Tutto non può essere. Educazione e verità

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Tutto non può essere. Educazione e verità

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Si può insegnare la virtù (Protagora)? Oppure la sua pratica è solo l’ascolto paziente del sape­ re scientifico e la sottomissione alla verità che si svela (Socrate)? L’efficacia scientifica ha imposto la ricerca cri­ tica della verità come criterio ultimo in fatto di formazione, con la speranza di un incontro armonioso tra verità, libertà individuale, giu­ stizia sociale. Ma la sottigliezza dei problemi etici e sociali che la scienza e la tecnica pongo­ no senza fornire i mezzi per risolverli fa esplo­ dere l’ideale socratico. È la rivincita di Protagora e dell’opinione, del poetico e della retorica. Valutando i suoi limiti, la ragione scientifica s’identifica con uno strumento; la verità che essa scopre e costituisce non può più fondare su se stessa solo un sistema educativo. Associata alla critica filosofica, deve spartire il suo potere, senza tuttavia dissolversi, con il potere politico e con quello dei media. La ricerca di concetti operazionali ha fatto considerare la totalità, la negazione ed il pos­ sibile come falsi concetti, malgrado il loro ruolo determinante nello sviluppo degli indivi­ dui. Ritrovare il tutto, il non, il può essere, al di là del numerabile, della sottrazione e del potenziale che li hanno rimpiazzati, implica una nuova relazione con la verità e la credenza, una ricerca pragmatica del supremo Bene.

Henri Atlan, medico e biologo. Nato in Algeria nel 1931, insegna biofisica presso le università di Parigi e di Gerusalemme. E autore di numerosi studi di biologia cellula­ re, biofisica e intelligenza artificiale. La sua teoria formale dell’auto-organizzazione ha ispi­ rato feconde esplorazioni intellettuali in diver­ se discipline. Parallelamente conduce un’attenta ricerca sull’identità ebraica e sul concetto di origine. Dello stesso autore la casa editrice hopeful­ monster ha pubblicato in traduzione italiana i due saggi: Tra il cristallo e il fumo, 1987 e A torto e a ragione. Intercritica tra scienza e mito, 1989.

HENRIATLAN

TUTTO NON PUÒ ESSERE educazione e verità

hopefulmonster

Titolo originale: Tout non peut-etre. Éducation et vérité

Traduzione di Stefano Isola

© 1991. Éditions du Seuil, Parigi © 1995. hopefulmonster editore, Torino ISBN: 88.7757.050.4

INDICE

Introduzione

9

Prima parte

I limiti

23

1. La questione dell'educazione 2. La scomparsa dell'anima del mondo e del suo progetto 3. La trasformazione operazionale: il numerabile, la sottrazione, il potenziale Una saggezza delle intenzioni 4.

25 45 85 109

Seconda parte

Insegnare la virtù

143

5. La sovranità del bene e della verità 6. La virtù e la legge. Per un relativismo relativo 7. I livelli dell'etica

145 169 193

Conclusione La sovranatura dell'educazione

225

Appendice l

237

Appendice2

241

a Béla Rachel

INTRODUZIONE

n soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite dd mondo. L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, 5.632.

Tutto, non, può essere, segni della totalità, della negazione, del possibile, sono parole che, nei discorsi sulle cose, rendono presente ciò che è assen­ te. Tutto accade come se, per parlare di cose singolari affermando la loro presenza in modo certo, noi avessimo bisogno di istituire un quadro, uno sfondo costituito da differenti modalità della loro assenza. È così che le cose acquisiscono, nel discorso che le nomina, uno spessore, come un'ombra d'inesistenza che si affianca ad esse e che nello stesso tempo confonde i contorni con i quali tentiamo attraverso il pensiero di circoscri­ verle e di definirle1• l. Tentando di mostrare i limiti di un linguaggio che si voleva perfetto per chiarez­ za e precisione logica, strumento indispensabile nella ricerca della verità sul modd­ lo delle scienze fisico-matematiche, Wittgenstein incontrava la totalità, la negazione e il possibile. Non potendo pretendere che allo statuto di 'pseudo-concetti', pur tuttavia indispensabili, essi traccerebbero i limiti di un simile linguaggio nello stes­ so tempo che le sue condizioni di possibilità, indicando un 'reale-irreale' che con­ diziona il linguaggio in questione senza però poter essere detto da quest'ultimo. Si considerino le seguenti proposizioni dal suo Tractatus logico-philosophicus: "Io separo il concetto tutti dalla funzione di verità . . . " (5.521). "Se son dati gli oggetti, con ciò ci son già dati anche tutti gli oggetti . . . " (5.524). " ... Sentire il mondo quale tutto limitato è il mistico" (6.45). "Se sono dati tutti gli oggetti, sono dati con ciò tutti gli stati di cose possiht1i" (2.0124). "La possibilità dd suo occorre­ re in stati di cose è la forma dell'oggetto" (2.0141). "La proposizione può rappre­ sentare la realtà tutta, ma non può rappresentare ciò che, con la realtà, essa deve avere in comune per poterla rappresentare -la forma logica. Per poter rappresen­ tare la forma logica dovremmo poter situare noi stessi con la proposizione fuori dalla logica, vale a dire, fuori dd mondo" (4. 12). "... Nega 'non-non-p' 'non-p', o afferma p, o fa questo e quello? La proposizione 'non-non-p' non tratta ddla nega­ zione come di un oggetto; ma la possibilità della negazione è già pregiudicata nell'affermazione. E, se vi fosse un oggetto che si chiamasse 'non', 'non-non-p' dovrebbe dire qualcos'altro che 'p'. Infatti l'una proposizione tratterebbe appunto di non, l'altra no" (5.44). Si veda anche più avanti, e H. ATLAN, A torto e a ragione. lntercritica tra scienza e mito, trad. it. Firenze, hopefuhnonster 1989. ,

9

n discorso scientifico, idealmente senza ombra, trasparente e univoco, non

1O

potendo rinunciarvi le ha trasformate in quantifìcatori logici e in operatori. Grazie a ciò, l'ombra scompare, le cose vengono dette e pensate chiara­ mente e distintamente; esse appaiono così nella luce della logica ben arti­ colate le une con le altre dall'ordine della causalità, pronte a passare la prova delle funzioni di verità. Grazie a ciò, abbiamo imparato a costruire sulla realtà discorsi molto astratti che sappiamo tuttavia riconoscere come veri o falsi. Si tratta qui di una generalizzazione, di un'estrapolazione fan­ tastica della nostra esperienza immediata dell'errore o della menzogna. Quest'ultima è in effetti un'esperienza concreta e singolare attraverso la quale percepiamo nello stesso tempo e al presente una cosa singolare e un discorso su questa cosa differente da quello che noi ne percepiamo. Sono proprio queste esperienze di errori e di menzogne che abbiamo imparato a generalizzare e a proiettare sui discorsi astratti che riguardano cose non soltanto presenti, ma rico.rdate o immaginate, o concetti, astrazioni e gene­ ralizzazioni di cose, o relazioni tra concetti. Tali prove di verità, che la logica ci ha così insegnato a far subire ai nostri discorsi teorici, hanno circoscritto un campo della realtà all'interno del quale abbiamo acquisito un controllo sulle cose in continuo aumento. Nel campo delle regolarità spaziali e temporali, quello delle cose comuni agli uomini che si accordano sulla ragione, la nostra memoria ci serve non sol­ tanto a trattenere il passato, ma anche a plasmare l'avvenire. Quest'ultimo è sempre meno fonte d'imprevisto. n nostro universo è sempre meno quello degli elementi, di natura inumana, ostile e minacciosa, perché è sempre più ciò che noi stessi determiniamo. Benché in modo collettivo e anonimo, esso ci è sempre meno estraneo: nell'udire il discorso della nostra logica nelle cose del mondo, noi vi riconosciamo nello stesso tempo il nostro controllo. L'educazione permette la trasformazione tra un neonato e un uomo, o una donna, adulto, integrato in una società sviluppata, armato delle conoscen­ ze e delle capacità che tale società gli ha insegnato, tra un essere vivente dipendente e vulnerabile, che non può sopravvivere se non al presente e precariamente, minacciato dall'esterno e dell'interno da pericoli reali e immaginari, e l'Homo sapiens o Adamo, le cui pretese di occupare la Terra e di regnare su di essa e su ciò che vi si trova, sono sempre più concretizza­ te. Benedizione delle origini che il racconto biblico della Genesi mette in bocca al Creatore, anche se il seguito del racconto, in particolare l'episo­ dio della torre di Babele, ne suggerisce l'ambivalenza e i limiti. n fatto è che l'educazione degli uomini, a differenza dell'apprendimento e dell'addestramento degli animali, è un vaso di Pandora che si apre da sé, gerarchia intrecciata per eccellenza in cui ciascun plasmatore è plasmato.

Gli individui sono formati dal sistema educativo di una società che, a sua volta, è formata dalla composizione degli individui. La 'questione dell'edu­ cazione', che ogni società deve risolvere a suo modo, e che ci accompagnerà lungo tutto il corso di quest'opera, è la seguente: in che modo formare degli uomini e delle donne assicurando il loro sviluppo individuale e, nello stesso tempo, trasmettendo loro un ordine e dei valori sociali che quegli individui stessi contribuiscono a mantenere e a trasformare? Perché il risultato dell'educazione può essere esso stesso giudicato dagli individui che la subi­ scono, e questa eventualmente essere modificata di conseguenza. Nel giudicare i risultati delle nostre società occidentali siamo spinti a risali­ re alle origini, non soltanto al progetto biblico 'babelico' di controllo e di dominazione della natura- progetto in fondo ambivalente perché con­ dannato e al tempo stesso incoraggiato -, ma soprattutto agli strumenti attraverso i quali tale progetto si è realizzato, ossia essenzialmente le con­ dizioni della pratica e del discorso scientifico e tecnico. L'efficacia scientifica ha imposto la ricerca critica della verità come criterio ultimo in materia di formazione, unita alla speranza di un incontro armo­ nioso tra verità, liberazione dalle alienazioni interne ed esterne, e giustizia sociale. Speranza delusa, dal momento che la ricerca della verità scientifica sotto la forma di una causalità meccanicistica che esclude le cause finali e le intenzioni ha imposto una progressiva spersonalizzazione delle nostre rap­ presentazioni delle cose e di noi stessi. L'appiattimento operazionale del tutto, del non e del può essere, rispettivamente ridotti al numerabile, alla sottrazione e al potenziale, è uno degli aspetti più originali dell'esclusiva influenza della verità scientifica sulla nostra rappresentazione della realtà. In quanto condizione del discorso per il controllo sulle cose, ne costituisce anche il limite. E l'educazione, in cui la norma è divenuta il discorso di questa verità, si trova anch'essa condizionata dallo stesso limite. Nel contesto dei Lumi, Kant aveva già visto il carattere contorto, in fondo, di ciò che chiamiamo la questione dell'educazione, quando scriveva: "L'educazione è il problema più grande e più arduo che ci possa essere proposto. I Lumi in effetti dipendono dall'educazione e a sua volta l'educazione dipende dai Lumi"2• Sembra che i fondatori della filosofia politica, come Machiavelli, Hobbes, Locke, Spinoza, ciascuno a suo modo e in gradi diversi, si siano rassegnati a lasciare questo problema irrisolto, accettando che ciò che è bene per gli individui sia differente da ciò che è bene per la società: "Mentre la libertà, o la forza interiore, costituisce un valore individuale, lo stato non conosce altro valore che la sua sicurezza", scrive

2. E. I