle Ferriere e presso le Sette Botti, dove sono state individuate e dove sono tuttora in corso le esplorazioni di numerose sorgenti incanalate in condotti ipogei realizzati parte nel tufo e parte in laterizio misto a reticolato. In attesa di una edizione completa dei più recenti ritrovamenti di bolli laterizi, ai fini del nostro lavoro è utile rilevare la presenza dei bolli che offrono spunti di concordanza con i materiali del Foro di Traiano. Nella muratura esterna del ramo che ha inizio presso le Tre Sorgenti, tre camere parallele sotterranee, con pareti in opera laterizia su cui poggia una muratura costituita da blocchetti e scaglie di pietra lavica, si è rinvenuto un frammento laterizio con iscrizione a lettere cave SVC[---]267, identificabile con il bollo S. 383a-b di età traianea268. Poco più a valle del percorso si trova un ampio corridoio (Botte lunga) costruito a ridosso del banco roccioso con una sequenza di tredici arcate interamente costruite in opera laterizia   Lungo la via è ancora visibile lo speco dell’acquedotto poggiato su pilastri, con il suo paramento esterno in reticolato formato da blocchetti di tufo Monte Verde molto regolari sia per forma che per dimensioni (6,5-7 cm di lato) alternato a fasce di laterizi di fattura molto accurata, formate da tre o cinque filari, quasi certamente ricavati da tegole fratte. Van Deman 1934, p. 331-340. 262   Nibby 1837, pp. 254-268; Van Deman 1934, p. 331. Non lontano dalla fine del condotto negli anni 1912-1913 sotto il cortile dell’American Academy fu trovato un tratto di 45 m dell’acquedotto. 263   Germani, Colombo 2015. 264   Filippi-Ranieri 2015. Felluca-Germani 2017. 265   Felluca 2015, p. 16, Fig. 4. Filippi-Ranieri 2015. Felluca-Germani 2017. 266  Taylor et al. 2016, pp. 10-17. 267   Felluca 2015, p. 17, fig. 6. Ranieri 2021a, p. 106, p. 110, fig. 5. 268   LSO 1067. 261

  Felluca-Germani 2017, pp. 179-180. Ranieri 2021a, p. 117, fig. 20.   Santucci 2021, p. 140. 271   Sulla data della dedica vedi Bloch 1944, p. 339. Le Terme di Traiano furono dedicate il 22 giugno del 109 d.C. mentre la dedica dell’Aqua Traiana avvenne soltanto due giorni più tardi. 269 270

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I bolli laterizi del Foro di Traiano in Pont(es) V(iae) Tra(ianae)277. Scartata secondo Ferrari l’ipotesi che tali bolli provenissero da apposite fornaci da campo, appositamente attrezzate in prossimità del cantiere per motivi di praticità e contingenza278, lo stesso studioso colloca giustamente questa produzione tra quelle classificate dal Dressel in lateres publici, una particolare tipologia di bolli che reca i nomi degli edifici pubblici a cui erano destinati. Ciò implicava naturalmente che i lotti di manufatti muniti di tale bollo, commissionati in anticipo in previsione di una precisa attività edilizia, non potessero circolare liberamente sul libero mercato, per ciò che concerne gli inizi del II secolo, analogamente al caso del bollo semicircolare PORT TRAI, Port(us) Trai(ani) (CIL XV, 1, 6 I-III; XI, 2, 6675, 5), rinvenuto in diversi esemplari a Roma, Ostia e Civitavecchia279, al bollo PORTVS · AVGVSTI, Portus Augusti (CIL XV 5a-b), riferibile principalmente all’area ostiense e al bollo HOREI MAMERCIANIS/ CAESARIS · A ·, Hor(r)ei(s) Mamercianis Caesaris A(ugusti?) (CIL XV 5208; AE 1912, 0251), anch’esso di provenienza ostiense280. Come risultato dallo studio dei rispettivi contesti alcuni di questi bolli, oltre all’edificio al quale si trovano effettivamente associati, come nel caso di quelli recanti l’iscrizione Portus Augusti, Port(us) Trai(ani)281 e ora anche Pont(es) V(iae) Tra(ianae), potrebbero indicare semplicemente il luogo di raccolta e stoccaggio del materiale fittile prodotto dalle fabbriche imperiali, come nel caso degli horrea Mamerciana282, ancora di incerta localizzazione.

secolo e ben si accorderebbe con una data di fabbricazione precedente il 109 d.C., in modo da poter considerare un congruo intervallo di tempo tra la fabbricazione, le diverse operazioni di trasporto dalle diverse figline e di stoccaggio272, che dovevano precedere la posa nelle opere propedeutiche per la costruzione del settore meridionale, quale il sistema di smaltimento delle acque, compatibili con le date che le fonti tramandano per l’inaugurazione delle Terme prima che del Foro. In altre parole, il ritrovamento di questi stessi materiali all’interno di condotti idraulici, siano essi del Foro come dell’acquedotto di Traiano mostra inequivocabilmente la contemporaneità di realizzazione da parte di diverse maestranze impiegare in diverse opere pubbliche di grande impegno nello stesso momento. Sarà a causa della natura stessa delle due costruzioni che le opere avranno durata diversa. Al di sopra del sistema fognario del Foro si sarebbero dovute realizzare le magnifiche architetture previste per la rappresentazione del potere imperiale che certamente devono aver richiesto più tempo rispetto al completamento delle strutture dell’acquedotto, che per la sua estensione e a ragione dell’urgenza di alimentare l’impianto termale deve essere stato diviso in lotti separati, assegnati a maestranze diverse in grado di procedere contemporaneamente per garantire così tempi più rapidi di costruzione. Sulla realizzazione delle grandi opere infrastrutturali extraurbane alle quali Traiano dovette provvedere in un ristretto numero di anni è stato fornito recentemente un importante contributo grazie agli studi di Marcello Spanu, che ha chiarito quali siano stati i reali motivi della costruzione della Via Nova Traiana in Etruria273. Le numerose piene disastrose del Tevere e dell’Aniene (107 d.C.)274 iniziate già durante il principato di Nerva275 e che per alcuni anni interessarono tutto il comparto idrogeologico di una vasta area dell’Italia centrale, crearono i presupposti per un consistente piano di interventi, tra i quali si distingue quello che condusse nel 108 d.C. alla realizzazione del nuovo asse di collegamento tra Chiusi e Bolsena per l’attraversamento del fiume Paglia.

Con il regno di Traiano sembra avere inizio l’uso di bolli su lateres publici, con i quali si indica l’opera pubblica alla quale sono destinati e il nome dell’imperatore che ad essa si lega. Più diffuso sarà l’uso di inserire nomi di imperatori nei bolli laterizi, nei casi in cui il timbro indichi la sola proprietà imperiale delle fabbriche, come si è visto per il nome dello stesso Traiano nelle figline Marciane e, come è ampiamente attestato in area Cispadana, dove numerose sono le attestazioni che si riferiscono al periodo compreso tra Adriano e Alessandro Severo283. L’esame dei resti e la quantificazione dei materiali necessari per la realizzazione di un’opera complessa come la costruzione della Via Traiana ha offerto, dunque, un ulteriore importante contributo per la valutazione

Sempre con riferimento alla via Traiana, si accenna qui alle evidenze di bolli laterizi documentati per la costruzione dei ponti. L’analisi delle evidenze archeologiche ha consentito a Ivan Ferrari di verificare quali fossero i bolli presenti sui laterizi adoperati nella costruzione di alcune strutture276. In totale sono stati rilevati e schedati 62 bolli, buona parte dei quali impressi sui bipedales ancora in situ adoperati nella costruzione delle arcate dei pontes delle Chianche presso Buonalbergo (Bn) e di quello di Santo Spirito presso Montecalvo Irpino (Av). Nelle strutture del Ponte delle Chianche sono stati rinvenuti molti esemplari del bollo rettangolare recante l’iscrizione PONTV · TRA (CIL IX, 6011; 6078,2), da sciogliere, secondo Th. Mommsen,

  In associazione a questo bollo sono stati rinvenuti anche numerosi esemplari dei bolli di P. Opicus Anthimus (CIL IX, 6078,123) e di Neraeus (CIL IX, 6078, 41). Le officine di questo figulo, secondo Ferrari (Ferrari 2015, p. 95), è possibile che si trovassero nelle vicinanze del cantiere della via Traiana, per ovvi motivi di praticità e di trasporto dei laterizi. Un terzo bollo associato è quello riferibile a un certo L(ucius) Ulpius, forse il dominus della figlina o un officinator, le cui officine, anche in questo caso, potrebbero essere collocate nei territori interessati dalle opere edili della via Traiana, nei quali molto attestata risulta essere la gens Ulpia (FERRARI 2015, p. 96, n. 30). 278   Galliazzo 1995, Vol. I, p. 197 e Vol. II, p. 117. 279   Fiorelli 1877, 265. Mengarelli 1919, 212 e Id. 1923, 347. Taglietti 1994, p. 189; Stanco 2003, pp. 255-256, 263. 280   Per la bibliografia relativa a questi bolli e ad altri aventi la stessa funzione ma databili ad un momento successivo, vedi Ferrari 2015, p. 94, note 19-22. 281   Taglietti 1994, p. 190. 282   Taglietti 1994, P. 187, Gianfrotta 2010, p. 155. 283   Zaccaria 1993, p. 57. 277

  Per una recente analisi dei meccanismi logistici messi in atto per il trasporto e lo stoccaggio dei laterizi: Bukowiecki – Wulf-Rheidt 2016. 273   Spanu 2020. 274  PLIN. epist., VIII,17. 275   AUR. VICT. epit. Caes., 13. 276   Ferrari 2015. 272

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Il Foro di Traiano nell’Antichità libero impiego di materiali, dando impulso all’industria del laterizio che tra la fine del I e l’inizio del II secolo fu favorita dagli interessi legati alla proprietà privata di personaggi di alto rango e della famiglia imperiale.

dell’ingente impegno organizzativo necessario per garantire un afflusso continuo dei materiali da costruzione284, tale da evitare rallentamenti nell’esecuzione delle varie fasi previste per il completamento dell’opera. Del resto dal numero di ponti che in origine si dislocavano lungo tutto il tracciato della Traiana fra Benevento e Brindisi si comprende come la macchina organizzativa messa in piedi fosse veramente imponente e come l’intero cantiere stradale abbia assorbito in un tempo relativamente ristretto di almeno cinque anni, gran parte delle risorse produttive delle regioni interessate285. Ci si chiede pertanto, perché nel caso di alcune opere eccezionali, Portus Augusti, Port(us) Trai(ani) o come in quello dell’infrastruttura connessa alla strada, Pont(es) V(iae) Tra(ianae), i laterizi rechino il nome delle opere alle quali sono destinati, mentre per altre come ampiamente illustrato per i complessi pubblici di Roma sorti durante il principato di Traiano e anche per il caso dell’Aqua Traiana a nord dell’Urbe, peraltro vicinissimo alle principali aree di produzione delle fabbriche, i cui bolli sono attestati nei diversi rami dell’acquedotto, non vi sia stata la necessità o potremmo dire, l’opportunità, di contraddistinguere le produzioni laterizie con il nome dei diversi grandi edifici. L’industria del laterizio sviluppatasi nel I secolo nella media e bassa Valle del Tevere costituiva certamente una realtà unica, e da sola era in grado di soddisfare simultaneamente quantitativi ingenti di materiale da costruzione. Intorno alla rete di impianti di produzione, diffusamente distribuiti su un ampio territorio, alcuni dei quali di proprietà o comunque legati alla famiglia imperiale, si muovevano interessi economici notevolissimi, nei quali potrebbero risiedere i motivi della scelta di non pianificare produzioni dedicate, per così dire ad hoc, ma di utilizzare materiali commissionati in percentuali stabilite per tempo per ciascuno dei diversi cantieri. In tale pianificazione della produzione, riservata alla sola Urbe, avrebbero potuto trarre profitto anche le fabbriche di proprietà imperiale e in questo quadro risulta evidente l’incompatibilità della presenza di laterizi bollati come lateres publici. Un altro aspetto è quello legato alla necessità di dichiarare la provenienza dei materiali da costruzione. Dei bolli apposti sui lateres publici legati alla costruzione di porti o ponti non conosciamo il luogo di fabbricazione per la brevità del testo iscritto, mentre per i cantieri di Roma si è visto quanto importante fosse la certificazione di origine della provenienza, per motivi legati alla destinazione d’uso dei diversi manufatti nelle varie strutture degli edifici imperiali. In sostanza, le sia pur esigue attestazioni di lateres publici sembrano limitate all’impiego in costruzioni di tipo funzionale o militare, quali porti, viae, castra, se non a situazioni contingenti legate allo stoccaggio dei materiali (horrea). La realizzazione delle altre opere monumentali legate alla vita pubblica dell’Urbe sembra aver seguito la strada del

Fin qui si è trattato dell’impiego del laterizio in edifici rappresentativi del potere imperiale o per uso pubblico, tuttavia l’uso di alcuni laterizi bollati visti nel Foro di Traiano appare tutt’altro che esclusivo per questi, tanto che alcune produzioni delle figlinae maggiormente attestate in età imperiale si trovano in diverse insulae dell’Urbe. Il confronto dei bolli laterizi del Foro di Traiano con quelli attestati in alcuni edifici ad uso abitativo e commerciale, come quelle rinvenute sotto l’insula di Piazza Venezia, quella di Via Nazionale, le insulae del Portus Tiberinus e il complesso residenziale romano sottostante la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, mostra chiaramente come la fornitura di materiale edilizio vada riferita ad alcune tra le figlinae maggiormente attestate, quali le Domitianae e le Sulpicianae. In particolare i bolli di Primigenius, servus sotto i Domitii Lucanus e Tullus, sono tra quelli attestati nei primi tre complessi citati. Come giustamente osservato in un recente studio ancora inedito286, la constatazione della presenza di certi manufatti sia in contesti pubblici che in edifici normalmente definiti ad uso abitativo, quali le insulae, pone in evidenza la necessità di chiarire quale fosse in realtà la funzione degli imponenti caseggiati che, grazie all’uso dell’opus latericium potevano elevarsi fino a cinque o sei piani. Qualora si debba pensare a una committenza privata, l’uso degli stessi materiali presenti in contesti pubblici costituirebbe indirettamente la prova della possibilità, da parte di coloro che provvedevano al reperimento del materiale edilizio, di rifornirsi presso gli stessi magazzini di stoccaggio nei quali transitavano i materiali destinati, in via prioritaria, ai grandi cantieri pubblici; in alternativa, si deve ritenere che anche la realizzazione di queste insulae, come del resto è più che probabile per il complesso del Portus Tiberinus e per i caseggiati sorti proprio a ridosso dell’area dei Fori Imperiali sia da attribuire a una committenza imperiale anche per un certo numero di edifici, la cui funzione “abitativa” a Roma è ancora tutta da dimostrare. Quest’ultima ipotesi trova un riscontro particolarmente significativo, per quanto detto in relazione al ruolo del personaggio, nella presenza di bolli di grandi produttori, come nel caso di Anterote Severiano, i cui bolli 811f sono stati rinvenuti in situ sia nella cd. Taberna delle Tre Pile287,  L’esame dei bolli laterizi attestati nelle insulae che in antico si trovano nelle immediate vicinanze dei Fori Imperiali è stato oggetto della tesi magistrale di Francesca Paola di Casola “Gli edifici di età romana alle Pendici nord-occidentali del Campidoglio. Per uno studio dell’area archeologica attraverso l’analisi dei bolli doliari urbani” (Sapienza Università di Roma, A.A. 2018-2019. Relatore Domenico Palombi, correlatore Elisabetta Bianchi). 287  Un esemplare proviene dal crollo di un arco situato in uno degli ambienti in situ (intradosso della volta nell’ambiente di ingresso). 286

  Nel caso riferito da I. Ferrari, si è calcolato che per le sole arcate sono stati necessari circa 33.700 bipedales, che equivalgono a circa 546 m3 di materiale, ai quali vanno aggiunti grossomodo 100 m3 ulteriori di materiale fittile per la realizzazione delle cortine murarie in opus testaceum pertinenti a tympana ed ai viadotti laterali (Ferrari 2015, pp. 100-101). 285   Per la bibliografia relativa, vedi Ferrari 2015, p. 101, nn.47-48. 284

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I bolli laterizi del Foro di Traiano Da quanto fin qui esposto e ribadendo che il confronto si basa esclusivamente sugli esemplari rinvenuti in situ295, si possono trarre alcune conclusioni interessanti circa la distribuzione di alcuni manufatti nei contesti fin qui considerati. Nella fig.5.94 l’ultima colonna sulla destra presenta il totale dei contesti nel quale un bollo è stato rinvenuto. Questo valore è stato riportato nel grafico della fig.5.96 in modo da evidenziare il grado di diffusione dei diversi prodotti di un officinatore in rapporto agli esemplari rinvenuti nel Foro di Traiano. Come si può ben notare, i 33 bolli del Foro possono essere suddivisi in 4 gruppi ben distinti. Un primo gruppo è formato da 8 bolli presenti diffusamente in molti contesti menzionati, con una prevalenza assoluta dei bolli delle serie 811d-f di Anteros Severianus296 e 1105 di Cn. Domitius Chryserotis, seguiti dal 97b di C. Curiatius Cosanus. I bolli 259 e 1003a di Agathobulus e 1096b di Gn. Domitius Evaristus, entrambi officinatori attivissimi delle Domiziane, insieme al 29c di M. Ritilius Lupus sono costantemente presenti. É particolarmente significativo che ben cinque bolli di questo gruppo 29c, 97b, 811d-f e 1003a siano documentati anche per la costruzione dell’Aqua Traiana. Un secondo gruppo di 8 bolli sembra indicare l’uso di materiali destinati unicamente al complesso Foro-Mercati di Traiano e in aggiunta o alle Terme del Colle Oppio (56, 58, 59b, 68c) o Circo Massimo (1000f e 1346d) o Atrium Vestae (842b), mentre il bollo 32 di M. Rutilius Lupus è attestato soltanto nel complesso Foro-Mercati e nella cd. Basilica argentaria nel Foro di Cesare, forse a testimoniare un’unica fornitura destinata esclusivamente all’impresa di costruzione del nuovo Foro. Anche il terzo gruppo testimonia una diffusione dei bolli che ne fanno parte, limitata esclusivamente al complesso Foro-Mercati (258a, 697, 1094d) o Foro di Traiano e ai restauri del Foro di Cesare (635c). Come nei precedenti gruppi taluni bolli sono attestati anche in alcune insulae, come nel caso del 1253f, l’unico che trova riscontro soltanto nel Foro. L’ultimo gruppo, il più numeroso, è formato da 11 bolli presenti in opera soltanto nel Foro. Si tratta tuttavia, ad esclusione del 600, 613a e 1182, di bolli la cui cronologia si colloca negli anni 112-118 (29gI, 83b, 84, 97c, 812) nel 123 d.C. (1033) o nel 125 d.C. (1209b). Sono i bolli riferibili agli ultimi interventi eseguiti per il completamento del Foro.

facente parte di un complesso edilizio situato alle pendici occidentali del Campidoglio288 immediatamente a sud dell’Insula dell’Ara Coeli289, l’esempio più rappresentativo di edilizia civile a più piani conservato di Roma per l’antichità, costruito ai piedi dell’Arx, che nelle insulae del Porto Tiberino290, un sistema di edifici funzionale alle attività legate all’approdo fluviale e connesso al Foro Olitorio. Nell’insula scavata in Via Nazionale due bolli attestati fuori contesto, 1105 e 1253f, ripropongono un’associazione già nota nei condotti del settore VI del Foro di Traiano, evidenza che suggerisce, anche in questo caso, una omogeneità oltre che una contemporaneità nella fornitura dei materiali edilizi per i due complessi non distanti291. Infine, alcuni bolli attestati in diverse Insulae sono stati rinvenuti anche nel Foro di Traiano ma fuori contesto: 264 (Domus sotto Palazzo Valentini292), 408a (Insulae sotto la chiesa dei SS. Giovanni e Paolo293), 822 (Insulae del Portus Tiberinus294) (fig.5.12). Difficile quindi immaginare che le vicende che hanno interessato la storia edilizia del quartiere situato alle pendici occidentali del Campidoglio non fossero in qualche modo connesse con le imponenti e incessanti attività di costruzione dei Fori Imperiali e, soprattutto, dell’ultimo grande complesso che insieme al restauro del Foro di Cesare occupò tutto il versante settentrionale del Colle.   L’area archeologica situata alle pendici occidentali del Campidoglio fu oggetto di scavi realizzati tra il 1929 e il 1933 per la realizzazione della via del Mare, seguiti alle demolizioni del quartiere di Via Tor De’Specchi. Le indagini riportarono alla luce i resti di un esteso quartiere di età romana nato a ridosso del Foro Olitorio, la più antica area pubblica di Roma destinata al commercio lungo il Tevere. Gli edifici denominati Taberna delle Tre Pile, Caseggiato dei Molini, cd. Grande Insula, cd. Casa Cristiana, Balneum oggi si trovano per la gran parte interrati al di sotto di via del Teatro di Marcello. Un primo resoconto delle ricerche e sullo stato della conoscenza sui complessi interessati dalle demolizioni, basato su una completa rilettura della documentazione grafica e fotografica disponibile in archivio e sui nuovi rilievi, realizzati sia con metodo tradizionale che con moderne strumentazioni su quest’area, è stato presentato il 15 maggio 2018 in un convegno, organizzato dalla Sorvintendenza Capitolina, svoltosi in Campidoglio dal titolo “L’area archeologica delle pendici occidentali del Campidoglio”. 289  Dei circa 20 bolli rinvenuti nell’area del monumento durante gli scavi degli anni Trenta del secolo scorso, la metà menziona le officine di Cn Domitius Amandus (CIL XV 1097c e 1097h), uno dei quali in opera nelle murature del quarto piano del caseggiato. La presenza dei bolli di questo officinatore delle figlinae Domitianae la cui lunga serie si data all’età flavia (1097a-i) non sono state ancora ricondotte ad una specifica cronologia assoluta, tuttavia, il bollo 1097h, sulla base dei confronti con i rinvenimenti delle costruzioni domizianee sul Palatino, sembra essere tra gli ultimi della lunga produzione del figulo, attribuibile ormai al regno di Domiziano. Oggi è possibile ipotizzare che la costruzione dell’Insula dell’Ara Coeli sia da riferire alla tarda età domizianea o ai primi anni dell’età di Traiano sulla base del considerevole numero di esemplari presenti nel monumento unita all’analisi delle tecniche edilizie del contesto, che si deve alla proficua collaborazione con la cattedra di Rilievo e Analisi Tecnica della Sapienza Università di Roma, i cui risultati saranno presentati a breve in una pubblicazione. 290   Colini 1986, p. 187. 291   Vespignani 1876, p. 118. 292   Baldassarri et al. 2008. 293   Germano di S. Stanislao 1894, p. 519; Colini 1944, p. 187. 294   Colini 1986. 288

  Il criterio scelto per questa analisi è stato quello di non tenere conto dei moltissimi esemplari degli stessi bolli del Foro attestati in tutti i contesti considerati, ma non rinvenuti in situ. 296  Nella fig.5.94 l’indicazione generica dei bolli 811e-f si deve all’impossibilità di definire la variante esatta delle 4 varianti (811e, 811fI, 811fII, 811f var) per alcuni ritrovamenti documentati dal Bloch, insieme all’indicazione 811fII per i casi nei quali è stato possibile accertarne l’identificazione. 295

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 5.96. Grafico delle corrispondenze dei bolli laterizi in opera nel Foro di Traiano con gli esemplari rinvenuti in altri contesti (cfr. fig.5.94).

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6 Considerazioni conclusive. La nuova immagine architettonica del Foro di Traiano. Roberto Meneghini 6.2 Basilica Ulpia. Sistemi scalari

Come si è visto i risultati delle campagne archeologiche svolte dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali fra il 1991 e il 2007 hanno profondamente modificato l’immagine del Foro di Traiano che la tradizione degli studi ci ha tramandato, almeno per il settore del monumento interessato dalle indagini (fig.6.1). Per le parti del Foro non direttamente coinvolte negli scavi, nuovi studi e nuove analisi hanno permesso di modificare o correggere le precedenti ipotesi affinando sempre più il grado di comprensione e conoscenza delle strutture.

Anche l’analisi dei sistemi scalari del Foro ha portato notevoli, nuovi risultati che arricchiscono la conoscenza del complesso5. La presenza di scale, infatti, è spesso passata inosservata o è stata sottovalutata dal punto di vista dello studio ricostruttivo del monumento. Analizzando invece sistematicamente le strutture superstiti si giunge alla conclusione che, al contrario di quanto escluso da altri studiosi, il Foro di Traiano aveva numerosi spazi agibili sugli elevati dei suoi corpi di fabbrica. Nel caso specifico della Basilica Ulpia le due scale già esaminate da Carla Amici risultano probabilmente più sviluppate in altezza e se ne può ipotizzare il potenziale utilizzo per eventuali piani superiori delle Biblioteche (fig.6.2). La scoperta più importante sembra però quella di due grandi scalinate convergenti a quattro rampe, larghe 5 mt e sorrette da un sistema di volte poggiate su setti murari, che permettevano di raggiungere il piano superiore della Basilica Ulpia dal lato settentrionale del complesso6 (figg.6.1, 6.4). Queste strutture, sinora del tutto ignote, aggiungono un ulteriore elemento di monumentalità al complesso BasilicaBiblioteche-cortile della Colonna e sembrano in contrasto con quanto è raffigurato nelle integrazioni cinquecentesche e nel frammento g della lastra 29 della Forma Urbis marmorea dove, lungo il lato nord delle Biblioteche, compare una fila di colonne7 (fig.1.4). La presenza degli scaloni è però inoppugnabile dato che, di quello orientale, si leggono nettamente le tracce nei resti della Biblioteca est inglobati nella cripta della chiesa del SS. Nome di Maria dove è anche conservata parte della serie di volte di sostegno delle rampe stesse e il primo setto di appoggio delle volte in opera quadrata di blocchi di peperino (fig.6.5). Dello scalone occidentale resta invece la volta di sostegno della prima rampa e le impronte dei setti in opera quadrata lungo l’esterno del muro perimetrale settentrionale della Biblioteca ovest. Il sistema di scaloni convergenti trova un inatteso e significativo confronto nel Traianeum di Italica, costruito da Adriano e accessibile, sul lato corto nord-orientale, tramite un propileo esastilo servito da un’analoga coppia di scaloni8.

6.1 Basilica Ulpia. Coperture delle navate E’ il caso della Basilica Ulpia rispetto alla quale uno studio del 2010 sulle volte in calcestruzzo esistenti nel Foro1 ha ipotizzato la presenza di una situazione diversa da quanto si pensava sino ad allora per la copertura delle navate laterali (fig.6.2). L’analisi dei crolli in cementizio delle volte, tuttora visibili nell’area semi-sotterranea della Basilica, ha permesso di proporre nuove soluzioni strutturali. Sono stati infatti individuati i resti di due serie di coperture, una a botte ribassata con resti di estradosso piano rivestito di cocciopesto e con tracce di canali di smaltimento delle acque piovane e una letteralmente piatta, senza alcuna traccia di curvatura, dello spessore massimo di mt 1,25. I due tipi di copertura sono stati attribuiti, rispettivamente: al piano superiore dell’edificio, dove tutte e quattro le navate potevano essere coperte utilizzando al massimo lo spazio disponibile, e al piano terra con veri e propri solai gettati in calcestruzzo simili ad altri esempi già noti, anche su scala monumentale, a Ostia Antica, a Villa Adriana e nelle Terme di Caracalla2. Il dato notevole scaturito dallo studio riguarda il sapiente utilizzo da parte dei costruttori dei caementa in pozzolana nella loro dislocazione in base al calibro e nella percentuale di mistura con la malta che permettevano, insieme al probabile uso di catene metalliche, di ottenere una eccezionale stabilità e solidità dei solai sia pure privi di armatura3. L’architettura così ipotizzata è stata sottoposta a verifica mediante la creazione di un modello matematico che ha escluso la presenza di criticità gravi nelle strutture certificandone la saldezza4 (fig.6.3).

  Bianchi-Meneghini 2011.   Bianchi-Meneghini 2011, pp.93-103. 7   Recentemente è stata confermata l’appartenenza del frammento g alla lastra 29 della Forma Urbis, vedi Casas et al. 2021, p.20. 8   Sul Traianeum di Italica vedi Vargas Vàzquez 2017; Pilar 2020; Alarcon-Montero Fernandez 2020. 5 6

  Bianchi-Meneghini 2010.   Bianchi-Meneghini 2010, p.121. 3   Jackson-Marra 2010. 4   Brune 2010. 1 2

307

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 6.1. Planimetria ricostruttiva del Foro di Traiano.

308

Considerazioni conclusive

Figura 6.2. Sezione ricostruttiva della Basilica Ulpia, lungo l’asse minore, con ipotesi di copertura di tutte le navate laterali del piano superiore e di volte piatte a copertura delle navate laterali del piano inferiore. La sopraelevazione in grigio della Biblioteca visualizza una ipotesi di possibile maggiore altezza dell’edificio.

Figura 6.3. Visualizzazione grafica dell’applicazione di un modello matematico alla ipotesi ricostruttiva che prevede la copertura di tutte le navate laterali del piano superiore della Basilica Ulpia e la presenza di volte piatte a copertura delle navate laterali del piano inferiore. Il colore rosso segnala i punti di criticità statica e, come risulta evidente, questi non sono sufficientemente ampi e diffusi da mettere in pericolo la struttura (da Brune 2010).

6.3 Adriano e il Foro di Traiano

(mentre la Basilica Ulpia e il Foro lo erano stati nel 112), ma da una struttura di rinforzo della fogna maestra, nel sottosuolo del cortile della Colonna, provengono due bolli laterizi di età adrianea10(fig.6.6). Si tratta di un bollo dei consoli Petino e Aproniano, del 123 d.C. (CIL XV, 1033) e di uno dei consoli Asiatico e Aquilino, del 125 d.C. (CIL XV, 1209b) impressi su bipedali che formano una ghiera

Un’altra scoperta di notevole interesse è costituita dalla individuazione di bolli laterizi datanti in un punto chiave del monumento. Dai Fasti Ostiensi sappiamo che la Colonna di Traiano, assieme al nuovo tempio di Venere Genitrice, ricostruito dallo stesso imperatore nel Foro di Cesare, furono inaugurati il 13 maggio del 113 d.C. 9

  Meneghini 2002, pp. 689-692, per il punto preciso di ritrovamento vedi fig.19 a p. 690. Vedi pure Bianchi 2001, pp.117-19. 10

  Vidman 1982, J 55-56, a.113,

9

309

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 6.4. Ricostruzione tridimensionale (sopra) e frontale (sotto) dei monumentali scaloni convergenti disposti lungo il lato settentrionale del complesso, a ridosso del cortile della Colonna e delle Biblioteche.

Figura 6.5. Scalone orientale. Resti nella cripta della chiesa del SS. Nome di Maria. Tracce dei gradini e delle volte delle rampe addossati all’esterno del muro perimetrale nord della Biblioteca orientale (a sin.). Setto in blocchi di peperino di sostegno delle volte dello scalone orientale, in angolo con le strutture dell’immagine di sin. (a d.).

310

Considerazioni conclusive

Figura 6.6. Immagine delle preesistenze e delle fondazioni nel settore a nord della Colonna Traiana ripresa dalla cima della Colonna stessa. La freccia indica la ghiera in bipedali di protezione del collettore dalla quale provengono bolli laterizi del 123 e del 125 d.C.

multipla a rinforzo del collettore settentrionale del cortile, poi ricoperta dalla pavimentazione11. Ciò implica che il completamento del complesso Biblioteche-cortile della Colonna sia avvenuto in età adrianea e che l’inaugurazione della Colonna nel 113 non sia stato che un evento “di facciata”. Anche le cosiddette Biblioteche, dunque, potrebbero essere state concluse in un momento successivo, come sembrano indicare i risultati dello stesso studio12. Le murature portanti in mattoni dei due edifici risalgono, come dimostra l’analisi dei bolli laterizi, alla piena età traianea ma una serie di pesanti rimaneggiamenti, riguardanti soprattutto la decorazione, ne ha profondamente mutato l’aspetto e, certamente, anche la funzione. Infatti, analizzando le strutture superstiti dell’edificio occidentale, si evidenzia una sostanziale differenza tra la decorazione delle pareti lunghe, così come doveva essere prevista nel progetto originale, e quella poi effettivamente realizzata in una seconda fase risalente all’età adrianea (fig.6.7). In una prima fase, progettuale e costruttiva, i dadi di sottobase in travertino erano destinati a sostenere colonne di un ordine di dimensioni pari a quello in granito grigio della Basilica cioè alto, in tutto, poco più di 13 mt. La profonda rilavorazione di tali elementi per il sostegno di un doppio ordine assieme al riallineamento delle nicchie, mediante il

loro restringimento, e alla costruzione di tre gradini ha condotto invece a un risultato profondamente diverso da quello previsto inizialmente. Non sappiamo quanto sia stato realmente realizzato del progetto, oltre ai muri portanti e alla posa delle sottobasi, ma certamente i due edifici, in tale fase non potevano fungere da biblioteche. Questo tipo di decorazione con un unico ordine di grandi dimensioni addossato alle pareti sembra proprio, tra l’altro, di alcune celle templari come quella del tempio del Divo Claudio e del cosiddetto Heliogabalium del Palatino13 e non lo si trova solo a Roma ma persino a Baalbek, dove le pareti della cella del tempio di Bacco, realizzato probabilmente da Antonino Pio (138-161 d.C.) sono decorate da semicolonne colossali che inquadrano due ordini di nicchie, con gradini alla base (fig.6.8). Nella seconda fase, l’inserimento di due ordini sovrapposti e dei gradini per accedere alle nicchie inferiori sembra ricondurre i due edifici contrapposti alla tipologia delle biblioteche ma, anche stavolta, ritroviamo lo stesso tipo di decorazione all’interno di celle di templi quali quello delle Ninfe di via delle Botteghe Oscure e quello di Venere Genitrice nel Foro di Cesare, ricostruito proprio da Traiano e inaugurato, come già si è detto, nel 113 d.C. (fig.6.8). Il fatto che i due edifici abbiano assunto l’assetto decorativo definitivo assieme alla ipotizzata funzione di biblioteche

  Delfino 2015, pp. 239-40.   Meneghini 2002.

11

  Villedieu 2018, fig.2 a p.155.

12

13

311

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 6.7. Prospetto ricostruttivo di una delle pareti lunghe delle Biblioteche con il colonnato previsto dal progetto originario (sopra). Prospetto ricostruttivo del colonnato a due ordini effettivamente realizzato sulle pareti lunghe delle Biblioteche (sotto).

in età adrianea li pone automaticamente fuori dall’identificazione tradizionale basata su di un passo di Cassio Dione che ci informa che Traiano “istituì anche delle biblioteche”14. Infine, a revocare ulteriormente in dubbio l’identificazione delle cosiddette Biblioteche come tali vi è il rivestimento interno delle nicchie in marmo e l’assenza, verificata durante l’analisi delle strutture, delle tracce dei: “…fori lasciati dall’asporto dei cardini che sostenevano i telai degli sportelli e, in centro, tracce del sistema di chiusura….” descritte da Carla Amici15. A una analisi più attenta, infatti, quelle tracce sono risultate appartenenti a una scalpellatura, presente lungo i bordi di tutte le nicchie, realizzata per alloggiare una cornice

marmorea16. Come appare evidente le nuove acquisizioni e scoperte devono in qualche modo condurre a una interpretazione più obiettiva e meno condizionata dalle tradizioni ormai da lungo tempo stratificate sull’argomento. L’identificazione dei due edifici contrapposti in funzione di biblioteche risale agli scavi napoleonici dell’inizio del XIX secolo e alle conoscenze archeologiche del tempo17 e non sembra più trovare un riscontro certo nei risultati delle nuove indagini. In sostanza si tratta di due sale monumentali, completate assieme al cortile della Colonna all’inizio dell’età adrianea e decorate con un sistema che può ricordare una biblioteca ma anche ambienti ufficiali di   Meneghini 2002, fig.11 a p.675. La scalpellatura potrebbe costituire la sede per l’incorniciatura della quale sono conservati numerosi frammenti nei magazzini della Basilica Ulpia, vedi AA.VV.1989, p.187 e fig.86 a p. 189. 17   Richter-Grifi 1839, p.17; Nibby-Nardini 1818, cit. a n. 15. Vedi pure Meneghini 2002, pp. 659-60. 16

  Cass.Dio. LXVIII, 16, 3.   Amici 1982, pp.48-49. Carla Amici usa quasi le stesse parole di Nibby-Nardini 1818, p.349 per descrivere le presunte tracce degli armadi per libri nelle nicchie. 14 15

312

Considerazioni conclusive

Figura 6.8. Prospetto di uno dei lati lunghi della cella del tempio di Bacco a Baalbek (sopra). Veduta assonometrica ricostruttiva dal basso e pianta e sezione del tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare (sotto) (da Amici 1991).

tutt’altro genere. La cronologia e la disposizione architettonica li pongono senz’altro in intima connessione con la Colonna stessa che, secondo le fonti letterarie antiche, servì da tomba della coppia di imperatori e sembra davvero conseguenziale pensare che le due aule fossero legate a questo utilizzo cioè destinate alla sepoltura se non al culto della coppia imperiale divinizzata Traiano-Plotina. D’altra parte non si può non essere d’accordo con Amanda Claridge quando osserva che la stanzetta ricavata nel basamento della Colonna, tradizionalmente identificata con il luogo materiale della sepoltura o, meglio, del deposito delle urne cinerarie dei sovrani, è talmente misera e angusta da dover essere interpretata come un ripostiglio di servizio18. In verità la questione fa capo alle problematiche relative alla topografia dell’area a nord del Foro e alla reale ubicazione del tempio dei divi Traiano e

Plotina, menzionato dalle fonti antiche19 in stretta connessione con la Colonna stessa: i Cataloghi Regionari, infatti, citano il Templum Divi Traiani et Columnam Coclydem ancorando entrambi i monumenti a un ristretto ambito topografico disposto lungo il confine settentrionale della Regio VIII20. Tutto questo ha probabilmente spinto Eugenio La Rocca a identificare la stessa Colonna e l’area del cortile come il templum citato dalle fonti21. I tentativi di localizzare e delineare l’aspetto del tempio hanno trovato un punto di equilibrio nel 1934 quando, dopo le ricostruzioni che nel XIX secolo, fino a Rodolfo Lanciani, prevedevano un tempio di dimensioni smisurate che si estendeva sino a piazza SS. Apostoli22, e dopo uno scavo realizzato nel 1902-1904 per la costruzione del palazzo   Hist.Aug., Hadr.19, 9.   Valentini-Zucchetti 1940-1953, I, pp. 115 e 174. 21   La Rocca 2004. 22   Lanciani FUR, tav.XXII. 19 20

  Claridge 2013, p.6.

18

313

Il Foro di Traiano nell’Antichità delle Assicurazioni Generali di Venezia dal quale non era uscita traccia dell’edificio, Guglielmo Gatti elaborò una nuova teoria23 (fig.6.9). Sulle planimetrie di scavo del nonno Giuseppe, che aveva indagato il sito per il nuovo palazzo una trentina di anni prima, il Gatti ipotizzò un tempio notevolmente più ridotto di quanto sino ad allora ipotizzato, periptero sine postico, ottastilo, racchiuso in un’area sacra collegata da due portici a “ferro di cavallo” agli angoli delle Biblioteche. L’idea del portico curvilineo proveniva dalla presenza, effettivamente verificata durante lo scavo del 1902-1904, di un breve tratto di via basolata, curvilinea, sulla quale si affacciavano i resti di un’insula di abitazione e di un edificio monumentale con ricca decorazione marmorea disposto radialmente lungo la strada. Non trovandone traccia, dunque, il tempio era stato “rimpicciolito” e costretto in uno spazio più angusto. Le uniche tracce monumentali di questo edificio erano state più volte intraviste nel passato sotto forma di giganteschi spezzoni di fusti di colonne in granito grigio del mons Claudianus da cinquanta piedi di altezza, pari a mt 14,82, al di sotto della facciata meridionale di palazzo BonelliImperiali-Ruspoli-Valentini e di una epigrafe dedicatoria di Adriano a Traiano e Plotina divinizzati rinvenuta nel 1695 nel sottosuolo della chiesuola di S. Bernardo della Compagnia ad Columnam Traiani24. Mentre le dimensioni delle colonne non lasciavano dubbi sulla monumentalità dell’edificio di appartenenza, quelle dell’iscrizione, con caratteri alti “solo” 16 cm spinsero Rodolfo Lanciani a dubitare della sua appartenenza a un edificio di dimensioni colossali25. L’ipotesi ricostruttiva di Guglielmo Gatti venne “ufficializzata” nelle planimetrie ricostruttive dei Fori Imperiali di Italo Gismondi (fig.1.5) e rimase nei manuali di archeologia sino all’inizio del secolo XXI quando nuovi scavi ne misero in discussione la validità. Già nel 1980-1981 uno scavo della Soprintendenza Archeologica di Roma presso l’estremità settentrionale di palazzo Valentini aveva portato alla scoperta di un edificio termale di età medio-imperiale e alla conferma della limitata estensione del tempio in questa direzione (fig.1.2)26. Nei primi anni del secolo le indagini archeologiche avviate dalla Città Metropolitana di Roma (ex Provincia di Roma) nel sottosuolo del palazzo, sede dell’istituzione, misero in luce nuove, importanti strutture27. Sul fianco orientale di palazzo Valentini, lungo via di S. Eufemia, furono scoperti i resti di alcune domus aristocratiche decorate con mosaici e opus sectile, la cui frequentazione si è protratta sino alla fine della tardoantichità. In corrispondenza del lato corto meridionale del palazzo, di fronte alla Colonna Traiana, sono state invece individuate delle grandi fondazioni interpretate, dalla scopritrice Paola Baldassarri, come i resti del tempio

dei divi Traiano e Plotina. In realtà la descrizione che la studiosa delinea delle strutture rinvenute, in funzione della loro ricostruzione, non risulta rispondente al loro vero aspetto ed esse sono state reinterpretate da Eugenio La Rocca come fondazioni dell’arco Partico dedicato a Traiano nel 116 d.C. dal senato, all’interno del suo Foro28 (fig.6.10). L’ipotesi risolverebbe il problema della collocazione dell’arco che, altrimenti, non sarebbe possibile posizionare altrove nel Foro, ma allontanerebbe la definizione delle reali dimensioni e dell’aspetto del tempio della coppia imperiale. Il problema sembra dunque destinato a rimanere aperto in attesa di nuove scoperte e di ulteriori scavi nel sottosuolo di palazzo Valentini29. 6.4 La decorazione architettonica del Foro di Traiano. Nuovi studi e nuove scoperte Altri risultati di grande interesse provengono dallo studio dei sistemi di decorazione architettonica del Foro dopo decenni di schedatura degli innumerevoli materiali marmorei presenti nei magazzini del complesso a cura di Lucrezia Ungaro e Marina Milella. I risultati di questa intensa attività pluridecennale sono stati largamente riassunti nella mostra per il diciannovesimo centenario della morte di Traiano (e nel relativo catalogo), tenutasi ai Mercati di Traiano nel 2017-201830. In questa occasione le due studiose hanno stabilito alcuni punti fermi rispetto ai motivi e alle immagini della decorazione del Foro31. Sulla facciata della Basilica doveva trovarsi un fregio-architrave decorato, verso l’esterno, con una teoria di Amorini “desinenti in acanto” (ossia con le gambe trasformate in un cespo d’acanto rovesciato) alternati a candelabri vegetali tra girali d’acanto32. All’interno della Basilica, il primo ordine della navata centrale doveva recare il fregio delle Vittorie tauroctone33 (fig.1.8) mentre, nelle absidi, doveva esservi un fregio con sfingi affrontate in posizione araldica e separate da candelabri34. Nelle esedre dei portici, sopra il primo ordine correva un fregio con una teoria di grifoni alati, in posizione araldica, separati da candelabri vegetali35; lo stesso fregio, con qualche variante, decorava forse l’ordine del portico del cortile della Colonna Traiana. Nella corte porticata meridionale, il fregio che correva sull’ordine con fusti di cipollino raffigurava, come si è visto, grifoni alternati a tripodi36 (figg. 3.67-3.68) mentre il fregio della monumentale architettura che chiudeva la piazza a sud era decorato da amorini desinenti in acanto che abbeverano grifoni a testa di leone e amorini separati da un cratere con raffigurazioni dionisiache37. Gli altri fregi   Cass.Dio. LXVIII, 29, 3. La Rocca 2018; La Rocca 2021; Meneghini 2018; Bianchi-Meneghini 2021. 29   L’intera questione è comunque riassunta in La Rocca-Meneghini 2021. 30   Parisi Presicce et al. 2017. 31   Milella 2017; Ungaro 2017a. 32   Museo dei Fori Imperiali, inv. n. FT 2671-2672. 33   Museo dei Fori Imperiali, inv. n. FT 3197, 6124 34   Museo dei Fori Imperiali, inv. n. FT 3962, 5954. 35   Museo dei Fori Imperiali, inv. n. FT 4000. 36   Museo dei Fori Imperiali, inv. n. FT 9101. 37   Alcuni spezzoni del fregio dell’architettura che chiudeva la piazza a sud sono conservati presso il Museo Gregoriano Profano, in Vaticano, 28

  Gatti 1934.   CIL VI, 966=312161. Micheli 1984. Per la localizzazione della chiesa di S. Bernardo della Compagnia vedi Meneghini 2021a, pp. 17-19 e fig. 1.9 a p. 11. 25   Lanciani, Scavi I, p.224. 26   Gatti-De Spagnolis 1981; Meneghini 1993; Meneghini 1996; Meneghini 1998b. 27   Baldassarri 2008-2009; Baldassarri 2011; Baldassarri 2013; Baldassarri 2015; Baldassarri 2016; Baldassarri 2020; Baldassarri 2021. 23 24

314

Considerazioni conclusive

Figura 6.9. Planimetria ricostruttiva del tempio del divo Traiano secondo Guglielmo Gatti (da Gatti 1934).

del Foro erano decorati da semplici motivi vegetali, come quello dei portici, con girali d’acanto verso l’esterno e un complesso anthemion verso l’interno; un analogo motivo ad anthemion al primo ordine e uno doppio a palmette orizzontali al secondo doveva decorare l’interno dei due edifici identificati come Biblioteche. E’ anche in corso di approfondimento lo studio delle statue dei prigionieri

daci che mostrano, come era probabilmente da attendersi, di essere state realizzate e distribuite all’interno del Foro secondo un dettagliato piano rappresentativo che, grazie alle analisi di Lucrezia Ungaro, è in via di definizione. Lo stesso vale per i numerosissimi spezzoni di fregi marmorei con cataste di armi a bassorilievo rinvenuti in tutti gli scavi del complesso38. La studiosa è riuscita a stabilire che la maggior parte degli oltre 350 frammenti di rilievi

inv. n. 9648, 9760. Uno è anche presso il Pergamon Museum di Berlino, inv. n. 903.

  Ungaro 2017b.

38

315

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 6.10. 1: Planimetria delle presenze archeologiche e relative quote slm (in grigio) nell’area a nord della Basilica Ulpia. 2: Planimetria ricostruttiva del cortile della Colonna Traiana e delle Biblioteche in relazione con l’ipotizzato Arco Partico di Traiano.

316

Considerazioni conclusive con armi sinora recuperati è riconducibile a pannelli di mt 2,33x4,73, collocabili tra le statue dei daci, sulla facciata della Basilica Ulpia verso la piazza. Anche per le statue di grandi dimensioni in marmo bianco (tasio o lunense), delle quali restano spezzoni o frammenti e che dovevano decorare soprattutto le nicchie degli emicicli dei portici, la Ungaro ha potuto stabilire due altezze ricorrenti di mt 2,60 e di mt 4,50-5,00 e la loro appartenenza a un ciclo di raffigurazioni di membri della famiglia Giulio-Claudia e di quella di Traiano 39.

grande disponibilità di spazio seguita alla demolizione della pendice del Quirinale che impediva l’ampliamento della zona monumentale dei Fori verso nord certamente già tra il 90 e il 96 d.C. sotto Domiziano41. Si è invece volutamente inserito questo articolato gruppo di spazi e di ambienti in un’area di poco più di 40 mt, fra il muro di fondo e gli emicicli augustei, secondo un preciso criterio progettuale. La sala trisegmentata e la corte porticata dovevano dunque svolgere un ruolo specifico nell’architettura di questo settore del Foro e se per la prima si può proporre, con estrema cautela, un’identificazione con la porticus Porphiretica, per la seconda ciò appare più complesso poiché i lussuosi materiali utilizzati per la decorazione della sua architettura, altamente rappresentativa, non sembrano giustificati dal semplice ruolo di spazio mediatore fra i due Fori.

6.5 La nuova architettura del Foro di Traiano e l’atrium Libertatis Per tornare ai risultati degli scavi effettuati dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale tra il 1991 e il 2007 e, in particolare, a quelli delle indagini più estensive del 1998-2000, si può senz’altro affermare che tali risultati hanno letteralmente mutato l’immagine architettonica del Foro di Traiano. Infatti il lato meridionale della piazza, che si immaginava munito di uno o più archi monumentali di accesso, si è rivelato invece come una sorta di grande architettura di facciata destinata probabilmente a inquadrare e amplificare l’immagine equestre bronzea di Traiano grazie a un singolare espediente di “sfondamento” della prospettiva realizzato spezzando in tronconi obliqui e convergenti la parete perimetrale (fig.6.1). Anche l’equus Traiani, le cui dimensioni sono finalmente apparse colossali, ha palesato la sua posizione, niente affatto centrale rispetto agli assi della piazza (come immaginato), ma spostata di una ventina di mt verso sud in evidente rapporto diretto con il monumentale colonnato in marmi colorati. Non si trattava dunque del lato di ingresso al Foro ma di quello di arrivo visto anche che il gruppo equestre di Traiano, così vicino al muro di fondo meridionale, non poteva che essere rivolto a nord da dove, evidentemente, si procedeva verso questa vera e propria “macchina” architettonica nel centro della quale si trovava l’immagine imperiale (figg.2.58, 6.11). Inaspettatamente, superato il grandioso schermo, si accedeva a una galleria voltata o sala trisegmentata della quale non conosciamo la funzione ma che, se l’ipotesi che fosse pavimentata con lastre di porfido si rivelasse esatta, potrebbe essere identificata con la porticus Porphiretica40. Tra questa e il portico settentrionale del Foro di Augusto vi era, in funzione di cerniera o atrio fra i due complessi, una lussuosa corte porticata su tre lati della quale pure non conosciamo la funzione ma che era caratterizzata da una ricca profusione di marmi colorati (fig.3.28). Colpisce senz’altro l’uso, cronologicamente precoce, della quantità di tali marmi e il passaggio, senza soluzione di continuità, dall’architettura sovradimensionata della piazza a quella più raffinata e “contenuta” degli ambienti e degli spazi retrostanti (settori III-IV-VA/B-VI) distribuiti secondo una precisa disposizione. Dal punto di vista costruttivo sarebbe stato più semplice far terminare la piazza traianea direttamente contro le absidi del foro di Augusto guadagnando così alcune decine di mt in più sulla sua lunghezza, soprattutto a fronte della

Forse, per comprenderne il significato, bisogna risalire a un’epoca leggermente più antica e cioè a prima dello sbancamento geologico domizianeo quando la situazione orografica dell’area era ancora quella originaria e la valle dei Fori era sbarrata verso nord da un rilievo collinare. Grazie alle analisi condotte dalla geologa Antonia Arnoldus Huyzendveld (e da Albert Ammermann) durante gli scavi del 1998-2000, è stato possibile stabilire che questo rilievo, tradizionalmente immaginato come una “sella” di collegamento tra Campidoglio e Quirinale, doveva essere invece una sorta di pendice del fianco ovest del Quirinale, un declivio che dalla quota dei Mercati di Traiano giungeva sino al settore nord del Foro di Cesare42 (fig.6.12). Dall’analisi delle fonti letterarie disponibili e grazie alla loro interpretazione da parte di Ferdinando Castagnoli43, sappiamo che su questa propaggine del Quirinale doveva trovarsi l’atrium Libertatis, l’antica sede dei censori, una delle magistrature più antiche della città istituita probabilmente nel 443 a.C.44 Il complesso venne integralmente ricostruito da Asinio Pollione, nel 39 a.C., con i proventi (manubiae, ex manubiis) della campagna contro gli Illiri e, forse, su progetto di Giulio Cesare a completamento della sistemazione del suo forum Iulium. Dell’edificio non abbiamo testimonianze materiali poiché la demolizione della pendice del Quirinale operata da Domiziano per ottenere lo spazio necessario alla costruzione di un nuovo foro ne ha cancellato ogni traccia. Stando però ai dati storici ed epigrafici in nostro possesso, l’atrium Libertatis in età augustea doveva essere costituito da un complesso architettonico articolato, in quanto atrium, attorno a un cortile centrale porticato45, nel quale poteva trovare posto la sua celebre collezione di scultura greca46, con ambienti destinati agli uffici e agli archivi47,

  Meneghini-Ungaro 2015.   Arnoldus Huyzendveld 2022. 43   Castagnoli 1946. 44   Palombi 2016, n. 270 a p. 153. 45   Welin 1953, pp. 179-219; Coarelli 2019, pp.109-110. 46  Plin. Nat.Hist.,36, 23 – 36, 24 – 36, 25 – 36, 33. Vedi pure Tortorici 1991, pp. 106-121 e Coarelli 1993. 47   Nel complesso erano conservati: l’archivio con le liste dei cittadini liberi (Liv. 43, 16, 13 e 45, 15, 5) e la pianta, su lastre di bronzo, dell’ager publicus (Gran. Lic. 28, 15 s.) oltre a numerose leggi, anch’esse incise su lastre di bronzo, vedi Coarelli 2019, p.112. 41 42

  Ungaro 2017c.   Vedi 2.7.

39 40

317

Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 6.11. Planimetria (in basso) e sezione ricostruttiva (in alto) del settore meridionale del Foro di Traiano, dall’equus Traiani al Foro di Augusto. La sezione è portata lungo l’asse maggiore del complesso.

forse una basilica per le riunioni ufficiali48 e una biblioteca greca e latina, la prima aperta al pubblico49.

Grillo, interpretando i resti in opera quadrata ivi rinvenuti negli scavi del Governatorato come parte delle mura stesse, per poi farle risalire verso il Campidoglio e la porta Fontinalis presso il Museo del Risorgimento50 (fig.6.12, linea a tratteggio). In questo modo il tratto murario risultava schiacciato contro le absidi del Foro di Augusto e contro la parte retrostante del tempio di Venere Genitrice eliminando qualunque possibilità di collocare una strada o un edificio pubblico di grandi dimensioni in quest’area. Grazie agli

Il problema della collocazione e del dimensionamento dell’atrium Libertatis è legato inscindibilmente al percorso delle mura cosiddette “Serviane”, in quest’area. La tradizione degli studi faceva infatti scendere le mura dalla porta Sanqualis, a piazza Magnanapoli, lungo la Salita del   Come sappiamo dall’iscrizione CIL VI, 4330 di un atriensis (custode) de basilica Asinia. 49   Plin. Nat.Hist., 7, 115 e 35, 10. 48

  Lugli 1934, p.109; von Gerkan 1940, p.23; Cifani 1998, p.365; Cifani 2007, pp. 63-66. 50

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Considerazioni conclusive

Figura 6.12. Ricostruzione orografica tra Quirinale e Campidoglio, prima degli interventi di Domiziano e di Traiano, sulla base degli studi di Antonia Arnoldus Huydzendveld. La linea a tratteggio fra la porta Sanqualis e la porta Fontinalis segue il tradizionale percorso delle mura serviane mentre la linea continua indica il tracciato di recente proposto. In verde la schematica proposta di ricostruzione dell’atrium Libertatis di età repubblicana.

Latiaris, presso l’Auguraculum, con la porta Fontinale, sull’altro lato della valle51 (fig.6.12, linea continua). Altre due presenze archeologiche che dovevano essere incluse nel circuito difensivo sembrano rendere quasi obbligato il percorso delle mura in questo punto: un pozzo repubblicano

studi di Antonia Arnoldus è stato invece possibile, come si è visto, rettificare l’andamento geomorfologico originario della zona e ricostruire, di conseguenza, il corretto percorso delle mura che seguivano il profilo del terreno e le sue altimetrie. Le mura dovevano infatti passare, come è ovvio, al centro della pendice del Quirinale, nel suo punto più alto e dove era possibile la maggiore visibilità dell’area sottostante, e collegare in linea retta la sommità del collis

  Meneghini 2022.

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Il Foro di Traiano nell’Antichità rivestito di lastre di tufo all’interno dei Mercati di Traiano e i ruderi di un settore di abitato, con fogne, muri e sostruzioni in opera quadrata, lungo la Salita del Grillo, confusi in passato con un tratto delle mura stesse52 (fig.6.12). Un breve tratto stradale basolato di età medio-repubblicana, scoperto negli scavi del Governatorato e ripulito e rilevato nel 2006 lungo il Clivo Argentario di epoca imperiale, è denominato clivus Lautumiarum53 e costituisce un altro elemento stabile al quale agganciare la ricostruzione topografica dell’area54. Se si prolunga l’allineamento della via, orientato perfettamente nord-sud, si nota che: 1-non conduce verso la porta Fontinale ma verso un’area a una quarantina di mt a est di essa; 2-la via risulta perfettamente tangente allo spigolo del Foro di Cesare nella sua veste originaria, con il portico occidentale concluso da un’abside e ancora senza la presenza dell’insula Argentaria. Ciò significa che per raggiungere la porta si doveva imboccare un diverticolo a sinistra della strada o che la porta stessa era più a est e che la via piegava con un angolo di circa 40° in corrispondenza del tempio di Venere Genitrice e, da quel punto in poi, correva parallela alle mura, a una decina di mt da esse. Salendo verso il Quirinale la strada delimitava, tra le mura e gli emicicli del lato settentrionale del Foro di Augusto, un’area rettangolare nella quale poteva essere collocato l’atrium Libertatis che avrebbe avuto le dimensioni di mt 60 x 90, con una superficie di più di mezzo ettaro (5400 mq) (fig.6.12 in verde). L’edificio doveva essere composto da un cortile porticato centrale sul quale si affacciavano la basilica da un lato e la biblioteca (o le biblioteche) dall’altro che, secondo le norme vitruviane, doveva essere rivolta verso est55. Il monumento era stato probabilmente inserito lungo il declivio sfruttandone il più possibile il tratto a quota 20 mt slm che non necessitava di grandi sbancamenti, considerando che la piazza del vicino Foro di Augusto si trovava perlopiù alla quota di 15 mt. Soltanto l’angolo settentrionale del complesso potrebbe aver inciso profondamente il fianco del pendio, a 30 mt slm, mentre tutto il settore meridionale di esso sarebbe stato sostenuto da sostruzioni alte da 5 a 10 mt rispetto al livello della piazza del Foro di Augusto. Sembra

questa l’unica soluzione possibile per inserire l’atrium Libertatis nella topografia della zona attribuendogli anche delle dimensioni appropriate. Un diverso tracciato delle mura rispetto a quello proposto, secondo il vecchio modello, non permetterebbe di ottenere lo spazio disponibile per il monumento. Ma torniamo alla nostra corte porticata traianea. Non può sfuggire, anche a un occhio poco attento, la profonda affinità fra la pur schematica ricostruzione planimetrica dell’atrium Libertatis e la pianta dell’atrio realizzato da Traiano che, fra l’altro, si trovavano praticamente nello stesso punto, solo a quote diverse di pochi mt (fig.6.13). La forma Urbis severiana ci fornisce un dato preciso quando indica, con un’iscrizione, la presenza dell’a.L. all’interno del Foro di Traiano56 (fig.1.4). Se è vero quanto dimostrato da Filippo Coarelli che l’a.L., nel periodo compreso fra l’inizio del II sec. d.C e l’età tardoantica, sia da identificare con l’intero complesso traianeo e che le funzioni del primo furono interamente assorbite e svolte dal secondo57, non risulterà difficile accettare l’identificazione dell’atrio/corte porticata rinvenuto nei nuovi scavi con l’a.L. di età traianea. Evidentemente la forza della tradizione era tale che non si poté fare a meno di replicare, forse in forme più monumentali, la sede demolita dell’antica magistratura repubblicana all’interno del nuovo Foro, nel punto esatto nel quale si trovava. Essa costituiva il trait d’union fra i Fori di Augusto e di Traiano a simboleggiare le affinità fra i due imperatori e il passaggio dei valori repubblicani nelle mani del nuovo Augusto. Per quanto sappiamo dalle poche fonti disponibili l’a.L. e le sue funzioni rimasero all’interno del Foro di Traiano sino alla tarda antichità58, quando “migrarono” probabilmente in corrispondenza del grande ambiente, splendidamente pavimentato di marmi colorati, ricavato nel braccio meridionale dei portici del Foro di Cesare, che costituiva l’anticamera della Curia e del Senato59. Nel nostro montaggio grafico (fig.6.13) il limite meridionale dell’a.L.di età repubblicana coincide con il braccio settentrionale della corte porticata e, forse, gli unici resti dell’edificio sono identificabili con i blocchi di tufo sovrapposti inglobati sotto il pavimento del braccio stesso (fig.3.35) che potevano costituire le fondazioni delle sostruzioni del fabbricato su questo lato.

  Meneghini 2009, pp. 18-25.   Pisani Sartorio 1993. 54   Meneghini 2009, pp.43-45; Meneghini 2022, p.126. 55   Vitruv. 6.4.1. Il fatto che le fonti citino sempre “una” biblioteca e non due edifici diversi per i testi greci e quelli latini ci indica chiaramente che nel complesso doveva esservi una struttura unica destinata a questo scopo (Plin., Nat.Hist. 7, 115 e 35, 10). In Suet, Caes. 44 sono citate biblioteche al plurale ma unicamente in rapporto al progetto cesariano di divulgazione culturale del quale il dittatore aveva incaricato Marco Terenzio Varrone. Solo Isidoro di Siviglia (Isid. Orig. 6.5.2) parla di “biblioteche” (bibliothecas) in rapporto diretto con l’Atrium Libertatis ma bisogna considerare che egli scrive più di sei secoli e mezzo dopo Asinio Pollione, al contrario di Plinio il Vecchio che doveva avere la conoscenza diretta dei luoghi. La biblioteca come singolo edificio rimanda inevitabilmente al confronto diretto con un fabbricato analogo e contemporaneo costituito dalla fase augustea della bibliotheca ad Apollinis che si articolava su di un solo grande ambiente absidato raddoppiato nell’ampliamento domizianeo del complesso, vedi IacopiTedone 2005-2006. L’ipotesi è stata recentemente messa in discussione da Patrizio Pensabene che, a seguito del suo studio sulle strutture e sul sottosuolo dei due edifici palatini, vedi Pensabene 2017, pp. 98-111, ha ipotizzato il superamento delle conclusioni delle due studiose e il ritorno alla originaria configurazione dei due edifici gemelli affiancati anche per l’età augustea. Lo studio di Pensabene però non sembra basato su un’analisi solida come la precedente ed è da prendere con estrema cautela. 52 53

E’ infine possibile che, in futuro, nuovi dati sulla ipotesi di identificazione dell’a.L. traianeo possano essere ricavati dallo scavo dell’area di risulta di forma trapezoidale, di circa 1000 mq, compresa fra i fori di Cesare, di Augusto e di Traiano, disposta lungo il lato occidentale della corte e ancora nascosta sotto via dei Fori Imperiali (fig.6.13/*).   Vedi 1.1.   Coarelli 2019, pp. 122-33. Coarelli focalizza la sua attenzione su di una identificazione più stringente fra il complesso Biblioteche-Colonna e una ricostruzione ipotetica dell’a.L. le cui piante, quasi sovrapposte, sono però collocate in un montaggio grafico che utilizza una base topografica e orografica superata, vedi Coarelli 2019, fig.56 a p. 111. 58   Coarelli 2019, pp. 132-33. 59   Fraschetti 1999, pp. 175-212. 56 57

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Considerazioni conclusive

Figura 6.13. Sovrapposizione della planimetria del Foro di Traiano sulla pianta precedente. L’asterisco indica un importante settore, ancora interrato, del quale si auspica lo scavo.

6.6 L’amministrazione della giustizia nel Foro di Traiano60 (fig.6.14)

dovevano esservi una bibliotheca Ulpia e una bibliotheca Templi Traiani, quest’ultima ovviamente legata alla localizzazione del tempio del divo Traiano 61. Il Foro, oltre

A seguito della demolizione dell’atrium Libertatis anche lo storico archivio dei censori, che vi si trovava, venne probabilmente inglobato nel Foro di Traiano nel quale

  Gli scrittori dell’Historia Augusta citano sempre la b. Ulpia (Hist. Aug., Aurelian. 1,7,10-8,1 e 24,7; Numerian. 11,3; Prob. 2,1; Tacit. 8,1) mentre Aulo Gellio parla della b. Templi Traiani (Gell, XI,17,1) e solo Cassio Dione (Cass. Dio. LXVIII, 16, 3) fa menzione di “magazzini” e di “armadi” (αποθηχαϛ) di libri, sinonimo di biblioteche. Come è stato già sottolineato, la frase di Cassio Dione riguardante questi depositi di libri non è direttamente collegata alla successiva citazione del Foro di Traiano con la Colonna istoriata e potrebbe non avere a che fare con essa.. 61

  Riprendo, in questa parte conclusiva del volume, il contenuto di due miei precedenti saggi riguardanti l’amministrazione della giustizia all’interno del Foro di Traiano (Meneghini 2002 e Meneghini 2019) nel tentativo di individuarne con maggiore precisione i luoghi e di chiarire meglio la natura della bibliotheca Ulpia. 60

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 6.14. Planimetria ricostruttiva del Foro di Traiano con individuazione delle funzioni attribuibili ai diversi settori.

coinvolti nei processi criminali64 e non vi è motivo per non continuare ad associare questa funzione all’a.L. dopo la sua traslazione all’interno del Foro di Traiano. Aulo Gellio ci fornisce una preziosa informazione, riguardo alla presenza di tribunali nel Foro, descrivendo il filosofo Favorino, che passeggiava in area fori (Traiani), in attesa di un console suo amico che stava giudicando delle cause in tribunale65. Il console citato da Gellio poteva amministrare la giustizia in due vesti: come iudex quaestionis, in alternativa al pretore, o come presidente del tribunale senatorio. In entrambi i casi egli giudicava in materia penale. L’istituzione sillana e augustea delle quaestiones, i tribunali criminali specializzati per tipo di reato, continuò a funzionare per tutto il II secolo nonostante che alcune di queste (la q.de Maiestate e la q. de Repetundis) fossero state assorbite, già dall’età tiberiana, dal tribunale senatorio, attivo dall’inizio del principato alla fine del II secolo66. Nel caso delle quaestiones, la presidenza del tribunale poteva essere assunta da uno dei pretori o da uno degli iudices quaestionum, tratti dall’album iudicum composto da senatori e cavalieri, mentre la presidenza del tribunale senatorio era regolarmente affidata a un console.

ad aver assorbito le funzioni dell’a.L. e ad averne di proprie legate alla rappresentazione del potere imperiale, doveva essere principalmente destinato all’amministrazione della giustizia come sembra di capire dall’analisi delle fonti disponibili e degli spazi architettonici. Nel collegamento tra l’atrium Libertatis e il Foro di Traiano, stabilito dall’iscrizione (L)IBERTAT(IS) su parte della lastra 29 della Forma Urbis, vi è un inevitabile riferimento agli ex-schiavi dal momento che le liste con i nomi dei liberti erano anch’esse raccolte nell’archivio dei censori e che, ancora in età tarda, nel foro di Traiano si svolgevano cerimonie relative alle manomissioni62. Queste potevano essere effettuate dal pretore, come le adozioni, in qualunque luogo richiesto dalle parti, persino in una via o in una piazza (in transitu), ma potevano anche svolgersi presso un tribunal dove il magistrato avrebbe sancito il nuovo stato del liberto giudicando in piedi, senza sedersi, per essere a uguale livello tra le parti63. Sappiamo inoltre che nell’atrium Libertatis, al tempo di Cicerone, si teneva la quaestio servorum, ovvero la sezione penale addetta agli interrogatori degli schiavi

  Cic., Mil. 59.   Gell., XIII, 25. 66   Santalucia 1998. 64

  Sidon. Apoll., carm. II 544 ss. Vedi anche Coarelli 2019, pp. 132-33. 63   Gioffredi 1943, pp.229-30.

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Considerazioni conclusive E’ da notare che l’attività di entrambi i tribunali comportava l’adozione di complesse procedure e la partecipazione di un notevole numero di persone. Infatti, nel caso del tribunale senatorio, l’intero senato era coinvolto nello svolgimento del processo e partecipava direttamente ad alcune fasi di esso, come la rogatio sententiarum, nella quale i senatori esprimevano il loro parere sul caso, o come la discessio, vera e propria votazione sulle proposte relative al dispositivo di sentenza. Il totale dei partecipanti alle quaestiones era invece composto da almeno cinquanta giurati, che a volte potevano giungere al numero massimo di settantacinque, da un presidente, un accusato, un accusatore, almeno un difensore, almeno quattro o cinque laudatores (testi in favore dell’accusato), uno o più scribi e una decina fra inservienti e membri di polizia, per un numero complessivo di persone oscillante all’incirca tra le settanta e le cento. E’ evidente inoltre che alle sedute di entrambi i tribunali poteva talvolta assistere una massa di popolo proporzionata all’importanza e alla risonanza del processo in corso. Risulta chiaro come fossero necessari ampi spazi per lo svolgimento di questi dibattimenti uno dei quali è vivacemente descritto da Plinio il Giovane, che vi partecipò in qualità di difensore della nobile Attia Viriola e che si svolse all’interno della basilica Giulia, nel Foro Romano67. Qui operavano i centottanta giudici dei quattro tribunali civili centumvirali68 che, per l’occasione, giudicarono riuniti nella navata centrale della basilica, sprovvista di absidi, con una fitta corona di spettatori stipati persino nei soprastanti matronei. Non vi è la certezza assoluta che i processi penali si svolgessero sempre al coperto poiché le quaestiones, proprio per il loro carattere pubblico, operarono all’aperto, nel foro, per tutta la tarda età repubblicana esattamente come accadeva per la fase istruttoria del processo civile (in iure) curata direttamente dal pretore69. In età imperiale però, con l’incremento del numero delle basiliche e dei portici attrezzati destinati all’amministrazione della giustizia, i tribunali si ritirarono all’interno dei vasti ambienti absidati in essi contenuti70. D’altra parte non è neppure escluso, come ricorda Vitruvio71, che le basiliche fossero utilizzate d’inverno, quando i rigori del clima non permettevano di continuare a trattare affari all’aperto. E’ ancora Vitruvio a descrivere e proporre come canonico il tribunale annesso alla basilica di Fano (da lui stesso progettata), con la forma di un emiciclo, ricavato all’interno del tempio di Augusto, addossato alla basilica a circa metà della sua lunghezza e comunicante con l’interno di essa72. Aulo Gellio ci informa dell’esistenza di una raccolta di editti degli antichi pretori, conservata nella bibliotheca Templi Traiani, nella quale erano riuniti documenti risalenti anche a molti secoli prima73. Ciò significa che l’archivio

era parte integrante di una delle biblioteche del Foro74, che era assai più antico del Foro stesso e che vi fu trasferito al momento della sua costruzione, o subito dopo, dato che l’opera di Gellio si colloca a soli pochi decenni da allora. Quest’ultimo era, tra l’altro, giudice extra ordinem e non deve essere stato casuale per lui imbattersi nell’archivio dei pretori, magari durante una ricerca di documenti giuridici necessari allo svolgimento del suo stesso lavoro. A chi poteva servire un repertorio degli editti dei pretori così ricco da contenere documenti di più di trecento anni di età se non ai pretori stessi, come supporto per la formulazione dell’editto che il magistrato emetteva all’ingresso nella carica e che compilava con l’aiuto di un ristretto consilium di giuristi75? Ricompare, come si vede, la figura del pretore già incontrata in precedenza in alternativa a quella del iudex quaestionis per la presidenza dei tribunali criminali e per lo svolgimento delle manomissioni, in qualche modo collegate al Foro di Traiano come continuatore dell’a.L.. Ammettendo che l’archivio fosse completo e considerando che già dall’età di Silla il numero dei pretori fu portato a otto76, poi almeno a dieci da Augusto e che raggiunse le diciotto unità nella seconda metà del I secolo77, Gellio potrebbe essersi imbattuto in un fondo costituito da svariate centinaia di codici e di volumi che potevano raccogliere diverse migliaia di editti78. Altre importanti notizie sui materiali conservati nella bibliotheca Ulpia sono fornite dagli scrittori dell’Historia Augusta che ricordano epistole e cronache relative al principato di Aureliano, trascritte su libri lintei, e di senato-consulti dell’età di Tacito sotto forma di libri elefantini79. Si trattava, anche in questi due casi, di supporti in forma di codice: pieghevoli i primi e su pagine di avorio i secondi, assai apprezzati per l’alta leggibilità dello scritto sul candido fondo eburneo80. Ancora l’Historia Augusta, cita la presenza di registri degli scribi nella porticus Porphyretica, all’interno del Foro stesso81, consistenti apparentemente in un fondo di carattere giuridico contenente i verbali processuali redatti appunto dagli scribi. Ma dovevano esservi anche altri documenti conservati nelle biblioteche o nel Foro. A partire dall’80 d.C., quando Domiziano avocò a sé la censura perpetua, furono gli imperatori, in virtù della acquisita censoria potestas, a compilare le liste dei giudici82 che è presumibile fossero, di volta in volta, versate nell’archivio dei censori. In esso forse confluirono anche i documenti relativi alla direzione delle grandi opere pubbliche e dei pubblici appalti sui quali i censori avevano competenza83. E’ singolare constatare come le fonti disponibili non citino mai la bibliotheca Ulpia in relazione a opere di   Non sappiamo, in realtà, se la bibliotheca Ulpia e la bibliotheca Templi Traiani fossero davvero due entità distinte o se si trattasse di due nomi diversi per indicare la stessa raccolta. 75   Gioffredi 1943, p.234. 76   Arangio Ruiz-Guarino-Pugliese 1980, p.39. 77   De Martino 1966, IV, pp.551-55. 78   Il codice sembra rimanere sino all’età tarda la forma dominante per la raccolta dei documenti pubblici; vedi Pesando 1994, p.9. 79   Hist. Aug. Aurelian. 1, 7, 10 – 8, 1 e 24, 7, Tacit.8, 1. 80   Per la forma dei libri lintei vedi Roncalli 1978-80; Roncalli 1980; Roncalli 1985. 81   Vedi supra, n.73 a p.73. 82   De Martino 1966, IV, p.555. 83   De Martino 1966, II, p.229. 74

  Plin., Ep.VI, 33.   De Martino 1966, III, pp.285-86. 69   Gioffredi 1943, pp.238-42. 70   Gioffredi 1943, p.242 e n.55-56, 70; Johnson 1927, pp.30-31. Per i tribunali a emiciclo nei Fori Imperiali, in particolare nel Foro di Augusto, vedi Carnabuci 1996, pp.92-93; La Rocca 2001, pp.191-192; Carnabuci 2006; Carnabuci 2010; Carnabuci-Braccalenti 2011. 71   Vitr.,V. I. 4. 72   Vitr., V. I. 8. 73   Gell. XI, 17, 1. Gellio scrive di aver letto una frase interessante in un editto che lui stesso definiva compreso tra “i più antichi” e che poteva forse risalire al II secolo a.C., cfr. Viganò 1969. 67 68

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Il Foro di Traiano nell’Antichità autori letterari o comunque greci cosa che, invece, accade normalmente per le altre biblioteche romane. Tutto invece confluisce verso una interpretazione della biblioteca in funzione di vero e proprio archivio giuridico che doveva essere preponderante rispetto alla parte letteraria84e le fonti antiche disponibili sull’amministrazione della giustizia nel Foro di Traiano sembrano convergere nel documentare una intensa attività dei pretori dal carattere sia civile che penale. L’attività civile è testimoniata dalle manomissioni, tradizionalmente legate all’a.L., e dalla presenza di un vasto archivio probabilmente utilizzato dai pretori stessi e dai loro collaboratori per la formulazione degli atti ufficiali. L’attività penale risulta dall’esistenza, nello stesso a.L., della quaestio servorum e dei tribunali criminali (quaestiones) dei quali affiora qualche traccia ed è possibile che nel Foro operassero anche organi di giustizia penale a più alto livello, come il tribunale senatorio.

e gli scavi non hanno documentato la presenza di una eventuale fondazione in calcestruzzo per una statua di grandi dimensioni. Il rinvenimento, durante le stesse indagini, di parte di un fregio con grifoni, simboli della giustizia divina88, attribuito alla trabeazione del lato breve meridionale della nicchia, si riferisce alla presenza di un tribunal che doveva consistere principalmente nel suggestus del magistrato, posto all’interno o davanti alla nicchia, e in panche e bancali in legno per il resto dei partecipanti89. Se, dunque, i tribunali potevano esercitare la loro attività negli emicicli c’è da chiedersi come fossero utilizzati i portici antistanti. Non sappiamo se anche qui fossero collocati dei tribunali, vista l’estrema semplicità degli elementi che li costituivano, sappiamo però che nell’adiacente Foro di Augusto il lungo portico settentrionale sul quale si affacciava l’emiciclo con il tribunale del pretore urbano (porticus Iulia) era utilizzato per l’esposizione dei decreti magistratuali90. I due lunghi portici che costeggiavano la piazza del Foro di Traiano potevano forse essere anch’essi utilizzati a questo scopo e possiamo probabilmente immaginare che qui si continuassero ad affiggere anche i testi delle leggi e delle disposizioni imperiali ancora alla metà del V sec. d.C.91

L’argomento che ci interessa è però legato alla individuazione dei luoghi fisici dove si svolgeva l’attività di tutti questi tribunali. Gli ampi spazi del Foro traggono certamente la loro origine dalla natura essenzialmente pubblica del dibattimento processuale romano che in epoca repubblicana si svolgeva di solito all’aperto con grande partecipazione collettiva. Si è anche già visto come i processi furono traslati in età imperiale al riparo dei portici e delle basiliche85 e dobbiamo dunque immaginare che, nel caso del Foro di Traiano, i dibattimenti processuali si tenessero negli emicicli della basilica Ulpia e dei portici della piazza la cui forma semicircolare si inserisce nella tradizionale tipologia degli spazi utilizzati per questo scopo86. La superficie di ciascuno di questi emicicli risulta oltretutto ampiamente sufficiente per ospitare i consessi più numerosi, senato compreso: ognuno di essi, infatti, misura quasi 650 mq mentre l’aula della Curia Senatus ne conta 425. Le indagini archeologiche hanno sinora permesso di scoprire completamente uno solo dei quattro emicicli esistenti nel Foro di Traiano ovvero quello che si apre lungo il portico orientale della piazza mentre quello del portico opposto e i due della Basilica Ulpia sono ancora interrati. La fila di pilastri che separava lo spazio semicircolare dal portico costituiva una sorta di schermo che isolava il vasto ambiente rendendolo adatto ai dibattiti e alle performance oratorie. Al centro della parete curva si trovava una grande nicchia, forse su due ordini e con due colonne in granito grigio sui lati, della quale è stata ritrovata la sola fondazione durante gli scavi del Governatorato di Roma. Non sappiamo se un gruppo marmoreo o una singola statua fossero inseriti in questa nicchia, come in quelle analoghe negli emicicli del Foro di Augusto nelle quali è stata dimostrata la presenza dei tribunali dei pretori urbano e peregrino87, poiché la pavimentazione marmorea non si è conservata sino all’interno della nicchia stessa

Per quanto riguarda gli emicicli della Basilica Ulpia la situazione appare più complessa poiché, come si è detto, entrambe le strutture sono ancora interrate. Ci viene però in aiuto l’ignoto copista del Cod.Vat.Lat. 3439 che riproduce la parte mancante della lastra 29 della pianta marmorea dove era raffigurato l’emiciclo orientale della Basilica Ulpia (fig.1.4). Esso risulta diverso da quelli dei portici poiché al centro vi compare una sorta di piccola stanza con due colonne sulla fronte invece che una semplice nicchia mentre i due lati curvi sono scanditi ciascuno da cinque elementi aggettanti dalla parete: semicolonne o pilastri. Questa caratteristica, che testimonia l’esistenza di una elaborata decorazione della parete a “scomparti” che dovevano inquadrare delle nicchie su due ordini, si ritrova nel nuovo emiciclo rinvenuto nel tratto occidentale del portico nord del Foro di Augusto durante gli scavi 19982000 e facente sicuramente parte del complesso sistema di amministrazione della giustizia che vi operava92. In conclusione è dunque possibile ipotizzare che all’interno dei grandi emicicli della basilica Ulpia e dei portici della piazza del Foro, sia pure distinti fra loro da alcune differenze centrali dei due grandi emicicli all’interno delle quali si trovavano la statua di Romolo e il gruppo di Enea, Anchise e Ascanio. 88   Bragantini-Sampaolo 2009, p.192. 89   Gli impianti di molti tribunali dovevano essere caratterizzati da una notevole provvisorietà poiché erano perlopiù realizzati in legno. Per i resti di un tribunal in muratura a Megalopoli, in Grecia, vedi La Rocca 2001, p.192. A Roma non ci sono ritrovamenti di tribunali in muratura e, anzi, Svetonio ci ricorda come, la pira funebre di Giulio Cesare sia stata formata in larga parte dai banchi e dagli sgabelli (subsellia) tratti dai tribunali che ancora operavano all’aperto nel Foro Romano, vedi Suet., Caes. LXXXIV. 90   Carnabuci 1996, p.70. 91   Lugli Fontes, nn.408-427, pp. 73-78. 92   Carnabuci-Braccalenti 2011 e vedi supra 3.1.1.

  Coarelli 1999, pp.8-9, 12.   Vedi supra, n.70 a p. 323. 86   Carnabuci 1996, p.24. Un interessante confronto per emicicli collegati a portici e destinati all’amministrazione della giustizia è costituito dal complesso dell’Hadrianeum, vedi Parisi Presicce 2012, pp.66-68. 87   Carnabuci 1996. Nel Foro di Augusto il magistrato doveva sedere su di una pedana o suggestus in legno collocato di fronte alle nicchie 84 85

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Considerazioni conclusive strutturali, operassero tribunali civili e penali, presieduti da pretori e da consoli e che al loro servizio esistesse un ricco archivio, conservato nella bibliotheca Ulpia, che doveva rispecchiare in pieno il carattere archivistico delle biblioteche romane nelle quali erano contenuti materiali eterogenei, di tipo amministrativo e insieme giuridico e letterario. Sarebbe singolare che tale archivio non fosse stato fisicamente collocato a portata di mano dei giudici e dei giurati, all’interno degli stessi tribunali, piuttosto che essere conservato in due edifici esterni alla basilica (le cosiddette “biblioteche”) e lontani dai tribunali e così sembrerebbe ovvio individuare negli emicicli della basilica anche la sede degli archivi e dei repertori giuridici necessari allo svolgimento delle attività dei magistrati e quindi, in definitiva, della bibliotheca Ulpia. La forma a emiciclo è caratteristica di molte biblioteche oltre che dei tribunali e lungo la parete curva degli emicicli della Basilica Ulpia potevano essere ricavate nicchie e disposti armaria, inquadrati dalle semicolonne o dai pilastri aggettanti, per contenere codici e volumi. Un interessante confronto per l’aspetto degli emicicli dell’Ulpia può essere suggerito dall’esedra sud-occidentale delle coeve Terme di Traiano dove due ordini sovrapposti di nicchie fungevano contemporaneamente da biblioteca e da archivio93.

Appare paradigmatico, in tal senso, l’uso dei fusti monolitici in granito da cinquanta piedi romani, che inizia nei primi anni del II sec.d.C.96 e si protrae sino all’età adrianea97 per riprendere, forse, nel periodo severiano, con la sostituzione delle colonne in sienite dell’aula di culto del Templum Pacis, dopo l’incendio del 19298 e con l’erezione del colossale tempio di Serapide sul Quirinale, da parte di Caracalla, dove furono messi in opera fusti probabilmente anche più grandi. Successivamente, per un secolo, non vengono più utilizzate colonne di questa taglia sino all’inizio del IV sec. quando se ne impiegano otto (da 55 piedi, scanalate e in marmo proconnesio) per sostenere le volte a crociera della basilica di Massenzio. Solo per due volte in due secoli fu dunque possibile replicare uno sforzo organizzativo tale da permettere di acquisire e disporre di materiali dalla reperibilità tanto complessa se si pensa alla rarità del ritrovamento di vene omogenee dello spessore necessario nel banco marmoreo, alla difficoltà dell’estrazione dei fusti e al loro trasporto via terra e via mare oltre alla complessità della messa in opera. Si trattava di grandi interventi che era possibile realizzare e coordinare solo in uno scenario di estrema disponibilità tecnica ed economica ed è forse questo “gigantismo” costruttivo, oltre a quello delle proporzioni architettoniche realmente colossali del complesso99, il motivo che non ha permesso al Foro di Traiano di essere replicato e di trasformarsi in un modello architettonico.

6.7 Diffusione del motivo della Colonna Istoriata Il Foro di Traiano conclude un eccezionale periodo di realizzazioni architettoniche, durato un secolo e mezzo, nel quale la tecnica edilizia si affina sino a permettere, nell’ultimo dei Fori Imperiali, l’adozione di soluzioni costruttive particolarmente ardite come le volte piatte della Basilica o l’uso dei colossali fusti monolitici che raggiungono i 15 mt di altezza. Il complesso, certamente terminato in molte sue parti alla fine del regno di Traiano e poi dal successore, Adriano, chiuse a nord l’area monumentale escludendo la possibilità di aggiungervi altre componenti di rilievo (fig.6.15). Il Foro di Traiano, di fatto, non fu mai imitato né influenzò complessi analoghi, in Italia o nelle province, come accadde invece per il Foro di Augusto che condizionò l’aspetto di numerosi fori provinciali94. Il Foro rimase un unicum architettonico, tranne che per la Colonna istoriata, che venne ripresa pochi anni dopo da Marco Aurelio e, più tardi, dagli imperatori Teodosio e Arcadio a Costantinopoli oltre che, in diverse occasioni, nell’età moderna come le due colonne erette nel 1737 ai lati della Karlskirche a Vienna o quella in bronzo di Place Véndome, a Parigi, innalzata nel 1810 in onore di Napoleone e della Grande Armata. Forse il mancato utilizzo del Foro come modello per le successive, grandi architetture può risalire alla dimensione stessa dell’impegno costruttivo profuso in età traianea secondo parametri che, in seguito, sarebbero risultati irripetibili95.

  Una colonna in sienite da 50 piedi fu cavata e inviata a Roma negli anni 105-106, come attesta un’iscrizione sul suo imoscapo, e venne utilizzata molto più tardi come colonna di Antonino Pio. Si tratta del fusto da 50 piedi più antico del quale abbiamo una diretta conoscenza archeologica. Vedi Ward Perkins 1976 e Peña 1989, p.130. 97   Da un recente studio sappiamo che il progetto originario del Pantheon prevedeva l’uso di sedici colonne da 50 piedi invece di quelle da 40 poi realmente utilizzate, Wilson Jones 2000, pp. 199-213. 98   Meneghini-Rea 2018, pp.175-78. 99   Come dimostra l’episodio di Costanzo II, in visita a Roma nel 357, stupefatto dalle dimensioni dell’equus Traiani, vedi Amm.Marc. XVI, 10, 15-16. Vedi pure Cassiod., Var.VII, 6, 1 per la meraviglia che il Foro suscitava ancora alle soglie dell’altomedioevo. 96

  Volpe 2007.   Zanker 1984, p.23; Gros 1996, p.231; Maggi 2002, pp. 917-18; Peña Jurado 2005; Ungaro 2007, pp.164-67. 95   Un tentativo di quantificare lo sforzo costruttivo necessario per la costruzione del Foro di Traiano è in Bianchi-Meneghini 2002. 93 94

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Il Foro di Traiano nell’Antichità

Figura 6.15. Sopra: assonometria ricostruttiva dei Fori Imperiali. Sotto: planimetria ricostruttiva dei Fori Imperiali.

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BAR IN TERNATIONA L SE RIE S 3097 ‘This is a major achievement because assembling all this information and analysing it within the framework of the historical studies of Trajan’s Forum is a feat of scholarship. It is not only original, but provides an overview of all previous excavations, mostly not reported in full, on this canonical building. It adds great value to the history of Rome’s Imperial Fora and complements Meneghini’s earlier volume about the post-Roman phases of this area of Rome.’ Dr Richard Hodges, Emeritus President, The American University of Rome ‘The book is certainly important for all those interested in Roman architecture, the topography of Rome and, more generally, imperial Roman history.’ Professor Riccardo Santangeli Valenzani, Università Roma Tre ‘The work is innovative, introducing new and original interpretative elements.’ Professor Sauro Gelichi, Università Ca’ Foscari Venice

Questo libro illustra i risultati degli scavi realizzati dal Comune di Roma sull’area del Foro di Traiano fra il 1991 e il 2007. In particolare il volume descrive le strutture murarie superstiti del monumento rimesse in luce durante le campagne di scavo di quegli anni nel settore centro meridionale di esso. La parte iniziale del libro presenta una storia degli studi recenti e le ipotesi ricostruttive del complesso prima dei nuovi scavi. Il secondo e il terzo capitolo analizzano nel dettaglio i resti dei settori del Foro scoperti durante i nuovi scavi in corrispondenza della piazza e del suo limite meridionale sino all’adiacente Foro di Augusto. Il quarto capitolo contiene lo studio del sistema fognante e idraulico del monumento mentre il quinto esamina il complesso dei bolli laterizi rinvenuti durante le indagini. Il capitolo conclusivo offre spunti e osservazioni sulle scoperte anche alla luce degli studi preliminari effettuati su di esse. This book illustrates the results of the excavations carried out by the Municipality of Rome between 1991 and 2007 on the area of the Forum of Trajan. In particular, the volume describes the surviving wall structures of the monument discovered in the central southern sector. Elisabetta Bianchi è archeologa, funzionario presso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali del Comune di Roma. Dal 2000 al 2007 ha preso parte allo scavo dei Fori Imperiali. Ha pubblicato oltre cinquanta saggi scientifici sulle tecniche costruttive di età imperiale e sulla produzione di laterizi bollati rinvenuti negli edifici antichi di Roma e ha curato due volumi sulla Cloaca Massima. Roberto Meneghini è stato funzionario Archeologo presso la Sovrintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma e ha coordinato o diretto gli scavi archeologici nell’area dei Fori Imperiali dal 1991 al 2021. Ha scritto e curato numerosi libri e pubblicato molti saggi scientifici sui Fori Imperiali nell’antichità e nel medioevo. Elisabetta Bianchi is an archaeologist and Officer at the Superintendence of Cultural Heritage of the Municipality of Rome. From 2000 to 2007, she took part in the excavation of the Imperial Fora. Roberto Meneghini was formerly Archaeologist Officer at the Superintendence of Cultural Heritage of the Municipality of Rome, and he coordinated or directed the archaeological excavations of the Imperial Fora from 1991 to 2021.

Printed in England