Cinema surrealista fra poesia e immagine
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Ivan Allotta

Cinema surrealista fra poesia immagine

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978-88-548-0993-2

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I edizione: febbraio 2007

Introduzione Tra tutte le avanguardie storiche c’è in quella surrealista la valutazione più precisa e più positiva del cinema in quanto tale. Anzi, si può parlare di una sorta di mitizzazione e di esaltazione del cinema, soprattutto per i suoi caratteri di esperienza prossima agli stadi allucinatori in cui si verifica la liberazione delle forze dell’inconscio che è una delle finalità attribuite dai Surrealisti all’arte. Il movimento surrealista, che nasce a Parigi nel 1924 in seguito alla crisi del movimento Dada, non solo prefigura e in parte realizza un nuovo tipo di cinema, ma si interessa anche attivamente al fatto cinematografico, per i punti comuni che rileva tra cinema e sogno, tra meccanismi della visione filmica e meccanismi dell’inconscio. Jean Goudal, nell’articolo Surrealisms et Cinema1, ritiene che, tutto sommato, l’idea surrealista di cinema sia più importante degli stessi film surrealisti, proprio per le analogie che individua tra le configurazione filmiche e quelle oniriche e tra le associazioni libere in determinate situazioni psicologiche e le tecniche del montaggio cinematografico (e del collage pittorico). I Surrealisti, infatti, utilizzano il cinema come materiale per le loro costruzioni di sogno, usando brandelli di diversi film - una determinata sequenza, un episodio, un’ambientazione, un’attrice, un volto, una didascalia, ecc. - come frasi, brani, capitoli, di un ininterrotto romanzo visivo, affascinante e personalissimo. Al di là della tecnica, dello stile, delle possibilità espressive ed artistiche del mezzo, il cinema è di fatto una surréalité'. la frequenza del cinema, la sua continua fruizione, è ‘automaticamente’ una esaltante esperienza surrealista. La proposta teorica innovativa che viene dai film surrealisti è il rifiuto della tecnica a profitto del contenuto, è paradossalmente un abbandono di tutti i canoni espressivi propri del primo cinema, corrispondente ad un generale abbandono di tutti i canoni espressivi tradizionali.1

1 Jean Goudal, Surréalisme et Cinema cit. in Virmaux Alain et Odette, Les Surréaìistes et le Cinéma, Paris, Editions Seghers, 1976, pp. 305-317 passim.

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La forma, sembra vogliano dire i Surrealisti, distrugge la sostanza: la bella immagine, il virtuosismo tecnico-espressivo, il raffinato ritmo del montaggio, sono elementi formali estranei al discorso violento che si vuol fare, anzi ne annullano la portata rivoluzionaria, ne riducono grandemente la forza d’urto, trasformano un grido di rivolta in un melodioso canto di battaglia. L’immagine e la sequenza possono avere invece, nella loro concretezza visiva e ritmica, l’immediatezza della realtà bruta, e su di essa, all’interno di essa, è possibile costruire una nuova realtà, capace di smascherare le falsità e i miti di una realtà strutturata su una determinata cu ltura, educazione e ideologia. Il manifesto di Breton del 1924 non parla in modo esplicito di cinema, ma l’esperienza onirica che propone e l’automatismo psichico che suggerisce, prospettano almeno in teoria e indirettamente, una utilizzazione surrealistica del cinema. Ora, mentre il ricorso al sogno poteva certamente materializzarsi, seppur con qualche difficoltà e sbavatura, nelle immagini mute dei film del primo trentennio del Novecento, l’automatismo psichico, sarà in pratica inapplicabile al cinema, non fosse altro per la macchinosità della sua tecnica. Una testimonianza diretta di questo fatto l’abbiamo sia nell’esiguo numero di film surrealisti, sia nel notevole divario che è possibile notare tra sceneggiature non realizzate e i film prodotti2. La critica si divide ancora in due schiere, secondo due teorie: secondo i primi non esiste un cinema surrealista; per i secondi il cinema è naturalmente surrealista. Scopo del presente lavoro è quello di mostrare in che senso il cinema possa essere inteso come espressione della surrealtà', di analizzare, dunque, il rapporto che, malgrado la modestia della produzione cinematografica propriamente surrealista, è riconosciuto come stretto e fertile. Le due arti, infatti, si presentano come vases communicants in cui circolano, in un vai e vieni continuo, due parole: immagine e poesia.

2 Virmaux Alain et Odette, op. cit., pp. 25-41 passim.

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Il Cinema dei Surrealisti Il cinema aveva poco meno dii trent’anni quando Breton e compagni stilarono il Manifeste du Surréalisme (1924). Giovane, francese di nascita, quest’arte speciale della visione esercitò un’enorme influenza su dei “visionari” altrettanto giovani alla ricerca di un nuovo linguaggio che rendesse concreta e stupefacente l’immagine poetica. La rivolta surrealista contro l’arte istituzionalizzata trovò ben presto nel cinema uno strumento privilegiato, in quanto come giustamente nota Marie-Claire RoparsWuilleumier, questo nuovo mezzo di comunicazione, svincolato da ogni tradizione estetica, semblait coincider merveilleusement avec la manifestation de la vraie vie et de l’ailleurs, où tend la recherche des surréalistes1.

Ma prima di approfondire i rapporti tra questa nuova arte e gli appartenenti al Surrealismo e prima di analizzare le produzioni cinematografiche surrealiste, è bene faire un passo indietro e analizzare come era ‘cresciuto’ questo nuovo mezzo di espressione nel trentennio che precede la nascita del Surrealismo e stabilire cosa di esso poteva accendere il talento dei nuovi poeti.

L’origine del cinema

Il 28 dicembre 1895, grazie all’intuito di Antoine Lumière e dei suoi figli Louis e Auguste, nasce a Parigi il cinematografo. Per la prima volta si assiste ad una proiezione a pagamento in una sala attrezzata per l’occasione nel Salon Indien del Grand Café. Per la precisione fu l’abile Louis Lumière che riuscì a mettere a punto un meccanismo di scorrimento della pellicola su due bobine e la sua proiezione su uno schermo.1

1 Ropars-Wuilleumier M.-C., De la Littérature au cinéma, genèse d’ime écriture, Paris. Librairie Armand Colin, 1970. p. 54.

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Le prime immagini girate ritraggono l’uscita degli operai dalle Officine Lumière a Lione, successivamente fu girato L’arrivée d’un train à la Gare de la Ciotat, una stazione, una signora con un grande cappello, il treno che si dirige verso la macchina da presa. Quest’ultima scena pare che abbia provocato il panico tra gli spettatori presenti in sala ancora incapaci di distinguere tra realtà ed impressione della realtà2. Tra i film proiettati in quella prima celebre serata, oltre al divertente Le déjeuneur de bébé, il primo film di finzione L’arroseur arrosé. E la storia di uno scherzo combinato da un ragazzo ad un giardiniere che sta annaffiando il giardino: il ragazzo mette il piede sulla pompa non permettendo il regolare flusso dell’acqua e, mentre il giardiniere sta guardando nel tubo per capire cos’è successo, il ragazzo toglie il piede dal tubo e l’acqua annaffia per l’appunto l’annaffiatore3. Il cinema, possiamo sicuramente affermare, nasce in quella sera di oltre un secolo fa e, grazie al perfezionamento tecnico, è arrivato ai giorni nostri a dispetto dell’idea dei suoi stessi padri che lo ritenevano un’arte senza futuro, imponendosi come l’arte più popolare, ma non priva di raffinatezze e, per di più, in continua evoluzione e crescita. I Lumière per due anni detennero il monopolio sulle macchine da presa, successivamente ritornarono ad occuparsi di fotografia. Il cinema dei fratelli Lumière è documentaristico e ad esso si contrappone subito quello fantasioso e visionario di Georges Méliès. Questi, che faceva il prestigiatore e l’illusionista presso un piccolo teatro parigino, il Robert - Houdin, da lui stesso restaurato, organizza davanti la macchina da presa delle vere e proprie messe in scena, scegliendo soprattutto avventure fantastiche. All’inizio si trattò di film della durata di un minuto per poi arrivare a venti minuti. Méliès sperimentò trucchi visivi: dalla sparizione di una persona, al ralenti o all’accelerazione, dalla sovrimpressione all’utilizzazione di modellini4. 2

Storia del cinema francese, a cura di Cristina Bragaglia, Milano, Newton Compton Editori, 1995, p. 9. 3 Ibidem, p. 10. 4 Sadoul Georges, Histoire générale du cinéma, 2/Les pionniers du cinéma (De Méliès à Pathé) 1897-1909, Paris, Denoèl, 1973, p. 107.

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Il film più noto girato da questo vero primo regista - artista è Le voyage dans la Lune (1902) che prende spunto dal romanzo del celeberrimo scrittore visionario Jules Veme. Tuttavia il cinema di quegli anni non si discosta molto dal teatro, sia perché ci si rifà alle rappresentazioni teatrali e se ne utilizzano le scenografie, sia perché la visione per lo spettatore cinematografico è assai simile a quella dello spettatore teatrale, in quanto la macchina da presa è ancora immobile e riesce a registrare una limitata porzione di immagine. Nel 1901 proprio Méliès sarà il primo ad utilizzare il carrello, nel film L’homme à la téte de caoutchou. Purtroppo Méliès, come la maggior parte dei pionieri del cinema, morirà solo e squattrinato, a causa di controversie giudiziarie e della diffusione di copie pirata dei suoi film5. Nel 1907, in Francia, nasce il cinema d’animazione ad opera di Emile Cohl. Quest’ultimo aveva lavorato nel campo della prestidigitazione così come Méliès e, nel 1905, era entrato alla Gaumont come soggettista. Due anni dopo, osservando l’utilizzo dei disegni come trucchi cinematografici, ha l’idea di girare una pellicola servendosi dei soli disegni e, nel 1908, realizza Fantasmagorie un disegno animato che ha per protagonista un clown: gli occorreranno ben 700 disegni per due minuti di film! Cohl può essere considerato uno dei padri del cinema delle origini, in effetti il suo stile surreale, pieno di humour, si impongono nel settore dell’animazione grazie alla sua capacità espressiva personale6.

I primi produttori I primi grandi produttori e distributori di film furono Charles Pathé (che aveva, inoltre, meccanizzato la colorazione della pellicola) e Louis Gaumont che diffusero il cinema dappertutto e lo fecero divenire popolare. 5 Storia dei cinema francese, a cura di Cristina Bragaglia, cit., p. 10. 6 Beylie Claude, Pinturault Jacques, Les maitres du cinema fran^ais, Paris, Bordas, 1990,

P-35.

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Le prime diffusioni avvenivano in locali pubblici, ma presto si pensò ad una vera e propria saletta di proiezione, tanto quest’arte aveva conquistato le masse. Anche la produzione cinematografica inizia presto ad adeguarsi alle esigenze del pubblico ed i due produttori succitati realizzano melodrammi, scene comiche e drammi realisti. Nei primi anni del Novecento, Zecca, figlio di un custode di teatro, discreto cantante dei café-concert, attore e regista per la Pathé, inaugura il genere realistico prendendo spunto dal naturalismo teatrale di Zola. In L’histoire d’un crime (1901), mette in scena un delitto che il colpevole ricorda mentre è in prigione; in Les victimes de l’alcoolisme (1902) tratta un tema innovativo per il cinema. Altre opere come La catastrophe de la Martinique (1902) o L’assassinat de la famille royale de Serbie (1903) ricostruiscono avvenimenti di cronaca78 . Il primo grande kolossal cinematografico può essere considerato il film Vie et passion de Jésus Christ che Zecca e Nonguet girarono assieme per la Pathé, tra il 1902 ed il 1905, pellicola fortemente influenzata dalla pittura impressionista. André Ileuzé, sempre per conto della Pathé, crea un nuovo genere cinematografico i ciné-romans o drames sentimentaux. Tra i più celebri film di questo genere si può citare L’ange du coeur (1906). Nel 1908, nasce il cinegiornale “Pathé-Joumal”. L’anno successivo la Pathé decide di non vendere più le pellicole, ma di noleggiarle (metodo utilizzato tutt’oggi) e partecipa alla fondazione della “Société du Film d’Art” che ha lo scopo di attirare al cinema un pubblico più colto e raffinato. In Francia a contrastare la Pathé vi era la Gaumont, anch’essa società di grandi proporzioni e soprattutto di grandi mezzi. All’inizio produce solo documentari, successivamente la produzione viene affidata ad Alice Guy, prima donna regista, che ne amplia i limiti includendo i generi più svariati: dalle comiche ai film polizieschi, dai Q cartoni animati al cinegiornale . 7 Cfr. [Zecca Ferdinand] in Jean Tulard, Dictìonnaire dii Cinéma, Les Réalisateurs, Paris, Éditions Robert Laffbnt, 1992 e in Jean-Loup Passek, Dictìonnaire du Cinéma * Paris, Larousse, 1991. 8 Storia del cinema francese, cit., p. 13.

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Il 1907 segna la svolta per le produzioni Gaumont, infatti Louis Feuillade è designato nuovo direttore artistico. Sarà lui a lanciare la produzione di film a carattere storico e religioso e delle serie, cioè di film legati tra loro da un argomento o da un personaggio che sono la trasposizione in film dei feuilletons o dei romanzi popolari ad episodi9. Il genere poliziesco aveva avuto nel personaggio di Nick Carter, ripreso da Victorin Jasset dalle pubblicazioni a puntate, il suo eponimo. Il genere conosce la consacrazione grazie a Feuillade che ebbe l’intuizione di portare sugli schermi Fantómas, il personaggio creato da Marcel Allain e Pierre Souvestre, collocando le avventure dei protagonisti nel luoghi conosciuti e riconoscibili di Parigi, suscitando l’apprezzamento dei Surrealisti che ne amarono la carica anarchica e il valore di anti-eroe del personaggio. Ma fu un’altra serie che riscosse un successo straordinario sia tra il grande pubblico che tra gli intellettuali (soprattutto tra i Surrealisti) : Les vampires, creata all’inizio in risposta a Les mystères de New-York girati dalla Pathé. La protagonista della serie era l’eroina Irma Vep, anagramma di vampire, interpretata dalla prima “vamp” della storia del cinema, Musidora. L’eroina vestita con la sua calzamaglia nera, con un trucco aggressivo, personaggio negativo per eccellenza, divenne talmente popolare da preoccupare le autorità. Musidora sarà la protagonista di un’altra serie, Judex, in cui incarna un altro personaggio negativo, l’avventuriera Diana Monti che, insieme al banchiere Favraux, si batte contro Judex; questi, per vendicare il padre, si sostituisce all’inefficiente giustizia e combatte una lotta senza quartiere. Per questa serie fu organizzata un’imponente campagna pubblicitaria e furono persino emessi dei francobolli con il volto mascherato di Judex. Alla fine della prima guerra mondiale, che si era portata con sé numerosi attori, registi e addetti alla produzione, la Pathé e la

9 Boussinot Roger, L’Encyclopédie du cinéma, Paris. Bordas, 1967, p. 572.

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Gaumont devono arretrare dinanzi allo strapotere economico delle produzioni americane1011 .

I generi del primo ventennio

I primi grandi divi cinematografici furono senza dubbio i comici. In effetti, tutti i produttori puntarono agli inizi sul genere comico, e si affermarono così artisti quali André Deed, conosciuto in Italia come Cretinetti, e Max Linder. Questi, che farà anche il regista, acquisì enorme popolarità come protagonista di una serie di tre film - Max fait du sky (1910), Max et sa voisine (1910), Max se marie (1911) oltre ad alcuni film girati negli Stati Uniti quali Seven Years Bad Luck (1921), Be My Wife (1922). Ma nonostante il successo di pubblico e di critica, Max Linder cadde in depressione e dopo aver ucciso la moglie diciassettenne si suicidò11. Oltre al genere comico un altro genere si diffuse in Francia, il western., grazie a un regista di origine olandese, Joe Hamman, che girò la serie di Arizona Bill, tra il 1912 ed il 1914, di grande successo anche negli Stati Uniti. Come si è già detto, negli anni tra il 1910 e il 1914 le produzioni francesi dominavano i mercati mondiali, ma con l’inizio della prima guerra mondiale si ebbe un netto ridimensionamento della produzione cinematografica francese del quale approfittarono gli italiani, ma soprattutto la nascente industria hollywoodiana. Ai francesi rimase la magra consolazione del primato di qualità che porterà alla produzione di grandi film grazie alle avanguardie12. In Germania, tra il 1905 e il 1920, si assiste alla nascita e alla fine dell’espressionismo tedesco. E un cinema che cerca di evolversi in pittura, con una volontà di annullare gli effetti realistici della fotografia a vantaggio dell’espressività. Esso si muove nei territori dell’incubo e dell’angoscia, pronti a destabilizzare la normale 10 Sadoul Georges. Histoire générale du cinéma, 5/L’art muet (L’après-Guerre en Europe) 1919-1929, Paris, Denoél, 1975, p. 8. 11 Storia del cinema francese, a cura di Cristina Bragaglia, cit., pp. 16-7. 12 Sadoul Georges, Histoire générale du cinéma, 5/L’art muet (L’après-Guerre en Europe) 1919-1929, cit., pp. 8-50passim.

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percezione delle cose e lotta contro la decalcomania borghese e il suo intento meschino di fotografare la realtà. Tra le pellicole più significative prodotte in quegli anni e che appassionarono i Surrealisti, vanno citate II gabinetto del dottor Caligari (1919) di Robert Wiene, Nosferatu (1921) di Mumau, I misteri di un’anima (1925) di George Wihleim Pabst, Metropolis (1926) di Fritz Lang.

Prime elaborazioni teoriche Il momento di maggior crisi per il cinema francese coincide con la nascita delle prime elaborazioni teoriche. Nel 1911, Ricciotto Canudo pubblica una sorta di pamphlet, Manifeste des sept arts, in cui espone le sue idee sul cinema13. Negli anni a seguire scriverà altri saggi e critiche che verranno riuniti postumi (muore nel 1923) nel volume L’usine aux images, nel 1923, per Les éditions Chiron. I primi teorici, fissano la loro attenzione sullo ‘spazio’ e sul ‘tempo’, rendendosi conto che il cinema è l’unica arte capace di “les maitriser totalment”14. Nello stesso periodo anche Louis Delluc comincia ad elaborare un’estetica della settima arte. Fondai una rivista dal titolo « Cinéclub », poi cambiato in « Cinéa », sulla quale saranno pubblicati articoli di molti registi in seguito considerati appartenenti alla scuola impressionista francese, e che applicheranno nei loro film le teorie di Delluc. Fra questi registi sono da ricordare Germaine Dulac, Marcel L’Herbier, Abel Gance e Jean Epstein. Questi sono gli anni dei primi contatti tra cinema e Surrealismo. Nel 1920, Delluc scrive Photogénie che pone al centro delle sue teorie il concetto di fotogenia, cioè della qualità poetica e intima delle cose che il cinema soltanto riesce a rivelare, con la sua natura di mezzo prettamente visivo. In un articolo del 1920, pubblicato nella raccolta Cinéma et Cie, Delluc definisce la photogénie : 13 Per uno studio più approfondito sulle teorie di Riciotto Canudo si vedano i saggi pubblicati sull’argomento da Giovanni Dotoli, presenti in bibliografia. 14 Mitry Jean, Le cinéma experimental, histoire et perspective, Paris, Editions Seghers, 1974, p. 7.

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La photogénie est la science des plans hunineux pom 1’oeil eiuegistreur du cinéma. Un étre on ime chose sont plus on moins destinés à recevoir la lumière, à lui opposer une reaction interessante : c’est alors qu’on dit qu’ils sont ou ne sont pas photogéniques15.

Il primo film girato da Delluc seguendo le proprie teorie cinematografiche è Fièvre del 1921, storia melodrammatica in cui illustra la sua teoria del visualismo. Con La femme de nulle part il regista approfondisce il profilo psicologico della protagonista. Ma la sua carriera è breve: muore nel 1924, a soli 34 anni1617 . 18 Nel 1924, Jean Epstein gira un cortometraggio intitolato Photogénies, una sorta di poema visivo scandito dal ritmo meccanico delle macchine; questo può essere considerato il primo esempio di cinema puro, in cui il montaggio crea un ritmo che esalta i movimenti reali degli oggetti, divenuti insoliti per la giustapposizione delle loro forme singolari e dei loro movimenti differenziati . Anche Germaine Dulac cerca di portare sullo schermo le idee sul cinema puro girando, fra gli altri, La fète espagnole (1919) e La souriante Madame Beudet (1923). Marcel L’Herbier realizza nel 1924 L’inhumaine, storia fantastica, ricca di innovazioni tecniche e di ottime scenografie disegnate tra gli altri dal pittore e cineasta Femand Léger. Anche Abel Gance cercherà di accoppiare melodramma e sperimentazione. Quest’ultima portata agli estremi grazie all’uso di obiettivi deformanti, gli permetterà di realizzare nel 1915 La folle du docteur Tube, pellicola che inizialmente non verrà distribuita tanta è l’impressione che essa suscita. Qualche anno dopo (1919), Gance girerà un film a carattere sociale, J accuse, coraggioso per le tesi . 18 esposte . Di J’accuse vi sono diverse versioni: la prima, muta, del 1919 è andata perduta; una seconda versione che è la copia della prima, ma

15 Delluc Louis, Écrits cinématographiqnes II, Cinéma et Cie, édition établie et présentée par Piene Lherminier, Paris. Cinémathèque frammise, 1986, p. 273. 16 Storia del cinema francese, a cura di Cristina Bragaglia, cit., pp. 18-9. 17 Mitry Jean, Le cinéma experimental, histoire et perspective, cit., pp. 93-4. 18 Storia del cinema francese, a cura di Cristina Bragaglia, cit., pp. 19-20.

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con alcuni tagli, distribuita nel 1922 ebbe un grandioso successo e fece conoscere al grande pubblico il regista. Nel 1938, si ha una terza versione dalla durata di 165’ che sarà interdetta nel 1939, ma la stessa versione sarà ridistribuita nel 1947 seppure rimaneggiata e largamente tagliata (dura, infatti, soltanto 100’)19. Il film condanna la guerra, giudicata da Gance inutile e senza scopo; egli esprime le sue idee attraverso la voce del protagonista del film, il quale al ritorno al villaggio natale dirà ai suoi concittadini: J’étais de faction, ce soir-là, sur le champ de bataille. Il y avait là tons vos morts, tons vos chers morts. Alois s’est produit ce miracle : un soldat s’est relevé lentement sous la lime, près de moi. Je me suis enfili, épouvanté mais tout à coup le mort a parlé. J’ai entendu qu’il disait : « Mes amis, il faut maintenant savori si nous avons servi à quelque chose ! Allons voir au pays si l’on est digne de nous, de notte sacrifice ! Levez-vous ! Levez-vous tons ! » et les morts, alors, ont obéi. J’ai conni devant eux pour vous prevenir. Ils sont en marche ! Ils viennent ! Ils seront là tout à l’heure et vous aurez à leur renette cornpte ! Et ils retourneront dormii avec joie si leur sacrifice a servi à quelque chose20.

Il poeta-protagonista prima di morire declamerà questi versi di Gance : Je m’appelais Jean Diaz mais j’ai changé de muse! Mon doux nom de jadis est devenu : « J’accuse » Et je t’accuse toi, Soleil, D’avori illumine l’effroyable épopée, Muet, placide, sans dégoùt, Cornine ime face horrible à la langue coupée, A ton balcon d’azur, sadiquement crispée D’avori regardé jusqu’au bout21!

In La roue (1922) vi è il ritorno ad un soggetto caro ai primi registi, il “treno” e la “velocità”. La sceneggiatura del film è affidata a Jean

19 Lourcelles Jacques, Dictionnaire du cinema - Les films, Paris, Robert Laffont, 1992, p. 764. 20 Jeanne René, Ford Charles, Abel Gance, Paris, Editions Seghers, 1963, p. 25. 21 J’accuse, d’après le film d’Abel Gance, éditions de La lampe merveilleuse, Paris. 1922 cit. in Jeanne René, Ford Charles, Abel Gance, cit., p. 27.

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Epstein, che in seguito girerà film di qualità come L’auberge rouge (1923) e Cceurfidèle (1923). Epstein grazie alla trasposizione di due racconti di Edgar Allan Poe (The Fall of the House of Husher del 1837 e The Oval Portrait del 1843) può essere considerato il precursore del genere horror, che avrà un enorme successo negli anni a venire. In quegli anni emergono nuovi registi con nuove idee sul linguaggio cinematografico. Jean Renoir, figlio del pittore, esordisce nel 1924 con La fìlle de l’eau; Marcel Carnè gira un cortometraggio, Nogent, eldorado du dimanche, che ha per tema le gite domenicali dei parigini a Nogent-sur-Mame. Marc Allégret produce un reportage sul viaggio in Africa dello zio André Gide (Voyage au Congo, 1927). Nel 1926, Gance gira il suo film più celebre Napoléon vu par Abel Gance, nel quale sono presenti numerose innovazioni tecniche tra le quali il sistema polyvision, che grazie all’uso di tre schermi affiancati allarga la visione, e consente la divisione di alcune inquadrature al loro interno in più immagini. Ma le compagnie cinematografiche oltre a realizzare i film succitati, creano prodotti per il grande pubblico tra i quali uno dei più significativi per qualità è senza dubbio L’Atlantide di Jacques Feyder, girato nel 1921. Questo film è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Piene Benoit e segna una volta in più lo stretto legame tra letteratura e cinema. In quegli anni si assiste, in effetti, all’adattamento cinematografico di numerosi romanzi di Dumas, Veme e Zola soprattutto, che suscitarono larghi consensi tra il pubblico22.

I movimenti d’avanguardia ed il cinema

In Europa, già a partire dagli anni Dieci e con maggiore intensità negli anni Venti, è possibile evidenziare la complessa interazione tra il cinema e le avanguardie artistico - letterarie, e le grandi novità che questo nuovo mezzo porta nell’ambito dei linguaggi tradizionali.

22 Storia del cinema francese, cit., pp. 20-24 passim.

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Il cinema, nei suoi vari aspetti di dispositivo tecnico-scientifico, di industria culturale, di nuovo strumento di comunicazione, costituisce un fenomeno profondamente innovatore che si inserisce nella più ampia rivoluzione tecnologica. Per queste sue caratteristiche ‘rivoluzionarie’, esso è guardato con grande interesse da tutte le avanguardie storiche, le quali esaltano la nuova tecnica e, più o meno inconsciamente, ne subiscono gli influssi. I futuristi ad esempio, ne traggono indicazioni per la radicale messa in discussione dei valori estetici tradizionali, mentre i dadaisti per il lavoro distruttivo nei confronti dell’odiata cultura borghese. Nel caso dei Surrealisti il cinema diventa, invece, un punto di riferimento e un campo di sperimentazione per l’elaborazione di una nuova estetica e per l’attribuzione di nuove funzioni al linguaggio artistico. Negli anni Venti molti intellettuali scrivono, girano film e si interessano alla cinematografia, da Colette a Cocteau, da Cendrars a Apollinaire, sino a Breton, Desnos e Léger. Proprio Léger, con l’aiuto del pittore americano Dudley Murphy e di Man Ray, girerà nel 1924 il cortometraggio Ballet mécanique che fin dalle battute iniziali dichiara il proprio intento di dissoluzione dell’intreccio. Léger riesce nell’intento di sovvertire la realtà, umanizzando gli oggetti e disumanizzando le persone robotizzandone i movimenti . La stessa tecnica, ‘modernista’, era stata utilizzata da Jean Cocteau nella pièce, del 1921, Les Mariés de la Tour Eiffel. In quello stesso anno (1924), René Clair realizza Entr’acte nel quale le immagini si susseguono le une alle altre legate solamente da associazioni visive, di significato o casuali, ove non vi è mai un rapporto di causa-effetto o di consequenzialità spazio-temporale. Il regista aveva appena esordito con il film di fantascienza Paris qui dort (1924), da citare non tanto per la qualità della pellicola, ma perché nella macchina che il protagonista, il dottor Ixe, ha creato, alcuni critici hanno visto la raffigurazione simbolica del cinema: il raggio può fermare la vita e farla riprendere, così come il fascio luminoso della macchina da proiezione dà vita alle immagini che la*

23 Boussinot Roger, L’Encyclopédie du cinema^ cit., p. 110.

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macchina da presa ha catturato24. Siamo già nel “metacinema” ed è merito dei Surrealisti. Nel 1926, Germaine Dulac gira La Coquille et le clergyman, su sceneggiatura di Antonin Artaud, che alla proiezione del film protesterà con la regista perché, a suo parere, questa aveva travisato ciò che egli aveva scritto. Il film sarà considerato una delle esperienze più significative della cinematografia surrealista, in quanto le immagini sembrano provenire dal sogno o dai più profondi recessi dell’inconscio, sono assurde e prive di collegamenti logici. Paradossalmente l’autrice definì la sua opera antisurrealista, così come aveva fatto Jean Cocteau con Le sang d’un poète, riflessione sui processi della creazione artistica, in cui insieme all’esposizione di problemi estetici il regista inserisce il tema autobiografico dell’omosessualità. Ma anche il film di Cocteau può rientrare in una produzione surrealista, in quanto le immagini si susseguono senza nessun apparente legame logico; e, del resto, lo stesso autore lo definisce come una sorta di documentario realista, ma di avvenimenti irreali25. Sempre in ambito surrealista si inseriscono i due lungometraggi di Luis Bunuel Un chien andalou (1929), tratto da una raccolta poetica dello stesso regista (El perro andaluz) e realizzato con l’aiuto di Salvador Dali, e L’Àge d’or (1930)26. Alla fine degli anni venti anche il genere documentaristico è influenzato dall’avanguardia; la realtà è riletta alla luce della creazione di immagini astratte. Un esempio è dato dal film del 1930 A propos de Nice, girato da Jean Vigo (regista influenzato dagli ideali surrealisti della rivolta e dell’amore), nel quale si mostra la fatuità della vita turistica di Nizza (casinò, carnevale, spiaggia) che è messa in rilievo grazie all’accostamento di immagini irreali o grottesche, e da un montaggio incalzante e provocatorio. L’intento è di mostrare la volgarità della società contemporanea e come sia naturale il sorgere di una senso di ribellione nei suoi confronti. 24 Storia del cinema francese, a cura di Cristina Bragaglia, cit., pp. 28-9. 25 A.A.V.V., Jean Cocteau, Le sang d’un poète — Le testament d’Orphée, « L’Avant-

Scène Cinéma », Paris, mensuel n° 307-308 mai 1983, pp. 5-13 passim. 26 A.A.V.V., Bunuel, L’àge d’or — fìlmographie — écrìts, «L’Avant-Scène Cinéma», Paris, mensuel n° 315-316 novembre 1983, p. 89 e p. 8.

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Anche in Zèro de condiate (1933) il regista riproporrà le sue idee dissacratorie e sovversive e, per questo, vi fu. contro di lui una accanita campagna di stampa ed il giornale cattolico « Omnium Cinématographique » accusò Vigo di essere un maniaco ossessionato, che esprimeva senza alcuna arte i suoi turbamenti. Il Governo decise, allora, di censurare il film definendolo “anti-francese” . Vigo tenta nuove sperimentazioni linguistiche nel film L’Atalante (1934), in cui vi è il noto stacco nel finale tra il primo piano degli sposi abbracciati e il campo lunghissimo, dall’alto della chiatta in controluce, a cui renderanno omaggio, citandola, Bernardo Bertolucci in Ultimo tango a Parigi, (1971) e Wim Wenders in Così vicino, così lontano, (1993)27 28. Nello stesso anno in cui terminano le riprese del film L’Atalante, muore di setticemia questo regista che aveva svelato, senza timore, l’ipocrisia e la mediocrità della società del suo tempo e messo in evidenza il mercantilismo della produzione cinematografica.

Cinema e Surrealismo A partire dagli anni Venti le avanguardie parigine, soprattutto Dadaismo e Surrealismo, iniziano* ad influenzare parte della produzione cinematografica. L’avanguardia porta al cinema i principi di destrutturazione del racconto che, in letteratura, si erano già presentati con scrittori come Proust, Joyce e Virginia Woolf e, in pittura, con il movimento cubista prima e surrealista dopo29. I codici rappresentativi del racconto tradizionale si basavano sulla ricostruzione temporale e spaziale della realtà; gli avvenimenti si susseguivano legati da rapporti di consequenzialità e causalità. Quindi, i registi ‘fondatori’, superato il primo impatto con il nuovo linguaggio cinematografico, avevano portato quest’ultimo ad un più conosciuto linguaggio narrativo certamente rassicurante per il grande pubblico. 27 Bertelli Pino. Jean Vigo (1905/1934) — Cinema della rivolta. Ragusa, Edizioni La Fiaccola. 1995, p. 14. 28 Storia del cinema francese, a cura di Cristina Bragaglia, cit., pp. 27-31 passim. 29 Ibidem, p. 25.

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Il tentativo dell’avanguardia sarà, per l’appunto, quello di scuotere lo spettatore facendo barcollare le sue certezze. I film che verranno prodotti dalle avanguardie, mostrano una sequenza di immagini che apparentemente non sono legate tra loro da nessun rapporto causaeffetto. Si tenta di portare sullo schermo, attraverso delle immagini in movimento, il meraviglioso, l’onirico, ma anche esperienze legate alla pittura o alla fotografia. Le tecniche utilizzate sono svariate: si va dall’animazione all’uso di trucchi scenici e soprattutto allo sfruttamento delle possibilità della macchina da presa (dal ralenti all’accelerazione, dalle sovrimpressioni alle ottiche deformanti) e del montaggio . I film che si possono dire propriamente surrealisti, nel senso che mostrano l’essenzialità dell’immagine come luogo del surreale, si contano sulle dita di una mano, anche se Claude Abastado30 31 in Introduction au Surréalisme ne elenca una ventina. In effetti, non è semplice assegnare ai film l’etichetta di surrealisti e, a tale proposito, bisogna esaminare le teorie di alcuni tra i più importanti critici che si sono interessati al rapporto tra cinema e Surrealismo, che giungono a due conclusioni antitetiche rispetto al senso e al valore del cinema surrealista. Tali teorie sono rappresentate da Ado Kyrou e Alain ed Odette Virmaux. Secondo Ado Kyrou, tutto il cinema è essenzialmente surreale, poiché nel suo approccio al mondo si costituisce come produzione di immagini (elaborazione di sentimenti e di passioni) che liberano, come nella scrittura automatica e in un costante flusso metamorfico, il mondo della surrealtà32. Per Alain e Odette Virmaux, al contrario, il cinema surrealista si esprime più negli articoli e nei testi teorici, che nella produzione cinematografica. Secondo quest’ultima interpretazione, ad eccezione di pochissime esperienze, non esisterebbe un cinema propriamente surrealista33. 30 A.A.V.V., Le siècle du Cinéma, « Cahiers du Cinéma », Hors-série, novembre 2000, Paris, pp. 44-50 e p. 36. 31 Abastado Claude, Introduction au Surréalisme, Paris, Bordas, 1986, p. 244. 32 Kyrou Ado, Le surréalisme au cinéma, Paris, Le terrain vague, 1963, p. 5. 33 Virmaux Alain et Odette, cit., pp. 7-12passim.

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Date queste due diverse interpretazioni diventa indispensabile mostrare in che senso il cinema possa essere inteso come espressione della surrealtà. Infatti, pur ammettendo che non si possa parlare di un vero e proprio cinema surrealista, che non esistono numerosi film surrealisti né una tendenza durevole che si possa definire scuola, non si può negare che la lezione surrealista al cinema ha trovato degli allievi per continuarla. Come rileva Binni, nel Manifeste del 1924 Breton paragona il Surrealismo ai paradisi artificiali creati dall’oppio, da\V hashish e dall’alcool, e sostiene che questi ultimi, come il primo, evocano immagini spontanee che non si possono congedare perché la volontà non è più controllabile34. Due sono i possibili esiti del rapporto tra immagine, corporeità e virtualità. Il primo focalizza questo rapporto come perdita e mancanza del punto di riferimento tradizionale della percezione, vale a dire, come alienazione dell’ambito naturale e del mondo fisico; il secondo, al contrario, mostra come la percezione legata al mondo artificiale e virtuale possa aprire orizzonti del tutto nuovi e sconosciuti proprio all’ambito della stessa percezione naturale : C’est du rapprochement en quelque sorte fortuit des deux tennes qu’a jailli une lumière particulière, lumière de l’imaige, à laquelle nous nous montrons infmiment sensibles. La valeur de 1’image; dépend de la beauté de l’étincelle obtenue ; elle est, par conséquent, fonction de la différence de potentiel entre les deux conducteurs35.

Probabilmente, è in questo secondo esito che bisogna ricondurre la funzione della visione cinematografica surrealista, nella quale l’ebbrezza prodotta dall’immagine è insieme qualcosa di artificiale e di naturale, è luogo di confine tra lo stato di veglia e lo stato onirico. Secondo Breton l’immagine che co lpisce di più è : Celle qui présente le degré d’arbitraire le plus élevé [...] celle qu’on met le plus longtemps à tradurre en langage pratique, soit qu’elle recèle une dose énorme de contradiction apparente, soit que l’un de ses tennes en soit 34 Binni Lanfranco, Il Surrealismo, Letteratura francese contemporanea, Le correnti d’avanguardia, Roma, Lucarini Editore, 1984, p. 218. 35 Breton André, Manifestes du Surréalisme, Peiris, Gallimard, 1999, p. 49.

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curieusement dérobé, soit que s’annongant sensationnelle, elle ait l’air de se dénouer faiblement [...] soit qu’elle prete très naturellement à l’abstrait le masque du concret, ou inversement, soit qu’elle implique la négation de quelque propriété physique élémenitaire, soit qu’elle déchaìne le rire36.

Cinema, dunque, come mezzo che agisce sull’intero sistema percettivo, medium tra corporeità ed immagine. Non solo il cinema è la prima forma d’arte interamente tecnologica che si apre sul mondo dell’interiorità e dell’inconscio, ma i diversi processi di elaborazione deH’immagine filmica sono il riflesso della vita moderna, scissa e sclerotizzata. L’immagine cinematografica, essendo il prodotto di un insieme di scelte e di tecniche combinate, mostra, più di qualsiasi altra forma tradizionale di espressione visiva, il carattere essenziale della modernità: il suo essere una realtà incrinata, rotta al proprio interno e visibile solo come insieme di pairti disarmoniche e irrelate. Il cinema diviene cosi lo specchio che mostra il carattere della modernità e, nello stesso tempo, può essere la via per una sua possibile riflessione critica. A tale proposito, il Surrealismo cinematografico è un occhio artificiale, uno sguardo sul mondo che, sotto certi aspetti, è più reale della realtà, poiché fissa il surreale come percezione interiore dell’uomo, itn cui onirismo della realtà e realtà del sogno si corrispondono. Lo schermo surrealista diviene così uno spazio virtuale in cui immaginazione e realtà perdono i propri confini e si scambiano di ruolo, per accedere al meraviglioso onirico, ambito vitale della nostra conoscenza, che ancora oggi non riusciamo a riconoscere come essenziale per la stessa sopravvivenza umana37. Tuttavia, è bene precisare che il ribaltamento del senso comune, vale a dire, lo scambio surrealista tra sogno e realtà, non ha niente a che vedere con certe pratiche del montaggio, come ad esempio il découpage classico, che mira fondamentalmente a uno spettatore passivo: Ciò a cui in primo luogo questo cinema mirava era il dar vita a quello che possiamo definire uno spettatore inconsapevole, che 36 Ibidem, p. 50.

37 Rondolino G., Tomasi D., Manuale del film : linguaggio, racconti, analisi, Torino, UTET, 1995, pp. 160-1.

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scivolasse docilmente nel mondo della finzione, si proiettasse nella vicenda narrata, si identificasse con i protagonisti del racconto, dimenticandosi di essere al cinema e di assistere ad uno spettacolo, finendo col confondere la realtà rappresentata sullo schermo per la realtà tout court3*. Le concezioni surrealiste sul cinema, sono sostanzialmente fondate sull’idea che : Il cinema avesse in sé la potenzialità di ricreare la dimensione meravigliosa del sogno, di ridurre tutta la vicenda umana ai grandi movimenti della passione, segnando profondamente la coscienza dello spettatore, di diventare creatore di energia, trascinando la folla .□Q all’azione, alla rivolta, in nome dei grandi ideali . Inoltre, al sogno si possono collegare gran parte degli stati psico­ fisiologici, in cui la coscienza allenta la propria presa sul mondo. Nel sogno, la percezione è quasi interamente automatica e libera le energie che, nello stato di veglia, hanno una funzione di controllo. La condizione onirica si presenta così costituita da una doppia valenza. Da un lato, essa rimanda al sogno come condizione irrazionale, come fuga dalla realtà; dall’altro, può aprire uno spazio di riflessione critica, uno spazio ermeneutico, come ci mostra anche la psicanalisi : Il sogno ha una meravigliosa poesia, un’opportuna allegoria, un incomparabile umorismo, una rara ironia. Il sogno vede il mondo in una luce di strano idealismo e spesso rafforza gli effetti di ciò che vede attraverso la sua profonda comprensione dell’essenza delle 40 cose . Tutta la sostanza che il film elabora e manipola altro non è che un luogo immaginario, un sogno. L’immagine surrealista cinematografica è una immagine che vuole essere critica. Nel Manifeste du surréalisme del 1924, Breton spiega cos’è il Surrealismo : SURRÉALISME, n. m Automatisme psychique pur par lequel on se propose d’exprimer, soit verbalement, soit par écrit, soit de tonte autre manière, le38 40 39 38 Ibidem.

39 Mazzoni R., Ghiselli F., Robert Desnos e il meraviglioso moderno, Pisa, Edizioni ETS, 1995, p. 18. 40 Freud S., L'interpretazione dei sogni, Roma, Newton Compton Editori, 1972, p. 88.

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fonctionnement reel de la pensée. Dictée de la pensée, en 1’absence de tout contròie exercé par la raison, en dehors de tonte préoccupation esthétique ou morale. ENCYCL. Philos. Le surrealismo repose sur la croyance à la réalité supérieure de certaines formes d’associations négligées jusqu’à lui, à la toutepuissance du réve, au jeu désintéressé de la pensée. Il tend à ruiner définitivement tous les autres mécanismes psychiques et à se substituer à eux dans la résolution des principaux problèmes de la vie41.

Se il Surrealismo nasce come una interpretazione originale del materialismo dialettico, contro ciò che appare ma che in realtà è privo di sostanza e corporeità, allora è vero che una certa linea del Surrealismo è stata strumentalizzata e stravolta. Un esempio concreto ci viene dato dalla pubblicità. L’immagine pubblicitaria, che si costituisce sull’immediatezza del mezzo televisivo, è sostanzialmente un’immagine surreale, e spesso di un surrealismo che fa leva su un irrazionalismo esasperato e svuotato da qualsiasi contenuto concreto. Questo tipo di immagine sostituisce il fantastico e il meraviglioso, con il fantasmagorico e lo spettacolare. Questo scambio, non è altro che una valvola di scarico per contenere il vuoto che ormai caratterizza tutte le forme di comunicazione e di percezione: della realtà. La fantasmagoria e la spettacolarità, come sogno, sono una fuga nell’irrazionale e una deviazione del senso. Già i Dadaisti e i Surrealisti avevano concepito un’arte fondata sul frammento, lo choc, la sorpresa: il cinema porta a compimento le loro intuizioni. In effetti, secondo Breton, l’immagine è una creazione pura dello spirito che non può nascere dalla comparazione, ma dall’accostamento di due realtà più o meno distanti e : Plus les rapports des deux réalités rapprochées seront lointains et justes, plus l’image sera forte42.

Se le inquadrature colpiscono lo spettatore con la stessa intensità di uno choc improvviso, ciò ha conseguenze rilevanti sulla struttura psichica. Se l’intera esperienza della visione assume sempre più un 41 Breton A., Manifestes du Surréalisme, cit., p. 36. 42 Ibidem, p. 31.

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simile carattere traumatico, la coscienza occuperà in essa un posto trascurabile. Il mondo intero, visto e rappresentato in tal modo, viene ad assumere il carattere enigmatico e sfuggente dell’allucinazione e del sogno. L’io viene ridotto in stato di impotenza, e ciò permette che i singoli elementi della percezione vengano ad aggregarsi e comporsi con modalità simili a quelle oniriche. Afferma mario Pezzetta : Il cinema è l’espressione più adeguata del «sogno collettivo», dei «fantasmi sadici e delle immagini deliranti» della modernità; e la sua stessa tecnica espone e incrementa la metamorfosi del mondo dell’esperienza in un seguito di scene oniriche43.

Lo studioso, oltre a citare esplicitamente i Surrealisti, lascia in sospeso la questione del rapporto tra sogno e immagine filmica. Il carattere onirico della visione filmica, è solo un primo aspetto del linguaggio cinematografico e della sua portata rivoluzionaria. Nel cinema, ciò che caratterizza la materia prima del film, come materiale onirico, non è il senso di irrealtà; al contrario, ciò che è vissuto nella vita reale come qualcosa di irreale, nel cinema si trasforma in qualcosa di concreto: è lì, lo si può vedere ed è tangibile. L’aspetto più rilevante e specifico della visione filmica, per i Surrealisti è il potersi calare nella sala cinematografica come in un sogno e forse raggiungere attraverso questo nuovo mezzo una realtà assoluta, una surréalité : Je crois à la resolution future de ces deux états, en apparence si contradictoires, que sont le réve et la réalité, en une sorte de réalité absolue, de surréalité, si l’on peut ainsi dire. C’est à sa conquéte que je vais, certain de n’y pas parvenir mais trop insoucieux de ma mort pour ne pas supporter un peu les joies d’une telle possession44.

Ciò che è magico nel film, e fa di esso una materia di sogno, è l’uso della spazialità e della temporalità. Il mezzo cinematografico è essenzialmente fondato sulla capaciti! di trasformare, di elaborare e manipolare (dilatare o restringere) il tempo e lo spazio. Il cinema permette di cogliere la coesistenza dii momenti spaziali e temporali 43 Pezzella M., Estetica del cinema, Bologna, 111 Mulino, 1996, p. 14. 44 Breton A., Manifestes du Surréalisme, cit., p. 24.

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molto distanti tra loro, e di mostrare quanto sia illusoria una rappresentazione del tempo e dello spazio intesi come pure presenze. Al cinema, la simultaneità e l’ubiquità sono cose reali, non effetti di finzione; proprio come in un sogno, morire e tornare a vivere è un fatto possibile. Per questo motivo alcuni Surrealisti sostenevano il carattere naturalmente surrealista dei film, che alcuni non accettarono; fra questi, René Clair. Secondo il grande regista, il cinema non era il miglior mezzo d’espressione surrealista e che : Si le surréalisme a sa technique propre, le cinéma a la sienne aussi. [...] Pour traduire en images la plus pure conception surrealiste, il faudra la soumettre à la technique cinématographique, ce qui risque de faire perche à cet automatisme psychique pur une grande part de sa pureté45.

Il cinema ha un immenso potere, cioè quello di metterci dinanzi alle cose in modo nuovo e mostrarci come la nostra percezione, quella naturale, non sia la sola possibile, ma possa essere meglio compresa se affiancata da strumenti che si aprono alla virtualità e alla percezione artificiale. Bisogna riconoscere che la macchina da presa ha una sua visione del mondo, ha una potenzialità di penetrazione visiva e di produzione del senso, che può aiutarci a comprendere meglio la nostra percezione del mondo. Infatti, come scrive W. Benjamin : Si capisce così come la natura che parla alla cinepresa sia diversa da quella che parla all’occhio. Diversa specialmente per il fatto che al posto di uno spazio elaborato dalla coscienza dell’uomo interviene uno spazio elaborato inconsciamente. Se di solito ci si rende conto, sia pure approssimativamente, dell’andatura della gente, certamente non si sa nulla del suo comportamento nel frammento di secondo in cui affretta il passo. Se siamo più o meno abituati al gesto di afferrare l’accendisigari o il cucchiaio, non sappiamo pressoché nulla di ciò che effettivamente avviene tra la mano e il metallo, per non dire il modo in cui ciò varia in relazione agli stati d’animo in cui noi ci troviamo. Qui 45 Clair R., Cinéma et Surréalisme in « Les Cahiers du mois », n° 16-17, «Cinéma», Paris, éd. Emile-Paul Frères, 1925, pp. 90-91 cit. in Virmaux A. e O., Les surréalistes et le cinéma, cit., p. 318.

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interviene la cinepresa coi suoi mezzi ausiliari, col suo scendere e salire, col suo interrompere e isolare, col suo ampliare e contrarre il processo, col suo ingrandire e ridurre. Dell’inconscio ottico sappiamo qualche cosa soltanto grazie ad essa, come dell’inconscio istintivo grazie alla psicanalisi46. In questo senso, non bisogna confondere l’intuizione surrealista, che teorizza una piena identificazione tra cinema e sogno, con l’idea che il cinema debba essere una mera trasposizione d’immagini oniriche. I Surrealisti non sono sempre fedeli a questo principio; tuttavia, si può dire che essi siano tra i primi a capire l’importanza del cinema come mezzo che riproduce un’altra natura, come mezzo che affianca alla percezione del mondo abituale e naturale una percezione surreale. Questo è un punto essenziale per chiarire come i Surrealisti intendano usare le immagini nel cinema. Il sogno ha sempre una doppia valenza: un contenuto manifesto che può essere letto come storia e discorso, e un contenuto latente che deve essere interpretato. Se il fine del cinema spettacolare è quello di occultare la dinamica della simulazione, mediante l’affabulazione prodotta dal discorso visibile, mediante la trasposizione in immagini della storia del sogno, allora il fine del cinema critico-espressivo corrisponde alla possibilità di una apertura critica e di una interpretazione del sogno stesso47. Il senso del cinema critico-espressivo è quello di mettere in luce il contenuto latente che emerge da un lavoro complesso e organizzato, da un’insieme di elaborazioni sulle immagini (montaggio ecc). Per i Surrealisti, il cinema è il mezzo espressivo più idoneo a rappresentare la surrealtà. Tuttavia, sono pochi i film classificati come propriamente surreali. La ragione di ciò è dovuta al fatto che, tranne rari film che circolavano al di fuori del circuito commerciale, i Surrealisti hanno poi disprezzato il cinema, che secondo loro è presto divenuto un mezzo al servizio della borghesia. Essi si limitavano a frequentare le sale cinematografiche dei quartieri popolari; entravano e uscivano quasi subito; passavano da un 46 Benjamin W., L'opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1966, p. 42. 47 Pezzella M., Estetica del cinema, cit., p. 15.

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cinema all’altro, senza aspettale che un film finisse o iniziasse, unendo così nella memoria un insieme di immagini del tutto disorganizzate, che non potevano portare a un discorso razionale. Questa messa in forma dell’immaginario irrazionale, questa tecnica molto simile aWhasard objectify alla écriture automatique, trasposta nella visione filmica, è ciò che sta alla base del concetto di cinema surreale. Se non possiamo propriamente parlare di cinema surrealista, possiamo invece dire che il surrealismo applicato al cinema non è altro che un modo specifico di usare le immagini, un modo per farle collidere e portarle fino all’estremo più paradossale, al fine di far emergere il contenuto latente che si cela dietro a ogni discorso narrativo, dietro a ogni storia.

Surrealismo e cinema

Il Surrealismo è come un organismo collettivo, che lascia spazio ai singoli componenti: non esiste una teoria surrealista del cinema, tanto meno una teoria che possa rappresentare il Surrealismo in generale. Esistono studi o singoli articoli individuali da cui derivare la ‘nozione’ di cinema surrealista. Nel Surrealismo, fin dalle sue origini, l’interesse per il cinema è molto forte, ma non è principalmente rivolto alla concreta produzione di film, quanto piuttosto alla naturale identificazione tra cinema e surrealtà. Per i Surrealisti, il cinema è soprattutto un mezzo per mettere in atto una sorta di scrittura automatica, legata alla visione dell’immagine filmica, che possa consentire a chi si avvicina al mondo della surrealtà : di farsi, ciascuno, il suo film personale con i brandelli dei film visti, senza ordine, senza scelta o programma, a caso, passando da una sala cinematografica all’altra, così come si attraversa la strada o si va da un locale pubblico a un altro48.

48 Rondolino G., L'occhio tagliato, Torino, Editore Martano, 1972, p. 20.

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Il cinema, dunque, per i Surrealisti, prima di essere una forma di espressione artistica, come la poesia e la pittura, è in primo luogo un materiale onirico da utilizzare e affiancare all’esperienza reale della vita quotidiana, al fine di mettere in comunicazione esperienza diurna e vita interiore. Per le loro costruzioni oniriche, essi usavano i brandelli dei diversi film visti - una determinata sequenza, un episodio, un’ambientazione, un’attrice, un volto, una didascalia ecc. - come frasi, brani, capitoli di un ininterrotto romanzo visivo affascinante e personalissimo. Al di là della tecnica, dello stile, delle possibilità espressive del mezzo, il cinema era di fatto una surrealtà: la frequenza del cinema, la sua continua fruizione, diventava automaticamente una esaltante esperienza surrealistica. Il punto di vista di Rondolino, cioè quello di non riconoscere l’esistenza di un vero e proprio cinema surrealista49, è confermato, anche dal già citato studio di Alain e Odette Virmaux, Les surréalistes et le cinéma. Il punto centrale da cui parte l’analisi di questi due autori, è la mancanza di una storia del cinema surrealista. Sia Rondolino che i Virmaux criticano la posizione di Ado Kyrou, per il quale il cinema per sua essenza è surreale. Non è difficile trovare in film commerciali e di consumo elementi, motivi e temi propri della poetica dadaista e/o surrealista, in quanto questi movimenti d’avanguardia hanno avuto un grande impatto sulla cultura contemporanea. Potrebbe essere utile ricondurre al DadaismoSurrealismo tutti i film che direttamente o indirettamente risentono della loro influenza. E quanto ha fatto, con ricca documentazione, Ado Kyrou nel libro intitolato appunto Le surréalisme au cinéma. Ma, in questo caso, si corre il rischio di smarrire il cammino dell’indagine critica e di rinunciare a un discorso storico: di fare, in altre parole, un’opera surrealista, come Alain e Odette Virmaux denunciano abbia fatto Kyrou : Il reste très légitime de consacrar un gros volume aux interferences du cinéma et du surréalisme et d’y démontrer, en particulier, qu’un surréalisme

49 Ibidem, pp. 28-9.

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diffus et corame involontaire baigne de nombreux films. Ce fut le propos d’Ado Kyrou dans un ouvrage passionnant, mais au titre extrémement révélateur : Les Surréalisme au cinéma. Titre qu’il faut entendre ainsi: faute de films surréalistes en nombre suffisant et décisif, cherchons du moins au cinema des instants, des fragments de surréalisme, au besoin dans la production commerciale, voire dans les films les plus médiocres50.

I Virmaux intendono mostrare che Surrealismo e cinema sono due nozioni distinte, lontane e disunite. Esse avrebbero potuto costituire un unico “universo” solo nel caso che vi fosse stata : L’existence de nombreux films proprement surréalistes, constituant une tendance durable, une école admise51.

E vero che i Surrealisti, oltre ai pochi film realizzati, hanno lasciato una testimonianza del loro interesse per il cinema in molti articoli, in diversi scritti teorici e in varie sceneggiature cinematografiche. E vero anche che la figura di Luis Bunuel è centrale; ma come il Surrealismo non si può costituire solo con l’opera di Breton, solo con i Manifestes o pochi altri testi fondamentali, così non essendoci una vera e propria produzione di film, non si può parlare di cinema surrealista e tanto meno di storia del cinema surrealista. Ma la riflessione sul cinema è sempre presente nel pensiero di Breton, anche se nel primo Manifeste il cinema non viene espressamente nominato, il richiamo costante al meraviglioso onirico può farsi risalire alla frequenza quotidiana che i Surrealisti avevano col cinema e, in particolare, col metodo surrealistico di fruizione del film. Tuttavia, se è relativamente possibile ‘materializzare’ e ‘reificare’ il sogno, cioè trasferire nell’immagine filmica l’esperienza onirica, per alcuni Surrealisti (René Clair) è quasi impossibile tradurre nel cinema l’esperienza della scrittura automatica e l’automatismo psichico. Ed è questo uno dei motivi che potrebbe spiegare il perché la produzione cinematografica surrealista si sia limitata a pochi film, e perché vi sia un notevole divario tra i film prodotti e le sceneggiature che non sono mai state realizzate. 50 Vinnaux Alain et Odette, Les surréalistes et le cinéma, cit., p. 8. 51 Ibidem.

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Diviene cosi importante capire in che senso Surrealismo e cinema, si presentano, secondo Alain e Odette Virmaux, come una “unione mancata”. Per i Surrealisti il cinema è una sorta di calamita irresistibile. La sua attrazione che può essere tradotta nei termini di una “passione spettatrice”, come luogo del meraviglioso da cui trarre ispirazione, e come mezzo di espressione e di azione. Vers 1920, tonte une fraction de la jeunesse se me vers le film parce que le film est aux antipodes de la culture bourgeoise iniposée. Les classes dirigeantes, malgré quelques tentatives annexionnistes cornine celle du «film d’art», n’ont pas encore réussi à «récupérer» le cinema, à l’insérer dans leur système de valeurs5253 .

Gli appartenenti al gruppo surrealista, non si accontentano di rinnegare tutta la produzione commerciale, ma vogliono affermare il mezzo cinematografico come mezzo di rivolta e di disprezzo nei confronti della cultura dominante, come forma di espressione della modernità, capace di sovvertire i valori della borghesia. Breton sottolinea questo aspetto, oltre che in Nadja, in La clé des champs, in L’Amour fou e in altri scritti. Il disprezzo è rivolto non solo alle “gens de culture et de bon goùt”, ma anche a quelli che vogliono definire il cinema come forma d’arte. Avec ce système qui consiste, avant d’entrer dans un cinéma, à ne jamais consulte! le programme - ce qui, du reste, ne m’avancerait guère, étant donné que je n’ai pu retenir les noms de plus de cinq ou six interprètes - je cours évidemment le risque de plus « mal tomber » qu’un autre, bien qu’ici je doive confesser mon faible pour les films fran^ais les plus complètement idiots. Je comprends, du reste, assez mal, je suis trop vaguement. Parfois cela finit par me gèner, alors j’interroge mes voisins. N’empéche que certaines salles de cinéma du dixième arrondissement me paraissent etre des endroits particulièrement indiqués pour que je m’y tienne, comme au temps où, avec Jacques Vaché, à 1’orchestre de l’ancienne salle des « Folie-Dramatiques », nous nous installions pour diner, ouvrions des boites, taillions du pain, débouchions des bouteilles et parlions haut comme à table, à la grande CO stupéfaction des spectateurs qui n’osaient rien dire .

52 Ibidem, p. 13.

53 Breton Andre, Nadja, Paris, Gallimard, 2000, p. 40.

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Quand j’avais « Page du cinéma » (il faut bien reconnaìtre que dans la vie cet àge existe - et qu’il passe) je ne commengais pas par consulter le programme de la semaine pour savoir quel fillm avait chance d’etre le meilleur et pas davantage je ne m’informais de l’heure à laquelle tei film commenfait. Je m’entendais très spécialement avec Jacques Vaché pour n’apprécier rien tant que l’irruption dans ime salle où Fon donnait ce que Fon donnait, où Fon était n’importe où et d’où nous sortions à la première approche d’ennui - de satiété - pour nous porter précipifeimment vers une autre salle où nous nous comportions de mème, et ainsi de suite (évidemment ce serait trop grand luxe aujourd’hui). Je n’ai jamais rien connu de plus magnétisant : il va sans dire que le plus souvent nous quittions nos fauteuils sans mème savoir le titre du film, qui ne nous importait d’aucune manière.

lei comme ailleurs, on ne peut se défendre d’une certame nostalgie à Fidée de ce que le cinéma eut pu étre et permettre si la sordidité de l’époque, jointe aux conditions, pires que toutes autres, de sa propre « exploitations » n’avaient été pour Famputer des ailes dès le nid54.

Agli occhi dei Surrealisti, il cinema è una forma di espressione che rappresenta l’anticultura, che rinnega perfino sé stessa come cultura cinematografica. Essi volevano evitare che il cinema divenisse il luogo di nuove cerimonie culturali e borghesi55. In questo senso il cinema ha molti punti di contatto con la poesia sovversiva che si sviluppò, in F rancia e non solo, a partire dai primi decenni del Novecento. Sotto certi aspetti, il carattere anarchico e rivoluzionario del cinema è considerato, da tutta una generazione di poeti, intellettuali e artisti che gravitano attorno al Surrealismo negli anni ’20, una nuova forma poetica56. Così in Apollinaire, in Rimbaud, in Eluard, in Soupault, in Desnos, in Breton il cinema è più che una forma d’arte, è più che una letteratura: è poesia. Più che i letterati, sono stati soprattutto i pittori dadaisti a esprimersi con il mezzo cinematografico, come ad esempio Marcel Duchamp, Hans Richter, Francis Picabia, Man Ray. Dunque, prima che nascesse ufficialmente il Surrealismo, vi era un forte interesse per

54 Breton André, Comme dans un bois, La clé des champs, Paris, Jean-Jacques Pauvert, 1985, p. 242 ep. 245. 55 Virmaux Alain et Odette, Les surréalistes et le cinéma, cit., p. 15. 56 Kyrou A., Le surréalisme au cinéma, cit., p. 181.

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il cinema da parte di questi poeti, pittori, artisti e intellettuali. Il cinema non poteva lasciare indifferenti i Dadaisti. Per gli appartenenti al movimento Dada, si trattava di ribaltare tutte le regole del cinema, di trasformare il film in un oggetto dadaista ottenuto con la tecnica cinematografica. Di questo spirito sovversivo è testimone il cortometraggio di Man Ray, Le retour à la raison (1923) che è stato un dei primi film dadaisti, ricordato soprattutto nella storia del Surrealismo, perché doveva essere proiettato la sera stessa in cui avvenne la rottura con Dada. Man Ray, in questo film di tre minuti, utilizzando le sue tecniche di impressione fotografica (rayografìé) applicate all’immagine filmica, ottenne una sorta di automatismo visivo, capace di rompere con ogni rapporto discorsivo e tradizionale del linguaggio filmico, in linea con le concezioni del Dadaismo. Cinéma automatique, dunque, ma nel quale l’automatismo, tutto esteriore, consisteva in un rapporto di forme e di movimenti e non nell’accozzamento lirico e scandaloso di elementi disparati : differenza che provocò appunto la scissione Dada-Surrealismo. A partire da questa diversa interpretazione dell’automatismo, che per i Surrealisti non può che essere un automatismo psichico (e non un aspetto puramente formale ed esteriore), possiamo dire che, in linea di principio, il Surrealismo cinematografico è, sì, la continuazione dello spirito sovversivo dadaista, ma fondato sulla possibilità di un nuovo linguaggio, che sia eversivo e, insieme, l’espressione più pura dell’immaginario onirico. Cinema surrealista, quindi, non solo come distruzione del linguaggio filmico tradizionale, ma anche come possibilità di una piena reintegrazione dell’inconscio, e come via di accesso alla vita vera. Ed è proprio in questo senso che si deve intendere il cinema surrealista, o per lo meno, ciò che per i Surrealisti rappresentava lo schermo cinematografico: un mezzo che si apre all’inconscio, al “contenuto latente”, ad una riflessione sulla vita reale e sull’esistenza. C’est qu’André Breton et ses compagnoni» ne se contentent pas de refuser la culture bourgeoise et l’art traditionnel, jugés par eux en faillite. Ils ne se boment pas non plus à tàcher d’en détruire les restes au moyen d’un arsenal subversif où le film prendrait place. Ce demier, à leurs yeux, est appelé à jouer un ròle infiniment plus constructif. [...] Dans cette perspective, le film

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devait tout naturellement appararti e comme un moyen idéal d’investigation de la surréalité, comme un vélncule privilégié de l’imaginaire ou de l’inconscient et qui permettrait pai' exeinple de porter à l’écran l’équivalent figuratif de «l’écriture automatique». Les surréalistes n’en pouvaient douter: le cinéma était fait pour eux, conpu tout exprès à leur intention, accordé à miracle avec leur visée profonde57.

Nel 1952, Breton, in Comme dans un bois, conclude queste poche pagine, che sono la sua riflessione più chiara sul cinema, dicendo che non si può pensare al cinema senza una certa nostalgia, senza riflettere su ciò che avrebbe potuto essere. In fondo esso non fa che rispecchiare il fallimento di tutta un’epoca, il cui sviluppo culturale si fonda non sulla base delle proprie necessità interne, ma su “pressioni” esterne che indifferentemente avrebbero potuto essere anche altre : Il est encore à notre commune portée d’apercevoir ce qu’étaient les moyens originels du cinéma et de juger de l’usage plus que parcimonieux qui en a été fait. [...] Mais, bien entendu, on a préféré s’en tenir à une action de type théàtral. [...] « On sait maintenant, ai-je pu dire jadis, que la poésie doit mener quelque part. » Le cinéma avait tout ce qu’il fallati pour l’y rejoindre mais dans son ensemble - spécifions : en tant qu’activité dirigée - le moins qu’on puisse dire est qu’il n’en a pas pris le chemin58.

Come già abbiamo detto, ili punto di vista da cui i Surrealisti guardano il cinema è quello dello spettatore e non quello di colui che lo realizza. Le spectateur solitaire que j’ai en vue, perdu au milieu de ces inconnus sans visages, d’où vient que sur-le-champ il épouse avec eux cette aventure qui n’est ni la sienne ni la leur? Quelles radiations, quelles ondes qui ne défieraient peut-étre pas tout tracé permettent cet unisson? On réve de ce qui pourrait s’entreprendre à la faveur de cette constellation, tant qu’elle dure.. .59

E al livello dello sguardo che i Surrealisti cercano sullo schermo la magia del cinema, anche quando si esaltano per i suoi poteri. Tutto ciò non è un caso.

57 Vinnaux Alain et Odette, Les surréalistes et le cinema, cit., pp. 22-3. 58 Breton André, Comme dans un bois, cit., pp. 245-6. 59 Ibidem, p. 243.

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Infatti, è con questo spirito che alcuni appartenenti al movimento surrealista, respingono con orrore l’idea di ogni perfezionamento tecnico e di ogni progresso, che fa dell’immagine filmica un’immagine “vera” o “verosimile”, mentre altri, tra cui Desnos sostengono che : Tout ce qui peut étre projeté sur l’écran appartient au cinéma, les lettres comme les visages. Tous les moyens sont bons qui donnent de bons films et c’est dans l’esprit plutòt que dans une teclinique accessorie qu’il convient de rechercher la pureté60.

I Surrealisti mirano al dominio del meraviglioso onirico che non è una fuga nell’irrealtà, ma la possibilità di una realtà superiore, che il cinema stesso al pari del sogno, può contribuire a realizzare. D’avance on récuse le cinéma sonore et pairlant, et la couleur, et le relief. [...] Le cinéma n’avait chance d’ouvrri accès à la «vraie vie» qu’à la condition expresse de ne pas évoluer et d’abord de rester silencieux6162 .

Rispetto al problema relativo all’identificazione tra cinema e Surrealismo, vi è stato un dibattito aperto. Non tutti i Surrealisti erano d’accordo nel credere che il cinema fosse un mezzo adeguato a esprimere compiutamente la surrealtà. In particolar modo la controversia si è focalizzata sul fatto che il cinema possa o meno tradurre la surréalité in immagini. In altri termini, il problema è quello di vedere se il linguaggio cinematografico possa essere reso equivalente alla “scrittura automatica” o, più in generale, alle pratiche surrealiste come i giochi sul linguaggio (cadavre exquis). Breton in Comme dans un bois dichiara : Vingt-cinq années se sont écoulées depuis que M. J. Goudal, dans la Revue hebdomadaire, mettati en évidence la parfaite adéquation de ces moyens à 1’expression surrealiste de la vie et cela seconde par seconde .

60 Desnos Robert, Cinéma, textes réunis et présentés par André Tchemia, Paris, Gallimard, 1966, p. 98. 61 Virmaux A. e O., Les surréalistes et le cinéma, cit., p. 25. 62 Breton André, Comme dans un bois, La clé des champs, cit., p. 246.

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In questo passo, Breton rievoca un articolo di J. Goudal, il quale scrisse un saggio apparentemente critico verso il Surrealismo, ma che di fatto conferma l’identificazione tra cinema e surrealtà63. In prima istanza, Goudal pone dei quesiti contro i propositi dei Surrealisti. Le difficoltà sembrano essere di due ordini: di metodo, e relative alle ambizioni antirazionalistiche e alogiche del movimento. Non è facile da determinare — scrive Goudal - se nel Surrealismo la realtà superiore corrisponda al sogno, o piuttosto a una sorta di unione tra sogno e realtà. In un modo o nell’altro vi sono delle difficoltà. Infatti, nel primo caso l’autore si domanda come si può parlare di inconscio, dal momento che la coscienza riesce a “esplorare” l’inconscio. Nel secondo caso, se la realtà superiore risiede in una sorta di fusione mistica di sogno e realtà positiva, allora non si capisce in che modo si possa far comunicare due domini che per definizione sono incomunicabili. Inoltre, ciò che chiamiamo raison è la parte del nostro spirito che è comune a tutti gli uomini : Si elle vient à manquer, ne tomberons-nous pas dans un mode d’expression individuel et incommunicable?64

In seconda istanza, Goudal si appella al cinema. Un fatto è considerevole: le obiezioni che sopra sono state formulate perdono il loro valore se le tesi surrealiste vengono rapportate al dominio cinematografico. Appliquée à la technique du cinéma, la thèse surrealiste ne nous frappe plus que par sa justesse et sa fécondité. L’objection de méthode (difficulté de fondre dans un méme pian le conscient et l’inconscient) ne vaut pas pour le cinéma, dont le spectacle constitue justement une hallucination consciente.

Le cinéma constitue done ime hallucination consciente et utilise cette fusion du réve et de l’état conscient que le surréalisme voudrait voir réalisée dans le domarne littéraire. Ces images mouvantes nous hallucinent, mais en nous laissant une conscience confuse de notre personnalité et en nous permettant 63 Non è facile reperire in originale l’articolo di Goudal; esso è integralmente inserito in Virmaux A. e O., Les surréalistes et le cinéma, cit., pp. 305-317. 64 Goudal Jean, Surréalisme et Cinéma, « Revue hebdomadaire », febbraio 1925, pp. 343357, cit. in Virmaux A. e O., Les surréalistes et le cinéma, cit., p. 307.

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d’évoquer, si c’est nécessaire, les disponibilità de notte mémoire. (En général, d’ailleurs, le cinéma n’exige de nous que juste ce qu’il faut de souvenirs pour lier les images)65.

I Virmaux ci fanno notare che : Le spectateur de cinéma se trouve placé dans ime situation très particulière, à mi-chemin de la conscience et de l’inconscience; le film s’installe dans un sorte d’hallucination éveillée, née des conditions mème de la representation: obscurité, faisceau lumineux, musique d’accompagnement. De plus, le caractère saccadé de la projection ajoute à ses autres pouvoirs hypnagogiques. Corollaire: beaucoup plus facilement que le langage courant, le film peut se permettre de répudier la logjque66.

Il sogno, per i Surrealisti è la materia prima del film, è tutto ciò a cui si può ricondurre la visione cinematografica : Dans la visée d’un cinéma surrealiste, c’est exactement là le coeur du problème67.

Naturalmente bisogna interpretare queste parole nel loro duplice significato, le “coeur du problème” può essere letto sia in un senso che nell’altro: il sogno può assumere il senso di uno spazio irreale, oppure quello di uno spazio surreale. Dal canto suo, René Clair risponde a J. Goudal in un articolo intitolato Cinéma et surréalisme, commentando brevemente solo un aspetto del problema : M. J. Goudal écrit «que l’application des idées surréalistes au cinéma échappé aux objections qu 'on peut adresser au surréalisme littéraire». Soit. Mais d’autres objections se présentent. Si le surréalisme a sa technique propre, le cinéma a la sienne aussi. Ce qui m’intéresse dans le surréalisme, c’est ce qu’il me dévoile de pur, d’extra-airtistique. Pour traduire en images la plus pure conception surrealiste, il faudra la soumettre à la technique cinématographique, ce qui risque de faire perdre à cet «automatismo psychique pur» ime grande part de sa pureté68.

65 Ibidem, p. 308 e pp. 310-1. 66 Ibidem, p. 24. 67 Ibidem, p. 25. 68 Clair R., Cinéma et surréalisme, pp. 90-1 cit. in Virmaux A. e O., Les surréalistes et le cinéma, cit., p. 318.

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Per questa ragione, René Clair crede che il cinema non possa essere il migliore mezzo per esprimere il senso della surrealtà. Tuttavia, egli pensa che cinema e Surrealismo non siano estranei l’uno all’altro, proprio per il motivo che ha sottolineato Goudal, e cioè che il carattere allucinatorio del cinema fa di esso uno spazio che è al di fuori dal dominio della logica : Si le cinéma ne pent étre un moyen parfait d’expression pour le surrealismo, il reste pourtant, pour l’esprit du spedateur, un champ d’activité surrealiste incomparable69.

Sulla stessa linea di René Clair, Marc Soriano, in un articolo del 1946, Le surréalisme au cinéma, sottolinea che la qualità dei film surrealisti è fuori dubbio, ma le parole : «Cinema» et «surréalisme» sont contradictories. La caméra a ses lois; méme

les images les plus folles ont besoin d’etre liées par l’analogie ou le rythme. Un film surrealiste ne peut nous toucher que s’il foumit une piate-forme raisonnable à partir de laquelle nous puissions réver. Voilà pourquoi, peutétre, le public boude le surréalisme au cinéma70.

Da questo breve confronto emergono due aspetti. Da un lato c’è il problema della tecnica cinematografica che impedirebbe l’esercizio di un automatismo puro, dall’altro c’è il problema di come si debba considerare l’immaginario onirico. Tutta la questione ruota, però, attorno ad un equivoco che è quello di considerare il linguaggio verbale come il mezzo più adatto, rispetto a quello visivo delle immagini, a esprimere l’automatismo psichico. In realtà nello scorcio di questo dibattito non si è tenuto conto del fatto che il montaggio ci restituisce una messa in forma del film, che potrebbe essere considerata al pari di una scrittura ‘automatica’. Le réve reconstitué en images qui dansent sur un écran ne vaut-il pas bien, après tout, le réve recomposé sur la page en caractères remains ? Or, le réve est justement le mot clé, le mot-refrain d’innombrables textes relatifs à l’écran dans les année vingt. On le trouve sous la piume de tous ceux, 69 Ibidem.

70 Soriano Marc, Le surréalisme au cinéma, « Cinéma », Formes et couleurs, n° 6, Lausanne, 1946, cit. in Vinnaux A. e O., Les surréalistes et le cinéma, cit., p. 323.

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surréalistes ou non, qui veulent dire la puissance poétique virtuelie du ■ < 71 cinema .

Si entra così nel cuore del problema: il film surrealista, può essere considerato una sorta di scrittura automatica visiva, solo se il sogno è inteso come meccanismo puro di espressione del profondo. Infatti, esso non può essere un espediente o un trucco, sotto il quale far passare tutto ciò che è irrazionale . Il sogno, come evasione dalla realtà, è solo una tappa che porta verso la realizzazione del cinema surrealista. Mises sur le compte du réve - ou de la folie du héros (cf. Caligari) -, les extravagances ne dérangeaient plus personne. Et c’est à quoi, précisément, les surréalistes ne pouvaient se résigner71 72.

L’aspetto spettacolare del sogno è quindi rifiutato, da parte dei Surrealisti, come operazione che maschera il puro svolgimento del pensiero. Testimonianza di ciò è l’opera cinematografica di Artaud, il quale si rifiuta di considerare La Coquille et le Clergyman come l’espressione di un sogno. E nota la polemica dei Surrealisti contro Germaine Dulac, che ha realizzato il film contro le aspettative di Artaud. Il fatto che Artaud abbia rinnegato la Coquille, la presa di posizione da parte dei Surrealisti contro la Dulac, tutto ciò, ha portato in un primo tempo a considerare questo film come non surrealista. In realtà la sua realizzazione sembra essere più importante dello stesso Chien Andalou. Ado Kyrou, a proposito di questo episodio dice : Mais Artaud acteur m’interesse beaucoup moins qu’Artaud scénariste et théoricien. Il est malheureux qu’un seul de ses scénarios ait été toumé et d’ailleurs mal, car en feuilletant ses projets cinématographiques, on se rend compte à quel point il voyait cinéma. Pourquoi les metteurs en scène actuels ne recherchent-ils pas les vieux scénarios d’Artaud ?

71 Virmaux A. e O., Les surréalistes et le cinéma, cit., p. 27. 72 Ibidem, p. 28.

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Ce fat malheureusement Mme Germaine Dulac qui mit en scène la Coquille et le Clergyman', cette dame n’arriivait pas à comprendre ce que demandati Artaud73.

E qui Kyrou riprende le parole di Artaud : «J’ai cherché dans le scénario qui suit (la Coquille et le Clergyman) à réaliser cette idée de cinéma visuel où la psychologic méme est dévorée par les actes [...] Ce scénario n’est pas la reproduction d’un réve et ne doti pas ètte considéré comme tei [...] Ce scéneirio recherche la vérité sombre de l’esprit, en des images issues uniquement d’elles-mémes, et qui ne tirent pas leur sens de la situation où elles se développent, mais d’une sorte de nécessité intérieure et puissante qui les projette dans la lumière d’une évidence sans recours.» (Cinéma et Réalité, avant-propos au scénario de la Coquille et le Clergyman. Publié dans « La Nouvelle Revue Frammise », nov. 1927)74.

Questa sceneggiatura - scrive Kyrou - oltre ad esprimere un contenuto erotico e rappresentare in maniera forte i sentimenti dei protagonisti, avrebbe potuto dar luogo a un film dello stesso valore di L’Age D’or, se la Dulac non avesse tradito lo spirito di Artaud. Tuttavia nel film, a tratti, emergono le caratteristiche che il poeta avrebbe voluto imprimere alla sua realizzazione. In altri termini, Artaud ha inequivocabilmente lasciato la sua ‘firma’ e ciò fa risaltare ancora di più : La faiblesse de la mise en scène et la moliesse des séquences qui auraient du faire grincer les dents7576 .

Storicamente, la Coquille è il primo film realizzato secondo la concezione surrealista della concretezza dell’immaginario onirico, il primo film veramente ‘automatico’, che non ha niente a che vedere con le ricerche di Man Ray (Le retour à la raison) o di Duchamp (Anemie Cinema)16. Artaud scrisse sul « Monde illustre » :

73 Kyrou A., Le surréalisme au cinéma., cit., p. 183. 74 Ibidem. 75 Ibidem.

76 Mitry J., Le cinéma expérimental, histoire et perspective, cit., p. 142.

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On ne doit done pas y chercher une logique on une suite qui n’existent pas dans les choses mais bien interpreter les images qui se déroulent dans le sens de leur signification essentielle, intime, une signification intérieure et qui va du dehors au dedans. La Coquille et le Clergyman ne raconte pas ime histoire mais développe une suite d’états d’esprit qui se déduisent les uns des autres comme la pensée reproduit la suite raisonmable des faits7778 .

Da questo stralcio d’articolo sii può desumere che nella sceneggiatura di Artaud, si ritrova una convergenza tra cinema e Surrealismo, convergenza confermata anche dai primi testi automatici che possono essere considerati delle vere e proprie sceneggiature cinematografiche, a dimostrazione della tesi di Jean Goudal, per il quale : Le cinema se présentait, à l’origine, pour le surréalisme, comme le moyen d’expression le mieux ajusté a sa visée .

Sino ad allora era lo spettatore che aveva la possibilità di esercitare una autentica attività surrealista, ma a partire dalla produzione di La Coquille et le Clergyman, si assiste ad un cambiamento di prospettiva dei Surrealisti riguardo al cinema, non sarà più il punto di vista dello spettatore, ma quello del realizzatore ad essere preso in considerazione dagli appartenenti al movimento. Tuttavia, secondo i Virmaux, i film surrealisti che si possono dire tali si riducono a tre: la Coquille et le Clergyman (1927), Un chien Andalou (1928), L’Age D’or (1930). E quindi un magro bilancio quello che rimane dopo avere separato dal corpo più propriamente dadaista i film che rientrano nell’automatismo psichico79. Già abbiamo detto che il dadaismo cinematografico si costituisce come un automatismo impersonale che pone in movimento forme astratte prese dalla pittura e dalla fotografia. Da questo punto di vista il Surrealismo cinematografico si; presenta come un rifiuto dell’astrattismo e del cinema puro (cinema d’avanguardia); esso è un ritorno al contenuto, all’oggetto concreto, alla concretezza corporea dell’immagine stessa. 77 Artaud A. in « Monde Illustre » cit. in Kyrou A., Le surréalisme au cinéma, cit., p. 184. 78 Virmaux A. e O., Les surréalistes et le cinéma, cit., p. 30. 79 Ibidem, pp. 38-9.

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Quali elementi possono essere elencati come costitutivi della poetica del Surrealismo cinematografico? Per Rondolino innanzi tutto il disprezzo della tecnica e la preminenza del contenuto. Possiamo partire da ciò che Kyrou chiama il tradimento della Dulac che, rispetto alla sceneggiatura di Artaud, ripristina la forma del film ‘bello’. Questo tradimento si configura quindi come un ritorno alla “bella forma”, un ritorno all’estetismo del cinema d’autore. Per i Surrealisti, per Artaud, si trattava invece di affermare una poetica del brutto, da opporre all’arte e alla cinematografia tradizionale: immagini banali, prese soprattutto dal punto di vista della quotidianità piuttosto che dalla spettacolarità80. Il carattere della cinematografia surrealista consiste nel mostrare attraverso le immagini la poesia del brutto, la quale può essere definita come l’espressione dell’anticultura. Esso mira ad un cinema autenticamente rivoluzionario, antiborghese, sgradevole e provocatorio. Ciò si traduce, sul piano teorico, in un rifiuto della tecnica intesa come arte al servizio del contenuto. Ciò che i Surrealisti vogliono dirci, in realtà è molto semplice e può essere spiegato dicendo che l’aspetto formale è tutto ciò a cui la nostra cultura mira e dà importanza. Una poetica che si fondi sulla “preminenza del contenuto”, come quella surrealista, da un lato, è consapevole che non ci può essere contenuto senza forma, dall’altro, poiché siamo nel campo di una percezione “poetica”, comporta che l’unico modo diretto, immediato, pieno e corporeo di far “vivere” nell’immaginario dello spettatore il contenuto dell’immagine filmica, è quello di trascurare la forma con cui esse sono realizzate, in modo da accedere all’autenticità dell’azione e del pensiero. Ora possiamo capire meglio il senso in cui i Surrealisti intendono usare le immagini cinematografiche, poiché a prima vista sembrerebbero la perfetta rappresentazione del caos. Come è ovvio, non si può guardare un film surrealista con lo stesso spirito con cui si guarda un film tradizionale, in quanto una stessa immagine è usata secondo criteri diversi e soprattutto per raggiungere scopi diversi. 80 Kyrou Ado, Le surréalisme au cinéma, cit., p. 183.

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I Surrealisti, opponendosi con fòrza all’uso tradizionale delle immagini, al formalismo astratto dei dadaisti, hanno voluto semplicemente portare sullo schermo immagini il cui contenuto fosse il più possibile liberato dal loro aspetto formale. Poiché le immagini di questo tipo, per eccellenza, sono le immagini che ci provengono dall’inconscio, quelle che emergono negli stati ipnagogici o nel sogno, i Surrealisti hanno parlato a proposito deH’immagine surreale, di concretezza dell’immagine onirica. L’immagine che vediamo sullo schermo surrealista è sempre un’immagine corporea, cruda, immediata e concepita come se fosse vista dall’interno, cioè liberata dal suo aspetto formale. Di qui la necessità di privilegiare i contenuti. Le immagini diventano a volta a volta il supporto di un messaggio rivoltoso, anarchico, antiborghese, anticlericale, oppure d’una esaltazione dell’individualismo o, dell’amore Vamour fou - della morte. La forma, sembra vogliano dire i surrealisti, distrugge la sostanza: la bella immagine, il virtuosismo tecnico-espressivo, le sovrimpressioni e il raffinato ritmo del montaggio, la «sinfonia visiva», sono elementi formali estranei al discorso violento che si vuol fare, anzi ne annullano la portata rivoluzionaria, ne riducono grandemente la forza d’urto, trasformano un grido di rivolta in un melodioso canto di battaglia. L’immagine e la sequenza possono avere invece, nella loro concretezza visiva e ritmica, l’immediatezza della realtà bruta, e su di essa, all’interno di essa, è possibile costruire una nuova realtà, la «surrealtà» capace di smascherare la falsità e i miti contenuti nella realtà come ci viene presentata da ima determinata cultura, educazione, arte, ideologia ecc.81.

La proposta teorica che ci viene da questi film - a volte forse in maniera inconsapevole - sta proprio in questo rifiuto della tecnica, nel senso proprio di techne, arte, a profitto del contenuto, ma non in termini semplicistici e superficiali. L’abbandono dei canoni espressivi propri del cinema d’arte e l’utilizzazione del mezzo allo scopo preciso di costruire immagini e ritmi, in quanto questi e quelle sono l’estrinsecazione fisica di una esperienza interiore, porta il film surrealista su un piano analogo a quello della scrittura automatica, anche se l’analogia è valida soltanto a livello teorico. 81 Rondolino G., L’occhio tagliato, cit., p. 31.

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L’immagine che ci viene presentata sullo schermo, ci colpisce come materia prima, come ‘materia bruta’, è il riflesso di un pensiero e di una azione vissuta come pairte della nostra interiorità. La brutalità deH’immagine ci costringe a guardare la realtà con un’ottica inconsueta, ci costringe a guardare e a mettere insieme tutti i contenuti che ci vengono proposti dalla visione filmica, con l’occhio della surrealtà. E ovvio che non siamo abituati a guardare il mondo attraverso questa vista soprasensibile, poiché l’occhio abituale è sempre offuscato e rivestito dalla quotidianità. In questo senso, si potrebbe dire che rocchio tagliato in due dalla lama del rasoio (Un chien andalou) è la metafora del Surrealismo. All’occhio abituale della quotidianità si sovrappone l’occhio surreale, che possiamo invece definire come occhio critico. La realtà fisica trasportata senza intermediari - o con quella indispensabile mediazione insita nel mezzo tecnico usato - sullo schermo diventa, grazie all’appiattimento prospettico, alla bidimensionalità, alla dilatazione dei rapporti di misura, alla concentrazione e selezione dello spazio, una realtà metafisica: diventa cioè lo strumento per una interpretazione critica della realtà stessa. Nei film surrealisti, scrive Rondolino, tutta la realtà viene costituita da riferimenti simbolici estremamente elementari, per niente elaborati e brutali, che riportano il reale al livello dell’esperienza quotidiana. Ma la quotidianità di cui parlai Rondolino, mescola sogno e realtà, mette insieme immagini irrelate come “la mano mozza e una spiaggia deserta, come quattro carogne di animali e un interno borghese” . Questa fusione e questa mescolanza non è tuttavia una fuga nell’irreale, non si tratta alla fine del rifiuto d’un atteggiamento critico di fronte la realtà, dell’appiattimento di ogni valore, quanto invece del tentativo di coinvolgere lo spettatore nei gradi diversi della sua esperienza di vita: ideologica, morale, sociale, politica, fantastica e onirica. Potremmo dire che lai tentazione surrealista della totalità dell’esperienza, riportata nell’ambito del cinema, si mostra proprio nel disprezzo della tecnica e nella preminenza del contenuto. Essa si unisce ad un altro aspetto fondamentale del Surrealismo, cioè a quello* 82 Rondolino G., L'occhio tagliato, cit., p. 32.

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della violenza sistematica che a volte è intollerabile sul piano della visione filmica. Intollerabile soprattutto per la cultura di quegli anni . L’esempio di L’Age d’or è sintomatico, ma non è il solo : il film venne censurato per la sua caricai eversiva e per il grado di intollerabilità da parte della cultura borghese. Riguardando oggi il film di Bunuel, ci si stupisce di quella intolleranza, ma allora l’opera intaccava le stesse strutture della società, rompeva con tutti i canoni della rappresentazione, stravolgeva il valore dell’arte e la sua forma. Ce film demente, à ce jour, la seule entreprise d’exaltation de l’amour total tei que je l’envisage et les violentes reactions auxquelles ses representations de Paris ont donne lieu n’ont pu que fortifier en moi la conscience de son incomparable valeur83 8485 .

È chiaro - lo afferma anche Rondolino - che quando anche la critica borghese accolse positivamente le opere, o almeno alcune opere, del cinema surrealista (in particolare Bunuel), non è che queste avessero esaurito la loro missione rivoluzionaria o si fossero progressivamente svuotate del loro contenuto antiborghese, ma piuttosto che quella cultura, vecchia e nuova, aveva ormai assorbito, almeno in parte, sia taluni motivi e temi della polemica surrealista, sia il concetto di un’arte non più privilegiata, ma debitrice della tradizione anti-artistica del Dadaismo . La borghesia, insomma, si adeguava alla modernità e assimilava valori dell’avanguardia, annullando la sua portata ‘militante’.

83 Ibidem, p. 34. 84 Breton A., L'amourfou, Paris, Gallimard, 2000, pp. 113-4. 85 Rondolino G., L’occhio tagliato, cit., p. 34.

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Critici - Registi - Sceneggiatori André Breton Un capitolo dedicato a chi concretamente si è interessato al rapporto tra cinema e Surrealismo non sarebbe esaustivo se non considerasse la posizione di colui che è ritenuto unanimemente “/e Pape du Surréalisme’’’-. André Breton. Nei manifesti non si fa un esplicito riferimento al mezzo cinematografico come strumento che possa esprimere il funzionamento reale del pensiero. Tuttavia nella definizione che lo stesso Breton dà del Surrealismo nel primo Manifeste, si evidenzia come sia necessario l’utilizzo di ogni nuova forma o strumento di comunicazione, atti al raggiungimento di questo obiettivo : SURRÉALISME, n. m. Automatisme psychique pur par lequel on se propose d’exprimer, soit verbalement, soit par écrit, soit de tonte autre manière, le fonctioimement réel de la pensée1.

Il cinema in quanto mezzo “moderno” di comunicazione suscitò, come è già stato detto, un enorme fascino fra i Surrealisti. Inizialmente, Breton e compagni si interessano, non tanto alle possibilità tecniche o al sistema narrativo del cinema, ma alla sua capacità di spaesamento. Il cinema forniva, dunque, la possibilità di vivere avventure rocambolesche nelle quali la logica quotidiana era stravolta, così come i concetti di spazialità e temporalità. Inoltre, sullo schermo iniziarono ad apparire delle bellezze folgoranti. Musidora sarà una di queste, incarnazione di un tenue erotismo, che convince sempre più della giustezza di quell’idea surrealista secondo la quale l’amore ha un posto centrale nell’esistenza umana1 2. Breton riconosce alle nuove tecniche cinematografiche la capacità di essere adatte alla trascrizione dei sogni, dei desideri e delle attività dell’inconscio. Attraverso il montaggio si crea una particolare sintassi 1 Breton André, Manifestes dii Surréalisme, cit., p. 36. 2 Durozoi Gérard, Lecherbonnier Bernard, Le Surréalisme théories, thèmes, techniques, Paris, Libraire Larousse, 1972, pp. 206-7.

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dei fotogrammi si può operare uno sconvolgimento totale della storia, dello spazio e del tempo; inoltre., immaginazione e realtà diventano un tutt’uno inscindibile per lo spettatore. Anche il trucco ha una sua rilevanza, infatti grazie ad esso si può oggettivare qualsiasi immagine prodotta dalla mente anche se questa si distacca dalla realtà. L’analogia diviene più evidente grazie alla sequenza dei piani, così per esempio è visibile la corrispondenza tra una nuvola che passa davanti alla Luna ed un rasoio che seziona un occhio (Un chien andatoli) senza che necessiti la mediazione dell’avverbio “come”. Inoltre, si è notato come vi sia una stretta relazione tra l’attività onirica e le condizioni in cui uno spettatore assiste ad una proiezione: posizione di riposo, immersione nell’oscurità, distacco dal mondo esteriore, ecc. I Surrealisti non si accontentarono di rimanere solo spettatori, ma iniziarono a dedicarsi alla produzione di sceneggiature e alla realizzazione di film. Breton e compagni saranno colpiti profondamente dai due film di Bunuel L’Age d’or e Un chien andatoli, per i quali scriveranno articoli, pubblicheranno questionari, firmeranno collettivamente dei manifesti a loro difesa . In effetti, a seguito dei disordini che seguirono alla proiezione di L’Age d’or, i Surrealisti pubblicarono un questionario in cui chiedevano ai propri lettori e all''opinione pubblica cosa ne pensassero della censura della pellicola, ricevendo decine di manifestazioni di solidarietà3 4. Oltre al questionario i Surrealisti scrissero sempre a proposito di L ’Age d’or un testo collettivo : L ’instinct sexuel et I ’instinct de mort. Nel testo, Breton attacca gli artisti del tempo, i quali vincolati dalle norme della società non sono capaci di liberare e manifestare se stessi attraverso le loro produzioni artistiche. Breton è convinto che in ogni uomo risiedono contemporaneamente l’istinto sessuale e l’istinto di morte e che entrambi sono in eterno 3 Durozoi Gerard, Lecherbonnier Bernard, Le Surréalisme theories, themes, techniques, cit., pp. 207-8. 4 Nadeau Maurice, Histoire du Surréalisme, Paris, Éditions du Seuil, 1964, pp. 322-323.

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conflitto. Parlare della morte e dell’amore in ogni loro sfumatura è difficile, soprattutto nella società degli anni ’30, ma è possibile come dimostra l’esempio di L ’Age d’or di Bunuel. [Il y a] deux instincts associés cependant en tout hoinme : l’instinct sexuel et l’instinct de mori. Étant donné que l’attitude hostile universellement adoptée qu’entraìne le second de ces instincts ne diffère en chaque hoinme que dans son application, que d’autre part des raisons purement économiques s’opposent, dans la société bourgeoise actuelle, à ce que cette attitude bénéficie de satisfactions autres que très partielles, ces memes raisons étant à elles seules une source intarissable de conflits dérivées de ceux qui pourraient étre, et qu’il serait alors loisible d’examiner, on sait que l’attitude ainoureuse, avec tout l’égoìsme qu’elle suppose, et les chances de realisation beaucoup plus appréciables qu’elle comi, est celle qui, des deux, parvient à supporter le inieux la lumière de l’esprit. Qu’une fois, et c’est le cas, cette passion mnoureuse se montre assez éclairée sm sa propre determination, qu’une fois elle se hérisse des épines dégouttantes du sang de ce que Fon veut aimer et de ce que parfois l’on aime, qu’une fois s’y mette la frénésie tant décriée, hors de laquelle, nous, surréalistes, refiisons de tenir pom valable anemie expression d’ait, et nous connaitrons la nouvelle et dramatique limite du compromis par lequel tout homme passe et par lequel, en acceptant d’écrire on de peindre, nous sornmes les premiers et les demiers à avoir, sans plus ample information - cette plus ample information étant L ’Age d’or - consenti à passer5.

Anche in L ’Amour fou, come abbiamo già visto, e negli Entretiens con André Parinaud (1952) Breton esalta il film di Bunuel per la carica di sensualità ed erotismo presente in molte scene del film. Qu’y a-t-il de respeeté là si ce n’est, comnie toujours, F amour sous son angle le plus chamel, la liberté prónée jusqu’au délire et, dans le cadre d’mie morale sans obligation ni sanction, le culte de ce qui pent entrer de pathétique dans certains instants de la vie6?

Nella prefazione a\VAngiologie de l’humour noir (1939), Breton fa una riflessione sul cinema considerando questo nuovo mezzo di 5 Breton André. CEuvres complètes, I Tome, Alentours III, [L’Àge d’or], édition établie par Marguerite Bonnet avec, pour ce volume, la collaboration de Philippe Bemier, ÉtienneAlain Hubert et José Pierre, Paris, Gallimard, 1988, pp. 1025-7. 6 Breton André, CEuvres complètes. III Tome, Entretiens radiophoniques — XII (19151952), édition de Marguerite Bonnet publiée, pour ce volume, sous la direction D’ÉtienneAlain Hubert avec la collaboration de Philippe Benner. Marie-Claire Dumas et José Piene, Paris, Gallimard, 1999, p. 528.

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comunicazione il più idoneo all’utilizzo dell’humour noir, quell’umorismo che sottolinea con crudeltà, amarezza e talvolta disperazione, l’assurdità del mondo. Le cinéma, dans la mesure où non settlement cornine la poesie il représente les situations successives de la vie, mais encore il prétend rendre compte de leur enchainement, dans la mesure où, pour émouvoir, il est condamné à pencher vers les solutions extremes, devait rencontrer l’humour presque d’emblée. Les premieres coinédies de Mack Sennett, certains films de Chaplin (Chariot s’évade, Le Pèlerin), les moubliables Fatty et Picratt commandent la ligne qui doit aboutir en toute rigueur à ces déjeuners de soleil de minuit que sont One Million Dollars Legs et Animai Crackers et à ces excursions en pieine grotte mentale, tant de Fingai que de Pouzzoles, que sont Un chien andalou et L’Àge d’or de Bunuel et Dali, en passant par Entr ’acte de Picabia78 .

Dal 18 aprile al 1 agosto 1938, Breton e sua moglie soggiornano in Messico per tenere alcune conferenze in un clima particolarmente sfavorevole a causa della nazionalizzazione da parte del governo messicano delle industrie estrattive straniere e dei conflitti universitari tra gli studenti ed il rettore . Alcune di queste conferenze avranno per tema il cinema, in particolare Note sur le cinéma e Présentation d’Un chien andalou. Nella prima, Breton esalta le qualità poetiche del cinema e critica l’importanza data alle “vedettes” e alla fotografia. Le cméma a ceci de commini avec la poésie qu’il se propose de représenter les situations successives de la vie. Contraùement à elle il lui faut, en outre, rendre compte de leur enchainement. C’est dans son aptitude à satisfalle à certe dentière nécessité que réside son génie spécifique, et non dans la spécialité qu’il s’est faite de tradirne la réalité en langage romanesque. Il va sans dire que le pire déviation actuelle est d’accorder taut d’importance à la personnalité des vedettes, voire à la qualité de la photographic9.

Nella seconda, Breton prima di presentare al pubblico il film di Bunuel Un chien andalou, critica l’uso deplorevole che si fa dello 7 Breton André, CEuvres completes. II Tome, Anthologie de l’humour noir, édition établie pai' Marguerite Bonnet avec, pour ce volume, la collaboration de Philippe Bemier, ÉtienneAlain Hubert et José Pierre, Paris, Gallimard, 1992, p. 871. 8 Breton André, CEuvres completes, II Tome. Inédits II-Notes, cit., pp. 1827-9. 9 Breton André, CEuvres complètes, II Tome, Inédits II, [Note sur le cinéma], cit., pp. 1262-3.

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strumento cinematografico a fini economici e per imporre gli ideali di patriottismo tanto vituperati dai Surrealisti, ma anche l’assimilazione del cinema al teatro. Esalta il valore surrealista dei due film di Bunuel, per poi concludere con un plauso a Dali ed al suo méthode paranoiaque-critique applicabile indifferentemente al cinema, alla pittura, alla poesia e a quant’altro si voglia. C’est devenu un lieu commini de deplorar l’usage bassement interessò qui est fait, avec un cynisme croissant, d’un des plus admirables inoyens d’expression dont l’hoinme se soit rendu maitre. Les conditions économiques de développement de l’industrie cinématographique sont telles que nous assistons impuissants à la codification d’un geme qui, de manière parfaitement délibérée, fait bon rnarché de toutes les valeurs spirituelles. [...] De 1’interminable bobine de pellicule proposée jusqu’ici à nos regards et aujourd’hui dissente, qui nous apporta quelques divertissements fugitifs en échange de maint sujet d’accablement, s’échappent pourtant quelques oeuvres exaltantes : [...] Entr’acte, One Million Dollars Legs, Peter Ibbetson, Cuirassé Potèmkine [...] Rien, je ne crains pas de le dire, hors du cri de totale délivrance qui traverse les deux films sunéalistes de Bunuel et Dali : Un chien andalou et L’Àge d’or. [...] Buiìuel et Dali composant Un chien andalou en 1929 apportent ime adhésion retentissante au surréalisme, à ce surréalisme dont on a pu dire justement qu’il s’est proposé d’étendre la Révolution à tous les domaines et dont le principal objectif est de faire apparaitre le caractère factice des vielles antinomies destinées hypocritement à prevenir toute agitation insolite de la part de l’homme : raison et déraison, réve et réalité, passé et fiitur, objectivité et subjectivités ecc., de surmonter leur contradiction apparente, la resolution de cette contradiction étant seule créatrice du mouvement qui doit porter l’homme en avant. [...] Irréductible, par contre, à toute discipline étrangère au surréalisme, Dali ne s’est en rien laissé évier de la voie dans laquelle il s’était engagé avec Bunuel. Traitant de son activité depuis lors j’ai pu dire qu’il avait doué le surréalisme d’im instrument de premier ordre : la méthode paranoiaque-critique, qu’il s’est montré capable d’appliquer indifféremment au cinéma, à la peinture, à la poésie, ecc.10.

In Comme dans un bois, Breton fa un’amara analisi retrospettiva sulle capacità potenziali del cinema e di come in realtà queste sue capacità siano state mal utilizzate e de viate.

10 Breton André, (Envres completes. Il Tome, Inédits II, [Présentation d’« Un chien andalou »], cit., pp. 1263-7.

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Le cinéma avait tout ce qu’il fallait [...] le moins qu’on puisse dire est qu’il n’en a pris le chemin11.

Robert Desnos Tra gli appartenenti al gruppo surrealista che maggiormente si è occupato di cinema bisogna senz’altro citare Robert Desnos. Egli iniziò a scrivere articoli sul cinema (raccolti in seguito in Cinéma) a partire dagli anni venti, occupandosi delle prime teorizzazioni sul cinema, componendo articoli su vari argomenti: dalla produzione americana a quella russa, dalle avanguardie alla censura cinematografica. Egli, come la maggior parte dei Surrealisti fu un divoratore di film, come Les Mystères de New-York o Fantómas, che riuscivano a scuotere l’immaginazione dello spettatore11 12. Gli anni in cui scrive Desnos sono ricchi di innovazioni nel cinema e su queste egli prese sempre una posizione che espresse nei suoi articoli. A proposito dell’abolizione dei sottotitoli ecco la sua opinione: Une expérience consciencieuse (Le Rail, 1922) prouva que lem absence appauvrissait et alourdissait le film [...] Qu’on emploie done les sous-titres dans les films, ils ne sauraient que les enrichir1314 .

La musica secondo Desnos era un elemento indispensabile del film, essa era in grado di coprire i rumori della vita quotidiana, rendendo ogni azione, ogni gesto riprodotto diverso, forse più vero, senz’altro •5 • 14 piu poetico . Vi sono vari articoli che trattano dei problemi che registi e sceneggiatori hanno avuto a causa della censura, soprattutto per le tematiche affrontate e le scene riprodotte. Secondo Desnos, uno dei fattori più ammirevoli del cinema e una delle cause dell’odio che

11 Breton André. Comme dans un bois. cit., p. 246. 12 Desnos Robert, Cinéma. cit., p. 95. 13 Ibidem, p. 98. 14 Desnos Robert, Cinéma, cit., p. 99.

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verso di esso provano coloro che egli definisce “les imbeciles” è l’aver affrontato il tema dell’erotismo. Panni les stupéfiants cérébraux le cinéma devient alors le plus puissant: le double scénario se poursuit dans ime atmosphère supérieure à celle de l’opium, tandis que, participant des deux thèmes, des faits et des gestes s’illuminent bnisquement comme des points de contact éblouissants15.

E più avanti, nell’articolo del 20 aprile 1923, citando delle scene, mostra che queste ultime riprodotte sullo schermo assumono una magia che la realtà quotidiana non permette di apprezzare: Baisers des cavalières au milieu des savanes, apparition de l’épaule d’une danseuse, cou proconsulaire d’un aventurier, main bianche, étroite et longue « se glissant vers ime lettre » ou un revolver, yeux surtout, plus beaux dans la lumière mystérieuse du cinéma, c’est sur vous que se reporte V Amour épars dans les films. De inéme qu’ime cavalcade de cow-boys essouffle le spectateur, la vie trepidante de l’écran surexcite l’iinagination16

Da appartenente al Surrealismo, non poteva non scrivere articoli su uno dei temi cardine del movimento : il sogno. In effetti, nell’articolo del 27 aprile 1923, egli mette in relazione il cinema ed il sogno enunciando inizialmente la carica di magia e di imprevisto che il sogno possiede: Il est un cinéma plus merveilleux que tout autre. Ceux auxquels il est donné de rèver savent bien que nul film ne peut égaler en imprévu, en tragique, cette vie indiscutable à laquelle est consacrò leur sommeil17.

Nell’articolo si fa esplicito riferimento a quello che potrebbe essere uno dei motivi che spinsero i Surrealisti a recarsi al cinema e a divenirne dei cannibales : A défaut de Fa venture spontanée que nos paupières laisseront échapper au réveil, nous allons dans les salles obscures chercher le réve artificiel et peutétre l’excitant capable de peupler nos nuits désertées18.

15 Ibidem, p. 101. 16 Ibidem. 17 Ibidem, p. 104. 18 Ibidem.

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L’articolo si conclude con la denuncia dello snaturamento del sogno nel cinema e nell’incapacità di sceneggiatori e registi di mostrare sullo schermo le potenzialità del sogno: Il ne nous a pas été donné encore, malgré de nombreuses tentatives, de voir se dérouler à l’écran un scénario affranchi des lois humaines. Les réves, notamment, y sont absolument dénaturés ; aucun ne participe de la magie incomparable qui fait leur charme. Aucun où le metteur en scène se soit servi de ses souvenirs19.

Desnos sottolinea come al cinema si mostri sempre di meno il merveilleux, capace, secondo lo scrittore, di dare accesso alle regioni in cui il cuore e il pensiero si liberano dello spirito critico e descrittivo che li unisce alla terra e scopo supremo dello spirito umano da quando esso ha preso possesso del potere creatore conferitogli dalla poesia e dall ’ immaginazione20. Egli dedica gran parte dei suoi articoli all’analisi critica dei film prodotti e distribuiti nelle sale. Tra le sue recensioni vi è quella del film Entr'acte, girato nel 1924 da René Clair, in cui Desnos dopo aver avvertito il lettore-spettatore dell’impossibilità di catalogazione del film suddetto, ne esalta i temi dell’appello della vita alla vita e della negazione della morte21. In occasione di una retrospettiva su Chariot organizzata al VieuxColombier, Desnos scrive un articolo esaltando le doti di Charlie Chaplin (uno degli eroi cinematografici dei Surrealisti) capace, attraverso le peripezie del suo personaggio, di creare un incantesimo assimilabile a quello prodotto dal sogno. Negli anni a venire scriverà altri articoli su Chaplin/Charlot, su Mack Sennett22, altro eroe surrealista capace di ricreare, grazie alle sue sceneggiature, la magia dei racconti di fate, uno di quei sognatori che il mondo disprezza e ai quali il mondo deve il fascino della vita.

19 Ibidem, pp. 104-5. 20 Ibidem, p. 137. 21 Ibidem, p. 121. 22 Sadoul George, Histoire générale du cinéma, 3/Le cinéma devient un art (L’avantguerre) 1909-1920, Paris, Edition Denoél, 1973, pp. 381-406.

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Inoltre, Desnos scriverà articoli che esaltano le qualità di quei film che i Surrealisti hanno amato maggiormente: Fantómas, Les Vampires, Les Mystères de New-York, La Corazzata Potèmkin23. In un articolo del 5 marzo 1927, Desnos mostra il disinteresse e la disillusione che lo spettatore prova al cinema quando si proiettano film tedeschi privi di qualsiasi originalità e che mostrano le dispute esistenti nella società: Le voyageur moderne cherche le merveilleux. [...] Il cioit reconnaitre le domaine promis à ses réves par la nuit. Celle-ci tombe ténébreuse, pleine de mystère et de promesses. Un grand projecteur magique poursuit les creatures fabuleuses. [...] Nous assistons, au cinéma, à la grande lutte qui, dans tons les domaines, oppose l’intelligence à la sensibilità [...] la poesie à la littérature, la vie à l’art, l’amour et la haine au scepticisme, la revolution à la contre-révolution24.

Ma in fondo cosa chiedevano i Surrealisti, e soprattutto Desnos, a questa nuova arte dalle potenzialità illimitate e sconosciute, cosa desideravano vedere sullo schermo nero e magico? Ce que nous demandons au cinéma, c’est Pimpossible, c’est l’inattendu, le lève, la surprise, le lyrisme qui effaceut les bassesses dans les àmes et les précipitent entliousiastes aux barricades et dans les aventures; ce que nous demandons au cinéma c’est ce que Pamour et la vie nous refusent, c’est le mystère, c’est le miracle25.

Philippe Soupault

Abbiamo visto nei paragrafi precedenti come alcuni scrittori Surrealisti possono essere considerati i capostipiti degli odierni critici cinematografici, Philippe Soupault si spinge oltre commentando, mediante componimenti poetici, alcuni film interpretati da Chaplin, nelle vesti di Chariot un altro dei miti dei Surrealisti. Soupault grazie alla ‘poesie critique’ non solo commenta i film suddetti, ma contemporaneamente non rinuncia a scrivere versi che in 23 Desnos Robert, Cinéma, cit., pp. 124-67 passim. 24 Ibidem, pp. 156-7. 25 Ibidem, p. 165.

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molti casi ricordano alcuni passaggi di Les Champs magnétiques, opera composta insieme ad André Breton in quegli stessi anni (19191920). Soupault nel primo ventennio del Novecento, cosi come molti Surrealisti, si interessa al cinema che in quegli anni fa i primi passi, scrivendo articoli nella rubrica « Les Spectacles » sulla rivista « Littérature », interessandosi oltre che al cinema anche ad ogni altra forma di spettacolo : dagli incontri di boxe alle gare di ballo, dalle pieces teatrali ai balletti ecc. La prima composizione sul cinema la consacra al film di Charlie Chaplin^ Dog’s life (1918), Une Vie de chien nell’edizione francese, unanimemente considerato dalla critica il primo capolavoro dell’attore-regista, che Dan Karnin in Charlie Chaplin’s One-Man Show afferma “essere il miglior film di Chaplin genio dell’arte comica”26. A Dog’s life ha come protagonista Chariot, un vagabondo vittima delle circostanze, e un cane anch’esso rimasto solo a combattere le avversità della vita. Chariot è un uomo a cui mancano due elementi fondamentali della vita di ognuno di noi: l’amore di una donna ed un lavoro. Il protagonista del film riuscirà a risolvere questi due problemi grazie all’aiuto del suo fedele amico27. La trama del film è semplice: Chariot è alla ricerca di un lavoro che non riesce a ottenere a causa degli intrighi di altri candidati. Salva però un cane che stava disputandosi un osso con altri cani. I due protagonisti hanno diversi punti in comune : entrambi vivono di espedienti al margine della società, lottano quotidianamente per sopravvivere, conducono un’esistenza precaria in un mondo in cui la vita sembra un combattimento di cani. Ad un certo punto del film Chariot incontra una sfortunata ballerina in un locale chiamato La Lanterne Verte e riesce a liberarla dalle grinfie di alcuni manigoldi. Il cane nel frattempo dissotterra un portafoglio rubato e nascosto da alcuni delinquenti; i due protagonisti sventano le mire criminali dei 26 Karnin D., Charlie Chaplin’s One-Man Show, Metuchen, New Jersey, Scarecrow, 1984, p. 84. 27 Sadoul G., Vie de Chariot : Charles Spencer Chaplin, ses films et son temps, Paris, Lherminier, 1978, p. 58.

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malviventi e, grazie a una giusta ricompensa, si ritirano in una fattoria. Nell’ultima scena a sottolineare l’idillio, il cane presenta ai suoi padroni una nidiata di cuccioli. Anche se, ad una prima lettura, l’argomento trattato nel testo scritto da Soupault sembra astratto (è difficile rintracciare i protagonisti umani e la figura del cane, centrale nel film, è assente nel testo) è comunque possibile rintracciare diversi elementi che seguendo l’ordine cronologico del film lo commentano. À cinq heures du matin ou du soir, la fumèe qui gonfie les bars vous prend à la gorge : on dort à la belle étoile. Mais le temps passe. Il n’y a une seconde à perdie. TABAC. Au coin des rues on croise l’ombre ; les marchands établis aux canefours sont à lem poste. Il s’agit bien de courir : les mains dans les poches on regarde. CAFÉ BAR. À la poste on écoute le piano mécanique. L’odeur de l’alcool fait valser les couples. ILS SONT LÀ. Au bord des tables, au bord des lèvres les cigarettes se consuinent : UNE NOUVELLE ÉTOILE CHANTE U1NE ANCIENNE ET TRISTE CHANSON. On peut toumer la téte. Le soleil se pose sur un arbre et les reflets dans les vitres sont les éclats de rire. Une histoire gaie comme la boutique d’un marchand de couleurs28.

La prima frase si riferisce alla prima scena del film in cui si vede Chariot che dorme; successivamente dopo un inseguimento con un poliziotto che l’aveva visto rubare un hot-dog, Chariot si reca all’ufficio di collocamento dove nota un annuncio per un lavoro. « Il n’y a une seconde à perdre » perché altri disoccupati notano lo stesso annuncio, quindi Chariot deve affrettarsi a reclamare il posto prima che lo facciano gli altri. Chariot non riesce ad ottenere l’impiego e uscendo dall’ufficio salva il cane protagonista del film. Soupault cita gli ambulanti che per strada vendono le loro mercanzie « les marchands établis aux carrefours sont à leur poste », ma nel film sono presenti dei commercianti mentre espongono all’e stemo la loro merce che diviene facile preda per le razzie di una muta di cani. 28 Soupault P.. [essai sur Une vie de chien}, « Littérature », juin 1919.

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Successivamente Soupault commenta, con una sorta di flash-back, la scena dell’ufficio di collocamento « Il s’agit bien de courir : les mains dans les poches on regarde » che nel film è cronologicamente inserita prima della scena in cui Chariot ed il cane si incontrano. Soupault si serve delle comuni insegne « TABAC » e « CAFE BAR » per evocare il locale dove il protagonista del film incontrerà la donna della sua vita, queste insegne però non sono presenti nella pellicola. In A Dog’s life all’interno del locale la protagonista è accompagnata da un’orchestra, che nel testo Soupault sostituisce con « le piano mécanique », mentre ripropone verosimilmente l’immagine delle coppie che fumano e dansano nel locale « L’odeur de l’alcool fait valser les couples. ILS SONI' LA. Au bord des tables, au bord des lèvres les cigarettes se consument ». « UNE NOUVELLE ÉTOILE CHANTE UNE ANCIENNE ET TRISTE CHANSON » con queste parole il poeta richiama l’immagine dell’amata del protagonista, che canta un canzone talmente malinconica da far sciogliere in lacrime i presenti, mentre lo stesso Chariot per contenere la sua emozione è costretto a distogliere lo sguardo « On peut toumer la téte », e il suo vicino di tavolo versa fiumi di lacrime. Quest’ultima immagine, comica per ossimoro, attenua l’effetto drammatico della scena. Negli ultimi due versi sono presenti tre metafore legate l’una all’altra in modo metonimico. Nella prima il sole è paragonato ad un uccello che si posa su un ramo e secondo Willard Bohn ciò annuncia che il sole sta tramontando così come l’articolo di Soupault è giunto alla conclusione « Le soleil se pose sur un arbre ». La seconda metafora paragona i riflessi del sole sui vetri a degli scoppi di risa che lo stesso Bohn afferma provenire dal pubblico in sala che sta assistendo alla proiezione del film di Chaplin « et les reflets dans les vitres sont les éclats de rire ».*

29 Bohn W., Philippe Soupault rencontre Chariot, « Melusine », Cahiers du centre de recherche sur le surréalisme, n° XXIV, Le cinéma des surréalistes, Paris, L’Age d’Homme, 2004, p. 36.

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La terza ed ultima metafora, oltre a suggerire secondo Willard Bohn che Chaplin è un artista molto dotato, afferma che il film è allegro « comme la boutique d’un marchand de couleurs ». I critici americani si sono soffermati sulla carica comica di A Dog ’s life che, a nostro parere, oltre ad avere indubbi elementi comici, possiede una notevole carica pessimistica. E questa un’opinione condivisa dagli stessi Surrealisti, come afferma Sadoul in Vie de Chariot. Soupault non si limitò a scrivere questo testo di ‘poesie critique’, ma ne scrisse altri due a commento di altrettanti film di Chaplin : The Immigrant (1917) e Sunnyside (1919), rispettivamente Chariot voyage e Une Idylle aux champs nell’edizione francese. Il primo film è diviso in due parti., nella prima parte è descritta la traversata degli emigranti, tra cui Chariot, in cerca di fortuna nel nuovo continente. Nella seconda pante, sono narrate le vicessitudini degli emigrati, in particolare di Chariot, al loro arrivo negli Stati Uniti. I Surrealisti elogiarono in particolare la prima parte del film che mostrava chiaramente quanto fosse falso il mito degli Stati Uniti paese della ‘democrazia’ : Qu’il suffise de rappeler le spectacle tiagique des passagers de demière classe portant des etiquettes cornine s’ils étaient des vaches sur le pout du bateau amenant Chariot en Amérique; les brutalités des représentants de la loi, l’examen cynique des emigrants, les mains sales tàtonnant les femmes dans le pays de la Prohibition, au-dessous de la garde classique de la Liberté illuminant le Monde30 31.

Soupault pubblicò il suo testo nell’agosto del 1919 in « Littérature ». Il testo si compone di due parti così come il film e solo alla fine traspare una certa inquietudine derivante dalla visione del film. Il poeta usa la metafora per confermare quanto in precedenza dichiarato. Le roulis et l’ennui bercent les joumées. Nous avons assez de ces promenades sur le pont : depuis le départ, la mer est incolore. Les dés que

30 Sadoul G.. Vie de Chariot, cit., p. 27. 31 Alexandre M., Aragon L. et al.. « Hands Off Love », Transition, 1927.

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l’on jette ou les cartes ne peuvent mème plus nous faire oublier cette ville que nous allons connaìtre : la vie est en jeu. C’est la pluie qui nous accueille dans ces rues désertes. Les oiseaux et l’espoir sont loin. Dans toute les villes les salles de restaurants sont chaudes. On ne pense plus, on regarde les visages des clients, la porte ou la lumière. Est-ce que l’on sait maintenant qu’il faudra sortir et payer ? Est-ce que la minute qui est là ne nous suffit pas ? Il n’y a plus qu’à rire de toutes ces inquiétudes. Et nous rions tristement comme des bossus32.

Le prime frasi commentano le giornate trascorse dagli emigranti sulla nave che li sta portando nella “Terra promessa”, i loro passatempi « Les dés que l’on jette ou les cartes », le loro monotone passeggiate sul ponte della nave, il noioso paesaggio che li circonda « Nous avons assez de ces promenades sur le pont : depuis le départ, la mer est incolore ». Soupault utilizza la metafora per descrivere l’oceano che circonda la nave, un’immensa distesa d’acqua paragonabile ad un deserto. Riprende un episodio che nel film è cronologicamente inserito prima : un acquazzone colpisce la nave e i passeggeri sono costretti a restare chiusi nelle cabine. Il poeta non commenta nei suoi versi l’episodio che vede protagonista Chaplin/Charlot giocare a carte e vincere ed essere successivamente accusato di aver derubato un’anziana signora e sua figlia, ma si limita a concentrare la sua attenzione sul gioco. La metafora del gioco sta ad indicare la condizione di quanti abbandonano la loro madrepatria per recarsi in un altrove sconosciuto, speranzosi di far fortuna mettendo « la vie... en jeu ». Il gioco sarà presente in diversi film surrealisti come Entr’acte e Le Mystère du Chateau de dé ponendo in risalto quanto la vita sia aleatoria. Il film prosegue con l’arrivo della nave al porto di New York e con il periodo di quarantena sull’isola di Ellis Island. Le aspettative di chi credeva di aver raggiunto l’Eden, l’Eldorado, sono deluse, non c’è la banda sulla banchina ad accoglierli, c’è solo indifferenza e isolamento per questi nuovi sventurati. Il poeta attraverso la descrizione della situazione atmosferica mostra l’ostilità degli indigeni verso i nuovi

32 Soupault P., [essai sur Chariot Voyage], « Littérature », aoùt 1919.

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venuti : « C’est la pluie qui nous accueille dans ces rues désertes. Les oiseaux et l’espoir sont loin ». Una volta sbarcato, Chariot è protagonista di un episodio comico, infatti dopo aver trovato una moneta a terra si reca al ristorante e li assistiamo al passaggio di questa moneta da una mano all’altra (cliente, cameriere e di nuovo a Chariot). Questo episodio è sintetizzato da Soupault : « Est-ce que l’on sait maintenant qu’il faudra sortir et payer ? ». E evidente che la situazione che; vive Chariot è tutt’altro che divertente, comunque trattandosi di un film comico Soupault ci invita a non prendere troppo sul serio ciò che sta accadendo e di riderci su senza però dimenticare che la fame e la povertà sono tristi realtà e quindi le nostre risa si tingono d’amaro : « Il n’y a plus qu’à rire de toutes ces inquiétudes. Et nous rions tristement comme des bossus », ingobbiti dal peso della vita. L’ultimo film di Chaplin commentato da Soupault è Sunnyside (1919) che fu un vero insuccesso. Il film racconta le vicissitudini di un uomo alla ricerca dell’amore e della felicità e sullo sfondo è descritta la realtà sociale degli operai dell’epoca. La prima parte del film mostra la triste condizione di vita in cui è costretto Chariot che svolge il duplice lavoro di aiutante in una fattoria e ragazzo tuttofare in un albergo che per ironia della sorte si chiama ‘Hotel Evergreen’ situato in un villaggio che si chiama ‘Sunnyside’. Nella seconda parte del film sono narrate le avventure, a lieto fine, del protagonista che cerca di conquistare l’amore di una donna. Nel febbraio del 1920, Soupault pubblica in « Littérature » la sua ‘poesie critique’ sul film. Les poètes savent faire des additions sans avoir jamais rien appris. Charlie Chaplin conduit les vaches sur les sommelts où repose le soleil. Au fond de la vallèe, il y a cet hotel borgne qui ressemble à la vie, et la vie n’est pas dròle pour ce garden qui se croit sentimental. Nous rions aux larmes parce que les fleurs sont celles du pissenlit et que dans les coquillages on écoute l’amour, la mer et la mort33.

33 Soupault P., [essai sur Une idylle aux champs], « Littérature », février 1920.

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Soupault rievoca alcuni avvenimenti del film : « Charlie Chaplin conduit les vaches sur les sommets où repose le soleil. Au fond de la vallèe, il y a cet hotel borgne qui ressemble à la vie, et la vie n’est pas dròle pour ce gar?on qui se ero it sentimental », mettendo l’accento sulla vita grama che il povero protagonista deve condurre. Nella prima frase il poeta si serve della metafora per sottolineare come nella vita ciò che è veramente utile non lo si impara sui banchi di scuola, ma grazie all’esperienza diretta o a doti innate e così come : « Les poètes savent faire des additions sans avoir jamais rien appris »; Chariot ha imparato a pascolare le vacche ed a svolgere gli altri innumerevoli incarichi che gli hanno affibbiato, dunque, Chaplin sa fare poesia senza calcoli speciali. La seconda parte della poesia è dedicata all’amore che sboccia tra il protagonista e la sua amata. Alcuni elementi presenti nel film come il bouquet che Chariot regala alla ragazza che ama « les fleurs sont celles du pissenlit » o la conchiglia che il protagonista trova « dans les coquillages on écoute l’amour », sono ripresi nella poesia. Soupault non cela una certa amarezza anche in quest’ultimo testo; la vita, sembra volerci suggerire, non è così felice come è mostrata alle volte sui grandi schermi e non termina sempre con un lieto fine. Infatti per quanto il film ci faccia ridere « Nous rions » e ci faccia estraniare, il poeta ci riporta alla realtà ricordandoci che la vita di ognuno di noi si concluderà con « la mort ».

René Clair

Quando René Clair (pseudonimo di René Chomette, che scelse il suo nuovo cognome in omaggio ai fratelli Lumière ed al cinema) inizia ad interessarsi al cinema e scopre la possibilità di esprimersi attraverso l’uso delle immagini, il cinema francese è in piena effervescenza. I pionieri, Feuillade, Perret, Pouctal, lavorano ancora come prima. Per questi ultimi il cinema è un mezzo mediante il quale si possono raccontare storie semplici e le loro immagini spesso belle,

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hanno la sola ambizione di illustrare delle avventure che per essere comprese hanno bisogno solamente di essere mostrate3435 . 36 Dopo la prima guerra mondiale arrivano sugli schermi francesi film prodotti oltre oceano, si scopre così che questi film non hanno niente a che vedere con quelli prodotti in Francia. In effetti, questi film importati presentano già una struttura, una sintassi che si tende a ricercare e organizzare. Tutto ciò sconvolge, sconcerta e sorprende non solo gli spettatori, ma soprattutto registi e produttori. Sino a quel momento scrittori e giornalisti erano rimasti scettici davanti alla produzione cinematografica, adesso si entusiasmano per la scoperta di questa nuova arte e cercano di inserirsi in questo nuovo ambito alla ricerca di talenti. Criticii, romanzieri, drammaturghi, si incontrano, si associano, si forma la prima scuola il cui teorico è il poeta Canudo . Secondo Louis Delluc, che può considerarsi il primo critico della septième art, bisognava creare un cinema che non dovesse niente al teatro e alla letterature, ma alla sola virtù delle immagini animate. Sorgeva il problema di trovare la giusta forma a questo nuovo linguaggio potenziale. Ma in che modo si poteva, attraverso l’uso di nuovi mezzi, significare qualcosa di complesso innanzi ad un pubblico abituato alle storie semplici, ribelle allo sforzo e abbastanza ignorante? Le realizzazione di un film comportava un notevole esborso di denaro, quindi doveva essere compreso dalle masse per avere successo e far incassare al produttore una somma tale da ricoprire almeno la spesa sostenuta. Non vi erano che due soluzioni per i cineasti del tempo: raccontare storie semplici facendo uso di immagini descrittive e di sottotitoli esplicativi, se l’intenzione era realmente di raccontare delle storie; altrimenti, cercare di tradurre certi momenti se l’intenzione era di sperimentare un linguaggio nuovo. Non si trattava di tradurre delle progressioni psicologiche, bensì di sperimentare delle figure di stile a favore di un racconto del quale tutto sommato ci si disinteressava36 . 34 Mitry Jean, René Clair, Paris, Editions Universitaires, 1960, p. 13. 35 Ibidem. 36 Ibidem, p. 14.

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Fu questa la strada che seguirono i primi chercheurs, Louis Delluc, Marcel L’Herbier, Abel Gance, Germaine Dulac o Jean Epstein, i quali non consideravano la forma come fine a sé stessa, ma sostenevano che bisognava divenirne abili maestri prima di pretendere di utilizzarla in modo adeguato. René Clair si interesserà alle idee estetico - cinematografiche dei suoi predecessori e precursori, ma come sostiene Mitry: Il ne les utilisera qu’en imaginant des histoires susceptibles d’intéresser le public37.

Il primo film di Clair sarà Le rayon magique, intitolato anche Le rayon invisibile e Le rayon diabolique, che avrà come titolo definitivo Paris qui dort (1924). E un film che oggi rientrerebbe nel genere fantascientifico, ma in realtà si mescolano fantasmagoria e comicità, realtà e immaginazione. E un film caustico, ironico, che pone il suo sguardo sulla società del tempo. La storia può essere cosi riassunta: uno scienziato scopre un raggio capace di immobilizzare ogni cosa con cui entra in contatto e di interrompere così il flusso vitale. La storia inizia dal momento in cui si fa uso per la prima volta del raggio e ne esamina le conseguenze. Solo un ragazzo e i passeggeri di un aereo restano immuni dalla paralisi, ed iniziano il loro viaggio straordinario in una Parigi “qui dort”. Lo stratagemma usato da Clair, permette a questi di osservare l’amore, la morale e i costumi della società del suo tempo. I protagonisti del film, di fronte ai tale situazione, restano ‘paralizzati’ non sanno come agire e re-agire a questo evento, possono fare tutto, possono avere tutto, quindi ogni cosa si depaupera, si impoverisce, non vale più niente. Lo scienziato tenta di riportare tutto alla normalità, ma il primo tentativo non riesce è la gente ricomincia a mettersi in movimento, ma chi al ralenti e chi in modo accelerato. Infine il saggio riesce a riportare gli uomini alla loro condizione primaria, la vita riprende il suo corso, sempre più rapidamente verso il progresso, velocità e vertigine ne divengono i padroni.

37 Ibidem, p. 15.

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I testimoni dell’avventura e lo scienziato raccontano ciò che è successo, ma nessuno vi crede e si decide allora di internarli. Ma chi sono i veri pazzi, loro che hanno vissuto la realtà, o coloro che addormentati ignorano ciò che è accaduto? O ancora: sono i protagonisti che hanno sognato? Nessuno può alla fine pretendere di dare una soluzione al problema . Secondo Jean Mitry, la senografia di Clair risente della lettura di Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello (1921), e pone l’accento sul problema della relatività di Einstein. In effetti, per gli ‘immobilisés’ il tempo vissuto dagli altri è riconducibile a zero, anche se a loro insaputa, un certo numero di ore e trascorso . Il film che Clair gira successivamente è Entr’acte (1924). Esso verrà inserito all’interno dello spettacolo dei Ballets Suédois, ovvero per l’estrema avanguardia del momento, e può ragionevolmente essere considerato un capolavoro. Girato su un soggetto di Francis Picabia, uno dei fondatori del movimento Dadaista, accompagnato da una partitura di Erik Satie, musicista - dadaista, il film era stato realizzato, come ricorda Mitry: Pour « choquer », pour gifler le spectateur, pour le surprendre, l’estomaquer, le mystifier et démystifier tout à la fois. C’était une sorte de manifeste, ime manière de révolte contre l’académisme bourgeois, contre Part obligatoire, contre l’art tout court, un élan contre tout ce qui était « pour », pour tout ce . , 40 qui etait « contre » .

René Clair presenta il suo film sostenendo che il cinema è in divenire, che anche se le persone istruite non amano molto i “cinéromans”, non è possibile affermare che questi ultimi siano di valore artistico inferiore rispetto ad altri. Pochi sono i film degni di essere considerati, secondo il Regista, L’arroseur arrosé (1895) dei fratelli Lumière, Voyage dans la lune (1902) di Méliès ed alcuni film comici americani. Gli altri film sono stati più o meno rovinati dall’accademismo borghese.*

38 Ibidem, pp. 16-7. 39 Ibidem, p. 17. 40 Ibidem.

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Con Entr’acte il regista tenta di dare un nuovo valore all’immagine. Questa, deviata dal suo dovere di significare, nasce ad esistenza concreta. Immagini in libertà, immagini liberate dal loro dovere di significare. Tuttavia - afferma Mitry - non ci si inganni: Entr’acte, loin d’etre une théorie, une demonstration, est un poème avant

toute chose. La liberté de ses images y est savamment ordonnée4142 .

In questa costruzione stabilita attorno al movimento, in cui il movimento va crescendo sino a parodiare se stesso, sino a distruggersi nella vertigine che provoca; in cui le immagini si mostrano ‘en liberté’ svincolate dall’obbligo di dover raccontare qualcosa; in cui il ralenti e l’accelerato sono utilizzati a fini burleschi, le convenienze, le convenzioni, la morale borghese sono schernite, prese in giro con l’insolenza leggera e disinvolta di un iconoclasta che si beffa della logica, non si preoccupa di dimostrare niente e nega di voler dimostrare qualcosa . Così il nascente Surrealismo trova riscontro in un insieme di dissonanze e di facezie agrodolci; nel comico, nel movimento burlesco che ci trascina nel gioco delle relazioni assurde; nel cinema, infine, nella sensazione pura che avvince, mozza il respiro e tiene al limite di una allucinazione. Questa impressione, Gance l’aveva ottenuta grazie ad una locomotiva lanciata a tutta velocità (La roue, 1922), Epstein attraverso l’ebbrezza vorticosa di una giostra (Coeur fidèle, 1923), ma alla velocità pura Clair aggiunge l’effetto di pesantezza (discesa e risalita) che aumenta l’agitazione e decuplica la sensazione di vertigine. Entr’acte realizza, dunque in una euforia dei sensi e dello spirito, l’unione perfetta del surrealismo e degli inseguimenti funambolici cari a “The King of Comedy” Mack Sennett (si vedano fra gli altri Bungalow Troubles del 1920 e Galloping Bungalows del 1924)43. È questa armonia e la sua perfezione che ne hanno fatto un capolavoro.

41 Ibidem, p. 18.

42 Rapp Bernard, Lamy Jean-Claude sous la direction de, Dictionnaire des Films, Paris, Larousse, 1991, p. 255. 43 Cfr. [Mack Sennett] in Jean Tulard, Dictionnaire du Cinéma, Les Réalisateurs, cit., p. 769.

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La presentazione del Clair surrealista non potrebbe concludersi senza citare le opinioni di Souday, Peret e Desnos a proposito del primo corto del regista: Le plus curieux, je crois, c’est l’intermède cinématographique, où Fon voit un corbillard traìné par un chameau et suivi par des farceurs, plus un tas d’autres images vertigineuses [...] Le ménte technique de ce film [...] me paraìt considérable. C’est d’une cocasserie et d’une loufoquerie vraiment étourdissante. Il n’est pas possible à propos de cette bande de parler de cinéma. La poesie seule peut ótre invoquée. Le spectateur est suipris à tout instant par la nouveauté des images et si parfois le rapport entre elles lui échappe, il n’a pas le loisir de réfléchir à cette « anomalie », car une autre image vient le saisir, le happer pourrait-on dire au passage et 1’entrainer dans son tourbillon pour le rejeter sur la danseuse si légère qu’on dirait un grain de poussière dans un rayon de soleil ou sur le corbillard traìné par des chameaux.

Une formule nouvelle de cinéma est ime chose assez rare pour qu’on puisse saluer son apparition avec joie. Film comique pourra-t-on dire devant Entr’acte, mais l’insuffisance d’une pareille définition apparaìtre aussitòt : c’est aussi d’un film lyrique qu’il s’agit et là, n’est pas la moindre de ses qualités. L’intrigue comique est du domarne de ces films parfaits que presenta Pathé au début du cinéma : L’Arroseur arrosé, par exemple, mais si l’esprit demeure, l’application s’est singulièrement perfectionnée. C’est maintenant un appel de la vie à la vie [...] Entr’acte est le plus beau film de l’année44.

Paris qui dort e Entr'acte sarebbero soltanto due film sperimentali, ma secondo Mitiy, essi rappresentano la chiave di accesso alla comprensione del lavoro a venire di Clair44 45.

Luis Bunuel Nel 1928, alla fine della proiezione del film di Man Ray Le Mystère du Chateau de Dé, i Surrealisti furono invitati a rimanere

44 A.A.V.V., René Clair, Entr’acte — À nous la liberté, « L’Avant-Scène Cinema », Paris, mensuel n° 86 novembre 1968, p. 7. 45 Mitry Jean, René Clair, cit., p. 22.

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nella sala per assistere ad una nuova produzione appena giunta e realizzata da due giovani spagnoli : Luis Bunuel e Salvador Dali. Si trattava del primo film di Bunuel, Un chien andalou, che colpì molto i Surrealisti per la sua carica eversiva e per la condivisione delle stesse preoccupazioni e degli stessi scopi. In quel fatidico anno, si assiste all’incontro tra i Surrealisti e Bunuel e Dali, tra il Surrealismo ed il cinema; il sogno, il surreale, la magia, gli intenti rivoluzionari (già presenti in pellicole come La Corazzata Potemkin) facevano il loro ingresso nelle sale46. Il primo film di Bunuel, segna indiscutibilmente una data importante nella storia del cinema, in quanto rappresenta il primo, e forse l’unico, esempio di cinema automatico; automatisme necessario per liberare l’io spesso nascosto sotto gli orpelli dei valori e degli ideali borghesi. Racconta Kyrou che prima di realizzare il film, Bunuel e Dali si incontrarono raccontandosi i rispettivi sogni; dopodiché decisero di girare un film che abbia come soggetto gli elementi principali di quei sogni. In tre giorni scrissero la sceneggiatura e in quindici giorni realizzarono il film4748 . Secondo Ado Kyrou, Dali e Bunuel avevano scopi diversi: il primo voleva solamente turbare la borghesia; il secondo andava alla ricerca del punto in cui sogno e realtà si congiungono in un magnifico gesto di liberazione, seguendo le orme di Breton che ricercava il Point Supreme : Tout porte à croire qu’il existe un certain point de l’esprit d’où la vie et la mort, le réel et l’imaginaire, le passé et le futur, le communicable et 1’incommunicable, le haut et le bas cessent d’etre per^us contradictoirement48.

Diverse sequenze nel film mostrano la carica rivoluzionaria del pensiero del regista, fra tutte possiamo citare quella in cui una coppia, dalla finestra di un appartamento., segue impotente un incidente che ha

46 Kyrou Ado, Luis Bunuel, Paris, Pierre Seghers Editeur, 1962, pp. 9-10passim. 47 Ibidem, p. 16. 48 Breton A., Manifestes du Surréalisme, cit., pp. 72-3.

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luogo per strada e subito dopo aver assistito alla disgrazia, si abbandona a dei giochi erotici - onirici. In questa scena, come rileva giustamente Kyrou, si mostrano contemporaneamente e inscindibilmente alcuni temi surrealisti: amore, erotismo, sogno, disprezzo delle regole sociali e morali49. Per la prima volta nella storia del cinema, un regista vuole che il suo film non piaccia al grande pubblico e tenta di allontanare dalla visione la maggior parte degli spettatori. Probabilmente, è per questa ragione che il film inizia con una scena raccapricciante, il sezionamento dell’occhio di una ragazza mediante l’utilizzo di una lama di rasoio. Il film non deve attirare lo spettatore, ma lo deve far sobbalzare, lo deve scuotere dal torpore, lo deve infastidire e disgustare, gli deve far cambiare ‘occhio’. Questo era l’intento che il regista riuscì pienamente a raggiungere. In effetti, secondo Bertelli il film è un manifesto contro il conformismo, il prestabilito : Un chien andalou decreta la fine del cinema - come salvataggio delle anime domenicali - e ne riproduce la stupidità generalizzata5051 . Il film piacque non solo ai Surrealisti, ma anche a un pubblico snob che se ne appropriò. Da qui l’invettiva dello stesso Bunuel contro: La fonie imbécile qui a trouvé beau ou poétique ce qui, au fond, n’est qu’un désespéré, un passionné appel au meurtreS 1.

Quel risultato, però, gli fece compr endere che lo scandalo fine a se stesso, lo scandalo gratuito, non infastidiva nessuno. Molte sono le testimonianze a favore del film di Bunuel tra queste citeremo quelle di Brunius e di Vigo. Il primo in « Cahiers d’Art » nel giugno del 1929 facendo risaltare il carattere rivoluzionario e poetico del film di Bunuel scriveva : Dans la première minute de son film, Bunuel d’un coup de rasoir enfonce dans les orbites leurs yeux luisants, aux voyeurs-de-belles-photos, aux amateurs-de-tableaux, aux chatouilleux-de-la-rétine. [...] Il se sert de notre 49 Kyrou A., Luis Bunuel, cit., p. 17. 50 Bertelli P., Jean Vigo (1905/1934) — Cinema della rivolta, cit., p. 23. 51 Kyrou A., Luis Bunuel, cit., pp. 18-9.

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ceil pour nous mettre sans cesse en presence de lui-méme et de nous méme. [...] Il n’y a pas ici d’invention, mais seulement la lucidità propre aux poètes qui permet de déceler sous les apparences quelques points de contact dramatiques, entre l’esprit et le monde, quelques combinaisons insolites, mais vraies. L’enchaìnement des faits rappelle la nécessité absurde, mais implacable du réve, dans la mesure où 1’associations des idées et des images y parafi automatique52.

Jean Vigo alla presentazione del suo film A propos de Nice, il 14 giugno 1930, mette in rilievo il contributo, anche tecnico, dato dal film di Bunuel che, secondo lui, invita lo spettatore ad aprirsi ad una nuova visione del mondo : Un chien andalou est une oeuvre capitale à tous les points de vue: sùreté de la mise en scène, habilité des éclaùrages, science parfaite des associations visuelles et idéologiques, logique solide du réve, admirable confrontation du subconscient et du rationnel. [...] Pris sous l’angle sujet social, Un chien andalou est un film precis et courageux. [...] Le prologue... il nous assure que, dans ce film, il s’agira de voir d’un autre oeil que de coutume. [...] Il faut respecter la sauvage poesie, et dans le seni espoir de vous donner l’envie de voir ou de revoir Un chien andalou53.

Il suo secondo film L’Age d’or (1930) non permette delle interpretazioni astratte, non si presta alle assimilazioni dei borghesi, L Age d’or è, secondo Kyrou, un veleno52 54. 53 Dopo la prima proiezione, la morale borghese era stata sferzata dai valori rivoluzionari e poetici delle scene del film, a causa dei quali la censura intervenne interdicendone la proiezione. Dopo alcuni mesi in cui le proiezioni si susseguirono senza incidenti, il 3 dicembre del 1930, alcuni spettatori, appartenenti alla Ligue des Patriotes e alla Ligue antijuive, provocarono gravi disordini che furono ampliati dai giornali di destra e di estrema destra che chiesero un duro intervento da parte del governo contro la proiezione del film, considerato uno spettacolo osceno, ripugnante che trascinava nel fango i valori di patria, famiglia e religione55.

52 Ibidem, pp. 177-8. 53 Ibidem, pp. 178-80passim. 54 Ibidem, p. 19. 55 Ibidem, pp. 29-31 passim.

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Molti giornalisti iniziarono una campagna di stampa contro tutti coloro che si cimentavano nelle produzione di film che non esprimessero in modo inequivocabile i valori della morale borghese del tempo, come per esempio Gaetan; Sanvoisin che, a proposito del secondo film del regista spagnolo, il 10 dicembre 1930 scriveva su « Le Figaro »: Il s’agit d’un essai de bolchevisme de caractère special, oui, réellement spécial, qui vise à nous pourrir. La propagande de Lénine a rencontré dans certains studios, plus ou moins improvisés, des concours inattendus. Elle en profite... Aliens, monsieur Chiappe, un coup de baiai ! Vous le pouvez, vous le devez56.

I giornali di sinistra presero apertamente la difesa de L ’Age d’or e i Surrealisti pubblicarono Un questionnaire in cui si chiedevano, tra le altre cose, se bisognava intendere l’intervento della censura come : Une autorisation donnée également à ceux qui estiment outrageante la propagande religieuse d’en interrompre par tous les moyens les manifestations (films de propagande romaine, pèlerinages de Lourdes et de Lisieux, officines d’obscurantisme telles que Bonne Presse, Congregation de l’index, églises, ecc..., perversion de la jeunesse dans les patronages et les preparations militaries, préches à la radio, magasins de crucifix, vierges, couronnes d’épines) ?57

Il film di Bunuel segna un momento di importanza capitale nel cinema, L’Age d’or espone in modo surrealista la tematica dell’amore e della rivolta cercando di sconvolgere lo spettatore. Henry Miller e André Breton esaltarono V amour fou che traspariva e impregnava il film. Miller in un articolo del 1931 dice : H a étudié comme un entomologiste ce que nous appelons l’amour, afin de dévoiler sous l’idéologie, la mythologie, les platitudes et les phraseologies, la totale et cruelle machinerie du sexe. Il met en evidence pour nous les métabolismes aveugles, les poisons secrets, les reflexes mécaniques, les distillations glandularies, les étroites imbrications de force qui, en la vie,

56 Sanvoisin Gaètan, cit. in Kyrou A., Luis Bunuel, cit., p. 32. 57 Nadeau M., Histoire du Surréalisme, cit., pp.. 322-323.

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unissent l’amour et la mort. Une métempsycose bio-chimique où l’individu périt pour que survive l’espèce58.

Ancora dopo un ventennio, il 4 Aprile 1951, al Festival di Cannes, Octavio Paz, a proposito dei primi due film del regista spagnolo, dichiara : Le chien andalou et L’Àge d’or marquèrent la première incursion agressivement délibérée de la poésie dans Part cinématographique. Ces noces de l’image filmique et de l’image poétique purent sembler scandaleuses et subversives. Elles l’étaient en effet. Le caractère subversif des premiers films de Bunuel reside tout entier en ceci : à peine affleurés par la main de la poésie, les phantasmes conventionnels (sociaux, moraux et artistiques) dont était faite notre « réalité », tombèrent en poussière. De ces mines, surgit, alors, une nouvelle réalité, celle de l’homme et de son désir. Bunuel nous montra qu’il suffit à l’homme enchaìné de fermer les yeux pour faire sauter le monde. Mais ses films sont plus encore qu’une féroce attaque dirigée à l’encontre de cette « soi-disant » réalité ; ils sont la révélation d’une autre réalité asservie par la civilisation contemporaine. L’homme de L’Age d’or sommeille en chacun de nous et n’attend qu’un signe pour se réveiller : le signe de l’amour. Comme l’a dit .André Breton, ce film est une des rates tentatives de Part moderne pour mettre à nu le visage terrible de l’amour en liberté59.

E naturale concludere con le parole di Breton, che in L’Amour fou, esalta la carica d’amore che traspare da ogni sequenza del film : L’amour, en tout ce qu’il peut avoir pour deux étres d’absolument limité à eux, d’isolant du reste du monde, ne s’est jamais manifesté d’une manière aussi libre, avec tant de tranquille audace. La stupidité, l’hypocrisie, la routine, ne pourront faire qu’une telle oeuvre n’ait vu le jour, que sur l’écran un homme et une femme n’aient infligé au monde tout entier dressé contre à eux le spectacle d’un amour exemjplaire. Dans un tei amour existe bien en puissance un véritable àge d’or en rupture complète avec Page de boue que traverse PEurope et d’une richesse inépuisable en possibilités futuresóO.

58 Kyrou A., Luis Bunuel, cit., p. 180. 59 Paz Octavio, La tradition d’un art passionnel et féroce, Festival de Cannes, 4 avril 1951, cit. in Kyrou A., Luis Bunuel, cit., pp. 186-7. 60 Breton A., L'amourfou, cit., p. 114.

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Antonin Artaud

Nel 1920, Antonin Artaud si reca a Parigi per coronare il suo sogno: diventare attore. Ben presto reciterà in diversi ruoli sia al teatro sia al cinema. Non solo si dimostrerà un ottimo attore, ma anche un abile regista, teorico e critico. Per Artaud non si tratta solamente di comporre uno spettacolo o interpretare una parte, bensì di ‘viverlo’ e farlo ‘vivere’ allo spettatore. Incarnazione del dramma, drammatizzazione della vita, l’uno conduce all’altro sino all’identificazione. I suoi scenarii, le lettere, i saggi, gli articoli e le note scritti nel corso della vita, testimoniano la passione che l’autore-attore metteva nell’attività teatrale e cinematografica. Le sue idee sono ancor oggi fonte di riflessione e insegnamento per tutti coloro che si occupano di cinema e di teatro. Artaud fece parte del movimento surrealista e lo scénario di La Coquille et le clergyman ed alcuni suoi articoli sul cinema ne sono un’ampia testimonianza. In risposta ad un inchiesta sul cinema che chiedeva: Quel genre de films aimez-vous? Quel genre de films aimeriez-vous voir créer? Artaud risponde dicendo di amare il cinema tout court, perché esso implica il sovvertimento dei valori, lo sconvolgimento totale dell’ottica, della prospettiva e della logica, confessando implicitamente la sua adesione ai temi cari ai Surrealisti61. Inoltre, egli reclama dei film “fantasmagoriques” e “poétiques”, film che non devono escludere né la psicologia, né l’amore, in cui vi sia la triturazione e il rimescolamento “des choses du coeur et de l’esprit” affinché gli si conferisca la virtù cinematografica “qui est à chercher”62. Egli dà anche alcune definizioni di cinema, paragonando quest’ultimo ad uno stupefacente :

fil Artaud A., (Euvres complètes, III tome, À propos du cinéma — Réponse à une enquéte, Paris, Gallimard, 1961, p. 73. 62 Ibidem, p. 74.

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Le cinéma est un excitant remarquable. Il agit sur la matière grise du cerveau directement. [...] Le cinéma a surtout la vertu d’un poison inoffensif et direct, une injection sous-cutanée de morphine. C’est pourquoi l’objet du film ne peut ette inférieur au pouvoir du film - et doit tenir du merveilleux63.

Artaud, in Le cinema et Vabstraction (1927), sostiene che il cinema puro è un errore, così come in qualsiasi arte lo è lo sforzo fatto per raggiungere il principio dell’arte: stessa a detrimento dei suoi mezzi oggettivi di rappresentazione64. In un altro articolo, Sorcellerie et cinéma pubblicato in parte nel catalogo del Festival du Film Maudit del 1949, fa il punto sulla situazione del cinema come arte nascente. Artaud non considera il cinema come un’arte agli esordi, ma ritiene che sia già ad uno stadio avanzato di sviluppo. Sostiene che potranno esserci dei miglioramenti sia nelle apparecchiature (per dare maggiore stabilità e mobilità alla cinepresa), sia nei mezzi (cinema a colori, sonoro, effetti speciali, ecc.), ma queste evoluzioni non cambieranno il sostrato del cinema stesso che ne ha fatto un nuovo linguaggio così come lo sono la musica o la pittura6566 . Ciò che distingue il cinema dalle altre arti è, secondo Artaud, il mistero e l’imprevisto che sono due caratteristiche cinematografiche, in quanto attraverso l’obiettivo si registrano oggetti che mostrano la loro vitalità impercettibile quotidianamente, ma che risalta sullo schermo. Le plus petit détail, l’objet le plus insignifiant prennent un sens et une vie qui leur appartiennent en propre. [...] Par le fait qu’il isole les objets il leur donne une vie à part qui tend de plus en plus à devenir indépendante et à se détacher du sens ordinaire de ces objetsóó.

63 Ibidem.

64 Artaud A., CEuvres complètes, III tome, À propos du cinéma — Le cinéma et l’abstraction, cit., p. 75. 65 Artaud A., CEuvres complètes, III tome, À propos du cinéma — Sorcellerie et cinéma, cit., p. 79. 66 Artaud A., CEuvres complètes, III tome, À propos du cinéma — Sorcellerie et cinéma, cit., pp. 79-80.

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Attraverso l’uso di obiettivi deformanti il cinema ha il potere di mostrarci gli oggetti in modo differente, e questa differenza non è solo superficiale, ma interiore all’oggetto stesso. Le cinéma est essentiellement révélateur de tonte une vie occulte avec laquelle il nous met directement en relation. Mais cette vie occulte, il faut savoir la deviner6768 . 69

Artaud afferma che il cinema non è fatto solo per tradurre i sogni o tutto ciò che nella vita “éveillée” ha a che fare con questo ambito, il cinema è fatto anche per rappresentare il fantastico il quale è inscindibile dal reale. Il n’y aura pas d’un coté le cinéma qui représente la vie, et de l’autre celui qui représente le fonctionnement de la pensée. Car de plus en plus la vie, ce que nous appelons la vie, deviendra inséparable de l’esprit. Un certain domaine profond tend à affleurer à la surface. Le cinéma, mieux qu’aucun autre art, est capable de traduire les representations de ce domaine puisque l’ordre stupide et la clarté coutumière sont ses ennemis68.

In un altro testo, Projet de constitution d’une firme destinée à produire des fiilms de court métrage, d’un amortissement rapide et sur, sostiene che il principale ostacolo per la realizzazione di un film è il costo della sua realizzazione. Per questo motivo i produttori sono spinti a produrre film ‘commerciali’ in modo che essi siano visti da un gran pubblico, cosi da ammortizzare le spese di produzione ed ottenere un guadagno. Sorge a questo punto un problema che sta a cuore all’attore sceneggiatore : l’impossibilità di produrre un film d’avanguardia. Il nous soit si rarement donné de voir un lìlm qui soit une oeuvre curieuse ou durable et que nous aimerions revoir69.

A questo proposito egli suggerisce un’idea brillante : creare dei cortometraggi d’avanguardia da proiettare durante dei film 67 Ibidem, p. 80. 68 Ibidem, pp. 81-2. 69 Artaud A., (Euvres completes, III tome, À propos du cinéma — Projet de constitution d’une firme destinée à produire des films de court métrage, d’un amortissement rapide et sur,

cit., p. 85.

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‘commerciali’. Infatti, un cortometraggio ha dei costi modesti che possono essere ammortizzati rapidamente utilizzando la formula proposta da Artaud. Une des originalités de cette formule et d’une firme basée sur ime formule semblable, est qu’elle permettrait la realisation de films d’un genre spécial, dits films d’avant-garde, et considérés jusqu’ici comme absolument invendables et inamortissables, et qui ne trouvent pas la légère mise de fonds qui leur serait nécessaire pour étre réalisés70.

Chiaramente una tale società non si occuperà di realizzare soltanto cortometraggi d’avanguardia, ma produrrà film seguendo ogni tendenza possibile essendo l’unico scopo la realizzazione di un buon prodotto. Inoltre, questa nuova fòrmula potrebbe dare nuova linfa al cinema e offrirebbe nuove possibilità di lavoro. Per rafforzare la sua idea egli cita l’esperienza del film di Bunuel, Un chien andalou, film prodotto per una nicchia, ma che conobbe un enorme successo di pubblico. L’expérience a prouvé que ces films, quand ils sont bons et réussis dans leur genre, sont capable d’etre des succès d’argent, et que en tous cas, ils peuvent permettre un rapide amortissement, ils ont, en tous cas, un public qui s’élargit de jour en jour. Le public qui a faiit le succès d’argent du Chien Andalou peut à plus forte raison se retrouver pour un film semblable? 1.

Il cortometraggio potrebbe essere l’occasione per nuove sperimentazioni, come ad esempio l’introduzione del sonoro o del parlato, che se collaudate con successo, verrebbero non solo utilizzate per la realizzazione di film, ma darebbero prestigio, fama e notorietà alla società che per prima li ha utilizzati70 72. 71 Nell’articolo La vieillesse précoce du cinéma, pubblicato nel 1933 nel n° 4 della rivista « Cinéma 3 3 - Les Cahiers Jaunes », Artaud fa una distinzione tra il cinema documentaristico ed il cinema

70 Ibidem, p. 86. 71 Artaud A., (Euvres completes, III tome, À propos du cinéma — Projet de constitution d’une firme destinée àproduire des films de court métrage, d’un amortissement rapide et sur,

cit., p. 86. 72 Ibidem, pp. 90-1.

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“dramatique” in cui tutto è assolutamente organizzato in vista di un risultato stabilito e sicuro. Evidentemente il cinema documentaristico rappresenta per Artaud un sorta di ultimo rifugio dal cinema commerciale, in quanto in queste pellicole la poesia degli oggetti è ripresa sotto il loro aspetto più innocente, cioè vi è uno sviluppo diretto e spontaneo degli avvenimenti che si succedono nella realtà senza alterazioni esterne. Egli critica l’uso che normalmente i registi fanno dell’obiettivo, in quanto è utilizzato per riprendere una porzione di vita, che ci viene restituita ‘devitalizzata’. L’objectif classe et digère la vie, il propose une sensibilité, à Fame, ime nourriture toute prete, et nous lasse devant un monde fini et see. Il n’est pas sur d’ailleurs que, de ce qui vaut la peine d’etre enregistré, il ne laisse vraiment passer que le plus significatif et le meilleur73.

Il regista quindi, non è semplicemente un “enregistreur”, ma diviene un manipolatore decidendo cosa e come riprendere, effettuando tagli e montaggi successivi. Dans la mesure où le cinéma est laissé semi en face des objets il leur impose un ordre, un ordre que l’oeil reconnaìt corame valable, et qui répond à certaines habitudes extérieures de la mémoire et de l’esprit. Ce sont des tronfons d’objets, des découpures d’aspects, des puzzles inachevés de choses qu’il unit à jamais entre eux. C’est un monde incomplet que le cinéma nous présente.

Più avanti nell’articolo sosterrà che il cinema ci presenta un prodotto statico, che non può evolversi, quindi conclude ribadendo i concetti espressi inizialmente e cioè che il cinema così come è inteso in quel momento storico è un mondo chiuso, illusorio, sezionato, in definitiva morto. Je veux dire que la figure d’un film est définitive et sans appel et, si elle permet un criblage et un choix avant présentation des images, elle interdit à Faction des images de changer ou de surmonter. Le monde cinématographique est un monde mort, illusone et tron?onné.

73 Artaud A., CEuvres complètes, III tome, À propos du cinéma - La vieillesse precoce du cinéma, cit., p. 96.

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Le monde du cinéma est un monde clos, sans relation avec l’existence. Nous savions que les vertus les plus caractéristiques et les plus marquantes du cinéma étaient toujours, ou presque, l’effet du hasard, c’est-à-dire d’une sorte de mystère dont nous ne parvenions pas à expliquer la fatalité. Le cinéma demeure ime prise de possession fiagmentaire et, comme je l’ai dit, stratifiée et glacée du réel. Toutes les fantaisies concemant l’empioi du ralenti ou de l’accéléré ne s’appliquent qu’à un monde de vibrations clos et qui n’a pas la faculté de s’enrichir ou de s’alimenter de lui-méme ; le monde imbécile des images pris comme à la giu dans des myriades de rétines ne parfera jamais l’image qu’on a pu se faire de lui74.

In realtà, Artaud aveva già in mente il ‘suo’ cinema, un cinema che non doveva essere l’imitazione del teatro o del cinema americano, ma un cinema capace di sviluppare : Une suite d’états d’esprit qui se déduisent les uns des autres comme la pensés se déduit de la pensée, sans que cette pensée reproduise la suite raisonnable des faits74 75.

Egli farà un tentativo di realizzare questo tipo di cinema scrivendo lo scénario di La Coquille et le Clergyman, ma la sua realizzazione da parte di Germaine Dulac lo deluderà al punto da sconfessare l’opera della regista. Artaud scriverà altri scénarios, che non vernano mai adattati per il grande schermo. In questi suoi lavori non solo sono trattati vari temi surrealisti, ma si invoca la poesia surrealista come mezzo per dirimere ogni controversia, in particolare in Deux nations sur les confins de la Mongolie..., testimonianza della sua appartenenza in quegli anni al Surrealismo.

74 Artaud A., CEuvres complètes, III tome, À propos du cinéma - La vieìllesse précoce du cinéma, cit., pp. 97-9 passim. 75 Artaud A., CEuvres completes, III tome, À propos du cinéma — Le cinéma et l’abstraction, cit., p. 76.

Ifilm più amati dai surrealisti

I film più amati dai surrealisti Questa sezione ha l’intento di analizzare le due serie cinematografiche e tre dei film che maggiormente appassionarono i Surrealisti ed il pubblico dei primi armi del Novecento. E chiaro che per ragioni di varia natura, non può considerarsi esaustiva, in quanto vi sono tanti altri film che suscitarono l’interesse degli appartenenti al Surrealismo, soprattutto quelli interpretati dai fratelli Marx e da Charlie Chaplin, per i quali nell’impossibilità di fare una scelta, in quanto a nostro giudizio tutti apprezzabili di essere presi in considerazione, si è preferito non esaminarne alcuno in questo capitolo. I Surrealisti andavano al cinema cercandovi un lenitivo al loro impaziente desiderio d’amore e di rivolta, medicamento che trovarono sicuramente in Peter Ibbetson di Hathaway, in cui l’amore impossibile può superare ogni ostacolo attraverso il sogno, in Fantómas di Feuillade e in La Corazzata Potèmkin di Ejzenstejn in cui vi è una forte carica rivoluzionaria, in Les Vampires di Feuillade in cui è la stessa protagonista ad incarnare l’amore e la sensualità e in Les Mystères de New York di Donald Mackenzie in cui ogni immagine mostra la commistione d’amore e di poesia1.

Peter Ibbetson Si tratta di un film girato da Henry Hathaway, negli Stati Uniti nel 1935, che ha come protagonisti Gary Cooper e Ann Harding. Il film narra la vicenda di due giovani amici d’infanzia, che dopo la morte della madre di Peter devono separarsi: Mary resta a Parigi, lui andrà via. I due si ritrovano da adulti in Inghilterra; Peter è assunto in qualità di architetto dal Duca di Towers la cui consorte è proprio Mary. I due giovani si rivedono, ricordano assieme i bei momenti della loro infanzia e si innamorano suscitando la gelosia del marito di Mary. Peter lo uccide per legittima difesa, viene giudicato colpevole di omicidio e condannato all’ergastolo. I due amanti facendo in comune1 1 Desnos R., Cinéma, cit., pp. 153-4.

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gli stessi sogni si riuniscono, sfidando la separazione spaziale, il trascorrere del tempo e infine la morte. Peter Ibbetson deve il suo statuto mitico all’ammirazione dei Surrealisti. Per Breton è il solo film, oltre a L’Age d’or, in cui è mostrato a pieno la concezione surrealista de\V amour fou2. Questo entusiasmo è perfettamente giustificato sia per l’argomento del racconto sia per la magia propria del cinema. Il tema de\V amour fou è presente già nel romanzo di Du Maurier, di cui il film è la trasposizione, un amore sublime, mai consumato, che rimonta all’infanzia e si prende gioco delle barriere del tempo e dello spazio. Jean-Loup Bourget3 sostiene che il film si avvicina al genere fantastico per l’uso della telepatia tra i due amanti, ma che questa non è una innovazione, in quanto era già presente in altre pellicole come per esempio L’Heure suprème (1927) di Frank Borzage45. Profondamente romantica è l’idea che lo spirito (o piuttosto l’anima) ha potere sulla materia. Il viaggio nel tempo e nello spazio non dipende da tecniche complicate, ma da un atto di fede dei due innamorati. Il film mantiene la struttura del racconto letterario, così la divisione in capitoli è mantenuta nella pellicola. Le sequenze in cui i protagonisti sognano di incontrarsi e di restare uniti per sempre, costituiscono un sogno all’interno di un sogno (quello della proiezione del film all’interno delle sale cinematografiche)'.

Les Mystères de New-York Titolo dato alla versione francese della serie The Exploits of Eiaine composta da 14 episodi, girati negli Stati Uniti da Donald Mackenzie, 2 Breton A., L’Amourfon. cit.. p. 113. 3 Bourget Jean-Loup. Peter Ibbetson, in Rapp Bernard, Lamy Jean-Claude, Dictìonnaire des Films, cit., p. 569 4 Cfr. [Heure Suprème (L’)] in Lourcelles Jacques, Dictìonnaire du Cinéma - Les films, cit., in cui è testimoniato l’interesse che il ifilm suscitò tra i surrealisti per il modo in cui il regista era riuscito a mostrare il tema dell’amore che riesce a superare i limiti e gli ostacoli terreni. 5 Bourget Jean-Loup. Peter Ibbetson, in Rapp Bernard, Lamy Jean-Claude, Dictìonnaire des Films, cit., p. 569.

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tra il 1914 e il 1915, riuniti in un unico film della durata di circa tre ore e quaranta. Si tratta delle stravaganti avventure di una ricca e graziosa ereditiera, Eiaine Dodge, in preda alla cupidigia di un cugino che sotto vari mascheramenti e con la complicità di una banda di criminali cinesi, attira la protagonista in trappole mortali, che ella riesce a sventare grazie al suo coraggio e alla sua abilità. Il dinamismo ed il fascino dell’interprete, Pearl White, non sono estranei al fascino esercitato da Les Mystères de New-York che ebbero un seguito in The new exploits of Eiaine (10 episodi girati nel 1915) e in The romance ofEiaine (12 episodi girati nel 1915). Questo film americano è l’eponimo di quel genere che fece furore ai tempi del muto: la serie, equivalente cinematografico del feuilleton a episodi. La Francia in cui erano state gettate le basi a partire dal 1908 con i primi sei film della serie di Nick Carter di Victorin Jasset (in tutto verranno realizzati 17 film, tra il 1908 e il 1912) e di Zigomar altra serie realizzata da Victorin Jasset tra il 1910 ed il 1912, proseguì con un’altra serie di grande successo Les Vampires di Feuillade. I Surrealisti si entusiasmarono per questo genere cinematografico dalla tecnica povera, dalla sceneggiatura ripetitiva, dai personaggi stereotipati.

Fantómas Nel 1911, irrompe un nuovo personaggio Fantómas : Écoutez... Faites silence... La triste enumeration De tons les forfaits sans noni, Des tortures, des violences Toujours impunis, hélas ! Du criminel Fantómas. [...] Allongeant son ombre immense Sur le monde et sui' Paris, Quel est ce spectre aux yeux gris Qui surgit dans le silence ? 6 Rapp B., Lamy J.-C., Dictionnaire des Films, cit.. p. 513.

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Fantòmas, serait-ce toi qui te dresses sur les toits ?

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Il ciclo originario di Fantòmas, nato dalla penna di Marcel Allain e Pierre Souvestre conta 32 episodi, pubblicati a scadenza mensile tra il 1911 ed il 1914, anno in cui muore Pierre Souvestre. Creato per contrastare l’invasione dei polizieschi americani, dopo qualche anno, dietro le insistenze del suo editore, Allain prosegue l’opera da solo, riportando in vita i protagonisti di Fantòmas. La nuova serie conta altri 12 episodi di cui l’ultimo nel 1963. Fantòmas può essere considerato l’eponimo dei banditi mascherati (di cui Diabolik sarà un degno successore), genio del male al quale danno la caccia un abile ispettore, Juve, ed un intraprendente e coraggioso giornalista, Jéróme Fandor. Questo tetro personaggio riflette, insieme ad altre figure come il Dottor Mabuse , le vicissitudini del delicato momento storico in cui è nato e che di lì a qualche anno porteranno allo scoppio della prima guerra mondiale. Le sue avventure ambientate nell’alta società, possiedono tutti quei requisiti tipici del romanzo d’appendice : travestimenti, inganni, doppi giochi, equivoci e colpi di scena. Le pubblicazioni di Marcel Allain e Pierre Souvestre riscossero un successo immediato, il loro modo di scrivere era semplice, seguiva i gusti narrativi della massa e l’intrigo poliziesco tradizionale era smantellato a favore di un eroe malefico, vincente e inafferrabile. Non c’è lieto fine, lo stile è povero, le invenzioni a volte lasciano a desiderare, eppure Fantòmas diventa ben presto un mito nell’immaginario collettivo, sorprendendo gli stessi autori che lo avevano creato. Tra le trasposizioni cinematografiche più riuscite, rimangono le prime realizzate da Feuillade nel 1913-14, con René Navarre nel ruolo 7 Per la versione integrale si consulti l’Appendice: Robert Desnos, La coniplainte de Fantòmas.

8 II Dottor Mabuse è il protagonista di tre film realizzati da Fritz Lang : Il Dottor Mabuse (1922), Il Testamento del Dottor Mabuse (1933) e II diabolico Dottor Mabuse (1960). Il protagonista di questi film è l’incarnazione del male, un genio del crimine che sfrutta le sue capacità per i suoi sordidi scopi. Nel film del 1933, che Goebbels censurerà, Lang denuncia attraverso le parole di imo dei suoi personaggi (Il dottor Baum) la follia delle "teorie” nazional-socialiste.

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di Fantómas. Si tratta di una serie costituita da cinque episodi che il regista ricava da altrettanti romanzi sfrondati qua e là per rendere meno dispersiva la linea d’azione e ottenere una linea narrativa più solida. Feuillade esalta sia l’aspetto realistico sia quello fantastico del modello letterario e ne restituisce a meraviglia anche il carattere crudele e sovversivo. Fantómas si muove sempre in un ambiente reale (Parigi e periferia), socialmente definito, con cura tanto degli esterni, quanto degli interni. Una tale poetica del realismo/fantastico piacque molto sia al grande pubblico sia agli esigenti spettatori dell’avanguardia (Apollinaire, Max Jacob e in generale a tutti i Surrealisti)9. Tra le produzione successive, oltre ad un remake americano del 1920 (l’unico in cui il titolo sia stato modificato in Diabolos), vi è M. Fantómas del surrealista belga Moerman, più vicino alla pittura magrittiana che alla letteratura popolare1011 . Il grande successo che il personaggio riscosse tra i Surrealisti, in gran parte è dovuto allo spirito anarchico che lo anima, alla prosa “automatica”, spontanea di Souvestre e Allain, priva di qualsiasi orpello accademico e condotta a briglia sciolta sul filo delle libere associazioni fantastiche11. Bisogna, però, ricordare che la maggior parte dei Surrealisti fu sedotta dal personaggio mostrato sul grande schermo, più che da quello dei feuilletons. Avendo avuto modo di visionare la serie di Feuillade, possiamo senz’altro affermare che il suo Fantómas dà corpo a un sogno di ribellione, le sue imprese sono un insulto alla polizia, al potere costituito e agli ideali della società del tempo, quindi incarna a pieno titolo l’archetipo dell’eroe surrealista. Nei cinque episodi girati dal regista, si possono ritrovare temi cari ai Surrealisti : morte/amore, travestimento/identità, realismo/meraviglioso. Feuillade fa uso della metafora, non nell’accezione surrealista di giustapposizione inattesa di immagini che rivelano una realtà sconosciuta, ma denotando negativamente gli oggetti della modernità 9 Nel 1912, Apollinaire fondò « La Société des amis de Fantómas » alla quale aderirono Max Jacob e Jean Cocteau e che ancora oggi esiste. 10 Cfr. [Fantómas] nei dizionari sul cinema inseriti in bibliografia. 11 È noto che Allain e Souvestre avevano l’abitudine di dettare alla loro segretaria, al dittafono, i vari episodi quasi indipendentemente l’imo dall’altro.

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(automobile, ascensore, treni, etc.) considerati simboli di progresso. Un esempio è dato in Juve contre Fantòmas : l’ispettore Juve segue Fantòmas che entra in macchina sotto le sembianze del dottor Chalek e ne riesce travestito da malvivente. La macchina diventa in questo caso la metafora del cambiamento, poiché è in essa che Fantòmas opera uno dei suoi molteplici travestimenti, inoltre essa di per sé simbolo positivo di modernità, mia utilizzata da Fantòmas si trasforma in strumento di ritorsione contro Ha stessa società che l’ha generata. Un’ulteriore esempio dell’uso degli oggetti in una chiave di lettura diversa dal senso comune, è dato in Le Faux Magistral, in cui Fantòmas utilizza il riscaldamento a gas come arma per asfissiare un uomo. Oltre agli oggetti, anche le moderne tecniche investigative sono utilizzate surrealmente per prendersi gioco della società. In Le mort qui tue, le impronte digitali, evoluto mezzo poliziesco, si ritorcono contro la giustizia beffandola, infatti è considerato colpevole di un crimine un uomo già morto (in realtà è stato Fantòmas a commettere l’omicidio indossando dei guanti realizzati con la pelle delle mani di un defunto). Quest’idea di utilizzare gli oggetti in modo inatteso, sviandoli dalla loro funzione primaria è in linea con le idee artistiche surrealiste, si pensi ad esempio al collage o al ready-made che non sono altro che l’accostamento insolito di oggetti comuni. Fantòmas è un eroe surrealista perché le sue azioni, i suoi comportamenti sono inattesi e insoliti, perché si burla degli uomini di legge. Un esempio significativo lo riscontriamo in Juve contre Fantòmas, in cui Fantòmas dopo essere fuggito dalle mani di Juve e Fandor ritorna tranquillamente a sedersi al tavolo di una locanda dove qualche istante prima i due lo avevano colto in flagrante. I personaggi seppur immersi nella realtà quotidiana, vivono quindi delle storie che non sembrano reali, ma ‘surreali’. Una tecnica narrativa di Feuillade, indiscutibilmente surrealista, è l’accostamento degli opposti, l’uso dei contrasti : buoni e cattivi, ricchi e poveri, amici e nemici, luce e oscurità, scene interne ed esterne. Il tema del doppio era già presente nei feuilletons di Allain e Souvestre, Feuillade riproponendolo conferma nei suoi film l’interscambiabilità dei ruoli, confondendo il Bene ed il Male, l’eroe

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positivo e l’eroe negativo, attraverso lo stesso sistema di mise en scène dei personaggi. Lo spettatore è in questo modo disorientato e non sa se parteggiare per l’antieroe, Fantómas, o per i giustizieri, Fandor e Juve. Le azioni criminali di Fantómas non sono contrastate dai presunti eroi positivi con metodi efficaci, ma con ambiguità, infatti, l’ispettore Juve utilizza le strategie d’attacco del nemico e si produce in una serie di travestimenti incredibili che spesso solo l’antagonista riesce a riconoscere. In Le Mort qui tue e in Le Faux magistral Juve si traveste da Fantómas, ed in Fantómas contre Fantómas è accusato dalla polizia di essere Fantómas! Lo stesso Fantómas si traveste da Juve per fuggire di prigione e Fandor prende le sembianze del criminale mascherato in Fantómas contre Fantómas. Tutto ciò sembra voler denunciare la precarietà dei valori su cui è fondata la società del primo trentennio del Novecento, ed è allo stesso tempo un monito a non credere alle apparenze, ai ‘travestimenti’. Anche nei feuilletons è presente l’interscambiabilità dei ruoli e nell’ultimo episodio concepito e scritto da Allain e Souvestre, La fin de Fantómas, tutti i personaggi muoiono durante un naufragio, ma prima è svelato l’ultimo mistero: Juve e Fantómas sono in realtà fratelli gemelli. Alcuni titoli degli episodi realizzati da Feuillade richiamano tematiche surrealiste : La Villa hantée e L ’Homme noir (terza e quarta parte di Juve contre Fantómas}, Le Mort qui tue, Le Mur qui saigne (seconda parte di Fantómas contre Fantómas). Questi titoli sembrano rivelarci che dietro ad ogni avvenimento strano, insolito, si nasconde una realtà più orribile di quella che la nostra immaginazione possa concepire. Così in Le Mur qui saigne, un uomo è stato murato dietro una parete e Fantómas dando dei colpi di piccone al muro ‘ferisce il cadavere’ che inizia a sanguinare. Infine, possiamo affermare che nei film di Feuillade seppure sono presenti degli elementi surrealisti, ve ne sono altri che ancorano queste realizzazioni al genere realista del racconto poliziesco ed in parte al genere del racconto di fantascienza.

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Les Vampires Non si tratta, come lascerebbe dedurre il titolo, di una storia fantastica che ha come protagonisti dei vampiri, bensì la parola vampiro è l’anagramma dell eroina della fortunata serie che comprende 10 episodi girati tra il 1915 ed il 1916. I protagonisti della serie sono i componenti di una gang, la cui capobanda è Irma Vep {vampire per l’appunto), che lottano contro la società e sfuggono alle indagini della polizia e del loro acerrimo nemico il giornalista Philippe Guérande. Feuillade dopo la serie di Fantómas, produce questa nuova serie per contrastare la produzione della Pathé ed esattamente Les Mystères de New-York. Qui, più che in Fantómas, Feuillade lascia libero corso alla sua immaginazione, in quanto non è vincolato da alcuna sceneggiatura pregressa. La scenografia verrà costruita durante le riprese e il testo destinato agli episodi verrà pubblicato su « Le Matin » lo stesso giorno in cui i singoli film sono distribuiti nelle sale. La serie ebbe un enorme successo popolare, mentre la critica manifestò il suo sdegno per questa produzione che aveva come protagonisti degli anti-eroi. I Surrealisti si entusiasmarono per il brio, per la poesia e per il meraviglioso mostrato sugli schermi da quest’opera che disprezzava tutti gli schemi. Bisogna notare lo stupefacente divario tra questo mondo astratto in cui si mettevano in scena degli intrighi di fantasia, in cui si opponevano dei personaggi stereotipati e la realtà della guerra in cui era sprofondato, allora, il Paese. Paradossalmente, Les Vampires ricorda piuttosto un documentario. Quando lo si vede oggi, ciò che colpisce, in effetti, è la minuzia dello scenario, dei costumi, la presenza degli esterni che ci permettono di apprezzare il ritratto della realtà quotidiana degli anni 1915-16. La protagonista della serie è Musidora che indossando una tuta di seta nera e un passamontagna anch’esso nero divenne nell’immaginario collettivo la femme fatale, l’incarnazione dell’erotismo o come la definì .Aragon la ‘Dixième Muse’ a cui lo stesso Breton dedicherà una breve pièce dal titolo Le Trésor des jésuites per renderle omaggio e in una lettera indirizzata all’amico Théodore Fraenkel esprime la sua ammirazione per l’attrice:

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Quel poète - écrivais-je, fixant la romanesque image -, quel poète ne s’honorerait aujourd’hui de vous avoir pom interprete? Comment dire ce que vous étes venue à incamer pour certains: quelle moderne fée adorablement douée pour le mal, et puérile - ò votre voix d’enfant ! Musidora est bien la femme moderne en quelque chose12.

Sarà la prima ‘vamp’, il cui termine nascerà proprio dal suo personaggio. Per la sua grazia, per la sua bellezza di avventuriera fatale delle quali nessuno può dimenticare il ricordo, Musidora / Irma Vep divenne un mito giustificando infine, come affermano Rapp e Lamy, la connotazione fantastica del titolo13.

La Corazzata Potèmkin

Film storico - politico del regista Sergej Mikhailovitch Ejzenstejn girato nel 1925. E la storia di alcuni marinai della, flotta russa nel Mar Nero che durante il periodo di riposo discutono nelle loro amache. Alla mensa viene loro servita della carne avariata che i marinai rifiutano di mangiare. Il comandante minaccia di fucilarli se non desistono dalla loro protesta. Alcuni marinai accettano a malincuore, ma la maggior parte resta inamovibile sulla propria posizione. Il comandante dà l’ordine di sparare, ma il plotone si rifiuta e gli ammutinati arrestano gli ufficiali. Nella mischia il minatore Vakoulintchouk è ferito mortalmente. La sua salma è esposta sulla banchina del porto di Odessa e la popolazione si raccoglie per dare un ultimo saluto. I marinai fraternizzano con gli abitanti della città. Improvvisamente un reggimento di cosacchi avanza sulla scala che sovrasta il porto e spara sulla folla; i manifestanti fuggono ned panico più assoluto. La nave salpa e attacca la squadra navale russa. Dopo una notte di attesa, al mattino, delle grida si levano dalle altre navi: “Fratelli! Fratelli!”.

12 Breton A., CEuvres complètes, I Tome, Alentours III, notes et variantes, cit., p. 1745 : in appendice si tr overà la pièce che Breton scriverà per e su Musidora. 13 Rapp B., Lamy J.-C., Dictìonnaire des Films, cit., p. 784.

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Ejzenstejn dopo aver girato Sciopero nel 1924, decide di accettare la richiesta di produrre un film che festeggi il ventesimo anniversario della rivoluzione del 1905. A causa di problemi logistici e climatici, decide di concentrare il suo film sull’episodio dell’ammutinamento del Potèmkin. Il film entusiasma il pubblico sovietico e poi quello intemazionale. L’originalità del film riposa sul rifiuto della concezione tradizionale e letteraria del personaggio a profitto del ‘tipo’ sociale e politico. Ma soprattutto la scelta di privilegiare le inquadrature in piano dettaglio e in primo piano, alla loro articolazione in un montaggio dal ritmo veloce, quasi parossistico soprattutto nelle scene più cruente, che sconvolgono il pubblico per il loro intento * • 14 comunicativo . Il film suscitò l’ammirazione dei Surrealisti tra i quali Desnos, che scrisse diversi articoli sull’opera di Ejzenstejn, sottolineandone la carica rivoluzionaria e gli ideali di fratellanza e di libertà manifesti in particolare in questa pellicola del 192514 15.

14 Rapp Bernard, Lamy J.-C., Dictionnaire des Films, cit., p. 188. 15 Desnos R., Cinéma, cit., pp. 161-3 passim.

Tre film surrealisti (1924-1930)

Tre film surrealisti (1924-1930) In questo capitolo si analizzeranno due film considerati unanimemente dalla critica surrealisti : Un chien andalou, L ’Age d’or, inoltre si è ritenuto opportuno esaminare anche Entr’acte perché da noi considerato un film surrealista a tutti gli effetti. L’intento è di mostrare l’utilizzazione delle tematiche surrealiste : sogno, attacco all’ideologia borghese, paradosso, humour noir, sovvertimento degli ideali morali e religiosi, etc. e i motivi che spinsero la censura a vietarne, nel caso di L’Age d’or, la diffusione e la riproduzione nelle sale. E evidente che l’analisi che ci proponiamo di fare non può essere e non deve essere considerata esaustiva, in quanto in sintonia con quanto sostiene Christian Metz : L’analyste [d’un film] n’ama jamais fini de l’explorer et [...] il ne doit pas chercher ime « fin »1.

In appendice riproponiamo in tabelle, seguendo l’ordine cronologico delle scene, le tematiche., gli elementi, le differenze e le analogie tra sceneggiatura e film.

Entr’acte a) Dopo alcune sequenze sui tetti di Parigi, si vedono all’intemo di un baraccone da fiera tre bambole. Le loro teste sono dei palloni di baudruche sui quali sono stati disegnati dei tratti umani: naso, bocca, occhi e capelli. I palloni si gonfiano sino a dare ai personaggi un aspetto gioviale. Successivamente, attraverso un vetro, si vede una ballerina (al ralenti) il cui tutù si schiude come un fiore. b) I tre palloni si sgonfiano progressivamente dando ai personaggi un aspetto avvilito e smunto, fino a che non divengono flosci. Dei 1 Metz C., Le signifìant imaginaire. Psychanalyse et Cinéma, Paris, Christian Bourgois Éditeur. 1984, p. 41.

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guantoni da boxe in azione (bianchi su fondo nero) diventano luci di una capitale a mezzanotte. Le luci scintillano, poi si fondono in un ammasso di sigarette accese nei capelli di un uomo che si gratta la testa. Quest’uomo gioca a scacchi con un altro signore (Man Ray e Marcel Duchamp sono i protagonisti di questa epica partita) sulla terrazza del teatro degli Champs-Elysées. Le sigarette diventano colonne di un tempio greco poi un silos per grano, mentre la scacchiera lascia intravedere Place de la Concorde che ben presto è sferzata dalla pioggia. Un getto d’acqua colpisce la scacchiera e fa disperdere gli scacchi, mentre una barchetta di carta naviga sui tetti tra scogliere di caminetti e onde di fumo. c) Vista dal basso la ballerina (a velocità normale) continua a danzare. Il fiore apre e richiude la sua corolla, allarga i petali, allunga i suoi stami: questi ultimi sono le gambe che si divaricano sino alla cucitura degli slip. Si vedono le braccia che fanno graziosi arabeschi, i piedini che danzano sulle punte, ili viso : è una donna con la barba! d) Segue l’immagine di una graziosa ballerina, che si dissolve in quella di un viso di uomo sovraimpresso sull’acqua. Giunge un cacciatore che compare sulla terrazza del teatro. Imbraccia il suo fucile e mira ad un uovo che danza su un getto d’acqua in un tendone di tiro al bersaglio di una fiera. Ma l’uovo si duplica si moltiplica. Qual è quello vero? Il tiratore esita, spara... l’uovo esplode: ne salta fuori una colomba che volando va a posarsi sul cappello di un uomo. Arriva un altro cacciatore (Francis Picabia) mira alla colomba, ma uccide l’uomo. Si raccoglie il suo cadavere dalla strada. e) Un carro funebre attende davanti ad una casa. Gli amici di famiglia scendono le scale. Sono molto contriti, benché un malaugurato colpo di vento si ostiini a sollevare le gonne delle signore. Sullo sfondo un drappo nero in cui è disegnato un cuore attorniato dalle iniziali: E. S. e F. P. (Erik Satie e Francis Picabia). f) Tutti gli uomini portano il gibus; una ghirlanda di fiori pende dal loro collo. Il primo tra loro si pone alle spalle del carro funebre dietro il quale si vede una corona di fiori. L’uomo sospira, alza gli occhi al cielo, pieno di tristezza e amarezza, poi stacca un pezzetto della corona fatta di pane, e lo mangia. Ma il convoglio si mette in marcia. Attorno al carro funebre,

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trainato da un dromedario, al posto dei fiori pendono prosciutti e salami. g) Il convoglio dapprima fa il giro di un Luna-Park poi, all’improvviso, affretta il passo. Le persone del seguito, tra i quali vi è un uomo senza gambe in una carrozzina, lo seguono a passo di corsa. Ma corrono al ralenti. I loro passi da giganti, alternandosi con gli entrechat della ballerina, li tengono sospesi tra cielo e terra. Il dromedario nel frattempo si è staccato dalle stanghe; il carro funebre lasciato a se stesso su una strada declive prende sempre più velocità. Vi è dunque un inseguimento epico e funambolico. h) Il carro funebre percorre la strada a tutta birra. Gli invitati corrono a più non posso, non più al ralenti, ma all’accelerato. Tra loro una donna senza fiato fa il possibile per restare al passo. Un podista si unisce al gruppo, ma la strada è lunga e la vettura, trascinata non si sa da quale potenza si inerpica sulle colline ad una velocità record. L’uomo senza gambe considerando la vacuità dei suoi sforzi, salta su dalla carrozzina e inizia a correre a gambe levate! Anche la velocità aumenta. Alcune automobili e un gruppo di ciclisti che passano a tutta velocità, si alternano con le persone del corteo come per darsi il cambio in questa inaudita corsa campestre. La strada adesso declive, svolta e la vettura avanza, avanza sempre più velocemente, mentre gli alberi e le ombre fuggono nello sfondo. In lontananza, il corteo si sparpaglia, si disperde ed ecco che la strada assume l’aspetto di montagne russe e il convoglio si trasforma in un toboga che precipita giù nel vertiginoso pendio, balza sulle alture, vira, affonda e si inabissa lungo le linee oblique del paesaggio con delle iperboliche sbandate. i) Improvvisamente, il carro funebre catapulta la bara in aperta campagna. I primi arrivati si preoccupano, si stupiscono, quando, come il pupazzo di una scatola a molle, il cacciatore trasformato in mago, sollevando il coperchio della sua bara ne salta fuori. Con la bacchetta magica in mano getta un ampio sguardo attorno a sé e fissa gli individui che lo circondano. Disperato per il loro triste aspetto li fa sparire uno ad uno. Per finire, non gli resta altro che sparire a sua volta e rivolge la bacchetta magica contro di sé in una sorta di hara-kiri. Al suo posto sullo sfondo appare un cartellone in cui è scritto “Fin”; ma da dietro il cartellone salta fuori un uomo che

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balzando in avanti lo strappa, cade a faccia in giù, passa un uomo che gli dà un calcio sulla tempia e lo fa tornare da dove era arrivato ricomponendo il cartellone con la scritta “Fin”. *

Questo film è a nostro giudizio quello che meglio manifesta le tematiche surrealiste dell’inatteso, dell’imprevisto, del meraviglioso, deW humour noir. La sua genesi è di per sé singolare: non esiste un vero e proprio scénario, se non si consideri una lettera inviata da Francis Picabia a René Clair, nella quale vi sono accennati alcuni elementi di un eventuale progetto di film, che verranno in seguito utilizzati da René Clair per creare il suo capolavoro. Nato come interludio ai Ballets Suédois, il cortometraggio è composto da una serie di intermezzi come se non vi fosse stato un vero e proprio montaggio. Il film può essere considerato un sogno, in cui prevale il carattere ironico, sarcastico, in quanto le scene si susseguono senza ordine cronologico, e temporalità e spazialità non sono bene definite. Le immagini iniziali sono già una dimostrazione di quanto suddetto; sin dalle prime inquadrature si passa dal mondo reale al fantastico grazie all’uso di immagini sovrapposte : dischi, guantoni da boxe e insegne luminose si fondono in un tutt’uno; si passa poi su di una nave fantasma che naviga tra i comignoli e i tetti di una città. René Clair quindi, utilizza la sovrapposizione delle immagini proprio per rendere l’effetto onirico e straniante. Molte sequenze sono cariche de\V humour noir caro a Breton ed ai Surrealisti: la danza dei fiammiferi sui capelli di un uomo che prendono fuoco; la partita a scacchi i cui pedoni sono presi a cannonate d’acqua; la ballerina protagonista di diverse sequenze del film che si scopre essere un uomo barbuto. Seguono la scena in cui sul viso di un uomo è sovrapposto un bersaglio, al quale mirerà Francis Picabia e che darà vita alla seconda parte del film in cui le scene umoristiche si susseguono: morte del cacciatore; singolare corteo funebre in cui alcune persone indossano una corona di fiori al collo; il carro funebre adomato di salumi e trainato da un dromedario; le corone di fiori fatte di pane; vi è poi l’inquadratura di un cuore in cui vi sono le iniziali di Picabia e Satie;

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un cul-de-jatte che improvvisamente si alza sulle sue gambe ed inizia a correre; alla fine del film, il cacciatore uscirà dalla bara vestito da prestidigitatore e farà sparire tutti gli altri personaggi. Nel film oltre agli evidenti temi deH’onirismo, deW humour noir, è presente anche il tema della morte: palloncino che si sgonfia, pedoni caduti sulla scacchiera, esplosione dell’uovo; uccisione del cacciatore; ed il tema della rivolta contro le regole morali (uomo vestito da donna, le gonne delle donne alzate dal vento), contro le regole sociali (ci si prende gioco del rito funebre) e contro le regole religiose (omicidio immotivato). In conclusione possiamo affermare che il film di Clair è senza dubbio da considerare surrealista, sia per le innovazioni che utilizza (sovrapposizione di immagini su tutte) sia perché non seguendo un ordine cronologico e annullando ogni riferimento spazio/temporale si avvicina a quella idea di commistione inscindibile tra pensieri in libertà e immagini, espressa da Breton nel suo Manifeste du surréalisme proprio nel 1924.

Un chien andalou Il film inizia con un prologo e una didascalia introduttiva, tipico incipit delle favole : “Il était une fois”. a) Sera; inquadratura di un balcone e di un uomo che affila un rasoio e guarda il cielo attraverso i vetri. Delle nuvole avanzano verso la luna piena. Poi una testa di ragazza, gli occhi spalancati. La lama del rasoio avanza verso uno dei suoi occhi. La nuvola copre la luna, mentre la lama del rasoio seziona in due l’occhio. Su questa scena si chiude il prologo. b) Nella scena seguente, otto anni dopo, si vede una strada deserta sotto la pioggia. Giunge in bicicletta un personaggio vestito di grigio scuro (“A” da questo momento in poi). Ha la testa, le spalle e i fianchi coperti con delle mantelle bianche. Al collo ha legata una scatola con delle righe oblique bianche e nere. “A” guida macchinalmente. Il manubrio lasciato libero e le mani sulle ginocchia. Inquadratura da dietro di “A” e sovrimpressione della strada che sta percorrendo. “A” avanza. Primo piano della scatola.

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c) Interno di una camera al terzo piano di un immobile sito nella stessa strada in cui vi è “A”. Al centro è seduta una giovane ragazza (“B” da questo momento in poi) che legge attentamente un libro. All’improvviso trasale; ascolta attentamente, si sbarazza del libro gettandolo sul divano che le è accanto. Il libro resta aperto. Su una delle pagine si vede un’incisione di La Dentellière (1669-1671 circa) di Jan Vermeer. “B” è convinta che stia accadendo qualcosa, si alza e va verso la finestra rapidamente. d) “A” si ferma sotto la finestra di “B” e senza opporre la minima resistenza, per inerzia, cade al centro di una pozza di fango con la bicicletta. e) Gesto di collera da parte di “B” che si precipita in strada. Primo piano di “A” steso per terra senza alcuna espressione, nella stessa identica posizione che aveva al momento della sua caduta. “B” esce di casa e si precipita su “A” baciandolo freneticamente sulla bocca, sugli occhi, sul naso. La pioggia aumenta sino a far sparire la scena precedente. f) Inquadratura della scatola le cui linee oblique si sovrappongono a quelle della pioggia. Delle mani aprono con una chiave la scatola e prendono una cravatta avvolta in un foglio di carta. Bisogna tenere conto che la pioggia, il foglio di carta e la cravatta hanno tutti delle righe oblique di cui varia sola la larghezza. g) La stessa camera della scena c). In piedi accanto al letto si trova “B” che contempla gli accessori che portava “A” - mantelle, scatola e colletto rigido con cravatta a tinta unita - il tutto disposto come se questi oggetti fossero indossati da una persona stesa sul letto. “B” decide di prendere il colletto, leva la cravatta a tinta unita e la sostituisce con quella a strisce che ha preso dalla scatola. La pone nello stesso posto dove vi era la prima cravatta, poi si siede vicino al letto come se vegliasse un morto (la coperta ed il cuscino sono spiegazzati come se in effetti ci fosse un corpo disteso). h) “B” ha la sensazione che ci sia qualcuno dietro di lei e si volta per vedere chi è. L’inquadratura rivela la presenza di “A” senza gli accessori che stanno sul letto. “A” guarda con attenzione qualcosa nella mano destra. L’attenzione si trasforma in angoscia.

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La ragazza si avvicina e guarda a sua volta cosa ha l’uomo nella mano destra. Primo piano della mano' in cui da un buco nero escono delle formiche. Nessuna di queste cade. i) Inquadratura in dissolvenza dei peli ascellari di una giovane distesa sulla spiaggia a prendere il sole. Inquadratura in dissolvenza di un riccio le cui spine mobili oscillano leggermente. Inquadratura della testa di un’altra ragazza presa dall’alto e circoscritta da un’iride, come se fosse un’immagine dentro l’occhio. j) L’iride si apre mostrando la giovane donna (“C” da questo momento in poi) al centro di un gruppo di persone che tentano di forzare un posto di blocco. Al centro del cerchio creato dagli agenti per respingere la folla dei curiosi, “C” tocca con un bastone una mano tagliata con le unghia dipinte che si trova per terra. Uno degli agenti le si avvicina e le parla con tono sostenuto, si abbassa e raccoglie la mano che accuratamente mette nella scatola di “A”. Salutandola militarmente, porge il tutto a “C” che lo ringrazia. k) “C”, nel momento in cui l’agente le restituisce la scatola, è invasa da una straordinaria emozione che la isola completamente. Essa è soggiogata dall’eco di una musica, religiosa e lontana, forse una melodia da lei ascoltata in tenera età. Soddisfatta la propria curiosità il pubblico si disperde. 1) La scena k) è vista da “A” e “B” da una finestra, essi sono invasi dalla stessa emozione provata da “C”, e piangono. Dondolano le teste come se seguissero il ritmo della stessa musica impalpabile. m) “A” si volta verso “B” come per dire: “Hai visto? Te l’avevo detto”. “B” guarda dalla finestra nuovamente la strada e vede “C” sola. Delle auto passano a tutta velocità. All’improvviso una di queste la investe. Allora “A” come se avesse il diritto di farlo, si avvicina a “B” e dopo averla guardata lascivamente, le tocca attraverso la stoffa i seni, che poi si vedono scoperti. Una bava sanguinolenta gli cola dalla bocca. L’espressione di “A” è cambiata, i suoi occhi brillano di cattiveria e di lussuria. La sua bocca enormemente aperta si richiude divenendo minuscola. n) “B” indietreggia verso l’interno della camera, seguita da “A” che continua a palparla. Cerca di divincolarsi e si libera dalla stretta di “A”. La bocca di quest’ultimo si contrae per la collera. “B” si rende

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conto di essere in una situazione spiacevole e indietreggia in un angolo. “A” guarda da ogni parte come se cercasse qualcosa. Ai suoi piedi vede il capo di una corda e lo raccoglie. Con la mano sinistra afferra un’altra corda. “B” guarda spaventata i gesti del suo aggressore. Questi avanza verso di lei trascinando con un grande sforzo ciò che è attaccato alle due corde, tra cui due frati e due pianoforti a coda. Su questi ultimi sono riposte le carogne di due asini. “A” trascinando a fatica l’enorme peso cerca di raggiungere disperatamente “B”. Fa cadere le sedie, i tavoli, una lampada. Quando “A” sembra sul punto di raggiungerla, “B” fa un salto e scappa. o) L’aggressore lascia le corde e si lancia all’inseguimento. “B” apre la porta della stanza contigua, ma non riesce a richiuderla in quanto “A” è riuscito a bloccarla con una mano. Questa, rimasta intrappolata tra la porta ed il battente, si contrae dolorosamente sotto lo sguardo di “B”. Alcune formiche iniziano ad uscire dalla mano e a salire sulla porta. p) “B” volge lo sguardo verso l’interno della stanza in cui è appena entrata, camera che è identica alla precedente: vede lo stesso letto sul quale è steso “A” la cui mano è sempre schiacciata dalla porta, vestito con le mantelle bianche con la scatola legata al collo, immobile, gli occhi aperti e un’espressione stralunata. q) Una didascalia annuncia: “Vers trois heures du matin”. Sul pianerottolo dell’appartamento si ferma un nuovo personaggio (“D” da questo momento in poi), che bussa introducendo le mani in due fori sulla porta e agita uno shaker. Come se qualcuno avesse suonato alla porta, “B” va ad aprire. r) “D” va direttamente verso il letto e con tono imperativo ordina ad “A” di alzarsi. Questi obbedisce, ma tentenna. Allora “D” prende “A” per il bavero, lo scuote e lo obbliga ad alzarsi. Dopo aver raccolto una ad una le mantelle, le getta dalla finestra. La stessa fine farà la scatola. “A” tenta di nascondere i legacci della scatola, ma “D” se ne accorge e punisce “A” ordinandogli di mettersi in piedi di fronte ad una delle pareti della stanza. “D” per la prima volta si voltai verso la cinepresa e inizia a cercare qualcosa dall’altra parte della stanza. L’immagine è sfumata, ma si percepisce chiaramente che “D” ed “A” sono la stessa persona.

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s) “D” va verso un leggio in cui vi sono dei libri, li prende e raggiunge “A”, al quale ordina di incrociare le braccia e gli posa in ciascuna mano un libro. “A” si gira verso “D”, i libri si trasformano in pistole. “A” minaccia “D”, questi alza le mani, ma “A” gli spara. “D” cade a terra ferito mortalmente, i suoi lineamenti si contraggono per il dolore. t) Da lontano si vede cadere il ferito, che non è più nella camera, ma in un parco. Accanto a lui vi è un donna seduta con le spalle scoperte. “D” cerca di aggrapparsi alle spalle nude, ma le sfiora accarezzandole e cade a terra. u) Inquadratura da lontano. Alcuni passanti ed alcuni custodi si precipitano verso il cadavere. Lo sollevano per le braccia e lo portano attraverso il bosco. v) Inquadratura dell’interno della camera in cui in precedenza si era svolta la scena tra “A” e “D”. Una porta, quella in cui era restata imprigionata la mano, si apre lentamente. Riappare “B”, che chiude la porta dietro di sé e guarda attentamente il muro contro il quale si trovava l’assassino - “A” che non è più là dentro. Sul muro della stanza non vi è alcun quadro, né mobili né suppellettili. “B” ha un gesto di impazienza. w) Inquadratura del muro in cui vi è una piccola macchia nera. Questa macchia vista da vicino è una farfalla ‘testa di morto’. Primo piano delle ali della farfalla. Riappare improvvisamente “A”, che porta la mano alla bocca. “B” lo guarda con sprezzo. Quando “A” ritira la mano, si vede che la bocca è sparita. “B” si passa il rossetto sulle labbra. Si rivede la testa di “A” e al posto della bocca iniziano a spuntare dei peli. “B” se ne accorge, grida e si guarda l’ascella completamente depilata. Inizia a fargli le linguacce, si mette uno scialle sulle spalle e aprendo la porta che mette in comunicazione con l’altra stanza si ritrova su una spiaggia. y) Vicino all’acqua vi è un uomo. I due si salutano molto amichevolmente ed iniziano a passeggiare in riva al mare. Inquadratura delle loro gambe. Le onde rigettano sulla spiaggia i legacci, la scatola, le mantelle e la bicicletta. I due continuano la loro passeggiata sulla spiaggia mentre nel cielo appaiono le parole : “Au printemps”.

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z) Tutto è cambiato, adesso si vede un deserto senza orizzonte. Il personaggio principale e la ragazza sono seppelliti nella sabbia sino al petto. Entrambi, ciechi, hanno i vestiti lacerati e la loro pelle è divorata dai raggi solari e da uno sciame di insetti. *

Un chien andalou è un film surrealista a tutti gli effetti per quanto una certa élite culturale dell’epoca abbia voluto appropriarsene. Il 15 dicembre 1929, sul n° 12 de «La Révolution surrealiste », Bunuel pubblica la scenografia ufficiale del suo film, sottolineando la sua piena adesione al Surrealismo : La publication de ce scénario dans La Révolution surrealiste est la seule que j’autorise. Elle exprime, sans aucun genre de reserve, ma complète adhésion à la pensée et à l’activité surréalistes. Un chien andalou n’existerait pas si le sunéalisme n’existait pas23.

Il film come si diceva, inizia con un incipit tipico delle favole: “Il était un fois” che immediatamente porta lo spettatore in una dimensione magica, a-reale. Segue la prima scena, in cui vi è il famoso taglio del bulbo oculare metafora surrealista di un’apertura ad una nuova visione della realtà da raggiungere, secondo le intenzioni di Dali e Bunuel, attraverso la fusione di realtà e sogno, dando origine così ad una “surrealtà” che lo stesso Breton nel Manifeste del 1924 aveva auspicato: Je crois à la resolution future de ces deux états, en apparence si contradictoires, que sont le lève et la réalité, en une sorte de réalité absolue, de surréalité3.

Il film continua mostrando uno dei protagonisti, il ciclista, che arriva pedalando tranquillamente, si arresta e cade senza opporre la minima resistenza, quasi come se non fosse egli stesso a decidere del proprio destino. La pellicola è un susseguirsi di immagini oniriche inframmezzate da scene riconducibili alla realtà. All’inizio si hanno una serie di sequenze in cui la pioggia aumentando di intensità cancella la scena 2 Kyrou A., Luis Bunuel, cit., p. 130. 3 Breton A., Manifestes du surréalisme, cit., p. 24.

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stessa; successivamente la pioggia, il foglio di carta in cui è avvolta la cravatta del ciclista e la cravatta stessa, avendo tutte delle linee oblique si con-fondono le une con le altre dando vita ad un’unica immagine. Ma a nostro giudizio è l’intero film ad essere onirico, in quanto i protagonisti, cosi come capita nei sogni, anche se recitano diversi ruoli sono sempre gli stessi, e allo stesso modo si passa da una stanza all’altra, ma in fondo si resta sempre nella stessa, perché tutte le stanze sono identiche ad eccezione di alcuni particolari come ad esempio la presenza o l’assenza di suppellettili. Dicevamo assenza - presenza, in realtà il film ruota attorno all’accostamento di due elementi antitetici: la cecità e la capacità di vedere. In assenza di questa capacitai sembra che l’uomo non possa vedere, ma secondo i Surrealisti e soprattutto secondo Bunuel e Dali è esattamente quando si è ciechi che meglio si può vedere, ecco perché iniziano la pellicola con il taglio dell’occhio; l’occhio tagliato non permetterà la visione rituale della realtà, ma ‘aprirà’ la donna protagonista ad una nuova visione del mondo. AH’intemo del film sono mostrati alcuni aspetti dell’amore. Sarà un amore frenetico: quando la donna soccorre il ciclista caduto in terra, baciandolo in tutto il viso. Sarà un amore doloroso: laddove la protagonista sembra vegliare un congiunto morto e disteso sul letto. Sarà un amore lascivo: nelle sequenze in cui il protagonista preso da un raptus toccherà i seni della donna ed una bava sanguinolenta gli colerà dalla bocca. Sarà, infine, un amore che porterà ad una “realtà altra” ossia alla morte: nell’ultima scena l’inquadratura svela i protagonisti seppelliti e divorati dai raggi solari e da uno sciame di insetti. Forse grazie al carattere onirico, non ci si accorse all’epoca del carattere provocatorio del film, che attacca le regole sociali, morali e religiose. Il tema della rivolta è rintracciabile in diverse scene ad esempio all’inizio vi è il taglio del bulbo oculare in cui è evidente la critica al modo di vedere la realtà della società del tempo; ci si prende gioco delle istituzioni miliari laddove si mostra il militare che raccoglie una mano mozzata la rimette in una scatola e la porge ad una donna

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facendo il saluto militare, come se avesse adempiuto ad un incarico importante. Nella sequenze in cui il ciclista - protagonista, palpa i seni della donna vi è un evidente attacco al comune senso del pudore, che oggi fa sorridere, ma se lo contestualizziamo, ci rendiamo senz’altro conto che comunque dovette suscitare scandalo nei benpensanti vedere non solo le mani sui seni coperti dal maglione, ma ancor di più la stessa scena con i seni nudi. Anche la religione è attaccata per esempio nella scena in cui il protagonista vuole raggiungere la protagonista, probabilmente per congiungersi con la stessa, ma è impedito nel suo intento dal fardello che deve trascinare sulle sue spalle: pianoforte a code, carcasse di animali, frati... come se utilizzando questa immagine metaforica Bunuel volesse indicare nel rispetto delle regole sociali l’impossibilità di amare realmente. Diverse sono le scene cariche di quell ''humour noir caro ai Surrealisti: il campanello - shaker è una di queste in cui si vedono due mani, che spuntano attraverso due fori praticati su di una porta, scuotere uno shaker come se fossero il campanello di un appartamento. Altra scena in cui è mostrato l’humour noir è senz’altro quella in cui il protagonista toglie la mano che copriva la sua bocca e l’inquadratura ci mostra il volto dell’uomo in cui la bocca è sparita e che nelle sequenze successive si ricoprirà di peli. Il regista fa diverse citazioni all’interno della pellicola: nella scena in cui la protagonista vede dalla finestra il ciclista che crolla terra, lascia cadere il libro di Vermeer La Dentellière. Le formiche che spuntano da un foro della mano del protagonista sono elementi presenti in molti quadri di Dali ed anche in La Corazzata Potèmkin in cui sono mostrati i vermi nel pane e nel cibo. La mano mozzata è una probabile citazione dell’opera di Magritte La traversée difficile (1926) in cui vi una mano mozzata in primo piano. La scena in cui i vestiti sono distesi sul letto è sembra che siano indossati da qualcuno ricorda il quadro di Magritte Faux Miroir (1928). Ciò dimostra, ancora una volta, come i Surrealisti seppero fondere insieme i vari mezzi di comunicazione esistenti (cinema, pittura,

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musica, scrittura) in modo da creare un nuovo modo di vedere, di sentire e di percepire la realtà. E da notare, inoltre, come non ci siano significative differenze tra scénario e film, probabilmente ciò è da imputare al fatto che sceneggiatore e regista sono la stessa persona e che quindi non c’è stato nel passaggio fra le due semiotiche un adattamento, bensì una trasposizione. In conclusione possiamo affermare che Un chien andalou è a nostro avviso il prodotto di un regista che in quel momento si considerava a pieno surrealista e che per il carattere fortemente onirico dato al film non fu attaccato da quella che si considerava l’intellighenzia dell’epoca in quanto grazie all’escamotage del sogno tutto poteva essere giustificato.

L’Age d’or

Dopo Un chien andalou, Bunuel gira nel 1930 il suo secondo film L ’Age d’or. a) La pellicola si apre con un breve documentario sugli scorpioni. b) Segue l’inquadratura di un capobanda (ruolo interpretato da Max Ernst) che scorge un gruppo di arcivescovi intenti a pregare, immersi in un paesaggio minerale. Il bandito corre ad annunciare ai suoi complici la presenza di alcuni abitanti di Maiorca (arcivescovi). Giunto alla sua capanna, trova i suoi amici in un strano stato di debolezza e depressione. Si armano ed escono tutti eccetto il più giovane tra loro che non riesce neanche ad alzarsi dal suo giaciglio a causa della debolezza. Si incamminano tra le rocce, ma uno dopo l’altro cadono a terra sfiniti per la fatica. Allora, il capo dei banditi si accascia senza speranza. Dal luogo in cui è accasciato, ode il mormorio delle onde del mare, si sporge dalle rocce e vede gli arcivescovi ora ridotti a scheletri disseminati tra le rocce. c) Una nave attracca su questa costa desolata e ripida. Sbarcano prelati, militari, monache, ministri e uomini e donne in abiti borghesi. Tutti si dirigono verso il luogo in cui ci sono i resti degli arcivescovi. Una folla segue il corteo delle autorità. Si tratta di posare la prima pietra per fondare la Roma Imperiale. Nel momento in cui viene posta

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la prima pietra si odono delle urla laceranti che distolgono l’attenzione generale. Nel fango, a due passi dal corteo, un uomo (“A” da questo momento in poi) e una donna (“B” da questo momento in poi) lottano amorosamente. Vengono separati. “A” viene schiaffeggiato e la polizia lo arresta. d) “A” e “B” saranno i protagonisti del film. “A” grazie ad un documento che rivela che egli è una persona eminente e che il Governo gli ha affidato un’importante missione umanitaria e patriottica, è ben presto rimesso in libertà. Da questo momento in poi ogni sua attività è rivolta alla conquista dell’Amore. e) “A” arriva nella villa dell’amata dove vi è una festa. Inquadratura del cortile della villa dove un guardiacaccia tramortisce il figlio tra l’indifferenza degli invitati. f) Inquadratura di “B” all’interno della sua stanza. Primo piano del letto sul quale giace una mucca. g) “A” nel frattempo entra in casa e si mette alla ricerca dell’amata. Schiaffeggia la padrona di casa, e infine riesce a ricongiungersi con “B”. Inizia una scena d’amore ancora una volta interrotta, in cui i gesti dei protagonisti sono violenti. Nel frattempo all’interno della villa alcuni camerieri prendono fuoco tra la totale indifferenza dei presenti. h) “A” riceve una telefonata dal ministro che lo aveva incaricato dell’alta missione umanitaria. L’eminente uomo politico lo accusa di aver abbandonato il suo incarico e che a causa di ciò migliaia di bambini e di anziani sono morti. “A” accoglie questa accusa ingiuriando il ministro e chiudendogli il telefono in faccia. Inquadratura dell’interno della stanza del ministro, dettaglio su una macchia di sangue e una pistola. i) “A” tenta di ritornare da “B”, ma il destino sembra volerli separare. Varie sequenze cariche di erotismo aH’intemo del giardino della villa che vede come protagonisti “A” e “B”. j) Inquadratura di “A” intento a gettare da una finestra un abete in fiamme, un enorme utensile agricolo, un arcivescovo, una giraffa, delle piume. k) Inquadratura dei sopravvissuti del castello di Selligny che attraversano il ponte levatoio coperto di neve. Dal castello esce una donna tramortita che rientra quasi subito. Subito dopo esce il conte di

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Blangis che impersona Gesù Cristo con le vesti macchiate di sangue. La donna e Gesù rientrano nel castello. Si ode un urlo. 1) Inquadratura della croce sulla quali vi sono gli scalpi di alcune donne uccise. Quest’ultimo episodio è accompagnato da un paso doble. *

Passando ad una comparazione tra film è scénario ci si rende immediatamente conto che il regista ha aggiunto diverse scene che non erano previste nella sceneggiatura: l’omicidio del bambino, lo schiaffo alla nobildonna, il calcio al non-vedente, il cane investito, i domestici che bruciano, il Vaticano in affitto, etc. Tutte queste aggiunzioni oltre che arricchire il film, mostrano gli intenti dissacratori del regista, che con la realizzazione di questa pellicola voleva scrollarsi di dosso tutti quei benpensanti che lo avevano osannato per la realizzazione del suo primo film e che egli disprezzava profondamente. Le tematiche sviluppate nel film mostrano l’attacco ai valori cristiani ed un’esaltazione delVamour fou. Una delle prime scene del filmi mostra, infatti, una serie di arcivescovi vestiti di tutto punto immersi in un paesaggio minerale, alcune sequenze dopo ritroviamo gli stessi arcivescovi nella stessa posizione diventati ormai scheletri. E il paesaggio ‘scheletrico’ che rende scheletri gli arcivescovi o sono questi ultimi a rendere mortifero l’ambiente in cui operano? La Chiesa Romana è ‘ridotta all’osso’, sembra la risposta tra le righe del regista. Altra sequenza in cui si attaccano apertamente i presbiteri, si ha quasi alla fine della pellicola quando ili protagonista getta dalla finestra una serie di oggetti tra cui un sacerdote. Nelle prime sequenze è manifesto il tema surrealista della provocazione, come ad esempio nelle sequenze in cui si assiste all’arrivo di una gruppo di notabili che posano la prima pietra della Roma Imperiale in una landa deserta, o nella scena in cui la protagonista è all’interno della sua camera da letto ed un’inquadratura ci svela che nel suo letto c’è una mucca coricata.

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L’acte surrealiste le plus simple consiste, revolvers aux poings, a descendre dans la rue et à tirer au hasard, tant qu’on peut, dans la foule45.

I momenti di provocazione si susseguono nel film: il calcio al non­ vedente, lo schiaffo alla nobildonna, l’uccisione del bambino, i camerieri arsi vivi tra l’indifferenza degli astanti, la scena d’amore interrotta durante la solenne posa della prima pietra. Quest’ultima scena, oltre a presentare i due protagonisti del film, ne svela l’intento: la ricerca dell’amore. Il tema dell’amore, caro ai Surrealisti, è presentato dal regista come uno dei principali obiettivi da ricercare nella vita terrena. L’amore surreale è un amour fou per il quale nessun ostacolo è insormontabile. Lya Lys e Gustave Modot, gli attori protagonisti, saranno separati all’inizio del film e si metteranno l’uno alla ricerca dell’altro. Amour, seul amour qui sois, amour charnel, j’adore, je n’ai jamais cessé d’adorer ton ombre vénéneuse, ton ombre mortelle. Un jour viendra où l’homme saura te reconnaìtre pour son seul maitre et t’honorer jusque dans les mystérieuses perversions dont tu l’entoures5.

All’interno della pellicola vi sono diverse sequenze cariche di erotismo, famosa è quella in cui la protagonista sugge l’alluce della statua nel giardino e quella in cui i due protagonisti si succhiano le dita della mano. La dimensione spazio-temporale non è ben delineata così come del resto accade nei sogni, altro tema surrealista, si passa infatti dal documentario, elemento di totale rottura con il film, alla scena della posa della prima pietra, seguono le scene in cui i protagonisti vengono separati per riunirsi dopo mille peripezie, per terminare con una scena slegata dal resto della pellicola (Gesù e la croce con gli scalpi delle donne). Si fa uso del flash-back per mostrare come il protagonista ha ricevuto l’alto incarico umanitario, che nel corso del film tralascerà di compiere causando la morte di donne e bambini, e che darà vita a una delle sequenze più ironiche del film, in cui il Primo Ministro 4 Breton A., Manifestes du Surréalisme, cit., p. 74. 5 Breton A., L "amour fou, cit., p. 110.

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rimprovererà aspramente il protagonista e per questo motivo sarà insultato. Bunuel cita, grazie all’uso delle immagini, due opere di autori considerati dai Surrealisti loro predecessori: Sade e Swift. In effetti le sequenze che mostrano l’omicidio del bambino ad opera del guardiacaccia e quelle in cui i domestici ardono vivi, richiamano il celeberrimo pamphlet che Swift scrisse nel 1729 A modest proposal for preventing the children ofpoor people from being a burden to their parents or country..., nel quale l’autore ironicamente suggeriva che per far fronte alle numerose bocche da sfamare sarebbe stato utile allevare i bambini irlandesi al solo scopo di farli ingrassare per poi utilizzarli come carne da macello! Non senza ragione nel Manifeste du surréalisme del 1924, Breton affermava: Swift est surrealiste dans la méchanceté. Sade est surrealiste dans le sadisme6.

Sade è citato nell’ultima sequenza, dove si mostra il castello di Selligny è un cartellone riporta alcune frasi che l’autore scrisse nel 1785, in Les 120 journées de Sodome. La sequenza che mostra gli abiti della protagonista adagiati su una sedia che sembrano contenere un coipo è una citazione involontaria del quadro che Magritte dipinse nel 1936, dal titolo In Memoriam Mack Sennett. Bunuel fa uso dell’ossimoro nella sequenza in cui si assiste all’omicidio del bambino, in cui l’