Un’ area di frontiera: La Bitinia dall’età arcaica all’ età ellenistica 9781407359793, 9781407359809

Scopo di questo libro è presentare uno studio dell’area della Bitinia dall’ età arcaica al periodo ellenistico. Si è dec

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Un’ area di frontiera: La Bitinia dall’età arcaica all’ età ellenistica
 9781407359793, 9781407359809

Table of contents :
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Title Page
Copyright
Di relativo interesse
Ringraziamenti
Sommario
Abstract
Prefazione
Introduzione
Parte 1: Greci e non greci in Bitinia fino ad Alessandro Magno
1. Le fondazioni greche
1.1. Le principali poleis greche dell’area: la fondazione
1.2. I rapporti con le potenze: Persia, Atene e Sparta
1.3. Aspetti istituzionali delle poleis greche dell’area
1.3.1. Aspetti religiosi e cultuali
2. Presenze iraniche e indigene
2.1. La Satrapia di Daskyleion
1.2.2. La dinastia persiana di Kios
2.3. I Bitini prima di Alessandro Magno
Parte 2: Il regno ellenistico di Bitinia e i suoi rapporti con il mondo greco
1. Le vicende politiche del regno di Bitinia
1.1. La tradizione storiografica sul regno di Bitinia
1.2. La nascita del regno bitinico fino alla morte di Zipoites
1.3. Il regno di Bitinia da Nicomede I alla morte di Prusia I
1.4. Da Prusia II alla fine del regno di Bitinia
2. Evergetismo e filellenismo dei re di Bitinia
2.1. La regalità bitinica
2.2. L’evergetismo dei re di Bitinia e i rapporti con il mondo greco
3. I re di Bitinia come fondatori di città
3.1. Zipoites e Nicomede I
3.2. Da Ziaelas a Nicomede IV
4. Greci e indigeni nella Bitinia ellenistica
4.1. Elite tracio-bitiniche e modelli greci
4.2. Regno di Bitinia e poleis greche del regno
4.3. Culti greci e culti indigeni nella Bitinia ellenistica
5. Aspetti economici della Bitinia ellenistica
Conclusioni
1. la Bitinia in età arcaica e classica
2. La comparsa del regno di Bitinia nel periodo ellenistico
Appendice sull’evidenza numismatica concernente il regno di Bitinia e le poleis greche dell’area
Bibliografia
Indice delle fonti
Indice dei nomi e dei luoghi notevoli
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Un’ area di frontiera La Bitinia dall’età arcaica all’ età ellenistica FERDINANDO FERRAIOLI

B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 3 1 0 6

2022

Un’ area di frontiera La Bitinia dall’età arcaica all’ età ellenistica FERDINANDO FERRAIOLI

B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 3 1 0 6

2022

Published in 2022 by BAR Publishing, Oxford, UK BAR International Series 3106 Un’ area di frontiera isbn  978 1 4073 5979 3 paperback isbn  978 1 4073 5980 9 e-format doi  https://doi.org/10.30861/9781407359793 A catalogue record for this book is available from the British Library © Ferdinando Ferraioli 2022 cover image Grand rue de Nicomédie from Félix Marie Charles Texier. Paris, Firmin-Didot (1882). The Author’s moral rights under the 1988 UK Copyright, Designs and Patents Act are hereby expressly asserted. All rights reserved. No part of this work may be copied, reproduced, stored, sold, distributed, scanned, saved in any form of digital format or transmitted in any form digitally, without the written permission of the Publisher. Links to third party websites are provided by BAR Publishing in good faith and for information only. BAR Publishing disclaims any responsibility for the materials contained in any third party website referenced in this work.

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Ringraziamenti Il lavoro di ricerca confluito in questo libro è stato prevalentemente effettuato nel corso di un assegno di ricerca triennale (luglio 2018- giugno 2021) svolto presso il Dipartimento di Asia , Africa e Mediterraneo dell’università degli Studi di Napoli “l’Orientale” con il progetto “Grecità di frontiera: greci e non greci sulla costa asiatica della Propontide dall’età arcaica all’età ellenistica ”. Ringrazio, innanzitutto, il prof. Luigi Gallo, responsabile scientifico dell’assegno di ricerca e già relatore della mia tesi di laurea magistrale, che mi ha incoraggiato nello studio di questa complessa tematica, mi ha aiutato nel corso del lavoro di ricerca e ha gentilmente accettato di scrivere una presentazione al volume. Un ringraziamento poi, purtroppo postumo, va al prof. Alexandru Avram, già co-tutor del mio dottorato, il quale mi ha aiutato durante la prima fase di questo lavoro con le sue costanti e preziose indicazioni e non ha potuto purtroppo vederne la pubblicazione. Desidero ringraziare inoltre Jacqueline Senior e Tansy Branscombe, editor della serie BAR Publishing, per la loro disponibilità e il loro costante aiuto, i tre referee anonimi incaricati di esaminare il libro per i loro preziosi consigli e gli amici prof. ri Stefania Gallotta e Adrian Robu per i proficui scambi di idee sui comuni argomenti di ricerca. Un caro pensiero va infine alla mia famiglia, a mia zia Teresa scomparsa nel 2019 e ai miei genitori Luigi e Mirella e mio fratello Francesco, per il loro prezioso aiuto e incoraggiamento quotidiano. Naturalmente mia resta la responsabilità di ogni eventuale errore. Ferdinando Ferraioli Salerno, agosto 2022

Alla prof.ssa Clara Talamo

Sommario Abstract............................................................................................................................................................................... ix Prefazione........................................................................................................................................................................... xi Introduzione........................................................................................................................................................................ 1 Parte 1. Greci e non greci in Bitinia fino ad Alessandro Magno..................................................................................... 3 1

Le fondazioni greche................................................................................................................................................... 5 1.1.  Le principali poleis greche dell’area: la fondazione.............................................................................................. 5 1.2.  I rapporti con le potenze: Persia, Atene e Sparta................................................................................................... 7 1.3.  Aspetti istituzionali delle poleis greche dell’area................................................................................................ 10 1.3.1.  Aspetti religiosi e cultuali............................................................................................................................ 12

2

Presenze iraniche e indigene..................................................................................................................................... 15 2.1.  La Satrapia di Daskyleion................................................................................................................................... 15 1.2.2.  La dinastia persiana di Kios......................................................................................................................... 20 2.3.  I Bitini prima di Alessandro Magno.................................................................................................................... 23

Parte 2. Il regno ellenistico di Bitinia e i suoi rapporti con il mondo greco................................................................. 27 1

Le vicende politiche del regno di Bitinia................................................................................................................. 29 1.1.  La tradizione storiografica sul regno di Bitinia................................................................................................... 29 1.2.  La nascita del regno bitinico fino alla morte di Zipoites..................................................................................... 30 1.3.  Il regno di Bitinia da Nicomede I alla morte di Prusia I..................................................................................... 33 1.4.  Da Prusia II alla fine del regno di Bitinia............................................................................................................ 42

2

Evergetismo e filellenismo dei re di Bitinia............................................................................................................. 51 2.1.  La regalità bitinica............................................................................................................................................... 51 2.2.  L’evergetismo dei re di Bitinia e i rapporti con il mondo greco.......................................................................... 53

3

I re di Bitinia come fondatori di città...................................................................................................................... 63 3.1.  Zipoites e Nicomede I......................................................................................................................................... 63 3.2.  Da Ziaelas a Nicomede IV................................................................................................................................... 64

4

Greci e indigeni nella Bitinia ellenistica.................................................................................................................. 67 4.1.  Elite tracio-bitiniche e modelli greci................................................................................................................... 67 4.2.  Regno di Bitinia e poleis greche del regno.......................................................................................................... 68 4.3.  Culti greci e culti indigeni nella Bitinia ellenistica............................................................................................. 69

5

Aspetti economici della Bitinia ellenistica............................................................................................................... 71

Conclusioni........................................................................................................................................................................ 75 1.  la Bitinia in età arcaica e classica........................................................................................................................... 75 2.  La comparsa del regno di Bitinia nel periodo ellenistico....................................................................................... 75 Appendice sull’evidenza numismatica concernente il regno di Bitinia e le poleis greche dell’area.......................... 77 Bibliografia........................................................................................................................................................................ 81 Indice delle fonti................................................................................................................................................................ 93 Indice dei nomi e dei luoghi notevoli............................................................................................................................... 99

vii

Abstract The purpose of this book is to present a study of the territory of Bithynia from the Archaic to the Hellenistic period. In this analysis, particular space will be given to the interaction between Greek and non-Greek populations, trying to highlight the main modalities of this relationship and how it has changed over time. There are not very many recent studies concerning this territory and they all deal with chronologically shorter periods. This study is organized in two parts, divided chronologically by the expedition of Alexander the Great to Asia and the subsequent foundation of the Hellenistic kingdom of Bithynia. The first dealt with the main problems relating to the Greek foundations in this geographical area (Astakos, Kalchedon, Kios, Myrleia and Olbia) and the influence of the great powers (Athens, Sparta, Persia) in the area in the late Archaic and Classical period. At first, the poor political organization of the Bithynian populations favored a certain dominance of the Greek poleis, especially the richer ones such as Chalcedon. Later, however, the process of progressive organization of the Bithynian state allowed, under Doidalses, to occupy Astakos. Furthermore the Greek poleis had to reckon, starting from the end of the sixth century BC, with the most organized and strong Persian power, personified in the area by the satrapy of Daskyleion. It was also of some importance, during the fifth century BC, the action in the area of the two main Greek powers of the time, Sparta and Athens. In the second part, the main argument is the Hellenistic kingdom of Bithynia, whose formation profoundly modifies the political and social balances present in the area in the previous period. In the first place there is an exposition of the political events of this kingdom, trying to insert them in the dialectic between the main Hellenistic powers. When powerful states appeared in the area, the Bithynian monarchs tried to survive or making a submission to a much greater power, which perhaps knew how to take on a conciliatory face (the case of Antigonus Monophthalmos) or trying to form leagues of smaller states against a common imperialist danger (the Northern League with an anti-Seleucid function). In the second century BC the Bithynian kingdom started an intense rivalry with the Attalid kingdom that led to the wars between Bithynia and Pergamum. The second war against Pergamum did not lead to any territorial gain and indeed probably caused, due to its high costs, a serious economic crisis for Bithynia. Prusia II thus began to lose popularity and consent, thus making possible the coup d’état carried out against him by his son Nicomedes II. With the rise of Nicomedes II, the kingdom become practically more a client kingdom of the Romans, until its dissolution with the death of Nicomedes IV. After the political events, there is the exposition of the problems related to the conception of Bithynian royalty and to the evergetism and philhellenism of the sovereigns and above all to the relations between Greeks and non-Greeks, with a particular focus on the political, social, religious and economic aspects of this interaction. Finally, an appendix contains a short exposition concerning the monetary issues of the kings of Bithynia and of the Greek poleis of the area.

ix

Prefazione Il volume di Ferdinando Ferraioli, nato nell’ambito di una serie di ricerche sulla grecità di frontiera da me coordinate presso l’Università di Napoli l’Orientale, si inserisce nel contesto di un rinnovato interesse per questa regione periferica del mondo greco, la Bitinia, su cui, fino a non molto tempo fa, il principale lavoro di riferimento rimaneva la vecchia monografia di G. Vitucci sul regno di Bitinia del 1953. Ma il lavoro di Ferraioli, a differenza di altri apparsi di recente, non si limita alla storia del regno ellenistico di Bitinia, a cui è comunque dedicata una parte consistente del volume. Ampio spazio è dato anche alla situazione della Bitinia nelle epoche precedenti a quella ellenistica: si parte infatti dalla fondazione delle principali colonie greche nell’area in questione, per passare poi a esaminare i loro rapporti con le grandi potenze (la Persia, Atene e Sparta) in epoca classica, e ci si sofferma altresì su una serie di problemi di rilievo, quali gli aspetti istituzionali e cultuali, la presenza indigena e la controversa questione dell’origine della dinastia pontica (che sarebbe legata per l’appunto a una città della Bitinia, Kios). Segue poi la trattazione del regno ellenistico di Bitinia, di cui, dopo un’opportuna premessa riservata alla tradizione storiografica, sono ricostruite in dettaglio le complesse vicende, ma una particolare attenzione è prestata anche ad altri aspetti meno indagati, quali il modello di regalità, i rapporti con le poleis e quelli tra i Greci e indigeni, così come i culti e l’organizzazione economica. Si tratta insomma di un volume che, per l’esaustività della trattazione e della documentazione presa in esame (da segnalare anche un’appendice dedicata all’evidenza numismatica), potrà costituire un valido punto di riferimento per successive ricerche sull’argomento. Luigi Gallo Professore ordinario di Storia greca Università degli studi di Napoli “l’Orientale”

xi

Introduzione1 Scopo del presente lavoro è presentare uno studio dell’area della Bitinia, geograficamente parte della Propontide asiatica, dall’ età arcaica al periodo ellenistico. La periodizzazione scelta è stata adottata in base ai seguenti criteri: come punto di partenza è stato scelto il sorgere delle prime fondazioni greche nell’area, che ha segnato in un certo modo la nascita della Bitinia come area di confine, mentre punto di arrivo è la fine del regno ellenistico di Bitinia. Si è preferito concludere con la fine del più importante regno ellenistico dell’area piuttosto che con altri avvenimenti potenzialmente periodizzanti, come ad esempio la spedizione di Pompeo in Asia, in quanto ciò avrebbe implicato uno studio della presenza romana nell’area che esula dagli scopi del presente lavoro. Nel corso dell’esposizione particolare spazio sarà dato all’interazione tra popolazioni greche e non greche, cercando di evidenziare le principali modalità di tale relazione e di come essa si sia modificata nel corso del tempo. Non sono molto numerosi gli studi recenti riguardanti tale territorio e si occupano tutti di periodi cronologicamente più ristretti. Lo studio è diviso in due parti, divise cronologicamente dalla spedizione di Alessandro Magno in Asia e dalla successiva fondazione del regno ellenistico di Bitinia. Nella prima si sono affrontati i principali problemi relativi alle fondazioni greche nel territorio dei Bitini (Astaco, Calcedone, Kios, Myrleia ed Olbia) e l’influenza delle grandi potenze nell’area nel periodo tardo arcaico e classico. Sia delle potenze greche come Atene e Sparta sia della principale potenza asiatica, l’impero persiano. Ampio spazio è stato poi dato alla presenza non greca nell’area, esaminando le problematiche relative alla satrapia della Frigia ellespontica e al potentato dei Mitridatidi nel territorio di Kios. Un paragrafo poi è stato dedicato alle fonti sulle popolazioni bitiniche di origine tracia nel periodo precedente ad Alessandro Magno. Nella seconda parte centro dell’esposizione è il regno ellenistico di Bitinia, la cui formazione modifica profondamente gli equilibri politici e sociali presenti nell’area nel periodo precedente. In primo luogo si proporrà un’esposizione sulle vicende politice di tale regno, cercando di inserirla nella dialettica tra le principali potenze ellenistiche e tenendo conto delle monografie di riferimento di Gabelko e Paganoni. Verranno poi approfondite le problematiche relative alla concezione della regalità bitinica e all’evergetismo e filellenismo dei sovrani e soprattutto ai rapporti tra greci e non greci, cercando di esplorare, compatibilmente con le non troppo numerose fonti pervenuteci, gli aspetti politici, sociali, religiosi ed economici di tale interazione. Un’ appendice infine verrà dedicata ad una breve esposizione concernente le emissioni monetarie dei re di Bitinia.

1

Le abbreviazioni utilizzate nel testo e nelle note sono quelle utilizzate nell’Année philologique e nel SEG.

1

Parte 1 Greci e non greci in Bitinia fino ad Alessandro Magno

1 Le fondazioni greche Abstract: In the territory of Bithynia the Greeks founded three colonies: Astakos, Calchedon and Olbia. Kios and Myrleia, originally part respectively of Mysia and Phrygia, were later included in the kindom of Bithynia. Astakos, Calchedon and Olbia were founded by Megara, Kios was a colony of Miletus and Myrleia of Colophon. These Greek poleis had face, starting from the end of the sixth century BC, the organized and strong Persian power, personified in the area by the satrapy of Daskyleion. It was also of some importance, during the fifth century BC, the action in the area of the two main Greek powers of the time, Sparta and Athens. In the second part of the fifth century BC practically all the poleis of the area were part of the Delian League and late at the end of century the Spartans held power at Chalcedon and Byzantium with their harmosts. Concerning the political and institutional life of these colonies, we have quite many documents only on that of Calchedon, whose main institutions were the basileus with eponymous functions, the hieromnamon, the hekatostyes and the aisimnatai. There is more documentation about the cults of these poleis. They were in part of Megarian origin and in part of non-Greek and Asian origin. 1.1.  Le principali poleis greche dell’area: la fondazione

problema della data di fondazione si intreccia con quello della madrepatria, in quanto un frammento di Carone di Lampsaco ci preserva una tradizione secondo cui la città venne fondata da coloni provenienti da Calcedone; altre fonti invece ci presentano come madrepatria direttamente Megara5. Secondo Hanell sarebbe opportuno valorizzare Carone di Lampsaco come fonte più antica e mettere assieme le informazioni tramandateci dalle varie fonti, avanzando l’ipotesi che Astaco venne fondata probabilmente da coloni provenienti da Calcedone, a cui si aggiunse un rinforzo coloniario proveniente direttamente da Megara6. Ciò dovrebbe indurre anche a abbassare la data di fondazione tramandata da Memnone ed Eusebio, che potrebbe essere posta più verosimilmente verso la metà del VII sec. a.C.7. Secondo Asheri8, dopo una prima fondazione ad opera di Megara , vi sarebbe stata una distruzione ad opera dei Cimmeri e poi una ricostruzione ad opera di Calcedone. Non vi è pero traccia nelle fonti a noi pervenute di una distruzione di Astaco ad opera dei Cimmeri9. Recentemente Robu ha riconsiderato l’ipotesi di Hanell, tendendo a ridimensionare l’affidabilità di Carone ed a rivalutare quella di Memnone, che avrebbe come fonte lo storiografo locale eracleota Nymphis10. Calcedone non avrebbe avuto un ruolo così dominante come prospettato da Hanell, ma sarebbe stata semplicemente una delle componenti di una collaborazione megarese tra madrepatria e colonie dell’area, come appunto Calcedone stessa, Bisanzio, Selymbria e Mesembria. Questa collaborazione troverebbe il suo scopo

Per delimitare l’area che venne occupata poi dal regno di Bitinia in età ellenistica è opportuno attenersi alle indicazioni date dagli autori antichi. Una prima attestazione della presenza dei Bitini in quest’area è in un passo di Tucidide, in cui viene citata la terra dei Bitini in relazione alle operazioni ateniesi nella Propontide nell’estate del 424 a.C.; più ampie informazioni sono date da Senofonte, il quale riferisce che i Traci Bitini abitavano la Tracia asiatica, regione posta tra Calcedone ed Eraclea1. Nel IV sec. a.C. lo Pseudo-Scilace afferma che il territorio della Bitinia inizierebbe dal santuario di Zeus Ourios, il cosiddetto Hieron situato presso Calchedon e giungerebbe fino al golfo oggi detto di Izmit, che viene definito golfo di Olbia. Strabone invece riferisce che il territorio bitinico era delimitato a nord dal Ponto Eusino, ad ovest dalla Propontide e confinava a sud con la Misia e la Frigia Ellespontica2. Il territorio originario dei Bitini si estendeva probabilmente ad est fino al fiume Sangarios e alla valle connessa a detto fiume; in età ellenistica i re di Bitinia cercheranno di ampliare il loro territorio verso Eraclea Pontica. Sono da assegnare al territorio dei Bitini le poleis di Calcedone, Astaco e Olbia. Ci occuperemo anche di Kios e Myrleia, originariamente la prima nel territorio della Misia e la seconda della Frigia, ma in età ellenistica comprese poi nel regno di Bitinia3. Astaco e Calcedone sono delle fondazioni megaresi. Secondo Memnone di Eraclea ed il Chronicon di Eusebio4 Astaco sarebbe stata la prima città ad essere stata fondata nel 712/11 a.C.. Il

FGrHist 262 F 6 = Phot., Lexik. s.v. Ostakos; Strab. XII 4.2 563C, Pompon. I. 19. 100, Memnon. FGrHist 434 F 12 6 Cfr. Hanell 1934, p. 120, seguito tra gli altri da Merkelbach 1980 p. 91 e Avram 2004, p. 977. La notizia su un polichnion Mégarikon nel territorio di Astaco riportata da Arriano FGrHist 156 F 18 e Plinio N.H. V 148. 7 Cfr. Hanell 1934, p. 120 e Merkelbach 1980, p. 91. 8 Asheri 1978, p. 94. 9 Robu 2014, p. 213 n. 419 10 Postulata per primo da Toeppfer 1896, p. 126. In generale sul rapporto tra Memnone e Nymphis si veda ora Davaze 2013 e Gallotta 2014. 5

Thuc., IV 75.2. Xen., Anab. VI 4.2. Per un commento sul passo senofonteo cfr. Lendle, 1995, pp. 385-387. 2 Ps. Scylax 92. Su questo autore cfr. Shipley 2011; Strab. XII 4.1 563C. 3 Cfr. Avram 2004, pp. 975-976; Fernoux 2004, pp. 25-26. Sulla difficoltà di stabilire chiare distinzioni tra le varie regioni si veda anche quanto dice Strab. XII 4.4 564C. 4 FGrHist 434 F 12. Euseb- Hieron., Chron. 91 Helm. 1

5

Un’ area di frontiera nome della città18. È noto l’aneddoto riportato dallo stesso Erodoto per cui i fondatori di Calcedone dovevano essere ciechi per non aver visto i vantaggi che offriva la costa dalla parte europea dove poi sarebbe stata fondata Bisanzio19. Ecista fu, secondo Pomponio Mela20, Archia, definito Megarensium princeps. Molto scarse sono invece le notizie su Olbia, che, secondo alcuni moderni, sarebbe da identificarsi con Astaco21 o, come sostenuto anche da un lemma di Stefano di Bisanzio22, con Nicomedia. In realtà un passo di Tolomeo23, che distingue Olbia sia da Astaco che da Nicomedia, induce a ritenere che la città fosse un insediamento, di probabile origine megarese, che si trovava nell’area vicina ad Astaco e poi a Nicomedia. Kios venne fondata secondo il chronicon di Eusebio24 nel 626/5 a.C. e ebbe come madrepatria probabilmente Mileto, come si può supporre sulla base di quanto indicato in una phiale che gli abitanti della città dedicarono all’Apollo di Didyma nel 276/75 a.C.25. Inoltre due mesi, attestati nel calendario di Kios, l’Antesterio e il Lenaio, farebbero pensare ad un’origine milesia26. Secondo un frammento della aristotelica Costituzione di Kios un insediamento misio e poi uno dei Carii avrebbero preceduto la fondazione milesia27 . Ecista sarebbe stato l’eponimo eroe Kios e echi di questa tradizione possono ritrovarsi in un bassorilievo attico del tardo V sec., in cui è rappresentato un uomo che dalla legenda viene denominato Kios intento a stringere la mano ad Atena rappresentata con l’elmetto28. Una tradizione, trasmessaci invece dallo storico Ninfodoro di Siracusa (IV sec. a.C. ) e ripresa anche da Apollonio Rodio nelle sue Argonautiche29, afferma che la città venne fondata da Polifemo, eroe partecipante all’impresa argonautica, che fece ciò con l’approvazione di Eracle. L’ insediamento antico è da localizzarsi probabilmente nei pressi dell’odierno villaggio turco di Gemlik, con un territorio non eccessivamente piccolo , ma dalle medie dimensioni30. Myrleia infine, che è probabilmente da localizzarsi presso Mudanya, località a circa 20 km dai resti dell’antica Kios31, era una colonia di Colofone32, senza che vi sia alcun riferimento per ipotizzare una data di fondazione. Nelle fonti antiche il toponimo della città è riportato ora come

nel rintuzzare gli attacchi delle bellicose popolazioni indigene dei Bitini, Misii e Traci e troverebbe riscontro anche nello scontro, riferito da Plutarco nelle Quaestiones Graecae11, tra Megaresi e Samii. I Megaresi non sarebbero Megaresi della madrepatria, ma prevalentemente Megaresi delle colonie uniti assieme e forse rinforzati da un contingente della madrepatria. La tradizione riportata da Carone farebbe riferimento quindi soltanto ad un contingente di epoikoi calcedoniesi giunti in aiuto dei coloni originari. La data di fondazione di Memnone ed Eusebio al 712/11 sarebbe da conservarsi in quanto Hanell avrebbe in maniera contraddittoria accettato la data di fondazione di Calcedone di Eusebio al 685 a.C. , rifiutando invece quella di Astaco. L’ipotesi di Robu12 di non accentuare il contributo calcedonio sembra accettabile, anche se non è possibile, a partire dalle fonti in nostro possesso, stabilire con sicurezza se si sia trattato di un contingente di epoikoi o di un contingente che partecipò all’atto stesso della fondazione. Più complessa è invece la questione dell’accettazione della cronologia di Memnone ed Eusebio, in quanto la cronologia di Hanell non è basata solo sull’ indicazione di Eusebio, ma anche su un passo di Erodoto che poneva la fondazione di Calcedone diciassette anni prima di Bisanzio. Ciò induce ad essere cauti e a considerare ancora come più fondata la cronologia tradizionale proposta da Hanell e seguita dalla maggior parte degli studiosi13. Secondo Memnone ecista della città fu Astaco, un discendente degli Sparti e proveniente da Tebe, secondo Arriano Astaco era figlio di Poseidone e della ninfa Olbia14. Asheri ha interpretato il legame di Astaco con gli Sparti in Memnone come un riferimento ad una partecipazione beotica alla colonizzazione del golfo di Astaco. Per Hanell la versione di Arriano sarebbe da ricollegare al sinecismo delle due città, Astaco e Olbia rappresentate rispettivamente da Poseidone e la ninfa eponima, attraverso il quale Nicomede avrebbe fondato la nuova città di Nicomedia.Per Asheri15, invece, il sinecismo adombrato da Arriano sarebbe quello tra Olbia e il già citato polichnion Megarikon, da cui sarebbe nata la città di Astaco. La versione di Memnone sembra da ricollegare alla storiografia locale di Eraclea Pontica e potrebbe forse trovare una sua radice nella consistente presenza beotica che vi era in quella polis16. Quella di Arriano sembra invece una versione maggiormente filo-bitinica, tesa a rinsaldare la partecipazione di elementi indigeni nella fondazione della città, forse proprio al momento della fondazione di Nicomedia. Calcedone venne fondata dai Megaresi nel 685 secondo il Chronicon di Eusebio17. Erodoto riporta che la città venne fondata diciassette anni prima di Bisanzio. Una tradizione minoritaria riporta come fondatori della città i Calcidesi, ma sembra priva di fondamento in quanto basata sui giochi etimologici con il

18 La tradizione è riportata in Hesych. Mil., FGrHist 390 F 21. La verdicità di tale tradizione è stata messa per primo in dubbio da Hanell 1934, pp. 122-123. Vedi ora anche Robu 2014, pp. 224-228 che evidenzia la debolezza anche dei tentativi di suffragare la fondatezza della tradizione trasmessa da Esichio con i rinvenimenti di ceramica euboica nella zona del Mar Nero. 19 Herodot. IV 144. Cfr. Malkin-Shmueli 1988, pp. 21-36 e Robu 2014, pp. 248-282. 20 Pomp. I 19. 101. 21 Cfr. Ruge 1896, col. 1774, il quale però cambiò in seguito parere e rifiutò l’identificazione cfr. Ruge 1937, col. 2404. Per l’identificazione Jacoby, FGrHist II D, pp. 565-566. 22 Steph. Byz. s.v. Nikomedeia (ν 57 Billerbeck). Cfr. Hanell 1934, p. 121, Marek 1993, p. 15 e Fernoux 2004, p. 36. 23 Ptol., Geog. V 1.2. 24 Euseb.- Hieron., Chron. 97b Helm 25 I. Didyma 427 ll. 6-7. 26 I. Kios 1 per l’Antesterio e I. Kios 27 per il Lenaio. 27 Arist. fr. 519 Rose. 28 IG I3 124 databile al 406/405 a.C. = Meyer 1989, A 22 p.86. 29 FGrHist 572 F 16 bis e ter; Apoll. Rhod. I 1321 e segg, I 1343-1357, IV 1467 e segg. 30 Cfr. Avram 2004, p. 982. 31 Cfr. Avram 2004, p. 990. 32 Plin. N.H. V 143.

Robu 2014, pp. 206-208; Plut., Quaest. Gr. 57. Robu 2014, pp. 211-213. 13 Cfr. ad esempio Merkelbach 1980, p. 91 e Avram 2004, p. 977. 14 FGrHist 434 F 12; FGrHist 156 F 26. 15 Asheri 1978, pp. 95-97; Hanell 1934, pp. 119-122. 16 Sul consistente apporto beotico alla fondazione di Eraclea cfr. Robu 2014, pp. 293-295 con esposizione organica delle fonti e della bibliografia precedente. 17 Strab. VII 6 2 320C; Euseb.-Hieron., Chron. 93b Helm. 11

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Le fondazioni greche Brylleion che come Myrleia33. Le attestazioni riguardanti Brylleion sono in genere precedenti ed appartengono al V-IV sec., mentre quelle riportanti Myrleia sono successive ed appartengono al IV-II sec. Secondo Corsten34 la città si sarebbe chiamata Brylleion fino al IV sec. e poi dalla metà di questo secolo avrebbe mutato nome in Myrleia, come attestato anche dalle prime emissioni monetarie della città, che si datano al IV sec. ed hanno nella leggenda il nome Myrleia. Si tratterebbe in ogni caso di due varianti dello stesso toponimo di origine non greca, con cambio di b in u e metatesi dal ry di Brylleion al yr di Myrleia. Un’ altra polis greca con cui i dinasti bitinici interagirono notevolmente in età ellenistica fu Eraclea Pontica35, che non appartiene però geograficamente alla Bitinia propriamente detta, ma che costituiva probabilmente un importante sbocco sul Mar Nero ed una delle chiavi per controllare l’area strategicamente ed economicamente fondamentale degli stretti e Cizico, altra importante e ricca città greca dell’area. Delle città fondate dai re di Bitinia si dirà a suo tempo.

Cnido40 , dopo aver passato lo stretto proprio in prossimità di Calcedone, avrebbe poi distrutto i templi e le case della città nel corso del suo ritorno, in quanto i Calcedonii avrebbero demolito il ponte che consentiva al Gran Re di tornare in Asia e avrebbero distrutto un altare che Dario aveva innalzato per Zeus Diabaterios. Oltre a Ctesia anche Polieno41 descrive questo episodio, aggiungendo alcuni dettagli, come il fatto che gli abitanti di Calcedone avessero rifiutato l’entrata al Gran Re facendo conto sulla forza delle loro mura e che quest’ultimo, dopo aver in un primo tempo devastato la chora facendo credere di aspettare rinforzi, avesse fatto scavare un condotto per giungere nell’agorà e , percorrendolo nottetempo, i Persiani si fossero impadroniti della città senza perdite. Ciò sarebbe in contrasto con quanto afferma la tradizione conservataci da Erodoto42, che indicava l’Ellesponto , e non Calcedone, come luogo della ritirata di Dario e del passaggio degli stretti. Secondo Loukopoulou Dario si sarebbe prima diretto verso Calcedone, avrebbe punto la città per il suo comportamento e poi si sarebbe diretto verso l’Ellesponto per ragioni di sicurezza, preferendolo al Bosforo. Una opposizione alla spedizione di Dario non venne solo da Calcedone, in quanto un passo di Strabone ci trasmette la notizia dell’incendio di Abido e di altre città della Propontide, dovuto al fatto che Dario aveva saputo una notizia secondo cui tali città fornivano aiuto agli Sciti che si preparavano ad una spedizione punitiva in Asia. Secondo Kinzl43 il comportamento di Dario non sarebbe stato determinato dalle difficoltà riscontrate durante la campagna in Europa , ma egli avrebbe già in precedenza determinato di passare in Asia presso l’Ellesponto, pur avendo la possibilità di mettere completamente in sicurezza il passaggio del Bosforo. Certo, il Gran Re aveva le forze, come testimoniato dal frammento di Ctesia, per sopraffare, almeno temporaneamente, le città greche turbolente, ma , come afferma Loukopoulou44 , vista la non completa riuscita della spedizione e le perdite in essa subite, non ritenne opportuno soffermarsi nella sistematica sottomissione delle città dell’area. Inoltre i tiranni di alcune città, come Bisanzio, si trovavano presso Dario e ciò certo rendeva ancora più precario il potere persiano all’interno delle stesse e più forti gli elementi antipersiani45. Certo tali elementi dovevano essere più forti in alcune città, come Calcedone, per cui non è testimoniato un tiranno filopersiano. Dopo la partenza di Dario rimasero come rappresentanti degli interessi persiani nell’area prima Megabazo, che occupò Perinto e condusse una spedizione contro i Traci e i Peoni e poi Otane46 (511 a.C. circa), che solo alcuni anni dopo i fatti connessi alla spedizione scitica, riuscì a prendere possesso in maniera

1.2.  I rapporti con le potenze: Persia, Atene e Sparta L’ area cadde sotto l’influsso persiano dapprima nel 547/46 dopo la sconfitta di Creso, insieme alle poleis greche della costa asiatica, mantenendo però una certa autonomia, vista anche la lontananza dei centri del potere persiano36. Alcune delle poleis dell’area furono interessate dal fenomeno della nascita di tirannidi filopersiane come in molte altre città della costa asiatica. Erodoto ricorda che, al momento della famosa discussione tra Milziade e Istieo sulla decisione da adottare in relazione alla proposta degli Sciti37 di rompere il ponte di barche sull’Ellesponto e tradire il Gran Re, erano presenti, tra i tiranni delle città greche dell’Ellesponto, Ippoclo di Lampsaco, Aristagora di Cizico , Metrodoro di Proconneso e Aristone di Bisanzio38. Tali tiranni aderirono, come tutti gli altri, alla proposta di Istieo di far solo finta di seguire la proposta degli Sciti, ma di non tradire in realtà i Persiani. Non appare forse un caso a questo riguardo il fatto che tra le grandi poleis della costa asiatica della Propontide l’unica a non avere un tiranno filo-persiano sia stata Calcedone39. Dario infatti , sulla base di una notizia fornitaci da un frammento di Ctesia di IG I3 71 III 112 e SEG XXIII 189; Strab. XII 3.22 551C e Ps. Skylax 94. Corsten 1985, pp. 4-6. 35 Sulla storia di tale polis si vedano Burstein 1976, Saprykin 1997 e Bittner 1998. 36 Loukopolou 1989, pp. 86-87 e Vasilev 2015, pp. 53-56. Aristone di Bisanzio era probabilmente tiranno filo-persiano di Bisanzio e forse anche di Calcedone, ma il suo legame con il Gran Re non era molto saldo. Non si sa se egli abbia ottenuto il potere con l’aiuto della Persia o in modo autonomo cfr. Berve 1967, p. 86. Certo al momento della spedizione scitica era legato al potere persiano, facendo parte di un gruppo di tiranni definiti filo-persiani da Herodot. IV 137 2. 37 Sulla spedizione di Dario in Tracia cfr. Balcer 1988, pp. 1-21, Vasilev 2015, pp. 40-123 e Avram 2017, pp. 5-25. Sulla politica ultrabosporana del Gran Re cfr. anche Lerner 2017. 38 Herodot. IV 138. 39 Difficile dire se Aristone di Bisanzio controllasse o meno anche Calcedone cfr. Loukopolou 1989, p. 86 nt. 6. 33 34

40 FGrHist 688 F 13 par. 21. Cfr. Lenfant 2004, pp. LXXXII- LXXXIV e 122. 41 Polyaen. VII 11.5 42 Herodot. V 11 1. 43 Cfr. Kinzl 1968, pp. 32-35. 44 Cfr. Loukopolou 1989, pp. 89-90. 45 Dopo l’episodio del ponte nulla si sa del tiranno Aristone di Bisanzio né viene detto da Erodoto se egli era ancora a capo della città durante la permanenza di Megabazo a Bisanzio di cui si parla a IV 144.2 cfr. Prandi 2020, pp. 29-30. 46 Herodot. IV 144. 1; Herodot. V 26.

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Un’ area di frontiera già nel 478/77 a.C. , subito dopo la fine della seconda guerra greco-persiana, tenendo un comportamento altezzoso e , secondo il racconto tucidideo, facendosi circondare da guardie del corpo persiane e intrigando con il Gran Re , con prospettive di alleanze matrimoniali53. Questa condotta causò il suo richiamo a Sparta e la perdita della reggenza. Ritornato di nuovo a Bisanzio, continuò a persistere in tali atteggiamenti e venne assediato ed espulso dagli Ateniesi54. Discussa è la durata del suo secondo soggiorno a Bisanzio, sicuramente più lungo del primo. Secondo alcuni55 si tratterebbe solo di qualche anno (fino al massimo al 476/5), e ciò in quanto un frammento di Eforo56 dice che Pausania venne scacciato da Bisanzio prima della presa di Eione da parte di Cimone, che avvenne come primo atto della lega di Delo; secondo altri invece i vari atti compiuti da Pausania nell’area (lettere inviate al Gran Re e a Sparta, esplorazioni in Tracia e nella Propontide) richiederebbero un tempo più lungo , che si ritroverebbe nei sette anni indicati in un passo di Giustino57. Visto lo stato delle fonti è difficile stabilire l’effettiva durata del secondo soggiorno del reggente nell’area58. In ogni caso, con la seconda cacciata da Bisanzio ebbe termine la carriera di Pausania, che si rifugiò brevemente a Colone nella Troade, prima di tornare a Sparta e trovarvi come è noto la morte. Nel periodo successivo alla fine dell’avventura di Pausania, l’area della Bitinia rimase saldamente sotto l’influsso ateniese: moltissime poleis dell’area fecero infatti parte della lega delio-attica. Sono infatti menzionate nella lista dei tributi: Astaco (menzionata cinque volte dal 454/3 al 444/359 con un tributo iniziale di 3000 dracme ridotto a 1000 nel 450/4960), Calcedone (menzionata diciannove volte dal 453/2 al 418/761 con un tributo di 7 talenti e mezzo nel 452/1, 3 talenti nel 450/49 , 9 talenti dal 448 al 438 e 6 talenti dal 434 al 429), Kios (menzionata dodici volte dal 454/3al 418/762 con un tributo 1000 dracme) e Myrleia (menzionata per quattro volte dal 433/2 al 418/763 con un tributo di 3000 dracme). Unica polis dell’area a pagare più di un talento era Calcedone. Tale valore dimostra l’importanza e la ricchezza di tale città, che aveva una chora molto grande, molto più ampia e ricca di quella della vicina Bisanzio, e due importanti

più stabile di Calcedone, insieme a Bisanzio e alle due isole di Lemno e Imbro47. A questo punto i Persiani stabilirono nella per loro turbolenta città un regime, forse tirannico, che venne subito piuttosto malvolentieri dagli abitanti48. Ciò si inserisce bene in un rafforzamento della dipendenza di tutta l’area dal potere persiano si fece sentire in tutta la sua forza nel periodo in cui si svolsero le attività militari condotte da Megabazo e Otane. Questa supremazia persiana durò fino alla rivolta ionica, alla quale, secondo un passo di Erodoto49, parteciparono Bisanzio e tutte le città nelle sue vicinanze. L’area della Propontide ebbe una sua importanza nel corso della rivolta, in quanto, come è noto, Istieo , dopo essere tornato da Susa ad aver tentato vanamente di rientrare a Mileto, cercò di stabilire un suo potentato nella zona degli stretti e della Propontide prima di essere catturato ed ammazzato dai Persiani a Sardi50. I Persiani, dopo i primi momenti della rivolta, iniziarono però presto a riconquistare le città ribelli. Il generale Daurises riuscì ad occupare alla fine dell’estate del 497 a.C. le città di Abido e Lampsaco, ma non Parion, che riuscì a salvarsi, perché Daurises fu costretto ad andare in Caria, per aiutare le forze persiane lì impegnate. Il generale Hymeus riuscì invece ad occupare Kios, importante città della costa bitinica. Inoltre alcuni degli abitanti di Calcedone fuggirono a Mesembria51 sulle coste del Mar Nero, quando la loro città venne attaccata da una flotta fenicio-persiana, che probabilmente sopì gli ultimi focolai di rivolta nella zona della Propontide e più in generale degli stretti. Il controllo persiano durò saldamente fino alla fine del secondo conflitto greco- persiano, quando iniziarono ad agire nell’area le due principali potenze della Grecia continentale: Atene e Sparta. Nel periodo immediatamente successivo alla fine della seconda guerra persiana si esercitò nell’area l’azione del reggente Pausania, il quale già nel 478 scelse come sua base Bisanzio. Ciò avvenne come sembra per iniziativa esclusiva del reggente, il quale cercò forse di forzare la politica di Sparta, che invece non sembrava interessata a portare avanti un progetto imperialistico fuori dalla Grecia continentale. Pausania voleva forse stabilire una base di potere personale, che potesse sfruttare le ricche prospettive economiche della zona52. Pausania soggiornò a Bisanzio

53 È difficile che durante il primo soggiorno di Pausania nella città vi sia stato il tempo materiale per lo scambio delle lettere cfr. Fornara 1966, pp. 262-267 e Blamire 1970, pp. 297-298. Ciò dovrebbe essere quindi avvenuto nel corso del secondo periodo di soggiorno. Sulla questione delle lettere e dell’autenticità si veda ora Nafissi 2004a, pp. 55-56 n. 5. Su Pausania a Bisanzio cfr. ora Prandi 2020, pp. 38-40. 54 È questo il racconto tucidideo dell’avventura di Pausania che si trova in Thuc. I 127-131. Su tale racconto ed il rapporto con quello più favorevole al reggente contenuto in Erodoto si rimanda a Nafissi 2004b, pp. 147-180 (con bibliografia precedente). 55 Era questo il parere di Wilamowitz 1893, I p. 145. 56 FGrHist 70 F 191 con il commento di Parmeggiani 2011, pp. 400-403. 57 Meiggs 1972, pp. 71-73 e Rhodes 1992, p. 46. Iustin. IX 1.3: Haec namque urbs condita primo a Pausania, rege Spartanorum, et per septem annos possessa fuit, dein uariante uictoria nunc Lacedaemoniorum, nunc Atheniensium juris habita est. 58 Si veda la giusta prudenza di Nafissi 2004a, p. 60 n. 24 e Russell 2017, p. 58. 59 IG I3 259 III. 27; IG I3 268 I.33. 60 IG I3 263 IV.16. 61 IG I3 260 VII.12; IG I3 287 II. 16. Lo stato mutilo dell’epigrafe non ci consente di capire l’ammontare del tributo in tale data. 62 IG I3 259 VI.7; IG I3 287 II.12. 63 IG I3 279 II.18; IG I3 287 II.23.

47 Vasilev 2015, pp. 83-85 ritiene che le spedizioni di Megabazo e Otane siano avvenute nello stesso momento, in quanto sarebbe stato assurdo che Megabazo attaccasse i Traci e i Peoni senza avere prima sottomesso le città dell’Ellesponto e della Propontide asiatica. A mio parere si può conservare l’ordine del racconto erodoteo, in quanto la natura non molto salda del potere persiano in un’area così periferica dell’impero poteva giustificare continue rivolte da parte delle poleis e continui tentativi da parte dei Persiani di riaffermare il proprio controllo. Tale dialettica ebbe termine provvisoriamente solo nell’ultimo decennio del VI sec. a.C. con un rafforzamento più decisivo del potere persiano dopo le spedizioni di Otane. 48 Cfr. Avram 2004, p. 980, il quale lo suppone sulla base della partecipazione della città alla rivolta ionica. 49 Herodot. V 103.2. 50 Sulla figura di Istieo cfr. tra gli altri Burn 1984, pp. 207-208, Murray 1988, pp. 486-487 e Georges 2000, pp. 1-39. 51 Herodot. V 117 (sull’azione di Daurises); Herodot. V 122 (per i fatti concenenti Hymeus); Herodot VI 33.2 (sulla fuga degli abitanti di Calcedone). 52 È l’opinione di Bourriot 1982, pp. 1-16 sostanzialmente condivisa dagli studiosi successivi. Si vedano però le riserve di Nafissi 2004a, pp. 59-60. Su Pausania cfr. Bourriot 1982, pp. 1-16 (con bibliografia precedente) e Nafissi 2004a, pp. 53-90.

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Le fondazioni greche porti64. Calcedone rimase fedele agli Ateniesi durante la rivolta di Samo e Bisanzio del 441/440 a.C. ed ebbe una diminuzione da 9 a 6 talenti, probabilmente in relazione alla fedeltà dimostrata. Nell’ultima fase della guerra del Peloponneso proprio in relazione a Calcedone abbiamo l’unica notizia sul tributo. Una notizia riportata da Senofonte e confermata anche da un passo di Diodoro Siculo65 ci informa che nel 409 l’accordo tra il satrapo Farnabazo e gli strateghi ateniesi prevedeva il fatto che gli abitanti della polis continuassero a pagare il consueto phoros, provvedendo inoltre a saldare gli arretrati. Ciò riveste grande importanza per la storia della lega delioattica , in quanto, insieme ad altri elementi, consente di sostenere che, anche dopo l’introduzione dell’eikosté nel 413, il tributo venne ripristinato nell’ultima fase della guerra66. Importanza strategica aveva probabilmente anche Astaco, città che nel 435/4 probabilmente fu trasformata in una colonia ateniese. Tale ipotesi è legata ad un emendamento di Niese al testo di Diodoro (XII.3.5), che sostituisce il tradito Letanon con Astakon (ἅμα δὲ τούτοις πραττομένοις ἔκτισαν οἱ Ἀθηναῖοι πόλιν ἐν τῇ Προποντίδι τὴν ὀνομαζομένην Ἀστακόν)67. Va rilevato anche come un frammento di Memnone di Eraclea ed un passo di Strabone68, già citati sopra a proposito della fondazione, menzionino coloni ateniesi accanto ai megaresi come fondatori di Astaco e ciò può essere posto in relazione con quanto sostenuto dal testo di Diodoro. Questa colonizzazione ateniese di Astaco nel 435/4 a.C. si inserirebbe bene in un periodo, gli anni Trenta, di rinnovato interesse ateniese per l’area anche forse in relazione con la spedizione periclea nel Ponto Eusino. Astaco era probabilmente, per la sua posizione geografica, una polis di grande interesse strategico per gli Ateniesi, seppur non con una quantità di risorse così elevate come le maggiori poleis dell’area. Come sostiene Robu, “une colonie athénienne en Propontide avait un double avantage pour Athènes: fournir à ses citoyens des lots des terres et protéger le passage du blé venant du Pont”69. Se sulla costa si stabilì il predominio ateniese, i Persiani riuscirono invece a tenere sotto il loro controllo le regioni più interne, che costituirono il nucleo di una satrapia chiamata della Frigia ellespontica oppure secondo il linguaggio ufficiale, probabilmente Tyaiy Drahaya , nome che in lingua iranica farebbe riferimento alla vicinanza di questi territori al

mare70. Le principali famiglie della satrapia erano probabilmente i Farnacidi, la famiglia a cui apparteneva il Farnabazo satrapo all’inizio del quinto secolo, gli Spithridatidi, a cui appartenne un Megabate anche egli satrapo , ed infine gli Ariobarzanidi , che erano basati nella città di Kios e che erano probabilmente una branca della omonima famiglia al potere in Cappadocia71. Questa nobiltà persiana era probabilmente insediata nella parte interna e rurale del territorio, essendo in possesso di grandi latifondi, che erano tenuti e fatti fruttificare forse da manodopera servile. La capitale della satrapia si trovava a Dascylium, centro che i moderni scavi hanno ritrovato a Hisartepe presso Ergili: esisteva peraltro una polis greca chiamata Daskyleion e membro della lega delio-attica, che si trovava probabilmente invece presso l’odierno villaggio di Esence, a circa 2 km dalla costa72. Notevole importanza ebbe l’area, come peraltro tutto l’Ellesponto, nell’ultima fase della guerra del Peloponneso. Gli Spartani, che nella regione ebbero il decisivo aiuto della Persia, installarono un certo Ippocrate come armosta di Calcedone nel 408 a.C.73. Ippocrate era stato epistoleus di Mindaro e Senofonte ce lo presenta come colui che inviò il dispaccio annunciando la sconfitta a Cizico74. Egli probabilmente occupò Calcedone al tempo in cui vi andò Farnabazo, dopo aver riorganizzato la flotta spartana ad Antandro75. Egli fu responsabile della flotta spartana per qualche mese, prima dell’arrivo del navarco successivo. Probabilmente prima dell’arrivo dell’armosta spartano avvenne, secondo la convincente ricostruzione di Bosworth76, l’episodio riguardante l’evirazione degli abitanti di Calcedone ad opera di Farnabazo, il quale volle probabilmente punire così i maggiorenti della città per aver intavolato contatti con gli Ateniesi. Era intenzione degli Spartani di tenere sotto controllo l’intera area, con armosti a Abido, Bisanzio e Calcedone, località strategiche. Poco dopo, gli Ateniesi ripresero Calcedone e Ippocrate venne ammazzato77. Per un periodo, durante la navarchia di Callicratida, i rapporti tra Spartani e Persiani si allentarono78. Dopo la battaglia delle Arginuse, però, il ritorno di Lisandro portò alla ripresa dei rapporti con la Persia e il miglioramento della situazione spartana nell’area rese possibile la designazione di Stenelao79 come armosta di Bisanzio e Calcedone. Egli venne probabilmente ritirato quando Atene venne sconfitta dopo Egospotami e Lisandro, sulla base del trattato stipulato con Ciro, decise di ritirarsi dalla regione lasciandola in mano persiana80. Nel 403/02 a.C. i Bizantini, in seguito ad una stasis ed ad una minaccia da parte dei

64 Cfr. Malkin-Shmueli 1988, passim e soprattutto p. 35 n. 42. Sulla questione del sito e delle risorse delle poleis di Calcedone e Bisanzio si vedano da ultimo Prandi 2019 e Prandi 2020, pp. 17-23. I porti erano uno per ciascun lato della penisola come afferma Dionigi di Bisanzio 111, p. 33 Güngerich. Vi erano anche miniere di rame cfr. Pollux V 39 su cui Forbes 1950, p. 303. Per un approfondimento sulle poleis della costa asiatica della Propontide nelle liste dei tributi cfr. ora Ferraioli 2019/2020. 65 Xen., Hell. I 3.9 e Diod. XIII 66. 3. 66 Cfr. Gallo 2013, pp. 253-264; per una posizione contraria al ristabilimento del phoros dopo il 413 cfr. Figueira 2005, pp. 83-133. Per Figueira il caso di Calcedone sarebbe un caso isolato e non rappresentativo della situazione generale. Sulle liste dei tributi nel periodo successivo al 421/0 cfr. in generale Kallet 2004, pp. 465-496. 67 Cfr. Niese 1886, p. 755, accettata da Oldfather 1970 e Casevitz 1972. Per un commento vedi anche Meiggs 1972, p. 198. 68 FGrHist 434 F 12; Strab XII 4.2 563C. 69 Cfr. Robu 2014, p.214.

Cfr. Sekunda 1988, pp. 175-176. Cfr. Sekunda 1988, pp. 178-182. 72 Cfr. Avram 2004, pp. 978-979. 73 Xen., Hell. I 3.5. Sugli armosti in generale Bockisch 1965. 74 Xen., Hell. I 1.23. Cfr. Bianco 2018, pp. 40-45. 75 Xen., Hell. I 1.26. È questa la condivisibile opinione di Parke 1930, p. 48. Si veda anche Bockisch 1965, p. 170. 76 Cfr. Bosworth 1997, spec. pp. 301-305. L’episodio dell’evirazione è riportato da Arriano FGrHist 156 F 79-80. 77 Diod. XIII 66.2, che non fa alcun riferimento alla presenza di Farnabazo. Xen., Hell. I.3 1-9 e Plut., Alc. 29.5-30.2 assegnano invece un importante ruolo al satrapo persiano, che poi negozierà la resa di Calcedone agli Ateniesi cfr. Bosworth 1997, pp. 306-313. 78 Cfr. Bianco 2018, pp. 56-69. 79 Xen., Hell. II 2.2. 80 Parke 1930, pp. 46-47. 70 71

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Un’ area di frontiera del potere spartano, vi fu una rinnovata attività di Atene nell’area con l’azione di Trasibulo. Un passo delle Elleniche di Senofonte92 afferma infatti che Trasibulo nel 390/389 a.C. andò Bisanzio e fece passare la città da un regime oligarchico ad un regime democratico. Un frammento di Teopompo93 evidenzia come questi cambiamenti in senso democratico fossero stati poi esportati da Bisanzio a Calcedone. Questa testimonianza di Teopompo è rafforzata da un passo di Demostene94 che attesta la presenza di un regime democratico a Bisanzio e a Calcedone al tempo della cosiddetta “guerra degli alleati”. Si può quindi concludere che probabilmente in questo periodo i Calcedoniesi passarono ad un regime di tipo democratico95. Non fu lineare comunque il rapporto tra Atene e i Calcedoniesi, che già nel 387, dopo l’intervento di Trasibulo e l’amicizia con gli Ateniesi, si allontanarono dall’orbita ateniese, cercando un approccio con l’inviato spartano Antalcida, contro le forze ateniesi di Ificrate96. La Pace del Re pose Calcedone sotto il dominio persiano come tutte le altre città dell’area. La città dovette però mantenere una certa autonomia, in quanto Demostene97 ci informa che nel 362/361 i Calcedoniesi alleati dei Tebani attaccavano i commercianti ateniesi che si trovavano nella Propontide. Ciò avveniva, sulla base di quanto afferma lo stesso Demostene, per la scarsità di grano che vi era allora nella Propontide. Negli anni seguenti i rapporti però dovettero migliorare in quanto nel 354/3 i Calcedoniesi dedicarono una corona alla dea Atena ad Atene98. Ciò va inserito forse già nel quadro che vide l’ascesa di Filippo II di Macedonia e il suo interesse per il Chersoneso Tracico e l’Ellesponto99. Alla fine del decennio successivo, quando avvenne l’invasione della Tracia e l’assedio di Bisanzio, è assai probabile che anche Calcedone fosse alleata degli Ateniesi100.

Traci, chiesero a Sparta uno stratego e gli venne inviato Clearco81. Sebbene Diodoro non chiami Clearco armosta, è assai probabile che egli avesse tale qualifica82. Clearco, che sarà poi amico di Senofonte ed uno dei capi dei mercenari greci durante l’avventura dei “Diecimila”83, viene presentato da Diodoro e Polieno84 come personaggio dedito alla violenza, che impose un governo tirannico su Bisanzio. Fu probabilmente questa condotta a far inviare da Sparta a Bisanzio il navarco Panthoidas85, il quale espulse Clearco e si pose verosimilmente come nuovo armosta della città. Più tardi (400 c. a.C.) vi fu a Bisanzio e Calcedone un altro armosta chiamato Cleandro86, il quale si mostrò accogliente con i membri della spedizione dei “Diecimila”. Senofonte e Cleandro, su richiesta del navarco Anassibio spinto da Farnabazo, si accordarono per il passaggio in Europa dei resti della spedizione, che si sarebbero messi al servizio del re trace Seute. Coloro i quali sarebbero rimasti in Asia, avrebbero invece subito la riduzione in schiavitù. Il passaggio in Europa durò a lungo, in quanto sorsero contrasti tra i “Diecimila” sulla decisione di servire o meno Seute87. Nel frattempo a Cleandro successe come armosta Aristarco, il quale si mostrò assai meno benevolo nei confronti dei mercenari guidati da Senofonte. Dapprima infatti Anassibio spinse il nuovo armosta ad accellerare le procedure per ridurre in schiavitù tutti i mercenari rimasti a Bisanzio e, per compiacere Farnabazo, invitò nuovamente Senofonte ad andarsene. Quando poi Anassibio uscì di carica88, Aristarco cercò addirittura di impedire con due triremi il passaggio dei “Diecimila” in Europa, ma senza riuscire ad ottenere un successo e a bloccare la fuga dei mercenari89. Queste operazioni mostrano la presenza di contingenti militari navali e terrestri spartani nella zona dell’Ellesponto ed in particolare a Calcedone e Bisanzio. La presenza di guarnigioni anche terrestri è confermata da un passo di Senofonte, che menziona soldati spartani a Calcedone90. Quello che appare certo è che le città di Calcedone e Bisanzio rimasero in mano spartana anche dopo la fine della guerra del Peloponneso e la restituzione ai Persiani delle altre zone dell’Asia. Dato che nessuna fonte ci riporta un trattato sulla base del quale tali poleis vennero date agli Spartani, è probabile che ciò venne tollerato dai Persiani, che invece ripresero, sulla base dei trattati stipulati tra Ciro e Lisandro, le altre zone dell’Asia Minore91. Con il declinare, nel corso degli anni Novanta,

1.3.  Aspetti istituzionali delle poleis greche dell’area Nulla si può dire sulle istituzioni di Astaco, la cui documentazione epigrafica è pressocché inesistente. Diverso è il discorso per quello che riguarda Calcedone, grazie alla presenza di una documentazione epigrafica abbastanza ricca. Molte istituzioni attestate a Calcedone fanno parte della koinè istituzionale megarese, cosa che consente di avanzare l’ipotesi che esse, benchè attestate

Diod. XIV 12. Cfr. Parke 1930, p. 57 e Bianco 2018, p. 82. Su Clearco cfr. Bassett 2001 e Prandi 2020, pp. 41-46. 83 Xen., Anab. II 6.1 per un ritratto simpatetico di Clearco. Per la critica moderna su tale personaggio cfr. Bianco 2018, pp. 49-55. 84 Diod. XIV 12; Polyaen. II 2.7. 85 Diod. XIV 12.4-7. Probabilmente si tratta dello stesso Panthoidas che troviamo a Tanagra dopo il 378 a.C. e di cui parla Plut., Pelop. 15. Cfr. Parke 1930, p. 58 e Bianco 2018, pp. 82-83. 86 Xen., Anab. VI 2.13. 87 Queste vicende sono narrate in Xen., Anab. VII 1. 88 Anassibio in seguito si pose contro Farnabazo cfr. Bianco 2018, pp. 86-87. 89 Xen., Anab. VII 2. 1-15. 90 Xen., Anab. VII 1.20. 91 Secondo Parke 1930, p. 58 ciò potrebbe essere stato determinato dal fatto che come Farnabazo nel 409 aveva rinunciato ad ogni pretesa persiana su Calcedone, così avrebbe fatto nel 405 con Sparta. Secondo Bommelaer 1981, pp. 120-121 la presenza spartana a Calcedone era probabilmente un’eccezione al trattato con i Persiani, dovuta forse agli 81

stretti legami che la polis aveva con Bisanzio. 92 IV 8. 27-29. Il passo evidenzia come Trasibulo adottò solo una politica di amicizia con Calcedone, senza stabilire anche lì un regime democratico. Diversamente Moreno 2007, p. 338. Sull’azione di Trasibulo in quel periodo si veda Fornis 2009, pp. 7-28, il quale a p. 11 giustamente avanza come motivo per l’azione del politico ateniese a Bisanzio e Calcedone l’importanza strategica delle due città per il commercio del grano. 93 FrGrHist 115 F 62 = Athen.., Deipn. XII 32. 94 Dem. XV 26-27. 95 Cfr. Merle 1916, p. 43, Merkelbach 1980, p. 94, Avram 2004, p. 980 e Robu 2007-2009, pp. 161-163. 96 Xen., Hell. V 1.25. Si veda anche Polyaen. II 24, dove si parla espressamente di un’azione di Ificrate contro Bisanzio. 97 Dem. XL 6 e 17-19. 98 IG II2 1437, l. 16. 99 Negli anni cinquanta si data infatti una prima spedizione di Filippo in queste aree cfr. tra gli altri Cawkwell 1978, pp. 70-78. 100 Robu 2007-2009, p. 162.

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Le fondazioni greche solo in età ellenistica, rimontino ad un periodo precedente e forse perfino alla fondazione della città101. Per quanto riguarda la funzione eponimica, a Calcedone era rivestita dall’istituzione tipicamente megarese del basileus102. In un’epigrafe del periodo ellenistico riguardante la dedica di un consesso di tre giudici la data è indicata con la formula ἐπὶ βασιλεῖος Ἀντιφίλου τοῦ Θεγείτου103. L’indicazione del basileus è presente anche in un’ altra epigrafe calcedonia sempre di età ellenistica su cui ritorneremo in quanto contenente numerosi dati sulle istituzioni della polis. Il basileus indicato è Προμαθίων Θεοδότου104. L’istituzione è poi menzionata in una epigrafe di età augustea, che contiene l’elenco delle cariche ricoperte da un certo Aulus Octavius, del quale si dice βασιλεύσας τετράκις. L’iscrizione si conclude con l’espressione βασιλεύων τὸ πένπ[τον ὑπὲρ ἑατοῦ] καὶ τῶν καθ’ ἑατὸν πά[ντων] ἥρωσι105. È attestato anche lo hieromnamon, che ha funzione eponimica nella vicina Bisanzio , ma che invece ha Calcedone funzione non eponimica, come anche a Megara e Chersoneso Taurica106. Il basileus a Calcedone potrebbe aver avuto anche funzioni religiose, come è testimoniato per il basileus da un frammento di Dieuchidas di Megara107. Altra magistratura attestata a Calcedone, come in molte altre aree del mondo greco, sono gli strateghi. Li ritroviamo in un decreto di Calcedone riportato da un’ epigrafe108 rinvenuta a Seleucia al Kalykadnos in Isauria e contenente onori per un personaggio, Eudemo figlio di Nicone di Seleucia, noto per essere stato un importante philos del re seleucide Antioco IV109. Nell’epigrafe gli strateghi vengono presentati come un collegio, ma non viene indicato il loro numero. Nella madrepatria Megara in alcune epigrafi gli strateghi appaiono in numero di 5 ed in altre in numero di 6110. Il numero di 5 è stato collegato alle komai/mere tradizionali della Megaride e quindi Hanell ha per primo sostenuto che fosse questo il numero tradizionale degli strateghi111. Mi sono occupato in altra sede del problema dei 5 mere della Megaride ed ho evidenziato come sia estremamente difficile porre in essere automatismi tra tale tradizione sui cinque mere e il numero dei magistrati112. Cordano113 ha evidenziato inoltre come anche il numero 6, che, oltre che a Megara, ritorna pure a Mesembria, possa essere considerato un numero “tradizionale”, in quanto collegato alle tre tribù doriche, da ognuna delle quali sarebbero stati tratti due strateghi. Entrambe le ipotesi appaiono prive di riscontri sicuri ed inoltre non riguardano specificatamente Calcedone. L’unica notizia che si può ricavare dall’epigrafe è che la strategia era legata ad un periodo di quattro mesi e

questo può forse essere collegato al numero 12, anch’esso numero sacro e che ritorna in un passo di Enea Tattico a proposito delle hekatostyes di Eraclea Pontica, altra colonia megarese dell’area114. A Calcedone sono attestate sempre in età ellenistica un consiglio e un’assemblea in due epigrafi, una datata tra III e II sec. a.C. ed una seconda degli inizi del II sec. a.C.115 . Tali istituzioni sono attestate principalmente in due epigrafi di età ellenistica, contenenti i nomi dell’aghemon, degli asimnatai e dei segretari della boulé e del demos (I. Kalchedon 6 e 7). Mi sono occupato approfonditamente di questi due documenti in altra sede e cercherò quindi qui solo di riassumere quanto emerso116. Nelle epigrafi è presente, dopo il nome e il patronimico, un terzo nome proprio che, quando è scritto completamente, è sempre in genitivo singolare e che dovrebbe rappresentare l’hekatostys di provenienza del magistrato. L’ hekatostys appartiene a quel gruppo di istituzioni (fratria, trittys, chiliastys, pentekostys, ecc,) che possono essere definite rispettivamente unità minori della polis o microcomunità nel significato generico di questi termini. La presenza di una hekatostys Atthis (n. 7, l. 14) potrebbe riferirsi al rapporto con Atene al tempo della lega delio-attica. In base all’esame delle due liste è possibile evidenziare come hekatostyes e aisimnatai in età ellenistica a Calcedone fossero due istituzioni tra loro collegate. La funzione degli aisimnatai sembra infatti assimilabile a quella dei pritani ateniesi e le hekatostyes appaiono essere inserite in un processo di rotazione accostabile in parte a quello più noto delle pritanie. È pero probabile che non fosse questa la funzione originaria degli aisimnatai megaresi, i quali forse nacquero a Megara, come affermato in un racconto trasmessoci da Pausania117, quale principale magistratura cittadina sviluppatasi in seguito alla caduta della monarchia. Per Olbia e Myrleia non ci sono pervenute informazioni sulla struttura istituzionale. Venendo a Kios, due epigrafi della metà del IV sec. a.C.118 testimoniano la presenza di un’assemblea popolare, presieduta da un pritane e con un collegio di arconti e di strateghi. L’assemblea popolare nelle due epigrafi emana decreti che vengono inscritte poi nel santuario di Atena. Si tratta di istituzioni che potrebbero essere legate ad un sistema di tipo democratico. Sappiamo poi che l’eponimia nella polis era rivestita da un phrouros119, figura magistratuale che etimologicamente si connette alla sfera della custodia e della guardia militare. Phrouroi eponimici, nella forma non aspirata con rho al posto di phi, si ritrovano soltanto in un’iscrizione di Clazomene del III sec. a.C. 120. Sono anche attestati dei collegi di hieropoioi121 e forse di synedroi122, poco si si riesce a comprendere sulle funzioni di questi due organismi, tranne un labile legame degli hieropoioi con l’ambito sacrale per la già citata trascrizione delle leggi nel santuario di Atena. Una Politeia degli abitanti di Kios era

Hanell 1934, Antonetti 1997, Ferraioli 2012 e Robu 2014. Sul basileus eponimico a Megara e nelle colonie cfr. Ferraioli 2011. 103 I. Kalchedon 8. 104 I. Kalchedon 7. 105 I. Kalchedon 19 e il commento di Sherk 1991, p. 239. 106 Cfr. Cordano 2013, pp. 45-47. 107 FGrHist 485 F 10 = 2 F 8 Piccirilli. Per un commento cfr. Ferraioli 2011, pp. 160-161. 108 I. Kalchedon 1. 109 Su Eudemo Savalli-Lestrade 1998, p. 54 nota 52. 110 IG VII 9-14; IG VII 1-7. 111 Hanell 1934, p. 139. 112 Ferraioli 2012, pp. 13-33. 113 Cordano 2013, p. 49. 101 102

11. 10bis-11. Per un commento Ferraioli 2012, pp. 35-52. I. Kalchedon 10; I. Kalchedon 1. 116 Cfr. Ferraioli 2012, pp. 75-84. 117 Paus. I 43.3 cfr. Piccirilli 1975, p. 163. 118 I. Kios 1 e 2. 119 I. Kios 1 e 2. Cfr. Corsten 1985, pp. 50-51 e Sherk 1991, pp. 240-241. 120 I. Erythrai und Klazomenai 510 cfr. Sherk 1991, p. 242. 121 I. Kios 1, l. 15. 122 I. Kios 25, l. 3. 114 115

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Un’ area di frontiera presente tra le politeiai aristoteliche123, ma il frammento che ci è stato conservato non si occupa di questioni istituzionali, ma di questioni legate alla fondazione della polis. Dall’esame della struttura istituzionale delle poleis dell’area emerge da un lato la koinè istituzionale megarese presente a Calcedone, dall’altro l’influsso ateniese, che noi troviamo nelle istituzioni della stessa Calcedone e anche di Kios.

fondato anche l’heroon di Artemide133. Un racconto di fondazione di Calcedone vuole che il nome della città derivi da quello del figlio dell’indovino Calcante134. Presente a Calcedone era anche il culto di Asclepio: un’epigrafe135 databile a cavallo tra I sec. a.C. e I sec. d.C. ci informa delle condizioni di vendita della carica di sacerdote di tale divinità. Il sacerdote era esentato dal servizio militare (ll. 2-3 στρατείας καὶ ἁπ̣[ασᾶν τᾶν λει][τουργι]ᾶν), prendeva parte ai banchetti pubblici (ll. 6-7 καὶ ἐπὶ τὰ δεῖπνα φοιτήτω τὰ δ[αμό][σια]), aveva un terreno coltivabile nei pressi del santuario (ll. 7-8 χρηείσθω δὲ καὶ τῶι περὶ τὸ ἱερὸ[ν χώ][ρωι] τῶι δαμοσίωι ὅτι κα θέληι). Poteva comprare la carica solo per il figlio per evitare la pratica comune della rivendita dei sacerdozi ad altri (l. 11-12 ἐξέστω δὲ καὶ [π]αιδὶ ὠνεῖσθαι, ἄ[λ][λωι] δὲ μηθενὶ ἐξέστω τὰν ἱερωτεία[ν]); il prezzo corrisposto per ottenere la carica di sacerdote era di 5038 dracme e 4 oboli (ll. 28-30 [τιμ]ὰ ἱερωτείας σὺν ἑκατοστᾶι κ[αὶ τρια][κο]στᾶι δραχμαὶ πεντακισχίλιαι [καὶ τριάκον]τα ὀκτώ, τέτορες ὀβολοί). Un altro interessante documento epigrafico, databile invece tra III e II sec. a.C.136, riguarda anch’esso la vendita di un sacerdozio. Nel testo si fa riferimento al culto di Herakles, di Ammone, degli dei di Samotracia e di Zeus Boulaios, divinità quest’ ultima connessa etimologicamente ai luoghi di riunione e di assemblea. Esisteva a Calcedone un santuario di Herakles, extraurbano, del quale parla Senofonte nelle Elleniche137, ma di cui non sono stati rinvenuti resti archeologici. Anche gli dei di Samotracia avevano un culto a Calcedone, come è riportato in un passo di Diodoro138; il culto di Ammone appare tipicamente ellenistico, in quanto prese vigore in tutto il mondo greco dopo Alessandro. Particolarmente solenne appare la procedura di conferimento del sacerdozio con il coinvolgimento del basileus e degli aisimnatai, con l’intronizzazione del sacerdote da parte del basileus stesso (ll. 12-13 ἀναθέτω δὲ α]ὐτὸν ὁ βασιλεύς) e l’incisione del contratto su tavolette di legno conservate negli uffici del consiglio (ll. 14-17 γράψαι δὲ κ]αὶ εἰς σανίδα κοῖλα γράμματα καὶ ε[ἰ]στάλαν [καὶ στᾶσα]ι τὰν μὲν στάλαν πρὸ τοῦ ἱεροῦ, τὰν δὲ σα[νίδα εἰς] τὸ βουλεῖον). Come si è detto sopra, dall’epigrafe sembra potersi ritenere , come già sostenuto da Sokolowski, che il sacerdozio in oggetto fosse un sacerdozio cumulativo e si può forse avanzare l’ipotesi, viste anche le procedure solenni nella stesura del contratto e nel conferimento dell’incarico, che esso fosse legato al santuario più antico e importante di Calcedone , lo hieron sul Bosforo presso il quale secondo la tradizione Giasone sacrificò agli dei al termine della spedizione nel Ponto Eusino139 e che secondo le fonti era dedicato a

1.3.1.  Aspetti religiosi e cultuali A Calcedone divinità principale era Apollo Pythios o Chresterios, il cui sacerdote è menzionato nelle epigrafi accanto al basileus eponimico124. Il suo santuario era il più antico della città, come testimoniato da Luciano e Dionigi di Bisanzio125. In un’ epigrafe delfica del tardo II sec. a.C.126 è presente inoltre la concessione dell’asylia per tale santuario. Il culto di Apollo a Calcedone rimanda alla madrepatria Megara, nella quale esso dominava la parte occidentale dell’acropoli di Megara chiamata Alcatoo dal nome dell’eroe che costruì con l’aiuto di Apollo le mura della città. Essa comprendeva anche i templi di Atena Nike, di Demetra Tesmophoros e dello stesso Apollo Pythios venerato come Archegetes127. Altra divinità venerata a Calcedone era Poseidone, che è presente sulle monete cittadine128. Il culto di Poseidone si ricollega anche esso alla madrepatria Megara ed in particolare a Nisea, il porto megarese sul golfo Saronico. Proprio a Nisea si venerava anche la tomba del mitico re Lelex, che si diceva essere figlio di Poseidone e della ninfa Libia129. Afrodite veniva adorata a Calcedone con l’appellativo di Praxis insieme al fiume Himeros130. Tale epiclesi divina si ritrova anche nella madrepatria e Pausania descrive un tempio di Afrodite Praxis a Megara, che vantava al suo interno statue di Peitho e Paregoras realizzate da Prassitele e di Eros e Himeros scolpite invece da Scopas131. L’altro culto di Afrodite attestato a Megara era invece quello di Afrodite Epistrophia, che si trovava nell’acropoli più antica, la Caria. Per Pirenne-Delforge132 questi due culti rappresenterebbero due aspetti diversi ma complementari di Afrodite: da un lato Afrodite Epistrophia incarnerebbe la Venere terrestre portatrice di impulsi disordinati ed in definitiva pericolosi per la polis, dall’altro Afrodite Praxis incarnerebbe l’affermazione dei valori cittadini che si esplicano appunto nell’agorà. Un ulteriore elemento unificante tra madrepatria e colonia è poi quello della mantica, che si lega anche al culto di Ifigenia in quanto Agamennone sarebbe giunto a Megara per consultare l’indovino Calcante sull’avvenire della figlia e avrebbe

133 Herodot. IV 103.1-2. Sulla fondazione da parte di Agamennone del santuario di Artemide si veda già Theogn. vv. 11-14. 134 Cfr. per un commento Camassa 1980, pp. 27-33 e Robu 2014, pp. 225-227. 135 I. Kalchedon 12. 136 I. Kalchedon 10. Secondo un ‘ipotesi di Sokolowski 1955, pp. 1416 si tratterebbe di una sorta sacerdozio cumulativo, che dava diritto a riscuotere le somme relative a vari culti. Tle ipotesi rimane però controversa si veda il commento di I. Kalchedon 10, pp. 18-19. 137 Xen., Hell. I 3.7. 138 Diod. IV 48.5. 139 Pind., Pyth. IV 203-207 (che fa riferimento ad un sacello di Poseidone) e Apoll. Rh. II 531-533 (che fa riferimento ad un altare dei dodici dei).

Arist. fr. 519 Rose. I. Kalchedon 5, l. 5, I. Kalchedon 7, l. 3. 125 Luc., Pseudomantis 10; Dionys. Byz. 111. 126 Syll.3 550 = Rigsby 1996 nr. 62, pp. 168-169. 127 Antonetti 1997, pp. 87-88. 128 Robu 2013, p. 76. 129 Paus. I 39.6; 44.3. Cfr. Antonetti 1997, p. 89 e Robu 2013, pp. 66-70. 130 Dionys. Byz. 111. 131 Paus. I 43.6. Per un commento Antonetti 1997, p. 92. 132 Cfr. Pirenne -Delforge 1994, pp. 91-92. 123 124

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Le fondazioni greche Per quanto riguarda Kios, data l’origine milesia della polis Avram avanza l’ipotesi che Apollo fosse la divinità principale della città. Ciò è confermato dalla presenza di tale divinità sulle monete152 e dalla dedica di una φιάλη παρὰ Κιανῶν in una epigrafe153 proveniente dal santuario milesio di Didyma e databile al 276/5 a.C. . Altre scarne notizie sui culti a Kios si possono desumere da una stele frammentaria del I sec. d.C.154 , contenente un regolamento relativo al culto di una dea, forse Demetra. Il testo metrico fa riferimento ad un uomo che assiste le donne nella preparazione del sacrificio nell’ambito di una processione con la cesta sacra. Dall’esame dei culti presenti nelle poleis dell’area emerge uno stretto rapporto cultuale tra madrepatria e colonia, sia per quanto riguarda le colonie megaresi che quelle milesie. L’attestazione a Calcedone del culto della Grande Madre fa intravedere un rapporto tra culti greci e culti indigeni.

Zeus Ourios e ai dodici dei140. Un’ epigrafe del III sec. a.C.141, riguardante il regolamento di un tiaso, il koinon dei Nicomachei, fa riferimento al tempio dei dodici dei ed ad un altare in esso contenuto (ll. 9-11 [θυσιά]ζειν ποτὶ τὸν βωμὸν τὸν τῶν θε[ῶν τῶν] δυώδεκα καὶ ποιούντω τὰν θυσίαν [καὶ τὰν σπονδά]ν). Il santuario venne a lungo rivendicato da Bisanzio142, ma esso apparteneva in origine a Calcedone. Altro culto diffuso a Calcedone, almeno in età ellenistica, era probabilmente quello della Grande Madre. Un’iscrizione databile al III sec. a.C.143 riguarda la sacerdotessa del culto della Grande Madre nota a Calcedone forse con l’epiclesi di Meter Orea. Il culto della Grande Madre è probabilmente presente anche in un’iscrizione144, databile alla prima metà del II sec. d.C., recentemente ritrovata presso l’antica Crysopolis e quindi nel territorio appartenente a Calcedone. In tale epigrafe è menzionato un certo Quintus Lollius Catus, il quale assieme a dei nautai consacra le reti utilizzate per la pesca ad una divinità, il cui nome purtroppo non è più leggibile. Come sostiene Robu è probabile che si tratti della Grande Madre Cibele, in quanto è presente al di sopra del testo inscritto una statuetta con le fattezze tipiche della dea, accompagnata come al solito da un leone145. La presenza di tale culto appare significativa in quanto fa intravedere un legame tra culti delle poleis e culti indigeni. Il culto della Grande Madre è già attestato per Cizico nel V sec. a.C . da un passo erodoteo146 e Nicomedia, città importante del regno ellenistico di Bitinia, avrà al suo interno un tempio dedicato a tale culto147. È anche attestato un santuario di Artemide, citato in un passo di Tolomeo148 e localizzato probabilmente al Prixos149. Un santuario di Artemide è attestato anche a Megara ed il culto era legato probabilmente alle vicende di Ifigenia, Agamennone e Calcante di cui si è detto prima. Passando a Astaco l’inesistente documentazione epigrafica non ci consente di dire molti sui culti presenti in tale polis. Probabilmente presente era il culto di Poseidone, come si evince dai racconti sull’eroe eponimo Astaco, in quanto tale personaggio è presentato in un frammento di Arriano150 come figlio di Poseidone e della ninfa locale Olbia. Da un altro frammento di Arriano151 sembra fosse presente anche il culto di Hera. Nulla sappiamo sulla vita religiosa di Olbia e Myrleia nel periodo classico.

Un frammento dello storico eracleota Nymphis fa riferimento alla presenza nel santuario dei dodici dei di un cratere dedicato da Pausania vincitore di Platea FGrHist 432 F 9 = Athen XII 50. Si fa riferimento al tempio di Zeus Ourios anche in I. Kalchedon 14. 141 I. Kalchedon 13. 142 Dionys. Byz. 92-93. Polyb. IV 50 attesta il fatto che ad un certo punto il santuario era sotto il controllo di Bisanzio. 143 I. Kalchedon 11. 144 Robu 2012/2018. 145 Robu 2012/2018, p. 162., il quale mette in rilievo in maniera interessante i legami tra Calcedone e il santuario recentemente scoperto della Meter Pontia a Dionysopolis, sulla costa ovest del Mar Nero. Proprio in tale santuario è stato rinvenuto un decreto ancora inedito del tardo periodo ellenistico in onore di alcuni abitanti di Calcedone. 146 Herodot. IV 76. 147 Plin. Iun., Epist. X 49-50. 148 Ptolom. V 2. 149 Cfr. Avram 2004, p. 981. 150 FGrHist 156 F 26. 151 FGrHist 156 F 18. 140

Cfr. Avram 2004, p. 983. IDidyma 427, ll 6-7. 154 I. Kios 19. 152 153

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2 Presenze iraniche e indigene Abstract: The territories of what will later be the kingdom of Bithynia, before the Hellenistic age were part of a wider Persian satrapy called Hellespontine Phrygia or, according to the official language, probably Tyaiy Drahaya, a name that in Iranian language would refer to the proximity of these territories to the sea. The satrapy of Hellespontine Phrygia was firstly ruled by the dinasty of Megabazus and then, until the expedition of Alexander the Great, by the important Iranian family of the Pharnacids, whose more important members were Pharnaces, Pharnabazus and Ariobarzanes. Capital of the satrapy was Daskyleion, of which important archeological remains have come down to us with a very interesting series of 406 clay bullae with inscriptions and images. In the territory of the satrapy were present also other important families like that of the Mithridatids, that was connected by kinship with the Pharnacids of Daskyleion. From this family came Mithridates Ktistes, who, at the beginning of the Hellenistic Age, founded the Pontic Royal House. The Bithynians were a people of Thracian origin, who made a migration to Asia Minor probably during the Iron Age. At first, the poor political organization of the Bithynian populations favored a certain dominance of the Greek poleis, especially the richer ones such as Chalcedon. Later, however, the process of progressive organization of the Bithynian state allowed, under the dynast Doidalses, to occupy Astakos. The Bithynians were described as a warlike people in Greek sources, especially in Xenophon. They remained in a quite autonomous position under Persian domination. During the fifth and fourth century BC emerged a family of Bithynian dynasts, the so-called Boteirids, which later became, after the expedition of Alexander the Great, the Bithynian Royal House. 2.1.  La Satrapia di Daskyleion

inoltre una serie di 406 bullae in argilla, catalogate e pubblicate nel 2002 da D. Kaptan5. Tra di esse se ne ritrovano alcune che portano il nome di Serse con varie raffigurazioni di animali e che possono essere ricollegate o al periodo in cui Serse organizzò da Sardi la spedizione in Grecia6 oppure al periodo successivo alla guerra persiana in cui ci fu il rinnovamento della capitale della satrapia sotto Artabazo7. Altre bullae fanno riferimento ai culti, come quello zoroastriano8, quello della Grande Madre Cibele9 ed il cosiddetto paradeisos di Daskyleion10, una sorta di parco privato del satrapo , non altrimenti attestato nell’insediamento, ma noto per altre capitali di satrapie come Sardi. Vi è anche una bulla con una iscrizione greca, che potrebbe essere letta Sam o Mas, se la si vuole leggere in senso non retrogrado. Se letta in senso retrogrado, secondo Kaptan essa potrebbe essere la firma di un artigiano samio, sul modello di un’iscrizione trovata a Kerch in Crimea su di uno scarabeo e facente riferimento proprio all’artigiano samio Dexamenus, autore dell’oggetto11. Secondo Abe, invece, lo spazio della bulla sarebbe troppo piccolo per inserire l’intero nome

I territori di quello che sarà poi il regno di Bitinia fecero parte prima dell’età ellenistica di una più ampia satrapia persiana chiamata della Frigia ellespontica oppure, secondo il linguaggio ufficiale, probabilmente Tyaiy Drahaya , nome che in lingua iranica farebbe riferimento alla vicinanza di questi territori al mare1. La capitale della satrapia si trovava a Dasckyleion2, centro che i moderni scavi hanno collocato a Hisartepe presso Ergili, grazie agli scavi condotti prima da Bittel e da Akurgal negli anni cinquanta e poi ripresi negli anni ottanta da T. Bakir e la Ege University3. Gli scavi hanno riportato alla luce il palazzo del satrapo, un archivio e le forti mura dell’insediamento, lunghe 120 metri e alte 5. Sulla collina di Hisartepe vi era anche un santuario, dedicato forse in origine alla Grande Madre Cibele che alla fine del V sec. venne allargato per introdurre anche un’area sacra dedicata ad Ahura Mazda4. Particolare interesse rivestono 1 Cfr. tra gli altri Schmitt 1972, pp. 522-523, Sekunda 1988, pp. 175-176, Abe 2012, pp. 2-3 e da ultimi Beltrame 2015 e Klein 2015, pp. 12-27. Sugli aspetti legati alla documentazione archeologica relativa al mondo provinciale persiano di Daskyleion cfr. ora Poggio 2012 e Poggio 2020, pp. 70, 78. In generale sulle satrapie cfr. Högemann 1992, Jacobs 1994 e Basello 2013. 2 Esisteva peraltro una polis greca chiamata Daskyleion e membro della lega delio-attica, che si trovava probabilmente invece presso l’odierno villaggio di Esence, a circa 2 km dalla costa Cfr. Avram 2004, pp. 978979. 3 Iren 2010, pp. 249-251. 4 Abe 2012, pp. 4-5. La presenza del culto di Ahura Mazda a Daskyleion è confermata da un rilievo funerario ritrovato nell’insediamento che

mostra due individui vestiti come preti zoroastriani e dalla raffigurazione su una delle bullae di un individuo vestito sempre da sacerdote di tale religione iranica. 5 Kaptan 2002. 6 Herodot. VII 32-37. Cfr. Abe 2012, p.8. 7 È questa l’opinione di Kaptan 2001, pp. 57-64. 8 DS 100. 9 DS 123 e 125 nelle quali sono raffigurati rapaci legati probabilmente al culto di Cibele cfr. Abe 2012, p. 9. 10 Kaptan 2002, I, pp. 94-97. 11 DS 144 cfr. Kaptan 2002,I, p. 174.

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Un’ area di frontiera nel caso della nostra satrapia la presenza di popolazioni in parte bellicose come i Bitini e i Paflagoni rendeva difficile a tratti per l’amministrazione satrapica riscuotere il tributo dai territori interni in cui queste popolazioni erano insediate. Come hanno sottolineato Weiskopf25 e Corsaro26, il controllo del Gran Re sul cosiddetto “Far West” dell’impero, di cui la satrapia di Daskyleion faceva sicuramente parte, era oltremodo difficile e soggetto ad ondeggiamenti legati alle varie rivolte di cui si parlerà tra breve. L’importanza della zona di Daskyleion come centro di potere è probabilmente anteriore all’avvento dei Persiani nell’area, in quanto il nome Dascilo è inserito in Erodoto ed in alcuni frammenti di Nicolao di Damasco nelle tradizioni riguardanti la famiglia reale lidia27. L’area venne incorporata nell’impero persiano al tempo di Ciro il Grande; il primo satrapo noto è un certo Mitrobates che governò l’area al tempo di Cambise e venne ucciso da Oroetes, satrapo di Sardi, nell’ambito delle vicende che coinvolsero anche il tiranno di Samo Policrate28. Tra la fine del VI sec. e la metà del V sec. a.C. la satrapia fu nelle mani di quella che può essere considerata la dinastia di Megabazo. Megabazo sotto Serse condusse campagne in Grecia e Macedoni e fu un importante comandante della flotta di Serse29. Un figlio di Megabazo, Bubares30, si sposò in Macedonia con una donna della famiglia reale macedone e ebbe l’incarico di sorvegliare la costruzione del canale di Serse a Sud della Macedonia. Un altro figlio, di nome Oebares fu satrapo di Daskyleion negli anni Novanta del V sec. a.C. . A lui succederà il più giovane figlio di Megabazo, Megabate, satrapo di Daskyleion negli anni Settanta31 e già comandante della flotta persiana contro Nasso nel 500499 a.C. 32. Dopo la fine della seconda guerra persiana la satrapia di Daskyleion passò nelle mani di Artabazo figlio di Farnace33 e cugino di Dario, in quanto discendente da un fratello di Istaspe. Questo Artabazo era stato al comando dei Parti e dei Corasmi durante la spedizione di Serse e nel corso degli anni Settanta si trovava nell’Ellesponto34. Divenne satrapo di Daskyleion alla fine degli anni Settanta, in un periodo certamente non facile per l’impero persiano nell’area anatolica. Negli anni Sessanta ebbe il comando di truppe imperiali contro i ribelli ciprioti ed egiziani35. Con Artabazo la satrapia di Daskyleion diventa ancora di più un fatto familiare ed un passo di Tucidide36 ci fa indirettamente sapere che negli anni Trenta e Venti del V sec. era satrapo Farnace, figlio di Farnabazo e presumibilmente nipote di Artabazo , il quale nel 422 a. C. concede ai Delii, espulsi dallo loro isola dagli Ateniesi, delle terre presso Adramitto37.

dell’artigiano; si tratterebbe invece o della parte di un nome del tipo Samatikes o Artimas, qualora non si voglia leggere l’iscrizione in senso retrogrado, oppure più probabilmente delle prime tre lettere del nome dell’isola di Samo inserite in un sigillo appartenente ad un cittadino samio oppure al sigillo ufficiale della città posto su una missiva inviata al satrapo di Daskyleion12. Sono inoltre presenti nell’archivio bullae contenenti immagini di opliti greci13 e di divinità greche, come Eros14, Hermes15, Apollo16 e eroi greci come Perseo17 e Bellerofonte18. La satrapia della Frigia ellespontica era ricca di materie prime: soprattutto legname19, ma anche oro20. Riguardo alla suddivisione della terra nella satrapia si può ritenere che gran parte della satrapia all’interno fosse chora basilike, cioè terra regia21. Parte di questo territorio era forse concesso dal Gran Re in dono ad alcuni nobili persiani fedeli ed imparentati con gli Achemenidi come la casa di Artabazo/Farnabazo e quella dei Mitridatidi di Kios22. Un noto passo dell’Oeconomicus dello PseudoAristotele23 distingue all’interno dell’ impero persiano quattro tipi di amministrazione : la reale, la satrapica, la civica e la privata. La reale era quella più complessa e si occupava dell’emissione di moneta e dello gestire le rendite trasmesse dai satrapi. I satrapi erano mediatori tra il Re ed il territorio e gestivano sei tipi di entrate, tra i quali la più importante era l’imposta sulla terra , la cosiddetta dekate. Un satrapo che decideva di non inviare a Susa la parte delle entrate destinate al Gran Re dichiarava automaticamente la propria ribellione con questo stesso atto. Le poleis greche avevano probabilmente, come anche nella satrapia della Lidia, una certa autonomia, che consentiva ad esse di mandare probabilmente i tributi al Gran Re e di essere almeno in parte autonome all’interno di quella che lo Pseudo-Aristotele definisce l’amministrazione o oikonomia civica. Un passo di Erodoto24 ci informa che all’epoca di Dario l’ammontare complessivo del tributo proveniente dalla satrapia di Daskyleion era di 360 talenti, menzionando come ethne facenti parte della satrapia i Frigi, i Traci in Asia cioè Bitini, i Paflagoni, i Mariandini e i Siriani, cioè i Cappadoci (ἀπὸ δὲ Ἑλλησποντίων τῶν ἐπὶ δεξιὰ ἐσπλέοντι καὶ Φρυγῶν καὶ Θρηίκων τῶν ἐν τῇ Ἀσίῃ καὶ Παφλαγόνων καὶ Μαριανδυνῶν καὶ Συρίων ἑξήκοντα καὶ τριηκόσια τάλαντα ἦν φόρος: νομὸς τρίτος οὗτος). La possibilità di riscuotere completamente il tributo si basava sulla possibilità di controllare militarmente i territori e quindi Cfr. Abe 2012, p. 12. DS 160. 14 DS 162. 15 DS 164. 16 DS 176. 17 DS 171. 18 DS 155. Su queste raffigurazioni di elementi mitologici greci cfr. Kaptan 2002, I, p. 105. 19 Xen., Hell. I 1.25, Theophrast., Hist. Plant. IV 5.5. 20 Plin., N.H. XXXVII 193, Strab. XIII 1.23 591C e XIV. 5. 28 680C, anche Herodot. III 90 21 Cfr. Corsaro 1980. 22 Sui doni di terre da parte degli Achemenidi cfr. Corsaro 2001, pp. 228232. 23 Pseud. Arist., Oec. II 1.1-4. Per un commento a questo passo cfr. Kuhrt 2007, pp. 672-673. 24 Herodot. III 90. 12

Weiskopf 1989. Corsaro 2001. 27 Herodot. I 8.1 e Nic. Dam. FGrHist 90 F 26, 46, 47 e 63. Su queste tradizioni cfr. Talamo 1979, soprattutto pp. 109-110. 28 Herodot. III 120-128. Klein 2015, pp. 106-108. 29 Herodot. IV 143-144, V 1, VII 97. 30 Herodot. V 21, VII 22, VIII 136. Klein 2015, pp. 109-116. 31 Thuc. I 129. 32 Herodot. V 32-35. 33 Questo Farnace è forse da identificarsi con il Parnaka citato nelle tavolette di Persepoli cfr. Bosworth-Wheatley 1998, p. 159 e Klein 2015, pp. 88-97. Albero geneaologico della famiglia in Beloch 1923, p. 151. 34 Herodot. VII 66, VIII 126-129. 35 Diod. XI 74.6 e 77.4-6, XII 1-4. 36 Thuc. II 67. 37 Thuc. V 1 cfr. Debord 1999, p. 93. 25

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Presenze iraniche e indigene Tra i più noti esponenti della famiglia abbiamo Farnabazo figlio di Farnace, il quale fu satrapo a Daskyleion dal 413 c. a.C. al 388/87 a.C. . Durante il periodo della guerra del Peloponneso interagì con il principe Ciro e con Tissaferne con una serie di vicende che portarono a temporanei aumenti o diminuzioni della grandezza della satrapia della Frigia ellespontica38. Egli allestì con il permesso del Gran Re una flotta nel 388/387 a.C. per fronteggiare gli Spartani e nello stesso anno sposò Apame, figlia di Artaserse II,39 da cui avrà un figlio di nome Artabazo40. Sono noti con sicurezza due figli di Farnabazo: Artabazo, che egli ebbe appunto con Apame e un ignoto figlio avuto da una certa Parapita, di cui ci parla Senofonte in un passo di cui ci occuperemo tra breve. Si tratta di un aneddoto41 incentrato su di un incontro tra Agesilao e Farnabazo in Frigia nell’inverno del 395/394 a.C. al termine del quale un figlio di Farnabazo, non nominato , ma indicato appunto col nome di figlio di Parapita, si conquistò la simpatia del condottiero spartano. Il giovane diede il suo giavellotto ad Agesilao, entrando in un rapporto di xenia con lui. A questo punto Senofonte termina l’aneddoto dicendo che, quando poi, durante un’assenza di Farnabazo, suo fratello privò del suo potere il figlio di Parapita e lo mandò in esilio, Agesilao aiutò il giovane. Il passo appare ambiguo in quanto non si capisce chi sia il fratello nominato nel testo e se si tratti del fratello di Farnabazo o del fratello del figlio di Parapita e quindi figlio di Farnabazo. La costruzione del testo greco renderebbe più verosimile la prima ipotesi, in quanto il termine ἁδελφός appare più vicino a Farnabazo che non al figlio42. L’aneddoto è riportato però anche in un passo della vita di Agesilao di Plutarco43, dove si dice chiaramente che il giovane figlio di Parapita venne assistito da Agesilao dopo che era stato scacciato dai suoi fratelli, che vengono nel passo indicati chiaramente come figli di Farnabazo. Si tratterebbe inoltre non di un solo individuo, ma di più individui. Secondo Beloch e Primo44 priorità andrebbe data al testo di Senofonte e il personaggio sarebbe quindi fratello di Farnabazo e zio dell’amico di Agesilao. Weiskopf45 ha invece sostenuto l’ipotesi opposta, che cioè si parli qui del fratello del giovane figlio di Parapita e probabilmente del figlio maggiore di Farnabazo. Molto cauto appare Debord46 il quale oscilla tra le due ipotesi. Quale che sia il suoo effettivo rapporto di parentela con Farnabazo è molto probabile che il personaggio citato da Senofonte sia da identificarsi con quel Ariobarzane, il quale prese il posto di Farnabazo 47, quando questi si allontanò dalla satrapia di Daskyleion per sposare Apame come si è detto sopra. A tale evento dovrebbe ricollegarsi anche il riferimento di Senofonte all’assenza di

Farnabazo48. Ariobarzane sarebbe stato quindi o zio o fratello del non nominato figlio di Farnabazo e Parapita, condividendo forse con quest’ultimo parte del potere a Daskyleion dopo la partenza di Farnabazo e in seguito, dopo averlo scacciato, mantenendo il potere da solo. La questione se egli sia stato figlio o fratello di Farnabazo deve rimanere aperta, anche se forse la seconda ipotesi potrebbe essere quella preferibile, sulla base della costruzione del testo di Senofonte e del fatto che il testo di Plutarco sembra essere una esposizione riassuntiva del passo senofonteo e non sembra attingere a nessuna fonte indipendente49. Problematica appare anche la ricostruzione della carriera di Ariobarzane nel periodo precedente alla sua nomina a satrapo. In Elleniche I 4.7 si fa riferimento ad un certo Ariobarzane, il quale nel 406/405 a.C., su ordine di Farnabazo, scortò gli ambasciatori ateniesi a Kios e poi li lasciò andare , facendogli raggiungere la flotta ateniese. Secondo la maggior parte degli studiosi50 l’Ariobarzane menzionato in questo passo sarebbe da identificare con Ariobarzane satrapo , il quale quindi già dal 406/405 a.C. avrebbe avuto importanti incarichi politici e amministrativi sotto la guida di Farnabazo. Secondo Corsten51 e Debord52 si tratterebbe invece di due persone diverse , in quanto l’Ariobarzane attivo nel 406/405 a.C. sarebbe il capostipite della dinastia dei signori persiani di Kios e persona diversa dal satrapo, figlio o fratello di Farnabazo di cui si è detto finora. Tale questione appare intimamente connessa a quanto riferito in un passo di Diodoro53 nel quale si parla di Ariobarzane al tempo della grande rivolta dei satrapi e si dice che egli, satrapo della Frigia, alla morte di un certo Mitridate era entrato in possesso del suo regno. Beloch54 per primo, seguito da Weiskopf55, ha avanzato l’ipotesi che qui Diodoro compia un errore, confondendo il satrapo di Daskyleion con un sovrano locale di Kios avente lo stesso nome. La basileia menzionata da Diodoro sarebbe quindi quella di Kios e il Mitridate sarebbe un sovrano di Kios. Secondo Debord56 non vi sarebbero errori in Diodoro , ma si tratterebbe di un’ azione del satrapo Ariobarzane, il quale si sarebbe impadronito della basileia di Kios, sottraendola per un periodo alla dinastia che la dominava. Va rilevato inoltre come sia attestato da Senofonte57 un Mitridate satrapo di Cappadocia e attivo nel 401/400 a.C.; sembra improbabile che si tratti però del Mitridate menzionato da Diodoro, in quanto, come Ariobarzane viene nominato satrapo di Frigia, così anche egli sarebbe stato identificato come satrapo di Cappadocia e non come detentore di una non meglio specificata basileia58. Secondo Primo, il Mitridate nominato da Diodoro sarebbe da identificare con il figlio di Farnabazo e Parapita di cui

Cfr. Debord 1999, pp. 95-97. Sui contrasti tra Farnabazo e Tissaferne cfr. Weiskopf 1989, p.17. 39 Xen., Hell. V 1.28, Plut., Artax. 27 40 Plut., Alex. 21. 41 Xen., Hell. IV 1.39-40. 42 Cfr. Beloch 1923, p. 147 e Primo 2002, p. 425. 43 Plut.,Ages. 13. 44 Beloch 1923, pp. 146-149; Primo 2002, p. 425. 45 Weiskopf 1982, pp. 124-125 appoggiandosi principalmente al testo di Plutarco. 46 Debord 1999, pp. 97-99. 47 Xen., Hell. V 1.28

Su questo sono concordi tutti gli studiosi, si veda ad esempio Beloch 1923, pp. 146-147 e Weiskopf 1982, pp. 123-124. 49 Bresson 2002, pp. 46-51. Diversamente Klein 2015, pp. 153-154. 50 Cfr, Beloch 1982, p. 147, Weiskopf 1982, p.120, Primo 2002, p. 426, Ballesteros Pastor 2020, p. 63. 51 Corsten 1985, p. 27. 52 Debord 1999, p. 102. 53 Diod. XV 90.3. 54 Beloch 1923, pp. 146-149 55 Weiskopf 1982, p. 128. 56 Debord 1999, p. 102. 57 Xen. Anab. VII 8.25. 58 In questo senso anche le considerazioni di Debord 1999, p. 101. 48

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Un’ area di frontiera bellicista, impadronendosi di Adramitto e Asso64 nel 366 a.C. e più o meno nello stesso periodo anche di Abido e Sesto65, due piazze capitali per il controllo delle due sponde dell’Ellesponto. In questo periodo si colloca anche l’attività di Filisco di Abido, hyparchos di Ariobarzane , che fu strumento nell’allargare l’influenza del satrapo anche a Perinto e ottenne insieme al satrapo ed ad un certo Agavo sempre originario di Abido la cittadinanza ateniese66. Questo appare un segno importante dell’ influenza del satrapo di Daskyleion negli anni Settanta e della volontà degli ateniesi di tenerselo buono il più possibile. Ariobarzane, che aveva un rapporto di xenia con lo spartano Antalcida, continuò anche nel periodo tra gli anni Settanta e Sessanta una politica nella sostanza favorevole agli Spartani, promuovendo nel 368 a.C., tramite un viaggio del suo subordinato Filisco67 in Grecia, una conferenza a Delfi tra Sparta, Tebe e gli altri Greci con l’intenzione di restaurare almeno parte dell’influenza spartana persa dopo Leuttra. La conferenza fallì per il rifiuto tebano e la politica filospartana di Ariobarzane lo pose in contrasto con il potere centrale quando, poco tempo dopo, Artaserse decise di adottare una politica favorevole a Tebe riconoscendone l’egemonia sulla Grecia. Questo probabilmente fu un primo motivo per il quale si incrinò il rapporto tra il satrapo della Frigia Ellespontica e il Gran Re. In seguito il contrasto con Autofradate, satrapo di Lidia, portò il nostro a ribellarsi al Gran Re. Sarà questo l’inizio della rivolta dei satrapi , durante la quale Ariobarzane, alleato con Datame e Mausolo e agendo simultaneamente alla rivolta di Tachos in Egitto, si oppose ad Artaserse 68. Come è noto la rivolta finirà male per Ariobarzane, il quale sarà tradito dal figlio Mitridate e messo a morte69. Questo Mitridate figlio di Ariobarzane aveva in un primo tempo, d’accordo con il padre, aderito alla rivolta. Secondo Burstein e Weiskopf70 sarebbe da identificarsi con lui il Mitridate che è nominato in un passo di Giustino71 in relazione ad Eraclea Pontica. Nel passo di Giustino si fa riferimento alla presa del potere del tiranno Clearco ad Eraclea, il quale prese il potere approfittando di una stasis all’interno della città. Il consiglio cittadino invitò Clearco come mediatore e costui promise a Mitridate che, una volta che si fosse impadronito della città, l’avrebbe governata come praefectus del nobile persiano. Clearco però, impadronitosi della città, non tenne fede alla parola data, ma arrestò Mitridate con alcuni suoi amici e chiese un grosso riscatto per liberarli, orientandosi poi verso una politica di intesa con il Gran Re e quindi contraria ai satrapi rivoltosi. Secondo Debord72 si tratterebbe invece di Mitridate signore di Kios, il quale avrebbe così cercato di espandere i domini della sua casa anche ad Eraclea Pontica. La questione appare di difficile

parla Senofonte. In tale passo diodoreo verrebbe quindi narrata la cacciata ad opera di Ariobarzane del figlio di Parapita, evento di cui si parla anche in Senofonte. Il nome di Mitridate sarebbe quello del figlio di Parapita in quanto tale nome ricorre nell’aristocrazia persiana e nei Farnacidi in particolare. Tale ipotesi di Primo appare debole per diversi motivi: 1) il figlio di Parapita e Farnabazo non è chiamato Mitridate in nessuna fonte; 2) Diodoro sembra conoscere la differenza tra satrapia e basileia e quindi non sembra probabile che egli inserisca il termine basileia in quello che sarebbe stato un gioco di potere per il controllo della satrapia di Daskyleion; 3) il passo diodoreo è relativo al periodo della rivolta dei satrapi e l’attività di Ariobarzane contro Mitridate è presentata come un evento svoltosi in un periodo non molto antecedente. Lo scontro tra Ariobarzane e il figlio di Parapita era avvenuto invece circa vent’anni prima. Riguardo al passo delle Elleniche va rilevato che l’Ariobarzane lì nominato viene menzionato in relazione a Kios ed appare essere una sorta di uomo di fiducia di Farnabazo nella zona. Se fosse inoltre l’Ariobarzane satrapo la data sembra essere troppo alta e poco compatibile soprattutto con l’ipotesi che lo vede come figlio maggiore dello stesso Farnabazo. L’Ariobarzane del passo delle Elleniche, quindi, si può a mio avviso identificare non con il satrapo, figlio o fratello di Farnabazo, ma con un personaggio omonimo non altrimenti attestato e cronologicamente primo tra i signori di Kios attestati. Venendo al passo di Diodoro mi sembra che l’ipotesi di Debord sia quella da preferire, in quanto consente di evitare di dover postulare un errore dello storico di Argirio, il quale poi in altri passi dimostra di conoscere bene la storia della basileia di Kios. Inoltre, questa azione violenta di Ariobarzane ben si colloca nel momento della rivolta dei satrapi di cui egli fu uno dei protagonisti. Secondo Judeich e Corsten59, Ariobarzane signore di Kios e Ariobarzane satrapo sarebbero la stessa persona, ma, come notano Beloch e McGing60, ciò è impossibile in quanto Ariobarzane di Kios, di cui parla Diodoro XVI 90.2, muore sicuramente nel 337 a.C. e a quella data Ariobarzane il satrapo non poteva essere vivo61. Riassumendo, quindi, Ariobarzane, figlio o fratello di Farnabazo, divenne satrapo della Frigia ellespontica al momento del matrimonio tra lo stesso Farnabazo e Apame figlia di Artaserse. Egli, durante il suo periodo come satrapo, tenne un contegno bellicoso contro i Bitini, i Misii e i Pisidii62 e diede aiuto a Datame, all’epoca funzionario di rango inferiore e poi satrapo di Cappadocia nelle sue campagne contro Thuys, un capo dei Paflagoni e cugino dello stesso Datame63. Anche in relazione alle zone della satrapia in cui erano presenti insediamenti greci Ariobarzane adottò una politica

Polyaen. VII 26; Xen., Ages. 2.26. Weiskopf 1989, p. 34. 66 Weiskopf 1989, p. 34. 67 Xen., Hell. VII 1.27. 68 Sulla rivolta dei satrapi mi sia consentito rimandare all’esposizione di Weiskopf 1989, specialmente pp. 45-54 sul ruolo di Ariobarzane, Briant 2002, pp.656- 675, Debord 1999, pp. 302-367 e Klein 2015, pp. 162-168. 69 Xen., Cyrop. VIII 8.84. 70 Burstein 1978, pp. 47-53; Weiskopf 1989, pp. 51-52. 71 Iustin. XVI 4.4-9. 72 Debord 1999, p. 103. 64 65

Judeich 1895, col. 832; Corsten 1985, pp. 28-30. Beloch 1923, pp. 149-151; McGing 1986a, p.14 nt.14. 61 Corsten 1985, p.30 propone che Ariobarzane morto nel 337 a.C. sia figlio di Ariobarzane satrapo, ma ciò non è attestato e sembra una forzatura. 62 Xen., Hell. III 1.13, 2.22. 63 Corn. Nep., Datam. 2.5. 59 60

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Presenze iraniche e indigene soluzione: sembra forse da preferirsi la soluzione proposta da Burstein e Weiskopf in quanto ben si lega con l’espansionismo operato in Anatolia prima e dopo la rivolta dei satrapi da parte di Ariobarzane e della sua famiglia. Mitridate figlio di Ariobarzane, dopo aver tradito suo padre, tradirà nelle fasi finali della rivolta anche l’iniziatore della stessa, il satrapo di Cappadocia Datame73. Ad Ariobarzane nella carica di satrapo della Frigia ellespontica successe Artabazo, figlio di Farnabazo ed Apame. Tale avvicendamento si può datare, secondo Debord,74 al più tardi al 363/362 a.C. . Egli riuscì a stabilire facilmente il suo potere sulla Bitinia e sulla Paflagonia, meno facilmente sulle città greche dell’area75. Probabilmente per rafforzare la sua influenza nell’ambito greco sposò nel corso degli anni sessanta del IV sec. a.C. una donna di Rodi , sorella di Mentore e Memnone76. Nel 356 a.C. egli iniziò una rivolta contro il Gran Re Artaserse III , aiutato dapprima dall’ateniese Chares con i suoi mercenari e poi da un contingente tebano oltre che dai cognati Mentore e Memnone77. Sconfitto dalle truppe del potere centrale, si rifugiò con i cognati in Macedonia alla corte di Filippo II78. Egli tornerà poi in Persia grazie ai buoni uffici del cognato Mentore di Rodi nel 343/342 a.C. e sotto Dario III combatterà lealmente al servizio del Gran Re nella decisiva battaglia di Gaugamela. Dopo la morte di Dario sarà nominato da Alessandro Magno satrapo della Battrianae sua figlia Barsine sposò il conquistatore macedone. Ad Artabazo nella satrapia di Daskyleion successe Arsite, probabilmente uno dei figli di Ariobarzane79. Costui nel 338 a.C. diede assistenza a Perinto contro Filippo II di Macedonia80 e nel 333 a.C. combattè alla battaglia del Granico contro Alessandro, suicidandosi sul campo dopo la sconfitta persiana81. Egli fu l’ultimo satrapo persiano di Daskyleion. Tra le importanti famiglie della satrapia, oltre a quelle di Megabazo e Artabazo che occuparono la carica di satrapo, vi furono quella di Kios, che era probabilmente legata da un vincolo di parentela a quella di Artabazo e di cui ci si occuperà nel prossimo paragrafo, e quella dei cosiddetti Spithridatidi. Uno Spithridates82 è noto come comandante della cavalleria di Farnabazo e si rivoltò poi contro di lui quando egli decise di prendere in moglie Apame, figlia del Gran Re , utilizzando solo come concubina la figlia di Spithridates83. Egli si alleò col re spartano Agesilao

conducendo con sè un seguito di 2000 cavalieri e nel 395 a.C. strinse alleanza con Otys, capo dei Paflagoni, a cui promise in sposa sua figlia. Nel 394 a.C. cercò infine di attaccare Farnabazo a Daskyleion, ma non riesce a vincere ed alla fine decise di arrendersi ad Arieo, inviato del Gran Re a Daskyleion84. È noto suo figlio Megabate, il quale fu molto amico del re spartano Agesilao85. Sulla base del nome del figlio Sekunda86 ha avanzato l’ipotesi di un legame tra Spithridates e la sua famiglia e la famiglia di Megabazo e Megabate, che tenne come si è visto la satrapia di Daskyleion nella prima parte del V sec. a.C. . Uno Spithridates è noto al tempo della battaglia del Granico come satrapo della Lidia87: era figlio di Rhoesaces, satrapo di Lidia, e collegato con la nobiltà persiana delle sette famiglie. È possibile che Spithridates comandante della cavalleria di Farnabazo e Spithridates satrapo al Granico fossero in qualche modo imparentati88. Sekunda avanza l’ipotesi89 che la famiglia di Spithridates potesse avere come base dei suoi domini la zona attorno a Cizico , probabilmente a Zeleia, città a sud di Cizico. Questa asserzione resta però priva di elementi sicuri a suo sostegno, in quanto poco valore hanno il fatto che Spithridates incontrasse Lisandro nei pressi di Cizico, in quanto l’incontro in tale luogo si giustifica più facilmente con l’essere vicino alle basi spartane, e il fatto che Zeleia fosse il luogo di riunione dell’esercito persiano al tempo della campagna del Granico90, in quanto a tal punto, se anche i due Spithridates fossero stati legati tra loro da un vincolo di parentela, appare difficile che dopo la ribellione del primo Spithridates la famiglia avesse ancora conservato terre nella zona. Dalla presenza di un nutrito gruppo di cavalieri al servizio dei satrapi come Farnabazo91 si può dedurre che esistesse, accanto alla nobiltà maggiore persiana , costituita dalle sopra citate famiglie di Megabazo, Artabazo e forse Spithridates, un gruppo di notabili minori , probabilmente di prevalente origine persiana, che combattevano come cavalieri attorno al satrapo. Un quadro simile sembrerebbe confermato anche dalla documentazione archeologica pervenutaci, che mostra la presenza di alcune tombe maggiori a piattaforma di tipo persiano con rilievi raffiguranti cavalieri e ricchi corredi con utensili di pregiata fattura e destinate probabilmente alle famiglie più in vista della satrapia92. Vi sono poi le cosiddette stele con decorazione ad Anthemion, di fattura persiana con rilievi anche qui raffiguranti cavalieri e che potrebbero appartenere a quei notabili

Corn. Nep., Datam. 9-11 e Diod. XV 91.7. Debord 1999, p. 104. 75 Debord 1999, p. 104. 76 Demosth. XXIII 154 e Diod. XVI 52. Cfr. Klein 2015, pp. 178- 182. Su Memnone di Rodi cfr. Briant 2002, pp. 688-690, Gallotta 2013 e Klein 2015, pp. 293- 301 (su un possibile legame di parentela tra Mentore e Memnone di Rodi e Farnabazo). 77 Diod. XVI 22, 34. 78 Diod. XVI 52. 79 Weiskopf 1988 e Briant 2002, pp. 697-700. 80 Paus. I 29. 81 Arrian., Anab. I 1.16-17. 82 Ctesia FGrHist 688 F 15 menziona uno Spithridates inviato insieme a Tissaferne e Pamisses per sedare la rivolta di Pissouthnes. Potrebbe trattarsi dello stesso Spithridates che si ribella poi a Farnabazo secondo Lewis 1977, p. 81 nt.200 o più probabilmente di un suo parente, forse il padre come sostiene Weiskopf 1989, p.25 nt.15. 83 Xen. Ages. 3.3. In Xen., Hell. IV 1.6 Spithridates è definito come inferiore in nobilità a nessuno dei Persiani. Forse le fonti greche avevano interesse ad aumentare la nobilità di Spithridates in quanto alleato degli 73 74

Spartani cfr. Weiskopf 1989, p.25. Spithridates era stato a capo della cavalleria mandata da Farnabazo a combattere i Diecimila in Bitinia cfr. Xen., Anab. VI 5.7. 84 Sulla vicenda della rivolta di Spithridates le fonti principali sono Hell. Oxyrinc. 21.4-5, 22.1-2 e Xen., Hell. III 4.10. 85 Xen., Ages. 5.4-6; Plut., Ages. 11.4 86 Sekunda 1988, p. 179. 87 Arrian, Anab. I 12.8 e Diod. XVII 19.4 cfr. Debord 1999, pp. 154-155. 88 Sekunda 1988, p. 179. 89 Sekunda 1988, pp. 179-180 90 Xen., Hell. III 4.10; Arrian., Anab. I 12.8. 91 In Xen., Anab. VI 4.24 e 5.7 la cavalleria di Farnabazo, al comando di Spithridates e Rhatines è in grado di uccidere 500 Greci. Il loro numero doveva essere superiore a 500. Spithridates si ribella a Farnabazo con 200 cavalieri (Xen., Ages. 3.3) ed il satrapo a quel punto rimase con 2 carri da guerra e 400 cavalieri (Xen., Hell. IV 1.17). 92 Sekunda 1988, pp. 188-189.

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Un’ area di frontiera persiani facenti parte della cavalleria del satrapo93. Accanto alle tombe di fattura persiana sono presenti tombe di fattura frigia e bitinica, alcune delle quali riccamente adornate, che appartengono ad una classe ricca nonpersiana della satrapia94. La popolazione della satrapia appare quindi suddivisa in una componente persiana, concentrata attorno a Daskyleion, popolazioni bitiniche e frigie all’interno ed i Greci, ovviamente stanziati principalmente sulla costa dove sorgevano le loro poleis.

cioè a partire dal 363/2 a.C.. A lui successe quindi un altro Mitridate che terrà il potere fino al 302 a.C., cioè per 35 anni. Del rapporto di questo Mitridate con Alessandro Magno e la conquista macedone le fonti non ci dicono nulla. Un passo di Diodoro102, riguardante la sconfitta di Eumene di Cardia ad opera di Antigono Monoftalmo, cita un Mitridate, che combattè al fianco di Eumene nella battaglia della Gabiene contro gli Antigonidi103, definendolo come un discendente dei Sette Persiani che eliminarono il mago Smerdi e un uomo di valore eccezionale , educato nelle cose militari fin da bambino. Questo Mitridate figlio di Ariobarzane appartiene sicuramente alla dinastia di Kios e ciò ci informa di un primo dato interessante, cioè che in tale periodo i Mitridatidi di Kios si schierarono a fianco di Eumene contro gli Antigonidi. Tale scelta politica era forse dovuta alla volontà da parte di un piccolo potentato come quello di Kios di evitare il trionfo in Asia Minore di un potere forte come quello di Antigono e Demetrio, appoggiandosi invece alla più vacillante stella di Eumene, disposta forse a concedere di più a questi piccoli potentati locali. Vi è discussione tra gli studiosi però sull’identificazione di questo Mitridate all’interno dei dinasti di Kios: secondo Fischer e Hornblower104 si tratterebbe di Mitridate Ktistes, che, trasportato dopo la vittoria nel campo di Antigono, seguendo la sorte di Ieronimo di Cardia e altri prigionieri, sarebbe divenuto grande amico di Demetrio come emerge da un passo di Plutarco. L’identificazione del Mitridate di Diodoro con Mitridate Ktistes appare probabile secondo Hornblower105 per la somiglianza tra la notazione sulla nobiltà della famiglia di Mitridate che appare nel testo diodoreo (ἀπόγονος δ᾽ ἑνὸς τῶν ἑπτὰ Περσῶν τῶν συγκαθελόντων τὸν μάγον Σμέρδιν) e quella che appare in Appiano106 in relazione a Mitridate Ktistes (ἀνὴρ γένους βασιλείου Περσικοῦ). Secondo Rostovtzeff107 e Mc Ging si tratterebbe invece di Mitridate II , cioè quello citato in Diodoro XVI 90, in quanto sembra improbabile che un uomo presentato come amico di Antigono e Demetrio potesse combattere dalla parte di Eumene. Fra le due ipotesi sembra preferibile la prima in quanto le consonanze del testo di Diodoro e quello di Appiano sembrano indicare che ci si trovi di fronte a testi riguardanti entrambi Mitridate Ktistes. Inoltre, non vi è nulla di improbabile nel fatto che il giovane Mitridate, dopo aver parteggiato in un primo tempo per Eumene, portato alla corte antigonide sia divenuto poi amico e confidente del coetaneo Demetrio. In sintesi, Mitridate II di Kios cercò probabilmente di appoggiarsi ad Eumene contro il potere più intrusivo di Antigono; Mitridate Ktistes, che era probabilmente suo nipote108, dopo aver combattuto al fianco di Eumene alla

1.2.2.  La dinastia persiana di Kios Le fonti ci presentano a partire dall’inizio del IV sec a.C. una serie di dinasti di origine persiana, che, secondo l’ipotesi tradizionale, avevano il loro centro di potere nella zona di Kios95. Come è noto, a questa famiglia di dinasti apparterranno poi, a partire dal III sec., i sovrani del regno del Ponto, a cominciare da Mitridate Ktistes. Essa doveva certamente essere legata da un vincolo di parentela con la dinastia di Artabazo e Farnabazo e quindi, come si è visto sopra, essere legata alle sette famiglie della più importante nobiltà persiana96. Questo legame verrà poi ampliato in chiave propagandistica dopo la nascita del regno del Ponto, come si vede in Polibio97, e ancora di più all’epoca di Mitridate VI Eupatore, come emerge da Sallustio ed altre fonti98. La prima menzione di tali dinasti si trova in un passo di Senofonte sopra analizzato99, in cui si afferma che un certo Ariobarzane nel 406/405 a.C., su ordine di Farnabazo, scortò gli ambasciatori ateniesi a Kios e poi li lasciò andare, facendogli raggiungere la flotta ateniese. Questo Ariobarzane è presentato come uomo di fiducia di Farnabazo nella regione di Kios ed è il primo dinasta a noi noto. Un passo di Diodoro100 ci dice poi che Ariobarzane, satrapo della Frigia ellespontica nel 364/3 a.C., si impadronì della basileia di Mitridate. La basileia qui nominata dovrebbe essere quella di Kios e abbiamo quindi un altro dato , cioè che nella prima metà del IV sec. essa doveva essere governata da un Mitridate, morto presumibilmente nel 364/3 a.C.. L’Ariobarzane di cui si parla in questo passo di Diodoro dovrebbe essere il satrapo , figlio o fratello di Farnabazo di cui si è detto sopra. Non è quindi un esponente della dinastia di Kios , ma si impadronì di tale basileia per breve tempo101. Al termine della grande rivolta dei satrapi, infatti, divenne dinasta di Kios un Ariobarzane, che, come afferma un altro passo di Diodoro, morì nel 337 a.C. dopo aver governato per ventisei anni, Sekunda 1988, pp. 191-192 e Briant 1996, p. 502. Sekunda 1988, p. 191. 95 Sulla dinastia dei Mitridatidi prima della fondazione del regno del Ponto cfr. Meyer 1879, Reinach 1890, Geyer 1932, col. 2158, Magie 1950, I, pp. 189-190 e II, pp. 1086-187, Corsten 1985, pp. 25-30, McGing 1986a, pp. 13-19, McGing 1986b, pp. 248-259, Bosworth-Wheatley 1998, Debord 1999, pp. 97-104, Primo 2008, Ballesteros Pastor 2012 e 2013, D’Agostini 2016 e Wheatley-Dunn 2020, pp. 51-56. 96 Si veda l’albero genealogico in Bosworth-Wheatley 1998, p. 160. 97 Polyb. V 43.2. 98 Sall., Hist. II 73 Maurenbrecher, Iustin. XXXVIII 7.1, Flor.I 40.1. Cfr. da ultimo Ballesteros Pastor 2012, pp. 366-368 e Klein 2015, pp. 303308. 99 Xen., Hell. I 4.7. 100 Diod. XV 90.2. 101 Per la discussione su Ariobarzane satrapo e i suoi legami con Kios si veda quanto detto supra. 93 94

Diod. XIX 40.2 con il commento di Landucci 2021, pp. 62-63. Per i problemi cronologici relativi a questi avvenimenti si rimanda a Landucci 2021, pp. XXIII- XXXV (con bibliografia precedente). 104 Fischer 1985, p. 334; Hornblower 1981, p. 244. 105 Hornblower 1981, p. 244. 106 Appian., Mith. 9. 107 Rostovtzeff- Ormerod 1932, p. 217, il quale identifica Mitridate II e Mitridate Ktistes, ipotesi che non trova conferma nelle fonti. Stessa ipotesi in McGing 1986b, p. 250. 108 Mitridate Ktistes è detto figlio di Ariobarzane in Plut., Dem. 4.4 e in Diod. XIX 40. 2. In Diodoro XX 111.4 il codice F lo fa risultare come figlio di Mitridate, ma si tratta probabilmente di una glossa penetrata nel 102 103

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Presenze iraniche e indigene Gabiene, era stato preso in ostaggio dagli Antigonidi ed era divenuto amico del Poliorcete. A questo punto la storia della dinastia di Kios continua in un altro passo di Diodoro (XX 111.4), in cui si dice che Mitridate II di Kios venne fatto uccidere nel 302 da Antigono, il quale temeva che potesse allearsi con Cassandro. Egli morì presso Kios, dopo aver regnato su di essa e Arrhines per trentacinque anni; a lui successe Mitridate III Ktistes, che acquistò numerosi altri sudditi e dominò sulla Cappadocia Pontica e la Paflagonia per 36 anni (ἀνῃρέθη περὶ Κίον τῆς Μυσίας, ἄρξας αὐτῆς καὶ Ἀρρίνης ἔτη τριάκοντα καὶ πέντε: τὴν δὲ δυναστείαν διαδεξάμενος Μιθριδάτης πολλοὺς προσεκτήσατο, τῆς δὲ Καππαδοκίας καὶ Παφλαγονίας ἦρξεν ἔτη τριάκοντα ἕξ). Un problema presente nel testo è quello legato all’identificazione della misteriosa Arrhines, lectio preferita da Fischer alla Marines presente nel Codex Florentinus di Diodoro, manoscritto del secolo XIV o XV, che è forse una glossa scribale109. L’ipotesi forse da preferirsi è quella avanzata da Post110, che vede qui una corruzione del nome Myrleias, città, che come abbiamo visto, si trovava nelle vicinanze di Kios. Bosworth e Wheatley, in un contributo del 1998111, partendo da questo passo, hanno avanzato un’ ipotesi secondo la quale i domini della dinastia mitridatica sarebbero da localizzarsi in una zona diversa da quella di Kios. Secondo i due studiosi la città di Kios avrebbe rappresentato una porzione di territorio troppo piccola per una dinastia come quella dei Mitridatidi. Ciò sarebbe dimostrato dalle piccole contribuzioni che le due poleis pagavano al tempo della lega delio-attica, cioè 1000 dracme per Kios e 3000 per Myrleia112. Inoltre, nel corso del IV sec. a.C. è attestata per Kios la presenza di un’assemblea popolare, presieduta da un pritane e con un collegio di arconti e di strateghi113. Ciò sarebbe in contraddizione con la presenza di una dinastia di origine persiana. Riguardo al testo di Diodoro Bosworth e Wheatley hanno inoltre proposto che la parola αὐτῆς, comunemente tradotta come un riferimento alla precedente parola Κίον, dovrebbe essere posta in riferimento al termine Μυσίας, rendendo così i Mitridatidi signori non di Kios, ma di tutta la Misia114. Il centro del potere dei Mitridatidi sarebbe quindi la Misia, nel comando della quale sarebbero subentrati verso la metà del IV sec. ad Oronte , l’ex satrapo di Armenia che uscì definitivamente di scena al tempo della rivolta di Artabazo figlio di Farnabazo nel corso degli anni cinquanta115. Inoltre dietro la misteriosa Arrhines si nasconderebbe non Myrleia, ma la Mariandinia, cioè la zona vicina ad Eraclea Pontica che farebbe quindi parte dei domini dei Mitridatidi116. Un

elemento a favore di questa ipotesi sarebbe il già citato passo di Giustino ed il Mitridate117 in esso citato sarebbe da identificarsi con un Mitridate della dinastia di Misia e ciò mostrerebbe un tentativo di espansione della dinastia stessa verso l’importante polis pontica. Secondo i due studiosi, inoltre, tali regioni sarebbero più vicine a quelli che poi saranno i domini di Mitridate Ktistes e dei suoi successori come re del Ponto e ciò spiegherebbe con più facilità lo spostamento di Mitridate verso la Cappadocia e la Paflagonia, regioni più vicine alla Mariandinia che alla regione di Kios e Myrleia. Per quanto concerne questa ipotesi va detto innanzitutto che il passo sopra citato delle Elleniche di Senofonte riguardante Ariobarzane, il primo membro attestato della dinastia dei Mitridatidi, lo vede agire nei pressi di Kios che quindi sembra essere il centro del suo potere. Venendo al passo di Diodoro (XX 111.4) la traduzione proposta da Bosworth e Wheatley sembra non del tutto convincente. Ciò è evidenziato anche dal fatto che essa non è stata adottata in nessuna delle traduzioni di Diodoro nelle principali lingue moderne118. Inoltre, complessa è la questione del rapporto con il personaggio di Oronte , il cui potere in Misia è attestato, come peraltro ammettono gli stessi Bosworth e Wheatley, fino agli anni cinquanta del IV sec. a.C.119. Ora, se anche vogliamo identificare con Ariobarzane satrapo l’Ariobarzane citato in Elleniche I 4.7, resta comunque il fatto che Mitridate citato in Diod. XV 90.2 era a capo della basileia dei Mitridatidi in un periodo precedente al 363/62 a.C., quindi almeno nei primi anni sessanta, se non addirittura negli anni settanta. Con Oronte, potente e satrapo della Misia resta quindi ben poco spazio per una basileia dei Mitridatidi nello stesso territorio. Per quanto concerne Kios appare interessante e fondata l’ipotesi di Debord120, che ritiene che il potere dei Mitridatidi si estrinsecasse non tanto nella città, quanto piuttosto nel ricco entroterra121. La città avrebbe avuto periodi di maggiore o minore autonomia dal potere dei Mitridatidi e le istituzioni democratiche sarebbero compatibili con una relativa autonomia della polis nell’ambito del sistema di potere persiano sia a livello del potere periferico della basileia dei Mitridatidi e dei satrapi di Daskyleion che di quello centrale del Gran Re. Inoltre, una delle epigrafi in cui sono attestati gli organismi una ipotetica parentela di Artabazo con Gobrias, figlio di Dario I, il quale in Erodoto VII 72.1 appare al comando di Cappadoci e Mariandini. Questa posizione di comando militare spinge Bosworth e Wheatley ad ipotizzare che Gobrias possedesse latifondi nell’area, cosa peraltro affermata da nessuna fonte pervenutaci. 117 Iustin. XVI 4.4-9. 118 Si veda ad esempio la traduzione inglese di Geer 1954, p. 441 : “At about this time Mithridates, who was subject to Antigonus but appeared to be shifting his allegiance to Cassander, was slain at Cius in Mysia after having ruled that city and Myrlea for thirty-five years; and Mithridates, inheriting the kingdom, added many new subjects and was king of Cappadocia and Paphlagonia for thirty-six years” ; oppure quella italiana di Martino in Labriola- Martino-Orsi 1992: “Fu pure in questo torno di tempo che Mitridate, suddito di Antigono sospettato di diserzione a favore di Cassandro, venne ucciso a Cio in Misia,dopo aver governato questa città e […] per trentacinque anni; successore dinastico fu Mitridate che estese il suo dominio su molti uomini e governò la Cappadocia e la Paflagonia per trentasei anni”. 119 Bosworth-Wheatley 1998, p. 157. 120 Debord 1999, pp. 99-100 nt. 34. 121 Si tratterebbe della fertile piana attorno all’Askania Limen di cui parla Strab. XII 4-5 564-565C.

testo come sostenuto da Fischer 1985, p. 334. L’Ariobarzane di cui era figlio Mitridate Ktistes era un fratello o più probabilmente un figlio di Mitridate II cfr. Bosworth- Wheatley 1998, p. 162. 109 Fischer 1985, p. 334. 110 Post in Geer 1954, p. 440. Per altre congetture come Myrina di Palmerius, piccola città dell’Eolide o Carina di Gronovius, piccola città della Misia presso Atarneo si veda l’apparato di Fischer 1985, p. 334. 111 Bosworth-Wheatley 1998. 112 IG I3 259 VI.7 e IG I3 287 II.12; IG I3 279 II.18 e IG I3 287 II.23. 113 I. Kios 1-2. 114 Bosworth –Wheatley 1998, pp. 155-156. 115 Bosworth –Wheatley 1998, p.157. 116 Bosworth –Wheatley 1998, pp.158-160. I due studiosi ipotizzano che i Mitridatidi possano essere venuti in possesso della Mariandinia tramite

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Un’ area di frontiera democratici122 è un decreto in onore di un certo Atenodoro di Atene, personaggio legato al potere persiano e alla famiglia dei satrapi di Daskyleion123. La potenza di Eraclea Pontica rende infine non molto probabile che nel corso del IV sec. fosse insediata nell’area della Mariandinia una dinastia come quella dei Mitridatidi. Questi elementi sembrano costituire dei punti di debolezza per l’ipotesi di Bosworth e Wheatley e indurrebbero a prediligere la tesi tradizionale che vede la basileia dei Mitridatidi nella regione di Kios, seguendo l’interessante visione di Debord che vede il centro del potere di questi dinasti nell’entroterra piuttosto che in città. In tempi molto recenti però C. Lerouge- Cohen, pur non accettando l’ipotesi di Bosworth e Wheatley, ha posto in dubbio la tesi tradizionale, sostenendo che i passi di Diodoro che legano la dinastia dei Mitridatidi alla zona di Kios possano dipendere da un’opera cronografica del I sec. d.C. e non da Ieronimo e che essi quindi non sarebbero degni di fede124. Si tratterebbe di una costruzione successiva voluta dalla propaganda dei monarchi del Ponto, forse al tempo di Mitridate Eupatore, per collegare la dinastia al territorio della Frigia Ellespontica e quindi giustificare le pretese sulla provincia d’Asia. Per la studiosa francese Mitridate Ktistes, di cui si parlerà tra breve, sarebbe stato un nobile di stirpe iranica forse originario della Cappadocia, passato prima al servizio di Eumene e poi di Antigono, non avendo nessun legame con Kios125. Un limite principale di questa ipotesi sembra però la scelta di Kios come centro del supposto dominio mitridatico nella Frigia Ellespontica. Tale località appare infatti secondaria nell’ambito dei centri di potere della regione e non sembra molto in linea con la creazione di una tradizione volta a giustificare propagandisticamente le pretese dei re del Ponto nella zona. La questione quindi, in mancanza di elementi più certi, rimane aperta. Ritornando a Mitridate II, il suo tentativo di allearsi con Cassandro va forse visto sempre nella prospettiva della ricerca da parte dei dinasti di Kios di un sistema di alleanze che evitasse il dominio completo di una singola potenza egemone e prevaricatrice come in questo caso l’allora forte impero antigonide. Delle vicende di Mitridate Ktistes parla anche un passo della vita plutarchea di Demetrio126, che ci riferisce che in conseguenza di un sogno Antigono decise di far uccidere Mitridate. In tale sogno Antigono aveva visto se stesso camminare in un campo seminando limatura d’oro da cui nasceva una messe d’oro, egli però ritornando per coglierla non trovava più nulla. Addolorato e agitato sentiva dire da alcuni che era stato Mitridate a mietere la messe d’oro e poi a partire per il Ponto Eusino. A questo punto Demetrio decise di far scappare Mitridate, il quale si rifugiò in una fortezza sulle montagne della Cappadocia e sopravvisse, potendo così fondare il regno del Ponto dopo la battaglia di Ipso. Questo racconto si

ritrova anche in Appiano127, che inserisce le vicende di Mitridate nel contesto delle guerre tra Diadochi e presenta in maniera più sintetica le vicende della fuga del dinasta pontico. L’unica differenza tra i due testi sta nella presenza in Appiano del dettaglio dei sei cavalieri non presente in Plutarco. Della fuga di Mitridate si parla anche in un passo dei Makrobioi dello Pseudo Luciano, in cui si cita come fonte Ieronimo di Cardia128, ma non si fa riferimento al sogno di Antigono e all’avvertimento di Demetrio129. Jacoby e Hornblower130 hanno considerato un frammento di Ieronimo anche il passo di Appiano, in quanto un po’ più sopra del riferimento a Mitridate viene citata come fonte lo storico di Cardia, dal quale, secondo questa ipotesi, deriverebbero i capitoli 8 e 9 dell’opera di Appiano. Ieronimo potrebbe essere anche dietro al passo di Plutarco, che, come abbiamo visto, concorda in molti punti con quello di Appiano. Più problematico appare stabilire un rapporto tra Ieronimo e il testo di Diodoro XX 111. 4 e più in generale tutti i testi diodorei sopra esaminati. Vi sono infatti posizioni discordi tra gli studiosi ed è assai difficile stabilire quanto di Ieronimo possa essere presente nei libri XVIII-XX di Diodoro131. Un punto interessante è certamente quello del sogno, un aneddoto che sembra potersi collegare ad una tradizione di racconti simili riguardanti diadochi come Seleuco e che trova il suo archetipo nel sogno di Astiage presentato in Erodoto I 108113132. Secondo Primo, l’episodio di Antigono e Mitridate sarebbe ricalcato su un altro aneddoto che vede protagonisti Seleuco e Antigono ed è riportato nel par. 81 dell’Antiochos di Libanio133. Nel passo di Libanio è sempre Demetrio ad avvertire Seleuco del pericolo, scrivendo parole di avvertimento sulla sabbia con la punta della sua lancia di nascosto dagli altri presenti. Il racconto originale sarebbe quello che vede protagonista Seleuco , in quanto esso si ritrova in correlazione con i racconti sugli oracoli dei Caldei favorevoli a Seleuco presenti in Diodoro134. Inoltre, un elemento importante è quello della datazione dell’aneddoto, che sembra avere come sfondo il periodo in cui Antigono e Demetrio si trovavano sulle coste della Siria (316 a.C.), prima della battaglia di Gaza del 312 a.C.. Ora se questa datazione collima perfettamente con le vicende di Seleuco, si ritrova in conflitto con il passo di Diodoro che data al 302 a.C. l’uccisione di Mitridate II e la fuga di Mitridate Ktistes. Una fuga del giovane Mitridate avrebbe infatti causato immediati sospetti in Antigono e Appian., Mithr. 9. Pseud. Luc., Macrob. 13 = Hieronym. Card., FGrHist 154 F 7. 129 La presenza del participio presente φεύγων sembra indicare che Mitridate sia morto subito dopo essere arrivato nella Cappadocia pontica. Ciò potrebbe essere dovuto secondo la Hornblower 1981, p. 244 ad una confusione dello Pseudo-Luciano tra Mitridate II e Mitridate Ktistes. Secondo McGing 1986b, p. 252 la contraddizione potrebbe risolversi ipotizzando un errore dei copisti che avrebbero tramutato un participio aoristo in participio presente oppure in un errore dello Pseudo- Luciano. 130 Jacoby FGrHist IIB Kommentar pp. 545-546; Hornblower 1981, pp. 244-245 131 Tra i favorevoli ad esempio Jacoby FGrHist IIB Kommentar p. 545 e Hornblower 1981, pp. 18-75. Tra i contrari soprattutto Landucci Gattinoni 1981/1982, pp. 13-26 e 2005, pp. 176-185. 132 Bosworth-Wheatley 1998, p. 162. 133 Primo 2008, pp. 410-419. 134 Primo 2008, p. 419. Sugli oracoli caldaici in Diodoro XIX 55-57 si veda Hadley 1969, pp. 142-152. 127 128

I. Kios 2. Aen. Tact. 24. 10 cfr. Debord 1999, p. 104 nt. 154. 124 Lerouge- Cohen 2022, pp. 238-242. 125 Lerouge- Cohen 2022, pp. 243-247. 126 Plut., Dem. 4. L’episodio è riferito più o meno nello stesso modo, ma in forma più sintetica anche in Plut., Regum et Imp. Apoph. 29.18 aggiungendo però che Demetrio scrisse il suo messaggio di avvertimento sulla sabbia mentre i due camminavano in riva al mare. Sulla vita plutarchea di Demetrio cfr. Marasco 1981, pp. 35-70. 122 123

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Presenze iraniche e indigene quindi una più veloce esecuzione del vecchio Mitridate, per la quale egli attese invece, come testimonia Diodoro, il 302 a.C. 135. Sembra quindi sostenibile che l’episodio si sia formato probabilmente in relazione ad Antigono e Seleuco, probabilmente ad opera dello stesso Ieronimo. In seguito poi questo aneddoto del sogno sarebbe stato poi adattato alle vicende di Mitridate e Antigono, modellandolo su quello raccontato a proposito di Seleuco e Antigono. Come sostiene però Primo136 è improbabile che anche l’adattamento sia opera dello storico di Cardia, anche perché esso è assente nel passo dello Pseudo-Luciano che cita espressamente Ieronimo137. È invece probabile che esso sia sorto nell’ambito di una storia su Mitridate Eupatore e le guerre mitridatiche, in un contesto di propaganda volto a magnificare ed esaltare le origini della dinastia pontica138. Potrebbe trattarsi, secondo l’ipotesi di Ballesteros Pastor, di una tradizione presente in Pompeo Trogo, storico favorevole a Mitridate, e poi confluita in Plutarco e Appiano139. Ritornando alla storia della dinastia di Kios si può quindi affermare che probabilmente nel 302 a.C., dopo la morte del suo predecessore Mitridate II, Mitridate Ktistes si rifugiò in Cappadocia, nella fortezza di Kumiata , che si trovava nei pressi del massiccio dell’Olgassys140. Si ritirò in una delle parti più periferiche dei domini della basileia di Kios e cercò di espandere il proprio potere in zone come Paflagonia e Ponto che rimanevano ai margini del grosso gioco di potere tra i diadochi maggiori nel periodo tra Ipso e Curupedio. Con la fuga di Mitridate Ktistes aveva termine la storia della basileia di Kios ed iniziava quella del regno del Ponto.

Arriano143. Nel passo di Strabone (XII 3.3), si fa menzione anche dei Tini, tribù tracica, distinta dai Bitini, che era emigrata insieme ad essi in Asia. I Tini, prima di passare in Asia abitavano nella zona sud-est della Tracia presso il Mar Nero, mentre i Bitini abitavano la valle dello Strimone144. Come affermato da un frammento di Arriano145, Tini e Bitini continuarono a occupare zone separate anche in Asia, sebbene le fonti non dicano esplicitamente quale fosse l’area occupata dai Tini. Secondo un’ipotesi di Paganoni146, tale area potrebbe essere quella orientale presso il Mar Nero, dove era presente un’isola chiamata Thynia. Un racconto sulla migrazione dei Traci in Bitinia è presente in un frammento di Nicolao di Damasco147, il quale afferma che nei giorni del re di Lidia Aliatte un uomo con sua moglie e i suoi figli dalla Misia Tracica andò in Asia e si stabilì presso Sardi. Infine Aliatte mando un’ambasceria al re dei Traci chiamato Kotys, promuovendo l’emigrazione di numerosi uomini con le loro famiglie. Questo racconto, secondo Jacoby148 è modellato su di un passo di Erodoto V 12-15, riguardante due Peoni e la loro sorella, la cui bellezza aveva spinto Dario I ad ordinare l’invasione della Peonia per avere tutti i Peoni sotto il suo comando. I due passi, comuni per una certa modalità narrativa, divergono però in alcuni particolari149. Si tratta in ogni caso di racconti il cui valore storico è difficile da definire: l’indicazione del regno di Aliatte (610-560 a.C.) per la migrazione dei Traci in Asia è difficilmente un dato che può avere valore storico. Anche Appiano150 tramanda un racconto sulla migrazione dei Traci in Asia Minore: secondo lo storico di Alessandria i Greci pensavano che i Traci giunti alla guerra di Troia con Reso si sarebbero recati dopo la morte di questi sulle coste del Ponto Eusino, per trovare un luogo da cui più facilmente navigare verso la Tracia. A questo punto vi sarebbero vari racconti: secondo alcuni i Traci, non trovando nessuna nave, rimasero lì e si impossessarono della regione detta Bebricia; secondo altri, passarono nella regione presso Bisanzio chiamata Tracia Bitinia e si stabilirono in tal luogo presso il fiume Bithya, ma vennero spinti dalla fame a ritornare in Bebrica che essi chiamarono Bitinia o per ricordare il fiume presso cui essi avevano abitato o perché con il passare del tempo il nome Bebricia si trasformò nel simile Bitinia. Secondo altri ancora, infine, il nome sarebbe derivato dal loro primo re Bithys, figlio di Zeus e della ninfa Tracia. Si tratta di un racconto della migrazione diverso da quello presente in Nicolao e che collega tale evento ad un passato mitico, quello della guerra di Troia con Reso e fa riferimento alla Bebrica ed ai Bebrici, mitica popolazione citata nelle Argonautiche di Apollonio Rodio con i suoi re Amico e

2.3.  I Bitini prima di Alessandro Magno. Le fonti letterarie ci presentano i Bitini come provenienti dalla Tracia e giunti in Asia in seguito ad una migrazione. Erodoto riferisce che i Traci che passarono in Asia vennero chiamati Bitini141, metre prima venivano chiamati Strimoni perché abitavano presso lo Strimone; Tucidide afferma che il generale ateniese Lamaco fece passare la sua armata per il territorio dei Traci Bitini142. I Bitini vengono definiti Traci anche in alcuni passi di Senofonte su cui si ritornerà in seguito, nello Pseudo-Scilace ed anche in Strabone ed È questa la datazione sostenuta tra gli altri da Meyer 1879, p. 37, McGing 1986a, p.15 e 1986b, pp. 249-250, Billows 1990, pp. 404-405. Bosworth e Wheatley 1998, p. 162 hanno invece posto la fuga attorno al 314, non tenendo conto del passo di Diodoro e dell’effetto che la fuga avrebbe avuto sul rapporto tra Antigono e Mitridate II. Inoltre l’esecuzione di Mitridate II appare più comprensibile nel periodo immediatamente precedente ad Ipso, quando Antigono, pressato dagli altri diadochi, decise probabilmente di serrare le fila e sbarazzarsi di persone di dubbia lealtà. Segue la datazione al 314 anche Ballesteros Pastor 2013, p. 195 nt. 21. 136 Primo 2008, pp. 423-425. 137 Hornblower 1981, pp. 244-245 ritiene che anche l’adattamento sia opera di Ieronimo. 138 Primo 2008, pp. 423-425. 139 Ballesteros Pastor 2013, p. 186. 140 Strab. XII 3.40 562C. Cfr. Robert 1980, pp. 213-215 e BosworthWheatley 1998, p. 164. 141 Herodot. VII 75. A VII 20 parla anche di popolazioni traciche che passarono in Europa prima della guerra di Troia. Cfr. Paganoni 2019b, pp. 1-2. 142 Thuc. IV 75.2. 135

Xen., Hell. I 3.2 e III 3.2, Anab. VI 4.1-2; Pseud.-Skylax 92; Strab. VII 3.2 296C e XII 3.4 542C; Arrian., Anab. I. 29.5 cfr. Gabelko 2005, pp. 58-60. 144 Sui Tini cfr. Fol- Marazov 1977, pp. 141-142; Webber 2011, pp. 203204. 145 FGrHist 156 F 77a. 146 Paganoni 2019b, pp. 3-4. 147 Nic. Dam. FGrHist 90 F 71. 148 Jacoby FgrHist IIB Kommentar, p. 253. 149 Sul passo erodoteo cfr. Macurdy 1912, pp. 73-80, Will 1967, pp. 176181, Nenci 1994, pp. 170-172; Griffiths 2001, pp. 82-83 e il recente commento di Hornblower 2013, pp. 103-106. 150 Appian., Mithr. 1. Con il commento di Goukowsky 2001, pp. 126-127. 143

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Un’ area di frontiera Migdone151. Nel passo di Appiano inoltre sono citate diverse ipotesi sulle origini del termine Bitinia, che secondo alcuni deriverebbe da un originario stanziamento presso il fiume Bithya presso Bisanzio mentre secondo altri da Bithys, figlio di Zeus e Tracia e primo re della Bitinia. Anche Sallustio, nelle Historiae152, fa riferimento alla Bebrica come antico nome della Bitinia e fa derivare il nome Bitinia da un primo re chiamato Bitino (Igitur introrsus prima Asiae Bithynia est, multis antea nominibus appellata. Nam prius Bebrycia dicta, deinde Mygdonia, mox a Bithyno rege Bithynia nuncupata). Lo storico romano introduce in mezzo un altro nome, Mygdonia, legato a Migdone, mitico re dei Bebrici. Tradizioni in parte simili a quelle riportate da Appiano si ritrovano anche nei frammenti dei Bithyniaka di Arriano, opera, che secondo Fozio, si occupava in dettaglio delle leggende della Bitinia153. In un frammento di quest’ opera, Arriano154, dopo aver narrato della migrazione dalla Tracia in Europa, si afferma che Thynoi e Bithynoi si dividevano in origine l’attuale Bitinia e che i capostipiti Thynos e Bithynos erano entrambi figli di Odryses e sarebbero stati adottati da Phineus padre di Paflagone. Da Bithynos si sarebbe generato il termine Bitinia155. Interessante è la presenza di Odryses come padre di Thynos e Bithynos, in quanto fa riferimento alla dinastia degli Odrisi, il cui capostipite Odryses padre di Teres visse però probabilmente alla fine del VI sec e non nel tempo mitico di Thynos e Bithynos. Anche la presenza, nel racconto di Nicolao di Damasco, del nome Kotys, come nome di un re trace, trova riscontro in ben quattro re della dinastia degli Odrisi, vissuti però tra IV e II sec156. La menzione di Phineus tende a porre in essere un legame tra i Bitini e i Paflagoni. Un altro frammento si sofferma sulla presenza mitica dei Bebrici157, punto di raccordo con la saga degli Argonauti. Lo storico di Nicomedia158 poi, forse per riscattare l’immagine dei Bitini, presentati come popolo feroce da Senofonte, menziona un intervento bitinico contro i Cimmeri, popolo feroce e terribile invasore dell’Asia159. Stefano di Bisanzio, non citando la sua fonte, presenta anch’egli Bithynos come figlio di Zeus e Tracia, definita discendente dei Titani, e gli assegna come fratello Dolonkos, capostipite dei Traci d’Europa e figlio della stessa Tracia e di Crono160. Questo insieme di tradizioni, come sostiene Madalina Dana161, appare teso a nobilitare il passato della Bitinia, a rimarcare l’identità dei Bitini come Traci e il loro legame con i Traci d’Europa e a nobilitare il popolo dei Bitini, popolo civilizzato e non barbaro ed anzi oppositore della barbarie

dei Cimmeri. Difficile dire quando si siano formate tali tradizioni, che ebbero probabilmente in età imperiale in Arriano il loro collettore ed elaboratore definitivo. In un periodo precedente l’ellenizzato regno di Bitinia dei secoli III e II appare essere il luogo ideale di sviluppo di una simile visione delle tradizioni patrie, su cui influì forse, visti i nomi dei mitici re Traci in esse inserite, l’esperienza del regno degli Odrisi, da cui vennero tratti alcuni nomi di re da proiettare in un passato mitico. Sulla base di quanto emerge da queste fonti letterarie e dal quadro archeologico si ritiene che i Bitini siano passati in Asia tra il X e l’VIII sec.162 . La Bitinia passò forse sotto il dominio di Creso e poi sicuramente sotto quello di Ciro e degli Achemenidi. Nell’ambito dell’impero persiano la Bitinia faceva parte del già citato terzo distretto163 che comprendeva Ellesponti, Frigi, Traci d’Asia, Paflagoni, Mariandini e Siriani di Cappadocia con un tributo complessivo di 360 talenti. È probabile che la parte di questo tributo spettante ai Bitini non fosse facile da riscuotere per i satrapi di Daskyleion, in quanto questi ultimi erano considerati una popolazione molto bellicosa. Poco o nulla si conosce dell’emergere dei Bitini come gruppo etnico distinto in Asia minore. Esii appaiono già molto coesi nel V sec., come emerge dall’Anabasi di Senofonte. In un passo di tale opera164 si narra di come, ritornando i Diecimila dalla loro impresa, i mercenari arcadi entrarono in Bitinia sbarcando a Kalpe Limen nel pieno del territorio bitinico con l’intenzione di attaccare improvvisamente i Bitini e conquistare la maggiore quantità possibile di bottino. Mentre Cheirisofo procedeva per terra dal territorio di Eraclea verso la Bitinia e Senofonte, avendo trovato barche, sbarcava ai confini tra il territorio di Eraclea e quello bitinico, gli Arcadi si diressero verso i primi villaggi bitinici a trenta stadi dalla costa e presero molti prigionieri. I Traci scappati però cercarono e trovarono aiuto, contrattaccarono e assediarono gli Arcadi su di una collina. I Bitini erano armati alla leggera e si dirigevano contro i Greci con tattiche di guerriglia, avanzando e gettando giavellotti, ma ritirandosi quando gli Arcadi avanzavano in formazione. Così facendo mantenevano l’assedio e tenevano i Greci lontani dalle fonti d’acqua, a questo punto si cercò un accordo che fallì per un disaccordo sulla condizione degli ostaggi. Nel testo dell’Anabasi segue un lungo discorso di Senofonte teso a convincere le truppe che erano con lui a venire in aiuto agli Arcadi assediati sulla collina. Il discorso ebbe il suo effetto, ma arrivato alla collina non trovò né i Traci né gli Arcadi. Dopo aver narrato di come si era riunito con gli Arcadi lo storico ateniese inserisce poi un piccolo excursus sulla Bitinia dicendo che il territorio della Bitinia si estendeva da Bisanzio ad Eraclea e che tra le due città non vi era alcuna polis, ma solo il territorio dei Traci Bitini, i quali si comportavano ferocemente nei confronti di ogni greco che aveva fatto naufragio o sul quale avevano potuto mettere le mani in altro modo. Il paese era molto ricco di legname di vario tipo e di molti altri prodotti come orzo, grano, fagioli, miglio,

Apoll. Rhod. II 1-150. Sall. Hist. III 70 M Maurenbrecher. 153 Phot., Bibl. Cod. 93, 73a-b. 154 Arrian. FGrHist 156 F 78 = Eustath., Ad Dionys. 793. 155 Sull’eroe Bithynos cfr. infra 2 parte par. 3.2. 156 Sugli Odrisi cfr. Archibald 1998. 157 Arrian., FGrHist 156 F 81. 158 Arrian., FGrHist 156 F 60. 159 Tale frammento di Arriano ha spinto alcuni studiosi tra cui Reinach 1888, p. 93 e Meyer 1897, col. 510-511 a datare all’VIII-VII sec. a.C. l’arrivo dei Traci in Asia. Burstein 1978, pp. 7 e 102 n. 81 cerca di conciliare Arriano con le altre fonti, affermando che lo storiografo di Nicomedia intendesse i Cimmeri mitici e non quelli storici di VIII-VII sec. a.C. . 160 Steph. Byz. s.v. Bithynia (β 98 Billerbeck) e s.v. Dolonkoi (δ 108 Billerbeck). 161 Dana 2016, pp. 221-223. 151 152

Archibald 1998, pp. 30-31 e Paganoni 2019b, pp. 7-10. Herodot. III 90. 164 Xen., Anab. VI 2.17 e seguenti. L’excursus sulla Bitinia giunge fino a VI 5. Per un commento cfr. Lendle 1995, pp. 379-385, 400-401 e Gabelko 2005, pp. 97-100 e 115-118. 162 163

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Presenze iraniche e indigene sesamo e vi erano molti villaggi abitati. A questo punto viene ripresa la narrazione degli eventi con i Greci che continuarono la loro marcia e si scontrarono poi con i Bitini assistiti da reparti di cavalleria inviati da Farnabazo ed i Greci, dopo lunga battaglia ed alcuni negoziati, riuscirono finalmente a prendere il mare verso l’Europa. Da questa lunga sezione dell’Anabasi emergono alcuni dati sulle popolazioni bitiniche: il loro essere percepiti dai Greci come popolazione bellicosa e crudele, il loro essere organizzati in komai, la loro organizzazione militare basata prevalentemente sugli armati alla leggera. Per quanto concerne i rapporti con i Persiani, essi appaiono fare fronte comune con il satrapo contro il pericolo costituito dai mercenari greci. Che questo però non fosse sempre la norma nei rapporti bitino-persiani è testimoniato da un passo delle Elleniche165 in cui si afferma che, quando Dercillida stabilì una tregua con Farnabazo, si diresse verso la Tracia bitinica per passarvi l’inverno e ciò piacque al satrapo perché era spesso in guerra con loro. Dercillida saccheggiò il territorio dei Bitini per un periodo con facilità, avendo al loro fianco anche alcuni rinforzi mandati dal re degli Odrisi Seuthes, i quali devastarono anch’essi il territorio e presero numerosi schiavi. La presenza di interazioni tra Persiani ed elite bitinica è testimoniata anche archeologicamente dal rinvenimento di vasellame d’argento per bere di fattura persiana in quella che sembrerebbe essere la tomba di un capo bitinico ritrovata a Düzce nei pressi di quella che sarà poi Prusias ad Hypium. Secondo Sekunda166, si tratterebbe di doni arrivati al capo da parte del satrapo di Daskyleion nell’ambito di un processo di “gift-exchange”. Michels167, sulla base di quanto Kistler168 ha affermato in relazione ad altri contesti, ha invitato a riflettere sul fatto che tali doni possano essere interpretati non tanto come elementi di un processo di iranizzazione delle elites bitiniche, ma come doni volti a rafforzare la fedeltà al Gran Re e ai satrapi di capi la cui lealtà non era del tutto sicura. Anche una stele con decorazione ad Anthemion in stile greco-persiano e forse proveniente da Bursa potrebbe indicare l’influenza del modello iranico sui Bitini169. Tutto questo conferma l’ambivalente rapporto tra capi bitinici e potere persiano, caratterizzato, come testimoniano anche le fonti letterarie, da momenti di coesistenza pacifica e semmai di mutuo aiuto contro pericoli come quello dei Diecimila e da momenti forse più frequenti di lotta da parte di un elemento tracio abbastanza coeso al suo interno e resistente all’iranizzazione. Ciò sembrerebbe confermato anche dal fatto che ben pochi simboli del potere persiano si ritroveranno poi nel regno di Bitinia ed i suoi monarchi non rivendicheranno mai una discendenza achemenide a differenza ad esempio di quelli del Ponto e della Cappadocia. Rapporti problematici ebbero i Bitini anche con le poleis greche dell’area, soprattutto Calcedone e Bisanzio. Un passo di Diodoro170 riferisce che nel 416 a.C.

i Calcedoniesi e i Bizantini attaccarono la Bitinia, dove, con l’aiuto anche di Traci venuti dall’Europa, fecero grandi devastazioni, assediarono numerosi piccoli insediamenti e presero numerosi prigionieri uomini , donne e bambini. Cattivi rapporti tra Bitini e Bisanzio sono anche riportati da un frammento di Filarco171, in cui si afferma che i Bitini a Bisanzio erano utilizzati come schiavi ilotizzati. Gli stessi abitanti di Bisanzio chiesero aiuto contro i Bitini ai Diecimila di Senofonte quando giunsero nella zona. A volte però si riusciva a raggiungere un accordo come si legge in un passo della vita plutarchea di Alcibiade172 a proposito degli eventi del 411 che videro Alcibiade marciare contro Calcedone che si era ribellata alla lega delio-attica. Il condottiero, avendo udito che i Calcedoniesi avevano messo al sicuro tutti i loro beni presso i Bitini, con cui erano in buoni rapporti, decise di attaccare i Bitini, i quali terrorizzati consegnarono quanto i Calcedoniesi avevano dato loro in consegna e chiesero un trattato di amicizia ad Alcibiade. Per quanto concerne Astaco, anch’essa ebbe relazioni non semplici con i Bitini, come afferma un frammento di Memnone di Eraclea, e, secondo De Sanctis173, proprio queste guerre con i vicini sarebbero alla base della riduzione del tributo da 3000 dracme a 1000 dracme nel 450/449 a.C.. Doidalses, sovrano bitinico della seconda metà del V sec, è inserito da Strabone174 tra i fondatori di Astaco, insieme con i Megaresi e gli Ateniesi. Gli Ateniesi, come si è visto sopra, occuparono la città nel 435/434 a.C. ed è probabilmente al periodo successivo chesi riferisce l’intervento di Doedalses, che forse riuscì ad imporre alla città un protettorato bitinico alla fine del V sec. a.C.175 Secondo Merritt e Wade Gery176, tale occupazione coinciderebbe con la fine dell’impero ateniese e la caduta di Atene nel 405 a.C.. La città sembra essere ancora sotto il protettorato bitinico a metà del IV sec. , quando il tiranno eracleota Clearco attaccò la città e dovette fronteggiare anche i Bitini che apparvero come protettori di Astaco177. Il rapporto tra i Bitini e le città greche dell’area fu quindi, nel Gabelko 2005, pp. 102-104. Per Russell 2017, p. 108 è più probabile che tale allargamento sia avvenuto a metà del IV sec., quando Bisanzio impose la democrazia a Calcedone ed attraversò un periodo di potenza. Cfr. anche Prandi 2020, pp. 113-114 e 137-138. 171 FGrHist 81 F 8. Paganoni 2019b, pp. 13-14; come sostiene Russell 2017, pp. 107-108 è improbabile che tali iloti fossero stati reclutati proprio durante la spedizione citata da Diodoro, in quanto lo storico di Argirio dice che tutti i prigionieri vennero uccisi. 172 Plut., Alcibiad. 29.6. Cfr. Fernoux 1999, p. 188. 173 De Sanctis 1894, p. 480. 174 Strab. XII 4.2 563C. Per un commento cfr. Robu 2014, pp. 214-216. Dubbia l’interpretazione del testo di Memnone di Eraclea FGrHist 434 F 12, il quale afferma che dopo l’intervento ateniese Astaco ebbe un periodo positivo, essendo in quel periodo re di Bitinia Doidalses (ἔληξέ τε τῶν συμφορῶν καὶ ἐπὶ μέγα δόξης καὶ ἰσχύος ἐγένετο, Δοιδαλσοῦ τηνικαῦτα τὴν Βιθυνῶν ἀρχὴν ἔχοντος). Robu 2014, p. 202 presenta una traduzione che mette in correlazione Doidalses e il periodo di prosperità della città, ma il genitivo assoluto Δοιδαλσοῦ…. ἔχοντος potrebbe avere solo valore di indicatore temporale. È possibile che in origine vi fosse una trattazione più ampia sui rapporti tra Doidalses e Astaco, poi ridotta da Fozio cfr. Vitucci 1953, p. 14 e Davaze 2013, p. 369. Sul rapporto tra Memnone e la sua probabile fonte Nymphis in questo passaggio cfr. per primo Toepffer 1896, pp. 124-126. Sull’excursus bitinico di Memnone vedi ora Paganoni 2015, pp. 57-78. Sul perché la forma Doidalses debba preferirsi a quella Doidalsos cfr. Cichorius 1889, p. 251. 175 Cfr. Gabelko 2005, pp. 100-101. 176 Merritt- Wade Gery-McGregor, ATL, I, p. 472. 177 Polyaen. II 30.3.

Xen., Hell. III 2.2. Sekunda 1988, p. 190. 167 Michels 2017, p. 42. 168 Kistler 2010. 169 Hannestad 1996, p. 71. 170 Diod. XII 82.2. Secondo Gabelko 1996, pp. 122-128 la spedizione avrebbe raggiunto la costa Sud della baia di Astaco e Bisanzio avrebbe colto l’occasione per ampliare la sua chora verso la Bitinia. Cfr. anche 165 166

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Un’ area di frontiera corso del V e del IV sec. a.C., segnato più spesso dallo scontro che dalla pacifica coesistenza. Le due più importanti città dell’area, Calcedone e Bisanzio, riuscirono a tenere a bada i bellicosi Bitini; la più piccola Astaco alla fine dovette accettare il protettorato bitinico. Non molte sono le notizie sull’organizzazione statale dei Bitini. Come scrive la Hannestad, si trattava probabilmente di una comunità retta “Bithynian dynasts”, i quali avevano le loro fortezze “probably in the montainous region on the Sangarios river”178. Delle prime vicende della dinastia, che poi in età ellenistica sarà quella dei re di Bitinia, parla Memnone di Eraclea nel suo excursus sulla Bitinia. Lo storico di Eraclea179 afferma che era re dei Bitini Doidalses, quando gli Ateniesi occuparono Astaco ed a lui successero Boteiras, che visse per 76 anni, e poi il figlio di quest’ ultimo Bas, che era a capo dei Bitini al momento dell’invasione di Alessandro Magno. Secondo il racconto di Appiano180, invece, vi sarebbero stati ben quarantanove dinasti a governare la Bitinia prima dell’arrivo dei Romani (τῶν δὲ πρὸ Ῥωμαίων αὐτῆς βασιλέων, ἐννέα καὶ τεσσαράκοντα ἐφεξῆς γενομένων). Se si sottraggono i nove re del regno ellenistico da Zipoites a Nicomede IV e i tre dinasti, Doidalses, Boteiras e Bas, citati dalle fonti per il periodo V-IV sec. a.C., restano comunque ben 37 dinasti sconosciuti. Secondo Vitucci181 molti di questi dinasti potrebbero essere stati inventati per nobilitare il passato della Bitinia182. In ogni caso quasi certamente storiche appaiono le figure di Doidalses, Boteiras e Bas, che iniziarono a rendere maggiormente coese le popolazioni bitiniche e a porre le basi per quello che sarà poi il regno bitinico di età ellenistica.

Hannestad 1996, p. 71. FGrHist 434 F 12. Partendo dal nome Boteiras la dinastia regnante in Bitinia è stata denominata ‘Boeteirids’ per primo da Scholten 2007, p. 17 n. 1. 180 Appian., Mithr. 2 181 Vitucci 1953, p. 13 nt. 3, Goukowsky 2001, p. 127 nt.1. 182 A meno che non colga nel segno la congettura di Mendelssohn in Viereck- Roos 1962, 419. secondo la quale il numero quarantanove sarebbe una corruttela a partire dal numero di nove re a cui i copisti avrebbero aggiunto il numerale quaranta. Non appaiono però molto chiari i meccanismi di genesi della corruttela. Secondo Davaze 2013, p. 371, di “une tradition bithynienne, laquelle avait pour objectif de faire remonter le plus loin possible dans le temps la royauté en Bithynie afin sans doute de renforcer sa légitimité”. 178 179

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Parte 2 Il regno ellenistico di Bitinia e i suoi rapporti con il mondo greco

1 Le vicende politiche del regno di Bitinia Abstract: Two main historiographical traditions have been preserved on the kingdom of Bithynia: one which has its origins in Heraclea Pontica and is present in Nymphis and Memnon and another more specifically local and perhaps linked to the Bithynian court. This local tradition has been transmitted to us in the few surviving fragments of local historians and partly in the works of Polybius and Appian. The formation the Hellenistic kingdom of Bithynia, profoundly modified the political and social balances present in the area in the previous period. The kings of Bythinia tried to ampliate their territory and to to insert their minor kingdom in the dialectic between the main Hellenistic powers. When powerful states appeared in the area, the Bithynian monarchs tried to survive or making a submission to a much greater power, which perhaps knew how to take on a conciliatory face (the case of Antigonus Monophthalmos) or trying to form leagues of smaller states against a common imperialist danger (the Northern League with an anti-Seleucid function). With the rise to power of Nicomedes I, the foreign policy of the kingdom assumed a more dynamic connotations, with the said participation in the Northern League and above all with the calling of the Gauls in Asia Minor . In the second century BC the Bithynian kingdom started an intense rivalry with the Attalid kingdom that led to the wars between Bithynia and Pergamum. The second war against Pergamum did not lead to any territorial gain and indeed probably caused, due to its high costs, a serious economic crisis for Bithynia. Prusias II then began to lose popularity and consent, making possible the coup d’état carried out against him by his son Nicomedes II. With the rise of Nicomedes II, the kingdom become practically a client kingdom of the Romans, until its dissolution with the death of Nicomedes IV. 1.1.  La tradizione storiografica sul regno di Bitinia

opera sarebbe la fonte per i capitoli 8-17 e quindi per la maggior parte delle notizie sulla Bitinia presenti in Memnone, tranne che per la narrazione dell’attacco di Zipoites ad Eraclea presente nel capitolo 6, che invece dipenderebbe dalla Storia di Eraclea. Per V. Davaze5 la presenza di numerose informazioni sulla Bitinia in Memnone indurrebbe a ritenere che tale interesse sia legato al fatto che “Memnon s’adressait à un public bithynien”.

Le fonti storiografiche più importanti per la ricostruzione della storia del regno di Bitinia sono il Peri Herakleias di Memnone (FGrHist 431)1, la parte iniziale delle Guerre Mitridatiche di Appiano2 e in alcuni passi di Polibio. Un ampio sommario del Peri Herakleias di Memnone, come è noto, ci è pervenuto nel codice 224 della cosiddetta Biblioteca di Fozio. Accenni alla situazione della Bitinia sono presenti in vari capitoli del sommario e particolarmente interessante è il capitolo 12, che contiene un lungo excursus sulla storia della Bitinia, giungendo fino al regno di Nicomede I. La prospettiva di Memnone è quella eracleota ed anche le tradizioni da lui riportate sulla Bitinia sembrano avere avuto come luogo di elaborazione la città pontica. Come è noto una delle fonti pricipali di Memnone è lo storiografo locale eracleota Nymphis , sia con la sua opera sulla Storia di Eraclea sia forse con un’altra opera più generale su Alessandro, i Diadochi e gli Epigoni3. Secondo Billows, sulla base di una nuova interpretazione di una lacunosa glossa della Suda4, tale

E. Paganoni6 rileva però che le informazioni su Eraclea non sono presenti nell’opera di Memnone nella stessa misura, ma sono maggiormente presenti in una parte dell’opera, quella che arriva fino al capitolo 20, che dovrebbe dipendere pelopiù da Nymphis, che sarebbe lui quindi ad avere “a particular interest in this kingdom and thus, perhaps, a Bithynian audience”. Per quanto concerne invece Appiano, un ampio excursus sulla Bitinia è presente nei capitoli 1-7 delle Guerre Mitridatiche. Secondo Reinach7 le notizie appianee sulla Bitinia sarebbero in gran parte le stesse che sono presenti in Polibio (ad es. Appaian. , Mithr. 2 = Polyb., XXX 18; Appian., Mithr. 3 = Polyb., XXXIII 12). Cio è solo in parte vero, perché come si vedrà a proposito della seconda guerra bitinopergamena, il racconto del capitolo 3 di Appiano appare in alcuni punti differente dal racconto polibiano. Inoltre, come ammesso dallo stesso Reinach8, altre notizie come

Su Memnone da ultimo Davaze 2013, Muccioli 2013b, Gallotta 2014, pp. 65-77 e con particolare riferimento alle vicende del regno di Bitinia Paganoni 2015, pp. 57-79. 2 Traduzione italiana e commento in Mastrocinque 1999b. Si veda inoltre il commento di Goukowsky 2001, pp. 126-129. 3 Su Nymphis cfr. Gallotta 2009, pp. 441-445 e Billows, Nymphis BNJ 432 (con bibliografia precedente). 4 Sud., s.v. Nymphis. Secondo l’interpretazione tradizionale proposta tra gli altri da Jacoby, FGrHist 432, Komm. Pp. 259-260 i due limiti temporali, caduta dei tiranni e ascesa al trono di Tolomeo III sarebbero entrambi relativi alla Storia di Eraclea. Per Billows, Nymphis BNJ 432, Commentary and Biographical Essay la parte dopo la lacuna si riferirebbe all’opera su Alessandro, i Diadochi e gli Epigoni, che sarebbe quindi fonte 1

di Memnone per gli eventi successivi alla caduta dei tiranni (281 a.C.), che sarebbe invece l’ultimo avvenimento narrato nella la Storia di Eraclea. 5 Davaze 2013, pp. 42-43. 6 Paganoni 2015, p. 67. 7 Reinach 1890, p.444. 8 Reinach 1890, p.444.

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Un’ area di frontiera Ciò è confermato dalla presenza nel capitolo 2 delle Guerre Mitridatiche di Appiano, in cui è presente la citata tradizione sui 49 re di Bitinia prima della trasformazione della regione in provincia romana. Questa tradizione non è presente infatti né in Polibio e neppure in Memnone e può essere considerata come una tradizione locale, creata forse alla corte di Bitinia e forse da uno degli autori di Bithyniaka16. Un certo numero di notizie sulla Bitinia sono presenti anche in Livio, in relazione soprattutto al regno di Prusia II ed in parte più piccola all’arrivo dei Galati in Asia Minore17. Una importante fonte dello storico patavino sembra essere Polibio, ma sembra presente anche una tradizione di matrice annalistica romana, che appare meno sfavorevole nei confronti di Prusia II rispetto allo storico di Megalopoli18. Meno rilevante è il contributo di Strabone e Granio Liciniano. Il geografo di Amasea riporta alcune notizie storiche nella parte del tredicesimo libro che dedica alla Bitinia, attingendo forse almeno in parte a fonti pergamene19. Granio Liciniano, storico romano pervenuto a noi solo in frammenti, si occupava del periodo finale del regno di Bitinia, cioè di Nicomede III e Nicomede IV20. In sintesi, sebbene con tutte le cautele dovute alla frammentarietà e alla scarsità delle fonti che ci sono pervenute, sembrano emergere due principali tradizioni sul regno di Bitinia: una di carattere prevalentemente eracleota presente in Nymphis e Memnone, ed una più specificatamente locale e legata forse alla corte bitinica, che ci è stata trasmessa nei pochi frustuli di storiografia locale pervenutici ed in parte nelle opere di Polibio, che è per questo periodo mal conservato e soprattutto di Appiano.

quella sui 49 re di Bitinia (cap. 2), non si ritrovano in Polibio. Un excursus sull’origine della Bitinia era presente nel XVI libro delle Storie di Pompeo Trogo, come emerge da un cenno presente nel Prologo di tale libro; purtroppo però Giustino ha tagliato tale argomento nell’Epitome. Altre notizie sparse sul regno di Bitinia si trovano nei Prologi e nell’Epitome9. È interessante riflettere sulla provenienza delle notizie presenti in Appiano, che in parte sono anche in Polibio e sul possibile legame delle stesse con le tradizioni locali della Bitinia e gli scrittori di Bithyniaka, la cui opera è andata in gran parte perduta. I frammenti che ci sono pervenuti riguardano per la maggior parte argomenti mitici o questioni geografiche o antiquarie10, ben pochi sono quelli in cui sono trattati momenti della storia del regno di Bitinia. Per quanto riguarda Demostene (FGrHist 699), il solo frammento 15 menziona la conquista della città di Cressa da parte di Ziaelas11; Nicandro (FGrHist 700) cita in un frammento il comportamento dissoluto e censurabile di Prusia II12; venendo infine ai Bithyniaka di Appiano (FGrHist 156) solo due trattano avvenimenti della storia del regno ellenistico di Bitinia: uno sulla morte di Annibale13 ed un altro riguardante la morte della moglie di Nicomede I14, nel corso del quale vengono forniti numerosi dettagli in parte forse non attendibili sulla famiglia di Nicomede. La descrizione negativa di Prusia II appare presente sia in Nicandro che in Appiano e Polibio e costituisce quindi un punto in comune tra storiografia locale e racconto appianeo e polibiano. È forse possibile avanzare l’ipotesi che tale tradizione sia nata sotto Nicomede II, il quale, essendo subentrato dopo un vero e proprio golpe al padre Prusia II, aveva tutto l’interesse a presentare a fosche tinte il regno e la figura del suo predecessore. E. Paganoni15 ha suggerito che Nicomede II possa essere stato il patrono di Nicandro, il quale avrebbe quindi inserito nella sua opera questa visione molto sfavorevole di Prusia, che poi sarebbe passata a Polibio ed Appiano. Appiano potrebbe essere dipendente dallo storico di Megalopoli o anche, forse più probabilmente potrebbe attingere ad un’opera di storiografia locale in maniera indipendente da Polibio.

1.2.  La nascita del regno bitinico fino alla morte di Zipoites21 Al momento in cui Alessandro cominciò la spedizione in Asia era a capo dei Bitini Bas, contro cui si mosse Calas22, satrapo designato da Alessandro dopo la battaglia del Granico per porre sotto il dominio macedone la zona della Frigia ellespontica. Calas però, come racconta Memnone23, fu battuto da Bas e ucciso. Il dominio di Bas doveva estendersi sicuramente come si è visto nella parte interna della Bitinia, lungo il corso del fiume Sangarios e ad oriente fin verso l’Ipio; non è noto se e in quale luogo Bas avesse una corte e come fosse strutturato in questo periodo lo stato bitinio. Difficile dire se Bas avesse assunto già il titolo di re in seguito alle sue vittorie su Calas; certamente

Iustin., Prolog. XXVII (morte di Ziaelas), Iustin. XXVII 3, 1-7 (a proposito di un inesistente re Eumene di Bitinia), Iustin. XXII 4.5 (su uno stratagemma usato da Annibale nella prima guerra bitinopergamena), Iustin. XXXIII 1.2 (a proposito di un altro inesistente re Eumene di Bitinia, considerato alleato dei Romani nella seconda guerra macedonica), Iustin. XXXIV 4 (sul colpo di stato di Nicomede II ai danni del padre Prusia II), Iustin. XXXVII 4. 3-8 (sull’invasione della Cappadocia da parte di Nicomede III e Mitridate), Iustin. XXXVIII 5. 8-10 (su Nicomede IV e Cresto). 10 Cfr. Paganoni 2016, p. 92. In generale sulla storiografia locale bitinica cfr. Dana 2016 e Paganoni 2016. 11 FGrHist 699 F 15 = Steph. Byz. s.v. Kressa (κ 214 Billerbeck). 12 FGrHist 700 F 1 = Athen. XI 94 496. Cfr. Paganoni 2016, pp. 86-87. 13 FGrHist 156 F 28 = Schol. Ad Tetzes Chil. I, l. 799. 14 FGrHist 156 F 29 = Schol. Ad Tetzes Chil. III 115, ll. 950-953, 963975, 984-987. Il testo del frammento appare piuttosto confuso e con fraintendimenti tra vari re con lo stesso nome. Secondo Habicht 1972b, col. 387 Ziaelas e Lysandra menzionati nel frammento sarebbero i figli di Prusia I e solo nipoti di Nicomede, secondo Glew 2005, pp. 134-135. invece Lysandra sarebbe davvero figlia di Nicomede in quanto suo nome sarebbe stato ricalcato su quello della figlia di Tolomeo I e moglie di Agatocle figlio di Lisimaco. 15 Paganoni 2016, p. 87 e Paganoni 2022, pp. 96-98. 9

Cfr. Paganoni 2016, p. 94. Ad es. Liv. XXXVIII 16. 8-9, XXXIX 24.6-13, XLII 12, XLV 10. 16. 18 Eckstein 2015 e Paganoni 2022, pp. 94-96. 19 Secondo Allen 1983, pp. 2-3 Strabone sarebbe dipendente in tutto dalla storiografia di corte degli Attalidi. Per Virgilio 1984, pp. 24-30 egli avrebbe usato anche la narrazione polibiana. 20 Gran. Licin. XXXV, pp. 29-30 Flemisch. 21 In generale sul regno di Bitinia Nolte 1861, Sölch 1925, Vitucci 1953, Hannestad 1996, Guinea Diaz 1997, Fernoux 2004, Gabelko 2005, Scholten 2007, Michels 2009, Kleu 2013 e Paganoni 2019b. 22 Su Calas si vedano Berve 1926, pp. 188-189, Heckel 2006, pp. 74-75 e Heckel 2016, pp. 217-218. Paganoni 2019a, specialmente pp. 145-154. Secondo Jones 1971, pp. 148-149, la sconfitta di Calas confermerebbe che “Alexander showed little interest in northern Asia Minor”. 23 Memn. FGrHist 434 F 12.4. 16 17

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Le vicende politiche del regno di Bitinia il primo dinasta bitinico a portare tale titolo fu il suo successore24. A Bas successe Zipoites, il quale si trovò a governare la Bitinia nel momento delle lotte tra i diadochi ed in particolar modo nel contesto degli scontri tra Eumene di Cardia e la coalizione degli altri diadochi capeggiata nella zona da Antigono Monoftalmo. Egli iniziò il suo dominio nel 328 o 327 a.C. e regnò per quarantotto anni, morendo nel 280 a.C. all’età di settantasei anni25. Le fonti ce lo presentano per la prima volta nel 315 a.C., intento ad assediare Astaco e Calcedone, importanti città greche per il controllo della Propontide e degli stretti. Diodoro26 afferma che mentre egli era intento ad assediare queste due poleis, sarebbe giunto Polemaios, nipote e generale di Antigono Monoftalmo, il quale costrinse Zipoites a ritirarsi e ad allearsi con Antigono, a cui fu costretto a consegnare alcuni ostaggi. Secondo Beloch27 Astaco sarebbe stata in potere dei dinasti bitinici già quando Clearco era tiranno di Eraclea Pontica, ma ciò appare molto dubbio in quanto, come sottolinea Vitucci28, le fonti presentano un quadro molto più variegato, indicando come ancora nel 315 a.C . Zipoites non era affatto in controllo della città. Certo è possibile che per alcuni periodi già come si è visto sotto Doidalses e poi anche nel corso del IV sec. a.C. la città cadesse sotto il controllo bitinico, ma si trattò probabilmente di un controllo non duraturo. Secondo Vitucci29 Zipoites fu neutrale nel conflitto che contrappose Antigono e gli altri diadochi da una parte ed Eumene di Cardia dall’altra; in mancanza di fonti è difficile dire se tale ipotesi colga nel segno oppure se anche i Bitini come i Mitridatidi di Kios avessero in un primo tempo parteggiato per Eumene e poi dopo la sconfitta di quest’ultimo fossero stati costretti a venire a patti con il Monoftalmo. Discusso è il rapporto che intercorso tra Zipoites ed Antigono dopo gli eventi del 315 a.C. e la sottomissione del dinasta bitinico a Polemeo come luogotenente antigonide30. Secondo Eduard Meyer e Hannestad31 Zipoites avrebbe riconosciuto la sovranità antigonide in maniera piena, per Vitucci e Habicht32 invece Zipoites avrebbe conservato una sostanziale indipendenza. Va rilevato come in questo periodo la Bitinia faceva nominalmente parte della zona di influenza di Antigono, il quale, a differenza di altri diadochi, appare essere stato in grado con un misto di persuasione e forza di mantenere sotto il suo controllo questi dinasti locali come appunto Zipoites , ma anche Mitridate di Kios e Dionisio di Eraclea Pontica, concedendo loro una relativa autonomia. Come afferma Billows questa testimonia “Antigonos’s power and, perhaps, his conciliatory policy”33. È significativo

come Zipoites avrà ben altro atteggiamento nei confronti di Lisimaco e Seleuco e quello degli Antigonidi sarà l’unico grande regno ellenistico vicino con cui la Bitinia avrà un rapporto non conflittuale. Zipoites si proclamerà re solo dopo la morte di Antigono ad Ipso. Un contrasto tra Zipoites e Calcedone è presente anche in un passo delle Quaestiones Graecae di Plutarco34, che fa riferimento ad una grande vittoria dei Bitini con più di ottomila caduti da parte dei Calcedoniesi, i quali furono salvati solo dall’intervento di Bisanzio. Si tratta però probabilmente di un conflitto posteriore alla morte di Antigono, non collegato ai fatti del 315 a.C., anche perché nel passo di Plutarco si fa riferimento ad una netta sconfitta di Calcedone, cosa non presente in Diodoro e ad un intervento di Bisanzio e non di Polemeo come nel 315 a.C.35. Zipoites si mantenne alleato di Antigono fino alla battaglia di Ipso, che come è noto segnò la fine dei domini antigonidi in Asia Minore. Ad Antigono successe per l’area bitinica Lisimaco, il cui dominio aveva il suo centro in Tracia. I rapporti tra Lisimaco e il regno di Bitinia furono subito pessimi. Come ci informa Memnone di Eraclea Zipoites fu molto valoroso in guerra, dapprima succidendo uno dei generali di Lisimaco e mettendone in fuga un altro; in seguito avendo la meglio sullo stesso Lisimaco36. Nell’ambito di questi conflitti va posta anche la notizia, trasmessaci da Strabone37, sulla distruzione di Astaco ad opera di Lisimaco. Probabilmente poco prima di tale distruzione Zipoites si era impadronito della città, dopo il vano assedio del 315 a.C. . Sembrerebbe infatti da ricollegare ad una momentanea presa di Astaco da parte del sovrano bitinico la notizia di Pausania38, secondo cui Zipoites viene considerato primo fondatore di Nicomedia. Zipoites avrebbe preso la città in un periodo compreso tra il 315 e il 281 a.C., più probabilmente dopo Ipso e l’avrebbe tenuta per un certo periodo, probabilmente cercando di assimilarla al regno bitinico e forse rinominandola. Nonostante alcune difficoltà dovute alla frammentarietà delle notizie trasmesseci dalle fonti appare abbastanza chiaro che l’intento di Zipoites di espandere il proprio regno verso il mare e gli stretti, iniziato nel 315 a.C. e fermato da Antigono, sia proseguito dopo Ipso, conseguendo alcuni risultati con l’occupazione di Astaco e la vittoria su Calcedone riportata da Plutarco, che riuscì a salvarsi solo grazie all’aiuto di Bisanzio. Grazie probabilmente a queste vittorie Zipoites si proclamò re, dando così inizio all’era bitinica. L’ inizio di questa era, che noi riusciamo a ricostruire a partire da alcune monete, alcuni tetradrammi di argento ed uno statere d’oro coniati durante i regni di Nicomede II, III e IV, si pone probabilmente nell’ottobre 297 a.C.39 . Il

Secondo Berve 1926, p. 163 e Battistini 2004 Demarco, successore di Calas come satrapo della Frigia Ellespontica, venne ucciso e sconfitto da Zipoites. Non vi è però alcuna fonte che parla di questo avvenimento, che viene ipotizzato dai suddetti studiosi sulla base di qunto avvenuto a Calas cfr. Gabelko 2005, p. 124 e Paganoni 2019b, p. 25 nt. 13. 25 Memn. FGrHist 434 F 12.5. 26 Diod. XIX 60.3 che designa per errore Zipoites con la forma Zibytes cfr. Paganoni 2019b, p. 26 e Landucci 2021, p. 108. Su Tali eventi cfr. anche Gabelko 2005, pp. 128-135 e Grainger 2014, p. 33. 27 Beloch 1922, p. 138. 28 Vitucci 1953, p. 14. 29 Vitucci 1953, pp. 14-15. 30 Su Polemeo cfr. Gabelko 2005, p. 134, Waterfield 2011, pp. 108-109. 31 Meyer 1897, col. 515; Hannestad 1996, pp. 71-72 32 Vitucci 1953, p. 15; Habicht 1972a, coll. 450-452. 33 Billows 1990, p. 442. 24

Plut., Quaest. Gr. 49 con il commento di Bolougne 2002, p. 423 nt. 267. Cfr.Gabelko 2005, p. 139. 35 Sono di questo parere anche Vitucci 1953, p. 16 e recentemente Paganoni 2019b, p. 30. 36 Memn. FGrHist 434 F 6.3. 37 Strab. XII 4.2 563C. 38 Paus. V 12.7. 39 Sull’era bitinica e il suo inzio si vedano principalmente Perl 1968, pp. 299-300, Lehschhorn 1993, pp. 185-186, Hannestad 1996, p. 93 nt.33 e ora soprattutto Paganoni 2019b, pp. 37-43. 34

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Un’ area di frontiera bitinica di Lisimaco la piazzaforte di Nicea sulla sponda orientale del lago Izmik, che nota originariamente come Elicore o Ancore, era stata rifondata già da Antigono con il nome di Antigoneia, per essere poi rafforzata e ridenominata Nicea da Lisimaco dopo la battaglia di Ipso47. L’ipotesi di una partecipazione di Zipoites al fianco di Seleuco nella battaglia di Curupedio del 281 a.C. è stata ipotizzata sulla base di un’ iscrizione proveniente da Nicea e riguardante un certo Menas, ufficiale bitinico ferito a morte ἀμφί τε πάτρης, ἀμφί τε κυδαλίμων μαρνάμενον forse proprio sul campo di Curupedio48. L’epigrafe, che inizia con un centone poetico, alla linea 4 fa riferimento alla piana di Curupedio, che alla l. 11 viene posta presso il fiume Frigio, cioè nelle vicinanze di Sardi. Alle ll. 5-6 c’è l’indicazione che Menas bitinio combattè contro Traci e Misii, che facevano parte probabilmente dell’esercito di Lisimaco. Il contesto è quindi forse quello della celebre battaglia del febbraio 281 a.C., anche se non si può escludere che si tratti di una lotta posteriore dei Bitini contro Pergamo49. Al di là dell’epigrafe di Menas, la partecipazione bitinica a Curupedio sembra ora assai probabile in virtù di quanto emerge dalla succitata letterera di Ziaelas recentemente rinvenuta a Kos; l’utilizzo infatti da parte del sovrano bitinico di un’era che ha inizio proprio nel 281 a.C., può a mio avviso solo indicare l’importanza di tale evento per Ziaelas e il regno bitinico e quindi una probabile partecipazione dei Bitini alla battaglia. Alla luce di tutto si rafforza notevolmente la già peraltro verosimile temporanea alleanza tra Seleucidi e regno di Bitinia, operata da Zipoites per contrastare quello che doveva essere il pericolo più vicino e pressante per l’indipendenza bitinica, cioè l’azione di Lisimaco. L’iscrizione di Menas, se effettivamente si riferisce a Curupedio, ci informa anche del fatto che probabilmente dopo tale battaglia e forse anche prima la città di Nicea era caduta sotto il dominio bitinico. Ciò avenne più verosimilmente dopo e Nicea potrebbe essere stata annessa al regno di Zipoites subito dopo Curupedio forse anche con il consenso degli alleati Seleucidi50. Secondo Vitucci la notizia di Memnone secondo cui Zipoites e Lisimaco si sarebbero scontrati personalmente farebbe riferimento proprio allo scontro di Curupedio, in quanto “pare assai poco probabile che Lisimaco, condotta personalmente una spedizione contro la Bitinia, toccasse una sconfitta, e, dopo questa, abbandonasse senz’altro l’impresa”51. Tale ipotesi non sembra persuasiva, in quanto non appare probabile che Memnone non designasse in maniera precisa una battaglia nota come Curupedio. Inoltre non è inverosimile che Lisimaco, il quale , forse dopo la fine di Demetrio, aveva iniziato a concentrare i suoi attacchi contro la Bitinia, sia stato distolto da quegli eventi dinastici che porteranno a Curupedio e alla sua fine. Dopo la sconfitta di Lisimaco

fatto che tale era si ritrovi per la prima volta in monete di Nicomede II, ha fatto ritenere agli studiosi che tale era fosse stata introdotta da questo sovrano40. Una lettera di Ziaelas rinvenuta a Kos e pubblicata in tempi molto recenti ha evidenziato come tale sovrano non utilizzasse l’era bitinica che troviamo sulle monete a partire da Nicomede II, ma contasse invece gli anni con riferimento alla sconfitta di Lisimaco a Curupedio nel febbraio 281 a.C., seguendo l’era che si ritrova anche in alcune monete di Nicea, Prusa all’Olimpo, Apamea, Nicomedia, Tios e Bithynium coniate nel periodo compreso tra il 61 e il 47 a.C. 41. Abbiamo quindi testimonianza di due ere utilizzate dai re di Bitinia, una questa utilizzata da Ziaelas e legata alla battaglia di Curupedio ed una attestata a partire da Nicomede II, che ha inizio con il 298/297 a.C.. Difficile è comprendere per quale motivo ad un certo punto, in un periodo compreso verosimilmente tra i regni di Ziaelas e Nicomede II, l’era di riferimento venne cambiata. Si può forse avanzare l’ipotesi che a cambiarla sia stato proprio Nicomede II, il quale, dopo aver fatto cadere il padre Prusia II con il copo di stato di cui si è detto sopra, abbia cambiato l’era regale bitinica per segnare maggiormente il cambiamento rispetto ai regni precedenti ed in particolare al regno paterno. La mancanza però di più sicuri elementi ci costringe a considerare questa una mera ipotesi di lavoro. Il passo di Diodoro42 , che narra l’assedio di Zipoites alle città di Astaco e Calcedone nel 315 a.C., già lo definisce re dei Bitini, mentre Memnone43, scrivendo probabilmente di eventi successivi al 297 a.C., lo definisce invece ancora solo eparchon dei Bitini. Secondo Beloch44 il titolo di re sarebbe un titolo tradizionale dei dinasti bitinici e presente prima della proclamazione dell’era bitinica nel 297 a.C. . Per la Hannestad45 può essere utile il confronto con i dinasti Spartocidi del Bosforo Cimmerio, i quali usavano fino a fine IV sec. a.C. il titolo archon nelle relazioni con le città greche e basileus nelle relazioni con i regni barbarici. Non è impossibile che Memnone, storico di Eraclea, riportasse una tradizione eracleota contraria ai dinasti bitinici, a cui veniva sottratto il titolo di basileus sostituendolo con il più modesto eparchon. All’offensiva di Zipoites fece segno una controffensiva di Lisimaco, il quale distrusse Astaco, che era stata occupata come si è detto da Zipoites e attaccò, come si evince dal passo di Memnone sopra citato, il re bitinico, il quale però si difese vigorosamente, ottenendo le citate vittorie46. Le fonti nulla dicono in proposito, ma non è irragionevole ritenere che tale stretta di Lisimaco nei confronti della Bitinia si accentuò dopo il 286 a.C., quando la definitiva sconfitta e cattura di Demetrio Poliorcete rassicurò Lisimaco e gli consentì di dedicarsi ad altri fronti, tra cui appunto quello bitinico. Importanza ebbe probabilmente nella lotta anti-

Cfr. Vitucci 1953, p. 17, Burstein 1978, p. 84, p. 143 nt. 33, Paganoni 2019b, p. 28 nt. 31. 48 I. Kios 98. Sulla battaglia di Curupedio cfr. Landucci Gattinoni 1992, pp. 216-217. 49 Vitucci 1953, p. 18, Strobel 1996, pp. 201-202. Si vedano ora anche le giuste cautele di Paganoni 2019b, pp. 158-162. 50 Diversamente per un’annessione all’epoca di Nicomede I cfr. ora Paganoni 2019b, p. 60. 51 Vitucci 1953, p. 18. 47

Paganoni 2019b, p. 38. 41 Bosnakis- Hallof 2020, pp. 317-318. 42 Diod. XIX 60.3. 43 Memn. FGrHist 434 F 6.3. 44 Beloch 1925, p. 234 nt. 1. 45 Hannestad 1996, p. 93 nt. 34. 46 Memn. FGrHist 434 F 12.5. Cfr. Landucci Gattinoni 1992, p. 170 e Grainger 2017a, pp. 19-21. 40

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Le vicende politiche del regno di Bitinia e approfittando forse del momento di anarchia seguito all’assassinio di Seleuco I da parte di Tolomeo Cerauno, Zipoites continuò la sua politica di espansione, occupando forse Cierius e Tieium, se ciò può essere dedotto da un passo di Memnone52 sul riacquisto delle due città da parte di Eraclea, la quale le ottenne inisieme alla Thynia come ricompensa da Nicomede figlio di Zipoites per entrare in un‘ alleanza con la Bitinia. Questa politica bitinica di espansione portò al raffreddamento dei rapporti tra Bitinia e Seleucidi. Memnone riferisce che, dopo aver combattuto Lisimaco, Zipoites fece guerra anche ad Antioco, figlio di Seleuco53. Parlando di Antioco come re di Macedonia lo storiografo eracleota fa forse riferimento alle pretese del sovrano seleucide anche su tale regno, che era stato strappato al padre Seleuco da Tolomeo Cerauno54. I dettagli della offensiva di Antioco sono descritti da Memnone55 in un altro passo in cui si afferma che il re, dopo essere statto impegnato in molti conflitti, inviò il generale Patrocle con un corpo di spedizione per riaffermare il potere seleucidico nei paesi a Nord del Tauro. Insieme a Patrocle vi era il generale Ermogene, il quale fu incaricato di condurre una spedizione contro Eraclea e altre città. Fatta pace con gli eracleoti, che gli avevano inviato incontro una ambasceria, Ermogene si diresse in Bitinia attraverso la Frigia, caduto però in una imboscata, morì insieme al suo esercito avendo però dapprima provato il proprio valore personale davanti al nemico. Eraclea aveva avuto dopo Curupedio un rapporto tormentato con Seleuco, il quale insisteva per avere in città un proprio governatore ed esercitare una autorità sostanziale, mentre gli eracleoti volevano ovviamente conservare la propria autonomia. Ora però la città decide di venire a patti con suo figlio Antioco, con una decisione, che secondo Bittner56, va ricollegata alla volontà del re seleucide di dirigere primariamente la spedizione di Ermogene contro la Bitinia, da lui vista come aggressiva e pericolosa. Per avere le spalle coperte il re seleucide decise di accettare una alleanza, che implicava forse quella sovranità nominale su Eraclea che suo padre da una posizione di forza dopo Curupedio aveva deciso di non accettare. L’imboscata avvenne forse ai confini tra Frigia e Bitinia, probabilmente nelle zone montuose che separano il territorio di Eraclea da quello della Bitinia; non è nota la sorte dell’altro generale Patrocle, il quale probabilmente non partecipò proprio alla campagna contro la Bitinia. Secondo Savalli57 egli morì poco dopo, in quanto la successiva campagna sarà condotta da Antioco in persona.

l’estate e l’autunno del 280 a.C. e poco dopo Zipoites morì, nel 280 o nel 279 a.C., dopo aver vissuto sessantesei anni di cui quarantotto di regno. Memnone59 dice anche che Zipoites fondò una città Zipoiton ai piedi del monte Lyperos. Con Zipoites inizia propriamente il periodo del regno ellenistico di Bitinia e la sua politia estera è quella che sarà poi classica dei re di Bitinia: tentativi di espansione verso la Propontide e gli stretti (Astaco, Calcedone e Bisanzio) e verso il Ponto Eusino (Eraclea), politica di ostilità nei confronti del regno ellenistico più grande e vicino, prima quello di Lisimaco e poi quello dei Seleucidi, per conservare l’autonomia del regno e elevarsi al rango di media potenza nel concerto dialettico dei regni ellenistici. 1.3.  Il regno di Bitinia da Nicomede I alla morte di Prusia I Zipoites lasciò quattro figli, di cui il maggiore Nicomede salì al trono dopo un’aspra guerra civile, che lo vide contrapporsi al fratello minore Zipoites. Memnone60, proprio in virtù di questo contrasto con i fratelli ed in particolare con Zipoites, lo definisce non fratello, ma nemico dei suoi fratelli, con un epiteto abbastanza pittoresco. Va tenuto conto però di come Nicomede si trovasse in una situazione difficile al momento della sua ascesa al trono. Nicomede è il primo sovrano bitinico a portare un nome greco. In un interessante studio Glew61 ha analizzato i possibili motivi della scelta del nome Nicomede, primo nome greco nella dinastia bitinica, operata da Zipoites per suo figlio. Secondo lo studio di Glew62 dietro questa scelta vi sarebbero i rapporti di xenia tra Zipoites ed un certo Nicomede, figlio di Aristandro, un nativo di Cos e philos importante di Antigono e Demetrio negli precedenti la fine del IV sec. a.C. . L’opera di questo personaggio sarebbe stata importante per Zipoites nell’ottica di una pacificazione dei rapporti con il Monoftalmo in seguito ad una crisi tra Bitinia ed Antigonidi seguita all’assedio di Astaco e Calcedone da parte bitinica nel 315 a.C., mossa che sarebbe stata vista dal Monoftalmo come una minaccia per il controllo antigonide dei punti di passaggio tra Europa e Asia. Grazie alla mediazione di Nicomede si sarebbe giunti ad una pacificazione, durata fino alla battaglia di Ipso del 301 a.C. 63. Nicomede nato negli ultimi anni del IV sec. a.C. sarebbe stato chiamato così proprio a partire dall’omonimo personaggio di Cos e trait d’union tra Antigono e Zipoites. Ciò porterebbe a ritenere che i rapporti con Cos fossero presenti non solo come vedremo sotto Nicomede, ma già sotto Zipoites64. Secondo Lise Hannestad65 Nicomede potrebbe invece aver scelto questo nome nel momento di salire al trono. Appare non molto probabile che questa politica fosse

Memone non nomina espressamente il re bitinio regnante all’epoca della spedizione di Ermogene, ma sulla base della notizia esposta dallo stesso Memnone sulla vittoria di Zipoites su Antioco, sembra verosimile che si tratti proprio di Zipoites. Vitucci58 colloca queste operazioni militari tra Memn. FGrHist 434 F 9.4. Memn. FGrHist 434 F 12.5. 54 Davaze 2013, p. 376. 55 Memn. FGrHist 434 F 9. 1-3 cfr. Grainger 2014, p. 58. 56 Bittner 1998, p. 69. 57 Savalli-Lestrade 1998, p. 14 n. 14. 58 Vitucci 1953, p. 20.

Memn. FGrHist 434 F 12.5. Memn. FGrHist 434 F 12.6. Schottky 2000, Michels 2009, p. 433. 61 Glew 2005, pp. 131-139. 62 Glew 2005, pp. 135-136. 63 Cfr. Billows 1990, p. 441. 64 Questo è il parere anche di Dana- Savalli Lestrade 2019, p. 17. 65 Cfr. Hannestad 1996, p. 74.

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Un’ area di frontiera è improbabile che gli eracleoti dovettero consegnare, oltre all’alleanza, un compenso a Nicomede per riacquisire i territori perduti.

scelta da Nicomede all’atto di salire al trono ed è invece a mio avviso più probabile l’ipotesi di Glew, che vedrebbe quindi Nicomede come il prosecutore di una politica di cauta apertura al mondo greco iniziata già da Zipoites, attraverso i contatti con personaggi rappresentativi del mondo greco e l’imposizione di un nome greco a suo figlio. I rapporti tra Cos e i re di Bitinia ebbero probabilmente una fase calante nell’immediato periodo successivo ad Ipso e ripresero probabilmente con rinnovato vigore durante il regno di Nicomede. Narrando la guerra civile tra Nicomede e suo fratello Zipoites (II), Memnone66 definisce quest’ultimo come ho bithynios, cioè più vicino probabilmente alle istanze nazionalistiche rispetto al maggiormente filelleno Nicomede. Zipoites era sovrano della Thynia, la parte più orientale del regno bitinico e confinante con il territorio di Eraclea. Questa prima guerra civile, come quella che vi sarà alla morte di Nicomede, sembra essere dominata almeno in parte da tensioni etnico-politiche tra un partito maggiormente nazionalista e legato alle tradizioni traciche ed un altro caratterizzato almeno in apparenza da un maggiore filellenismo. Non è chiaro come Zipoites abbia preso possesso della Thynia. Livio67 lo definisce solo come tenentem partem Bithyniae. È possibile che l’avesse ricevuta in eredità dal padre omonimo, il quale avrebbe diviso alla sua morte il regno tra i due figli Zipoites e Nicomede68. Secondo Corradi69 invece egli avrebbe costruito il suo dominio con l’aiuto di Antioco I, il quale voleva così limitare l’influenza del principale stato bitinico sotto Nicomede. Ciò però, come sostiene Vitucci70, sembra in contraddizione con la politica di Antioco I, volta ad impedire la creazione di potentati in Anatolia. Restano quindi come possibili ipotesi sulla formazione del dominio di Zipoites o quella di una divisione del regno da parte del padre tra lui e Nicomede oppure una basata sull’acquisizione da parte dello stesso Zipoites della Thynia con una ribellione contro il fratello Nicomede dopo la morte del padre. Le fonti non ci consentono di dare maggiore fondamento a nessuna delle due ipotesi. Nicomede, con un gesto di distenisione nei confronti di Eraclea Pontica, decise di riconsegnare alla polis pontica Cierus, Tieium e il territorio della Thynia in cambio dell’alleanza71. Secondo Niese e Saprykin72 l’alleanza tra Nicomede ed Eraclea sarebbe nata proprio contro Zipoites ed il territorio controllato da Zipoites, la Thynia appunto, avrebbe fatto parte assieme a Cierus e Tieium sottratte dal primo Zipoites ad Eraclea del compenso per tale alleanza. Come sostiene Vitucci73 non

Lo scontro con Zipoites (II) fu assai duro e gli Eracleoti stavano per perdere una battaglia in cui furono decimati, se non vi fosse stato l’intervento degli alleati, forse truppe bitiniche di Nicomede74. Zipoites fuggì e gli Eracleoti riuscirono a recuperare e seppellire onorevolmente il loro morti e a redigere loro un momumento quali eroi della patria, come afferma Memnone in una pagina densa di patriottismo eracleota. Nel racconto dello storiografo eracleota segue a questo punto l’intervento di Antioco, il quale era in quel momento in guerra contro Antigono Gonata figlio di Demetrio Poliorcete. Nicomede era alleato di Antigono, mentre Antioco aveva numerosi altri alleati 75. Era probabilmente già attiva in questo momento la cosiddetta Lega del Nord76, costituitasi nel 280 a.C. per iniziativa di Eraclea Pontica e comprendente inizialmente anche Mitridate I re del Ponto, Bisanzio e Calcedone, tutti uniti in funzione antiseleucidica. Dopo il breve periodo di philia tra Seleucidi ed Eraclea con il trattato al tempo di Ermogene, alla Lega del Nord si era avvicinato anche Nicomede di Bitinia, il quale, come abbiamo visto, aveva fatto pace con gli Eracleoti restituendo loro alcune terre. Evidentemente gli Eracleoti stessi avevano in questo momento più paura dei Seleucidi che dei Bitini e decisero pertanto di riprendere le alleanze antiseleucidiche temporaneamente accantonate e di espanderle anzi, inglobando anche la Bitinia fino ad allora nemica. Nicomede stesso decise probabilmente di avvicinarsi alla Lega per evitare un isolamento politico in cui stava cadendo e per cercare aiuto contro il fratello e rivale Zipoites (II). In questi giochi di alleanze si inserì Antigono Gonata, il quale, secondo Tarn77, ricercò l’alleanza della Lega del Nord contro i Seleucidi nel tentativo forse di recuperare i territori che il nonno aveva posseduto in Asia Minore. Ciò comportò anche un cambio di alleanze per Eraclea, la quale un po’ di tempo prima aveva aiutato con una flotta Tolomeo Cerauno nella lotta appunto contro il Gonata. Va rilevato però come entrambe le alleanze, sia quella col Cerauno che quella con Antigono, avessero un fondo comune antiseleucidico e cercassero di individuare il maggiore potentato macedone con cui allearsi contro lo strapotere dei Seleucidi in Asia. Memnone ci informa di uno scontro tra Nicomede e Antioco per mare con la partecipazione anche di tredici triremi eracleote, le due flotte si fronteggiarono a lungo senza che nessuna delle due avesse la meglio sull’altra78. L’impegno del Gonata in questo scontro, che si svolse probabilmente nel 278 a.C., dovette essere scarso e poco dopo si giunse alla pace sancita dal matrimonio tra Antigono e Fila, figlia di

Memn. FGrHist 434 F 9.5. Liv. XXXVIII 16. 8-9. 68 Su Zipoites vedi Vitucci 1953, p. 21, Habicht 1972a, col. 455, Bittner 1998, p. 67, Gabelko 2005, p. 173, Paganoni 2019b, pp. 52-53. Per l’ipotesi secondo cu la regione gli era stata lasciata in eredità dal padre omonimo cfr. Kobes 1996, p. 117. Secondo altri egli amministrava il territorio della Thynia per conto di Nicomede e poi si ribellò (Saprykin 1997, p. 168, Gabelko 2017, p. 325). 69 Corradi 1929, p. 114. 70 Vitucci 1953, p. 22 nt. 1. 71 Paganoni 2019b, pp. 3-4 e 50 si sofferma sulla identificazione e localizzazione della Thynia come la parte della Bitinia più vicina a Eraclea Pontica. 72 Niese 1899, p. 75; Saprykin 1997, pp. 159-160. 73 Vitucci 1953, pp. 22-23 nt. 4. 66 67

Memn. FGrHist 434 F 9.6 Memn. FGrHist 434 F 10. Gabelko 2005, pp. 168-169 e Paganoni 2019b, pp. 47-48. 76 Sulla Lega del Nord si vedano Saprykin 1997, pp. 161-178, Gallotta 2010, Paganoni 2019b, pp. 55-58. 77 Tarn 1913, pp. 161-162. 78 Memn. FGrHist 434 F 10. 74 75

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Le vicende politiche del regno di Bitinia Seleuco I e sorella non germana di Antioco79. L’Antigonide era probabilmente mosso anche dalla necessità di fronteggiare le varie ondate dell’invasione celtica in Grecia. A questo punto, uscito dalla scena dell’Asia il Gonata, fu Nicomede a pensare di utilizzare proprio i Galati per rafforzare le forze della Lega orfane del sovrano antigonide. Il sovrano bitinico stabilì, probabilmente nel 277 a.C., un accordo con la tribù celtica dei Tolistobogi guidata da Leonnorio e Lutorio, la quale in quel periodo assediava vanamente Bisanzio per cercare di passare in Asia80. Egli si impegnò a trasportare i Galati sull’altra sponda dell’Ellesponto e impose loro un trattato, in base al quale essi avrebbero avuti come amici e nemici gli stessi amici e nemici di Nicomede e sarebbero stati alleati di Bisanzio, Calcedone, Tieios, Cierum, Eraclea ed altri sovrani 81. Si trattò in pratica di una partecipazione dei Galati alla Lega del Nord, con quello che potremmo definire un trattato parallelo. Intanto si allontanava dalla lega il regno del Ponto, il quale inaugrava una politica favorevole al regno seleucide, con l’intenzione forse di annettere i territori di Eraclea Pontica82. Grazie all’appoggio dei Galati e d’accordo con gli Eracleoti, Nicomede riuscì a sconfiggere definitivamente il fratello Zipoites e devastare il suo territorio. In seguito a questo successo i Celti ottennero di entrare in Asia ed occupare il territorio che poi sarà noto come Galazia. Altro importante alleato della lega era divenuto anche Tolomeo II d’Egitto, il quale aveva importanti rapporti commerciali sia con Bisanzio che con Eraclea Pontica. Inoltre la flotta tolemaica era attiva sia nel Mare Egeo che nel Mar Nero e costituiva un utilissimo

contrappeso alla forza della flotta seleucide83. Rapporti buoni vi erano anche tra Nicomede e Tolomeo, come attesta il fatto che Nicomede porrà Tolomeo come epitropos dei suoi successori. Nella genesi di tali rapporti ebbe probabilmente un ruolo l’isola di Cos, vicina ai Tolomei e legata già a Zipoites e sicuramente a Nicomede, come attesta la lettera di Ziaelas (καθόπερ καὶ Νικομήδης ὁ πατὴρ ἡμῶν εὐνόως διέκειτο τῶι δήμωι)84. Dopo la vittoria su Zipoites (II) e la ritirata di Antioco, come afferma Memnone Nicomede raggiunse l’apice del successo e fondò presso Astaco una città che porta il suo nome, Nicomedia appunto85. La fondazione della città fu probabilmente l’ultimo atto di Nicomede, il quale aveva aumentato il prestigio della Bitinia, sottraendola, con l’adesione alla Lega del Nord, ad un pericoloso isolamento ed iniziando una politica più raffinata nei confronti delle poleis greche come Eraclea e Bisanzio, basata non più solo su una politica aggressiva e conquistatrice, ma su di una dialettica a fasi alterne. Inoltre egli, continuando da questo punto di vista la politica paterna volta ad impedire la formazione di un potere dominante in Anatolia, cercando in funzione antiseleucidica le alleanze con gli Antigonidi e i Tolomei. Importante mossa strategica fu poi il trattato con i Galati, che permise al sovrano bitinico di crearasi un posto di primo piano nell’ambito della Lega del Nord e di aumentare notevolmente il proprio potere. Alla morte del sovrano in Bitinia scoppiò un’altra guerra civile. Il sovrano aveva avuto dalla prima moglie Ditizele i figli Ziaelas e forse Lysandra86 e sposò poi Etazeta87, da cui ebbe altri figli. Nacquero dei dissensi tra Ziaelas e la matrigna appoggiata da Nicomede e Ziaelas decise di rifugiarsi in esilio presso il re di Armenia88 . Ciò avvenne prima della morte di Nicomede, in quanto lo storico di Eraclea aggiunge poi che il sovrano bitinico morì, lasciando come eredi i figli avuti dal secondo matrimonio e nominando epitropoi Tolomeo, Antigono, Eraclea, Bisanzio e Kios, cioè quanto rimaneva della Lega del Nord più Antigono Gonata con cui i rapporti dovevano essere rimnasti buoni nonostante la defezione nella lotta contro Antioco. Nicomede morì nel 250 a.C. o più tardi secondo Vitucci89; altri studiosi, tra cui Habicht e Avram90 pensano piuttosto al 255-253 a.C sulla

79 La pace tra Antigono e Antioco è menzionata in I. Ilion 32, ll. 13-16 cfr. Will 1979, pp. 109, 143. Si presume che tale pace venne firmata in seguito al matrimonio tra Antigono e Phila cfr. Paganoni 2019b, pp. 5455 nt. 47. 80 Sull’ arrivo dei Galati le fonti sono Memn., FGrHist 434 F 11, Liv. XXXVIII, 16, 3-9 e Iust. XXV, 2,11 (secondo Muccioli 2015, p. 108 sui Galati fonte di Giustino sarebbe la perduta opera di Timagene Sui re). Per quanto concerna la bibliografia moderna cfr. Launey 1944, p. 232, Schmitt 1969, p. 112, Nacthergael 1977, pp. 164-167, McGing 1986, p. 17, Mitchell 1993, p. 15, Kobes 1996, p. 117, Strobel 1996, p. 213, Bittner 1998, p.80, Mitchell 2003, p. 283, Sartre 2003, pp. 72-75, Gabelko 2005, pp. 175-183, Gabelko 2008, pp. 215, 223, Strobel 2006, pp. 95-96, Coșkun 2012, p. 57, Grainger 2020, pp. 88-107 e Coșkun 2021, pp. 148-150. La data dell’arrivo dei Galati in Asia è basata su Paus. X, 23, 14, che pone il loro passaggio in Asia al tempo dell’arcontato di Damocle. 81 Memn. FGrHist 434 F 11. A questa data Eraclea aveva forse ripreso il controllo su Cierus e Tios, che sono ricordate come poleis indipendenti nel trattato cfr Burstein 1976, p. 144 nt. 58, Saprykin 1997, pp. 168-169, Gabelko 20006, pp. 212-222, Davaze 2013, pp. 335-336. 82 Il trattato venne probabilmente citato verbatim da Memnone e trasmessoci da Fozio cfr. Mitchell 1993, p. 16, Dueck 2006, p. 49, Davaze 2013, p. 353, Paganoni 2019b, p. 56. Per Gabelko 2005, 182-184 il trattato non sarebbe autentico. È difficile comprendere se il trattato venne fatto con la diretta partecipazione della Lega del Nord o se essa venne inserita solo in un secondo momento dopo una fase iniziale dell’accordo gestita dal solo Nicomede. Per la prima ipotesi cfr. Desideri 1967, pp. 409-10, Will 1979, pp. 142-143, Strobel 1996, pp. 213,241, Saprykin 1997, pp. 169-170, Bittner 1998, pp. 80-82, Gabelko 2006, p.223. Per la seconda cfr. Paganoni 2019b, pp. 55-56 e Prandi 2020, pp. 85-88. Per Strobel i Galati devono essere considerati dei mercenari, non degli alleati cfr. Strobel 1996 pp. 213, 241, Strobel 2006, pp. 95-96 and Strobel 2009, p. 122. In generale sul problema dei Galli come mercenari si veda ora Tagliamonte 2021. Per il cosiddetto oracolo di Fennò collegato da più studiosi all’invasione galata cfr. Paganoni 2019b, p. 58 nt. 62 e infra 2 parte par. 1.4.

Gallotta 2010, pp. 99-100. IG XII. 4 1 209 ll. 9-10. 85 Memn. FGrHist 434 F 12.6. 86 Secondo un frammento dei Bithyniaka di Arriano (FGrHist 156 F 29 = Schol. Ad Tetzes Chil. III 115, ll. 950-953, 963-975, 984-987.), Lysandra sarebbe stata figlia di primo letto di Nicomede e sorella germana di Ziaelas. La fondatezza di tale notizia è oggetto di discussione tra gli studiosi. Secondo Habicht 1972b, col. 387 Ziaelas e Lysandra sarebbero i figli di Prusia I e solo nipoti di Nicomede, secondo Glew 2005, pp. 134135 invece Lysandra sarebbe davvero figlia di Nicomede in quanto suo nome sarebbe stato ricalcato su quello della figlia di Tolomeo I e moglie di Agatocle figlio di Lisimaco. Va rilevato come il testo del frammento, trasmesso dalle Chiliades di Tzetzes, appaia piuttosto confuso e con fraintendimenti tra vari re con lo stesso nome. 87 L’origine di questa donna non è nota. Vitucci 1953, pp. 29-30 preferisce utilizzare la forma Heptazeta rispetto a quella Etazeta presente in Memnone. 88 Memn. FGrHist 434 F 14.1. Sull’Armenia in questo periodo cfr. Facella 2006, pp. 84-86, 94-198, 217-220 e Traina 2017. 89 Vitucci 1953, pp. 29-31. Geyer 1936, col. 494 pensava al 260 a.C.. 90 Habicht 1972b, col. 387; Mitchell 1993, p. 19; Avram 2003, pp. 12111212; Gabelko 2005, p. 198 e sostanzialmente anche Paganoni 2019b, p. 80. 83 84

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Un’ area di frontiera base anche di quanto proposto già da Tarn91 secondo cui solo in tale periodo Tolomeo e Antigono Gonata erano in pace e potevano essere nominati epitropoi da Nicomede. Secondo Avram la morte di Nicomede sarebbe successiva alla guerra tra Callatis e Bisanzio per il possesso dell’emporion di Tomis. La soluzione di Avram e Habicht sembra preferibile, vista anche la probabile lunghezza della guerra civile, che, secondo Memnone, attraversò varie fasi92. Ziaelas decise di appoggiarsi ai Galati Tolostobogi, mentre almeno una parte della nobilità e dell’esercito bitinico, dopo il matrimonio di Etazeta con uno dei fratelli di Nicomede, si schierò dalla parte dei giovani principi. Tra gli epitropoi i più decisi sostenitori del partito di Etazeta furono gli Eracleoti, i quali, come afferma Memnone, si distinsero nei combattimenti. Meno decisa fu probabilmente l’azione di Antigono e Tolomeo, il quale già come vedremo pochi anni dopo la guerra civile avrà riacquisito ottimi rapporti con Ziaelas; Bisanzio era invece probabilmente impegnata a nord nei postumi della guerra con Callatis. Come ha sostenuto Avram è possibile che si situi in questo contesto l’assedio di Antioco II a Bisanzio, nell’ambito di una politica di espansione seleucidica verso gli stretti, in alleanza con Callatis. In aiuto degli abitanti di Bisanzio sarebbero giunti oltre agli Eracleoti, che mandarono quaranta triremi che avrebbero avuto, a detta di Memnone, un ruolo decisivo nel respingere Antioco, anche Tolomeo II. A questo intervento del sovrano lagide farebbe riferimento un passo di Dionigi di Bisanzio, il quale cita la donazione di una chora in Asia, di cereali, di proiettili e denaro93, che, secondo Avram94, sarebbero stati donati alla città del Bosforo proprio in occasione di questo assedio. Memnone avrebbe quindi esagerato per patriottismo il ruolo svolto dagli Eracleoti, che sarebbero stati affiancati da aiuti materiali e probabilmente anche da una flotta lagide. Ciò spiegherebbe anche il ruolo defilato di Tolomeo nella crisi bitinica, in quanto impegnato nel teatro degli stretti. Riguardo al ruolo di Antioco, la sua mancata partecipazione nella guerra civile bitinica potrebbe essere spiegata con il suo impegno nell’assedio di Bisanzio e soprattutto nella contemporanea prima guerra siriaca. Non è improbabile che tra i due contendenti della guerra civile il sovrano seleucide possa aver deciso di sostenere Ziaelas, in quanto i figli di Etazeta erano sostenuti, seppur forse non in maniera molto forte, dal suo nemico Tolomeo II. La guerra civile bitinica durò a lungo e dopo numerosi scontri, che videro i Galati fare un raid sul territorio eracleota fino al fiume Calles, saccheggiandolo e dandolo alle fiamme e altrerne vicende, si giunse infine ad una pace, nella quale, sempre secondo Memnone95, gli Eracleoti ebbero parte importante e significativi benefici. Presumibilmente lo storico eracleota tende anche in questo caso ad amplificare il ruolo della sua città nelle trattative di pace. La mancanza di fonti non ci consente di comprendere bene questo passaggio, ma è probabile, vista la natura di compromesso con cui Memnone presenta il

trattato, che esso segnasse una sorta di divisione del paese tra Ziaelas ed il partito di Etazeta. Secondo alcuni studiosi96 Ziaelas non sarebbe quindi divenuto re subito di tutta la Bitinia, ma avrebbe forse per un periodo dovuto subire una divisione del regno con il fratellastro Zipoites (III), che poi, al tempo di Prusa nel 220 a.C., tenterà di nuovo con l’aiuto di Bisanzio e dei pirati di impadronirsi della Bitinia97. Dovette trattarsi in ogni caso di una situazione temporanea, perché la lettera invata da Ziaelas a Kos vede il nostro come sovrano di tutta la Bitinia. La lettera è inscritta su di una pietra a forma di prisma triangolare, che contiene altre due lettere, attribuite a Seleuco II e Tolomeo III98. Le lettere dovrebbero, secondo l’opinione prevalente, datarsi al 243/242 a.C., in quanto legate allo stabilimento degli Asklepieia come giochi quadriennali panellenici e allo stabilirsi dell’asylia per il tempio di Asclepio a Cos99. Il primo editore delle lettere inscritte sulla pietra a forma di prisma, Herzog100, aveva avanzato l’ipotesi che la lettera di Ziaelas fosse precedente al 243/242 a.C., in quanto non vi è menzione diretta degli Asklepieia. Il fatto però che le tre lettere siano incise sulla stessa pietra e che le altre due facciano riferimento agli Asklepieia induce a datare le tre lettere in maniera congiunta. Rigsby101 rileva inoltre che il principale theoros menzionato nella nostra lettera di Ziaelas, Diogeitos, sia lo stesso della lettera attribuita a Seleuco II, in cui sono menzionati gli Asklepieia102, e questo è un elemento importante per rafforzare la datazione al 242, in quanto i due re sarebbero stati contattati durante il medesimo viaggio svolto da questo architheoros di Cos in Asia Minore. La guerra civile era quindi sicuramente terminata nel 243/242 a.C. e Ziaelas era divenuto re di tutta la Bitinia. Dalla lettera inoltre sappiamo che i rapporti del sovrano bitinico con Tolomeo erano molto migliorati. Il sovrano lagide viene esplicitamente definito alle ll. 25-26 nostro amico e alleato (ἡμέτερον φίλον καὶ σύμμαχον). Ciò va inquadrato nella volontà da parte di Ziaelas di rompere un certo isolamento seguito alla fine della guerra civile. Alleato difficile da gestire erano i Galati, come è dimostrato dal fatto che lo stesso Ziaelas morirà poi in uno scontro con costoro103. Una politica continuativa di alleanza con i Seleucidi, che pure forse avevano appoggiato Ziaelas durante la guerra civile, avrebbe portato, vista l’eccessiva vicinanza e la sproporzione di risorse tra i due regni, ad uno status di dipendenza della Bitinia dall’ingombrante alleato. Per riacquistare spazio di manovra il sovrano bitinico pensò quindi di riallacciare i rapporti con i Tolomei, grande potenza, ma lontana. Certo il fatto che Tolomeo era stato epitropos dei suoi rivali dovette costituire all’inizio una 96 Reinach 1888, p. 232 su cui Habicht 1972b, coll. 390. Di recente riproposta da Gabelko 2005, pp. 205 -206 e Balakhvantsev 2011. 97 Polyb. IV 50 8-9. 98 Cfr. Rigsby 1996, pp. 106-110 e Buraselis 2004, pp. 15-17. 99 Cfr. Rigsby 1996, pp. 106 – 112, Buraselis 2004, pp. 15-20 e Nelson 2013. Sul significato politico-religioso della asylia del tempio di Asclepio a Cos vedi ora Buraselis 2004 e Nelson 2013. 100 Herzog 1905, pp. 173-182. 101 Cfr. Rigsby 1996, p. 120. 102 Rigsby 1996, n.9. 103 Phylarch. FGrHist 81 F 50 e Iustin. Prolog. XXVII. Cfr. Jacoby, FGrHist komm. IB, p. 140. Paganoni 2019b, pp. 89-95.

Tarn 1913, pp. 326-327. Diversamente Paganoni 2019b, pp. 79-80. 93 Dionys. Byz. 41. 94 Avram 2003, pp. 1204-1205. 95 Memn. FGrHist 434 F 14.2-3. 91 92

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Le vicende politiche del regno di Bitinia leggera difficoltà per questa politica. Come dice Vitucci104 però scarso o nullo era stato il ruolo effettivo di Tolomeo nella guerra civile bitinica e questo contribuì a rendere possibile un riallacciarsi dell’alleanza tra Bitinia e Egitto. Dopo essersi messo saldamente sul trono di Bitinia, Ziaelas cercò di ampliare i confini del regno, aumentando così il suo prestigio di potenza tra i Greci offuscato dai torbidi della guerra civile. Secondo Stefano di Bisanzio105 egli avrebbe dato il suo nome ad una città in Cappadocia, territorio che peraltro non fece mai parte del regno di Bitinia. Secondo Vitucci tale localizzazione è da considerare non attendibile, anche se la notizia di una città eponima del sovrano può ricollegarsi alla tradizione di urbanizzazione portata avanti dai re precedenti106. Sempre un lemma di Stefano107 ci informa che eglì occupò la citta di Kressa in Paflagonia, che potrebbe forse identificarsi con Krateia-Flavianopolis108. Se questa notizia fosse affidabile e l’identificazione corretta, avremmo un notevole ampliamento dei confini del regno bitinico verso oriente, con la rioccupazione di Cierus occupata da Zipoites e ceduta poi da Nicomede ad Eraclea alcuni anni prima. Ciò potrebbe aver portato anche ad un nuovo raffreddarsi delle relazioni tra Bitinia ed Eraclea Pontica, che continuerà come vedremo sotto il regno di Prusia I. Sebbene quindi la frammentarietà delle fonti non ci consenta di vederne l’ampiezza, è molto probabile che sotto Ziaelas vi fu un nuovo ampliamento del regno bitinico. A questa politica espansiva si collega anche il patto matrimoniale con Antioco Ierace, che sposò una figlia di Ziaelas109. Ciò avvenne con ogni probabilità dopo la morte di Antioco II nel 246 a.C. , all’epoca in cui lo Ierace combatteva suo fratello Seleuco per insignorirsi dell’Anatolia. Anche questa mossa era tesa a supportare un personaggio intenzionato a frammentare e quindi indelibolire il potere seleucidico nell’area. Le notizie successive che ci sono state preservate su Ziaelas sono quelle relative alla sua morte. Fonti su tale episodio sono un frammento di Filarco tramandato da Ateneo, il quale riferisce che Ziaelas, avendo invitato a cena i capi galati con intenzione di ucciderli, venne invece da loro ucciso e un passo del Prologo del XXVII libro di Trogo che afferma che Ziaelas venne ucciso dai Galati che erano stati sconfitti da Attalo di Pergamo110. Essendo Filarco probabile fonte di Giustino /Trogo nel libro XXVII, ci troviamo di fronte a notizie originariamente contenute nel passo di uno stesso autore e che ci sono state trasmesse con due modalità differenti.111 Esse in ogni caso sembrano completarsi a vicenda in

quanto una, quella del frammento trasmesso da Ateneo, ci espone le vicende della morte di Ziaelas e la seconda, quella di Trogo/Giustino, ci informa che tale uccisione avvenne ad opera dei Galati sconfitti da Attalo, stabilendo quindi anche un orizzonte cronologico. La sconfitta dei Galati ad opera di Attalo si identifica quasi sicuramente con la battaglia che avvenne all’Aphrodision presso Pergamo, datata variamente in un periodo compreso tra il 237 e il 230 a.C., e che vide la vittoria del re di Pergamo su Antioco Ierace ed i Galati112. Non è improbabile che il deteriorarsi dei rapporti tra Ziaelas ed i Galati avvenne in relazione alla cessazione dei rapporti tra questi ultimi e lo Ierace dopo la citata sconfitta subita ad opera di Attalo113. Questa eventualità è stata di recente del tutto esclusa da E. Paganoni, ma, pur condividendo in parte le sue cautele, è opportuno porre in rilievo alcuni elementi che sembrerebbero invece suffragare tale ipotesi114. Innanzitutto il passo di Giustino/Trogo, anch’esso dipendente da Filarco, identifica in maniera specifica i Galati che uccisero Ziaelas con quelli vinti da Attalo all’Aphrodision e quindi alleati dello Ierace in tale scontro. Non è poi affatto sicuro che i rapporti tra lo Ierace e il sovrano bitinico si fossero deteriorati all’epoca della morte di quest’ultimo e che il dinasta seleucidico fosse “now an enemy to Ziaelas”115. Se è vero che dopo la battaglia di Ancyra Seleuco II riconobbe il fratello come reggente d’Asia, non è detto che tale avvenimento facesse considerare automaticamente lo Ierace come espressione del potere imperiale seleucidico nell’area, visto anche, al di là dei titoli formali, il carattere spiccatamente autonomistico che Antioco continuava a dare al suo potentato. In questa luce non è quindi del tutto improbabile che Ziaelas possa aver continuato a sostenere il dinasta seleucide, a cui era legato da vincoli di parentela, contro gli Attalidi, nascente potenza regionale, la cui ascesa certo non poteva essere vista con favore dal sovrano bitinico. La mancanza di fonti impedisce comunque di corroborare in maniera decisiva una delle due ipotesi e biosogna quindi limitarsi ad affermare che la morte del re di Bitinia avvenne per mano dei Galati, a cui egli voleva tendere un tranello dopo la battaglia dell’Aphrodision. Per quanto concerne la datazione gli studiosi pensano in genere al 229/228 a.C., qualche anno prima di quella di Antioco Ierace, che va posta probabilmente nel 227 a.C.116 . OGIS 275. Cfr. Magie 1950, pp. 737-738, Hansen 1971, pp. 34-35, Allen 1983, p. 38, Paladini 2018, pp. 215-216. Per una datazione alta della battaglia, verso il 237 a.C., si vedano tra gli altri le considerazioni di Will 1979, p. 298, per una datazione più bassa verso il 230 a.C. Allen 1983, p. 38 e Paganoni 2019b, p. 93. 113 Hanno accolto questa ipotesi tra gli altri Magie 1950, pp. 737-738 nt. 24, Vitucci 1953, p. 35, Habicht 1972b, coll. 395-396, Sevrugian 1973, p. 41, Gabelko 2005, pp. 221-225, Gabelko 2009, p. 51, Grainger 2010, p. 177, più dubbioso lo stesso Grainger 2020, p. 143 il quale non esclude che Ziaelas possa aver cambiato alleanza ad un certo punto e, schieratosi con Attalo I, abbia rotto perciò con i Galati 114 Paganoni 2019b, pp. 92-94, si vedano anche le cautele di Heinen 1984, p. 425. Coșkun 2011, p. 97 pone in rilievo il fatto che la morte di Ziaelas fosse collegata alla sua volontà di liberarsi dalla scomoda alleanza con i Galati Tolistobogii. 115 Paganoni 2019b, p. 94. 116 Euseb. I, 253 Schoene. Cfr. Vitucci 1953, p. 35, Habicht 1972b, coll. 387, 395-396, Sevrugian 1973, p. 41, Heinen 1984, p. 425, Coșkun 2011, pp. 98-99. Iustin. XXVII 3, 1-7 cita un inesistente Eumene re di Bitinia, frutto probabilmente di un fraintendimento dell’epitomatore che gli attribuisce azioni di Attalo I re di Pergamo. Va rilevato che Eumene era un 112

Vitucci 1953, p. 31 nt. 1. Steph. Byz. s.v. Zela (ζ 19 Billerbeck). 106 Vitucci 1953, p. 33. 107 Steph. Byz. s.v. Kressa (κ 214 Billerbeck). 108 Vitucci 1953, pp. 33-34. 109 Porph., FGrHist 260 F 32.8. Sulla possibilità che Arsame di Armenia, il cui rapporto con lo Ierace è attestato da Polyaen. IV 17, si sia avvicinato allo Ierace grazie ai buoni uffici di Ziaelas, che era stato in gioventù in esilio in terra armena, oppure che fosse stato lo stesso sovrano armeno a far avvicinare il re di Bitinia al principe seleucide cfr. le condivisibili considerazioni di Paganoni 2019b, pp. 92-93. 110 Phylarch. FGrHist 81 F 50 (BNJ 81 F 50 con il commento di F. Landucci) = Athaen., Deipn. II 51 58C e Iustin., Prolog. XXVII. 111 Sulla dipendenza di Trogo da Filarco nel libro XXVII cfr. Santi Amantini 2017, p. 51 nt. 168 . 104 105

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Un’ area di frontiera con il regno pergameno nasce la propaganda anti-galata, peraltro abbastanza ipocrita, del regno bitinico. Si trattava infatti di presentarsi, in opposizione ai Pergameni, come campioni della grecità e protettori delle città greche, facendo dimenticare il fatto che era stato proprio Nicomede, per il suo proprio tornaconto, a chiamare crca cinquant’anni prima i Celti in Asia Minore122. Inoltre anche l’avvicinarsi a Rodi, potenza commerciale vicina negli anni precdenti al regno di Pergamo, può essere vista nell’ambito di questa competizione, che per ora si svolgeva ancora a distanza, ma che in seguito sfocerà in un vero e proprio conflito armato. La guerra contro Bisanzio quindi ebbe come causa non solo la già citata volontà di espandere il regno verso gli stretti, ma trova una sua ragione di essere forse anche in questo conflitto con il regno pergameno. La guerra vide il precipuo impegno di Prusia, dato che gli abitanti di Rodi, dopo aver inviato una squadra nelle acque di Sesto, iniziarono delle trattative con Bisanzio per portare all’abolizione del dazio, che era stato causa della guerra. Prusia invece attaccò i possessi di Bisanzio sulla costa asiatica del Bosforo e occupò la piazzaforte di Hieron, che Bisanzio aveva acquistato pochi anni prima, insieme a tutti i territori di Bisanzio sulla costa asiatica della Propontide e a parte della Misia da lungo tempo in possesso della città del Bosforo. Egli inoltre si alleò con le tribù traciche perchè impedissero agli abitanti di Bisanzio di mantenere in piedi le comunicazioni con l’entroterra. Questa condotta di guerra così risoluta destò probabilmente inquietudine negli stessi alleati Rodii, i quali forse inizarono a temere un eccessivo rafforzamento della potenza bitinia e gli effetti che ciò avrebbe avuto sui commerci nel Ponto. A questo punto si offrì come mediatore il capo gallico Cavaro, il quale riscuoteva ogni anno dalle casse di Bisanzio un tributo di ben ottanta talenti123. Secondo il racconto polibiano il re di Bitinia avrebbe accettato di discutere la pace “per rispetto” nei confronti del capo galata, concludendo peraltro un accordo ben poco vantaggioso per la Bitinia, in quanto non incluse nessun acquisto territoriale per Prusia. L’intervento di Cavaro fu forse dovuto al timore che le tribù traciche alleate del sovrano bitinico insediassero i suoi possedimenti in Tracia, che egli peraltro perse poco dopo questi avvenimenti. Poco persuasiva appare la motivazione addotta da Polibio, cioè il “rispetto” per Cavaro, per spiegare l’accettazione da parte di Prusia di un trattato di pace sostanzialmente sfavorevole con Bisanzio. È probabile che nell’accettazione giocassero piuttosto altri fattori ed in primo luogo il timore, nonostante i successi militari, di restare isolato, privo dell’alleanza rodia ed esposto all’offensiva pergamena. Il trattato infatti, il cui testo ci è preservato da Polibio124, stabilì l’abolizione del dazio che aveva spinto Rodi alla guerra e sancì un patto di non aggressione tra Bisanzio e Prusia, il quale si impegnò

Alla morte di Ziaelas gli successe il figlio Prusia I, che porterà la Bitinia al massimo dello splendore e della potenza. La prima attestazione dell’attività di Prusia è legata agli aiuti che, secondo un passo di Polibio, il sovrano bitinico inviò agli abitanti di Rodi dopo il terremoto del 227 a.C.117. Prusa fu uno dei principali benefattori dell’isola in questo frangente, inviando grosse quantità di legname di cui la Bitinia era ricca. Questo legame con Rodi, così come quello di Nicomede e Ziaelas con Cos, va collegato alla volontà dei sovrani bitinici di controllare sia politicamente che commercialmente gli stretti e quindi i traffici verso la ricca zona del Mar Nero, che erano saldamente nelle mani delle poleis greche di Bisanzio e Eraclea Pontica. Per fare ciò i sovrani cercarono di allearsi con potenze commerciali greche più lontane dall’area, come Cos e Rodi, con l’intenzione di scalfire il predominio commerciale delle città della Propontide. Questa alleanza con Rodi si concretizzò poi maggiormennte quando i Rodìì alcuni anni dopo, probabilmente nel 220 a.C., decisero di fare guerra a Bisanzio. Prusia si unì ai Rodii, rimproverando, secondo il racconto di Polibio, in primo luogo agli abitanti di Bisanzio di non aver eretto delle statue che avevano votato e promesso di erigere. In secondo luogo di aver favorito l’amicizia tra Acheo e Attalo I di Pergamo, rapporto amichevole sfavorevoli per vari motivi ai suoi interessi e in terzo luogo di aver inviato rappresentanti alle Niceforie o Panatenee istituite da Eumene I e celebrate da Attalo I senza invece inviare nessun rappresentante alle Soterie organizzate dal re bitinico118. Le Soterie erano state forse istituite qualche anno prima dallo stesso Prusia, probabilmente in correlazione alla sua vittoria su alcune tribù galate119. Esse avevano come scopo quello di celebrare il re bitinico come campione della lotta contro Barbari e protettore delle città greche d’Asia. Come si evince anche dagli ultimi due motivi di rimprovero addotti da Prusia nei confronti degli abitanti di Bisanzio, era da qualche anno in essere una lotta politico-propagandistica tra sovrani bitinici e sovrani attalidi. Come ha sostenuto Ma120 il regno di Bitinia si presenta come il principale peer rival del regno pergameno, a partire dalla fine del III sec. a.C. fino al 149 a.C., cioè all’ascesa di Nicomede II con l’aiuto degli Attalidi. Il concetto di peer-polity interaction121, elaborato da Renfrew e Cherry e riguardante l’analisi dei rapporti tra modelli di società che sono caratterizzate da condizioni relativamente uguali tra loro, bene si collega al rapporto tra Bitinia e Pergamo. Si trattava infatti delle due principali potenze di medio calibro in Anatolia, che ovviamente tendevano a contendersi una posizione di predominio nella regione. Da tale antagonismo nome usato dagli Attalidi e non dai sovrani di Bitinia. Cfr. Borgna 2019, p. 663 nt. 550. Sullo Ierace e la sua fine cfr. da ultimo Primo 2009 (che ritiene che egli sia morto nei territori tolemaici in Siria), Chrubasik 2016, pp. 7681 e Mineo-Zecchini 2020, p. 175 (che ritengono che sia morto in Tracia). 117 Polyb. V 90.1. 118 OGIS 267, Polyb. IV 49 1-3. Cfr. Magie 1950, pp. 737-738, Hansen 1971, pp. 34-35, Allen 1983, pp. 197-198. Sulle Niceforie cfr. soprattutto Musti 1998 e 2000. Su Acheo cfr. ora Chrubasik 2016, pp. 81-89. 119 Michels 2009, p. 69 e Paganoni 2019b, p. 101. 120 Ma 2013, pp. 57-58, si vedano anche le considerazioni di Fernoux 2008, pp. 239-241 sull’influenza culturale di Pergamo sulla Bitinia. 121 Per una visione teorica del modello politologico della secondary state formation cfr. Price 1978. Sul concetto invece di peer-polity interaction cfr. Renfrew 1986 e per quanto concerne il mondo ellenistico Ma 2003.

Per la guerra tra Rodi e Bisanzio cfr. Vitucci 1953, pp. 37-40, Habicht 1957a, col. 1088, Hannestad 1996, pp. 79-80, Fernoux 2008, p. 226, Paganoni 2019b, pp. 99-107, Prandi 2020, pp. 89-92. 123 Polyb. IV 50 4-10, 51 7-9, 52 1-2. Per un commento a tutti i passi polibiani riguardanti la guerra tra Rodi e Bisanzio cfr. Walbank 1957, pp. 503-507. 124 Polyb. IV 52 6-10. 122

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Le vicende politiche del regno di Bitinia a restituire alla città del Bosforo tutti i territori da lui acquisiti durante la guerra. Dopo la fine della guerra contro Bisanzio , nel corso del conflitto tra Acheo e Attalo125, quest’ultimo decise di assoldare contro l’avversario la tribù dei Galati Egosagi126, i quali, dopo aver saccheggiato varie regioni dell’Anatolia, risalirono la Misia fino ad arrivare presso il fiume Macesto. Qui, turbati da un’eclisse di luna, i celti non vollero iniziare la campagna vera e propria contro Acheo e Attalo, evidentemente non in grado di affrontarli militarmente, dovette venire a patti con loro e stanziarli nella regione dell’Ellesponto127. I Galati si diedero alle solite devastazioni e ruberie; ciò diede occasione a Prusia di organizzare una spedizione contro di loro, ottenendo un’eclatante vittoria probabilmente nell’anno 216 a.C.. Questa serie di avvenimenti consentì al sovrano bitinico di effettuare un importante operazione propagandistica, purificando l’immagine di un regno bitinico “amico” dei barbari e presentandosi piuttosto come difensore della grecità e delle città greche, infliggendo indirettamente un colpo al rivale attalide che aveva invece in questo caso chiamato e utilizzato i Galati. Secondo McShane questo danno propagandistico subito dai pergameni sarebbe stato trascurabile e l’azione di Prusia enfatizzata da una fonte rodia a lui favorevole recepita da Polibio; secondo Fernoux invece i danni compiuti dai Galati nella regione dell’Ellesponto sarebbero stati notevoli ed il danno propagandistico per Attalo e i pergameni consistente128. Il testo polibiano insiste peraltro moltissimo sui danni effettuati dai Galati e sembra in ciò degno di fede, rendendo preferibile l’ipotesi di Fernoux. Prusia inoltre, per celebrare ancora di più la sua vittoria, coniò probabilmente anche una serie di monte, su cui è presente l’effige di Zeus Niceforo. Si trattò probabilmente per il sovrano bitinico di un momento di ripresa, dopo la pace non certo soddisfacente con Bisanzio. Egli forse si espanse in questo periodo anche nella zona di Abido, mossa che preoccupò Attalo, il quale nel 213 a.C. stipulò un’ alleanza con Antioco III e rioccupò parte della Misia al confine con la Bitinia129. Dopo la vittoria sui Galati Prusia si sentì forse abbastanza forte da poter inaugurare un più ambizioso programma di alleanze, avvicinandosi agli Antigonidi e alla Macedonia. Nel 215 a.C. infatti tale alleanza fu suggellata probabilmente dal matrimonio tra il sovrano bitinico e Apame, probabilmente figlia di Demetrio II e sorellastra del sovrano macedone Filippo V130. A questa mossa Prusia era stato spinto, oltre che dagli antichi legami che univano Bitinia e Antigonidi e dall’indubbio prestigio del giovane sovrano macedone, dal contemporaneo avvicinamento degli Attalidi alla lega etolica, stato concorrente di Filippo V nello scacchiere

greco-macedone. A questo punto intervenne il fatto nuovo dell’alleanza tra Filippo e Annibale, sancita proprio nel 215 a.C. e che diede inizio alla prima guerra macedonica. Ciò portò come è noto gli Etoli e Attalo a schierarsi al fianco di Roma, mentre Prusia prese le parti del cognato antigonide. Prusia inviò dapprima una flotta in aiuto del cognato dopo il fallimento delle trattative di pace nel 208 a.C. e poi attaccò Attalo, costringendo il sovrano pergameno a richiamare il contingente da lui inviato in Grecia in aiuto degli Etoli per fronteggiare invece l’incombente minaccia bitinica in Asia Minore. Si era così giunti, dopo quasi cinquant’anni di rivalità, alla prima guerra aperta bitino-pergamena, che si data con ogni probabilità al 207 a.C. . Dovette trattarsi di un conflitto di non scarsa entità, anche se ci è noto soltanto da un brevissimo excursus di Livio nel corso della trattazione sulla guerra macedonica131. Secondo Vitucci Prusia sarebbe venuto in possesso nel corso proprio di questa guerra della cosiddetta Frigia Epitteto, cioè verosimilmente quell’area della Frigia inclusa poi nel trattato di Apamea e comprendente le regioni di Mideum, Nacoleia Kotiaion e Aizanoi132. Secondo Habicht133 è invece improbabile che ciò sia avvenuto, in quanto il trattato di Fenice del 205 a.C., che pose fine alla guerra macedonica e venne firmato da Filippo V anche a nome del cognato, non fa menzione di tale territorio. Nel periodo successivo alla pace di Fenice, Prusia continuò la sua politica di espansione in Asia, lanciando un massiccio attacco contro Kios e Myrleia, approfittando anche della presenza e dell’aiuto della folotta antigonide nell’area. Le due città erano allora parte della lega etolica e questo spinse Filippo V ad intervenire in aiuto del cognato. La presenza di un prostates della lega etolica non aiutò la resistenza di Kios, che anzi era stata devastata da un conflitto civile, al termine del quale arrivò al potere il demagogo Molpagora. Costui è descritto da Polibio134 come un tipico esponente della democrazia radicale, che cerca di ottenere il favore del popolo ad ogni costo e di distruggere in maniera feroce i propri nemici. L’ascesa di Molpagora fu forse determinata anche dalle difficoltà che si ebbero in città in relazione alla politica aggressiva portata avanti da Prusia. È probabile che Molpagora fosse legato ad una politica anti-bitinica, in quanto Prusia e Filippo dovettero sostenere un lungo e prolungato assedio della città mentre appunto il nostro era al potere135. Gabelko, sulla base dell’analisi di due stelai funerarie con rilievi di battaglia, una appartentente ad un certo Nana ed una ad un certo Nikasion, databili al III sec. a.C. e provenienti la prima dal territorio di Myrleia e la seconda da quello di Kios, ha proposto la partecipazione

125 Su tale conflitto cfr. Schmitt 1964, pp. 158-175, Ma 2002, pp. 54-63 e Chrubasik 2013, pp. 86-96. 126 Polyb. V 77 2. Walbank 1957, p. 603. 127 Polyb. V 78.1. Walbank 1957, p. 606 128 McShane 1964, pp. 95-97; Fernoux 2008, pp. 226-228 e più recentemente Savalli-Lestrade 2021, p. 176. 129 Fernoux 2008, p. 228. 130 Strab. XII 4.3 564C. Cfr. Seibert 1967, p. 116, Fernoux 2008, pp. 228231, Gabelko 2015, pp. 87-89, Paganoni 2019b, p. 126. Diversamente Stasser 2015 ritiene che sia la sposa di Prusia I che quella di Prusia II, entrambe di nome Apame, sarebbero principesse seleucidi e non antigonidi.

Liv. XXVIII 7.10. Vitucci 1953, p. 46. Secondo Schwertheim 1988, pp. 65-78 la Frigia Epitteto andrebbe distinta dalla Misia nominata dal trattato di Apamea. Tale ipotesi non è stata accolta da da Fernoux 2008, p. 229 nt. 39, il quale ha notato l’ambiguità del testo di Strabone citato da Schwertheim a sostegno della sua ipotesi. Favorevole invece più recentemente SavalliLestrade 2019, p. 221. 133 Habicht 2006, pp. 4-5. 134 Polyb. XV 21. Su Molpagora e la critica di Polibio alla democrazia ellenistica radicale cfr. Thornton 2019, pp. 70-76 e Paganoni 2019b, p. 113. 135 Gabelko 2015, p. 88. 131 132

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Un’ area di frontiera dei Galati alle operazioni di Prusia contro le due città136. Nei rilievi sono raffigurati in una, quella di Nana, un combattimento terrestre tra un combattente greco ed uno che sembra essere di origine celtica e nell’altra, quella di Nikasion, un combattimento navale a cui parteciperebbe un combattente con vesti di foggia celtica. Secondo lo studioso russo tali mercenari celtici avrebbero fatto parte dell’esercito di Prusia nell’ambito dell’attacco contro Kios e Myrleia. Tale ricostruzione di Gabelko mantiene un elevato carattere di ipoteticità, ma se cogliesse nel segno tale uso dei Galati da parte di Prusia potrebbe aver consentito agli Attalidi di utilizzare tale azione nella propanda contro i rivali bitinici. Non si ha notizia di relazioni ostili tra Myrleia ed il regno di Bitinia, secondo Gabelko137 essa potrebbe essere stata accattata su impulso di Filippo e non di Prusia, che sarebbe giunto in aiuto del cognato. Tale ipotesi è del tutto priva di argomentazioni a suo sostegno; difficile è anche contestualizzare un passo di Dionisio di Bisanzio138, secondo cui vi era sul Bosforo un insediamento chiamato Myrlaeum, rifugio per coloro che sarebbero scappati da Myrleia durante una non ben specificata guerra civile. Sempre secondo lo studioso russo tale passo si riferirebbe al periodo della guerra di Prusia e Filippo contro Myrleia, la quale sarebbe stata anch’essa, come Kios, devastata in quel periodo da un conflitto civile e avrebbe ottenuto assistenza dagli abitanti di Bisanzio, interessati a fermare l’ascesa di Prusia nell’area. Anche tale scenario appare purtroppo privo di elementi concreti a suo sostegno e resta abbastanza ipotetico. Prusia e Filippo riuscirono però a occupare le due città; quest’ultimo, spinto probabilmente dall’odio nutrito nei confronti della lega etolica, espugnò e distrusse quasi completamente Kios, che invece forse il suo cognato bitinico avrebbe voluto che gli fosse consegnata in condizioni meno miserevoli139. In ogni caso il re di Bitinia rifondò e rinominò le due città: Kios prese il nome di Prusa a mare, mentre Myrleia quello di Apamea. Il racconto delle fonti esclude invece che il re bitinico avesse occupato durante questa campagna anche Calcedone, che rimase ancora legata a Bisanzio e fuori dalla sfera di influenza bitinica. Pochi anni dopo la presa di Kios e Myrlea scoppiò la seconda guerra macedonica, alla quale però Prusia non partecipò. Ciò avvenne o in seguito ad un prudente calcolo sui rapporti di forza tra il cognato e i Romani, che sembravano del tutto sbilanciati a favore di questi ultimi oppure più verosimilmente per dei dissapori sorti con il cognato in relazione alle distruzioni operate da quest’ultimo a Kios, che lasciarono solo una città fantasma nelle mani del sovrano bitinico. Non è inoltre da sottovalutare il timore di un possibile attacco attalide, visto anche il fallimento della spedizione di Filippo contro Pergamo140. Nonostante la neutralità professata durante il conflitto, il racconto polibiano ci informa del fatto che nel

senatoconsulto con le condizioni della pace con Filippo recate da una commissione senatoria di dieci legati al proconsole Flaminino figurava tra le istruzioni quella di scrivere a Prusia per ottenere la liberazione di quelli di Kios141. Tale disposizione peraltro non sortì alcun effetto, in primo luogo perché la Bitinia non aveva partecipato alla guerra ed in secondo luogo forse perché Flaminino non ritenne opportuno alienarsi il sovrano bitinico e risospingerlo nelle braccia del cognato antigonide. Kios, con il suo nuovo nome di Prusia a mare, rimase quindi un possedimento bitinico. L’espansione di Prusia continuò con la presa di Cierus e Tieium e il tentato assedio di Eraclea. Tale politica segnò un deciso cambiamento nell’azione militare e diplomatica bitinica, che fino ad allora era stata invece improntata fin dai tempi di Nicomede I una politica pacifica nei confronti di Eraclea ed ad un ritorno invece all’azione aggressiva di Zipoites. La cronologia di tali eventi, che sono riportati dal solo Memnone142, è assai dibattuta. Secondo la tesi di Eduard Meyer143 le operazioni di Prusia contro Eraclea sarebbero da porre nel periodo compreso tra il 200 e il 195 a.C., a cavallo della seconda guerra macedonica. Sostegno di questa datazione sarebbe un passo di Memnone, che fa riferimento ad un attacco da parte dei Galati contro Eraclea prima della pace di Apamea144. Tale riferimento però si ritrova in un frammento successivo degli excerpta foziani di Memnone, il 20, rispetto a quello, il 19, in cui si narrano le operazioni di Prusia contro Eraclea e il territorio eracleota. Questa difficoltà è stata messa in rilievo in uno studio di Dmitriev145, il quale ha anche notato come nel frammento 18 di Memnone vi siano riferimenti ad avvenimenti legati alla guerra siriaca, come le negoziazioni che portarono all’alleanza tra Roma e Eraclea, i negoziati dei Romani con altre città asiatiche come Colofone, le operazioni della guerra tra Antioco ed i Romani ed infine il discusso trattato tra i Romani ed Eraclea. Inoltre nei frammenti 21 e 22 si fa riferimento ad avvenimenti molto distanti nel tempo, cioè nel 21 l’aiuto dato da Eraclea ai Romani durante la guerra sociale e nel 22 vicende riguardanti già la prima guerra mitridatica. Per Dmitriev146 quindi la parte dell’attaco dei Galati alla città sarebbe un excursus, che si riferisce ad un avvenimento anteriore alla guerra siriaca, inserito però in una narrazione riguardante eventi successivi a tale conflitto. Inoltre il riferimento di Memnone al fatto che l’assedio di Eraclea avvenne non molti anni prima della morte di Prusia può essere considerato un elemento importante per la datazione. Se infatti la morte del sovrano bitinico è posta generalmente verso la fine degli anni ottanta del secondo secolo a.C., ciò implica che non si può retrodatare troppo il conflitto con Eraclea, che andrebbe posto quindi non prima, ma dopo la pace di Apamea e la cacciata dei Seleucidi oltre il Tauro. La tesi di Dmitriev appare persuasiva e quindi sembra da accogliere la datazione del conflitto tra Prusia e Eraclea al periodo successovo alla guerra siriaca. Non sembra infine essere un motivo ostatitivo

Gabelko 2015, pp. 89-94. Pfuhl-Möbius 1979, nrr. 309 - 310. Gabelko 2015, pp. 96-98. 138 Dionys. Byz. 82. 139 Polyb. XV 23.10. cfr. Hammond- Walbank 1988, p. 413 e Hannestad 1996, p. 81. Polibio si sofferma sull’indignazione che la distruzione delle due città suscitò nei Greci contro Filippo. 140 Vitucci 1953, pp. 48-50. 136

Polyb. XVIII 44.5. Memn. FGrHist 434 F 19 1-3. 143 Meyer 1879, p. 5. 144 Memn. FGrHist 434 F 20.1 145 Dmitriev 2007, pp. 133-134. 146 Dmitriev 2007, pp. 133-134. 141

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Le vicende politiche del regno di Bitinia a tale ipotesi la consoderazione secondo cui Prusia non avrebbe attaccato Eraclea dopo la pace di Apamea, in quanto quest’ultima era divenuta alleata dei Romani. Il sovrano bitinico non aveva infatti simili riguardi, come è confermato dal fatto che la guerra con gli Attalidi, anch’essi alleati di Roma, scoppiò sicuramente dopo la pace di Apamea. All’epoca della guerra siriaca Antioco cercò di portare il re di Bitinia dalla sua parte, promettendo ingrandimenti territoriali e spingendolo o addirittura ad attaccare l’esercito degli Scipioni per rallentarlo o almeno ad attacare gli Attalidi alleati dei Romani147. Prusia però, dopo che una lettera di Scipione ed un’ambasceria capeggiata da Livio Salinatore lo ebbero rassicurato sulle intenzioni romane nei suoi riguardi, decise di non accettare le proposte di Antioco e di mantenersi dalla parte dei Romani148. Vanno inseriti probabilmente in questo contesto i tentativi espansionistici che il re bitinio condusse di verso la Frigia e la Misia, occupando la cosiddetta Frigia Epitteto149. Una iscrizione bilingue proveniente dal tempio di Zeus ad Aizanoi e databile al 128 d.C. afferma che Adriano restituì al tempio alcune terre che erano state ad esso concesse da Attalo e Prusia e poi usurpate da privati150. Tale documento prova che Aizanoi e tutta la zona della cosiddetta Frigia Epitteto fu quindi dapprima sotto il controllo attalide e poi sotto quello dei re di Bitinia. Gli Attalidi avevano forse acquisito questo territorio nel 216 a.C., quando avevano combattuto in unione con Antioco III contro Acheo, ottenendo in cambio il controllo di questa parte della Frigia. L’occupazione da parte di Prusia si deve porre invece probabilmente, secondo il parere di Habicht151, intorno al 190 a.C. e non nel periodo della prima guerra macedonica come voleva Vitucci. Esso durò però per poco tempo, in quanto, dopo l’intervento di Vulsone a favore dei Pergameni ed in seguito alle decisioni prese ad Apamea, il sovrano bitinico fu costretto a cedere questi territori agli Attalidi152. Dopo la pace di Apamea, come si è detto, Prusia attaccò il territorio di Eraclea ed assediò la stessa città pontica, venendo però ferito e non riuscendo ad occuparla. Il conflitto con Eraclea fu forse alla base della guerra bitino-pergamena che scoppiò da lì a poco, probabilmente nel 185/184 a.C.153. Infatti una prima ambasceria inviata dagli Attalidi a Roma, nel 185 a.C., non contiene recriminazioni contro Prusia, ma solo contro Filippo V154. In una seconda invece, databile all’anno 183 a.C. e capeggiata da Ateneo fratello di Eumene II, vengono denunciati non solo i maneggi di Filippo V e i suoi attacchi alle città della Tracia, ma anche l’assistenza data al cognato Prusia I nella guerra che quest’ultimo stava conducendo

contro Pergamo155.Presso Prusia I si trovava inoltre Annibale156, vecchio nemico dei Romani e certamente fautore della guerra contro Pergamo. Non molte sono purtroppo le fonti sulla guerra. In aiuto di Prusia scesero in campo anche i Galati, il cui re Ortiagonte era probabilmente mosso anch’egli da desiderio di vendetta nei confronti dei Pergameni per gli umilianti termini imposti prima da Vulsone e poi confermati ad Apamea157. Essi infatti non potevano uscire in armi dal loro territorio ed erano stati costretti ad impegnarsi a non molestare il regno di Pergamo. Va rilevato come non vi fu un intervento diretto dei Romani nel corso della guerra, che si limitarono a fare da spettatori, mantenendo però un atteggiamento favorevole agli Attalidi. Le operazioni si svolsero per terra e per mare, ma non è semplice dare ad esse un ordine cronologico sicuro158. Per terra gli Attalidi ottennero una grande vittoria presso il monte Lypedron, probabilmente nell’estate del 184 a.C. . Questa vittoria è nota da un’iscrizione, OGIS 298, che concerne una dedica votiva posta da Attalo in cui si fa riferimento sia ai Bitini che ai Galati come nemici sconfitti nel corso della battaglia159. Le operazioni navali invece ebbero un esito favorevole ai Bitini, le cui armate erano comandate da Annibale, il quale ottenne una vittoria contro la flotta pergamena, utilizzando lo stratagemma di catapultare serpenti contro le navi nemiche160. La guerra durò probabilmente per tutto il 184 a.C.. e parte del 183 a.C. . L’opinione di alcuni studiosi per una conclusione della guerra nel 184 a.C., non sembra sostenibile sulla base di alcuni argomenti presentati da Habicht161. I sostenitori infatti della conclusione della guerra nel 184 a.C. si basano su un passo di Polibio162, riguardante una visita della regina pergamena Apollonis a Cizico che sarebbe avvenuto dopo la fine della guerra con Prusia. Tale avvenimento è inserito dallo storico di Megalopoli in una sezione riguardante il 185/84 a.C., ma va rilevato, come evidenziato da Habicht, che esso ha la forma peculiare di una digressione che anticipa gli eventi del futuro e non riguarda il 185/184 a.C.. Cio è confermato dal fatto che il paragrafo successivo 155 Polyb. XXIII 1 4-7, Liv. XXXIX 46.9. Cfr. Canali de Rossi 1997, nr. 505 156 Corn. Nep., Hannibal. 12. Annibale era alla corte di Prusia probabilmente già nel 189 a.C. cfr. Plut., Flam. 20.2 157 Liv. XXXVIII 40 1-2. L’intervento di Farnace del Ponto nella guerra bitino-pergamena è attestato in Just. Prol. XXXII e considerato probabile da McGing 1986a, p. 24, Ballesteros Pastor 2000-2001 e Petković 2012, pp. 359-360 (si veda in particolare la nota 18 sul valore storico della menzione di Farnace come alleato di Prusia in Just. Prol. XXXII contro i dubbi avanzati da Habicht 1957a, col. 1099). Secondo Walbank 1979, p. 254 «there is no evidence that Pharnaces was involved in the war between Eumenes and Prusias», ma, come rileva giustamente McGing 1986a, p. 24 nt. 59, egli omette del tutto di citare nel commento al passo Just. Prol. XXXII. 158 Su tale conflitto bitino-pergameno le fonti letterarie sono Polyb. XXI 45.10, 23.1.4; Liv. XXXVIII.39.15, Just. Prol. 32 e XXXII.4; Corn. Nep. Hann. 10.1. Per quanto concerne la bibliografia moderna si vedano Vitucci 1953, pp. 55-60, Habicht 2006, pp. 1-12, Mc Shane 1964, pp. 159-161, Hansen 1971, pp. 99-101, Hopp 1974, pp. 40-43, Will 1982, pp. 286-287 e più recentemente Gabelko 2005, pp. 301-305, Fernoux 2008, pp. 231- 233, Petković 2012, pp. 358-359, Savalli-Lestrade 2019, pp. 219-227 e Paganoni 2019b, pp. 131-140 e Grainger 2020, pp. 161-166 e Savalli-Lestrade 2021, pp. 177-179 (sul ruolo dei Galati). 159 Cfr. il commento di Paganoni 2019b, pp. 181-183. 160 Iustin. XXII 4.5. 161 Habicht 2006, pp. 9-11. 162 Poyb. XXII 20.8.

Polyb. XXI 11 e Liv. XXXVII 25. Vitucci 1953, p. 54. 149 Secondo Savalli-Lestrade 2019, pp. 221-222 non si tratterebbe di tutta la Frigia Epitteto, ma solo della cosiddetta Misia Olimpiene, territorio pieno di importanti foreste da cui si ricavava legname pregiato. 150 MAMA IX n. 8 = AE 1940 n. 44. Cfr. il commento di Paganoni 2019b, pp. 185-189 e infra Parte 2 par. 2.2. 151 Habicht 2006, pp. 4-5. 152 Liv. XXVIII 37.11. 153 Secondo Burstein 1980, p. 1 le radici della guerra bitino- pergameno starebbero nell’insoddisfazione di Prusia riguardo a quanto stabilito da Vulsone dopo Apamea. Ciò è in parte vero, anche se come si vedrà sarà solo la politica aggressiva nei confronti di Eraclea Pontica a determinare definitivamente la guerra tra Bitinia e Pergamo. 154 Polyb. XXII 6 1-5, Liv. XXXIX 24.6-13. Cfr. Canali de Rossi 1997, nr. 499-500. 147 148

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Un’ area di frontiera la sconfitta di Farnace, il sovrano attalide ricompensò il re di Bitinia concedendogli proprio Tieium171. Nel fare tale scelta il sovrano bitinico si era forse reso conto che le forze della coalizione pergamena erano maggiori di quelle pontiche oppure pensava di riguadagnare così il favore dei Romani, che, pur non partecipando direttamente al conflitto, certamente guardavano con maggior simpatia il tradizionale alleato attalide piuttosto che il re del Ponto. Certo il peso dell’intervento di Prusia non dovette essere trascurabile172, in quanto convinse gli Attalidi a cedere Tieium, città non priva di importanza strategica e patria del fondatore della dinastia attalide, Filetero173. Prusia ottenne quindi un importante ingrandimento territoriale in un’area, che era stata oggetto dei vani sforzi espansionistici del padre Prusia I. Nell’ambito di questa politica si situa anche il monumento che la Lega Etolica innanzò a Prusia a Delfi, probabilmente all’inizio del suo regno tra il 182 e il 179 a.C. . Questo monumento, alto circa 1,79 m. e molto importante in quanto posto vicino al tempio, si è conservato per intero tranne per la statua equestre del sovrano in bronzo che era posta sopra di esso. Nell’iscrizione174 il sovrano bitinico viene onorato per i benefici resi al koinon etolico e per la sua evergesia. Questa nuova politica filo-attalide di Prusia non durò però a lungo, in quanto pochi anni dopo egli ottenne, dopo molte insistenze, la mano di Apame sorella di Perseo175. Con questa mossa il sovrano bitinico ritornava alla consueta politica filo-antigonide e lo faceva alla viglia del conflitto che stava per scoppiare tra il sovrano macedone e Roma. Perseo sicuramente si decise a consentire tale matrimonio per ottenere un nuovo alleato nella lotta contro Roma; il sovrano bitinico dal canto suo ricercava l’alleanza antigonide per avviare una nuova campagna espansionistica in Asia Minore. Egli però probabilmente non pensava di dover prendere le armi contro Roma e infatti, quando il conflitto scoppiò, decise sulle prime di mantenere una posizione di prudente neutralità, cercando di scontentare né il cognato antigonide né i Romani176. In seguito con il definirsi del conflitto in un modo sempre più favorevole ai Romani, egli decise di intervenire al fianco di questi ultimi, inviando nel 169 a.C. una squadra di cinque navi, che insieme alle venti mandate da Eumene di Pergamo, si unirono alla flotta del pretore C. Marcio Figulo nel vano assedio navale di Cassandreia177. A questo punto si inserisce un episodio controverso: l’invio da parte di Prusia sul finire del 169 a.C. di un’ambasceria a Roma con lo scopo di tentare una mediazione per far cessare il conflitto, ottenendo una accoglienza cordiale.

presuppone una guerra ancora in corso, presentando Ortiagon, re galata e principale alleato di Prusia al colmo del suo potere, e non subordinato a Pergamo come sarà dopo la firma della pace. Inoltre un decreto proveniente da Telmessos 163 e riguardante una grande vittoria pergamena su Prusia, Ortiagon, i Galati ed altri alleati, è databile a dicembre 184 a.C., mostrando che allora la guerra non era ancora conclusa. D’altra parte la citata ambasceria di Ateneo a Roma si svolse nel 183 a.C. e in questo stesso anno avvenne l’invio di Flaminino come plenipotenziario romano presso Prusia164. Roma aveva ormai esaurito la sua pazienza nei confronti del monarca bitinico, il quale dava rifugio ad uno dei principali nemici di Roma come Annibale. Si giunse così alla pace, che fu dura per Prusia, il quale dovette cedere ai Pergameni i territori contesi della Frigia Epitteto; inoltre fu costretto a consegnare Annibale ai Romani165. Il condottiero cartaginese si tolse però la vita, per evitare l’umiliazione di cadere nelle mani dei propri storici nemici. Poco tempo dopo questi fatti morì anche Prusia I, detto “lo Zoppo” da Memnone166 per le ferite riportate durante l’assedio di Eraclea e salì al potere suo figlio Prusia II. 1.4.  Da Prusia II alla fine del regno di Bitinia Prusia II, chiamato con il soprannome di “Il Cacciatore”167, viene presentato da Polibio in maniera molto sfavorevole168. Egli iniziò il suo regno con una scelta politica pragmatica, decidendo di partecipare dalla parte nei Pergameni alla cosiddetta “guerra pontica”, che vide fronteggiarsi Farnace I del Ponto da una parte e dall’altra parte una coalizione composta da Eumene II di Pergamo, Ariarate IV di Cappadocia e il re di Paflagonia169. Questa scelta rappresentava un netto cambiamento nella politica del regno di Bitinia, che fino ad allora era stato alleato di Farnace, il quale aveva probabilmente partecipato al fianco di Prusia I al conflitto bitino-pergameno di cui si è detto sopra. A motivare questo cambio di alleanze fu probabilmente la questione del possesso di Tieium, che nelle prime fasi della guerra venne conquistata con un’azione di guerra ad opera del generale pontico Leocrito170. Questa città, già oggetto in tempi precedenti delle mire bitiniche, era probabilmente in quel momento nelle mani degli Attalidi come si evince da un passo di Polibio. Prusia, per ottenere la città, preferì non dare aiuto a Farnace, ma piuttosto aiutare gli Attalidi. Questa scelta appare di non semplice comprensione visti i rapporti che erano intercorsi in precedenza tra Bitinia e Ponto, ma si rivelò alla fine azzeccata, dato che, alla fine del conflitto, dopo

Polyb. XXV 2 per le condizioni del trattato di pace e la cessione di Tieium a Prusia. 172 Diversamente Vitucci 1953, p. 69. 173 Strab. XII 3.8 544C. 174 FD III. 4. 76 = IG IX 12. 1. 184 = Syll.3 632. Cfr. Vitucci 1953, p. 70, Hannestad 1996, pp. 84-85, Fernoux 2004, pp. 61-62, Michels 2009, p. 73. 175 Liv. XLII 12. 3 176 Liv. XLII 29 1-3- Cfr. Canali de Rossi 1997, n. 531*. 177 Liv. XLIV 10 12. Iustin. XXXIII 1, 2 cita un inesistente Eumene, re di Bitinia come alleato dei Romani nella guerra contro Perseo. Si tratta probabilmente probabilmente anche qui di un fraintendimento, come in Iustin. XXVII 3, dell’epitomatore, che fonde in una sola personalità i regni di Pergamo e di Bitinia, che, secondo il racconto liviano, mandarono entrambi aiuti ai Romani nell’ultima fase della terza guerra macedonica. 171

Segre 1932, 446-452 e Paganoni 2019b, pp. 178-181. 164 Canali de Rossi 1997, n. 506. 165 Vitucci 1953, pp. 58-59. 166 Memn. FGrHist 434 F 19.3. 167 Appian., Mithr. 2. 168 Soprattutto Polyb. XXXVI 15, che contiene un ritratto a fosche tinte di Prusia II. Scollo 20120, pp. 54- 58 pone a confrono questo ritratto negativo del sovrano bitinico con i ritratti polibiani di segno invece marcatamente positivo di alcuni sovrani attalidi. 169 Sulla ‘guerra pontica’ cf. tra gli altri Will 1982, pp. 288-290, SherwinWhite 1984, p. 28, McGing 1986a, pp. 26-29, Petković 2012, pp. 360364 e da ultimo Savalli-Lestrade 2019, pp. 227-229. 170 Diod XXIX 23. Cfr. Magie 1950, p. 192. 163

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Le vicende politiche del regno di Bitinia Tale notizia ci è riportata da un passo di Livio178, il quale presenta la legazione di Prusia assieme ad un’altra rodia, volta sempre a cercare una mediazione tra Roma e Perseo. A partire dagli studi di Nissen179 tale ambasceria rodia, che avrebbe invece ottenuto una sfavorevole reazione a Roma, viene considerata una duplicazione da parte di una fonte annalistica seguita dallo storico patavino dell’ambasceria che i Rodii inviarono l’anno successivo, il 168 a.C., proponendo una mediazione e ricevendo un’accoglienza molto ostile da parte del Senato180. Tale ipotesi sarebbe suffragata da qiuanto afferma Polibio181, il quale, anche se, come lo storico patavino, ci presenta per il 169 a.C. un’ambasceria proveniente da Rodi, la connota in maniera totalmente diversa da quella di Livio, non facendo menzione dei tentativi di mediazione e asserendo che gli amasciatori dell’isola greca ottennero una cordiale accoglienza da parte delle autorità dell’Urbe. La probabile non attendibilità della notizia sull’ambasceria rodia del 169 a.C., così come riportata da Livio e dalla sua fonte annalistica, hanno portato gli studiosi a discutere anche l’attendibilità di quanto riportato dallo stesso storico patavino sull’ambasceria di Prusia nel 169 a.C. e sul suo tentativo di mediazione.

ad un terzo della qualità di arbitro, ciò non avviene per quanto concerne i tentativi di mediazione, che sono a volte accettati dai Romani.Inoltre non è affatto certo che l’accoglienza dell’ambasceria di Prusia sia stata negativa. Eckstein185 rileva come al riguardo una ipotesi potrebbe essere quella che l’ambasceria di Prusia non contenesse alcun accenno ad un’eventuale opera di mediazione. Una simile posizione troverebbe conforto nel parallelismo con quella dei Rodii così come presentata da Polibio, secondo il quale, come si è visto sopra, l’ambasceria rodia del 169 a.C. non avrebbe avuto come scopo la mediazione e sarebbe stata accolta favorevolmente. Tale posizione secondo lo studioso potrebbe però forse essere tacciata di ipercriticismo. Altra ipotesi passata in rassegna da Beckstein è quella di una possibile “contaminazione” delle fonti di Livio, che nel caso del resoconto dell’ambasceria di Prusia non utilizzerebbe più la fonte annalistica, ma baserebbe il suo racconto su di un passo di Polibio non pervenuto186.

La fonte annalistica di Livio secondo Scafuro183 presenterebbe il sovrano bitinico in una luce favorevole per fornire un contrappunto positivo rispetto all’esempio negativo dei Rodii. Polibio invece sarebbe latore di una tradizione negativa su Prusia, basata su fonti orientali. Secondo la studiosa americana la presentazione della fonte annalistica sarebbe fuorviante e l’accoglienza dell’ambasceria di Prusia, che pure sarebbe effettivamente avvenuta, sarebbe stata negativa come quella rodia. I Romani sarebbero contrari ad ogni forma di arbitrato e mediazione da parte di terzi durante una guerra da loro condotta. Questa poco favorevole ricezione della sua ambasceria nel 169 a.C. avrebbe spinto Prusia a recarsi poi a Roma nel 167/166 a.C. per cercare, con un dispiego di adulazione, di stornare l’ira romana che pendeva sul suo capo. Questa ipotesi di Scafuro è stata criticata con argomenti persuasivi da Eckstein184, il quale in primo luogo ha sostenuto che occorre distinguere tra arbitrato e mediazione. Se infatti le fonti presentano i Romani come contrari ad ogni forma di arbitrato, cioè di remissione

In ogni caso, per Eckstein, il resoconto liviano conterrebbe l’eco di una reale ambasceria inviata da Prusia, che però non avrebbe avuto una recezione negativa da parte del Senato di Roma come sostenuto dalla Scafuro. La missione di Prusia a Roma nel 167/166 a.C. non sarebbe quindi dettata da paura, ma dalla volontà di cattivarsi il favore dei Romani187. Appiano e Cassio Dione, che sembrano far riferimento alla paura come motivazione per la venuta del sovrano bitinico a Roma, non appaiono attendibili come fonti in quanto il primo presenta Prusia come neutrale durante la terza guerra macedonica, quando invece il re bitinico inviò, seppur in ritardo, aiuti navali ai Romani. Cassio Dione invece sembra contaminare la terza guerra macedonica con la successiva guerra bitinico –pergamena, in quanto asserisce che Prusia si recò a Roma per chiedere il perdono del Senato, in quanto aveva attaccato Attalo senza il permesso del Senato stesso. L’ambasceria è presentata diversamente da due gruppi di fonti: da un lato quelle di origine greca e dipendenti da Polibio, che presentano il comportamento del sovrano bitinico come eccessivamente adulatorio e connotato teatralmente dall’atteggiamento di vera e propria proskynesis nei confronti del Senato e nell’adozione del copricapo e delle vesti proprie dei liberti.188 Dall’altro quelle di ambito romano, come Livio e Valerio Massimo, che dipendono probabilmente da una fonte annalistica, le quali presentano con dignità l’ambasceria di Prusia189. In ogni caso la missione diplomatica del sovrano bitinico a Roma del 167/166 a.C. non fu priva di successo, in quanto ottenne venti navi da guerra, probabilmente di preda bellica, e

Liv. XLIV 14 5-7. Cfr. Vitucci 1953, pp. 72-73, Habicht 1957b col. 1111, Scafuro 1987, pp. 28-37, Eckstein 1988, pp. 433-442, Canali de Rossi 1997 n. 536, Gabelko 2005, pp. 308-312, Beckendorf 2013, Scollo 2020, pp. 58-62. In generale sugli arbitrati si vedano Ager 1996, pp. 2733 e Ager 2008, pp. 32-33. 179 Cfr. Nissen 1863, pp. 245-248. 180 Polyb. XXIX 19 1-9, Liv. XLV 3 3-8 cfr. Ager 1996, pp. 332-336. 181 Polyb. XXVIII 2 1-7 e 16 1-10. Cfr. Marasco 1985, pp. 137-150. 182 Scafuro 1987, pp. 29-31. 183 Scafuro 1987, pp. 33-34. 184 Eckstein 1988, pp. 414-415.

Eckstein 1988, spec. pp. 430-433. Eckstein 1988, pp. 435-436, ipotesi accettata da Canali de Rossi 1997, n. 270 e Scollo 2020, pp. 62- 68. 187 L’ambasceria ebbe luogo probabilmente tra il settembre e il novembre/ dicembre del 167 a.C. giuliano cfr. Gandini 2016, p. 117. Fonti principali sono Polyb. XXX 18, Diod. XXXI 15 Walton, Liv. XLV 44 4-21, Appian., Mithr. 2, Cass. Dio. XX fr. 69, Val. Max. V I. 1E e Zonar. IX 24.7. 188 Polyb. XXX 18, Diod. XXXI 15 Walton, Liv. XLV 44 4-21, Appian., Mithr. 2, Cass. Dio. XX fr. 69, Val. Max. V I. 1E e Zonar. IX 24.7 cfr. Braund 1982, pp. 353-354 e Gandini 2016, pp. 120-124. 189 Liv. XLV 44 4-21 (che conosce anche la tradizione su Prusia “liberto”), Val. Max. V I. 1E, Eutr. IV 8.2 cfr. Gandini 2016, p. 118.

Come è stato evidenziato da Scafuro182, la mancanza di un passo polibiano corrispondente non consente, così come è invece possibile per l’ambasceria rodia sopra citata, una verifica esterna di quanto affermato dallo storico di Padova.

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Un’ area di frontiera l’amicizia del popolo romano190. I Romani appaiono intenzionati a trattare bene Prusia, usandolo come contraltare nei confronti dei loro vecchi alleati Rodi e Pergamo, la cui politica appare in questo momento troppo indipendente e quindi pericolosa per gli interessi del Senato. Il sovrano bitinico utilizza la stessa strategia di cui si era servito durante la “guerra pontica”, cercando di ampliare il proprio potere nell’area senza una politica espansionistica militare, ma appoggiandosi al potere che gli sembrava più forte, la coalizione attalide all’epoca della “guerra pontica”, i Romani nel caso del periodo successivo alla terza guerra macedonica. Il favore romano ottenuto spinse Prusia ad una rinnovata politiuca espansionistica nei confronti del regno attalide, cercando di ottenere i territori già richiesti all’epoca del viaggio a Roma. Già nel 164 a.C. Prusia accusò Eumene davanti al Senato di aver violato il territorio della Bitinia e non rispettato l’autonomia della Galazia191. L’anno successivo Eumene cercò di discolparsi, inviando a Roma i fratelli Attalo e Ateneo e accusando Prusia di aver sobillato Galati e Pisidi di Selge contro Pergamo. Questa ambasceria non ebbe grande successo, in quanto a Roma permaneva un clima di sfiducia nei confronti del sovrano attalide192. Nuove lamentele furono portate da un’ambasceria bitinica con la presenza dei Galati nel 161 a.C. e da un’ambasceria galata subornata anch’essa da Prusia nel corso dell’anno successivo193. La situazione non cambiò neppure con la morte di Eumene e l’ascesa al potere di Attalo, verso cui pure il Senato romano aveva mostrato maggiore simpatia rispetto al suo ormai screditato fratello. Questo atteggiamento così freddo di Roma nei confronti degli Attalidi spinse il sovrano bitinico a tentare la carta della guerra, che scoppiò da lì a pochi anni. Su tale conflitto siamo relativamente ben informati da Polibio e in misura minore da Appiano194. Nel 156 a.C. Prusia sconfinò in territorio pergameno, senza trovare un’adeguata resistenza da parte dell’esercito attalide. Ciò fu dovuto, secondo Vitucci, più che ad un’impreparazione militare di Attalo e delle sue forze, alla paura di apparire gli istigatori del conflitto e di suscitare un intervento romano a fianco della Bitinia195. Attalo venne assediato a Pergamo da Prusia, il quale intanto devastava la regione e saccheggiava

i templi, come il Nikephorion di Pergamo196. In seguito, il re di Bitinia avrebbe attacccato in maniera vana Elaia e si sarebbe ritirato con pesanti perdite. Nello stesso tempo negoziazioni a Roma avrebbero condotto all’invio di una commissione di tre uomini, con a capo Publio Cornelio Lentulo. Prusia aveva mostrato di accettare la mediazione di questa commissione, approfittando però in realtà dell’incontro di pace per impadronirsi con uno strategemma di Attalo e chiudere così la guerra a suo vantaggio. Non riuscito tale stratagemma, gli ambasciatori sarebbero rimasti chiusi a Pergamo insieme con Attalo. Prusia avrebbe ripreso poi la guerra l’anno successivo, in primavera, assediando di nuovo Attalo a Pergamo. Passato un altro anno, mentre Attalo si preparava ad una controffensiva, una più energica mediazione romana aveva avuto successo. I termini della pace furono oltremodo onerosi per Prusia, che dovette pagare tributi per vent’anni ai Pergameni e fornire indennizzi a Metimna, Ege, Cuma ed Eraclea197. Secondo Vitucci198, la sconfitta nella guerra contro Pergamo e i tributi che dovevano essere versati ad Attalo e alle altre città portarono ad una grave crisi economica nel regno bitinico e crearono un grave malcontento dei sudditi nei confronti di Prusia, che si riflette probabilmente nella ostilità presente nelle fonti contro il sovrano. A questo malcontento dovuto a ragioni economiche si unì anche la questione della successione, quando Prusia decise di accantonare il primogenito Nicomede, nato da Apame, favorendo invece i figli nati da un secondo matrimonio199.Secondo Appiano200 ciò avvenne perché il Re mal tollerava la simpatia che i sudditi, a lui contrari, mostravano nei confronti di Nicomede. Per questo egli l’avrebbe relegato a Roma. Secondo Vitucci questa spiegazione di Appiano non sarebbe credibile, in quanto Roma sarebbe stato “il luogo meno adatto per relegarvi un principe sospetto di propositi ribelli”201. Nicomede sarebbe andato a Roma in pieno accordo con il padre e avrebbe cercato di tutelare nell’Urbe gli interessi bitinici. Difficile dire quando si incrinarono i rapporti tra Prusia e il figlio Nicomede, vista l’esiguità delle nostre fonti. Certo la considerazione di Vitucci su Roma come luogo non adatto per mandarci un principe ribelle appare sensata. Non è da escludere però che, mentre in Bitinia la situazione economica peggiorava a causa dei tributi e delle conseguenze della guerra e di ciò si addebitava la colpa a Prusia, elementi delle elites bitiniche abbiano fatto riferimento a Nicomede come a colui che poteva cambiare in meglio le fallimentari politiche paterne. Ciò forse contribuì a instillare il sospetto in Prusia e a portarlo ad accantonare il figlio maggiore a favore dei più piccoli. Inoltre tutto il racconto trasmessoci da Appiano appare tendenzioso e legato ad una prospettiva fortemente ostile a Prusia II e favorevole a Nicomede202.

Eckstein 1988, p. 438. Polyb. XXX 30. 1-3; Liv., Per. XLVI 4. Cfr. Vitucci 1953, p. 74, Canali de Rossi 1997, nr. 553, Grainger 2020, pp. 166-169 (sui Galati che avevano accusato Pergamo già nel 166 a.C.). 192 Polyb. XXXI 1. 2-5; Diod. XXXI 7.2 Walton cfr. Canali de Rossi 1997, nnr. 557-559 e Gandini 2016, pp. 146-149. 193 Canali de Rossi 1997, nnr. 572-574. Cfr. Vitucci 1953, p. 75 e Walbank 1979, pp. 516-519. 194 Polyb. XXXII 15 1-14, 16 1-5, XXXIII 1 1-2, 7 1-4, 12 1-13, 13 1-10; Appian., Mithr. 6-8. Il resoconto della guerra in Polibio e Appiano sembrerebbe avere qualche divergenza. Polibio infatti parla di due assedi della città di Pergamo, in due anni successivi, mentre Appiano ne menziona uno solo. In Appiano inoltre il saccheggio dei santuari avviene mentre la commissione romana è assediata a Pergamo, mentre in Polibio ciò avviene in precedenza. Habicht 2006, pp. 13-18 ha dimostrato che tale apparente contraddizione è dovuta ad un erroneo collocamento degli excerpta costantiniana che trasmettono questa parte di Polibio. Gli excerpta infatti, una volta posti nel giusto ordine, coincidono sostanzialmente con la narrazione di Appiano. Sulla seconda guerra bitino-pergamena cfr. anche McShane 1964, pp. 188-191, Hansen 1971, pp. 133-134, Hopp 1974, pp. 74-77 e Sherwin-White 1984, pp. 46-47, Gabelko 2005, pp. 316-320, Fernoux 2008, pp. 237- 238, Grainger 2017b, pp. 222-223 e Scollo 2020, pp. 6970. 195 Vitucci 1953, p. 77. 190 191

Diod. XXXI 35 Walton cfr. il commento di Gandini 2016, pp. 226-229. Polyb. XXXIII 13 5-10. 198 Vitucci 1953, p. 83. 199 Iustin. XXXIV 4.1. 200 Appian., Mithr. 4 Per un commento al testo appianeo cfr. Mastrocinque 1999b, pp. 171-172, Goukowsky 2001, p. 129 e soprattutto ora l’ampia disamina di Paganoni 2022, pp. 84-89. 201 Vitucci 1953, pp. 83-84. 202 Per un ‘analisi storiografica recente e completa delle testiomnianze sul colpo di stato di Nicomede II si veda ora Paganoni 2022. Le fonti minori sono, oltre al racconto appianeo, Polyb. XXXVI 14 = Exc. de sent. 154 e XXXVI 15 = Exc. de virt. Et vit. II 114, Diod. XXXII 19-20-21 Walton, 196 197

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Le vicende politiche del regno di Bitinia Tale tradizione potrebbe essere nata alla corte di quest’ultimo, per giustificare in qualche modo il successivo colpo di stato. Ad eleborare tale racconto potrebbe essere lo storiografo Nicandro, il quale fu attivo alla corte di Nicomede II e di cui ci è stato conservato un frammento concernente appunto la dissolutezza di Prusia II203. Ad ogni modo la crisi tra padre e figlio raggiunse un momento importante nel 149 a.C., quando Prusa affidò a Nicomede l’incarico di intercedere presso il Senato affinchè fossero abbonate le rate rimanenti del tributo dovuto ai Pergameni204. Il re bitinico inviò a Roma come legato un certo Mena, con il compito di assistere il figlio in tale faccenda, ma anche, nel caso l’operazione non fosse riuscita, di ammazzare il principe Nicomede. Secondo Appiano tale delitto sarebbe dovuto avvenire nella stessa Urbe, ma ciò a molti studiosi non pare verosimile e preferiscono avanzare l’ipotesi che l’ambasciatore dovesse, con qualche pretesto, indurre, in caso di fallimento delle trattative, il principe a rientrare in patria, ove lo aspettava la morte205. Le trattative fallirono a causa dell’intervento di Andronico, ambasciatore di Attalo206, il quale dimostrò probabilmente al Senato che il risarcimento dovuto al re di Pergamo era forse inferiore ai danni inflitti da Prusia durante la guerra e che quindi non si poteva in alcun modo abbonare alcuna parte di esso. In questa cornice si inserisce probabilmente un primo intervento di Catone, che si pose forse contro la richiesta di Prusia, anche se il contesto frammentario non riesce a far comprendere bene quali fossero gli argomenti da lui utilizzati207. A questo punto, sempre secondo il racconto appianeo, Menas si trovò in difficoltà e non riusciva a decidersi su cosa fare, non risolvendosi ad eseguire gli ordini del Re ed ad uccidere Nicomede. Nicomede, visto il legato in difficoltà, riuscì a farlo parlare e comprese il piano escogitato dal padre contro di lui, convincendo poi lo stesso Menas ad allearsi con lui contro il padre in un tentativo di colpo di stato. Aiuto per tale azione venne naturalmente trovato presso Andronico ambasciatore di Attalo, il quale si mostrò subito favorevole all’impresa e convinse

velocemente il suo Re a dare il proprio beneplacito. Sulla base di una iscrizione proveniente da Delo, che attesta l’esistenza di buoni rapporti tra Nicomede e il re numida Massinissa, da lui conosciuto probabilmente a Roma, è possibile avanzare l’ipotesi che anche il re numida abbia partecipato al colpo di stato contro Prusia208. Di tale sostegno non è però rimasta traccia in Appiano, il qual riferisce che i tre organizzatori del colpo di stato, cioè Nicomede, Menas e Andronico, dopo un ultimo conciliabolo presso Bernice in Epiro, sbarcarono in Asia Minore, ove Nicomede sbarcò, rivesito già delle insegne regali e atteso da 500 soldati pergameni condotti da Andronico, i quali lo acclamarono re insieme alla scorta bitinica dell’ambasciatore Menas, anch’essi passati dalla parte di Nicomede209. A questo punto Attalo chiese a Prusia di consegnare al figlio alcune città del regno e a fornirgli un appannaggio. Prusia rispose in maniera negativa e mandò un’ambasceria a Roma, denunciando il comportamento di Attalo e Nicomede come lesivo dei principi della pace in Asia Minore e chiedendo un intervento del Senato. In tanto le truppe pergamene avanzavano in Bitinia, debolmente contrastate da Prusia, con gran parte della popolazione del regno bitinico che si mostrava favorevole a Nicomede. Prusia dovette chiudersi nella rocca di Nicea, con una guardia di cinquecento Traci inviatigli dal cognato Diegylis210, non fidandosi ormai più delle truppe bitiniche, tra le quali serpeggiava un forte movimento a favore di Nicomede. Intanto a Roma la legazione di Prusia non compariva dinanzi al Senato a causa dell’azione ritardatrice del pretore urbano, favorevole ad Attalo. Quando infine l’ambasceria venne ricevuta, il Senato si decise a nominare una commissione di tre membri, incaricata di recarsi in Asia Minore per dirimere la controversia e composta secondo Polibio da M. Licinio, A. Ostilio Mancino e un Lucio Malleolo, che, secondo Walbank, sarebbe da leggersi, sulla base del confronto con le Periochae di Livio, come Lucio Manlio Vulsone. Tali personaggi sono presentati negativamente da Polibio, il quale asserisce che Mancino soffriva di gotta e aveva seri problemi ai piedi, a Mancino era caduta una tegola sulla testa ed aveva tante cicatrici che rendevano stupefacente che si fosse salvato ed il terzo era infine considerato uno degli uomini più ottusi di Roma211. Tale legazione venne criticata da Catone come non adatta al compito, in quanto secondo il vecchio oratore e uomo politico romano essa non aveva né piedi, né testa, né cuore212. Essa raggiunse abbastanza tempestivamente la Bitinia, ma non riuscì a far cessare la guerra. Mentre infatti Attalo si mostrò pronto a deporre le armi, le truppe bitiniche passate dalla parte di Nicomede non vollero fermare il conflitto fino a che Prusia non fosse stato deposto. A questo punto la commissione decise di ritornare

Zonar. IX 28.1, Liv., Per. L. 2-3, Strab. XIII 4.2 624C e Iustin. XXXIV 4. 4-5. Secondo quanto persuasivamente argomentato da Paganoni 2022, pp. 89-94 Polibio sarebbe fonte di Appiano, di Diodoro e di Zonara, il quale effettua a sua volta un riassunto dell’opera di Dione Cassio. Livio presenta la versione di Polibio, sfavorevole a Prusia, ma forse conosceva anche una versione di fonte annalistica, meno sfavorevole al sovrano bitinico, che lui utilizza per esempio a proposito del celebre episodio della legazione di Prusia a Roma di cui si è parlato sopra. Purtroppo la perdita dell’originale liviano non consente di specificare meglio quanto e in che modo tale versione sia utilizzata dallo storico patavino a proposito del colpo di stato cfr. Paganoni 2022, pp. 95-96. Strabone sembra invece riferire una versione pergamena tesa ad enfatizzare il ruolo di Attalo II nell’uccisione di Prusia cfr. Paganoni 2022, pp. 98-99. Sul poco che rimane della storiografia di corte attalide cfr. Allen 1983, pp. 2-3, Virgilio 1984, pp. 24-30 e 36-37 e de Fidio 2007, pp. 43-52. Sulla versione di Giustino si veda più avanti a nt. 548. 203 FGrHist 700 F 1 cfr. Paganoni 2022, pp. 96-98. 204 Appian., Mithr. 4 9-12, Iustin. XXXIV 4 2, Zonar. IX 28 1. Canali de Rossi 1997, nr. 595. 205 Vitucci 1953, pp. 84-85, Habicht 1957b, coll. 1120-1121, De Sanctis 1964, pp. 86-88, Mc Shane 1964, pp. 190-191, Hansen 1971, pp. 136137, Hopp 1974, pp. 89-91, Sherwin- White 1984, pp. 43-46, Gabelko 2005, pp. 327-335, Ma 2013, pp. 54-55, Grainger 2017b, pp. 223-224 e Scollo 2020, pp. 70-73. 206 Su questo personaggio cfr. Savalli-Lestrade 1998, pp. 143-144. 207 ORF4 190. Il contesto rivela poco o nulla della natura del discorso, ma il fatto che il discorso sia chiamato dissuasio sembrebbe far pensare che Catone parlasse contro la richiesta di Prusia cfr. Astin 1978, p. 125.

208 IDelos 1577 cfr. Canali de Rossi 1997, nr. 595. Mattingly 1997, p. 140 e Taher 2004, pp. 35-36. 209 Appian., Mithr. 5. 210 Diegylis sarà, poco tempo dopo, sconfitto e ucciso da Attalo cfr. Strab. XIII.4.2 624C; Iustin., Prol. XXXVI. Cfr. Mc Shane 1964, p. 192. 211 Polyb. XXXVI, 14, 1-6 con il commento di Walbank 1979, pp. 672674 e Thornton in Musti- Thornton 2006, p. 290. Cfr. anche Diod. XXXII. 20 Walton e Liv., Per. L. 212 Plut., Cato Maior 9.

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Un’ area di frontiera Καί μοι πολλάκις ἐπῆλθε θαυμάσαι πῶς εἰς τοσοῦτο τῆς Βυζαντίων πόλεως ηὐξημένης ὡς μηδεμίαν ἄλλην εἰς εὐδαιμονίαν ἢ μέγεθος αὐτῇ παραβάλλεσθαι, πρόρρησις ἐκ θεῶν οὐδεμία περὶ τῆς εἰς ἀμείνονα τύχην αὐτῆς ἐπιδόσεως τοῖς πρὸ ἡμῶν ἀνθρώποις ἐδόθη. καὶ ταύτην ἐκ πολλοῦ τὴν ἔννοιαν ἔχων, πολλάς τε βίβλους ἱστορικὰς καὶ χρησμῶν συναγωγὰς ἀνελίξας, χρόνον τε ἐν τῷ περὶ τούτων ἀπορεῖν δαπανήσας, ἐνέτυχον μόλις χρησμῷ τινὶ Σιβύλλης εἶναι λεγομένῳ τῆς Ἐρυθραίας ἢ Φαεννοῦς τῆς Ἠπειρώτιδος (καὶ αὐτὴ γὰρ γενομένη κάτοχος ἐκδεδωκέναι χρησμοὺς λέγεται), ᾧ πεποιθότα Νικομήδην τὸν Προυσίου καὶ πρὸς τὸ δοκοῦν λυσιτελεῖν ἑρμηνεύοντα πόλεμον ἄρασθαι πρὸς τὸν πατέρα Προυσίαν, Ἀττάλῳ πειθόμενον· ἔχει δὲ τὸ λόγιον οὕτως.

a Roma per consultarsi con il Senato e chiedere nuove istruzioni, abbandonando nei fatti Prusia al suo destino. Dopo la partenza della commissione romana, Prusia si ritirò nella capitale Nicomedia, ma, anche in tale città, una sommossa a favore di Nicomede, lo mise a mal partito e aprì le porte al figlio. Penosa fu la fine del sovrano di Bitinia che, cercando rifugio nel tempio di Zeus, era lì raggiunto dai sicari del figlio e ammazzato213. Fin qui la narrazione delle fonti pervenuteci, che però, come già si è rilevato, appaiono decisamente orientate in senso favorevole a Nicomede e contrario a Prusia. È perciò più che legittimo dubitare di alcuni dettagli del racconto del colpo di stato, a partire dalla grossolanità del piano con cui Prusia voleva far uccidere il figlio a Roma alla luce positiva e di mera reazione ai misfatti del padre in cui vengono presentate tutte le azioni di Nicomede214. A questo stesso filone della tradizione apparteneva verosimilmente il ritratto di Prusia II presente in Polibio215, ritratto molto negativo e di taglio prevalentemente moraleggiante, in cui sono messe in rilievo l’inettitudine e l’incapacità del re, le sue basse strategie adulatorie e il suo disinteresse per la cultura e la letteratura. Un discorso a parte merita il cosiddetto “Oracolo di Phaennis”, testo oracolare di difficile interpretazione riportato nella Storia Nuova di Zosimo ed attribuito alla indovina Faennò di Epiro figlia del re dei Caoni oppure alla sibilla di Eritre216. Questo il testo, che si inserisce in un contesto in cui Zosimo parla di Costantino e della grandezza di Costantinopoli:

Ὦ βασιλεῦ Θρῃκῶν, λείψεις πόλιν· ἐν προβάτοισιν αὐξήσεις δὲ λέοντα μέγαν, γαμψώνυχα, δεινόν, ὅς ποτε κινήσει πατρίας κειμήλια χώρας, γαῖαν δ’ αἱρήσει μόχθων ἄτερ. οὐδέ σέ φημι 5  σκηπτούχοις τιμαῖσιν ἀγάλλεσθαι μάλα δηρόν, ἐκ δὲ δρόνων πεσέειν, οἷον κύνες ἀμφὶς ἔχουσι. κινήσεις δ’ εὔδοντα λύκον γαμψώνυχα, δεινόν· οὐδ’ ἐθέλοντι γὰρ εἴσω ὑπὸ ζυγὸν αὐχένα θήσει. δὴ τότε Βιθυνῶν γαῖαν λύκοι οἰκήσουσι 10  Ζηνὸς ἐπιφροσύναισι. τάχος δ’ ἐπιβήσεται ἀρχὴ ἀνδράσιν οἱ Βύζαντος ἕδος καταναιετάουσι. τρὶς μάκαρ Ἑλλήσποντε, θεόκτιτα τείχεά τ’ ἀνδρῶν, . . . . θείαισιν ἐφετμαῖς ἣν λύκος αἰνόλυκος πτήξει κρατερῆς ὑπ’ ἀνάγκης. 15  Οἵ με γὰρ εἴσασίν τε ἐμὸν ναίοντες ἔδεθλον, οὐκέτι σιγήσω πατρὸς νόον, ἀλλ’ ἀναδείξω ἀθανάτων λογίων θνητοῖς εὔσημον ἀοιδήν. Θρῇσσα κύει μέγα πῆμα, τόκος δέ οἱ οὐκέτι τηλοῦ, σπεῖραι παῖδα, κακόν καὶ τῇδε φέρουσαν· 20  τρηχὺ παρ’ ἠπείρου πλευρὰς ἐπινίσεται ἕλκος, καὶ μέγ’ ἀνοιδήσει, ταχὺ δὲ ῥαγὲν αἱμοροήσει.

Appian., Mithr. 6-7. Come ha notato giustamente De Sanctis 1964, p. 87 nt. 19: “tutto questo è in Appian. Mithr. 4-6. Che Mena avesse ordine di spacciare Nicomede se la sua ambasceria non otteneva l’intento, come narra Appiano e Zon. IX 28 (cfr. Iustin l.c.) può darsi. Ma può anche darsi che Mena e Nicomede inventassero quel mandato di assassinio per giustificare la loro ribellione.” Forse l’unica eco di una tradizione in parte meno sfavorevole a Prusia II si può ritrovare in Iustin. XXXIV 4 4-5 (Prusias regno spoliatus a filio privatusque redditus etiam a servis deseritur. Cum in latebris ageret, non minore scelere, quam filium occidi iusserat, a filio interficitur). Secondo l’interpretazione tradizionale fonte di Giustino in questo passo, come per tutto il XXXIV libro, dovrebbe essere Polibio (cfr. Santi Amantini 2017, p. 51 nt. 168) si vedano soprattutto i commenti di Santi Amantini 1981, pp. 479-480 e 2017, p. 878 e quello recentissimo di Mineo-Zecchini 2020, p. 208. Recentemente però Paganoni 2022, pp. 101-102 ha sottolineato persuasivamente come questa presentazione non del tutto sfavorevole di Prusia, pur presentando tracce della tradizione polibiana, attinga anche ad una versione nata in un ambiente diverso dalla corte di Nicomede II, nell’ ambito di coloro in quali nell’area micrasiatica non consideravano Nicomede non migliore di suo padre Prusia. Un candidato ipotetico, sempre secondo Paganoni, potrebbe essere Timagene, per il quale però non vi è alcun riscontro. La studiosa (Paganoni 2022, pp. 99-101) sostiene inoltre che il passo di Giustino, oltre a presentare in una luce meno sfavorevole Prusia, sia portatore di una tradizione secondo la quale il re bitinico non sarebbe morto subito dopo il colpo di stato, ma, allontanato dalla corte, sarebbe vissuto come mendicante e sarebbe stato ucciso solo in seguito. Questa interpretazione del passo di Giustino circolava sicuramente in epoca tardomedievale, come testimoniato da un manoscritto francese del primo XV secolo, in cui è presente una miniatura in cui l’ormai ex re bitinico è rappresentato come mendicante cfr. Paganoni 2022, pp. 101 e 103. Non è però a mio avviso del tutto sicuro che tale interpretazione sia davvero originariamente presente nel testo dello storico romano e non si sia invece sviluppata in epoca successiva e forse medievale. L’espressione cum in latebris ageret potrebbe infatti semplicemente riferirsi non a nascondigli in cui egli sarebbe vissuto come mendicante, ma al suo tentativo, attestato anche dalle altre fonti, di rifugiarsi nel tempio di Zeus a Nicomedia. 215 Polyb. XXXVI 15 con il commento di Walbank 1979, pp. 674-675, Braund 1982, pp. 353-354 e Eckstein 1995, pp. 155-156. 216 Zos., Hist. Nov. II 37 213 214

Τοῦτο τὸ λόγιον πάντα μὲν ὡς εἰπεῖν, ὑπεμφαῖνον ὄντως καὶ ἐν αἰνίγμασι, λέγει, τά τε ἐσόμενα Βιθυνοῖς κακὰ διὰ τὴν τῶν ἐπενεχθέντων αὐτοῖς ἐς τὰ μετὰ ταῦτα φόρων βαρύτητα καὶ ὡς ἡ ἀρχὴ ταχέως «ἐπιβήσεται ἀνδράσιν οἱ Βύζαντος ἕδος καταναιετάουσι». τὸ δὲ μετὰ χρόνον οὐκ ὀλίγον τὰ προρρηθέντα ἐκβῆναι μὴ λαμβανέτω τις εἰς τὸ περὶ ἑτέρου τινὸς λέγειν τὴν πρόρρησιν· πᾶς γὰρ χρόνος τῷ θείῳ βραχὺς ἀεί τε ὄντι καὶ ἐσομένῳ. ταῦτα δὴ οὖν ἔκ τε τῶν τοῦ χρησμοῦ ῥημάτων καὶ ἀπὸ ταῶν ἐκβάντων ἐτεκμηράμην. εἰ δέ τῳ τὸ χρησθὲν ἑτέρως ἔχειν δοκεῖ, ταύτῃ νοείτω. Tr. Conca 2007 Mi è accaduto spesso di chiedermi con meraviglia come mai la città di Bisanzio crebbe a un livello tale da non essere paragonabile a nessun’altra, per benessere e grandezza: eppure nessuna divinità aveva predetto ai nostri antenati la sua ascesa verso una fortuna più prospera. Avendo da molto questo pensiero, ho consultato molti libri storici e raccolte di oracoli; e passando il tempo tra questi dubbi, mi è capitato tra le mani, dopo difficili ricerche, un oracolo attribuito alla Sibilla di Eritre, o a Faennò d’Epiro (si dice 46

Le vicende politiche del regno di Bitinia questa attribuzione già nella sua fonte come si evince dal cenno alle numerose ricerche, agli storici e alle raccolte di oracoli consultate. La critica moderna218 ha però per la quasi totalità preferito riferire esclusivamente i versi dell’oracolo non al conflitto tra Nicomede II e suo padre Prusia, ma invece a Nicomede I e al periodo del passaggio dei Galati in Asia nel 278/277 a.C. . Secondo tale ipotesi i lupi menzionati nell’oracolo sarebbero i capi galati, Leonnorio e Lutorio, che devastarono l’Asia Minore dopo essere stati chiamati da Nicomede I. Il riferimento ai cani secondo Gabelko potrebbe essere legato alla passione che Nicomede I aveva per la caccia con i cani. Un elemento a favore di questa ipotesi sarebbe un altro oracolo, trasmessoci da Pausania (X 15 2.3) e riferito anch’essa a Phaennis d’Epiro, in cui il riferimento ai Galati e alla loro sconfitta da parte di Attalo è sicura. Oscure appaiono le parole riferite ad una devastazione della Bitinia e ad una caduta dal trono. Secondo Gabelko questo accenno alla devastazione del paese andrebbe riferito alla guerra civile tra Nicomede I e suo fratello Zipoites, che avrebbe portato a dei momenti molto difficili per il re e ad una sua temporanea caduta dal trono, evento quest’ultimo che però non è chiaramente presente nelle fonti pervenuteci. Secondo Parke l’oracolo sarebbe stato prodotto in origine dal santuario di Apollo Chresterios di Calcedone, a cui poi Zosimo o la sua fonte avrebbero sostituito la più nota Bisanzio. Questa ipotesi si basa su una congettura di Mendelsohn, che nell’apparato della sua edizione di Zosimo sostiene che l’espressione Οἵ με γὰρ εἴσασίν τε ἐμὸν ναίοντες ἔδεθλον presente nella tradizione manoscritta debba essere emendata in ὦ Μεγαρήιον ἄστυ ἐμὸν ναίοντες ἔδεθλον219. Il Μεγαρήιον ἄστυ secondo Mendelsohn e Parke sarebbe appunto Calcedone. Come evidenzia Gabelko tale ipotesi appare poco fondata in quanto basata su una congettura e priva di riferimenti nel resto dell’oracolo. Sempre secondo lo studioso russo il riferimento nell’ oracolo al giovane serpente sarebbe da legare alla figura di Comontorios e al regno celtico di Tyle in Tracia, che era sorto in quel periodo nelle vicinanze di Bisanzio220. Una visione parzialmente diversa da quella del resto degli studiosi è stata espressa da Strobel, il quale ritiene che l’oracolo, elaborato originariamente al tempo di Nicomede I e dell’invasione galata, sia stato poi effettivamente usato per i propri fini anche da Nicomede II nll’ambito del colpo di stato del 149 a.C.221. Viste fin qui le opinioni degli studiosi precedenti, bisogna evidenziare però come appaiano non molto forti i legami tra il testo e il periodo di Nicomede I e dell’invasione galata. Innanzitutto Zosimo lo riferisce in maniera sicura al periodo del colpo di stato e non a quello dell’invasione galata. Un punto importante è poi la menzione della perdita del trono, che non è attestata per Nicomede I, ma si collega perfettamente alle vicende di Prusia II e di suo figlio Nicomede. I Galati non sono inoltre mai

infatti che anche questa, posseduta dalla divinità, abbia dato responsi). Nicomede, i1 figlio di Prusia, vi si attenne e, interpretandolo nel senso che sembrava tornargli utile, fece guerra al padre, obbedendo ad Attalo. Ecco l’oracolo. O re di Tracia, tu lascerai la città; tra le pecore farai crescere un leone grande, dall’unghia adunca, [terribile, che un giorno porterà via tesori dalla patria e occuperà una terra senza fatica. Io dico che tu non gioirai a lungo degli onori regali, 5 ma cadrai dal trono, perché dei cani ti stanno intorno. Desterai un lupo che dorme, dall’unghia adunca, [terribile: a chi si rifiuta infatti imporrà un giogo sul collo. Allora i lupi abiteranno la terra dei Bitini per volere di Zeus. Tosto il potere passerà 10 agli uomini che abitano la terra di Bisanzio. O Ellesponto tre volte beato, e mura degli uomini [costruite dagli dèi, … per ordine degli dèi, che un lupo, un lupo terribile spaventerà, per una potente [necessità. Mi conoscono infatti quelli che abitano il mio 15 [santuario; non tacerò più l’intenzione del padre, ma rivelerò ai mortali il canto augurale dei responsi divini. La Tracia porta in grembo un grande flagello e il parto [non è più lontano; nascerà un giovane serpente, che un giorno porterà male [anche su questa terra: una grave ferita spunterà sui fianchi del 20 continente; e molto si ingrosserà e, scoppiata in fretta, spargerà sangue. Questo oracolo rivelando per così dire ogni cosa, di fatto e in forma enigmatica, annuncia i mali che colpiranno i Bitini per il carico dei tributi ai quali furono in seguito sottoposti, e dice che il potere presto «passerà agli uomini che abitano la terra di Bisanzio». Ma dal momento che la predizione si è realizzata dopo non poco tempo, non si creda che essa riguardi qualche altra cosa: tutto il tempo è breve per la divinità, che sempre è e sarà. Questo dunque ho congetturato sulla base delle parole dell’oracolo e degli avvenimenti accaduti. Ma se qualcuno ritiene che il responso vada interpretato diversamente, lo pensi pure. Il testo oracolare, come detto dallo stesso Zosimo217, appare enigmatico e di difficile lettura. Lo storico di Panopoli lo riferisce però in maniera molto chiara alla guerera civile tra Nicomede e suo padre Prusia, dicendo che Nicomede vi si attenne interpretandolo a suo vantaggio, cioè come un’arma propagandistica che potesse giustificare il suo colpo di stato. Zosimo trovava

Paschoud 1971, pp. 237-241 nn. 49-50, Parke 1982, Ridley 1982, p. 160, Mitchell 1993, p. 15, e Gabelko 2006. Si vedano le giuste cautele di Paganoni 2019b, p.58 nt. 62. 219 Mendelssohn 1887, pp. 94-95. 220 Gabelko 2006, pp. 214-216. 221 Strobel 1996, pp. 240-241. 218

Secondo Kaegi 1968, pp. 137-139 Zosimo avrebbe menzionato l’oracolo per eevidenziare come la grande fortuna della città di Costantinopoli, che i Cristiani attribuivano alla protezione divina accordata a Costantino, fosse stata già da lungo tempo vaticinata in ambito pagano.

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Un’ area di frontiera di alcune voci a lui contrarie nell’Urbe, riportata da un passo di Zonara226. Come sostiene Vitucci227 questa ostilità di parti del mondo politico romano va forse ricondotta alla paura che, essendo ora più uniti i due regni di Bitinia e di Pergamo, non era più possibile per Roma spiegare l’azione mediatrice tra i due, che le consentiva di fatto di dominare la scena politica in Asia minore.

espressamente citati nel testo dell’oracolo e la presenza dei Traci può essere piuttosto collegata a Diegylis, re tracio che venne in aiuto di Prusia contro Nicomede. La figura del giovane serpente si potrebbe riferire a Zibelmios figlio di Diegylis, sovrano molto crudele come il padre e che qualche anno dopo verrà rovesciato dai suoi stessi sudditi222. La tribù dei Coeni aveva i suoi domini proprio nelle vicinanze di Bisanzio e anche questo potrebbe avere un’eco nell’oracolo, con il riferimento allo sviluppo della città dopo la caduta di questo regno tracio. Inoltre se Nicomede I era noto per essere amante della caccia con i cani, Prusia II era soprannominato proprio il Cacciatore e quindi le parole dell’oracolo protrebbero riferirsi ancora meglio a lui piuttosto che al suo antenato Nicomede223. Nicomede II inoltre non era alieno dal consultare e utilizzare oracoli per gli affari di stato, come si evince da una sua consultazione dell’oracolo di Didyma riportata da un passo dello Pseudo-Scimno224.

A Roma si decise comunque di accettare il fatto compiuto, in quanto molti erano gli impegni pressanti in quel momento, soprattutto quelli legati alla definitiva definizione della questione cartaginese. L’amicizia tra Bitinia e Pergamo non dovette però durare a lungo, in quanto un lemma della Suda228 ci informa del fatto che Attalo II, in un momento non ben determinato, attaccò la Bitinia, mentre era re Nicomede detto Monodous e occupò gran parte del paese, venendone poi scacciato dall’intervento romano. Al di là della confusione fatta sul nome Monodous, che era quello di un altro figlio di Prusia diverso da Nicomede, il lemma non può che riferirsi ad una guerra tra Attalo II e Nicomede II, le cui cause rimangono ignote e che, dopo un’iniziale vittoria pergamena, ebbe termine grazie ad un intervento romano volto come sempre a mantenere lo status quo. Nel 133 a.C. con la morte di Attalo III e la rivolta di Aristonico229, Nicomede, insieme a Mitridate V , Ariarate V e Pilemene di Cappadocia contribuì ad aiutare i Romani a sedare la rivolta230. Egli si aspettava forse dopo questo intervento la concessione da parte dei Romani della tanto ambita Frigia Epitteto, ma ciò non avvenne in quanto la signoria su tutta la Frigia, non solo quella Epitteto, venne invece concessa a Mitridate V del Ponto231. Non molto altro è noto sull’attività politica di Nicomede II; è forse da identificare con lui il basileus Nicomede, che contrae un trattato di alleanza con la città di Axos in circostanze peraltro del tutto oscure232. A Nicomede II subentrò, probabilmente nel 128/127 a.C., Nicomede III detto il “benefattore” per la sua generosità233. Ben poco si conosce delle vicende del regno di tale sovrano234. Nel 106 a.C. Nicomede III e Mitridate VI Eupatore invasero assieme la Paflagonia e la divisero tra di loro235. Poiché il Senato romano chiedeva la restaurazione di un regno autonomo di Paflagonia, Nicomede III incoronò uno dei suoi figli con il nome, frequente nella dinastia paflagone, di Pylaimenes236. Questo espediente voleva cercare di nascondere l’effettiva annessione di una parte della Paflagonia alla Bitinia. Esso alla fine ebbe successo, soprattutto per la mancata volontà dei Romani di esercitare un’azione più energica in Asia

Questi elementi inducono, pur con le cautele dovute alla natura complessa ed enigmatica del testo, a preferire l’ipotesi che il testo oracolare vada posto, come peraltro già affermato senza esitazioni da Zosimo, nel contesto della crisi scoppiata tra Nicomede II e Prusia II nel 149 a.C. . Esso venne probabilmente elaborato ed utilizzato nell’ambito dello sforzo propagandistico effettuato da Nicomede per giustificare il suo colpo di stato. L’attribuzione a Faennò d’Epiro servì a dare una maggiore patina di arcaicità e di esoticità al testo. Nella forma in cui ci è stato preservato da Zosimo sono anche presenti elementi che fanno ritenere che vi siano state delle modifiche effettuate a Bisanzio, che si riferiscono forse al conflitto tra la città del Bosforo e il vicino regno dei Coeni. Da qui l’interessante ipotesi, che però non è possibile rafforzare con elementi più concreti, che la città possa aver aiutato Nicomede nella lotta contro suo padre e Diegylis. In sintesi come sostiene Vitucci225 il principale errore di Prusia II fu quello di ritenere che l’ostilità romana per Eumene potesse consentirgli ampi guadagli territoriali ai danni del vicino regno pergameno. Egli non comprese che l’Urbe non poteva consentire un eccessivo ingrandimento di uno dei regni alleati di Asia Minore, sbilanciando così l’equilibrio stabilito dai Romani stessi. Da questo errore discese l’esito sfortunato della guerra contro Pergamo e la successiva probabile crisi economica, che spianò la strada al colpo di stato operato da Nicomede. Quest’ultimo ebbe sicuramente come alleato Pergamo, e forse anche, come si è visto sopra, Massinissa e Bisanzio. Salì così al potere Nicomede II, il quale, almeno in un primo tempo, condusse una politica d’intesa con i Pergameni. Se è sicura l’intesa con Pergamo, più dubbio è l’orientamento di Roma nei confronti di Nicomede II. Come si evince dalla questione della scelta dell’ambasceria inviata a Prusia II alcune parti del mondo politico romano dovevano essere a lui favorevoli, ma la presenza anche di un partito a lui contrario emerge, oltre che dalla posizione catoniana, dalla tradizione sul sorgere

Zonar. IX 28.1. Vitucci 1953, pp. 91-92, Gabelko 2005, pp. 335-337. 228 Suda s.v. Apollonias Limne. 229 Kosmetatou 2003, pp. 165-166. 230 Strab. XIV 1.38 646-647C, Eutr. IV 20.1, Oros. V 10.2. 231 Vitucci 1953, pp. 94-95, Gabelko 2005, pp. 337-339. 232 IC II V 21 233 Gran. Licin. XXXV, p. 29 Flemisch. 234 Nel corso dell’Ottocento gli studiosi addirittura consideravano come un solo sovrano gli attuali Nicomede III e Nicomede IV. Il primo a distinguere i due sovrani, attraverso una minuziosa analisi delle fonti, fu Reinach 1902, pp. 167-182. Cfr. Vitucci 1953, p. 97 nt. 3. 235 Iustin. XXXVII 4 3-5 236 Iustin. XXXVII 4 7-8. Cfr. Sullivan 1990, pp. 31-33 226 227

Su Zibelmios cfr. Ziegler 1972. Plin., N.H. VIII 144 (sul cane probabilmente da caccia di Nicomede) e Appian., Mithr. 2 (per quanto riguarda il soprannome di Prusia II). 224 Ps.- Scymn. 55-59. 225 Vitucci 1953, p. 89. 222 223

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Le vicende politiche del regno di Bitinia Minore, essendo impegnati nella lotta contro Giugurta. Un passo di Diodoro237 ci informa del fatto che egli, al tempo della guerra contro i Cimbri, dichiarò di non poter fornire assistenza militare ai Romani, in quanto a suo dire il suo regno era stato spopolato a causa della riduzione in schiavitù di molti Bitini ad opera dei publicani. In questa azione va forse visto un atto di opposizione del re ai Romani; non si capisce peraltro come i publicani potessero agire in Bitinia, che in quel momento era un regno indipendente. Come sostiene Vitucci238 è probabile che il re alludesse alle incursioni fatte in territorio bitinico da parte di predoni della Misia, della Galazia e del Ponto, i quali poi probabilmente andavano ad incrementare il ricco mercato di schiavi gestito dai publicani d’Asia. Intorno all’anno 100 a.C. Mitridate e Nicomede, già alleati per la questione della Paflagonia, vennero invece a contesa per la Cappadocia. Tale regno si trovava in una situazione di crisi dopo l’assassinio del re Ariarate VI, operato da Mitridate, che pure era cognato del sovrano ariaratide, con l’aiuto di Gordio. A questo punto si era instaurata nel regno una reggenza, capeggiata da Laodice, sorella appunto di Mitridate, per conto del giovane Ariarate VII figlio di Arariate VI. Questa situazione non era stata ritenuta favorevole dal sovrano pontico, il quale aveva continuato a tramare contro il nipote. Si erano intanto esplicate anche le mire di Nicomede nei confronti della Cappadocia, il quale aveva raggiunto un accordo con la reggente Laodice, sposandola e ponendosi come principale protettore della stessa239. Ciò tendeva a far entrare la Cappadocia nella sfera d’influenza bitinica e non poteva essere tollerato da Mitridate, il quale espulse i presidi bitinici dalla Cappadocia, atteggiandosi prima a tutore degli interessi del nipote Ariarate VII, ma poi, gettata la maschera, annettendo di fatto la Cappadocia con l’incoronazione a re di uno dei suoi figli240. Laodice e Nicomede ricorsero al’aiuto dei Romani, i quali, fidandosi ben poco di entrambe le parti in lotta, decisero di imporre condizioni pesanti per entrambi: se infatti Mitridate doveva sgombrare la Cappadocia, lo stesso doveva fare Nicomede con la parte di Paflagonia acquisita qualche anno prima e concessa surrettiziamente al figlio Pylaimenes. Poco tempo dopo la risoluzione dei conflitti in Cappadocia, Nicomede III morì, verso il 94 a.C..241 Gli successe il figlio Nicomede IV Filopatore, il quale ereditò dal padre l’ostilità nei confronti di Mitridate VI e cercò di procacciarsi il favore di Roma. Dopo un iniziale passaggio dinastico pacifico, ben presto sorse un’ostilità tra Nicomede IV e il fratello Socrate, nato dalla concubina Hagne di Cizico242. Questo secondo figlio di Nicomede era stato dapprima mandato a Cizico assieme alla madre ed in seguito Nicomede III lo aveva designato, come si è visto, come re della Paflagonia con il nome di Pylaimenes. Tale gesto doveva probabilmente essere volto a creare un dominio

diverso per il secondo figlio, evitando scontri con il primogenito e figlio legittimo Nicomede, destinato alla successione al tro di Bitinia. Questo disegno fu però frustrato dalla richiesta di Roma di abbandonare la Paflagonia. Ciò nonostante all’inizio, subito dopo la morte di Nicomede III, i due fratelli andarono d’accordo e Nicomede IV attribuì a Socrate l’epiteto di Chrestos243. In seguito però l’avvicinarsi di Nicomede a Laodice , ultima moglie del defunto padre e sorella di Mitridate VI, culminato nel matrimonio con Nysa244, figlia della stessa Laodice e di Ariarate VI di Cappadocia, portò ad un raffreddarsi dei rapporti tra i due fratelli. Socrate si avvicinò così a Mitridate VI, fratello e nemico di Laodice, che spinse Socrate a recarsi a Roma, per chiedere giustizia al Senato e per ottenere il trono di Bitinia. Tale passo era, nelle intenzioni di Mitridate, volto non tanto a cercare di ottenere davvero un tale riconoscimento dal Senato, quanto piuttosto a muovere le acque in Asia Minore e a destabilizzare la situazione, in vista delle mire egemoniche dello stesso Mitridate. Quando infatti la richiesta di Socrate venne respinta, un esercito pontico invase la Bitinia e Nicomede perse il regno e si rifugiò a Roma. A questo punto però i Romani, superata la fase più critica della guerra sociale, inviarono una commissione capeggiata dal consolare Manio Aquilio, che doveva procedere in accordo con il governatore dell’Asia Caio Cassio245. I due, pur evitando in un primo momento un contrasto diretto con Mitridate, entrarono in Bitinia e in Cappadocia, che pure si trovava in mano di Mitridate. Nicomede venne reinsediato come re di Bitinia e Mitridate fu costretto a concedere ai Romani anche la testa di Socrate246, che si era rifugiato presso di lui. Tutto ciò avveniva probabilmente intorno al 90/89 a.C. 247. In un primo tempo il sovrano pontico sembrò non reagire alle azioni dei legati romani, i quali peraltro continuarono a spingere Nicomede ad atti di ostilità contro il re del Ponto, forse, secondo Vitucci248, con la speranza di ottenere grossi guadagni da una guerra vittoriosa contro Mitridate. Nicomede alla fine si decise ad invadere il regno del Ponto, spingendosi fino ad Amastri e saccheggiando numerose località; una flotta bitinica intanto bloccava il Bosforo249. Mitridate decise di non intervenire e non opporsi all’azione di Nicomede, probabilmente con l’intenzione di mostrare come le colpe di un conflitto dovessero essere attribuite tutte al sovrano bitinico. Il sovrano pontico cercò quindi 243 Gran. Licin. XXXV, p. 30 Flemisch, Appian., Mithr. 10, Iustin. XXXVIII 5.8 e Memn. FGrHist 434 F 22 5. 244 Gran. Licin. XXXV, p. 30 Flemisch. Nicomede in un primo tempo si era sposato con una zia, sorella del padre Nicomede III, che dopo solo nove giorni morì, non si sa per morte naturale o veleno. 245 Appian., Mithr. 10-11. 246 Iustin. XXXVIII 5 8. 247 Badian 1976, pp. 109-110 e Sherwin-White 1980 hanno dimostrato che l’inizio delle ostilità sono dell’anno 89 a.C. e non dell’anno 88 a.C. come prima si riteneva. Sulla prima guerra mitridatica si vedano in generale Reinach 1890, pp. 107-189, Magie 1950, pp. 206-211, Glew 1977, pp. 397-398, Sherwin- White 1984, pp. 108-131, McGing 1986b, pp. 72-88, Hind 1994, pp. 140-144, Ballesteros- Pastor 1996, pp. 81-89, Mastrocinque 1999a, spec. pp. 38-42, Gabelko 2005, pp. 377-395 (con particolare riferimento alla Bitinia). 248 Vitucci 1953, p. 111. Sul problema della responsabilità del sovrano pontico nello scoppio della prima guerra mitridatica si veda McGing 2009. 249 Appian., Mithr. 12, 14.

Diod. XXXVI 3. 1 Walton. Vitucci 1953, pp. 101-102, Gabelko 2005, pp. 349-351. 239 Iustin. XXXVIII 1 1-6 con il commento di Santi Amantini 2017, p. 949. 240 Su queste vicende cfr. Dmitriev 2006. 241 Vitucci 1953, p. 105, secondo Gran. Licin. XXXV, p. 29 Flemisch e Iustin. XXXVIII 3 4 non mancò il sospetto di veleno. 242 Gran. Licin. XXXV, p. 29 Flemisch. 237 238

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Un’ area di frontiera Nysa, di cui in seguito lo stesso Cesare patroneggerà gli interessi a Roma259. Alla sua morte, probabilmente nel 75/74 a.C.260, il re lasciò per testamento il regno ai Romani261, di cui, come afferma Braund, era stato un vero e proprio client king262, specialmente negli ultimi anni di regno, dopo la fine della prima guerra mitridatica. Un figlio di Nicomede263, considerato spurio dai Romani, cercò forse di impugnare il testamento e di proclamarsi legittimo erede, non riuscendo però nel suo intento.

soddisfazione presso i legati romani, non riuscendo però ad ottenerla, in quanto fu una risposta ambigua, che solo appaentemente deplorava l’azione di Nicomede, non avendo però nessuna intenzione di porre in essere alcuna azione concreta a favore di Mitridate contro il sovrano bitinico250. I legati forse pensavano, scatenando un conflitto, di poter avere facilmente la meglio su Mitridate, nonostante le loro truppe raccogliticce e mal addestrate. Mitridate invase dapprima la Cappadocia e detronizzò Ariobarzane: i legati romani Cassio e Aquilio divisero le loro forze in due gruppi, mentre un terzo gruppo veniva posto sotto il comando di Caio Oppio, governatore della Cilicia251. Il corpo di Cassio si pose in posizione centrale al confine tra Bitinia e Galazia, Aquilio si pose più a nord lungo la costa, mentre Oppio prese posizione nella zona sud-orientale. Nicomede con le milizie bitiniche doveva costituire la punta di diamante dell’esercito, avanzando per primo in territorio pontico. Il re bitinico avanzò fino alla regione del fiume Amnias252 e qui si imbattè, nei pressi di un’ampia pianura, nell’avanguardia dell’esercito pontico comandata da Archelao, Neottolemo e Arcatia, figlio di Mitridate. Dopo un’iniziale situazione di vantaggio per le truppe bitiniche, la maggiore sagacia tattica di Archelao generale di Mitridate riuscì a compensare la superiorità numerica di Nicomede, i cui soldati, terrorizzati dai carri falcati dell’esercito pontico, iniziarono a fuggire in maniera disordinata. Nicomede stesso si diede alla fuga e raggiunse prima Aquilio e poi Cassio. Dopo la terribile sconfitta di Aquilio253, Nicomede si rifugiò a Pergamo e da lì si recò in Italia254. La Bitinia venne annessa da Mitridate, che la trasformò probabilmente in una satrapia255.

Con la morte di Nicomede IV aveva termine il regno di Bitinia e il territorio bitinico andava a costituire una parte di quella che sarà poi la provincia di Bitinia e Ponto.

Dopo la sconfitta di Mitridate ad opera di Silla, il condottiero romano incaricò Caio Scribonio Curione di riportare Nicomede sul trono256. La Bitinia era certo impoverita dopo l’occupazione pontica e poco si sa dell’ultima parte del regno di Nicomede dopo il suo ritorno sul trono. Unica notizia è quella concernente l’aiuto fornito dal re bitinico a Minucio Termo quattro anni dopo la fine della guerra mitridatica, con l’invio di quattro navi per l’assedio di Mitilene, una delle ultime città dell’Asia ostili al dominio di Roma. In relazione a questo evento si dovrebbe porre anche l’ambasceria del giovane Cesare presso il re di Bitinia, con il quale il politico romano entrò in relazioni di amicizia257. Nicomede IV non aveva sicuramente nessun figlio maschio, ma, a differenza di quanto riferisce Appiano258, aveva probabilmente una figlia femmina ,

259 Svet., Caes. 49 = Malcovati, ORF4 121, XIV, 47. Tale orazione avvenne forse nel 60 a.C. in occasione degli ordinamenti dati da Pompeo all’Asia cfr. Vitucci 1953, p. 118 nt. 1 e Gelzer 1959, p. 30 nt.1. In tale occasione, come riporta Svetonio, Cicerone intervenne facendo riferimento ai pettegolezzi sulla relazione omoerotica tra Cesare e Nicomede. Discussa è anche la cronologia dell’orazione tenuta da Cesare pro Bithynis (Gell. V, 13, 6 = Malcovati, ORF4 121, XII, 44), probabilmente nell’ambito di un processo de repetundis come notato da Dahlmann 1938. Secondo Vitucci 1953, p. 118 nt. 1 la menzione di Cesare, nel passo di Gellio, con la qualifica di Pontefice Massimo porrebbe come terminus post quem il 63 a.C., quando Cesare assunse tale carica. Secondo Canali de Rossi 1997, n. 364 la menzione nel frammento dell’orazione di M. Iuncus, governatore a cui venne affidata la nuova provincia di Bitinia alla morte di Nicomede, farebbe pensare ad una datazione più alta, cioè al 74 a.C., e la menzione del pontificato massimo di Cesare sarebbe un anacronismo. 260 Sul problema cronologico riguardante la morte di Nicomede e l’inizio della terza guerra mitridatica si veda McGushin 1994, pp. 247-250 e Mastrocinque 1999a, pp. 111-115. 261 Appian., Mithr. 71, BCiv 1 111 cfr. Braund 1983, pp. 29-30 e Grainger 2017a, pp. 246-248. 262 Braund 1984, pp. 60, 135-136, 148-149, Sullivan 1990, pp. 33-35 e Gabelko 2005, pp. 400-405. 263 Sall., Hist. II 71 Maurenbrecher = 83 McGushin fa riferimento ad un ‘opposizione all’annessione romana della Bitinia, da parte di alcuni partigiani di un falsum filium. Nella famosa lettera di Mitridate (Sall. Hist. IV 69 9 Maurenbrecher = 67 9 McGushin) è presente la seguente espressione: postremo Bithyniam Nicomede mortuo diripuere, quom filius Nysa, quam reginam appellaverat, genitus haud dubie esset. Tale espressione fa riferimento ad un figlio della regina Nysa e di Nicomede a cui i Romani avrebbero sottratto il trono cfr. Magie 1950, I p. 320, II p. 1201 nt. 50, Vitucci 1953, p. 118, Braund 1983, p. 29, Sullivan 1990, p. 343 nt. 14, Mc Gushin 1994, p. 251 Secondo Gabelko 2009, p. 49 il pretendente di Sall., Hist. II 71 Maurenbrecher = 83 McGushin sarebbe invece da identificarsi con Lycomedes, personaggio nominato da Cesare sacerdote del santuario di Komana nel 47 a.C. e discendente della casa reale bitinica.

Appian., Mithr. 12-16 con i discorsi di Pelopida, rappresentante di Mitridate e dei Legati romani. 251 Appian., Mithr. 17. 252 Appian., Mithr. 18, Memn. FGrHist 434 F 22 6. 253 Sulla fine di Aquilio cfr. Amiotti 1980. 254 Vitucci 1953, p. 116. 255 Appian., Mithr. 21. 256 Appian., Mithr. 60, Memn. FGrHist 434 F 25. 2, Plut., Sull. 22. 24. . 257 Svet., Caes. 2, 49, 52, Cass. Dion. XLIII 20 2 riportano la diceria secondo cui Cesare avesse intrattenuto rapporti omoerotici con Nicomede. Tali dicerie non sono riportate da Plut., Caes. 1. Secondo Osgood 2008 la storia dei rapporti omoerotici tra Cesare e Nicomede non sarebbe corrispondente al vero e le ragioni del soggiorno di Cesare in Bitinia andrebbero piuttosto ricercate nella volontà del politico romano di crearsi una clientela asiatica in Bitinia. 258 Appian., Mithr. 71. 250

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2 Evergetismo e filellenismo dei re di Bitinia Abstract: The kings of Bithynia starting from the reign of Nicomedes I decided to assume a “Greek” style, introducing many elements typical of the Hellenistic monarchies of GreekMacedonian origin. One important moment of relationship with Greece was constituted by the activity of evergesia of the rulers of Bithynia, which was expressed in the Greek world especially towards sanctuaries such as Delphi and Delos. Close contacts were established also with important commercial centers such as Rhodes, helped by Prusia I after the earthquake of 227 BC, and Kos, who had important relations with Nicomedes I and his son Ziaelas. This king sent two letters to Kos, granting the asylia to the Asklepieion and trying to present Bithynia as a commercially rich and safe partner for the Greek economic powers of the time. However, as has been noted by the most recent scholars, the Hellenization of Bithynia of the early Hellenistic period should not be overemphasized. The kingdom retained an important and at times dominant Thracian component, as showed for example by the fact that all the names of the sovereigns, with the exception of Nicomedes, are of Thracian and not Greek origin. 2.1.  La regalità bitinica

l’etnonimo nella lettera sarebbe un’innovazione dei redattori dell’epigrafe a Cos per rendere immediatamente noto un sovrano di un regno che poteva non essere così noto specialmente dai Greci della Grecia propriamente detta. Per altri si tratterebbe di un’aggiunta della stessa cancelleria bitinica8. Secondo l’ipotesi di Sevrugian9 tale formula sarebbe stata adottata per avvicinarsi alla titolatura degli altri ellenistici, ma nello stesso tempo marcare attraverso l’etnonimo le particolarità della Bitinia. La titolatura non sembra legata ad un errore di trascrizione in quanto le fonti ci presentano la componente etnica trace del regno di Bitinia come molto forte. Alcuni riferimenti a ciò si trovano in Memnone10 che definisce Zipoites (II) , re di Thynia in Tracia, come bithynos, cioè portatore di un maggiore nazionalismo rispetto al filellenismo del fratello e rivale Nicomede I. Durante la seconda guerra civile di cui si è parlato e che si conclude con la vittoria di Ziaelas, la nobilità bitinica ha un ruolo importante, cercando prima di sbarrare la strada a Ziaelas facendo sposare la vedova di Nicomede col fratello minore di costui e zio di Ziaelas e poi comunque conducendo una lotta contro quest’ultimo, che alla fine, da quanto dice Memnone, riuscì a raggiungere il trono dopo una lunga lotta in parte con la forza e in parte con degli accordi11. Secondo alcuni studiosi12 Ziaelas non sarebbe addirittura divenuto re subito di tutta la Bitinia, ma avrebbe forse per un periodo dovuto subire una divisione del regno con il fratellastro Zipoites (III), che poi, al tempo di Prusa nel 220 a.C., tenterà di nuovo con l’aiuto di Bisanzio e dei pirati di impadronirsi della

I Bitini erano etnicamente Traci e conservavano ancora in età ellenistica un forte sentimento di coesione come gruppo etnico e con un’aristocrazia di forte marca nazionalista1. Si è fatto sopra riferimento all’ipotesi secondo la quale lo stato bitinico si sia sviluppato, in maniera simile alla Macedonia argeade, come uno stato di formazione secondaria, cioè uno stato la cui struttura si è sviluppata a partire dall’interazione con unità statali preesistenti, nel caso della Bitinia prima l’impero achemenide e poi i regni ellenistici2. Questa prospettiva appare interessante, anche se come sostiene Michels3, la mancanza di fonti per il periodo precedente alla spedizione di Alessandro ed essa immediatamente successivo rende tutto estremamente ipotetico. Certamente per il periodo successivo il modello della regalità ellenistica costituì un punto di riferimento centrale per lo sviluppo del concetto di regalità bitinica4. Zipoites si proclamò re probabilmente nel 298/297 a.C. e la lettera di Ziaelas a Kos, datata al 242 a.C., lascia vedere un re che ormai si sente parte del mondo ellenistico grecofono e vuole partecipare a pieno titolo alle dinamiche culturali e politiche di tale mondo. La titolatura regia è parzialmente diversa però rispetto ai formulari ellenistici: Ziaelas è definito re dei Bitini (βασιλεὺς Βιθυνῶν), in maniera difforme dalla titolatura della maggior parte dei re ellenistici, i quali, tranne gli Antigonidi, non indicavano anche l’etnonimo, ma riportavano il solo titolo generico di basileus5. Le monete che ci sono rimaste di Ziaelas presentano il solo titolo di basileus, senza l’etnonimo6. Secondo Vitucci e altri7 ,

Cfr. Virgilio 2003, pp. 134-135. Pensa ad un errore della cancelleria bitinica invece Walbank 1984, pp. 64-68. 9 Cfr. Sevrugian 1973, partic. pp. 40-41. Contra Michels 2009, pp. 59-60 il quale evidenzia secondo lui l’artificiosità dell’ipotesi di Sevrugian nel ritenere che l’etnonimo fosse stato inserito non per gli abitanti di Cos, ma per rendere noto il sovrano ai visitatori esterni dell’Asklepieion. 10 Memn. FGrHist 434 F 1. 9.5 e Liv. XXXVIII 16.8. 11 Memn. FGrHist 434 F 1. 14. 12 Reinach 1888, p. 232 su cui Habicht 1972b, coll. 390. Di recente riproposta da Gabelko 2005, pp. 205 -206 e Balakhvantsev 2011. 8

Cfr. Fernoux 2004 e Corsten 2007, pp. 121-133.Sulla regalità bitinica si veda Gabelko 2005, pp. 415-430. 2 Per una visione teorica del modello politologico della secondary state formation cfr. Price 1978. 3 Michels 2017, p. 43. 4 Muccioli 2013a, pp. 129-130. 5 Virgilio 2003. 6 Sevrugian 1973, pp. 33-35. 7 Cfr. Vitucci 1953, pp. 125-130. 1

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Un’ area di frontiera Bitinia13. I Bitini sono indicati con l’etnonimo insieme ai Galati ([ἀ]π̣ὸ τ̣ῆ̣ς̣ π̣ρ̣ὸ[ς Βιθ]υνοὺς κ[αὶ Γαλάτας]) e senza riferimento al regno in una stele della prima metà del II sec. a.C. proveniente da Pergamo e celebrante una vittoria attalide (IvP I 65). Anche la fondazione di una città dal nome Bithynion potrebbe indicare la forza della componente etnica tra i Bitini14. Il titolo quindi presente nella lettera sembra essere quello ufficiale, abbreviato forse nelle monete per mancanza di spazio. Un titolo come si è visto che denota la componente fortemente etniconazionalista della monarchia bitinica e che, come ha sostenuto Errington15, in quel particolare momento storico aveva “the specific purpose of emphasising the legitimacy of Ziaelas’ rule in Bithynia”, presentando il nostro come re di tutti i Bitini dopo un lungo conflitto civile che, come sappiamo da Memnone, doveva averlo contrapposto ad una parte consistente dell’aristocrazia bitinica. Questo permanere di una importante componente etnica trace nella regalità bitinica è indicato anche dai nomi dei sovrani, i quali, ad eccezione di Nicomede, sono tutti nomi traci. Il nome Nicomede venne scelto forse da Zipoites sulla base dei rapporti con Cos16. Quindi regalità di tipo ellenistico e permanere di influssi etnici traci convissero a lungo all’interno della ideologia regale bitinica. Non furono invece presenti significative influenze del modello di regalità achemenide ed iranico17. Con il passare del tempo il modello greco-ellenistico tese probabilmente a prevalere. Nelle monete di Prusia II è visibile nella conformazione del volto, in particolare dei denti e dell’osso dell’arcata superiore, l’influsso del modello di Pirro re dell’Epiro e dinasta ellenistico molto noto18. Gli ultimi tre hanno tutti il nome Nicomede e sono gli unici che sembrano prendere un appellativo ufficiale (Epiphanes per Nicomede II, Evergete per Nicomede III e Filopatore per Nicomede IV), caratteristica questa anch’essa tipica della regalità ellenistica19. Non è forse secondario il fatto che ciò avvenne dopo il golpe del 149 a.C. , quando Nicomede II, sostenuto come si è visto da Pergamo, spodestò il padre Prusia II, aiutato invece nella lotta da elementi Traci perdenti.Non è semplice comprendere se vi sia stato un culto dinastico. In un’iscrizione perduta proveniente da Kos20 si fa riferimento ad un temenos ed ad un basileus Nicomede, identificato da Fernoux con Nicomede II. Vi è poi un decreto del koinon degli Ioni trovato a Priene21, in cui si parla di un certo Dionisio di Priene, sacerdote del re Nicomede II Epiphanes.Un’iscrizione proveniente da Bithynion –

Claudiopolis e databile probabilmente al IV sec. d.C.22 fa riferimento ad un gruppo di sacerdoti adibiti probabilmente al culto di Prusia I23. È oltremodo interessante tale attestazione di un culto postumo per il re bitinico, oltretutto quasi sei secoli dopo la sua morte. Come sostenuto da Noreña24 è difficile dire se tali culti postumi di re ellenistici siano da intendere come un “continuos survival of public worship” oppure come “later inventions” legate semmai al periodo della seconda sofistica e al tentativo di riallacciarsi ad un passato glorioso per le città della parte orientale dell’Impero Romano. Sono rimaste tracce poi del culto di Apama, moglie di Prusia II, a cui il figlio Nicomede II Epiphanes dedicò un tempio, come si evince da una stele, ritrovata in Attica, ma portata lì dalla Bitinia, nella quale la regina viene chiamata con l’epiteto di Thea Basilissa Apama25. Culto “dinastico” fu forse anche quello del mitico eroe eponimo Bithynos. Come si è visto già in precedenza un frammento di Arriano26 ci ha trasmesso due tradizioni diverse sull’origine di tale personaggio: una secondo cui sarebbe fratello di Thynus e figlio adottivo di Phineus ed un’altra che lo considera ancora insieme a Thynus come figlio di Odrysus. Una ulteriore tradizione, conservata in Appiano e Stefano di Bisanzio27, lo considera figlio di Zeus e Tracia. E. Paganoni28 ha svolto un approfondito esame di queste tradizioni ed ha evidenziato come esse facciano riferimento a contesti diversi: quella che fa riferimento a Phineus è forse da porre in relazione al primo incontro tra i coloni greci e Bitini e alla volontà di inserire le popolazioni della Bitinia nell’orizzonte tradizionale degli eroi greci. Quella che invece che considera Bithynus figlio di Odrysus sembrerebbe porre i Bitini in un ruolo di subordinazione nei confronti dei Traci Odrisi e potrebbe essersi formata in età ellenistica su impulso del diadoco Lisimaco, interessato a legittimare e ad ampliare un dominio che si estendeva su entrambe le sponde del Bosforo. Il racconto infine, che considera l’eroe come figlio di Zeus e Tracia, si sarebbe formato secondo Paganoni, che riprende qui Robert29, in età ellenistica presso la corte dei re di Bitinia per creare una sorta di manifesto del potere reale, che si presentava, attraverso la discendenza da Zeus, come un regno ellenistico greco-macedone a pieno titolo e rivendicava con orgoglio mediante la menzione di Tracia la propria origine etnica. A questo riguardo non appare privo di interesse il parallelo con la scelta da parte degli Attalidi di legare la propria dinastia all’eroe Telefo, tramite il quale essi, come i re di Bitinia, cercavano di assurgere a parità di

Polyb. IV 50 8-9. Michels 2009, pp. 281-282. Non è ben noto chi fondò Bithynion, probabilmente Prusa I. 15 Errington 1974, p. 21 nt.7. In questo senso cfr. anche Musti 1977, pp. 306-307 16 Cfr. anche infra parte 2 par. 2.2 17 Su tale modello nel mondo ellenistico cfr. da ulimo Larouche-Cohen 2022. 18 Cfr. Muccioli 2013a, p. 130. 19 Va notato però come tale appellativo, come avviene anche per i sovrani di Cappadocia, non sia presente sulle monete. Sulla monetazione bitinica cfr. Michels 2009, spec. pp. 166-183 e l’Appendice al presente volume. 20 Sherwin-White 1978, p. 137., Fernoux 2004, p. 62. 21 I. Priene 55, ll. 11 ss.

I. Klaudiu Polis 50. Come sostiene Noreña 2016, p. 90 è meno probabile, sulla base della lettura del testo, l’ipotesi che vede tali sacerdoti non come legati al culto di Prusia, ma come sacerdoti di un altro culto che fanno questa dedica in onore di Prusia quale fondatore di Bithynion-Claudiopolis. 24 Cfr. Noreña 2016, p. 95. Su questo caso del culto postumo di Prusia I cfr. anche Chankowski 2010, p. 283. 25 IG II2 3172. 26 Arrian., FGrHist 156 F 77a. La tradizione che pone in rapporto i Bitini e Phineus si ritrova anche, senza però che sia nominato Bithynus, in Pherekyd., FGrHist 3 F 27 = F 134 Dolcetti. 27 Appian., Mithr. 1 che utilizza per designare Bithynus la forma Bithys e Steph. Byz., s.v. Bithynia (β 98 Billerbeck). 28 Paganoni 2019c, pp. 44-56. 29 Robert 1980, p. 131.

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Evergetismo e filellenismo dei re di Bitinia rango con gli altri sovrani ellenistici30.Non è improbabile che anche la città di Bithynion, forse fondata da Prusia I, faccia riferimento all’eroe Bithynos e sia un ulteriore tassello nello sforzo propagandistico reale per evidenziare la fama della dinastia regnante e stimolare il sentimento di identità nazionale dei Bitini31. Il fiorire di tutte queste tradizioni porta ad avanzare l’ipotesi che vi possa essere stato anche un culto eroico di Bithynos, ma la mancanza assoluta di attestazioni riguardanti tale culto rende impossibile corroborare meglio tale ipotesi. Pochissime sono anche le notizie sull’esistenza di philoi reali bitinici. Un’ iscrizione frammentaria, oggi scomparsa e ritrovata a Nicomedia, conteneva un decreto onorifico di una città, il cui nome non è possibile determinare, in onore di tre cortigiani ambasciatori presso un basileus chiamato Prusia, quindi Prusia I o Prusia II. Secondo la ricostruzione di Robert32, il primo dei tre ambasciatori di cui è rimasta solo la terminazione – ον del nome, menzionato alle ll. 3-4 del documento, apparterrebbe al gruppo dei philoi del sovrano bitinico.

Tale statua, insieme ad una di Augusto in ambra, si trovava, secondo il racconto pausaneo, all’interno del tempio (αἱ δὲ εἰκόνες αἱ τοῖς κατασκευάσμασι τοῖς περιφερέσιν ἐγκείμεναι). La statua è definita eikon e non agalma, e ciò potrebbe forse significare che tale statua non rappresentava un sovrano divinizzato36. Secondo Hannestad37 il fatto che la statua fosse di avorio rende possibile la collocaazione della stessa all’interno del tempio, visto il pregio e la deperibilità del materiale; la studiosa inoltre ipotizza che Nicomede fosse rappresentato nudo, nella stessa maniera delle statue degli altri sovrani ellenistici. Quasi certo è il carattere onorifico della statua, non è però chiaro chi avesse posto la statua ad Olimpia, se cioè fosse stata donata al santuario dallo stesso Nicomede o da altri. Secondo Kotsidu38 sarebbero stati i Bitini, che vediamo così attivi nei racconti di Memnone in relazione alle varie crisi successorie, a porre la statua del sovrano nel più importante santuario greco. Ciò presupporrebbe l’esistenza di un consesso politico bitinico che avrebbe reso onori al sovrano, cosa non attestata da alcuna fonte. Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di una città greca, che avrebbe posto la statua per onorare un sovrano che l’aveva grandemente beneficata39. Secondo Michels tale città potrebbe essere di quelle soggette alla sovranità bitinica e probabilmente Nicomedia, che era stata da poco fondata dal sovrano bitinico. L’ipotesi però giustamente preferita da Michels e da altri studiosi prima di lui40 è quella secondo cui sia stato il sovrano stesso a donare la statua ad Olimpia, con la volontà di rappresentarsi come il tipico basileus greco ellenistico e forse promuovere nell’ambito della comunità internazionale il momento della fondazione di Nicomedia. Ed in tale atto si può forse vedere più che un gesto di astratto filellenismo, la volontà piuttosto di inserirsi nel grande gioco della politica internazionale, effettuando un gesto che lo poneva alla pari con i più importanti re ellenistici del tempo. Passando dal regno di Nicomede a quello di suo figlio Ziaelas, la lettera di Ziaelas è certamente un documento cruciale per la storia del regno di Bitinia.

2.2.  L’evergetismo33 dei re di Bitinia e i rapporti con il mondo greco Del primo re di Bitinia Zipoites non si ricordano atti di evergesia nei confronti del mondo greco. La fondazione di Zipoition a lui attribuita rappresenta comunque un tentativo di imitazione delle politiche di fondazione dei sovrani ellenistici e quindi il proiettarsi della dinastia reale bitinica verso una prospettiva di sviluppo urbano. Per quanto riguarda Nicomede I, sebbene sia presentato come un sovrano filelleno in quanto primo ad assumere un nome greco, l’unica testimonianza indiretta di evergesia è quella contenuta nella citata lettera del figlio Ziaelas a Kos. Alle ll. 9-10 di tale documento vi è infatti la menzione dell’amicizia pregressa tra la città di Cos e Nicomede I, padre di Ziaelas (καθόπερ καὶ Νικομήδης ὁ πατὴρ ἡμῶν εὐνόως διέκειτο τῶι δήμωι). Curiosa appare la menzione, sia in questo punto che in altri dell’opera, del padre Nicomede senza il titolo di re, retaggio forse dei non facili rapporti tra padre e figlio all’epoca della successione.Inoltre un’iscrizione frammentaria, trovata a Delo e databile al 171 a.C., sembrerebbe far riferimento ad un dono dei Delii a Nicomede I, forse una corona34. Di particolare interesse è poi un passo di Pausania35 riguardante una statua di avorio, raffigurante Nicomede I e conservata nel santuario di Olimpia.

Ecco il testo della lettera (IG XII. 4 1 209 = Welles 1934, n.25 = Rigsby 1996, pp. 19-20 nr. 11 = TAM IV 1.141 ): βασιλεὺς v Βιθυνῶν Ζιαήλας Κώιων τῆι βουλῆι καὶ τῶι δήμωι χαίρειν· vac. Διόγειτος, Ἀριστόλοχος, Θεύδοτος οἱ παρ’ ὑμῶν 5  παραγενόμενοι ἠξίουν τὸ ἱερὸν τοῦ Ἀσκληπιοῦ τὸ ἱδρυμένον παρ’ ὑμῖν ἀποδέξασθαι ἄσυλον καὶ τὰ λοιπὰ φιλανθρωπεῖν τῆι πόλει, καθόπερ καὶ Νικομήδης ὁ 10  πατὴρ ἡμῶν εὐνόως διέκει-

Sull’eroe eraclide Telefo e la propaganda attalide cfr. Scheer 1993, pp. 110- 149 e de Fidio 2007, partic. pp. 49-50. 31 Robert 1980, p. 131, Fernoux 2004, p. 40 e Paganoni 2019c, pp. 5456. Secondo Robert 1980, p. 131 la tradizione che pone Bithynus come figlio di Zeus e Tracia era stata sicuramente elaborata quando venne fondata Bithynion. Come sostiene però Paganoni 2019c, p. 54 non vi è una prova diretta della connessione temporale tra la fondazione della città di Bithynion e la creazione di questa tradizione. 32 TAM IV,1 2. Robert 1937, pp. 235-239, Savalli-Lestrade 1998, pp. 193194 e Paganoni 2019b, pp. 165-166. 33 Sul concetto di evergetismo in generale cfr. da ultimo Gygax 2016. 34 IDelos 460 fr. u con il commento di Paganoni 2019b, pp. 171-172. 35 Paus. V 12.7. 30

In generale sulle differenze, a tratti abbastanza sfumate, tra i significati di eikon e agalma si vedano Habicht 1970, p. 143, Price 1984, pp. 176181, Walbank 1987, p. 370, Kotsidu 2000, pp. 548-550. 37 Hannestad 1996, p. 74. 38 Kotsidu 2000, p. 132 nr. 76. 39 Michels 2009, pp. 56-57. 40 Hannestad 1996, pp. 75-76, Schottky 2000, p. 930, Michels 2009, p. 56. 41 Il testo è quello delle IG. 36

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Un’ area di frontiera το τῶι δήμωι· v ἡμεῖς δὲ πάντων μὲν τῶν ἀφικνουμένω πρὸς ἡμᾶς Ἑλλήνων τυγχάνομεν τὴν ἐπιμέλειαν ποιούμε15  νοι, πεπεισμένοι πρὸς δόξαν οὐ μικρὸν συμβάλλεσθαι τὸ μέρος τοῦτο· v πολὺ δὴ μάλιστα τῶν πατρικῶν φίλων διατελοῦμεν πολυωροῦντες καὶ ὑμῶν 20  διὰ τὴν πρὸς τὸμ πατέρα μῶν ὑπάρχουσαν πρὸς τὸν ὑμέτερον δῆμον γνῶσιν καὶ διὰ τὸ τὸμ βασιλέα Πτολεμαῖον οἰκείως διακεῖσθαι τὰ πρὸς ὑμᾶς, 25  ὄντα ἡμέτερον φίλον καὶ σύμμαχον v ἔτι δὲ καὶ τοὺς παρ’ ὑμῶν ἀπεσταλμένους φιλοτιμότερον ἀπολογίσασθαι τὴν εὔνοιαν ἣν ἔχετε εἰς ἡμᾶς, ἔν τε τοῖς λοι30  ποῖς καθὸ ἂν ἡμᾶς ἀξιῶτε, πειρασόμεθα καὶ ἰδίαι ἑκάστωι καὶ κοινῆι πᾶσι φιλανθρωπεῖν καθ’ ὅσον ἡμεῖς δυνατοί ἐσμεν, vac. καὶ τῶν πλειόντων τὴν θάλασσαν, 35  ὅσοι ἂν τυγχάνωσιν τῶν ὑμετέρων προσβάλλοντες τοῖς τόποις ὧν ἡμεῖς κρατοῦμεν, φροντίζειν ὅπως ἡ ἀσφάλει[α] αὐτοῖς ὑπάρχῃ· κατὰ ταὐτὰ [δὲ] 40  καὶ οἷς ἂν συμβῇ πταίματός [τι]νος γενομένου κατὰ πλοῦν προσπεσεῖν πρὸς τὴν ἡμετέ[ραν], πᾶσαν σπουδὴν ποιεῖσθαι, ἵν[α] μηδ’ ὑφ’ ἑνὸς ἀδικῶνται· ἀποδ[εχό]45  μεθα δὲ καὶ τὸ ἱερὸν ἄσυλον κ[αθό]περ ὤιεσθε δεῖν, καὶ Διογείτωι [καὶ] Ἀριστολόχωι καὶ Θευδότωι πε[ρὶ] τῶν τούτων καὶ τῶν ἄλλω[ν ὧν] ἠβουλόμεθα, ἐντέταλμαι ἀν̣[αγ]50  γεῖλαι ὑμεῖν. vacat ἔρρωσθε.              vacat 0,30

quanto concerne quelli di voi che dovessero giungere per mare(35) nelle località che noi controlliamo, faremo in modo da garantire la loro sicurezza. Allo stesso modo per quanto riguarda (40) tutti coloro che dovessero essere funestati da un incidente nel corso della navigazione e fare naufragio sulle nostre coste, ci prenderemo cura del fatto che non vengano molestasti da alcuno. Accettiamo (45) che il vostro santuario sia inviolabile come da vostra richiesta e in relazione a queste ed altre cose abbiamo voluto dare incarico a Diogeitos, Aristolochus e Theodotus di fare rapporto a voi. Arrivederci. La lettera è inscritta su di una pietra a forma di prisma triangolare, che contiene altre due lettere, attribuite a Seleuco II e Tolomeo III42. Le lettere dovrebbero, secondo l’opinione prevalente, datarsi al 243/242 a.C., come si è visto in precedenza. La lettera, come notò per primo lo stesso Herzog, appare scritta in un greco del tutto inelegante e l’epistolografo del re bitinico potrebbe essere stato o un “barbaro” in possesso di una conoscenza non del tutto approfondita della lingua greca o un greco provinciale “not very well-read in the classical language”43. Come nota Welles44 particolarmente ineleganti e lontane dalla norma del greco usato dalle cancellerie dell’epoca sono le espressioni τῶν τούτων (l. 48, vero e proprio solecismo), τὸ μέρος τοῦτο (ll. 16-17), l’uso quasi scorretto di ἑνὸς alla linea 44. Alle ll. 11-17, è presente una famosa dichiarazione di Ziaelas in favore dei Greci. Il testo recita: Noi mostriamo attenzione a tutti i Greci che capitano presso di noi, in quanto siamo convinti che ciò contribuisce in maniera non piccola alla nostra buona fama. Questa espressione così particolare non trova confronti in nessun altro testo epigrafico tranne che in una lettera dei re degli Atamani, Teodoro ed Aminandro, che garantiscono l’asylia ad un santuario di Teos. Il testo così si esprime: e questo facciamo verso tutti i Greci con i quali siamo legati da un rapporto di amicizia, tuttavia siamo legati da un vincolo di syngheneia solo con coloro che con noi hanno la denominazione comune di Elleni (καὶ τοῦτο πράσσομεν καὶ διὰ τὸ πρὸς ἅπαντας μὲν τοὺς Ἕλληνας οἰκείως ἔχοντες τυγχάνειν, ὑπαρχούσας ἡμῖν συγγενείας πρὸς αὐτὸν τὸν ἀρχηγὸν τῆς κοινῆς προσηγορίας v τῶν Ἑλλήνων)45. Con questa peculiare espressione Ziaelas voleva certo mostrare vicinanza al mondo culturale ellenico, utilizzando un topos, quello della vicinanza ai Greci, presente anche in altre lettere di sovrani ellenistici, seppur con uno stile ovviamente diverso e meno involuto di quello presente nella nostra lettera. Da notare però, rispetto al testo della lettera dei sovrani degli Atamani, la mancanza del termine syngheneia nel testo di Ziaelas e ciò certamente è indice forse del voler attenuare nella nostra lettera l’apertura nei confronti delle poleis greche. Si è molto discusso sull’effettiva volontà a parte di Ziaelas e degli altri sovrani bitinici di portare avanti una politica decisamente filellenica. Certo la lettera qui esaminata mostra un’indiscutibile volontà di apertura

Tr. : Ziaelas re dei Bitini al consiglio e al popolo di Cos, saluti. I vostri inviati Diogeitos, Aristolochus e Theodotus sono giunti e hanno richiesto che il santuario di Asclepio (5) che è stabilito presso di voi sia considerato da noi come inviolabile e che noi favoriamo la vostra città anche per le restanti cose come fece Nicomede nostro padre che era ben disposto verso di voi(10). Noi mostriamo attenzione a tutti i Greci che capitano presso di noi, in quanto siamo convinti che ciò contribuisce in maniera non piccola alla nostra buona fama(15). In particolare continuiamo a mostrare amicizia verso gli amici di nostro padre e verso di voi, per la amichevole consuetudine con nostro padre(20) e perché il re Tolomeo, nostro amico e alleato, è ben disposto verso di voi(25) ed anche perché coloro che sono stati da voi inviati hanno raccontato della benevolenza entusiastica che nutrite per noi(30). Riguardo alle altre cose che avete chiesto, cercheremo di mostrare favore a voi come singoli e come collettività come meglio ci sarà possibile. E per

Cfr. Rigsby 1996, pp. 106-110 e Buraselis 2004, pp. 15-17. Herzog 1905, p. 178. 44 Welles 1934, pp. 124-125. 45 Welles 1934, n. 35 = SEG XXXVIII 1227 = Rigsby 1996, n. 135. Cfr. Hannestad 1996, pp. 77-78. Cfr. anche Curty 1999, p. 183. 42 43

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Evergetismo e filellenismo dei re di Bitinia al mondo greco. Più difficile è stabile quale fosse la reale dimensione di questa apertura. Secondo Welles46, ripreso in parte in tempi più recenti da Fernoux47, si tratterebbe di una politica autenticamente filellenica volta ad inserire non solo la Bitinia tra le potenze grecofone dell’epoca, ma a far diffondere in un certo qual modo anche le usanze ed il modo di vivere dei Greci nel paese asiatico. Per Welles si tratterebbe anche di un processo di vera e propria ellenizzazione del paese, iniziata da Nicomede e portato avanti da Ziaelas48. Altri studiosi appaiono più cauti nel valutare l’ampiezza del filellenismo dei re bitinici e della loro volontà di ellenizzare il paese. Secondo la Hannestad Ziaelas è un propugnatore di una “not very active philellenic policy”, “a passive continuation of a policy of his predecessor”49. Dubbi maggiori sull’effettivo filellnismo dei Re di Bitinia sono stati posti dai recenti studi di Michels50, il quale ha mostrato come, a partire dai più recenti studi sulle elite di Fernoux51 e sull’onomastica di Corsten52, la diffusione della cultura ellenica della Bitinia fosse nella prima età ellenistica assai scarsa. Onomasticamente la presenza tracio-bitinica è ancora molto forte. Inoltre nei racconti delle varie crisi dinastiche riportatici da Memnone l’elemento nazionalista bitinico è sempre presente, sia nella crisi alla morte di Zipoites che in quella alla morte di Nicomede. Per Michels quindi il filelellenismo dei re bitinici sarebbe non legato ad una vera e profonda politica di ellenizzazione, ma ad un progetto di adozione dei modelli greci per potersi inserire a pieno titolo nel gioco politico ellenistico, quella Hellenisierungspolitik di cui parla Michaels53. La lettera di Ziaelas sembrerebbe quindi mostrarci il filellenismo dei re di Bitinia non come un processo monodirezionale, ma piuttosto un processo complesso, nel corso del quale i vari regnanti cercarono di costruire il loro regno e di ampliarlo in un mondo dominato da regni parlanti greco e di cultura greca54. Ma ciò nonostante la presenza di un forte nazionalismo bitinico non rese questo processo semplice e lineare e per quasi tutta l’età ellenistica rimase un elemento importante dello stato bitinico. Recentemente, nel corso degli scavi effettuati a Cos, è stata rinvenuta un’altra lettera di Ziaelas, all’interno di una stele opistografa contenente anche altre lettere55.

III  βασιλεὺς Βιθυνῶν Ζιγήλας Κώιων τῶι δήμωι χαίρειν· Ἀριστίων, Παρθενοπαῖος, Εὔξιππος, οἱ παρ’ ὑμῶν θεωροί, ἐπήγγειλαν ἡ70  μῖν τὴν πανήγυριν καὶ τοὺς ἀγῶνας καὶ τὰς θυσίας τὰς συντελεσθησομένας ὑφ’ ὑμῶν τῶι Ἀσκληπιῶι διελέγησαν δὲ καὶ ὑπέρ τοῦ ἄσυλον εἶναι τὸ ἱερὸν τήν τε δὴ θεωρίαν προσδεδέγμεθα φιλανθρώπως καὶ τὸ ἱερὸν, καθάπερ ὑμῖν καὶ πρότερον ἐπεστείλαμεν, νομίζομεν εἶναι ἄσυλον.  ἔρρωσθε.    ἐνάτου 75  καὶ τριακοστοῦ, Βριεττίου ἑβδόμη ἐφ’ ἱκάδι.   vacat Tr.: Queste lettere giunsero da Ziaelas con un cavaliere come immagine di sigillo. Ziaelas re dei Bitini al demos di Kos salute: Aristione, Partenopeo, Euxippo, da voi inviati, ci hanno annunciato la festa, gli agoni e i sacrifici, che saranno tenuti da voi per Asclepio; hanno chiesto anche che il santuario sia inviolabile e noi abbiamo accolto l’ambasceria benevolmente e stabiliamo che il santuario sia inviolabile, come già a voi scrivemmo in precedenza. State bene. Nell’anno trentanovesimo, il giorno ventisette del mese di Brettios. La lettera, il cui originale era probabilmente su papiro, recava un sigillo con l’immagine di un cavaliere. Tale immagine si ritrova nella tradizione reale bitinica ed in particolare su alcune monete di Nicomede I, padre di Ziaelas, in cui è presente un cavaliere, forse legato ad una divinità tracia la cui iconografia era appunto quella di un eroe a cavallo (heros equitans)56. Per quanto concerne la datazione della lettera essa è sicuramente posteriore alla lettera di Ziaelas precedentemente nota, come si evince da quanto è affermato alle ll. 73-74 (καθάπερ ὑμῖν καὶ πρότερον ἐπεστείλαμεν).I theoroi in essa menzionati, cioè Aristione, Partenopeo, Euxippo, sono gli stessi menzionati nella lettera della regina Laodice. Come è stato persuasivamente dimostrato da Bosnakis e Hallof, che hanno analizzato tutte le nuove lettere, esse e quindi anche la lettera di Ziaelas dovrebbero datarsi nell’arco di un periodo comunque ristretto, nel corso dell’anno 243/242 a.C. 57. Per quanto riguarda la titolatura di Ziaelas essa è identitica a quella della lettera già nota, tranne che per il nome, che ha qui la forma Ζιγήλας, forma che non si ritrova in nessuna altra fonte né epigrafica né letteraria58. Il punto più interessante è forse quello riguardante le modalità di datazione della lettera, che fa riferimento ad un anno trentasettesimo. Ma anno trentasettesimo di quale era? La datazione della lettera al 243/242 a.C. rende impossibile il fatto che sia usata qui l’era bitinia che troviamo sulle

Ecco il testo, pubblicato da Bosnakis e Hallof: ἐπιστολαί δὲ ταίδε ἦλθον παρὰ Ζιγήλα ἔχουσαι ἐπίσαμον ἱππῇ· Welles 1934, pp. 118-122. Fernoux 2004. 48 Per il concetto di ellenizzazione come concepito dalla storiografia più recente, in maniera ovviamente diversa dalla visione più riduttiva e ormai anacronistica di Welles, si vedano tra gli altri i saggi contenuti in Zacharia 2008 e Hornblower 2014. 49 Hannestad 1996, p. 78. 50 Michels 2009, spec. pp. 55-62, 2010 e 2013. 51 Fernoux 2004. 52 Corsten 2007, pp. 121-133. 53 Michels 2009, pp. 55-62. 54 Cfr. il commento alla lettera di Paganoni 2019b, pp. 172-178. 55 Bosnakis- Hallof 2020, pp. 287-295. Si tratta delle poleis di Aigeai, Beroia, probabilmente Thessalonike, Temnos, di re Ziaelas e di una regina Lodice sulla cui identità cfr. Bosnakis- Hallof 2020, pp. 321-323. 46 47

Michels 2009, pp. 158-162. Bosnakis- Hallof 2020, pp. 313-314. 58 Dana 2014, p. 393. Nelle altre forme attestate, sia in fonti epigrafiche che letterarie, non è mai presente la lettera gamma. 56 57

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Un’ area di frontiera θε τηλικούτων καὶ το[ιούτων φιλανθρώπων προ]ϋπαρχόντων ἡμεῖν πρὸς [ὑμᾶς· ὄντων δέ τινων νῦν] 15  τούτοις ἐμποδίων, εἰ κα[ὶ οἱ θεωροὶ τοῦτο ἡμεῖν ] μέμψασ{α}θαι ἐφάνη{․ν}, πα[ρακαλοῦμεν ὅμως ὑμᾶς] τοῖς καιροῖς ἴσως ἐπακ[ολ]ουθή[σαντας κρῖναι ἡ]μεῖν v συγγνώμην ἑκτέον, ὅταν [— — — — ——— ————————] κότες μὴ δυνώμεθα τὰς τούτω[ν τῶν ἀγώνων συντελείας] 20  θεωρεῖν· v ἐγὼ δὲ καὶ ἡ ἀδελφ[ή] μ[ου — — ——————————] καὶ οἱ ἡμέτεροι πολῖται τήν τε παρ’ [ὑμῶν ἐπαγγε]ίαν γινομένην τῶι θεῶι καὶ τὴν ἀ[συλία]ν δεχ[ό]μεθα καὶ τὴν συγγένειαν οὖσαν ἀλ[η]θινὴν καὶ [ὑ]μῶν τε ἀξίαν καὶ ἡμῶν ἡδέως προσ[δε]δέγμεθα, 25  μαρτυρίας μεγίστης τῆς παρὰ το[ῦ ἡμ]ετέρου πατρὸς προσγεγενημένης ἣν ἀπ[οπεφήν(?)]ατε αὐτοῦ ἐκείνου ποιησαμένου· v εἰ [δὲ καὶ τῶν λοιπῶν] τινες Ἑλλήνων ἀρχὴν φιλί[ας ποιούμενοι ταύτ]ην πρῶτον προσηγόρευον ἡμ[ᾶς συγγενεῖς, εὐ]λόγως 30  ἂν προσελαμβάνομεν τ[ούτους, τοιαύτη]ς φιλανθρωπίας ἡμεῖν προϋπαρχ[ούσης πρό]ς γε τοὺς το[ι]αύτην συγγένειαν καὶ [τη]λικ[αύτην ἀ]ναγκαιότητα ἀναμιμνήσκον[τα]ς κα[ὶ] ταύτ[ην δι]αφυλάττειν προαιρουμένους π[ολ]λαπλασίως· κ[αὶ νῦν] τὴν εὔνοιαν ἀπ[ο]35  δεδέγμεθα [κα]ὶ τὰ μετ[ὰ] ταῦτα [π]ε[ι]ρασόμεθα δια[τ]ηροῦντε[ς τὰ ἐ]κ [π]αλαιῶν μὲν χρ[ό]ν[ω]ν συνεστη[κότ]α, v ν[ῦν δὲ καλ]ῶς καὶ προσηκόντω[ς ε]ἰς τὴμ βελ[τίστην ἀνανέ]ωσιν ἠγμένα ὑφ’ ὑμ[ῶν], εὖνοι φίλο[ι], [φιλάνθρωπα τῶι] δήμωι ὑπάρχε[ιν καὶ ὑπ] ακούοντε[ς] 40  [τὰ ἀξιούμενα ἀεὶ χ]αρίζεσθαι εἰ[ς δύναμιν]. v ἔρρωσθ[ε].

monete a partire da quelle di Nicomede II, che ha come inizio il 297-296 a.C. . Un semplice calcolo matematico ci fa invece comprendere che l’inizio dell’era utilizzata da Ziaelas nella lettera si ricollega all’anno 282/281 a.C. e ha come riferimento la sconfitta di Lisimaco a Curupedio nel 281 a.C. . Una tale era si rinviene anche in alcune monete di Nicea, Prusa all’Olimpo, Apamea, Nicomedia, Tios e Bithynium emesse nel periodo compreso tra il 61 e il 47 a.C.59 Abbiamo quindi testimonianza di due ere utilizzate dai re di Bitinia, una questa utilizzata da Ziaelas e legata alla battaglia di Curupedio ed una attestata a partire da Nicomede II, che ha inizio con il 298/297 a.C. Difficile è comprendere per quale motivo ad un certo punto, in un periodo compreso verosimilmente tra i regni di Ziaelas e Nicomede II, l’era di riferimento venne cambiata. Si può forse avanzare l’ipotesi che a cambiarla sia stato proprio Nicomede II, il quale, dopo aver fatto cadere il padre Prusia II con il copo di stato di cui si è detto sopra, abbia cambiato l’era regale bitinica per segnare maggiormente il cambiamento rispetto ai regni precedenti ed in particolare al regno paterno. La mancanza però di più sicuri elementi ci costringe a considerare questa una mera ipotesi di lavoro. Nella lettera è attestato il mese di Brettios; il calendario bitinico in età imperiale aveva inizio il 23 settembre, non si sa nulla della struttura dell’anno in età ellenistica60. Venendo allo stile ed al linguaggio della lettera esso appare meno involuto e mno ricco di barbarismi di quello della lettera precedentemente nota. Un’altra lettera, anch’essa trovata a Cos, il cui autore è dubbio, è stata attribuita da alcuni studiosi a Ziaelas61. Il testo della lettera, molto frammentario e difficile da ricostruire, è il seguente (Rigsby 1996, p. 121.123 nr. 12 = IG XII, 4 1 213): 1 η[— — — — — — — — — — — — — — — —

—] τω[— — — — — — — — — — — — — — — — —] δημ[— — — — — — — — — — — — — — — — —] προσδ[— — — — — — — — — — — — — — — —] 5  τι ἐν ἡμ[— — — — — — — — — — — — — — —] ․αντων[— — — — — — — — — — — — — — —] ․ε ἀκολούθ[ως αἷς εἶχον ἐντολαῖς τὴν ἐπαγ]γελίαν ἐποιή[σαντο τῆς τε θυσίας καὶ τῶν ἀγώ]νων τῆι διδασ[καλίαι χρώμενοι οὕτω καλῶς ὥστε] 10  θαυμάζειν ἐπῄει [ἡμεῖν — — — — — —] ἀφ’ οὗ τῆς βασιλεία[ς — — — — — — — — — — —] ίαν περὶ τούτων ὕσ[— — — — — — — — — — —σ]-

La traduzione inizia da l. 7: seguendo le istruzioni fecero la proclamazione del sacrificio e dei giochi usando la loro maestria in modo così abile da meravigliarci………. da quando siamo al potere…..riguardante queste cose…… di così grandi e tali benefici verso di voi. Essendovi ora alcune cose che sono di impedimento a queste cose, se i theoroi hanno trovato qualche mancanza da parte nostra, chiediamo nondimeno di valutare che noi ci stiamo adeguando ai tempi, riconoscendo che siamo degni di indulgenza qualora……. non dovessimo essere in grado di inviare theoroi per la celebrazione dei giochi, io e mia sorella…..e i nostri cittadini accettiamo sia la proclamazione che è stata fatta per il dio e l’inviolabilità, ed anche l’affinità come vera e degna di noi e voi e la migliore testimonianza è quella di nostro padre (25), della cui opera voi stessi siete testimoni. Se qualcuno degli altri Greci volesse per primo definirci affini, noi li approveremmo in maniera affabile (30), avendo piena gratitudine nei confronti di chi ricorda un tale legame e affinità e sceglie di preservarlo

Bosnakis- Hallof 2020, pp. 316-320 e la bibliografia citata supra nt. Bosnakis- Hallof 2020, p. 320, oltre al mese di Brettios è noto del calendario il solo mese di Periepios. 61 Balakhvantsev 2011, Gabelko 2005, 214-218, 482-483 e Gabelko 2017, p. 332 nt.18 59 60

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Evergetismo e filellenismo dei re di Bitinia più volte. Ed ora accogliamo la vostra lealtà (35) ed in futuro cercheremo di mantenere i benefici per il vostro popolo fatti in tempi antichi ed ora in maniera elegante e conveniente condotti ad un migliore rinnovamento da voi, cari amici, e prestando ascolto alle vostre richieste per cercare di soddisfarvi nella maniera migliore possibile. Arrivederci (40).

Bosforo era preferito quello di basilissa71. Buraselis72, in un suo contributo sui decreti di asylia a Cos, è ritornato sulla questione, riaffermando le difficoltà dell’identificazione e proponendo che forse l’autore della lettera può essere cercato all’interno dell’Asia Minore. Infine, come si è già accennato sopra, nel 2011 Balakhvantsev73 ha riproposto in maniera ampia una ipotesi, già prospettata da Gabelko74 nel 2005, secondo la quale si tratterebbe di un’altra lettera di Ziaelas re dei Bitini. La lettera evidenzierebbe le difficoltà di Ziaelas ad affermarsi contro i suoi nemici nel corso della guerra civile di cui si è detto sopra. Balakhvantsev e Gabelko sostengono che Ziaelas per un periodo non sarebbe stato re di tutta la Bitinia, ma avrebbe dovuto condividerne una parte con il figlio di secondo letto e erede designato di suo padre, quel Zipoites (III), che poi, al tempo di Prusa nel 220 a.C., cercherà di nuovo con l’aiuto di Bisanzio e dei pirati di insignorirsi della Bitinia. Il cenno alla sorella di l. 20 farebbe riferimento a Lysandra, il cui nome viene integrato da Balakhvantsev nell’epigrafe75, la quale, secondo un frammento dei Bithyniaka di Arriano76, sarebbe stata figlia di primo letto di Nicomede e sorella di Ziaelas, nonché, sempre secondo lo studioso russo, sua alleata nella guerra civile. Questa ipotesi appare a tratti interessante, ma a mio avviso non del tutto convincente. Questa lettera, rispetto a quelle sicuramente ascrivibili al sovrano bitinico, mostrerebbe, se le ipotesi degli studiosi russi colgono nel segno, una situazione del regno ancora in preda a torbidi e quindi cronologicamente precedente a quella analizzata prima, in cui Ziaelas appare sovrano ormai saldamente in sella. Essa appare però coeva rispetto alle altre e la menzione degli Asklepieia rende certa una datazione verso la fine degli anni quaranta, rendendo così difficile la congruenza cronologica tra questa lettera e le notizie certe sulle vicende del regno di Ziaelas. Inoltre la fondatezza della notizia di Arriano secondo cui Lysandra era figlia di Nicomede e sorella di Prusia e Ziaelas è oggetto di discussione tra gli studiosi. Secondo Habicht77 Ziaelas e Lysandra sarebbero i figli di Prusia I e solo nipoti di Nicomede, secondo Glew78 invece Lysandra sarebbe davvero figlia di Nicomede in quanto suo nome sarebbe stato ricalcato su quello della figlia di Tolomeo I e moglie di Agatocle figlio di Lisimaco. In conclusione va rilevato come lo stato estremamente frammentario del testo dell’epigrafe renda estremamente ipotetico il tentativo di attribuzione dei due studiosi russi, come anche peraltro quello di Robert e degli altri. Per il momento non appaiono essere presenti nella lettera gli elementi minimi che consentono di formulare un’’ipotesi abbastanza fondata sul suo autore.Per quanto riguarda Prusia I l’unico atto di evergesia ricordato dalle

Tale lettera venne rinvenuta sempre a Cos e si trova sulla stessa stele che ospita una lettera di Gela, che concede anch’essa l’asylia al santuario. Essendovi menzione degli Asklepieia, per i motivi di cui si è detto sopra, la datazione dovrebbe essere quella del 242 a.C. 62. Davvero incerta è l’attribuzione. I primi editori dell’epigrafe, Herzog e Klaffenbach, proposero come autore della lettera Gerone II di Siracusa o suo figlio Gelone, in quanto sull’altro lato della stele è inscritta la lettera di Gela ed inoltre la menzione dei cittadini farebbe pensare ad un dominio urbano, compatibile con quello dei tiranni di Siracusa63. Herzog sulla base di questa ipotesi ha restituito anche il nome di Damarete nella lacuna a l. 20. Secondo Welles, dato che il padre Gerone II era sicuramente ancora vivo in quel momento, bisognerebbe presupporre per Gelone una sorta di “co-ruler, a situation otherwise unattested in Sicily at that time”64. Inoltre come hanno notato i Robert65 il cenno alla linea 27 alla volontà di accogliere chiunque degli altri Greci lo giudichi affine mostra la non completa grecità dell’autore della lettera, cosa peraltro incompatibile con i tiranni di Siracusa, perfettamente greci e inseriti nel mondo greco. Welles66 ha proposto come autore Demetrio il bello, l’Antigonide che per breve tempo a metà del III sec. a.C. ebbe il dominio su Cirene, affermando però prudentemente che “possibly there will be other possibilities”. Un problema cronologico si oppone a questa ipotesi, in quanto Demetrio morì probabilmente non più tardi del 247 a.C.67, mentre come abbiamo visto la lettera si dovrebbe datare al 242 a.C., celebrandosi gli Asklepieia nel 241 a.C. .Secondo i Robert68 si tratterebbe di un sovrano spartocide del regno del Bosforo Cimmerio, in quanto si trattava di un regno con numerose città e da qui il riferimento ai nostri cittadini ed inoltre ciò ben si inserirebbe nell’interesse degli abitanti di Cos per i traffici commerciali da e verso il Mar Nero, già presente nella lettera di Ziaelas. Tale ipotesi è accolta dubitativamente da Rigsby69 e da altri autori. Per Rigsby il re spartocide potrebbe essere Parisade II o uno dei suoi due figli. Secondo Seyrig70 non si tratterebbe di Parisade II perché nella lettera i toni sono quelli di un re appena arrivato sul trono, mentre Parisade era al potere dal 285/84 a.C. . Il termine sorella è utilizzato in molti regni ellenistici per indicare la moglie del re, anche se spesso nel regno del

Rigsby 1996, p. 124. Buraselis 2004, p. 15: “I think that the interior of Asia Minor might provide alternative candidates”. 73 Balakhvantsev 2011. 74 Gabelko 2005, 214-218, 482-483 e Gabelko 2017, p. 332 nt.18. 75 Balakhvantsev 2011, p. 75. 76 Arrian. FGrHist 156 F 29. 77 Habicht 1972b, col. 387. Il testo del frammento, trasmesso dalle Chiliades di Tzetzes, appare piuttosto confuso e con fraintendimenti tra vari re con lo stesso nome. 78 Glew 2005, pp. 134-135. 71

Rigsby 1996, pp. 123-124. 63 Herzog-Klaffenbach 1952, p. 30. I due autori ondeggiano tra Gerone II e Gelone, preferendo Klaffenbach quest’ultimo. 64 Welles 1953, p. 398. 65 Robert BullEpigr 1953, pp. 156-157. 66 Welles 1953, p. 398. 67 Van Oppen de Ruiter 2015, pp. 25-27. 68 Robert BullEpigr 1953, pp. 156-157. 69 Rigsby 1996, pp. 123-124. 70 Seyrig 1985, pp. 12-13. 62

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Un’ area di frontiera fonti79 è quello legato agli aiuti inviati a Rodi in occassione del disastroso terremoto del 227 a.C.. Come è si è visto in precedenza tale aiuto va probabilmente collegato alla volontà di Prusia di favorire Rodi rispetto alle più vicine città greche di Bisanzio ed Eraclea Pontica, che invece bloccavano l’espansione bitinica verso la cruciale area degli stretti. Pochi anni dopo gli aiuti, Prusia sarà infatti alleato di Rodi nella guerra proprio contro Bisanzio. Altro importante atto di Prusia I fu l’istituzione delle feste, le Soterie, probabilmente in occasione di una vittoria contro i Galati. Tali feste, importante evento religioso, culturale e latamente politico, furono la “risposta” bitinica alle feste in onore di Atena istituite dagli Attalidi nel 220 a.C. 80.

sovrano bitinico viene onorato per i benefici resi al koinon etolico e per la sua evergesia (τὸ κοινὸν τῶν Αἰτωλῶν ἀρετᾶς ἕνεκεν καὶ εὐεργεσίας [τᾶ]ς εἰς αὑτούς). Secondo Fernoux si tratterebbe del risultato di quasi cinquant’anni di ellenizzazione del regno bitinico, secondo Vitucci e Michels tale dedica si porrebbe invece all’interno della già citata poltica filo-attalide e quindi filo-etolica dei primi anni del regno di Prusia II. Sempre nei primi anni del suo regno, probabilmente tra il 182 e il 179 a.C., si data anche un decreto della città cretese di Aptera87, con il quale vengono garantiti al re di Bitinia e ai suoi successori, il titolo di evergete, che però non venne utilizzato ufficialmente da Prusia, e la proxenia (βασιλέα Προυσίαν βασιλέω[ς] Προυσίου πρόξενον ἦμεν καὶ εὐεργέταν αὐτὸν καὶ ἐκγόνος). La datazione di tale decreto ai primi anni del regno di Prusia II trova sostegno nel fatto che sulla medesima pietra è presente un decreto in onore di un sovrano attalide88, Attalo I o Attalo II, e l’amicizia con gli Attalidi si ebbe solo nella prima parte del regno di Prusia. Questi primi anni furono quindi, come mostrato anche da questi decreti onorifici, un periodo in cui Prusia svolse un importante opera di rappresentenza e di evergetismo nei confronti di diverse realtà del mondo greco. Nel decreto di Aptera sono poi menzionati, purtroppo in un contesto abbastanza frammentario (IC II III 4 B, ll. 3-8), tre individui di origine bitinica, probabilmente degli emissari di Prusia ad Aptera89. Si tratta di un certo Dintiporis figlio di Skipazios, proveniente da una Prusia, o quella al mare o quella all’ Hypios, di un Dionisios figlio di Apaturios di Nicomedia e di un Diliporis di cui purtroppo non è preservato né il nome del padre né il poleico. Interessante è la presenza di ben due soggetti con nome trace, che indicano la prevalenza dell’aristocrazia tracica ancora durante il regno di Prusia II, ma forse anche la volontà di sottoporsi ad un processo di ellenizzazione, come si evince anche dalla presenza di Dionisios, uomo dal nome greco e proveniente dalla città regia di Nicomedia, sorta sulla cenere di due città greche, Astaco ed Olbia, e popolata probabilmente da una cospicua popolazione di origine greca. Prusia II fece inoltre numerosi donativi di carattere privato a vari santuari importanti: nel 175 a.C. vi il conferimento di una corona al sovrano presso Delo90, a cui fece seguito negli anni sessanta la dedicazione di una phiala da parte del sovrano bitinico nel santuario sull’isola91. Altro importante santuario ionico con cui Prusia II interagì fu quello di Didyma presso Mileto, a cui donò in due riprese delle phialai92, e ricchezze per la costruzione di una phyale e di una grande hydria insieme a varie coppe preziose, da lui ideate e note come prusiadi93. Il rapporto con Didyma è forse anche legato al desiderio di

Non a caso quando Bisanzio vorrà evidenziare la sua vincinanza agli Attalidi e non alla Bitinia, deciderà di partecipare alle feste in onore di Atena a Pergamo e non alle Soterie, e questa sarà una dei motivi sbandierati da Prusia per giustificare la sua partecipazione alla guerra di Rodi contro Bisanzio nel 220 a.C. Per Fernoux81 l’istituzione delle Soterie rappresenta un importante segno del deciso filellenismo di Prusia, Michels82 invece lo considera piuttosto un atto legato alla volontà dei sovrani bitinici di inserirsi nella comunità dei regni grecoellenistici, con un’ azione che potesse rendere meglio noto il regno alle città e ai regni greci. Quasi nulla si conosce delle Soterie83, che secondo l’ipotesi di Rigsby84 potrebbero forse aver avuto come luogo di svolgimento Nicomedia, anche se ciò non è detto da alcuna fonte.Un altro atto di evergesia di Prusia I è quello attestato da un’iscrizione bilingue di età imperiale85 proveniente dal tempio di Zeus ad Aizanoi, l’odierna Çavdarhisar. Tale città si trovava nei territori contesi della Frigia Epitteto e l’iscrizione afferma che Adriano restituì al tempio alcune terre che erano state ad esso concesse da Attalo e Prusia e poi usurpate da altri. Questo atto di evergesia e di eusebeia di Prusia era probabilmente inteso a conciliari la classe sacerdotale di una regione contesa con gli Attalidi come la Frigia Epitteto. Prusia II fu l’unico sovrano bitinico, insieme a Nicomede I, a cui fu innalzata una statua in un santuario panellenico. La Lega Etolica innalzò infatti un monumento a Prusia a Delfi, probabilmente all’inizio del suo regno tra il 182 e il 179 a.C. . Questo monumento, alto circa 1,79 m. e molto importante in quanto posto vicino al tempio, si è conservato per intero tranne per la statua equestre del sovrano in bronzo che era posta sopra di esso. Nell’iscrizione86 il Polyb. V 90. Dato che Polyb, IV 49 parla prima delle feste in onore di Atena degli Attalidi e poi delle Soterie di Prusia secondo Virgilio 1999, p. 353 è probabile che siano state organizzate prima le feste pergamene e poi quelle bitiniche. 81 Fernoux 2004, pp. 61-63. 82 Michels 2009, p. 69. 83 Fernoux 2008, pp. 226-227, Michels 2009, pp. 68-69. Sul modello di tali feste ed in particolar modo sulle Ptolemaia di Tolomeo II Filadelfo, che costituirono un po’ il modello di tutte queste feste dei re ellenistici cfr. Rice 1983 e Hazzard 2000, pp. 59-79. 84 Rigsby 1996, pp. 442-443. 85 MAMA IX n. 8 = AE 1940 n. 44. L’iscrizione fa parte di un dossier di lettere bilingui tra l’imperatore Adriano e il tempio databile tra il 125 e il 128 d.C. cfr. Laffi 1971, pp. 3-53, Boffo 1985, pp. 105-106, Fernoux 2008, p. 236 e Paganoni 2019b, pp. 185-189. 86 FD III, 4. 76 = IG IX 12, 1, 184 = Syll.3 632. Cfr. Vitucci 1953, p. 70, 79 80

Hannestad 1996, pp. 84-85, Fernoux 2004, pp. 61-62, Michels 2009, p. 73. 87 IC II III 4 A-B = Kotsidu 2000, pp. 283-284 nr. 194. 88 IC II III 4 C = Kotsidu 2000, pp. 282-283 nr. 193. 89 Su questi tre nomi cfr. Habicht 1957b, col. 1109, Marek 1984, p. 324, Hannestad 1996, pp. 86-87, Corsten 2006 e 2007, Scholten 2007, p. 24. 90 IDelos 449 A l. 22 = Kotsidu 2000, pp. 220-221, nr. 145. 91 IDelos 1408 A I l. 27, IDelos 1428 col. II ll. 27-28, IDelos 1443 A II, l. 43, IDelos 1450 A, l. 193 92 IDidyma 469, c. 165/4 a.C., IDidyma 473. 93 IDidyma 463, c. 178/7 a.C. Sulle coppe dette prusiadi cfr. Habicht 1957c, col. 1128.

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Evergetismo e filellenismo dei re di Bitinia mantenere un legame privilegiato con l’oracolo, da cui forse, secondo Michels94, egli sperava di ottenere oracoli favorevoli alla sua politica nel momento opportuno. Tale disegno però fallirà clamorosamente in quanto, forse anche in seguito alle devastazioni di templi commesse da Prusia all’epoca della seconda guerra bitino-pergamena, il sovrano bitinico si trovò del tutto isolato e privo di ogni aiuto anche da parte delle principali istituzioni religiose microasiatiche nel momento del conflitto con suo figlio Nicomede II, che si concluse come abbiamo visto con la vittoria di quest’ultimo. Il primo atto di evergesia di Nicomede II è la consacrazione di un gruppo di statue per il re numida Massinissa avvenuta presso il santuario di Delo95. In tal epigrafe troviamo l’uso del’ appellativo Epiphanes, appellativo usato per la prima volta in maniera stabile da un sovrano bitinico (βασιλε]ὺ̣ς̣ Νικομ̣ήδης Ἐπι[φ]ανὴς [βασιλέως] Προυσίου β̣[ασιλέα Μα]σ̣α̣ννάσα̣ν βασιλέως Γαία, πατ[ρικὴν ἐσ]χηκότα πρὸς αὑτὸν α[ἵ] ρεσιν καὶ εὔνοιαν). L’epigrafe dovrebbe datarsi nella prima parte del regno di Nicomede, forse prima del 148 a.C., anno della morte di Micipsa, figlio di Massinissa. In un’altra epigrafe, coeva e sempre proveniente dallo stesso monumento a Delo, Nicomede onora un figlio di Massinissa96, il cui nome non è pervenuto, ma che è forse da identificarsi con Mastanabal97. È probabile che Nicomede avesse stretto amicizia con Massinissa e i suoi figli all’epoca del suo soggiorno a Roma come ambasciatore del padre98. Come si è visto in precedenza tale dedica onoraria potrebbe essere legata ad un aiuto fornito dal sovrano numidico a Nicomede durante la guerra civile con il padre Prusia II. Inoltre sono attestati buoni rapporti tra il re di Numidia e l’isola di Delo99. La scelata del santuario isolano appare comunque in continuità con le donazioni fatte già da Prusia negli anni settanta e sessanta. A Priene è stato poi trovato il già citato decreto del koinon degli Ioni 100 , in cui si parla di un certo Dionisio di Priene, sacerdote del culto di Nicomede II. Tal decreto onorario si ricollega forse a precedenti onorificenze fatte da Priene per il sovrano bitinico, in quanto alla linea 15 Dionisio viene lodato per la parte avuta in tali onorificenze. Secondo Rostovtzeff101 il culto deriverebbe da un’agevolazione effettuata da Nicomede nei confronti di Priene in relazione ad un prestito. Secondo Hoghammar102 tale culto sarebbe da collegare alla parte avuta dal re di Bitinia nel sopprimere la rivolta di Aristonico. Sempre secondo la studiosa svedese tale culto di Priene sarebbe da collegare con quello di un non bene identificato basileus Nicomede presente in

una epigrafe oggi perduta proveniente da Kos. Anche in questo caso si tratterebbe di un riconoscimento per l’aiuto contro Aristonico. Va rilevato come sia difficile comprendere di quale basileus Nicomede103 si tratti nell’epigrafe di Kos, che è purtroppo perduta. Venendo a Nicomede III è attesta un ‘iscrizione104, oggi purtroppo perduta, che venne eretta dal gimnasiarca Dioscuride in onore del re, a Delo, probabilmente nel suo primo anno di regno (127/126 a.C.) . Nicomede è poi citato, sempre a Delo, in un’epigrafe databile al 110/109 a.C.105, trovata presso il Serapeion C del tempio di Delo, in cui viene commemorata la costruzione di un tempio e di una statua di Iside Nemesi da parte del sacerdote Sosion con il contributo degli Ateniesi e di Nicomede III di Bitinia. Egli è poi onorato, insieme con la moglie Laodice, in un’importante iscrizione proveniente da Delfi106 per la donazione di trenta schiavi al santuario. Si tratta del più importante documento pervenutoci sulla evergesia dei re di Bitinia dopo la lettera di Ziaelas a Kos. L’iscrizione enumera numerosi onori per il re come il conferimento di corone ai giochi pitici e di statue (ll. 28-29), e la proxenia, promanzia, prodichia e proedria (l. 35). Alla l. 10 si fa riferimento ai benefici offerti dai sovrani di Bitinia a Delfi, facendo riferimento anche al monumento di Prusia II. Nella parte finale dell’epigrafe si fa riferimento all’invio di una copia del decreto, che sarebbe stata inviata a Nicomede e Laodice, e, secondo Michels107, esposta in una città della Bitinia, forse proprio la capitale Nicomedia, come simbolo del prestigio della regalità bitinica. Altre due città greche con cui Nicomede III ebbe rapporti furono poi Argo ed Epidauro. Per quanto riguarda Argo nell’anno 115 a.C. i Technitai dionisiaci di Argo onorarono il loro tesoriere Zenone108 per una serie di servizi, quale la ricostruzione di un bathron relativo al loro benefattore Nicomede III, nonché l’erezione di una statua del sovrano bitinico109. Secondo Fernoux110 tale azione di Nicomede nei confronti dei Technitai di Dioniso ad Argo sarebbe parallela a quella di Ariarate V nei confronti dei Technitai del tempio di Dioniso ad Atene, mostrando così una comune volontà di ellenizzazione delle due monarchie microasiatiche. Ad Epidauro vi è invece la consacrazione di alcune statue da parte di Archestrato figlio di Archestrato di Epidauro in onore del re di Bitinia111. Non è possibile individuare l’occasione né il motivo per cui il sovrano venne onorato con l’erezione delle statue112. L’appellativo 103 Sherwin-White 1978, p. 137 ritiene più plausibile Nicomede II, ma non esclude il III, Fernoux 2004, p. 62 preferisce Nicomede II, Geyer 1936, col. 436 propendeva per il terzo. Di recente Glew 2005 ha pensato addirittura a Nicomede I. Va rilevato anche come Bringmann 2000, pp. 143-146 ritenga improbabile che un soccorso militare sia un presupposto tale da sfociare nell’instaurazione di un culto. 104 IDelos 1579 = OGIS 346 Cfr. Hannestad 1996, p. 86. 105 IDelos 2038 = OGIS 342. Cfr. Hannestad 1986, p. 86 106 FD III 4. 77 = Kotsidu 2000, p. 166 nr. 101. Fernoux 2004, pp. 62-64, Michels 2009, p. 81. 107 Michels 2009, pp. 81-82. 108 IG IV 558 = Kotsidu 2000 pp. 108-111 nr. 54. 109 La stessa IG IV 558 fa riferimento ad un’altra statua e più solenne del sovrano all’interno del santuario cfr. Hannestad 1996, p. 87, Michels 2009, p. 82. 110 Fernoux 2004, p. 63. 111 IG IV2 1 591 unita a IG IV 1135 (a) e 1160 (b). 112 Vitucci 1953, pp. 98-99 e Fernoux 2004, pp. 62-64.

Michels 2009, p. 77. IDelos 1577 96 IDelos 1577bis, in IDelos 1578 è attestato, in un contesto abbastanza frammentario, il nome di Gulussa, altro figlio di Massinissa. 97 Mattingly 1997, p. 140. Liv. XLV 13 attesta la presenza a Roma di Mastanabal, da lui chiamato Masgaba, nello stesso periodo in cui era presente anche Nicomede. 98 Mattingly 1997, p. 140, Taher 2004, pp. 35-36. 99 IDelos 442 A ll. 100-104 databile 178/77 a.C.. 100 I. Priene 55, ll. 11 ss. databile al 128 /27 a.C. = Kotsidu 2000, pp. 297-298 nr. 201. 101 Rostovtzeff 1941, pp. 827-829. Secondo lo studioso russo l’attività di Nicomede come banchiere sarebbe provata dalla storia della celebre Afrodite di Cnido (Plin. N.H. VII 12 e XXXVI 21) , ceduta dai Cnidii al re in cambio della remissione di un debito. 102 Hoghammar 1993, pp. 95-96. 94 95

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Un’ area di frontiera ἡμ[εῖ]ν̣ προκε̣[χ]ω̣ρηκόσιν καὶ ἐστεφανω[κέ]ν̣αι ἡμᾶ[ς χ]ρυσέῳ στεφάνῳ καὶ εἰκ[όνι] διελέχ[θ]ησαν δὲ καὶ οἱ πρεσβευ[ταὶ ἀκο]λούθως τοῖς ἐν αὐτῇ κατα15  κεχ[ωρισμέ]ν̣οις τήν τ̣ε̣ θυσίαν παρέστησαν ἀξία̣[ν τ]ῆς ἡμετέρας προαιρέσεως κατειλη[φότε]ς̣ ο̣ὖν τὸ[ν δ]ῆμον ὑμῶν ἐκ π̣λείον[ων ?εὐνοϊκῶ]ς̣? [δι]α̣κείμενον [τ]ὰ̣ π̣ρὸς ἡμ[ᾶς καὶ σπεύ]δοντα? vac ἀεὶ ἐπι20  [τυ]ν̣χάνε[ιν ?ἡμᾶς ἐν] π̣ᾶσιν τοῖς προ[κειμένο]ι̣ς ἀποδεχό[μ]ε̣θα καὶ ἐ[πῃνέσ]αμεν? πολὺ μάλιστ̣[α τ]ὴν εὔνοιαν [?ὑμῶν] κ̣αὶ πειρασόμεθα [εὐ]καιρήσαν[τες ?χαρ]ι̣σθῆναι ἀξί̣ω̣ς κ[αὶ ?ὑ]μῶν καὶ τῆς 25  [?ἡμετέρα]ς̣ δόξ[ης ·· c. 5 ··] Ἀρτεμίδωρον [·· c. 5 ··]αλεξ̣αμε[·· c. 5 ··]οὺς υἱοὺς κα[?τὰ τὸ π]αρὸν συνε̣[·· c. 5 ··]έσθαι ἡμεῖν [·· c. 9 ··] ΙΟΥΣΚ[·· c. 5 ··]ΣΕΠΑΝ [·· c. 10 ··]ΟΥΣΥ[·· c. 5 ··]ΑΙΤΟΥ εἶναι 30  [·· c. 10 ··]ἐκρ[?είναμ]εν καὶ ὑμεῖν [?ἐγράψαμεν π]ερὶ τ[ούτω]ν̣ ἔρρωσθε

di Evergete di Nicomede III viene spiegato da Granio Liciniano113 con il fatto che egli portò aiuto ai suoi sudditi e mostrò grande generosità. Secondo Vitucci114 tale nota dello storiografo romano non deve essere intesa come qualcosa connotante la personalità del sovrano bitinico, ma piuttosto la sua volontà di accodarsi al padre nell’ “allinearsi alla concezione ufficiale della regalità dominante nel mondo ellenistico”. Più recentemente Muccioli115 ha notato come le parole di Liciniano siano “ricostruzione a posteriori data dall’autore latino, dalla quale tuttavia emerge una politica demagogica del sovrano”. Per Nicomede IV è attestata probabilmente116 una dedica onorifica proveniente da Delo117, in cui gli efebi lo onorano probabilmente prima della sua ascesa al trono con una statua che lo presenta come loro patrono. L’epigrafe, datata dopo il 112/111 a.C., è segno della continuazione dei contatti con Delo, già attestati per i precedenti sovrani bitinici. La città ionica, oltre che sede di un importantissimo e prestigioso santuario, era anche un importante centro economico, dopo la creazione del porto franco nel 166 a.C. . Delo sembra assumere in questi anni lo stesso ruolo che Rodi aveva avuto sotto Prusia I. Non sorprende quindi che Nicomede IV abbia frequentato il ginnasio in tale città. Inoltre ci è pervenuta un’interessante iscrizione118, proveniente sempre da Delo, in cui viene onorato un certo Meleagro di Nicea, che promosse un accordo tra mercanti e proprietari di navi che si recavano in Bitinia per fini commerciali119. Secondo Reynolds120 ed altri studiosi121, un testo epigrafico di non semplice comprensione conterrebbe una lettera inviata da Nicomede IV ai cittadini di Afrodisia122.

Nicomede? re dei Bitini al consiglio e al popolo dei Plarasi e degli Afrodisii, salute. Se state bene come vogliamo, anche noi siamo in buona salute. Artemidoro e gli ambasciatori scelti (5) nello stesso momento ci incontrarono e ci salutarono da parte del popolo e ci diedero la lettera che avete scritto, nella quale voi riferiste(10) che vi eravate rallegrati per la condizione soddisfacente dei nostri affari e ci avevate coronato con una corona d’oro e con una statua. Inoltre gli ambasciatori parlarono in termini uguali a quanto scritto e fornirono un sacrificio (15) degno della nostra condotta. Avendo compreso da molte cose che il vostro popolo è ben disposto verso di noi e ansioso per il nostro successo in tutte le nostre imprese(20), noi approviamo e abbiamo lodato in maniera entusiastica la vostra buona volontà e cercheremo, nella nostra prosperità, di favorirvi in una maniera degna sia di voi che della nostra reputazione(25). Artemidoro….figli….essere……..e scrivemmo a voi riguardo queste cose. Arrivederci(30).

Questo il testo: [βασιλεὺς Βιθυνῶν Νικομή]δη̣[ς Πλαρασέων] [καὶ [[Ἀ]φ̣ρ̣ο̣δ̣ε̣ι̣σ̣ι̣[έ]]]ων τῇ βουλῇ κ̣[αὶ] [τῷ] δ̣[ή]μω vac. χαίρειν vac. [·· c. 5 ··]σ̣θεικαν ὡς βουλόμεθα καὶ αὐ5  [τοὶ] ὑ̣γι̣αίνομεν Ἀρτ̣εμίδωρος καὶ οἱ ἅ[μα τ]ούτῳ αἱρεθέντες πρεσβευταὶ συν[μεί]ξαν̣τες καὶ ἀσπασ̣άμενοι ἡμᾶς π̣[αρ]ὰ̣ τοῦ π[λ]ήθους ἀπέδωκα̣ν καὶ ἣν γε̣[γ]ρ̣άπφει[τ]ε ἐπιστολὴν δι’ ἧς ἐδη10  λο[ῦτ]ε συνη[σθῆν]αι ἐπὶ τοῖς κατὰ λόγον

L’epigrafe si trova all’interno di quello che è definito un “archivio a muro” (archive wall) ad Afrodisia, un muro nella parte nord del teatro lungo 11 m. e alto 2,5 m. in cui vennero riuniti e trascritti a partire dal I sec. d.C. alcuni dei documenti più importanti per la storia della città, divisi in sei colonne123. La nostra epigrafe, che si trova nella VI colonna, venne edita per la prima volta da Joyce Reynolds nel 1982. L’epigrafe venne ricostruita sulla base di tre blocchi: uno principale che arriva fino alla l. 19 e che venne trovato in situ, cioè nel posto dove vi era la colonna e altri due frammenti, uno dei quali riempiegato per le mura bizantine, che furono collegati al principale

Gran. Licin. XXXV fr. 29 Flemisch. Vitucci 1953, p. 97. 115 Muccioli 2013a, p. 191. 116 Il Nicomede menzionato nell’epigrafe è identficato con Nicomede IV dalla maggior parte degli studiosi cfr. Vitucci 1953, p. 107, Hannestad 1996, p. 86, Michels 2009, p. 84. Fernoux 2004, p. 62 pensa invece a Nicomede III. 117 IDelos 1580 = OGIS 343 = Kotsidu 2000, p. 221 nr. 146 [E]. . 118 IDelos 1705 = OGIS 344. 119 Secondo la Hannestad 1996, p. 86 tale associazione di mercanti sarebbe sorta per onorare il rappresentante bitino e non sarebbe un’associazione stabile a fini commerciali. 120 Reynolds 1982, pp. 20-26, n. 4 = I. Aphr. 2007 8.24. 121 Rigsby 1984, p. 103 e Gabelko 2005, p. 383 nt. 298 e 2017, p. 333 nt. 298. 122 I cittadini di Afrodisia e quelli di Plarasa si riunirono in un momento non precisabile del II sec.a.C. “in a community with a single citizenship” cfr. Chaniotis 2009, p. 314. 113 114

Cfr. da ultimo Kokkinia 2015/2016, pp. 9-22. Chaniotis 2003, p. 251 considera il termine “archive wall” “somehow misleading”, in quanto, più che di un archivio, si tratta di una selezione di documenti tesa a mostrare la fedeltà della città a Roma.

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Evergetismo e filellenismo dei re di Bitinia e costituiscono il testo per le ll. 19-30. La Kokkinia124 ha evidenziato come il testo delle ll. 19-30 mal si accordi con quello precedente crei difficoltà di interpretazione e ha pertanto avanzato dubbi sulla ricostruzione della Reynolds. Secondo la studiosa i vari frammenti non combacerebbero e l’epigrafe sarebbe stata più lunga di circa sette linee, contenute in un ulteriore frammento ora perduto. Vista la frammentarietà della parte finale dell’epigrafe è difficile valutare la fondatezza di questa ipotesi. La lettera, accomunata ad alcuni dei documenti più antichi presenti nell’archivio, venne attribuita dalla Reynolds a Nicomede IV, re di Bitinia, dopo che la stessa aveva dapprima prudentemente pensato a qualche magistrato romano. Nessuno però dei magistrati romani del periodo ha un nome che coincide con lo spazio presente nell’epigrafe. L’elemento principale per una datazione compatibile con Nicomede IV quale autore della lettera è la presenza di Artemidoro come capo dell’ambasceria.

indistinguable in style from that of the main archive”129. Inoltre tutte le epigrafi esposte riguardano personaggi di ambito romano e ciò renderebbe difficile l’attribuzione a Nicomede. Nella prima linea dell’epigrafe l’unica lettera a leggersi con sicurezza è un delta, mentre l’eta si legge con una certa difficoltà. Jones ha proposto come autore della lettera “a Roman official”, senza però riuscire ad individuarne uno che rientri nello spazio della lettera130, mentre la Kokkinia ha proposto Lucio Cornelio Silla. Secondo la studiosa il Delta che si legge farebbe parte della parola Epaphroditos, mentre l’eta sarebbe in realtà uno iota. Nella prima linea si leggerebbe in forma parzialmente abbreviata Leukios Kornelios Epaphroditos, una soluzione onomastica usata da Silla in altre iscrizioni greche131. Inoltre la forma verbale ὑ̣γι̣αίνομεν si ritrova in una lettera simile inviata da Silla a Stratonikeia132, per ringraziare per l’aiuto dato contro Mitridate. Va detto che, pur nella ipoteticità delle varie attribuzioni, quella a Nicomede resta a mio parere non priva di validi argomenti. Nicomede IV era innanzitutto un re talmente legato a Roma, a cui lasciò il regno per testamento133 e quindi poteva benissimo essere inserito in un contesto simile. La presenza di Artemidoro inoltre rende non semplice l’attribuzione a Silla , in quanto Silla è probabilmente in Asia solo nell’87 a.C., mentre la missione di Artemidoro da Oppio avvenne sicuramente nell’88 a.C. e quindi prima della venuta di Silla134. Bisognerebbe quindi sostenere, come peraltro fa la Kokkinia, la presenza di due Artemidoro, elemento che secondo me complica ancora più la questione. Riguardo all’attribuzione a Cesare l’obiezione resta quella della lontananza, nella ricostruzione della Reynolds, ma in parte accettata anche da Jones, della lettera dagli altri documenti più o meno coevi, come le lettere di Ottaviano Augusto che si trovano nella colonna quarta. Tutto ciò resta in ogni caso molto ipotetico, vista la mancanza di elementi datanti nell’epigrafe né di chiari riferimenti ad avvenimenti storici, come ad esempio la guerra mitridatica, che renderebbero un ‘attribuzione più sicura e meno ipotetica. Certo se la lettera fosse davvero di Nicomede ne emergerebbe la figura di un sovrano bitinico ormai completamente filelleno ed ellenizzato, che si ritrova peraltro nelle altre fonti che a lui si riferiscono.

In un’altra epigrafe, dello stesso archivio di Afrodisia125, un Artemidoro stephanophoros è menzionato come principale ambasciatore eletto per recarsi presso il proconsole romano Quinto Oppio durante la terza guerra mitridatica nell’88 a.C. e dichiarare la fedeltà di Afrodisia alla causa dei Romani. Nell’archivio di Afrodisia è presente anche la risposta di Oppio126 al decreto in cui viene menzionato, tra gli altri ambasciatori di Afrodisia Artemidoro figlio di Myon. Non sembra potersi dubitare che l’Artemidoro presente nel decreto e quello presente nella risposta di Oppio siano la stessa persona. Kokkinia sostiene che “Oppius names Artemidoros, son of Myon, as one among other members of the embassy from Plarasa/ Aphrodisias, and there is nothing to suggest that he was the embassy’s leader, as the decree for Artemidoros states”127, ma questa obiezione non tiene conto del fatto che, se anche ci fossero due persone con lo stesso nome di Artemidoro, nella risposta di Oppio sarebbero stati nominati entrambi, uno come capo della spedizione e l’altro come semplice ambasciatore. Invece il fatto che venga nominato un solo Artemidoro, induce a ritenere che si tratti dello stesso Artemidoro, visto che si tratta della stessa ambasceria inviata a Oppio nell’88 a.C. . Altra cosa è capire se l’Artemidoro nominato nella lettera attribuita a Nicomede e l’Artemidoro dei due documenti riferiti a Oppio siano la stessa persona. Secondo Reynolds128 le tre epigrafi riguarderebbero lo stesso Artemidoro e costituirebbero una parte del muro dedicate ad epigrafi in onore dello stephanophoros Apollodoro figlio di Myon e della sua opera all’epoca della guerra mitridatica nell’88 a.C. . Jones e più di recente Kokkinia non hanno adottato questa interpretazione, affermando che la lettera attribuita a Nicomede non avrebbe nessuna differenza da un punto di vista paleografico ed epigrafico rispetto alle altre iscrizioni poste sul muro e ,come afferma Jones, “the writing is

Con questo sovrano, come afferma Braund135, il regno di Bitinia era ormai divenuto un client kingdom dei Romani, ai quali per testamento Nicomede lascerà alla sua morte il regno136. La presenza di questa lettera potrebbe far pensare a dei contatti tra Nicomede ed Afrodisia, contatti nei quali si potrebbe pensare alla figura del sovrano bitinio Jones 1985a, p. 264. Jones 1985b, pp. 309-317. 131 Kokkinia 2015/2016, p. 41. Plut., Sull. 34.2. 132 I. Stratonikeia 505. 133 Magie 1950, pp. 319-320, Braund 1984, pp. 135-136, Sullivan 1990, pp. 34-35. 134 Magie 1950, pp. 213-220. 135 Braund 1984, p. 60 mostra come Nicomede si fosse indebitato con alcuni romani. 136 Braund 1984, pp. 135-136 129 130

Kokkinia 2015/2016, pp. 38-40. Reynolds 1982, n.2 = I. Aphr. 2007 8.3 = Ferraioli 2020. 126 Reynolds 1982, n.3 = I. Aphr. 2007 8.2 = Ferraioli 2021b. 127 Kokkinia 2015/2016, p. 37. 128 Reynolds 1982, pp. 20-26. 124 125

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Un’ area di frontiera come una sorta di mediatore tra città greche d’Asia e dominio romano. Egli potrebbe aver svolto una funzione diplomatica di raccordo dei sentimenti filoromani dell’area in opposizione alla propaganda antiromana di Mitridate. Tutto ciò resta comunque molto ipotetico, visti i dubbi nell’attribuzione. In conclusione l’evergesia dei re di Bitinia portò tali sovrani a contatto con molte realtà del mondo ellenico. Diversi sono stati i pareri degli studiosi sull’ ellenizzazione del regno. Secondo Welles137, ripreso in parte in tempi più recenti da Fernoux138, si tratterebbe di una politica autenticamente filellenica volta ad inserire non solo la Bitinia tra le potenze grecofone dell’epoca, ma a far diffondere in un certo qual modo anche le usanze ed il modo di vivere dei Greci nel paese asiatico. Altri studiosi, come la Hannestad e Michels139, hanno evidenziato come l’ellenizzazione della Bitinia fosse nella prima età ellenistica assai scarsa e il filellenismo dei re bitinici sarebbe non legato ad una vera e profonda politica di ellenizzazione, ma ad un progetto di adozione dei modelli greci per poter effettuare una buona Hellenisierungspolitik. Come si è detto prima a proposito della lettera di Ziaelas l’ellenizzazione del regno di Bitinia appare quindi non un processo monodirezionale, ma piuttosto un’azione complesso, nel corso del quale i vari monarchi cercarono di costruire il loro regno e di ampliarlo in un mondo dominato da regni parlanti greco e di cultura greca. Ciò nonostante la presenza di un forte nazionalismo bitinico non rese questo processo semplice e lineare soprattutto fino al regno di Prusia II. Dopo la fine di Prusia II e il colpo di stato di Nicomede II, aiutato dagli Attalidi e da altre realtà greche, il regno e i regnanti si mostrano decisamente più propensi all’ellenizzazione: aumentano gli atti di evergesia verso le città greche, gli elementi traci sembrano stare più sullo sfondo, i re assumono gli appellativi tipici dei re ellenistici, Nicomede IV da erede al trono frequenta probabilmente il ginnasio di Delo, ricevendo un’educazione tipicamente ellenica. A partire dalla metà del II sec. a.C. l’ellenizzazione del regno sembra quindi procedere in maniera più completa e profonda e quando, nel 74 a.C., Nicomede lascia in eredità il regno ai Romani, la Bitinia sembra un paese notevolmente più legato al mondo greco e alla cultura greca di quanto fosse ancora solo un secolo prima.

Welles 1934, pp. 118-122. Fernoux 2004. 139 Hannestad 1996 e Michels 2009. 137 138

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3 I re di Bitinia come fondatori di città Abstract: The process of hellenization of Bithynia was mainly expressed in the activity of founding cities, many of which, called with dynastic names, were founded on sites linked to previous Greek colonial settlements. The most important cities founded by the kings were the capital Nicomedia near the site of Astakos, Prusias by the sea on the site of Kios, Prusias ad Hypium, Prusias ad Olympum, Apameia on the site of Myrleia and Bithynion, which was later called Klaudiupolis. These cities had, according to the framework offered by the surviving documentation, civic institutions that were similar to those of the Greek poleis, The population was a mixture of Greeks and non-Greeks, with a prevalence perhaps of the Greek element, except in the capital Nicomedia. Cities are then a nodal point in the process of “building hellenistic Bithynia”, as Scholten summarized in the title of one of his contributions. They will be a factor that will certainly contribute to the hellenization of Bithynia, even if even in the context of urban development the influence of the Thracian ethnic element will continue to maintain its importance for a long time, as evidenced also by the single non-dynastic name of a city, Bithynion, which tends to reaffirm, through the reference to the eponymous hero Bithynos, the ethnic dimension of the Bithynians. 3.1.  Zipoites e Nicomede I

della seconda metà del V sec a.C. , è citato da Strabone7 tra i fondatori di Astaco, insieme con i Megaresi e gli Ateniesi. Gli Ateniesi come si è visto sopra occuparono la città nel 435/434 a.C. ed è probabilmente al periodo successivo si riferisce l’intervento di Doedalses, che forse riuscì ad imporre alla città una dominazione bitinico alla fine del V sec. a.C.. Secondo Merritt e Wade Gery8 tale occupazione coinciderebbe con la fine dell’impero ateniese e la caduta di Atene nel 405. La città sembra essere ancora sotto il protettorato bitinico a metà del IV sec. , quando il tiranno di Eraclea Pontica Clearco attaccò la città9. In anni più recenti, come si è visto in precedenza, fu Polemeo, nipote di Antigono Monoftalmo, a far desistere Zipoites dall’assedio di Astaco e Calcedone. Quindi un’eventuale occupazione del sovrano bitinico deve essere posta, se effettivamente vi fu, nel periodo successivo ad Ipso. Difficile capire in che modo fondò o rifondò Astaco, vista la confusione delle fonti in nostro possesso. Poco fondata appare l’ipotesi di Jones10, secondo cui Zipoition andrebbe identificata con la Astaco rifondata di cui parla Pausania. Principale elemento contrario a questa ipotesi è infatti la menzione del monte Lypedron da parte di Memnone come luogo vicino alla città; ciò infatti induce a porre Zipoition all’interno della Bitinia e non nella zona del golfo astaceno11. La fondazione di Nicomedia ad opera di Nicomede I è certamente di grande importanza per lo stato bitinico ed è stata, forse con un’eccessiva amplificazione, paragonata da Cohen12 alla fondazione di San Pietroburgo ad opera dello zar Pietro il Grande. La città venne fondata da

Di Zipotes si conosce la fondazione di una città, chiamata Zipoition, attestata sia da Memnone di Eraclea1 che da un lemma di Stefano di Bisanzio2. Di tale città non è mai stata rinvenuta alcuna traccia archeologica3. Memnone sostiene che la città venne fondata nei pressi di una catena montuosa, da lui definita Lyperon. Questa catena montuosa dovrebbe identificarsi con la catena dei monti Lypedron, sede di una nota vittoria di Attalo II durante la prima guerra bitino-pergamena, come attestato in una nota iscrizione commemorativa4. Dubbia è anche la data della fondazione della città da parte di Zipoites, che potrebbe forse coincidere con l’anno dell’assunzione del titolo regio, il 298/297 a.C.. La mancanza di elementi concreti non consente però di dare sostanza a questa ipotesi. Stefano di Bisanzio definisce Zipoition come una polis; secondo Vitucci si tratterebbe di una città fondata per uno scopo prettamente militare, ma come sostiene Michels anche questa ipotesi non trova adeguato riscontro nelle fonti5. Secondo Fernoux ed altri6 tale città sarebbe stata la capitale del regno di Zipoites; certo l’assunzione del nome del sovrano denota l’importanza dell’insediamento, ma non è possibile comprendere e esso fosse davvero utilizzato come capitale. Certamente Zipoition dopo il regno di Zipoites scompare dalle fonti pervenuteci. Un passo di Pausania fa riferimento al fatto che Nicomedia si chiamava prima Astaco e fu fondata una prima volta ad opera di Zipoites. Tale notizia si inserisce nella complessa storia di Astaco/Nicomedia prima della fondazione di Nicomede I. Doidalses, sovrano bitinico Memn., FGrHist 431 F 12.5. Steph. Byz. s.v. Zipoition (ζ 24 Billerbeck). 3 Su Zipoition cfr. in generale Vitucci 1953, pp. 20-22, Habicht 1972a, col. 454, Leschhorn 1984, pp. 268-269, Michels 2004, pp. 34-36, Michels 2009, pp. 264-265, Paganoni 2019b, pp. 41-43. 4 OGIS 298. 5 Vitucci 1953, pp. 20-21. Contra Michels 2009, p. 265. 6 Hannestad 1996, p. 74, Sartre 2003, pp. 67-69 e Fernoux 2004, pp. 34-35.

Strab. XII 4.2 563C. Per un commento Robu 2014, pp. 214-216. Merritt- Wade Gery-McGregor, ATL, I, p. 472. 9 Polyaen. II 30.3. 10 Jones 1971, pp. 419-420. 11 Questi dubbi contro l’ipotesi di Jones sono espressi da Fernoux 2004, pp. 34-35 e Michels 2009, pp. 266-267. Per una localizzazione di Zipoition all’interno cfr. già Vitucci 1953, pp. 21-22. 12 Cohen 1995, pp. 61-62.

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Un’ area di frontiera Nicomede I, probabilmente nel 264 a.C.13, in un momento in cui egli cercava di dare una dimensione internazionale al regno di Bitinia, attraverso anche la fondazione di una prestigiosa capitale14. La città venne fondata, secondo quanto sostenuto da Memnone15, di fronte ad Astaco, probabilmente sul sito della vecchia città di Olbia. Il sito di Astaco venne probabilmente abbandonato in quanto non salubre16. Strabone riferisce che gli abitanti di Astaco vennero trasferiti a Nicomedia dal re Nicomede dopo la fondazione di quest’ultima17; gli studiosi sono però divisi sul fatto che essi costituissero la maggior parte degli abitanti della città: questa ipotesi è seguita da Michels, secondo Fernoux invece sarebbero stati in maggioranza gli abitanti di Olbia18. La mancanza di fonti rende difficile convalidare queste ipotesi, quello che è certo che la fondazione fu il culmine di un processo sinecistico in cui vennero coinvolte sia Astaco che Olbia e a cui parteciparono anche le popolazioni bitiniche di etnia trace dall’interno, come evidenziato dai dati onomastici pervenutici19. Certamente la fondazione di una nuova capitale, in un luogo prospiciente al Mediterraneo, rappresentò una modalità attraverso cui Nicomede I si inserì nel concerto mediterraneo degli stati ellenistici. Non molto si è conservato della Nicomedia ellenistica e non appare corretto utilizzare ai fini della nostra ricostruzione quanto si sa della importante Nicomedia di età imperiale e tardoantica20. Secondo un frammento di Arriano Nicomede avrebbero posto in città un importante monumento funerario per la moglie Ditizele. Due monumenti principali dell’epoca ellenistica sono attestati nelle fonti: un tempio della Grande Madre citato da Plinio il Giovane21 e localizzato nei pressi dell’antico Foro, ciòè dell’Agorà di età ellenistica e un santuario di Zeus, situato forse sull’Acropoli della città, nel quale Prusia II troverà ultimo e peraltro inutile rifugio nel corso del noto colpo di stato del 149 a.C.22 . In tale tempio vi era probabilmente la statua di Zeus Stratios, che si ritrova sulle monete di Prusia I23. Tale statua secondo alcuni sarebbe stata opera dello scultore bitino Doidalses nel III sec. a.C.24.

insediamento di cui parla un lemma di Stefano di Bisanzio, che lo definisce un emporion e gli attribuisce quindi una funzione prevalentemente commerciale. Non è nota la localizzazione di questo emporion. 3.2.  Da Ziaelas a Nicomede IV

Secondo la maggior parte degli studiosi25 è da attribuire a Nicomede I anche la fondazione di Nicomedeion26,

Molto scarse e frammentarie sono le notizie sulle fondazioni di Ziaelas. Secondo Stefano di Bisanzio27 egli avrebbe imposto il suo nome ad una città in Cappadocia, territorio che peraltro non fece mai parte del regno di Bitinia. Secondo Vitucci tale notizia è da considerare non attendibile, anche se la presenza di una città eponima del sovrano può forse ricollegarsi alla tradizione di urbanizzazione portata avanti dai re precedenti28. Sempre un lemma di Stefano29 ci informa che eglì occupò la citta di Kressa in Paflagonia, che potrebbe forse identificarsi con Krateia-Flavianopolis30. Numerose sono invece le fondazioni aattribuite a suo figlio Prusia I, uno dei più competenti ed energici sovrani di Bitinia. Si è parlato nella sezione precedente della campagna di Prusia e del cognato Fiilippo V contro Kios e Myrleia nel 202 a.C.. Dopo la distruzione della città di Kios, i cui abitanti secondo le fonti furono per la maggior parte tratti in schiavitù, il sovrano bitinico decise di fondare sul suo territorio la città di Prusa a Mare31.Non è improbabile che una parte almeno degli abitanti di Kios fosse rimasta a Prusa a Mare, in quanto l’antico nome permane ancora in documenti del II sec. a.C.32, successivi alla distruzione e rifondazione ad opera di Prusia. Il ricordo della più antica comunità di Kios è presente ancora in epoca romana, utilizzato forse come strumento propagandistico per rivendicare l’antica grecità della città33. Prusia I fondò anche la città di Prusa all’Hypios presso le pendici dell’ononimo monte, l’odierna Konuralp. La città si chiamava in precedenza Cierus, ed era probabilmente alle dipendenze di Eraclea Pontica, di cui forse era stata una colonia. La città già occupata da Nicomede I e poi restuita agli Eracleoti, venne conquistata definitivamente da Prusia I. Poi, tra il 183 e il 180 a.C., in una data quasi certamente successiva alla morte di Prusia I, la città venne rifondata con il nuovo

Fernoux 2004, p. 36, Vitucci 1953, p. 28. 14 In generale sulla fondazione di Nicomedia Magie 1950, pp. 305-306, Vitucci 1953, pp. 28-29, Fernoux 2004, pp. 36-37. 15 Memn., FGrHist 431 F 12.1. 16 Polyaen. II 30 3. 17 Strab. XII 4.2 563C . 18 Fernoux 2004, p. 36, Michels 2009, pp. 267-268. 19 Corsten 2007. 20 Fernoux 2004, pp. 36-37. 21 Plin. Iun., Epist. X 49. 22 Appian., Mithr. 7. 23 Fernoux 2004, p. 36. 24 Su questa evanescente figura di artista si vedano Laurenzi 1946-1948, pp. 177-178 e Fernoux 2004, p. 104. Riguardo al fatto che la forma corretta del suo nome sia Doidalses e non Doidalsas cfr. LGPN VA s.v. Doidalses. Linfert 1969, pp. 158-164 ha addirittura messo in dubbio l’esistenza dello scultore. Secondo K. Hallof- S. Kansteiner, Der Neue Overbeck IV, pp. 689/690 s.v. Doidalses e S. Kansteiner- L. Lehmann, Der Neue Overbeck IV, p. 691 s.v. Anonymos (“Daidalos”) non sarebbe lui l’autore della statua di Zeus Stratios, ma un anonimo scultore di età ellenistica. 25 Cfr. tra gli altri Tscherikower 1921, p. 46, Vitucci 1953, pp. 34-35, Michels 2009, p. 81. 26 Steph. Byz. s.v. Nicomedeion (ν 58 Billerbeck).

Steph. Byz. s.v. Zela (ζ 19 Billerbeck). Vitucci 1953, p. 33. 29 Steph. Byz. s.v. Kressa (κ 214 Billerbeck). 30 Vitucci 1953, pp. 33-34. 31 Polyb., XV 22 4 e XV 23 9-10; Strab. XII 4.3 564C; Memn. FGrHist, 434 F 27. Anche OGIS 340, iscrizione di epoca imperiale, sembrerebbe presentare Prusia I come fondatore della città cfr. Vitucci 1953, pp. 4849. Ma su questo è cauto da ultimo Cohen 1995, p. 405. In I. Kios 8 è ricordato un culto del fondatore della città, che potrebbe far riferimento a Prusia cfr. Robert 1937, p. 239. La frammentarietà dell’epigrafe però induce ad essere molto cauti. Sulla città in generale cfr. Magie 1950, pp. 1189, Fernoux 2004, pp. 43-59, Michels 2009, pp. 273-274, Michels 2010, pp. 563-571. 32 Si tratta di un decreto, purtroppo frammentario, di Magnesia al Sipilo in onore di alcuni giudici provenienti da Kios cfr. I. Kios 17 = TAM V.2 1342 (ψήφισμα [Μαγν]ήτων τῶν πρὸς Σιπ[ύλωι].| [ἔδοξε τῆι β]ουλῆι καὶ τῶι δήμωι, γνώμη στρα̣[τηγῶν]· | [ἐπεὶ πολλῶν] καὶ μεγάλων συνστάντων ἐγκ[λημά] | [των τοῖς π]ολίταις πρὸς ἀλλήλους ἐψηφισά̣μ̣[εθα] | [- - -] ναι μεταπέμπτους ἄνδρα̣[ς ἐκ Κίου] | [τοὺς διαδικά]σοντας ὑγιῶς καὶ̣ [συμφερόντως] | [τὰς δίκας τὰ]ς ἐπ’ αὐτοὺ[ς εἰσαχθείσας. - - -] | [- - - - - -]μὲν̣ [- - - - - - - - - - - -]. Si è supposta anche l’integrazione παρὰ Κίον al posto di ἐκ Κίου cfr. SEG IV. 1725, Vitucci 1953, pp. 125-126, Fernoux 2004, pp. 169-170. 33 Sommer 1996, pp. 155-156. 27

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I re di Bitinia come fondatori di città nome. La scarsità di fonti non ci consente di comprendere se essa venne ripopolata34; è comunque improbabile che sia stata cambiata la localizzazione dell’abitato cittadino. Per quanto riguarda Myrleia, dopo l’occupazione del 202 a.C. la città venne rifondata come Apamea, ma dubbio è il nome del sovrano bitinico che la fondò. Anche Myrleia, assiema a Kios, venne saccheggiata e distrutta da Filippo V e Prusia I.

di età imperiale45, in cui appunto egli sembra indicato come fondatore della polis. Un’ipotesi di compromesso è proposta da Dörner46, secondo cui gli abitanti dei preesistenti villaggi della zona sarebbero stati riuniti in una sola unità urbana attraverso un processo sinecistico operato da Prusia I. Riguardo a Bithynion le fonti47 non indicano un fondastore preciso e perciò la critica storica ha attribuito la fondazione della città a vari sovranio bitinici, tra cui Zipoites, Nicomede I , Ziaelas e Prusia I48.

Le fonti letterarie attribuiscono la fondazione della città a un Prusia35, che l’avrebbe nominata Apamea, in onore della moglie Apame. Come si è visto in precedenza sia Prusia I che Prusia II ebbero come mogli due principesse antigonidi, entrambe chiamate Apame36. Secondo Stefano di Bisanzio invece la città sarebbe stata fondata da Nicomede II e chiamata Apamea in onore della madre Apame37.

Un elemento a favore di Prusia I è la già citata iscrizione proveniente da Bithynion, che in età imperiale si chiamò Claudiopolis, e databile probabilmente al IV sec. d.C.49, in cui si fa riferimento ad un gruppo di sacerdoti adibiti probabilmente al culto di Prusia I. Altro elemento a favore dell’identificazione del fondatore con Prusia I è il fatto che dopo il 183 a.C. la parte del territorio bitinico in cui sorgeva Bithynion cadde probabilmente sotto controllo pergameno, in seguito alla prima guerra bitinopergamena50. Isolata e poco attendibile appare una notizia raccolta da Pausania51, secondo cui Bithynion sarebbe stata fondata in origine dalla polis arcade di Mantinea.

L’esiguità e la non concordanza delle fonti non consentono di prediligire un’ipotesi puttosto che l’altra38. Leschhorn39 ha cercato di fondere le varie tradizioni, sostenendo che la ricostruzione di Myrleia fosse stata iniziata da Prusia I con il nome di Prusa, e terminata dal nipote Nicomede II, il quale l’avrebbe poi denominata Apamea. Arriano e Plinio il Vecchio40 assegnano al regno di Prusia I la fondazione anche di Prusa all’Olimpo, nel cui processo fondativo avrebbe avuto un ruolo importante anche Annibale, allora esule alla corte bitinica41. Strabone e Stefano di Bisanzio42 fanno invece riferimento come fondatore della città ad un Prusia, il quale avrebbe combattuto una guerra contro Ciro il Grande, ponendo quindi una primigenia fondazione della città nel VI sec. a.C. . Tale notizia è stata in genere considerata non attendibile dagli studiosi43; il solo Corsten44 ha cercato di raccordare la notizia di Strabone e Stefano di Bisanzio con quanto detto da Arriano e Plinio il Vecchio, avanzando l’ipotesi che Prusia I avesse rifondato un insediamento già chiamato Prusa, in quanto fondato da un principe con un nome simile al suo nel VI sec. a.C. . La tradizione che vede però in Prusia I l’unico fondatore della città parrebbe rafforzata da alcune monete

Tale tradizione si sviluppò probabilmente in età imperiale nell’ambito della creazione di un culto a Mantinea in onore di Antinoo, favorito di Adriano, che era appunto nativo di Bithynion52. L’importanza della fondazione della città sta soprattutto nel nome, che non è legato al nome di uno dei sovrani come nelle altre fondazioni, ma richiama il nome del popolo della Bitinia e fa riferimento all’eroe Bithynos53, figlio di Zeus secondo Stefano di Bisanzio. Questa caratteristica “etnica” del nome dell’insediamento ha fatto sostenere a Jones54 che Bithynion fosse una colonia con coloni di etnia prevalentemente trace in una zona periferica del regno, con funzioni quindi militari e di difesa. Secondo Robert e Fernoux55 il riferimento all’eroe Bithynos sarebbe un mezzo propagandistico per propagandare la fama della dinastia; secondo Strobel si tratterebbe di una fondazione intesa a commemorare il possesso di nuovi territori in seguito ad una vittoria militare. Di assai difficile interpretazione un lemma di Stefano di Bisanzio riferito ad una città chiamata Bithyniopolis56, che non si capisce se sia Bithynion o un’altra città ancora. Per quanto concerne Nicomede II, oltre alla questione di Apamea di cui si è

Sulla possibile deportazione degli abitanti e conseguente ripopolamento sono scettici Robert 1980, p. 62 e Leschhorn 1984, p. 279. Cautamente favorevoli sono invece Meyer 1925, p. 115, Habicht 1957a, col. 1096, Harris 1980, p. 861. Secondo Robert 1980, p. 62 il sito della città potrebbe essere stato cambiato, ma nelle fonti non c’è alcuna traccia di questo. Un breve, ma completo prospetto della storia di Cierus/Prusa all’Hypios si può trovare in Ameling 1985, pp. 1-4. 35 Strab. XII 4.3 564C. 36 Per Prusia I sono Niese 1899, col.583; Marek 1993, p.23. Per Prusia II Hannestad 1996, pp. 98-99. 37 Steph. Byz. s.v. Apameia (α 351 Billerbeck) e Myrleia (μ 252 Billerbeck). A favore dell’ipotesi Nicomede II tra i moderni Habicht 1957, coll. 1095-1096. 38 Cfr. Fernoux 2004, p. 38 e Michels 2009, pp. 276-277. 39 Leschhorn 1984, p. 278. 40 Arrian. FGrHist 156 F 29; Plin. Sen. N.H. V 148. 41 Annibale è attestato anche come fondatore di Artaxata in Armenia cfr. Patterson 2001, pp. 154162. Secondo Fernoux 2004, p. 38 Prusa all’Olimpo sarebbe stata fondata durante la prima guerra bitinopergamena, tra 186 e il 182 a. C.. Michels 2009, p. 278 si mostra dubbioso su questa fondazione in tempo di guerra. 42 Strab. XII 4.3 564C, Steph. Byz. s.v. Prousa (π 260 Billerbeck). 43 Magie 1950, p. 1187 pensa ad una costruzione letteraria posteriore per il Prusia che avrebbe combattuto Ciro. Cfr anche Michels 2009, p. 278, Michels 2013, pp. 9-17 e Paganoni 2019b, pp. 145-147. 44 Corsten 1989, pp. 33-34 e Corsten 1993, pp. 22-25. 34

Cohen 1995, pp. 403-404 e Sartre 2003, pp. 93-94. Dörner 1957, coll. 1130-1132. 47 Strab. XII 4.7 565-566C, Steph. Byz., s.v. Bithynion (β 99 Billerbeck), Plin. N.H. V 149. 48 Per Nicomede I Jones 1971, p. 150. Propensi alla fondazione da parte di Ziaelas sono Meyer 1925, pp. 122-123 e Cohen 1995, pp. 404-405. Per Prusia I Robert 1980, p. 131, Leschhorn 1984, p. 284, Fernoux 2004, p. 40, Michels 2009, p. 280. 49 I. Klaudiu Polis 50. 50 Michels 2009, p. 282. 51 Paus. VIII 9 7. 52 Marek 1993, p. 23 e Marek 2002, p. 46. 53 Steph. Byz. s.v. Bithynia (β 98 Billerbeck). L’eroe è denominato Bithys in Appian., Mithr. 1. 54 Jones 1971, pp. 150-161. 55 Robert 1980, p. 131 e Fernoux 2004, p. 40. 56 Steph. Byz. s.v. Bithyniopolis (β 100 Billerbeck). 45 46

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Un’ area di frontiera detto sopra, Tscherikower57 gli ha attribuito, sulla base della concordanza con il suo appellativo di Epiphanes, la fondazione anche di Epiphaneia, che viene ricordata cursoriamente da Stefano di Bisanzio58 senza essere attribuita esplicitamente a Nicomede II. Ancora più dubbia è l’attribuzione a Nicomede III o IV della città di Nysa, ricordata da Cicerone in una delle sue lettere al propretore di Bitinia P. Silius Nerva59, ma che potrebbe anche essere identificata con Nysa in Caria. Particolare status ebbe poi nel regno di Bitinia Nicea, città fondata come Antigoneia da Antigono Monoftalmo, ridenominata Nicea da Lisimaco e conquistata dai Bitini sotto Zipoites o Nicomede I. La città prima di Antigono si chiamava Helikore e sorgeva sulla sponda occidentale del Lago Ascanio. La città sorgeva in un luogo strategico e di passaggio e venne popolato da coloni Greci e Macedoni60. La città aveva una splendida pianta, di concezione ippodamea, con al centro il Ginnasio61. Essa, rifondata forse da Lisimaco per sorvegliare i bellicosi Bitini, costituì forse un modello di città per i sovrani bitinici, che, dopo la conquista di Nicea, iniziarono la loro politica di urbanizzazione del loro territorio, attraverso la fondazione di città sul modello greco-ellenistico. In sintesi l’attività dei re di Bitinia come fondatori e rifondatori di città appare essere tesa ad almeno due scopi principali: il primo e più basilare è quello di una difesa e custodia del regno, con formazione di insediamenti a scopo militare e di presidio. Ciò soprattutto nel periodo di principale espansione territoriale del regno, fino al periodo di Prusia I.Secondo e più importante scopo è quello di una modernizzazione del regno stesso. Al momento dell’ascesa di Zipoites, il dominio dei capi bitinici è un dominio prevalentemente rurale, montuoso, basato su villaggi. La modernizzazione del paese, dopo la proclamazione di Zipoites a re nel 298/297 a.C., passa sicuramente per un denso processo di urbanizzazione, condotto dalla Bitinia secondo i modelli ellenistici e volto ad essere un altro importante tassello di quella politica di inserimento del regno nella statualità ellenistica, come abbiamo già visto nei capitoli precedenti. Le città costituiscono infatti un punto nodale nel processo di “building hellenistic Bithynia”, come ha sintetizzato Scholten nel titolo di un suo contributo62. Esse saranno un fattore che sicuramente contribuirà all’ellenizzazione della Bitinia, anche se anche nell’ambito dello sviluppo urbano l’influenza dell’elemento etnico trace continuerà a mantenere a lungo una sua importanza, così come evidenziato anche dall’unico nome non dinastico di una

città, cioè Bithynion, che tende a riaffermare, attraverso il riferimento all’eroe eponimo Bithynos figlio di Zeus e Trace, la dimensione etnica dei Bitini.

Tscherikower 1921, p. 50. Steph. Byz. s.v. Epiphaneia (ε 98 Billerbeck). 59 Cic., Ad Fam. XII 64. Ruge 1936, col. 1653 pensava a Nysa in Caria, Magie 1950, p. 1245 pensava, sulla base del fatto che Nerva era propretore in Bitinia, che si trattasse di una città bitinica fondata da Nicomede III o IV. 60 Dio Chrysost. XXXIX 1, il quale parla del fior fiore dei coloni Greci e Macedoni, esagerando probabilmente la nobilità dei primi coloni di Nicea recependo tradizioni celebrative di età imperiale cfr. Jones 1971, p. 150. Su Nicea in generale cfr. Tscherichower 1921, pp. 46-48, Magie 1950, pp. 305-306, Cohen 1995, pp. 398-399, Guinea Diaz 1997, Fernoux 2004, pp. 40-41. Sulle fondazioni di Antigono Billows 1990, pp. 292-296. Per la fondazione di Lisimaco cfr. Lund 1992, pp. 174-178. Per la spiegazione del nome Helikore cfr. Merkelbach 1985, pp. 1-3. 61 Strab. XII 4.7 565-566C. 62 Scholten 2007. 57 58

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4 Greci e indigeni nella Bitinia ellenistica Abstract: The elite of the kingdom of Bithynia was composed mainly by Bithynian knights of Thracian origin, that seems to have continued to reside, for the entire Hellenistic period, in the rural area of ​​the interior, where they probably had their possessions and their strongholds. The cities, as noted above, had a population that was a mixture of Greeks and non-Greeks, with a prevalence perhaps of the Greek element, except in the capital Nicomedia. Their civic institutions that were similar to those of the Greek poleis, with tribes, assemblies and magistratures. An inscription from Prusias ad Olympum testimonies the exsistence of the office of the epistates, probably a royal official in charge especially of the economic affairs of the city. In the Greek colonies in Bithynia are attested the main divinities of the Greek cultic pantheon such as Zeus, Apollo, Artemis, Asclepius. It is significant that these deities in rural areas are mentioned with epithets of indigenous origin. Particularly interesting is the case of Zeus associated with the epithets Okkanenos and Sarnendenos, which appear to be of Thracian origin, and Sabazios, which is probably of Phrygian origin. Other cults, probably based on the mixture between the Greek and non-Greek elements, were that of the Great Mother Cybele and that of Zeus Stratios. In the cities are attested also foreign cults. This appears above all in coastal cities such as Kios, Apamea and Nicomedia, which were already open to the cults of Isis and Serapis yet in the Hellenistic period. 4.1.  Elite tracio-bitiniche e modelli greci

ad attività equestri o belliche. Ciò fa comprendere che coloro che occupavano le tombe dovevano appartenere non certo ad un gruppo di secondo piano, ma ad una elite tracica di cavalieri, che si rappresentava come impegnata nelle attività tipiche delle elite: il banchetto, la caccia e la guerra. Convincentemente Corsten non ritiene probabile l’ipotesi secondo cui gli occupanti di queste tombe fossero mercenari traci venuti al seguito di Antigono Monoftalmo o di Lisimaco e sostiene piuttosto che si tratti di membri di “an elite of Thracian descent whose members served as officers—primarily cavalry officers—in the Bithynian army”7. Da queste stele abbiamo quindi ulteriori elementi sull’ elite traciobitinica, che ancora, come abbiamo visto in altre parti di questo studio, fino alla fine del II sec. a.C. mantenne un ruolo di considerevole importanza in un regno di Bitinia ancora non del tutto ellenizzato. Un elemento che mostra la non ancora completa ellenizzazione di questi gruppi è la tendenza a non trasferirsi del tutto negli insediamenti urbani e mantenere in parte le le proprie residenze e i propri centri di potere nelle campagne, come mostrano la distribuzione dei nomi e delle stele a rilievi di cui si è detto poco fa. Certo una parte della elite tracio-bitinica dovette trasferisi nelle città, come è attestato probabilmente dal già citato decreto di Aptera (IC II III 4 B, ll. 3-8), in cui sono menzionati tre individui provenienti dalla Bitinia, probabilmente degli emissari di Prusia ad Aptera8. Essi sono un certo Dintiporis figlio di Skipazios, proveniente da una Prusa, o quella al mare o quella all’ Hypios, di un Dionisios figlio di Apaturios di Nicomedia e di un Diliporis di cui purtroppo non è preservato né il nome

Un abbastanza ampio dossier epigrafico di età ellenistica ed alto imperiale, studiato in maniera approfondita da Fernoux e Corsten1, anche grazie alla pubblicazione del volume del Lexicon of Greek Personal Names relativo alla Bitinia e Ponto2, ha consentito ai due studiosi di effettuare una ricerca onomastica sulla presenza dei nomi non greci e traci nel territorio della Bitinia, anche in relazione alle varie città fondate dai monarchi bitinici. Da tale analisi è emerso che in linea di massima i nomi non greci costituiscono circa il 30 per cento dei nomi attestati dalle epigrafi e sono per la stragrande maggioranza nomi origine tracio-bitinica3. Tali nomi si ritrovano poi prevalentemente in epigrafi ritrovate prevalentemente nella zona compresa tra Nicomedia, Nicea e Kios/Prusa a Mare e non in ambito urbano, ma soprattutto in zone rurali4. Meno significativa appare la presenza di nomi traci nella zona di Prusa all’Olimpo e di Apamea5. Significativa appare la maggiore presenza dei Traci in zone rurali ed è interessante cercare di comprendere le motivazioni di tale fenomeno. A tale riguardo Corsten ha analizzato dodici stele funerarie di età ellenistica, databili tra II e I sec. a.C., tutte riguardanti personaggi con un nome trace e provenienti dal territorio di Nicea, Prusa a mare e Nicomedia6. Nove di queste stele anno duo o più rilievi, rappresentati uno sopra all’altro. Interessanti sono i soggetti presenti in questi rilievi, che sono in prevalenza scene di banchetto o momenti legati Fernoux 2004, pp. 73-80 e Corsten 2007. LGPN V A. 3 Fernoux 2004, pp. 73-74. 4 Corsten 2007, pp. 123-125. 5 Fernoux 2004, pp. 76 e 80. 6 Corsten 2007, pp. 126-127. 1 2

Corsten 2007, p. 130. Su questi tre nomi cfr. Habicht 1957b, col. 1109, Marek 1984, p. 324, Hannestad 1996, pp. 86-87, Corsten 2006 e 2007, Scholten 2007, p. 24.

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Un’ area di frontiera assumendo una funzione subalterna all’interno delle stesse, mentre le campagne andarono a cittadini romani o provinciali greci.

del padre né il poleico. Come si vede su tre emissari, due appaiono avere un nome di origine trace ed il primo appare avere una residenza cittadina, a Prusa al mare o a Prusa all’Hypios. Quindi una parte dell’elite traciobitinica dovette trasferirsi nelle città fondate dai re, forse per rafforzare l’elemento tracio-bitinico all’interno delle stesse, mentre un’altra parte rimase ancorata ai centri di potere tradizionali nelle campagne. L’ ellenizzazione di questa elite emerge ad esempio dai già citati rilievi funerari di carattere simposiale o militare, che appaiono in gran parte legati ai modelli greci. La mancata adozione di nomi greci da parte di questi cavalieri bitini, così come si è visto anche per la maggior parte dei Re fino a Prusia II, evidenzia però come questo processo di ellenizzazione non sembri affatto totale e completo. Un documento importante per quanto concerne la progressiva ellenizzazione delle elite bitiniche è la cosiddetta stele di Mokazis, datata al II sec. a.C. e rinvenuta presso l’odierna Adazaparı9. La stele ha un rilievo costituito da tre registri sovrapposti: uno con scene simposiali, poi uno con scene di guerra ed infine l’ultimo legato alle attività venatorie. Si tratta dei temi di cui abbiamo parlato prima a proposito delle altre stele, ma qui si inserisce un tassello ulteriore costituito dalla presenza di un epigramma in sette versi, costruito in “stile omerico”, in cui si fa riferimento alla patria concetto, secondo Fernoux10, estrane alla cultura tracio-bitinica. Inoltre la rappresentazione del cavaliere nella scena di guerra vede l’opposizione tra il cavaliere vestito e armato in maniera ordinata ed un barbaro seminudo che combatte in maniera invece non civile. In tale rappresentazione si può forse vedere l’eco dei conflitti tra regno di Bitinia e Galati a partire dal regno di Prusia I. La stele di Mokazis appare foriera di quel processio di ellenizzazione più profondo, che si avrà probabilmente a partire dal regno di Nicomede II. Nell’ultimo periodo regio e poi nel periodo romano la popolazione con nomi di origine trace sembra perdere la posizione di importanza sociale avuta nella prima età ellenistica. Come nota Corsten11 per il periodo romano non abbiamo nessuna attestazione di proprietari terrieri con onomastica trace, ad eccezione di un Diliporis12. Certo è possibile che alcuni proprietari terrieri abbiano assunto un ‘onomastica romana. E’ pero anche possibile che le elite tracio-bitiniche testimoniate dalle stele di età ellenistica siano state coinvolte nella crisi economica che afflisse parte della Bitinia nell’ultima fase del regno, con gran parte della popolazione bitinica schiavizzata dai publicani13. Secondo un’ipotesi di Fernoux e Corsten14 tale gruppo tracio-bitinico si sarebbe progressivamente impoverito e sarebbe poi andato a popolare le città,

4.2.  Regno di Bitinia e poleis greche del regno Vi sono alcune testimonianze che attestano la continuazione di un’attività istituzionale nelle poleis che si trovavano all’interno del regno di Bitinia.Anche le città fondate o rifondate dai sovrani bitinici sembrano aver avuto una struttura istituzionale di tipo greco. Tutte le città bitiniche sembrano aver avuto al loro interno un sistema di tribù civiche: ne sono attestate 12 per Cierus/Prusia all’Hypios, 9 per Nicomedia, 12 per Bithynion / Claudiopolis, 2 per Nicea e 1 per Prusa all’Olimpo15. Tali nomi di tribù si ritrovano in documenti epigrafici di età imperiale, ma, come sostiene Fernoux, alcuni di essi possono forse rimontare al periodo regio. Se infatti alcuni nomi delle tribù si ricollegano a personaggi romani ed altri a divinità o eroi, alcuni nomi, specialmente tra le tribù di Prusa all’Hypios16, consentono di svolgere alcune interessanti riflessioni. Sono presenti delle tribù chiamate Thebais e Megaris, che sembrano far riferimento alla fondazione di Cierus da parte di Eraclea Pontica, colonia dei Megaresi e dei Beoti e una tribù chiamata Prusias, che sembra far riferimento appunto al re di Bitinia e rifondatore della città. Oltre alle suddivisioni in tribù, le città mantennero probabilmente anche altre istituzioni tipiche delle città greche, come magistrature, consigli e assemblee. Anche in questo caso le fonti non sono moltissime e si riferiscono a due città: Kios/Prusa a mare e Prusa all’Olimpo. Per quanto concerne Kios essa, prima della conquista del 202 a.C., mantenne una costituzione democratica, come è testimoniato da un decreto di asylia per l’Asclepieion di Kos datato al 242 a.C.17 e soprattutto da un decreto di isopolitia con la madrepatria Mileto, databile al 228 a.C. circa 18. Per il periodo successivo alla conquista bitinica e rifondazione come Prusa a mare abbiamo un decreto frammentario del II sec. a.C. , in cui si fa l’elogio di un ginnnasiarco che distribuisce olio ai neoi , organizza forse distribuzioni e presiede dei sacrifici in occasione della visita di un re Prusia, non si sa bene se Prusia I o Prusia II19. Altro documento sulla vita istituzionale della città è il già citato decreto di Magnesia al Sipylos riguardante l’invio dei giudici da Kios, documento che mostra come la vita istituzionale della città, anche in relazione ad altre poleis non appartenenti al regno di Bitinia, non fosse cambiata dopo la conquista del 202 a.C. 20. Da Prusa all’Olimpo invece proviene il più importante documento sul rapporto tra autorità regia e vita istituzionale delle singole poleis. Si tratta di un testo21 datato variamente tra il 181/180 e il 172/171 a.C., a causa dello stato frammentario della prima linea dell’iscrizione22. È un

Rumscheid-Held 1994, pp. 89-106, Fernoux 2004, pp. 94-95. Fernoux 2004, p. 95. 11 Corsten 2006, pp. 85-87. 12 I. Iznik 1232. 13 Diod. XXVI 3.1 Cfr. Magie 1950, p. 318, Vitucci 1953, p. 101, Badian 1972, p. 87, Mitchell 1993, p. 30, Debord 1998, p. 147. 14 Fernoux 2004, pp. 146-147 e Corsten 2006, pp. 88-89. Bekker-Nielsen 2008, pp. 98-99 appare scettico riguardo a tale ipotesi e ritiene che almeno una parte dei vecchi proprietari di origine bitinica avrebbero conservato le loro terre e si sarebbero romanizzati, unendosi in matrimonio con elementi di origine romana o italica. 9

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Si veda la tabella in Fernoux 2004, p. 65 e Jones 1987, pp. 348-352. I. Prusias ad Hypium 1-16. 17 I. Kios 18 = Rigsby 1996 n. 32. 18 Milet VI 7. 19 I. Kios 8. 20 I. Kios 17. 21 I. Prusias ad Olympum 1. 22 Nella prima linea dell’epigrafe si legge in maniera frammentaria l’inidicazione della datazione ([ἔτους — — — κ]αὶ δεκάτου). Robert 1937, 15 16

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Greci e indigeni nella Bitinia ellenistica decreto in cui sono menzionati consiglio ed assemblea della città ed un epistates regio23, chiamato Meniskos, uomo che onomasticamente sembra avere un nome di origine tracia24. Il funzionario regio sembra occuparsi prevalentemente di affari finanziari, come il presitito senza interesse consentito alla città. Non è improbabile, come sostiene Fernoux25, che egli avesse un ruolo in tutti gli affari politici ed economici della città, rappresentando la volontà regia, ma lasciando un margine di autonomia alle istituzioni cittadine.Non è possibile sapere con sicurezza se questa forma di controllo regia tramite l’epistates fosse presente dovunque nelle città soggette al regno di Bitinia o se fosse un caso singolo, legato semmai ad un momento vicino alla fondazione di Prusa all’Olimpo, cosa che troverebbe un appiglio nella proposta di datazione alta dell’epigrafe. Un’ ulteriore testimonianza della presenza di un’amministrazione regia con una vasta gamma di funzionari potrebbe ritrovarsi in un’iscrizione proveniente dal territorio di Nicea e databile al periodo ellenistico26. In essa si fa riferimento ad un Σουσαρίων Θεοφίλου γραμματεὺς [δι]οικητοῦ. Potrebbe trattarsi di un individuo che era segretario di un dioiketes, funzionario regio; ma non è del tutto escluso che [δι]οικητοῦ possa intendersi come un nome proprio27.In sintesi le pur scarne notizie sulla vita istituzionale delle poleis del regno bitinico in età ellenistica sembrano indicare che esse mantennero una vivace vita istituzionale interna e che l’autorità regia non pose fine a tale dinamica politica interna, ma, sul modello delle altre monarchie ellenistiche, mantenne un rapporto dialettico con le comunità cittadine, probabilmente attraverso l’uso di funzionari regi.

culti tracici si può vedere in alcune epiclesi di Zeus, che sembrano avere un’origine tracia29. Si tratta di Zeus Baleos, Zeus Okkonenos e Zeus Sarnendenos30. L’epiclesi Baleos è attestata solo in un’iscrizione proveniente dalla Bitinia interna, nell’attuale provincia turca di Dörtdivan31, mentre Okkonenos è menzionato in alcune iscrizioni ritrovate in ambito rurale, nel territorio di Nicea.32 Sempre in un’iscrizione proveniente dal territorio di Nicea (Taraklı) è menzionata una Ὀκαηνῶ[ν] κώμη, probabilmente legata a questo culto33. Esso è attestato anche in Tracia, Dalmazia e Mesia con alcune varianti (Okkonenos, Okkoenos, Okkolonenos, Okkanenos, tutte probabilmente legate al citato toponimo tracio Okaena)34. Nel territorio di Nicea sono attestate alcune interessanti dediche di età imperiale del tipo ὑπὲρ καρπῶν, formulario tipico dell’ambito rurale. Dal territorio di Nicomedia invece proviene una iscrizione, databile al 147 a.C., che combina il riferimento al buon raccolto e al benessere del villaggio dei Koubatenoi con la preghiera per il proprietario terriero al servizio del quale verosimilmente lavorano gli abitanti del villaggio35. Si tratta di una dedica posta su un altare eretto da un certo Zosas figlio di Zoilos (Ζωσᾶς Ζωίλου τὸν βωμὸν ἀνέστησεν)36, il quale invoca il dio Priettos ὑπὲρ εὐκαρπίας καὶ σωτηρίας Κουβαιτηνῶν καὶ τοῦ δεσπότου ἑαυτοῦ. Zosas afferma inoltre, orgogliosamente, di essere stato il primo ad introdurre il culto del dio Priettos nel villaggio. Priettos è una rara divinità locale attestata solo in Bitinia, che in un rilievo è raffigurata con una corazza e una cintura e con la mano destra alzata nell’atto di brandire una lancia. Nel territorio di Prusa all’Olimpo si ritrova l’attestazione, di veri e propri santuari rurali. Un vallone nei pressi della città accoglieva infatti un santuario dedicato ad Apollo Soter 37. Inoltre nelle campagne di Prusa all’Olimpo, sorgeva a sud-est il villaggio di Tataulenoi, nel quale, a seguito di una promessa fatta, gli abitanti avevano fatto costruire un naos probabilmente per la divinità eponima Tataula, probabilmente variante indigena di Apollo, in quanto raffigurata su di un rilievo in posa apollinea con la cetra38. Era presente anche il culto di un’altra divinità locale, Proustene o Groustene, di cui nulla purtroppo si sa, ma che potrebbe essere un teonimo legato al territorio39. Altre interessanti divinità di presumibile origine indigena sono onorate nel territorio di Nicomedia. Si tratta dei Theoi Nerolenoi e dei Theoi Tembanoi40. Altri culti probabilmente basati sulla commistione tra elemento greco e elementi non-greci erano quello della Grande Madre Cibele, che, come si è detto sopra, aveva un tempio dedicato a Nicomedia e quello di Zeus Stratios, che si ritrova sulle

4.3.  Culti greci e culti indigeni nella Bitinia ellenistica28 Purtroppo quasi inesistente è la documentazione sui culti nel regno di Bitinia e praticamente tutto quello che si può conoscere deve essere dedotto da documentazione di epoca romana, con tutte le cautele che ciò inevitabilmente comporta. Un esempio di commistione tra culti greci e pp. 228-235, seguito da Marek 1993, pp. 22-23, propone di integrare con l’espressione [ἔτους ἑκαστοῦ κ]αὶ δεκάτου, che, qualora si riferisse all’era reale bitinica che ha inizio con il 298/297 a.C., daterebbe l’iscrizione al 188/187 a.C., primo anno possibile per la fondazione della città. Lo studioso francese ha però evidenziato come tale cosa, pur teoricamente possibile, mal si accordi con la menzione nel decreto di precedenti benemerenze dell’onorato. Egli propone quindi di far riferimento all’era locale che ha inizio nel 281/280 a.C. e quindi datare il testo al 172/171 a.C. Come nota però Leschhorn 1993, pp. 189-191 è più corretto far cominciare l’era locale nel 282/281 a.C. e quindi datare il nostro decreto al 171/170 a.C.. Una diversa ipotesi è stata avanzata da Vitucci 1953, pp. 61-63, il quale ha proposto di integrare [ἔτους ἑπτακ]αιδεκάτου e facendo riferimento all’era reale binitica, di datare l’epigrafe al 181/180 a.C. Come sostenuto da Paganoni 2019b, p. 165 la proposta di Robert e Leschhorn sembra più convincente e ciò anche alla luce della recentissima lettera di Ziaelas scoperta a Cos, in cui viene usata appunto l’era che aveva inizio nel 282 /281 a.C. e che ormai molto probabilmente doveva essere quella usata dai re di Bitinia prima dell’avvento di Nicomede II. 23 Per l’omologo funzionario macedone cfr. Hatzopoulos 1996, pp. 372429 e Hatzopoulos 2003, pp. 58-59. Non è impossibile che i contatti tra Prusia e Filippo V abbiano portato alla creazione da parte del sovrano bitinico di una figura simile a quella presente nel regno antigonide. 24 Cfr. Michels 2009, pp. 279-280 e Paganoni 2019b, pp. 162-165. 25 Fernoux 2004, pp. 70-71. 26 I. Iznik 1588. 27 Cfr. Guinea Diaz 1997, pp. 40-41 e Fernoux 2004, p. 71 nt. 175. 28 Per una trattazione più approfondita di quanto esposto in questo paragrafo si veda Ferraioli 2021a.

Vitucci 1953, p. 130 nt. 3 e Fernoux 2004, p. 514. Marek 1993, p. 193 n. 18; IDR III 5, 706 (da Alba Iulia). 31 Förster 1894, p. 373. 32 I. Iznik 1118-1119 (Zeus Okkonenos) e 1128 (Sarnendenos). 33 I. Iznik 1201. 34 Robert, BullEpigr, 1959, nr. 233 e SEG LXVI 2548. 35 SEG XXXVI 1155. Il villaggio dei Koubatenoi è attestato anche in TAM IV. 1 56 cfr. Avram- Bounegru 2006, p. 266 nt. 7 e 278-280. 36 Sui bomoi in Asia Minore in età imperiale cfr. Coulton 2005. 37 I. Prusias ad Olympum 41. 38 I. Prusias ad Olympum 42 (con il rilievo) – 43 (in cui è menzionato il villaggio di Tataulenoi), cfr. Parker, 2017, p. 192. 39 I. Prusias ad Olympum 1022, cfr. Parker 2017, p. 192. 40 TAM IV.1 87, 89 29 30

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Un’ area di frontiera monete di Prusia I41. Il culto di Cibele nell’entroterra bitinico è attestato da epigrafi, altarini e oggetti votivi trovati in vari siti rurali; la dea è tipicamente raffigurata con scettro e leone42. Nelle epigrafi la Madre è citata con appellativi come Thea Anghiste, Thea Kasalyrtene. Thea Manetene e Thea Rusiane, che non sono attestati altrove e appaiono quindi tipicamente locali43. Del solo epiteto Anghiste si può cercare di avanzare ipotesi circa l’origine, che potrebbe essere collegata o a Agdistis, secondo il mito figlio ermafrodita di Zeus e Cibele oppure all’ ἁγιστεία, termine abbastanza raro che indica in greco un servizio rituale44. Interessante poi appare una dedica di età imperiale ad Eracle Callinico, presentato come divinità fondatrice della città di Kios/Prusa a mare45.

Fernoux 2004, p. 36. Vermaseren 1977, pp. 71-75, 76-77, 81 e 83-84. Schwertheim 1978, pp. 803-809. 43 TAM IV. 1 63- 64 = Vermaseren 1977, pp. 76- 77 nrr. 233 e 237 = Schwertheim 1978, pp. 798-799 nrr. 8- 9; Vermaseren 1977, p. 83 nr. 255 = Schwertheim, 1978, p. 829 nr. 4 (Anghiste), TAM IV. 1 66 = Schwertheim 1978, p. 797 nr. 6 (Kasalyrtene), TAM IV. 1 67 = Schwertheim 1978, p. 796 nr. 5 (Manetene), TAM IV. 1 68-69 = Schwertheim 1978, pp. 794-957 nrr. 3-4 (Rusiane). In TAM IV. 1 68 la dedica alla dea è fatta tra gli altri da un certo Mokazis, nome di chiara origine tracio-bitinica. 44 Cfr. Schwertheim 1978, p. 798 e LSJ s.v. ἁγιστεία. 45 I. Kios 24 commento in Paganoni 2019b, pp. 170-171. 41 42

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5 Aspetti economici della Bitinia ellenistica Abstract: An important document for the economic history of Hellenistic Bithynia is the first letter of Ziaelas to Kos. In this letter the king of Bithynia tried to present Bithynia as a commercially rich and safe for the Greek economic powers of the time. He promised to protect the Greek city’s trade towards the Black Sea, whose sea route passed through the territories controlled by him. In addition, agricultural products, timber and slaves were probably the resources that the Bithynians were most able to export and insert in the Mediterranean trade, dominated by the main trading powers of the time such as Kos and Rhodes. After the second war against Pergamum, that did not lead to any territorial gain, the kingdom of Bithynia faced, probably for the first time in its history, a serious economic crisis. This economic crisis was probably one of the causes of the coup operated by Nicomedes II against his father Prusias II in 149 BC. Despite this change of government, the last phase of the kingdom was dominated also by economic problems with a population increasingly poor, many farmers seized as slaves and the continuous and rapacious action of the Roman publicans. Primo e importante documento anche per la storia economica della Bitinia ellenistica è la prima lettera di Ziaelas a Kos. Nella parte del documento compresa tra la l. 29 e la l. 44 vengono toccate questioni importanti di carattere economico-sociale riguardanti il commercio di Kos e della Bitinia e la volontà da parte dei re di Bitinia di inserirsi all’interno dei principali movimenti commerciali del mondo greco ellenistico. Il testo della lettera così recita: Riguardo alle altre cose che avete chiesto, cercheremo di mostrare favore a voi come singoli e come collettività come meglio ci sarà possibile. E per quanto concerne quelli di voi che dovessero giungere per mare nelle località che noi controlliamo, faremo in modo da garantire la loro sicurezza. Allo stesso modo per quanto riguarda tutti coloro che dovessero essere funestati da un incidente nel corso della navigazione e fare naufragio sulle nostre coste, ci prenderemo cura del fatto che non vengano molestasti da alcuno (ἔν τε τοῖς λοιποῖς καθὸ ἂν ἡμᾶς ἀξιῶτε, πειρασόμεθα καὶ ἰδίαι ἑκάστωι καὶ κοινῆι πᾶσι φιλανθρωπεῖν καθ’ ὅσον ἡμεῖς δυνατοί ἐσμεν, vac. καὶ τῶν πλειόντων τὴν θάλασσαν, ὅσοι ἂν τυγχάνωσιν τῶν ὑμετέρων προσβάλλοντες τοῖς τόποις ὧν ἡμεῖς κρατοῦμεν, φροντίζειν ὅπως ἡ ἀσφάλει[α] αὐτοῖς ὑπάρχῃ· κατὰ ταὐτὰ [δὲ] καὶ οἷς ἂν συμβῇ πταίματός [τι]νος γενομένου κατὰ πλοῦν προσπεσεῖν πρὸς τὴν ἡμετέ[ραν],πᾶσαν σπουδὴν ποιεῖσθαι, ἵν[α] μηδ’ ὑφ’ ἑνὸς ἀδικῶνται).Questo passo è da ricollegare alla volontà degli abitanti di Kos di proteggere i propri commerci verso il Mar Nero, la cui rotta marittima passava inevitabilmente per i territori controllati dal re di Bitinia1. Secondo Welles2 questa richiesta di rassicurazione a Ziaelas deriverebbe dalla cattiva fama che i Bitini avevano rispetto a coloro che capitavano sulle loro coste, come affermato nel già citato passo dell’Anabasi di Senofonte3. Inoltre un frammento di Nicolao di Damasco4 fa riferimento ai Thinoi, popolazione

che come si è visto occupava una parte della Bitinia, i quali sarebbero stati amichevoli verso coloro che arrivavano da loro come naufraghi, mentre invece avrebbero punito coloro che fossero arrivati nel loro territorio di propria volontà. Secondo Welles5 la doppia clausola presente nel testo da Ziaelas proprio per rassicurare entrambe le categorie ed avviare così una politica di apertura verso i mercanti greci ed in particolare quelli di Cos dopo un periodo di bando che sarebbe testimoniato da Senofonte e Nicolao. L’ipotesi di Welles sembra un po’ azzardata in quanto vuole considerare i due passi di Senofonte e Nicolao come una connotazione quasi antropologica dei Bitini a cui farebbe da contrappunto il tentativo innovatore e ellenizzante di Ziaelas. È forse più opportuno invece, come ha proposto Rigsby6, fare riferimento alla difficile situazione della Bitinia durante la guerra civile che portò Ziaelas sul trono e che sicuramente rese più insicure le coste della Bitinia per i mercanti greci in generale Cooi in particolare. Le clausole nella lettera quindi hanno probabilmente il significato di rassicurare i mercanti che, dopo i tempi di torbidi e di pirateria della guerra civile, Ziaelas, ormai re riconosciuto di tutti i Bitini, aveva pacificato l’intera regione sotto il suo controllo. Sempre Rigsby7 ha posto l’accento sulla menzione alla l. 17 dell’espressione τοῖς τόποις ὧν ἡμεῖς κρατοῦμεν. Questi topoi dovevano essere dei porti, villaggi lungo la costa, che secondo Briant8 e Rigsby, dovevano costituire degli emporia, stazioni intermedie in cui i mercanti potevano fare sosta, rifornirsi e effettuare scambi nel corso del tragitto verso il Ponto Eusino. Gli emporia ci sono noti da iscrizioni di età imperiale9, ma dovevano essere presenti anche in età ellenistica e forse già in età achemenide. Ad essi doveva poi aggiungersi il principale centro costiero Welles 1934, pp. 119-122. Rigsby 1996, pp. 121-122. 7 Rigsby 1996, pp. 121-122. 8 Briant 1982, pp. 137-160. 9 Materiale raccolto in Robert 1937, pp. 243-245. Cfr. anche Robert 1946, p. 135. 5 6

Rostovtzeff 1941, pp. 568-571 e Sherwin-White 1978, pp. 238 e 243. Welles 1934, pp. 119-122. 3 Xen., Anab. VI 4 2. 4 Nic. Dam. FGrHist 90 F 113. 1 2

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Un’ area di frontiera che erano all’epoca in mano dei re di Bitinia, cioè la città di Niicomedia, fondata non molti anni prima da Nicomede I e che già iniziava a diventare probabilmente un centro di importanza sempre più ragguardevole. Ma quali erano i principali beni che i Bitini potevano commerciare o scambiare con le poleis greche? Tra le risorse principali della Bitinia vi era certamente l’agricoltura, la larga e fertile pianura del fiume Sangarios offriva certamente un luogo adatto per una larga produzione agricola, certo non paragonabile a quella del Bosforo, ma comunque di un certo rilevo10. Senofonte11 poi afferma che l’allevamento di pecore era praticato e Strabone afferma che all’interno della Bitinia nella zona intorno alla località di Salon vi era del terreno molto adatto al pascolo del bestiame e vi si produceva un formaggio molto noto12. Una importante risorsa del territorio della Bitinia era il legname, come risulta dalle testimonianze di Senofonte13 e di Plinio il Vecchio14. E poi vi doveva essere un importante commercio di schiavi15. Come si è detto già in precedenza frammento di Filarco16 fa riferimento a degli schiavi bitini ilotizzati dagli abitanti di Bisanzio. Con la fondazione del regno ciò dovette avere termine, ma certamente il traffico di schiavi continuò ed un certo numero di schiavi bitini furono inviati nel Ponto. Quindi prodotti agricoli, legname e schiavi erano probabilmente le risorse che i Bitini erano in grado maggiormente di esportare e di inserire nel commercio mediterraneo. Che il legname fosse un prodotto particolarmente importante per la Bitinia è noto anche da un passo di Polibio17, il quale afferma che Prusia I fu uno dei principali benefattori di Rodi dopo il terremoto del 227 a.C. , inviando numerosi aiuti composti per la maggior parte da legame utilizzabile per la ricostruzione della città sinistrata. Questi contatti testimoniati con Kos e Rodi consentono anche di aprire alcuni squarci sulla politica economica e commerciale del regno di Bitinia. Scopo della Bitinia era infatti di controllare sia politicamente che commercialmente gli stretti e quindi i traffici verso la ricca zona del Mar Nero, che erano saldamente nelle mani delle poleis greche di Bisanzio e Eraclea Pontica. Per fare ciò i sovrani cercarono di allearsi con potenze commerciali greche più lontane dall’area, come Kos e Rodi, con l’intenzione di scalfire il predominio commerciale delle città della Propontide.Non è semplice comprendere chi fossero i soggetti impegnati in tali attività economiche, in quanto scarse sono le testimonianze sull’organizzazione del territorio bitinico.

una vera e propria chora basilike19. Ciò conferma la figura centrale del re anche nelle attività di tipo economico. Come si è visto in precedenza, le elite bitiniche di etnia trace erano diffuse soprattutto all’interno del paese, che era organizzato per villaggi, come emerge anche dal riferimento a delle komai nell’organizzazione di Nicomedia in età imperiale20. Difficile capire se questi proprietari terrieri possedessero la terra per concessione del sovrano, che dava a loro parte della chora basilike, oppure in maniera diversa. Dopo Ziaelas il regno ebbe una certa prosperità economica fino al regno di Prusia II quando, come abbiamo visto in precedenza, iniziò, in seguito alla seconda guerra bitino-pergamena e all’esito fallimentare della stessa, un periodo di crisi economica, che minò la stabilità del regno di Prusia e facilitò il colpo di stato effettuato da Nicomede II. Con l’ascesa al trono di Nicomede II e durante il regno di Nicomede III sembra che vi sia stata una certa ripresa delle attività economiche. Ciò sembra confermato da un’interessante e già citata iscrizione21, trovata a Delo, in cui viene onorato un certo Meleagro di Nicea, che promosse un accordo tra mercanti e proprietari di navi che si recavano in Bitinia per fini commerciali22. Secondo Rostovtzeff tale accordo e associazione di mercanti avrebbe a che fare con il traffico di schiavi, che come abbiamo visto costituiva un’importante attività economica in Bitinia. Sempre secondo lo studioso russo re Nicomede II, grazie alle sue ricchezze, si sarebbe dato anche ad attività bancarie e di prestito. il culto del sovrano attestato in un’ epigrafe proveniente da Priene deriverebbe appunto23 da un’agevolazione effettuata da Nicomede II nei confronti della polis. Tale ipotesi della prosperità finanzia e dell’attività bancaria dei re bitinici sarebbe rafforzata dalla storia della celebre Afrodite di Cnido (Plin. N.H. VII 12 e XXXVI 21), ceduta dai Cnidii al re Nicomede III in cambio della remissione di un debito24. Va rilevato però che tali testimonianze, pur evidenziando indubbiamente una grande disponibilità di ricchezze da parte dei sovrani bitinici Nicomede II e III e una loro attività evergetica nei confronti di poleis greche, non provano in maniera sicura l’esistenza di un’attività di tipo propriamente finanziario e bancario da parte di tali sovrani. Le fonti evidenziano che tale parziale ripresa delle attività economiche non fosse uniforme in tutto il regno, ma rimanesse legata al re ed ad alcuni strati della popolazione, in quanto, come testimonia un passo di Diodoro25, al tempo della guerra contro i Cimbri il re Nicomede III affermò di non poter fornire assistenza

Un passo della seconda orazione De Lege Agraria di Cicerone18 fa riferimento ad una porzione di territorio di proprietà del re di Bitinia, cioè a quella che sembrerebbe

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Sulla chora basilike in età ellenistica cfr. Corsaro 1980, pp. 1163-1219, Corsaro 2001, pp. 227-261 e Mileta 2002, pp. 157-167. 20 Debord 1998, p. 140. 21 IDelos 1705 = OGIS 344. Databile probabilmente alla seconda metà del II sec. a.C. o ai primi anni del I sec. a.C. . 22 Secondo la Hannestad 1996, p. 86 tale associazione di mercanti sarebbe sorta per onorare il rappresentante bitino e non sarebbe un’associazione stabile a fini commerciali. Di diverso parere è Boshnakov 2004, p. 74, che pensa ad un’associazione stabile. Michels 2009, p. 85 segue il parere della Hannestad. 23 Rostovtzeff 1941, pp. 827-829. 24 Secondo Rostovtzeff 1941, p. 828 la ricchezza e la liberalità di Nicomede III si vedrebbero anche nella enorme somma di 500 talenti data alla sua concubina Hagne di Cizico, come attestato da Gran Licin. XXXV , fr. 29 Flemisch. 25 Diod. XXXVI 3.1 Walton.

Xen. Anab. VI 4. 6 cfr. Hannestad 1996, p. 70. Xen., Anab. VI 6.2 12 Strab. XII 4. 7 566C. 13 Xen. Anab. VI 4.5 14 Plin., N.H. XVI.197. 15 Vedi sempre Xen., Anab. VI 6.1 sull’abbondanza di schiavi presso i Bitini. 16 Phylarch. FGrHist 81 F 8. 17 Polyb. V 90. 18 Cic., De Leg. Agr. II 40. Cfr. le considerazioni di Musti 1977, p. 256. 10 11

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Aspetti economici della Bitinia ellenistica militare ai Romani, dato che a suo dire il suo regno era privo di popolazione a causa della riduzione in schiavitù di molti Bitini ad opera dei publicani. Tale notizia appare di difficile interpretazione. Secondo Vitucci26 è probabile che il re alludesse alle incursioni fatte in territorio bitinico da parte di predoni della Misia, della Galazia e del Ponto, i quali poi probabilmente andavano ad incrementare il ricco mercato di schiavi gestito dai publicani d’Asia. Altri hanno pensato che i publicani potessero agire direttamente in Bitinia anche prima della fine della monarchia, forse addirittura con l’approvazione del monarca. In questa ottica Badian27 e Debord28 hanno avanzato l’ipotesi che il re fosse gravemente indebitato con i Romani e le compagnie di publicani e ripagasse questo debito con la fornitura di schiavi, di cui era ricco il territorio bitinico. Ciò indurrebbe a ritenere che fosse presente un gruppo di Bitini poveri, su cui il re aveva un controllo totale e che poteva vendere come schiavi. Nessuna fonte fa però riferimento a tale gruppo, a meno che non si voglia fare un collegamento con le popolazioni bitiniche ilotizzate da Bisanzio di cui parla Filarco (FGrHist 81 F 8), con riferimento però ad un periodo cronologicamente molto distante da quello di cui ci sta occupando ora. Secondo questa ipotesi quindi la ricchezza del Re sarebbe stata prevalentemente fondiaria e legata alla possibilità di fornire schiavi per continuare a vivere nella ricchezza e poter ripagare ingenti debiti acquisiti, dopo la morte di Prusia II, verso i Romani e le compagnie di publicani. Seguendo l’ipotesi di Badian e Debord, Corsten29 ritiene che la crisi delle elite di cavalieri bitinici, che nel primo periodo ellenistico sembravano dominare le zone interne della Bitinia, sia collegabile a tale indebitamento dei Re a cui avrebbe fatto seguito anche un indebitamento di tale elite di cavalieri ed un progressivo e deciso impoverimento di questo gruppo. Ciò avrebbe portato, nel periodo romano, ad uno spostamento dei Bitini verso le città, dove essi avrebbero assunto una funzione subalterna, mentre le campagne andarono a cittadini romani o provinciali greci, come attestato dalle fonti epigrafiche. In sintesi appare abbastanza probabile che il periodo della crisi economica sotto Prusia II e della parziale ripresa delle attività economiche sotto Nicomede II e III abbia portato ad importanti mutamenti nella struttura sociale ed economica della Bitinia, che però la scarsezza delle nostre fonti non ci consente di comprendere appieno. Un periodo economicamente non semplice, soprattutto a causa delle guerre mitridatiche, dovette essere il regno di Nicomede IV.

ancora sotto Nicomede IV, come emerge dal citato passo della seconda orazione de lege agraria di Cicerone e il tramonto di quella elite bitinica terriera di cavalieri, che lasciò il posto ad una nuova classe di proprietari fondiari di origine romana o greca.

Al momento della morte di costui e del passaggio della Bitinia al dominio romano appaiono emergere due elementi: l’ampiezza della proprietà fondiaria regia Vitucci 1953, pp. 101-102. Badian 1972, pp. 87-88, il quale avanza l’ipotesi della presenza dei publicani anche nell’associazione commerciale citata nell’epigrafe in onore di Meleagro, che quindi sarebbe volta principalmente al commercio deglli schiavi. 28 Debord 1998, p. 147. Lo studioso francese pone in evidenza anche il dono di trenta schiavi fatto da Nicomede III a Delfi (OGIS 345 = FD III 4.77), che dimostrerebbe l’ampia disponibilità di schiavi del sovrano bitinico. 29 Corsten 2006, pp. 88-89. 26 27

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Conclusioni all’ellenicità si estrinsecò maggiormente nell’attività di fondazione di città, molte delle quali, chiamate con nomi di tipo dinastico, furono fondate su siti legati a precedenti insediamenti coloniali greci ed ebbero, secondo il quadro offertoci dalla documentazione superstite, istituzioni civiche che si ricollegavano a quelle delle poleis greche e al loro interno una popolazione mista di greci e non greci, in cui forse, tranne che nella capitale Nicomedia, erano i primi ad essere maggiormente presenti. La gran parte infatti della popolazione di etnia trace sembra infatti aver continuato a risiedere, per tutto il periodo del regno, nella zona rurale dell’interno, dove i cavalieri della èlite bitinica avevano probabilmente i loro possedimenti e le loro roccaforti. Un altro importante momento di rapporto con la grecità è costituito dall’attività di evergesia dei sovrani di Bitinia, che si esplica nel mondo greco soprattutto nei confronti di santuari come Delfi, Delo e l’Asclepieion di Kos e di importanti centri commerciali come Rodi, aiutata da Prusia I dopo il terremoto del 227 a.C., e Kos, che aveva rapporti importanti con Nicomede I e suo figlio Ziaelas, il quale , come testimoniato dalla lettera da lui inviata a Kos, cercò di presentare la Bitinia come una realtà commercialmente ricca e sicura per le potenze economiche greche dell’epoca. Il sovrano bitinico si impegnò infatti a proteggere i commerci della città greca verso il Mar Nero, la cui rotta marittima transitava per i territori controllati dal re di Bitinia. Inoltre prodotti agricoli, legname e schiavi erano probabilmente le risorse che i Bitini erano in grado maggiormente di esportare e di inserire nel commercio mediterraneo, dominato dalle principali potenze commerciali dell’epoca come Kos e Rodi. Come è stato però notato dalla critica più recente non deve essere eccessivamente enfatizzata l’ellenizzazione della Bitinia della prima età ellenistica, che conservò al suo interno una importante e a tratti dominante componente tracia, come testimoniato ad esempio dal fatto che tutti i nomi dei sovrani, ad eccezione di Nicomede, sono di origine tracia e non greca. A questo riguardo appaiono significative anche le guerre civili che si ebbero nel regno nel III sec. a.C., la prima tra Nicomede e suo fratello Zipoites e la seconda tra Ziaelas ed Etazeta ed i suoi figli, nelle quali vi fu sempre un partito più vicino all’elemento trace ed uno invece più aperto alle influenze elleniche. La politica di avvicinamento al mondo greco deve forse essere piuttosto vista come uno strumento utilizzato per inserirsi nel mondo politico e culturale degli stati ellenistici di origine greco-macedone. Scopo costante infatti della politica internazionale dei sovrani di Bitinia fu infatti quello di far crescere il loro relativamente piccolo, ma coeso stato, cercando di espanderlo il più possibile ai danni delle poleis greche vicine come ad esempio Astaco, Calcedone, Eraclea Pontica e Bisanzio. Quando si affacciarono nella zona stati potenti e molto più vasti territorialmente

Al termine di questo studio d’area della Bitinia dall’età arcaica all’età ellenistica emerge innanzitutto l’elevata intensità dei rapporti politici, economici e culturali tra greci e non greci nel periodo in oggetto. 1.  la Bitinia in età arcaica e classica In età arcaica e classica le colonie greche fondate nell’area, che avevano per la maggior parte come madrepatria Megara, si trovarono a dover tener conto delle presenze non greche, costituite in primo luogo dalle popolazioni di origine tracia che abitavano la Bitinia fin dall’inizio dell’età arcaica. I rapporti tra le città greche e tali popolazioni furono a tratti burrascose, come emerge dalle vicende riguardanti l’ilotizzazione di popolazioni tracie ad opera delle poleis di Bisanzio e Calcedone. In un primo tempo la scarsa organizzazione delle popolazioni bitiniche favorì un certo predominio delle poleis greche, specialmente di quelle più ricche come Calcedone. In seguito però il processo di progressiva organizzazione della comunità statuale bitinica consentì, sotto Doidalses, di passare per così dire alla controffensiva, occupando Astaco. Le poleis greche dovettero poi fare i conti, a partire dalla fine del VI sec. a.C., con il più organizzato e forte potere persiano, impersonato nella zona dalla satrapia di Daskyleion, in cui erano presenti alcune importanti famiglie di stirpe iranica. Di un certo rilievo fu anche, nel corso del V sec. a.C., l’azione nell’area delle due principali potenze greche dell’epoca, Sparta ed Atene. Praticamente tutte le città dell’area parteciparono alla lega delio-attica, divenendo così parte dell’impero ateniese; gli Spartani invece, nell’ultima fase della guerra del Peloponneso cercarono di espandersi nell’area attraverso anche l’aiuto dei Persiani, installando, dopo la vittoria nella guerra, delle guarnigioni in alcune poleis. Da un punto di vista istituzionale le fondazioni greche dell’area tendono in parte a riprodurre le figure istituzionali presenti nella madrepatria Megara. Da un punto di vista religioso-cultuale la non amplissima documentazione consente di individuare numerosi nessi con le pratiche cultuali presenti a Megara ed anche alcune interessanti contaminazioni tra culti greci e culti asiatici. 2.  La comparsa del regno di Bitinia nel periodo ellenistico Per quanto concerne il periodo ellenistico, il sorgere di una importante strutturata compagine statuale come il regno di Bitinia modificò in maniera piuttosto rilevante i rapporti di forza tra greci e non greci nell’area. I sovrani di Bitinia a partire soprattutto dal regno di Nicomede I decisero per così dire di assumere uno stile di tipo “greco”, introducendo molti elementi tipici delle monarchie ellenistiche di origine greco-macedone. Tale processo di apertura 75

Un’ area di frontiera e demograficamente rispetto alla Bitinia, i monarchi cercarono di barcamenarsi o sottomettendosi ad un potere troppo grande, contro cui non vi era speranza di vittoria, ma che sapeva forse assumere un volto conciliante (il caso di Antigono Monoftalmo) oppure ribellandosi ad un potere percepito come troppo invasivo, cercando ora alleanze di altre grandi potenze (la probabile partecipazione alla battaglia di di Curupedio contro Lisimaco in qualità di alleati di Seleuco), ora la partecipazione a leghe di stati più piccoli contro un comune pericolo imperialistico (la lega del Nord in funzione anti-seleucidica). Con l’ascesa al potere di Nicomede I la politica estera del regno assume delle connotazioni in parte diverse e più dinamiche, sia con la citata partecipazione alla Lega del Nord sia soprattutto con la chiamata dei Galli in Asia Minore quale popolazione in parte alleata e in parte mercenaria. Il declino della potenza seleucidica e il sorgere del regno pergameno crea poi un rivale simile per potenza e grandezza, che opera in parte nella stessa area del regno bitinico. Questo porterà all’inevitabile contrasto tra le due compagini statali, prima con conflitti di carattere propagandistico e poi con le due guerre bitino-pergamene vere e proprie. I re di Bitinia, a partire da Prusia I, cercheranno alleanze sulla scena politica internazionale, prima con una politica di avvicinamento agli Antigonidi e poi, dopo la terza guerra macedonica, con una politica di riavvicinamento a Roma, tesa a sfruttare la caduta in disgrazia degli Attalidi dopo la battaglia di Pidna. Prusia II però si spingerà troppo oltre, pensando che Roma potesse approvare una politica di aperto conflitto contro Pergamo o addirittura una annessione da parte bitinica del regno attalide. La seconda guerra contro Pergamo non portò a nessun guadagno territoriale e causò anzi probabilmente, a causa dei suoi grossi costi, una grave crisi economica per la Bitinia. Prusia II iniziò cosi a perdere popolarità e consenso, rendendo così possibile il colpo di stato operato ai suoi danni dal figlio Nicomede II, con l’aiuto di Pergamo ed una probabile benevola neutralità di Roma. Con l’ascesa di Nicomede II il regno rinunciò in pratica a fare una politica autonoma, diventando sempre più un client kingdom dei Romani, fino alla sua dissoluzione con la morte di Nicomede IV.

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Appendice sull’evidenza numismatica concernente il regno di Bitinia e le poleis greche dell’area Abstract: The purpose of this appendix is ​​to provide a synthetic profile of the history of monetary issues of the kingdom of Bithynia and of the Greek poleis of the area. the Greek poleis of Bithynia begin to issue and circulate money much earlier than in the nearby region of Pontus. In fact, already in the fifth century BC, there are the first silver coins of Astakos and Calchedon. In the fourth and third century BC appear the coinage of Kios ansd Myrleia. The coinage of the kingdom of Bithynia starts with the reign of Nicomedes I with silver and bronze issues, which seem to follow the style of more famous Hellenistic Kings. Much more numerous are the issues under Prusias I and Prusias II, both in silver and bronze. As regards Prusias I, the silver tetradrams have a portrait of the king on the front, with a beard and diadem, while on the reverse there is Zeus Stratios with a scepter and crown bearing the legend Basileos Prusiou. The silver tetradrams of Prusias II have on the front the head of the sovereign with a diadem, sometimes with a beard, other times without it and on the reverse always the image of Zeus Stratios. Nicomedes II is the only king of Bithynia to issue a golden stater, with the head of the sovereign wearing a diadem on the front and a galloping knight with a spear and round shield on the reverse. argentee per Lisimaco. Monete di bronzo apparvero invece solo nel III sec. a.C. in varie serie, recando prima l’immagine forse di Mitra e poi quella di Apollo. Per quanto riguarda Myrleia rare emissioni bronzee vennero coniate nel IV e III sec. a.C., con raffigurazioni sia di divinità che naturalistiche7. La monetazione di Kios e Myrleia cessò probabilmente dopo la presa delle due città da parte di Prusia I nel 202 a.C. . Le prime monete del regno di Bitinia sono emesse durante il regno di Nicomede I e si tratta di tetradrammi e drammi d’argento di piede attico e qualche moneta di bronzo. Tali monete sono pervenute in numero assai scarso. I tetradrammi di Nicomede sembrano seguire lo stile dei primi re ellenistici, Seleuco I Nicanore, Tolomeo I e Lisimaco, e presentano sul recto la testa del sovrano rappresentata con il diadema in uno stile definito “lisippeo” e simile alle raffigurazioni di Lisimaco e sul verso invece una rappresentazione di Bendis, divinità trace identificata con Artemide, seduta con lo scudo ed ai suoi piedi una piccola Nike, che appare assai simile alla rappresentazione di Atena che si trova nelle monete di Lisimaco8. La legenda presenta la scritta Basileos Nikomedou. Le dramme d’argento sono strutturate come i tetradrammi, ma hanno nel verso la raffigurazione di un personaggio che dovrebbe identificarsi con un Ares tracico seduto con lancia. La struttura della moneta di bronzo ha sul recto un’immagine che è stata interpretata come una raffigurazione o dello stesso Nicomede o del dio Apollo e sul verso l’immagine di un cavaliere con la lancia, che potrebbe ricollegarsi al dio cavaliere tracico, il cosiddetto heros equitans. La legenda è riportata sinteticamente sul verso con la dicitura Basiniko (βασι(λέως)· Νικο(μήδους)) posta sotto l’immagine del cavaliere9. Ancora più rare sono

Scopo di questa appendice è fornire un profilo sintetico della storia delle emissioni monetali del regno di Bitinia e delle poleis greche dell’area1. Come ha notato F. de Callataÿ le poleis greche della Bitinia iniziano ad emettere e a far circolare moneta molto prima di quanto avviene nella vicina regione del Ponto ed è probabile che monete delle poleis greche sorte nel territorio della Bitinia circolassero nella zona pontica2. Già infatti nel V sec. a.C. vi sono forse le prime emissioni in argento di Calcedone3. Si tratta di monete che hanno sul recto una testa maschile barbuta, da identificarsi probabilmente con l’indovino Calcante e sul verso una ruota. Intorno alle metà del IV sec. a.C. queesta serie venne sostituita da un’altra sempre in argento, incusa, con il recto raffigurante un toro. La città coniò invece monete d’oro solo nel III sec. a.C., riprendendo le forme degli stateri aurei di Alessandro e Lisimaco. In questo stesso periodo venne introdotta la monetazione in bronzo, utilizzandop prima l’immagine del toro presente anche sulle monete d’argento e poi, in seguito, le divinità Apollo e Demetra4. Sempre di V sec. a.C. sono le emissioni di Astaco, tutte in argento, con il recto raffigurante un’aragosta e il verso con una testa femminile, forse la ninfa Olbia5. Più tarda appare l’introduzione della monetazione a Kios6. Le prime monete d’oro e d’argento appaiono infatti solo nel IV sec. a.C. in coincidenza con l’invasione macedone dell’Asia e poi in seguito la zecca della polis coniò monete auree e Sulla monetazione del regno di Bitinia cfr. soprattutto Reinach 1888, Wroth 1889, Babelon- Reinach-Waddington 1908, pp. 215-233, de Callataÿ 1986, Fernoux 2004, pp. 43-59, Michels 2009, pp. 158-182, de Callataÿ 2011, pp. 466-472 e Hoover 2012, pp. 206-226. Sulle monete delle poleis greche dell’area cfr. de Callataÿ 2011, pp. 456-466 e Hoover 2012, pp. 152-205. 2 de Callataÿ 2011, p. 456. 3 Cfr. de Callataÿ 2011, p. 457. Per Hoover 2012, p. 171 sarebbero invece da datare ai primi anni del IV sec. a.C. . 4 Hoover 2012, pp. 171-172. 5 Hoover 2012, p. 152. 6 de Callataÿ 2011, p. 457; Hoover 2012, pp. 184-185. 1

Hoover 2012, p.189. Fernoux 2004, pp. 45-46. 9 Sulle monete di bronzo di Nicomede I cfr. Reinach 1888, pp. 99-100, Babelon- Reinach-Waddington 1908, p. 219 e soprattutto Michels 2009, pp. 160-161. 7 8

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Un’ area di frontiera e era presente sulle monete di tale città. Eracle era invece considerato dalla tradizione l’eroe fondatore di Kios e compariva nelle monete della polis, i due Prusia recuperano questa raffigurazione, cercando forse di collegare il re di Bitinia ad uno degli eroi greci più popolari. Hermes invece è una divinità non presente nel culto delle poleis dell’area e, secondo Fernoux16, la sua presenza sulle monete indica il tentativo di introdurre un culto greco da parte dei re di Bitinia, con una divinità peraltro non priva di legami con l’oriente. Lo sviluppo del culto di Hermes andrebbe inoltre di pari passo con la fondazione di Bithynion, in quanto esisteva presso Bithynion un luogo detto Mantineion, che portava lo stesso nome della città di Mantinea in Arcadia, città non lontana dal luogo di nascita di Hermes. Tale ultima ipotesi di Fernoux appare però a tratti difficile da sostenere, visto il suo intersecarsi con il racconto riportato da Pausania sul ruolo di Mantinea nella nascita di Bithynion, tradizione che, come si è visto in precedenza, sembra essersi formata solo in età imperiale in relazione ad Antinoo. Passando a Nicomede II, egli è l’unico dei re di Bitinia a emettere uno statere d’oro, con sul recto la testa del sovrano con il diadema e sul verso la raffigurazione di un cavaliere al galoppo con lancia e scudo rotondo, a cui si aggiungono un monogramma, l’indicazione della data secondo l’era bitinica, cioè calcolando gli anni a partire dal 298/297 a.C., e la legenda con il nome del re e il suo appellativo ufficiale17. Nicomede II è il primo ad inserire la data sulle monete, facendo riferimento all’era bitinica, cosa che sarà continuata dai suoi due successori Nicomede III e Nicomede IV. Ciò è di notevole importanza in quanto consente di datare con una certa precisione, come giustamente sostiene de Callataÿ18, gli avvenimenti legati ai regni di questi tre sovrani, eventi che sono riportati con dovizia di particolari dalle fonti letterarie, ma senza precise indicazioni cronologiche. Interessante appare l’emissione di una moneta d’oro, tesa forse a dare prestigio al nuovo corso di Nicomede II, dopo le difficoltà dell’ultima parte del regno di Prusia II e il colpo di stato del 149 a.C. .

le monte di Ziaelas e tutte in bronzo. Esse hanno sul recto la testa del sovrano con il diadema e sul verso un trofeo con a sinistra una punta di lancia10. Molto più numerose sono le emissioni sotto Prusia I e Prusia II, sia in argento che in bronzo. Per quanto concerne Prusia I i tetradrammi d’argento hanno sul recto il ritratto del re, con barba e diadema, mentre sul verso è presente Zeus Stratios con scettro e corona recante la legenda Basileos Prusiou. Atrraverso alcune modifiche dell’immagine di Zeus, si possono distinguere tre serie di tetradrammi, l’ultima delle quali, molto rara, presenta sul verso una palmetta, che potrebbe forse ricollegarsi alla vittoria di Prusia I contro i Galati nel 216 a.C. . Le monete di Prusia I si ricollegano, nella rappresentazione del sovrano e nella struttura, alle monete contemporanee deib re ellenistici Seleuco II e Filippo V, nonché a quelle dell’usurpatore Acheo11. L’effige di Zeus Stratios, che si ritrova sui tetradrammi di Prusia I, potrebbe essere stata esemplata sulla statua della divinità che si trovava nnel tempio ad essa dedicata a Nicomedia e che secondo alcuni sarebbe stata opera dello scultore bitino Doidalsas nel III sec. a.C.12. I tetradrammi d’argento di Prusia II hanno sul recto la testa del sovrano con diadema, a volte con la barba altre volte senza di essa e sul verso sempre l’immagine di Zeus Stratios. In alcune monete è presente sul diadema un’ala, probabilmente un simbolo che fa riferimento all’eroe Perseo e si ricollega all’alleanza stretta tra Prusia e l’antigonide Perseo, di cui il re di Bitinia aveva sposato la sorella Apame. Numeroe e varie sono le emissioni in bronzo dei due Prusia, legate, secondo Fernoux13, alla circolazione sul mercato locale, tra città e villaggi della Bitinia, mentre i tetradrammi sarebbero state legate alla politica di evergetismo dei re di Bitinia e al commercio estero. Sono ben diciassette i tipi di monete di bronzo coniate sotto i regni di Prusia I e II, con un peso tra loro differente, che va dai 35-36 grammi delle più pesanti agli 1-2 grammi delle più leggere. La struttura di tali monete enee è basata in genere sulla presenza della raffigurazione della testa di una divinità sul recto (Apollo, Dioniso, Hermes, Atena, Zeus e Demetra) e di motivi e personaggi mitologici sul verso (Eracle, la Nike, il centauro Chirone, una corona di foglie di quercia, una cornucopia) con la consueta legenda Basileos Prusiou14. Secondo Fernoux15 la presenza di rappresentazioni legate alle dività e alla mitologia greche evidenziano il gusto dei re di Bitinia per tali consuetudini religiose elleniche e la volontà di diffoponderle nel quadro di un regno composto da Greci e non Greci. Le rappresentazioni di divinità si ricollegano a raffigurazioni simili presenti su monete emesse nel corso del IV sec a.C. dalle poleis di Bisanzio, Calcedone e Kios. Le figure di Apollo e Demetra si ritrovano nelle monete di queste tre poleis, Dioniso invece era, fino alla conquista bitina, la divinità poliade di Nicea

Nicomede II, come anche i suoi successori Nicomede III e IV, coniò tetradrammi d’argento. Queste monete d’argento emesse dagli ultimi sovrani di Bitinia appaiono simili a quelle emesse dai due Prusia: sul recto infatti vi è la testa del sovrano con il diadema, sul verso l’immagine di Zeus Stratios. Nella legenda è però presente l’appellativo ufficiale del sovrano, che abbiamo già visto sullo statere d’oro di Nicomede II, e sempre sul verso è presente l’indicazione dell’anno con riferimento all’era bitinica19. Anche Socrate Cresto, il fratello non germano di Nicomede IV nato dalla concubina Hagnes di Cizico, il quale, come si è visto in precedenza, contese il regno a Nicomede con l’aiuto di Mitridate, emise dei tetradrammi d’argento.

Sevrugian 1973. Fernoux 2004, pp. 46-49. Su tutte le monete del regno di Bitinia sono presenti dei monogrammi, che facevano riferimento a dei magistrati monetali cfr. Babelon- Reinach-Waddington 1908, p. 218. 12 Su questa controversa figura di artista si veda sopra nota 41 p. 64. 13 Fernoux 2004, p. 50. 14 Michels 2009, pp. 170-175. 15 Fernoux 2004, p. 56. Alle pp. 51-56 del volume di Fernoux vi è un utile e dettagliato catalogo delle emissioni in bronzo di Prusia I e Prusia II. 10 11

Fernoux 2004, pp. 57-59. Wroth 1889, pp. XLII-XLIII. 18 de Callataÿ 1986. 19 Wroth 1889, pp. XLIII-XLIV, de Callataÿ 1986, Michels 2009, pp. 176179, il quale si sofferma anche sulla fattura dei ritratti dei sovrani presenti sulle monete. 16 17

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Appendice sull’evidenza numismatica concernente il regno di Bitinia e le poleis greche dell’area La presenza della data in tali monete consente di datare con precisione l’inizio del periodo dell’usurpazione di Socrate Cresto al 93/92 a.C. 20. A Nicomede II possono infine attribuirsi anche due tipi di monete bronzee di cui ci sono rimasti pochi esemplari: una con raffigurazioni di una cornucopia ed i raggi del sole ed un’ altra con una raffigurazione di Atena, che potrebbe essere legata, secondo Reinach, ai buoni rapporti che intercorrevano tra Nicomede II e la città attica21.

de Callataÿ 1986, pp. 22-24. Reinach 1888, pp. 46-47. A p. 46 nt. 3 lo stesso Reinach attribuisce una serie in bronzo anche a Socrate Cresto.

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II2 IV

71: p. 7 nt. 33 124: p. 6 nt. 28 259: p. 8 nt.59, p. 9 nt. 62, p. 21 nt.112 260: p. 9 nt. 61 263: p. 9 nt. 60 268: p. 8 nt. 59, 279: p. 9 nt. 63, p. 21 nt.112 287: p. 9 nt. 62 e 63, p. 21 nt.112 1437: p. 11 nt. 98 3172: p. 52 nt. 25

558: p. 59 nt. 108 e 109 1135 (a): p. 59 nt.111 1160 (b): p. 59 nt.111 IV2 1 591: p. 59 nt.111 VII 1-7: p. 11 nt.110 9-14: p. 11 nt.110 XII. 4 1 209: p. 35 nt.84, p. 53 213: p. 56 IDelos 442: p. 59 nt. 99 449: p. 58 nt. 90 460: p. 53 nt. 34 1408: p. 58 nt. 91 1428: p. 58 nt. 91 1443: p. 58 nt. 91 1450: p. 58 nt. 91 1577: p. 45 nt. 208, p. 59 nt. 95 1577bis: p. 59 nt. 96 1578: p. 59 nt. 96 1579: p. 59 nt. 104 1580: p. 60 nt. 117 1705: p. 60 nt. 118, p. 72 nt. 21 94

Indice delle fonti 2038: p. 59 nt. 105 IDidyma 427: p. 6 nt. 25 463: p. 58 nt. 93 469: p. 58 nt.92 473: p. 58 nt. 92 I. ERITRAI UND KLAZOMENAI 510: p. 12 nt.120 I. ILION 32: p. 35 nt. 79 I. IZNIK 1118: p. 69 nt. 32 1119: p. 69 nt. 32 1128: p. 69 nt. 32 1201: p. 69 nt. 33 1232: p. 68 nt.12 1588: p. 69 nt. 26 I. KALCHEDON 1: p. 11 nt. 108 e 115 5: p. 12 nt.124 6: p. 12 7: p. 11 nt. 103, p. 12 nt. 124 8: p. 11 nt. 103 10: p. 11 nt. 115, p. 13 nt. 136 11: p. 13 nt. 143 12: p. 13 nt. 135 13: p. 13 nt. 141 14: p. 13 nt. 140 19: p. 11 nt. 105 I. KLAUDIU POLIS 50: p. 52 nt.22, p. 65 nt.49 I. KIOS 1: p. 6 nt. 26, p. 12 nt. 118-119-121, p. 121 nt.113 2: p. 12 nt. 118, p. 21 nt.113, p. 22 nt.122 8: p. 64 nt. 31, p. 68 nt. 19 17: p. 68 nt.20 18: p. 68 nt. 17 19: p. 14 nt. 154 24: p. 70 nt. 45 25: p. 12 nt. 122 27: p. 6 nt. 26 98: p. 32 nt. 48 I. PRIENE 55: p. 52 nt. 21, p. 59 nt. 100 I. PRUSIAS AD HYPIUM 1-16: p. 68 nt. 16 I. PRUSIAS AD OLYMPUM 1: p. 68 nt. 21 41: p. 69 nt. 37 42: p. 69 nt. 38 1066: p. 69 t. 39 I. STRATONIKEIA 505: p. 61 nt. 132

XXXVIII 39.15: p. 41 nt. 158 XXXVIII 40. 1-2: p. 41 nt. 157 XXXIX 24. 6-13: p. 30 nt. 17, p. 41 nt. 154 XXXIX 46.9: p. 41 nt. 155 XLII 12: p. 30 nt. 17, p. 42 nt. 175 XLII 29 1-3: p. 42 nt. 176 XLIV 10. 12: p. 42 nt. 177 XLIV 14. 5-7: p. 43 nt. 178 XLV 3. 3-8: p. 43 nt. 180 XLV 10. 16: p. 30 nt. 17 XLV 13: p. 59 nt. 97 XLV 44 4-21: p. 43 nt. 187-188-189 Per. XLVI 4: p. 44 nt. 191 Per. L: p. 44 nt. 202, p. 45 nt. 211 Lucianus Pseudomantis 10: p. 12 nt. 125 Memnon FrGrHist 434 F 1: p. 51 nt. 10 e 11 FrGrHist 434 F 6: p. 32 nt. 43 FrGrHist 434 F 9: p. 33 nt. 52 e 55, 34 nt. 66 e 74 FrGrHist 434 F 10: p. 34 nt. 75 e 78 FrGrHist 434 F 11: p. 35 nt. 80 e 81 FrGrHist 434 F 12: p. 5 nt.5, p. 6 nt.14, p. 9 nt. 68, p. 26 nt. 174 e 179, p. 30 nt. Nt.23, p. 31 nt. 25, p. 32 nt. 46, p. 33 nt. 53, 59-60, p. 35 nt. 85 FrGrHist 434 F 14: p. 35 nt.88, p. 36 nt. 95 FrGrHist 434 F 19: p. 40 nt. 142, p. 42 nt. 166 FrGrHist 434 F 20: p. 31 nt. 36, p. 40 nt. 144 FrGrHist 434 F 22: p. 49 nt. 243, p. 50 nt. 252 FrGrHist 434 F 25: p. 50 nt. 256 FrGrHist 434 F 27: p. 64 nt. 31 Milet VI. 7: p. 68 nt. 18 Nicander FGrHist 700 F 1: p. 30 nt.12, p. 45 nt. 203 Nicolaus Damascenus FrGrHist 90 F 26: p. 16 nt. 27 FrGrHist 90 F 46: p. 16 nt. 27 FrGrHist 90 F 47: p. 16 nt. 27 FrGrHist 90 F 63: p. 16 nt. 27 FrGrHist 90 F 71: p. 24 nt. 147 FrGrHist 90 F 113: p. 71 nt. 4 Nymphis FGrHist 432 F 9: p. 13 nt. 140 OGIS 267: p. 38 nt. 118 275: p. 37 nt. 112 298: p. 41, p. 63 nt. 4 340: p. 64 nt. 31 344: p. 72 nt. 21 345: p. 73 nt. 28 Orosius V. 10.2: p. 48 nt. 230

Livius XXVIII 7.10: p. 39 nt. 131 XXVIII 37.11: p. 41 nt. 152 XXXVII 25: p. 41 nt. 147 XXXVIII 16. 3-9: p. 35 nt. 80 XXXVIII 16. 8-9: p. 30 nt. 17, p. 34 nt. 67

Pausanias I. 29: p. 19 nt.80 95

Un’ area di frontiera I. 39.6: p. 12 nt. 129 I. 43.3: p. 12 nt. 117 I. 43.6: p. 12 nt. 131 I. 44.3: p. 12 nt. 129 V. 12.7: p. 31 nt. 38, p. 53 nt. 35 VIII. 9.7: p. 65 nt. 51 X. 15.23: p. 47 X. 23.14: p 35 nt. 80 Pherekydes FGrHist 3 F 27: p. 52 nt. 26 Phylarchus FGrHist 81 F 8: p. 72 nt. 16 FGrHist 81 F 50: p. 36 nt. 103, p. 37 nt. 110 Pindarus Pyth. IV 203-207: p. 13 nt. 139 Plinius N.H. V. 143: p. 6 nt. 32 V. 148: p. 5 nt. 6, p. 65 nt. 40 V. 149: p. 65 nt. 47 VII.12; p. 59 nt. 101, p. 72 VIII. 144: p. 48 nt. 223 XVI.197: p. 72 nt. 14 XXXVI.21: p. 59 nt. 101, p. 72 XXXVII. 193: p. 16 nt. 20 Plinius Iun. Epist. X 49- 50: p. 13 nt. 147, p. 64 nt. 21 Plutarchus Ages. 11.4: p. 19 nt. 85 13: p. 17 nt. 43 Alcibiad. 29.6: p. 10 nt. 77, p. 26 26 nt. 172 Alex. 21: p. 17 nt. 40 Artax. 27: p. 17 nt. 39 Caes. 1: p. 50 nt. 257 Cato Maior 9: p. 45 nt. 212 Dem. 4: p. 21 nt.108, p. 22 nt. 126 Flam. 20.2: p. 41 nt. 156 Pelop. 15: p. 10 nt. 85 Sull. 22.24: p. 50 nt. 256 34.2: p. 61 nt. 131 Regum et Imp. Apoph. 29.18: p. 22 nt. 126 Quaest. Gr. 49: p. 31 nt. 34 57: p. 6 nt. 11 Pollux V. 39: p. 9 nt. 64 Polyaenus II. 2.7: p. 10 nt. 84 II. 24: p. 10 nt. 96 II. 30.2: p. 26 nt. 177, p. 63 nt. 9, p. 64 nt. 16 IV.17: p. 37 nt. 109 VII 11.5: p. 7 nt. 41 VII. 26: p. 18 nt. 64 Polybius IV 50: p. 13 nt. 142, p. 36 nt. 97, p. 38 nt. 123, p. 52 nt. 13 IV 51. 7-9: p. 38 nt. 123

IV 52. 1-2: p. 38 nt. 123 IV 52. 6-10: p. 38 nt. 123 V 43. 2: p. 20 nt. 97 V 49.1-3: p. 38 nt. 118 V 77.2: p. 39 nt. 126 V 78.1: p. 39 nt. 127 V 90.1: p. 38 nt. 117, p. 58 nt. 79, p. 72 nt. 17 XV 21: p. 39 nt. 134 XV 22. 4: p. 64 nt. 31 XV 23.10: p. 40 nt. 139, p. 64 nt. 31 XVIII 44.5: p. 40 nt. 141 XXI 11: p. 41 nt. 147 XXI 45.10: p. 41 nt. 158 XXII 6. 1-5: p. 41 nt. 154 XXIII 1. 4-7: p. 41 nt. 155 XXVIII 2. 1-7: p. 43 nt. 181 XXIX 19. 1-9: p. 43 nt. 180 XXX 18: p. 29, p. 43 nt. 187e 188 XXX 30. 1-3: p. 44 nt. 191 XXXI1. 2-5: p. 44 nt. 192 XXXII 15. 1-14: p. 44 nt. 194 XXXII 16. 1.5: p. 44 nt. 194 XXXIII 1. 1-2: p.-44 nt. 194 XXXIII 7. 1-4: p. 44 nt. 194 XXXIII 12: p. 29, p. 44 nt. 194 XXXIII 13. 1-10: p. 44 nt. 194 e 197 XXXV 2: p. 42 nt. 171 XXXVI 14: pp. 44 nt. 202, p. 45 nt. 211 XXXVI 15: p. 42 nt.168, p. 46 nt. 215 Pomponius Mela I. 19.100: p. 5 nt. 5 Porphyrius FGrHist 260 F 32.8 : p. 37 nt. 109 Pseud.- Arist. Oec. II. 1.1-4 : p. 16 nt. 23 Pseud. – Luc. Macr. 13: p. 23 nt. 128 Pseud.-Scylax 92: p. 24 nt. 143 94: p. 7 nt. 33 Pseud.-Scymn. vv. 55-59: p. 48 nt. 224 Ptolemaeus Geog. V.1.2: p. 6 nt. 23 V.2: p. 13 nt. 148 Sallust. Hist. II 71 Maurenbrecher: p. 50 nt. 263 II 73 Maurenbrecher: p. 20 nt. 98 III 70 Maurenbrecher: p. 24 nt. 152 IV 69 9 Maurenbrecher: p. 50 nt. 263 SEG IV. 1725: 64 nt. 32 XXIII. 189: p. 7 nt. 33 XXXVI 1155: p. 69 nt. 35 LXVI. 2548: p. 69 nt. 34 Syll.3 550: p. 12 nt. 126 96

Indice delle fonti Stephanus Byzantinus s.v. Apameia (α 351 Billerbeck): p. 65 nt. 37 s.v. Bithynia (β 98 Billerbeck): p. 25 nt. 160, p. 52 nt. 27, p. 65 nt. 51 s.v. Bithynion (β 99 Billerbeck): p. 65 nt. 47 s.v. Bithyniopolis (β 100 Billerbeck): p. 65 nt. 56 s.v. Dolonkoi (δ 108 Billerbeck): p. 25 nt. 160 s.v. Epiphaneia (ε 98 Billerbeck): p. 66 nt. 58 s.v. Zela (ζ 19 Billerbeck): p. 30 nt. 105, p. 64 nt. 27 s.v. Zipoition (ζ 24 Billerbeck): p. 63 nt. 2 s.v. Kressa (κ 214 Billerbeck): p. 30 nt. 11, p. 37 nt. 107, p. 64 nt. 29 s.v. Myrleia (μ 252 Billerbeck): p. 65 nt. 37 s.v. Nicomedeia (ν 57 Billerbeck): p. 6 nt. 22 s.v. Nicomedeion (ν 58 Billerbeck): p. 64 nt. 26 s.v. Prousa (π 260 Billerbeck): p. 65 nt. 42 Strabo VII. 3.2 296C: p. 24 nt. 143 VII. 6 2 320C: p. 6 nt. 17 XII. 3.22 551C: p. 7 nt. 33 XII. 3.4 542C: p. 24 nt. 143 XII. 3.8 544C: p. 42 nt. 173 XII. 3.40 562C: p. 23 nt. 140 XII. 4.1 563C: p. 5 nt. 2 XII. 4.2 563C: p. 5 nt. 5, p. 9 nt. 68, p. 26 nt. 174, p. 31 nt. 37, p. 63 nt. 7, p. 64 nt. 17 XII. 4.3 564C: p. 39 nt. 130, p. 64 nt. 31, p. 65 nt. 35 e 42 XII. 4.4 564C: p. 5 nt. 3 XII. 4-5 564-565C: p. 22 nt. 121 XII. 4.7 565-566C: p. 65 nt. 47, p. 66 nt. 61, p. 72 nt. 12 XIII. 1.23 591C: p. 16 nt. 200 XIII. 4.2 624C: p. 44 nt. 202v e 45 nt. 210 XIV. 1.38 646-647C: p. 48 nt. 230 XIV. 5.28 680C: p. 16 nt. 20 Suda s.v. Apollonias Limne: p. 48 nt. 228

I 129: p. 16 nt. 31 II 67: p. 17 nt. 36 IV 75.2: p.5 nt. 1, p. 24 nt. 142 V. 1: p. 17 nt. 37 Valerius Maximus V I. 1E: p. 43 nt. 187-188-189 Xenophon Ages. 2.26: p. 18 nt. 64 3.3: p. 19 nt.83, p. 20 nt. 91 5. 4-6: p. 19 nt. 85 Anab. II. 6.1: p. 10 nt.83 VI. 2.13: p. 10 nt. 86 VI. 2.17: p. 25 nt. 164 VI. 4.1-2: p. 5 nt. 1, p. 24 nt. 143, p. 71 nt.3 VI. 4.5: p. 72 nt. 13 VI. 4.6: p. 72 nt. 10 VI. 4.24: p. 20 nt. 91 VI. 5.7: p. 19 nt. 833, p. 20 nt. 91 VI. 6.1: p. 72 nt. 15 VI. 6.2: p. 72 nt. 1 VII. 1: p. 10 nt. 87 VII.1.20: p. 10 nt. 90 VII. 2. 1-15: p. 10 nt. 89 VII. 8.25: p. 18 nt. 57 Cyrop. VIII.8. 84: p. 19 nt. 69 Hell. I. 1: p. 9 nt. 74 e 75, p. 16 nt. 19 I. 3: p. 9 nt. 65 e 73, p. 10 nt. 77, p. 13 nt. 137, p. 24 nt. 143 I. 4.7: p. 20 nt. 99 II. 2: p. 10 nt. 79 III 1.13: p. 18 t. 62 III 2.2: p. 25 nt. 165 III 2.22: p. 18 nt. 62 III 3.2: p. 24 nt. 143 III 4.10: p. 19 nt.84, p. 20 nt. 90 IV 1.6: p. 19 nt. 83 IV 1.17: p. 20 nt. 91 IV 1.39-40: p. 17 nt. 41 IV. 8. 27-29: p. 10 nt. 92 V. 1.25: p. 10 nt. 96 V. 1.28: p. 17 nt. 39, p. 47 VII 1.27: p. 18 nt. 67

TAM IV 1 2: p. 53 nt. 32 56: p. 69 nt. 35 63: p. 70 nt. 43 64: p. 70 nt. 43 66: p. 70 nt. 43 68: p. 70 nt. 43 69: p. 70 nt. 43 87: p. 69 nt. 40 89: 69 nt. 40 V.2 1342: p. 64 nt. 32 Theognis vv. 11-14: p. 13 nt. 133 Theopompus FrGrHist 115 F 62: p. 10 nt. 93 Theophrastus Hist. Plant. IV. 5.5: p. 16 nt. 19 Thucydides I 127-131: p. 8 nt. 54

Zonaras IX. 24.7: p. 43 nt. 187 e 188 IX. 28.1: p. 44 nt. 202, p. 45 nt. 204, p. 48 nt. 226 Zosimus Hist. Nov. II 37: pp. 46-47

97

Indice dei nomi e dei luoghi notevoli (Bitini e Bitinia non sono inclusi) Kos: pp. 32, 48, 59, 71

Afrodite: p. 12 Aizanoi: pp. 40-41,58 Alcibiade: p. 26 Alessandro Magno : pp. 26, 30, 51, 77 Antigono Monoftalmo: pp. 20, 31-32, 66-67 Antigono Gonata : pp. 34-36 Antioco Ierace: p. 37 Antioco I: pp. 33-34 Antioco II : pp. 36-37, 39 Antioco III: pp. 39, 41 Apollo: pp. 6, 12, 14, 47, 69, 77-78 Ariobarzane satrapo: pp. 17-18 Ariobarzane di Kios: pp. 20-21 Astaco: pp. 5, 6, 8-9, 10-11, 14, 26, 31-33, 35, 58, 63-64, 75 Atena: pp. 6, 11-12, 58, 79 Atene: pp. 7-10, 12, 26, 75

Meniskos figlio di Ze(.)obrodis: p. 69 Mitridate III Ktistes: pp. 22-23 Mitridate VI: pp. 49-50 Myrleia/Apameia: pp. 5-7, 12, 39-40, 65-66, 77 Molpagora: p. 39 Nicea: pp. 66-67, 69, 72, 78 Nicomede I: pp. 30, 33-35, 51, 53, 55, 63-64, 72, 75, 77 Nicomede II: pp. 30-31, 44-48, 54, 59, 64-66, 78-79 Nicomede III: pp. 30, 48-49, 52, 66, 72, 77 Nicomede IV: pp. 49-50, 66, 73, 78 Nicomedia: pp. 6.25, 32, 46, 53, 58-59, 63, 67, 69 Ortiagonte: p. 41 Pergamo: pp. 37-38, 41-42, 44-45, 48-49, 52 Persiani, Persia: pp. 7-8, 15-20 Poseidone: 6, 12-13 Prusa all’Olimpo: pp. 56, 65, 67-69 Prusia I: pp. 38-42, 65, 67-68, 78 Prusia II: pp. 3, 43-48, 5253, 57-59, 65-66, 72-73, 78-79

Bas: pp. 30-31 Bithynus/Bithys: pp. 52-53 Bithynion: pp. 52-53, 65-66, 68, 78 Bisanzio: pp. 6-11, 26, 31, 33, 36, 38-39, 47, 58, 72 Calas : pp. 30-31 Calcedone: pp. 5-7, 9-11. 12-14, 26, 31, 33-34, 40, 47 Cappadocia: pp. 18, 22-23, 25, 37, 49-50, 52 Clearco di Eraclea: pp. 19, 26, 31,63 Clearco di Sparta: p. 10 Creso: pp. 7, 25 Cierus/Prusa ad Hypium: pp. 34-35, 37, 40, 64-65, 68

Rodi: pp. 38-39, 43, 59-60 Romani, Roma: pp. 26, 30, 40-49, 62, 73 Seleuco I: pp. 23-24, 32-33, 35 Seleuco II: pp. 36-37, 54 Spithridates: pp. 19-20

Daskyleion: pp. 15-20 Delo: pp. 45, 53, 58-60, 72 Demetrio Poliorcete: pp. 21, 32 Diegylis: pp. 45, 48 Doidalses dinasta: pp. 26, 31 Doidalses scultore: p. 64 nt. 24

Tracia: pp. 20, 24-25, 31, 41, 47, 51-52, 69 Zeus: pp. 5, 7 13, 41, 46, 52, 58, 64, 68, 78-79 Ziaelas: pp. 30, 35-37, 53-57, 64, 71, 75 Zipoites I: pp. 26, 30-33, 53, 63, 65-66 Zipoites (II), figlio di Zipoites I: pp. 34-35, 51 Zipoites (III), figlio di Nicomede I: pp. 36, 51, 57

Eraclea Pontica: pp. 22, 29, 31, 34-35, 64, 72 Eumene I: pp. 38, 41-42 Farnabazo: pp. 9-11, 16-20 Filippo V: pp. 39-41, 65 Flaminino, Tito Quinzio: pp. 40, 42 Galati, Galazia: pp. 35-37, 39-41 Gelone di Siracusa: p. 57 Grande madre: pp. 13-15, 64, 69 Lypedron monte: pp. 41, 63 Lisimaco: pp. 30-33, 52, 56, 71 99

Fig. 1. I regni dei Diadochi dopo la battaglia di Ipso (da Shepard W.R. Historical Atlas. New York 1911, public domain)

Fig. 2. I regni dei Diadochi nel 200 a.C. c. (da Shepard W.R. Historical Atlas. New York 1911, public domain)

Fig. 3. L’Asia Minore in età ellenistica e romana (da Shepard W.R. Historical Atlas. New York 1911, public domain)

Fig. 4. L’Asia Minore dopo il trattato di Apamea, 188 a.C. (da Shepard W.R. Historical Atlas. New York 1911, public domain)

Fig. 5. Tetradramma in argento di Nicomede I, 260-250 a.C. c. (immagine riprodotta con il permesso di wildwinds.com, da Nomos AG auction 9, Oct. 2014)

Fig. 6. Tetradramma in argento di Prusia I, 238-183 a.C. (immagine riprodotta con il permesso di wildwinds.com, da Freeman and Sear, Catalogue, 2006)

Fig. 7. Tetradramma in argento di Prusia II, 183-149 a.C. (immagine riprodotta con il permesso di wildwinds.com, da collezione privata)

Fig. 8. Tetradramma in argento di Nicomede II, 133/132 a.C. (immagine riprodotta con il permesso di wildwinds.com, da collezione privata)

Fig. 9. Tetradramma in argento di Nicomede III, 98 a.C. (immagine riprodotta con il permesso di wildwinds.com, da Freeman and Sear, Catalogue, 2007)

BAR IN TERNATIONA L SE RIE S 3106 ‘I am in no doubt that anyone with a serious interest in Asia Minor would want to make themselves acquainted with this book, and that any research library in Classics and Ancient History would have to secure a copy.’ Professor Federico Santangelo, Newcastle University ‘This book sheds new light on some known, but not always thoroughly examined, aspects of Bithynian history.’ Professor Thomas Corsten, Universität Wien Scopo di questo libro è presentare uno studio dell’area della Bitinia dall’ età arcaica al periodo ellenistico. Si è deciso di dividere l’esposizione in due parti, divise cronologicamente dalla spedizione di Alessandro Magno in Asia e dalla successiva fondazione del regno ellenistico di Bitinia. Nella prima si sono affrontati i principali problemi relativi alle fondazioni greche nel territorio dei Bitini (Astaco, Calcedone, Kios, Myrleia ed Olbia) e l’influenza delle grandi potenze nell’area nel periodo tardo arcaico e classico. Sia delle potenze greche come Atene e Sparta sia della principale potenza asiatica, l’impero persiano. Ampio spazio è stato poi dato alla presenza non greca nell’area, esaminando le problematiche relative alla satrapia della Frigia Ellespontica. Nella seconda parte centro dell’esposizione è il regno ellenistico di Bitinia, la cui formazione modifica profondamente gli equilibri politici e sociali presenti nell’area nel periodo precedente. Un’ appendice infine verrà dedicata ad una breve esposizione concernente le emissioni monetarie dei re di Bitinia. This book presents a study of Bithynia from the Archaic to the Hellenistic period. It is organized in two parts, divided chronologically by the expedition of Alexander the Great to Asia and the subsequent foundation of the Hellenistic kingdom of Bithynia. The first part deals with the main problems relating to the Greek foundations in this geographical area (Astakos, Kalchedon, Kios, Myrleia and Olbia) and the regional influence of the great powers (Athens, Sparta, Persia) in the late Archaic and Classical period. Ample space is given to the non-Greek presence in the area, examining the issues relating to the satrapy of Phrygia. In the second part, the focus is on the Hellenistic kingdom of Bithynia, whose formation profoundly modifies the political and social balances present in the area in the previous period. Finally, an appendix is dedicated to a short exposition concerning the monetary issues of the kings of Bithynia. Ferdinando Ferraioli è dottore di ricerca (Filologia classica, Università di Salerno; Storia antica, Université Du Maine). I suoi interessi scientifici sono rivolti principalmente alla storia istituzionale della Grecia antica, alla colonizzazione megarese, agli scritti della Scuola di Aristotele e alla Bitinia dall’età arcaica all’età ellenistica. Ferdinando Ferraioli (PhD in Classics, University of Salerno; PhD in Ancient History, Université du Maine) is a researcher interested in Greek Institutional history, Megarian colonisation, writings of Aristotle’s school, and Bithynia from the Archaic to Hellenistic age. Printed in England