Fondamenti del calcolo delle probabilità

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Prima edizione: luglio I970 Copyright by

©

Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano

Domenico Costantini

Fondatnenti del calcolo delle probabilità

Feltrinelli Editore Milano

A Renate

Premessa

Le ricerche matematiche della seconda metà del secolo dician­ novesimo sono caratterizzate dal tentativo di dilucidare le oscurità riscontrabili entro la matematica stessa, soprattutto a livello dei con­ d:tti fondamentali, e che costituivano l'eredità del tumultuoso svi­ luppo di questa scienza nei due secoli precedenti. Ciò era particolar­ mente sentito per quei rami, quali l'analisi infinitesimale e la teoria dei numeri complessi, fondati su concetti mai prima d'allora definiti in modo rigoroso e che presentavano aspetti di notevole problema­ ticità. Il processo di revisione di questi concetti fondamentali com­ piuto a opera di K. Weierstrass, G. Cantor e R. Dedekind portò alla riflessione critica sempre piu consapevole degli stessi e fu in questo clima che prese forma la crisi dei fondamenti della mate­ matica. Il rigore con cui si era affrontata la critica dei fondamenti della matematica si estese via via anche ad altre discipline e in particolar modo alla teoria della probabilità. Ci si rese allora conto che la de­ finizione di probabilità era largamente insoddisfacente e che non esi­ steva la possibilità di sostituirla con una nuova rigorosa definizione giacché tra gli studiosi di probabilità non si riusciva a trovare un accordo che permettesse di precisare cosa s'intendeva affermare ogni volta che si avanzava un'asserzione probabilistica. Come la critica dei fondamenti della matematica si chiedeva " Cos'è un numero ? ", la critica dei fondamenti della probabilità si chiedeva" Cos'è la pro­ babilità ? ". Il problema era quindi molto simile, e altrettanto simili furono le discussioni che si svilupparono nel tentativo di fornire un'a­ deguata risposta ai due interrogativi. Tuttavia se si raffrontano i contesti in cui presero forma le crisi dei fondamenti della matematica e del calcolo delle probabilità, si percepisce immediatamente una profonda differenza. La matematica ha infatti cominciato a riflettere sulle proprie basi quando, dopo

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Premessa

duemila anni di storia, era ormai una solida costruzione e costituiva il modello al quale tutte le scienze si ispiravano. Anche se vi fu qualche autore che arrivò ad affermare che questa analisi critica avreb­ be potuto far crollare l'intero edificio matematico, non vi è mai stato studioso serio che abbia pensato a una simile eventualità. Il problema era piuttosto un altro : si trattava, mediante una rigorosa riformula­ zione dei concetti fondamentali, di sgomberare il campo da oscurità e malintesi cosi da fornire nuovo impulso e nuovo spazio alla ricerca. Non in questi termini si presentò invece il problema per il cal­ colo delle probabilità. Infatti esso acquisi diritto di cittadinanza fra le scienze esatte soltanto nei primi anni del secolo diciannovesimo, e solo cento anni piu tardi troviamo già aperte le discussioni sui suoi fondamenti. È sufficiente questo fatto per dare l'esatta misura della differente sorte toccata ai due rami del sapere che stiamo parago­ nando. Il calcolo delle probabilità, lungi dall'essere una costruzione definitiva, si presentava come un cantiere in cui le iniziative erano a volte contraddittorie ; l'analisi dei fondamenti ha quindi trovato, e trova ancora oggi, un terreno molto instabile. Nonostante la relativa stabilità del pensiero matematico, la crisi dei fondamenti originò accese dispute tra coloro che s'interessarono della questione. Le discussioni tra logisti, formalisti e intuizionisti sfiorarono a volte il punto di rottura, tanto che si poteva pensare di arrivare a una crisi completa dei fondamenti. Ma, anche se non esisteva un accordo sulle basi teoriche, il fine al quale si tendeva era a tutti ben chiaro. Per il calcolo delle probabilità la situazione era invece molto piu grave. Non si disputava solamente sulle basi ; la discussione in­ vestiva tutta la teoria e gli scopi che la stessa si prefigge. Vi era in­ fatti chi sosteneva che il calcolo delle probabilità fosse una delle scien­ ze naturali, per altri era invece un ramo della psicologia e vi era infine chi gli assegnava il ruolo di sistema di logica induttiva. Questi dif­ ferenti punti di vista erano - e in parte lo sono ancora - in cosi grave contrasto che era facile, una trentina d'anni orsono, sentire parlare di differenti calcoli delle probabilità ciascuno dei quali, nelle intenzioni dei suoi autori, si occupava di cose diverse da quelle di cui si occupavano gli altri. Oggi, fortunatamente, il punto critico della crisi sembra essere in via di superamento nel senso che anziché sottolineare le differenze esistenti tra le diverse interpretazioni si cerca di individuarne i punti di contatto e di trovare una base comune di discussione. Nelle pagine che seguono abbiamo posto in evidenza le fasi salienti dello sviluppo al quale abbiamo testè accennato, sforzandoci

PremesstI

inoltre di fornire un quadro completo degli studi relativi alla proble­ matica dei fondamenti del calcolo delle probabilità. Queste ricerche, nonostante i fondamentali contributi a esse portati dai lavori di B. De Finetti, sembrano non essere sufficientemente conosciute in Ita­ lia ; questa constatazione ci ha spinto a dare grande rilievo sia a opere pubblicate nel secolo scorso sia - soprattutto - a opere pubblicate nella prima metà del nostro secolo. Dapprima abbiamo infatti ricordato le opinioni degli studiosi che nell'Ottocento si interessarono della definizione di probabilità, e questo ci ha permesso di mettere in luce che già allora erano presenti, pur senza il rigore e la consapevolezza caratteristiche del Novecento, quelle stesse interpretazioni del termine " probabilità " che ritrove­ remo nel nostro secolo. Nella prima parte abbiamo delineato le grandi direttrici di ricerca della prima metà del nostro secolo. L'ap­ profondito studio delle diverse interpretazioni del termine " proba­ bilità ", degli argomenti che ogni scuola porta a sostegno del proprio punto di vista e delle critiche che rivolge alle altre impostazioni, ci ha fornito la possibilità di puntualizzare la gravità a cui giunse la crisi dei fondamenti del calcolo delle probabilità. Con ciò abbiamo anche fornito gli elementi atti a giudicare dell'ampiezza della frattura che separava i diversi indirizzi e quindi - crediamo - dell'insoste­ nibilità di una simile situazione. Nella seconda parte abbiamo invece esaminato le ricerche sui fondamenti della probabilità compiute negli ultimi vent'anni, dando particolare rilievo ai tentativi che at­ traverso la composizione delle pur gravi divergenze, si battono per la ricostruzione di un'unità di interpretazione. Anche se si va sempre piu diffondendo la consapevolezza dell'inutilità e della sterilità delle rigide contrapposizioni tra le varie interpretazioni, tuttavia è an­ cora possibile trovare una nutrita schiera di studiosi che accettano l'uno o l'altro dei punti di vista che si affermarono negli anni venti e trenta. Nella nostra esposizione abbiamo però volutamente dato minor peso di quanto meritino a queste posizioni perché siamo con­ vinti che è nel superamento di ogni esclusivismo che debbano essere ricercati i piu validi moderni contributi alla problematica relativa ai fondamenti della probabilità. Il superamento della frattura alla quale aveva portato la crisi dei fondamenti del calcolo delle proba­ bilità, ci sembra lo scopo a cui debbono tendere gli sforzi di coloro che si occupano dei fondamenti della probabilità ; tale superamento non può però essere effettivo se non si tengono nel debito conto i risultati fondamentali ai quali giunsero le ricerche della prima metà del nostro secolo. Non si deve cioè d.1menticare nessuno degli sforzi compiuti da ciascun indirizzo poiché è proprio sulla scorta dei ri11

PremerSQ

sultati raggiunti e dei limiti che all'interno di ogni interpretazione tali ricerche puntualizzarono, che si muovono i tentativi ai quali abbiamo accennato. Questi ultimi, lungi dal condannare l'una o l'altra delle interpretazioni in gioco, cercano di unificarle accettando le piu valide istanze che ciascuna di esse avanzava. Nella conclusione (capitolo dodicesimo) abbiamo infine cercato di fornire un'ipotesi interpretativa della storia delle ricerche relativa ai fondamenti del calcolo delle probabilità ; ci siamo cioè sforzati di far vedere come sia ormai giunto il momento di ricercare una nuova interpretazione del termine " probabilità " che sia a un tempo il riconoscimento della relativa validità delle interpretazioni conosciute e il loro superamento. Questo tentativo ci ha fatto comprendere la necessità di inserire il problema di cui ci siamo occupati in un con­ testo piu ampio che tenga conto, in primo luogo, di istanze di tipo storicistico che erano state finora lasciate in ombra da coloro che si sono occupati del problema dei fondamenti della probabilità. Non ci sembra possibile, allo stato attuale delle ricerche, avan­ zare alcuna previsione circa il successo dei tentativi di unificazione ai quali abbiamo poc'anzi fatto riferimento ; non ci sentiamo cioè di affermare che la crisi dei fondamenti del calcolo delle probabilità è ormai stata superata, molti indizi fanno però ritenere che essa sia in fase di superamento. E anche se tutto lascia prevedere che questa fase di superamento debba essere ancora molto lunga, cioè anche se la soluzione della crisi dei fondamenti del calcolo delle probabilità non ci sembra prossima, tuttavia le discussioni in atto rivestono di per sé stesse una notevole importanza : esse hanno costretto il cal­ colo delle probabilità a chiedersi quale sia la propria essenza e con ciò a elaborare una precisa conoscenza dei suoi scopi e dei suoi stru­ menti di pensiero. Prima di chiudere questa premessa l'autore sente la necessità di ringraziare L. Geymonat, alle cui lezioni deve la sua formazione, per il costante aiuto che gli ha fornito nella stesura del presente la­ voro e di precisare che senza il suo incitamento e incoraggiamento esso non sarebbe mai stato compiuto. Avverte inoltre il dovere di rivolgere un pensiero riconoscente alla memoria di G. Pompilj che incoraggiò i suoi primi tentativi nella disciplina di cui si occupa. Il presente lavoro è stato eseguito nell'ambito del C.N.R. (con­ tratto n. 1 1 5.21 82.05174 del Comitato nazionale per le scienze mate­ matiche) e l'autore ringrazia tutti i componenti del gruppo di logica nelle cui riunioni furono discussi sia l'impostazione del volume sia alcuni suoi capitoli, in particolare C. Mangione per i consigli di cui gli fu prodigo in fase di stesura e di revisione del manoscritto e E. 12

Premessa

Casari alle cui lezioni è dovuta la sua formazione logica. Avverte però che le insufficienze riscontrabili nel presente lavoro sono a lui esclu­ sivamente imputabili. L'autore ringrazia infine il Comitato nazio­ nale per la matematica del C.N.R. che, assegnandogli una borsa di addestramento, lo ha posto in grado di studiare in forma sistematica il problema dei fondamenti del calcolo delle probabilità.

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Capitolo primo Introduzione storica

La teoria delle probabilità sorse come un tentativo di risolvere alcuni problemi posti dai giochi d'azzardo. Questi problemi posse­ devano una caratteristica comune : si trattava di spiegare perché risultati che a un superficiale calcolo risultavano essere determinati da un ugual numero di combinazioni, si verificavano nella pratica con diverse frequenze. Quesiti di questo tipo furono affrontati con successo già da Luca Pacioli, Girolamo Cardano e Galileo Galilei. Il piu famoso, al quale si fa risalire la nascita ufficiale del calcolo delle probabilità, è uno di quelli posti dal cavaliere De Méré a B. Pascal nel 1654. Il giocatore aveva chiesto al matematico di spiegargli il motivo per cui, puntando sull'uscita del sei in quattro lanci di un dado, fosse piu facile vincere che perdere, mentre, puntando sull'uscita del doppio sei su venti­ quattro lanci di due dadi, fosse viceversa piu facile perdere che vin­ cere. I suoi calcoli l'avevano invece convinto che le probabilità delle due scommesse fossero uguali e quindi che la matematica fosse in aperto contrasto con l'esperienza. Il Pascal non si lasciò trarre in inganno dalle errate argomentazioni matematiche del De Méré e dimostrò che la probabilità del doppio sei è leggermente minore di 1/2, è cioè piu facile perdere che vincere, dimostrando con ciò che il calcolo era in perfetto accordo con quanto l'esperienza con­ statava. Pascal, stimolato dalla ricerca compiuta per risolvere il quesito del De Méré, non abbandonò questo tipo d'indagine facendone par­ tecipe P. Fermat con cui portò avanti una nutrita corrispondenza scientifica nella quale furono per la prima volta affrontati i problemi del nuovo calcolo. Col procedere delle ricerche e con l'acquisizione di nuovi risultati la teoria delle probabilità andò sempre piu svinco­ landosi dai giochi d'azzardo e grazie a C. Huygens, al quale è dovuta

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Introduzione storica

la prima esposizione sistematica del calcolo, l e a J. Bernoulli,2 che dimostrò il celebre teorema che porta il suo nome, andò assumendo una sempre maggiore impronta scientifica. Va però ricordat03 che gli studiosi che nel Settecento si occuparono del nuovo calcolo ave­ vano su di esso le idee molto confuse tanto da pensare che fosse ap­ plicabile unicamente alle scienze morali. Nonostante il notevole uso delle probabilità nella demografia e nelle assicurazioni, il calcolo delle probabilità era ritenuto nel Set­ tecento poco piu di un passatempo intelligente e, a causa della scarsa chiarezza di idee di cui si è poc'anzi detto, non era ancora riuscito a farsi prendere in seria considerazione dai cultori di scienze naturali. Quest'ultimo passo fu compiuto da P. S. Laplace al quale il calcolo delle probabilità deve la sua sistemazione teorica.4 Grazie all'opera di Laplace il nuovo calcolo entrò con pieno diritto nelle scienze ma­ tematiche e in virtU della presentazione fattane nell'Éssai philosophique sur les probabilités divenne uno dei piu validi strumenti delle scienze naturali.

1 . La definizione classica di " probabilità " di Laplace Le origini del calcolo delle probabilità, strettamente legate ai giochi d'azzardo, determinarono la prima interpretazione del termine " probabilità". �rob!!ll!ti!! _ach. Quest'ultimo, oltre a servirsi della logica simbolica .E.�!J� roQ�!>iJjtà fosse . uguale alla fr�­ quen?a .�e.!�tiy.!1 di_ . c:u! n) tenda a un limite p con­ tenuto in i n ± �. Cioè, quando ad esempio si è calcolata su n1 osservazioni la frequenza relativa i nl, si pone il valore limite sconosciuto uguale a i nl • Sorge però immediatamente una domanda : come possiamo " porre " i nl, nel senso precisato se non disponiamo di una classe di riferimento che ci assicuri che questo posit ci condurrà al suc­ cesso nella maggior parte dei casi ? La risposta va cercata nel modo in cui si usa la regola di induzione ; essa ci permette infatti di cor­ reggere il primo posit rimpiazzandolo con uno nuovo calcolato su un numero di osservazioni pari a n2(n2 > n1) . E di nuovo con un posit calcolato su n 3 osservazioni (n3 > n2 ) , e cosi via. A ogni aumento di osservazioni usiamo cioè la nuova frequenza relativa come il miglior posit. Ne segue che se la successione ha un limite, come _

.

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La concezione frequentistica

abbiamo supposto, deve esistere un n tale che per tutti gli i > n la frequenza relativa i i rimarrà all'interno dell'intervallo i n ± � con � piccolo a piacere ma fissato. Se dunque poniamo che la fre­ quenza relativa i i rimarrà nell'intervallo i n + �, e se correggiamo questo posit per n piu grandi con la stessa regola, dobbiamo alla fine arrivare al risultato corretto. Per distinguerlo da quello considerato in precedenza, questo posit verrà chiamato " posit anticipativo " o " posit cieco ", avendo quest'ultimo aggettivo un chiaro riferimento al fatto che in questo caso il posit non è fondato su nessuna classe di riferimento. Ovviamente ci si può chiedere se tutto quello che si è detto resta valido se si lascia cadere l'ipotesi che il limite che stiamo cercando esi­ ste. Se esiste un limite, ponendo ripetutamente le frequenze relative osservate, arriviamo al valore che ci interessa ; ma se non esiste un limite alla frequenza relativa ? Ci troviamo quindi nella necessità di risolvere la seguente alternativa : esiste o non esiste il limite ? Oppure, potendosi considerare il principio che le frequenze relative degli eventi hanno sempre un limite come una diversa e, forse, piu precisa formulazione del principio dell'uniformità della natura, è o non è uniforme la natura ? Per il nostro Autore una risposta definitiva non è possibile giacché il tentativo di conoscere il futuro è destinato al fallimento. Questa impossibilità non ci impedisce però di agire ; infatti se un limite esiste, la regola ci permetterà di scoprirlo, se esso non esiste non potremo raggiungerlo, ma è pure evidente che in que­ sto caso nessuna altra regola potrebbe permetterci di arrivare all'ine­ sistente limite. Ne consegue che è razionale usare la regola di indu­ zione. L�_��i9��__ Ael_�eic;h.c:g!>.�çh _ ,çirca, . .x!Q,I1!!:zi