Essere primi per il valore. Gli epigrammi funerari greci su pietra per i caduti in guerra (VII-V sec. a.C.) 886227906X, 9788862279062

Nella Grecia di età arcaica e classica l'epigramma diviene una delle forme principali di elogio dei soldati caduti

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Essere primi per il valore. Gli epigrammi funerari greci su pietra per i caduti in guerra (VII-V sec. a.C.)
 886227906X, 9788862279062

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QUADERNI

DELLA

«RIVISTA DI CULTURA

CLASSICA

E MEDIOEVALE» Collana diretta da Liana Lomiento 16.

Direzione

LiANA LOMIENTO (Università di Urbino Carlo Bo) recm(@libraweb.net Comitato scientifico

SIMONA ANTOLINI (Università di Roma “Tor Vergata”) - FEDERICA BESSONE (Università di Torino) FRANK BEZNER (University of Berkeley) ‘ UMBERTO BULTRIGHINI (Università “G. D'Annunzio” di Chieti-Pescara) ‘ EMANUELA COLOMBI (Università di Udine) ‘ ROBERTO M. DANESE (Università di Urbino Carlo Bo) - Furvio DELLE DONNE (Università della Basilicata) + TOMMASO DI CARPEGNA FALCONIERI (Università di Urbino Carlo Bo) ‘ PaoLo GARBINI (Università di Roma “La Sapienza”) + Massimo GIOSEFFI (Università di Milano) * BenoÎT GREVIN (Centre National de la Recherche Scientifique- cNRS, Laboratoire de Mediévistique Occidental de Paris) * MARK HUMPHRIES (Swansea University) * MAREK THuE KRETSCHMER (Department of Historical Studies, ntnu, Trondheim- Norway) : JÜRGEN LEONHARDT (Universität Tübingen) - PauLINE LE VEN (University of Yale) * ROBERTO MERCURI (Università di Roma “La Sapienza”) * GERNOT MICHAEL MÜLLER (Katholische Universität Eichstàtt-Ingolstadt) ‘ Bruna M. PALUMBO (Università di Roma “La Sapienza”) * HELMUT SENG (Universität Konstanz) * CHRISTINE WALDE (Johannes Gutenberg Universität Mainz) * CLEMENS WEIDMANN (Universität Salzburg - CSEL) Ἃ

The Series is Peer-Reviewed.

ESSERE PER

PRIMI

IL VALORE

Gli epigrammi funerari greci su pietra

per i caduti in guerra (VII-V sec. a.C.)

MARCO

TENTORI

PISA FABRIZIO

MONTALTO

- ROMA SERRA

MMXVII

EDITORE

A norma del codice civile italiano, & vietata la riproduzione, totale o parziale (compresi estratti, ecc.), di questa

pubblicazione in qualsiasi forma e versione (comprese bozze, ecc.), originale o derivata, e con qualsiasi mezzo a stampa o internet (compresi siti web personali e istituzionali, academia.edu, ecc.), elettronico, digitale, meccanico, per mezzo di fotocopie, pdf, microfilm, film, scanner o altro, senza il permesso scritto della casa editrice. Under Italian civil law this publication cannot be reproduced, wholly or in part (included prints, etc.), in any form (included proofs, etc.), original or derived, or by any means: print, internet (included personal and institutional web sites, academia.edu, etc.), electronic, digital, mechanical, including photocopy, pdf, microfilm, film, scanner or any other medium,

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ISBN E-ISBN

978-88-6227-906-2 978-88-6227-907-9

DEDICO AI

MIEI

QUESTO

GENITORI,

LAVORO

MASSIMO

E

DANIELA

SOMMARIO RINGRAZIAMENTI

11

INTRODUZIONE

13 13 17 19 22

AU Aa W

RA

. . . . . .

GLI EPIGRAMMI PUBBLICI E PRIVATI SU PIETRA PER I CADUTI IN GUERRA MONUMENTO, STRUTTURA METRICA E CONTENUTO DEGLI EPIGRAMMI CONTRIBUTI ESEGETICI E STORICI ISCRIZIONI NON METRICHE ED EPIGRAMMI LETTERARI GUERRIERI ED ATLETI CRITERI ADOTTATI NELLA DISPOSIZIONE DEI TESTI PRIMA

©

μὰ



οὖν

καὶ

GLI

12

EPIGRAMMI

PRIVATI

25 26

PARTE PER

I CADUTI

IN

GUERRA

. Epigramma di Charops (Ὁ) (IG ıx 1°, 4, 880; (ΕΟ 145) . Epigramma di Tetichos (IG 1° 1194 bis; CEG 13)

27 31

. Epigramma di Kroisos (IG F 1240; CEG 27) . Epigramma di Hysematas (CEG 136) . Epigramma di Phanes (CEG 112)

35 38 42

. Epigramma di Prokleidas (IG ΙΧ 1°, 2, 214; (ΕΟ 142)

45 48 52

. Epigramma di Pyrhiadas

(CEG 118)

. Epigramma da Imbro (IG HF 1507; CEG 79) . Epigramma da Eretria (IG ΧΙ 9, 255; CEG 107)

53 54 58

. Epigramma di un caduto presso l’ Asopo (CEG 114) . Epigramma di Theotimos (CEG 637= 118a) 11 a. Nota sulla dedica dei Tessali a Delfi (SEG xvi 243) . Epigramma di [Na]usikydes (IG 1° 1506; CEG 82)

64 66 68 70 72

13. Epigramma di un peltasta da Atene (IG 1᾽ 1381; (ΕΟ 88)

14 . Epigramma di Mannes (IG 7 1361; CEG 87)

15. Epigramma di Makartatos e Melanopos (IG 1 1288; CEG 90) . Epigramma di un caduto ateniese (IG FP 1288bis; CEG 100) 17 . Epigramma di Pythokles (inedito) 16

APPENDICE

a. b. c. d.

SUGLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

GUERRIERI

75 76 NON

CADUTI

Epigramma di Xenokles (IG 1° 1200; CEG 19) Epigramma di Idagygos (CEG 170)

79 80

Epigramma di Pythion (IG HP 1353; CEG 83) e. Epigramma ateniese di due soldati di Paro (CEG 94)

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

GUERRA

77 78

Epigramma di Spoud[- - -] (IG 1" 1274ter; CEG 30)

SECONDA

IN

82

PARTE PER

I CADUTI

I. Epigramma del polyandrion di Ambracia (SEG xLI 540) II. Frammento di epigramma dei caduti ateniesi (IG HP 1142; CEG 1)

IN

GUERRA

85 90

10

SOMMARIO

rt. Epigramma della stele dei caduti della tribù Erechtheis dalla villa di Erode Attico a Loukou (SEG LvI 430) Iv. Gli epigrammi di Maratona dalla base di Atene (IG 1 503/504, lapides A e C; CEG 2) v. Frammento di un epigramma di una battaglia terrestre e una navale (IG 7? 503/504, lapis B;

CEG 3) vi. Epigramma dei Corinzi caduti a Salamina (IG P 1143; CEG 131) vii. Epigramma di Tokes (SEG xxvIr 249; CEG 155) vili. Epigramma degli Argivi caduti a Tanagra (IG 1 1149; CEG 135)

ix. Epigramma dei caduti tebani (PAPAZARKADAS 2014) x. Epigramma degli Ateniesi caduti a Potidea (IG F 1179; CEG 10) xI. Epigramma dei cavalieri ateniesi (IG P 1181; CEG 4) XII. Epigramma dei caduti a Megara sulla stele dei cavalieri ateniesi (SEG xLVIII 83) XIII. Frammento di epigramma ateniese (IG 1᾽ 1167; (ΕΟ 8) xIV. Base con l’epigramma degli Ateniesi caduti in una sconfitta militare (IG 1" 1163; CEG 5) xv. Epigramma degli Ateniesi caduti presso l’Ellesponto (IG P 1162; (ΕΟ 6)

Do d

»

APPENDICE

SULLE

COPIE

DI

. Epigramma dei Megaresi caduti nelle Guerre Persiane (IG vii 53; GV 9) . Copia dell’epigramma dei caduti tebani (n. 1x)

EPIGRAMMI

108 110 115 119 126

130 134 135 142 143 151

EPIGRAMMI

. Epigramma di una battaglia navale (IG FP 503/504, exemplare quarti saeculi; SEG xvI 22) . Epigramma dei Milesii caduti contro i Megaresi (GV 33)

TERZA

92 102

157 158 162 164

PARTE INCERTI

a. Epigramma di Hipostratos (?) (IG 1᾽ 1242; CEG 31) 0. Epigramma di Gnathios (IG H 1399; CEG 47)

y. Epigramma di Praxiteles (CEG 139) ὃ. Epigramma della tribù Erechtheis (IG 1" 1174; CEG 7) e. Frammento di epigramma da Calymno (CEG 710=170a)

165 165 167 167 168

Conclusioni Bibliografia Abbreviazioni bibliografiche Concordanze

169

Indice delle parole greche Parole mutile non integrate Indice delle iscrizioni citate a. Iscrizioni greche b. Iscrizioni latine ed etrusche Indice delle fonti letterarie a. Epigrammi della tradizione letteraria b. Autori greci c. Autori latini Indice delle tavole

197 209 211 211 215 217 217 217 225 227

Tavole

229

177 191 195

RINGRAZIAMENTI ER portare a termine questo lavoro monografico ho contratto debiti di riconoscenza nei confronti di molte persone. Mi piace ripercorrere brevemente la strada che ha condotto a questo risultato scientifico perché mi consente di tornare a incontrarle idealmente, a salutarle e a ringraziarle ancora. Il presente volume è nato dalla rielaborazione e dall’ampliamento dell’arco cronologico della mia tesi di dottorato dal titolo ‘Gli epigrammi funerari greci pubblici e privati per i caduti in guerra dall’età arcaica alla metà del v sec. a.C. (La Sapienza, Roma, 03/07/2014). L’interesse per gli epi-

srammi funerari greci ha segnato profondamente il mio percorso di studio e di ricerca. Con piacere ne ricorderò sempre l’inizio, propiziato dalle stimolanti sollecitazioni del corso della prof.ssa Liana Lomiento, che ho frequentato nell'Università di Urbino ‘Carlo Bo’ nell’a.a. 2004-2005 (*Lodare in

prosa le virtù di un uomo’: retorica dell’encomio nell’Evagora di Isocrate) e dal quale si sono sviluppate le ricerche per la tesi di laurea triennale ‘Influenza del discorso di lode sull’epigramma funerario attico di Iv sec. a.C. e suo rapporto con il monumento’ (La Sapienza, Roma, 28/02/2007, relatore prof.ssa Bruna M. Palumbo Stracca). All’Università di Roma, La Sapienza, è andata crescendo la mia passione per l’epigrafia greca grazie ai corsi della prof.ssa Maria Letizia Lazzarini, che successivamente, in qualità di relatore della tesi di dottorato, è stata per me una guida insostituibile, supportando le mie diverse esperienze in ambito internazionale e un forte approccio interdisciplinare. Infine, presso lo Historisches Institut,

Universitàt Bern (2015-2016), in qualità di assistente del prof. Stefan Rebenich, ho raccolto importanti sollecitazioni scientifiche e ho potuto allargare l’orizzonte cronologico e culturale dello studio degli epigrammi, includendo non solo quelli dei caduti nella guerra del Peloponneso, ma seguendo anche le linee di sviluppo fino all’età ellenistica e romana. L’ultima fase di revisione è stata svolta tra marzo e agosto 2016 alla Kommission für Alte Geschichte und Epigraphik (AEK des DAI), München, istituto che ho frequentato fin dal 2011-2012 grazie a una borsa ‘Erasmus’, prima, e una “Jacobi-Stiftung’, in seguito.

Un momento rilevante del mio itinerario di ricerca è costituito dall’analisi autoptica delle iscrizioni o del loro calco, resa possibile nel primo caso dalla Scuola Archeologica Italiana di Atene, presso la quale ho soggiornato nel luglio del 2011 e nel luglio del 2013, nel secondo caso dalla

Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften (BBAW), di cui tra aprile e giugno 2013 ho potuto analizzare una selezione di calchi conservati nell’archivio delle Inscriptiones Grecae. Esperienze formative di non secondaria importanza sono state la Scuola Estiva di Metrica e Ritmica Greca (Università ‘Carlo Bo’, Urbino, settembre 2013) e le escursioni in ambito epigrafico, quali quella organizzata dalla prof.ssa Maria Letizia Lazzarini in Calabria, quella del prof. Christian Marek in Turchia, nonché quella dedicata alle iscrizioni latine spagnole della Baetica (BBAW, Universität Heidelberg, AEK des DAI). In tutto il percorso qui sommariamente rievocato ho sempre avuto accanto, sostegno prezioso,

non soltanto da un punto di vista scientifico, la prof.ssa Liana Lomiento, al cui incoraggiamento debbo anche gran parte della mia determinazione a concluderlo con il presente lavoro monografico. Un riconoscente pensiero va inoltre al prof. Marco Galli per avere seguito le mie ricerche durante e dopo il dottorato, a partire dal comune interesse per gli scavi della villa di Erode Attico a Loukou. Non posso certo dimenticare, inoltre, i preziosi consigli e la generosa disponibilità che mi hanno voluto offrire gli altri professori dell’Università La Sapienza, quali Luca Bettarini, Francesco Camia, Albo Cesare Cassio, Guglielmo Cavallo, Pietro Vannicelli. Sono particolarmente grato al prof. Angelos Chaniotis e al prof. Christof Schuler, nonché al dr. Gregor Staab e alla dr.ssa Daniela

Summa per il supporto offertomi in diverse occasioni.

12

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio il revisore internazionale del presente libro, il prof. Andrej Petrovic (University of Virgina) non solo per i suoi utili consigli, ma anche per il proficuo scambio di opinioni scientifiche e per le diverse opportunitä di collaborazione. Con gratitudine ricordo ancora i numerosi

colleghi e amici, che hanno voluto e saputo essermi vicino. In particolare: Filippo Battistoni, Luigi Bravi, Claudia Brunello, Ilaria Bultrighini, Sara Campanelli, Juan Curbera, Sebastian Geisseler, Barthélémy Grass, Jakub Jedrzejewski, Saskia Kerschbaum, Katharina Link, Giovanni Marginesu, Lara Mastrobattista, Antonino Nastasi, Seraina Ruprecht, Sara Saba, Alessio Sassù, Giulia Tozzi,

Jasmin Welte, Eleonora Zelante. In questi anni di faticoso impegno ho potuto sempre fare sicuro affidamento sul sostegno, sulla comprensione e sulla collaborazione della mia compagna, Anna Nissen, e della mia famiglia. Debbo anzi a mio nonno Paolo il primo nascere della passione per l’antichità. Ricordando le persone che lungo il percorso non mi hanno fatto mancare un consiglio, una critica, un incoraggiamento, uno stimolo mi rendo ancor più conto che senza alcune di loro non

avrei neppure intrapreso questo tipo di studi, non mi sarei appassionato alla epigrafia greca, non avrei licenziato questa monografia; e che tutte, comunque, hanno in qualche modo indirettamente

concorso a scriverla. Non vuol certo essere questa una chiamata in corresponsabilità, ma soltanto un modo per ribadire che i ringraziamenti che precedono sono espressioni non di circostanza, ma di sentita gratitudine.

La pubblicazione del volume è stata resa possibile dal contributo del Dipartimento di Scienze della Comunicazione, Studi Umanistici e Internazionali: Storia, Culture, Lingue, Letterature, Arti, Media (Urbino, Università ‘Carlo Bo’) e dall’accoglienza, nonostante la complessità del manoscritto, della casa editrice Serra, che mi ha offerto la valida consulenza della dott. Valentina Pagnan.

INIRODUZIONE Ὦ ξεῖν᾽, ἀγγέλλειν Λακεδαιμονίοις ὅτι τῇδε xetueda, τοῖς κείνων ῥήμασι πειθόμενοι

Dic, hospes, Spartae nos te hic vidisse iacentes, Dum sanctis patriae legibus obsequimur

(Hdt., 7, 228)

(Cic., Tusc., 1, 101)

ELLA Grecia di etä arcaica e classica l’epigramma diviene una delle forme principali di elogio dei soldati caduti in guerra. La composizione dell’epigramma e la sua incisione sulla pietra manifestano la volontà di rendere imperituro il loro ricordo. Il celebre epigramma per gli Spartani caduti presso le Termopili ha l’obiettivo di eternarne la valorosa impresa, sebbene a questa non fosse seguita una vittoria. Erodoto (7, 228) tramanda l’epigramma per i caduti Peloponnesiaci e quello per i caduti Spartani alle Termopili,' non limitandosi a trattarli come fonte storica, ma elevandoli a componimenti letterari, tanto da premettere anche l’epigramma per l’indovino Megistia attribuito a Simonide.” A Simonide, poeta delle Guerre Persiane come Omero lo è della Guerra di

Troia, viene attribuito anche un noto threnos per gli Spartani caduti alle Termopili.? Come era forse intenzione di chi lo compose, l’epigramma per i caduti Spartani è diventato un modello nei secoli a venire, ispirando numerosi autori antichi e moderni,* fino a opere contemporanee come quella di

BöLL 1956, composta all’indomani della seconda guerra mondiale.° Cicerone tradusse il componimento nell’ambito di un confronto tra Greci e Romani. Mentre l’Arpinate avrebbe potuto fornire un lungo elenco di esempi del valore dei Romani (Cic., Tusc., 1, 101) - elenco reso superfluo dalla menzione di un noto episodio narrato da Catone il Censore, probabilmente il medesimo tramandato in Gell., 3, 7, 19 -, non fu tuttavia in grado di menzionare alcun corrispondente epigramma lati-

no.° Gli epigrammi greci arcaici e classici per i caduti in guerra costituiscono un modello insuperato sotto molti aspetti, come del resto irripetibili sono le premesse storiche, che ne hanno comportato la nascita, in particolare l’esistenza di opliti-cittadini intimamente legati alla polis. 1.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

E

PRIVATI

SU

PIETRA

PER

I

CADUTI

IN

GUERRA

Il presente lavoro consiste nella raccolta e nello studio degli epigrammi funerari greci per i caduti in guerra dall’età arcaica alla fine del v sec. Il limite cronologico inferiore coincide sia con l’epocale evento storico del 404 a.C., la fine della Guerra del Peloponneso, sia con un cambiamento di fondamentale importanza per l’epigrafia. Sotto l’arconte Euclide (403/402), infatti, Atene adotta

con il decreto di Archinos l’alfabeto ionico, che gradualmente si impose nel mondo greco.” Gli epigrammi qui analizzati, pertanto, sono per lo più redatti in alfabeto locale. 1 GV 3 (Simon. ΧΧΙ a, PAGE, FGE): Μυριάσιν ποτὲ τᾷδε τριακοσίαις ἐμάχοντο / Er Πελοποννάσου χιλιάδες τέτοpec. GV 4 (Simon. xxII Ὁ, PAGE, FGE): Ὦ ξεῖν᾽, ἀγγέλλειν Λακεδαιμονίοις ὅτι τῇδε / retueda, τοῖς κείνων ῥήμασι

πειϑόμενοι. Non è possibile in questa sede soffermarsi ulteriormente su questi famosi epigrammi. Rimando a GUARDUCCI,

EG, II, pp.164-165; LORENZ

1976, pp. 73-84; PETROVIC

2007, pp. 237-249 (con ulteriore bibliografia).

? GV 94 (Simon. νι, PAGE, FGE): Μνῆμα τόδε xAiervoto Μεγιστία, ὅν ποτε Μῆδοι / Σπερχειὸν ποταμὸν χτεῖναν ἀμειψάμενοι, / μάντιος, ὃς τότε Κῆρας ἐπερχομένας σάφα εἰδὼς / ὄοὐκ ἔτλη Σπάρτης ἡγεμόνα προλιπεῖν. 3 Simon., fr. 531, PAGE, PMG: τῶν ἐν Θερμοπύλαις ϑανόντων / εὐκλεὴς μὲν ἁ τύχα, καλὸς δ᾽ ὁ πότμος, / βωμὸς δ᾽ ὁ τάφος, πρὸ γόων δὲ μνᾶστις, ὁ δ᾽ οἴκτος ἔπαινος. / ἐντάφιον δὲ τοιοῦτον οὔτ᾽ εὐρὼς / 009° ὁ πανδαμάτωρ ἀμαυρώσει χρόνος. // ἀνδρῶν ἀγαϑῶν ὅδε σηκὸς οἰκέταν εὐδοξίαν / Ελλάδος εἵλετο: μαρτυρεῖ δὲ Λεωνίδας, / Σπάρτας βασιλεύς, ἀρετᾶς υέγαν λελοιπὼς / κόσμον ἀέναόν τε κλέος. Cfr. HIGBIE 2010. 4 Cfr. BAUMBACH 2000, ALBERTZ 2006. In LORENZ 1976, pp. 80-84 si trova un elenco delle traduzioni di

quest’epigramma, ordinato cronologicamente a partire da quella di Cicerone (Tusc., 1, 101: Dic, hospes, Spartae nos te hic vidisse iacentes, / Dum sanctis patriae legibus obsequimur). Riporto quella famosa di F. Schiller che ha ispirato la menzionata opera di BÒLL 1956: Wanderer kommst du nach Sparta, verkündige dorten, du habest / Uns hier liegen gesehn, wie das Gesetz es befahl. 5 Cfr. da ultimo MEIER 2010. ° Cfr. pp. 175-176 su Catone il Censore e sulla rarità degli epigrammi latini per caduti. 7 Suid., s.v. Σαμίων 6 δῆμος ὡς πολυγράμματος. Il 403 rappresenta una data convenzionale negli studi epigrafici,

14

INTRODUZIONE

In questo corpus sono stati per la prima volta riuniti e analizzati in un lavoro specifico 46 epi-

srammi funerari greci, di cui almeno 32 per i caduti in guerra. L’eccezionale importanza degli epigrammi dei caduti è evidente dal fatto che essi rappresentano circa un settimo del totale degli epigrammi funerari raccolti da Hansen (CEG) fino alla fine del ıv sec. a.C.' L’alto numero di attestazioni non può esser dovuto solo alla fortuna dei ritrovamenti, quanto piuttosto alla grande considerazione per il sacrificio degli opliti in guerra, evento che assume un ruolo centrale non

solo negli epigrammi, ma anche in più semplici iscrizioni funerarie non metriche.” Alcuni recenti ritrovamenti sono entrati all’ultimo momento nell’opera di Hansen (CEG) e altri, pur di grande Importanza, ma scoperti successivamente, non potevano esservi compresi. *

La presente edizione degli epigrammi per i caduti in guerra tenta di colmare, almeno fino al v sec. a.C. e per le sole attestazioni epigrafiche, l’assenza di uno studio monografico che corrisponda a quello dei vincitori agonistici di EBERT 1972. Più recentemente si segnalano, tuttavia, oltre ad alcuni progetti riguardanti gli epigrammi su pietra,‘ studi specifici sui guerrieri e sui caduti in età

arcaica e classica‘ e in particolare sui monumenti nalisi degli epigrammi dei caduti in guerra nelle complessivo si deve rimandare ancora all’opera epigrammi di età tardo-antica individuati dallo

eretti in loro onore. Auspicando la raccolta e l’aepoche successive (cfr. conclusioni), per un quadro generica di STECHER 1981. Giungendo fino agli spoglio del corpus di Peek (GV), STECHER (1981)

menziona fino alla fine del Iv sec. a.C. almeno 37 epigrammi per i caduti in guerra.” Tuttavia cinque casi sembrerebbero da espungere® e due casi dovrebbero esser classificati, a mio parere, come incerti.” Esemplare

è un epigramma x

erroneamente

ritenuto per un caduto

in guerra,

CEG

128,

proveniente dalla Locride Orientale e databile al 525-500.'° Alla preposizione ἐπί, infatti, è riferito tanto che nell’edizione delle iscrizioni attiche il primo volume (IG 1, 1°, 1°) prende in esame quelle Euclidis anno anteriores’. La riforma varata sotto l’arconte Euclide, ratificando ad Atene un fenomeno già avallato dalla pratica, va contestualizzata in un più ampio processo di trasformazione (cfr. MATTHAIOU

2009). L'alfabeto ionico giunse alcuni anni

dopo in altre zone del mondo greco, come ad es. in Beozia (cfr. da ultimo PAPAZARKADAS 2014, p. 232 e nota 240). ! Sul totale dei 454 epigrammi raccolti in CEG

ben 56 sono per i caduti. Nel presente lavoro se ne sono discussi

27 (CEG 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, 10, 13, 27, 79, 82, 87, 88, 90, 100, 107, 112, 114, 118, 131, 135, 136, 142, 145, 155, 637. Fino alla fine del Iv sec. a.C. con il quale si chiude l’opera di Hansen ho individuato 29 epigrammi certamente riconducibili a caduti in guerra: CEG 99, 101, 466, 467, 468, 488, 489, 506, 519, 594, 595, 598, 609, 625, 633, 634, 650, 651, 654, 657, 658, 661, 673, 692, 694, 730, 740. A questi si aggiungano 5 epigrammi, qui dedicati a guerrieri che non sarebbero caduti in Guerra (nn. a-e: CEG 19, 30, 83, 94, 170), e altri due esempi alla guerra del Peloponneso: CEG 177, 697. Resta incerta l’attribuzione di 5 epigrammi ai caduti in guerra

627, 632, analizzati, successivi (nn. «-e:

CEG 7, 31, 47, 139, 710).

? Molti epigrammi sono riconducibili a questo corpus spesso solo dall’allusione alla morte in guerra. Per alcune

iscrizioni funerarie per i caduti cfr. pp. 22-23.

3 Erano ancora poco studiati al momento della realizzazione del corpus di Hansen alcuni ritrovamenti recenti, come nn. 11, IV (il lapis C), vir, e. Gli epigrammi scoperti dopo la pubblicazione dell’opera di Hansen sono stati qui considerati, nei limiti dello spoglio dei repertori da me effettuato: SEG xLI 540 (n. I); SEG LVI 430 (n. III); PAPAZARKADAS 2014 (1x=D); SEG xLVIII 83 (n. xI1). Non è ancora edito l’epigramma n. 17. 4 Andrej Petrovic (Durham University) sta raccogliendo gli epigrammi ellenistici greci con un progetto dal titolo ‘Carmina epigraphica Graeca, 111°, al quale collaboro per gli epigrammi del Peloponneso, mentre un Supplementum Band a MERKELBACH -- STAUBER, SGO, contenente epigrammi inediti, è stato oggetto del lavoro di abilitazione di Gregor Staab (Univesität zu Köln). 5 Cfr. SOURVINOU-INWOOD 1995 (sul rituale funerario); RECKE 2011 (sulle rappresentazioni dei guerrieri); PIRSON 2014 (sulle rappresentazione dei combattimenti in età classica ed ellenistica). ° Cfr. RABE 2008; Low 2012 e ARRINGTON 2015. 7 Rimandando alle corrispondenze con GV nell’indice epigrafico, riporto i numeri di CEG:

1, 4, 5, 6, 7, 8, 10,

13, 19, 27, 90, 82, 83, 99, 112, 118, 131, 135, 136, 139, 142, 145, 466, 467, 488, 489, 609, 634, 650, 654, 657, 658, 661, 673, 694, 740. Stecher menziona infine l’epigramma GV 9

(n. C.).

* Sull’epigramma CEG 128 cfr. infra, nota 10, mentre le seguenti iscrizioni, che rientrano nell’intervallo di GV 1-50 sono sicuramente da espungere (ritengo che Stecher abbia voluto indicare l’intero capitolo sui polyandria di Peek senza differenziare tra caduti in guerra e non): CEG

11, 12, 143, 469. Si tratta quasi sempre di iscrizioni per prosseni

e in nessun caso si trova un riferimento alla sfera militare. Nella lista di Stecher devono essere espunti anche due epigrammi della tradizione letteraria, GV 43 e 44. ° CEG 31 (n. a) e CEG 139 (n. γ). Ὁ [--τὸῷ -- τΞ - ] ἐπὶ Μινάδαι | ἀνδρὶ rodervor | Sduor κοιυπλί- - | - -]otox |[ - - - ]. Le parole ἀνδρὶ ποϑεινῦι co-

stituiscono un adonio alla fine dell’esametro e sono seguite, probabilmente, da un ulteriore verso.

INTRODUZIONE

15

il nome del defunto' e non il luogo della battaglia, che invece si legge, ad es., nell’epigramma di

un caduto presso l’Asopo (n. 10). Sebbene ai fini del presente studio si sia ritenuto necessario operare la distinzione tra iscrizioni funerarie pubbliche e private, le due forme di commemorazione del defunto non si escludono vicendevolmente, come dimostra ad es. il celeberrimo caso dell’ateniese Dexileos, caduto nella Guerra Corinzia del 394 a.C.* L’erezione di un monumento funerario pubblico era l’onorificenza più alta e diffusa per i caduti in guerra, ai quali era, infatti, dedicata la maggior parte dei monumenti funerari

pubblici di età arcaica e classica.* Il monumento pubblico poteva essere una sepoltura collettiva (polyandrion) oppure un cenotafio, come accadeva non solo per le battaglie navali (cfr. nn. v, vi), ma anche per quelle combattute in luoghi lontani dalla madrepatria (nn. Iv, vII, x, ΧΙ, xv). Sono anche attestati cenotafi privati per battaglie navali (nn. 8, 12). In alcuni monumenti dedicati a un

singolo caduto possono mancare elementi decisivi che permettano di identificarli come pubblici o privati. Mentre nell’epigramma di Tokes (n. vii) si afferma esplicitamente che i concittadini di Paros hanno provveduto a realizzare la sepoltura, l’epigramma di Theotimos (n. 11), in mancanza

della menzione del dedicante, non è con sicurezza inquadrabile nelle categorie pubblico o privato. La stessa precauzione, dovuta però allo stato frammentario del testo, vale per due epigrammi classificati qui come privati (nn. 8, 10). Il più antico epigramma privato, risale alla fine del vir sec. o all’inizio del vı sec. a.C. e proviene da Corcyra (n. 1), isola che curiosamente attesta anche l’epigramma del prosseno Menekrates (CEG 143), una delle prime iscrizioni pubbliche, forse di soli pochi anni precedente. Da un’altra colonia corinzia, Ambracia, fondata poco più a sud di Corcyra sulla terraferma dell’omonimo golfo, proviene il primo epigramma pubblico per i caduti (n. 1), databile alla fine del vi sec. a.C.

Il ritrovamento dell’epigramma modificherebbe il quadro tracciato più di 65 anni fa da Jacoby, secondo il quale le prime commemorazioni dello Stato per i caduti non precedono la nascita della democrazia ateniese.* Tuttavia, è attestato a partire dalle Guerre Persiane un altro gruppo di iscrizioni pubbliche per i caduti in guerra, vale a dire le liste che ne commemorano i nomi. In particolare, la stele di Loukou (n. 111), recentemente scoperta, sembrerebbe essere la più antica lista dei caduti finora rinvenuta, anche se Paus., 1, 29, 7, attesta un caso precedente (cfr. infra).° Una lista di caduti, proveniente dalla cleruchia di Lemno, IG 1? 1477 (Efestia, 480-470 a.C.) e contenente i

nomi di cittadini ateniesi divisi secondo la tribù, potrebbe essere o coeva o leggermente successiva alla stele di Loukou.” La lista di caduti più antica trovata ad Atene è IG 1° 1144, databile forse al 464 a.C. La produzione delle più antiche liste in area ateniese rappresenta senza dubbio un effetto

! Cfr. il caso analogo dell’epigramma

CEG

113: μνᾶμ᾽ En’ Ὀλιγείί |]Barfıt

u’ ὁ matto e|médexe

ϑανόντι

Ὀσϑίλος, ὅς | πένθος ϑέχεν | ἀποφϑίμενος. Non ho seguito l’edizione della maggior parte degli editori, tra cui Hansen (CEG) e Peek (GV 152), che preferiscono correggere al v. 2 dopo il nome Ὀσϑίλος il pronome relativo ὅς

con il medesimo pronome al dativo, ö. Scriveva Wilhelm Dittenberger (IG vii 1880): «Sed @[L] pro ὡς scripsi cum Keilio, non quo Lollingii testimonio diffiderem, sed quia ipsum lapicidam syllaba proxime antecedente in errorem inductum iudico. Nam

ὡς πένθος

YExev neque per se recte dictum existimaverim, neque asyndeton tollerabile

videtur». Tuttavia, dal momento che sulla stessa edizione diplomatica di Dittenberger si legge la sequenza ΟΣ, ho preferito qui seguire l’edizione di FRIEDLANDER — HOFFLEIT 1948, n. 61 a, lettura del relativo ὅς riferito a 'OXryelt] dar

... θανόντι, asserendo che «ὧι would correct not the mason but the author». ? Dexileos è commemorato in tre monumenti: in quello privato, IG 11/111? 6217; in quello eretto dalla tribù

Akamantis ai propri caduti, a cui infatti apparteneva il demo di Dexileos (Thorikos), IG 11/111° 5221; infine in quello pubblico eretto dallo stato ateniese, IG π|(111 5222, sul quale i caduti sono divisi in tribù, ma la maggior parte dei nomi,

tra cui sicuramente

quello di Dexileos,

è andata perduta.

Cfr. GUARDUCCI,

EG,

II, pp. 606-607; III, pp.

173-174, ©, da ultimo, GRECO 2010-2014, IV, pp. 1404-1405, 1448-1449. 3 Cfr. GUARDUCCI, EG, II, pp. 163-176. 4 JACOBY 1945. Cfr. ARRINGTON 2010, pp. 503-509. 5 ARRINGTON 2011, pp. 179-182. Per ulteriore bibliografia sulle liste dei caduti ateniesi cfr. Greco 2010-2014, IV,

Ρ. 1454. ° TENTORI

MONTALTO

2014, A, p. 37 e nota 17; ARRINGTON

2015, pp. 42-43. Nell’epigramma di Ambracia (n.

I) i nomi fanno parte dei versi. 7 CULASSO GASTALDI 2010, pp. 140-142, argomenta convincentemente che l’iscrizione è una lista di caduti riferibile all’età cimoniana.

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16

INTRODUZIONE

della democrazia, dal momento che i caduti sono collettivamente elencati secondo la tribù di appartenenza, in rispetto del principio di uguaglianza e anonimità.' L'identità collettiva prevaleva su quella del singolo senza creare differenze tra concittadini che si erano sacrificati per la patria, tanto che nelle liste era permessa l’omissione del patronimico anche a costo di fornire informazioni

incomplete.? Durante le Guerre Persiane sono anche attestati polyandria pubblici sul luogo della battaglia, in particolare per i caduti di Maratona, delle Termopili, di Salamina e di Platea.? Tali

monumenti costituivano l’aspetto monumentale della commemorazione dei luoghi delle battaglie, insieme con il trofeo.* Come si è visto, si datano a partire dal v sec., dunque successivamente all’epigramma di Ambracia (n. 1), le più antiche iscrizioni pubbliche per i caduti provenienti sia da Sparta - in particolare

IG v 1, 703 recante il nome del caduto seguito da ἐν πολέμωσι (cfr. p. 22, nota 3) -- sia da Atene, dove, invece, i nomi sono raccolti in liste e i caduti sono celebrati anche da eleganti epigrammi, oltre che da ben più sfarzosi monumenti. Ancora più rilevante è senz'altro il luogo in cui sono

esposti ad Atene tali monumenti. La creazione di un cimitero pubblico, il Demosion Sema, dedicato alla sepoltura dei caduti in guerra (Th., 2, 34) e di personaggi illustri, trova un precedente a Corcira

nella vicinanza del monumento privato del caduto Charops (n. 1) e di quello pubblico del prosseno Menekrates (CEG 143). Risulta ancora aperto il dibattito sulla nascita del Demosion Sema e sulla sua esatta localizzazione nell’area del Ceramico.° Funge da terminus ante quem la lista IG 1° 1144, dedicata ai caduti ateniesi a Thasos, in alcune città dell’Ellesponto e a Eione, quest’ultima identificabile con la perduta battaglia contro gli Edoni a Drabeskos nel 465/464 a.C. (cfr. p. 118, nota 8). Un controverso passo di Pausania (1, 29, 4) sembrerebbe indicare che i caduti del medesimo episodio siano stati i primi

a essere sepolti nel Demosion

Sema.

Il Periegeta,

tuttavia, menziona

in seguito

(Paus., 1, 29, 7) un monumento precedente alle Guerre Persiane, quello dei caduti a Egina nel 491 a.C., di cui sarebbe esistita anche una lista di caduti che riportava persino i nomi degli schiavi cha avevano combattuto. La presenza degli schiavi non contraddirebbe la testimonianza di Pausania, dal momento che almeno il nome di uno schiavo è registrato anche nell’appena menzionata lista ateniese (IG 1° 1144, Il. 139-140: [9]εράπογτες). Risulta pertanto ancora aperto il dibattito sulla

formazione del Demosion Sema, non essendo possibile stabilire con certezza se risalga all’età precedente o posteriore alle Guerre Persiane.‘

In rari casi di età arcaica e classica si incontrano epigrammi di chi, pur non morendo in guerra, si è dedicato in vita principalmente all’attività militare, tanto che anche l’epigramma ne dà notizia. Stecher non distingue tra epigrammi funerari per i caduti in guerra, che costituiscono la quasi totalità degli esempi, e quelli per i guerrieri, e in età romana raccoglie anche epigrammi ! Cfr. da ultimo ARRINGTON

2011, p. 187, con ulteriore bibliografia.

2 I nomi delle liste ateniesi sono privi di patronimico, al contrario di altre zone del mondo greco (cfr. Hdt., 6, 14; Paus., 3, 14, 1). Non raramente, quindi, nei casi di omonimia, il medesimo nome poteva esser Γλαύκοδν compare tre volte in IG T3 1147, Ill. 136, 139, 160. Ripetizioni di nomi si incontrano anche 9, 26, 29. Cfr. infra, p. 22, nota 1 e ARRINGTON 2011, pp. 189-190 € 204-205. 3 Per la battaglia di Maratona cfr. Th., 2, 34, 5, Paus., 1, 29, 4; per quella delle Termopili Hdt., di Platea Hdt., 9, 85, Th., 3, 58, 4 e Paus., 9, 2, 5-6. Cfr. anche il monumento dei caduti corinzi Salamina (n. 6).

ripetuto. Il nome nel n. xv, Il. 6, 7, 228; per quella nella battaglia di

4 Cfr. sulla commemorazione dei luoghi delle battaglie di Maratona e Platea cfr. JUNG 2006. Per il trofeo rimando, da ultimo, al più recente studio a me noto, RABE 2008. Sul trofeo di Maratona, ricordato da Ar., Eq., 1331 e Paus., 1, 32, 4, Cfr. CLAIRMONT 1983, I, pp. 111-112 e, da ultimo, FROMHERZ 2011. 5 Per la datazione e la localizzazione del Demosion Sema, cfr. da ultimo Greco 2010-2014, IV, pp. 1441-1455, con ul-

teriore recente bibliografia. Alcuni recenti ritrovamenti sembrerebbero confermare la localizzazione lungo il Dromos, in particolare, oltre al lapis C della base di Maratona (n. Iv), il monumento funerario di Licurgo, ricordato da Paus., 1, 29, 15-16, e almeno cinque polyandria in odos Salaminos, n. 35 (GRECO 2010-2014, IV, pp. 1457-1462). Un’analoga localizzazione è sostenuta da ARRINGTON 2010. Dal momento che il Dromos conduceva all’ Accademia, non è da

escludere che una tale collocazione dei monumenti dei caduti svolgesse una funzione educativa per gli efebi ateniesi. ° Non è qui possibile entrare più in dettaglio nel dibattito. Oltre alla bibliografia appena citata (nota 5), segnalo che la formazione del Demosion Sema successivamente alla battaglia di Maratona è stata recentemente sostenuta da CULASSO

GASTALDI

2010, pp. 141-142 e in particolare n. 44 con ulteriore bibliografia.

INTRODUZIONE

17

per i gladiatori, i quali, pur a metä strada tra guerrieri ed atleti, mostrano tuttavia una diversa estrazione sociale.‘ Dal momento che le attestazioni provengono solo da monumenti privati, ho

aggiunto un’appendice alla prima sezione del corpus contenente epigrammi che menzionano un guerriero (nn. a-e), la cui morte sembrerebbe non esser avvenuta in guerra. Un utile confronto per questo gruppo è rappresentato dal noto epigramma di Eschilo, tramandato per via letteraria,

che lo ricorda come combattente a Maratona, ma che potrebbe esser stato composto in età più tarda.” Ho incluso in questo gruppo l’epigramma di due soldati di Paros (n. e), i quali, sepolti insieme a due familiari, non sembrerebbero esser morti in guerra, ma forse a causa dell’epidemia del 430/429 a.C. Nell’appendice agli epigrammi pubblici, ho rivolto l’attenzione a quattro casi (nn.

A-D), che potrebbero essere copie di epigrammi di v sec. a.C., come è certamente n. D, oppure componimenti realizzati ex novo, ricordando eventi bellici passati, come molto probabilmente n. B.: Nell’ultima sezione, infine, si riproduce il testo di cinque epigrammi (nn. «-e), la cui appartenenza al presente corpus è incerta. I commenti ai singoli testi delle due appendici e dell’ultima sezione sono stati necessariamente ridotti all’essenziale e orientati all’analisi degli aspetti più vicini agli obiettivi di questo lavoro. 2.

MONUMENTO,

STRUTTURA

METRICA

E

CONTENUTO

DEGLI

EPIGRAMMI

Gli epigrammi del presente corpus — escludendo le copie (nn. A-D) e gli epigrammi incerti (nn. a-€) — sono incisi su diverse tipologie di monumenti funerari, nonché in posizioni diverse per la medesima tipologia. La maggior parte si trova su una base (nn. 7, 10, 12, I, II, V, X, XIII), di cui è talvolta noto se era sormontata da una statua (nn. 2, 3, 7, a, VII) oppure da una stele (n. b) o, nel caso di monumenti pubblici, da più stele (nn. ıv, xI11). Frequente è l’incisione dell’epigramma sulla stele (nn. 1, 8, 11, 13, 14, 15, 17, c, d, e, III, VIII, IX=D, XII, XV), mentre non è mai attestata quella su una statua, che è tuttavia possibile per altri epigrammi arcaici (ad esempio, la celebre dedica di Nikandre, CEG 403). Più rara è la presenza dell’epigramma su un monumento funerario

a colonna. In tal caso è posto sull’abaco del capitello (n. 4) o sul fusto della colonna (n. y), ma non sulla base, posizione pur attestata ad es. dall’epigramma del caduto ateniese Diognetos di fine Iv sec. a.C. (CEG 594). In alcuni casi non è ricostruibile la forma originaria del monumento e di conseguenza la relativa posizione dell’epigramma. Si parla pertanto di lastra (nn. 5, 6, vi) oppure di frammento (nn. 16, XI). Fino alle Guerre Persiane sia gli epigrammi pubblici che quelli privati mostrano una grande

libertà di disposizione del testo sulla pietra, che scompare nel corso corso del v sec. a.C. La disposizione degli epigrammi di Charops (n. 1), di Theotimos (n. 11) e dei caduti argivi a Tanagra (n. viti), quest’ultima definibile plinthedon, è confrontabile con quella di altre iscrizioni. La stele di Loukou (n. 111), invece, presenta da un lato una singolare collocazione dell’epigramma tra il titolo e la lista dei caduti, dall’altro un allineamento delle lettere privo di confronti, che ho definito ‘plinthedon obliquo’. Ho individuato in alcune Tabulae Iliacae gli unici casi epigrafici che in epoca molto successiva mostrano una disposizione analoga, ma la cui funzione si differenzia da quella della stele di Loukou, volta a riprodurre lo schieramento oplitico in battaglia. La struttura metrica dei componimenti non sembra subire evoluzioni particolari. Si riscontrano, infatti, esametri (nn. 1, 10, d), distici elegiaci (nn. 2, 3, 4, 5, 6, 8, 11, 15, a, c, €, I, III, IV, VI, VII, IX, X, XI, XIV, XV) e metra atakta (n. 12, talvolta con parti in prosa: nn. 7, 14). Alcune

incongruenze metriche si segnalano soprattutto per i nomi propri, come [Να]υσίκυδες (n. 12), IIvdtov (n. dì, Τόκεω (n. vir). Tuttavia, la maggior parte degli epigrammi rispetta la prosodia, ! Cfr. STECHER 1981, pp. 50-53 e passim. Sui gladiatori nel mondo greco e su una selezioni di testi, fra cui molti epigrammi, cfr. da ultimo MANN 2011. ? GV 43 (Aeschylus 11, PAGE, FGE). Paus., 1, 14, 5 e Ath., 14, 627c attribuiscono la composizione dell’epigramma allo stesso Eschilo. 3 Sul fenomeno della copia di epigrammi cfr. CHANIOTIS 1988, in particolare da p. 234, e KACZKO 2009.

18

INTRODUZIONE

che anzi si distingue per accuratezza ed eleganza. Sono pertanto assenti quei problemi metrici ricorrenti che caratterizzano invece gli epigrammi successivi, come ad esempio quello di Agathon, GV 1443 (Roma, Ini-Iv sec. d.C.).' Lo stato frammentario di alcuni pezzi (nn. 9, 13, 16, Ὁ, 11, V, VIII, XIII) permette soltanto ipotesi speculative sulla natura dei versi. Fino alla metà del v sec.

a.C. gli epigrammi riprendono espressioni della poesia epica e lirica, in particolare sono presenti reminiscenze dei versi di Omero (nn. 1-3), di Tirteo (nn. 1, 5, 7, 11) e di Pindaro (nn. 11, 111, xI). Un epigramma attico presenta un motivo pindarico e si data contemporaneamente o addirittura precedentemente rispetto alla vita del poeta tebano (n. a). A partire dalla seconda metà del v sec.,

oltre a reminescenze omeriche (nn. 14, ΧΙ) e simonidee (n. xIv), sono anche attestate maggiori influenze della produzione letteraria contemporanea, in particolare della filosofia (nn. x, xıv), delle tragedie di Euripide (n. x11) e di Sofocle (n. xıv) e della nota orazione di Pericle per i caduti del primo anno di Guerra del Peloponneso (nn. x, xII).

La funzione poetica e quella politica sono indissolubilmente fuse nell’epigramma, tanto che risulta necessaria un’analisi in parallelo. Gli epigrammi di età arcaica vertono chiaramente sul com-

pianto e/o sulla lode del defunto, due aspetti strettamente collegati. Dallo studio di RECKE 2011 sulle rappresentazioni figurate e letterarie dei guerrieri in età arcaica e classica emerge che espressioni di dolore o sofferenza compaiono solo a partire dalle Guerre Persiane.® Pur non entrando nel merito di questa affermazione, che mal si concilia con il presente corpus di documenti, osserverei

piuttosto che gli epigrammi delle Guerre Persiane testimoniano una ben diversa novità: l’elogio del sacrificio dei caduti diventa funzionale alla propaganda politica della polis e viene veicolato da episodi del mito.

Gli epigrammi pubblici dei caduti nelle guerre persiane alludono più volte ad episodi mitici, come emerge per la prima volta dai dati qui raccolti. Nei due epigrammi su pietra per Maratona, quello della stele di Loukou (n. 111) e della base di Atene, in particolare nel lapis C (n. Iv), ho indi-

viduato riferimenti allo scontro tra Achille e Memnon nel primo e alla nota contesa per il possesso dell’Attica tra Atena e Poseidon nel secondo, che alludono probabilmente alla battaglia tra i Greci

e i Persiani. Analogamente nell’epigramma dei caduti Corinzi a Salamina (n. vi) è esplicita l’invocazione dell’eroe omerico Aiace, mentre il riferimento al mito dei Sette contro Tebe sembra sotteso alla stele eretta ad Atene per gli alleati argivi caduti a Tanagra (n. vini). Nell’elegia di Simonide per la battaglia di Platea (479 a.C.) si riscontrano numerosi riferimenti a eroi della Guerra di Troia, tra i quali Achille,* mentre nell’epigramma commemorativo della battaglia di Eione del 475 a.C., tramandato per via letteraria (Simon. xL, vv. 1-2, PAGE, FGE), si ricorda Menestheus, il mitico re degli Ateniesi, comandante durante la Guerra di Troia (Hom., Il., 2, 552). In un epigramma di età successiva (430-424 a.C.), inciso sulla stele dei cavalieri Ateniesi (n. x11), la menzione delle

‘mura di Alkathoos’ si riferisce alle mura di Megara presso le quali si svolse la battaglia, sebbene contrariamente ai casi precedenti non sembra potersi individuare una chiara analogia tra il mito e l’evento bellico. Il monumento

per i caduti in guerra, in particolare quello pubblico, dipende fortemente dal

clima politico coevo alla creazione del monumento, come mostrano gli epigrammi della battaglia di Maratona del 490 a.C. Due epigrammi riferibili a questa battaglia, incisi sulla base IG 1° 503/504 (n. ıv), sono paleograficamente databili tra il 480 e il 470 a.C., dunque a distanza di almeno un decennio dalla battaglia. Al 480-470 a.C. si data anche la stele SEG LvI 430 (n. 111), scoperta nella

villa di Erode Attico a Loukou, ma proveniente verosimilmente da Maratona, dove furono sepolti ! Cfr. Sacco 2008 e, da ultimo, TENTORI MONTALTO 2014, C, con ulteriore bibliografia e altri esempi. ? Cfr. Rossi 1999.

3 RECKE 2011, p. 55, individua il passaggio in una tra Achille ed Ettore, quest’ultimo per la prima volta 4 Simon., fr. 11, WEST, IE, II. Cfr. JUNG 2006, ticolare quelli di Maratona, smentiscono l’asserzione rappresenti la prima attestazione di un’analogia tra la

raffigurazione vascolare databile al 490/480 a.C. dello scontro rappresentato sanguinante dalle ferite. pp. 225-241. Gli epigrammi su pietra qui menzionati, in pardi Jung, che il riferimento ad Achille nell’elegia di Simonide Guerra di Troia e le Guerre Persiane.

INTRODUZIONE

19

gli Ateniesi caduti nel 490 contro i Persiani. Non stupisce un rinnovato elogio dell’impresa di Maratona all’epoca di Cimone, figlio di Milziade.' Da entrambi i monumenti funerari emerge il

tentativo di Atene di pubblicizzare il merito della vittoria contro i barbari, funzionale soprattutto al clima politico successivo alla seconda guerra persiana. L’influenza della politica a breve distanza di tempo dalla battaglia è evidente, ad esempio, anche nei monumenti italiani ai caduti della prima

guerra mondiale, che inizialmente avevano un carattere marcatamente antimilitare, trasmettendo la paura e il rifiuto della guerra.” Con l’avvento del fascismo molti monumenti furono distrutti o rinnovati per via del loro messaggio non più attuale, mentre altri furono costruiti ex novo riattua-

lizzando in chiave eroica la memoria dei caduti della prima guerra mondiale.* Gli epigrammi dei caduti nelle Guerre Persiane, inoltre, sono stati perfino usati a fini propagandistici. Lo pseudo-plu-

tarcheo De malignitate Herodoti* ricorda una serie di testimonianze che negano il ruolo primario di Atene nella Seconda Guerra Persiana, tra le quali emerge l’epigramma per i Corinzi caduti a Salamina (Plu., Mor. 11, De mal. Herod., 870), tramandato anche dall’iscrizione IG 1° 1143 (n. vi). Non stupisce, pertanto, l’omissione di questo epigramma in Erodoto, se si considera che lo storico

potrebbe aver composto la sua opera durante il periodo di tensione politica tra Corinto e Atene, che creò i presupposti della Guerra del Peloponneso.5 Obiettivi propagandistici, invece, sono quasi del tutto assenti negli epigrammi privati per i caduti in guerra. Unica eccezione, ammettendone la

sua natura privata, è rappresentata dall’epigramma di Theotimos, caduto nella battaglia di Tanagra (n. 11), nel quale il riferimento ad aver evitato il disonore vuole con ogni probabilità allontanare

l’onta dei Tessali per il tradimento del fronte greco durante la Seconda Guerra Persiana e, in seguito, dell’alleanza antispartana a Tanagra. L’epigramma pubblicizzava allora e permette di dedurre

oggi che l’oplita Theotimos, fedele certamente ai filoateniesi Alevadi, non passò dalla parte del nemico nel 458 a.C. al contrario di quanto fece la cavalleria tessala. 3. CONTRIBUTI

ESEGETICI

E STORICI

Nel presente corpus si è proceduto ad un'analisi comparatistica e quanto più possibile degli epigrammi per i caduti in guerra. Vorrei qui riassumere i nuovi contributi esegetici emersi. Per i primi, che costituiscono spesso i presupposti dei secondi, ha svolto un ruolo l’esame autoptico dell’iscrizione e/o del calco. Tra i casi più interessanti di nuove letture® l'individuazione della lettera hypsilon al di sopra dell’ultimo segno O della parola Qoptv9o x

globale e storici decisivo segnalo al v. 1

dell’epigramma dei caduti corinzi a Salamina (n. vi). Sono state, inoltre, avanzate alcune nuove integrazioni o esegesi, come [οὐδέ]ς nell’epigramma di Xenokles (n. a); Katg e Mevvéac nella

dedica dei cavalieri tessali (n. 11 a); δ᾽ ἐδαμάσϑες nell’epigramma di un caduto presso l’Asopo (n. 10); εὐρυχόρου Θεσσαλίαι στέφανον nell’epigramma di Theotimos (n. 11); Παλλάδος Πιπο[σόξς] nel lapis C di IG 1° 503/504 (n. iv). Nuovi risultati sono emersi anche dall’analisi di

due epigrammi recentemente rinvenuti a Tebe (PAPAZARKADAS 2014), redatti in alfabeto locale e caratterizzati entrambi per essere stati copiati sul medesimo pezzo nel Iv sec. a.C., probabilmente nel periodo dell’egemonia tebana. In particolare per il primo (n. 1x = D) ho sostenuto la lettura di οὗτο al v. 1 e di [π]ολέμου al v. 3, per il secondo, un epigramma di dedica ad Apollo Hismenios, si sono avanzate nuove proposte esegetiche, in particolare hutò γᾶς χρυσοῖο (cfr. p. 151, nota 2), per le quali, non rientrando il pezzo nel presente corpus, si rimanda alla più approfondita analisi in ! Cfr. da ultimo DI CESARE 2014. ? Sui monumenti funerari a cavallo delle due guerre mondiali cfr. Mosse funerari antichi e moderni cfr. Low — OLIVER 2012.

1990.

Sul confronto

tra monumenti

3 Cfr. il caso del Monumento alla Vittoria (Siegesdenkmal), in piazza della Vittoria a Bolzano, eretto tra il 1926 e il 1928, cioè, in maniera significativa per il nostro epigramma di Maratona (n. IV), circa un decennio dopo la guerra. 4 Cfr. da ultimo l’edizione GRIMALDI 2004. 5 Cfr. FERRANDINI TROISI —- CAGNAZZI 2007, pp. 70-75.

° Cfr. anche l’epigramma di Imbro (n. 8) e l’epigramma di Phanes (n. 5), nel cui v. 1 ho individuato la sequenza di ksi rosso e sigma pleonastico (XX) della parola ξείνοισι.

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INTRODUZIONE

un mio contributo di prossima edizione (TENTORI MONTALTO, c.d.s.). Sulla base delle fotografie disponibili, infine, ho proposto la prima edizione di una stele ateniese, contenente due liste di caduti

e un epigramma (n. x11), dalla quale si ricavano informazioni storiche di grande importanza per la Guerra del Peloponneso (cfr. anche n. e sull’epidema del 430/429 a.C.). Dal confronto con alcuni

passi omerici è stato possibile dimostrare una nuova esegesi dell’epigramma di un caduto frigio di nome Mannes (n. 14), che affermando di essere il migliore dei taglialegna, allude alla sua abilità

militare e al numero dei nemici uccisi. Un risultato degno di particolare attenzione è certamente la nuova esegesi del primo distico della stele di Loukou (n. 111), che presentava numerosi problemi solo in parte risolti in un mio primo tentativo esegetico.! Grazie all’autopsia della stele e alla realizzazione dei calchi ho potuto formulare una nuova esegesi, che è qui stata adottata con la sola eccezione di una lettera incerta.” L'esame

autoptico ha infine permesso di confermare la datazione del pezzo al 480-470 a.C. e di individuare almeno due successive fasi del suo riuso architettonico nella villa di Erode Attico.* Il trasferimento della stele da Maratona a Loukou intorno agli anni Sessanta del 11 sec. d.C. in concomitanza con la spedizione di Lucio Vero contro i Parti (162-166 d.C.) testimonia il grande ruolo simbolico dei monumenti funerari per i caduti in guerra, tanto più se accompagnati dall’epigramma. Due notevoli componimenti (nn. A, B) presuppongono già in età ellenistica un ruolo centrale per la celebrazione del glorioso passato, a prescindere dalla loro interpretazione come copie di iscrizioni

di età classica o piuttosto come nuove composizioni post-classiche. * Come per la stele di Loukou, l’interpretazione di alcuni epigrammi si è rivelata fortemente connessa alla ricostruzione del monumento originario. In particolare, l'individuazione di una o più battaglie delle Guerre Persiane nell’epigramma IG 1? 503/504 (n. ıv) dipende in gran parte da quali

frammenti apparterrebbero a questa base iscritta. Le estese lacune testuali sono la causa principale delle difficoltà di esegesi, tanto che il pezzo non è stato considerato un'iscrizione funeraria da alcuni illustri studiosi. In base alla mia analisi autoptica escluderei, come di recente si è già messo in luce,

l'appartenenza al monumento del lapis B (n. v) e l’identificazione di Mus. Agora I 4256 con una copia del lapis A 1 (n. A). Mi sembra, inoltre, condivisibile l’ipotesi di chi sostiene che entrambe le serie di epigrammi incise sui lapides A e C (n. Iv) si possano riferire alla battaglia di Maratona. Infine, per la base con l’epigramma n. xıv non è stata seguita l’unione con una stele proposta da BRADEEN 1964 e confutata da ARRINGTON 2012. Ciò renderebbe maggiormente verosimile l’attribuzione del pezzo alla battaglia di Delion del 424 a.C.

Gli epigrammi per i caduti sono un'eccezionale fonte storiografica. La stele di conferma per la celeberrima battaglia di Maratona lo scarso numero degli Ateniesi bari. Probabilmente il lapis C della base ateniese per Maratona (n. ıv) descrive la battaglia di Maratona, quando i Persiani tentarono di raggiungere Atene via mare.

Loukou (n. 111) opposti ai barfase finale della Da tempo nota

è la rilevanza storica dell’epigramma dei Corinzi caduti a Salamina (n. vi), che testimonia il ten-

tativo propagandistico di Atene di ottenere il merito della vittoria. Paradossalmente, però, a tale tentativo non corrisponde alcun epigramma noto da fonti epigrafiche o letterarie per gli Ateniesi caduti in quella stessa battaglia,

! Cfr. TENTORI

MONTALTO

a meno di individuarlo in un frammento (n. ıv). L’epigramma di

2013, A, la cui lettura è basata sull’analisi delle fotografie e delle edizioni precedenti.

? Cfr. TENTORI MONTALTO 2014, A, in cui pubbicavo 7° ἔσσχατα. Ho preferito in questa edizione la lettura Ὠέσσχατα. 3 Cfr. rispettivamente TENTORI MONTALTO 2014, A e GALLI -- TENTORI MONTALTO 2014. Dapprima la stele avrebbe fatto parte della decorazione di una parete (probabilmente nell’aula basilicale o nella biblioteca della villa) e in seguito sarebbe stata riutilizzata nella costruzione del forno di età tardo-antica, dove è stata rinvenuta nel 1999.

4 Segnalo, a tal proposito, che il tema ispirato al glorioso passato dei tempi della fondazione potrebbe trovarsi anche in un nuovo epigramma, rinvenuto nel 2010 a Mylasa e studiato da Christian Marek per una prossima edizione. 5 L’epigramma IG 1} 503/504 non è incluso nel corpus di Peek (GV) - seppur per la sua copertina si sia scelta proprio l’immagine di quest’iscrizione — e Jeffery-Lewis (IG 1?) lo catalogano sotto la voce “donaria’ anche dopo la scoperta del lapic C.

INTRODUZIONE

21

Tokes (n. vii) può esser ricondotto probabilmente alla missione ateniese ad Eione (476/475 a.C.) o ad Amfipoli (465/464 a.C.). La battaglia di Tanagra del 457 a.C. rappresenta un altro evento bellico fondamentale nel v sec., denominato anche Prima Guerra del Peloponneso, per il quale le fonti epigrafiche (CEG 351; nn. 11, 11a, vIII) forniscono notevoli informazioni. Nuove considerazioni sulla battaglia di Tanagra sono emerse dall’analisi dell’epigramma per i cavalieri ateniesi (n. ΧΙ) e di quello di Makartatos e

Melanopos (n. 15). La tesi di BuGH 1988, secondo cui la cavalleria ateniese avrebbe preso parte alla battaglia di Tanagra del 457 a.C., sembrerebbe poco verosimile alla luce del presente studio.* Il primo dei due epigrammi, infatti, sarebbe una testimonianza inaffidabile per una tale affermazione,

dal momento che potrebbe riferirsi piuttosto ad una battaglia del primo anno della Guerra del Peloponneso (431 a.C.). Il frammento dell’epigramma di Makartatos e Melanopos (n. 15), caduti a Tanagra secondo Pausania (1, 29, 6), non è paleograficamente databile alla battaglia del 457 a.C., a meno di voler forzatamente ammettere che si tratti di una copia di circa 50 anni successiva, realizzata, tuttavia, in un momento in cui nel Demosion Sema l’attenzione era piuttosto rivolta ai caduti della Guerra del Peloponneso. Ben più verosimilmente Makartatos e Melanopos caddero nella battaglia di Tanagra del 426 a.C. oppure in quella di Delion del 424 a.C. Lo lascerebbe intendere

anche una stele (n. xır) dedicata ai cavalieri ateniesi caduti a Megara — e onorati con un epigramma — e ad altri cavalieri caduti a Tanagra e Spartolos, tutti episodi bellici riferibili al periodo tra il 430 e il 424 a.C. Ho proposto una datazione alta di questa stele (Megara, 430 a.C.; Tanagra e Spartolos, 429 a.C.), che si concilia con quella dell’epigramma di Makartatos e Melanopos, caduti nel medesimo luogo in una battaglia di alcuni anni successiva. In definitiva, Tanagra, posta in

una zona di confine e di attrito tra l’Attica e la Beozia, è stata teatro di battaglie anche durante la Guerra del Peloponneso. Poco lontano da Tanagra, a Delion, si svolse un’importante battaglia tra

le forze peloponnesiache e ateniesi nel 424 a.C., mentre almeno uno scontro è registrato a Tanagra nel 426 da Tucidide (3, 91) e Diodoro (12, 65). Poiché l’episodio bellico di Tanagra ebbe una rile-

vanza minore e forse non fu neanche l’unico durante la Guerra del Peloponneso, risulta complessa l’attribuzione delle fonti epigrafiche a un preciso evento.

Per l’epigramma dei caduti presso l’Ellesponto (n. xv), infine, ho accettato la proposta da KIRCHHOFF 1882, recentemente seguita da FERRANDINI TROISI - CAGNAZZI 2013, di riferire il monumento ai caduti della missione di Alcibiade nell’Ellesponto tra il 411 e il 408 a.C.

Non è stato possibile individuare con certezza la battaglia a cui si riferiscono molti epigrammi, talvolta perché l’evento non è attestato dalle fonti, come si verifica prima delle Guerre Persiane, talvolta perché l’epigramma è troppo lacunoso (nn. 1-10, 12-14, 16, 17, I, U, IX). Per gli epigrammi, di cui si hanno sufficienti informazioni sulla battaglia, risulta interessante analizzare l’elogio dei caduti a seconda che l’esito sia stato una vittoria o una sconfitta. Pur talvolta con un certo margine di incertezza, alcuni epigrammi (nn. II, 1v, vi, xv e, probabilmente, v) sembrano riferirsi a un evento vittorioso, mentre altri a una sconfitta (nn. 11, I, VII, VIII, XIV e forse 10, x1). Dall’analisi di questi, tuttavia, non risultano differenze sostanziali né caratteristiche distintive: il caduto o i caduti vengono in entrambi i casi elogiati (nn. 11, III, IV, VI, VII, Xv) e/o compianti (nn. 11, I, VI, VII, VIII, xv). Emblematici, tuttavia, sono l’epigramma n. xIv, in cui la sconfitta è attribuita a una cattiva interpretazione dell’oracolo, e la stele n. x11, nella quale per

la vittoria a Megara (soprattutto nel caso si trattasse dell’episodio del 424 a.C.) è stato composto un epigramma in alfabeto ionico per i caduti della prima lista, mentre per una sconfitta si è preferito un titolo ‘neutrale’, sia se la menzione di Tanagra corrispondesse alla disfatta di Delion del 424, sia

se quella di Spartolos facesse riferimento all’altrettanto disastrosa campagna del 429 a.C. Venendo ora alla prosopografia degli epigrammi, nella più antica iscrizione (n. 1) il nome Charops — ma si consideri l’altrettanto valida possibilità che il defunto si chiami Arniadas -- sembre-

rebbe di origine omerica. Per il successivo epigramma (n. 2) il nome Tettichos, non più attestato ! Cfr., ad es., la sintesi e la più prudente posizione di SPENCE

1993, pp. 11-15.

22

INTRODUZIONE

in seguito, deriva dal corrispondente nome della cicala e, come hanno messo in luce FERRANDINI

TROISI - CAGNAZZI

2013, si deve ricondurre ai valori aristocratici che ad Atene erano legati

all’insetto. A mio avviso, si potrebbe individuare un legame ancora più stretto tra il nome Tettichos

e il ruolo simbolico della cicala per l’autoctonia ateniese e per i Maratonomachi. Analogamente il nome Pyrhiadas (n. 7), non altrimenti attestato in Tessaglia, sembra volutamente richiamare il soprannome ὁ ΠΠυρρός assunto dal re tessalo Aleva, che adotta il mito di Pirro Neottolemo per la politica egemonica del regno tessalo. Kroisos (n. 4), invece, potrebbe essere il nome di uno straniero proveniente dall’Asia Minore oppure quello di un membro della famiglia degli Alcmeonidi, di cui sono noti i contatti con la corte del re lidio Creso. Alcuni nomi denotano l’origine locale del caduto, come Aratthion (1), Hysematas (n. 5), Mannes (n. 14) Tokes (n. vi). Altre volte il nome del caduto in guerra si concilia con l’origine aristocratica del personaggio, come nel caso di Prokleidas (n. 6), Theotimos (n. 11), [Na]usikydes (n. 12), Melanopos e Makartatos (n. 15), Xenokles

(n. a), Nausistratos e Euxenos (n. I). Si considerino anche le liste dei caduti presentate (nn. 111, VIII, XII, XV), in cui si leggono nomi di chiara origine aristocratica (ad es. Διόδδρος, Εὐφρονιάδες in n. 111, Favagtiac e Δαμί[άα]ιίππος] in n. vini) a fianco di nomi più comuni (ad es. Καλλίας e ᾿Αραιϑίδες in n. πι, Σύλικος e Αἰϑέρ in n. vini). D'altra parte le liste dei caduti attiche non

riferiscono mai il patronimo, tanto che a volte lo stesso nome era ripetuto più volte (cfr. p. 16, nota 2), mentre la conservazione generazionale dei nomi è evidente dal loro ricorrere nelle diverse liste della medesima tribü.' La quasi totalità dei cavalieri, infine, apparteneva all’aristocrazia, come mostra l’onomastica della

dedica dei cavalieri tessali a Delfi (n. 11 a) e soprattutto quella delle stele dei cavalieri ateniesi (n. XII). 4.

ISCRIZIONI

NON

METRICHE

ED

EPIGRAMMI

LETTERARI

AI fine di individuare il presente gruppo di epigrammi, si è proceduto a escludere dall’insieme delle iscrizioni funerarie dedicate ai caduti in guerra quelle che, prive di uno schema metrico, non costituiscono dei componimenti in versi.” Per tale motivo non verranno analizzate nel presente lavoro due tipologie di iscrizioni di notevole importanza, l’una pubblica, l’altra privata. Tra le epigrafi

private si distinguono a Sparta proprio quelle per i caduti in guerra, formate dal nome accompasnato da ἐν (Eu) πολέμωι (πολέμι), che per via di una legge di Licurgo rappresentano in età arcaica e classica il nucleo più cospicuo delle iscrizioni funerarie maschili laconiche.* Prescindendo

! Per un elenco dei nomi dei caduti tramandati dalle liste attiche cfr. CLAIRMONT 1983, II, pp. 325-363. Cfr. il ripetersi dei nomi della stele della tribù Erechtheis (n. 111), in altre due liste della medesima tribù. In IG 1? 1147 (ll. 9, 30, 33, 57, 141, 148, 185) + 1147bis (Il. 19, 25) sono contenuti sette nomi corrispondenti (ma non è sicuro che il nome

mutilo ᾽Αραιϑ- alla 1. 185 sia lo stesso che si legge alla 1. 18 della stele di Loukou) con due nomi ripetuti (Καλλίας e Διόδδρος). La stele SEG LII 60 ha due nomi corrispondenti (ll. 4, 64, 74 e 80), uno dei quali -- di nuovo Καλλίας — ricorre ben tre volte. Cfr. STEINHAUER 2004-2009, pp. 682-684, STEINHAUER 2010, p. 102, AMELING 2011, pp. 17-19 e TENTORI

MONTALTO

2013, A, p. 46.

? Cfr. alcuni importanti esempi, come un'iscrizione privata da Palermo della prima metà del vi sec. a.C. (GUARDUCCI,

EG,

I, pp. 171-172) e il caso di Dexileos,

caduto nella guerra corinzia del 394/393 a.C. ricordato da un’i-

scrizione privata (IG 11/I11° 6217) e da una pubblica (IG 11/111? 5222), sulle quali supra, p. 15, nota 2. Cfr. infine l’iscrizione incisa sul guerriero di Castiglione di Ragusa (Camarina), SEG xLIX 1273, che però menziona solo quelli che sembrano i nomi del guerriero e del dedicante. 3 Cfr. GuARDUCCI, EG, III, pp. 172-173 e, da ultimo, Low 2006 (SEG LvI 450). Stando alla proibizione di Licurgo, tramandata da Plu., Lyc., 27, 2, le sepolture non potevano recare il nome del defunto, eccetto nel caso si

trattasse di un uomo caduto in guerra o di una donna morta di parto. Anche se la regola non fu applicata in maniera ferrea, dal momento che sono attestate iscrizioni funerarie che recano solo il nome del defunto, le più antiche iscrizioni funerarie spartane seguono tendenzialmente il precetto licurgheo. Le iscrizioni spartane per i caduti in guerra sono attestate tra il v e il 1 sec. a.C. In particolare Low 2006 elenca 24 iscrizioni, quattro delle quali ancora inedite o solo parzialmente pubblicate, tra le quali si ricordano: IG v 1, 701-710; 921; 1124; 1125 e IG v 2, 251 (da Tegea

ma riferibile forse a un caduto spartano). Tra queste degne di nota sono IG v 1, 708 (Sparta, III a.C.) dedicata a Euruades, atleta morto in guerra (Εὐρυάδης

| ὀλυμπιονίκας

| ἐμ πολέμωι) e IG v 1, 1124 che menziona il luogo della

INTRODUZIONE

23

dal noto monumento dei caduti presso le Termopili (cfr. supra, p. 13), non stupisce che nessun epi-

gramma di questo corpus provenga da Sparta, come avviene anche in Sicilia e Magna Grecia (cfr. infra, pp. 171-172). Ad es. nella stele funeraria della prima metà del vi sec. a.C. per Aristogeiton, caduto a Motya (oggi Mozia), si fece ricorso a una più semplice iscrizione (GUARDUCCI, EG, IH,

pp. 171-172). Tra le epigrafi pubbliche emergono per importanza le liste dei caduti, che potevano talvolta essere accompagnate da una didascalia esplicativa in prosa,' oppure da un epigramma, nel qual caso presenti in questo corpus se anteriori alla Guerra del Peloponneso.? Esiste almeno una stele (n. xv), in cui la didascalia non esclude la presenza dell’epigramma, posto in ultima posizione nella parte inferiore e riferito, con ogni probabilità, a tutti i caduti di cui sono registrati i nomi.’

Epigrammi per i caduti in guerra sono tramandati anche dalle fonti letterarie,* che non sono ορgetto diretto di questo studio, a meno che ne sia preservata anche l’iscrizione. Nel presente corpus questa eventualità si riscontra solo nell’epigramma dei caduti Corinzi a Salamina (n. vi) e in quello dei cavalieri ateniesi (n. x1), che mostrano come le due vie della tradizione siano l’una indispensabile all’altra. Le fonti letterarie permettono l’integrazione delle iscrizioni, qualora lacunose, mentre

queste ultime mantengono la forma e il dialetto originali, spesso alterato nel corso -o forse anche già all’origine- della tradizione manoscritta.° Al di là di questi casi fortuiti, per epigrammi noti solo da una delle due tradizioni la suddivisione, per quanto artificiale, non può tuttavia essere evitata ai fini dello studio. Gli epigrammi su pietra, infatti, rappresentano una documentazione privilegiata,

per il semplice fatto di essere attestazioni dirette e sicure, oltre che contestualizzabili archeologicamente e/o databili, almeno paleograficamente. Gli epigrammi della tradizione letteraria, invece,

prevedono una differente metodologia di analisi, basata sostanzialmente sulla lingua e sullo stile, criteri che talvolta non garantiscono l’autenticità o l’antichità del componimento. Anche laddove i riferimenti interni indicano un preciso evento bellico non si può spesso esser certi di trovarsi di fronte a un epigramma realmente trascritto dalla pietra -- e anche in tale caso potrebbe essere un epigramma composto e inciso in età successiva all’evento ricordato - oppure a un'esercitazione, solitamente riferibile all’età ellenistica, in cui si è volutamente imitato lo stile e il lessico dell’età arcaica e classica. Ciò non esclude, ovviamente, che in alcuni casi i dettagli forniti dalle fonti scrit-

te siano sufficienti a riconoscere un originale su pietra.° Tra gli epigrammi pubblici sembrerebbe ragionevole l’ipotesi che molti di essi siano confluiti nella tradizione manoscritta poiché copiati da un originale su pietra,” mentre tra gli epigrammi privati, attribuiti spesso dall’ Anthologia Palatina a poeti famosi come Simonide o Anacreonte, ma certamente spuri, la data di composizione

è quantomeno sospetta.° Gli epigrammi della tradizione letteraria costituiscono altresì esempi di battaglia (Mantinea, forse in riferimento all’evento bellico del 418 a.C.). Le donne morte di parto erano ricordate da un'iscrizione composta dalla parola λεχώ (partoriente) concordata con il nome. Cfr. ad es. IG v 1, 713; 714; 1128;

1277, nn. 2, 4, 7. " Cfr. ad es. IG 1? 1147, 1183, 1191. Nei casi di stele mutile, non si può pertanto affermare l’originaria presenza di

una didascalia o di un epigramma o di entrambi. Sulle liste di caduti attiche cfr. da ultimo ARRINGTON 2011, (p. 183 sulla posizione dell’epigramma o della didascalia sulla stele) e ARRINGTON 2015. 2 Tra gli esempi qui raccolti cfr. l’epigramma di Maratona da Loukou (n. 111) e quello dei caduti argivi a Tanagra (n. VI), ai quali si aggiungano l’epigramma di Atene (n. Iv) e quello di Ambracia (n. I) che sorreggevano stele contenenti forse i nomi dei caduti. 3 Secondo le convincenti argomentazioni di FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2013, p. 55, l’epigramma si riferisce a tutti i caduti della stele. 4 In particolare dagli oratori attici, dall’ Anthologia Greca e da Pausania (cfr. su quest’ultimo ZIZZA 2006). 5 Su questi aspetti segnalo il recente studio di KACZKO 2009. ° Cfr. ad es. gli epigrammi commemorativi della vittoria di Eione, non privi di problemi esegetici, che la tradizione vuole incisi su tre erme (Plu., Cim., 7; Aeschin., or. 3, Contra Ctesiph., 183), sui quali rimando al commento di Simon. xL, PAGE, FGE.

7 Fino alla conclusione della Guerra del Peloponneso si annoverano i seguenti epigrammi pubblici: GV 1, 3, 4, 5, 6, 8, 10, 11, 12, 13, 16, 21, 23. Non sembrerebbe possibile determinare se l’epigramma pubblico GV 32 (cfr. Simon.

XLVI, PAGE, FGE), attribuito a Simonide e riferito ai Greci caduti presso l’Eurimedonte, sia stato copiato da un’originale su pietra oppure sia stato composto in età ellenistica. ® Per gli epigrammi privati cfr. ad es. GV 888 (Anacr. 11, PAGE, FGE); 915 (Anacr. 1, PAGE, FGE); 1173 (Simon. LXXXIII, PAGE, FGE).

24

INTRODUZIONE

formule fondamentali per il confronto con i casi epigrafici, anche nel caso risultassero composti in

età post-classica. Già nei più importanti repertori di epigrammi, indispensabili alla creazione del presente corpus,

è emerso il problema di considerare insieme o separatamente gli epigrammi su pietra e quelli letterari. Il primo lavoro dedicato esclusivamente agli epigrammi su pietra è KAIBEL, EG, seguito dalla raccolta FRIEDLÄNDER — HOFFLEIT 1948, che aggiorna e commenta i soli epigrammi di età arcaica. L’opera monumentale di PEEK (GV) raccoglie, invece, gli epigrammi funerari traman-

dati per via epigrafica e letteraria. La vastità del materiale ha impedito non solo di redigere un commento per ogni epigramma, ma anche di terminare il corpus includendo gli epigrammi non

funerari, come in particolare quelli dedicatori. Il corpus GV è a tutt'oggi indispensabile per lo studio degli epigrammi funerari greci, abbracciando oltre un millennio dal vıı-vi sec. a.C. al vi sec. d.C. La rigorosa recenzione di ROBERT

(1959, in particolare pp. 1-3), tuttavia, evidenzia tre

aspetti di grande rilevanza per il presente lavoro. Per quanto necessaria (GV, pp. xv-xvi), è pur certo limitante l’esclusione dei frammenti mutilati troppo gravemente e di circa 2000 epigrammi successivi all’età ellenistica, poco originali e di notevole lunghezza, cioè quasi lo stesso numero di

quelli editi (2138). Si consideri, inoltre, che anche una raccolta di tale importanza non può essere esaustiva a causa dell’aumento degli epigrammi noti grazie alle nuove scoperte.' In secondo luogo, Robert prende le distanze dal criterio di raggruppamento degli epigrammi, che non segue l’ordine geografico di KAIBEL, EG. Avrebbe infatti facilitato la raccolta del materiale del presente studio, una diversa suddivisione del corpus di Peek, suggerita da Robert, in epoche storiche (età arcaica,

classica, ellenistica, romana e tardo antica) a loro volta raggruppate in categorie di defunti (guerrieri, gladiatori, retori, bambini, etc.). Alla mancanza di un indice, che è il terzo aspetto qui rilevante della critica di Robert, ma che era nel progetto dell’opera (GV, p. vili), si è successivamente posto rimedio (CITTI 1995-2002). Dopo l’opera di Peek, a ogni modo, gli studiosi tornano a dividere le due vie della tradizione. Circa negli stessi anni, infatti, gli epigrammi letterari sono stati raccolti e commentati da PAGE,

FGE, e quelli su pietra da Hansen (CEG), includendo ovviamente entrambi tutti i casi di doppia tradizione. Riterrei significative le motivazioni con cui Page rinuncia a esaminare gli epigrammi

su pietra, malgrado il suo progetto iniziale, interrotto dalla notizia dell’opera di Hansen, fosse quello di analizzarli fino al v sec. a.C.? Solo alcune raccolte ben circoscritte esaminano gli

epigrammi a prescindere da come tramandati. In particolare si considerino le raccolte degli episrammi agonistici (EBERT 1972), degli epigrammi arcaici e classici della Tessaglia (LORENZ 1976) e, infine, degli epigrammi simonidei, costituita da ben 89 esemplari (PAGE, FGE), in tempi più

recenti riesaminati contemporancamente da BrAvı (2006)* e da PETROVIC (2007), il quale ultimo ne analizza in dettaglio 15 e considera le possibilità di una loro attribuzione a Simonide. Infine,

SKIADAS 1967 analizza gli epigrammi funerari fino al v sec. a.C., mentre PRITCHETT, GSW (Iv, pp. 159-259) offre una panoramica storica delle fonti epigrafiche e letterarie sulla sepoltura dei caduti in guerra.

* Alcuni epigrammi del presente corpus non sono pertanto contenuti in GV e talora neanche in CEG (cfr. p. 14, nota 3). Nel corpus di Peek (GV) sono assenti alcuni importanti epigrammi funerari, come ad es. quello per il summarudis P. Aelius, I. Ancyra, n. 148 (Ankara, 120-150 d.C.), quello del re Gergis, CEG quello per il beotarca Xenokrates e due tebani, CEG 632 (Tebe, 371 a.C.).

177 (cfr. p. 171, nota 3), e

? PAGE, FGE, p. ix (Preface): «Epigrams preserved in inscriptions are not included (unless they appear also in literary texts); partly because their editing requires the skill of experienced epigraphist, partly because the bulk is enormous, and the great majority from the fourth century B.C. onwards is of low quality and little interest, partly because the text of the greater part (the epitaphs) are already available in Peek’s Griechische Vers-Inschriften. Many of those from the fifth century and earlier are of high quality, and I was about to include these, but abandoned this section half-finished when Dr P. A. Hansen announced his intention to edit them: see A List of Greek Verse Inscriptions down to 400 B.C. (Copenhagen 1975)». 3 BRAVI 2006, p. 36, che vi aggiunge altri tre esemplari rispetto a PAGE, FGE.

INTRODUZIONE

$. GUERRIERI

25

ED ATLETI

Il solo studio di STECHER 1981 (cfr. supra, p. 14) è dedicato agli epigrammi su pietra per guerrieri e atleti. Rispetto ai numerosi epigrammi funerari per i caduti in guerra, quelli per gli atleti sono

molto più rari in età arcaica e classica. Nel catalogo di Stecher sono stati infatti menzionati fino alla fine del ıv sec. a.C. un totale di soli tre epigrammi su pietra per atleti, due privati* e uno probabilmente pubblico,? ai quali si aggiunga un epigramma tramandato dalle fonti letterarie, * l’unico databile al v sec. a.C. Esistono, però, almeno altri tre epigrammi funerari privati per gli atleti, due di Iv sec. a.C.* e uno per un atleta morto in guerra, Hysematas, che è stato qui analiz-

zato in dettaglio (n. 4) e che rappresenta in assoluto la testimonianza più antica (fine vi sec. a.C.).5 Riterrei che la scarsità di questi possa trovare una spiegazione nel fatto che le vittorie agonistiche erano piuttosto ricordate nelle dediche, quando, dunque, la persona elogiata era in vita. Il legame tra atleti e guerrieri è molto forte in quanto rispecchia valori inscindibili dell’aristocrazia greca, quali oplitismo e atletismo.° Due importanti monumenti ateniesi dimostrano che

la simbologia agonistica poteva essere adottata per una vittoria militare.” La dedica ateniese per la vittoria su Beoti e Calcidesi nel 507/506 a.C., CEG 179 (IG 1° 501), fu distrutta dai Persiani e

ricostruita dopo il 480 a.C. In entrambe le versioni il perduto monumento era probabilmente sormontato da un carro guidato da un auriga o da una Nike. Anche nel secondo esempio, la dedica del polemarco Kallimachos (IG 1? 784 = CEG 256), caduto nella battaglia di Maratona, troviamo sia

una Nike alla sua sommità, che il riferimento agli agoni, quasi certamente allusivi alla battaglia (cfr. n. xIV). Le affinità tra atleta e soldato, di cui qui è possibile elencare solo alcuni esempi, si in molteplici casi che spaziano dalla poesia all’arte figurata, per la quale emblematica è la di identificare le famose statue dei bronzi di Riace con atleti o guerrieri.* Dopo le Guerre i popoli greci vincitori dedicarono un tripode a Delfi (Th., 1, 132, 2; MEIGGS - Lewis,

riflettono difficoltà Persiane GHI, pp.

57-60, n. 27), oggetto che era simbolo di vittoria nei giochi funebri o in agoni drammatici.? Oltre ai noti agoni che ad Atene accompagnavano il logos epitaphios, sono attestati in altre zone del mondo greco giochi atletici che commemorano i caduti in guerra.'‘° In Pi., I., 7, 23-26 l’atleta Strepsiade, vincitore nel pancrazio, è paragonato all’omonimo zio, caduto in battaglia. Diffuso è il motivo del caduto o dell’atleta che incorona la madrepatria (cfr. nota 6), poiché la gloria delle imprese di atleti

e soldati procuravano il bene della città e la loro vittoria diventava la vittoria della comunità.'* Per Solone, infine, un caduto ateniese è l’uomo più felice, seguito da due atleti argivi (Hdt., 1, 31-32).

! CEG 480, 496. 5. GV 417 (AP, 13, 14).

2. CEG 4 CEG

630. 550, 567.

5 L’epigramma di Hysematas non solo è sfuggito al catalogo di Stecher, malgrado fosse noto già a Peek (GV 305), ma anche alla raccolta sugli epigrammi dei vincitori agonistici curata da EBERT 1972. ° Cfr. ad es., Hdt., 9, 33 e il motivo dell’atleta o del caduto che incorona la città (infra, pp. 99-100, 170-171). Per il rapporto tra atletismo e guerra ad Atene in età classica cfr. HORNBLOWER 2004, pp. 49-50 € 336-342; PRITCHARD 2013, pp. 156-216. 7 Cfr. KEESLING 2010. ® Rimando allo studio di ANGELI BERNARDINI 2011. Cfr. soprattutto Pi., I., 5, 26-29 e B., 13, 175-189 Mahler. ? Cfr. Hom., Il., 23, 264, 513, 702; Hes., Op., 653-659.

Ὁ Per Atene la documentazione è sufficientemente vasta, malgrado Tucidide descriva solo il logos epitaphios e non anche gli agoni. Cfr. in particolare Arist., Ath., 58, 1; Poll., 8, 91; Pl., Mx., 249b. Altri agoni si svolgevano fuori da Atene, come ad es. gli Eleutheria a Platea con frequenza quadriennale (Paus., 9, 2, 4) e le Leonidee, in onore del celebre re e condottiero Leonida, indette a Sparta annualmente (Paus., 3, 14, 1). Rimando a PRITCHETT, GSW, Iv,

pp. 106-124. Sulla commemorazione da parte degli efebi delle sepolture dei caduti, in particolare quelle dei Maratonomachi, IG 11/I11° 1006, ll. 22, 26-27, 69 (122/121 a.C.) e IG 11/111? 1, 5, 1313, Il. 15-18 (176/175 a.C.), cfr. da ultimo CHANIOTIS 2012, pp. 50-51. 1: Sull’attività del soldato e quella del guerriero scrive ANGELI BERNARDINI 2011, p. 93: «ambedue richiedevano

ponos (la fatica) e comportavano kindynos (il pericolo); ambedue provocavano vergogna per la sconfitta; ambedue sfruttavano la paura e il timore dell’avversario, favorendo un atteggiamento di sfrontatezza; ambedue stigmatizzavano il comportamento di chi rinunciava alla competizione pur avendo la possibilità di vincere». Sulla vittoria militare e le analogie con quella sportiva cfr. ANGELI BERNARDINI 2008.

26

INTRODUZIONE

6.

CRITERI

ADOTTATI

NELLA

DISPOSIZIONE

DEI

TESTI

Gli epigrammi qui raccolti sono presentati in ordine cronologico e divisi a seconda che siano privati o pubblici, nel primo caso adottando la numerazione araba, nel secondo quella romana. Gli epigrammi per guerrieri, forse non caduti in guerra, sono contraddistinti dalle lettere minuscole dell’alfabeto latino, le copie ovvero le nuove composizioni di età ellenistica da quelle maiuscole.

Per gli epigrammi incerti a epigrammi del presente tesi tonde, ad esempio (n. A ogni epigramma ho

si sono adottate le lettere minuscole dell’alfabeto greco. I rimandi interni corpus sono indicati dal rispettivo numero in cifre o in lettere tra parenIV) oppure (n. c). premesso una scheda con la descrizione del monumento, di cui riferisco,

laddove possibile, l’altezza (a.), la lunghezza (1.) e lo spessore (sp.). Seguono la bibliografia specifica

dell’iscrizione e quella delle immagini. Nella prima si sono indicati solo i principali studi mentre per quelli non citati si rimanda alla bibliografia di altri repertori (IG, CEG). Fornisco poi la mia

edizione del testo greco, accompagnata dall’apparato critico e dalla traduzione da me realizzati. Sono state sottolineate le lettere di alcuni epigrammi (nn. 7, 10, a) perdute dopo il ritrovamento del pezzo. La scheda, infine, è strutturata seguendo la descrizione archeologica del monumento, l’analisi e la datazione epigrafica, il commento testuale e, laddove possibile, la contestualizzazione

storica. A molti epigrammi corrispondono nell’apposita sezione delle tavole una o più riproduzioni fotografiche. La maggior parte delle iscrizioni sono state da me direttamente controllate e fotosrafate. Di altre ho eseguito il calco; altri calchi ho verificato e fotografato presso l’archivio delle Inscriptiones Graecae alla Berlin-Brandenburgische Akademie der Wissenschaften (BBAW). Nel testo le abbreviazioni dei classici greci e latini sono tratte rispettivamente dal LSJ e dal TLL. Nella bibliografia si rendono esplicite le voci formate dal nome dell’autore e dell’anno di pubblicazione. Le sigle delle riviste sono quelle indicate nell’ Année Philologique. Le abbreviazioni bibliografiche, modellate sul nome dell’opera e, talvolta, anche dell’autore, sono sciolte in un’ap-

posita sezione. In quest’ultima ho adottato per i corpora epigrafici le abbreviazioni di SEG e di AE, per i corpora di opere letterarie e per le enciclopedie quelle di OCD*.

PRIMA

PARTE

GLI

EPIGRAMMI

PER

ICADUIIIN

PRIVATI GUERRA

1. EPIGRAMMA DI CHaAROPS (Ὁ) (IG ıx 1°, 4, 880; CEG 145) TELE calcarea scoperta nel 1846 a Corcica nei pressi del noto tumulo di Menekrates (CEG 143 = IG ıx 1°, 4, 882). È conservata a Corcira (Kerkyra), Mus. Archeologico, inv. n. 2. Il pezzo misura a. 1,915; |. 0,555; sp. 0,15 m. L'altezza delle lettere è compresa tra 0,035 e 0,09 m. Ho analizzato il calco dell’iscrizione presso la BBAW. Bibliografia: FRANZ

1846, pp. 379-381; MUSTOXYDES

1848, pp. 288-292; KAIBEL, EG, n. 180;

HOFFMANN 1893, pp. 33-34, n. 47; IG ΙΧ 1, 868; GEFFCKEN 1916, p. 18, n. 54; Top, GHI, n. 2 e p. 257; FRIEDLANDER — HOFFLEIT 1948, n. 25; GV 73; GG 27; LSAG?, pp. 233-234, n. 11; CEG 145; PALUMBO STRACCA 1982-1987; ECKER 1990, pp. 69-88; IG ıx 1°, 4, 880 (con ulte-

riore bibliografia); CASSIO 1999, p. 71.

Bibliografia delle immagini (cfr. Fıc. 1): MustoxyDES 1848, p. 288 (disegno dell’epigramma e del suo luogo di ritrovamento); LSAG?, TAv. 46, n. 11 (disegno); IG ıx 1°, 4, Tav. 1, 880 (riproduzione fotografica). Ulteriore bibliografia in CEG 145. w

2

9

=

σᾶμα τόδε ᾿Αρνιάδα Χάροπος: τόνδ᾽ ode [σεν "ApEc βαρνάμενον παρὰ vavo |iv ἐπ᾽ ᾿Αράϑϑοιο phofator, ,

\

\

5

99

,ὔ

ld

πολλὸ |v ἀριστεύ«ξ»οντα κατὰ στονόξεσαν ἀξυτάν. 1 ᾿Αρνιάδα Χάροπος: τόνδ᾽ FRANZ 1846, MUSTOXYDES 1848, PALUMBO STRACCA 1982-1987, et alii: "Apvıada' χαροπὸς τόνδ᾽ ΚΑΙΒΕΙ, EG, CEG, IG ix 1°, 4, et alii, ᾿Αρνιάδα' χαροπὸς τὸν δ᾽ HOFFMANN 1893, GEFFCKEN 1916 3 dorotev

ovta KAIBEL, EG, CEG, et alii: ἀριστεύτοντα lapis, ἀριστεύοντα GV, LSAG?, et alii

Questa & il segnacolo della tomba dell’Arniade Charops; lo uccise Ares, mentre combatteva presso le navi lungo le correnti del fiume Aratthos, distinguendosi molto nella mischia dolorosa.

La pietra si è rotta al momento dello scavo in due parti perfettamente complementari. In alto si trovano quattro fori, attraverso i quali passavano delle funi, funzionali probabilmente al trasporto e all’erezione della stele. L'iscrizione corre in verticale lungo la stele, come spesso si riscontra in età

arcaica, seguendo una direzione bustrofedica con la prima linea destrorsa. I tre esametri si sviluppano lungo quattro linee parallele, le due esterne più lunghe delle due interne, le quali ultime terminano esattamente alla stessa altezza. La fine di ogni rigo non coincide con la suddivisione metrica dei versi, né con la fine delle parole. La scrittura è regolare e ben ordinata, tanto che si intravede

ancora la leggera rigatura, all’interno della quale sono disposte le lettere, segno che si era provveduto a un’accurata ordinatio dei caratteri sulla pietra. L'iscrizione, in ottimo stato di conservazione e pertanto priva di problemi di lettura, è stata ricolorata di rosso dopo la sua scoperta, colore che

non deve esser quindi messo in relazione a un’eventuale pigmentazione originaria. L'alfabeto è quello locale di Corcyra e la scrittura è databile alla fine del vır-inizio del vı sec. La caratteristica forma corinzia di beta e epsilon non presenta differenze regionali. In ἀριστεύτοντα

* La lunghezza totale dell’epigramma, da me calcolata sulla base dell’esame del calco dell’iscrizione conservato all’archivio della BBAW,

è di circa 5,53 m.

28

PRIMA

PARTE

(Fic. 1) lo iofa a tre tratti è scritto in senso progressivo, seguendo quindi una direzione opposta a quella di scrittura, come si verifica spesso nelle iscrizioni arcaiche, in particolar modo quelle bustro-

fediche. Ancora in ἀριστεύτοντα il tau intervocalico è del tutto anomalo e sembrerebbe spiegabile solo come una confusione con il digamma, piuttosto che come un erroneo inserimento del fau o come

un fenomeno linguistico.' Si notino, inoltre, la più antica attestazione epigrafica del verbo μάρναμαι nella forma Bapvauevoy,? l'assimilazione regressiva del theta in ᾿Δράϑϑθοιο ? e lo scempiamento delle consonanti doppie, frequente nelle iscrizioni arcaiche, nell’aggettivo στονόξεσ(σ)αν. Il testo dell’epigramma riprende chiaramente forme e motivi dei poemi omerici. Le forme omeriche si riscontrano al v. 2 sia nel genitivo in -oto di ᾿Αράϑϑοιο che nel dativo ionico-eolico phofatot e al v. 3 nella forma avverbiale di πολλόν. Chiari dorismi sono invece il vocalismo in alpha di oäua, ναυσίν e ἀξυτάν, nonché la contrazione nel nome ᾿Αρνιάδα (xo > δ). Cassio (1999, p. 71) ritiene che gli clementi omerici di cui è intessuto l’epigramma possano esser spiegati

«ammettendo un leggero adattamento di Omero al dialetto locale». In particolare, il genitivo omerico ᾿Αράϑϑοιο

al v. 2 non può derivare dal dialetto di Corcira, mentre la clausola finale,

στονόξεσαν dFutay, al contrario, è chiaramente una citazione omerica,’ nella quale tuttavia si nota il vocalismo dorico invece della forma epica &ütyyv. Se motivi omerici appaiono già in epigrammi su pietra di epoca anteriore,’ quello di Charops (?), tuttavia, risulta influenzato anche dall’elegia. Il più antico epigramma noto per un caduto in guerra, infatti, mostra già elementi

della poesia tirtaica.” Il periodo in cui visse il poeta di elegie parenetiche, evidentemente ben presto famose nel mondo greco, sembrerebbe con ogni probabilità anteriore all’epigramma e si può circoscrivere agli anni tra la seconda guerra messenica (secondo la cronologia pausaniana 684-668 a.C.) e la seconda metà del vII sec. L’individuazione del nome del defunto al v. 1 rappresenta il maggior problema esegetico. Sarebbero infatti tre le possibili soluzioni. Secondo KAIBEL, EG, il nome Arniadas è seguito dall’aggettivo χαροπός riferito ad Ares. Non sarebbe tuttavia inammissibile leggere nel secondo elemento, con i primi editori FRANZ 1846 e MUSTOXYDES 1848, un patronimo° invece che un aggettivo: ‘questa è la tomba di Arniadas, figlio di Charops’. Infine PALUMBO STRACCA 1982-1987, sulla base dei riscontri omerici tra i quali risalta un patronimico seguito dal nome Charops,? sostiene piuttosto di dover in-

tendere il nome ᾿Αρνιάδα come un patronimico di stampo omerico. In tal caso la traduzione di σᾶμα τόδε ᾿Αρνιάδα Χάροπος sarebbe ‘Questa è la tomba dell’Arniade Charops’. Alcune perplessità derivano dall’interpretazione di Χάροπος come un patronimo (‘questa è la tomba di Arniadas, figlio di Charops’). Risulterebbe, infatti, ambigua e, secondo quanto a me

* Le argomentazioni linguistiche in difesa del tau inciso sulla pietra (cfr. PEEK 1966, p. 225, con bibliografia) non sembrerebbero accettabili. Cfr. Klaus Hallof (IG ıx 1°). Dall’analisi autoptica dei calchi dell’iscrizione è evidente che

il digamma ha sempre i due tratti paralleli molto inclinati, anche se la ricolorazione li fa sembrare quasi orizzontali nel digamma di ἀξυτάν alla fine dell’epigramma. Se dunque l’inclinazione dei tratti non verticali del tau e del digamma è diversa, la confusione tra queste due lettere non sembra doversi attribuire al lapicida, ma a chi ha predisposto il testo per l’ordinatio (cfr. p. 95, nota 8). Si potrebbe trattare, infatti, di un errore nel passaggio dalla minuta al disegno dei caratteri sulla pietra (ordinatio), dovuto all’alto numero di lettere formate da un’asta verticale e da segmenti orizzontali

o obliqui (il tau ricorre 6 volte, il digamma e l’hypsilon ognuno 2 volte). 2 Cfr. CEG 6 (n. xv); CEG 155 (n. vir); SEG LVI 430 (n. II). 3 Come è già stato messo in luce fin dalla prima edizione (FRANZ 1846, p. 380) la medesima grafia si riscontra anche su alcune monete in cui è rappresentata la divinità fluviale Arachthos, che dà nome al fiume (cfr. OTTO WASER, RE, VI 2, coll. 2774-2815: 2786, s.v. Flußgötter). Per un nome di persona derivato dal nome del fiume e con lo stesso

fenomeno grafico della doppia aspirata cfr. ᾿Αραθϑίσνα nell’epigramma di Ambracia (n. 1). 4 PALUMBO STRACCA 1982-1987, p. 485. 5 Hom., Od., 11, 383: ot Τρώων μὲν ὑπεξέφυγον στονόεσσαν ἀῦτήν. ° Cfr. rispettivamente CEG 326 (fine viri-inizio vıı a.C.) e Hom., Od., 3, 58; CEG 132 (metà vıı a.C.) e Hom., Il., 4, 521 e Od., 11, 598; CEG 344 (inizio νι a.C.) e Hom., Il., 9, 413. 7 Cfr. Tyrt., fr. 12, 33-34, WEST, IE°, II: ὅντιν᾽ ἀριστεύοντα μένοντά τε μαρνάμενόν te / γῆς πέρι καὶ παίδων θοῦρος "Apng ὀλέσηι.

* Sulla differenza tra patronimo e patronimico cfr. MERKELBACH 1985, p. 41. ? Hom.,

Il., 11, 426: τοὺς

μὲν Zac’, ὃ δ᾽ ἄρ᾽ Ἱππασίδην Χάροπ᾽ οὔτασε δουρί.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

20

noto, mai attestata,' una costruzione nella quale un nome proprio al genitivo, come ᾿Δρνιάδα, sia seguito da un altro nome proprio, qui Χάροπος, non solo anch’esso al genitivo, ma soprattutto privo dell’articolo che sarebbe stato di fondamentale importanza per distinguerne con esattezza la funzione di patronimo.

Alcuni elementi sembrano indubitabilmente a favore dell’esegesi di ᾿Αρνιάδα come patronimico del nome Charops.” Risulta, infatti, assai problematico l’epiteto χαροπός ‘dallo sguardo scintillante’. La presenza di un epiteto della divinità non serve a rafforzare l’evidente coloritura

omerica dell’epigramma, poiché già nell’Iliade Ares è spesso attestato privo l'aggettivo χαροπός non ricorre mai in riferimento ad Ares, ma soltanto suffisso - δᾶ > -dy per la formazione del patronimico è usato nei poemi testimoniata proprio la terminazione -ἰάδης, 4 ma raro nel greco corrente

di epiteti, e soprattutto ad Atena e Eracle.? Il omerici, dove infatti è e nel panorama delle

iscrizioni arcaiche. Le iscrizioni SEG xvII 287 (XxIx 548) e IG Iv 1°, 146 sembrerebbero, tuttavia,

rappresentare due casi quasi sicuri di patronimico di stampo omerico (cfr. la discussione sull’epieramma di Prokleidas, n. 6). D'altra parte, anche la lettura della maggior parte degli editori e seguita da Klaus Hallof (IG ıx 1°, 4) presenta alcuni punti di forza. Sono infatti molto frequenti nomi propri modellati sulla base di un patronimico in -dng 0, nel dialetto dorico, in -dac, segno che questa funzione originaria si

era ormai perduta e non poteva quindi più denotare l’ascendenza paterna.‘ Inoltre, in un epigramma coevo (inizio vI sec. a.C.) e proveniente anch'esso da Corcyra, come quello inciso sul tumulo del prosseno Menekrates (CEG 143), viene indicato con estrema chiarezza il patronimo.° Né l’analisi dei nomi propri in questione, Arniadas e Charops, né le osservazioni di carattere proso-

dico permettono di risolvere il problema a favore di una delle suddette esegesi. Aggiornando lo studio di PALUMBO STRACCA 1982-1987, si constata che il nome Arniadas non è un unicum, ma che lo si ritrova anche nella forma patronimica ᾿Α[ο]νιάδαιος. 7 Il nome Arnias è, però, sicuramente molto più diffuso,* mentre anche Charops, di origine omerica (Hom., Il., 2, 672; 11, 426), è ben attestato fin dall’epoca arcaica.? La pausa metrica del primo verso, inoltre, può essere intesa sia come cesura pentemimere, anche detta maschile, tra ᾿Αρνιάδα e inevitabilmente l’aggettivo yaporcöz, sia come cesura eftemimere, tra il nome proprio al genitivo Χάροπος e la particella τόνδ᾽. Esiste anche un epigramma che potrebbe aiutare a dirimere la vexata quaestio, ma in realtà la complica. Mi riferisco a CEG 132 (IG ıv 358) che è perfettamente comparabile al nostro epigram-

ma non solo per luogo e datazione, ma anche per la sua struttura.!'° CEG 132 presenta il primo ! ? 3 agli 4

Sull’iscrizione IG IV 1°, 146 cfr. p. 47, nota 2. Cfr. PALUMBO STRACCA 1982-1987, in particolare p. 486. Theoc., 20, 25 e Luc., DDeor., 19, 1 (Atena); Paus., 9, 34, 5 (Eracle). Altrimenti l’uso dell’aggettivo è circoscritto animali. Cfr. PALUMBO STRACCA 1982-1987, p. 486 nota 3 e p. 487 e note 7-8. Cfr. i vari modi in cui il suffisso forma i nomi in CHANTRAINE 1979, pp. 362-363 e in MERKELBACH 1985, p.

41. Cfr. rispettivamente, secondo Merkelbach, il patronimico e il patronimo di Odisseo nell’Iliade: διογενὲς Λαερτιάδὴ, πολυμήχαν᾽ (Hom., Il., 24, 5 Cfr. ad es. nomina latini in

Ὀδυσσεῦ (ad es. Hom., Il., 11, 405, 617; 22, 164; passim) e ὄλβιε Aatotao πάϊ, πολυμήχαν’ Ὀδυσσεῦ 192). Σιμωνίδης da Σίμων oppure Χαροπίδης da Χάροψ (cfr. infra, nota 9). Cfr. lo stesso fenomeno in molti -ius, ad es. Tullius (da Tullus), Marcius (da Marcus).

° L’epigramma inizia in tal modo: hvioö Τλασίαξο Meverpareog τόδε σᾶμα Οἰανϑέος γενεάν. Cfr. anche l’indicazione Θεότιμε Μενύλλου noi nell’epigramma di Theotimos (n. 11) e παιδὸς Νέλδνος Νελονίδο ἐστὶ τὸ σέμα in CEG 42, V. 1. 7 IG ıx 2, 281. Cfr. LGPN, II B, s.v. ᾿Αρνιάδαιος. * Cfr. LGPN, ııı B (12 volte), ıv (3 volte) e v A (1 volta). Cfr. anche ᾿Αρνίαν[δο]ος in IG xII 9, 56, 51, che

rappresenta una delle più antiche testimonianze (v sec.) di questa stessa famiglia di nomi. ? Costituisce una rilevante e quasi coeva attestazione la serie di cinque vasi con il nome Charops (Beozia, VI sec. a.C.) su cui cfr. GUARDUCCI, EG, I, p. 481 (con ulteriore bibliografia) e PALUMBO STRACCA 1982-1987, pp. 487488. Aggiungerei poi altre tre importanti e nuove attestazioni per la famiglia del nome Charops: l’iscrizione SEG XLV 668 con rettifica in SEG xLIX 645 (Gitane, Tesprozia, 111-11 sec. a. C.); SEG LII 1039, che attesta il nome Χάροσσα, femminile di Charops (Sicilia, provenienza ignota, Iv sec. a.C.); Χαροπίδες in SEG LII 60, 1. 78 (Atene, fine v sec. a.C.). Cfr. anche n. xv, l. 74.

Ὁ CEG [σὰ]

132 (da Corinto, madrepatria di Corcyra,

[μα], τὸν ὄλεσε π[όντος

ἀναι[δές].

e databile intorno alla metà del vir sec.): Afelt)via τόδε

20

PRIMA

PARTE

emistichio prima della cesura trocaica composto dal nome del defunto, Deinias, e dall’espressione

τόδε σᾶμα, esattamente invertita rispetto a σᾶμα τόδε ᾿Αρνιάδα, mentre il secondo emistichio imita palesemente una clausola omerica.! Il nome Deinias è privo del patronimo e l’aggettivo ἀναιδές si riferisce al sostantivo πόντος, soggetto del verbo ὄλεσε. Si tratterebbe quindi della stessa costruzione del v. 1 del nostro epigramma, se χαροπός fosse inteso come aggettivo di Ares. Se dal confronto si è indotti a preferire questa esegesi, bisogna però anche notare che l’epigramma corinzio utilizza il pronome relativo τόν, mentre nel nostro caso la lettura del relativo τὸν δ᾽ si ammetterebbe piuttosto accettando il nome proprio Charops. La pausa metrica dell’epigramma corinzio, una cesura trocaica (o femminile), non fornisce alcun indizio per il nostro epigramma a favore della cesura pentemimere, cioè χαροπός come aggettivo, o di quella eftemimere, con Χάροπος come nome. Klaus Hallof (IG τχ 1°, 4) sottolinea come in PALUMBO STRACCA 1982-1987 rimanga una

domanda senza risposta sul nome ᾿Αρνιάδα Χάροπος: «sed huic patronimico more epico formato quidnam nomen subesset?» La risposta più probabile sembrerebbe il nome Arnias, in quanto non

mi risulta esistere nessun altro nome che possa formare un tale patronimico, eccetto forse ᾿Δρνίων.᾽ Ma la domanda mi sembra contenere una giusta sfumatura di scetticismo nei confronti di nomi di origine omerica. Accettare l’Arniade Charops proprio sulla base del testo omerico (Hom., Il., 11, 426) porta con sé inevitabili conseguenze: se il nome attestato corrispondesse a quello dell’e-

roc omerico ferito in battaglia da Odisseo, come potrebbe essere casuale che un caduto in guerra abbia proprio questo nome? Sempre nell’xı libro dell’Iliade si incontra la descrizione della nota coppa di Nestore’ che andrebbe messa in relazione alla kotyle rodia di Pitecussa (oggi Ischia), contenente l’altrettanto famoso epigramma

omerizzante

(CEG

454, Lacco Ameno,

fine vIII-inizio

vii sec. a.C.). Tra i molteplici problemi interpretativi del pezzo, sui quali per ovvie ragioni è qui impossibile entrare in dettaglio, uno è rappresentato dal nome Nestor che si legge al genitivo in posizione incipitaria. Si è spesso sostenuta la possibilità di identificare Nestor con l’eroe omerico alla cui coppa il componimento farebbe allusione.* Pavese ritiene, invece, che l’epigramma della coppa sia un'iscrizione di proprietà di un personaggio di nome Nestor sepolto con la sua kotyle. A sostegno delle sue argomentazioni Pavese raccoglie una serie di nomi omerici attestati in età arcaica e classica, omettendo, tuttavia, anche solo la possibilità di leggere Χάροψ nel nostro epigramma.° Colpisce il fatto che tra le testimonianze più antiche si possa annoverare un Nestor possessore di coppa (ammettendo l’ipotesi non dimostrabile di PAvESE 1996), forse un Charops guerriero e un Agamennon re di Kyme (inizio vii sec.). Sorprende anche la provenieinza di tale onomastica. A prescindere dall’eolica Kyme, si deve constatare il fatto che proprio i luoghi di rinvenimento degli epigrammi in questione, Ischia e Corcyra, furono il teatro della più antica colonizzazione d’Occidente degli Euboici, che si lega così strettamente ai poemi omerici e ai ‘ritorni di Odisseo’.°

Charops potrebbe spiegarsi come una sorta di cognomen ex virtute, con il quale si designava il defunto? Questa resterebbe per ora un'ipotesi indimostrabile, ma si potrebbe ricordare l’analoga particolarità del nome Tettichos (n. 2) e ritenere, almeno nei due casi di Tettichos e di Charops,

che le famiglie aristocratiche scegliessero appositamente questi nomi per dare risalto al rango opli* La clausola in fine di esametro λᾶας ἀναιδὴς si trova sia nell’Iliade (4, 521) che nell’Odissea (11, 598). 2 CLAIRMONT, CAT, τι, n. 2287. La lettura del nome Arnion non è certa, ma l’iscrizione contiene anche il riferimento a una donna corinzia, Demokrita, forse la madre di Arnion, ed è databile alla prima metà del Iv sec. a.C. 3 Hom., Il., 11, 632-637: πὰρ δὲ δέπας περικαλλές, ὃ otxodev ἠγ᾽ ὁ γεραιός, }!,}ἶ) χρυσείοις ἥλοισι πεπαρμένον᾽ οὔατα δ’ αὐτοῦ / ὕτέσσαρ᾽ ἔσαν, δοιαὶ δὲ πελειάδες ἀμφὶς ἕκαστον / χρύσειαι νεμέϑοντο, δύω δ᾽ ὑπὸ πυϑμένες ἦσαν. / ἄλλος υὲν μογέων ἀποκινήσασχε τραπέζης / mietov ἐόν, Νέστωρ δ᾽ ὁ γέρων ἀμογητὶ ἄειρεν.

4 Scrive ad es. GUARDUCCI 2005, p. 366: « Nestore non è, come alcuni ritengono, il proprietario del vaso (il nome personale Νέστωρ sarebbe, in età così antica, un vero unicum), bensì l’eroe omerico, il saggio re di Pilo, noto appunto per la bella coppa dalla quale egli mai si separava». 5 PAVESE 1996, pp. 12-13, con ulteriore bibliografia. Cfr. ad es. Ettore in Paus., 7, 4, 9-10; Agamennon in Poll., 9, 83; Pisistrato in Arist., Ath., 3, 3; Charon in Arist., Rh., 1418b, 23 e in CEG 127 (Teithronion, Focide, fine vı sec. a.C.).

° Cito il titolo dell’opera di MALKIN 2004 nella traduzione di Liana Lomiento. Cfr. in particolare pp. 97-105 per la colonizzazione euboica di Corcyra.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

31

tico e al valore guerriero di chi con buona verosimiglianza avrebbe intrapreso la carriera militare. In considerazione dell’aderenza del componimento allo stile dei poemi omerici (στονόξεσαν ἀξυτάν), non stupirebbe l’uso del patronimico, Arniadas, per un defunto dal nome omerico, Charops. Non si può determinare la battaglia nella quale è caduto il destinatario del nostro epigramma. Quel che si può affermare con certezza è che lo scontro avvenne lungo le rive dell’Arachthos (Aratthos nella nostra iscrizione, cfr. p. 89, nota 5) e che dunque potrebbe trattarsi di una guerra tra Corcira e Corinto, madrepatria di Ambracia (cfr. F. Hiller von Geartringen, IG ıx 1). Alla luce

della datazione paleografica dell’epigramma non è però possibile ricollegare l’evento alla battaglia navale del 664 descritta da Tucidide (1, 13, 4).

2. EPIGRAMMA

DI TETICHOS

(IG 1? 1194 BIS; CEG

13)

Base scoperta a Sepolia, non lontano dall'Accademia di Atene, e conservata ad Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 10650. Le dimensioni sono: a. 0,29; 1. 0,69; sp. 0,54 m. Le lettere sono alte 0,0280,035 m (le lettere tonde 0,02-0,025 m). Ho potuto esaminare il pezzo nel Museo (luglio 2011). Bibliografia: IG ı 463 (con ulteriore bibliografia); IG 1° 976; FRIEDLANDER n. 135; GV 1226;

GG

50; JEFFERY

1962, p. 133, n. 34; LSAG?,

— HOFFLEIT

p. 72, n. 19; CEG

1948,

13; Masson

1986; DAY 1989, pp. 18 e 21; IG 1? 1194 bis (con ulteriore bibliografia); SOURVINOU-INWOOD 1995, pp. 147-148; FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2010. Bibliografia delle immagini (cfr. FIG. 2): WILHELM, Beiträge, p. 31 (riproduzione fotografica);

LSAG?, TAV. 3, n. 19 = JEFFERY 1962, TAv. 384 (riproduzione fotografica). Ulteriore bibliografia in CEG 13 e IG T? 1194 bis. [εἴτε ἀστόΪς τις ἀνὲρ εἴτε χσένος | ἄλοϑεν ἐλϑόν : Τέτιχον otxtipa [ς ἄνδρ᾽ ἀγαϑὸν raptro, : »

5

,ὔ

ἐν πολέμσοι 5

,ὔ

-

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| φθίμενον, νεαρὰν πέβεν ὀλέσαν [τα | ,ὔ

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5

,ὔ

.

ταῦτ᾽ ἀποδυράμενοι veode Er | πρᾶγμ᾽ ἀγαϑόν. 1 [εἴτε ἀστόΪς GV:

[εἴτ᾽ ἀστόΪς IG 1

Che uno 514 cittadino oppure straniero proveniente da terre lontane,

passi oltre dopo aver compianto Tetichos, uomo valoroso caduto in guerra, che ha perduto la fresca giovinezza.

Dopo aver lamentato questi eventi, tornate alla valorosa impresa. Questa base di marmo doveva essere in origine sormontata da una stele, verosimilmente recante l’immagine in rilievo o dipinta del personaggio celebrato nell’epigramma.' I segni della collocazione della stele sulla faccia superiore del blocco marmoreo sono stati cancellati totalmente da un incasso rettangolare, scavato sicuramente in epoca successiva.” L’epigramma è inciso sulla faccia anteriore in direzione bustrofedica.’ Il dialetto e l'alfabeto sono

attici. I quattro versi dei due distici elegiaci sono disposti su sei righe di scrittura, ma vengono separati l’uno dall’altro tramite il segno divisore costituito da tre puntini verticali.* Non si incontrano particolari problemi di lettura ed è anzi da notare l’eccezionale stato di conser-

vazione e l’accuratezza della scrittura. L'iscrizione è redatta in alfabeto attico e presenta alcune caratteristiche grafiche particolarmente arcaiche, in base alle quali è possibile datare il pezzo agli anni tra ! Sulla ipotetica ricostruzione del monumento

cfr. DAY

1989, p. 21. Cfr. da ultimo FERRANDINI

TROISI

— CA-

GNAZZI 2010, p. 9 e nota 1 (con ulteriore bibliografia). Le scarse dimensioni della base non sono compatibili con una statua.

? LSAG?,

p. 72 ent. 4.

3 Secondo LSAG?, p. 72, l’iscrizione è «the finest example of Attic boustrophedon lettering yet found». 4 Cfr. un identico espediente nelle tre righe contenenti i dieci versi di n. 3.

22

PRIMA

PARTE

il 575 e il 550.' Sono significativi non tanto l’alpha con la barra centrale obliqua o l’epsilon con i tratti paralleli inclinati, quanto soprattutto il segno di aspirazione het ancora chiuso e il my e il ny a bandiera, ai quali si aggiunga il bustrofedismo, che non consente di scendere al di sotto della metà del vi sec.

(Fic. 2)? Si noti infine il fenomeno dell’aplografia in &A(A)odev al v. 1 e in Τέτ(τ)ιχον al v. 2.’ L’incipit dell’epigramma si rivolge al passante, nella formula onnicomprensiva dei cittadini e degli stranieri, che ricorre ad es. in CEG 112 (n. 6). Il costrutto per indicare gli stranieri, forse una voluta allitterazione, ἄλοϑεν ἐλθόν è già attestato in Omero.‘ L’invito è quello di fermarsi e

compiangere il defunto, due azioni che trovano un esatto confronto nell’epigramma di Kroisos (n. 5) e in quello di Thrason, CEG 28 (Atene, 540-530 a.C.).° L’epigramma fornisce tre dettagli su Tetichos, dei quali gli ultimi due richiamano puntualmente i temi della poesia tirtaica:° il nome, la morte in battaglia e la giovane età. In mancanza di altre informazioni l’assenza dell’etnico di provenienza lascia supporre che egli fosse ateniese. Il nome Τέτιχος è un hapax, ma deve annoverarsi insieme ai rari esempi del nome Τέττιξ,

derivato dal sostantivo τέττιξ ‘cicala’,7 che appartengono alla categoria di dellati su quelli di insetti o animali. La scelta del nome Tettichos sembra aristocratica di portare i capelli legati da fermagli a forma di cicale d’oro, seguito i Maratonomachi.? Anche in Ionia è ben attestata la presenza di cicale

nomi di persona moricollegarsi alla moda che contraddistinse in d’oro,'° che potrebbe

connettersi alla comune origine di Ateniesi e Ioni e trovare un riscontro nel legame tra la cicala e la battaglia di Maratona, evento conclusivo della rivolta Ionica. La cicala era considerata anche un simbolo dell’autoctonia degli Ateniesi. Si riteneva, infatti, che la cicala come il mitico re di Atene

Kekrops e il suo successore, Erechtheus o Erichthonios,'' fosse nata dalla terra.” Fornisce un supporCfr. la sintesi delle diverse posizioni in FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2010, p. 11 che, da ultimo, conferma tale datazione. In LSAG?, n. 19, si ritiene la scrittura databile al 560 circa. In IMMERWAHR 1990, p. 162, si propone

una datazione antecedente. Il problema è rappresentato dall’unica occorrenza della lettera phi (non perfettamente conservato al v. 3 in φϑίμενον), che mostra l’asta verticale inscritta nel cerchio. Tale forma rimanderebbe a dopo il 560, ma la nostra iscrizione, che sembra probabilmente più antica di questa data, ne rappresenterebbe uno dei più antichi testimoni attici, insieme a IG 1? 1196 (CEG 14). ? Per l’analisi epigrafica cfr., da ultimo, FERRANDINI

TROISI

— CAGNAZZI

2010, p. 10-11, dove si sintetizza il

dibattito precedente, ma si riscontrano alcune imprecisioni. 3 Il fenomeno dello scempiamento delle doppie è ben attestato in tutta l’età arcaica e classica e non può, quindi, esser considerato un segno di arcaicità, come ritiene FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2010, p. 11. Cfr. ad es. hır(r)o[-] in IG 1 503/504, lapis C, v. 2 (n. Iv) e in IG 1' 1184, 1. 20 (Atene, 423 a.C.: Ὠιπ(π)οϑοντίδος). 4 Cfr. Hom.,

Od., 7, 33; 17, 382.

> Cfr. infra, p. 37, nota 1.

° Cfr. Tyrt., ὅτ. 10-12, WEST, IE?, τι. 7 LGPN, 1 εν, s.v. Τέττιξ. Cfr. RoscHER, Lex., s.v. Tettix; AUGUST STEIER, RE, v A, 1, s.v. Tettix, 1; MASSON 1986, pp. 256-257 e TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 42, nota 83. In FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2010, p. 13 nota 11, si sostiene che il nome Ter(r)ıyos sarebbe una forma ipocoristica caratterizzata dal suffisso —tyoc,

il quale tuttavia si aggiungerebbe a una radice Ter(r)- difficilmente riconducibile alla parola τέττιξ. Bisognerebbe invece supporre una radice Tét(t).y- con aspirazione della gutturale e le desinenze dei nomi di seconda declinazione. * Cfr. August Hug, RE, III A, 2, coll. 1821-1840: 1826-1827, s.v. Spitznamen. ? Cfr. Th., 1, 6, 3; Phot., Lexic., s.v. Τεττιγοφόροι; Ar., Eg., 1325-1334, Nu., 984-986; Ath., 12, 512b-c (Heraclid. Pont., fr. 55 Wehrli); Ael., VH, 4, 22; Luc., Nav., 2-3. Cfr. AUGUST STEIER, RE, VA, 1, coll. 1111-1113, s.v. Tettix; COOK, Zeus, III, p. 250-251, nota 8; TENTORI MONTALTO 2013, A, pp. 40-41. Attestazioni epigrafiche ad Atene dell’offerta di cicale d’oro sono IG 11/111? 1533, ll. 20-21 (341-337 a.C.) e IG 11/111? 1377, 1. 13 (400-398 a.C.). Cfr. EMIL STEININGER, RE, VII 2, s.v. Haartracht und Haarschmuck, col. 2124. Diogene Laerzio (6, 1) analoga-

mente paragona gli Ateniesi alle chiocciole e alle locuste, a proposito dell’ascendenza ateniese del filosofo Antistene dimostrata dal suo valore nella battaglia di Tanagra. © Oltre a Th., 1, 6, 3, cfr. anche Ath., 12, 525 (Asius, fr. 13, 4 Kinkel): χρύσειαι δὲ κορύμβαι En’ αὐτῶν τέττιγες ὥς. Cfr. BOWRA 1957. Un'iscrizione dal santuario di Era a Samo, IG XII 6, 1, 261, Il. 51-52 (347-345 a.C.) menziona l’offerta di cicale d’oro. Mileto potrebbe essere la patria di Tithonos, (cfr. JacoB ESCHER, RE, v 2, s.v. Eos, col. 2658).

τ Erechtheus e Erichthonios vengono chiaramente distinti solo nel corso del v sec., come è evidente in alcune tragedie di Euripide, l’Erechtheus e lo Ione (cfr. vv. 267-278), ma cfr. es. Pi., P., 7, 10. Cfr. Cook, Zeus, II, p. 793, nota 10 € III, p. 181, nota 1; JACOB ESCHER, RE, VI 1, s.vv. Erichthonios, 2, coll. 440-446; Erechtheus, 2, coll. 404-410; EMILY KEARNS, DNP, 4, coll. 56-57, s.v. Erechtheus; coll. 67-68, s.v. Erichthonios, 1.

12 Sulla cicala, nata dalla terra e simbolo di autoctonia cfr. da ultimi TSAGALIS 2008, p. 120 e TENTORI MonTALTO

2013, A, p. 41 e nota 75. Erodoto ricorda più volte la comune discendenza di Ateniesi e Ioni da Xuto e Ione

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

33

to linguistico la somiglianza dei nomi Kekrops e xepxorm, sinonimo di τέττιξ,’ le cui etimologie deriverebbero dalla medesima radice κέρκος ‘coda’.? In un epigramma ateniese, CEG 592, databile tra il 350 e il 317 a.C., soprannome della defunta Hedytion è Κερκώπη, che rappresenta l’unico

confronto ad Atene per il nome Tettichos.* Anche gli Ateniesi si consideravano autoctoni* e sono per questo chiamati Erechtheidai o Kekropidai.° Atene è dunque la terra di Kekrops, Kexporta da cui il latino Cecropia,° e Erechtheus, fondatore delle Panatence, ne è il primo abitante.” La tradizio-

ne è divisa nel considerare Erechtheus/Erichthonios, in quanto nato dalla terra (γηγενής), figlio di Efesto e σε, oppure di Efesto ed Atena.? Le due versioni del mito sono fuse insieme nel racconto di Eratostene che si può ricondurre da un lato, forse casualmente, a Maratona,‘° dall’altro alla cicala, come riterrei, confrontando l’episodio con AP, 6, 120. Gli Ateniesi potevano quindi vantare un’a-

scendenza divina‘ e almeno in un caso anche la cicala è considerata simile agli dei.'* Considerando la serie di valori evocati dalla cicala ad Atene, l’attestazione di un aristocratico caduto in guerra di nome Tettichos sembra costituire un precedente del legame tra le cicale d’oro e i Maratonomachi. ‘* (Hdt., 1, 145-146; 5, 49, 3; 7, 94-95, 1), ma anche l’autoctonia degli Ateniesi e di Erechtheus

(Hdt., 8, 44; 55). In

Hdt., 8, 55 si utilizza l'aggettivo γηγενής per Erechtheus e già in Hom., Il., 2, 545-546 gli Ateniesi sono il δῆμος Ἐρεχϑῆος.

! Cfr. Hsch., s.v. κερκώπη e Ael., NA, 10, 44. Si noti la frequente ricorrenza del termine nei comici: Ar., fr. 53, PCG ıı 2; Epil., fr. ς, PCG v; Alex., fr. 96, 2, PCG τι. * KRETSCHMER 1913, p. 309, riconduce il nome del mitico re di Atene alla radice *xépxoy, che deriverebbe da

xépxoc, coda, in quanto Kekrops ha la parte inferiore del corpo terminante in coda di serpente. Cfr. SAMSON TREM, RE, XI 1, col. 125, s.v. Kekrops, 4; BORTHWICK

EI-

1966, pp. 108-109 (il quale a p. 108 scrive: « The similarity

of his name (scil. Kekrops) to κερκωπὴ [sic], a type of cicada, and the names of his daughters, Herse, Pandrosos, and Aglauros, suggest a connexion with the fettix and his dew-diet difficult to deny»). Cfr. CooK, Zeus, III, pp. 250251 e nota 8 e, da ultimo, TSAGALIS 2008, p. 120. Su Κέρκωψ, figura mitica simile a una scimmia, cfr. CHRISTINE WALDE, DNP, 6, col. 445, s.v. Kerkopen.

3 Sul confronto tra quest’epigramma e quello di Tettichos cfr. Masson 1986, p. 257. Nell’epigramma di Hedition il richiamo alla cicala è funzionale non solo alle nove decadi della vita della defunta e alle Muse (TSAGALIS 2008, pp. 114-121), ma anche alla vittoria di Maratona (TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 42). 4 Sull’autoctonia degli Ateniesi cfr. LORAUX 1979. In Ar., Av., 39-41 gli Ateniesi sono paragonati alle cicale. Cfr. Suid., s.v. Τεττιγοφόροι. 5 Lo spiega nel modo migliore Hdt., 8, 44: ἐπὶ δὲ Κέκροπος βασιλέος ἐπεκλήϑησαν Kexportdar, ἐκδεξαμένου δὲ ἜἘρεχϑέος τὴν ἀρχὴν ᾿Αϑηναῖοι μετωνομάσθησαν. Cfr. anche Eubul., fr. 9,6, PCG v.

° Mentre gli Ateniesi sono chiamati indifferentemente Erechtheidai o Kekropidai, Atene (o l’Attica) prende solo il nome di terra di Kekrops o Kexporta. Cfr. ad es. Str., 9, 1, 20; E., Supp., 658; Hipp., 34; Ion, 1571; Ar., Nu., 300-301; Ar., fr. 112, PCG II 2. Cfr. infine alcune fonti latine, ad es. Mart., 7, 69; 11, 42 e Ciris 128 (Corpsele tereti

nectebant dente cicadae), per il cui passo si sono proposte diverse congetture come Cecropis et oppure Cecropiae et (cfr. BORTHWICK 1966, p. 109). 7 Rimando a LORAUX 1979, pp. 3-5, dove si mette in luce l’autoctonia degli Ateniesi ambientata a un tempo

mitico abitato dal re Kekrops dalla doppia natura, animale e umana, e del primo abitante, Erechtheus. Cfr. Eratosth., Cat., 13. ® Cfr. Cook, Zeus, III, p. 236, nota 9; JACOB ESCHER, RE, VI 1, col. 441, s.v. or. 12, Panath., 126; Paus., 1, 2, 6. ? Cfr. Coox, Zeus, III, pp. 188-237. Cfr. ad es. A., Eu., 13. In Hdt., 5, 82 gli di offrire sacrifici ad Atena Polias e a Erechtheus. ‘° In Eratosth., Catast., 13, Atena si sarebbe nascosta da Efesto in un luogo che si identificherebbe con Maratona, come giustamente mette in luce JACOB ESCHER, nios, 2.

Erichthonios, 2. Cfr. ad es. Isoc., Ateniesi chiedono agli Epidauresi sulla base di Nonn., D., 27, 317, RE, VI 1, col. 441, s.v. Erichtho-

1 Secondo la versione di Eratostene, Erichthonios sarebbe nato dal seme di Efesto caduto dopo il colpo di lancia infertogli da Atena. In AP, 6, 120, vv. 5-6, si legge che la cicala si trova sulla lancia di Atena, che sarebbe evidentemente la stessa lancia dell’episodio del colpo inferto ai genitali di Efesto, il cui seme, cadendo sul suolo attico, avrebbe generato Erichthonios. Anche Efesto, come padre di Erechtheus, è ricondotto all’umidità (cfr. ad es. Nonn., D., 41, 63-64. Rimando a Cook, Zeus, III, p. 237). = Cfr. Isoc., or. 5, Paneg., 124; E., Med., 824-825. Non deve intendersi in senso figurato l’invocazione ad Atena come madre in E., Heracl., 770-772 da parte del coro degli anziani di Maratona, dove la scena è ambientata (E., Heracl., 32). Cfr. LORAUX 1979, p. 14. 3 Anacreont. 34, 18: σχεδὸν εἴ ϑεοῖς ὅμοιος.

14 FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2010, pp. 13-14 affermano che «la scelta del nome (scil. Tettichos) fu di sicuro suggerita dalla familiarità con la cicala propria degli aristocratici».

24

PRIMA

PARTE

Non è certa l’identificazione della battaglia che ha causato la morte di Tettichos, avvenuta certamente nell’arco cronologico in cui si data l’iscrizione. Già Guarducci proponeva di vedervi uno dei tanti scontri tra Ateniesi e Megaresi che culminarono nella spedizione di Pisistrato del 575-570 che conquistò il porto di Nisea.'

Poco probabile è l’ipotesi, sostenuta recentemente

da FERRANDINI

TROISI — CAGNAZZI

2010, che l’assenza del patronimo nel nostro epigramma permetta di ricondurre Tetichos alla

famiglia maledetta degli Alcmeonidi, come si è sostenuto più volte - ma senza solide fondamenta — per l’epigramma di Kroisos (n. 3).” Infatti, nella maggior parte degli epigrammi per i x

caduti in guerra, raccolti nel presente corpus, il nome del caduto non risulta accompagnato dal

patronimo.? Anche nelle liste dei caduti attiche di v sec. il patronimo non è mai presente. Quel che appare più convincente è invece un aspetto solo brevemente menzionato in FERRANDINI x

TROISI - CAGNAZZI 2010, p. 19, cioè il collegamento tra l’inizio della moda delle cicale d’oro e l’oro ottenuto da Alcmeone, capostipite degli Alcmeonidi, alla corte di Sardi.* Colpiscono,

infatti, da una parte la relazione tra gli Alcmeonidi e l’oro della Ionia, dall’altra le attestazioni di cicale d’oro sia in Ionia che ad Atene.5 Non si può qui entrare nei dettagli dell’effettiva datazione dell’episodio di Alcmeone, che sembrerebbe doversi antedatare rispetto all’ambientazione erodotea al tempo del re lidio Creso (560-546),° essendo preferibile intendere il regno del suo predecessore Aliatte (circa 610-560), padre di Creso.” Il re lidio Creso è, tuttavia, ricordato per

aver inviato degli ambasciatori (theoroi) a Delfi, ma è difficile ricollegare la notizia ad Alcmeone.° Se fossero corrette la datazione alta dell’episodio e la sua connessione con le cicale d’oro degli Ateniesi, potrebbero emergere nuovi elementi per l’origine del nome Tettichos e per un più preciso inquadramento cronologico della sua vita, da collocare prima della metà del vi sec. in base alla datazione dell’epigramma.

Non stupisce la giovane età per un caduto in guerra, ma non si può escludere che in alcuni epigrammi caratteristiche convenzionali prevalessero su quelle reali.? Un’analoga espressione ricorre, ad es., nel primo verso di due noti epigrammi pubblici, GV 13 e CEG 6 (n. xv). Tuttavia l’aspetto senza dubbio più importante è l’esatta corrispondenza dell’intero v. 3 (ἐν πολέμσι φθίμενον, vea! RICHTER — GUARDUCCI 1961, pp. 158-159. 2 Lo stile della nostra iscrizione, inoltre, non autorizzerebbe, contrariamente a quanto ritiene FERRANDINI

SI - CAGNAZZI

TROI-

(2010, p. 18), a mettere in stretta relazione l’epigramma di Tetichos e quello di Kroisos, più simile

semmai a CEG 28. 3 Si confronti, oltre all’epigramma di Gnathios

(n. 8), un altro esempio ateniese della seconda metà del vi sec.,

CEG 28 (p. 37, nota 1), in cui il patronimo è assente. L’unica eccezione potrebbe essere l’epigramma di Charops (n. 1), a meno che Arniadas sia l’unico nome del componimento. 4 Hdt., 6, 125. Secondo Erodoto, l’ateniese Alcmeone viene ricoperto d’oro che trasporta in tutti i modi possibili,

perfino in bocca e tra i capelli. Quest'ultimo particolare crea un suggestivo parallelo con l’usanza aristocratica ateniese di adornarsi il capo di cicale d’oro, come racconta in particolare Th., 1, 6, > Cfr. Th., 1, 6, 3. Resta tuttavia incerto se l’origine sia da individuare in MONTALTO 2013, A, nota 64. L’offerta di cicale dorate si riscontra in due santuario di Era a Samo (IG XII 6, 1, 261, Il. 51-52), l’altra dall’Asklepieion

3. Atene o nell'Asia Minore. Cfr. TENTORI iscrizioni del Iv sec., provenienti una dal di Atene (IG 11/111? 1533, Il. 20-21: πρὸς

τῶι TETTLYL τῶι ξυλίνων τῶι xatazeyovomué (vet). I santuari potevano registrare oggetti già posseduti da molto tempo. ° Una sintesi del problema è offerta da NENCI al tempo di Creso. Cfr. infra, nota 7.

1998, p. 304, che non esclude la veridicità della datazione erodotea

7 Alcmeone sarebbe stato — ma la notizia non è sicura — il comandante della spedizione durante la prima guerra sacra (primo decennio del vi sec.). Cfr. Plu., Sol., 11 (secondo il biografo, Alcmeone e non Solone, come asseriva, a detta di Ermippo, Evante di Samo) e Paus., 10, 37, 6 (Clistene di Sicione affiancato da Solone). Bisogna, tuttavia, ammettere non solo la storicità dell'evento narrato da Erodoto, ma anche l’identità tra Alcmeone condottiero a Delfi e Alcmeone alla corte di Creso. In APF, pp. 24, 371 e 382 si suggerisce la probabile esistenza di tre diversi Alcmeone. Alcmeone è anche attestato come vincitore olimpico: Hdt., 6, 125, 5; Pi., P., 7; Isoc., or. 16, De bigis, 25. Cfr. MANFREDINI — PICCIRILLI 1998, p. 145 €, da ultimo, FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2010, p. 19, nota 46 (con bibliografia precedente, ma l’erronea asserzione su Plu., Sol., 27, 1, passo in cui si parla dell’incontro di Creso con Solone, non con Alcmeone). * Cfr. nota precedente e IG xII 5, 444, 1. 41, 56c: ἀφ᾽ οὗ Κροῖσος [ἐξ] ᾿Ασίας [εἰς] Δελφοὺς ἀ[πέστειλε ϑεωρούς]. ? Cfr. Day 1989, p. 18 e nt. 18.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

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pay hEBEV ὀλέσαντα) al v. 3 dell’epigramma di Hysematas (n. 4), nel quale inoltre l’espressione

ἄνδρ᾽ ἀγαϑόν al v. 2 è analogamente riferita al defunto.' Questa omogeneità del formulario si spiega solo con la produzione di epigrammi funerari in officine di lapicidi, che proponevano al committente un repertorio di versi pronti per l’uso e adattabili al contesto.” Appare, pertanto, meno cogente il confronto proposto da FERRANDINI TROISI - CAGNAZZI (2010, p. 12) con l’espressione omerica ψυχὰς ὀλέσαντες (Hom., Il., 13, 763), che invece è apertamente ripresa dal v. 2 di CEG ς (n. xıv). Un richiamo omerico potrebbe essere invece rappresentato dalla formula

λιποῦσ᾽ ἀνδροτῆτα καὶ ἥβην che ricorre due volte nell’Iliade (16, 857; 22, 363).° Notevole interesse riveste la definizione di ἄνδρ᾽ ἀγαϑόν per un caduto in guerra, che si incontra in altri epigrammi* e che si riconnette al concetto di bella morte.° L’espressione ἄνδρ᾽ ἀγαϑόν divenne un titolo onorifico speciale, come lascerebbe databile intorno al 360-350 a.C. (cfr. infra, menziona sia la carica di polemarco, sia una in guerra chiamati con l’espressione ἄνδρες

supporre la cosiddetta Stele des Braves di Thasos, p. 173). Questo decreto per gli orfani di guerra lista in cui si dovevano scrivere i nomi dei caduti dyadot, che sembra riferirsi all’eccezionale titolo

onorifico dei caduti in guerra. Nel finale si verifica una variatio della forma verbale, che da terza persona singolare diventa seconda plurale, e si invitano le persone che accompagnavano il rito funebre a compiere un’impresa degna, a imitazione di quella del defunto. Anche i versi finali del polyandrion di Ambracia (n. 1) si rivolgono, dopo una variatio del soggetto (cfr. ὀλοφύρομαι al v. 1 e ἴστε al v. 9), alle persone presenti durante il rituale funerario. Ma nell’epigramma di Tettichos tale invito a compiere un’impresa nobile potrebbe contenere un implicito invito a continuare la guerra nella quale Tettichos stesso è caduto.° Lo lascerebbe intendere il fatto che la medesima esortazione è sottesa anche nell’invito a tornare a casa per compiangere i defunti, rivolto da Pericle agli Ateniesi in conclusione del celebre

discorso sui caduti del primo anno della Guerra del Peloponneso (Th., 2, 46).” *

3. EPIGRAMMA

DI Kroisos

(IG 1° 1240; CEG 27)

Base rettangolare dalla località attica Phoinikia (riconducibile forse al demo di Thorai oppure di Aigilia), di cui si conservano un gradino di due blocchi di marmo pario, uno dei quali contenente l’epigramma, ed un gradino sottostante di due blocchi di calcare. Il blocco iscritto è venuto a conoscenza del primo editore, Arvanitopoulos, nel gennaio del 1937. Stando al racconto fornito al

primo editore da un abitante del posto, il pezzo proviene da un luogo non meglio identificabile nei pressi di Kouroupì. Successivamente, tuttavia, MASTROKOSTAS 1974 ha scoperto e pubblicato gli altri pezzi della base. L’iscrizione (un tempo inv. n. 4754) è stata messa in relazione con il noto kouros di Anavyssos, con il quale è oggi assemblata nel Museo Nazionale di Atene (oggi inv. n.

! Già FRIEDLÄNDER

— HOFFLEIT

1948, n. 136 € JEFFERY 1962, p. 133, propongono l’evidente confronto.

2 I due epigrammi mantengono il dialetto locale, per cui l’unica differenza è tra heßev (n. 2) e héBay (n. 4). Per tale produzione di testi nelle officine cfr. TENTORI MONTALTO 2014, B, pp. 20 e 28-29 con bibliografia relativa. 3 I due passi di tre esametri Hom., Il., 16, 855-857; 22, 361-363 sono identici (Ὡς ἄρα μιν εἰπόντα τέλος ϑανάτοιο κάλυψε, / ψυχὴ δ᾽ ἐκ ῥεϑέων πταμένη “Aidoc δὲ βεβήκει / dv πότμον γοόωσα λιποῦσ᾽ ἀνδροτῆτα καὶ ἥβην) e creano

un’interessante geometria all’interno del poema. Nella prima occorrenza, infatti, 1 versi si riferiscono alla morte di Patroclo per mano di Ettore e sono inseriti tra le ultime parole di Patroclo, che predice la morte di Ettore per mano di Achille (vv. 843-854), e la breve risposta dell’eroe troiano (vv. 858-861). Nella seconda, invece, è Ettore a morire,

dopo aver preannunciato l’uccisione di Achille per mano di Paride, guidato da Apollo (vv. 356-360). Segue la lapidaria risposta di Achille (vv. 364-366).

4 Cfr. l’epigramma di Hysematas (n. 4) e quello di Theotimos (n. 11). 5 Cfr. FERRANDINI TROISI LORAUX 1981, pp. 98-118.

— CAGNAZZI

2010, p. 17 e nota 34. Per questo motivo in epitaffi di Iv sec. a.C. ° Cfr. FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2010, pp. 17-18.

7 Al contrario di quanto ritiene FERRANDINI TROISI -- CAGNAZZI 2010, p. 18, non mi sembra lecito considerare il nostro epigramma un modello del discorso pericleo tramandato da Tucidide.

26

PRIMA

PARTE

3851 per entrambi). La base era in origine composta da tre livelli. Il gradino superiore & perduto,

ma grazie alle tracce dell’incasso con il livello sottostante se ne possono dedurre la larghezza (0,564 m) e la lunghezza (0,873 m). Il gradino mediano, formato dai due blocchi marmorei, misura complessivamente alt. 0,24; 1. 0,81; sp. 1,06 m (di cui il blocco anteriore iscritto sp. 0,51, quello posteriore anepigrafe 0,55). Il gradino inferiore, formato dai due blocchi calcarei, misura alt. 0,25-0,265; l. 1,02; sp. 1,294 m. Le lettere sono alte 0,035-0,040 m. Ho visto l’iscrizione nel

museo (luglio 2011). Bibliografia: ARVANITOPOULOS

1934-1938; STEVENS — VANDERPOOL

1949; GV 1224 e p. 693;

GG 46; FRIEDLANDER — HOFFLEIT 1948, n. 82; JEFFERY 1962, pp. 143-144, n. 57; CLAIRMONT, Gravestone and Epigram, n. 2; CEG 27; APF, p. 374; MASTROKOSTAS 1974; IG 1° 1240 (con ul-

teriore bibliografia); VIVIERS 1992, pp. 121-124 (iscrizione) e pp. 187-188 e 195-196 (statua, con

ulteriore bibliografia); FERRANDINI TROISI - CAGNAZZI 2010, pp. 9-19. Bibliografia delle immagini (cfr. FIG. 3): CLAIRMONT, Gravestone and Epigram, TAV. 2 (riproduzione fotografica del blocco iscritto); MASTROKOSTAS

1974, pp. 217-222 e FIGG. 2-10 (riprodu-

zione fotografica del blocco anteriore, contenente l’iscrizione, e di quello posteriore anepigrafe). Ulteriore bibliografia in CEG 27 e IG 1° 1240. oTEOL : καὶ οἴκτιρον : Kpotoo | παρὰ σέμα θανόντος höv | ποτ᾽ ἐνὶ προμάχοις : ὄλεσε | ϑῦρος : Ἄρες.

:

Fermati e piangi davanti alla sepoltura del defunto Kroisos,

che tra i combattenti in prima fila l’impetuoso Ares uccise. Sebbene questa base con epigramma rappresenti uno dei pochi esempi di riassemblaggio con la statua, di cui il caso più noto è forse quello di Phrasikleia (CEG 24), si può solo con un largo margine di incertezza accettare una tale ricostruzione del monumento funerario. Infatti non si co-

nosce il luogo esatto della scoperta della statua, il famoso kouros di Anavyssos, il cui ritrovamento non è avvenuto alla luce di scavi archeologici sistematici, ma accidentalmente, e in ogni caso in una località, Olympos, distante almeno 3 km dal luogo di ritrovamento della base. Il collegamento è ritenuto probabile dalla datazione dei due pezzi, che sembrerebbe molto vicina, e dall’incrocio di dati archeologici ed epigrafici. Da un lato, infatti, la statua è stata ricondotta alla bottega di Aristokles,' dall’altro la mano che ha inciso il testo sembrerebbe quasi certamente la stessa che si riscontra in un’altra base con iscrizione funeraria, IG 1* 1344 (Atene, 525-520 a.C. ca.), che reca la firma di Aristokles.” Si dovrà altrimenti considerare la veridicità di una notizia degli abitanti del

luogo, che sostenevano l’esistenza di un altro kouros nell’area di Anavyssos, non identificato,5 oppure la possibilità del collegamento con il kouros di New York (Mus. Metropolitan, inv. n. 11.32.1), che tuttavia risulterebbe più antico dell’iscrizione.* Le lettere dell’epigramma di Kroisos sono state incise con accuratezza all’interno delle lince guida, come nell’epigramma di Xenokles (n. a) e in altre iscrizioni attiche coeve.' Per le quattro righe,

in cui si dispiega il distico elegiaco, sono state tracciate tre linee guida (FIG. 3). Il primo rigo è, ! Cfr. la stele funeraria di Aristion (Atene, Mus. Nazionale, inv. n. 29), recante l’iscrizione IG 1° 1256 e databile intorno al 510 a.C. Cfr. in particolare VIVIERS 1992, pp. 195-196.

? Cfr. VIVIERS 1992, pp. 120-124. La scrittura dell’epigramma di Kroisos è stata attribuita da JEFFERY (1962, p. 144 e 151) a quella dello stesso lapicida (‘Mason C’), che avrebbe inciso anche le iscrizioni IG 1? 1204 (CEG 28), 1205 (CEG 38), 1211 (CEG 41), 1216 (CEG 45) e appunto 1344.

3 Cfr. JEFFERY 1962, p. 144 con una sintesi del problema. Secondo la studiosa la notizia potrebbe essere veritiera. In tal caso i kouroi provenienti da Anavyssos sarebbero tre, se di un ulteriore kouros, oggi conservato a Miinchen (Antikensammlung 169), fosse vera la notizia, risalente al 1909, del suo ritrovamento nell’area di Anavyssos insieme,

forse, a una irreperibile base iscritta. Cfr. JEFFERY 1962, p. 145. 4 STEVENS — VANDERPOOL 1949 riportano l’accurata descrizione di un personaggio anonimo, che avrebbe con certezza negato la possibilità che la base appartenesse al kouros di Anavyssos e sostenuto, invece, la possibile pertinenza al kouros di New York.

> Cfr. p. 77, nota 3 con gli altri esempi.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

37

dunque, delimitato in alto dal margine superiore del blocco di pietra, mentre l’ultimo non presenta la linea guida inferiore. Dopo l’incisione si è anche provveduto a colorare sia le lettere che le linee guida con un pigmento rosso, le cui tracce sono ancora ben visibili sulla pietra. I caratteri sono

tutti perfettamente leggibili e rispondono all’alfabeto attico senza fenomeni di particolare rilievo. Il segno divisore è costituito da due puntini disposti in verticale. La forma delle lettere rimanda al decennio 540-530 a.C. (FIG. 3).

La formula iniziale, costituita dai due imperativi ot&dt καὶ οἴκτιρον, si riscontra identica nel v. 2 del coevo epigramma di Thrason (Atene, 540-530 a.C.),' mentre il secondo dei due verbi è

attestato in altri epigrammi per indicare il compianto del defunto, ? che nel caso di Tettichos (n. 2) è ancora un caduto in guerra. Il v. 2 dell’epigramma rappresenta anche il più antico esempio epigrafico, in cui si menzioni la

morte del guerriero in prima fila,? un motivo che nella seconda metà del vi sec. si può porre in relazione con l’influenza delle elegie di Teognide.* La clausola ἐνὶ Tpoudyotc, inoltre, è attestata più

volte in Omero, nella maggior parte dei casi nella medesima posizione metrica.° Anche l’espressione dodpoc

Ἄρης. che costituisce, in posizione di forte risalto, la conclusione del v. 2, ricorre più volte

in Omero.” L’attestazione di quest’epiclesi di Ares non compare in altri epigrammi prima del v sec.* Il nome del defunto, Kroisos, rappresenta un difficile problema prosopografico. Un tale nome, che non risulta altrimenti attestato in Attica nel vi sec.,’ non può che richiamare, nel periodo a

cui si data la stele, l'omonimo re Creso. Si è quindi supposto che il personaggio ricordato nell’epigramma, il cui nome deriverebbe da quello del re lidio, fosse stato un orientale che, giunto in Attica al seguito di Lygdamis di Paro, alleato di Pisistrato, sarebbe caduto nella battaglia di Pallene del 546 a.C.'° Ma esiste anche la tesi opposta secondo la quale Kroisos sarebbe un alemeonide ucciso nella battaglia di Pallene, combattendo contro il tiranno Pisistrato, che riuscì a rientrare vittorioso ad Atene.'' Narra, infatti, Erodoto (6, 125) che Alcmeone era stato riempito d’oro alla corte di

Creso a Sardi. Al di là della storicità di questa notizia,'* Davies (APF, pp. 373-374) propone la suggestiva integrazione [|Kpoto]og

in IG 1? 597 (Atene, 550 a.C. ca.), per il nome del vincitore

1 CEG 28 (IG 11204): ἄνϑοσπε hòc (σ)τείχε[ι]ς : xa9° 686 |v : φρασὶν : ἄλ(λ)α μενοινὸν : (ἰστἔϑι | καὶ οἴκτιρον : o&ua Θράσδνος : ἰδόν. Il confronto era già evidente al primo editore, ARVANITOPOULOS (1934-1938, pp. 86-87). Cfr. AP, 8, 189, v. 1 (Στῆϑι πέλας καὶ κλαῦσον ἰδὼν τόδε σῆμα davévtoc) e Theoc., 13, 38; 47.

? Cfr. l’epigramma tramandato per via letteraria AP, 7, 5611 (Simon. Lxxv, PAGE, FGE): σῆμα καταφϑιμένοιο Μεγακλέος εὖτ᾽ ἂν ἴδωμαι, / οἰκτείρω σε, τάλαν Καλλία, ol’ ἔπαϑες. Cfr. l’epigramma di Smikythos, CEG 51 (Atene, 510 a.C. ca.): οἰκτίρδ προσορδ|ν] παιδὸς infine l’epigramma

di Menesaichmos,

τόδε otua ϑανόντος

CEG

68

(Atene,

i / Σμικύϑ[6],

500 a.C.

ca.): παιδὸς

héc τε φίλον ὄλεσεν Ein’ ἀγαϑέν. ἀποφϑιμένοιο

Cfr.

Κλεοίτο τὸ Mevecatyuo

7 uv&u’ ἐσορὸν οἴκτιρ᾽, ὃς καλὸς ὄν ἔϑανε. Sulla particella ö ho preferito rispetto alla maggior parte degli editori, l’esegesi di FRIEDLÄNDER

— HOFFLEIT

1948, n. 81, che scrive: «ὅς is possible, but the beauty would be lost». Un

confronto proviene infatti dal nuovo epigramma della stele di Loukou (n. 111), il cui v. 3 attesta analogamente hoc ἔϑανον. L’imperativo, attestato dagli epigrammi di Kroisos, di Thrason e di Menesaimachos (nella diatesi attiva), non autorizzerebbe a leggere otxtipo anche nell’epigramma di Smikythos, come mostra la prima persona singolare nel menzionato epigramma dell’ Anthologia Palatina. Cfr. IG 1? 1273 bis; il verbo ὀλοφύρομαι nell’epigramma di Ambracia (n. I); ϑρένον ἔϑεκα nell’epigramma di un caduto presso l’Asopo (n. 10).

3 Cfr. l’epigramma di Phanes (n. 5) e l’epigramma pubblico ateniese per i caduti di Potidea (432 a.C.), IG I? 1179, V. 10. + Thgn., 1005-1006: ξυνὸν δ᾽ ἐσθλὸν τοῦτο πόληί τε παντί > Hom., Il., 15, 522 e Od., 18, 379. ° 7 Cfr. due esempi in cui ricorre al nominativo Hom., Il., all’accusativo come adonio finale dell’esametro (cfr. Il., 5, 30,

te δήμωι, / ὅστις ἀνὴρ διαβὰς Hom., Il., 4, 458; 11, 188; 17, 5, 507; 24, 498. L’espressione 35, 355, 830, 904; 15, 127, 142).

ἐν προμάχοισι μένει. 590; 18, 456; 19, 414. ricorre spesso in Omero Non ci sono attestazioni

nell’Odissea. ® L’attestazione più importante nel v sec. CEG 421, v. 3 (Samo, 460-454 a.C. Cfr. IG xII 6, 1, 279). Cfr. anche CEG 101, dove però il nome della divinità è integrato e, nel Iv sec. CEG 488, v. 4. ? Cfr. LGPN, II, s.v. Κροῖσος. Il secondo esempio attico più antico di questo nome (IG 1° 1183, l. 17) si data

almeno un secolo dopo l’epigramma di Kroisos. Ὁ Cfr. Hdt., 1, 61-64. Lygdamis sarebbe intervenuto apportando denaro e uomini. Cfr. la sintesi del problema offerta da VIVIERS 1992, p. 123-124. “ Cfr. JEFFERY 1962, p. 144 e, da ultimo, FERRANDINI = Cfr. l’epigramma di Tetichos (n. 2).

TROISI

— CAGNAZZI

2010, pp. 18-19.

:

28

PRIMA

PARTE

ricordato insieme ad ’AAxueovtögc.‘ Se l’intuizione fosse giusta e il personaggio di quest’iscrizione si identificasse con quello menzionato nel nostro epigramma, si potrebbe ricondurre Kroisos alla famiglia degli Alcmeonidi.” Infine, Viviers rifiutando l’individuazione della battaglia con quella di Pallene,? propone che Kroisos sia stato un mercenario straniero, caduto in uno scontro, non meglio

specificabile, nel periodo della tirannide ateniese, come si dedurrebbe dal fatto che Pisistrato e il successore Ippia si avvalsero di truppe mercenarie. Risulta, a mio avviso, chiaro che le fonti non sono sufficienti a rivelare con certezza né l’identità di Kroisos, né tantomeno l’evento bellico nel quale sarebbe caduto.

4. EPIGRAMMA

DI HysEMATAS

(CEG

136)

Capitello dorico trovato accidentalmente da un agricoltore a circa un miglio a sud ovest dell’Heraion di Argo e venuto a conoscenza del primo editore nel dicembre del 1937. Oggi è conservato nel museo di Argo (inv. n. E 212). L’abaco del capitello misura 1. e sp. 0,45 m, a. 0,09 e contiene l’iscrizione su due lati adiacenti (A e B). Tre anelli decorativi corrono alla base dell’echino che presenta un’altezza di 0,09 m. La parte cilindrica sottostante ha un diametro è di 0,28 m e presenta un foro quadrangolare per il perno centrale della colonna (empolion) di 0,04 m. Le lettere sono alte ca. 0,02 m (nell’ultima linea di ogni lato però 0,025), ma alcune lettere tonde sono più piccole

(omicron 0,01). Ho analizzato il pezzo nel museo (luglio 2013). Bibliografia: DALY 1939; SEG ΧΙ 305; FRIEDLANDER —- HOFFLEIT 1948, n. 136; GV 305; LSAG?, pp. 159 e 168, n. 15; CEG 136 (bibl. prec.); MORETTI 1983, pp. 44-47 (SEG xxxIII 294). Bibliografia delle immagini (cfr. FIGG. 4.1 e 4.2): DALY 1939, pp. 165-167, FiGG. 1-4 (riprodu-

zione fotografica del lato B e dei calchi dei lati A e B). Lato A) Lato B)

Oootva hucepatav ϑάψα [π|]έλας Πιποδρόμοιο ἄνδρα ἃ [[γα]ϑόν πόλοις. μνᾶμα καὶ | [ἐσ]ομένοις. | ἐν πολέμσοι [φϑ]ίμενον ve [ἀρὰν héBay ὀλέσαντα, cò |ppova, ἀε--«--λοφόρον καὶ σοφὸν

hadıxtar.

1 Οοσίνα FRIEDLÄNDER -- HOFFLEIT 1948, GV, et alii: Q6c(c)y(v)a DALY 1939

ϑθάψα [π|]έλας DALY 1939 et alii:

Yabalv 7 |]έλας, GV, i.e., ut opinor, dap[v π []έλας, et θάψας π []έλας possis 2 ἃ [[γα]|ϑόν πόλοις, MORETTI 1983: ἃ |[ya]9ov, πολοῖς ceteri edd. 4 ReAopöpov DALY 1939: ἀεφλοφόρον lapis

Io, Kosina, ho sepolto vicino all’ippodromo Hysematas, uomo valente con i cavalli, ricordo anche per i posteri, che morì in battaglia perdendo il fiore della gioventù,

sapiente, vincitore di gare ed esperto in giovane età.

La sepoltura di Hysematas era originariamente composta da una colonna sormontata dal capitello, come mostrano gli altri casi che hanno conservato la colonna e che recano, analogamente, l’iscrizione sull’abaco.° L'esempio più antico di un tale monumento funerario è quello di Xenares, 1 IG 1? 597: [Κροῖσ]ος i κἀλχμεοίνί]δες i πέντε i hı [πι]κόν τε ν[ικ]έσαντε ἀνε[ϑέτεν]. Cfr. da ultimo una sintesi del problema in FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2010, p. 18, n. 38.

? Come già sostenuto a proposito dell’epigramma di Tettichos (n. 2), l'assenza del patronimo non è certamente un motivo per considerare i due caduti appartenenti alla famiglia maledetta degli Alcmeonidi, come a torto sostiene FERRANDINI

TROISI -- CAGNAZZI

2010. Scrive addirittura il contrario VIVIERS 1992, p. 124, riguardo all’assenza del

patronimo nell’epigrama di Kroisos «que l’on comprend difficilement dans le cas d’une puissante famillie athénienne, comme celle des Aleméonides!». 3 VIVIERS 1992, p. 124. Lo studioso esclude la battaglia di Pallene, perché la datazione della base andrebbe posta nel decennio successivo e l’evento bellico sarebbe stato di dimensioni troppo modeste. 4 Cfr. Th., 6, 54, 5. > Sui dettagli cfr. DALY ° Cfr. ad es. IG Iv sıo, IG ıx 1°, 4, 881 (CEG 146), IG 1? 1469 (CEG 302).

1939, p. 165.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

39

recante l’epigramma CEG 146 (Corcira, 575-550 a.C).! La medesima tipologia monumentale caratterizza altre iscrizioni,” ad es. due importanti dediche attiche di Alcmeonide? e un capitello di analoghe dimensioni proveniente anch’esso dall’Heraion di Argo e contenente l’iscrizione, votiva o commemorativa,

IG IV 510.4

L’epigramma di Hysematas corre in senso progressivo su due lati contigui dell’abaco del capitello, contenenti ognuno un distico elegiaco (FIGG. 4.1, 4.2). Entrambi i distici occupano l’abaco nella totalità della sua altezza e della sua larghezza, a eccezione dell’ultima riga più corta. In

entrambe le facce l’iscrizione è disposta su quattro righe che vanno a capo senza rispettare la lunghezza del verso o della parola. Si è anche provveduto a incidere un sistema di rigatura di tre linee, che con il margine inferiore e superiore della pietra creano quattro campi di scrittura di altezza regolare, all’interno dei quali sono disposti i caratteri. L’ultimo campo di scrittura è

però leggermente più alto e di conseguenza lo sono anche le lettere. Il testo iscritto è ben leggibile, ma presenta lacune dovute ad alcune rotture della pietra ai bordi dell’abaco. L’iscrizione

è redatta in alfabeto argivo' e il dialetto è chiaramente quello dorico. In ἀε -Ὁ"»λοφόρον manca il tratto orizzontale del theta, come si riscontra spesso in altre iscrizioni arcaiche. Alcuni omicron

hanno un punto al centro (ad es. l’ultimo di Βιποδρόμοιο al v. 1), che dimostra l’uso del compasso per alcune lettere tonde.° Elementi datanti risultano l’het ancora chiuso e la presenza della lettera koppa, mentre

non risulterebbero attendibili le informazioni

dedotte dalla lavorazione

del capitello dorico.” In base alle caratteristiche grafiche, pertanto, il pezzo si può datare alla fine del vi sec. a.C., non successivamente al 520 a.C.* Jeffery (LSAG?, pp. 159 e 168, n. 15), in particolare, propone gli anni 525-500 a.C., osservando rettamente la maggior verosimiglianza del limite alto.° L’epigramma si apre con un nome femminile, Kosina, seguito dall’accusativo del nome del caduto in guerra, Hysematas, del quale la donna potrebbe essere la madre'° o la moglie, 0, meno

verisimilmente, una figlia. Il testo mostra più volte il fenomeno grafico dello scempiamento delle doppie,‘ che induce a leggere i due nomi Voo(o)tva e ῃυσ(σ)εμάταν, come indica chiaramente la prosodia. Non sembra possibile seguire il primo editore (DALY 1939, p. 168) nella trascrizione del primo nome, Οὐ σ(σ)ιν (ν)α, con il raddoppiamento anche del ny e la vocale finale resa solo graficamente, ma metricamente clisa.'* Mentre, infatti, si alternano forme scempie e doppie del

sigma in altre occorrenze simili di questo nome, il ny non risulta mai raddoppiato. I confronti più ! Cfr. DALY 1939, p. 165, nota 3; LSAG?*, p. 159. La colonna è rastremata (16 solchi) e il capitello dorico misura a. 0,343 (0,162 solo l’abaco con l’iscrizione), 1. 0,765, sp. 0,769 m. Cfr. l’immagine in IG ıx 1°, 4, Tav. I, n. 881. 2? DALY 1939, p. 165, nota 3 menziona anche due iscrizioni etrusche: CIE II 5240 e 5523.

3 IG 1? 597 (Atene, 550 a.C. ca.)

e CEG 302 (Acrephia, tempio di Apollo Ptoos, 540 a.C. ca.). Quest'ultimo

capitello presenta dimensioni analoghe a quello di Hysematas: a. 0,175; 1. 0,42, sp. 0,422 m. 4 Cfr. DALY 1939, p. 165, n. 2 e LSAG?, p. 159. Le misure di IG Iv 9510 sono: a. 0,26; l. 0,42; sp. 0,52 m. > Si notino, in particolare, la sibilante san, il beta formato da un’asta verticale con alle estremità due segmenti

obliqui convergenti, il lambda argivo con il tratto orizzontale inclinato verso il basso. ° Sull’uso di strumenti per realizzare le lettere tonde delle iscrizioni arcaiche, cfr. RAUBITSCHEK

1951.

7 Secondo Jeffery (LSAG?, pp. 159 e 233) le opere architettoniche mostrano una diversa velocità di sviluppo e risulterebbe imprudente seguirne la datazione per le iscrizioni. DALY 1939 ritiene la lavorazione del nostro capitello di Argo inquadrabile tra la fine del vi e l’inizio del v sec. a.C. e avanza il confronto con altri capitelli dorici, anche anepigrafi, come quello situato sulle colonne del Tesoro degli Ateniesi a Delfi (FD τι, Tresor des Athéniens, 1, Fic. XIV), monumento che, secondo l’editore J. Audiat, si data post 490 a.C. (FD τι, Tresor des Athéniens, pp. 85-91). ®

FRIEDLÄNDER

— HOFFLEIT

1948,

n. 136 e GV

305 propongono

la datazione

troppo

recente 500 a.C.

ca.

? La nostra iscrizione è certamente più antica dell’altro capitello argivo iscritto già menzionato, IG Iv 510, che mostra in particolare la sibilante sigma. 1° Cfr. ad es. CEG 35 (Atene 1 Il sostantivo ἄνδρα (lato A, 12 ΑΙ v. 1, hır(r)oögöuoro; al. 13 Per questo fenomeno DALY

530 a.C. ca.) e CEG 94 (Attica, 410-400 a.C.) v. 2) potrebbe alludere al marito. v. 2 forse [ἐσ(σ)]ομένοις; ma al v. 2 πόλοις invece che roA(A)otc. 1939, p. 168, nota 1, confronta la mancata elisione grafica dell’ultimo alpha di ἄνδρα

davanti ad ἀ[γα]ϑόν al v. 2 e diooppova davanti ad deAopöpov al v. 4. In questi casi, tuttavia, si tratta dell’incontro della medesima vocale alpha, mentre nel caso dei due nomi all’inizio dell’epigramma l’elisione sarebbe ostacolata dall’aspirazione davanti all’hypsilon.

40

PRIMA

PARTE

diretti sono la forma attestata a Sparta Korttva' e quella di un’iscrizione macedone di età ellenistica, Kootva.” Tra le attestazioni peloponnesiache di rilievo, si ricordano in età arcaica il nome femminile Κόσσα a Corinto e il maschile Kdocac a Pellene.? Non sembrano confrontabili con

il nostro epigramma, invece, i cognomina delle gentes Cosinia e Cossinia più volte attestati in età romana, come Cosinius e Cossinia/Cossinius* e Kootyta e Kocowta/Kocotvroc.i Correttamente,

i successivi editori leggono Ooo(o)tva, considerando brevi le ultime due sillabe del nome ed evitando l’elisione dell’alpha. Risulta, pertanto, meno pertinente il confronto evocato da DALY 1939,

p- 168, con il nome Koptvva.° Il nome Hysematas, non altrimenti attestato al di fuori di quest’iscrizione,?” è probabilmente di origine locale, come lascerebbe supporre l’antica denominazione del monte Arachnaion nell’Arsolide, Hysselinon.* Sia nella regione di Argo che in Arcadia esiste anche il toponimo Hysiai, e in Laconia, nei pressi del Taigeto, Hysion.° L’aoristo dada al v. 1 è caratterizzato dall’assenza dell'aumento

e dal secondo

alpha, che,

seppur breve, si trova in tempo forte. Considerando dada la prima persona riferita al soggetto Kosina, si deve ammettere che il secondo alpha del verbo abbia il valore prosodico di sillaba lunga

di fronte alla pausa metrica della cesura eftemimere. Esiste un solo caso analogo nell’esametro omerico prima della cesura pentemimere (o maschile) per l’alpha di una prima persona dell’aoristo, seguita però da una vocale aspirata.‘° Segnalo un altro verso omerico nel quale una sillaba

breve, costituita nella fattispecie dal solo epsilon, risulta allungata in tempo forte davanti a pi.“ Peek (GV) tenta, invece, di risolvere il problema metrico supponendo la presenza di un ny nella lacuna e leggendo θάψαν π []έλας con l’alpha lungo per posizione. L’idea di Peek non è stata seguita dai successivi editori, che notano come il verbo sarebbe così privo di un soggetto plurale e che oltretutto sulla pietra lo spazio sarebbe insufficiente per un’integrazione di due lettere. Anche se dal mio esame autoptico la lacuna permetterebbe l’integrazione tanto di una quanto di due lettere più ravvicinate, l’assenza di un soggetto rappresenterebbe un ostacolo insormontabile, che del resto lo stesso Peek non argomenta. In conclusione, non sembrerebbe possibile né seguire la

proposta di Peek, a meno di non forzare il testo leggendo dad[v π []έλας con Kosina come soggetto, né proporre una soluzione migliore di dada [π|]έλας. L'integrazione della seconda persona Yadbals π []έλας risolverebbe almeno il problema metrico, ma resta inverificabile. La sequenza IIOAOIZ al v. 2 pone un interessante problema esegetico. Gli studiosi hanno per lo più seguito la prima edizione, inserendo una virgola dopo ἃ [[γα]ϑόν e individuando l’aggettivo ' LGPN, II A, s.v. Kéttwva (Iv-I11 a.C.). Il nome dovrebbe tuttavia essere accentato Kottiva, con l’alpha finale lungo come nella nostra iscrizione. Kottina era un’etera di Sparta ricordata da Ath., 13, 574c, il quale fonte di età ellenistica (Polem.Hist., fr. 18 Miiller), che costituisce il t.a.q. ? LGPN, ıv, s.v. Kootva. La fonte è l’iscrizione SEG xLıx 812 da Thermi.

tramanda una

3 LGPN, ııı A, s.vv. Κόσσα (vii sec. a.C.); Κόσσας (età arcaica). In Beozia è attestato il nome composto Koootdauoc (cfr. LGPN, III A, s.v., con un esempio del ııı a.C. da Thespiai). 4 DE-VIT 1859-1887, II, s.vv. Cosinia, Cossinia, Cossinus; SCHULZE 1904, pp. 158-159. Cossinius è menzionato già da DALY 1939, p. 168, che ne ricorda l’origine etrusca. Cosinus si trova in ILJug ııı 1401 (Moesia Superior, Klina); Cosina è invece un soprannome in CIL ΝΠ 12945 (Cartagine). Per Cossinus cfr. CIL x 6555 e Suppl.It. τὶ 5, 9. > Cfr. LGPN, 1, s.v. Κοσσινία con un esempio da Kos e LGPN, 11, s.vv. Κοσινία e Κοσσινία, con un esempio per ciascuno dei due nomi da Atene, dove, sempre in età romana, sono attestati tre esempi della forma maschile del nome, Κοσσίνιος (LGPN, II e v B, s.v.).

° Oltre alle diverse attestazioni del nome raccolte in LGPN, si ricorderà almeno il caso della famosa poetessa Corinna, riconducibile all’età arcaica e non a quella ellenistica, come dimostrano GENTILI - LOMIENTO 2001, pp. 18-20. 7 * ? 540, ‘°

Cfr. LGPN, III A, s.v. Yoosudtac. Cfr. FELIX BÖLTE, RE, ΙΧ, col. 541, s.v. Hysselinon. Hsch., s.v. Cfr. FELIX BÖLTE, RE, ΙΧ, coll. 539-540, s.v. Hysiai, 1 (Argeia) s.v Hysion. Per il confronto con altri toponimi Carii, cfr. DALY Hom., Od., 10, 322: Kipxn ἐπήϊξα ὥς τε κτάμεναι μενεαίνων. Cfr.

Ὑσσέλινον. e 2 (Arcadia) e FELIX BÖLTE, RE, ΙΧ, col. 1939, p. 168. DALY 1939, p. 168, che a nota 8 riporta altri

esempi tratti dai poemi omerici. Per il fenomeno dell’allungamento in tempo forte, cfr. GENTILI -- LOMIENTO 2003, pp. 22-23.

4 Hom.,

Il., 4, 338:

Ὦ υἱὲ Πετεῶο διοτρεφέος

βασιλῆος.

GLI

πολ(λ)οῖς

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

correlato a [ἐσ(σ)]ομένοις. Merito di MORETTI

IN

GUERRA

41

(1983) è stato quello di individuare x

la corretta lettura πόλοις, seguita dal segno di interpunzione. Il verso andrebbe dunque tradotto, secondo MORETTI 1983, p. 44: «uomo valente coi cavalli, e memoria per i posteri» e non «uomo valente e memoria per molti tra i posteri». Tale lettura presenta solidi punti di forza che lasciano

poco spazio a dubbi sulla sua esattezza. In particolare lo studioso rassicura che non crea alcun problema la costruzione di ἀγαθός con un complemento di limitazione al dativo invece che all’accusativo, sebbene quest’ultimo sia più frequente.‘ La parola πῶλος

indica tecnicamente un puledro,

ma qui deve esser considerato un sinonimo di ἵππος, come attestato altrove, soprattutto per agoni equestri. Giustamente MORETTI

(1983, pp. 46-47) differenzia il caso arcaico di Hysematas dalle

gare con i puledri, che iniziarono a svolgersi a partire dall’età ellenistica. L’abilitä degli Argivi nell’allevamento e nella guida dei cavalli si rispecchia ad es. nel noto epiteto innößorog, che per Argo ricorre in poesia fin da Omero* e, in particolare, anche nell’epigramma dell’argivo Dandis, vincitore a Olimpia nel 476 e nel 472 4.06.

Nel nostro epigramma, oltretutto, è esplicitamente riferito nel v. 1 che Hysematas fu sepolto vicino all’ippodromo, [π]έλας Πιποδρόμοιο. L'espressione riprende la formula comune negli epiorammi funerari, ἐγγὺς ὁδοῖο, corrispondendole anche nell’uso del genitivo omerico in -oto, che rappresenta l’unica eccezione al dialetto dorico dell’iscrizione. Dal momento che il punto di ritrovamento del capitello non doveva essere molto lontano dalla posizione originaria del monumento funerario di Hysematas, il luogo pianeggiante dal quale proviene si adattava bene alle corse dei ca-

valli e non è da escludersi l’identificazione con l’ippodromo menzionato.” La parola XeAo@0pov al v. 4 assicura infine che Hysematas ottenne la vittoria in gare equestri.” Come notava MORETTI (1983, p. 46) si trattava certamente di gare cittadine e non panelleniche, altrimenti l’epigramma

ne avrebbe fatto menzione. La forma non contratta ἀε «Ὁ»λοφόρον è curiosamente inserita tra due aggettivi che descrivono le qualità di Hysematas, σόφρονα e σοφόν, quest'ultimo riferito, a mio avviso, anche alle sue doti atletiche nelle gare equestri.? Seguendo l’esegesi di Moretti, inoltre, si

può stemperare il giudizio di FRIEDLANDER -- HOFFLEIT 1948, n. 136: «These qualities (scil. v. 4) would have been better placed after ἄνδρα ἀγαϑόν ». Bisogna, infine, ricordare che l’espressione

ἄνδρα ἀγαϑόν e l’intero v. 3 ricorrono identici ai medesimi versi dell’epigramma di Tettichos (n. 2). DALY (1939, p. 169) ritiene che Hysematas fosse uno degli Argivi caduti combattendo contro gli Spartani guidati da Cleomene, evento descritto da Erodoto (6, 76-82) e collocabile intorno al 494 a.C. Tale occasione andrebbe, tuttavia, considerata solo come probabile, in quanto la datazione paleografica dell’epigramma sarebbe leggermente anteriore, non permettendo di individuare l’evento

bellico ricordato dall’espressione ἐν πολέμσι al v. 3. Non è raro che un atleta fosse impegnato in imprese belliche.‘ Il famoso atleta Milone di Crotone (540-516 a.C.), più volte olimpionico e ! Cfr. MORETTI

1983 pp. 45-46.

Lo studioso cita il caso di GV 371 e di X., Oec., 4 e rimanda per i confronti

con la poesia epica arcaica a LferE, I, s.v. ἀγαϑός, col. 25. L'aggettivo σοφός regge l’accusativo in CEG 111, v. 2 (IG VII 3501, di provenienza ignota, ora nel Mus. di Tanagra, 500 a.C. ca.), ma la costruzione rappresenta in ogni caso un utile confronto epigrafico per ἀγαϑός nel nostro epigramma. 2 LS], s.v. πῶλος. In particolare il termine ricorre già ad es. in Hom., Il., 11, 680; 20, 222; Od., 23, 246 e Pi., P., 2,8. 3 Cfr. ad es. EBERT 1972, nn. 59, 5 e 68, 5. 4 Cfr. ad es. Hom., Il., 2, 287; B., 10, 80 Mahler; E., Supp., 365. > AP, 13, 14 (cfr. EBERT 1972, n. 15). MORETTI 1983, p. 45 menziona altri episodi, come il caso di cavalli allevati ad Argo a spese pubbliche e le vittorie di Alcibiade (cfr. And., or. 4, Contra Alcib., 26; D.S., 13, 74 e Plu., Alc., 12, 3) e di Cabria (D., or. 59, Contra Neaer., 33) con cavalli acquistati ad Argo.

° Cfr. ad es. CEG 16, 39, 74, 142 (n. 6).

7 DALY 1939, p. 168.

* Cfr. MORETTI 1983, p. 46 che menziona i confronti con EBERT 1972, nrr. 38, 64, 68 e 75. La brillante soluzione di MORETTI 1983 autorizzerebbe l’inserimento del nostro epigramma in TAG e in EBERT 1972, sebbene sarebbe stata

forse sufficiente la sola presenza della parola @eAo@öpov al v. 4. ? Cfr. l’espressione σοφοῖς βάσανον nell’epigramma per l’auleta Potamon di Tebe, CEG 509 (Atene, 380-370 a.C.),

tradotta ‘pietra di paragone per gli esperti (nell’arte dell’aulos)’ in TENTORI MONTALTO 2009, pp. 152-154. Ὁ Oltre ai due casi qui esposti di Milone e Phayllos (p. 42, note 1-2) cfr. anche altri atleti-guerrieri menzionati in Paus., 6, 3, 2; 15, 2; 16, 2.

42

PRIMA

PARTE

periodonico, guidò in battaglia i suoi concittadini contro Sibari nel 510 a.C.' Il caso più famoso è poi quello dell’atleta Phayllos di Crotone che partecipò nel 480 a.C. alla battaglia di Salamina, guidando l’unico contingente occidentale.” Il nostro epigramma deve pertanto essere ricondotto alle altre iscrizioni funerarie che testimoniano ancora in età classica ed ellenistica il caso di un atleta morto in guerra.’

5. EPIGRAMMA

DI PHANES

(CEG

112)

Lastra di pietra incastonata nella parete sud della chiesa di S. Luca, in località Kakosi, Thisbe, dove

sembrerebbe trovarsi ancora oggi (non vidi). Dalle parole di Dittenberger (IG vii 2247) ‘lapis inaedificatus inversa positura’ si evince che l’iscrizione è posta sottosopra. Nessuna delle edizioni consultate riferisce le misure, ma avendo visto e analizzato il calco dell’iscrizione conservato presso l’archivio della BBAW, ho rilevato una larghezza complessiva di ca. 0,53 m (l’altezza del pezzo non è misurabile sul calco in quanto non se ne vedono i margini superiore e inferiore) e un’altezza delle lettere compresa tra 0,014 e 0,012 m. Il primo editore, Rangabé, ha visto una riproduzione di Prockesch d’Osten. Finora è noto solo il disegno dell’iscrizione (IG vii 2247), ma non ne sono

pubblicate riproduzioni fotografiche. Bibliografia: RANGABE, Ant. hell., τ, n. 31; KEIL 1847, p. 170, n. 40 a; KAIBEL, EG, n. 487; IG vii 2247 (con ulteriore bibliografia); FRIEDLÄNDER -- HOFFLEIT 1948, n. 70; GV 321; GG 36; CEG 112 e 11, Add. p. 301 (con ulteriore bibliografia); SCHACHTER 1989, p. 81; Bossi 1992

(SEG xLHI 215). Bibliografia delle immagini (cfr. Fıc. 5): IG vii 2247 (edizione diplomatica). Ulteriore bibliografia in CEG

112. ἀσστοῖς

καὶ ξσένοισι Φάνες

φίλος [| -- - - - κα |]

[ῃ[6ς πο[τ᾽] ἀρισστεύδν ἐν προμάχοισ᾽ [ἔϑανεν!. 1 ἀσστοῖς

ex ectypo legi: ἀσστοῖ[ς] IG, CEG

ἔσένοισι ex ectypo legi: χσένοισι alii «44.

Pavss

GV, CEG: φανές

IG φίλος [εἰμί = |] IG: φίλος [Ἴσχυλός εἰμι |] KAIBEL, EG, φίλο[ς Ἕρπυς ὅδ ἐστίν || FRIEDLÄNDER — HorrLEIT 1948, φίλος [Ev9ade κεῖται |] Keır 1847, CEG, φίλος [ἐνθάδε κεῖμαι || Bossi 1992, et φίλος [Ev ---= |] possis 2 [h]6< vidi: [hé]:, GV, CEG προμάχοισ᾽ [ἔϑανεν] vel ἔπεσεν] conieci: rpousyoro| πέσεν] KEIL 1847, προμάχοις [Edavev|, IG, προμάχοις [ἔπεσεν] FRIEDLANDER -- HOFFLEIT 1948, προμάχοις II, Add., p. 301), προμάχοις [ἔπεσον] KAIBEL, EG, vel [Edavov| Bossi 1992

[ἔπεσε], GV, CEG, vel [ἔϑανε] (CEG

Phanes, caro ai concittadini e agli stranieri | - - - | che un tempo primeggiando

per valore

[morì]

tra i combattenti in prima fila.

L’iscrizione consta di un distico elegiaco, disposto su due righe di scrittura, una per l’esametro e

una per il pentametro, che sono entrambe mutile nella parte finale. La fine dei due versi non si è conservata poiché la pietra è stata tagliata per il riuso architettonico, forse già in età antica. La scrittura presenta le caratteristiche dell’alfabeto della Beozia; sono peraltro assenti elementi marcati x

! Cfr. ad es. Paus., 6, 14, 6-9 e Simon. xxv, PAGE, FGE. Secondo Str., 6, 1, 12, Milone sarebbe l’atleta più famoso dell’antichità. 2 Cfr. Hdt., 8, 47; Paus., 10, 9, 2; Plu., Alex., 34, 2. Cfr. anche l'iscrizione SEG xvII 442 e IG 1 822 (CEG 265). Rimando a GUARDUCCI, EG, I, pp. 113-115. 3 Cfr. oltre a due iscrizioni per atleti spartani, Euruades (p. 22, nota 3) e Lakrates (p. 172, nota 1), anche due epigrammi, quello di Athanichos GV 1004 (Tebe, III-II a.C.), sul quale cfr. EBERT 1972, n. 70, e quello di Chilon tramandato da Paus., 6, 4, 6 e proveniente da Olimpia, sul quale cfr. in particolare EBERT 1972, n. 50 e ZIZZA 2006,

pp. 269-275. Secondo Paus., 6, 4, 7 quest’ultimo epigramma è riferibile alla battaglia di Cheronea (338 a.C.) o alla guerra Lamia (322 a.C.), ma sarebbe anche lecito considerare l’ipotesi di un’attribuzione alla battaglia di Megalopoli (331 a.C.) e rimando pertanto alla relativa discussione in MADDOLI-NAFISSI-SALADINO

1999, p. 203.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

43

del dialetto eolico. Stando allo schema metrico e al dialetto dell’iscrizione, il segno E di ξσένοισι indicherebbe il dittongo epsilon-iota. Tra i segni complementari dell’alfabeto rosso si segnala al v. 2 il chi (TY) di προμάχοις. Lo ksi della parola Zetvotot al v. 1 rappresenta, invece, un caso problematico. Stando all’edizione diplomatica di Dittenberger (IG), seguita da tutti gli studiosi, questa lettera

sarebbe formata dall’accostamento di un chi rosso e di un sigma (YX), anche se ci si aspetterebbe uno ksi realizzato da un unico segno a forma di croce di 5. Andrea (X). Dall’esame autoptico del calco (FIG. 5), tuttavia, esattamente uno ksi rosso è seguito dal sigma pleonastico (XX),' come è attestato, ad es., in un’altra iscrizione della Beozia, il noto epigramma di Mantiklos, CEG 326 (forse

Tebe, 700-675 a.C.), che presenta lo ksi (X) e il sigma a quattro tratti nella parola ἀργυροτόξσοι al v. 1. Lo conferma, come nella nostra iscrizione, l’altro segno complementare (‘Y) nel valore di chi in χαρίετταν al v. 2. Tale uso è attestato anche in altre zone del mondo greco caratterizzate dall’alfabeto rosso, come ad es. a Rodi.? Il rafforzamento della sibilante inoltre, è analogo a quello che

si constata anche nella reduplicazione del sigma prima del tau in ἀσστοῖς al v. 1 e in ἀρισστεύδν al v. 2, fenomeno frequentemente attestato in altre iscrizioni arcaiche.* In base all’analisi autoptica del calco è stato possibile confermare la sicura presenza al v. 1 della prima e l’ultima lettera della parola ἀσστοῖς ὁ e all’inizio del v. 2 di un segmento circolare, che si riconduce certamente a un

omicron, integrato da tutti gli editori. Lo spazio tra questo omicron e il margine sinistro della pietra lascia presupporre con ogni probabilità la presenza del segno di aspirazione het, che restituisce l’at-

tesa assenza di psilosi nell’eolico della Beozia. La scrittura del nostro epigramma è stata riferita da Peek (GV), al periodo tra fine vi e inizio v sec. a.C., datazione accolta anche da Hansen (CEG). L’epigramma si apre con un formulare richiamo ai concittadini e agli stranieri, che trova il confronto più diretto nell’analogo inizio dell’epigramma di Tettichos (n. 2), [εἴτε ἀστό]Ϊς τις ἀνὲρ εἴτε yo&vog,’ nel quale si invitano i passanti a compiangere il defunto. Non ho, tuttavia,

individuato altri epigrammi in cui il defunto venga definito caro (φίλος) ai cittadini e agli stranieri, fatto che ovviamente implica anche qui il compianto da parte di un pubblico di parenti, amici e

passanti. Nell’epigramma funerario ateniese CEG 554 (metà Iv sec. a.C.) il destinatario” è detto, ancora al v. 1, πᾶσιν φίλος. Ma il (CEG 143. Cfr. supra, p. 29, nota do il monumento eretto non nella prosseno. Nella formula ξσένοισι

confronto più vicino è il noto tumulo del prosseno Menekrates 6), che al v. 3 viene chiamato πρόξενξος δάμου φίλος, essensua patria Oianthea, ma a Corcira, città di cui Menekrates era Φάνες φίλος del nostro epigramma si potrebbe, a mio avviso,

cogliere un eventuale riferimento alla carica di prosseno di Phanes. A Peek si deve l’individuazione del nome Davec, invece della forma verbale φανείς, in base alla

quale gli editori precedenti erano costretti a supporre l’eventuale presenza del nome del defunto nella lacuna alla fine del v. 1.7 Peek accosta il nome Davec

alla forma eolica Davetc, attestata in

' Ho potuto constatare la prosecuzione dei tratti obliqui della lettera oltre il loro punto di incontro. La presunta asta verticale della lettera, invece, non è interamente visibile né esattamente allineata al centro, il che ha fatto sup-

porre una ingannevole forma a ‘Y, dovuta a una successiva rottura della pietra. I, p. 332; III, pp. 334-335. Essendo l’alfabeto di Rodi,

a torto

Jeffery (LSAG?”, pp. 347 e 349) considera un chi il primo segno della sequenza XX. Cfr. anche GUARDUCCI, PP- 83, 144-146 ε 249.

? Per Rodi cfr. CEG

460 e Guarpucci,

EG,

EG, I,

3 Per la geminazione della sibilante semplice davanti al tau cfr. gli esempi attici raccolti in THREATTE,

GAI,

1,

pp. 527-520, ai quali aggiungere il recente confronto con la stele della tribù Erechtheis dalla villa di Erode Attico (n. III), dove si leggono le parole höoorız e ἐσστεφάνοσαν. Cfr. anche due esempi dalla Tessaglia CEG 117, v. 1 (nei pressi di Farsalo, 480-450 a.C.) e IG IX 2, 1226a (Phalanna, metà del v sec. a.C.). In quest’ultima iscrizione, datata intorno al 450 da VAN

EFFENTERRE

— RUZE

1995, p. 79, ed erroneamente attribuita all’inizio del ıv sec. da HELLY

2004, p. 18, si legge al. 3 la forma Ἑασστόν. 4 Ho potuto riconoscere 1 tratti dell’ultimo sigma, integrato nelle altre edizioni, ma non quelli dell’alpha iniziale, del quale, tuttavia, Dittenberger (IG) assicura la presenza del segmento obliquo di destra. > Cfr. anche AP, 7, 710. Per ulteriori confronti letterati di questa formula antitetica rimando a FRIEDLÄNDER HOFFLEIT

1948,

--

n. 70.

° Pur essendo l’epigramma completo, il nome del defunto è ignoto in quanto inciso nella parte della stele perduta. 7 Così intendevano

FRIEDLANDER

— HOFFLEIT

1948,

n. 70, che traducono:

townsfolk and sojourners; he felt one day in the forefront on the field of glory».

«... who

stood forth a friend to

44

PRIMA

PARTE

età ellenistica a Thespiai.' Sarebbe altrimenti possibile intendere la lettera E come eta, ricorrendo in Beozia, ancora in età ellenistica, la forma più comune ®avng,” mentre meno verosimile risulterebbe la contrazione nella terminazione del nome Davy, anche se l'impossibilità di conoscere le

altre desinenze oltre al nominativo non permette spesso di distinguere le due forme. In ogni caso le attestazioni del nome Paync/Payvfc sono numerose* e ben testimoniate in età arcaica, periodo in cui risalta per antichità una testimonianza monetale, forse di Ephesos, databile vıı-vı sec. a.C.* Infine, nel vi e v sec. a.C. si contano, a fianco delle occorrenze del nome Daync/Davfc, anche quelle caratterizzate dal vocalismo dorico in -ῶας oppure dalla terminazione in -ἰς. L’integrazione della fine del v. 1 è destinata a restare aperta. Si potrebbe ipotizzare un verbo alla

prima persona (εἰμί, κεῖμαι) o alla terza persona singolare (ἐστίν, χεῖται). Nel secondo verso, invece, è quasi certa l’integrazione di un verbo alla terza persona singolare, dal momento che fino

al v sec. a.C. il pronome relativo ὅς non è mai seguito dalla prima persona singolare, bensì dalla terza. Ne risulterebbe pertanto o la terza persona singolare in entrambi i versi, oppure una variatio

dalla prima persona alla terza, che si riscontra ad es. nell’epigramma di Pyrhiadas (n. 7) e in quello di un caduto presso l’Asopo (n. 10). Fuorviante è dunque l’analisi di Bossi 1992, che preferisce

l'integrazione ἐνθάδε xetuat al v. 1, avanzata con il supporto di altre occorrenze negli epigrammi su pietra, ma omettendo quelle di ἐνθάδε χεῖται, che risultano oltretutto più frequenti.? Per la conclusione del v. 2, oltretutto, Bossi 1992 segue KAIBEL, EG, nel proporre una prima persona

singolare ἔπεσον (oppure ἔϑανον). FRIEDLÄNDER -- HOFFLEIT 1948, n. 70, scrivevano: «A restoration in the first person (Kaibel) would be as possible as in the third (Keil) [...] but the other specimens of a Tyrtacan cast are in the third». Anche prescindendo dai passi di Tirteo,* il pronome relativo lascia supporre, come visto sopra, un verbo alla terza persona singolare, piuttosto che alla prima, come suppone arbitrariamente Bossi 1992, che del resto non è in grado di menzionare alcun confronto.

ΑἹ v. 2 la particella to[t'] trova un riscontro nella forma dorica ποκ᾽ nel v. 1 dell’epigramma per i caduti Corinzi a Salamina (n. vi). Il verbo ἀριστεύω è caratteristico degli epigrammi funerari in particolare di quelli dei caduti in guerra,? così come la formula ἐν rpoudyotc.'° Non è possibile,

infine, operare una scelta sulla desinenza del dativo plurale prima della lacuna finale, che potrebbe essere monosillabica (ἐν προμάχοις) o disillabica e ἐν προμάχοισ᾽ o npouayotolt], dal momento che entrambe le possibilità sono attestate dai due sostantivi all’inizio del v. 1. La battaglia nella quale cadde Phanes resta incerta. Secondo SCHACHTER 1989, p. 81, l'occasione

potrebbe individuarsi in uno scontro locale oppure nella sconfitta dei Beoti e dei Calcidesi da parte di Atene nel 506 a.C.

! LGPN,

ııı B, s.v. Φάνεις, 1-3.

? LGPN, II B, s.v. Φάνης menziona oltre al caso del nostro epigramma anche il nome di un personaggio tebano ricordato da Pausania (2, 7, 6) e quello di un'iscrizione di Thespiai del III sec. a.C. (SEG xxII 389, l. 26). 3 Cfr. per altri nomi propri LGPN, 1, s.v. φανῆς; II, s.v. Φανῆς; III A, s.v. Φάνης; III B, s.v. Φάνης; IV, s.v. Φανῆς; VA, s.vv. Φάνης e Φανῆς; v B, s.vv. Φάνης e Φανῆς. Per il nome di una divinità orfica LSJ, s.v. Φάνης. 4 LGPN, v A, s.v. Φάνης, 1. Cfr. FRANKE — SCHMITT 1974. > Cfr. LGPN, 1, s.v. Φανῆς, 4 (forse Chios, vI sec. a.C.); II, s.v. Φανῆς, 1 (Atene, v sec. a.C.); III A, s.v. Φᾶνις, 1 (Arcadia, 475-450 a.C.) e Φάνας, 1 (Pellene, 512 a.C.), 2 (Messenia, VIII sec. a.C.). ° Tra gli epigrammi funerari CEG 118 (n. 7), 123 (Tessaglia, 450-425 a.C.), 142 (n. 6). Cfr. anche la dedica CEG 416 (Thasos, 525-500 a.C.). 7 Cfr. l'indice di CEG, 1, p. 280. δ Tyrt., fr. 10, vv. 1, 21, 31; fr. 12, v. 23, WEST, IE, 11. I passi qui raccolti sono menzionati anche da Bossi 1992, con il riferimento all’edizione di GENTILI — PRATO. ? Cfr. CEG 30 (n. b), 118 (n. 7); 145 (n. 1), 177, v. 5 (Licia, post 405 a.C.).

Ὁ L’epigramma di Kroisos (n. 3) contiene la più antica attestazione di questa formula.

GLI

EPIGRAMMI

6. EPIGRAMMA

PRIVATI

DI PROKLEIDAS

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

(IG ΙΧ 1°, 2, 214;

CEG

45

142)

Lastra di marmo proveniente da un luogo ignoto dell’Acarnania settentrionale e tuttora disperso.‘ L’iscrizione è nota solo da un disegno di Ross 1840, p. 28, ripubblicato in GuarDuccı, EG, 1, p. 294-295. Non si conoscono la forma e le dimensioni del monumento.” Bibliografia: Ross 1840; KAIBEL, EG, n. 182; IG ΙΧ 1, 521; BECHTEL 1921-1924, I, p. 268 e II, Ρ. 74; IG ıx 1°, 2, 214 (con ulteriore bibliografia); FRIEDLÄNDER -- HOFFLEIT 1948, n. 64; GV 70; GG 32; LSAG?”, pp. 228-229, n. 8, e TAV. 44; GUARDUCCI 1960-1961, p. 471 e nota 20; MORPURGO 1960-1961, pp. 94-95; MASSON 1965, p. 228; PEEK 1974, Δ, p. 6; GUARDUCCI, EG,

I, p. 294-295; CEG 142 (con ulteriore bibliografia), ECKER 1990, pp. 173-179; SVENBRO 1988, pp- 44-45; LABARBE 1991, pp. 530-531; LABARBE 1992, pp. 228-229 (con ulteriore bibliografia); Bruss

2005, pp. 45-46.

Bibliografia delle immagini: Guarpuccı, EG, 1, p. 294, FIG. 139 (edizione diplomatica); LSAG?, Tav. 44, n. 8 (edizione diplomatica). Ulteriore bibliografia in CEG 142. IIpoxXetdac «τόδε σᾶμα ner‘ |EoeatL ἐνγὺς ὁδοῖο, | hòg περὶ τᾶς αὐτὸ γᾶς

| dave Ba

vanevoc.

1 IIooxAetdac legitur apud Ross 1840, edd.: IIooxXetda{c} CEG 6de edd., sed IOAB litt. Corinth. legitur apud Ross 1840 xexA|Eceat edd.: KBKA |BXBIAI legitur apud Ross 1840 2 Bavduevoc GUARDUCCI 19601961 et alii edd.: MABNAMBNO® legitur apud Ross 1840, uavduevoc GV

Di Prokleidas sarà detta questa tomba lungo la strada, il quale morì combattendo per la propria terra.

Sulla base del disegno ottocentesco di quest’iscrizione si possono evincere alcuni elementi datanti, seppur la perdita del monumento precluda la possibilità di un esame paleografico più preciso e i confronti epigrafici arcaici provenienti dall’ Acarnania non siano numerosi. L’iscrizione corre in

direzione progressiva su quattro lince di scrittura, andando a capo tra l’esametro e il pentametro e una volta per ciascun verso, senza rispettare la divisione delle parole nel v. 1. Si riconosce la forma dell’epsilon corinzio (B), del gamma a semicerchio (C) e dell’het chiuso in hog al v. 2, segno che però non compare al v. 1 davanti a ὁδοῖο." Lettere non corinzie, che permetterebbero forse di ab-

bassare la datazione, sono lo iota formato da un segmento verticale e l’uso del sigma invece che del san, come si riscontra in altre iscrizioni dell’Acarnania insieme all’epsilon corinzio.* Il beta presenta

la forma di N inciso in direzione retrograda (N)° e non si dovrebbe dunque accogliere la proposta di Peek (GV) di aggiungere un'asta alla lettera (M), ottenendo ua

vauevoc. Questa forma di beta è infatti caratteristica dell’alfabeto di Melo” ed è attestata due o forse tre volte a Selinunte,” da cui si desume la sua probabile presenza nell’alfabeto di Megara Iblea e di Megara Nisea.* Il

medesimo segno nel valore di beta si riscontra almeno in due iscrizioni vascolari, una di Corinto e ! Secondo Peek (GV), proviene forse da Anaktorion. Cfr. la riproduzione del disegno in GUARDUCCI, EG, I, p. 294 e LSAG?, TAV. 44. 2 Il primo editore, Ross 1840, p. 29, parla di una stele, pur ammettendo di non esser riuscito ad avere ulteriori

informazioni sul monumento oltre al disegno dell’iscrizione, che a suo avviso contiene errori di lettura e/o trascrizione. GUARDUCCI, EG, 1, p. 294 parla invece di una base sepolcrale, ipotesi forse più probabile, ammettendo che chi ha realizzato il primo disegno non avesse prestato molta attenzione alla forma del monumento. 3 L’het ha solo un tratto interno, come si evince dalla foto del primo disegno (ripubblicato in GUARDUCCI, EG, I, p. 294) e non tre come invece si riproduce nel disegno di Jeffery (LSAG?, Τὰν. 44, n. 8). L’hypsilon avrebbe un segmento che collega le estremità dei due tratti obliqui, ma potrebbe ricondursi a un errore nell’incisione antica o nella lettura e trascrizione moderna.

co

+ Cfr. LSAG?, p. 227. ° GUARDUCCI, ° LSAG?, pp. 321 e 324, n. 25; GUARDUCCI, EG, I, pp. 322-323 e 325-326. 7 GUARDUCCI, EG, I, p. 310, nota 1. GUARDUCCI 1960-1961, pp. 471-472; GUARDUCCI, EG, I, p. 308.

EG, I, p. 295 e p. 171.

46

PRIMA

una di Siracusa.' al più frequente fra cui appunto La datazione

PARTE

Come mostrerebbe, dunque, anche il nostro epigramma, i Corinzi usarono, oltre beta a meandro, anche il beta nella forma N, che esportarono nelle loro colonie, l’Acarnania. della scrittura al 475-450 a.C. offerta da Jeffery (LSAG?, p. 228) e accolta da

Hansen (CEG) risulta, a mio avviso, meno verosimile rispetto a quella più alta di Peek (GV), e di GuArDuccı,

EG, I, p. 294, con i quali farei risalire l’iscrizione tra la fine del vi e l’inizio del

v sec. a.C.

L’incipit dell’epigramma è costituito in maniera singolare dal nome del guerriero, IlpoxAetdac, che è documentato altre volte nel mondo greco.’ Il caso da attribuire a questo nome, nominativo o genitivo maschile in -xg, rappresenta il maggior problema esegetico, che ha diviso gli studiosi fin dalle prime edizioni.* Difficilmente si potrà seguire la soluzione di comodo offerta da Hansen

(CEG), che propone di espungere la lettera finale del nome ottenendo un regolare genitivo in alpha.’ Da una parte Dittenberger (IG ΙΧ 1, 521) seguito da BECHTEL (1921-1924, I, p. 268 e II, p- 74),° sostiene la possibilità di un genitivo in -xg con alcuni esempi di ambito non funerario e di età ellenistica.” Dall'altra parte Klaffenbach (IG ıx 1°, 2, 214) riprende Ka1BEL, EG, n. 182,

nell’interpretare Προχλείδας come un nominativo e fornisce in particolare il diretto confronto di un altro epigramma funerario, GV 451 (Kos, IV-III sec. a.C.), in cui, a suo avviso, Ἡραχλείδης

rappresenta un nominativo piuttosto che un genitivo.° Il più recente studio su questo epigramma, condotto da LABARBE (1992, pp. 227-229), ha però dimostrato convincentemente che l’interpretazione di ‘HoaxAetdng come un nominativo non può essere accettata in un testo caratterizzato già da un verbo (ἐπέστησεν) e da un soggetto (untnp Eotuyto) ben determinati. Se si seguono le correzioni di Labarbe, l’epigramma non sarebbe confrontabile con il caso di Prokleidas.? Sem-

brerebbe molto verosimile la proposta di invertire i nomi IloXuvtxo Ἡρακλείδης, supportata dallo schema metrico.‘° Trova, invece, parecchi ostacoli l’ipotesi di Labarbe secondo la quale IloXuvtxo sarebbe un dativo, invece che un genitivo, e l’altro nome andrebbe corretto nel dativo ‘HpaxAetdn.! Per il nome ‘HpaxAetèng, in definitiva, o si suppone un genitivo in -xg/-ng, 1 Cfr. GUARDUCCI

1960-1961, p. 470-471 e TAv. XVII, FIGG. 7-8; GUARDUCCI,

EG, 1, p. 171.

2 Il segno het ancora chiuso e la forma del beta rappresentano elementi che poco si concilierebbero con una datazione al secondo quarto del v sec. Si possono individuare indizi di arcaicità anche grazie ai confronti testuali con altri epigrammi arcaici (CEG

16, 24, 39, 74), su cui cfr. infra, p. 48. Il primo editore, Ross

1840, p. 29, proponeva una

datazione al vi sec., con la possibilità del secolo successivo. 3 Cfr. in particolare LGPN, II A, s.v. Προκλείδας, con un caso da Argo del 11{-| sec. a.C. e uno dall’Arcadia del ıv sec. a.C. e LGPN, III B, s.v. IlpoxAetdac, con due attestazioni da Tebe, Beozia (rispettivamente 316 a.C. e II d.C.). 4 Cfr. la sintesi di Dittenberger in IG IX 1, 521, con la bibliografia precedente e quella di ECKER note

1990, p. 175,

582 e 584.

5 Cfr. ECKER

1990, p. 176, che giustamente non accetta un così forte intervento sul testo.

° Bechtel aggiunge un caso dall’Achaia del ItI sec. a.C., IG IX 437 (IG ıx 1°, 2, 421): Ξενίας Ἐπιτέλεος. 7 Dittenberger è favorevole alla lettura del genitivo, raccogliendo alcuni esempi di età ellenistica dall’Etolia e dall’ Acarnania di nomi terminanti in -as, che sarebbero da interpretare come genitivi, come IG ΙΧ, 1, 423,1. 2 (IG IX 1?, 1, 157, III-II sec a. C.); 456, 1. 3 (IG IX 1°, 2, 445; 200 a.C. ca.); 484, L 4 (IG IX 1°, 2, 243, III sec. a.C.). Cfr. MORPURGO 1960-1961, pp. 95-103 per una diversa interpretazione di questi e altri casi (ad es. IG IX 1°, 1, 31, 1.

119-120, III-II a.C), anche se la studiosa è spesso costretta a espungere il sigma finale. δ᾽ μνῆμα Πολυνίκο Ἡρακλείδης: ἐπέστησεν τόδε μήτηρ | Ἐοτυχὶς ἀέναον κόσμον ἀποφϑιμένου. Klaffenbach ricorda il testo nella prima edizione di I.Cos, p. 85, ἢ. 225 e interpreta Ἡρακλείδης come un nominativo, supponendo un verbo sottointeso come ἔστησε e inserendo un punto in alto dopo il nome, per dividere la prima parte dal resto dell’iscrizione. ? LABARBE (1992, pp. 229-230) propone di invertire i due nomi incisi dopo μνῆμα per ottenere un eptametro dattilico, ritmo attestato anche in un epigramma di Thasos della fine del vi sec., GV 142 (CEG 157), e di correggere Ἡρακλείδης nel dativo "Hpaxdelön. Trascrivo il testo secondo l’edizione di LABARBE 1992, p. 230: μνῆμᾳ(α) «Ἡρακλείδης.» Πολυνίκο- ἐπέστησεν τόδε μήτηρ | Ἐοτυχὶς ἀέναον κόσμον ἀποφϑιμένου.

‘° Ritengo che non si possa semplicemente attribuire la causa di questo possibile errore al lapicida, come intende LABARBE

(1992, p. 230),

quanto

piuttosto

al passaggio

dalla minuta

all’ordinatio, attestato almeno

in un evidente

esempio, l’epigramma di Agathon, GV 1443 (Roma, III-Iv sec. d.C.), sul quale p. 18, nota 1. 1! Rettamente già i primi editori, William Roger Paton, Edward Lee Hicks (I.Cos, p. 85, n. 225) leggono il nome

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

47

che potrebbe aver originato l’ordine invertito dei nomi,' oppure si deve espungere il sigma finale (HpaxAetdn), ottenendo un patronimico aggettivale di stampo omerico, concordato al nome Iloruvixö nella corretta successione data dall’inversione dei nomi.* La linea interpretativa favorevole al caso nominativo nell’epigramma di Prokleidas è stata successivamente ripresa negli studi sistematici di MORPURGO 1960-1961 e di Masson 1965, secondo le cui conclusioni non esisterebbero casi certi di genitivo in -ας. Il nostro epigramma sarebbe, a loro avviso, il più antico esempio, falsamente ritenuto un genitivo, ma meglio interpretabile come nominativo, anche se la conseguente lettura forza evidentemente il testo.* Guarducci, tuttavia, sot-

tolinea l’esistenza di due più antichi esempi del fenomeno del genitivo in -xg, che supporterebbero la lettura di Προχλείδας come genitivo.* Il primo è un'iscrizione tessala, SEG xvII 287 (forse da Orminion, metà del vi a.C.), contenente il nome proprio Παισιάδας." L'analisi di quest’iscrizione,

seguendo l’esegesi di Jeffery, presenta però alcuni punti di debolezza, tra i quali proprio quello del genitivo in -xc,° come hanno mostrato gli studi di Masson, che rettamente individua in Ilatotadδας un nominativo, interpretandolo non come patronimico, ma come aggettivo per indicare la fratria o il genos.” A mio avviso, però, tale nominativo potrebbe anche essere un patronimico di

stampo omerico, come indicherebbe la presenza dell’articolo prima del nome (ὁ Παισιάδας). Il secondo esempio ricordato da GUARDUCCI 1970, pp. 63-64, è un’epigrafe posta su un pithos fittile di stile geometrico da Creta (Phaistos, viti sec. a.C.), nel quale il secondo nome, Παιδοπίλας, sembrerebbe inevitabilmente un genitivo.° GuArDuccı, EG, III, pp. 330-332, tuttavia, ha in

seguito ammesso che in ΠΠαιδοπίλας si dovrebbe piuttosto riconoscere un nome femminile al genitivo, accostato in asindeto al precedente nome maschile, forse quello del marito, ‘Eprettààduo.? Πολυνίκδ come un genitivo. Non crea, infatti, nessuna difficoltà il segno O nel valore di omicron-hypsilon ancora nel Iv-III sec. a.C. Lo conferma anche il caso genitivo del participio (ἀποφϑιμένου), riferibile al nome del defunto al medesimo caso. * Creano difficoltà le sequenze di due genitivi, prive di un’indicazione più precisa per distinguere il padre dal figlio. Di solito infatti le iscrizioni specificano ulteriormente tramite un articolo o un sostantivo (cfr. p. 29, nota 6). Tuttavia,

in alcuni casi si possono accettare sia due nomi al genitivo, il primo del defunto, il secondo del padre, sia un patronimico omerico concordato con il nome al genitivo. Cfr. l’epigramma di di Charops (n. 1) e IG Iv 1°, 146 (infra, nota 2).

? Conferme epigrafiche di un patronimico omerico sono rare. In un'iscrizione su un oggetto bronzeo, IG Iv 1°, 146 (Epidauro, vI-v sec. a.C.), si legge: παρέδοχε | Πορμιάδας | Φιλίσκος. Non si può tuttavia escludere che il nome del padre fosse contraddistinto dalla desinenza -ας del genitivo. Cfr. WILHELM, Beiträge, pp. 10-11, che propone il seguente ordine di lettura: Φιλίσκος

| hopurddac

| παρέδδχκε. Si noti che dopo il sigma di hoputddac

è incisa un’asta

verticale che potrebbe essere un pi retrogrado, forse un falso inizio dell’iscrizione, oppure uno iota (il disegno di IG IV 1342 mostra una zona corrotta nella parte alta dell’asta verticale), appartenente forse alla desinenza del dativo del nome. MASSON 1965, pp. 222-227 nega la possibilità dei patronimici omerici nelle iscrizioni, ma in due esempi di età ellenistica (IG Iv 728, 1. 4 e 7575, Il. 20-22) è costretto a ipotizzare un’erronea incisione del sigma. Cfr. anche il

v. 1 dell’epigramma di Charops (n. 1), seguendo l’esegesi di PALUMBO di seguito (SEG XVII 287). 3 MORPURGO

STRACCA 1982-1987, e un caso discusso qui

1960-1961, p. 95, nota 1, invece traduce il v. 1 ‘Questa tomba porterà il nome

di (sarà chiamata)

Prokleidas’ e a p. 107 afferma: «la più antica testimonianza dei nominativi in -a risale al settimo secolo; quella dei genitivi in -as a un’epigrafe di interpretazione incerta del quinto secolo; se non si tiene conto di questo esempio non sicuro occorre ridiscendere sino alla seconda metà del quarto secolo». Morpurgo non è tuttavia in grado di portare confronti a supporto della sua traduzione. 1 GUARDUCCI,

EG, I, p. 295, traduce: «Di Prokleidas questo monumento sepolcrale sarà chiamato, presso la via;

di lui che morì combattendo per la sua terra». 5 ᾿Ανδρορύδες ἔρρουσε

duce:

| Οόλουρος

δικαστορεύξον

| ἔτευξε ὁ Παισιάδας

τὸ τέγος. GUARDUCCI,

EG, I, p. 358 tra-

«Androkydes ..., Kolouros, figlio di Paisiada, essendo giudice, costruì il tetto (o l’edificio)».

° Cfr. LSAG?, pp. 97, 99, n. 2; GUARDUCCI,

EG, I, pp. 358-359, n. 1; GUARDUCCI

1970, pp. 62-64. La studiosa

rinuncia qui a spiegare, inoltre, il verbo ἔφρουσε alla 1. 1, sul quale cfr. Masson 1968, pp. 101-102 con la conferma di GUARDUCCI 1970, pp. 62-63. La terminazione in eta di ᾿Ανδρορύδες non si concilia con quella in alpha di Παισιάδας, argomento giustamente sottolineato da GUARDUCCI 1970, p. 64, che tuttavia non è decisivo per intendere il nome

come un genitivo maschile. Non volendo, infatti, ammettere un pur possibile patronimico omerico con una diversa sfumatura dialettale, la terminazione in -ac potrebbe denotare un matronimico. 7 MASSON 1968 traduce ‘Androkydes a fait faire le chevillage, Kolouros le Paisiade occupant la charge de juge, a fait construire la toiture’. Sull’iscrizione cfr. anche SEG ΧΧΥῚ 684 e ΧΧΙΧ 548 e le successive argomentazioni di MASSON 1980, pp. 226-227. δ SEG xxvi 1050: Ἑρπετιδάμο Παιδοπίλας öde. ? Si sono date anche altre interpretazioni per le quali rimando a SEG ΧΧΙΧ 831, XXXIII 739 e XXXVIII 889.

48

PRIMA

PARTE

Nel nostro epigramma riterrei difficile proporre una soluzione certa alla questione, in mancanza di altri esempi sicuri di genitivo in -xg in età arcaica e in mancanza, oltretutto, della possibilità di verificare la lettura sulla pietra. Sembra, tuttavia, meno verosimile interpretare il nome

Προκλείδας come un nominativo dal momento che ne risulterebbe compromessa l’intepretazione testuale. Accogliendo, invece, l’ipotesi di un genitivo maschile in -xc si potrebbe ammettere una forma più rara, ma non inammissibile, vista l’esistenza nel dialetto beotico di nominativi maschili

in alpha.‘ Il verbo κεχλέσεται al v. 1 difficilmente può indicare che la tomba sarà chiamata con il nome del defunto,” quanto piuttosto che Prokleidas sarà invocato dalla tomba, come suggerisce Labarbe.’ Negli epigrammi funerari il verbo καλέω in diatesi medio-passiva si riferisce per lo più al defunto, come nell’espressione κόρξ κεχλέσομαι al v. 1 del noto epigramma di Phrasikleia, CEG 24 (IG 1} 1261), oppure alla tomba,* come attestato in un epigramma tessalo, CEG 116 (500-475 a.C.), che per via delle lacune non fornisce informazioni su come il nome del defunto trovasse posto nella formula o&ua κεχκλέσεται, identica a quella del nostro epigramma.* Per il resto l’epigramma riprende formule comuni. L'espressione ἐνγὺς ὁδοῖο (oppure 606) ricorre almeno in tre epigrammi funerari attici arcaici,° mentre il v. 2 trova il suo confronto più diretto nel v. 2 di un altro epigramma per i caduti in guerra di età arcaica, quello di Pyrhiadas (n. 7).” *

7. EPIGRAMMA

DI PyRHIADAS

(CEG

118)

Base quadrata da Kierion, Tessaglia. Fu copiata per la prima volta dal prof. Phintiklis, che la vide

durante un viaggio nell’eparchia Karditsa in località Ὀζοὺν Καραλάρ, presso la proprietà di Maurokordatos, dove sembrerebbe esser pervenuta da un’altra località dall’analogo nome Καραλάρ, non meglio identificata. Phintiklis inviò nel 1884 due disegni e un calco a Kirchhoff, al quale si deve la prima edizione. Nel 1899 il pezzo fu visto da Kern (IG ıx), che lo trovò nella nuova abitazione di Maurokordatos ridotto in sette frammenti. I frammenti rimasti sono stati rintracciati

nel 1976 da Jeffery (cfr. Hansen, CEG) nel Mus. Epigrafico (inv. nn. 8937 + 8938), dove sono oggi conservati e dove ho potuto analizzarli. Le dimensioni originali erano a. 0, 255, 1. 0, 72 (lato A),

sp. 0, 73 (lato B). Bibliografia: KIRCHHOFF 1885; SOLMSEN 1903, p. 601; IG IX 2, 270 (con ulteriore bibliografia); FRAENKEL 1911, p. 236; FRIEDLÄNDER — HOFFLEIT 1948, n. 160; GV 69; LSAG?, n. 4; GuARDUCCI, EG, 1, 359-360; HELLY 1970, p. 180, n. 57; LORENZ 1976, pp.

Certamente fuorviante risulta l’esegesi offerta da MANGANARO

pp. 98-99, 39-45 (con

1995, pp. 141-142 e TAV. 1 (SEG LXV 1332), al quale

rimando per una sintesi degli studi. Manganaro ritiene di dover leggere la nona lettera come un san invece che un my, ottenendo dunque Ἐρπετίδας ὁ παιδοπίλας öde, che traduce: ‘Erpetidas il pedofilo questo (io sono)’. Tale proposta, però, si basa su un’erronea lettura: il disegno di GUARDUCCI,

EG, III, p. 332, e la foto edita in MANGANARO

1995,

TAV. 1, mostrano evidentemente la forma di un my a cinque tratti e non quella di un san. Il quinto tratto del my non sembra imputabile a una scalfitura della ceramica, ma anche il quarto tratto, più corto del primo, appare inconciliabile con un san (nel nome Παιδοπίλας

il tratto più lungo del san finale è il quarto). Rimando

a GUARDUCCI,

EG,

III,

p. 332, per Παιδοπίλα come nome proprio. ! Cfr. BECHTEL 1921-1924, I, p. 268. Cfr. anche alcuni cognomina maschili latini come Agricola o Catilina. 2 Questa ipotesi è sostenuta da SVENBRO 1988, pp. 44-45, che traduce: «Ce séma-ci, près du chemin, s’appellera

‘Prokleidas’, qui mourut lorsqu’il se battait pour son pays». 3 Per il verbo cfr. LABARBE

1991, pp. 530-531, che traduce: «Prokleidas sera évoqué (= doit/peut étre évoqué) au

tombeau que voici, près de la route, lui qui est mort en combattant pour son pays». + Cfr. E., Hec., 1271: ϑανοῦσα: τύμβωι δ᾽ ὄνομα σῶι κεκλήσεται.

5 Dell’epigramma CEG 116 si legge solo: [- - oä]ua κεκλέ [[σεταῖ - - -Ἰαντα. Stando a IG ΙΧ 2, 1354: [(nomen defuncti) τόδε σᾶ]υα κεκλέσ | [eta hurös Εὐ]άντα. Sul confronto con l’epigramma di Prokleidas e su una differente proposta di integrazione cfr. PEEK 1974, A, pp. 6-7. ° CEG 16 (metà νι sec.), 39 (530-520 a.C.), 74 (500-480 a.C.).

7 Tra i pubblici cfr. l’epigramma di Tokes (n. vir) e quello dei caduti argivi a Tanagra (n. VII).

GLI

EPIGRAMMI

ulteriore bibliografia); CEG GALLAVOTTI

PRIVATI

118; GALLAVOTTI

1979, p. 30; GENTILI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

49

1977, pp. 77-78 e 82-83; GENTILI

1981, p. 86-87 e nota 28; CAMPANILE

1978, p. 23;

1990, pp. 28-30 e 42

(SEG xL 473).

Bibliografia delle immagini (cfr. FIG. 6): LSAG?, Tav. 11, n. 4 (disegno); GUARDUCCI, EG, 1, Ρ. 359, Fic. 188 (disegno). Ulteriore bibliografia in CEG 118. υνᾶμ᾽ ἐμὶ Πυρι |dda, hös οὐκ ἐπί |oraro φεύγεν

lato A

ἀ [λ᾽ αὖϑε πὲρ γᾶς

| lato B | lato A | lato Β

| τᾶσδε πολὸν ἀ [ριστεύδν ἔϑανε.

| lato B

| lato A

1 ἐμ! KIRCHHOFF 1885, CAMPANILE 1990: èu(u)t GALLAVOTTI 1977, GENTILI 1981, Zul GUARDUCCI, EG Πυρι [δα lapis: Πυρῴ(ο)ι |&da[o] SOLMSEN 1903, FRAENKEL 1911, CAMPANILE 1990 ἐπίστατο KIRCHHOFF 1885, FRIEDLÄNDER — HOFFLEIT

1948,

GUARDUCCI,

EG,

GENTILI

1981,

CAMPANILE

1990: ἐπί |otato

GALLAVOTTI

1977

Sono la tomba di Pyrhiadas, che non concepiva il fuggire,

ma qui presso questa terra mori, essendo di gran lunga il migliore. Schema metrico con indicazione della fine di parola o di unità sintattica: --

. | - - | --

| -

|.

- --

|...

Lo stato attuale di conservazione del pezzo (Fic. 6) è il seguente:' Lato A: uväu’ ἐμ- - -|

Lato B: -

otato [p]ev|- - -|

-

τᾶσδε π|- - -]

av

Dalla descrizione di Phintiklis riferita a Kirchhoff si sa che la faccia superiore della base aveva un

incasso ovale per la collocazione di una statua. Arbitrariamente il primo editore ritiene però che, trattandosi di un monumento funerario, si dovrebbe piuttosto supporre la presenza di una stele. Non sarebbe pertanto lecito, in mancanza di altre informazioni, dubitare dell’indicazione di Phintiklis e suggerirei di considerare il monumento una base sormontata da una statua e non, come

ritiene Jeffery (LSAG?), da una stele. L'iscrizione è incisa in senso progressivo su due lati contigui della base (A e B), ognuno suddiviso in tre righe di scrittura apparentemente prive di un sistema di rigatura. Iniziando dal lato A l’iscrizione prosegue sul lato B e va a capo sul lato A. In tale disposizione non viene rispettata la divisione delle parole né di conseguenza quella dei versi, la cui difficile identificazione, tuttavia, ha dato vita a un ampio dibattito che verrà discusso nel seguito.

L'alfabeto è tessalico e la forma delle lettere si riconduce al primo quarto del v sec.” Da un lato, infatti, si notano alcuni elementi riconducibili al v sec.,’ dall’altro, però, si possono osservare caratteristiche arcaiche in parte imputabili forse al conservatorismo dell’alfabeto tessalo.*

L'iscrizione mostra regolarmente il fenomeno dello scempiamento delle doppie: al v. 1 in Πυρ(ρ)ιάδα e al v. 2 in dA(A) e in πολ(λ)όν, che qui vale come πολύ." In ἐμί si potrebbe forse ravvisare un tratto del dialetto eolico leggendo èu(u)t, ma non si può escludere Zut oppure ἐμί. * Rispetto allo stato dell’iscrizione al tempo dell’analisi di Jeffery (cfr. CEG) constato che la pietra si è ulteriormente rotta all’altezza del secondo my di μνᾶμ᾽ e che non è reperibile il frammento con le lettere av dell’ultima parola dell’epigramma. ? Cfr. LSAG?,

pp. 98-99 e GUARDUCCI,

EG,

I, pp. 359-360.

La datazione 475-450

a.C. proposta da Hansen

(CEG) risulta troppo bassa. 3 Si consideri l’epsilon con i tratti paralleli orizzontali e talvolta senza appendice, il my con il primo e l’ultimo tratto della stessa lunghezza, il lambda a V rovesciata, oltre alla direzione di scrittura progressiva, invece di quella bustrofedica, che in una tale disposizione avrebbe facilitato la lettura sui due lati del blocco e sarebbe stata certamente preferita nel vI sec. 4 Cfr. il theta a croce, lo het chiuso nell’unico caso in cui era necessario (hög al v. 1) e infine lo hypsilon dal primo tratto verticale in gebyzv al v. 1 e in ἀριστεύδν al v. 2, scritto negli altri casi secondo la forma più recente (V). Sulla forma della lettera hypsilon cfr. GUARDUCCI,

EG, I, p. 360.

> Cfr. la funzione di πολλόν nell’epigramma di Charops (n. 1).

40

PRIMA

PARTE

In hög è evidente la caratteristica del dialetto tessalo di non essere psilotico, a differenza di quello

lesbio. L’avverbio αὖϑε corrisponde a add ed è una forma attestata solo da quest’iscrizione,' forse dovuta al dialetto locale, oppure, a mio avviso, alla grafia E in luogo dello iota testimoniata da

xaE e toritaE nell’epigramma del polyandrion di Ambracia (n. 1). La preposizione πέρ sembrerebbe doversi intendere come una forma abbreviata di περί, che si riscontra altre volte in Tessaglia,” piuttosto che di ὑπέρ. Lo dimostrerebbe nel modo più chiaro l’analoga espressione hög περὶ τᾶς αὐτὸ γᾶς nell’epigramma di Prokleidas (n. 6). Il fenomeno dell’apocope dell’ultima vocale di alcune preposizioni è ben documentato nel dialetto tessalo.* Il nome Πυρ(ο)ιάδας non è altrimenti noto in Tessaglia, ma è confrontabile con formazioni Ν

Ν

analoghe, alcune presenti anche in Tessaglia, che mostrano la stessa alternanza di forma scempia e

doppia, come Πυρίδας e Ilupptdxc5 oppure Πυρίας e Ilupptac.° Riterrei altresì significativo che il nome Πυρ(ο)ιάδας sia attestato in età così antica in Tessaglia, dove verso la fine del vI sec. Aleva prendeva il soprannome di 6 Iluppoc da quello di Pirro Neottolemo, figlio di Achille.” SoRDI 1996, pp. 38-39, analizza la propaganda della dinastia tessala degli Alevadi in età tardo-arcaica

incentrata sul culto dell’eacide Neottolemo e ben evidente negli oracoli delfici diffusi nel periodo del controllo tessalo. Dal momento che la nostra iscrizione si data certamente prima della battaglia di Tanagra, che segna la fine dell’egemonia tessala, riterrei possibile l’influenza sull’onomastica di

un mito riutilizzato in chiave politica.* Più problematica risulta la presenza del genitivo dorico Πυρ(ο)ιάδα in luogo di quello eolico atteso. Il nome con desinenza del genitivo eolico, Πυρριάδαο, è attestato in Beozia sia in un catalogo militare (Thespie, 245-240 a.C. ca.)? che in un decreto (Thespie, metà del Imi sec. a.C.).!° In altre iscrizioni ellenistiche della Tessaglia, tuttavia, è documentato anche il genitivo in alpha lungo, in particolare Εὐμειλίδα in IG ıx 2, 234, 1. 5 (Pharsalos, ırı d.C.), Μνασσᾶ e Μαχάτα in IG ıx 2, 258, Il. 3-4 (Kierion, 168 a.C. ca.), sebbene gli esempi di genitivo in -xo siano più numerosi! e contano anche un caso di età arcaica, IG ıx 2, 257, l. 11 (Theotonion, v sec. a.C.).

L'espressione oùx ἐπίστατο φεύγξν non ha paralleli e, oltretutto, attesta un uso particolare di ἐπίσταμαι direttamente collegato a un verbo di movimento all’infinito -piuttosto che ad un i Non ho rintracciato nessun’altra attestazione epigrafica di «öde. Nel LS], s.v. adde, si rimanda ad add ed è menzionata solo la nostra iscrizione. DI TILLIO 1969, p. 65, nota che un simile initium versi è attestato in Hom., Od., 2, 369 (ἀλλὰ μέν᾽ add’ ἐπὶ σοῖσι καθήμενος οὐδέ τί σε χρή). Erroneamente GALLAVOTTI 1977, pp. 77-78 e nota 3 considera αὖϑε corrispondente a αὖτε in funzione avversativa e traduce i due versi: «Monumento io sono di Purriadas;

quegli che non ammise fuggire, e invece morì per questa terra, mentre eccelleva con la sua prodezza». 2 Cfr. ad es. IG ıx 2, 517, 1. 17 (τι a.C.); 1229, 1. 30 (II a.C.); 258, 1. 6 (11 a.C.). Per ulteriori attestazioni epi-

grafiche tessale cfr. VAN DER VELDE 1924, pp. 48 e 82, mentre per il medesimo fenomeno a Lesbo e a Cipro cfr. LORENZ 1976, p. 41. 3 Solo in tre iscrizioni tessale di età ellenistica πέρ potrebbe, non senza difficoltà, intendersi come ὑπέρ (IG IX 2, 512, 1. 14; 577, 1. 3; 585, 1. 5). VAN DER VELDE 1924, pp. 82 e 122 ammette sia per queste tre iscrizioni che per

l’epigramma di Pyrhiadas la possibilità di entrambe le interpretazioni, περί ο ὑπέρ. Cfr. LORENZ 1976, pp. 41-42. 4 Ades. in κατά, παρά, mori. Cfr. VAN DER VELDE 1924, pp. 80-83. > Cfr. ad es. LGPN, II B, s.v. Πυρίδας, con una attestazione del vi sec. a.C. dalla Beozia e una della metà del III sec. a.C. da Megara e LGPN, II B, s.v. Πυρρίδας con tre attestazioni del III sec. a.C. di cui una dalla Tessaglia. Su quest’ultimo nome cfr. HELLY 1970 p. 180. Cfr. lo stesso fenomeno riscontrabile nel nome Οοσ(σ)ίνα dell’epigramma di Hysematas (n. 5).

° Cfr. LGPN, 111 B, s.vv. Πυρίας e Πυρρίας, dove per la prima forma si registrano due attestazioni della Beozia di età ellenistica e una del vi sec. a.C. dalla Focide (Soulembei) e per la seconda ben 44 attestazioni di cui 24 dalla

Tessaglia. 7 Cfr. SORDI 1996, pp. 38-39, dove si riassume anche il dibattito sulla cronologia della tagia di Aleva (cfr. infra, p. 62, nota 2), secondo Sordi successiva al 514 a.C. (cfr. SORDI 1998, p. 421), secondo Helly collocabile intorno al 530. Sui termini tagia e tagos cfr. SORDI 1996, p. 37, nota 1. * Diversamente BECHTEL 1917, p. 393, ritiene che il nome derivi dal sostantivo πυρρός. Segue quest’ipotesi Lo-

RENZ 1976, p. 40:

«von πυρρός: feuerfarben, gelbrot, gebildet».

? SEG XXXVII 385, 1. 15: [’Ap]ıoreas Πυρριάδαο. ‘° FEYEL 1937, pp. 217-220, l. 10: [..... las Π[ου]οιάδαο. Secondo il LGPN,

stazioni si riferiscono al medesimo personaggio, ᾿Αριστέας figlio di Πυρριάδας. τ

Cfr. LORENZ

1976, p. 40.

III B, s.v. Πυρριάδας

le due atte-

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

41

infinito sostantivato- con l’implicazione della volontà, dunque ‘non conosceva il fuggire’. Come mostra forse nel modo più evidente la poesia di Tirteo, la fuga in guerra era considerata uno dei disonori più grandi ed è significativo che in questo epigramma si ricordi come al contrario Pyrhiadas

sia morto in quanto non ha voluto fuggire. ? La formula πολλὸν ἀριστεύδν, particolarmente adatta a un epigramma per un caduto in guerra, trova riscontri in altri epigrammi e anche in attestazioni letterarie, soprattutto nell’epica omerica.’

Il testo mostra evidentemente una struttura metrica complessa che non può esser intesa né come distico elegiaco né come coppia di esametri o di giambi. Per di più alcune sillabe risultano diversamente interpretabili. Non solo la lunghezza della prima sillaba dell’imperfetto ἐπίστατο al v. 1 può esser intesa sia lunga che breve,* ma sarebbe anche possibile la scansione di èut con la prima sillaba breve. Già KIRCHHOFF

(1884, p. 159) riconduceva il v. 1 a un esametro avvertendo della

possibilità di scandire èut come due sillabe brevi, in analogia all’alternarsi delle forme omeriche ἔμεν e ἔμμεν," ma essendo costretto ad ammettere una perdita di comprensibilità se si intendesse hoc invece di hoc. A suo avviso, invece, il v. 2 non può in nessun caso esser un pentametro, anche se si individuano clausole caratteristiche degli epigrammi per i caduti in guerra come il v. 3 dell’e-

pigramma di Charops (n. 1) e il v. 2 di quello di Prokleidas (n. 6). Anche la congettura Πυριάδαο di SOLMSEN 1903, p. 601, che restituisce la coloritura dialettale del testo e risulta pertanto più convincente rispetto a hoc, renderebbe il v. 1 un esametro, intendendo sempre èut formato da due sillabe brevi. Tuttavia non mi sembra accettabile la spiegazione avanzata da Solmsen, ossia la caduta dell’omicron alla fine del nome della nostra iscrizione davanti alla medesima vocale della parola successiva, in quanto questa lettera avrebbe svolto una funzione fondamentale per la prosodia e il dialetto del componimento.° Il v. 1 dell’epigramma di Tokes (n. vir), in cui si legge Toxew

hlölvexev, mostra chiaramente che lo het poteva separare la vocale del genitivo da quella della parola seguente e impedire l’elisione. Si potrebbe immaginare un errore non tanto nell’incisione del testo da parte del lapicida, quanto nell’ordinatio dei caratteri sulla pietra, nella cui operazione si sarebbe tralasciato il segno O per via del suo ricorrere a breve distanza in hòg οὐκ. Ma si deve altresì considerare la possibilità di un esametro irregolare che si incontra, ad es., nei poemi omerici.? Guarducci, dopo aver notato che la forma poetica non è molto raffinata, * affermava più genericamente (GUARDUCCI, EG, I, p. 360): «nel primo verso si nota una clausola dattilica, nel secondo s’intuisce l'andamento di un ritmo giambico». A partire dagli studi di GENTILI (1978 e 1981) e di GALLAVOTTI (1977 e 1979)? si sono intesi i due versi come schemi lirici, in particolare sequenze dattilo-epitrite,'° che i due studiosi ritengono ! Cfr. LORENZ

1976, p. 41, che traduce:

‘vermögen,

können,

imstande

sein’ e che menziona

alcuni confronti

letterari, tra cui emerge per importanza quello già ricordato in DI TILLIO 1969, p. 65, in cui ἐπίσταμαι è seguito da un verbo di movimento, Hom., Il., 17, 671 (υνησάσϑω: πᾶσιν γὰρ ἐπίστατο μείλιχος εἶναι). ? Cfr. LORENZ 1976, p. 43, che ricorda i seguenti passi: Tyrt., fr. 10, 1, WEST, IE, 11; Hom.,

Il., 11, 408. Er-

roneamente LORENZ 1976, p. 41 ritiene la desinenza del verbo φεύγεν un infinito presente attivo che «behält in der Thessaliotis den alten (dorischen) Ausgang

auf zv». Più semplicemente il segno E può essere inteso come dittongo

epsilon-iota. 3 Cfr. l’identica formula del v. 3 dell’epigramma di Charops (n. 1). Cfr. anche Hom., Il., 1, 90-91: οὐδ᾽ ἣν ᾿Αγαμέuvova εἴπῃς, / ὃς νῦν πολλὸν ἄριστος ᾿Αχαιῶν εὔχεται εἶναι. Hom., Od., 15, 521: καὶ γὰρ πολλὸν ἄριστος ἀνὴρ μέμονέν τε μάλιστα. Per altri confronti epigrafici e letterari cfr. LORENZ 1976, p. 42. 4 Sulla quantità breve cfr. GALLAVOTTI 1977, pp. 77-78 e nota 3. 5 Per ἔμεν cfr. ad es. Hom., Il., 4, 299, 319; 5, 316; 9, 315; per ἔμμεν Hom., Il., 18, 364; Od., 9, 455. ° Secondo FRAENKEL 1011, p. 236, la pronuncia era Πυρριάδαο come si evince dal confronto con fenomeni riscontrabili nei poemi omerici come l’elisione delle vocali di cor davanti a ὀΐω in Hom., Il., 1, 170: οἴκαδ᾽ ἴμεν σὺν νηυσὶ κορωνίσιν, οὐδέ σ᾽ ὀΐω. 7 Cfr. Hom., Il., 11, 697 (cfr. Hom., Od., 21, 18), che presenta forse una sequenza cretica. Cfr. Hom., Od., 7, 89. δ Cfr. la sintesi delle argomentazioni analoghe di altri studiosi in LORENZ 1976, p. 44. ? Il convegno di Genova (20-21 febbraio 1976) edito in GENTILI 1978 precede lo studio di GALLAVOTTI 1977, p. 83, che interpreta i versi come: pros?, enh / ia + reiz, pros. Successivamente, tuttavia, anche GALLAVOTTI 1979, p.

30, segue la lettura metrica offerta da GENTILI (1978 e 1981). ‘° Riporto lo schema metrico di GENTILI 1981, p. 86:------- I -------- I=----- > I-7----0 =. Lo schema di GALLAVOTTI

1977, p. 82 differisce solo sulla quantità breve della prima sillaba di ἐπίστατο.

Gentili

52

PRIMA

PARTE

doversi scandire: prosodiaco // enoplio, enoplio, alcmanio‘. In molti casi, tuttavia, risulta tutt’al-

tro che certo ricondurre alcune iscrizioni a uno schema metrico, in particolare se si suppone una prosodia complessa per un componimento epigrafico semplice e formulare.‘ In tempi più recenti CAMPANILE 1990, pp. 28-30 e 42, riabilita la lettura di Solmsen per intendere il v. 1 come un esametro e afferma che il v. 2 è stato erroneamente ritenuto un verso, in quanto non avrebbe una struttura metrica, ma sarebbe formato dall’unione di più clausole che si riscontrano in altri epigrammi per i caduti in guerra. In definitiva, se non si volesse seguire l’esegesi di Solmsen e Campanile, si potrebbe a mio avviso

individuare una struttura metrica nella quale il v. 2 serebbe costituito da un dimetro giambico seguito da una sequenza giambica o anapestica,” secondo il seguente schema: u_u

--

|--------

0 ---.-

| oo ---

hem”,

000

enh*

2a, 2 ia

oppure 2 an”

(pros‘)

Non è stata finora identificata una battaglia nella quale sarebbe caduto Pyrriadas e in effetti dal testo non si evince alcun indizio, eccetto quello che il guerriero morì in patria mentre combatteva per la sua terra. L'evento bellico nel quale trovò la morte Pyrhiadas non sembra potersi identificare con una battaglia nota della storia tessala, come ad es. quella di Ceresso (484 a.C.) combattuta al di fuori della Tessaglia.* Bisognerà piuttosto ipotizzare uno scontro locale, forse con un popolo assoggettato dai Tessali. Fornisce un ottimo confronto l’epigramma di Ambracia (n. 1), di alcuni decenni più antico, che testimonia l’attacco di uno dei popoli sottomessi dai Tessali, i Perrebi, ai

danni degli Ambracioti.

8. EPIGRAMMA DA ImBro

(IG 1° 1507; CEG

79)

Stele di marmo bianco da Imbro, usata come materiale da costruzione nel lato esterno del muro

della chiesa di 5. Giorgio, detto lleprrarapn, in località Glyky. Nel 1904 è stata vista e descritta da Fredrich (IG χαὶ 8, 90) ‘in parva metropolis (scil. 5. Giorgio) aula’. La stele è mutila sia a destra che a sinistra e le dimensioni sono l. 0,23, a. 0,25, sp. 0,13 m. Le lettere sono alte tra 0,012 e 0,015 m. Ho analizzato il calco conservato nell’archivio della BBAW. Bibliografia: DÜRRBACH 79; LSAG?,

1889, p. 430; IG xıı 8, 90 (con ulteriore bibliografia); GV 916; CEG

p. 307, n. 60; IG 1? 1507.

Bibliografia delle immagini (cfr. Fi. 7): IG xıı 8,90 (edizione diplomatica). vacat

|- 7-7

- 2 -Ἰτιανὸ ἵκετο λ[- = ||

[- = - 77 -- I πανδαμάτδρ | [==

== Jo τρὲς

perarl-=

|]

[- = - = - vav]uaytar δάμασεν]. vacat

riferisce il confronto con gli schemi metrici di altre iscrizioni come ad es. CEG p- 23; 1981, p. 86-87) e GALLAVOTTI (1979, p. 30).

! GENTILI 1978, p. 24, nota 42 schema dell’enoplio e dell’hemiepes, quanto formate per lo più solo dal di prosa e versi esametrici nelle due

169, 288, 427. Cfr. GENTILI

(1978,

suggerisce di seguire MORANTI 1972 per espressioni formulari riconducibili allo ma non sarebbero iscrizioni metriche molte di quelle considerate nello studio, in nome e dal verbo o dal riferimento alla tomba. Si consideri anche la mescolanza laminette orfiche di Pelinna (Iv sec. a.C.), BERNABE, PEGOrf, τὶ 2, nn. 485 F

e 486 F.

2 Sulla tripodia anapestica e sull’eventuale scansione pros” cfr. rispettivamente GENTILI -- LOMIENTO 116 € 198.

3 Cfr. SORDI

1996, pp. 40-41, in cui si data con esattezza l’evento di Ceresso al 484.

2003, pp.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

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IN

GUERRA

53

1 [τιανὸ ἵκετο Wilamowitz apud Fredrich (IG xII): ἄπλεστος πάτραν περὶ] Τιαν ἵκετο λ[ύπε], GV, [- - -ἰΙτιαν ὁ ἵκετο, CEG 2 [Ἅιδες ὃν κατέχε δόμασ|. πανδαμάτδρ, GV, sed et |- - θάνατος - -|l IG xı1, CEG, vel [- -

μοῖρα - -|l, CEG, vel [- - χρόνος - -κ DÜRRBACH 1889 possis 3 μετὰ Al- =] ex ectypo legi. False ultimam litt. II potius quam A omnes edd. legerunt et suppliv. 4 vavjuaytar ddua[oev], GV: nuyluaytaı δάμα[σαν! Hiller apud Fredrich (IG χα)

Il frammento di iscrizione conservato è troppo piccolo per poter fare delle ipotesi sicure circa la forma originaria del monumento. Dallo spessore si può almeno dedurre che si trattava di una stele. L’alfabeto è attico e le lettere sono disposte in allineamento stoichedico. La paleografia rimanda alla prima metà del v sec a.C., ma non è possibile precisare questa datazione, proposta da Peek (GV) con indizi grafici o testuali. L’epigramma di due distici elegiaci è disposto su quattro linee che scandiscono gli esametri e i pentametri. Uno dei problemi maggiori dell’epigramma è l’esegesi del primo verso nel quale la sequenza tuxvo mal si concilia con la terminazione di un nome proprio.! Un’altra soluzione (CEG 79) sembra quella di isolare il segno O e ottenere la desinenza di un accusativo, seguita dal geni-

tivo del pronome relativo ([- - -|rıav ὁ ἵκετο). Il termine πανδαμάτορ è di particolare interesse e si riscontra in altri epigrammi funerari, soprattutto come aggettivo del tempo, della sorte o della

morte.” Non si può tuttavia escludere con troppa sicurezza, seguendo Hansen (CEG 79), l’idea di Peek (GV 916) di integrarvi Ade, a cui andrebbe ricollegato l’epiteto πανδαμάτδρ, che risulta attestato per questa divinitä.? Certamente l’aggettivo richiama il verbo corradicale δαμάζω alla fine del componimento. Nel verso seguente ho letto chiaramente μεταλ sul calco dell’iscrizione (FIG. 7). Non saprei tuttavia come integrare tale sequenza con un verbo* e riterrei possibile anche l’individuazione della preposizione μετά, seguita da un nome iniziante con un lambda. L’ultimo verso precisa l’evento in cui è caduto il defunto (o i defunti), una battaglia molto probabilmente navale,

che non può esser meglio specificata. Dal momento che Imbro era nel v sec. a.C. una cleruchia di Atene, non è possibile specificare se il caduto (o i caduti) fosse ateniese (cfr. l’epigramma di [Na]usikydes da Lemno, n. 12). *

9. EPIGRAMMA

DA ERETRIA

(IG xII 9, 255;

CEG

107)

Frammento marmoreo rinvenuto presso le mura occidentali di Eretria e conservato nel museo di Eretria (inv. n. 299). Il pezzo, mutilo su tutti i lati, ha conservato solo una porzione del margine superiore. Le dimensioni sono: a. 0,15; 1. 0,17; sp. 0,075 m. Le lettere sono alte tra 0,015 e 0,02 m. Il disegno è stato pubblicato dal primo editore, Stauropoulos, e una riproduzione fotografica del calco è presente in IG xII 9, 255.

Bibliografia: IG xıı 9, 255 (con ulteriore bibliografia); LSAG?, pp. 86 e 88, n. 18; CEG 107. Bibliografia delle immagini: IG xIı 9, 255 (riproduzione fotografica del calco). Ulteriore biblioerafia in CEG 107.

|- - τ]οισα [- - -| I - τ]οῦ ἔχει [- - i Il nome Τιανῦ, proposto da Peek (GV), è attestato ad Atene in IG I1/III? 10449 (metà Iv sec. a.C.) e 10450 (fine

v sec. a.C.), non registrate inspiegabilmente nel LGPN, 11. Sembra ancora meno probabile interpretare la sequenza come parte finale di un nome in -τιᾶνος, tipico dell’età romana (ad es. Τιτιανός, Σεβαστιανός). ? Cfr. alcuni esempi in CEG 79. Cfr. anche IG xII 3, 47 (Telos, II sec. a.C.) e IG XII 5, 303 (Paros, I sec. d.C.).

3 API., 213. Cfr. anche l’espressione αὐτὸς ὁ πανδαμάτωρ ἥρπασεν εἰς “Atànv in App. Anth., 2, 680, v. 2. 4 Ades.ivverbi μεταλαμβάνω e μεταλλάσσω sembrerebbero adatti al contesto, in particolare all’imperfetto o all’aoristo, ma il primo verbo difficilmente rientra nello schema metrico del verso. 5 Nei due epigrammi letterari AP, 7, 250; 15, 50 la parola ναυμαχία chiude il v. 4. Cfr. anche AP, 6, 215, v. 2; 9, 296, v. 2, il primo dei due attribuito dalla tradizione manoscritta a Simonide.

54

PRIMA

PARTE

[- - - βαρ]νάμενος - - -

[- -] αἰσχρὲς hè φί- - -] 1 |xoroa| vel |rotoa] vidi, sed prudentior [ἰοισα, LSAG?, CEG: ovo] IG χα sigma in ectypo legendum est: βαρίναμενο[ί CEG, uap|vauevo| alii edd.

3 βαρ]νάμενοϊ[ς conieci et fortasse 4 h&r φί LSAG?, CEG: hevo| IG χε

Il piccolo frammento presenta lettere incise con precisione e riconducibili alla prima metä del v sec. L’iscrizione & redatta in alfabeto euboico, come mostra il segno complementare degli alfabeti rossi nel valore di chi (F), e rappresenta uno degli ultimi esempi a Eretria in alfabeto locale, dal

momento che le successive iscrizioni presentano lo stesso alfabeto in uso in Attica. Mentre questo aspetto, sembrerebbe avvicinare l’iscrizione all’inizio del v sec., altre caratteristiche, come la

scriptio plena del dittongo omicron-hypsilon e il sigma a quattro tratti, suggerirebbero una datazione più vicina alla metà del secolo.' Il testo è troppo danneggiato per poterne integrare le lacune e formulare ipotesi esegetiche. Il participio [Bxp|vauevo[-] permette di ricondurre il componimento a un epigramma per uno o più caduti in guerra, a seconda che nella lacuna si integri il plurale o il singolare del verbo. Al v. 2 sembrerebbe potersi riconoscere la seconda o la terza persona singolare (ἔχει oppure ἔχεις), che, se riferita all’ignoto caduto di quest’iscrizione, potrebbe suggerire la forma singolare [Bap|vauevo[c]. Ogni eventuale integrazione di questo participio, infine, non fornisce nessun indizio per ricondurre l’epigramma a un monumento privato o a uno pubblico, dal momento che sono attestati epigrammi pubblici per un solo caduto in guerra (cfr. l’epigramma di Tokes, n. vII), o epigrammi privati dedicati a più defunti.? *

10. EPIGRAMMA DI UN CADUTO PRESSO L’AsoPo

(CEG

114)

Frammento di base di calcare bianco-marrone proveniente dall’antica Kopai (oggi Topolia, Kastro) in Beozia? e conservata nel museo di Tebe. La base è mutila sia a destra che a sinistra. Le misure sono: l. 0,95 (in alto) - 0,65 (in basso); a. 0,61; sp. 0,45 m. L’altezza delle lettere è compresa tra 0,05 € 0,035 m e l’interlinea varia tra 0,05 e 0,03 m. Bibliografia: KouMANOUDES 1970, p. 104; 169-180.

CLAIRMONT,

1969

(SEG xxv

Gravestone

551); PEEK

and Epigram,

pp.

1970

167-168;

(SEG xxv

1164); WALLACE

(ΕΚ

FOSSEY

114;

1991,

pp.

Bibliografia delle immagini: KOUMANOUDES 1969, pp. 80, 83, FIGG. 1-2 (riproduzione fotografica); PEEK 1970, p. 88 (riproduzione fotografica); FOssEy 1991, TAvv. 46-47 (riproduzione fotografica). [- == - 0’ ἔϑ]ραφσεν:

ἐπ᾽ ᾿Ασδσπδι ὃ ἐδαμάσϑες

[ee = -ἶτἶὄ - -οἸϑρένον ἔϑεχκαπὲ τόδ᾽ ἐπέστ[εσεν τῷ - τς - -’..- 1} |- = - = Cfr. l’immagine in TOUCHAIS 1984, p. 792, FIG. 101. ° Cfr. A. TZIAFALIAS, Πρώτη παρουσιάση ἀρχαίας ἐπιτυμβιας στήλης κρανοφορου πολεμίστη ano τη Λάρισα, «Λαριcard γράμματα», s. II, VOl. II, 1979, pp. 56-61 (non vidi) e Κα. GALLIS, Η Λάρισα ἀποκαλύπτει το apyalo κόσμο της, «Politeia», VI, 1982, pp. 51-55 (non vidi).

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

59

1 καταισχυίνας GALLAVOTTI 1987: καταισχύτι»νας CEG, καταισχύ᾽νας HELLY 2004 πόλεος GALLAVOTTI 1987: πόλεδσς CEG, HELLY 2004 κεῖαι GALLAVOTTI 1987, HELLY 2004, KEIAI lapis, zeiaı CEG 2 εὐρυχόρου Θεσσαλίαι στέφανον legi: edpuypov Θεσσαλίαστέφανον CEG, εὐρυχόρδ᾽ Θεσσαλίδ᾽ στέφανον HELLY 2004 3 ἀρίστο-ι»ς edd.: ἀρίστος GALLAVOTTI 1987, HELLY 2004 4 ἀνδρ«-ά-σιν edd.: dvdootv GALLAVOTTI 1987

Giaci qui, in nulla avendo disonorato la gloria

della città di Atrax dalle vaste pianure, ottenendo una corona per la Tessaglia, o Theotimos, figlio di Menyllos, insieme con i più valorosi uomini tra i Greci nella pianura di Tanagra.'

La stele di Theotimos è stata ritrovata in ottimo stato di conservazione, seppur si sia proceduto al taglio della parte inferiore e alla distruzione del kymation sulla faccia principale, molto probabilmente per il riutilizzo del pezzo a partire dall’età ellenistica. L’amputazione della parte inferiore,

che non permette di conoscere l’altezza originaria, ha tuttavia risparmiato una porzione di bassorilievo sufficiente a identificare il guerriero con un oplita, e non con un cavaliere.” La base del

monumento funerario risulta quindi allo stato attuale perduta. Il monumento rappresenta, pertanto, un'eccezionale scoperta e costituisce secondo HELLY 2004, p. 17: «l’un des plus beaux documents

de la collection archéologique du Musée de Larisa». L’iscrizione è insolitamente incisa sul fianco destro della stele, alla cui ridotta superficie si adatta correndo dall’alto verso il basso in senso progressivo.* Ognuna delle quattro lince di scrittura costituisce un verso. L'iscrizione è stata incisa partendo dal bordo con il fronte decorato della stele e lasciando uno spazio vuoto tra l’ultima riga e il bordo con la faccia retrostante (Fic. 8). L’orientamento dei caratteri obbliga a seguire una lettura invertita dal basso verso l’alto. I versi successivi al primo si allontanano dal rilievo salendo dal basso verso l’alto, se si immagina di appoggiare la stele, con la faccia decorata dal bassorilievo rivolta verso terra. Pur essendo l’ultima linea un pentametro, è stata inizialmente ritenuta la prima, seguendo la normale lettura dall’alto in basso e ottenendo

due coppie di pentametro ed esametro. Per tale motivo il nostro epigramma è stato pubblicato x

nelle prime edizioni in questo stato di ‘distico invertito’,* che, seppur non privo di esempi, com-

promette il senso generale.° A partire da Hansen (CEG 637=118a) e da JEAN Bousquer, BE, cı, 1988, n. 45, si restituisce al componimento la corretta disposizione in due coppie di distici elegiaci, ! Traduzione di HELLY 2004, p. 15: En rien tu n’as pu faire honte ἃ la gloire de ta cité pour reposer ici, (la gloire) d’Atrax aux vastes étendues, en faisant pour la Thessalie artisan d’une couronne (de gloire), ὃ Théotimos, fils de Meényllos, aux còtés des plus valeureux des Grecs dans la plaine de Tanagra. ? Per l’analisi del rilievo cfr. da ultimo HELLY 2004, p. 26, con un riassunto degli studi precedenti. 3 Non mi sono pertanto noti esempi di stele con epigramma inciso sul lato, ma il caso si può confrontare con l’epigramma di Gnathios (n. 8), che si presenta come una lastra marmorea interamente iscritta sulla faccia principale (CEG 47, i) con un ulteriore iscrizione, forse metrica, su un lato lungo (CEG 47, 11). Inoltre proprio la dedica degli Spartani a Olimpia (cfr. infra, p. 64, nota 1) mostra un’analoga disposizione delle righe dall’alto verso il basso sulla faccia principale della stele (cfr. GUARDUCCI,

EG, I, 469-472). Solitamente, invece, l’epigramma è inciso sulla faccia

principale anche nel caso di raffigurazioni scultoree che occupano gran parte della superficie. Cfr. la stele di Aristion, perfettamente conservata, recante sulla base l’iscrizione IG 1 1256, I, e sulla faccia principale la raffigurazione di un oplita e al di sotto l’iscrizione IG T 1256, II (Atene,

s10 a.C. ca. Cfr. p. 36, nota 1). Un’analoga raffigurazione,

sotto la quale è posta l’iscrizione IG vil 1890, proviene da Thespie e si data intorno al 520 a.C. Cfr. rispettivamente RICHTER -- GUARDUCCI 1961, n. 67, FIGG. 155-158, 180, 211-212, e n. 75, FIGG. 4 Cfr. ad es. TOUCHAIS 1984, pp. 790 e 792, FIG. 101; CATLING 1985-1986, p. 5 Cfr. GALLAVOTTI 1987, pp. 21-24, che cita ad es. l’esempio di un poeta di tramandato da Ath., 15, 668e-669e (Dionysius Chalcus, frr. 1-4, WEST, IE, 11).

171, 213. 46; GALLAVOTTI 1987, p. 19. v sec. a.C., Dionysius Chalcus, A mio avviso, tuttavia i passi in

questione (Dionysius Chalcus, fr. 1-2, WEST, IE”, 11) sono probabilmente estrapolati da un più lungo componimento elegiaco. Molti casi di inversione di esametro e pentametro possono essere tuttavia considerati semplicemente dei metra atakta (cfr. GENTILI -- LOMIENTO 2003, pp. 57-58). HELLY IG xIV 1518 (Roma, τὶ d.C.) e 2437 (Marsiglia, τ1-ππ d.C.).

2004, p. 17, ricorda solo due iscrizioni su pietra,

° GALLAVOTTI 1987, p. 21 propone anche la traduzione: «Per i guerrieri dei Greci nella pianura di Tanagra, o Teotimo figlio di Menillo, insieme ai prodi della spaziosa Atrage apprestando la corona della Tessaglia, qui giaci senza avere certamente infamata la gloria della tua città».

όο

PRIMA

PARTE

che dopo le argomentazioni proposte da HELLY (2004, p. 17) non sembra di potersi mettere in dubbio.' L’ordine di lettura dei Greci, infatti, poteva anche procedere dalla riga inferiore, che nel nostro caso è anche la più vicina alla raffigurazione scultorea di Theotimos, a quella superiore, x

come mostrano alcuni esempi epigrafici e monetali.” A questi aggiungerei il caso di un'importante iscrizione di inizio vI sec. a.C. scoperta nell’area di Castiglione di Ragusa (Camarina), SEG xLIX 1273,’ la cui lettura dal basso verso l’alto risulterebbe certamente migliore.* Si confronti anche

l’analoga disposizione verticale delle righe dell’epigramma di Praxiteles (n. yY). Lo dimostra, infine, il fatto che il primo verso esametrico dell’epigramma di Theotimos ha evidentemente utilizzato come rigo inferiore di scrittura il margine stesso della pietra,5 mentre al pentrametro finale segue uno spazio vuoto. Le lettere sono accuratamente incise e precisamente allineate, elemento che farebbe supporre l’uso di un sistema di rigatura che non ha lasciato traccia. Solo le prime lettere di ogni rigo sono disposte in allineamento stoichedico, ma è chiaro un intento di allineamento verticale dei caratteri.‘ x

L’iscrizione è redatta in alfabeto tessalo, che risulta privo di lettere caratteristiche.” Nella parola ᾿Ἑλλένον manca il segno di aspirazione. Non sono evidenti tratti caratteristici del dialetto locale.* L’epigramma si data al 458/457 a.C. in base alla menzione della battaglia di Tanagra e fornisce

quindi un importante riferimento cronologico per la forma delle lettere delle altre iscrizioni arcaiche tessale. L’iscrizione, pur pienamente comprensibile, presenta alcuni problemi. Al v. 1 si è più volte integrato un sigma tra i due dittonghi di xetat, ma la correzione non sembra accettabile in quan-

to questa forma potrebbe essere dovuta al dialetto locale o all’influenza della poesia epica, come sostengono GALLAVOTTI

1977, p. 20, e, indipendentemente, HELLY

2004, p. 19.° Il verbo alla

seconda persona singolare, infatti, è documentato senza il sigma in h.Herm. 254 (xataxetat).!° Al v. 4 nella parola ἀνδρ-ά-σιν (o dvdpotvy, cfr. supra, nota 8) si segnala in ogni caso l’ingiustificabile assenza della vocale, imputabile a un errore non tanto nella fase dell’incisione del testo, quanto in

quella del disegno preliminare dei caratteri (ordinatio). Riguardo alle parole καταισχυίνας al v. 1 e dototoc al v. 3, caratterizzate rispettivamente da uno iofa in più e da uno in meno, è invece più

* Le osservazioni di JEAN BOUSQUET, BE, CI, 1988, n. 45, erano peraltro già sufficienti a propendere per quest’in-

terpretazione. Aggiungerei l’analoga menzione di Tanagra verso la fine del componimento nell’epigramma dei caduti argivi di Atene (n. VIII). ? Cfr. WILHELM, Beiträge, pp. 1-12; GUARDUCCI,

EG,

I, pp. 416-417; HELLY

2004, p. 17 e nota 2.

3 Cfr. SEG LII 1006; LVIII 1028 e 1030; LIX 1103. 4 Correttamente edito in IGDS, II, pp. 101-102: Σούλος ἐποίξσε Πυρίνδι to Ilvtixa. Anche in questo caso nelle prime edizioni (cfr. MANGANARO 2001, pp. 63-65 e TAv. III, FIG. 1) si è pubblicato un testo invertito, seguendo la lettura dall’alto verso il basso: tor Πυτίκα Πυρίνδι ἐποίξεσε Σούλος. 5 Altri esempi di utilizzo del margine come rigo di scrittura sono ad es. l’epigramma di Hysematas (n. 4) e quello di Tokes (n. VII).

° La disposizione quasi stoichedica è simile a quella della coeva dedica dei Tessali a Delfi (n. 11a). 7 Cfr. GUARDUCCI,

EG, I, pp. 357-358. In particolare il nostro epigramma utilizza regolarmente il lambda con lo

spigolo in alto, il gamma ad angolo retto, il delta tondeggiante (D), il rho con appendice (R), il sigma a tre tratti e il segno distintivo del chi rosso (86) in καταισχύινας al v. 1 e in εὐρυχόρδι al v. 2. Si noti, inoltre, la scriptio plena dei dittonghi omicron-hypsilon ed epsilon-iota, mentre un solo segno (E, O) rappresenta la rispettiva vocale lunga o breve. Il theta è a croce, ma in Θεσσαλίαι al v. 2 le due aste sono oblique, in Θεότιμε al v. 3 perpendicolari. δ Le forme καταισχυίνας e dplotoc sono state attribuite all’influenza del dialetto locale, ma potrebbero anche rappresentare un errore del lapicida (cfr. infra). Invece della forma eolica πόλιος, l’epigramma attesta la parola πόλεος,

che potrebbe essere intesa, indifferentemente per la metrica, con il secondo omicron breve, come sostiene GALLAVOTTI 1987, p. 18-19, nota 13, oppure lungo (πόλεδςε), seguendo Hansen (CEG) e HELLY

2004, p. 18. Ho accettato nel no-

stro epigramma la forma epica πόλεος (cfr. Hom., Il., 21, 567) rispetto a quella ionico-attica. Nella sequenza avdpoty che si legge sulla pietra, manca proprio la vocale che avrebbe permesso di individuare la coloritura dialettale e pertanto non risulta possibile accettare con sicurezza una delle due possibili integrazioni, ἀνδράσιν oppure Avöpatv. ? Il più recente lavoro di Helly non solo dimentica l’articolo di Gallavotti, che potrebbe esser sfuggito all’autore, ma anche la sintesi offerta da SORDI 1996, certamente più importante di altre fonti menzionate nella bibliografia raccolta da HELLY 2004, p. 15. Ὁ Cfr. GALLAVOTTI 1977, p. 20 e BRUNO

HELLY, BE, CI, 1988, n. 748.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

61

difficile asserire se si tratti di un fenomeno dialettale,' oppure di un errore del lapicida.” L’assenza dello iota del dativo plurale si manifesta in altri casi, come ad es. in CEG 87 (n. 14)? e potrebbe quindi ricondursi a un fenomeno grafico. Non presentano una facile lettura i segni che seguono le parole εὐρυχόρο e Θεσσαλία. Sicuramente erronea è l’ipotesi di HELLY 2004, p. 19, di considerare il secondo iota di καταισχυίνας e i

tratti verticali dopo edpuyopo e Θεσσαλία come un'indicazione delle vocali lunghe per la lettura metrica dell’iscrizione, che non trova alcun parallelo epigrafico e che è tra l’altro arbitrariamente

applicata in quanto assente in ‘“EXMMEv0v.* La presenza di questi segni non andrebbe altresì esclusa. Alcuni editori, tuttavia, interpretano l’ultimo O di εὐρυχόρο come il dittongo omicron-hypsilon, ° mentre altri considerano Θεσσαλία un genitivo, caratterizzato dalla semplificazione del sigma davanti alla medesima consonante della parola seguente, στέφανον.“ Partendo da queste premesse noterei innanzitutto che senza alcun dubbio l’ultimo segno dopo Θεσσαλία è semplicemente lo iota finale della desinenza del dativo singolare, caso grammaticalmente richiesto per l’espressione a cui si ricollega, στέφανον τεύχον ‘ottenendo una corona per la Tessaglia’ (cfr. infra). In mancanza di un esame autoptico dell’iscrizione o del suo calco e basandomi sull’unica foto dell’iscrizione edita finora (HELLY 2004, p. 28), non riterrei di poter affermare

con certezza se la lettera che segue la parola edpuyopo sia uno iota oppure un hypsilon. Nel primo caso l’aggettivo sarebbe concordato al dativo Θεσσαλίαι, nel secondo al genitivo "Atpayoc, a sua volta legato a πόλεος nel v. 1. Questa seconda opzione mi sembrerebbe tuttavia preferibile, sia perché dalla foto riterrei più probabile la lettura di un hypsilon, sia perché l’aggettivo in questione è più spesso usato per i nomi di città negli epigrammi su pietra.” Poco cambierebbe se si supponesse, altresì, l’assenza di un carattere dopo l’ultima lettera di εὐρυχόρο, che avrebbe quindi il valore di dittongo omicron-hypsilon, come potrebbe suggerire lo spazio tra i caratteri e il loro allineamento verticale quasi stoichedico, per quanto visibilmente irregolare. Grazie all’iscrizione si ricavano numerosi dettagli sul personaggio rappresentato nella stele, Theotimos, figlio di Menyllos, caduto nella battaglia di Tanagra. I nomi Theotimos e Menyllos sono molto

comuni: il primo è frequente anche in Tessaglia,* mentre il secondo è attestato in area tessala solo in un caso di età ellenistica, l'aggettivo patronimico Μενύλειος, che si riconduce al nome Μενύλος. ! GALLAVOTTI

1977, p. 19; HELLY

2004, p. 19, suggerisce una forma dialettale solo per &ptoroc, mentre per

la sua interpretazione di καταισχυίνας cfr. infra. ? Secondo Hansen (CEG 637), l’autore del testo avrebbe scritto ἄριστος

al v. 3 e avrebbe indicato male la corre-

zione dello iota, tanto che il lapicida non lo avrebbe inciso nel posto corretto (i.e. καταισχυίνας). L'ipotesi sembra difficilmente sostenibile, malgrado l’autore menzioni altri due esempi del suo corpus, dove il medesimo fenomeno si manifesterebbe, CEG 545 e 690. 3 Nell’epigramma si legge al v. 1 ἐν εὐιυχόροισι ᾿Αϑήνας, da intendersi ovviamente eùdvybpotor ᾿Αϑήνας«ι»ς. Per

alcuni esempi dalla Beozia cfr. HELLY 2004, p. 19, seppur il caso ateniese sembra contraddire la teoria di un fenomeno dialettale. 4 HELLY 2004, p. 19, nota 11 ammette che la sua ipotesi «ne peut pas actuellement s’appuyer sur d’autres exemples». A proposito della parola ‘EXXévov HELLY 2004, p. 18 scrive: «le /a/ long ancien attendu en thessalien n’est pas conservé, mais la forme du génitif pluriel ne fait pas difficulté, cf. la forme Facotoy IG ΙΧ 2, 1226a, 1. 3 (Phalanna, stoichédon début du 4° s.)». Nel confronto con quest’iscrizione, peraltro superfluo, la data riferita è erronea di almeno

un secolo (presumo che si tratti di un refuso invece del corretto ‘début du 5° 5.ἢ. 5 Non so su quale base Hansen (CEG) scriva: «εὐρυχ-όρου Bousquet apud Touchais: εὐρυχώρου lapis». Cfr. infra sulla più probabile lettura dell’hypsilon. In ogni caso nessuno di questi editori chiarisce se il dittongo sia realizzato da uno o due segni, mentre HELLY 2004 (p. 20 e passim) interpreta O come dittongo seguito dal poco convincente segno di lettura metrica. ° Hansen (CEG) pubblica Θεσσαλίαστέφανον. Cfr. Pleket in SEG xxxvII 488 che scrive contro la proposta di Gallavotti di leggere WeocaMa in luogo di Θεσσαλίᾳ: «la corona della Tessaglia [unnecessary correction: ‘the wreath for Thessaly (dative) fits well]». GALLAVOTTI

(1987, p. 19, nota 14 e p. 18, nota 12) segue la medesima ese-

gesi di Hansen e mostra di aver mal interpretato il motivo della corona, fornendo una spiegazione assai fantasiosa. 7 Cfr. in particolare l’epigramma di Ambracia (n. I) e CEG 12, 77, 87 (n. 14) e 380, II. ® Cfr. LGPN, 111 B, s.v. Θεότιμος. ? IG ıx 2, 517, 1. 58 (Krannon, 215 a.C.). Cfr. LGPN, ııı B, s.vv. Μενύλος, Μένυλλος (con un'attestazione dalla Beozia oltre al nostro epigramma). Il nome Μέννες 0, più probabilmente Mevvéac, si riscontra nella dedica dei Tessali a Delfi per la vittoria di Tanagra (n. 112).

62

PRIMA

PARTE

La madrepatria di Theotimos & Atrax, cittä della Tessaglia non molto distante dal luogo di ritrovamento, Larissa. Il nome della città presenta l’attesa gutturale sonora, "Atpayog, che si riscontra in altre fonti letterarie ed epigrafiche.* Grazie alla formula ἐνθάδε xetat è possibile affermare che il corpo di Theotimos fu riportato in Tessaglia, nella capitale Larissa, dove fu eretto il monumento funerario, anche se ciò non esclude del tutto la presenza di un cenotafio nella madrepatria Atrax.

In ogni caso è evidentemente Larissa il centro militare della Tessaglia nel v sec., tanto che proprio da questa città partì nel 431 a.C. il contingente tessalo in soccorso di Atene (Th., 2, 22, 3).”

L’epigramma mostra una forte ripresa di motivi poetici. In posizione di rilievo, nella parte iniziale del componimento, οὔτι xatatoyutvac πόλεος χλέος richiama il lessico caratteristico dei generi dell’ainos e dello psogos. Il tema della vergogna per il disonore in battaglia o, al contrario, della gloria che il valore del guerriero conferisce alla città è frequente nell’epica omerica e nella

poesia di Tirteo.* Inoltre un altro epigramma tessalo per un caduto in guerra, IG IX 2, 466 (Krannon, III a.C.), riprende anche lessicalmente il motivo incipitario del nostro epigramma.* L'espressione στέφανον τεύχον a cavallo dei vv. 2 e 3 indica letteralmente ‘costruendo una corona’ ma, sebbene il medesimo verbo abbia questo significato in una più antica iscrizione tessala,’

si dovrà ammettere una più adatta interpretazione metaforica, che tenga conto dell’evoluzione di questa formula nella poesia di lode. Come evidenzia Helly, senza approfondire tutte le implicazioni, il significato tecnico, che contraddistingue ancora il verbo τεύχω nella poesia arcaica, si modifica proprio grazie agli epinici di Pindaro, sui quali intenderci soffermarmi.° Un’analoga associazione del verbo con il sostantivo στέφανος, infatti, si riscontra in Pi., O., 8, 32 (Ἰλίῳ μέλλοντες

ἐπὶ στέφανον τεῦξαι).7 Ancora più significativo è l’uso pindarico del verbo τεύχω nella prima Istmica, opera tarda del poeta composta certamente dopo le Guerre Persiane e molto probabilmente nel clima della battaglia di Tanagra, come sembra deducibile dall’abbinamento nell’ode di Castore e Iolao, l’uno spartano, l’altro tebano.* In particolare il verbo è usato in senso metaforico in una

possibile Ringkomposition nella parte iniziale e finale dell’opera. Al v. 14 il poeta si prodiga per onorare il vincitore nella corsa con il carro, Herodotos di Tebe (ἐγὼ Ἡροδότῳ τεύχων τὸ [...] γέρας), dopo aver al v. 10 attribuito una corona al successo di un’impresa di Cadmo, allusiva anche al premio ricevuto dall’atleta per la vittoria. Il v. 66 rende ancora più evidente la metafora sottesa 1 Cfr. ad es. IG ıx 2, 65; Liv., 36, 13 (Atragem). Cfr. GALLAVOTTI

1987, p. 20, il quale menziona

anche altre

fonti tarde latine e greche in cui la gutturale è sonora oppure sorda (ad es. in Ov., met., 12, 209 si legge Atracius) e il quale propone sulla base della nostra iscrizione la correzione di kappa in gamma in Eust., Comm. in Hom., Il., 2, 754. ? Cfr. HELLY 1995, p. 227; SORDI 1996, pp. 43-44; SORDI 1998, p. 421, nota 1; HELLY 2004, p. 25. La città di

Atrax si trova sulle pendici del monte Titanos a ovest di Larissa e a nord ovest di Krannon, leggermente più vicina a quest’ultima. Helly sostiene che Atrax sia divenuta tessala dopo la prima metà del v sec. a.C., in seguito alla riforma di Aleva e che faceva parte delle città raggruppate intorno a Krannon, ma Sordi dimostra, a mio avviso convincentemente, l’infondatezza di queste affermazioni. 3 Hom., Il., 6, 209, Od., 24, 507-512; Tyrt., fr. 10, 9, WEST, IE, 11. L'espressione οὐ [...] καταισχύνας κλέος si riscontra in Sol., fr. 32, 3, WEST, IE’, II. Cfr. HELLY 2004, p. 20 con il commento di questi passi e ulteriori

confronti. + Ασων

ἐνθάδε χεῖται 6 Δημοκλέους

περὶ πάτρας

/ uaovduevoc, πρῶτος

δ᾽ eu προμάχοισι Yavev' / [ο]ὐχὶ [x]atar-

σχύνας πατρίδ᾽ οὐδὲ Ὑ[{ο]ν[]ας ἑαυτοῦ, / ῥώμην δ᾽ οἰκείαν δεῖξεν ἐν ἡλικίαι. 5 Nell’iscrizione GUARDUCCI,

EG,

I, pp. 358-359, n. 1 (forse da Orminion,

vı a.C.) il verbo τεύχω va inteso

certamente nel senso di costruire. ° Cfr. HELLY 2004, p. 22, che ricorda alcuni passi di Omero (Il., 13, 138; 22, 30) e di Esiodo (Op., 263), oltre a quelli qui più approfonditamente discussi di Pindaro (O., 8, 82; I., 1, 14, 66).

7 Nel passo si indica la costruzione di una corona di mura a Ilio, ma allo stesso tempo si richiama il lessico della vittoria agonistica grazie a στεφαναφορίαν al v. 10 della stessa ode. ® Cfr. PRIVITERA 1982, p. 9. Altri termini post quos proposti sono il 474 e il 468 a.C., che in ogni caso non sareb-

bero in contrasto con un’ode composta dopo la battaglia di Tanagra del 458 a.C. In tutta la prima Istmica, inoltre, Pindaro ribadisce il confronto tra agoni e guerra, come ad es. nella menzione delle prove agonistiche di Castore di carattere atletico e militare (cfr. infra, nota 9, sul v. 10). Un simile accostamento appare ben comprensibile negli altri due casi in cui si manifesta nelle Istmiche, la settima per Strepsiade morto in guerra e la quinta per celebrare Egina dopo la vittoria di Salamina. I confronti evidenti con l’epigramma di Theotimos indurrebbero pertanto a datare l’opera all'indomani della battaglia di Tanagra. ? Cfr. Pi., I., 1, 10: ἐπεὶ στεφάνους ἐξ ὥπασεν Κάδμου στρατῷ ἐξ ἀέϑλων, «poiché una corona dalle gare inviò per

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al verbo τεύχω, che ha qui come complemento oggetto il sostantivo tıuav.‘ Pindaro preannuncia le future vittorie di Erodoto grazie alle quali il laudandus fortificherà le sue mani con i rami di Delfi

e Olimpia, come se queste fossero protette da una cinta di mura (Ilv969ey Ὀλυμπιάδων |... |] φράξαι χεῖρα), conferendo così onore a Tebe (τιμὰν ἑπταπύλοις / Θήβαισι tevyovt’). All’analisi di questi versi offerta da Privitera? aggiungerei solo l’evidente confronto con il già menzionato passo di Pi., O., 8, 32, in cui la corona corrisponde alle mura di Troia. Risulta chiaro, pertanto, che il soldato Theotimos, ottenendo al pari di un atleta vincitore la corona per la sua città,* abbia

difeso la madrepatria come una cinta di mura. Nel nostro epigramma l’espressione ‘procurando una corona alla Tessaglia’ corrisponde perfettamente a quella del v. 3 della stele di Loukou (n. 11], in cui si legge èootepavocay ᾿Αϑένας, riferito ai caduti ateniesi. Malgrado l’epigramma di Theotimos non attesti per la prima volta la corona di vittoria per i caduti in guerra, questo è almeno

l’unico caso che mostra il verbo τεύχω seguito dall’accusativo στέφανον, con un’evidente e diretta ripresa di motivi pindarici.

Come è noto, i Tessali ebbero un ruolo fondamentale nella battaglia di Tanagra, che è annoverata tra le cinque vittorie degli Spartani nell’oracolo delfico di Teisamenos (Hdt., 9, 33; 35). Deter-

minante per la sconfitta -- o almeno per la mancata vittoria — dell’esercito ateniese, pur consistente di diecimila opliti, mille cavalieri e contingenti alleati, soprattutto argivi,* fu proprio la cavalleria tessala, che nel corso dello scontro passò dalla parte dei Lacedemoni.° L’evento bellico è narrato in dettaglio, con attenzione all’ingente numero di caduti, sia da Th., 1, 107-108, che lo definisce una vittoria spartana, sia da D.S., 11, 80, 1-6, il quale ultimo invece afferma che l’esito incerto permise a entrambe le parti di acclamare la propria vittoria.‘

Risale a poco più di un decennio prima un’altra accusa di tradimento che pendeva sui Tessali, vale a dire l’aver ‘medizzato’ durante la Seconda Guerra Persiana, concedendo acqua e terra a Serse.” Risulta quindi difficilmente casuale l’accenno al disonore evitato da Theotimos che, si noti

bene, è un oplita, come si evince dalla pur incompleta raffigurazione.* Egli, dunque, non apparteneva al corpo di cavalleria passato dalla parte di Sparta nella battaglia di Tanagra.° L’epigramma confermerebbe un significativo dato storico, cioè che un oplita non si è macchiato del disonore dei cavalieri che hanno tradito l’alleanza con gli Ateniesi. Non potrei a tal proposito proporre un’analisi più lucida e chiara di quella offerta da SORDI 1996, p. 43: «L’accenno al disonore, di cui il caduto non si fece partecipe, rivela una polemica fra i Larissei (che probabilmente erano rimasti con le città più vicine, fra cui Atrax, sotto il controllo degli Alevadi, fedeli agli Ateniesi) e i cavalieri tessali che compagna alle schiere di Cadmo, gloria trionfale alla patria», e Pi., I., 1, 14: ἀλλ᾽ ἐγὼ Ἡροδότῳ τεύχων τὸ μὲν ἅρματι τεϑρίππῳ γέρας, «ma io, apprestando il dono a Erodoto, per il carro quadrigo » (traduzioni di PRIVITERA 1982, p. 19). * Cfr. Pind., I., 1, 64-67: εἴη νιν εὐφώνων πτερύγεσσιν ἀερϑέντ᾽ ἀγλααῖς / Πιερίδων, ἔτι καὶ Πυϑῶϑεν Ὀλυμπιάδων τ᾽ ἐξαιρέτοις .}Γ,ΗΗΑλφεοῦ ἔρνεσι φράξαι χεῖρα τιμὰν ἑπταπύλοις canore Pieridi, possa munire la mano anche coi rami di Pito arrecando a Tebe dalle sette porte» (traduzione di PRIVITERA * Scrive PRIVITERA 1982, p. 154: «Le corone vinte a Delfi

/ Θήβαισι τεύχοντ᾽. «Sollevato sulle ali spendenti delle e delle Olimpiadi, coi rami eccellenti d’Alfeo, onore 1982, p. 24). e ad Olimpia fortificherebbero la mano di Erodoto così

come una cinta di mura mette al riparo un popolo, un’armatura un uomo [...]. Con perfetta coerenza, alla mano di Erodoto munita [scil. φράξαι corrispondente al lat. munire, corrisponde Tebe cinta di mura con sette porte (ἑπταπύλοις)».

(arc.) moenire ‘cingere di mura’

(moenia)]

di corone

3 Sulla figura retorica dell’atleta che vincendo ottiene una corona per se, ma anche per la patria, cfr. infra, pp. 99-100. 4 Cfr. la stele degli Argivi caduti a Tanagra, n. VIII. 5 Sulla battaglia di Tanagra cfr. tra gli altri HELLY 1995, pp. 226-233. ό

HELLY

2004, p. 25. Sulle fonti della battaglia di Tanagra cfr. ROLLER

1989, I, pp. 57-69.

In questo caso tuttavia i Tessali, durante il consiglio dell’Istmo, avevano almeno chiesto di organizzare la difesa all’altezza del monte Olimpo, altrimenti sarebbero stati costretti a passare dalla parte dei Persiani, condizione poco realistica che equivaleva pur sempre a un tradimento dei Greci, ma che almeno li aveva salvati da rappresaglie suc7

cessive alla sconfitta dei Persiani, come quella toccata a Tebe. Cfr. SORDI

1996; HELLY

2004.

® Cfr. HELLY 2004, p. 26. ? Inconsistente è il dubbio di HELLY (2004, pp. 24) sul fatto che la raffigurazione non assicuri che si tratti effettivamente di un soldato, ma che sia da imputare all’uso di una stele standard disponibile. In altri casi di età arcaica è ben difficile dubitare della corrispondenza tra la raffigurazione e l’attività del personaggio, cfr. ad es. l’epigramma di Xenokles (n. a) e la stele di Aristion (supra, p. 36, nota 1). Di stele standard si può parlare solo in età successiva.

64

PRIMA

PARTE

avevano tradito l’alleanza: e mi par significativo il fatto che Teotimo figlio di Menillo, come rivela

il rilievo sulla stele sia un oplita e non un cavaliere. I cavalieri, come è noto, erano gli esponenti delle classi più alte, che guardavano con simpatia all’oligarchia spartana e non sopportavano più il dominio di una dinastia ‘feudale’ alleata della democrazia ateniese. Nella polemica implicita nella stele di Larissa c'è dunque la condanna, non solo del tradimento, ma anche del colpo di stato che,

partendo da Farsalo, toglieva a Larissa il suo primato». Il fatto che Theotimos combatté a fianco degli uomini più valorosi fra tutti i Greci (vv. 3-4:

σὺν dptotoc | Avöporv Ῥ λλένον) potrebbe alludere proprio agli eroi ateniesi e spartani che sconfissero i Persiani e che poi si affrontarono a Tanagra, ma non si può per questo forzare il testo intendendo con HELLY (2004, pp. 24-25) che il guerriero combatté prima per gli uni poi per gli altri, fatto che certo contraddirebbe l’assenza del disonore, evidenziata all’inizio dell’epigramma. Nella battaglia tra i migliori dei Greci, vincitori dei Persiani, Theotimos semmai riscatta l’onore dei Tessali

dopo l’onta delle Guerre Persiane, dando prova del valore e del sacrificio in battaglia per la patria. Dopo la vittoria di Tanagra gli Spartani offrirono come decima uno scudo d’oro a Olimpia.' Analogamente i Tessali dedicarono a Delfi la statua di un cavallo, come riferisce l’iscrizione SEG XVII 243. Essendo molto plausibile l’identificazione dei dedicanti con i cavalieri tessali che passa-

rono con gli Spartani, ho ritenuto utile aggiungere qui di seguito, seppur nei limiti del presente studio, un’analisi specifica dell’iscrizione, che in alcune parti non risulta, a mio avviso, esser stata correttamente intesa.

11 a. Nota sulla dedica dei Tessali a Delfi

(SEG xviI 243)

Base marmorea da Delfi, rotta in due parti e mutila a destra, che presenta due fori riconducibili a una statua equestre. Risulta perduto il blocco retrostante nel quale dovevano trovarsi per gli zoccoli

del cavallo altri due incassi, o almeno uno se il cavallo fosse stato modellato con una zampa sollevata. Bibliografia: Daux ROBERT,

1958 (SEG xvII 243); SORDI

BE, LXXII, 1959, n. 189; LARSEN

1958, pp. 344-347; JEANNE

1960, pp. 241-242; LSAG?,

ROBERT,

LOUIS

p. 375; LAZZARINI,

For-

mule delle dediche, n. 987; ROLLER 1989, p. 68, n. 60 (SEG ΧΧΧΙΧ 445); HELLY 1995, pp. 228-233 e 237-239; SORDI 1996, p. 43; HELLY 2004, p. 27. Bibliografia delle immagini: DAux 1958, FIGG. 1-2 e TAv. xXIIHI, 1-2 (riproduzione fotografica). Θεσσαλοὶ τὸν πμίππον ἀνέϑεν τοπόλλονι δεκάταν τὸν ἀ[π]ὸ Tavay[pac |], 5

De

πολεμαρχεόντον Tövde' Ι

᾿Αμύντα

II

Μεννέας

10

[Πολυδάμας

᾿Αρχαγόρο ς

Καίς ΠΠρστέας

hußptiaog

Εὐκρατίδας 1 CEG 351: [- - - γρυσέα}ν ἔχει, ἐγ δὲ [- - - | - - - συμ]μαχία τ᾽ ἀν[έϑεν | - - - καὶ ᾿Αϑα]ναίδν καὶ [- - - | - - εἵν]εκα τοῦ πο[λέμου | - - -] Κορ[ίνϑ]- - - | | - - -Je[- - -]. Liscrizione, redatta in alfabeto corinzio e dialetto

dorico, si può quasi totalmente integrare poiché l’epigramma è stato tramandato da Paus., 5, 10, 4: ναὸς μὲν φιάλαν χρυσέαν ἔχει, ἐκ δὲ Τανάγρας / τοὶ Λακεδαιμόνιοι συμμαχία τ᾽ avdev / δῶρον an’ ᾿Αργείων καὶ ᾿Αϑαναίων καὶ Ἰώνων, / ὄτὰν δεκάταν νίκας εἵνεκα τῶ πολέμω. L'iscrizione è più lunga dei due distici riferiti dalla tradizione letteraria. Se al v. 5 si accettasse l’integrazione Κορ[ίνϑ][-], sembrerebbe, a mio avviso, ancora valida l’ipotesi di Dittenberger e Purgold (IvO, n. 253, in particolare p. 371), secondo i quali il nome della cittä si riferirebbe alla provenienza dell’ar-

tista oppure, più verosimilmente, a un elenco di stati membri della lega peloponnesiaca, tra cui Corinto. In ogni caso l’integrazione spiegherebbe il dialetto dell’iscrizione. Per il formulario della dedica cfr. LAZZARINI, Formule delle dediche, n. 998 (= CEG 351). L’assenza di una dedica da parte dei Beoti si potrebbe forse imputare alla loro sconfitta a Oi-

nophyta, immediatamente successiva alla battaglia di Tanagra (Th., 1, 108 riferisce un lasso di tempo di 61 giorni tra le due battaglie, cfr. HCT,

1, p. 317). Non è possibile asserire con certezza che l’iscrizione molto frammentaria IG v

1, 721 (Sparta, metà v sec. a.C.), di cui si è tentato di integrare solo un pentametro (ll. 5-6: 'Epratlos δὲ πάτραν, ὥλετο

GLI

1 aln]o Tavaylpas] 5 Καίς

edidi: Kato

Sorpı

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

(1958, 1996): a|n]o Tavay[patov]

SORDI 1958, xatfo} DAUX

1958 et alii, xd

I CADUTI

DAUX

IN

GUERRA

1958, LARSEN

65

1960, HELLY

(= καὶ οἱ) σ(τασίαρχοι) HELLY

1995

1995 et al. edd. 8 Mevveac

vel Mévvefa}c legi: Μέννες edd.

Non essendo possibile soffermarmi in questa sede sui particolari di quest’importante iscrizione,‘ ne verranno analizzati i problemi esegetici e il contesto storico. Il testo rende noto che i Tessali dedicarono un cavallo ad Apollo come decima. L’integrazione alla fine della I. 1 presenta apparentemente due soluzioni, cioè il nome della città al genitivo singolare, Tav&y[pxc], oppure quello del popolo al genitivo plurale, Tavay[oatoy]. I primo editore, Daux 1958, le considera entrambe possibili, ma preferisce la seconda, supponendo una vittoria dei Tessali sui Tanagresi non tramandata dalle fonti. La sua interpretazione, che implica un possibile coinvolgimento dei Tessali

a Enophyta, in seguito a un loro riavvicinamento agli Ateniesi dopo Tanagra, è stata seguita da molti editori successivi fino a HELLY (2004, p. 27).” Tuttavia già SORDI (1958, pp. 344-347, € 1996, p. 43) aveva dimostrato l’infondatezza di questa ricostruzione, sia dal punto di vista storico

che da quello filologico. L’integrazione Tavay[patov], infatti, secondo SORDI 1958, p. 345: «oltre ad essere in contrasto con l’uso normale del greco, che avrebbe richiesto τῶν Ταναγραίων o ἀπὸ τῶν Ταναγραίων, cozza anche contro gravi difficoltà di ordine storico, non essendovi posto, nel decennio che va dalle battaglie di Tanagra e Enofita a quella di Coronea, per una vittoria dei Tessali sugli abitanti di Tanagra». A conferma dell’interpretazione di Sordi farei notare che in due

dediche di spoglie di inizio v sec. a.C., provenienti da Olimpia, si legge dopo l’articolo al genitivo plurale il nome del luogo preceduto nell’una da ἐκ e seguito nell’altra dal suffisso --ϑεν." La dedica dei Tessali doveva pertanto menzionare il nome del luogo, Tanagra, attestando dunque la terza

possibilità con la preposizione ἀπό. Seguono due nomi di polemarchi Auùvta e ’Apyayopd, concordati al genitivo con il participio roAeuapyeovröv. Più problematica è l’interpretazione della sequenza KAIX che si legge sotto i due nomi. Si tratta molto probabilmente di un nome 1958, p. 344, nota 2, o forse Katc, piuttosto che di un mi sono note liste di nomi in cui la congiunzione occupi nella dedica qui in esame KAIX si trova tra due nomi al

alquanto inusitato, K&tc secondo SORDI errore per la congiunzione xat{c}. Non un rigo come i nomi dei caduti, anche se genitivo e cinque al nominativo.° Le rare

attestazioni del nome Katg provengono dalla Cilicia e si datano all’età romana,° ma non escluderei nel nostro caso una derivazione dal verbo xatvvuar ‘distinguersi, essere eccellente, superare’.” Proprio intorno al sigma di Kate e nello spazio tra il secondo epsilon e il sigma di Mévvec la

pietra è stata scavata con uno strumento circolare molto probabilmente in età successiva.* Lo stato δ᾽ ἐν Ταν]άγραι), sia un epigramma per un caduto della battaglia di Tanagra. Per tale motivo l’iscrizione non è stata trattata nel presente corpus. * Peri particolari della scoperta e per la descrizione del pezzo e dell’alfabeto cfr. DAUX 1958. ? Cfr. anche LARSEN

1960, pp. 241-242 ed HELLY

1995, p. 228. Correttamente, invece, ROLLER

1989, I, p. 68,

n. 60, riconduce rettamente la dedica alla battaglia di Tanagra. 3 LAZZARINI, Formule delle dediche, nn. 991 (τὸν ἐγ Aéuvo) e 993 (τὸν Οορίνϑοϑεν). Cfr. LAZZARINI, Formule delle

dediche, p. 166. 4 Cfr. anche la formula ἐκ dè Τανάγρας nella dedica degli Spartani a Olimpia sopra ricordata, LAZZARINI, Formule delle dediche, n. 998. Come in questa dedica, anche in quella dei Tessali l’offerta consisteva di spoglie, come indica l’ar-

ticolo röv, che non può essere altrimenti interpretato, malgrado la proposta alternativa di SORDI 1958, pp. 346-347. 5 Erroneamente SORDI 1958, p. 344, nota 2 considera Μέννες e Πυβρίλαος come due genitivi. L’esegesi di HELLY 1995, xd (= καὶ οἱ) σ(τασίαρχοι), risulta alquanto fantasiosa e non verrà qui presa in considerazione. ° Cfr. LGPN, vB, s.v. Καις. In LGPN, 111 A, s.v. Καίσιος con un'attestazione dalla Calabria del ııı a.C. e una dalla Sicilia del ıv-ııı a.C. 7 Il verbo è attestato in Omero (ad es. Il., 2, 530; Od., 3, 82; 19, 395) e assume talvolta il significato di ‘essere equipaggiato, essere armato’, particolarmente adatto al contesto militare (cfr. Pi., O., 1, 27; A., Eu., 766; E., El., 616; Ar., Eq., 685). ® Cfr. DAUX 1958, 334 e nota 1. A p. 330 scrive: «le retaillage est de forme ronde, ce qui ne prouve pas que la lettre précédente le fùt aussi». Tuttavia, HELLY 1995, p. 232 intende il segno come con un omicron, corretto successivamente in un sigma, mentre per il sigma seguente propone una mal riuscita rasura, in pratica un tentativo di



PRIMA

PARTE

in cui versa quest’ultimo nome ha provocato a mio avviso un errore di lettura. Sebbene DAUX 1958, p. 334, avverta che Μέννες non debba essere confuso con Mevvéac che si legge in un’altra

iscrizione tessala di età ellenistica, mi sembra piuttosto di vedere un’alpha tra l’epsilon e il sigma nella foto edita in DAUX

1958, TAv. xx.

Il nome dovrebbe quindi intendersi Mevvéxg

piutto-

sto che MévvE{a}c. Mostra la medesima forma di nominativo anche il nome Ilpoteag alla 1. 6. Vorrei sottolineare, in conclusione, come sia più verosimile l’interpretazione più semplice dell’iscrizione. La distinzione tra il nominativo e il genitivo dei nomi riflette quella tra i polemarchi e gli altri dedicanti, mentre la menzione della decima offerta ad Apollo, una statua equestre che si

trovava sopra la base, testimonia nel modo più chiaro che i dedicanti erano i Tessali che passarono dalla parte degli Spartani nel corso della battaglia di Tanagra, ribellandosi in tal modo agli Alevadi, notoriamente filoateniesi.” Lo confermano infine i nomi della dedica, di chiara origine aristocratica (ad es. ᾿Αρχάγορος,' Πολυδάμας, Eùxpattdac, ma forse anche Katc), che ben si addicono a membri filospartani della cavalleria. *

12. EPIGRAMMA

DI [Na]jusikypEs (IG 1? 1506; CEG

82)

Base di marmo bianco da Lemno, riferita alla località Kokkina Chomata, 4 successivamente trasferita

nel Museo di Kastro e attualmente dispersa (cfr. CuLasso GASTALDI 2010, p. 146 € FICUCIELLO 2013, p. 205, nota 1268). Il pezzo misura a. 0,26; l. 0,82; sp. 0,25 m. Le lettere sono alte 0,015 m. Bibliografia: SEGRE 1932-1933, pp. 299-303, n. 7; IG xII Suppl., p. 147, n. 338; GV 1457; LSAG?, p. 300 e nota 3; CEG

82; IG 1? 1506;

CULASSO

GASTALDI

2010, p. 146; FICUCIELLO

2010, pp.

241-245, FICUCIELLO 2013, pp. 298-300 e passim. Bibliografia delle immagini: SEGRE 1932-1933, p. 300, Fic. 9 (riproduzione fotografica; edizione

diplomatica) [ἥβης. Na]votxudec, ἀπώλεσας (44

ἀγλα]ὸΪν ἄνϑος

[σᾶς rlepı βαρνάμενος [καλλιχ]όρδ πατρίδος, [ἄκρως μὲν σοφίας μέτρο!ν ἐπιστάμενος |

| | | |

καὶ ψυχὴν ἀγαϑός: τούτων μάρ]τυρές Fou ἐμ(οί]. 1 [ἥβης, Na]porxddec SEGRE 1932-1933: [ἦβας, XII, SEGRE 1932-1933: ἀγλαὸν ἥβην CEG

Να υσίκυδες IG xII, τλῆμον Λ|υσίκυδες CEG ἀγλα]ὸΪν ἄνϑος] IG 2 [σᾶς rlepı IG ΧΙ [καλλιχ]|όρδ πατρίδος] SEGRE 1932-1933,

CEG: [εὐρυχ]όρδ πατρίδος] IG x11, GV

4 [ἄκ]οως SEGRE 1932-1933: [kx]o< IG χιι, [ad]o@c Ferri apud SE-

GRE 1932-1933, p. 302, nota 1

τούτων μάρ]τυρές ἔσιν èufot] SEGRE 1932-1933: τούτο[υ μάρ]τυρές ἔσιν èufot] IG xn

[O Nalusikydes, hai perduto [il fiore della splendida giovinezza] combattendo per la [tua] patria dal bel territorio, conoscendo nel modo più alto la misura della sapienza e nobile nell’animo: di queste cose ho testimoni.

Il blocco di marmo è integro su tutti i lati, eccetto quello destro, e presenta delle scheggiature sulla

faccia principale iscritta, che hanno provocato la perdita di alcune porzioni di testo. Il primo editore correggere Μεννέος

in Μέννες. Tale teoria non è, a mio avviso, sostenibile, sia perché tra il ny e il sigma del nome

leggo un alpha, sia perché nel sigma finale non è visibile nessun tentativo di cancellazione. I segni circolari intorno al sigma di Katc e all’alpha di Mevvéac, non sono facilmente spiegabili, ma non sembrano lettere e potrebbero esser stati aggiunti in età successiva. 1 IG ıx 2, 517, 1. 63 (214 a.C.). L’autore confronta Μέννες con Μέννεις in IG IX 2, 234, 1. 95 e con Μέννειος IG ıx 2, 237, 1. 7. Cfr. LGPN, 111 B, s.v. Mévvetc con altre due attestazioni in Tessaglia. 2 SORDI 1958, pp. 344-347 analizza nel dettaglio le implicazioni storiche della vicenda.

3 Cfr. LGPN,

in

II B, s.v. ᾿Αρχάγορος, che riporta per la Tessaglia solo il nostro esempio, ma il genitivo "Apya-

γόρδ renderebbe ammissibile anche il nominativo ᾿Αρχαγόρας, altrimenti attestato nella regione (LGPN, 4 Cfr. SEGRE 1933-1934, p. 301.

III B, s.v.).

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

67

SEGRE 1932-1933 (pp. 299-303, n. 7) non riferisce, né l’unica foto da lui edita permette di dedurre, se

la base presentava le tracce per l’incasso di una stele o di una statua. L'iscrizione è incisa accuratamente seguendo una dispozione dei caratteri stoichedica. Ogni rigo di scrittura corrisponde a un verso. L’epieramma è redatto in alfabeto ionico e in dialetto attico (cfr. al v. 3 σοφίας). Si noti il segno O nel valore di dittongo omicron-hypsilon ([καλλιχ]όρσ al v. 2), che si alterna alla rispettiva scriptio plena (τούτῳ!ν] al v. 4). In ἔσιν al v. 4 il dittongo epsilon-iota è reso dal solo segno E. Il pezzo si data alla seconda

metà del v sec. a.C. Jeffery (LSAG?) propone una datazione alta al 450-425 a.C., seguita dai successivi editori, ma non si può escludere l’evento storico del 411 a.C. individuato da Segre (cfr. infra). Il primo verso sembrerebbe un esametro, come mostrerebbe la prosodia e la mancata coincidenza di fine di parola e di piede tra il nome al vocativo, di cui resta [-|potxvdec, e il verbo ἀπώΪλε-

σας]. La struttura metrica dell’epigramma è, quindi, quella di un metron atakton.” Dopo il primo distico elegiaco, infatti, segue al v. 3 ancora un pentametro, mentre l’ultimo verso è un pentametro

anomalo, nel cui secondo emistichio la parola τούτων] oppure [udp|tupec costituiscono un piede in eccesso, fenomeno che trova riscontri analoghi in età arcaica e classica.’ In base alla disposizione stoichedica si calcola una lacuna incipitaria di sei lettere, che costitui-

vano il primo piede dell’esametro, quasi certamente spondaico, vista l’assenza di spazio per più di due sillabe prima dell’inizio del nome del soldato caduto, per il quale sono state avanzate finora

due proposte: [Ναυσίκυδες e [A]votxvdec. Entrambe queste integrazioni formano una sequenza cretica nell’esametro, che tuttavia non sarebbe inammissibile per un nome proprio: le prime due sillabe formano un trocheo e il secondo hypsilon di [-ἰυσίκυδες, modellato sul sostantivo κῦδος, è lungo.* Il primo nome è, però, decisamente più frequente del secondo, il quale ultimo non è mai attestato né ad Atene né nelle isole dell’Egeo.° Se dunque si accetta, come ritengo preferibile, il nome [Να]υσίκυδες, la migliore integrazione della lacuna precedente sembrerebbe essere il genitivo

[ἥβης (o forse la forma dorica [ABas]), proposto dai primi editori, che presuppone a fine verso l’integrazione [ἀγλαὸν ἄνθος. Il nome al vocativo, infine, permette di integrare il verbo seguente con le desinenze della seconda persona singolare dell’aoristo, ἀπώ[λεσας]. Il fatto che il sostantivo

ἄνϑος, al contrario di ἥβη, non si trovi altrimenti attestato in correlazione al verbo ἀπώλλυμι, non è un argomento sufficiente contro la proposta dei primi editori, come invece ritiene Hansen (CEG). AI v. 2 la disposizione stoichedica assicura una lacuna di sei lettere in [καλλιχ]όρο e si può quindi escludere l’integrazione [εὐρυχ]|όρσ proposta da alcuni studiosi, che oltretutto non renderebbe lunga l’ultima sillaba di βαρνάμενος. Un confronto diretto per questo primo distico è rappresentato da un epigramma pubblico ateniese per i caduti, CEG 4, vv. 3-4 (n. x1), nel quale analogamente si sottintende il nome della patria. La patria di [Nalusikydes potrebbe essere sia la cleruchia di Lemno, che la città di Atene, alla quale è forse più adatto l’aggettivo xaXAtyopoc. Negli ultimi studi si è preferito, molto probabilmente a ragione, far risalire l’origine del caduto a una famiglia ateniese di elevato rango sociale.” Risulta, infine, condivisibile l’acuta integrazione di Hiller, [σᾶς

π͵]έρι per le quattro lettere perdute all’inizio del v. 2. Il v. 3 presenta, dopo la lacuna iniziale di due lettere, una sequenza |. .|pwg, che è stata integrata [ἄκ]οως da SEGRE 1932-1933, il quale segnala, ! Si consideri, in particolare, l’uso dell’alfabeto ionico in un epigramma redatto in dialetto attico. 2 Cfr. per i metra atakta. GENTILI

-- LOMIENTO

2003, pp. 57-58. Cfr. ad es. l’epigramma ateniese di Potamon di

Tebe, CEG 509 (cfr. p. 41, nota 9), formato da due esametri e un distico elegiaco. 3 Cfr. supra, p. 46, nota 9, per due casi di esametro espanso di un piede (eptametro), CEG

157 e, forse, GV 451.

4 Nel trimetro giambico Ar., Ec., 426 ( ἵνα τοῦτ᾽ ἀπέλαυσαν Ναυσικύδους τἀγαθόν) le prime due sillabe del nome andrebbero scandite come un trocheo. Cfr. ad es. lo iota scandito come sillaba breve nel nome, analogamente costruito, Navotdooc

(Hom., Od., 7, 57, 62; Hes., Th., 1017; A.R., 4, 539; 547). Anche nel nome [Λ]υσίκυδες le prime due

sillabe costituiscono trocheo, come si evince dal confronto con nomi di analoga formazione. Cfr. ad es. Λυσίμαχος in AP, 6, 81 e 11, 315 e il nome femminile Λυσιδίκη in AP, 5, 110, 124, 203; 7, 291, 374, 402. > In Attica il nome Ναυσικύδης ricorre altre 7 volte (cfr. LGPN, τι, s.v.), in particolare in una coeva iscrizione, IG 131315 bis (Merenda, ca. 420 a.C.) e, non molto distante da Lemno, nell’isola di Thasos, il medesimo nome è ben attestato a partire dal Iv sec. a.C. (LGPN, 1, s.v.). ° Il nome Λυσικύδης è attestato una volta in Argolide dall’iscrizione IG Iv 742, 1. 18 (Hermione, Iv a.C.). 7 CULASSO GASTALDI 2010, p. 146; FICUCIELLO 2010, pp. 241-245 © FICUCIELLO 2013, pp. 298-300. Mancando

l’eventuale indicazione del demotico, non è possibile affermare se il caduto fosse klerouchos oppure apoikos.

68

PRIMA

PARTE

però, l’uso di un tale avverbio solo nelle fonti di età tarda, seppur il motivo dell’&xpov σοφίας ricorra già nel v sec. a.C. in Pi., L, 7, 19 ed Emp,, fr. 3, 8 Diels-Kranz.' Per tale motivo sono

state proposte altre soluzioni, che tuttavia appaiono meno convincenti.” Grazie al confronto con due fonti letterarie in prosa del Iv sec. a.C.,* Hansen sostiene la possibilità di un tale avverbio nel v sec. a.C. e riabilita pertanto l’integrazione di Segre. Confermerei definitivamente tale integrazione

segnalando la presenza dell’avverbio ἄκρως

in un frammento di Epicarmo (vi-v sec. a.C.).* La

formula del v. 3 σοφίας μέτρον ἐπιστάμενος ricorre, infine, in Solone in un pentametro dal medesimo schema metrico, caratterizzato solo da una differente coloritura dialettale.5 Nella clausola

conclusiva toùtw[y μάρ]τυρές ἔσιν ἐμ[οἱ] si dovrebbe, a mio avviso, riferire il genitivo plurale τούτων] alle tre benemerenze del defunto (morte in guerra per la patria, σοφία e bellezza dell’animo) e il dativo di possesso ἐμ [οἱ] necessariamente alla pietra/epigramma. Sebbene il motivo della pietra che parla in prima persona sia ben attesto in età arcaica e classica, non sono a conoscenza di una formula analoga in cui si ricorre ai testimoni delle virtù del defunto.

Come accennato in precedenza, l’esame paleografico non permette di escludere la proposta di SEGRE 1932-1933, Ρ. 303, secondo cui la morte del guerriero avvenne nell’evento bellico del 411 a.C. narrato da Th., 8, 102, l’unico attestato nei pressi di Lemno durante la Guerra del Peloponneso. In tale occasione, le navi ateniesi inseguite da Mindaro si rifugiarono a Lemno e a Imbro, ma quattro furono prese dagli Spartani, tre a Eleunte (una delle quali con il suo equipaggio) e una abbandonata a Imbro. Se tra i caduti di tale episodio ci fosse anche [Nalusikydes, il monumento

sarebbe probabilmente un cenotafio per un caduto in una battaglia navale, di cui l’epigramma non farebbe menzione. °

13. EPIGRAMMA

DI UN PELTASTA

DA ATENE

(IG 1° 1381;

CEG

88)

Frammento di stele di marmo pentelico,? scoperto nel 1937 nell’Agora di Atene e oggi conservato ad Atene, Mus. Agora (inv. n. 1 4507). Il pezzo, di cui ho effettuato l’esame autoptico (luglio 2011),

è mutilo a destra e in basso e presenta in alto una parte del kymation. Il lato sinistro sembrerebbe mostrare la superficie originaria* e, quindi, bisogna escludere l’ipotesi di una lacuna di dimensioni ignote a sinistra.? Le sue misure sono: a. 0,149; l. 0,17; s. 0,057 m." Le lettere sono alte 0,011 m. Bibliografia: BRADEEN

1974, B; BRADEEN

1974, A, n. 1028; RAUBITSCHEK

1980 (SEG xxx

42); PEEK 1980, p. 70, n. 91; CEG 88 (con ulteriore bibliografia); IG 1? 1381 (con ulteriore bibliografia); DAY 1985, p. 376. ! Cfr. anche la presenza del medesimo II sec. d.C.).

motivo

nell’epigramma

GV

1974, v. 2 (nei pressi di Nabataeer,

Arabia,

2 Non sembra accettabile una correzione del testo epigrafico in [&x]p Sol., fr. 13, 52, WEST, IE’, II: ἱμερτῆς σοφίης μέτρον ἐπιστάμενος. Cfr. μέτρον ἔχων σοφίης

in Thgn.,

876 e

μέτρον ἔχῃς σοφίης in due epigrammi della prima metà del I d.C., posti rispettivamente sulle Tabulae Iliacae, SADURSKA 1964, pp. 24-37, nn. 1 e 2 (IGUR 1612-1613, in particolare pp. 96-96). La prima delle due è la nota Tabula Iliaca Capitolina (KAIBEL, EG, n. 1093; IG XIV 1284). ° Accettando tale ricostruzione sarebbe possibile, a mio avviso, integrare [’Iußpw, Λ]υσίκυδες nell’incipit dell’e-

pigramma. La menzione del luogo nel quale è caduto il defunto si può confrontare con il v. 2 dell’epigramma di Tokes (n. vir): [Ἤι]όνος avo’ ἐρατῆς ὥλεσι Bapvanevoc. 7 Non sembrerebbe trattarsi di un marmo insulare, come invece ritiene RAUBITSCHEK

1980.

ὃ RAUBITSCHEK 1980, DAY 1985, p. 376. ? L'ipotesi è sostenuta da BRADEEN

1974 B e CEG.

Ὁ RAUBITSCHEK 1980, p. 21, ipotizza che in origine la stele poteva misurare poco più di 0,6 m di altezza e 0,30 m di larghezza. Se così fosse, mancherebbe circa un terzo dell’iscrizione, cioè 6-8 lettere per ogni rigo.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

Bibliografia delle immagini (cfr. FIG. 9): Riproduzione in BRADEEN

69

1974, A, TAv. 82, n. 1028 =

BRADEEN 1974, B, TAv. 1 (riproduzione fotografica); PEEK 1980, p. 70, n. 91 (disegno). Ulteriore bibliografia in IG 1? 1381. Τέλλην τῶιδε ομί- - - |] [ΑἸ]ονίοισι δὲ τῆς [- - - || πελταστὴς ἔϑαϊΪνεν - - -|

[βα]ρνάμενοϊς - - -| 1 Τέλλην conieci: |- - -[ἰτέλην, e.g. [τῶι τύμβωι Λυσιτέλην

BRADEEN 1974, B, Ἕλλην RAUBITSCHEK 1980

ou|-

- -] vel ον lapis: Su[atuos ἔϑηρκε] BRADEEN 1974, B, ὄν[ομα - - -] RAUBITSCHEK 1980 2 [ A[ovtotor conieci: [τοῖς Θρ]ονίοισι vel sim. BRADEEN 1974, B, |- - - |]|vtotot RAUBITSCHEK 1980 2[π]ελταστὴς ἔϑαϊνεν - - -] BRADEEN 1974, B 4 [Ba]ovapevo[c] CEG: [μα ονάμενο|ς - - -] BRADEEN 1974, B, [ua | |pvauevols - - -| RAUBITSCHEK

1980

Il testo di questo piccolo frammento, non stoichedon, è redatto in alfabeto ionico e disposto su quattro lince di scrittura. Dal momento che non si sono conservate porzioni maggiori di due piedi dattilici, non è possibile determinare con certezza la natura dei versi, forse una coppia di distici. Il frammento può esser datato solo sulla base della forma delle lettere tra la metà del v sec. a.C. e i primi anni della Guerra del Peloponneso.' Nella prima parola del v. 1 curiosamente si leggono due lambda, l’uno posto al di sotto dell’altro (FIG. 9). x

La ricostruzione delle linee di scrittura e, di conseguenza, delle parole mutile presenta alcuni problemi. Il primo editore, Bradeen, non considera che il lato sinistro mostra una piccola porzione di quella che sembrerebbe la superficie originaria (FIG. 9) e propone, quindi, integrazioni inconciliabili con lo spazio della lacuna. RAUBITSCHEK 1980, segnalando l’integrità di parte del lato sinistro, non accetta ai vv. 1-2 la lettura, a mio avviso corretta, del tau di τέλην e del primo omicron di ovtotot. Unanime è l’individuazione della parola [π͵|ελταστὴς al v. 3, che posso confermare

grazie alla lettura di parte del pi iniziale in seguito al mio esame autoptico della pietra, mentre resta incerto se al v. 4 sia meglio integrare [Ba]ovauevo[c] oppure [ux]pvauevols]. A mio avviso,

al v. 1 si deve intendere il nome proprio TEXXNY, che è forse quello del caduto o del dedicante e che è attestato al di fuori di Atene.? Ciò indurrebbe a riconsiderare la lacuna al v. 2, poiché tutte le integrazioni proposte sono evidentemente troppo lunghe, a meno di ipotizzare una parte della parola incisa alla fine del rigo precedente.* Non è stata, tuttavia, considerata la possibilità di leggere ['A]ovtotot, la cui prima lettera potrebbe forse trovarsi sul medesimo rigo.* Se questa integrazione cogliesse nel vero, sembrerebbe trattarsi di una diversa menzione dei Beoti, indicati con il loro nome mitico derivato dal popolo degli Aones, dall’eponimo Aon. Il termine "Aovrog, infatti, è

usato più volte come sinonimo di Βοιώτιος nella poesia di età ellenistico-romana e il nostro epigramma potrebbe dunque rappresentarne l'attestazione più antica.’ Al v. 4, infine, sarebbe preferibile integrare [Ba]pvauevols], dal momento che il beta sarebbe di gran lunga più adatto del my allo spazio ridotto della lacuna iniziale. Dall’epigramma si evince quindi che un peltasta, probabilmente di nome Talles, cadde in una battaglia della seconda metà del v sec. a.C., nella quale forse gli

Ateniesi si scontrarono con i Beoti. I peltasti erano truppe armate alla leggera con lo scudo rotondo * L’iscrizione viene datata al 460-425 da BRADEEN 1974, A, e al periodo della Guerra del Peloponneso da JefferyLewis (IG 15) e da Hansen (CEG). La datazione alta può essere sostenuta in ragione del theta a croce e del sigma dai quattro tratti molto aperti. 2 Il nome Ἰελλὴν è attestato nel Iv sec. a.C. per un tebano in tre iscrizioni di Delfi (LGPN, 111 B, s.v.), mentre ricorre una sola volta rispettivamente a Megara nel Iv sec. a.C. (LGPN, τι B, s.v.), a Corinto nel vI sec. a.C. e a Taranto nel iv-111 a.C. (LGPN, III A, s.v. Τελλήν). 3 BRADEEN 1974, A, p. 32, considera oltre a [τοῖς Θρ]ονίοισι e [τοῖς Λακεδαιμ]ονίοισι, la possibilità, più remota,

di leggere il dativo plurale di altri popoli, come Anthedonioi, Sidonioi, Karchedonioi e Chalkedonioi. 4 Il primo omicron di ['A]ovtotor presenta dimensioni leggermente ridotte, che si potrebbero postulare anche per l’alpha (cfr. l’epsilon rimpicciolito e vicino alla lettera seguente in πελταστὴς). L'integrazione si adatta perfettamente a un metron dattilico. Cfr. A.R., 3, 1185: καί ῥ᾽ ὁ μὲν ᾿Δονίοισιν ἐνισπείρας πεδίοισιν. 5 Cfr. GustAv

HIRSCHFELD,

RE,

I 2, col. 2657, s.v. Aones; JoAcHIM

Aonia. Cfr. ad es. la fonte riportata supra, nota 4.

LaTACZ,

DIP,

1, coll. 821-822,

s.v.

70

PRIMA

PARTE

πέλτη, da cui deriva il loro nome, provenienti originariamente soprattutto dalla Tracia, ma anche

dall’Acarnania e dall’Etolia, e spesso assoldate come reparti di mercenari. In seguito, adottandone il tipo di armamentario, molte città greche arruolarono reparti di peltasti tra i propri cittadini.' Un sicuro utilizzo di peltasti ateniesi è documentato a partire dal 411.” Essendo improbabile una datazione così bassa del nostro epigramma, si è quindi ritenuto che il peltasta (Talles) non fosse di

origine ateniese.? L’evento bellico, in cui egli cadde, potrebbe essere la battaglia di Coronea del 447 oppure, più verosimilmente, uno scontro della fase archidamica della Guerra del Peloponneso,

nelle cui operazioni militari sono ben attestati reparti di peltasti.* *

14. EPIGRAMMA

DI MANNES

(IG 1° 1361;

CEG

87)

Stele di marmo bianco, mutila in basso, che presenta nella parte superiore una decorazione a kymation. Il pezzo è conservato a Parigi, Mus. Louvre (MND 1795).° Le dimensioni sono: a. 0,182; l. 0,245; sp. 0,035. Le lettere sono alte 0,005-0,011. Bibliografia: WILHELM, FIG.

3; GALLAVOTTI

Beiträge, pp. 35-37; IG 1° 1084; GV 78a; MAssoN

1979, pp. 20-21;

GALLAVOTTI

1979, B, pp. 150-151;

1987, pp. 273-275 e CEG

87; IG 1? 1361

(con ulteriore bibliografia). Bibliografia delle immagini: WILHELM, Beiträge, p. 36, FIG. 16 (riproduzione del calco). Φρυγῶν ὃς ἄριστος ἐγένατ᾽ È |v εὐ«ρ»υχόροισιν ᾿Αϑήνα-«ι-:ς, Μάν [νης «Φ-ρύμαιος, ὁ μνῆμα τόδ᾽ ἐσ [τὶ καλὸν. καὶ μὰ Δί᾽ οὐκ εἶδον | ἐμαυτῷ ἀμείνω ὑλοτόμον.᾽ 6

\

\

19

5

3

5

-

5

,ὔ

e

,ὔ

9

|

ἐν τῶι πολέμεω»ι ἀπέθανεν. 1 εὐς«ρ»υχόροισιν ᾿Αϑήνα-«ι»ς edd.: εὐιυχόροισιν ᾿Αϑήνας lapis «Θ-»ρύμαιος

vel «Φ»ρύμαιος

IG 1, ὁ Ρυμαίδσς

possis

4 πολέμωι

2 Ὀρύμαιος, WILHELM 1909, MASSON 1987, edd.: TIOAEMAI

lapis

Colui che dei Frigi nacque migliore ad Atene dalla bella terra,

(è) Mannes, figlio di Phrymaios, al quale appartiene questa bella tomba. ‘E per Zeus non vidi un tagliatore di alberi migliore di me’. Morì in guerra.

L’iscrizione è incisa su sei righe in allineamento stoichedico,° andando a capo per lo più senza rispettare la lunghezza delle parole, e si può datare paleograficamente al 450-425.” Una datazione alta renderebbe forse possibile mettere in relazione l’utilizzo dell’alfabeto ionico con l’origine frigia del caduto in guerra.* Non sono evidenti marcati elementi dialettali. Solo i primi due versi ricordano lo schema di un distico elegiaco, mentre il resto dell’iscrizione sembrerebbe in prosa.” Se nel v. 1 si x

! Sui Pelatsti cfr. RAUBITSCHEK 1980, pp. 32-35, FRIEDRICH LAMMERT, RE, XIX 1, coll. 403-406, s.v. Peltastai; LEONHARD BURCKHARDT, DNP, 9, coll. 512-513, s.v. Peltastai (con ulteriore bibliografia). 2 Th., 8, γι; X., HG, 1,1, 34. 3 Cfr. già BRADEEN 1974, B, pp. 34-35. 4 Cfr. Th., 2, 79; 4, 28, 123, 129; 5, 6.

> Non si sa quando il pezzo sia arrivato a Parigi (Cabinet des Medailles et Antiques), ma si suppone prima del 1850. Cfr. MASSON

1987, p. 274.

° L’allineamento stoichedico non viene più rispettato alla fine delle ultime due parole roXéur ἀπέϑανεν. 7 Tale datazione è sostenuta da WILHELM, Beiträge, e da Peek (GV). Altri studiosi, come Jeffery-Lewis (IG 1°) e Hansen (CEG), datano l’iscrizione alla prima fase della Guerra del Peloponneso (431-421 a.C.). Sembrerebbe forse imputarsi a un refuso la datazione riferita da MASSON

1987, p. 274: ‘deuxième partie du Iv° 5.᾿.

® L’alfabeto frigio deriva da quello greco (LSAG?, p. 374, addenda p. 21) e presenta una forte influenza da parte dell’alfabeto ionico (GUARDUCCI 2005, p. 67), di cui è nota la somiglianza con l’alfabeto dell’Eolide asiatica (GUARDUCCI, EG, I, p. 206). ? Non si seguirà qui l’ardita ricostruzione di GALLAVOTTI 1979 € 1979, B, che scandisce l’intera iscrizione, inclusa la formula finale in prosa ἐν τῶι πολέμεω-ι drédavey (pros, enh, reiz // pros, di. cho, pros // pros), né la proposta di

M. L. West, riferita da Hansen (CEG), di spostare ὑλοτόμον dopo Δί᾽, rendendo così la l. 3 un imperfetto esametro.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

ammettesse la volontà di incidere un esametro,' il genitivo Φρυγῶν

71

renderebbe, tuttavia, il verso

eccedente di una sillaba. Del seguente pentametro è chiaramente riconoscibile il secondo emistichio, uvijua τόδ᾽ ἐστὶ καλόν. Prima di avanzare una possibile scansione del primo emistichio, è necessario affrontare il problema legato all’oscuro nome del caduto Μάννης Ὀρύμαιος. Nel nome May |vng, inciso per metà alla fine di una linea di scrittura, per metà all’inizio della successiva, il ny è stato ripetuto in entrambe, fenomeno ricorrente in numerose iscrizioni. ? Infatti, mentre Μάννης non è altrimenti attestato in età antica, la forma scempia del nome, Μάνης. è

frequente sia in Attica che in Asia Minore.° Rappresenta un hapax quello che sembrerebbe costituire il nome del padre del caduto, Ὀρύμαιος, che tuttavia si presta a diverse soluzioni esegetiche. WILHELM,

Beiträge,

ritiene

questo

nome

un

(1987, p. 275) preferisce intendere Ὀρύμαιος

aggettivo

patronimico

frigio.

Tuttavia,

MASSON

come l’etnico di una città sconosciuta, che sarebbe

modellato analogamente a Aupuu.xtog dal nome della città Λώρυμα. Seguono questa via esegetica Jeffery-Lewis (IG 1°), che segnalano una località della Pamphilia chiamata Erymna, talvolta "Ορυuva,* ma non escludono un errore del lapicida nella prima lettera, il quale avrebbe inciso solo il cerchio senza i tratti interni del theta o del phi (pvuarog oppure ovuatoc). Quest'ultima possibilità sembrerebbe giustificata dalle altre imprecisioni dell’iscrizione, in particolare al v. 1 lo iota (I) al posto del rho (P) in ed

uyopototy e l’assenza dello iota in PA9Mvac.5 I due nomi proposti da Jeffery-Lewis (IG 1°) non sono altrove attestati. Riterrei, tuttavia, maggiormente probabile «Φ-ρύμαιος. “ forse un aggettivo patronimico.” Se così fosse il primo emistichio del pentametro non presenterebbe anomalie, dal momento che ovuatoc forma un perfetto dattilo con correptio epica del dittongo.* Dopo il presunto distico elegiaco si registra una curiosa variatio del soggetto, che si apre con la colloquiale esclamazione καὶ ud At’.? L'affermazione di Mannes che non c’è stato miglior boscaiolo di lui, è stata finora intesa letteralmente.‘° Un simile mestiere non sembrerebbe particolarmente degno di nota, tanto che non è attestato in altri epigrammi funerari. L’enfasi dell’espressione καὶ ud At’ nel discorso diretto, se collegato solamente al mestiere del boscaiolo, contrasterebbe in maniera paradossale con l’elogio di un caduto in guerra. A mio avviso, invece, risulterebbe evidente un suo più stretto legame con la carriera militare di Mannes. Si dovrebbe, infatti, intedere il v. 2

come una metafora tra l’uccisione dei nemici e il taglio degli alberi, che trova illustri modelli poe! Vale come dittogno epsilon-iota il secondo segno E dell’aoristo ἐγένατ᾽, che deriva dal presente γείνομαι (LSJ, s.v.), corradicale di γίγνομαι. La terza persona singolare ἐγείνατο è più volte attestata: cfr. ad es. A., Eu., 736; S., OT,

1020; E., Ph., 996.

2 Cfr. la diplografia dell’alpha nella parola ya ἄριν dell’epigramma CEG 336 (Beozia, fine vi sec. a. C.). 3 Per l’Attica cfr. LGPN, II, s.v. Μάνης. In particolare segnalo che il nome ricorre ben 8 volte nel catalogo navale della fine del v sec. a.C., IG 1? 1032, ll. 323, 328, 332, 405, 451, 452, 472, 479. Per l’Asia Minore, cfr. ad es. le

occorrenze del nome in Ionia, Lidia e Misia (LGPN, v A, s.v. Μάνης) e in Caria e Pamphylia (LGPN, v B, s.v. Μάνης). Non mancano attestazioni dalla Frigia, come ad es. l'iscrizione SEG XXXVII 1104 (Gordion, 350-300 a.C.). 4 WALTER RUGE, RE, VI 1, col. 570, s.v. Erymna, 2, secondo cui il nome "Opuuva sembrerebbe successivo, dal

momento che ancora oggi la località si chiama Ormana. 5 Su questi due errori cfr. THREATTE,

GAI, I, p. 484.

° Un'altra possibilità, che appare però meno convincente, sarebbe quella di intendere il segno O come l’indicazione dell’articolo, seguito dal genitivo del nome

del padre, ὁ Puuato

(cfr. LS], s.v. ὁ, ἡ, τό, B II, 1 per tale uso

dell’articolo). Non escluderei pertanto la seguente congettura: May [νης ὁ Puuato (oppure «Φ»ρύμαιδ), co μνῆμα τόδ᾽ ἐσ [τὶ καλὸν.

7 Tale aggettivo patronimico potrebbe ricollegarsi al nome Φρύμον, attestato solo in lista di caduti ateniese, IG I 1146, 1. 44 (metà v sec. a.C.). Dal momento che quest’iscrizione è nota solo dalla trascrizione di G. Wheler, che contiene alcuni errori, Φρύμον è stato corretto in Dov oy. In ogni caso «Φ»ρύμαιος

si può confrontare con Φρύναιος

(LGPN, τι, s.v. Φρύναιος, attestato due volte in età arcaica e tre in età classica). Ricorrono più volte in età arcaica e classica i nomi Φρῦνος

e Φρύνων

(LGPN,

II, s.vv.).

δ L’hypsilon di «Φ-»ρύμαιος è chiaramente lungo (cfr. Φρῦνος). ? Sull’uso della particella ud, c.fr LSJ, s.v. μά, III, dove si registrano oltre all’esempio del nostro epigramma anche altri esempi in cui compare l’espressione μὰ Ata. 10 WILHELM, Beiträge, p. 39 ritiene che Mannes sia un taglialegna (Holzfäller) dell'Asia Minore venuto in Attica, ipotesi seguita ad es. da MAsson 1987 e da GALLAVOTTI 1979, B, p. 150.

72

PRIMA

PARTE

tici nell’Iliade, in Simonide e in Sofocle, il quale ultimo utilizza per giunta il medesimo sostantivo viotouoc.' Mannes, quindi, si vanterebbe in prima persona di aver ucciso il maggior numero di nemici in battaglia. Secondo Tucidide (2, 22) la battaglia del 431 a.C. tra la cavalleria ateniese, aiutata da quella

tessala, e le forze peloponnesiache sarebbe avvenuta ἐν Φουγίοις

(cfr. n. xı). Il nome di questa

località è stato messo in relazione a un insediamento di Frigi in Attica, al quale probabilmente

apparteneva Mannes, che in base al v. 1 sembrerebbe esser nato (Yetvouat) in terra attica.” La datazione del nostro epigramma sarebbe ben compatibile con questa battaglia, ma un eventuale coinvolgimento di un contingente di Frigi non è registrato da alcuna fonte. *

15. EPIGRAMMA

DI MAKARTATOS

E MELANOPOS

(IG 1° 1288; CEG

90)

Il pezzo è stato scoperto nel 1934 nell’agora, riutilizzato come materiale da costruzione in un muro di età turca, ed è oggi conservato ad Atene, Mus. Agora (inv. n. 1 1898). Si tratta di un frammento

di stele, integro solo a destra, dove è parzialmente conservata la superficie originale. Le sue misure sono a. 0,223, l. 0,39 e sp. 0,16 m. Le lettere sono alte 0,014 m. Bibliografia: MERITT

1947, pp. 147-148, n. 36; GV 38; APF, p. 85; STUPPERICH 1977, I, p. 16

e II, p. 15; BERTELLI 1968, pp. 71-76 e nt. 84; BRADEEN 1974, A, n. 375; JEFFERY 1980, pp. 5253; CLAIRMONT 1983, I, pp. 140-141, n. 216; CEG 90; BucH 1988, pp. 43-44; IG 1° 1288 (con

ulteriore bibliografia). Bibliografia delle immagini: MERITT 1947, TAV. xxHI, n. 36 (riproduzione fotografica); CLAIR-

MONT 1983, II, TAv. 29 (riproduzione fotografica). |- ==

|

-- Μαχάρτατε]

3-3]

_Du - 77-77-0008 ve

|

καὶ Μελάνωπε

|

τότ᾽ "Amlel

To]

1 [χαίρετε dprotevoavte Μακάρτατε καὶ Μελάνωπε: MERITT 1947 e Paus., 1, 29, 6 3 |- - -ἰα τότ᾽ edd: [- - -] αζοτ᾽ vel [- - -]a&ot® GV, non excludit, sed solum αξ ὅτ᾽ possis "Apn[a] GV: "Apn][..4 vel minus..] IG r’

Questo piccolo frammento che reca inciso il nome di Melanopos è stato subito considerato parte del monumento descritto da Paus., 1, 29, 6.? Secondo Pausania la stele raffigurava cavalieri in combattimento e recava incisi i nomi di Melanopos e Makartatos, caduti in guerra contro gli Spartani e

i Beoti al confine tra Eleon e Tanagra.* Tale stele era posta di fronte al monumento per gli Ateniesi caduti a Drabeskos nel 465/464 a.C. ricordato subito prima da Pausania (1, 29, 4-5).

‘ Hom., Il., 4, 482-487; 13, 178-180; 13, 389-391 = 16, 482-484. Cfr. S., El., 97-99: μήτηρ δ᾽ ἡμὴ χὠ κοινολεχὴς / Αἴγισϑος, ὅπως δρῦν ὑλοτόμοι, / cyiCovor κάρα φονίῳ πελέκει. Rimando al commento del passo con ulteriori confronti

in FINGLASS 2007, p. 128, segnalando il ricorrere in poesia di metafore legate alla guerra, come quella di Simon. II, v. 4, PAGE, FGE: τρηχεῖαν πολέμου δεξάμενοι νεφέλην. Si deve infine ricordare che talvolta il taglio degli alberi (δενδροτομία) era compito dei soldati e poteva svolgere un ruolo di rilievo nella strategia militare. Cfr. ad es. Th., 1, 108; Polyaen., 2, 1, 21. ? WILHELM, Beiträge, p. 37 scrive:

«vermutlich hat der Ort seinen Namen eben von den phrygischen Ansiedlern,

deren trefflichster in Mannes dahinging». 3 Paus., 1, 29, 6: ἔστι δὲ [scil. ad viam Academiam ducentem] ἔμπροσϑεν τοῦ μνήματος [Paus., 1, 29, 4-5] στήλη υαχομένους ἔχουσα ἱππεῖς: Μελάνωπός σφισίν ἐστι καὶ Μακάρτατος ὀνόματα, ode κατέλαβεν ἀποθανεῖν ἐναντία Λακεδαιμονίων καὶ Βοιωτῶν pp. 147-148, n. 36.

τεταγμένους,

ἔνϑα τῆς

Ἐλεωνίας

εἰσὶ χώρας

πρὸς

Ταναγραίους

ὅροι.

Cfr.

MERITT

1947,

4 Con il termine Ἐϊλεωνία Pausania intende il territorio intorno a ’EXewv, città a nord-ovest di Tanagra nei pressi dell’attuale Dritsa.

5 CLAIRMONT

1983, I, pp. 129-130, n. 18.

GLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

73

L’iscrizione, presumibilmente in dialetto attico, mostra le caratteristiche dell’alfabeto ionico e si

può datare paleograficamente alla fine del v sec. a.C.' La maggior parte degli studiosi concorda nel circoscrivere l’arco cronologico alla Guerra del Peloponneso, probabilmente intorno al 410 a.C.” La disposizione dei caratteri è stoichedica e le righe di scrittura conservate sono tre, certamente corrispondenti ad altrettanti versi. Al v. 1, prima dell’adonio finale dell’esametro καὶ Μελάνωπε,

si dovrebbe integrare, stando al passo di Pausania, il nome al vocativo [Maxaprartel. Una più precisa identificazione di Makartatos e Melanopos resta ancora incerta. Il nome Melanopos ricorre spesso in Attica già a partire dal v sec. a.C.* Il nome Makartatos è attestato solo altre tre volte ad Atene (LGPN, τι, s.v. Μακάρτατος), ma la proposta di Davies di ricondurre il caduto del nostro

epigramma a una specifica famiglia ateniese è destinata a restare ipotetica, in mancanza di ulteriori riscontri. * Il v. 2 è quasi completamente perduto, ma si può ragionevolmente ipotizzare che si tratti di un pentametro, visto che è più corto di sette lettere rispetto al verso precedente.’ Il v. 3 è forse un esametro, in quanto composto da un imprecisabile numero di lettere superiore a quello del v. 1.°

Se, come sembra verosimile, quel che resta del v. 3 ([- - -]a τότ᾽ "Apn[- - -]) rappresenta la fine di un esametro, si può ipotizzare la perdita dell’ultima sillaba anceps, costituita secondo Peek (GV),

dalla sola desinenza dell’accusativo, “Agn[a|. La presenza di Ares confermerebbe che si tratta di un epigramma per caduti in guerra. Incerta è la lettura del primo tau di τότ᾽, mentre la quantità della lettera precedente, alpha, deve essere lunga per la prosodia. Peek (GV), non esclude pertanto la

possibilità di leggere ksi o zeta al posto del tau. In tal caso, però, sarebbe ammissibile soltanto una parola che termina in [- - - ]x& seguita dalla congiunzione ὅτε con elisione della vocale finale.”

Poiché l’epigramma era probabilmente costituito da un distico elegiaco seguito da un esametro, si può a ragione supporre almeno la perdita di un pentametro nella parte della stele non conservata. Prima della scoperta del frammento iscritto, il monumento di Makartatos e Melanopos, descritto da Paus., 1, 29, 6, è stato più volte riferito alla battaglia di Tanagra del 457 a.C.° MERITT (1947, pp. 147-148, n. 36), datando il frammento alla fine del v sec. a.C., ipotizza che la battaglia di Tanagra nel passo di Pausania sia un episodio della Guerra del Peloponneso, forse successivo alla

presa spartana di Decelea nel 414/413 a.C. JEFFERY (1958, p. 145) propone dapprima una datazione alta del pezzo al 457 a.C.,° ma ammette in seguito la correttezza della datazione di Meritt.‘° CLAIRMONT (1983, I, pp. 140-141 e n. 216), invece, insiste sulla possibilità che il pezzo sia una

copia della fine del v sec. a.C., che ha sostituito dopo mezzo secolo il primo monumento della battaglia di Tanagra del 457 a.C. BuGH

1988, pp. 43-44, pone in dubbio il collegamento

del

! Si notino in particolare l’epsilon con il tratto centrale leggermente più corto e il modulo minore delle lettere tonde omicron e omega. ? Cfr. MERITT

1947, p. 148; GV; BRADEEN

1974, A, n. 375; JEFFERY

1980, pp. 52-53; CEG; IG 1". Caratteristi-

che certamente della fine del v sec. sono il ny con il tratto obliquo che tocca il rigo di scrittura e il sigma dai tratti esterni poco inclinati.

3 Cfr. LGPN,

II, s.v. Μελάνωπος, dove sono segnalate altre 23 occorrenze. In particolare si legge [M]eXdvoroc

nella stele dei caduti della tribù Erechtheis IG 1? 1147, 1. 27 (460 a.C.), e il nome tra i caduti della tribù Pandionis

nella lista IG 13 1193, 1. 65 (v sec. a.C.). Melanopos era anche il padre del noto generale ateniese caduto a Mantinea (418 a.C.), Lachete, come ricordato da Th., 3, 86.

4 Secondo Davies (APF, p. 85) il personaggio del nostro epigramma potrebbe forse essere il fratello di Apolexis di Prospalta (LGPN,

11, s.v. ᾿Απόληξις, n. 27), in base alle informazioni fornite da D., or. 43, Contra Macart., 48.

5 Le uniche due lettere superstiti del v. 2, omicron e sigma, sono allineate rispettivamente allo iota e al my di καὶ Μελάνωπε al v. 1. ° L’eta di "Apn[- - -] è allineato all’ultima lettera del v. 1. 7 Per le parole che terminano

in -a& cfr. KRETSCHMER

1944, pp. 197-200,

dove sono riportate ben 505 voci,

molte delle quali adatte allo schema metrico dell’epigramma. Seguendo KRETSCHMER

1944, zeta non è ammessa

come ultima lettera e non sono attestate parole contenenti le sequenze Cot', Hot’, αζοτ᾽ e a&or’, considerando tanto

l’elisione di epsilon quanto di alpha. * Cfr. la bibliografia riferita da BERTELLI 1968, p. 71 e ntt. 72-73 e da STUPPERICH 1977, I, p. 16 e nt. 1 (II, p. 15).

? Malgrado l’evidente disaccordo con alcune caratteristiche della seconda metà del v sec. a.C. (cfr. supra, nota 1), Jeffery tenta di giustificare l’alfabeto dell’iscrizione con l’origine ionica dei due cavalieri, da imputarsi a un poco verosimile reclutamento di Ioni nel reparto di truppe ausiliarie attive nella battaglia di Tanagra (cfr. Th., 1, 107, 5). Anche BERTELLI 1968, p. 75-76, nota 84, considera possibile l'adozione dell’alfabeto ionico e del sigma a quattro tratti

prima della metà del v sec. a.C.

Ὁ JEFFERY 1980, pp. 52-53 e Jeffery-Lewis (IG 15).

74

PRIMA

pezzo con il monumento

PARTE

descritto dal Periegeta, rimarcando che il nome

di Makartatos è solo x

una possibile integrazione dell’iscrizione e che risulterebbe sospetta l’inversione dei nomi rispetto al passo di Pausania, per cui Melanopos potrebbe non essere lo stesso personaggio nelle due fonti. Una così ferrea critica parte, però, dall’erroneo presupposto che Pausania si riferisca alla battaglia di Tanagra del 457 a.C. oppure che abbia confuso l’evento bellico (BUGH 1988, p. 43). A mio avviso, infine, proprio questa battaglia, durante la quale la cavalleria tessala tradì l’alleanza con gli

Ateniesi, contrasterebbe palesemente con l’ordine in cui Pausania vide e descrisse le sepolture del Demosion Sema. Il monumento dei cavalieri tessali caduti nel 431 a.C. in soccorso di Atene si trova,

infatti, subito dopo quello di Makartatos e Melanopos e sarebbe paradossale l’accenno del Periegeta all’antica alleanza tra Ateniesi e Tessali, se i due cavalieri ateniesi fossero caduti nella battaglia di Tanagra del 457 a.C.! La recente scoperta di SEG xLvIi 83 (n. x11) cambia il quadro finora delineato in quanto attesta

con sicurezza una battaglia svoltasi a Tanagra durante la Guerra del Peloponneso, alla quale ha partecipato la cavalleria ateniese. Questa nuova stele, il cui testo è ancora per lo più inedito, non sembrerebbe recare i nomi di Makartatos e di Melanopos, ma ha reso almeno possibile identificare

con certezza una battaglia combattuta dalla cavalleria ateniese a Tanagra durante la Guerra del Peloponneso, molto probabilmente prima della battaglia di Spartolos del 429 a.C., menzionata per seconda nella stessa intestazione. Tucidide (3, 91) e Diodoro (12, 65) ricordano una battaglia svoltasi a Tanagra nel 426 a.C., quando, dopo aver lasciato Melos,? il contingente ateniese, composto di 2000 opliti e guidato da Nicia, giunse a Oropos e da li proseguì a piedi verso Tanagra, dove si congiunse con un rinforzo ateniese sotto il comando di Hipponikos e, secondo Tucidide, anche di Eurimedon,? e dove poi

si scontrarono con Tanagresi e Tebani. L'esercito guidato da Nicia in seguito proseguì via mare verso la Focide, mentre il contingente di rinforzo fece ritorno ad Atene. Solo in questo secondo contingente ateniese giunto via terra poteva forse esser presente la cavalleria ateniese.*

Se Makartatos e Melanopos caddero in quest'evento del 426 a.C., come ritengo probabile, si potrebbe facilmente comprendere la generica indicazione del luogo (tra Eleon e Tanagra) da parte di Pausania, al quale in definitiva si deve riconoscere molta precisione. Altrimenti la stele potrebbe essere un monumento privato per due cavalieri ateniesi morti nella battaglia di Delion del 424 a.C., della quale lo stesso Pausania ricorda lo svolgersi nei pressi di Tanagra e dei cui caduti esisteva ad

Atene il relativo monumento pubblico.° Una datazione della nostra stele precedente alla pace di Nicia (421 a.C.) non viene ostacolata dall’adozione dell’alfabeto ionico, nel quale è anzi redatta,

ad es., la prima parte della nuova stele SEG xıvın 83 (n. xII), costituita da un epigramma e dalla relativa lista di Ateniesi caduti a Megara forse nel 424 a.C. Come infatti mette ben in luce il recente studio di MATTHAIOU 2009, l’adozione dell’alfabeto ionico all’indomani della Guerra del

Peloponneso con il decreto di Archinos (403 a.C.) avrebbe solo reso ufficiale una prassi grafica già affermatasi. 1 Paus.,

1, 29, 6: καὶ Θεσσαλῶν

τάφος

ἐστὶν

ἱππέων

κατὰ παλαιὰν

φιλίαν

ἐλθόντων,

ὅτε σὺν

᾿Αρχιδάμῳ

Πελοποννή-

σιοι πρῶτον ἐσέβαλον ἐς τὴν ᾿Αττικὴν στρατιᾷ.

2 Questa spedizione navale ateniese contro Melos anticipa la più tragica sottomissione dell’isola nel 416 a.C. (Th., 5,

84-116). 3 Th., 3, 91: Ἱππονίκου te τοῦ Καλλίου στρατηγοῦντος καὶ Εὐρυμέδοντος τοῦ Θουκλέους. 4 Non è sufficiente a dimostrare l’effettivo coinvolgimento della cavalleria ateniese l’avverbio πανδημεί in Th., 3, 91 (οἱ δὲ ἐκ τῆς πόλεως πανδημεὶ ᾿Αϑηναῖοι), né il sostantivo στρατιῶται in D.S., 12, 65 (uetà δὲ τὴν μάχην οἱ μεϑ᾽

Ἱππονίκου στρατιῶται τὴν εἰς ᾿Αϑήνας ἐπάνοδον ἐποιήσαντο) a negarlo. Tuttavia, come giustamente sottolineava Gomme (HTC, τι, p. 394), nella missione ateniese a Oropos e a Tanagra del 426 a.C. si può ravvedere un preludio della battaglia di Delion del 424 a.C. (cfr. Th., 4, 76, 4), combattuta con la partecipazione della cavalleria ateniese nella stessa regione. 5 Paus., 1, 29, 13: ἐτάφησαν δὲ καὶ oi περὶ τὸν Ἑλλήσποντον ναυμαχήσαντες [...], ot te ἐν Δηλίῳ τῷ Ταναγραίων

τελευτήσαντες. L’esistenza di un monumento pubblico per 1 caduti non avrebbe impedito la parallela realizzazione di un monumento privato per lo stesso evento. Cfr. il caso del monumento pubblico per i caduti della guerra Corinzia del 394 a.C. (IG 11/111? 6217) e quello privato per uno di costoro, Dexileos (IG 11/11I° 5222).

GLI

Se infine, oltre alla si accetta anche quella cui esistono due copie da BucH (1988, pp.

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

75

datazione successiva al 431 a.C. del monumento di Makartatos e Melanopos, post 446 a.C. per la dedica dei cavalieri dall’acropoli di Atene (IG 1? 511, di del 11 sec. d.C., IG 1° 400 ı Ὁ e IG 1° 400 11),' la teoria sostenuta soprattutto 43-52), di far risalire alla battaglia di Tanagra del 457 a.C. la creazione del

reparto di cavalleria ateniese, si appoggia sulla sola e incerta datazione dell’epigramma dei cavalieri ateniesi (n. XI).

16. EPIGRAMMA

DI UN CADUTO

ATENIESE

(IG 1° 1288BIS;

CEG

100)

Frammento di marmo pentelico, rinvenuto nel 1938 presso il muro di una casa moderna nell’ Agora di Atene (sezione BB) e conservato ad Atene, Mus. Agora (inv. n. 1 5586), dove ho effettuato l’esame autoptico. Il pezzo è integro in alto e a sinistra e misura: a. 0,10; 1.0,224; sp. 0,257 m. Le lettere sono alte 0,008 m.” Bibliografia PEEK

1974, B, p. 124; BRADEEN

1974, A, n. 10292;

CEG

100; IG 1 1288bis.

Bibliografia delle immagini (cfr. FIG. 10): PEEK 1974, B, TAV. 23, 1 (riproduzione fotografica). [μαρ]νάμενος ὕβριν]

δυσ[μενέων

ἀμφοτερ[ον

πᾶσ[ιν

ıluaxp|vauevos edd.: [βαρ]νάμενος PEEK

--

CEG



= 7-7

- 5

-οὐπ-



- τῷ - |]

-τὸ - πο}

= --=--]

2 ὕβρ[ιν] Svo[uevéwv] PEEK 1974, B, CEG

1974, B, ita epigr. restituit: [υαρ]νάμενος [περὶ γῆς ὅδε κάτϑα Κλειδέκου υἱός] ὕβρ[ιν] δυσ[μενέων Κλεῖνος ἀποσχεδάσας], ἀμφότερ|ον, βουλήν τ᾿ ἀγαθὸς καὶ δουρὶ μάχεσϑαι]: πᾶσ[ι φίλοις δ᾽ ἔλιπεμ πένθος ἀποφϑίμενος].

L’epigramma è redatto in alfabeto e dialetto attico. Le lettere sono disposte in allineamento stoichedico e in base alla loro forma si può datare il pezzo tra il 410 e il 400 a.C.? Non è possibile stabilire con certezza la natura dei versi, che forse costituivano due coppie di distici elegiaci. Al v. 3

ἀμφότερον, trova altri riscontri nella medesima posizione metrica.* Al v. 1 il verbo [uap|vauevoc assicura che si tratta di un singolo caduto in guerra e, dunque, verosimilmente di un monumento

' BucH

1988, pp. 45-52, segue Raubitschek (DAA,

pp. 146-152, nrr., 135, 135 a, 135 Ὁ) nell’identificazione di IG

15. 511 con una dedica correlata alla battaglia di Oinophyta (457 a.C.). Raubitschek (DAA, p. 151), pone come limiti cronologici dell’iscrizione, da un lato il fatto che Lakedaimonios non poteva essere stratego prima del rientro del padre Cimone dall'esilio nel 457 a.C. (t.p.q.), dall’altro che Xenophon doveva essere ipparco prima della strategia del 441/440 (t.a.q.). JEFFERY

1980, pp. 51-53, restringe l’arco cronologico agli anni 446-441 a.C. Infatti, in And., or. 3,

De Pace, 3-6 la creazione di un primo corpo di 300 cavalieri sembra riferibile al tempo della pace quinquenale (451-446 a.C.) di Cimone con i Peloponnesiaci e, soprattutto, l’evento della dedica sembra doversi piuttosto individuare nella vittoria di Atene contro la cavalleria di Calcide ed Eretria nel 446 a.C., tanto che non viene menzionato il nome dei

nemici, ormai ricondotti sotto l'egemonia ateniese. A favore della datazione di Jeffery, farei notare come il rientro di Cimone dall’esilio avvenne sicuramente dopo la sconfitta ateniese a Tanagra nel l’elenco delle fonti e una sintesi bibliografica in DI CESARE 2014, p. 142, nota ? Quattro lettere occupano uno spazio di 0,062 e due linee di 0,045 m. Cfr. 3 Jeffery-Lewis (IG 15). Analogamente Hansen (CEG) data l’iscrizione al 400

457 a.C., forse nel 451 (cfr. da ultimo 23) PEEK 1974, B. a.C. ca.

4 PEEK 1974, B, p. 124 ha segnalato i confronti più importanti per ἀμφότερον, tra cui ricordo i seguenti versi esametrici: Hom., ἀμφοτέρ]ον].

Il., 3, 179; GV 769, v. 3 e GV 1934, v. 7. Sarebbe altresì possibile integrare il genitivo plurale

76

PRIMA

PARTE

privato. Per la prima parola del v. 2 non & possibile alcuna integrazione al di fuori del sostantivo ὕβρις, che & qui attestato per la prima volta in un epigramma per i caduti in guerra. L’accusativo ὕβρ[ιν] sembrerebbe l’integrazione più probabile rispetto, ad es., al nominativo, dal momento che il nome potrebbe dipendere dal participio δυσ[μενέων] e connotare quasi certamente i nemici. In base alla datazione paleografica sembrerebbe lecito affermare che il caduto abbia trovato la morte in uno scontro della fase deceleica della Guerra del Peloponneso (413-404 a.C.). *

17.

EPIGRAMMA

DI PYTHOKLES

(INEDITO)

Stele conservata nel Mus. di Tebe (inv. n. 1499), ancora inedita. PAPAZARKADAS

2014, p. 226,

parla di «an epigram for a certain Pythokles who died in some unidentified battle», la cui tipologia di stele è analoga a quella dell’epigramma per i caduti tebani n. ıx = Ὁ.

Bibliografia: PAPAZARKADAS 2014, p. 226 (a nota 9 si annuncia la prossima pubblicazione in: « 6th International Congress of Boeotian Studies, Levadia, Greece, 10-12 September 2010»).

APPENDICE SUGLI EPIGRAMMI PRIVATI PER GUERRIERI NON CADUTI IN GUERRA a. Epigramma di Xenokles (IG P 1200; CEG 19) Β

ASE di poros proveniente dalla Porta Sacra del Ceramico di Atene,' oggi consevata ad Atene nel Mus. del Ceramico (inv. n. 1 425). Le dimensioni sono a. 0,38; l. 0,95, sp. 0,77 m. Le lettere sono alte 0,035 m (il segno O misura 0,03 m). Ho visto l’iscrizione nel museo (luglio 2011). Bibliografia: NOACK

1907, pp. 150-152 e 546-549; WILHELM,

Beitrige, pp. 305-306; IG 1° 984;

PEEK 1941, p. 21; FRIEDLANDER — HOFFLEIT 1948, n. 87; GV 1488; GG 39; JEFFERY 1962, pp. 118-119, n. 3; CEG 19; POINTNER 1974, pp. 19-21, n. 3; IMMERWAHR 1990, p. 29, n. 111; ECKER

1990, pp. 155-161; IG 1° 1200 (con ulteriore bibliografia); ROBERTSON 2003; TUELLER 2010, pp. 45-46; TENTORI

MONTALTO

2015.

Bibliografia delle immagini; NOACK 1907, p. 548 (riproduzione del calco); PEEK 1941, TAV. 7,1-2 (riproduzione fotografica); JEFFERY 1962, TAv. 324; TENTORI MONTALTO 2015, pp. 13-14, FIGG. 1-3 (riproduzione fotografica). Ulteriore bibliografia in CEG 19. [οὐδὲ]ς alyuetòo, Χσξενόχκλεες. ἀνδρὸς | [ἐπις]τὰς σέμα τὸ σὸν προσιδὸν γνό [[σετ]αι ἐν[ορέαν]. 1

[οὐδέ]ς

in TENTORI

MONTALTO

2015 conieci: [πᾶς

τις

WiLHELM,

:

Beiträge, [πάσα]ς

Wilamowitz apud Hiller (IG

1), PEEK 1941, [È ῥά τι]ς FrieDLANDER — HOFFLEIT 1948, [nominativus]g CEG, [- - **- -Ἰἰς IG 13, et [μεδέ]ς possis [ἐπιστάς

1907

WILHELM, Beiträge et alii edd.: ἀρίστας

Sudhaus apud NoACK

1907

2 yvo | [oet]at suppl. NOACK

ἐν[ορέαν] CEG, IG Ὁ": ἐν[ορέεν] WirHELM, Beiträge, &v[optac] Wilamowitz apud Hiller (IG 1), PEEK 1941 [nessuno],

o Xenokles, stando in piedi a guardare la tua tomba,

conoscerà il coraggio dell’uomo

armato di lancia.

La base doveva supportare una statua, di cui resta un frammento del plinto ancora unito alla base con una fusione in piombo. La faccia principale contenente l’iscrizione è stata rilavorata grossolanamente per la ricollocazione del pezzo in un pilastro, con la perdita di alcune porzioni di testo.”

L’iscrizione è elegantemente incisa all’interno di un preciso sistema di rigatura formato da un totale di quattro righe, che suddividono l’iscrizione in tre campi di scrittura, riempiti in tutta la loro altezza dalle lettere in modo tale da non lasciare spazio interlineare.® Nella disposizione su tre linee,

l’ultima delle quali termina ben prima della fine della pietra, l’iscrizione va a capo senza rispettare la lunghezza dei due versi del distico elegiaco e neanche quella della parola γνό | [oer]ar. L'alfabeto è attico e la scrittura si può far risalire al periodo tra il 550-530 a.C.*

Il nome Xenokles, frequente in Attica,° presenta un tratto del dialetto ionico (Zetvo-), che però non è possibile mettere in relazione con la provenienza del defunto. Ho motivato le integra! Sulla scoperta cfr. NOACK

1907, pp. 150-153, 546. Il punto esatto è il lato nord del pilastro F.

2 Al centro è stato cancellato in parte il secondo e completamente la fine del terzo rigo. Mancano, inoltre, circa 4 lettere all’inizio di ogni rigo (ca. 0,145 m). Dopo il rinvenimento il pezzo è stato danneggiato con la conseguente perdita di due altre lettere, contraddistinte da un trattino al di sotto, il sigma di ἀνδρός e l’omicron di γνό | [oet]ar. Cfr. TENTORI

MONTALTO

2015, p. 12.

3 Cfr. alcune iscrizioni attiche con un analogo sistema di rigatura IG 1 1202 (CEG 21), 1204 (CEG 28), 1240 (n. 3), 1241 (CEG 25), 1262, 1274 ter (n. b).

4 Cfr. Jeffery-Lewis (IG 15) e TENTORI MONTALTO 2015, pp. 14-15. Datante risulta anche il rarissimo segno divisore, costituito da tre piccole V allineate in verticale e posto tra l’esametro e il pentametro, che si riscontra in una coeva iscrizione ateniese, IG I? 603 (540-530 a.C. ca.) e in un kantharos del pittore Sakonides, 530 a.C. ca. (Mus. Acropoli, inv. n. 2134. Cfr. BEAZLEY, ABV, p. 347), nel quale, però, le V sono solo due. > LGPN, II, s.v. Ξενόκλης raccoglie oltre al nostro, almeno altri 12 esempi attici fino alla fine del v sec. sui 98

totali.

78

PRIMA

PARTE

zioni qui accolte [οὐδέ]ς e Ev[op&av] (oppure ἔν[ορέξν]) in TENTORI MONTALTO 2015. Al v. 2 l'accostamento dei due verbi προσιδὸν γνόὄ[σετ]αι trova un interessante parallelo nell’espressione γνῶϑι Θεόγνητον προσιδών nel v. 1 dell’epigramma di Theognetos.! Nel nostro il soggetto [odδέ]ς (oppure [uzdE]c), e il verbo correlato, yvo[oet]at, significherebbero ‘nessuno conoscerà’, nel senso di ‘nessuno potrà conoscere” le virtù di Xenokles, pur vedendone la statua.” Ai confronti che supporterebbero la nuova integrazione, aggiungerei l’epigramma ellenistico posto sulla statua di Xenophantos, IG xII 1, 40 (Rodi, 220 a.C. ca.), nel quale si afferma che la parola è superiore alle

azioni (vv. 1-2: ἔργα δὲ χειρῶν / [καὶ ῥ]ώμας μύϑων πολλὸν ἀφαυρότερα) e che la fama del defunto è pertanto veicolata dai versi dell’epigramma e da coloro che l’hanno dedicata (il koinon degli Eratideioi), ma non dalla statua stessa.* L’epigramma di Xenokles sembrerebbe, dunque, anticipare i temi della poesia di lode e in particolare degli epinici di Pindaro e di Bacchilide, in cui si afferma la superiorità della poesia al monumento di pietra.’ Si noti, infine, la singolarità

dell’espressione ἀνδρὸς [...] γνό [[σετ]χι Ev[opéav], che non è altrimenti attestata.° Solo il v. 2 della stele dei caduti della tribù Erechtheis (n. 111) mostra un'espressione simile: τῶνδ᾽ ἀνδρὸν ἀρετὲν πεύσεται.

Dall’epigramma non si evince se la morte di Xenokles sia avvenuta in un combattimento. Lo lascerebbero supporre solo alcuni confronti, come ad es. il ricorrerere della parola αἰχυητής in un epigramma per un caduto in guerra,” e la somiglianza del formulario a quello della stele di

Loukou (n. II). Ὁ. Epigramma di Spoud[- - -] (IG P 1274ter; CEG 30) Base marmorea* di cui restano tre frammenti (a, b, c) rinvenuti in un luogo ignoto dell’Attica e acquistati nel 1940 dal Mus. of Fine Art di Boston, che ne conserva ancora due (frr. a-b = inv. n. 40.724), mentre uno è oggi perduto (fr. c). Il fr. a è integro in alto e a sinistra e misura a. 0,158, l. 0,109, sp. 0,075; il fr. Ὁ, costituito dall’unione di quattro frammenti, è integro solo in alto e misura a. 0,105, ]. 0,28, sp. 0,048; il fr. c, mutilo su tutti i lati eccetto quello superiore, misura a. 0,10 ca. e l. 0,075 ca. Facevano parte del monumento anche un capitello sormontato da una sfinge (Boston, Mus. of Fine Art, inv. n. 40.576), e un frammento di stele acquistato nel 1936 dal Mus.

! Simon. xxx,

PAGE, FGE:

Γνῶϑι Θεόγνητον προσιδὼν τὸν Ὀλυμπιονίκαν / παῖδα, παλαισμοσύνης

δεξιὸν ἡνίο-

χον, / ἰ κάλλιστον μὲν ἰδεῖν, ἀϑλεῖν δ᾽ οὐ χείρονα μορφῆς, / ὃς πατέρων ἀγαϑῶν ἐστεφάνωσε πόλιν. Nella traduzione di EBERT

1072, p. 58: «Erkenne

in Theognetos,

wenn

du ihn, den olympischen

Knabensieger,

anschaust,

einen

geschickten Beherrscher der Ringkunst, herrlich anzusehen, doch nicht weniger tüchtig beim Wettkampf als schön von Gestalt, der die Stadt seiner trefflichen Väter mit dem Kranz geschmückt». Cfr. il dibattito sull’epigramma della stele di Loukou

(n. III) e TENTORI

MONTALTO

2015, p. 16.

2 Il participio προσιδόν potrebbe quindi avere una sfumatura concessiva. 3 Cfr.

TENTORI

MONTALTO

2015.

Non

risulta,

invece,

attinente

il confronto

con

un epigramma

funerario

di Ankara databile tra il 150 e il 120 d.C. (I.Ancyra, n. 148), nel quale si legge: ταύτην τὴν στήλην παριών, φίλε, χαῖρε καὶ Evans / γειγ[νώ]σκων σουμμαρούδην [xet]uevoy ἐν δαπέδῳ. L’epigramma dedicato al summarudis P. Aelius è inciso sul retro del monumento in forma di altare (chiamato però stele nell’epigramma), sulla cui faccia pricipale si trova la raffigurazione del defunto con un'iscrizione che ne sintetizza la carriera e le città di cui ha ottenuto la cittadinanza. L’epigramma indica, quindi, che osservando la tomba sarà possibile sapere chi vi fosse sepolto, non certo di conoscerne le virtù. 4 Una traduzione di Moretti è stata pubblicata di recente da GUIZZI 2013, p. 187: «(Il tale figlio di Xenophantos), (per adozione) figlio di Hagemon, e il koinòn degli Eratideioi (dedica la statua di) Xenophantos figlio di Agestratos agli dei. Non è vano il ringraziamento che si dà a valorosi per le loro fatiche, ma le opere delle mani e della forza sono di gran lunga inferiori alle parole: tale Xenophantos, figlio di Agesistratos, compì molte cose degne di fama tra i cittadini e gli stranieri. Lo affermano sia coloro che hanno posto questa statua per il suo ritorno, sia questi versi delle Pieridi che danno fama. Timocharis di Eleutherna fece». 5 Cfr. ad es. Pi., I., 2, 43-46; N., 4, 81; 5, 1-6; B., 10, 11 Maehler. Cfr. TENTORI MONTALTO 2015, pp. 18-19. ° Cfr. ECKER 1990, pp. 158-159 e nota 498. 7 GV 903, v. 2 (Sparta, 111-11 sec. a.C). δ Il tipo di marmo (Hymettion) di cui sono costituiti questi frammenti è lo stesso degli altri pezzi (capitello e sfinge di Boston e stele di New York) attribuiti a questo monumento. Cfr. CLAIRMONT 1974, p. 225.

APPENDICE

SUGLI

Metropolitan di New rimangono le gambe e con un guerriero e un Bibliografia: RICHTER 1976, pp. 76-77 (SEG ulteriore bibliografia).

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

GUERRIERI

NON

CADUTI

IN

GUERRA

79

York (inv. n. 36.11.13), sul quale sono rappresentati un guerriero, di cui la lancia, e, al di sotto in scala minore, un carro trainato da quattro cavalli nocchiero con le redini in mano. - GUARDUCCI 1961, nn. 38, 45; CLAIRMONT 1974, pp. 223-232; PEEK xxvI 56); SEG xxvII 35; CEG 30; LSAG?, p. 431 E; IG 1? 1274ter (con

Bibliografia delle immagini: CLAIRMONT

1974, p. 224 (riproduzione fotografica). Ulteriore bi-

bliografia in CEG 30. fr. a

fr. b

fr. c

Σπουδί - - -] πιστίός - - -|

[- - -[ἰεροσς φίλον | - - -| [- - - y]kp σόφρον E| - - -|

[- - -]o hòv E[- - -| [- - - ]OPAOIZA[- - -]

[σ]έμα |- - -|

[- - -ἰοι höre ἀπο - - -|

[- - - ἀριστεί[ύδν - - -|

νῦγ!- - -

1 Σποῦδ[ις] CLAIRMONT 1974 [ἐπ͵ίέρδσε φίλον [ἢυιόν] CLAIRMONT 1974 2 πιστ[όςΪ CLAIRMONT 1974 Ὑὰρ σόφρδν ἔφυ vel ἔφυς CLAIRMONT 1907 . [-JOPAOIZA[-] lapis: μ]ός«πελοις ἀδάμαστος PEEK 1976 3 [σ]ξέυμα CEG, [o]|ua vel [uv| |Eux CLAIRMONT 1974 hloi höre ἀπόλετο CLAIRMONT 1974 Alprote[bov vel ἀ]οιστείύοντCLAIRMONT 1974 4 νῦν PEEK 1976: vue| CLAIRMONT 1974, νυ] CEG

PEEK 1976 frr. ita coniunxit: Σπουδί[ίόκρατες Kparlepo, σ᾽ ἐφίλον [τρόπ]ο héve[xa πάντες] " πιστ[ὸς ἔεσϑα σὺ γ]ὰρ, σόφρον, ἐν Ὠ]ό-π»λοις ἀδάμαστος]:

è μάλ᾽ ὀδυρόμεν]οι, höre ἀπό[ιχεο, ἄ]ριστε, [πρὶν Πόρας], νῦν [ϑάψαν σε φίλοι καὶ uviua τόδ᾽ ἐστέσαντο!].

In base alla forma delle lettere l’iscrizione si data al decennio 540-530 a.C. Si noti altresì la scriptio

plena del dittongo omicron-hypsilon in Xrovd|[-] nel fr. a. Solo la raffigurazione scultorea permette di attribuire il monumento funerario a un guerriero, mentre la perdita di gran parte dell’epigramma impedisce di stabilire se egli cadde in guerra. La maggior parte delle parole è infatti mutila e non si può quindi accettare la ricostruzione di Peek che integra lunghe porzioni di testo e arbitrariamente interpreta ogni rigo del fr. a con l’inizio di un esametro. A causa dello stato frammentario dell’epigramma è impossibile stabilire il numero e la natura dei versi. Nella ricostruzione di Peek, inoltre, la lunghezza del v. 4 contraddice l’assenza di lettere nel quarto rigo degli altri due frr. b e c, il cui rispettivo ordine sembra difficilmente ricostruibile, a differenza del fr. a, che invece era

certamente il primo a sinistra, come mostra la conservazione della superficie laterale originaria. Peek ipotizza un errore del lapicida in [h]oAorg nel perduto fr. c, ma la sequenza OPAOIZA potrebbe ammettere altre soluzioni, come ad es. un nome proprio.' c. Epigramma di Idagygos (CEG 170) Stele calcarea rinvenuta a Cipro, Amathus, e oggi conservata a Londra, Brit. Museum (inv. n. 971). Ho visto il pezzo nel museo. Le misure sono: a. 1,727; l. 0,386 m.” Bibliografia: GIBM, ıv, n. 971; GV 324; LSAG?, pp. 353 e 358, n. 41; CEG

170 (ulterione bi-

bliografia). Bibliografia delle immagini: GIBM, iv, n. 971 (disegno); LSAG?, Tav. 69, n. 41 (riproduzione fotografica). Ulteriore bibliografia in CEG 170. ἐνθάδε : po [Tpay : ἔχων | ᾿Αλικαρνὴ [σσεὺς : Ἰδά [γυγος xel|tar : ‘Aproto [κλέδς : πα [ἴς :“Apeoc | θεράπων.

! Cfr. CLAIRMONT 1974, pp. 223-232 e Hansen (CEG). 2 Le misure sono state convertite in metri da quelle riportate in GIBM,

:

iv, n. 971 (a. 5 ft,

8in; l.ı ft,

3e % in).

80

PRIMA

PARTE

Qui, avendo questa sorte, giace Idagygos di Alicarnasso, figlio di Aristokles, servo di Ares.

L’iscrizione occupa la maggior parte della faccia della stele, andando a capo ogni 8-6 lettere. L’alfabeto è quello di Alicarnasso e la forma delle lettere rimanda alla prima metà del v sec. a.C.' Il nome del guerriero, Idagygos, ricorre nella medesima città caria in età classica.”

L'espressione ἐνθάδε μοῖραν ἔχων permette di escludere che il personaggio cadde in guerra, come mostra il ricorrere della formula in altri epigrammi funerari e dedicatori.* Risulta, invece, altamente probabile che Idagygos, chiamato ‘servo di Ares’, sia stato un mercenario o un esperto

guerriero, che morì per cause ignote sull’isola di Cipro. d. Epigramma di Pythion (IG Ρ 1353; CEG 83)

Stele di marmo bianco rivenuta integra nel 1810 da Fauvel ad Atene presso la porta di via Acarnania.* Il pezzo, tuttavia, fu poi impiegato come materiale da costruzione di una abitazione e subì diversi danneggiamenti, tra cui in particolare lo scalpellamento della superificie di oltre la metà della faccia principale, che rende oggi difficile, o talvolta impossibile, la lettura della parte di epigramma danneggiata.° Inoltre, dal blocco di marmo principale (fr. a) si è staccato il fr. Ὁ, contenente le prime lettere di ogni linea dell'iscrizione eccetto l’ultima, interamente contenuta nel fr. a.° Il fr. a venne riscoperto intorno al 1860, mentre il fr. Ὁ fu più tardi riconosciuto da Lewis

presso la casa di Fauvel nell’agorà di Atene, dopo che era stato catalogato come Mus. Agora, inv. n. I 2057. Il fr. a e n. 8887 e n. 13357), del riassemblaggio 0,097 m. L’altezza Bibliografia: KÖHLER

il fr. b sono conservati oggi dove ho potuto analizzarli. dei due frammenti sono: a. delle lettere oscilla tra 0,007

VISCONTI

1815, pp. 230-235;

nel Mus. Epigrafico di Atene (rispettivamente inv. Le dimensioni totali del pezzo misurabili sulla base 0,63 m; l. 0,417 (in alto) - 0,425 m (in basso) e sp. e 0,01 m.

KAIBEL,

1889, pp. 92-100; IG τ΄ 1085; Top,

EG,

n. 26; IG τὶ 1675

GHI, n. 41; HCT,

(KÖHLER

1888);

1, pp. 340-341; GV 630; MEIGGS

- Lewis, GHI, n. 51; CLAIRMONT 1983 I, pp. 180-181, n. 32 A (II, p. 310, ntt. 73-75); THREATTE, GAL, I, pp. 551-552 e 637; CEG 83; IG 1? 1353 (con ulteriore bibliografia); MATTHAIOU 2009, p. 204.

Bibliografia delle immagini: VISCONTI 1815 (edizione diplomatica di Fauvel); IG τὶ 1675 (edizione diplomatica di Köhler); CLAIRMONT 1983, 11, TAV. 59 (riproduzione fotografica). υνῆμα τ[όδ᾽ ἔστ᾽ ἐπὶ σάματι κείμενον ἀνδρὸς dototo: Πυϑίων | ἐγ Μεγάρω-ν- δαιώσας ἑπτὰ μ-εὲ-:ν ἄνδρας. ἑπτὰ δὲ ἀπορρήξας λόγχας ἐνὶ σώματι ἐκείνων n

9



9.

5

|

,ὔ

,ὔ

5

\

5

,ὔ

--

εἵλετο τὰν ἀρετάν, πατέρα εὐχ [λείζων ἐνὶ δήμωι. οὗτος ἀνήρ, ὃς ἔς-σ-»ωισεν ᾿Αϑηναίων Tp [ἔς φυλάς Ὁ

ς

,ὔ

\

5

U

,ὔ

5

,ὔ

SV

,ὔ

* Hansen (CEG) e Jeffery (LSAG?) propongono una data intorno al 475 a.C., mentre Peek (GV), in assenza di chiare caratteristiche datanti, riferisce più prudentemente l’iscrizione al v sec. ? Cfr. le quattro occorrenze dell’iscrizione SEG XLIII 713 A, 41 e 47; D, 27 e C, 47 (Alicarnasso, v/Iv sec. a.C.). Cfr. LGPN, v B, s.v. Ἰδάγυγος.

3 Cfr. i due epigrammi funerari CEG 67 e in particolare CEG 94 (n. e), per due soldati, che non sembrerebbero caduti in guerra. Cfr. l’epigramma CEG 272 (Atene, Acropoli, 470-460 a.C.), nel quale ᾿Εγέλοχος dedica ad Athena Parthenos un ricordo delle fatiche di Ares (Αϑεναίξι uviua πόνδν “Apeoc) avendo in sorte grande filossenia e ogni virtù (ueydAE te φι [λοχσενίες ἀρετὲς τε / ndoes μοῖραν | ἔχδν).

4 L.-F.-S. FAUVEL, Magasin Encyclopedique, ou journal des sciences, des lettres et des arts; rédigé par A. L. Millin, vol. II, Paris, 1812, pp. 91-97 (non vidi). Cfr. VISCONTI 1815, pp. 230-232. 5 Il pezzo è mutilo sia in alto che in basso. CLAIRMONT 1983, I, p. 180, riferisce che il taglio della parte inferiore

e di quella superiore avvenne forse in età antica, ma non si può escludere l’occasione del suo riutilizzo nell’Ottocento. ° Il fr. Ὁ conserva le seguenti lettere appartenenti all’inizio di ogni linea: MNEM | ETME | OTXA | AEIZ | EX® | ΕΙΣ | HH |[K.

APPENDICE

SUGLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

GUERRIERI

NON

CADUTI

IN

GUERRA

81

ἐκ Παγᾶν ἀγαγὼν διὰ Βοιωτῶν ἐς ᾿Αϑήνας, εὔκλ|εισε ᾿Ανδοκίδαν δισχίλοις ἀνδραπόδοισιν. οὐδέ {de }va | πημάνας ἐπιχϑονίων ἀνθρώπων 5

,ὔ

,ὔ

5

,ὔ

5

,

, on ἔς2_ 3A Alda κατέβα πᾶσιν μα [καριστὸς\ ENI ἰδέσϑαιυ.

10

φυλαὶ αἵδ᾽ εἰσίν: Πανδιονίς, Kexp [οπίς. ᾿Αντιοχίς.

1 τ[όδ᾽ ἔστ᾽ ἐπί KarBeL, EG: ἰ[δὲ τοῦτ᾽ ἐπί VISCONTI 1815, GV Μεγάρω-ν-

edd.: Μεγάρω

lapis (Fauvel)

uv edd.: uv lapis (Fauvel)

δαιώσας

σάματι lapis (Fauvel): σώματι GV

lapis (Fauvel), CEG: δαίξας

3 ἀπορρ[ή]ξας legit THREATTE, GAI

VISCONTI

1815, KÖHLER

2 1889, GV

5 ἔ-σ-»ωισεν edd.: ἔωισεν lapis (Fauvel)

Questa stele è posta sul luogo di sepoltura di un uomo nobile: Pythion di Megara, avendo ucciso sette uomini infilzando sette lance nel loro corpo, ottenne il valore, rendendo famoso il padre tra il popolo. Quest'uomo, che salvò tre tribù ateniesi

guidandole da Pagai attraverso la Beozia fino ad Atene, portò gloria ad Andokides con duemila schiavi. Senza aver fatto soffrire alcun uomo sulla terra,

scende nell’Ade come l’uomo più felice. Queste sono le tribù: Pandionis, Kekropis, Antiochis.

L’epigramma,

che consta di 9 esametri e di un epilogo in prosa, è redatto in alfabeto ionico e x

mescola tratti del dialetto dorico e di quello ionico-attico.' Il testo presenta alcune particolarità grafiche? e metriche,* sulle quali non si entrerà qui nel dettaglio. Già KÖHLER 1889 aveva rettamente ricollegato l’epigramma alla spedizione ateniese a Megara del 446 a.C., ricordata da Th., 1, 114 e D.S., 12, 5.4 Secondo Tucidide, mentre Pericle stava conducendo una spedizione contro

l’Eubea, giunse la notizia che Megara aveva defezionato, costringendo i sopravvissuti della guarnigione a rifugiarsi a Nisea, e che gli Spartani guidati da Pleistoanax si apprestavano a invadere l’Attica. Pericle richiamò in fretta le forze dall’Eubea e si diresse allora in Attica (cfr. Plu., Per., 22). Solo dopo la fine della breve invasione di Pleistoanax fino a Eleusis e Thria, gli Ateniesi poterono

dirigersi nuovamente contro l’Eubea e sottomettere l’isola. Diodoro riferisce con più precisione i fatti di Megara. Dopo che Megara insorse contro Atene e stipulò un accordo con gli Spartani, gli Ateniesi inviarono un corpo di spedizione in Megaride, che fece un grosso bottino e vinse una battaglia grazie alla quale i Megaresi furono costretti a rientrare entro le mura della loro città. Il nostro epigramma, testimoniando l’invio di un corpo di spedizione ateniese in difesa di Pegai,

confermerebbe l’attendibilità del racconto di Diodoro e al tempo stesso l’imprecisione di quello di Tucidide. L’epigramma costituisce anche l’unica fonte a riferire che la spedizione era formata da truppe delle tre tribù Pandionis, Kekropis, Antiochis comandate da Andokydes' e che Pythion

guidò con successo la missione da Pegai, attraverso la Beozia fino ad Atene, facendo 2000 prigio! Cfr. ad es. il ricorrere nel medesimo v. 4 di τὰν ἀρετάν e ἐνὶ δήμωι). 2. Si noti sia l’assenza del ny finale di Meydow al v. 2, pur in assenza di assimilazione (cfr. THREATTE, GAI, I, pp. 636-637), sia al v. 3 la forma ἀπορρήξας invece di ἀπορρήσας (THREATTE, GAI, I, p. 551-552). Al v. 2 ho preferito accogliere la lettura di Fauvel, δαιώσας, intendendola, con Hansen (CEG), come la forma dorica dell’aoristo

di δηϊζόω. Non appare, infatti, giustificato l'emendamento di Visconti δαίξας, che presuppone il verbo dall’analogo significato datto. 3 Il nome nell’incipit del v. 2, Πυϑίων, forma un cretico invece dell’atteso dattilo. Segnalo il quinto piede spondaico al v. 5 in ᾿Αϑηναίων τρὲς φυλάς.

Al v. 7 in δισχίλοις il secondo iota viene scandito come lungo, come ad es. in Hom.,

Il., 5, 860 (ἐννεάχιλοι) e in GV 3 (χιλιάδες : cfr. p. 12, nota 1), fenomeno per il quale rimando alla bibliografia citata da Hansen (CEG). Al. v. 8 il participio aoristo di πημαίνω è attestato nella sua forma dorica, πημάνας, solo da quest’iscrizione. Resta problematica la scansione di questa forma verbale in relazione alla parola successiva (nnuavas ἐπιχϑονίων, --- 4-00 - ). Si formerebbe infatti una sequenza trocaica nell’esametro, dal momento che la desinenza --ας del participio aoristo è necessariamente lunga, mentre ἐπιχϑονίων presenta una sola sillaba breve prima della seguente lunga. 4 Cfr. Top,

GHI, n. 41; HCT,

1, pp. 340-341 e MEIGGSs

-- Lewis,

GHI, n. 51.

5 Sulla famiglia di Andocydes cfr. APF, pp. 26-32. Sul personaggio della nostra iscrizione, che era il nonno dell’omonimo

oratore (APF, p. 30, VI), cfr. in particolare KÖHLER

1889, p. 99 e APF, pp. 29-30, v.

82

PRIMA

PARTE

nieri (o schiavi), forse il bottino di cui parla Diodoro, e uccidendo sette nemici. Secondo KÖHLER 1889, pp. 95-96, Pericle si sarebbe recato in Eubea con un esercito formato da sette tribù e quando giunse la notizia dei fatti della Megaride, Atene non avrebbe esitato a inviare le altre tre tribù sotto

il comando di Andokydes, altrimenti l’epigramma avrebbe dovuto nominare Pericle come generale. Non si potrebbe però escludere che tre tribù dell’esercito diretto in Eubea e guidato da Pericle fossero state scelte ed affidate ad Andokydes per la missione in Megaride (HCT, 1, pp. 340-341). Seguendo la versione di Diodoro, gli Ateniesi avrebbero sconfitto i Megaresi. Il successo dell’im-

presa è testimoniato anche dal fatto che Pegai è inclusa tra i territori ateniesi negli accordi della pace trentennale con Sparta del 446 a.C. (Th., 1, 115, 1; 4, 21, 3). A causa dell’invasione spartana guidata da Pleistoanax, gli Ateniesi non poterono far ritorno ad Atene per la via più breve in direzione di Eleusis o di Eleutherai, ma dovettero percorrere un più lungo itinerario attraverso la Beozia. Pythion era, evidentemente, un membro del partito filoateniese di Megara (KÖHLER 1889, p.

97). Si coglierebbe pertanto il tono sarcastico del v. 4 (matépa εὐχκλείζων ἐνὶ δήμωι), a cui corrisponde lo stridente contrasto tra la cruda descrizione dell’uccisione dei nemici ai vv. 2-3 e l’affermazione del v. 8 di non aver fatto soffrire alcun uomo sulla terra.‘ Il numero dei nemici uccisi, così

come quello degli schiavi catturati potrebbe essere fittizio e svolgere una funzione elogiativa.” Stupisce, infatti, ritrovare il medesimo numero di nemici uccisi, che costituiva di certo un'entità ragguardevole, al v. 10 di CEG 177 (Licia, fine v sec.-inizio Iv sec.), un lungo epigramma fune-

rario (12 versi), dedicato analogamente al racconto delle imprese del re Gergis. Stando al v. 1 dell’epigramma, Pythion fu sepolto ad Atene (la stele, ανῆμα, è posta infatti sul suo luogo di sepoltura, [ἐπὶ σάματι κείμενον). L'espressione ἐς ’Atda xatéBa, infine, conferma che

il personaggio non cadde in guerra. Dal momento che è impossibile specificare quanti anni dopo la missione del 446 a.C. morì Pythion, si deve accettare una datazione ampia del suo monuemto funerario, tra il 445 e il 420 a.C., che non può essere ulteriormente circoscritta dall’analisi paleografica.* e. Epigramma ateniese di due soldati di Paro

(CEG 94)

Stele di marmo bianco con acroteria, portata con sé da Lord Elgin e ora a Londra, British Mus. (inv. n. 1107). La provenienza & ignota, ma si & a ragione supposto Paros, piuttosto che Atene.* L’iscrizione è posta subito al di sotto della decorazione a timpano.° Il pezzo misura: a. 1,079 m; l. 0,514 (in alto), 0,482 m (in basso). Lo spazio vuoto al di sotto dell’iscrizione misura 0,863 m, e x.

Ν

poteva forse in origine contenere un’immagine dipinta.’ Bibliografia: CIG, 11, 3684; KAIBEL, EG, n. 86; GIBM,

Iv, n. 1107; WILAMOWITZ

253-254; GV 218; LSAG?, pp. 367 e 372, n. 49; MERKELBACH 94; THREATTE, GAI, I, pp. 35 € 412.

1930, pp.

1982, p. 40; SEG xxxII

28; CEG

1889, p. 97, nota 1, secondo il quale le parole del v. 8 «beinahe komisch wirken».

Il contrasto

Bibliografia delle immagini: GIBM, ıv, n. 1107.

! Cfr. KÖHLER

portebbe forse esser smorzato, se si intendesse che rapida fu la morte dei nemici infilzati dalla lancia di Pythion. ? KÖHLER 1889, p. 98, nota 2 mette in dubbio che dalla Beozia si fosse potuto prelevare un così alto numero di schiavi. 3 KOHLER 1889, p. 99, non esclude che Pythion possa esser vissuto fino agli anni della pace di Nicia. Sull’alfabeto ionico in cui il testo è redatto rimando all’analisi di MATTHAIOU 2009, p. 204, che accetta la datazione ampia 445425 a.C. 4 WILAMOWITZ 1930, p. 253, seguito da Hansen (CEG), sostiene l’origine attica del pezzo, basandosi su osserva-

zioni generiche (ad es. l’allineamento stoichedico e l’uso dei segni divisorü), ma senza elementi decisivi. In seguito è stata nuovamente proposta la provenienza da Paros, già indicata dagli editori precedenti (Cfr. KAIBEL, EG; GIBM, Iv). Cfr. SEG xxxII 28 e l’assenza dell’epigramma nelle tre edizioni di IG 1. 5 L’unica immagine disponibile è pubblicata in GIBM, τν, n. 1107, ma non è particolarmente nitida. ° Le dimensioni sono qui convertite in metri sulla base delle misure indicate da Frederick H. Marshall (GIBM, ıv, n. 1107): a. 3 ft, 6 % in; 1. ı ft, 8 % in (inalto), 1 ft, 7 in (in basso); tra l’iscrizione e il bordo inferiore della stele 34 in.

APPENDICE

SUGLI

EPIGRAMMI

PRIVATI

PER

GUERRIERI

NON

Διξτρέφης : Ζώιλδ : Ilapınvos : στρατιώτης : Δημοφῶν : Μητροδώρδ | Ilxpınvös : στρατιώτης μνῆμα φίλη μήτηρ με Διειτρέφει ἐνθάδ᾽ ἔϑ [ηκεν καὶ IleorxAei φθιμένοιν Μητρίχη αἰνόμορος.

CADUTI

IN

GUERRA

83

:

᾿Αγνήις τ᾽ ἐνθά [δὲ οἱ ϑυγάτηρ καὶ ἀδελφὸς ἔχδσιν μοῖραν Δημοφώων

| τῆς

μέτα πᾶσι βροτοῖς.

Dieitrephes, figlio di Zoilos, soldato di Paros Demophon, figlio di Metrodoros, soldato di Paros La cara madre Metriche, giunta a una triste fine, mi pose qui

come tomba per i due defunti Perikles e Dieitrephes. E qui hanno trovato il destino comune a tutti i mortali la figlia Hagneis e il fratello Demophon. Il testo è disposto in allineamento stoichedico su cinque righe di scrittura, di cui le ultime due sono

precedute da un notevole spazio vuoto.' L'iscrizione è redatta in alfabeto e dialetto ionico e si può datare in base alla forma delle lettere al 430-400 a.C.”

Precedono l’epigramma i nomi di due dei quattro personaggi a cui è dedicato l’epigramma, Διειτρέφης e Δημοφῶν, seguiti ognuno nel medesimo ordine dal rispettivo nome del padre, dall’indicazione della patria, Paros, e da quella della carica militare, στρατιώτης. In questa prima

parte, che ovviamente non può che essere in prosa, si sono adottati costantemente i segni divisori dei due punti tra tutte le parole, eccetto che nell’unico caso in cui il testo va a capo. Il seguente epigramma non presenta problemi metrici, ma è necessaria una breve analisi dei due

nomi propri ai vv. 3-4, Ayvnıs e Δημοφώων. MERKELBACH 1982 ha rettamente fatto notare che il primo nome deve essere accentato “Ayvnız, trattandosi di un bisillabo con lo iota ascritto, che

appartiene, dunque, a un gruppo di patronimici femminili con terminazione contratta in -ἧς (cfr. anche MERKELBACH 1985). A conferma MERKELBACH 1982 segnala un coevo epigramma attico, nel quale il nome ‘Eponte, seguito da consonante, è analogamente scandito come uno spondeo.* Si può, quindi, escludere per questi due nomi il fenomeno della sinizesi, accettato da Hansen (Ayvnts

in CEG 94 e Ἕρσηίς in CEG 104). Il secondo nome è scritto Δημοφῶν nella parte non metrica dell’iscrizione, Δημοφώων in quella metrica, mostrando il fenomeno dell’estensione della vocale dell’ultima sillaba in ragione della prosodia (THREATTE, GAI, p. 412). Il dedicante dell’epigramma è Metriche e i destinatari sono quattro membri della sua famiglia, di cui è possibile ricostruire l’albero genealogico. Metrodoros è il padre di Metriche e di Demophon. Da Zoilos e Metriche discendono Dieitrephes, Perikles e Hagneis. Secondo WILAMOWITZ 1930, Metriche avrebbe fatto realizzare solo il primo distico, dal momento che il secondo indica due suoi parenti, il fratello e la figlia, che non potevano esser tralasciati e che, dunque, avrebbero dovuto essere ancora in vita al momento della realizzazione della tomba

di Dietrephes e Perikles.° Questa affermazione è tuttavia contraddetta dal fatto che un solo lapicida avrebbe realizzato l’iscrizione e che il nome del fratello di Metriche, Demophon, è già inciso in |. ! L’ultima riga è più corta e, dunque, presenta uno spazio vuoto sia prima che dopo. Gli editori indicano nel seguente modo gli editori: “Αγνήιϊς τ᾽ ἐνθά |vac. de οἱ ϑυγάτηρ καὶ ἀδελφὸς ἔχδσιν μοῖραν Δημοφώων | vac. τῆς μέτα πᾶσι βροτοῖς

vac.

2 Per la datazione 425-400 a.C. cfr. SEG XXXII 28 e GV. Sostengono la datazione bassa 410-400 Jeffery (LSAG?) e Hansen (CEG), quella alta alla guerra deceleica (431-421 a.C.) WILAMOWITZ 3. CEG 104, v. 2 (ca. 400 a.C.): ‘E

onto γνωτοῖσιν πᾶσι ALTICA πόϑον. 4 Cfr. WILAMOWITZ 1930 e MERKELBACH 1982.

1930 e MERKELBACH

1982.

5 Ciò si evince dalla 1. 2, Δημοφῶν Μητροδώρδ, e dal fatto che al v. 3 il medesimo personaggio è detto fratello (ἀδελφός) di Metriche. Lo confermerebbe anche l’onomastica dal momento che il nome Metriche richiama quello del padre Metrodoros. ° WILAMOWITZ

1930, p. 253: «Metriche hat nur das erste Distichon machen lassen, denn das zweite wendet sich

an sie und nennt Tote, die sie nicht übergehen konnte. Sie hatte also den Grabstein bestellt, als ihre Tochter Hagneis und ihr Bruder Demophon noch lebten».

δ4

PRIMA

PARTE

2 in perfetta continuitä con il nome precedente e con il successivo epigramma. Si deve pertanto ammettere una variatio del soggetto, attestata altre volte negli epigrammi (cfr. n. 14). Il secondo distico, del resto, è strettamente connesso al precedente dalla congiunzione te al v. 3 e dal ripetersi

del medesimo avverbio ἐνθάδε ai versi 1 e 3. La stele afferma in prima persona di esser stata posta da Metriche nel luogo in cui il monumento doveva in origine trovarsi (ue ... ἐνθάδ᾽ ἔθηκεν) e nel quale erano sepolti anche Hagneis e Demophon,

indicati -- a ulteriore conferma del diretto

collegamento con il primo distico — con il vincolo di parentela rispetto a Metriche. L’epigramma deve quindi, a mio avviso, considerarsi unitario. WILAMOWITZ 1930, seguito da MERKELBACH 1982, ritiene inoltre che i due soldati Dietrephes e Demophon siano morti in guerra, individuando lo scontro in un episodio non specificabile della prima fase della Guerra del Peloponneso (431-421 a.C.). Resterebbe però da chiedersi per quale motivo i due soldati, invece di essere menzionati insieme con un riferimento alla battaglia, siano

accompagnati ognuno dal nome di un familiare, rispettivamente Perikles e Hagneis, di cui si può escludere ogni relazione con la morte in guerra. Pertanto, anche se risulta fondato il collegamento tra la datazione dell’epigramma, la Guerra del Peloponneso e l’intensa attività militare di quel periodo, testimoniata dal fatto che ben due membri della stessa famiglia erano soldati, non sareb-

be possibile affermare che i due soldati morirono in guerra. Avanzerei dunque la più verosimile ipotesi che tutti e quattro i parenti di Metriche trovarono la morte nella medesima occasione, che andrebbe individuata nell’epidemia scoppiata nel 430 a.C., che l’anno successivo causò la morte di Pericle.! Se così fosse, si spiegherebbe come mai ben quattro familiari morirono nello stesso

periodo e nello stesso luogo, l’isola di Paros. Si dovrebbe di conseguenza datare l’epigramma tra il 430 e il 425 a.C. ! Cfr. la nota descrizione di Th., 2, 47-54, con due precedenti accenni in Th., 1, 23, 3; 2, 31, 2. L'ipotesi di un

naufragio non si può escludere a priori, ma sembrerebbe meno probabile.

SECONDA

GLI

EPIGRAMMI

PER

ICADUIIIN

I. EPIGRAMMA B

PARTE

DEL POLYANDRION

PUBBLICI GUERRA

DI AMBRACIA

(SEG

XLI 540)

ASE scoperta ad Ambracia (oggi Arta) nella necropoli di Sud-est, lungo la via che conduce

al porto di Ambrakos, e ancora in situ. Il monumento era composto originariamente da sette blocchi di calcare e sormontato forse da una o più stele. I cinque blocchi superstiti misurano 0,32 m di altezza e sono posti uno adiacente all’altro per una lunghezza complessiva di 8,68 m. Le lettere presentano la notevole altezza di 0,06 m. Bibliografia: ANDREOU

1986; SEG xLI 540; BOUSQUET

1992, pp. 596-606; MATTHAIOU

1990-

1001: ANDREOU 1993; CASSIO 1994; D’ALESSIO 1995; ATHANASSOUDI 1995-1996; CABANES 1997; PALUMBO STRACCA 1998; Rossi 1999, pp. 31-32; BING-BRUSS 2007, pp. 30-31; ALONI - IANNUCCI 2007, pp. 49-51; RANDONE 2013.

Bibliografia delle immagini: ANDREOU 1986, p. 429, Fıcc. 1-3 (disegno del luogo di ritrovamento e dell’iscrizione) e TAvv. 97-100 (riproduzione fotografica). ἄνδρας

[τ]οὐσδ᾽ [ἐ]σλοὺς ὀλοφύρομαι, hotor Πυραιβὸν :

παῖδες ἐμξτίσαντ᾽ ἀ[λ]κινόεντα φόνον, : avye[Ajtav μετιόντας ἀπ᾽ εὐρυχόροιο — - =|

ς

-τ- --τ--ὸ - τᾶ --- -..-πατρίδ᾽ ἀν᾽ ἱμερτὰν πένθος

τόδε δ᾽ ἀπ᾿ Lu

9.

5

99

ἔϑαλλε τότε |

᾿Ανπρακίας, Navototpato, αὐτὰ παϑόντε, ! ,ὔ

,ὔ

5

\

,ὔ

.

Καλλίταν τ᾽ "Aida δόμα μέλαν κατέχε κα |E μὰν ᾿Αραϑϑίδνα καὶ Εὔξενον ἴστε, πολῖταξ,

10 2 ἀΪλ]κινόεντα

hoc μετὰ τῶνδ᾽ ἀνδρῶν Κὰρ Exıyev ϑανάτου : --

\

-

= ἀλγινόεντα

9.

5

-

MATTHAIOU

\

„7

,ὔ

1990-1991:

.

a|i|x1odévta

BOUSQUET

1992

3 eüpuyöporlo

- - -|

RANDONE 2013: εὐρυχόροι[ο Qopivdov] BOUSQUET 1992 pro ny in alphabeto Corintio scriptam postulat: Navototoatos

7 Navototpato CAssIo 1994, qui litteram san lapis παϑόντε CASSIO 1994: παθόν τε BOUSQUET

1002

1986 et CASSIO 1994 signum ! in fine versus false legunt

signumi

in fine versus omittit SEG

8 ANDREOU

9 signum ! false legunt ANDREOU 1986 et CASSIO 1994 παρέκιχεν ametricum est)

10 Κάρ Bousquer 1992: pro kappa etiam pi possis (sed

signum ! in fine versus omittunt ANDREOU

1986 (cuius vid. p. 429 phott.) et RANDONE

Piango questi nobili uomini, contro i quali i figli dei Pyraiboi macchinarono una dolorosa uccisione,

mentre accompagnavano (o andavano a prendere) l’ambasceria dalla vasta regione |. . .|

...]

Allora il dolore si diffondeva nell’amata patria. Questi due, da Ambracia, Nausistratos e Kallitas, la stessa sorte avendo subito, li trattiene la nera casa di Ade e, cittadini, sappiate che anche Euxenos e Aratthion

10

insiemea

questi uomini la Kera di morte raggiunse.

‘ In MATTHAIOU

1990-1991, p. 271, leggi IG ΙΧ 1, 868 invece di IG ıx 1, 988.

2013

86

SECONDA

PARTE

Questo importante polyandrion, pubblicato per la prima volta da ANDREOU

1986, è stato scoperto

nella colonia corinzia di Ambracia lungo l’antica strada che collegava Ambracia al porto di Ambrakos e che può considerarsi una ‘via sacra’, larga 12 metri e fiancheggiata da altri monumenti funerari pubblici e privati. Il monumento è composto da blocchi di calcare che formano una struttura di notevoli dimensioni,” al di sopra della quale sono disposti, partendo da 0,20 m dal margine sinistro del lato maggiore e per una lunghezza totale di 8,68 m, cinque blocchi contigui di calcare, alti 0,32 m, sui quali è inciso l’epigramma. Grazie alle dimensioni medie delle lettere e alla parte mancante rispetto alla lunghezza totale (3,30 m ca.)? si può ricostruire senza difficoltà

l’assenza degli ultimi due blocchi di destra, sui quali si sarebbero potuti leggere il pentametro del secondo distico e l’esametro del terzo.* Una (o più?) stele era verosimilmente posta alla sommità. Resta un tentativo alquanto incerto il collegamento della base con una stele rinvenuta nello stesso scavo, SEG XLI 540 B: rede Οορίνϑιο!ν - - -Ἰστιονα!ί- - -]

huröv Οουν[ι]άδ [ οὐ(Ὁ) - - -] στεϑεν- - -| vacat

σόφρονα xa|[- - -|atov δι[- - -|

πολλοὶ duo|- - -|av vacat

I dubbi sull’attribuzione della stele al monumento sono dovuti alla grafia di questa iscrizione: la mano non sembra essere la stessa e lo iofa, invece che essere a quattro tratti, è indicato con un'asta

verticale. Problematica è anche la presenza, alle Il. 3-4, di quello che sembra essere un epigramma. La menzione dell’etnico Ooptv®to[v] nella stele potrerebbe riferirsi al nome di un caduto, di cui forse resterebbero solo alcune lettere ([- - -]ottova alla l. 1), ma, in mancanza di una qualche relazione sicura con il nostro epigramma, questa stele non verrà presa in considerazione nella se-

guente analisi. L’epigramma del polyandrion di Ambracia corre in direzione bustrofedica su tre righe di scrittura con la prima riga destrorsa. Il segno divisore dei tre puntini verticali è posto alla fine di ogni verso dei cinque distici elegiaci, sebbene non sempre regolarmente, mancando alla fine dei vv. 8 e 9, in

entrambi forse non casualmente dopo il segno E. L’alfabeto è quello di Corinto.° Il segno E vale epsilon-iota e il segno B epsilon o eta. I vv. 8 e 9 sono caratterizzati dalla grafia E per indicare non solo il dittongo epsilon-iota (κατέχῃ; = κατέχει), ma anche il secondo elemento del dittongo alpha-iota (xaE = καὶ, toritaE = πολῖται).7 Cassio (1994, p. 104) inserisce questo fenomeno «in una situazione nella quale /ai/ tendeva ad /ae/, svi-

luppo parallelo a quello del latino», e continua, «Al v. 1 ὀλοφύρομαι non è scritto ὀλοφύρομα probabilmente perché non è parola di uso quotidiano come xat e πολῖται e riflette grafie letterarie (ioniche) ». Controversa è l’individuazione di un cambio di mano dopo il v. 8, ipotizzata da ATHANASSOUDI (1995-1996, pp. 222-223). Se è vero che negli ultimi due versi alcune

lettere presentano una grafia leggermente diversa,* alcuni criteri utilizzati dalla studiosa non ! ANDREOU 1993, pp. 100-101. 2 12,4 m di lunghezza; 2,5 m di altezza. Un toro non scanalato corre lungo i quattro lati. 3 La misura di 3,30 m ca. si ottiene dalla sottrazione di 8,68 m della parte conservata ai 12 m della lunghezza

totale, calcolata senza includere le rientranze dei blocchi rispetto alla struttura portante di 0,20 m a sinistra e a destra (quest’ultima, pur se non conservata, era verosimilmente di analoga lunghezza). 4 BOUSQUET

1992, p. 604.

> Si tratta molto probabilmente della terminazione di un accusativo che, come rettamente suggerisce BOUSQUET 1992, p. 606, genera diverse possibilità (ad es. il nome ᾿Αριστίων).

° I segni complementari (ksi al v. 9 e chi ai vv. 3, 8 e 10) sono quelli del gruppo azzurro scuro, cui l’alfabeto corinzio appartiene. Si noti l’utilizzo del san, dello iota a quattro tratti, del caratteristico beta corinzio, del segno O per la vocale lunga e quella breve, ma non per il dittongo omicron-hypsilon, che è indicato da OY. 7 Per un altro esempio si confronti la grafia ’AdavaEa in IG Iv 268 (Corinto, vir sec. a.C.). Cfr. anche IG Iv 329.

* Si noti la croce greca del chi e dei tratti interni del theta ai vv. 1-8 e la croce di 5. Andrea nelle medesime lettere

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

87

sono condivisibili.‘ Inoltre, la presenza di due lapicidi contrasterebbe con l’evidente realizzazione dell’epigramma in un’unica fase, come mostrano la continuità testuale e le sue volute simmetrie

e misure (infra, p. 90). A mio avviso, le piccole differenze nelle ultime due righe potrebbero corrispondere a un cambio grafico di un unico lapicida. Dall’analisi paleografica dell’iscrizione non

sembrano emergere particolari caratteristiche che permettano di datarla con precisione. BOUSQUET (1992, p. 597-598) fa risalire la scrittura alla seconda metà del vi sec. e la datazione è seguita dagli altri editori.

L’epigramma rappresenta un caso unico nel panorama dell’età arcaica, non solo per la lunghezza senza precedenti di ben dieci versi, di cui otto conservati, ma anche per l’uso del distico elegiaco, di cui rappresenta uno dei più antichi esempi su pietra e un’eccezione al di fuori dell’Attica.” La

dedica di Creso recentemente scoperta a Tebe (PAPAZARKADAS 2014, pp. 233-248. Cfr. infra, p. 151), essendo costituita da otto distici elegiaci, rappresenta il confronto più vicino per l’età arcaica, dal momento che anche l’iscrizione in alfabeto tebano, copiata successivamente sul medesimo pezzo in alfabeto ionico, si data alla seconda metà del vi sec. a.C. ΑἹ v. 1 l’epigramma elogia i defunti valorosi utilizzando un lessico di lode (ἄνδρας ἐσλούς) e li

pone in forte rilievo tramite il duplice espediente della collocazione nell’incipit del componimento e della ring composition con il verso finale, con il quale, per di più, crea forse volutamente un

chiasmo (ἄνδρας

[τ]οὐσδ᾽ al v. 1 e τῶνδ᾽ ἀνδρῶν al v. 10). Segue il verbo di compianto in prima

persona, ὀλοφύρομαι," il cui soggetto, diversamente dalle aspettative, non sono i defunti bensì, come chiaramente si comprende dalla prima persona singolare del verbo, un io anonimo esterno, nella formula ‘io lamento il tale’. CASSIO (1994, pp. 106-116) analizza altre attestazioni tramandate da fonti epigrafiche e letterarie dell’io anonimo, arrivando alla conclusione che i rapporti tra l’epigramma funerario e l’elegia trenodica sono più stretti di quanto fino ad allora ritenuto.* Rossi 1999 attribuisce, invece, l’uso della prima persona alla pratica rituale di leggere l’iscrizione davanti a un pubblico.;

L’epigramma riferisce poi che la popolazione dei Pyraiboi aveva ucciso Ambracioti (e forse Corinzi) in uno scontro avvenuto presumibilmente lungo la strada che conduce da Ambracia ad Am-

brakos, lungo la quale il polyandrion è stato scoperto.° L’epigramma utilizza ai vv. 1-2 l’espressione Πυραιβὸν παῖδες, che è piuttosto attestata ad Atene in altri epigrammi per i propri cittadini e non per i nemici.” Non è questa una ragione sufficiente per intendere con RANDONE 2013, pp. 37-38, ai vv. 9-10, l’hypsilon a V latina che presenta un’appendice solo negli ultimi due versi. Il rho invece sembrerebbe privo di appendice solo ai vv. 9-10, ma, basandomi sulle foto dell’epigramma (ANDREOU 1986, TAvv. 98-99), riterrei possibile che, contrariamente a quanto si evince dal disegno dell’iscrizione (ANDREOU due rho del v. 10 (ἀνδρὸν Kde) presenti l’appendice.

1986, p. 429), almeno uno dei

' Erroneamente si aggiunge al criterio della forma delle lettere quello dell’utilizzo del ny efelcistico (ἔϑαλλε al v. 6 e ἔκιχεν al v. 10), che invece ha chiaramente solo una funzione metrica. Inoltre, la sequenza AE per il dittongo alpha-iota al v. 9 non è dovuta a un cambio di lapicida, ma è certamente la conseguenza del medesimo fenomeno, per il quale si incontra la forma xatéyE al v. 7 (cfr. supra). Poco precisa, inoltre, è l’individuazione del punto in cui sarebbe avvenuto il cambio di mano, dal momento la fine del v. 8 non coincide con la fine della seconda riga di scrittura, come poco precisamente indica Athanassoudi. 2 Cfr. ad es. IG 1? 1194 bis. 3 Il verbo ricorre in un altro epigramma funerario, CEG

43 (Atene, 525 a.C ca.), e un suo composto è attestato

nel discorso di Pericle per i caduti del primo anno della Guerra del Peloponneso (Th., 2, 46). 4 Si deve a GENTILI 1968 un’approfondita analisi del rapporto tra elegia ed epigramma, sul quale cfr. anche, alla luce della scoperta della presente iscrizione, ALONI

-- IANNUCCI

2007.

5 Un punto di accordo tra queste due teorie è a mio avviso individuabile nel noto formulario arcaico dell’oggetto parlante, che nei casi di testi poetici di tale livello assumeva il carattere di performance pubblica e di più alta stilizzazione letteraria tramite l’effetto di un io anonimo esterno. Scrive ALONI -- IANNUCCI 2007, p. 51: «il monumento - 0ggetto e testo — diventa una sorta di doppio che reinterpreta il funerale ogni volta che qualcuno legga il testo iscritto». ° Anche se, contrariamente alle aspettative, nel monumento non sono stati trovati resti di sepoltura. Si dovrebbe a rigore parlare, come rettamente suggerisce CASSIO (1994, p. 101), di un cenotafio piuttosto che di un polyandrion. Sarebbe dunque ipotizzabile la presenza di un cenotafio nel luogo dello scontro e di un polyandrion in uno spazio a destinazione funeraria nella città (ad Ambracia e forse anche a Corinto). 7 Cfr. le attestazioni in RANDONE 2013, p. 37, note 12-13. Per i caduti cfr. in particolare l’espressione κῦροι

᾿Αϑεναίδν nell’epigramma n. ΧΙ.

88

SECONDA

PARTE

che l’espressione indicava una ‘timorosa riverenza’ degli Ambriacioti verso i Pirrebi. Si possono ricordare, infatti, almeno due casi in cui l’espressione è riferita ai nemici, come nell’epigramma di Ambracia: il noto componimento in distici che commemorava

la vittoria di Eione del 475 a.C.

(Simon. xL, vv. 7-8, PAGE, FGE) e quello ellenistico per Timokritos, caduto in guerra.! Sembra accertata con sicurezza l’identificazione dei IlupatBot con i Perrebi, di cui è attestato sia il ramo tessalo che quello epirota. Tale identificazione è confermata dal fatto che l’oscillazione epsilon-hypsilon, caratterizzante la forma Ilvp-/Ilep- e altrove attestata, ricorre tanto più significativamente nel nome di un altro popolo non greco: lat. Bruttii -- gr. Βρέττιοι." I Perrebi, indicati con il rho non geminato IleparBot, come nell’epigramma di Ambracia, sono ricordati già in Omero con la menzione delle aree in cui si erano stanziati ad oriente, vicino a Dodona, ma anche ad occidente nella valle del Titaresso.° Il ramo occidentale, che qui più interessa in relazione al nostro

epigramma, è menzionato ancora da Sofocle.* A mio avviso, le migliori informazioni provengono da alcuni passi di Strabone, che spiegano come i Perrebi dovettero sfuggire alla servitù dei Tessali, rifugiandosi sul lato occidentale del Pindo, dove era attestata fino ai tempi dell’autore la presenza di un significativo nucleo di Perrebi.° Strabone sembrerebbe riconnettere tali fatti al già citato passo omerico.° Se così fosse la migrazione di questo popolo sarebbe avvenuta nel ıx sec. sotto la spinta dei Tessali,7 altrimenti il passo omerico si inserirebbe tra le testimonianze del legame Dodona-Tessaglia, che permette di sostenere la valida ipotesi di spostamenti di alcune tribù (Perrebi, Tessali, Ainiani, Makedni) a Dodona già tra l’età del bronzo tardo e la prima età del ferro.* Tale problema allontanerebbe dal contesto attuale dell’epigramma, ma quel che qui interessa sono due dettagli storici forniti da Strabone e riferibili al vi sec. I Perrebi rimasti in Tessaglia dovettero pagare dei tributi, certamente in origine di guerra, alla ‘gente di Larissa’ fino all’età di Filippo (inverosimilmente dunque

dal ıx sec. fino al Iv sec.).° In secondo luogo Simonide chiama Perrebi e Lapiti (nome mitico con il quale anche Strabone designa i Tessali) tutti i Pelasgi, cioè i Tessali della Pelasgiotide, segno che ormai le due popolazioni si erano mischiate, ma che tuttavia i Perrebi avevano mantenuto ancora la loro identità nell’area tessala.'° Il riferimento al poeta di Ceo permette di datare tale situazione a dopo il

514 a.C.' Anche Erodoto considera i Perrebi un’entità autonoma al tempo della Serse.'” Devo dunque rivolgere brevemente l’attenzione alla situazione storica e metà del vi sec. dei popoli della Tessaglia. La riforma militare tessala di Aleva intorno al 530,3 prima cioè dell’imposizione del tributo, avvenuta dopo il 512

spedizione persiana di politica della seconda sembra doversi porre sotto Scopas. HELLY

(1995, p. 185), infatti, argomenta che le truppe ausiliarie tessale furono reclutate all’inizio tra gli stessi Tessali e che la riforma non fu antecedente all’assoggettamento di altri popoli, inclusi i Perrebi, ai Tessali. In ogni caso una possibile fase di scontri con i Perrebi si può ben situare tra il 530 e il 520. 1 GV 749, vv. 3-4 (Thyrreion, Acarnania, III sec. a.C.): Αἰτωλῶν γὰρ παισὶ πάτρας

ἣ νικᾶν ἤϑελε 7) τεϑνάναι. 3 Hom., Il., 2, 748-751: Γουνεὺς δ᾽ ἐκ Κύφου ἦγε δύω καὶ εἴκοσι νῆας"

ὕπερ εἰς ἔριν ἐλθὼν (ὠγαθὸς

? CASSIO 1004, p. 105 e nota 15. | τῷ δ᾽ Ἐνιῆνες ἕποντο μενεπτόλεμοί te

Περαιβοὶ | οἱ περὶ Δωδώνην δυσχείμερον οἰκί᾽ ἔϑεντο, | οἵ τ’ ἀμφ᾽ ἱμερτὸν Τιταρησσὸν ἔργα νέμοντο. 4 S., fr. 271, TrGF ıv: ῥεῖ γὰρ (sc. ὁ Ἴναχος) ἀπ᾿ ἄκρας | Πίνδου Λάκμου τ᾽ ἀπὸ Περραιβῶν | εἰς ᾿Αμφιλόχους καὶ ᾿Ακαρνᾶνας. Str., 6, 2, 4 (C 271) tramanda il passo di Sofocle. Sui Perrebi cfr. BRUNHILDE LENK, RE, ΧΙΧ 1, coll. 906-909, s.v. Perrhaebi; MALCOLM ERRINGTON, DNP, 9, col. 598, s.v. Perrhaiboi. Cfr. CASSIO 1994, pp. 104-105. 5 Str., 9, 5, 12: Ἢ δὲ Πίνδος ὄρος ἐστὶ μέγα, πρὸς ἄρκτον μὲν τὴν Μακεδόνων, πρὸς ἑσπέραν δὲ Περραιβοὺς μετανάστας ἀνθρώπους [ἔχον]. Cfr. Str., 9, 5, 10; 22 (cfr. infra, nota 9). ° Hom., Il., 2, 748 in Str., 9, 5, 20. 7 Cfr. SORDI 1958, p. 30. ® SUEREF 1993, p. 36. Tale migrazione potrebbe esser messa in relazione con il culto di Zeus, familiare alle popo-

lazioni a est del Pindo e celebre a Dodona. ? Str., 9, 5, 19: οὗτοι δ᾽ οὖν κατεῖχον τέως τὴν Περραιβίαν καὶ φόρους ἐπράττοντο, ἕως Φίλιππος κατέστη κύριος τῶν τόπων. Su tale tributo cfr. X., HG, 6, 1, 19. Str., 9, 5, 20: διὰ δὲ τὸ ἀναμὶξ οἰκεῖν Σιμωνίδης Περραιβοὺς καὶ Λαπίϑας καλεῖ τοὺς Πελασγιώτας ἅπαντας.

τ Dopo la morte di Ipparco nel 514, Simonide si ritira in Tessaglia (Krannon e Farsalo e poi a Larissa), restandovi forse fino all’invasione persiana. Il poeta era quindi ben informato sulla situazione politica tessala. 12 Hdt., 7, 128; 131; 173. I Perrebi sottomessi ai Tessali sono attestati in Th., 4, 78, 4. 13 Secondo SORDI 1958, pp. 65-67, la riforma va posta nell’ultimo decennio del vi sec. HELLY propone nuove argomentazioni contro una cronologia tarda, ma cfr. SORDI 1996, p. 38 e nota 2.

(1995, pp. 170-191)

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

89

La successione dei fatti narrata da Strabone si concilia perfettamente con questi avvenimenti.' Per

concludere con il giudizio storico di Aristotele, Tessali e Perrebi si scontrarono fin dall’inizio e ripetutamente, come gli Spartani con i Messeni, gli Argivi con gli Arcadi.” Secondo RANDONE 2013, pp. 40-41, un popolo di pastori transumanti, come i Perrebi, costituiva un problema endemico della zona

costiera. A mio avviso, tuttavia, lo scontro con gli Ambracioti sembra essere la conseguenza diretta della ricerca di nuovi spazi da parte dei Perrebi a causa dei cambiamenti in corso nell’area tessala. La datazione paleografica dell’epigramma si accorderebbe a un contesto storico di incursioni di Perrebi in area ambraciota dopo il 530 a.C. Non esistono attestazioni successive dei Perrebi nell’area Epirota,

dove, però, non rappresenterebbero l’unico popolo non ancora localizzabile.* Tornando all’analisi dell’epigramma, al v. 3 dvye[Ajtay non significa ‘messaggio’, quanto piuttosto in senso allargato ‘ambasceria’, come attestato in una coeva dedica di Thasos, CEG 416, v. 3 (525-

500 a.C. ca). L’ambasceria poteva forse provenire da Corinto, ma il riferimento alla madrepatria di Ambracia si può ricostruire solo sulla base dell’aggettivo εὐρυχόροιο che concorre a formare con il nome Corinto un’identica conclusione di esametro in AP, 6, 135. Secondo BOUSQUET 1992, p. 602, i Corinzi caduti erano molto probabilmente tre, poiché tale era il numero degli uomini solitamente

inviati in ambasceria, come anche tale è il numero dei versi a loro dedicati nel nostro epigramma (vv. 4-6), se non è casuale che i quattro caduti di Ambracia, dei quali l’epigramma riferisce i nomi, sono ricordati nei quattro versi 7-10. RANDONE 2013, pp. 35-36, critica tuttavia l’integrazione di Corinto,

per la quale in effetti il passo dell’ Anthologia Palatina costituisce una prova troppo debole. Ambigua è al v. 3 l’esegesi del participio μετιόντας, il quale potrebbe indicare che gli Ambra-

cioti scortarono oppure andarono a prendere gli ambasciatori.* Non è stato ancora suflicientemente posto in rilievo, a mio avviso, come la persona loquens rappresenti soprattutto la comunità di

Ambracia e come, infatti, compianga al v. 3 solo coloro che hanno accompagnato l’ambasceria e non già anche i Corinzi, il che costituirebbe un ulteriore indizio sull’assenza di questi ultimi, teorizzata da RANDONE 2013. Al v. 6 la patria è detta ἱμερτάν, aggettivo che si abbina spesso con nomi di luogo (cfr. Hom., Il., 2, 751) e che è scritto senza aspirazione iniziale, al contrario di quanto si verifica in hoc al v. 10. La correzione di Cassio al v. 7, Navototpato in luogo di Navototpatoc, mi sembra inevitabile. Si avrebbe così l’accusativo duale τώδε, riferito ai due nomi, Nausistratos e Kallias, concordati all’accusativo con il participio duale παϑόντε. ΑἹ v. 9 il verbo ἴστε si rivolge non solo ai passanti, ma anche al pubblico che aveva assistito al cerimoniale funebre, iniziato con il lamento al v. 1. Secondo BousQauET (1992, p. 603), il nome

"Apa99tova deriva da quello del fiume epirota Arachthos che scorre presso Ambracia e che è analogamente menzionato al v. 2 dell’epigramma di Charops (?) (n. 1) con il raddoppiamento dell’aspirata theta (Apad9Yoro).’ Nell’ultimo verso Kap è la forma dorico-eolica per Kr, la divinità della morte, che ricorre nella poesia epica al plurale o al singolare contraddistinta spesso dal genitivo Yavarou.° È questa l’unica 1 Str., 9, 5, 19: οἱ μὲν οὖν Περραιβοὶ καταδυναστευϑέντες ὑπὸ τῶν Λαπιϑῶν εἰς τὴν ὀρεινὴν ἀπανέστησαν οἱ πλείους τὴν περὶ Πίνδον καὶ ᾿Αϑαμᾶνας καὶ Δόλοπας, τὴν δὲ χώραν καὶ τοὺς ὑπολειφϑέντας τῶν Περραιβῶν κατέσχον Λαρισαῖοι, πλησίον μὲν οἰκοῦντες τοῦ Πηνειοῦ ... οὗτοι δ᾽ οὖν κατεῖχον τέως τὴν Περραιβίαν καὶ φόρους ἐπράττοντο, ἕως Φίλιππος

κατέστη χύριος τῶν τόπων. L’ordine è a mio avviso molto significativo: prima la maggior parte dei Perrebi, scacciati dal loro paese (chiaramente con il ricorso alla forza militare), si rifugia sul Pindo, poi i Perrebi rimasti nelle loro sedi vengono assoggettati alla gente di Larissa e infine pagano il tributo fino ai giorni di Filippo. * Arist., Pol., 2, 1269b: τοῖς δὲ Λάκωσιν ἐπεὶ καὶ τοῖς

Θετταλοῖς

κατ᾽ ἀρχὰς

οἱ γειτνιῶντες

ἀφίσταντο

ἐχϑροὶ πάντες

διὰ τὸ πολεμεῖν

ἔτι τοῖς

ἦσαν, ᾿Αργεῖοι καὶ Μεσσήνιοι καὶ ᾿Αρκάδες" προσχώροις,

᾿Αχαιοῖς

καὶ Περραιβοῖς

καὶ Μά-

γνησιν. Sembrerebbe quindi riferirsi all’età arcaica (vIII-vI sec.) anche per i Tessali. 5. CABANES 1997, p. 101 (SEG XLVII 795). Cfr. LIAMPI 1990 (con ulteriore bibliografia) sulla storia dei Perrebi nel Iv sec. e sulla loro monetazione. Non risulta attestato nessun conio dei Perrebi in area epirota (cfr. anche LIAMPI 1996, in particolare pp. 109-110 e 118). 4 Cfr. RANDONE 2013, p. 43. 5 BOUSQUET 1992, p. 603 e MATTHAIOU 1990-1991, p. 273. Cfr. anche il nome proprio ᾿Αρατϑίωνος in SEG

XXXV 665 A, 9. Il raddoppiamento del theta nel nostro epigramma e in quello di Charops (n. 1, v. 2) sembrerebbe la conseguenza dell’assimilazione della consonante prima del theta (il chi o più probabilmente il tan). ° Cfr. Hom.,

Il., 2, 834; 12, 326; 16, 687; 23, 79; Od., 11, 171; Hes.,

Th., 211-212.

90

SECONDA

PARTE

attestazione epigrafica di Kap con alpha.‘ Di questo nome restano incerti sia il vocalismo originario, che sembrerebbe essere eta, che l'etimologia, sulla quale non si riesce a superare il livello

dell’ipotesi.” Da notare, infine, come la Moira, che corrisponde alla Kr, si accompagni spesso al verbo κιχάνω.ἢ Eccezionale è la grande regolarità e simmetria nell’incisione dell’epigramma, tanto che è stato

definito da BousQueT (1992, passim) stoichedon e boustrophedon. La prima linea ha una direzione di scrittura destrorsa, la seconda retrograda e la terza nuovamente destrorsa, terminando a sinistra con

uno spazio vuoto di 5,74 m. In maniera sorprendente la lunghezza totale occupata dall’epigramma sulla pietra (supra, p. 86) è di 29, 74 m (12 + 12 + 5,74), cioè esattamente 100 piedi (1 piede = 0, 297 m). Tale misura ricorda la pira hekatonpedos di Patroclo in Hom., Il., 23, 164. In Ctesias, FGrH 688 Ε 1q, inoltre, viene menzionata la costruzione hekatonpedos sulla pira di Sardanapalo. Non sembra casuale che proprio dieci versi siano distribuiti su cento piedi. A mio avviso è di notevole

interesse il rapporto tra lunghezza hekatonpedos e lo stoichedon, che raggiunge la sua perfezione proprio con l’iscrizione ateniese dell’Hekatompedon, IG 1? 4 (485 a.C. ca.). Inoltre, come già notato in precedenza, il numero di caduti ambracioti corrisponde a quello dei versi a loro dedicati. Un'altra simmetria dell’epigramma, notata da CASSIO 1994, pp. 105-106, è che il primo e l’ultimo distico

hanno un’identica sequenza prosodica: - - - - - τὐπυσπυνπ-- )] τύ τ- -τπτ-υυπτυυ- Un ottimo parallelo sembrerebbe costituito dall’iscrizione del tumulo di Menekrates

(CEG 143), dal

momento che non è casuale la sua lunghezza di un terzo di un hekatonpedos, 33 piedi.* *

II. FRAMMENTO

DI EPIGRAMMA

DEI CADUTI

ATENIESI

(IG 13 1142;

Frammento scoperto nell’agora di Atene nel 1933, integro solo in alto e l’anathyrosis originaria, consistente in una parte rozzamente scalpellata e in m verso la faccia principale. Il pezzo è conservato ad Atene, Mus. Agora potuto effettuare l'esame autoptico (luglio 2011). Le sue dimensioni sono m. Le lettere sono alte 0,02 m.

CEG

a sinistra, una fascia (inv. n. 1 a. 0,16; |.

dove liscia 555), 0,24;

1) presenta di 0,041 dove ho sp. 0,22

Bibliografia: OLIVER 1935, pp. 53-54; GV 2; RAUBITSCHEK 1940, pp. 58-59; PEEK 1940 (con osservazioni di F. Hiller von Gaertringen), pp. 166-167, nota 4; STUPPERICH 1977, I, Ρ. 207 € II,

115; CEG 1; IG 1? 1142 (con ulteriore bibliografia). Bibliografia delle immagini (cfr. FIG. 11): OLIVER 1935, p. 53 (riproduzione fotografica), CLAIRMONT 1983, II, TAv. 9 (riproduzione fotografica). Ulterioriore bibliografia in CEG 1 e IG 1° 1142. [- - -] edeyoato Yafta - - -] [- - -|re σιδάρεον α[- - -| 1 |oouata τῶνδ᾽ ἀνδρὸν — -- Πυπ]εδέχσατο yalia] RAUBITSCHEK 1940, [ῃυπε]δέχσατο aut [ἐ]δέχσατο Yafta] PEEK 1940, [ἄνδρας τόσδε ϑανόντας] ἐδέχσατο vali” hurò κόλπος] GV 2 T potius quam E recte legit PEEK 1940: |ecot Aap&ov OLIVER 1935, [δεσμὸν δουλοσύνας] τε σιδάρεον &[oxecav] PEEK 1940 (Hiller von Gaertringen), [τὰν δὲ ἀρετάν te μένος] τε σιδάρεον "Alois ἂν εἴποι] GV

Questo piccolo frammento marmoreo era parte di una base costituita da almeno due blocchi, \ | come mostra la presenza dell’anathyrosis sul lato sinistro. Il retro dell’iscrizione è quasi del tutto perduto, avendo il pezzo una forma triangolare, ma la piccola porzione di superficie lavorata grossolanamente potrebbe rappresentare il margine posteriore. Il monumento originario era con ogni ! ? 3 4

Cfr. nelle fonti letterarie ad es. Archil., fr. 216, WEST, IE’, τ: xa δὴ ᾿πίκουρος Su tali problemi ved. PALUMBO STRACCA 1998. Cfr. Hom., Il., 17, 632; AP, 7, 510 e gli epigrammi CEG 77, 158 e 664. L'iscrizione misura 9,8 m. Cfr. RANDONE 2013, p. 36.

ὥστε Κὰρ κεκλήσομαι.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

91

probabilità una base contenente un epigramma disposto su due righe. Il trattino orizzontale in alto all’inizio della seconda riga, interpretabile come la terminazione di un fau, assume un’importanza notevole per la comprensione della struttura del monumento (Fi. 11). La prosecuzione di tale lettera si trovava, infatti, nel perduto blocco adiacente. Questa tipologia di epigrammi incisi su una base senza attenzione alla fine del blocco marmoreo trova riscontri in altre basi con epigrammi per

i caduti in guerra,' anche se in questo caso il tau dimostra che non solo una parola, ma perfino una lettera poteva essere incisa a cavallo di due blocchi adiacenti.’ L’alfabeto è attico e la scrittura non presenta caratteristiche grafiche che permettano di ridurre l’arco cronologico tra il 490 e il 470.3 A causa delle grandi lacune è impossibile stabilire se il primo verso fosse un esametro e il secondo un pentametro,* non potendosi escludere, ad es., una

coppia di esametri. L'espressione [hun]edeyoaro yafta] si riscontra per lo più negli esametri sia come clausola al centro del verso che come adonio finale.’ In ogni caso il riferimento alla terra che

accoglie il defunto o i defunti non lascia alcun dubbio sulla natura funeraria dell’epigramma, che in quanto inciso su una base di grandi dimensioni, era molto probabilmente pubblico e dedicato

ai caduti in guerra. Lo confermerebbe il verso sottostante, a prescindere dalle sue diverse interpretazioni. Secondo RAUBITSCHEK 1940, p. 59, si dovrebbe intendere la menzione del re persiano Dario, Axpèov, e in tal caso l’evento bellico andrebbe individuato nella battaglia di Efeso del 498 a.C., quando Atene prese parte con venti navi alla rivolta ionica (Hdt., 5, 102). Tuttavia alla

lettura di OLIVER 1934, |- - -]eeot, è di gran lunga preferibile quella di PEEK 1940, [- - -Ιτεσι. Inoltre la menzione del re Dario sembrerebbe smentita dalla migliore divisione delle parole |- - -] τε σιδάρεον a|- - -], caratterizzata dalla forma dorica dell’aggettivo σιδήρεος, a, ov, ‘di ferro’.°

L’aggettivo è usato già da Omero?” e in alcuni casi esplicitamente riferito agli Ateniesi.* Costituisce un preciso confronto la frammentaria parola ἀδάμ|α-} nel lapis A, 11 1 di IG 13 503/504 (n. Iv),

che introduce un paragone tra la durezza, la forza e la resistenza di un materiale (il diamante) e quelle dei soldati caduti.” La perdita della maggior parte dell’epigramma impedisce di stabilire la

battaglia che ha portato all’erezione del monumento.!° *

Cfr.

la base con gli epigrammi di Maratona da Atene (n. Iv) e IG 1} 1163 (n. xIV).

2 Non mancano esempi per un tale fenomeno, che tuttavia, limitatamente alle mie conoscenze (cfr. TENTORI MONTALTO 2014, B, p. 19), sembrerebbe manifestarsi soprattutto in iscrizioni più tarde, come ad es. i cataloghi dei Sebastà di Napoli databili all’ultimo quarto del 1 sec. d.C., SEG LVII 1085 (DI NANNI DURANTE 2007-2008).

3 L’epsilon sembrerebbe rimandare a una datazione più tarda, avendo i tratti paralleli orizzontali, di cui quello centrale leggermente più lungo, mentre non forniscono indizi dirimenti le forme dell’alpha, che ha la barra centrale sempre inclinata, e del chi a croce di S. Andrea. Queste caratteristiche permettono però di accostare la scrittura a quella dell’epigramma superiore della base dei Maratonomachi da Atene (n. IV). 4 Il confronto con il monumento ateniese dei Maratonomachi (n. Iv) potrebbe però indurre a ritenere che in questa base, coeva o più antica, gli epigrammi fossero analogamente disposti in distici elegiaci > Cfr. rispettivamente CEG

633 (tra il terzo e il quinto piede) e CEG

595 (adonio alla fine del verso).

° PEEK 1940 fornisce alcuni utili confronti epigrafici per l’aggettivo σιδήρεος, come ad es. CEG 179. Cfr. anche le espressioni in cui l’aggettivo σιδήρεος si riferisce alla guerra, come in AP, 6, ἐκ πολέμοιο) e in AP, 7, 232, v. 2 (πολλὰ σιδηρείης χερσὶ ϑιγόντα μάχης). epigramma attico (cfr. KACZKO 2009). 7 Cfr. ad * Cfr. Ar., Ach., 491 e Aeschin., or. 3, Contra Ctesiph., 166 (l’espressione è

124, v. 3 (πολλὰ σιδαρείου xexoviueva La forma dorica non è inattesa su un es. Hom,, Il., 22, 357; 24, 205, 521. Ὦ σιδηροῖ).

? Già PEEK 1940 mette in relazione i due epigrammi, nei quali il medesimo paragone sembrerebbe differire solo dal materiale, il ferro e il diamante. coppia sinonimica.

Seppur in un diverso contesto, in PI., Grg., 509A, i due termini formano una

Ὁ Difficilmente potrebbe trattarsi di un monumento ai caduti della guerra di Atene contro i Beoti e i Calcidesi nel 506, mentre più probabile risulterebbe la missione contro Salamina nel 488/487 oppure una battaglia delle Guerre Persiane, esclusa però Maratona di cui sono noti altri monumenti funerari di caduti (nn. III e Iv). Si è anche riferito l’epigramma ai caduti della spedizione ateniese in aiuto della rivolta ionica del 498 a.C. Cfr. STUPPERICH 1977, I, p. 207 e nota 4 (II, p. 115).

92

SECONDA

PARTE

III. EPIGRAMMA DELLA STELE DEI CADUTI DELLA TRIBÙ ERECHTHEIS DALLA VILLA DI ERODE ATTICO A Loukou (SEG LVI 430) Stele di marmo pentelico scoperta nel 1999 nella villa di Erode Attico a Loukou (Eva Kynourias) e oggi conservata nei magazzini del museo archeologico di Astros Kynourias (inv. n. 535). Il pezzo misura: alt. 0,68 m; ]. 0,57 m (nella parte superiore 0,558) e sp. 0,285 m (nella parte inferiore 0,265). L'altezza del kymation lesbio, rimosso in età successiva, è di 0,075 m." L’altezza delle lettere è di: 0,022 m (l. 1), 0,015 m (Il. 2-5, distanza interlineare dei versi 0,006-0,009 m), 0,018 m (Il.

6-27). Ho avuto modo di effetturare l’esame autoptico e di realizzare due calchi dell’iscrizione nel luglio 2013, donati l’uno alla Kommission für Alte Geschichte und Epigraphik des DAI (München), l’altro all’archivio delle Inscriptiones Graecae alla BBAW (Berlin).

Bibliografia: SPyROPOULOS 2001, pp. 34-35 (SEG xLIX 370 K e N); 83; JUNG

2006, p. 221, nota 65; SPYROPOULOS

2009; STEINHAUER

GOETTE- WEBER 2004-2009

2004, p.

(SEG LVI 430);

STEINHAUER 2009, pp. 122-123; STEINHAUER 2010; CHRISTOPHE FEYEL, BE, CXXIII, 2010, n. 219; CXXIV, 2011, n. 230; CXXVII, 2014, nn. 165-166; 2015, n. 199; AMELING 2011; ARRINGTON 2011, pp. 185, 187, 199 e 204; KEESLING 2012; PROIETTI 2012; PROIETTI 2013; TENTORI

MONTALTO

2013, A (con ulteriore bibliografia); PETROVIC 2013; BUTZ 2015; GALLI — TENTORI

MONTALTO

2014, pp. 290-292 e 294-297;

JANKO

2014; TENTORI

MONTALTO

2014, A; PROIETTI

2014, pp. 168-175; TENTORI MONTALTO, c.d.s.”

Bibliografia delle immagini (cfr. FIGG. 12.1, 12.2): SPYROPOULOS 2009, copertina e pp. 41-45, FiGG. 1-8 (riproduzione fotografica della stele, del suo luogo di ritrovamento e dei frr. SEG LvI 431-432);

STEINHAUER

2004-2009, pp. 690-692, FiGG.

1-5 (disegno e riproduzione fotografica

dell’iscrizione SEG LVI 431); STEINHAUER 2010, p. 106, Fıc. 1 (riproduzione fotografica); ProIETTI 2012, pp. 99-102, FIGG. 1-5 e pp. 104-105, Εἰς. 7-8a-b (riproduzione fotografica della stele e dei frr. SEG LVI 431-432); TENTORI MONTALTO 2014, A, p. 35, Fiss. 1-2 (calco e disegno);

GALLI - TENTORI MONTALTO 2014, pp. 295-296, Fıcc. 15a-f (riproduzione fotografica dell’iscrizione e del suo calco); PROIETTI 2014, p. 169, 171, 173, FIGG. 1-3 (riproduzione fotografica); BUTZ

2015, pp. 84, 87, 93, FIGG.

5.1-5.5.

Ἐρεχϑείς Deut: καὶ βόσστις

ναίξι ῃυφ᾽ "Acc

heooyara γαίεξς.

τῶνδ᾽ dvdpov ἀρετὲν πεύσεται, hoc ἔϑανον βαρνάμενοι Μέδοισι καὶ ἐσστεφάνδσαν ᾿Αϑένας. παυρότεροι πολλὸν δεχσάμενοι πόλεμον. Δρακοντίδες ᾿Αντιφὸν 8 ᾿Αφσέφες Χσένον Γλαυκιάδες Τιμόχσενος 12 Θεόγνις Διόδδρος Εὐχσίας

Εὐφρονιάδες

* Ho verificato sulla pietra la correttezza del dato tratto da SPYROPOULOS 2009, p. 28. Diversamente STEINHAUER 2004-2009, p. 679 € STEINHAUER 2010, p. 99 riferiscono un’altezza di 9,5 cm.

? Ho espunto dalla bibliografia un mio articolo, già da tempo inviato per la stampa, ma del quale non mi sono più noti i tempi dell’effettiva pubblicazione: Marco TENTORI MONTALTO, Ricordare “il valore di questi uomini” : gli epigrammi funerari su pietra per i caduti della battaglia di Maratona, in corso di stampa in Pelorias, Atti delle Giornate Messinesi dei Dottorandi (Messina, 5-7 luglio 2012).

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EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

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IN

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Edxtéuov Καλλίας ᾿Αραιϑίδες ᾿Αντίας Τόλμις Θοκχυδίδες Δῖος ᾿Αμυνόμαχος λΔεπτίνες

Αἰσχραῖος 27 2 Φεμί:

καὶ

höcorıs

ναίξι

lleoov Φαιδρίας hup’ “Aoc

τ᾽ ἔσσχατα

TENTORI

MONTALTO

2014,

A, conieci, sed et “Aoc

hécoyata

possis: Φέμις ἂρ hoc xıylav’] ater εὐφαρῦς ἔσσχατα SPYROPOULOS 2009, Φξωις ἄρ᾽ hoc κιχ[άν «ει» αἰεὶ εὐφαδς heooyarı STEINHAUER 2004-2009, Deuts ἄρ᾽ hoc κιχ|εν] αἰεὶ εὐφαος heooyata STEINHAUER 2010, | Φέμις AI HOX KIXANEII (?) ΥΦΑΟΣῚΙ Ὁ ἔσσχατα AMELING 2011, ΤΦΕΜΙΣΑΡΗΟΣ ΚΙΧΣ |...]AIEIEYD®AOX | hesoyara PROIETTI 2012 e 2014, Φέμισαι hoc κίχς | δαίει ῃΠυφάσσι (vel ῃυφά «φ-»σ(ε)}.) | τ᾽ ἔσσχατα TENTORI MONTALTO 2013, A, Φέμισαι, hoc κίς γ᾽ αἰεὶ υ(ζπὲρ) φάος heooyara JANKO 2014 4 βαρνάμενοι legi: [υμ]αρνάμενοι ceteri edd. 27 Φαιδρίας legi: Φαι[δ]ρίας cett. edd. Dico: anche chi abita sotto Aurora i confini della terra,

verrà a sapere il valore di questi uomini, come morirono combattendo contro i Medi e (come) incoronarono Atene, sostenendo in pochissimi l’attacco di molti.

La stele della tribù Erechtheis è stata rinvenuta nella villa di Erode Attico a Loukou tra i materiali di reimpiego di una costruzione di età tardo-antica, un piccolo forno per la produzione della calce,

situato nella parte esterna della basilica in prossimità del muro settentrionale.‘ Il pezzo presenta chiari segni di rilavorazione che rendono difficile ricostruire la struttura dell’intero monumento funerario di età classica. Sebbene non ne sia nota l’altezza originaria per via dell’amputazione della parte inferiore,? le dimensioni corrispondono a quelle delle altre liste di caduti attiche del V sec. In particolare, contrariamente alla larghezza, che si avvicina piuttosto alla soglia minima attestata,

lo spessore di 0,285 m supera di poco quello della stele che finora registrava la misura maggiore.* Solo il lato sinistro si è preservato senza alterazioni, conservando in alto il kymation lesbio e la sot-

tostante superficie originaria, riconoscibile dalla corrosione dovuta alla lunga esposizione agli agenti atmosferici.° Gli altri tre lati sono stati rilavorati con una scanalatura, che ha risparmiato solo un gradino di circa 0,065 m verso la faccia iscritta.° Se sul lato destro si sia in seguito proceduto ad amputare il kymation e a levigare la superficie, il monumento originario poteva essere composto

! SPYROPOULOS

2001, pp. 34-35

€ SPYROPOULOS

2009, p. 27.

2 La stele si è conservata solo per un’altezza di 0,68 m ed è tagliata in basso. 3 ARRINGTON

2011, p. 194, nota 110, riferisce che la larghezza delle stele dei caduti attiche è compresa tra 1,034

m di IG 13 1186 (411 a.C.) e 0,45 m di IG 1 1162 (n. xv). Anche quest’ultima (n. xv) è caratterizzata da un restringimento in alto, passando da 0,47 m nella parte inferiore a 0,45 m in quella superiore, che corrisponde circa alle dimensioni dell’analogo restringimento misurabile sulla stele di Loukou (0,57 m nella parte inferiore e 0,558 m in

quella superiore). 4 Cfr. n. vıu, fr. m, che presenta un analogo spessore di 0,26 m. Cfr. GALLI

—- TENTORI

MONTALTO

2014, p.

294. > Sulla faccia principale si riconosce il kymation lesbio per un'altezza di circa 7,5 cm. Sul lato sinistro l’altezza del kymation misura circa 6,5 cm per via della scanalatura creata in fase di rilavorazione e della perdita della parte non intaccata da quest’ultima all’angolo con la faccia principale (tale frattura della pietra si estende per 19 cm ca. lungo la faccia iscritta).

° La fascia è alta circa 21 cm e profonda circa 1 - 1,5 cm. La fascia è divisa quasi in due metà da una linea che corre a 10,5 cm di distanza dalla fine del bordo. Le misure che ho preso non devono ovviamente essere considerate assolute ma orientative, in quanto i valori dipendono dallo spessore della stele, che aumentando verso l’alto cambia lungo il perimetro, e dalla regolarità della rilavorazione della pietra.

94

SECONDA

PARTE

da stele singole, non giustapposte le une alle altre.! Si noti, infatti, la disposizione dell’epigramma, che occupa la stele in tutta la sua larghezza e che sarebbe difficilmente unito a quello della stele adiacente senza soluzione di continuità,? e il fatto che la tipologia monumentale a stele unite si

svilupperebbe solo nella seconda metà del v sec. a.C.* La stele della tribù Erechtheis doveva erigersi all'estremità sinistra del monumento, in accordo con la posizione incipitaria di questa tribù nella successione ufficiale ateniese, che trova numerosi confronti con altri monumenti funerari pubblici per i caduti in guerra.‘ Confermerebbero la presenza di più stele, verosimilmente dieci, una per ciascuna tribù, altri due frammenti del catalogo dei caduti, caratterizzati da un ordinamento delle lettere ‘stoichedon

obliquo’ (cfr. infra) analogo a quello della lista dei caduti della nostra stele e scoperti nella stessa area. Date le scarse dimensioni dei frammenti, le lettere superstiti di ogni rigo sono sfortunatamente

troppo poche per poter fornire delle ipotesi sui nomi di questi caduti. Nel primo frammento si legge: I AM PI

(o forse N)

Nel secondo:°

E

I frammenti potrebbero appartenere verosimilmente a una delle altre stele,” ridotte forse in pezzi prima di esser trasformate in calce nel forno. Sembra difficile che uno dei due frammenti — o ancora più difficilmente entrambi — potesse appartenere alla prosecuzione della stele della tribù Erechtheis.

Ipotizzando verosimilmente una stele per ogni tribù, ciascuna stele avrebbe contenuto analogamente un epigramma e una lista di caduti.*

Dal mio esame autoptico dell’epigrafe si evincono almeno due fasi del reimpiego architettonico (GALLI — TENTORI serimento all’interno Sembrerebbe quindi inferiore e rilavorate

MONTALTO 2014, pp. 294-297). Il tipo di rilavorazione suggerirebbe l’indi una parete, contestuale al riuso della stele per la decorazione della villa. che le stele dei caduti del monumento originario siano state tagliate nella parte ai lati per essere collocate l’una a fianco dell’altra, forse per la decorazione

di una parete di uno dei due ambienti che meglio si adattavano a tale intento espositivo, l’aula ! Cfr. TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 33 e GALLI - TENTORI MONTALTO 2014, pp. 294-295. ? GALLI - TENTORI MONTALTO 2014, p. 295. STEINHAUER (2004-2009, p. 688 e 2010, p. 104) immagina che la

stele di Loukou appartenesse a un monumento a stele singole, la cui imponente lunghezza originaria era di almeno 10 metri. Indicativo è il confronto con la tipologia a stele singole di IG 1? 1147 (460 a.C.) e IG 1 1162 (n. xv). Cfr. MATTHAIOU 2003, p. 195 e nt. 20. 3 Cfr. ARRINGTON 2011, p. 195. 4 TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 33, nota 20. 5 Riproduco i due testi nell’unica edizione di STEINHAUER 2004-2009, p. 686. Questo frammento, conservato al

museo di Astros (inv. n. 586) misura 19 cm di altezza e 10 cm di larghezza. Le dimensioni delle lettere, disposte su 7 righe, sono compatibili con quelle del catalogo della stele, essendo comprese tra 1,7 e 2 cm. ° Di nuovo il testo è solo in STEINHAUER 2004-2009, p. 687. Anche questo frammento si trova nel Museo Astros (inv. n. 587). Le sue dimensioni sono: altezza, 18,5 cm; larghezza, 7 cm; altezza delle lettere, 2 cm.

di

7 SEG LVI 431 e 432. Difficilmente entrambi i frammenti potevano appartenere alla prosecuzione della stele della tribù Erechtheis. Cfr. TENTORI

MONTALTO

2013, A, p. 32, con la bibliografia precedente.

* Cfr. per i dieci epigrammi AMELING 2011, p. 20.

GLI

EPIGRAMMI

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basilicale o, ancora più verosimilmente, la biblioteca della villa.’ La rilavorazione indica come

nell’operazione si sia proceduto ad un accurato taglio della pietra mirato a preservare il testo della stele. Se ne può dedurre che probabilmente la lista dei caduti non contenesse altri nomi oltre a quelli conservati. La ricollocazione a Loukou ha infine rispettato l’ordine antico delle stele, con la

tribù Erechtheis in prima posizione, come mostra la conservazione del kymation a sinistra. La più brutale amputazione del kymation dalla faccia principale sarebbe inconciliabile con un tale intento espositivo e risalirebbe, a mio avviso, alla seconda e ultima fase del riutilizzo del pezzo come materiale da costruzione del forno tardoantico. Quest'ultima fase, infatti, non solo si concilierebbe con una veloce distruzione del kymation e con il conseguente inestetismo, ma anzi

renderebbe pienamente giustificata tale operazione, in quanto un’eventuale sporgenza sulla faccia principale avrebbe creato maggiori difficoltà nella disposizione orizzontale del blocco e nella collocazione di un altro blocco al di sopra.* In conclusione la fascia scavata sui tre lati è funzionale a una disposizione verticale della stele, mentre il distacco del kymation, necessariamente successivo, a

una orizzontale. Nella facciata principale, al di sotto del kymation lesbio, l'iscrizione è disposta in tre parti distinte: il nome della tribù Erechtheis, un epigramma di due distici elegiaci e una lista dei caduti.

Questa particolare successione è un caso unico nelle liste dei caduti attiche,* ma non riterrei che se ne debbano trarre particolari conclusioni: da un lato non sembra esistere una qualche regola nella disposizione dell’epigramma, che può ben trovarsi sulla stele (nn. 11 e xv), dall’altro non si può escludere l’identificazione tra la tribù Erechtheis e la stele, che parla in prima persona nell’incipit

dell’epigramma (cfr. infra). Ipotetica rimane l’eventuale analoga struttura delle altre stele. La suddivisione contenutistica si riflette nella differenza di modulo delle lettere e nei due spazi vuoti di ugual misura, al di sopra e al di sotto dell’epigramma (1,7 cm circa‘). Nella lista dei caduti, ogni

lettera occupa lo spazio vuoto tra le due lettere del rigo superiore, creando così un allineamento obliquo senza interlinea ed uno verticale a righe alterne. La distanza verticale tra due caratteri (1,8 cm) è la metà circa di quella orizzontale (circa 3,6 cm). In alcune iscrizioni attiche tardo-arcaiche compare una simile disposizione testuale.° Nessun esempio, tuttavia, risulta effettivamente uguale all’allineamento obliquo della stele di Loukou.° Un analogo ma più meticoloso schema si riscontra solo successivamente in alcune delle tabulae Iliacae, un gruppo di rilievi con scene tratte dal ciclo troiano, databile alla prima metà del 1 sec. d.C.” Anche per la stele di Loukou sembrerebbe probabile, pur in assenza di tracce visibili, la realizzazione di un qualche tipo di rigatura (forse a

linee oblique) o almeno dell’ordinatio dei caratteri, inevitabile per uno schema così complesso.° La posizione delle lettere non si concilia però con una forma di scacchiera quadrangolare, come in tutti gli esempi citati, bensì con una rettangolare, con una base doppia rispetto all’altezza (3,6 x 1,8 cm). Per un così elaborato allineamento riterrei che la migliore definizione sia quella di ‘stoichedon

* Cfr. per la collocazione nella villa AMELING

2011, pp. 20-21 e ntt. 78 e 79.

2? Un’analoga amputazione del kymation si riscontra nella stele SEG 111 60, scoperta nel 2000 a est del Dipylon di Atene (odos Dipylou) come materiale di reimpiego nel muro di cinta di età tardo-romana. Anche la stele IG 1? 1186b, riutilizzata come materiale di riuso, è priva del kymation. 3 Ved. ARRINGTON 2011, p. 183 e nt. 29. 4 Per questa e le successive misure della stele ved. SPYROPOULOS 2009, p. 29-32. 5 Cfr. KEESLING 2012 e ΒυΤΖ 2015. Nelle iscrizioni raccolte da Keesling, IG 1? 1, IG 1} soı A (CEG 179), IG 1? 635 (CEG 207), IG 1? 702, sembrerebbe lecito parlare solo di uno stesso intento nella disposizione le lettere. Rispetto

alla stele di Loukou, manca la regolarità geometrica e soprattutto le prime lettere del margine sinistro, negli esempi in cui si è conservato, sono allineate in verticale, come se il testo dovesse essere stoichedico. ° KEESLING 2012, p. 141 e AMELING 2011, p. 11 e nt. 13 affermano l’assenza di confronti. 7 Cfr. TENTORI MONTALTO 2013, A, pp. 34-36.

® La rigatura delle iscrizioni poteva essere incisa oppure eseguita con tecniche che lasciano scarsi segni (ad es. punte metalliche) o nessuno (ad es. una corda tesa). Cfr. SUSINI 1966, p. 45. Per l’ordinatio (disegno preliminare del testo da incidere) si veda SUSINI 1966, pp. 44-46 e da ultimo PANCIERA 2006, pp. 1809-1811 (con bibliografia precedente, p. 1809 n. 1). Ho affrontato il tema della rigatura e dell’ordinatio in TENTORI MONTALTO 2014, B, pp. 18-35.

96

SECONDA

PARTE

obliquo o alternato’,' piuttosto che quella di πλινθϑηδόν, proposta da Steinhauer, ma adatta piut-

tosto all’epigramma dei caduti argivi a Tanagra (n. vini).? Infatti, alcune fonti tarde ricollegano il termine πλινθηδόν

alla disposizione della scrittura lungo il perimetro di un mattone. Il solo

Erodoto utilizza la parola πλινθηδόν a proposito di una tecnica di fabbricazione delle navi che prevedeva una disposizione del legno simile a quella dei mattoni in un muro.* Senofonte attesta

una similitudine tra la costruzione di una casa e la falange,’ che risulta ancora più evidente nella descrizione attribuita da Polibio a Demetrio Falereo.° Ho messo in luce (TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 36) come questa similitudine: «da un lato permette di collegare la disposizione alternata dei mattoni di una costruzione (immaginando ad es. un opus lateritium) a quella degli opliti nel

campo di battaglia, dall’altro mette in risalto la solidità dello schieramento attraverso il parallelo di un solido ed impenetrabile muro. Tali elementi assumono un’importanza fondamentale per la stele di Loukou, poiché inducono a ritenere che la disposizione delle lettere dei nomi dei caduti volesse riprodurre la formazione dello schieramento oplitico in battaglia. [...] Il fatto che la realizzazione di

questa originale disposizione della scrittura coincida con la più importante vittoria dell’oplitismo ateniese, non solo militare, ma anche ideologica, andrà confrontato con quanto era già accaduto per lo stoichedon, che raggiunge la sua perfezione durante la democrazia ateniese, di cui rappresenta i valori figurativamente ancor prima che concettualmente». Si confronti, infatti, uno dei prototipi dello stile stoichedico, il decreto di Salamina (IG 1° 1), che si configura, in rispetto del principio di ordine,

razionalità e chiarezza della scrittura, come un portato della democrazia.” Il tono generale dell’epigramma e il contenuto del secondo distico (cfr. infra) rendono quasi certa l’attribuzione della stele di Loukou alla battaglia di Maratona, alla quale tale disposizione delle lettere sembra alludere. L’analisi paleografica della stele di Loukou permette una datazione al decennio 480-470," in accordo

con un monumento realizzato durante l’età di Cimone per i caduti di Maratona. Fuorviante appare la proposta di Proietti di considerare la stele di Loukou una copia dell’età di Erode Attico, di cui

non traspare alcun indizio.” Ho individuato un solo lapicida per tutte e tre le parti che compongono l’iscrizione (titolo, epigramma e lista dei caduti)!° e non sembra pertanto possibile datare anche il solo epigramma in età successiva, seguendo PROIETTI 2013. L'iscrizione, infatti, rispecchia chiaramente tutte le caratteristiche dell’alfabeto attico pre-euclideo (FıGc. 12.1, 12.2). L'unico fenomeno degno

di nota è il raddoppiamento del sigma davanti al tau o al chi (nel solo epigramma al v. 1 in hooorıg e ἔσσχατα; al v. 3 in ἐσστεφάνσσαν), che si incontra spesso in iscrizione attiche del v sec. a.C." ' Per tale definizione cfr. TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 35. AMELING 2011, p. 11, parla già di ‘versetztes otoryndév-Schema’; PROIETTI 2013 di ‘staggered στοιχηδόν᾽. * STEINHAUER 2004-2009, p. 683. La definizione è adottata anche da KEESLING 2012, p. 140 e nt. 7, senza, però, un'analisi critica delle fonti, una delle quali è erroneamente citata (Polieno in luogo di Polibio). 3 Eust., Comm. in Hom., Il., 23, 358-361 (in particolare 1305, 33, vol. IV, p. 746 van der Valk); Scholia in D.T., pp. 191 e 484 Hilgard; AB, 3, p. 1171. Cfr. TENTORI MONTALTO 2013, A, pp. 35-36. 4 Hdt., 2, 96, 1. Il contesto non è attinente alla descrizione della scrittura e rilevante è la distanza temporale tra

Erodoto e le fonti sopra citate. 5 X., Mem., 3, 1, 7: πολὺ γὰρ διαφέρει στράτευμα τεταγμένον ἀτάκτου, ὥσπερ λίϑοι τε καὶ πλίνϑοι καὶ ξύλα καὶ κέραμος ἀτάκτως μὲν ἐρριμμένα οὐδὲν χρήσιμά ἐστιν. ° PIb., 10, 24, 7: φήσας ὅτι καϑάπερ ἐν οἰκοδομίαις, ἐάν κατὰ μίαν πλίνϑον Ic καὶ καϑ'ἕνα δόμον ἐπιμελείας τύχῃ τὸ παρατεϑέν, οὕτως ἐν στρατοπέδῳ τὸ κατ᾽ ἄνδρα καὶ κατὰ λόχον ἀκριβωϑὲν ὅλην ποιεῖ τὴν δύναμιν ἰσχυράν.

7 MUSTI 1986, p. 31. Ved. da ultimo BUTZ 2010, pp. 41-54 sull’iscrizione ateniese dell’Hekatompedon (IG 1 4; 485 a.C. ca.), in cui lo stoichedon raggiunge la sua perfezione, e pp. 77-103 sulla complessa origine dello stile stoichedico in età arcaica, attestato anche fuori di Atene (soprattutto a Samo).

* Questa datazione è stata offerta, indipendentemente e con diverse argomentazioni da CULASSO GASTALDI 2010, pp.

140-142,

PETROVIC

2013, p. 58

e TENTORI

MONTALTO

2013,

A, p. 48, nota 127.

? L’analisi di PROIETTI (2012, 2013 e 2014), pur mancando di basi metodologiche, viene ripetuta in modo del tutto superfluo in tutti e tre i contributi citati. L’autrice, infatti, non solo omette

alcuni epigrammi

di età classica, che

mostrano motivi analoghi, ma considera impropriamente l’aspirazione di hécoyata al v. 1 come un ipercorrettismo (PROIETTI 2014, p. 174). Cfr. infra, p. 97, nota 8 e TENTORI MONTALTO 2014, A, pp. 34-36. Ὁ Cfr. TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 47 € TENTORI MONTALTO 2014, A, pp. 34-37. 1! Per il fenomeno del raddoppiamento del sigma davanti al tau e al chi cfr. THREATTE, GAI, I, pp. 527-529. Cfr.,

ad es., IG 1 1401 (infra, p. 166, nota 5).

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

97

In ναίξι è certamente preferibile intendere un congiuntivo piuttosto che l’indicativo del verbo (cfr. infra). L'iscrizione, dunque, non mostrerebbe mai la scriptio plena del dittongo epsilon-iota. Venendo ora al testo dell’epigramma, si fornisce qui il risultato della recente esegesi successiva all’esame autoptico (TENTORI MONTALTO

2014, A), dal momento che finora il v. 1 non era stato

letto correttamente (cfr. apparato critico). Il verbo φημί è documentato all’inizio del verso sia in Omero! sia in altri epigrammi su pietra, nei quali la pietra parla in prima persona ai passanti.° La

prima persona singolare φημί introduce dunque il discorso diretto della stele, costituito da tutte le parole che seguono questo verbo.* Alcuni epigrammi su pietra indicano con altri verbi il discorso diretto della stele rivolto al passante.° In particolare, in un epigramma funerario della metà circa del v sec., proveniente da Eretria, CEG 108, v. 6, il motivo è di nuovo chiaramente espresso,

immaginando che la stele dirà (si usa il futuro ἐρεῖ) ai passanti una frase di elogio al defunto.° Tra gli epigrammi del presente corpus, infine, si noti l’uso della prima persona singolare (ὀλοφύρομαι) nel v. 1 dell’epigramma di Ambracia (n. 1). Problematica è la lettura del segno posto prima della parola ἔσσχατα al v. 1, che potrebbe essere T oppure H (FIG. 12.1). Nel primo caso ho proposto la correlazione καὶ... τε, che rinforza il significato di ‘anche’, sia prima del pronome relativo indefinito (‘anche chi”) che della menzione dei confini della terra (‘anche ai confini della terra’).” Se, invece, si preferisse leggere con STEINHAUER 2004-2009 un het invece del fau prima di Eooyara, la forma hécoyata, finora mai attestata, sem-

brerebbe dovuta all’estensione dell’aspirazione della seconda sillaba a quella precedente, fenomeno non raro nelle iscrizioni attiche.* Il pronome ὅστις ricorre in numerosi epigrammi su pietra, la maggior parte dei quali funerari.’ ' Hom.,

Il., 2, 350; 21, 316. Cfr. AP,

5, 148 (φαμί); 9, 342, App.Anth.,

ς, 3; 7, 13 (Ath., 10, 456€). La prima

persona singolare φημί si riscontra in totale 25 volte nell’AP, di cui 8 all’inizio del verso (esametro o pentametro). Cfr. l’index epigrammatum in DÜBNER

1864-1872, II, p. 679 e in COUGNY

1890, Ρ. 627.

? Cfr. CEG 883 (Olbia, fine Iv sec. a.C.) φημὶ διακοσίας τε καὶ ὀγδοήκοντα ὀργυιὰς 7 καὶ δύο τοξεῦσαι κλεινὸν ᾿Αναξαγόραν / υἱὸν Δημαγόρεω Φιλτέω δὲ παῖδα [ὀργυιάς() / - = - τῷ Cfr. CEG 286 (Atene, 490-480 a.C.): πᾶσιν To’ ἀνθροόποι[ς] Πυποκρίνομαι, Πόστις ἐ[ρδ]τᾶι- / héc

u’ ἀνέϑεχ᾽

ἀνὸ |pov: "Avrı [φάνες δεκάτεν. CEG » (Alicarnasso, 475 a.C. ca.): αὐδὴ τεχνήεσσα 1190, λέγε τίς Tod ἄγαλμα] / στῆσεν ᾿Απόλλωνος βωμὸν En’ ἀγλαΐ[σας]. / Παναμύης υἱὸς Κασβώλλιος εἴ μ᾽ ἐπ[οτρύνεις] / ἐξειπέν, δεκάτην τήνδ᾽ ἀνέθηκε 9ε[ῶι]. ° CEG 108: χαίρετε τοὶ παριόντες : ἐγὸ δὲ ϑανὸν κατάκειμαι : / δεῦρο ἰὸν ἀνάνεμαι ἀνὲρ τίς rede τέϑαππται : / ἕξνος ἀπ᾿ Αἰγίνες, Μνεσίϑεος δ᾽ ὄνυμα. / καί μοι μνξμ᾽ ἐπ[έ]ϑεχε φίλξ μέτξο Τιμαρέτε : / τύμδι ἐπ᾽ ἀκροτάτδι στέλεν ἀκάματον. // hate ἐρεῖ παριῦσι διάμερες ἄματα πάντα / Τιμαρέτε μ᾽ ἔσστξσε φίλοι ἐπὶ παιδὶ ϑανόντι. Cfr. IG XII

9, 285 e Suppl., p. 186 (con riproduzione fotografica) che propone la datazione al vi a.C., ma, contra, LSAG?, pp. 86 e 88, n. 21.

7 Cfr. TENTORI MONTALTO 2014, A, p. 39, con un confronto di un altro epigramma, App.Anth., 6, 252. * Cfr. THREATTE, GAI, I, pp. 457-461. Al contrario di “Avg (cfr. infra, p. 98) ed heXrtò” (n. x, 1. 9), infatti, non

sussiste una ragione etimologica tale da giustificare la forma hécoyata. ? Cfr. CEG 159 (Thasos, 500 a.C ca.), 286 (Atene, 490-480 a.C.); 459 (Rodi, 600-575 a.C.); 493 (Atene, inizio IV a.C.); 690 (Rodi, 360-350 a.C.); 732 (Istria, 350 a.C. ca.). Solo l’epigramma CEG 459 potrebbe non essere funerario.

οὗ

SECONDA

PARTE

Il verbo ναίω, a cui il pronome si collega, ricorre nel lessico poetico! e in particolare anche nel v. 1

dell’epigramma dei Corinzi caduti a Salamina (n. vi), dove la costruzione con l’accusativo seguito dal genitivo è la medesima (ἄστυ Οορίνϑου e ἔσσχατα yatec). Il verbo ναίει potrebbe essere interpretato sia come un congiuntivo che come un indicativo, a seconda che al segno E si attribuisca il valore di epsilon oppure di eta (ναίει oppure vate). Dal confronto con le analoghe costruzioni dell’epica arcaica? e, soprattutto, della famosa coppa di Nestore," ho mostrato che il congiuntivo

risulta di gran lunga preferibile (TENTORI MONTALTO 2014, A, p. 39). L'espressione τῶνδ᾽ ἀνδρῶν ἀρετὲν πεύσεται, infine, richiama da vicino ἀνδρὸς [...] γνό |[oet]at ἐν[ορέαν] nell’epigramma di Xenokles (n. a). Non solo più volte le fonti riferiscono del valore dei Maratonomachi (TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 45, nota 103), ma il motivo del nostro epigramma sembra essere ribadito nelle Vespae di Aristofane, laddove il coro afferma che presso i barbari nessuno ha fama di essere

più valoroso (ἀνδρικώτερον) degli Ateniesi.‘ La lettura huo’ "Aoc ha permesso l’importante individuazione del nome della divinità Eos/ Aurora.‘ In Aug

/ &ög sussisterebbero sia il vocalismo dorico che l’aspirazione iniziale. Nei lessici,

tuttavia, non era finora ammessa la compresenza dei due fenomeni (cfr. LS], s.v. ἠώς). Il dialetto attico, infatti, ha la prima vocale caratterizzata dallo spirito aspro, ma breve (ἕως), mentre in altri dialetti la prima vocale è lunga, ma psilotica (ion. ἠώς, dor. ἀώς). Notava tuttavia LEJEUNE 1947, p- 153: «l’esprit doux des formes non attiques fait difficulté».° Ho già potuto segnalare l’esistenza della forma aspirata “Awc in età arcaica nella serie di iscrizioni dipinte che fungono da didascalia al fregio orientale del tesoro dei Sifni a Delfi (530-520 a.C.).” Non ho individuato altre attestazioni dell’espressione huo’ “Ac, in cui alla preposizione ὑπό segua il genitivo della divinità "Ewg o del corrispondente sostantivo ἕως. ma in Omero si riscontra la stessa preposizione con l’accusativo (ὑπ᾽ ἠῶ)." In Theoc., 16, 5, inoltre, l’espressione ὑπ᾽ 78 è contenuta in un verso caratterizzato dal pronome incipitario τίς e dal verbo vato, che si riferisce a tutti quelli che abitano sulla terra.” Esistono anche l’aggettivo ὑπηοῖος, N, ον, ‘mattutino, La parola ὅστις costituisce l'incipit in CEG 159, 493 e 690 (questi ultimi due epigrammi mostrano un identico v. 1), mentre nel nostro epigramma il pronome è posto analogamente all’inizio del discorso diretto della stele. 1

Cfr. ad es. Hom.,

Il., 2, 626; 5, 708; 16, 719; E., IT, 629. Cfr. in particolare p. 113, note 4-5.

2 Nella poesia epica il pronome ὅστις è accompagnato per lo più dal congiuntivo. Cfr. CHANTRAINE 1948-1953, II, pp. 245-246; RUIJGH 1971, pp. 448-450 ($ 362). 3 CEG 454 (Ischia, Lacco Ameno, vII a.C.): Néotopéc : ε[ἰμ]. : εὔποτ[ον] : ποτέριον. / hòc δ᾽ ἂν τῦδε ricor : ποτξρί[6] : αὐτίκα xevov / hiuepoc Παιρέσει : καλλιστε[φά]νδ : ᾿Αφροδίτες. La particella héc al v. 2 ha la funzione di

pronome relativo indefinito e corrisponde dunque a ὅστις (cfr. LS], s.v. ὅς, B Iv tura eventuale, che si adatta all’azione del verbo πίνω nella coppa di Nestore, ma dei Maratonomachi. Si noti inoltre la struttura sintattica identica al primo distico il pronome relativo indefinito (héootic, héc) è correlato ad un congiuntivo nella e a un futuro nella principale (πεύσεται, harpéoet)

6), mentre ἂν conferisce una sfumanon del verbo vate nell’epigramma del nostro epigramma. In entrambi proposizione relativa (ναίξι, πίξσι)

4 Ar., V., 1089-1090: ὥστε παρὰ τοῖς βαρβάροισι πανταχοῦ καὶ νῦν ἔτι / μηδὲν ᾿Αττικοῦ καλεῖσθαι σφηκὸς ἀνδρικώτερον. 5 TENTORI MONTALTO 2014, A, pp. 40-43. Cfr. la lettura di ΗΥ̓ΦΑΟΣ in TENTORI MONTALTO 2013, A, pp.

38 e 43. ° Cfr. anche LEJEUNE

1947, pp. 189 e 225. L'etimologia comune ai diversi dialetti si può far risalire a un radicale

*ausos, che trova una diretta corrispondenza nel lat. aurora. Dal radicale *ausos derivano in greco le forme *avhoc e poi *hxFoc. A volte si è mantenuta traccia del digamma intervocalico, come 60]. αὔως, dor. ἀξώς

e Hsch., s.v. ἀβώρ.

L’aspirazione della forma attica sembrerebbe derivare dalla caduta di -s- intervocalico, fenomeno che si riscontra anche nel verbo εὕω, che analogamente attesta alcuni derivati con lo spirito dolce (εὐστόν). Cfr. anche la forma havptoy in due iscrizioni attiche della seconda metà del v sec. a.C. (THREATTE,

GAI, I, p. 503) e il nome di un’altra divinità,

Ἅιδης, che presenta l'aspirazione iniziale solo nel dialetto attico (dor. ‘Atdac, ion. ᾿Αἴδης). 7 BRINKMANN 1985, p. 80, O2. Cfr. TENTORI MONTALTO 2014, A, p. 40. Diversamente, nell’espressione 6%’ 'Aöog in un epigramma di età romana (III sec. d.C.), MERKELBACH — STAUBER, SGO, 19/08/01, non si verifica

alcuna aspirazione, ma solo l’elisione della vocale finale della particella 69. δ Hom., Il., 5, 267: ἵππων ὅσσοι ἔασιν ὑπ᾽ ἠῶ τ᾽ ἠέλιόν te. In A.R., 4, 767, i codd. mostrano ὑπ congettura ὑπ᾽ ἠοῖ.

3

ἠέρι, ma Fraenkel

? Theoc., 16, 5-7: Τίς γὰρ τῶν ὁπόσοι γλαυκὰν ναίουσιν ὑπ᾽ ἠῶ (|ἰἡμετέρας Χάριτας πετάσας ὑποδέξεται οἴκῳ / σπασίως, οὐδ᾽ αὖϑις ἀδωρήτους

ἀποπέμψει. Cfr. il commento

di Gow

1952, I, p. 140 € II, pp. 307-308, dove si nota

GLI

EPIGRAMMI

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PER

I CADUTI

IN

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dell’alba’, di uso strettamente omerico,' e il sinonimo ὑπηῷος,᾽ modellati sulla forma ionica ἠώς. Risulterebbe difficile operare nell’epigramma in esame una scelta tra il sostantivo, ἅως, e la divinità che lo personifica, “Awc.5 Anche se le attestazioni di ὕπ᾽ ἠῶ in Omero e Teocrito, sopra ricordate, orienterebbero verso la prima ipotesi, non sembra evidente un riferimento generale a ‘coloro che abitano sotto il giorno’, quanto piuttosto, in senso iperbolico, a ‘chi abita ai confini della terra

sotto Aurora/aurora’. Un riferimento diretto alla divinità Eos sembrerebbe poi suggerito dall’espressione ἔσχατα γαίης. i confini della terra che secondo il mito sono delimitati da Oceano,‘ presso il quale risiederebbe Aurora. Non a caso Tithonos, rapito da Aurora, viene portato dalla dea ai confini della terra, come è esplicitamente riferito nell’Inno ad Afrodite e nel nuovo carme di

Saffo restituito dal papiro di Colonia.’ L’espressione ἔσχατα γαίης ricorre altre volte come adonio finale dell’esametro,° in particolare nell’oracolo della Pizia agli Ateniesi (Hdt., 7, 140). L’oracolo non sembra lasciare scampo agli Ateniesi, che sarebbero costretti a fuggire ai confini della terra.” Come sottolinea Petrovic,* la menzione dei confini della terra nell’epigramma della stele di Loukou è mirata a ribaltare esplicitamente il primo dei due oracoli della Pizia, che costituirebbe così un terminus post quem.?

In base all’esame autoptico ho potuto leggere all’inizio del v. 3 βαρνάμενοι, forma che trova confronti in altri epigrammi per i caduti in guerra,'° invece che μαρνάμενοι pubblicato dagli altri editori. Segue l’espressione ἐσστεφάνσσαν Ad9Evac, che rappresenta una delle più antiche testimonianze del motivo del vincitore (atleta o guerriero) che incorona la città. La medesima formula di elogio ricorre anche per gli atleti, essendo la corona il simbolo di vittoria agonistica‘ - ed evidentemente anche di vittoria militare, come testimonia Senofonte.‘ Le attestazioni riguardanti gli atleti

non sembrano precedere il v sec. Tra queste si segnalano due passi di Pindaro

e alcuni epigrammi,

rettamente che l’espressione ὑπ᾽ ἠῶ deve essere riferita non tanto al mattino, quanto al giorno e non può in nessun modo indicare l'Oriente. Gow legge il sostantivo ἠῶ nella forma ionica che presuppone una diretta influenza omerica, ma la tradizione manoscritta attesta sia ἠῶ che ἀῶ. Le forme doriche di questo nome sono frequenti in Teocrito (7, 35; 13, 11; 18, 26; 21, 24). Si potrebbe anche riconoscere il nome della divinità Aurora con l’epiclesi, non altrimenti attestata, YAavxd (cfr. ROSCHER, Lex., Suppl. 1, s.v. Ἕως). ! Cfr. Hom., Il., 8, 530; 18, 277; 18, 303; Od., 4, 656; 17, 25. Cfr. Hsch., s.v. dmmoty: ὑπὸ τὸν ὄρϑρον, πρὸς τῆς ἕω. 2? A.R., 4, 841. 3 Per la difficoltà di distinzione tra il fenomeno naturale e la divinità cfr. ROSCHER, Lex., s.v. EOS, coll. 1253-

1254, che afferma: «So dürfen wir also in der erscheinenden Morgenröte überall zugleich die Göttin selbst sehen». 4 I confini della terra sono circondati da Oceano a partire dalla cosmologia di Omero (Il., 19, 1-2; Od., 12, 1-6) e di Esiodo fino ad es. a Str., 1, 1, 8. Cfr. FAULKNER 2008, p. 273. 5 Cfr. TENTORI MONTALTO 2014, A, p. 42. In particolare, h.Ven., 218-219 e 226-227: ὡς δ᾽ αὖ Τιϑωνὸν χρυσόIpovoc ἥρπασεν Ἠὼς / duettone γενεῆς ἐπιείκελον ἀϑανάτοισι [...] Hoiî τερπόμενος χρυσοϑρόνῳ ἠριγενείῃ / vate παρ᾽ Ὠχεανοῖο ῥοῆῇς ἐπὶ πείρασι γαίης. Nella traduzione di CASSOLA (1975, p. 271) «Così, poi, l’Aurora dai fiori d’oro

rapi Titone, della vostra stirpe, simile agli immortali [...] godendo l’amore dell’Aurora dai fiori d’oro, che sorge di buon mattino, dimorava presso le correnti dell’Oceano, ai confini della terra». Il nuovo carme saffico è Sapph., fr. 58, 19-22 Voigt + pap. Colon., inv. n. 21351+21376. ° Cfr. Hes., Th., 731 e anche la clausola πείρατα γαίης

in Hom.,

Il., 14, 200.

7 Hdt., 7, 140: Ὦ μέλεοι, τί κάϑησϑε; Λιπὼν φύγ᾽ ἐς ἔσχατα γαίης / δώματα καὶ πόλιος τροχοειδέος ἄκρα κάρηνα. Se considerati dal punto di vista geografico, i confini della terra appartenevano per lo piü ai Persiani. Sui due oracoli delfici riferiti da Erodoto cfr. PARKE -- WORMELL 1956, I, pp. 169-179 e II, pp. 41-42 (nrr. 94 e 95). Sull’espressione ἀπῆγον εἰς ἔσχατα γῆς in Aristid., or. 13, Panath., 117, Lenz-Behr, p. 49 sembrerebbe aver influito appunto l’oracolo tramandato da Erodoto. Cfr. LENZ-BEHR 1976-1980, I, 1, p. CXVI, nota 58 con una proposta per la difficile esegesi

del passo. ® PETROVIC 2013, p. 60. ? PETROVIC 2013, p. 60 parla di un ‘jab against a ‘medizing’ oracle’. Hdt., 7, 142 testimonia la grandissima eco ad Atene subito dopo l’annuncio dei due oracoli delfici. 1° Cfr. nn. 1, VII, XV. 4 La corona di alloro, albero sacro ad Apollo, era quella concessa a Delfi, quella di ulivo, sacro ad Atena, ad Atene, ma anche a Olimpia, dove l’olivo fu secondo Pindaro (O., 3, 14-18) portato da Eracle. Nei decreti sono attestate

anche altre

corone come quelle di mirto, di edera o d’oro (cfr. GUARDUCCI,

EG, II, pp. 21-22).

12 Cfr. X., Ages., 6, 3: uetov μὲν γὰρ οὐδὲν ἐκράτει ὅτε οὐκ ἤϑελον αὐτῷ οἱ πολέμιοι μάχεσϑαι, ἀκινδυνότερον δὲ καὶ συμφορώτερον τῇ τε πόλει καὶ τοῖς συμμάχοις: καὶ ἐν τοῖς ἀγῶσι δὲ οὐδὲν ἧττον τοὺς ἀκονιτὶ ἣ τοὺς διὰ μάχης

νικῶντας στεφανοῦσι. Sul passo cfr. HORNBLOWER 2004, pp. 49-50. Secondo ANGELI BERNARDINI 2000, p. 41: «la vittoria del soldato e quella dell’atleta diventavano la vittoria della comunità». 3 Cfr. Pi., O., 5, 1-4: .-Ὑψηλᾶν ἀρετᾶν καὶ στεφάνων ἄωτον γλυκύν / ψξ τῶν Οὐλυμπίᾳ, Ὠκεανοῦ θύγατερ, καρδίᾳ γελα-

100

SECONDA

PARTE

che continuano ad attestare il motivo per tutta l’età classica ed ellenistica.' Si conclude con l’analo-

ga espressione ἐστεφάνωσε πόλιν l’epigramma dell’atleta Theognetos (Simon. xxx, PAGE, FGE).” Questa forma di elogio ricorre in due epigrammi su pietra per i caduti di età classica, quello di

Theotimos (n. 11) ai vv. 2-3, nell’analoga espressione Θεσσαλίαι στέφανον τεύχδν, e quello di Diognetos, CEG 594, v. 3 (Attica, forse 338 a.C.). Il motivo viene imitato in due epigrammi che elogiano personaggi distintisi in guerra: quello funerario del re Gergis, che incorona la sua stirpe, CEG 177 (Xanthos, fine v-inizio IV sec. a.C.), e quello dedicatorio per il comandante spartano Lisandro, riferibile alla vittoria militare di Egospotami, ma forse inciso verso la metà del secolo successivo, CEG 819 III, vv. 3-4 (Delfi, post 405 a.C.), nel quale in (voluto?) contrasto con la nostra stele la città incoronata è Sparta, ‘acropoli della Grecia’, per la vittoria su Atene.

Nel v. 4 si contrappone alla moltitudine dei barbari lo scarso numero di Ateniesi nella battaglia di Maratona, che costituisce la più antica attestazione di questo dato più volte sottolineato dalle fonti.* Dietro l’uso di παυρότεροι sembrerebbe celarsi la reminiscenza di un passo omerico, in cui al contrario si esprime la vergogna dei Greci per non aver già concluso la guerra combattendo contro un nemico inferiore numericamente.° Un ulteriore confronto con la Guerra di Troia,

mirato a elogiare i caduti attraverso la figura retorica dell’iperbole, sembrerebbe evidente già nel primo distico elegiaco. Non solo il motivo della fama che giunge ai confini della terra è caro alla coeva poetica pindarica,° ma il riferimento a chi vi abita (höoorız vate) sembrerebbe alludere

agli Etiopi con l’obiettivo di elogiare i caduti della stele. Pur non essendo l’unico popolo, situato secondo le fonti alle estremità della terra (cfr. in particolare gli Iperborei”), già Omero colloca più volte gli Etiopi ai confini della terra, vicino a Oceano.* Erodoto, descrivendo l’esercito persiano,

riferisce l’esistenza di Etiopi d’Asia, schierati a fianco degli Indiani? e usa esattamente l’espressione νεῖ / ἥἀκαμαντόποδός

τ᾽ ἀπήνας

δέκευ Ῥαύμιός

τε δῶρα" / ὃς τὰν σὰν πόλιν αὔξων, Καμάρινα, λαοτρόφον. Traduzione

di GENTILI 2013, Ρ. 131: «Di virtü sublimi e di corone olimpiche il fiore dolce accogli con animo ilare, figlia di Oceano: doni del carro da mule dai piedi infaticabili e di Psaumis che accrebbe la tua cittä nutrice di genti, o Camarina». Cfr. Pi., N., 11, 19-21: ἐκ δὲ περικτιόνων Ernatder’ ᾿Αρισταγόραν / ἀἄγλααὶ νῖκαι πάτραν τ᾽ εὐώνυμον }}ἐστεφάνωσαν πάλᾳ καὶ μεγαυχεῖ παγχρατίῳ. Cfr. le espressioni simili in Pi., P., 2, 5-6; O., 9, 19-20. Cfr. DAY 2010, pp. 198-231.

! CEG 346, v. 3 (Delfi, ca. 475-450 a.C). In quest’ultimo epigramma si legge: πεντάκι δὲ ΣΤΕΦΑΝΟΙΣ [- - -]. La lacuna impedisce purtroppo di leggere il secondo hemiepes del pentametro, ma l’integrazione più verosimile sarebbe, secondo DAY 2010, p. 211: «‘you (have) crowned’ probably with ‘(your fatherland) or its name as direct object’ ». La lettura corretta dunque sarebbe il verbo στεφανοῖς e non il sostantivo στεφάνοις, che non si accorderebbe a πεντάκι (cfr. i riferimenti bibliografici in DAY 2010, nota 145). Cfr. anche due epigrammi della metà del Iv sec. a.C., uno funerario,

CEG

567, vv. 3-4 (Attica), e uno dedicatorio,

CEG

811, vv. 1-2 (Delfi). Per altre fonti letterarie

ed epigrafiche, tra le quali numerosi epigrammi di età ellenistica cfr. EBERT 1972, p. 11, nota 2 e p. 59 e TENTORI MONTALTO

2013, A, p. 45, nota 106 (con ulteriore bibliografia).

2 Si tratta verosimilmente della trascrizione di un'iscrizione riferibile alla prima metà del v sec. a.C. (cfr. EBERT 1972, pp. 58-59 e, da ultimo, BRAVI 2006, pp. 103-105) piuttosto che di un componimento di età ellenistica, come viene con troppa sicurezza sostenuto recentemente da PROIETTI 2013, p. 27, nota 24. Proietti, inoltre, prende qui in

considerazione solo questo epigramma per arrivare all’erronea conclusione che la presenza di questa forma di elogio dei caduti sia indizio di un componimento successivo. 3 Nell’epigramma dell’indovino Kleoboulos, CEG 519, v. 3 (Attica, 375-350 a.C.), il demos incorona il defunto. Il motivo ricorre ancora in età ellenistica per un caduto, come mostra l’epigramma GV 1054 (Eubea, Oreos, III sec.

a.C.). La ‘corona della libertà’ è, inoltre, già attestata in altri epigrammi relativi alle Guerre Persiane, come Simon. x, PAGE, FGE, e la dedica CEG 4

Cfr.

Hdt.,

440 (Atene, Acropoli, ca. 480 a.C.).

6, 112, 2: Οἱ dè Πέρσαι

ὁρῶντες

ναίοισι ἐπέφερον καὶ πάγχυ ὀλεϑροίην, ὁρῶντες

δρόμῳ

αὐτοὺς

ἐπιόντας

ἐόντας

παρεσκευάζοντο

ὡς

δεξόμενοι,

μανίην

τε τοῖσι

᾿Αϑη-

ὀλίγους. Cfr. Lys., 2, 24; Pl., Mx., 241b; Nep., Milt.,

4-5. 5 Hom., Il., 2, 121-122. Cfr. E., fr. 356, TrGF v 1: ὀλίγους ἐπαινῶ μᾶλλον ἣ πολλοὺς κακούς. Cfr. TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 45. ° Cfr. Pi., O., 3, 41-45; I., 4, 5-13. Sul confine estremo rappresentato dalle colonne d’Ercole cfr. anche Pi., N., 3, 20; 4, 69. Secondo Pi., N., 5, 1-6; I., 2, 45, inoltre, la poesia è capace di diffondere la fama in luoghi in cui una statua non può arrivare. 7 Sugli Iperborei cfr. HERMANN DAEBRITZ, RE, IX 1, coll. 258-279 (in part. col. 276), s.v. Hyperboreer. ® Hom., Il., 1, 423; 23, 205-207; Od., 1, 22; 5, 282-287. Cfr. anche Mimn., fr. 12, West, IE, 11; A., Pr., 807-809. Sugli Etiopi cfr. RICHARD PIETSCHMANN, RE, 11, coll. 1095-1102, s.v. Aithiopia. ? Hdt., 7, 70. Cfr. D., Ep., 4, 7.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

101

ἔσχατα γῆς nella narrazione della missione di Cambise contro gli Etiopi.' Memnon, figlio di Eos e Tithonos, era il mitico re degli Etiopi e la sua morte nell’epico duello con Achille costituiva la trama della perduta Aethiopis, soggetto diffuso nella pittura vascolare di inizio v sec. a.C.? Nell’epigramma della stele di Loukou la vittoria degli Ateniesi sui Persiani corrisponderebbe così a quella di Achille su Memnon, venuto con gli Etiopi in soccorso dei Troiani. Alcune mitiche imprese di Memnon, infatti, erano notoriamente collegate all’Oriente e all'impero persiano, soprattutto la

fondazione di Susa e la costruzione del principale asse stradale.° Tali presupposti mitici potevano essere ben presenti a Erode Attico, dal momento che due suoi figli adottivi ricevono il nome di Memnon e Achilleus.* Ma anche prescindendo dalla figura mitologica di Memnon, la sola affermazione che il valore dei Greci sarà noto presso tutti coloro che abitano perfino ai confini della terra, sembra costituire già un paragone con il celebre ciclo epico troiano. Il valore dei caduti ateniesi ne

risulterebbe ulteriormente amplificato, se si considera che la Guerra di Troia si configurava come una spedizione di molti popoli greci contro una singola città, mentre al contrario nella piana di Maratona pochi Ateniesi hanno combattuto e vinto un nemico superiore per numero. Nel citato passo omerico, infatti, l'aggettivo παυρότεροι è riferito ai Troiani. Secondo Hdt., 9, 27, gli Ateniesi, portando a confronto anche la Guerra di Troia, ritenevano di essere i più valorosi tra i Greci

soprattutto per aver vinto da soli i Persiani a Maratona sconfiggendo 46 popoli. Nel suo intento eulogistico, tuttavia, anche il nostro epigramma non considera alcuni dati storici, in particolare il precedente attacco persiano contro Eretria e soprattutto la presenza di alleati Plateesi a Maratona.’ Secondo Erodoto (6, 117, 1) a Maratona sarebbero caduti 192 Ateniesi e tale numero sarebbe

compatibile con i 22 nomi incisi nella stele della sola tribù Erechtheis. L’ultimo verso dell’epigramma, pur confermando la scarsità degli Ateniesi rispetto ai Persiani, sembrerebbe tuttavia inconciliabile con il racconto di Erodoto (6, 112: ὡς δεξόμενοι è riferito ai Persiani), che parla di un attacco in corsa degli Ateniesi contro i Persiani, a meno di non intendere come puro artificio

retorico l’espressione (scil. gli Ateniesi) Seyoduevor πόλεμον. L'espressione troverebbe, in ogni caso, un diretto confronto in AP, 7, 301 (Simon. vii, PAGE, FGE), in particolare accettandone una

nuova esegesi che ne ho proposto (TENTORI MONTALTO 2013, p. 46, nota 112). Le fonti attestano a Maratona un πολυανδρεῖον dedicato ai caduti ateniesi del 490 a.C., che è stato

identificato con il tumulo, conosciuto come Soros o Tomba degli Ateniesi.’ In particolare Pausania testimonia l’esistenza di stele recanti i nomi dei caduti divisi per tribù a fianco della Tomba degli Ateniesi, come si evince dalla corretta interpretazione dell’espressione ἐπὶ δέ αὐτῷ (scil. Taoo).” Grazie a due importanti documenti epigrafici ateniesi del 11 sec. a.C. è noto il culto dei Marato-

nomachi da parte degli efebi sia davanti al πολυανδρεῖον di Maratona (cioè il Soros e le stele dei Maratonomachi) che a quello di Atene (molto probabilmente il cenotafio eretto ad Atene, n. 1v).* 1 Hdt., 3, 25. Cfr. TENTORI MONTALTO 2014, A, p. 42. 2 Sulla Aethiopis cfr. TENTORI MONTALTO 2014, A, p. 40, note 53-54. 3 Cfr. in particolare Hdt., 5, 53; 7, 151; Paus., 4, 31, 5. Sulla strada che attraversa l'impero Persiano costruita da Memnon cfr. D.S., 4, 75. Cfr. TENTORI MONTALTO 2014, A, p. 43. 4 Philostr., VS, 2, 10 (558); VA, 3, 11. Cfr. GALLI 2002, pp. 148-149. Al figlio adottivo Memnon è dedicata un’erma rinvenuta nei pressi di Maratona (IG 11/II1° 13196). Cfr. GALLI 2002, p. 185 e nota 766. > Cfr. Hdt., 6, 99-102 (Eretria); 108; 111; 113 (Platea). Sul contingente di Ateniesi e di alleati a Maratona cfr. da ultimo FIGUEIRA 2010, pp. 185-187. ° Cfr. tra le fonti letterarie Th., 2, 34, 5; Paus., 1, 29, 4. Sulla tomba dei Maratonomachi cfr. da ultimi VALAVANIS 2010 e GALLI -- TENTORI MONTALTO 2014, pp. 289-290. 7 Paus., 1, 32, 3: τάφος δὲ ἐν τῷ πεδίῳ (scil. Maratona) ᾿Αϑηναίων ἐστίν, ἐπὶ δέ αὐτῷ στῆλαι τὰ ὀνόματα τῶν ἀπο-

θανόντων κατὰ φυλὰς ἐκάστων ἔχουσαι. Cfr. VALAVANIS 2010, pp. 76-77 che rimanda per la corretta interpretazione di ἐπί con il dativo a PRITCHETT

1998-1999, II, pp. 62-63 (con ulteriore bibliografia). Segnalo, inoltre, un confronto

a mio avviso decisivo. Nell’espressione τὸ ἐπίγραμμα δὲ τὸ ἐπὶ τῇ ἀσπίδι in Paus., 5, 10, 4 si deve infatti intedere che l’epigramma di dedica degli Spartani non si trova sullo scudo, ma inciso su un blocco davanti o meglio sotto allo scudo, come conferma il ritrovamento della pietra con il medesimo epigramma (CEG 351, cfr. supra, p. 64, nota 1) di cui anche il Periegeta riferisce il testo. Essendo il tumulo rotondo e più alto delle stele dei Maratonanomachi, un'analoga collocazione è ben indicata da Paus., 1, 32, 3 tramite la preposizione ἐπί e il dativo. * Cfr. IG 11/11? 1, 5, 1313, 1. 15-18 (176/175 a.C.) e IG 11/1? 1006, Il. 22, 26-27, 69 (122/121 ultimo TENTORI MONTALTO 2013, A, pp. 47-49.

a.C.). Cfr. da

102

SECONDA

PARTE

Risulterebbe infine verosimile il trasferimento delle stele nella villa di Erode Attico a Loukou,

che deve porsi dopo la visita di Pausania a Maratona. Erode Attico fu sempre legato alla battaglia di Maratona, che avvenne sei secoli prima nel suo luogo natale.' La ricollocazione del monumento

nella villa si potrebbe più precisamente inserire nel contesto delle celebrazioni degli imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero in occasione della spedizione vittoriosa contro i Parti (162-166 d.C.), durante la quale Lucio Vero si era fermato in Grecia, in special modo a Corinto e a Atene, dove

fu ospite di Erode Attico nel 162 d.C. Il trasferimento delle stele da Maratona a Loukou rientrerebbe in un preciso quadro di propaganda imperiale, volto a esaltare nell’ottica romana la vittoria

dei Greci sui Barbari.” Le fonti letterarie, infine, tramandano almeno un ulteriore epigramma per i Maratonomachi, che è diverso da quello della nostra stele e da quello della base ateniese, n. ıv.° Riterrei lecito lasciare aperta la possibilità che nella tradizione letteraria si possano esser salvati versi di una perduta stele del primo oppure di un perduto blocco del secondo monumento. *

IV. GLI EPIGRAMMI DI MARATONA DALLA BASE DI ATENE (IG 1? 503/504, LAPIDES A E C; CEG 2)

Base di marmo pentelico da Atene formata da almeno quattro blocchi, di cui ne sono stati rinvenuti due, i lapides A e C. Il lapis A è composto da due grandi frammenti non congiunti, di cui quello di destra, integro solo nella parte superiore e inferiore (fr. a) misura a. 0,21 m, l. 0,46 m e sp. 0,18 m, quello di sinistra (fr. b), integro a sinistra, in alto e in basso, a. 0,215 m, l. 0,281 m e sp. 0,177 m. Il fr. a del lapis A proviene da Odos Adrianou, il fr. Ὁ dall’Agora; entrambi sono conservati ad Atene nel Mus. Agora (inv. n. 1 303). Il lapis C, invece, è stato rinvenuto nel Ceramico nel 1988, privo della metà superiore, probabilmente amputata per un riutilizzo architettonico come

materiale da costruzione.* Il lapis C è custodito nella ᾿Αποϑήκη τῆς I Ἐφορείας

(M 3258) e

misura a. 0,175-0,18 m, l. 1,313 m, sp. 0,478 m. Ho effettuato nei rispettivi musei l’esame autoptico

dei lapides A (luglio 2011) e C (luglio 2013), del quale ultimo ho potuto confrontare anche il calco conservato presso la BBAW. Bibliografia: (lapis A, fr. a) RANGABE, Ant. hell., 11, p. 748; KIRCHHOFF 1869; IG ı 333 + Suppl., p. 40, n. 333; IG 1° 763; (lapis A, frr. a-b) OLIVER 1933, pp. 480-494; WILHELM 1934, pp. 89111; PEEK 1934; HILLER 1934; OLIVER 1936; JACOBY 1945, pp. 161-185; MERITT 1960; MERITT 1962; MERKELBACH 1967, pp. 79-80; WEST 1970; MEIGGS — Lewis,

1956; PEEK GHI, n. 26;

Simon. xx a-b, PAGE, FGE; ECKER 1990, pp. 202-217; (lapides A, C): MATTHAIOU 1988; IG 1° 503/504 (con ulteriore bibliografia); CEG 2 e vol. ı1, pp. 299-300; MATTHAIOU 2000-03; TRACY 2000-03; MATTHAIOU

2003; JUNG

2006, pp. 84-96; PETROVIC

2007, pp. 158-177

(con ulteriore

bibliografia); BOWIE 2010, pp. 204-212; KEESLING 2010, pp. 116-118 e 127-129; FANTUZZI 2010, pp. 290-291; PROIETTI 2011; TENTORI MONTALTO pp. 175-179; ARRINGTON 2015, pp. 43-48 e passim.

2013, B; PETROVIC

2013; PROIETTI

2014,

! Cfr. Philostr., VS, 2, 1 (546), in cui si parla della discendenza di Erode da Eaco e, dunque, da Milziade e Cimone. Sul latifondo di Erode Attico a Maratona cfr. GALLI 2002, pp. 178-181 e KEESLING 2012, p. 139, nota 4.

? Cfr. GALLI - TENTORI MONTALTO 2014, con una trattazione completa delle testimonianze archeologiche e letterarie. Per altri casi in Grecia di propaganda monumentale dell’imperatore Lucio Vero, variamente legati a Erode Attico cfr. GALLI 2009-2010 e GALLI 2013. Per la Guerra di Troia riutilizzata in chiave romana per le campagne partiche cfr. SPAWFORT 1994. Frontone riferendosi esplicitamente alla guerra partica, usa come parametro la Guerra di Troia. Cfr., nella recente edizione di FLEURY 2003 (pp. 326-327 e 349), Fronto, Frontonis principia historiae incipiunt,

2 (grediamur estas quanta et Achilles gessisse cuperet et Homerus scripsisse) e Fronto, de bello Patthico, 1 (Haec verba Telamo Troiano bello de suis liberis semel elocutus est; Mars de Romanis saepe multisque in bellis hoc carmine usus est). 3 Simon. XXI e forse xvIlI, PAGE, FGE Poikile (cfr. FRANCIS — VICKERS 1985).

(cfr. infra, p. 105, nota 9). Il primo dei due si trovava forse sulla Stoa 4 Cfr. da ultimo ARRINGTON 2015, p. 45 e 60, FIG. 2.2.

5 Su un mio articolo non ancora edito e non aggiunto a questo elenco cfr. p. 92, nota 2.

GLI

EPIGRAMMI

Bibliografia delle immagini

PUBBLICI

(cfr. FIGG.

PER

I CADUTI

IN

13.1, 13.2, 13.3): OLIVER

GUERRA

103

1933, p. 481 (riproduzione fo-

tografica del lapis A); CLAIRMONT 1983, II, TAvv. 10-12 (riproduzione fotografica del lapis A); MATTHAIOU 1988, pp. 121-122 (disegni) e TAvv. 17-18 (riproduzione fotografica del lapis C); PROIETTI 2011, p. 42, FIGG. 1-3 (riproduzione fotografica dei lapides A, C); TENTORI MONTALTO

2013, A, p. 48, Fic. 4 (riproduzione fotografica del lapis A); TENTORI MONTALTO 2013, B, pp. 140-141, FiGG. 1-2 (riproduzione fotografica dei lapides A, C). Ulteriore bibliografia in CEG 2 e IG 1? 503/504. Lapis A 1

ἀνδρὸν τῶνδ᾽ apete[o= - == -- = Cfr. GUARDUCCI, EG, I, p. 172. Il koppa resta in uso nella monetazione corinzia fino alla fine del Iv sec. a.C. ° Cfr. disegno in GUARDUCCT, EG, 1, p. 177, FIG. 54 Ὁ. Sopra il ny di Οορίνϑου il primo cerchio con un punto al

centro potrebbe essere un falso inizio della lettera omicron a destra, oppure la volontà di incidere anche sopra al ny un theta. L’omicron sopra il theta di Οορίνϑου è stato probabilmente inciso da una mano diversa da quella dell’epigramma, a giudicare dal punto centrale del compasso profondamente scavato. 7 Cfr. TENTORI MONTALTO 2014, A, p. 39, nota 43. L’hypsilon di Οορίνϑου era già stato pubblicato dal primo editore, DRAGOUMES (1897, pp. 53-54), che, però, sembra aver voluto semplicemente trascrivere il corrispondente

dittongo del segno O e che, in ogni caso, non indica la presenza della lettera hypsilon, non più menzionata nelle successive edizioni (cfr. BOEGHOLD

1965, p. 182).

* Risulta improbabile un’aggiunta successiva dell’hypsilon, contemporanea alle due lettere tonde incise anch’esse al di sopra del v. 1, che potrebbe invece ben comprendersi come tentativo di indirizzare la lettura verso l’insolita posizione dell’hypsilon.

112

SECONDA

PARTE

funeraria attica IG 1? 1232 (500 a.C. ca.), in cui il segno O è posto sopra un hypsilon.' Nel nostro

epigramma la presenza dell’hypsilon aggiunge un valido supporto alla datazione post 480 a.C., in quanto la scriptio plena del dittongo compare solo a partire dalla fine del vi sec.? Il koppa di Οορίνϑου, inoltre, presenta non un tratto, come si è talvolta ritenuto, bensì due tratti

obliqui a destra dell’asta verticale, come mi è stato possibile constatare dall’esame autoptico. In maniera simile al caso prima esposto, si potrebbe trattare anche qui o di un tentativo (successivo?) di rendere la lettera simile a un kappa (Guarpuccı, EG, I, p. 178), oppure di un errore del lapi-

cida, come vuole ad es. Hansen (CEG).? Ritengo il primo caso più probabile per l’anomala forma del kappa, le cui aste oblique sono distanti e non si incontrano sull’asta principale come avviene nel

kappa di nox’. Originariamente l’iscrizione avrebbe avuto dunque solo il koppa, in seguito corretto per una migliore comprensione del testo. Tra i due versi si leggono le lettere IM, forse di modulo minore, a meno che non siano più visi-

bili le prosecuzioni in basso dei tratti (FIG. 15.1). Queste due lettere potrebbero essere una copia del v. 2, dove la sequenza iota-san sarebbe dovuta comparire due volte in ἔχει LaXautc.4 Peek (GV), invece, considera tali lettere autentiche e aggiunge la lettura di un epsilon prima dello iota.° Sopra l’epigramma è stato apposto un titolo, di cui resta la sequenza INOOOA, ° caratterizzato da lettere

di forma diversa e di modulo minore. Il primo segno O sembrerebbe assumere il valore di dittongo omicron-hypsilon, il secondo, forse, di omega (integrando ὥλεσαν]), mentre il theta, invece di essere a croce come nell’epigramma, presenta un punto al centro. Forse queste lettere sono un'aggiunta successiva (contemporanea a IM inciso al di sotto del v. 1), ma non sembrano potersi datare molto oltre la fine del v sec. In conclusione, gli aspetti conservativi dell’iscrizione (la forma del rho, le

lettere allungate in contrasto con le lettere tonde di piccole dimensioni, il segno koppa), coesistono con aggiunte successive (il titolo e, forse, la sequenza IM e la correzione dell'ormai desueto koppa

in kappa) e con caratteristiche tarde che autorizzano la datazione post 480 a.C. (assenza del digamma in ἄστυ, scriptio plena di OY, direzione progressiva della scrittura). Come in altri casi fortuiti” l’epigramma è tramandato anche dalle fonti letterarie (Plu., Mor. 11, De mal. Herod., 8706; Favorin., Cor., 18), grazie alle quali è possibile integrare le parti mancanti e

un ulteriore distico, forse inciso nella metà inferiore della lastra, oggi apparentemente anepigrafe per la corrosione totale della sua superficie (cfr. infra). Al v. 1 l’iscrizione mostra la perdita del digamma in ἄστυ, che contribuisce a dirimere l’incertezza delle fonti letterarie tra le due forme ξένε e ξεῖνε, per le quali non si ha il riscontro della pietra. Essendo ormai desueto il digamma all’epoca dell’incisione dell’epigramma, ci si aspetterebbe nel dialetto dorico, invece della forma &evre, quella più recente ξένε, la quale ultima, al contrario della prima, sembra meno adatta allo schema * Sull’iscrizione di Castiglione, SEG xLIX 1273, cfr. p. 60, note 3-4. Cfr. THREATTE,

GAI, I, p. 260 su IG T’ 1232.

? Cfr. CEG 520, databile intorno al 580 a.C. caratterizzata dal segno O con il valore di dittongo omicron-hypsilon. Cfr. GUARDUCCI, 3 Hansen, CEG

EG, I, pp. 172 € 175-176. 131, il quale indica, però, la presenza di un solo tratto obliquo nel koppa: «Lapidarius cum hastam

directam litterae o incidisset, per errorem hastam obliquam litterae x incidere coepit, sed detecto errore intermisit. Errorem facile intellegitur si lapidarius Atheniensis fuit, id quo -o pro ov positum arguit». In tal modo la correzione si spiegherebbe con la volontà, durante l’incisione, di non compromettere l’aspetto arcaico dell’iscrizione. 4 Molto meno verosimilmente, anche se, ad es., PETROVIC

2007, p. 147, non ne esclude da ultimo la possibilità,

si può leggere in IM una sequenza iota-my scritta in direzione retrograda, dunque my-iota, che, pur riscontrandosi nel secondo verso in Σαλαμίς, contrasta con la direzione progressiva dell’epigramma. 5 La sua idea potrebbe non essere così inverosimile come è stato successivamente ritenuto (cfr. BOEGHOLD 1965, p- 183, nota 9). Da un lato risulta difficile accettare un interlinea molto irregolare del v. 2, dove Ϊντος è inciso molto

più in basso, dall’altro la verosimile prosecuzione verso il basso nella zona cancellata dello iota e del my (epsilon non sembra visibile ma Peek potrebbe averne inviduato le terminazioni) e i tratti obliqui del san sembrerebbero elementi a favore dell’ipotesi. Peek ha certamente consultato (e forse realizzato) il calco dell’iscrizione, conservato all’archivio della BBAW. ° Cfr. apparato critico per le possibili integrazioni. La mia proposta [ἐν Σαλαμῖνι οἱ ἀπὸ Οορ]ίνϑου ὥλ[εσαν] si basa

su quella, troppo lunga a destra, pubblicata da PETROVIC 2007, p. 146 (in lettere maiuscole): ANAPAZI

ANAPEZ) ΟΟΡΊΙΝΘΟ OA[EZAZI ΠΑΡ ZALAMINI].

(oppure

7 Cfr. n. xI. Sugli epigrammi tramandati sia da fonti letterarie che epigrafiche cfr. da ultimo KACZKO 2009.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

113

metrico, sebbene sia tramandata dalla maggior parte dei codici (cfr. apparato critico).' La forma ionico-epica ξεῖνε, invece, si inserisce perfettamente nell’esametro con l’elisione metrica dell’ultimo epsilon e non costituirebbe un'anomalia in un epigramma dorico, bensì un prestito poetico, per il

quale il confronto più diretto è l’identico incipit dell’epigramma per gli Spartani caduti alle Termopili, GV 4 (Simon. xxıı Ὁ, PAGE, FGE). Hansen (CEG 131) propone una brillante soluzione. L’assenza dell’elisione dell’ultimo epsilon di ξεῖνε nelle fonti letterarie suggerisce, infatti, che anche

l’iscrizione seguisse questa stessa grafia. Risulta pertanto verosimile che nel copiare l’iscrizione non si sia ben compresa la differenza nell’alfabeto corinzio tra il segno E, che ha il valore di epsilon-iota,

e il segno B, che ha il valore di epsilon o di eta. A mio avviso, si sarebbero originate in maniera analoga nella tradizione manoscritta le due forme ἔχει e ἔχε al v. 2, la quale ultima risulterebbe altrimenti inspiegabilmente priva dello iota. L'aggettivo εὔπυδρον riferito a Corinto rispecchia la ricchezza d’acqua dolce della città e del suo territorio, alludendo forse anche all'acqua marina e al vantaggio

dei Corinzi di avere due

porti affacciati su due diversi mari, posizione su cui si basa la potenza navale della città.? Analoghi aggettivi composti con l’avverbio εὖ sono riferiti ad altre città.* L'iscrizione tramanda poi un visibile dorismo in ποχ᾽ Evatoues, del quale si sarebbe altrimenti persa ogni traccia poiché le fonti

letterarie normalizzano concordemente in ποτ᾽ Evatouev. Il verbo vatw appartiene senz'altro al lessico poetico e si riscontra in altri epigrammi coevi, in particolare quello della stele di Loukou (n. ıır).’ La formula metonimica ἄστυ Ooptvdou è attestata in altri epigrammi e si deve a esigenze poetiche e metriche.° Al v. 2 Brunck

(1772, I, Simon., 39) e in seguito BERGK

(1883, Simon.,

96) proponevano, già prima della scoperta della pietra, di emendare δ᾽ ἀνάματος (Plu.) oppure δὲ μετ᾽ Αἴαντος (Favorin.) con δ᾽ ἅμ᾽ (o ἅμμ᾽) Αἴαντος. Il forte legame di Salamina con Aiace risale già al padre dell’eroe, Telamonio, che fu il mitico re dell’isola. Salamina è, dunque, l’isola di Aiace, l’eroe che a sua volta aveva gloriosamente combattuto contro i barbari nella Guerra di Troia, evento al quale l’epigramma implicitamente allude.

Costituisce un problema di ardua soluzione l’autenticità del secondo distico, che potrebbe esser stato aggiunto dalla tradizione letteraria oppure effettivamente inciso nella lastra conservata e oggi non più visibile.” Seguendo quest’ultima ipotesi, tuttavia, la seconda metà della lastra sarebbe stata

in origine inspiegabilmente vuota senza il secondo distico e i primi due versi, se fossero gli unici, sarebbero stati collocati troppo in alto.° HIGBIE

(2010, pp. 191-192) sostiene l’autenticità del

* GARULLI 2012, pp. 68-69 sostiene la possibilità della forma ξένε, che però, pur possibile in area dorica, crea uno lato davanti a [εὔπυδρ]όν. ? Poco convincente la definizione del dialetto come

Corinzio poetico in Simon.

ΧΙ, PAGE,

FGE:

«The

dialect

of the epigram is poetic Corinthian, not vernacular (which would have ξένε, not ξεῖνε, and ξάστυ not ἄστυ)». Nel dialetto di Corinto, infatti, il digamma dopo la nasale cade senza lasciar traccia e il digamma all’inizio di parola poteva talvolta non essere scritto. Cfr. THUMB

1932-1959,

I, pp. 129-130.

3 La fonte Peirene a Corinto era molto famosa nell’antichità, ma non si può escludere un riferimento anche alla fonte di Glauce. Cfr. PAGE, FGE, p. 203; BRAVI 2006, p. 60 e PETROVIC 2007, p. 150, nota 36. 4 Cfr. l’espressione usata per la città di Agrigento in Pi., P., 12, 3 (Φερσεφόνας ἕδος, ἅ τ’ ὄχϑαις

7 ναίεις ᾿Ακράγαντος ἐΐδματον κολώναν,

ἔπι μηλοβότου

Ὦ ἄνα), dove si noti il ricorrere dello stesso verbo della nostra iscrizione,

ναίω. L'aggettivo al genitivo, εὐρυχόροιο, è riferito alla citta di 540 (n. I). > CEG 379. Cfr. le attestazioni omeriche (Hom., Il., 2, 626; è curiosamente l’isola di Salamina, S., Aj., 596-597: Ὦ χλεινὰ ° Cfr. ad es. ἄστεα καλὰ Κορίνϑου in Stesich., fr. S 222b, v.

Corinto in AP, 6, 135 e, come sembra, in SEG XLI 5, 708; 16, 719) e il caso particolare in cui il soggetto Σαλαμίς, σὺ μέν που ναίεις ἁλίπλακτος εὐδαίμων. 302, DAvIES, PMGF, e la simile espressione στεφανῶ

δ ἄστυ Συρακοσίων in AP, 13, 15. Riterrei, perciò, erronea la proposta di PETROVIC 2007, p. 150, di leggere dietro il nome Οορίνϑου l’indicazione del fondatore eponimo della città. 7 Si è spesso posta in dubbio l’esistenza del secondo distico (cfr. GUARDUCCI,

EG, I, pp. 177-178) basandosi, ad

es., sul fatto che alcuni epigrammi arcaici possano aver avuto aggiunte di un distico o che la distinzione tra Persiani e Medi nel v. 3 sarebbe un valido indizio di seriorità. Su tali posizioni e sulla loro critica, portata avanti in particolare da BoEGHOLD 1965, si veda la sintesi bibliografica offerta da PETROVIC GARULLI 2012, pp. 65-67 e 71-72.

2007, p. 146, note 9 e 10. Cfr. anche

® A favore di un componimento di due distici sono poi da annoverare alcuni epigrammi arcaici di pari lunghezza per caduti in guerra, come IG 1" 1194 bis (n. 2), CEG 136 (n. 4). Si aggiungano poi le scoperte degli epigrammi per

114

SECONDA

PARTE

secondo distico sulla base della distinzione tra la cittä singola (Corinto) e il resto della Grecia, la cui salvezza & un motivo propagandistico evidente anche nella base ateniese con gli epigrammi di Maratona (n. IV).

Al v. 3 non stupisce la menzione di navi fenicie, sia perché i contingenti di questo popolo rappresentavano una parte consistente delle forze navali persiane, sia perché i Corinzi conoscevano

meglio tra i Greci la flotta fenicia e le sue debolezze, che si rivelarono nel corso della battaglia (come riferisce Hdt., 8, 90).' Successivamente l’epigramma sottolinea la distinzione, storicamente rilevante, tra Persiani e Medi, in base alla quale si riteneva il secondo verso un'aggiunta posteriore. I Medi vengono, tuttavia, distinti dai Fenici almeno in un epigramma di alcuni decenni successivo.° Nella prosodia del v. 3, inoltre, l’alpha del nome Πέρσας è breve. Si è proposto di interpretare questo abbreviamento come un elemento di autenticità proprio del dialetto dorico del componimento, dimostrata anche dal fatto che la tradizione manoscritta ha conservato al v. 2 la forma dorica νᾶσος."

Sono pertanto possibili due emendamenti delle versioni di Plutarco e Favorino, in favore dalle forme doriche νᾶας e Πιαράν (cfr. apparato critico). Al v. 4, infine, il verbo ἱδρυσάμεϑα (secondo Favorinus), suggerisce che sulla pietra fosse inciso l’aoristo 6vodueda, correlato al participio Πελόντες,

piuttosto che il presente ῥυόμεϑα, tràdito da Plutarco, seppur corretto nello schema metrico.° L’epigramma si inserisce a pieno titolo nella nota controversia sul merito della vittoria nelle Guerre Persiane e nel caso specifico nella battaglia di Salamina. La flotta corinzia partecipò con 40 navi alla battaglia dell’Artemisio (Hdt., 8, 1; 21) e di nuovo con 40 navi alla battaglia di Salamina (Hdt., 8, 43; 44; 46). Stando alla propaganda ateniese, fonte di Erodoto (8, 94), all’inizio della

battaglia i Corinzi si diedero alla fuga seguendo il loro comandante Adimanto, ma lo stesso Erodoto riferisce la fonte contraria, secondo la quale i Corinzi avrebbero combattuto per primi e con valore nella battaglia navale e tutta la Grecia testimonia in loro favore (Hdt., 8, 94, 4).° La versione

filoateniese di Erodoto, confermata da Licurgo (In Leocr., 70), è fortemente contrastata proprio dalle fonti che tramandano l’epigramma dei caduti corinzi, Plutarco e Favorino, che riferiscono anche l'autorizzazione data dagli Ateniesi ai Corinzi per innalzare la stele dei caduti a Salamina.? Testimonierebbero ad es. l’impegno corinzio a Salamina non solo l’epigramma Simon. x, PAGE, FGE,* i Maratonomachi, SEG LVI 430 (due distici, n. III) e il lapis C di IG 1 503/504 (disposto a coppie di distici, n. IV), e di SEG XLI 540 (n. 1), databile intorno al 530 a.C. e composto da ben cinque distici. ! Cfr. PETROVIC

2007, p. 152.

? Le critiche a quest’impostazione del problema sono oggi numerose. Cfr. TUPLIN 1994, pp. 239-240 e PETROVIC 2007, p. 152. 3 CEG 421, v. 3-4 (IG XII, 6, 1, 279; Samo, seconda metà del v sec. a.C.): [ϑο]ῦρος Ἄρης Μήδων τε καὶ Ἕλληv[wy: Σάμιοι δὲ | νῆ]ας Φοινίκων πέντε τε χαὶ δ[έχ᾽ ἕλον]. 4 Cfr. BOEGHOLD 1965, p. 185 e PETROVIC 2007, p. 152. Anche PAGE, FGE, pp. 203-204 esclude, sulla base

dell’alpha breve di Πέρσας, la possibilità di un’aggiunta successiva del secondo distico. BRAVI 2006, p. 59, ritiene che questa forma sia stata considerata a torto un dorismo. 5 Per un altro commento critico alle varianti del secondo distico cfr. GARULLI ° Cfr. FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2007, pp. 70-75, dove si suppone

2012, pp. 69-71. rettamente che lo scontro con le

colonie di Corinto nel periodo in cui Erodoto scriveva, poteva aver indotto lo storico a tralasciare volutamente la menzione

della tomba dei Corinzi caduti a Salamina.

Bisogna,

tuttavia, riconsiderare alcune affermazioni basate

sull’erroneo presupposto che gli Ateniesi furono sepolti ad Atene e non a Salamina (infra, p. 115, nota 3). 7 Plu., Mor. 11, De mal. Herod., 870; Favorin., Cor., 18-19. Anche il marmor Parium, IG XII 5, 444 (Paros, 263/2

a.C.), riferisce esplicitamente che la battaglia di Salamina fu una vittoria di tutti i Greci (1. 67a: ναυμαχία τοῖς Ἕλλησι περὶ Σαλαμῖνα πρὸς τοὺς Πέρσας, ἣν ἐνίκων oi Ἕλληνες). Il più noto testimone è forse il tripode di Delfi (Syll.? 31; MEIGGs

-- Lewis,

GHI, pp. 57-60, n. 27; GUARDUCCI,

EG, II, pp. 129-132), oggi nell’ippodromo di Costantino-

poli, che reca incisi in dialetto e alfabeto focese i nomi dei 31 popoli greci che avevano combattuto contro i Persiani a Salamina o a

Platea (cfr. Hdt., 9, 81 e Plu., Mor. 11, De mal. Herod., 870c). I nomi sono disposti in triadi incise su

una spirale della colonna, a eccezione della coppia finale (il numero primo 31 non poteva essere meglio suddiviso) e i primi tre popoli menzionati sono i protagonisti delle Guerre Persiane, nell’ordine Lacedemoni, Ateniesi e Corinzi. Tale argomentazione era già sostenuta da Plu., Mor. 11, De mal. Herod., 870d: οὐδὲ γὰρ εἰκὸς ἦν ᾿Αϑηναῖον ταῦτα βλασφημεῖν περὶ τῆς Κορινϑίων πόλεως, ἣν τρίτην μὲν ἑώρα μετὰ Λακεδαιμονίους ἀπὸ τῶν βαρβάρων ἀναϑύήμασιν.

καὶ μετ᾽ αὐτοὺς ἐγχαραττομένην τοῖς

* οὗτος ᾿Αδειμάντου κείνου τάφος, ὃν δία πᾶσα / ἕ Ἑλλὰς ἐλευϑερίας ἀμφέϑετο στέφανον. Cfr. anche l’epigramma Simon. XII, PAGE, FGE,

per i Corinzi caduti nelle Guerre Persiane.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

115

dedicato al loro comandante Adimanto e tramandato anch’esso da Plutarco e Favorino,! ma anche uno scolio alle Olimpiche di Pindaro.” Pure gli Ateniesi avevano eretto a Salamina un monumento funerario dedicato ai loro concittadini caduti nella battaglia navale del 480 a.C. e onorato dagli efebi fino alla fine dell’età ellenistica.3 L'iscrizione trovata a Salamina deve identificarsi con la stele

recante l’epigramma attestata dalle fonti, della cui attendibilità l’iscrizione fornisce, a sua volta, un'eccezionale conferma. Secondo Erodoto,* infine, i Greci subito dopo la vittoriosa battaglia e il

seguente tentativo di prendere Andros tornarono a Salamina e dedicarono agli dei le primizie del bottino, tra cui tre triremi fenicie, di cui una all’Istmo, vista dallo stesso Erodoto, una a Sunio e una

a Salamina per Aiace. Non stupisce pertanto la menzione delle navi fenicie nel nostro epigramma dei caduti corinzi.

VII. EPIGRAMMA

DI Toxges

(SEG

xxvIl 249;

CEG

155)

Base marmorea che sorreggeva probabilmente la statua di un cavaliere. Il pezzo, scoperto il 10

settembre 1973, proviene dalla porta settentrionale del muro di cinta di Amfipoli, dove era stato riutilizzato come materiale da costruzione, ed è ora conservato al museo archeologico di Amfipoli. Le dimensioni sono: ]. 1,94 m; a. 0,30 m; sp. 0,715 m. Bibliografia: LAZARIDIS 1976 (SEG xxvII 249); LSAG?, p. 479, n. C; CEG 155.

Bibliografia delle immagini: LAZARIDIS 1976, p. 179, Fic. 1 (disegno dei segni della statua sulla superficie superiore), TAvv.

57-63 (riproduzione fotografica); LSAG?, Tav.

μνῆμ᾽ ἀρετῆς

ἔϑεσαν Ilapror Τόκεω hlölvexev ἥβην

80, n. 2.

:

[Hr]ovog ἀνφ᾽ ἐρατῆς ὥλεσι βαρνάμενος. 2 ὦλεσι lapis: ὥλεσ«-ε» CEG

I Parii posero un ricordo del valore di Tokes, poiché morì in gioventù combattendo

La base di marmo

intorno all’amata Eione.

contenente l’epigramma è stata trovata rotta in due metà adiacenti e utilizzata

come materiale di reimpiego nella costruzione della porta settentrionale di Amfipoli, risalente

! Plu., Mor. 11, De mal. Herod., 870 f-871a. Favorino introduce così l’epigramma (Cor. 19): ἔστι δὲ καὶ ἕτερον ἐπίγραμμα Σιμωνίδῃ εἰς αὐτὸν τὸν στρατηγὸν ἐξαίρετον" (vv. 1-2). ? Cfr. Schol. in Pi., O., 13, 32b (Drachmann, 1, pp. 364-365). Cfr. gli epigrammi Simon. xII (per i Corinzi caduti nelle Guerre Persiane), xIII (dedica dei marinai corinzi) e xiv, PAGE, FGE (dedica delle donne corinzie), per il

quale ultimo rimando al commento di BRAVI 2006, pp. 60-63. Sugli epigrammi dedicati ai Corinzi cfr., da ultimo, HIGBIE 2010. 3 IG 11/11? 1035, 1. 33-34 (Atene, I sec. a.C.). Cfr. CHANIOTIS

2005, pp. 239-240 e JUNG

2006, p. 178, nt. 28.

Nell’iscrizione si parla tanto della contesa tra Atene e Megara per il possesso di Salamina alla fine del vi sec., quanto di un tropaion e di un polyandrion identificabili forse con quelli eretti in onore dei caduti a Salamina contro i Persiani. La lacuna comprende proprio la parte che avrebbe dovuto riferire chi fosse sepolto nel polyandrion. STUPPERICH 1977, I, p. 212 e nota 2 (II, pp. 118-119), ritiene che i caduti fossero tutti quelli della battaglia di Salamina, inclusi i Corinzi.

Stupperich, inoltre, propone la provenienza del nostro epigramma dalla collinetta di Magoula nella penisola di Kynosoura a Salamina, distante 1,5 km da Ambelaki. La presenza in questo luogo di altre sepolture del tardo v sec. a.C. farebbe supporre che qui avrebbe potuto trovarsi il polyandrion dei caduti a Salamina. In ogni caso, l'affermazione di FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2007, pp. 68-69 e passim, che i caduti ateniesi a Salamina furono sepolti ad Atene sembra contraddetta dall’iscrizione IG 11/11I1° 1035, anche se non si può escludere l’esistenza ad Atene di un ulteriore monumento per gli stessi caduti (cfr. n. v e n. A). + Hdt., 8, 121: Πρῶτα

μέν νυν τοῖσι ϑεοῖσι ἐξεῖλον ἀκροθίνια ἄλλα τε καὶ τριήρεας

τρεῖς

Φοινίσσας, τὴν μὲν ἐς

Ἰ᾿σϑυὸν ἀναϑεῖναι, f περ ἔτι καὶ ἐς ἐμὲ ἦν, τὴν δὲ ἐπὶ Σούνιον, τὴν δὲ τῷ Αἴαντι αὐτοῦ ἐς Σαλαμῖνα. Sebbene Erodoto non lo specifichi, la trireme dell’Istmo si può forse considerare dedicata a Poseidon, quella di Sunio ad Atena. Sicuramente la loro posizione era ben visibile, soprattutto dal mare, e segnava allo stesso tempo i luoghi delle battaglie, di cui Salamina ha il ruolo principale per la vittoria greca.

116

SECONDA

PARTE

all’età ellenistica.* I quatto lati della base sono lisci e accuratamente levigati, mentre la faccia inferiore è lavorata con una puntinatura regolare che occupa tutta la superficie, a eccezione del bordo, largo da 3 a 5 cm. Potrebbe trattarsi dell’anathyrosis per l'unione con un blocco sottostante più largo, che avrebbe creato così una base di almeno due gradini. La faccia superiore è, invece, contraddistinta da un solco che segue il perimetro di un ottagono irregolare con i due lati lunghi paralleli.” L’ottagono non si trova al centro, ma spostato verso destra, e occupa due terzi della base. Entro il perimento ottagonale si notano alcuni fori* ed esternamente, vicino al margine sinistro, un piccolo incasso poco profondo. LAZARIDIS (1976, pp. 179-180) ha rettamente interpretato i segni sulla base come indizi della presenza di una statua, molto probabilmente quella di un cavaliere.

L’epigramma è inciso sul lato anteriore della base su una sola riga posizionata in alto, in prossimità del margine superiore, che è stato probabilmente utilizzato come limite superiore di scrittura.‘ Le lettere, accuratamente incise, sono disposte per tutta la lunghezza del lato con una spaziatura

regolare. Il distico elegiaco di cui consta l’epigramma è suddiviso in esametro e pentametro attraverso il segno divisore dei tre puntini. Il dialetto è ionico e l’alfabeto è quello di Paro, come si evince, ad es., dall’uso del cerchio aperto

per omicron (e omicron-hypsilon’) e del segno O per omega.° Sia l’eta che lo het sono rappresentati con il simbolo H, pertanto il segno iniziale (H) della parola ἥβην potrebbe unire i due valori.” Alcune lettere presentano un disegno anomalo. In particolare il cerchio aperto è privo di apici e si

differenzia così dall’atteso segno ©. (omicron oppure omicron-hypsilon).* Il tratto di destra dell’alpha, inoltre, si arresta all’incrocio con il tratto mediano, creando così una forma ricorrente nell’alfabeto

ateniese.” Lo iota al posto dell’epsilon in ὥλεσι potrebbe essere un errore del lapicida, dovuto forse alla mancata incisione dei tratti orizzontali per i quali, tuttavia, sarebbe stato lasciato uno spazio sufficiente durante l’ordinatio del testo, a giudicare dalla posizione dell’asta verticale più vicina al

sigma che al beta. L’analisi paleografica permette di restringere ai primi decenni del v sec. la datazione ampia fine vi-inizio v sec., proposta da LAZARIDIS (1976, pp. 169-170). L'influenza della grafia attica per la forma dell’alpha sembrerebbe conciliarsi con una cronologia bassa, come la datazione al 476/475 di Hansen, motivata da argomentazioni storiche.'° Non contraddirebbe tale datazione la forma arcaica del theta a croce che si ritrova anche in iscrizioni del secondo quarto del v sec.‘

Si tratta di un monumento funerario pubblico destinato ad un solo uomo particolarmente meritevole come appunto un caduto in guerra.'* L’epigramma menziona, infatti, che gli abitanti (i ! La base fu subito pubblicata da LAZARIDIS 1976, al quale rimando per una più accurata descrizione archeologica e dal quale ho tratto tutte le misure menzionate. 2 Il solco è largo 6 cme il perimetro ottagonale presenta come dimensioni massime, 1,34 € 0,47 m. 3 Cfr. il disegno edito in LAZARIDIS 1976, p. 179, Fic. 1. Il foro al centro del alto lungo, che misura 15 x 15 cm

ed è profondo 6 cm, presenta resti di piombo. + Cfr. l’epigramma di Hysematas (n. 4) e quello di Theotimos (n. 11). > In h[ö]vexev l’unica integrazione possibile, in considerazione dello spazio per una sola lettera tra H e N, sarebbe quella del cerchio aperto con il valore di omicron-hypsilon. ° Si noti il beta nella forma C e il sigma a tre tratti. Tra i segni complementari dell’alfabeto di Paro, appartenente al gruppo azzurro, l’iscrizione utilizza solo il phi al v. 2 in avg’, dove la nasale ny non si assimila in un my (ἀμφί). Per l’analisi paleografica cfr. LAZARIDIS 1976, pp. 166-170. 7 Cfr., oltre al nostro epigramma, CEG 396; 403 (con ulteriori esempi e bibliografia) e 425. ® LSAG?, p. 294, in particolare p. 305, nn. 35 (500-480 a.C.) e 39 (450 a.C. ca.) e, rispettivamente, FIG. 56, nrr. 35 e 39. Anche in ÎIonia il segno Q (con il valore di omega), secondo GUARDUCCI, EG, I, p. 260: «consiste in un

cerchio aperto inferiormente, al quale si aggiunsero prima una poi due appendici. Il tipo più antico presenta la sola appendice di destra». ? LAZARIDIS 1976, p. 166. ‘° Forme più recenti sembrerebbero, oltre all’alpha, l’epsilon dai tratti paralleli orizzontali e senza appendice. τ Cfr. l’epigramma di Theotimos (n. 11) e il bronzo Pappadakis (forse da Naupatto, 460-450 a.C.). Sul problema della datazione e del theta a croce di quest’ultima iscrizione cfr. VATIN 1963, pp. 15-16 e con una diversa opinione LSAG?, pp. 105-106, 108, n. 2 e Tav. 14, n. 2. Anche ad Atene il theta a croce viene abbandonato intorno al 450 (IMMERWAHR 1990, p. 145).

” Altri esempi di monumento pubblico con epigramma per un solo uomo sono: CEG 143 (Corcyra, inizio VI sec. a.C. Cfr. supra, p. 29, nota 6) e CEG

11 (Atene, 460-450 a.C.)

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

117

concittadini) di Paros realizzarono la sepoltura (uvfua) di Tokes, che morì in una battaglia combattuta a Eione. L’integrazione [Ἤι]όνος sembrerebbe l’unica possibile e la parola formerebbe un perfetto piede dattilico all’inizio del pentametro, in quanto lo iota intervocalico si consonantizza e non assume rilevanza prosodica.' Non mancherebbero, inoltre, puntuali confronti per l’hemiepes

pentametrico [ Hr|ovog ἀνφ᾽ ἐρατῆς, in particolare il primo emistichio del v. 2 di un epigramma di Samo della seconda metà del v sec.” e il secondo emistichio del v. 8 dell’epigramma che commemora la vittoria di Eione nel 475, Simon. xı, PAGE, FGE.3 Il luogo di ritrovamento della base, però, non è né Paros né Eione, ma Amfipoli, città situata nell’entroterra vicino al mare lungo il corso del fiume Strimone e distante 25 stadi da Eione, sorta invece alla foce del medesimo fiume.* Stando all’integrazione del luogo della battaglia, Eione, e considerando la data della fondazione ateniese di Amfipoli, 437/436 a.C., di molto successiva alla

datazione epigrafica dell’iscrizione, si può ipotizzare che il pezzo sia stato trasportato con ogni probabilità da Eione ad Amfipoli per essere usato come materiale da costruzione. Lo spostamento della base di Tokes potrebbe risalire all’età ellenistica, in accordo al contesto di ritrovamento del pezzo, e risulterebbe alquanto verosimile vista la vicinanza delle due città.‘ Non si ha alcuna notizia del caduto menzionato nell’epigramma, il cui nome al genitivo, Toxew,

presuppone un nominativo Töxng. Il nome Toxng

ricorre solo in alcune iscrizioni provenienti

dall’area macedone e databili al 11 o al ııı sec. d.C.° Nel 2000 fu scoperta ancora in area macedone un'iscrizione, precedente al 351/350 a.C., che presenta la forma raddoppiata Toxxng.” A livello metrico il nome Toxew comporta la presenza di una sillaba in più prima dell’adonio

finale e uno iato particolarmente evidente, ma forse inevitabile, con la seguente parola, h[ölvexev.° Per la prosodia bisogna ammettere casi di imperfezione dell’esamentro dattilico, che si riscontrano anche nei poemi Omerici, giustificabili talvolta in presenza di nomi propri.? Si potrebbe individua-

re una sinizesi tra l’omega del genitivo Toxew e il dittongo omicron-hypsilon all’inizio di h[ö]vexev, oppure una scriptio plena senza l’elisione della vocale finale di Toxew.!° In mancanza di altri dati non è facile sciogliere il dubbio sull’origine greca o tracia del nome." * Per il fenomeno della consonantizzazione di Hansen (CEG 155) menziona l’iscrizione IG xıv EUGEN OBERHUMMER, RE, v 2, col. 2116-2117, spressione dvp’ ἐρατῆς e il luogo di ritrovamento

vocali cfr. GENTILI -- LOMIENTO 2003, pp. 24-25. Erroneamente 889 nella quale non c’è nessun riferimento a Eione. Per Eione cfr. s.v. Eion; MICHAEL ZAHRNT, DNP, 3, col. 918, s.v. Eion. L’erendono inverosimile intendere il sostantivo ἠϊών, ‘spiaggia’ o ‘riva

di un fiume o di un lago’ (LSJ, s.v. ἠϊών). 2 IG XII 6, 1, 279 (CEG 421): [τὸδ᾽] ἔργδ πολλοὶ πάρα [υάρ]τυρεῖς, - — — — — / Μέμ]φιος ἀμφ᾽ ἐρατῆς νηυσὶν ἔϑεηκ»[ε μάχην / Yolöeos Ἄρης Μήδων τε καὶ Ἕλλήν[ων Σάμιοι δὲ / νῆ]ας Φοινίκων πέντε τε καὶ δίέχ᾽ ἕλον / - - -]

Ἡγησαγόρην Ζωιίλο, τὸ καί [- - - / vestigia]. 5. παισὶν en’ Ἠιόνι, Στρυμόνος ἀμφὶ ῥοάς. Cfr. supra, p. 106, nota 3. 4 Th., 4, 102, 4 riporta l’esatta distanza di 25 stadi tra Eione e Amfipoli. La distanza in metri è di 4806,25 (1 stadio olimpico = 192,25 m).

5 Cfr. supra, nota 4. Non si esclude l’ancor più pratica via di collegamento fluviale costituita dal fiume Strimone. ° Cfr. LGPN, Iv, s.v. Téxng, con tre altre attestazioni, una delle quali (s.v. Τόκης, Anfipoli. Esiste anche una forma simile di questo nome, Τόκων (LGPN, Iv, s.v.).

n. 3) proviene

ancora da

7 SEG 1vIII 662. L’iscrizione proviene dall’area di Vasilika, nella Calcidica. * Erroneamente LAZARIDIS metrica.

(1976, p. 170 e nota 7) sostiene che il nome proprio crea una naturale incongruenza

? Cfr. la simile successione vocalica nel celebre incipit dell’Iliade (Hom., Il., 1, 1: Μῆνιν ἄειδε θεὰ Πηληϊάδεω ᾿Αχιλῆος), dove si deve ammettere una sinecfonesi tra l’epsilon e l’omega in Πηληϊάδεω per evitare la successione di tre sillabe brevi. Mario Cantilena preferisce tale soluzione all’elisione dell’omega, anche se talvolta si deve considerare una maggiore libertà compositiva del poeta e fenomeni di correzione musicale. Ho potuto assistere a un suo seminario nell’ambito della Scuola Estiva di Metrica e Ritmica Greca (Urbino, settembre 2013). Ὁ Nella stessa sequenza vocalica attestata in IG IV 53, v. 3 (ἠχὼ δ᾽ οὐ φιλέω, οὐ τέρπομε ἀγρονόμοισιν) non si regi-

stra alcun fenomeno e lo schema metrico corrisponde alla lunghezza delle vocali. Un esempio in cui si ammette una sinecfonesi tra due parole, separate grammaticalmente da una virgola, si trova in Hom., Il., 1, 227 dopo la cesura pentemimere (unre σὺ, Πηλείδη, ἔϑελ᾽ ἐριζέμεναι βασιλῆϊ). Per il fenomeno della sinizesi (o sinecfonesi) cfr. GENTILI — LOMIENTO 2003, p. 24. Diversamente, Hansen (CEG) sembra postulare una sinecfonesi in Toxew e quindi una

correptio in iato (T6xew h[ölvexev). Infine, un’ultima soluzione potrebbe essere una scriptio plena in cui non si è elisa l’omega finale o il dittongo omicron-hypsilon iniziale. Quest'ultima interpretazione mi è stata gentilmente suggerita da Luigi Bravi. 1! LAZARIDIS

1976, pp. 178-179, propone l’origine tracia di Tokes. Anche nel caso di Brentes in un'iscrizione di

118

SECONDA

PARTE

Non è, però, supportata da prove l’appartenenza di Tokes alla popolazione tracia degli Edoni (secondo LGPN, Iv, s.v. Töxng) . La terminazione del nome in -ew invece che in -ou appartiene certamente al dialetto ionico,' che è quello parlato a Paros. Si ricorderà da un lato la stretta relazione di Paros con la Ionia, evidente non solo dal dialetto ionico e dall’alfabeto, ma anche da av-

venimenti storici,” dall’altra il fatto che Paros è la madrepatria di Thasos, isola situata poco lontano dalla foce dello Strimone. L’influenza ionica non era assente dall’area Tracia se, dopo la sua fuga da Mileto nel 497 a.C., Aristagora, tiranno di Mileto, tentò per primo, senza successo, la conquista di Amfipoli.* Anche il milesio Histiaios si recò a Thasos, come narrato da Hdt., 6, 28. Cittadini di Paros attestati a Thasos non sono una novità e il più illustre è senz'altro il poeta Archiloco, che da

Paros era partito per la fondazione di Thasos. A sua volta Thasos aveva empori e perfino alcune colonie sulla terraferma tracia.* Tokes era, dunque, molto probabilmente un guerriero di Paros, come mostrano sia i dedicanti che l’alfabeto dell’epigramma. Resta però incerta l’individuazione della battaglia in cui Tokes cadde. Nel 476/475 a.C. gli Ateniesi guidati da Cimone, conquistarono Eione, come narrano diverse fonti, in particolare Erodoto e Tucidide.5 In tale episodio la difesa di Eione fu affidata al persiano Boges, che riuscì a fronteggiare valorosamente l’attacco ateniese senza

poter tuttavia evitare la conquista della città in seguito a un assedio. Circa un decennio più tardi gli Ateniesi, sotto la guida Cimone, attaccarono Thasos per il controllo delle rotte commerciali e

delle miniere d’oro (soprattutto quelle del monte Pangeo e in particolare di Skapte Hyle). Thasos, infatti, aveva defezionato dalla lega navale Delio-attica nel 465 e fu ripresa dagli Ateniesi con un lungo assedio conclusosi nel 463.° Nello stesso periodo (465/464) gli Ateniesi tentarono di fondare Amfipoli nel territorio degli Edoni, ma furono sconfitti da questi ultimi.” In una lista ateniese sono elencati i caduti di questa battaglia con l’indicazione di Eione (IG 1° 1144, Il. 37 e 141).* Sulla possibile presenza di un cittadino di Paros in una di questi episodi bellici si possono avanzare solo

alcune ipotesi. Probabilmente le difficoltà incontrate dagli Ateniesi nella spedizione di Eione o nella successiva impresa di Amfipoli, conclusasi con la sconfitta a Drabeskos, hanno reso necessaria

la richiesta di aiuti da parte degli alleati della lega Delio-Attica, sorta poco prima (478/477)? Si potrebbe anche ammettere la provenienza del defunto da Thasos, colonia di Paro, basandosi sulla vicinanza dell’isola al luogo della battaglia, nella quale Tokes sarebbe stato coinvolto. Durante la Guerra del Peloponneso, ad es., alcune operazioni militari contro Brasida partirono da Thasos, Thasos (infra, nota seguente) non si è sicuri che il nome sia greco o barbaro (GUARDUCCI, EG, I, p. 163). Ma l’aspetto poco ellenico del nome fa pensare che Tokes fosse un colono della prospiciente Thasos. Cfr. infra. 1 Cfr. ᾿Αλκιβίαδης, -ov, e la forma ᾿Αλκιβιάδεω in Hdt., 8, 17. Cfr. anche due nomi al genitivo, Leptines e Brentes, nell’iscrizione SEG χιν 565 (LSAG?, p. 301, n. 61 e Tav. 58; GUARDUCCI, EG, I, pp. 162-164 e FIG. 45) dalla vicina Thasos (metà del vıı a.C.): Γλαύκδ εἰμὶ μνῆ [μὰ τὸ Λεπτίνεω: È [ϑεσαν δέ ue oi Bpévt |ew παῖδες.

? Cfr. LSAG?, p. 294. In particolare si ricorda l'ambasciata milesia per la disputa tra Paros e Naxos (Demeas, FGrH 502 F 1) e la scelta di giudici di Paros nella lotta politica milesia (Hdt., 5, 28-29), nonché la compartecipazione con Eretria e Mileto alla fondazione di Parion nella Propontide (Str., 10, 5, 7). Secondo Jeffery, infatti, Paros a differen-

za di Naxos riprese il segno © dalla Ionia, adottandolo per l’omicron invece che per l’omega. 3 Th., 4, 102; Hdt., 5, 124-126.

4 In particolare Thasos colonizzò le città come Neapolis, Galepsos, Oisyme (o Aisyme) e Pistyros, sfruttò le miniere auree di Skapte Hyle (cfr. Hdt., 6, 46), ed ebbe forte influenza su altre località come Krenides, Stryme e il monte chiamato dai Tasii Kephalai, presso l’Ismaros, sul quale Str., 7, fr. 44 (fr. 43 Jones). Cfr. IG xı1 8, pp. 80-81; GUSTAV TÜRK, RE, v A, 2, coll. 1310-1327, s.v. Thasos; ANDREAS KULZER, DNP, 12,1, coll. 244-246, s.v. Thasos. 5 Hdt., 7, 107 e Th., 1, 98. Cfr. anche Paus., 8, 8, 9; Plu., Cim., 7; Aeschin., or. 2, De falsa legat., 183-185. L’epigramma Simon. xL, PAGE, FGE, è dedicato esattamente a tale vittoria (cfr. supra, p. 117, nota 3). Per una raccolta di fonti cfr. EUGEN OBERHUMMER, RE, v 2, col. 2116-2117, s.v. Eion.

° Cfr. ad es. Th., 1, 100, 2; Plu., Cim., 14, 2. 7 Cfr. Gustav HIRSCHFELD, RE, I 2, coll.1949-1952, s.v. Amphipolis; MALCOLM ERRINGTON, DNP, 1, col. 616, s.v. Amphipolis. Cfr. Th., 1, 100, 3; 4, 102; D.S., 11, 70 (secondo i quali gli ateniesi furono battuti a Drabeskos) e Hdt., 9, 75 (secondo il quale lo scontro avvenne a Daton). * Cfr. CLAIRMONT 1983, I, pp. 127-130. Per questa lista degli Ateniesi caduti tra il 465-463 a Thasos e a Eione e

in alcune città dell’Ellesponto cfr. supra, p. 16. ? Nel 477 Thasos prende parte alla lega navale Delio attica con 30 navi. Cfr. ANDREAS 244-246, s.v. Thasos.

KULZER, DNP,

12,1, coll.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

119

distante soltanto mezza giornata di navigazione da Amfipoli, come riferisce Tucidide, esperto di

quei luoghi, nonché stratego della spedizione ateniese.' Ma un’altra via esegetica potrebbe esser corretta. Paros, infatti, fu punita per il suo atteggiamento filopersiano dalla spedizione di Milziade,

che tentò di conquistare l’isola nel 489 a.C.” Tokes potrebbe esser stato fatto prigioniero oppure essersi trasferito ad Atene in conseguenza di questo scontro con gli Ateniesi che, stando a Erodoto (6, 135), avevano assediato e devastato l’isola per ventisei giorni.? Seguendo tale ipotesi, sembrerebbe più probabile una sua eventuale partecipazione alla missione di Cimone del 476/475, piuttosto che a quella del 464 a.C.

VIII.

EPIGRAMMA

DEGLI

ARGIVI

CADUTI

A TANAGRA

(IG

1° 1149;

CEG

135)

Stele di marmo pentelico, costituita da quindici frammenti rinvenuti fino a oggi in tempi diversi e in vari luoghi di Atene.* Le dimensioni delle lettere sono: l. 1: 0,025-0,03 m (titolo costituito dalla

parola "Apyeltöv]); 1. 1-2: 0,015 m; 1. 3 e sgg.: 0,02 m (0,015 m alcune lettere dei frr. a e k; 0,025 m i sigma al. 9 del fr. 0). I frammenti sono conservati per la maggior parte ad Atene, nel Museo

Epigrafico, e di questi (frr. a, b, d, f-n) ho effettuato l’esame autoptico (luglio 2011). Si forniscono qui di seguito il numero di inventario e le misure in m di tutti i frammenti di cui

è composta la stele: Fr. a (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 10276), integro forse solo sul retro: a. 0,15; 1. 0, 24; sp. 0, 155. Fr. Ὁ (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 10274): a. 0,31; l. 0,145; sp. 0,155. Fr. c (British Mus. 1923.1017.1) integro a destra e attiguo al fr. g a sinistra: a. 325; L 345; sp. 0,08. Fr. d (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 10275), conserva in alto la parte del kymation e in basso confina con il fr. g: a. 0,27; l. 0,20; sp. 0,107. Fr. e (dalla collezione Karapanos, oggi acquisita dal Mus. Nazionale, Atene), mutilo su tutti i lati: a. 0,16; l. 0,19; sp. 0,055. Fr. f (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 13312) integro a sinistra e sul retro, in alto conserva parte del kymation: a. 0,245; l. 0,305; Sp. 0,177.

! Th., 4, 104, 4: [...] ἐπὶ τὸν ἕτερον στρατηγὸν τῶν ἐπὶ Θράκης, Θουκυδίδην τὸν Ὀλόρου, ὃς τάδε ξυνέγραψεν, ὄντα περὶ Θάσον (ἔστι δὲ ἡ νῆσος Παρίων ἀποικία, ἀπέχουσα τῆς ᾿Αμφιπόλεως ἡμίσεος ἡμέρας μάλιστα πλοῦν), κελεύοντες

σφίσι βοηϑεῖν. Il punto più vicino dell’isola dista ca. 60 km da Eione, ma la città principale, Thasos, omonima dell’isola ne dista quasi 80 km, distanza che non poteva essere coperta in mezza giornata. Malgrado la sua misurazione, infatti, Tucidide stesso, partito da Thasos (in mancanza di specificazioni si deve intendere l’isola) di mattina, arriva a Eione di sera (Th., 4, 106, 3-4). ? Cfr. Hdt., 6, 133-135. I Tasi si erano sottomessi ai Persiani sia nella prima che nella Seconda Guerra Persiana. Cfr. rispettivamente Hdt., 6, 46-48; 7, 118. 3 Hdt., 6, 135: Μιλτιάδης μέν νυν φλαύρως ἔχων ἀπέπλεε ὀπίσω, οὔτε χρήματα ᾿Αϑηναίοισι ἄγων οὔτε Ilapov προσχτησάμενος, ἀλλὰ πολιορκήσας τε ἕξ nal εἴκοσι ἡμέρας καὶ δηινώσας τὴν νῆσον.

4 Per i primi quattordici frammenti rimando a IG 1' 1149, dove viene indicato all’occorrenza anche il vecchio numero di inventario. Il nuovo fr. o è stato rinvenuto il 01-07-2008 in una vecchia casa nel quartiere di Plaka a Odos Kladou, 6. Cfr. PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, p. 588 e p. 590, FIG. 2, una cartina che mostra i luoghi di rinvenimento di tutti i frammenti. 5 PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, p. 608, nota 131, riferisce che E. Vlachogianni ha cercato la pietra nel Mus.

Nazionale (Archeologico) di Atene senza riuscire a trovarla. PEEK 1941, p. 36, riferisce che la pietra era stata collocata nel magazzino 93, κεραμίδιον 25, del Mus. Archeologico di Atene. Restano, però, una foto (PEEK 1941, TAV. un calco del pezzo (cfr. MERITT 1945, p. 140), conservato nell’archivio della BBAW.

11), e

120

SECONDA

PARTE

Fr. g (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 13306), mutilo su ogni lato, eccetto i punti di giuntura con

d (sopra) e c (a destra): a. 0,18; 1. 0,12; sp. 0,12. Fr. ἢ (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 13305), mutilo su ogni lato: a. 0,085; l. 0,075; sp. 0,055. Fr. i (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 13310), mutilo su ogni lato: a. 0,028; l. 0,31; sp. 0,225. Fr. 1: (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 13308), mutilo su ogni lato: a. 0,22; l. 0,19; sp. 0,06. Fr. k (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 13309), mutilo su ogni lato, si unisce in basso con il fr. o: a. 0,155; l. 0,151; sp. 0,075. Fr. 1 (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 13307), mutilo su ogni lato: a. 0,212; ]. 0,165; sp. 0,057. Fr. m (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 13313), integro sul lato sinistro e forse anche sul retro: a. 0,195; l. 0,235; sp. 0,26." Fr. n (Atene, Mus. Epigrafico, inv. n. 13311), conserva in alto il kymation e una superficie liscia (aetomas, atis): a. 0,36; l. 0,35; sp. 0,16. Fr. o (magazzino della A’ Ephoria di Atene, Biblioteca di Adriano, inv. n. IIA 2338), mutilo su ogni lato, si unisce in alto con il fr. k: a. 0,271; l. 0,20; sp. 0,11. Bibliografia: IG ı 441 + Suppl., pp. 107 e 132, n. 441; IG 11/111? 931/932; PEEK 1941, pp. 34-40, n. 29; MERITT

1945; MERITT

1952;

GV 15; PEEK

1978;

CEG

135; LSAG?,

p. 164, n. 30; IGF

1149 (Bibliogr. prec.); PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012 (con riassunto degli studi, p. 587). Bibliografia delle immagini (FIG. 16): PEEK 1941, TAvv. 10-11 (frr. a-f, i, m); MERITT 1945, pp. 139-140, 142-143 (frr. c, ΕἸ); MERITT 1952, p. 354 (disegno) e TAv. 89, 4 (fr. n); LSAG?, Tav. 29, n. 30 (disegno); CLAIRMONT 1983, II, TAvv. 20-27 (frr. a-d, f-n); PAPAZARKADAS -- SOURLAS 2012, p. 589, Fic. 1 (riproduzione fotografica del fr. 0), p. 590, Fıc. 2 (cartina dei luoghi di ritrovamento dei frammenti), p. 595, Fic. 3 (riproduzione fotografica frr. k, 0); p. 596, FIGG. 4-5

(frr. m, a), p. 597, Fic. 6 (disegno), p. 598, Fısc. 7-8 (frr. n, ἢ), p. 600, FiGG. 9-10 (frr. c, 1), p. 609, FIGG. 11-12 (frr. b, d+g+copia di c), p. 610, FiGG. 13-14 (frr. h, i), p. 611, Fic. 15 (fr. j). n f

᾿Αργε[(δν]

Col. ı Ὠυλλξὲς [ΠΠ]όλλιχος s ['AA]xtodevec |...7...]oc --------- - - - - - - - ---------------

d

[τοί]δ᾽ ἔϑίανον Tavlaypaı Aax[edatpo [νέδν hunö yepo]t, πένθος ---------- - relpt papvaplfev - - -].

-- - - -

Col. 11 a [Mlareros [Α]οιστίον [Σ]φενδονίον 20 ἰ[Λ|βυκῖνος Ἑαναξίλας [Δ]έρκετος [Επχ]εμένες |..5..|te

2... ----------

--.-.-.--.---|

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Col. ΠῚ 42 |...7...]oc ----- - - -- | ----- - - -- ] [---------- -Ο- ] ------- - - | [--------- -- - ΟἸ [--------- -- - ΟἸ [--------- -- - ΟἸ

gs

|--- Jos -----

Col. ıv ce Avtl- - -| 81 6©el---)| E. .JA[. .]c Φοῖνιξ [Φ]ιλέας ὃς [Β]|ράχας Ἱελέσστας Δαμοφάνες

Θυμάρες - -- - -|

Δαΐκλες

! PAPAZARKADAS -- SOURLAS 2012, p. 601, nota 94, € p. 611 hanno recentemente confermato l’esattezza di questa misura, contro quella finora riferita di 0,29 e confluita in Jeffery-Lewis (IG 1°).

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

sine

PER

3

I CADUTI

IN

GUERRA

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Στίλπ|ον! Avotuay[oc] Δαμοφάν[ες] Μιχέας Θαλλίας Κάσσαβος ’Eptoavrlos] Εὐνοστί[δας] [Λ]ύσιχος |. .[οος [-. 3 .Jov

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121

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122

SECONDA

PARTE

1 [τοίδ᾽ ἔϑανον Tavlaypaı Λακ[εδαιμο |vtov hunö yepo]t MERITT 1952: ᾿Αργε[ίον τοίδ᾽ ἐν Tavlaypaı Λακ[εδαιμονίοισι] MERITT 1945 2nevdols - - - ------- πέ]οι papvaufev - - -[ἰ CEG, PAPAZARKADAS -- SOURLAS 2012: [So|pè μαρνάμ]|εν - - -| etiam possis, cfr. PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, p. 599, nt. 82, [y&s πέοι μαρνάμ]ενοι τελόϑ]: nevdols

ἔτλαν]

MERITT

1945, nevdols

δ᾽ ἔτλασα[ν γᾶς

mejor

μαρνάμ[ενοι]

MERITT

1952, IG 1, πένθος

na |tpav εὖ πε]οὶ μαρναμίένον] GV, nevdols δ᾽ ine Td |toac πεοιμαρναμίένον προτὶ ἄστυ] PEEK 1978

δ᾽ ἵκε

17 [M]-

atprog PAPAZARKADAS -- SOURLAS 2012: [Μ]έτριος LGPN, 111 A, s.v. Μήτριος, |.]ereros IG 1° 76 Aopov|A- lapis, e.g. Δορορυ[λίδας, Δορου[λίον, Δορούλος 82 E]..]A|..|s PAPAZARKADAS -- SourLas 2012: ΚΕ ά λ[κε]ς LGPN, III A, s.v. EddAxng sed etiam e.g. E[dx]A[éa]c, ἘΠπί]λ[αο]ς. possis

La stele dei caduti argivi a Tanagra (458 o 457 a.C.) & sopravvissuta solo in 15 frammenti, la cui

ricomposizione comporta senz'altro notevoli difficoltà. La disposizione di alcuni pezzi è pertanto destinata a restare ipotetica.' Se ne può ricostruire una stele coronata da un timpano sorretto da un kymation. Il fr. n conserva una parte del timpano e, al di sotto, di un cyma reversum molto aggetx

tante, di cui una piccola parte è visibile anche sopra lo specchio dell’iscrizione dei due frr. d ed f (FIG. 16). Dal momento che il timpano non presenta tracce di scultura, si può sostenere che fosse

molto probabilmente dipinto.? La bottega di produzione del pezzo sembrerebbe attica, a giudicare dall’unione di elementi dorici e ionici. Secondo PAPAZARKADAS -- SOURLAS (2012, p. 595), il particolare coronamento di questa stele rappresenta il più antico esemplare noto e, allo stesso tempo, l’unico caso attico tra i monumenti funerari pubblici dei caduti in guerra. PAPAZARKADAS — SOURLAS (2012, p. 601) hanno recentemente aumentato le dimensioni stimate della stele, proposte da MERITT (1945, p. 146), portandole da 1 m di larghezza e 2 m di altezza a rispettivamente 1,20 m e almeno 2,20 m. Lo spessore originario della stele è misurabile solo grazie al fr. m, l’unico a conservare anche la superficie originaria posteriore, ed è pari a 0,26 m.’ Le dimensioni erano dunque molto imponenti* e in particolare è anomala la larghezza che non si riscontra in altre stele5 e che rende possibile accomunare il monumento alle famose liste dei tributi (o tavole degli Ellenotamiai), in particolare al quasi coevo lapis 1 (IG τ" 259-272, anni dal 454/453 al 440/439 a.C.).° La somiglianza fisica tra le due stele permette di sottolineare come l’imponenza

di questa tipologia monumentale fosse finalizzata alla celebrazione della potenza ateniese. I caduti argivi a Tanagra, infatti, pur nella sconfitta, hanno recato lustro all’impero ateniese.

! La ricostruzione del monumento segue l’impostazione di MERITT 1945 e MERITT 1952 ed è CLAIRMONT 1983, I, pp. 136-138, nonché per lo più seguita in PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012.

sintetizzata in

? Cfr. PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, p. 596. Si considera anche la possibilità che la stele dipinta su una lekythos (Atene, Mus. Nazionale, inv. n. 1958), attribuita al ‘pittore delle iscrizioni’ e databile al 460-450 a.C., sia molto simile alla forma originaria della nostra stele, ma questo non è, a mio avviso, un argomento sufficiente a supporre, come

viene fatto, che il vaso ateniese rappresenti proprio una lista di caduti. Le di Atene sono disposte solo su cinque righe di scrittura, troppe poche per stoichedico (in PAPAZARKADAS -- SOURLAS 2012 è detto stoichedon, ma il l’allineamento verticale vale solo per le prime due colonne). Sulla lekythos

rappresentazioni delle lettere sulla lekythos una lista di caduti, e senza un allineamento numero di segni per rigo varia da 12 ἃ 9 € cfr. da ultimo OAKLEY 2004, pp. 146-149

e FIG. 111. 3 Cfr. PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, p. 601, nota 94, che riporta l’esatto spessore della stele di 0,26 m contro la misura di 0,29 m finora ovunque accettata (cfr. IG 1° 1149).

4 Lo spessore è confrontabile con quello di IG 1" 1168 e 1180 di 0,25 m e di SEG LVI 430 (n. 111) che oscilla tra 0,285 m nella parte superiore a 0,265 m nella parte inferiore. 5 La stele con la larghezza maggiore è IG 1? 1186, che misura a. 1,556 m; 1. 1,034 m, sp. 0,155 m. Anche IG 1 1162

(n. xv) era formata da quattro colonne, ma dai due frammenti superstiti non è possibile evincerne la larghezza. Lo spessore di 0,25 m è tuttavia compatibile con quello della nostra stele. ° Le sue misure sono a. 3,583 m; l. 1,14 m; sp. 0,385 m. Per il confronto PAPAZARKADAS

— SOURLAS

2012, p.

601, dove l’altezza della stele dei caduti argivi, includendo il perduto basamento, viene stimata a ca. 2 m ARRINGTON 2011, pp. 195-196 aveva, invece, confrontato IG 1' 259-272 con IG 1 1147. Tuttavia è difficile condividere con l’au-

tore ulteriori implicazioni sul confronto tra le liste di caduti e gli inventari pubblici. In particolare sarebbe, a mio avviso, fuorviante considerare le liste dei caduti come elenco di risorse già impiegate dalla città, o anche di quelle maggiori eventualmente disponibili, o addirittura come appendici della lista dei Tributi di Atene. Da un lato, infatti, non può passare in secondo piano la vistosa differenza tra le due tipologie di monumenti in relazione alla rispettiva funzione funeraria o finanziaria, dall’altro proprio la nostra stele dei caduti argivi (o quelle di altri alleati, cfr. infra, p. 125) poco si concilia con le analogie riferite da Arrington.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

L’iscrizione è redatta in alfabeto argivo presenta le lettere dal modulo maggiore ed caratteri sono alti circa la metà di quelli del una disposizione stoichedica su due righe al x

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

123

e in dialetto dorico. Il nome del popolo ᾿Αργείίον] è posto sulla sinistra. Segue a destra l’epigramma, i cui titolo Apye[tov].' L’epigramma è inciso senza seguire di sotto del cyma reversum (frr. n, d), che corrispondo-

no in altezza al titolo, e su un ulteriore rigo (fr. c), adagiato singolarmente sul perimetro del lato

destro della stele, con la base dei caratteri rivolta verso l’interno. L’idea di Meritt che il lapicida abbia mal calcolato lo spazio e sia stato costretto a seguire in verticale il margine destro è stata accettata con troppa leggerezza anche negli studi successivi.” Un errore del lapicida nel calcolo dello spazio sarebbe improbabile per una porzione di testo così lunga e contraddirebbe l’accuratezza dell’incisione e l’ordinatio delle lettere sulla pietra, che si deduce dalla precisione e dalla regolarità dei caratteri inseriti all’interno di un sistema di rigatura.? Tale disposizione, per la quale pochi

sono i raffronti in età classica,* è mirata a risparmiare spazio, seguendo una disposizione già nota agli antichi e denominata plinthedon. Tale definizione ha creato non poche confusioni in quanto il termine πλινθηδόν è usato sia da fonti che lo riferiscono alla scrittura, secondo le quali si tratta di un ordinamento dei caratteri lungo il perimetro di un plinto o di un mattone, sia da un’autorevole testimonianza di Erodoto (2, 96, 1), nella quale il termine indica una tecnica di fabbricazione delle navi per mezzo di una disposizione alternata del legno, paragonata a quella dei mattoni nella

costruzione di un muro.° Per via di quest’ultimo passo la parola πλινθηδόν era stata poco correttamente proposta per la particolare disposizione delle lettere della lista dei caduti nella stele di Loukou (n. 111), che invece è meglio definibile come stoichedon obliquo o alternato (supra, p. 96, nota 1). Non solo il passo erodoteo non mostra alcuna attinenza con la scrittura, ma costituisce un utile indizio lessicale l’epigramma di Moschion (BERNAND, Inscriptions metriques, n. 108, Il. 4,

28 e 30), che con la parola tAwv8tc denota la scacchiera incisa nella parte superiore della pietra e recante il gioco alfabetico del γράμμα μέσον inaugurato dalle tabulae Iliacae.° Nella formula alla 1. 28 dell’epigramma” πλινϑίς non si riferisce solo al quadrato principale, ma anche alla direzione di lettura, che dalla prima lettera al centro arriva all’ultima ai quattro vertici seguendo il perimetro

quadrato. La stele dei caduti Argivi rappresenta, quindi, un raro caso di disposizione plinthedon e mostra la grande fantasia nella distribuzione del testo nelle stele dei caduti di v sec., tra le quali un altro caso eccezionale è la stele di Loukou (n. 111). In conclusione, noterei che il testo in verticale

dell’epigramma sembrerebbe una prosecuzione della seconda riga orizzontale, piuttosto che della prima,? non solo per la difficile unione di Axx[edatuovi- con πε]οὶ μαρνάμ[εν-, che supererebbe * La distanza tra il titolo e l’epigramma si può approssimativamente stimare in base alle dimensioni delle lettere, ma non è determinabile con assoluta precisione. Molto dipende dalla presenza o dalla grandezza di uno spazio tra il titolo e l’inizio dell’epigramma e dalla distanza, ammettendo che sia regolare, tra gli inizi delle colonne. * MERITT

1952, pp. 353-355; PAPAZARKADAS

— SOURLAS

2012, p. 600.

3 Per l’ordinatio cfr. p. 95, nota 8. In molti casi le lettere al margine del testo venivano ammassate e rimpicciolite (cfr. un esempio in RITTI 1981, n. 74) e in IG VII 53 (n. C) si va a capo della sola parola ἐποίει. 4 PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, p. 600, nota 84, ricorda alcune liste con nomi adagiati in verticale, come IG 15 1144, Il. 39-40 e 128-129. Per quanto riguarda i nomi, tuttavia, un calcolo erroneo dello spazio e un inserimento successivo era sempre possibile e si può ben supporre che alcuni nomi venissero incisi senza una traccia preliminare

sulla pietra. L’epigramma, invece, era certamente composto prima dell’incisione e la sua posizione ben calcolata in fase di ordinatio. Alcuni esempi attici di età classica sono in THREATTE, GAI, I, p. 59, che stranamente non menziona la stele qui in analisi. Cfr. infine BUTZ 2015, p. 92, che segnala IG 1? 1007 (CEG 307). > Cfr. supra, p. 96, note 3-4.

° Sulle Tabulae Iliacae cfr. da ultimo SQUIRE 2011 e, per il confronto di alcune di esse con la disposizione della stele di Loukou (n. III), TENTORI

MONTALTO

2013, A, pp. 35-36, nota 32. THREATTE,

GAI, I, p. 59, fa derivare il

plinthedon dall’uso arcaico di scrivere sul perimetro dei plinti. Cfr. ad es. le due iscrizioni di Atene IG 1" 809 (490-480 a.C. ca.) e 1007 (500-480 a.C.). 7 μέσην υέσης τῆς πλινϑίδος τὴν χειραγωγὸν ἀρχὴν λαβών.

® Le due stele presentano altre caratteristiche in comune. Ho già indicato il notevole spessore, ma si noti anche l’uso del caso nominativo per la tribù, meno frequente del genitivo. Lo stesso schema stoichedon obliquo della stele di Loukou si riscontra in alcune Tabulae Iliacae. Cfr. TENTORI MONTALTO 2013, A, pp. 34-35. ? Solo MERITT 1945 (pp. 144-146 e disegno p. 143) ha dapprima considerato la riga incisa in verticale come un

proseguimento della prima (cfr. app. critico), ma si è in seguito corretto, in parte anche grazie alla successiva scoperta del fr. n (MERITT

1952, con disegno p. 354). Cfr. anche il disegno di PEEK 1978, p. 19.

124

SECONDA

PARTE

la lunghezza dell’esametro, ma anche per una maggiore facilità di lettura e per una più logica distribuzione delle righe da parte del lapicida.

La seguente lista dei nomi dei caduti è disposta in allineamento stoichedon. La ricostruzione di MERITT (1945 e 1952), accettata dai più recenti studi di PAPAZARKADAS - SOURLAS (2012, pp. 597-599), prevede la suddivisione in quattro colonne, la prima delle quali è l’unica a iniziare con il nome della tribù, il nominativo plurale "YArneis,' mentre le coll. i11 e Iv sul fr. d recano in testa nomi propri, rispettivamente -og e ᾽Αντ-, sequenze che non permettono l’integrazione di nomi di tribù. Se il fr. a conservasse l’inizio della col. 11, come sembrerebbe probabile, anche in questa colonna il nome proprio [Μ]|άτριος sarebbe il primo della lista. Bisogna ammettere, dunque, che i nomi delle altre tribù, eccetto quella degli ὙὙ λληξεῖς nella prima colonna, fossero incisi su porzioni perdute dell’iscrizione e non fossero inseriti all’inizio di ogni colonna. Dai frammenti restanti si comprende infatti che, in aggiunta all’ordinamento stoichedon, le righe delle colonne sono allineate

tra di loro. Per rispettare questa geometria non si è potuto far corrispondere ad ogni tribù una singola colonna a causa del numero, ovviamente non uguale, di caduti di ogni tribù. La struttura a quattro colonne sembra, però, rispecchiare la suddivisione degli Argivi in quattro tribù, dovuta all'aggiunta degli “Yovadtot alle tre tribù doriche, avvenuta forse già intorno al 480 a.C., dunque prima della battaglia di Tanagra.” Probabilmente le tribù della lista dei caduti si succedevano in rispetto dell’ordine ufficiale, menzionando dopo gli ‘YMAmetc, i IlaugvAot, i Avudvec e gli

Ὑρνάϑιοι. La forma attesa per la seconda tribù è il plurale ΠΠαμφῦλαι,’ tipico di Argo, come attestano iscrizioni più antiche o coeve rispetto alla battaglia di Tanagra* e un’importante lista di

caduti databile al 400 a.C. ca. (SEG xxıx 361).° Problematico è poi il fr. | che inizia con un lungo spazio vuoto non univocamente interpretabile.

MERITT (1945, p. 143) pensava all’inizio di un secondo epigramma oppure a una qualche appendice della lista. Seguendo quest’ultima proposta si è pensato all’aggiunta di nomi di soldati Argivi deceduti per le ferite riportate in battaglia in un momento successivo all’incisione della stele.’ Secondo

il calcolo proposto da PAPAZARKADAS -- SOURLAS (2012, p. 602), il numero dei caduti oscillerebbe tra 300, calcolando una media di 70 nomi per colonna,” e 400 stimati da Meritt.* Tucidide (1, 107,

5) attesta che mille Argivi combatterono a Tanagra, mentre Diodoro Siculo (11, 80) e Pausania (1, 29, 9) sottolineano la lunghezza dello scontro, indicando che sarebbe durato due giorni. Non essendo qui possibile affrontare il tema dell’onomastica della stele,’ soffermerei ora l’atten-

zione sull’epigramma. La porzione di testo conservata è molto lacunosa, al punto che nella loro analisi, alla quale rimando, PAPAZARKADAS

-- SOURLAS

(2012, p. 599) lo definiscono «a particu-

* La menzione della tribù al nominativo è ben attestata nelle liste dei caduti in guerra. Gli esempi sono rappresentati da un’altra lista di caduti argivi proveniente da Argo (SEG xxIx 361) e da alcune liste di caduti attiche: IG 1° 1144, IG T? 1163 a-c, IG 1? 1477, SEG LII 60, SEG LVI 430 (n. 111). Cfr. CULASSO GASTALDI 2010, pp. 140-142 per IG 1? 1477, che sembrerebbe una lista di caduti, e TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 37 per SEG LVI 430. ? Cfr. le iscrizioni menzionate da PAPAZARKADAS — SOURLAS (2012, p. 598-599), in particolare LSAG?”, n. 21, pp. 161-162, 169.

3 Cfr. PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, p. 594, che rettamente escludono la possibilità, per quanto suggestiva, di integrare il nome della tribù al nominativo femminile plurale nel nuovo fr. o, l. 72, in quanto la lacuna prima di -ὖλ-, calcolabile grazie all’allineamento stoichedico, è di 5 lettere e non di 4, come necessiterebbe l’integrazione [Πάμφ]υλ|αι]. 4 Cfr. il decreto di Gnostas, databile al 475 a.C. ca., in GUARDUCCI, EG, II, pp. 51-52 e Fic. 4. Cfr. anche IG IV 517 e SEG XLI 284. 5 Cfr. KRITZAS 1980.

° PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, p. 600. Cfr. la medesima possibilità in n. xv. Lo spazio vuoto di 0,085 m al di sopra del nome Aa[- - -] è troppo grande per poter inserire il fr. 1 in testa alla colonna 11. La migliore soluzione sembrerebbe quindi quella adottata dall’ultimo editore di inserire il frammento alla fine della colonna ıv. Per una nuova ipotesi esegetica del frammento cfr. infra. 7 Il numero è ottenuto dal confronto con poche altre liste complete che registrano mediamente 60 nomi (IG 1 1190 ne ha 71, ma manca l’inizio della stele). ® MERITT 1945, p. 146. Per una sintesi bibliografica recente sul numero SOURLAS 2012, p. 600, nota 89.

dei caduti argivi cfr. PAPAZARKADAS



? Per un’analisi dei nomi del nuovo fr. o rimando al dettagliato commento di PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, pp. 589-594.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

125

larly frustrating element of the inscription». La lunghezza dell’epigramma sembrerebbe essere di due versi, ma mancano elementi per dirimere l’incertezza tra un distico elegiaco e una coppia di esametri.‘

La provenienza dei caduti da Argo è indicata nel titolo, molto probabilmente al genitivo plurale "Apyeltöv]. Quest’elemento era strettamente collegato al seguente epigramma grazie al deittico [tot]d”, rispetto al quale il genitivo ’Apyel[töv] avrebbe una funzione partitiva.” La connessione era anche visiva in quanto al titolo corrispondono tutte e due le righe dell’epigramma, i cui caratteri sono alti quasi la metà (cfr. supra). L’epigramma permette l’identificazione della battaglia di Tana-

gra, grazie alla sicura integrazione [ΤΠ αν]άγραι. Per le altre lacune le soluzioni sono più controverse. PEEK 1978, p. 18, critica convincentemente

la ricostruzione del v. 2 di MERITT 1952, in particolare l’integrazione ἔτλασαν Yàc.} Tra πένϑο[ς] e [πε]οΐ PEEK 1978, p. 18, stima una lacuna incolmabile di 10-12 lettere. Inoltre, ogni integrazione del

v. 2 è fortemente condizionata da quella della sillaba [-]pt. Se si integra [rte]pt, la preposizione potrebbe collegarsi in funzione rafforzativa con il seguente verbo μάρναμαι, oppure, accentata in anastrofe con una perduta parola precedente, [mé]pL. Ma altre integrazioni sarebbero possibili, ad es. [δο]οί. La nostra stele deve essere identificata con il monumento per i caduti argivi di Tanagra, visto e descritto da Paus., 1, 29, 8-9.* Resta, invece, insicura l’attribuzione a Tanagra di un epigramma

per i caduti ateniesi (n. x1). Il Periegeta è l’unica fonte a riferire la partecipazione alla battaglia dei Kleoniani, di cui ha visto il monumento nel Demosion Sema.5 Se la notizia di Pausania fosse vera, allora si potrebbe ipotizzare l’integrazione δᾶμος Κλεωναΐων] nella prima parola del fr. 1, come

sembra suggerire lo spazio vuoto al di sopra. In tal caso, però, Pausania si riferirebbe poco chiaramente allo stesso monumento, ricordando dapprima i Kleoniani (Paus., 1, 29, 7) e poi gli Argivi

(Paus., 1, 29, 8). Gli Argivi potrebbero dunque non essere i soli alleati della battaglia di Tanagra ad essere stati onorati ad Atene. In ogni caso la dedica di una stele ad alleati degli Ateniesi nel Demosion Sema non è così frequente. Pausania (1, 29, 6) ricorda ad es. le sepolture dei cavalieri tessali, giunti nel 431 in soccorso degli Ateniesi, e degli arcieri cretesi, molto probabilmente mercenari.‘ Tra le liste dei caduti rinvenute ad Atene, se ne possono annoverare solamente due di Lemno, che tuttavia elencano cleruchi ateniesi, e due di dubbia attribuzione.” * Il secondo verso, infatti, potrebbe essere un pentametro o un esametro. Cfr. l’apparato critico. ? Un’analoga struttura si riscontra ad es. in IG 1" 1147, dove al titolo ’EpeyYEtöoz, in alto e in caratteri maggiori,

segue all’inizio di una seconda titolatura -che in tal caso non è un epigramma- ancora il deittico, hotde ἐν röL πολέμδι [...] etc. 3 Peek nota che Meritt avanza erroneamente il confronto con Pi., I., 7, 37, nel quale il verbo τλάω si riferisce al

poeta non ai caduti. Peek sostiene che il verbo non si ritrova nell’epica né negli epigrammi. Tuttavia cfr. l’espressione οἵτινες ἔτλαν nell’epigramma per i Megaresi caduti nelle Guerre Persiane IG VII 53, v. 6 (n. C). Secondo Peek, inoltre,

la formula περί γᾶς non può essere accettata da sola senza un’ulteriore specificazione e, in ogni caso, non sarebbe adatta al contesto della battaglia di Tanagra. Cfr. PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, p. 599. + ἐτάφησαν δὲ καὶ oi τελευτήσαντες πολεμοῦντος Κασσάνδρου xal oi συμμαχήσαντές ποτε ᾿Αργείων. πραχϑῆναι δὲ οὕτω σφίσι τὴν πρὸς ᾿Αργείους λέγουσι συμμαχίαν" [...] ὕστερον δὲ μελλούσης ᾿Αϑηναίων ἐν Τανάγρᾳ γίνεσϑαι πρὸς Βοιωτοὺς χαὶ Λακεδαιμονίους μάχης, ἀφίκοντο ᾿Αϑηναίοις ᾿Αργεῖοι βοηϑοῦντες. Sulle fonti epigrafiche e letterarie della battaglia di Tanagra cfr. ROLLER 1989, I, pp. 57-69 (il nostro epigramma è menzionato a p. 67, n. 59). 5 Paus., 1, 29, 7: ἐνταῦϑα καὶ Κλεωναῖοι κεῖνται, μετὰ ᾿Αργείων ἐς τὴν ᾿Αττικὴν ἐλθόντες: ἐφ᾽ ὅτῳ δέ, γράψω τοῦ λόγου μοι κατελϑόντος ἐς τοὺς ᾿Αργείους. Le informazioni sono limitate e l’espressione ἐς τὴν ᾿Αττικὴν resta criptica,

perché il Periegeta non mantiene il proposito di ritornare sul tema quando parlerà degli Argivi, in riferimento forse al successivo paragrafo sul nostro monumento. In Paus., 1, 29, 8 (οἱ συμμαχήσαντές ποτε ᾿Αργείων) si potrebbe quindi non accettare ποτε (cod. C e congetture di Kuhn e Clavier) e intendere l’avverbio τότε, tràdito dai manoscritti, nel senso di ‘nella medesima occasione dei Kleoniani’. PAPAZARKADAS -- SOURLAS 2012, p. 603, nota 106, riferisce ret-

tamente che fino a oggi non si è dato sufficiente

rilievo alla presenza dei Kleoniani a Tanagra. Kleonai, città situata

circa 13 km a sud-ovest di Corinto, viene in seguito descritta da Pausania (2, 15, 1) e un’importante attestazione dei

Kleoniani è la dedica su lastra di bronzo SEG xxxI 365 (τῶν Kiewv[atov]), proveniente da Olimpia e databile tra il 600 e il 550 a.C. ° Arcieri cretesi, in numero di 80, avevano preso parte alla spedizione di Sicilia. Cfr. Th., 6, 43: [...] τοξόταις δὲ τοῖς πᾶσιν ὀγδοήκοντα καὶ τετρακοσίοις (καὶ τούτων Κρῆτες οἱ ὀγδοήκοντα ἦσαν) [...].

7 Le prime due liste sono IG 1' 1164 e 1165. L’alfabeto ionico di IG 1? 1159 e 1182 non è una prova sufficiente per attribuire le liste a Ioni alleati degli Ateniesi.

Cfr. PAPAZARKADAS

-- SOURLAS

2012, p. 603 nota 107. Gli autori

126

SECONDA

PARTE

Rispetto agli esempi menzionati, tuttavia, la battaglia di Tanagra ha rivestito sin da subito un ruolo particolarmente importante, come testimonia la grande eco riscontrabile non solo nelle fonti storiche.‘ Già nelle Eumenidi di Eschilo,* andate in scena nel 458, pochi mesi prima della battaglia,

l’alleanza tra Atene e Argo, stipulata nel 462/461, è chiaramente ribadita più volte.? Il monumento funerario degli Argivi sembrerebbe un particolare onore, certamente concesso per la prima volta, di Atene ad Argo, città che nel clima di radicalizzazione della democrazia ateniese svolgeva un ruolo fondamentale nell’esportazione del modello costituzionale. Per tale motivo anche a livello formale la lista dei caduti argivi imita le sembianze delle liste attiche, introducendo dopo il titolo e l’epi-

sramma una lista di caduti senza il patronimo.* La sepoltura in terra attica degli Argivi caduti in Beozia (Tanagra) avrà infine richiamato un famoso parallelo mitico, quello dei Sette contro Tebe,' in cui gli Ateniesi intervennero per concedere sepoltura a Polinice e agli Argivi, caduti lontano

dalla madrepatria sul campo di battaglia tebano. *

IX. EPIGRAMMA DEI CADUTI TEBANI (PAPAZARKADAS 2014) Stele di poros (o calcare) giallo scoperta nel marzo 2001 a Tebe, nella tomba n. N359, situata nel settore meridionale della necropoli Nord-Est e costruita con materiali di reimpiego, principalmente stele funerarie.’ Il pezzo è oggi conservato nel Museo di Tebe (inv. n. 33459) e misura: a. 0,73 m; l. 0,52 m; sp. 0,17 m. Dalla foto edita (PAPAZARKADAS 2014, p. 225, FIG. 1) si evince che la stele

è mutila solo nella parte inferiore e, di conseguenza, maggiore era l’altezza della stele originaria. Le lettere sono alte tra 0,12 e 0,18 m. Bibliografia: ARAVANTINOS KNOEPFLER,

BE, CXXVIII,

2001-2004, pp. 142-143; PAPAZARKADAS

2014, pp. 223-233; DENIS

2015, n. 306.

Bibliografia delle immagini: ARAVANTINOS 2014, pp. 225-226, FIGG. 1-2.

2001-2004,

pp.142-143,

FIG.

33; PAPAZARKADAS

IX

|- = - 77-77 - Tleperov [hölro: | [- τῷ == - - π]ολέμυ [d]avépev | discutono anche le due liste di caduti di Lemno, ma omettono i casi degli arcieri cretesi e dei cavalieri tessali riferiti da Pausania. ! Hdt., 9, 35; Th., 1, 107-108; D.S., 11, 79-81. Cfr. anche PI., Mx., 242a. L’attribuzione tucididea della vittoria

alla lega Peloponnesiaca su Ateniesi e Argivi, non sembra potersi mettere in dubbio, malgrado Diodoro riferisca che alla fine nessuno dei due contendenti risultò chiaramente vincitore. Cfr. da ultimo PAPAZARKADAS -- SOURLAS 2012,

pp.

585-587.

2 Il collegamento

della nostra stele con l’opera eschilea,

già notato

da CLAIRMONT

1983, p. 138, è sviluppato

approfonditamente in PAPAZARKADAS — SOURLAS 2012, pp. 604-607. 3 A., Eu., 289-291; 667-673; 772-774. Sembra potersi ricollegare alla democratizzazione di Argo e al suo avvici-

namento ad Atene anche un’altra opera di Eschilo, le Supplici, dove assumono un ruolo fondamentale gli Argivi e il loro re Pelasgo, difensori delle Danaidi, e che sono andate in scena sicuramente prima della battaglia di Tanagra tra il 470 e il 459 a.C. (forse nel 463, cfr. da ultimo SOMMERSTEIN 2008, I, pp. 279-280). 4 In pochi luoghi fuori dall’ Attica e dalle cleruchie ateniesi si ritrovano liste di caduti (cfr. infra, p. 171). Cfr. SEG

XXXIX 411 per i Megaresi caduti in un episodio della Guerra del Peloponneso (Megara, 425-400 a.C.), dove ad es. i nomi, suddivisi nelle tre tribù doriche, sono seguiti dal patronimo. Nella successiva lista di Argo, SEG xxIx 361 è invece indicato il probasileus e i nomi sono accompagnati dall’indicazione della fratria. PAPAZARKADAS -- SOURLAS 2012, p. 606 porta avanti il confronto tra questa e la nostra lista dei caduti argivi. > L’omonima

tragedia di Eschilo risale al 467 a.C. Nella perduta tragedia Eleusini di Eschilo

(frr. 50-54,

TGrF

111) la sepoltura degli Argivi viene collocata a Eleusi. Il soggetto è stato ripreso anche in tragedie successive, come le Supplici di Euripide. L’episodio è riferito anche da Hdt., 9, 27, 3, dove costituisce un importante merito degli Ate-

niesi verso gli Argivi e contro Tebe nella disputa con i Tegeati sul miglior posto nello schieramento della battaglia di Platea (479 a.C.). ° Cfr. ARAVANTINOS

2001-2004, dove si menzionano 16 frammenti di stele funerarie.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

|- = - = - TI --Ἰπατρίδος [- == -Jevro ἀῦλα

πέρι Θέβας

GUERRA

127

|

κράτιστ᾽ ἀρετᾶς.

- - -Av[. .mperov οὗτο:

-

IN

|

- -- π]ολέμου ϑανέμεν | 77-72 - πατρίδος πέρι Oeißals

-Ἰνα[- -]evro Ma

|]

κράτιστ᾽ ἀρετᾶς.

IX

1 EPETON lapis: fortasse ἔρετον PAPAZARKADAS 2014 [hö]ro conieci: |. .|T[.] PAPAZARKADAS 2014 (cfr. D, 1) 2 [r]oreuv, i.e. πολέμου (cfr. D, v. 2): [ἐν π]ολέμυ PAPAZARKADAS 2014 4 [- - -Jevro lapis: fortasse [9]evro PAPAZARKADAS

2014

D

1 HPETON legi, aliter de prima littera PAPAZARKADAS 2014, fortasse ἤρετον οὗτο legi: OYTO ARAVANTINOS 20012004, p. 143, Fic. 33, [.|YTO, fortasse αὐτοῦ PAPAZARKADAS 2014 2 [π]ολέμου legi: [ἐν π]ολέμσι PAPAZARKADAS 2014 4 va|- -ἰεντο lapis: fortasse [- - Y]evro PAPAZARKADAS 2014

Questa stele, la cui tipologia trova riscontri a Tebe nel v sec. a.C.,' contiene due epigrammi, entrambi non stoichedici, dei quali è possibile leggere, allo stato attuale, la sola metà di destra

meglio conservata.” L’epigramma superiore (Ix) è redatto in alfabeto beotico e consta di due distici elegiaci, disposti su quattro righe, una per ogni verso. PAPAZARKADAS

(2014, pp. 230-231) data

questa scrittura alla prima metà del v sec. a.C., ma sarebbe a mio avviso possibile restringere l’arco cronologico a dopo le guerre persiane.? L’epigramma inferiore (D), analogamente disposto, è una copia di quello superiore e si può datare paleograficamente al Iv sec. a.C., come mostrano sia l’adozione dell’alfabeto ionico, sia le caratteristiche datanti di alcune lettere.4 Secondo PAPAZARKADAS 2014, p. 232, un ferminus post quem potrebbe essere il 370 a.C. quando durante l’egemonia tebana si afferma definitivamente anche in Beozia l’alfabeto milesio.

La prima parola leggibile del v. 1 è probabilmente ἤρετον, secondo PAPAZARKADAS p. 227), una forma di aoristo duale di ἄρνυμαι

(2014,

(vincere, ottenere), sebbene la terminazione sia

quella della diatesi attiva, invece dell’attesa forma media ἤρεσϑον. Potrebbe altrimenti trattarsi di un errore per la terza persona singolare ἤρετο. In ogni caso il verbo troverebbe un'ottima corrispondenza nell’espressione ἀἄϑλα χράτιστ᾽ ἀρετᾶς al v. 4, a mio avviso, però, troppo distante per esserne il complemento oggetto.° Secondo PAPAZARKADAS 2014, i due caduti, che costituirebbero il soggetto del verbo duale, potevano essere amici o parenti (ad es. due fratelli). In Pi., L, 4, 16-17 si ricorda come nello stesso evento, forse la battaglia di Platea, morirono quattro consanguinei del

vincitore Melissos. Successivamente, PAPAZARKADAS legge nella copia sottostante (D) al massimo le lettere YTO

della fine del v. 1, e avanza l’ipotesi che possa trattarsi dell’avverbio αὐτοῦ. Tut-

! Cfr. PAPAZARKADAS 2014, pp. 224-226. 2 Non risulta che sia stato effettuato un calco del pezzo, ma PAPAZARKADAS

2014, p. 224, asserisce che attraverso

speciali tecniche fotografiche è stato possibile leggere solo alcune lettere nella metà sinistra. 3 La scrittura è evidentemente successiva a quella della colonna iscritta con la dedica di Kroisos (506 a.C.), pubblicata nel medesimo articolo di PAPAZARKADAS (2014, pp. 233-248), malgrado l’autore affermi che «the lettering of the funeral stele is, if not contemporary, then only slightly later». Si notino in particolare la forma non angolata del beta e del rho, ma quella triangolare del delta del tipo latino D, e l’hypsilon formato da un’asta verticale con a destra l’appendice obliqua. Quest'ultima lettera, che si riscontra già nel noto epigramma di Mantiklos CEG 326 (Beozia, fine vIII-inizio vII a.C.), rende inverosimile una datazione successiva alla metà del v sec. (cfr. LSAG?,

pp. 90-91),

come confermerebbe anche l’epsilon dai tratti obliqui inclinati e con appendice. Un utile confronto è piuttosto l’epigramma di un caduto presso l’Asopo (n. 10), la cui scrittura sembrerebbe più antica o al massimo contemporanea. 4 Si notino in particolare il caratteristico rimpicciolimento delle lettere tonde (cfr. l’omicron e il theta scritto con il punto il centro), l’assenza del segno di aspirazione davanti a oùto, il sigma a quattro tratti di cui quelli esterni quasi paralleli, il my dai segmenti esterni verticali e quelli centrali lontani dal rigo inferiore di scrittura e il kappa dai segmenti obliqui più corti. > Cfr. ναιέμεν εὐρύχορον Θήβην in Hom., Il., 9, 124. L’aoristo di ἄρνυμαι è usato anche nella dedica CEG 785, v. 3 (Eubea, Histiaia, ca. 460-450 a.C.): λισσ[ζόμενος aspirata discussa in Hansen (CEG).

δὲ dedi νίκες Βαβρὸν Πέρετο κῦδος. Si noti la problematica forma

128

SECONDA

PARTE

tavia, il disegno edito in ARAVANTINOS 2001-2004, p. 143, FIG. 33, mostra OYTO nella copia inferiore, lettura che confermerei dall’analisi delle riproduzioni e che lascia presupporre οὗτο, neutro singolare di οὗτος, αὕτη, τοῦτο, nella forma attesa nel dialetto beotico, in cui è solitamente assente il tau iniziale. La lettura del nominativo plurale oùto|[t] sarebbe possibile, ma difficilmente

si concilierebbe con il verbo al duale che presuppone un soggetto οὕτω. A mio avviso, ἤρετον οὗτο ‘ottenne/ottennero questo’ introduce l’affermazione all’infinito del verso seguente: ‘morire [valorosamente] in guerra’.

ΑἹ v. 2 dell’epigramma superiore (1x) notiamo la particolare desinenza di [π]ολέυυ. PAPAZARKADAS (2014, pp. 227-228) ritiene questa forma un dativo, che testimonierebbe lo scambio tra l’hypsilon e il dittongo omicron-iota in età molto precedente ai primi esempi finora noti, che si datano a partire dal 111 sec. a.C.” Tale spiegazione sarebbe verosimile se fosse sicura la lettura di [π|ολέμοι nel medesimo verso della copia di ıv sec. a.C. (D).? Dalla foto, tuttavia, appare qui evidente la lettura del

genitivo [π|ολέμου. Riterrei pertanto che il sostantivo sia in caso genitivo e che nell’iscrizione più antica il segno Y indichi il dittongo omicron-hypsilon, dal momento che lo scambio tra Y e O nel

valore di dittongo omicron-hypsilon è altrimenti attestato in Attica già dall’età arcaica. * Si dovrà inoltre considerare che, una volta introdotto l’alfabeto milesio in Beozia, OY e Y vengono spesso confusi,

indizio significativo che le due grafie designavano la medesima vocale [u] e che tale poteva essere anche in precedenza la pronuncia del segno Y.5 Non sarebbe pertanto inammissibile in un'iscrizione tebana di età arcaica lo scambio dei segni Y e O nel valore di omicron-hypsilon. Riterrei fuorviante, invece, la possibilità che il segno OY indichi un dativo, come ritiene possibile Vottéro che si basa su

iscrizioni beote di età ellenistica in cui però ἐπί è evidentemente seguito da un genitivo.° Particolarmente rilevante è l’infinito aoristo atematico ϑανέμεν, che costituisce l’unica attestazione epigrafica finora nota, ma che non desterebbe sorpresa in un epigramma della Beozia. L'infinito atematico è, infatti, attestato già nei poemi omerici (cfr. Hom., Od., 11, 265), ma certamente il confronto più significativo è l’identica occorrenza di Yaveuev in Pi., P., 4, 72, che

rappresenta anche l’unico caso nell’opera del grande poeta tebano. ΑἹ v. 3 nel nome della città di Tebe colpisce non solo il singolare, già attestato nei poemi omerici,” ma anche la resa di Θέβας

nell’iscrizione più antica (1x) con ®etBa[c] nella copia (D),

invece dell’atteso Θήβας, che rispecchia probabilmente una somiglianza nella pronuncia di eta ed epsilon-iota.* L'indicazione del v. 3, πατρίδος

πέρι Θέβας, infine, è confrontabile con il v. 2

dell’epigramma di Nausikydes (n. 12: [σᾶς π]έρι Bapvduevoc [καλλιχ]όρδ tatpt[doc]) 1 Cfr. LS], s.v. οὗτος, αὕτη, τοῦτο. Cfr. ad es. οὗτα in IG VII 3172, 1. 125 (Orchomenos, 222-200 a.C.) e in SEG XLIII 212 A, l. 20 e B, |. (Tanagra, rispettivamente III-II a.C. e metà III a.C.) ? Cfr. BECHTEL 1921-1924, I, pp. 223-224; BUCK 1955, p. 32; Vottéro 1995, p. 93. Erroneamente PAPAZARKADAS

2014, p. 228, nota 17 ritiene i primi esempi del fenomeno di Iv sec. a.C. 3 PAPAZARKADAS

2014, p. 231 ricorda il dativo singolare τοῖ $audı nel decreto IG viI 2407 (Tebe, 361 a.C. Cfr.

SEG XXXIV 355), in base al quale non desterebbe sospetti il valore di omega espresso dal segno O invece che D. Tuttavia, DENIS

KNOEPFLER,

nella copia

BE, CXXVIII, 2015, n. 306, p. 479, sminuisce il confronto con questa iscrizione, la

cui edizione risulta in più punti problematica. 4 Per la Beozia cfr. IG vıı 1623 (Tanagra, età imperiale), infra, nota 6. Per l’Attica cfr. THREATTE, GAI, I, p. 260261, con ulteriore bibliografia, dove si registrano alcuni nomi al genitivo singolare terminano con Y invece che OY. Rettamente il nome Bird nell’iscrizione JEFFERY 1962, p. 134, n. 37 (Attica, fine vI sec. a.C.) viene interpretat come il

genitivo Βούλου. Non solo, infatti, esistono esempi più tardi di questo nome (LGPN, II, s.v. Βοῦλος), ma il corrispondente femminile Βούλη è attestato su una coppa databile intorno al 510-500 a.C. (LGPN, II, s.v. Βούλη; IMMERWAHR 1990, p. 86, nota 22). 5 VOTTERO 1995, p. 93 data il fenomeno a partire dal ıv sec. a.C. Cfr. Buck 1955, ° VOTTÉRO 1995, p. 94 considera dei probabili dativi i nomi con desinenza OY in sec. a.C.) preceduti da ἐπί. Esistono tuttavia altre attestazioni di ἐπί seguito da nomi 2360, 2403, 2779) e in un caso da un nome, quasi certamente anch'esso al genitivo, che

p. 28. IG vII 1713 e 2162 (forse di III al genitivo (IG ΝΙΙ 2136, 2297, termina con il solo hypsilon (IG

VII 1623). La particella ἐπί può essere seguita dal genitivo del nome di persona (cfr. LS], s.v. ἐπί, A, e). Un gruppo di iscrizioni, infine, presenta ἐπί + nome al genitivo + Ἣ ἥρωϊ (IG VII 2140, 2145, 2147, 2167, 2671, 2685). 7 Cfr. Hom., Il., 4, 406; 9, 124 (cfr. p. 127, nota 5).

* Cfr. PAPAZARKADAS 2014, p. 228. Sarebbe anche verosimile che nella realizzazione della copia si sia erroneamente interpretato il segno E dell’epigramma superiore (n. IX).

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

129

Al v. 4 la desinenza di terza persona plurale, [- - -Jevro, costituisce un’anomalia metrica del

pentametro, formando miepes. Si deve pertanto seguito da una brevis in il verbo ἤρετον al v. 1

un trocheo invece dell’atteso giambo delle ultime due sillabe del primo hepresupporre, dopo il primo piede dattilico, uno spondeo nel secondo piede longo.' Si potrebbe inoltre supporre una variatio del soggetto, se si intendesse come una terza persona plurale o come un duale.” Nel secondo emistichio

del v. 4 colpisce l'abbinamento del sostantivo ἄϑλα con il superlativo χράτιστα, che non risulta altrimenti attestato, a meno che si debba attribuire al secondo funzione avverbiale. PAPAZARKADAS

2014, p. 230, integrando la prima parola del v. 4, intende [ϑ]έντο ἀῦλα χκράτιστ᾽ ἀρετᾶς ‘they set the best prizes of virtue”. Un’espressione simile è tramandata in un passo tucidideo del noto discorso funebre per i caduti del primo anno della Guerra del Peloponneso.i Partendo da tale confronto

PAPAZARKADAS 2014, pp. 229-230, ipotizza che nel nostro epigramma si possa alludere a giochi funebri in onore dei caduti, che in Attica sono testimoniati da una serie di tre vasi per i vincitori

di tali agoni* e a Tebe da un’hydria con l’iscrizione: τὸν Θέβαις αἴϑλον." L'espressione ἄϑλα (0 ἀϑλον) ἀρετῆς, tuttavia, è frequentemente attestata” e potrebbe costituire nel nostro epigramma una semplice formula elogiativa dei defunti. Dal momento che sicura è la desinenza di terza persona plurale al v. 4 e che l’epigramma in-

feriore (D) è stato copiato circa un secolo dopo quello superiore (1x), il monumento si può con ottime probabilità considrare pubblico,” ma resta incerta l’individuazione della battaglia per i cui caduti è stato eretto. PAPAZARKADAS 2014, p. 232, lascia aperta una vasta gamma di possibilità, dalla sconfitta dei Beoti e dei Calcidesi inflitta dagli Ateniesi nel 506 a.C. alla battaglia di Tanagra del 457 a.C., preferendo tuttavia un evento delle Guerre Persiane, in particolare la battaglia di Platea del 479 a.C., senza tuttavia escludere anche quella delle Termopili del 480 a.C. Tra questi eventi considero inverosimile il primo, che non si concilia con la datazione paleografica dell’iscrizione. Non si può escludere, invece, un collegamento della nostra stele con la battaglia di Platea, durante la quale i Beoti erano schierati dalla parte dei Persiani e, come testimonia Hdt., 9, 67, combatterono valorosamente con la conseguente perdita di 300 uomini e la ritirata verso Tebe. In tal caso il tono elogiativo dell’epigramma poco si adatterebbe al periodo successivo alla sconfitta

persiana, ma potrebbe conciliarsi con la probabile presenza di una fazione tebana antipersiana (cfr. PAPAZARKADAS 2014, p. 232, nota 42) e con il fatto che dopo la battaglia di Platea fu concesso a Tebe fu concesso di restare nell’anfizionia delfica. La stele andrebbe altrimenti attribuita ai caduti

della battaglia di Tanagra, evento che forse si addice maggiormente alla datazione paleografica e alla lode della patria e dei caduti.* Particolarmente rilevante è il confronto con l’epigramma di un caduto presso l’Asopo (n. 10), attribuibile forse alla battaglia di Platea, che mostrerebbe una scrittura leggermente più antica e, almeno nella porzione conservata, l’assenza di formule elogiative. *

! PAPAZARKADAS 2014, p. 228 segnala alcuni esempi analoghi di brevis in longo nella poesia teognidea e in CEG 407. * Si confronti in particolare l’uso del duale e il successivo riferimento a più caduti ai vv. 7-10 dell’epigramma di Ambracia 3 Th., 4 IG 1 a.C.). IG

(n. 1). 2, 46: ἄϑλα γὰρ οἷς κεῖται ἀρετῆς μέγιστα, τοῖς δὲ καὶ ἄνδρες ἄριστοι πολιτεύουσιν. 523 (Maratona, ca. 480-470 a.C.); IG 1? 524 (Attica, ca. 460-450 a.C.); IG 1° 525 (Tessalonica, ca. 450-440 1? 523 reca l’iscrizione ᾿Αϑεναῖοι ἄϑλα ἐπὶ τοῖς ἐν TOL πολέμδι, che si riscontra solo con alcune differenze o

imprecisioni grafiche negli altri due vasi. > LSAG?,

p. 95, n. 16 e Tav.

9. Cfr. Pi., I., 4, 68-69. Per ulteriore bibliografia PAPAZARKADAS

2014, p. 229,

nota 29. ° Cfr. ad es. D.L., 1, 30 (ἄϑλον ἀρετῆς); Th., 2, 87 (οἱ δὲ ἀγαϑοὶ ἄϑλοις τῆς ἀρετῆς); Aeschin., or. 3, Contra Ctesiph., 245 (τὴς ἀρετῆς ἀϑλον).

τιμήσονται

τοῖς

προσήκουσιν

7 Cfr. con simili argomentazioni PAPAZARKADAS 2014 che lascia aperta però la possibilità di un monumento privato e confronta la disposizione in due coppie di distici disposti in alto sulla stele, SEG LVI 430 (n. 111), anche se questo non è una garanzia di monumento pubblico (cfr. in particolare n. 13, ma anche n. 11, anche se sul lato della stele).

® Per tali elementi elogiativi per un caduto nella battaglia di Tanagra cfr. l’epigramma di Theotimos, n. 11.

130

SECONDA

x. EPIGRAMMA

DEGLI ATENIESI

CADUTI

PARTE

A POTIDEA

(IG 1? 1179;

CEG

10)

Base di marmo pentelico trovata ad Atene in due frammenti, di cui il primo costituisce oltre la metà sinistra del blocco originario (fr. a) e il secondo una più piccola porzione in basso a destra (fr. Ὁ). Il fr. a è stato rinvenuto nella zona del Ceramico o dell’Accademia nel 1802' ed è custodito a Londra, British Mus. (inv. n. 1 37 = GR 1816.6-10.348); il fr. b, scoperto nel muro di una casa nell’Agora, è stato pubblicato da RAUBITSCHEK 1943 ed è oggi conservato ad Atene, Mus. Agora (inv. n. 1 2277), dove ho potuto analizzarlo (luglio 2011). Louis-Francois-Sébastien Fauvel realizzò

tre copie del fr. a, dalle quali si ricava una perduta porzione di testo alla fine dei primi quattro versi. Durante il trasporto a Londra, infatti, si allegerì la pietra riducendone lo spessore di ca. 0,165 m; probabilmente in tale operazione si distrusse una parte della superficie scrittoria con le lettere

riferite dal solo Fauvel, dal momento che Ennio Quirino Visconti poteva già constatarne la perdita nel British Museum.’ Il fr. a, mutilo a destra e sul retro, presenta l’anathyrosis sul lato sinistro. Le sue misure sono: a. 0,311; l. 0,877; sp. 0,15 (in alto) — 0,018 m (in basso). Il fr. Ὁ (ll. 10-13), inteero solo nella parte destra e in basso, misura: a. 0,107; l. 0,44; sp. 0,14 m. La lunghezza totale del monumento originario, calcolabile sulla base della somma della lunghezza dei due frammenti, è di circa 1,34 m (RAUBITSCHEK 1943, p. 24). Le lettere del titolo (1. 1) hanno un’altezza di 0,020-0,022 m, quelle dell’epigramma (ll. 2-13) di 0,015 m. Bibliografia: CIG 1 170 e p. 906; IG ı 442 e Suppl., p. 46; KAIBEL, EG, n. 21; IG 1° 945; GIBM, I, n. 37; Top, GHI, n. 59; frr. a + Ὁ: RAUBITSCHEK 1943, pp. 19-24; RAUBITSCHEK 1944; WILHELM 1948; GV 20; GG 12; CLAIRMONT 1979, pp. 126-129; CLAIRMONT 1983, I, pp. 174-177, n. 41; CEG 10 e II, p. 300; MATTINGLY 1990, pp. 111 e 122; IG 1° 1179 (con ulteriore

bibliografia); MIHAI 2010 (in part. pp. 556-562); OBRYK 2012, pp. 14-17; ARRINGTON 2015, p. 116 e passim.

Bibliografia delle immagini (cfr. FIG. 17): RAUBITSCHEK 1943, pp. 21 (phot. fr. a), 22 (calco fr. Ὁ); CLAIRMONT

1983, II, TAv. 55. Ulteriore bibliografia in CEG 10 e IG 1 1179. 1

S

ἐμ Ποτίειδαίαι - - -| τῶ Cfr. l’analoga struttura dell’epigramma n. B, formato da tre coppie di distici sintatticamente completi e da un ulteriore distico finale. Impropriamente si è parlato di tre epigrammi, come ad es. in WILHELM 1948, pp. 666-667 e in Hansen (CEG), che scrive: «Versus ut unius praebentur, sed manifeste sunt tria epigrammata». ° L’integrazione di WILHELM 1948 προγόνδ(ς) σϑένεσ[ιν], sebbene sia l’unica che permetta di non correggere il testo visto da Fauvel, non sembrerebbe ammissibile a causa dell’assenza di confronti per il secondo sostantivo al plurale. 7 Per tale uso del verbo cfr. LSJ, s.v. τίϑημι, B, 2-3. δ Cfr. ἀρετ[έν] al. 3 e ἀρετέν al. 13; φσυχάς a Il. 6 e 12, Ποτειδαίας, Il. 7 e 11, oltre che nel titolo.

? Prima della parola φϑ[ίμενοι] non si verifica la palatalizzazione della nasale finale, come mostra la trascrizione di Fauvel. Cfr. Il. 6, 10 e 11 (ἐμ To[o]udyotc), ma 1. 12 (A9zvatov φσυχάς). Hansen (CEG) difende tuttavia l’esegesi Ziaßou φϑίίμενοι], ma cfr. WILHELM 1948, p. 670. Ὁ CEG 535 (Attica, metà Iv sec. a.C.): Εὐρυμάχου ψυχὴν καὶ ὑπερφιάλος διανοίας / αἰϑὴρ ὑγρὸς ἔχει, σῶμα δὲ τύνβος ὅδε. 4! E., Supp., 533-534; fr. 370, 71-72, IrGF v ı; fr. 839, 8-11, TrGF v 2. Per il confronto con questi passi cfr. MIHAI 2010, p. 558 e ARRINGTON 2015, p. 116.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

133

cielo (αἰϑέρ), il corpo nella terra.‘ L’anima e il corpo sono stati separati (ἐλ[ύϑεν]) presso le porte di Potidea, secondo la suggestiva immagine poetica della 1. 7 mirata ad indicare la morte violenta

dei guerrieri. La menzione dei nemici nel seguente distico ricorre a partire dagli epigrammi per i caduti della Guerra del Peloponneso (cfr. nn. xIv, v. 6 e xv, v. 3). Si noti la ricercata contrapposizione tra i due genitivi plurali nell’incipit delle Il. 6-7, ἐχθρὸν e τῶνδε, quest’ultimo riferito senza dubbio ai caduti ateniesi. L’epigramma sottolinea, inoltre, la differenza tra i nemici, che sono morti combattendo e che, pur sconfitti, hanno avuto l’onore di condividere la medesima sorte dei vincitori a cui è dedicato il monumento, e i nemici che, invece sono fuggiti, sperando -e probabilmente

ottenendo- di aver salva la vita riparandosi entro le mura. Confermerebbe tale esegesi il confronto dell’espressione oi μὲν ἔχσσι τάφο μέρος con quelle analoghe di altri epigrammi funerari privati di ıv sec. a.C., in cui il defunto ‘prende parte’ al comune destino? oppure a una virtù.* Tutte le integrazioni della seconda coppia di distici elegiaci sono, a mio avviso, ineccepibili e solo il rinvenimento del frammento di pietra mancante potrebbe contraddirle 0, piuttosto, confermarle. Nella terza e ultima coppia già i primi editori, basandosi sul solo fr. a, hanno congetturato delle integrazioni che sono state in seguito confermate dal rinvenimento del fr. b, a eccezione della

l. 10. Nel disegno offerto da RAUBITSCHEK

(1943, p. 23) l’ultima lettera di d&[uoc

’Epey9o]c è

tratteggiata, dunque di incerta lettura, mentre anche dopo il mio esame autoptico del fr. b, non sono state individuate tracce di lettere appartenenti alla 1. 10. Si noti inoltre che la contrazione del

genitivo in Epey896c, proposta da Hiller (IG 1°), non è altrimenti attestata, mentre l’integrazione della forma attica “Epey9dé0c, sostenuta dagli editori precedenti, renderebbe l’adonio finale ecce-

dente di una sillaba, a meno di postulare un’anomala sinizesi dell’ultimo piede. Quest'ultima ipotesi è stata ripresa da Hansen (CEG), ma non risulta suffragata dai confronti addotti dallo studioso, dal momento che la forma epica δῆμος Ἐπρεχϑῆος in nessun caso potrebbe costituire un adonio in fine di un verso, né permettere aggiustamenti prosodici come la sinecfonesi.* Risulterebbe pertanto più verosimile l’integrazione dè[uoc ᾿Αϑενῶν], che costituisce un perfetto

adonio, attestato anche da un epigramma attico di età ellenistica.’ Una tale integrazione è perfettamente sinonimica a δέίαος

’Epeydög] e ben si accorda all’altro soggetto πόλις

hEde, non essendo

possibile utilizzare il deittico anche per il sostantivo δέ[μος]. All’inizio dell’esametro a 1. 13 la formula παῖδες ᾿Αϑεναίδν, concordata con il relativo hot, è più volte attestata e richiama la prima parola dell’esametro della 1. 11, ἄνδρας. L’epigramma si conclude con un tema tirtaico” analogo a quello del primo distico dell’epigramma per i caduti presso l’Ellesponto (n. xv): il sacrificio in

suerra glorifica la patria (nell’uno πατρί[(δ᾽ εὐχλί[έ]ϊσαν, nell’altro edxAticau πατρίδα nella stessa posizione metrica). Nel nostro epigramma il neutro plurale &vitppo[m]x, che assume qui una funzione avverbiale, indica come la vita dei guerrieri sia una contropartita per la gloria della patria. L’iscrizione fornisce informazioni utili a individuare la battaglia a cui si riferisce. Si tratta di una vittoria ateniese a Potidea, che può essere identificata o con l’evento del 432 a.C., che si annovera

tra le dirette cause della Guerra del Peloponneso e in cui caddero 150 Ateniesi e lo stratego Kallias,* * Rimando a MIHAI 2010 per l’analisi dettagliata di questo verso e per le sue connessioni con la filosofia presocratica e a OBRYK 2012 sul concetto di immortalità. Malgrado φσυχάς sia meglio traducibile per mezzo del plurale ‘anime’, il termine, come nota SORDI 1990, p. 190, «prima di Socrate è il soffio vitale, non l’anima immortale». ? Cfr. due epigrammi attici della metà del ıv sec. a.C.: CEG 541 e 554.

3 Cfr. CEG 603 (Attica, Iv sec. a.C.) per la εὐσεβία e CEG 704 (Cos, fine Iv sec. a.C.) per la σωφροσύνη. 4 Cfr. Hom., Il., 2, 547 e AP, 11, 442. In questi due casi, infatti, Ἐρεχϑῆος

è regolarmente scandito come sequenza

di una sillaba breve e tre lunghe, essendo l’ultima di queste lunga per posizione. Non stupisce dunque che questa sequenza non si trovi alla fine di un esametro. Il terzo confronto riferito da Hansen

(CEG), PI., Alc., 1, 132a, è in

prosa e quindi irrilevante ai fini dell’integrazione del nostro epigramma. 5 IG 11/111? 31892, v. 3: ἁνίκα δῆ[ριν] ἔϑεντο Λάκων καὶ δῆμος ᾿Αϑηνῶν. ° Cfr. p. 87, nota 7 € p. 105, nota 9 e la simile espressione nell’epigramma n. ΧΙ, vv. 2-3. 7 Tyrt., fr. 12, 23-24, WEST, IE, τι.

* Th., 1, 63. Lo storico afferma che gli Ateniesi concessero ai nemici (Potidea e la lega Peoponnesiaca) di seppellire i propri caduti (poco meno di 300 uomini). Questa notizia potrebbe conciliarsi con l’affermazione della 1. 8 della nostra iscrizione, secondo la quale i nemici ‘prendono parte alla sepoltura’.

134

SECONDA

PARTE

o con l’assedio del 429." Confermerebbe, infine, questa datazione l’individuazione di alcune somiglianze con il discorso di Pericle in Tucidide (2, 36-46), come ad es. i riferimenti ai πρόγονοι (I.

4) e alla πόλις (1. 10),” che sembrerebbero mostrare l’influenza sull’epigramma del clima culturale e politico di quegli anni.

XI. EPIGRAMMA

DEI

CAVALIERI

ATENIESI

(IG

1° 1181;

CEG

4)

Frammento di marmo bianco che si trovava nel muro di una casa a via Moussaiou, presso la chiesa di S. Irene, oggi disperso. Si è conservato solo il disegno di A. Postolakas, la cui trascrizione è stata pubblicata nel 1888 da U. Koehler (IG τὶ 1677). Bibliografia: IG 11 1677; WILHELM 1899, pp. 221-227; IG 1° 946; WADE-GERY 14; GG

9; BERTELLI

1968;

WEST

1978, p. 3; Simon.

xLIX,

PAGE,

FGE;

1933, p. 79; GV

CEG

4 e II, p. 300;

BucH 1988, pp. 44-45; IG 1° 1181 (con bibliografia precedente); BRAVI 2006, pp. 85-87; PETROVIC 2007, pp. 178-193; KACZKO

2009, pp. 110-112; GARULLI

2012, pp. 56-63.

Bibliografia delle immagini: IG 11 1677 (edizione diplomatica).

Fonti letterarie: AP, 7, 254 (Correptor = CPI.) [χαίρετε ἀριστξες πολέμο μέγα] κῦδο[ς ἔχοντες [κῦροι ᾿Αϑεναίον, ἔχσοχοι hınrlooövele |]

|]

[hot mote καλλιχόρδ περὶ πατ|οίδος ὀλέσαϑ᾽ πέβεν [πλείστοις

2 ᾿Αϑεναίον AP, CPl.: ᾿Αϑαναίδσν PAGE, FGE 1978, PETROVIC 2007, ἱπποσύνη AP, ἱπποσύνῃ

AP, “Ἑλλήνων CPI.

|]

Πελλάνον ἀντία μ|αρνάμε|νοι!. [- - -]OXYNAI[- - -] lapis, hırrloovvaft] edd.: Πιππ|οσύνα[ις] WEST CPI. 3 heßzv AP, CPl.: heßav Pace, FGE 4 Ἑλλάνων

[υ]Ἱαρνάμε[ν-] vel [59] χρνάμε!νοι] WiLHELM 1899

Salve nobili che avete grande fama di guerra,

giovani ateniesi, eccellenti nell’equitazione, voi che un tempo perdeste la giovinezza per il suolo patrio dalle belle danze, combattendo contro la maggior parte dei Greci.

Gli unici dati di questa perduta iscrizione sono quelli confluiti in IG 11 1677, ai quali si aggiungano

le integrazioni rese possibili sulla base della trasmissione letteraria del testo (AP vir 254; CPI.). Sembrerebbe lecito supporre che ogni rigo sulla pietra corrispondeva a un verso. Segnalo che il motivo del [μέγα] κῦδος] dei caduti si riscontra più volte per gli atleti negli epinici pindarici (cfr. p- 99, nota 13) e che l’aggettivo καλλίχορος si riferisce alla patria anche nel v. 2 dell’epigramma di [Na]usikydes (n. 12). L’iscrizione permette di ricostruire la forma dorica [Πιππ͵|οσύνα[ι] rispetto a quella ionico attica della tradizione letteraria.* Mi occuperò qui nello specifico del problema

! Cfr. Th., 2, 70e D.S., 12, 46, il quale ultimo parla anche dei tentativi ateniesi di prendere la città con la forza

e dei circa 1000 opliti che morirono nell’impresa, in buona parte anche a causa della nota epidemia di quell’anno. Cfr. MATTINGLY

1990, pp. 111, nota 9 e 122, ma già HCT,

I, p. 220, scriveva: «It is not certain that the stone is a

memorial of this battle [scil. a. 432]; it may be of the subsequent siege». Uno degli strateghi di questa missione era Xenophon, che cadde nel 429 a.C. nella poco lontana città di Spartolos (cfr. p. 140, nota 7). ? Cfr. CLAIRMONT 1983, p. 177, con ulteriore bibliografia. 3 Cfr. KACZKO 2009, pp. 110-112. GARULLI 2012, pp. 58-59 analizza le due forme ‘EXdvov

e “Ἑλλήνων

al v. 4,

tramandate dalla tradizione letteraria, arrivando alla conclusione che non è possibile scegliere tra il dialetto dorico e quello ionico e che gli emendamenti di PAGE, FGE ai vv. 1 e 3 (rispettivamente °Adavatov e héBay) sono destinati a restare ipotesi editoriali,

a mio avviso non accettabili. Inoltre GARULLI

2012, pp. 59-60, nota 49, non condivide, a

ragione, l’ipotesi di PETROVIC 2007, p. 185, che imputa la convivenza di diversi dialetti alla provenienza del lapicida dalla classe dei meteci (cfr. anche infra, p. 161, nota 11).

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

135

della datazione dell’epigramma, in relazione alle proposte di attribuzione a una precisa battaglia.' Innanzitutto si può escludere l’attribuzione a Simonide riferita da AP vıı 254, ma inconciliabile con

l’arco di vita del poeta, anche ammettendo l’attribuzione alla battaglia di Tanagra.” Dalla riproduzione di U. Koehler (IG τὶ 1677) si evince solo che le lettere avevano una disposizione stoichedon e che il sigma era a quattro tratti, elementi non decisivi per la datazione, il cui unico indizio sicuro è rappresentato dal riferimento a un episodio militare che coinvolse la cavalleria ateniese. Più volte è stata sostenuta l’attribuzione dell’epigramma alla battaglia di Tanagra del 457 a.C.,? sebbene il

sigma a quattro tratti sia raro nella prima metà del v sec. BERTELLI 1968, pp. 53-60, supporta l’ipotesi, ricordando alcuni casi di sigma a quattro tratti, databili intorno alla metà del v sec. e già WADE-GERY 1933, p. 79, segnalava il sigma a quattro tratti in IG 1° 335, 1. 14 (452 a.C.). Tuttavia, se datata alla battaglia di Tanagra del 457 a.C., la nostra iscrizione costituirebbe la più antica attestazione attica del sigma a quattro tratti.* D'altra parte la presenza della cavalleria ateniese in

questa battaglia è altamente incerta, dal momento che la presente iscrizione ne sarebbe anche l’unica fonte.' In definitiva solo il verso finale si confarebbe perfettamente alla battaglia di Tanagra del 457 a.C.,° in particolare, l’espressione del v. 4, [πλείστοις heXXavav], si può confrontare con il v. 4 l’epigramma di Theotimos (n. 11: σὺν dptotoc ἀνδρ-ά-σιν ‘EMevav ἐν Τανάγρας πεδίσι). Sarebbe altresì possibile individuare un episodio risalente al primo anno della Guerra del Peloponneso,” quando presso Phrygioi i cavalieri ateniesi, supportati da un contingente tessalo, si

scontrarono con la cavalleria beota, che aiutata dalla fanteria ebbe in seguito la meglio, tanto che sul luogo i Peloponnesiaci innalzarono il giorno seguente un trofeo.° La menzione di più nemici nel v. 4 dell’epigramma (πλείστοις πελλάνον) non si addice all’episodio, a meno di ipotizzare un componimento dedicato a tutti i cavalieri caduti in quell’anno.’

A mio avviso, il presente epigramma si può ben attribuire a un episodio della Guerra del Peloponneso, ma non necessariamente quello del 431 a.C., che è stato finora al centro del dibattito. La recente scoperta della stele dei cavalieri ateniesi, n. x11 (SEG xLvIII 83), permette di escludere ben

tre battaglie della Guerra del Peloponneso, nelle quali è certo il coinvolgimento della cavalleria ateniese, avvenute a Megara, Tanagra e Spartolos. Se ad esempio la battaglia di Megara nella stele n. XII non si riferisse alla presa di Nisea (Th., 4, 66-74), il tono del nostro epigramma si concilierebbe bene con un tale evento. *

XII. EPIGRAMMA

DEI CADUTI

A MEGARA SULLA STELE DEI CAVALIERI (SEG xLvIII 83)*

ATENIESI

Stele eccezionalmente integra, scoperta ad Atene nel 1995 durante gli scavi della stazione metro-

politana Larissa insieme ad altro materiale più recente, come i resti di un sarcofago e una colonna funeraria di età ellenistica. In alto è presente un bassorilievo con la raffigurazione di un cavaliere,

seguito da un cavallo (con cavaliere), la cui testa e le zampe spuntano da dietro una roccia, in lotta con due fanti, uno dei quali caduto a terra, forse ferito. Le dimensioni sono a. 2,10; 1. 0,82-0,89; sp. * Sull’analisi dell’epigramma rimando a BRAVI 2006 e PETROVIC 2007. ? L'attribuzione a Simonide è quindi più inverosimile di quanto ritenga PAPAZARKADAS -- SOURLAS 2012, p. 603. Cfr. 3 4 5

IG 1? 1181 e, da ultimo, GARULLI 2012, p. 60. Cfr. ad es. WILHELM 1899; Simon. XLIX, PAGE, FGE; BRAVI 2006, pp. 85-87. Cfr. da ultimo PETROVIC 2007, p. 180. L’ipotesi è sostenuta in particolare da BERTELLI 1968, pp. 71-75; BUGH 1988, pp. 44-45. Sulle ragioni che indu-

cono a dubitare delle altre fonti portate a sostegno della teoria, cfr. supra, pp. 21 e 74. ° Cfr. BERTELLI 1968, p. 61. 7 Cfr. Jeffery-Lewis (IG 1°) e PETROVIC 2007, pp. 179-182. * Cfr. la narrazione dell’episodio in Th., 2, 22 e il monumento eretto ad Atene per i Tessali caduti in tale occasione in Paus., 1, 29, 6 (supra, pp. 72 e 74, nota 1). ? Cfr. BERTELLI 1968, p. 61.

* La presente proposta di lettura, basata su una fotografia edita, non intende sostituire l’attesa pubblicazione del pezzo.

136

SECONDA

PARTE

0,255-0,268 m. Le lettere sono alte: Il. 1-4: 0,012; l. 5: 0,022-0,024; Il. 6-21: 0,16-0,19; ll. 22-55:

0,012-0,015 m. La maggior parte del testo è ancora inedito e non ha avuto ancora seguito l’annunciata pubblicazione dell’iscrizione (PARLAMA -- STAMPOLIDIS 2000, p. 397) in Iletpayueva τῆς A’ ἐπιστημονιχκής Hueptdoc τῆς Γ᾽ Epopetac, 1996. Il pezzo dovrebbe essere conservato nei

magazzini della terza eforia di Atene (inv. n. M 4551), ma non risulta accessibile (cfr. SEG LIX 77). Bibliografia: PARLAMA

1992-1998, p. 536; TOUCHAIS

2000, pp. 396-399, n. 452 (SEG xLvII

2010, p. 521; ARRINGTON pp. 69-70; SEG

83); MORENO

2011, p. 197; MATTHAIOU

LIX 77; SEG

LXI 80; PIRSON

1998, p. 726; PARLAMA

-- STAMPOLIDIS

2007, pp. 100-101, nota 114; ARRINGTON

2009, pp. 203-204; PAPAZARKADAS

2014, p. 220,

A 4; ARRINGTON

2009,

2015, pp. 100-101

e passim (con ulteriore bibliografia dello stesso autore a p. 101, nota 41). Bibliografia delle immagini (cfr. FIG. 18): PARLAMA - STAMPOLIDIS 2000, pp. 396-398, n. 452 (riproduzione fotografica). 1

οἵδ᾽ ἀρετῆς ἐθέλοντες ἔχξλ λόγον ἔξοχον ἀνδρῶν

|

[π|εζῶν ἱππῆες στέσαν ἔναντα μάχην, [υ]Ἱέναν δ᾽ ᾿Αλκαϑόδ παρά τείχεσιν, ἀντίον "Apm |

5

τολμήσαντες ὁρᾶν λαμπρόν ἐγειρόμενον]. Οἰνηΐδος:

--[..10 Ὁ}..]

[..10..] [..7..|tov 10

--[- - Ὁ-|}

ις

|..8..|tov Ἐρεχϑυηΐδος: Εὐφίλητος 20

22

25

hotde ᾿Αϑεναίδν Πιππὲς ἀπέϑανοϊ|ν] ἐν Τανάγραι καὶ Eiinapröröle]' Ἐρεχϑείδος: Δεμοσὸν [1Π]ιμοφάνες [Π|ύϑον

43 45

[Α]γηΐδος: 3.0

--Πανδιονίδος" Μενέξενος ΚΕεκχροπίδος: Μενέδημος

| Oît[vy]etdoc: Ἐπικλὲς Kexportdoc: Κλέϊππο!ς]

᾿Αρίστυ[λ]λος

[ἘΠτέανδρος

Πιπποϑοντίδος:

[Ε| αγόρα

Xoevooöv

[Π]ανδιονίδος" [Φ]ανόϑεος [ΠΠ]Πολύστρατος

so

Αἰαντίδος: Βιπποκλείδ[ες] ᾿Αντιοχίδος:

544

Λυσίβιος

Αὐτίας 35.

|---| Αἰγηΐδος

40

ἰ[Λ]εοντίδος: Λυσίμαχος Διοκλὲς ᾿Ακαμαντίδος: Χσάντιππος ἰ[ΛΙ|υσίστρατος

41

{[διϊπποτοχσότης

Τιμόμαχος

[..3 vel 4..]ov 1 οἵδ᾽ ἀρετῆς conieci: οἱ δ᾽ ἀρετῆς PARLAMA -- STAMPOLIDIS 2000 ἔχξλ λόγον lapis, i.e. EyE λόγον: ἔχεν λόγον PARLAMA -- STAMPOLIDIS 2000 ἔξοχον ἀνδρῶν legi: ἔξοχον PARLAMA — STAMPOLIDIS 2000 2 [{π|εζῶν ἱππῆες στέσαν ἔναντα μάχην ex phot. legi 3 [υ]έναν δ᾽ conieci ᾿Αλκαϑόδ παρά τείχεσιν PARLAMA -- STAMPOLIDIS 2000 ἀντίον ”Apm legi 4 τολμήσαντες ὁρᾶν λαμπρόν legi ἐγειρόμεν[ον] conieci 5-18 ex phot. legi: 6-10 et 13-15, i.e. nomina tribus Oineis, ᾿Αστεῖος, Στησαγόρας, Ἠλεῖος Matthaiou (SEG LXI 80) 19

GLI

Μενέξενος

MATTHAIOU

phot. legi

EPIGRAMMI

2009

39 Χσάντιππος

POLIDIS 2000 49-50 ex phot. legi

PUBBLICI

20-21 ex phot. legi

PER

I CADUTI

22-23 PARLAMA

Matthaiou (SEG LXI 80)

IN

GUERRA

-- STAMPOLIDIS

137

2000

40-41 ex phot. legi

24-38 ex

42 PARLAMA - STAM-

43-46 ex phot. legi 47 Matthaiou (SEG LXI 80) 48 PARLAMA 51 hırroxdetöles] legi: μιπποκλείδες Matthaiou (SEG LXI 80)

— STAMPOLIDIS 2000 52-54 ex phot. legi

54 Λυσίβιος Matthaiou (SEG LXI 80) Questi, volendo avere un’eccezionale reputazione di valore fra gli uomini, da cavalieri ingaggiarono battaglia contro i fanti

e restarono (a combattere) presso le mura dell’Alkathoos, avendo avuto il coraggio di vedere faccia a faccia Ares, mentre si risveglia vigoroso.

La stele, che quasi certamente si erigeva sulla via che dal Demosion Sema conduceva a Hippios Kolonos, è stata scoperta nella stessa area dalla quale proviene anche un noto rilievo con la rappresentazione di un cavallo, oggi conservato ad Atene, Mus. Nazionale (inv. n. 4464). In alto è

presente un incasso per l’affissione di un elemento decorativo sovrastante e in basso un perno di congiunzione, rotto a un’estremità, per fissare la stele con la base.* Sotto il bassorilievo si trova una modanatura orizzontale, alta 0,09 m, che prosegue lungo le due facce laterali della stele. Questo

elemento decorativo costituisce anche il piano immaginario sul quale posano le figure, arricchito da elementi naturalistici, come la parete rocciosa in fondo a destra e la grande pietra su cui si appoggia il piede destro del guerriero stante e il corpo della figura distesa a terra. I copricapo permettono di identificare i personaggi: il petasos si aggiunge al contenuto dell’iscrizione nel confermare che il cavaliere è un ateniese, mentre l’oplita in piedi che si difende con lo scudo indossa il caratteristico berretto beota.” PARLAMA — STAMPOLIDIS (2000, p. 398) datano il bassorilievo intorno al 420 a.C.

sulla base di confronti con altre operee scultoree.* Sulla faccia della stele sono incise due liste di caduti, precedute quella superiore da un epigramma e quella inferiore da un titolo e redatte rispettivamente in alfabeto ionico e attico (Fic. 18). Eccetto Οἰνηΐδος

alla l. 5 isolato al centro, il resto dell’iscrizione segue la disposizione stoiche-

dica, caratteristica che viene perduta solo nelle lettere finali delle parole ἐσ παρτόλοιι] alla 1. 23: e [Λ]|σίστρατος

al. 40. Il nome della tribù hınrnodovriöog

alla 1. 48, probabilmente a causa

della sua lunghezza, è allineato agli altri nomi partendo dalla seconda lettera e pertanto il segno di aspirazione iniziale (H) è posto a sinistra della relativa colonna. La datazione paleografica rientra nel decennio 430-410 a.C.5 e si accorda dunque con quella del bassorilievo, ma non permette di

determinare quale delle due liste preceda l’altra: una maggior precisione può esser raggiunta solo dall’individuazione delle battaglie menzionate (cfr. infra). Confidando in una prossima edizione definitiva di questa importante iscrizione, per lo più ancora inedita, la mia analisi è qui limitata ad

alcune osservazioni che ho ricavato dalle riproduzioni fotografiche disponibili. ' Cfr. PARLAMA 0,09; 0,285; 0,15

- STAMPOLIDIS

2000, p. 396. L’incasso in alto misura: 0,135; 0,08; 0,08 m. Il perno in basso

m.

? Per una più dettagliata descrizione del bassorilievo cfr. PARLAMA

- STAMPOLIDIS

2000, p. 396.

3 Fra i confronti più vicini si annoverano il noto fregio del tempio di Atena Nike sull’Acropoli di Atene, 420 a.C. ca. (cfr. RIDGWAY 1981, pp. 89-93, IG 1} 999, databile ancora intorno al 420 pp. 135, 156 e Fic. 99) e la stele ateniese raffigurazione di un cavaliere che affronta

102, in particolare FiGG. 56-57), il rilievo di Pythodoros con l’iscrizione a.C., conservato nel Museo di Eleusi, (inv. n. E 959. Cfr. RIDGWAY 1981, dei caduti in Beozia e a Corinto nel 394/393 a.C. (IG 11/111? 5221), con la due fanti, oggi ad Atene, Museo Nazionale (inv. n. 2744).

4 In questo caso, però, è probabile la volontà di aumentare la lunghezza della seconda linea del titolo per renderla omogenea alla prima. 5 Nell’epigramma si noti l’oscillante resa del dittongo epsilon-iota in scriptio plena (τείχεσιν al v. 3) o tramite il segno E (ἔχε-ν- al v. 1 e [u]evav al v. 3), mentre nella seconda lista in alfabeto attico compare il segno H nel valore di eta (inroroyoörng al. 41). L'assenza del segno di aspirazione het (H) nella lista superiore e il suo regolare impiego in quella inferiore non costituiscono una caratteristica datante, poiché dipendono dall’alfabeto utilizzato. Mattaiou 2009,

p. 203, data paleograficamente la prima lista al 440-420 a.C. e la seconda negli anni intorno al 420. Nella seconda lista il phi presenta le due anse schiacciate ([T].uopavss al. 26 e Χσενοφὸν al. 50) e si può, a mio avviso, confrontare con la medesima lettera che ad Atene compare su due diversi cocci di ostracismo databili entrambi al 416 a.C.: quello di Phaiax, figlio di Erasistratos (GuARDUCCI, (GUARDUCCI, EG, II, pp. 533, n. 10 e FIG. 167).

EG,

II, pp. 532-533, n. 9 e Fic. 166) e quello di Hyperbolos

138

SECONDA

PARTE

L’epigramma è formato da due coppie di distici elegiaci ed è disposto su una riga per ogni verso. La forma ionico-epica ἱππῆες al v. 2 rispecchia lo stile degli epigrammi attici piuttosto che l’alfabeto e il dialetto dell’iscrizione, come mostra la compresenza della forma attica ”Aon al v. 3 (cfr.

p- 134, nota 3). Si notino l’assimilazione del ny davanti al lambda in ÈyEX (= ἔχεν) λόγον al v. 1! e l’assenza dell'aumento in otÈoay al v. 2 e, giusta l’integrazione, in [u|Evay al v. 3.° Solo una parte dei vv. 1 e 3 è stata finora pubblicata da PARLAMA -- STAMPOLIDIS 2000, p. 399.

L’epigramma si apre con il deittico οἵδ᾽, che si trova a notevole distanza dal sostantivo del v. 2, ἱππῆες, a cui è correlato. Il deittico in posizione incipitaria, frequente negli epigrammi per i caduti

in guerra (cfr. indice), si incontra anche nell’intestazione in prosa della seconda lista (1. 22). Nel v. 1 il discorso di lode per il valore dei caduti (ἀρετῆς [... λόγον ἔξοχον ἀνδρῶν) rispecchia il clima della fase archidamica della Guerra del Peloponneso (431-421 a.C.), quando il λόγος

ἐπιτάφιος

assume le forme inaugurate e rese celebri dal discorso di Pericle per i caduti del primo anno della Guerra del Peloponneso

(Th., 2, 36-46). Un precedente per l’adonio di fine esametro ἔξοχον

ἀνδρῶν si può individuare nell’analoga clausola metrica del v. 2 dell’epigramma CEG 403, in cui Nikandre è detta Ehooyov ἀλήδν, ‘insigne tra tutte (scil. le donne)’. L’integrazione di [π|εζῶν all’inizio del v. 2 sembrerebbe l’unica possibile e il caso genitivo si comprenderebbe in relazione alla seguente preposizione Evavta.* Già in Omero, infatti, è attestato non solo l’abbinamento del

verbo ἵστημι con Evavra,* ma anche la stessa sequenza di sostantivo al genitivo, verbo ἵστημι e preposizione ἄντα." La costruzione di {ornur con l’accusativo μάχην trova un confronto nella forma media del verbo legata all’accusativo πόλεμον oppure πολέμους

(Hdt., 7, 9, β; 175; 236).

All’inizio del v. 3 non sembrano possibili altre integrazioni oltre a [u]Evav, che contesto militare.° In conclusione al componimento la sillaba mancante è molto la desinenza dell’accusativo del participio ἐγειρόμεν[ον], concordandato insieme ἀντίον "Apm nel verso precedente. L'aggettivo λαμπρός non risulta attestato come

ben si adatta al probabilmente a λαμπρόν con epiteto del dio,

ma è ad es. riferito al sostantivo μάχη da PIb., 10, 5, 1. Il verbo ἐγείρω può, inoltre, avere come

oggetto sia Ares che μάχη, nell'accezione di ‘infiammare Ares ovvero la battaglia’.” Nell’epigramma la metafora appare invertita: i cavalieri ateniesi hanno avuto il coraggio di vedere Ares eccitato dalla crudeltà della battaglia. Nell’Iliade, infine, Ares scende più volte in battaglia accompagnato dai due figli Demos e Foibos, diffondendo il terrore.* Gli ultimi due versi sembrerebbero pertanto adottare il noto modello omerico del dio che appare in battaglia. Un epigramma funerario ellenistico dall’Eubea, databile al ItI sec. a.C., è dedicato a Neon, anch'egli un cavaliere, che ha avuto il

coraggio di incoronare (ἐτόλμησας στεφανῶσαι) la patria e i posteri, quando, v. 4, ‘nella mischia Ares ha radunato gli avversari’.? * Il fenomeno è ben attestato nelle iscrizioni attiche di v sec. a.C. Cfr. THREATTE, GAI, I, p. 633. ? Cfr. il ricorrere della forma στέσαν in n. Iv, A, 11. Per il secondo verbo cfr. Hom., Il., 16, 659: ἔνϑ᾽ οὐδ᾽ ἴφϑιμοι Λύκιοι μένον, ἀλλὰ φόβηϑεν. 3 Cfr. LSJ, s.v. ἔναντα. Cfr. l’espressione di Paus., 1, 29, 13 (ἐτάφησαν [...] καὶ ὅσοι Μακεδόνων ἐναντία), che il

Periegeta potrebbe aver ripreso dal formulario delle iscrizioni. Sembrerebbero grammaticalmente impossibili altre integrazioni come il participio [ῥὁ]έζων o la forma ionica del comparativo [μ]έζων, la cui desinenza è incompatibile con l’accusativo λόγον ἔξοχον al v. 1. + Hom., Il., 20, 67: ἤτοι μὲν γὰρ Evavta Ποσειδάωνος ἄνακτος / lorar’ ᾿Απόλλων Φοῖβος ἔχων LA πτερόεντα, / ἄντα δ’ Ἐνυαλίοιο ded γλαυκῶπις ᾿Αϑήνη. 5 Hom., Il., 17, 166: ἀλλὰ σύ γ᾽ Αἴαντος μεγαλήτορος οὐκ ἐτάλασσας },}΄,στήμεναι ἄντα κατ᾽ ὄσσε ἰδὼν δηΐων ἐν dti, / οὐδ᾽ ἰϑὺς μαχέσασϑαι, ἐπεὶ σέο φέρτερός

ἐστι. Cfr. anche l’espressione neu ἄντα στήῃς

in Hom.,

Il., 17, 30.

° L’aoristo del medesimo verbo si riscontra anche in un altro epigramma per un fante ucciso in guerra dalla cavalleria nemica, GV 1965, v. 3. Cfr. LS], s.v. μένω, 1.

7 Cfr. LS], s.v. ἐγείρω, 2, che riferisce il significato di ‘rouse, stir up.” Cfr. ad es. Hom., Il., 2, 440: ἴομεν ὄφρα xe ϑᾶσσον ἐγείρομεν ὀξὺν "Apna. Analogamente nell’epigramma funerario del generale Ptolemaios, caduto in guerra, BERNAND, Inscriptions métriques, n. 4 (Egitto, Koptos), il condottiero racconta in prima persona: ‘ho guidato in battaglia l’impetuoso Ares’ (ϑούριον ἄγον "Apn). Nell’epigramma CEG 627, vv. 2-3 (Eubea, metà del ıv sec. a.C.) Ares fa in modo che il guerriero Lysandrides di Andros primeggi in battaglia (uaprupa γὰρ πιστὸυ πᾶσι [π]χαρέσχες "Apr, / ὅς σε χρατεῖν ἐν ὅπλοις I[fxev] vel ϑ[άμβει]7). Sull’epigramma cfr. infra, p. 161, nota 3 e DUNANT δ᾽ Cfr. ad es. Hom., Il., 4, 439-443; 13, 299-300; 15, 115-120.

1978, pp. 26-28, n. 1.

? GV 1504: πολλά σε ἔπαινος ἐπευκλέϊσεν νεότητος ἐν ἀκμῇ / παῖδα μὲν ὄντα, Νέον, κοσμιότητι τρόπων, / ἥβῃ

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

139

Dall’epigramma si deduce che i cavalieri combatterono contro il nemico presso le mura dell’Alkathoos, certamente da identificare con le mura di Megara. L’eroe megarese Alkathoos, figlio di Pelops e Hippodameia, era infatti un simbolo della città.' In particolare Alkathoos avrebbe

rinforzato le mura della città con l’aiuto di Apollo.” Più volte attestata da Ovidio è l’espressione latina Alkathoi moenia (o urbs) oppure Alkathoe.° Alkathoos è menzionato in un epigramma di Megara del ıv sec. d.C.* ed ebbe influenza anche sull’onomastica privata, come mostrerebbe il caso dell’auleta Alkathous di Sicione, che compare in una dedica coregica ateniese, datata al 359/358

a.C. in base all’indicazione dell’arconte Eucharistos. La lista superiore registra su due colonne i nomi di 12 cavalieri ateniesi ed è preceduta dalla menzione della tribù Oineis al genitivo, in posizione centrale e in caratteri di modulo maggiore. Alla tribù Oineis sembrerebbero appartenere non solo i primi cinque cavalieri ricordati nella colonna di sinistra, ma anche i primi tre della colonna di destra. Separati da un ridotto spazio vuoto, seguono i nomi delle altre quattro tribù e quelli dell’unico caduto per ciascuna di esse, posti a una distanza interlineare minore rispetto ai precedenti otto nomi. La tribù Erechtheis è stata aggiunta nella colonna di sinistra; le tribù Aigeis, Pandionis, Kekropis nella colonna di destra. Sembrerebbe

quindi rispettato l’ordine ufficiale per queste quattro tribù, che potrebbero essere state aggiunte in seguito oppure volutamente separate dalla tribù Oineis, che ha subito perdite due volte superiori alla somma delle altre. La seconda lista, invece, registra 19 caduti suddivisi tra le dieci tribù ateniesi, elencate secondo

l’ordine ufficiale, e un arciere a cavallo ([Πἰπποτοχσότης), di cui però è quasi completamente illeggibile il nome (Il. 41-42).° Il titolo in testa alla lista menziona le battaglie di Tanagra e Spar-

tolos. La grafia Einaproröle] costituisce un raro caso di caduta del ny prima del sigma seguito da consonante.” Solo il nome AZuo0öv a l. 25 non è attestato in Attica,® mentre di altri la nostra costituisce la più antica attestazione tra le iscrizioni attiche.° Complessa è l’individuazione delle battaglie menzionate nella stele, che si svolsero in tre luoghi diversi: Megara, Tanagra e Spartolos. In PARLAMA - STAMPOLIDIS

(2000, p. 399) si esclude arbi-

trariamente la possibilità che la battaglia di Megara possa identificarsi con uno scontro del decennio della guerra archidamica, quando Atene invase più volte la Megaride fino alla presa di Nisca nel 424 a.C. (cfr. infra),'° e si data pertanto la prima lista e il relativo epigramma al 409/408 a.C., anno δ᾽ αὐξηϑέντα νόμων πατρίων ϑεραπείᾳ, / Ev συνόδῳ ὅ-«-τ᾽» Ἄρης ἀντιπάλους συνάγοι, imtouayovia: / ἀρετῇ γὰρ ἐτόλunoas

στεφανῶσαι

// πατρίδα καὶ προγόνους:

υνῆμα δὲ σῆς

ἀρετῆς

/ otffoe] πατὴρ

Θεο[κ]λῆς, ἀειμνήστοισ[ι]

δὲ

ἐπαίνοις / κόσυησε ἧδε πόλις καὶ κατὰ γῆς φϑίμενον. Cfr. ad es. analoghe espressioni che significano ‘iniziare la battaglia’ in Hom.,

Il., 2, 381 (ξυνάγωμεν “"Aona) oppure Hom.,

1 Cfr. Paus., 1, 41-43. Su FRITZ GRAF, DNP, 1, col. 2. API., 279, vv. 1-4: Τόν ϑοος, τότε Φοῖβος ἐπωμαδὸν

Il., 5, 861 (ἀνέρες ἐν πολέμῳ ἔριδα ξυνάγοντες

“"Apnoc).

Alkathoos cfr. FRIEDRICH HILLER VON GAERTRINGEN, RE, I 2, s.v. Alkathoos, 1, e 498, s.v. Alkathoos, 1. ue λίϑον μέμνησο τὸν ἠχήεντα παρέρπων / Nicatnv: ὅτε γὰρ τύρσιν ἐτειχοδόμει / "AAudἦρε δομαῖον / Xda Λυκωρείην ἐνθέμενος κιϑάρην. Secondo Paus., 1, 43, 4, sarebbe l’eroe

eponimo della parte occidentale dell’Akropoli, dove si trovavano il suo Heroon e le tombe di famiglia. 3 Ov., trist., 1, 10, 39; met., 7, 443; 8, 7-8; ars, 2, 421. + IG VII 95: πάντῃ Πλουτάρχοιο κλέος, πάντῃ dé te ϑαῦ[υα, |] πάντῃ δ᾽ εὐνομίης γρίοιο, τὸν ᾿Αλκαϑόου ναετῆρ[ες |] πολλῶν ἀντ᾽ ἀγαϑῶν ἀμφὶ Δίκης τεμένει]. 5 SEG xxVUI 16, l. 5: ᾿Αλκάϑους Σικυώνιος ηὔλε.

° La presenza di un arciere a cavallo sembrerebbe del v sec. a.C., IG 73 1192, Il. 158-159,

(cfr. la menzione di τοχ[σόται]

εὖχος

ἀπειρέσιον,

| ὑέος

Eda-

attestata da un’altra lista di caduti ateniese della seconda metä

se si accettasse l’integrazione hırro[royoörng],

che risulterebbe quasi certa

| βάρβα[ροι"] alle Il. 152-153) e, a mio avviso, ulteriormente confermata dalla nostra

iscrizione. 7 Cfr. THREATTE, GAI, I, pp. 605 e 633-637. ® Il nome ricorre tre volte a Thasos nel Iv sec. a.C. e 12 volte a Delos in età ellenistica (LGPN, 1, s.v. Δημοσῶν). ? Basandosi sul LGPN, II, i seguenti nomi sembrerebbero attestati per la prima volta: [T]ıuooavsc (1. 26), [E]τέανδρος (1. 29), [Ε]ὐαγόρα (1. 30), [D]avédeoc (1. 32), Αὐτίας (1. 34) e forse Κλέϊππος] (1. 46. Ma cfr. LGPN, τι, s.v. Κλέϊππος, 6).

Ὁ Erroneamente si sostiene che l’episodio del 424 a.C. implicherebbe che i caduti fossero accorpati a quelli della seconda lista e che l’alfabeto fosse attico. Sull’alfabeto milesio in iscrizioni pubbliche attiche precedenti all’ultimo decennio del v sec. a.C. cfr. IG I? 522 (425 a.C.), 1154 (460-450 a.C.), 1178 (433/432 a.C.) in MATTHAIOU

2009, p. 202.

140

SECONDA

PARTE

in cui l’esercito ateniese, formato da 1000 fanti e 400 cavalieri, sconfisse la coalizione di Spartani e Megaresi nella regione di questi ultimi, presso il monte Kerata.' Una tale datazione, a mio avviso, contrasterebbe con la stele IG 1? 1191, che è concordemente attribuita ai caduti ateniesi nella Megaride e nella Ionia nel 409 a.C. (cfr. infra, p. 155, nota 3), a meno che si ipotizzi l’assenza dei cavalieri nelle lacune di questa frammentaria iscrizione. Nella seconda lista la menzione di Spartolos assicurerebbe, invece, l’identificazione con l’evento bellico del 429 a.C.,” mentre la battaglia di Tanagra, stando a PARLAMA -- STAMPOLIDIS (2000, pp- 398-399), sarebbe quella del 426 a.C., ricordata dalle fonti,* nella quale caddero forse i cavalieri Makartatos e Melanopos (n. 15), i cui nomi però non compaiono nella nostra iscrizione. Conside-

rando dunque la prima lista come la più recente (409 a.C.), PARLAMA - STAMPOLIDIS (2000, p. 398) sono inoltre costretti ad avanzare l’inverosimile ipotesi che questa sia stata aggiunta al posto di una precedente immagine dipinta nello spazio di 0,047 m tra il bassorilievo e la seconda lista. MATTHAIOU (2009, p. 204), accettando la datazione della seconda lista, identifica il nome Mevéξενος nella prima lista (1. 19) con l'omonimo personaggio, figlio di Dikaiogenes e nonno dell’ora-

tore Isaios, il quale tramanda la notizia che il suo avo combatté e morì a Spartolos nella carica di ouiapyos.' Secondo lo studioso, questa ipotesi, corroborata dal fatto che Μενέξενος tanto nella nostra lista, quanto in Isaios, appartiene alla tribù Pandionis, comporterebbe che almeno anche gli

altri tre caduti aggiunti a quelli della tribù Oineis (Il. 11-12; 16-17; 20-21) avessero combattuto a Spartolos, cioè nella battaglia menzionata nella lista seguente.

A mio avviso, questa identificazione

prosopografica è difficilmente sostenibile: lo spazio dopo l’ultimo nome della seconda lista (Avotβιος al. 54) sarebbe stato più che sufficiente a contenere tutti e quattro i caduti della prima lista non appartenenti alla tribù Oineis, nel caso fosse stato necessario aggiungerli. Tutti i nomi della prima lista, redatti in alfabeto milesio, non possono che esser caduti presso le mura di Alkathoos (Αλκαϑόσ παρά τείχεσιν), cioè le mura di Megara, interpretazione quasi certa che, invece, MATTHAIOU (2009, p. 209, nota 18) è costretto a porre in dubbio. Inoltre, la carica di φύλαρχος sarebbe dovuta esser menzionata nella nostra iscrizione, come spesso avviene nelle coeve liste dei

caduti,’ e ’omonimia di personaggi diversi appartenenti alla stessa tribù è talmente frequente, che la presenza di un Μενέξενος della tribù Pandionis non rappresenta alcun dato probante. L’assenza del φύλαρχος

Menexenos tra i caduti della battaglia di Spartolos sembrerebbe, invece,

un dato acquisito da confrontare con quella dello stratego Xenophon. Il dato più soprendente, infatti, è certamente l’omonimia del caduto della tribù Hippothontis (Xoevogdv, 1. 49), con lo stra-

tego della missione ateniese ucciso a Spartolos.” La conferma di una casuale coincidenza proviene dall’indicazione di Androzione secondo cui Xenophon apparteneva al demo di Melite, e dunque

alla tribù Kekropis, che non coincide con quella del caduto della nostra stele. Come per il caso di Menexenos nella prima lista, sarebbe infatti anomala la presenza di un comandante senza alcuna ! Cfr. D.S., 13, 65, 1-2. 2 Th., 2, 79. 3 Th., 3, 91, 5; D.S., 12, 65. L’episodio di Tanagra costituisce le premesse della battaglia di Delion del 424 (cfr. supra, p. 74). 4 Is., or. 5, Dicaeog., 3-6; 42; 44. In particolare Is., or. 5, Dicaeog., 42: Αὐτοὶ δ᾽ ὑπὲρ τῆς πατρίδος πολεμοῦντες ἀπέϑανον, Δικαιογένης μὲν ὁ Μενεξένου τοῦ ἐμοῦ πάππου πατὴρ στρατηγῶν ὅτε ἡ ἐν Ἐλευσῖνι μάχη ἐγένετο, Μενέξενος δ᾽ ὁ ἐκείνου ὑὸς φυλαρχῶν τῆς Ὀλυνϑίας ἐν Σπαρτώλῳ, Δικαιογένης δὲ ὁ Μενεξένου τριηραρχῶν τῆς Παράλου ἐν Κνίδῳ. Sulla carica di φύλαρχος, cfr. FRITZ GSCHNITZER, RE, Suppl. ΧΙ, coll. 1067-1090, s.v. Phylarchos, in particolare coll. 1086-1090 ($ III, 4), dove si ipotizza la nascita di questa carica tra gli anni 40 e 30 del v sec., in concomitanza

con l’ampliamento del corpo di cavalleria a 1000 unità. 5 Incomprensibile è il motivo che ha spinto Matthaiou (SEG LXI 80) ad avanzare sulla base di Th., 2, 79, 2 l’in-

verosimile proposta che Spartolos avesse potuto chiamarsi Alkathos. ° Almeno nel caso di IG 1? 1190, 1. 179 (411 a.C. ca.): Πυϑόδορος φύλαρχ(ος) e di IG π|111 5222, col. I (394/393 a.C.): οἵδε ἱππέης ἀπέϑανον ἐν Koptvdur‘ | φύλαρχος ᾿Αντιφάνης. 7 Su Xenophon, generale a Potidea, caduto a Spartolos, cfr. HCT, τι, p. 203; APF, pp. 199-200; WINFRIED SCHMITZ, DNP, 12,2, col. 633, s.v. Xenophon, 1. Cfr. in particolare supra, p. 75, nota 1 e p. 134, nota 1 e le seguenti fonti: Th., 2, 70; 79; D.S., 12, 47, 3 e l'iscrizione IG 1 511, 1. 2 (450-430 a.C. ca. Cfr. le due copie dell’iscrizione IG 1° 400 1b; IG 1° 400 11, sulla cui datazione al 11 sec. d.C. rimando a TENTORI MONTALTO 2013, A, p. 47, in

particolare nota 121). * Cfr. Androt., FGrH 324 F 38 e IG 1? 48, 1. 45 (439/438 a.C.), in cui si integra Χσε[νοφὸν Κεχροπίδο!ς.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

141

indicazione esplicita, tanto più che gli strateghi caduti in battaglia venivano di solito nominati per primi nelle altre liste attiche.' I tre strateghi e il φύλαρχος caduti a Spartolos (cfr. infra) saranno stati menzionati nella relativa lista dei caduti, come attestato nelle altre stele attiche qui citate e non sorprende la loro assenza nella nostra stele dedicata ai soli cavalieri. PAPAZARKADAS (2009, pp. 69-70) nota giustamente l’anomalo accorpamento nella seconda lista di caduti di due diversi episodi, avvenuti a tre anni di distanza e menzionati per giunta in ordine inverso (Spartolos, 429 a.C. e Tanagra, 426 a.C.).” Lo studioso suggerisce pertanto di datare entrambi gli episodi o al 429 o al 426 e di considerare il fatto che Tucidide abbia omesso la menzione

di uno scontro a Tanagra nel primo caso oppure a Spartolos nel secondo.? Analogamente MorENO (2007, pp. 100-101, nt. 114) sostiene la possibilità di una missione ateniese, finora non attestata,

contro Spartolos nel 424,* nello stesso anno dunque delle battaglie di Megara (prima lista) e di Delion (seconda lista, indicata come Tanagra). In conclusione, svilupperei queste teorie, avanzando due ipotesi, per le quali il numero dei caduti delle due liste, 12 nella prima e 19 per due battaglie nella seconda, non sembrerebbe in alcun modo dirimente. Parrebbe, infatti, che le fonti storiche tacciano uno scontro tra la cavalleria ateniese e la lega Peloponnesiaca avvenuto a Spartolos nel 424 oppure a Tanagra nel 429 a.C. Presupporrei, inoltre, che la prima lista, posta nella parte alta della stele, sia stata incisa precedentemente rispetto alla seconda che prosegue nella parte inferiore. Considerando l’ipotesi di uno scontro a Spartolos nel 424, l’ordine delle battaglie nella stele rispecchia la sequenza dei fatti nota da Tucidide: nell’estate del 424 a.C. la presa di Nisea e l’intervento di Brasida in aiuto di Megara (Th., 4, 66-74); nell’inverno del 424/423 a.C. la sconfitta ateniese a Delion (Th., 4, 93-101) e, come ultimo episodio dell’anno, un primo attacco di Brasida nella zona della penisola Calcidica contro Torone (Th., 4, 109-116), ripetuto nell’estate del 423 contro Skione e Mende (Th., 4, 120-123), città ancora più vicine a Spartolos. Nella prima lista la menzione di combattimenti presso le lunghe mura di Megara (Th., 4, 66; 68; 69; 73; 109) si concilia con i vv. 3-4 dell’epigramma e anzi a questi episodi potrebbe alludere l’espressione AXxad00 παρά

τείχεσιν." I quattro nomi incisi sotto i caduti della tribù Oineis nella prima lista potrebbero esser stati separati volontariamente in considerazione del diverso numero di caduti oppure riferirsi a due diverse fasi della battaglia di Megara (ad es. Th., 4, 69; 109). Inoltre, sicura è la partecipazione di contingenti Beoti non solo a Delion, ma anche a Megara,° che renderebbe evidente il motivo per cui il bassorilievo della stele rappresenti lo scontro tra cavalieri ateniesi e fanti beoti. Se, invece, si attribuisse la prima lista alla fase archidamica della Guerra del Peloponneso, prima della presa di Nisaia (Th., 4, 66-74), come suggerisce l’influenza sull’epigramma dei temi

del discorso di Pericle sui caduti del primo anno di Guerra del Peloponneso (cfr. supra, p. 138), sembrerebbe lecito attribuire la seconda lista alla battaglia di Spartolos del 429 a.C. e supporre l’esistenza di una battaglia svoltasi a Tanagra nel 429. Un attacco degli Ateniesi a Megara, del resto, è già attestato nel 431 a.C. da Th., 2, 31, dalla cui accurata descrizione delle forze in campo

La carica di stratego è di solito indicata nelle liste dei caduti: IG 1? 1147, Il. 5-6 e 62-63; IG 1? 1162, 1. 4 (n. xv). ? Sulla possibilità di un ordine cronologico invertito cfr. MATTHAIOU 2009, p. 210, nota 20, che ricorda i sei episodi in IG 1 1147.

3 Per una simile opinione cfr. ARRINGTON

2015, p. 101. Si può infatti asserire che Tucidide poteva non aver

menzionato ogni singolo evento della Guerra del Peloponneso,

come nota PAPAZARKADAS

2009, p. 70, riferendosi

ad alcuni probabili casi attestati. Per un evento tramandato in maniera incompleta da Tucidide cfr. l’epigramma di Pythion (n. dì).

4 Al 422 a.C. si daterebbe l’iscrizione IG τ 76 che riferisce una pace con i Bottiaioi e dunque con Spartolos, evidentemente successiva ad altri scontri avvenuti dopo il 429 a.C. La città di Spartolos viene ancora menzionata nel trattato della pace del 421 a.C. (Th., 5, 18, 5).

5 Cfr. l'abbattimento delle mura in Th., 4, 69 e la loro riconquista da parte dei Megaresi nell’inverno del 424/423 in Th., 4, 109. ° Cfr. la descrizione dell’esercito beota a Delion in Th., 4, 93 e la battaglia tra cavalieri ateniesi e beoti nei pressi di Nisea in Th., 4, 72.

142

SECONDA

PARTE

si deduce, tuttavia, l’assenza della cavalleria.' Lo stesso Tucidide (2, 31, 3) aggiunge che a partire da questo epidosio fino alla presa di Nisaia nel 424 a.C. gli Ateniesi invasero annualmente la Megaride facendo uso anche della cavalleria.” A mio avviso, dunque, i cavalieri della tribù Oineis nella prima lista potrebbero esser caduti a Megara nel 430/429, mentre gli altri quattro potrebbe-

ro appartenere alla medesima battaglia oppure a una di quelle svoltesi nella Megaride fino al 424 a.C.? La seconda lista potrebbe, dunque, elencare i caduti della nota spedizione ateniese contro Spartolos del 429 a.C., composta da 2000 opliti e 200 cavalieri, di cui ben 430 persero la vita

insieme a tutti e tre i comandanti.* In tal caso si dovrebbe supporre l’esistenza sia di un’apposita lista per gli opliti caduti, più di 410 se al numero riportato da Tucidide si sottraggono i caduti della nostra stele, sia di uno scontro di minor portata tra Ateniesi (o almeno il solo reparto dei cavalieri) e Beoti, mentre i primi attraversavano il territorio dei secondi nei pressi di Tanagra in direzione della Penisola Calcidica. Se così fosse, gli episodi di Tanagra e Spartolos sarebbero stati

considerati parte della stessa missione e registrati insieme nel titolo della seconda lista in ordine cronologico.

XIII.

FRAMMENTO

DI EPIGRAMMA

ATENIESE

(IG

1 1167;

CEG

8)

Frammento marmoreo riferibile a una base,’ integro nella parte superiore e, forse, in quella inferiore. Non è noto il luogo di ritrovamento del frammento, che è oggi conservato ad Atene nel Mus. Epigrafico (inv. n. 10261). Ho analizzato il pezzo nel Museo (luglio 2011). Le dimensioni sono: a. 0,235; l. 0,34; sp. 0,165 m. Le lettere sono alte 0,013-0,017 m. Bibliografia: IG 1 CLAIRMONT 1983, Bibliografia delle grafica). Ulteriore

Suppl., p. 110, n. 462a; IG τὸ 935; GV 19; BRADEEN - Lewis 1979, p. 243; I, pp. 169-70, n. 33; CEG 8 e 11, p. 300; IG 1" 1167 (con ulteriore bibliografia). immagini (cfr. FIG. 19): CLAIRMONT 1983, 11, TAV. 47 (riproduzione fotobibliografia in CEG 8.

=

Is |

-- -ἰ

I - -Jra |

-- «ἢ vacat

οἵδ᾽ ἀρετέν [ro -ς- --- -οὐ- ὦ} ἐγεμόνον

[- ----|]

φράζεσϑΙαι τῷ 7-2 -=-=

ıl- - -ἰ-ς- GV

5 ἀρετέν lapis, GV, CEG: ἀρετές

--ο

-ος

priores falso

-οὐ-ὦ

-Ἱ

7 φρά[ζ]εσϑίαι} IG 1

L’iscrizione, non stoichedica, & redatta in alfabeto attico e si compone di resti di alcune lettere, da attribuirsi a una lista di caduti o a un epigramma, al di sotto delle quali si trova la parte iniziale

! Tucidide enumera 10000 opliti, 3000 meteci e altre truppe armate alla leggera. Stando a HCT,

11, p. 93, sarebbe

questa la prima volta che i meteci partecipano a una campagna militare e anche in seguito la loro presenza è rara. ? Cfr. Th., 4, 66 e Plu., Per., 30, 3, dove si ricordano due attacchi a Megara ogni anno. In Th., 3, 51 si parla di un attacco ateniese nel 427 a.C. a Minoa (cfr. ancora un analogo episodio nel 424 a.C., a detta di Th., 4, 67), isola situata davanti a Megara a detta di Tucidide, ma di incerta identificazione (cfr. HCT, τι, pp. 334-336). L'esistenza di

un promontorio sul mare chiamato Teichò e messo talvolta in relazione all’isola di Minoa, non sembra essere attinente all’espressione ᾿Αλκαϑόδ παρά τείχεσιν del v. 3 dell’epigramma.

3 Nel primo caso sarebbero separati dai caduti della tribù Oineis per sottolineare la differenza delle perdite, nel secondo, invece, in quanto aggiunti successivamente (cfr. supra). 4 Th., 2, 79: ἀπέϑανον δὲ αὐτῶν τριάκοντα καὶ τετρακόσιοι καὶ οἱ στρατηγοὶ πάντες. Il dato riferito da Tucidide

appare proporzionale al numero dei cavalieri elencati nella stele, considerando anche che, tra 1 10 nomi della nostra lista, alcuni appartengono alla battaglia di Tanagra. 5 Cfr. BRADEEN — LEWIS 1979.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

143

di tre versi dattilici, probabilmente un distico seguito da un esametro e da un quarto verso perduto (pentametro?). In base alla forma delle lettere (FIG. 19) si può datare il pezzo nella seconda metà del v sec. a.C.' Secondo Jeffery-Lewis (IG 1°) le lettere in alto sarebbero attribuibili a un epigramma, al quale ne sarebbe stato in seguito aggiunto un secondo, di cui abbiamo una ben più consistente porzione. Tuttavia risulta impossibile individuare due diverse mani. A mio avviso, non sarebbe possibile escludere la presenza di una lista di nomi sulla base, se questa ad es. sorreggeva un’opera scultorea. Non mancano confronti per nomi di caduti incisi sulla base, come in particolare si riscontra nel IV sec. per altri epigrammi funerari per caduti in guerra, come CEG 632 (Tebe, 371 a.C.) e 633 (forse Tebe, fine ıv sec.).” Il pronome οἵδ᾽ sembrerebbe in ogni caso riferirsi ai nomi dei caduti. Si dovrà pertanto lasciare aperto il giudizio su questo pezzo, che sembrerebbe un monumento pubblico per caduti ateniesi in un evento bellico della seconda metà del v sec. a.C.,

difficilemente databile dopo la fase archidamica della Guerra del Peloponneso. *

XIV.

BASE

CON

L’EPIGRAMMA

DEGLI

ATENIESI

CADUTI

IN UNA SCONFITTA MILITARE (IG 1 1163; CEG 5) Base di marmo pentelico composta da tre blocchi (IG 1° 1163, frr. d-e-f), che furono individuati nel 1929 da N. Kyparissis tra il materiale di reimpiego del muro di cinta nel Ceramico di Atene, in via Dipylou all’incrocio con via Leokoriou. Recentemente questa porzione di muro, da cui a

soli circa 10 m a nordovest è stata rinvenuta anche la stele SEG LII 60, è stata considerata parte delle aggiunte e delle riparazioni risalenti all’epoca dell’imperatore Valeriano (253-260 d.C.).* I tre frammenti sono conservati ad Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 127460-8 + 12747), dove ho potuto effettuarne l’esame autoptico. Le rispettive dimensioni sono: Blocco 1 = IG 1 1163, fr. d: a. 0,205; 1. 2,08; sp. 0,433 m. Il blocco è integro e presenta a destra l’anathyrosis e l’incasso della grappa metallica a forma di T per il collegamento con il blocco 1. Blocco 11 = IG 1° 1163, fr. e: a. 0,205; |. 1,47; sp. 0,433 m. Il pezzo, mutilo a destra, in corrispondenza delle lacune dei vv. 5-6, si congiunge con il blocco 1 sul lato sinistro, dove sono visibili

sia l’anathyrosis che i segni a forma di T della grappa metallica. Blocco 111 = IG 1 1163, fr. f: a. 0,205; l. 1,932; sp. 0,433 m. Il blocco è integro a sinistra, dove si individua l’anathyrosis e l’incasso con resti metallici di una grappa a forma di T, entrambi funzionali

al collegamento con il blocco 11. A destra, dove il testo termina bruscamente subito dopo il ny di λοιπόν (v. 7), il blocco mostra un’anathyrosis irregolare, chiaramente successiva alla mutilazione, di cui si riconoscono in alto i segni dello scalpello.* Nella parte superiore di ogni blocco si trova una striscia larga 0,185-0,190 m per il collegamento con le stele. Le lettere dell’epigramma sono alte 0,018 m.’ Bibliografia: KyPARISSIS 1938;

BOWRA

1938

— PEEK

= BOWRA

1932, pp. 142-146; PEEK

1953, pp. 93-107;

CAMERON

1933; PEEK 1940;

GV

1934, B; REINHARDT 17; GG

10; HCT,

I, p.

! Peck (GV), e Jeffery-Lewis (IG 1?) datano l’iscrizione successivamente al 450 a.C. 2 Cfr. ad es., anche la dedica dei cavalieri Tessali a Delfi (n. 11a), con i nomi dei dedicanti contenuti nella base.

Sulla stele i nomi dei caduti sopra l’epigramma sono altrettanto frequenti. Cfr. l’epigramma per i due guerrieri di Paros (n. e), CEG 595 (Atene, prima del 317 a.C.) e CEG 627 (Eretria, metà IV sec.). 3 Cfr. TSIRIGOTI-DRAKOTOU 2000, pp. 92-93 e FIG. 5; TSIRIGOTI-DRAKOTOU 2007, p. 471; ARRINGTON

2012,

pp. 61-62 e 72, Fic. 2. Non sembrerebbe più lecito, quindi, asserire che la base proviene dal proteichisma di ıv a.C., come si riteneva prima del ritrovamento di SEG LII 60. 4 Cfr. ARRINGTON 2012, pp. 62-63 e 74, Fic. 6. Confermano l’amputazione sia i segni dello scalpello nella parte alta del lato sinistro, sia la larghezza della cornice liscia dell’anathyrosis del medesimo lato (0,025 m), molto ridotta

rispetto a quella delle altre tre anathyrosis originarie della base (0,040-0,050 m). 5 Secondo KyPARISSIS

— PEEK

1932, p. 142, l’altezza delle lettere raggiunge 0,02 m e le lettere tonde omicron e

theta sono leggermente più piccole. Tra esametro e pentametro l’interlinea misura 0,008 m.

144

SECONDA

PARTE

339; BRADEEN 1964, pp. 21-29; MATTINGLY 1963, pp. 261-263; MATTINGLY 1966 (in part. pp. 176-177, 190-192); BRADEEN 1969, pp. 152-154, 156-159; GRONEWALD 1975; CLAIRMONT 1983,

I, pp. 158-164, n. 31a-b; CEG 5; IG 1° 1163 (con ulteriore bibliografia); TsIrRIGOTI-DRAKOTOU 2000; TSIRIGOTI-DRAKOTOU

2007; GRIFFITH

1988, pp. 24-30; ARRINGTON

2012 (con ulteriore

bibliografia); ARRINGTON 2015, pp. 95-96, 105-107 © passim. Bibliografia delle immagini (cfr. Fic. 20): Kyparıssıs — PEEK 1932, TAVV. 34 e 35,1 (riproduzione fotografica); CLAIRMONT 1983, II, TAvv. 42-43 (riproduzione fotografica). Ulterioriore bibliografia in CEG 5 e IG 1° 1163. τλέμονες Ποῖον dyova μάχες τελέσαντες ἀέλπΙτο! φσυχὰς

δαιμονίος

δλέσατ᾽ ἐμ. πολέμσδι-

οὐ κατὰ δ[υσἠμενέ[δν ἀνδρ]δν σϑένος, ἀλλά τις huuäs πευιϑέδν, ϑείαν [ἔσοδο]ν ἀντιάσας. ἔβλαφσεν: πρόφρδν [= - -Ἰδὲ δύσμαχον ἄγραν ἐχϑροϊς ϑερεύσας [-- - hlunerepör σὺν κακῦι ἐχσετέλεσσε, βροτοῖσι δὲ πᾶσι τὸ λοιπὸν φράζεσϑαι λογίδν πιστὸν Edexe τέλος.

5

1 ἀέλπ|[το]! GV, BowrA 1938: ἀέλπ͵|τος] PEEK 1933 et ἄελπ[τον] possis 3 in lapide laeso litterae seriores incisae sunt ONANA (PEEK 1934, B), unde d [po ]uevéov dvdo0v CEG: d[vo]uevé[o]y ἀνδρὸν IG 1, d[vo]uevé[o]v dv[d]oov GV 4 EIZOAO in lacuna manus recentior addit (PEEK 1934, B), unde [ἔσοδο]ν IG 1": [EXvot]y ῬΕΕΚ (1933; 1934, B; GV), [ἐς odé]v BowRA 1938, CAMERON 1940, [ἐς ἔρι]ν GRONEWALD 1975, CEG 5 ἔβθλαφσεν πρόφρδν᾽ [γὰρ hò πέφραδε vel [προσένειμε] δέ vel προφρον[ὃς hEv δ᾽ ἔφραδε] PEEK 1934 (et Fraenkel), Β, ἔθλαφσεν: πρόφρον [γὰρ hò πέφραδε BOWRA 1938, EBiapoev' πρόφρδν [γὰρ hò τοισίδε REINHARDT 1938 vel [γὰρ τοῖσδ᾽ Βόδε Schadewaldt apud REINHARDT 1938, ἔβλαφσεν πρόφρδν [καὶ hò πέφραδε GRONEWALD 1975 6 [ϑέσφατον Π|υμετέρσι Maas apud KyPARISSIS — PEEK 1932, PEEK 1933, [καὶ τὸ μὲν hluuereoo. Fraenkel apud PeEK 1934, B

O sfortunati, che avete sostenuto agoni tanto grandi di una battaglia senza speranza, perdeste la vostra vita in guerra in una maniera comprensibile solo a una divinità,

non per via della forza di uomini nemici, ma qualcuno dei semidei, contrapponendo |l’entrata] divina, vi ha nuociuto: deliberatamente (pur ben disposto) [... cacciando la preda difficile da combattere per i nemici |... (Questo)] ha portato a termine con la vostra rovina, per tutti i mortali, invece,

ha posto per il futuro (i presupposti per) esser ritenuto credibile il compimento degli oracoli.

Il monumento originario era evidentemente composto da una base sormontata da una serie di cinque stele, poste l’una adiacente all’altra' e recanti ognuna i nomi dei caduti di (circa o esattamente?) due tribù, se si ammettesse, come sembrerebbe inevitabile, che i destinatari siano i caduti di tutte e dieci le tribù ateniesi. Per primo BRADEEN (1964, pp. 21-29) ha voluto individuare una di queste stele in IG 1° 1163, frr. a-b-c, ma il collegamento non è stato unanimemente accettato.” Pertanto,

a questa hanno fatto seguito le ipotesi di unire la base con la stele IG 1° 1886b oppure con la stele * La presenza di cinque stele sul piano superiore della base si deduce non solo da una fascia più chiara larga 0,19 m (CLAIRMONT 1983, I, p.161), ma anche dalle tracce dei loro punti di giuntura con la base. Cfr. BRADEEN 1969, p. 27, in cui si corregge la ricostruzione dei primi editori (KyPARISSIS — PEEK 1932, p. 142) ipotizzando che il quarto perno si trovasse nella parte perduta del blocco 11. Secondo Bradeen, la prima stele a sinistra era larga 1,317 m, la

seconda 1,092, la terza ca. 1,085. La larghezza della quarta stele resterebbe ignota a causa della parte mancante del blocco 11, mentre quella della quinta era maggiore di 1,099 m, forse 1,30 se la parte amputata a destra corrispondesse

più o meno alla distanza tra l’inizio del testo e il margine del blocco a sinistra (0,22 m). Per una diversa stima della larghezza delle stele (1,25; 1,08; 1,20; 1,05; 1,14-1,16 m) cfr. CLAIRMONT

1983, I, p. 162. Cfr., infine, ARRINGTON

2012, pp. 65 e 73, Fic. 3 (disegno di A. Hooton), in cui si correggono leggermente le misure di Bradeen, stimando la larghezza delle cinque stele: 1,313; 1,092; ca. 1,055; 1,100; ca. 1,110 m. Per i precedenti disegni ricostruttivi del monumento cfr. ARRINGTON 2012, p. 62, nota 15. ? Sebbene non si tratti di un indizio dirimente né dell’unico che ha alimentato il dibattito, si noti che la stele è in-

cisa da una mano diversa rispetto alla base (il rho di quest’ultima presenta ad es. l’appendice), come notava già lo stesso BRADEEN 1964, p. 29. La proposta dello studioso, tuttavia, è stata accolta anche da Jeffery-Lewis (IG 1? 1163 a-c).

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SEG LI 60, quest’ultima recentemente scoperta da TsırIGOTI-DRAKOTOU

145

2000.‘ In seguito,

però, ARRINGTON 2012, pp. 65-67, ha dimostrato, in maniera a mio avviso incontrovertibile, che nessuna di queste due stele può essere associata alla nostra base e che anche per IG 1° 1163, frr. a-b-c «the association is not sure». Arrington ricostruisce quattro fasi, in cui il monumento sarebbe stato modificato tra il v sec.

a.C. e il 111 sec. d.C. Sui tre blocchi della base si erigevano in origine cinque stele adiacenti, separate solo da un solco verticale nei punti di giuntura, come permetterebbe di affermare il confronto con la nuova stele SEG LII 60.” Risulterebbe condivisibile datare alla battaglia di Delion del 424 a.C.

(cfr. infra) questa prima fase, nella quale si realizzò l’incavo per un perno metallico di collegamento tra il blocco 1 e la prima stele, che, posizionato dietro e perpendicolarmente rispetto a quest’ultima, serviva a consolidarne la posizione verticale.* Nella seconda fase si sarebbe realizzata l’anathyrosis a destra del blocco 111, che non sembrerebbe funzionale ad alcun riutilizzo del pezzo, tanto nelle mura, quanto in una precedente struttura architettonica, dal momento che tutti e tre i blocchi furono trovati nello stesso luogo. Secondo Arrington, l’anathyrosis a destra del blocco II avrebbe

permesso l’aggiunta di una lista dei caduti di Amfipoli, identificata con IG 1 1184, per i caduti delle battaglie del 424/423 a.C., successive alla sconfitta ateniese a Delion.* Tale operazione avreb-

be provocato lo slittamento in avanti dell’ultima stele sul blocco 111, la cui superficie di appoggio, ancora evidente sulla base, devia leggermente verso la faccia iscritta. Alla terza fase risalirebbe l’in-

casso quadrangolare all’estremità sinistra del blocco 1, che, analogamente all’anathyrosis del blocco III, non sembrerebbe contestuale al riutilizzo dei blocchi nella costruzione delle mura. Seguendo l’ipotesi di Arrington, dapprima sarebbe stato asportato via il perno metallico a sinistra della prima stele a colpi di scalpello, di cui restano ancora le tracce, e poi nello stesso punto sarebbe stato realizzato l’incasso quadrangolare per l'inserimento di una copia della prima stele in sostituzione di quella originale, danneggiata o logorata con il passare del tempo. Tale restauro, databile in età

ellenistica," potrebbe forse essere contemporaneo alla reincisione delle lettere ONANA e EIXOAO dei vv. 3-4 (cfr. apparato critico). In una quarta fase i blocchi furono reimpiegati come materiale da costruzione delle mura, operazione che potrebbe aver causato la mutilazione del blocco 1. In assenza di nuovi ritrovamenti, la pur brillante ricostruzione di Arrington è destinata a restare ipotetica. Risulterebbe, infatti, incerta l’esistenza di una seconda fase, il cui unico indizio sarebbe lo spostamento in avanti dell’ultima stele.° Il taglio e l’anathyrosis del blocco 111, infatti, sebbene

mirati a preservare il testo iscritto, potrebbero esser stati realizzati anche in età ellenistica per il restauro della terminazione destra o per l’aggiunta di un nuovo monumento.

Bradeen, inoltre,

attribuiva l’incasso quadrangolare al fissaggio della stele originaria sul blocco 1, secondo un sistema ' BRADEEN

1969, pp. 156-159 (con la bibliografia relativa) fornisce decisivi argomenti contro il collegamento con

la prima delle due stele, avanzato già nel 1955 da Papagiannopoulos-Palaios, e contro l’inverosimile proposta di attribuzione dell’epigramma alla spedizione ateniese in Sicilia del 415-413 a.C. (cfr. ARRINGTON

2012, p. 65, nota 40).

? Cfr. ARRINGTON 2012, pp. 67-71 per la ricostruzione delle stele basata su SEG 111 60 e per ulteriori particolari sulle fasi di riuso del pezzo qui sintetizzate. 3 Cfr. ARRINGTON edito, realizzato da A. 4 La stele è dedicata Torone e a Lekythos.

2012, pp. 62, 67 e 73-74, Ficc. 3-4. Tale ‘vertical dowel’ è raffigurato solo nel disegno qui Hooton. ai caduti ateniesi a Potideia, Amphipolis, Tracia, Pylos, Sermylia, Singos, Argilos e, forse, a Cfr. da ultimo ARRINGTON 2012, pp. 69-70.

5 ARRINGTON 2012, p. 68 (con il riferimento ai passi di autori antichi), ritiene che dei tre episodi che hanno coinvolto le sepolture del Ceramico in quest'epoca (alcuni smantellamenti di monumenti pubblici alla fine del Iv sec. a.C. e le distruzioni sotto Filippo v nel 200 a.C. e sotto Silla nell’89 a.C.) quello del 200 a.C. sia il più probabile. ° BRADEEN

1964, p. 27, riteneva che la parte destra della quinta stele e del blocco III siano state rimosse per

addossarvi un nuovo monumento, provocando lo spostamento in avanti della prima, come è evidente dalla fascia centale più chiara del blocco 111. Tale spostamento «must have come early in antiquity, as there is no trace of what must have been the stele’s original straight position». In seguito, tale stele fu rimossa provocando un leggero spostamento in avanti della quarta stele. CLAIRMONT

1983, I, p. 161, non crede alla ricostruzione di Bradeen, sostenendo

che le tracce non riconducibili alle stele originarie, e non alle loro copie. Lo slittamento in avanti delle ultime due sarebbe imputabile all’aggiunta di un’altra struttura dietro le stele contemporanea o di poco successiva all’erezione del nostro monumento.

146

SECONDA

PARTE

di incastro a maschio e femmina (ingl. mortice and tenon) che sarebbe stato adottato anche a destra, nella parte in seguito amputata del blocco I11.' Se così fosse, i segni dello scalpello visibili intorno all’incasso quadrangolare potrebbero essere contestuali alla definitiva rimozione della stele (o di un suo troncone), saldamente ancorata nell’incasso quadrangolare del blocco 1. Potrebbe, dunque,

trattarsi della necessaria eliminazione delle sporgenze verticali per il riutilizzo del blocco nella costruzione delle mura. Mancano pertanto prove dirimenti a favore di una sostituzione delle stele con delle copie. D'altra parte, nel considerare IG 1° 1184 la stele posta al di sopra di un ipotetico blocco

aggiuntivo della nostra base, Arrington non segue la più prudente linea, in base alla quale aveva convincentemente escluso i problematici e incerti collegamenti con altre stele note.” In definitiva, allo stato attuale delle conoscenze, sembrerebbe possibile affermare che il monumento era ancora in piedi in età ellenistica e che subì alcune modifiche, forse in conseguenza di un restauro, prima

del reimpiego nelle mura di età valeriana.? In ogni caso nessuna delle stele finora ricollegate alla nostra base apporta effettivi contributi all’esegesi dell’epigramma o all’identificazione della battaglia a cui si riferisce.* Venendo ora all’epigramma inciso sulla base, il suo eccezionale stato di conservazione permette di leggerne quasi interamente il testo dall’inizio alla fine. Il componimento termina, infatti, certamente di proposito, con la parola τέλος. Mostrando notevoli analogie con la base ateniese per i Maratonomachi (n. iv), l’epigramma è disposto secondo i distici elegiaci di cui si compone, inscritti nella parte alta della faccia principale l’uno a fianco dell’altro e separati da uno spazio vuoto. I quattro distici non sono ripartiti rispettando la lunghezza dei tre blocchi. Il primo distico è inciso sul blocco 1, il secondo tra i blocchi 1 e 11, il terzo tra i blocchi 11 e 111, il quarto, infine, sul blocco

im. L'iscrizione fu quindi realizzata dopo l’unione dei blocchi con le grappe metalliche.° I caratteri sono accuratamente incisi in allineamento stoichedico e l’alfabeto è attico. La forma delle lettere rimanda alla seconda metà del v sec. (Fic. 20). Kyparissis e Peek, sulla base della coesistenza del

rho dalla pancia tonda con appendice e del sigma a quattro tratti, propongono una datazione al decennio 450-440 a.C. e la conseguente identificazione di un monumento per la battaglia di Coronea del 447 a.C. (cfr. infra).° L’appendice del rho, infatti, tende a scomparire dopo il 440 a.C.,7 ! Cfr. BRADEEN

1964, pp. 27-28 e FIG. 2, secondo il quale, inoltre, le stele sarebbero state inserite da destra a

sinistra, come si deduce dai solchi per leva visibili su ogni blocco (ingl. pry-hole, ted. Stemmloch. Cfr. Ginouvès 1985-1998, I, p. 124). CLAIRMONT

1983, I, p. 162, invece, ritenendo corretto solo l’ordine di montaggio delle stele,

la cui numerazione è quindi invertita rispetto alla presente edizione (seguo ARRINGTON 2012, p. 62, nota 14), asserisce che l’incasso del lato sinistro potrebbe non risalire al monumento originario (cfr. anche KyPARISSIS

— PEEK 1932, p.

142) e che pertanto non permette di trarre conclusioni significative. 2 Appare alquanto inverosimile il tentativo di ARRINGTON (2012, p. 70) di ricollegare l’intervento divino riferito nel nostro epigramma alla sconfitta ateniese a Lekythos. Risulta quindi condivisibile la più semplice ipotesi di CLAIRMONT 1983, I, pp. 186-188, n. 49, secondo cui, successivamente al polyandrion per i caduti della battaglia di Delion (424 a.C.), fu eretto nell’inverno del 423/422 un nuovo polyandrion per i caduti del 424/423, di cui la stele IG 1? 1184

sarebbe l’unico testimone. 3 Se lo spostamento in avanti delle ultime due stele avvenne in età del precedente allineamento. 4 Il calcolo puramente speculativo di BRADEEN (1964, pp. 23-27 MATTINGLY 1963 sulla battaglia di Delion), secondo il quale le stele rappresentato più volte un argomento a favore dell’identificazione di

ellenistica, potrebbero essersi cancellati i segni e in particolare nota 19 contro la proposta di non potevano contenere più di 850 nomi, ha un monumento per i caduti della battaglia di

Coronea del 447 a.C. Sulla base della forma di SEG LII 60, tuttavia, ARRINGTON

2012, p. 67, considerando un’al-

tezza delle stele maggiore di circa un terzo, ha stimato essere circa 1130 i nomi incisi sulle stele, numero che sarebbe compatibile con i caduti della battaglia di Delion (cfr. infra, p. 149, nota 3). Tali calcoli mostrano un alto tasso di ap-

prossimazione e rivestono quindi un ruolo marginale per l’individuazione della battaglia a cui l’epigramma si riferisce. 5 Cfr. CLAIRMONT 1983, I, p. 160. Sulle tecniche e la terminologia del collegamento GINOUVES 1985-1998, III, pp. 108-112.

tra blocchi adiacenti cfr.

° Cfr. KyPARISSIS - PEEK 1932, p. 145 (con alcuni confronti). Si considera anche la forma del ny, il cui tratto obliquo non arriva alla riga inferiore di scrittura, ma tale particolarità non escluderebbe una datazione successiva dal momento che la lettera ricorre ad es. nella stele dei caduti a Megara, a Tanagra e a Spartolos, databile al 430-425 (n. XII). 7 Cfr. LSAG?, p. 67; IMMERWAHR 1990, pp. 155-157. Tra gli altri esempi si segnala questa forma di rho in un’iscrizione stoichedica, ritenuta del 450 a.C. ca. (IMMERWAHR 1990, p. 124, n. 858), di cui in seguito Jeffery-Lewis, IG 1 883, hanno abbassato la datazione al 440 ca.

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ma si segnala ancora la sua presenza almeno in un’iscrizione vascolare databile al 430 a.C. ca. (IMMERWAHR 1990, p. 136, n. 922).' Risulterebbe, pertanto, lecito escludere su base paleografica l’attribuzione dell’epigramma alla spedizione in Sicilia del 415-413 a.C. (cfr. p. 145, nota 1), ma non a quella di Delion del 424.

La parola incipitaria tTA&uovec, la cui gamma di significati supera quelli del termine ‘sfortunati’ nella presente traduzione, ricorre anche nell’incipit dell’epigramma AP, 12, 18.” L'espressione poeti-

ca ἀγῶνα [...] μάχης è attestata in Sofocle e il primo sostantivo sembrerebbe assumere un analogo significato già nel noto epigramma di Kallimachos, caduto a Maratona (CEG 256).? Alla fine del v. 1 non sembrano possibili altre integrazioni al di fuori dell’aggettivo &eArrog, che però potrebbe essere concordato tanto al genitivo μάχες (ἀέλπ[το]), quanto all’accusativo hotov ἀγῶνα (ἄελm[tov]), oppure avere funzione avverbiale (ἀέλπ|τος]). La scelta della costruzione grammaticale non altera l’esegesi del testo ma ἄελπτος può significare sia ‘inaspettato’ che ‘privo di speranza’. Il primo significato si adatterebbe al contesto sia della battaglia di Coronea sia di quella di Delion,* il secondo alla prosecuzione dell’epigramma. Seguendo PEEK (1934, B, p. 254) e BowrA (1938, pp. 80-81), ho inteso il genitivo ἀέλπ[|το] in quest’ultimo senso (ted. hoffnunglos, ingl. hopeless). Al v. 2 il secondo segno O della parola δαιμονίδς ha il valore di omega (avverbio), piuttosto che di omicron-hypsilon (aggettivo concordato con φσυχάς)." Ai v. 3-4 si afferma l’intervento in battaglia di un semidio (τις heuL9EDY), appositamente taciuto — per riverenza/timore o in assenza della sua identificazione? --, per il quale sono noti numerosi paralleli letterari. La lacuna di questo distico è stata colmata in età antica nello stesso punto della superficie abrasa (FIG. 20). In tale spazio, adatto a 5 lettere, rientra perfettamente la sequenza ONANA al v. 3, ma non quella EIXOAO al v. 4, che, presentando una lettera in più, non poteva esser disposta in allineato stoichedico. PEEK 1934, B, p. 253, considera questa integrazione x

antica alla pari di una congettura moderna, fatta senza che si conoscesse più il testo originale. Per tale ragione accetta solo la parte reiscritta del v. 3, mentre al v. 4 propone [EXvot]y. Secondo lo studioso, infatti, non sarebbe la lettera in più a rendere sospetta la parola del v. 4, dal momento che

ι εἴσοδον corrisponde alla grafia più recente dell’originario [ἔσοδο]ν, quanto il suo significato, che * Discussa è la datazione di Mattingly di due iscrizioni, che fornirebbero un utile confronto paleografico alla datazione del nostro epigramma, ricondotto dallo studioso alla battaglia di Delion (cfr. infra). MATTINGLY 1963, p. 263, nota 27, data IG 1° 46 al 426-425 a.C., riconoscendone una grafia simile (cfr. ad es. la forma del kappa). MATTINGLY 1966, pp. 173-176 riconduce a ca. 425 a.C. la dedica, caratterizzata dal rho con appendice, IG 1? 958 (segnalo l’erronea indicazione dello studioso SEG x 332, invece di SEG x 322). Cfr. la diversa datazione di queste due iscrizioni al decennio 450-440, oltre che in Jeffery Lewis (IG 1°), rispettivamente in SEG XXIII 14 e 39. * PEEK 1934, B, p. 254, traduce ‘ausdauernd’ oppure ‘heldenmiitig’. KyPARISSIS — PEEK 1932, p. 143 individuano per tale parola confronti con Hom., Il., 21, 430, S., Tr., 20, E., Andr., 725, AP, 7, 227, v. 4. Per il puntuale commento e i loci similes dell’epigramma cfr., oltre ai primi editori, BOWRA 1938=1953, pp. 93-107 e CAMERON 1940. Il primo, in particolare sottolinea le implicazioni del termine per la virtù militare, come mostra ad es. Tyrt., fr. 12, 18, WEST, IE?, II: ψυχὴν καὶ ϑυμὸν τλήμονα Taodéuevoc.

3 Cfr. S., Tr., 20. Cfr. il probabile riferimento alla battaglia di Maratona in CEG 256 (τὸν ayöva : τὸν Ma[padov-(2)]. 4 Cfr. per Coronea KyPARISSIS — PEEK 1932, p. 143 € CAMERON 1940, p. 98, che sottolineano la difficoltà a integrare l’accusativo &eir[rov]; per Delion MATTINGLY 1963, pp. 261-262, note 22, 25. Si noti che, intendendo ἀέλπ[τος], un avverbio comparirebbe di nuovo nel verso successivo (datuovtac), ma una loro diretta contrapposizione

non è da escludere. Cfr. A., Pers., 1005. Sostenendo che il significato dei due avverbi si completi reciprocamente, REINHARDT

1938, p. 237, seguendo Crénert, scrive che «ἄελπτον ist zumal das, was wider menschliche Voraussicht

ist und damit als von Gott gesandt sich offenbar macht». 5 PEEK

1934, B, p. 234; BOWRA

1938, p. 81; CAMERON

1940, pp. 99-103

(gli ultimi due segnalano i numerosi

confronti con passi letterari). In un'importante dedica ad Amphiaraos da Tebe (cfr. PAPAZARKADAS 2014, p. 245 € infra, p. 151, nota 2) ricorre la parola δαιμονίδς, che, malgrado le lacune testuali, è stato analogamente inteso come avverbio, piuttosto che come nominativo singolare (metricamente possibile: δαιμόνιος de[- - -]) 0 accusativo plurale. ° Cfr. in particolare la silloge di BowRA 1938, p. 82. Tra gli eventi bellici con interventi di eroi o semidei segnalo le Guerre Persiane in alcuni passi di Erodoto

(6, 116; 8, 32; 8, 38) A Maratona fecero la loro comparsa Teseo e

Echetlaios (rispettivamente Plu., Thes., 35 e Paus., 1, 32, 5). Cfr. anche l’epigramma per i caduti ateniesi a Siracusa (Plu., Nic., 17) e l’epifania che ha portato alla vittoria tebana a Leuttra (cfr. infra)

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SECONDA

PARTE

non può essere reso dal ted. Begegnung. Il testo della lacuna, però, potrebbe esser stato reintegrato subito dopo la sua perdita o, almeno, avendone ancora il ricordo. Lo mostrerebbe, a mio avviso, il fatto che l’omega di δ[υσ]μενέι dv, sia stato espresso, in rispetto dell’alfabeto attico, dal segno O

invece di 0, mentre per maggiore comprensibilità e/o per influsso della grafia contemporanea nel v. 4 viene preferita la scriptio plena del dittongo epsilon-iota. Si è quindi proposto di scandire [ἐς odé]v la sequenza di lettere reincise, anche se si deve ammettere la pur possibile omissione dell’het iniziale del sostantivo, che costituisce una lettera di troppo.” Altrimenti l’intepretazione più coerente con il dato epigrafico sembrerebbe il sostantivo [ἔσοδο]ν, nuovamente proposto da Jeffery-Lewis (IG 15). Nelle iscrizioni attiche, infatti, non è mai attestato il segno di aspirazione het davanti al primo omicron di ἔσοδος. Infine, sembrerebbero eccessivi i dubbi avanzati sull’esegesi

di tale sostantivo, che come sinonimo del lat. adventus, trova alcuni paralleli nella poesia sofoclea.* La mutilazione a destra del blocco 11 ha causato la perdita di alcune lettere alla fine dei vv. 5-6. Illeggibile risulta anche la prima lettera all’inizio del blocco 111, posta in allineamento verticale

sopra l’hypsilon di [ῃ]υμετέρσι. Stimando a ca. 0,325 m la porzione perduta del blocco 11, la lacuna del v. 5 consterebbe di 10 lettere, quella del v. 6 di 9 lettere, di cui l’het di |[h|vueteoor rappresenta una sicura integrazione. Dal momento che la lacuna potrebbe anche essere maggiore, le diverse proposte di integrazione finora avanzate hanno solo un valore orientativo (cfr. apparato critico). Al v. 5 la lacuna complica l’ambiguitä dei termini πρόφρδν e δύσμαχος. Il primo, infatti, potrebbe ricollegarsi sia al periodo che segue sia a quello che precede ed essere in quest’ultimo caso il mutilo avverbio προφρον [ὃς]. Già KyPARISSIS — PEEK 1932, p. 144, traducevano πρόφρον con bereitwillig e attribuivano a δύσμαχος il doppio significato schwer zu bekampfen e unglücklich gekämpft, che ben si adatterebbe alle precise parole di un oracolo. Individuando con convincenti argomenti la parafrasi del testo di un oracolo, basato su un paragone con l’attività venatoria, BOWRA

(1938, p.

83) ritiene anche πρόφρον ambiguo, dal momento che non si può escludere il suo significato di well-disposed.° Essendo infruttuosa una discussione delle esegesi basate sulle integrazioni delle lacune dei vv. 5-6, riterrei possibile affermare almeno che il semidio ha portato alla rovina dei guerrieri

ai quali è dedicato il monumento ([h]uuerepör σὺν κακῦι ἐχσετέλεσσε), nella misura in cui ha dato la caccia a una preda difficile da combattere --ο combattuta senza successo- (δύσμαχον ἄγραν, cioè gli Ateniesi) per i nemici (ἐχϑροῖς, quasi certamente i Beoti). ! BOwRA

1938, pp. 81-82, REINHARDT

1938, p. 236

e CAMERON

1940, pp. 105-109, il quale ultimo propone una

diversa esegesi. Il primo ritiene ϑείαν [ἐς od6]v l’indicazione di un luogo preciso, identificato con la strada tra Coronea e Haliartus lungo la quale si svolse la battaglia del 447 e dove, presso il tempio di Atena Itonia, i Beoti hanno

dedicato il trofeo della vittoria (Plu., Ages., 19). Decisive critiche a questa ipotesi sono state avanzate da Cameron (cfr. anche REINHARDT

1938, p. 236), che non identifica Seta ὁδός

con un luogo preciso, ma in astratto con la via

divina attraverso la quale il semidio si manifesta nel luogo della battaglia. (trascrizione più corretta rispetto a quella di Bowra), riterrei più plausibile 262 nota 26), che, identificando la battaglia con Delion (cfr. infra), traduce: god’s temple (Apollo of Delion)». 2 Cfr. l’incostante uso dell’het in due iscrizioni attiche coeve, IG I? 1095 3 La grafia Echodoc è (cfr. supra, nota 2). Cfr. razione in tali composti THREATTE, GAI, I, pp. 4 Cfr. in particolare

Se si accettasse l’esegesi ϑείαν [ἐς ὁδό]ν l’interpretazione di MATTINGLY (1963, «coming against them on the way to the e 1096 (430 a.C. ca.): Πόρος

| τὲς 606.

frutto di un’erronea lettura di IG 1? 1116 (seconda metà v sec. a.C.): [h6]poc | [τ]ὲς ho86 la grafia πρόσοδος in IG 1 65, 1. 17; 73, 1. 31; 89, 1. 19. Sul fenomeno dell’assenza dell’aspicon la preposizione ἐς e sulla sua rarità dopo altre preposizioni (ad es. δι-, ἐν-, προσ-) cfr. 497-499. S., El., 418 e 1273. Secondo CAMERON 1940, p. 108, sarebbe possibile integrare [Eoodo),

sebbene sia insolito il suo significato di ‘hostile approach’ oppure di ‘ingresso nella lotta’ (cfr. però Pi., P., 6, 50). Tali sfumature di senso non alterano l’esegesi dell’epigramma. 5 La stima della lunghezza della lacuna è possibile solo sulla base del confronto con gli altri blocchi. Dal momento che il blocco τι difficilmente poteva superare i 2 m, la parte perduta oscillerebbe tra 0,35 e 0,45 m. Le stele del monumento, inoltre, non hanno dimensioni regolari (cfr. p. 144, nota 1), impedendo una restrizione del margine di indeterminazione.

° Cfr. Thgn., 403. A mio avviso sarebbe difficile accogliere tale esegesi, a meno di non attribuire una sfumatura concessiva: ‘pur ben disposto’. Cfr. CAMERON (1940, pp. 112-114), infatti, dubita della possibilità di intendere con Bowra ‘apparentemente ben disposto’, e dunque di un ambiguo responso del semidio agli Ateniesi. MATTINGLY 1966, p. 177, preferisce tradurre: «‘realily, of his own accord’ rather than ‘with seeming good intent’».

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Nell’ultimo distico, invece, si menziona esplicitamente la profezia attraverso il termine, raro in

poesia, λόγιον (più frequente al plurale λόγια). Malgrado l’intervento divino avverso sia stato verosimilmente modellato post eventum (CAMERON 1940, p. 104), la conclusione dell’epigramma vuole dimostrare attraverso l’esito dell’episodio bellico la veridicità degli oracoli, che rappresenta

un tema centrale nelle tragedie di Sofocle, ma che è stata più volte messa in discussione già a partire dall’inno omerico a Hermes.”

Come si è visto, problematica è l’individuazione della sconfitta ateniese a cui si deve l’erezione del monumento, sebbene gli studi finora condotti siano giunti all’alternativa tra la battaglia di Coronea del 447 (Th., 1, 113) e quella di Delion del 424 (Th., 4, 95-97). Nel Ceramico si trovavano i monumenti dei caduti dell’una e dell’altra battaglia, entrambe pesanti sconfitte ateniesi, caratterizzate da un alto numero di caduti.* Decisiva è dunque l’identificazione del semidio a cui si riferisce l’epigramma. KyPARISSIS — PEEK 1932, pp. 145-146, lo identificavano con Trophonios.

Poco distante dalla via da Cheronea a Coronea, percorsa dalle truppe ateniesi guidate dallo stratega Tolmides (Th., 1, 113), si trovava il Trophonion di Lebadeia, noto per i suoi responsi oracolari.* Malgrado la sconfitta a Coronea, ad Atene furono erette le statue di Tolmides e del suo indovino Theainetos, descritte da Pausania (1, 27, 5). Kyparissis e Peek ipotizzano che Theainetos fosse l’interprete dell’oracolo riferito nell’epigramma. Risulta, tuttavia, strana l’erezione di una statua dell’indovino, la cui cattiva interpretazione del vaticinio ha provocato la disfatta ateniese. Inoltre BowraA (1938, p. 83-84 con i riferimenti letterari), sottolineando come Trophonios non sia una divinità combattente, identifica il semidio con il beotico Orion, cacciatore e profeta.° Sarebbe, però, problematica l’individuazione di un santuario di Orion raggiungibile dall’esercito ateniese sotto la guida di Tolmides.”

MATTINGLY (1963 e 1969) ipotizza pertanto che la battaglia cui si riferisce l’epigramma sia Delion e il semidio Amphiaraos. Il santuario di Amphiaraos si trovava, infatti, nei pressi di Oropos, poco distante da Delion.* Secondo Erodoto (8, 134), inoltre, Amphiaraos, per mezzo di un ora-

colo, invitò i Tebani a scegliere se preferivano averlo come preveggente (μάντις) o come alleato (σύμμαχος). Avendo i Tebani optato per la seconda soluzione, fu a loro interdetta la consultazione oracolare. Dal nostro epigramma si potrebbe, dunque, evincere che gli Ateniesi interpretarono male

! Cfr. E., Heracl., 405. Cfr. CAMERON 1940, p. 113. Il termine χρησμός è praticamente sinonimico, dal momento che non viene rispettata la differenza tra il responso in prosa (λόγιον) e quello in versi (χρησμός). Cfr. LS], s.v. λόγιον. 2 Cfr. l’ineccepibile analisi di BowRA 1938, pp. 84-85, che da un lato coglie le analogie con Sofocle (OT, 863-910; Tr., 1164-1173), dall’altro individua un filone di scetticismo verso gli oracoli (h.Merc., 562-563, Th., 2, 17, 2; Cic.,

div., 1, 3-5. Cfr. infra), che evidentemente il nostro epigramma voleva combattere. Bowra ritiene che il poeta del nostro epigramma provenisse dallo stesso circolo aristocratico di Sofocle. L’autore non sarebbe dunque Sofocle (erroneamente GRIFFITH 1988, p. 25) e non sembrerebbe Ione di Chio, per il quale gli argomenti addotti da GRIFFITH

1988, risultano troppo deboli. 3 Cfr. Paus., 1, 29, 14 sul monumento dei caduti di Coronea; Paus., 1, 29, 13 per quello dei caduti di Delion. A Coronea tutti i 1000 opliti del corpo di spedizione ateniese morirono o furono fatti prigionieri (Th., 1, 113, 2): caddero anche lo stratega Tolmides e Kleinias, padre di Alcibiade (cfr. rispettivamente D.S., 12, 6 e Pl., Alc., 1, 112c).

A Delion i caduti dalla parte ateniese furono poco meno di 1000 opliti, incluso lo stratega Hippokrates, e un gran numero di armati alla leggera e addetti al trasporto (Th., Coronea cfr. BRADEEN 1964, p. 25; per quelli di Delion 4 Cfr. Paus., 9, 39-40, 2. Cfr. l’opera monografica di > Cfr. HCT, 1, p. 339. ° L’attività oracolare di Orion è, tuttavia, scarsa. Cfr.

4, 101. cfr. anche D.S., 12, 70). Per una stima dei caduti di MATTINGLY 1966, pp. 191-192 (cfr. supra, p. 146, nota 4). BONNECHERE 2003. MATTINGLY

1963, p. 262, nota 23. Di Trophonios, invece,

non si può escludere una sua apparizione in battaglia (cfr. infra). Su Trophonios (sulla cui natura divina Cic., nat. deor., 3, 49 e 56) cfr. Lutz

KAPPEL,

DNP,

12,1, coll. 875-876, s.v. Trophonios.

7 Bowra è costretto a scartare l’ipotesi del santuario ad Akraipha, troppo distante dai luoghi della battaglia, e a collegare, poco verosimilmente, con il nostro epigramma altri luoghi di culto di Orion come Tanagra, Tebe e Hyria. δ L’iscrizione ellenistica IG 11/111? 1006, ll. 70-71,

riferisce, subito dopo la menzione

della visita alla tomba

dei

Maratonomachi (cfr. p. 25, nota 10 e p. 163, nota 2), che gli efebi si recavano nel santuario di Amphiaraos (la parola è tuttavia mutila), per fare dei sacrifici e legittimare il possesso ateniese del santuario già dai tempi antichi. Tale testimonianza sembrerebbe assumere un certo rilievo nell’analisi che segue, in particolare se interpretata, con CHANIOTIS 2008, pp. 143-144, come azione provocativa su un territorio conteso.

150

SECONDA

PARTE

il responso di Amphiaraos, ignoto ai Tebani, presso il suo santuario, prima di essere sconfitti presso Delion. Sembrerebbe pertanto condivisibile con MATTINGLY (1966, p. 177, nota 1) che il responso

oracolare poteva bene essere stato vaticinato dal medesimo semidio che interviene in battaglia. A mio avviso, rinforzerebbe l’ipotesi il fatto che Amphiaraos abbia partecipato sia alla spedizione dei Sette contro Tebe, nella quale cadde, sia alla caccia del cinghiale di Calidone:' se il responso di Amphiaraos, come sembra dai vv. 5-6, fosse stato del tipo ‘sarò un valido alleato poiché i nemici sono una preda difficile da combattere’, gli Ateniesi potrebbero ben aver inteso che Amphiaraos,

ottimo cacciatore che si era già battuto contro i Tebani, avrebbe aiutato gli Ateniesi contro i Beoti.” MATTINGLY

(1966, p. 176) si sofferma sull’importante riflessione di Pausania (3, 6, 1), che para-

gona la morte di Kleombrotos poco dopo l’inizio della battaglia di Leuttra a quella di Hippokrates nelle prime fasi della battaglia di Delion. Non sembrerebbe casuale che il Periegeta, riferendosi a

due tra le più importanti vittorie dei Beoti, attribuisca la morte precoce dei rispettivi comandanti dell’esercito sconfitto a un δαίμων. Alcune fonti riferiscono l’oracolo di Trophonios ai Tebani prima della loro vittoria a Leuttra nel 371 a.C., in base al quale lo stesso Trophonios avrebbe distrutto l’esercito nemico, dopo che i Tebani avessero eretto un trofeo con lo scudo di Aristomenes.* L’epifania dell’eroe messenico Aristomenes a fianco dei Tebani nella vittoria di Leuttra, tramandata solo da Pausania (4, 32, 4), è però forse una leggenda riconducibile alla liberazione di Messene nel 370/369 a.C.5 Riterrei, pertanto, che essendo attestato un oracolo di Trophonios e un conseguente

intervento divino per Leuttra, sembrerebbe possibile individuarne uno analogo a opera di Amphiaraos per Delion. Già MATTINGLY

(1963, p. 262, nota 26) sottolineava

come Amphiaraos potesse

essere uno dei δαίμονες ὁμωχέται, “ ai quali si appellarono i Beoti quando ordinarono agli Ateniesi di ritirarsi da Delion, dopo averne profanato il santuario. Il medesimo sostantivo δαίμων in Paus., 3, 6, 1 potrebbe ben riferirsi direttamente a Trophonios per Leuttra e ad Amphiaraos per Delion.

In generale il termine sembra particolarmente adatto a quest’ultimo.? L’avverbio datuovtoc al v. 2 ricorre in un importante epigramma votivo arcaico (cfr. p. 151, nota 2), scoperto a Tebe molto

recentemente.* Si tratta di una dedica che conferma il racconto di Erodoto (1, 52), il quale avrebbe 11 due episodi sono collegati dal fatto che Tideo, figlio di Oineo, re di Calidone che ha chiamato a raccolta gli eroi greci contro il cinghiale, ha partecipato alla spedizione dei sette contro Tebe, schierandosi sulla prima porta. Cfr. l’opera monografica su Amphiaraos, SINEUX 2007, (in part. pp. 46-58 per questi due episodi). ? BOWRA

1938, p. 83 propone la seguente ricostruzione dell’oracolo: ἔσσεται ἐχϑροῖσιν Inpevtaic

δύσμαχος

ἄγρα.

Tuttavia, a differenza di Amphiaraos, l’eroe identificato da Bowra per il nostro epigramma, Orion, era soprattutto cacciatore, non anche guerriero. 3 Paus.,

3, 6, 1: υάλιστα

δέ πως

ἐπὶ πταίσμασιν

ἐϑέλει

μεγάλοις

προαφαιρεῖσϑαι

τὸν ἡγεμόνα

ὁ δαίμων.

Il sostan-

tivo δαίμων sembrerebbe qui potersi tradurre con ingl. divine power (Mattingly), fortune (LS], s.v. δαίμων), ma cfr. infra. La vittoria grazie all’intervento di un δαίμων è ad es. attestata da D.S., 15, 16, 3: τὸ δαιμόνιον ἐναλλὰξ τῇ vixn

τὴν ἧτταν τῶν Καρχηδονίων διωρϑώσατο. 4 Paus., 4, 32, 6: Τροφώνιον δέ φασιν εἰπεῖν ἑξαμέτρῳ πρὶν δορὶ συμβαλέειν ἐχϑροῖς, στήσασϑε τρόπαιον, / ἀσπίδα κοσμήσαντες ἐμήν, τὴν εἴσατο νηῷ / ϑοῦρος ᾿Αριστομένης Μεσσήνιος. αὐτὰρ ἐγώ τοι / ἀνδρῶν δυσμενέων φϑίσω στρατὸν ἀσπιστάων. Cfr. Callisthenes, FGrH 124 F 22 [a] tramandato da Cic., div., 1, 74; D.S., 15, 53, 4; Polyaen., 2, 3, 8. Il trofeo della vittoria ricorre nell’epigramma funerario di Xenokrates e di due tebani (CEG 632, v. 5. cfr.

infra, p. 172, nota 5), mentre l’espressione ἀνδρῶν δυσμενέων riecheggia, forse, quella del v. 3 del nostro epigramma. 5 Tanto l’analisi di Bowra quanto quella di Mattingly sembrano sottovalutare l’attestazione del Periegeta. Bowra, malgrado Paus., 4, 32, 6, non riconosce a Trophonios la possibilità di intervenire in guerra e menziona solo l’apparizione di Aristomenes dalla parte tebana a Leuttra (cfr. p. 172, nota 6). Analogamente, MATTINGLY 1966, p. 177, nota

3, scrive: «it is perhaps worth nothing that the parallel defeat of Leuktra was by some ascribed to a hero’s epiphany (Paus. 4. 32 .4: Aristomenes)». ° "Th., 4, 97, 4. La parola ὁμωχέτας è altrimenti attestata solo nei lessici (cfr. Suid., s.v.) e ricondotta alla Beozia. 7 Cfr. Pi., N., 9, 24-27, passo riferito già da MATTINGLY 1963, p. 262. ® La prima edizione è PAPAZARKADAS 2014, pp. 233-248. Cfr. da ultimo DENIS KNOEPFLER, BE, CxXVIII, 2015, n. 306 e TENTORI MONTALTO, c.d.s. L’iscrizione è conservata nel Museo di Tebe (inv. n. 40993). Si tratta

di un epigramma in alfabeto beotico databile alla fine del vı sec. a.C., inciso longitudinalmente dall’alto in basso su una colonna (iscrizione A). Il testo è stato copiato trasversalmente, cioè in orizzontale (parallelamente al suolo se la colonna fosse eretta) verso la metà del Iv sec. a.C., verosimilmente nel periodo dell’egemonia tebana (371-362

a.C.), conseguentemente in alfabeto ionico e direzione di scrittura progressiva (iscrizione B). A mio avviso, la copia potrebbe risalire al periodo della battaglia di Leuttra. Se così fosse, nella medesima occasione della reiscrizione della dedica per Amphiaraos si eresse il tropaion della vittoria per Trophonios.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

151

visto nel tempio di Apollo Hismenios a Tebe l’offerta di Creso ad Amphiaraos, consistente in uno scudo e una lancia d’oro. Creso, infatti, per avere responsi oracolari sull’esito della guerra contro i Persiani, aveva inviato dei messi presso alcuni santuari greci, tra cui quelli di Trophonios e di Amphiaraos (Hdt., 1, 46),' al quale ultimo offre in dono lo scudo e la lancia in onore al valore militare dell’eroe (Hdt., 1, 52). Lo scudo, oggetto che curiosamente ricorre nell’oracolo di Trophonios sulla battaglia di Leuttra (cfr. p. 172), fu ritrovato, stando alla nuova iscrizione, con l’aiuto oracolare

di Apollo Hismenios. Preannuncio qui tra le mie nuove proposte esegetiche di prossima pubblicazione, che differiscono dall’edizione del testo di PAPAZARKADAS (2014, pp. 233-248 e Ficc. 3-7),” quella che permette con sicurezza di affermare il ritrovamento di uno scudo d’oro, εὑρὸν

hutò γᾶς xpusloto φαεν(ν)ὰν

| [ἀσπ]ίδα, dal momento che la prima integrazione è confermata

non solo dal passo di Hdt., 1, 52, che attesta il dono di uno scudo d’oro (σάκος χρύσεον), ma in particolare da un’analoga espressione in un frammento di Paniassi.*

Infine, tornando all’epigramma qui in analisi, potrebbero non essere casuali alcune analogie con le tragedie sofoclee (cfr. supra), già notate da PEEK 1934, B, p. 254, se Amphiaraos è anche il titolo

di una perduta opera di Sofocle.° In base alla presente analisi e in particolare al ritrovamento del nuovo epigramma votivo di Tebe, riterrei più forti gli indizi a favore dell’intepretazione di un episramma per i caduti della battaglia di Delion, piuttosto che della battaglia di Coronea. Tuttavia, da

un lato l’incertezza tra l’identificazione del semidio con Amphiaraos o con Trophonios -o, aggiungerei, con Teneros, indovino presso il santuario tebano di suo padre, il dio Apollo Hismenios (Pi., Pae., 9, 41)- potrebbe risalire alla composizione stessa dell’epigramma (τις Πξυιϑέον), dall’altro,

anche un esplicito riferimento al primo dei due, non autorizzerebbe ad escludere un collegamento con la battaglia di Coronea.

XV. EPIGRAMMA DEGLI ATENIESI CADUTI PRESSO L’ELLESPONTO

(IG 1° 1162; CEG 6)

Stele ateniese di marmo pentelico, conservata ad Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 10618). Mancano le notizie sulla data e il luogo della scoperta. Il pezzo, la cui superficie iscritta è molto ben conservata, presenta in alto un kimation integro (a. 0,09 m). Non si riscontrano mutilazioni degne

di nota, eccetto quella in basso che corre presumibilmente lungo la linea di frattura fra la perduta base e la stele e che impedisce di stabilire l’altezza originaria di quest’ultima. Le dimensioni sono: a. 1,68; l. 0,45 (in alto) — 0,47 (in basso); sp. 0,155-0,165 m. Le lettere sono alte: titoli delle Il. 4-69 (ll. 1-3; 41-42; 45-47 e i nomi delle tribù, tranne Leontis e mente Il. 18 e 35: 0,013-0,015); 0,015-0,013 nei nomi delle Il. 4-69 (1. 65: 0,020; Il. 19, 36, 63: 0,011-0,013; Il. 43-44: 0,010-0,013); 0,010-0,013 a Il. 70-93; 0,010

0,017-0,020 m nei Aiantis, rispettival. 15: 0,015-0,018; nell’epigramma.

* Analogamente al nostro epigramma, anche in questo passo di Erodoto si prefigura la sconfitta di Creso che voleva mettere alla prova gli oracoli per vedere se fossero veritieri. Ho qui seguito la grafia Hismenios, invece che Ismenios, per la quale rimando a DENIS

KNOEPFLER,

BE, CXXVIII, 2015, nn. 303, 304, 306.

? Presento qui la mia nuova edizione e la traduzione dei primi 5 versi (TENTORI

MONTALTO,

c.d.s.): [σοὶ]

χάριν ἐνῚθάδ᾽, "Απολῴλ)οίν, — - Ξῷ - τόδ᾽ ἄ]γ[α]λμα, | [Πο]πιστὰς ἱαρὸ στᾶσε κα[ὶ εὐχσά]μενος | [υμαἹντοσύναις εὑρὸν Βυπὸ γᾶ[ς χρυσ]οῖο paev(v)av | [ἀσπ]δα τὰγ Οροῖσος κα[λ]ὸν ἄγαλ[μα Hero | ᾿Αμ]φιαρέσι uväu’ ἀρετ[ᾶἂς =----5] [xe]iueva ἐκλέφϑε φοί = τΞ -- | Θε]βαίοισι δὲ ϑάμβος εἰ -ξ ----=3|. .]πιδὰ δαιμονίδς del == - = -]. Traduco:

«A te, Apollo, [il Tale] eresse qui questa offerta in cambio del tuo favore, essendo stato soprintendente del santuario e avendo fatto un voto dopo aver trovato sotto terra secondo le profezie uno scudo lucente d’oro, il bel dono che Creso [aveva dedicato] ad Amphiaraos in ricordo del valore». Grazie alla copia B ho potuto leggere la parola [ἀ]γ[α]λuo. alla fine del v. 1. Un mio nuovo articolo sull’epigramma uscirà in ZPE. PAPAZARKADAS 2014, p. 240, pubblica la seguente esegesi dei vv. 2-3: [κὲ]πιστὰς iaod στᾶσε xatfevyod]uevoc | [μα]ντοσύναις εὑρὸν hurò tal....]oro φαεν (ν)άν.

3 Cfr. Hdt., 1, 52: [scil. Κροῖσος] τῷ δὲ ᾿Αμφιάρεῳ, πυϑόμενος αὐτοῦ τήν τε ἀρετὴν καὶ τὴν πάϑην, ἀνέϑηκε σάκος τε χρύσεον πᾶν ὁμοίως καὶ αἰχμὴν στερεὴν πᾶσαν χρυσέην, τὸ ξυστὸν τῇσι λόγχῃσι ἐὸν ὁμοίως χρύσεον.

4 Panyas., fr. 7, BERNABE, PEG, I: τοῦ κεράσας κρητῆρα μέγαν χρυσοῖο φαεινὸν / σκύπφους αἰνύμενος ϑαμέας ποτὸν ἡδὺν ἔπινεν. > Cfr. S., ὅτ. 113-121, TrGF Iv. Potrebbe trattarsi di una tragedia o di dramma satiresco oppure di due opere omonime, una tragedia e un dramma satiresco. Dell’opera è rimasto troppo poco per poterne formulare un giudizio.

152

SECONDA

PARTE

Bibliografia: IG ı Suppl., pp. 108-109, n. 446 a; KIRCHHOFF 1882; KEIL 1885, pp. 341-343; WILAMOWITZ 1887, p. 243; DOMASZEWSKI 1917, pp. 6, 17; HILLER 1926, n. 52; IG τ΄ 943; Top, GHI, n. 48; GV 18; GG 11; MEIGGS — Lewis, GHI, n. 48; GUARDUCCI, EG, II, pp. 165-167; CEG 6; CLAIRMONT 1983, I, pp. 165-169, n. 32 Ὁ; IG 1° 1162; GARULLI 2012, pp. 110-116; FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2013.

Bibliografia delle immagini: GuArDuccı, EG, τι, pp. 165-167, FiGG. 40 a-c (riproduzione fotografica); CLAIRMONT in CEG

6 e IG

1983, II, TAvv.

45-46 (riproduzione fotografica). Ulterioriore bibliografia

1} 1162.

ἐγ Χερρονέσσι ᾿Αϑεναίδν : hotde

45

᾿Αϑεναίδν : hotöle] ἀπέϑανον᾽

ἀπέθανον: Ἐπιτέλες : OTOATEYOG

Ἐρεχϑείδος:

Ἐρεχϑείδος: Πυϑόδοσρος ᾿Αριστόδικος Τέλεφος Πυϑόδοσρος 10

15

20

50

Εὐρύβοτος

55

60

65

ΠΠολίτες

‘FpoxAetdzc 25

Kexportdoc: ᾿Αρίσταρχος Καρυστόνικος Θεόμνξστος ᾿Αρίσταρχος

30

Εὐκράτες

35

Νικόμαχος hırrodövttdoc' DOTEALIES Ποσείδιππος Αἰαντίδος: Δίφιλος ᾿Αντιοχίδος: Koatoy ᾿Αντικράτες Εὔδοχσος.

40

70

75

80

85 hotde : ἐν τοῖς ἄλλοις

πολέμοις : ἀπέθανον. Ἐρεχϑείδος: Λυσανίας

Νικόστρατος Φιλόκσμος

Αἰγξίδος:

Αἰγξίδος: Ἐπιχάρες Μνεξσίφιλος Φαιδιμίδες Λάχες Νικόφιλος Πανδιονίδος: Λυσικλξς Λεδντίδος: Χαιρὲς Οἰνεξίδος: ‘PodoxAîc

ἐμ Βυζαντίδι

Χίονις Πανδιονίδος: Φιλιστίδες Λεδντίδος: Λυσίμαχος ᾿Ακαμαντίδος:" Καλλισϑένες Οἰνξίδος: Κάλλιππος Κεχροπίδος: Κνίφον Δεμοτέλες Πιπποϑοντίδος: hatoöv Αἰαντίδος: Νικόδεμος ᾿Αντιοχίδος: Φανίας Πανδιονίδος: Σιμδονίδες Αἰσχύλος ᾿Αρχέπολις Σιμικρίον Χαροπίδες Ναχσιάδες Λεδντίδος: Φίλον Εὔδεμος ᾿Ακαμαντίδος:" Πρόταρχος Κεχροπίδος: Χαιρίας ᾿Αστυάναχς Λυσίστρατος Πιπποϑοντίδος: Τιμόνοϑος ᾿Αντιφάνες Αἰαντίδος: Κλένοϑος

GLI

90

EPIGRAMMI

Φιίλιος Komıınızc

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

|

βαρνάμενοι, σφετέραν δ᾽ εὐκλέϊσαμ., πατρίδα, | Πόστ᾽ ἐχϑρὸς στενάχξυ. πολέμο ϑέρος ἐκκομίσαντας.

αὐτοῖς

153

EAzeudepädev' Σεμιχίδες

hotde παρ᾽ πελλέσποντον ἀπόλεσαν ἀγλαὸν heßev 95

GUERRA

|

δ᾽ ἀθάνατον uvEn’ ἀρετὲς ἔϑεσαν.

Questi persero presso l’Ellesponto la splendida giovinezza combattendo, ma glorificarono la loro patria,

così che i nemici gemettero portando via la messe di guerra, ed essi innalzarono a se stessi un monumento imperituro di valore.'

La stele è perfettamente leggibile in ogni sua lettera, a eccezione di quella alla fine della I. 46, che è stata facilmente integrata dai primi editori con un epsilon (hotd[e]).? L'iscrizione è composta da tre liste di caduti, che si riferiscono ciascuna a un diverso evento bellico: Chersoneso (ll. 1-40), Bisanzio (Il. 45-69) e ‘altre battaglie’ (Il. 41-44 e 70-93). Seguono l’allineamento stoichedico i nomi dei caduti e, nella terza lista, anche quelli delle rispettive tribù, arretrate a sinistra di una lettera.’

Anche nelle altre due liste il titolo con la menzione dell’evento bellico e i nomi delle tribù precedono di una lettera a sinistra, nell’allineamento verticale, i nomi dei caduti. L’epigramma, non

stoichedico, è posto al di sotto delle liste nella parte inferiore della stele e consta di una coppia di distici elegiaci disposti su una linea per ogni verso. Si possono individuare almeno due lapicidi: uno che ha redatto l’impianto generale delle tre liste e almeno uno che ha aggiunto alcuni nomi nel

testo principale e, secondo Jeffery-Lewis (IG 1°), anche l’epigramma.* Il nome Νικόφιλος alla l. 15 è stato inciso senza seguire l’allineamento stoichedico probabilmente ad opera di un ulteriore lapicida, come mostrerebbe la diversa forma del ny e del phi. KiRcHHOFF 1882, tuttavia, ritiene solo le aggiunte dei nomi realizzate da un ulteriore lapicida e, infatti, l’incisione dell’epigramma sembra contestuale a quella delle tre liste. In ogni caso, anche ammettendo l’esistenza di tre diverse mani,

le aggiunte dei nomi e forse dell’epigramma non possono che essere di soli pochi anni più recenti e il monumento deve dunque considerarsi unitario. L'iscrizione è redatta in alfabeto e dialetto attico e si data alla seconda metà del v sec. a.C. Non si evincono particolari caratteristiche grafiche che

permettano di restringere l'ampio arco cronologico’ e di conseguenza l’attribuzione a un preciso evento bellico resta incerta. Il per la divisione delle parole di L’ordine ufficiale delle dieci nome dello stratego, Epiteles,° della tribù Achamantis). Nella

segno divisore dei due punti compare quasi del tutto regolarmente ognuno dei tre titoli in testa alle liste. tribù ateniesi è rispettato in ogni lista. Nella prima si registra il e quello di altri 27 caduti, suddivisi in nove tribù (mancano caduti seconda lista i 12 caduti a Bisanzio sono ripartiti tra le dieci tribù,

mentre nella terza lista si registrano 18 caduti di sette diverse tribù (non sono presenti le tribù Aigeis, Oineis, Antiochis) e uno di Eleutherai. Nella seconda lista il modulo del nome hatoov

(1.

65) raggiunge quello dei titoli, mentre alla fine della terza lista (Il. 91-93) si pone visivamente in evidenza, tramite lo spazio vuoto lasciato in corrispondenza della prima colonna, l’unico caduto di cui non si riferisce la tribù di appartenza, ma la provenienza da Eleutherai.” ! Traduzione di GUARDUCCI, EG, II, p. 167. 3 Nella terza lista solo le Il. 43-44 non sono perfettamente stoichediche.

? Cfr. KIRCHHOFF

1882, p. 624.

4 Nella prima lista dei caduti del Chersoneso sembrerebbero esser state aggiunte in caratteri di modulo più piccolo le tribù Leontis e Aiantis con ciascuna un solo caduto (Il. 18-19, 35-36), la seconda delle quali per giunta iscritta senza soluzione di continuità ai nomi precedenti. Nella seconda lista il nome Δευοτέλες (1. 63), realizzato forse da un’altra

mano, è stato inserito nello spazio vuoto tra due tribù, nella terza ᾿Αρχέπολις (1. 72) è stato aggiunto a fianco del nome Αἰσχύλος. Alcune disomogeneità caratterizzano già il testo redatto dal lapicida principale, come il nome hatoay al. 65 dal modulo molto maggiore. 5 Nessuna indicazione risolutiva proviene dal fatto che il dittongo epsilon-iota è reso una volta in scriptio plena in ‘EpoxAetdzc (1. 24) e una volta dal segno E in orevayzu (v. 3 dell’epigramma). ° Sullo stratego cfr. FERRANDINI TROISI -- CAGNAZZI 2013, p. 52.

7 Secondo WILAMOWITZ

1887, p. 242 e nt. 2, già dal vi sec. a.C. gli abitanti di Eleutherai sono ὑπήκοοι degli

154

SECONDA

PARTE

Il primo verso dell’epigramma è analogo a quello del noto Simon. xLvI, PAGE, FGE.' Anche

l’ultimo verso di entrambi è incentrato sullo uvîu’ ἀρετὲς dei caduti, i quali nel nostro epigramma su pietra sono in maniera singolare sia destinatari che, metaforicamente, dedicanti del monumento

(αὐτοῖς |...] ἔϑεσαν). La menzione dell’Ellesponto nel v. 1 si riferisce certamente agli eventi della prima e della seconda lista (Chersoneso e Bisanzio) e probabilmente anche a quelli della terza,

dal momento che l’epigramma sembra esser stato composto per tutte e tre le liste e la menzione generica di altre guerre nella terza allude implicitamente alla medesima area delle prime due liste dell’iscrizione.” Resta priva di confronti l’espressione poetica πολέμο YEpog

Exxoutoavtac, men-

tre raramente i nemici vengono menzionati con la parola εχϑρός in un epigramma per i caduti. Come concordemente ammesso, la stele potrebbe essere verosimilmente quella per i caduti nella battaglia navale dell’Ellesponto vista nel Ceramico da Pausania, il quale però non fornisce ulteriori informazioni.* L'attribuzione della stele a un preciso episodio bellico resta quindi ancora incerta. La maggior parte degli studiosi* preferisce datare l’iscrizione al 447, quando Pericle guidò una spedizione contro i Traci, come testimonierebbe Plu., Per., 19, 1. A favore di questa tesi si insiste sul fatto che i nomi Καρυστόνικος (1. 27) e Ναχσιάδες (1. 75), che occorrono solo in questa stele, ricordano le rispettive vittorie ateniesi di Karystos (472 a.C.) e Naxos (467 a.C.)* e che pertanto chi era nato in quegli anni era nella giusta età per combattere al tempo della missione di Pericle. Tuttavia, da un lato la fonte tarda plutarchea menziona solo il Chersoneso, ma non Bisanzio, dall’altro già KIRCHHOFF 1882, p. 627, avvertiva che YxupoxXÈc, evidentemente allusivo alla presa ateniese di Sciro® (476/475 a.C.), è presente in IG 1° 1184, ]. 22, databile al 423 a.C, che rappresenta anche in questo caso l’unica attestazione del nome. Per risolvere tale incongruenza, DOMASZEWSKI 1917, ipotizza una datazione della nostra stele intorno al 422 a.C., sotto l’arconte Arkaios, basandosi sul fatto che già nel 424 a.C. Brasida aveva iniziato a allestire una flotta (cfr. Th., 4, 108, 6) e che, d’altra parte, Tucidide in quel periodo era

bandito da Atene e poteva non aver riportato un eventuale scontro nella zona dell’Ellesponto. Seguendo tale teoria non sembrerebbe impossibile che negli anni ’20 del v sec. potesse militare ancora la generazione di quelli nati negli anni "70, come Kapvotovixoc, Ναχσιάδες e Σχυροχλᾶς. Entrambe queste teorie, suffragate da scarse testimonianze, si fondano a mio avviso sull’erroneo

presupposto che tali caduti siano senza dubbio nati negli anni in cui avvenne l’evento bellico da cui ne deriva il nome. Potrebbe invece trattarsi di una seconda generazione dal nome uguale a quello del padre o, più semplicemente, di nomi dati dal padre a circa 10-15 anni di distanza dall’evento bellico in cui avevano combattuto e di cui si voleva tramandare il ricordo nel nome del figlio.” Atene fu convolta militarmente contro Bisanzio solo in due occasioni della seconda metà del v sec. a.C. La prima volta nel 440-439 a.C., quando, durante la nota rivolta di Samo, l’isola ricevette Ateniesi. Secondo MEIGGS — LEwIs, GHI, n. 48, la città farebbe parte dell’Attica e sarebbe dovuta rientrare nella suddivisione in tribù, ma diversamente GUARDUCCI, EG, II, p. 167. ! Per quest’epigramma cfr. supra, p. 23, nota 7. Cfr. l’analisi di KEIL

1885, pp. 341-343 e, da ultimo,

GARULLI

2012, pp. 110-116, che sostiene contro il primo la possibilità che il nostro epigramma su pietra imiti quello attribuito a Simonide e non viceversa. ? Cfr. anche KIRCHHOFF 1882, p. 626. 3 Paus., 1, 29, 13: ἐτάφησαν δὲ καὶ οἱ περὶ τὸν Ἑλλήσποντον ναυμαχήσαντες. 4 Cfr. ad es. GUARDUCCI, EG, II, pp. 165-167; MEIGGs -- Lewis, GHI, n. 48; IG 1? 1162. Per altri studiosi che sostengono questa ipotesi, cfr. FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI 2013, p. 54, nota 15. Cfr. anche la sintesi offerta da GARULLI 2012 p. 112, nota 178. CLAIRMONT 1983, I, pp. 62 e 168-169 mette in relazione la nostra stele con un frammento vascolare databile alla metà del v sec. a.C. (Amsterdam, Allard Pierson Mus., inv. n. 2455. Cfr. la riproduzione fotografica in CLAIRMONT 1983, II, TAV. 3 c), che rappresenta cinque stele, di cui una reca l’iscrizione ἐν Βυζαν [τίσι], al centro tra una stele con l’indicazione a sinistra [ἐχς Ἐϊλευ[ϑερῶν] a sinistra e una con èx[t] a destra.

L’assenza della menzione del Chersoneso e delle altre guerre rende questo accostamento troppo audace. Il frammento vascolare potrebbe semmai confermare che esisteva un’altra stele per i caduti ateniesi a Bisazio diversa dalla nostra. 5 Cfr. Th., 1, 98. Segnalo che tale passo in FERRANDINI TROISI -- CAGNAZZI neamente incluso tra le fonti della rivolta di Samo del 440-439 (cfr. infra).

2013, p. 53, nota 13, viene erro-

° Sull’episodio cfr. l’epigramma di Tokes (n. vir). 7 Cfr. il fatto che l’onore di aver combattuto a Maratona accompagnò il tragediografo Eschilo per tutta la vita, fino al suo epigramma funerario, Aeschylus 11, PAGE, FGE.

GLI

EPIGRAMMI

PUBBLICI

PER

I CADUTI

IN

GUERRA

155

l’appoggio di Bisanzio.' KIRCHHOFF (1882, p. 628), tuttavia esclude tale possibilità, notando due punti di debolezza, a mio avviso decisivi. Da un lato, infatti, l’iscrizione non fa menzione di Samo,

che certo non può celarsi dietro l’indicazione di ‘altre battaglie’, dall’altro si dovrebbero ipotizzare in tale occasione altri eventi bellici nel Chersoneso e sull’Ellesponto, di cui nessuna fonte dà notizia.

Sembrerebbe pertanto cogliere nel vero la brillante ipotesi di KIRCHHOFF 1882, sostenuta solo molto recentemente anche dallo studio di FERRANDINI TROISI — CAGNAZZI (2013, pp. 55-56), di datare il pezzo al secondo evento che vide opposti Atene e Bisanzio nel 409 a.C. Come diverse fonti narrano, in quell’anno la flotta attica, concentrata presso Lampsaco sotto il comando di

Alcibiade, effettuò una spedizione contro Calcedone e Bisanzio, due città dalla posizione strategica per il Ponto Eusino. Mentre Calcedone venne posta sotto assedio, conclusosi poi con un accordo, Alcibiade si diresse con una parte della flotta verso l’Ellesponto e il Chersoneso, al fine di reclutare truppe e ottenere denaro, e da lì proseguì contro Selymbria. Successivamente anche Bisanzio, soste-

nuta dagli Spartani, fu espugnata e nel 408 a.C. una nuova missione ateniese prese definitivamente il controllo di tutte le città dell’Ellesponto a eccezione di Abydos (D.S., 11, 68). Questi eventi coincidono a tal punto con il contenuto della stele che si dovrà ammettere, analogamente all’epigramma dei Corinzi caduti a Salamina (n. vi), che la grafia dell’iscrizione, pur volutamente arcaizzante, debba esser datata al 409-408 a.C.

Giusta questa ricostruzione, il nostro monumento sarebbe stato eretto negli stessi anni della frammentaria stele IG 1° 1191 per i caduti ateniesi nella parallela missione contro la Ionia e la Megaride del 409 a.C.,’ dove analogamente i nomi sono suddivisi in due gruppi corrispondenti ai due episodi bellici. ‘ Th., 1, 98; 115-117. Bisanzio pagava in quel periodo ad Atene un tributo di 15 talenti. Cfr. FERRANDINI TROISI - CAGNAZZI, p. 53, nota 13 (cfr. supra, p. 154, nota 5), dove si elencano i più importanti studi a favore di questa

teoria, ai quali aggiungere almeno WILAMOWITZ 2 X., HG,

1887.

1, 3; D.S., 13, 66-67; Plu., Alc., 29-32. FERRANDINI

TROISI

-- CAGNAZZI

giungono a questi anche gli avvenimenti di Cizico (410 a.C.) con le rispettive fonti. 3 X., HG,

1, 2, 1-13; HG, pap. Oxy. 1 Bartoletti; D.S., 13, 63-64.

2013, p. 56, nota 19, ag-

APPENDICE SULLE COPIE DI EPIGRAMMI A. Epigramma di una battaglia navale (IG P 503/504, exemplare quarti saeculi; SEG xvI 22) F

RAMMENTO di marmo pentelico, trovato nel 1936 nell’Agora di Atene, dove è oggi conservato (Mus. Agora 1 4256). Il pezzo è integro solo nella parte superiore e misura alt. 0,095; 1. 0,355; sp. 0,20 m. Le lettere sono alte 0,01 m. Ho analizzato il frammento nel museo (luglio 2011). Bibliografia: MERITT 1956 (SEG xvi 22); CEG 2; IG 1° 503/504, exemplare quarti saeculi (con ulteriore bibliografia); MATTHAIOU 2000-2003; TRACY 2000-2003.

Bibliografia delle immagini (FIG. 21): MERITT 1956, TAV. 36,1 (riproduzione fotografica); PEEK 1960, p. 496 (disegno). [- ον - 77-77

[-

2

- χλέ]ος ἄφϑιτον - - -Ἴ νέμωσι deot: |

αἰεί ||

[- ον

- 7-77] ὠκυπόρων ἐπὶ νηῶν!

=

- 77 -

|

ἦμαρ ἰδεῖν.

1 xAé]oc ἄφϑι]τον αἷεί] conieci: κλέ]ος ἄφϑι [τον] plurimi edd. cum αἰεί in IG 1? 503/504 lapide A 1 coniungunt, ubi vero ἰς αἰεί legendum est 4 Ιν ἦμαρ MATTHAIOU 2000-2003 recte: δούλιον ἦμαρ ἰδεῖν legunt plerique edd., qui cum heXé[da ut πᾶσαν δούλιον] lapidis A 1, IG 1? 503/504, coniungere conantur

L’epigramma, mutilo a sinistra,& disposto su quattro linee ed & inciso andando a capo ogni volta che inizia un nuovo verso. Lo spazio vuoto ben visibile dopo i vv. 2 e 4 assicura che è composto da due distici, di cui si riconosce la parte finale dei versi. TRACY 2000-2003 ha di recente proposto una migliore datazione della scrittura alla fine del ııı o all’inizio del 11 sec., contro quella al Iv c., fornita dal primo editore (MERITT 1956) e seguita fino all’edizione di Jeffery-Lewis (IG 1°

503/504). Trattandosi, dunque, di un pezzo di età ellenistica bisognerà aver presente il problema, destinato per ora a restare irrisolto, se sia una copia di un epigramma più antico oppure una nuova composizione dedicata a eventi del passato.' Il linguaggio, tuttavia, richiama motivi poetici di v sec. a.C. ed alcuni indizi potrebbero suggerire un riferimento a una battaglia navale delle Guerre Persiane, probabilmente quella di Salamina. Il confronto più evidente e significativo sono le simili occorrenze dell’espressione del v. 3, ὠχυπόρων ἐπὶ νηῶν, sia in Pi., P., 1, 74,7 che si riferisce alla battaglia di Salamina, sia nell’epigramma Simon. XLVI, v. 3, PAGE, FGE,: dedicato ai caduti nella battaglia dell’Eurimedonte e conservato solo per tradizione manoscritta. L'aggettivo ὠκύπορος, infine, viene posto spesso in relazione

alle navi, come testimonia già Omero.* Un altro prestito poetico è rappresentato dall’espressione [κλέ]ος ἄφθιϊτον!, attestata in Omero, dove sembra costituire una formula malgrado la sua unica occorrenza, e in Ibico.° Alcuni epigrammi su pietra autorizzerebbero la più ambiziosa integrazione

[κλέ]ος ἄφθιτον ἀιεί], che nel nostro epigramma sembrerebbe adattarsi perfettamente alla lacuna sulla pietra.” ! Nuove composizioni di età ellenistica dedicate a caduti in guerre di età più antica sono l’epigramma di Mileto (n. B) e quello di Megara per i caduti nelle Guerre Persiane (n. C). 2 Pi., P., 1, 74-76: ὠκυπόρων ἀπὸ ναῶν ὅ σφιν ἐν πόντῳ βάλεϑ᾽ ἁλικίαν, / Ἑλλάδ᾽ ἐξέλκων βαρείας δουλίας. ἀρέομαι 7 πὰρ υὲν Σαλαμῖνος ᾿Αϑαναίων χάριν. 3 AP, 7, 258: Οἵδε παρ᾽ Εὐρυμέδοντά ποτ᾽ ἀγλαὸν ὥλεσαν ἥβην / μαρνάμενοι Μήδων τοξοφόρων προμάχοις / αἰχυηταί, πεζοί τε καὶ ὠκυπόρων ἐπὶ νηῶν’ / κάλλιστον δ᾽ ἀρετῆς υνῆμ᾽ ἔλιπον φϑίμενοι. Cfr. BRAVI 2006, p. 83-84. 4 Cfr. ad es. Hom., Il., 1, 421; 1, 488. > Hom., Il., 9, 413: ὥλετο μέν μοι νόστος, ἀτὰρ κλέος ἄφϑιτον ἔσται. FINKELBERG 1986 sostiene, a mio avviso a

ragione, la formularità e l’antichità dell’espressione κλέος ἄφϑιτον, presente già in Sanscrito. ° Ibyc., fr. S 151, Davıss, PMGF. 7 Un interessante esempio arcaico, che mostra chiare reminiscenze omeriche è CEG

344 (Krisa — Kirrha, Focide,

158

SECONDA

PARTE

Al v. 2 non sembrerebbe possibile specificare maggiormente il riferimento ai Yeot.' Alv.

4

ἦμαρ ἰδεῖν potrebbe alludere alla liberazione della Grecia, seppur non si debba integrare la parte mancante necessariamente con l’espressione heXMa[da

u]î πᾶσαν

SovAt[ov] di IG 1° 503/504, A

I (n. ıv).” Tale indizio indiretto deporrebbe ancora a favore dell’individuazione di un epigramma ellenistico -copia di un originale o nuova composizione- dedicato ai caduti di Salamina. Non si può altresì escludere a priori che il testo si riferisca a uno scontro navale, non meglio identificabile, avvenuto tra la fine del ııı e l’inizio II sec. a.C. *

B. Epigramma dei Milesii caduti contro i Megaresi

(GV 33)

Colonna o base rotonda di marmo bianco (Pernice) — grigio (PEEK 1966). Il pezzo proviene da Mileto e, nella sua prima registrazione (inv. n. 373) risalente al 1902, risultava riutilizzato come

materiale da costruzione nel sostegno del tetto della casa di Halil (al di sotto di quella del custode) nel villaggio di Balad. L’iscrizione è stata successivamente ritrovata da P. Hermann nel 1964 presso l'ormai dismesso museo di Balad, ma la collocazione attuale è ignota.? Le dimensioni sono 1,37 m di altezza e 0,46 m di diametro. Altezza delle lettere 0,010-0,015 m. Ho visto e fotografato il disegno di Pernice del 1909 e il calco di Peek presso l’archivio della BBAW. Bibliografia:

GV 33; PEEK

1966; JEANNE

ROBERT,

Louis

ROBERT,

BE, LXXX,

1967, n. 528;

McCABE-PLUNKETT 1984, n. 474; PETER HERRMANN, Milet, vi 2, 732; MERKELBACH BER, SGO, I, 1/20/08; BOULAY 2011; SEG LVI 503; ROBU 2014, pp. 261-264.

— STAU-

Bibliografia delle immagini (cfr. Fic. 22): PETER HERRMANN, Milet, vi 2, 732 (elenco dei calchi realizzati). μνᾶμα] τόδε [φ] ϑυμ[έϊνων ἀρετῆς ἕστ[ηκ᾽ ἐπὶ τῷ[ν]δε, |

S

ot κ[τάμεν]οι σφετέ[ο]ην εὐκλέϊσαν π[α]τρίδα | M[tA|n[to]y: πᾶσαν δὲ καϑ᾽ “Πλλάδα σύζ[υγ]ον ἔργοις αϑάνατος μνήμη ζῶσα davodalıv] ἔπι. | ἦμος καὶ Μεγαρεῦσι συνήραρεν ὄβριμος] "Apn, | [Ν]η[λ]είδας μεγάλου ῥυόμενοι πο[λέ]μου |

[xat]dBavopev προπάροιϑεν ἀριστεία]ς areyolvrles, [ἧι Yavlaros δόξης οὐκ ἐμάρανε xA[é]oc. | | 10

[κ]είνων γὰρ πατέρων φέρομεν yevlos, οἵΪτε πρὸς No] Evéet[v]ov πόντου τ᾽ ἐσχατίοιο uv[y]ods | πἰλ]ῳτὸν "Apn στείλαντες ἐπυργ|ώσί|αντο πόλη α]ς. |

Νείλου τ᾽ ev προχοαῖς Ναύχρατιν eigalulevor. μυρίος

αἰὼν μάρτυς, ὅσον κλέος

ὁπ|π͵|ότ᾽ ἔνεικε,

|

| |

| |

τάν τ᾽ ἀρετὰν δείξει πᾶσιν ἐπεσσ[ο]μένοις. 1 uva|. .] ex ectypo legi: μνῆμα PEEK 19664 τόδςε [φ]ϑιμ[έϊνων PEEK 1966: τόδ᾽ ἀνϑρώπων GV 2 »|[rauev]ot PEEK 1966: [φϑίμεν͵οι GV 3 M[tA]|n[to]y GV, MERKELBACH -- STAUBER, SGO: uvn[y]et[o]v PEEK 1966 prima metà del vi sec. a.C.). Cfr. anche IG XII 1, 144 e SEG xxx 1670. L’adonio ἄφϑιτον diet dopo la dieresi bucolica dell’esametro è attestato ancora in Hom., Il., 2, 46: εἵλετο δὲ σκῆπτρον πατρώϊον ἄφϑιτον αἰεὶ. i InE., fr. 702,

TrGF V

2, si riscontra la formula νέμωσι deot ugualmente alla fine di un pentametro, ma alcuni

studiosi intendono questo frammento di un solo verso come un trimetro giambico (νείμωσιν θεοί). ? Rimando a MATTHAIOU

2000-2003. L’allusione alla liberazione della Grecia in ἦμαρ ἰδεῖν è probabile, ma nulla

vieterebbe che nell’epigramma CEG 2 si sia impiegata un’espressione del tipo ‘per vedere un giorno la Grecia libera’, che non implicherebbe la litote e dunque l’unione con l’inizio del verso di IG F 503/504,

A I (n. Iv). Il lavoro di

WEST 1970 è volto a dimostrare che la propaganda della salvezza della Grecia da parte di Atene poteva ben adattarsi alla vittoria di Salamina, ma ovviamente non è questo un criterio per negare l'attribuzione alla battaglia di Maratona di IG 1? 503/504, come fa l’autore, il quale a p. 271 non distingue neanche il testo della presunta copia, qui analizzata, da quello del lapis A 1. 4 L’edizione del testo di PEEK

1966 è stata adottata da PETER

HERRMANN,

3 PEEK 1966, pp. 219-220. Milet, vı 2, 732 e BOULAY 2011.

APPENDICE

SULLE

COPIE

DI

EPIGRAMMI

159

σύζυγον PEEK 1966: σύμ]. .]ov GV 5 Aluers] καὶ Μεγαρεῦσι συνήραμεν ὄβριμ|[ον] “Apm possis ἀριστεί[ας] MCCABE-PLUNKETT 1984, sed cum Peck sigma in ectypo clare vidi: ἀριστεί[η]ς PEEK 1966 θάνατος PEER 1966: [καὶ] Yatos GV PEEK 1966: yev|- - -] τὰ Tpò[.] |. .. GV |- - -|rov GV

9 |x]etvoy PEEK 1966: |- - -]ov GV 10 ἐσχατίοιο pu|y]oùc PEEK 1966

7 8 |

vevlos, ot]te πρὸς [0] 11 πίλ]ωτόν PEEK 1966:

Si erge tale ricordo del valore sopra questi defunti, i quali morendo hanno reso gloriosa la loro patria Mileto; per tutta la Grecia, congiunto alle imprese, resta un monumento immortale vivente per i defunti.

Quando il crudele Ares ci oppose ai Megaresi,' noi, proteggendo i Neleidi da una grande guerra,

siamo morti preoccupandoci in primo luogo del coraggio grazie al quale la morte non ha rovinato la gloria della fama. Infatti tramandiamo la stirpe di quei padri i quali, dopo che a Oriente e verso l’estremità più remote del Ponto Eusino portarono Ares per mare, fortificarono città colonizzando Naucrati alle bocche del Nilo. L’infinita eternità è testimone di quanta grande gloria ha ottenuto e mostrerà il nostro valore a tutte le generazioni future.”

Il pezzo aveva in origine una forma cilindrica, ma risulta modificato dalla rilavorazione succes-

siva, in cui è stato tagliato il lato posteriore senza intaccare l’epigramma. La superficie di scrittura, fortemente logorata e incrostata di licheni, è invece attaversata da un solco verticale inciso successivamente, ? al punto che la lettura dell’epigramma risulta in certi punti molto insicura o a tratti impossibile. L'iscrizione è databile paleograficamente alla fine del ııı-inizio del II sec. a.C. I problemi che presenta questo testo sono complessi e numerosi, ma limitatamente ai fini della presente ricerca — e non secondariamente per la comprensione stessa del testo -- è di fondamentale importanza stabilire se l’iscrizione sia copia di un più antico epigramma o una nuova composizione di età ellenistica. Fortemente connessa a questa domanda è anche l’effettiva storicità di una guerra x

tra Mileto e Megara, come lascerebbe intendere il v. 5 dell’epigramma. Innanzitutto la lunghezza dell’epigramma di ben sette distici apparirebbe in contrasto con una datazione alta del componimento, ma esistono epigrammi arcaici di lunghezza simile. Si possono, in particolare, confrontare due casi arcaici di notevole estensione: il già analizzato polyandrion di ! Egli der ?

La traduzione traduce in tal gewaltige Ares Traduzione di

die im Tod

dipende dall’interpretazione del verso come transitivo o intransitivo. Cfr. PEEK 1966, p. 224. modo le due possibilità: «als auch mit den Megarern zusammenbrachte (zusammenstoßen ließ) die Neleus-Enkel» oppure «als der gewaltige Ares sich auch mit den Megarern zusammentat». MERKELBACH -- STAUBER, SGO: «Dieses Denkmal der Tapferkeit steht für diese Verstorbenen,

ihre Heimat

Milet berühmt

gemacht

haben; in ganz Hellas lebt eine unsterbliche Erinnerung

an die

Toten, welche ihren Taten entspricht. Als der kräftige Krieg gegen die Megarer entstand, sind wir in der ersten Linie gefallen, indem wir die Neileos-Nachkommen (die Milesier) in dem grossen Krieg retteten, indem wir uns um Tapferkeit kümmerten, und der Tod hat den Ruhm nicht welken lassen; denn wir tragen (in uns) das Geschlecht

jener Väter, welche nach Osten hin und bis in die letzten Winkel des Pontos Euxeinos . . . gefahren sind und Städte gegründet und mit Mauern umgeben und an der Mündung des Nils Naukratis angelegt haben; dessen ist Zeuge die unendliche Zeit, welchen Ruhm . .. und wird den Zukünftigen allen ihre Tapferkeit zeigen». Traduzione di BouLAY 2011: «Ce monument du courage se dresse pour les défunts que voici, qui par leur mort ont rendu leur patrie illustre; par toute l’Hellade ils ont associé un monument ἃ leurs exploits, souvenir immortel vivant pour les morts. Quand le puissant Arès nous a opposés aux Mégariens, protégeant pendant la grande guerre les Néléides (les Milésiens) nous sommes morts au premier rang, avec pour (unique) souci la vaillance: gràce ἃ elle la mort n’a pas fané la gloire de notre renommée. Car nous portons la race de ces pères, eux qui vers l’Aurore et vers l’extrémité du Pont-Euxin lointain emmenèrent

Ares avec eux sur les mers, élevèrent des cités et établirent Naukratis ἃ l’embou-

chure du Nil. De cela est témoin l’éternité infinie quand elle apporte une gloire bien grande, et qui montrera notre valeur ἃ tous ceux qui viendront».

3 Si deve a questo solco la lacuna di una o due lettere (eccetto al v. 9 di quattro lettere) che si ripete regolarmente nella parte finale di ogni verso. Non esiste una fotografia edita dell’iscrizione, motivo per cui ho studiato il calco a Berlino presso la BBAW. 4 Per un’analisi letteraria del componimento rimando a PEEK 1966.

160

SECONDA

PARTE

Ambracia (n. I), che mostra ben cinque distici,' la dedica di Creso ad Amphiaraos di 4 distici (PAPAZARKADAS 2014) e l’epigramma di 6 esametri posto sul tumulo del prosseno Menekrates (CEG 143). Appartiene all’età cimoniana, inoltre, la nota base con l’epigramma di Maratona (n. ıv), il cui epigramma inferiore era formato da almeno quattro distici elegiaci, mentre l’epigramma del re Gergis da Xanthos, CEG 177 (fine v-inizio Iv sec. a.C.) è composto da dodici versi (2 hex., 2

pent., 2 dist. el., 4 hex.). Anche la tradizione letteraria tramanda un caso che si distingue per la sua notevole lunghezza, Simon. xı, PAGE, FGE, copiato forse da un originale su pietra.”

Si è tuttavia segnalata più volte la stretta somiglianza della nostra iscrizione con un altro episramma di Mileto, dedicato a Lichas,* che è lungo 6 distici e databile paleograficamente e storicamente alla stessa epoca del nostro.* Come ha rettamente ipotizzato Peek, il poeta che lo ha composto sarebbe lo stesso di GV 33. Gli elementi a sostegno di tale ipotesi sono molto forti e in

particolare due fra le molte analogie notate da Peek sembrano a mio avviso chiaramente dirimenti: l’identico supporto, una base rotonda che lascia pensare allo stesso contesto di esposizione,’ e la forma poetica del nome dei Milesii, Neleidi (Νηηλεΐδαισιν al v. 3 e [Ν] η[λ]είδας al v. 6 dei rispettivi epigrammi), che non si riscontra in nessun altro epigramma su pietra.

Se il poeta fosse lo stesso, si dovrebbe escludere l’idea della copia di un precedente epigramma arcaico. Il primo verso, tuttavia, presupporrebbe l’esistenza di un polyandrion per i caduti e si deve, quindi, ipotizzare un nuovo componimento, una (re)composition, secondo BOULAY (2011, p. 216). Nessun dato sembra dirimente per considerare il monumento un cenotafio o un polyandrion, ma

in entrambi i casi si può ammettere la sua esposizione nello spazio cittadino, molto probabilmente nelle vicinanze dell’epigramma di Lichas.° Due elementi stilistici confermano la composizione dell’epigramma in età ellenistica. Stando alla lettura di ἐσχατίοιο al v. 10 si può facilmente constatare la presenza di un genitivo omerico, che per questa parola non è mai attestato in Omero e

testimonierebbe dunque un gioco letterario ellenistico con il modello. L'espressione μυρίος αἰών, inoltre, trova confronti solo a partire dall’età ellenistica.”

Vorrei ora riassumere alcuni risultati della mia analisi autoptica del calco sui primi cinque versi.* Il v. 1, per quanto in parte illeggibile, non sembra discostarsi molto dall’interpretazione di Peck. Se

è giusta la mia lettura dell’alpha di MNA, chi ha composto il testo usò la forma dorica uv&[ua]. La presenza di un dorismo non costituisce una particolarità se si considera l’espressione adottata nell’ultima riga, τάν τ᾿ ἀρετάν. Presenta la forma dorica νᾶμα anche un epigramma della tradizione letteraria, ricordato già da Peek per un identico incipit e per la ricorrenza del nome ἴΑρης ! Sebbene l’epirgamma sia stato eretto per i caduti in battaglia, in analogia con quello di Ambracia, esso si differenzia sostanzialmente sia a livello linguistico che stilistico. 2 In totale la lunghezza di 7 distici elegiaci è la medesima dell’epigramma milesio. Tuttavia, come recentemente chiarisce FANTUZZI

2010, pp. 290-296, trattandosi di tre epigrammi disposti su tre erme, si deve piuttosto inserire

il componimento fra gli epigrammi con variazione sullo stesso tema, di cui si conoscono altri quattro esemplari su pietra (CEG 10; 174; 239; 256).

3 H. KNACKFUSS, καὶ εὐνοίας

C. FREDRICH, Milet, I 2, 124: ὁ δῆμος ὁ Μιλησίων

| τῆς εἰς αὑτόν.

| Κρήτη μὲν στεφάνωι σε, Λίχα, καὶ Θησέος

| ξυνὰ δὲ Νηλεΐδαισιν ὁμαίχμια πρῶτος Ἰώνων

| Alyavta ‘Epuogdyvtov

ἄστη

| ἀρετῆς ἕνεκεν

| πάτρια νησαίη τ᾽ ἔστεφε dia ‘Podoc.

| ἔστησας Κρητῶν φῦλα ἀναλεξάμενος

| Μίλητος δέ σε πατρίς, ἐπεὶ

βουλῆι τε καὶ ἔργοις || ἔκρινεν πάσης ἡγεμόνα πτόλιος | πρεσβέα τ᾽ εἰς βασιλεῖας ἀϑώπευτον καὶ ἀμεμφῆ, | ἔκτισε Βουλαίου τῶιδε παρὰ προπύλωι. | οὐ νέμεσις: πατέρες γὰρ ἀριστεύοντες Ἰώνων / ἔστειλαν Λυδῶν τὴν ὑπέραυχον ὕβριν,

|| ὧν οἱ μὲν μητρώιου ἀφ᾽ αἵματος, οἱ δὲ καὶ ἀνδρῶν

| δέδμηνται πάσηι κόσμος Ἰαονίηι.

4 PEEK 1966, pp. 228-229. Da ultimo BOULAY 2011, p. 222 propone una datazione intorno al 220 per l’epigramma di Lichas e restringe, di conseguenza, la composizione di entrambi gli epigrammi alla fine del 111 sec. (cfr. p. 226).

5 Cfr. l'ipotesi di BOULAY 2011, pp. 214-216, 225, che ritiene il monumento di Lichas collocabile nel Bouleuterion e il cosidetto polyandrion dei caduti milesii contro Megara esposto nelle immediate vicinanze, forse fra il quadriportico e la sala di riunione dei bouleuti. ° BOULAY 2011, pp. 214-216. Segnalo che a nt. 6 il confronto con il celebre epigramma dei Corinzi caduti a Salamina (n. vI) è ancora indicato con IG 1° 927 invece che con IG 1 1143. 7 Cfr. AP, 7, 410 e App.Anth., 6, 145, v. 6. * Presento la mia edizione diplomatica dei vv. 1-4: MNA[... 5 cm ...] TOAE

[... 8,4 cm ... NAPETHXZEST

[... 2

cm ...] ENITONAE | OI[- - -]A[- - -]SI[... 5,7 cm ...]HNEYKAEIZANII[... 2,7 cm ...]TPIAA | MI[- - -]IIAEAN AEKA®EAAAAAZYZ[. .JONEPTOIZ | Al. . ἸΑΤΟΣΜΝΗΜΗΖΩΣΑΘΑΝΟΥ͂ΣΙ. 1ΕΠΙ.

APPENDICE

SULLE

COPIE

DI

EPIGRAMMI

161

in finis versus.“ Le somiglianze con tale epigramma ellenistico confermerebbero la data di composizione tarda contro la possibilità di una copia. L’integrazione [@]®u[E|voy al v. 1 sembra l’unica possibile, mentre al v. 3 escluderei la lettura uya[u|et[o]y in favore di M[tA|n[to]y, variante già

supposta da Peck e difesa da MERKELBACH -- STAUBER, SGO.? A tal proposito vorrei ricordare un epigramma di Eretria, databile intorno al 350 a.C. e dedicato al caduto in guerra Lysandrides, in cui al participio εὐκλέισας segue il nome della patria, Andros.* Sicura è invece la lettura di Megara al v. 5, che conduce al secondo problema, quello di una

guerra tra Mileto e Megara (Fic. 22).* A conferma della lettura Μεγαρεῦσι, una delle poche sicure, secondo Peek, citerei un verso di epigramma ellenistico, attribuito a Timo Phliasius, che

presenta un identico schema metrico e la parola Μεγαρεῦσιν nella stessa posizione tra il secondo e il terzo piede.’ Sulla pietra leggiamo poi ὄβριμ[. .[ Ἄρη, che sembrerebbe ricalcare l’uso omerico di accompagnare il nome di una divinità con un epiteto. L'espressione ὄβριμος "Apng compare nell’Iliade ben 6 volte e sempre al nominativo.° Questa costatazione induce ad accogliere l'aggiunta di un sigma in ”"Agn al v. 5, voluta da Peek. Il problema maggiore di questo verso è, dunque, quello di individuare la battaglia esatta che vede Mileto e Megara contrapposte. Peck non era riuscito a trovare una soluzione sicura, arrivando a ipotizzare l’esistenza di una città di nome Megara in Asia Minore, in attesa che nuovi ritrovamenti la svelassero. Robert, criticando le

argomentazioni di Peek, propone di vedervi addirittura un episodio della guerra lelantina.” Malgrado l’inverosimiglianza di questa teoria - smentita peraltro da P. Herrmann che non esclude la possibilità che Megara e Mileto potessero essere addirittura alleate in tale occasione* -, l’ipotesi è stata nuovamente sostenuta da BOULAY (2011, p. 215) e smentita in via definitiva da ROBU (2014, pp. 262-263). Visto il contesto dell’epigramma che parla della colonizzazione milesia giunta fino a Naucrati, sulle foci del Nilo,” e al Ponto Eusino, si può legittimamente pensare che la rivalità tra Milesii e Megaresi fosse dovuta alla colonizzazione delle coste del Mar Nero, avvenuta esclusiva-

mente a opera delle Un ignoto poeta rario per i caduti in gramma attico di v Anche ammettendo più antico (o di un

due città.'° del Π| sec. a.C. sembrerebbe aver imitato il linguaggio dell’epigramma funeguerra, adattandolo alla storia della città di Mileto. Il modello stilistico è l’episec. a.C., come mostra la presenza di forme doriche'' e l’analogia dei motivi.‘ una guerra in età arcaica tra le due città e l’esistenza a Mileto di un cenotafio polyandrion, forse meno verosimilmente), il nostro epigramma è un componi-

1 AP, 7, 208: Μνᾶμα τόδε φϑιμένου μενεδαΐου εἴσατο Δᾶμις

/ inmov, ἐπεὶ στέρνον τοῦδε δαφοινὸς

"Apng

/ Tobe:

μέλαν δέ οἱ atua ταλαυρίνου διὰ χρωτὸς / ζέσσ᾽, ἐπὶ δ᾽ ἀργαλέᾳ βῶλον ἔδευσε φονᾷ. L’epigramma è dedicato a un cavallo morto in battaglia. Per un commento

cfr. Anyte ıx, Gow-PAGE,

HE, II, pp. 95-96.

? Accettando M[{]n[to]y, tuttavia, si riscontrano difficoltà sintattiche nella parola σύζ[υγ]ον, per la quale non sono in grado di fornire una diversa integrazione e che forse va connessa a μνᾶμα al v. 1. 3 4 5 °

CEG 627, v. 4 (SEG XxVIII 726): ϑνήισκεις, εὐκλέισας δὲ "Avdpov ἁλιστέφανον. In base alla mia analisi del calco: HM[.]XKAIMETAPEYXIXYNHPAPENOBPIMO[..]APH. Timo Phliasius, 802, v. 3, Suppl. Hell.: Εὐκλείδου, Μεγαρεῦσιν ὃς ἔμβαλε λύσσαν ἐρισμοῦ. Hom., Il., 5, 845; 13, 444, 521; 15, 112; 16, 613; 17, 529. Cfr. index, s.v. "Αρης per gli epigrammi

di questo

corpus. 7 JEANNE

ROBERT,

LouvIs

ROBERT,

BE, LXXX,

1967, n. 528 (in particolare p. 538). Cfr. Hdt., 5, 99 e Th., 1,

15, 3. ® Cfr. PETER

HERRMANN,

Milet, VI 2, 732, nota 2; VINOGRADOV

2007.

? Cfr. l’espressione Νίλου ἐπὶ rpoyoais in GV 1080, v. 1. 1° Tale spiegazione, che sembra a mio parere l’unica accettabile, è stata brevemente accennata da PEEK 1966, pp. 229-230, e ripresa da MERKELBACH

-- STAUBER,

SGO.

Cfr. da ultimo ROBU

2014, p. 263 e nota 651 (con ulteriore

bibliografia). 1! Cfr. la probabile forma μνᾶμα] al v. 1 e τάν τ᾽ ἀρετάν al v. 14. Sui dorismi negli epigrammi attici cfr. KACZKO 2009, pp. 93-94. Per un epigramma attico in Asia Minore cfr. CEG 177 (infra, p. 171, nota 3). 12 Cfr. πᾶσαν de nad’ λλάδα al v. 3 con heXXd[Sa u]E πᾶσαν nel lapis A ı (n. Iv). Cfr. anche le espressioni μνῆμα τόδε [φ]ϑιμ[έϊνων ἀρετῆς al v. 1, σφετέ[ίο]ην εὐκλέϊσαν π[α]τρίδα al v. 2 e αϑάνατος μνήμη al v. 4 con l’epigramma n. XV, V. 2 (Gapvduevot, σφετέραν δ᾽ εὐκλέϊσαμ πατρίδα) e v. 4 (αὐτοῖς δ᾽ ἀϑάνατον uveu’ ἀρετὲς ἔϑεσαν). Cfr. infine ὄβροιμ[ος] "Apn al v. 5 con ϑῦρος “Apc al v. 2 dell’epigramma di Kroisos (n. 3).

162

SECONDA

PARTE

mento di un poeta ellenistico che si caratterizza per il fatto di unire indissolubilmente la memoria della polis a quella dei caduti in guerra attraverso il ricordo del glorioso passato. *

c. Epigramma dei Megaresi caduti nelle Guerre Persiane (IG vii 53; GV 9) Lastra di calcare scoperta nord-ovest della chiesa di di Megara, inv. n. 146. Le il pezzo nel museo (luglio

nel xvım sec. in condizione di reimpiego architettonico nell’angolo S. Athanasios a Palaiochori, presso Megara. Oggi è conservata nel Museo dimensioni della pietra sono: l. 1,75 , alt. 0,925 e sp. 0, 225 m. Ho visto 2013) e ho potuto realizzare alcuni calchi in mio possesso.

Bibliografia: KAIBEL, EG, n. 461; WILHELM 1899, pp. 236-244; WADE-GERY 1933, pp. 95-97; IG vu 53 (con bibliografia precedente); GV 9; GG 6; Simon. xvi, PAGE, FGE; BRAVI 2006, pp.

65-68; PETROVIC 2007, pp. 194-208 (bibliografia precedente). Bibliografia delle immagini: Fic. 23. τὸ ἐπίγραμμα τῶν ἐν τῶι è τῶι χρόνωι, Ἑ λλάδιος Σιμωνίδης | ἐποίει. | ς Ἑλλάδι ἱέμενοι τοὶ μὲν ἁγνᾶς

ΠΠερσικῶι πολέμωι ἀποθανόντων καὶ κειμένων | È vTtadda ἡρώων, ἀπολόμενον ὁ ἀρχιερεὺς ἐπιγρα [φῆναι ἐποίησεν εἰς τιμὴν τῶν κειμένων καὶ τῆς πόλεως. καὶ Μεγαρεῦσιν ἐλεύϑερον duap ἀέξειν | ϑανάτου μοῖραν «ι-ἐδεξάμεϑα, | ὑπ᾽ Εὐβοίᾳ καὶ Iladto, ἔνϑα καλεῖται |

᾿Αρτέμιδος

τοξοφόρου τέμενος.

τοὶ δ᾽ ἐν ὄρει MuxdAac, τοὶ δ᾽ ἔμπροσϑε(ν) Σαλαμῖνος 10

[--- --- ---- τοὶ δὲ καὶ ἐν πεδίῳ Βοιωτίῳ, οἵτινες ἔτλαν | χεῖρας En’ ἀνθρώπους ἱππομάχους ἱέναι. | ἀστοὶ δ᾽ ἄμμι τόδε «ζυνὸν- γέρας ὀμφαλῷ duol Νισαίων ἔπορον λαοδόχκῳ ᾽ν ἀγορῇ. | 5

15

x

Μέχρις

9

v

I

\

,

5

11 παιδίω Βοιωτίω lapis

τόδε γέρας lapis, τόδε «Μεγαρῆς» γέρας KAIBEL, EG 2006

14 Νεισέων lapis

5

I

|

ἐφ᾽ ἡμῶν δὲ ἡ πόλις ταῦρον Evayılev.

1 κέ κειμένων lapis 315 τειμήν lapis ς ἀέξιν lapis καὶ Παλίω lapis καλεῖτε lapis 9 dpr Μοικάλας lapis edd.

nd

|

λαοδόκῳ

6 ιἐδεξάμεϑα lapis: ἐδεξάμεϑα edd. 7 Εὐβοία ἔνπροσϑε Σαλαμεῖνος lapis: ἔμπροσϑε(ν) Σαλαμῖνος

12 teve lapis

13 τόδε «ξυνὸν- γέρας

WADE-GERY

1933:

ὀμφαλῷ ἀμφίς lapis: ὀμφαλῷ ἀμφί edd., ὀμφαλοῦ ἀμφί BRAVI

᾽ν ἀγορῇ WADE-GERY

1933: λαοδόκων ἀγορῇ

GV"

Quest’epigramma degli eroi morti nelle Guerre Persiane e qui sepolti, distrutto nel corso del tempo fece incidere il sacerdote Elladios in onore dei caduti e della cittä. Lo compose Simonide: Per la Grecia e per i Megaresi facendo glorificare il giorno della libertä, abbiamo accolto il destino di morte. alcuni in Eubea e a Palio, dove si invoca l’area sacra di Artemide portatrice d’arco, altri nel promontorio di Micale, altri ancora davanti a Salamina, e infine anche alcuni nella pianura della Beozia, i quali osarono combattere contro uomini a cavallo.

I cittadini hanno dedicato a noi questo onore intorno all’Omphalos dei Megaresi nell’agorà che accoglie il popolo. Fino ai giorni nostri la città ha sacrificato un toro.

! L’apparato critico e la bibliografia di questo epigramma, studiato per circa tre secoli, sono stati ridotti agli elementi utili alla presente analisi. Rimando agli apparati critici di Peek (GV) e di PETROVIC 2007.

APPENDICE

SULLE

COPIE

DI

EPIGRAMMI

163

Questa grande lastra di pietra presenta segni di incasso sul lato destro e probabilmente anche sul lato sinistro, anche se nella collocazione attuale non sono visibili (FIG. 23). L’iscrizione non

è particolarmente accurata nell’incisione e presenta molti casi di itacismo. La forma delle lettere permette la datazione al v sec. d.C. L’epigramma è preceduto da un titolo, disposto su tre righe che occupano tutta la lunghezza orizzontale della pietra, due poste in alto su una modanatura sporgente alta 10 cm e una subito al di sotto. Lo spazio non è stato tuttavia ben calcolato, tanto che il verbo ἐποίει si trova su una quarta linea sotto la menzione del poeta a cui si attribuisce l’epigramma, Σιμωνίδης. In tutta l’iscrizione, che si presenta poco accurata, non si è evidentemente

proceduto alla creazione di un sistema di rigatura, né all’ordinatio dei caratteri sulla pietra. Mentre il titolo segue un andamento rettilineo, adagiandosi lungo la modanatura scolpita, le linee di scrittura dell’epigramma seguono spesso una direzione fortemente inclinata. Nel titolo si ricorda come il sacerdote Elladio si preoccupò di far incidere questa antica iscrizione.' Il successivo epigramma

consiste di nove versi (due distici, un esametro,

due distici),

ma si ipotizza la perdita di un verso che ha modificato l’originaria struttura di cinque distici elegiaci. Infatti i due esametri, uno di seguito all’altro alle Il. 9 e 11, iniziano entrambi con tot

dé, per cui è facile immaginare un saut si ricostruisce al v. 12 la perdita dell’arsi Essendo tuttavia impossibile determinare dell’indicazione del titolo, ἐπιγραφῆναι no da una precedente copia su pietra o

du méme au méme. Sempre in base allo schema metrico del terzo piede dopo τόδε diversamente integrata. il supporto dal quale il testo è stato copiato sulla base ἐποίησεν, non si può precisare se tali errori provengadalla tradizione manoscritta, dalla quale si è attinto un

testo già corrotto.

L’ultima riga dell’iscrizione sembrerebbe la conclusione in prosa dell’intestazione. Difficilmente, però, il sacrificio di un toro, a cui si riferisce, può essere una tradizione di Megara ancora

viva un millennio dopo le Guerre Persiane. Il verbo raro ἐναγίζω potrebbe rappresentare un indizio linguistico dell’età ellenistica, dal momento che compare anche in un decreto ateniese del 122/121 a.C.? L’ultima riga dell’iscrizione potrebbe quindi esser stata aggiunta in età ellenistica, al contrario dell’intestazione iniziale databile al v sec. d.C. Non escluderei, in alternativa, che l’ultima riga poteva costituire il pentametro mancante al v. 10, posto in conclusione nel corso

della tradizione dell’epigramma.’ Venendo alle ipotesi sulla data di composizione dell’epigramma, escluderei che il testo sia una diretta copia dell’originale del v sec., considerando sia la presenza dei suddetti errori, sia le due

distruzioni della città che rendono sospetta l’incolumità della pietra per un millennio fino al momento della copia.* Il testo sembrerebbe a mio avviso tratto da un'iscrizione di età ellenistica, che potrebbe a sua volta essere una copia da un epigramma di v sec. a.C. o una nuova composizione. ! dato Un 2

Si è anche pensato, a mio avviso a torto, che con il termine ἀρχιερεύς si indicasse un sacerdote pagano. Questo non si concilia con la concessione della Diocesi alla città di Megara nel corso del v sec. Cfr. BRAVI 2006, p. 66. altro epigramma copiato nella zona di Megara in età bizantina è KAIBEL, EG, n. 843. IG 11/III° 1006, ll. 26-27 e 1. 69 (in base alla quale si ricostruiscono anche le Il. 26-27): (scil. οἱ ἔφηβοι) ἤγαγεν

δὲ καὶ ἐπὶ τὸ [ἐ]υ Mlapladavı πολυάνδρε[ιον καὶ ἐστεφ]άνωσαν καὶ evnylıo]av τοῖς κατὰ πόλεμον τελευτήσασιν ὑπὲρ] τῆς

ἐλευϑερίας.

3 Supponendo un saut du méme au méme tra i vv. 9 (τοὶ δ᾽ ἐν) e 11 (τοὶ δὲ καί), avvenuto forse già in una copia ellenistica dell’epigramma, il verso mancante potrebbe esser stato aggiunto alla fine e, per la sua incomprensibilità fuori dal contesto, esser stato corretto da Μέχρις ἐφ᾽ὧν in Μέχρις ἐφ᾽ ἡμῶν. Una volta poi che il verso ha perso lo schema metrico del pentametro, si è voluta facilitare la lettura aggiungendo l’articolo al sostantivo πόλις. Secondo questa congettura, la forma tradita, ἐναγίζεν, sarebbe una corruzione dell’imperfetto ἐνήγιζεν, il quale crea uno spondeo prima dell’ultima sillaba lunga del pentamentro, come anche nel primo emistichio del pentametro del v. 8 in ἐπ’ ἀνθρώπους. Per l'inversione di eta e alpha cfr. ἀγορῇ al v. 8, per il cui commento

rimando a PETROVIC

2007,

p. 200. Accogliendo quest’ipotesi tra i vv. 8 e 10 si leggeva: Μέχρις ἐφ᾽ὧν δὲ πόλις ταῦρον ἐνήγιζεν. Il sacrificio di tori neri in riva al mare è attestato in Hom.,

Od., 3, 5-6, mentre Erodoto (6, 76, 1) menziona il sacrificio di un toro

al mare dal parte di Cleomene. 4 PETROVIC 2007, p. 206. Lo studioso non specifica le due occasioni che credo siano la conquista e il saccheggio da parte di Demetrio Poliorcete, che agiva contro Cassandro, nel 307 a.C. e il saccheggio dei Visigoti nel 395 d.C.

164

SECONDA

PARTE

Peek (GV), invece, seguendo WILHELM 1899, ritiene solo il primo distico un autentico componimento di v sec. a.C., al quale in etä ellenistica si sarebbero aggiunti gli altri quattro distici.

Alla 1. 13 la congettura di BRAVI (2006, p. 67, nota 137) di leggere il genitivo invece che ὀμφαλῶ ἀμφίς tràdito dalla pietra potrebbe suggerire il fatto che si sia il segno O di un originale scritto nella grafia arcaica e lo si sia interpretato come come dittongo omicron-hypsilon. Ma tale errore potrebbe ascriversi già a una copia

ὀμφαλοῦ ἀμφί, mal interpretato omega invece che di età ellenistica.

Il nostro, infine, può esser confrontato con l’altro epigramma qui analizzato come copia, GV 33

(n. B), databile alla fine del ııı-inizio del ı1 sec. a.C., che per ironia della sorte è dedicato ai Milesii caduti combattendo contro i Megaresi. Tra gli elementi stilistici che maggiormente colpiscono nell’accostare i due componimenti vorrei menzionare la notevole lunghezza (n. B consta di 7 distici elegiaci), l’identica formula καὶ Μεγαρεῦσιν al v. 5 del nostro epigramma e al v. 1 di n. B, l’uso di nomi mitici per indicare gli abitanti della città di appartenenza ([Ν]η[λ]είδας in n. B, v. 6 per i Milesii e Νισαίων in n. C, v. 9 per i Megaresi) e, infine, la menzione della Grecia (τᾶσαν δὲ καϑ᾽ Ἑλλάδα in n. B, v. 3 e Ἑλλάδι in n. C, v. 1) seguita da quella di diversi luoghi, talvolta descritti

con precisione.' L’epigramma è in ogni caso comunemente attribuito alle Guerre Persiane, di cui si ricordano episodi in Eubea, a Micale e a Salamina (pur invertendo l’ordine delle due battaglie) e,

infine, in Boezia con allusione alla battaglia di Platea. Mentre è nota la partecipazione dei Megaresi con 20 navi alla missione dell’Artemisio (Eubea) e a Salamina (Hdt., 8, 1, 45) e con truppe a Platea (Hdt., 9, 21; 28; 69), la presenza megarese a Micale non è altrimenti attestata.

Ὁ. Copia dell’epigramma dei caduti tebani (n. 1x) Per il commento dell’epigramma cfr. supra, pp. 126-129. 1 Cfr. n. B, v. 12 (Νείλου τ᾿ ey προχοαῖς Ναύκρατιν) e n. C, v. 3 (ὑπ᾽ Εὐβοίᾳ καὶ Παλίῳ), v. 5 (ἐν dpr Μοικάλας, τοὶ δ᾽ ἔνπροσϑε-ν- Σαλαμεῖνος) e v. 7 (ἐν πεδίῳ Βοιωτίῳ).

TERZA

PARTE

EPIGRAMMI &. EPIGRAMMA DI HiPoSTRATOS B

INCERII (Ὁ) (IG 1? 1242; CEG

31)

ASE trovata nel porto di Agios Nikolaos, presso Anavyssos, e conservata ad Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 10644). Il pezzo è mutilo solo nella parte posteriore e se ne conosce, quindi,

l’altezza e la larghezza originaria. Nel 1984 è stato pubblicato un ulteriore frammento anepigrafe di questa base da PEPPA-DELMOUZOU 1977, p. 5 e Tav. 3 a (SEG χχχιν 48). Le misure sono: a. 0,26; l. 0,76; sp. 0,65 m. Le lettere sono alte tra 0,025 e 0,04 m. Ho analizzato l’iscrizione nel

museo (luglio 2011). Bibliografia: RANGABE, Ant. hell., 11, n. 2489; IG 1 471; IG τὸ 1021 (e p. 304); FRIEDLANDER HOFFLEIT 1948, n. 88; GV 2063; SEG xxxIv 48; CEG 31, IG τ 1242 (con ulteriore bibliografia).

Bibliografia delle immagini (cfr. FIG. 24): IG ı 471 (disegno); PEPPA-DELMOUZOU 1977, TAV. 3 a (riproduzione del nuovo frammento). Ulteriore bibliografia in IG 1? 1242 e CEG 31. -=-=|-77-7

ἐν] γὰρ παπάσες

νὸν τε xat ἄνο [[ρέ]αν ἔχσοχος Πελικίας. vacat [Ἐπ|ιστέμον τόδ᾽ ἐπόξ hınoor|p |ar]ö σέμα. vacat 3 [ca. 2 {π||{ἰστερμον lapis: Ἐπ|ιστέμον IG 1, [οὐκ ἂν [ε]ἰπιστέμον CEG LEIT 1948, IG ἢ": πΠιπόστ[ο [τ|ος (σῆμα CEG

hınoor|p |ar]o σέμα FRIEDLANDER -- Horr-

|... era] infatti fra tutti quelli della sua età eccellente per saggezza e coraggio. Epistemon fece questa tomba di Hipostratos. In base alla forma delle lettere è possibile datare la scrittura tra il 540 e il 520 (Fic. 24). Si noti la

forma dorica &vo[pé|ay e lo scempiamento del nome hır (r)oor[p [ἅτ|6. Alcune irrisolte difficoltà esegetiche ostacolano la comprensione esatta delle parole che seguono l’ultima parola del primo distico πελικίας e che non sembrano costituire un verso.‘ Il nome del personaggio a cui è dedicato l’epigramma potrebbe essere [Ep|istemon o Hippostratos, a seconda che quest’ultimo, al genitivo,

sia il patronimico del primo nome o si riferisca al sostantivo o&u«.” Il riferimento alla virilità e al coraggio (vo |[pe|xv) del defunto ricorre nell’epigramma di Xenokles (n. a), ma non è un motivo sufficiente a ritenere che Hippostratos (o Epistemon) sia stato un guerriero. *

β. EPIGRAMMA

DI GNATHIOS

(IG 1? 1399;

CEG

47)

Blocco di pietra proveniente da Atene, Prospalta, e ora conservato ad Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 6730). La pietra, iscritta sulla faccia principale (A), è integra solo nella parte destra, sul cui lato si trova il secondo epigramma (B). Le dimensioni sono: a. 0,60; |. 0,33; sp. 0,08 m. Le lettere sono alte tra 0,02 e 0, 034 m. Ho effettuato l’esame autoptico del pezzo nel museo (luglio 2011). ! Accettando l’esegesi di Hansen si tratterebbe di un esametro. ? Rimando alla sintesi di Jeffery-Lewis (IG 15): «Si ende ad statuarium pertinet, Epistemon aut Hippostratus monumentum sculpsit, uterque aliunde ignotus, sed cf. fortasse [IG 15] n. 1228. Sin autem ἐπόε aequat ‘erexit’, Hippostratus est pater Epistemonis, nisi [ἐπ] στέμον praeferas». L’epigramma ateniese menzionato, IG 1? 1228 (CEG 63), si data al 510-500 a.C.

166

TERZA

PARTE

Bibliografia: IG ı 492 + 530; LOLLING 1880; IG ı Suppl., p. 118, n. 492; KRETSCHMER 1891, pp. 118-123; IG 1? 920 e add. p. 304; FRIEDLANDER — HOFFLEIT 1948, n. 59; GV 2042; CEG 47; DOVER 1978, p. 124; THREATTE, GAI, I, p. 495; IG 1? 1399 (con bibliografia precedente); STEHLE

1997, pp. 311-318.

Bibliografia delle immagini (cfr. Fic. 25): LOLLING 1880, p. 246 (disegno); IG ı Suppl., p. 118 (disegno). A

ἐνθάδ᾽ ἀνὲρ ὄμο[σ]ε[ν κα] [τὰ hopxta παιδὸς ἐρα[σ] [ϑὲς velxea συνμείσχιν | πόλεμόν 9° ἅμα da [κρυόεντα. Γναθίσ | τὸ σφυχ|ὲ] ὄλετ᾽ ἐν [- - - |]

Πιερός εἰμι | τὸ hepordda [- - -] Β

[Γνά]ϑιε, αἰεὶ σπευδε[- - -] A 1 ὄμο|σ]ε[ν κα [τὰ plur. edit.: ὄμο[σ]ε | τά LOLLING 1880 2 συνμείσχιν lapis: συνμείχσειν edd. 3 ὄλετ᾽ èv[ lapis: ὄλετ᾽ ἐν dat] KRETSCHMER 1891 (et ἐνθάδε] vel ἐϊνταῦϑ᾽]), FRIEDLÄNDER -- HOFFLEIT 1948, CEG 5 heporada legi: περοιάδο FRIEDLÄNDER — HOFFLEIT B σπευδε- - -] lapis: σπεῦδε LOLLING

1948, CEG, THREATTE,

1880, σπεύδεις} IG 1, GV, Dover

GAI, hépo τὸ IG 1

1978

Qui un uomo ha promesso con un giuramento,

amando un ragazzo, di mischiare i rimproveri insieme alla guerra che causa il pianto. Di Gnathio, la cui anima è morta [...] sono (l’oggetto?) sacro di Heroiadas O Gnathio, per sempre affrettati a |...| Il blocco di pietra è inciso in maniera rudimentale (FIG. 25). L’epigramma si data in base alla forma delle lettere tra il 525 e il soo a.C.' Si incontra frequentemente l’inversione tra i segni EI e I e

regolarmente quella delle lettere dei segni complementari psi e ksi.” Nel v. 1 il participio ἐρα σ] ίς (ἐρασϑείς) regge il genitivo della persona amata, come è attestato già a partire da Omero,? mentre il legame tra vittoria e guerra luttuosa è espresso in maniera molto simile da Anacreonte.* L’epigramma è incentrato sul motivo dell’amore omoerotico in nome del quale è stato fatto un giuramento

1401

legato,

a quanto

pare,

a una vittoria in guerra.

In un'iscrizione

ateniese, IG 1°

(475-450 a.C.), certamente non funeraria, si incontra un’analoga dichiarazione d’amore.*

Riterrei l’epigramma vicino a questo genere di iscrizioni, malgrado la presenza dell’espressione τὸ σφυχ]ὲ] ὄλετ᾽ èv[-] renderebbe probabile la sua attribuzione a un monumento funerario.° Accogliendo l’integrazione ὄλετ᾽ ἐν dat] l’epigramma apparterrebbe al presente corpus di epigrammi funerari per i caduti in guerra, ma la lacuna può anche essere colmata da altre con-

getture (cfr. apparato critico). Nell’epigramma attico per i caduti CEG 5 (n. xiv), la formula è composta dal participio ὀλέσαντες e dall’accusativo plurale ψυχάς, in luogo della costruzione del nostro epigramma con la forma media e il nominativo singolare. Risulterebbe, infine,

difficilmente conciliabile con la natura funeraria del monumento, l’iscrizione mutila posta sul

! Jeffery-Lewis (IG 1°) e Hansen (CEG) sono concordi su tale datazione. ? Cfr. THREATTE, GAI, I, pp. 21, 177 e 191. 3 Cfr. Hom., Il., 3, 446; 16, 182; 20, 223. 4 Anacr., fr. 2, WEST, IE, II: οὐ φιλέω ὃς κρητῆρι παρὰ πλέῳ οἰνοποτάζων / νείκεα καὶ πόλεμον δακρυόεντα λέγῃ, ( ἀλλ᾽ ὅστις Μουσέων τε καὶ ἀγλαὰ δῶρ᾽ ᾿Αφροδίτης συμμίσγων ἐρατῆς υμνήσεται εὐφροσύνης. L’espressione πόλεμον δακρυόεντα è omerica (Il., 17, 512: τῇδε γὰρ ἔβρισαν πόλεμον κάτα δακρυόεντα) e ricorre ad es. in Ibyc., fr. S 151, v. 7, Davies, PMGF. > Avot9 |cog : Mixt |ava φιλῖ |v φέσι μά [λισστα | τῶν ἐν | TEL πόλει’ dv [δρεῖος | γάρ ἐστι. ° Jeffery-Lewis (IG 1°) inserisce l’epigramma sotto la voce ‘Varia. Pueri’. Peek (GV) e Hansen (CEG), invece, lo includono tra gli altri epigrammi funerari. Cfr. l’analoga difficoltà di EBERT (1972, nn. 50, 70) di interpretare come funerari gli epigrammi GV 1004 e Paus., 6, 4, 6, per i quali cfr. p. 42, nota 3.

EPIGRAMMI

INCERTI

167

lato B ([Γνά]ϑιε, αἰεὶ σπευδε), il cui verbo non trova alcun parallelo negli epigrammi arcaici e classici.' Ammettendo che Gnathios sia il defunto, si potrebbe individuare, in base all’esegesi proposta, il nome del dedicante al genitivo nella forma dorica, Heroiadas. *

Y. EPIGRAMMA

DI PRAXITELES

(CEG

139)

Colonna ancora in situ a Trezene, sormontata forse in origine da una statua. La colonna è integra e misura 2,15 m di altezza, di cui l’iscrizione occupa 1,85 m. .

.

.

Bibliografia: LEGRAND HOFFLEIT

.

9.

.

.

1900, pp. 179-182; IG Iv 800; WILHELM

1948, n. 29; GV 165; GG

28; LSAG?,

1905, p. 416; FRIEDLÄNDER -

pp. 176-177, 182, n. 3; GUARDUCCI,

364; CEG 139 (con bibliografia precedente); BRUSS 2005, pp. 33-34. Bibliografia delle immagini: LSAG?, p. 182, n. 3 (riproduzione fotografica) e TAV.

EG, I, p.

32, n. 3

(disegno); GUARDUCCI, EG, 1, p. 364 (disegno). Ulteriore bibliografia in CEG 139. Πραξιτέλει τόδε μνᾶμα Fioov ποίξξσε davé[vit: τ]οῦτο δ᾽ ἐταῖροι | σᾶμα χέαν, βαρέα στενάχοντες. 2. coyov ἀντ᾽ ἀγ[α] | ἐξετέλεσαϊν]. FEPY Y ον, > κεπάμερον MEP

Ison fece questo monumento per il defunto Praxiteles, ma i compagni, gemendo profondamente, hanno ricoperto questo tumulo

in cambio delle nobili imprese, e nello stesso giorno lo completarono.

L’epigramma corre lungo la colonna su tre linee di scrittura. Le prime due sono parallele e progressive, mentre la terza offre un esempio di falso bustrophedon. La disposizione delle prime due righe è la stessa dell’epigramma di Theotimos (n. 11), dal momento che la prima riga è posta ‘al di sotto’ della seconda, in relazione all’orientamento delle lettere. L’iscrizione si data alla fine del

vi sec. Si noti lo scempiamento del sigma ἐξετέλεσ(σ)κ[ν] e la crasi e la labiale non aspirata in κἔπάμερον (καὶ ἐφήμερον). Guarducci afferma con prudenza che il defunto potrebbe essere un caduto in guerra.” Il riferi-

mento alle nobili imprese nel v. 3 (ξέργον ἄντ᾽ ἀγ|α ον)

è troppo generico per permettere la

sicura identificazione di Praxiteles con un guerriero, per quanto espressioni simili si incontrino in altri epigrammi per i caduti in guerra.* Infatti, la medesima formula ricorre in una dedica di età classica, nella quale si esclude ogni riferimento a un guerriero. * *

ὃ. EPIGRAMMA

DELLA

TRIBÙ

ERECHTHEIS

(IG

1} 1174;

CEG

7)

Frammento di marmo pentelico da Atene, oggi perduto senza alcuna riproduzione fotografica edita. Le misure riferite sono: a. 0,11; l. 0,28; sp. 0,17 m. * Sull’iscrizione del lato B scrive KRETSCHMER

1891, p. 122: «Dass die Inschrift eine Gnome

war, wird nach

dem was sich uns über das Hauptepigramm ergeben hat, nicht mehr für unzweifelhaft gelten dürfen, eine Vermuthung aber über ihren Inhalt zu wagen, erscheint mir bei dem fragmentarischen Zustande der Schmalseite nicht gerathen». ? GUARDUCCI,

EG,

I, p. 364: «Praxiteles era, come

sembra,

un soldato valoroso,

sulla cui tomba i compagni

avevano voluto ammucchiare il tumulo sepolcrale, riuscendo con duro lavoro a terminare l’opera nel giorno stesso». 3 Cfr. l’epigramma di Tetichos (n. 2) e CEG

177, vv. 4 e 12 (Licia, fine v-inizio IV a.C.).

4 Si tratta della dedica a Dioniso CEG 332 (Xeronomii, tra Thisbe e Thespie, seconda metà del v sec. a.C.). L’espressione di quest’epigramma, ἔργον ἀντ᾽ ἀγ[α]ϑῦν, è tradotta in LAZZARINI, Formule delle dediche, p. 110, come ‘in cambio di benefici’ e si riferisce certamente al motivo per cui è stata realizzata la dedica. Un’indicazione temporale della realizzazione della sepoltura ricorre in CEG 322 (dai pressi di Calcide, prima metà del v sec. a.C.).

168

TERZA

PARTE

Bibliografia: IG ı 462; IG 1° 962; GV 22; CEG 7; IG T 1174. deuoc

Ἐρεχϑειδᾶ ν ==

2 ---- =]

In base alla forma delle lettere riferita da Pittakis' si può datare l’iscrizione a dopo il 450 a.C.” Le due uniche parole rimaste di quest’epigramma formano una sequenza dattilica, che molto

probabilmente era un esametro. Si noti il dorismo ’Epeyderdä[v] su un testo redatto in alfabeto e dialetto attici, fenomeno che ad Atene si riscontra in altri epigrammi.? Sembrerebbe trattarsi di

un epigramma pubblico, dedicato dalla sola tribù Erechteis.* La perdita della maggior parte dell’iscrizione impedisce di affermare con sicurezza che i destinatari siano i caduti di un evento bellico

(della Guerra del Peloponneso?).

€. FRAMMENTO

DI EPIGRAMMA

DA

CALYMNO

(CEG

710=170A)

Frammento di marmo bianco, scoperto presso il tempio di Apollo a Calymna e conservato a Londra, British Museum (inv. n. 324). Il pezzo misura a. 0,084; l. 0,304 m.° Bibliografia: GIBM, 11, n. 324; SEGRE 1944-1945, Ρ. 215, n. 235; CEG 710 = 170a. Bibliografia delle immagini: SEGRE 1944-1945, TAV. 123, n. 235. [- - - ὑπὲ]ρ πατρίδος

|- - -]

[- - -ἰτερον to |- - -|

|- - -bol--[ὑπέ]ο SEGRE 1944-1945:

[πατή]ο GIBM

Il pezzo è stato ritenuto inizialmente da C. T. Newton (GIBM, 11, n. 324) «perhaps part of the title of an emperor in a dedication». Segre segnala, tuttavia, che la datazione paleografica del pezzo

non può scendere oltre il v sec. a.C.° e che si tratterebbe di un'iscrizione funeraria. Malgrado la quasi sicura integrazione [ὑπὲ]ο πατρίδος, risulta impossibile ricondurre con certezza a un caduto in guerra questa iscrizione probabilmente in versi. Il disegno di Pittakis è confluito in IG 1. 3 Cfr., da ultimo, lo studio di KACZKO 2009.

? Cfr. Hansen (CEG).

+ Jeffey-Lewis (IG 15) commentano: «initium carminis monumento publico aptissimi». Cfr. un’altre stele per i soli caduti della tribù Erechtheis, IG 1 1147. > GBMI, τι, n. 324 riporta le seguenti misure qui convertite in metri: a. 3,34 in, 1. 1 ft.

° Hansen (CEG) restringe l’arco cronologico alla fine del v sec., datazione che mi sembra accettabile.

CONCLUSIONI (5 LI epigrammi per i caduti in guerra qui raccolti permettono di avanzare considerazioni più generali sul loro significato storico, sociale e culturale. Il culto dei caduti in guerra rappresenta nel mondo antico una delle manifestazioni più evidenti della cultura della memoria (Erinnerungskultur)‘ e della ‘cultura militare’.” Per ‘culture militaire@@ BRELAZ 2008, p. 166, riprendendo MA 2004, intende: «l’ensemble des représentations mentales (discours, idéaux, symbolique, imaginaire)

et des pratiques collectives (institutions, traditions, commémorations) évoquant la guerre et le fait militaire». Ricordo monumentale e idealizzazione poetica dei caduti, l’epigramma costituisce una fonte privilegiata per lo studio sincronico e diacronico della cultura militare e delle forme di commemorazione antica. Procederei, pertanto, all’analisi dell'evoluzione cronologica e delle differenze regionali riscontrabili nei pezzi in esame, illustrandone in seguito brevemente gli sviluppi fino all’età imperiale.

L’epigramma per i caduti esprime la cultura militare di età arcaica, che è fortemente legata ai valori del mondo aristocratico, a cui gli opliti appartenevano. La più antica iscrizione funeraria per un caduto in guerra è CEG 145 (n. 1), il cui luogo di provenienza, Corcira, si distingue in età arcaica

per l’uso di incidere epigrammi sulle sepolture aristocratiche. Tra la metà del vır e gli inizi del vi sec. a.C. sono attestati nell’isola altri tre epigrammi (CEG 143, 144, 146), che rappresentano le uniche iscrizioni funerarie note fino al Iv sec. a.C.,’ a eccezione di una di sole quattro lettere riferibile forse a un monumento funerario e databile alla fine del vir sec. a.C. (IG ıx 1°, 4, 879). Per il resto

dell’età arcaica e per tutta l’età classica non si registra nessun altro epigramma a Corcira, né funerario né dedicatorio. Solo a partire dal 111 sec. a.C. sono nuovamente attestati epigrammi funerari. * Il primo epigramma pubblico dedicato ai caduti (fine del vii sec. a.C.) proviene da un’altra colonia di Corinto, Ambracia, situata nell'omonimo golfo sulla terraferma a sud di Corcira (n. 1). Significativa è la presenza della parola πατρίς, che, ritrovandosi esclusivamente negli epigrammi pubblici di questo corpus, rappresenta un indizio della loro origine dal mondo della polis, che ne curava la sepoltura. Anche la lunghezza dell’epigramma, cinque distici elegiaci, resta insuperata

nell’età arcaica, dal momento che il confronto più prossimo è la dedica di Creso (Tebe, seconda metà del vi sec. a.C.) costituita da otto distici elegiaci e recentemente edita da PAPAZARKADAS (2014, pp. 233-248. Cfr. supra, p. 151). Questi due epigrammi confermerebbero la teoria, già soste-

nuta da Gentili prima del loro rinvenimento, secondo la quale l’epigramma si avvicina al genere dell’elegia.° Tali significative caratteristiche si inquadrano in un clima di innovativa produzione di epigrammi di alta qualità nell’area delle colonie corinzie, dalla quale proviene anche il più antico epigramma funerario pubblico, CEG 143 (Corcira, fine del vi sec. a.C.), dedicato al prosseno Menekrates e costituito da sei esametri.

In età arcaica gli epigrammi per i caduti riflettono la cultura militare di altre aree periferiche, come l’Acarnania settentrionale e la Tessaglia (nn. 8-9). L’area greca centrale mostra nello stesso periodo componimenti per i caduti di clevata qualità, in particolare Atene (nn. 2, 3, a, Ὁ), la Beozia * Per una recente sintesi degli studi su guerra e memoria nel mondo antico cfr. FRANCHI — PROIETTI 2015, ai quali rimando per il noto concetto di Erinnerungskultur. Sul culto dei caduti rimando a PRITCHETT, GSW, in particolare vol. ıv. Tra gli studi più recenti cfr. per l’età classica JUNG 2006, ARRINGTON 2015; per l’età ellenistica CHANIOTIS 2005, pp. 214-244

2

€ BOULAY

2014, pp. 466-484.

Riprendo la definizione italiana del concetto dallo studio di BRELAZ 2015.

3 Appartengono al Iv sec. le iscrizioni funerarie IG IX 1°, 4, 883-893. + Cfr. IG IX 1°, 4, 901; IG IX 1°, 4, 928 (GV 922); IG ıx 1°, 4, 929 (GV 2017), quest’ultimo dedicato a due caduti

in guerra (cfr. p. 57, nota 1). 5 Cfr. GENTILI

1968 e i successivi studi CASSIO

159-160 per altri epigrammi lunghi di età classica.

1994 e ALONI

-- IANNUCCI

2007 sull’epigramma n. 1. Cfr. pp.

170

CONCLUSIONI

(n. 5) e Argo (n. 4). Quest’ultimo epigramma, dedicato a un atleta-guerriero, richiama la famosa tradizione ippica di Argo, coniugando l’elogio della madrepatria e i valori aristocratici della sfera

militare e sportiva.' Risulta emblematico per la commemorazione dei caduti, il ricorrere di un identico v. 3 sia nell’epigramma argivo, sia in uno di quelli ateniesi (nn. 2 e 4). Le Guerre Persiane segnano una svolta decisiva per la produzione di monumenti funerari pubbli-

ci per i caduti accompagnati da epigramma (nn. 111, IV, VI e forse II, v, IX), ai quali si aggiungano importanti testimonianze tramandate per via letteraria.” Si possono considerare unitariamente gli epigrammi databili nella prima metà del v sec. Gli anni Cinquanta, infatti, segnano la fine formale delle Guerre Persiane, originate dalla rivolta ionica del 499-494 a.C. Tra gli epigrammi di questo

periodo si distinguono anche quelli per i caduti nella battaglia di Tanagra, provenienti da Atene (n. viti) e dalla Tessaglia (n. 11), quest’ultimo fortemente influenzato dagli eventi delle Guerre Persiane. Per la Beozia, il riferimento di due epigrammi frammentari alla battaglia di Platea o a quella di Tanagra resta incerto (nn. 10, 1x). Nella prima metà del v sec. nessuna polis assume un ruolo centrale nella sepoltura dei caduti, sebbene ad Atene la produzione di epigrammi sia quantivamente rilevante (nn. 11, 11, Iv, v), includendo però anche casi particolari, come la stele in alfabeto argivo

nel Demosion Sema (n. viti). La commemorazione dei caduti, inoltre, era spesso legata al luogo della battaglia (nn. 111, vi. Per Platea e le Termopili cfr. p. 16, nota 3). Sono, inoltre, attestati in questo periodo numerosi epigrammi omogeneamente distribuiti in altre zone del mondo greco: la Beozia (nn. 10, ıx), la Tessaglia (n. 11), Amfipoli (n. vi), Imbro, seppur cleruchia di Atene (n. 8), Eretria (n. 9), Salamina per i caduti corinzi (n. vi). All’Atene di età cimoniana deve, invece, essere ricondotta l’origine della produzione delle liste dei caduti (nn. 111, 1v; IG 1° 1477), che in

ogni caso è da mettere in relazione alla nascita del Demosion Sema (supra, p. 16). Tutti gli esempi della prima metà del v sec., anche privi di epigramma, sono infatti direttamente (n. 1v, IG 1° 1144) o indirettamente (nn. ııı, vini e IG 1° 1477) legati a questa città. Grazie alla lista i nomi assumo-

no una funzione indipendente nella commemorazione dei caduti, separandosi dall’epigramma. Quest’evoluzione nell’epigrafia funeraria di area ateniese è successiva all’epigramma pubblico di Ambracia (n. 1), che, infatti, incorpora ancora i nomi di almeno quattro caduti nel componimento. Gli epigrammi delle Guerre Persiane costituiscono un modello per la commemorazione dei caduti. Il ricordo stesso della vittoria contro i Persiani diventa un elemento distintivo della cultura

militare greca, che viene tematizzato già negli epigrammi contemporanei (n. In. Cfr. Simon. xXII, PAGE, FGE) e successivi, come ad esempio in un caso di età ellenistica.* L’evento bellico è più volte nobilitato da alcuni riferimenti, più o meno diretti, a episodi del mito (supra, p. 18). Una notevole fortuna negli epigrammi dei caduto che glorifica la patria (nn. x, (Tyrt., fr. 12, 23-24, WEST, IE’, 11). la città, attestata per la prima volta

caduti in guerra di età classica v. 13; xv, v. 2; B, v. 2), che Una simile forma di elogio è nell’epigramma della stele di

ha avuto anche la formula del riprende un noto tema tirtaico quella del caduto che incorona Maratona (n. ııı) e riadattata

per gli atleti nella coeva poesia pindarica, fino a un successivo largo impiego in epigrammi privati per caduti e atleti. Per quanto riguarda i primi si considerino l’epigramma di Theotimos, caduto a Tanagra nel 457 a.C. (n. 11), quello del re licio Gergis, che ‘incorona la sua stirpe’, CEG 177

* Cfr. la colonna su cui è inciso l’epigramma n. y. ? Cfr. in particolare Simon. XXI, XXII, XL, XLVI, PAGE, FGE, ma su alcuni di questi e su altri epigrammi resta aperto il problema della data di composizione (cfr. supra, p. 23). 3 Ricordo qui, tra gli episodi salienti a cavallo della metà del secolo, lo spostamento del tesoro della lega Delio-Attica ad Atene nel 454 dopo il fallimento della missione ateniese contro l’Egitto, la missione contro Cipro nel 450/449, guidata da Cimone, che vi trovò la morte durante l’assedio di Cizio, nella parte sud-orientale dell’isola, e, infine, la

pace di Callia immediatamente successiva (449), in base alla quale si vietò alle navi persiane di accedere al mare Egeo e all’esercito di avvicinarsi alla costa persiana a meno di tre giorni di marcia. + Cfr. GV 1466 (Salamina, ııı sec. a.C.) per Leon, che, cadendo a Salamina, ha mantenuto vivo il ricordo degli antenati che vinserono i Persiani.

5 Cfr. TENTORI MONTALTO 99-100.

2014, A, p. 34, nota 6. Per gli atleti che incoronano la madrepatria cfr. supra, pp.

CONCLUSIONI

171

(Xanthos, fine v-inizio IV sec. a.C.), quello per Diognetos, forse caduto nella battaglia di Cheronea del 338 a.C. o successivamente, CEG 594 (Attica), e quello per Neon, GV 1504 (Eubea, Oreos, ΠΙ a.C.).' In esplicita antitesi alla celebre vittoria ateniese di Maratona, il motivo della corona

ricorre in almeno uno degli epigrammi della dedica dei navarchi della lega spartana a Delfi per la vittoria di Egospotami nel 405 a.C. (CEG 819), incisi però alcuni decenni dopo la battaglia.? In particolare, si consideri l’epigramma posto sulla base sotto la statua di Lisandro (CEG 819 111): il generale spartano, vincendo la flotta ateniese (v. 2: Κεζκ]οοπιδᾶν δύναμιν), ha incoronato Sparta, acropoli della Grecia (vv. 3-4: Λακεδαίμονα ἀπόρϑητον στεφανώσας], Ἑλλάδος ἀκρόπολιιν]). L’incoronazione era anche visibile sul monumento, dal momento che Pausania (10, 9, 7) descrive le statue, asserendo che Lisandro riceve una corona da parte di Poseidon. Nella seconda metà del v sec. a.C. Atene detiene l’assoluto primato di epigrammi pubblici (nn. X, XI, XII, XIII, XIV, XV) e privati (nn. 13, 14, 15, 16, d, e), tanto che non se ne registra alcuno in altre regioni.* Anche l’epigramma di [Na]usikydes dalla cleruchia di Lemno (n. 12) sembrerebbe dedicato a un caduto ateniese. A partire dalla Guerra del Peloponneso si diffonde in altre città il

modello ateniese delle liste dei caduti (cfr. supra, p. 126, nota 4). Dall’ultimo quarto del v sec. a.C. liste di caduti sono infatti attestate in Beozia,* a Megara (SEG xxxIx 411), a Mantinea (SEG xxxI 348), ad Argo (SEG xxıx 361). Argo, in particolare, risulta talmente legata al regime democratico durante la Guerra del Peloponneso e influenzata già da tempo dalle pratiche funerarie ateniesi (n. vini), che sembra probabile l’esistenza, forse nel luogo dove è stata rinvenuta l’iscrizione SEG xxIx 361, di un cimitero pubblico per i caduti in guerra. Ad Atene, dunque, la commemorazione dei caduti diventa nel v sec. a.C. un aspetto fondante della cultura militare, mentre la composizione di epigrammi e di liste di caduti caratterizza il locale epigraphic habit.° In età arcaica e classica, invece, si riscontra l’assenza di epigrammi per i caduti in area occidentale e a Sparta.° In Laconia, tuttavia, si possono annoverare le stele con il nome del

caduto che seguono le prescrizioni licurghee (p. 22, nota 3) e, al di fuori della Laconia, l’epigramma ! Per la difficoltà di inquadrare l’epigramma del re Gergis nelle categorie di pubblico o privato (ma anche di funerario o celebrativo) cfr. supra, p. 15. * BOUSQUET

1956, pp. 580-581, non esclude una datazione alla fine del v sec., che si concilierebbe con la forma

dello ksi, costituito da tre barre parellele di ugual lunghezza (CEG 819, 1. 12). Sembrerebbe altrimenti sospetto il fatto che l’iscrizione sia stata realizzata verso la metà del Iv sec., cioè circa 60 anni dopo l’erezione del monumento. Si potrebbe tuttavia supporre che la realizzazione del grande monumento si fosse protratta nel corso del ıv sec., come suggerirebbe la datazione della scrittura verso la metà del secolo. Oltre a CEG 819 III, qui discusso, anche il frammentario CEG 819 II sembrerebe caratterizzato dal medesimo motivo. 3 Cfr. altri due epigrammi ateniesi, CEG 99 e 101, qui considerati successivi alla Guerra del Peloponneso sulla base

di criteri paleografici, ma per i quali non si può escludere a priori una datazione più alta. ARRINGTON 2015, pp. 230231, da ultimo, propone per CEG 99 una datazione intorno al 420 a.C. ca., a mio avviso troppo alta, successiva alla riforma euclidea del 403 a.C., sulla quale cfr. ad es. IG 11/111? 7716 (cfr. anche l’assenza in IG 18). CLAIRMONT 1983, I, p. 68, considera il bassorilievo di IG 11/111? 7716 (CEG 99) un modello anni più antico di quello di Dexileos (IG 11/111? 6217), caduto nella guerra corinzia del 394/393 a.C., ma

contro quella dell’iscrizione di circa 15-20 è impossibile

dimostrare un eventuale lasso di tempo tra i due monumenti. L’epigramma CEG 100 (n. 16), invece, sembrerebbe leggermente più antico degli altri due ed è stato incluso nel presente corpus. L’influsso di Atene è ben evidente anche in CEG 177 = MERKELBACH

-- STAUBER,

SGO,

17/10/01 (Licia, fine v-inizio Iv sec. a.C.), nel quale si menzionano

sette Arcadi, da identificare con dei mercenari. Infatti, i Lici, guidati dal re Gergis, potrebbero aver combattuto dalla parte degli Spartani contro Amorges, tra i contingenti del quale sono attestati i Peloponnesiaci (Th., 8, 28, 4), che erano forse mercenari arcadi. Cfr. MEIGGS -- Lewis, GHI, pp. 282-283, n. 93 e HORNBLOWER, Comm. on Thuc., III, p. 883. L'episodio si colloca nel 405 a.C. e l’epigramma CEG 177, che parebbe a esso riconducibile, non sarà stato

composto che intorno al 400 a.C., motivo per cui non ha ricevuto una scheda specifica nel presente corpus. Cfr. la presenza a Xanthos di altri due epigrammi per Arbinas, figlio di Gergis, entrambi databili all’inizio del ıv sec. a.C.: CEG 889 (= MERKELBACH -- STAUBER, SGO, 17/10/02), una dedica ad Artemide, e CEG 888 (= MERKELBACH -STAUBER, SGO 17/10/03), inciso sulla base di statua del medesimo Arbinas (cfr. RHODES —- OSBORNE, GHI, n. 13).

4 IG vıı 585 (Tanagra), IG vıı 1888a (Thespiai) e, forse, IG vir 1889 (Thespiai) sono riferibili ai caduti nella battaglia di Delion, 424 a.C. Cfr. da ultimo KALLIONTZIS 2014, pp. 346, nn. 1, 2, 4. > Cfr. Low 2003 e ARRINGTON 2011. ° Cfr., tuttavia, p. 64, nota 1 sull’impossibilità di stabilire se la frammentaria iscrizione IG v 1, 721 (Sparta, metà

v sec. a.C.) sia un epigramma.

172

CONCLUSIONI

delle Termopoli (Simon. xx11, PAGE, (IG 111/11? 11678), nel quale ultimo l’olimpionico Lakrates, caduti contro come si è visto, accompagnano più

FGE) e il monumento degli Spartani nel Ceramico di Atene sono commemorati i due polemarchi Chairon e Thibrakos e i democratici guidati da Trasibulo nel 403 a.C.' Epigrammi, volte in età classica le dediche spartane nei santuari.’ Alle

battaglie della Guerra del Peloponneso e del periodo di egemonia spartana non corrisponde, tuttavia, una produzione di epigrammi per i caduti in Laconia. In età alto-ellenistica sono testimoniati

piuttosto epigrammi per mercenari al servizio di Sparta.’ Seguendo ora l’evoluzione degli epigrammi nel Iv sec. a.C., risulta evidente un'ulteriore diffusione del modello ateniese. Tebe, a differenza di Sparta, si caratterizza nel periodo della sua egemonia tra le battaglie di Leuttra (371 a.C.) e di Mantinea (362 a.C.) per la produzione di importanti

epigrammi.* Nell’epigramma funerario CEG 632, dedicato al beotarca Xenokrates, a Theopompos e a Mnasilaos, i quali avevano combattuto a Leuttra nel 371 a.C., si afferma esplicitamente che i

Tebani sono i migliori guerrieri (v. 4: Θηβαῖοι χρείσσονες ἐν πολέμωι) e che i tre personaggi ricordati, probabilmente in quanto caduti in guerra, non sono secondi al generale Epaminonda.° L’epigramma menziona anche un trofeo e sembrebbe, forse, richiamare un episodio legato a un oracolo di Trophonios (cfr. n. xıv), secondo il quale il trofeo con lo scudo dell’eroe Aristomenes

avrebbe portato alla vittoria nella battaglia di Leuttra.° Un altro epigramma per un comandante tebano, seguito dalla dedica a Zeus Σαώτας

(Zwtnp) di Hippias, forse un beotarca, e dalla menzio-

ne dell’artista, il celebre Lysippos di Sicione, è stato recentemente scoperto e pubblicato (SEG LVI 551). L’epigramma afferma che la patria ha scelto il generale (ἡγεμών), che ha reso Tebe gloriosa, città alla quale ricondurre con ogni probabilità l’ignota provenienza del pezzo.” La statua, di cui

restano gli incassi di un piede e di una lancia sulla base, sembrerebbe quella di un importante generale tebano, forse Pelopida o, più probabilmente, quella del dedicante Hippias.° Pausania riferisce, * Sul monumento

cfr. da ultimo GRECO

2010-2014, IV, pp. 1327-1331.

? Cfr. la dedica offerta a Delfi per la vittoria di Egospotami, CEG 819 (cfr. supra) e le dediche offerte a Olimpia per Tanagra, CEG

351 (cfr. supra, p. 64, nota 1), e per la vittoria sui Messeni, CEG

367 (490-480 a.C.).

3 Cfr. i seguenti epigrammi per mercenari, ai quali Sparta fece ricorso tra il regno di Cleomenes (235-222 a.C.) e di Nabis (207-192 a.C.): CAIRON 2009, nn. 35 (GV 903), 36, 37 (GV 2075). Per quest’ultimo una datazione ancora in età classica sembrerebbe da escludere (cfr. IG V 1, 723), anche se in SEG xxxv 338 si accoglie la datazione ampia 350-250 a.C.

4 Cfr. inoltre le liste di caduti della Beozia, attestate già nel v sec. (cfr. p. 171, nota 4) e ancora tra il Iv e il ΠῚ sec. Cfr. KALLIONTZIS

2014, pp. 346-349, nn. 3, 5-9 € pp. 333-346, con la prima edizione di una lista di caduti da

Plataia, che si riferisce a una battaglia svoltasi a Olynthos, probabilmente l’assedio e la distruzione della città da parte di Filippo ıı nel 348 a.C. > Cfr. da ultimo, RHODES -- OSBORNE, GHI, n. 30, in cui si ritiene probabile che i tre personaggi siano caduti a Leuttra o in una battaglia successiva. Xenokrates è uno dei beotarchi ricordato per aver supportato Epaminonda nell’attacco degli Spartani a Leuttra (Paus., 9, 13, 6-7; D.S., 15, 56, 3). L'ultimo verso, in cui si menziona che i tre

tebani non sono stati ‘nella corsa secondi a Epaminonda’ peto nel combattimento, o anche metaforicamente come di Leuttra. A mio avviso, però, l’affermazione potrebbe sono caduti in guerra a Leuttra, guadagnando una gloria

potrebbe essere intesa sia in senso letterale, a indicare l’imcritica dei meriti eccessivi attribuiti al generale per la vittoria implicare che i tre personaggi, al contrario di Epaminonda, ancora più alta di quella del generale tebano (che nove anni

più tardi, nel 362 a.C., morì allo stesso modo). ° Cfr. Paus., 4, 32, 4 e supra, p. 150. Altrimenti contro questa interpretazione, a favore dunque di un semplice riferimento al trofeo della vittoria, cfr. TUPLIN 1987, pp. 94-107. 7 Cfr. DENIS KNOEPFLER, BE, CXXII, 2009, n. 259. Altrimenti i primi editori sostengono la possibilità che la

statua fosse dedicata nel santuario di Zeus a Tespie (DUCREY -- CALAME 2006, p. 72). δ L’identificazione con la statua di Pelopida o di Epaminonda è sostenuta dagli editori DUCREY -- CALAME 2006, pp. 78-81. Tale ipotesi lascia aperto il problema dell’assenza del nome del personaggio raffigurato sulla base conservata, che induce a postulare l’esistenza di un altro blocco a destra, dal momento che non sembra possibile un posizionamento isolato del nome del comandante nella perduta parte destra dell’iscrizione. Secondo DENIS KNOEFLER, BE, CXXII,

2009, n. 259, p. 461, tale ipotetico blocco conteneva un altro epigramma,

forse quello tramandato da Paus.,

9, 15, 6 (cfr. p. 173, nota 1), e il nome al nominativo del personaggio rappresentato, da individuare in Pelopida. L’ipotesi, invece, che la statua sia quella del dedicante Hippias non è stata presa in considerazione dai primi editori e viene scartata da DENIS

KNOEFLER,

BE, CXXII, 2009, n. 259, con la motivazione che a una data così alta, come

gli anni ’60 del Iv sec., qualcuno possa aver dedicato la propria statua. Non escluderei tuttavia che, giusta l’identificazione di Hippias con l'omonimo beotarca menzionato nei due decreti IG vII 2407 e 2408 (Tebe, 364/363 a.C.),

CONCLUSIONI

173

inoltre, che anche la statua di Epaminonda a Tebe era accompagnata da un epigramma.' Infine, da Tegea, dove sembrerebbe attestato nel Iv sec. a.C. un cimitero pubblico per i caduti,? proviene un monumento funerario, la cui frammentaria iscrizione consta di un epigramma e una lista di caduti, CEG 657 (IG v 2, 173). Se i caduti tegeati, come sembrerebbe probabile, sono quelli della battaglia

di Mantinea del 362 a.C., si tratterebbe di alleati dei Tebani? e la presenza di un epigramma si comprenderebbe meglio in relazione agli esempi qui analizzati. Un altro caso di ripresa del modello ateniese è rappresentato da Thasos, isola dalla quale prox

vengono tre frammenti di un decreto per gli orfani di guerra databile intorno al 360-350 a.C.* Il decreto menziona sia la carica di polemarco° sia l’esistenza di una lista sulla quale si dovevano scrivere i nomi dei caduti in guerra, chiamati con un'espressione che sembra ricalcare un titolo speciale, ἄνδρες ἀγαϑοί. Mancano gli elementi per affermare con certezza l’esistenza a Thasos di

un cimitero o di un logos epitaphios per i caduti in guerra a imitazione di Atene. Tuttavia la pratica di risarcire gli orfani dei soldati morti in guerra trova un esatto confronto nel famoso discorso di Pericle per i caduti del primo anno della Guerra del Peloponneso.°

La fine dell’età classica coincide con notevoli cambiamenti nei suoi due maggiori centri di produzione. Dopo la battaglia di Cheronea (338 a.C.) ad Atene si provvide al restauro delle mura urbane con il materiale di spoglio delle tombe del Ceramico, tra cui quelle del Demosion Sema.” Nel 335 i Macedoni distrussero Tebe. Inoltre, ad Atene, dove già nel corso del Iv sec. si registra una flessione del numero di liste e monumenti dei caduti, il decreto di Demetrio Falereo del 317 a.C. vietava di erigere sepolture più alte di tre cubiti (Cic., de leg., 2, 64-66). Per tale motivo si

ritrovano tra la fine del ıv e l’inizio del 1Π| sec. a.C. una serie di monumenti funerari non figurati, come kioniskoi (basse colonne cilindriche) o stele lisce. Con la fine dell’età classica, inoltre, le poleis, sebbene ancora pienamente coinvolte in iniziative belliche, vedono la loro autonomia condizionata dai rapporti con le monarchie ellenistiche.° Il cambiamento coinvolgerebbe anche la

produzione di epigrammi. '° Tuttavia, i monumenti dei caduti rivestono ancora un’importanza cenanche 1 ἡγεμών dell’epigramma possa identificarsi con lo stesso Hippias, che dunque dedica la propria statua a Zeus. Già all’inizio del Iv sec. sono infatti attestate statue con epigrammi dedicatori nei santuari, come ad esempio quella di Kyniska a Olimpia (CEG 820) e di Arbinas a Xanthos (CEG 888 = MERKELBACH

-- STAUBER,

SGO,

17/10/03).

In particolare un’altra statua dedicata a Zeus a Olimpia e anch'essa realizzata dal celebre Lisippo è quella dell’atleta Chilon caduto in guerra (EBERT 1972, n. 178. cfr. p. 42, nota 3). Infine, la larghezza della base potrebbe limitarsi, a

mio avviso, al solo spazio occupato dalle porzioni di testo perdute, senza la necessità di ipotizzare un ulteriore blocco a destra. Sembrerebbero infatti possibili altre ipotesi ricostruttive della statua rispetto a quella degli editori, la quale comporterebbe il decentramento dell’epigramma a sinistra. In base alla foto edita (DUCREY -- CALAME 2006, p. 66, FIG. 3) non si può escludere sul lato superiore del blocco, vicino al foro circolare attribuito alla punta della lancia, l’incasso del piede sinistro, invece che di quello destro. Ma anche ammettendo con gli editori che i segni appartengano al piede destro, non sembrerebbe impossibile una posizione arretrata della gamba sinistra, che si concilierebbe con una base più stretta e di un solo blocco. 1 Paus., 9, 15, 6: ἡμετέραις βουλαῖς Σπάρτη μὲν ἐκείρατο δόξαν, Μεσσήνη δ᾽ ἱερὴ τέκνα χρόνῳ δέχεται" (Θήβης δ’ ὅπλοισιν Μεγάλη πόλις ἐστεφάνωται, ( αὐτόνομος δ᾽ λλὰς πᾶσ᾽ ἐν ἐλευϑερίῃ. Cfr. ZIZZA 2006, pp. 344-349. ? Cfr. CLAIRMONT 1983, pp. 237-239, nn. 71, 71a, 72.

3 Tegea e alcune città dell’Arcadia (Megalopolis, Asea, Pallantion) erano alleate di Tebe in occasione della battaglia di Mantinea, come riferisce 4 Il primo frammento è nato in GUARDUCCI, EG, frammenti sono venuti alla

X., HG, 7, 5. stato pubblicato da POUILLOUX -- DUNANT 1954, I, pp. 371-379 e viene, infatti, menzioII, p. 163, nota 1 a proposito delle iscrizioni pubbliche dei caduti in guerra. Gli altri due luce molto recentemente. Cfr. FOURNIER — HAMON 2007 e HAMON 2010. Inizialmente

si è creduto che l’iscrizione fosse una legge, ma è chiaro che si tratta di un decreto dell’assemblea, come dimostrerebbe il termine ψήφισμα alle Il. 37-38.

> Cfr. il terzo frammento edito da HAMON 2010. ° Th., 2, 46. Cfr. POUILLOUX — DUNANT 1954, I, p. 377 e FOURNIER - HAMON 2007, pp. 326-327. 7 Lycurg., In Leocr., 43-44; Aeschin., or. 3, Contra Ctesiph., 236. Cfr. GRECO 2010-2014, IV, pp. 1273, 1302-1304,

1414-1415, 1453. * Cfr. Guarpuccı, EG, III, p. 129 e da ultimo GRECO 2010-2014, IV, pp. 1302-1303 € 1415. ? Cfr. CHANIOTIS 2005, in particolare pp. 18-43; BOULAY 2014. Per l'Asia Minore cfr. oltre a MA 2004, gli altri contributi in COUVENHES — FERNOUX 2004. 1° Scrive Peek (GG), p. 28: «nehmen wir [mit AP, 7, 253 (nach der Schlacht von Chaironeia, 338 v. Chr.)] Ab-

schied von den Polyandria-Gedichten. Die spiteren Versuche in diesem Stil bewegen sich in den alten Formen und

174

CONCLUSIONI

trale in età ellenistica e sono accompagnati molto spesso da un epigramma. Ad Atene si distingue l’epigramma dei caduti a Munichia nel 287 a.C., GV 40 (IG 11/111? 52272), la cui monumentalità costituisce un’eccezione al decreto di Demetrio Falereo.' Un altro epigramma per il caduto in

guerra Timokritos, GV 749 (Thyrrheion, Akarnania, In sec. a.C.), dipende fortemente dai componimenti di età arcaica e classica tanto da menzionare il poeta Tirteo. Tra i 101 epigrammi ellenistici su pietra raccolti tra la Tessaglia e il Peloponneso dallo studio di CAIRON 2009 un numero

ragguardevole (18) è dedicato a caduti o a guerrieri.’ Inoltre, dallo spoglio delle iscrizioni storiche ellenistiche selezionate in ISE, circa un decimo delle fonti (12 su un totale di 132) sono epigrammi per caduti in guerra.° A partire dalle conquiste di Alessandro Magno, anche l'Oriente diventa un importante centro di produzione di monumenti dei caduti. Mentre, infatti, in età classica proven-

gono da quest'area solo rari epigrammi per guerrieri non caduti in combattimento, come quello di un mercenario di Alicarnasso da Cipro (n. c) e quello del re Gergis da Xanthos (CEG 177), in età ellenistica aumenta notevolmente il numero degli epigrammi per caduti, tanto che da uno

spoglio del corpus MERKELBACH aggiungano

almeno

- STAUBER, SGO, se ne contano almeno 12,4 ai quali se ne

5 per guerrieri. Anche

in Egitto si annoverano

4 epigrammi

per guerrieri e

uno particolarmente accurato per il generale Ptolemaios, caduto in guerra.’ Di qualità eccezionale

è l’epigramma di Menas (GV 1965 = MERKELBACH -- STAUBER, SGO, 09/05/16), caduto nella battaglia di Kyroupedion del 281 a.C. 0, meno verosimilmente, nel 190 a.C.” L’epigramma e la relativa stele con bassorilievo non sembrano aver subito alcuna flessione qualitativa rispetto agli

esempi della Grecia di età classica. Lo studio di MA 2004 analizza in Asia Minore la ‘cultura militare’ durante l’età ellenistica attraverso le rappresentazioni militari e i monumenti pubblici, fra i quali gli epigrammi dei caduti

assumono un ruolo fondamentale. Secondo MA 2004 alcune zone dell’Asia Minore (Rodi, Kyzikos) manifestano una forte ‘cultura militare’, paragonabile a quella di alcune aree della Grecia centrale (Beozia, Achaia), mentre in altre regioni, come nella maggior parte della Ionia asiatica, la ‘cultura

militare’ appare meno evidente. Questi risultati, tuttavia, pur basati su un ampio campione di fonti letterarie, archeologiche ed epigrafiche, sono condizionati dalla difficoltà di una loro considerazione

elobale.8 Alcuni documenti epigrafici permettono una prima rivalutazione, augurando con MA wiederholen die überkommenen Motive, deren Modifikationen lediglich stilistisches Interesse beanspruchen können». L’affermazione di Peek è sintomatica del passaggio alla nuova epoca, ma, a mio avviso, non risulta oggi più condivisibile, anche solo alla luce della breve panoramica sugli epigrammi di età ellenistica qui offerta. ! La stele, malgrado la perdita della parte superiore, è alta 1,65 m (larghezza: 0,61 m; spessore: 0,185 m). Per le eccezioni al decreto di Demetrio, cfr. GUARDUCCI, EG, II, p. 129. Sarebbero solo altri due i polyandria del Demosion Sema in età ellenistica: GRECO 2010-2014, IV, p. 1453. ? CAIRON 2009, nn. 1, 2, 17, 35, 36, 37, 39, 40, 44, 46, 47, 48, 54, 63, 74, 79, 82, 83. Tale lavoro, tuttavia, non

può essere considerato un corpus completo, dal momento che non vengono inclusi numerosi epigrammi come ad es. GV 100, 907 e IG v 2, 461. 3 Cfr. 158 13 (=GV 40), 24 (-GV 1466), so (-GV 903), 68 (-GV 1106), 69 (-GV 1603), 85, 88 (-GV 749), 89 (-GV 1458), 100; 107 (-GV 943); 115 (= SEG xxIV 637), 121 (=GV 1532).

+ Cfr. i seguenti epigrammi: MERKELBACH — STAUBER, SGO, 01/01/96 (Cnido, III a.C.), 01/06/01 (Syrna, III a.C.), 01/20/08 (n. B), 03/01/05 (Priene, III a.C.), 04/22/06 (Lidia, Maionia), 04/25/01 (Lidia, località ignota), 06/01/01 (valle del fiume Kaikos, Elaia, III a.C.), 06/02/30 (Pergamo, I a.C.), 08/01/40 (Kyzikos, II-I a.C.), 09/05/16 (Bitinia, Nikaia, 281 a.C.), 12/05/03 (Armenia, Armavir, II a.C.), 16/31/06 (Frigia, Appia).

5 Cfr. MERKELBACH -- STAUBER, SGO, 01/02/01 (costa della Caria, Tymnos, πὶ a.C.); 05/01/47 (Smyrna); 09/06/18 (Bitinia, Nikomedeia); 17/17/01 (Licia, Choma, Iv-111 a.C.); 21/05/01 (Palestina, Gaza, prima del 201 a.C.).

° L’epigramma per il caduto Ptolemaios è BERNAND, Inscriptions métriques, n. 4 (cfr. supra, p. 138, nota 7). Gli epigrammi funerari appartenenti a soldati non caduti in guerra sono BERNAND, Inscriptions metriques, nn. 8 e 66, ai quali si aggiungano un epigramma per il mercenario Diazelmis (BERNAND, Inscriptions métriques, n. 10) e quello dell’ufficiale Apollonios (BERNAND,

Inscriptions métriques, n. 5).

7 Nel primo caso Menas avrebbe combattuto dalla parte di Seleuco 1, nel secondo contro il suo successore Antiochos ΠΙ dalla parte di Roma. La stele reca in alto un bassorilievo con due nemici giacenti a terra e identificabili in base ai vv. 5-6 dell’epigramma con un guerriero della Tracia e uno della Mysia. Cfr. CHANIOTIS 2005, pp. 204-206. ® Si noti ad esempio che MERKELBACH

-- STAUBER,

SGO,

e I.Metropolis (cfr. infra, p. 175, nota 1) non potevano

esser considerati nel lavoro di MA 2004, poiché pubblicati più o meno contemporaneamente.

CONCLUSIONI

175

2004, uno studio monografico dedicato a tale argomento. Nella Ionia asiatica, infatti, una ‘cultura

militare’ è presente in età ellenistica, come mostra l’epigramma di Mileto per i caduti in una guerra contro Megara (n. B), che sembrerebbe un componimento di età ellenistica e non una copia di un'iscrizione di età arcaica. A Metropolis, città situata tra Ephesos e Smyrna, è stata rinvenuta nel 1999 e pubblicata nel 2003 nell’apposito volume dedicatole, I.Metropolis, un'iscrizione contenente

due decreti per il comandante (yewwy) Apollonios, caduto nel 130 a.C. presso Thyateira in una battaglia contro Andronikos.* In maniera non convenzionale, alla fine del primo decreto (I.Metropolis, A, Il. 49-56) sono elencati anche i nomi degli altri caduti della medesima battaglia, guidati dal comandante e concittadino Apollonios. In età ellenistica, altrimenti, sono ancora diffuse — sul solco della tradizione greca di età classica - monumenti (per lo più stele) con i nomi dei caduti, come mostrano ad esempio due esempi di Messene, la stele SEG xLvII 406 (111 sec. a.C.) e l’iscrizione più antica di un peribolo funerario, SEG xLv 320 (111-11 sec. a.C.), nella quale ultima sono incisi insieme ai nomi di sei caduti anche quelli di quattro donne morte nel medesimo evento bellico. ἢ

La graduale conquista romana del mondo greco provoca significative trasformazioni, dal momento che il culto dei caduti sembrerebbe estraneo alla normale pratica culturale dei Romani.’ I soldati non ricevono più onori particolari quando cadono combattendo contro il nemico, tantomeno nel caso delle guerre civili, quando perde di significato anche il concetto stesso del sacrificio

per la patria. Per i Greci, come ha ben evidenziato il dibattito scientifico (in particolare SORDI 1990) e come è evidente dagli epigrammi qui in esame, i caduti sono primi per valore grazie alla loro ‘bella morte’ in guerra e a prescindere dalla vittoria militare. Per i Romani, al contrario, la vittoria assume un ruolo preponderante, * mentre, come rettamente sostiene HÒLSCHER

2003, p. 14:

«Death in war -- except for some great heroes of the past -- was not glorious but shameful». Non si riscontra, infatti, una particolare forma di culto dei caduti indipendentemente dalle importanti trasformazioni del 11-1 sec. a.C., quali la professionalizzazione della carriera militare sotto Mario

(post 107 a.C.) e il decreto del Senato del 90 a.C., che limitava la sepoltura dei caduti al luogo della battaglia, impedendone il rientro in patria (App., BC, 1, 43).° L’inumazione dei soldati av-

veniva per ragioni pratiche (Caes., Gall., 1, 26) e solo in alcuni casi comportava l’erezione di un monumento privato (App., BC, 2, 82; CIL x111 8684). Tra le iscrizioni latine è finora noto un solo monumento funerario pubblico per i caduti, accompagnato da una lista dei nomi (CIL 111 14214), quello di Adamclisi (Dacia), databile all’età traianea, che però potrebbe risentire dell’influsso della

cultura greca, se solo si considera la sua posizione geografica. Quanto detto non implica l’assenza di una cultura militare romana. Questa, tuttavia, non sembra manifestarsi nei monumenti funerari, quanto piuttosto in altre tipologie monumentali, come l’arco di trionfo o il trofeo, ad es. quello dell’odierna La Turbie del 6-7 d.C., sul quale si trovano incisi i nomi delle gentes Alpinae assoggettate dai Romani (CIL v 7817).° Di conseguenza, a fronte della formulazione oraziana dulce et decorum est pro patria mori (Hor., carm., 3, 2, 13), sono pochi gli epigrammi funerari latini

! Cfr. da ultimo BOULAY 2014, pp. 481-484. ? Cfr. THEMELIS 2001, pp. 199-201 (su SEG

XLVII

406) e 206-207

(su SEG

XLV

320), sul quale ultimo sono

stati incisi successivamente al 11 sec. a.C. anche altri nomi. Sul ruolo delle donne in alcuni episodi bellici di epoca ellenistica CHANIOTIS

2005, pp. 106-111, il quale, tuttavia, non riferisce correttamente a p. 109 la seconda iscrizione

(SEG xLVII 428 in luogo di SEG Lv 320). 3 Cfr. da ultimi HoPE 2003; COOLEY 2012. 4 Cfr. HÖLSCHER 2006. > Cfr. SORDI 1990; COOLEY 2012. Si menzionano esempi precedenti o successivi alle suddette riforme. Livio (33,

11) riferisce ad es. la richiesta di Filippo v di una cessazione dei combattimenti per seppellire i caduti, oppure la sepoltura dei caduti cartaginesi sotto Annibale (Liv., 22, 7, 5), ma non quella dei romani, a eccezione di famosi generali

come P. Decius. In un noto episodio, Tiberio critica il tentativo di Germanico di erigere un monumento funerario pubblico per i legionari caduti nella battaglia di Teutoburgo (9 d.C.), che in ogni caso ebbe vita breve, essendo stato distrutto in seguito dai Germani e non più ricostruito (Tac., ann., 1, 62; 2, 7).

° Su questo e altri trofei di età augustea in area gallica e iberica cfr. GANS 2003. Nel noto tripode di Delfi (p. 114, nota 7) sono incisi al contrario i nomi dei popoli greci vincitori.

176

CONCLUSIONI

per i caduti.' La stessa tradizione epigrammatica latina è inaugurata solo nel 111-11 sec. a.C. dai noti epigrammi degli Scipioni, di cui si ricordano spesso le imprese militari (CLE 6-7), mentre il più antico epigramma per un caduto si data al 90 a.C. (CHOLODNIAK 1897, n. 9104), ben cinque secoli più tardi del primo esempio greco (n. 1).” Nelle regioni greco-orientali dell’impero romano le singole poleis perdono la loro importanza politica dopo la battaglia di Azio (31 a.C.), in consex

suenza della demilitarizzazione avvenuta con la pax Augustea. La cultura militare greca, però, non

scompare completamente in età imperiale, ma trova molteplici forme di sopravvivenza, seppur con significative differenze regionali.* Gli epigrammi per i caduti diminuiscono notevolmente, mentre diventano più numerosi quelli di soldati non caduti in guerra, per lo più legionari o veterani.’

L’altissima qualità dei monumenti e degli epigrammi funerari qui raccolti non è più raggiunta nelle epoche successive. Un utile indicatore, più volte accennato, è il rapporto numerico tra gli epigrammi per caduti e quelli per i guerrieri e tra quelli pubblici e privati. Ebbene, non conosce

eguali nel mondo antico l'enorme sproporzione del primo e la sostanziale parità del secondo che si registrano nel presente corpus (rispettivamente 5 per guerrieri e ben 32 epigrammi per caduti, di cui 17 privati e 15 pubblici). Gli epigrammi per i caduti in guerra manifestano una graduale

perdita di importanza dopo l’età classica. Tale consapevolezza era già stata espressa dai Romani, ai quali giunse la fama del primo epigramma menzionato in questo lavoro (cfr. p. 13). La traduzione ciceroniana (Tusc., 1, 101) del noto epigramma degli Spartani caduti alle Termopili (Simon. xx11,

PAGE, FGE) si inserisce nell’ambito di un confronto tra i Greci e i Romani. Cicerone, pur non potendo menzionare alcun epigramma funerario latino equivalente, afferma che avrebbe elencato molti esempi del coraggio dei Romani, se non fosse già sufficiente quel che scrisse Catone il Censore (Maior), riferendosi molto probabilmente a un passo che si è conservato grazie alla tradizione indiretta (Gell., 3, 7, 19). Qui Catone paragona analogamente l’azione militare eroica del tribuno Q. Caedicius e di 400 Romani presso Camarina nel 258 a.C. a quella di Leonida alle Termopili. Catone constata in conclusione che un elogio corrispondente (signis, statuis, elogiis, historiis) manca

per il tribuno romano (parva laus pro factis relicta). Si può ben supporre una diretta allusione autobiografica, dal momento che lo stesso Catone era in carica come tribuno nella battaglia delle Termopili del 191 a.C., guidando con successo i Romani contro Antioco ΠῚ e gli Etoli (cfr. Liv. 36, 17, 1; 18, 8). Ma tale exemplarisches Heldentum (definizione di ALBERTZ 2006) non era forse degna di

maggior lode presso i Romani, che erano pronti a morire in guerra senza neppure la consolazione di un elogio dei concittadini e di un epigramma che ne rendesse eterno il ricordo? ! CLE 472, 521, 522, 620, 1272; CHOLODNIAK

1897, n. 910a. Già LATTIMORE

1942 segnalava un solo epigramma

per un legionario, CLE 978, i cui temi richiamano valori analoghi a quelli del mondo greco. Sul progetto di un nuovo corpus degli epigrammi latini, che potrebbe significativamente ampliare il numero di quelli per i caduti, cfr. SCHMIDT

2015.

2 Il più antico epigramma sembrerebbe quello in metro saturnio CLE 7 per L. Cornelius Scipio Barbatus, per il quale cfr. KRUSCHWITZ 2002, n. 2. Non sembrerebbe, infatti, una dedica in versi KRUSCHWITZ 2002, n. *1 (IV sec. a.C.), che è fomata dal formulario votivo delle iscrizioni (cfr. p. 52, nota 1 per le dediche greche non in versi). Su CHOLODNIAK

1897, n. 910a, cfr. KRUSCHWITZ

2002,

n. *13, con un dibattito sulla natura metrica o meno

dell’iscrizione, che in ogni caso sembrerebbe una delle più antiche per un caduto in guerra. 3 BRELAZ 2008, BRELAZ 2015, FERNOUX 2011. Il valore militare si esprime più volte nella lotta contro invasori nemici; in particolare gli efebi continuano la loro educazione militare e in casi di emergenza fungono ancora da soldati (JONES 1971). 4 In area orientale ho individuato solo 5 casi: MERKELBACH 24/17; 24/34 (cfr. p. 174, note 4-5 per l’età ellenistica).

-- STAUBER,

SGO,

01/20/90; 20/14/03; 22/49/01;

> Nella sola regione Nabataea-Arabia si riscontrano, ad es., 8 epigrammi per legionari: MERKELBACH

— STAU-

BER, SGO, 22/14/01; 22/20/01; 22/33/01; 22/33/04; 22/38/02; 22/38/99; 22/39/01; 22/42/08. Analogamente si riscontrano molti epigrammi latini per legionari o veterani. Cfr. tre esempi nella sola Aquilea CLE 372, 406, 1320.

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WILAMOWITZ

1930: ULRICH

von

WILAMOWITZ-MÖLLENDORFF,

Lesefrüchte,

«Hermes», LXv, Stuttgart,

1930, pp. 241-258

WILHELM WILHELM WILHELM Wien,

1899: ADOLF WILHELM, Simonideische Gedichte, «ΤΌ ΑΙ», II, Wien, 1899, pp. 221-244. 1905: ADOLF WILHELM, Zu griechischen Epigrammen, «BCH», xxIx, Paris, 1905, pp. 405-416. 1934: ADOLF WILHELM, Drei auf die Schlacht von Marathon bezügliche Gedichte, «AAWW», LXXI, 1934, pp. 89-117.

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ABBREVIAZIONI

BIBLIOGRAFICHE

Sono contraddistinte da un asterico (*) le abbreviazioni aggiunte al rispettivo sistema di riferimento.

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102

ABBREVIAZIONI

BIBLIOGRAFICHE

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3. Enciclopedie e altri corpora Abbreviazioni tratte da: OCD*: Simon HORNBLOWER,

ANTONY

SPAWFORTH, Oxford Classical Dictionary, Oxford, University Press,

20124.

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Teubner - De Gruyter, 1987-2007. BERNABE, PEGOrf*: ALBERTO BERNABE, Poetae Epici Graeci. Orphicorum et Orphicis similium testimonia et fragmenta, τι, 1-2, Miinchen -- Leipzig, K. G. Saur, 2004-2005. Cook, Zeus: ARTHUR BERNARD Cook, Zeus. A Study in Ancient Religion, 1-111, Cambridge, University Press, 1914-1940.

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ABBREVIAZIONI

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1998”.

CONCORDANZE TENTORI MONTALTO

CEG

GV

IG

1

145

73

IX 1°, 4, 880

2

13

1226

131194 bis

3

27

1224

1? 1240

4

136

305

-

5

112 142 118

321 70 69

VII 2247 IX 1°, 2, 214 IX 2, 270

79

916

171507

107 114

-

XII 9, 255 -

637 (=118a)

-

-

82 88 87 90

1457 788 38

I° 1506 151381 I’ 1361 I° 1288

100

-

131288 bis

19 30 170 83 94

1488 324 630 218

I’ 1200 I’ 1274 ter 151353 -

1

2

I’ 1142

2

-

1? 503/504

3

-

1? 503/504, lapis B

131

7

1’ 1143

I II

155 135

= 15

15 1149

10

20

I* 1179

I

4 _

14 _

I° 1181 _

8 5 6

19 17 18

I° 1167 1’1163 1’ 1162

B

2 -

33

1? 503/504 -

C D

_

9 _

VII 53 _

x

31

2063

IÎ 1242

È

47

2042

13 1399

Y ὃ

139 7

165 22

IV 800 1? 1174



710 (1704)

-

-

II V

106

CONCORDADANZE *

CEG 1

TENTORI II

2 3 4

69 70

7 6

IV; A V ΧῚ

73 788 165

1 14 Y

5

XIV

218

e

6

Ν

305

4

7 8 10

XIII Xx

21 104 630

° d

13

2

916



19

a

1224

3

27

3

1226

2

30

b

1457

:

a

47

.

1488

β

2042

β

83

d

87

14

IG

TENTORI

88 90 94

13 15 “

1? 503/504 1? 503/504, lapis B 1? 503/504, ex. IV 5.

IV Υ͂ A

107 142 114 118 131 135 136

ς 10 7 ΨΙ VIII 4

142

II VI VIII XV XIV XIII ὃ Xx XI

31

MONTALTO

%

si

12

L

I’ 1142 151143 I° 1149 I° 1162 1? 1163 1’ 1167 x 1174 131179 I° 1181

145

1

131194 bis

2

155 170

VII c

I° 1200 I° 1240

a 3

637 (=118a) 710 (1703)

11 ©

I° 1242 13 1274 ter

% b

I° 1288

15

13 1288 bis

16

TENTORI MONTALTO

I° 1353

d

2

II

I° 1361

14

7

VI

I} 1381

13

9

c

I° 1399

È

14

XI

15 17 18 19 20 22 33 38

VIII XIV XV XIII Χ ὃ B 15

1? 1506 I5 1507

12 8

IV VII VII IX IX IX XII

Y

GV

800 53 2247 1°, 2, 214 1°, 4, 880 2, 270 9, 255

C 5 6 1 7 9

MONTALTO

INDICE

DELLE

PAROLE

GRECHE*

* Non è inclusa nell’indice l’iscrizione dell’appendice n. 11 a. Le esegesi e le integrazioni accolte sono

state indicizzate. Ogni lemma, inserito tra parentesi secondo la grafia adottata nella presente edizione, è preceduto dall’indicazione del rispettivo epigramma, la quale segue la numerazione dell’indice

generale. Il primo numero o la prima lettera si riferiscono, dunque, agli epigrammi del corpus, in particolare i numeri arabi e quelli romani rispettivamente per gli epigrammi privati e pubblici dei caduti in guerra, le lettere minuscole per quelli dei guerrieri, le lettere maiuscole per le copie di

epigrammi, le lettere greche per gli epigrammi incerti. Segue il numero del verso, preceduto in alcuni casi dall’indicazione di ulteriori suddivisioni tra iscrizioni incise sul medesimo monumento. ἀγαϑός. ἡ, dv: 2,2 (ἀγαθόν); 2,4 (ayadov); 4,2 (ἀ[γα ϑόν); 12,4 (ἀγαθός); 14,3 (ἀμείνω); γ,3 (&y[a]80v)

ἀγγελία. ἡ: 1,3 (Avye[A]tav) Αἰγηΐς: x11,16 (Αἰγηΐδος); x11,28 ([A]tyntdoc); xv,10 (Αἰγξίδος); χν,51 (Αἰγξίδος) "Ayıs: vır,29 ([Α]γις) ἀγλαός. ὀν: 12,1 ([ayAa]o[v]); χν,94 (ἀγλαὸν)

᾿Αγνήις: &,5 (Αγγνήις) ἁγνός. ἡ, dv: C,8 (ἁγνᾶς)

ἀγορά, ἡ: 6,14 (ἀγορῇ)

ἄγρα. ἢ: Χιν,ς (ἄγραν) ἀγχίαλος. ον: IV, A 11,2 (ἀνχιάλομ)

ἄγω: 4,6 (ἀγαγὼν) ἀγών, ὁ: XIV,1 (ἀγδνα) ἀδάμας. δ᾽ IV, A ττ,21 (ἀδάμ[|α - - -]) ἀδελφός. 6,1: ε,5 (ἀδελφός) ἀέξω: ο,ς (ἀέξειν) ἄελπτος, ον: XIV,1 (ἀέλπ[το]) ἀθάνατος. ον: Χ,2 (ἀϑάνατόμ); xv,97 (ἀθάνατον); Β,4 (αϑάνατος) ᾿Αϑηναῖος. a, ov: d,5 (Αϑηναίων); x,1 (ASEvatov]); x, 12 (ΑΑϑεναίον); x1,2 ([Αϑεναίον]); x11,22 (AYEvatov); xv,2 (Αϑεναίον); xv,46 (Adevatov) ᾿Αϑῆναι: 14,1 CA9Nvac); x,10 (CA9EvOv); 4,6 (᾿Αϑήνας); 111,4 (Αϑένας) ἀῦλον. τό: IX,4 (492); D,4 (Me)

ἀθϑλοφόρος. ον: 4,4 (ἀε «9-»λοφόρον) Αἰαντίδος: Αἴας: vı,2 Ἅιδης: d,9 αἰεί: IV, A

x11,50 (Αἰαντίδος); xv,35 (Αἰαντίδος); xv,66 (Αἰαντίδος); xv,88 (Αἰαντίδος) ([Ata]vtoc) (Αἴδα); 1,8 (CAtda) 1,1 (αἰεί); A,ı ([atet]); B,B,1 (αἰεί)

αἰθήρ. ὁ: x,6 (aldo) Atdnp: vır,ı3 (AL9È0) αἰνόμορος. ον: €,4 (αἰνόμορος) αἰρέω: cfr. εἶλον αἰσχρός. d, ὀν: 9,4 (αἰσχρξς)

Αἰσχραῖος: 111,25 (Aloypatoc) Αἰσχύλος: ντπ1,9ς ([Δἰσχύλος); xv,72 (Αἰσχύλος) Αἵσων: xv,65 (hatoöv)

αἰχμή, N: 1v, A ı1,1 (αἰχμέν) αἰχμιητής. 6: 4,1 (αἰχμξτο) αἰών. τό: Β,13 (αἰών) ᾿Ακαμαντίς: x11,38 (Ἀκαμαντίδος); χν,57 (Ἀκαμαντίδος); xv,79 (Ακαμαντίδος) &xpov, τό: IV, C,2 (ἄκρον)

ἄχρως :12,3 ([ἄκ|οως) ἀλγινόεις., εσσα, εν: 1,2 (ἀ[λ[κινόεντα)

198

INDICE

DELLE

PAROLE

GRECHE

ἀλέγω: B,6 (areyolvrles) ᾿Αλικαρνασσεύς: c,1 (Αλικαρνησσεύς) ᾿Αλχάϑοος: x11,3 (Αλκαϑόσ) ᾿Αλκισϑένης: vıı,s ([AX|xtodévEc) ἀλλά: 7,2 (AA); XIV,3 (ἀλλά) ἄλλοϑεν: 2,1(ἄλοϑεν) ἄλλος, N, 0: XV,41 (ἄλλοις)

ἅμα: B,A,2 (ἅμα) ἀμείνων, ον: cfr. ἀγαθός ᾿Αμπραχία: 1,7 (Avrpaxtac) ᾿Αμυνόμαχος: 111,23 (Apuvopayoc) ἀμφί: VII,2 (ἀνφ᾽); x,7 (ἀμφί); C,13 (Aupt)

ἀμφότερος. a, ον: 16,3 (ἀμφοτερ|ον]) ἀνά: τ,6 (ἀν᾽ ᾿Αναξίλας: vII—I,21 (ξαναξίλας) ᾿Ανδοκίδας: 4,7 (Avdoxtdav)

ἀνδράποδον, τό: 4,7 (ἀνδραπόδοισιν) ἀνήρ, ὃ: 2,1 (ἀνέρ); 2,2 (ἄνδρ᾽); 4,2 (ἄνδρα); 11,4 (ἀνδρ-«ά-σιν); 4,1 (ἀνδρός); 4,1 (ἀνδρός); d,s (ἀνήρ); 1,1 (ἄνδρας); 1,10 (ἀνδρδν); 111,3 (ἀνδρῦν); Iv, A 1,1 (ἀνδρδν); χ,1ο (ἄνδρας); χιι,1 (ἀνδρῶν); χιν,3

(ἀνδρδν); B,A,ı (ἀνέρ) ἄνϑος. τό: 12,1 ([kvdoc]) ἄνθρωπος. ὁ: 4,8 (ἀνθρώπων); C,12 (ἀνθρώπους)

ἀντί: γ,3 (ἀντ᾽ ᾿Αντίας: 111,18 (Avttac) ἀντιάω: XIV,4 (ἀντιάσας)

᾿Αντιχράτης: χν,39 (Ἀντικράτες) ἀντίος. a, ον: X1,4 ([ἀντία])}; x11,3 (ἀντίον) ᾿Αντιοχίς: d,10 (Ἀντιοχίς); x11,52 (Ἀντιοχίδος); xv,37 (Ἀντιοχίδος); xv,68 (Ἀντιοχίδος)

ἀντίρροπος, ον: Χ,12 (ἀντίρροπ]α) ᾿Αντιφάνης: χν,87 (ἈΑντιφάνες) ᾿Αντιφῶν 111,7 (Avrıoov) ἁπάς: 1,2 (hanaoec) ἀπό: 1,4 (ἀπ᾽); 1,7 (ἀπ᾿

ἀποδύρομαι: 2,4 (ἀποδυράμενοι) ἀποῦνήσκω: 14,4 (ἀπέθανεν); x,1 (ᾳ}[ἀπέϑανον|); x11,22 (ἀπέϑανο ν|); xv,3 (ἀπέϑανον); χν,42 (ἀπέϑαν ον); xv,47 (ἀπέθανον); c,ı (ἀποθανόντων)

ἀπορρήγνυμι: 4,3 (ἀπορρήξας) ἀπώλλυμι: 12,1 (ἀπώΪλεσας]); xv,94 (ἀπόλεσαν); C,3 (ἀπολόμενον)

ἄρα: Iv, A 11,1 (ἄρα) ᾿Αραϑϑίων: 1,9 (Apad9tova) ᾿Αραιϑίδης: 111,18 (Ἀραιϑίδες) "Apay9og: 1,2 (ApadYoro) ’Apyeiog, a, ov: virI,1 (Apyeltöv]) ἀρετή. ἡ: 4,4 (ἀρετάν); 111,3 (ἀρετέν); Iv, A 1,1 (ἀρετέ[- - -|); νι1,1 (ἀρετῆς); IX,4 (ἀρετᾶς); x,3 (aperl[Ev]); x,13 (ἀρετέν); xII,1 (ἀρετῆς); XIII,1 (ἀρετέν); xv,97 (ἀρετξς); Β,1 (ἀρετῆς); Β,14 (ἀρετάν);

D,4 (ἀρετᾶς)

Ἄρης: 1,1 (Ἄρες); 3,2 (Ἄρες); 15,3 (Ἄρη); ςο,2 (Ἄρεσε); x11,3 (Ἄρη); Β,5 (Ἄρη-ς»); B,11 (Ἄρη) ᾿Αρίσταρχος: xv,26 (Ἀρίσταρχος); xv,29 (Ἀρίσταρχος) ἀριστεία. N: Β,7 (ἀριστεί[α]ς) ἀριστεύω: 1,3 (ἀριστεύ-«Ε-»οντα); 5,2 (ἀρισστεύδν); 7,2 (ἀριστεύσδν); b,3 ([ἀ[ρὑστε [ύον]) ἀριστεύς. ὁ: XI,1 ([ἀριστξες]) ᾿Αριστίων: vıı,ı8 ([Α]οιστίδν) ᾿Αριστόβιος: vIII,11 (Aptorößt[og]) ᾿Αριστόδιχκος: χν,7 (Ἀριστόδικος) ᾿Αριστοχλῆς: c,1 (Δριστοκλέσς)

ἄριστος. ἡ, ον: 11,3 (ἀρίστο-«ι-»ς); 14,1 (ἄριστος); 4,1 (ἀρίστο)

᾿Αρίστυλλος: x11,47 (Aptotu[A|A0c)

INDICE

DELLE

PAROLE

GRECHE

199

᾿Αρνιάδας: 1,1 (Ἀρνιάδα) ἼΑρτεμις: C,8 (Ἀρτέμιδος) ᾿Αρχέπολις: XV,72 (Δρχέπολις) ἀρχιερεύς. ὃ: C,3 (ἀρχιερεύς) doTòc, ὁ: 2,1 (}[ἀστό[(); 5,1 (ἀσστοῖς); C,13 (ἀστοί) ἄστυ, τό: IV, A 11,2 (ἄστυ); vI,1 (ἄστυ) ᾿Αστυάναξ: xv,83 (Aotudvayc) ᾿Ασωπός: 10, 1 (AcoroL)

"Ατραξ: 11,2 (Atpayoc) ade: 7,2 (αὖθι) αὐτός. ἡ, ὁ: 1,3 (ἀξυτάν); 6,2 (αὐτὸ); 1,7 (αὐτά); xv,97 (αὐτοῖς) Αὐτίας: x11,34 (Αὐτίας) ἄφϑιτος. ον: Α,1 (ἄφθιτον!)

᾿Αψέφης: 111,8 (Αφσέφες) βάλλω: Iv, C,2 ([- - -Ιβαλον] βαρύς, eta, ύ: γ,2 (θαρέα) βάρναμαι: cfr. μάρναμαι

βία, ἢ: Iv, A 11,2 (βίαι) βίος, ὁ: x,9 ([Btö]) βλάπτω: χιν,ς (ἔβλαφσεν) Βοιώτιος: C,11 (Βοιωτίῳ) Βοιωτός: 4,6 (Βοιωτῶν);

Βράχας: vir1,85 ([Β]οάχας) βροτός. ἡ. dv: e,6 (βροτοῖς); χιν,7 (βροτοῖσι) Βυζάντιον: xv,45 (Βυζαντίδι)

γαῖα, ἧ: 11,1 (Yalta]); 111,2 (γαίες)

γάρ: Iv, A 1,2 (γάρ); Iv, Ο,1 (γάρ); b,2 ([γ]άρ); Β,9 (γάρ); α,1 (γάρ) γείνομαι: 14,1 (ἐγένατ᾽ γένος. τό: B,9 (γέν[ος]) γέρας. τό: C,13 (γέρας)

γῆ, ἣ: 6,2 (γᾶς); 7,2 (γᾶς)

γιγνώσκω: 4,2 (γνόσετ]αι) Γλαυκιάδης: III,10 (Γλαυκιάδες) vado: B,A,3 (Tva9t0); β,Β,1 (νά 9ιε)

γράφω: 10,1 (ἔγ|ραφσεν) Δαϊχκλῆς: vır1,89 (Δαϊκλξς) δαιμόνιος, a, ον: XIV,2 (δαιμονίδς)

δακρύω: β,Α,2 (δακρυόεντα) δαμάζω: 8,4 (δάμα[σεν]); 10,1 (ἐδαμάσϑες)

Δαμάϊππος (LGPN 11 A: Δαμάϊππος): ν111,74 (Δαμ|ά ἤιππος) Δαμάρετος: v111,58 (Δαμάρετος) Δαμοφάνης: vı11,62 (Δαμοφάν[ξς]); vır1,87 (Δαμοφάνες) δέ: 10,1 (8°); 13,2 (δέ); 4,3 (δέ); 1,7 (δ; Iv, C,2 (δ᾽); ντ,2 ([δ᾽]}; x,6 ([δέ]); x,7 (δ᾽); x,8 (δ᾽); x,8 ([δέ]); Χ,12 (δ᾽); xı1,3 (δ᾽; x1v,7 (δέ); xv,95 (8°); xv,97 (δ᾽); Β,3 (δέ); C,3; C,9 (δ᾽; C,9 (8°); C,11 (δέ); C,13

ὃ): Gas 86); 12 δ)

δείκνυμι: Β,14 (δείξει) Δέρκετος : ν111,22 ([Δ]έρκετος); ν111,91 (Δέρκετος) δέχομαι: 11,1 ([- - -] ςδέχσατο); 111,5 (δεχσάμενοι)

δυηϊόω: 4,2 (δαιώσας) δῆμος, ὃ: 4,4 (δήμωι); x,10 (δξ[μος]); 6,1 (Epos) Δημοσῶν : x11,25 (Δεμοσδν) Δημοτέλης: xv,63 (Δεμοτέλες) Δημοφῶν: e,2 (Δημοφῶν); ε,6 (Δημοφώων) διά: 4,6 (διά)

Διειτρέφης: ε,1 (Διξτρέφης); 6,3 (Διειτρέφει)

; C,6 (ει-ἐδεξάμεϑα)

200

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DELLE

PAROLE

GRECHE

Διόδωρος: III, 13 (Διόδδρος) ,ὔ

Δῖος: 111,22 (Atos) δισχίλιοι, au, a: 4,7 (δισχίλοις) Δίφιλος: XV,36 (Δίφιλος) δόξα, ἡ: Β,8 (δόξης) dovAtoc, α, ov: IV, A 1,2 (δούλι- - -])

Apaxovriöng: 111,6 (Δρακοντίδες) δύσμαχος. ov: XIV,5 (δύσμαχον) δυσμενέων (partic.): 16, 2 (δυσ[υενέων]); χιν,3 (δ[υσ]μενέ [6] ν) δῶμα. τό: 1,8 (δδμα) ἐγγύς: 6,1 (ἐνγύς) ἐγείρω: XI1,4 (ἐγειρόμενον ]) ἐγώ: 12,4 (Eulot]); &,3 (ue) E: B,12 (eioa[plevor) ἐθέλω: XII,1 (ἐθέλοντες) εἶδον (aor. 2): 14,3 (εἶδον); 4,0 (ἰδέσϑαι); 1,9 (ἴστε); A,4 (ἰδεῖν) εἷλον (aor. 2, pres. αἰρέω): 4,3 (εἵλετο); vı,3 ([Πελόντες) εἰμί: 4,2 ([ἐσ]ομένοις); 7,1 (Eut); 12,4 (ἐσιν); 14,2 (ἐστί); ἀ,1 ([ἔστ᾽]); d,10 (εἰσίν); Iv, A ı1,ı Ev); α,1

(Ev); 8,4 εἰμὴ)

εἰς: d,6 (ἐς); d,9 (ἐς); C,4 (εἰς) εἴσοδος. ἡ: χιν,4 ([ἔσοδο]ν) εἴτε: 2,1 (εἴτε) ἐκ: d,6 (Ex) ἐκεῖνος. n, ον: 4,2 (ἐκείνων); B,9 ([κ|εἰνων)

ἐκκομίζω: XV,96 (ἐκκομίσαντας) ἐχκτελέω: XIV,7 (ἐχσετέλεσσε); γ,3 (ἐξετέλεσα! ν!|)

Ἐλευϑερᾶϑεν: xv,92 (Ἐλευϑερᾶϑεν) ἐλεύϑερος. a, ον: C,5 (ἐλεύϑερον) Ἑλλάδιος: C,3 (Ἑλλάδιος) Ἕλλας: Iv, Α 1,2 (Πελλά[δα]); vI,4 ([πελλάδα])}; B,3 (Ελλάδα) C,5 (Ἑλλάδι) Ἕλλην, νος, 6: 11,4 (Ελλένον); x1,4 ([heXXavov]) Ἑλλήσποντος: χν,94 (Πελλέσποντον) ἑλπίς, N: x,9 (πελπίδ᾽

ἐμαυτοῦ: 14,3 (ἐμαυτο) ἔμπροσϑεν: C,9 (Eurpoodev) ἐν: 2,3; 3,2 (Evi), 4,3 (Ev); 5,2 (Ev); 11,4 (Ev); 14,1 (Ev); 14,4 (Ev); 4,2 (Ey); 4,3 (Ev); 4,4 Evi); x (ἐμ); x11,23 (Ev); x11,23 Eirnaprörölıe]); xıv,2 (ἐμ); xv,ı (Ey); χν,41 (Ev); χν,45 (ἐμ); Β,12 (ev); Ο,1 (ἐν); C,9 (Ev); C,11 (Ev); C,14 (v); β,Α,3 (ἐν [- - - |)

ἐναγίζω: C,15 (Evayılev) Evavra: XII,2 (ἔναντα) ἔνϑα: C,7 (ἔνϑα) ἐνθάδε: 11,1 (ἐνθάδε); vI,3 ([ἐνϑάδε])}; ς,1 (ἐνθάδε); e,3 (ἐνθάδ᾽); e,5 (ἐνθάδε); β,Α,1 (ἐνθ δ᾽ ἐνταῦϑα: C,2 (ἐνταῦθα) ἔξοχος. ον: ΧΙ,2 ([Eyxcoyot]); xı1,1ı (ἔξοχον); α,2 (ἔχσοχος)

ἔπειμι (εἶμι): Β,4 (ἔπι) ἔπειμι (εἰμί): Β,14 (ἐπεσσ[ο]μένοις) ἐπί: 1,2 (ἐπ᾽; 2,4 (ἐπί); 10,1 (ἐπ᾽; 4,1 ([ἐ]πί); A,3 (ἐπί); Β,1 (ἐπί); C,12 (ἐπ᾿; C,15 (ἐφ᾽

ἐπίγραμμα, τό: C,1 (ἐπίγραμμα) ἐπιγράφω: C,3-4 (ἐπιγραφῆναι) Ἐπικλῆς: X11,44 (Ἐπικλὲς)

Ἐπιμένης: vIII,57 ([Ἐπ|υμένες) ἐπίσταμαι: 7,1 (ξπίστατο); 12,3 ([ἐπι]στάμενος)

Ἐπιστήμων: a, ([Ἐπ|ιστέμον) ἐπιστρέφω: IV, C,2 (ἐπιστρέφεται) Ἐπιτέλης: χν,4 (Ἐπιτέλες)

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DELLE

PAROLE

GRECHE

201

Ἐπίτιμος: vIII,16 (Ἐπίτιμος) Ἐπιχάρης: χν,11 (Ἐπιχάρες) ἐπιχϑόνιος. ον: 4,8 (ἐπιχϑονίων)

ἔπορον (aor.): (,14 (ἔπορον) ἑπτά: 4,2 (ἑπτά); d,3 (ἑπτά)

ἔραμαι: B,A,1 (ἐρα[σ] 9 ς) ἐρατός. ἡ, όν: VII,2 (ἐρατῆς) ἔργον, τό: Β,3 (ἔργοις); γ,3 (ξέργδν) Ἐρεχϑηΐς:

πτ,.1

(Ἐρεχϑείς);

xII,11

(Ἐρεχϑηΐδος);

x11,24

(Epey9ztdoc);

xv,5

(Ἐρεχϑείΐδος);

χν,43

(Ἐρεχϑείδος); χν,48 (Ἐρεχϑείΐδος) Ἐρεχϑεῖδαι, οἱ: d,1 (EpeyBderda[v]) Ἐρίφαντος: νιπ1,66 (Eptpavt|[oc|) ἕρκος. τό: IV, C, 1 (hepxög) Ἑροιάδας, 6: B,A,4 (heporada [- - -])

ἔρχομαι: 2,1 (ἐλθόν) ἔρυμαι: cfr. ῥύομαι ἐσϑλός, ἡ, όν: 1,1 ([ἐ]σλούς) ἔσχατος. N, ον: 11,2 (ἔσσχατα); B,10 (ἐσχατίοιο)

ἐταῖρος. a, ον: γ,2 (ἐταῖροι) Ἐπέανδρος: x11,29 ([ἘΠτέανδρος) Εὐαγόρα: x11,30 ([Ε]ὀαγόρα) Εὐαρχίδας: ντττι,9ο6 ([Εὐ]αρχί [δ] ας) Εὐβοία: c,7 (Εὐβοία) Εὔδημος: xv,78 (Εὐὔδεμος) Εὔδοξος: xv,40 (Εὔδοχσος) εὐκλέϊζω: 4,4 (εὐκλείζων); 4,7 (εὔκλεισε); x,13 (εὐκλ[έ]σαν); xv,95 (εὐκλέϊσαμ); Β,2 (εὐκλέϊσαν)

Εὐχτήμων: 111,16 (Εὐκτέμον) Εὐχράτης: xv,30 (Εὐκράτες) Εὐνοστίδας: vIII,67 (Εὐνοστί[δας]) Εὔξενος: 1,9 (Εὔξενον) Εὔξεινος: B,10 (Evéet[v]ov) Εὐξίας: 111,14 (Edyotac)

εὐπόλεμος. ον: Χ,5 (εὐπόλεμομ) Εὐρύβοτος: xv,22 (Εὐρύβοτος) εὐρύχορος. ον: 11,2 (εὐρυχόρου); 14,1 (εὐς«ρ»υχόροισιν); 1,4 (εὐρυχόροιο]} εὔυδρος. ον: vI,1 ([εὔ Πυδρ] ον) Εὐφίλητος: xı1,12 (Εὐφίλητος) Εὐφρονιάδες: 111,15 (Εὐφρονιάδες) ἐφήμερος. ον: γ,3 (κἐπάμερον) ἐφίστημι: 10,3 (ἐπέστ[ξσεν); a, 1 ([ἐπισ]|τάς)

Ἐχεμένης: vıı,23 ([Ey]epévEc) ἐχϑρός, &, dv: χ,8 (ἐχϑρῦον); χιν,6 (ἐχϑροϊς); xv,96 (ἐχϑρὸς) ἔχω: 9,2 (ἔχει); ε,5 (ἔχσσιν); Iv, A 1,2 (ἔσχον); Iv, C,2 (ἔχοντες); v1,2 ([Èyet]); x1,1 (Eydor); xII,1 (ÈyEA); ς,1 (ἔχων) Ζεύς: 14,3 (Διἢ ζῶ: Β,4 (ζῶσα) Ζώιλος: e,1 (Ζώιλο)

ἤβη, ἦ: 5.3 (μέβεν); 43 (Bow); 12,4 ([äßmel); via (Bm); και} {{πέβεν]); xv,04 (πέβεν)

ἠγεμών, 6: xıı,2 (ἐγεμόνον)

Ἠιών, ἡ: vır,2 ([Ἤι]όνος) ἡλικία, ἢ: 4,4 (hadıxtar); α,2 (πΠελικίας)

ἦμαρ, ατος, τό: Α,4 (ἦμαρ); C,5 (ἄμαρ)

ἡμείς: v1,2 ([hapé]); C,13 (ἄμμι); C,15 (ἡμῶν) ἡμίϑεος, ὁ: χιν,4 (Πεμιϑέον)

ἦμος: Β,5 (ἦμος)

([Eyovtec]); x,8

202

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DELLE

PAROLE

GRECHE

ἠνορέη, ἡ (ion.): a,2 (ἐν[ορέαν]); &,2 (ἀνο[ρέ]αν) ἤπειρος, N: IV, C,2 (anetpö) Ἡροκλείδης: xv,24 (Ἐροκλείδες) ἡρώος, 6: C,3 (ἡρώος)

ἡός, ἢ: B9 Oö) Ἠώς: 111,2 ("Aöc)

Θαλλίας: vIII,64 (Θαλλίας) ϑάλλω: 1,6 (ἔϑαλλε) θάνατος, ὁ: 1,10 (ϑανάτου); C,6 (ϑανάτου)

ϑάπτω: 4,1(9άψα) ϑείος, a, ον: XIV,4 (delay) θέλω: cfr. ἐθέλω

Θεόγνις: 111,12 (Θεόγνις) Θεόμνηστος: χν,28 (Θεόμνξστος) θεός, ὁ, ἢ: A,2 (ϑεοί)

Θεότιμος: 11,3 (Θεότιμε) θεράπων, οντος. ὁ: c,2 (ϑεράπων)

dépoc, τό: χν,96 (θέρος) Θεσσαλία, ἡ :11,2 (Θεσσαλίαι)

Θήβαι: ıx,3 (Θέβας); D,3 (Θείβα!ς])} Ὁϑηρεύω: xIv,6 (ϑερεύσας) Ὁνήσκω: 3,1 (θανόντος); 6,2 (dave); 7,2 (ἔϑανε); 13,3 (Edalvev - - -]); 111,3 (ἔϑανον); νττ,1 (ἔϑ|ανον); 1Χ,2 ([Ὁ]ανέμεν); x,11 (θάνον); Β,4 (ϑανοῦσ[ιν]); Β,8 ([Bav]atoc); D,2 (ϑανέμεν); γ,1 (θανόντι) Θουκυδίδης: 111,21 (Θσκυδίδες)

θοῦρος, ον: 3,2 (ϑῦρος) ϑρῆνος, 6: 10,2 (ϑρξνον) θυγάτηρ, N: ε,5 (θυγάτηρ) Θυμάρης: vır,88 (Θυμάρες) Ἰδάγυγος: c,1 ([Ἰδάγυγος) ἱερός. ά, ov: v1,4 ([πιαράν ])}; B,A,4 (Πιερός)

input: C,6 (ἐμενοι); C,12 (ἱέναι) ἱκνέομαι: 8,1 (κετο) ἱμερτός. ἡ, ὀν: τ,6 (Lueprav) ἱππεύς. ὃ: ν,1 (ῃ{ιππὲᾶς]}; x11,2 ((ππῆες); x11,22 (Ὠιππὲς)

ἱππόδρομος. ὃ: 4,1 (ῃὨυποδρόμοιο) Ἱπποϑωντίς: x11,48 (hınnodovrtdog); χν,32 (Πιυπποϑοντίδος); xv,64 (hınnodovrtdog); xv,85 (hınrodovτίδος) Ἱπποχλείδης: x11,51 (μυπποκλείδ [ες])

ἱππουάχος. ον: C,12 ((ππομάχους) ἹἹπποσϑένης: vim,9 ([Πι[ἰπποσ[ϑένες])} ἱπποσσόος. ον: IV, C,1 (Πιπο[σόες)

Ἵπποστράτος: α,3 (hınoor|p [4τ|6] ἱπποσύνη, N: ΧΙ,2 ([Ππιππ]|οσύνα [υ]} ἱπποτοξότης. ὁ: X11,40 ([}υ|ἰπποτοχσότης) ἴσος, ἡ, ον: γ,1 (Floöv) ἵστημι: 3,1 (στε); Iv, A 11,2 (στέσαμ); ΧΙ1,2 (ot&oav); Β,1 (ἔστ(ηκ᾽}) καί: 3,1 (καί); 4,2 (καί); 4,4 (καί); 5,1 (καί); 12,4 (καί); 14,3 (καί); 15,1 (καί); e,4 (καί); c,5 (καί); 1,9 (κα Ε); 1,9 (κα Ε); 111,2 (καί); 111,4 (καί); ν,1 (καί); vI,3 ([xat]); vi,4 ([xat]); χ,4 (καί); x,10 (καί); Χ,13 (καί); x11,23 (καί); B,5 (καί); C,1 (καί); C,4 (καί); C,5 (καί); C,7 (καί); C,11 (καί); α,2 (καί);

γ,3 (κέπάμερον) κακός, ἡ, ὄν: XIV,7 (κακδι) καλέω: 6,1 (κεκλέσε -τ»αι); C,7 (καλεῖτε) Καλλίας: 111,17 (Καλλίας) Καλλικλῆς: xV,91 (Καλλικλξς) Κάλλιππος: xv,60 (Κάλλιππος)

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DELLE

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203

GRECHE

Καλλισθένης: χν,58 (Καλλισϑένες) Καλλίτας, ὁ: 1,8 (ΚΚαλλίταν) καλλίχορος. ον: χι,3 ([καλλιχόρο]); 12,2 ([καλλιχ]όρσ) καλός, ἡ, Vv: 14,2 (καλός)

Καρυστόνιχκος: χν,27 (Καρυστόνικος) Κάσσαβος: vır,65 (Κάσσαβος) κατά: 1,3 (κατά); χιν,3 (κατά); B,3 (καϑ᾽); B,A,ı (alte)

καταβαίνω: d,9 (κατέβα) καταισχύνω: 11,1 (καταισχυίνας)

καταϑνήσχκω: Β,7 ([κατ|ϑανομεν) κατέχω: 1,8 (xatéyE) κεῖμαι: 11,1 (xetat); c,2 (κεῖται); d,1 (κείμενον); C,1 (κειμένων); C,4 (κειμένων) Kexponts: 4,10 (Kexportc); xII,20 (Kexportdoc); x11,45 (Kexportdoc); xv,25

(Kexportdoc);

(Kexportdoc); xv,81 (Kexportdoc)

Κήρ, hi 1,10 (Kde)

κιχάνω: 1,10 (ἔκιχεν) Κλείνοθος: xv,89 (Κλένοϑος) Κλέϊππος: x11,46 (Kieinnols]) κλέος, τό: 11,1 (κλέος); A,ı ([κλέ]ος); Β,8 (xA[é]oc); B,13 (κλέος) Κλέων: νιπ1,93 (Κλέον) κλίνω: Iv, A 11,2 (xAtvapevo[v]) Κνίφων: xv,62 (Κνίφον)

Κόρινϑος: 1,4 ([Qoptvdov]); ντ,1 (θορίνϑου) Κοσίνα: 4,1 (Qootva)

κοῦρος. ὁ: ΧΙ,2 ([κῦροι]) κράτιστος. N, ον: 1Χ,4 (κράτιστ᾽; D,4 (κράτιστ᾽ἢ

Κρατιάδας: virI,94 (Κρατιάδας) Κράτων: xv,38 (Κράτον) Κροῖσος: 3,1 (Κροίσσ) xtaouat: Β,2 (κ[τάμεν] οι] κῦδος, τό: χι,1 (κῦδο!ς])}

λαγχάνω: x,13 (ἐϊἰλλ]άχσαντ᾽ἢ Λακεδαίμων : vIII,1 (Aax[edatpovtov]) λαυβάνω: x,5 (Eraßo) λαμπρός, &, ὀν: XII,4 (λαμπρόν) λαοδόκος. ον: C,14 (λαοδόχῳ) Λάχης: χν,14 (Λάχες) Λεπτίνης: 111,24 (Λεπτίνες) Λεωντίς: x11,35 ([Λ]εοντίδος); χν,18 (Λεδντίδος); xv,55 (Λεδντίδος); xv,76 (Λεσντίδος)

λόγος. ὁ: XII,1 (λόγον) Aoytog, a, ον: XIV,8 (Aoytöv)

λόγχη, n: 4,3 (λόγχας)

λοιπόν, τό: XIV,7 (λοιπόν) Λυκῖνος: νιπ1,20 ([A|uxtvoc)

Λυχοδόρχκας: v111,92 (Λυροδόρκας) Λυσανίας: XV,44 (Λυσανίας)

Λυσίβιος: x11,54 (Λυσίβιος) Λυσικλῆς: XV,16 (Λυσικλξς) Λυσίμαχος: vı11,61 (Λυσίμαχος); x11,36 (Λυσίμαχος); xv,56 (Λυσίμαχος)

Λυσίστρατος: x11,40 ([Λ]υσίστρατος); xv,84 (Λυσίστρατος) Λύσιχος: v111,68 ([Λ]ύσιχος) λύω: χ,7 (ἐλ[ύϑεν])}Ἅ

μά: 14,3 (μά)

Μακάρτατος: 15,1 ([Maxdotate]) μάκαρ, μάκαιρα, μάκαρ: d,9 (μακαριστός)

xv,61

204

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DELLE

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GRECHE

Μάνης: 14,2 (Μάννης) μαράνω: Β,8 (ἐμάρανε) μάρναμαι: 6,2 ([βαρνάμενο! ς]}; 9,3 (Bapvauevov); 8,2 (Ba

vanevos); 12,2 (βαρνάμενος); 13,4 ([ua]pνάμενοϊ!ς - - -]); 16,1 ([uap]|vapevoc); 111,4 (Bapvanevor); ντ1,2 (Bapvapevoc); ν111,2 (μαρνάμ!εν - - -]); x1,4 ([μ]αρνάμε]νοι])}; xv,95 (Bapvapevot) μαρτύς. ὃ: 12,4 ([udp|tupec); Β,13 (μάρτυς) Μάτριος: νιπ1,17 ([ΜΊ]άτριος) μάχη, ἢ: ΧΙ1,2 (μάχην); xıv,ı (μάχες) Μέγαρα: d,2 (Μεγάρω-ν»5) Μεγαρεύς. ὁ: Β,ς (Μεγαρεῦσι); C,5 (Μεγαρεῦσιν) μέγας, μεγάλη, μέγα: χι,1 ([μέγα|); Β,6 (μεγάλου) Μελάνωπος: 15,1 (Μελάνωπε) μέλας. aLva, αν: τ,8 (μέλαν) μέν: 12,3; IV, C,1 (nen); x,6 (nen); x,8 (μέν); x,10 (μέμ); C,7 (μέν)

Μενέδημος: xıı,21 (Μενέδημος) Μενέξενος :x11,19 (Μενέξενος) Μένυλλος. ὁ: 11,3 (Μενύλλου)

μένω: xII,3 ([p.]Evav) μέρος. τό: χ,8 (μέρος) μετά: 8,3 (μετά A[-] aut petad[-]); ε,6 (μέτα); 1,10; x,2 (uc®a|- - -] aut peda|- - -]}

μέτειμι: 1,3 (μετιόντας) μέτρον, τό: 12,3 (μέτρο! ν]|)}

μέχρις: 6,15 (μέχρις) Μητρίχη: e,4 (Μητρίχη)

Μητρόδωρος: e,2 (Μητροδώρδ)

hiv, A 12 (pe) uf: 1,9 (μάν)

Μῆδος, ὁ: 111,4 (Μέδοισι); vı,4 ([Μέδους])

μήτηρ: e,3 (μἡτηρ)

μητίω: 1,2 (ἐμξτίσαντ᾽) Μικέας: v111,63

Μίλητος: B,3 (M[tA|n[to]y)

μνῆμα, τό: 4,2 (μνᾶμα); 7,1 (uväu’); 14,2 (μνῆμα); da (uvîiua); 6,3 (μνῆμα); vizi (μνῆμ᾽); X,5 (uvéu'); xV,97 (uvîu'); B,1 (uva|ua]); γ,1 (μνᾶμα) μνήμη, : Β,4 (uviun)

Μνησίφιλος: xv,12 (Μνεσίφιλος)

μοῖρα, ἢ: μυρίος. α, Μυχάλη: μυχός, 6:

ο,1 (μοῖραν); ε,6 (nolpav); c,6 (μοῖραν) ον: Β,12 (μυρίος) c,9 (MuxdAac) B,10 (μυ[χ]ούς)

ναίω: 11,2 (ναίξι); VI,1 (ἐναίομες) Ναξιάδης: xv,75 (Ναχσιάδες) Ναύκρατις: Β,12 (Ναύκρατιν)

ναυμαχία, ἡ: 8,4 ([ναυ]μαχίαι) ναῦς. ἢ: 1,2 (ναυσὶν); vI,3 ([νᾶας]}; Α,3 (νηῶν) Ναυσικύδης: 12,1 ([Na|votxudec) Ναυσίστρατος: 1,7 (Navototpato) νεαρός. d, ὀν: 2,3 (νεαράν); 4,3 (νεαράν) vetzoc, τό: β,Α,2 (νείκεα) Νεῖλος: Β,12 (Νείλου)

νέμω: A,2 (νέμωσι)Ἅ νέομαι: 2,4 (vEode) Νηλεῖδαι, ὧν: Β,6 ([Ν] η[λ]είδας) νῆσος, N: V, 2 (νἔσσι); vI,2 ([v&oog]) νικάω: B,13 (ἔνεικε)

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DELLE

PAROLE

GRECHE

205

νίκη, ἡ: Χ,5 (νίκεν) Νικόδημος: xv,67 (Νικόδεμος) Νικόμαχος: xv,31 (Νικόμαχος) Νικόστρατος: χν,49 (Νικόστρατος) Νικόφιλος: xv,15 (Νικόφιλος) Νικέας: νιπ1,10 ([Ν]υκέας) Nicatoc: C,14 (Νισαίων) νοῦς. ὁ: α,2 (νὸν) νῦν: vI,2 ([vöv]); b,4 (νῦν [- - -]) Ξπάντιππος: XII,39 (Χσάντιππος) Ξενοκλῆς: 4,1 (XoEvöxdeeg) BEevav: 1π,9 (Χσένον) Ξενοφῶν: XII,49 (Xoevogdv) ξένος. 6: 2,1(χσένος); 5,1 (ξσένοισι); ντ,1 ([EEve]) ξυνός, ui 6v: C,13 () ὁ, ἡ, τό: 6,2 (τᾶς); 10,4 (τόν); 13,2 (τῆς); 14,4 (τῶι); 4,2 (τ 6); d ,4 (τάν); x,8 (ot); x,8 (ho[t]); xıv,7 (τό); χν,41 (τοῖς); Β,14 (τ άνn: C,1 (τό) ,ὔ

€,5 (οἱ); e ‚6 (τῆς); Iv, C,2 (τοϊσιμ);

: Ca

(τῶν); Ca (ese); 6,3 (τῶ); Ch;

(ὁ); C4 (τῶν); C,4 (τῆς); C,15 (ἢ); β,Δ,3 (70); B,A,4 ω ὄβριμος, ov: Β,5 (ὄβριμος) ὅδε, ἥδε, τόδε: 1,1 (τόνδ᾽; 1,1 (τόδε); 6,1 (öde); 7,2 4,1 (7[68°]); d,10 (αἵδ᾽; 1,1 ([t]odod"); 1,7 (τόδε); 1,10 11,1 (τοῖσζ᾽; vıır,ı ([toL]d"); x,1 ([Rotde]) x,7 (tovde) (οἵδ᾽); xv,2 (hotde); xv,41 (hotde); xv,46 (hotd[e]); ([ἡ ι}) C,13 (τόδε); α,3 (τόδ᾽; γ,1 (τόδε)

(τᾶσδε); 10,3 (τόδ᾽; 13,1 (τῶιδε); 14+22 (τόδ᾽); (τὸνδ᾽; 111,3 (τὸνδ᾽; Iv, A 1,1 (τὸνδ᾽); Iv, A ; x,9 (Πέδε); xI1,1 (οἵδ᾽; x11,22 (hotde); xII1,1 xv,94 (Rotde); B,1 (τόδε);B 1 (rölv]ße); B,8

ὁδός, ἡἡ: 6,1 (ὁδοῖο) οἰκτίρω: 2,2 (οἰκτίρας); 4,1 (οἴκτιρον) Οἰνηΐς: x11,5 (Οἰνηΐδος); x11,43 (Οἰν]εΐδος); xv,20 (Οἰνξίδος); xv,59 (Οἰνείδος) οἷος, x, ον: XIV,1 (Notov) ὄλβος. ὁ: Iv, C,2 (ὄλβος) ὄλλυμι: 1,1 (ὄλεσεν); 2,3 (ὀλέσαντα); 3,2 (ὄλεσε); 4,3 (ὀλέσαντα); ντ1,2 (ὥλεσι); x1,3 (ὀἠλέσαϑ᾽ἢ); B,A,3 (ὄλετ᾽); xıv,2 (δλέσατ᾽

ὀλοφύρομαι: 1,1 (ὀλοφύρομαι) ὄμνυμι / ὀμνύω: B,A,1 (öuolole[v]) ὀμφαλός. 6: C,13 (ὀμφαλῷ) ὁππότε: B,13 (ὁπ[π|ίότ᾽

ὅρκιον, τό: β,Α,1 (Πορκία) ὁράω: XII,4 (ὁρᾶν) ὄρος, τό: C,9 (ὄρει) ὅς, ἥ, 6: 3,2 (μόν); 5,2 ([h]ös); 6,2 (höc); 7,1 (Πός); 9,4 (he; 10,3 (RE); 14,1 (ὃς); 14,2 (6); d,s (ὅς); 1,1 (hotot); x1,3 ([hot]); b,ı (hov); x,11 (hot); B,1 (ot) ὅσος. ἡ, ov: B,13 (ὅσον) ὅστις, ἥτις, ὅ τι: 111,2 (ῃὨόσστις); C,11 (οἵτινες) ὅστε: B,9 ([ot|te) ὅτε: Iv; A 11,1 (hör’); b,3 (höre) οὐ: 7,1 (οὐχ); 14,3 (οὐχ); xIv,3 (où); B,8 (oux) οὐδείς, οὐδεμία, οὐδέν : 4,1([οὐδὲ]ς); 4,8 (οὐδέ {δε }va) οὖϑαρ, τό: Iv, C,2 (οὖθαρ) οὕνεκεν (vel οὕνεκα): vır,ı (h[ölvexev) οὔτις, οὔτι: 11,1 (οὔτι) οὗτος. αὕτη, τοῦτο: 2,4 (ταῦτ᾽); 12,4 (τούτῳ!ν])}; d,5 (οὗτος); γ,2 ( [τ] οὔτο) οὗτο: IX, 1 ([ῃ6δ]το); D,1 (οὗτο)

Iayat (dor.): cfr. ΠΠηγαί παῖς. ὁ, ἢ: 11,3 (nat); 1,2 (παῖδες); x,12 (παῖδες); ς,2 (παῖς); B,A,ı (παιδός)

ΠΠάλιον (dor.): cfr. Πήλιον Πανδιονίς: d,10; xv,16 (Πανδιονίδος); xv,70 (Πανδιονίδος)

206

INDICE

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GRECHE

Παλλάς: Iv, C,1 (Παλλάδος)

πανδαμάτωρ, ὃ: 8,2 (πανδαμάτδρ) Πανδιονίς: x11,18 (Πανδιονίδος); x11,31 (ΠΠ]ανδιονίδος); xv,53 (Πανδιονίδος) πανϑηλής. ἐς: IV, C,2 (mavdaréc) παρά: 1,2 (παρά); 3,1 (παρά); XI1,3 (παρά); xv,94 (παρ᾽

πάρειμι: 2,2 (παρίτο) ΠΠαριηνός: e,ı (Παριηνός); e,2 (ΠΠαριηνός) ΠΠάριος, a, ov: vır,ı (Πάριοι) πᾶς. πᾶσα, πᾶν: 16,4 (πᾶσ ιν]); 4,ο (πᾶσιν); ε,6 (πᾶσι); Iv, A 1,2 (πᾶσαν); χιν,7 (πᾶσι); B,3 (πᾶσαν); Β,14 (πᾶσιν) πάσχω: 1,7 (παϑόντε)

πατήρ, ὁ: 4,4 (πατέρα); B,9 (πατέρων) πατρίς, ἢ: 1,6 (πατρίδ᾽); 1Χ,3 (πατρίδος); x,13 (πατρ[(δ᾽]); x1,3 ([πατ]ρίδος); xv,95 (πατρίδα); Β,2 (π|α]τρίδα); D,3 (πατρίδος); ε,1 (πατρίδος)

παῦρος. ον: 11,5 (παυρότεροι) πεδίον, τό: 11,4 (πεδίδι); C,11 (πεδίῳ) πεζός. δ: IV, AI, 2 (πεζοί); ν, 1 ([πε|ζοί); x11,2 ([π|εζῶν) πέλας: 4,1 ([π]έλας)

πελταστύς. ὁ: ([π|ελταστής) revdog, τό: 1,6; VIII,2 (πένϑο!ς]) περί: 6,2 (περί); 7,2 (πέρ); 12,2 ([π]έρι); ν111,2 ([me]ot); 1Χ,3 (περί); x1,3 ([περί]}}; D,3 (περί)

ΠΕερικλῆς: ε,4 (Περικλεῖ) Ileppatd, ὁ: 1,1 (Πυραιβον) Πέρσης: Iv, A 11,2 (Ilepoöv); vı,3 (ΠΠέρσας])} Ilepotxoc: C,1 (Περσικῶι) Ilepwv: 111,26 (IlEoöv) πίμπρημι: Iv, A 11,2 (np&oaı) πιστός. ἡ, dv: b,2 (πιστίός])}; x,9 (πιστοτάτεν); χιν,8 (πιστόν)

IInyat: 4,6 (αγᾶν) [Πήλιον : C,7 (ΠΠαλίω) πημαίνω: 4,8 (τημάνας) πλεῖστος. ἡ, ον: ΧΙ,4 ([πλείστοις) πλωτός., ἡ, iv: Β,11 (π|[λ] τὸν) ποϑέω: x,10 (ποϑεῖ) ποιέω: α,3 (ἐπόξ); C,4 (ἐποίησεν); C,5 (ἐποίει); γ,1 (ποίξεσε) πόλεμος. ὁ: 2,3 (πολέμοι); 4,3 (πολέμοι); 14,4 (mMoAtut); 111,5 (πόλεμον); 1x,2 ([π]ολέμυ); ΧΙ,1 ([πολέμο]}; κιν,2 (πολέμοι); xv,42 (πολέμοις); xv,96 (πολέμ); Β,6 (πο[λέ]μου); C,1 (πολέμωι); D,1

([π]|ολέμου); B,A,2 (πόλεμον) πόλις. ἢ: 11,1 (πόλεος); x,10 (πόλις); Β,11 (πόλη ας); C,4 (πόλεως); C,15 (πόλις) πολίτης, ὁ: 1,9 (πολῖταξ) ΠΠολίτης: xv,23 (Πολίτες) ΠΠόλλιχος: vırı,4 ([Π]όλλιχος) πολύς, πολλή, πολύ: 1,3 (πολλὸν); 7,2 (πολόν) ; 111,5 (πολλὸν)

[]ολύστρατος: x11,33 ([Π]ολύστρατος) πόντος.

6: B,10 (πόντου)

πορτιτρόφος. ον: IV, C,2 (πορτιτρόφο) Ποσείδιππος: xv,34 (Ποσείδιππος) πότε: 3,2 (ποτ᾽); 5,2 (πο[τ᾽])); νι,1 (ποκ᾽); x1,3 ([mote]) Ποτειδαία: χ,1 (Ποτ[ειδαίαι]}); x,7 (Ποτειδαίας); χ,11 (Ποτειδαίας)

πρᾶγυα, τό: 2,4 (πρᾶγμ᾽ Πραξιτέλης: γ,1 (Πραξιτέλει) πρόγονος. ον: Χ,4 (πρόγονος) Προκλείδας: 6,1 (Προκλείδας) πρόμαχος. ον: 3,2 (προμάχοις); 5,2 (προμάχοισ᾽); Χ,11 (πρ[ο]μάχοις) προπάροιϑε: Iv, C, 1 (προπάροιϑεν) ; Β,7 (προπάροιϑεν) πρός: B,9 (πρός)

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DELLE

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GRECHE

207

προσεῖδον (aor.): 4,2 (προσιδὸν) πρόσϑεν: ıv, A 11,2 (πρόσϑε); Χ,11 (πρόσϑε)

πρόφρων, ονος: XIV,5 (πρόφρον) προχοαί, at: B,12 (προχοαῖς)

ΠΙρώταρχος: xv,80 (Πρόταρχος) [Πυϑίων: d,2 (Πυϑίων)

Πυϑόδωρος: χν,6 (Πυϑόδοσρος); xv,9 (Πυϑόδορος) [1ύϑων: x11,27 ([Π]|ὐϑον) πύλη, N: Iv, A 11,1 (πυλον); χ,7 (πύλας)

πυνθάνομαι: 11,3 (πεύσεται) πυργόω: Β,11 (ἐπυργ[ώσ]αντο) Πυριάδας: 7,1 (Πυριάδα) πῶλος. ὁ, ἡ: 4,2 (πὄλοις) Ῥοδοχλῆς: xv,21 (Ῥοδοχλξς)

609, N: 1,2 (οῃοξαϊσι) ῥύομαι: vI,4 ([phuoauedal); Β,6 (ῥυόμενοι) Σαλαμίς, ἡ: vI,2 ([ZaXaptc]); C,9 (Σαλαμῖνος) σῆμα, τό: 1,1 (σᾶμα); 4,2 (oîua); 3,1(0îua); 6,1 (σᾶμα); b,3 ([σ]ξ μα); 4,1 (σάματι); α,3 (σξμα); γ,2 (σᾶμα)

σημαίνω: Χ,3 (σεμαίνεν) Σημιχίδης: xv,93 (Σεμιχίδες) σϑένος. τό: XIV,3 (σϑένος)

σιδήρεος. &, ον: 11,2 (σιδάρεον) Σιμωνίδης: xv,71 (Σιμδνίδες); C,5 (Σιμωνίδης) Σμικρίων: XV,73 (Σμικρίον) Σπάρτολος: X11,23 (ἐΣ παρτόλο! ι)} σός. ἡ, ov: 4,2 (σόν) σοφία, N: 12,3 (σοφίας) σοφός. ἡ, όν: 4,4 (σοφόν)

Σπινϑέρας: vII,56 ([Σ]πινϑέρας) στέλλω: Β,11 (στείλαντες) στενάχω: XV,96 (στενάχξμ); γ,2 (στενάχοντες) στέφανος. ὁ: 11,2 (στέφανον) στεφανόω: III,4 (ἐσστεφάνσσαν) Στίλπων : VIII,15 (Στίλπον); ν1],6όο (Στίλπ [ον) στονόεις. εσσα, εν: 1,3 (στονόξεσαν)

στρατηγός. ὁ: χν,4 (στρατεγός) στρατιώτης, ὃ: ε,1 (στρατιώτης); €,2 (στρατιώτης) σύζυγος. ον: Β,3 (σύζ[υγ] ον) Σύλικος: VIII,90 (Σύλικος) σύν: 11,3 (σύν); XIV,7 (σύν)

συναραρίσκω: B,5 (συνήραρεν) συμμείγνυμι:β,Α,2 (συνμείσχιν) Σφενδονίων: VIII,19 ([Σ]φενδονίον) σφετέρος. a, ον: C,2 (σφετέ[ο[ην); xv,95 (σφετέραν)

σῴζω: d,5 (ἔ-σ-ωισεν) σώμα: 4,3 (σώματι); x,6 (σόμ[ατα!|)} Σωτελίδης: XV,34 (Σστελίδες)

σώφρων, σῶφρον: 4,4 (σόφρονα); b,2 (σόφρον) Τάναγρα: 11,4 (Tavaypas); viri,1 ([1 αν]άγραι); x11,23 (Tavayoat) ταῦρος, ὁ: C,15 (ταῦρον) τάφος. ὁ: Χ,8 (τάφο) τε: ε,4 (τ᾽; 1,8 (τ᾽; 11,2 (τ᾽; Iv, A 1,2 (τε [- - -]); ν,1 (τε); B,10 (τ᾽; Β,12 (1°); Β,14 (τ᾽); α,2 (τε);

BA 0)

τεῖχος. τό: X,9 (τεῖχος); X11,3 (τείχεσιν) τελέω: XIV,1 (τελέσαντες) τέλος. τό : XIV,8 (τέλος)

208

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GRECHE

TeXéotag: vır,ı2 (Τελέστας); vir1,86 (Τελέσστας)

Τέλλην: 13,1 (Τέλλην) τέμενος. τό: C,8 (τέμενος) Τέτιχος: 2,2 (Τέτιχον) τεύχω: 11,3 (τεύχον) Τήλεφος: xv,8 (Τἔλεφος) τίϑημι: 10,2 (ἔϑεκα); 6,3 (ἔθηκεν); νιι,1 (ἔθεσαν); x,9 (ἔθεντο); Χ,12 (ϑέντες); χιν,8

(ἔϑεκε); XV,97

(ἔθεσαν)

τιμή, 9: ο,4 (τιμήν)

Τιμόμαχος: x11,53 (Τιμόμαχος) Τιμόνοϑος: xv,86 (Τιμόνοϑος) Τιμόξενος: 11,11 (Τιμόχσενος)

Τιμοφάνης: x11,26 ([T]uogdvEc) τις: 2,1 (τις); XIV,3 (τις)

Ἄτλάω (aor. ἔτλην): c,11 (ἔτλαν) τλήμων, ονος: XIV,1 (τλέμονες) τοί: 6,7 (τοί); c,9 (tot); C,9 (τοί); c,11 (τοί);

Τόκης: vır,ı (Τόχκεω) τολυμάω: XII, 4 (τολμήσαντες) Τόλμις: 111,20 (Τόλμις) τοξοφόρος., ὁ, N: C,8 (τοξοφόρου) τότε: 15,3 (TOT); 1,6

τρεῖς, τρία: 6,3 (τρξς); d,s (τρξς)

ὕβρις, 9: 16,2 (ὕβρ[ιν])

υἱός, 6: 10,4 (Nuov) “Ὑλλεῖς, ot :vIII,3 (Πυλλξξς)

ὑλοτόμος, ὁ: 14,3 (ὑλοτόμον) ὑμεῖς: χιν,3 (Πυμᾶς) ὑμέτερος. x, ον: XIV,6 ([Π]υμετέροι) ὑπέρ: ε,1 ([ὑπὲο] ὑπό: III, 2 (hvo’); vır,ı ([ἢυπό]}; C,7 (ὑπἢ

ὑποδέχομαι: x,5 (ὑπεδέχσατο) Ὑσεμάτας: 4,1(ηυσεμάταν) Φαιδιμίδες: χν,13 (Φαιδιμίδες) Φαιδρίας: 111,27 (Φαιδρίας) Φάνης: 5,1 (Φάνες) Φανίας: xv,69 (Φανίας) Φανόϑεος: x11,32 ([Φ]ανόϑεος)

φέρω: B,9 (φέρομεν) φεύγω: 7,1 (φεύγεν); x,8 ([φυγόντες) φημί: 111,2 (Φεμί) φϑίνω: 2,3 (φθίμενον); 4,3 ([φ9] μενον); &,4 (φθιμένοιν); x,5 (φϑ)|ίμενσι]); Β,1 ([φ]ϑιμ[έ]νων) Φιλέας: vır,84 ([Φ]ιλέας) Φίλιος: xv,90 (Φίλιος) Φιλιστίδης: χν,54 (Φιλιστίδες)

Φιλοκράτης: VIII,14 (Φιλοκράτες) Φιλόκωμος: xV,50 (Φιλόκσμος) φίλος. N, ον: b,1 (φίλον); e,3 (φίλη); 5,1 (φίλος) Φίλων: χν,77 (Φίλον) Φοῖνιξ: νιτ1,82 (Φοῖνιξ) Φοῖνιξ, ικος / Φοινίσσα, ng: v1,3 ([ϑοινίσσας) φόνος. ὁ: 1,2 (φόνον)

φράζω: XIII,3 (φράζεσϑ ]αι]}}; χιν,8 (φράζεσθαι) Φρύμαιος: 14,2 (

pduatoc) Φρύξ : 14,1 (Φρυγῶν) φυλή, ἡ: d,5 (φυλάς); 4,10 (φυλαὶ)

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DELLE

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GRECHE

209

Χαιρῆς: xV,19 (Χαιρξς) Χαιρίας: χν,82 (Χαιρίας) χαίρω: χι,1 ([yatpete]) Χαροπίδης: χν,74 (Χαροπίδες) Χάροψ: 1,1 (Χάροφ) χείρ, ἢ: VIII,1 ([xepolt); c,12 (χεῖρας) χέω: y,2 (χέαν) Χερσόνησος: ΧΥ,1 (Χερρονέσσι) χϑών, ἡ: χ,6 ([χϑόν])} Χίονις: χν,52 (Χίονις)

χρόνος, 6: C,3 (χρόνωι)

ψυχή, N: 12,4 (ψυχήν); Χ,6 (φσυχάς); x, 12 (φσυχάς); XIv,2 (φσυχάς); B,A,3 (σφυχίέ]) Ὦς: 11,3 (6); ντ,1 ([6])

ὠκύπορος. ον: Α,3 (ὠκυπόρων) ὡς: 1,10 (Πδς); 111,3 (hoc) ὥστε: xV,96 (höcT’) PAROLE

MUTILE

NON

INTEGRATE*

* In tale indice & stata riprodotta la sequenza di lettere leggibile sulla pietra, senza alcuna normalizzazione del testo. a|- - -[: 11,2; X,2

Κα - - -]: vI11,39

[- - -ἰα: 15,3 ... .Jau[- - - ]: vıı,54 Ato[- - -]: v111,73 ἌΛΔ|- - -]: vII1,35 av| ----- - |: ıv, A 1,2

Kagpılo -- =]: 10,4 λ[- =]: 8,1; 8,3 (aut μεταλί- =]) [- - -ἰλείδας: vIII,103 Neo|- - -|: vI11,33 Λυ[- - -]: VI11,37; VIII,79

Ἄντ!Ι- - -[: Υ1Π|,80 ἀποί- - -|: b,3

[- - -Jau|. |: 2,1 ... .]ua[- - -]: ν 1,7

’Ap|- - -]: v111,36

[- - -Juaxos: VIII,104

Ἄρχε![- - -|: vı11,78

Me|- - -]: v111,107

[- - -]xg: vIII,99 A[- - -]: vI11,108

ueda|- - -|: Χ,2 μεταλ- =]: 6,3

Aa|- - -|: vI11,106

Mooy|- - -]: v111,30

[- - -]de: xıv,5

Mvore|- - -]: v111,77

Aopou[A - - -]: vIII,76

[- - -ἰν: vI11,102

è|- - -]: b,1; b,2 ἘΠ- - -]: v111,34 E]. .JA[..]c: vır,82 [- - -Jevro: 1x,4; D,4

22 -=jv:1v, A 1,2 [- |ν: A,4 [- - -|va[- - -]: D,4 [- - -]vo[- - -]: €,3

[- - -]epetov:

vl.Je[- - -]:1v, A 1,1

ΙΧ,1

[- - -Jepooe: b,1 Εὐχ|- - -]: Ν11,32

[- - -Jo: b,1; ν,2 [- - -Jor: 8,3; b,3

F[- - -]: v111,40

[- - -ἰοισα: 9,1; 10,4 ([-= 7, 7,

112: p. 139. 115-120: p. 138. 127: p. 37. 142: p. 37.

15, 522: p. 37.

050: p. 99. 282-287: p. 190, 33: Ρ' 55. 57: Ῥ. 67.

7, 62: p. 67.

16, 182: p. 166.

7, 89: p. 51:

16, 16, 16, 16,

482-484: p. 72. 613: p. 139. 659: p. 138. 687: p. 89.

9, 10, 11, 11,

455: 322: 171: 265:

16, 16, 16, 17,

719: pp. 98, 113. 843-861: p. 35. 857: p. 35. 30: p. 138.

11, 11, 12, 15,

383: 598: 1-6: 521:

Ρ' p. p. p.

51. 40. 89. 128.

p. 28. pp. 28, 30. p. 99. p. 51.

17, 166: p. 138. 17, 512: p. 166.

17, 25: P. 99. 17, 382: p. 32.

17, 529: p. 139. 17, 590: p. 17.

17, 436: p. 109. 18, 379: p. 37.

17, 632: p. 90.

19, 395: Ρ. 65.

17, 18, 18, 18,

21, 22, 23, 24,

671: 277: 303: 364:

p. p. p. p.

51. 99. 99. 51.

18: p. 51. 210: p. 108. 246: p. 41. 507-512: p. 62.

18, 456: p. 17. 19, 1-2: p. 99.

Hymni Homerici

19, 414: p- 17. 20, 67: p. 138.

h.Merc., 562-563: p. 149. h.Ven., 218-219: p. 99.

20, 222: p. 41.

226-227:

p. 99.

221

222

INDICE

Ibycus

Isaeus

or. 5, Dicaeog., 3-6: p. 140.

42: p. 140. 44: p. 140.

or. 12, Panath., 126: p. 33. or. 16, De bigis, 25: p. 34. Lucianus DDeor., 19, 1: p. 29.

Nav., 22: p. 32. Lycurgus In Leocr., 43-44: p. 173. 70: p. 114. Lysias 2, 24: p. 100. Mimnermus

fr. 12, WEST, IE’, II: p. 100. Nonnus D., 27, 317: p. 33. 37, 319-323: p. 107. 37, 320: p. 108. 41, 63-64: p. 33. Panyasis

fr. 7, BERNABE, PEG, 1: p. 151.

» »

aq

Pausanias 2, 6: p. 14, 5: p. 15, 3: p. 27, 5: p.

1, 2, 2, 2, 3,

43, 4, 7, 15, 6,

4: P. 139. 1-3: p. 107. 6: p. 44. 1: p. 125. 1: p. 150.

4, 31, 5: p. 101. 4, 32, 4: pp. 150, 172. 4, 32, 6: p. 150.

5, 10, 4: pp. 64, 101. 6, 6, 6, 6, 6, 7, 8, 9, 9, 9, 9,

3, 2: p. 41. 4, 6: pp. 42, 166. 14, 6-9: p. 42. 15, 2: p. 41. 16, 2: p. 41. 4, 9-10: p. 30. 8, 9: p. 118. 2, 4: p. 25. 2, 5-6: p. 16. 13, 6-7: p. 172. 15, 6: pp. 172, 173.

9, 9, 10, 10, 10,

34, 5: p. 29. 39-40, 2: p. 149. 9, 2: p. 42. 9, 7 : p. 171. 37, 6: p. 34.

Pherecrates fr. 142, PCG VII: p. 107. Philostratratus VA, 3, 11: p. 101. VS, 2, 1: p. 102. 2, 10: p. 101.

Pindarus 33. 17. 107. 149.

»

»

LETTERARIE

3, 14, 1: pp. 16, 25.

Isocrates or. 4, Paneg., 124: p. 33.

AA SA A

FONTI

1, 41-43: p. 139.

fr. S 151, Davies, PMGF: pp. 157, 166.

29, 4: pp. 16, 101.

O., 1, 27: p. 65. 3, 14-18: p. 99. 3, 26: p. 107. 3, 41-45: p. 100. 5, 1-4: p. 99.

»

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βρῶ

6: pp. 21, 72, 73, 74, 125, 135. 7: pp. 15, 16, 109, 125. 8: p. 125. 8-9: p. 125. 9: p. 124.

29, 13: pp. 74, 138, 149, 154.

29, 29, 30, , 32,

»

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29, 4-5: p. 72. 29, 29, 29, 29, 29,

14: p. 149. 15-16: p. 16. 4: p. 107. 3: p. 101.

, 32, 4: pp. 16, 107.

1, 32, 5: p. 147.

8, 32: pp. 62, 63. 8, 82: p. 62. 9, 19-20: p. 100. 13, 65-82: p. 107. P., 1, 74-76: p. 157.

2, 5-6: p. 100. 2, 8: p. 41. 2, 65: p. 107. 4, 72: p. 128. 6, 50: p. 148. 7: P- 34. 7, 10: p. 32. 12, 3: p. 113.

INDICE

DELLE

FONTI

I., 1, 10: p. 62.

870d: p. 114.

1, 14: pp. 62, 63.

870€: pp. 110, 112. 870f-871a: p. 115.

1, 64-67: p. 63.

223

LETTERARIE

1, 66: p. 62. 2, 43-46: p. 78. 2, 45: p. 100. 4, 5-13: p. 100. 4, 16-17: p. 127. 4, 68-69: p. 129. 5, 26-29: p. 25. 5, 33: p. 107. 7, 19: p. 68. 7, 23-26: p. 25. 7, 37: p. 125. N., 3, 3-4: p. 58. 3, 20: p. 100. 4, 69: p. 100. 4, 81: p. 78.

Polemo

Historicus

(ed. Müller)

fr. 18: p. 40. Pollux 8, 91: p. 25. 9, 83: p. 30.

Polyaenus 2, 1, 21: p. 72. 2, 3, 8: p. 150.

Polybius 10, 5, 1: p. 138. 10, 24, 7: p. 96.

5, 1-6: pp. 78, 100. 9, 9: p. 58. 9, 24-27: p. 150. 11, 19-21: p. 100. Pae., 6, 134-135: p. 158. 9, 41: p. 151.

Schol. in Pi., O., 13, 32b: p. 115. Schol. in Pi., P., 1, 152: p. 97. Plato Alc., 1, 112c: p. 149. 1, 1324: p. 133. Grg., 509A:

p. 91.

Mx., 241b: p. 100. 2424: p. 126. 249b: p. 25. R., 5434: p. 68.

Sappho (ed. Voigt) fr. 58, 19-22 + pap. Colon., 21351+21376: p. 99. Scholia in Dionysium Thracem (ed. Hilgard) p. 191: p. 96. Ρ. 484: p. 96.

Simonides fr. 11, WEST, IE’, τι: p. 18. fr. 531, PAGE, PMG: p. 13.

Solon (ed. WEST, IE?) fr. 13, 52, II: p. 68. fr. 32, 3: p. 62. Sophocles Aj., 596-597:

Plutarchus Ages., 19: p. 148. Alc., 12, 3: p. 41. 29-32: p. 155.

Alex., 34, 2: p. 42. Arist., 5: p. 107.

Cim., 7: p. 118.

p. 113.

El., 97-99: p. 72. 418: p. 148. 1273: p. 148. OC, 1070: p. 107.

OT, 863-910: p. 149. 1020: p. 71. Tr., 20: p. 147.

12, 5: p. 109.

1164-1173: p. 149.

14, 2: p. 118. Lyc., 27, 2: p. 22.

frr. 113-121, TrGF ıv: p. 113.

Nic., 17: p. 147. Per., 19, 1: p. 154. 22: p. 81. 30, 3: p. 142.

fr. 271, TrGF ıv: p. 88. Stesichorus (ed. Davies, PMGF) fr. S 222b, 302: p. 113.

appendix inedit. Stesich., fr. 1, 4-5: p. 107.

Sol., 11: p. 34. 27,1: p. 34.

Strabo

Thes., 35: p. 134. Mor. 11, De mal. Herod., 870: pp. 114, 119. 870C: p. 114.

1, 1, 8: p. 99. 6, 1, 12: p. 42. 6, 2, 4: p. 88.

224

INDICE

DELLE

FONTI

LETTERARIE

7, fr. 44: p. 118.

2, 34, 5: pp. 16, 101.

8, 9, 9, 9, 9, 9, 10,

2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 3,

36-46: pp. 134, 138. 46: pp. 35, 87, 129, 173. 47-54: p. 84. 70: pp. 134, 140. 79: ΡΡ. 70, 140, 142. 79, 2: p. 140. 87: p. 129. 51: p. 142.

3, 3, 3, 3,

55: 58, 6δ: 86:

5, 2: p. 57. 1, 20: p. 33. 5, 12: p. 88. 5, 19: pp. 88, 89. 5, 20: p. 88. 5, 22: p. 88. 5, 7: p. 118.

Suidas S.V. ὁμωχέτας: p. 150. s.v. Σαμίων ὁ δῆμος ὡς πολυγράμματος: p. 13. s.v. Tertıyopöpot: p. 33.

p. 4: p. p.

57. p. 16. 57. 73.

3, 91: pp. 21, 74.

Theocritus

3, 91, 5: p. 140.

7, 13, 13, 13, 16, 18, 20, 21,

4, 4, 4, 4, 4, 4, 4, 4, 4,

35: p. 99. 11: p. 99. 38: p. 37. 47: P- 37. 5-7: p. 98. 26: p. 99. 25: p. 29. 24: p. 99.

21, 3: p. 81. 28: p. 70. 66-74: pp. 135, 141. 66: pp. 141, 142. 67: p. 142. 68: p. 141. 69: p. 141. 72: p. 141. 73: p. 141.

Theognis

4, 76, 4: p. 74.

403: p. 148. 876: p. 68. 1005-1006: p. 37.

4, 78, 4: p. 88. 4, 93: p. 141. 4, 93-101: p. 141. 4, 95-97: p. 149.

Thucydides

4, 97, 4: p. 150.

1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 2, 2, 2,

4, 4, 4, 4, 4, 4, 4, 4, 4, 4, 4, 5, 5, 5, 6, 6, 8, 8, 8, 8,

6, 3: ΡΡ. 32, 34. 13, 4: p. 31. 15, 3: p. 161. 23, 3: p. 84. 63: p. 133. 98: pp. 118, 154, 155. 100: p. 109. 100, 2: p. 118. 100, 3: p. 118. 107, 5: pp. 73, 124. 107-108: pp. 62, 126. 108: pp. 57, 64, 79. 113: p. 149. 113, 2: p. 149. 114: p. 81. 115, 1: p. 81. 115-117: p. 155. 132, 2: p. 25. 17, 2: p. 149. 22: pp. 72, 135. 22, 3: p. 62.

101: Ρ. 149 102: p. 118. 102, 4: p. 117. 104, 4: p. 119. 106, 3-4: p. 119. 108, 6: p. 154. 109: p. 141. 109-116: p. 141. 120-123: p. 141. 123: p. 70. 129: p. 70. 6: p. 70. 18, 5: p. 141. 84-116: p. 74. 43: p. 125. 54, 5: p. 38. 28, 4: p. 171. 67: Ρ. 107. 71: p. 70. 102: p. 68.

2, 31: p. 141.

Tyrtaeus (ed. WEST, IE?, 11)

2, 31, 2: p. 84. 2, 31, 3: p. 142. 2 , 34: p. 16.

fr. 10-12: p. 32. fr. 10, 1: pp. 44, 51. fr. 10, 9: p. 62.

INDICE

fr. fr. fr. fr. fr. fr.

10, 10, 12, 12, 12, 12,

21: p. 31: p. 18: p. 23: p. 23-24: 33-34:

DELLE

FONTI

44. 44. 147. 44. pp. 133, 170. Ρ. 28.

LETTERARIE

Cyn., 5, 30: p. 68. HG, 1, 2, 1, 3: 6, 1,

1, 1, 34: p. 70. 1-13: p. 155. p. 155. 19: p. 88.

7, 5: p. 173.

HG, pap. Oxy. 1 Bartoletti: p. 155. Xenophon Ages., 6, 3: p. 99.

Mem., 3, 1, 7: p. 96. Oec., 4: p. 41. C.

AUTORI

LATINI

[C. Iulius] Caesar

[Titus] Livius

Gall., 1, 26: p. 175.

22, 7, 5: p. 175. 33, 11: p. 175. 36, 13: p. 62.

[M. Tullius] Cicero div., 1, 3-5: p. 149. 1, 74: p. 150. nat. deor., 3, 49: p. 149. 3, 56: p. 149.

[M. Valerius] Martialis 7, 69: p. 33.

11, 42: p. 33.

Tusc., 1, 101: pp. 13, 176.

[Cornelius] Nepos Ciris

Milt., 4-5: p. 100.

128: p. 33.

[P.] Ovidius [Naso] [M. Cornelius] Fronto (ed. Fleury) de bell. Parth., 1: p. 102. Front. principia hist., 2: p. 102. [Aulus]

Gellius

ars, 2, 421: p. 139. met., 7, 443: p. 139. 8, 7-8: p. 139. 12, 209: p. 62. frist., 1, 10, 39: p. 139.

3, 7, 19: pp. 13, 176. [(P.) Cornelius] Tacitus

[Q.] Horatius [Flaccus] carm., 3, 2, 13: p. 175.

ann., 1, 62: p. 175.

2, 7: p. 175.

225

INDICE

DELLE

TAVOLE

Fic. 1. Particolare del verso (ribaltato) del calco dell’epigramma di Charops (n. 1). Berlino, archivio BBAW.

Fotografia: Marco Tentori Montalto. Fic. 2. L’epigramma di Tetichos (n. 2). Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 10650). Fotografia: Marco Tentori

Montalto. Fic. 3. Statua e base con l’epigramma Kroisos (n. 3), Atene, Mus. Nazionale (inv. n. 3851). Fotografia: Marco

Tentori Montalto. FIG. 4.1. Epigramma di Hysematas (n. 4), lato A. Argo, Museo (inv. n. E212). Fotografia: Marco Tentori Montalto. Fic. 4.2. Epigramma di Hysematas (n. 4), lato B. Argo, Museo (inv. n. E212). Fotografia: Marco Tentori Montalto. Fic. 5. Particolare del recto del calco dell’epigramma di Phanes (n. 5). Berlino, archivio BBAW. Fotografia: Marco Tentori Montalto. Fic. 6. Epigramma di Pyrhiadas (n. 7). Atene, Mus. Epigrafico (inv. nn. 8937 + 8938). Fotografia: Marco

Tentori Montalto. FIG. 7. Verso (ribaltato) del calco dell’epigramma da Imbro (n. 8). Berlino, archivio BBAW. Fotografia: Marco Tentori Montalto. Fic. 8. Epigramma di Theotimos (n. 11). Riproduzione fotografica tratta da HELLY 2004, p. 28, fig. 1. Fic. 9. Faccia principale con l’epigramma di un peltasta (n. 13) e lato sinistro del pezzo. Atene, Museo Agora (inv. n. 1 4507). Fotografia: Marco Tentori Montalto. Fic. 10. Epigramma di un caduto ateniese (n. 16). Atene, Mus. Agora (inv. n. 1 5586). Fotografia: Marco Tentori Montalto. FIG. 11. Frammento di epigramma dei caduti ateniesi (n. 11): lato sinistro con anathyrosis e faccia principale iscritta. Atene, Mus. Agora (inv. n. 1 555). Fotografia: Marco Tentori Montalto.

FIG. 12.1. Verso (ribaltato) del calco della stele dei caduti della tribù Erechtheis (n. 111), realizzato da Marco Tentori Montalto. FIG. 12.2. Disegno della stele dei caduti della tribù Erechtheis (n. 111), realizzato da Marco Tentori Montalto.

FIG. 13.1. Il lapis A (fr. b) della base di Atene con gli epigrammi di Maratona (n. Iv). Atene, Mus. Agora (inv. n. I 303). Fotografia: Marco Tentori Montalto.

FIG. 13.2. Il lapis A (fr. a) della base di Atene con gli epigrammi di Maratona (n. Iv). Atene, Mus. Agora (inv. n. I 303). Fotografia: Marco Tentori Montalto.

FIG. 13.3. Il lapis C della base di Atene con gli epigrammi di Maratona (n. Iv). Atene, ᾿Αποϑήκη τῆς Γ᾽ ’Eoopetag (inv. n. M 3258). Fotografia: Φωτογραφικό ᾿Αρχεῖο τῆς Γ᾽ Epopetac. FIG. 14. Frammento di un epigramma di una battaglia terrestre e una navale (n. v). Atene, Mus. Agora (inv. n. 1 6963). Fotografia: Marco Tentori Montalto.

FIG. 15.1. Disegno di Marco Tentori Montalto dell’epigramma dei Corinzi caduti a Salamina (n. vi). FIG. 15.2. Particolare del verso (ribaltato) del calco dell’epigramma dei Corinzi caduti a Salamina (n. vi). Berlino, archivio BBAW, calco dell’edizione IG 1° 927 (1924). Fotografia: Marco Tentori Montalto. FIG. 15.3. Particolare dell’epigramma dei Corinzi caduti a Salamina (n. vi). Atene, Mus. Epigrafico (inv. n.

22). Fotografia: Marco Tentori Montalto. FIG. 16. Frammenti d + g + copia c della stele degli Argivi caduti a Tanagra (n. vini). Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 10275 + 13306). Fotografia: Marco Tentori Montalto.

FIG. 17. Faccia principale iscritta del fr. b dell’epigramma degli Ateniesi caduti a Potidea (n. x). Atene, Mus. Agora (inv. n. 1 2277). Fotografia: Marco Tentori Montalto.

FIG. 18. Stele con l’epigramma dei cavalieri ateniesi (n. x11). Riproduzione fotografica tratta da PARLAMA -STAMPOLIDIS 2000, p. 396, n. 452. FIG. 19. Frammento di epigramma ateniese (n. xImi). Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 10261). Fotografia: Marco Tentori Montalto. Fic. 20. Parte destra del blocco 11 della base con l’epigramma degli Ateniesi caduti in una sconfitta militare (n. xIv). Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 12746 a-B + 12747). Fotografia: Marco Tentori Montalto.

228

INDICE

DELLE

TAVOLE

FIG. 21. Epigramma di una battaglia navale (n. A). Atene, Mus. Agora (inv. n. I 4256). Fotografia: Marco Tentori Montalto. Fic. 22. Disegno di E. Pernice (1909) dell’epigramma dei Milesii caduti contro i Megaresi (n. B). Berlino, archivio BBAW. Fotografia: Marco Tentori Montalto.

Fic. 23. Epigramma dei Megaresi caduti nelle Guerre Persiane (n. C). Megara, Museo (inv. n. 146). Fotografia: Marco Tentori Montalto. Fic. 24. Epigramma di Hipostratos (?) (n. x). Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 10644). Fotografia: Marco Tentori Montalto. FIG. 25. Epigramma di Gnathios (n. (3). Atene, Mus. Epigrafico (inv. n. 6730). Fotografia: Marco Tentori Montalto.

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238

TAVOLE

FIG. 24

FIG. 25.

COMPOSTO

IN

FABRIZIO

CARATTERE SERRA

IMPRESSO

SERRA

EDITORE, E

MANUZIO PISA

RILEGATO

TIPOGRAFIA DI AGNANO,

*

DALLA

ROMA.

DALLA

AGNANO

PISANO

(PISA).

* Marzo 2017 (cz2/FG13)

Tutte le riviste Online e le pubblicazioni delle nostre case editrici (riviste, collane, varia, ecc.) possono essere ricercate bibliograficamente e richieste (sottoscrizioni di abbonamenti, ordini di volumi, ecc.) presso il sito Internet:

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QUADERNI DELLA «RIVISTA DI CULTURA CLASSICA E MEDIOEVALE)» Collana diretta da Liana Lomiento *

. Domenico Musti, I Telchini, le Sirene. Immaginario mediterraneo e letteratura da Omero e Callimaco al romanticismo europeo, 1999. . GIAMPIETRO MARCONI, Una aemulatio ... a degrado. (P. Aretino, Giornata 2,2: del barone e

della signora), 2001. . STENO VAZZANA, Dante e la ‘bella scola’, 2002. . PIERRE-JACQUES DEHON, Hiems nascens. Premieres représentations de l’hiver chez les poètes latins de la République, 2002. . PLATONE, Il simposio, Introduzione, testo, traduzione e commento a cura di R. Arcioni, 2003. 6. SOFIA MATTEI, Vuoto e materia sensibile nelle Enneadi di Plotino, 2004. 7. RODNEY LOKAJ, Verga seduto all’ombra dell’ilice nera sive Reminiscenze classiche nella Capinera, 2004. . GıuseppE BrocciA, La rappresentazione del tempo nell’opera di Orazio, 2007. . GicLioLa MAGGIULLI, Per alta nemora. La poesia Del mondo vegetale in Seneca tragico, 2007. . ANTONIO Rossini, Il Dante sapienzale. Dionigi e la bellezza di Beatrice, 2009. . ANTONIO Rossını, Dante, il nodo e il volume. Una Lectura di Paradiso 33, 2011. . ANTONIO

RossinI,

Trinità e comunione in Dante, 2013.

. ANTONIO MARTINA, Menandrea, 1-11-111, 2016. . Tra lyra e aulos. Tradizioni musicali e generi poetici, a cura di Luigi Bravi, Liana Lomiento, Angelo Meriani, Giovanna Pace, 2016. . VINCENZO LOMIENTO, Amatorium drama. I! Cantico dei Cantici nel commento di Origene, 2016.

. Marco TENTORI MONTALTO, Essere primi per il valore. Gli epigrammi funerari greci su pietra per i caduti in guerra (vit-v sec. a.C.), 2017. 17. EURIPIDE, Medea, introduzione, testo e commento a cura di Antonio Martina, in preparazione.

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