Vangelo e tradizione rabbinica 8810407482

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Vangelo e tradizione rabbinica
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Il Nuovo Testamento è come un canto che viene pro­ posto attraverso l' >; «con la misura con la quale misurate, sarete misurati••: «avviene come di un re chel ... >>, e in molte altre formulazioni analoghe, che il cristiano sco­ prirà. a volte con un certo sconc, io mi vendicherò per aver misconosciuto la mia Legge. Questo testo resterebbe un po' misterioso se il tema al quale al­ lude non fosse ampiamente attestato nella lelleratura tannaitica: pri­ ma di offrire la Legge a Israele, Dio l'aveva proposta a tutte le na­ zioni, che l'avevano rifiutata; i pagani non possono quindi invocare la scusa dell'ignoranza. Vedremo più avanti come questa tradizione può chiarire un passo della Lettera ai Romani. 1 1 Nella sua brevità, il testo dello Pseudo-Filone non ci informa pienamente sulla tradizio­ ne cui fa riferimento, ma ci offre una preziosa indicazione sull'anti­ chità del tema, autorizzandoci così ad appellarci a questa tradizione per chiarire il testo di Paolo. Non di rado la fonte che attesta l'antichità di una tradizione è lo stesso Nuovo Testamento. Nella Lettera ai Galati, Paolo scrive: , cioè lsacco.12 Solo i midrashim ci permettono di comprendere la natura di questa persecuzione di Isacco da parte di lsmade, di cui non parla il testo della Genesi. Secondo la Scrittura, lsmacle con Isacco (Gen 21 .9). La tradizione ebraica ha interpretato in senso negativo il verbo giocare: per sbarazzarsi di )sacco, lsmaele «giocava>> con lui al tiro con l'arco, cercando così di ucciderlo. 13 L'esempio che segue è forse ancora più calzante. perché vi sono sei secoli fra il Nuovo Testamento e la prima attestazione, nella let­ teratura ebraica, di un tema già presente nel vangelo. Un poema li­ turgico attribuito a Eleazar Qalir (VII secolo) contrappone il «legno verde>> - i giusti che hanno compiuto opere buone - e il «legno sec­ CO>> - i peccatori che non hanno alcun merito - e conclude: «Se il fuo­ co aggredisce il legno verde, tremi il legno seccO>>. Salvo errore da parte mia, questo paragone non si trova nella letteratura rabbiniea e i commentatori ebrei non trovano alcun parallelo nei midrashim e nel Talmud.ll Vangelo di Luca (23,3 1 ) attesta che era conosciuto già al tempo del Nuovo Testamento.14 Come nell'esempio precedente, anche in questo caso la tradizione ebraica e il N uovo Testamento si illuminano a vicenda: il vangelo attesta l'antichità della tradizione, mentre il poema liturgico ci permette di comprendere il significato dell'espressione. Forse questo è il giusto momento per sottolineare che una collaborazione fra cristiani ed ebrei - collaborazione del re­ sto già sostanziosa e sostenuta - può portare a risultati che né gli uni né gli altri potrebbero conseguire separatamente: nessuna ricerca scientifica potrà mai sostituire la sensibilità, anzi l'istinto, offerti dal fatto di essere nati e cresciuti in una determinata tradizione. Per lisecontlo

12 Gal 4,29. Quest'esempio è stato rilevato da LE OtAUT, Targum du Penrarmque, I, 208-209. 13 Gen R 53,11. 14 Nel caso in cui una stessa haggadah si trovi nel Nuovo Testamento e in una fonte ebraica più tardiva, il leltore ipotizzerà probabilmente una dipendenza della fonte ebraica dal Nuovo Testamento. Una tale ipolesi è poco verosimile. Le allusioni al cristianesimo, nelle fonti rabbiniche, dimostrano in genere una conoscenza indiret­ ta e approssimativa del Nuovo Testamento. Del resto, il Talmud vieta la lettura dei li­ bri degli «eretici» (Sanh. IOOb: cf. Shab. 1 16a). Quando le fonti ebraiche sembrano ri­ ferirsi a un passo individuabile, lo fanno sempre in forma polemica (cf., ad esempio, Gen R 55,1 c Rm 9,14s).

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mitarci a un solo nome fra gli autori ebrei, David Ausser ha ampia­ mente contribuito, nel secolo scorso, a far conoscere ai cristiani il so­ strato ebraico dci vangeli. 1 5 Non solo gli autori del Nuovo Testamento, m a anche i padri del­ la Chiesa più antichi possono attestare l'antichità di questa o quella tradizione conservata da documenti ebraici più tardivi. Ecco, ad esempio, il commento del Talmud sull'accoglienza dei tre visitatori da parte di Abramo alle Querce di Mamre: Rav Yehuda dice a nome di Rav: l'accoglienza degli ospiti è più i mpor­ tante dell'accoglienza della Presenza [divina).16

Il commento sottolinea che Abramo abbandona provvisoria­ mente Dio, che gli è apparso (Gen 18.1). per accogliere i tre uomini che vede comparire (ibid. , v. 2). 11 passo viene quindi interpretato co­ me una lezione sul grande valore dell 'ospitalità: l 'accoglienza degli ospiti precede quella di Dio stesso. Questo testo è comprensibile so­ lo se i > (v. 5 ).12 Alla fine del racconto, Abramo ritorna da solo dai due servi e i tre rientrano 13 a Bersabea (v. 19). Il testo non menziona più né Isacco, né rasino.

«La loro carne è una carne d ' asi nO>> (Ez 23.20). «Una pecora smarrita è Israele» (Gcr 50, 1 7). Ma c'è anche una parabola nella qu ale l'asino c il cane rappresentano, rispeltivamentc. Israele e le nazioni (solto, p. 91 ). 10 Gcn 47,29. 11 Gen R 96,5. 12 Cf. SOltO, p. 49. 13 Nella prima parte del racconto erano Abramo e Isacco ad andare «insieme• (vv. 6 e 8). 8



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Per giustificare l'assenza di !sacco, che ricomparirà solo al mo­ mento di incontrare la sua futura sposa, Rebecca,1' la tradizione pro­ pone delle spiegazioni che noi non presenteremo qui.15 L'asino deve restare nei dintorni del Moria, per attendervi la venuta del re pro­ messo a Israele, colui che ristabilirà definitivamente la presenza di­ vina sul monte Sion:I6 Rabbi Yitzaq dice: «Questo luogo17 si allontanerà dal suo padrone. Per sempre? La Scrittura insegna: " È il luogo del mio riposo per sempre; qui abiterò, perché l'ho desiderato" (Sal 132,14), quando verrà colui di cui è scritto: "Umile e seduto su un asino" (Zc 9,9) >>. 1R

Compagno inseparabile del salvatore di Israele, l'asino era già al fianco di Mosé quando scese in Egitto per compiervi la sua missio­ ne. Infatti, il libro dell'Esodo precisa: «Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino c tornò nel paese di Egitto•• (Es 4,20). > (Zc 9,9).2'

Non sorprende quindi che l'asino, cavalcatura inseparabile dal salvatore di Israele, venga considerato il simbolo stesso del messia. Lo testimonia questo commento a un'espressione di Giacobbe: «Ho toro e asino>>:22 Jclle varianti, ma, salvo errore. nessuna di esse menziona l'asina. Certe versioni di queste liste devono essere scomparse. 2" Cf. la nota di R. LE DtAUT sui targum palestinesi di Es 4,20, Targum du PeniiJ­ I>. Egli. alzatosi. prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele (MI 2.20-21 ).

Anche se Matteo, riprendendo liberamente questi versetti, non ricordato l'asino, l'iconografia ha restituito spontaneamente a ha "' La Meki/ta de-Rabbi lshmae/ (H-R SO; L I, 1 1 1 ) cita Es 4,20 per indicare che si tratta di uno dei passi in cui la traduzione dei Settanta non è fedele all'originale, poi­ ché i tradullori hanno reso ·,,cr.o, l'asino, con ta hypozygia. le bestie da soma (al plura­ lc). l com menti più ta rd iv i inducono a pensare che q ues ta traduzione greca è stata mal compresa c che si sono sospettati i tradultori greci di aver voluto evitare l'uso del ter­ mine asino a causa della sua connotazione negativa (cf. A. SHTSAN (ed.], Midrash She­ mot Rabbah, chapters l·XIV. A Critica/ t:dition Based on a Jerusa/em Manuscript with Variants, Commentary and lntroduction (in ebraico], Dvir Publishing House, Gcrusa­ lcmme-Tei-Aviv 1984, 156). In realtà, all'epoca dei Tolomei il termine hypozygion ve­ niva correntemente usato per indicare l'asino. Su questa questione 1essica1e, cf. La Bi­ ble d 'A/exandrie, LXX, Ccrf, Paris 1 989. Il, 101, nota 2,40 e p. 46.

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questo animale il posto che in qualche modo gli spettava di diritto.31 L'inserimento dell'asino nelle rappresentazioni della scena evangeli­ ca è ben più di un semplice dettaglio folcloristico o decorativo, e gli artisti, consciamente o meno, si sono dimostrati al riguardo dei veri teologi: per il suo ingresso in «terra di Israele>> - ingresso che era sta­ to rifiutato a Mosè32 - Gesù, che Matteo ci presenta come il nuovo Mosè, è già portato dall'animale che è l'ausilio, tanto umile quanto indispensabile, della redenzione: l'asino, la cui presenza in tutte le tappe decisive della storia della salvezza manifesta la continuità del disegno di Dio.

31 Cf. C. PERROT, Les récits de /'enfance de Jésus. Matthieu 1-2 Luc 1-2 (Cabiers Évangilc 18), Cerf, Paris 1976,33. " N m 20.12. Notiamo che Mt 2,20-21 è l'unico passo del NuovoTestamento in cui si trova I"espressione ((terra di Israele». -

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4 CIECHI E ZOPPI

Quando il Vangelo di Matteo racconta che Gesù, dopo il suo in­ gresso a Gerusalemme, cominciò a purificare il tempio, aggiunge questa precisazione: «Gli si avvicinarono ciechi e zoppi nel tempio ed egli li guarì».1 l commenti a questo versetto rinviano in genere al passo del se­ condo libro di Samuele spiegando il motivo per cui i ciechi e gli zop­ pi non dovrebbero entrare nel tempio: quando Davide volle conqui­ stare Gerusalemme, i gebusei gli dissero: «Tu entrerai qui solo scon­ figgendo i ciechi e gli zoppi». In altri termini, persino i ciechi e gli zoppi combatteranno per impedirti di entrare in città. E il libro di Sa­ muele, dopo aver riferito la presa di Gerusalemme, commenta: «Quanto ai ciechi e agli zoppi, essi disgustano Davide. Perciò si dice: "cieco e zoppo non entreranno nella Casa"».2 Anche se viene spontaneamente in mente questo accostamento fra il versetto di Matteo e il passo di Samuele, probabilmente la tra­ dizione rabbinica permette di aggiungervi un'altra spiegazione.3 Per questo bisogna riferirsi ai testi biblici relativi alle feste di pellegri­ naggio.

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M t 2 1 ,14. 2Sam 5,6-8. Il termine tradotto qui con «casa» (bait) è lo stesso che serve a in· dicarc i l tempio. 3 Tanto più che non è dimostrato che questi versetti di Samucle abbiano mai avu­ to forza di legge (cf. nota 22 sotto). 2

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IL COMANDAMENTO DEL PELLEGRINAGGIO

Questi testi comandano a tutti gli israeliti di sesso maschile di sa­ lire al tempio di Gerusalemme tre volte all'anno, in occasione delle feste di Pasqua, delle Settimane e delle Capanne: > in Egillo e non Dio stesso, Giacobbe potrà rimproverare a Dio di non mantenere le sue promesse, come il genero del re può lamen­ tarsi di aver ricevuto una schiava al posto della donna libera che era stata promessa alla sua sposa. In quest'argomentazione, il pronome «iO» - qui la sua forma enfatica 'anokhi - viene considerato un no­ mc proprio. Secondo il midrash, ponendo a Dio la domanda «chi io?>>, Mosè non chiede «chi sono io?>>, ma «Chi - di noi due - è IO?, chi di noi due si chiama IO?>>. È ciò che afferma esplicitamente una variante attestata in vari manoscritti: ' Es R 3,4 su Es 3,1 1 . " La ripetizione nel versetto del pronome 'anokhi, io, sottolinea quest'impegno di vino. l verbi usati («io scenderò», cdo ti farò risalire'� contengono implicitamente il pronome soggetto (cf. nota 4, sopra)� io non è grammaticalmente indispensabile. La sua prese nza costringe quindi a comprcm.Jcrc la cosa in questo modo: «io, io scen­ de rò >': cc io. io ti [arò ri sa lire ,,; O ancora, «SOnO io che scenderÒ•). «SOnO i o che ti farò ri ­ salire ». Notiamo, al riguardo, che la haggadah di Pasqua. commentando Es 12,12 (•io pecorrcvo il paese di Egitto»), sottolinea fortemente che è stato Dio stesso c nessun altro a lihcra rc Israele: >, m a che permise a Rachele di abbeverare le greggi di Labano.2� Comunque si può ra­ gionevolmente ritenere o che la presenza dei due interlocutori pres­ so un pozzo scavato da Giacobbe abbia condotto naturalmente al­ l'evocazione della scena di Carran o anche che le haggador abbiano associato le tradizioni relative al pozzo di Carran con quello di Sicar. secondo il classico procedimento della fusione delle tradizioni, di cui abbiamo già parlato. In questo contesto, la domanda della samaritana assume tutto il suo significato: per attingere acqua senza corda e senza secchio biso­ gnerebbe essere Giacobbe. A rigor di termini. per farlo basterebbe essere come Giacobbe o come Abramo, Rebccca o Mosè, se le tradizioni relative a questi personaggi esistevano già al tempo della redazione del quarto Van­ gelo. La domanda che l'evangelista mette in bocca alla donna (>: [ . . J alla decima egli peccò, all'undicesima fu giudicato, alla dodicesima fu cacciato. [Dio] stava per pronunciare la sentenza quando fece il suo ingresso il saba to [ ... ] c prese le sue [dell'uomo] difese. Disse davanti al Santo, benedetto egli sia: «Signore dci mondi, durante i sei giorni della creazione, mai nessuno è stato condannato e ora tu cominci con mc! È questa la mia santità? È que st o il mio riposo?>>. E per rig u ardo per il sa­ bato, l'uomo fu salva to dalla condanna alla Geenna. Qu a ndo vide la for· za del sabato, l'uomo volle intonare un inno in suo onore. Il sabato gli disse: « È a mc che tu canti un unno! Io e tu, canti amo un i n no al Santo. benedetto egli sia>>. Perciò, [è scritto]: >.44 Qin 'ah e il suo derivato qana 'llf possono indicare anche la gelo­ sia intesa in senso positivo. cioè lo zelo. Pinhas, ad esempio, secondo il Talmud, è .45 Infine, il termine qin 'ah indica a volte una gelosia che suscita l'e­ mulazione. Un aforisma riferito dal Talmud dice: .46 Gli di cui qui si parla sono i maestri, la cui emulazione stimola i loro allievi. In che senso le nazioni sono diventate gelose di Israele? La realtà non è meno complessa del vocabolario. Notiamo anzitutto che. sul piano storico - che non è oggetto di questa ricerca - nell'antichità le nazioni hanno provato sentimenti variegati e contraddittori nei riguardi degli ebrei. Scrive Marcel Si­ mon: «Ostilità venata di odio da un Iato, simpatia intrisa di ammira­ zione dall'altro: sono le due reazioni fra le quali oscilla l'opinione pa­ gana nei riguardi dell'ebraismo» .47 Gli storici antici attestano senti­ menti di odio, disprezzo c gelosia in senso negativo dei pagani verso gli ebrei,48 e anche l'attrazione esercitata dall'ebraismo sul mondo esterno. attrazione dimostrata. in particolare, dall'importanza assun­ ta dal fenomeno del proselitismo.49

" Anr. Jud. . 1 . 18,3. 11 nome comune sirnah (dalla radice stn) indica piultosto l'accusa o la diffamazione.

"' Hom. in Genesim, Xlii, l . 4l Sonh. M2b. "' BH 2 t a . " M . SIMO�. Verus /srad f::wde sur /es relations enrre rhrétiens et juift dans l'Em­ pire ronwin (135-425). De Boccard, Paris 194H. ' 1 983. 244. 48 Su questo tema. cf.. in particolare. M. Sn:RN. Greek and Lotin.. Awhors on Jews and Judaism. J voli.. The lsracl Academy of Scicnccs and Humanities. Gerusalemme 1976. 1980. 1 984: J.N. SEVE�STER. The Roors of rhe Paga n Anri Semitism in the Anàenr World. Brill. Lciden 1975:J. MtLEZE-MoDRZI'JFWSKI. «Sur l'anlisémitisme pa'icn•. Pow Léon Poliako�>·. Le racisme. mythes et sciences. Éditions Complcxes. Bruxelles 1981 . 4 1 1 -439: L. POLIAKOV. llistoire de /'anrisémirisme. nuova edizione, 2 voli.. Calmann­ Lévy. Paris 1981, capi10lo l (t r. it. Storia del/'anti. viene reso in certe versioni con ((due gi orni dopo)). Sen­ za voler difendere traduzioni cccessivamcnk lclterali ( lo scopo della tr ad uzion e è quello di fare passare un testo da una lin!!ua a un'altra). non si ripeterà mai abba­ stanza che l'esegesi rabbinica si riferisce al testo nell'espressione lcucralc della sua lingua originale e che spesso è incomprensibile se si dimentica questa carancristica es· senziale. ' Dal punto di vista della struttura letterale del passo. la collocazione di questo versetto dovrebbe precedere la ripresa di quello di Osca. che forma un'inclusione con la sua prima citazione all'inizio del testo. Sembra essere stato aggiunto qui sotto l'in­ fluenza del midrash su Ester.

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Infine, il «terzo giorno del nostro padre Abramo>>, riguardo al quale il midrash cita questa serie di versclli biblici. è il giorno nel quale si sarebbe dovuto sacrificare Isacco e nel quale quest'ultimo è stato restituito alla vita, come sottolineerà da parte sua la Lettera agli Ebrei.6 La tradizione contiene altre liste di queste menzioni del da parte della Scrittura.? Le loro varianti permettono di completare la lista che abbiamo presentato. Il terzo giorno dopo il passaggio del Mar Rosso, i figli di Israele. che rischiavano di morire di sete, possono finalmente dissetarsi in se­ guito al miracoloso risanamento delle acque di Mara (Es 15,22-25)." Il terzo giorno, l'angelo sterminatore fa cessare, per ordine di Dio, la peste che colpiva il popolo a causa del censimento ordinato da Davide (2Sam 24. 1 5-16). I l terzo giorno, il re Ezechia colpito da una malattia che doveva essere mortale, può salire al tempio. in seguito alla visita del profeta Isaia (2Re 20,5.8). La comparazione fra tutti questi passi di mostra che il terzo gior­ no è quello nel quale si risolve una situazione critica, addirittura di­ sperata. Il terzo giorno è quello del dono della vita. È ciò che affer­ ma sinteticamente un adagio riferito da Genesi Rabbah: >.

1 0 In M t 22.29 e Mc 1 2.24 Gesù rimprovera ai sadducei, che negano la risurre,io· ne dci morti. di ((non conoscere le Scritture» c la potenza di Dio. Non credere a11 a ri­ surrezione non è solo limitare la potenza di Dio; è non vedere che la risurrezione è in­ segnata dalla Scrittura. a patto che si sappia interpretar la. 1 1 Su questo tema, mi permetlo Ui rinviare al c. 6 di REMAVO, A cause des Pères.

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12 «TALE È LA CIRCONCISIONE DI CRISTO» Dal sangue della Pasqua alla morte di Cristo

In questo capitolo, che deve permetterei di chiarire due testi del Nuovo Testamento, dobbiamo considerare le fonti ebraiche antiche, c soprattutto i commenti rabbinici sulla Pasqua c sul sacrificio vo­ lontario di Isacco. Si tratterà, anzitutto. di due spargimenti di san­ gue che, secondo le fonti ebraiche antiche, caratterizzano la notte pasquale. Nella seconda parte si mostrerà che queste stesse fonti pongono implicitamente il sacrificio volontario di !sacco in relazio­ ne con questi due spargimenti di sangue. Si analizzeranno poi alcu­ ni testi rabbinici secondo i quali la circoncisione può essere intesa come un simbolo della morte volontaria. Si vedrà, infine, come que­ ste tradizioni possono servire a chiarire due passi delle lettere di Paolo.' DUE SPARGIMENTI DI SANGUE DELLA NOITE PASQUALE

Quando si ricorda il sangue della Pasqua, si pensa spontanea­ mente al sangue dell'agnello pasquale, che deve contrassegnare le porte degli israeliti nella notte della loro uscita dall'Egitto:

1 Il capiwlo riprende il contenuto di una relazione tenuta nell'aprile del 2000 al C'cntre Ratisbonne. a Gerusalemme, in occasione di una sessione sulla Pasqua. Utiliz­ za elcmc:: n ti del volume dell'autore. À cause deJ PèreJ, Paris-Louvain 1 997. soprattut­ to c. 6 (149·172). nonché cc. l 2 e 13. Il volume si riferisce ripctutamentc a quello di R. LE Di'AUT, La nuit pasca/e. Pontificio Istituto Biblico. Roma 1963. l riferimenti esatti a queste due opere non saranno indicati nel seguito del capitolo.

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«Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architra­ ve della casa, in cui lo dovranno mangiare>> (Es 12,7). Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre. Non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirò il paese d'Egitto (Es 12,13). Prenderete un fascio di issòpo, lo in tingerete nel sangue che sarà nel ca­ tino e spruzzerete l'architrave e gli stipiti con il sangue del catino. Nes­ suno di voi uscirà dalla porta della sua casa rino al mattino. Il Signore passerà per colpire l'Egitto, vedrà il sangue sull'architrave e sugli stipiti: allora il Signore passerà oltre la porta c non permetterà allo stermina· tore di entrare nella vostra casa per colpire (Es 12,22-23).

Secondo la tradizione ebraica antica, la notte di Pasqua è con­ trassegnata anche da un altro spargimento di sangue: quello della circoncisione. Infatti, il libro dell'Esodo precisa che solo i circoncisi possono mangiare la Pasqua.2 Ma, sempre secondo le tradizioni ebraiche antiche, al tempo del loro soggiorno in Egitto, gli israeliti avevano abbandonato la pratica della circoncisione.3 Perciò, dovet­ tero tutti essere circoncisi per poter partecipare al banchetto pa­ squale. Così l'immolazione della Pasqua e la circoncisione sono stret­ tamente associate, come sottolinea la Mekilta de-Rabbi /shmael: Il Santo, benedetto egli sia, donò loro due precetti: il sangue della Pa· squa e il sangue della circoncisione, affinché possano osservarli per es­ sere salvati. come è detto: > (Ef 2,1 4). Un'interpretazione molto diffusa di questo testo considera l'odio i l frutto della Legge mosaica: per eliminare l'odio, Gesù avrebbe pura­ mente e semplicemente abolito la Legge. Ecco, ad esempio, come la traduzione liturgica parafrasa il versetto che abbiamo appena citato e quello che lo segue immediatamente - passo la cui traduzione pre­ senta problemi particolarmente ardui da risolvcre:36 > : suggellata nel suo corpo e nel suo sangue, la nuova alleanza non segue e rimpiazza puramente c sem­ plicemente quella antica. Al contrario, essa affonda le radici nell'an­ tica attraverso il sacrificio di Cristo. che è carnale c spirituale al tem­ po stesso: vivendo fino in fondo la sua circoncisione, mediante l'ef­ fusione del suo sangue e la totale spogliazionc del suo , Gesù permette anche agli incirconcisi di entrare nell'alleanza, insieme a Israele.

47 La Bibbia di Gerusalemme precisa: ((La circoncisione materiale non asportava che un piccolo lembo di carne» (nota c su Col 2,l t ). Questo commento lascia inten­ dere che la nuova circoncisione sarebbe doppiamente superiore a quella anlica: men­ tre quest'ultima era materiale c parziale, la prima sarebbe spirituale e totale. Ma !"u­ nione di questi due approcci è incoerente. I nfatti, in base a quest'interpretazione l'a­ blazione di un lembo di carne sarebbe materiale, mentre la spoliazione di tutto il cor­ po sarebbe «spirituale��!

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13 I L «CAPO DELLA FEDE))

scopo di questo capitolo è quello di presentare una serie di midrashim relativi alla fede di Abramo e poi di valutare la possibi­ lità di un accostamento fra questi testi e un passo della Lettera agli EbreiLo

TESTI

Per la chiarezza dell'esposizione. presenteremo anzitutto il testo più esplicito e non quello più antico. Si tratta ùi un passo di E.wdo Rabbah sul versetto: >. Si tratta di Abramo, del quale è scritto: > (Es 14,3 1 ) ; figli di credenti: «egli credette al Si­ gnore . .. » (Gen 1 5,6). E tu,

tu non

persevererai nella fede, come è detto:

«Perché voi non avete creduto in mc>>, ecc. (N m 20,12).

" A parle il fatto che Avlalion. per affermare la fede degli isracliti. si riferisce a 4,31 e non a Es 15.1: cf. nota IO. sopra. 16 Il seguito del midrash identifica il Senir e l"He rmon (Cl 4,8) con !sacco e Giu· seppe. Nella tradizione rahhinica. lc montagne sono !"immagine dei patriarchi (cf. RE· MAt·o. À cause des Pères, 42-44) c il numero 3 evoca ovviamente Abramo. !sacco e Giacohhe (ihid . 44. nola 32 c 80-84). Stessa identificazione delle tre montagne con i Ire patriarchi in Tanh. 8, Beshallah l L 1 7 Shah 97a. Cf. Es R 3,12; Tanh. Mersora 4. Es

.

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Secondo questo midrash, la colpa di Mosè è quella di aver accu­ sato a torto I sraele di non credere. 1 8 Ciò che deve attirare la nostra attenzione è il fatto che il testo stabilisce, anche in questo. uno stret­ to legame fra la fede di Abramo19 in Gen 15,6 e quella degli israeliti dopo il passaggio del Mar Rosso. Esso offre quindi un'ulteriore con­ ferma della tradizione risalente ai tannaim, che collega fra loro que­ sti due episodi.

Ricapito/azione dei dati I testi che abbiamo citato presentano una serie di dati coerenti. che ora possiamo ricapitolare. Proprio perché ha creduto in Dio e nel suo servo Mosè, Israele ha ricevuto lo Spirito Santo e ha potuto cantare il cantico dopo il passaggio del Mar Rosso. Allo stesso modo, al ritorno escatologico dall'esilio. canterà il cantico al suo ingresso in terra di Israele e potrà farlo solo perché è erede della fede di Abramo; il quale, mediante un'interpretazione midrashica dell'espressione biblica >.21 Prescindendo per il momento dalla seconda parte della frase (), la designazione di Abramo che si trova nei midrashim può essere messa in parallelo con quella di Gesù nella Lettera agli Ebrei, dove viene presentato come il , il o l' della fede. Queste espressioni vogliono rendere il termine greco archegos. Questo termine, ." Questo ruolo di pioniere del­ la fede è proprio quello che viene riconosciuto ad Abramo dai mi­ drashim che abbiamo citato. Abramo non i: solo il primo dci creden­ ti, ma è il pioniere dci i>, senza passare attraverso un "immagine metaforica. La diffe­ renza fra il midrash e la formulazione della Lettera agli Ebrei è quin­ di molto minore di quanto possa sembrare a prima vista.24 Ora dobbiamo chiederci se l'autore della Lettera agli Ebrei po­ tesse conoscere le tradizioni rabbiniche che abbiamo esposto. L'espressione «capo della fede>> non viene applicata ad Abramo nella Mekilta de-Rabbi /shmael. Bisogna concludere che è una crea­ zione degli amoraim? Molte ragioni suggeriscono di farla risalire molto più indietro nel tempo. Bisogna ricordare, anzitutto, che non esistono midrashim sul Cantico dei cantici attribuiti dalla tradizione ai tannaim. Ciò non si­ gnifica evidentemente che i tannaim non abbiano commentato que­ sto libro, che rabbi Aqiba considerava il «santo dei santi>> della terza parte della Scrittura.25 Cantico Rabbah e altre fonti26 contengono commenti attribuiti esplicitamente a tannaim e si può ritenere che molte haggadot anonime risalgano allo stesso periodo. L'espressione «capo della fede>>, quando compare nei midrashim amoraitici, si in­ serisce perfettamente in un contesto i cui elementi sono tutti ben at-

24 Notiamo che, nella Settanta, il termine archegos rende 4uindici volle ' il termi­ ne ebraico rosh; in uno di questi casi (Gdc 9,44) il C(){/ex Ale:candrinus ha tradollo ro ­ sh con il termine arche,sul quale torneremo più avanri. Da parte sua, la traduzione si­ riaca del Nuovo Testamento ha reso l"archegos di Eb 2.10 e 12.2 con resha. che corri· sponde evidentemente all'ebraico rosh. 25 >. Il riferimento indica come fonte di questo testo «Sal 138.18.5-6>>. Già l'indicazione del riferi­ mento mostra che si tratta di un libero di tre versetti della Scrittura che non sono citati nel loro ordine, perché il v. 1 8 pre­ cede i vv. 5-6. E andando a vedere il testo biblico, per esempio nella traduzione della TOB, leggiamo. partendo dal versetto precedente: > o dalla cosiddetta «Collana>> dell'esegesi ebraica.8 Facendo

6 Sal 139,17-18. Il riferimento dato dal Messale si ri ferisce alla numerazione dci salmi secondo la Bibbia greca, dove il salmo 138 corrisponde al 139 della Bibbia

ebraica. 7 O Exsurrexi.

H Il ( (gezerah shavah) consiste nell'accostamento di due testi hihlici tratti da due contesti diversi, per permettere una nuova interpreta­ zione a partire dallo stesso accos tamen to dei testi La c>, dice il salmo ( 1 1 ,5): non bisogna quindi turbarsi quando si viene messi alla prova. pur ritenendo di non avere nulla da rimproverarsi. Si potrebbero moltiplicare gli esempi. Infine, la parola di Dio non può non realiz­ zarsi. Molti commenti mirano a scoprire situazioni o persone che danno un contenuto concreto e storico (o supposto tale) ad afferma­ zioni bibliche generali o apparentemente astratte. Nella letteratura rabbinica si incontra centinaia di volte l'espressione: > . Ad esempio. questo commento sul passo del decalogo: (Es 20,6). «Coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti». «Coloro che

mi amano••: si tratta di Abramo nostro padre e di coloro che gli somi­ gliano;

«

... e osservano i

miei comandamenti»: sono i profeti e gli anzia­

ni. «Coloro che mi amano

e osservano i miei comandamenti». Rabbi Na­

tan dice: Sono coloro che vengono i n terra di Israele e danno la loro vi­ ta per i comandamenti.10

Coloro che questa Parola sono quindi Abramo e co­ loro che gli somigliano, i profeti, gli anziani e coloro che restano in

IO

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MRJ, H-R 227; L Il, 247.

terra di Israele a rischio della loro vita, invece di prendere la via del­ l 'esilio. al tempo della persecuzione di Adriano. Ogni parola della Scrittura apparentemente generale. astratta o enigmatica deve prima o poi incarnarsi in un avvenimento o in una persona che le conferi­ ranno un contenuto concreto. LA LETIURA CRISTIANA CONTINUA LA LETI'URA EBRAICA In che cosa la lettura cristiana continua la lettura ebraica e dove sta la sua originalità? Bisogna anzitutto ricordare. ancora una volta, che cosa si intende per lettura cristiana. La prima lettura cristiana è quella che fanno i primi cristiani, così come si trova nel Nuovo Testamento; essa è la matrice delle letture che si faranno in seguito nella Chiesa. Bisogna 'nsistere su questo aspetto. La prima generazione cristiana non leg­ geva il Nuovo Testamento, che ancora non esisteva, essendo stato scritto proprio da essa. ma leggeva la Scrittura che era, per essa co­ me per gli altri ebrei. il riferimento fondamentale. Il termine «Scrittura» ricorre 51 volte nel Nuovo Testamento e l'espressione , Théologie de I'Ancien Te.l·tamenr, Genève, 1967, Il, 287-293 (tr. it. Teologia dell 'Antico Testamento. Brescia 1972). riguardo alle > . Utilizzando un testo biblico, nella controversia gli autori cristiani dovevano sapere quale fosse esattamente l'interpretazione alla quale contrapponevano la loro (cf. Rm 4; M t 22,41-45). Il Nuovo Testamento si oppone spesso a concezioni tradizionali, non espresse chiaramente; le antitesi del vangelo. in particolare, suppongono delle resi affermate perlomcno da certe correnti del giudaismo. Il Nuovo Testamento è costellato di prove tratte dalla Scrittura, e così anche la letteratura giudeo-cristia­ na, e quindi di interpretazioni che si contrappongono. L'argomenta­ zione cristiana poteva essere veramente efficace solo mostrando la conformità delle sue posizioni con le concezioni religiose del tempo. Poteva pensare di fare degli adepti fra gli ebrei, che conoscevano be­ ne le Scritture, solo accettando anzitutto di confrontarsi con le loro esegesi. Quanto ai metodi di cui parleremo più avanti, i discepoli giu­ dei di Gesù di Nazaret per molto tempo non hanno immaginato che se ne potessero usare altri! Riguardo ai Testimonia. la cui scelta sup­ pone già un'esegesi, K. Stendhai i J ricorda che anche il midrash rag­ gruppa dci testi, secondo vari criteri, a volte a partire da un unico ter­ mine comune (come si vede in 2Cor 9,10, che fonde tre citazioni - Is 55, 10; Os 10,12; Dt 22, 1 1s - aventi in comune solo una certa relazio­ ne con la pioggia): il binomio delle citazioni paoline sulla fede (Gen 15,6: «Abramo credette al Signore, che glielo accreditò come giusti­ zia>>; Ab 2,4: «Il giusto vivrà per la sua fede>> Rm 1 , 1 7) si legge in Mekilta Es 14,31, con una bella raccolta di citazioni sulla fede. Il pro­ cedimento più raffinato consisterà, nel derush. a «infilare>> come del· le perle (era l'espressione) un testo della Torah, un testo dci Profeti e un testo degli Agiografi. ...

1 3 K. STENDHAL, The Schoo/ of Matthew, London, 216.

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Ed ecco un altro dato sul quale bisogna insistere se si vuole com­ prendere il giudaismo e soprattutto il giudaismo antico: la Scrittura era letta in una tradizione. Qui si dovrebbe parlare della stretta unio­ ne fra orale e scritto nelle civiltà antiche e soprattutto in Israele. Rin­ vio ai materiali raccolti da Gerhardsson in Memory and Manuscript, che potrebbero essere completati dallo studio della terminologia della trasmissione in aramaico che l'autore ha eccessivamente tra­ scurato a vantaggio dell'ebraico. Anche se la Bibbia racconta che Mosè ricevette al Sinai le tavole recanti incisi i dieci comandamenti, la Legge è anzitutto Parola (debarim), manifestazione di un pensie­ ro vivo e attuale. È questo pensiero a essere trasmesso e diffuso so­ prattutto mediante l'insegnamento orale che restituiva, anche ai te­ sti già messi per iscritto, tutta la loro forza e il loro calore originari. La tradizione orale era normativa (e lo sarebbe diventata sempre più nel giudaismo farisaico, Shabbat 3 1 a) c si fregiava anch'essa del tito­ lo di Torah, ma she be 'a/ peh. Qui non posso entrare nella celebre controversia fra farisei c sadducci divisi da tale questione dell'accet­ tazione della tradizione orale. Mi limiterò a notare che molti esege­ ti, troppo legati a un testo separato dalla sua tradizione, sono, i n realtà, s u questo punto. dei sadduc.:i che s i ignor> (Mc = M t: hoti eggus estin epi thurais: notare il parallelismo con la formula precedente). Si tratta del qes messianico ed escatologico; cosa che la recensione di Luca esprimerà chiaramente: . Già Amos (8,1-2) aveva sfruttato l'omofo­ nia qayislqes. Ecco ciò che mi fece vedere il Signore: Era un cesto di frutti maturi [ let

­

teralmente: d'estate ] .

Disse: «Che cosa vedi, A mos?». Risposi: «Un cesto di frutti maturi». Y HWH mi rispose: la fine

[ qes] è giunta per il mio popolo

Israele.

L'uso targumico conferma che il gioco di parole qayislqes era usato anche dai commentatori della sinagoga. Ger 8.20 (lamentazionc del profeta per una carestia): È passata

la stagione della messe, è finita l 'estate

[qayis)

e

noi

non sia­

mo stati salvati,

nel targum diventa (>. Grazie a questa divisione originale (che è anche quella della Peshitta) «il nostro au­ tore [cito p. Spicq] mitiga l 'irritazione divina e aggrava la responsa.

35

Questo esempio è ben esposto da M.P. FERNANDEZ in VD 46(1968), 361-369.

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bilità di Israele, collegando questi quarant'anni alle manifestazioni provvidenziali» .36 Nell'Apocalisse viene citato due volte il testo di Es 1 9,6: . Ma qui l'espressione mamleket kohanim è stata intesa come un'espressione che racchiude due privilegi di Israele (re e sacerdoti, non regno di sacerdoti). È l'in­ terpretazione di tutti i nostri targum ( targum palestinese e Onqelos) - malkin wekahanin. La si trova anche nella versione siriaca, ma qui questa dipende probabilmente dal Nuovo Testamento. Un altro esempio sarebbe Is 40,3: