Aevum LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU, UNA CONTRORIFORMA EUROPEA (ANNI 1580)

This essay examines the Wars of Religion with a particular focus on the point of view of Pierre Matthieu and his intelle

111 84 1MB

italian Pages [40] Year 2022

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Aevum 
LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU, UNA CONTRORIFORMA EUROPEA (ANNI 1580)

Citation preview

AEVUM

RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE LINGUISTICHE E FILOLOGICHE

3

Anno XCVI Settembre-Dicembre 2022

Anno XCVI



Pubblicazioni dell’Università Cattolica Largo Gemelli 1 20123 Milano

Settembre-Dicembre 2022

AEVUM

RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE LINGUISTICHE E FILOLOGICHE

3

ISSN 0001-9593

COP Aevum 3_22.indd 1

14/12/22 09:05

AEVUM

RASSEGNA DI SCIENZE STORICHE LINGUISTICHE E FILOLOGICHE A CURA DELLA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

3

Anno XCVI Settembre-Dicembre 2022

Pubblicazione quadrimestrale

Direttore GIAN LUCA POTESTÀ Comitato di Direzione ANGELO BIANCHI, MARCO CORRADINI, LUIGI GALASSO, CARLO MARIA MAZZUCCHI, MARCO PETOLETTI, GIAN LUCA POTESTÀ, GIUSEPPE ZECCHINI Comitato Scientifico MONICA BERTÉ, FEDERICA BESSONE, FRANÇOIS BOUGARD, ELISA BRILLI, CATERINA CARPINATO, ALEXANDER FIDORA, VITTORIA FIORELLI, ROSSANA GUGLIELMETTI, GESINE MANUWALD, SANTIAGO MONTERO, MARIANNE PADE, CHRISTOPH RIEDWEG, MARIA TERESA SCHETTINO, STEFAN SCHORN, ELISABETTA SELMI, PIETRO VANNICELLI Redazione CRISTINA GUALANDRI (editing), MARIACHIARA FINCATI (procedure peer review), FRANCESCA PERUGI (recensioni) Redazione Scientifica/Editor: [email protected] Redazione Editoriale/Production Editor: [email protected] Abbonamenti/Subscription Queries: [email protected]

La Rivista sottopone i contributi a double blind peer review La rivista è disponibile anche su desktop, tablet e smartphone Sul sito http://aevum.vitaepensiero.it Articoli full text, Nuove uscite e Archivio digitale Informazioni e Abbonamenti

2a_3a COP Aevum 3_22.indd 1

14/12/22 09:06

www.vitaepensiero.it Libri Ebook Riviste - Anteprime Notizie Interviste e Gallery Anche su © 2022 Vita e pensiero - Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ISBN: 978-88-343-5388-2 ISSN (carta): 00019593 ISSN (digitale): 1827787X Proprietario: Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori È vietata la riproduzione degli articoli senza il preventivo consenso dell’Editore Fascicolo Print: Privati - carta: per l’Italia € 68,00 - per l’Estero € 85,00 Abbonamento Print & Digital: Rivista cartacea e versione digitale in PDF Italia € 143,00 Estero € 201,00 Abbonamento Digital Only: Rivista digitale in PDF Privati (mail) € 109,00 Enti (indirizzo IP) € 132,00 Acquistabile solo sul sito https://aevum.vitaepensiero.it/ Redazione e Amministrazione: Università Cattolica del Sacro Cuore - L.go Gemelli, 1 - 20123 Milano Redazione: tel. 02/72342368 - mail: [email protected] Amministrazione/Abbonamenti: tel. 02/72342310 - mail: [email protected] Direttore responsabile: dott. Carlo Balestrero Copertina di Andrea Musso Fotocomposizione: Servizi Grafici Editoriali (Mi) Stampa: Litografia Solari, Peschiera Borromeo (Mi) Finito di Stampare nel mese di Dicembre 2022

2a_3a COP Aevum 3_22.indd 2

14/12/22 09:06

Aevum XCVI (2022)

S O M M A R I O D E L T E R Z O FA S C I C O L O

Silvia Finazzi, I canti XXVI e XXVII dell’Inferno dantesco nella versione di Matteo Ronto

pp. 467-502

Danilo Siragusa, Aulo Giano Parrasio e la tradizione manoscritta di Pindaro

» 503-512

Benjamin Deruelle, Roi Achille, roi Chiron: le rôle de l’écurie dans la construction de la figure chevaleresque de François Ier » 513-531 au début des années 1530 Luca Pastori, «O Belzebù domicilio di tranquillità!». Indagine sugli Spiriti folletti di Anton Francesco Doni

» 533-554

Damiano Acciarino, Aldrovandi, Pinelli, Sigonio: interpretazioni » 555-577 plautine tra Padova e Bologna in una lettera del 1582 Federico Terzi, Giovanni Battista Morsolino organista del Duomo di Milano: inedite fonti liturgiche, organistiche e organarie per la cattedrale milanese tra Cinque e Seicento

» 579-607

Andrea Zanoni, La prima ricezione inglese dell’Aminta: uno sguardo d’insieme

» 609-631

Lorenzo Comensoli Antonini, Le Guerre di Religione viste dalla Lione confessionale di Pierre Matthieu, una Controriforma » 633-667 europea (anni 1580) Alessandro Regosa, Il doppio elogio funebre di Giambattista Marino a Battista Guarini

» 669-681

Carolina Patierno, Piramo e Tisbe in Ero e Leandro: Capponi, » 683-704 Marino e le nuove frontiere idillico-musicali del mito Andrea Merlotti, Superga. Le trasformazioni d’un simbolo del potere (secoli XVIII-XIX)

» 705-735

Federico Ferrari, Jemolo, Buonaiuti e una lettera «caduta nelle mani» del Sant’Uffizio

» 737-777

Aevum 3_22.indb 465

13/12/2022 11:12:54

466

SOMMARIO DEL TERZO FASCICOLO

Recensioni Augustine and the Humanists. Reading the City of God from Petrarch to Poliziano, edited by Guy Claessens – Fabio Della Schiava (M. Ferrari), p. 779 – Loïc Chollet, Dernières croisades, le voyage chevaleresque en Occident à la fin du Moyen-Âge (J. Schnapp), p. 781 – Francesco Barbaro, De re uxoria, a cura di Claudio Griggio – Chiara Kravina (S. Brusa), p. 783 – Leon Battista Alberti, Intercenales, editio minor a cura di Roberto Cardini (A. Severi), p. 785 – Cécile Caby, Un éloge de Camaldoli pour Pierre le Goutteux. La Heremi descriptio de Ludovicus Camaldulensis monacus (G. Cariboni), p. 788 – Maffeo Vallaresso, Epistolario (1450-1471) e gli altri documenti trasmessi dal codice Vaticano Barberiniano Latino 1809, edizione critica a cura di Matteo Melchiorre – Matteo Venier (F. Forner), p. 789 – Angelo Poliziano, Miscellanies, edited and translated by Andrew R. Dyck – Alan Cottrell (A. Longhi), p. 792 – Giovanni Gioviano Pontano, De bello Neapolitano, a cura di Giuseppe Germano – Antonietta Iacono – Francesco Senatore (M. Rinaldi), p. 795 – Rachel Winchcombe, Encountering early America (A. Tanturri), p. 799 – David Salomoni, Educating the Catholic People. Religious Orders and Their Schools in Early Modern Italy (1500-1800) (A. Tanturri), p. 801 – Lorenzo Comensoli Antonini, La maggioranza silenziosa della Controriforma. Il cardinale bergamasco Giovanni Girolamo Albani (15091591) (I. Fosi), p. 803 – Maiko Favaro, Ambiguità del petrarchismo. Un percorso fra Trattati d’amore, lettere e templi di rime (M.T. Girardi), p. 805 – Maiko Favaro, Le virtù del nobile. Precetti, modelli e problemi nella letteratura del secondo Cinquecento (L. Piccina), p. 808 – Stefan Bauer, The invention of Papal History. Onofrio Panvinio between Renaissance and Catholic Reform (F. Della Schiava), p. 810 – Letteratura bresciana del Seicento e del Settecento, a cura di Rosaria Antonioli – Enrico Valseriati (L. Pastori), p. 813 – Ambrogio A. Caiani, To Kidnap a Pope. Napoleon and Pius VII (R. Benzoni), p. 815 – Simona Gavinelli, La scrittura dello scienziato. Il Fondo autografi della Biblioteca di Storia delle Scienze «Carlo Viganò» dell’Università Cattolica di Brescia (P. Cherubini), p. 817 Sommario generale dell’annata

p.   821

Avvertenza

p.   825

Aevum 3_22.indb 466

13/12/2022 11:12:54

Aevum, 96 (2022), fasc. 3 Published online December 2022

Lorenzo Comensoli Antonini LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU, UNA CONTRORIFORMA EUROPEA (ANNI 1580)

© 2022 Vita e Pensiero / Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Summary: This essay examines the Wars of Religion with a particular focus on the point of view of Pierre Matthieu and his intellectual circle in the context of the Catholic city of Lyon during the 1580s. Through this original perspective, this study will privilege the counterreformist and transnational features of these conflicts rather than their national dimension, thus shedding a light on the political commitment of an important part of those Catholics who stood against tolerance towards the Huguenots. For this group, religious unity was an eminently political problem, as their ideas of Church and society coincided. Keywords: Pierre Matthieu, Wars of Religion, Counter-Reformation, religious violence, ecclesiology. ISSN: 0001-9593 (print); 1827-787X (digital) DOI: 10.26350/000193_000146

Parlando dei conflitti religiosi che caratterizzarono il XVI e poi il XVII secolo prevalgono quasi sempre i récits nazionali. Quandanche si sottolinei l’ampiezza europea del fenomeno, la letteratura predilige il metodo comparativo, mettendo a confronto le diverse situazioni nazionali, che continuano così a costituire le componenti dell’analisi1. D’altra parte, gli studi di fenomeni e dinamiche transnazionali, come i commerci, la circolazione delle idee, le migrazioni, la diffusione degli ordini monastici – sebbene anche in tali casi prevalga spesso la dimensione nazionale – sono raramente impiegati al fine di “denazionalizzare” il tema dei conflitti religiosi. Eppure, sappiamo che le identità nazionali, nel Cinquecento, erano alquanto fluide2 e che l’appartenenza confessionale, in molti casi, egemonizzava le rappresentazioni di sé degli individui e delle comunità. Il presente studio ambisce perciò a mostrare come i conflitti confessionali potessero essere vissuti, in questo caso da attori cattolici, come un momento della più ampia guerra contro l’eresia protestante, consentendo così 1 Cfr. Benedict 1999; Kaiser 2008; Schreiner – Muller-Luckner 2008; Bély – Duhamelle 2009; Brendle – Schindling 2010; Schorn-Schütte 2010; Palaver – Rudolph – Regensburger 2016. 2 Cfr. Schaub 2007.

634

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

nel caso specifico d’interpretare le Guerre di Religione francesi come un momento della Controriforma europea. Per farlo impiegheremo il “caso biografico”3 di Pierre Matthieu (1563-1621), conosciuto oggi principalmente come autore di tragedie nella seconda metà degli anni 15804 e per la raccolta poetica delle Tablettes de la vie et de la mort 5. Minore attenzione ha invece ricevuto la sua produzione storiografica6, cominciata nel 1594 con l’edizione di una storia dei recenti troubles e che, da subito fino ad almeno la metà del XVII secolo, gli fece conseguire una fama letteraria europea. Le sue opere storiche furono infatti tradotte nelle maggiori lingue e Matthieu venne considerato un maestro della prosa barocca7. Negli anni 1580, però, il suo nome compare anche nelle vesti di editore o curatore di opere religiose, come trattati teologici e compilazioni canonistiche, fra le cui pagine liminari emergono i protagonisti del mondo editoriale ed ecclesiastico della Lione di quegli anni. Il loro studio, insieme al raffronto con le notizie biografiche disponibili, consente di aprire una finestra sulla battaglia culturale degli ambienti cattolici lionesi. Scopriamo così un milieu impegnato nella riconquista confessionale della città e, ovviamente, interessato agli avvenimenti politici del regno, ma che non cessava di guardare alla Controriforma all’interno di un orizzonte più ampio. Siamo negli anni della nascita della Lega cattolica (1585), prima del precipitato di eventi che, a partire dalle barricate parigine del maggio 1588, porterà all’uccisione dei Guisa e poi alla morte di Enrico III, con il conseguente scontro fra il calvinista Enrico di Navarra e la Sant’Unione. Seguendo Pierre Matthieu, l’intenzione è quella di offrire uno spaccato di storia delle mentalità che contribuisca a problematizzare alcune tesi predominanti della storiografia francese sulle Guerre di Religione e in particolare sulla Lega cattolica. Mi riferisco alla linea interpretativa secondo cui il carattere dominante dei conflitti di questi decenni fu la violenza di marca religiosa, scaturita per i cattolici da una diffusa ansia apocalittica; una reazione al panico provocato dal rivolgimento socioreligioso che aveva dissolto le certezze su cui si fondava la vita collettiva. Il sacro furore dei cattolici si sarebbe smorzato dopo la notte di San Bartolomeo dell’agosto 1572, allorché sfumò il sogno di restaurare l’unità sacrale fra popolo e sovrano per mezzo di una catarsi violenta. Da quel momento, l’inquietudine escatologica cominciò a declinarsi in un atteggiamento penitenziale meno aggressivo, nell’attesa collettiva della Seconda venuta8. Più in generale, si è sovente voluto ravvisare nelle Guerre di Religione lo scontro fra modernità e reazione, fra passioni violente e ragione, scorgendovi «la confrontation entre une culture eschatologique et une culture traditionnelle fondée sur la pensée de Dieu au monde, et une culture de la modernité 3 Questo approccio metodologico studia un caso individuale come “condensato” delle dinamiche di campi sociali più ampi. 4 L’edizione critica di riferimento del corpus drammaturgico è la seguente, ma ve ne sono altre di singole tragedie: Lobbes 2022. Sul teatro di Matthieu cfr. Ernst 1985; Lobbes 1998; Patterson 2016; Frappier 2017. 5 Ernst 2022. 6 Zilli 1997, 125-33; Lobbes 2005; De Waele – Lafrance 2012. 7 Per l’eco delle sue opere in Italia cfr. Zilli 1991. Per la Spagna cfr. Izquierdo 2019. 8 Cfr. Baumgartner 1976; Barnavi 1980; Crouzet 1990; Crouzet 1994.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

635

axée sur l’autonomisation de la sphère mondaine»9. La sensibilità religiosa di Pierre Matthieu e della sua cerchia mettono in discussione tali assunti, incarnando una cattolicità che viveva acutamente la tragicità del proprio tempo e certo soffriva della divisione del popolo cristiano, ma che malgrado ciò non era animata da angosce apocalittiche, né ebbra di violenza sacrale. Emerge piuttosto il profilo di un confessionalismo legato alla Sede apostolica e anche per questo squisitamente controriformista, sia per la durezza dell’atteggiamento militante – ma capace nondimeno di pragmatismo e moderazione10 – sia per la proiezione europea del proprio orizzonte religioso, non ristretto ai conflitti francesi. L’idea di cristianesimo di Matthieu, più in generale, conferma come la religione continuasse a essere concepita come un body of believers e non come un body of beliefs11. La Lega cattolica capitanata dai Guisa nacque il 31 marzo 1585, poco prima che Pierre Matthieu si stabilisse definitivamente a Lione. Due mesi prima Filippo II, con il trattato di Joinville, si era impegnato a sostenerla contro l’eventualità che il successore alla Corona potesse essere un protestante. Il sostegno non era disinteressato: Filippo II voleva evitare che Enrico III corresse in aiuto della Fiandre ribelli e stringesse un’alleanza militare con Elisabetta I Tudor. Destabilizzare la Francia serviva quindi a tenere occupati i francesi frattanto che si preparava l’invasione dell’Inghilterra12. In questo contesto, gli storici hanno discusso dei reali intenti dei prìncipi di Lorena: miravano a succedere al trono, a prendere il posto del duca di Épernon come favoriti del re, o la loro battaglia era mossa da sincero zelo religioso e da una sostanziale fedeltà al sovrano? Le notizie raccolte su Matthieu e sul suo ambiente lionese non risolvono queste domande, ma l’analisi del loro posizionamento ideologico apre a una migliore comprensione degli schieramenti politici di questi anni. 1. Una formazione umanistica e confessionale Pierre Matthieu nacque suddito cattolico di sua Maestà cattolicissima Filippo II di Spagna, senza mai essere tribolato dai dubbi in materia di religione che assillarono molti dei suoi contemporanei, tra cui anche persone della sua cerchia13. I suoi natali si devono al villaggio di Pesmes, il 10 dicembre 1563, nella Haute-Saône appartenente alla Franca Contea, unita al ducato di Borgogna e così, dal 1477 fino a Luigi XIV, posta sotto il dominio degli Asburgo. Il padre, che portava il suo stesso nome, era recteur delle scuole locali, al contempo direttore e docente14. La famiglia, nient’affatto ricca, si trasferì nel 1567 nell’Ajoie, a Porrentruy, l’attuale capoluogo del Jura svizzero, all’epoca dominio temporale del principe-vescovo di Basilea, benCrouzet 1990, 50. Adducendo esempi e motivazioni differenti, altri autori hanno mitigato la dicotomia di Crouzet; cfr. Diefendorf 1994; Taylor 1999. 11 Bossy 1985, 170-71. Per il contesto francese cfr. Diefendorf 1991, 28-48. 12 Brunet 2010, 797-98. 13 Fu il caso di Jacques Saint-Germain d’Apchon, autore nel 1594 de L’Irenophile discours de la paix; Obukowicz 2009, 147. 14 Per i dati biografici cfr. Kohler 1892a; Lobbes 1998, 207-18; Ernst 2022, 103-11. 9

10

636

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

ché facesse parte della diocesi di Besançon. Fin dalla gioventù, Matthieu conobbe gli scontri confessionali. Basilea, infatti, aveva abbracciato il calvinismo dal 1528, scacciando il principe-vescovo. Le campagne dell’Ajoie, tuttavia, erano restate maggioritariamente cattoliche, al pari di Porrentruy, ch’era così diventata sede episcopale provvisoria. Non mancavano tuttavia tensioni confessionali: abitualmente la città ospitava dei pastori e molti cittadini propendevano per il calvinismo15. Nel maggio 1575, poco dopo l’elezione del nuovo vescovo, un gruppo di notabili capitanati da alcuni pastori chiese ufficialmente al nuovo principe temporale l’adesione della città alla Riforma. La risposta di Jacques Christophe Blarer de Wartensee, dopo un primo riscontro interlocutorio, furono le armi: in pochi anni Porrentruy fu ricattolicizzata, depurando il consiglio cittadino dagli elementi calvinisti e ostacolando la predicazione dei pastori. Forte dell’alleanza con i cantoni cattolici, siglata ufficialmente nel 1578, e avvalendosi dell’aiuto di cappuccini, domenicani e gesuiti, Blarer divenne il campione della Controriforma elvetica, recuperando al proprio dominio temporale e alla fedeltà a Roma anche molti bailliages di lingua tedesca. Inoltre, fu uno scrupoloso esecutore dei decreti tridentini relativi alla disciplina e all’istruzione del clero, favorendo a Porrentruy l’apertura di un collegio gesuita nel 158816 e fondando un seminario nel 1606. Pierre Matthieu ricorderà lo zelo controriformista di Blarer de Wartensee nella sua opera giuridica più importante, rammentando inoltre come fosse stato il padre a suggerirgli di sceglierlo come patronus17. Matthieu senior aveva infatti assistito direttamente all’azione del prelato a Porrentruy, venendo coinvolto negli affari religiosi della città e avendo modo di conoscere la generosità di Blarer nel sostenere le lettere. L’epistola dedicatoria dimostra come i contatti con la Svizzera cattolica, non solo francofona, non cessarono allorché i Matthieu, nel 1580, fecero ritorno nella Franca Contea, stabilendosi a Vercel, dove il capofamiglia fondò il locale collegio. La città aveva conosciuto un’importante proliferazione delle idee riformate nei decenni precedenti, ma v’era stata al contempo una strenua opposizione da parte delle autorità secolari ed ecclesiastiche. Nel 1571 Filippo II aveva inviato tre commissari allo scopo di sedare i disordini: l’effetto principale della repressione fu il bando di molti cittadini ugonotti. Pochi anni prima dell’arrivo della famiglia Matthieu, nel giugno 1575, i calvinisti in esilio avevano tentato di conquistare la città con la forza. Il colpo non era però riuscito e il giorno seguente i cittadini sospettati di aver favorito l’impresa erano stati suppliziati. Da questo momento, in città e più in generale nella regione franc-comtoise, non si erano più registrati disordini confessionali rilevanti. Pierre Matthieu giungeva quindi in un luogo dove, come a Porrentruy, le autorità non erano mai scese a compromessi con i protestanti, ma erano riuscite a ristabilire l’unità religiosa e a difendere la cattolicità delle istituzioni grazie alla repressione armata. In entrambi i casi, a Besançon come a Porrentruy, ciò era stato possibile grazie alla collaborazione fra autorità civili ed ecclesiastiche. La gioventù 15 16 17

Quiquerez 1870, 64-78. Cfr. Barré 1999. Matthieu 1589b, ff. γ1v- γ2r.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

637

di Pierre Matthieu fu quindi segnata dal successo di questi due casi esemplari di Controriforma religiosa e politica. Nel 1587, quando già abitava a Lione, Pierre Matthieu partecipò a una pubblicazione in onore del cardinale Antoine Perrenot de Granvelle (1517-1586), recentemente morto a Madrid poco dopo essere stato nominato arcivescovo di Besançon. L’opera riproduce l’orazione funeraria, scritta originalmente in latino da Juan Bautista Sacco, nella traduzione francese di Benoît du Troncy, notaio e segretario della città di Lione18. Pierre Matthieu vi contribuì scrivendo una serie di componimenti19, nel primo dei quali ricorda negativamente i primi anni di Granvelle come segretario di Stato dell’Impero al servizio di Carlo V. L’empereur cognoissant aux rayons de sa face Comme il rebrossoit de son pere la trace, S’estimoit bien-heureux de gouverner ses sens Au sacre-sainct accord de ses doctes accens Il vit sa Maiesté de l’Univers prisee Servir au protestant de fable et de risee. Comment un vent courrousse pousse flots dessus flots Le temps amoncela mile faix sur son dos Il vit les temples saincts n’estre qu’une voyerie, Tout estoit desbordé, tout estoit en furie20.

In tali circostanze, nemmeno la celebrata saggezza del cardinale aveva potuto evitare che i protestanti si facessero beffa dell’imperatore, scombussolando l’ordine politico-sociale e religioso: i luoghi di culto ridotti a discarica (voyerie), tutto appariva sovvertito e in preda a furiose passioni. L’unità religiosa, per Matthieu, è ritenuta condizione ineludibile per garantire l’armonia dell’umano consorzio; senza di essa, v’è solo caos e rovina. Il riferimento storico è certamente la sconfitta subita da Carlo V contro i prìncipi protestanti capitanati da Maurizio di Sassonia e alleati di Enrico II di Francia (bisogna forse cogliervi un avvertimento a Enrico III), il quale in cambio del sostegno aveva ottenuto i Tre Vescovadi. Questo conflitto si concluse nel 1552 con il trattato di Passau, che garantì la libertà di culto ai protestanti, anticipando nella sostanza il cuius regio, eius religio di Augusta. Fra gli elogi ditirambici riservati a Granvelle, è rilevante che l’unico suo insuccesso a venire ricordato sia quello che lo vide co-protagonista di importanti concessioni ai protestanti: per Matthieu, che all’epoca della pubblicazione dell’omaggio a Granvelle (i primi mesi del 1587) non era ancora attivo nella Lega cattolica, ciò rappresentava una delle principali cause del fatto che «En ce siecle de fer […] / Vers l’ancien Chaos retournant l’univers / I’ay veu Mars et Pluton ruer tout à l’envers / Entourrez d’apostats, de traistres et de rustres»21. Cfr. Pérouse 2009. Du Troncy 1587, ff. D1r-D4v. 20 Du Troncy 1587, “Deploration du trespas de l’illustrissime Cardinal de Granvelle, Archeveque de Besançon, Prince du Saint Empire”, f. D2r. 21 Du Troncy 1587, f. D3v. 18 19

638

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

A Vercel, Matthieu affiancò il padre come docente. Pierre Matthieu senior ebbe un ruolo decisivo per la formazione e le scelte poetiche e ideologiche del figlio. Anch’egli autore di teatro, scrisse un numero imprecisato di pièces edificanti e moralités, che faceva recitare ai propri studenti. Suoi modelli erano forse George Buchanan e Marc Antoine Muret, professori a Bordeaux e autori di tragedie negli anni Quaranta e Cinquanta, i quali riscoprirono l’insegnamento del teatro latino, oltre ad approntare delle volgarizzazioni per i collegiali, potendo per questo essere considerati «les parrains de la tragédie en langue française»22. Nel Jura più che a Vercel, quindi, il teatro era alquanto diffuso e ritenuto una componente essenziale del programma scolastico, al punto che i contratti fra la città e i direttori della scuola prevedevano una rappresentazione all’anno. Le pièces e i misteri messi in scena a Porrentruy a partire dagli anni Cinquanta venivano di norma rappresentati nella piazza principale in presenza dei notabili cittadini e, spesso, del vescovo di Basilea23. Il padre di Matthieu continuò a far recitare agli studenti le proprie creazioni fino al 159024, essendo tornato a Porrentruy nel 1583 sempre come direttore della scuola, ove morì poco dopo il 159325. Anche per Matthieu junior il teatro avrà uno scopo edificante e morale, come tutta la sua produzione letteraria. A differenza del genitore, però, prediligerà la pedagogia politica, se così si può dire: rimase sempre, cioè, uno scrittore moralista immerso nelle grandi questioni del proprio tempo. Il padre istitutore e la tradizione drammaturgica spiegano la peculiarità della formazione di Pierre Matthieu, la cui cultura classica fu invero vasta già prima degli studi superiori. Lo attesta l’età di redazione della prima tragedia, Clytemnestre: pubblicata nel 1589, Matthieu ne giudica i versi indegni della forma tragica, per la quale esprime la propria «grande stime [et] dont les vers doivent estre hauts, grands, et plains de maiesté, non efrenez ny enervez comme ceux des comiques», adducendo come attenuante il fatto di averla composta «sur le troisiesme lustre de mon aage»26. L’avrebbe quindi scritta, e probabilmente rappresentata, a Porrentruy fra il 1578 e il 1579. Il sottotitolo – De la vengeance des iniures perdurable à la posterité des offencez, et des malheureuses fins de la volupté – mostra come l’intento dell’opera fosse analogo a quello delle pièces paterne: parenetico e didattico. Matthieu usa cioè la tragedia per illustrare le conseguenze nefaste delle passioni sfrenate e come la Fortuna possa in ogni momento ridicolizzare le umane glorie. Clytemnestre dimostra anche come Matthieu vantasse fin dall’adolescenza una conoscenza approfondita dei classici della poesia e del teatro latini, acquisita grazie 22 Lebégue 1954, 36. Sull’importanza dei collèges per lo sviluppo del teatro in lingua francese cfr. De Caigny 2011, 43. 23 Vautrey 1868, 246. 24 Nel 1608, una moralité del recteur fu pubblicata postuma a Lione – l’attribuzione è certa, fu rappresentata a Porrentruy nel 1576; Kohler 1858, 33. È difficile che il figlio, all’epoca già storiografo reale, non fosse all’origine di questa pubblicazione in onore del padre. Curiosamente, però, l’edizione compare senza nome dell’autore e senza dedicatoria né apparati; Matthieu senior 1608. Nel 1587, abbiamo ancora notizia della rappresentazione di un suo mistero sulla Nativité de Notre-Seigneur; Kohler 1858, 33-34. 25 Vautrey 1868, 248. 26 Matthieu 1589a, “Au lecteur”, f. 6r. Per le considerazioni poetico-linguistiche sull’opera cfr. Ernst 1997.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

639

all’insegnamento del padre. In assenza di documenti precisi sui programmi scolastici seguiti a Porrentruy, si è giustamente ipotizzato potessero essere influenzati dalla prassi didattica dei gesuiti, che negli anni Settanta costituiva già il principale modello per gli istitutori e la cui pedagogia si ispirava ai valori della Controriforma27. Il latino era la lingua base, insegnato tramite la letteratura degli Antichi, la quale però aveva sempre un valore morale, utile cioè a fornire ai discenti esempi di virtù. Per la stessa ragione, integravano l’insegnamento la storia antica e la storia sacra, concepite come tesoro di comportamenti esemplari. Si tratta di quell’Umanesimo cristiano, riadattato dai gesuiti per i propri bisogni28, che non postulando alcuna dualità fra la cultura umanistica e la morale cristiana rimise al centro lo studio della retorica classica, con un ruolo precipuo riconosciuto a Cicerone e secondariamente ad Aristotele29. A differenza delle scuole calviniste, inoltre, il curriculum non era incentrato sulle Sacre Scritture e sulla lezione dei Padri: per studiare teologia, spesso, gli studenti dovevano aspettare gli studia superiora, che cominciavano intorno ai 15-16 anni. Matthieu dovette quindi terminare la scuola a Porrentruy nel 1578-1579, circa due anni prima di affiancare il padre a Vercel. Questa scansione temporale è coerente con l’assegnazione a Matthieu, nel settembre 1577, della collazione di un beneficio ecclesiastico30, che gli permise probabilmente di proseguire gli studi nei due anni, dal 1578 al 1580, in cui il padre rimase inoccupato31. Non vi sono tuttavia notizie ch’egli in questo periodo lasciasse il Jura, dovendo probabilmente restare al fianco della famiglia e proseguendo gli studi da autodidatta. Le opere successive provano che la formazione umanista di Matthieu, una volta terminato il collège, si arricchì di elementi peculiari. In primis, stupisce la conoscenza della lingua greca, che ha lasciato finanche sospettare una predilezione per la cultura greca rispetto a quella latina32. Negli anni Settanta del XVI secolo, l’insegnamento del greco era poco diffuso negli studia inferiora dei collegi cattolici – per i gesuiti lo divenne a partire dalla Ratio studiorum del 1599 – ed è inverosimile che Pierre Matthieu senior abbia tenuto classi di greco. Tuttavia, è pur vero che nella seconda metà del secolo, accanto alle traduzioni, le edizioni bilingui diventarono più comuni: leggere i greci, dunque, non significava per forza conoscerne la lingua. Fu questo il caso, riteniamo, finché Matthieu restò a Porrentruy e a Vercel. Il riferimento all’influenza dei tragediografi greci nel poema pastorale premesso a Esther non prova infatti che li avessi letti nell’originale: «Et desroubant des Grecs (il faut que je le die) / et des Latins j’ay sçeu enfler la tragedie»33. Cionondimeno, il dato è interessante, poiché, in seguito all’interdizione tridentina della lettura della Bibbia greca nel 1550, gli autori francofoni cattolici abbandonarono Sofocle ed Euripide, 27 28 29

2002.

Lobbes 1998, 212-14. Grendler 1989, 377-79. Maryks 2008. Ciò avvenne a discapito della logica e della dialettica medievali; Fumaroli

Kohler 1892b, 8. Pierre Matthieu senior rinunciò al suo incarico a Porrentruy due anni prima di trasferirsi a Vercel, a causa delle ristrettezze economiche in cui versava; Kohler 1858, 33. 32 Lobbes 1998, 219-21. 33 Lobbes 2022, 368. 30 31

640

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

elevando a modello Seneca, così come testimoniato dalla Clytemnestre di Matthieu. I tragici greci furono cioè la vittima indiretta del sospetto con cui si mirava ad associare lo studio del greco alle tendenze evangeliche34. La dichiarazione di Pierre Matthieu segnala quindi una certa ecletticità nei confronti dello studio dei classici greci, in particolar modo con riferimento al teatro. La conoscenza della lingua greca potrebbe far supporre che, lasciando Vercel nel 1583, Matthieu integrasse per circa due anni gli studia superiora di un collegio parigino. Nel 1583-1584, Matthieu aveva però già vent’anni, un’età troppo matura per intraprendere le ultime classi del collège. Potrebbe quindi aver cominciato gli studi di diritto per un certo tempo a Parigi o essersi trasferito direttamente a Valenza. Dopodiché giunse forse a Lione nel corso del 1584-1585, quando molti studenti abbandonarono il Delfinato a causa degli scontri civili35. L’ipotesi spiegherebbe perché, nel 1585, la sua prima opera pubblicata, l’Esther, uscì dai tipi di uno stampatore lionese. Ciò che è certo è il conseguimento del titolo in utroque iure, nel 1586, presso l’università di Valenza. Durante la discussione della propria tesi, però, Matthieu dichiarò di essersi recato in loco solo per l’occasione36. Il definitivo trasferimento a Lione, quindi, seguì forse la grave epidemia di peste che afflisse il Delfinato nel 158637. Accanto agli studi giuridici è certo che Pierre Matthieu, dopo Vercel, coltivò parimenti la teologia, la filosofia e lo studio del greco. A Lione, pur in assenza di un’università e di un Parlamento, v’erano circoli umanistici che coltivavano le lettere antiche e gli editori continuavano a pubblicare numerose edizioni in greco38. A partire dal 1583-1584, Matthieu ebbe così accesso a una biblioteca “maggiore”, grazie alla quale poté arricchire la propria cultura umanistica con una solida preparazione teologica, biblica e anche storiografica, quest’ultima imprescindibile per la conoscenza del diritto canonico. Resta da valutare quanto la conoscenza della lingua e l’interesse per gli autori greci fosse inusitato. A tal proposito, leggendo i poemi liminari delle opere edite da Matthieu a Lione, troviamo diversi componimenti in greco: gli autori sono dei canonici, come nel caso di André Amyot, custode della chiesa di Sante-Croix39, oppure membri di famiglie di letterati, come Claude du Verdier40. Sembrerebbe che Matthieu abbia dunque frequentato circoli in cui la conoscenza del greco era piuttosto diffusa41. Il tal senso, il Collegio della Trinità, Alonge 2019. Nadal 1861, 123. 36 «Scias hos subiectum ex animi sententia non exiluisse, sed doctissimorum Valentinae Academiae professorum authoritate, apud quos paucis diebus commoratus illud publice suscepi exponendum non multis vigiliis maturum, aut longa praemeditatione elaboratum»; Matthieu 1587, 4, corsivo mio. 37 Lo stampatore di un’opera annotata da Pierre Matthieu dichiara, nel maggio 1587, ch’egli non poté terminare il lavoro a causa della peste; López 1587, f. ā3r. Nel 1586-1587, Lione fu sì minacciata dall’epidemia, con la presenza di alcuni casi, ma non seriamente colpita; Mingous 2021. 38 Silvestre 2014. 39 Matthieu 1589b, ff. δ3v-δ4r. 40 Tricou 1950. 41 L’interesse per il greco era diffuso al punto che, nel 1574, «quelques bourgeois lyonnais [en] réclamaient […] une étude plus poussée»; De Groër 1995, cap. 4, §1. 34 35



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

641

fondato per volontà dei consoli nel 1527 e dal 1565 diretto dai gesuiti, ne prevedeva lo studio, ma solo una volta terminati gli studia inferiora, a considerazione del rischio, ravvisato da Ignazio di Loyola, che «qui graecizabant lutheranizabant»42. Non si deve quindi immaginare per Matthieu la frequentazione di circoli umanisti mossi unicamente dall’amore per le lettere, quanto piuttosto, in continuità con la sua formazione precedente, un milieu fortemente connotato a livello confessionale e contiguo agli ambienti ecclesiastici. Il Collegio municipale, infatti, sotto la guida della Compagnia di Gesù, era divenuto il principale strumento di propagazione della Controriforma lionese43. Sebbene si ventilasse la possibilità di affidare la scuola ai gesuiti già nel 1560, fu solo dopo l’occupazione dei protestanti della città, durata circa un anno (1563-1564), che le autorità municipali raggiunsero un accordo coi Padri, allo scopo dichiarato di trasformare il collegio in una «citadelle de la vraie foi»44. L’insegnamento confessionale serviva non solo a far dimenticare il ruolo avuto dal Collegio della Trinità nella propagazione delle idee riformate, ma soprattutto ad affiancare le azioni repressive nel tentativo di ritrovare la concordia religiosa. Anche a Lione, dunque, Pierre Matthieu ritrovava negli anni 1580 un luogo che aveva conosciuto i conflitti religiosi, ma dove il cattolicesimo era stato restaurato con successo, non solo tramite il dispiego della violenza, ma anche per mezzo dell’azione culturale45. La formazione e l’immaginario giovanile di Pierre Matthieu, riassumendo, si forgiarono in un clima marcatamente controriformista, per il quale la cultura umanistica era una componente essenziale degli studi, ma ritenuta al contempo uno strumento imprescindibile per una ricattolicizzazione di successo. Maturò così la convinzione che la convivenza confessionale non fosse una necessità ineludibile: come dimostravano i casi del Jura, della Franca Contea e di Lione, i cattolici potevano infatti ambire a ritrovare l’unita religiosa eliminando o scacciando i calvinisti. L’esempio paterno e la formazione ricevuta addestrarono così Matthieu a un cattolicesimo militante, per il quale nessun compromesso era ammesso fra potere secolare ed eresia. Per il giovane erudito il buon governante cattolico, sul modello di Blarer de Wartensee, di Granvelle, di Filippo II, era colui che difendeva la cattolicità del proprio dominio. Inoltre, l’essere francofono ma non francese, una Bildung divisa fra la Franca Contea, i cantoni elvetici e la Francia dei suoi studi superiori, resero l’orizzonte politico di Pierre Matthieu più aperto alle differenze istituzionali e più ibrido – oggi si direbbe più europeo – il suo senso di appartenenza nazionale. Ciò che restò sempre la bussola della sua identità politica fu invece il cattolicesimo: una religione concepita etimologicamente come universale, transnazionale e fondamento della società civile, della comunità di valori e delle leggi della città.

42 43 44 45

Bobadilla 1913, 614. Cfr. De Groër 1995. Lignereux 2005, §4. Sulle modalità della battaglia culturale dei gesuiti a quest’epoca cfr. Buttay 2018.

642

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

2. L’attività editoriale controriformista Ipotizzare per Pierre Matthieu un arrivo a Lione più precoce del 158746, per dei periodi già nel 1584-1585, rende più verosimile la sua ascesa sociale e intellettuale, altrimenti di difficile comprensione visti i suoi natali non illustri e la modesta influenza di cui godeva a Lione la piccola aristocrazia di Vercel che lo promosse. La pubblicazione di Esther nel 1585, i cui poemi liminari mostrano ancora un forte legame con la Franca Contea, segnò per Matthieu un’interruzione dell’attività teatrale, con la quale, forse, aveva sperato senza successo di farsi conoscere. Subito dopo, però, cominciò per lui un’intensa attività editoriale, che possiamo definire confessionale. Si consideri che il giovane Matthieu non era un laico, essendo dal 1577 cappellano di Notre-Dame de Clopat presso la chiesa di Saint-Pierre di Porrentruy. La tonsura gli impediva il matrimonio47 e ciò lascia supporre che nei suoi primi anni lionesi dovette progettare di ricevere l’ordinazione sacerdotale o divenire frate. Non stupisce quindi che le sue frequentazioni fossero in questo periodo contigue agli ambienti ecclesiastici cittadini. Per lo stesso motivo, dal 1586 al 1589, Matthieu trascurò la musa poetica per dedicarsi agli studi canonistici e teologici, a eccezione di un libro di preghiere – le Odes chrestiennes pubblicate nell’aprile 158848 – che conferma la sollecitudine religiosa di questi anni. Nel corso del 1586 gli fu affidata la curatela della riedizione del commento al libro di Osea del frate spagnolo Gerónimo de Gaudalupe, professore di Sacra Scrittura all’Escurial di Madrid, di cui Matthieu approntò gli apparati e i marginalia, quest’ultimi già caratterizzati dalla medesima ricchezza di rinvii della sua più tarda produzione storiografica49. Il volume uscì dai tipi di Ambroise Duport, stampatore ma soprattutto mercante che si muoveva fra Lione e Medina del Campo. Duport lavorava spesso insieme al cugino lionese Pierre Landry (1565-1616), che a Medina abitò per circa vent’anni fino al 158550. È lui il destinatario della breve epistola di Matthieu, da cui capiamo che fu Landry ad affidargli l’incarico51, per il quale dichiara di essersi speso affinché «nihil hic venabitur quod meliorem non reddat lectorem»52. Matthieu ha voluto cioè rendere più accessibile il commento di frate Gerónimo, esplicitandone i riferimenti biblici e teologici e selezionando con cura le auctoritates che avevano in precedenza glossato Osea, escludendo quegli autori, sottinteso eretici, che avrebbero potuto traviare il lettore. Che la pubblicazione si Ernst 2022, 105. Rinunziò al beneficio nell’ottobre 1590, sposando Louise de Crochère; Kohler 1892b, 24. 48 Matthieu 1588. 49 Gaudalupe 1586. 50 Esponente di una famiglia consolare, Landry era nipote di Charles Pesnot, erede della casa di Claude Senneton, insieme a cui negli anni 1550-1560 aveva aderito al calvinismo, pubblicando numerose edizioni filoprotestanti; nel corso degli anni 1570 abiurò e tornò al cattolicesimo. Apparentemente Landry non fu tribolato dagli stessi dubbi religiosi dello zio, pubblicando fin dal 1573 volumi di rigorosa ortodossia cattolica; Baudrier 1901, 295-351; Hall 2005, 154-57, 294-96. 51 «Ne autem indonatus a me recederet, ut pensum mihi traditum tua liberalitate absolverem»; Gaudalupe 1586, f. †8r. 52 Gaudalupe 1586, f. ††1r. 46 47



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

643

ponesse sotto il segno dell’apologetica controriformista, lo si capisce dall’encomio del frate predicatore Pierre de Bollo, alla cui benevolenza Matthieu affida il proprio lavoro: sarà infatti lui a concedere l’autorizzazione alla pubblicazione del volume53. Nativo di Chambéry e dottore in teologia della Sorbona, Pierre de Bollo era all’epoca provinciale dei Jacobins e di lì a poco diventerà priore del monastero di Notre-Dame-de-Confort, sede dei domenicani lionesi. Celebre per le omelie, Bollo era apprezzato a tal punto che nel 1583 i consoli ne chiesero espressamente la residenza a Lione al capitolo generale dell’ordine54. Da questo momento, divenne un pilastro della Controriforma lionese, animando diverse iniziative editoriali e proseguendo l’opera di persuasione. Sempre nel 1586 Ambroise Duport pubblicò altri due volumi, entrambi di esponenti domenicani della Scuola di Salamanca: la Relectiones theologicae del celebre Francisco de Vitoria (1483/1486-1546)55 e le Lectiones de institutione sacerdotum di Pedro de Soto (1495-1563)56. Si può forse supporre che il piano editoriale sia stato ispirato proprio da Pierre de Bollo, ma più in generale il dato accerta i legami fra il duo Duport-Landry e i domenicani lionesi. D’altronde, leggendo la lista dei volumi pubblicati da Pierre Landry a Medina del Campo nei due decenni passati, se ne ricava come lo stampatore si fosse specializzato nella letteratura religiosa spagnola in lingua latina57, dedicandosi alla sua diffusione una volta ristabilitosi a Lione. Il suo mercato non era solo quello francese, ma comprendeva tutta l’Europa cattolica e aveva contatti commerciali anche con Ginevra58. Questo tipo di operazioni editoriali, fra XVI e XVII secolo, s’inscriveva in una tendenza più generale, la Francia pubblicando da sola circa il 40% dell’opere di autori spagnoli, più della stessa Spagna59. In codesto commercio, per la posizione geografica e la folta presenza di stranieri, Lione giocava un ruolo centrale60. Approfittando infatti della crisi degli editori spagnoli, gli stampatori lionesi erano riusciti ad «atteindre un public d’ecclésiastiques, de juristes, d’administrateurs, et des universitaires de Valladolid, Alcalá ou Salamanque, si séduits par la qualité des impressions et des textes produits à Lyon qu’ils confiaient aux presses lyonnaises l’impression de leurs œuvres»61. Dopo la parentesi protestante e la riconquista cattolica, è verosimile che il legame editoriale fra Lione e Spagna abbia accentuato la connotazione confessionale. I gesuiti del Collegio della Trinità, così come i frati predicatori, miravano infatti, anche attraverso la stampa, a contribuire al disciplinamento religioso e culturale. In tal senso, la cultura spagnoGaudalupe 1586, f. ††2v. Péricaud 1843, 91, 180. 55 Vitoria 1586. Pierre Landry rieditò a suo nome il volume l’anno stesso. In entrambe le edizioni – per la prima la notizia è presa in Kohler 1892a, 18 – troviamo un carme dove Matthieu celebra lo zelo controversistico di Vitoria. 56 Soto 1586. In pochi mesi Landry lo ripubblicò tre volte, dimostrando come l’operazione fosse fin dall’inizio stata intrapresa d’intesa con Duport, il quale, dopo il 1586, non pubblicherà a Lione più nulla a suo nome; Pettegree – Walsby 2012, 1479. 57 Pérez Pastor 1895, 232, 237-38, 242, 251, 444, 447, 450, 452, 456, 497. 58 Hall 2005, 295. 59 Cfr. Etayo-Piñol 2000. 60 Péligry 1981. 61 Andreoli 2009, §57. 53 54

644

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

la era un riferimento importante, così come l’esempio della postura politica della dinastia asburgo-iberica, che non aveva indugiato a compromessi nei confronti dei protestanti. Pubblicare teologi ed esegeti spagnoli, dunque, manifestava la volontà di proseguire la battaglia controriformista, ed è probabile che i domenicani di Lione avessero suggerito o almeno favorito in qualche modo l’impresa. Non deve perciò stupire che Pierre Landry scegliesse l’esordiente Pierre Matthieu per curare la riedizione del commento a Osea di Gerónimo de Guadalupe. Oltre alle necessarie competenze (formazione teologica, scritturale, storiografica e conoscenza delle lingue antiche), Matthieu condivideva infatti con l’autore e i protagonisti dell’operazione editoriale un’analoga disposizione per il Kulturkampf confessionale. A partire dal 1586, Matthieu cominciò così a guadagnarsi un riconoscimento legato non solo alla propria erudizione, ma anche alla prossimità con gli ambienti ecclesiastici che guardavano alla Controriforma come a un fenomeno culturale e politico non solo francese, ma transnazionale. Proseguendo la collaborazione, nel 1587 fu ancora Landry a stampare la lezione con cui Matthieu l’anno precedente si era addottorato in utroque iure a Valenza; un titolo che gli era necessario per accedere a numerose funzioni dell’amministrazione cittadina. Dopo la laurea, infatti, divenne avvocato presso il tribunale presidiale di Lione. Il suo interesse intellettuale, tuttavia, non era il diritto, ma era rivolto alla teo­ logia e alle leggi della Chiesa. In tal senso, sempre nel 1587, Pierre Landry affidò a Matthieu l’edizione di un trattato casuistico del domenicano spagnolo Luis López62. Nel primo volume dell’Instructorii conscientiae, in qualità di destinatario dell’epistola redatta dallo stampatore, ricorre ancora il nome di Pierre de Bollo63. Landry desiderava offrire alla sua patria l’apporto della cultura spagnola, che gli appariva in quel frangente storico particolarmente feconda, in virtù della pace e della concordia religiosa che vi regnavano. Nel 1588 Pierre Landry pubblicò anche due opere dello stesso Bollo, in cui l’intento militante e antiprotestante appare più marcato. La prima, l’Oeconomia canonica, accerta il legame personale e ideologico fra il priore domenicano e Matthieu, in quanto gli furono affidate le annotazioni del volume e compare una sua lettera ai lettori. L’intento del volume è riassunto bene dall’approvazione dei teologi della Sorbona, dove si afferma che Bollo aspira «ad reparandam Ecclesiae disciplinam»64. Nella dedicatoria a Pierre d’Épinac, arcivescovo di Lione dal 1574, Bollo esordisce deplorando «perturbatissimi saeculi miserias»65, specialmente quelle derivanti dalla guerra. I costumi ecclesiastici gli apparivano parimenti devastati, ma la colpa per Bollo non era esogena: Causam deploratissimae huius tempestatis, alii in reges, alii in Magistratus, alii in quosdam perduelles non sine stomacho reiiciunt, nemo profecto ex sacro Ecclesiae ordine penitius seipsum intueri vult, nemo seipsum accusat. Verum enimvero si altius revolverimus morbi originem, eum ex malis cerebri defluxionibus oriri facile iudicabimus et meritissima et iustissima 62 63 64 65

López 1587, f. ā8r. López 1587, f. ā2v. Bollo 1588, f. 1*3v. Bollo 1588, f. 1*4r.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

645

esse immissa flagella […] Tam enim divinae omnipotentis Dei celsitudini exosa est Praelatorum culpa, ut ea sola commotus, severiter in nos tremendae suae iustitiae sagittas eiaculetur66.

La causa della rovina del secolo, per Pierre de Bollo, è innanzitutto la decadenza morale della Chiesa. Egli definisce addirittura ridicoli coloro che ricercano la causa dei conflitti nei perduelles, ossia i contrasti personali fra i Grandi del regno che molte interpretazioni – a volte anche degli ambienti cattolici più zelanti – indicavano come la vera causa dei decenni di guerra e caos politico. La lettura di Bollo, possiamo dire, è invece teologico-politica e, su questo punto, egli arriva persino a concordare coi protestanti: «Omnes efficacissima remedia volumus, in hoc convenimus ut reformanda sit Ecclesia disciplina, aut potius reparanda»67. Il cuore del ragionamento di Bollo è però che gli effetti di questa decadenza non si limitano alla Chiesa come apparato, ma contagiano tutta la società: «praelati verae dicantur corporis Reipublicae Christianae facies, vultus et oculi, et quo sublimius sedent, eo pariter notiora sunt et pestilentiora eorum vitia»68. La causa dei flagelli non deve essere attribuita ai sovrani e ai magistrati civili non perché la Chiesa e la societas – cioè l’insieme organizzato degli uomini, le sue leggi e istituzioni – denotino due corpi collettivi distinti, di cui uno, la Chiesa, più importante dell’altro poiché votato alla salvezza delle anime. Piuttosto, non v’è che una sola e unica respublica, la quale è necessariamente cristiana. In altre parole, la Chiesa non si limita alla gerarchia ecclesiastica, ma è la totalità del corpo politico, di cui le parti più importanti – nella metafora impiegata, il volto e gli occhi – sono gli uomini consacrati. Se questi si abbandonano alla dissolutezza, è quindi tutto il corpo politico che si ammala. Non c’è prevalenza della Chiesa sulla società, ma piuttosto un’identità e una rilevanza particolare dei chierici in quanto dai loro comportamenti dipende la salute dell’intero corpo politico, non solo di quello ecclesiastico. Ciò su cui Pierre de Bollo e i protestanti divergono sono le proposte di cambiamento ritenute necessarie per la Chiesa, ma specialmente la concezione di fondo circa l’idea di riforma. Per Bollo, si tratta infatti di restaurare una forma originaria che con il tempo si è corrotta: Reformare est aliquid in priorem formam atque gloriam revocare […] non enim formam novam a prima dissimilem contrahere verae reformationis est, sed devastationis, cuius arbitrio Haeretici ab antiqua Christi Ecclesiae unitate et pulchritudine discedunt, ut novam Synagogam forment et constituant69.

All’opposto, i protestanti sono definiti novatores, che nel lessico politico dell’epoca corrispondeva all’errore più nefasto, perché minava le fondamenta del corpo collettivo garanti dell’equilibro fra le diverse componenti sociali, aprendo così la porta a discordie e violenza. Le prova della malafede dei protestanti circa la loro volontà di riformare la Chiesa nel senso di un ritorno alla gloria del cristianesimo primitivo è 66 67 68 69

Bollo Bollo Bollo Bollo

1588, 1588, 1588, 1588,

f. 1*4v. f. 3*2v. ff. 1*4v-2*1r. f. 3*2r.

646

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

che essi si scagliavano contro le mancanze morali dei sacerdoti – che Bollo non nega, anzi – allo scopo però di distruggere tout court la gerarchia ecclesiastica, dando così sfogo a un arbitrio anarcoide e individualistico. Contro questa tendenza, diviene centrale per la salute del corpo politico dare applicazione ai decreti del Concilio di Trento, alla luce di cui i vescovi, in particolare, sono tenuti a un’accurata «de sacerdotum moribus inquisitionem»70. Solo così la Chiesa potrà ritrovare la dignità e la salute perdute, e con lei l’intera società. Bollo, in maniera implicita e coerentemente con la tradizione ecclesiale dei domenicani, non accenna nemmeno alle prerogative della Chiesa gallicana: una sana economia ecclesiastica ha bisogno di un pastore romano forte e le sue membra si giovano sommamente dell’obbedienza ai suoi comandamenti. Le ricette che Trento aveva approntato per la Chiesa universale, valevano dunque senza eccezioni anche per la Chiesa gallicana. Un’analoga visione – contrariamente a quanto sostenuto da Natalie Zemon Davis71 – caratterizza anche la dottrina ecclesiologica propugnata nello stesso periodo dai calvinisti. Pierre Viret, il pastore più in vista della Lione dei primi anni 1560, affermava infatti: il y a un telle difference entre ces degrez et estats et ordres, qu’entre les membres d’un mesme corps, lesquels n’ont pas tous un mesme office, nonobstant que tous ensemble ne facent qu’un mesme corps. Et pourtant nous pourrons mettre les Ministres de la parole de Dieu, et les Surveillans, et les autres qui ont charge en la discipline et au gouvernement d’icelle, au lieu des yeux et des oreilles et du nez, et semblablement de la bouche, et principalement ceux ausquels l’administration de la Parole et des Sacremens est commise. Car tous ceux-la doyuent estre en l’Eglise, comme les guettes et les sentinelles, pour voir et ouyr et flairer, et de pres et de loin, tout ce qui luy peut aider ou nuire, et s’en prendre garde. Et puis il faut qu’ils en soyent quant et quant la bouche, pour l’en advertir. Pour ceste cause, les prophetes et ministres de la Parole de Dieu sont appelez guettes par le Seigneur72.

Anche Viret impiega la metafora organicista sovrapponendo corpo politico e corpo ecclesiale73 e disponendo un’analoga economia degli offici, nonché la preminenza dei pastori – anche qui associati agli occhi – in ragione della loro funzione di disciplinamento e governo74. Ciò che cambia rispetto a Pierre de Bollo è il rifiuto della gerarchia ecclesiastica e del papa come chef ministerial 75. Cristo governa direttamente il corpo mistico della sua Chiesa senza bisogno dell’istituzione ecclesiastica, ma per mezzo dello Spirito che ne ispira i ministri. Il governo del corpo ecclesialpolitico, per Viret, è quindi puramente pneumatologico; per i cattolici, invece, esso Bollo 1588, f. 4*2v. Zemon Davis 1981. Viret 1564, 360. 73 Parlando della metafora paolina si dice: «en laquelle nous pouvons apprendre que c’est que tout bon regime et gouvernement et bonne police. Et que c’est non seulement que la communauté de l’Eglise, mais aussi toute societé et toute communauté humaine, et qui est la vraye conservation ou la dissipation d’icelles»; Viret 1564, 363. 74 «[…] à cause qu’il conduit [le Christ] et gouverne son Eglise par iceux»; Viret 1564, 360. 75 Viret 1564, 359. 70 71 72



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

647

abbisogna anche dei canoni, di una gerarchia di offici e del sacramento sacerdotale che distingua fra laici e chierici. Rivolgendosi al lettore, Pierre Matthieu offre una spiegazione del titolo scelto da Pierre de Bollo: Oeconomi rem administrant alienam, et unde rationem sunt reddituri. Negotiorum omnium negotium est pastoris vices agere, quod tamen parum suscipitur. Pristinus ecclesiasticae oeconomiae hic revocatur honos, schismaticorum ora Ecclesiam maledicentissimis convitiis lacerantia compescuntur […]. Et quemadmodum in oeconomia quae est pars politiae, sicut domus urbis, otium, luxus, ambitio, odia tolluntur: ita non decet Christi familiam vere institutam otiari suique muneris oblivisci, et in pravos affectus distrahi76.

L’economia è la scienza gestionale del politico. Dagli esempi addotti di conseguenze negative derivanti da un’errata gestione del vivere collettivo (politia), capiamo che essa serve a controllare le passioni. Ed egualmente l’economia ecclesiastica: sono i cattivi affetti degli uomini di Chiesa ch’essa insegna ad addestrare. Le categorie politiche di Matthieu e Bollo, dunque, oltre a essere teologico-politiche – il corpo ecclesiale coincide con quello sociale –, presuppongono sempre uno schema morale, perché la rovina collettiva è il risultato del concerto dei vizi morali individuali. Riformare la Chiesa significa così riformare la società, e lo si può fare solo investendo sulla disciplina dei pastori, il cui officio è quello di dirigere le anime, ma anche di garantire la salute sociale. Governare, nella visione controriformista di Pierre de Bollo fatta propria da Matthieu, consiste quindi nel disciplinamento delle anime, impedendo prima alle cattive passioni di prendere il sopravvento sulla ragione individuale e dappoi, una volta divenuto endemico il fenomeno, sul corpo collettivo. Il postulato è che le coscienze individuali, come quelle dei magistrati civili, senza la direzione morale e spirituale dei pastori sono destinate a divenire succubi delle proprie passioni. E il disordine delle coscienze, infine, sfocia necessariamente nella rovina politica. Nel corso del 1588 e ancora per i tipi di Pierre Landry, Pierre Matthieu pubblica quella che può definirsi la sua prima opera trattatistica, ossia una monumentale compilazione canonistica in quarto, composta da una selezione di bolle e costituzioni papali non confluite nel corpus canonico, a partire da Gregorio IX fino al vivente Sisto V. Matthieu ne cura gli apparati e i marginalia, ma soprattutto appone ai documenti dei copiosi commenti, da cui desumiamo il suo immaginario religioso-politico. Nella dedicatoria a Sisto V v’è notizia che fu Landry a commissionargli il lavoro: per lo stampatore rappresentava probabilmente il pendant canonico delle pubblicazioni teologiche e controversistiche che stava pubblicando negli stessi anni, di concerto con le componenti ecclesiali più “ultramontane” di Lione, in primis i domenicani. Nella seconda epistola offerta a Blarer de Wartensee, Matthieu ascrive la propria opera alla lotta contro l’eresia. Prima John Wyclif poi Lutero hanno infatti destinato i libri di diritto canonico al rogo, ma la loro critica non prendeva di mira solo le leggi papiste, ma era più radicale: «nolunt in Ecclesia authoritatem relictam condendae legis 76

Bollo 1588, ff. 5*3r-5*3v.

648

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

fateri»77. Quella riformata è una Chiesa anarchica e connaturalmente votata al caos: per Matthieu la necessità di una gerarchia che disciplini il popolo cristiano mediante le leggi è una verità di ragione, già confermata dagli antichi filosofi e che non necessita di disamine scritturali o teologiche: Quam sit autem absurdum velle gubernatas fuisse a sanctis apostolis ecclesias sine legibus ecclesiasticis facile intuentur qui civilem potestatem (quae longe spirituali inferior est) legum authoritate nunquam caruisse intelligunt. Quod si recte et sapienter a Platone dictum est, “Nullo loco existimanda esse civitatem, quae lege careat”, sane quidem recte quoque dictum sit nullo loco habendum esse regimen ecclesiasticum quod legum satellitio et amplitudine indigeat78.

La formulazione riprende quasi alla lettera quella del gesuita spagnolo ed esimio grecista Francisco Torres79 ed è in linea con l’Oeconomia canonica di Bollo: senza il potere normativo della Chiesa, «efferaciores ad vitia ruerent homines»80. I canoni, perciò, non servono solo all’istituzione ecclesiastica, ma sono nomos della salvezza collettiva. La tesi, lungi dall’essere solo politica, sottende a una dottrina antropologica più generale: l’uomo necessita di eteronomia, direzione spirituale e repressione. Di conseguenza solo la Chiesa e in primis il suo principe, in virtù del mandato petrino, possono assicurare, distinguendo fra lecito e illecito, che gli individui e la società non diventino preda del peccato e della decadenza morale da cui discende la rivoluzione civile. Non è agostinismo politico quello di Matthieu, ma una concezione pastorale della legge fondata su un’antropologia della speranza teologale: l’uomo non può farcela da sé, va aiutato, sorvegliato e in caso punito, ma non per questo è destinato però alla perdizione. Anche durante gli anni più vorticosi delle Guerre di Religione, nella praefatio al lettore del secondo volume dell’opera di López, Matthieu riproporrà la medesima concezione antropologica: Nihil hodie nisi vi ac tumultu agitur, quaestus gratia omnia corrumpuntur, est in promissis perfidia, in obligationibus falsitas, in praestandis aut locandis operibus inaequalitas, in mercede exigenda iniquitas adeo ut non parum sit solemnis antiqua illa paroemia nostris temporibus, de sua quisque artifex arte fur est […] qua homo non est homini lupus, sed Deus veluti auxiliaris, et id quod Deo et sibi et proximo debet, persolvit atque conservat illibatum81.

Pur constatando una decomposizione morale seu politica generalizzata, nondimeno l’uomo non è ridotto a fiera, ma grazie al divino ausilio può agire rettamente. La legge, accanto alla funzione repressiva ma anche per mezzo di essa, è quindi innanzitutto pedagogia morale e politica, indispensabile per salvare dalla corruzione gli individui e i corpi collettivi. Ribadendo che la malattia ereticale non affetta solo la Chiesa ma l’intera respublica, ne va che, nel momento storico in cui scrive, Matthieu 1589b, f. β3r Matthieu 1589b, f. β3r. 79 Torres 1572, 121. 80 Matthieu 1589b, f. β3r. 81 López 1591, 4, 6. 77 78



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

649

Matthieu valuti più che mai necessario il farmaco dei canoni pontifici82. Lo dimostra l’esempio del vescovo di Basilea a cui il trattato è dedicato, segno dell’afflato sovranazionale di Matthieu, il quale, dando applicazione ai decreti tridentini e dedicandosi all’estirpazione dei protestanti, era riuscito a riportare la concordia religiosa e civile nei propri domini, riguadagnando numerosi borghi al cattolicesimo. In un’epoca funesta, dove i nemici della Chiesa appaiono in grado di sovvertire le fondamenta della fede, Dio mostra di non abbandonare il proprio gregge e ha ispirato a tal fine la nascita della Società di Gesù, che viene così interpretata come un momento dell’economia soteriologica. L’ordine e la pace, però, non potranno essere restaurati per mezzo di un’evangelizzazione irenica basata sullo sforzo di comprendere le ragioni dell’altro, ma mediante la profusione di un impegno militante per riformare sé stessi e rivolto contro i nemici interni al corpo politico. Di questa guerra i gesuiti – insieme ai domenicani83, com’era ovvio data la prossimità di Matthieu al capitolo provinciale lionese – erano i principali ufficiali presenti sul campo, armati della parola e dell’esempio morale. Sono ampi i meriti che Matthieu riconosce alla Compagnia di Gesù, affermando che se qualcosa della pietà e della disciplina ecclesiastica si era salvato in Germania, in Francia e in Britannia, ciò era il frutto dell’apostolato e soprattutto della missione pedagogica dei Padri; quasi quattro pagine sono infatti dedicate a elencare i collegi gesuiti sparsi per il mondo84: […] adsunt divino pneumate acciri Patres Societatis Iesu qui Petri sedem illustrant in Lutherum arma divini eloquii parant, tyrannos aggrediuntur, lolium ab agro dominico evellunt et fidei christianae praeclarissimi bucinatores verbo et exemplo cunctis tralucent. Frustra adversus hac propugnacula conatur Lutherus […] frustra rex Anglus muros Syonis evertere contendit85.

I gesuiti, per Matthieu, muovono guerra ai tiranni. Il termine ha una valenza peculiare, sebbene compaia in altri apologeti cattolici. Qualche anno dopo la loro cacciata voluta da Enrico IV, questa stessa citazione verrà impiegata per asserire la tendenza della Compagnia a ribellarsi ai sovrani temporali. Come giustamente osservato da un apologeta dell’ordine, Matthieu usa piuttosto “tiranni” come sinonimo di eresiarchi o eretici, a riprova di come il suo orizzonte politico facesse tutt’uno con la rappresentazione confessionale del corpo collettivo86. Insieme agli ordini militanti, nella lotta all’eresia, che coincide con lo sforzo di salvare la Francia, vi sono le nuove confraternite di penitenti. Viene trascritta la bolla con cui Gregorio XIII riconobbe nel 1581 la confraternita romana del Gonfalone della Vergine Maria, giunta poi in Francia con gli auspicii di Enrico III e a 82 «Ubi autem tantus lethargus et indomitus sopor invasit artus ferme omnes corporis Reipublicae Christianae, minime tamen cessandum est medicis, ut eorum consilio et pharmacis tandem revalescant. Non desunt optima eaque saluberrima remedia quae quotidie ex officina pontificia exeunt»; Matthieu 1589b, f. β4r. 83 Matthieu 1589b, 585-87. 84 Matthieu 1589b, 782-85. 85 Matthieu 1589b, 308. 86 Richeome 1603, 215-16.

650

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

Lione per iniziativa dei cappuccini87. Pierre Matthieu ricorda come, prima di lui, la pietà e l’azione delle confraternite fosse stata difesa dall’illustre gesuita Émond Auger (1530-1591), il religioso a cui si deve la svolta penitente di Enrico III88. Evidentemente, fra il milieu domenicano di Matthieu e quello gesuita di Lione v’era una forte convergenza d’intenti e vedute. La lode di queste forme di devozione, pur riconoscendo a Enrico III il merito di averle promosse, non equivale però a «une théologie politique où le roi fait le moine, dans une sorte de royauté pénitentielle et sacrificielle, qui entend assumer et juguler les maux qui ravagent l’État»89. Non troviamo infatti alcun riferimento allo zelo religioso del re, sebbene Auger ne fosse dal 1583 il confessore, né vi sono considerazioni sul nesso fra riti penitenziali e salute della monarchia. Enrico III è invece salutato come un campione della lotta ereticale, di cui queste pratiche devozionali sono un’arma potente, perché, mortificando i corpi, purificano lo spirito. L’attenzione di Matthieu, tuttavia, non è rivolta solo alla monarchia francese, ma guarda piuttosto alla Controriforma europea, per la quale la Francia è un campo di battaglia importante, ma non è l’unico. Più volte si ricorda infatti come le confraternite siano prima sorte in Italia e poi adottate negli altri Paesi cattolici – a tal proposito è citata una confraternita di Dole, nella Franca Contea, promossa col favore di Filippo II90. La Francia è chiamata a seguire questi esempi e a fare parte dell’ecumene cattolico, adottando le misure dimostratesi efficaci in altri contesti. La lotta ereticale, per il Matthieu del 1588, è però innanzitutto religiosa, ed è politica solo in quanto ogni principe cristiano è tenuto a difendere la fede. Nei suoi commenti è invece assente una riflessione soteriologica legata specificamente alla monarchia dei Valois. In altre parole, Enrico III e Filippo II sono chiamati a combattere la guerra contro l’eresia da alleati, con le stesse armi e condividendo i medesimi obbiettivi, entrambi sotto la guida del vescovo romano e coadiuvati dai medesimi intendenti – gesuiti, domenicani, modelli di vescovi tridentini e confraternite in testa. Matthieu ha cioè una concezione organica del corpo politico, la cui gestione, come s’è visto, non può prescindere dalla religione e in cui a ciascuna componente è riservata una funzione specifica. La monarchia assolve al compito di garantire l’armonia civile, la quale implica la protezione della fede per mezzo della forza coercitiva. È una funzione certo vitale, ma che non ha una preminenza naturale sulle altre; anzi, il sovrano è chiamato, per quanto riguarda la religione, a seguire i dettami romani. Contro le “nuove” pratiche penitenziali veniva mossa l’obiezione di essere innovazioni arbitrarie ed eccessive, che si discostavano dalle tradizionali forme di devozione. L’argomento storico-teologico addotto da Matthieu a loro difesa riprende il magistero tridentino. Le innovazioni nella Chiesa non vanno rifiutate allorché sono approvate dalla gerarchia che, nel corso dei secoli, continua a godere della scienza e 87 88 89 90

Dompnier 1989, 133. Su questa figura di gesuita cfr. Lynn Martin 1973. Le Gall 2009, 187. Matthieu 1589b, 808.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

651

della carità divine91. È dunque solo apparente la contraddizione rispetto alla tradizionale accusa rivolta ai protestanti, e fatta propria da Matthieu, di essere dei novatores. Il loro errore, infatti, non è il rifiuto di per sé delle tradizioni ecclesiali, ma l’arbitrarietà delle novità propugnate, fondate sulla credenza del sacerdozio universale, la quale ne fomenta la protervia di credere di poter interpretare autonomamente la Rivelazione. Citando il Platone delle Leggi, Matthieu afferma infatti che «nullus hominum est cui sit facultas a natura data cognoscendi quae hominibus ad vivendum in Republica conducunt»92. La gerarchia ecclesiastica è allora un’istituzione soteriologica, avendo accesso alla fonte normativa eteronoma, la legge divina, tramite cui si amministra la salvezza; le sue scelte, dunque, dovendo rispondere alle necessità del momento, possono anche avvalersi di innovazioni cultuali e rituali. Nello sviluppo di quest’argomentazione Matthieu rivela qualcosa di significativo in relazione a come concepisce l’identità dei protestanti: Antiquitate nullo modo gloriari possunt qui repente a latebris Germaniae, aut e Lemano lacu exilierunt. Quod si aliquae antiquitatis imago huic eluceat ab antiquis haeresibus repetenda est. Nova haereses sunt antiqua haereses […]. Antiqui sint haeretici, antiquum eorum venenum sed ita antiquum, ut veritas Catholicae fidei quam nos complectimur: multo antiquior sit, e nobis illi exiverant, non nos ex illis93.

Non è tanto interessante la rivendicazione della primogenitura della Chiesa cattolica, quanto rapportare la Riforma alle eresie del passato: i protestanti sarebbero la versione moderna di un’antica tendenza a recedere dalla guida pastorale di Roma. Ciò attesta un’assenza di sentimento apocalittico nell’orizzonte simbolico di Pierre Matthieu: certo i tempi sono tragici, ma né lui né Pierre de Bollo fanno trasparire un convincimento sull’imminenza dei Tempi finali. Parlando di lotta ereticale, infatti, Matthieu non ricorre al lessico apocalittico, ma piuttosto a quello militante, con punte di violenza, ma sempre nel quadro di un orizzonte storico in cui i nemici sono feroci e sì temibili, ma niente affatto invincibili e quindi non per forza destinati a prevalere. La Chiesa, in passato, ha vinto numerose eresie; potrà dunque sconfiggere quelle attuali senza dover attendere il ritorno di Cristo. Il cristianesimo in cui matura Pierre Matthieu si è già per così dire acclimatato alla lotta confessionale e non vive più il trauma dei primi decenni della contestazione luterana, dove tutto sembrava inesorabilmente condurre all’Armageddon. Anche a livello personale, non a caso, il chierico Matthieu aveva finora abitato in luoghi dove la Controriforma, dopo alcune défaillances, aveva restaurato la concordia religiosa. Bisognava dunque lottare, nel qui e ora dell’eone storico. 91 «Rudimenta Ecclesiae parva erant, ubi nondum amplissimum incrementum accepissent, in hac tamen semper floruit veritas, certa scientia rerumque divinarum vera cognitio quam Petro divinitus primum a patre scimus inspiratam, extra vero pernicies, error, ac perturbatio. […] tam locupletissima monasteria, collegia, leges statuta, synodos, canones, decreta, extravagantes, et pleraque alia sancta nostrae politiae formularia diu post Apostolorum saecula introducta remansisse intellegimus quae tamen ob novitatem non damnantur aut reiiciuntur in Ecclesia»; Matthieu 1589b, 806. 92 Matthieu 1589b, f. γ1r. 93 Matthieu 1589b, 806.

652

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

L’assenza di ansia escatologica si ricava anche dall’interpretazione numerologica del nome di Lutero, dalla somma delle cui lettere risulterebbe il 666 apocalittico. Matthieu riporta i calcoli di Wilhelmus Lindanus – vescovo e fondatore del Collegio regio di Lovanio – condotti sul nome in caratteri latini “Martin Lauter”94, ma vi aggiunge due anagrammi, uno in greco e l’altro in ebraico, i cui risultati confermano la corrispondenza fra Lutero e il numero della Bestia. Sebbene si riconosca la preminenza di Lutero sugli altri eresiarchi, l’esercizio è più un dato di erudizione che il tentativo di leggere l’attualità alla luce della storia apocalittica. Matthieu, infatti, non si sforza di ritrovare negli eventi presenti la scansione temporale dei Tempi finali tipica dei millenarismi. Sebbene l’opera diabolica di Lutero fosse portata avanti dai suoi seguaci, a questa data Pierre Matthieu non vive assediato dall’ansia apocalittica; principalmente, crediamo, perché lui e il suo milieu erano convinti che la lotta ereticale potesse essere vinta senza l’intervento diretto delle legioni celesti, e questo era certo il caso della Francia. 3. Lo sguardo sulle Guerre di Religione Una fulgida prova del successo che premia la lotta ereticale condotta con la giusta convinzione è per Matthieu la Saint-Barthélemy, uno dei due avvenimenti contemporanei sui quali si sente in dovere di indugiare, offrendone una narrazione storica definita laconica: «Tempus erat quo Carolus IX. Gallorum rex Christianissimus perduellium et praedonum sopitos ignes esse existimabat aequissimis pacis conditionibus. Gaudiorum et tranquillitatis expectabatur laetissima seges»95. L’esordio annuncia il messaggio politico del récit: la pace con gli eretici è pericolosa, la soluzione è la restaurazione della concordia per mezzo dell’epurazione religiosa, da perseguirsi finanche con la violenza. Nonostante le generose condizioni accordate loro del re, gli ugonotti avevano infatti ripreso a congiurare contro la Corona, sotto la guida di Gaspard de Coligny – siamo quindi dopo la pace di Saint-Germain (agosto 1570), che concedeva ai protestanti una libertà di culto limitata. Le cose iniziarono ad andare male per Coligny, paragonato a Catilina, in seguito però all’abiura del calvinismo da parte di Enrico di Navarra e le sue nozze con Margherita di Valois. A tal proposito, Matthieu ribalta la verità storica circa il diniego di Gregorio XIII al matrimonio, affermando invece che «hanc insperatam conversionem Pontifex Maximus summo gaudio accepit, […] regem praeteritos errores confitentem a crimine haeresis et censuris absolvit»96. Ciò dimostra che, nonostante l’orizzonte confessionale europeo di Matthieu, il progetto politico dell’impresa editoriale di Landry e del milieu controriformista lionese che la sponsorizzava era a questa data “legittimista” con riguardo alla situazione francese, incentrato cioè sulla difesa di Enrico III e della famiglia reale, compresa Caterina de’ Medici. Alla regina madre sono infatti dedicate les Odes chrestiennes, pubblicate a ridosso della Pasqua del 1588, ma è tutta 94 95 96

Lindanus 1571, 319-20. Matthieu 1589b, 838. Matthieu 1589b, 839.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

653

la dinastia dei Valois a essere lodata per aver onorato la Croce, «[le] brandon qui eclair[e] ceste monarchie»97. Matthieu prega in tal senso per la nascita di un erede: «Que vostre faveur environne / toujours les desseins de noz Roys / et n’orphelinés la coronne / de l’Auguste sang de Valois»98. La speranza di Matthieu si proietta così sul futuro regno del Delfino, quando gli sforzi contro l’eresia dei buoni francesi saranno premiati da Dio con la pace e la concordia religiosa, ottenute grazie al ritorno degli ugonotti al cattolicesimo. Nella Summa constitutionum, la strage del 1572 è descritta nei termini seguenti: Postero die ad Luperam [Louvre] omnes redire. Iam optatissima excidia monstrorum moliuntur. Irruptio fit primum aedes Amirantis quis multis faucius vulneribus e fenestra in vici pavimentum praecisa capite eiectus est. Plebs in perfidissimum boni publici hostem odio et ira flagrans eius pudenda, et manus abscidit, et triduo truncum corporis per omnes urbis vicos raptatum fune ad damnatorum furcas detulit ibique recte per pedes ad maius ludibrium suspendit. Parisienses religionis Catholicae studio addictissimi in omnes Hugonotorum aedes irruperunt, ex his turbulentissimis et scelestissimis proditoribus, perduellionibus, praedonibus, sacrilegis multa millia trucidarunt. Caeduntur portenta illa non solum Lutetiae, sed in totius regni amplioribus civitatibus, ubi et maior et pertinacior copia antea indigne ferebatur99.

Sono interessanti i particolari che Matthieu sceglie di riportare o invece omettere. Ampio spazio è dedicato all’uccisione e allo strazio del cadavere di Coligny, di cui sono offerti ampi dettagli. In celebrazione dell’evento, Matthieu riporta anche alcuni componimenti poetici, fra cui un epitaffio di Coligny opera di Jean Durat (15081588), professore di greco au Collège des lecteurs royaux di Parigi, il cui primo verso recita: «Qui sacra fregere cruces de mille vel unam / suppliciis dignam non reperere suis»100. Sono stati i comportamenti sacrileghi dell’Ammiraglio a far sì che le sue spoglie non meritassero la quiete della sepoltura. Un altro carme ribadisce il concetto: «Vitae infelicis quam infelix exitus esse / […] Lenta quidem, sed certa, Dei vindicta supremi»101. Coerentemente con la sua idea di storia esemplare, la cui funzione è sempre parenetica, Gaspard de Coligny diviene per Matthieu l’esempio della caduta di un Grande che non solo si è macchiato di hybris e lesa maestà, congiurando contro la Corona, ma che ha anche attentato ai cardini della fede e così all’economia del corpo politico. La sua punizione, quindi, non poteva limitarsi alla morte, ma doveva essere inusitata e tremenda, proporzionale all’arroganza di sfidare Dio: la sua è la giusta sorte degli eresiarchi. Soffermarsi sull’uccisione di Coligny significava anche prendere posizione contro la sua riabilitazione, decretata nel 1576 dall’editto di Beaulieu, sintomo della più generale volontà di trovare un compromesso coi protestanti al fine di garantire la pace che aveva distinto la strategia di Caterina de’ Medici. Nel 1587-1588, ciò corrispondeva a un posizionamento politico preciso: appoggiare la scelta di Enrico III di porsi a capo della Sant’Unione, sfociata Matthieu 1588, f. A2v. Matthieu 1588, “Action de grace pour la victoire du roy”, 45. 99 Matthieu 1589b, 840. 100 Matthieu 1589b, 840. 101 Matthieu 1589b, 841. 97 98

654

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

nell’editto di Nemours del luglio 1585, che revocava ogni forma di libertà di culto ai calvinisti ed escludeva Enrico di Navarra dalla successione. Ciò che Matthieu non discute sono invece le responsabilità della strage. Nonostante questa venga definita «iustissimam et dignissimam»102, nulla è detto a proposito del coinvolgimento del re e della regina madre, mentre i Guisa non sono nemmeno citati. La plebe parigina è l’unica protagonista; anzi, a Parigi scoppia la violenza liberatoria, ma è poi tutto il popolo francese, soprattutto laddove maggiore era la presenza calvinista, come a Lione, a unirsi nella caccia ai sobillatori del bene pubblico, che per Matthieu include la salvaguardia della religione. La volontà di non interrogarsi sui responsabili della strage – quandanche per lodarli, come il tono del récit legittimerebbe ad attendersi – segnala una certa cautela, dovuta certamente al contesto politico del 1587-1588, quando c’era la speranza che Enrico III, dopo le vittorie di Vimory (ottobre 1587) e d’Auneau (novembre 1587), potesse porre fine agli scontri. Come testimonia la data in calce alla dedicatoria, indicante le calende di marzo del 1588103, siamo prima della Giornata delle Barricate (12 maggio 1588). In questo frangente, era ancora possibile parteggiare per una posizione per cui il sovrano doveva, pur senza rinunciare all’intransigenza confessionale, fare sfoggio di moderazione, senza adottare la postura oltranzista che caratterizzerà la Sant’Unione dopo la radicalizzazione successiva al maggio 1588. In quest’ottica, era più conveniente attribuire ai reali un ruolo da spettatori del massacro, benché simpatetici, piuttosto che di mandanti. Pierre Matthieu interpreta così un’ideologia monarchica per la quale il re era una figura federatrice attorno a cui i capi del “partito cattolico” – che nella rappresentazione simbolica corrispondeva con l’intero popolo francese – avevano il dovere di riunirsi, abbandonando gli interessi personali. Il fatto che Matthieu trascriva la bolla con cui Sisto V confermò nel 1585 la scelta di Enrico III di escludere il cugino dalla successione, senza apporvi però alcun commento, dimostra che l’entourage “ultramontano” di Matthieu, in questi mesi, propendeva per una linea moderata, che non mirava, al contrario dei Guisa e degli spagnoli, a forzare la mano del re perché insistesse con una guerra a tutto campo contro i protestanti. Benché netto sia il rifiuto all’eventualità di un eretico sul trono, Matthieu ha però a cuore la pace, che non deve essere ottenuta schiacciando con la forza bruta i nemici, ma può essere perseguita con la pazienza. A seguito della vittoriosa battaglia di Vimory, che il 26 ottobre 1587 oppose l’armata comandata da Enrico di Lorena, duca di Guisa, ai mercenari tedeschi e svizzeri assoldati dai protestanti, Sisto V concesse una deroga ai divieti della bolla In coena Domini, allo scopo di favorire l’assoluzione di coloro che stavano combattendo gli eretici. Matthieu, nel suo commento, loda la prudenza esibita da Enrico III in questa fase del conflitto: Potior et praestantior victoriae pars imo tota suppetiis caelestibus debetur, ast mortalium unus est Henricus Vallesius qui cunctando nobis rem restituit. Populus opinione potius quam equa rationis existimatione omnia librans, prudentissimam regis moram et necessariam illam cunc­ tationem temere traducebat nescius quod cor regis in manu Domini. Nutabant res Galliae, 102 103

Matthieu 1589b, 842. Matthieu 1589b, f. γ3v.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

655

altius cristas tollebant hostes, iam metaphysicam provinciarum Galliae divisionem componebant. Ast rex unus qui noctes insomnes agit de belli exitu sollicitus, non caedes, non truculentam aut Gothicam rabiem spirans violentiae hostium nonnunquam cedendum esse accurate intelligit, nec temere cum iis gentibus confligendum, quae impetu maxime valent, ne ferociae addantur utres, quae patientia et mora utiliter vincuntur, sicut praeclare Iovius [Paolo Giovio] inquit: “Indomite vires, quae vel gravi impetu sine multo sanguine detrimentoque perrumpi, nequeunt plerumque mora utili et tuta cunctatione deffringuntur”104.

L’attendismo e la tendenza conciliatoria di Enrico III – contrariamente all’opinione diffusa – non derivano per Matthieu da una malsana inclinazione alla tergiversazione, ma da un cuore virtuoso, alieno alla violenza e grato per questo a Dio. In un’epoca di passioni ferine, sono proprio la prudenza e la pazienza le virtù che potranno finalmente ristabilire la pace e la concordia. In questo passo Matthieu si mostra lontano dallo slancio guerresco della parte più oltranzista della Lega cattolica, e dobbiamo perciò forse scorgervi una presa di distanza dai Guisa. È altresì possibile che l’ironica “divisione metafisica” della Francia che Matthieu imputa ai nemici non si rivolgesse solo ai protestanti, ma anche a quei prìncipi cattolici che davano l’impressione di voler sfruttare i conflitti civili al fine di ritagliarsi dei possedimenti personali: Épernon, il duca di Savoia e i Guisa in testa. In relazione a questa vittoria, inoltre, i meriti di Enrico di Lorena passano in secondo piano rispetto a quelli di Enrico III, rafforzando l’impressione che Pierre Matthieu parlasse a nome di quel cattolicesimo lionese che non idolatrava il futuro martire della Lega. Ciò detto, come si concilia questo afflato irenico o quantomeno moderato con la celebrazione della Saint-Barthélemy? La strage, infatti, è per Matthieu un evento foriero di esiti positivi –  la morte di Coligny sarebbe addirittura stata salutata dalla fioritura di un albero secco di evangelica memoria. Matthieu cita in tal senso l’orazione tenuta di fronte al pontefice dall’umanista e professore alla Sapienza Marc-Antoine Muret (1526-1585):  O noctem illam memorabilem et in fastis eximiae alicuius notae adiectione signandam, quae paucorum seditiosorum interitu regem a praesenti caedis periculo, regnum a perpetua civilium bellorum formidine liberavit!105.

La Saint-Barthélemy per Muret/Matthieu è un evento memorabile che bisogna monumentalizzare, trasformandolo in un precipitato emotivo e in una lezione storicomorale che illustri come la battaglia contro l’eresia possa essere vinta e indichi le giuste modalità per riuscirvi. Col massacro del 1572, infatti, terminava l’epoca durante cui si era concesso ai protestanti, ancorché minoritari, di attentare alla concordia e alla stabilità della monarchia. L’evento Saint-Barthélemy viene così usato per marcare il tornante fra un passato segnato dalla guerra e un futuro liberato dai conflitti civili, sintetizzando le passioni che dovrebbero animare la lotta ereticale. Il furore che sfocia nella violenza più atroce, tuttavia, non è lo sviluppo naturale della

104 105

Matthieu 1589b, 914; corsivo mio. Matthieu 1589b, f. γ3v. Su Muret cfr. Claire 2022.

656

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

lotta antiereticale, ma la sua extrema ratio, la quale deve però essere contemplata e soprattutto ricordata, per valere da monito verso coloro che prospettano la necessità di convivere e scendere a compromessi con gli eretici. Tale strategia, oltre che inaccettabile, risulta infatti perdente. Vivendo a Lione, Matthieu aveva potuto apprezzare i risultati dei Vespri che dal 30 agosto al 3 settembre 1572 fecero eco alla strage di Parigi. Dopo le prime violenze, il consolato si premurò di portare al sicuro gli ugonotti nelle prigioni cittadine, ma già dal giorno successivo cominciarono a essere esaminati da un tribunale eretto nell’arcivescovado: coloro che abiurarono furono risparmiati, migliaia i giustiziati e mutilati, i cui corpi furono gettati nella Saona. A Lione, da quel momento, i calvinisti non costituiranno più una forza in grado di rimettere in discussione il governo e l’ordine sociale della città. Con l’epurazione del 1572, Lione era diventata quel bastione della Controriforma che Pierre Matthieu conobbe al suo arrivo: una città in cui la concordia era stata ripristinata a prezzo del sangue e della cacciata di molti cittadini. Matthieu sembra contemplare l’idea che la lotta ereticale abbia bisogno di “guerrieri di Dio”; troverebbe così conferma la tesi di Crouzet che interpreta la Saint-Barthélemy come l’esplosione irriflessa di una violenza sacrale atta a restaurare la purezza della società106. In tal senso, le mutilazioni, come quelle inferte a Coligny, ambivano a esporre la corruzione morale degli eretici tramite lo scempio delle loro carni. Tuttavia, per Matthieu, la giustificazione della violenza non dipende né da ansia escatologica né da un sacro furore; è meno mistica che politica, diremmo, intendendo con questo termine l’economia del corpo collettivo, che necessita di igiene e, in casi estremi, di recedere le membra infette. Contrariamente a quei cattolici che giudicarono infruttuose le conseguenze della Saint-Barthélemy, assumendo in seguito a ciò una postura meno bellicosa e più penitenziale, Matthieu invece non mitiga l’appello al militantismo. Mostra anzi di credere che la lotta antiprotestante abbia sinora pagato, benché parzialmente, e che in futuro possa risultare vittoriosa. La strage di Parigi è così uno di quei successi che giustifica un certo ottimismo storico o almeno una risolutezza non incline al fatalismo, assumendo così un valore esemplare. Non si ravvisa un’attesa apocalittica nemmeno guardando a come Matthieu considera le nuove forme di devozione penitenziale. La postura penitente, infatti, non si accompagnava per forza a un atteggiamento passivo di mera attesa e dunque non manifesta una forma di pessimismo storico radicale, sintomo di un’accettazione passiva delle punizioni divine107. Padre Auger – principale promotore di queste pratiche in Francia – rispondeva proprio a siffatte critiche affermando che il sacco del penitente non contraddice in alcun modo l’uso della spada contro l’eretico: ce ne sont point choses incompatibles ensemble que la Croix et les armes, l’humilité et la maiesté, la Sapience celeste, et la modérée vivacité de l’Esprit humain, l’estre armé d’une cuirasse à la guerre, et en temps de paix d’un sac et d’un oratoire, branler une lance sur un bon coursier, Crouzet 1994. Contrariamente al caso olandese, dove il clero cattolico affiancò alla devozione penitenziale un messaggio espiatorio di rassegnazione, che si tradusse in un militantismo antiereticale assai meno accentuato; Pollmann 2006. 106 107



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

657

au milieu d’un bataillon, sous la cornette d’un grand general, et arborer une croix ou un flambeau parmi une centaine de Penitens, tout à pied, sous la conduite d’un crucifix, chantant louanges à Dieu, lui criant merci de ses fautes, guerroiant gaillardement la chair et le péché, Satan et le Monde, pour en rapporter l’entière victoire et riche triomphe au Ciel108.

Al contrario, al pari delle opere, la penitenza è uno strumento della Chiesa militante, che non serve solo a prepararsi singolarmente alla morte e alla redenzione, ma anche a evitare conseguenze peggiori a livello politico. Codesto schema pratico è lo stesso di Matthieu ed è squisitamente controriformista, non adattandosi che in minima parte alle novità occorse dopo la Saint-Barthélemy: Comme saint Charles Borromée, il constate que les malheurs du royaume procèdent des péchés des Français et, dans une conception surnaturelle de la politique, il pense que, seul, un grand mouvement pénitentiel peut remédier aux désordres et prévenir de plus grands malheurs. Les péchés de la France sont, à ses yeux, si énormes que, s’il n’y a pas de repentance, des maux plus épouvantables encore s’abattront sur elle109.

Inoltre, sempre Auger chiarisce perché le “nuove” pratiche di penitenza non debbano essere lette come un’attesa dei Tempi finali, «comme le péché est presque autant vieil que l’homme, aussi n’en est de guère plus la pénitence»110. La condizione dell’uomo della storia, infatti, è sempre segnata dal peccato e incessante è quindi la lotta per purificare gli spiriti. Gli uomini di buona volontà non sono tuttavia sprovvisti di armi: la penitenza è una di queste, potentissima, al pari dell’impegno militante e, nei casi estremi, del ricorso alla violenza. L’epoca presente della Chiesa non è però contrassegnata unicamente dalle difficoltà e dai flagelli che puniscono la degradazione morale degli uomini. Il secondo evento contemporaneo che Matthieu riporta, dopo il racconto della Saint-Barthélemy, è infatti l’ambasceria a Gregorio XIII di alcuni prìncipi giapponesi convertiti dai gesuiti. La notizia aveva provocato lo stupore del mondo e, secondo Matthieu, l’invidia dei protestanti. Se Ginevra e la Sassonia offrivano rifugio unicamente a ruffiani e apostati, Roma s’imponeva agli occhi del mondo come il sole della Cristianità111. Matthieu mostra così di aderire a un’idea di Controriforma che, superato il trauma dello scoppio della Riforma, era ora più ottimista, seppur in perenne stato di guerra e certo afflitta per le prove del presente. La speranza di un futuro migliore era però alimentata anche dalla capacità mostrata dalla Chiesa romana di volgere lo sguardo dalle tribolazioni europee per proiettarsi sul mondo; una possibilità che restava preclusa alle Chiese riformate. È questo un fattore che contribuisce a spiegare come il militantismo confessionale del giovane Matthieu non fosse ansiogeno, né tanto meno apocalittico, ma piuttosto fiducioso sul futuro del cattolicesimo, in Europa come nel mondo. Auger 1584, 100. Pernot 1989, 111. 110 Auger 1584, 12-13. 111 «Sive Occidentis sive Orientis plagas inspiciamus, sive ad austrum et meridiem convolemus illis praeclare conspicientur Romanae Ecclesiae insignia»; Matthieu 1589b, 846. 108 109

658

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

4. Conclusioni Pierre Matthieu fu un figlio della Controriforma europea. La sua cultura, quella umanistica come quella teologica, era imbevuta di un pensiero meno gallicano che marcatamente tridentino, molto legato agli ordini militanti come gesuiti e domenicani. Sebbene Pierre di Bollo, decenni dopo, verrà annoverato da un autore gallicano fra i «sectateurs du Pape»112, nell’ultimo quarto del XVI secolo, nelle realtà confessionali come quella di Lione, la fedeltà al papa non era assolutamente percepita come qualcosa in contrasto con l’appartenenza alla Chiesa gallicana e con la lealtà alla monarchia. Allo stesso modo, la prossimità con la cultura religiosa spagnola, che implicava una valutazione positiva della politica confessionale di Filippo II, si sposava con la politica “devota” di Enrico III, soprattutto dopo l’editto di Nemours del 1585. Per gli ambienti controriformisti francesi, possiamo dire, la lotta ereticale doveva assumere connotati “costantiniani”113. Guidati da Roma con riguardo alla dottrina, i sovrani secolari, coadiuvati dalle forze ecclesiastiche, erano cioè tenuti a difendere la religione e così la salvezza dei popoli. Tutte le armi erano valide e la violenza era uno dei mezzi disponibili. Ciò che non si poteva accettare era una soluzione analoga alla pace di Augusta, che concedeva al sovrano di decidere in materia di religione e sulla fede dei propri sudditi. La soluzione migliore per terminare i conflitti civili e pacificare la nazione francese era invece la ricetta completa della confessionalizzazione, che contemplava anche la repressione violenta ma che si fondava primariamente sul Kulturkampf e sul disciplinamento del clero e della vita laicale. L’educazione dei giovani era un investimento per garantire che le future generazioni non subissero il fascino della religione prétendue réformée. Il disciplinamento della vita ecclesiastica doveva evitare che la decadenza morale della Chiesa offrisse ai Riformati una scusa per attaccare la gerarchia e il sacerdozio. Le “nuove” forme devozionali, oltre che occupare scenicamente lo spazio pubblico, favorivano la purificazione degli spiriti e così la rigenerazione morale della società. La compattezza fra istituzioni secolari e religiose –  come a Lione, dove dopo la parentesi calvinista il municipio agiva di concerto con la Chiesa e gli ordini locali – avrebbe favorito negli anni a venire non solo la pace civile, ma soprattutto la concordia religiosa, escludendo dal corpo collettivo gli eretici. Siamo all’opposto di quella che è stata abitualmente identificata come l’ideologia dei politiques – sebbene questi non siano mai stati una fazione ben definita, ma piuttosto una denominazione polemica con attributi variabili114. Ispirandosi al progetto di Michel de l’Hospital, la monarchia francese per i politiques doveva essere «supérieure au jeu partisan du conflit entre catholiques et protestants, soit le principe pacificateur d’une concorde rénovée du royaume»115. Di fatto, ciò implicava una separazione fra 112 113

2020.

114 115

Vulson 1635, 22. Sullo scontro fra cattolici e protestanti sul modello costantiniano cfr. Comensoli Antonini Cfr. Claussen 2021. De Franceschi 2014, 137.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

659

Chiesa e Stato, benché non per forza una secolarizzazione delle istituzioni, ma piuttosto una loro postura neutrale e irenica rispetto alle lotte confessionali. Per Matthieu e la sua cerchia, lo ribadiamo, la Chiesa intesa come società dei cristiani non era invece mai separabile dal corpo politico e dalle istituzioni statuali: la religione doveva restare cioè l’ordinamento giuridico della vita collettiva116. Questo intendeva l’arcivescovo Pierre d’Épinac, protettore di Pierre Matthieu a partire dagli anni 1590, rispondendo nel 1593 al royaliste cattolico Pomponne de Bellièvre: «ceulx du party contraire veulent establir la religion par l’Estat et nous voulons fonder l’Estat sur la religion»117. Ciò che andava preservato dalle insidie anarchiche promosse dai riformati era la buona configurazione economica di tutta la vita collettiva, secondo cui ciascuna istituzione, religiosa e civile, era tenuta a rispettare i limiti del proprio officio e adempire ai propri doveri. Al vertice troviamo quindi il nomos sancito dalla Sede Apostolica, che governa la Chiesa e disciplina la vita collettiva attraverso i canoni e la mediazione della gerarchia ecclesiastica. La giurisdizione civile, autonoma nel suo funzionamento, non lo è però relativamente alla propria fonte normativa: non può quindi decidere di sacrificare l’unità religiosa in nome della “ragione politica”. Quando le verità di fede diventano doxa soggettiva, certa infatti è la rovina sociale. Questa sovviene qualora le componenti del corpo politico agiscano “liberamente”, senza cioè rispettare la distribuzione degli offici tipica di una domus bene instituta118. I protestanti erano abitualmente accusati di essere ribelli e sediziosi per questa ragione, quandanche non mettessero in discussione la legittimità della monarchia: sono l’economia generale del corpo politico e la preminenza del nomos teologico a essere messi a repentaglio dal rifiuto della gerarchia ecclesiastica. Nel quadro fazionario e ideologico delle Guerre di Religione, come definire l’engagement di Pierre Matthieu prima della morte dei Guisa? Il suo impianto ideologico combaciava con quello dell’editto di Nemours (luglio 1585), che riprendeva il manifesto di Péronne (marzo 1585) con cui era nata la Lega cattolica. Matthieu, tuttavia, condivideva il punto di vista degli ambienti ecclesiastici lionesi, ma possiamo credere anche di buona parte dei laici, i quali nello scontro fra i Grandi del regno non parteggiavano per nessuna fazione. Fintanto che il sovrano aderiva alla linea intransigente in materia di lotta all’eresia e relativamente alla propria successione, non v’era motivo per discuterne la legittimità: il re, anzi, era visto come una figura di garanzia indispensabile per ristabilire la concordia religiosa e civile. Vi sono inoltre motivi di credere che Matthieu giudicasse negativamente il concerto di ambizioni private caratterizzante l’impegno della Lega nobiliare e del clan dei Guisa in particolare. Nelle notazioni storiografiche contenute nella Summa constitutionum, infatti, il cui ultimo documento collezionato è del 1587, la Lega di Péronne non Cfr. Romano 2018. Paris, Bibliothèque nationale de France, Manuscrits français 15910, “D’Épinac à Bellièvre”, 20 mars 1593, cart. 22. Su d’Épinac e il suo legame con Pierre Matthieu cfr. Richard 1901. 118 Paolo III, rivolgendosi a Carlo V nel 1544, parlava in analoghi termini “economici”: «Sed ut in domo bene instituta, in qua divisa officia et munera non licet unicuique pro suo arbitratu omnia exercere, etiamsi singula in suo genere sint praeclara, quod qui tentant, quamvis bono id animo faciant, a patre tamen familias merito reprehendendum»; Paolo III 1545, ff. A7v-A8r. 116 117

660

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

viene mai citata e anche quando avrebbe modo di esaltare Enrico di Lorena, come per la vittoria di Amory, Matthieu sceglie piuttosto di mettere in risalto Enrico III, sebbene questi non avesse avuto nell’occasione alcun ruolo attivo. Matthieu, insomma, è chiaramente schierato dalla parte dei Valois, così come la sua cerchia formata da domenicani e gesuiti, fra cui non a caso v’era il confessore del re. La lealtà al legittimo sovrano era infatti ritenuta la via migliore per favorire la pace e la vittoria sull’eresia, le due cose coincidendo. Rilevante è anche che il milieu confessionale di Pierre Matthieu guardasse ai conflitti civili da una prospettiva meno gallo-centrica poiché più marcatamente confessionale. Le Guerre di Religione francesi venivano cioè viste e vissute come un episodio della diuturna lotta fra la Chiesa di Roma e gli scismatici, che da decenni infiammava l’Europa. Tutti i prìncipi cattolici erano in tal senso chiamati alle armi e ad allearsi fra loro, subordinando i rispettivi obbiettivi politici al comune scopo di ripristinare il cattolicesimo come ordinamento giuridico della società. Il tal senso, Matthieu non nasconde il proprio penchant confessionale per la Spagna: loda più volte Filippo II, di cui per nascita era suddito; dedica componimenti ad Alessandro Farnese e al cardinale Granvelle; partecipa alla diffusione della cultura religiosa spagnola in Francia. Tuttavia, più che filospagnolo, Pierre Matthieu fu un tridentino “ultramontano”. La sua simpatia per la Monarchia cattolica, infatti, si comprende solo alla luce del desiderio di veder trionfare la Controriforma in Europa, rispetto a cui i dissidi fra le potenze cattoliche passavano in secondo piano. Certo, sebbene non lo dica esplicitamente, Matthieu era contrario all’alleanza di Enrico III con Elisabetta d’Inghilterra e ad un intervento francese nelle Fiandre a sostegno dei protestanti. Non a caso uno degli ultimi documenti pontifici trascritti nella Summa constitutionum è proprio una lettera di encomio scritta da Sisto V al duca di Parma nel maggio 1586119. Nello stesso luogo sono inoltre menzionati gli encomi poetici che lo stesso Matthieu aveva dedicato al duca di Parma e a sua madre Margherita d’Austria. Chiude il passo una rapida ma pregnante rievocazione dell’esecuzione di Maria Stuarda (febbraio 1587), la quale valeva da monito per Enrico III120: nefanda è l’intesa con una nemica del cattolicesimo, empia l’idea di soccorrere i protestanti nelle Fiandre. L’unica via veramente cattolica perseguibile dal re era quindi l’accordo con la Lega cattolica e con Roma allo scopo di estirpare la piaga ereticale, il ché implicava giocoforza un riavvicinamento alla Spagna. Dopo essersi fatto “adottare” dal regno di Francia, Pierre Matthieu fu così tra coloro che non accettarono l’eventualità di scindere la Corona dall’attributo religioso e dal suo officio di protezione della Chiesa. Il presupposto della pace civile era perciò che i sovrani non incappassero negli sbagli del passato e perseverassero nella volontà di non concedere nulla ai protestanti. Questa formula valeva per la Francia come per gli altri Paesi, così come in passato erano stati commessi errori sia dall’Imperatore 119 «Heroicarum actionum optimus estimator Alexandrum Farnesium summae rei apud Belgas praefectum»; Matthieu 1589b, 907. 120 «Hoc tempore initio nempe anni 1587. Maria Stuarda Scotiae ab *** et pertinaci carcere educta capite damnatur Londini iniquissimo Anglorum reginae edicto»; Matthieu 1589b, 908.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

661

con la pace di Augusta, sia dai Valois con gli editti di tolleranza. Si potrebbe pertanto affermare che, a questa data, cioè prima dell’esecuzione dei Guisa nel dicembre 1588, le Guerre di Religione fossero per Matthieu guerre di religione tout court, senza che la connotazione nazionale le rendesse eccezionali rispetto ai conflitti occorsi in altri territori, come le Fiandre o l’Impero. Questa più ampia visione produceva un relativismo storico che rende ragione della totale assenza in Matthieu di ansia escatologica. Non solo, le vittorie ottenute in altri contesti geografici dimostravano come il cattolicesimo potesse trionfare storicamente contro l’eresia. Matthieu riserva in tal senso lo stesso genere di lodi per Granvelle, Alessandro Farnese, Enrico III e Filippo II. E la Saint-Barthélemy è presentata come un successo della Chiesa universale, al pari dell’ambasceria nipponica e della proliferazione mondiale dei collegi gesuiti. Per l’ambiente controriformista di Pierre Matthieu era così la religione, molto più dell’appartenenza nazionale, il principale vettore identitario, nel senso di orizzonte valoriale convogliante le emozioni politiche e, dunque, l’intensità e la direzione dell’engagement militante. Negli anni 1570-1580, ciò non poneva soverchi problemi, perché nessuno fra i cattolici francesi, nemmeno i Guisa, era ancora giunto a ricusare apertamente il sovrano. Dopo il voltafaccia di Blois, però, il fronte dei cattolici esplose internamente, con una parte cospicua che si dichiarò slegata dall’obbligo di fedeltà verso Enrico III. La questione dei rapporti con la Spagna e il papato, che chiaramente sostenevano la Lega contro Enrico di Valois e poi Enrico di Navarra, divenne allora più spinosa. Essere filopontifici e non avversi alla monarchia spagnola vorrà allora dire stare o col papa, o col re di Francia e coi cattolici politiques. Coloro che, come Matthieu, erano impregnati di sensibilità controriformista furono così indotti ad anteporre l’appartenenza confessionale a quella nazionale. Se alcuni ligueurs dichiareranno apertamente di preferire un re spagnolo a un relapso, contrariamente alle leggi fondamentali del regno, una maggioranza di loro, compresi leader come il duca di Mayenne e figure influenti come padre Auger, vivrà sempre con fastidio le mire espansionistiche della Spagna e dei savoiardi. Prima del dicembre 1588, invece, il chierico franc-comtois e la sua cerchia lionese potevano rivendicare l’assoluta preminenza della religione in accordo con la fedeltà, e anzi la difesa, della Corona francese, considerata però come parte del più ampio e importante complesso di una cattolicità europea che iniziava a divenire globale. Sono questi i caratteri che fondano la continuità fra i ligueurs e i devoti del regno di Luigi XIII ravvisata da Denis Richet121. Per il gruppo socio-culturale di Pierre Matthieu, tuttavia, piuttosto che di ligueurs sarebbe meglio parlare, almeno fino a Blois, di “tridentini francesi”, poiché la sensibilità ideologica e i loro interessi politici non erano sovrapponibili a quelli del movimento capitanato dai Guisa. A seguito della conversione di Enrico di Navarra del 1593, sarà proprio la ritrovata comunione d’intenti fra la fedeltà al sovrano e la militanza confessionale a persuadere la maggior parte di coloro che dopo Blois si erano uniti alla Sant’Unione a aderire al progetto di pacificazione. Per Matthieu, ciò avvenne nel febbraio 1594, quando a Lione la maggioranza degli scabini e dei notabili, con l’assenso dell’arci121

Richet 1991. Tesi riprese in Diefendorf 2000; Diefendorf 2004.

662

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

vescovo, estromise dal potere i ligueurs più accaniti e offrì la dedizione della città al re122. Da quel momento, per Pierre Matthieu cominciò una prestigiosa carriera al servizio della monarchia borboniana, che lo portò a essere nominato dapprima storiografo reale e nel 1610 storiografo di Francia, senza però mai che il proprio senso di appartenenza confessionale risultasse per questo appannato.

Bibliografia Alonge 2019

T. Alonge, Rethinking the Birth of French Tragedy, in Making and Rethinking the Renaissance. Between Greek and Latin in 15th-16th Century Europe, eds. G. Abbamonte – S. Harrison, Berlin – Boston 2019, 143-56 (https://doi.org/doi:10.1515/9783110660968-010). Andreoli 2009 I. Andreoli, “Lyon, nom & marque civile. Qui sème aussi des bons livres l’usage”. Lyon dans le réseau éditorial européen (XVe-XVIe siècle), in Lyon vu/e d’ailleurs (1245-1800). Échanges, compétitions et perceptions, éd. J.-L. Gualin – S. Rau, Lyon 2009, 109-40 (https://books.openedition.org/pul/13227?lang=it). Auger 1584 É. Auger, Methanoelogie. Sur le sujet de l’Archicongregation des Penitens de l’Annonciation de nostre Dame, & de toutes telles autres devotieuses assemblées, en l’Eglise saincte, Paris 1584. Barnavi 1980 E. Barnavi, Le parti de Dieu. Étude sociale et politique des chefs de la Ligue parisienne 1585-1594, Bruxelles – Louvain 1980. Barré 1999 N. Barré, Le collège des Jésuites de Porrentruy au temps de Jacques-Christophe Blarer de Wartensee, 1588-1610, Porrentruy 1999. Baudrier 1901 H. Baudrier, Bibliographie lyonnaise. Recherches sur les imprimeurs, libraires, relieurs et fondeurs de lettres de Lyon au XVIe. siècle, vol. V, Lyon – Paris 1901. Baumgartner 1976 F.J. Baumgartner, Radical Reactionaries. The Political Thought of the French Catholic League, Genève 1976. Bély – Duhamelle 2009  Les affrontements religieux en Europe (1500-650), éd. L. Bély – C. Duhamelle, Paris 2009. Benedict 1999 Reformation, Revolt and Civil War in France and the Netherlands 1555-1585, ed. Ph. Benedict, Amsterdam 1999. Bobadilla 1913 N. de Bobadilla, Autobiographia, in Bobadillae monumenta, Nicolai Alphonsi de Bobadilla sacerdotis e societate Jesu gesta et scripta ex autographis aut archetypis potissimum deprompta, ed. D. Restrepo, Madrid 1913. Bollo 1588 P. de Bollo, Oeconomia canonica de sacrorum catholicae Christi familiae ministrorum officio & conservanda ubique maiorum ecclesiastica disciplina, in tres classes digesta […] Nunc primum lucem edita & exornata luculentissimis variarum lectionum annotationibus, opera Petri Matthaei I.U.D., Lyon 1588. Bossy 1985 J. Bossy, Christianity in the West, 1400-1700, Oxford 1985.

122

Lignereux 2003, cap. 1-3.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

663

Brendle – Schindling 2010  Religionskriege im Alten Reich und in Alteuropa, hrsgg. F. Brendle – A. Schindling, Munster 2010. Brunet 2010 S. Brunet, Philippe II et La Ligue Parisienne (1588), «Revue historique», 312/4 (2010), 795-844. Buttay 2018 F. Buttay, Peindre en leur âme des fantômes. Image et éducation militante pendant les guerres de Religion, Rennes 2018. Claire 2022 L. Claire, Marc-Antoine Muret lecteur de Tacite. Éditer et commenter les Annales à la Renaissance, Genève 2022. Claussen 2021 E. Claussen, Politics and “Politiques” in Sixteenth-Century Fran­ ce: A Conceptual History, Cambridge 2021. Comensoli Antonini 2020  L. Comensoli Antonini, Una controversia alla vigilia di Trento sulle prerogative del potere imperiale. Giovanni Girolamo Albani contro gli attacchi di Calvino e Lutero all’Admonitio paterna di Paolo III, «Revue d’histoire ecclésiastique», 115 (2020), 88-121. Crouzet 1990 D. Crouzet, Les guerriers de Dieu. La violence au temps des troubles de religion, vers 1525-vers 1610, Seyssel 1990. Crouzet 1994 D. Crouzet, La nuit de la Saint-Barthélemy. Un rêve perdu de la Renaissance, Paris 1994. De Caigny 2011 F. De Caigny, Sénèque le tragique en France (XVIe-XVIIe siècles). Imitation, traduction, adaptation, Paris 2011. De Franceschi 2014 S.H. De Franceschi, L’orthodoxie catholique post-tridentine face aux Politiques, «Revue française d’histoire des idées politiques», 39/1 (2014), 129-59. De Groër 1995 G. De Groër, Réforme et Contre-Réforme en France. Le Collège de la Trinité au XVIe siècle à Lyon, Paris 1995, ebook. De Waele – Lafrance 2012  M. De Waele – F. Lafrance, La rédemption par l’histoire: le cas de Pierre Matthieu (1563-1621), «Canadian Journal of History / Annales canadiennes d’histoire», 47/1 (2012), 29-58. Diefendorf 1991 B. Diefendorf, Beneath the Cross: Catholics and Huguenots in Sixteenth-Century Paris, New York – Oxford 1991. Diefendorf 1994 B. Diefendorf, Review of Denis Crouzet, “Les guerriers de Dieu”, «American Historical Review», 99/1 (1994), 241-42. Diefendorf 2000 B. Diefendorf, Entre la Ligue et les dévot: les ultra-catholiques français face à la paix de Vervins, in Le traité de Vervins, éd. J.-F. Labourdette – J.-P. Poussou – M.-C. Vignal, Paris 2000, 431-53. Diefendorf 2004 B. Diefendorf, From Penitence to Charity: Pious Women and the Catholic Reformation in Paris, Oxford 2004. Dompnier 1989 B. Dompnier, Le premier apostolat des Capucins de la province de Lyon (1575-1618), «Revue d’histoire de l’Église de France», 194 (1989), 125-36. Du Troncy 1587 Oraison funebre sur le trespas, et a la louange de l’illustrissime Cardinal de Granvelle, Archeveque de Besançon, & Conseiller de Sa Majesté Catholique. Faite premièrement en latin, par Iean Baptiste Sacco, & mise en françois par Benoist Du Troncy, contrerolleur du domaine du roy, & secretaire de la ville de Lyon. Avec les epitaphes & regrets de Pierre Matthieu docteur aux loix. Dediez a Monseigneur la Comte de Cantacroix, Chevalier de l’ordre d’Alcantara, s.l. 1587.

664 Ernst 1985 Ernst 1997

Ernst 2022 Etayo-Piñol 2000

Frappier 2017

Fumaroli 2002 Gaudalupe 1586

Grendler 1989 Hall 2005 Izquierdo 2019 Kaiser 2008 Kohler 1858 Kohler 1892a Kohler 1892b Le Gall 2009

Lebégue 1954 Lignereux 2003 Lignereux 2005

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

G. Ernst, Des deux Guisade de Pierre Matthieu, «Bibliothèque d’humanisme et Renaissance», 47/2 (1985), 367-78. G. Ernst, Sénèque et Matthieu dans Clytemnestre (1589), in Traduction et adaptation en France à la fin du Moyen Âge et à la Renaissance, “Actes du colloque, Université de Nancy II, 23-25 mars 1995”, éd. C. Brucker, Paris 1997, 345-58. P. Matthieu, Tablettes de la vie et de la mort, éd. G. Ernst, Paris 2022. M.-A. Etayo-Piñol, Lyon, plaque tournante de la culture espagnole en France à l’époque moderne, in La transmission du savoir dans l’Europe des XVIe et XVIIe siècles, “Actes du colloque, Nancy, 1997”, éd. M. Roig-Miranda, Paris 2000, 451-68. L. Frappier, Traduire, imiter et réécrire Agamemnon à la Renaissance. Les tragédies de Charles Toutain (1556), Roland Brisset (1589) et Pierre Matthieu (1589), «Renaissance and Reformation / Renaissance and Réforme», 40/3 (2017), 265-82. M. Fumaroli, L’âge de l’éloquence. Rhétorique et res literaria de la Renaissance au seuil de l’époque classique, Genève 2002. G. de Gaudalupe, In Hosseam prophetam commentaria doctissima, christianae philosophiae praeceptis pie accommodata: Adiectis observationibus evangeliorum concionibus congruis, cum parabolis elegantissimis, éd. P. Matthieu, Lyon 1586. P.F. Grendler, Schooling in Renaissance Italy: Literacy and Learning, 1300-1600, Baltimore 1989. M. Hall, Lyon Publishing in the Age of Catholic Revival, 15651600, tesi di dottorato, University of St Andrews, 2005. A. Izquierdo, Pierre Matthieu en España: biografía, política y traducción en el Siglo de Oro, Madrid – Frankfurt am Main 2019. L’Europe en conflits. Les affrontements religieux et la genèse de l’Europe moderne, vers 1500-vers 1650, éd. W. Kaiser, Rennes 2008. X. Kohler, Discours prononcé à l’ouverture de la séance générale du 5 octobre 1858, «Actes de la Société jurassienne d’émulation», 10 (1858), 5-35. X. Kohler, Pierre Matthieu. Fragment biographique et littéraire, Porrentruy 1892. X. Kohler, Pierre Mathieu historiographe de France, Porrentruy 1892. J.-M. Le Gall, Benoist Pierre, La bure et le sceptre. La congrégation des Feuillants dans l’affirmation des États et des pouvoirs princiers vers 1560-vers 1660, Paris, Publications de la Sorbonne, 2006, 590 p., «Revue d’histoire moderne & contemporaine», 56/3 (2009), 186-89. R. Lebégue, La tragédie française de la Renaissance, 2e éd., Bruxelles 1954. Y. Lignereux, Lyon et le Roi. De la “bonne ville” à l’absolutisme municipal (1594-1654), Seyssel 2003, ebook. Y. Lignereux, Une implantation difficile: controverse religieuse et polémiques politiques (1565-1607), in Les Jésuites à Lyon: XVIeXXe siècle, éd. É. Fouilloux – B. Hours, Lyon 2005, 17-36 (https:// books.openedition.org/enseditions/6582).



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

Lindanus 1571

665

W. Lindanus, Dubitantius de vera certaque, per Christi Iesu Evangelium, salutis aeternae via, libris III instructus, Coloniae 1571. Lobbes 1998 L. Lobbes, Pierre Matthieu, dramaturge phénix, «Revue d’histoire du théâtre», 199/3 (1998), 207-36. Lobbes 2005 L. Lobbes, L’œuvre historiographique de Pierre Matthieu ou la tentative d’embrigader Clio, in Écritures de l’histoire (XIVe-XVIe siècle), “Actes du colloque du Centre Montaigne, Bordeaux, 19-21 septembre 2002”, éd. D. Bohler – C. Magnien-Simonin, Genève 2005, 495-519. Lobbes 2022 P. Matthieu, Théâtre complet, éd. L. Lobbes, Paris 2022 [2007]. López 1587 L. López, Instructorii conscientiae […] Prima pars […] Opus undique summa pietate & eruditione non vulgari refertum. In quo resolutione & celebriores sententiae Conciliorum, veterum Patrum, theologorum, iurisconsultorum, ad conscientiae instructionem solertissime colliguntur. Nunc variis locorum authoritatibus locupletatum, opera Petri Matthei I.V.D, Lyon 1587. López 1591 L. López, Instructorii conscientiae […] Secunda pars […] Nunc variis locorum annotationibus ex iure civili tum pontificio exornata & locupletata, opera Petri Matthaei I.U.D., Lyon 1591. Lynn Martin 1973 A.  Lynn Martin, Henry III and the Jesuit Politicians, Genève 1973. Maryks 2008 R.A. Maryks, Saint Cicero and the Jesuits: The Influence of the Liberal Arts on the Adoption of Moral Probabilism, London 2008. Matthieu 1587 P. Matthieu, Lectio de iudicum in ferendis sententiis vero et necessario officio, Lyon 1587. Matthieu 1588 P. Matthieu, Odes chrestiennes dressees en forme de prieres & louanges à Dieu, avec un petit recueil sur le mesme suiect des escripts du Sieur de Sainct Germain d’Apchon Chevalier de l’ordre du roy, Lyon 1588. Matthieu 1589a P. Matthieu, Clytemnestre […] De la vengeance des iniures perdurable à la posterité des offencez, & des malheureuses fins de la volupté, Lyon 1589. Matthieu 1589b P. Matthieu, Summa constitutionum Summorum Pontificum, et rerum in Ecclesia Romana gestarum a Gregorio IX. usque ad Sixtum V. Nunc primum longo studio conquisita et concinnata annotationibus summariis chronographicis exercitatissimi variarum controversiarum resolutionibus ac commentariis elucubrata & illustrata, Lyon 1589. Matthieu senior 1608 [P. Matthieu senior], Moralité nouvelle tres-fructueuse, de l’enfant de perdition, qui pendit son pere, & tua sa mere: & comment il se desespera, à sept personnages, Lyon 1608. Mingous 2021 G. Mingous, On Printing and Decision-Making: The Management of Information by the City Powers of Lyon (ca. 1550-ca. 1580), in Print and Power in Early Modern Europe (1500-1800), eds. N. Lamal – J. Cumby – H.J. Helmers, Leiden – Boston 2021, 47-63. Nadal 1861 J.C. Nadal, Histoire de l’Université de Valence et des autres établissements d’instruction de cette ville depuis leur fondation jusqu’à nos jours, suivie de nombreuses pièces justificatives, Valence 1861. Obukowicz 2009 N. Obukowicz, L’Irenophile de Jacques Saint-Germain d’Apchon:

666

LORENZO COMENSOLI ANTONINI

la deuxième vie d’un pamphlet, «Réforme, Humanisme, Renaissance», 69 (2009), 145-56. Palaver – Rudolph – Regensburger 2016  The European Wars of Religion. An Interdisciplinary Reassessment of Sources, Interpretations, and Myths, eds. W. Palaver – H. Rudolph – D. Regensburger, London – New York 2016. Paolo III 1545 Admonitio paterna Pauli III ad invictiss(imum) Caesarem Carolum V. qua eum castigat, quod se Lutheranis praebuerit nimis facilem: deinde quod tum in cogenda synodo, tum in definiendis fidei controversiis aliquid potestatis sibi sumpserit. Cum scholiis, ed. [G. Calvino], [Basilea] 1545. Patterson 2016 J. Patterson, “Diables incarnez, Machiavelistes, Heretiques”: The Villains of Pierre Matthieu’s La Guisiade Reconsidered, «French Studies», 70/1 (2016), 1-16. Péligry 1981 C. Péligry, Les éditeurs lyonnais et le marché espagnol aux XVIe et XVIIe siècles, in Livre et lecture en Espagne et en France sous l’Ancien Régime, Paris 1981, 85-93. Pérez Pastor 1895 C. Pérez Pastor, La imprenta en Medina del Campo, Madrid 1895. Péricaud 1844 A. Péricaud, Notes et documents pour servir à l’histoire de Lyon pendant la Ligue, 1589-1594, Lyon 1844. Pernot 1989 M. Pernot, L’univers spirituel du Père Émond Auger, S.J., confesseur du roi Henri III, «Revue d’histoire de l’Église de France», 194 (1989), 103-14. Pérouse 2009 Bredin le Cocu [B. du Troncy], Formulaire fort recreatif, éd. G.-A. Pérouse, Paris 2009. Pettegree – Walsby 2012  A. Pettegree – M. Walsby, French Books III & IV. Books Published in France before 1601 in Latin and Languages Other than French, vol. II, Leiden 2012. Pollmann 2006 J. Pollmann, Countering the Reformation in France and the Netherlands: Clerical Leadership and Catholic Violence 1560-1585, «Past and Present», 190 (2006), 83-120. Quiquerez 1870 A. Quiquerez, Ville et château de Porrentruy, Delémont 1870. Richard 1901 P. Richard, La papauté et la Ligue française. Pierre d’Épinac, archevêque de Lyon (1573-1599), Paris – Lyon 1901. Richeome 1603 L. Richeome, Plainte apologetique au roy tres-chrestien de France et Navarre pour la Compagnie de Iesus. Contre le libelle de l’autheur sans nom, intitulé Le franc et veritable discours, & c. Avec quelques notes sur un autre libelle dict Le catechisme des Iesuites, Bordeaux 1603. Richet 1991 D. Richet, De la Reforme à la Révolution. Études sur la France moderne, Paris 1991. Romano 2018 S. Romano, L’ordinamento giuridico, Macerata 2018 [1918]. Schaub 2007 J.-F. Schaub Le sentiment national est-il une catégorie pertinente pour comprendre les adhésions et les conflits sous l’Ancien régime?, in Le sentiment national dans l’Europe méridionale aux XVIe et XVIIe siècles, éd. A. Tallon, Madrid 2007, 155-67. Schorn-Schütte 2010 L. Schorn-Schütte, Konfessionskriege und Europäische Expan­ sion: Europa 1500-1648, München 2010. Schreiner – Müller-Luckner 2008  Heilige Kriege: Religiose Begründungen militärischer Gewaltanwendung. Judentum, Christentum und Islam im Vergleich, hrsgg. K. Schreiner – E. Müller-Luckner, München 2008.



LE GUERRE DI RELIGIONE VISTE DALLA LIONE CONFESSIONALE DI PIERRE MATTHIEU

Silvestre 2014 Soto 1586 Taylor 1999 Torres 1572 Tricou 1950 Vautrey 1868 Viret 1564

Vitoria 1586 Vulson 1635 Zemon Davis 1981 Zilli 1991

Zilli 1997

667

C. Silvestre, Les édition d’Aristote à Lyon dans la seconde moitié du XVIe siècle: chroniques d’un déclin annoncé?, mémoire de Master 2, Raphaële Mouren (dir.), Université Lumière Lyon 2, 2014. P. de Soto, Lectiones de institutione sacerdotum, eorum maxime, qui sub episcopis animarum curam gerunt, Lyon 1586. L. Taylor, Heresy and Orthodoxy in Sixteenth-Century Paris: François le Picart and the Beginnings of the Catholic Reformation, Leiden 1999. F. Torres, Adversus Magdeburgenses Centuriatores pro canonibus Apostolorum, & epistolis decretalibus pontificum apostolicorum. Libri quinque, Firenze 1572. J. Tricou, Le Livre de raison de Claude du Verdier de Valprivas, «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», 12/2 (1950), 237-49. L. Vautrey, Histoire de Porrentruy, Delémont 1868. P. Viret, Instruction chrestienne en la doctrine de la loy et de l’Evangile, vol. II: Exposition de la doctrine de la foy chrestienne, touchant la vraye cognoissance & le vray service de Dieu: & la Trinité des personnes en l’unité de l’essence divine: & en la manifestation d’iceluy en la creation tant du grand que du petit monde, & en sa providence en toutes les creatures, & principalement en la nature humaine: touchant la cheute du genre humain: & la naissance & accroissement & estat ordinaire tant de la vraye que de la fausse Eglise, Genève 1564. F. de Vitoria, Relectiones theologicae tredecim partibus per varias sectiones in duos libros divisae, Lyon 1586. M. de Vulson, De la puissance du Pape: et des libertés de l’Eglise gallicane, Genève 1635. N. Zemon Davis, The Sacred and the Body Social in Sixteenth-Century Lyon, «Past and Present», 90 (1981), 40-70. L. Zilli, Le succès italien de Pierre Matthieu historiographe de Henri IV, in Avènement d’Henri IV. Quatrième centenaire. Les lettres au temps de Henri IV, “Colloque d’Agen-Nérac, 18-20 mai 1990”, éd. Association Henri IV, Pau 1991, 237-51. L. Zilli, Pierre Matthieu (1563-1621) fra storia e filosofia politica, in Scritture dell’impegno dal Rinascimento all’età barocca, “Atti del Convegno internazionale di studio, Gargnano, Palazzo Feltrinelli, 11-13 ottobre 1994”, Fasano 1997, 125-33.