Galileo e Keplero. Filosofia, cosmologia e teologia nell'Età della Controriforma
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Massimo Bucciantini G alileo e Keplero Filosofia, cosmologia e teologia nell’Età della Controriforma

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Massimo Bucciantini Galileo e Keplero Filosofia, cosmologia e teologia nell’E tà della Controriforma

Einaudi

Indice

p. VÌI XXV

xxvn

Introduzione Ringraziamenti Elenco delle abbreviazioni

Galileo e Keplero

.

M ysterium Cosm ographicwn

3

I.

23

n.

Padova: Pinelli, Tycho, Galileo

49

III.

A go sto 15 9 7 : m icrostoria di una lettera

69

iv.

Italia, Germania, Boemia: astronomi, matematici, «soldati christiani» «heretici principalissimi»

93

v.

Edmund Bruce

117

vi.

Supernova : Galileo lettore di Tycho e di Keplero

144

vn.

Graz, Praga, Venezia, Firenze

163

vm . Philosophia Coelestis

206

ix .

Nuvole

245

x.

Pace e Guerra: nuova scienza e nuova politica

261

xi.

Comete

288

xn. D io, uomo, mondo

336

Epilogo

343

Indici

Introduzione

Non si sono mai incontrati. Sebbene non manchino inviti reciproci, Keplero non verrà mai in Italia, né Galileo lascerà mai il suo paese. E p ­ pure, anche se non si conobbero personalmente e scarsi furono i loro scambi epistolari, ciascuno era ben informato dell’altro, ciascuno era contemporaneo e lettore dell’altro. Ambedue matematici e copernicani, l’imo tedesco l ’altro italiano, il primo di fede luterana l’altro cattolico, la loro è la storia di un rappor­ to difficile che pare chiudersi appena dopo il suo inizio: un rapporto a cui Galileo si sottrae continuamente nel tentativo di smorzarne toni e intensità, di marcarne differenze e dissensi, ma che tuttavia non si esau­ risce. In tutto trent’anni, scanditi da lunghi periodi di silenzio interrotti da momenti brevi ma serrati di dialogo in cui emergono visioni del mon­ dò e dell’uomo in forte contrasto tra loro. Come avremo modo di vede­ re, si tratta di differenze ben radicate nella storia, che soltanto un’ana­ lisi ravvicinata consente di afferrare e di cogliere nella loro giusta pro­ porzione, e che non basta individuare una volta per tutte ma occorre riconoscere nelle loro mutazioni e successive trasformazioni. E sono dif­ ferenze che traggono origine da quello straordinario laboratorio di idee da cui, sul finire del Cinquecento, prendono forma nei loro aspetti spessò ambigui e contraddittori la nuova fisica e la nuova astronomia, figlie di un’Europa lacerata e divisa, attraversata da aspri conflitti religiosi e ¿»olitici e abitata da personalità come Tycho Brahe, Christoph Rothfnann, Michael Màstlin, Christoph Clavius, Giovanni Antonio Magini, William G ilbert, Thomas Harriot, Giordano Bruno, Kaspar Schoppe, Ahtonio Possevino, Paolo Sarpi, Giovan Vincenzo Pinelli. Uno studio su Galileo e Keplero non può però che prendere inizio da Panofsky. A cinquantanni di distanza, il suo saggio sullo scienziato italiano resta ancora un lavoro denso di suggestioni e di acute osserva­ zioni per chiunque voglia interrogarsi sull’opera di due tra i maggiori protagonisti della scienza moderna. E che sia merito di uno storico

dell’arte e della cultura, e non di uno storico della sdénza in senso stret­ to, aver cercato di individuare i tratti salienti delle lóro concezioni, de­ ve far riflettere sulla tenuta e sull’efficacia di tante ricérche iperspecialistiche oggi cosi diffuse, soprattutto se rivolte a un periodo complesso come la prima età moderna, segnata da nette contrapposizioni e da ra­ dicali trasformazioni culturali e disciplinari, e di cui sono momenti es­ senziali - e tra loro competitivi - i progetti di rinnovamento del sapere compiuti da Galileo e Keplero. Inseguire le loro storie, nel tentativo di approssimarsi ai loro modi di fare scienza e di inventare nuove filosofie, è lo scopo di questo lavoro.

i . Erwin Panofsky storico del pensiero scientifico. Quando nel 1954 comparve Galileo as a Critic o f thè Àrts, Alexandre Koyré ne comprese subito roriginalità e l’importanza. L ’anno seguente usciva su «Critique» una sua lunga recensione in cui esprimeva la pro­ pria sorpresa e soddisfazione per un lavoro che apriva nuove prospetti­ ve d ’indagine. Senza retorica, lo definiva «analyse magistrale», «admi­ rable travail». L ’unico punto su cui avanzava delle riserve era il titolo, «trop étroit» - diceva - , che non rendeva bene « l’importance et l’intérêt capital, de son remarquable travail». Koyré: Panofsky non si limita a informarci sui gusti, le preferenze, i giudizi di Galileo in materia di letteratura e arti plastiche; e neppure si limita a offrirci un'analisi - estre­ mamente approfondita e penetrante - dell’ atteggiamento estetico di Galileo, per di­ mostrarne la perfetta unità e coerenza: egli fa molto di più. C i mostra la stretta ana­ logia fra l’ atteggiamento estetico e V atteggiamento scientifico del grande Fiorenti­ no; e riesce, con ciò stesso, non solo a illuminare vividamente là personalità e l’opera di Galileo, ma anche a proporre la soluzione della vexata quaestio dei suoi rapporti, personali e scientifici, con Keplero1.

Per questi motivi il titolo non gli sembrava molto felice, non gli ap­ pariva sufficientemente esplicativo dei risultati raggiunti. Anzi, in una certa misura lo considerava fuorviarne perché metteva in ombra l’aspet­ to che riteneva centrale di quel lavoro, e cioè la riflessione sull’idea di scienza in Galileo e il suo scarto irriducibile rispetto alla scienza keple­ riana. Sbagliava quindi chi lo considerava semplicemente un saggio sul­ le concezioni artistiche di Galileo. Per Koyré era molto di più. Era pri­ ma di tutto un ottimo esempio di come si doveva fare storia della scien­ 1A. koyr&yAttitude esthétique et pensée scientifique, in.« Critique», 1 2 , 19 55 , n. 10 0 -1, pp. 835847, poi in id ., Etudes d'histoire de la pensée scientifique, Gallimard, Paris 19 7 3 2, PP- 275-88: 275.

za, ovvero storia del pensiero scientifico: una conferma autorevole di quello che lui stesso andava sostenendo da tempo sul carattere unitario del pensiero, sull’arbitrarietà di ogni separazione tra scienza, filosofia, teologia e ogni altra forma e abito mentale. «L a storia del pensiero scien­ tifico - aveva scritto nel 1948 a proposito di Copernico - non è intera­ mente logica. Cosi, per comprenderne l’evoluzione, occorre tenere con­ to di fattori extra-logici»2. Una lezione di metodo a cui rimarrà sempre fedele, fino ai capolavori della maturità, From thè Closed W orld e, so­ prattutto, il suo Keplero della Revolution astronomìque, un lavoro ma­ gistrale, di vera rottura con la storiografia del tempo3. La nuova storia antipositivistica della ‘scienza’ e delT'errore’ tracciata in modo esemplare da Koyré aveva trovato inaspettatamente un colla­ boratore d ’eccezione, cosi come, su un altro versante, con i loro studi su riti, miti e credenze, aveva trovato simpatie e interlocutori attenti in Marc Bloch e Lucien Febvre4. Questi nuovi storici, ciascuno a suo modo e attraverso percorsi intellettuali autonomi, costituivano un’anomalia all’in­ terno dei rispettivi raggruppamenti disciplinari. Les rois thaumatuiges

2 1 d., Les étapes de la cosmologie scientifique, ìbid., p. 9 5 . Sul percorso biografico e intellettuale di Koyré, sugli incontri e le influenze che hanno avuto un ruolo cosi decisivo per la sua visione della sto­ ria e della scienza - da Husserl a Lévy-Bruhl, da Paul Tannery a Ém ile Meyerson, da Hélène M etzger a Lucien Febvre - , cfr. i d ., D al mondo d el pressappoco alV universo di precisioney intr. e trad. di P. Zambelli, Einaudi, Torino 1 9 6 7 , pp. 7 -4 6 [ed. or. Du monde de V«à-peu-près» à Tunivers de la prèdirio « ,in iD ., Etudes d'histoire de la pensée philosophique, Colin, Paris 19 6 1 ] ; i d ., D e la mystique à la science. Cours, conférâmes et documents 19 22.-19 6 2, a cura di P. Redondi, Éditions de l'É c o le des Hautes Études en Sciences Sociales, Paris 19 8 6 , pp. i x -x x v i ç g . jo r l a n d , K oyré phénoménologue?, in c. v in t i (a cura di), Alexandre K oyré:V avventura intellettuale, Edizioni scientifiche italiane, Napo­ li 19 9 4 , pp. 10 5 -2 6 ; P. r o ssi , Dimenticare Bacone, ih id , pp. 2 5 -3 8 (pubblicato anche in ID., Un altro presente. Saggi sulla storia della filosofia, il Mulino, Bologna 19 9 9 , pp. 14 5-6 0 ); p . z a m b e l l i , Fenom e­ no logia, sociologia e storia delle idee in Alexandre Koyré, ihid^pp. 39 -6 4 ; e a d . , Alexandre Koyré alla scuo­ la di Husserl a Gottinga, in «Giornale critico della filosofia italiana», 7 8 , 1 9 9 9 , fase. 3 , pp. 3 0 3 -5 4 . 3 Mentre From thè Closed W orld to thè Infinite Universe usci nel 19 57 , la Révolution astrono­ mique comparve nel 19 6 1, con molto ritardo rispetto ai tempi previsti. Koyré lo aveva terminato da piu di due anni, quando l ’uscita del libro di Arthur Koestler {The Sleepwalkers, Hutchinson, London 1959), gli aveva fatto temere per un momento ? inutilità del suo lavoro. La lettura del li­ bro di Koestler - la distanza incommensurabile che separa i due scritti - lo fece però ricredere. «Mon Kepler n’est toujours pas à l’impression - scriveva T u luglio 1959 a Hannah Arendt - , mais cela me laisse froid. Je l’ai encore relu, après avoir lu Koestler et constaté que Koestler ne le rend pas inutile» (p . zambelli , Koyré, Hannah Arendt et Jaspers, in «Nouvelles de la République des Let­ tres», 1997, fase, i, pp. 13 1-5 6 : 153). Su La révolution astronomique si veda G. jorland, La scien­ ce dans la philosophie. Les recherches épistémologiques d'Alexandre Koyré, Gallimard, Paris 19 8 1, pp. 215-47. 4Nel 19 5 1 Febvre appoggiò, senza successo, l ’impegno di Koyré per la creazione al Collège de France di una cattedra di storia della scienza: cfr. a . koyré, De la mystique à h science cit., pp. xvix v n , 13 1- 3 4 . Sui rapporti tra Febvre e Koyré si veda p . redondi, Science moderne et histoire des mentalités. La rencontre de Lucien Febvre, Robert Lenoble et Alexandre Koyré, in «Revue de synthè­ se», III s., 1983, n. n i - 1 2 , pp. 309-30.

(1924), Études Galiléennes (1939) e Studies in Iconology (1939), pur es­ sendo inseriti in contesti di ricerca diversi tra loro, stavano contribuen­ do a scuotere fortilizi accademici, a rinnovare forme e linguaggi, scom­ paginare categorie e canoni storiografici come «storia delle scienze», «histoire événementielle», la storia dell'arte come storia autonoma. « Attitude esthétique et pensée scientifique chez Galileo Galilée» era dunque per Koyré la correzione idonea a far meglio comprendere al let­ tore il punto focale del saggio di Panofsky5 E d era un titolo dal forte timbro koyréiano, che Panofsky faceva proprio senza indugio6, e in cui la categoria di attitude mentale, variando il suo punto d ’osservazione, si arricchiva di nuovi e inattesi significati fino al punto di addentrarsi in territori d ’indagine inesplorati7. L ’avversione dello scienziato italiano per i poemi allegorici come la Gerusalemme Liberata o per la «pittura intarsiata» di Baccio Bandinelli o del Parmigianino, come il rifiuto istintivo della deformante cosmolo­ gia del copernicano Keplero, scaturiscono da un’unica forma di pensie­ ro. «Se si sostiene che l ’atteggiamento scientifico di Galileo abbia in­ fluenzato il suo giudizio estetico, non potrebbe forse darsi che il suo at­ teggiamento estetico abbia influito sulle sue teorie scientifiche? O, per essere più precisi, non potrebbe forse darsi che Galileo abbia obbedito, sia come scienziato sia come critico delle arti, al medesimo orientamen­ to mentale?»8. L ’impostazione di Panofsky non poteva essere più chia­

5 Cfr. A. koyré, Études à ’histoire de la pensée scientifique cit., p. 275’. 6 Panofsky accettò il suggerimento di Koyré. Nel 1956 una versione rivista e corretta usciva su «Isis», la piu autorevole rivista internazionale di storia della scienza, con il titolo G alileo as a Critic ofth e Arts. Aesthetìc Attitude and Scientìfic Thought. Quasi certamente fu Io stesso Koyré il promotore di questa seconda edizione, e lo scopo era evidente: far si che il lavoro di Panofsky tro­ vasse la massima diffusione all’interno della comunità degli storici della scienza. La prima edizio­ ne del saggio di Panofsky fu pubblicata in Olanda (Nijhoff, The Hague 1954). Due sono le edi­ zioni italiane che presentano non poche difformità di traduzione, a cominciare dal titolo: la pri­ ma, curata da R. Micheli e L. Tongiorgi Tornasi ( Nessun dubbio in proposito avevano Tycho Brahe nei Progymnasmata (TBOO, II, p. 398; III, p. 173) e Keplero in Astronomia nova (KGW , III, pp. 73-75). Per una sintesi del recente di­ battito sull’esistenza "delle sfere solide in Copernico, che ha visto su posizioni contrapposte N. Swerdlow ed E . Rosen, e sulle implicazioni di un universo eliocentrico 'discontinuo’ e ‘semivuo­ to’ , cfr. m .-p . lerner , L e monde des spbères, Les Belles Lettres, Paris 1996-97, I, pp. 13 1-3 8 ; II, pp. 67-73. Resta comunque il fatto che i postulati meccanici espressi da Copernico nel cap. iv del Libro I del De revolutionibus erano, dopo le novità tychoniche, del tutto insufficienti a fondare una cosmologia eliocentrica.

nicano, il tentativo di fondare una nuova concezione della gravità che spiegasse il moto dei pianeti dopo gli sconvolgimenti apportati dall’astro­ nomo danese - a meno di fare ricorso a un principio interno di movi­ mento {anima motrice) o ad altre soluzioni extrafisiche come l’infinita potenza di Dio - diventava una necessità impellente. G li anni padovani (15 9 2 -16 10 ), giustamente ricordati per le indagi­ ni sul moto, furono anche anni di riflessione de systemate mundi. L ’in ­ terpretazione che pone una netta linea di demarcazione tra le ricerche di meccanica e quelle astronomico-cosmologiche, e che individua nelle scoperte celesti del Sidereus Nuncius il vero punto d ’inizio dell’impegno astronomico galileiano, non regge a un esame ravvicinato delle fonti. So­ no contrapposizioni artificiose, estranee all’effettiva struttura e svilup­ po della scienza galileiana. Meccanica e cosmologia, studi sui moti pla­ netari e sul moto di caduta dei gravi non sono aspetti separati dell’im­ pegno scientifico di Galileo, ma facce di una stessa medaglia, che trovano nei diciotto anni trascorsi a Padova il loro momento di massima inten­ sità e creatività. Non è un caso, infatti, che il primo lavoro a stampa in cui venga apertamente affrontato e applicato il nesso meccanica-co­ smologia risalga agli anni immediatamente seguenti. L ’Istoria e dim o­ strazioni intorno alle macchie solari, a torto considerata un’opera ‘mino­ re ’, riveste un ruolo rilevante nel progetto galileiano di fondazione di una scienza copernicana del moto: è il primo segno tangibile di una spie­ gazione cosmologica autonoma, alternativa sia a quella tradizionale aristotelico-tolemaica, sia a quella tychonica, sia a quella, già chiaramente individuabile dopo la pubblicazione d ell’Astronomia nova, di Keplero. Non solo: è il primo tentativo di disegnare una cosmologia copernicana in cui nuove leggi del moto (principio d ’inerzia) e concezione unitaria della materia (atomismo) assumono un ruolo decisivo. È con questi intenti che ho dedicato particolare attenzione al perio­ do veneto della vita di Galileo. La ricerca prende avvio appena dopo il suo arrivo, all’indomani della prolusione accademica del 7 dicembre 15 9 2 , che ottenne un tale successo da suggerire a Giovan Vincenzo Pinelli di mettere subito in contatto con Tycho Brahe il neoassunto pro­ fessore dello Studio; prosegue con l’analisi del primo scambio epistola­ re tra Galileo e Keplero, in occasione della pubblicazione del Mysterium Cosmographicum, e poi del soggiorno a Padova di un personaggio sco­ nosciuto quanto enigmatico come il bruniano Edmund Bruce, amico di Pinelli e della sua cerchia di filologi e antiquari ma anche affezionato corrispondente di Keplero; e, infine, si conclude con l’esame del pro­ getto copernicano avviato da Galileo in seguito all’apparizione della no­ va del 1604: un tentativo destinato all’insuccesso, ma che ebbe non po­

che conseguenze sul suo modo di considerare altri fenomeni celesti co­ me le V macchie solari e le comete. E Padova, non Firenze, il baricentro dell’avventura filosofica e scien­ tifica galileiana24. G li anni trascorsi nella città patavina sono cruciali non solo per comprendere la sua formazione ma anche.i suoi progetti futu­ ri, alcuni dei quali si concretizzeranno decenni pili tardi. E da qui che occorre ripartire e provare a leggere con altri occhi vicende e documen­ ti spesso giudicati frettolosamente ininfluenti, come appunto è accadu­ to nel caso dei rapporti tra i due scienziati, da sempre considerati mar­ ginali e ‘senza storia’ L ’incontro con l’astronomia di Tycho da un lato, e dall’altro quello con la cosmologia e la cosmogonia di Keplero non re­ starono ‘fuori’ dal lavoro che Galileo stava conducendo in quegli anni sulla natura e sul ruolo della gravità. Anche la lettera di Galileo del 4 agosto 159 7 e quella, senza risposta, di Keplero del 1 3 ottobre assumo­ no ben altro rilievo e consentono di scoprire legami a prima vista invi­ sibili: non sono, insomma, ‘voci’ separate e isolate, utili al più per sot­ tolineare la ‘simpatia’ di Galileo per Copernico ma non la sua convinta adesione al sistema eliocentrico25.

4. Per un atlante della rivoluzione scientifica. C ’è un ultimo punto che vorrei sottolineare. E vorrei farlo a partire da una riflessione sulla letteratura d ’oggi che, per certi aspetti, ritengo si possa estendere al lavoro dello storico: «Il remake è possibile forse perché dev’essersi indebolita la memoria degli originali. M a ogni volta che c’è remake c’è una sconfitta [...] [e] fare il già fatto è perdere ogni

24 Per una diversa interpretazione cfr. m . biagioli, G alileo, Courtìer. The Practice o f Science in thè Culture o f Absolutìsm, The University of Chicago Press, Chicago-London 1993, secondo il quale l’impegno copernicano di Galileo trova la sua ragione primaria nel nuovo statuto socioprofessionale di «filosofo e matematico» ottenuto dopo il suo ritorno a Firenze. «Io sostengo - scrive che un’analisi della difesa di Galileo a proposito delle scoperte astronomiche degli anni 1609-10 mostra che la sua credenza nel copernicanesimo durante il periodo pre-1609 può non essere stata necessariamente la principale forza trainante che sta dietro quell’appassionata difesa» (p. 9 1; il cor­ sivo è nel testo). E conclude, a p, 100: «Difendendo la sua reputazione recentemente acquisita, Galileo diventò un copernicano a pieno titolo». Per un esame complessivo del suo lavoro rinvio a g . olmi, La scienza e la corte ¡alcune riflessioni su l patronage in Italia, in «Giornale critico della filo­ sofia italiana», 74, 1995, fase. 3, pp. 287-308, e a M. claveijn , G alilée, homme de counsur un ouvrage de Mario Biagioli, in «Revue d’histoire des Sciences», 5 1 , 1998, n. 1, pp. 115-2 6 . 25 «Le lettere che Galileo scambiò con Keplero e con Jacopo Mazzoni nel 1597 mostrano che, a quel tempo, Galileo era un simpatizzante del copernicanesimo, ma non ancora un impegnato difen­ sore dell’ipotesi copernicana» (m . biagioli, G alileo, Courtiercit., p. 100). Per un esame della lettera di Galileo, ma anche della mancata risposta alla successiva missiva di Keplero, cfr. infra, capp. iih v .

volta un’occasione, quella di dire il nuovo in modo nuovo»“ . A meno di non voler procedere per strade parallele - un lavoro appunto già fat­ to, e spesso attraverso un’indagine meramente comparativa delle ri­ spettive posizioni e biografie intellettuali - uno studio su Galileo e K e ­ plero costringe dunque a cercare nuove strade, tornando più volte sugli stessi temi (e sugli stessi interrogativi) da punti di vista differenti. Per­ ché di fronte ad avversari cosi combattivi e tenaci non costruirono un fronte compatto? Perché Galileo non accettò l ’invito a collaborare con­ sapevolmente e lucidamente avanzato da Keplero negli anni 159 7 -9 8 ? Perché la fase 1 6 1 0 - 1 1 , caratterizzata dalla pubblicazione del Sidereus Nuncius, della Dissertatici e della Narratio e infine della Dioptrice, e che coincide con il momento di massima vicinanza, non si tradusse in una strategia comune? Quanto influì la condanna del 1 6 1 6 sui loro rappor­ ti e, più in generale, sui rapporti tra copernicani cattolici e copernicani riformati ? Come avremo modo di osservare, accanto a ragioni teoriche, altre se ne aggiungono legate a precisi contesti politici e religiosi, capa­ ci di fornire un quadro più articolato e ricco di sfumature. N on vi è dub­ bio che provare a rispondere a queste domande consente di valutare me­ glio anche certe interpretazioni che, oggi, trovano ampia diffusione sul­ la stampa e pressò l’opinione pubblica (prima fra tutte quella di Galileo ‘ottimo teologo’ , che sta godendo di particolare fortuna nel processo di revisione in atto dell’opera dello scienziato italiano)26 27. Ma ciò che in pri­

26 Intervista a D aniele D el G iudice, a cura di M . Colummi Camerino, in «Il Verri», 2002, n. 1% pp. 65-75: 75. 27 Su questo punto, si veda il cap. x n ,il confronto Galileo-Keplero è assai istruttivo. Il pro­ getto di ‘riconciliazione’ tra scienza e fede portato avanti con grande determinazione in questi ultimi anni dalla Chiesa cattolica, e che - soprattutto in Italia - ha avuto vasta eco sui m edia,può essere considerato uno dei casi piu rilevanti di ‘uso pubblico della storia’ . A ll’interno di questa prospettiva è stato praticamente ridotto in Italia anche il libro di Amos Furikenstein {Teologia e immaginazione scientifica d al M edioevo a l Seicento, Einaudi, Torino 1996), che dedica poche pa­ gine a Galileo - esegeta biblico rispetto all’ampio spazio dedicato ad autori come Descartes, New­ ton e Leibniz, e spesso unicamente per confermare ¡ ’immagine di Galileo come ‘teologo laico’ . In questa direzione va pure una recente edizione italiana delle Lettere copernicane, pubblicata non con il suo titolo ormai universalmente riconosciuto (indicato da Antonio Favaro piu di un secolo fa), ma con quello di Lettere teologiche (edizione a cura e con introduzione di L. Orsenigo, Piemme, Casale Monferrato 1999; nell’introduzione non viene fornita nessuna spiegazione del cam­ biamento dei titolo). SvXTaffaire Galileo e il suo ‘uso pubblico’ nella storia politica e culturale del Novecento, cosi come per altre figure-simbolo e sempre contemporanee come Giordano Bruno e Charles Darwin, il lavoro è ancora tutto da fare. Una prima e accurata indagine dell’‘ uso,pubbli00’ dell'a ffa ir e Galileo nella Germania nazista, come strumento di propaganda in funzione anti­ cattolica, è stata compiuta da v. r . rem m ert , In thè Service ofthe R eich : Aspects ofCoperntcus and G alileo in Nazi Germ any's H istoriographicaland PoliticaiD iscourse, in «Science in Context», 14 , 200 1, n. 3 , pp. 333-59- A proposito invece della ‘riabilitazione’ di Galileo, primo atto altamen­ te simbolico e antesignano del progetto di «purificazione della memoria» posto al centro del giu­ bileo cattolico, esiste già un’ampia letteratura: cfr. almeno p. simoncelli, G alileo e la Curia: un

mo luogo emerge da un’impostazione di questo tipo è la messa a fuoco di una realtà geo-politica dentro la quale vicende come quelle di Galileo e Keplero prendono forma e finiscono per ritrovarsi e intrecciarsi, e in cui il ‘tempo breve’ degli eventi non si colloca su un piano diverso dal ‘tempo delle idee’ , ma anzi, in certi casi, lo condiziona e lo influenza, modificando il modo stesso di leggere la storia delle élites intellettuali. Per queste ragioni il libro si presenta con una doppia struttura. Il ca­ pitolo in, dedicato al loro primo incontro all’indomani dell’uscita del Mysterium Cosmograpbicum (cap. i), è seguito (capp. v e vi) dall’esame dei loro rapporti tramite l ’intermediazione di Bruce e dall’analisi delle loro posizioni sulla nova del 1604. Questi ultimi due capitoli si saldano però ai precedenti anche da un diverso punto di vista, perché possono essere considerati parti della prima fase del periodo padovano non an­ cora contrassegnata dalle scoperte celesti degli anni 160 9 -10 , ma in cui è già forte l’interesse di Galileo per le questioni cosmologiche. I capito­ li v ili e rx indagano invece il momento centrale della loro esperienza e corrispondente al periodo di massima collaborazione: gli anni 16 0 9 -13 , caratterizzati dalla pubblicazione, prima, dell 'Astronom ia nova e del Sidereus Nuncius, poi della Dissertatìo e della Dioptrice, infine delle Lette­ re sulle macchie solari. Il confronto prosegue con il dibattito sulle come­ te degli anni 1 6 1 8 - 1 9 (cap. xi) per poi concludersi con un esame delle loro diverse concezioni di Dio e dell’uomo derivanti dai rispettivi siste­ mi cosmologici (cap. xn). Da questo schema restano fuori i capitoli n, iv, vn e x . Sono i. capi­ toli che spiegano il sottotitolo di questo libro, ma che, al tempo stesso, non possono essere letti autonomamente, né hanno la generica funzio­ ne di cerniera o di intermezzo contestualista. Fonti edite e documenti inediti, dati e riscontri tratti dalla corrispondenza di scienziati e uma­ nisti come dai dispacci di nunzi apostolici e ambasciatori testimoniano l’impossibilità di separare programmi e strategie intellettuali dal con­ flitto religioso e politico in atto, che condizionò fortemente le vicende di cui Galileo e Keplero - ma anche Tycho Brahe, Mästlin, Clavio, Ma-

problem a, in «Belfagor», 48, 19 9 3, n. 1, pp. 29-40; c. A. viano, I l Papa e il caso G alileo, in « R i­ vista di filosofia», 8 5 ,19 9 4 , n. 1 , pp. 99-108; m . segre , The Never-ending G alileo Story, in p, m a chamer (a cura di), The Cambridge Companion to G alileo, Cambridge University Press, Cam­ bridge 1998, pp. 388-416. Sul significato dei tanti pentimenti e revisioni di cui sono costellati questi anni di fine secolo si veda il saggio di G. miccoli, Chiesa, pentimenti e perdoni, in «Passato e Presente», 17 , 1999, n. 47, pp. 5-14 ; mentre sui lavori della Commissione teologica interna­ zionale presieduta dal cardinale Ratzinger sul tema «Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le col­ pe del passato», si rinvia alla lucida nota di A. prosperi, Storici e teologi, in «Belfagor», 55, 2000, fase. 4, pp. 455-57*

gini - si resero protagonisti2®. Aree geografiche, divisioni territoriali, zo­ ne di confine, frontiere interne ed esterne della cattolicità assumono in questo quadro un ruolo essenziale, diventando esse stesse protagoniste, a tal punto che senza di loro tutto rischierebbe di assumere contorni trop­ po neutri e astratti. Padova, Venezia, Firenze, Roma, Tubinga, G raz, Praga sono i luoghi attorno ai quali questa storia si dipana e da cui si di­ ramano una molteplicità di snodi, punti d ’incrocio, percorsi sovranazionali che formano una delle mappe piu significative della rivoluzio­ ne scientifica tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicen­ to. Figure d’eccezione in u n ’Europa divisa e in guerra, G alileo e Keplero vivono dunque una stagione per tanti versi anomala, priva dei ‘luoghi della scienza’ che caratterizzeranno Ì decenni successivi e .in cui, per orientarsi, occorre fare uso di carte territoriali e di strumenti di ri­ levamento che solo in minima parte coincidono con quelli impiegati nell’età di Boyle e Newton o in quella di Gassendi e Descartes2® Alcuni anni fa Roy Porter e Mikulàs Teich, in diretta polemica con le posizioni ‘interniste’ di Lakatos e Zahar, sottolineavano con forza che «la pratica della scienza è stata profondamente influenzata dalla diver­ sità dei singoli contesti»50, precisando opportunamente che «nessuna na­ zione ha prodotto la rivoluzione scientifica da sola»28 31. Per superare la 30 29 schematica divisione tra una storia della scienza ridotta a storia della lo­ gica della scoperta e una semplificata e oggi molto alla moda sociologia della scienza è necessario dunque scandagliare «il ruolo delle particolari e differenti tradizioni nazionali di cultura e di lavoro intellettuale, i mo­ delli educativi, i canali di comunicazione intellettuale, le opportunità (o le limitazioni) per la libertà di pensiero e di parola che hanno influito sui singoli raggruppamenti linguistici e hanno operato sotto le singole giuri­

28A questo proposito è da vedere l’importante saggio di i. pantin, « Dissiper les ténèbres qui re­ stent encore apercer». G alilée, l'E glise conquérante et la République des philosophes, in A. mothu (a cura di), Révolution scientifique et libertinage, Brepols, Turnhout 2000, pp. n - 3 4 ; a cui va anche il merito di aver ricordato e reso omaggio a Delio Cantimori (pp. 18 -19 ) , 1 cui lavori non hanno mai goduto di particolare attenzione in Francia, a tal punto che una delle sue opere più celebri e innovative nella storiografia dell’età moderna, e cioè Eretici italiani d el Cinquecento, attende an­ cora di essere tradotta. 29Un periodo in cui la nuova astronomia e la nuova fisica erano ancora «campi a debole auto­ nomia», per usare la terminologia impiegata da Pierre Bourdieu in un testo recente in cui l’autore esprime il suo rispetto e il suo debito di riconoscenza nei confronti della «tradizione di filosofia e di storia delle scienze inaugurata da Bachelard, Canguilhem, Koyré, Vuillemin» {Il mestiere dello scienziato. Corso a l Collège de France, 20 0 0 -20 0 1, trad. di A. Serra, Feltrinelli, Milano 2003, pp. 108, 13 2 [ed. or. Science de la science et réflexivité, Raisons d’Agir, Paris 2001]). 30R. porter e m . teich (a cura di), The Scientific Revolution in N ational Context, Cambridge University Press, Cambridge 1992, p. 2. 31 Ibid., p. 3.

sdizioni politiche»52. Nonostante non manchino pregevoli lavori sensibi­ li a questo tipo di tematiche, e provenienti da campi disciplinari e tradi­ zioni storiografiche assai distanti tra loro” , molto resta ancora da fare. Se questo studio contribuirà a sollecitare forze e competenze diverse al­ la realizzazione di un progetto orientato in questa direzione - di un atlan­ te storico della rivoluzione scientifica - avrà raggiunto il suo scopo. 32 Ibid.y p. 2. M a sono da tenere presenti anche le osservazioni di f . moretti, Atlante d el ro­ manzo europeo, 18 0 0 -19 0 0 , Einaudi, Torino 1997, pp. 5 -12 . 33 Tra i lavori recenti penso alle ricerche sull’ Encyclopédie di Robert Darnton {Il grande affare dei Lum i. Storia editoriale d ell’ Encyclopédie, 17 7 5 -18 0 0 , Bonnard, Milano 1998 [ed, or. The Busi­ ness o f Enlightenment. A Puhlìsking Histoty o f thè "Encyclopédie” , 17 7 5 -18 0 0 y Belknap Press, Cam­ bridge (Mass.) 1979]) o sulle accademie in Francia di Daniel Roche (Le siècle des Lumières en pro­ vince : académies et académiciens provinciaux, 16 8 0 -178 9 ,. Éditions de l’École des Hautes Études en Science Sociales, Paris 1978), come pure a quello splendido libro sulla cultura italiana del Cin­ quecento di s. Seidel menchi, Erasmo in Italia, 15 2 0 -15 8 0 , Bollati Boringhieri, Torino 1987. Sul versante più strettamente filosofico-scientifico nel periodo da me considerato, alcune utili indica­ zioni in l . giard (a cura di), Les jésuites à la Renaissance. Système éducatif et production du savoir, Puf, Paris 1995; Sciences et religions de Copernic à G alilée (15 4 0 -16 10 ), École Française de Rome, Roma 1999; Scienza, teologia, filosofia tra Rinascimento e Età moderna, in «Giornale critico della fi­ losofia italiana», 69, 2000, fase. 2-3.

Ringraziam enti Molti sono gli obblighi di riconoscenza che G alileo e Keplero ha contratto in questi anni. Innanzitutto sono particolarmente grato a Paolo Galluzzi e Maurizio Torrini per le discussioni che ho avuto con loro su molti dei temi trattati e per i suggerimenti che mi hanno fornito. Un debito speciale di gratitudine va ai primi lettori, e cioè a coloro che hanno letto e commentato il libro nella sua forma di dattiloscritto, contribuendo con critiche e osservazioni a migliorare il testo: insieme a Giovanna, ringrazio Patrizia Ruffo, Isabelle Pantin, Michel-Pierre Lerner, Alain Segonds, Adriano Prosperi, V a le ­ rio Marchetti, Michele Camerota. Ringrazio inoltre per i loro consigli e il loro aiuto Fer­ dinando Abbri, Massimo Baioni, Jim Bennett, W alter Bernardi, Gian Luigi Betti, M a­ rio Biagioni, Sara Bonechi, M arco Ciardi, Anna Corinna Citernesi, Antonio Clericuzio, Antonella Del Prete, Federica Favino, Egidio Festa, Luigi Guerrini, Mario Helbing, Massimo Mazzoni, Lucia Morelli, Alessandro Ottaviani, Lynne Otten, Paolo Ponzio, Gianfranco Pratesi, Renzo Sabbatini, Antonella Salomoni, Alessandro Savorelli, Fede­ rico Tognoni, Alessandro Tosi, Oreste Trabucco, Giancarlo Truffa. Cosi come sempre preziose mi sono state la cortesia e la disponibilità di quanti mi hanno facilitato la con­ sultazione di libri, manoscritti e carte d'archivio: Rosaria D ’Alfonso e Isabella Truci della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze; Raffaella Maria Zaccaria dell'Archivio di Stato di Firenze; Anna Plattner della Biblioteca Nazionale di Vienna; il personale della Duke H um frey’s Library all’interno della Bodleian Library di O xford; Luigi Fio ­ rarli della Biblioteca Vaticana; Giliola Barbero e Nino Cellamaro della Biblioteca A m ­ brosiana di Milano; Em ilia Veronese del Centro Studi per la Storia dell’Università di Padova; Maria Giovanna Marinelli della Biblioteca Centrale della Facoltà di Lettere e Filosofia di Arezzo; Alessandra Giovannini, Franco Savi, Luciano Vannucci e Leopol­ do Gori della Biblioteca Forteguerriana di Pistoia. Desidero, infine, esprimere la mia gratitudine a tutto il personale dellTstituto e M u ­ seo di Storia della Scienza: senza la sua collaborazione e senza le ricche collezioni li­ brarie dellTstituto fiorentino questo lavoro non sarebbe stato possibile. E dedicato a Giovanna e Leda.

Elenco delle abbreviazioni

B iblioteche e archivi: ASF

Archivio di Stato, Firenze

ASV

Archivio Segreto Vaticano, Città del Vaticano

ASVen

Archivio di Stato, Venezia

BAM

Biblioteca Ambrosiana, Milano

BAN LC

Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, Roma

BAV

Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano

BM V

Biblioteca Marciana, Venezia

BNCF

Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze

BNF

Bibliothèque Nationale de France, Paris

BRF

Biblioteca Riccardiana, Firenze

BSB

Bayerische Staatsbibliothek, München

BVR

Biblioteca Vallicelliana, Roma.

ÖNB

Österreichische Nationalbibliothek, W ien

Principali opere a stampa :

CC

C. Clavius, Corrispondenza , a cura di U. Baldini e P. D. Napolitani, 14 voli., Università di Pisa, Dipartimento di matematica, Pisa preprint 1992.

CL

I I Carteggio linceo della vecchia Accadem ia d i Federico Cesi (16 0 3 -16 3 0 ),

a cura di G . Gabrieli, in «Memorie della R. Accademia Nazionale dei Lincei, classe di scienze morali», serie VI, I l (Roma 1938-42). CM

A . Favaro, Carteggio inedito di Ticone Brahe, G iovanni K eplero e d i altri celebri astronom i dei secoli x v i e x v n con G iovanni A ntonio M aginiy Z a­ nichelli, Bologna 1886.

D BI

D izionario Biografico degli Italian i, Istituto della Enciclopedia Italiana,

Roma i960-. DNS

J. Kepler, D issertalo cum N uncio Sidereo accedit Narratio de quatuor Io vis Satellitibus. Discussione c o l N unzio Sidereo e R elazione sui quattro sa­ telliti d i G io ve , introduzione, edizione critica, traduzione, commento a

cura di E. Pasoli e G . Tabarroni, Bottega d’Erasmo, Torino 1972.

xxvm KGW

Elenco delle abbreviazioni J . Kepler, Gesam m elte W erke, a cura di W . von Dyck, M. Caspar e F.

Hammer, Beck, Miinchen 193 7-. OG

G . Galilei, Opere, edizione nazionale a cura di A . Favaro [e I. D el Lun­ go], 20 voli., Barbèra, Firenze 1890-1909.

SN

G . Galilei, Sidereus Nunctus, a cura di A. Battistini, trad. di M. Timpa­ naro Cardini, Marsilio, Venezia 1993.

TBO O

T. Brahe, Opera om nia, 15 voli., edidit I. L. E. Dreyer, in Libraria Gyldendaliana, Hauniae 19 13-29 (ripr. facsim.: Swets & Zeitlinger, Amster­ dam 1972).

W ebsite: GAL

Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, B ibliografia Intem a­ zionale G alileiana , in http ://w w w im ss S I it/biblio/igal.html

G alileo e K ep lero

Cosi io penso al conoscere come ad una perenne deformazione del reale, introducente nuovi rapporti e conferente nuova fisionomia agli idoli che talora dis­ solve ed annichila: sicché il loro volto che jeri ci appa­ riva divino è oggi una sciocca smorfia. E nel progresso del conoscere il dato si decompone, altri dati sorgono dai cubi neri dell’ombra e quelli da cui siam partiti non hanno più senso, non ‘esistono piu’ . C. E.

gadda,

M editazione milanese.

Capitolo primo Mysterium Cosm ographìcum

Che cos’è il mondo? Che cos’è che ha portato D io a crearlo e secondo quale piano ? Da dove Dio ha tratto i numeri? Quale regola governa una massa cosi enorme ? Perché Dio ha creato sei orbite ? Perché ci sono questi intervalli tra ciascuna orbita? Perché Giove e Marte, che non si trovano nelle prime orbite, sono separati da uno spazio cosi vasto ?

j. kepler, Prodromus Dissertationum Cosmograpbicarum, continens Mysterium Cosmographicum.

X.

Un'opera inutile, da cui non si può sperare di ricavare nulla di buo­ no, un’opera assurda, come assurda è la scelta di chi, in quel tempo, si professava copernicano; nel migliore dei casi da considerare frutto del­ la passione e dell’audacia di un giovane brillante e assai promettente che, se ben guidato, avrebbe potuto apprendere molto dal rigore delle scien­ ze matematiche. Graz, ottobre 1595* Con un modesto salario e con pochi studenti, co­ stretto a insegnare aritmetica e perfino retorica, Keplero sta ultimando il suo primo lavoro che, di li a poco, invierà ai maggiori astronomi del tempo sollecitandoli a una valutazione approfondita. Chi avesse la pa­ zienza e la curiosità di leggere tutte di seguito le loro risposte, nel tenta­ tivo di capire quale fu l’effettiva comprensione e il grado di ricezione di tiri libro cosi inattuale, ben difficilmente si sottrarrebbe a un giudizio fortémente critico e negativo. Eppure si trattava, a più di mezzo secolo dal De revolutionibus orbium coelestium1, della prima opera teorica pubblica* ta nell’Europa continentale che sviluppava in maniera originale - e non sótto forma di commento né da un punto di vista squisitamente calcola­ rono o ipotetico applicativo - alcuni dei temi basilari della nuova astro­ nomia copernicana2. Non una fantasia giovanile, insomma, ben presto

1 L ’opera usci a Norimberga nel 154 3, lo stesso anno della morte di Copernico. Una seconda edizione venne stampata a Basilea nel 1566. 2Unica eccezione fu il De immenso et ìnnumerabìlibus pubblicato da Bruno a Francoforte nel 15 9 1. Sul ruolo non più centrale di Copernico nel D e immenso, rispetto a quello avuto nella Cena,

sconfessata e superata dalle più impegnative prove della maturità, bensì un’opera che conteneva i principi di una nuova filosofia a cui l’autore ri­ mase profondamente legato, e non per affettuosa indulgenza, come spes­ so accade a chi ripensa ai propri esordi, ma perché sempre la considerò uno dei lavori più importanti della sua vita. A guidarlo nella sua lunga e solitaria avventura intellettuale è la con­ vinzione di poter svelare a priori l’ordine razionale che presiede alla costi­ tuzione del mondo. D i poterne cogliere il senso più riposto, le nervature più segrete. Niente è piu desiderabile che afferrare il mondo nella sua to­ talità, niente è più degno e prezioso che conoscere i principi primi di que­ sto lucidissimo «tempio di Dio»3: un soggetto «antico», che già Platone e prima di lui Pitagora avevano considerato fine supremo della filosofia4. Artefice della nuova scienza, Keplero inseguirà fino in fondo questa ossessione, sacrificandole tutta la sua vita e dedicando ad essa le sue ope­ re più famose: prima il Mysterium Cosmographicum, poi VAstronomia no­ va e l ’Epitom e astronomiae Copemicanae, infine 1’Harmonice mundi e le Tabulae Rudolphinae. Fin dalle prime pagine le ragioni e il significato di questa sfida sono poste senza ambiguità: In questo piccolo libro, caro lettore, mi sono proposto di dimostrare che il Crea­ tore Ottim o Massimo, nella creazione di questo nostro mondo mobile e nella di­ sposizione dei cieli ha guardato a quei cinque corpi regolari che hanno goduto di co-

ha insistito A, ingegno, Cosmologia e filosofia n el pensiero di Giordano Bruno, La Nuova Italia, Fi­ renze 1978, pp. 3 1 sgg; cfr. anche A. del prete , Universo infinito e pluralità dei mondi. Teorie cosmologiche in età moderna, La Città del Sole, Napoli 1998, pp. 93-95. Com’è noto le altre opere cosmologiche di Bruno - La cena de le ceneri e il De Tinfinito, universo e mondi - uscirono a Lon­ dra nel 1584. Sempre a Londra, nel 1576 , era stata pubblicata A Perfit Description o f thè Caelestiall Orhes di Thomas Digges, poi ristampata pili volte. Su un piano invece esclusivamente esegeticoscritturale si poneva il lavoro dell’ agostiniano Diego de Zuniga {In Job commentarla, Toledo 1584). Sul periodo inglese di Bruno e su Thomas Digges si veda M. A. granada, Thomas Digges, Giorda­ no Bruno e i l copernicanesimo in Inghilterra, in m . ciliberto e n . mann (a cura di), Giordano Bruno 15 8 3 -15 8 5 . The English Experience, Olschki, Firenze 1995, pp. 125-55. A proposito del ‘coperni­ canesimo’ di Diego de Zuniga cfr. v. navarro brotóns, The Reception o f Copemicus in SixteenthCentury Spain: The Case o f Diego de Zuniga, in «Isis», 86, 1995, pp. 52-78. 3 j. kepler , Mysterium Cosmographicum (1596), in K G W , I, p. 5. D i «bellissimo tempio» par­ la anche Copernico (De revolutionibus orbium caelestium, a cura di A. Koyré, Einaudi, Torino 19 75, p. 99): cfr. in proposito G. freeland , The Lamp in thè Tempie: Copemicus and thè Demise o f a Me­ dieval Ecclesiastical Cosmology, in G. freeland e a . corones (a cura di), 15 4 3 and A ll That: Image and Word, Change and Continuity in thè Proto-Scientific Revolution, Kluwer, Dordrecht 2000, pp. 189-270. Sull’immagine di Dio-architetto nella teologia protestante cfr. j. hübner , D ie Theologie Johannes Keplers zwischen Orthodoxie und Naturwissenschaft, Mohr, Tübingen 19 75 , pp. 19 3 sgg. Sull’universo come «tempio di Dio», e piu in generale sui rapporti fra astronomia e teologia nella seconda metà del Cinquecento, e non soltanto in Francia, si veda 1. pantin , Lapoésie du d e l en Tran­ ce dans la seconde m oitiédu seizième siede, Droz, Genève 1995, pp. 55-72. 4Anche se a Pitagora è mancato un Copernico, sarà Pitagora - dichiara Keplero - «la mia gui­ da, il mio maestro, il mio precursore» (KGW , I, p. 26). Cfr. anche j. kepler , L e secret du monde, intr., trad. e note di A. Segonds, Les Beiles Lettres, Paris 1984, p. 276, nota 26.

si gran fama dai tempi di Pitagora e Platone sino ai nostri giorni, e che alla loro na­ tura ha accordato il numero e la proporzione dei cieli, e i rapporti dei moti celesti. [...] Tre soprattutto erano le cose di cui cercavo instancabilmente le cause, perché fossero cosi e non altrimenti, ossia il numero, le dimensioni e i moti degli orbi. A d osar ciò mi convinse quella mirabile corrispondenza delle cose immobili, e cioè il Sole, le fisse e lo spazio intermedio, con Dio Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: que­ sta analogia svilupperò piu ampiamente nella mia Cosmografia. Tale essendo la si­ tuazione per quanto riguarda le cose immobili, non dubitavo che un quadro analo­ go si sarebbe presentato anche per quelle mobili5.

È una domanda di conoscenza estrema, è il suo interrogarsi sulle in­ tenzioni di Dio, sull’idea stessa di creazione6, che lo conduce a incontra­ re Copernico e ad aderire alla cosmologia eliocentrica. E d è un modo di ‘leggere’ Copernico del tutto anomalo, che nulla ha a che fare con il la­ voro svolto dagli astronomi che lo hanno preceduto, neppure con quel­ lo compiuto dagli astronomi luterani tedeschi, che svolsero un ruolo de­ cisivo nella rinascita dell’ astronomia matematica in Europa. Il progetto di rinnovamento dell’astronomia intrapreso dal circolo melantoniano dell’Università di Wittenberg, e che si concretizzò con la pubblicazione delle Tabulae Prutenicae ( 15 5 1) , aveva avuto l’indubbio merito di legittimare Copernico e di farlo assurgere, accanto a Regio­ montano, a eroe dell’ astronomia tedesca7. Erasmus Reinhold, Kaspar Peucer e Johannes Prätorius furono i principali esponenti di questo mo­ vimento. «Tutta la posterità dovrà celebrare il nome di Copernico. L a scienza dei moti celesti era quasi in rovina e gli studi e le opere di que­ sto autore l’hanno restaurata. Dio ha dato luce a lui, facendogli scopri­ 5 KG W , I, pp. 9-10: trad, in a . koyre, La rivoluzione astronomica. Copernico, Keplero, Borelli, Fel­ trinelli, Milano i966,pp. 1 0 3 , 1 1 2 [ed. or. La révolution astronomìque, Hermann, Paris 1961]. Sul A b ­ iterà*«; oltre al lavoro fondamentale di Koyré e all’ottima edizione curata da Segonds, cfr. almeno: e . j. aiton, Johannes Kepler and the “Mysterìum Cosmographicum”, in «Sudhoffs Archiv», 6 1, 1977, pp. 173-94; b . Stephenson, Kepler's Physical Astronomy, Springer, New York 1987, pp. 8-20; j. v. field , Kepler's Geometrical Cosmology, The Athlone Press, New York 1988; j. r . voelkel, The Composition ó f Kepler’s “Astronomia Nova”, Princeton University Press, Princeton-Oxford 2001, pp. 32-59; p. barker è B. Goldstein, Theological Foundations o f Kepler’s Astronomy, in «Osiris», 16, 2001, pp. 8 8 -113. 6«Taceo, quod haec materia Creationis, quam negarunt Philosophi, magnum argumentum est» (KGW , I, p. 6). 7 In proposito si veda 1. pantin , New Philosophy and O ld Prejudices: Aspects o f the Reception o f Copemicanism in a D ivided Europe, in «Studies in History and Philosophy of Science», 30, 1999, n. 2, pp. 237-62: 2 4 1. Sull’astronomia in ambiente protestante e, in particolare, sul ruolo svolto da Melantone e dai suoi discepoli, cfr. R. s. w estm an , The Melanchthon Circle, Rheticus, and the Witienberglnterpretation o f the Copemican Theory, in «Isis», 6 6 ,19 7 5 , n. 232, pp. 165-93; s. kusukawa , The Transformation o f Natural Philosophy : the Case o f Melanchthon, Cambridge University Press, Cambridge 19 9 5, p p -134 -73; c. methuen , The R ole o f the Heavens in the Thought o f Philip Melan­ chthon,in «Isis», 57, 1996, pp. 385-403; p. barker, The R ole o f Religion in the Lutheran Response ■ to Copernicus, in M. j. osler (a cura di), Rethinking the Scientific Revolution, Cambridge University Tress, Cambridge 2000, pp. 59-88; K. j. howell , G od’s Two Books. Copemican Cosmology and B i­ blical Interpretation in Early Modem Science, University of Notre Dame, Notre Dame 2002, cap. 11.

re una moltitudine di cose, fino ad oggi velate dalle tenebre»*. Con que­ ste parole Reinhold introduceva il lettore allo studio delle «nuove T a­ vole», interamente fondate sull’elaborazione dei dati contenuti nel De revolutìonibus. L ’ ammirazione per Copernico derivava prima di tutto dalle sue eccellenti doti di misuratore e calcolatore dei moti planetari, e che riguardavano questioni assai importanti come la distanza assoluta del Sole e della Lim a dàlia Terra, la distanza di M arte dal Sole, il mo­ vimento lunare, la teoria della precessione degli equinozi. M a Coperni­ co è anche colui che ha liberato l ’astronomia dalla schiavitù degli equanti (a cui ha invece dovuto fare ricorso Tolomeo), ristabilendo con la so­ la combinazione di eccentrici ed epicicli la regolarità dei moti circola­ ri e uniformi dei pianeti attorno al proprio centro, e non più attorno a un immaginario punto esterno (punctum equans). «Axiom a astronomicum» - cosi annotava Reinhold nella sua copia del D e revolutìonibus: «Motus coelestis aequalis est et circularis vel ex aequalibus et circularibus compositus»8 9 II moto celeste è sia circolare che uniforme, oppu­ re è composto di moti circolari e uniformi. Qui risiedono le ragioni del successo di Copernico. U n’adesione convinta, ma che tuttavia appare dimezzata, acefala, perché fondata isolando gli aspetti tecnici dal suo nucleo cosmologico. Cosi facendo i ‘nuovi astronomi’ di W ittenberg non facevano altro che inserire i nuovi dati e le nuove e più precise mi­ surazioni celesti all’interno della tradizionale struttura geocentrica del cosmo: lessero Copernico senza tenere in nessun conto quello che è cer­ tamente il suo libro più noto e più letto, e cioè il Libro I del D e revo­ lutìonibus. N e emergeva un quadro quanto mai riduttivo, da cui era esclusa qualunque implicazione di carattere cosmologico: nessun rife­ rimento all’eliocentrismo e al moto della Terra, nessun collegamento con la filosofia naturale, nessuna risposta, infine, al conflitto - che re­

8e . reiniiold, Pmtenìcae tabulae coelestium motuum, per Uiricum Morhardum, Tübingen 1 5 5 1 ,

p. 21: cit. in R. s. westman„ The NLelancbthon Circle cit., p. 177, G ià alla vigilia dell’uscita del De revolutìonibus Reinhold - grazie alle informazioni trasmessegli da Rheticus - annunciava come im­ minente la pubblicazione di un’opera che avrebbe mutato profondamente lo stato dell’astronomia: «So di un recente autore eccezionalmente abile. Ha fatto nascere in tutti noi una viva attesa; si spera che riesca a restaurare l5astronomia e ormai sta per pubblicare i suoi lavori. Nella spiegazio­ ne della varietà del movimento lunare, come in tutte le parti dell’astronomia egli si allontana dal­ la forma adottata da Tolomeo e attribuisce alla Luna un epiciclo di epiciclo» (cit. in p . duhem , Sal­ vare i fenom eni. Saggio sulla nozione d i teoria fisica da Platone a G alileo , a cura di F. Bottin, Boria, Roma 1986, p. 97: con alcune modifiche nella traduzione [ed. or. Sozein taphoinom ena. Essai sur la notion de théorie physique de Platon à G alilée, Hermann, Paris 1908]). 9 Citato in r . s. westman , The Melanchtkon Circle cit., pp. 175-76. Per l ’esemplare annotato da Reinhold cfr. o. gingerich , A n Annotated Census o f Copernicus* : «Ephemerides Mestimi usque ad annum 1590» [Ephemerides novae ab an­ n o... 15 7 7 ad annum 15 9 0 , Tubingae 1580]; c. 1261;: «Epitome astronomiae Michaelis Mestimi, in 8°, 158 2» .

B ru n o 47, T h o m a s D ig g e s 48, o ltre , o v v ia m e n te , a q u e lle d i M o le to , T e le sio , P a triz i, B e n e d e tti, M a g m i, C la v io . L ’in sa zia b ile p a ssio n e d i P in e lli p e r la cu ltu ra in o g n i su a fo r m a n o n a v e v a c o n fin i: i ra p p o r ti c o n u m a ­ n isti e re tic i co m e H e n r y e T h o m a s S a v ile , D u d ith e C a m e r a riu s - sep ­ p u re p re n d en d o le d o v u te p re c a u z io n i 45 - n o n fu ro n o m a i in te rro tti. N o ­ n o sta n te i sem p re p iù rig id i d iv ie ti d i p o sse d e re lib ri p r o ib iti (so p ra ttu t­ to d o p o l ’ em a n a z io n e d e llT n d ic e d e m e n tin o )50, la su a b ib lio te c a c o n ta ­ v a alm en o n o v a n ta tito li d i o p e re co n d a n n a te 51, e n o n p o ch e fu ro n o le in iz ia tiv e in tra p re se p e r sa lv a re l ’in te g rità d elle su e ra c c o lte , a c o m in ­ cia re , o v v ia m e n te , d a l fa r si ch e v e n isse n o m in a to n ella ca ric a d i in q u i­ sito re lo ca le u n a p e rso n a d i sua fid u c ia “ . M a C a s a P in e lli n o n e ra p r e ­ zio sa so lta n to p e r lib ri e m a n o scritti. N o t e v o li d o v e v a n o e sse re an ch e le ra c c o lte b o ta n ic h e e il m u seo , c o n la co lle zio n e d i ritr a tti e le co lle zio n i sc ie n tific h e , c h e c o m p r e n d e v a n o stru m e n ti m a te m a tic i e a stro n o m ici, fo ssili, m etalli, naturalìa e a n tic h ità , a n d a te in te ra m e n te p e rd u te 55. P i­ n elli m a n ife stò in fa tti u n g ra n d e in te re sse p e r le s d e n z e , e ciò si d esu m e

47 Cfr. ìb id .y c. 48r\ «Giordano Bruno nolano della Causa principio et uno, Venetia 1584, et altri dialogi in 8°»; c. 73r: «lordani Bruni de triplici minimo et mensura, Francofurti in 8°, apud Andrea Vecchelum 15 9 1» . G li «altri dialogi in 8°» sono quasi certamente i Dialogi duo de Fabricìi Mordenti prope divina adiventione, pubblicati da Bruno nel r 586: cfr. f . càmerota , I l compass o di Fabrizio M ordente. Per la storia del compasso di proporzione, Olschki, Firenze 2000, pp. 50 -51. 49 Cfr. B M V , Ms. It., classe X , L X I (6601), c .io ir: «Scale matematiche di Thomaso Gseo» {Alae seu scalae mathematicae, 1573]. 49 Nel Fondo Pinelli conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano troviamo di fre­ quente copie di lettere di corrispondenti stranieri in cui il nome è cassato e sostituito da N. N. (cfr. in proposito anche c. maccagni e g . derenzini, «L ibri A pollonii q u i,., desiderante» cit., p. 684). 50L ’Indice, pubblicato nel marzo del 1596, riportava anche un estratto della Bolla del 28 feb­ braio 159 3, con cui venivano aboliti tutti i privilegi concessi precedentemente di poter conserva­ re opere proibite e si ingiungeva ai possessori di consegnare i volumi condannati: cfr. u. rozzo, D ieci anni di censura libraria (159 6 -16 0 5), in «Libri e documenti», 1983, p. 43. 51 Cfr. M. grendler, Book-Collecting in Counter-Reformatìon Italy cit., pp. 149-50; p . f . grendler , L ’ inquisizione romana e l ’editorìa a Venezia, 15 4 0 -16 0 5 , Il Veltro, Roma 1983, pp. 397-99, 435-38 [ed. or. The Roman Inquisition and thè Venetian Press, 15 4 0 -16 0 5 , Princeton University Press, Princeton (N.J.) 1977]. 52 Esplicita, in proposito, è una lettera di Pinelli del i ° novembre 1596: «Essendo il P. In­ quisitore di questa città a tal termine di vita che i medici desperano di salute, giudicherei di man­ car al debito mio, se in caso che occorra far nuova eletione io non proponessi a V. S.. IH.ma il P. Maestro Gio. Paolo Sansoni milanese, stimando, che conosciute le sue qualità, eHa per sua bontà si moverebbe a favorirlo,.come molto desidero, et la supplico. Egli è di molta integrità, dottrina et destrezza; ma quel che importa, ha servito in questo Santo Officio vicario per nove anni conti­ nui con tanta satisfatione di tutte le parti» (BAM, ms. S 106 sup., c. 4or: il destinatario è ignoto; altre lettere di Pinelli sul medesimo argomento aUe cc. i4r-~j-¡r). 53 Le sfortunate vicende del trasferimento delle raccolte pinelliane da Venezia a Napoli sono state oggetto di diversi studi: oltre a quelli di Rivolta e MarceUa Grendler (cfr. nota 27), si veda A. paredi e m . rodella, L e raccolte manoscritte e i prim i fondi librari, in Storia d e ll Ambrosiana. I l Seicento, Cariplo, Milano 1992, pp. 64 sgg, Sulla vendita deUa biblioteca al cardinale Borromeo cfr. a . hobson, A Sale by Candle in 16 0 8 , in «Transactions o£ thè Bibliographical Society», 19 7 1,

non soltanto dall’inventario della sua biblioteca, ma anche dalla fitta re­ te di contatti epistolari che egli mantenne con personalità come Carolus Clusius a Leida54e Joachim Camerarius II a Norimberga55, e, ancora, dal­ la curiosità con cui segui, fin dagli anni Settanta, l’apparizione di stelle nuove e comete, al punto da organizzare e coordinare l ’osservazione del­ la cometa del 15 7 7 a Padova e Venezia54. N e lla su a c a sa G a lile o co n o sce A n t o n io Q u e re n g h i, G ir o la m o A le a n d r o , L o r e n z o P ig n o r ia , P a o lo G u a ld o , m o lto p ro b a b ilm e n te lo ste sso P ao lo S a r p i57, e p o i, an co ra , G a s s e n d i, P e ire sc, lo sco z ze se T h o m a s S e pp. 215*34. Notevole doveva essere anche la sua raccolta di ritratti di uomini illustri. Su di essa, e sulla visita di Baronio e Bellarmino a Pinelli nella primavera del 1598, cfr. zen Baronio stori­ co. Controriforma e crisi del metodo umanistico, Vivarium, Napoli 1994, pp. 3 16 -17 . 54 II botanico e naturalista francese Carolus Clusius (Charles de l’Écluse, 1526-1609), conver­ titosi alla Riforma e insegnante a Leida, fu uno dei piu assidui corrispondenti di Pinelli. Su di lui cfr. f hunger Charles de V D eluse (Carolus Clusius), 2 voli., Nijhoff, ‘ s-Gravenhage 19 27 (nel voi. II, pp. 293-449, sono pubblicate 19 5 lettere di Clusius a Camerarius II); R. w . karrow jr M ap makers ofthe Sixteenth Century and TheirM aps, Speculum Orbis Press, Chicago 19 9 3, pp. 139-67. Un’ulteriore conferma degli stretti rapporti esistenti tra Pinelli e Clusius è fornita dalla dedica all’umanista padovano dell’edizione latina, curata dallo stesso Clusius, del Diarium nauticum di G er­ rit de Veer (ex Officina Cornelij Nicolaij, Amstelredami 159 8 , c. 2r-v), in cui venivano descritte le prime spedizioni che condussero alla scoperta del passaggio a Nord-Est verso le Indie orientali. Sui rapporti tra Clusius e i naturalisti italiani cfr. g olmi «Am ici e padroni» nella storia naturale della prima età moderna, in prosperi (a cura di), I l piacere del testo. Saggi e studi per Albano Biondi, Bul­ zoni, Roma 2 0 0 1 , 1, pp. 365-84. 55 Camerarius era «amicissimo» di Clusius. Nel loro carteggio, oltre agli argomenti di «storia naturale», frequenti sono le notizie di carattere astronomico: «M i rallegro molto che a V . S. sia piaciuta l’osservazione del sig. Fabricius sulla cometa - scriveva Clusius a Pinelli il 22 febbraio 1578 Sono in attesa di una risposta dal sig. Joachim Camerarius, medico primario a N o ­ rimberga e mio grande amico, a proposito dei globi di Mercatore e di Gemma Frisio» (BAM , ms. S. 106 sup., c. 98r: «D. Fabricij de cometa observationem M. V.rae placuisse plurimum gaudeo [...]. Expecto responsum a D. Joachimo Camerario, primario Norimbergensi medico mihi amicis­ simo, de globis illis Mercatoris & Gemmae Frisi)»). Su Camerarius (1534-98), cfr. g olmi «M ol­ ti amici in varij luoghi» .studio della natura e rapporti epistolari nel secolo x v i, in «Nuncius», 6, 19 9 1, fase. 1, pp. 3-28; dougherty Ulysses Aldrovandi o f Bologna and Joachim Camerarius II o f Nürnberg: Study o f a Vriendsbìp during thè late Renaissance, in id ., Gesammelte Aufsätze zu Themen der klassischen Periode der Naturgeschichte > Klatt, Göttingen 1996, pp. 44-58. 56Ne è testimone la voluminosa raccolta di scritti, a stampa e non, conservata in BAM , ms. R 95 sup,, tra cui figura anche una relazione manoscritta sulla cometa del 157 7 di Francesco Giuntini (cc. 6ir-64v). E Pinelli a sollecitare le osservazioni in ambiente padovano e a confrontarle con quelle dei principali astronomi europei: «Io non credo - lo informava Alvise Mocenigo da Vene­ zia - che il S. Giuseppe [Moleto] habbia bisogno d’ alcuno agiuto [wc], poi che egli, co gli instru­ menti, et il S. Paulo [Aicardo], con la sua acutezza di vista, possono esser buoni osservatori della cornetta. Ma sappia che se ne aspetta qui qualche discorso da lui, come professor publico V . S. mi ha citato Pietro Apiano, et Gema Frisio circa la coda della cornetta, che sempre è volta al con­ trario del sole; et mi sarà caro sapere il libro et il luogo di uno et l ’altro, se non l’aggravo» (BAM, ms. R 95 sup., c. 105?: i ° dicembre 15 7 7 ; cfr. anche c. io ó r 14 novembre 1577). Le lettere sono siglate ovvero Alovigi (Alvise) Mocenigo, come si evince dall’ annotazione in S 10 5 sup., c. 1 xv: traduttore «dal greco in Italiano [deljla Rettorica d’Aristotele» {ibid.) e in corrispondenza con Galileo (OG, X , p. 64; X X , p. 486). 57 La scoperta della lettera di Campanella a Peiresc del 19 giugno 1636, perduta e poi recen­ temente ritrovata, consente di datare i contatti tra Galileo e Sarpi già al 159 3: cfr. ernst ed e

s.

, W. T.

,

,

,

.

A.

,

.

F. w. p.

,

,

A. M.,

G.

.

geth, discepolo di Giusto Lipsio e segretario di Pinelli, e Edmund Bruce, seguace di Bruno e corrispondente di Keplero58. M a quello che più conta sottolineare è che fin dal suo arrivo a Padova Galileo si trova al centro di discussioni astronomiche allora particolarmente vivaci all’in­ terno del circolo pinelliano. Il 7 dicembre, di fronte a una vasta platea di studenti e insegnanti, Galileo aveva tenuto una prolusione «splendida». Benedetto Zorzi e Giacomo Contarmi, che erano stati tra i principali artefici della sua no­ mina, furono i primi a congratularsi per l’«ottimo suo principio», ralle­ grandosi per la scelta compiuta dai Riformatori dello Studio55 Tre set­ timane più tardi l’eco di quella lecito magistralis non si era ancora spen­ ta. Il 28 dicembre un’altra testimonianza ci conferma il grande succes­ so riscosso: N el frattempo ha ottenuto qui la cattedra di matematica Galileo Galilei fio­ rentino, che ha esordito il 7 dicembre. L ’esordio fu splendido e con una folta pre­ senza di uditori“ .

L ’estensore della lettera è Gellius Sascerides, un giovane collabora­ tore di Tycho Brahe che dal 158 9 si trovava a Padova per compiere gli studi di medicina61. Discepolo e ambasciatore di Tycho, egli era in con­ tatto con alcuni dei principali astronomi e matematici italiani anche al­ lo scopo di accrescere la fama e la celebrità del Maestro. Amico di G io ­ vanni Antonio Magini' (matematico presso lo Studio di Bologna dal 1588), col quale mantenne una fitta corrispondenza e al quale, per suo tramite, Tycho fece pervenire il De m u n ii aetherei recentìorìbus phaeno-

canone,

Una lettera ritrovata: Campanella a Peiresc, 19 giugno 16 3 6 , in «Rivista di storia della filo­ sofia», 49, 1994, n. 2, pp. 353-66: 363-64. 58 Su Thomas Segeth cfr. a . favaro , Am ici e corrispondenti di G alileo G alilei, a cura e con no­ ta introduttiva di P. Galluzzi, Salimbeni, Firenze 19 8 3, II, pp. 935-74; E. rosen, The Correspondence between ]ustus Lipsius and Thomas Segete in «Latomus», 8, 1949, pp. 63-67. Su Edmund Bruce cfr. infra, cap. v. * Cfr. O G , X , pp. 5 1-5 2: lettere di B. Zorzi e G . Contaiini a Galileo, rispettivamente del 12 e 22 dicembre 159 2. 60 brahe Astronomiae instauratae mechanica (1598), in TBO O , V, p. 130 ; O G , X , p. 53. La lettera venne pubblicata anonima. Per l’identità del mittente cfr. la lettera di Pinelli a Clusius del 12 maggio 1599: infra, p. 48. 61 Gellius Sascerides < 1562-1612) trascorse a Uraniborg sei anni, dal 158 2 al 158 8. Nell’esta­ te del 1588 intraprese un viàggio che lo portò prima in Germania e in Svizzera, poi in Italia, a Pa­ dova, dove rimase fino al 159 2. L ’anno seguente, dopo essersi laureato in medicina a Basilea, fe­ ce ritorno in Danimarca. Il suo nome figura tra le matricole dello Studio di Padova nell’ anno 1589 (cfr. CM , pp. 85-86). Su di lui si veda j. R. Chris ttanson, On Tycho’s Island. Tycho Brahe and bis Assistants, 13 7 0 -16 0 1, Cambridge University Press, New York 2000, pp. 35 1-5 3 e ad indicem. Sul suo viaggio in Italia cfr. w . nordlind, Tycho-Brahe et ses rapporti avec TItalie, in «Scientia», 69, 19 55 , pp. 47-61: 49-52; 1. pantin , New Philosophy and O ld Préjudices cit., pp. 244-45.

T.

,

menis62, Gellius frequentava a Padova l’ambiente intellettuale che gra­ vitava attorno a Pinelli63. E proprio dopo quella brillante prolusione r amico e protettore Pinelli desiderava che Galileo entrasse subito in cor­ rispondenza con Tycho: «G alileo - osservava ancora Gellius - è pro­ tetto con grande benevolenza dal sig. Pinelli che, se potesse, desidere­ rebbe fargli stringere rapporti di amicizia con Tycho»64. La lettera, co­ me abbiamo osservato, è datata 28 dicembre 159 2. Nel pur breve tem­ po trascorso a Padova, non erano dunque mancate allo scienziato to­ scano le occasioni per mostrare le sue capacità e il suo valore, a tal pun­ to da suggerire subito a Pinelli di ricercare un contatto con quello che era considerato il maggiore astronomo del secolo. Il nome di Tycho Brahe era allora ben noto all'interno del circolo piilelliano. La sua opera piu recente, il D e mundi aetherei recentìorìbusphaenomenis, era stata a lungo cercata da Pinelli sui principali mercati libra­ ri europei. Camerarius, da Norimberga, lo aveva subito informato del­ la pubblicazione, inviandogli il giudizio, assai positivo, di uno dei mem­ bri più autorevoli della vicina Università di A lid o ri, e cioè di Johannes Pràtorius. Scriveva Pinelli: - L a ringratio poi del titolo del libro del Tichone, et se lei me ne potesse far ave­ re uno facilmente (cioè senza privarsi del suo, et senza mandarlo a torre di lontano) mi sarebbe di gratia. Pur io voglio creder che non mancheranno delTesemplari in fiera, dove di già Pho commesso, et se detto titolo l ’ho veduto volentieri, più vo ­ lentieri assai n ’ho letto il giuditio del S .r Pretorio come di persona molto isquisita in tutte le sue cose, et che non senza ragione viene tanto celebrato da ogn’uno che lo conosce; nel qual proposito se P E . V . potesse darmi nuova di qualche sua faticha vicina alla stampa, io veramente lo riceverei per un ultimo nuntio, et mi servirebbe in parte delli ragionamenti ch’haveriamo fatti insieme di questo valent’huomo, dal­ li quali restammo esclusi per la brevità del tempo65

62 C£r. CM , pp. 193-96: G . Sascerides a G . A . Magini, 15 gennaio 159 0 . La risposta di M a­ gini a Tycho è del settembre 1590, in cui lo ringrazia del dono ricevuto e dichiara di approvare il suo sistema del mondo, con una sola riserva: Pintersezione delle orbite di Marte e dei Sole: «Ap­ provo caldamente il sistema del mondo escogitato da te, anche se avrei preferito che le orbite del Sole e di Marte non si intersecassero» {ibid.} p. 393). 63 G. Sascerides a G. A. Magini, Padova 6 agosto 1590: «Avrei già da tempo risposto alle tue cortesissime lettere se non fossi stato informato, proprio Pultimo giorno che le ricevetti, da parte di un mio amico che ha dimestichezza con Pecc.mo Signor Pinelli, che a quest'ultimo è pervenuto dàlia Germania un breve trattato manoscritto di Tycho Brahe sulla cometa comparsa quest'anno e osservata dal 23 febbraio al 6 marzo. Desideravo infatti avere prima quel trattato, sia perché era di Tycho, sia anche perché soprattutto avrei potuto discuterne con te. Tuttavia, non avendo io al­ cuna familiarità con Pecc.mo Pinelli, ho ottenuto attraverso altri soltanto la possibilità di legger­ lo, ma in nessun modo quella di fartene parte» {ibid., p. 390). 64T. b r a h e , Astronomiae instauratae mechanica (1598) cit., p. 130 . 65B SB , Clm 10 36 4 , c. 5157*: G . V . Pinelli a J . Camerarius II, 23 febbraio 158 9 . Tutto era cominciato nel giugno del 158 8 , quando Pinelli aveva chiesto a Camerarius «se ha cognitione

Il libro, si sa, non era in vendita, e sarebbe trascorso più di un an­ no prima che Pinelli riuscisse nel suo intento. N é le ricerche compiute nel frattempo da Camerarius, né quelle di Thomas Savile, a cui l’uma­ nista italiano si era rivolto perché lo acquistasse a Francoforte, risulta­ rono fruttuose. Cosi, alla fine di ottobre del 159 0 , si rivolgeva ancora a Camerarius nella speranza di poter finalmente entrare in possesso dell’opera: E t perché il sudetto Sig.or Thomaso [Savile] non mi ha saputo ritrovare in fie­ ra il libro di Ticone notato qui sotto“ , quando l ’E . V . havesse modo di farmene haver dua per me, et per un amico47, che lo desiderava grandemente, lo riceverei a som­ mo favore48.

Grazie all’intervento di Camerarius una copia del D e phaenomenis venne donata a Pinelli direttamente da Tycho Brahe6’ . E sempre negli stessi mesi il naturalista tedesco gli faceva pervenire anche una copia d’un matematico chiamato Joaim es Praetorius, se legge, et dove, di che natione sia, et se ha da­ to fuori cosa alcuna in stampa, o se è per darla». La ragione di questo interesse nasce da un pa­ rere che Pràtorius aveva espresso a proposito del M ecbanicorum lìber di Guidobaldo D al Mon­ te: «Non lascierò di dire a V . E . come intesi già del sudetto Giovanni Pretorio, qualmente haveva fatto giuditio del libro delle Mecaniche di Guidobaldo e Marchionibus M ontis, cose ch’io vederei tanto volentieri quanto ogn’altra cosa a me carissima, et se l’E . V . havesse qualche stra­ da da chiarirsi di detto giuditio, et se fusse posibile [ire] d’haverne un poco di copia l’asicuro che me ne farebbe una cortesia che mi sarebbe sempre nell’animo» {ibid., c . 4837: G . V . Pinelli a J. Camerarius II, 20 giugno 1588). M a la stima di cui godeva Pràtorius al di fuori dei confini te­ deschi trovava un'ulteriore conferma anche dalle notizie che Pinelli riceveva da Henry (o Tho­ mas) Savile: «Io. Pretorius, il maggiore mathematico secondo lui», annotava, riferendo l ’opi­ nione del «Savello inglese» (BAM , N 278 sup., c.~/2v). Sulla corrispondenza PineUi-Camerarius si veda w. norlind, Tycho Brahe, En levnadsteckning med nya bidrag belysande barn liv och verky Gleerup, Lund 19 70 , pp. 12 6 , 236, 396. 66 In calce alla lettera è annotato: «D e mundi aetherei recentioribus phaenomenis libri duo. Uraniburgi 158 8 , 4 0, di questo due esemplari» (BAM , N 278 sup., c. 491?*). 67L ’amico che «lo desiderava grandemente» era Giovan Paolo Vernaleone che, da Napoli, cosi scri­ veva a Pinelli in data n ottobre: «Se quel libro del Dano non si può havere, lasciando andare, io noi desiderava per rispetto della cometa, ma per quel che mi disse il sig.or Tomaso che dà adosso Coperni­ co, il quale se ha errato errò nelle osservationi sue, si come si vede haver errato in alcune propositioni geometriche del suo libro: actum est de eo. Però io difficilmente il posso credere, e però desideravo ve­ der come l’impugna colui» (r . moscheo, Matematica,filologia e codici in una lettera inedita della fin e del x v i secolo (Giovan Paolo Vernaleone a Giovanni Vincenzo Pinelli), in «Helikon», 33-34, 1993-94, pp. 159-241: 240). Moscheo avanza l’ipotesi che il « Tomaso» di cui si parla nella lettera sia da identificar­ si con Tommaso Campanella (pp. 184-89). Credo invece si tratti di Thomas Savile, che si trovava in Italia nel 1590 e che aveva ricevuto da Pinelli il compito di procurargli il De phaenomenis. Su di lui, e su alcune notizie relative al suo viaggio in Germania e Italia negli anni 1588-91, c£r. R. b , todd, Henry and Thomas Savile in Italy dt., pp. 442-44. “ B SB , Clm 10364, c. 49ir. G . V . Pinelli a J. Camerarius II, 3 1 ottobre 1590. 65 Cfr. TB O O , V II, p. 276: Brahe a J . Camerarius II, 2 1 ottobre 1590. L ’opera figura anche nell’inventario della biblioteca Pinelli: cfr. supra,nota 44. Non sappiamo se Pinelli abbia conosduto personalmente Tycho, Nel 15 7 5 , durante il suo quarto tour europeo, l'astronomo danese fece tappa anche a Venezia, dove ebbe modo di incontrare nobili e patrizi veneziani e di partecipare a ‘conver­ sazioni’ filosofiche e scientifiche: cfr. w. norlind, Tycho Brahe. En levnadsteckning cit., pp. 66-68.

manoscritta delle osservazioni sulla cometa apparsa nel febbraio-marzo di quell’anno e inviate al langravio di Hesse-Kassel74. Camerarius, che ben conosceva la passione dell’illustre corrispon­ dente per l’astronomia e la curiosità che aveva destato in lui la cometa del 15 7 7 , sapeva quanto gli fosse gradita quell’opera: le novità osservative e cosmologiche che conteneva ne facevano un testo di assoluta ori­ ginalità. M a l ’interesse di Pinelli per Tycho era determinato anche da altri motivi, e in primo luogo dalla rinomata abilità del Danese come co­ struttore di strumenti. G ià nel 15 7 8 Pinelli aveva sollecitato Clusius a procurargli l’elenco degli strumenti posseduti nell’osservatorio di Kassel, cioè di quello che allora era considerato il migliore osservatorio astronomico d ’Europa. «Ho scritto parimenti al sig. Joachim Camerarius che è mio grande ami­ co - mandava a dire Clusius a Pinelli il io aprile 15 7 8 . - Spero che si adopererà per la nostra causa, e che otterremo ciò che desideriamo cir­ ca gli strumenti dell’Ill.mo langravio Guglielmo, che mi dicono sia esper­ tissimo nelle questioni matematiche»70 71. L a città di Kassel, che già R a­ mo aveva celebrato paragonandola ad Alessandria e il suo Principe a T o­ lomeo72, era infatti da tempo famosa per le accurate osservazioni astro­ nomiche (che nelle intenzioni del Langravio dovevano condurre a un nuovo catalogo stellare) e per gli eccellenti strumenti di misurazione rea­ lizzati da artigiani e meccanici rinomati come Eberhart Baldewein e Joste Burgi, ma anche da astronomi come Paul W ittich e Christoph Rothmann7374 . E assai probabile che un decennio piu tardi il clamore delle ge­ sta compiute da Tycho nell’isola di Hven suscitasse in lui altrettanta am­ mirazione e curiosità74. Cosi, nel novembre del 159 4 , Pinelli chiedeva a

70 Si tratta del breve scritto di Tycho intitolato Cometae anni 15 9 0 in fin e February et initio Martij conspecti ad III. Principem W ilhelmum Hassiae Landgravìum brevis descriptio (BÀM, ms. S 93 sup., cc. 324^327^). 71 «Scripsi item D. Joachimo Camerario mihi amicissimo. Spero aliquid eum nostra causa facturum, et consecuturos quae volumus de instrumentis 111. mi Landgravi] Wilhelmi, quem intelligo in mathematicis versatissimum esse» (BAM , m$. S. 10 6 sup., c. 97r: C. Clusius a G . V. Pinelli, io aprile 1378). 72 Cfr. p . ram us , Schohrum mathematicarum liber unus et triginta, per Eusebium Episcopium et Nicolai Fratris Haeredes, Basileae 1569 , p. 67: «Guilielmus Landgravius Hessiae videtur Casselas Alexandriam transtulisse». 7> Cfr. b . t . moran, German Prince-Practitioners cit., pp. 253-74. 74La costruzione di Uraniborg fu iniziata nel 157 6 , mentre quella di Stellaeborg - il secondo osservatorio dell’isola - risale al 158 4. L ’isola era munita di tipografia, cartiera, biblioteca, erbari è laboratori per la lavorazione del legno e dei metalli. Sull’organizzazione del lavoro messa in atto da Tycho, e sulVéquipe di astronomi e artigiani che per oltre un ventennio furono al suo servizio, cfr. 0. hannaway , Laboratory Design and the Aim o f Science. Andreas Libavius versus Tycho Brake > in «Isis», 77, 1986, pp. 585-610; j. r . Christianson, Tycho's Island cit.

Camerarius di informarsi sulla qualità di alcuni globi fabbricati da Tycho e da lui messi in vendita alla fiera di Francoforte: E t perché il S.r Silburgio ini dà aviso, ch’in Fiera s’erano veduti alcuni globbi [tt'c] assai grandi, celeste et terrestre, venuti d’Inghilterra, et anco altri dati fuori da Ticone Brae, mi sarebbero di grandissimo favore l ’haverne il giuditio imparticola­ re di cotesti signori suoi vicini, alla cui rilatione si potrebbe prestare piena fede, et ne la supplico quanto più posso, assicurandola che questa mia sodisfatione non sa­ rebbe di pregiuditio ad alcuno” .

Per quanto mi risulta è la prima volta che si dà notizia di globi co­ struiti da Tycho non per suo uso personale. Il riferimento, poi, a «cotesti signori suoi vicini», da cui Pinelli attendeva un giudizio, non po­ teva che essere rivolto a Pràtorius e agli amici matematici di Cam era­ rius residenti ad Altdorf. Che si tratti di loro è confermato da una let­ tera di poco successiva, in cui Pinelli, tornando sull’argomento, prega­ va di nuovo l ’amico di comunicargli «il parere de’ suoi vicini, d ’intorno alli globi grandi celeste e terrestre, che sono stati a quest’ultima fiera di Francoforte, dico cosi di quelli d ’Inghilterra come dell’altri del Ticone, et per giunta il giuditio che fanno della quadratura del circolo di Iosefo Scaligero, al quale Archimede è per nulla»776. Come si vede, non ci sono solo questioni naturalistiche o botaniche al centro della corrispondenza Pinelli-Camerarius. Il richiamo a temi di carattere matematico o astronomico è assai frequente, e nella maggior parte dei casi si tratta di informazioni richieste da Pinelli per conto di amici o persone a lui vicine77 M a a Venezia il nome di Tycho Brahe non era noto soltanto negli

7SB SB, Clm 10364, c. 339 r: io novembre 1594. 76Ibid. f c. 563 r: 8 dicembre 1394. L ’opera di Scaligero a cui fa riferimento Pinelli è la Cyclometrica elemento duo, pubblicata a Leida in quello stesso anno e che fu al centro di non poche pòlemiche. 77 E il caso degli «horioli a ruota» («essendo stato richiesto da un amico d’informarlo se sia fuori libro alcuno dove si tratti compitamente la materia delThorioli a ruota, non solo la fabrica et Buso, ma di piu il modo di governarli, et anco l’arte d’accomodargli da per se») [ibid., c. 34 3r: 3 dicembre 1593)- E , ancora, sulla questione della quadratura del cerchio; anche se, questa volta, Pinelli prendeva spunto da un’opera del matematico imperiale, Nicolaus Reimarus Ursus, uscita un quinquennio prima e che possedeva (cfr. nota 45): «Darò all*E. V. un poco di briga con quella si­ curtà che mi vien data dalla sua molta cortesia, et dicole come nel libro intitolato Fundamentum Astronomicum Nicolai Haymari [sic] Ursi Dithmarsi, stampato in Argentina in 40 del 1388, nelle giunte si pretende d’haver truovata la quadratura del cerchio per inventione d’un Simone Aquesco [Quercetanus], come si vede ivi. E t perché non pare a qualche mio amico che sia stata espres­ sa a bastanza, per tanto, quando tale inventione fusse data fuori dall’Autore istesso (siasi in che lingua si voglia) ci sarebbe carissima, et di tanto la prego assai che si degni farne qualche opera coi suoi amici d’Altorfio a’ quali sarà facile spedire questo negotio in poche parole, et io ne resterei a tutte le sig.rie v,re con molto obligo» {ibid., c. 546**: 14 gennaio 1593). A chi si riferisse Pinelli con le parole «a qualche mio amico» è fino a questo momento impossibile dire.

ambienti culturali della città. Il successo crescente che stava ottenendo è confermato anche da un’altra vicenda assai significativa che testimo­ nia quanto certi temi di ordine astronòmico fossero allora dibattuti all’in­ terno della Repubblica. Nel 159 2 , pochi mesi prima della venuta di Galileo, M agmi aveva pubblicato la sua ultima opera, la Tabula tetragonicà1*> che seguiva di al­ cuni anni l’esposizione del suo sistema geocentrico a undici cieli mobili contenuta nelle Novae coelestwm orbium theoncae congruente* cum observatìonibus N icolai C opern ici. La Tabula si apriva con un solenne omag­ gio a Tycho, aU’nota 7 1. L'ulte­ riore richiesta di Pinelli era probabilmente finalizzata a ottenere, dopo la morte del Langravio (1592), l'elenco completo e la descrizione degli strumenti presenti nell'osservatorio di Kassel. Sul ruolo svol­ to dal Langravio nell'organizzazione della ricerca scientifica e astronomica in Germania, cfr. b . t . moran , Prìnces,M achines and the Valuation ofPrecision in thè i6 tk Century, in «Sudhoffs Archiv», 6 1 ,1 9 7 7 , pp. 209-28; 1 d., W ilhelm IV ofH esse-Kassel:Inform ai Communìcation and thè Aristocratic Context o f piscoveryy in T. nickels (a cura di), Scientific Discovery : Case Studies, Reidei, Dordrecht 1980, pp. 67-96; 1. pantin, New Pbilosophy and O ld Prejudices cit., pp. 237-44. * B S B , Clm 10364, c. 528?: G . V. Pinelli a j . Camerarius II, 2 febbraio 1599. 97 Nella lettera Pinelli lo pregava di informarlo delle «fatighe lassate da S. S. Ecc. per darsi a 1le stampe et di piu un breve catalogo di tutte ¡'opere date da sua Sig.a fuori in sua vita» (ibid.).

tava a rivolgersi ad Altdorf per ottenere il giudizio di Pràtorius. Questa pressante richiesta avveniva all’indomani della pubblicazióne d ell’Astronomiae instàuratae mechanica, in concomitanza con la presenza a Venezia di Franz Tengnagel, assistente e genero di Tycho, inviato in Italia allo sco­ po di rendere finalmente operativa la missione ad Alessandria. Com ’è noto alla descrizione degli strumenti costruiti a Uraniborg T y­ cho dedicava una delle sue opere più celebri” . Nuovi tipi di quadranti, sestanti a grandi dimensioni, gigantesche sfere armiilari erano minuzio­ samente descritti nelle M edianica, che usci nel 159 8 e fu inviata in do­ no a una cinquantina di illustri destinatari” . In essa figurava anche la lettera di Gellius del 28 dicembre 159 2 in cui era riferito il tentativo di Pinelli di mettere in corrispondenza Galileo con Tycho. Ancor prima di ricevere il libro Pinelli si fece inviare la trascrizione della lettera da Clusius9 100, esprimendogli il proprio fastidio e la propria contrarietà per l’im­ 9 8 piego che Tycho ne faceva, posta com’era accanto a poemi e versi cele­ brativi della sua fama composti da personaggi ben noti a Pinelli, come il medico e aristotelico veronese Andrea Chiocco101, e inserita in un’ope­ ra con cui, per gli argomenti trattati, nulla aveva a che fare:

98 Sulle Mechanica e sulle novità tecniche e i miglioramenti introdotti da Tycho nella fabbri" cazione di strumenti come il quadrante e il sestante, cfr. almeno w. G. w esle y , The Accuracy o f Tycho Brahe's Instruments, in «Journal of the History of Astronomy», 9, 1978, pp. 42-53; A. chap­ man , Astronom ical Instruments and Their Users : Tycho Brahe to W illiam Lassell, Variorum, Aidershot 1996, cap. ni; a . segonds, Brahe (Tycho), in c. nativel (a cura di), Centuriae latinae. Cent une figures humanìstes de la Renaissance aux Lumières offertes à Jacques Chomarat, Droz, Genève 1997, pp. 175-82: 178 -8 1. 99Cfr. w . NORJLIND, Tycho Brahe. En levnadsteckning cit., pp. 286-99. La stampa a tiratura li­ mitata e ‘personale’ , al di fuori cioè del mercato editoriale, com’è nel caso delle Mechanica e dégli altri lavori di Tycho, non è un .fatto inusuale. Lo stesso accade nel caso di un’opera ricercatis­ sima e introvabile come il Thesaurus Hìeroglyphicorum (1610 ) di Hervart von Hohenburg, ‘pa­ drone* affezionatissimo di Keplero: « È un gran pezzo - scriveva Girolamo Aleandro a Federigo Borromeo - ch’io ancora vo cercando i libri hieroglifici, de’ quali V. S. 111.ma mi manda nota con la sua lettera del 26 del passato, capitatami solamente questa settimana. Questi librari non gli hanno mai veduti [...]. Il primo ch’è nella nota, cioè Thesaurus Hìeroglyphicorum e museo Ioannis Georgi] Herwart etc. non si troverà appresso librari, perché questo S.r Gio. Giorgio, il quale è Segretario e Cancellano del S.r Duca di Baviera, lo fece stampare per suo gusto solamente, e per donarne ad altri» (BAM , ms. G 2 23bis inf., c. qo ir-v. Roma, 19 novembre 16 16 ). Su Tycho ‘editor’ e ‘promotor’ di se stesso si veda A. m o sley , Astronom ical Books and Courtly Communi­ cation, in m . frasca -spada e n . JARD1NE (a cura di), Books and the Sciences in H istoty, Cambridge University Press, Cambridge 2000, pp. 1 1 4 - 3 1 . 100 Cfr. B A M , ms, D 246 inf., cc. 83r, 8^r: «Exemplum fragmenti epistolae cuiusdam Medicinae Doctoris Patavij cofnmorantis ad quendam studiosum Danum ante sexennium datis». A c. 84? vi è l ’elenco e una breve descrizione degli strumenti astronomici illustrati da Tycho nelle M e­ chanica (copia a cc. 86^-870). , 101 Va ricordato che agli inizi degli anni Novanta, in occasione dell’edizione di alcuni scritti di Telesio da parte di Antonio Persio, amico e stretto collaboratore di Pinelli, Andrea Chiocco era intervenuto polemicamente contro tale pubblicazione. Su di lui, nominato revisore dei conti per

Ben saprei volentieri se quel frammento di lettera del quale ella m’ha stampato copia del medico [Gellius Sascerides] che stava qui in Padova al Dano suo amico scritta alli 28 di decembre 1 5 9 2 resta stampato, che mi parrebbe una cosa cosi fat­ ta, per contener alcuna rilatione, che non stà al martello»102.

Non sappiamo quanto abbiano influito la presenza e Vautorità di G a ­ lileo sul mutato atteggiamento di Pinelli nei confronti di Tycho. Non vi è dubbio però - e le lettere appena citate ce ne offrono un’ulteriore te­ stimonianza - che l’opera dell’astronomo danese fosse al centro di di­ scussioni vivissime, e proprio all’interno del circolo pinelliano frequen­ tato cosi assiduamente dallo scienziato toscano. Tlnquisizione nel 16 17 e autore, tra F altro, di un Discórso sulle apparenze solali andato perduto, cfr. l . Firpo , Ricerche campanellianey Sansoni, Firenze 1947, pp. 13-2 7 ; 305-9; id ., Filosofia ita­ liana e Controriforma. IV :L a proibizione di Telesiot in «Rivista di filosofia», 42, 19 5 1, PP- 30-47: 3 1 sgg.; D BI, advocem , a cura di C. Colombero. 102 g . b . de toni, I l carteggio degli italiani cit., p. 243: G . V. Pinelli a C. Clusius, 12 maggio 1599. Nella trascrizione di De Toni la lettera dì Gellius è datata, erroneamente, 28 decembre 159 9

Capitolo terzo Agosto 1597: microstoria di una lettera

È difficile amare Galileo. Voi lo sapete, in tutto questo tempo mi ha scritto un'unica lettera. Per il resto, sia per notizie di sue ulteriori scoperte, e persino per sape­ re la sua reazione alla mia Dissertano (che dopo tutto era una lettera aperta a lui indirizzata!) dipendo dai reso­ conti di seconda mano dell'ambasciatore di Toscana [...]. E con tutto ciò, che scienziato splendido e auda­ ce è quel Galileo! Oh, se potessi viaggiare in Italia e in­ contrare questo Gigante! j.

banville ,

La notte di Keplero.

I.

È giunto il momento di esaminare la lettera di Galileo a Keplero del 4 agosto 159 7 . E evidente che se teniamo presente il contesto in cui si colloca, caratterizzato da una forte presenza di Tycho nelle discussioni padovane e veneziane di questi anni (e a cui anche Galileo partecipò)1, àiiche il modo di leggere questo singolare documento cambia. Non sia­ mo piu di fronte a un documento isolato, che per la prima volta ci fa toc­ care con mano la 'curiosità' di Galileo per le questioni astronomiche e cosmologiche. La lettera, scritta esattamente un anno dopo la pubblidazione delle Epistolae astronomicae di Tycho Brahe, suscita nuove do­ mande. Leggiamola per .intero: Non è da giorni ina soltanto da poche ore che ho ricevuto il tuo libro, che mi fu portato da Paul Hamberger2. Poiché lo stesso Paolo mi accennò che stava per tor­ nare in Germania, ho ritenuto che sarebbe stato considerato realmente un atto di ingratitudine se non avessi espresso con questa lettera i miei ringraziamenti per il

. *E il desiderio di Pinelli di mettere in corrispondenza Galileo, appena giunto a Padova, con Tycho ne è la prova pili evidente. 2 Paul Homberger (Ratisbona 1559/60-1634) fu musicista e compositore. Suo padre, Jeremías Homberger (1529-95) fu il primo insegnante di teologia alla Stiftsschule di Graz, dove è probabi­ le che anche Paul insegnasse già a partire dal 1596, diventando cosi collega di Keplero. È certo co­ mùnque che, dopo aver studiato a Wittenberg, risiedesse a Padova intorno alla metà degli anni Novanta, dove i l 25 gennaio 1595 si iscrisse alla Facoltà delle Arti, e dove, appunto, nell’ estate del 1597 consegnò a Galileo una copia del Mysterium. Su di lui cfr. s. sadie (a cura di), The N ew Grove pictionary o f Music and Musicians, MacMillan, London 2001, X I, p. 668, ad vocem (a cura di E. Badura-Skoda). Devo queste notizie, e in primo luogo quella dell’identificazione dello sconosciu­ to intermediario «Paul Hamberger», a Roberto Biancarelli, che ringrazio. Un suo articolo dal ti­ tolo Sui primi contatti tra Keplero e G alileo è di prossima pubblicazione su «Galilaeana».

tuo dono. Pertanto accetta i miei ringraziamenti e, inoltre, la mia gratitudine per esserti degnato di cogliere questa occasione per invitarmi a diventare tuo amico. Del tuo libro finora ho visto soltanto la prefazione, ma da essa mi son reso conto della tua intenzione. Sono veramente felice di avere un compagno cosi illustre e cosi aman­ te del vero nella ricerca della verità. E certo una cosa tristissima che gli uomini aman­ ti della verità e che non perseguono un metodo perverso di filosofare siano cosi ra­ ri. M a poiché non è questo il luogo per deplorare le miserie del nostro secolo, ma piuttosto di congratularmi con te per le bellissime scoperte nella conferma della ve­ rità, aggiungerò e prometterò questo soltanto: che leggerò il tuo libro con cura e con animo sereno, nella certezza di trovare in esso cose bellissime. Questo farò tanto piu volentieri, perché già da molti anni ho aderito alla dottrina di Copernico e per­ ché, muovendo da tale posizione, sono stato in grado di dimostrare le cause di mol­ ti fenomeni naturali che certamente nell'ipòtesi corrente restano inesplicabili. H o già scritto molte ragioni e confutazioni degli argomenti contrari, ma finora non ho osato pubblicarle, spaventato dalla sorte toccata al nostro maestro Copernico, il qua­ le, sebbene abbia acquistato fama immortale presso alcuni, è apparso invece a infi­ niti altri (cosi grande è il numero degli stolti) ridicolo e da respingersi. Troverei cer­ to. il coraggio di rendere pubbliche le mie considerazioni se vi fossero molti uomini simili a te; ma dal momento che non se ne trovano, soprassiederò al mio negozio. Sono pressato dall'angustia del tempo e dal desiderio di leggere il tuo libro3.

Davvero strana come lettera di ringraziamento. Ciò che colpisce è infat­ ti, prima di tutto, la dichiarazione di rinuncia e di congedo che contiene. Sul Mysterium Galileo non dice apparentemente nulla. Dice di aver let­ to, per ora, soltanto la prefazione, quanto basta per fargli comprendere il senso dell'opera e le nobili intenzioni del suo autore. A Keplero rivolge pa­ role di stima, lo definisce «in indaganda veritate socium», «veritatis amicum», si congratula con lui «de pulcherrimis in veritatis confirmationem inventis». E non sono parole di circostanza, né di semplice cortesia: quel lavoro, ovvero quell'«invenzione» per la ricerca della verità, merita il mas­ simo rispetto e la massima ammirazione, soprattutto se lo si confronta con le tante «miserie del nostro secolo», in cui «raros esse veritatis studiosos, et qui non perversam philosophandi rationem prosequantur». Galileo parla soprattutto di sé, dei propri progetti, di quanto resti ancora da fare, di quanto ancora sia possibile scoprire le cause di molti effetti naturali «per communem hypothesim inexplicabiles». Solo se si suppone u ri altra visione del mondo, ovvero u ri altra filosofia, è infatti possibile spiegare fenomeni altrimenti inesplicabili. E un lavoro avvia­ to già da diversi anni e che, appunto perché fatto di argomentazioni e confutazioni, si stava sviluppando su piani rigorosamente distinti da quelli su cui si muoveva la ricerca a -priori avviata dall'astronomo tede3 K G W , X III, pp. 13 0 -3 1; O G , X , pp. 67-68. L ’originale della lettera è in Q NB, cod. 10702, c. 6 ir. Si noti che nella lettera di Keplero a Galileo del 13 ottobre 1597 Favaro aveva trascritto corret­ tamente «Hombergerus» (cfr. O G , X, p. 71), ma poi aveva deciso di normalizzare in «Hambergems».

sco: di altra natura risulteranno, infatti, le «invenzioni» che tanto «ra­ pirono» ram ico Micanzio. M a le forme e i contenuti del suo copernica­ nesimo li lascia per ora soltanto intravedere. E sufficiente, per il mo­ mento, far sapere che Padesione alla dottrina di Copernico non è det­ tata da motivi contingenti, ma da saldi convincimenti e da scelte matu­ rate da lungo tempo. Aperte, di fronte a lui, stanno probabilmente le pagine introduttive del Mysterium in cui anche Keplero accenna alla pro­ pria formazione copernicana e ai propri progetti futuri: Galileo

Keplero G ià a quel tempo, sei anni fa, in cui lavoravo con l ’ill.mo Michael Mas din, mi turbavano le numerose incongruen­ ze della concezione cosmologica tradi­ zionale, e fui tanto conquistato da C o ­ pernico, del quale il mio maestro parla­ va frequentemente nelle pròprie lezio­ ni, che non solo presi a difendere di con­ tinuo le sue opinioni nelle dispute di ar­ gomento fisico con i candidati, ma scris­ si perfino un’accurata disputazione sul primo moto, e perché sia dovuto al mo­ to della Terra. Aderivo ormai all’idea di attribuire alla medesima Terra anche il moto del Sole, e come Copernico lo fa­ ceva con ragioni matematiche, cosi io mi servivo di ragioni fisiche o, se prefe­ risci, metafisiche4.

Questo farò tanto più volentieri [di leggere il Mysterium} perché già da mol­ ti anni ho aderito ¿ l a dottrina di C o ­ pernico e perché, muovendo da tale po­ sizione, sono stato in grado di dimo­ strare le cause di molti fenomeni natu­ rali che certamente nell’ipotesi corren­ te restano inesplicabili. H o già scritto molte ragioni e confutazioni degli argo­ menti contrari, ma finora non ho osato pubblicarle5.

Ho voluto accostare i due testi perché credo che proprio Patteggiatiiento nei confronti di Copernico costituisca uno dei punti nodali di di­ scussione della lettera. Nonostante si continui ancora a sostenere che del Mysterium Galileo lesse a malapena Pintroduzione6, oggi sappiamo che iion è cosi, sappiamo che è tornato a leggerlo negli anni immediatamen­ te seguenti. M a su questo torneremo in seguito7 Ciò che conta adesso è sottolineare che la Praefatzo conteneva già tutti gli elementi per fornirgli 4K G W , I, p. 9. Sulla disputatìo copernicana composta da Keplero a Tubinga nel 159 3, di cui sono rimasti alcuni frammenti {ibid., X X .I, pp. 147-49) e in cui è già presente la ricerca di una vis motrice planetaria, cfr. j. voelkel , The Composition o f K epler's “Astronomia Nova" cit., pp. 2632; s. K epler's early Physical-Astrological Problematic, in «Journal for the History of Astronomy», 32, 2001, pp. 227-36,

R. WESTMAN,

R.

5OG, X, p. 68.

.

6Cfr. f barone, Immagini filosofiche della scienza, Laterza, Roma-Bari 19 83, p. 60; leo e Copernico, in G alileo a Padova, 15 9 2 -16 10 cit., I ll, p. 38 1. 7Cfr. infra, cap. v.

id,,

G ali­

un’idea abbastanza precisa delle intenzioni del suo autore, e prima di tut­ to per fargli capire da quale prospettiva guardasse a Copernico. I passi citati sono, da questo punto di vista, di grande interesse. G ali­ leo ricerca una «non perversai» philosophandi rationem» dalla quale pos­ sano scaturire le cause di molti effetti naturali; Keplero, invece, focalizza la sua attenzione su una «ratio», su un «inventum» che sia «materiam totius huius opusculi»*: parole che hanno certamente in comune sia l’amo­ re per la verità sia l ’ adesione convinta al copernicanesimo, ma che già preannunciano 'modi’ di essere 'copernicani’ assai diversi tra loro. Per Keplero si tratta di portare a compimento la rivoluzione astro­ nomica iniziata da Copernico, superando i limiti di una teoria incompiuta perché unicamente fondata su ragioni matematiche, incapace da sola di spiegare fino in fondo il movimento dei corpi celesti. Il Mysterìum è in­ fatti molto più di una trasposizione in chiave platonico-pitagorica della dottrina copernicana. Keplero vi introduce novità di rilievo, a cominciare dall’idea stessa di centro dei movimenti planetari, che non è più, come per l’astronomo polacco, un punto matematico (corrispondente al centro dell’orbe magno terrestre e non coincidente con la posizione occupata dal Sole), bensì ¿/luogo fisico per eccellenza, il centro stesso del Sole, in cui far risiedere ì&vis dell’anima motrice dell’universo9. «Perciò - scri­ veva nel Mysterìum - , come la fonte della luce è nel Sole, e il principio del cerchio nel luogo del Sole, cioè nel centro, cosi ora la vita, il movi­ mento e l’anima del mondo rifluisce di nuovo nel Sole stesso, cosi che al­ le stelle fisse appartiene la quiete, ai pianeti l’atto secondo, che è il mo­ vimento, ma l’atto primo sia del Sole, che è incomparabilmente più no­ bile degli atti secondi in tutte le cose»10. In discussione è la stessa fun­ zione del Sole (per Copernico esclusivamente ottica e non dinamica). Ed è per questo che è necessario spingersi oltre Copernico, per giungere al­ la costruzione di una cosmologia si copernicana, ma fondata, già allora, su altre ragioni, indispensabili per conoscere le vere cause del moto orbi­ tale dei pianeti e la loro esatta posizione e distanza dal Sole. Assai diversa si preannuncia già, su questo punto, la posizione di Gali­ leo. Per lo scienziato italiano ciò che a Keplero appare come un limite di­ venta invece il vero punto di forza del copernicanesimo, il fulcro attorno a K G W , I, p. 1 3 .

9«Io vado a costruire un mondo nuovo (novum struam mundum) [...]. Benché Copernico ab­ bia posto senza alcun dubbio il centro dell’universo nel corpo del Sole, tuttavia, per abbreviare i calcoli e non spaventare il lettore allontanandosi troppo da Tolomeo, ha calcolato le distanze mas­ sime e minime dei pianeti [...] non a partire dal centro del Sole, ma dal centro dell’orbe terrestre, come se là fosse il centro dell’universo» (ibid., p. 50). 10 Ibtd.y p. 70.

al quale costruire una nuova e potente filosofia della natura. Non si tratta di giu ngerla un livello piu ‘profondo’ di comprensione dei fenomeni ce­ lesti e naturali. Abbandonata ogni forma di pseudoconoscenza sensibile, soltanto le ragioni matematiche - come ha mostrato sapientemente Co­ pernico - sono le uniche e vere ragioni necessarie per comprendere la co­ stituzione reale dell’universo, oltre le quali non c’è nient’ altro da cercare o da indagare: qui sta uno dei punti centrali della dottrina eliocentrica, e in questo risiede l ’insegnamento del ‘maestro’ Copernico: ciò che conta è quindi proseguire per la strada da lui indicata. G ià a partire da questa lettera il nome di Copernico è dunque lega­ to a qualcosa di piu di una concezione astronomica. «Il mio maestro - aveva scritto Rheticus nell’introduzione alla Narmtio prima - ha compo­ sto un’opera di sei libri, nei quali, ad imitazione di Tolomeo, determi­ nando e dimostrando matematicamente e con metodo geometrico i sin­ goli argomenti, ha abbracciato tutta quanta l’ astronomia»11. «D octor Praeceptor meus», e Galileo, «Copernicus noster praeceptor». A l pari di Rheticus, anch’ egli si sente suo discepolo. Tuttavia, a differenza di quest’ultimo, Copernico è per Galileo molto più di un astronomo: è il «praeceptor» di una nuova filosofia della natura. H a ragione Maurizio Torrini quando sottolinea come «capitata nelle mani dei suoi colleghi patavini, come un Cremonini, o di molti maestri degli Studi italiani e no, la risposta di Galileo sarebbe risultata incom­ prensibile ed enigmatica. V i avrebbero scoperto l’esistenza di un filosofo Sino allora sconosciuto, Copernico, autore di una filosofia in grado di Spiegare le cause di molti fenomeni naturali, maestro di verità non per filosofi, ma per astronomi e matematici»12. Del resto, nella stessa esigua pattuglia di copernicani realisti di fine secolo0, nessuno, tranne Galileo, si sarebbe mai sognato di vedere in Copernico l ’autore di una filosofia capace da sola di sconvolgere il sistema della natura e l ’ assoluta perfe­ zione del cosmo aristotelici. N é Harriot né Thomas Digges o Màstlin, né Keplero o Giordano Bruno assegneranno a Copernico il titolo di filosofo. 11G. j. rheticus , Narratio prima (1540), trad. it. in n . Copernico, Opere, a cura di F. Barone, Utet, Torino 1979, p. 742. 12 m . torrini, Introduzioney in m . bucciantini e m . torrini (a cura di), La diffusione d el co­ pernicanesimo in Italia, 15 4 5 -16 10 , Olschki, Firenze 1997, pp. 4-5; cfr. anche m., La natura delia nuova scienza, in «Nuncius», 17 , 2002, fase. 2, pp. 409-22: 4 11 - 1 3 . 13 Alla fine del Cinquecento i sostenitori della cosmologia copernicana erano, oltre a Keplero, Bruno e Galileo, i tedeschi Rothmann e Màstlin, gli inglesi Digges e Harriot, l’olandese Simon Stevin e lo spagnolo Diego de Zuniga: cfr. r . s . westman , The Astronome/s R ole in thè Sixteenth Century :a Preliminary Study, in «History of Science», 18, 1980, p. 136 , nota 6; id., I copernicani e le Chiese, in d. c . lindberg e r . l . numbers (a cura di), D io e natura. Saggi storici su l rapporto tra cri­ stianesimo e scienza, La Nuova Italia, Firenze 1994, pp. 75-122: 9 1.

Costruttore di una nuova visione del mondo con le sole «ragioni mate­ matiche», e non «con ragioni fisiche o metafisiche», sarà per Keplero Co­ pernico. E non di segno diverso sarà, su questo punto, la critica che Bru­ no muoverà al pur audace polacco, «uomo che non è inferiore a nessuno astronomo», segno divino, «aurora che dovea precedere l’uscita di questo sole de Pantiqua vera filosofia Qa filosofia nolana]», ma che, «con quel suo più matematico che naturai discorso», resta «quasi inerme di vive raggioni». Qui sta il limite di Copernico, della sua interpretazione geometrica del cosmo, ciò che non gli ha permesso di «penetrar sin tanto che potesse a fat­ to toglier via le radici de inconvenienti e vani principi», ovvero di fonda­ re una nuova filosofia. «Più studioso della matematica che deña natura», lo definirà Bruno in pagine giustamente famose14. «Contemplatore della natura» sarà invece per Galileo, e appunto per questo filosofo, «che spoliatosi l’abito di puro astronomo e vestitosi queBo di contemplatore deña natura si pose a esaminare se questa già introdotta supposizione da gli astro­ nomi [...] potesse anco re vera sussistere nel mondo e nella natura»1516 . Co­ me ricorderà nella Giornata Terza del Dialogo, lo stesso Copernico aveva pensato «ne’ primi suoi studii» di restaurare «la scienza astronomica so­ pra le medesime supposizioni di Tolomeo», procedendo alla correzione del­ le teoriche di ogni singolo pianeta e aggiustando «i computi all’apparenze e l’apparenze a i calcoli». M a una volta giunto a comporre «tutta la strut­ tura delle fabbriche particolari», l’esito gli dovette apparire quanto mai in­ felice: «ne risultava un mostro ed una chimera composta di membra tra di loro sproporzionatissime e del tutto incompatibili, si che, quantunque si sodisfacesse aña parte d Gastronomo puro calcolatore, non però ci érala sodisfazione e quiete dell’astronomo filosofo » “ . Se, dunque, Copernico è per GaHleo autore di una nuova ratio philosophandi, e il suo modo di comprendere l’ordine deü’universo attraverso la geometria diventa la chiave per una diversa interpretazione deña na­ tura, Ü centro della lettera si sposta. Non è piu sufficiente sforzarsi di ca­ pire che cosa GaHleo intendesse quando afferm ava di aver «trovato la spiegazione di molti fenomeni naturaH, che certamente neñ’ipotesi cor­ rente restano inespBcabili»; la risposta a Keplero assume un significato 14g . b r u n o , La cena de le ceneri (1584), in i d ., Œuvres Complètes, II, a cura di G . Aquilecchia, Les Belles Lettres, Paris 1994, pp. 39, 4 1. Sul rapporto Bruno-Galileo cfr. a . in g e g n o , G alileo , Bruno, Campanella, in f . l o m o n a c o e m . t o r t in i (a cura di), Galileo e Napoli, Guida, Napoli 1987, pp. 123-39: 123-28. 15 O G , V , p. 355. 16 Ib id ., V II, p. 407: m io il corsivo. Su questo punto cfr. M . c l a v e u n , G alilée astronome phi­ losophe, in e so iis cura di), Largo campo d i filosofare. Eurosymposium G alileo 2 o o iy Fundación Canaria Orotava de Historia de la Ciencia, La Orotava 200 1, pp. 19-39.

j. MONTESINOS c.

(a

assai più generale che va ben al di là del fatto che voglia o no riferirsi al fenomeno delle maree come prova della verità del sistema eliocentrico. Di contro alle spesso inutili e fuorviami ricerche dei precursori, sono Co­ pernico e Archimede i padri fondatori della nuova scienza galileiana. A partire dal 15 9 7 - anzi, già diversi anni prima - è seguace di Copernico matematico e filo so fo , e matematico e filosofo vorrà essere chiamato do­ po il suo ritorno a Firenze, dopo essere diventato, inaspettatamente, il protagonista assoluto del dibattito scientifico e filosofico europeo. E in questa luce, a me pare, che dobbiamo leggere le sue parole. Co­ me una dichiarazione di intenti di chi vuole andare fino in fondo, «sen­ za moderazione» - come affermerà più tardi - , convinto che è impossi­ bile fermarsi in posizioni intermedie se si vuole giungere, appunto, alla «spiegazione di molti fenomeni naturali, che certamente nell’ipotesi cor­ rènte restano inesplicabili». Tutto lascia supporre che uno dei «fenomeni naturali» richiamati della lettera sia quello delle maree. Fu per primo Keplero a chiedersi se fosse questo il senso in cui doveva essere interpretato il passo galileia­ no. «Quando poco tempo fa - scriveva il 26 marzo 1598 a Herwart von Hohenburg - Galileo, il matematico di Padova, mi ha scritto di aver de­ dotto dalle ipotesi di Copernico le cause di molti fenomeni naturali (che altri non erano in grado di spiegare con le ipotesi comuni) senza tutta­ via menzionarne alcuna in modo specifico, ho avuto il sospetto che si ri­ ferisse al flusso del mare»17. E proprio alle maree, come argomento cru­ ciale a favore del sistema copernicano, farà riferimento lo scienziato ita­ liano molti anni più tardi, in una lettera inviata a George Fortescue nel febbraio del 1630 . Comunicandogli di essere finalmente riuscito a por­ tare a termine il suo «magnum mundi systema», ricordava gli inizi di Questo suo lavoro faticosissimo intrapreso oltre trent’anni prima. «Par­ torisco ora il grande sistema del mondo che portavo in seno da trenta anni [...]. In quest’opera ricerco ed espongo mirabilmente, se il mio amor proprio non mi tradisce, le cause più nascoste dei ribollimenti del ma­ re, nel cui tentativo di comprensione gli ingegni dei filosofi fino ai no­ stri giorni ribollirono più che il mare stesso»18.

” K G W , X III, p. 19 3. 18 O G , X IV , p. 85: trad. in g . Galilei , Dialogo sopra i due massimi sistemi d el mondo tolemai• eo e copernicano, ed. critica e commento a cura di O. Besomi e M. Helbing, Antenore, Padova :i.998, II, p. 3. Proprio in quegli stessi anni Paolo Sarpi stava lavorando a un’ipotesi fisica delle ma­ ree fondata sul moto annuo e diurno della Terra: cfr. p . sakpi, Pensieri naturali, metafisici e mate­ matici, ed. critica a cura di L. Cozzi e L. Sosio, Ricciardi, Milano-Napoli 1996, pp. 424, n. 569. .Su questo punto si vedano anche l . sosio, G alileo G alilei e Paolo Sarpi, in Galileo a Padova, 159 216 10 cit., I li, pp. 3 13 - 16 ; e . bellone , La stella nuova cit., pp. 65-67. Né va dimenticato quanto

L a sto rio g ra fia g a lile ia n a h a se m p re c o n sid e ra to q u e sto

il punto

a t­

to rn o al q u a le fa r ru o ta re l ’in te rp re ta z io n e d e ll’in te ro d o c u m e n to . M a se si vu o le va lu ta re la p o rta ta d ella su a ad esion e al co p e rn ican esim o e le ra g io n i d i q u e sta sce lta d i ca m p o , n o n ta rd ia m o a d a c c o rg e rc i ch e altri p a ssi m e rita n o d i essere d iscu ssi. S u b ito d o p o a v e r r ife rito d e lla sco p e rta d i « m o lt i fe n o m e n i n a tu ra li» in e sp lica b ili n e ll’ « ip o t e s i c o r r e n te » , G a ­ lileo so g g iu n g e v a : H o già scritto molte ragioni e confutazioni degli argomenti contrari, ma finora non ho osato pubblicarle, spaventato dalla sorte toccata al nostro maestro Copernico1’ .

S i tra tta d i u n ’ esp ressio n e ch e n o n a v e v a b iso g n o d i u lterio ri p re cisa ­ z io n i p e r essere in te sa d a p a rte d i c h i g ià si p ro fe ssa v a co p e rn ican o . G l i « a r g o m e n ti in c o n tra rio » eran o o v v ia m e n te q u elli d esu n ti d a l m o v im e n ­ to d ei co rp i sep arati (nubi, aria, g ra v i in ca d u ta ), ai quali, d a A r is to te le a T o m m a so , d a T o lo m e o ai p rim i o p p o sito ri al

De revolutionibus, e ra n o

so ­

liti rich ia m a rsi tu tti co lo ro ch e in te n d e v a n o m o strare le assu rd ità fisich e d el co p ern ican esim o . P ro b a b ilm e n te G a lile o a v e v a g ià a v u to m o d o d i d i­ scu tern e n e i co m m e n ta ri, o ra p e rd u ti, alYAlmagesto d i T o lo m e o 20. M a nel caso della le tte ra a K e p le r o è fo r se p o ssib ile essere p iù p re cisi e sp in gersi o ltre u n g en erico r in v io alle classich e o b ie zio n i an tico p e rn ica n e .

2

.

Alla fine del secolo parlare di «argomenti in contrario» al copernica­ nesimo significava molto più di quello che a prima vista potrebbe sem­ brare. Già nel 1588, presentando per la prima volta il suo sistema del mon­ do, Tycho aveva indicato chiaramente le ragioni che lo opponevano sia ai tradizionali sostenitori del geocentrismo sia ai moderni seguaci di Coper­ nico: «Dirò cosi, che poiché mi ero convinto che entrambe le ipotesi pre­ stavano il fianco a non lievi assurdità, iniziai a riflettere dentro di me se dichiara nella sua Vita il Viviani: «per il soggetto del quale [il Dialogo], sin da principio che andò lettore a Padova, [Galileo] aveva di continuo osservato e filosofato, indottovi particolarmente dal concetto che gli sovvenne per salvare con i supposti moti diurno e annuo, attribuiti alla terra, il flusso e reflusso del mare, mentre era in Venezia»; né la lettera a Belisario Vinta del 7 maggio 16 10 , in cui Galileo ricorda che tra le opere da condurre a termine vi era anche un De maris estu (OG, X IX , p. 6 16 ; X , p. 350). Per una ricostruzione del dibattito cinquecentesco sulle maree in am­ biente veneziano cfr. p. ventrice , L a discussione sulle maree tra astronomìa, meccanica e filosofia nella cultura veneto-padovana del Cinquecento, in «Memorie dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti», 34, 1989, n. 3, pp. 1-248. 19 K G W , X III, p. 130 ; O G , X , p. 68. 20Cfr. s. drake, G alileo. Una biografia scientificay il Mulino, Bologna-1988, p. 79 [ed. or. Ga­ lileo at W ork. His Sctentific Biography, The University of Chicago Press, Chicago-London 1978].

tlon potesse trovarsi un’altra spiegazione {aliqua hypothesium ratio) che fosse salda per ogni verso, sia matematicamente sia fisicamente, d ie non fosse costretta a sfuggire di nascosto alle censure teologiche e insieme ren­ desse conto in tutto e per tutto delle apparenze»21. Seguiva l ’esposizione del ‘vero’ ordine delle rivoluzioni celesti: la Terra, centro di un mondo fi­ nito racchiuso daEa sfera delle stelle fisse, è immobile e circondata dal mo­ to della Luna e del Sole, centro a sua volta delle rivoluzioni orbitali degli altri pianeti. Ogni assurdità veniva dissolta, e cosi «tutte le apparenze dei pianeti concordano in modo eccellente con essa, anzi meglio che con le al­ tre finora utilizzate»22*: agli amanti della filosofia celeste (pbilosophiae eoelestis cultoribùs) non restava dunque che aderirvi senza indugio. N el 15 9 6 , e cioè un anno prima della lettera di Galileo a Keplero, usciva il primo volume delle Epistolae astronomicae, in cui l’astronomo danese riprendeva e sosteneva con rinnovato vigore gli argomenti fisici e matematici contro il moto diurno della Terra. E assai probabile che «le molte ragioni e confutazioni» di cui Galileo faceva esplicita men­ zione trovassero proprio in quest’opera un ulteriore punto di riferi­ mento, e in particolare negli argomenti discussi ampiamente da Tycho nella polemica con Christoph Rothmann. La pubblicazione della corrispondenza con Rothmann godette infatti di grande fortuna tra gli astronomi e scienziati del tempo22, diventando ben presto il manifesto di tutti gli avversari ‘moderni’ del copernicane­ simo. V ent’anni piu tardi Francesco Ingoli riprenderà punto per punto Ié obiezioni di Tycho, inserendole nella sua Disputatio de situ et quiete Terne contro Galileo24. Lo stesso faranno molti scienziati gesuiti nel ten­ 21T. brah e , De mundi aetherei recentiorìbus phaenomenìs (1588),

in TBO O , IV , p. 156. 22 Ibid., p. 15 7 , 2> Della vita del copernicano Christoph Rothmann sappiamo pochissimo. Studente di mate­ màtica e teologia airUniversità di Wittenberg sotto la guida di Johannes Pràtorius, Rothmann as­ sùnse la carica di matematico e astronomo alla corte del langravio Wilhelm IV , lavorando nell’Os­ servatorio di Kassel dal 157 8 al 1590. Dopo quella data e fino alla morte (ca. 16 10 ), assai scarse sono le notizie che possediamo. Oltre alle lettere edite da Tycho, nel 16 19 Willebrord Snell pub­ blicò, in appendice a un suo trattato sulla cometa del 16 18 , la Descriptio accurata cometae anni 15 8 5 . ‘¡Su di lui cfr. alméno M. a . Granada, E l debate cosmologico en 158 8 cit., pp. 61-76; ID., I l problema àstronomico-cosmologìco e le Sacre Scritture dopo Copernico : Christoph Rothmann e la «teoria d ell’ac­ comodazione», in «Rivista di storia della filosofia», 1996, n. 4, pp. 789-828; B. t . moran , Chri­ stoph Rothmann, the Copemican Theory, and Institutional and Technical Influences on the Criticism ■ ofAristotelian Cosmology, in «Sixteenth Century Journal», 13 , 1982, n. 3, pp. 85-108; m .-p . ler ner , L e monde des spheres cit., II, pp. 58-64; w . g . l . randles , The Unmaking o f the M edieval Chri­ stian Cosmos, 1 5 jo - 1 760. From Solid Heavens to Boundless Aether, Ashgate, Aldershot 1999, pp. 63-77. Quanto Rothmann possa aver influenzato Brahe sul tema della fluidità del cielo (nell'apri­ le del 1586 gli invia il suo inedito trattato sulla cometa del 1585) resta un problema aperto: cfr. m . à . granada, I l problema astronomico-cosmologico cit., pp. 805-6. :V" 24C fr. m . BUCCiANTiNi, Contro G alileo. A lle orìgani dell*«affaire», Olschld, Firenze 1995, pp. 90 sgg.

tativo di bloccare, dopo le scoperte galileiane degli anni 16 10 - 13 , il cre­ scente consenso che stava ottenendo la nuova cosmologia copernicana25. E sul terreno osservativo-sperimentale, oltre che ovviamente su quel­ lo esegetico-scritturale, che nascono le resistenze maggiori al copernica­ nesimo. N on tenerne conto significherebbe non capire che «gli argomen­ ti ‘moderni’, quelli cioè della bombarda e della colubrina, messi in circo­ lazione dal grande astronomo Tycho Brahe, sono proprio gli argomenti che si sentono citare da tutti gli aristotelici à la page, e sono quelli che pro­ ducono il maggior effetto»26. A Copernico Tycho non contrapponeva nes­ sun principio di autorità, contro cui sempre manifestò la propria insoffe­ renza, bensì osservazioni ed esperienze ‘esattissime’ , i soli strumenti di cui l’uomo dispone nello studio della natura e dai quali si evince in modo inoppugnabile la falsità della concezione eliocentrica. Scriveva: N on ritengo che l’acquiescenza all’ altrui autorità e consenso debba spingerci al punto di trascurare di sottoporre al nostro stesso giudizio se le cose stiano davvero cosi, o diversamente, e di valutare e approvare ogni cosa con il metro delle osser­ vazioni e delle dimostrazioni Dimmi come può accadere che una sfera di piom­ bo lasciata cadere da una torre altissima raggiunga precisamente il punto della T e r­ ra posto sulla sua perpendicolare; il ragionamento geometrico ti persuaderà subito che ciò non può accadere, supposto il contemporaneo e velocissimo moto di rota­ zione della Terra27,

È sufficiente un esame degli argomenti fisici a rendere l ’ipotesi co­ pernicana del tutto insostenibile. Accanto alle classiche obiezioni ari­ stoteliche Tycho. ne formulava altre, che godranno di grande fortuna per tutto il secolo successivo. Supposto il moto diurno della Terra, «che co­ sa avverrebbe, ti chiedo, se da un grande cannone si sparasse una palla verso Oriente [...] e poi dallo stesso cannone, e dallo stesso luogo, se ne sparasse un’altra [...] verso O ccidente? E possibile credere che ambe­ due [...] percorrerebbero sulla Terra degli spazi eguali?»28. L ’opinione di Tycho al riguardo è nota. La risposta di Rothmann a queste osserva­ zioni, inviategli nella primavera del 1590, non ci è invece pervenuta, né possiamo dire con certezza se Tycho ne sia mai venuto a conoscenza; Nella lettera del 18 aprile 159 0 - l’ultima che troviamo pubblicata 4 Rothmann difendeva Copernico dai ripetuti attacchi dell’astronomo pp. 154-56.

D o p o T y c h o rich ia m a rsi a C o p e r n ic o , co m e a v e v a fa tto R o th m a n n , n o n b a s ta v a p iù . Q u a lu n q u e sp ie gazio n e c h e fa ce sse rife rim e n to al m o ­ to d ella T e r r a d o v e v a ap p a rire an co ra p iu in co m p re n sib ile e p a ra d o ssa ­ le. A m en o d i to rn a re a in ca sto n a re i p ia n e ti nelle sfe re o d i fa r e r ic o r ­ so aH’im p re scru ta b ile e m ira co lo sa p o te n z a d i D io , co m e a v e v a fa t t o il te o lo g o co p e rn ica n o D ie g o d e Z u n ig a nei suoi re

dall’impasse o c c o r r e v a

Commentario?*,

p e r u sc i­

c o stru ire d alle fo n d a m e n ta u n a n u o v a fis ic a ,

u n a fis ic a c o p e rn ica n a , ap p u n to . Q u e llo d i G a lile o è d u n q u e u n a tte g g ia m e n to c h e v a b e n al d i là d i c e rte co n tin g e n z e e ch e si c o m p re n d e a p p ie n o so lta n to se si tie n e p r e ­ se n te il d ib a tt ito c o sm o lo g ico d i fin e seco lo e, in p rim o lu o g o , la d u ra p re sa d i p o siz io n e c o n tro C o p e r n ic o e sp re ssa d a T y c h o , cio è d a co lu i ch e era co n sid era to il p rin cip e in d iscu sso d egli astro n o m i m o d e rn i e ch e a v e v a m esso a n u d o c o n ta n ta au d acia i so fism i e le m e n zo g n e d ella scie n ­ z a a risto te lic a 58 59. Q u e s to è lo sta to d ella d isc u ssio n e d a c u i n o n si p u ò p re scin d e re se si vu o le co m p ren d e re la n a scita d i n u o v e filo so fie e n u o ­ v e co sm o lo g ie : e d è in q u e sto c o n te s to c h e p re n d e a v v io la c o rris p o n ­ d e n z a G a lile o -K e p le r o .

58Per Diego de Zuniga vana sarebbe la ricerca di qualunque spiegazione naturale del moto ter­ restre. Si tratta di.un evento che trova la sua espressione nella «mirabile potenza e sapienza di Dio» (cfr. In Job Commentario., Toledo 158 4, p. 207). Ma tredici anni piti tardi, in occasione della pub­ blicazione della sua Philosopbiae primae pars, tornò su posizioni geocentriche, ritrattando la prece­ dente adesione al copernicanesimo. 59 Cfr. A. segonds, Tycho Brahe e Valchìmie cit., pp. 369 sgg.

I t a l i a , G e r m a n i a , B o e m i a : a s t r o n o m i, m a t e m a t i c i, « s o l d a t i c h r i s t i a n i » e « h e r e t i c i p r i n c i p a l is s im i»

i. Se teniamo presente il giudizio formulato da Tycho su Copernico tornano alla mente e si fanno ancora più vive le preoccupazioni di G a ­ lileo contenute nella lettera a Keplero. Siamo di fronte a una dichiara­ zione di rinuncia, da interpretare però non soltanto come un rifiuto al­ la richiesta di collaborazione offertagli dal?astronomo tedesco, ma an­ che e soprattutto come la rinuncia a intervenire pubblicamente a favo­ re del copernicanesimo. Ne è prova il fatto che la Lettera a Jacopo Maz­ zoni redatta alcuni mesi prima, e che circolò manoscritta in ambiente Veneziano col titolo di Commentarius G alilaei Vlorentìnì prò Copernico adversum lacobum Mazzonium1, venne accolta con freddezza, se non con Ostilità, da una parte consistente e influente del gruppo padovano2. Galileo è spaventato dal destino di Copernico. Confessa di non aver avuto il coraggio di pubblicare le molte «rationes» e confutazioni degli ar­ gomenti avversi. M a quello che più lo preoccupa non è tanto la consape­ volezza di far parte di un'esigua minoranza, quanto la derisione e lo scher-: rio che è costretto a subire chiunque, a più di cinquantanni ormai dalla prima edizione del D e revolutionibus, si dichiari apertamente copernica­ no. Di qui la necessità di un'attesa almeno temporanea, fintanto che non abbia messo a punto gli argomenti ‘ meccanici' che confutano le argo­ mentazioni tychoniche, convinto com’è che qualunque cosa avesse pub­ blicato in proposito avrebbe suscitato solo polemiche o, nel migliore dei casi, sarebbe stata accolta da un silenzio fin troppo eloquente. Forse a convincerlo ad aspettare tempi migliori contribuì anche una

1 Cosi è menzionata da p . gualdo, Vita loannis V inelli cit., p. 29. Nella Lèttera Galileo difen­ deva la dottrina copernicana da alcune critiche mosse dal suo ex maestro pisano nell'opera In univenam Platonis et Arìstotelis philosophiam praehtdìay apud Ioannem Guerilium, Venetiis 1596. 2 Mi riferisco alle posizioni che sul copernicanesimo assunsero, un decennio più tardi, perso­ nalità amiche di Galileo quali Lorenzo Pignoria e lo stesso Paolo Gualdo (OG, X I, pp, 28, 100-1), a cui è da aggiungere il preoccupato giudizio di Pignoria a Gualdo in data 20 giugno 16 14 : «Del Galileo pure si ragiona qui da alcuno, che questa sua nova dottrina sia pericolosa» (BMV, Ms. It., .classe X , L X V I (6400), c. i20t>: la lettera è inedita).

n o tizia ch e in quelle stesse settim an e si era d iffu sa a P a d o v a , e p ro p rio in am b ien te pin ellian o. E r a u n 'in d iscre zio n e ch e d o v e tte resta re in g ra n p a r­ te segreta e ch e rig u a rd a v a la ch iam a ta a R o m a d i G io v a n n i A n to n io M a ­ g m i, l 5illustre m a tem a tico dello S tu d io b o lo gn ese: La venuta qua da Bologna di quel valente matematico astrologo, chiamato il Magino, dicono sia stata perché la Congregatione del S.to O fficio pretende che si di­ sdica et corregga d ’alcune cose poco consonanti trovate nelle sue opere che la \sic\ poste alla stampa3. \

E un dispaccio inviato da Roma a Pinelli in data 28 giugno 15 9 7 , e cioè appena un mese prima della lettera a Keplero: ed è quanto mai pro­ babile che Galileo venisse subito informato dell’accaduto. D i che cosa si trattasse, ovvero quali «cose poco consonanti» si trovassero nelle ope­ re di Magini, tali da costringerlo a comparire presso il Sant’Uffizio ro­ mano, è impossibile dire con certezza. Possiamo soltanto avanzare del­ le congetture. La notizia è però attendibile e trova conferma in alcune lettere che il matematico di Lovanio Adriaan van Roomen (Adrianus Romanus) inviava a Clavio pochi mesi più tardi. La prima, del 17 set­ tembre 15 9 7 , in cui gli chiede se sa chi «sparga qui la voce {rumor) cir­ ca il Magini, cioè che sarebbe trattenuto a Roma a causa dell’Inquisi­ zione {eum causa inquisitionis detineri Romaé). M i dispiace per lui - pro­ seguiva - se le cose stanno cosi. Sospetto che la causa sia VAstrologiae isagoge»45. La seconda, del io febbraio 1598, in cui torna con insistenza sull’argomento, chiedendo al matematico gesuita di smentire certe in­ quietanti voci che lo accusano di essere stato il principale responsabile della chiamata di Magini a Roma e della sua detenzione presso il Sant’U f­ fizio : «Il motivo della [sua] chiamata risiede nel padre Clavio che, mos­ so dall’invidia per la sapienza di quell’uomo, ha cercato nei suoi scritti appiglio per mandarlo in rovina. Tutti concordavano fermamente nel di­ re che la cosa sta cosi (Id ita esse asserebant constantissime)»5

3 BAM , ms. G 274 inf., ins. 13 7 . Che Pinelli fosse ben informato di quanto stava accadendo a Roma lo dimostra anche un altro avviso di poco successivo, in cui veniva messo al corrente delTe$ecuzione dell’eretico Francesco Pucci: «Sabbato [3 luglio] fu abbruggiato in Campo di Fiore quelTheretico che si faceva di casa Pucci et che poi si disdisse delli suoi errori, essendoli prima stata moz­ za la testa nelle carceri di Tor di Nona» {ibid., ins. 20: avviso del 12 luglio 159 7 ; edito in p. car­ t a , Nunziature ed eresia n el Cinquecento. Nuovi documenti sulpmcesso e la condanna di Francesco Pucci (15 9 2 -15 9 7 ) t Cedam, Padova 1999, p. 217). 4 CC, IV , pt. 1 , p. 27. 5 Ibid.y p. 33. A simili insinuazioni van Roomen non credeva minimamente, anzi le respinge­ va con sdegno, anche se le argomentazioni che adduceva non erano tutte ugualmente convincen­ ti: «M i sono messo a ridere, e ho detto di ritenere la cosa del tutto falsa. In primo luogo, a Bolo­ gna Tlnquisizione c’è come c’è a Roma, e allora perché chiamarlo a Roma? In secondo luogo, qual è la causa dell’invidia? G li studi dei due vertono su argomenti del tutto diversi. Il Magini finora

Non sappiamo se Clavio rispose. N é possiamo dire se la venuta di M a­ gmi a Roma fosse dipesa da questioni di carattere astrologico - come in un primo momento pareva credere van Roomen - , oppure da altre que­ stioni relative alla sua ultima e fortunata opera, il commento e la revisio­ ne degli otto libri della Geografia di Tolomeo6, in cui, tra l ’altro, non man­ cava di ribadire la sua ‘simpatia’ nei confronti di Tycho Brahe, già aper­ tamente manifestata nelle opere precedenti7. Forse sono altre le ragioni che lo costrinsero a recarsi a Roma. Certo non possono non colpire le for­ ti critiche che Clavio mosse a Magini nel gennaio 159 5 a proposito della sua decisione di rinviare la stampa delle osservazioni su cui aveva fonda­ to le sue Theoricae del 1589 , e di attendere la pubblicazione delle tavole delT'eretico’ danese. «Credami V S. - lo esortava Clavio - che faria una cosa fuori di modo utile e grata, se stampasse l’osservationi, per le quali sono state composte le sue teoriche. E però se posso niente con V . S. l ’esSorto caldamente a farlo. E non bisogna aspettare quello che farà Ticho Dano, perché mi pare che non finirà mai, e che confonda tutta l’astrolo­ gia, poi che vole, che Marte possi stare piò basso che ’1 Sole»*. Resta il fatto che la notizia che giunse a Pinelli nell’estate del 15 9 7 era un’ulte­ rióre prova di quante e quali ‘ attenzioni’ circondavano ormai anche il la­ voro dei matematici. E d è evidente che in questo ‘clima’ l’idea di poter pubblicamente sostenere le assurde opinioni copernicane doveva appari­ re a Galileo del tutto insensata e priva di qualsiasi possibilità di successo. A n c h e p er qu este ra gio n i il d isegn o d i u n a stra te gia co m u n e p e r T a f-

si è occupato quasi soltanto dei secondi mobili, dei quali Clavio non si è quasi occupato. In terzo luògo, come avrebbe potuto Clavio trovare in scritti matematici qualcosa che si presti ad essere in­ quisito ? Le questioni matematiche riguardano il movimento dei cieli e sono ben distanti dalla re­ ligióne. In tal modo ho risposto. Costoro, tuttavia, non cessavano di spargere quelle voci. Te ne ho voluto accennare brevemente perché tu mi scriva che cosa potrei rispondere a questi maldicen­ ti». Le lettere sono state pubblicate anche da p. p. bockstaele, The Corresporidence ofAdriaan van Roomen, in «Lias», 3, 1976, pp, 85-129, 249-99: 129 , 254. 6Tra il 1596 e il 1598 ebbe ben tre edizioni: cfr. c. tolomeo, Geographiae universae tum veteris tum novae absolutìssìmum opus duobus volumìnibus dìstinctum [.. .] commentarijs uberrìmis illustratus est a Io. Antonio Magino Patavino, apud haeredes Simonis Galignani de Karera, Venetiis 1596 (altra ed. Coloniae 1597); id ., Geografia cioè descrizione universale della Terra partita in due vo­ lumi [ ...] corretti dalVeccell. sig. G io. Ant. Magini padovano, appresso Gio. Battista & Giorgio GaMgnani Fratelli, in Venetia 1597-98. 7Nella parte relativa alla descrizióne del «Regno della Dania» e delle isole dell'«Ellesponto Danico», Magini esprimeva tutta la sua ammirazione per Tycho: «Hvena [Pisola di Hven], che hora s'è fatta celebre per la Fortezza d ’Uranìburgo fondata dal nobilissimo e dottissimo signor Tycone; nella quale sono assaissime machine, e stromenti a osservare i movimenti, e le parvenze de’ cieli, da lui fabricate, con gran spese, e con accortezza non volgare, essendone egli stato d’alquan­ te il trovator primiero» {ìbid., pt. II, c. 7or). 8CM , pp. 2 14 -15 ; C C , III, pt. 1, pp. i n - 1 2 . Cfr. m .-p . lerner, L'entrée de Tycho Brahe chez les jésuites cit., pp. 15 1-5 4 .

fermazione del copernicanesimo che Keplero gli sottoponeva nella sua lettera di risposta del 13 ottobre 15 9 7 non poteva convincerlo. Trascurando di esaminare in profondità le ragioni che erano all’ori­ gine della scarsa diffusione e fortuna della dottrina copernicana a pM di mezzo secolo dalla sua formulazione, Keplero avanzava un progetto di collaborazione che si fondava su una visione assai schematica e sempli­ ficata della realtà culturale del suo tempo. Se da un lato vi è il «volgo» che, incapace di apprezzare e cogliere i «rationum pondera», può esse­ re condotto alla verità soltanto con l’inganno, ovvero con il richiamo strumentale alle «auctoritates»’ , dall’altro vi sono i «docti mediocriter» che, essendo più cauti e tanto prudenti da non immischiarsi nelle di­ spute scientifiche, possono tuttavia anch’essi essere agevolmente con­ vinti dall’autorità dei matematici {come si verifica puntualmente quan­ do, ad esempio, si riconoscono i vantaggi dell’applicazione dell’ipotesi copernicana per il calcolo delle effemeridi, oppure quando da pili parti si sente dire che non è possibile rèndere conto di certi fenomeni se non si suppóne il moto terrestre)9 10. Restano infine i matematici, ai quali - pro­ prio perché non concedono «postulata sine demonstratione» - deve es­ sere rivolta l’ attenzione maggiore. Tuttavia, confidando nel loro isola­ mento11, Keplero riteneva possibile una loro prossima e convinta ade­ sione al copernicanesimo; e un tale obiettivo poteva essere raggiunto proprio attraverso quello scambio epistolare da essi tante volte auspica­ to per ovviare alla loro solitudine intellettuale, e che avrebbe consentito di superare le eventuali obiezioni e resistenze: «A bbi fiducia, Galileo, e vai avanti. Se deduco bene, pochi tra i principali matematici europei vorranno abbandonarci: tanto grande è la forza della verità»12. Si concludeva cosi, con queste parole ricolme di ingenuo ottimismo, l’invito rivolto a Galileo a unire le forze e a stringere un patto di collaborazione. N el caso in cui lo scienziato italiano lo avesse ritenuto opportu­ no, Keplero si diceva pronto persino a trovare uno stampatore tedesco per la pubblicazione dei suoi scritti copernicani: «Se per te l ’Italia risulta un

9Cjr. K G W , X III, p. 14 3: Keplero a Galileo, 13 ottobre 159 7. 10 ¿¡¿vo, subito dopo, precisare: «Infatti, anche se questi postulati o asserzioni iniziali non so­ no di per sé evidenti, nondimeno devono essere ammessi da chiunque non sia un matematico pu­ ro; e dal momento che sono veri, perché non darli per irrefutabili?» {ibid). 11 «In qualsivoglia sede c’è un solo matematico [una sola cattedra di matematica]; e ciò va be­ nissimo, là dove accade. Perché se discute abitualmente con un amico che sta da qualche altra par­ te, gli chiederà un parere; in tal modo può accreditare questa opinione presso gli studiosi mostrando le lettere (e a tale scopo anche a me servono le tue lettere) come se tutti coloro che professano le matematiche in ogni luogo fossero d’accordo. Cosi, perché parlare d ’inganno?» {ibid ). 12 Ibid.

luogo poco adatto alla pubblicazione e se trovi qualche impedimento, for­ se a noi la Germania concederà questa libertà. M a di ciò si è detto abba­ stanza. Tu comunicami almeno privatamente, se non ritieni opportuno farlo pubblicamente, se hai trovato qualche congruenza con Copernico»1’ . Com’era prevedibile, l’ingegnosa invenzione a priori platonico-pita­ gorica del Mysterium non spostò di un centimetro la discussione a favo­ re del copernicanesimo, né tantomeno poteva scalfire il valore delle ra­ gioni scientifiche e teologiche di Tycho. Lo stesso programma di alleanza doveva apparire a Galileo quanto meno ingenuo e superficiale, assolu­ tamente inadeguato a produrre un benché minimo risultato positivo: la realtà culturale cosi articolata e complessa di città come Padova o V e ­ nezia era infatti, ai suoi occhi, una prova piü che sufficiente per far sal­ tare le schematiche analisi ‘ sociologiche’ annunciate nel progetto ke­ pleriano. N on solo: qualunque tentativo di coinvolgere i filosofi dello Studio o i matematici di altre università come Bologna o Pisa gli appa­ rirà quanto mai illusorio: una consapevolezza che nasceva dall’asfitticità é arretratezza della cultura accademica che ben conosceva e con cui era costretto a misurarsi ogni giorno, e che all’indomani della pubblicazio­ ne del Sidereus Nuncius si tradurrà in una strategia culturale per la dif­ fusione del copernicanesimo del tutto inedita e assai rischiosa, che di­ vergerà nettamente da quella qui presentata da Keplero. Keplero non ricevette dunque nessuna risposta alla sua lettera del 13 ottobre. N é i tentativi compiuti successivamente ebbero un esito migliore (anche se non sosteneva ancora la tesi scandalosa, tra gli stessi coperni­ cani, della ellitticità delle orbite). Eppure Galileo non aveva mancato di mostrare un certo interesse per il Mysterium, richiedendogli, tramite Paul Hornberger, altre due copie del libro, che gli furono subito inviate1314. Una richiesta non usuale, che fu accolta da Keplero con sorpresa e piacere, vi­ sto lo scarso successo ottenuto in Germania. E quasi certamente una del­ le due copie era destinata a Pinelli, che in effetti conservava nella sua bi­ blioteca l’opera prima dell’astronomo tedesco15 Insomma, tutto faceva

13 Ibid. V-: 14 «Ti mando poi altre due copie, dato che Homberger mi ha detto che ne avresti desiderate diverse. Chiunque le riceverà pagherà il debito inviandomi per lettera il proprio giudizio sul li­ brétto» (ibid., p. 146: Keplero a Galileo, 13 ottobre 1397). La bella notizia della richiesta di altre còpie da parte di Galileo fu subito comunicata anche a Màstlin: «Poco tempo fa ho mandato in Italia due esemplari del mio (ossia del tuo) opuscolo, che il matematico padovano Galileo Galilei - cosi si firma - ha ricevuto molto volentieri e con molta riconoscenza» (ibid., p. 143). 15 Cosi è descritta in B A M , ms. B 3 1 1 suss., c. 721;: «Ioannis Cheplero de admirabili proportione, Tubingae in 4 0 apud Georgium Grupenbachium 1396». L ’opera, che sub voce «Keplero»

ben sperare in una proficua collaborazione o, comunque, niente lasciava intendere - agli occhi di Keplero almeno - che la lettera del 4 agosto 159 7 sarebbe stata la sola da lui ricevuta per oltre un decennio. Va detto che il distacco e l’indifferenza mostrati da Galileo non han­ no mai destato eccessiva sorpresa: le loro strade paiono già segnate, per impostazione e progetti di ricerca, da divergenze profonde. M a è possi­ bile che siano intervenuti altri motivi a rendere ancora più pesante que­ sto silenzio, altre ragioni possono aver indotto Galileo a troncare fin dall’inizio ogni rapporto? Il «piccolo libro» di Keplero - lo abbiamo già ricordato - contene­ va, oltre alla ripubblicazione della Narratio di Rheticus, anche l’inedita prefazione di Màstlin, autore, tra l’altro, dei calcoli relativi alle orbite dei pianeti fondati sulle Tavole pruteniche di Reinhold e inseriti in ap­ pendice al volume. Inoltre, proprio in apertura della Praefatio, Keplero non mancava di rendere omaggio al suo antico maestro, a colui che lo aveva avviato con tanta passione allo studio dell’astronomia e alla sco­ perta di Copernico“ E per chi leggeva quel testo, la presenza di M àstlin non poteva passare inosservata perché il suo nome era allora ben noto, e non sòltanto nella ristretta cerchia degli astronomi e dei matematici. Per l’ aspro conflitto che lo aveva visto contrapporsi in prima persona al­ la riforma del Calendario, il suo nome era infatti assai conosciuto nella ben più ampia comunità dei teologi cattolici e protestanti. Dal 158 6 al 15 9 3 egli aveva intrapreso una violenta polemica contro la riforma gre­ goriana sostenuta e approvata dalla Chiesa di Roma. O tto anni di scon­ tri a colpi di apologie, repliche e controrepliche, in cui il matematico e maestro di Keplero svolse il ruolo di rappresentante ufficiale di un am­ pio schieramento di forze che si opponeva alle innovazioni apportate dalla Chiesa cattolica e che trovava il suo quartier generale proprio tra le mura dell’Università luterana di Tubinga. La riforma, approvata da Gregorio X III nel 158 2, trovò una forte re­ sistenza all’interno delle Chiese anglicana e luterana. La decisione adotta* ta dalla Chiesa cattolica di correggere la durata dell’anno solare, e che si (con segnatura L .V I.75 , barrata a lapis) è registrata nel volume 98 del Catalogo dei libri a stampa della Biblioteca Ambrosiana, detto il 'Costarossa’ e risalente al secolo xrx, è andata distrutta in se­ guito airincendio provocato dai bombardamenti dell’agosto 1943. Identica sorte subì l’intera bi­ blioteca a stampa di Pinelli. Lo stesso vale dunque per il De minimo bruniano posseduto da Pinelli, anch’esso presente in ‘ C ost arossa ’ (con segnatura barrata C .III.56). Nel Catalogo è presente an­ che un altro testo bruniano, registrato con il titolo di “ Entis applicatio” , ovvero la Stimma terminorum metaphysicorum Jordani Bruni f . . J Accessit ejusdem praxis descensus, seu applicatio entis ex ma± nuscripto perRapkaelem Eglinum (1609), catalogato X .V .16 e barrato come il precedente sub voce «Bruni, Giordano». 16 Cfr. K G W , I, p. 9.

realizzò con là sottrazione di dieci giorni (dal 5 ottobre al 15 ottobre 1582), ebbe infatti un impatto fortemente simbolico che andava ben oltre la que­ stione tecnica della correzione del calendario giuliano resa necessaria per stabilire con esattezza la data di celebrazione della Pasqua. Com’è stato os­ servato, « ¡’affermazione del potere ecclesiastico sul tempo ebbe un ruolo centrale»17. A ragioni di ordine religioso (lotta contro il millenarismo, man­ tenimento di uno stretto rapporto tra liturgia e calendario) si univano ra­ gioni di ordine scientifico (la determinazione della lunghezza dell’anno tro­ pico e dei punti equinoziali mediante l’adozione dei moti medi e non dei moti veri del Sole e della Luna come richiesto da molti astronomi, anche battolici)18 e, più in generale, di carattere politico19. Se la riforma fu pron-

17 La scelta della soluzione proposta da Luigi Giglio era cosi caratterizzata; «scelta delle tavo­ le alfonsine fissazione dell'equinozio al 2 1 marzo; proposta di un nuovo sistema, la tabula epactarum di Giglio stesso, per stabilire la luna pasquale e sottrazione di dieci giorni per ovviare àgli errori del passato» (f . maiello , Storia d el calendario. La misurazione d el tempo, 14 5 0 -18 0 0 , E i­ naudi, Torino 1994, p. 104). Ma sulla pressoché equivalenza, per la determinazione dell’anno tro­ pico, dei valori forniti dalle tavole alfonsine (tolemaiche) e quelli medi desunti dalle pruteniche (copernicane) hanno insistito N. m . swerdlow , The Length o f thè Year in thè Originai Proposai{o r thè Gregorian Calendar, in «Journal for thè History of Astronomy», 17 , 1986, pp. 109 -18; j, ca SAnovas, Copemicus and thè Gregorian Calendar Reform , in L. pepe (a cura di), Copernico e la que­ stione copernicana in Italia dal x v ia lx tx se c o lo , Olschki, Firenze 1996, pp. 97-107. .r. 18 Scriveva Clavio a Giuseppe Moleto, convinto sostenitore di una riforma fondata sui moti veri e non sui cicli del computo ecclesiastico; «Il re Philippo con le due università di Salamanca et Alcalà approvano in tutto il Calendario mandato dal Papa. Similmente il Re di Francia. L ’impe­ ratore desideraria come V . S. il moto vero; ma aggiunge che havendosi da pigliar un ciclo, che il Scio dclTepatte è il piu giusto, e commodo per esser egli perpetuo nel Calendario. Tutti della Congrégatione hanno accettato il medesimo ciclo, con conditione però, che s’essamini benissimo con le -tàvole del moto medio, il quale già è fatto [...]. Il Papa sta molto animato di far presto questa eòrrettione, et gli piace molto piu il ciclo, che il moto vero, per haversene la Chiesa sempre servi­ to di quello, e non di questo. Io veggo ben che importarebbe assai piu per ristorar l ’Astronomia, e tenerla in conto, se si pigliasse il moto vero, ma questi Signori non lo vogliono intendere per mol­ te ragioni, le quali V. S, un altro tempo intenderà» (CC, II, pt. 1, p. 25; 24 ottobre 1580). Il M o­ leto aveva sostenuto le sue posizioni in un’opera uscita quello stesso anno dal titolo Tabulae Gregorianae motuum octavae sphaerae ac luminarium ad usum Calendari Ecclesiastici, che conteneva in appendice l’opuscolo De corrigendo Ecclesiastico Calendario. Clavio, pur riconoscendo la validità tecnica delle posizioni sostenute da Moleto (ma anche, tra gli altri, da Benedetti e Magini), uffi­ cialmente non si discosterà dagli atti e dalle decisioni romane. Sulle posizioni assunte da Moleto e sul ruolo determinante svolto da Clavio nella realizzazione e nella difesa delia riforma cfr., rispet­ tivamente, A. carugo, L'insegnamento della matematica alTUniversità di Padova prima e dopo G ali­ leo, in G. Arnaldi e M. pastore stocchi (a cura di), Storia della cultura veneta cit., pp. 151-9 9 : 173X75; u. Baldini, Christoph Clavìus and thè Scientific Scene in Rom e, in g . v. coyne, m . a . hoskin e 0. pedersen (a cura di), Gregorian Reform o f thè Calendar, Pontificia Academia Scientiarum - Spe­ cola Vaticana, Città del Vaticano 1983, pp. 137-69. 19 In una lettera del 30 aprile 1580, Giulio Carrara scriveva a Pinelli che, a proposito della scelta dei moti medi, «le ragione [sic] sono politice, et vogliono accommodarsi a l’uso et a glihumori d’hoggidi. Abbracciano il vent’uno di marzo più volentieri che 1 venticinque, et il moto medio, et abhorriscono dal vero, non per altro se non per l’uso antico» (BAM, ms. S 77 sup., c. 304^-1>). La lettera è par­ zialmente citata in CC, II, pt. II, p. 22, nota 12 , in cui però si legge «vogliono accomodarsi a l’uso et agli umori de spagnuoli [mio il corsivo]»). In una lettera successiva, non indirizzata a Pinelli ma a cui

tamente adottata dai paesi cattolici e accolta dall’imperatore Rodolfo II, essa venne invece respinta dai principi protestanti tedeschi, che la inter­ pretarono come una pesante minaccia di interferenza: una prova di forza della Chiesa di Roma che, se accettata, avrebbe potuto portare a ulteriori concessioni sul terreno religioso e teologico“ . G ià nel 158 4 il teologo luterano Jacob Heerbrand, allievo di Melantone e maestro di Màstlin e di Keplero, aveva dato alle stampe la D isputatio de adiaphoris, et calendario Gregoriano schierandosi apertamen­ te contro la riforma. Il nuovo calendario introdotto in seguito alla pro­ mulgazione della Bolla pontificia del 24 febbraio 158 2 veniva apostro­ fato senza mezzi termini come «equum illum troianum», come un abi­ le strumento inventato dalla Chiesa cattolica e dal suo Tiranno («Romanum Antichristum») per proseguire la politica di riconquista avviata con il Concilio di Trento21. Nel 1586 era la volta di Màstlin che, pubblicando YAlterum examen novi pontificialis Gregoriani Kalendarii, muoveva un duro attacco a quel­ li che a suo parere erano gli errori e le assurdità presenti nel nuovo ca­ lendario22. Toccò a Cristoforo Clavio, su sollecitazione di influenti ami­ ci tedeschi e in primis di Jacob Kurtz, funzionario e più tardi vicecan­ celliere imperiale, replicare alle critiche del matematico «calunniatore» di Tubinga. Due anni più tardi usciva infatti la N ovi Calendarii Rom a­ ni Apologia, adversus Michaelem Maestlinum21 N ell’epistola dedicatoria, ne venne recapitata copia, Carrara tornava sul medesimo argomento: «G li impedimenti di non por Tequinotio a 25 et seguir il moto vero sono politici, come ho detto altre volte. Hanno gran rispetto all’uso antico de la Chiesa, al Concilio Niceno, che se ben non fece quel giorno 2 1 equinoziale per sempre, lo stabili pur alThora, et poi è passato in consuetudine, in maniera che il mutarlo pare che non si possa far co *\ consenso de Greci» (BAM, ms. S 77 sup., c. 3060: Roma, 9 maggio 1580). 20Cfr. m . Caspar , Kepler cit., pp. 227 sgg. Sulla posizione assunta da Keplero, a favore della riforma del calendario e in contrasto sia con Heerbrand che con Màstlin, cfr. ibid., pp. 230-32; h . m , nobis, The Reaction o f Astronomers to the Gregorian Calendar, in g . v. Coyne , m . a . i-ioskin e o. pedersen (a cura di), Gregorian Reform o f the Calendar cit., pp. 243-54: 250; R. poole, Tim e's A l­ teration. Calendar R eform in Early Modem England, Ucl Press, London 1998, pp. 40-41, 96 . 1 prin­ cipi luterani tedeschi accettarono il nuovo calendario solo nel 1700, mentre in Inghilterra biso­ gnerà attendere il 17 5 2 . Sulla situazione inglese cfr. ibid., capp. iv-v. 21 j. heerbrand, Disputatio de adiaphoris, et calendario Gregoriano, Hocldus, Tubingae 1584, p. 3; cfr. m . A. hoskin, The Reception o f the Calendar by Other Churches, in G. v. coyne, m . a . hoskin e o. pedersen (a cura di), Gregorian Reform o f the Calendar cit,, pp. 255-64: 259-60. 22 Apud Georgium Gruppenbachium, Tubingae 158 6. M a già nel 158 3 aveva pubblicato, in lingua tedesca, un primo lavoro sul calendario. SulTintransigente opposizione scientifica e politi­ co-teologica di Màstlin, cfr. h . m . nobis, The Reaction o f Astronomers to the Gregorian Calendar cit., pp. 247-48; j. HAMEL, D ie R o lle M ichaelM astlins in der Poletnikum die Kalenderreform von Papst Gregor X III, in g . be Tsch e j . hamel (a cura di), Zwischen Copernicus und Kepler. M . M ichaelM aestlìnus M athem atica Goeppingensis, 15 5 0 -16 3 1, Deutsch, Frankfurt am Main 2002, pp. 33-63. 23 Apud Sanctium et. Soc., Romae 1588. Nel novembre 1586 Clavio aveva informato Fran­ cesco Barozzi di stare per pubblicare «un’altra operetta mia pro defensione Calendarii Gregoria­ ni contra un heretico» (CC, II, pt. I, p. 86).

indirizzata a Rodolfo II, Màstlin viene presentato come «persona in­ fetta dalla peste del? eresia ubiquitaria {homo ubiquetarìae haeresis labe infectus), che ha tentato con mezzi ingannevoli ed empi di dissolvere la còncordia della Chiesa cattolica scagliandosi contro questo egregio ed eccellente Calendario»24 Clavio: Dimostrerò che egli, nonostante si creda un linceo, ha inciampato alla cieca fre­ quentemente e gravemente nel Computo Ecclesiastico: è lui che ha affermato sconsi­ deratamente (per tralasciare il resto) che non è lecito celebrare la Pasqua durante la quindicesima lunazione, assunzione che contrasta con tutti i decreti dei Padri della Chiesa e con tutti i Concilii; e parimenti che la quattordicesima lunazione non diffe­ risce dal plenilunio, affermazione ridicola, oltre che assurda. Ecco perché Màstlin ca­ villa con tanta malignità contro il nuovo Calendario riformato grazie all’impegno e al­ la fatica di uomini dottissimi. Ecco perché insulta con tanta audacia il Massimo Pon­ tefice Gregorio. Ecco perché, còme se fosse il giudice d ’onore del mondo intero, chia­ ma a discolparsi al proprio tribunale l ’Imperatore Romano e gli altri Principi25.

i. La disputa ebbe vasta eco sia in Germania che in Italia. Da Praga JaCob Kurtz scriveva: «Aspetto con grande impazienza la tua Apologia con­ tro Maestlin, e non appena l ’avrò farò in modo che se ne stampino tan­ ti esemplari quanti ti piacerà, e nella maniera più corretta possibile»26. Dà Venezia fu il gesuita Antonio Possevino a intervenire sulla questio­ ne polemizzando con Màstlin27, che replicò con un nuovo scritto respin­ gendo punto per punto le critiche mossegli28. N el settembre del 158 8 è

24Ibid.j p. 130 . La tesi ubiquitaria, ovvero la reale presenza di Cristo nell’ostia durante la co­ munione (senza fare ricorso al miracolo della transustanziazione), era una delle principali tesi che differenziavano la teologia luterana sia da quella calvinista che da quella cattolica. A questo pro­ posito cfr, p. ba rker , The Rote ofR eligion in thè Lutkeran Response to Copemicus cit., pp. 60-61. 25 C C, II, pt. I, p. 13 2 . 2ùIbid., p. 12 2 : lettera a Clavio, 18 marzo 1588. Nel giugno dell’anno seguente Claudio Fran­ tone scriveva al matematico gesuita di aver letto con «grandissimo contento»IlA p o lo g ia contro Mastlin, «nella quale hò vedute molte cose [...] e fra l’altre che V. R. dica non mancare molti huomini dottissimi, che giudicano, e tengono per piu vere le tavole Alfonsine, che le Pruteniche. A n­ zi; che vi sia un valent’huomo Dano [Tycho Brahe], che con le sue osservationi habbia conosciu­ to, che molto piu si avvicinano al vero quelle, che queste. Perché per dirle ancora quel poco ch’io posso sentirne, non mi sono mai piaciute quelle suppositioni del Cupernico, et ho a schivo di le­ cerlo, ancorché nel resto sia stato maravigliosissimo d’ingegno, e di dottrina» (ibid., p. 138: 13 giu­ gno 1589). Il giudizio di Clavio su Tycho figura nel capitolo iv Apologia. 27 Nella seconda edizione della sua Moscovia et alia opera de stata huius secali adversus Catholicele Ecclesiae hostes ([Colonia] 1587) Possevino era intervenuto contro le posizioni espresse da M a­ stlin sulla riforma del calendario (p. 223). 0; 28M. màstlin , Defensio alterius sui examìnìs [.. J Adversus cuiusdam Antonìì Possevini Iesuitae ineptissimas elusiones, apud Georgium Gruppenbachium, Tubingae 158 8. Clavio difese le posizio­ ni-dei Possevino in un’appendice alla sua Apologia del 158 8: Appendix qua Antonìus Possevinus e Sócietate Iesu defenditur, et summa totius Apologia explicatur. L ’Appendix sarà ripubblicata nel 16 12 còl titolo Defensio Antonìì Possevini e Sócietate Iesu contra Michaelem Maestlinum, nel voi. V delle Opera mathematica (pp. 117-22). Sullo scrìtto del Possevino e il successivo intervento di Clavio cfr. CGj II, pt. II, pp. 80-82.

B e rn a r d in o B a ld i a r iv o lg e rs i a C la v io p re g a n d o lo d i in v ia rg li le in fo r ­ m a zio n i in su o p o ssesso re la tiv e a « t u t t i q u e i fa m o si ch e d a le i so n o s ta ­ ti co n o sciu ti, c o s i G e r m a n i e fra n c e s i e sp a gn u o li co m e Ita lia n i» 2’ , ch e gli sa re b b e ro sta te u tilissim e p e r q u e lla « h is to r ia d e ’ m a te m a tic i» alla q u ale sta v a d a te m p o la v o ra n d o . « O lt r e a ciò - so g g iu n g e v a - la p re g o [ . . . ] a ra g g u a g lia rm i p iù in p a rtic o la re n e l fa tto d e la co rre ttio n e d el a n ­ no, co m e sa reb b e a d ire fa r u n p o c o d ’ h is to r ie tta d i se i o o tto c a rte c h iu ­ d e n d o v i le ca g io n i ch e m o ssero il P a p a , la v a r ie tà d e p a re ri p iù fa m o si, il m o d o d e la d e te rm in a tio n e l ’o b ie tio n i ch e so n o sta te fa t t e , e t il n o m e se p u ò d i tu tti q u elli ch e co n q u alch e lo d e v i si so n o a ffa t ic a t i» 54. L e n o ti­ zie rich ie ste e u n a re la zio n e sulla rifo rm a d el ca le n d a rio v e n n e ro c o n o g n i p ro b a b ilità in v ia te d a C la v io d i li a p o co e fu ro n o p ro n ta m e n te in se rite nella

V ita

d el g e su ita co m p o sta d a B a ld i l ’ an n o se g u e n te . Il g iu d iz io su

M à s t lin n o n si d is c o s ta v a d a q u e llo

àcWApologia

d i C la v io . T u b in g a ,

« c it t à h e r e tic a d i G e r m a n ia » 51, e ra d e g n a m e n te ra p p re se n ta ta d a l su o il­ lu stre m a te m a tico , il q u ale « a g ita to d a sp irito d ia b o lico e t im p a tie n te de la fe lic ità d e la C h ie s a , te n tò co n tu tte le v ie d ’ o p p o rsi a q u e sta em en d a tio n e , e d i d istru g g e re quello ch e m e d ia n te i m in istri suoi era sta to fa b ric a to d a lo S p ir ito S a n t o » 52. D i c o n tro all’ « a m m a n ta ta ig n o ra n z a e l ’in ­ fru ttu o sa fa c o n d ia d ia b o lic a » d e ll’ « h e r e tic o » , sta v a n o le « a c u tiss im e r a ­ g io n i» , « l a sa p ien za et e lo q u e n z a a n g e lic a » d e l m a te m a tico gesu ita53:29 1 30

29lbid.> pt. I, p /12 9 . 30Ibid. 31 b . baldi, L e vite de* matematici, a cura di E. Nenci, Angeli, Milano 1998, p. 566. Che la ste­ sura della Vita del Clavio risalga al 1589 si evince da un passo a p. 565. Alla morte del Baldi Le Vi­ te rimasero inedite. Furono pubblicate in ordine sparso a partire dai primi anni del Settecento. Per una biografia di Bernardino Baldi si veda l’ottima ricostruzione fornita da Nenci (pp. 11-52), a cui si rinvia per ulteriori informazioni bibliografiche. 32 Ibid. E subito dopo: «Publicò un’operetta in lingua tedesca, ne la quale tentava di recidere le radici al nostro Calendario emendato, ma vedendo che poco danno haveva il suo latrare appor­ tato a l ’opera Apostolica, armando di nuovo la rabbia, et incitando sé medesimo a l’ingiurie, mandò fuori un nuovo Essamine scritto in lingua latina, nel quale con superbissima inscrittione si persua­ de d ’haver mostrato, com’egli dice, da i fonti medesimi che il nostro Calendario da noi stimato emendato già ne’ fondamenti sia falso e ripienissimo d’errori. Publicossi quest’opera per la Ger­ mania, e giunta a la corte de l’Imperatore Cristianissimo e protettore de la Chiesa romana, il qua­ le maravigliandosi de l’audacia de l’heretico, et abominando le bestemmie e l’ingiurie che troppo sfacciatamente vomitava contro la Santità del Sommo Pontefice e gl’instituti de la Chiesa, operò col mezzo di Giacobo Curtio da Senftennaux, huomo nobilissimo et esperto de le cose astronomi­ che, il quale veniva mandato da lui ambasciatore a Sisto quinto, che il nostro Cristoforo volesse rintuzzare l’orgoglio di questo calunniatore, e ripercuotere quegli spiriti che come nuovi giganti tentavano di porre monti sopra monti per espugnare l’invincibile fortezza de la Chiesa» (ibid.} pp. 566-67). I passi, come avverte puntualmente Nenci, sono tratti quasi alla lettera dalla dedica a Ro­ dolfo II con cui si apre VApologia di Clavio. ” Ib id .} p. 567. «Al quale secondo libro [deh'Apologia] aggiunse un’appendice, nel quale diffende da’ morsi del detto heretico un Antonio Possevino Giesuita, il quale fattosi contro a l’ au-

Scrisse dunque contro il detto herético un'Apologià cosi dotta et arguta, che ben può argomentarsi da le cose contenute in lei quanto sia forte il vero, e quanto superi la sapienza et eloquenza angelica T ammantata ignoranza e ,1’infruttuosa facondia diaboli­ ca. Voleva il Maestlino che rea fosse Temendatione de Tanno (e questa opposizione te­ neva per validissima contro gli emendatori) per non confrontarsi fino ad un puntino coi veri moti celesti. A l che rispose il G avio ne la sua Apologia con acutissime ragioni, alle­ gando la difficoltà del fatto, l’inegualità et incertezza de’ moti, le varietà che si ritrova­ no ne’ calcoli de’ principali astronomi de’ nostri tempi, e l’impossibilità del conseguir­ ne precisamente il vero, oltra molte altre ragioni cosi vive, che non lasciano a Taversario entrata alcuna al confutarle. Aggiunge l ’autorità di molti astrologò e di quelli prin­ cipalmente che hanno scritto di materie appartenenti al Calendario Romano secondo il costume de la Chiesa, come sono il Campano, lo Stollero e Pavolo di Midelburgo34.

Galileo era perfettamente al corrente della polemica Clavio-Màstlin. Scriveva l’ 8 gennaio r588: «Sto aspettando intendere che il suo tratta­ to sopra l’emendazione dell’ anno sia uscito in luce»’5 «Quanto al Trat­ tato del calendario - gli rispondeva Clavio - l’ho finito, ma l ’ho da ri­ vedere co ’1 Cardinale di Mondevi [...]. M ’avvisi con che via gli potrei inandare uno, quando sarà stampato, ché gli manderò volentieri uno»36. E il primo scambio di lettere con il gesuita, che segue di poche settima­ ne la conclusione del primo soggiorno romano durante il quale Galileo aveva avuto occasione di conoscere e di stringere amicizia con il famo­ so matematico. E lo scritto a cui si fa riferimento nelle lettere non è al­ tro che l ’Apologià di Clavio «adversus Michaelem Maestlinum». ] Quando gli giunse il Mysterium Cosmographicum Galileo non aveva prima di allora mai sentito parlare del suo autore, mentre gli era certa­ mente noto il nome del suo maestro, che Keplero citava ed elogiava pro­ prio in apertura della Praefatìo. « A Tubinga, da sei anni, io ho lavorato sotto la direzione del molto celebre Maestro Michael Maestlin»37 E an­ cora, poche pàgine dopo: «Presento questa scoperta sotto la forma del presente opuscolo con l’approvazione del celebre matematico Maestlin»38. dacia di lui Thaveva punto infino al vivo, prima con chiamare il Mestlino heretico, dopo col dire che da Tìnscrittione medesima del detto suo Escomine si poteva conoscere la vanità de Theretico ét il ventoso ingegno di lui» (p. 571). Ì4ìbzd.y pp. 567-68. 35 O G , X , p. 23; CC, II, pt. 1, p. 116 . La lettera, venne recapitata a Clavio da Cosimo Conci­ ni, che Galileo definisce «mio amorevolissimo padrone». Sul fiorentino Concini, funzionario di curia e futuro ambasciatore del Granduca di Toscana presso la corte di Rodolfo II, cfr. D BI, ad vocemy a cura di P. Malanima, 36 O G , X , p. 24; C C , II, pt, 1, p. 1 1 7 : lettera del 16 gennaio. Anche Pinelli era da tempo al corrente della decisione di Clavio di rispondere a Màstlin: cfr. g. v. pinelli e c. dupuy , C orre• spondance cit., I, pp. 358-59: lettera del 24 novembre 1586. 37 K G W , I, p. 9. >sI b ì d p. 13 . M i sono limitato a citare i passi tratti dalla Praefatìo che Galileo dichiara di aver letto. Poche pagine dopo, nel capitolo 1, Keplero si riferiva di nuovo a Màstlin, e a Copernico: «Non è tuttavia per caso né senza la considerevole autorità del mio Maestro, il molto celebre astro-

Insomma, non potevano esserci dubbi: il «celebre matematico», maestro del giovane copernicano, non era altri che rirriducibile avversàrio di Clavio, T«heretico» pertinace e calunniatore della Chiesa di Roma. Quando ci troviamo di fronte a un lavoro giovanile, a un'opera di esor­ dio, spesso siamo tratti in inganno da ciò che sappiamo essere successo do­ po; cosi di fronte a un'opera come il Mysterium, siamo indotti in errore da ciò che il grande astronomo tedesco ha rappresentato, dimenticandoci una verità elementare: che quell'opera venne percepita dai contemporanei in­ nanzitutto come l ’opera prima di un giovane astronomo luterano, disce­ polo di Màstlin. Si tratta di un particolare per niente irrilevante, a cui se ne deve aggiungere un secondo che aggravava ancora di più la posizione di Keplero, e cioè che a partire dall'anno precedente tutti gli scritti del ma­ tematico di Tubinga erano all'Indice. Nell'Indice dementino il nome di «Michael Mestlinus» figura infatti tra gli autori della Prima Classe, cioè tra gli «autori dannati», «quorum opera edita et edenda prohibentur»39 Il silenzio e la cautela di Galileo erano dunque d ’obbligo, anche per questo motivo. Nessun rapporto duraturo poteva essere mantenuto con chi era discepolo di un eretico, e per di più di un eretico cosi audace, che aveva aperto una lunga e aspra polemica con il più celebre e autorevole dei matematici cattolici. Meno che mai era opportuno stabilire forme di collaborazione su una questione cosi spinosa come quella copernicana. Non sono particolari di poco conto, che introducono nuovi elementi di giudizio e che fanno vedere i rapporti Galileo-Keplero sotto un'altra lu­ ce, rendendoli ancora più intricati e opachi (cosi come, per motivi ana­ loghi, lo saranno quelli dell'4eretico’ Tycho con l'Italia). Se da soli non bastano certo a spiegare’ la loro vicenda, possono però servire a ricollo­ care la loro storia in un quadro più vasto, dove non esistono universi cul­ turali rigidamente separati e da cui non si può prescindere se si vuole pro­

nomo Mästlin, che io ho abbracciato questa scuola» {ibid., p. 16). Tra l’altro, non è da dimenticare che il Mysterium era stampato a Tubinga da Georg Gxuppenbach, che aveva pubblicato le prin­ cipali opere di Mästlin, Hafenreff er, Heerbrand (cfr. j. kepler , L e secret du monde cit., pp. 234235, nota 5). Né va trascurato il fatto che anche l ’ autore della Narratio Prima figurava all’Indice già dal 155 9 . E questo perché Rheticus era considerato «discepolo di Oswald Schreckenfuchs e condiscepolo di Conrad Gesner» (j. m . de bujanda (a cura di), Index des livres interdits, Centre d’Etudes de la Renaissance - Droz, Sherbrooke-Genève 1985-96, V III, p. 478 (n. 3 3 1); IX , pp. 8 16 , 877). Cfr. M.-p. LERNER, L ’«hérésie» héliocentñque: du soupçon à la condamnation, in Sciences et religions de Copernic à G alilée (15 4 0 -16 10 ) cit., pp. 69-91: 75. 39Index Ubrorum prohibitorum, apud Impressores Camerales, Romae 1596, p. 33. Cfr. j. m . de bujanda (a cura di), Index des livres interdits cit., IX , p. 663. Sul ruolo svolto dall’Indice dementi­ no e sull’inasprimento delle misure e dei controlli censori, cfr. v. Frajese , La revoca dell'Index sistino e la curia romana (158 8 -159 6 )y in «Nouvelles de la République des Lettres», 1986, n. 1 , pp. 15-49; g. FRAGNiTO, La Bibbia a l rogo cit., capp. v-vn. Con particolare riferimento a Venezia, si ve­ da p . F. GRENDLER, L ’inquisizione romana e l ’editoria a Venezia cit., pp. 355-93.

vare a decifrare, superando la genericità di tante ricostruzioni sommarie, gli impervi e spesso sotterranei percorsi che nuove scienze e nuove filo­ sofie dovettero di volta in volta costruirsi nell'età della Controriforma.

2. Lo scontro tra Italia e Germania sulla questione del Calendario, che oppose matematici e teologi cattolici come Clavio e Possevino a mate­ matici e teologi luterani come Mästlin e Heerbrand, non fu un caso iso­ lato. Tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento la que­ stione religiosa permeava ogni aspetto della vita politica e culturale, finò al punto da influenzare pesantemente non solo progetti filosofici e scientifici ma anche ogni forma di comunicazione. I dispacci che amba­ sciatori e nunzi apostolici residenti in Germania e in Boemia inviavano periodicamente alla corte romana e ai principi di mezza Europa rendo­ no bene il clima di quegli anni e quanto, anche sul piano culturale, lo scontro tra riformati e cattolici assumesse un rilevante valore strategi­ co. La conversione di eretici illustri - politici, diplomatici, teologi, filo­ sofi, artisti - costituiva uno degli obiettivi primari del programma di ri­ conquista che la 'm ilizia’ cattolica capeggiata dai gesuiti stava condu­ cendo massicciamente. E i successi riportati nell’ultimo decennio del se­ colo spingevano la Chiesa di Roma a intensificare gli sforzi in questa di­ rezione. I «grandi acquisti» ottenuti tra le fila di calvinisti e luterani ne rafforzavano potenza e universalità rispetto allo spettacolo assai poco edificante che gran parte delle Chiese riformate davano di sé, indeboli­ te da lotte intestine e lacerate da continue polemiche e divisioni. La lettera che nel luglio del 159 2 il nunzio Cesare Spedano spediva da Praga alla corte papale è sintomatica della battaglia culturale in corso: Si è fatto hora qui in mano mia un’abiuratione d ’un herético principalissimo et Dottore dell’Università di Norimbergo, et tenuto il piu dotto che fosse in quella Università, et in tutta Sassonia, secondo che mi hanno detto questi Padri Giesuiti che me l’hanno condotto, li quali mi assicurano che è stato fatto un grande acqui­ sto, massime se si farà sacerdote come ha animo di farsi, et dimane che è festa io lo communicherò publicamente nella chiesa dei Giesuiti, ove sarà gran concorso per vedere quest’huomo40.

40n . mosconi (a cura di), La nunziatura dì Praga di Cesare Spedano (159 2-159 8 ) nelle carte ine­ dite vaticane e ambrosiane, Morcelliana, Brescia 19 6 6 -6 7, 1, p. 70. L ’«eretico principalissimo» a cui si fa riferimento è il teologo calvinista Johann Lange, che abiurò alla presenza del cardinale Spe­ ziano il 2 1 luglio 1592.

I collegi dei gesuiti e il ducato di Baviera, che Spedano definiva il «se­ minario dei Principi Catholici di Germania»41, erano gli avamposti della riconquista. M a anche le notizie che giungevano dalla Polonia erano assai incoraggianti. «G li scolari in Cracovia - scriveva Yambasciatore Concini l’8 giugno 1598 - [...] devono haver preso sopra un carro quel Sozzino heretico con i libri, et insieme con quelli volsutolo abbrusciare, ma non li è succeduto, essendo stato trasfugato da alcuni baccalaurei, sebene è sta­ to malissimo concio dalle bastonate»42. La casa di Fausto Sozzini venne devastata e i libri e le carte distrutte, e l'eretico italiano salvato in extre­ mis grazie airintervento di alcuni professori dell'università, che riusciro­ no con fatica a sottrarlo alla collera degli studenti cattolici43. In quegli stes­ si anni i commissari pontifici nominati dall’Arciduca Ferdinando caccia­ vano dalle città della Stiria e della Carinzia i predicatori luterani44, men­ tre a Praga anche l 'Imperatore sembrava «ottimamente volto»45, e questo suo inatteso pronunciamento veniva salutato con entusiasmo da ministri e diplomatici cattolici. Scriveva ancora Concini al Granduca di Toscana: Le cose della Religione Cattolica vanno ogni giorno pigliando miglior forma, et di già è stato intimato al Sig.r Pietro di Rosembergh che licentij li suoi predicatori piecardi, et alTHoffman, presidente della Camera, che comparendo in cancellaria bohema dica la cagione perché habbia contrafatto alli stabilimenti del Regno, intertenendo predicanti heretici, havendo soggiunto a questo, che sotto gravissime pene deva levar tutti quelli che saranno ne i suoi luoghi, essendo risoluta la Maestà sua di non voler per­ mettere altri che catholici, et subutmque. E t per levare ogni occasione di fomentar he­ retici, non vuole che alcuno fuor di questi habbia gradi di dignità, et questa settimana ha dichiarato cinque offitiali principali [...], et tutti sono catholici, havendo in oltre nella Moravia fatto simili intimai ioni a Baroni principali di quella Provincia46

L'atteggiamento di Rodolfo II a favore della causa cattolica fu in gran parte determinato dall'abile opera di convincimento condotta dal nun­ zio Filippo Spinelli47 Tuttavia non si trattò di un’influenza duratura e

41 Ibid., p. 196. Su di lui cfr. p . carta , Nunziature ed eresia n el Cinquecento cit., cap. iv. 42 A SF, Mediceo del Principato 4355, cc. 2100-21 ir. 43 Sulla vicenda cfr. d . canttmori, Eretici italiani d el Cinquecento e altri scrìtti, a cura di A. Pro­ speri, Einaudi, Torino 1992, p. 405 ( i a ed. Sansoni, Firenze 19 39 , P* 4 I 9)< 44 Cfr. A S F , Mediceo del Principato 4356, cc. 5170 , 5910: C. Concini a Ferdinando I, lette­ re del 23 ottobre e 4 dicembre 1600. 45 Ibid., 4355, c. 370: C. Concini a Ferdinando I, 16 febbraio 1398. 46Ibid., c. 799r-v: C. Concini a Ferdinando I, 30 agosto 1399. 47 R. j. w . evans , Rodolfo II d'Asburgo. L'enigm a d i un imperatore, il Mulino, Bologna 1984, pp. 92 sgg. [ed. or. R u d o lf II and bis W orld. A Study in Intellectual History 15 7 6 -16 12 , The Cla­ rendon Press, Oxford 1973]. Secondo Hugh Trevor-Roper, Rodolfo II «non era né cattolico né protestante; anzi, non era affatto religioso» (Prìncipi e artisti. Mecenatismo e ideologìa alla corte de­ gli Asburgo (15 17 -16 5 3 ), Einaudi, Torino 1980, p. 1 2 1 [ed. or. Princes and Artists. Patronage and Ideology at Pour Habsburg Courts 15 17 -16 3 3 , Thames and Hudson, London 1976]).

b e n salda, co m e d im o stra il p ro v v e d im e n to d i esp u lsio n e d e i C a p p u c c i­ n i d a P r a g a o rd in a to n e ll’ e state d e l i ó o o 4*

Come ricorda nelle sue memorie Lorenzo da Brindisi, il principale protagonista dell’insediamento dei Cappuccini in Boemia, Praga era al­ lora «città piena tutti di heretici». Quando, nella primavera del 159 9 , su richiesta dell’arcivescovo di Praga, Clemente V i l i decise di inviare una dozzina di esperti predicatori e teologi sotto la guida di padre Lorenzo, «a gl’heretici pareva di vedere huomini mostruosi», «non essendo pili in quella città stati veduti Religiosi con tal abito»45 In un primo momento l’Imperatore, che a causa del diffondersi della peste a Praga aveva già da alcuni mesi lasciato la città, si era mostrato favorevole. M a pochi giorni dopo il suo rientro mutò opinione, fino al punto da decretare la loro espul­ sione. L ’atto destò scalpore e dette luogo a una ridda di voci e di insi­ nuazioni sullo stato di salute dell’Imperatore, sul suo carattere enigma­ tico e instabile e sulle ‘cattive’ influenze che potevano aver determinato una simile scandalosa decisione. La «gran persecutione contro Ì frati» fu attribuita a una regia accorta, a consiglieri eretici pronti a tutto pur di mettere in difficoltà l’Imperatore e recar «pregiudicio alla Religione catholica». Come osservava Lorenzo da Brindisi, «strepitando gl’hereti­ ci che contro i statuti del regno era stata introdotta gente nuova senza saputa de stati eletti e senza Dieta [...] facevano instanza all’Imperato­ re che fussero scacciati del Regno, e servendosi d ’un aiutante di camera di S. M. chiamato il Machoski calvinista fino, per mezzo d ’instrumento si buono facevano gran furia a S. M. per l’espuìsion nostra»4 50. 9 4 8 L

’affaire fu

segu ito in Ita lia co n p artico lare app ren sio n e. D a p iù p a r­

ti n o n si n a sc o n d e v a in fa tti il tim o re ch e p e rso n a lità d i fe d e rifo rm a ta v ic in e all’ Im p e ra to re fo sse ro all’ o rigin e d i p ro v v e d im e n ti co si scia g u ra ­ ti. P e r il C o n c in i « i giu d itij et i d isco rsi son m o lti [ . . . ] . Io ten go ch e sia

48Fu lo stesso Rodolfo, sotto l ’influenza di Lorenzo da Brindisi, a chiamare a Praga i cappuc­ cini. Ma a questo proposito è utile riferire la testimonianza del margravio di Ansbach: «Quando vennero i cappuccini, sua Maestà disse “ come mi tediano i furbastri! non riusciva più a soppor­ tare nessun fervorino spirituale [...]. L ’Imperatore stesso disse a chi scrive: “ So bene che essi mi­ rano alla mia sovranità- per loro non sono abbastanza cattolico” ». E proseguiva: «Opinione dei principali uomini della corte è questa: PImperatore sta male perché S. Maestà da otto anni si è in­ teressato alla negromanzia e si è occupato in particolare di farsi apprestare uno speculum pbilosopbicum e che ancora corra dietro a queste cose e che sia anche posseduto da spirito maligno co­ me a furiis» (cit. in r . j . w. evan s , Rodolfo II d >Asburgo cit., pp. 156-57, note 32 e 37). 49lorenzo da brindisi, Opera omnia, voi. X , pars II: Sermones de tempore, adiectis opusculis, ex Officina Typographica Seminarii, Patavii 1956, p. 360. «Le risate e le beffe che si facevano de nostri frati erano senza fine, e posero loro nome Rosacei ch’in quella lingua vuol dire discalzi. Non mancò chi andasse dietro a frati a tirarli il capuccio e far loro altre insolenze» (ib ìd .). 50Ibid., p. 362.

tutta melancolia [...]. Alcuni dubitano di qualche vessatione di spirito, et Tessersi dilettato di astrologia, mathematica, et forse negromantia le può haver nociuto molto»51. Il nunzio apostolico Filippo Spinelli in un dispaccio del 23 ottobre esprimeva tutta la sua preoccupazione: « L ’im­ peratore sta ogni giorno peggio, et dà segni più certi di demenza et di essere obsesso dal demonio, se ben ha lucidi intervalli, et in quelli mo­ stra memoria et giudizio». E in un’altra lettera sempre inviata a Roma: «Continua TImperatore nelThumore di scacciare li Cappuccini di li; di­ ce non solo esser spia di N. S. ma che Tincitano, et dopo haver tentato TArcivescovo di Praga che l[i] licentij, ha fatto dire per Carlo Lictistano allo Steremberg giudice del Regno, che trovi modo di mandarli via, altrimenti che lo trovarà esso; et intendo che lo Scilinzicchi, et un altro Sterembergh, Presidente della Camera di Bohemia, pur calvinista, han­ no offerto a S. M. che contentandosi troveran modo di mandar via non solo li Cappuccini, ma tutti i preti et frati di questo Regno»52. M a quello che più interessa è che nella vicenda fu coinvolto anche Tycho Brahe, accusato dagli stessi frati di aver 'consigliato’ Rodolfo II e, dunque, di essere stato uno dei principali responsabili della loro cac­ ciata. E Lorenzo da Brindisi a chiamarlo in causa, e pesantemente: S ’ agiunse a questo che ritrovandosi in Praga un heretico ch ’era astrologo fa­ mosissimo, chiamato il Ticobra, stimatissimo dall’ Imperatore, costui disse a S. M . che si guardasse perché doveva morire per mano d ’un mostro, e dimandato da S. M . che mostro poteva essere questo, rispose che non haveva veduto cosa'piu mo­ struosa de’ capuccini. Il che all’ Imperatore, ch ’era di natura tetrica e sopra modo melanconica, fece impressione grandissima et incominciò non solo a dire, ma a co­ mandare a ministri del Regno che mandassero via i Cappuccini” .

Le voci di un suo passibile coinvolgimento resero ancor più proble­ matici i rapporti di cooperazione che proprio in quel tempo Tycho stava tentando di stabilire con matematici e principi italiani. G ià sul finire del 1599, a conclusione del viaggio di Tengnagel in Italia, gli erano giunte precise richieste relative alla sua professione di fede. Da Roma Cristoforo Clavio aveva posto il problema esplicitamente e le assicurazioni che ave­ va ricevuto in proposito non erano state sufficienti a tranquillizzarlo: 51 A S F, Mediceo del Principato 4356, c. 5057, 22 ottobre 1600. La missiva era tutta concen­ trata suìY affaire: «Doppo il primo inserto, fece intendere di nuovo all5Arci Vescovo S. M .tà che mandasse via i Cappuccini, il qual rispose, che senza darne parte a Roma non poteva; li replicò S. M .tà che li facesse partire, o partisse egli, ma poi ordinò che soprassedesse». E il Concini non man­ cava di riferire episodi a dir poco inquietanti: «Ad un ministro - proseguiva ~ domandò se le sa­ rebbe fedele, rispondendole che si sopra la comunione, che aveva presa, disse, adunque vi s[i]ete comunicato, et si ritirò alquanti passi indietro» {ibid). 52 losenzo da brindisi, Opera omnia cit., p. 363.

50Ibid.

«N on è il caso - gli scriveva Tengnagel il 24 gennaio 1600 - che V. P. si astenga dal-rispondergli a causa della diversità della religione che mi ha notificato (apudme insinuatemi). Il Signor Tycho, infatti, come già un'al­ tra volta le ho accennato, non si è mai legato ad alcuna particolare setta tanto da disconoscere la tradizionale religione cattolica, al contrario di ciò che hanno fatto in molti altre volte pur provenendo da quelle origi­ ni»54. Clavio non rispose alla lettera che Tycho gli aveva inviato il 5 gen­ naio 1600, né a quella di Tengnagel. E se per lo scienziato gesuita le di­ vergenze di carattere cosmologico erano certamente dei buoni motivi per lasciar cadere ogni tipo di contatto, il coinvolgimento dell’eretico dane­ se nelle vicende praghesi non fece altro che aggravare la sua posizione. Il viaggio di Tengnagel, intrapreso nel novembre del 159 8 , era stato preparato con cura dall’esule Brahe55 allo scopo di riallacciare i rapporti con astronomi e principi interrottisi dopo la partenza di Gellius, nella speranza di trovare protettori potenti56. A Bologna incontrò M agini, con cui rimase in amichevole corrispondenza per lungo tempo, e a cui conse­ gnò una lettera di Tycho e rultim a sua opera, YAstronomiae instauratae mecbanicOyCon allegato un esemplare manoscritto del «grande catalogo stellare»57. A Firenze fu ricevuto dal Granduca Ferdinando I58 e a Roma, dove soggiornò a lungo, incontrò, come abbiamo visto, Cristoforo Cla­ vio59 A Venezia riprese le trattative per la realizzazione della spedizio­ ne astronomica in Egitto60, fece dono al Doge e al Senato delle Mechanica e del catalogo stellare, ricevendone in cambio la nomina a cavaliere dell’Ordine di San Marco61. A Padova, infine, incontrò Galileo e con lui ebbe modo di discutere a lungo dei lavori del suo Maestro.

54 C C , IV , pt. I, p. 109: F. Tengnagel a C. Clavio, 24 gennaio 1600. 55 Dal 159 6, con la proclamazione a re di Danimarca del figlio di Federico II, Cristiano IV , Tycho e la sua famiglia persero gradualmente tutti Ì privilegi reali di cui godevano. Nel marzo del 1597 fu costretto a lasciare Pisola di Hven e Panno seguente, accolto l ’invito dell’umanista e me­ cenate luterano Heinrich Rantzau, si trasferì nel suo castello nei pressi di Amburgo, dove rimase fino al settembre del 1598. Poi fu la volta di Dresda e di Wittenberg; infine, nel giugno del 1599, fu a Praga, dove venne accolto da Rodolfo II e rimarrà fino alla morte (24 ottobre 1601). 56 Sul viaggio di Tengnagel in Italia cfr. w . norlind, Tycho-Brahe et ses rapports avec VItalie cit., pp. 53 sgg.; v. e . thoren, The Lord ofU raniborg.ABiogm pby o f Tycho Brahe, Cambridge Uni­ versity Press, Cambridge 1990, pp. 405-6. 57 Cfr. CM , pp. 217-223: Brahe a G . A. Magini, 28 novembre 1598; w , n o r l in d , Tycho-Brahe étses rapports avec Tltalie cit., p p . 53-54. 58Cfr. a . f a v a r o , Ticone Brahe e la corte di Toscana c it ., pp. 2 13 - 15 . 55 Cfr. anche C C , IV , pt. 2, p. 52 , nota 5; p. 58, nota 1. 60 Cfr. supray cap. n. 61 II decreto di nomina (in ASVen, Cancelleria Ducale, Privilegi dei Cavalieri di S. Marco) ri­ sale al maggio 1599 ed è riportato in w . norlind, Tycho-Brahe. En levnadsteckning cit., pp. 37576. La copia delle Mechanica seguita dal catalogo manoscritto delle stelle fisse, con dedica al doge

È lo stesso discepolo a informare Tycho della discussione che viene fatta delle sue opere nella cerchia degli amici di Pinelli, e in particolare proprio da parte del matematico dello Studio: e che già allora Galileo nutrisse non pochi dissensi lo si evince dalla lettera che P astronomo da­ nese gli inviò nel maggio del 1600. Tycho gli si rivolse con fare amichevole ma fermo nei propositi, com­ portandosi come chi sa di avere raggiunto fama e successo e di non ave­ re ormai avversari temibili di fronte a sé. Le informazioni che Tengnagel gli aveva inviato durante il suo soggiorno padovano chiamavano in causa la sua corrispondenza con Rothmann contenuta nelle Epìstolae astronomicae. M a i dissensi e le obiezioni di cui era venuto a conoscen­ za dovevano certamente essere il frutto più di fraintendimenti che di saldi convincimenti. Sicuro che tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi, decise di scrivere direttamente a Galileo, inviandogli un breve elenco dei vantaggi del suo sistema del mondo rispetto a quello tolemaico e copernicano e invitandolo a discutere con lui dei dubbi e dei disac­ cordi maturati nella lettura delle Epistolae: Poiché ho appreso dal nobile adolescente Francesco Tengnagel, membro della mia famiglia ora di ritorno dall’Italia, che l’eccellenza vostra ha scorso il nostro pri­ mo tomo delle Epistole Astronomiche trovandovi alcuni punti dei quali desidere­ rebbe discutere con me, certamente io non mi sottraggo; anzi, qualunque cosa V o ­ stra Eccellenza voglia mettere in discussione, mi sarà graditissimo conoscerla, e mi troverà prontissimo alla risposta secondo il mio costume. Sia che si tratti della no­ stra ipotesi delle rivoluzioni celesti, che pone il Sole come centro delle orbite dei cinque pianeti e invece la Terra, in quiete, come centro dei soli due luminari, non­ ché di quella che viene chiamata ottava sfera; [...] sia che si tratti del catalogo del­ le stelle fisse; sia delle comete, [...] sia di qualunque altra cosa menzionata in quell’opera che l’Eccellenza Vostra voglia discutere con me62.

Marino Grimani, si trova alla Bodleian Library (ms. 2783s): eh . A summary catalogue o f Western Manuscripts in the Bodleian Library at Oxford, voi. II, pt. 1> Clarendon Press, O xford 19 2 2, pp. 538-39. Venne donata alla Biblioteca da Henry Wotton in data 13 agosto 16 3 3. L ’informazione è anche in r . j . w . evans , Rantzau and W eber cit., p. 268, nota 8. La copia dedicata al Senato della Repubblica, confezionata in un’elegante legatura di raso verde e con le tavole degli strumenti astro­ nomici magnificamente dipinte ad acquarello, è conservata in BM V, Ms. Lat., classe V ili , X X X V I (2686). Cfr. C C, IV, pt. II, p. 60, nota io ; w . norlind, Tycho-Brabe etses rapports uvee VItalie cit., pp. 60-61. 62 O G , X , pp. 79-80: Brahe a Galileo, 4 maggio 1600. L ’originale è in BA M , ms. G 2 7 1 inf., c. 32r. Lo stesso giorno in cui Tycho inviava la lettera a Galileo ne inviava una anche al Grandu­ ca di Toscana: cfr. infra, p. 88. Su questo punto la mia interpretazione diverge da quella di Biagioli 0G alileo, Courtier cit., pp. 54-55), secondo il quale sarebbe stato Concini a parlare a Tycho di Galileo e a sollecitarlo a mettersi in contatto («it was probably Concini who showed off to Tycho by talking about the great young mathematician who was his client», p. 55). La lettera di Tycho a Galileo (con l ’intermediazione dell’ambasciatore Concini) si ridurrebbe dunque a uno dei tanti esempi di patronage, in cui «patrons [in questo caso Concini] played an active role in establishing or maintaining communication among scientists» {ibid). Credo invece che le ragioni della visita di

L a le ttu ra d elle

Epistolae -

il m o d o in cu i T y c h o ‘liq u id a v a ’ R o th -

m a n n e , c o n lu i, la c o sm o lo g ia c o p e rn ic a n a - n o n p o te v a o v v ia m e n te ch e su scita re fo r ti d issen si in G a lile o . M a G a lile o n o n risp o se a T y c h o . A n c h e in q u esto ca so si m o strò p ru d e n te , p re fere n d o n o n im p egn arsi in u n c o n fr o n to d ire tto , c h e tu tto fa c e v a p re v e d e re sa re b b e sta to lu n go e in fru ttu o so . E p o i an ch e le n o tizie ch e tra p elava n o sul su o co n to in m e ­ rito alla c a c c ia ta d e i c a p p u c c in i d a P r a g a n o n co n sig lia v a n o ce rto d i in ­ tra p re n d e re u n a co rrisp o n d e n z a c o n l ’ ‘ e re tic o ’ d an ese. C o m e a b b ia m o v is to T y c h o n u tr iv a p r o g e tti a m b iz io si, p a r i all’ alta c o n sid era zio n e ch e a v e v a d i sé e d ella gen erale rifo rm a d e ll’ a stro n o m ia ch e s ta v a c o n d u c e n d o a te rm in e . L a v a s t a ca m p a g n a d i a u to p ro m o z io ­ ne e d i p ro p a g a n d a a v v ia ta o rm a i d a u n d e c en n io a v re b b e d o v u to p e rò fo rn ire b e n a ltri risu lta ti d a q u elli, assai m o d e sti, ch e T e n g n a g e l gli a n ­ d a v a c o m u n ica n d o . D a u n la to M a g in i e d a ll’ a ltro G a lile o , c o n la m e ­ d ia zio n e d i G i o v a n V in c e n z o P in e lli, a v re b b e ro d o v u to co stitu ire i p rin ­ c ip a li c a n a li d i d iffu s io n e d e lle sue o p e re in t e r r a ita lia n a 65. E tr a g li o b ie ttiv i p iù s ig n ific a tiv i d e l v ia g g io d i T e n g n a g e l, o ltre alla sp e d izio n e in E g it t o , v i e ra la m essa a p u n to , tra m ite la c o lla b o ra zio n e d i M a g in i, d el p ro g e tto d i p u b b lic a z io n e d ella su a b io g r a fia sc ie n tific a . P r e c e d u ta d a u n a b r e v e sto ria d e ll’ astro n o m ia, d i cu i, o v v ia m e n te , le sue sco p erte co stitu iv a n o il m o m e n to cu lm in a n te , e ssa a v e v a lo sco p o d i c e le b ra re d e ­ gn a m e n te l ’ ero e d i ta n te e glo rio se im p re se ce le sti: u n a b io g r a fia ch e T y ­ ch o v o le v a si stam p asse p ro p rio in Ita lia e ch e M a g in i a v e v a p e n sa to d i a ffid a re alle cu re d i B e rn a rd in o B a ld i64. N e s s u n o d i q u esti risu lta ti fu ra g g iu n to : la m issio n e d i T e n g n a g e l si riso lse in u n cla m o ro so in su cce sso . N é m iglio r so rte e b b e l ’u ltim o te n -

Brahe a Concini, e le lettere che scrisse lo stesso giorno a Galileo è al Granduca Ferdinando I, sia­ no dovute a ben altri motivi. Biagioli non rammenta né il ritorno di Tengnagel in Germania, né le informazioni (ricordate all’inizio della lettera a Galileo) che Tycho aveva ricevuto dal suo allievo a proposito di un incontro non troppo felice che Tengnagel aveva avuto a Padova con Galileo, né che Tycho conosceva il nome di Galileo già da lungo tempo; cosi come non fa cenno alla lettera del 3 gennaio 1600 inviata da Tycho a Pinelli in cui l’ astronomo danese lo invitava a sollecitare G ali­ leo a entrare in corrispondenza con lui; né, infine, alle travagliate vicende relative al progetto di spedizione astronomica in Egitto. Altrettanto ingiustificata mi pare l’interpretazione fornita da Drake, secondo il quale il motivo per cui Tycho scrisse a Galileo fu determinato dal fatto «di tro­ vare all’estero uno scienziato disposto a scrivere una biografia elogiativa con la quale l ’astronomo danese intendeva colpire favorevolmente l’imperatore Galileo non rispose, probabilmente perché era al corrente di quanto si celava dietro il lusinghiero invito». Conclusione: « L ’antipatia nei confronti di Tycho manifestata nei successivi scritti di Galileo può aver avuto la sua origine in questo incidente» (G alileo . Una biografia scientìfica cit., p. 89). 63 Cfr. O G, X , pp. 78-79: Brahe a G . V. Pinelli, 3 gennaio 1600. 64Anche questo progetto non venne mai realizzato: cfr. CM, pp. 89-90; W. norlind, Tycbo-Bmhe et ses rapports avec Vltalìe cit., pp. 53-34; 1. pantin , New Philosopky and O ld Prejudtces cit., p. 246.

tativo compiuto agli inizi del 16 0 1 dal figlio primogenito, il giovane Tyge, inviato al seguito di Robert Sherley, ambasciatore del Re di Persia, presso la corte del Granduca di Toscana. I rapporti con Casa M edici trovarono infatti sul terreno religioso un ostacolo insormontabile. Proprio lo stesso giorno della lettera a G ali­ leo, Tycho scriveva al Granduca Ferdinando I nella speranza di otte­ nere gli aiuti necessari alla realizzazione della grande impresa scienti­ fica in Egitto: Desidererei moltissimo compiere alcune osservazioni celesti che in questi luo­ ghi non danno risultati certi; ma nemmeno in Italia, dove è minore che qui Tinclinazione della sfera celeste, bensì in Egitto, vicino ad Alessandria, giacché li è an­ cora meno inclinata [rispetto airorizzonte]. A tale scopo manderei il maggiore dei miei figli, che ha il mio stesso nome, un giovane di 1 8 anni che ho educato fin dall’in­ fanzia alla fatica di queste osservazioni e, come suo compagno, uno dei miei disce­ poli [Franz Tengnagel], che mi assiste con zelo e competenza da tre anni negli stu­ di astronomici, e che dell’argomento possiede ormai una conoscenza non volgare; li farei venire in Toscana da V . A ., volendo il cielo, la prossima primavera o quanto prima possibile, e farei loro portare qualche mio strumento portatile (se ciò può es­ sere fatto con comodo e facilità) e le istruzioni circa i preparativi da approntare co­ stì e le osservazioni celesti da compiere con quelli*5.

II Granduca rispose in maniera interlocutoria, senza però mostrarsi pregiudizialmente contrario, incaricando il proprio ambasciatore a Pra­ ga di trattare con lui sui vari aspetti della questione. E i contatti tra Con­ cini e Tycho furono frequenti. Alla fine di gennaio Tycho aveva invia­ to a far visita all’ambasciatore, accompagnato da Tengnagel, il figlio maggiore, designato a partecipare al viaggio in Italia66. Il i ° maggio Con­ cini informava Belisario Vinta, segretario del Granduca, di aver incon­ trato «il S.r Tycho Brahe; domani si lascerà veder da me, et di quello che tratterò seco, et per il che mandarsi in Alessandria et per il figlio,6 5

65 «Farò anche in modo - proseguiva - che egli porti con sé alcuni dei miei libri desiderati dalla benignità di V. A. In seguito quel mio assistente continuerà il viaggio verso ¡ ’Egitto, dopo aver lasciato mio figlio al servizio presso la corte di V. A . Ser.ma (solo se così ti piacerà) e pren­ derà nota parimenti secondo le mie indicazioni di quei fenomeni che li si potranno osservare con maggiore esattezza. A questa impresa parteciperà anche, come spero, Tillustre Repubblica di V e­ nezia, riservandosi di affidargli una nave per tale missione, attirata soprattutto dall’autorità e dal patrocinio della V A. Ser.ma; ne ha infatti dato speranza al già nominato Tengnagel, mentre li sollecitava l’impresa a mio nome» (TRO O , V ili , p. 243: 24 gennaio 1600; già pubblicata in A. favaro , Ticone Brahe e la corte dì Toscana, in «Archivio storico italiano», V s., 1889, n. 1, pp. 2 11-2 4 : 2 14 -15 ). “ «Il S.r Tycho Brahe di Danimarca, quello astronomo cosi valente et nobile al quale, con­ dotto da Cesare, è stato promesso anco una Signoria, mi ha inviato il figlio in compagnia di que­ sto S.r Francesco Tengnaglio che fu a Firenze con l’inclusa lettera, et hier mattina desinarono me­ co; et perché questi apriranno il consulto di lui a Siena non sarò molesto» (ASF, Mediceo del Prin­ cipato 4356, c. 38**, C. Concini a B. Vinta, Praga, 3 1 gennaio 1600).

ne darò avviso, ricordevole delle destrezze che mi comandò V. S. in tut­ ti i capi»47. Tra le informazioni che l’ambasciatore aveva il compito di raccogliere vi erano anche quelle relative alla professione di fede del figlio dell’astro­ nomo danese, che per tutto il periodo della missione avrebbe dovuto soggiornare alla corte medicea, o a Siena, presso il Collegio della Sa­ pienza. Le disposizioni che il Concini aveva ricevuto da Firenze erano chiare: se egli non fosse stato cattolico, non avrebbe potuto godere dei particolari favori elargiti dal Granduca, e dunque l’intero progetto sa­ rebbe stato annullato. Con il rischio di veder vanificati tutti i suoi sfor­ zi, Tycho si rivolse allora a Concini e, tramite lui, al Granduca, ben con­ sapevole che l’intero negozio «è fondato sull’unico fatto se [Tyge] àbbraccerà o meno la religione Cattolica Romana; dal momento che l ’A . Ser.ma non gradisce di tenere nella propria corte persone che non ade­ riscano a tale confessione»48 A ben poco servirono gli argomenti addotti da Tycho. Il fatto che a Siena vi fossero già «molti tedeschi non cattolici»49e che suo figlio fos­ se già stato ospitato alla corte del cardinale Dietrichstein non furono ra­ gioni sufficienti a convincere il Granduca. N é la sua parola di gentiluo­ mo ebbe l ’effetto sperato6 70. I sospetti che gravavano sul suo conto, cir­ 9 8 76 ca un suo coinvolgimento nell 'affaire praghese, rendevano impossibile ogni forma di collaborazione. Che questa fosse la ragione principale del fallimento della trattativa con la corte medicea si evince anche da un’altra testimonianza. N ei primi, me­ si del 16 0 1 il figlio di Tycho era partito da Praga al seguito di Robert Sherley diretto a Roma, dove sperava - anche con l’aiuto di Magini71 - di en­ trare in contatto con personalità influenti della capitale. M a appena giun­ to a Siena l ’ambasciatore, su parere dello stesso Granduca, lo invitava a non proseguire. Le pesanti accuse che da tempo si erano levate contro suo padre, additato come responsabile occulto del provvedimento di espulsio­ ne dei cappuccini, consigliavano di non proseguire il viaggio, pena la sua stessa incolumità fisica. Tycho si proclamò in piu occasioni del tutto estraneo ai fatti di Pra­ 67Ibid.y c. i86r. La missione prevedeva la realizzazione di osservazioni astronomiche in To­ scana, effettuate dal figlio di Tycho, e in Egitto, affidate a un altro assistente. C fr. A. favaro , Ticone Brabe e la Corte di Toscana cit., p. 2 15 ; w . norlind, Tycbo-Brabe et ses rapports avec TIta­ lie cit., pp. 56-57. 68TBO O , V ili , pp. 309-10: Brahe a C. Concini, 4 maggio 1600. 69a . favaro , Ticone Brabe e la Corte di Toscana cit., p. 2 17 , nota 1. n Cfr. TBO O , V ili, p. 3 10 . 71 Cfr. W. norlind, Tycbo-Brahe et ses rapports avec ITtalie cit., p. 55.

ga. Nell'ultima lettera inviata al Granduca per sincerarsi di quanto ac­ caduto, riepilogava cosi le umiliazioni patite dal figlio, ultimo atto di una vicenda che stava avendo ripercussioni infauste sui suoi progetti e di cui si sentiva ingiustamente accusato: E g li [Tyge] mi scrive nella stessa lettera cose che mi hanno non poco abbat­ tuto. E cioè che ¡ ’ambasciatore inglese del R e di Persia, presso il quale mio figlio risiedeva, giunto a Siena lo ha chiamato e gli ha significato questo: che V A . Ser. ma, avendo inteso dalle mie lettere che mio figlio sarebbe venuto in compa­ gnia di quell’ambasciatore inglese, lo aveva dissuaso dal portarlo con sé a Roma, soprattutto in quel periodo, perché ciò avrebbe nuociuto al medesimo amba­ sciatore e avrebbe costituito un non lieve pericolo per la vita del figlio, dal m o­ mento che il mio nome sarebbe stato ben noto da quelle parti; e che il pericolo principalmente consisteva nel fatto che in Italia si era diffusa la voce che io avrei spinto e persuaso la Sacra M aestà Cesarea a non tollerare piu a lungo qui a Pra­ ga i monaci cappuccini e a farli cacciare. Pertanto quelTambasciatore inglese [Ro­ bert Sherley] volle che mio figlio restasse a Siena e non andasse a Rom a con lui, e cosi fu fatto72.

Il decreto di espulsione fu revocato da Rodolfo stesso dopo circa sei mesi, ed Evans avanza l’ipotesi che nella vicenda fosse coinvolto il solo Hieronymus Machowsky, uomo di corte calvinista e amico di Tycho73. Certo è che le insinuazioni e i sospetti nei confronti dell'astronomo, co­ me pure le vicissitudini del figlio in Italia, sono emblematiche del clima di scontro in questi anni di inizio secolo. E le parole con cui Lorenzo da Brindisi chiudeva nelle sue memorie il capitolo della tentata cacciata ci fanno capire quanto risentimento nutrisse nei confronti di coloro che considerava i registi occulti deirintera vicenda: Non lasciò però la giustitia divina senza dovuto castigo i due motori principali di detta persecutione perché ¥ astrologo [Tycho Brahe] ritrovandosi in un convito crepò per il molto bere, e morse di morte subitana andando a far compagnia alPepulone; et il Machoschi cascato in disgrada di S. M . fu privato di tutti i suoi beni, e con infamia confinato ad perpetuas carceres a menar in estrema miseria74.

72TBO O , V ili, p. 418: 30 aprile 16 0 1. 73 Cfr. R. J. w. evans , Rodolfo II d*Asburgo cit., p. 129 . G li interessi matematici e alchemici coltivati da Rodolfo ponevano tuttavia Tycho in una posizione privilegiata rispetto ad altri fun­ zionari di corte. Le lettere inviategli dall'arcivescovo di Salisburgo, W olf Dietrich, perché inter­ venisse presso l’imperatore e lo influenzasse nello scegliere come suo successore, invéce di Matthias, il secondo fratello Albrecht, lo testimoniano ampiamente. Tali propositi furono scoperti. Alla fi­ ne del 16 0 1 Herwart von Hohenburg entrò in possesso di copie di alcune lettere e, alPindomani della caduta di Rodolfo, Matthias costrinse Dietrich ad abbandonare la sua carica e a vivere agli arresti domiciliari. Su questa vicenda cfr. v. e . thoren, The Lord o f Uraniborg cit., pp. 445-47. 74lorenzo da brindisi, Opera omnia cit., p. 365. La notizia della morte di Tycho non è però del tutto esatta. Come osserva lo stesso curatore «mors non fuit subitanea [...], nam decem dierum spa­ tio Astrologus crudelem sustinuit agoniam» {ibid., nota 24). Mentre le notizie sull’incarcerazione - de­ cretata dallo stesso Rodolfo - di Machowsky, «suo Camerdìner favoritissimo da 4 anni in qua, hereti-

Quando il 24 ottobre 16 0 1 Tycho mori, la spedizione scientifica in Egit­ to, che da oltre un decennio aveva perseguito con tanta determinazione, era rimasta incompiuta. La notizia della sua morte venne puntualmente co­ municata da Concini al Granduca alla fine di ottobre. Poche righe, per ri­ cordare che «Tiko Brahe, astronomo dottissimo, è morto di male d’Un­ gheria in pochi giorni, essendosi ammalato tre di doppo Tesser stato a de­ sinar da me»75. A quell’incontro Tycho si era recato con un familiare, «un conte Brahe nobilissimo»; ma questa volta - e Concini lo sottolineava a dovere - si trattava di un «suo parente catholico, fuggito di Svetia dalla ti­ rannide del Duca Carlo»76. Non una parola di più, ma era sufficiente per mitigare l ’immagine tutta negativa che di Tycho si era creata dopo le note vicende praghesi, una sorta di riabilitazione post mortem per l’astronomo e alchimista paracelsiano. Per Tycho quell’incontro poteva segnare una svolta. Forse sperava che sarebbe servito a ristabilire i contatti con il Gran­ duca. Aveva finalmente trovato la persona ‘giusta’ per condurre a termine il progetto tante volte annunciato e mai realizzato ? Bisognerà attendere ancora mezzo secolo prima che l ’impresa tychonica venisse realizzata grazie all’opera di Edmund Halley. E anche le cautele e la diffidenza nei confronti dell’astronomo danese non ces­ sarono immediatamente. Ancora un decennio dopo la sua morte, la let­ tura dei Loca mathematica, di Giuseppe Biancani fornirà l’occasione per ricordare quanto fosse sospetta all’interno della Compagnia di Gesù la posizione di Tycho: A pag. 5 7 - dichiarava Giovanni Camerata, revisore generale dell’Ordine - [l’au­ tore] non dica di ritenere falsa Topinione di Aristotele che è comunemente accolta. E

co calvino e protettore de heretici, et persequutore de P.ri Capuccini», sono tratte da un dispaccio del­ la Nunziatura inviato da Praga: «Le cause principali, secondo che va d’intorno, sono l’haver contra­ fatta sopra memoriali et privileggi la mano di S. M ., et dato in nome suo senza sua saputa, risposte in negotii d’importanza, preso et letto memoriali sopra il suo tavolino, non portargli quelli gli erano da­ ti, ne meno dimandargli le audienze, quando da questi SS.ri Consiglieri et altri personaggi venivano ricercate, et anco per conto di donne». E in un dispaccio successivo, anch’esso inviato a Roma: « Si di­ ce che *ì Machoschi Cameràìner di S. M. ha stato tormentato et decapitato, et habbi scoperto gran co­ se, non si sa però per certo; si come si sa per cosa certissima che gli habbino trovato veneno, che sem­ pre portava seco etiandio quando era di continuo servitio di S. M ., con una scatola piena di molte fi­ gure, caratteri, et incanti» {ib id ). Sulla morte di Tycho e sull’episodio della cacciata dei cappuccini da Praga cfr. anche jf. l . e . dreyer , Tycho Brahe. En levnadsteckning cit., pp. 280,309 -12; v. E. thoren, The Lord ofVraniborg cit., pp. 445,468-70; w. norlind, Tycho Brahe cit., pp. 308-10. 75 A S F , Mediceo del Principato, 4356, c. 9267-: C. Concini a Ferdinando I, Praga, 29 ottobre 160 r. La testimonianza è citata anche da d. càccamo, Libertà dTtalia ed equilibrio europeo tra 500 e J6oo. I l carteggio dei diplom atici toscani a Praga, in s. graciotti (a cura di), Italia e Boemia nella cornice d el Rinascimento europeo, Olschld, Firenze 1999, pp. 363-89: 386. 76Ibid. Si tratta di Erik Brahe, conte di Visingsborg, residente presso la corte del Re di Polonia.

alla stessa pag. 5 7 , alla fine, e all'inizio della pag. 5 8 sia cancellata in primo luogo quel­ la argomentazione, almeno per la parte che si fonda sull’autorità dei matematici mo­ derni Tycho, Màstìin e altri eretici, che in quel punto vengono stimati tantissimo, co­ me anche sopra abbiamo osservato. Sebbene si potrebbe addurre a conferma di que­ sta opinione il parere di Seneca, Albumasar, Cardano e di altri non eretici.

La «censura» è datata 15 settembre 1 6 1 4 77. Sei anni più tardi, quat­ tro anni dopo la condanna di Copernico, il quadro culturale era profon­ damente mutato. Sarà Roberto Bellarmino a ‘riabilitare’ l’astronomo da­ nese. E lo farà nella sua qualità di massimo esponente delle Congrega­ zioni dell’Indice e del Sant’Uffizio, esprimendo un parere su una delle opere piu note e di recente ripubblicate78, i Progymnasmata astronomica. Il grave sospetto di eresia sarà mantenuto ma,in forma più attenuata, con­ trobilanciato dalle garanzie fornite allora dall’imperatore cattolico R o­ dolfo II, che aveva voluto che il libro venisse a lui dedicato. Un modo as­ sai accorto ed elegante per uscire dvlYimpasse in cui - dopo la scoperta galileiana delle fasi di Venere - si trovava l’astronomia cattolica, con­ sentendo cosi il pieno recupero dell’opera dell’eretico danese: Censura sul libro del danese Tycho intitolato Progymnasmata Astronomica'. L'opinione che questo autore sia stato eretico pare possa essere desunta sia dal­ le lodi che riserva agli eretici Lutero, Melantone, Beza, Cythraeus, sia dal fatto che era molto amico dell'eretico luterano Guglielmo, langravio di Assia. L'opinione che invece sia stato forse cattolico pare connessa al fatto che ì suoi figli, dopo la sua mor­ te, dedicano le sue opere all'imperatore Rodolfo e chiamano il loro genitore “ uomo di pia memoria” . L'Imperatore stesso, poi, diede ordine di stampare a sue spese al­ cune sue opere, come appare dal libro èdito in folio che è quasi al terzo tomo79. E difficile credere che l'Imperatore Cattolico abbia ordinato la stampa dell’opera di un eretico. Forse il libro potrebbe essere corretto, togliendo le lodi verso gli eretici e le epistole del principe eretico, nonché le lettere inviate ai principi eretici80.

77 u. Baldini, «Legem impone subactìs». Studi sufilosofia e scienza dei gesuiti in Italia, 15 4 0 -16 3 2 , Bulzoni, Roma 1992, p. 2 3 1. L ’opera di Biancani venne pubblicata a Bologna l’anno seguente. 78T. brahe , Astronomiae instaurante progymnasmata, apud G . Tampachium, Francofurti 16 10 . La prima edizione risale al 1602, l’anno successivo alla morte di Tycho. 79Non è chiaro a quale opera qui si riferisca. 80 P. GODMAN, The Saint as Censor. Robert Bellarm ine between Inquìsìtion and Index, Brill, Leiden-London-Kòln 2000, p. 307; cfr. anche pp. 2 21-22. Lerner avanza l’ipotesi che la censura sia da mettere in relazione alla pubblicazione, avvenuta lo stesso anno, della Sphera mundi del gesui­ ta e tychonico Biancani: cfr. Tycho Brahe Censured, in j. r . christianson e t . a l . (a cura di), Tycho Brahe and Prague cit., pp. 9 5 -10 1. Sul libro di Godman cfr. le considerazioni di g. fragnito, G li affanni della censura ecclesiastica, in «Rivista storica italiana», 1 1 4 , 2002, fase. 2, pp. 584-600.

C a p i t o l o q u in t o E d m u n d B ru ce

i. I rapporti epistolari, appena avviati e subito interrotti, ripresero sol­ tanto un decennio più tardi ma in uno scenario completamente mutato, dominato dalle scoperte degli anni 1609-10. Questo lungo silenzio è spes­ so servito ad accreditare una certa immagine di Galileo: un’immagine che ha finito per tenere rigidamente distinti i temi cosmologici dalle questio­ ni meccaniche, la battaglia de motu terrae dagli studi sul movimento, e che ha portato a sostenere che l’inizio del suo lavoro astronomico coincide con la pubblicazione del Sidereus Nuncius, e a considerare le lettere a Mazzo­ ni e a Keplero prove di adesione al sistema eliocentrico, ma anche, al tem­ po stesso, prove della mancata discussione in Italia sul copernicanesimo. Credo che questo tipo di interpretazione vada sensibilmente rivisto, cercando di non confondere l’impegno cosmologico, che caratterizzò an­ che gli anni del periodo padovano e fu rivolto all’individuazione delle ragioni del copernicanesimo, dai mancati esiti editoriali, dai progetti di pubblicazione prima annunciati e poi bruscamente interrotti come nel caso della supernova del 1604. La nuova fase che si aprirà con le novità telescopiche del 1 6 10 possiede un valore rilevantissimo, ma non segna affatto l’inizio dell’avventura copernicana dello scienziato italiano. Le montagne lunari, le fasi di Venere, le macchie solari non sono le scin­ tille che ravvivano un antico e ormai sopito interesse cosmologico (che troverebbe il suo apice nella lettera a Keplero), sono bensì i primi ri­ scontri osservativi di una scienza copernicana d el moto alla quale Galileo stava lavorando da tempo, e che avrebbe trovato la sua esatta defini­ zione soltanto molti anni più tardi con la pubblicazione del Dialogo. Siamo di fronte a una nuova visione del mondo che trova il suo car­ dine nella costruzione di una scienza unitaria dei moti terrestri e cele­ sti: questo è il significato che viene ad assumere il «copernicanesimo si­ lenzioso» degli anni padovani1. In questa fase la lettera del 4 agosto 159 7

l La definizione «copernicanesimo silenzioso» è di Maurice Clavelin. Lo storico francese sot­ tolinea «qu’un copernicianisme silencieux a bien accompagné les travaux sur le mouvement dans

ra p p resen ta ce rta m e n te u n a delle fo n ti p iu sig n ific a tiv e e riv e la tric i, m a n o n re ste rà né u n d o c u m e n to iso la to , n é a c q u iste rà il v a lo re d i u n a p u ­ r a e sem p lice te stim o n ia n za . C o m e ce rch e rò d i m o stra re , C o p e r n ic o , T y c h o B ra h e e K e p le r o co n tin u e ra n n o a essere gli in te rlo c u to ri p rin cip a li d i G a lile o d u ra n te tu tto il p e rio d o p a d o v a n o . C o m e il c o n fro n to co n T y c h o c o n tin u ò p e r tu tta la v it a in m o d o v iv a c e e p o le m ico , co si r i n c o n ­ tro c o n K e p le r o n o n si a p ri e si ch iu se - co m e so lita m e n te v ie n e so ste ­ n u to - n e ll’e sta te d i q u e ll’ an n o, m a p ro se g u i an ch e n e g li an n i segu en ti. L ’im m agin e d i G a lile o ch e n ep p u re legge le opere d i K e p le ro h a go d u ­ to d i la rga fo rtu n a nella sto rio grafia d i q u esto secolo. S u l lo ro m an cato in ­ c o n tro m olto è stato scritto : d a u n la to av rem m o il p ro to tip o d e l m o d ern o scien ziato sp erim en tale, d a ll’ altro , in v e c e , lo scien ziato m istico -filo so fo , an cora ab b aglia to d a an tich i fa n ta sm i irrazion ali e suggestioni m e ta fisich e . D u e m o n d i in co m m en su rab ili, n o n co m u n ica n ti tra loro, ch e si collocano fin d a ll’in izio su p ia n i d iv ersi; co m e se an ch e G a lile o n o n ten tasse d i d are risp o sta alle in elu dibili d o m a n d e d i fo n d a zio n e del co p ern ican esim o ch e ta n to ossessionarono l ’ astronom o ted esco (e ch e la d istru zio n e d eg li o rb i solidi p o n e v a in m o d o p ressan te); co m e se, v ice v e rsa , K e p le ro n o n co n si­ derasse già p arte in te gran te d el p ro p rio o rizzo n te ep istem o lo gico la solu­ zio n e d i u rgen ti q u estion i d i o rd in e astro n o m ico e fisico -m atem atico (che T y c h o gli a v e v a rico rd a to c o n rigore e se n za in fin gim en ti). S i tra tta d i im ­ m agini fittiz ie, spesso d i seco n d a m an o , nella m aggio r p a rte d ei casi fru t­ to d el m ito p erenne d i G a lile o com e ‘ fo n d a to re d el m eto d o sp e rim e n ta le’ ch e ta n ta fo rtu n a h a a v u to n e ll’ O tto c e n to , m a ch e h a b e n p o co a ch e fare con le vice n d e e le storie reali d i cu i si rese p ro tago n ista2. S e G a lile o sc e g lie v a la stra d a d e ll’ a tte sa e d ella rin u n c ia , rifiu ta n d o d i a c co g liere l ’ in v ito d i K e p le r o a re a liz z a re u n p ro g e tto co m u n e a f a ­ v o r e d el co p e rn ica n e sim o , ciò n o n d ip e n d e v a d a u ri su o sca rso in te re s­ se p e r i p ro b le m i c o sm o lo g ic i le g a ti alla co stitu z io n e d e ll’u n iv e rso . N e è p r o v a il fa t t o ch e G a lile o to rn ò a le g g e re il

cum.

Mysterìum Cosmographi-

N o n è v e r o in fa tti q u a n to sp esso si so stie n e , c h e si sia lim ita to a

le g gern e la p re fa z io n e e ch e d a li a b b ia co m p re so l ’ in u tilità d i p e rd ersi

les années padouanes» {Le copemicianìsme padouan de G altlée cit., p. 150), prima cioè della fase che inizia con gli anni. 1609-10, contrassegnata dalle grandi scoperte del Sidereus Nuncius. Credo che un’analisi più approfondita di questi anni consentirà di fornire ulteriori prove, oltre a quelle già indicate da Clavejin, sia del legame tra scienza del moto e copernicanesimo, sia dell’impegno più propriamente cosmologico di Galileo a Padova. 2 Colui che più di ogni altro ha insistito nel separare lo scienziato Galileo dalle problematiche filosofiche è stato senza dubbio Stilmann Drake. Per una critica di queste posizioni rinvio alla re­ censione di Paolo Galluzzi all’opera di Drake, G alileo at Work {Galileo thè Sdentisi, in «Journal for thè History of Astronomy», 14 , 1983, n. 3, pp. 225-27).

in quell’«oceano di misticismo»34 5. N on si trattava solo di misticismo. K e ­ plero era stato uno dei pochi ad aver avuto il coraggio di dichiarare pub­ blicamente la propria adesione alPeliocentrismo, assumendosene ogni responsabilità, tentando di fornire una soluzione originale alle difficoltà che il copernicanesimo stava attraversando; e Galileo si confrontò con le posizioni espresse nel Mysterium, cercandovi risposte a domande e in­ terrogativi che erano altrettanto originali, seppur non coincidenti, con quelli posti dall’astronomo tedesco. Insomma Galileo non ignora Keplero, torna a leggerlo in tempi e mo­ menti diversi; se ne serve, estrapolando dati e informazioni che, dal suo punto di vista, potevano tornargli utili nel lavoro di fondazione di una scienza unitaria del movimento. Da parte sua anche Keplero non perdeva occasione di riallacciare i rapporti epistolari. E lo faceva tenendo presente i propri progetti e i pro­ pri scopi, convinto che l ’italiano potesse collaborarvi fattivamente e, chissà, potesse essere la persona più idonea a svolgere quel ruolo cosi im­ portante di ‘tecnico’ e di ‘osservatore’ che non molti anni addietro Tycho proprio a lui aveva affidato. Dopo la lettera del 13 ottobre 15 9 7 Keplero riprendeva i contatti con Galileo tramite un giovane nobile inglese che proprio in quegli an­ ni risiedeva a Padova. Se un quindicennio più tardi toccherà a Giovan­ ni Remo Quietano, medico e astronomo alla corte di Roma4, il compito di mantenere i contatti e di informare Keplero, nel periodo immediata­ mente seguente alla pubblicazione del Mysterium Cosmographicum spet­ terà a Edmund Bruce svolgere la funzione di intermediario. Il suo nome, che non figura in nessun repertorio biografico, è a tal pun­ to ignoto da essere - anche in studi recenti - trasformato in un inesisten­ te ‘Edward Bruce’5. D i lui si sa ancora troppo poco. Molto di più, comun­

3 L'espressione è usata da W illy Hartner nel saggio 11contributo dì G alileo a ll’astronomìa, in A. c arugo (a cura di), G alileo negli scrìtti dì P Tannery [...] cit., pp. 12 8 -53: 14 9 [ed. or. G a li­ lei)'s Contrìbution to Astronomy, in E. m c mullin (a cura di), G alileo:M an o f Science, Basic Books, New York - London 1967]. Hartner, come del resto molti altri storici, non ha dubbi in proposi­ to: « E certo che Galileo non lesse mai il libro di Keplero [il Mysterium Cosmographicum], neppu­ re superficialmente - non piu di quanto sembri aver letto qualsiasi altro successivo libro di que­ sto autore [...]. Molto probabilmente non sarebbe riuscito a capire che cosa poteva indurre un grande astronomo ad affogare le sue scoperte matematiche in un tale oceano di misticismo» (pp. 134, 149). 4 Su di lui cfr. infra, cap, xi. 5C fr. s. ricci La fortuna delpensiero di Giordano Bruno, 16 0 0 -17 5 0 , Le Lettere, Firenze 1990, p. 68; h gatti Giordano Bruno e la scienza d el Rinascimento, Cortina, Milano 200 1, p. 15 2 [ed. or. Giordano Bruno and Renaissance Science, Cornell University Press, Ithaca-London 1999]; R.

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que, delle scarne notizie che Edward Rosen scriveva, circa quarant’anni fa, nella sua edizione inglese della Dissertalo cum Nuncio Sidereo6. Che fosse inglese lo si desume dalla firma in calce alle lettere inviate a Keplero7; che fosse affezionato a Pinelli e frequentatore assiduo della sua casa lo attesta Paolo Gualdo, che ci ricorda anche quanto fosse ver­ sato nelle discipline matematiche ed esperto nell’arte militare e in bota­ nica8. D i lui non si conosce né l’anno di nascita, né quello della morte. C i resta solo notizia di un breve periodo della sua vita, un suo soggiorno in Italia (a partire dalla metà degli anni Ottanta) e poco piu (la presenza a Parigi negli anni 1605-606), da cui però ricaviamo preziose informa­ zioni. In particolare sono gli anni 159 9 -16 0 5 quelli che più ci interessa­ no, in cui Bruce intrattiene un breve ma intenso carteggio con Keplero, e di cui restano sei lettere, quattro di Bruce e due di Keplero: le prime, scritte tra Padova, Venezia e Firenze, le altre da Praga. Non molto, ma abbastanza per farci conoscere i tratti essenziali e le attitudini filosofiche di questo appassionato corrispondente, e soprattutto per fare luce sulle idee e i progetti elaborati in quegli anni. «Tuus amicissimus semper», «tui studiosissimus», «tibi semper deditissimus», sono alcune delle espressioni che Bruce era solito rivolgere a co­ lui che considerava «unicus», il solo capace di risolvere le «multas dubita-

m a r t en s , K epler's

Philosophy and the New Astronomy, Princeton University Press, PrincetonO xford 2000, p. 1 1 2 . Anche Koyré lo ribattezza {Dalmondo chiuso a ll’universo infinito, Feltrinelli, Milano 1970, p. 6 1, nota 24: «Bruce è l’inglese Edward Bruce, seguace di Bruno» [ed. or. Prom the Closed W orld to the Infinite Universe, The Johns Hopkins Press, Baltimore 1957]), ma poi si cor­ regge {La rivoluzione astronomica cit., p. 328, nota 55; 346, nota 24). Che io sappia non esiste nes­ sun astronomo chiamato Edward Bruce. L ’unico astronomo il cui nome assomiglia a ‘Bruce’ è Hein­ rich Brucaeus, matematico e astronomo presso l’Università di Rostock' e corrispondente di Tycho, che però muore nel 159 3. 6«Edmund Bruce was an Englishman about whom little is known beyond the fact that lived in Italy during the early years of the Seventeenth century» (e . rosen (a cura di), Kepler's Conver­ sation with G alileo's Sidereal Messenger, Johnson Reprint Corporation, New York - London 1965, p. 67, nota 64). 7 «Edmundus Brutius Ànglus», cosi si firma Bruce nelle lettere a Keplero. Scarse sono le trac­ ce della sua attività intellettuale rimaste nelle raccolte di manoscritti delle biblioteche europee: cfr. p. o. kristeller , Iter Italìcum , The Warburg Institute - Brill, London-Leiden 1963-95, indice cu­ mulativo dei voli. I-VI, sub vocibus: «Bruce, Edmund», «Brutius, Edmundus», «Bruzius, Edmondus». À cui si devono aggiungere le dodici lettere di Bruce a Anthony Bacon conservate nel­ la Lambeth Library di Londra e scritte da Padova tra il 1596 e il 1597. Segnalate da Woolfson (Pa­ dua and the Tudors cit., p. 215), sono però, ai fini di questo lavoro, di scarso interesse. Sui rapporti con Keplero cfr. j. kepler , D issertalo cum Nuncio Sidereo. Discussion avec le Messager Celeste, te­ sto, trad, e note di I. Pantin, Les Belles Lettres, Paris 19 9 3, pp. 53, nota 16 ; 10 9 , note 190 -9 1. 8«Edmundum Brutium in his nobilem Anglum, disciplinarum mathematicarum, rerumque militaris, et herbariae apprime scientem, cuius ille commentationes non semel suspexit, cuius se quandoque imparem curiositati est ingenue professus» (p . gualdo, Vita lòannis Vìncentii P inelli cit., p. 43). Cfr. anche C. bellinati, G alileo e il sodalìzio con ecclasiastici padovani cit., p. 356.

tiones» che aveva. Nella lettera inviata a Keplero da Venezia il 5 novem­ bre 1603, dichiarava cosi la sua professione di fede nella nuova filosofia: Dei numerosi dubbi che nutro in materia di astronomia tu solo potresti liberar­ mi. Io infatti propendo a credere che i mondi siano infiniti; e tuttavia ciascun mon­ do è finito a somiglianza di quello dei pianeti nel mezzo del quale sta il centro del So­ le, che infatti si rivolge a gran velocità nel suo luogo intorno al suo asse. A tale moto fa seguito quello dei restanti pianeti, uno dei quali è la Terra, ma ciascuno è tanto me­ no veloce quanto piu è distante dal Sole. Anche le stelle si muovono come il Sole, tut­ tavia non gli ruotano attorno mosse dalla sua forza a somiglianza dei pianeti, poiché ciascuna di esse è un Sole in un mondo non minore di questo nostro dei pianeti. Non ritengo il mondo elementare proprio e peculiare di noi soltanto; c'è infat­ ti aria anche tra i corpi che chiamiamo stelle e, di conseguenza, anche fuoco e ac­ qua e terra. Non credo che la Terra che calpestiamo sia rotonda o globosa, ma piut­ tosto vicina alla forma ovale. Ritengo che il lume del Sole e delle stelle provenga ed emani non dalla materia ma dal loro movimento. I pianeti però traggono la loro lu­ ce dal Sole, poiché si muovono pili lentamente e sono ritardati dai propri movimenti. Questi concetti e moltissimi altri mi sembrano probabili, ma questo non è né il tem­ po né il luogo per dimostrarli; mi basterà carpire la tua opinione. Ti prego nel frat­ tempo di perdonare la mia audacia9.

Copernicano e bruniano, sostenitore dell’unità tra mondo subluna­ re e mondo celeste, della continuità delT«aer» e della teoria della luce come puro movimento immateriale, cosi come del Sole come corpo ruo­ tante attorno al proprio asse e causa del moto dei pianeti, Bruce chie­ deva all’ amico astronomo di discutere i diversi aspetti della sua conce­ zione dell’universo. E una delle poche ed esili tracce che di lui posse­ diamo, ma che ci dicono molto sul personaggio e sulle posizioni che avrebbe assunto durante i suoi incontri padovani e veneziani, a soli tre anni dalla morte del filosofo nolano. Di fronte a simili concezioni serve a ben poco risolvere il ‘caso Bruce’ classificandolo tra gli oppositori di Galileo, e per di più collocandolo ac­ canto a personaggi come Baldassar Capra e Simon M ayr10; molto più uti­ le è invece provare a indagare più a fondo i legami e i rapporti esistenti tra quella cerchia di filosofi, matematici, antiquari e filologi che com­ ponevano l’accadem ia’ di Giovan Vincenzo Pinelli, e di cui faceva par­

9 K G W , X IV , p. 450. La lettera è citata anche in n . badaloni, I l tema delV infinito in Galileiy ini u. curi (a cura di), Kosmos. La cosmologia tra scienza e filosofia > Corbo, Ferrara 1989, pp. 3954: 45; e parzialmente in s. ricci, La fortuna d el pensiero di Giordano Bruno cit., p. 68. 10s. drake, G alileo. Una biografia scientifica cit., p. 87: «Un’attiva opposizione a Galileo vi fu quasi dal suo primo giorno a Padova [...]. Altri esponenti di questa fazione ostile a Galileo erano Edmund Bruce, Baldassar Capra, il padre Aurelio, e il tutore Simon Mayr». La forzatura operata da Drake è ancora piu evidente se confrontiamo questi passi con quelli di poco precedenti dedica­ ti all’ ambiente padovano. Drake ha infatti appena fatto riferimento a Pinelli, senza però fare nes­ suna menziona di Bruce, assiduo frequentatore della sua biblioteca.

te, accanto a personalità come Sarpi e Galileo, anche il giovane disce­ polo bruniano e ‘kepleriano’ Brace doveva essere ben noto nell’Europa colta del tempo. Amico di personalità illustri come Erycius Puteanus e Markus W elser11, si trova a Padova già intorno alla metà degli anni Ottanta12*: è uno dei giovani in­ glesi giunti nella città universitaria per addottorarsi in legge e che, negli anni 1588-94, assume piu volte l’incarico di Consigliere della Nazione inglese11. 1 suoi interessi vanno però ben oltre la cultura giuridica, anzi si indirizzano soprattutto verso le ‘ arti’, verso le scienze e le lettere, la de­ scrizione di fossili e la decifrazione di iscrizioni antiche, che trovano nel circolo di appassionati che fa capo a Pinelli una delle sedi più qualificate di discussione e di studio. Le sue ricerche antiquarie sono ricordate da Lorenzo Pignoria sia nell’edizione delle Immagini di Vincenzo Cartari14, sia molti anni più tardi nella raccolta di lettere da lui curata e dedicata allo studio di antichità, monete e iscrizioni1516 . Famosa doveva essere la sua collezione di naturalia e artificialia se, ancora nel 1 6 1 2 , Pignoria scri­ veva di quel «raram profecto spectaculum [...], fragmentum illud crystalli, quod Brutzius noster inter praeclara illa sua artis et naturae cimelia ostentai curiosis»14. E d è ancora l’erudito padovano a rammentarci quanto stretto dovesse essere il sodalizio tra il circolo pinelliano e il gio­ vane nobile inglese, ricordando che «il Polibio del Sig. Paolo Aicardo ca­

l l Bruce definisce Welser «meum amicissimum» (KGW , X IV , p. 4 4 1: E . Bruce a Keplero, 2 1 agosto 1603). E in una lettera al belga Erycius Puteanus (Hendrik van der Putten), scritta da Au­ gusta in data 1 1 luglio 1602, Welser lo nomina «vester Brutius» (BAM, ms. S. P. II 275, ins. 104). In quegli anni Puteanus era stato chiamato a Milano da Federigo Borromeo a svolgere la profes­ sione di «lettore pubblico di Immanità» alla Scuola Palatina (cfr. ibid., ins. 114 ). Tra i manoscrit­ ti dell’Ambrosiana è conservata inoltre una lettera di Brace a Pinelli, datata 8 giugno [1599], in cui sono riportate osservazioni in merito al recente lavoro di Welser sulla Tabula Peutìngeriana (I. Moretus, Antverpiae 1598). La lettera è inviata «e meo museo Patavij» (BAM , ms. R 104 sup., cc. 237r-t>; altra copia alle cc. 238^239^; una copia anche in BN P, ms. Dupuy 663, cc. 53^-34^). 12 Cfr. j. WOOLFSON, Padua and the Tudors cit., p. 2 15 . 15 C fr. g . l . andrich , De natione Anglica et Scota lurìstarum Universitatis Patavinae ab a , M CCXXII p. Ch. usque ad a . AÌD CCXXXVIII, excudebant fratres Gallina, Patavii 1892, pp. 42-43, 132-34 ; j. WOOLFSON, Padda and the Tudors cit., pp. 48, 2 15 . Sulla scelta dello Studio padovano come sede privilegiata per Teducazione di numerosi giovani nobili inglesi cfr. k . r . bartlett , W or­ shipful Gentlemen o f England: The Studio o f Padua and the Education o f the English Gentry in the Six­ teenth Century, in «Renaissance and Reformation», 18 , 1982, pp. 235-48. 14 A proposito di alcune medaglie antiche Pignoria scriveva: «Io mi ricordo haver veduto in mano al Signor Edmondo Brutz gentil’huomo inglese, curiosissimo di queste cose, & molto mio amico, una tavoletta di marmo, di mezo rilievo» (v. c a r t a r i , Seconda novissima edìtione delle imagìni de gli dei delli antichi, ridotte f . . .] da Lorenzo Pignoria, nella stamparia di Pietro Paolo Tozzi, in Padova 1626, p. 517 ). 15 l . pignoria, Symbolarum eptstoUcarum liber primus cit., pp. 16-22: L. Pignoria a E. Bruce, s. d. 16 Ib id ., p. 54: L. Pignoria a L. Corradini, citato anche in c. volpi, Lorenzo Pignoria e i suoi corrispondenti, in «Nouvelles de la République des Lettres», 1992, fase. 2, pp. 7 1- 118 : 1 14 .

pitò alle mani del Sign, Edmondo che lo ricevè in dono [...] [e] ora a ri­ trovare questo libro non servirebbe né anco l ’Astrolabio del Royas»17. Della sua attività antiquaria e naturalistica restano alcuni brevi scrit­ ti risalenti agli anni padovani e conservati alla Bibliothèque Nationale di Parigi, tra cui una Dìssertatìuncula de marmore oviparo18, u ri Accuratissi­ ma descriptio struthiocameli cum Gesnero, Pareo & Aldrovando c o tta ti, una breve descrizione D e siliciglandio20, un Indicium de Columna Traiana Ciaccona indirizzato a Pinelli e datato «Padova, 22 agosto 15 9 9 »21, e in­ fine un De Astura pisce & ostraeaceo apud Italos22. Risale invece alPotto­ bre del 1 5 9 1 una lunga relazione inviata a Bruce dal vicentino Giulio Sa­ raceno, futuro vescovo della città, e intitolata Descriptio agri Vicentini23. A l di là del suo contenuto, la data della lettera è importante perché è un’ulteriore conferma che Bruce si trovava in quel tempo a Padova. E dunque non è escluso che proprio a Padova abbia conosciuto Bruno; che sia stato, cioè, insieme a Hieronymus Besler e ad altri studenti tedeschi, uno dei frequentatori delle lezioni tenute dal Nolano durante i tre mesi di soggiorno a Padova24; oppure che lo abbia conosciuto proprio a Casa

17 Lettere d'uom ini illustri cit., p. 1 1 3 : L. Pignoria a P. Gualdo, 9 novembre 1609. Il riferi­ mento è ai celebri strumenti astronomici fabbricati da Jean de Rojas. 18 BN P, ms. Dupuy 663, cc. jjr -jG v . i9I b i d cc. 57^-620. 20Ibid., c. 66r-v. 2 iIbid., cc. 63^65^. 22Ibid.y cc. 6~/r-6^r. Una copia anche in BAM , ms. R 102 sup., cc. 330^-352^. 23Cfr. ib id .y ms. R 104 sup., cc. 233^236?-. 24 La notizia che Bruno si fosse trasferito a Padova e li insegnasse privatamente è testimoniata an­ che da una lettera scritta da Bologna il 2 1 gennaio 1592 dall’umanista Valern Acidalius (Valens Havekenthal) a Michael Forgacz, ambedue allievi di Bruno in Germania e quest’ultimo ora residente a Padova: «Si dice che il Nolano, che avete conosciuto a Wittenberg, ora viva e insegni tra voi. È pro­ prio vero ? M a come mai egli ha osato di tornare in un paese da cui, a sua confessione, fu forzato a esu­ lare? Io sono stupefatto: non ci credo ancora, pure avendolo udito da persone degnissime di fede» (v. acidalius , Ipistolarum centuria 1, Wechel, Hanoviae 1606, p. io: trad. in s. ricci, Giordano Bruno nell'Europa del Cinquecento cit., p. 463). Eugenio Canone ricorda inoltre che Acidalius era in rappor­ ti di amicizia con un altro bruniano tedesco, il barone Johann Matthaeus Wacker von Wackenfels (1350-1619), amico e ‘padrone* di Keplero: cfr. e . canone, «H ic ergo sapientia aedificavitsibi domum»: il soggiorno di Bruno in Germania (15 8 6 -15 9 1), in id . (a cura di), Giordano Bruno. G li anni napoletani e la 'peregrinano' europea.Immagini, testi,documenti. Università degli Studi, Cassino 1992, pp. 111- 3 8 : 1 2 1 . Le aspirazioni di Bruno a ricoprire la cattedra di matematica dello Studio sono state più volte sot­ tolineate da Aquilecchia (Possible Brunian Ecboes in G alileo, in «Nouvelles de la République des Lettres», 1995, n. 1 , pp. 1 1 - 1 7 ; G. bruno, Praelectiones geometricae e Ars deformationum, testi inediti a cura di G . Aquilecchia, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1964, pp. xu-xiii). Su questi motivi so­ no tornati a insistere Ricci (pp. 458 e sgg.) e Filippo Camerata {Il compasso d i Fabrizio Mordente cit., pp. 82-83). Alain Segonds ha di recente avanzato l’ipotesi che il progetto di trasferirsi a Padova fosse dipeso anche da un’altra ragione, e cioè dal fatto che 1’ ‘averroismo’ bruniano avrebbe trovato all’in­ terno dello Studio non pochi ammiratori e sostenitori {Le retour en Italie de Giordano Bruno «pbìlosàphe»,in «Freiburger Zeitschrift fur Philosophie und Theologie», 48, 2001, pp. 269-80: 272-75).

Pinelli, da cui Bruno forse sperava di ottenere un appoggio per la catte­ dra di matematica dello Studio vacante ormai da ben tre anni, e a cui in segno di rispetto e stima è probabile che avesse donato una copia del De minimo et mensura pubblicato a Francoforte in quello stesso anno25 Quanti anni rimase a Padova ? Quali ragioni lo spinsero a restare per cosi lungo tempo in Italia? W oolfson, nel suo documentato lavoro, ci dice che mantenne stretti contatti con la comunità inglese a Padova e a Venezia, costituita non solo da studenti ma anche da uomini politici e diplomatici al servizio della Corona, tra i quali Henry Archer, Roger Manners e Henry Hawkins. Lo stesso Brace, raffinato uomo di lettere e seguace della «nuova setta dei giordanisti», divenne un agente della corte elisabettiana, un informatore che, tra la lettura di una pagina di Bruno e una di Keplero e la decifrazione di un'iscrizione su un bassori­ lievo romano, inviava rapporti e dispacci sulle vicende politiche italia­ ne a Sir Anthony Bacon, amico del Duca di Essex26. La lettera del 5 novembre 1603, scritta a Keplero da Venezia, è l'u l­ tima che conosciamo. Dopo, Punica traccia della sua presenza è fornita da una serie di appunti redatti da un anonimo interlocutore parigino tra il settembre del 1605 e il febbraio del 16062728 Si tratta di brevi annota­ zioni relative a incontri e discussioni avuti con Brace, ma che ancora una volta confermano i molteplici interessi naturalistici e scientifici del gentiluomo inglese. Sono resoconti di conversazioni sotto forma di ap­ punti, di curiosità, viaggi, cose viste da lui o a lui riferite sui più dispa­ rati argomenti: dalla descrizione di alcuni scorpioni studiati in Egitto alle considerazióni storico-archeologiche sulla città di Volterra, dalle os­ servazioni sulla Tabula Peutingeriana al confronto tra la resistenza delle ancore dei navigli antichi e quelle moderne: Il S.r Edm und Bruce mi diceva, a Parigi, il 30 settembre 16 0 5 , di aver osserva­ to, su di un antico marmo, ove erano incisi alcuni trofei marinari, una sorta di an­ cora di nave antica, fatta in maniera del tutto contraria a quelle odierne, ed una sor­ ta di cavo o cima, intessuto in maniera tutt’affatto diversa dai nostri. Donde egli traeva la conseguenza che, se oggi si facessero ancore di quel tipo, sarebbero molto piu maneggevoli e piu forti, senza essere più pesanti; e voleva provare con procedi­ menti dimostrativi matematici che il loro uso sarebbe molto più facile e sicuro. C o ­ si pure per la tessitura della cima, che egli ritiene piu difficile a sciogliersi e a rom­ persi rispetto a quelle di ora, che sono causa della perdita di un’infinità di vascelli2®.

25 Cfr. supra, cap. n, nota 47; cap. iv, nota 15 . Il nome di Pinelli non compare nell’indice sto­ rico dei proprietari redatto da Maria Rita Sturlese nella preziosa Bibliografia, censimento e storia delle antiche stampe di Giordano Bruno, Olschki, Firenze 1987. 26 Cfr. j. woolfson, Padua and thè Tudors cit., pp. 132 -33, 2 15 . 27 Cfr. BN P, m$. Dupuy 663, cc. -¡o r-jzv. 28«Le S.r Edmond Bruts le 30 sept. 1605 me disoif a Paris avoir observé sur un marbre antique, ou estoient gravez quelques trophez maritimes, une sorte d’ancre de navire des anciens, faitte d ’une

E , subito dopo, ranonimo interlocutore riportava un’altra osservazio­ ne, questa volta relativa al funzionamento di antiche clessidre ad acqua: Il S.r Edmund Bruce ha anche detto di aver visto l’invenzione di una clessidra, fatta all’ antica, per mezzo di un contrappeso e di una ruota, che si riempie a metà di acqua, con un’altra ruota che gira nella parte dove la clessidra si assottiglia e por­ ta una piccola piastra di ottone, con uno stretto foro centrale, da dove scorre for­ zatamente in un’ora tutta l’ acqua che riempie la metà della ruota grande251.

Questioni di antiquaria, certo, ma che si saldano a questioni mecca­ niche e tecnologiche, tipiche della curiosità naturalistica e scientifica di fine secolo, e che finivano per congiungersi ad altre ricerche che risul­ teranno tra le più originali e avanzate della sua epoca: Il S.r Edmund Bruce, il 13 ottobre 1605, mi ha dato copia della proposizione di Johannes Kepler riguardante il vero principio della musica secondo gli antichi30

Ancora un’altra traccia del suo rapporto con Keplero, dunque. Non solo in Italia, ma anche in Francia Bruce proseguiva nella sua opera di ‘discepolo5: alcuni dei temi a cui Keplero stava lavorando e che saranno esposti compiutamente nelYHarm onice trovavano cosi diffusione già a partire dai primi anni del secolo, e fuori dai confini tedeschi. Purtroppo la brevità di queste annotazioni, disperse nello zibaldone di ricordi del suo interlocutore, non consente di aggiungere altro. N é sappiamo se Keplero rispose alla lettera che Bruce gli inviava il 5 no­ vembre 1603 e in cui lo invitava a risolvere le sue «multas dubitationes» cosmologiche e filosofiche31. Sappiamo però che molti anni più tar­ di si ricordò inaspettatamente di lui, e con stupore tornò a riflettere sul­ la figura di questo devoto ammiratore. Forse per l ’esplicita adesione di Bruce alla filosofia bruniana, all’identica natura del Sole con le fisse, Keplero rimosse completamente il contenuto di quella lettera, trascu­ rando di prestare attenzione agli aspetti e alle posizioni condivisibili che façon toute contraire a celles d’aujourd’huy, et une sorte de cable ou cordage tissu de toute autre sorte que les nôtres. D ’ou il tiroit conséquence que si on faisoit aujourd’huy des ancres comme cellesla, elles en seraient beaucoup plus commodes et fortes, sans estre de plus grande pesanteur, et vouloit prouver pour raison démonstrative de mathématique quel’usage en seroit beaucoup plus facile et plus assurré; comme aussi de la tissure du cordage, la quelle Ü estime beaucoup plus diffi­ cile a se dissoudre et a se rompre que celles qu’on a maintenant les quelles sont cause de la perte d’une infinité de vaisseaux» {ibid., c. 7 or). 29«Le S.r Edmond Bruts a dit aussi avoir veu l’invention d’une clepsydre faitte a l’ antique par le moyen d ’un contrepoix et d’une roue qui se remplit a demy d’eau, avec une autre roüe qui court dans la parte mince et porte une petite platine de laiton, percée d'un pertuis sur le milieu, par ou doit passer par force dans une heure toute l’eau qui remplit la moitié de la grande roüe» {ibid^ c. 70r-v). 30«Le S.r Edmond Bruts le 13 octob, 1605 m'a donné copie de la proposition de Joannis Keplerus touchant le vray principe de la Musique selon les Anciens» {ibid., c. yov). 31 Cfr. supra, p. 97.

in essa poteva trovare. M a nell’aprile 16 10 , in pieno dibattito sulle no­ vità celesti, Keplero tornerà a leggerla postillandola in piu luoghi e ren­ dendo cosi omaggio al suo autore: D i che cosa dovrei meravigliarmi di più? Del mio sconcerto quando, ricevendo quelle lettere, non mi curai di esaminare più a fondo i segreti della natura che in es­ se mi venivano manifestati, e anzi le rimossi a tal punto da non ricordarmene nep­ pure in seguito, dopo che avevo cercato e trovato la stessa chiave di quei segreti ? O dovrei piuttosto stupirmi della forza della verità, che si è manifestata non per una strada sola ma per due ? O della sottigliezza della natura, che ha permesso a me di ricavare con il metodo, i calcoli e le osservazioni ciò che a Bruce aveva fatto cono­ scere a priori per mezzo di un istinto nascosto ? In queste lettere si manifesta una sorta di compendio della mia opera edita sulla Fisica celeste di M arte” .

2. Durante il suo soggiorno in Italia Bruce ebbe contatti con numero­ se personalità, alle quali cercò di trasmettere il suo interesse per l ’opera prima di Keplero, in attesa di poter diffondere le già annunciate no­ vità dei Pamlipomena e do\TAstronomia Nova3233 Prima di far ritorno ih patria aveva intenzione di spingersi fino a Praga per potersi finalmente incontrare con quello che considerava il suo Maestro e discutere con lui quei punti ancora poco chiari della sua filosofia34. Intanto, lo teneva co­ stantemente al corrente su quanto stava facendo per diffondere il valo­ re delle sue idee: N on c’è nessuno al mondo con il quale io parli più volentieri: se tu sapessi quanto a lungo e quante volte ho parlato di te con i letterati di tutta Italia, mi chiameresti non solo tuo seguace ma anche amico (non solum tui amatorem se,d amicurrì). H o riferito lo­ ro di quella tua mirabile scoperta musicale e delle osservazioni di Marte; a molti ho mo­ strato il tuo Prodromo, e tutti lo lodano e aspettano con impazienza gli altri tuoi libri35

E ancora, il 15 agosto dell’anno precedente, a proposito del Mysterium: G li ho mostrato [a Magini] il tuo Prodromo. G li ho manifestato la tua meraviglia per non aver mai ricevuto risposta alle tue lettere; lui però mi ha giurato di non aver mai visto prima il tuo Prodromo, pur avendo aspettato puntualmente la sua comparsa gior­ no dopo giorno, e mi ha promesso e assicurato di volerti scrivere; ha ammesso non solo la sua amicizia nei tuoi confronti, ma anche la sua ammirazione per le tue scoperte36.

32 K G W , X IV , p. 4 5 1. 33 Fu Keplero a comunicare a Bruce rimminente pubblicazione sia dell’Ottica sia del suo la­ voro su Marte (cfr. tbid., p. 445: 4 settembre 1603). 34 Nella stessa lettera Keplero accenna a un viaggio di Bruce in Germania e poi in Inghilterra. y*Ibtd.} p. 441: 2 1 agosto 1603. 36 lbid.> p. 256.

Tra i letterati’ d’Italia con i quali aveva discusso delle mirabili «in­ venzioni» kepleriane, Bruce ricordava dunque Magini, che aveva cono­ sciuto a Padova e di cui era stato ospite a Bologna, ma che soltanto al­ lora aveva ottenuto una copia del Mysterium* , e subito dopo Galileo, che «mi disse che ti aveva scritto, e che aveva ricevuto il tuo libro, men­ tre aveva detto il contrario a M agini»38. M a se sul primo aveva ben po­ co da aggiungere (rivelandoci però che Keplero aveva tentato di met­ tersi in contatto con lui, senza tuttavia ricevere risposta), del secondo forniva particolari interessanti, soprattutto in merito alle ricerche co­ smologiche che stava conducendo. Il 18 luglio 159 9 Keplero inviava a Bruce una prima, lunghissima let­ tera, sollecitandolo a promuovere tra gli amici italiani un dibattito sul­ le questioni sollevate nel Mysterium. E ra un invito che aveva lo scopo preciso di riallacciare i rapporti con Galileo. Da circa dùe anni non ave­ va ricevuto sue notizie, e non riusciva a capire il motivo di questo pro­ lungato silenzio. Nonostante la lettera fosse indirizzata all’ amico ingle­ se, il vero destinatario era infatti Galileo39 E lo stupore di Keplero era del tutto comprensibile. L a lettera che aveva ricevuto nell’ agosto del 1597 e la richiesta d’invio di altre due copie del Mysterium avevano fat­ to ben sperare in una prosecuzione dei loro contatti, tant’è che nella par­ te conclusiva della lettera si rivolgeva direttamente a Galileo, sottopo­ nendogli una questione su cui da tempo stava lavorando: Desidererei in terzo luogo che Galileo, dopo aver stabilito esattamente la linea meridiana, determinasse la declinazione del magnete da quella linea meridiana, ad esempio osservando Voscillazione libera di un ago magnetico in un vaso quadrato eretto a perpendicolo e con il lato applicato alla meridiana40.

L ’intenzione era quella di confermare una certa sua ipotesi relativa al fenomeno delle maree. Si trattava cioè di verificare con osservazioni esatte se il polo dell’ asse terrestre aveva subito un sia pur minimo spo-

37 «Più di una settimana fa si trovava qui Magini, che ricevette in dono proprio allora il tuo Pròdromo da un nobile veneto» (;i b i d p. 4 41: E . Bruce a Keplero, 2 1 agosto 1603). 38Ibid. 35 « Senza interrompere i tuoi studi, da amico potresti assumerti l’impegno di sollecitare gli stu­ diosi italiani a proposito di queste materie. Niente potrebbe essermi più gradito che leggere le epi­ stole che riguardano questi argomenti. Con l’occasione saluta in particolar modo il signor Galileo, dal quale mi stupisco di non aver ricevuto alcuna risposta» {ibid., p. 7: Keplero a E . Bruce, 18 lu­ glio 1599). L ’originale della lettera, mutila della parte iniziale, è in B N C F, ms. Gal. 88, cc. 35-40. 40 K G W , X IV , p. 15 . L ’esperienza del vaso quadrato ricolmo di acqua, con dentro, sospesa, una calamita libera di ruotare, veniva descritta da Keplero nei minimi particolari nella lettera del 24 maggio 1599 a Colmann Zehentmair {ibid., p. 351).

stamento rispetto al luogo assegnatogli al momento della creazione del mondo. A tale scopo occorreva calcolare la distanza tra il polo magneti­ co e il polo dell’asse terrestre, ovvero procedere alla misurazione della declinazione magnetica: D a qualche tempo mi sono convinto che il polo del mondo fosse al principio nel luogo nel quale si trova il punto verso cui si rivolge il magnete, e che questa sia la ragione del moto magnetico. M i sembra che quel movimento e la variazione delle altezze del polo, avvertita dai mari, possano condurci felicemente a questa conclu­ sione. Mercatore stabilisce la distanza del polo magnetico dal polo del mondo ugua­ le a 1 6 gradi e mezzo. Dalle osservazioni degli olandesi apprendo che è non mag­ giore di 16 gradi e mezzo, e ciò conferma pienamente la mia supposizione41

Keplero si rivolgeva a Galileo come a uno dei «diligentes observatores» che avrebbero potuto aiutarlo in questa delicata fase di osservazio­ ne42, convinto, tra l’altro, di trovare nel matematico italiano una perso­ na sensibile a tutte le questioni che avessero a che fare con i fenomeni del flusso e riflusso del mare. Proprio in quegli stessi anni, come sta a di­ mostrare la corrispondenza con Sarpi e Sagredo, Galileo era impegnato sugli stessi temi43. M a è la lettura di Gilbert, e non le stravaganti con­ getture magnetiche kepleriane, a far intraprendere.a Galileo - e a Sarpi - gli studi sulla calamita. Del resto, le ipotesi magnetiche deU’astronomo tedesco hanno vita breve, travolte dalle mirabili osservazioni del De ma­ gnete gilbertiano. Pochi anni più tardi lo stesso Keplero riconoscerà il va­ lore e roriginalità del filosofo inglese, la cui opera - come confessava a Herwart - «vanificava completamente le mie speculazioni concernenti un lento spostamento del polo [dell’asse] del moto diurno della Terra dai luoghi che gli furono assegnati al momento della creazione»44. Ma la lettera di Keplero a Bruce del luglio 1599 costituisce un do­ cumento prezioso anche per altre ragioni. Passata inosservata all’atten­ zione di gran parte degli storici, è pubblicata da Antonio Favaro, infa­ ticabile curatore dell’Edizione Nazionale delle Opere di G alileo, solo par­ zialmente e senza fornire il nome del destinatario45 In G alileo at Work

4LIb id .} pp. 16 -17. 42 Ibid.y p. 15 : «A me pare infatti che il magnete possa offrire cose mirabili, e se soltanto ci fossero diligenti osservatori e venissero considerati diversi tipi di magneti, forse non vi sarebbero discrepanze». 45 «Ho provato il declinatorio al modo che ella già mi mostrò costi. L ’effetto di star perpen­ dicolare, posto il suo assetto sotto la meridiana, mi è riuscito molto bene- et situato sotto il paral­ lelo, ho veduto la declinatione: ma sopra il piu et meno, a me pare che vi sia materia da filosofa­ re» (OG, X , 96: G. F. Sagredo a Galileo, 18 ottobre 1602). 44K G W , X IV , p. 3 4 7 :12 gennaio 1603; trad. in a . koyré, La rivoluzione astronomica cit., p. 348. 43 Cfr. O G , X , pp. 75-76. Com’era d’uso fare per le lettere in cui Galileo non figura né come mittente né come destinatario, Favaro riportava solo i passi finali della lettera in cui Galileo risul-

Stillman Drake la menziona con riferimento ai passi finali relativi al pro­ blèma della declinazione magnetica, i soli riportati da Favaro46. N é mi­ glior fortuna avremmo se cercassimo notizie sul suo contenuto nei tan­ ti contributi dedicati ai rapporti tra i due scienziati47. Per quanto ne so, a citarla ampiamente è stato di recente solo Bruce Stephenson, ma non a proposito dei rapporti con Galileo, bensì perchè costituisce uno dei primi documenti in cui Keplero affronta importanti questioni relative al tema de\Y harmonía m undi48. Si deve comunque a Drake il merito di aver mostrato per primo quan­ to Galileo si sia interessato a Keplero e, in particolare, quanto - grazie anche all’intermediazione di Bruce - sia stato attratto da alcuni temi di­ scussi nel Mysterium Cosmographicum. Riutilizzandone calcoli e misure nel tentativo di confermare certe sue ipotesi cosmologiche, egli tornerà a discuterne in pagine celebri del Dialogo e dei Discorsi dedicate al «mi­ to platonico». M a procediamo con ordine. N ei primi anni Settanta lo storico nordamericano individuava tra i manoscritti della Biblioteca Nazionale di Firenze una serie di calcoli e disegni autografi di Galileo non pubblicati da Favaro, in cui sono ri­ portati alcuni dati impiegati da Keplero nei capitoli x x e x x i del Myste­ rium49. Questi capitoli, posti quasi a conclusione del libro, occupano un ruolo di primo piano nelFeconomia del lavoro kepleriano. In esso, dopo

ta direttamente citato, omettendo il resto. Se nella maggior parte dei casi può risultare un criterio opportuno, non lo è tuttavia in questo, dal momento che si tratta, anche se per interposta perso­ na, di una lettera per Galileo. 4is. drake, G alileo. Una biografia scientifica cit., p. 85. La lettera è anche discussa in G alileoStudies. Personality, Tradition, and Revolution, University of Michigan Press, Ann Arbor 1970, p. 126. 47A titolo di esempio: a . postl, Correspondence between Kepler and G alileo, in «Vistas in Astro­ nomy», 2 1, 1977, pp. 325-30; v. Kirsanov , G alileo and Kepler: Two Paths, Two Traditions, in p . GALLU2ZI (a cura di), Novità celesti e cm i del sapere. A tti del convegno intemazionale di studi galileia­ ni, Giunti, Firenze 1984, pp. 201-5; l . rosino, Copernico, Keplero e G alileo nel 450 o anniversario del «D e revolutionibus», in Copernico a Padova .atti della giornata copernicana nel 4 50 a della pubbli■ cazione d el «D e revolutionibus orbium coelestium», Cleup, Padova 1995, pp. 173-84. 46Cfr. b . stephenson , The Music o f the Heavens. K epler s Harmonic Astronomy, Princeton University Press, Princeton 1994, pp. 90-93. La lettera a Bruce, insieme a quelle a Herwart e a M'àstlin dell’ agosto-settembre 1599, segnano infatti l ’inizio della riflessione kepleriana sull’ 'ar­ nioni a cosmica’ : cfr, j. kepler , The Harmony o f the W orld, trad, ingl.» introduzione e note di E . :J; Aitón, A. M. Duncan e J. V . Field, American Philosophical Society, [Philadelphia] 19 9 7, pp. :Xyi-xvn. . 49 Cfr. s. drake, G alileo's Platonic Cosmogony and Kepler's “Prodromus", in «Journal for the History of Astronomy», 4 ,19 7 3 , pp. 17 4 -9 1. Anche se Drake non ne trarrà tutte le necessarie coniséguenze, riducendo la lettura delle novità presenti nel saggio in chiave principalmente antikoy■ reiana, a vantaggio cioè di un’interpretazione ‘ antiplatonica’ di Galileo. Il saggio di Drake è di­ scusso ampiamente da c. dollo, L ' uso di Platone in G alileo, in «Siculorum Gymnasium», 4 2 ,19 8 9 , liti'. i-2, pp. 115 -5 7 : 137 sgg., che però non era a conoscenza del saggio di Meyer pubblicato in queljo stesso anno: cfr. nota 62.

s.

aver mostrato (concordando sostanzialmente con i dati forniti da C o ­ pernico) che le distanze tra le orbite dei pianeti sono proporzionali alle distanze tra le circonferenze iscritte e circoscritte ai cinque poliedri re­ golari, Keplero affrontava il punto piu difficile e delicato di tutta l ’ope­ ra: tentava cioè di confermare le dimensioni copernicane delle orbite cir­ colari a partire dalle velocità dei singoli pianeti, cercando di determi­ nare l ’esatto rapporto esistente tra le velocità planetarie e i rispettivi raggi orbitali. «Fin qui, dunque, è stato sviluppato un argomento che io ritengo una fortissima conferma delle nuove ipotesi, ed è stato dimo­ strato che le distanze degli orbi nelle ipotesi di Copernico seguono la proporzione dei cinque solidi regolari. Vediamo ora se anche mediante un altro argomento dedotto dai moti possano essere confermate sia le nuove ipotesi sia queste stesse dimensioni copernicane degli orbi, e se da Copernico si possa desumere una ragione più salda che dalle ipotesi consuete per stabilire il rapporto tra i moti e le distanze»50. Si tratta di una questione che risolverà definitivamente molti anni piu tardi con la scoperta della terza legge, ma che già allora poneva al centro della sua riflessione e che può essere cosi riassunta: i pianeti si muovono nelle lo­ ro orbite circolari con la medesima velocità oppure con velocità d iffe­ renti? I pianeti più esterni (Saturno, G iove, Marte), rispetto a quelli po­ sti più vicini al Sole, possiedono periodi di rivoluzione più lunghi sem­ plicemente perché le loro orbite sono più grandi, oppure si muovono realmente con una velocità minore ? Il prospetto che Keplero poneva all’attenzione del lettore in apertura del capitolo è assai chiaro: n

Dies ser. n

n