Alchimia e Spagiria dalla Grande Opera alla medicina di Paracelso 8827213279

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Alchimia e Spagiria dalla Grande Opera alla medicina di Paracelso
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Patrick Rivière '

'Alchimia e Spagiria

esoterismo e alchimia

Patrick Kivière Filosofo e giurista, responsabile del gruppo di ricerche alchemiche e spagiriche ·spagy-

ature·. insegna Simbolismo

ed Ermetismo alla Libera Università di Cahors (Lot). Ha pubblicato nel 1984 Sur /es Sentiers du

Oraa/ che tratta della continuità e dell'universalità dei simboli collegati al Graal.

ALCHIMIA E SPAGIRIA Quest'opera, ricca di citazioni, documenti e disegni, ha il merito di associare e applicare, per la prima volta, l'Alchimia della Grande Opera alla Spagiria medica di Paracelso, che ai suoi tempi riusci a trasferire fedelmente le teorie alchemiche in ambito terapeutico e "iatrochimico". Attraverso le numerose allegorie ermetiche, la cabala fonetica ed il simbolismo sotteso nelle operazioni alchemiche, l'Autore analizza la terapeutica alchemica riportando il lettore indietro nel tempo per consentirgli un approccio chiarificatore alla materia. Alchimia

e

Spagiria è un aiuto

prezioso per il ricercatore, radicato nella Tradizione ma nello stesso tempo rivolto al futuro. Questo libro ha vinto nel l 988 il "Prix du pelican d'or" al Festival lnternational de la Pensée Traditionelle et de L'Esotérisme.

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edizioni mediterranee

€ 17,50

PATRICK RIVIÈRE

Alchimia

e

Spagiria

Dalla Grande Opera alla Medicina di Paracelso

Prefazione del Dr. André Pajault Traduzione dalfrancese di Alessandro Dalla Zonca

ISBN 88- 272 -1327- 9

Illustrazioni di Marie-José Rivière Titolo originale dell'opera: ALCHIMIE ET SPAGYRIE O © Copy­ right 1986 by Patrick Rivière O Per l'edizione italiana: © Copy­ right 2000 by Edizioni Meditemuiee, Via Flaminia, l 09 - 00196 Roma O Printed in Italy O S. T.A.R., Via Luigi Arati, 12 - 00151 Roma.

Al grande Fu/canelli sulla cui esistenza reale non c 'è nessun dubbio. Alla memoria del nostro buon Maestro di Savignies, autentico Filosofo del Fuoco (philosophus per ignem): Eugène Canseliet F.C.H a lui che scrisse queste poche righe, non meno di dodici anni fa.

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A mio nonno Alessandro che, con amore, guidò i miei primi passi verso Dama Natura. A Marie-José "Smeraldo " della mia vita! A tutti gli "Artigiani idraulici" • autentici Fratelli della Rugiada + Cotta che operano sinceramente, giorno e notte alfornello, come Atorène e molti altri rimasti nell 'ombra deii 'Athanor ...

• La parola plombiers è stata tradotta come "Artigiani idraulici" in quanto si riferisce all'Idraulica alchemica (N. d. T.).

Indice

Pag. Avvertenza al lettore Prefazione del Dr. André Pajault

11 13

PRIMA PARTE La Spagiria o l 'applicazione delle leggi alchemiche l . Paracelso, padre della Spagiria

2. Le leggi fondamentali dell'Alchimia 3. Il linguaggio degli Adepti 4. I simboli alchemici 5. Alchimia, Cabala e Cosmogenesi 6. "L'Opus Minor" o il processo spagirico 7. La Spagiria nel mondo

19 27 56 73 85 96 105

SECONDA PARTE La Grande Opera alchemica

1 15 1 19 128

Introduzione alla Grande Opera alchemica l. "L'Alchimia: scienza, ma pure filosofia" 2. "La materia prossima e il suo fuoco segreto" 3. Il sigillo della Prima Opera, seguito dalle sublimazioni della Seconda 4. I l Mercurio Filosofale e la Terza Opera

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Conclusione Appendice Bibliografia

1 58 1 63 1 95

Avvertenza al lettore

Già da alcuni anni, si parla abbondantemente, in modo più o meno favorevole, di Alchimia, in occasione delle pubblicazioni letterarie così nwnerose. Quest'opera ha essenzialmente lo scopo di integrare la Spagiria medicale di Paracelso con il ristretto quadro ermetico (ma parados­ salmente così vasto) dell'Alchimia operativa, intesa più sovente sotto il termine generico di Grande Opera alchemica, visto che la Spagiria, messa in pratica, non costituisce che un'applicazione pura e semplice delle leggi alchemiche nel dominio propriamente iatrochimico o me­ dicale. L'Autore di quest'opera, che già da alcuni anni pratica in labora­ torio l'Opera di Ermete, s'impegna con ciò ad evocare con certezza quello che ha sperimentato da solo, nell'intimo dell' Athanor e a ri­ mettersi, per il resto, alla fiducia dei migliori Autori . ..

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Paracelso: il Grande Spagirista (1493-1541) (xilografia popolare dell567)

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Prefazione del Dr. André Pajault Dottore in Medicina, Reumatologo, Professore presso la Scuola di Antropologia di Parigi

Il mondo dei pensieri condiziona il mondo della realizzazione, tant'è vero che in ogni cosa l'essenza precede l'esistenza. Questa nuova opera, portata al Pubblico con il titolo di: Al­ chimia e Spagiria, ha il merito di essere inserita nel filone dello spi­ rito che conduce l'uomo alla sua origine, cioè a quella della Tradi­ zione Primordiale. Pertanto, possiamo vantarci di una scienza e di una tecnica che sembrano giunte al vertice, in quanto ci danno sulla materia :un potere apparentemente illimitato. Ciononostante, nel­ l'intimo di ogni essere rimane un'insoddisfazione. Quest'immenso potere è senza dubbio costruttore ma, ancor più spesso, distruttore! Per quel che riguarda lo studio dell'essere vivente, la scienza, mal­ grado i risultati spettacolari, va a finire in un bel ginepraio! Lo spi­ rito umano certamente ha dei limiti nella possibilità delle ricerche, ma il suo cammino verso la conoscenza non è per caso troppo im­ bevuta di questa concezione, strettamente materialistica, che porta la nostra società verso il declino? La ricerca attuale è essenzialmente fondata sull'osservazione di un avvenimento materiale, sulla sua misura, sulla sua ripetizione. Ciò avviene grazie alle enormi possibilità che la strurnentazione offre agli scienziati. Poi, ne deducono le leggi che reggono questo mondo fi­ sico, che è il solo accessibile al loro metodo sperimentale. Non appena si vuol lasciare il piano materiale per cercare di in­ travedere questo primum movens, l'essenza stessa della vita, si ab­ bandona il cosiddetto dominio scientifico per entrare in quello della

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filosofia: lo studio delle cause prime e degli ultimi fini e, sovente, filosofi e uomini di scienza si oppongono, come se la Conoscenza po­ tesse essere ridotta a frammenti e divisa. Malgrado tutto, noi non neghiamo il progresso della scienza uf­ ficiale, della tecnica sofisticata e della medicina moderna, ma rico­ nosciamo pure gli sbagli, gli sviamenti e le sregolatezze della nostra società contemporanea. Ascoltiamo l'appello e le sofferenze di co­ loro che hanno perso le chiavi dell'equilibrio e dell'effusione armo­ niosa dell'essere. Questo studio costituisce la risposta necessaria ad un ritorno alle fonti, al sapere tradizionale ed universale, trasmesso fin dalle gene­ razioni per liberare l'Uomo, per curarlo nel corpo e nell 'anima, per illuminarlo, per forgiare il suo avvenire. L'Uomo è materia e spirito: Microcosmo sottomesso alle stesse Leggi del Macrocosmo, di cui egli è parte integrante. Paracelso, al quale quest'opera è dedicata, insegnava in maniera sibillina come curare con successo l'Uomo integrale attraverso la Spa­ giria alchemica, scienza primordiale e totale per eccellenza .. . Sappiamo, ed è quasi inutile dirlo, che siamo nell'Era dell' Ac­ quario, il quale, grazie al fenomeno astronomicamente ricono­ sciuto, costituisce la precessione degli equinozi. Questo cambiamento di influenza, a cui è sottomesso il nostro pianeta, è accompagnato da una rivoluzione nel modo di pensare e nel cammino dello spirito verso la Conoscenza. Sotto l'influenza dell'Acquario, esiste un grande bisogno di spi­ ritualità e, per via di fatto, il mondo attuale ne sente forse la grande necessità, anche se questa si manifesta spesso in modo molto disor­ dinato.

André Malraux affermava: //XXI secolo sarà spirituale o non lo sarà! ... In verità si tratta di una definizione bella e propria, a propo­ sito dell'orientamento che dobbiamo prendere, definizione che pro­ viene dalla concezione sintetica dell'Universo e dell'Uomo, che è materia e spirito nello stesso tempo. Ciò che caratterizza la nostra società attuale affermava an­ cora Malraux- e la differenza di tutte quelle che l 'hanno preceduta, sta nell 'aver rigettato ogni spiritualità. Da qui, la necessità nell'an­ damento attuale di risalire alle fonti tradizionali che studiavano l'Uomo sotto il suo duplice aspetto. Non si tratta di rigettare la scienza esclusivamente materiale che era una tappa indispensabile nell'evo­ luzione, ma senza perdere nulla del suo sapere, il cercatore deve ora innalzarsi verso questa comprensione dello spirito, che anima tutto -

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ciò che è così notevolmente indicato dal simbolo dell'Acquario: questa doppia sinusoide che schematizza tutto l 'universo delle vibrazioni, delle onde, dell'energia creatrice che si manifesta sotto la sua doppia polarità. E qui, non abbiamo forse il legame tra la scienza della materia e la scienza dello spirito, che devono fondersi in una sola e stessa conoscenza? =,

L'uomo integrale descrittoci dalla Genesi, formato nel fango della terra ed animato dal soffio di Dio, in verità non può esser raggiunto che da questo cammino tradizionale, nel senso più nobile della pa­ rola. Coltiviamo il nostro giardino, . se è ancora possibile; vi ritrove­ remo la rivelazione della Legge naturale e il cammino della Legge spirituale e congratuliamoci con l'autore di quest'opera: Patrick Ri­ vière che, grazie solo all'orientamento dato alla sua vita quotidiana, ci inculca già l'esempio per guidarci con amore e fede sulla via del­ l'eterna Saggezza, quella della nostra Evoluzione:·· DR. ANDRÉ PAJAULT

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PRIMA PARTE La Spagiria o l'applicazione delle leggi alchemiche

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Aureolo Filppo i Teofrasto Bombasto di Hohenheim, detto Paracelso (incisione del l 540)

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l. Paracelso, padre della Spagiria

All'inizio del XVI secolo, al nascere del Medioevo, si doveva met­ tere in luce la figura d'un personaggio fuori del comune che faceva parlare di sé i giornali di tutta l 'Europa rinascirnentale. Colui che do­ veva attirare su di sé tutti i fulmini dei dotti saggi e medici della sua epoca era nato. Figlio unico di Wilhelm von Hohenheirn ( l ), discendente dei Bom­ bast von Schwaben, Filippo Teofrasto nacque ad Einsiedeln, presso Zurigo, nel l 493. Sua madre, Elsa Ochsner, era impiegata nel con­ vento di Notre-Dame-des-Ermites, e la casa di famiglia era situata sull'Etzel, in prossimità del "Pont-du-Diable". Suo padre, istruttore alla scuola dei minatori di Villach, influenzò profondamente il de­ stino di Teofrasto, facendogli scoprire ogni giorno i segreti della na­ tura.

Egli soggiornò ali 'Università di Ferrara, dove seguì dei corsi sotto la direzione di Nicolò Leonicenus, eminente studioso di lppocrate e di Galeno. Più tardi, si diplomò all'Università di Basilea. Ma, verso ill 5 1 5, i suoi studi dovettero prendere un indirizzo del tutto diffe­ rente, allorché incontrò a Wiirzburg il consigliere di Corte del Conte Palatino, l'abate Giovann i Tritemio (2).

( l ) Figlio naturale di George Bombast von Hohenheim, Gran Maestro del­ l'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni. Alcuni hanno preteso che lo stesso Pa­ racelso fosse un figlio naturale! (2) Johannes von Heidenberg, alias Johannes Tritheim ( 1462 -1 5 1 6), poiché era nato a Trittenheim.

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Quest'ultimo era molto versato nello studio delle Scienze segrete, chiamate in modo dispregiativo "occulte" dai loro detrattori, eminenti esperti dell'oscurantismo medievale. Poiché era Maestro e amico, sia dell'artista Albrecht Diirer, che del celebre mago Comelius Agrippa di Nettesheim, l'abate era riu­ scito a dare una perfetta definizione allo "Spirito della Natura". L 'arte della Magia Divina sta nellafacoltà di percepire l 'essenza delle cose nella luce della Natura (Luce Astrale) e nell 'uso dei poteri dell 'anima e dello Spirito per produrre de/)e cose mate­ riali prese dall 'universo invisibile e nelle operazioni dell 'Alto e del Basso che devono essere riunite e portate ad agire in maniera armonica. Lo Spirito della Natura (la Luce Astrale) è una unità che crea e forma tutte le cose e, agendo con l 'aiuto dell 'uomo, può produrre delle cose meravigliose. Questi processi sono compiuti conformemente alla legge. Voi im­ parerete a conoscere la legge, in virtù della quale queste cose sono compiute, se imparerete a conoscere voi stessi. La conoscerete grazie al potere dello spirito che sta in voi e vi conformerete unendo il vostro spirito all 'essenza che si sprigiona da voi. Se volete riuscire in questo compito, bisognerà che co­ nosciate il mezzo per separare lo spirito e la vita nella Natura e, inoltre, separare l 'anima astrale che è �n voi e render/a tan­ gibile. Dopo di che, la sostanza dell 'anima apparirà visibile e tangibile, resa oggettiva dalla potenza dello spirito.

L'autore della Polygraphie et Universel/e Ecriture cabalistique (3), La Stéganographie (4) e Des Sept Causes Secondes lottava contro la "Falsa Magia" e iniziava i suoi seguaci alla scrittura segreta degli Adepti. Ma la maggior parte dei suoi scritti fu distrutta o messa al­ l'indice sotto la pressione "ben pensante" del Sant'Uffizio! Secondo il Dr. Allendy, l'autore di Paracelso, il medico maledetto (éd. Gallimard, 1 93 7), l'abate Giovanni Tritemio avrebbe diretto una società di ermetisti riservati, alla quale sarebbe appartenuto Paracelso. Come sottolineò ai suoi tempi Eugène Canseliet (5) (il discepolo del­ l' Adepto Fulcanelli), l'emietico abate fu indubbiamente il suo solo (3) Traduzione di Gabriel de Collange, Jacques Kerver, Parigi, 1 57 1 . (4) Testo redatto verso i l 1 5 1 O a l monastero di Spanheim, poco tempo prima di recarsi in Baviera all'Abbazia di Wiirzburg. Se si crede al giomalista­ occu1tista P. V. Piobb: La Steganographia si doppia alla Polygraphia. (5) Eugène Canseliet: Alchimia, J.-J. Pauvert, Parigi, p. 1 57.

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Maestro di pensiero, "che non fu che per un evidente metagronismo che l'alchimista Salomon Trismosin, autore del Vello d 'oro, fu desi­ gnato come precettore di Paracelso, nell'edizione della su citata opera del 1613". D'altronde, il giovane Filippo Teofrasto Bombasto von Hohenheim non doveva utilizzare questo .pseudonimo di Paracelso che molto più tardi, prendendo il nome di un celebre medico del­ l'antichità: Celso, il quale, preceduto da Para, designava tutta la sua superiorità! Dapprima, munito del suo bastone di pellegrino, il giovane me­ dico aveva viaggiato a lungo attraverso l'Europa, in Germania, in Un­ gheria, nei Paesi Bassi, in Scandinavia, in Francia, in Italia, in Spagna, in Russia, persino, secondo diverse testimonianze, in Asia Minore, in Egitto e in India (6). In realtà, non si ritrova l'influenza della medi­ cina ayurvedica nei diversi lavori che riguardano l'Oro potabile e le triturazioni delle ceneri estratte dai vegetali! A proposito dell'esperienza acquisita durante i suoi viaggi, nella sua "Quarta Difesa", egli affermò:

... / viaggi che ho compiuto fino ad ora mi hanno rivelato molte conoscenze, poiche nessuno trova il suo maestro in casa e nes­ suno ha il suo precettore dietro la stufa. Le arti non sono tutte così racchiuse in una sola patria, esse sono estese attraverso il mondo intero. Esse non sono né in un sol uomo né in un so/ luogo, ma è necessario avvicinarle le une alle altre, raggruppar/e e cer­ carle ne/ loro proprio luogo. . . . Ogni uomo che vuoi vedere ed imparare deve andare dunque alla ricerca. Egli deve informarsi con coscienza, e nel momento in cui trova qualcosa di perfetto, deve proseguire e continuare le sue ricerche. ... Ma io sostengo che ho avutofino a questo momento ragione di aver intrapreso i miei viaggi, e che i miei viaggi sono per me mo­ tivo di lode e non di vergogna. Poiché io prendo la natura a te­ stimonianza, colui che vuole esplorare deve avanzare lentamente, mettendo la teoria prima della pratica. Sipercorre le Sacre Scritture parola per parola, la natura paese per paese. lpaesi sono come deifogli: è questo il codice naturale di cui è necessario girare le pagine. (6) Secondo B. de Telpnef, Arthur Edward Waite (cfr. Bibliografia) e G.F. Tig e Fr. Gibelin, numeri l e 2 della rivista Hamsa. Nonostante questo, Paracelso affermò lui stesso: Io non ho visitato né l 'Asia né l 'Africa, checché se ne dica. H. Barca: La vita di Paracelso, Maloine, Parigi, 1 914, p. 94. Allora, che cosa bi­ sogna credere?

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Di ritorno a Villach nel l524, egli si dà alla pratica della sua pro­ fessione e incomincia a redigere le sue opere, ma presto viene espulso, accusato di essersi mescolato a questioni confessionali. Noi lo ritro­ viamo nel 1526 a Strasburgo, dove esercita come chirurgo poi, nel 1527, è incaricato dal Senato di Basilea di occupare una cattedra al­ l'Università grazie all'interessamento del grande umanista Erasmo. Qui esplode interamente la focosa personalità di Paracelso, quando grida: Le stri nghe delle mie scarpe racchiudono più saggezza di Galeno e Avicenna insieme, e la mia barba ha p iù esperienza di tutto il loro sapere. ... / miei scritti non sono come quelli degli altri medici, delle liste di Ippocrate o di Galeno, ma un lavoro incessante, io li ho creati interamente in base ali 'esperienza, maestra suprema di tutte le cose. Quando voglio provare qualcosa, non cerco difarlo citando delle autorità, ma facendo appello all 'esperienza e alla ragione (7).

A partire da quest'epoca, come sottolinea Grillot de Givry (8), sappiano che:

Nessun uomofu in preda a più persecuzioni e nessunofu più lo­ dato. In effetti, il paradosso raggiunse il suo culmine. Mentre Erasto e Dassenio lo trattavano come mostro vomitato dali 'inf erno, come gi­ rovago e come Mago mostro oso (9), notabili e ricchi s'inorgoglivano delle loro guàrigioni quasi miracolose. Il Gran Maresciallo di Boemia e l 'Imperatore d'Austria: furono tra i più ferventi ammiratori di colui che dichiarava a chi voleva ascoltarlo:

(7) Cfr. Introduzione alla riedizione del pronostico di Paracelso, J. Weber Marshall. (8) Grillot de Givry: Proasrno della traduzione del Trattato delle Tre Prime Essenze, cfr. Bibliografia. (9) Magus monstruosus superstitiosus, impius, et in deum blasphemus mendacissimus, infandus, impostor; ebriosus, erro, monstrum abhorrendum. Das­ senio: Medicina Veterum, Col. Agrippae, 1 573, p. 202. Citato nella prefazione del Dr. Mare Haven a I Sette Libri del/ 'Arcidossa Magica di Paracelso, Ni­ claus, Parigi, 1976. ·

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Non è nelle nostre abitudini credere, insegnare e seguire ciò che non può essere confermato dali 'esperienza e dalla vera pratica ... Nel l5�8 e nel1529, egli sarà a Colmar, nel1531 in Baviera. Nel 1534 egli curerà la peste ad Innsbruck-Sterzing. Lo si ritrova a Vienna e a Villach nel153 7, prima di tornare a Salisburgo nel 1540 dove morirà in circostanze misteriose nel 1541 ( l0). Le sue opere, molto numerose, in cui espose chiaramente che il principio della medicina è l 'amore, dopo la sua morte, caddero più o meno in oblio a causa del loro carattere particolarmente ermetico. Tra i più celebri testi citiamo: Il Paragrano, le Arcidosse Magiche (7 libri); le A rcidosse alchemiche, il trattato De Vi ta Longa, il Liber Azoth, ecc. Se secondo Grillot de Givry possiamo annoverare tra coloro che si ispirarono al pensiero di Paracelso: Joubert, Argentier, Ronde/et, Roch le bai/li, David de Planis-Campy, le R.P. de Castaign e, l 'aba­ te Pompée-Colonne e Dom Pernéty (11 ), di certo possiamo aggiun­ gervi anche i fratelli J.B. e F.M. von Helmont che, nel XVII secolo, si distinsero per i loro numerosi lavori nel regno vegetale. A questo punto, quindi, possiamo a buon diritto interrogarci su quanto ci sia di vero alla base della Medicina Paracelsiana! ·

Lo stesso Paracdso definisce, nel Paragrano, i quattro punti essenziali della sua Medicina: -La Filosofia -l'Astronomia (leggi: l'Astrologia) -l'Alchimia -la Proprietas (leggi: la qualità propria, essenziale, intrinseca). Per quel che riguarda la Filosofia, Paracelso scriveva:

Che i l medico sappia ciò che precede l 'uomo, ecco la Filosofia e che egli non si occupi di niente di ciò che segue, ma di ciò che precede l 'uomo. Senza alcun dubbio, egli faceva allusione ali 'Energia vitale e allo Spirito dell'Universo (lo Spiritus mundi) che nutre continuamente ( l O) Cfr. Jacques Sadoul: La Grande Arte de/l 'A lchimia, Albin Miche!, Pa­ rigi, 1 973. (Il ) Grillot de Givry: Proasmo della traduzione del Trattato delle Tre Prime Essenze. Cfr. Bibliografia.

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la Natura. Cos 'è la Filosofia, se non la natura invisibile? e aggiun­ geva, esponendo che:

La natura è una luce che illumina molto di più della luce del sole ... al di sopra di ogni sguardo e di tutte le forze degli occhi. In qu.esta luce, le cose invisibili diventano visibili. ... Non conviene accontentarci della luce, che illumina le opere e che le rende visibili; ma dobbiamo cercare più lontano e pen­ sare che ciò chefa le opere è al di sopra dell 'opera stessa. Ecco, anche se schematizzata, la Filosofia come la intendeva Paracelso. Per quanto riguarda l'Astronomia, seconda base essenziale dell'edificio paracelsiano, essa si identifica con l'Astrologia pro­ priamente detta, e con influenze astrali esercitate nei tre regni della Natura, come vedremo più avanti. Paracelso riassumeva il suo pen­ siero dichiarando che:

L 'Astro è guarito dall 'astro. ... Tu non devi dire nella tua arte: "La melissa è un 'erba per l 'ute­ ro e la maggiorana per la testa ". Queste idee sono quelle delle persone prive di senso. Il loro effetto dipende da Venere e dalla Luna, che devono essere associate in presenza di un cielo favo­ revole, se vuoi che la loro azione corrisponda alle tue inten­ zioni. Ecco l 'errore che ha invaso la medicina. ... Sappi altresì che la preparazione del medicamento dovrà es­ sere sottomessa pure agli astri che compiono da soli l 'opera medica. Su di essi devono regolarsi la comprensione, il dosaggio e la natura del medicamento. Non parlate più difreddo, di caldo, di secco e di umido. Il medico è sulla giusta via se parla di Sa­ turno, Marte, Venere e del Polo. Egli deve saper sottomettere al suo v.olere, paragonare e unire nella loro azione Marte, sia come astro che come pianta. Ecco qui la, vera arte: io sono ilprimo ad aver mangiato ilfrutto; comprendete che la medicina deve penetrare negli astri, ed essa stessa deve diventare un astro (Paragrano). Per ciò che concerne i due ultimi fondamenti: l'Alchimia e la Con­ gruitas o Proprietas, noi tocchiamo il punto cruciale del pensiero di Paracelso. Il nostro vero medico conosceva perfettamente le leggi na­ turali su cui riposava l'Alchimia, benché questa fosse considerata come una delle più segrete Scienze sacre. Abituato alla lettura degli Adepti e grazie agli insegnamenti del­ l'Abate Tritemio e alla sua vivace perspicacia, egli riuscì ad effet24

tuare una specie di trasposizione delle leggi alchemiche generalmente applicate alla Grande Operà (12) nel campo iatrochimico (13 ) o medico. Solo, il suo genio sintetico gli permise di arrivarci. Lo stesso grande Adepto Basilio Valentino non ci arrivò che par­ zialmente nel suo Carro trionfale del/ 'Antimonio! Da ogni preparazione: minerale, vegetale, animale, Paracelso si sforzerà d'estrarre la Quintessenza ed è lì, in verità, che risiede tutta la grandezza del suo genio. È la sostanza midollare come la inten­ deva il suo pari, il buon François Rabelais (14), autore di Gar­ gantua e Pantagruel. Paracelso non temeva di affermare a questo pro­ posito:

... Dunque, poiché il cielo, e non il medico, regola la malattia per mezzo degli astri, bisogna dare alla pozione uno stato aereo che la renda in grado di esser guidata dagli astri. Nessuna pietra può ess_ere sollevata dagli astri; bisognerebbe chefosse volatile. Così la quintessenza, che molti alchimisti hanno ricercato, non è altro che l 'arcano, e l 'arcano è ciò che resta quando lo si separa dagli altri quattro corpi. Quest'arcano, d'altra parte, è un caos (di­ sordine cosmico) che può essere il giocattolo degli astri, come la piuma è il giocattolo del vento. La preparazione del medica­ mento consiste, dunque, nel separare i quattro corpi dagli arcani, nel sapere cioè quale astro presiede a questo arcano, nel cono­ scere in seguito l 'astro della malattia in questione e nell 'opporre alla malattia l'astro del medicamento. Ecco come viene regolata la malattia. Lo stomaco rende possi­ bile l 'intervento degli astri, altrimenti il rimedio, senza essere di­ retto, risiede nello stomaco per essere in seguito eliminato per via normale. La sc_ienza suprema del medico consiste nel cono­ scere la concordanza dei due astri, poiché è alla base di tutte le malattie, allorché l'Alchimia è lo stomaco esterno che prepara la pres�nza dell 'astro (Paragrano). All'ascolto della Natura e delle corrispondenze magico-astrali uscite dai discorsi di magia del Medioevo, Paracelso darà vita alla Spagiria di cui l'etimologia: Spao, spein =estrarre; agerein = rac­ cogliere, suggerisce abilmente l'estrazione della Quintessenza che avremo il piacere di esaminare più avanti. (1 2) Per il conseguimento della Pietra filosofale e dell'Elisir di lunga vita. (B) Da iatros in greco= medico. (14) Qualificato lui stesso astrattore di Quintessenza.

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Prima di terminare questo capitolo e di invitare il lettore a consi­ derare in dettaglio l'insieme di queste leggi alchemiche, interro­ ghiamoci su quanto c'è di vero nell'affermare che, secondo queste, Paracelso fu il vero precursore d'Hahnemann, il padre dell'Omeo­ patia! Così siamo rimasti molto stupiti nell'ascoltare una tale affer­ mazione durante una recente trasmissione televisiva, commentata dal botanico Jean-Marie Pelt e dedicata a Paracelso . . . Lasciamo a Paracelso la cura di definire se stesso con tutta l'ironia e l'Humor che lo caratterizzavano:

Io, Paracelso, Filippo, Teofrasto, Bombasto, dico che per arri­ vare alla Tintura dei Filosofi, ci sono, grazie alla volontà di Dio, parecchie vie. Ermete Trismegisto l 'Egiziano compie l 'o­ pera secondo il suo metodo. Il Greco Orus si servì dello stesso processo. L 'A rabo Hali impiegò un altro mezzo e ci riuscì. Il Tedesco Alberto Magno impiegò una procedura complicata. Per vie differenti sono giunti allo stesso scopo: assicurarsi delle ricchezze ed una lunga vita in questa valle di miserie. Io, Teo­ frasto Paracelso Bombasto, re degli arcani, ho ricevuto da Dio alcuni doni, grazie ai quali tutti coloro che vogliono pervenire al­ l 'opera dei Fisici devono imitarmi e seguirmi, siano essi italiani, polacchi, francesi o tedeschi. Voi non venite che dopo di me, ce­ lebri Filosofi, Astronomi e Spagiristi. Io vi insegnerò, Alchi­ misti e Dottori che avete posto la vostra gloria nei miei sublimi lavori, a rigenerare i corpi. Io vi farò conoscere la Tintura, l 'Arcano e la Quintessenza che danno la chiave di ogni mistero. Ognuno può sbagliare e non deve fidarsi che della prova del fuoco. In Spagiria come in medicina, bisogna sempre attendere che il fuoco abbia separato il vero dal falso. La luce della na­ tura ci indica ciò che noi dobbiamo ammettere. È grazie agli eccellenti insegnamenti della natura che posso affermarvi che co­ loro che, prima della mia venuta, hanno voluto esplorare il campo secondo le loro aspirazioni, si sono dimostrati molto stupidi. Seguendo i miei consigli, i plebei diventeranno nobili, ma, se si intestardiscono a seguire il loro vano metodo, i nobili ridivente­ ranno plebei. Lasciate da parte la digestione, la sublimazione, la distillazione, l 'estrazione, la soluzione, la coagulazione, la fer­ mentazione, la fissazione, gli .strumenti, i vetri, le storte, i tubi ritorti, i vasi di Ermete, i vasi di terre, i forni a soffietto e a ri­ verbero, lasciate i marmi e i carboni; allora, soltanto voi po­ trete utilmente dedicarvi al/ 'A lchimia e alla medicina (Della Tin­ tura dei Fisici, Capitolo primo).

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2. Le leggi fondamentali dell'Alchimia

La base delle differenti leggi alchemiche si riferisce obbligato­ riamente al simbolismo dei primi numeri. Quindi, in questo capi­ tolo esamineremo la simbolica ermetica dei primi dieci numeri che costituiscono la decade pitagorica. In seguito, affronteremo lo studio di un'altra chiave ermetica: la teoria sibillina delle Imp ronte che fu cosi cara a Paracelso. l NUMERI

L' Uni tà o numero l incarna perfettamente il Principio, l'Archeo (Archeus), da cui, del resto, l'Alchimia trae origine: archeo, l'inizio e secondo il buon Maestro di Savignies, Eugène Canseliet: -

...alché e arché sono tutt' e due uguali, p erché alché è la p rote­ zione, è l' antidoto (l). - Il numero l esprime perfettamente l 'uni tà della materi a, sulla cui verità le Università avevano ancora dei dubbi all'inizio del secolo e che, paradossalmente, gli· alchimisti proclamavano nel Medioevo in seguito alle asserzioni che datano di venti secoli e derivano da Era­ clito, da Leucippo e da Democrito. Infatti, nel nucleo atomico, il pro­ tone di carica positiva è il costituente: la materi a uni versale di tutti

(l) Eugène Canseliet: Le Feu du So/eil, J.-J. Pauvert, Parigi, 1 978. Discorsi raccolti da Robert Amadou.

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i corpi. I 92 elementi (2) della tavola periodica di Mendeleev sono i materiali intimi che rappresentano 92 complessi differenti di elettroni e protoni, di forme differenti, ma con un'energia compatta che riflette pure l'unità della materia. Dom Antoine-Joseph Peméty si esprimeva così nelle sue Favole greche ed egiziane svelate:

La materia è una in ogni cosa, dicono ifilosofi, perché è il prin­ cipio radicale di tutti i misti. Essa è in tutto ed è simile a tutto, perché è suscettibile di tutte le forme, ma prima che essa sia specificata ad alcuni esseri che appartengono ai tre regni della natura. Il giovane e compianto Albert Poisson menzionava, da parte sua, nell'opera Teorie e simboli degli Alchimisti (éd. Charcomac, Pa­ rigi):

Alla base della teoria ermetica si trova una legge fondamentale: l 'Unità della Materia (3). La materia è una, ma può assumere fonne diverse e, in queste nuove fonne, combinarsi e produrre corpi nuovi in numero illi­ mitato. Tale materia prima era chiamata anche semenza, caos, so­ stanza universale. Senza entrare nei dettagli Basilio Valentino stabilisce in linea diprincipio l 'unità della materia: Tutte le cose nascono da uno stesso seme; in origine sono state tutte parto­ rite dalla stessa madre (Cocchio trionfale dell 'A ntimonio). ·

Sendivogius, meglio conosciuto come il Cosmopolita, nelle sue Lettere è ancora più esplicito:

I Cristiani - dice - affennano che Dio al/ 'inizio ha creato una certa materia prima ... e che da questa materia, per separa­ zione, sono derivati dei corpi semplici che, mescolati gli uni agli altri, per composizione, hanno costituito ciò che noi ve(2) In realtà ne esistono di più (105), ma questi elementi supplementari sono .elaborati, in laboratorio, in maniera artificiale. (3) In questo caso si tratterebbe del nucleo dell'idrogeno. La materia è una, e dalla sua unità derivano i tre regni: il minerale, il ve­ getale e l 'animale. È ciò che ha fatto dire a Platone le seguenti misteriose pa­ role: 'Iùtto viene dal/ 'unità, e tutto ritorna al/ 'unità (Autore anonimo: La Grand lhlvre dévoi/é, Bibliothèque de l' Arsenal, 8 S 1 2844 ).

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diamo... Cifu nella creazione una specie di subordinazione così che i corpi più semplici servirono per la composizione dei suc­ cessivi e così via. Riassume quindi il suo pensiero in queste due fasi: 1° La produzione di una materia prima

che nulla ha mai prece­ duto. 2° La divisione di questa materia in elementi e infine, mediante questi, lafabbricazione e la composizione dei Misti (Lettera XI). Per Misto, egli intende qualsiasi tipo di corpo composto. D'Espa­ gnet, in accordo con Sendivogio, stabilisce l'indistruttibilità della ma­ teria e aggiunge che essa può solamente cambiare forma .

... Tutto ciò che possiede il carattere dell 'essere o della sostanza non può più perder/o, e, per legge di natura, non può passare al non essere. E per questo che Trismegisto dice nel Pimander, ch'tf nel mondo nulla muore ma che tutte le cose passano e si tra­ sformano (Enchiridion physicae restituae). Questo principio era messo in evidenza dagli alchimisti per mezzo dell'allegoria del serpente Ouroboros che si morde la coda e che a sua volta circonda l'aforisma: Uno, il Tutto ...

L'umorista Alphonse Allais, giustamente, aggiunse: Tutto è nel tutto e ... viceversa!

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- Il numero l esprime la dualità adatta ad ogni manifestazione. Le due polarità: positiva e negativa, sono messe in evidenza dali'elet­

tricità (polo+ e polo- dei fili conduttori). Nella stessa struttura del­ l'atomo, se il nucleo contiene un protone di carica positiva, gli elet­ troni che vi gravitano intorno sono di carica negativa. In questo modo è caratterizzato il simbolo dello Yin-Yang della tradizione orientale: l 'uovo cosmico androgino. Poiché nessun valore è perfettamente assoluto, il maschile porta in sé delle tracce di femminilità e vice­ versa.

YIN



YANG

Le due nature, maschile e femminile, attiva e passiva, positiva e negativa dei semi convenienti al regno vegetale ed animale, si ritro­ vano pure, secondo gli alchimisti, in quello minerale, riflettendo in modo particolare l'unione del Sole e della Luna, di M arte e di Venere nella favole ermetiche greco-latine. Su di un piano specialmente filosofico, per rispetto ali'Al­ chimia, non è vero che nell'uomo c'è pure una dualità tra anima e personalità? Ma, d'altronde, questa dualità può esser apparente e il buon senso popolare ci insegna con tono decisivo: Mai due senza tre ... - Il numero 3: la divisione dualistica non basta a render conto dell'autentica essenza delle cose. Solamente la trilogia filosofica lo permette. Del resto, è curioso notare che questa trinità o trilogia sacra si ritrova in tutte le tradizioni, sia orientali che occidentali: In Egitto si rappresentava con la triade: Osiride, Iside e Horus. Presso i Cabili, Axiokersos rappresentava il Sole, Axio Kersa, la Luna e Axieros, la Terra santa (la costellazione dell 'Orsa Maggiore). Nel Buddhismo, l'Hinayana (piccolo veicolo) incarna la triade sacra: il Buddha, il Dharma (la Dottrina) e la Sangha (la comunità costi­ tuita da coloro che seguono la legge). Questa triade è resa chiara dalla formula delle tre gemme (triratua): Vado a ripararmi in Buddha, vado a ripararmi nel Dharma, vado a ripararmi nella Sangha. =

Nell'Induismo, la divisione trinitaria prende le forme di Shiva, Vishnu e Brahma. Nella stessa maniera, nel mondo della Teosofia si 30

distinguono: Atma, Buddhi, Manas; La Monade, l'Ego, la Persona­ lità; la Vita, la Qualità, l'Apparenza . . . Lo stesso dicasi per quel che riguarda i tre Gunas che indicano i tre modi essenziali d'energia. ognuna delle prime tre qualità che vanno a formare la natura delle cose: tamas =l'inerzia, l'oscurità; rajas = l'azione; sattwa =la chiarezza, l'intelligenza. Nella Cabala ebraica. si nota il triangolo dei sefrri superiori: Kether (la Corona), Hochmach (l'Intelligenza) e Binah (la Saggezza). È pure la Trinità biblica dell'Antico Testamento:

È attraverso la Saggezza che l 'Eterno ha fondato la Terra. È grazie ali 'Intelligenza che egli ha rinforzato i Cieli. È per mezzo della Scienza che gli abissi si sono aperti. E che le nubi distillano la rugiada (Proverbi). L'importanza delle 81 Triadi nel Druidismo celtico lo dimostra: (un Dio- una Verità - una Libertà). Più generalmente è pure la Trini-Unità divina: Padre, Figlio e Spi­ rito Santo. Nello stesso contesto cristiano, si distinguono lo Spirito, l'anima ed il corpo, la cui ripercussione sul piano alchemico farà rispettivamente nascere il Mercurio, lo Zolfo ed il Sale. Sono i tre principi di tutte le cose che appartengono ai tre regni: minerale, ve­ getale ed animale. Al riguardo, Paracelso scriveva giustamente nel suo Paramirum:

Infatti, dobbiamo ringraziare la vita se non possiamo vedere questi principi (...), in quanto essa è un velo che nasconde le cose ed è nella separazione della vita che si svelano e si manifestano ... Del resto, sul puro piano alchemico si distinguono le tre Opere costituenti la Grande Opera. Ricordiamoci pure che nella Materia esistono tre stati: lo stato gassoso, lo stato liquido e lo stato solido. Basta pensare che anche nel dominio musicale sono necessarie al­ meno tre note per costituire un accordo armonioso. Sicuramente, Platone aveva capito l'importanza di ogni edifizio tripartito, quando insegnava nel suo Timeo:

Ma che due soli terminiformino una bella composizione, ciò è impossibile, se non ce n 'è un terzo. Perché bisogna che tra questi ci sia un legame che li avvicini tutt 'e due (Estratto da la Lettera Filosofica di Michel Sendivogius).

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Spiritus (spirito) -Anima (anima) - Corpus (corpo) ossia: Mercurio - Zolfo - Sale

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DEL SALE

Il Sale è la sostanza delle cose ed un principio fisso paragona­ bile all'elemento della terra. Esso alimenta lo Zolfo ed il Mercurio che agiscono su di lui fino a renderlo volatile, portandolo a loro perfezione. Per compenso il Sale li trattiene e li coagula, dando loro la sua natura fissa. Poiché è fisso e secco, unisce ciò che è liquido, e, disciolto in un liquido conveniente, serve a disciogliere i corpi solidi, dato che, d'altra parte, la sua natura fissa li consolida. La sua energia nascente gli dà forza quand'è sciolto dal Mercu­ rio e dallo Zolfo. Esso non è attivo a meno che non sia reso tale dagli altri due principi; allora la sua potenza viene messa in azione. Perché, mano a mano che l'armonia diventa grande tra i tre principi, uno di questi non potrebbe né esistere né agire nei confronti dell'altro. Sono il Sale e lo Zolfo che preservano i corpi dalla putrefazione, allonta­ nando le wnidità superflue capaci di causare questa putretudine. Nessun solido è privato di Sale, che viene chiamato il principio fisso, secco e stabile. È impossibile, senza la presenza di questo princi­ pio, formare un corpo. Quando bruciamo del legno, l'umidità somma­ riamente mercuriale e superflua evapora, e lo stesso accade alla ma­ teria grosso modo solforata e tumescente, che si conswna al fuoco ed evapora, tendendo alla perfezione grazie alla sua esaltazione. Però il Sale rimane nelle ceneri con l'wnidità radicale fissa, che non può né conswnarsi né distruggersi. DELLO ZOLFO

Lo Zolfo è un principio grasso e oleoso che unisce gli altri due principi completamente differenti per eccesso della loro siccità e umi­ dità, di modo che serve a questi come mezzo e legame per congiun­ gerli e tenerli insieme. Poiché ha la stessa natura dell'una e del­ l'altra sostanza, è caratterizzata dalla solidità del Sale e dalla volati­ lità del Mercurio. È suscettibile del fuoco che opera per mezzo della disseccazione e conswna il superfluo. È appunto in virtù di questa operazione che può coagulare il Mercurio, senza però perfezionarlo, in quanto il Sale, che gli è intimamente incorporato, lo aiuta con forza. Lo Zolfo produce gli odori, ma se la sostanza intera del Sale fisso, estratta dall'interno dello Zolfo, viene pure sparsa da tutte le parti del corpo, allora non darà nessun odore, come lo possiamo notare nel­ l'oro e nell'argento. 33

DEL MERCURIO

Il Mercurio è un liquido spirituale, un'aria rarefatta, gonfiata da un po' di Zolfo ed è il mezzo più vicino al calore naturale. Dà vita e vigore alle creature sublunari, fortificando quelle deboli. Esso ha le caratteristiche della natura dell'aria e lo dimostra grazie alla sua eva­ porazione. Allorché sente il minimo calore e, benché sia paragona­ bile all'acqua per la sua fluidità, non si contiene nei suoi precisi rapporti, ma in rapporti curiosi, come in quelli dell'umidità. Domina nei corpi imperfetti e corruttibili, perché possiede troppo poco Sale e Zolfo, ma dal momento in cui è ridotto ad una stessa natura molto proporzionata con gli altri due principi, esso compone un corpo incorruttibile, come lo vediamo nell'oro, da cui, a causa di questa meravigliosa proporzione, si può estrarre una medicina molto eccellente e salutare. Completiamo questo insegnamento con il seguente passo preso da: La Très Sainte Trinosophie del Conte di Saint-Germain:

... dirimpetto a me c 'era un altare giallo. Unfuoco puro se ne esa­ lava come se fosse alimentato dali 'altare stesso. Sul suo piedi­ stallo erano incise delle lettere nere. Vicino c 'era una torcia che brillava come il sole; sopra c 'era un uccello, i cui piedi erano neri, il corpo d 'argento, la testa rossa, le ali nere e il collo d'oro. Si agitava senza posa, ma senza usare le sue ali e poteva volare solo quando si trovava in mezzo alle fiamme. Nel suo becco c 'era un ramo verde. Il suo nome era Htikim (saggio) e quello de/l 'altare Ha/ltij (cardatore). L 'altare, l 'uccello e lafiaccola sono i simboli del tutto; nulla può esserfatto senza di loro. Essi stessi sono tutto ciò che è buono e grande. La fiaccola si chiama Majiìsf (mazdéen, dal Dio solare Ahura Mazda). - Il numero 4 esprime perfettamente i quattro elementi fonda­ mentali: il Fuoco, l'Acqua, la Terra e l'Aria. Nella Natura, questi quattro elementi sono costantemente in in­ terazione. Tuttavia, in laboratorio, essi possono essere divisi e con­ vertiti l'uno nell'altro, nel modo più completo e rapido da parte del­ l' operatore prudente. Così, la distillazione permette, grazie al calore contenuto nell'ele­ mento Fuoco, di portare un liquido (elemento Acqua) a trasformarsi in vapore (elemento Aria) e a condensarsi successivamente grazie al­ l'azione di un refrigerante, sotto forma di goccioline che ritornano di nuovo allo stato liquido. Lo stesso può accadere per un solido (ele-

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mento Terra) portato allo stato gassoso (elemento Aria) senza passare per quello liquido. Quest'operazione, in sé, è una sublimazione. Paracelso, a proposito degli elementi, scriveva:

Il mondo è così come Dio lo ha creato. In principio egli ne fece un corpo composto da quattro elementi. Fondò questo corpo pri­ mordiale sulla trinità del Mercurio, dello Zolfo e del Sale, e sono ' queste le tre sostanze di cui si compone il corpo nella sua tota­ lità. Perché esse formano tutto ciò che è contenuto nei quattro elementi ed hanno in sé tutte leforze e lefacoltà delle cose peri­ ture. In queste sono racchiusi il giorno e la. notte, il calore ed il freddo, la pietra ed il.frutto e tutto il resto non ancorafonnato. Quanto a Michel Sendivogius, egli scrisse nella sua Lettera Fi­ losofica:

L 'elemento è un corpo separato dal Chaos, affinché le cose semplicizzate possano consistere per mezzo di lui e in lui: è il principio di una cosa, come la lettera della sillaba. La dottrina degli elementi è molto importante, in quanto è la chiave dei sacri misteri della natura (4 ) (vedi illustrazioni delle pagine seguenti).

È importante aggiungere ai quattro elementi, le quattro qualità che spettano alla natura delle cose: calda, fredda, umida o secca, in cor(4) Miche) Sendivogius: Lettera Filosofica, Sébastiani, Parigi: .. Gli ele­ menti cooperano insieme, e si cambianofacilmente l 'uno nell 'altro, così vediamo la terra cambiarsi in acqua, l 'acqua in aria e l 'aria in fuoco. La terra si cambia in acqua, quando l 'acqua sotto forma di vapore, per mezzo del movi­ mento del calore del centro della terra ne penetra i canali naturali e ne riceve grazie all 'esalazione l 'essenza sottile, succede che non si nota nessuna diffe­ renza tra l 'acqua e la terra. Questa terra, ridotta in acqua per il calore del sole, innalzata nella regione media dell 'aria, dopo averla lasciata digerire per un po ' di tempo, si cambia in fuoco, formando così i tuoni e ifulmini. Chi è capace di cambiare un elemento nell 'altro, render le cose pesanti leggere, e le leggere pesanti, può chiamarsi vero Filosofo. Ciò avviene procurandoci un certo chaos universale, il cui centro contiene le virtù delle cose superiori ed inferiori, riducendo la terra in acqua, l 'acqua in aria e l'aria injùoco. Un elemento non esiste mai senza lapresenza di un altro, visto che ilfuoco si spegne senza l'aria, l 'acqua si imputridisce senza l'aria, la stessa terra non saprebbefare un globo senza l 'acqua, la quale, senza il con­ corso degli altri elementi, non potrebbe produrre nulla. l/fuoco purifica l 'aria, l 'aria l 'acqua, e l 'acqua la terra, e per il movimento delfuoco uno si perfeziona nell 'altro. .

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Il caldo e il secco generano il Fuoco Il caldo e ilfluido (o l'umido) generano l 'Aria Ilfreddo e ilfluido generano l 'Acqua Ilfreddo ed il secco generano la Terra Caldo Aria

Fuoco

Fluido (umido)

Secco

Acqua

Terra

4 ELEMENTI

3 PRINCIPI

2 SEMENZE

Fuoco ARIA ACQUA TERRA

ZoLFO SALE MERCURIO

MASCHILE (Sole) FEMMINILE (Luna)

l FRUTTO TINTURA

IL FRUTTO: Prima essenza dì tutte le cose che emanano dal tutto. Primo Fiat della creazione di DIO

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della NATIJRA

dei METALLI

dell'ARTE

rispondenza diretta con le quattro stagioni: la primavera, essendo di natura umida e calda, è in relazione con l'elemento Aria, l'estate, calda e secca, con l'elemento Fuoco, l'autunno, secco e freddo, con l'elemento Terra, e l'inverno, umido e freddo, con l'elemento Acqua. Ma il quaternario è pure il simbolo perfetto della Materia inerte, sotto la forma del quadrato. Quando la Materia si anima, il suo simbolo diventa il rombo, e una prova la troviamo nel motivo ornamentale della porta maggiore occidentale della chiesa di Santo Domingo de la Calzada, in lspagna, tappa iberica importante del pellegrinaggio alchemico di San Gia­ como di Compostella. I l rombo contiene del resto una quercia Kermès (ch'Hermes!) (5 ) e curiosamente la tradizione popolare vuole che il santuario protegga un gallo vivente in una vetrata collocata proprio vicino alla cripta che racchiude le reliquie di San Domingo. Infatti il gallo (gallus) (6) è il simbolo vivente per eccellenza della materia ri-animata ! . . . Se addizioniamo i primi quattro numeri che formàno la Tetraktys: l + 2 + 3 + 4 , otteniamo il l O, che è la famosa decade pitagorica, numero simbolico dell'Universo. Nella sua opera fondamentale: Il Numero d 'Oro, Matila Ghyka rivela che Nicomaco di Gerasa giu­ stamente qualificava la Decade di Tutto (nav),perché serviva da mi­ sura per il tutto come una squadra ed una cordicella nella mano del­ l 'Ordinatore ( Theologumena). - Il numero 5: i Filosofi ermetici proclamano pure che la Materia della pietra ha tre angoli nella sua sostanza (i tre principi), quattro an­ goli nella sua virtù (gli elementi), due angoli nella sua materia (fisso e volatile); positivo e negativo; maschile e femminile, un an­ golo nella sua radice (la materia universale o materia prima) che s'im­ parenta alle qualità vitali e spirituali della stella fiammeggiante a cinque punte. Il Pentacolo diventa il segno del ritrovo segreto delle Confrater­ nite pitagoriche e, nello stesso tempo, l'emblema della vita e della sa­ lute armoniosa nel seno del Microcosmo (7). È la perfetta imma­ gine della Quintessenza: è la quinta essenza alla quale ci conduce il

(5) Racchiudendo, del resto, ancora più da vicino la realtà! Vedi Fulcanelli:

Il Mistero delle Cattedrali, J.-J. Pauvert, Parigi, 1964, pp. 1 96- 1 97.

(6) I simboli del gallo e della quercia si ricongiungono, perché se la quercia fornisce la noce di galla, questa, a sua volta, libera il Chèrmes! (7) Vedi Patrick Rivière: Sur /es sentiers du Graal, R. Laffont, Parigi, 1 984.

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simbolo tibetano del chOrten o come la croce a punte uguali (che in­ dicano i quattro elementi), il cui centro ne rappresenta la provenienza (vedi pagina seguente):

Dal basso in alto: Te"a, Acqua, Fuoco, Aria, Etere

Chorten o sllipa

Immagine della Quintessenza al centro della Croce

... molti alchimisti si sono messi alla ricerca del quintum esse, che non è nient 'altro che i quattro elementi strappati al/ 'arcano, scrive Paracelso.

È il puro del puro, il sottile estratto dallo spesso dei trattati er­ metici e il midollo sostanziale riportato dalla prosa del buon Rabe­ lais, contemporaneo di Paracelso e astrattore di Quintessenza ... In Occidente, la lettera G, rappresentata al centro della stella fiammeggiante a cinque punte, simbolizza nella Massoneria pure in modo perfetto la Prima materia nella sua essenza. 38

- Il numero 6: ma, mentre il pentacolo o stella a cinque punte incarna il Microcosmo, l'esagramma, o sigillo di Salomone a sei punte, rappresenta il Macrocosmo come la Pietra Filosofale, che appartiene, grazie alla fissazione dello spiritus mundi o spirito uni­ versale, tanto al Macrocosmo quanto al Microcosmo. È l'effigie della conversione degli Elementi, la cui rappresentazione allegorica si trova sulla porta alchemica di Villa Palombara, vestigio conservato nel giardino di Piazza Vittorio Emanuele a Roma e che E. Canseliet ri­ portò magistralmente nei suoi Due Luoghi Alchemici (8).

La porta alchemica di Villa Palombara a Roma (secondo l 'incisione di Francesco Cancellieri, l 806) La stella a sei punte o doppio triangolo si identifica al Sri­ Yantra del Tempio Arcaico, il mistero dei Misteri, la sintesi di tutta la dottrina occulta. I due triangoli intrecciati costituiscono il Bouddhangams della Creazione. È il Satkona Chakram di Vìsnù a sei punte, ma che rap­ presenta il sette perfetto, poiché in tutti gli antichi trattati (Vedici o Tantrici) si trova il numero 7 sottinteso, sia come punto centrale rappresentante il germe dei sei sia come loro matrice. Il numero 7, in sé, rappresenta il settenario sacro (simbolizzato nella tradizione giudeo-cristiana dal candelabro a sette braccia), i sette grandi Rishis indù che corrispondono alle sette stelle della co­ stellazione dell'Orsa Maggiore (la Terra Santa: Axieros, presso i Ca-

p.

(8) Eugène Canseliet: Due Luoghi Alchemici, Jean Schemit, Parigi, 1 945, 41.

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biri), i sette Kumaras d'Oriente, i sette principi umani, i sette centri o chakras, le sette lettere che compongono la Parola perduta della Massoneria speculativa, i sette Astri: Sole, Luna, Marte, Venere, Mer­ curio, Giove, Saturno, in corrispondenza con i sette Metalli: Oro, Ar­ gento, Ferro, Rame, Mercurio, Stagno, Piombo; i sette colori dello spettro rappresentati dall'arcobaleno, i sette giorni della settimana, le sette note della gamma . . . Attraverso la leggendaria nascita di Biihma (secondo una delle tante interpretazioni) l 'Uovo d'Oro Brahmanda fa nascere i quattro Elementi contenuti nel quinto (l'Etere o la Quintessenza) ed è coperto da sette involucri che daranno origine ai sette mondi superiori e ai sette mondi inferiori. Sette è pure un numero ciclico che mette in evi­ denza le relazioni esistenti tra il ciclo lunare (quattro fasi da sette giorni) di ventotto giorni ed il ciclo mestruale delle donne, che è pure di ventotto giorni. In verità, 7 deriva pure direttamente dall'addizione di 3 + 4, cioè dall 'azione dello Spirito (3) sulla Materia (4) ! Così, si capisce me­ glio perché tutta la creazione è inevitabilmente basata sul Settenario Sacro . . . - Il numero 8 è quello della resurrezione alchemica. Bisogna uc­ cidere il vivo e resuscitare il m orto affermano i saggissimi Adepti. Ancora qui, il pellegrinaggio di San Giacomo di Compostella dimo­ stra di essere molto generoso, poiché il simbolo del crisma, che ne scagliona le sue tappe, ha giustamente otto punte (9). E appunto sulla Superficie del mercurio che lo si trova ed è il segno della fine della Prima Opera! I raggi di carbonchio dell'Ordine del Tempio avevano pure otto diramazioni. La tappa di Leon, anagramma di Noel, simbolizza tanto la rinascita dell'operatore quanto quella della sua materia, poiché è in questo luogo che l' alchimista Nicola Flamel, incontrò (stando alla leggenda e visto che in verità non lasciò mai la sua botteguccia parigina) Mastro Canches (anagramma di Chances) che l'illuminò sia sull'identità della materia sia sulla Via da seguire ( l 0). Nella Gnosi primitiva, i due Tetraédi Bythos, Sige, Pneuma, Aletheia, Anthropos, Ekklesia, Logos, Zoè si uniscono per formare l' Ogdoade originale comprendente le otto emanazioni. Il fatto che

(9) Vedi Luis Charpentier: Les Jacques et le mystère de Composte/le, R. Laf­ font, Parigi. ( I O) Vedi il nostro articolo apparso sul no 280 della rivista Atlantis e intito­ lato: "De Léon . . . et Noel".

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l 'Ogdoade preesistente sia il prototipo dell 'Ottaedro astrale composto dalle stelle fisse e dai sette cieli planetari è confermato dal grafismo del nwnero 8 dove il cerchio inferiore, per semplice riflesso, corri­ sponde al cerchio superiore. Anche il numero 8 diventa il simbolo evidente della rinascita permanente su dei piani successivi. - Il numero 9 è quello che precede la fine. È l'Unità-Enneade (le nove emanazioni divine) della cosmogonia egiziana: Atwn-Ra (il sole), Schu (l'aria e la luce), Tefnut (l'umido), Geb (la terra), Nut (il cielo), Osiride, lside, Seth e Neftis. In un certo senso il nwnero 9 è il geroglifico del feto nel seno ma­ temo. È un'allusione al serpente Ouroboros, un ritorno verso l'Unità. Non dimentichiamoci pure dell' importanza di questo numero nel simbolismo templare. Il beaucéant aveva infatti ottantun casi (9 x 9)! E per via di conseguenza, esso scagliona le opere allegoriche di Dante: La Divina Commedia, La Vita Nova . . .

Nove fiate già appreso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare. . Ella era in questa vita già stata tanto che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d 'oriente de le dodiciparti l 'una d'un grado, sì che quasi dalprincipio de/suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono ( Vita Nova, Cap. Il). Il numero 9 è pure di un grande valore ciclico; pensiamo al ritmo respiratorio wnano che è in media di diciotto per minuto (2 x 9), ora, con una giornata di ventiquattro ore, otteniamo: 1 8 x 60 x 24 25.920, il numero preciso del Grande Anno Platonico (25.920 anni )! È il tempo esatto che ci impiega il sole a percorrere il suo tragit­ to apparente nei dodici segni dello Zodiaco, cioè 2 1 60 anni per segno. Ora, se dividiamo questo periodo per 30, otteniamo 72 anni: la durata media della vita, senza dimenticare che l 'uomo ha una media di settantadue pulsazioni cardiache per minuto . . . (vedi Quadrato Ma­ gico della pagina seguente). La più eloquente sintesi che si possa avere da questi primi numeri, viene espressa dal centro ,del quadrato magico, che può esser appli­ cato benissimo afl 'elaborazione della Grande Opera e di cui il buon =

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Maestro Eugène Canseliet ci dà una completa interpretazione nel suo libro A lchimie ( 1 1 ) :

4

9

2

3

5

7

8

1

6

Il Quadrato Magico

Seguiremo così il cammino rigoroso dell 'opera ermetica e im­ pareremo che ci vogliono 2 soggetti (agente e paziente), di cui il primo, che è 4, sarà unito, grazie al mediatore 6, al secondo poiché deve pesare due volte di più, ossia 8. Successivamente avremo la serie delle sublimazioni che Fila­ lete chiama le "aquile ". Il prestigioso adepto ci assicura che la 5• di queste reiterazioni discioglie la luna, la 7• il sole e ci spe­ cifica pure difamefino a 9. Ma il nostro eminentissimo lavoro è perfetto con il numero sette o nove. È allora che intervengono le tre soluzioni successive che realizzano ilfamoso assioma Solve et Coagula, e il cui ri­ sultato sarà spinto all 'u ni tà assoluta della Pietra filosofale per mezzo del regime lineare della cozionefinale. E per coagulare, un po' più lontano, leggiamo:

... Il meno significativo a riguardo non è di certo la somma co­ stante del numero 15. Infatti, non si saprebbe insistere più ener­ gicamente sull'invariabilefrazione dell 'aiutante salino, avuto ri­ guardo al peso totale dei due protagonisti minerali, che bisogna unire indissolubilmente, per la generazione, benché reputata im­ possibile, del più bel bambino degli uomini! ...

(1 1 ) Eugène Canseliet: Alchimie, J.-J. Pauvert, Parigi, 1 964, pp. 1 1 4- 1 1 5.

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La Quintessenza o Sigillo di Salomone

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LA TEORIA DELLE IMPRONTE Paracelso, scrivendo: L 'astro è guarito dall 'astro, è stato il pre­ cursore di Hahnemann e dell'Omeopatia, attraverso la legge delle sembianze (Similia similibus curantur) e delle alte diluizioni cente­ simali? Oppure Paracelso volle esprimere piuttosto l'esistenza di una certa Teoria delle Impronte nella Natura? D'altronde, questa Teoria de l le Impronte non è una applicazione pura e semplice della legge tradizionale di analogia naturale che, di essenza intuitiva e sottile, costituisce uno dei pilastri della Saggezza ermetica? Il grande mistico Jacob Boehme nel suo Signatura Rerum (Del­ l' Impronta delle Cose) esprime le corrispondenze naturali dei tre regni. Come Cornelio Agrippa di Nettesheim, Paracelso stabilisce delle tavole di corrispondenze, rendendo perfettamente l'idea della sua affermazione: l 'astro è guarito dall 'astro ... Queste strette relazioni tra gli astri, l 'uomo e i tre regni della Natura, permettono in sintesi le seguenti tavole:

0 Sole )) Luna {5 Terra � Mercurio S? Venere d' Marte

Oro Argento Antimonio M�curio Rame Ferro

2.1- Giove 1t Satumo

Stagno Piombo

il cuore - sistema cardio-vascolare cervello - stomaco - umori purificazione del sangue e delle tossine sistema nervoso in generale ghiandole - malattie infettive e reni vescica biliare - anemia per mancanza di ferro fegato e polmoni milza - scheletro, malattie di languore

Bisogna inoltre aggiungere Urano che corrisponde allo Zinco, al Manganese, Plutonio al Cobalto.

Nettuno

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Secondo Robert Fludd il Diapason costituisce la totalità del Microcosmo ...

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SOLE erba angelica frassino pimpinella botton d'oro camomilla celidonia ginepro rosmarino viola del pensiero erba di San Giovanni noce centaurea ruta girasole tormentilla viperina sanguisorba

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LUNA ieracia cavolo salvia crescione cetriolo fiore di giglio (o fiordaliso) giglio ninfea chiodo di garofano atreplice piantaggine susino papavero portulaca primula ligustro segale

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MERCURIO cardo selvatico felce nocciola marrobbio lavanda mughetto liquirizia capelvenere maggiorana gelso avena pastinaca cetronella valeriana prugnolo, susino selvatico basilico ranuncolo lino aglio genziana biancospino luppolo ortica

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VENERE alcanna spuria edera albero fagiolo pruno ciliegio castagno primavera odorosa pratellina margherita digitale ribes altea selvatica calderugia alchemilia garofano indiano rosa canina serpollino artemisia prezzemolo pero pervinca piantaggine susino papavero primula regina dei prati segale saponaria acetosa fragola verbena frumento millefoglia (achillea) menta

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MARTE prugno lo berberis (crespino) basilico brionia benedetta ranuncolo aglio genziana biancospino issopo luppolo ortica cipolla rafano rabarbaro tabacco assenzio

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GIOVE serpollino agrimonia asparago melissa barbabietola bianca mirtillo borragine cerfoglio castagno dente di leone bardana indivia fico violacciocca lingua cervina porro quercia rosa cardo

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SATURNO acetosa fragola verbena frumento cotogno borsa di pastore tamarisco spino nero guado sigillo di Salomone grano saraceno epilobio tasso cipolla pino ravanello rabarbaro tabacco assenzio amaranto faggio omithopus pie' d'uccello fiordaliso crescione olmo felce fumaria gladiolo viola del pensiero cicuta maggiore agrifoglio edera nespolo muschio polipodio di quercia pioppo

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Nella Signatura Rerum, Jacob Boehme aggiunge le seguenti precisazioni:

Il dottore non deve assolutamente dare alla malattia calda Sa. turno senza Marte; se cosìfacesse, accenderebbe le Jlìe di Marte, svegliando Mercurio nella sua proprietà di morte. - Marte deve guarire ogni malattia marziale, però la medicina dovrebbe prima addolcire un medicamento marziale con Giove e Venere, cambiando il.furore in gioia. - Se si dà solamente del Satumo per una malattia marziale, questo si spaventa e cade nella proprietà di morte e, come il .fuoco del corpo, desta subito il Mercurio nella proprietà fredda. Il medico si deve guardare dal/ 'usare Marte grezzo per una ma­ lattia calda, nel quale Mercurio è completamente acceso, perché esalterebbe ancora dipiù il.fuoco del corpo; bisognerà prima cal­ mare Marte e Satumo, rendendo/i allegri. Tutto questo ci permette di far apparire le seguenti associazioni armoniose: Marte & Venere Venere & Giove Giove & Marte Sole & Luna Nello stesso modo si hanno le seguenti opposizioni dissonanti: Luna :f: Marte Sole t= Saturno Venere :f: Saturno Marte t= Luna Giove t= Mercurio Sole t= Marte Osvald Crollius, nel suo Trattato delle Impronte o vera e viva ana­ tomia del grande e piccolo mondo ( 1 2) ci permette di apprezzare ( 1 2) Osvald Crollius: Trattato delle Impronte o vera e viva anatomia del grande e piccolo mondo, Sebastiani, Parigi, 1 976. Le noci ... hanno tutte laforma della testa: perché la scorza verde dell 'ester­ no rappresenta il Pericranio; ecco il motivo per cui il sale di queste è utile per le lesioni al Pericranio. La scorza dura assomiglia al cranio. La pellicola che racchiude il cervello rappresenta la meninge, o membrana del cervello. Il nòc­ ciolofa vedere interamente il cervello, ragion per cui ne elimina i veleni, e pol­ verizzato con dello spirito di vino, lo rinvigorisce molto, a condizione che lo si applichi su questo sottoforma di cataplasma o di impiastro (estratto dal ca-

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questa teoria sulle altre piante analogiche dove lasceremo apparen­ temente l'Astrologia per preoccuparci delle impronte delle piante che rappresentano le parti del corpo umano (vedi Appendice). Ecco, vediamo che la noce nel suo guscio presenta perfetta­ mente le circonvoluzioni cerebrali e di conseguenza l'azione tera­ peutica dei suoi principi attivi si applicherà principalmente ai traumi cranici. Ispirandoci a questo esempio si può notare che il fungo comune­ mente denominatofegato di bue (o lingua di bue) che cresce qualche volta sulla corteccia del castagno, assomiglia così tanto ad un fe­ gato umano che lo si può applicare terapeuticamente nelle affezioni epatiche. Del resto, la sua denominazione scientifica sembra con­ fermare questa ipotesi: fistulina hepatica. Quanto al fagiolo, osservando la sua forma, non ci viene subito da pensare al rene dell'uomo? Infatti esso è un eccellente diuretico a caus.a della notevole quantità di potassio che detiene. Potremmo moltiplicare questi esempi alt 'infinito e un solo trat­ tato non basterebbe per elencarli. Ma le Impronte non sono sempre così evidenti e a noi manca come prova la colorazione delle diverse tinture vegetali. Secondo Paracelso, il donum coeli: la Chelidonia (chelidonium, erba delle verruche o grande celidonia) dimostrerà di essere molto ef­ ficace nelle affezioni bil iari, perché la sua tintura alcolica giallo­ verdastra si identifica perfettamente al colore della bile. Ora, effetti­ vamente, la Celidonia s'avvera di essere un potente colagogo ed un coleretico naturale. Lo stesso dicasi per l'erba di San Giovanni (hypericum o san­ guinaria) che libera un colore rosso sangue e che dimostra di essere molto efficace come cicatrizzante. E le Impronte possono mostrarsi ancora più penetranti. Secondo i lavori di Rudolf Steiner, fondatore dell'Antroposofia (13) e dei laboratori Weleda, il metodo della cristallizzazione sensi­ bile al cloruro di rame ( 1 4), scoperta e perfezionata dal biologo Eh-

pitolo: "De la Signature des plantes représentant les parties du corp humain", ossia "Dell'Impronta delle piante che rappresentano le parti del corpo umano"). (13) RudolfSteiner (1861 "1925) definiva cosi la sua scienza spirituale: L 'A n­ troposofia e una via che conduce lo spirito, che è nell 'Uomo, allo spirito che è nell 'Universo. (14) Esso forni un reattivo alle forze formatrici degli esseri viventi. Si versa rìna soluzione di· q�esto sale di rame su una placca di vetro, limitata da

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renfried Pfeiffer, giunse a mettere in evidenza delle analogie parti­ colarmente apprezzabili. Effettivamente si può notare un'analogia perfetta tra una radice di Aconito Nape/ e la sezione del midollo spi­ nale bovino o anche, per esempio, tra il fiore della camomilla e la sezione di un intestino crasso. Del resto, è perlomeno curioso constatare che l 'impronta biliare della Celidonia si trova confermata dalle analogie che risultano dal confronto di cristallizzazioni delle viscere di animali con il succo pro­ veniente dalle radici di Celidonia e da una triturazione di vescicula biliare. Leggendo questo capitolo, effettivamente possiamo renderei conto che:

Ciò che sta in basso è come ciò che sta in alto, e ciò che sta in alto è come ciò che sta in basso; mediante queste cose si com­ piqno i miracoli di una sola cosa ... (La Tavola di Smeraldo di Er­ mete Trismegisto) .

E come affermava J.-Ph. Rhumelius:

Quando il simile ritrova il proprio simile, ne derivano delle cure inaspettate.

un anello di vetro e si lascia evaporare lentamente, in un boccale mantenuto a temperatura costante, con delle condizioni igrometriche costanti. Il sale. allora, si cristallizza secondo le leggi e leforze minerali racchiuse in sé. Il conglomerato di aghi cristallini esprime queste leggi e queste forze. Ma se si aggiunge alla soluzione di sale di rame qualche goccia di un succo vegetale o di un estratto d'organo animale, persino del sangue umano, ecc ... cioè una sostanza che proviene dai regni viventi, allora gli aghi cristallini si muovono performare dei disegni molto caratteristici (immagini cristalline). Si scorgono delle disposizioni con forme raggianti, piumose, fogliose, degli in­ cavi arrotondati, lenticolari, quadrati, a mulinello, ecc... Ogni aspetto è specifico della sostanza organica che è stata aggiunta. Anzi: queste immagini rivelano la qualità interna del succo di cui abbiamo parlato: una sostanza giovane. traboccante di vita, in piena crescita. darà un 'im­ magine del tutto differente da quella di una sostanza vecchia o pericolosa (Wilhelm Peli.kan: L 'Uomo e le piante medicinali, Triades, Parigi, 1975).

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3 . Il linguaggio degli Adepti

Gli scritti e le allegorie che si riferiscono all'Alchimia appaiono, di primo tratto, molto ermetici. Il linguaggio è spesso molto oscuro e le interpretazioni sibilline. È un pasticcio di zolfo, di sale, di mer­ curio, di olio, di crema, di spirito, di anima, di testa di morto, ecc . . . , aggiunto ad un imbroglio di formule più o meno astratte e di appel­ lazioni originali: testa di corvo, sangue del leone verde, colombe di Diana, ecc . . . Tuttavia, quando questi testi provengono veramente dai Filosofi ermetici, vi troviamo, e rendiamocene conto, un gran rigore e una grande precisione; ma il velo chiude la realtà che raramente viene espressa senza di lui, da qui i qualificativi di invidioso e di caritate­ vole, attribuiti rispettivamente agli autori fallaci e a quelli sinceri, che talvolta tolgono il prestigio al tradizionale segreto con il pensiero di guidare realmente coloro che se lo meritano. Ciò mi spinge a rivolgerei alle diverse Chiavi simboliche, che per­ mettono la giusta comprensione dei Trattati alchemici.

LA CABALA FONETICA In primo luogo questa non deve essere confusa con la Kabbala ebraica, con la quale, d'altronde, non potrebbe imparentarsi che molto vagamente per il ramo differente dalla Cabala ontologica. La Ca­ bala fonetica non si riferisce, per quanto erudita sia, ad una sola lingua, ma alle lingue di uso corrente del Medioevo. È il linguaggio erme­ tico usato dai Maestri sul sagrato delle cattedrali, linguaggio sacro ri56

servato alla vera élite di tutti i tempi, quella di coloro che cono­ scono e non di coloro che possiedono! È questo stesso linguaggio che fu perpetuato dai trovatori e dai menestrelli i quali, passando da un castello all'altro, trasmettevano le verità a chi era capace di appren­ derle. È il linguaggio degli uccelli o la Gaia Scienza o ancora il Gaio Sapere, di cui parla Fulcanelli, nel suo Mistero delle Cattedrali. La parola Cabala è una deformazione del greco Kap�av, che parla un linguaggio incomprensibile o una lingua barbara (vedi Fui­ canelli: Le Dimore Filosofa/i, vol. l , p. 1 53). La lingua d 'argot è un vero linguaggio iniziatico, che può sembrare più assurdo di quel che si pensa, in quanto, in origine, la lingua verde non aveva niente di volgare, ma esprimeva con molta sincerità le realtà più trascen­ denti. L'argot non ha nessuna affini tà con uno pseudo art goth o go­ tico, perché la parola in se stessa viene da Argos: terra di predilezione degli Argonauti, chiamati per conquistare il famoso vello d'oro, tanto bramato dalla mitologia greca. La tradizione popolare medievale, così impregnata di questo lin­ guaggio degli uccelli, ci ha lasciato numerose testimonianze, quali quelle delle taveme che portavano l ' insegna di una O seguita da una K barrata, per cui si poteva leggere (in francese): au cabaret! Molti sono gli esempi che, se ce ne fosse bisogno, autentifiche­ rebbero l'esistenza di questo linguaggio iniziatico. Ma, oltre ai rebus tanto sottili, quanto coerenti, altri anagrammi furono spesso usati dai Maestri, come il Vitriol l 'or y vit!, o an­ cora come Jacob Sulat, autore del famoso Mutus Liber, che si nascose sotto lo pseudonimo di Altus . . . L'Adepto Fulcanelli ha dedicato tutto un capitolo delle sue Di­ more Filosofa/i alla Cabala ermetica o solare, a proposito della quale scrisse: =

... in tal modo essipoterono nascondere ai profani iprincipii della /or.o scienza, coprendoli con un mantello cabbalistico. Questa è una cosa indiscutibile ed assai nota. Ma ciò che più generalmente è ignorato, è che l 'idioma al quale presero in prestito i loro ter­ mini è il greco arcaico, lingua madre secondo la maggioranza dei discepoli di Ermete. La ragione per cui non ci si accorge del/ 'intervento cabbalistico sta precisamente nelfatto che ilfran­ cese deriva direttamente dal greco. Di conseguenza, poiché tutti i vocaboli scelti nella nostra lingua, per definire alcuni segreti, hanno il /oro equivalente ortografico o fonetico greco, basta conoscere bene questi terminiper scoprire immediatamente il si57

gnifìcato esatto, reale dei terminifrancesi. Perché, se ilfrancese, o almeno la sua base, è effettivamente ellenica, il suo signifi­ cato si è, però, modificato nel corso dei secoli a mano a mano che s 'allontanava dalla sua sorgente, e già prima della trasfor­ mazione radicale subìta ad opera del Rinascimento, decadenza nascosta sotto il termine di riforme. (...) Per questa ragione noi affermiamo ad alta voce, senza, però, negare l 'intromissione di elementi latini nel nostro idioma, dal tempo della conquista romana, affermiamo, dunque, che la no­ stra lingua è greca, e che noi siamo E/leni o, più precisamente, dei Pelasgi. Al fine di portare un vantaggio, i difensori di questa antitesi al neo-latinismo non furono i meno importanti, quali Grasset d' Orcet, Huis, J. Lefebvre, Louis de Fourcand, Granier de Cassagnac e l'abate Espagnolle. Lo stesso dicasi per coloro che sostengano seriamente la tesi del celtismo, come Pau l Bouchet e André Savoret. Il Maestro per niente temette di aggiungere più lontano:

I rari autori che hanno parlato della lingua degli uccelli le at­ tribuiscono il primo posto all 'origine delle altre lingue. La sua antichità, infatti, risalirebbe ad Adamo, che l 'avrebbe utilizzata per imporre, secondo l 'ordine di Dio, i nomi più convenienti, propri a definire le caratteristiche degli esseri e delle cose create.

È appunto quest' idioma fonetico basato sull 'assonanza che fu usato dagli iniziati tra cui possiamo annoverare alcuni scrittori, e non i minori, quali François Rabelais con la sua Vita orrida (Vie très horrifique), che bisogna leggere Vita aurifica (Vie très aurifique), di Gargantua e Hercule Savinien. Cyrano del Bergerac fu pure nel nòvero, redigendo i suoi Stati ed Imperi del Sole e della Luna, come Jonathan Swift nei suoi Viaggi di Gulliver! Si potrebbe ancora aggiungervi Le Metamorfosi di Ovidio (letteralmente l'Uovo! ), i racconti di Perrault, in modo particol�re Pelle d 'Asino, come Don Chisciotte della Mancia di Cervantes. Secondo l' Adepto Fulcanelli, "il latino caballus e (il greco) kabàles significano tutt'e due cavallo da soma; ora, la nostra Cabala sostiene effettivamente il notevole peso, la soma delle antiche co­ noscenze e della cavalleria o cabalerie medioevale, pesante fardello di verità esoteriche trasmesso per mezzo suo attraverso i tempi·. Essa era la lingua segreta dei cabaliers o cavalieri. Tutti gli iniziati e gli intellettuali dell 'antichità la conoscevano. Gli uni e gli altri, per accedere alla pienezza del sapere, inforcavano metaforicamente 58

la cavale, veicolo spirituale la cui immagine tipo è il Pegaso alato dei poeti ellenici. Esso solo facilitava agli eletti l'accesso alle regioni sco­ nosciute: offriva loro la possibilità di vedere tutti e di capire tutto, at­ traverso lo spazio ed il tempo, l'etere e la luce . . . Conoscere la Cabala, significa parlare la lingua di Pegaso, la lingua del cavallo, della quale Swift indica espressamente, in uno dei suoi viaggi allegorici, l'effettivo valore e la potenza esoterica. Si può pure prendere un ultimo esempio, con lo scopo di affermare l'esistenza della Cabala fonetica dall'opera di un autore anonimo (a meno che non si tratti di Bernardo il Trevisano), che di certo avrà scoperto la Pietra Filosofale. Si tratta del Sogno verde, in cui si parla di un certo Hagacestaur (Guhr-Alcaest), l'Alkaest di Mercurio, del potente Sé­ ganisségède (génie des Sages = genio dei saggi), di Ellu Gate (glu étalée = vischio esposto all'aria), di Linemalore (Lie normale = se­ dimento naturale) e del Tripsarecopsem (corpo, anima e spirito) . . . Naturalmente, da tutto ciò ne deriva che, per comprendere i vari testi alchemici, è necessario uno studio molto avveduto e coscien­ zioso, poiché lo spirito deve essere seguito facendo attenzione al si­ gnificato letterale, che è ingannatore e spesso insensato!

LE ALLEGORIE NELLE OPERE ERMETICHE Nelle opere ermetiche, sono frequenti le allegorie che, al pari di un simbolo, esprimono la realtà trascendente nel seno del micro­ cosmo. È l 'unico mezzo per nascondere agli avidi ed agli orgogliosi la vera Scienza (con una grande S, come sottolineava E. Canseliet), in questo caso manifestata agli sguardi degli audaci e dei disinteressa­ ti. La più celebre di queste immagini rivelatrici è indubbiamente quel­ la del Cavaliere che abbatte il drago (vedi disegno a pagina 6 1 ). Del resto quest'immagine è spesso rappresentata nella cristia­ nità medievale sotto le sembianze di San Giorgio e di San Michele, poiché i l Cavaliere è quel cabalier che cavalca la cavale (la ca­ valla), o la cabale, della conoscenza·. Questo cavaliere iniziato è, nello stesso tempo, alchimista, sa­ cerdote e mago. Appare inoltre con i lineamenti del Vescovo San Marcello (come si può vedere sulla porta maggiore di Notre-Dame di Parigi), che abbatte il drago, liberando così anche il figlio alchemico assopito nel limbo. In tutti i tempi, il Drago è stato associato ai tesori, di cui è il terribile vigilante guardiano, e che esce dal suo torpore non ap59

pena si cerca di avvicinarlo, come, appunto, testimoniano le seguenti righe:

Allora, ilpotente guerriero, che aveva tentato così spesso la sorte dei combattimenti, inizia ad osservare l 'erta rnpe ... Egli vide una volta dipietra, da cui si sprigionava unfiume difuoco, e nessuno poteva né entrare né avvicinarsi al tesoro, senza attraversare quellefiamme che ernttavano dalla bocca del drago coricato nella caverna. Prima di passare all' interpretazione ermetica di queste leggende, sarebbe per lo meno interessante conoscere il significato primitivo ed elementare del simbolo di questo glorioso combattimento:

... Chiediamo aifolkloristi ciò chepensano del drago, custode ge­ loso delle mele d'oro delle Esperidi, che, sjrisciando come Fafnir per le lande di Gnita, attende il colpofatale che gli darà Sigurd, o che vomita un torrente difiamme sull 'imprndente che si avvi­ cina alla sua caverna oscura.· Il drago, replicheranno questi, è l 'inverno, il suo avversario è il sole e la schiava, la cui liberazione è molto spesso collegata alla sua morte, è la terra che aspetta il tiepido soffio della Pri­ mavera. Secondariamente la caverna del drago è il soggiorno dei morti, l 'oscura dimora dell 'Ades, la cui origine si trova là dove ogni sera il sole sembra immergersi nell 'orizzonte. Sicuramente, nulla è dipiù esatto. Quando Sigurd mette in libertà Sigurdrifa o Brynhilde, la sua spada deve fare a pezzi la co­ razza che l 'avvolge, visto che non si può slegar/a differentemente. Immagine poetica di raggi solari che possono da soli spuntar/a contro lo spessore di ghiacci dell 'inverno nordico fino al tempo dello sgelo. Il cerchio difiamme che attornia la Valchiria, com­ mossa dall 'angustia del sonno, miticamente parlando, non si dif­ ferenzia né dal drago né dal tesoro che nasconde nella caverna sotto le acque, quest 'oro cosi rosso, questo fuoco dell'acqua dei poemi scandinavi che ognuno di noi può scorgere da lontano, quando gli ultimi raggi del tramonto indorano il mare.

È inutile sottolineare che i miti e le leggende, in cui vengono rap­ presentati un drago, un eroe ed una schiava (o, in mancanza, un tesoro) hanno solo un significato naturista, che è così facile da capire. E talvolta basta qualche piccolo dettaglio, affinché un si­ gnificato o l 'altro sifaccia comprendere da chi ha occhi per ve­ dere. Perseo, prima di andare in combattimento, riceve da Plu­ tone il casco di Ares, che lo renderà invisibile, proprio come Tarnkappe che rende invisibile Siegfried.

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Il combattimento mitico tra il Cavaliere e il Drago

(seconda illustrazione dal Piccolo Trattato sulla Pietra Filosofale di Lambsprinck)

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E questo casco èfatto con pelle di cane. Si tratta di un dettaglio mito-astronomico ed ermetico, sul quale qui non posso fare a meno di attirare l 'altrui attenzione. Quando, in una versione danese della sua leggenda, Sigurd va a liberare Sigurdrifa, è nel Glasberg, la montagna di vetro, che si svolge l 'azione. La Valchiria in letargo si trova nel centro di un recinto difiamme che non basterebbe afondere la sua corazza di ghiaccio, se non intervenisse il ferro di Sigurdo. Poiché tutti questi dettagli, ricchi di significato ermetico, si riferiscono a una delle maggiori difficoltà operative de/l 'Opera, resteranno lettera morta per gli investigaÌori non qualificati, per quanto eruditi li si consideri. Nei boschi si trova un animale coperto di nerezza. Se qualcuno riesce a tagliargli la testa, perderà la sua nerezza per acquisire un colore bianchissimo. E, sotto un 'illustrazione che rappre­ sentava la lotta di un guerriero e di un dra�o, si legge: Osservate rapidamente il nero nellaforesta. Questo testo non è fatto per mettere in imbarazzo i nostri scien­ ziati, che vi vedranno naturalmente la lotta dell'inverno e della notte contro l'estate e la luce solare . . .

Il solo inconveniente sta ne/fatto che è stato estratto da un 'opera alchemica (Trattato della Pietra Filosofale, di Lambsprinck, XVI secolo) e che non ha nulla a che vedere con un mito solare e particolare di una stagione. Sarebbefacile mostrare che, anche nei racconti popolari, che ab­ belliscono uno stesso tema autenticamente verista, alcuni det­ tagli, sparsi qui e là con particolare arte, permettono di intra­ vedere dei significati un po ' meno semplici (André Savoret: Mythes, Contes et Légendes seguito da Le Symbolisme du Dragon, éd. de Psyché, Parigi, 1 951 ) . Questo passo riguarda appunto la prima parte enigmatica della Grande Opera, riportata sotto il velo dell'allegoria, in quanto si tratta proprio di aprire la Prima Materia, simile a quel mostro squamoso dall'alito fetido e avvelenato e, per far ciò, il Cavaliere armato e co­ perto di elmo (come Roger che libera Angelica: soggetto di nume­ rosi studi d'Ingres) deve usare la lancia o la spada per dissipare le te­ nebre, da cui scaturirà la smagliante Luce. D'altronde, Fulcanelli con­ tinua a citarci delle precisioni di carattere operativo sul tale sog­ getto:

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Se dunque desiderate possedere il grifone - che è la nostra pietra astrale -, strappando/o dalla sua ganga arsenicale, prendete due parti di terra vergine, cioè del nostro drago squamoso, ed una parte d'argento igneo, che è quel valoroso cavaliere armato di lancia e scudo (Fulcanelli: Le Dimore Filosofa/i). Questo mito prende forme differenti, benché illustri perfettamente questa stessa realtà della Grande Opera. Prendiamo come esempio questi due capitoli estratti dalle Metamorfosi dei Pianeti dell'alchi­ mista Johan de Monte-Snyders:

Capitolo XIV: "Come Marte con il suo Pegaso volle rapire Ve­ nere rigenerata e ne fu impedita da Febo ". Dall 'alto della rupe, Marte aveva visto la nobile regina dopo la sua trasformazione. Il ricordo de/ loro antico amore era ancora vivo in lui, e gli sembrò che questa graziosa sovranafosse dive­ nuta mille volte più desiderabile di prima, allorché aveva com­ messo con lei adulterio. E mettendosi a profetizzare, disse: Ecco ·che Venere la lasciva è divenuta una vergine pura che ha in sé il seme della propria concezione; prendendo allora Pe­ gaso con la forca, volle rapire la nobil regina con un inganno, ma la fortuna non fu dalla sua parte. Poiché si era innalzato nell 'aria, la sua ombra fu proiettata sulla terra, e fu scorta dalla regina che, voltandosi, scoprì lo stratagemma marziale e andò a rifugiarsi in una profonda caverna. Ora, fu Febo che aveva imputato i disegni di Marte saettando i dardi su di lui, in modo da far apparire la sua ombra sulla Te"a. Anch 'egli nutriva un focoso amore nei riguardi della re­ gina, e poiché l 'oggetto dei suoi desideri restava con piacere troppo tempo nascosto nella caverna, egli pure vi entrò, illumi­ nando la grotta profonda con i suoi raggi d'oro, dai quali era disceso. Allora egli abbracciò questa belle vergine, sua vera madre, appagando il suo desiderio con lei, e si unirono insieme facendo un corpo solo. Capitolo XV.· "Come Marte si vendicò di Venere ". Marie, obbligato ad assistere impotente a questi avvenimenti, ponderò sui mezzi da mettere in pratica con lo scopo di vendi­ carsi. Con il suo cavallo alato egli si affrettò a cercare Vulcano, il marito di Venere. Questi gli fece sapere che sua moglie era sempre in vita e che, da un bel po ' di tempo, si trovava in una grotta profonda tra le braccia di Febo. Marte li prese in groppa al suo Pegaso e, insieme, arrivarono all 'entrata della caverna. Vulcano prestò attenzione, senza poter rendersi conto se i due amanti, cioè la prima e l 'ultima materia, vi si trovavano ancora 63

oppure no, e pregò Marte di ascoltare, in quanto, secondo lui, i battiti del suo cuore glielo impedivano. Marte si rese conto che il /oro entusiasmo lifaceva diventare come dei morti nella loro estasi e lo fece capire a Vulcano. Quest 'ultimo, allora, preparò un artifizio igneo, formato da un fuoco non acceso, da un 'aria condensata e da un sale vegetale. Questo miscuglio, eccitato, infuocò tutta la caverna, ma i due amanti non furono nemmeno consapevoli del/ 'accaduto e, quando se ne accorsero, rimasero uniti in modo che Vulcano li ridusse tutt 'e due in cenere e in polvere. Ci accingiamo ora ad affrontare un estratto di un piccolo trattato di Alchimia, tanto originale quanto quasi sconosciuto, la cui ultima traccia si trova nella Bibliothèque de l' Arsenal di Parigi, sotto il Numero 8 S 1 2844 in 8), intitolato: -

LA GRANDE OPERA SVELATA

da colui che l 'ha realizzata Parigi, 1 779

Estratto dal Capitolo VII (l'Autore finisce il suo libro con un sogno misterioso che racchiude non solo il segreto della Grande Opera, ma ciò che spesso capita a coloro che ancora vi lavorano).

Non posso finir meglio questo trattato se prima non rendo par­ tecipe il /ettore di una visione che ebbi tempo fa. Essa è miste­ riosa e, di conseguenza, degna di ogni attenzione. Tempo addietro ero andato in campagna, con lo scopo di gioire dei piaceri agresti che si assaporano solo nelle belle stagioni. La gente che frequentavo erano persone oneste, ma con una mente ottusa, in quanto il /oro solo argomento era quello della tavola. Poiché non era un giorno che li conoscevo, non fui affatto me­ ravigliato del /oro carattere. Andando da loro, non avevo altro progetto in mente se non di procurarmi ipiaceri della solitudine che provavo durante gli otto giorni presso quella gente così ma­ teriale. Non lontano dalle loro abitazioni, che si trovavano sul pendio di una collina, c 'era un piccolo folto bosco, fiancheggiato da un ruscello, il cui mormorio delle acque, aggiunto all'ombra che regnava nel bosco, sembrava un concerto che invitava al sonno. Era in questo luogo incantevole che andavo di sera e di mattino per respirarvi l 'ariafresca. L 'ultima volta che ci andai, mi ci ad64

dormentai; e fu durante questo sonno che ebbi la seguente vi­ sione. Ai miei piedi vidi una massa informe che non mi sembrava né terra, né ciottolo, né pietra, né legno; non potevo definire né ciò che era, né ciò che poteva essere. Questa massa aveva un volume pressapoco come quello d 'un uovo. Lo spinsi con il mio piede e lo feci rotolare per qualche passo davanti a me. Facen­ do attenzione a scoprire che cosa mai potesse essere, iniziai ad osservar/o da tutte le parti; i miei occhi si stancarono e si ab­ bagliarono; me li sfregai e mi misi nuovamente ad osservar/o. Questa massa che, a prima vista, mi era apparsa di un colore indefinibile, mi sembrò allora tanto nera quanto l 'ebano. Mera­ vigliato da questo strano cambiamento, osservai attentamente ciò che poteva essere. Mi azzardai a prender/o tra le mani per con­ templarlo con piacere. Oh Dio! Quantofui spaventato, allorché vidi questa piccolapallottola slanciarsi improvvisamente a terra e trasformarsi in un orribile drago. Avrei voluto fuggire, ma lo spavento mi immobilizzava. Tuttavia il drago ingrandiva a vista d 'occhio, e sembrava volersi scagliare verso di me. Indubbiamente lo avrebbefatto, se nonfosse intervenuta una gio­ vane signorina e se non lo avesse impedito, dandogli sulla testa un colpo di verga diferro puro o di acciaio, in quanto era bril­ lantissimo. Questo colpo rese il drago così immobile come un pezzo di marmo o di bronzo. Questo aiuto insperato mi rassicurò. Andai a gettarmi ai piedi della mia liberatrice. Dio! Quant 'era bella! Aveva degli occhioni blu ed uno sguardo tenero, una pic­ cola bocca, le labbra vermiglie ed i denti molto bianchi epiccoli; i suoi capelli, di un biondo dorato, scendevano a riccioli ondu­ ./ati sul suo petto mezzo scollato ed il suo abito licenzioso era d 'un bianco da abbagliare. Fui trasportato nello stesso tempo dal ri­ spetto e dall 'amore, dall 'ammirazione e dalla riconoscenza nei confronti di una persona così coraggiosa e benefica, così bella e giovane, visto che non doveva avere più di quindici anni. Vo­ levo esprimerle la mia gratitudine e dirle tutto ciò che il mio cuore mi dettava per lei, ma la mia lingua non poteva pronunciare nessunaparola. Infine, ella mi rivelò con bontà d'animo che è più facile provare dei sentimenti che esprimerli, e con dolcezza mi disse che non dovevo più temere, perché stava rendendomi in­ vulnerabile ai colpi di tali nemici. Alla fine del suo discorso, ella estrasse una delle sue mammelle e mi fece succhiare un latte cento volte più dolce del nettare, che mi rese così corag­ gioso, che da quel momento non avrei temuto il drago più pau­ roso. In seguito mi diede la sua tagliente spada, che in prin­ cipio avevo preso per una verga diferro, e mi ordinò di andare a tagliare la testa del drago e di non meravigliarmi per niente 65

delle sue differenti metamorfosi. Poi svanì. Incoraggiato da queste ultime parole, corsi verso il drago, al quale tagliai la testa con un colpo del mio acciaio tagliente. A misura che il suo sangue scorreva, da questo siformavano dei serpenti: gli uni rettili, gli altri volatili, i quali, non badandomi, si allontanavano da me sem­ brando impauriti di vedermi. Se avanzavo di un passo nella loro direzione, essi indietreggia­ vano di due, e ciò lo feci parecchie volte. Subito fui incantato dal suono armonioso di una piva che si fece sentire dietro di me. Mi voltai subito per vedere chi suonava così melodiosamente. Era il corpo del drago che si era appena trasformato in unpic­ co/o moro, alto circa tre piedi. A questa meraviglia ne succedette un 'altra, eppoi altre ancora come sto per raccontar/o. La testa del drago era rimasta a terra. Sotto i miei occhi prese le sem­ bianze di un altro piccolo moro, alto come il primo e si mise a suonare il tamburello. Provavo piacere ad ascoltarli, quando mi ricordai dei serpenti, poiché la sinfonia me li aveva fatti di­ menticare. Voltai la testa per vedere ciò che erano diventati. Li vidi nello stato in cui li avevo lasciati. Certamente aspettavano i miei sguardi per cambiarsi in piccole marionette, alte non più di un piede. Questo nuovo spettacolo mi fece ridere ed io risi ancor di più, quando li vidi saltare e sgambettare al suono degli strumenti, di cui ho appena parlato e che da poco avevano smesso di suonare. Incantato da questo piacevole passatempo, mi voltai verso i due sinfonisti con l 'intenzione di incoraggiar/i, ma non ne diedero il tempo. Infatti si avvicinarono a me, e dalla loro bocca emisero un vapore nero e denso, che mi circondò tutto. Il suo odore in­ sopportabile tormentò tanto il mio cervello, che non potei aste­ nermi dallo starnutire, e starnutendo, dal mio naso uscì una fiamma blu, che in un attimo consumò e ridusse in ceneri sia i sinfonisti che i danzatori. Questo starnuto rimise a posto il mio cervello come prima, tanto da permettermi di continuare ad os­ servare tutti questifenomeni che vedevo susseguirsi in modo così rapido. Ecco ora - dico a me - un mucchio di ceneri. Che cosa diventer.à? Mi misi a sparpagliar/a con la mia spada tagliente e, gettandola qua e là, ne vidi uscire una colomba tanto bianca da accecare. Poiché perdeva sangue, certamente l 'avevoferita con il mio ac­ ciaio e ciò che mi sembrò più sorprendente fu che, man mano il suo sangue scolava, essa s 'impiccoliva, in modo che si trasformò tutta in sangue. La cenere di cui s 'imbibì divenne color arancione

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e il prato, su cui questa cenere veniva imbibita, fu cambiato in erba d'oro, ciò che riconobbi dal colore e dal peso ...

Questo Trattato anonimo, che è dedicato alla posterità ed è di gran­ dissimo valore sul piano allegorico, ha lo stesso valore dell'Ermete svelato dell'Adepto Cyliani. A nostra conoscenza non è stato citato che dal rimpianto Albert Poisson (Teorie e simboli degli alchimisti, Charcomac, p. 63), che ne ha, del resto, riprodotto il frontespizio (vedi disegno seguente).

Sottomettiamo all'attenzione del lettore un altro testo particolar­ mente allegorico e dunque molto eloquente: si tratta del Sogno verde, attribuito all'alchimista Bernardo il Trevisano (Conte della Marca Trevisana). IL SOGNO VERDE Veridico e vero perché contiene la verità

In questo sogno tutto appare sublime; il significato principale non

è indegno di quello che ci nasconde; la verità vi brilla da se stessa con

tanto splendore, che non vale la pena di scoprirla attraverso il velo, di cui abbiamo voluto servirei per mascherarla. Ero immerso in un profondissimo sonno, quando mi sembrò di vedere una statua, alta circa quindici piedi, che rappresentava un vec­ chio venerabile, bello e perfettamente ben proporzionato in tutte le parti del suo Corpo. Aveva dei lunghi capelli d'argento, tutti ondu­ lati; i suoi capelli portavano delle Gemme pure di turchese, nel centro 67

delle quali erano incastonate dei carbonchi e il cui splendore era cosi brillante che non potevo sopportame la luce. Le sue labbra erano d'Oro, i suoi denti di Perle Orientali, e tutto il resto del Corpo era di un brillantissimo Rubino. Con il piede sinistro toccava un globo ter­ restre, che sembrava reggerlo. Poiché il suo braccio destro era al­ zato e teso, sembrava che reggesse, con la punta del dito, un Globo celeste che era sopra la sua testa, mentre, con la mano sinistra, teneva una chiave, fatta con un grosso Diamante grezzo. Quest'uomo, avvicinandosi a me, mi disse: "Io sono il Genio dei Saggi, non temere di seguirmi". Poi, prendendomi per i capelli, con la mano che teneva la Chiave, mi sollevò e mi fece attraversare le tre Regioni dell'Aria, quella del Fuoco e i Cieli di tutti i Pianeti. E mi portò ancora oltre; poi, avendomi avvolto in un turbine, sparì, ed io mi trovai in un 'Isola che galleggiava in un Mare di Sangue. Sorpreso di trovarmi in un Paese così lontano. me ne andavo a passeggiare sulla spiaggia; osservando questo Mare con molta at­ tenzione, riconobbi che il Sangue, di cui era composto, era vivo e completamente caldo. Notai che un venticello, che lo agitava conti­ nuamente, faceva durare il suo calore, ed eccitava in questo Mare un ribollimento, che causava un movimento quasi impercettibile a tutta l 'Isola. Ebbro di ammirazione nel vedere tali rare cose, stavo appunto riflettendo su queste meraviglie, quando mi accorsi che al mio fianco c'erano parecchie persone. In principio pensai che forse volevano maltrattarmi, e andai a finire su un mucchio di Gelsomini per na­ scondermi; ma, poiché il loro onore mi aveva addormentato, essi mi trovarono e mi acchiapparono. Il più alto del gruppo, che forse comandava gli altri, mi chiese in modo superbo chi mi aveva spinto ali 'imprudenza di venire dai Paesi Bassi in questo grandissimo Impero. Gli raccontai in qual modo vi ero arrivato. Cambiando subito di tono, di aspetto e di agire, que­ st'Uomo mi disse: "Tu, che sei stato qui condotto dal nostro altissimo e potentissimo Genio, sii il benvenuto". Poi mi salutò, seguito da tutti gli altri, secondo l'abitudine del loro Paese, che consiste nel distendersi lungo per terra sulla schiena, eppoi, dopo essersi messo a bocconi, nel rialzarsi. A mia volta risposi con un saluto, però secondo gli usi del mio Paese. Mi promise di presentarmi ad Hagacestaur, che era il loro Im­ peratore. Mi pregò di scusarlo per il fatto che non aveva la carrozza per portarmi nella Città, da cui ci eravamo allontanati di una lega. Sulla via di ritorno, non faceva altro che parlare della potenza e delle grandezze del loro Hagacestaur, il quale diceva di possedere

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sette Reami, dove, nel centro dei sei, ne aveva scelto uno per farvi la sua residenza abituale. Poiché aveva notato che avevo difficoltà a camminare sopra dei Gigli, delle Rose, dei Gelsomini, dei Garofani, delle Tuberose e sopra una meravigliosa quantità dei più belli e rari fiori che si trovavano lungo la via, sorridendo, mi chiese se avevo paura di far del male a queste Piante. Gli risposi che ben sapevo che in esse non c'era affatto un'anima sensitiva, ma che, essendo rarissime nel mio Paese, mi ri­ fiutavo di calpestarle con i piedi. Non vedendo altro che Fiori e Frutti in tutta la Campagna, gli chiesi dove si seminavano i loro Grani. Egli mi rispose che non li seminavano affatto, e, che, trovandosene molti nelle loro terre sterili, l 'Hagacestaur ne faceva gettare la maggior parte nei nostri Paesi Bassi per farci piacere, mentre le Bestie man­ giavano ciò che ne rimaneva. Che per se stessi facevano il pane con i più bei Fiori, che impastavano con la Rugiada e cuocevano al Sole. Vedendo ovunque una grandissima quantità di meravigliosi frutti, ebbi il desiderio di prendere alcune Pere per gustarle, però, egli volle impedirmelo, dicendomi che era cibo per le Bestie. Cionono­ stante, le trovai di ottimo gusto. Mi porse, poi, delle Pesche, dei Meloni e dei Fichi, e frutti così gustosi non se ne sono mai visti né in Provenza, né in tutta Italia né in Grecia. Egli mi giurò sull'Hagacestaur che tutta la frutta era di loro pro­ duzione e che in nessun modo era stata coltivata, assicurandomi che era il solo companatico dei loro pranzi. Gli chiesi come potevano conservare questi Fiori e questi Frutti durante l'Inverno. Mi rispose che non conoscevano per niente l'In­ verno. Mi rispose che non conoscevano per niente l'Inverno, in quanto il loro Anno era composto solo da tre Stagioni: la Primavera e l 'Esta­ te, e che da queste due Stagioni se ne formava una terza, cioè 1 'Au­ tunno, che racchiudeva, nel Corpo dei Frutti, lo Spirito della Prima­ vera e l'Anima dell'Estate. Infine, aggiunse che era in questa Stagione che si raccoglievano l 'Uva e la Melagrana, i migliori frutti del Paese. Mi sembrò molto meravigliato quando gli feci sapere che man­ giavamo il Manzo, il Montone, la Selvaggina, il Pesce ed altri ani­ mali. Mi disse che dovevamo avere l'intelletto ben spesso, giacché facevamo uso di cibi così materiali. In nessun modo mi annoiavo a sentire argomenti cosi belli e curiosi e li ascoltavo con molta atten­ zione. Ma poiché mi avevano avvisato di osservare l'aspetto della Città, da cui ci eravamo allontanati di circa 200 passi, non appena sol­ levai gli occhi per vederla, non vidi più nulla e divenni "Cieco. Di 69

ciò, la mia Guida si mise a ridere e lo stesso fecero i suoi Com­ pagni. Il disprezzo di vedere che questi Signori si divertivano della mia disgrazia mi faceva più tristezza della mia stessa sventura. Essendosi, dunque, ben accorti che le loro maniere non mi piacevano, quello che si era preoccupato di discorrere con me mi consolò dicendomi di aver un po' di pazienza e che tra breve avrei visto chiaro. Poi cercò un'Erba, che mi strofinò sugli occhi, ed io vidi subito la luce, lo splen­ dore di quella superba Città, le cui Case erano tutte fatte in Cristallo molto puro, e continuamente illuminate dal Sole, visto che in que­ st'Isola non veniva mai la notte. Per nessun motivo mi permisero di entrare in una di queste Case, anche se mi lasciavano vedere, attraverso i loro vetri traspa­ renti, ciò che vi accadeva. Osservai la prima Casa e capii che tutte erano costruite sullo stesso modello. Notai che la loro abitazione si riduceva ad un piano, composto solamente da tre Appartamenti, che aveva parecchie Camere e Servizi allo stesso piano. Nel primo Appartamento c'era una Sala, ornata di una tappezzeria di Damasco, dove tutto era bizzarramente fregiato con gallone d'oro, orlato nello stesso modo di una frangia. Il colore principale di questa stoffa virava dal rosso al verde, riabbellito d'Argento puris­ simo ed il tutto era coperto da un Velo bianco. Poi c'erano alcuni Servizi, guarniti di gioielli di colori differenti e, in seguito, si vedeva una Camera completamente ornata di un bel Velluto nero, fregiato in modo ridicolo con parecchi nastri di Raso molto nero e luccicante. Il tutto veniva messo in risalto da un lavoro in Ambra nera, la cui nerezza brillava e splendeva in un modo molto forte. Nel secondo Appartamento si vedeva una Camera, tappezzata di un bianco amoèrro ondulato, arricchito e abbellito da chicchi di Perle Orientali molto pure. Poi c'erano parecchi Servizi abbelliti da mobili in differenti colori, come in Raso blu, in Damasco viola, in Amoèrro citrino e in Taffetà incarnato. Nel terzo Appartamento si trovava una Camera rivestita con una stoffa molto sgargiante, di Porpora su uno sfondo d'oro, che era in­ dubbiamente più bella e più ricca di tutte le altre stoffe appena viste. Mi informai dove erano il Padrone e la Padrona dell'abitazione. Mi dissero che erano nascosti nel pavimento di fondazione di questa Camera e che dovevano passare in un'altra più lontana, se­ parata da alcuni Servizi di comunicazione, i cui mobili erano di co­ lori tutti differenti: gli uni erano di un Tabis color Isabella, altri di ·

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Arnoèrro citrino e altri ancora di un Broccato d'oro molto puro e buono. Non potevo vedere il quarto Appartamento, in quanto doveva esser un accessorio; ma mi dissero che questo consisteva in una sola Ca­ rnera, i cui mobili non erano che una sequela dei più puri raggi so­ lari, concentrati nella stoffa di Porpora che avevo appena osservato. Dopo aver visto tutte queste rarità, appresi come avvenivano i ma­ trimoni tra gli Abitanti di quest'Isola. L'Hagacestaur, conoscendo il temperamento ed il carattere di tutti i suoi Sudditi, dal più grande al più piccolo, riunisce i Parenti più stretti, e unisce in matrimonio una giovane Figlia, pura ed illibata, con un buon Vegliardo sano e vigoroso. Poi purga e purifica la Figlia, lava e pulisce il vegliardo, che porge la mano della Figlia, e la Fi­ glia prende quella del Vegliardo. Successivamente li conduce in uno degli Appartamenti, la cui porta viene chiusa con gli stessi ma­ teriali con cui l'appartamento era stato fatto. Così, è necessario che rimangano chiusi insieme per ben nove mesi, durante i quali essi fanno tutti quei bei mobili, che mi hanno fatto vedere. Alla fine di questo termine, essi escono tutti e due uniti in un solo Corpo, e, non avendo piii che una sola Anima, cosi sono una cosa unica, la cui po­ tenza è molto grande sulla Terra. Allora l'Hagacestaur se ne serve per convertire tutti i cattivi, che sono nei sette Reami. Mi avevano promesso di farmi entrare nel Pa­ lazzo dell'Hagacestaur, di farmi vedere i suoi Appartamenti, e fra l'altro un Salone dove ci sono quattro Statue antiche come il Mondo, di cui, quella che era collocata nel mezzo, rappresentava il Potente Séganisségéde, che mi aveva trasportato in quest'Isola. Le altre tre, che formano un triangolo intorno a questi, sono tre Donne, e preci­ samente: Ellugaté, Linémalore e Tripsarécopsem. Mi avevano pure promesso di farmi vedere il Tempio, in cui c'è l'immagine della loro Divinità e che essi chiamano Elésel Vasser­ gUsine; ma, poiché i Galli avevano iniziato a cantare, i Pastori a condurre il loro gregge nei campi e gli Agricoltori ad attaccare i loro carri, fecero un tale rumore che mi svegliarono, e il mio Sogno si dissipò del tutto. Tutto ciò che avevo visto finora non era nulla nei confronti di ciò che mi promettevano di rnostrarmi. Tuttavia, non stento a consolarmi, quando penso a quest'Impero Celeste, dove l'Onnipotente sembra esser seduto su un Trono, cir­ condato di gloria e accompagnato d'Angeli, d'Arcangeli, da Cheru­ bini, da Serafini, da Troni e da Autorità.

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È là che noi vedremo cose che l'occhio non ha mai visto e che sentiremo ciò che l'orecchio non sentirà mai, poiché è in questo luogo che dobbiamo assaporare una felicità eterna, che lo stesso Dio ha pro­ messo a tutti coloro che si sforzeranno di esserne degni, poiché tutti sono stati creati per prender parte a questa gloria. Dunque facciamo tutti i nostri sforzi per meritarla. Che bio sia sempre lodato. Fine del Sogno verde

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4. I simboli alchemici Abbiamo dimenticato di sottolineare come le opere umane dicono sovente più di ciò che non significano, mentre le operazioni della Natura hanno un significato maggiore di quello che non dicono. RENÉ ALLEAU 1 6 - 1 972)

(Intervista, rivista Charivari, no

Prima di evocare in un secondo tempo il bestiario alchemico ed i simboli grafico-ermetici o i geroglifici alchemici, saremmo del­ l'avviso di arricchire questo paragrafo, estratto da De la Nature des symboles (René Alleau, Parigi, 1 958), mettendo in evidenza con grande maestria l'importanza della legge di analogia delle opere er­ metiche. L 'interesse principale del simbolismo alchemico proviene ap­ punto dal suo arcaismo e dal suo contatto, ancora vivi, con le po­ tenze primordiali dell 'universo e con le loro immagini. Infatti, biologicamente parlando, è ovvio che si possa fare una distin­ zione tra l 'uomo già costruito e quello che è in fase di costruzione, tra condizionamenti e adattamenti. In tali condizioni, la lingua mitica e simbolica dell 'analogia, la sola che il nostro inconscio capisce e parla, dopo la sua forma­ zione, rimane in tal modo stabile eferma. Grazie a questa, pos­ siamo ricorrere alla nostra conoscenza, che si dimostra pure molto profonda, benché non possiamo aspettarci una lingua in perpetuo cambiamento come quella della scienza e delle sicu­ rezze interne, che, molto recentemente, non hanno avuto, in un certo qual senso, il tempo per modificare permanentemente né le nostre idee né i nostri comportamenti.

IL BESTIARIO ALCHEMICO Effettivamente, sfogliando opere che trattano temi alchemici, ci incontriamo sovente con molti animali!

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In un capitolo precedente abbiamo dedicato qualche riga allo studio del Drago. Ora esamineremo, uno alla volta, quello della sa­ lamandra, del grifone, del corvo, del gatto, dell'oca o del gallo, del basilisco, del /eone, dell'aquila, del pesce, del delfino e della remora, della colomba, del cervo e del liocorno, del pavone, dell'orso, del cinghiale, dell' ariete, del lupo, del cane, della tartaruga e, per finire, dellafenice. L' ATHANOR

ED IL BESTIARIO DELLA GRANDE OPERA (MUSEUM HERMETICUM)

- LA SALAMANDRA: È considerato un animale che vive nel fuoco e, per questo motivo, i Filosofi ermetici la usano per nascondere, il loro fooco segreto. Fulcanelli le ha dedicato tutto un capitolo, dove ha parlato a lungo e con competenza del Maniero della Salamandra di Lisiuex, oggi scomparso. L'autore le attribui la seguente etimologia: Salamandra = sale di roccia! - IL GRIFONE: Il grifone è un animale che possiede la testa ed il petto di un'aqui­ la ed il resto del corpo di un leone. È la perfetta immagine dell'unione del fisso e del volatile o, se si preferisce, dello Zolfo e del Mercurio. A dirla schietta, si tratta dell'unione delle due nature, ottenute du­ rante la Prima Opera alchemica. - IL CORVO: I Latini lo chiamavano Phoebius ales, l'uccello di Apollo e del Sole. Molto spesso, indica la putrefazione delle materie usate, a causa del suo colore nerissimo. Ma talvolta, più sagacemente, esso fa al­ lusione alla testa del corvo ( l ) (Corbeau, nella Cabala fonetica fran(l) Vedere nostro articolo: "Curieux blason en Limousin", in Atlantis, n° 28 1 di cui riportiamo il seguente compendio, in relazione con il simbolismo della

testa del corvo. Ella (Santa Barbara) è uscita dall 'albero di Jessé, proprio come la Vergine Maria. Già giovanissima, era dotata di una rara bellezza. Suo padre, Diosco­ ride, uno deifavoriti dell 'Imperatore Massimo I, l 'aveva educata ad un ligio pa­ ganesimo, tenendo/a lontana dal mondo e rinchiudendo/a in una torre. Però, molto presto, la giovane incominciò a rifiutare l 'educazione impostale da suo padre ed un 'intensa vita spirituale le permise di credere nell 'esistenza di un solo Dio. Imprigionata nella sua torre, la giovane cercava ogni giorno di innalzare

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cese corps beau, cioè corpo bello}, che bisogna tagliare alla fine della Prima Opera alchemica, mettendo in atto la separazione del Mer­ curio dei Filosofi. Questa terra, in apparenza diseredata, ma in =

sempre più la sua anima, finché un bel mattino, approfittando dell 'assenza mo­ mentanea di suo padre, ebbe la visita di un sacerdote, inviato da Origine, che le amministrò il battesimo. Il sacerdote le parlò dello Spirito Santo e della nozione della Trinità. Cos1: per onorare lo Spirito Santo, Barbarafece/are un terzo buco allafinestra, che, fino a quel momento, ne aveva solo due. Ilpadre, al suo ritorno, fu spiacente di ciò che apprese e decise di convertire la figlia al paganesimo con la forza. Questa si rifiutò fino al punto di fuggire verso la campagna e, dopo aver attraversato i campi, si imbatté in una roccia, nella quale si mutò. Ma un pa­ store, avendo assistito a/fatto, andò a denunciarla alpadre! Questi, a sua volta, decise di consegnare sua figlia ai supplizi del giudice Marcien. Malgrado tutte le torture, non si ottenne nulla e il suo modo di pensare non cambiò affatto. A questo punto, il giudice rese lafiglia a suo padre, che decise di sacrificar/a in cima ad una collina. Appena la spada di Dioscoride ebbe decapitato la figlia, i tuoni iniziarono a farsi sentire e il corpo del padre si volatilizzò. Più tardi, i resti di Santa Bar­ barafurono deposti a gelasio, non lontano da Euchai'ta, dove, da quel momento, stando alle voci, si ebbero numerosi miracoli. Per questo motivo, lefu attribuita la palma vittoriosa, conquistata con il prezzo della sua vita.

Questo racconto, o questa leggenda, sembra che sia di primo tratto influen­ zato dalla Tradizione Primordiale. Infatti, oltre alla trascrizione delle lettere in­ coronate RGN (che risconniamo in Discoride, Marcien, Origine. . . ), ci imbat­ tiamo un po' ovunque con numerosi ritagli ermetici. Il mito della Torre ci ricorda quello di Rabelais, la Torre è l'Alchimia tanto tipica dei castelli ermetici; questa Torre è l' Athanor, in cui si elabora molto len­ tamente la materia. E del resto Santa Barbara non sarebbe lei stessa il frutto di questa lunga elaborazione? La terza persona della Trinità e l'adiutore salino le sarebbero pure dispensati dall'inviato di Origene. E quando ella corre per fug­ gire da suo padre, non potremmo del resto paragonare la nostra santa, per la sua grande volatilità, ali'Atalantafugiens? Per quanto riguarda la sua bellezza, se ne potrebbe parlare solo per farci ricordare l'apparizione del corvo (corps beau corpo bello) durante l'elaborazione dell'Opera, ciò che, inoltre, ci farebbe pen­ sare alla putrefazione della materia. Questa tesi è rafforzata anche dal fatto che gli stessi filosofi, nei loro scritti, fanno gran caso alle teste dei corvi, e Santa Bar­ bara finirà la sua esperienza perdendo la sua! Del resto, il mito della testa del corvo si ritrova ovunque, anche nei Racconti ermetici di Charles Perrault, che parlano dello sgozzamento delle mogli di Barba­ blù e della decapitazione delle figlie dell'Orco. Infatti, suo padre Dioscoride fa proprio una bella parte a riguardo! Ritornando, infine, alle teste dei corvi, Fulcanelli ci dice che si tratta del­ =

l 'epiteto ordinario applicato alle materie in via di decomposizione e di corru­ zione (Le Dimore Filosofa/i, vol. l, p. 415). È appunto di putrefazione che si parla

qui!

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realtà molto feconda, si separa dal metallo fuso, dando un semplice colpo di maglietta sulla lingottiera.

- IL GATIO: Gli Egiziani lo adoravano sotto il nome di Aelurus e di Atun. Era l'emblema di Osiride, dunque del sole, poiché i suoi baffi a forma di X ne esprimevano l'irraggiamento. Nell'Opera alchemica, è indi­ spensabile. È il leal servi tore del Marchese di Carabas (de bas carat = di basso carato !): l'ingegnoso "gatto con gli stivali" del conte di Perrault. (Vedi nostro articolo "Du chat noir au chat roux ou des primes couleurs de l'Oeuvre", Dal gatto nero al gatto rosso o dei primi colori dell 'Opera, apparso sulla rivista A tlanti s, n° 283). Certa­ mente non si tratta di una coincideÌlza, se troviamo proprio la fortuna attorno al gatto nero! . . .

- L' OcA E IL GALLO:

Ambedue designano il Mercuri o dei Fi losofi. Il "Gioco dell'oca", del resto, non rappresenta in modo perfetto il sentiero iniziatico? Riflettiamo un po' sulle numerose rappresentazioni dell'Oca che si trovano lungo il cammino di San Giacomo di Compostella. La zampa dell'oca prefigura la conchiglia di San Giacomo, la merelle (la mère d'El, cioè il sacro, il divino o la Madre di Helios, il Sole), che è essenzialmente di natura mercuriale, simile alla "campana"•, il gioco dei bambini che conduce in cielo . . . Per quanto riguarda il gallo, consacrato a Mercurio, l'abbiamo ri­ cordato nel capitolo dedicato alle leggi alchemiche. Questo ha un posto preponderante tra gli animali alchemici (basta ricordare le nu­ merose favole del Roman de Renart, dove prende il nome di Chan­ tecler), perché indica chiaramente la materia animata che, per ana­ logia con la noce di galla, libera il misterioso Kermès (ch' Hermès). D'altra parte, come sottolinea molto giustamente E. Canseliet, il vocabolo coq deriva dal dialetto dorico Koxxoç, Kokkos, che sta a significare, in maniera molto naturale, la quercia Kermès!

- IL BASILISCO: Secondo le leggende, il basilisco nasce dali 'uovo di un vecchio gallo, covato da un rospo. Questo mitico animale si manifesta molto frequentemente con le piogge d'estate. Ora, è proprio questa • Merel-marel/e: gioco di parole che appartiene alle regole della Cabala fo­ netica francese (N. d. T.).

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Il bestiario alchemico

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umidità calda che farà nascere questopiccolo re della Seconda Opera alchemica: il Basiliskos o il basilisco! - IL LEONE: Consacrato'in Egitto a Vulcano, esso è di un'evidente natura fissa e solare. Celebrato per il suo coraggio e per la sua potenza, lo si ri­ trova nelle leggende medioevali del ciclo della Tavola Rotonda, alle prese con un serpente, identificandosi quindi nel drago e nella prima materia della Grande Opera, che vincerà, mettendo con ciò in evidenza il combattimento delle due nature (Zolfo e Mercurio). Di­ venterà il leal servitore del cavaliere Yvain. (Vedi nostro articolo: "Le serpent et le chevalier au lion", in Atlantis, n° 288). Esso si avvicina pure al Sale della filosofia, ma le allegorie er­ metiche lo usano sotto due aspetti più precisi: quello del Leone verde (léon-jèr); che indica perfettamente ilfooco segreto degli Adepti. Sono

ciò chefu il Leone verde e dorato, in me è racchiuso tutto il s�greto dell 'arte, proclama il filatterio che si trova al di sopra del Leone verde e che sta divorando il sole nel Rosarium philosophorum; quello del Leone rosso, che Basilio Valentino sostiene essere il vero Leone, per mezzo del sangue non fisso del Leone verde, in quanto am­ bedue sono della stessa natura (Les Douze Clefs de la Philo­ sophie). È alla fine delle sublimazioni che nascerà il Leone rosso.

- L'AQUILA: Sarebbe meglio dire le aquile, poiché si tratta qui delle sublirna­ zioni che si faranno subire alla Materia durante la Seconda Opera, con lo scopo di ottenere il delfino materiale o il bouton de retour, stando ad un'espressione tipicamente metallurgica. Secondo l'Adepto Ireneo Filalete, benché siano sufficienti sette sublimazioni, si può ar­ rivare fino a dieci. Sono necessarie sette aquile per combattere il leone. Commentando l' allegoria dell 'aquila che divora il leone, estratta dalla Gazzetta degli Scienziati (Joumal des Savants), e ri­ portata in una illustrazione della sua preziosa opera Alchimie expli­ quée sur ses textes c/assiques, il Maestro di Savignies dichiarò, senza ambagi, quanto segue:

È certo che l 'aquila, per quanto robusta sia, non riuscirà a vin­ cere il /eone a meno che non sia aiutata nella lotta. Ecco perché l 'alchimista, durante lafase delle sublimazioni, fzssa la sua terra nera in sabbia secca e rubescente.

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Nel corpo ci sono Anima e Spirito (terza illustrazione del Piccolo Trattato sulla Pietra Filosofale di Lambsprinck)

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- IL PESCE (L'ICHTYS DELLE CATACOMBE ROMANE), IL DELFINO E LA REMORA: Si tratta dell'acquisizione del piccolo re già indicato, come l'ab­ biamo precedentemente visto per il basilisco. È il bouton de retour estratto dalla terra filosofale e che si ottiene grazie alle basse e alte maree grandi del Mercurio, osservate durante le sublimazioni della Grande Opera. Questa parte della Grande Opera può esser parago­ nata in tutto al Diluvio di Noè. Fulcanelli ne dà una precisa descri­ zione nel suo capitolo de Le Dimore Filosofa/i, dedicato al castello ermetico di Dampierre-sur-Boutonne:

Sollevata da tutti i lati, sballottata dai venti, l 'arca tuttavia gal­ leggia sotto la pioggia del diluvio. Asieria si prepara a formare De/o, terra ospitale e salvatrice deifigli di Latona. n delfino nuÒta alla superficie deiflutti impetuosi, e questa agitazione durafinché, alla fine, la remora, invisibile ospite delte acque profonde, non ferma, come un 'ancora poderosa, la nave che va alla deriva. Allora torna la calma; l 'aria si purifica, l 'acqua sparisce e i va­ pori si riassorbono. Una pellicola ricopre tutta la superficie, e, addensandosi e consolidandosi ogni giorno di più, indica la fine del diluvio, lo stadio dell 'arca che tocca terra, la nascita di Diana e di Apollo, il trionfo della terra sull 'acqua, dell 'asciutto sull 'umido, e l 'epoca della nuova Fenice. - LA COLOMBA: Il simbolismo della colomba, o più precisamente delle Colombe di Diana, è in relazione con la Seconda Opera nei viaggi allegorici che si trovano alla fine del diluvio, quando la colomba, messa in li­ bertà da Mosè, alla sera fa ritorno portando nel suo becco un ramo d'ulivo dalle foglie verdeggianti. - IL CERVO ED IL LIOCORNO: Mentre il cervo maestoso incarna perfettamente l'anima o lo Zolfo filosofico, il liocorno incarna, da parte sua, lo Spirito o il Mercurio volatile dei Filosofi. Nel suo Piccolo Trattato sulla Pietra Filosofale, Lambsprinck non ci lascia nessun dubbio su tale soggetto:

È dal corpo che la Foresta riceve il suo nome. Si troverà allora con certezza e giustamente Che il Liocorno proviene dallo Spirito. Il Cervo non desidera in verità altro nome Che quello di Anima e nessuno glielo toglie.

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A ciò bisogna aggiungere che il liocorno è la luce nascente del Mercurio (da Lyke = alba). (Vedi E. Canseliet: Due Luoghi A lche­ m ici). Per questa ragione le tappezzerie della Dama con il Lio­ corno, di cui la maggior parte si possono notare al museo di Cluny a Parigi, confermano un insegnamento ermetico molto eloquente. - IL PAVONE:

Questo superbo uccello fu consacrato a Giunone, sposa di Giove. Dom Pernety, nel suo Dizionario mito-ermetico, ci racconta, in un modo meraviglioso, la sua avventura:

Questa dea gelosa (Giunone), chiese a Giove la ninfa lo cam­ biata in mucca, e, dopo averla ottenuta, la diede in custodia ad Argo, dai cento occhi. Giove diede l 'incarico a Mercurio di li­ berar/a da questo incomodo guardiano. Infatti, Mercurio lo fece perire e Giunone trasferì i suoi cento occhi sulla coda del Pavone.

È tutta l'allegoria della Terza Opera, in cui i colori del pavone si susseguono all'interno del vaso filosofale nella Via umida, che si compie, per Tradizione, con un fuoco di lampada. Per quanto riguarda l ' orso, il cinghiale, l ' ariete, l ' asino, il il cane e la tartaruga, il simbolismo ha lo stesso significato del drago, da noi già menzionato nel capitolo precedente e che ri­ guarda direttamente la prima materia o materia grezza della Grande Opera alchemica. lupo,

- LA FENICE:

È l 'uccello di Ermete per eccellenza, che rappresenta davvero la stessa Pietra filosofale, con il suo colore rosso vivo, ottenuto dopo la rubificazione. Questo favoloso uccello, che rinasce dalle proprie ceneri, trova, del resto, il suo simbolismo confermato dall'etimologia greca Foinix, che significa rosso.

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l SIMBOLI ALCHEMICI Leggendo i tortuosi scritti ermetici, si possono trovare, sparsi qua e là, dei segni grafici che caratterizzano singolarmente una certa ope­ razione o una determinata materia usata durante i lavori. Nel novero di tali simboli, i più conosciuti sono i seguenti: Acciaio, ferro o Marte Aceto Aceto distillato Acqua Acqua di vita Acqua forte Acqua regale Alambicco Allume Amalgama Antimonio Argento o Luna Argento vivo o Mercurio Aria Aries Arsenico Bagno Bagno-Maria Bagno vaporoso Bilancia, segno celeste Borace Calce Calce viva Calcinare Canfora Cancro o gambero Capricorno Cementare Ceneri Ceneri (coperte di ghiaia) Cera Cerussa (biacca) Cinabro

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