Contesti ceramici dai Fori Imperiali 9781407310633, 9781407340357

155 12 58MB

Italian Pages [184] Year 2013

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Contesti ceramici dai Fori Imperiali
 9781407310633, 9781407340357

Table of contents :
Front Cover
Title Page
Copyright
Indice
Premessa
Introduzione
FORI IMPERIALI: LA STORIA DI UN PAESAGGIO URBANO ATTRAVERSO I CONTESTI CERAMICI
LA CERAMICA D’IMPASTO DEL FORO DI CESARE
MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO
UN CONTESTO TARDO-REPUBBLICANO DAL FORO DI CESARE
CONTESTI CERAMICI DEL FORO DI NERVA DAGLI AMBIENTI 1 E 2. I VASI DECORATI A MATRICE IN TERRA SIGILLATA ITALICA E LE ANFORE
ANALISI MINERO-PETROGRAFICHE SU ANFORA DRESSEL 21-22 CON TITULI PICTI DAL FORO DI NERVA
UN CONTESTO CERAMICO DALL’AMBIENTE 3 DEL FORO DI NERVA
GLI INTERRI DELLE STRUTTURE REPUBBLICANE DEL FORO DI NERVA. CONSIDERAZIONI SUGLI AMBIENTI 1, 2 E 3
LO SCAVO DI UNA FORNACE METALLURGICA NELLA TABERNA XI DEL FORO DI CESARE
CONTESTI CERAMICI DA DUE DOMUS TERRINEE DEL FORO DI CESARE
CONTESTI CERAMICI DEL XVII E DEL XVIII SECOLO NELL’AREA DELL’AULA DI CULTO DEL FORO DELLA PACE
Abbreviazioni bibliografiche
Indice delle illustrazioni
Indice delle tabelle

Citation preview

BAR S2455 2013 CECI (a cura di)

Contesti ceramici dai Fori Imperiali a cura di



Monica Ceci

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

B A R Ceci 2455 cover.indd 1

BAR International Series 2455 2013

17/12/2012 10:58:14

Contesti ceramici dai Fori Imperiali a cura di

Monica Ceci

BAR International Series 2455 2013

ISBN 9781407310633 paperback ISBN 9781407340357 e-format DOI https://doi.org/10.30861/9781407310633 A catalogue record for this book is available from the British Library

BAR

PUBLISHING

Indice Premessa............................................................................................................................... iii Roberto Meneghini, Riccardo Santangeli Valenzani Introduzione .......................................................................................................................... iv Monica Ceci Fori Imperiali: la storia di un paesaggio urbano attraverso i contesti ceramici ...................... 1 Monica Ceci La ceramica d’impasto del Foro di Cesare ........................................................................... 11 Marina Ricci I materiali rinvenuti nell’insula della salita del Grillo nell’area dei Mercati di Traiano (con premessa di Roberto Meneghini) ............................................................................ 25 Daniela Tabò Un contesto tardo-repubblicano dal Foro di Cesare ............................................................. 45 Tommaso Bertoldi, Monica Ceci Contesti ceramici del Foro di Nerva dagli ambienti 1 e 2. I vasi decorati a matrice in terra sigillata italica e le anfore (con appendice di Claudio Capelli) .......................... 61 Adele Rinaldi Un contesto ceramico dall’ambiente 3 del Foro di Nerva .................................................... 75 Daira Nocera Gli interri delle strutture repubblicane del Foro di Nerva. Considerazioni sugli ambienti 1, 2 e 3............................................................................ 87 Daira Nocera, Adele Rinaldi Lo scavo di una fornace metallurgica nella taberna XI del Foro di Cesare (con appendice di Andrea Pernella, Ulderico Santamaria, Fabio Morresi) .................... 93 Alessandro Delfino, Ilaria de Luca, Claudia Minniti, Massimiliano Munzi, Sabrina Zampini Contesti ceramici da due domus terrinee del Foro di Cesare ............................................. 129 Alessandro Delfino Contesti ceramici del XVII e del XVIII secolo nell’area dell’aula di culto del Foro della Pace .......................................................................................... 139 Stefania Fogagnolo i

Abbreviazioni bibliografiche.............................................................................................. 153 Indice delle illustrazioni ..................................................................................................... 166 Indice delle tabelle ............................................................................................................. 172

ii

Premessa Questo libro raccoglie i dati relativi a contesti ceramici rinvenuti nel corso di numerosi interventi di scavo succedutisi durante il trentennio compreso fra il 1977 e il 2007 nell’area dei Fori Imperiali e segue un primo volume pubblicato nel 2006 con il medesimo titolo. Questo secondo volume vede riuniti dati quanto mai vari poiché vi si trovano saggi riguardanti materiali provenienti da uno scavo largamente inedito che il compianto Nino Lamboglia ha condotto nel Foro di Cesare nel 1974-75 e da indagini sui Fori di Cesare e di Nerva e sui Mercati di Traiano compiute dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma tra il 1995 e il 2006 sotto la direzione dell’allora Sovraintendente Eugenio La Rocca. Il panorama offerto dal volume è completato dalla presentazione di contesti scavati nell’aula di culto del Templum Pacis dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, a testimonianza del regime di fattiva collaborazione che ha sempre contraddistinto i rapporti fra istituzioni durante gli interventi sui Fori Imperiali. Anche in questa sede si è seguito il medesimo criterio utilizzato nel primo libro, quello cioè di isolare per la pubblicazione alcuni contesti particolarmente significativi, ben inquadrabili cronologicamente e con un basso indice di residualità, al fine di mettere a disposizione degli studiosi dei dati tipologici, cronologici e quantitativi affidabili. Naturalmente in uno scavo come quello dei Fori, nel quale la maggior parte della sequenza stratigrafica è costituita da riempimenti di epoca moderna e contemporanea, con un tasso di residualità in alcuni casi vicino al 100%, questa scelta comporta il “sacrificio” di una parte consistente dei reperti raccolti, destinata a rimanere esclusa dalla pubblicazione analitica. Si tratta di una scelta pienamente giustificata da un semplice calcolo costi/benefici ma, nell’ottica di non perdere una serie di dati che questa massa di materiale poteva comunque fornire, la curatrice del volume ha tentato, nel suo saggio introduttivo, di recuperarne il potenziale informativo attraverso una serie di elaborazioni quantitative che hanno consentito di leggere la storia del sito e le sue trasformazioni attraverso i materiali, restituendo un significato storico all’enorme quantità di reperti residuali destinati, nella maggior parte dei grandi scavi urbani, a rimanere inutilizzati nei magazzini. Si tratta, a nostra conoscenza, del primo caso in cui un tentativo del genere è applicato a una scala così vasta, su uno scavo di queste dimensioni; anche in questo campo lo scavo dei Fori Imperiali può diventare una sorta di laboratorio in cui si sperimentano applicazioni e metodologie per un’archeologia urbana del XXI secolo. Roberto Meneghini Riccardo Santangeli Valenzani

iii

Introduzione Proseguendo il lavoro di pubblicazione dei contesti ceramici dei Fori Imperiali, iniziato da Roberto Meneghini e Riccardo Santangeli Valenzani,1 ne ho condiviso sin dall’inizio i propositi e le scelte metodologiche. Innanzi tutto quello di preferire un taglio “verticale” che privilegiasse una lettura per contesti piuttosto che la consueta edizione globale, che richiede uno sforzo e un impegno tali da giustificare forse il fallimento di molte iniziative e il destino oscuro spesso riservato al materiale ceramico rinvenuto negli scavi. Oltretutto, come già sottolineato in più occasioni e come ho evidenziato nel primo intervento di questo volume,2 la situazione dei Fori Imperiali, ed in particolare l’alto indice di residualità dei frammenti ceramici, unito al loro enorme numero, imponevano una riflessione e una conseguente valutazione metodologica. Era assolutamente necessario pianificare un intervento che tenesse conto delle risorse disponibili e degli obiettivi prefissati, le prime mai sufficienti, i secondi sempre ambiziosi. Di nuovo operare per contesti, scegliendo quelli più significativi, consentiva di ricostruire situazioni certamente particolari ma allo stesso tempo paradigmatiche dei diversi momenti storici e delle vicende che si sono susseguite nell’area. Talvolta si è scelto di derogare in tutto in parte a questa regola come per contributi di Marina Ricci e di Adele Rinaldi. Nel primo caso bisognava pubblicare, anche se parzialmente, i risultati di un vecchio scavo, un’indagine archeologica assai rilevante e di indubbia importanza che rischiava di andare perduta; nel secondo caso invece la pubblicazione per classi era giustificata dal fatto che si trattava dell’approfondimento di un lavoro presentato nel precedente volume sui contesti ceramici dei Fori Imperiali.3 Lo sforzo più significativo è stato senza dubbio quello di trovare un “format” unitario a cui fare riferimento, tuttavia l’ampio spazio cronologico ricoperto, le diverse problematiche che un così ampio panorama temporale comporta e non ultime le diverse tradizioni di studio, che comunque pesano e condizionano gli ambiti di ricerca, hanno generato alcune differenze, talvolta anche importanti, che si è di volta in volta valutato se mantenere o riportare all’interno del modello previsto. Lo schema di base dei contributi prevede innanzi tutto la localizzazione del contesto, utilizzando quando possibile la pianta generale o le diverse piante dell’archivio della Sovraintendenza di Roma Capitale, e una descrizione della situazione stratigrafica più o meno particolareggiata, tenendo comunque presente che lo scavo dei Fori Imperiali è oggetto di pubblicazioni specifiche a cui i lavori sulla ceramica rimandano per una trattazione di dettaglio.4 Riguardo all’analisi del materiale e dando per inteso che il lavoro prende in esame tutto il materiale ceramico presente nel contesto (nel caso sia necessario per la completezza dello studio sono stati inseriti anche altri materiali, quali vetro, ossi lavorati, monete etc.), si è predisposta una sezione in cui sono stati prodotti i risultati degli studi tipologici. Particolare attenzione è stata posta nel concordare, almeno per fasce cronologiche, le tipologie da usare. 1

R. Meneghini, R. Santangeli Valenzani 2006. v. infra pp. 1-10. 3 R. Meneghini, R. Santangeli Valenzani 2006. 4 Da ultimo la pubblicazione dello scavo nel Foro di Augusto in R. Meneghini, R. Santangeli Valenzani 2010. 2

iv

La documentazione grafica e fotografica ha riguardato solo gli esemplari non riconducibili ad alcuna tipologia nota o a materiale altrimenti edito. Per i disegni è stata utilizzata la sezione bianca, priva cioè delle linee tratteggiate o di altra campitura. Entrambi i tipi di documentazione sono denominati “figura” e hanno una numerazione continua. Si è fatto ricorso alla creazione di nuove tipologie solo dove strettamente necessario per la complessità della situazione o per l’assenza di tipologie di riferimento, preferendo adottatore di norma il sistema usato nelle pubblicazioni della Crypta Balbi5 nelle quali il tipo nuovo individuato è indicato con il numero della figura e la relativa sottonumerazione. Sono state ampiamente utilizzate le tabelle riassuntive, che consentono di esporre in maniera sintetica e immediata la mole di dati, talvolta imponente, derivanti dallo studio delle sequenze esaminate. Si è inoltre posta particolare attenzione affinché il passaggio tra le tabelle e le figure fosse semplice e diretto. Per quanto riguarda i sistemi di quantificazione adottati, sulla maggior parte dei contributi si è impiegato il conteggio del numero massimo di esemplari;6 solo per i lavori relativi al contesto tardo-repubblicano dal Foro di Cesare e alle domus terrinee (infra pp. 45-60 e 129-138) il basso indice di frammentazione del materiale ha consentito, con un buon livello di affidabilità, di ricorrere al più complesso calcolo del numero minimo di esemplari (per una più articolata esposizione dei criteri seguiti v. il saggio sul contesto tardo-repubblicano infra pp. 47-48). Nell’ambito di ogni contributo sono stati inoltre illustrati attraverso grafici, soprattutto a torta o istogrammi, gli indici di attestazione delle varie classi all’interno di un contesto o di una sequenza stratigrafica, riportando, secondo la necessità, il numero degli esemplari o le percentuali di presenza. Dopo un lavoro di questo tipo, che presuppone una impegnativa opera di catalogazione ed elaborazione di centinaia di dati, è inevitabile porsi ancora una volta la domanda riguardo alla necessità e ancor di più all’utilità di studiare la ceramica. Il carico di lavoro e lo sforzo necessari trovano una giustificazione solo se si oltrepassa l’intento, in verità assai riduttivo, di ampliare il repertorio tipologico attraverso un minuzioso lavoro di riconoscimento. La ceramica e l’applicazione al suo studio di sistemi diversi e di più ampio respiro – un tentativo di approccio di carattere sperimentale si è tentato nel primo contributo sul complesso dei materiali dei Fori Imperiali – offrono visuali e dati importanti nello studio della cultura materiale del mondo antico ma anche della storia della città che vanno ben oltre la datazione di un contesto o l’elenco delle classi e delle forme. Monica Ceci

5 6

Crypta Balbi 2-5. Orton et al. 1993, pp. 166-181.

v

FORI IMPERIALI: LA STORIA DI UN PAESAGGIO URBANO ATTRAVERSO I CONTESTI CERAMICI Monica CECI Abstract: In this research we applied an experimental approach, examining all the materials of the excavations of the Imperial Fora between 2001 and 2007. The method is that of taking the sum of the mean applied to the chronologies of the ceramic classes and not to the chronologies of the single fragments, as usually occurs. The results, as shown in the graphs, illustrate the general history of the Fora, both through the “positive” activities of occupation and construction and through the “absences” due to phases of abandonment and spoil. We have then tried to sketch out – from the history of the site as whole – the histories of each Forum. To show the course of events particularly useful were the graphs comparing the trend lines of the materials in-phase with the trend lines of all the materials: among the lines there is a zone that can be defined “area of residuality”.

Questa ricerca si pone l’obiettivo, forse molto ambizioso, di testare e mettere alla prova un sistema efficace ma sintetico per analizzare l’enorme mole di dati che proviene dalle indagini effettuate tra il 2004 e il 2007 nell’area dei Fori Imperiali. Nonostante il carattere dichiaratamente sperimentale di questo approccio, il tentativo è quello di superare almeno in parte una prassi ancora molto comune che riserva allo studio della ceramica ambiti troppo analitici e catalogici. I cocci sono usati come materiale datante, più o meno attendibile a seconda delle diverse classi, ma spesso manca un lavoro su scala urbana e si trascurano tutte le altre informazioni che questo tipo di reperti potrebbe fornire. Una visione fortemente miope, quindi, perché incapace di usare il materiale ceramico come strumento di lettura della storia del sito.1

principali, che scaturisce direttamente dalla scelta di una visione più generale, consiste nel far riferimento non alle cronologie dei singoli frammenti, ma a quelle delle classi ceramiche. Sono state prese in considerazione tutte le classi, anche quelle suscettibili di datazione approssimativa e di lunga durata, pur essendo consapevoli che questi fattori possono condizionare i dati della media ponderata e attribuire una rilevanza maggiore di quella effettiva ad alcuni periodi.4 Va sottolineato però che per leggi statistiche elementari, nella sommatoria delle presenze gli errori sono destinati in buona parte a compensarsi. Il numero dei frammenti di ogni classe è stato suddiviso per il numero di secoli o parti di esso in cui la classe è attestata: il quoziente ottenuto rappresenta la frazione utile (tabella 1). Stabilite per ogni secolo le classi presenti, è stata assegnata a ciascuna classe la frazione precedentemente calcolata.5 E’ stato quindi possibile stabilire per ogni secolo la somma delle frazioni attribuite (tabella 2).

Le stratigrafie interessate sono tali e varie da esaurire praticamente il vocabolario specifico dell’ archeologo e vanno dalla media età repubblicana all’età contemporanea, per un totale di quasi 60.000 frammenti ceramici rinvenuti, solo nel triennio 2004-2007.2

In questo modo si arriva a visualizzare graficamente la fascia cronologica di appartenenza dei frammenti rinvenuti (fig. 1): sulla linea delle ascisse si trovano i vari secoli mentre su quella delle ordinate si vede la quantità di reperti attribuiti a quel dato periodo. La linea di tendenza o perturbazione ha un andamento molto discontinuo, che evidenzia una massiccia e continua presenza di materiale databile tra la tarda età repubblicana e l’inizio del periodo tardo antico, con un calo vertiginoso nel VII secolo, una discreta risalita tra VIII e IX, una sostanziale tenuta di livello nel basso medioevo ed un picco fortissimo con il suo apice in corrispondenza del XVI secolo.

Il metodo di quantificazione più adatto è sembrato quello della somma delle medie ponderate, usato in Italia per la prima volta da Nicola Terrenato e da Giovanni Ricci per l’analisi di alcune sequenze stratigrafiche delle pendici settentrionali del Palatino.3 Nel caso dei Fori Imperiali, però, non si intendeva esaminare particolari sequenze, ma il complesso dei dati provenienti dalla campagna di scavo 2004-2007. Il diverso approccio ha reso quindi necessarie alcune modifiche, talvolta importanti, ai sistemi usualmente applicati. Una delle 1 Questo studio presuppone e si basa su quello dei ceramologi Barbara Amatucci, Ilaria de Luca, Helga di Giuseppe, Sergio Fontana e Sabrina Zampini che hanno effettuato con capacità e pazienza il faticoso lavoro di schedatura dei reperti. 2 Va precisato che non sono stati presi in esame i contesti protostorici del Foro di Cesare per il carattere di forte discontinuità che tali materiali presentano con la ceramica di età classica. 3 Terrenato, Ricci 1998, pp. 92-94. La somma delle medie ponderate individuali è stata adottata, più di recente, nello studio di alcuni contesti romani e nord-italici (Spera 1999, p. 140, Cortese et al. 2000, p. 419, diagramma 2, Cortese 2003, p. 68, Quiri 2007, p. 120, Argento, Di Giuseppe 2006, pp. 33-36, Brecciaroli Taborelli 2008). In tutti i casi si fa riferimento alle cronologie dei singoli frammenti.

La sovrapponibilità di questa immagine con i dati archeologici che derivano dalle indagini nei Fori Imperiali è decisamente impressionante: corrisponde 4 Il problema si pone ad esempio per classi quali la ceramica comune e le lucerne. 5 In taluni casi la scarsa attestazione, riscontrabile alla fine o all’inizio della produzione di una classe ceramica, ha indotto ad assegnare solo il 50% della frazione.

1

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tabella 1. Determinazione della frazione attribuibile alle diverse classi ceramiche Classe

N° frammenti

N° secoli

Frazione

Ceramica a Vernice Nera

177

3

59

Terra Sigillata Italica

483

2

241,5

Terra Sigillata Africana

1196

5

239,2

Ceramica Africana da Cucina

41

3

13,7

Ceramica a Vernice Rossa Interna

24

4

6

Ceramica Comune Dipinta

562

3

187,3

Ceramica Comune

6865

8,5

807,6

Anfore

17024

8

2128

Invetriata Romana

1

4

0,3

Pareti Sottili

284

3

94,7

Lucerne

192

11

17,5

Vetrina Pesante

1491

2

745,5

Vetrina Sparsa

1592

2

796

Ceramica Laziale

806

1,5

537,3

Invetriata Verde

256

1,5

170,7

Ceramica d’importazione

69

1,5

46

Ceramica Acroma

10510

11,5

913,9

Ceramica da fuoco medievale

2419

9

268,8

Invetriata da fuoco

4764

6

794

Maiolica Arcaica

1002

1,5

668

Maiolica Rinascimentale

4783

1,5

3188,7

Maiolica Moderna

746

2,5

298,4

Terraglia

133

1

133

Totale frammenti esaminati

55420

all’intensa attività costruttiva antica e tardo-antica, alle fasi di modesto insediamento in età alto medievale, alla frequentazione e al riuso basso-medievale e alla creazione nell’area di un nuovo quartiere della città rinascimentale.

secolo. Nel Foro di Traiano si nota una risalita a partire dall’alto medioevo, mentre nel Templum Pacis l’incremento è visibile nel basso medioevo. Per il Foro di Augusto è invece evidente il vertiginoso aumento in età rinascimentale. Ognuna delle quattro aree quindi visualizza e contiene una parte della storia generale del sito.

I dati relativi ad ogni Foro subiscono lo stesso trattamento, cosicché per ognuno di essi si ha un grafico simile per genere a quello appena descritto. Ma realtà quantitativamente molto diverse, quali quelle dei quattro Fori in esame, sono difficilmente confrontabili; si sono allora trasformate le aliquote di ciascun secolo in valori percentuali del totale e ne è derivato un grafico ad aree (fig. 2).

Un altro strumento di approccio analitico allo studio della ceramica, che fornisce una efficace immagine d’insieme della situazione è il diagramma cumulativo (fig. 3). In questo grafico ogni secolo ha un valore pari al proprio punteggio, sempre in percentuale, sommato con quello dei secoli precedenti. Le curve, anche dette di saturazione, descrivono una traiettoria che va dallo 0 al 100%. Queste si presentano, più “ripide” in situazioni di forte accumulo, mentre hanno un andamento più tendente all’orizzontale nei periodi caratterizzati da uno scarso apporto di materiale.

Dalla storia generale del sito si iniziano a delineare le storie particolari, che vedono all’inizio una certa uniformità per tutti e quattro i Fori con grandi quantità di materiale antico e tardo-antico, quindi un calo nel VII

2

M. CECI: FORI IMPERIALI: LA STORIA DI UN PAESAGGIO URBANO ATTRAVERSO I CONTESTI CERAMICI

Tabella 2. Somma delle frazioni attribuite ai diversi periodi PERIODO 300-201 a.C. 200-101 a.C. 100-1 a.C. 1-99 d.C. 100-199 d.C.

CLASSI CERAMICHE ATTESTATE vernice nera

1064

17,5

anfore 50%

lucerne

59

807,6

1064

17,5

vernice nera

comune

anfore

lucerne

p. sottili

VRI

sig. ital. 50%

59

807,6

2128

17,5

94,7

6

120,75

sig. italica

comune

anfore

lucerne

p. sottili

VRI

241,5

807,6

2128

17,5

94,7

6

sig. ital. 50%

comune

anfore

lucerne

p. sottili

VRI

TSA

afr.cuc

120,75

807,6

2128

17,5

94,7

6

239,2

13,7

comune

anfore

lucerne

VRI

TSA

afr.cuc

807,6

2128

17,5

6

239,2

13,7

comune

anfore

lucerne

TSA

afr.cuc

807,6

2128

17,5

239,2

13,7

comune

anfore

lucerne

com.dip

TSA

807,6

2128

17,5

187,3

239,2

com. 50%

anfore

lucerne

com.dip

807,6

2128

17,5

187,3

lucerne

com.dip 187,3

acr. 50%

600-699 d.C. 700-799 d.C. vetrina pesante

1400-1499 d.C.

1700-1799 d.C. 1800-1899 d.C.

c.fuoco

3427,5 3212,0 3206,0 3379,6

TSA 3379,6

c.fuoco

456,95

17,5

c.acroma

lucerne

c.fuoco

913,9

17,5

268,8

c.acroma

3233,6 3295,3

239,2 268,8

930,6 1200,2

c.fuoco

745,5

913,9

268,8

c.acroma

c.fuoco

745,5

913,9

268,8

vetrina sparsa

c.acroma

c.fuoco

796

913,9

vetrina sparsa

c.acroma

c.imp. 50%

c.fuoco

796

913,9

46

268,8

1928,2 1928,2

268,8

1978,7 2024,7

c.acroma

c.laziale

c. import.

c.fuoco

inv.verde

913,9

268,65

23

268,8

170,7

maiol.arcaica

c.acroma

c.laziale 50%

334,4

913,9

537,3

794

maiol.arc. 50%

c.acroma

maiol.rin. 50%

inv.fuoco

668,7

913,9

1594,35

794

c.acroma

maiol.rin.

inv.fuoco

913,9

3188,7

794

1500-1599 d.C. 1600-1699 d.C.

1948,1

vetrina pesante

1200-1299 d.C. 1300-1399 d.C.

1948,1

807,6

500-599 d.C.

1100-1199 d.C.

Totale

comune

400-499 d.C.

1000-1099 d.C.

lucerne

59

300-399 d.C.

900-999 d.C.

anfore 50%

vernice nera

200-299 d.C.

800-899 d.C.

comune

1645,1

inv.fuoco c.fuoco inv.verde 50%

maiol.moderna

c.acroma

inv.fuoco

298,4

913,9

794

maiol.moderna

c.acroma

inv.fuoco

298,4

913,9

794

maiol.mod. 50%

terraglia

inv.fuoco

149,2

133

794

Totale

268,8

85,35

2933,7 3971,0 4896,6 2006,3 2006,3 1076,2 55420,4

3

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 1 – Medie ponderate sul totale dei frammenti

Fig. 2 – Medie ponderate: totale dei frammenti Confrontando il diagramma cumulativo con il grafico ad aree visto poco fa è evidente come nel Foro di Cesare e nel Templum Pacis ci siano molti materiali residui del periodo antico (già nel VI secolo hanno raggiunto all’incirca l’80% del totale), mentre nei Fori di Augusto e Traiano l’incremento è più graduale, fatta eccezione per il brusco aumento in età rinascimentale riscontrabile nel Foro di Augusto.

Tutte le quantificazioni non tengono conto però di un elemento molto importante, vale a dire che non indicano se i reperti sono in fase, cioè prodotti nella stessa epoca alla quale è datato il contesto stratigrafico di rinvenimento, o se si tratta di residui, materiali appartenenti ad un ambito cronologico precedente a quello dello strato da cui provengono. Per ottenere questa informazione è necessario estrapolare dal totale dei

4

M. CECI: FORI IMPERIALI: LA STORIA DI UN PAESAGGIO URBANO ATTRAVERSO I CONTESTI CERAMICI

Fig. 3 – Diagramma cumulativo

periodi sono state calcolate le medie ponderate estrapolando però solo i dati in fase.6 Si vengono così a creare dei segmenti, uno per ogni periodo, che una volta giustapposti disegnano la linea di tendenza dei materiali in fase.

300-201 a.C. 200-101 a.C.

Repubblica

100-1 a.C. 1-99 d.C. 100-199 d.C.

Impero

Di nuovo per rendere possibile un confronto tra i quattro Fori si ricorre ai valori percentuali e se ne ricava un grafico ad aree ben diverso dal precedente (fig. 5), con picchi molto elevati ma anche lunghi tratti di assenza. L’obiettivo si è ristretto ulteriormente e le aree del grafico descrivono storie ancora più di dettaglio, perché visualizzano proprio gli interventi che si sono succeduti nelle zone indagate negli scavi 2004-2007.

200-299 d.C. 300-399 d.C. 400-499 d.C. 500-599 d.C.

Tardo Antico

600-699 d.C. 700-799 d.C. 800-899 d.C.

Alto Medioevo

Confrontando la linea di tendenza dei materiali in fase con quella del totale dei materiali si viene a creare un grafico di questo tipo (fig. 6). Il dato più eclatante è senza dubbio la distanza tra le due linee: viene a delinearsi uno spazio, un intervallo che potremmo denominare area di residualità. La linea inferiore dei frammenti in fase ricostruisce l’entità delle trasformazioni in positivo del sito, mentre quella superiore del totale dei frammenti, dà un’idea delle attività, sia in positivo che in negativo, che si sono svolte nell’area dei Fori ma anche in altri luoghi della città.

900-999 d.C. 1000-1099 d.C. 1100-1199 d.C. 1200-1299 d.C.

Basso Medioevo

1300-1399 d.C. 1400-1499 d.C. 1500-1599 d.C.

Rinascimento

1600-1699 d.C. 1700-1799 d.C. 1800-1899 d.C.

Età contemporanea

La distanza tra la linee è particolarmente significativa nel periodo antico e tardo antico, quando cioè i Fori sono in uso: la linea inferiore visualizza le attività di costruzione, di restauro, di manutenzione, di riqualificazione che lasciano tracce nei materiali, ma di entità non paragonabile a quella determinata dai grandi accumuli, dagli interri o dagli immondezzai. La grande quantità di

Fig. 4 – Periodizzazione

frammenti di ogni secolo, solo quelli in fase: dopo aver riordinato cronologicamente tutti gli spot-date, sono stati individuati 7 periodi che vanno dall’età repubblicana a quella moderna e che comprendono da un minimo di 2 ad un massimo di 4 secoli (fig. 4). Sui totali dei singoli

6

Sono stati infatti tralasciati sia i dati relativi a frammenti databili alle fasi precedenti (residui), che quelli pertinenti a cocci più recenti (intrusi).

5

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 5 – Medie ponderate in percentuale: frammenti in fase

Fig. 6 – Fori Imperiali – area di residualità

ceramica antica e tardo-antica è arrivata nelle aree dei Fori in un momento successivo, quando le aree sono state abbandonate e spoliate, quando si è reso necessario rialzare i livelli a causa dell’impaludamento o quando, per trasformare queste zone in vigne e orti, vi è stata trasportata terra adatta alla coltivazione e accuratamente privata dei grossi inclusi. Questa sezione della linea è quindi anche una evidenza in negativo, di ciò che è

accaduto in altri luoghi più o meno vicini da cui provengono le terre e che può far riflettere su quale sia l’epoca nella quale porre tendenzialmente i contesti di provenienza delle terre di riporto. E’ possibile a questo punto tentare un’analisi dei singoli Fori per evidenziare i caratteri precipui di ogni area. 6

M. CECI: FORI IMPERIALI: LA STORIA DI UN PAESAGGIO URBANO ATTRAVERSO I CONTESTI CERAMICI

Fig. 7 – Foro di Cesare – area di residualità

visibile, grazie ai materiali ad essa relativi rimasti in circolazione come residui, nella stratigrafia successiva.

IL FORO DI CESARE (Fig. 7) Chiarito ormai il significato della distanza tra le due linee nel periodo antico e tardo antico, la curva dei materiali in fase mostra in primo luogo le trasformazioni medio e tardo repubblicane,7 quindi il susseguirsi dei livelli di frequentazione pre-cesariani, per arrivare alle fasi costruttive di età cesariano-augustea. Queste ultime comprendono la pavimentazione del Foro, con gli strati di preparazione e il massetto, e un condotto fognario.

Segue poi la fase delle coltivazioni e delle domus terrinee e poi di nuovo solo materiali residui per il periodo rinascimentale e moderno.

IL TEMPLUM PACIS (Fig. 8) Qui le indagini 2004-2007 non hanno interessato stratigrafie repubblicane, ma i materiali di questa epoca sono attestati in modo cospicuo tra i residui. Un picco elevatissimo è invece riscontrabile in corrispondenza del I secolo d.C. Il dato concorda con le evidenze archeologiche: dopo l’incendio del 64 d.C. le macerie sono state spianate e sopra di esse è stato deposto, in età flavia, un poderoso interro per innalzare il piano di calpestio e per preparare la pavimentazione a lastre del Foro stesso.

La linea scende per risalire nel V secolo, periodo in cui è attestata l’attività della fornace metallurgica all’interno della taberna XI8 dietro il portico occidentale. Poi un lungo tratto di assenza o quasi di notizie tra VII e X secolo. Questo dato sembrerebbe contraddire le evidenze archeologiche, visto che alla fine dell’VIII secolo è datata la costruzione di due capanne di legno di forma rettangolare.9 Il motivo della mancanza di materiale ceramico in fase ha però diverse spiegazioni: può indicare l’effettiva assenza di attività o la presenza di attività che lasciano poche tracce oppure, come in questa caso, può visualizzare attività in negativo, cioè di asportazione. L’area occupata dalle capanne di VIII secolo è stata infatti rasata, al punto che non sono stati rinvenuti neanche i piani pavimentali. Tuttavia il confronto delle due linee, quindi l’area di residualità, mostra cosa è accaduto e permette di ricostruire l’entità di una fase, quella appunto delle capanne di legno, che ha lasciato scarsissime tracce in giacitura primaria, ma che è ben

La linea discende abbastanza bruscamente ad indicare l’esiguità degli interventi posteriori, limitati alla costruzione di canalizzazioni e a lavori di manutenzione delle strutture. Nelle aree indagate non vi sono stratigrafie e quindi materiali in fase relativi al IV secolo, momento in cui la piazza sembra cambiare la sua destinazione d’uso, con la costruzione di strutture di tipo utilitario e la pavimentazione in lastre di terracotta. Non manca però traccia di queste fasi di vita nella fascia dei residui. Lo stesso vale, anche se in misura inferiore, per il VI e VII secolo periodo in cui la zona del Templum Pacis è in parte occupata da una necropoli, connessa forse con la chiesa di S. Cosma e Damiano.

7

Per le varie fasi di costruzione e trasformazione delle aree forensi v. da ultimo Meneghini 2009 con ampia bibliografia precedente. 8 Vedi infra pp. 96-101. 9 Santangeli Valenzani 2011, pp. 46-47, fig. 3.10.

7

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 8 – Foro della Pace – area di residualità

Fig. 9 – Foro di Augusto – area di residualità

Vi è poi un altro momento significativo che ha il suo apice nel XIV secolo, periodo in cui vanno collocate le fosse di spoliazione del muro di fondo per l’asportazione dei blocchi di fondazione. Le attività di ruberia continuano, anche se in forma più modesta, anche in età rinascimentale, con trincee parallele sempre al muro di fondo.

IL FORO DI AUGUSTO (Fig. 9) Anche in questo Foro, per quanto indagate nel triennio 2004-2007, individuate sequenze stratigrafiche antiche che abbiano restituito reperti 8

riguarda le aree non sono state antiche o tardo ceramici in fase.

M. CECI: FORI IMPERIALI: LA STORIA DI UN PAESAGGIO URBANO ATTRAVERSO I CONTESTI CERAMICI

Tuttavia, come è evidente dal grafico, materiali di questi periodi non mancano tra i residui. Nel IX secolo la linea dei frammenti in fase è cresciuta per assumere un andamento piano fino al XII secolo. E’ proprio a partire dal IX secolo, infatti, che vari accumuli, relativi alle operazioni di spolio del monumento, si depositano sulla massicciata di preparazione del pavimento ormai priva delle lastre di rivestimento. Nel X-XI secolo i materiali in fase provengono dai depositi limosi che occupano la piazza e dai riempimenti delle fosse di ruberia. Al XII secolo sono infine datati sia i possenti accumuli che ricoprono tutta l’area centro orientale dello scavo e che non mostrano alcun piano d’uso, sia i primi strati di riporto di terre spietrate, destinati alla coltivazione. Altri strati ortivi si succedono nell’area fino al XV secolo e sono caratterizzati dalla mancanza di interfacce d’uso. Questa assenza va forse collegata alla pratica delle arature a cui il terreno era sottoposto, che cancellano anche in profondità i piani di frequentazione.

Il primo debole picco della linea dei materiali in fase è relativo al periodo tardo antico e si riferisce alle ultime fasi di vita di alcuni tratti del sistema. Inoltre, specie nell’area della corte porticata, vanno collocati in questa epoca i primi riempimenti legati alle imponenti operazioni di spolio verificatesi a partire dal V secolo d.C., che determinarono la progressiva ostruzione del sistema di smaltimento delle acque reflue. Il secondo picco invece, tra XI e XII secolo, riunisce i materiali in fase provenienti dai primi tracciati stradali di via dei Carbonari, con le relative preparazioni e gli strati di rialzamento di livello o di bonifica. Alla stessa epoca sono datati anche i grandi strati di abbandono con riempimenti maceriosi, individuati ad esempio nel tratto scoperto all’interno del complesso di S. Urbano. La presenza di questo accumuli occlusivi consentirà di utilizzare tratti del condotto come pozzi o cisterne, asportando parte della stratigrafia. La completa ostruzione del condotto stesso va posta invece nel XIV secolo, periodo in cui è documentato l’ultimo acciottolato di via dei Carbonari, mentre il picco del XVI secolo è legato alle grandi opere bonelliane, che in questa area si estrinsecarono con la costruzione del complesso fognario che attraversa longitudinalmente la strada.

Dopo i depositi alluvionali del XVI secolo, il picco si innalza assai bruscamente ad indicare l’enorme quantità di materiali in fase connesso evidentemente alla costruzione del quartiere Alessandrino, che si instaura in questa zona della città con un’operazione urbanistica molto incisiva e veloce.

Forse il contributo più importante di questo lavoro è stato quello di verificare che strumenti di indagine di carattere statistico, soprattutto su vasta scala, possono anzi devono essere inseriti tra i nostri sistemi di ricerca: agli archeologi resta sempre e comunque il gravoso compito di interpretare i risultati. Lo studio della ceramica attraverso i metodi di quantificazione consente infatti di trasferire questa branca del sapere archeologico tra le discipline che permettono uno studio su scala urbana della storia di questa o di un’altra città.

IL FORO DI TRAIANO (Fig. 10) Le indagini 2004-2007 hanno interessato il settore meridionale del Foro di Traiano e, in particolare, sono stati indagati il complesso sistema fognario antico e la sequenza stratigrafica di via dei Carbonari.

Fig. 10 – Foro di Traiano – area di residualità 9

LA CERAMICA D’IMPASTO DEL FORO DI CESARE Marina RICCI Abstract: In 1977, during an excavation directed by Nino Lamboglia in the Forum of Caesar, a pit full of pottery was discovered in the area in front of the Temple of Venus Genitrix. The upper part of this pit had been cut and disturbed during the works for the construction of the Forum of Caesar. The sherds of impasto pottery – analysed in the present work – others of bucchero and those of Greek-oriental origin – which will be published in a future study – represent a further evidence of the early Republican occupation of the site. That is why we decided to publish it here, even if it is not included in the excavations for the Jubilee of 2000 and refers to different traditions of analysis.

Nel corso di una campagna di scavo, iniziata nel 1974 dal prof. Lamboglia nel Foro di Cesare, venne alla luce un pozzo ricco di materiali ceramici (fig. 1), tra cui frammenti in impasto.

Vennero compiute più campagne di scavo, la prima nel 1974,3 la seconda nel 19754 ed infine una terza nel 1977. In quest’ultima, dopo lo svuotamento di un pozzo, venuto alla luce nel 1975, ricco di materiale prevalentemente medievale, si giunse sino al fondo costituito da argilla purissima di origine fluviale. In seguito si passò alla asportazione dello strato, in fase di scavo denominato A 3, composto da terra molto argillosa e compatta, di color giallo, che si rivelò simile a quello denominato A 2 nell’area dietro alla Curia.5 Di fatto, nella parte inferiore apparve una specie di gradino formato da livelli sottilissimi di sabbia e argilla fluviale, completamente sterili, nei quali erano conficcati resti di scaglie di lavorazione marmoree, derivanti dalla lavorazione in loco dei diversi elementi architettonici. Tale gradino trovava corrispondenza col punto inferiore del Clivus Capitolinus e segnava pertanto il limite, a valle, del consistente sterro fatto eseguire da Cesare per la costruzione del Foro.

Va ricordato che l’iniziativa di effettuare una ricerca archeologica nel Foro di Cesare, nella zona antistante il Tempio di Venere Genitrice, nell’area di proprietà comunale,1 era stata proposta dal prof. Lamboglia, docente della Scuola di Perfezionamento nello studio dei Monumenti, già dalla primavera del 1974, al fine di offrire, in attesa che i tempi maturassero per la totale liberazione del Foro di Cesare e dell’area dietro la Curia, sufficiente materia per rendere a priori sicuro il risultato scientifico della ricerca, condotta con i più moderni metodi stratigrafici e con sistematica estensione, anziché mediante saggi isolati, e di garantire nello stesso tempo il valore didattico della ricerca stessa, non solo per i giovani architetti, ma anche per le nuove leve di archeologi.2 La zona prescelta fu quella nell’area a nord-est del Foro, a contatto con la via del Tulliano, dove le lastre della pavimentazione del Foro di Cesare erano mancanti e dove all’inizio degli anni Trenta del secolo scorso, si erano interrotti gli sterri senza aver effettuato scavi in profondità per provvedere al restauro del Foro di Cesare e all’apertura di Via dei Fori Imperiali; operazione che cancellò gli strati formatisi dal momento dell’abbandono del Foro fino alle trasformazioni subite durante il Medioevo.

Nel contempo, in vicinanza delle fondazioni medievali, all’interno degli strati alluvionali, era apparsa una macchia di terra scura di forma pressoché circolare. 3 Nel corso dello scavo eseguito nel 1974, si asportò lo strato di humus superficiale cercando di individuare gli elementi che avrebbero potuto documentare le vicende moderne. Al di sotto apparve un sottile stato di pozzolana steso durante i lavori di restauro effettuati tra il 1937 e il 1942 al fine di segnare il punto in cui si era giunti con gli sterri. Il primo livello in situ era composto da terra argillosa gialla la cui superficie presentava calce, ciottoli e frammenti di tufo che fu interpretato come appartenente ad un sottosuolo o piano di posa per del lastricato del Foro. 4 Nella seconda campagna di scavo del 1975 furono messi in evidenza resti di murature, o piuttosto di fondazioni, che presentavano lo stesso orientamento topografico del Foro. Avevano uno spessore di circa 1 metro e per la loro costruzione erano stati tagliati i livelli di costruzione del Foro di Cesare. La loro trincea di fondazione era di tipo misto: a “vista” nella parte interna, a “taglio” in quella esterna. Tra i materiali rinvenuti all’interno della trincea di fondazione non furono rinvenuti elementi quali ceramiche rappresentative per una datazione. Su tutta l’area di scavo venne in luce, a tratti, lo strato di calce e ciottoli scoperto durante la campagna precedente, ad eccezione del lato Est del settore, lungo il quale appariva molto evidente lo strato di terra argillosa gialla, assai simile ad uno degli strati di costruzione del Foro di Cesare, rinvenuto nell’area retrostante la Curia. A nord-est dell’area, lo strato di humus riempiva un’ampia fossa sul fondo della quale vi erano alcune pietre, ad andamento circolare, appartenenti ad un pozzo, con paramento costruito a secco, la cui parte superiore era stata asportata. 5 Cfr. Pallares, 2007, pp. 32-33.

Lo spazio era costituito da un rettangolo di m 8 x 10, orientato nord-sud, per potersi ricongiungere successivamente col Tempio di Venere Genitrice. 1

Di fatto all’epoca non esisteva un vero collegamento o saldatura tra il foro Cesare diviso in area comunale e statale dall’antica via Tulliano, oggi scomparsa a seguito dei lavori eseguiti in occasione del Giubileo 2000. 2 Infaticabile fu la dedizione rivolta agli studenti di archeologia nell’insegnamento della tecnica di scavo stratigrafico e nello studio analitico delle ceramiche rinvenute. Ai futuri archeologi offriva la possibilità di partecipare ai numerosi corsi di scavo, tenuti, quale Direttore dell’Istituto di Studi Liguri ad Albintimilium, e ovunque il Professore dirigesse uno scavo. Al Foro di Cesare in molti partecipammo come allievi, seguendo le sue direttive e i suoi consigli. Questo studio che a Lui viene dedicato, vuole essere una conferma del Suo lavoro che non ha potuto portare a termine a causa della prematura scomparsa

11

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 1 – Planimetria dell’area del Foro di Cesare prima degli scavi del 1998-2000 (da Lamboglia 1964, tav. I), in evidenza la posizione del pozzo arcaico

Durante l’asportazione della terra scura, a circa cm 30 di profondità, venne individuata una serie di pedarole alte 10 cm e distanti tra loro cm 18, riferibili ad un pozzo, la cui sommità era stata tagliata e asportata durante lo sbancamento eseguito in epoca cesariana.

CERAMICA D’IMPASTO

Scavato nello strato di argilla alluvionale, il pozzo misurava cm 90 in senso est-ovest e 70 in senso nord-sud. Il diametro tendeva ad allargarsi, rispetto alla sua bocca esterna, man mano che si scendeva con lo scavo in profondità.

In base alle caratteristiche tecniche, si distinguono esemplari in impasto bruno, rosso, coarse ware, impasto chiaro, internal ed external slip ware, riferibili entro un arco cronologico che dal II periodo laziale, si protrae fino alla fine del VI – inizi V sec. a.C.6

Il pozzo, nella cui parte inferiore sono stati rinvenuti frammenti di tegole e dolii che poggiavano su uno strato formato da sabbia e pezzi di tufo, si rivelò ricco di materiale ceramico. I numerosi frammenti venuti alla luce, tra cui quelli in impasto, che in questa sede vengono presentati, ed altri di bucchero, nonché alcuni di provenienza greco-orientale, di futura pubblicazione, permisero di denominarlo in fase di scavo, “pozzo arcaico”.

Il rinvenimento rappresentato da un gruppo di frammenti risalenti al periodo più antico e da un’ampia facies di età orientalizzante e arcaica, risulta di singolare importanza, apportando nuove testimonianze sulle fasi “proto-urbane” di Roma7 e sullo sviluppo economico della città fino agli inizi dell’età repubblicana.

La ceramica d’impasto rinvenuta all’interno del pozzo del Foro di Cesare rappresenta, con circa duemila frammenti, la più alta percentuale del riempimento.

6 Per il periodo in esame, in cui viene fatto riferimento alle cronologie tradizionali, cfr. Colonna 1974, pp. 296-305; Atti 1980, pp. 47-50, 79-82; Colonna 1988. Sulla recente definizione cronologica della cultura laziale, risalente ad età più antica rispetto a quella tradizionale, cfr. Bietti Sestieri, De Santis 2000, p. 6; sulla scansione cronologica delle fasi, un approfondimento è offerto da Bettelli, che nel recente studio ha elaborato una cronologia assoluta, cfr. Bettelli 1997, pp. 191 ss. Per una riflessione su dati e problematiche relativi all’età del ferro, e in particolare sulla terza fase laziale, cfr. Bartoloni, Nizzo 2003. 7 Il rinvenimento nel Foro di Cesare di sepolture protostoriche, risalenti all’ XI-X sec. a.C., corrispondente al momento di passaggio tra la fase I e IIA della Cultura Laziale, e la scoperta di profondi solchi paralleli, scavati nel banco argilloso naturale, provocato dal passaggio di veicoli a

All’interno, la falda acquifera si trovava circa m 1,50 al di sotto del pavimento cesariano ed aveva creato, sulla parte est, un cratere profondo cm 50 ad una profondità di m 1,85 apparve uno strato di terra sabbiosa con piccole scaglie di tifo, spesso cm 25, sotto il quale erano stati sistemati grossi frammenti di tufo collocati a spina di pesce, il cui scopo era forse quello di supporto delle pareti del pozzo, che terminava a m 2,55 di profondità.

12

M. RICCI: LA CERAMICA D’IMPASTO DEL FORO DI CESARE

Nello scavo, pur essendo stati distinti diversi strati8, la ceramica d’impasto è stata rinvenuta mescolata, confermando che il riempimento del pozzo è avvenuto in unico momento, da ascriversi come suggerisce il dato cronologico più recente, tra la fine del VI – inizi V sec. a.C.

IMPASTO BRUNO

Nel contesto in esame, fondamentale guida tipologica e cronologica, ha rappresentato lo studio di Carafa sul materiale rinvenuto nello scavo sulle pendici settentrionali del Palatino,9 a cui si rimanda per la classificazione di gran parte dei frammenti rinvenuti e per la datazione dei tipi,10 confortata da un ampio quadro di riferimenti, stratigrafie e dati di scavo,11 mentre per ulteriori tipi sono stati presi a confronto corredi funerari e contesti stratigrafici attestati a Roma, nel Lazio e in Etruria.

La presenza di scodelle è documentata da un frammento con vasca a profilo convesso, spalla arrotondata ed orlo rientrante (fig. 2, 1),15 riferibile ad una tipologia ampiamente attestata nella II fase laziale,16 che tende nel corso dei secoli a diminuire la capacità della vasca.17 In particolare il frammento in esame si raffronta con un esemplare rinvenuto nella necropoli dell’Osteria dell’Osa riferito al periodo IIB, la cui datazione è stata anticipata al periodo IIA nel recente studio di Bettelli.18

All’interno di ogni singola classe vengono presentati i tipi documentati (le fuseruole e i foculi, di impasti diversi, sono stati integrati nella voce Instrumentum Domesticum) con l’indicazione in nota dei frammenti rinvenuti12 e del colore dell’impasto, stabilito in base al codice Munsell.13 Per i tipi riferiti alla classificazione di Carafa, attestati da frammenti con impasto dello stesso colore, si rimanda a quest’ultimo studio e ai confronti ivi cit.

Le olle cilindro-ovoidi sono testimoniate da un tipo (fig. 2, 2) con orlo estroflesso, labbro svasato e spigolo interno vivo, confrontabile nel corso del VII sec. a.C. a Satricum,19 mentre con corpo tronco-conico, si segnala un frammento con pareti lievemente inclinate e labbro svasato a profilo continuo (fig. 2, 3), il cui orlo è assimilabile ad un esemplare attestato a Ficana tra la fine del VII e il primo quarto del VI aC.20

Il tipo di produzione viene specificato se l’esemplare è modellato a mano; in assenza, viene implicitamente sottinteso l’uso del tornio.

Tra i coperchi si segnalano frammenti a vasca profonda con orlo indistinto, riferibili al tipo Carafa 75, attestato a Roma e ad Anagni nel periodo IVA21 e al tipo Carafa 76 (fig. 2, 4).22 Si tratta di esemplari la cui diffusione si

Vengono riferite a questa classe ceramica14 olle a corpo cilindro-ovoide e tronco-conico, scodelle, coperchi, tazze, tazzine (o ciotoline), anse, fondi e pareti con decorazione incisa.

due ruote, tagliate dalla successiva necropoli protostorica, ripropone la presenza nell’area di un insediamento umano risalente alla fine del II millennio a.C. Va rilevato che successivamente, come nella necropoli scavata da Giacomo Boni, presso il Tempio di Antonino e Faustina, a poca distanza dalle tombe rinvenute nel Foro di Cesare, sono stati scoperti i resti di un abitato che nel corso dell’VIII – VII sec. a.C., si era impiantato nella zona, non più utilizzata per le sepolture (cfr. Rizzo 1999, pp. 36; Bietti Sestieri, De Santis 2000, pp. 11-15, fig. 12; p. 26, fig. 32; Meneghini, Santangeli Valenzani 2007a, pp. 46-47; Meneghini 2007a, pp. 17 ss.; De Santis, Mieli 2008, pp. 12-14; De Santis 2008). Sulle fasi anteriori alla formazione urbana, cfr.: Ampolo 1988, pp. 164169; Peroni 2000, pp. 26-30, Bettelli 1997. In particolare per valutare nell’ambito romano la fase protourbana, risalente alla prima età del Ferro, si esaminino i dati emersi nello studio sulla formazione della città: cfr. Carandini 2000, pp. 9-12; Carafa 2000, pp. 68-73; Carandini 2006, pp. 35-72. 8 Sono stati individuati tre strati: superiore, inferiore e di terra mista a sabbia. Al primo, si riferiscono i frammenti nn. F.C. 3413-3860; al secondo quelli con i nn. F.C. 4207-4927; al terzo infine i nn. F.C. 53266092. 9 Cfr. Carafa 1995. E’ doveroso nel contempo esprimere i più sentiti ringraziamenti al prof. G. Colonna e alle dott.sse I. van Kampen e A. De Santis che nel presente studio mi hanno assistita suggerendomi preziosi consigli. 10 Per i tipi che trovano confronto nella classificazione di Carafa, implicito è il riferimento allo studio sulle officine ceramiche di età regia, cfr. Carafa 1995. 11 In merito va rilevato che l’Autore nel circoscrivere la cronologia dei tipi esaminati, fa riferimento alle principali stratigrafie arcaiche romane, contribuendo ad arricchire il quadro di confronti che, a lato di Roma, investono il Latium Vetus e l’Etruria (cfr. ibidem, pp. 1013). 12 Attraverso la numerazione dei frammenti è possibile individuare la quantità dei tipi presenti e la provenienza dai singolo strati, cfr. nota n. 3. 13 Per il Codice Munsell, cfr. N. Munsell, Soil Color Charts, Baltimore, 1975, cit. con la sigla M.

14

Sulla definizione della classe, cfr. Carafa 1995, pp. 18-19; sulla ceramica d’impasto bruno di epoca protostorica e orientalizzante, rinvenuta sotto la cella del tempio della Vittoria sul Palatino, cfr. Falzone 2001b, pp. 161-162. 15 F.C. 5136 (fig. 2, 1); argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8), con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2,5/0) superfici lisciate, modellato a mano; Ø cm 21 ca. 16 Cfr. Early Rome IV/1, pp. 72-73, fig. 13,2, p. 139, fig. 53. 1; MüllerKarpe 1962, pp. 89-90, tav. 22, n. 19; Bergonzi, Bietti Sestieri 1980, pp. 53-54, nn. 25 a, b, tav. 5. 17 Cfr. Bietti Sestieri 1980, p. 83, tav. 9, n. 8; Bedini, Cordano 1980, pp. 99, n.7, tav. 13; Carafa 1995, tipi 55-59, pp. 37-38. 18 Bietti Sestieri 1992, tipo 26 m, var. I, tav. 25, p. 304, tb. 433, p. 638, n. 3 fig. 3a 176; Bietti Sestieri, De Santis 2000, pp. 48-49. Per una anticipazione cronologica della tomba, riferita alla fase IIA2, cfr. Bettelli 1994, p. 18; idem 1997, p. 138. L’autore di fatto sostiene che l’uso di scodelle monoansate con orlo rientrante, risulta attestato dalla fase II A 1 (Bettelli 1997, p. 137, tav. 61, n. 10). 19 F.C. 4261 (fig. 2, 2); argilla bruna-grigiastra (M. 2,5YR 3/1), superfici lisciate; modellato a mano; Ø cm 18 ca; tra gli altri frammenti si segnalano i nn. 5335, 4221, 4208. Il tipo, attestato a Satricum, (Satricum I, pp. 201-202, n. 1009) è assimilabile ad un frammento con labbro arrotondato, proveniente dagli scavi sul Palatino, cfr. Bettelli 1995, pp. 127-128, n. 70, fig. 88.5. 20 F.C. 4251 (fig. 2, 3); argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2,5/0), superfici lisciate, modellato a mano. Ø cm 14 ca Per il tipo, cfr. Brandt 1996, p. 188, fig. 121, 35g. 21 F.C. 5414; argilla di colore nero (M. 2,5YR 2,5/0); superficie interna non lisciata. Sulla presenza del tipo a Roma cfr. Carafa 1995, p. 43; ad Anagni cfr. Gatti 1988, pp. 222-223, fig. 14, n. 22321. 22 F.C. 5340 (fig. 2, 4); argilla di colore nero (M. 2,5YR 2,5/0); Ø cm 16 ca; superfici lisciate. Sulla parete il frammenti presenta un foro passante. Tra gli altri frammenti rinvenuti riferibili alla stessa forma si segnalano i nn. 4210, 4209, 5431. Sulla diffusione del tipo, in aggiunta

13

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 2 – Foro di Cesare. Impasto bruno. I disegni nn. 1-5 sono in scala 1:3; i nn.6-9 sono in scala 1:2 (disegni I. van Kampen) Riferibili a tazze sono alcuni frammenti di pareti con carena arrotondata26 (fig. 2, 8-9), contraddistinti da brevi costolature imitanti modelli metallici. Il lacunoso stato di conservazione non consente di specificarne la tipologia, se a carena costolata con ansa bifora o con anse orizzontali, ampiamente attestata nel III periodo laziale27 ampiamente documentata a Roma e nei dintorni, nell’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C.28

conferma dall’ultimo quarto dell’VIII sec. aC. per tutta l’età orientalizzante. Le tazze sono documentate da un tipo a vasca carenata con labbro svasato e assottigliato (fig. 2, 5), attestato nel II periodo laziale,23 da un orlo leggermente svasato sul quale resta l’attacco dell’ ansa (fig. 2, 6), riferibile ad un tipo coevo24 e infine da un frammento con pareti lievemente svasate, conservante parte della spalla carenata (fig. 2, 7), attestato nel Lazio nella prima metà del VII.25

Pertinenti a tazze, si segnalano anse a bastoncello, ora con superficie lisciate (fig. 3, 1),29 ora decorate con fitte costolature trasversali (fig. 3, 2),30 confrontabili nel gruppo A di S. Omobono.31 Nel contesto di scavo sono

alle segnalazioni presenti nel testo di Carafa (Carafa 1995, p. 43), cfr. gli esemplari attestati sul Palatino: idem, in Palatium e Sacra via I, p. 197, n. 18, fig. 161.12 e Falzone 2001b, p. 182, tipo 2, tav. 19.90. 23 F.C. 5335 (fig. 2, 5); argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8); superfici lisciate; modellato a mano. Ø cm 12 ca Unitamente al frammenti descritto si segnalano i nn. 4221, 4208 e 4661. Sul tipo cfr. Early Rome IV, 1, pp. 183, ss. fig. 74, n. 2; Anzidei et al. 1985, p. 161, fig. 131, n. 6; Bietti Sestieri 1992, tipo 22e, pp. 295-296, tav. 23 (tb. 403, p. 625, fig. 3a 152); Bettelli 1995, p. 126 ss. n. 64, fig. 87.11; Falzone 2001b, p. 176, tav. 12,55 con confronti riferibili alla fase II B. 24 F.C. 4044 (fig. 2, 6), Ø non id.; argilla bruna-nerastra (M. 2,5YR 3/1) con superfici lucidate. Cfr. Bietti Sestieri 1992, tipo 20g, var. I, tav. 21, p. 283. 25 F.C. 4221 (fig. 2, 7); argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8); modellato a mano; superfici lisciate, Ø cm 7 ca; tra gli altri frammenti rinvenuti, riferibili al tipo in esame, si segnalano i nn. 5335,4208, 4261. Cfr. Carettoni et al. 1976, tb. XXXIII, p.161, n. 15, tav. XXVII; Bartoloni 1975, p. 311, n. 16, fig. 88; Bartoloni, Cataldi Dini 1980, p. 129, 10 b, tav. 26.

26 F.C. 4208; 4212; 4219 (fig. 2, 8); 4221; 4227 (fig. 2, 9); 5334; 5335; argilla di colore bruno M .2,5 YR 5/0; o bruno-marrone (M. 2,5YR 4/0), pareti sottili e superfici lisciate o lisciate solo esternamente. 27 Bedini, Cordano 1980, p. 99, tav. 13, n. 3 (a, b, d), 6; Bartoloni 1972, fig. 6, n. 15, tav. VIII b, p. 22; eadem 1975, tb. a fossa n. 23, nn. 7-8, pp. 247; Ricerca 1979, p. 65 n. 75 (con relativa bibl. relativa alla documentazione del tipo nel Lazio e in Etruria); Bedini 1989, p. 226, nn. 7-8; Gusberti 2006, p. 74, n. 1.32. 28 Early Rome IV, 1, p. 79, 1-2; La Rocca, Sommella Mura 1976, p. 137, tb. XCIX, tav. XXA, nn. 2-4; Bettelli 1997, p. 149; Iaia 2006, p. 234, n. II. 249 e 251; De Santis 2006, p. 498, n. II. 1044. 29 F.C. 5849 (fig. 3, 1); argilla di colore nero (M. 2,5YR 5/0); superfici lucidate. 30 F.C 5330 (fig. 3, 2); argilla di colore grigio scuro (M. 2,5YR 4/1) con superfici lucidate. 31 Cfr. Colonna 1963-64, pp. 5-6, fig. 1.10, nota 18; pp. 6-7, fig. 2.12, nota 23.

14

M. RICCI: LA CERAMICA D’IMPASTO DEL FORO DI CESARE

Fig. 3 – Foro di Cesare. Impasto bruno. (scala 1:2, disegni I. van Kampen) svasato con labbro arrotondato, è assimilabile ad un tipo attestato a Satrico tra gli ultimi decenni del VII e la prima metà del VI,34 il secondo, a profilo continuo ed orlo ricurvo,35 per le piccole dimensioni, può essere riferito ad una tazzina o coppetta miniaturistica.

inoltre attestati frammenti di anse a nastro di incerta attribuzione, di cui uno (fig. 3, 2) con nervatura centrale,32 l’altro (fig. 3, 4), ad occhiello con superfici lisciate.33 Riferibili a tazzine o a coppette sono due frammenti (fig. 3, 5-6). Il primo, con pareti inclinate e orlo lievemente

34

F.C. 4312 (fig. 3, 5); argilla di colore grigio rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2,5/0); Ø est. cm 9 ca; superfici lisciate, modellato a mano. Cfr. Maaskant Kleibrink, Van’t Lindenhout 1985, p. 184, n. 18, fig. 6.18. 35 F.C. 4208 (fig. 3, 6); argilla di colore bruno (M. 2,5YR 4/1); Ø non id.; superfici lisciate, modellato a mano. Tra gli altri frammenti rinvenuti, assimilabili al tipo in esame i nn. 5335 e 4221.

32 F.C. 4277 (fig. 3, 3); argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2,5/0; superficie lucidata all’esterno e mediocremente lisciata all’interno. Si associano al tipo i frammenti nn. 5330 e 5849. 33 F.C. 4283 (fig. 3, 4); argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8).

15

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tra i fondi, pertinenti ad olle o ciotole-coperchi, sono attestati frammenti modellati a mano, con base circolare piatta (fig. 3, 7)36 e con piede ad anello obliquo.37 E’ inoltre documentato un frammento con piede a tromba (fig. 3, 8), riferibile ad un calice, tipologia ampiamente attestata nel periodo IV A.38

IMPASTO ROSSO La classe46 è principalmente attestata da olle a corpo globulare e in minor misura da olle cilindro-ovoidi, ciotole e bacini. Alle prime vengono riferiti frammenti di anse a bastoncello (fig. 4, 1),47 pareti e spalle, ora lisce,48 ora con costolature rade49 prive di stampigliature (fig. 4, 2), talvolta delimitate da un listello a sezione triangolare (fig. 4, 3) ed orli tronco conici svasati, decorati internamente con due – quattro solcature orizzontali50 (fig. 4, 4).

Non identificabili tipologicamente, sono infine alcuni frammenti di pareti con decorazioni incise riferibili in parte a produzioni della prima età del ferro laziale, in parte ad età orientalizzante. Tra i primi modellati a mano, con decorazione “a pettine”, si evidenziano frammenti (fig. 3, 9) che presentano incise quattro linee parallele nella parte inferiore congiunte all’estremità da tre linee parallele, a formare un motivo piramidale.39 Un confronto analogo si riscontra a Ficana su esemplari riferiti al periodo pre-urbano dell’insediamento di Monte Cugno.40

L’ampia facies, per gran parte non identificabile tipologicamente, conferma la presenza di un tipo attestato in molteplici varianti (a corpo liscio o costolato, con o senza anse) a Roma,51 nel Lazio52 e nella vicina Etruria,53 dal IV periodo laziale54 fino ad età arcaica.55 46

Sulla classe, le caratteristiche tecniche e la diffusione cronologica, cfr. Carafa 1995, pp. 91-93 e Falzone 2001b, pp. 185-187. 47 F.C. 3429 (fig. 4, 1), 4339, 5369, 5389, 5815, argilla di colore rosso (M. 2,5 YR 4/8 o 2,5YR g). 48 F.C. 3493, 3560, 4271, 4282, 5395, 5410, 5416, 5418, 5423, 5428, 5445, 5465, 5551; argilla rossa (M. 2,5YR 4/8), oppure rossa con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2.5/0), superfici lisciate. 49 F.C. 4210; 4220; 4225; 4234 (fig. 4, 2), 4235 (fig. 4, 3), 4236, 4237, 4239, 4240, 4242, 4243, 4274, 4329, 4217, 4335, 5375, 5376, 5379, 5830, 5853, 5860; argilla rossa (M. 2,5YR 4/8), oppure rossa con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2.5/0), superfici lisciate. 50 F.C. 3430, 3458, 3465, 4238, 4256, 4266, 4267, 4278, 4289, 4291, 4298, 4341, 4355, 4371, 5382, 5397, 5398, 5406, 5421, 5430, 5431 (fig. 4, 4), 5432, 5442, 5443, 5448, 5451, 5482, 5835, 5843; argilla rossa (M. 2,5YR 4/8), con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2.5/0) e superfici lisciate internamente ed esternamente. 51 Cfr. Early Rome II, tb. D, pp. 119-120, fig. 116, n. 3; tb. G pp. 121 ss., fig. 120, nn. 3-4; tb K pp. 135 ss., fig. 132, n. 3; tb AA, pp. 143 ss., fig. 139, n. 8, tb. CXXVIII, pp. 262 ss., fig. 232, n. 2; tb. I, p. 284, figg. 246, n. 7 e 247, n. 3; Early Rome IV/1, figg. 83, 84.1, 85; Colonna 196364, fig. 5.52-57, p.12, nt. 41 (gruppo B); Carafa 1995, pp. 93-107. 52 Svariati sono i centri in cui si conferma la tipologia: cfr. Gierow 1966, I, p. 279, fig. 84,3, 5. 6. In particolare per Castel di Decima v.: Zevi 1975, tb. 15, figg. 44-45, n. 26, p. 270; Bartoloni 1975, tb. 152, fig. 97, n. 24, p. 315, tb. 7, fig. 115, p. 329, nn. 18-19, tb. 68 bis, p. 352, n. 15, tb. 68, p. 357, fig. 147; Cataldi Dini 1975, tb. 4, fig. 132, nn. 24 e 26, p. 341, tb. 7, nn. 18-19, p. 329, tb. 8, p. 363, nn. 12-13; Cordano 1975, tb. 108, nn. 20-21, pp. 402-405, fig. 48; Bedini et al. 1976, tb. CVIII, p. 286, tav. LXXI, nn. 25-26; per Pratica di Mare, cfr. Castagnoli et al. 1976, p. 309, cat. 102, n. 23, tav. LXXX; per Riserva del Truglio, cfr. Cataldi Dini 1976, tb. XXIX, p. 96, tav. XI A, 4; tb. XXX, p. 88, tav. XI B, 2; per La Rustica, cfr. Carettoni et al. 1976, tb. XXXIII, p. 161, n. 5, tav. XXVIII A; per Crustumerium: Belelli Marchesini 2006, p. 224 ss., n. II. 190; per Lucrezia Romana cfr. Marchetti 2006, p. 370, n. II. 666; per Laurentina, Acqua Acetosa, cfr. Cassotta 2006, p. 471, II. 895-902, Bedini 2006, p. 467, gruppo D, n. 58; per Osteria dell’Osa cfr. G. Bartoloni, M. Cataldi Dini, in Ricerca 1979, tb. 54, n. 6, pp. 71-72, tav. XIII, 95 A, con bibl. cit. relativa agli esemplari rinvenuti nel Lazio e in Etruria; Bietti Sestieri 1992, tipo 92 e, f, h, pp. 320-322, tavv. 27-28; per Ficana, cfr. Ficana 1977, p. 42 ss., n. 9, fig. 31 e fig. 35; Magagnini 1985, p. 170, n. 33, fig. 5.33; Pavolini1981a, fig. 6, n. 26, p. 266. Cfr. inoltre Bedini 1989, p. 238, n. 10, figg. 18 e 22 (tb. 3), p. 251, nn. 1618, figg. 31 e 34 (tb. 4); p. 266, nn. 1 e 3, figg. 44 e 46, (tb. 7); p. 267, n. 2, figg. 48 e 50 (tb. 9); pp. 273 ss., n. 1, fig. 52 (tb. 47); idem 1985, pp. 57-58, fig. 11.18. 53 Cfr. Palm 1952, tavv. II.1, III.1, IV.1, VII.2, IX.3, XII.1, XVII.1, XX.1, XXIX.1; Threipland 1963, p. 47, fig. 8.1, p. 50, fig. 10.1-2, p. 51, fig. 11.1, pp. 53-54, fig. 12.10, p. 62, fig. 19. 24-25; Pohl 1981, pp. 3840, nn. 260-366, tavv. 13-15; Cristofani 1993, p. 263. 54 Va rilevato che per quanto il tipo abbia origini più antiche, risalenti ad un fase avanzata del III periodo laziale (cfr. Bedini, Cordano 1980, p. 100, n. 11a, tav. 14; Bietti Sestieri 1992, p. 319, tav. 27, tipo 92a) l’ampia affermazione si conferma nel IV periodo: cfr. Bartoloni, Cataldi

Tra gli altri si segnala una decorazione (fig. 3, 10) contraddistinta nella parte superiore da quattro linee orizzontali e parallele poco profonde, campite di bianco, che si intersecano ad angolo retto con cinque verticali41 ed un frammento (fig. 3, 11) di cui resta un motivo rappresentato da tre profonde linee verticali e parallele intersecate all’apice da una linea orizzontale.42 Tra i rimanenti, contraddistinti da pareti sottili, attribuibili a produzioni di età orientalizzante, si segnalano: un frammento (fig. 3, 12 con due linee orizzontali, tra le quali si evidenzia una decorazione puntinata e inferiormente due linee oblique a triangolo;43 un frammento (fig. 3, 13) con tre solcature orizzontali dipinte di bianco,44 mentre l’ultimo (fig. 3, 14) presenta una decorazione graffita, rappresentata da una serie di S coricate, al di sotto della quale corre una linea orizzontale.45 36

F.C. 4327 (fig. 3, 7), Ø est. cm 6 ca; argilla di colore marrone (M. 5YR 5/2) o nero (M. 2,5YR 2,5/2) F.C. 3565, 5419; superfici lisciate. 37 F.C. 4268; 5419, 5460, 5805; argilla di colore grigio-marrone (M. 2,5YR 5/2) o di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura di colore nero (M. 2,5 YR 5/0); superfici lisciate. 38 F.C. 3421 (fig. 3, 8); Ø cm 6,6 ca; argilla marrone (M. 5YR 4/3). Per il tipo cfr. Bartoloni, Cataldi Dini 1980, p. 131, fig. 27, 19-20. 39 F.C. 3576 (fig. 3, 9); argilla di color marrone (M. 2,5YR 4/8); superfici lisciate, modellato a mano. Il motivo della decorazione con triangoli incisi, campiti da punti impressi, si riscontra su una tazza rinvenuta nella tomba 34 presso Crustumerium, databile nella prima metà del VII sec. a.C. cfr. Belelli Marchesini 2006, pp. 224-225, n. II. 196. 40 Brandt 1996, pp. 173-174, fig. 113, nn. 4 e 7. 41 F.C. 4434 (fig. 3, 10), 3576; argilla di colore nero (M. 2,5YR 5/0), superfici lisciate. 42 F.C. 5329 (fig. 3, 11); argilla di colore nero (M. 2,5YR 5/0), superfici lucidate. Frammenti con fasci di trattini verticali, uniti a linee orizzontali, sono stati rinvenuti in una necropoli della prima età del ferro; cfr. Cassola Guida 1978, tb. n. 27, p. 27, fig. 11. 43 F.C. 5331 (fig. 3, 12); argilla di colore nero- bruno (M. 2,5YR 3/2); superfici lucidate. 44 F.C. 5330 a (fig. 3, 13); argilla di colore nero (M. 2,5YR 2,5/0), superfici lucidate. 45 F.C. 3981 (fig. 3, 14); argilla di colore grigio scuro (M. 2,5YR 4/1).

16

M. RICCI: LA CERAMICA D’IMPASTO DEL FORO DI CESARE

Fig. 4 – Foro di Cesare. Impasto rosso. I disegni sono in scala1:3 tranne il n. 4 in scala 1:2 (disegni I. van Kampen) 17

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tra gli orli si distingue un frammento (fig. 4, 5) con profilo svasato, decorato con 3 solcature concentriche, confrontabile con esemplari di età orientalizzante.56 Sono inoltre attestati i tipi Carafa 19857 e 217 (fig. 4, 6),58 un frammento di orlo con quattro solcature concentriche (fig. 4, 7) documentato a Decima nella prima metà del VI sec. a.C.59 e infine un orlo con tre scanalature (fig. 4, 8), il cui profilo si riscontra a Satricum in età orientalizzante arcaica.60

Satricum,66 da cui l’ esemplare in esame si distingue per la presenza di pareti svasate, più pertinenti ad un bacino.

55

COARSE WARE67 L’ampia documentazione di questa classe ceramica è testimoniata da numerosi frammenti riferibili ad olle a corpo globulare e cilindro-ovoidi, ciotole, coperchi, bacini e fondi.

Le olle cilindro-ovoidi sono testimoniate da orli a profilo continuo con spigolo smussato all’interno (fig. 4, 9) riferibili al tipo Carafa 235, documentato anche a Ficana61 e da frammenti (fig. 4, 10), assimilabili ad un tipo ad esso vicino, attestato nel Lazio e in Etruria,62 che nel complesso documentano un tipo diffuso nell’ambiente etrusco laziale nel periodo orientalizzante recente e in quello arcaico.

Tra le olle a corpo globulare si conferma la presenza dei tipi Carafa nn. 318,68 322,69 324,70 attestati nel corso del VI sec. a.C. a Roma e, come testimonia il tipo 322, in più centri laziali ed etruschi. Le olle cilindro-ovoidi sono documentate da un rilevante numero di frammenti riferibili ai tipi Carafa 326,71 329,72 334,73 337,74 338,75 346 (fig. 5, 1),76 351,77 35278 (fig. 5, 2), 353,79 354,80 358,81 360 (fig. 5, 3),82 364,83 382,84 384,85

Alla stessa epoca riportano i frammenti di ciotole rinvenuti all’interno del pozzo. Tra questi si segnalano il tipo Carafa 243,63 un frammento a vasca tronco-conica con orlo indistinto e arrotondato, contraddistinto da pareti sottili (fig. 4, 11)64 ed uno a vasca emisferica (fig. 4, 12) con bordo arrotondato confrontabile con esemplari attestati nel Lazio e a Veio.65

66 F.C. 4210 (fig. 4, 13); argilla rossa (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 5/0); superfici lisciate; Ø int. cm 18 ca L’orlo si confronta con un’olla globulare attestata a Satricum (Satricum I, fig. a p. 245, n. 212-213, p. 152). 67 Sul tipo d’ impasto, la diffusione, si confronti con relativa bibliografia Carafa 1995, pp. 126-128 e D’Alessio 2001, pp. 197-200. 68 F.C. 4267 bis; Argilla di color rosso (M. 2,5YR 5/6). 69 F.C.4293; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/6), con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2,5/0); superfici lisciate. 70 F.C. 3552; 3558; 5364; 5797. 71 F.C. 4334, 4343, 4360, 4362, 5369, 5841, 5854, 5862; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura grigio (M. 2,5Y 5/0), superficie interna lisciata. 72 F.C. 4276; 5398; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 5/6); superficie interna lisciata. 73 F.C. 3556, 3569, 3574, 4251, 4324, 4385, 4389, 5405, 5422, 5838, 5844, 5846, 5855, argilla rosso (M. 2,5YR 5/8), con nucleo in frattura grigio (M. 2, 5YR 3 /4) e nero M. 2,5YR 5/0; superficie interna lisciata. Cfr. P. Carafa, in Palatium e Sacra via I, pp. 198-199, n. 48, fig. 163.9; idem 1998, p. 63. 74 F.C. 4316; argilla di colore rosso (M. 2, 5YR 4/8) con nucleo in frattura di colore grigio-bruno (M. 5YR 5/6), superficie interna lisciata. 75 F.C. 4339 bis; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 5/8) con nucleo in frattura bruno (M. 5YR 3/4). 76 F.C. 4264 (fig. 5, 1; Ø cm 21 ca;), argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura di colore nero (M. 2,5YR 2,5/0), Ø cm 21 ca; superficie interna lisciata. 77 3573, 4304, 4354, 4359, 5215, 5442 bis, 5842, 5867; superficie interna lisciata. 78 F.C. 5412 (fig. 5, 2; Ø cm 24 ca), 5808; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8). 79 F.C. 4259, 4260, 4277, 4284, 4286, 4340, 4382, 5412, 5795, 5834, 5842; argilla di colore rossastro (M. 2, 5YR 5/4), superficie interna lisciata. 80 F.C. 4308, 4328, 4329, 4330, 5446, 5448; argilla di colore arancio (M. 5YR 3/4) e rosso (M. 2,5YR 4/8), superficie interna non lisciata. 81 F.C. 4343, 4349, 5864; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2,5/0), superficie interna lisciata. 82 F.C. 3450, 3548, 3550, 3551, 3552, 3553, 3554, 3555, 3557, 3558, 3559, 3566, 3569, 3599, 3842, 4262, 4280, 4253, 4304, 5403 (fig. 5, 3, Ø int. cm 30 ca;) 5797, 5804, 5810, 5816, 5819; superficie interna lisciata. 83 F.C. 4306; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 5/8) con nucleo in frattura bruno (M. 7,5YR 4/6), superficie interna lisciata. Cfr. Carafa 1990, p. 104, 4.6, 5. 84 F.C. 3435, 4320, 5806, superficie esterna non lisciata. 85 F.C. 3465 bis, 4293, 5422, superficie esterna non lisciata.

Si riscontra infine la presenza di un frammento con orlo a tesa, decorato con due solcature concentriche (fig. 4, 13), assimilabile a quello di un’olla globulare attestata a 55 Cfr. Guaitoli et al. 1974, p. 86, fig. 12, nn. 16, 17, 19, 21; Quilici, Quilici Gigli 1978, p. 127, nt. 24; Bedini 1990, p. 256, tb. 127, n. 6; Palatino1992, p. 132, nota 139; Ampolo 1980, tav. 37, 12. 56 F.C. 3930 (fig. 4, 5); argilla rossa (M. 2,5YR 4/8); superfici lisciate. Ø est. 23 cm ca Sul tipo, cfr. Bedini 1989, tb. 3, pp. 238239, fig. 22.10; tb. 1, p. 261, fig. 42.2; Falzone 2001c, p. 189, fig. 21.103. 57 F.C. 3469; 4281; 4288; 4293; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2,5/0) e superfici lisciate. Sul tipo, a lato dei confronti, presentati da Carafa, cfr. lo studio sui materiali rivenuti nella cella sotto il tempio della Vittoria, cfr. Falzone 2001c, p. 190, tipo 10, tav. 24.111 (Gruppo I, tipo 10). 58 F.C. 3424 (fig. 4, 6); superfici lisciate. Ø int. cm 22 ca; cfr. inoltre, P. Carafa, in Palatium e Sacra via I, p. 198, n. 37, fig. 163.2. 59 F.C. 3534 (fig. 4, 7); argilla rossa (M. 2,5YR 4/8); superfici lisciate. Ø est. cm 18 ca, cfr. Guaitoli 1981, p. 134, fig. 21.5. Il tipo è assimilabile a esemplari rinvenuti sul Palatino, v. Falzone 2001c, p. 189, tav. 23.108 (Gruppo I, tipo 7). 60 F.C. 5364 (fig. 4, 8); argilla rossa (M. 2,5 YR 4/8), superfici lisciate. Ø int. cm 18 ca Per il profilo, cfr. Satricum I, p. 151, n. 188. 61 F.C. 4258; 4335, 5845 (fig. 4, 9; Ø est. cm 15 ca); argilla rossa (M. 2,5YR 7/8) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2.5/0), superfici lisciate. Cfr. inoltre Carafa 1990, p. 103, 4.6, 4; per la presenza del tipo a Ficana, cfr. Brandt 1996, pp. 188-191, pp. 188 ss., tav. 123, n. 37b. 62 F.C. 3435 (fig. 4, 10; Ø int. 18 cm ca), 3445, 4261; 4284; 4291; argilla rossa (M. 2,5YR 7/8) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2.5/0); superfici lisciate. Cfr. Mangani 1985, p. 156, n. 4, fig. 4.11; Satricum I,, n. 196, p. 151; Brandt 1996, pp. 190-191, tav. 123, n. 40 b. 63 F.C. 4284; argilla di colore marrone (M. 7,5YR 5/4), superfici lisciate. 64 F.C. 4209 (fig. 4, 11), Ø cm 16 ca; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8); superfici lisciate. 65 F.C. 4254 (fig. 4, 12); Ø est. cm 27 ca); argilla di colore rosso (2,5YR 4/8), superfici lisciate. Cfr. Threipland 1963, pp. 44-45, fig. 6.1; Quilici, Quilici Gigli 1978, p. 132, tav. LI, 56.

18

M. RICCI: LA CERAMICA D’IMPASTO DEL FORO DI CESARE

Fig. 5 – Foro di Cesare. Coarse ware. Tutti i disegni sono in scala 1:3 tranne il n. 7 in scala 1:2 (disegni I. van Kampen)

19

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

387,86 389,87 395,88 406,89 418 (fig. 5, 4),90 419,91 43092 e infine al tipo 431.93

453103 (fig. 5, 8), 455,104 466,105 467,106 468,107 469108 mentre a vasca emisferica, si conferma il solo tipo 477.109

Si tratta di olle la cui evoluzione tipologica, rappresentata da frammenti inizialmente con orlo lievemente svasato (cfr. tipo 326) e infine quasi orizzontale con spigolo interno vivo (cfr. tipo 431), trova confronto non solo a Roma, ma nelle culture materiali del Latium Vetus e dell’Etruria meridionale, tra la fine del VII e il VI. 94 Completano il quadro, olle cilindro-ovoidi (assenti nella tipologia di Carafa), raffrontabili con esemplari di età arcaica rinvenuti a Roma, nel contesto di scavo di S. Omobono, a Ficana, nel Lazio e in Etruria.Vengono riferite al tipo A del gruppo C di S. Omobono, olle con orli svasati95 (fig. 5, 5) e ollette (fig. 5, 6),96 in parte confrontabili anche a Satricum (fig. 5, 7),97 al tipo B, un frammento con labbro arrotondato e spigolo interno smussato,98 mentre a Ficana trovano infine confronto olle con orlo a profilo continuo e labbro arrotondato.99 Le ciotole100 sono prevalentemente attestate da frammenti a vasca schiacciata, riferibili ai tipi Carafa 448,101 451,102

Tra i coperchi,110 si segnalano i tipi Carafa 486111 e 517;112 due frammenti, confrontabili con esemplari attestati a Stigliano nel senese,113 possono essere infine riferiti a ciotole-coperchi (fig. 5, 9). Sia le ciotole che i coperchi rinvenuti, trovano nel corso del VI secolo la più alta diffusione.114 Allo stesso periodo si confermano i bacini, testimoniati da frammenti, riferibili in base alla classificazione di Carafa, ai tipi con profilo a vasca cilindrica, emisferica e tronco-conica con pareti curve.115 Il primo gruppo è documentato dal tipo Carafa 532,116 il secondo, più diffuso, come del resto confermano i confronti in vari centri di Roma e del Lazio (per i quali si rimanda alla classificazione di Carafa), dai tipi 560,117 561,118 562,119 566,120 568,121 573,122 574,123 577,124 579.125 A questi si 103

F.C. 4332, 5416 (fig. 5, 8; Ø cm 14 ca), 5426; argilla di colore arancio (M. 5YR 5/6), superfici non lisciate. 104 F.C. 3561, 4310; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8), superfici non lisciate. Sul tipo, cfr. infine P. Carafa, in Palatium e Sacra via I, p. 259, n. 19, fig. 249.7. 105 F.C. 4371, superfici non lisciate. 106 F.C. 5407; 5443 bis, 5843 F. C. 5407; 5443 bis, 5843, superfici non lisciate. 107 F.C. 5793, superfici non lisciate. 108 F.C. 3431; 4285, 4307, 4323, 5806, superfici non lisciate. 109 F.C. 4352, argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8), superfici non lisciate. 110 Sul tipo cfr. Carafa 1995, p. 183. 111 F.C. 4375, superficie interna lisciata. 112 F.C. 5347, 5824, 5827, superfici non lisciate. 113 F.C. 4250 (fig. 5, 9; Ø int. cm 31 ca.); argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8), superfici non lisciate. Cfr. Zifferero 1980, pp. 25 ss., tav. 1.1; F.C. 3410; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8), superfici non lisciate; cfr. idem 1980, tav. 1.2. 114 Per i confronti in contesti romani, laziali ed etruschi, si rimanda all’analisi dei tipi nella classificazione di Carafa. Cfr. Carafa 1995, pp. 174-182. 115 Sul tipo e sulla diffusione cronologica, cfr. Carafa 1995, pp. 196-198 e D’Alessio 2001. 116 F.C. 4270, 4302, 5403, superfici non lisciate. Il tipo è assimilabile ad un bacino attestato negli scavi del Palatino, cfr. D’Alessio 2001, p. 203, tav. 35.147, cui si rimanda per ulteriori confronti bibliografici. 117 F.C. 5366; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 5/6) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2.5/0), superfici non lisciate. Il tipo è assimilabile ad un bacino attestato negli scavi del Palatino, cfr. D’Alessio 2001, p. 207, tav. 40.166, cui si rimanda per ulteriori confronti bibliografici. 118 F.C. 3563, 3565, 4254; M. 2,5YR 5/6, con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2.5/0), superfici non lisciate. Il tipo si confronta con esemplari attestati negli scavi del Palatino, cfr. D’Alessio 2001, p. 206, tav. 38.157, cui si rimanda per ulteriori confronti bibliografici. 119 F.C.5447, 5798, superfici non lisciate. 120 F.C. 4353, superfici non lisciate. 121 F.C. 3561, 3567, superfici non lisciate. Il tipo è assimilabile ad un bacino attestato negli scavi del Palatino, cfr. D’Alessio 2001, p. 211, tav. 44.181, cui si rimanda per ulteriori confronti bibliografici. 122 F.C. 3446, superfici non lisciate. 123 F.C. 4721, superfici non lisciate. Il tipo si confronta con bacini rinvenuti negli scavi sul Palatino, cfr. D’Alessio 2001, p. 208, tav. 41.170. 124 F.C. 4216; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8), superfici non lisciate. Sul tipo, cfr. D’Alessio 2001, p. 212, tav. 46.187. 125 F.C. 5413. Argilla di color rosso (M. 2,5YR 4/8), con superfici non lisciate.

86

F.C. 4285, 4364, 4367, 4842, 5865; argilla di colore rossastro (M. 2,5YR 5/4) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2.5/0), superficie interna lisciata. Sulla continuità del tipo, attestato in impasto rosso negli scavi del Palatino, cfr. Falzone 2001c, p. 191, tav. 27.120 (Gruppo II, tipo 3). 87 F.C. 4291 bis, argilla di colore rosso (M. 2,5YR 6/8), superficie interna lisciata. 88 F.C. 4312, 5459; argilla di colore arancio (M. 5YR 5/8), superficie esterna non lisciata. 89 F.C. 4348, 5813, 5824, 5834, 5865 argilla di colore rosso (M. 2,5YR 5/6), con nucleo in frattura arancio (M. 5YR 7/8), superficie interna lisciata. 90 F.C. 3562, 4276, 4284, 4324, 4382, 5590 (fig. 5, 4; Ø est. cm 36 ca;), 5795, 5802; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8), con nucleo in frattura bruno (M. 5Y 3/3) e nero 2,5YR 2,5/0), superficie esterna non lisciata. 91 F.C. 4259, 4368, 5451 bis, 5861; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura rosso (M. 2,5YR 5/8), superficie esterna non lisciata. Ai numerosi confronti citati da Carafa, si aggiunge l’esemplare attestato a Ficana: cfr. Pavolini 1981, p. 264, fig. 6, 28. 92 F.C. 4352; superficie interna lisciata. Cfr. Carafa 1998, p. 77; idem, in Palatium e Sacra via I, p. 259, n. 9, fig. 249.4. 93 F.C. 4374; argilla di colore arancio (M. 5YR 6/8), con nucleo in frattura bruno (M. 5YR 4/2), superficie esterna non lisciata. 94 Per i confronti si rimanda ai rispettivi tipi esaminati da Carafa. Cfr. Carafa 1995, pp. 138-172. 95 F.C. 4299, 4303 (fig. 5, 5; Ø cm 18 ca), 4304, 4320, 4328, 4349, 5844, 5801; argilla di colore bruno (M. 5YR 4/6); superficie esterna non lisciata. Cfr. Colonna 1963-64, fig. 6.77, p. 15. 96 F.C. 4359, 3572 (fig. 5, 6; Ø est. cm 10 ca), argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura di colore grigio (M. 2,5YR 5/2); superfici interne lisciate. Colonna 1963-64 p. 15, fig. 6.75. 97 F.C. 3571 (fig. 5, 7; Ø cm 6 ca); argilla di colore marrone (M. 7,5YR 5/2), superficie esterna non lisciata. cfr. Satricum II, p. 193, n. 1873. 98 F.C. 4340; argilla di colore rosso-bruno (M. 2,5YR 4/4) con nucleo in frattura grigio (M. 2,5 YR 4/1), superficie esterna non lisciata. Cfr. Colonna 1963-64, p. 17, fig. 8, n. 98. 99 F.C. 4367; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura grigio (M. 2,5YR 4/0); cfr. Cataldi 1981, fig. 4, n. 3. F.C. 4211; 4251; 4327 bis; 4349; 5845; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura rosso (M. 2,5YR 4/8) e nero (M. 2,5YR 5/0) Cfr. Cataldi 1981, fig. 4, n. 4. 100 Sulle caratteristiche del tipo cfr. Carafa 1995, pp. 172-182. 101 F.C. 4337, 5414, 5426; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura bruno (M. 7,5YR 4/6). 102 F.C. 3567, 3581, 3593, 4250, 4307, 4310, 4327, 5798, 5830; superfici non lisciate.

20

M. RICCI: LA CERAMICA D’IMPASTO DEL FORO DI CESARE

aggiungono due frammenti: il primo (fig. 5, 10), con orlo piatto e due scanalature orizzontali larghe e profonde, si confronta con un esemplare del tipo C di S. Omobono,126 il secondo (fig. 6, 1) con orlo superiormente appiattito, inclinato verso l’interno e parete esterna decorata con tre solcature orizzontali, è assimilabile nel profilo ad un esemplare di tipo A, attestato a S. Omobono, mentre nell’orlo al tipo Carafa 617.127

IMPASTO CHIARO Nella classe,137 documentata da alcuni frammenti di pareti,138 si segnala la presenza di un cordone plastico digitato, riferibile ad un bacino139 e un frammenti di un orlo a fascia curva e schiacciata (fig. 6, 7), anch’esso pertinente ad un bacino, assimilabile al tipo Carafa 652.140 Quest’ultimo tipo, noto in ambiente etrusco-laziale,141 si conferma a Roma, dalla metà fino alla fine del VI sec. a.C.

Il gruppo a vasca tronco-conica a pareti curve è infine testimoniato dal tipo Carafa 603.128

INTERNAL-EXTERNAL SLIP WARE

Ad olle, ciotole-coperchi e bacini, per quanto non sia stato possibile attribuire con certezza frammenti di orli allo stesso vaso, vengono riferiti numerosi frammenti di fondi,129 alcuni dei quali conservano parte delle pareti. Si distinguono fondi piani (fig. 6, 2),130 spesso con parete interna annerita e striature del tornio sulla base,131 fondi ad anello poco rilevato (fig. 6, 3),132 in un caso con fondo ondulato (fig. 6, 4)133 e a tromba con interno concavo.134

Nello scavo sono stati rinvenuti due minuti frammenti di fondi, ricoperti ora internamente, ora esternamente,142 da un sottile strato impermeabilizzante lisciato a stecca, di colore bianco crema,143 attestanti la presenza di internal/external slip ware. La produzione, identificata dalla Threipland a Veio e circoscritta intorno alla metà del V sec. a.C.144 presenta a tutt’oggi una cronologia controversa, animata da tendenze che portano, ora ad abbassare la datazione alla fine del V sec. a.C.145 ora ad anticiparla almeno agli inizi del V sec. a.C.146

Tra quest’ultimi riferibili a ciotole-coperchio, si distinguono due frammenti che presentano sull’anello di base, l’impronta delle ditate (fig. 6, 5)135 o depressioni ovali (fig. 6, 6).136 126

F.C. 3440 (fig. 5, 10); Ø int. cm 25 ca; argilla di colore rosso (M. 5YR 4/8), con nucleo in frattura di colore bruno (M. 7,5YR 3/2); superfici non lisciate. Cfr. Colonna 1963-64, pp. 23-25, fig. 12.134. Il tipo, con orlo arrotondato, è assimilabile ad esemplari attestati negli scavi del Palatino, cfr.. D’Alessio 2001, pp. 206-207, tavv. 38.157 e 39.163. 127 F.C. 4249 (fig. 6, 1); Ø est. cm 25 ca; Argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8), con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 5/0); superfici non lisciate con tracce dell’azione del fuoco. Cfr. Colonna 1963-64, pp. 2324, fig. 12. 126. 128 F.C. 5404, superfici non lisciate. 129 F.C. 3427, 3457, 3460, 3474, 3477, 3509, 3544, 3546, 3549, 3566, 3568, 3571, 3573, 4252, 4263, 4287, 4290, 4294, 4295, 4299, 4301, 4319, 4330, 4353, 4357, 4378, 5290, 5380, 5392, 5394, 5396, 5404, 5416, 5420, 5427, 5430, 5439, 5449, 5453, 5796, 5803, 5817, 5822, 5823, 5829, 5857, 5460, 5785, 5794, Argilla di color rosso (M. 2,5YR 4/6 o M. 5YR 4/6), con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2.5/0); rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura grigio (M. 2,5YR 5/0) o argilla di colore bruno (M. 5YR 3/4) o viola (M.10YR 5/1); superfici prevalentemente non lisciate o lisciate solo internamente. 130 F.C. 5420 (fig. 6,2), Ø cm 7 ca; argilla di colore bruno (M. 7,5YR 4/4), superfici non lisciate. 131 F.C. 3546, 3566: argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/4); 4268; 5396: argilla di colore grigio (M. 2,5YR 4/0; 2,5YR 5/0), superfici non lisciate. 132 F.C. 3457 (fig. 6, 3); Ø 6 cm ca; argilla di colore bruno (M. 7,5YR 4/4), superfici non lisciate. 133 F.C. 3578 (fig. 6, 4); Ø 10 cm ca ; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 5/8), superfici non lisciate. 134 F.C. 4268; 5396; 5419; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8) con nucleo in frattura nero (M. 2,5YR 2,5/0), superfici non lisciate. Per il tipo, cfr. Colonna 1963-64, pp. 21-22, fig. 11, nn. 118 e 121. 135 F.C. 5290 (fig. 6, 5), Ø cm 7 ca; argilla di colore bruno (M. 7,5YR 4/4), superfici non lisciate; Ø 7 cm ca. L’impronta di ditate si riscontra su altri esemplari; cfr. Colonna 1963-64, pp. 21-22, fig. 11.117; Early Rome III, p. 103, n. 3, fig. 69; Quilici, Quilici Gigli 1978, p. 131, n. 48, tav. LI; Pohl 1981, pp. 44-45, tav. 22, nn. 467 e 485; Brandt 1996, pp. 239 ss., tav. 150, n. 136. (610/600580/570). 136 F.C. 5805 (fig. 6, 6), Ø cm 7 ca; argilla di colore bruno (M. 7,5YR 4/4), superfici non lisciate.

Nel contesto in esame, considerando che i due frammenti rinvenuti rappresentano nell’ampia facies del riempimento del pozzo, il terminus post quem non, si è propensi ad una datazione tra la fine del VI-inizi V sec. a.C. INSTRUMENTUM DOMESTICUM Il ricco panorama di ceramica d’impasto del pozzo, si completa con la presenza di fuseruole e foculi di impasti diversi. Le prime sono attestate profilo tronco-conico con 137

da due frammenti, a sfaccettature smussate147

Per la classe cfr. Carafa 1995, pp. 232-233. F.C. 5381-5382, 5384-5389; argilla di color arancio (M. 2,5YR 6/4) o crema (M. 7,5YR 5/7), superfici non lisciate. 139 F.C. 5457; argilla di colore arancio (M. 2,5YR 6/4); cfr. Clementini, Rossi Diana 1988, tipo E2, pp. 54 ss., fig. 1. 140 F.C. 5383; (fig. 6, 7), Ø est cm 28 ca; argilla di color giallo (M. 2,5YR 8/2) con superfici non lisciate. Sul tipo di bacino, in aggiunta ai confronti cit. da Carafa (Carafa 1995, pp. 239-240), cfr. Angelelli 2001a, p. 236 (Gruppo IV, tipo I, varietà A). 141 Cfr. Clementini, Rossi Diana 1988, tipo F 2, p. 61, fig. 1. 142 F.C. 3434 (internal slip ware), argilla di colore marrone (M. 7,5YR 5/2), con tracce di pittura all’interno di color crema; sup. lisciate. F.C. 3434 bis (external slip ware); argilla rosso-bruna (M. 2,5YR 5/4), con pittura esterna bianco-crema; superficie esterna lisciata. 143 Sulla tecnica della produzione, cfr. Torelli, Pohl 1973, p. 218. 144 Cfr. Threipland 1963, pp. 55 ss., “Gruppo B”. 145 Alla proposta iniziale di fissare il terminus post quem della cronologia al V sec. a.C. (Threipland, Torelli 1970, p. 83 ss.) si oppone la Pohl che conferma di aver individuato a Lavinio, negli strati della seconda metà del VI sec. a.C., frammenti pertinenti ad una fase preparatoria alla produzione (cfr. Torelli, Pohl 1973, p. 219). 146 Cfr. Serra 1970, p. 547; Bedini 1979, p. 26. 147 F.C. 4283, argilla di color mattone (M. 7,5YR 6/7) con superficie lisciata; h. cm 3,4, Ø cm 5 ca. 138

21

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 6 – Foro di Cesare. 1-6 Coarse ware. 7 Impasto chiaro. 8-11 Instrumentum domesticum. Tutti i disegni sono in scala 1:3 tranne il n. 8 in scala 1:2 (disegni I. van Kampen)

22

M. RICCI: LA CERAMICA D’IMPASTO DEL FORO DI CESARE

e a forma sferico-schiacciata,148 tipi a lungo attestati.149

relativo ad una cornice di base, contornata da un cordone plastico digitato (fig. 6, 10),154 riferibile al tipo Scheffer IIB, attestato fino alla fine del VI sec. a.C.155

Dubbia resta l’identificazione di un frammento circolare con foro passante (fig. 6, 8), forse interpretabile quale anello distanziatore. 150

Non si esclude possa essere riferito alla base di un calefattoio, un frammento con decorazione impressa (fig. 6, 11), contraddistinta da una profonda linea orizzontale e da tre verticali,156 sul cui lato si evidenzia la presenza di un foro circolare. Il tipo d’impasto e la decorazione suggeriscono per il frammento in esame una datazione nella prima età del ferro.157

Tra i foculi, documentati da basi (fig. 6, 9) e pareti, in parte non identificabili tipologicamente,151 sono presenti frammenti pertinenti al tipo con piastra su bracci e falda estroflessa,152 ampiamente diffuso a Roma dall’età del Ferro fino alla fine dell’età arcaica153 ed un frammento

148

F.C. 4285; argilla di colore bruno (M. 7,5YR 4/2), superficie lisciata; h. cm 3,4; Ø cm 4 ca. 149 Cfr. Bietti Sestieri 1992, tipi 33a, p. 311 e 33c, p. 312. 150 F.C. 4360 (fig. 6, 8); argilla di colore bruno (M. 5YR 3/2); Ø esterno cm 4 ca Un confronto è attestato nella tb. LXV dell’Esquilino, cfr. Early Rome II, p. 192, n. 7, fig. 167, la cui cronologia, riferita dal Gjerstad al periodo II A, è stata aggiornata dal Bettelli alla fase IIB2 (cfr. Bettelli 1994, p. 28). 151 F.C. 3431, 3543, 4311, 5365, 5335, 5391, 5405, 5408, 5415, 5425, 5433, 5437, 5825, 6218 (fig. 6, 9). Argilla poco depurata (con mica e minuta augite) di color bruno (M. 7,5YR 4/2 o M. 7,5YR 5/4) e rosso (M. 2,5YR 4/4); superfici grossolanamente lisciate con tracce dovute all’azione del fuoco. 152 F.C. 5455, 5805; argilla poco depurata, ricca di inclusi, di color rosso (M. 5YR 3/4). 153 Per il tipo cfr. Delpino 1969, pp. 317 ss., figg. 2-3, 6B e pp. 324ss.; Scheffer 1981, p. 28, 35-36, figg. 2-3, 9-10, tipo I D; Brandt 1996, pp. 276 ss., n. 265, figg. 166a-b. Sull’ampia diffusione del tipo, cfr. Carafa 1990, pp. 102-103, 4.6, 1.

154

F.C. 5355 (fig. 6, 10), Ø cm 21 ca; argilla di colore rosso (M. 2,5YR 4/8), Ø cm 21 ca; sul cordone si rivela la presenza dell’ingubbiatura (Sulla tecnica di rivestire i cordoni plastici digitati, cfr. Scheffer 1982, p. 23). 155 Scheffer 1982, pp. 22-23 e 61, fig. 27, n. 240. 156 F.C. 3575 (fig. 6, 11); argilla di colore grigio scuro (M. 2,5YR 4/0), superfici lisciate. 157 Cfr. Cavallotti Batchvarova 1965, pp. 122-123, fig. 47/g; Faccenna, Fugazzola Delpino 1976, p. 210, n. 9, tb. XIII, tav. XLI; Bietti Sestieri 1992, tipo 31b, tav. 26, pp. 308-309.

23

MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO Daniela TABÒ (con premessa di Roberto MENEGHINI) Abstract: The study of the excavated material at the insula of Salita del Grillo – in the Trajan Markets – reveals that most of the pottery dates between the 5th and the 3rd century BC. Their residual feature, the absence of some typical classes of the archaeological deposits of that times and, on the contrary, the presence of artifacts from sacred contexts suggests the intentional formation of the stratigraphic context. Probably it was the result of deposits coming partially from a nearby sacred site.

Il saggio che segue questa breve nota introduttiva, realizzato da Daniela Tabò, analizza i reperti rinvenuti durante lo scavo del settore sommitale della cosiddetta “insula della Salita del Grillo”, diretto da chi scrive, per conto della Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, negli anni 1995-1996.1

direttamente sullo strato argilloso del colle, non raggiunto nel corso delle indagini condotte dalla Ripartizione Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma negli anni Trenta del XX secolo. Roberto Meneghini ha interpretato le strutture come resti di un contesto abitativo datato dal VI al II secolo a.C. sulla base della loro articolazione, del loro confronto con quelle in cappellaccio delle domus aristocratiche messe in luce sopra le mura e il pomerio del Palatino, e dell’analisi del materiale ceramico rinvenuto, costituito prevalentemente da forme d’uso quotidiano.5

Le indagini furono realizzate per chiarire la natura delle numerose strutture in opera quadrata di blocchi di tufo cappellaccio ivi esistenti e tradizionalmente interpretate come parte della più antica cinta muraria “Serviana” della città.2 I risultati degli scavi hanno già preliminarmente dimostrato la matrice prettamente urbana del contesto indagato e l’analisi dei materiali sembra ora indicare la presenza di un vicino luogo di culto dal quale potrebbero provenire i reperti recuperati.

In questa sede vengono presentati i materiali recuperati dalla stratigrafia immediatamente a contatto con lo strato argilloso: essi coprono un arco temporale che va dal VI secolo a.C. all’età tardo augustea/prima età traianea, con una maggiore consistenza tra il V e il III secolo a.C. Si distinguono due frammenti di impasto databili alla I età del Ferro; sono da considerare intrusi il frammento di maiolica rinascimentale e quello di pignatta di epoca moderna.

Le strutture in opera quadrata lungo la Salita del Grillo risultano dunque sempre più pertinenti a un settore abitato la cui presenza sposta inevitabilmente più a nord di alcune decine di metri il tradizionale percorso delle mura Serviane.3

L’eterogeneità, l’alto grado di frammentazione e il fatto che a quasi ogni reperto corrisponde un esemplare sono dati significativi ai fini del riconoscimento della natura residuale dei materiali rinvenuti e, quindi, della formazione volontaria della stratigrafia riportata da altri contesti.

Roberto Meneghini Tra il 1995 e il 1996 sono stati condotti scavi archeologici nell’insula della Salita del Grillo, all’interno del complesso monumentale dei Mercati di Traiano. Sono state rinvenute strutture relative all’occupazione dell’area tra il VI ed il II secolo a.C. (fig. 1);4 in particolare, è stata evidenziata la presenza di muri realizzati in opera quadrata con blocchi in cappellaccio che poggiano

Dal punto di vista metodologico, in considerazione dello stato di conservazione, della presenza di scarse parti tipologiche e della natura residuale dei reperti, si è scelto di adottare l’impiego di tabelle. Per i materiali maggiormente significativi e relativi a produzioni non standardizzate si è proceduto alla redazione del catalogo, con la relativa documentazione grafica e fotografica.6

1

Meneghini 2003; Meneghini 2009, pp. 21-23. Lo scavo è stato materialmente realizzato dal collega Francesco Pacetti coadiuvato da Barbara Amatucci. 2 Vedi, da ultimo, Cifani 2007, pp. 63-66. 3 Meneghini, Santangeli Valenzani 2007b, pp. 22-24; Meneghini 2009, fig. 17, p. 20. Tutte le foto, ad eccezione delle fig. 19-21, sono di Giovanni Tabò, il cui ricordo sarà sempre vivo. 4 Meneghini 2003, pp. 229-232. V. anche Ceci 2006 per lo studio del materiale proveniente dal riempimento di un ambiente della domus di II secolo a.C., formatosi in occasione dei lavori relativi al complesso dei Mercati di Traiano, all’inizio del II secolo d.C.

Per il quadro completo dei rinvenimenti, sono stati elaborati una tabella quantitativa (tabella 1), ordinata per Unità Stratigrafiche e per classi/produzioni, e il relativo grafico (fig. 2). 5

Meneghini 2003, pp. 229-232. Per motivi redazionali, viene citata solo la bibliografia più recente e/o significativa, dalla quale è possibile ricavare ulteriori riferimenti a testi sull’argomento. 6

25

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 1 – Planimetria del settore dei Mercati di Traiano scavato nel 1995-96. In nero i muri in opera quadrata in cappellaccio; in grigio le fondazioni di una domus di fine II – inizi I secolo a.C. (da Meneghini 2003, fig. 17)

segmenti con andamento obliquo e tratto interno. E’ probabilmente riferibile ad una tazza profonda con ansa bifora,8 attestata nella Fase II A1 della Cultura Laziale e databile alla I età del Ferro (X-IX secolo a.C.).

Impasto di età protostorica (tabella 2) Sono stati rinvenuti due frammenti ceramici ascrivibili ad un’epoca anteriore al VI secolo a.C. e, presumibilmente, pertinenti ad un abitato impiantato nell’area già nell’età del Ferro.7

Bucchero (tabella 3)

Uno di essi (inv. 76, fig. 3.1) è pertinente ad una parte vascolare riconoscibile e conserva resti di un collo troncoconico leggermente rigonfio, con inizio di orlo svasato o distinto e spalla arrotondata decorata a pettine con un meandro obliquo semplice formato da due

Il bucchero rinvenuto è di buona qualità, in genere di colore nero con le superfici non molto lucide, e, in alcuni casi, di colore grigio, con le superfici piuttosto lucide. Nessun esemplare presenta motivi decorativi.

7

8

Per l’ipotesi dell’occupazione abitativa dell’area nell’età del Ferro, v. Tabò 2000/2001, pp. 792-793.

Bietti Sestieri 1992, è avvicinabile al tipo 20c, pp. 280-281, tav. 21.

26

D. TABÒ: I MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO

Tabella 1 – Tabella quantitativa ordinata per Unità Stratigrafiche e classi/produzioni Classi/produzioni

300 301 312 313 331 332 333 335 336 331 o 335 346 354 sporadici Tot.

Impasto di età protostorica Bucchero

1

Ceramica depurata acroma e dipinta

3

Ceramica etrusco-corinzia

1

1

1

15

1 6

2 4

1

19

8

1

3

3

1

1

22

2

Ceramica tardo italo-corinzia

3

2

Ceramica attica

45

1

Ceramica etrusca dipinta

2

1

3

6

1

1

1

1

Piattelli Genucilia

2

1

Impasto rosso di età orientalizzante

1

2

1

1

Impasto grezzo rosso-bruno

9

28

2

Internal white slip ware

3

11

3

External slip ware

39 1

4

Impasto rosso arcaico

3

7

Impasto bruno tardo

3

9

5

18 4 10

1

13

Flash coloured coarse ware

2

2

Piastra di cottura

1

1

Ceramica con decorazione sovradipinta

6

5

8

4

4

2

Ceramica a vernice nera

25

4

17

11

21

2

Ceramica a vernice rossa opaca

5

7

1

3

1

4

3

15

11

1 1

108

2

18

Unguentari Lucerne

1 1

2

Sigillata italica

1

37

1

1

5

3

3

Invetriata

1

1

Maiolica

1

1

Statuette votive

1

1

1

3

Tessera di piombo

1

Lastrina di osso lavorato

1

Lastre o tegole

1 1

2

2

Lastra di impasto chiaro

1

1

Coppi

2

2

Fauna bruciata

1

Grumo di bronzo

1

Totali

60

1

2 1

12

124

32

39

9

2

48

26

3

1

2

4

362

Le scodelle a vasca emisferica con orlo distinto, ingrossato e arrotondato esternamente (invv. 152; 155, fig. 3,3), rientrano nel tipo bowl 3 di Rasmussen,10 e sono avvicinabili ad alcuni esemplari provenienti dal Tempio della Vittoria sul Palatino11 attribuibili alla seconda metà del VI-V secolo a.C. Confrontabile con lo stesso

Dei 45 frammenti rinvenuti, solo 9 sono riconducibili alle tipologie note di forme aperte, in particolare coppe e scodelle, databili tra la metà del VI e il V secolo a.C. Le coppe, con vasca a calotta, orlo rientrante e labbro arrotondato (invv. 153; 156, fig. 3,2), sono assimilabili al tipo bowl 4 di Rasmussen, forma ampiamente diffusa nel periodo corrispondente alla seconda metà del VI-inizio V secolo a.C.9

265-266, tav. 84, 394 e Falzone, Rossi 2009 p. 37, fig. 7,4; Rossi 2009, p. 241, fig. 19,9; Ambrosini, Belelli Marchesini 2009, p. 267, fig. 3, 26. 10 Rasmussen 1979, p. 125, pl. 41, 255. 11 Rossi, Valerio 2001, tipo 9A, p. 267, tav. 85,400 e Falzone, Rossi 2009, p. 37, fig. 8,1.

9 Rasmussen 1979, p. 125, pl. 41, 256. Per approfondimenti sui rinvenimenti afferibili a questo tipo v. Rossi, Valerio 2001, tipo 4A, pp.

27

CONTESTI CERA AMICI DAI FORI IMPERIALI

Impasto dii età protostorrica Buccheero Ceram mica depurata aacroma e dipin nta Ceramica etrusco-corin nzia nzia Ceramica tarrdo italo-corin Ceramica atttica Ceramica etrusca dipin nta Piiattelli Genuciilia Impassto rosso di ettà orientalizzan nte uno Impasto greezzo rosso-bru Internall white slip ware Exxternal slip ware Impassto rosso arcaico Imppasto bruno tarrdo Flash colouured coarse ware P Piastra di cottu ura Ceramica con decorazioone sovradipin nta Ceramicca a vernice nera Ceramica a verrnice rossa opaaca Unguenttari Lucerrne Sigillata italica Invetriata Maiolica Statuette votive Teessera di piom mbo Lastrina di osso lavorato Lastre o tegole d impasto chiaaro Lastra di Cop ppi Fauna bruciata G Grumo di bron nzo

2 45 22 3 6 5 2 2 1 39 18 4 110 13 2 1 37 108 18 1 5 3 1 1 3 1 1 2 1 2 2 1

Fig. 2 – Insula deella Salita del Grillo. Graficco delle quanttità delle diverrse classi dei m materiali rinveenuti Tabella 2 – Impasto di età protostorica Inv.

Parte vaaso

Forma

Tip po

N.

Datazione

76 (fig. 3,1)

Spalla

Tazza

Bieetti Sestieri 199 92, tipo 20c

1

I età deel Ferro

Parete

No on id.

1

tipo,12 ma coon il profilo della vasca più aperta, è una scodella conn orlo distintoo ed esternam mente ingrossaato a mandorla (innv. 150, fig. 3,,4).

Rico onducibile ad una scodellaa carenata tip po bowl 1 dii Rasm mussen15 è il frammento ddi orlo estrofflesso e appi-attito o superiormen nte (inv. 151, fig. 3,8) che si s avvicina add un esemplare e rittrovato a Rom ma, negli scavi presso ill com mplesso dell’Au uditorium,16 e databile al VII secolo a.C.

Sono inoltrre attestate scodelle co on orlo svaasato, esternamentee ingrossato e arrotondato (inv. ( 157, fig.. 3,5) o leggermennte appiattito esternamentte (inv. 158,, fig. 3,6):13 esse hanno risconntri con esem mplari dell’abbitato mano, sovrapposto al Sepolcretto Arcaico nel Foro Rom databili, in baase ai confronnti, nella metà del VI secoloo a.C.

Ceramica depurata acroma e dipinta (tabeella 4) La ceramica c depu urata acroma e dipinta è mo olto diffusa inn amb bito abitativo, votivo e funeerario a Roma, nel Lazio edd in Etruria, E in un periodo p tra il V VI e il III seccolo a.C.17 Glii

Il tipo dellaa scodella coon orlo ingrossato e disttinto, appiattito neella parte supperiore, e con n vasca emisfferica (inv. 154, figg. 3,7), è attesstato anche su ul Palatino, sootto il tempio della Vittoria, ed è attribuibile alla a metà del V VI-V secolo a.C.14

15

Rasmussen 1979, p. 124, pl. 41, 249.. Arg gento 2006, p. 34 45, tav. 1, 2a. 17 Perr un quadro comp plessivo della claasse v. Angelelli 2001b, pp. 247-249, per la quale essa è prodotta in un periodo compresso tra gli inizi dell VI e gli inizi del IV, con una maggioore diffusione neel V secolo a.C.;; Argen nto 2006, p. 347 individua due fa fasi, la prima tra il VI e V secoloo a.C. in i cui la classe riprende forme reaalizzate in buccheero e in ceramicaa etruscco-corinzia, e a sua volta influenzza altre produzion ni come l’impastoo sabbiioso; la seconda, tra il IV e III seecolo a.C., in cuii vengono ripresii modeelli in ceramica a vernice nera. 16

12

Rasmussen 19979, p. 125, pl. 411, 254. Van Kampen 2004, rispettivam mente tipo 3 e tipo o 4, p. 272, figg. 3 e 4. 14 Rossi, Valeriio 2001, tipo 5, p. 266, tav. 84, 396 e Falzone, Rossi 2009, p. 37, fig. 7,6. 13

28

D. TABÒ: I MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO

Tabella 3 – Bucchero Inv.

Parte vaso

153

Orlo

156 (fig. 3,2)

Orlo

152

Orlo

155 (fig. 3,3)

Orlo

Forma

Tipo

N.

Datazione

Coppa

Rasmussen, bowl type 4

2

Seconda metà VI – inizio V a.C.

Scodella

Rasmussen, bowl type 3

2

Seconda metà VI a.C.

150 (fig. 3,4)

Orlo

Scodella

Avvicinabile Rasmussen, bowl type 3

1

Seconda metà VI-V a.C.

157 (fig. 3,5)

Orlo

Scodella

Van Kampen 2004, tipo 3

1

Metà VI a.C.

158 (fig. 3,6)

Orlo

Scodella

Van Kampen 2004, tipo 4

1

Metà VI a.C.

154 (fig. 3,7)

Orlo

Scodella

Rossi Valerio 2001, tipo 5

1

Metà VI-V a.C.

Orlo

Scodella carenata

Rasmussen bowl type 1

1

VI a.C.

Orli

Non id.

2

Colli

Non id.

1

Piedi ad anello

Non id.

3

Anse a nastro

Non id.

2

Anse a bastoncello

Non id.

1

Pareti

Non id.

27

151 (fig. 3,8)

Tabella 4 – Ceramica depurata acroma e dipinta Inv.

Parte vaso

Forma

N.

Datazione

139 (fig. 3,9)

Intero

Coppetta su piede

1

V-IV a.C

97 (fig. 3,10)

Orlo

Piattello

2

IV-III a.C.

80 (fig. 4)

Parete con attacco ansa

Olletta stamnoide

1

Fine V – inizio IV a.C.

101 (fig. 3,11)

Orlo

Brocca

1

V-IV a.C.

94 (fig. 5,1)

Ansa orizzontale

Skyphos

1

V-IV a.C.

93 (fig. 5,2)

Ansa a bastoncello orizzontale

Olla (?)

1

V-IV a.C.

Ansa a bastoncello

Non id.

2

43 96 (fig. 5,3) 95 (fig. 5,4)

ansa a nastro

Olla

1

100 (fig. 3,12)

Piede

Non id.

1

18

Orlo

Scodella

1

Pareti

Forma aperta

2

Pareti

Forme chiuse

8

esemplari rinvenuti presentano aspetti tipici della produzione, caratterizzata da un’argilla molto raffinata con inclusi di granulometria fine, di tonalità che vanno dal crema al rosato, fino al verdastro in caso di cattiva cottura. Il trattamento delle superfici, talvolta lisciate, è generalmente curato, spesso con l’applicazione di un’ingubbiatura dello stesso colore della pasta. Quasi tutti i reperti presentano le superfici dipinte spesso con vernici opache e diluite, in diversi casi scrostate, con una varietà di colori che va dall’arancio al rosso, al bruno, al grigio nerastro. Il repertorio decorativo è costituito da motivi geometrici semplici, in particolare fasce e linee generalmente orizzontali e trattini sulle anse.

V-IV a.C. V-IV a.C. Fine IV – primi decenni III a.C.

Sono stati recuperati 22 frammenti, la maggior parte dei quali riferibili a pareti acrome o con motivi lineari. Tra le forme aperte sono attestati: una coppetta con orlo assottigliato, vasca con pareti leggermente arrotondate e piede a disco, che presenta evidenti segni di tornio sia internamente che esternamente (inv. 139, fig. 3,9), ed un piattello con orlo estroflesso e labbro assottigliato (inv. 97, fig. 3,10) decorato con fasce di colore che varia tra l’arancio e il rosso; un esemplare analogo è stato rinvenuto sul Palatino, Tempio della Vittoria.18 18

Angelelli 2001b, pp. 255-256, tav. 77, 363. Con ulteriori confronti.

29

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 3 – Insula della Salita del Grillo. 1 Ceramica d’impasto della I età del ferro. 2-8 Bucchero. 9-12 Ceramica depurata acroma e a decorazione lineare. I disegni sono in scala 1:2

Fig. 4 – Insula della Salita del Grillo. Ceramica depurata. Olletta stamnoide

Fig. 5 – Insula della Salita del Grillo. Ceramica depurata. Anse

30

D. TABÒ: I MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO

Tabella 5 – Ceramica etrusco-corinzia Inv.

Parte vaso

Forma

N.

Datazione

98

Piede

Coppetta

1

Terzo quarto VI a.C.

145

Parete

Aryballos (?)

1

135

Parete

Aryballos (?)

1

Parte vaso

Forma

N.

Datazione

Pareti

Forme aperte

3

V a.C.

Parete

Coperchio di pisside(?)

1

V a.C.

Pareti

Forme chiuse

2

V a.C.

Tabella 6 – Ceramica tardo italo-corinzia Inv.

dipinta di colore variabile dall’arancio al rosso, riferibile alla produzione etrusco-corinzia. Tra i vari confronti, alcuni provengono dal deposito votivo del Lapis Niger23 e sono inquadrati nel terzo quarto del VI secolo a.C., mentre altri dal Palatino sotto il Tempio della Vittoria.24

Pertinente ad una forma chiusa -una olletta stamnoide- è la parete con attacco di ansa impostata orizzontalmente, rispetto alla quale restano due fasce dipinte sotto ed una verticale a lato, da cui parte un motivo presumibilmente ondulato (inv. 80, fig. 4). Questa forma è piuttosto diffusa in ambito laziale, in particolare l’esemplare in esame è confrontabile con un’olletta da Veio, Casale Pian Roseto, databile tra la fine V-inizio IV secolo a.C.19 Un frammento di orlo estroflesso, con labbro ingrossato e sagomato e con spigolo esterno sottolineato da una riga bruna e collo distinto rivestito internamente da vernice bruna (inv. 101, fig. 3,11), è forse da riferire ad una brocca simile ad esemplare rinvenuto sul Palatino, Tempio della Vittoria.20

Compare inoltre un frammento di parete con l’attacco del piede rivestita da vernice bruno paonazzo probabilmente riferibile ad un aryballos (inv. 145). Ad una forma chiusa, forse un aryballos, è da attribuire un frammento di parete decorata con resti di decorazione figurata (inv. 135). Ceramica tardo italo-corinzia (tabella 6)

Va attribuita ad uno skyphos una piccola ansa orizzontale con brevi trattini verticali (inv. 94, fig. 5,1). Sono state inoltre rinvenute anse a bastoncello decorate da brevi tratti di colore nerastro molto diluito e scrostato, di cui una orizzontale relativa ad un’olla (inv. 93, fig. 5,2) e due verticali (invv. 43; 96, fig. 5,3).21 Un’ansa a nastro verticale con fascette verticali e oblique di colore rosso probabilmente relativa ad un’olla con anse impostate sulla spalla (inv. 95, fig. 5,4) trova confronti con alcuni esemplari da corredi funerari della necropoli di Tarquinia località Calvario, in particolare dalla tomba 854 datata tra la fine del IV e i primi decenni del III secolo a.C.22

Sono state rinvenute alcune pareti decorate a fasce di colore non omogeneo che varia dall’arancio al bruno, ascrivibili alla ceramica tardo italo-corinzia o geometrica, diffusa nel V secolo a.C.; un frammento è forse riferibile al coperchio di una pisside. Ceramica di importazione. Ceramica attica (tabella 7) Sono stati trovati solo cinque frammenti di ceramica attica, produzione piuttosto diffusa nei contesti romani tra i decenni finali del VI e il V secolo a.C.25

Forse relativo ad un piede è un frammento troncoconico con base ingrossata e sagomata all’esterno (inv. 100, fig. 3,12) con decorazione dipinta, in gran parte evanide a bande bruna e rossa esternamente e bruna nerastra all’interno; la superficie è molto polverosa.

Due frammenti sono probabilmente pertinenti a kylikes a figure rosse. Del primo rimane solo parte dell’orlo con labbro risparmiato e della vasca che conserva sulla superficie esterna resti del capo, della spalla sinistra e del braccio piegato di una figura ammantata (inv. 141, fig. 6,1). Il secondo è costituito da parte della vasca decorata sulla superficie esterna da una figura femminile rivolta a destra e vestita con un peplo cinto, che stringe nella mano sinistra un elemento non definibile; nell’interno resta un segmento di un cerchio di colore rosso delimitante il tondo centrale (inv. 143, fig. 6,2).

Ceramica etrusco-corinzia (tabella 5) E’ stato rinvenuto un frammento della base espansa di un piede a tromba (inv. 98) relativo ad una coppetta 19

Murray Threipland, Torelli 1970, p. 77, fig. 15,O2. Angelelli 2001b, p. 251, tav. 72, 329 e Falzone, Rossi 2009, pp. 3839, fig. 9,9. 21 Per la produzione v. Murray Threipland, Torelli 1970, pp. 6-77, fig. 14, N. 22 Cavagnaro Vanoni 1996, p. 93, fig. 22,2. 20

23

De Santis 1990, p. 56, tav. II, 3.1.18-21. Angelelli 2001c, p. 273, fig. 88. 25 Gilotta 1990, p. 141; Falzone 2001a, pp. 54-55; Argento 2006, p. 351. 24

31

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tabella 7 – Ceramica di importazione. Ceramica attica Inv.

Parte vaso

Forma

141 (fig. 6,1)

Orlo

Kylix

143 (fig. 6,2)

Parete

Kylix

Orlo

Forma aperta non id.

Piede

Forma aperta non id.

Parete

Forma aperta non id.

Produzione

N.

Datazione

Ceramica attica a figure rosse

2

Fine VI-V secolo a.C.

1 Ceramica attica

1 1

Tabella 8 – Ceramica etrusca dipinta Inv.

Parte vaso

Forma

Produzione

Tipo

N.

D1atazione Fine VI – inizio V a.C.

134

Parete

Anfora (?)

1

136

Fondo

Kylix

1

50 (fig. 7 )

Vasca e parte orlo

110

Vasca e parte orlo

1

Piattello

Gruppo Genucilia

Testa femminile

2

Seconda metà IV a.C.

2

Fig. 6 – Insula della Salita del Grillo. Ceramica attica a figure rosse Fig. 7 – Insula della Salita del Grillo. Fondo di piattello del Gruppo Genucilia

Ceramica etrusca dipinta (tabella 8) Ad una produzione etrusca appartiene un frammento di parete decorata da una corona di fiori di loto ascendenti concatenati (inv. 134), motivo che spesso compare sulla parte inferiore del corpo di vasi di forma chiusa, generalmente anfore.26 L’estrema frammentarietà permette solo una datazione approssimativa alla fine del VI-inizio V secolo a.C.

con una ciocca di capelli che scende a tremolo davanti all'orecchio, sakkos a reticella allungato sul collo, orecchini a borchia con punto centrale e tre pendenti, di cui il mediano leggermente più lungo e perline, e con una collana a vaghi rotondi isolati di piccole dimensioni (inv. 50, fig. 7). I confronti, basati sulla tipologia piuttosto diffusa degli orecchini, sono in particolare con alcuni piattelli da Roma rinvenuti in un pozzo della Regia,29 da Ostia,30 da Tarquinia31 e da Ardea.32 L’esemplare dall’insula della Salita del Grillo presenta la zona risparmiata tra la parte inferiore del sakkos e la linea del profilo del collo “a prua di una nave”: questa caratteristica è attribuita da Del Chiaro al Pittore Genucilia del Louvre, cui riferisce diversi piattelli, tra i quali uno di provenienza ignota ora

E’ genericamente attribuibile ad una kylix il frammento di fondo con tracce di decorazione figurata incorniciata da un motivo a meandro (inv. 136). Sono stati rinvenuti due frammenti di piattelli Genucilia del tipo decorato con profilo femminile. Entrambi sono di stile ceretano, così come definito dal Del Chiaro,27 la cui produzione inizia intorno alla metà del IV secolo a.C.28 L’esemplare, di cui resta un frammento dell’orlo decorato verosimilmente da un motivo ad onde, conserva parte della vasca con testa femminile di profilo verso sinistra,

29

Coarelli 1973, p. 381 tav. XXV, 560 (nella tavola sono invertiti i numeri, quindi 561). 30 Lauro 1979, n. 5212 p. 54, figg. 4a e 6a (attribuito da Del Chiaro al Pittore Genucilia di Ostia). 31 Pianu 1980, n. 101 a p. 125, tav. XC, c-d; n. 108 a pp. 128-129, tav. XCIV, a-b (attribuiti al Pittore Genucilia di Tarquinia); n. 109 a p. 129, tav. XCIV, c-d (attribuito al Pittore Genucilia di Ostia). 32 Ceccarelli 2005, pp.163-164, tipi 1-2, fig. 9.

26 Per un confronto del motivo decorativo vedi Wòjcik 1989, pp. 144150, inv. 2699. 27 Del Chiaro 1957, pp. 246-250. 28 Per un quadro riassuntivo delle problematiche relative alla classe e alla cronologia v. Ferrandes 2006, pp. 138, nota 63.

32

D. TABÒ: I MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO

Tabella 9 – Ceramica d’impasto di età arcaica e tardo arcaica Inv.

Parte vaso

Forma

N.

Produzione

Datazione

Pareti

Non id.

1

Impasto rosso

Età Orientalizzante

77 (fig. 8,1)

Orlo

Olla

1

54 (fig. 8,2)

Orlo

Olla

1

51 (fig. 8,3)

Orlo

Olla

1

Impasto grezzo rosso-bruno

VI-V a.C.

Internal white slip ware

Metà V-III a.C.

External slip ware

Metà V-III a.C.

Impasto rosso arcaico

VI – inizi del IV a.C.

67 (fig. 8,4)

Orlo

Olla

1

69 (fig. 8,5)

Piede

Scodella

1

68 (fig. 8,6)

Piede

Scodella

1

Orlo

Coperchio (?)

2

Orli

Non id.

3

Fondi piani Pareti 71 (fig. 8,7)

Orlo

74

Orlo Orli

4 Non id.

24

Olla

2

Non id.

1

Fondi piani

Forme chiuse

2

Pareti

Non id.

13

Pareti

Non id.

4

Orlo

Scodella

1

180 (fig. 8,8)

Orlo

Bacino

1

53 (fig. 8,9)

Orlo

Sostegno (?)

1

Ansa

Non id.

1

Fondo

Forma chiusa

1

Pareti

Non id.

5

Pareti

Non id.

13

Impasto bruno tardo

VI – inizi del IV a.C.

Pareti

Non id.

2

Flash coloured coarse ware:

VI – inizi del IV a.C.

Parete

Non id.

1

Piastra di cottura

VI – inizi del IV a.C.

nel Museo del Louvre33 ed uno da Ostia.34 A questi si può aggiungere, ma solo per il motivo “a prua di una nave”, il confronto con un esemplare recentemente rinvenuto a Roma nella necropoli Collatina, a via Basiliano.35

analoga di età orientalizzante. Sono stati trovati 88 frammenti, per i quali è stato possibile fare una suddivisione in produzioni relative ai periodi arcaico e tardo arcaico, inquadrabili tra il VI e gli inizi del IV secolo a.C.; è stato inoltre rinvenuto un frammento di parete attribuibile alla ceramica d’impasto rosso di età orientalizzante.36

Del secondo piattello (inv. 110), estremamente lacunoso, si conserva parte dell'orlo decorato dall’usuale motivo ad onde e della vasca con resti di una testa femminile di profilo a sinistra, come si può evincere dalla posizione della collana e dell'orecchino dello stesso tipo del precedente. Lo stile è sommario.

La produzione maggiormente attestata è costituita dall’ impasto grezzo rosso-bruno (44%); nell’ordine, seguono l’internal white slip ware (21%), l’impasto bruno tardo (15%) e quello rosso arcaico (11%). Per queste è stato possibile individuare forme riconducibili a tipi, mentre per altre produzioni ceramiche tipiche dello stesso arco cronologico la frammentarietà ed il rinvenimento esclusivamente di parti vascolari non significative non ne hanno consentito uno studio analitico: pertanto, esse compaiono solo nella tabella di presenza.

Ceramica d’impasto di età arcaica e tardo arcaica (tabella 9) Questa ceramica presenta caratteristiche proprie per quanto riguarda l’impasto, il trattamento delle superfici e le tecniche di produzione, che la distinguono da quella

L’impasto grezzo rosso-bruno è di colore variabile dal rossastro al bruno, ed è caratterizzato dalla presenza di

33

Del Chiaro 1957, p. 258, pl. 19c. 34 Del Chiaro 1957, p. 258; Lauro 1979, n. 5211 p. 53, figg. 1b e 3b (nelle figure indicate come 3c). 35 Buccellato 2005, p. 334, II.562.

36

Ringrazio l’amica e collega Sabina Zeggio per la disponibilità ad esaminare il materiale e per i preziosi consigli.

33

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 8 – Insula della Salita del Grillo. 1-6 Impasto grezzo rosso-bruno. 7 Internal white slip ware. 8-9 Impasto rosso arcaico. I disegni sono in scala 1:2

Fig. 9 – Insula della Salita del Grillo. Percentuali di attestazione degli impasti del periodo arcaico e tardo arcaico

34

D. TABÒ: I MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO

inclusi di augite, mica e pietrisco, anche di grandi dimensioni, di forma circolare; le superfici sono trattate in genere in modo differente: l’interna spesso è lisciata, mentre l’esterna è meno accurata ed è ruvida al tatto.

D’impasto rosso arcaico sono due frammenti riferibili rispettivamente al piede di un sostegno (inv. 53, fig. 8,9) e ad un bacino con orlo leggermente ingrossato internamente e labbro piatto orizzontale (inv. 180, fig. 8,8) avvicinabile ad esemplari dal Palatino, Tempio della Magna Mater52 e Tempio della Vittoria, realizzati in impasto rosso-bruno.53

Le forme vascolari rinvenute sono tutte relative al repertorio di uso domestico, soprattutto ad olle cilindroovoidi.37 Un esemplare con orlo estroflesso con profilo rettilineo e spigolo interno leggermente smussato e labbro arrotondato (inv. 77, fig. 8,1) ha confronti con olle trovate a Roma nell’area sacra di Sant’Omobono38 e ad Ardea nel deposito votivo di Casarinaccio.39

Ceramica con decorazione sovra dipinta (tabella 10) Sono stati rinvenuti 37 frammenti,54 per la maggior parte relativi a skyphoi e oinochoi. Rientrano nella produzione del Gruppo Sokra55 due frammenti: uno di parete (inv. 120, fig. 10,1), con sovradipintura rosa diluita, di cui rimane parte di un girale che decorava l’esterno della vasca verosimilmente di una kylix,56 ed uno di orlo rientrante leggermente assottigliato (inv. 103, fig. 10,2) con parete decorata, con sovradipintura in arancio e dettagli incisi, da un tralcio di ulivo disposto in verticale, riconducibile forse ad uno skyphos57 o ad una glaux.58 La produzione è databile nella seconda metà del IV secolo.59

Un frammento di orlo estroflesso con spigolo interno abbastanza netto e labbro leggermente rigonfio e arrotondato (inv. 54, fig. 8,2) trova confronto con un’olla proveniente dagli scavi condotti a Roma presso il complesso dell’Auditorium,40 mentre un orlo estroflesso rettilineo, con labbro distinto e ingrossato (inv. 51, fig. 8,3), si avvicina ad esemplari recuperati ad Ardea nel deposito votivo di Casarinaccio41 e a Cerveteri nello scavo arcaico di Vigna Parrocchiale.42 E’ attestato inoltre un orlo svasato con labbro ingrossato triangolare, arrotondato superiormente e percorso da una scanalatura inferiormente (inv. 67, fig. 8,4) che si avvicina in particolare ad esemplari rinvenuti a Roma nell’area sacra di Sant’Omobono,43 a Veio, Casale Pian Roseto44 e a Cerveteri nello scarico arcaico di Vigna Parrocchiale.45 Le scodelle sono rappresentate da due piedi ad anello, di cui uno è basso (inv. 69, fig. 8,5) e si avvicina ad un esemplare da Satricum,46 mentre l’altro con profilo esterno desinente a punta (inv. 68, fig. 8,6) ad uno dal Palatino, Tempio della Magna Mater47 e un altro da Cerveteri, Vigna Parrocchiale.48

Da ricondurre al Gruppo del Fantasma60 sono alcuni frammenti riferibili alle tipiche oinochoi con becco a cartoccio della forma VII,61 con le pareti sovradipinte in rosa ornate con girali, brevi tratti relativi a fiore campanulato e linea orizzontale che delimita il motivo decorativo (invv. 121, 123) e una parte del becco decorato con una linea che sottolinea il contorno (inv. 106),62 inquadrabili tra la fine del IV e gli inizi III secolo a.C.63 Al medesimo gruppo afferiscono anche due skyphoi di grandi dimensioni con orlo ingrossato e labbro arrotondato con sovradipintura in rosa: il primo (inv. 109, figg. 11,1 e 12,1) è decorato con una fascia a linguelle sopra una linea orizzontale, sovrastante un motivo a girali, mentre il secondo (inv. 102, figg. 11,2 e 12,2) con una serie di linguelle verticali sotto l’orlo sovrastanti due linee orizzontali, al di sotto delle quali restano testa e spalle di una figura rivolta verso sinistra. La capigliatura

La produzione Internal white slip ware è caratterizzata da un impasto di colore variabile dal marrone-nero al grigio e al rossastro, con inclusi di mica e di pietrisco, anche di grandi dimensioni; la superficie interna lisciata presenta un ingobbio di colore biancastro o giallino, mentre l’esterna è grezza e ruvida al tatto.49 Anche per questa produzione la forma maggiormente attestata è l’olla cilindroovoide, in particolare con orlo svasato e labbro ingrossato e arrotondato esternamente (invv. 71, fig. 8,7; 74) che trova confronto con diversi esemplari rinvenuti a Cerveteri, Vigna Parrocchiale50 e a Veio, Casale Pian Roseto.51

52

Colazingari 2009, fig. 7, 199. D’Alessio 2001, p. 204, tipo I/7, tav. 37,155. Con ulteriori confronti. 54 Oltre ai materiali riconducibili a forme e a motivi decorativi conosciuti, sono stati rinvenuti 25 frammenti che non è stato possibile attribuire a forme e a gruppi. 55 Per un approfondimento del gruppo: Pianu 1978, pp. 161-172; Pianu 1982, pp. 9-22; Bruni 1992. 56 Pianu 1982, pp. 11-19, tavv. I-IX. 57 Bruni 1992, p. 60; fra i tanti un esemplare della Collezione Gorga, Michetti 2007, p. 189, 112. 58 Il frammento rientra nel I gruppo della suddivisione proposta da Bruni, caratterizzata da una forma vicina ai modelli attici, una vernice lucida, densa e abbastanza omogenea con sovradipintura in rossoarancio e particolari resi con leggere incisioni: v. Bruni 1992, p. 70. 59 Per una sintesi sulla problematica della cronologia e dei centri di produzione v. Ferrandes 2006, p. 137 nota 61. Secondo l’autore il gruppo rientra nelle facies 1 e 2 datate tra il 325 e il 320 a.C. 60 Per un breve inquadramento del gruppo si rimanda a Ferrandes 2006, p. 143 nota 67. 61 Data la frammentarietà non è possibile alcuna attribuzione ai quattro sottogruppi individuati da Pianu 1978, pp. 174-182. 62 Per una aggiornata distribuzione dei rinvenimenti v. Di Mento 2005, pp. 179-180. 63 Ferrandes 2006: facies 3-4-5, dal 320 al 280/70 a.C. 53

37

Per un inquadramento della classe, con storia della problematica e con bibliografia precedente, v. D’Alessio 2001, pp. 197-199. 38 Colonna 1963-64, tipo A, p. 15, fig. 6,78. 39 Arena 2005, tipo 2a, p. 107, tav. XIV, 472. 40 Argento 2006, p. 359, tav. 7, 62b. 41 Arena 2005, tipo 5, p. 122, tav. XVI, 773. 42 Rendeli 1993, p. 282, fig. 505, K 17,1. 43 Colonna 1963-64, tipo B, p. 17, fig. 8,98. 44 Murray Threipland, Torelli 1970, p. 82, fig. 27,22. 45 Rendeli 1993, pp. 278, 280, fig. 503, Ka 7,1. 46 Bouma 1996, p. 338, tav. XCV, B 275. 47 Colazingari 2009, fig. 12, 276. 48 Rendeli 1993, p. 308, fig. 517, Kc 28,6. 49 Per un inquadramento della produzione v. Di Giuseppe 2006, pp. 393395. 50 Rendeli 1993, p. 280, fig. 504, K 8,7. 51 Murray Threipland, Torelli 1970, p. 84, fig. 31,19.

35

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tabella 10 – Ceramica con decorazione sovra dipinta Inv.

Parte vaso

Forma

N.

120 (fig. 10,1)

Parete

Kylix

1

103 (fig. 10,2)

Orlo

Skyphos o Glaux

1

121

Parete

Oinochoe VII

123

Parete

Oinochoe VII

106

Becco a cartoccio

Oinochoe VII

109 (fig. 11,1 e fig. 12,1)

Orlo

Skyphos

1

102 (fig. 11,2 e fig. 12,2)

Orlo

Skyphos

1

105

Orlo

Skyphos

1

144

Orlo

Skyphos

1

112 (fig.13,1)

Parete

Skyphos

1

107 (fig. 13,2)

Orlo

Skyphos

108 (fig. 11,3 e fig. 14)

Fondo e piede a disco

1

Produzione

Datazione

Gruppo Sokra

Seconda metà del IV a.C.

Gruppo del Fantasma

Fine IV- inizi III a.C.

Gruppo Ferrara T 585

Seconda metà IV a.C.

1

Gruppo degli Skyphoi ad ulivi e ramoscelli

Metà IV a.C. – primo quarto III a.C.

Coppa

1

Gruppo dei Pocola deorum

Inizi – metà III a.C.

Orli

Non id.

3

Non id.

Piedi

Non id.

1

Non id.

3

Pareti

Forma aperta

15

Non id.

Pareti

Forma chiusa

6

Non id.

Un frammento di parete verosimilmente pertinente ad uno skyphos di grandi dimensioni e sovradipinta con un motivo a spina di pesce inquadrato tra linee verticali in colore bianco ed orizzontali in colore rosa carico (inv. 112, fig. 13,1), è da ricondurre al Gruppo degli Skyphoi ad ulivi e ramoscelli.67 In particolare la sintassi decorativa del nostro esemplare rientra nel “tipo f” della suddivisione elaborata da Bruni68 e trova confronto con skyphoi rinvenuti a Populonia, nell’oppidum preromano di Genova69 e nel deposito di Casarinaccio presso Ardea.70 Rientra nella stessa produzione un frammento di orlo leggermente svasato e assottigliato, decorato con un tralcio di ulivo con grandi foglie disposto in verticale, con sovradipintura arancio (inv. 107, fig. 13,2).

2

Fig. 10 – Insula della Salita del Grillo. Kylix e skyphos/glaux del Gruppo Sokra

è resa con la tecnica a risparmio e non sono evidenziati i particolari del volto.64

La distribuzione dei vasi di questo gruppo, che secondo le caratteristiche stilistiche e tecniche è da riferire a una tradizione artigiana comune con il Gruppo Campanizzante, suggerisce il loro inserimento nella rete di traffici convenzionalmente chiamata “dei porti”. Si tratta di skyphoi di medie e grandi dimensioni e di fattura corrente, produzione che si pone su un piano concorrenziale con il Gruppo Ferrara T 585 Meridionale,

Forse appartengono a due skyphoi del Gruppo Ferrara T 585 (o Gruppo Meridionale della Palmetta)65 e si datano tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C.,66 due orli caratterizzati da una fascia di linguelle delimitata da una linea orizzontale con sovradipintura in arancio; il primo, poco svasato, leggermente ingrossato all’interno e con labbro assottigliato, è percorso da una linea verticale dipinta di colore rosato (inv. 105), mentre il secondo (inv. 144) con orlo diritto, leggermente ingrossato all’interno e labbro assottigliato, conserva una foglia di palmetta resa con sovradipintura bianca molto evanide.

67 Definizione data nella pubblicazione dei materiali dell’oppidum preromano di Genova, Milanese 1987, pp. 285-286. 68 Bruni 1992, p. 82 nota 179 a p. 101. La tipologia si basa sulla combinazione degli elementi geometrici e vegetali che costituiscono la decorazione, in particolare il “tipo f” dello schema: “Sotto l’orlo una fascia a trattini verticali paralleli, nella metopa centrale, distinta dai pannelli laterali da due linee verticali, stretta fascia verticale a spina di pesce; nei pannelli verticali ramo verticale con foglie lanceolate e piccole bacche”. 69 Per confronti Bruni 1992, p. 82, fig. 90 e note 179, 181. 70 Di Mento 2005, p. 182, fig. 21.

64

Per confronti v. Carnabuci 1989, pp. 268-269, figg. 249, 4; 293,600. Bruni 1992, pp. 64-66; Serra Ridgway 1996, p. 234 con un inquadramento degli studi; e da ultimo Ferrandes 2006, p. 145, nota 73. 66 Bruni 1992, p. 66; Ferrandes 2006: facies 4-5-6 dal 320 al 265/60 a.C. 65

36

D. TABÒ: I MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO

Fig. 11 – Insula della Salita del Grillo. 1-2 Skyphoi del Gruppo del Fantasma. 3 Coppa del Gruppo dei Pocola Deorum. 4-5 Ceramica a vernice nera. 6-7 Ceramica a vernice rossa opaca. I disegni sono in scala 1:2

1

2

Fig. 12 – Insula della Salita del Grillo. Skyphoi del Gruppo del Fantasma

1

2

Fig. 13 – Insula della Salita del Grillo. Ceramica del Gruppo degli Skyphoi ad ulivi e ramoscelli

presente nello stesso circuito di distribuzione71 tra la fine del IV e il primo quarto del III secolo a.C.72 E’ assimilabile ai Pocola deorum il frammento di piede e vasca decorata internamente, con sovradipintura rosa molto sfaldabile e in parte evanide, con una ghirlanda di foglie di ulivo disposte a coppia e bacche e con due strette fasce concentriche, che delimitano il fondo ornato da un elemento non determinabile per la lacunosità, forse figurato (inv. 108, figg. 11,3 e 14).

Fig. 14 – Insula della Salita del Grillo. Coppa del Gruppo dei Pocola Deorum

La forma e la decorazione, pure se con sovradipintura monocroma, avvicinano il nostro reperto al Gruppo dei Pocola, vasi a vernice nera caratterizzati da iscrizioni votive, dipinte o graffite. Ad esso vengono anche attribuiti alcuni esemplari anepigrafi con un repertorio decorativo simile, con motivi vegetali e figurati. La

produzione dei pocola è da ricondurre agli Ateliers des petites estampilles, situati a Roma o nei dintorni, ed è inquadrabile tra gli inizi e la metà del III secolo a.C.73

71 Per un quadro aggiornato sul gruppo e distribuzione completo dei rinvenimenti v. Ambrosini 2002-2003, pp. 264-265. 72 Ferrandes 2006: facies 3-4-5 dal 320 al 280/70 a.C.

73

Per un inquadramento generale della classe v. Nonnis 2002; in particolare per l’ipotesi di centri di produzione a Caere e ad Ariminum v. p. 281.

37

CONTESTI CERA AMICI DAI FORI IMPERIALI

Il rinvenimeento di quessti vasi in ambito funerrario, santuariale eed abitativo, ha h fatto avanzare diverse ippotesi p è stato propostto di sulla loro fuunzione: in particolare, legarne la produzione alla a sfera cu ultuale e la loro fabbricazionee connessa coon i santuari, come indicanno le divinità mennzionate nellee iscrizioni; pertanto, forsee essi erano destinnati all’acquissto da parte dei fedeli peer le offerte o perr ricordo. A favore f di quessta ipotesi sonno la cattiva qualiità della sovvradipintura, come nel nnostro esemplare, la presenza di d fori per la sospensione774 e i mente ritrovamenti in contesti diversi anchee geograficam lontani dai luuoghi di produuzione.

1

2

Fig. F 15 – Insu ula della Salitaa del Grillo. Ceramica C a vernice v nera. Bolli B con palm mette sul fondo o di coppe dell’A Atelier des petitites estampillees

Il motivo ddella ghirlannda di fogliee di ulivo ttrova confronto coon un esempllare dalla tom mba a cameraa 233 della necroppoli delle Maacchie a Cap pena75 e con uno proveniente ddall’Etruria.76

Atelier des petitees estampilles es, sono datatte alla primaa metàà del III secolo o a.C.

Ceramica a vernice neraa (tabella 11) La ceramicaa a vernice nera n costituissce la produzzione maggiormentte rappresenntata, con un n totale di 108 frammenti, di cui 84 non n tipologizzabili. Essi sono riconducibilii a forme apperte, in parrticolare a ccoppe emisferiche e carenate speesso su piede.

Aglii inizi dello stesso secoloo sono riferib bili le coppee emissferiche su piede p con vassca a profilo o teso e orloo vertiicale (invv. 3, 7, 11) asscrivibili alla serie Morell 2981 1,84 che anno overa sia prroduzioni delll’Atelier dess petittes estampilles sia di altre bbotteghe dell’area etrusco-laziaale.85

Attribuita allla produzione “precampanaa” è la coppa bbiansata con pparete inclinaata verso l’’esterno ed orlo leggermente svasato e assottigliato, a su piede a ddisco (invv. 12, 177, 23, 21, 14), della serie Morel 4253..77 La forma, ampiamente diffussa nell’area etrusco-laziale e e e a a produuzioni Roma,78 è coonsiderata unna delle più antiche dell’Atelier ddes petites estaampilles ed è databile tra laa fine del IV e gli inizi del III secolo s a.C.79 Un U fondo su ppiede (inv. 30, fig.. 15,1) presennta impresse, entro una serrie di cerchi conceentrici, quattroo palmette dissposte radialm mente intorno ad unn cerchietto.80 La palmetta, del tipo a 9 ffoglie resa in negattivo, è presennte nella fase definita da Ennrico Stanco “prottocampana”, databile d tra il 320 e il 290 a.C., in una prooduzione ceerite dell’Ateelier des peetites estampilles.811

Sono o attestate ancche coppette ccarenate su pieede con vascaa emissferica (invv. 1, 6) attribuuibili alla form ma Morel 96,, seriee 2621 e 2922 2,86 diffusa inn Etruria Meriidionale e nell Laziio87 e prodottaa nei primi deecenni del III secolo a.C. inn officcine locali, prrobabilmente in parte iden ntificabili conn gli Ateliers A des peetites estampillles. E’ stata s trovata una u sola pateera (inv. 27),, avvicinabilee geneericamente alla specie M Morel 2140,888 di piccolee dimeensioni, apoda, con vasca poco profond da, riferita add una fabbrica attiv va a Roma o nei suoi dinto orni agli inizii I secolo a.C..89 del III La coppetta c emissferica con orrlo non distin nto (inv. 148)) rienttra nella serie Morel 2975aa1,90 compostaa da esemplarii con orlo arroton ndato non ddistinto e vassca profondaa germente arrotondata ed aascritta ad un na produzionee legg locaale o regionaale della secoonda metà del d III secoloo a.C.

Si distinguoono le coppee abbastanza larghe con orlo rientrante (innvv. 2, 9, 13), generalm mente su piedde ad anello e fonndo stampigliiato, assimilab bili ai tipi M Morel 2783 h-i e 22784 c;82 carattterizzate dallaa forma presssoché standardizzatta nelle dim mensioni e neelle caratterisstiche tecniche, sonno diffuse siaa in Etruria Meridionale M si a nel Lazio;83 generalmente atttribuite alla produzione p ddell’-

Il fraammento di coppa con orloo ispessito arro otondato (inv.. 10) è pertinente alla a serie Morrel 2538d,91 atttribuita ad unn bito locale o reegionale e colllocata nel terrzo quarto dell amb III secolo a.C.

74

Moreno 1965,, p. 255. Coarelli, Moreel 1973, tav. XII, 34, p. 67, n. 35. 76 Bruni 1989, pp. 107, scheda 1333. 77 Morel 1981, pp. 299, pl. 123. 78 Per la distribuuzione del tipo v. Di Mento 2005, p. 198. 79 Romualdi 19992, p. 117. 80 Per la disposizzione dei bolli si avvicina a Morell 1969, p. 68, fig. 3,u. 81 Per il tipo deella palmetta, v. Stanco 2009, p.. 158, fig. 1, 2. Per la problematica reelativa alla prodduzione cerite e i rapporti con quella romana, v. Stancco 2009, pp. 159--164. 82 Morel 1981, ppp. 223-224, pll. 73-74. 7 83 Per approfonddimenti e distribuuzione dei rinven nimenti, v. Morell 1969 pp. 94-103; Berrnardini 1986, pp. 51-52, 56-57; Ceccarelli, Di M Mento 2005, pp. 202-204. 75

84

Mo orel 1981, pp. 243 3-244, pl. 84. Perr maggiori approffondimenti sui rittrovamenti v. Di Mento 2005, pp.. 206-2 207. 86 Mo orel 1965, pp 215 5-216; Morel 19881, pp. 193-194 e 236; Bernardinii 1986, pp. 166-168, tav vv. 45-46. 87 Perr un’ampia distrib buzione della Forrma 96, v. Bernarrdini 1986, p. 1666 nota 1 e Ceccarelli, Dii Mento 2005, ppp. 219-220. 88 Mo orel 1981, pp. 139 9-141, pll. 31-32.. 89 Perr approfondimentti e confronti v. B Bernardini 1986, p. p 111. 90 Mo orel 1981, p. 242, pl. 83. 91 Mo orel 1981, p. 181, pl. 54. 85

38

D. TABÒ: I MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO

Tabella 11 – Ceramica a vernice nera Inv.

Parte vaso

Forma

Tipo

Produzione

N.

Cronologia

12

Orlo

17

Orlo

23

Orlo

Coppa biansata

4253

Precampana – Atelier des petites estampilles

5

Fine IV – inizi III a.C.

21

Orlo

14

Orlo

30 (fig. 15,1)

Piede

Non id.

Non id.

Protocampana – Atelier des petites estampilles

1

Fine IV – inizi III a.C.

2

Orlo

Coppa con orlo rientrante bombato

2783 h

Atelier des petites estampilles

1

Prima metà III a.C.

9

Orlo

Coppa con orlo rientrante bombato

2783 i

Atelier des petites estampilles

1

Prima metà III a.C.

13

Orlo

Coppa con orlo rientrante bombato

2784 c

Atelier des petites estampilles

1

Prima metà III a.C.

3

Orlo

7

Orlo

Coppa emisferica su piede

2981 a1

Atelier des petites estampilles

2

Inizi III a.C.

11

Orlo

Coppa emisferica su piede

2981 e1

Etrusco – laziale

1

Inizi III a.C.

1

Orlo

Coppetta carenata su piede

2922 b1

Etrusco – laziale / Atelier des petites estampilles

1

Primi decenni III a.C.

6

Orlo

Coppetta carenata su piede

2621 i1

Etrusco – laziale / Atelier des petites estampilles

1

Primi decenni III a.C.

27

Orlo

Patera

2140

1

Inizi III a.C.

148

Orlo

Coppetta emisferica

2975 a1

Locale o regionale

1

Seconda metà III a.C.

10

Orlo

Coppa con orlo ispessito e arrotondato

2538 d

Locale o regionale

1

Terzo quarto III a.C.

19

Orlo

Coppa con orlo leggermente assottigliato

2985 a

1

Seconda metà III a.C.

24

Orlo

Coppa emisferica con orlo distinto

1551

1

III a.C.

20 (fig. 11,4)

Orlo

Coppa con orlo diritto con risega

2121 b1

1

Prima metà II a.C.

35 (fig. 15,2)

Piede

Coppa

Non id.

Atelier des petites estampilles

1

Prima metà III a.C.

34 (fig. 11,5)

Piede

Coppa

Non id.

Ceramica di Teano (?)

1

Fine IV-inizi III a.C. (?)

Skyphos

Non id.

Piede Orlo

Locale o regionale

1 2

Orli

Non id.

12

Anse a bastoncello

Non id.

7

Anse a bastonNon id. cello orizzontale

2

Piedi

Non id.

7

Pareti

Non id.

55

Al tipo 2985a92 di coppa con orlo leggermente assottigliato e vasca troncoconica sembra appartenere un frammento di orlo (inv. 19). Un confronto viene dal

deposito di Casarinaccio presso Ardea, datato alla seconda metà del III secolo a.C.93

92

93

Morel 1981, p. 245, pl. 85.

39

Ceccarelli, Di Mento 2005, p. 215, fig. XXIV, 176.

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tabella 12 – Ceramica a vernice rossa opaca Inv

Parte vaso

Forma

N.

Datazione

176 (fig. 11,6)

Profilo ricostruito

178

Orlo

179

Orlo

Coppetta troncoconica con piede ad anello

3

fine IV – inizi III a.C.

5 (fig. 11,7)

Orlo

99

Orlo

15

Orlo

Coppa carenata con piede ad anello

5

fine IV – inizi III a.C.

4

Orlo

32

Piede Piedi

Non id.

1

fine IV – inizi III a.C.

Pareti

Non id.

9

fine IV – inizi III a.C.

Attribuibile alla serie Morel 155194 è una coppa emisferica con orlo distinto (inv. 24) che l’autore rappresenta con un esemplare rinvenuto a Roma nel Foro Romano di produzione locale del III secolo a.C.

troncoconiche con orlo arrotondato (inv. 176, fig. 11,6)99 sia carenate con labbro leggermente appiattito (inv. 5, fig. 11,7),100 con piede ad anello di dimensioni variabili. La produzione è caratterizzata da una vernice piuttosto scadente, spesso scrostata, opaca, di colore che varia dall’arancio al rosso anche cupo, stesa generalmente su una superficie con tracce di tornio.

Un frammento di orlo di coppa con orlo diritto percorso da una risega (inv. 20, fig. 11,4) sembrerebbe avvicinabile alla coppa Morel 2121b195 rinvenuta a Volterra in un contesto della prima metà del II secolo a.C.

La classe, non ancora studiata in modo esauriente, è ampiamente attestata sia in contesti etrusco-laziali (ad esempio a Veio, Campetti101 e Casale Pian Roseto,102 ad Acquafredda,103 a Lavinium, santuario orientale104) sia a Roma, per esempio nel deposito votivo rinvenuto in prossimità dell’Arco di Costantino,105 sul Palatino sotto il tempio della Vittoria,106 a S. Maria della Vittoria107 e nella villa dell’Auditorium.108

Dei piedi riferibili a vasi di forma aperta, uno solo è decorato al centro del fondo interno con stampigli circolari con palmette a sette foglie (inv. 35, fig. 15,2). I cinque bolli impressi (di cui uno conservato in parte) sono disposti a due a due affrontati intorno ad uno centrale.96 Il motivo si trova nella produzione dell’Atelier des petites estampilles e si avvicina al bollo sul fondo di due vasi trovati a Roma, uno negli scavi presso il Tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano e il secondo nel Tevere.97

La datazione è generalmente attribuita al periodo compreso tra il IV e gli inizi del III secolo a.C.,109 ma ne è stato ipotizzato l’inizio ad una fase avanzata del V secolo a.C.110

Un piede ad anello modanato con una leggera risega all’attacco della vasca (inv. 34, fig. 11,5), risparmiato sulla superficie d’appoggio, sulla parte interna del piede e sull’esterno del fondo, presenta tre cerchi concentrici incisi internamente ed uno esternamente. In via ipotetica, poiché non si conserva la decorazione che ne costituisce l’elemento peculiare, se ne può proporre la pertinenza alla produzione ceramica di Teano, cui rimanda il confronto con un piede rinvenuto a Roma, nella Cloaca Maxima.98 La raffinatezza della forma e la vernice lucida indicano chiaramente che si tratta dell’imitazione di vasi in metallo.

Unguentari (tabella 13) L’unguentario, di argilla ben depurata e compatta, è piriforme con corpo ovoide, ventre ampio basso e fondo piano, alto collo cilindrico leggermente svasato con orlo ingrossato e arrotondato, labbro piatto. Il collo, l’orlo e la parte superiore dell’interno del vaso sono rivestiti dal tipico ingobbio di colore bruno della classe (inv. 140, fig. 16). 99

Zeggio 1996a, p. 99, fig. 81d; Vagnetti 1971, p. 151, tav. LXXV, 392. Murray Threipland, Torelli 1970, fig 16,Q2, p. 78; Damiani Pacciarelli 2006, fig. 214,7. 101 Vagnetti 1971, p. 151, tav. LXXV, 390-392. 102 Murray Threipland, Torelli 1970, p. 78. fig 16,Q. 103 Damiani Pacciarelli 2006, fig. 214,7. 104 Gianfrotta 1981, p. 204, fig. D 100. 105 Zeggio 1996a, p. 99, fig. 81. 106 Angelelli 2001b, p. 256, tav. 77,364. 107 Early Rome III, p. 149, fig. 99,20. 108 Di Giuseppe 2006, pp. 387-389, tav. 29. 109 Ferrandes 2006, p.145, per il quale la produzione rientra nella facies ceramica 4 della sequenza cronologica da lui ordinata, datata tra il 320 e il 290 a.C. 110 Zeggio 1996a, p. 99. 100

Ceramica a vernice rossa opaca (tabella 12) Sono stati rinvenuti 18 frammenti, alcuni dei quali non tipolocizzabili. Essi sono pertinenti a coppette sia 94

Morel 1981, p. 123, pl. 23. Morel 1981, p. 138, pl. 31. 96 La disposizione dei bolli non trova confronti precisi nello studio condotto da Morel (Morel 1969, fig. 3) ed è una variante del tipo “f”. 97 Per i due confronti, v. rispettivamente Morel 1965, pl. 12, 49 n. 164; Bernardini 1986, p. 201 n. 258, tav. LVIII, 109. 98 Morel 1965, p. 57, pll. 6,83 e 42. 95

40

D. TABÒ: I MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO

Tabella 13 – Unguentari Inv.

Parte vaso

Forma

Tipo

N.

Datazione

140 (fig. 16)

Intero

Unguentario

Camilli C 11,1

1

Seconda metà del I a.C – primo trentennio I d.C.

Tabella 14 – Sigillata italica Inv.

Forma

Tipo

Parte vaso

N.

Datazione

175

Piatto

Conspectus 3.1

Orlo

1

Prima metà del I-II d.C.

174 (fig. 17)

Coppetta

Conspectus 38.3.1

Orlo

1

Età augustea-prima età traianea

Parete

1

Non id.

Tabella 15 – Lucerne Inv

Forma

Tipo

Parte

N.

Cronologia

49

biconica

Biconico dell’Esquilino

Spalla e disco

1

Metà III – metà I d.C.

46

a volute o a semivolute

Bailey B iv oppure C iv

Spalla e presa

1

Tardo I – inizi II d.C. oppure ultimo quarto del I – inizi II d.C.

Non id.

Spalla

1

Non id.

disco

1

Non id.

Fondo con attacco di ansa

1

Sigillata italica (tabella 14) I tre frammenti di sigillata italica sono relativi a vasellame da mensa: si distinguono un piatto con alta parete svasata ed orlo indistinto ed una coppetta di forma emisferica decorata (inv. 174, fig. 17).

Fig. 17 – Insula della Salita del Grillo. Sigillata italica Lucerne (tabella 15)

Fig. 16 – Insula della Salita del Grillo. Unguentario

Dei cinque frammenti di lucerne è solo possibile indicare una generica classificazione tipologica. Dell’esemplare in argilla nocciola ricoperta di vernice nera piuttosto scrostata nella superficie esterna, rimane parte di una spalla arrotondata con un cordolo che delimita il disco, breve e piano, al centro del quale è praticato l’infundibulum (inv. 49). Probabilmente la lucerna è del tipo biconico dell’Esquilino, inquadrabile cronologicamente tra la metà del III secolo e la metà del I secolo a.C.114

La forma, di probabile produzione locale, è frequentemente attestata in contesti databili tra la seconda metà del I secolo a.C. e il primo trentennio del I secolo d.C. L’unguentario rientra nel tipo C 11,1 di Camilli,111 ed è confrontabile con alcuni esemplari rinvenuti a Roma tra i quali uno dalla via Nomentana nell’ex Villa Patrizi112 ed uno dalla tomba 60 della necropoli scoperta in Via Aldini.113

Dellesemplare in argilla nocciola chiaro con resti di vernice ocra, rimane parte della spalla con presa laterale a

111

Camilli 1999, p. 119, tav. 35. Felletti Maj 1957, p. 332, fig I, a destra n. inv. 128079b. 113 Boldrighini 2006, p. 388, II.759 e 760. 112

114

41

Pavolini 1987, p. 140, fig. 1,1.

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tabella 16 – Ceramica moderna Inv

Forma

Produzione

Parte vaso

Datazione

169

Pignatta monoansata

Ceramica invetriata

Parete

Dalla metà del XVI secolo

170

Piattino (?)

Maiolica di manifattura savonese

Orlo

Tra il XVII e inizio XVIII secolo

coda di rondine (inv. 46); il disco concavo è separato con un profondo solco concentrico dalla spalla arrotondata e liscia. Esso appartiene al tipo Bailey B iv (lucerna a volute) datato tra il tardo I-inizi del II secolo d.C. oppure al tipo Bailey C iv (lucerna a semivolute) dell’ultimo quarto del I-inizi del II secolo d.C. Ceramica moderna115 (tabella 16) All’interno della stessa Unità Stratigrafica sono stati rinvenuti due frammenti di dimensioni ridotte di ceramica moderna, che sono da considerare intrusi. La parete in ceramica invetriata (inv. 169) presenta pennellate di ingobbio giallo sulla superficie esterna ed è riferibile ad una piccola pignatta monoansata decorata con un ramoscello di foglie. Questa forma è diffusa a Roma a partire dalla metà del XVI secolo, e trova confronti in particolare con numerosi esemplari rinvenuti nella Crypta Balbi,116 in un pozzo di butto nelle cantine di Palazzo Perracciani Nepoti a Piazza Venezia117 e in un pozzo situato lungo il portico meridionale del Foro di Cesare.118

Fig. 18 – Insula della Salita del Grillo. Statuetta fittile raffigurante coppia di figurine sedute

Il frammento di orlo di maiolica (inv. 170) è decorato con una fascia e una sottile linea di colore blu cobalto chiaro su fondo bianco; di spessore sottile, è forse da riferire alla tesa di un piattino della manifattura di Savona, databile tra il XVII e l’inizio del XVIII secolo. 119

spalliera del trono; lacuna nella parte posteriore della base. Le due figure sono rappresentate di prospetto, sedute su un trono con alto schienale ricurvo e sporgente all’indietro, con le teste leggermente reclinate fino a toccarsi; poggiano i piedi, che fuoriescono dalla lunga veste, su una predella e sono completamente avvolte da un unico manto, che copre anche il capo; piegano il braccio esterno, coperto dal mantello, portandolo al petto.

Coroplastica Di carattere specificatamente votivo sono tre statuine di terracotta. Coppia di figurine sedute120

Le forme sono piuttosto semplificate, avvolte nel manto e nella veste senza pieghe. A causa della matrice stanca non sono evidenziati elementi che permettano di riconoscere il sesso delle figure. La base presenta una cavità conica.

Inv. 171 – US MT 301. Alt. cm 8,8 largh. cm 5,2 (fig. 18). Argilla di colore 7,5 YR 7/3 (pink) non molto compatta, porosa con numerosi inclusi micacei e di augite da piccole a grandi dimensioni e rari bianchi e dorati. Superficie 10YR 8/2 (very pale brown) poco curata.

Il trono con alto schienale ricurvo e sporgente all’indietro è poco diffuso. Sulla base dell’analisi stilistica, la statuetta è confrontabile con un esemplare proveniente da Satricum,121 attribuito a circa la metà del III secolo a.C.122

Eseguita a stampo. Scheggiature sulla parte superiore sinistra: sulla testa e sulla spalla della figura e sulla 115

Ricordo con gratitudine il dottore Otto Mazzuccato, per il prezioso aiuto. 116 Cipriano 1984, p. 113, fig. 27, 2a; Bartoloni 1985, p. 492, fig. 123, 10. 117 Carcieri, Mancini 2006, p. 106 n. 91. 118 Tognocchi 2006, p. 206, fig. 32. 119 Per la manifattura di Savona si veda Cameirana 1989, p. 33, fig. 20; Cameirana 1990, p. 55, fig. 50; Cipriano Manacorda 1984, 67-72. 120 Meneghini 2003, pp. 231-232, fig. 20.

Testa femminile123 Inv. 172 – US MT 346. Alt. cm 7,2; largh. cm 4,7. (fig. 19). 121

Fridh-Haneson 1983, pp. 39-40 pl. X, fig. 38-41, prototipo XII (Museo di Villa Giulia inv. n. 11186). 122 Fridh-Haneson 1983, p. 59. 123 Meneghini 2003, p. 231, fig. 19; Meneghini 2009, p. 22, fig. 21.

42

D. TABÒ: I MATERIALI RINVENUTI NELL’INSULA DELLA SALITA DEL GRILLO NELL’AREA DEI MERCATI DI TRAIANO

Fig. 20 – Insula della Salita del Grillo. Frammento di statuina fittile

Fig. 19 – Insula della Salita del Grillo. Testa fittile femminile

Della statuina rimangono il collo e parte di una spalla forse ricoperta, poiché la superficie è resa con piccoli rigonfiamenti. Si potrebbe forse avanzare l’ipotesi che si tratti di unegida a squame, come su una statuina raffigurante Athena rinvenuta a Roma nel Tevere,127 datata tra il tardo IV e il III secolo a.C.

Argilla di colore 5 YR 7/4 (pink) compatta, depurata con rari inclusi di piccole e medie dimensioni. Superficie 10 YR 8/3 (very pale brown) molto abrasa, con incrostazioni. Mancante del naso e della parte centrale e destra del collo.

Tessera di piombo

La testa isolata ha volto triangolare, fronte spaziosa, arcate orbitali evidenziate, occhi diseguali resi irregolarmente con taglio allungato, palpebre ingrossate e bulbo oculare evidenziato, bocca resa in modo sommario con un tratto orizzontale, labbra schiacciate e mento pronunciato. I capelli a fitte ciocche ondulate, realizzati con incisioni non accurate, con accenno di scriminatura centrale, scendono in due bande ai lati del volto e sono tirati indietro raccogliendosi in una piccola crocchia sulla nuca, evidenziata dal rigonfiamento e in parte con brevi tratti verticali. Il collo è troncoconico, appiattito alla base per l’appoggio. L’interno è cavo. La fattura è mediocre.

Inv. 142. Diam. mm 10,5. Peso gr 1,08 (fig. 21)

Fig. 21 – Insula della Salita del Grillo. Tessera di piombo

Per Meneghini la testa è maschile, ma la pettinatura con crocchia sembra piuttosto indicarla come femminile. Non sono stati trovati confronti stringenti per l’ex voto in esame. Risultano poco diffuse testine di dimensioni analoghe al nostro esemplare; da Palestrina ne provengono alcune di sesso sia femminile che maschile, attribuite al IV secolo a.C.124 In base al confronto con queste ultime e con alcune teste velate,125 simili per tecnica e per resa stilistica, la nostra testina sembra ascrivibile al IV secolo a.C.126

E’ stata rinvenuta, decontestualizzata, una piccola tessera di piombo con la raffigurazione di due animali. Su una faccia è rappresentato un quadrupede, forse identificabile con un cane, in corsa verso destra,128 e nel campo superiore vi è la lettera C; sulla faccia opposta un secondo quadrupede di dimensioni maggiori, forse un cinghiale o un toro, è volto a destra, e nel campo superiore vi è la lettera O.129

Frammento di statuina

Le tessere plumbee sono generalmente datate in epoca imperiale, a partire dall’età augustea,130 e sono eterogenee nelle forme, nelle dimensioni, nell’iconografia e per

Inv. 173. Alt. cm 2,6; largh. cm 3,9. (fig. 20) Argilla di colore 5 YR 7/4 (pink) compatta, ben depurata senza inclusi visibili ad occhio nudo.

127

Tevere 1980, tipo 27 p. 90, tav. 30,60. Per questa raffigurazione v. Rostwzew 1903, p. 85, n. 696, tav. V,17. 129 Per una tessera con iconografia simile alla nostra, ma di dimensioni maggiori v. Tondo 1989, p. 229, n. 298. 130 Lascia dubbiosi la datazione al II secolo a.C. di cinque esemplari rinvenuti negli scavi dell’impiato termale di Fregellae, dusunta dal contesto e non da dati stratigrafici (Pedroni 1997, p. 208). 128

124

Pensabene 2001, pp. 166-170, tavv. 17-18 (maschili), pp. 200-202, tavv. 29-30 (femminili). 125 Pensabene 2001, pp. 204-205, tav. 31,136; pp.205-206, tav. 32,138. 126 Per una datazione al V secolo a.C. vedi Meneghini 2009, p. 22, nota 36.

43

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

quanto riguarda i contesti di rinvenimento. Sono state distinte su base tipologica in quattro classi (ufficiali, municipali, per spettacoli teatrali, giochi gladiatori e circensi, e private).131 Riguardo la loro funzione, prevale l’ipotesi del loro utilizzo come gettoni per l’accesso a servizi e ad eventi, ad esempio l’ingresso a spettacoli, terme o lupanari: quelle con raffigurazioni “annonarie“ o mercantili avrebbero avuto invece un impiego per fini contabili.

depositi archeologici di questo periodo, come l’impasto chiaro sabbioso, i fornelli, i pesi da telaio e i contenitori di grandi dimensioni. Non si può non osservare che diversi materiali sono frequentemente legati a contesti sacri. Le tre statuette votive appartengono ad una produzione ampiamente diffusa nei santuari del territorio romano e laziale; inoltre, sono spesso legati ad ambiti votivi e funerari i piattelli Genucilia,132 i piattelli di ceramica depurata dipinta,133 alcune forme di ceramica a vernice nera, come le patere e le coppette carenate su piede (forma Morel 96) utilizzate frequentemente come contenitori di offerte,134 e la ceramica attica. I Pocola deorum inoltre, sebbene vengano trovati anche in ambito abitativo e funerario, rappresentano una forma caratteristica di devozione popolare. Interessante è l’ipotesi che l’Internal Slip Ware, attestata da diversi esemplari nel nostro contesto, abbia avuto una funzione votiva agli inizi della sua produzione, poiché è stata rinvenuta unicamente in contesti sacri databili al V secolo a.C.135

Osso Il frammento, di piccole dimensioni, di un elemento cilindrico con due linee incise orizzontali lungo un margine e superficie incavata nell’altro presumibilmente aveva funzione di rivestimento. Conclusioni Dalla loro analisi, risulta che i materiali rinvenuti nello scavo archeologico sono eterogenei nella composizione, ma che nella maggioranza sono inquadrabili tra il V e il III secolo a.C.

Sulla base di queste osservazioni ed in considerazione della variabilità e della scarsa consistenza numerica di ogni singola classe e produzione rinvenute, si potrebbe ipotizzare che il contesto stratigrafico analizzato sia stato formato con accumuli provenienti, almeno in parte, da un luogo di culto, che doveva trovarsi nelle immediate vicinanze.

Il carattere residuale dei reperti, vari per tipologia e piuttosto frammentari, indica inequivocabilmente la formazione volontaria della stratigrafia. Una conferma in questo senso potrebbe essere l'assenza di elementi tipici di classi che generalmente si trovano negli scavi dei

132

Di Giuseppe 2006, p. 464. Angelelli 2001b, p. 255. 134 Ceccarelli, Di Mento 2005, p. 220. 135 Di Giuseppe 2006, p. 395. 133

131

Per un inquadramento della classe e un’aggiornata storia degli studi v. Pedroni 1997 e Pensabene 2001-2003, pp. 504-508.

44

UN CONTESTO TARDO-REPUBBLICANO DAL FORO DI CESARE Tommaso BERTOLDI & Monica CECI Abstract: In 1999 a very interesting context – for chronological and typological reasons – was found in the area of the Forum of Caesar during the excavation of an archaic pit. It is almost certain that it was still in use during the clearing of the area for the construction of the Forum in the late Republic. It had been cut in the upper part, filled with thick deposit and sealed by the pavement of the square. It is therefore a closed context, with a certain terminus ante quem for the dating of the large amount of pottery, including many coarse ware jugs, unbroken or that could be entirely reconstructed.

della costruzione del Foro e sigillato dalla sua pavimentazione. La fortunata situazione fornisce quindi un sicuro terminus ante quem per la datazione dell’abbondante materiale ceramico rinvenuto al suo interno, oggetto di questa ricerca.

FORUM DE MANUBIIS INCOHAVIT (Suet. Caes. 26,2) I proventi delle guerre galliche, come riporta Suetonio, consentirono a Cesare di realizzare uno dei suoi progetti più ambiziosi, forse il più carico di connotazioni ideologiche e senza dubbio quello che trasmetteva in maniera più evidente il significato “rivoluzionario” della sua azione politica: costruire un nuovo Foro per celebrare le proprie glorie e quelle della gens Iulia. L’impresa prevedeva non solo l’acquisto e la demolizione di molte edifici,1 ma anche il taglio delle pendici del Campidoglio,2 poiché l’area pianeggiante a disposizione non era comunque sufficiente per garantire la costruzione di una piazza adeguatamente ampia.

IL POZZO8 Connesso a un edificio privato denominato edificio 1,9 il pozzo, di forma circolare, fu realizzato scavando il substrato naturale argilloso fino a una quota di m 11,12 s.l.m. dove raggiungeva la falda acquifera, che lo alimentava direttamente. Lo sbancamento di età cesariana lo ha privato della vera e della parte superiore, cosicché la struttura è attualmente profonda m 3 e ha un diametro di m 0,75. Nel primo tratto le pareti sono rivestite con grosse lastre rettangolari di cappellaccio, disposte su tre filari, che mostrano un profilo concavo e perfettamente lisciato e misurano m 0,60 x 0,40 x 0,13 circa; tra i loro giunti sono state ricavate delle pedarole di forma semicircolare per la manutenzione e la pulizia del condotto. La parte inferiore del pozzo, invece, è rivestita da un dolio separato dalle lastre mediante un anello di tufo, formato da tre pezzi con zeppe di laterizio nelle connessioni. Il dolio conserva, a metà della parete, due fori quadrati, occlusi da blocchetti di tufo, funzionali probabilmente al passaggio delle corde necessarie per calarlo, senza danni, nel fondo del pozzo.

L’operazione, certamente non agevole, ebbe come conseguenza imprevista e probabilmente poco gradita visti i ritardi che comportava, la messa in luce di un certo numero di tombe relative a un periodo3 in cui la zona non faceva ancora parte della città dei vivi, ma era adibita ad area funeraria. Utilizzare un terreno occupato da sepolture per scopi diversi comportò senza dubbio rituali di purificazione e una sorta di bonifica di carattere sacrale per ripagare le divinità del “disturbo” arrecato.4 Alcuni elementi fanno pensare che la stessa attenzione venne riservata anche ad un pozzo presente nell’area5 e risalente al VI secolo a.C. (fig. 1). Probabilmente ancora in uso fino all’età cesariana,6 venne obliterato con un consistente scarico intorno alla metà del I secolo a.C.7 in occasione

Esaminando le caratteristiche del riempimento e le modalità di formazione (fig. 2) si individua immediatamente una netta cesura, più o meno a metà, tra la parte inferiore e quella superiore della sequenza stratigrafica. I primi cinque strati partendo dal basso (UUSS 5321, 5320, 5319, 5318, 5317) hanno un’interfaccia pressoché orizzontale, una matrice sabbiosa e una presenza assai scarsa di materiale, probabilmente infiltrato dalla stratigrafia soprastante di natura ben diversa e molto più incoerente: lo stacco tra i

1

Al riguardo si veda l’articolata discussione in Tortorici 1991, p. 103 dove l’autore ridisegna con contorni talvolta non edificanti il ruolo di Cicerone nell’ambito di questa vicenda. 2 Tracce del taglio sono state riscontrate ai margini dell’area del Foro, verso il Clivo Argentario e dietro il Tempio di Venere Genitrice cfr. Ammerman, Terrenato 1996, pp. 35-46 e Ammerman, Filippi 2000, pp. 27-38. 3 Le più antiche sono databili a partire dalla fine dell’XI- inizi X secolo a.C. cfr. De Santis 2001, pp. 269-280. 4 Vedi da ultimo Serlorenzi, Di Giuseppe 2009, pp. 573-598. 5 Il pozzo fu rinvenuto e scavato durante le indagini condotte nel 1999 sotto la direzione scientifica di Eugenio La Rocca dalla cooperativa Archeologia di Firenze, che effettuò gli scavi per conto della Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma. 6 Al momento del riempimento, avvenuto nel 54 a.C., gran parte del condotto era ancora libero, anche se sul fondo si erano depositate consistenti quantità di sabbie e sedimenti. 7 L’inizio della costruzione del Forum Iulium deve risalire agli anni intorno al 54 a.C., in cui venne scritta la ben nota lettera di Cicerone ad

Attico nella quale si descrivono le operazioni di esproprio dei terreni finalizzate ut forum laxaremus et usque ad Atrium Libertatis explicaremus (Cic. att. 4, 17, 7). 8 Le informazioni sulla morfologia del pozzo e del suo riempimento sono tratte da Delfino 2010b e dalla documentazione di scavo della cooperativa Archeologia di Firenze. 9 Delfino 2010b, p. 287.

45

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 1 – Foro di Cesare con localizzazione del pozzo (rielaborazione da Delfino 2010a, p. 169, fig. 5)

Fig. 2 – Foro di Cesare. Sezione ricostruttiva del pozzo (rielaborazione da Delfino 2010a, p. 16)

46

T. BERTOLDI & M. CECI: UN CONTESTO TARDO-REPUBBLICANO DAL FORO DI CESARE

Fig. 3 – Foro di Cesare. Distribuzione delle classi ceramiche rinvenute nel riempimento del pozzo

Fig. 4 – Foro di Cesare. Numero di esemplari ricostruibili

sedimenti sabbiosi e gli accumuli intenzionali è definito dalla US 5313 che mostra un’interfaccia superiore con il caratteristico andamento a cumulo, tipico dei depositi artificiali. Questa unità stratigrafica, come le altre due poste immediatamente al di sopra (UUSS 5312, 5311), è il risultato di un riempimento unitario effettuato per obliterare la struttura prima della costruzione della pavimentazione del Foro. Va infine sottolineata la presenza, specie nella parte superiore, di una notevole quantità di intonaci dipinti, provenienti forse dalla demolizione delle case medio-repubblicane che si andavano abbattendo per far posto alla nuova piazza monumentale.

I MATERIALI Su un totale di 301 frammenti ceramici, il materiale identificato rappresenta il 34,6%, pari a un numero minimo di 102 esemplari ricostruibili (figg. 3-4). Il contesto mostra caratteri di omogeneità riguardo alla percentuale di superficie conservata per ogni singolo vaso – in genere molto elevata – anche se lo stato complessivo di conservazione e l’indice di frammentarietà sono molto difformi: alcuni esemplari sono interi, molti altri sono quasi totalmente ricostruibili, ma frantumati in pezzi di dimensioni medio-piccole.

47

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Ciò risulta evidente nel calcolo del numero minimo di esemplari (MNE),10 che coincide quasi sempre con il numero di frammenti significativi, in genere orli.11 La ceramica comune da mensa e dispensa è senza dubbio la classe presente con il numero maggiore di esemplari e si attesta su indici percentuali pari al 69% sul totale dei materiali rinvenuti. L’indice di frammentarietà è molto variabile. Per la ceramica comune da cucina (11%), la ceramica a vernice nera (1%) e le pareti sottili (4%) le attestazioni sono decisamente minoritarie. Un indice di frammentarietà molto basso è riscontrabile nelle lucerne, che rappresentano il 2% del materiale rinvenuto: su 7 esemplari individuati, 6 sono interi e con evidenti tracce d’uso. Una situazione diversa è documentata invece per le anfore (13%). Per quanto riguarda i contenitori da trasporto, infatti, occorre segnalare che l’indice di frammentarietà è molto elevato ma, sebbene siano stati raccolti in totale 259 frammenti, questi in realtà sono riconducibili a pochi esemplari: a fronte dei 246 frammenti di pareti, sono stati rinvenuti solo sei orli, cinque anse e due fondi. A un esame più accurato si è riscontrato che la maggior parte delle pareti combaciava e che il numero effettivo di anfore era decisamente inferiore. Infatti una volta che i frammenti sono stati riattaccati, il numero stimabile di contenitori da trasporto presenti è sceso a 12 esemplari.

Fig. 5 – Foro di Cesare. Tegola bollata

Di notevole interesse è inoltre il dato sull’indice di residualità del riempimento, che è, indistintamente per le diverse classi, estremamente basso o pari a zero. Infatti la datazione di tutti gli esemplari tipologizzabili rientra nella datazione generale del contesto, fissata con un’ ampia soglia di sicurezza, al 54 a.C. o poco oltre.12

Fig. 6 – Foro di Cesare. Particolare del bollo

forma di anforetta,14 fibule ad arco ed elementi di piombo di varia forma (figg. 7-8). Anche gli scarti di fusione sono attestati in gran numero e in alcuni casi inglobano monete ormai illeggibili, frammenti di ceramica e pesi a forma di anforetta (fig. 9).15 Tra le monete, tutte di bronzo, l’unica riconoscibile è un quadrante con una prora di nave incisa sul rovescio.

Al di là del materiale ceramico, oggetto di questo studio, va sottolineato il rinvenimento all’interno del pozzo di numerosi frammenti di mattoni e tegole. Su una tegola è stata riscontrata la presenza del bollo [- – -]VIIMISA entro cartiglio (figg. 5-6).13 E’ decisamente cospicua la quantità di oggetti di metallo ritrovati, tra cui un attingitoio in bronzo, pesi di stadera a

Quanto ai reperti di osso lavorato, anch’essi molto numerosi, si sottolinea la presenza di oltre venti stili scrittori (fig. 10)16 e di un cucchiaino (fig. 11).17 Vi sono inoltre un astragalo (fig. 12) e molti ossi provenienti da animali macellati. Degno di attenzione il rinvenimento di frammenti di materiale organico, forse pelle o cuoio, con elementi simili a frange (fig. 13). L’unico frammento di vetro sembra invece riferibile ad un elemento tortile.

10

Questo sistema di quantificazione prevede di ricondurre anche i frammenti non contigui ad un determinato vaso, in base a valutazioni di carattere qualitativo (Orton et al. 1993, pp. 169-173). Nel caso del riempimento del pozzo, e in particolare per la ceramica comune da mensa, l’impressione che tutti frammenti di brocca non contigui facciano comunque parte degli esemplari individuati non completi è decisamente molto forte, tuttavia, per ragioni di obiettività, si è scelto di indicare nelle tabelle il numero di frammenti non identificati, che quindi rappresentano i frammenti simili ma non contigui ai vasi ricostruiti. 11 Fanno eccezione solo i due fondi di unguentari in ceramica comune, per i quali è stata possibile l’individuazione anche in assenza dell’orlo (vedi tabella 1). La situazione di coincidenza tra numero minimo di individui e gli esemplari identificati in base ai frammenti significativi è in ogni caso molto frequente nei contesti chiusi quali pozzi o cisterne, dove il quadro è completo ed è più facile che la raccolta dei pezzi durante lo scavo sia avvenuta in modo integrale; cfr. Cocchiaro et al. 2005, in particolare nota 55. 12 Cfr. nota 7. 13 Il bollo risulta al momento inedito (ringrazio Elisabetta Bianchi per l’informazione e per le foto del pezzo).

Il particolare stato di conservazione e la presenza di reperti che appaiono inusuali in un riempimento di questo tipo impongono una riflessione sulla natura e sulla formazione del contesto e necessitano di una lettura di carattere interdisciplinare. Il basso indice di residualità, 14

Ceci 2002, p. 28, IV, 4-5. Complessivamente sono stati rinvenuti 4 esemplari di cui 2 inclusi nelle scorie. 16 Ceci 2002, p. 28, IV, 7-8. 17 Ibidem, p. 28, IV, 6. 15

48

T. BERTTOLDI & M. CEC CI: UN CONTESTO O TARDO-REPUB BBLICANO DAL FORO DI CESARE E

Fig. 7 – Foro di Cessare. Elementi di piombo

Fig. 9 – Foro di Cesare. Peesi a forma di anforetta

Fig. 8 – Foro di Cessare. Elementi di piombo Fig. 11 – Foro di Cessare. Cucchiaino

Fig. 10 – Foro di Cessare. Stili

49

CONTESTI CERA AMICI DAI FORI IMPERIALI

nitori con fonddo piatto e co orpo a sezionee Si trratta di conten troncoconica più o meno espaanso, su cui si s imposta unn or parte deglii alto collo con pareti concave. Nella maggio mplari rinvenuti il collo è ben separaato dal corpoo esem med diante una sp palla pronunnciata. L’ansaa, a sezionee ovoiidale variamen nte schiacciatta e con profiilo curvilineo,, si im mposta direttaamente sull’orrlo e sulla sp palla. L’unicoo elem mento che, nella n morfollogia generalle di questii conttenitori, varia sensibilmentee e permette di d distingueree i diversi tipi è senza dubbioo l’orlo. In base b alla suaa g esemplarri di broccaa sono statii confformazione gli sudd divisi in novee tipi, tre già noti da bibliografia e seii nuov vi (tipi 1-6), poiché per esssi non è statto individuatoo alcu un confronto trra il materiale edito.

F Fig. 12 – Foro di Cesare. Asstragalo

Gli esemplari presenti p con il numero maggiore dii mmenti (fig. 15, 1-3) fann nno riferimentto a un tipoo fram caraatterizzato da un piccolo orrlo a tesa chee termina conn un labbro variam mente appuntito to. L’orlo, imp postato su unn alto collo con parreti a profilo cconcavo, è ben n separato dall po mediante una spalla pronunciata. Il corpo sii corp pressenta troncoco onico o piriform rme e termina con un fondoo piattto. Questo tipo di brocca trrova numerossi confronti inn conttesti dell’Italia centrale tirrrenica datati tra gli ultimii deceenni del III e la l metà del I secolo a.C.21 Un U esemplaree con le stesse carattteristiche morrfologiche e probabilmente p e faceente parte del vasellame ddi bordo è staato rinvenutoo anch he all’interno o del relitto Sant Jordi 1 (Isola dii Maiorca-Spagna),, datato tra il 1100 e l’80 a.C C.22 Segu uono, per numero n di aattestazioni, una u serie dii esem mplari contrad ddistinti da uun orlo ingro ossato e benn sago omato (fig. 15, 4-6), impoostato su un alto collo a proffilo concavo. Il corpo tronccoconico, chee termina conn un fondo f piatto, è ben separaato dal collo mediante unn grad dino variamen nte pronunciiato. L’ansa è a sezionee ovoiidale ed è diirettamente im mpostata sulll’orlo e sullaa spalla. Anche qu uesto tipo moorfologico tro ova confrontii punttuali in conteesti la cui dattazione è com mpresa tra glii ultim mi decenni del III e la m metà del I seecolo a.C., inn partiicolare a Rom ma e nel Lazio..23

Fig. 133 – Foro di Ceesare. Frammeenti di cuoio

che presupppone un acccumulo non n graduale, e il rinvenimentoo alla base dello d scarico cesariano dii una valva di concchiglia, attestaata anche in alcune a delle toombe che circondaano il pozzo,,18 fanno pensare che il ppozzo stesso, così come l’interaa zona, sia sttato oggetto ddi un bliterazione delle sacrificio ppiaculare prrima dell’ob strutture preesistenti. Queesto cerimonia di espiazionne si riteneva infattti necessaria nel momento in cui una divvinità veniva privaata di un beene o comun nque vi fossee un cambiamentoo di status in uno u spazio a lei consacrato..19

E’ stato s possibilee trovare connfronti bibliog grafici per unn tipo di brocca (fig. 16, 1-22) presente con c due solii mmenti e carattterizzato da uun piccolo orlo pendente a fram sezio one triangolaare. Lo statto di conservazione deii fram mmenti non peermette di ricoostruire il tipo o morfologicoo per intero, ma veerosimilmentee dovrebbe traattarsi sempree u esemplare a fondo piatto to con corpo troncoconico,, di un ben separato da un alto colllo a sezionee concava. A diffeerenza dei duee precedenti, qquesto tipo dii brocca trovaa solo o un ristretto numero di coonfronti puntu uali che peròò conffermano una circolazione circoscritta a Roma e all Laziio, in contestii datati tra la fine del III e la metà del I seco olo a.C. 24

Ceramica coomune da meensa e dispenssa (tabella 1) La ceramica comune da mensa m e dispen nsa viene illusstrata per prima, ddata l’assoluta preminenzaa di questa cclasse negli strati ddi riempimentto del pozzo. In particolarre, lo scavo ha resttituito, un num mero cospicuo o di brocche (N NME 38 di cui 9 iinteri o con prrofilo ricostru uito) di produzzione romano-laziaale, caratteristtiche dell’età tardo repubbblicana, la cui m morfologia geenerale riman ne sostanzialm mente invariata nel corso del II e I secolo a.C.202

Per quanto riguarrda i tipi nuovvi, attestati da d una minoree ntità di framm menti, si possoono proporre alcune a ipotesii quan 21

Ibid dem, tipo 1, pp. 69-70, 6 con biblioggrafia precedentee. Colls 1987, tav. 16. 108, p. 82. 23 Berrtoldi 2011, tipo 2, 2 pp. 70-71, conn bibliografia preccedente. 24 Ibid dem, tipo 3, p. 71 1, con bibliografiaa precedente.

18

22

Delfino 2010aa, pp. 168-9, fig. 7 e p. 171, fig. 11 1. 19 Ibidem. 20 Bertoldi 2011, pp. 68-69.

50

T. BERTOLDI & M. CECI: UN CONTESTO TARDO-REPUBBLICANO DAL FORO DI CESARE

Tabella 1 – Ceramica comune da mensa e dispensa Produzione

Forma

Tipo

I*

O

Roma/ area romana

Brocca

Bertoldi 2011, tipo 1

2

Roma/ area romana

Brocca

Bertoldi 2011, tipo 2

3

Roma/ area romana

Brocca

Roma/ area romana

A

NME

Figura

Datazione

11

13

Fig. 15, 1-3

Ultimi decenni III – metà I a.C.

5

8

Fig. 15, 4-6

Ultimi decenni III – metà I a.C.

Bertoldi 2011, tipo 3

2

2

Fig. 16, 1-2

Ultimi decenni III – metà I a.C.

Brocca

Tipo 1

4

4

Fig. 16, 3

Seconda metà I a.C.

Roma/ area romana

Brocca

Tipo 2

1

1

Fig. 16, 4

Seconda metà I a.C.

Roma/ area romana

Brocca

Tipo 3

2

2

Fig. 16, 5

Seconda metà I a.C.

Roma/ area romana

Brocca

Tipo 4

2

3

5

Fig. 16, 6 Fig. 17, 1

Seconda metà I a.C.

Roma/ area romana

Brocca

Tipo 5

1

1

2

Fig. 17. 2

I a.C.

Roma/ area romana

Brocca

Tipo 6

1

1

Fig. 17, 3

I a. C.

Roma/ area romana

Brocca

Non id.

Roma/ area romana

Coperchio

Pavolini 2000, fig. 67.170

12

2

14

Fig. 17, 4

I a.C. – II d. C.

Roma/ area romana

Coperchio

Pavolini 2000, fig. 67.165

1

1

2

Fig. 17, 5

II a.C. – II d. C.

Roma/ area romana

Coperchio

Tipo 1

5

2

7

Fig. 17, 6

I a.C. – II d. C.

Roma/ area romana

Coperchio

Non id.

1

1

Roma/ area romana

Olla

Duncan 1965, forma 25, fig. 7

1

1

Roma/ area romana

Olla

Dyson 1976, fig. 39, PD 127

1

1

Roma/ area romana

Anforetta

Duncan 1964, forma 26

1

1

Roma/ area romana

Anforetta

Dyson 1976, fig. 85, VD 86

1

1

Roma/ area romana

Bottiglia

Olcese 2003, tav. XXX, tipo 2

1

1

Roma/ area romana

Unguentario

Dyson 1976, PD 148

1

1

Roma/ area romana

Unguentario

Torelli, Pohl 1973, fig. 81. V 82, p. 143

1

1

Roma/ area romana

Mortaio?

Roma/ area romana

Non id.

1

F

15 112

1 Non id.

Totali

68

P

2 3

3

4

20 116

Fig. 17, 8

1

2 70

*Vasi interi o profili ricostruiti

interpretative sulla base della loro forma: nel caso dei tipi 1-4, caratterizzati da un corpo piriforme o troncoconico ben separato dal collo concavo tramite una spalla

pronunciata (fig. 16, 3-6, fig. 17, 1), è ancora evidente una certa continuità morfologica, mentre nel caso dei tipi 5 e 6 si colgono dei cambiamenti sostanziali che 51

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 14 – Foro di Cesare. Frequenza delle forme in ceramica comune da mensa e dispensa

Fig. 15 – Foro di Cesare. Ceramica comune. Brocche: 1-3 Bertoldi 2011, tipo 1; 4-6 Bertoldi 2011, tipo 2 (disegni V. Di Cola) 52

T. BERTOLDI & M. CECI: UN CONTESTO TARDO-REPUBBLICANO DAL FORO DI CESARE

Fig. 16 – Foro di Cesare. Ceramica comune. Brocche: 1-2 Bertoldi 2011, tipo 3; 3 Tipo 1; 4 Tipo 2; 5 Tipo 3; 6 Tipo 4 (disegni V. Di Cola)

perdurare della tradizione arcaica e repubblicana nella realizzazione delle anse, che si presentano a sezione ovoidale e direttamente applicate sull’orlo.

rimandano a una tradizione più vicina a quella delle brocche di età augustea e della prima età imperiale.25 Infatti sembra progressivamente scomparire la carenatura che divide collo e corpo e gli esemplari mostrano un collo piuttosto stretto e orli svasati con orlo ingrossato (tipo 5, fig. 17, 2; tipo 6, fig. 17, 3). L’analisi macroscopica degli impasti ha messo in evidenza, in particolare per il tipo 6, marcate differenze nella composizione del corpo ceramico.26 In tutti i tipi nuovi si nota comunque il

Negli strati di riempimento del pozzo è stato inoltre rinvenuto un cospicuo numero di coperchi (MNE 23, di cui 18 interi o con profilo ricostruito), che ha fatto supporre un’attinenza funzionale tra questi e le brocche sopra descritte. L’ipotesi sembra confermata sia dal diametro medio dei coperchi, che ben si adatta alla dimensione delle imboccature delle brocche, sia dalla somiglianza degli impasti nelle caratteristiche macroscopiche (v. tabella 7).

25

Zampini 2010. Le stesse caratteristiche si riscontrano anche nell’impasto del coperchio tipo 1 (v. tabella 7).

26

53

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 17 – Foro di Cesare. Ceramica comune. Brocche: 1 Tipo 4; 2 Tipo 5; 3 Tipo 6. 4-6 Coperchi. 7 Olla. 8 Ceramica comune a vernice rossa. Bottiglia. 9 Anfora. (disegni V. Di Cola)

In base all’aspetto morfologico generale sono stati individuati tre tipi di coperchio, due dei quali riconducibili a esemplari già noti dalla bibliografia. Il tipo più frequente, contraddistinto da una piccola presa cilindrica o troncoconica, profilo mediamente poco schiacciato e orlo arrotondato e indistinto (fig. 17, 4), è presente in numerosi contesti dell’Italia

centrale tirrenica datati tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C.27 Un secondo tipo di coperchio, attestato con due soli frammenti e datato tra la tarda età repubblicana e la tarda 27

54

Pavolini 2000, pp. 291-292.

T. BERTOLDI & M. CECI: UN CONTESTO TARDO-REPUBBLICANO DAL FORO DI CESARE

Tabella 2 – Ceramica comune da cucina Produzione Forma Roma/area romana Campana

Roma/area romana

Olla

Tegame

Coperchio

Tipo

O

Duncan 1965, p. 157, fig. 12, forma 38 B, A92

1

1

150/100-1 a.C.

Carta et al. 1978, strato VI, fig.82, n. 105

1

1

Fine II – inizi I a.C.

1

1

1

1

100-30 a.C.

1

250/200 a.C. 100-30 a.C.

1

200 a.C.

Dyson 1976, fig. 29, PD 11 Carta et al. 1978, strato 7B, fig.68, n. 50 Dyson 1976, fig. 35, PD 89

1

Dyson 1976, fig.10, FG 50

1

A

Non id.

1

Clibano

Non id.

1

Non id.

Non id.

Totali

5

2

F

P

NME

Figura

Datazione

Fig. 17, 7

1 1

1

3

20

3

21

8

Tabella 3 – Ceramica a vernice nera Produzione

Forma

Tipo

Area romana?

Unguentario

Morel 7111a

Patera

Morel 1441e

O

A

F 1

1

età antonina,28 presenta un corpo conico legger-mente convesso con piccola presa cilindrica, orlo a tesa arrotondata e piccolo piede ad anello (fig. 17, 5).

P

NME

Datazione

1

220-160 a.C. (Bernardini 1986) 190-30 a.C. (Morel 1981)

1

90-20 a.C.

serie di bottiglie prodotte durante I secolo a.C. nell’Italia centro-meridionale.30 Ceramica comune da cucina (tabella 2)

Infine, alcuni coperchi, che non trovano confronti tra il materiale edito, sono stati raggruppati in un tipo nuovo (tipo 1). Sono caratterizzati da un profilo poco schiacciato, da un orlo indistinto arrotondato e rialzato e da una piccola presa troncoconica (fig. 17, 6). Dalla morfologia generale, che sembra avvicinabile a quella del coperchio fig. 17, 4, si può ipotizzare una cronologia simile, compresa tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C.

I frammenti di parti significative riferibili a questa classe di materiali (5 orli), sono numericamente poco rappresentativi, soprattutto se confrontati con quelli attribuiti alla ceramica comune da mensa e dispensa. Si tratta di olle, tegami, coperchi e clibani, la cui cronologia è compresa tra la metà del II e la fine del I secolo a.C. e che, anche in questo caso, trovano confronti morfologici puntuali con i materiali provenienti in particolare dagli scavi di Sutri e Cosa.31

Oltre alle brocche e ai coperchi, che come accennato precedentemente sono le forme più attestate negli strati di riempimento del pozzo, il panorama dei vasi in ceramica comune da mensa e dispensa comprende anche un numero esiguo di olle, anforette, bottiglie e unguentari. In massima parte i tipi rinvenuti trovano confronti morfologici con i materiali tardo repubblicani provenienti dagli scavi di Sutri e Cosa.29

Al contrario per un olla con ampio corpo globulare e ansa impostata direttamente su un orlo a tesa leggermente ingrossato (fig. 17, 7) non sono stati riscontrati confronti nel materiale edito. Vernice Nera (tabella 3) Nel riempimento del pozzo sono stati individuati solo due frammenti di ceramica a vernice nera. Uno è pertinente a una patera con larga tesa estroflessa, riferibile al tipo Morel 1441e e databile tra il 90 e il 20 a.C., il secondo è invece relativo a un unguentario fusiforme. Quest’ultimo, nonostante sia privo del collo e dell’orlo, è assai

Da ultimo occorre segnalare la presenza di una bottiglia in ceramica a vernice rossa, caratterizzata da un collo stretto e cilindrico impostato su un corpo globulare, che termina con un piccolo piede ad anello (fig. 17, 8). Per questo oggetto non sono stati trovati confronti puntuali, ma la morfologia generale consente di avvicinarla a una 28 29

30 Pavolini 2000, pp. 72-73, tipo 2; un esemplare simile proviene anche dalle fornaci del Vingone (Fabbri 2006, p. 95-97, tipo 8), dove tale produzione è attribuita a fabbriche dell’Italia centro-settentrionale. 31 Duncan 1965; Dyson 1976.

Ibidem, pp. 287-289. Duncan 1965; Dyson 1976.

55

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tabella 4 – Pareti sottili Produzione

Area centro-italica

Forma

Tipo

O

Bicchiere

Marabini 1973, IV/ Atlante II, 1/19

1

1

Metà del II a.C. – prima età augustea

Coppa biansata

Marabini 1973, XXV/ Atlante II, 2/386

1

1

Primo quarto del I a.C. – inizi II d.C. (Marabini 1973); prima metà del I a.C. – età tiberiana (Atlante II)

Non id.

A

F

1

3

P

NME

Datazione

9

Tabella 5 – Lucerne Forma

Tipo

N.

NME

Datazione

A condotto centrale

Ricci F

2

2

Metà II-I sec. a.C.

A serbatoio cilindrico

Ricci H

3

3

Seconda metà II a.C. – età cesariana

Fig. 20

1

1

I sec a.C.

Non id.

1

1

probabile che sia un esemplare del tutto simile al vaso Morel 7111a. Non è possibile risalire ad alcuna produzione basandosi esclusivamente sulle caratteristiche tecniche, tuttavia l’analogia con l’esemplare Morel 7111a, proveniente da Roma, consente di ipotizzare una fabbricazione locale, proposta anche per un unguentario molto simile rinvenuto nel Tevere.32 La datazione suggerita dalla Bernardini, compresa tra il 220 e il 160 a.C. è sensibilmente più alta di quella fornita da Morel,33 secondo il quale questi vasi sono prodotti per un lasso di tempo maggiore, tra il 190 e il 30 a.C. Il ritrovamento in questo contesto, che, come si è detto, presenta caratteri di bassissima residualità, sembra confermare la cronologia più bassa.

Bolli

LR in legatura inciso (fig. 21)

tra il terzo e secondo quarto del I secolo a.C.,36 datazione perfettamente in linea con quella del riempimento del pozzo cesariano. Lucerne (tabella 5) Nel riempimento del pozzo sono stati rinvenuti 7 esemplari di lucerne, di cui 6 interi, tutti con evidenti tracce d’uso. Due di essi sono riferibili al tipo Ricci F37 caratterizzato dalla presenza di un condotto centrale (fig. 18). Si tratta di lucerne con becco ad incudine che si raccorda direttamente al serbatoio aperto e di forma biconica. L’argilla è chiara e ben depurata, mentre la vernice nera è poco coprente e tendente al rosso verso il fondo. Eseguite al tornio, le lucerne a condotto centrale tipo Ricci F sono riconducibili a differenti ambiti produttivi. Alcune sono in campana A, altre sono prive di rivestimento, ma la maggior parte degli esemplari rinvenuti sembra presentare caratteristiche simili a quelle riscontrate nelle due lucerne del Foro di Cesare, “un’argilla nocciola e una vernice olivastra”38, che rimandano a produzioni centroitaliche. L’ambito cronologico sembra compreso tra la metà del II e I secolo a.C.39

Ceramica a pareti sottili (tabella 4) Le ceramiche fini da mensa sono scarsamente attestate, tuttavia rappresentano un importante elemento di conferma della datazione proposta per il riempimento. Tra i quindici frammenti di ceramica a pareti sottili rinvenuti nel pozzo, sono infatti identificabili due tra i tipi più comuni in età tardo-repubblicana. Si tratta di un bicchiere ovoide riferibile al tipo Marabini IV/Atlante II, 1/19, di probabile fabbricazione centro-italica, prodotto a partire dalla metà del II secolo a.C. fino gli inizi del I secolo d.C.34 e della coppa biansata tipo Marabini XXV/Atlante II, 2/386. Anche in questo caso si è pensato ad una produzione centro-italica, iniziata leggermente più tardi rispetto a quella del bicchiere Marabini IV, ma protrattasi più a lungo, forse fino agli inizi del II secolo d.C.35 Va però sottolineato che i rinvenimenti di queste coppe nelle stratigrafie di Cosa permettono di fissarne la cronologia, o quanto meno la maggior diffusione del tipo,

Vanno invece identificate con il tipo Ricci H40 le tre lucerne acrome a serbatoio cilindrico (fig. 19). Meglio noto come tipo “cilindrico dell’Esquilino”41 è rappresentato da esemplari di forma essenziale, eseguiti al tornio e privi di ansa, anche se talvolta, come in almeno una delle lucerne del pozzo, sono muniti di una 36

Solo un frammento è databile tra il 150 e il 75 a.C., mentre una decisa flessione della produzione è riscontrabile in età augustea per cessare definitivamente poco dopo (Marabini 1973, p. 82; Atlante II, p. 298). 37 Ricci 1973, pp. 219-222. 38 Ibidem, p. 220. 39 Ibidem, p. 221. 40 Ibidem, pp. 223-226. 41 Pavolini 1981, pp. 149-152, indice bibliografico 3, tav. XXIX.

32

Bernardini 1986, n. 546, p. 154, tav. XLI con vari confronti. Morel 1981, p. 401, tav. 200. 34 Atlante II, p. 248. 35 Marabini 1973, p. 83. 33

56

T. BERTOLDI & M. CECI: UN CONTESTO TARDO-REPUBBLICANO DAL FORO DI CESARE

Fig. 18 – Foro di Cesare. Lucerna tipo Ricci F

Fig. 19 – Foro di Cesare. Lucerna tipo Ricci H

Fig. 20 – Foro di Cesare. Lucerna repubblicana

fa identificare in questa area la principale zona di produzione delle lucerne cilindriche, anche se tipi simili sono riscontabili in Grecia e a Cartagine.43 Nonostante siano fabbricate già nel II secolo sono particolarmente attestate nel I secolo a.C., ma non sembrano superare l’età cesariana.44

presa laterale. Le pareti sono alte e diritte, il fondo è piatto mentre il disco circolare è munito di un ampio foro di alimentazione. Il becco ad incudine di tradizione repubblicana è occupato da un largo foro per lo stoppino. La diffusione è certamente più contenuta rispetto a quella delle “biconiche dell’Esquilino”, quasi coeve, prodotte probabilmente dalle stesse fabbriche ma rivestite di vernice nera.42 Un’ampia attestazione a Roma e nel Lazio,

100 e 80 a.C. (Colls 1987, p.77, fig. 11, n. 75); nove esemplari da Sentinum datati tra il 150/140 e il 25 a.C. (Medri 2008, pp. 229230). 43 Pavolini 1981, pp. 151-152. 44 Per una datazione del tipo, oltre ai dati già riportati (v. nota 41) va sottolineato che 4 es. sono stati rinvenuti nel livellamento eseguito per la costruzione dei Portici e del Teatro di Pompeo, collocabile nel 55 a.C. (Polia 1972, p. 101, tav. XXXV, 7, 3) anche se l’autore li data genericamente al II secolo a.C., ritenendoli residuali.

42

Ai dati relativi alla diffusione del tipo riportata in Pavolini 1981 (v. nota precedente), vanno aggiunti: due esemplari da Albintimilium in stratigrafie di età sillana (Ricci 1973, p. 225, fig. 32 e nota 2); un esemplare dallo strato A5, databile all’età cesariana, dello scavo Lamboglia nel Foro di Cesare nella zona retrostante la Curia (Amici et al. 2007, n. 244, pp. 104-105, fig. 101); due esemplari facenti parte del vasellame di bordo dal relitto di Sant Jordi, datato tra il

57

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tabella 6 – Anfore Produzione Campana Tirrenica Adriatica

Forma

O

A

Dressel 1

3

2

Dressel 21-22

1

Dressel 1

1

3

F

3

1

1

5

2

1

1

1

1

1

1

1

1

1

Punica Non id.

1

Totali

6

5

2

TOT. NME 5

1

Dressel 6

Betica

P

Figura

Osservazioni Su un orlo è presente un bollo quadrato con lettere capitali in rilievo

Fig. 17, 9

2

2

2

22

23

1

26

39

12

Anfore (tabella 6)

Si sottolinea infine la presenza di una lucerna molto particolare e non riconducibile direttamente a nessun tipo noto (fig. 20). Riassume infatti caratteristiche di almeno tre tipi differenti: eseguita a matrice, ha il disco leggermente concavo, tipico delle Dressel 2, ma rispetto a queste è più ampio e delimitato da una scanalatura come nelle Dressel 3 e nelle Dressel 4, senza avere tuttavia il cordolo o le modanature che definiscono il disco in questi tipi di lucerne. Rispetto alle Dressel 2, a cui sostanzialmente si avvicina di più, manca la spalla concava e la consueta decorazione a perline, ma, come in vari esemplari di Warzenlampen, ha una presa sul lato sinistro,45 nonostante sia presente anche l’ansa a nastro impostata verticalmente. Un tratto orizzontale con punti impressi alle estremità sottolinea l’innesto del becco a incudine con il serbatoio. Sul fondo, definito da un cordolo ovale, sono incise a stilo le lettere L e R in legatura.46 L’argilla chiara e ben depurata è rivestita da una vernice bruno-rossastra poco coprente e abrasa in più punti. La somiglianza con le lucerne tipo Dressel 2, di cui i numerosi esempi provenienti da stratigrafie ben datate47 consentono di fissarne la cronologia dall’inizio del I secolo a.C. al 15 d.C.,48 fa supporre anche per questa lucerna una datazione simile. La presenza della vernice rossa induce tuttavia a pensare che questo esemplare sia stato prodotto attorno alla metà del I secolo a.C.

Tra le anfore italiche vinarie quelle di forma Dressel 1, tutte nella variante Dressel 1B,49 risultano senza dubbio le più documentate. Dalle caratteristiche degli impasti è possibile ipotizzare per tre esemplari una provenienza dall’area campana, mentre gli altri due sembrano prodotti in ambito tirrenico. Su un orlo di Dressel 1B campana, è stato rinvenuto, impresso sul labbro, un bollo in cartiglio quadrato di difficile lettura. Il bollo è capovolto e sembra riportare una o piuttosto due lettere capitali in rilievo, di cui la prima, una A, è chiaramente leggibile. La seconda lettera potrebbe verosimilmente essere una E o una B, ma va notato che i bolli AE o AB sono impressi generalmente sulla base delle anse e sui contenitori da trasporto prodotti nelle fornaci di Albinia o comunque nell’area di Orbetello/Cosa. Si tratta di bolli documentati in alcuni contesti della Francia meridionale e nelle anfore Dressel 1B del relitto Formigue C, datato tra l’80 e il 60 a.C.50 Nel caso del bollo rinvenuto nel pozzo il pessimo stato di conservazione non permette una interpretazione puntuale, ma le caratteristiche macroscopiche dell’impasto (colore Munsell 2.5 YR 6/8, con numerosi piccoli inclusi micacei neri brillanti) confermano una generica produzione nell’area campana (Pompei/Sorrento). Dall’area campana e più precisamente dal territorio di Cuma proviene un esemplare di anfora Dressel 21-22, adibita genericamente al trasporto di frutta51 (fig. 17, 9).

45

L’associazione di elementi strutturali e formali propri di tradizioni diverse in esemplari di Warzenlampen è stata segnalata dal Morel come tipica di un tipo di transizione dove l’ansa coesiste con la presa, la vernice è ora nera, ora rossa e la tecnica greco orientale della matrice viene impiegata per realizzare becchi con punta ad ancora di tipo italico (Morel 1976, p. 475). 46 Un bollo simile è attestato su una Dressel 3 (Ricci 1973, pp. 228-29, n. 30); tuttavia alle estremità delle lettere e attorno a esse sono visibili alcuni cerchietti assenti nel bollo riscontrato sulla lucerna del Foro di Cesare. 47 Per la cronologia del tipo e per la sua diffusione anche nei relitti cfr. Ricci 2002, nota 139, con bibliografia precedente. Va aggiunto il frammento rinvenuto nello scavo dell’Aqua Marcia in stratigrafie augusteee (Ambrosini 1996, p. 155). Particolare attenzione va posta alla presenza di esemplari di Dressel 2 sotto la pavimentazione del teatro di Pompeo (Polia 1972, p. 92, n. 401, tav. XXXV,5), dove l’esistenza di un sicuro terminus ante quem, rappresentato dalla data di costruzione del complesso stesso nel 55 a.C., costituisce un prezioso elemento di datazione (cfr. nota 43). 48 Ricci 1973, pp. 182-187; Zaccaria Ruggiu 1980, p. 49; Pavolini 1981, p. 162.

Sempre riferibili a un ambito italico, ma provenienti dal versante adriatico, sono invece le due anfore vinarie Dressel 6A, prodotte nel Piceno, in Emilia e nella Venetia, tra la metà del I secolo a.C. e l’inizio del II secolo.52 Va infine segnalata la presenza di due anfore nordafricane di tradizione punica e di un frammento di anfora betica. Si tratta tuttavia di esemplari non identificabili. 49

Panella 2001, pp. 534-537. Baudoin et al. 1994, pp. 13-20. 51 Botte 2009, pp. 117-162. 52 Panella 1989, pp. 146 ss. 50

58

T. BERTOLDI & M. CECI: UN CONTESTO TARDO-REPUBBLICANO DAL FORO DI CESARE

Tabella 7 – Ceramica comune da mensa e dispensa. Impasti e frequenza di attestazione Brocche Impasti

Bertoldi Bertoldi Bertoldi Pavolini Pavolini Tipo 1 Tipo 1 Tipo 2 Tipo 3 Tipo 4 Tipo 5 Tipo 6 2000, f. 2000, f. 2011, 2011, 2011, fig. 17,6 fig. 16,3 fig. 16,4 fig. 16,5 fig. 16,6 fig. 17,2 fig. 17,3 tipo 1 tipo 2 tipo 3 67.170 67.165

Impasto I Colore 10YR 8/2,8/3-7/3; frattura irregolare; inclusi: bianchi (da piccoli a grandi, frequenza media), mica (piccolissimi, frequenza media), bruni (da piccoli a grandi, frequenza bassa).

12

Impasto II Colore 2.5YR 7/8-6/8; frattura netta; inclusi: bianchi (piccolissimi, frequenza alta), mica (piccolissimi, frequenza alta).

1

Impasto III Colore 10YR 8/45YR7/6; frattura netta; inclusi: bianchi (da piccoli a grandi, frequenza media), mica (piccolissimi, frequenza media), bruni (da piccoli a grandi, frequenza bassa), grigi (piccoli, frequenza alta.

Coperchi

8

2

4

2

5

2

13

1

6

1

1

1

Impasto IV Colore 2.5YR 5/6; frattura netta; inclusi: bianchi (da piccoli a grandi, frequenza rara), mica (piccolissimi, frequenza alta).

1

59

1

CONTESTI CERAMICI DEL FORO DI NERVA DAGLI AMBIENTI 1 E 2. I VASI DECORATI A MATRICE IN TERRA SIGILLATA ITALICA E LE ANFORE Adele RINALDI (con appendice di Claudio CAPELLI) Abstract: In 1996 and 1997 the Municipality of Rome carried out an excavations in the south west corner of the Forum of Nerva. During the investigation concrete foundations, related to the first phase of Domitian’s project, were uncovered together with remains of older structures belonging to a Republican domus, with mosaic floors and hypogean rooms identified as ergastula. The Republican remains, belonging to the ancient neighborhood of the Argiletum, were dated on the grounds of the building technique and mosaic style between the end of the 2nd and the beginning of the 1st century BC. Moreover, the discovery of 3 four-sided pillars in opus caementicium supports the hypothesis of a Neronian phase in the area of the later Forum of Nerva. The fire of 64 AD devastated the area, leaving evident traces on the structures. In order to restore the area and with the aim of realizing an ambitious building project, Nero had the hypogean rooms filled in (Rooms 1-3) and began the construction of the four-sided pillars for a project that was then left unfinished. After the fire of the 64 AD Nero ordered the pre-existing buildings to be filled with earth: this is an important source for the study of pottery productions and – in general – of their diffusion in Rome during the early Imperial age. After the analysis of the walls of Rooms 1 and 2, the study concentrates on some pottery classes particularly relevant, such as relief-decorated Italian Sigillata and amphora productions and on the amphora’s inscriptions. (Adele Rinaldi)

caratteristiche e lo stesso orientamento nord/sud. Questo ha fatto pensare ad un unico complesso commerciale realizzato in due periodi differenti, in età repubblicana ed in età giulio-claudia.7 Anche una pavimentazione in lastre di peperino,8 messa in luce sul lato sud dell’area a nord della Basilica Emilia, è stata interpretata come piano pavimentale del macellum.9 Notizie del carattere commerciale del quartiere in età imperiale ci vengono da alcuni passi di Marziale, il quale attesta la presenza di botteghe di calzolai e librai nell’Argiletum.10

IL CONTESTO Il presente contributo è il risultato di un approfondimento dello studio svolto su alcuni materiali ceramici provenienti da un contesto di prima età imperiale del Foro di Nerva (fig. 1) e oggetto della mia tesi di laurea.1 Il contesto in esame proviene da alcune strutture ipogee messe in luce grazie agli approfondimenti fatti sotto le lastre marmoree della pavimentazione dello stesso Foro2 e appartenenti al quartiere repubblicano dell’Argiletum (fig. 2).

Dell’assetto urbanistico della parte nord/ovest dell’area si hanno informazioni da alcune lettere di Cicerone,11 il quale più volte cita le proprietà che lui e il fratello Quinto hanno in questo quartiere.

Questo quartiere, che faceva da trait d’union tra il Foro romano ed il popolare quartiere della Subura, era diviso in due settori dall’omonima via.3 Seguendo le fonti antiche,4 si è sempre pensato che a sud ci fosse la zona destinata ad ospitare le botteghe del grande complesso del macellum5 e a nord la zona residenziale.

La recente scoperta di altri ambienti simili, situati a sud/ovest dell’area del Foro, ha permesso di comprendere meglio la suddivisione e l’utilizzo degli spazi in questa zona prima della monumentalizzazione.

Durante le campagne di scavo condotte nella prima metà del XX secolo, sono stati trovati diversi ambienti realizzati in opera reticolata e in laterizio6 nella zona a nord/est del Foro. Tutte le strutture presentano le stesse

Gli ambienti identificati sono tre (fig. 2) e si è deciso di assegnare convenzionalmente a ognuno un numero, procedendo da nord/est verso sud/ovest, per facilitarne l’identificazione.12 Si descriveranno di seguito solo gli ambienti 1 e 2 da cui provengono i materiali ceramici presi in esame in questo studio (fig. 3).13

1 Per lo studio preliminare del contesto esaminato e dei relativi materiali ceramici presentati in occasione della Giornata di Studi realizzata dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma con la collaborazione dell’École Française de Rome il 7 marzo 2003, si veda Rinaldi 2006. 2 Le ricerche dell’ultima campagna di scavo nell’area del Foro di Nerva, tra il 1995 ed il 1997, sono state condotte dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma (La Rocca 1998, pp. 1-12; Rizzo 2001, pp. 215-244; Meneghini 2007b, pp. 71-80, Meneghini 2009, pp. 99110). 3 Tortorici 1991, p. 35. 4 Liv. 27, 11,16; 40, 51,5; Plaut. Curc. 474. 5 Pisani Sartorio 1996, pp. 201-203. 6 Colini 1933, p. 265; Colini 1940, p. 226.

7

Tortorici 1991, p. 47 ss. Tortorici 1991, p. 38; Morselli, Tortorici 1989. 9 Tortorici 1991, p. 40. 10 Mart. 2, 17, 1-3; 1, 2, 8; 1, 117,10. 11 Cic. att. 1, 14,7; 4, 17,7;12, 32,2. 12 Lo studio delle stratigrafie e la relativa interpretazione è ancora in corso, quindi le informazioni sugli ambienti e sulle stratificazioni presentate in questo lavoro sono tratte dall’analisi della documentazione di scavo. 13 Lo studio dei materiali ceramici provenienti dall’ambiente 3, è stato curato da D. Nocera (v. infra pp. 75-86). 8

61

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 1 – Pianta generale del Foro di Nerva con gli edifici adiacenti. (da Meneghini, Santangeli Valenzani 2007b)

potuto scavare quasi per intero. L’ambiente 2, raggiungibile tramite scale ancora in situ, presenta la stessa strutturazione del precedente con un corridoio pavimentato in opus spicatum su cui si affacciano piccole stanze illuminate da lucernai,visibili nell’ambiente 3, in una delle quali è stata individuata con certezza la presenza di un giaciglio ricavato in una nicchia nella parete. Tali elementi hanno fatto supporre che questi spazi vadano identificati con gli ergastula destinati agli schiavi domestici di residenze private di età repubblicana.15 Avvalora questa ipotesi il ritrovamento di

La pavimentazione dell’ambiente 1 è in opus spicatum, scandita da una serie di tombini di travertino collegati ad una canaletta per il deflusso delle acque.14 In fase con questo pavimento sono i muri in opera incerta quasi reticolata che seguono un andamento nord-sud le cui soglie di travertino danno accesso ad ambienti con pavimento in mosaico. In questo settore sono stati trovati tre mosaici realizzati con tessere bianche e nere, due con raffigurazione di motivi geometrici ed uno con decorazione floreale. Il settore sud-occidentale presenta una situazione più articolata ma molto più leggibile per il fatto che si è

15 Carandini 1988, p. 153. E’ noto che le abitazioni più sontuose avessero degli ambienti destinati ad ospitare i servi domestici. Molto spesso le stanzette erano seminterrate, e provviste di finestre non raggiungibili (Colum. 1.6).

14

I tombini ritrovati hanno una copertura in marmo o in cotto ed erano ancora perfettamente funzionanti.

62

A. RINALDI: CONTESTI CERAMICI DEL FORO DI NERVA DAGLI AMBIENTI 1 E 2. I VASI DECORATI A MATRICE…

ambienti furono obliterati con un ingente interro formato da terra, materiale edilizio e materiale ceramico. Situazioni analoghe sono state trovate in altre zone di Roma non molto distanti dal Foro di Nerva, dove ambienti di età repubblicana e giulio-claudia sono stati distrutti da un incendio e obliterati da strati di interro.18 In particolare per la Meta Sudans, l’interro è costituito da strati di terra contenenti materiale combusto misto a cenere e materiali edilizi pertinenti alle strutture crollate.19 In un secondo momento vennero poste delle fondazioni di grandi dimensioni che andarono ad intaccare sia gli ambienti repubblicani sia il relativo riempimento. Tali fondazioni, che occupano il lato sud/ovest dell’area di scavo, dovrebbero appartenere ad un progetto edilizio intrapreso contemporaneamente alla realizzazione del Foro, ma mai portato a termine per un cambio di progetto.20 È importante sottolineare che il materiale esaminato proviene dai due ambienti descritti che sono poco distanti tra loro e separati da alte fondazioni, ma l’unitarietà del riempimento è confermata dal fatto che due frammenti di pareti di anfora, trovate nelle due unità stratigrafiche studiate, combaciano dimostrando di essere pertinenti ad uno stesso esemplare. Le grandi dimensioni di molti frammenti di anfore, alcune delle quali quasi integre, suggeriscono che l’intenzione di chi ha realizzato l’interro sia stata quella di rendere più solide le strutture che avrebbero contenuto le fondazioni di nuove costruzioni. Questa teoria potrebbe essere suffragata dal fatto che, dopo l’incendio del 64 d.C., Nerone stava progettando di riorganizzare urbanisticamente la città.21

Fig. 2 – Foto area del Foro di Nerva (Archivio Ufficio Fori Imperiali)

impronte di cancellate di ferro utilizzate per la chiusura delle porte. Anche in questo ambiente i muri sono in opera reticolata ricoperti di intonaco bianco; sul pavimento ci sono chiusini e soglie in travertino mentre la copertura è costituita da volte a crociera alte circa m 1,80. Dei due mosaici trovati uno raffigura parte di un riquadro ed un motivo circolare con tessere nere, l’altro rappresenta una figura maschile itifallica in atto di nuotare accanto ad un grande animale marino.

LE CERAMICHE Il lavoro svolto in occasione della tesi di laurea e pubblicato in Rinaldi 2006, aveva come obiettivo l’analisi del repertorio morfologico di tutte le classi ceramiche presenti nel contesto al fine di definire cronologicamente la deposizione dell’interro.

Ad una prima analisi si è riscontrato che ci furono due fasi costruttive:16 la prima a cui appartengono i mosaici e i muri in opera reticolata che risalirebbero al II sec. a.C. e la seconda in cui, oltre al riutilizzo dei mosaici, vennero eretti nuovi muri in laterizio e si realizzò un pavimento in opus spicatum. E’ probabile che questa seconda fase abbia segnato anche un cambiamento di destinazione d’uso della struttura.

In questa sede, invece, si vogliono presentare alcuni aspetti molto importanti di due classi ceramiche, 18

Il confronto è stato fatto con gli scavi effettuati nella valle del Colosseo (Meta Sudans I, p. 70; p. 159), sul Clivo Palatino (Santangeli Valenzani, Volpe 1986, pp. 418-419) e sulle Pendici settentrionali del Palatino (Carandini, papi 1986, p. 268). 19 Cfr. Zeggio 1996b, p. 159 e Panella 1996. In particolare C. Panella descrive gli interventi neroniani nella valle dopo l’incendio del 64 d.C. ritenendo possibile lo sgombero delle macerie subito dopo la catastrofe e l’innalzamento del piano mediante scarico di detriti combusti. Anche in questa zona l’interro viene scavato dalle fosse di fondazione dei nuovi impianti. Ulteriori testimonianze dell’incendio sono state trovate da C. Panella sulle pendici nord-est del Palatino ed esposte recentemente nella mostra dedicata a Nerone (Nerone). 20 Morselli, Tortorici 1989, p. 51, 61-62; Rizzo 1997-98, p. 141; Viscogliosi 2000, pp. 68-69. 21 Tac. ann. 15, 43.

L’evento che probabilmente sconvolse tutta questa zona fu un incendio che distrusse parte delle strutture e che gli autori dello scavo hanno ipoteticamente identificato con quello del 64 d.C.17 In seguito a questa distruzione gli 16 17

Rizzo 1998, pp. 5-9. Suet. Nero, 38; Tac. ann. 15, 40, 2.

63

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 3 – Planimetria della fase finale dello scavo del Foro di Nerva: in evidenza gli ambienti 1 e 2 (disegno F. Carboni, rielaborazione grafica D. Nocera)

numericamente molto attestate nel contesto, per poter conoscere meglio l’attività artigianale e commerciale delle produzioni antiche presenti a Roma nella prima metà del I sec. d.C. Terra Sigillata Italica decorata a matrice Il contesto ha restituito diversi frammenti di ceramica fine da mensa e tra questi 9 in terra sigillata italica realizzati con matrici. Purtroppo, a causa della frammentarietà dei pezzi, la maggior parte di essi non è riconducibile a forme di vasi noti. Il contenitore di cui si conserva tutto il fondo e parte della parete decorata è un modiolus con la raffigurazione di una Menade danzante molto probabilmente accompagnata da un Satiro (fig. 4). Ciò che rimane è la parte inferiore della Menade fino al ginocchio; la donna, rivolta a destra, indossa una lunga veste che, fluttuando nella danza, si attorciglia intorno alle gambe. Di fronte a lei, sulla destra, si intravede la gamba del Satiro e probabilmente parte di una siringa; tra le due figure

Fig. 4 – Foro di Nerva. Raffigurazione della Menade danzante accompagnata da un Satiro

germogliano dal terreno fili d’erba. Il modello della Menade corrisponde al tipo 3 della serie VII A di 64

A. RINALDI: CONTESTI CERAMICI DEL FORO DI NERVA DAGLI AMBIENTI 1 E 2. I VASI DECORATI A MATRICE…

Dragendorff22 identificato su di un modiolus firmato da M. Perennius Tigranus, il primo artigiano che ad Arezzo realizza vasi in terra sigillata decorati a matrice. L’attività di Perennius, che inizia intorno al 30 a.C. e si protrae fino all’età tiberiana circa, è stata suddivisa in quattro fasi per definire meglio l’evoluzione della produzione.23 Tenendo conto del confronto con il Dragendorff, la decorazione che viene qui presentata sarebbe il prodotto della seconda fase, ovvero degli ultimi dieci anni del I sec. a.C., quando compare la firma con i tria nomina del produttore. Questo momento corrisponde ad un forte sviluppo del repertorio ornamentale, anche se si continuano ad utilizzare i motivi decorativi precedenti. L’attribuzione a questa fase di Perennio viene confermata dai recenti studi della Porten Palange24 in cui ha individuato singolarmente la figura e, dalla raccolta di confronti, ha tentato di attribuirla ad un ciclo. Il rilievo del nostro modiolus risulta poco leggibile, molto probabilmente la matrice era molto consumata al momento della realizzazione del vaso.

Fig. 5 – Foro di Nerva. Raffigurazione dei quattro Satiri danzanti presso una statua sacra sulla parte superiore, da una ghirlanda di rosette stilizzate e una fila di trattini allungati. L’ultimo frammento, piuttosto piccolo e poco leggibile, molto probabilmente rappresenta la parte inferiore della stessa scena dove si intravedono i piedi di un altro Satiro volto verso destra.

Si presentano di seguito tre frammenti decorati a matrice con la raffigurazione di Satiri che danzano e bevono presso una statua sacra25 (figg. 5 e 6).

Questa rappresentazione così ricca di personaggi trova confronto con raffigurazioni presenti su matrici e frammenti conservati in diversi musei. Il confronto più preciso è con la matrice di una coppa del catalogo delle terre sigillate del Museo d’Arte di Boston26 e con quella del British Museum;27 a queste si aggiungano anche le pareti decorate della raccolta di Tübingen.28

Il primo frammento, il più grande per dimensioni, appartiene ad una coppa tipo Conspectus 14 con orlo pendulo e parete concava su cui sono rappresentate due figure maschili (fig. 5); l’immagine è delimitata sulla parte superiore da due profonde scanalature. Sulla destra è conservato il busto di un giovane Satiro nudo che, stante a sinistra, regge sulla spalla destra un otre. Con la mano sinistra direziona l’apertura del contenitore, da cui esce del vino, probabilmente verso l’interno di un cratere; sembra abbia i capelli corti trattenuti da un cercine. Davanti a lui, c’è un altro Satiro, anch’esso rivolto a sinistra, barbuto e con lunghi capelli, anche se non è ben riconoscibile il volto. Con la mano sinistra si sorregge ad un lungo bastone o tirso; si intravede parte del mantello legato al collo. La scena è decorata superiormente da una serie di ovuli pendenti sormontati da perline a rilievo.

Dall’integrazione di alcune lettere impresse su matrici di Boston, si presume che esse appartenessero all’atelier di M. Perennius e del suo primo schiavo ceramista Cerdo che lavora alle sue dipendenze ad Arezzo nella I fase di produzione. Il motivo è stato ripreso e studiato recentemente dalla Porten Palange29 la quale, dopo aver raccolto tutte le attestazioni di questo ciclo narrativo, conferma la produzione alla prima fase. Come ha rilevato la studiosa,30 sulle orme di Dragendorff, i Satiri sono variamente combinati e le figure non sono sempre disposte nello stesso ordine;31 nella quarta fase, sopravvive il satiro giovane con l’otre sulla spalla, ma non fa più parte di un ciclo narrativo, bensì è uno dei personaggi che insieme a Menadi danzanti, eroti o satiri che suonano, riempiono la scena.32 In quest’ultimo caso le figure sono separate tra loro da motivi ornamentali.

Il secondo frammento preso in esame riporta parte del braccio del giovane Satiro che versa il vino dall’otre; in particolare si riconosce la mano destra che regge il recipiente e la relativa imboccatura. La scena è adornata, 22

Dragendorff, Watzinger 1948, tav. IV, 35; Chase 1916, tav. XXIII, 13-14; Alexander 1943, tav. XLI, 1. 23 Porten Palange 2009, pp. 4-6; 32-33. 24 Porten Palange 2004, Bd. 38, 1 p. 122-123; 2 tav. 57 M re 11a. In questo lavoro l’autrice ha fatto una raccolta dei motivi decorativi su terra sigillata italica dividendoli per ateliers e per fasi produttive. Nella raccolta si trovano tutti i confronti bibliografici editi precedentemente. Il ciclo a cui potrebbe appartenere il nostro frammento è simile a Porten Palange 2009, vol. 1 pp. 71-72; vol. 2 tav. 35 Komb. Per 47, esemplare che raffigura una serie di Menadi alternate a Satiri. In questa seconda edizione, la studiosa ha tentato di ricomporre dei cicli narrativi raggruppando i vari personaggi. 25 Dragendorff, Watzinger 1948, p. 76. Si è scelto di presentare la composizione di due dei frammenti sulla base del disegno di Dragendorff per mettere in evidenza la similitudine della scena rappresentata.

Un piccolo frammento, che non è stato possibile ricondurre a forma nota, è decorato con un volto di donna rivolto verso destra (fig. 7); ha i capelli raccolti dietro la nuca con una fascia e si intravede appena una mano 26

Chase 1916, tav. XXIV, 15-16-17; CIL XI, 6700, 437. Walters 1908, p. 30, fig. 24. 28 Dragendorff, Watzinger 1948, tav. V, 48, 50. 29 Porten Palange 2004, Bd. 38, 1 p. 215; 2 tav. 115, S li 21a, S li 22a. 30 Porten Palange 2009, vol. 1, pp. 74-75. 31 Porten Palange 2009, vol. 2, tavv. 36-37 Komb. Per 52-55. 32 Porten Palange 2009, vol. 2, tavv. 54-55 Komb. Per 88-89. 27

65

CONTESTI CERA AMICI DAI FORI IMPERIALI

Fig. 6 – Foro di Nervaa. Decorazionne a matrice co on Satiri che versano v vino in un otre

hann no confermato l’utilizzo aanche nella teerza e quartaa fase nonostante il significato dii fondo della narrazione n siaa m erronneamente conosciuto comee ormai perso. Il motivo, usa con Dioniiso”, continuaa ad essere utiilizzato anchee “Mu nell’’ultimo perio odo della pproduzione ma m le figuree veng gono collocatee solo come paarti puramente decorative. Nel repertorio deei frammenti ddel contesto non mancanoo nfatti sono stat ati trovati due frammenti dii motiivi floreali, in un bicchiere chee raffiguranoo rosette e palme p che sii U esemplaree alterrnano intorno ad un candelaabro (fig. 8). Un in possesso p del Metropolitann Museum,36 con c la stessaa deco orazione, non riporta alcunn bollo ma un na matrice dell Musseo di Boston37 reca la ffirma di Barrgathes e M. Pereennius; ciò in ndica che siaamo nella terrza fase dellaa prod duzione peren nniana, quanndo lo stile è di qualitàà inferriore, ma si introducono nuovi reperto ori figurativi,, non più solo narraativi ma sopraattutto floreali e vegetali.

Fig. 7 – Foroo di Nerva. Sccena di una cerrimonia dionissiaca dietro il coollo che reggge un cimballo. Questa fi figura potrebbe apppartenere alla scena di una cerimonia rellativa ai misteri dii Dioniso, dovve nove personaggi suonaano e ballano perr la purificaazione dello stesso Diooniso fanciullo; proobabilmente questa q donna danza d al suonno dei cimbali nasccosta dietro una u tenda. A decorare la ffascia superiore della scena c’è una fila di bottoni b a rilieevo e mento trova confronto conn due ovuli pendennti. Il framm matrici connservate risppettivamente al Metropoolitan Museum di New York333 e di Bosto on, le quali sono mate dal vasaiio Cerdo. entrambe firm

Un altro frammeento di paretee con decoraazione a basee s è potuto coonfrontare con n una matricee vegeetale (fig. 9) si 38 del Metropolitan M Museum M dovve sono rappreesentati i voltii di quattro q satiri alternati menntre, lo spazzio intorno, è adorrnato da ghirlaande di fiori, ffrutta, strumeenti musicali e giri di pendagli. L’esemplare L ddi questo Mu useo è firmatoo E ceramista di P. Coornelius, men ntre un altroo da Eros, consservato a Bosston è firmatoo da Quartio e Rasinius.399 Ancche tra i repertti del Museo N Nazionale Ro omano ci sonoo fram mmenti con im mpressi dei ggiri di pendaagli, simili all nosttro, uniti tra lo oro da festoni ad archetto; la decorazionee vien ne ricondotta al a prodotto raasiniano.40 Sia Rasinius chee Corn nelius sono due dei magggiori produtttori aretini e lavo orano quasi neello stesso perriodo ovvero nei n primi annii del I sec. d.C.41 Ill primo ha unn repertorio più originale, ill

Questa raffiggurazione puòò essere conffrontata anchee con un frammentto di matrice del d Museo Naazionale Romaano.34 In questo casso, il repertoriio figurativo viene v attribuitoo alla rappresentaziione della nascita di Dio oniso; infatti,, nel disegno del catalogo, vienne rappresentaato Dioniso sstesso l Vannini, ill frammento è da dietro un tello. Secondo la attribuire allaa bottega di M. M Perennius Tigranus. T Gli studi dellla Porten Pallange35 hanno ricondotto quuesto ciclo sia allaa prima che allla seconda faase di Perenniio ed

36

Aleexander 1943, tav v. XXIX, 2 a-b. Chase 1916, tav. I, 128; 1 CIL XI, 67000, 435 e 6700, 45 51. 38 Aleexander 1943, tav v. XXXV, 1 a-b. 39 Chase 1916, tav. XX XI, 102. 40 Vannini 1988, n. catt. 161, 175. 41 Porrten Palange 2009 9, pp. 139-141.

33

Alexander 19943, tav. II, IV, 1f; Chase 1908, p. 40, tav. I, 1; Chase 1916, p. 35 ss., ttav. XXIII, 7. 34 Vannini 1988, n. cat. 77. 35 Porten Palangge 2004, Bd. 38, 1 pp. 240-241; vol. v 2, tav. 128, w wTMF fr 1a; Id. 2009, vvol. 1, pp. 41-42,, 61; vol. 2 tav. 23 2 Komb. Per 5; ttav. 30 Komb. Per 34.

37

66

A. RINALDI: CONTESTI CERAMICI DEL FORO DI NERVA DAGLI AMBIENTI 1 E 2. I VASI DECORATI A MATRICE…

Fig. 8 – Foro di Nerva. Raffigurazioni vegetali

Fig. 10 – Foro di Nerva. Volto di Gorgone con grandi ali spiegate

Fig. 9 – Foro di Nerva. Decorazione vegetale con fiori e pendagli secondo si rifà spesso a repertori già esistenti e, anche dal punto di vista qualitativo, non raggiunge mai gli altri ceramisti.

Le anfore

Come si può notare, spesso il repertorio figurativo viene utilizzato da più officine e questo si può spiegare considerando che le matrici potevano essere utilizzate dalle succursali delle officine madri, ma anche essere vendute ad altre fabbriche.42

Nel precedente contributo non è stato possibile presentare il risultato complessivo dello studio delle anfore in quanto ancora in corso di approfondimento. In questa sede cercherò di esporre in modo più esauriente i materiali anforici recuperati dal contesto; ma, soprattutto, è mio desiderio soffermarmi sull’apparato epigrafico trovato su alcuni reperti.

L’ultimo frammento che viene presentato è decorato con un volto maschile con fronte accigliata e capelli ondulati divisi sulla fronte (fig. 10); dietro questo viso, ci sono delle grandi ali spiegate. Sicuramente è da identificare nel volto di una Gorgone; nella parte inferiore, a sinistra del volto, si intravede una linea curva, probabilmente una decorazione floreale che riempie il campo.43 Purtroppo non si può risalire alla forma del vaso a causa della frammentarietà del pezzo né si può attribuire ad alcun repertorio figurativo perché non sono stati trovati confronti.

Il contesto è formato prevalentemente da frammenti di anfore, infatti costituiscono circa il 70% del totale. Sono state trovate 184 parti diagnostiche mentre le pareti, quando possibile, sono state suddivise in produzioni ma non sempre inserite nel calcolo dei frammenti. Alcuni esemplari sono conservati quasi al 50% e questo ha reso possibile stabilire con sicurezza il tipo di anfora e l’area di produzione. A volte sono stati individuati attacchi fra orli, anse, pareti e fondi e ciò ha permesso di conteggiare con maggiore precisione il numero di esemplari presenti nel contesto.

42

Pucci 1985, p. 376. Devo questa indicazione alla dott.ssa Alessia Festuccia che ha riconosciuto il motivo perché visto su matrici delle Terre Sigillate di Vasanello (materiale inedito).

Come mettono in evidenza la tabella 1 ed il relativo grafico 1 (fig. 11), le produzioni italiche sono quelle numericamente più attestate a testimoniare il fatto che,

43

67

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Tabella 1 – Anfore Area di produzione

Tipo

Datazione

Frr. diagnostici

Versante tirrenico

Dressel 1

145/135 – 10 a.C.

9

Versante adriatico

Pareti

Lamboglia 2/Dressel 6

II sec. a.C. – I sec. d.C.

9

39

Italica

Dressel 2-4

70/60 a.C. – inizio III

22

33

Area vesuviana

Dressel 2-4

70/60 a.C. – inizio III

22

109

Campania

Dressel 2-4

70/60 a.C. – inizio III

6

Non identificata

Dressel 2-4

70/60 a.C. – inizio III

3

Dressel 21-22

50/25 a.C. – I sec. d.C.

2

Italica Media-bassa valle del Tevere

Ostia III, 369/370

14/54 – fine II d.C.

4

Provenza

Gallica 5

I sec. d.C.

2

Provenza

Gallica 2

2

Baetica

Haltern 70

Baetica

Dressel 7-11

età augustea – 50 d.C.

4

Baetica

Dressel 28

età augustea – II sec. d.C.

3

7

Baetica

Dressel 20

età augustea – III sec. d.C.

9

75

Tarraconensis

Dressel 2-4

I sec. d.C.

8

50

Baetica

Dressel 2-4

I sec. d.C.

4

Baetica

Pelichet 46/Beltran IIA

fine età augustea – fine II d.C.

5

Baetica

Beltran IIB

inizio I sec. d.C. – metà II d.C.

5

Tripolitania

Tripolitana I

fine I sec. a.C. – 150 d.C.

1

Tripolitania

Dressel 21-22

Africa Proconsolare

50 a.C. – 50 d.C.

8

Dressel 26

prima metà-metà I sec. d.C.

5 2

Maña C1

fine IV – 50/30 a.C.

Area siro-palestinese

Schöne XV

tarda età tiberiana – inizio II d.C.

Area siro-palestinese

Kingsholm 117

I – III sec. d.C.

Asia

Agorà F 65-66

10/1 a.C. – IV sec. d.C.

2 17

Camulodunum 184

I – II sec. d.C.

25

Creta

Cretese 4/Dressel 43

1/50 – fine II sec. d.C.

2

Dressel 5

I – II secolo d.C.

4

Calabria, Sicilia?

Dressel 2-4 14/54 – 150 d.C.

4 184

nella prima metà del I sec. d.C., sono queste che hanno il dominio sul mercato romano.44 Prevalentemente si tratta di anfore che trasportano vino e provengono da diversi centri produttori italici del versante adriatico e tirrenico.

Di particolare importanza è il ritrovamento di un bollo con il nome di L. NERI46 impresso sul gomito di un’ansa (fig. 14). Numerosi sono anche i frammenti che attestano la presenza dello stesso tipo di anfora ma di produzione betica e tarraconese. Su un frammento di parete di produzione tarraconese è stato trovato un bollo con tre lettere, probabilmente è l’abbreviazione dei tria nomina.

Il tipo di anfora più frequente è la Dressel 2-4 che, nel nostro contesto, è attestato nelle diverse produzioni. Grazie all’analisi macroscopica degli impasti e del rivestimento delle superfici è stato possibile, per molti frammenti, individuare l’area di produzione. Infatti, si è potuto fare un conteggio abbastanza preciso dei reperti attribuibili ad una generica produzione italica e di quelli di area campana e vesuviana.45 45

8

9

Ostia II 522 – 3

Totale frammenti

44

133 2

Perea rodia

Area egea

34

3

Africa settentrionale

Area egeo – microasiatica

13

Sono attestate anche anfore tipo Lamboglia 2/Dressel 647 e Dressel 1, entrambe di produzione italica, ma la prima del versante adriatico e la seconda dell’area centrale tirrenica. 46 Si veda oltre, nel catalogo che segue, per le caratteristiche del bollo ed i confronti bibliografici. 47 A causa della frammentarietà dei pezzi è quasi impossibile poter stabilire con precisione a quale tipo appartengano.

Rizzo 2003, p. 144. Tchernia, Zevi 1972.

68

A. RINALDI: CONTESTI CERAMICI DEL FORO DI NERVA DAGLI AMBIENTI 1 E 2. I VASI DECORATI A MATRICE…

Fig. 11 – Foro di Nerva. Anfore: le produzioni attestate nel contesto

Fig. 12 – Foro di Nerva. Anfore: i tipi attestati nel contesto identificati attraverso le parti diagnostiche

69

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Dal grafico 2 (fig. 12) emerge che anche le anfore betiche sono ben documentate e questo dato conferma i risultati di altri scavi urbani;48 tra queste, i tipi più frequenti sono le anfore Dressel 20, per il trasporto dell’olio, e le Haltern 70 e le Beltran IIA-B per il trasporto del garum.

evidenti tracce di ipercottura pertinenti ad una fornace romana di Alcamo Marina.57 Anche su alcuni campioni di questa fornace sono state condotte delle analisi mineropetrografiche,58 le quali hanno contribuito a rivelare l’origine siciliana di molti esemplari. Dallo studio approfondito di questi reperti, sono riusciti ad individuare le produzioni di più varianti tipologiche prodotte nella stessa fornace.59

Non mancano contenitori provenienti dall’oriente, infatti numerosi sono i frammenti di Camulodunum 184;49 è un tipo di anfora che, nel contesto, è rappresentato da ben 25 frammenti di parti tipologiche. La sua attestazione documenta l’arrivo del vino rodiese a Roma tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del II d.C.

Gli studiosi hanno evidenziato un criterio di distinzione tra le produzioni campane e quelle siciliane; nelle prime l’impasto assume un colore beige-nocciola chiaro, nelle seconde ha un caratteristico impasto di colore rosso mattone con una superficie rosso-grigio.

Rappresentate da pochi frammenti sono le anfore di produzione siro-palestinese quali le Schöne XV e le Kingsholm 117. Se per il tipo Kingsholm 117 si conservano due frammenti di orlo, la Schöne XV è stata riconosciuta solo da due frammenti di pareti.

I frammenti ritrovati nel contesto da noi preso in esame presentano tutti le stesse caratteristiche; impasto piuttosto duro e compatto di colore rosso scuro (Munsell 10R 5/6); la superficie esterna e, spesso, anche la parte superiore della superficie interna hanno una colorazione grigiastra (Munsell 5YR 4/2). Ha attirato la mia attenzione un reperto di questa tipologia d’anfora conservato quasi al 50% sulla cui superficie esterna, precisamente tra l’orlo e la linea incisa sulla pancia, vi sono stati iscritti dei tituli60 di colore rosso (fig. 20).

Dressel 21-22 Tra i tanti reperti anforari riportati in luce nel nostro contesto, sono stati trovati diversi orli di anfora tipo Dressel 21-22. Vorrei porre l’attenzione su questi esemplari perché uno di essi in particolare merita una descrizione accurata per le caratteristiche dell’impasto con cui è realizzato e per la particolarità del corredo epigrafico. Generalmente, la produzione di questo tipo di recipiente viene attribuita ad area campana50 ed italicomeridionale51 e l’arco cronologico di circolazione viene fissato dall’inizio del I sec. d.C. fino ad età flavia. Le abbondanti attestazioni a Baelo e i numerosi bolli di fabbrica che si ripetono anche su laterizi ha fatto presumere anche qui una produzione locale che inizia già alla fine del I sec. a.C.52 Ciò che contraddistingue quest’anfora è la caratteristica dell’orlo molto ampio, ma anche la mancanza di collo ed il corpo cilindrico affusolato.

L’anfora, che conserva entrambe le anse, è priva del collo ed ha l’orlo molto ampio ad anello. Il diametro esterno dell’orlo è di cm 20,5, lo spessore di cm 2 mentre l’altezza è di cm 1,6. L’ansa, con sezione a mandorla e costolatura centrale, ha un’altezza massima di cm 15,3, il cui spessore è cm 4 x 2,3. Il diametro massimo dell’anfora alla pancia è di cm 25. Sotto l’orlo presenta un cordoncino semicircolare sotto cui si impostano le anse. Al di sotto dell’attacco inferiore dell’ansa, a circa cm 3, c’è una incisione che circonda tutta la superficie dell’anfora. Lo spessore della parete varia da cm 1 a 1,5. Non si può definire l’altezza totale dell’anfora perché priva di fondo.

Sono passati diversi anni da quando Dressel53 classificò questo tipo di anfore e studiò il repertorio epigrafico iscritto su di esse. Recentemente è stata rivista la sua classificazione basandosi sulle differenze morfologiche e sui diversi impasti che contraddistinguono le varie produzioni ed è stata fatta una rilettura dei tituli picti.54

Ciò che rende singolare questo reperto è il tipo di impasto con cui è stato realizzato; la superficie presenta un ingobbio color crema (Munsell 5Y 8/4) mentre, l’impasto interno è di colore rosso (Munsell 10R 5/6). Ad una prima analisi macroscopica, si pensava potesse appartenere ad una produzione africana, ma dalle analisi minero-petrografiche risulta che esso è stato prodotto, con molta probabilità, in ambito siciliano.61

Le recenti ricerche archeologiche hanno evidenziato che le anfore Dressel 21-22 sono numericamente molto attestate in varie località siciliane;55 ciò ha fatto ipotizzare che ci potesse essere una produzione locale. Hanno confermato questa ipotesi non solo le indagini archeometriche condotte su campioni di Segesta,56 ma anche il ritrovamento di esemplari della stessa forma con

Corredo epigrafico su frammenti di anfore Per conoscere le anfore non si può prescindere dallo studio del corredo epigrafico, costituito dai bolli, dai tituli

48

Rizzo 2003, p. 152. Peacock 1986, p. 102; Panella 1986, p. 615. 50 Bragantini 1991, pp. 93-94. 51 Zevi 1966, p. 222. 52 Domergue 1973, pp. 112-114. 53 Dressel 1879; CIL XV, 2; Zevi 1966. 54 Botte 2007, pp. 169-186. 55 Denaro 1995, pp. 183-208; Denaro 1997, p. 541. 56 Alaimo et al. 1997, pp. 46-61.

57

González Muro 2008, pp. 72-93. Capelli, Piazza 2008, pp. 171-173. 59 González Muro 2009, pp. 457-460. 60 Per la descrizione dettagliata dei tituli picti iscritti sulle pareti dell’anfora e sull’interpretazione degli stessi si rimanda al relativo catalogo (v. infra p. 73). 61 Si veda lo specifico contributo di Capelli che ha effettuato le analisi minero-petrografiche sul campione dell’anfora (infra p. 74).

49

58

70

A. RINALDI: CONTESTI CERAMICI DEL FORO DI NERVA DAGLI AMBIENTI 1 E 2. I VASI DECORATI A MATRICE…

picti e dai graffiti, presenti su di esse. L’analisi dei bolli fornisce informazioni sulla cronologia del vaso, sull’area di produzione e sui personaggi coinvolti nella realizzazione del contenitore mentre, per la commercializzazione del vaso e delle derrate alimentari in esso trasportate si fa riferimento ai tituli picti.62

Testo: L·NERI fig. 14 Questo bollo è impresso sul gomito dell’ansa di un’anfora tipo Dressel 2-4 di produzione campana. Su un bastoncello si trova il bollo in cartiglio rettangolare impresso verticalmente con lettere a rilievo: alt. cm 1,1, lungh. cm 2,6; dopo la l c’è il segno di interpunzione, le lettere N ed E sono in nesso. Sull’altro bastoncello è impresso un bollo in cartiglio rettangolare, sempre in senso verticale, con decorazione geometrica formata da dentelli verticali allineati: alt. cm 0,8, lungh. cm 2,8. Confronti: il gentilizio NERI è originario della Campania ed è documentato dalla fine del II sec. a.C. a Capua e a Delos.66 Sono conosciuti due personaggi con questo gentilizio, L. NERIUS HYGINUS e N. NERIUS HYGINUS. Purtroppo, allo stato attuale degli studi, non abbiamo maggiori notizie sul personaggio in questione né conosciamo una cronologia più precisa.

In questo contesto sono stati trovati 6 bolli, 2 incisioni e 2 iscrizioni dipinte.63 Alcuni di essi sono su pareti di anfora difficilmente attribuibili ad un tipo o ad una produzione. a) I bolli Il bollo, generalmente di forma rettangolare o quadrangolare, viene impresso con un punzone quando l’impasto è ancora morbido; prevalentemente si trova sulle anse, sull’orlo o sul collo, raramente sul fondo. Spesso è riportato il nome del proprietario o del responsabile dell’atelier.64 I 6 bolli trovati sono su tipi di anfore diverse; quattro sono abbreviazioni di nomi, due presentano un’unica lettera inscritta in un cerchio. Testo: LDC fig. 13 Interpretazione: L. D (…) C (…) Bollo in cartiglio rettangolare impresso con lettere a rilievo: alt. cm 1,2, lungh. cm 2,2; le tre lettere non sono divise da segni di interpunzione. Il bordo inferiore è interrotto da una sbavatura, probabilmente tracciata dal manico del punzone. Si trova sulla parete, verso il fondo, di un’anfora tipo Dressel 2-4 di produzione tarraconese. Il tipo è prodotto dagli inizi del I secolo d.C. Confronti: l’unico confronto trovato è con un bollo su fondo di anfora non identificata e di provenienza sconosciuta.65

Fig. 14 – Foro di Nerva. Bollo n. 2 Testo: H fig. 15 Si tratta di una lettera impressa a rilievo in cartiglio circolare: diam. cm 1,7. E’ stata impressa sulla parete di un’anfora presumibilmente di produzione iberica.67 Confronti: bollo molto frequente soprattutto su anfore tarraconesi.

Fig. 13 – Foro di Nerva. Bollo n. 1 62

Panella 2001, p. 186. Ringrazio cordialmente la professoressa Clementina Panella per avermi dato utili indicazioni bibliografiche e preziosi suggerimenti sulla corretta lettura ed interpretazione di alcuni bolli ed iscrizioni. 64 Panella 2001, p. 185. 65 Etienne, Mayet 2000, p. 165 n. 150.

Fig. 15 – Foro di Nerva. Bollo n. 3

63

66

Castrèn 1983, n. 267. Fa pensare ad una produzione iberica l’impasto di colore albicocca all’interno e di color crema sulla superficie, chiaro indizio di provenienza spagnola. 67

71

CONTESTI CERAMICI DAI FORI IMPERIALI

Testo: L C (?) fig. 16 Lettera impressa a rilievo in cartiglio circolare mutilo: diam. cm 2,1. La frammentarietà del pezzo fa supporre che siano impresse le lettere L e C. Confronti: non sono stati trovati confronti.

Testo: C· F· G fig. 18 Bollo inciso sulla spalla di un’anfora tipo Dressel 6A, la cui produzione è riferibile ad ambito adriatico nel I secolo d.C.68. Ha le lettere incise in sequenza destrorsa; alt. cm 1,5, lungh. cm 2,4; tra le lettere c’è il segno di interpunzione, il cui tratto sembra essere stato inciso con uno strumento appuntito a sezione quadrangolare. Confronti: un bollo simile è stato catalogato dal Dressel69 nel CIL; si tratta di un bollo a lettere cave letto su un’anfora tipo Lamboglia 2 trovata nei pressi di Parma, ricatalogata dal Callender.70 Recentemente è stata trovata un’anfora tipo Dressel 6A in uno strato datato al primo quarto del I sec. d.C. in un pozzo di Epheso.71 Sulla spalla di quest’anfora c’è impresso un bollo con le stesse iniziali e gli stessi segni di interpunzione; il vaso viene attribuito ad una officina occidentale e datato ad età augusteo – tiberiana.

Fig. 16 – Foro di Nerva. Bollo n. 4

Testo: ΓΛΑ (?) fig. 17 Bollo impresso in cartiglio rettangolare sul gomito dell’ansa di un anfora probabilmente di produzione rodia. Le lettere, in caratteri greci, sono impresse in obliquo probabilmente su un altro cartiglio rettangolare impresso due volte. Confronti: non sono stati trovati confronti

Fig. 18 – Foro di Nerva. Graffito n. 6

Testo: M fig. 19 E’ un’unica lettera interpretata come M scritta in corsivo a tratto continuo: alt. max. cm 9,7. I primi tratti ascendenti e discendenti sono impressi in modo pro-fondo. Confronti: per questo graffito si è trovato confronto a Urvinum Hortense72 dove è stata trovata la parte superiore di una Dressel 2/4 con su graffita la M incisa a crudo sulla spalla. Chi ha studiato il frammento pensa che abbia la funzione di segno di riconoscimento o di conteggio per un determinato lotto di anfore.

Fig. 17 – Foro di Nerva. Bollo n. 5

b) Graffiti incisi prima della cottura Un altro modo di apporre delle sigle sull’anfora è quello di incidere la superficie prima della cottura con strumenti appuntiti. Generalmente queste iscrizioni indicano le fasi di vita del vaso.

68

Panella 1970 che considera il tipo A generalmente di origine apula. CIL XI, 6695, 41. 70 Callender 1965, p. 98, n. 317. 71 Meriç 2000, p. 94. 72 Donnini 2006, pp. 90-91. 69

In questo contesto sono stati trovati due graffiti. 72

A. RINALDI: CONTESTI CERAMICI DEL FORO DI NERVA DAGLI AMBIENTI 1 E 2. I VASI DECORATI A MATRICE…

fatti non solo in Sicilia76 ma anche in altre località delle province romane. Un altro possibile confronto è per la parola PAN iscritta al centro dell’anfora. Il Dressel aveva identificato un’iscrizione simile su un’anfora dello stesso tipo trovata tra i reperti dello scavo del Castro Pretorio. Si tratta della parola PANH che lo studioso interpreta come un possibile nome abbreviato in forma corsiva.77 I tituli si trovano su un’anfora tipo Dressel 21-22 di produzione siciliana. Il tipo è comunemente datato al I secolo d.C. Confronti: L’iscrizione PAN è simile alla parola PANH trovata su un’anfora tipo Dressel 21-22 del Castro Pretorio (CIL XV, 4791). L’iscrizione CET trova confronto con diversi tituli picti su anfore del tipo Dressel 21-22 catalogati dal Dressel (CIL VI, 5542; CIL XV, 4786, 4787, 4788).

Fig. 19 – Foro di Nerva. Graffito n. 7 c) I tituli picti Le iscrizioni dipinte sulle pareti d’anfora servivano ad indicare la natura del contenuto, la sua quantità, il nome del commerciante; qualche volta è riportato l’anno di produzione, di solito esemplificato dai nomi dei consoli in carica quell’anno.73 Generalmente i tituli sono disposti su più righe e indicano il peso del contenitore e del contenuto, i nomi dei commercianti e il luogo di produzione. In questo contesto sono stati trovati diversi frammenti con iscrizioni dipinte e, fra questi, è di straordinaria importanza il ritrovamento di un’anfora tipo Dressel 2122 sulla quale sono presenti più tituli picti e che si va di seguito a descrivere.

Fig. 20 – Foro di Nerva. Iscrizione dipinta su Dressel 21-22

Testo: PAM / C E T PAN / XαP (?) NHT (?) fig. 20 La scrittura è appena percettibile sulla superficie dell’oggetto, ma risulta integra anche se il mediocre stato di conservazione non permette una chiara lettura ed interpretazione. Si tratta di tituli iscritti in caratteri latini e greci con colore rosso; alcune lettere sono appena sotto l’orlo in prossimità dell’ansa e non tutte ben interpretabili. Altre sono distribuite sul collo e sulla pancia. La prima iscrizione di cui si può dare un’interpretazione è quella a destra dell’anfora, sulla prima riga a destra sotto l’orlo che potrebbe essere letta come CET con le lettere E e T in legamento iscritte nella lettera C. L’intepretazione data da Dressel74 per questa iscrizione, dove legge CE per CE(rasa), è stata recentemente messa in discussione da Botte75 che, diversamente, vede l’abbreviazione della parola latina Cetus ovvero “tonno”. Questo dato viene confermato dai diversi ritrovamenti

Testo: […]M M […] / […]N I X […] fig. 21 E’ un’iscrizione che si trova sulla spalla di un’anfora non identificata, è molto lacunosa e poco leggibile; è iscritta in lettere latine con colore rosso ed è distribuita su due righe. Confronti: non sono stati trovati confronti.

Fig. 21 – Foro di Nerva. Iscrizione dipinta su parete di anfora

73

Panella 2001, p. 186. Dressel 1879, p. 172. 75 Botte 2007, pp. 174-176.

76 Per le numerose attestazioni nel Mediterraneo si veda l’esauriente elenco riportato in González Muro 2008, pp. 83-86. 77 Dressel 1879, p. 172, n. 123 (tav. XI-XII n. 33).

74

73

CONTESTI CERA AMICI DAI FORI IMPERIALI

ANA ALISI MIN NERO-PE ETROGR RAFICHE E SU ANF FORA DR RESSEL 21-22 CON TIT TULI PIC CTI DAL FORO F DII NERVA A Clauudio CAPEL LLI*

Osservato inn sezione sottile al microsco opio polarizzaatore, l'impasto (annalisi 8500, fig. f 22) risultta formato daa una matrice ferricca ossidata e semi-vetrificaata (macroscoopicamente di colore rosso) e da uno scheeletro abbonddante, ui di quarzo, fini costituito esssenzialmente da individu (