Trasmissione del Calore 9788871789200

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Trasmissione del Calore
 9788871789200

Table of contents :
LE EQUAZIONI DELLA CONDUZIONE TERMICA

LA CONDUTTIVITÀ TERMICA DELLE SOSTANZE

CONDUZIONE TERMICA IN REGIME STAZIONARIO

CONDUZIONE TERMICA IN REGIME VARIABILE

LA CONVEZIONE TERMICA: GENERALITÀ E CENNO AL MOTO DEI FLUIDI

LA CONVEZIONE FORZATA

LA CONVEZIONE NATURALE

CONDENSAZIONE ED EBOLLIZIONE

TRASMISSIONE GLOBALE DEL CALORE E SCAMBIATORI DI CALORE

LEGGI DELLA RADIAZIONE TERMICA

SCAMBI TERMICI PER RADIAZIONE

Citation preview

Cesare Bonacina -Alberto bvallini - Lino

TRASMISSIONE DEL CALORE

Cesare Bonacina - Alberto Cavallini - Lino Mattarolo

TRASMISSIONE DEL CALORE

cleup editore

PREFAZIONE ALLA 111 EDIZIONE

Prima edizione: ottobre 1975 Seconda edizione: novembre 1976 Terza edizione: dicembre 1985 Ristampa riveduta: novembre 1987 Ristampa: febbraio 1989 Ristampa riveduta: gennaio 1991 Ristampa riveduta: aprile 1992

ISBN 88-7178-920-2

O Copyright 1989 by CLEUP Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova Via G . Prati, 19 - 35122 Padova

Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi le copie fotostatiche e i microfilm) sono riservati.

Questo volume, che esce a dieci anni di distanza dalla prima edizione dal titolo "Lezioni di trasmissione del calore", vuol costituire ancora un ausilio didattico agli studenti che frequentano gli insegnamenti di Fisica Tecnica nei vari corsi di laurea della Facoltà di Ingegneria. Il testo conserva il suo carattere di introduzione a questo vasto settore di studi, le cui applicazioni condizionano tanta parte della progettazione e del funzionamento degli impianti civili e industriali e tanta parte della nostra stessa vita fisica. Si è tenuto presente come in quest'ultimo periodo, accanto al continuo sviluppo delle tecnologie spaziali e dei reattori nucleari e al più accentuato impiego delle basse e delle bassissime temperature, problemi di risparmio energetico si siano fatti più vivi, inducendo a guardare con maggior attenzione alle irreversibilità che ad ogni scambio termico si accompagnano, irreversibilità che si traducono in perdite irrecuperabili di exergia. Questa maggior sensibilità al risparmio energetico non può che indurre ad una ottimizzazione più accurata di ogni processo di trasmissione del calore, e quindi alla necessità di una più approfondita conoscenza del fenomeno e di una più precisa valutazione dei coefficienti di scambio. U n impulso particolare si è avuto ad esempio nei problemi di scambio termico delle strutture degli edifici, che ha avuto riflessi anche nella emanazione di disposizioni legislative. Si aggiunge che il più generale impiego dei calcolatori elettronici ha esaltato i metodi di calcolo numerico che tanto sviluppo hanno trovato nello studio dei campi termici sia in regime stazionario che in regime variabile. Questi concetti hanno indotto gli autori (viene a mancare rispetto alle precedenti edizioni la collaborazione di P. Di Filippo) a un

r ~ / u ~ ~ t t w(lit ~I /Wo~ I ( pur/1 ~ (1~1/c,\/o (*). Qrctrsi itzteratnen/c~ri/a/ti o ampliati ri,rulluno i capitoli sulla conduziono /c~mica.In particolare è stato introdotto il metodo veitoriale pvr /(I deduzione dell'equazione della conduzione; si è ampliata la pur/o riguardante le condizioni ai limiti, i gruppi adimensionali, il trrctodo alle differenze finite; si è accennato ai fattori di forma; una indicazione è stata data sul metodo integrale per la soluzione dell'eqrruzione della conduzione. Nella parte riguardante la convezione si è approfondito l'esame tlrll'analisi dimensionale e ampliata e aggiornata risulta la sezione tratta le correlazioni e le formule di lavoro. Nc4la parte che riguarda gli scambiatori di calore si è introdotto il tnolodo di calcolo con il numero di unità di trasporto (E-NTU); irifln~un ampliamento si nota sull'argomento della radiazione solare. In una disciplina che si va così rapidamente espandendo gli autori Irunno dovuto necessariamente fare delle scelte, per non appesantire il volume (non si è fatto uso ad esempio del metodo agli elementi finiti Iwr lo studio dei campi termici; e sacrificata risulta la parte che ri,qitarda lo strato limite) e per conservarne, come si è detto, le cxratteristiche di una introduzione necessaria a tutti i futuri ingegneri quale elemento di base comune per ulteriori sviluppi ed applicazioni. Allo scopo una aggiornata bibliografia è riportata alla fine di ogni parte di competenza dei singoli autori. Gli autori sono grati a quanti segnaleranno errori o manchevolezze. Padova, dicembre 1985 C. Bonacina A. Cavallini L. Mattarolo

(*) Sono dovuti in particolare a L. Mattarolo i capitoli da I a V, a C. Bonacina i capitoli da VI a IX, e a A. Cavallini i capitoli da X a XII.

> 11.4. Coefficienti di assorbimento, riflessione e trasparenza ....................... >> 11.5. Superficie nera ............................. D 11.6. Radiazione del corpo nero ............. >> 11.7. Emissione radiativa dei corpi non neri ........................................... >>

11.8.

Generalitcl sulle proprietà radiative dei corpi materiali ........................ pag . 430

Cap . XII . SCAMBI TERMICI PER RADIAZIONE 12.1. Scambio termico per radiazione mutua tra corpi neri. Fattori di forma ... >> 12.2. Scambio termico per radiazione tra corpi non neri ............................. 12.3. Reti resistive equivalenti................. » 12.4. La radiazione solare. 1 collettori solari piani .................................... » BIBLIOGRAFIA Cap. X-XII ..................................... >> APPENDICE

XIII

SIMBOLI area di una superficie, m2 ; coefficiente di assorbimento, - ; diffusività termica, m2/s ; raggio di bolla, m ; radiosità, W /m2 ; spessore cavità, m ; fattore di attrito, - ; costante solare, W /m2 ; = C m , capacità termica di flusso, W /K ; calore specifico, J / (kg K) ; diametro, m ; emissione radiativa globale, W / m2 ; scabrezza media superficiale, m ; emissione radiativa monocromatica, W/m3 ; fattore di forma, - ; irradiazione, W / m2 ; accelerazibne di gravità, m/s2 ; densità di generazione interna del calore, W/m3 ; intensità globale della radiazione, W / (m2sr) ; intensità monocromatica della radiazione, W / (m3sr) ; intensità globale dell'emissione radiativa, W / (m2sr) ; intensità monocromatica dell'emissione radiativa, W / (m3sr) ; coefficiente di trasmissione termica globale (trasmittanza termica), W / (m2K) ; altezza cavità, m ; lunghezza, m ; spessore, m ; massa, kg ; portata di massa, kg/s ;

pc~*imcIro, 111 ;

lunghezza d'onda,

prcssicine, Pa ; quantitii di calore, J ; flusso termico, W ;

viscosità dinamica, kg/(m s) ; viscosità cinernatica, m2/s ; fattore d'attrito, - ; densità, kg/m3 ; tensione superficiale, Nlm ; costante di radiazione del corpo nero, W / ( m 2K" ; sforzo tangenziale, Pa ; tempo, s ; efficienza di una aletta o di una superficie alettata, angolo solido, sr ; pulsazione, radis .

flusso termico specifico (per unità di area), W/rn2 ; resistenza termica, K/W ; costante dei gas, J/(kg K) ; calore di vaporizzazione, J / kg ; coefficiente di riflessione, - ; raggio, m ; spessore, m ; temperatura, K ; coefficiente di trasparenza, - ; temperatura, "C ; volume, m3 ; portata volurnetrica, m3/s ; volume specifico, m31kg ; velocità, mls ; titolo del vapore, - ; coordinate, m ; coefficiente di scambio termico superficiale, coefficiente di convezione, W1 (m2K ) ; costante di estinzione, m-' ; angolo piano, rad ; coefficiente isobaro di espansione termica, K-' ; portata di massa per unita di larghezza, kg/(ms) ; angolo piano, rad ; spessore dello strato limite, m ; emissivita, - ; efficienza di uno scambiatore di calore, - ; differenza di temperatura, K ; conduttività termica, W/(m K) ;

in ;

- ;

Gruppi adimensionali:

a2 Bi = -

numero di Biot (A riferito al solido);

A

at ì2

numero di Fourier;

Fo = -

G=

Gr =

NTU

Hl2

densità di generazione di calore adirnemicinalizzata;

A (ti - tf) 13g2pgAt p2

m

numero di Grashof; numero di unità di trasporto

=min

Nu=-al

numero di Nusselt (A riferito al fluido);

a

Pe= RePr=-

Pr=- C F

A

dw a

numero di Peclet ; numero di Prandtl;

Ra=GrPr=

At va

IjSg

Re=- w d e

numero di Rayleigh; numero di Reynolds;

CL

a Sr = N u / ( ~Pr) e = - numero di Stanton;

CAPITOLO I

cpew

INTRODUZIONE

temperatura adimensionalizzata.

Ig

logaritmo decimale (in base 10)

In

logaritmo naturale (in base e)

l .l . Dimensioni delle grandezze fisiche e unità dì mhura

Le grandezze fisiche che si incontrano nello studio della trasmissione del calore hanno ciascuna una propria «dimensione» e sono misurate definendo per sgnuna di esse una determinata unith di misura, o definendo in maniera opportuna una scala di misura (temperature). Sul concetto di dimensione e sul modo di definire un sistema coerente di unita di misura si rimanda alla introduzione del testo di ~TermodinamicaApplicata» ( l ) . Qui basta osservare che il sistema usato in questo testo sarà il Sistema Internazionale (S.I.) approvato con le risoluzioni della Conferenza Generale di Pesi e Misure di Parigi nelle riunioni del 1960 e dei 1971 e introdotto ufficialmente in Italia con decreto legge del 1982. In questo sistema le grandezze fondamentali sono: la lunghezza, la massa, l'intervallo di tempo, l'intensità di corrente elettrica, l'intervallo di temperatura, l'intensità luminosa e la quantità di materia. Le corrispondenti unità di misura sono: il metro, il chilogrammo, il secondo, I'amphe, il kelvin, la candela e la mole. Grandezze derivate che piil di frequente si incontrano in questo volume sono la quantità di calore, coerentemente misurata in joule e il flusso termico (quantità di calore trasmessa nella unità di tempo) misurato in watt. È da dire tuttavia che nella letteratura tecnica e nei manuali illustrativi degli apparecchi di scambio termico la quantità di calore è qualche volta ancora misurata in chilo-calorie (kcal). Avviene pertanto che il flusso termico sia espresso in chilo-calorie all'ora (kcalfh) invece che in watt. (l)

L. MATTAROLO, Termodinamica Applicata. Ed. Cleup, 1977.

Per i fattori di conversione (anche in riferimento alle unità anglosassoni) si rimanda al testo citato, qui premendo solo ricordare che una chilocaloria equivale a 4186,8 joule e che il Busso di una chilocaloria all'ora equivale a 4186,8;3600 joule al secondo, ossia a 1,163 watt (1 watt = 0,85984 kcalh).

1.2. Z tre modi della trasmissione del cabre I1 calore è quella forma di energia che si manifesta nel passaggio da un corpo ad un altro quando fra i due vi è differenza di temperatura. Il primo principio della termodinamica stabilisce l'equivalenza delle varie forme di energia; il secondo fissa il senso del trasferimento spontaneo del calore: da corpo a temperatura più elevata a corpo a temperatura più bassa. Questo del trasferimento del calore b un fenomeno fra i pih generali del mondo fisico e interessa sia gli esseri viventi sia i vari settori della tecnica. L'uomo vive se il suo organismo riesce a cedere all'ambiente che lo circonda una determinata quantità di calore nell'unità di tempo. I vestiti costituiscono una resistenza termica adeguata, per ogni valore del metabolismo del corpo umano, ai valori della temperatura esterna. Il mantenimento di condizioni ottimali di temperatura in ambienti chiusi, destinati a scopi civili o industriali, richiede la conoscenza dei flussi termici dispersi attraverso le strutture degli edifici durante l'inverno e dei flussi entranti durante l'estate e conseguentemente la predisposizione di apparecchi di scambio termico attraverso i quali siano somministrati od asportati quei flussi termici. Si comprende l'importanza dello studio delle strutture dal punto di vista termico e l'impiego di particolari materiali isolanti che valgano a ridurre le h dispersioni. La produzione di energia meccanica ed elettrica è legata per lo pi8 a problemi di scambio termico. Nei cicli dei motori a ucombustione esterna» si tratta del trasferimento del calore, generato da un processo di combustione, al fluido che compie il ciclo e della cessione di una frazione di tale calore da parts del fluido alla sorgente a temperatura più bassa. In particolare nagli Impianti ove la combustione 2 costituita da reazioni nucleari (reattori nucleari), i problemi di scambio termico si acuiscono, dovendosi di solito realizzare attraverso le superfici, che limitano gli elementi combustibili, dei flussi termici elevatissimi (e si pub dire che l'impulso straordinario che ha

avuto in questi ultimi anni lo studio della trasmissione del calore t2 in buona parte dovuto a tale questione). Altrove invece lo sviluppo della tecnica è condizionato dalla possibilità di ridurre al minimo i flussi mediante raffinati sistemi di isolamento. Si pensi alla produzione e al mantenimento di bassissime temperature nelle varie situazioni in cui queste sono hecessarie (crioelettronica e crioelettrotecnica), oppure si pensi alle protezioni termiche richieste nelle imprese spaziali. Si distinguono tre modi di trasmissione del calore: conduzione, convezione, irraggiamento. I1 più delle volte questi tre modi sono concomitanti. Il flusso termico attraverso una parete che separa due fluidi avviene per convezione e per irraggiarnento sulle due superfici e per conduzione ail'interno della parete. I1 passaggio del calore attraverso un materiale poroso, non omogeneo, è dovuto ai fenomeni di conduzione attraverso il gas e la struttura solida, di convezione nel gas racchiuso nelle celle e di radiazione fra le facce opposte delle celle stesse. Pub succedere che uno dei tre modi sia prevalente e che gli altri due possano essere trascurati. Ad esempio fra un liquido che scorre entro un tubo e la superficie stessa del tubo è da considerare la convezione, non I'irraggiamento. Se il tubo è immerso in aria tranquilla, lo scambio termico sulla superficie esterna avviene pressoché in egual misura per convezione e per irraggiamento. Se il tubo è ad elevata temperatura I'irraggiamento prevale, ecc. Giova definire più precisamente questi tre modi: La conduzione termica che, da un punto di vista macroscopico, si manifesta come scambio di calore nell'interno di corpi solidi, liquidi, gassosi, senza movimento apparente di materia, è dovuta alla cessione di energia cinetica da parte di molecole, in zona a più alta temperatura, verso altre molecole in zona adiacente a più bassa temperatura. A questa componente di scambio termico nei metalli si aggiunge la componente elettronica 'dovuta al movimento degli elettroni. Si consideri uno strato solido di materiale omogeneo ed isotropo, limitato da due superfici piane parallele a distanza 1. Le due superfici siano molto estese in modo che per i punti al centro esse possano essere immaginate praticamente infinite. Le due superfici abbiano temperature uniformi rispettivamente t, e t2 (tl > tz). Se queste temperature sono mantenute fisse per un tempo sufficientemente lungo, anche tutte le temperature nell'interno dello strato sono costanti e le superfici isoterme in esso sono piani paralleli alle superfici esterne. Si consideri ora la parte di solido costituito da un

'

cilindro con l'asse perpendicolare alle superfici. e avente sezione A (fig. 1.1).

9 , -

cilindro immaginario

trasversale, per unita di spessore dello strato e per differenza di temperatura t, - t, unitaria. Essa si misura in watt per metro e per m grado ( ~ l "C). Naturalmente si attribuisce una conduttività termica anche ai liquidi e ai gas, pur notando che in uno strato liquido o gassoso il flusso termico raramente è dovuto solo a conduzione. I1 valore della conduttività termica, che varia da 0,007 W/m°C per i gas ad elevata massa molecolare, fino a 440 W/m0C per l'argento, dipende anche dalle condizioni di temperatura e di pressione e può variare a seconda della direzione considerata (sostanze anisotrope); ma resta una proprietà della sostanza e come tale indipendente dal gradiente della temperatura e dall'entità del flusso termico. A Nella (1.2) il rapporto - viene anche chiamato conduttanza terl I mica specifica dello strato di spessore l; il suo inverso costitui-

A

Fig. 1.1. Flusso termico in uno strato piano.

Se il cilindro è nel centro dello strato si suppone che non vi sia

flusso di calore attraverso la sua superficie laterale. In queste condizioni l'esperienza dice che la quantità di calore che passa attraverso lo strato di sezione A nell'intervallo di tempo A a è espressa da:

Questa formula, che va sotto il nome di legge di Fourier, definisce il coefficiente h detto conduttivitd termica, caratteristico del materiale di cui è composto lo strato. La (1.1) si pud scrivere in termini di flusso:

La conduttivith termica A rappresenta pertanto la quantith di calore che è trasmessa per unità di tempo, per unitb di superficie

sce una resistenza termica specifica. Si noti l'analogia di questa formula con la legge di Ohm per la corrente elettrica. La converione termica consiste nel trasporto del calore che si attua in presenza di movimento macroscopico relativo di particelle del fluido. Generalmente si deve considerare il fenomeno dello scambio termico fra una superficie e il fluido che la lambisce; esso è governato dalle leggi della dinamica dei fluidi e della conduzione. Detta t, la temperatura della superficie e t2 la temperatura, definita in modo appropriato, del fluido che la lambisce, la relazione che esprime il flusso termico, stabilita da Newton nel 1701, è la seguente:

Questa equazione viene a definire il coefficiente di convezione termica a,, il quale non è tanto una proprietà del fluido, quanto delle condizioni del deflusso. Se il movimento del fluido avviene per differenza di densità dovuta a differenza di temperatura in un campo di forze di massa quale la gravità, si parla di convezione naturale; se invece il movimento avviene prevalentemente per l'azione di un agente esterno, un ventilatore o una pompa, si parla di convezione forzata. Particolari condizioni di convezione termica si verificano nei fluidi con cambiamento di fase, durante la vaporizzazione e la condensazione, I valori del coefficiente a , misurato in watt per metro quadrato

avanti. I1 flusso termico totale, somma dei due flussi in parallelo, è dato da:

per grado (W / m 20C),variano da poche unità per gas in convezione naturale, fino a parecchie decine di migliaia nel caso di liquidi in ebollizione o di metalli liquidi in convezione forzata. La trasmissione del calore per irraggiamento avviene per propagazione di onde elettromagnetiche nello stesso modo della propagazione della luce. Si ha trasmissione per irraggiamento nel vuoto o attraverso sostanze almeno parzialmente trasparenti. Il flusso di energia radiante emesso da un corpo a temperatura assoluta T è espresso da:

q = (a,

+ a,) A (tl - t2) = a A (t, - t,)

I1 coefficiente a si chiama coefficiente di scambio termico superficiale. La (1 -6) si pub scrivere ancora: q - t! ---

A

Questa legge, dovuta a Stefan (1879) e provata teoricamente da Boltzmann (1884), è valida rigorosamente per un corpo nero (radiatore integrale). Lo scambio termico per irraggiamento fra due corpi dipende dalla natura delle due superfici e dalla posizione geometrica rispettiva, essendo in genere rispettata la dipendenza dalla differenza delle quarte potenze delle temperature assolute. Più delicato risulta lo studio dell'irraggiamento di masse gassose, dovendosi in questo caso tener conto della composizione del gas, della sua pressione e dello spessore dello strato. Pub tornar pratico talora esprimere mediante un'unica formula il flusso termico scambiato da una superficie dovuto all'insieme dei due fenomeni in paralleio di convezione e di irraggiarnento, specie in presenza di convezione naturale, con gas, e di temperature non elevate (es. scambi termici fra superfici di strutture murarie e ambiente o fra piastre di riscaldamento e ambiente). I1 flusso termico per convezione si esprime con la (1.3):

(1.6)

t2

lla

ove il termine R, = I / a rappresenta una resistenza termica superficiale specifica. ~ u a n t oawiene nel caso più generale sopra accennato, di trasmissione del calore fra due fluidi separati da una parete piana, pub essere rappresentato nella fig. 1.2. 11 profilo delle temperature mostra una differenza t' - t: nello scambio termico superficiale sulla superficie di sinistra, (fra la temperatura del fluido e quella della superficie) cui compete un coefficiente a'; una differenza t: - t: fra le facce opposte della parete e una differenza t: - t" nello scambio termico sulla superficie di destra, cui compete un coeffiiente a ". I

essendo, si ripete, (tr - tz) la differenza di temperatura fra la superficie e il fluido. Se la differenza di temperatura fra la superfici$ in esame e i corpi circostanti è ancora la medesima, il flusso terpico per irraggiamento pub esprimersi:

ovc a,, coefficiente di scambio termico per irraggiamento, chiaramente dipende anche dalle temperature, comc ssirh specificato pih

Fig. 1.2. Profilo della temperatura nella trasmissione del calore fra due fluidi separati da una parete.

Tenendo conto delle (1.2) e (1.6) si pub scrivere:

CAPITOLO I1

ossia:

LE EQUAZIONI DELLA CONDUZIONE TERMICA q = KA(t1- t") Il simbolo K rappresenta il coefficiente globale di trasmissione della parete e si chiama anche trasmittanza termica specifica della parete. II suo inverso

rappresenta una resistenza termica specifica ed è pari alla somma delle tre resistenze specifiche in serie, le due superficiali e quella interna:

Nei capitoli che seguono si tratterà successivamente deila conduzione, della convezione e dell'irraggiamento, nella ricerca di come si determinano i coefficienti di scambio termico e di come si possono rilevare i campi termici sia in regime stazionario, sia in regime variabile, nelle differenti condizioni che la tecnica propone.

2.1. Premesse Il passaggio dell'energia tra due zone a temperatura diversa di un corpo solido, liquido o gassoso, senza apprezzabile trasporto di materia, prende il nome di trasmissione di calore per conduzione. Nella porzione del corpo interessata al fenomeno la temperatura di ogni'elernento di materia i? funzione della sua posizione e dell'istante considerato. Con riferimento a un sistema di coordinate cartesiane ortogonali si pub scrivere:

E possibile individuare nel corpo superfici ciascuna delle quali è luogo di punti aventi la stessa temperatura: queste superfici non si intersecano mai, sono chiamate isoterme e presentano, nel corpo, forma e distribuzione generalmente variabili nel tempo. Se a contatto con le superfici isoterme estreme sono poste due sorgenti di capacità termica infinita, tali cioh da poter erogare ed assorbire rispettivamente qualsiasi quantità di calore senza che cambino le temperature delle superfici di contatto, dopo un periodo di tempo piu o meno lungo (transitorio), il fenomeno assume praticamente caratteristiche di stazionarietà e la distribuzione delle superfici isoterme diventa indipendente dal tempo.

2.2. La legge di Fourier Nella trattazione ordinaria della conduzione le proprietà fisiche del corpo relative ai fenomeni termici sono il più delle volte considerate note ed indipendenti dal tempo. Ciò è vero solo in prima approssimazione ed in alcuni casi questa riserva non è accettabile; il

problema si complica notevolmente e diventa di difficile soluzione. Inoltre i suddetti parametri sono considerati indipendenti dalla direzione del flusso termico; e pure questa ipotesi pub non essere verificata. Il significato fisico degli stessi parametri non è lo stesso, infine, se si considerano materiali omogenei e materiali non omogenei,. per l'intervento, in questi ultimi, di altri fenomeni di trasporto di calore. La trattazione generale della conduzione termica è fatta su di un modello matematico del corpo fisico continuo, uniforme, isotropo e con caratteristiche fisiche invariabili nel tempo ed indipendenti dalla temperatura, senza riferimento al meccanismo o ai meccanismi del fenomeno. In questo senso 2 stata interpretata la semplice esperienza condotta ai prirnordi~di questa "scienza" quando l'osservazione di un fenomeno stazionario di trasmissione del calore attraverso una lastra di materiale compatto con le due superfici piane, parallele, isoterrne a temperature diverse t, e t2 costanti, è stata descritta con la relazione

temp.0, poste a distanza x e x

q = lim AT-O

Definito il flusso termico

Q . -

(2.3)

AZ

la (2.2) si pub scrivere in forma differenziale

È questa la formulazione\ differenziale della legge di Fourier della conduzione termica (Jean Fourier, matematico francese, 1768-1830). Si noti nella (2.4) il segno - a secondo membro. Esso deriva dal fatto che si considera positivo I il flusso termico q nel senso positivo at della ascissa x. Così per esempio nella fig. 2.2a -O at

mentre nella figura 2.2b ->O

ax

giA indicata nel capitolo precedente. PiG generalmente nello strato piano sopra considerato si possono immaginare (fig. 2.1) due superfici isoterme parallele rispettivamente a temperatura t e t + At, non necessariamente costanti nel

+ Ax.

ax

e q t O. In ambo i casi vi è accordo

con il secondo principio della temodinamica in quanto il calore passa da punti a temperatura piii alta a punti a temperatura più bassa. L'equazione (2.4) pud essere estesa a superfici isoterrne in corpi di qualsivoglia forma.

-

flusso termico

t

flusso termico

L

[al

Rg, 2.1.

Flusso termico e superfici isoterme in uno strato piiano.

Fig. 2.2. Gradiente di temperatura e direzione del flusso termico.

Si consideri in un corpo (fig. 2.3) una superficie isoterrna a temperatura t e su di essa un elemento di area AA contenente il punto P. Si consideri la normale n alla superficie in P e una isoterma a temperatura t + A t che stacchi nella normale il segmento

An.

E questa rappresenta il flusso termico specifico o densità di flusso termico attraverso I'isoterrna nel punto P. Si noti che nella (2.7) non 6 necessario postdare l'omogeneità del mezzo. La (2.7) pertanto è valida anche per un mezzo eterogeneo,

purché continuo ed isotropo. La (2.7) si può scrivere anche in termini vettoriali. Per ogni punto P del dominio in esame esiste un vettore densità di flusso q*, avente modulo A

--,a t

direzione perpendicolare alla superficie an isoterma in P ed orientato nel verso delle temperature decrescenti. La (2.7) pertanto si esprime vettorialmente:

Ricordando la definizione di gradiente, in coordinate cartesiane si ha:

Fig. 2.3

dove i, j, k sono i versori nelle direzioni dei tre assi x , y e z . L'operatore Dato un cilindretto di base AA e avente generatici parallele ad n, se si trascura il flusso disperso attraverso la superficie laterale, per la (2.2) e (2.3) si pub scrivere

Se A n fende a zero, il flusso attraverso la superficie laterale pure si annulla ed b pertanto:

Questa espressione rappresenta il flusso termico che attraversa una superficie isoterma nell'intorno del punto P. Se si considera il rapporto L e si fa tendere a zero AA si ottiene: AA

si chiama anche unablaw e si scrive indifferentemente gradt e V#. I1 campo del vettore q* e il campo del vettore gradt sono sovrapposti l'uno all'altro e coincidenti a meno del verso e dell'intensith. Per la (2.8) e (2.9) si scrive:

ossia q*=q:i-t-q,*j+g~k

dove

sono le componenti del vettore densitiì di flusso secondo gli assi di

riferimento. Se si vuole calcolare il flusso termico specifico al punto P, attraverso una superficie comunque orientata, non isoterma, avente vettore unitario normale m, si scrive

assi cartesiani di riferimento paralleli agli assi di simmetria ortogonale si ottiene:

e poiché per il calcolo vettoriale

risulta

q;=-A.

at am

dove - rappresenta la derivazione nella direzione normale alla am superficie considerata. Quanto detto finora vale per un mezzo isotropo. Se invece le proprietà termofisiche dipendono dalla direzione attorno al punto considerato, le precedenti relazioni non sono più applicabili. La cosa pub presentarsi nel caso di cristalli, di legnami, di materiali coibenti fibrosi ecc.. Per tali mezzi la direzione del vettore densità di flusso in un punto non é più normale alla superficie isoterma in quel punto. Generalizzando Ia legge di Fourier si assume che ciascuna componente del vettore densità di flusso sia una combinazione lineare di tutte le componenti del vettore gradiente in quel punto:

E in questo caso i coefficienti A, hY,IZ,, assumono il significato di conduttività termica quando il flusso termico sia monodimensionale e parallelo ad un asse di simmetria. 2.3. Equazione generale della conduzione termica I1 problema del calcolo della quantità di calore scambiata per conduzione, come si deduce dalle formule del paragrafo precedente, è ricondotta alla determinazione della funzione (2.1) ossia della distribuzione della temperatura nel mezzo considerato. È questo il problema principale della teoria matematica della trasmissione del calore. La determinazione di questa funzione, che lega la temperatura alle coordinate di spazio e di tempo, si ottiene ricorrendo al pnncipio della conservazione dell'energia, riferito ad un sistema di volume finito, espresso nella forma: quantità di calore -t quantith di calore = variazione di enernetta scambiata generata internagia interna del simente al sistema stema Si considera beninteso il sistema indefomabile; e non sono da prendere in esame termini di lavoro o di energia cinetica o potenziale. Con riferimento a un intervallo di tempo elementare d r si ha pertanto l'equazione

Con opportuna scelta degli assi, alcuni dei coefficienti A delle (2.15) possono annullarsi. Per esempio nei cristalli scegliendo gli

con chiaro significato dei simboli.

I1 sistema, di volume V, sede del fenomeno di conduzione termica,' sia racchiuso da una superficie A; sia n il vettore unitario normale al generico elemento superficiale dA, ritenuto positivo se uscente dalla regione di spazio racchiusa. La quantità di calore dQ, entrante nel volume V si esprime q*-n.dA

d ~ , =- d r

(2.18)

A

È opportuno a questo punto richiamare il concetto di divergenza di un vettore. Dato un campo vettoriale definito da un vettore a(x,y,z) = = aliI- a2j a3k derivabile in ogni punto in una certa regione dello spazio, si definisce la divergenza del vettore a e si indica con diva, la funzione scalare

+

DaIla (2.20) si deduce la relazione che va sotto il nome 'di teorema della divergenza o di Gauss:

La (2.18) quindi diviene:

Gli altri due termini dQ, e d U nell'equazione della conservazione dell'energia (2.17) si esprimono come segue. I1 primo è dovuto alla generazione interna (per effetto Joule, per reazioni nucleari o chimiche ecc.). Per ogni punto P del volume considerato si definisce la grandezza H, detta comunemente intensità di. generazione interna

4s AV

H = lim AV+O

Si ha ancora, come per il gradiente, l'operatore nable V e si scrive indifferentemente diva oppure V a. Si ricorda il significato fisico della divergenza di un vettore nel punto P. Assunto nel campo vettoriale a(x, y, 2) ancora un volume V contenente il punto P e limitato da una superficie A e detto n il vettore unitario normale all'elernento dA e orientato verso l'esterno, la divergenza nel punto P & data: diva = lim AV-O

'A

AV

La divergenza di un vettore in un punto descrive il comportamento del campo vettoriale nell'intorno di quel punto e ne indica l'addensarnento delle linee di flusso, ossia delle curve tangenti in ogni punto alla direzione del vettore in quel punto (l).

( l ) Si tralascia la dimostrazione della equivalenza delle due definizioni (2.19) e (2.20).

ove qg è la totale potenza generata all'interno del volume AV contenente P. H ha owiamente le dimensioni di una potenza per unità di volume. Il termine da introdurre nella (2.17) 15:

I

HdV (2.24) v I1 secondo termine d W, variazione di energia interna, si esprime: dQ,=dr

dV ove c rappresenta il calore specifico a volume costante e densith. In conclusione la (2.17) risulta:

ossia ancora, essendo il volume V diverso da zero:

(2.25) Q

la

- divq* + H = c g

i3 t at

E questa l'equazione generale della conduzione termica. Ricordando la (2.10) risulta, ritenendo A costante,

Questa è detta equazione di Poisson; C)

divq * = div(- Agrad t) = - Adivgrad t

(2.28)

senza generazione interna di calore e con temperatura costante nel tempo:

che si può scrivere ancora: e questa 6 detta equazione di Laplace. Sempre con riferimento a coordinate cartesiane ortogonali si ha:

La (2.27) per la (2.29) risulta in definitiva:

che si scrive di norma:

Questa è la forma più abituale con cui si presenta l'equazione generale della conduzione termica.

dove

A

I1 gruppo -si chiama diffusività termica del mezzo e si indica ce col simbolo a. Esso ha dimensioni dal quadrato di una lunghezza diviso per un tempo (si misura pertanto in m2/s) e caratterizza la velocith con cui i corpi nel loro interno trasmettono una variazione di temperatura, velocità che chiaramente proporzionale alla conduttività termica A e inversamente proporzionale al calore specifico per unità di volume cg. L'equazione (2.31) si semplifica in particolare nei seguenti casi:

a) senza generazione interna di calore:

i? detto operatore di Laplace o laplaciano. La (2.31) pertanto si scrive

Ed è questa la forma dell'equazione della conduzione termica a cui generalmente si farà riferimento nel seguito. Nel caso in cui la conduttività non 5 costante, ma dipende dalla temperatura, si deve scrivere: I

Questa è detta più propriamente equazione di Fourier;

b) con temperatura costante nel tempo:

L'equazione generale (2.27) in coordinate cartesiane diviene:

l'espressione del laplaciano risulta:

e così nelle successive (2.32), (2.33), (2.34).

Nel caso di coordinate sferiche essendo (fig. 2.5)

Fino a questo punto ci si è sempre riferiti, nelle espressioni ', a coordinate cartesiane ortogonali. Ma la dell'operatore V o V definizione di gradiente e di divergenza è indipendente dal sistema di coordinata prescelto. Accade talora che, data la forma dei corpi, sia più conveniente riferirsi a coordinate cilindriche e, meno di frequente, a coordinate sferiche. Nel caso di coordinate cilindriche, essendo (fig. 2.4):

Fig. 2.5. Sistema di coordinate sferiche.

x = rsen +cosg, y = rsen +senq z = rcos

l'espressione del laplaciano risulta Fig. 2.4. Sistema di coordinate cilindriche.

Avviene poi di frequente, nei casi pratici, che il problema presenti caratteristiche monodimensionali, dipendendo la temperatura

solo da una delle tre coordinate, nel caso di coordinate cartesiane ortogonali, o solo dal raggio nel caso di coordinate cilindriche o sferiche. L'equazione (2.35) si riduce a

con le analoghe per il cilindro e per la sfera:

Le tre equazioni si possono raggruppare nella seguente (indicando con r indifferentemente I'ascissa x o il raggio):

dove n = O per coordinate cartesiane ortogonali, n = l per coordinate cilindriche, n = 2 per coordinate sferiche.

2.4. Le condizioni al contorno La soluzione dell'equazione (2.31) e delle successive indicate nel paragrafo precedente consente di determinare le temperature dei vari punti del dominio in esame e di calcolare il flusso termico attraverso le superfici. Naturalmente per risolvere quelle equazioni occorre conoscere le condizioni al contorno e la distribuzione iniziale delle temperature nel dominio. Per quanto riguarda le condizioni al contorno, esse possono essere essenzialmente di tre tipi: Condizione al contorno del primo tipo si ha quando fissata la temperatura sulla superficie del dominio. Nel caso generale la temperatura è funzione sia del tempo che dello spazio:

Questa condizione è detta anche condizione di Dirichlet. Casi speciali si hanno se la temperatura è funzione solo della posizione o funzione solo del tempo, oppure una costante. La condizione del primo tipo è la più semplice da trattare dal punto di vista matematico; ma difficilmente realizzata dal punto di vista fisico. Essa corrisponde al caso limite del terzo tipo con un coefficiente di convezione infinitamente elevato come si vedrh più oltre. Condizione al contorno del secondo tipo si ha quando & fissata la derivata della temperatura normale alla superficie, derivata che pub essere funzione del tempo e dello spazio:

Questa condizione equivale a fissare il flusso termico attraverso la superficie. In particolare è

se il corpo è termicamente isolato. Un esempio pratico di condizione del I1 tipo si ha a regime in un conduttore percorso da corrente elettrica. Sulla superficie del conduttore vi è un flusso termico imposto dalla generazione di calore per effetto Joule. La stessa cosa si può avere sulla superficie di un elemento di combustibile nucleare sede di processi di fissione. Condizione al contorno di terzo tipo si ha quando è fissata una combinazione lineare fra la temperatura della superficie e la derivata normale alla superficie stessa:

Questa è detta anche condizione di Neurnann. Fisicamente ciò significa che vi & trasmissione di calore per convezione in accordo con la legge di Newton fra le superficie del corpo e il mezzo esterno (fluido) la cui temperatura tf pu8 variare sia col tempo sia con la

posizione lungo la superficje. Si può scrivere in effetti un bilancio deli'energia su un elemento di superficie q:

La lastra sia isolata sulla faccia x = O e scambi calore per convezione sulla faccia x = l . Le condizioni al contorno e iniziali siano: per x = O , t > O

h cib equivale a porre

at

-+a(t-$)=O

ax

t = ti

per x = 1 , ~ > 0

(2.54b)

per 0 6 x 6 1 , z = 0

(2.544

Si definiscono le seguenti variabili adimensionali: Si vede che nel caso ai+ m, la temperatura superficiale tSi risulta fissata, pari a tf e si ricade, come detto, nelia condizione del I tipo. I tre tipi suddetti coprono la maggior parte dei casi e sono condizioni al contorno lineari. Vi sono tuttavia condizioni al contorno di radiazione termica ove i! flusso termico dipende dalla quarta potenza della temperatura, oppure condizioni al contorno di convezione naturale ove il flusso termico k proporzionale ad una potenza della differenza della temperatura superiore all'unità. Cosi pure condizioni al contorno associate a cambiamento di fase, con interfaccia mobile solido-liquido, possono essere non lineari. In quello che segue si esamineranno essenzialmente condizioni lineari.

2.5. Parametri adimensionali nello studio della conduzione termica Assai spesso nei problemi della trasmissione del calore si ricorre alla introduzione di gruppi o parametri adimensionali. Questo consente di ridurre il numero delle variabili e dare maggiore generalità ai risultati raggiunti. Si vedrà nei capitoli successivi il grande uso di cib nei problemi della convezione termica. Qui si illustrano alcuni di questi gruppi frequentemente usati in problemi di conduzione. Si consideri il caso monodimensionale riferito ad una lastra piana di spessore I e infinitamente estesa nelle altre due direzioni. Assunta una ascissa x perpendicolare alle due facce della lastra, l'equazione della conduzione e:

X

X

= -= coordinata spaziale adirnensionale;

1

e=

t - tf = temperatura adimensionale; ti - tf

al Bi = -= numero di Biot;

h

= generazione di calore adimensionale; n(ti - t,) Fo=-=az numero di Fourier o tempo adimensionale l

G=

Introducendo questi parametri le equazioni (L%), (2.54~)divengono

--a @ - a'@ + G aFo ax2

8=1

(2.54a), (2,54b),

per OSX41

per X = O

, Fo>O

per X=l

, Fo>O

per O rl significa porre

Fig. 4.6. Resistenza dello strato isolante Ri , resistenza superficiale R8 e resistenza totale R,.

A

Il rapporto -2 l'inverso del numero di Biot riferito si cilina r, dro immaginato di materiale isolante. Si conclude che l'esistenza del raggio critico pub aversi solo nei casi in cui il numero di Biot

(F)

è inferiore all'unità. Nella fig. 4.7 è rappresentata 1s cosa

.r e in ordinate il prodotto' avendo posto in ascisse il rapporto rr R, 2 nl A, ossia, per la (4.29)

Le curve corrispondono ai vari valori del numero di Biot.

Soluzione Si trova anzitutto il valore del raggio critico

I1 profilo della resistenza globale R,, per unità di lunghezza del tubo, è indicata, nei tre casi, nel diagramma di fig. 4.7a. Si vede che per il tubo di diametro più piccolo ( r ] = 3 mm) l'aggiunta di uno strato isolante riduce la resistenza R, rispetto al tubo nudo, a meno di usare spessore di isolante maggiore di s = r - t, = 30 mm. Per il tubo con r, = 5 rnm si ottiene aumento di R, a partire da uno spessore s = 7 mm. Per il tubo con r, = I O mrn l'isolante porta invece sempre aumento di R,.

Fig. 4.7a. Valori della resistenza totale nei tubi di cui ali'esempio 4.3.

Fig. 4.7. Resistenza termica adimensionale in funzione del rapporto r / r l .

I tre casi corrispondono a numeri di Biot rispettivamente 0,375; 0,625, 1,25. Usando materiale isolante a più bassa conduttività termica, ad esempio i = 0,03 W/ m°C, evidentemente il problema del raggio critico non si presenterebbe, risultando in ogni caso Bi > l.

ESEMPIO 4.3 Si vogliono isolare dei tubi percorsi internamente da fluido caldo, a temperatura ti, aventi diametro esterno dl rispettivamente 6, IO, 20 mm. Si adotta un materiale isolante di conduttività i= O,O8 WlmoC e si assume un coefficiente di convezione con l'aria a=IO ~ l r n " ~Esaminare . come varia la resistenza termica totale al

crescere dello spessore dell'isolante. Si assumono trascurabili la resistenza di convezione del fluido e di conduzione nello spessore metallico del tubo in modo che sulla superficie esterni1 di questo la temperatura si possa considerare eguale a r,.

4.4. Sfera cava

Si consideri una sfera cava di un materiale con superficie interna di raggio r, e superficie esterna di raggio r, sulle quali sono imposte rispettivamente le temperature t = t, e t = tZ. Non vi sia generazione di calore nello strato. L'equazione della conduzione, che è oppor-

tuno considerare in coordinate sferiche (2.431, si riduce a:

peratura nell'interno dello strato (sempre in regime stazionario) si ottiene risolvendo l'equazione di Poisson che in questo caso si riduce a:

La soluzione è

come si può vedere sostituendo in (4.31) la variabile u = d t l d r . Le costanti C, e C, si determinano in base alle condizioni ai limiti; si ottiene

11 flusso termico, ancora per la legge di Fourier

si può esprimere, tenendo conto della (4.35):

Fig. 4.8. Profilo della temperatura nelio strato piano con generazione interna di calore.

Integrando si ha:

Si tralascia il caso dello strato doppio e si omettono altre osservazioni analoghe a queile del paragrafo precedente.

e introducendo le suddette condizioni ai limiti: 4 . 5 , Corpi semplici con generazione interna di calore

Sia dato uno strato piano (fig. 4.8) limitato fra i piani x = - 1 ed x = -t. l e infinitamente esteso nelle altre due direzioni. Su entrambe le facce sia imposta una temperatura t = t, (le condizioni al contorno sono ancora di I tipo) e vi sia nell'interno dello strato una generazione uniforme di calore H per unità di volume e per unita di tempo, indipendente dalla temperatura. L'andamento dclla tem-

La temperatura nell'interno dello strato ha andamento parabolico: ha valore massimo nel piano mediano dello strato ( x = 0): t,,

= t,

H +l2 21

Se le condizioni sulle due facce fossero costituite da scambio termico con un fluido a temperatura tf e coefficiente di scambio superficiale a (condizioni al contorno di III tipo), allora, detta ancora t, la temperatura sulla superficie, si può scrivere, per ciascuna delle due facce:

q = a A (t, - tf)

Questa equazione si può scrivere nella forma:

(4.42)

ove q per simmetria vale

Integrando una prima volta:

Quindi: 11 valore della costante C, si può ricavare tenendo conto che la potenza termica generata nel cilindro è uguale al flusso attraverso la superficie laterale: Sostituendo nella (4.40) si ottiene:

I1 profilo della temperatura è indicato nella fig. 4.8. Questa ultima equazione si pub scrivere anche nella forma:

Combinando con la (4.48) si ottiene cl = O . Quindi integrando ancora:

Ponendo t = t, per r = rl: come relazione cioè fra gruppi adimensionali (cfr. paragrafo 2.5):

I\ profilo della temperatura è ancora parabolico. In modo analogo allo strato piano si può trattare il caso della barra cilindrica. Sia questa di raggio r1 e lunghezza infinita. Sulla superficie sia ancora imposta una temperatura t, e si indichi ancora con H la densità di generazione interna di calore. Si tratta di risolvere l'equazione in coordinate cilindrichc (cfr. (2.45)):

Se anche in questo caso la condizione sulla superficie è costituita da uno scambio termico superficiale con un fluido a temperatura tf e coefficiente a, si pub scrivere: q = a2 nr, /(tl

- tf)

(4.51)

1 essendo in questo caso l'altezza del cilindro considerato. Ricavando t, da queste due equazioni e sostituendo nella (4.50) si ha in definitiva:

ossia

Si consideri infine il problema per una sfera. Si indichi ancora con r, il raggio della sfera, con t, la temperatura superficiale e con H la densità di generazione interna di calore. L'equazione che definisce la temperatura nella sfera è la seguente (cfr. (2.46)):

E si trova ancora un andamento parabolico della temperatura lungo un diametro. Nel caso fosse nota, anziché la temperatura superficiale t ] , la temperatura tf del fluido che lambisce la sfera con coefficiente di scambio a, si trova, come precedentemente:

ossia ancora:

In luogo di procedere all'integrazione di questa equazione si adotti questa volta il seguente metodo (applicabile anche ai casi precedenti). Attraverso una superficie sferica di raggio r < r,, concentrica alla superficie della sfera, il flusso termico si esprime per la legge di Fourier

Il lettore pub notare la somiglianza delle tre formule (4.40),(4.50), (4.59) e delle tre (4.45') (4.537, (4.60'). A parità di condizioni e di diametro o spessore, la sovraelevazione massima di temperatura nell'asse o nel centro si riduce a metà e a un terzo nel passare dallo strato piano, al cilindro, alla sfera. ESEMPIO 4.4

ed è evidentemente:

In una barra cilindrica di uranio del diametro di cm3 vi generazione interna di calore con densità H = 4 . 106W/m3 supposta uniforme. La barra è lambita daun gas a temperatura t f = 300°C con coefficiente di scambio termico superficia1,e a = 100 ~ 1 r n ~ "TroC. vare la temperatura superficiale e la temperatura massima nella barra.

Dalle due relazioni si ottiene:

Soluzione

H d t = -- r d r 3il

Integrando

Assunta la conduttivjtà dell'uranio A = 30 Wlm°C, si ricava dalla (4.53) la temperatura superficiale:

La temperatura massima nell'asse della sbarra risulta

e determinare il valore di H con le seguenti condizioni ai limiti

Si può notare qui l'importanza di avere coefficienti di scambio termico superficiale elevati, al fine di consentire più elevate densità di generazione interna di calore. ESEMPIO 4.5

t = ti

per x = O

dt - 0 -dx di - I -= dx

per a,(t-re)

x =O

per x = l

La soluzione della (4.61) porge:

Una parete piana di spessore E = 0,I m, avente conduttività termica A = 0,5 Wlm°C è interposta fra due ambienti a temperatura ti= 30°C e te = 0°C.I coefficienti di convezione termica sulle due facce sono rispettivamente ai = 10, a, = 20 W/rn2"~. Determinare la densiti di generazione di calore uniforme nello strato affinché non vi sia scambio termico con l'ambiente a temperatura più elevata.

Si parta, per determinare

cl

e

C,,

dalle (4.61b) e (4.61~).Per la prima risulta C!

Soluzione

Si scelga I'ascissa x come nella fig. 4.8a. Si ha da risolvere l'equazione di Poisson:

=

o

e per la seconda:

Pertanto la (4.62) diviene:

(Questa coincide evidentemente con ta (4.45) riferita al semistrato 0 < x < l ) . Sostituendo i valori dati di l , h, a,, &:

Fig. 4.8a Fig. 4.8b

(in unita S.I. con t in "C). Questa equazione rappresenta una famiglia di curve come indicato nella fig. 4.8b. Si tratta di determinare il valore di H per cui si abbia t =30°C per x = O (condizione 4.61a). Risulta H =2000 w/rn3,e in definitiva

(x in m, t in "C). Occorrono 200 watts per m2 di parete.

Tenendo conto delle condizioni (4.61b) e (4.61d) si arriva a determinare le costanti cl e c~ dell'equazione risolutiva (4.62):

ESEMPIO 4.6 Si debbano soddisfare le stesse condizioni di Rosso nullo sulla superficie x = O dell'esempio precedente. Per migliorare le condizioni si adotta una parete avente = 0,05 W/m°C e si concentra la generazione di calore in uno strato di conduttività ,l spessore l, = 0,01 m a partire da x = O. Determinare ancora il valore di H.

e quindi il profilo della temperatura nello straterello 1,:

Soluzione Si ha ancora l'equazione (4.61) per O S x < l l , con le condizioni ai limiti (4.61 a) e (4.61b). La terza condizione questa volta si esprime (si veda la fig. 4 . 8 ~ ) :

Sostituendo i valori di l , I?, A, a,, t,:

r = H (0,0395 - 10 x 2 ) (unitli S.I. con

r in "C). Introducendo la condizione (4.61a) si ottiene

Pertanto la (4.66) diviene: t=

- 15385 xZ + 30

Occorrono soltanto 15,4 watts per m'.

4.6. La misura del coefficiente di conduzione termica dei materiali

Flg

Le formule ricavate nei paragrafi precedenti, che danno il flusso termico in corpi di forma geometrica semplice (senza generazione di calore), consentono di individuare i metodi per la determinazione della conduttività termica dei materiali. L'argomento è oggetto di precise normative nei diversi paesi. I1 metodo più in uso, per i corpi solidi, in specie materiali isolanti, !i quello della lastra piana con anello di guardia (fig. 4.9). Una lastra piana quadrata, delle dimensioni assai spesso di m 0,5 x m 0,5 e dello spessore di pochi millimetri, è riscaldata elettricamente. La zona centrale (m 0,2 x m 0,2) è indipendente dalla zona

periferica; quest'ultima costituisce l'anello di guardia. Due campioni eguali del materiale da esaminare, aventi pure dimensioni m 0,5 x m 0,5 e dello spessore di alcuni centimetri sono posti sulle due facce della piastra scaldante.

1 p i a s t r a scaldante

da cui si ricava il valore di A. Talora in queste determinazioni si fa uso di cosiddetti misuratori di flusso termico o flussimetri, il cui impiego consente di evitare la misura della potenza elettrica. Sono questi costituiti da lastre di materiale, spesso a base di gomma, di superficie A , di spessore definito 1, (pochi millimetri), avente un coefficiente di conduttività AI noto e costante nel tempo. Posta la lastra in serie con il campione di cui si vuole determinare la conduttività e misurata accuratamente la differenza di temperatura At fra le facce della lastra, si ottiene il valore del flusso termico riferito ad una zona centrale A , del flussimetro:

2 campione del m a t e r i

3 piastre raffreddanti

La misura accurata della differenza At generalmente si realizza mediante termocoppie, con gran numero di giunti in serie nelle due facce del materiale che costituisce il flussimetro. Lo schema dell'impianto è indicato in fig. 4.10. Nella misura con flussimetri è sufficiente un solo campione del materiale.

Fig. 4.9. Determinazione della conduttività termica coi metodo della lastra piana.

Sulle due facce esterne dei campioni si pongono due piastre termostatate entrambe alla stessa temperatura mediante circolazione di un liquido. Il tutto è bene stretto in modo che vi sia un buon contatto fra i campioni del materiale e le piastre. L'eguaglianza delle temperature fra la zona centrale della piastra scaldante e l'anello di guardia, oltre ad altri accorgimenti, fa sì che il flusso termico nella zona centrale dei due campioni si possa considerare perpendicolare alle facce. In queste condizioni, detto q il flusso termico generato nel cuore del riscaldatore, ottenuto misurando la potenza elettrica somministrata, detta A Ia sua superficie, I lo spessore dei campioni e tl e t2 le temperature, misurate rispettivamente (mediante termocoppie) sulla superficie calda e nella superficie fredda (temperature eguali per simmetria nei due campioni), si può scrivere, per la (4.6):

piastra raffreddante campione in e s a m e flussimetro p i a s t r a scaldante isolamento

Fig. 4.10. Determinazione della conduttività termica col metodo del flussimetro.

Su altri metodi per la determinazione della conduttività termica, riferiti anche a corpi di forma cilindrica o sferica, non è qui il caso di irisislcrc.

4.7. I1 problema della barra. Superfici dettate.

Si consideri una barra (fig. 4.11), al solito di materiale omogeneo e isotropo, avente sezione costante e di cui un estremo (x = 0) sia a contatto con una sorgente a temperatura t = t, costante nel tempo.

e , posto r - tf = B ed rn =

J-i

AA

Se m è costante, la soluzione generale di questa equazione è:

8 = Me-"" + Ne'"" Fig. 4.11. Barra con temperatura fissa a un estremo e scambio termico superficiale.

le costanti M ed N si determinano in base alle condizioni ai limiti. Si considerano tre casi:

1" caso: 2" caso:

La barra sia immersa in un fluido a temperatura tf e siano trascurabili le differenze di temperatura in ogni sezione normale trasversale della barra in confronto delle variazioni in direzione assiale x . Siano inoltre: A : la sezione trasversale della barra; C: il suo perimetro; a: il coefficiente di scambio termico superficiale fra la barra e il fluido, supposto costante; A: la conduttività termica del materiale di cui è costituita la barra; t: la temperatura in una sezione generica della barra; L: lunghezza totale della barra.

(4.73)

3" caso:

barra infinitamente lunga; barra di lunghezza finita con estremità che disperde calore; barra di lunghezza finita con estremità termicamente isolata.

lo caso. Se la barra è infinitamente lunga la sua temperatura raggiunge la temperatura del fluido per x+ m. Le condizioni ai limiti si scrivono: 8 = t l - t f = @ , per x = O per x-+ m 6 =O

Introducendo nella (4.73) si ottiene immediatamente:

Considerate due sezioni della barra a distanza x e x + dx, i flussi termici corrispondenti si esprimono: Il flusso termico che la barra scambia con il fluido e pari al flusso termico per conduzione alla base della barra stessa:

La differenza fra q, e q,,,, eguaglia il flusso termico per convezionc ncl tratto di superficie compresa fra le due sezioni. Questo Ilussti v:tlc cxC(f - t,)dx. Si pub scrivcre pertanto:

Si noti che senza la presenza della barra il flusso termico disperso siirchhe

Le equazioni (4.74) e (4.75) rappresentano una approssimazione ragionevole nel caso di barra molto lunga rispetto alla sezione trasversale.

2" caso. E il caso piu generale e conviene qui trattarlo compiutamente. Le condizioni al contorno si scrivono:

"

per x = O

t, - t,=

cosh (m L)

+

a senh (m L> Am

= O):

(4.73a)

a

- A A ~ = ~ A Bper * = L (4.73~) dx (Si ammette per semplicità che il coefficiente a all'estremità sia eguale al coefficiente sulla superficie laterale). Dalla (4.73) e (4.73a) si deduce:

Analogamente dalla (4.73) e (4.73~):

Le due ultime equazioni porgono i valori di M ed N: p

M=-

01

L

a+ Am

p

L

cosh (m L)

a +senh (m L) hm

cosh (m L) +

a senh (m L) Am

che sostituiti nella (4.73) danno in definitiva:

7.9 -0,

cosh [m (L - x ) ] + -E senh (m( L - x ) ] Am cosh (m L) + senh (m L)

(4.81)

Am L'eccesso di temperatura all'estremità della barra (x

(4.82)

Si può calcolare inoltre il flusso termico q, alla base della barra (X

O=

l

OL --

= I,)

risulta:

+ tanh (m L)

-

q

-

) X-o =mAAB,

Ama 1 +Arn tanh (m L)

(4.83)

I risultati ottenuti hanno delle applicazioni pratiche. Un esempio si può avere nella misura della temperatura di un fluido che scorre entro un tubo, fatta mediante un termometro immerso in una guaina saldata sul tubo (cfr. fig. 4.12). Se la temperatura del tubo t, è diversa dalla temperatura del fluido interno tf e se la lunghezza della guaina non è sufficiente, si possono avere rilevanti errori fra il valore rilevato della temperatura tL all'estremità della guaina e la temperatura del fluido tf. Nei problemi di scambio termico poi e in generale nella realizzazione degli scambiatori di calore ci si può trovare di fronte al fatto che i coefficienti di convezione fra una superficie e un , aeriforme sono troppo bassi; è intuitivo che si ricorra allora ad un aumento della superficie di scambio o corrugando la medesima o munendola di alettature più o meno estese. E il caso di tubi di batterie per riscaldamento o raffreddarneko di aria, il caso della superficie esterna di cilindri Fig. 4.12. Misura di temperatura di un fluido scorrente in tubo. di motori a scoppio raffreddati ad aria, etc. È essenziale prima di tutto esaminare se questo aumento di superficie consente un aumento del flusso termico rispetto alla superficie originaria oppure no. Il flusso termico q , alla base della barra ( x = O) è espresso dalla

(4.83). Il flusso termico che si avrebbe senza la presenza della barra è, come nel caso precedente:

41 L'uso della barra risulta conveniente se q] > q 2 , ossia se ->

1.

q2

Si ha:

ta il flusso termico e in misura tanto maggiore quanto più piccolo è il numero di Biot. Si osservi che porre Bi < I equivale a porre a l

h

z 6. E quindi

Se invece si ha convezione forzata con liquidi a forte velocità o con cambiamento di fase, i valori del coefficiente a possono arrivare a parecchie migliaia e il numero di Biot può essere di poco inferiore o addirittura superiore all'unità. L'alettatura è inutile o dannosa.

3" caso. È un metodo semplificato di trattare il problema assumendo trascurabile il flusso termico all'estrernità della barra o dell'aletta. Le condizioni al contorno in questo caso si scrivono:

E questa è l'espresd6 --

la presenza della aletta riduce il

A

f'lussci tcrmico. Se invccc

"'

-.

'

si può assumere un coefficiente di convezione a = 8 Wlm2"C. È quindi a &A = 0,00012.

a6 < i lii prcscnzn dcll'iil~itiialiinci1 Bi = 3,

dx 1)iiIl;i

soluzicinc gcncralc

-O

per x = L

si ottiene

La soluzione è quindi: 6 -@I

cosh [m(L - x ) ] cos h (m L)

L'eccesso di temperatura all'estremith

e i1 flusso termico alla base: Fig. 4.14. Temperatura adirnensionale dell'aletta in funzione della distanza adimensionale.

Si può osservare che queste tre formule si deducono dalle corrispondenti del caso generale (4.81), (4.82), (4.83) ove si ponga a ad in esse - = 0 , ossia -- O. Ciò equivale a dire che il flusso hm A termico sulla superficie terminale è trascurabile come prevalentemente avviene trattandosi di alette di spessore 2 8 molto piccolo. Alle relazioni (4.88), (4.89), (4.90) più maneggevoli si farà riferimento nel seguito.

4.8. Efficienza delk alette e delle superfici$lettate Nella fig. 4.14 e rappresentato in coordinate adirnensionali (eq. (4.88)) l'andamento della temperatura lungo l'aletta per vari valori del prodotto m L. La temperatura mcdia dell'aletta è tanto più vicina alla tcrnpcr:ittir:i dclh basc quanto pii1 piccolo tì i l prodotto TU l,.

E importante definire l'efficienza R dell'aletta. Essa è il rapporta fra il flusso termico q, effettivamente scambiato dall'aletta ed il flusso termico ideale qldche verrebbe scambiato se l'intera aletta avesse temperatura uniforme equale a quella della sua base t,. Risulta:

L'efficienza Q dell'aletta in funzione del prodotto m L è rappresentata nel diagramma di fig. 4.15. risulta che, a Ricordando che, per alette sottili, m L = parità di altre condizioni, l'efficienza dell'aletta e tanto maggiore quanto più piccola è la sua profondità L, quanto più grande è il suo spessore 2 6, 1liii1nto piu grandc C la conduttivita termica del materiale di cui k

lica con la distanza dalla base. (Bibliogr. [12]). E in effetti profili triangolari o trapezoidali sono qualche volta realizzati. L'impiego piii comune delle alette avviene sulla superficie esterna di tubi. Nella fig. 4.16 è rappresentata la superficie alettata esterna di un tubo, ottenuta con alettature parallelepipede longitudinali del tipo finora considerato. Nella successiva figura 4.17 è riportato l'esempio di una alettatura trasversale, la più frequentemente usata. Tale alettatura è talvolta sostituita da un unico nastro che si svolge elicoidalmente lungo al tubo; essa può essere assimilata alla dettatura trasversale dato il piccolo valore del passo dell'elica rispetto al diametro del tubo.

01

O

I

1

1

06

I

I

I

I

l

1.2

I

1.8

rnL

f

!

I

2,4

l

I

I 3,o

Fig. 4.15. Efficienza termica dell'aletta.

costituita A, quanto più piccolo è il coefficiente di convezione termica a realizzato col fluido che la lambisce. II flusso termico reale per una aletta pertanto si esprime indicando con A, = C . L la superficie totale dell'aletta stessa:

Si può immaginare che tutto avviene come se, fisso restando il coefficiente a, la superficie di scambio si riducesse da A, ad OA,. All'aumentare della profondità L e quindi della superficie A,, l' efficienza decresce: oltre un certo limite l'detta non risulta più economicamente vantaggiosa. Le alette vengono normalmente disposte su superfici soggette a scambio termico convettivo, costituendo le cosiddette superfici estese o superfici aiettate. In genere le alette sono a sezione costante lungo la loro profondità L per semplicità costruttiva. Si potrebbe tuttavia dimostrare che il profilo più razionale di una aletta (ai fini del risparmio di materiale) è quello che presenta uno spessore elevato alla base e decrescente con leggc parabo-

Fig. 4.16. Alette longitudinali sulla superficie esterna di un tubo.

Fig. 4.17. Alette circolari sulla superficie esterna di un tubo.

La trattazione analitica delle alette circolari richiede sviluppi matematici che qui si tralasciano. Si arriva però ad una espressione finale dell'efficienza analoga a quella ottenuta per le alette piane. Nel diagramma di fig. 4.18 è riportatal'efficienza di alette circolari sempre r per vari valori del rapporto 2 Ti . in funzione deI parametro L Si nola, ed 6 intuitivo, che l'efficienza Q decresce al crescere della profondità L più rapidamente per le alette circolari che per le alette pi:itic.

Fig. 4.18. Efficienza di alette circolari.

L'impiego di tubi esternamente alettati è di pratica vastissima nella tecnica degli impianti per il riscaldamento e il raffreddamento dell'aria. Si hanno in genere batterie di tubi paralleli investiti da aria che ha direzione perpendicolare all'asse dei tubi. Questi possono essere allineati nel senso del moto dell'aria oppure sfalsati. Le alette sulla superficie esterna dei tubi sono riportate avendo cura di realizzare il miglior contatto termico fra tubo e alette. Le alette trasversali, oltre che individuali per ciascun tubo, possono essere continue, costituite cioè da una unica Iastra opportunamente forata per il passaggio dei t u ~ della i batteria come si vede in fig. 4.19 (batteria e tubi sfalsati). Caratteristiche della batteria sono la distanza fra tubo e tubo in direzione Iongitudinale s,, in direzione trasversale s,, lo spessore delle alette e la distanza fra aletta e aletta. Per ulteriori notizie su questo argomento, oggetto di molte indagini tcoriche e sperimentali si rimanda a testi specializzati 1131, [14].

Fig. 4.19. Tubi con alette continue.

Occorre precisare infine che quanto detto fin qui circa l'efficienza SL riguarda solo la superficie dell'aletta. Quello che occorre introdurre nel calcolo delle batterie è l'efficienza Q * dell'intera superficie di scambioA composta della superficie libera del tubo A, più quella dell'aletta A,. Supposto che la temperatura alla base dell'aletta coincida con la temperatura nella superficie rimasta libera del tubo A,, l'efficienza Q* dell'intera batteria, rapporto fra il flusso termico reale e il flusso termico ideale che si avrebbe se tutta la superficie di scambio A avesse la temperatura del tubo, risulta:

A

Si vede chc anche per i più bassi valori di pratico impiego di 2 A

(0,85) e di i2 (0,75), la differenza fra Q* ed Q non supera il 5%.

Il metodo classico per la soluzione di un problema del genere è il metodo della separazione delle variabili. Si assume che la soluzione 6 ( x , y ) della (4.95) sia data dal prodotto di due funzioni

4.9. Problemi di conduzione termica in casi bidimensionali. Soluzione analitica. I campi termici considerati nei precedenti paragrafi erano definiti da una sola variabiIe spaziale. Si considerano ora situazioni di campi termici definiti da due variabili spaziali, sempre in regime stazionario. Si tratta, come usualmente si dice, di problemi bidi-

mensionali. In questo paragrafo si mostra come tali problemi, in casi semplici per forma geometrica e per condizioni al contorno, si possono risolvere in maniera analitica esatta. Sia dato (fig. 4.20) uno strato definito nel piano x - y dai valori delle coordinate O < x < E ed y a O. Esso può immaginarsi come sezione di un solido per il quale lungo la direzione dell'asse z , perpendicolare al piano x - y, non vi siano variazioni della sezione stessa né dei valori della temperatura. I1 campo di temperatura nello strato è definito dall'equazione di Laplace

a2t ax2

-t--

a2t

dove X = X ( x ) è funzione solo di x e Y = Y ( y ) è funzione solo di y . Sostituendo la (4.96) nella (4.95) si ottiene

Le variabili ora risultano separate, con il risultato che ambo i membri della (4.97) devono essere eguali ad un'unica costante che si indica con p 2 . Si hanno pertanto le due equazioni differenziali a derivate totali:

-O

a,?

L'integrale generale della (4.98) è

X = CIcos p x

Le condizioni al contorno siano: t = t, t = t, t=t,

t=t(x)

per x = O per x = l per y + pery=O

mentre l'integrale generale della (4.99) è:

(4.94a) (4.94b) (4.94~) (4.946)

È pertanto

ossia, posto t - t, = 6:

6 = X -Y = (C, cos p x (4.95)

6 =O B=O 6=0 i)= t ( x ) - I(, = ,I?,( x )

+ Cssenpx

Fig. 4.20. Strato piano infinitamente esteso in direzione y.

per x=O per x = l per y + co pcr v = O

+ C2senpx)

(C3e p Y

+ C4 e - P Y )

(4,102)

Le costanti C I , C,, C,, C, si determinano tenendo conto delle condizioni ai limiti (4.95a, b, C, d) . Dalla (4.95a) si deduce CI = 0. Analogamente per la (4.95~)dovendo essere 9 = 0 per y+ W risulta C.,= O. La (4.102) si riduce quindi a:

6 = C e - PYsenpx

(4.103)

Per la (4.95b) deve essere s e n p x = O per x = I il che comporta che nn p1 sia multipto di n,ossia p=-.

i

(per n = l , 3 , 5 ...)

e sostituendo nella (4.108):

La (4.103) diviene pertanto:

con n = l, 2, 3 ... (si eciude il valore n = O che porterebbe alla soluzione banale 6 = 0). Poiché la somma di due soluzioni di una equazione differenziale lineare è ancora una soluzione, la soluzione generale è ottenuta sommando tutte le possibili soluzioni: m

8=z C,e

nn

--

i

n-]

nn x Ysen -1

La condizione (4.95d) consente infine di determinare i coefficienti C,. Deve essere

I?~(X)=

C, sen

I

E questa si riconosce essere lo sviluppo di Fourier della funzione (x) in serie di seni. In questo caso i coefficienti C, sono determinati:

2 C. = -

/

(x) sen

o

--

nnx dx

m

l

n-]

e

I

i

1

(x) sen n JGX d x

n xx l nnx dx=8,cos 1 E nn

(4.108)

1

O

Nel caso particolare che per y = O si abbia t ( x ) = tl O(X) = tl - t. = = cost., risulta:

o

6=0 6 =%(x) 6= (x)

per per per per

x =O

x =a

y =O y=b

I1 problema può essere trattato risolvendo separatamente i due problemi corrispondenti a ciascuno dei due gruppi di condizioni I e 11:

#=O

l

Y ~ e n n- nx

con le condizioni

I

La soluzione in definitiva risulta:

s=-2 C

8 1

Si consideri ora uno strato piano, come precedentemente, ma limitato anche nella direzione y: sia pertanto da considerare il dominio per x compreso fra O ed a , e per y compreso fra O e b. Le condizioni ai limiti siano come indicate nella fig. 4.22. Assunto ancora 6 = t - t. si ha da risolvere l'equazione

#=O

nnx -

n=l

Nella fig. 4.21 sono rappresentate alcune linee isoterme corrispon6 denti a diversi valori di -.

l

= cost.

6=0 6=0 = I$ (x)

t?=

n x 6,

x =O x =a y=O y =b

per per per per

x =O x =a

ossia 6=0

=-

per per per per

(4.109)

O

6 = 1'4 ( x ) x =O

y=O y =b

e poi sommando i risultati. Questa possibilità deriva dal fatto che l'equazione (4.11 1) è lineare ed omogenea. La soluzione generale della (4.111) è già stata indicata

Facendo riferimento al I gruppo di condizioni (4.111') si ottiene nn per le prime tre di queste condizioni: CI = O , p=- a , G = - C q , ossia procedendo come precedentemente:

oppure, introducendo il seno iperbolico: m

n n y sen8 , = 2 z C,senh -

n mx

a

n=]

a

Per la quarta condizione deve essere: m

I~,(x)= 2 R=I

Fig. 4.21. Tracciamento di isoterme nello strato piano seminfinito.

nnb n XX Cnsenh -sen a a

e , per lo sviluppo in serie di Fourier:

nnb - 2 2Cnsenh - - a

j

illsen

o

n nx

-dx

a

da cui, sostituendo nella (4.113')

t$=-

2 a

nnY senh a nnb senh -

C

,I=]

nEX sen -14 ( x ) sen -dx o

a

In maniera analoga, facendo riferimento al I1 gruppo di condizioni (4.11lV), si ottiene:

2 " =a I

n ~ c ( b- Y )

senh

a

C senh

nnb a

Nella fig. 4.23 sono riportate alcune isoterme riferite a questo

esempio.

La soluzione finale è quindi

Nel caso particolare in cui t , ( x ) e t Z ( x ) siano costanti con tl (x) = tZ( x ) = tl e quindi t+I ( x ) = i$ ( x ) = = cost., l'integrale nelle (4.116) e (4.117) diviene:

O

nn x 2n aisen dx =a nn

t+1 (n = 1 , 3, 5 . . . )

(4.119)

e quindi le due espressioni risultano: senh

e,=-% n

2

cenh

Fig. 4.23. Campo di temperature in uno strato piano rettangola~e.

3ny.

sen n x iI a 3 3nb sen h

-

a

5

(4.120)

Q

senf, 3 n ( b p ~ )

8,,= n

xx

sen -4-

a

I 3

a

-

senh

3nb

a

a

5

I due problemi esaminati mostrano come anche per condizioni abbastanza semplici la trattazione può riuscire complessa. Vari altri problemi, relativi anche a casi tridimensionali e con coordinate cilindriche e sferiche si possono risolvere analiticamente. Negli ultimi cento anni un grandissimo numero di soluzioni analitiche per problemi di conduzione termica si sono accumulati nella letteratura. Altre alla classica opera di H.S. Carslaw e J.C. Jaeger [ l ] si possono consultare i volumi di P.J . Schneider [2] di U.S. Arpaci [SI e di M.N. Ozisik [4] e [9]. In molte condizioni tuttavia la soluzione analitica riesce troppo liiboriosa a addirittura impossibile. E d'altra parte la incertezza con

cui sono conosciuti i parametri fisici dei dominio in esame può rendere superflua ai fini pratici la ricerca di una soluzione esatta. Si ricorre pertanto a metodi approssimati. Questi possono essere metodi grafici, numerici o analogici. Si dà qui cenno di tali metodi, notando come di recente con l'impiego dei calcolatori elettronici i metodi numerici sono di gran lunga i più usati. 4.10 Metodo grafico

Si consideri un campo termico come quello indicato nella fig. 4.24, costituito dalla sezione di due muri ad angolo. Non vi siano variazioni di temperatura in direzione z perpendicolare al piano della figura. Si tratta di un campo bidimensionale in regime stazionario nel quale sono assenti sorgenti interne di calore. I1 campo deve soddisfare all'equazione di Laplace

essendo i confini del campo determinati da due isoterme AB(t = t,), DC(t = t,) e da due adiabatiche BC e A D . In un campo che obbedisce alla (4.123) le linee isoterme devono essere perpendicolari alle linee di corrente. Si tratta allora di tracciare per successive approssimazioni due famiglie di linee perpendicolari le une alle altre. Si supponga di aver realizzato questo a partire da una divisione dell'intervallo t, - t2 in n parti (6 nella figura). Considerata una altezza perpendicolare al piano del disegno A Z = l , si può esprimere il flusso termico con riferimento a un qualsivoglia quadrilatero come MNRS limitato dalle isoterme MN ed SR e dalle linee di flusso MS e NR:

In particolare è opportuno tracciare le linee in modo che Ax = A y , venendo così ad avere una rete di quadrati curvilinei. Basterà fare in modo che la somma di due lati opposti di ogni quadrato sia eguale alla somma degli altri due. Ne segue allora:

Fig. 4.25. Isoterme e linee di flusso nell'isolamento di un tubo: a) caso simmetrico, h) cii.iO non simmetricn.

e questa espressione rappresenta il flusso termico attraverso ogni tubo di flusso come EFGH. Vi è modo quindi, contando il numero di tubi di flusso che si sono ottenuti, di valutare l'aumento del flusso termico della zona d'angolo fra due pareti rispetto al flusso termico in una parete piana a parità di superficie interna. Altri esempi possono bene illustrare la cosa. Nel primo (fig. 4.25) si vede come viene deformato il campo termico nell'isolamento di un tubo nel passare da una configurazione simmetrica ad una asimmetrica. Dal rapporto fra il numero di tubi di flusso nei due casi si ha il rapporto dei flussi termici s-cambiati. I1 secondo esempio si riferisce al caso di un un tubo interrato orizzontale ad una certa distanza dal ruolo e nel quale scorre un fluido caldo. Nella fig. 4.26 è rappresentato il campo termico (per simmetria è tracciata solo metà del campo). Dal numero dei tubi di fiusso è possibile determinare la potenza dissipata, nota la conducibilità del terreno (ed assunta isoterma la superficie del suolo). L'ultimo esempio riguarda il caso di un muro nel quale penetri per un certo spessore una lamina metallica AB (fig. 4.27). L'alta conduttivita di questa fa si che il tratto AB si consideri a temperatura t = t l . Si vede la deformazione del campo e I'aument o del fiusso termico. Fig. 4.26. Isoterme nel caso di un tubo interrato parulleio al su«lo.

Fig. 4.27. Isoterme e linee di flusso in uno strato piano con lamina metallica inserita.

4. l l. Metodi numerici

I metodi numerici sono di grande utilità quando si devono considerare dominii di forme geometriche complesse, condizioni ai limiti complicate e quando si è in presenza di non linearita nelle equazioni. Essi si sono enormemente diffusi nel recente periodo e possono essere applicati a problemi mono- bi- o tridimensionali. (Bibliogr. [15], [16], [17], [N], [19]). I1 metodo numerico piu comune è il cosiddetto metodo alle differenze finite (Bibliogr. [3], [ 5 ] , [ B ] , [7],181, [9], [19], [20], [21]). Esso consiste nella sostituzione di rapporti di differenze finite delle variabili al posto delle derivate ne~ia'e~uazione generale della conduzione. Ciò corrisponde fisicamente alla suddivisione del dominio in elementi di dimensioni ridotte (straterelli piani nel caso monodimensionale, maglie rettangolari o quadrate nel caso bidimensionale ecc ...) ciascuno dei quali è caratterizzato da un "nodo". Alla continuità del sistema è sostituito un insieme di nodi in numero finito, variamente spaziati, cui corrispondono altrettante equazioni algebriche. Recentemente ha avuto larga applicazione nei problemi di conduzione termica anche il metodo agli elementi finiti, sviluppato inizialincnle nel campo della meccanica dei solidi e dell'analisi strutturale (Rihlicigr. da [201 :i (291). I vantaggi principali di questo metodo

rispetto al metodo alle differenze finite consistono nella maggior facilità di trattare i confini irregolari e di variare le dimensioni degli elementi finiti nel dominio considerato. D'altra parte la rappresentazione mediante differenze finite delle equazioni a derivate parziali è cosa di assai più immediata intuizione. Ci si occuperà pertanto del metodo numerico alle differenze finite sia in questo capitolo per i problemi in regime stazionario sia nel capitolo successivo per i problemi in regime variabile. La illustrazione del metodo agli elementi finiti richiederebbe una digressione che va oltre i limiti del presente volume. Si rimanda a testi specializzati. È da ricordare infine che fra i metodi numerici per i problemi di conduzione termica è da annoverare anche il metodo di Monte Carlo il cui nome è dovuto alle tecniche della probabilità su cui e barato. Anche per questo metodo si rimanda alla bibliografia. ([30], I311, 1321).

Le maglie determinano un numero finito di nodi, ognuno dei quali viene definito da due indici, il primo riferito alla riga (e il cui valore cresce dal basso verso l'alto), il secondo riferito alla colonna ( e il cui valore cresce da sinistra a destra). Ogni nodo è rappresentativo di tutto il rettangolo di lati Ax e A y , di cui esso costituisce il centro. Per il nodo generico, interno al campo, di indici i e j, rappresentativo del rettangolo tratteggiato nella fig. 4.28, si può scrivere il bilancio termico, esprimendo che, in regime stazionario, la somma dei flussi termici che interessano il nodo stesso è nulla. Supponendo uno spessore unitario dello strato perpendicolare alla sezione in esame, si ha:

4.12. Metodo numerico alle differenze finite

Si faccia riferimento a un campo termico bidimensionale limitato da un certo contorno con prefissate condizioni ai limiti costanti nel tempo. Si stabilisca nel campo un reticolo a maglie rettangolari di lati Ax e A y paralleli agli assi cartesiani di riferimento (fig. 4.28).

essendo H la densità di generazione interna di calore (calore generato per unità di volume e unità di tempo). Se A e costante e si pone Ax = A y = S (reticolo a maglie quadrate) si ottiene:

i

i

+

a2

+i

- , -i

,

H h

0

(4.127)

Questa è l'equazione alle differenze finite che, per ogni nodo, sostituisce l'equazione di Poisson

wlntiva allo strato piano. Prima di procedere oltre conviene analizzare il grado di approssiii~wioncche si ottiene mediante la suddivisione del campo continuo iii ccrio numero di nodi e la sostituzione delle (4.127) al posto della cqiimiionc diffcrcnziale (4.128). ('(in ril'critiicnto alla lig. 4.28 si possono scrivere gli sviluppi in ~ r ~ , i di t b l'i~yl()r:

t.. =t. l

1.1

a2t t3 a3t t4 . a 4 t + 6 +a t -s2 ++-f ... a~ 2! ax"! ax3 4! a x 4

essendo tutte le derivate calcolate nel punto di coordinate corrispondenti al nodo i, j . Dalle (4.129) si ottiene Fig. 4.29. Campo termico bidimensionale in prossimith di una superficie piana.

Si vede che l'errore che si commette, detto errore di troncamento è dell'ordine di fi2. Se un nodo appartiene ad una superficie in contatto con un fluido a temperatura tf, ove sia a i1 coefficiente di convezione, si scrive (fig. 4.29):

Se il nodo, nelle condizioni superficiali precedenti, si trova nello spigolo esterno, come in fig. 4.30, ancora con A x = A y = 6 , si ottiene:

ossia, con A x = A y = S:

Fig:4.30. Campo termico bidimensionale in prossimità ad uno spigolo esterno.

Se infine, il nodo, sempre con le medesime condizioni superficiali, si trova ne110 spigolo interno, come in fig. 4.31, ancora con Ax = Ay = 6, si ottiene:

Altre espressioni si possono ottenere facilmente con condizioni di superfici adiabatiche o isoterme ecc. Se pertanto i nodi ottenuti sono in numero di N, si ha da risolvere un sistema costituito da N equazioni algebriche, ciascuna relativa ad un nodo. Per esempio per il nodo r-esimo si scrive:

La soluzione di un tale sistema si può fare con la regola di Cramer ed ovviamente ci si può affidare ad un programma al calcolatore. La cosa riesce in genere semplificata perché la matrice dei coefficienti ha molti elementi nulli ed e fortemente diagonalizzata (Bibliogr. [ 5 ] , [9]). Assai facimente succede che il numero di nodi e quindi il numero di equazioni è rilevante. È opportuno in questo caso ricorrere a metodi iterativi, in cui si procede per approssimazioni successive. Ed anche la soluzione mediante questi metodi può essere affidata al calcolatore. II classico metodo iterativo in problemi del genere va sotto il nome di metodo di rilassamento [33], [34]. Si parte dall'attribuire a tutti i nodi del dominio in esame dei valori delle temperature ragionevolmente stimati. Tali valori non soddisfano la serie di equazioni sopra indicate. Per il generico nodo r-esimo il primo membro dell'equazione (4.134) non sarà eguale a zero, ma si avrà

Il simbolo Rr rappresenta il residuo del nodo r-esimo. Il procedimento iterativo consiste nel variare per passi successivi i valori delle temperature nei nodi fino ad annullare o rendere assai vicini a zero i residui di tutti i nodi a seconda della precisione richiesta. La tecnica da usare in questo procedimento di approssimazioni successive, per ottenere una convergenza più veloce, è data dalla esperienza. Si può iniziare dai nodi per i quali i residui sono maggiori; e per questi conviene assumere un incremento (o un decremento) di temperatura più grande di quello necessario ad annullare il residuo (tecnica di "super-rilassamento"). Si calcolano quindi i residui di tutti i punti che sono influenzati dal primo cambiamento. Si considerano ancora i residui piu grandi e così via. Altre tecniche vanno sotto il nome di "rilassamento a blocchi" e "rilassamento a gruppi". Per tutte queste tecniche si rimanda a testi specializzati (Bibliogr. 121, [ 5 ] , [7], [8], [9], [19], [33], [34]), Si espone un esempio illustrativo.

ESEMPIO 4.7

II primo passo consiste nel fissare a stima le temperature dei nove nodi ["C]:

Sia dato uno strato piano quadrato (sezione di una barra infinitamente lunga senza generazione interna di calore) avente due lati opposti a temperatura Q, = 150 "C e di altri due a temperatura t ', = O "C (fig. 4.31a). Si vuol determinare la distribuzione della temperatura nel piano.

Soluzione

Si ottengono i residui corrispondenti ["C]:

Si adotta un reticolo a maglie quadrate. Data la simmetria del sistema è sufficiente considerare i nodi numerati da 1 a 9. Si hanno le equazioni dei residui dei nove nodi: Per avere una chiara idea di come procedere occorre conoscere in quale misura una variazione Af = 1"C in un nodo influenza il residuo di quel nodo e dei nodi adiacenti. Si ha la tabella 4.1.

Tabella 4.1 (grandezze espresse in ["C])

Si può cominciare con I'osseware che una variazione At = l in un nodo modifica = - 4 il residuo del nodo stesso, oltre a modificare in senso contrario, in misura minore, i residui dei nodi adiacenti. Il secondo passo quindi consiste nel R modificare la temperatura di ogni nodo di una quantitl A t = -- , o meglio 4 di una quantità un po' più grande in valore assoluto (super-rilassamento) per ridurre l'influenza delle variazioni dei nodi adiacenti.

di A R

R

Per il nodo 2, essendo =

-4

il nodo 4 si pone At,

=

12,5, si pone At, = - 15, e così per il nodo 3; per

+ 15; per

P

1%

il nodo 6 , essendo -=

-4

-6,25,

si pone

A,, = 7,5 e cosl via. Si costruisce in tal modo la seconda riga della tabella 4.2. I passi successivi proseguono con lo stesso criterio. Al quinto passo si ottengono tiitti i residui non superiori all'unità. Questa pub essere un'approssimazione sufficiciitc: si hanno le temperature indicate nell'ultima riga della tabella. Si osserva chc questo problema si poteva risolvere anche anahicamente come iiitlic;iici nclh foriniil;i (4.122) prcccdentcmente ricavata.

Tabella 4.2 (grandezze espresse in ["C])

Un altro metodo iterativo per la soluzione del sistema di equazioni come quelli finora esaminati è il cosiddetto metodo di GaussSeidel perfezionato da Liebmann. I1 procedimento si svolge attraverso i seguenti passi successivi: (1) si esprime in ogni equazione (4.134) l'incognita del nodo relativo in funzione di tutte le altre incognite; (2) si assegnano, e stima, i valori di tutte le incognite e si risolvono in funzione di questi le equazioni di cui in (1); (3) si ripete la procedura con i nuovi valori ottenuti fino a che un prefissato criterio di convergenza è soddisfatto. Per chiarire l'applicazione del metodo si consideri il sistema delle tre equazioni algebriche nelle incognite t,, t2, t3:

Il procedimento si ripete fino a che il prefissato criterio di convergenza è soddisfatto, ossia fino a che risulta

per ognuna delle temperature ti, essendo

E

un valore prefissato.

ESEMPIO 4.8

Si considera il problema rnonodimensionale delia barra esaminato analiticamente

al paragrafo 4.7. Una barra (fig. 4.31b) di lunghezza L=O,40 m , di sezione trasversale A =0,0004 m2 e perimetro C=O,I m , di materiale avente cnnduttivitk termica W h=50 ha alla sua hase la temperatura I , = 100°C ed è immersa in aria -

m0C'

W . si m2C considera trascurabiie il flusso termico all'estremita della barra. Trovare con metodo alle differenze finite e con il criterio iterativo di Gauss-Seidel, i'andamento della temperatura nella barra. alla temperatura t, = 0°C. I1 coefficiente di convezione dell'aria è a = l 0

Si ricavano:

-

Siano tio), t?', t.;'' i valori iniziali stimati delle temperature. Questi valori sono introdotti nella (4.138) tenendo già conto in questo primo passo, nel calcolo delle incognite successive alla prima, dei valori ottenuti delle incognite precedenti. E questo (accorgi~nentodi Liebmann) consente di accelerare la convergenza: Fig. 4.31b

Soluzione

Tabella 4.3 (valori in ["C])

Si suddivide la barra in quattro tratti di lunghezza d x = O , l m determinando i nodi 1, 2, 3, 4, 5 costituiti dalle sezioni trasversali della barra come nella fig. 4.31b. Si scrivono le equazioni relative ai nodi:

nodo 2:

I

T

I

#I

53,6

t,'" t?)

26,88 26,18 26,26

14,70

50,75 50,47

15,18 15,36

11,76 12,14 12,28

Soluz. esatta

49,8O

25,70

14,85

I l , 77

nodo 3:

Il procedimento 6 arrestato al quarto passo essendo realizzata l'approssimazione data dalla diseguaglianza.

1 nodo 4:

Nell'uftima riga sono indicati i valori della soluzione esatta ottenuta dalla for-

L A (t3 - t4) f n A (fi - t,) - a C A x Ax

Ax

(t4- ta)= O

muia (4.82) del paragrafo 4.7 ( m = t = tl

nodo 5:

AA

I

- ti3) < I T

Ax

( t 4 - t51 - a C - (t5 - t,) = O Ax 2

p) :

cosh [ m (L - x)] cosh (m L)

Si constata un buon accordo pur avendo scelto una suddivisione non troppo

fine.

e sostituendo i valori:

4.13. Metodo analogico

Si ricava da ciascuna equazione l'espressione della temperatura del nodo corrispondente:

Si fissa ora a stima una serie iniziale di valori, ad es. :t y ' = 75, t3(') = 50, t?) = 25 t?) = O (sempre in ["C]).Sostituendo tali valori e proseguendo nei passi successivi come indicato. si ricavano le seguenti serie di valori via via più approssimati riportati nelle righedellii tabella 4.3.

4"'

I metodi analogici sono stati molto utilizzati in passato per lo studio dei campi termici sia in regime stazionario che in regime variabile. Attualmente le grandi possibilità offerte dai calcolatori elettronici nei metodi numerici ne hanno fortemente ridotto l'importanza. Se ne dà tuttavia un cenno, limitandoci in questo paragrafo , al regime stazionario. L'equazione di Fourier e in particolare l'equazione di Laplace non è ristretta alla sola conduzione termica. Altri fenomeni come quelli di campi elettrici o magnetici o del trasporto di massa sono governati da leggi formalmente identiche. E sorta quindi spontanea l'idea di costruire dei modelli analogici del campo termico in esame, che consentono più facilmente la misura dei potenziali e dei flussi, corrispondenti alle grandezze icrnperatura e flusso termico del campo termico. Ci si limita qui :illi\ ;iii:ilogi:i clcttrica, [%l 1361.

In un conduttore elettrico omogeneo avente conduttività elettrica ,lp(per semplicità supposta costante), l'intensità di corrente elettrica i è legata al potenziale V dalla relazione:

'

- ---

Nella fig. 4.32b è rappresentato il campo elettrico analogo ove le distanze sono segnate con indici. Sia

A, grad V

A

I1 flusso di corrente elettrica si esprime

Tale legge è formalmente identica alla legge di Fourier per il campo termico

i = ;i,.

Aml-AZ' Al'

Sia ora

A,= r h , (avendo indicato con h, la conduttività termica). Il potenziale elettrico verifica l'equazione div (A?grad V) = O

c si fissi un rapporto fra le differenze di potenziale e le differenze di temperatura (4.143)

Combinando le (4.146) e (4.147) si ottiene Si ha la stessa equazione di Laplace che si e più volte scritta per la temperatura: Costruito pertanto, mediante un mezzo continuo avente determinata conducibilità elettrica, .un modello geometricamente simile del campo Si può pertanto stabilire, in regime stazionario, un modello elettrico del campo termico in cui rispettivamente le tre grandezze potenziale, intensità di corrente, conduttività elettrica corrispondono a temperatura, flusso termico, conduttività termica. Si consideri un campo termico bidimensionale del quale nella figura 4.32a sono segnate Ie tracce di due superfici isoterme t e t - At a distanza media Al e le tracce di due superfici di flusso a distanza media A m . Sia q il flusso termico attraverso il tubo di flusso di sezione normale A , limitato dalle due superfici di flusso a distanza Am e da uno spessore A Z perpendicolare al piano del disegno: I:ig. 4.32. Maglia elementare in un campo bidimensionale: a) isoterme e linee di flusso nel campo termico; b) equipotenziali e linee di corrente nel c m p o clcttr~co.

termico in esame, da una misura di intensità di corrente e possibile ricavare il valore del flusso termico. Nella pratica Ie rappresentazioni analogiche si realizzano mediante vasca elettrolitica o mediante lamine conduttrici. La vasca elettrolitica, sempre con riferimento al caso bidimensionale, è costituita da un recipiente il cui fondo è isolante e le cui pareti verticali rappresentano Ie condizioni al contorno. La soluzione elettrolitica di conduttività elettrica il, è contenuta a un livello AZ'. Nella fig. 4.33 e indicata la rappresentazione del caso di due muri ad angolo con temperature uniformi assegnate sulle superfici interna ed esterna (condizioni al contorno del I tipo). Le pareti ABC e DEF corrispondenti a superfici isoterme, sono costituite da metallo buon conduttore: le pareti A D e CF sono costituite da materiale isolante. L'alimentazione è fatta mediante corrente alternata di frequenza elevata per evitare fenomeni di polarizzazione. Le superfici equipotenziali nella soluzione sono determinate mediante un indicatore di zero che può essere un galvanometro elettrodinamico o un ricevitore telefonico (come in figura) i cui fili fanno capo ad un contatto mobile sulla resistenza R e ad una punta S costituita da un ago verticale che pesca nella soluzione e può essere mosso su un piano orizzontale. Si nota il vantagC gio, nel modello elettrico, della lettura all'amperometro. Se invece di essere fissate le F temperature superficiali del campo termico sono fissate le temperature dell'aria che lambisce le superfici interna ed esterna e il coefficiente di convezione a (condizioni al contorno del I11 tipo), allora la rappresentazione mediante modello analogico con vasca elettroIitica è fatta come indicato nella fig. 4.34. Le pareti ABC e DEF sono costituite da lamine verticali staccate una dall'altra, di larghezza Am' e altezza AZ' tenute insieme da mate- Fig. 4.33. Modella analogico per la scriale isolante, per tutta la profonzione di un muro ad angolo ciit.8 dcll'clettrolita, ciascuna colnel caso di superfici ai limiti isiitci'nic. lcgiila tramilc l i r i rcsistorc R al-

l'elettrodo a potenziale V I e V2 corrispondente alle temperature dell'aria interna o esterna. E facile calcolare la resistenza elettrica di ciascun resistore:

La rappresentazione analogica di campi bidimensionali si realizza bene anche mediante lamine conduttrici. Queste sono formate da sottili fogli metallici o , più frequentemente, da carta grafitata. Quest'ultima è caratterizzata da una resistenza elettrica (Q mim) che rappresenta l'inverso del prodotto & A Z ' del modello sopra descritto. Si rendono conduttori i bordi corrispondenti a superfici isoterme, mediante pennellatura con lacca d'argento.

Fig. 4.34. Modello aoalogico per la sezione di un muro ad angolo con condizioni ai limiti di 111 tipo.

L'analogia elettrica in regime stazionario non si limita a modelli continui. geometricamente simili al campo termica in esame; ma pii0 i'nr ricorso a rcti di resistenza elettriche.

Per brevità si consideri solo un campo termico bidimensionale e si riprenda la fig. 4.28 ove il campo continuo è sostituito da un certo numero di nodi: la temperatura di ciascuno dei nodi rappresenta la temperatura di tutto il rettangolo di cui il nodo è il centro: le relazioni di flusso termico si esprimono solo fra nodo e nodo. La costruzione della rete di resistenze e immediata (fig. 4.35); ciascuna resistenza elettrica fra i nodi ha un valore proporzionale all'inverso della conduttanza termica corrispondente.

rico consente inoltre di tener conto della eventuale variabilità dei parametri fisici, ove per esempio la conduttività termica sia funzione della temperatura, oppure la densità di generazione interna di calore non sia costante in tutto il dominio, eppure le condizioni al contorno non siano uniformi. Assai spesso quello che più interessa conoscere e il flusso termico attraverso una determinata struttura limitata da due superfici Al e Ai e per le quali siano note le temperature superficiali t* e t,. In generale, noto il coefficiente di conduzione termica, si può acrivere:

ove F e il cosiddetto fattore di forma della struttura (omogeneo con una lunghezza). Nella tabella n. 4.4 sono indicati i fattori di forma di alcune strutture in casi mono- o bi-dimensionali, con condizioni ai limiti di 1 tipo (Bibliogr. 171, 181, [36], [38], 1391).

Fig. 4.35. Campo termico bidimensionale rappresentato mediante una rete di resistenze elettriche.

ESEMPIO 4.9

=

Siano date due pareti ad angolo aventi spessore i = l, = [: = 0,30 m e formate di materiale di mnduttiuith termica 1 = 0.30 m "C La temperatura rulla superficie inter-

4.14. Fattori di furma I cenni esposti nei paragrafi precedenti hanno dato indicazioni di come si possono applicare metodi analitici, grafici, numerici e analogici per la determinazione dei campi termici e dei flussi termici in regime stazionario. Per forme geometriche e condizioni ai limiti particolarmente semplici il metodo analitico si impone. Sistemi dalla geometria più complicata, ma con contorni isotermi o isolati si risolvono facilmente con metodo grafico o analogico. Questi metodi tuttavia divengono scomodi quando le condizioni al contorno sono del 111 tipo. In questi casi è conveniente ricorrere al metodo numerico, che si adatta ad ogni forma geometrica ed ha il grande vantaggio di consentire la soluzione mediante calcolatori elettronici, altrimenti laboriosissima appena il numero dei nodi c quindi dcllc equazioni tilgebriche divenga clcvato. Il inctodo niirnc-

na sia ti = + 20 "C e sulla superficie esterna t, = O "C. Determinare il flusso termico per una lunghezza dello spigolo L = 3 m e per una 4 1 = 0,40 m misurata sulla superficie interna di ciascu3

striscia di larghezza a =-

na parete. Soluzione Si calcola il valore del fattore di forma (caso n. 8 delta tabella 4.4);

c quindi il flusso termico

per la (4.149)

q = AF(ti- t,) = 0 , 3 .Y,62 -20=57.72 W

Tabella 4.4. Fattori di forma F

1 Sistema fisico

Fattore di forma (m)

5. Sfera isoterrna immersa in uno strato semi-infinito con superficie isoterma

Strato piano

6. Cilindro isotermo immerso verticalmente come in figura

I

2. Strato cilindrico di lunghezza L

/

t2

7. Cilindro isotermo immerso in un paralle-

t--

lepipedo come in figura

3. Strato sferico

W 8. Angolo fra due pareti piane (1)

4. Cilindro isotermo immerso in uno strato semi-infinito con superficie isoterma 2 YrL

cor h-'

(t)

( L >> r )

(1) Si può ritenere che la presenza dell'angolo renda bidimensionale il campo termico in una sezione perpendicolare allo spigolo, fino a una distanza a=

4 -

3

l dallo spigolo interno

su ciascuna parete.

La presenza dell'angolo quindi fa aumentare il flusso termico del 20,25%. (Con ferirnento, si ripete, a una superficie interna di larghezza 2 a = 2 .-4 l).

(inverso del numero di Biot) in ascisse, per vari valori del gruppo 4 h La figura è stabilita per 1, = l , ed è valida per o, 3 -3 l ] e a, l 4 @P1 1,. Per spessori non molto differenti uno dall'altro si può

11

3

Nella pratica le condizioni ai limiti sono assai spesso del I11 t i p i : sono note le temperature dei fluidi che Iambiscono le superfici e i coefficienti di convezione e non le temperature superficiali. Ncl caso di una parete piana, se ti e t, sono tali temperature ed ai ed (x, i coefficienti di convezione, si può sempre scrivere la (4.149) con i l fattore di forma

J

assumere il loro valore medio. Si può osservare dalla fig. 4.36 che se i coefficienti ci, e a, h tendono a zero, il tendono all'infinito e quindi i gruppi a,l e a,l valore di k*, tende a 0,54. Ma sr. ai ed ae tendono all'infinito lignifica che le temperature dei fluidi coincidono con le temperature superficiali.

Se il caso non è monodimensionale, il fattore di forma in gencrc non e ricavabile in maniera analitica esatta. Ci si limita qui ad esaminare ancora il caso della struttura di due pareti ad angolo. Si faccia ancora riferimento alla figura del caso n . 3 della tabella 4.4 ove pero ti e t, siano le temperature dei fluidi con i coefficienti rispettivi di convezione ai ed q. I1 fattore di forma è dato dalla espressione

F=-L (K,a, -t K 2 a 2 f k,) 13.

In questa espressione A è la conduttività termica del materiale di cui sono composte le pareti, K, e K2 sono Ie trasmittanze terrniclic unitarie delle pareti e kL e il eosiddetto coefficiente di trasmìssinnr lineare, espresso nel sistema S.I. in watt per metro di spigolo e peigrado KeIvin di differenza di temperatura. I1 flusso termico, per la (4.149) si esprime:

Circa il valore del coefficiente lineare k,, esso si può ricavarc dalla fig. 4.36 ove si fa riferimento a gruppi adimensionali: in ordil ' i ~ . 4.3h. F;i[toi.c IIpl).

111 Icirniii

pci. la z o n a di angolo con c~indiziorii di contorno di 111

I1 fattore di forma (4.151)

F=-

L

A

( K F a l+ K 2 a 2 + k ~ )

ossia

diviene

e coincide con l'espressione del fattore di forma del caso n . 8 della tabella 4.4 riferita appunto all'angolo fra due pareti con condizioni al contorno del I tipo.

ESEMPIO 4.10 Sono date due pareti esterne ad angolo di un edificio aventi spessore

l, = 1, = 0,30 m e formate da materiale di conduttività termica A = 0,3 W / m "C. 1 coefficienti di convezione lato interno e lato esterno sono rispettivamente ai=8 e a, = 20 W / m' "C. Le temperature dell'aria interna e dell'aria esterna sono rispettivamente Q = 20 "C e t, = O " C . Calcolare il flusso termico per una zona di larghezza al = a2 = 0,40 m, e per una lunghezza dello spigolo L = 3 m Soluzione Si calcola la trasmittanza termica unitaria delle pareti:

I gruppi adimensionali valgono

Dalh fig. 4.36 si trova k? = 0 , 4 0 e quindi il coefficiente di trasmissione lineare kL = k*l,-,l=0,12 W / m "C. Il flusso termico per la (4.152) vale:

Si osserva che per la stessa superficie interna della parete piana, senza la presenza dell'angolo, il Russo termico sarebbe

La presenza dell'angolo pertanto in questo caso aumenta il flusso termico del 17,6% rispetto a quello che si avrebbe con la parete piana e la stessa superficie interna. A completamento di questo esempio si riporta una tabella che dà il valore del coefficiente lineare k L in funzione della trasmittanza media K delle due pareti e del loro spessore medio 7 per il caso particolare in cui i coefficienti di convezione abbiano i valori ai= 8 W / m2 "C ed a, = 20 W1 m2C.

Tabella 4.5. Valori del coefficiente di trasmissione lineare k L per pareti ad angolo (con ai= 8 e q = 20 w / m 2 C ) . Unità di misura coerenti del S.I..

CAPITOLO V

CONDUZIONE TERMICA IN REGIME VARIABILE 5.1. Premessa

Nel capitolo precedente si sono esaminati problemi di conduzione termica per i quali la temperatura, variabile da punto a punto nel dominio considerato, era costante nel tempo. Si esaminano ora problemi di conduzione termica per i quali la temperatura è funzione non solo delle coordinate spaziali ma anche del tempo. Tali problemi di regime variabile possono a loro volta essere divisi in due categorie: quelli riguardanti regime non periodico e quelli riguardanti regime periodico. I primi assai spesso riflettono casi nei quali un corpo avente una determinata distribuzione interna di temperatura subisce un'improvvisa variazione nelle condizioni al contorno che poi sono mantenute costanti. Si ha quindi "un transitorio" di temperatura all'interno del corpo fino al raggiungimento di una nuova condizione di equilibrio. Problemi di questo tipo trovano ad esempio larga applicazione nei processi metallurgici e nei trattamenti termici di varie strutture. I1 secondo tipo di problemi, quello riguardante il regime periodico, si incontra quando sulla superficie di un corpo o sul fluido che la lambisce si impone una variazione periodica della temperatura. Se questa variazione dura da un tempo "abbastanza lungo", si può trascurare l'effetto del transitorio iniziale. Problemi di questo tipo si incantrano ad esempio quando si studiano gli effetti termici nelle strutture edilizie e nel 'terreno dovuti'a variazioni diurne e annuali di temperatura dell'atmosfera e quando si studiano i regimi termici nci cilindri di motori a scoppio, o nei recuperatori termici alternalivi, ecc. Nei paragrafi che seguono ci si occuperà dapprima di metodi di sludio aiialitici per quei casi in cui si possono trovare soluzioni csattc. Successivamente ci si occuperà dei metodi approssimati. Si i i i i ~ i i i cial rcgiinc non periodico.

5.2. Corpi a resistenza interna trascurabile I1 problema che si esamina in questo paragrafo non attiene al campo della conduzione termica e come taIe non richiede il ricorso alla equazione generale della conduzione. Esso rappresenta un caso limite in cui prevalga assolutamente la resistenza termica superficiale rispetto alla resistenza interna di conduzione (ciò corrisponde a valori del numero di Biot molto piccoli). Lo si tratta tuttavia a questo punto sottolineando il generale interesse che esso riveste anche al di fuori di questioni di carattere termico. Si consideri un corpo avente conduttività termica molto elevata e di forma tale che almeno una delle tre dimensioni sia sufficientemente piccola, in modo che la differenza di temperatura fra due punti interni, per qualsiasi pur rapida, uniforme variazione della temperatura superficiale, possa essere trascurata. Sia ti la temperatura iniziale del corpo di volume V e di superficie A ed il corpo stesso venga posto all'istante t = O in un fluido a temperatura t = tf con il quale scambia calore per convezione e irraggiamento. Si ha cioè una "variazione a gradino" nella condizione al contorno. Si tratta di determinare la temperatura t del corpo variabile nel tempo. Indicando con a, C, Q rispettivamente il coefficiente di trasmissione superficiale, il calore specifico e la densità del corpo, si ha:

Si suppongano costanti i valori dei tre suddetti parametri; si può scrivere:

da cui integrando e tenendo conto della condizione t = t, per ottiene:

11 rapporto a A può scriversi:

cev

T=

O si

Esso rappresenta l'inverso del prodotto di una resistenza per una capacità. Tale prodotto ha le dimensioni di un tempo e si chiama costante di tempo zo del processo. La (5.3) pertanto si scrive:

ossia

Si veda la fig. 5.1. Tracciata la tangente alla curva nel punto iniziale M, risulta

La costante t, rappresenta quindi il tempo che sarebbe necessario affinché la temperatura raggiungesse il valore finale se la velocità di variazione rimanesse quella iniziale.

Si constata che per

L = .i0

si ha

La costante di tempo rappresenta il tempo necessario affinché la temperatura dei corpo vari del 63,2% della totale escursione finale. Quanto detto trova analogia in altri sistemi (si veda per esempio la fig. 5.2) e può essere applicato per caratterizzare la prontezza di risposta di elementi sensibili di misuratori in cui compaia una forza elastica e una forza di attrito.

La rappresentazione grafica è data in fig. 5.3. La dimensione caratteristica l ha i seguenti valori: - per una lastra piana di spessore 2s e infinitamente estesa: I=s; - per un cilindro di raggio r infinitamente esteso o per una r

barra di sezione quadrata di lato 2 r e infinitamente estesa: l =-;

2

- per una sfera di raggio r oppure per un cubo di spigolo 2 r :

Si sottolinea tuttavia che elevati valori del numero di Biot non sono da prendersi in considerazione perché contraddicono la posizione iniziale della istantanea uniformità di temperatura all'interno del corpo in esame.

Fig. 5.2. Circuito elettrico a una resistenza e una capacità

Ritornando aIla (5.3) si osserva che essa può essere scritta introducendo i gruppi adimensionali illustrati nel capitolo 11. In effetti è:

v

e indicando con 1 il rapporto -, risulta: A

A

ove a =-- è la diffusività termica. La (5.3) pertanto si può scrice vere : Fig. 5.3. Andanientci della teinperiltura in corpi

ri

resistenza interna trascurabile.

5.3. Corpi con resistenza superficiale trascurabile

Si considerano ora problemi di riscaldamento e raffreddamento di corpi aventi una resistenza interna non trascurabile per i quali invece si possa trascurare la resistenza termica superficiale (IlaA =O). talché la temperatura tf del fluido che lambisce la superficie coincide con la temperatura t, sulla superficie stessa. Si tratta di risolvere l'equazione della conduzione termica avendo condizioni al contorno di I tipo. Si espongono di seguito alcuni casi riferiti a forme geometriche semplici e nei quali la variazione iniziale di temperatura al contorno sia "a gradino".

5.3.1. Lastra piana Sia data una lastra piana a facce parallele di spessore 21 limitata dai due piani x = - E e x = + l e infinitamente estesa nelle direzioni y e z (fig. 5.4). La distribuzione iniziale di temperatura sia solo funzione di x : ti =f ( x ) ; all'istante iniziale sulle due facce sia imposta una temperatura tl mantenuta costante. Non vi sia generazione interna di calore.

L'equazione di Fourier è ridotta a

con le condizioni ai limiti per per

t = ti( x )

t = t,

t.=O

, -l O , ove si considera un processo di solidificazione a temperatura tF fissa. Con riferimento alla fig. 5.19 la formulazione matematica del problema è la seguente:

i n t e r f accia

p

a) per la fase solida:

con le condizioni ai limiti: liquido

t,=t,

soldo

per x = O

r>O

(5.102a)

b) per la fase liquida:

a 2 t, a x2

- I

at, -

p--

' .

ai

con le condizioni ai limiti:

nterfaccia

-'l1 O per

x+m

ax

ti = ti

Fig. 5.18. Processi di solidificaziont: ( o ) e di

aT

iusiciiir ( h )

per x > O

,

r>O

,

T=O

(5.103a) (5 .lO3b)

Si ritiene ovviamente che anche nella fase liquida si tratti di pura conduzionc.

che soddisfa la (5.102) con la condizione (5.102a). Per la fase liquida analogamente la soluzione tl = ti

+ B erfc

(

2

k

l

soddisfa la (5.103) con le condizioni (5.103 a, b). Per la (5.104 a) sull'interfaccia deve essere:

Questa relazione, dovendo essere soddisfatta per ogni valore del tempo z implica che s sia proporzionale a T"'. Si pone: s=2k*

ossia k =

Fig. 5.19. Solidificazione ne! semi-spazio

S

2 l G

essendo k una costante da determinarsi. I coefficienti A e B si ottengono dalle equazioni (5.107): Nell'interfaccia deve essere: t,=t,=t,

per

A= X=S(T)

, r>0

(5.104a)

Quest'ultima esprime che la differenza fra il flusso termico a sinistra e destra dell'interfaccia o fronte di solidificazione è dovuta al calorc ceduto dal mezzo nell'unità di tempo nel processo di solidificazione stesso. d s rappresenta la velocità di avanzamento del La derivata dt. fronte di solidificazione. La soluzione esatta del problema che qui si presenta va sotto i l nome di soluzione di Neumann. Si scegIie per la fase solida una soluzione del tipo t,, = t,

+ A erf

(

Z&)

t~ - 11 erf k

e quindi le (5.105) (5.106) divengono

P

t, - t,

erf k

Introducendo infine queste ultime nella seconda condizione (5.104 che costituisce l'equazione del bilancio dell'energia all'interfaccia, kcnriiprc tcncnclo conto dclln r 5: 2 k si ottienc l'equazione li)

e

Questa relazione sostituita nella (5.104b) dà

questa equazione trascendente consente di determinare la costantc k. La si puii risolvere numericamente usando le tavole della fuil zione degli errori. Nel caso importante in cui il valore della temperatura iniziali della fase liquida coincida con la temperatura di fusione ( t , = t,) I : I (5.112) si riduce a

e questa relazione, essendo

s =2 x

(cfr. (5.108) ), coincide con

la (5.114). 5.8.2. Condurione termica con cambiamento di fase: metodo integrale

I1 gruppo adimensionale

'l' si chiama anche numero di Stc L fan e il suo valore definisce l'importanza del calore sensibile iii gioco rispetto a1 calore latente. Se il valore del numero di Stefan i. molto piccolo (0

ds ''1 -@L Al -per x = s r>O ax a~ dT Si sceglie innanzitutto la soluzione per la fase solida. Questa è 1;i medesima data nel caso precedente (5.110) con l'equazione:

As

--

T

t~ - [I

erf k,

si determinano i coefficienti a, b e

C

e si perviene all'equazione:

Si assume pure qui

e si assume che I'ascissa dell'interfaccia e data da Sostituendo la (5.126) nella equazione di base (5.124) si ottiene, dopo alcuni passaggi: essendo k , una costante da determinare. Si adotta ora per la fase liquida il metodo ititcgralc. Si sccglic

e, tenuto conto delle relazioni

[a

[71, [91, [W, POI, W]). Si consideri dapprima il caso monodimensionale, per i l quale, prescindendo da generazione interna di calore, l'equazione di Fourier si scrive:

M, 151,FI,

si perviene all'espressione:

( S . 131)

Restano da determinare i valori di kI e k2. Si introducono le equazioni dei profili della temperatura della fase solida (5.120) e della fase liquida (5.126) nella condizione dell'interfaccia (5.1l9b). Si ottiene: e - k f +L--A-- n t - t - klL O

(5.142)

con precisione via via maggiore. ESEMPIO 5.5

Uno strato piano, di spessore 1 = 0,40 mica a = 6,6 .

Alla fine dell'intervallo A s il flusso deve essere ancora positivo ci. al più nullo, altrimenti si contraddice il secondo principio dellii temodinamica. È pertanto

m d i materiale avente diffusivita ter-

m2

- si trova a temperatura uniforme t = O "C. All'istante ini5

~ i a l ela temperatura nella superficie x = l subisce un brusco aumento da t = O "C a t =300 "C, mentre la superficie x = O e mantenuta a t = O "C. Si vuol trovare l'andamento della temperatura nell'interno dello strato.

Soluzione

Sostituendo in questa il valore di t : dato dalla (5.141) si ottiene

Si divide lo strato in cinque strati di spessore Ax = 0,08 m numerando i nodi 1 da I a 6 come nella fig. 5.21a. Assumendo Fo =-, risulta: 2

I Ed è questo il criterio di stabilita. Per Fo >- il metodo non i. 2

più convergente. issato pertanto gli intervalli di spazio A x in uii mezzo di diffusività termica a, gli intervalli di tempo A z devono sottostare alla limitazione

I

.

Per Fu = - risulta A t = 53"'205 3

In particolare per Fo =-l si ha per la (5.141): 2

e di qui una facile costruzione grafica che va sotto il nome di I Binder-Schmidt. Per Fo = -: 3

Per Fo = -.1 .

1:ig. 5.2l;i. Suddivisione dello strato piano di cui all'esempio 5.5.

. Per Fo =-I risulta A r = 40m 4

I caicoli, eseguiti in base alle (5.1461, (5.147). (5.148) sono riportati nelle trc tabelle seguenti rispettivamente per i tre valori di Fo. (Si osservi che per il calcolo delle temperature all'inizio del primo intervallo di tempo non si è assunta in x = l la temperatura I = 300°C ma la media fra il valore i = O che si aveva per r < 0°C c il valore r=300°C imposto a L = O. E questo un accorgimento per evitare troppi grandi errori iniziali).

(temperature in ["C])

(temperature in ["C])

Nella fig. 5.21b sono segnati i valori della temperatura in funzione del tempo al nodo 5 in base alle tabelle ed è pure tracciata la curva della soluzione esatta quale si può dedurre dal paragrafo 5.3.1 (formula (5.32)) ove t risolto analiticamente lo stesso problema.

I:ip. 5.21b. Aridan~critci della temperatura nel nodo 5 di cui alla figura precedente.

I1 metodo alle differenze finite consente anche di considerare strati piani multipli, composti di più strati piani paralleli di differenti caratteristiche fisiche (si veda I'esempio 5.7). Si possono inoltre considerare condizioni superficiaIi del 111 tipo. Si osservi la fig. 5.22 ove la superficie, indicata come nodo n-esimo è a contatto con un fluido a ternperatura t, con coefficiente di convezione a. Il bilancio termico per questo nodo si esprime:

n-2

n-l

n

Bi(tf - t,)

+ (t,,-l - t,) > O

Bi(tf-t',)

+ (t,,-, - t',) 3 0

dovrà pure essere:

Combinando insieme la (5.153) con la (5.151) si ottiene Fo s

I 2 (Bi + l )

questa condizione è più restrittiva della precedente (5.144) relativa a un nodo interno e per numeri di Biot elevati costringe ad avere valori del numero di Fourier e quindi di d a troppo piccoli. Il metodo esplicito risulta troppo lento: occorre far ricorso al metodo implicito di cui si dirà più avanti.

Fig. 5.22. Suddivisione dello strato piano in prossimità delh superficie limite.

ESEMPIO 5.6

ove si tenga conto che la capacità interessata al nodo stesso

si

riferisce ad uno strato di spessore -.A x

2

Si consideri il caso dell'esempio precedente. ove pero, anziché essere data una variazione brusca della temperatura nella superficie x = l all'istante iniziale, sia data una variazione brusca da ( / = O "C e t i = 300 'C della temperatura del fluido che lambisce la superficie. essendo a - 1.5 W / m' "C e L = 1,2 W i m "C.

aAx . La (5.149) si può scrivere, essendo i1 numero di Biot, h SUuzione

Bi (tf - t,)

+

- t,) =

1 ( t n - t,)

Adottando la stessa suddivisione A x = 0,08 m si ottiene

2 Fo

da cui f ,' = t,,

+2

Fa [Bi(tf - t,)

+ t,-, - t,]

(5.151)

E si ottiene anche per la temperatura superficiale il facile proccdimento iterativo. È soltanto da precisare il massimo valore che si può attribuire ;it numero di Fourier in base al criterio di stabilita, come indicato precedentemente. Se il flusso termico al nodo n-esimo è positivo per le temperature all'inizio dell'intervallo, ossia se è:

I l criterio di stabilità indica Fo S 114. Assunto Fu= 114 la formula (5.151) porge per il nodo superficiale

nienlre per i nodi interni continua a valere ovviamente la (5.148)

, - b,+ 24 + C+,

ti-

4

174 Le due formule servono a stabilire la tabella che segue (temperature espresse

111

Nella fig. 5.22a è rappresentato il profilo delle temperature dopo 2 ore. dopo 4. dopo 8. dopo 12 e il profilo a regime. Il punto A che segna la temperatura di 300 "C è preso nella retta OB (profilo a regime) e risulta a distanza A l a dalla superficie dello strato. Difatti dalla uguaglianza dei flussi termici a regime (,W) ( t , - 1 , ) = a(t, - te) risulta (ta I,) / (tB- t , ) = (A/a)l l. -

ESEMPIO 5.7 Valutare il comportamento termico, in regime variabile. di una parete ccirnprista lambita sulle due facce d a aria a temperatura rp e t ) comunque ~ variabili. La paretc b costituita di due strati, il primo di mattoni di spessore 1, =0,25 n1 e avente h, = 0 , s W irn "C, C, = 800 J l kg "C, Q, = 1600 kgim3, il secondo di sugliero di Spessore 1: = 0, I l m, avente = O,O4 W i m "C, c2 = 1500 J I kg "C, p2 = 90 lig/ in3. I coefficienti di convezione sono rispettivamente al= 20 W l m 2 "C lato muttcirii e a2 = 8 W 1 m' "C lato sughero.

Soluzione Si scelga una suddivisione nello strato di mattoni con A x i =O,M m e nello strato di sughero con Ax2 =O,@ m (fig. 5.22b). I rispettivi numeri di Biot risiiltano

Fig. 5.22a. Profilo delle temperature nei tempi successivi nel muro di cui ;ill'eseiiilii~~ 5.6.

I:ig. 5.22b. Suddivisione di uno strato piano composto in intervalli di spessore Ax, e As:.

nodo 9: tg=

La più restrittiva è la seconda. Adottando per lo strato di sughero appunto Fo = I i lX. ne risultano in questo strato gli intervalli di tempo:

18

'

+ 8tf2 9

Si pub stabilire il programma al calcolatore, fissate le condizioni iniziali e le temperature tf, e I)>, comunque variabili. Si nota tuttavia come con questo metodo esplicito si è costretti ad una lentezza masperante ( A T = 5 minuti!) nel procedimento.

Si deducono le condizioni di stabilità:

=-.

t8

.0,04' = 300 s = 5 minuti

I1 metodo alle differenze finite consente anche di considerare ,problemi in campi bi- e tridimensionali. Limitando l'esame al caso bidimensionale, si faccia riferimento alla fig. 5.23 che rappresenta il reticolo a maglie rettangolari con un numero finito di nodi in cui è iitato diviso il campo. Supponendo uno spessore unitario perpendicolare al piano si può scrivere il bilancio termico relativo al nodo (i, j) nell'intervalIo di tempo (T, T + A T), e procedere parallelamente a quanto ricavato nelle formule precedenti. Con riguardo sempre al metodo esplicito e ponendo A x = A y = 6 , si ottiene

0,04

Per avere nello strato di mattoni lo stesso A s deve essere

La temperatura di ogni nodo all'istante T + A T si può ottenere dai valori noti delle temperature dello stesso nodo e dei nodi adiacenti itll'istante precedente t. E si può ricavare che la condizione di

E questo valore è ovviamente minore del valor limite sopra trovato per In straiii di mattoni. Le formule risolutive (equaz. (5.141) e (5.151) sono pertanto per i nodi da 1 :I ' j come in fig. 5.22b: nodo I: t ; = tI + 2 .0,075[1,25(tf,- t I ) + t , t l ]

nodi 2, 3, 4, 5: t : = t,

+ 0,075(t,+,+ I,-,

-2tJ

nodo 6:

nodi 7,8:

' 4 5~. 2 3 . Siidclivihioric

t11 iiii

~iiiiip»hidimensinnale in reticolo a maglie rettangolari.

un istante intermedio fra i e T + A t, ossia facendo una medi;\ ponderale tra i flussi espressi dalle (5.132) e (5.133). Si ottiene

stabilità si ha qui per Fo = a Ar/ S2 G I / 4 .

l

In particolare per Fo = -:

4

Si lasciano altri sviluppi al lettore. Si riprenda ora quanto accennato all'inizio di questo paragralo ove, con riferimento al caso monodimensionale si stabiliva il bilaii cio relativo al nodo i-esimo anche valutando lo scambio termico i i i base ai valori delle temperature nello strato i-esimo e nei diil. adiacenti misurati alla fine e non all'inizio dell'intervallo di tempo A z. Si aveva la formula

da cui si deduce

t : = t i + Fo(t:+,

+ t\-,

-2t:)

(5.157

ossia - Fot:_,+(2Fo+I)

t : - Fot;+,=ti

con M compreso fra O e 1. Per M = - I S.I ottiene il metodo co2 siddetto di Crank-Nicolson [43]: per M = I ed M = 0 rispettivamente il metodo esplicito e implicito.

5.10. Metodo analogico Si dà qui cenno, anche per i problemi di conduzione termica in regime variabile, delle possibilità offerte dall'analogia elettrica, ossia della possibilità di costruire circuiti elettrici equivalenti al campo termico in esame su cui operare con maggior facilità, trasferendo poi i risultati nel modello termico. Questo metodo dell'analogia elettrica è stato molto utilizzato in passato [44], [45J; ora assai meno per il prevalere dei metodi numerici con l'impiego dei calcohtori elettronici. Si parta da un problema di conduzione termica in un caso monodimensionale. I1 campo termico, ove si escluda generazione interna del calore, è governato dalla equazione:

(5.158

Questa relazione dà luogo al "metodo implicito", così chiamalo perché, ad ogni intervallo di tempo, occorre risolvere il sistem;~, completo delle equazioni di tutti i nodi. Questo secondo metodo può apparire più laborioso, ma dato che la matrice del sistema itridiagonale, si può far uso di algoritmi semplificati che consentorio un forte risparmio di tempo, e naturalmente ricorrere a procedi menti iterativi. I1 vantaggio essenziale del metodo implicito è che esso è sernpri. convergente, non soffre della limitazione di dover adottare piccoli intervalli di tempo A a con conseguente grandissimo numero di p ~ i successivi come richiesto dal metodo esplicito. In effetti col metotlo implicito anche con valori di A s e di Fo elevati non sono possiliili violazioni del secondo principio. I1 flusso termico non si può invl.1 tire durante l'intervallo A a appunto perché esso è valutato in h;i\i. alle condizioni alla fine dell'intervallo stesso. Si può immaginare anche un metodo implicito modificato. I:ssi~ consiste nel calcolare il calore scambiato in hasc allc ternpciaturc i i i

Si consideri ora un conduttore percorso da corrente elettrica. Sia la resistenza di esso per unita di lunghezza; sia C ' la capacità elettrica per unità di lunghezza. I1 conduttore si immagini privo di autoinduzione e di conduttanza di dispersione. Per un tratto dx del conduttore si può scrivere

r'

ilii

cui facilmente:

L'equazione (5.162) è formalmente identica alla (5.160). Si osservr che la diffusivita a si scrive

av at.

l R,C,

(Vi+!- 2 vi-l- vi-1)

Il modello analogico è indicato nella fig. 5.24. Ogni strato di spes-

Lo strato piano, sede del campo termico ha il suo corrispondcntc analogico in un conduttore elettrico che possiede resistenza peiunità di lunghezza pari all'inverso della conduttività termica A dello strato e capacità elettrica per unità di lunghezza pari alla capaciti termica c e dell'unità di volume dello strato. È evidente che un tal conduttore non si può realizzare. La capacità elettrica non può essere uniformemente distribuita ma devc essere rappresentata da un numero discreto di condensatori locali7zati. I1 conduttore continuo quindi viene sostituito da un rnodell(i elettrico a costanti concentrate. Ciò equivale a ridurre l'equazione di Fourier, per quanto riguarda la derivata a secondo membro, a un rapporto fra differenze finite come si è indicato al paragrafo prcccdente:

sore A x , avente resistenza e capacità termiche R, e C, è rappresentato nel modello elettrico con una resistenza e una capacità elettriche R, e C,, essendo sufficiente che il prodotto R, C, sia nurnericamente eguale al prodotto Rece.Si può anche costruire il modello elettrico ponendo R,C, = mR,C,: con ciò la durata (si noti che il prodotto R C è omogeneo con un tempo e costituisce la costante di tempo dello strato A x ) del fenomeno elettrico viene moltiplicata per m. Si comprende il vantaggio di far variare a piacere la durata del fenomeno nel modello elettrico.

ossia:

Fig. 5.24.

Analogamente si proceda per il caso elettrico. Si ottiene:

av

--

at

ossia

-

I rlAxclAx

(Vi+,- 2 vi+ Vi-,)

i-

Si illdiiil iin niiirti di mattoni pieni dello spessore I = 0,40 m , avente h = 0,8 W / m 'C. 000 .l 1 kg "C'. ki = I000 k g / i n 3 . Costruire u n modello elettrico equivalente.

Soluzione Si divida il muro in cinque strati di spessore Ax =0,08 m . Per ciascun stratci ili superficie trasversale unitaria è:

S. Si ponga m = IO-'. da cui R,C, = IO-'. R,C, = l l . i l , Questo si può ottenere scegliendo ad esempio resistori con R,= 11.52 t M S 2 i. condensatori con C , = i p F . Con ciò la durata del fenomeno termico è ridotta ;i uri millesimo nel fenomeiici elettrico. 11 processo che può durare alcune decine di O I C . nel muro si riduce a qualche minuto nel circuito elettrico.

e quindi R,C, = 11.520

Con questi circuiti elettrici si possono studiare anche muri compi sti e soggetti a qualsivoglia condizione al contorno; nella fig. 5.25 i. rappresentato un muro esterno di un edificio composto di due. strati, ove t, rappresenta la temperatura dell'ambiente esterno. comunque variabile, e ti la temperatura dell'ambiente interno. s ~ i p posta costante.

Il modello analogico C rappresentato da celle R C di diverso ~ a l o r eper gli straterelli corrispondenti ai due strati del m u r o . con delle resistenze R,,, ed R,,; corrispondenti agli inversi dei coefficienti di convezione esterno e interno. I1 potenziale corrispondente alla temperatura t, = cost si pone V, = 0 . Mentre il potenziale V, variabile, proporzionale alla differenza t, - t, si realizza mediante un generatore di funzione G. È interessante ad esempio, dalla lettura nel modello dell'intensità di corrente nel punto B, ricavare i l flusso termico specifico attraverso la superficie interna del muro. Beninteso se si è posto A V = k A t ed Re = n R, il flusso termico specifico si ottiene

Il metodo dell'analogia, mediante circuiti RC può essere applicato casi bidimensionali e tridimensionali. Nel caso tridimensionale Ogni cubetto o paralleIepipedo di volume A x A y A z e rappresentato mediante tre resistenze elettriche R,, R,, R,, corrispondenti ~ l l etre componenti ortogonali della resistenza termica del cubetto I

Ax AAy A Z

'

AY AAxAr

AZ AAxAy

Ritornando al caso monodimensionale, si può accennare ancora che lo studio del comportamento termico deIIe pareti piane e composte (attualmente di grande importanza per il calcolo delle dispersioni termiche negli edifici) si può fare ricorrendo alla teoria dei quadripoli elettrici I461 assimilando lo strato piano ad un quadripolo termico con la corrispondenza delle grandezze termiche alle grandezze elettriche già sopra indicata.

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CAPITOLO VI LA CONVEZIONE TERMICA: GENERALITA E CENNO AL MOTO DEI FLUIDI

6.1. Generalità La convezione termica costituisce uno dei meccanismi fondamcntali di scambio di calore tra due sistemi a temperature diverse e posti in contatto tra loro. Essa presuppone che almeno uno dei sistemi sia fluido (liquido, gas, sistema bifase liquido + vapore) ed & localizzata in seno al fluido (od ai fluidi) all'interfaccia di separazione tra le fasi e nelle immediate vicinanze. Nel seguito si fa sempre riferimento a casi in cui il fluido lambisce un corpo solido, data la grande importanza e diffusione che tale configurazione dello scambio termico convettivo presenta nelle applicazioni pratiche pur Senza sottovalutare l'esistenza di esempi notevoli di convezione tra liquido e liquido o tra liquido e gas. Condizione indispensabile alla realizzazione della convezione termica e che il fluido sia in moto relativo rispetto alla superficie del corpo solido, altrimenti si manifesta solo conduzione termica tra i sistemi in contatto e si possono quindi applicare la trattazione ed i risultati esposti in altra parte del testo (cap. IV e sg.). In presenza di moto, come si preciserà meglio al punto 6.3.3, esiste tuttavia sempre uno strato di fluido (anche di spessore ridottissimo) a contatto della parete nel quale il meccanismo di scambio termico è di tipo molecolare, in questo caso però, a differenza di quanto visto a proposito dei sistemi in quiete, il gradiente della temperatura riscontrato alla superficie S funzione delle caratteristiche del moto. Se si analizza da vicino il fenomeno convettivo, si nota che lo S t r i i t o a diretto contatto con la parete riceve da essa energia termica (si supponga per fissare le idee la parete a temperatura maggiore rlcl fluido) e che esso, a sua volta, la cede agli strati attigui pih cstcrni. In questi ultimi l'energia interna rimane localmente

costante, in condizione di regime stazionario (regime proprio della quasi totalità dei casi di interesse nella convezione) poiché il flusso energetico entrante è bilanciato da1 flusso energetico uscente gencralmente per effetto contemporaneo di: 1. un meccanismo a livello molecolare di conduzione termica. legato ai gradienti deIla temperatura ed alla conduttività termica del fluido; 2. un meccanismo a live110 macroscopico strettamente connesso ; i l moto turbolento del fluido: le particelle fluide infatti trasportano durante il loro moto tutte le proprieta ed in particolare I1enerpi;i interna agendo quindi da veri e propri veicoli di trasporto encrgetico. Esse, nel loro movimento, vengono in contatto con alirc particelle fluide a temperatura inferiore; è allora possibile uno scambio termico per conduzione tra parti di fluido "caldo" c parti di fluido "freddo"; a ciò si sovrappone, un processo di continuo mescolamento tra particelle fluide di caratteristiche te1.miche diverse: quelle a temperatura più elevata, cioè a livelli energetici interni maggiori, cedono alle particelle a ternperatun più bassa, cioè ad energia interna minore, parte della loro energia interna e determinano quindi un trasporto netto di enei-gia termica nella massa del fluido. In regime laminare il meccanismo 1 è l'unico responsabiIe dcl trasporto energetico. Gli strati di fluido sono però in moto relativo, quindi tale trasporto dipenderà anche dal moto del fluido. La situtizione è del tutto diversa da quella di conduzione termica entro uri fluido in quiete. Alla parete con la normale orientata verso il fluido si ha:

ove

A

2 la conduttivith termica del fluido e

($)p

k funzione deli;~

configurazione del campo di moto e quindi di grandezze fisiche drl fluido quali p, p, C, A, ecc. La (6.1) mantiene la sua validità anche con regime turbolenio perché è individuabile sempre uno strato di fluido a contatto con I ; i parete a velocità nulla rispetto ad essa, sede di un meccanismo di pura conduzione termica. E logico comunque attendersi che la convezione sia influenzai;~ non solo dalle proprietà termiche del fluido quali la conduttività, i l calore specifico, e dalle temperature della parete e del fluido. h c i i ~ anche dal campo di moto realizzato, cioè dalla distrihuzionc dclh.

velocità in direzione, verso e modulo e quindi dalle grandezze fisiche, geometriche, dinamiche che concorrono a realizzarlo, quali la densit8, la viscosita del fluido, le caratteristiche di forma della parete, la distribuzione delle pressioni, la presenza di campi di forze di volume, ecc. In realtà i fenomeni di natura fluodinamica non sono indipciidcnti da quelli di natura termica ed il campo di velocità è sempre influenzato dalla distribuzione delle temperature nel fluido; le proprielA fisiche del fluido, che direttamente condizionano la configurazione dinamica (densità, viscosità) dipendono infatti dalla temperatura. Nello studio della convezione termica perciò i processi termico c dinamico dovrebbero a rigore essere affrontati simultaneamente. Ci6 comporta pero l'introduzione di notevoli difficoltà analitiche, dimodochi, ove è possibile (ad es. in molti casi di convezione forzata), il campo di velocità si considera indipendente da quello termico. 1 risultati ottenuti sono perciò utilizzabili per tutti i fluidi a proprieta indipendenti dalla temperatura; essi sono trasferibili ai casi reali solo in prima approssimazione, sufficiente comunque nelle applicazioni più comuni e numerose che riguardano fluidi a proprietà poco variabili con la temperatura ed in presenza di moderate differenze di temperatura. In certi casi tuttavia, ad esempio con oli minerali ad alta viscosità, pur in presenza di ridotte differenze di temperatura, oppure con i forti gradienti termici in seno alla massa del fluido che si riscontrano in molti processi ad alta temperatura, l'ipotesi restrittiva wpraddetta deve essere rimossa se non si vuole incorrere in errori grossolani di valutazione. Si modificano allora le relazioni ottenute a proprieta fisiche costanti ai fini di includere gli effetti delle variazioni con la temperatura delle proprietà del fluido. Con i gas inoltre si deve tener conto della dipendenza delle proprietà fisiche, in particolare della densità, oltre che dalla temperatura, anche dalla pressione; quest'ultimo parametro acquista importanza rilevante a velocità prossime alla velocità del suono nel mezzo. A velocità piu basse (ad es. inferiori a 90 t 100 m / s per l'aria) si può comunque conservare l'ipotesi di proprietà fisiche costanti ed applicare in modo soddisfacente le relazioni relative. Le cause del moto del fluido consentono di operare una classificazione fondamentale nella convezione termica. Si parla infatti di convezione forzata quando il moto è prodotto rltill'azione di dispositivi meccanici opportuni, quali ad es. pompe, vcnlilatori, circolatori, agitatori, ecc. 1,ii convczione si dice invece naturale o libera quando trae origine tliilla dipcndcnza dcllii densità del fluido dalla temperatura; i graciiciiti di tcnipci.;itiii.;i ~wcscnti nella massa fluida, infatti, determi-

nano gradienti di densita che, in presenza di campi di forze cIi volume (ad es. di gravita, apparenti centrifughe o complementari, ecc.) possono non essere compatibili con l'equilibrio del fluido c. provocano quindi i moti responsabili del processo convettivo. L;) convezione naturale costituisce perciò un esempio notevole di intcrdipendenza tra fenomeni dinamici e termici in un fluido. Detta suddivisione non si presenta sempre netta; si incontrani) talvolta situazioni in cui entrambi i tipi di convezione coesistono i 1 1 proporzioni non trascurabili. Nei campi dell'ingegneria, le applicazioni della convezione termica sono assai varie ed estese; si può dire che non esista problenxi tecnico di scambio termico senza la presenza determinante deltii convezione. Molto spesso il fenomeno convettivo si presenta d;i solo; talvolta. in particolari applicazioni, si trova strettamente asso ciato a processi di trasporto di massa. E ii caso ad es. dellii condensazione ed ebollizione di fluidi, del raffreddamento di supei fici a mezzo di fluido iniettato attraverso fori in esse praticati (raffreddamento a film) oppure fuoriuscente da porosità del1;i parete (raffreddamento per traspirazione); certe volte il fluido inieitato vaporizza ed il calore necessario al cambiamento di fase incrc menta in modo notevole l'efficacia del raffreddamento. Nel raffreddamento per ablazione, invece, materiali di ricopertlti.;~ sono asportati in continuiti per vaporizzazione o combustione diil fluido in moto e la superficie ricoperta rimane così protetta dall'iizione di ambienti gassosi ad altissima temperatura (camere di coiiibustione di motori a getto, a razzo; involucro gassoso attorno ;i veicoli durante il rientro nell'atmosfera, ecc.). La trattazione di questi problemi non viene comunque svolta 11c.l seguito e si rimanda a testi specializzati.

6.2. Resisrenza convettiva. Coefficiente d i convezione Si è già detto che lo scambio termico convettivo presuppone ui1;i differenza di temperatura tra la superficie solida ed il fluido i i i contatto con essa. Se la convezione è uniforme, con ternperat~iri. uniformi, in analogia con i fenomeni di resistenza elettrica è i i i i l i * definire la resistenza termica di convezione R:

i,

ti.,

temperatura alla superficie della parete; temperatura del fluido (vedi paragrafo 6.4)

Dato che il processo convettivo si sviluppa in prossimità della parete solida, il flusso termico dipende dalla estensione della superficie di contatto. In termini riferiti all'unita di area si ha:

La conduttanza termica per unità di area

I

R

si indica con a: e

rappresenta il coeflciente di convezione termica. La densità del flusso termico convettivo si esprime allora:

e il flusso termico è:

Le unità di misura di a si ricavano immediatamente: ad es. nel S.I. è dato in wl(rn2K), nel cisterna tecnico in kcal/(h m2 'C), nel sistema tecnico britannico in Btu/(h ft2 "F). Se la convezione non è uniforme sulla superficie, la (6.4) definisce il coefficiente di convezione locale, con c t,-[, grandezze locali aIla superficie. In termini elementari si ha:

Nella (6.5a) t,-tf è il valore medio della differenza delle temperature agenti alla superficie; a è allora il valore medio del coefficiente di convezione. L'espressione (6.5a) è stata introdotta per la prima volta da Newton; e di origine escIusivamente empirica; nulla essa dice né sulla natura intrinseca del processo convettivo, né tanto meno sul numero e tipo di grandezze che lo influenzano. Per molto tempo a è stata ritenuta proprietà del fluido. L'analisi dcl Fcnorneno ha mostrato invece la sua vera natura di funzione iisscii complessa della geometria del sistema sede del fenomeno, clcllc proprict5 fisiche del fluido, delle caratteristiche del campo di~i;~~i~ico.

I1 valore di a varia in genere da punto a punto sulla superficie C. dipende dal criterio di definizione (su cui si ritorners in dettaglio iiI paragrafo 6.4) e dalla posizione di misura della temperatura tf dcl fluido. L'espressione newtoniana della convezione ha però il pregio dell;~ semplicità; pone infatti il flusso termico scambiato in dipendenza lineare dalle differenze di temperatura, in stretta analogia a quanto generalmente si fa nella conduzione termica; si può quindi agevolmente impiegare nei problemi di trasmissione del calore con resistenze multiple in serie e10 parallelo. Del resto in molte situazioni il flusso termico non è lontano dall'essere proporzionale alle differenze di temperatura. Nei casi iri cui cib non si può affermare nemmeno in prima approssimazione, Ic (6.4), (6.5) mantengono comunque il significato di definizioni dcl coefficiente di convezione, Si riportano in tabella 6.1 gli ordini di grandezza dei coefficienti di convezione relativi ad alcuni processi comuni nelle applicazioni dell'ingegneria.

fluida e traggono origine da azioni interrnolecolari allorché particelle fluide sono in movimento relativo le une rispetto alle altre. La direzione di tali forze è quella del moto relativo tra Ie particelle, dimodoché gli strati fluidi possono trasmettere, assieme a forze normali (di pressione), forze tangenziali. L'intensità delle forze d'attrito dipende sia dal riliito relativo entro il fluido che da una proprietà fisica caratteristica. clctta visco~ i t adinamica, esprimente l'attitudine intrinseca del fluitlo a pro, d u n e azioni di attrito interno. Per definire quantitativamente la viscosità dinamica, si iiiirniigii~i la configurazione di moto illustrata in fig. 6 . k . I1 fluido è corilcnuto tra due superfici piane parallele molto estese, l'una fissa. l'altra a velocità costante W , rispetto alla prima. Sia h la distanza fra le superfici e la pressione sia costante in ogni punto.

TABELLA 6.1

aria, in conv. naturale aria, in conv. forzata vapore d'acqua surr. liquidi organici a bassa visc. in conv. naturale liquidi organici a bassa visc. in conv. forzata oli minerali in conv. forzata acqua in com. naturale acqua in conv. forzata vapori organici, condensazione acqua, ebollizione vapor d'acqua, condensazione a film vapor d'acqua, condensazione a gocce

6.3. Cenni sul moto dei fluidi viscosi 6.3.1. Viscositù

I fluidi reali in moto sono soggetti oltre che alle forze di prcs. sione, di gravi.tà, d'inerzia alle forze di tipo viscoso. Esse si rnuni1.c stano come resistenza interna a cambiamenti di forma della iii;iss;i

Fig. 6.1. Moto di un fluido viscoso tra due pareti piane parallele; a) distribuzione della velocità; b) distorsione locale dovuta a scorrimento tangenziale uniforme.

L'esperienza mostra che il fluido aderisce alle superfici assumendone le velocità (caratteristica comune a tutti i fluidi reali), dimodoch6 la sua velocità è nulla alla superficie inferiore e pari a w la quella superiore. Tra i piani delle pareti si può allora avere, in determinate condizioni, un moto ordinato in strati paralleli che #corrono gli uni sugli altri con distribuzione lineare delle velocità;

percib:

Nel caso preso in esame. le posizioni iniziali delle rcttc ( 1 , h ( l i fig. 6 . l b . per effettu dcl moto. si modificano nel tcmpo d~ ncII:i configurazione a. h ' e la velocità di deformazione angolare è d y i d r se si indica con d l f la variazione intervenuta dell'angolo tra le rette a e h. Si pone allora: Per mantenere il moto stazionario si deve però applicare alla superficie superiore una forza F costante e diretta nel senso del moto; essa è equilibrata dalle azioni di attrito che. in ogni pianti compreso tra le pareti e parallelo a queste. si oppongono al moto che presentano di conseguenza valore costante nella massa fluida. La forza F è proporzionale all'area A della parete; si preferisce quindi riferire la forza all'area unitaria FIA. Le reazioni d'attrito assumono in corrispondenza carattere di sforzi tangenziali G (gi:icenti cioè nel piano su cui agiscono) costanti, assieme a dwidy, i i i tutti i unti della corrente. L'esperienza indica inoltre che, per una classe vastissima di fluidi gli sforzi T sono proporzionali direttamente a W , ed inversamente ai h:

(h. IO)

e se d: e lo spostamento relativu tra due strati fluidi a distanza dy si ha:

i l campo dinamico consente di esprimere d c nel modo seguente:

quindi dalla (6.10) tenendo presente (6.11): indicando ora con p la costante di proporzionalita e tenendo prcsente la (6.7) si ha:

dw d y d ~ d M; r=p --P dy d y d r d.Y

e si riottiene cioè la (6.9).

La (6.9) esprime il principio di Newton dell'attrito viscoso e Iii grandezza p è detta viscosità dinamica o coefficiente di viscosith. Lc unita di misura sono facilmente individuabili; ad es. nel S.I. y è i i i kgi(ms), nel sistema tecnico metrico in kgf s/m2, nel sistema tcc nico anglosassone in lbf s/ft2. L'espressione newtoniana (6.9) definisce la viscosità dinamica. Si deve tuttavia notare che essa fa riferimento ad una configurazioric~ di moto particolarmente semplice. In realtà è conveniente legare, tramite la viscosità p, gli sfor/i d'attrito alle velocità di deformazione angolare riscontrate nel fluido (velocità di variazione dell'angolo tra due linee originariamciii~. ortogonali e solidali al fluido in un intorno infinitesimo del loi.ci punto comune).

In situazioni di moto generali. la deformazione angolare in funzione del campo di vclncita assume forma più complessa. Ad es. /nel piano x y le posizioni delle rette a. b di fig. 6.2 per effetto del moto si spostano nel tempo d-c nella posizione a ' , 6 ' e la velocità di deformazione angolare nel piano x y è

*

se si indica con dy. la ds viiriazione intervenuta nell'angolo tra le rette a e b. Si pone allora: T,,,,.= / l

d Y, dr

o v c T,,, 6 10 sforzo tangenziale relativo alla superficie ortogonale iill'iissc .v agente nella direzione x. Si 1x10iiiostr-ai-c che T,,, = T,! , sforzo tangenziale relativo alla ;III';ISSC .T q c n t e nella direzione y; quindi: ~ ~ ~ [ i c r l orIogo~i;~Ii~ 'ici~

dxdt Dalla fig. 6.2 risulta pure:

dy' dr

quindi dalla (6.12), tenendo presente (6.13

-

I dt

dE' dy

dydr

nintci nel

b) si ha:

W , essendo le componenti della velocith secondo gli assi di riferimento; analogamente si opera negli altri piani coordinati. I fluidi che seguono la (6.9) con p indipendenk dalla velocità di deformazione e quindi dal campo dinamico sono dctii newtoniani; ad essi appartengono tutti i fluidi sia liquidi che gassiisi più comunemente impiegati nella pratica. p risulta inoltre funzione dello stato termodinamicci; dipende percib dalla pressione e dalla temperatura. Nei gas è dell'ordine di IO-' kg/(ms), cresce a l crcsccre della temperatura e , meno marcatamente, della pressione; 2 stiita pure ricavata per via analitica sulla base di certi modelli fcirmul:iii dalla teoria cinetica. Nei liquidi, invece, la viscosità ha ordini di grandezza da 10 ' a I kg/(ms), dipende pochissimo dalla pressione ad eccezione dic in prossimità del punto critico e decresce fortemente all'aumentarc della temperatura; le formule, i diagrammi, i nomogrammi usati per il calcolo di y sono esclusivamente empirici, mancando del tutto le basi per una trattazione analitica esauriente. Nel moto dei fluidi ed in tutti i fenomeni ad esso associati, si trova usata frequentemente, accanto alla viscosità dinamica, la viscositu cinernatica v:

W,,

I1 campo dinamico consente di esprimere dg', d r nel modo seguente:

Fig. 6.2. Distorsione locale del Ciimpo di

:i.

piano .rv.

ove g è la densità del fluido. v ha dimensioni nulle rispetto alla massa; le unità di misura nel S.I., nel sistema tecnico metrico, nel sistema tecnico anglosassone sono rispettivamente il m2/s, il m2/h, e il ft2/h. Nei liquidi, fluidi poco comprimibili, la viscosità cinematica varia solo leggermente con la pressione e decresce al crescere della temperatura, essendo la diminuzione di Q assai più modesta di quella di P, Nci gas, t c ~ i i ~ tconto o della dipendenza di q da p , v e pressoché

inversamente proporzionale a p, a temperatura costante; a pressione costante, invece, aumenta fortemente con ia temperatura; il suo valore è spesso maggiore di quello riscontrato nei liquidi; ad ec., a temperatura ambiente, l'aria ha una viscositii cinematica dieci voltc maggiore di quella dell'acqua. In letteratura sono reperibili numerose espressioni per il calcoh delle viscosità di sostanze o classi di sostanze: ad esse si aggiungono diagrammi e nornograinmi più ci meno generalizzati di impiego agevole. Alcuni valori dcila viscosità per liquidi e gas di frequente riscontro nclln pratica sono riportati in Appendice.

medi temporali e di termini dipendenti in modo casuale dal tempo detti rnmponenii fluituunti; ad es. per le componenti della velociti1 secondo gli assi coordinati si scrive:

ove W, sono i valori medi e W,! le componenti fluttuanti; I'andamento qualitativo delle componenti della velocità è del tipo mostrato in fig. 6.3. 1 valori medi delle grandezze si determinano dai valori istantanei con la espressione:

6.3.2. Deflrmo laminare e iurbolento

Nel moto dei fluidi viscosi sono possibili due regimi cararteristici di dcflusso: il regime laminare ed il regime turbolento. Nel regime laminare le particelle del fluido percorrono traiettorie ordinate che coincidono con le linee di corrente se il moto stazionario e che dipendono invece in modo noto dal tempo e dalla posizione se il moto è vario. Gli s t ~ a t ifluidi contengono particelle che scorrono ordinatamente le une vicino alle altre con velocith relative non niille. Sono totalmente assenti processi di mescolamento: un tracciante colorato iniettato nel fluido evidenzia zonc a contorno regolare e netto per lungo tempo. Nel regime turbolento le particelle del fluido seguono invece traiettorie estremamente tortuose e complicate; vi sono continui processi di mescolamento in seno alla corrente, come del resto mostra ad es. un tracciante colorato che si disperde rapidamente nella massa del fluido. I moti sono caotici e casuali, dimodoché le grandezze fisiche locali (cinematiche, quali velocità, accelerazioni; dinamiche, quali pressioni, sforzi tangenziali; termiche. quali temperature, gradienti termici, ecc.) variano nel tempo e nello spazio senza leggi precise e determinabili. Nello studio dei fenomeni in regime laminare i valori locali dellc grandezze fisiche da utilizzare nei campi di moto e terniicci sono quelli posseduti dalle singole particelle fluide. Ciò si rivela invece irrealizzabile in presenza di regime turbolento per l'enorme cornplessitii delle configurazioni dinamiche; tuttavia i valori locali istantanei si distribuiscono in modo statistico attorno a valori i n d i temporali e si è ritenuto quindi conveniente esprinicre i valori istantanei locali dellc graridczze coiiic stir-r-imii rlci riq-icttivi viil~iri

con T, - q, elevato rispetto al periodo medio di fluttuazione; in detto intervallo allora sono comprese parecchie fluttuazioni turbolente; la loro frequenza è grande a paragone di I / ( T , - -co) e sono quindi sufficientemente rappresentati gli aspctti casuali del moto.

Fig. 6.3. Variazioni temporali delle componenti delle velocità istantanee nel moto turbolento.

r, - T,, deve pero essere breve rispetto all'intcrvallo entro il quale Ic variazioni imposte al contorno producono effetti non trascurabili. t.a descrizione e lo studio dei fenomeni in deflusso turbolento si fiiiiiio in dcfiriitiva con riferimento ai valori medi temporali delle ~ : i . : i n r l ~ wi l '~i r i t c . w s c , quindi "depurati" da influcnzc di natura stati-

stica; ne consegue che i campi di velocità, di pressione, di ternpem tura, ecc. sono altrettante distribuzioni spaziali dei rispettivi valori medi, che il moto risulta turbolento stazionario o vario se i valori medi dipendono o no dal tempo e che questi ultimi sono correlati nelle espressioni ernpiriche o semiempiriche ottenute. La presenza dei regimi laminare e turbolento dipende strettameiite dalla stabilità della configurazione laminare. Senza entrare nci dettagli del problema, assai complesso del resto, è noto ad es. chc con fluidi perfetti, cioè non viscosi, sono instabili tutte le configurtizioni dinamiche con punti di flesso nei profili di velocità, rnentrc. con fluidi viscosi l'instabilità del moto laminare può presentarsi coi1 qualsiasi tipo di profilo dinamico, purché siano verificate certe con dizioni 1391. Nel deflusso si possono ridurre, ma mai eliminare del tutto. IL* cause di perturbazione; le forze viscose, opponendosi al moto, teridono a smorzare ogni disturbo; le forze d'inerzia al contrario nc mantengono gli effetti propagandoli nella massa fluida, talvolta a m plificandoli. I1 rapporto tra forze d'inerzia e forze viscose è perciò il fattore primario della stabilità del moto laminare: se e contenuto entro valori modesti le perturbazioni si smorzano ed il deflussti procede laminare in ogni punto, se invece supera un certo valorc caratteristico le perturbazioni si amplificano e, sovrapponendosi :il moto laminare iniziale, determinano alla fine le configurazioni proprie del regime turbolento. Ai fini di caratterizzare quantitativarnente il rapporto tra forzc. d'inerzia e viscose. si consideri il volume infinitesimo, fisso rispetto alla corrente del fluido, mostrato in fig. 6.4a.

Si supponga che la configurazione dinamica sia tale che la componente della velocità secondo l'asse x , W , abbia l'andamento di fig. 6.4b; tale andamento vari molto lentamente lungo x. Le velocità siano inoltre indipendenti da z e parallele al piano xy (moto bidimensionale) e dal tempo t (regime stazionario). La componente x del risultante delle forze d'inerzia per unità di volume si esprime:

')'=

l dxdydr

a,dm =

l dxdydz

dwx pdxdydz

dz

Tenendo presente che nella descrizione euleriana del moto W è funzione della posizione e del tempo, W , = w,(x, y, z, T) e quindi:

'lx=

I dxdydz

y + W) 8z pdx dy d r

+ w ~a W x

W,

per le ipotesi fatte, in un punto ove w y= O sarà:

La componente x del risultante delle forze viscose e associata agli scornmenti relativi tra gli strati di fluido che si manifestano sulle superfici normali all'asse y. Introducendo gli sforzi tangenziali d'attrito, sulla faccia inferiore del volumetto infinitesimo (fig. 6.4a) agisce la forza - ~ d x d z sulla , faccia superiore la forza ( T + (ar/ay)dy) dx d z ; la componente x del risultante di tali forze per unità di volume è allora:

(f.),=

dy)dxdr-

dxdz

]

1 --a T dxdydz ay

Dalla (6.14), essendo per le ipotesi fatte pure

In definitiva si ottiene: Fig. 6.4.Forze d'attritci :igenri

sii

(11

i111 voliiriic

iiifiiii!r.;iitici

aWy

ax

-0, si ha:

con K, adimensionale dipendente dalla posizione generalizzata e quindi con il medesimo valore nei punti omologhi. I1 gruppo di grandezze p W l / p (= l W / v ) è adimensionale nei sistemi coerenti assoluti (o gravitazionali), come risulta del resto anche dalla verifica seguente: Lo studio analitico del deflusso mostra che per ciascun tipo di configurazione geometrica del contorno del campo di moto (ad es. deflusso entro tubi a sezione circolare, deflusso in prossimità di superfici piane con angolo di incidenza prefissata, ecc.) si pu6 porre: W,

= A ( x , y , 2 ) M,

con l , W rispettivamente lunghezza e velocità caratteristiche del campo di moto, opportunamente definite e scelte. A , B, C, D sono fattori che dipendono dalla posizione e tali grandezze adimensionali determinano proprio la configurazione del campo di velocità. Se si usano anzi coordinate generalizzate di posizione: x i l , y i l , z / l allora A ( x / l , y l l , z l l ) e analogamente l?, C, D dipendono solo dalla posizione generalizzata x i l , y / l, 211. In punti «omologhi)), ossia ad identici valori di x l l , y i l , z l l , si hanno quindi uguali valori di :

cd i campi di moto risulteranno «simili». In base a (6.17) e (6.18) per ogni posizione generalizzata sarà:

esso è detto numero di Reynolds caratteristico del moto e si indica di solito con Re. In situazioni dinamiche generiche si trattano in modo analogo tutte lc componenti delle forze. I rapporti locali tra forze d'inerzia e viscose, per unità di volume, sono dunque proporzionali al numero di Reynolds. Elevati valori di Re denotano dunque la presenza di alti rapporti tra forze d'inerzia e forze viscose nella corrente e viceversa. Ritornando infine alle considerazioni sulla stabilità del moto laminare, si deduce che esso è stabile a bassi Re, mentre agli alti Ke si instabilizza e tende ad assumere caratteristiche turbolente; anzi, come si vedrà più dettagliatamente nel scguito, per ogni tipo di configurazione geometrica esiste un valore critica di Re (dipendente solo dalla scelta di I e di W) al di sotto del quale il moto si presenta sempre stabilmente laminare.

6.3.3. Strato limite I fluidi viscosi hanno la tendenza ad aderire alle pareti che delimitano la corrente, riducendo quindi a zero le velocità relative ad essa in corrispondenza del contorno. L'azione dell'adesione si trasmette progressivamente alla massa fluida ad opera delle forze viscose, dirnodoche in prossimità dei limiti fisici deI campo di moto si ha sempre un rallentamento progressivo ed energico delle particelle rispetto alla corrente posta a distanza maggiore. La configurazione dinamica in prossimità di una parete generica è mostrata in fig. 6.5. Lo strato 6 vicino alla superficie, scde di forti gradienti di velocità e quindi per la (6.8) di l'orti sforzi tangenziali, è detto strato limite dinamico. All'csterno il Ciilllpo di veiociti non risente dei fenomcni indotti dall'adcsione del f'liiido alla superficie cd assumc un andamento "indisturbato" comcciii Ic ccinrliiioni :il coritoriio iisscgnate ;illa corrente. pi~til~ilc.

99% della velocità della corrente indisturbata W,. Nel tratto L,, misurato a partire dal bordo A , il moto nello strato limite è laminare e la velocità W varia in funzione della distanza y dalla parete con legge parabolica [l21 del tipo:

a distanza maggiore di L, jl regime laminare diviene instabile e , dopo una zona di transizione in cui i regimi laminare e turbolento si avvicendano continuamente, lo strato limite si presenta turbolento in ogni punto ad eccezione che in un sottile strato aderente alla parete detto sottostrato laminare. Nello strato limite turbolento i profili di velocità sono più complessi e seguono leggi [l21 del tipo:

Fig. 6.5. Strato limite su di una superficie solida.

In fig. 6.6 si schematizza in particolare il campo' di velocità vicino ad una lastra piana lambita da una corrente uniforme che presenti u n angolo di incidenza nullo. Lo strato limite inizia al bordo di attacco A , si estende poi progressivamente come mostra la linea a tratteggio. Precisando meglio quanto detto in precedenza, lo strato limite si assume esteso fino alla distanza dalla superficie alla quale la velocità del fluido è i l

sottostrato laminare

-

regime laminare -

regime turbolento

-- -

zona di transizione 1:ig. h.h. Profili di velocità entro la strato limite laminare e turbolento ncl d e f l u s i i iirl ;iiigoI(> tl'incirlcni;~nullo in prossimità di una 1;istra piaii;~.

con 12 funzione di Re; nel campo di valori di Re di piu frequente riscontro ( 3 - lo4 + 5 . lo5) si può porre con buona approssimazione n = 7. Nel sottostrato laminare l'andamento delle velocità si considera di solito lineare. In realtà non esiste demarcazione netta tra sottostrato laminare e strato turbolento: si passa gradualmente attraverso una zona intermedia a turbolenza via via più marcata, denominata buffer layer, impiegata efficacemente in alcune analisi teoriche del moto. La stabilità del moto laminare nello strato limite si ricollega al valore del numero di Reynolds. Con riferimento alla (6.19), 1 rappresenta in questo tipo di deflusso la distanza x della posizione generica sulla superficie dal bordo d'attacco e G la velocità indisturbata W , . L o strato limite è laminare per R e = p w , x / y < Re,, con il numero di Reynolds critico R e , , = 3 , 5 - 1 0 ~ ;però, se le perturbazioni del deflusso entro lo strato limite (generate sia dalla ineliminabile turbolenza presente nelle corrente esterna, che da eventuali vibrazioni e scabrezze superficiali della parete) si mantengono entro i limiti usuali, è possibile riscontrare Re,,z5 - 10'; infatti, una volta intervenuta l'instabilità del moto, ci vuole un certo tempo affinché le perturbazioni amplificate realizzino il regime turbolento; ciò avviene tanto più a valle del punto d'instabilità, vale a dire a Re,, h n t o maggiori, quanto più ridotto è il livello dei disturbi nella

.

corrente. Con livelli estremamente bassi si è raggiunto . Re,,s2,8. IO', che sembra rappresentare il massimo valore possibilc 1391. I valori di Re,, sopra riportati delimitano inferiormente la zona di transizione del regime di moto; essa, come già detto. si esaurisce c [ascia posto a regime turbolento completamente sviluppato più a valle, a valori di Re più elevati, che assumono quindi il significato di valori crilici superiori. I valori critici di Re, inferiori e superiori. dipendono fortemente dall'andmento della pressione lungo I:i superficie: aumentano ad es. se la pressione decresce ncl senso dcl moto (deflusso accelerato) e viceversa; la loro differenza e dell'ordine di s 10'. Ncl deflusso entro condotti a sezione circolare la configurazione del moto a partire dalla sezione d'imbocco è mostrata in fig. 6.7. -

al LAMINARE

bi TURBOLENTO

Dopo un tratto d'imbocco di lunghezza Li che soddisfa [3] alla L i / d = 0,05 Re lo strato limite raggiunge l'asse del condotto. Da questo punto in poi il moto si presenta completamente sviluppato ed il profilo di velocità è identico su tutte le sezioni normali all'asse. Se alla fine del tratto d'imbocco lo strato limite è laminare si ha regime laminare in tutto il condotto ed i profili di velocitii sciiio parabolici [39] secondo l'espressione:

analoga alla (6.20) con la velocità sull'asse W , ed il raggio 'r della sezione al posto rispettivamente di W , e di 6. S e lo strato limite è divenuto turbolento prima che finisca il tratto d'imbocco, il moto nel condotto risulta turbolento ed i profili di velocità seguono approssimativamente la legge:

analoga alla (6.21). L a stabilità del regime laminare nel condotto si può mettere ora in relazione al numero di Reynolds. Con riferimento alla (6.19), nel moto entro condotti circolari, I rappresenta una lunghezza caratteristica della sezione trasversale, di solito il diametro Li, e W una velocità caratteristica sulla sezione, generalmente la velocità media:

Fig. 6.7. Sviluppo del profilo di velocità in prossimità dell'irnhocco nel deflusso entro condotti di sezione circolare: a) moto laminare. h ) moto turbolento.

Lo spessore dello strato limite cresce a partire 'dalla sezione d'ingresso in modo uguale su tutte le generatrici della supcsficic intcrna. Come per la lastra piana, il moto nello strato limite i. inizialrncnlc laminare, cun profilo parabolico dellc velocità secondo la (6.20); più a vallc divienc turbolento c I'andamcnics radiale dcllc vclocitii segue leggi del tipo della (6.21). Dato che la portata C costaiitc :ittr;ivcrso t~ittcle sezioni, la vclocitli W nclla zona ccrit !.;i-Ic, r i o i i occiip:ii;i dallo strato lirnitc. crcsce per corripcns;ii-c i l r:illcriI;iiiiciito hiihilo diil fluido cniro 10 stratci liiiiitc; di cciiiscgiicriz;i 1;i prc'ssioric. ~lcci.i.sc.c~ i i i iicci)i- Re,,, con deflusso a regime misto interrnittente. Solo quando Re supera di 500 + 1000 unità Re,,, il moto si presenta ovunque turbolento, fatta eccezione che nelle immediate vicinanze deIla parete, dove si riscontra ancora la presenza del sottostrato laminare.

6.3.4.1. 11 fattore d'attrito nel moto entro condotti di sezione circolare Si consideri un condotto rettilineo orizzontale a sezione circolare costante, percorso da un fluido viscoso in regime laminare stazionario completamente sviluppato. Per la particolare configurazione geometrica le velocità sono assiali e, se il fluido è incomprimibile, risultano uguali in tutti i punti equidistanti dall'asse del condotto. I1 deflusso è ordinato in strati cilindrici coassiali, in moto relativo l'uno rispetto all'altro a velocità crescenti dalla parete (ove W = 0) all'asse. In tali ipotesi la pressione e costante sulla sezione retta generica, variando soltanto lungo il condotto. Con riferimento alla fig. 6.8, sul fluido che occupa ad un certo istante il voIume tra le superfici cilindriche di raggio r ed r + dr e Ic dx, agiscono le seguenti forze: sezioni rette x e x ia) forze d'attrito viscoso in corrispondenza delle superfici laterali interna ed esterna, dirette rispettivamente secondo ed in sciiso contrario al moto. di componenti - r 2 ~ rd.rw siilla supcrl'icic intci.ii;i

Fig. 6.8. Forze di pressione e d'attrito agenti su di una corona cilindrica infinitesima nel deflusso entro condotti di sezione circolare.

b) forze di pressione sulle sezioni rette x ed x + dx, rispettivsmente p 2 n r d r diretta secondo il moto e [ p + ( d p / d x ) d x ] 2 n r d r diretta in senso contrario. L'equilibrio dinamico, essendo nulle le forze d'inerzia, si scrivc percib:

cioè:

Poiché sulla sezione retta d p i d x è costante, dalla (6.25) si Iia, essendo t = 0 per r = O:

t=- dp

dx

-

( 1 nel riscaldamento, p / p p < l nel raffreddamento; il viccversa capita invece con i gas.

l i ha:

ESEMPIO 7.2

11 coefficiente di convezione medio cercato è allora:

Alcool metilico scorre in un tubo di diametro interno d = 4 cm, raffreddandosi ; I contatto con la parete da 60 a 30°C. Determinare il coefficiente medio di corivc zione termica se l a portata è m=5000 kg/ h. Le proprietà dell'alcoot metilico, valutate alla media delle temperature inizidr i. finale t = (60 + 3 0 ) / 2= 4S°C sono:

È utile riportare in un unico diagramma logaritmico le correlazioni (7.23) e (7.29) ponendo in ascissa Re ed in ordinata i l

fattore j,

= Nu pr-Ii3

come mostra la fig. 7.1 [6].

il regime è turbolento. Trattandosi di frazione petrolifera sono assai indicati la relazione (7.29) od il diagramma di fig. 7.1; in quest'ultimo caso si ottiene, in corrispondenz;~ di Re = 11462 e l t d = 5 / 6 . IO-' = 83, jH = 42. Poiché:

il numero di Prandtl vale:

perciò:

Fig. 7.1. Diagramma generalizzato per il calcolo dello scambio termico nella con venzione forzata entro condotti.

ESEMPIO 7.3

ed il flusso termico ricevuto dall'olio:

Calcolare il flusso termico ceduto dalla parete ad olio combustibile pesante chc scorre in un tubo di diametro interno d = 6 cm e lunghezza 1 = 5 m. La portatli dell'olio è m = 7000 kgih, la temperatura media dell'olio è l f = 5 4 " C , quella della parete è t, = 105°C. Le proprietà dell'olio combustibile alla temperatura tf= 54°C sono: p = 3,6 cP

I1 coefficiente rncdio di convezione cercato è:

, e, = 0,49 kcal/(kg "C) , 1= 0,077 B tu/(ft h "F)

Nella regione d'imbocco è raccomandata invece la segueiilc corre.. lazione [a, 91:

alla temperatura t, = 105°C si ha inoktre p = 1,5 cP.

Soluzione

con

Si deve conoscere dapprima il regme di moto realizzato:

Sc i criiidotii n o n

Ii:iiinii

scziiini circol:iri, si p c i s i i c m i

iilili~z;ii.c.

ancora le espressioni già viste. Si considera quale parametro geometrico caratteristico della sezione il diametro equivalente d,,. Esso si definisce come segue:

A , area della sezione di flusso normale all'asse del condotto; P, lunghezza del contorno della sezione interessato al fenomeno di trasporto (perimetro bagnato).

ESEMPIO 7.4 Acetone alla temperatura media di 24°C scorre nella sezione esterna di ~ I I N I scambiatore di calore a tubi concentrici, riscaldandosi a contatto con la parete dcl tubo interno, mentre la parete del tubo esterno è isolata. Determinare il coefficicri te medio di convezione termica se il diametro esterno del tubo interno è d, = 4.8 cm, il diametro interno del tubo esterno è d, = 7,8 cm e la portata di acctonc r. n>= 25000 Iblh.

Le proprietà dell'acetone a 24°C sono:

Ad es. ,per sezioni circolari si ha:

Si determina al solito il regime di moto; in questo caso la sezione del contliiiiii non è circolare. I1 diametro equivalente idraulico è: (dCJi= d, - di= 3,0 cm. I l I\'c corrispondente risulta allora:

per sezioni anulari (presenti ad es. negli scambiatori di calore a tubi concentrici) è di preferenza consigliato il diametro equivalente (idraulico):

il regime è quindi rurboiento. Per il calcolo di Re e Nii nelle relazioni termiche si impiega, quale paraniciui geometrico, il diametro equivalente termico dato dalla (7.36):

La velocità media sulla sezione è:

dove d,, d, sono rispettivamente il diametro esterno ed interno della sezione. Si fa riferimento al d,, della (7.35) nella valutazione di a sia aIla superficie interna che a quella esterna della sezione anulare. Tale diametro equivalente va usato anche per identificare il regime deI deflusso. Se Io scambio termico avviene solo in corrispondenza della superficie interna (isolamento verso l'esterno), accanto al d,, della (7.35) si trova usato [6], per il solo calcolo nelle espressioni riguardanti il coefficiente di convezione, il diametro equivalente (termico):

perciò:

Si può utilizzare la relazione (7.29) consigliata per i liquidi organici, ponendo i11 questo caso (la viscosità dell'acetone è solo leggermente dipendente dalla temperatura):

considerando perimetro "bagnato" solo queIlo del contorno interessato al fenomeno convettivo. I d,, delle (7.35) e (7.36) introdotti nelle espressioni per conuorti circolari danno solo risultati di massima; relazioni più complete, ma più complesse sono reperibili in letteratura.

il numero di Prandtl vale:

I risultati sperimentali si possono ancora rappresentare con espressioni del tipo della (7.20). Nel caso di aria si ha [12]:

Nu = 0,43 .t CRe'" quindi:

(7.37)

con Nu e Re calcolati con il diametro esterno dei condotto, i ' c d costanti numeriche riportate nella tabella 7.1.

irr

Il coefficiente medio di convezione cercato è:

TABELLA 7.1

7.4. Formule pratiche per la convezione forzata nel deflusso

trasversale proprietà del fluido sono valutate alla temperatura; valore medio tra la temperatura della parete e dcl ff= O p fluido nella corrente indisturbata. Per liquidi (in particolare acqua, olio minerale) si può modificare la (7.37) mettendo in evidenza la dipendenza di Nu da Pr: Le

Il coefficiente di convezione a relativo alla superficie esterna di condotti circolari, investiti normalmente all'asse dalla correntc fluida, dipende fortemente dalla posizione sulla circonferenza perimetrale (fig. 7.2). Si hanno valori massimi ai punti di distacco dello strato limite ed ai punti di transizione, in esso, tra regime laminarc e turbolento. Nelle applicazioni, quali ad es. il calcolo degli scambiatori di calore è di interesse tuttavia il flusso termico complessivo scambiato alla superficie e quindi il valore di a medio circonfereiiziale.

+ t,)/2,

ove :

m e dato in tabella 7.1 K si calcola partendo da C; infatti paragonando (7.37) c (7.3H) si ha:

e quindi:

Sostituendo in (7.37) si ha pure:

Fig. 7.2. Variazione circonferenziale del numero di Nusselt locale, a bassi n u m c i i di Reynolds, nel deflusso trasversale attorno a superfici cilindrichc: circo lari .

valori di C ed m riportati in tabella 7.2.

il coefficiente di convezione è:

TABELLA 7.2

I

sezione

I

C

Re

m

il flusso termico disperso richiesto è:

Se i tubi sono disposti in banchi si possono realizzare le conf'igiirazioni in linea (fig. 7.3a) e sfalsata (fig. 7.3bl.

In questo caso Nu e Re sono basati sul diametro di un tubo circolare di superficie laterale equivalente a quella del tubo dato.

ESEMPIO 7.5 Aria a pressione atmosferica ed a 38°C scorre ad una velocità di 50 m / s i11 direzione ortogonale ad un cilindro di diametro esterno d = 8 cm. La temperatura della superficie del cilindro è mantenuta a 150°C. Calcolare il flusso termico disperso dall'unità di lunghezza (m) del cilindro. Le proprietà dell'aria alla temperatura media di film ti= (38 + J50)JZ = Y4Y' sono:

Fig. 7.3. Sezioni schematiche di un banco di tubi: a) disposizione :illiiic;iiii, li)

Soluzione

disposizione sfalsata.

In questo caso è indicata la relazione (7.37):

Nu = 0,43 + CRem ai fini di scegliere i valori di C ed m si valuta il numero di Reynolds:

Il coefficiente a, medio relativo a tutto il banco di tubi invcsli~o da aria si calcola ixn l'espressione (7.37), trascurando l'addcndo numerico al secondo membro:

dalla tabella 7.1 si ha allora: C=0,0239,

m=0,805

quindi: Nu = 0,43

+ 0,0239- l 8 0 l 8 0 ~ ~= ~0 ,"4 3~+ O,OZ.?Y. 17015 = 407

Nu e Re si valutano con il diametro esterno dei tubi; la velocith in Re t? la massima riscontrata nel deflusso tortuoso attraverso gli spazi cstcrni ai tubi, in corrispondenza dell'area minima di passaggio. L,c proprieti del fluida sono al solito determinate alla temperatura iiicdia:

t, = (t,

+ t , ) 12

con un fluido generico si ha:

C ed m nella (7.40) sono quelli riportati in tabella 7.3, per diversi diametri e passi tra i tubi, nelle due configurazioni di fig. 7.3, con banchi a dieci e più ranghi di tubi e 2000 < R e < 40000. ove. al solito K =

L

= 1,l

C.

urla

TABELLA 7.3

mane Per i valori di C ed m si fa riferimento alla tabella 7.3. R' valido l'impiego dei coefficienti di riduzione di tabella 7.4. T U B I ALLINEATI 1,25 1S 2,0

10,348 0,367 0,118

/

0,592 0,586 0,570

0,275 0,250 0.299

0,608 0,100 0620 l 0,602 0,229

TABELLA 7.4 0,704 0,0633 0 , 7 0 2 0,0678 0.632 0.198

0,752 0,744

0,648

TUBI SFALSATI

numero ranghi tubi sfalsati tubi allineati

ESEMPIO 7.6

Per rapporti sJld, s z / d maggiori di quelli riportati in tabella 7.3 Lì consigliata [l21 l'espressione:

Se il banco di tubi presenta meno di dieci ranghi a, risulta minore di quello fornito dalla (7.40) in quanto il valore di a , riscontrato su ciascun rango, cresce dal primo rango in poi ncl senso del deflusso per effetto della turbolenza indotta dai tubi stessi. I coefficienti di riduzione per i valori di a,, calcolati con 1;) (7.40) sono dati dalla tab. 7.4. Nel caso di fluidi diversi dall'aria si procede analogamente ;I quanto visto per il singolo tubo; con aria si ha:

Un banco di tubi di un generatore di vapore è attraversato dai f i i i i i i ilcllii combustione che scorrono alla veiocita nella sezione più ristretta di 7,s riils ci1 htinno una temperatura di 590°C. 1 tubi, di diametro esterno d = 6 ciii, soiio disposti ai vertici di quadrati con lato di 12 cm. Calcolare il coeflicicriic tli convezione sapendo che l'acqua all'interno dei tubi è satura e si trova iitl i i t i i i pressione di 99,7 ata. Si trascurino ta resistenza termica di convezione all'iiiicr.iiii dei tubi e quella di conduzione della parete metallica. Soluzione Si assumono quali valori per le proprietà dei fumi quelli delliaria allc stcsxc condizioni, valutate alla temperatura media di film:

iicllc ipotesi presenti. la temperatura r , alla superficie esterna dei t u h ~coincirlc cori i1uclIii di siitiirazione dell'acquo a 99.7 ata; perciò i, = 309°C e quindi:

a questa temperatura te proprietà dell'aria sono:

La velocità in Re è calcolata al centro del fasciame ove la sezionc di passaggio è data da:

Come al solito si determina innanzitutto Re:

Si può impiegare allora la relazione (7.40):

Nu = C Re'"

con: d , diametro esterno dei tubi; s, passo trasversale dei tubi tic[ fascio; l , distanza tra i diaframmi; df, diametro del fasciame. I1 parametro geometrico in Nu e Re è il diametro equivalcntc della (7.33) relativo al deflusso parallelo all'asse del fascio tuhicrii. Ad es. con disposizione dei tubi a reticolo quadrato si ha (i'ig. 7.4a):

Per C ed m, tenendo presente che la disposizione dei tubi è allineata e s i i d = = s2/d= 12/13= 2, la tab. 7.3 porge i valori seguenti:

perciò:

con disposizione a reticolo triangolare equilatero (fig. 7.4b) si

Ii:i

I1 coefficiente di convezione medio per il banco è:

il banco di tubi ha però meno di l 0 ranghi; si deve perciò moltipticare il valore del coefficiente di convezione trovato per il coefficiente di riduzione riportato dalli3 tab. 7.4. Con 4 ranghi di tubi il coefficiente di riduzione è 0,90; quindi il coefficiente di convezione medio è in definitiva:

Negli scambiatori di calore a fascio tubiero con diaframmi i l fluido all'esterno dei tubi ha un deflusso tortuoso diretto da parallelo a normale all'asse del fascio. A complicare ulteriormente la configurazione fluodinamica vi sono le tolleranze di lavorazione e di montaggio che consentono al fluido di scorrere ad es. tra i l fasciame ed il fascio tubiero e tra i tubi ed i diaframmi. La valutazione di a è percib ottenibile solo per via sperimentale. Con idrocarburi, acqua, soluzioni acquose, liquidi organici, gas i. di comune impiego [6] per 2000< Re< 1000000 l'espressione:

Fig. 7.4. Disposizione dei tubi in un fascio tubiero: a) reticolo reticolo triangolare equilatero.

qiiiitlr.;ii t , , Q < @ , e f,>O, il moto è ascendciitc; viceversa per tp< t,. Nella convezione naturale, analogamente a quanto visto pcr Iii convezione forzata, si sviluppano presso la superficie gli strati liiiiilc dinamico e termico. In essi le velocità e le temperature v a r i m i d;ii

Fig. 8.2. Distribuzioni della velocità e della temperatura nella conveziunc in prossimità di superfici piane verticali riscaldate.

ii~itiir~iilc

Lo strato limite dinamico è dapprima laminare; ad una dclcrniinata distanza dal bordo della parete, dove lo spessore ha raggiunto una certa consistenza, diviene instabile e si trasforma in brcvc iii strato limite turbolento. La transizione tra i due regimi di moto avviene di solito per:

csscndo W,,,, la massima velocità alla posizione x Ioc;iIc dello strato limite.

C

hx lo spcssorc

I1 numero di Reynolds critico è dunque assai minore di quello riscontrato nella convezione forzata; con aria a temperaturii ambiente e t, -t, = 15 "C la transizione si verifica ad es. a distanz~i x sl m dal bordo della parete.

[E]

L [S/g,ldt] = I ~ - ' L T ~ ~ B = L T - ~ [Q] = M L p 3 =

[p] = M L -l T-'

8.2. L'analisi dimensionale nella convezione naturale Ci si riferisca ancora alla parete piana di fig. 8.1. Sperimentazioiii estese e l'analisi teorica del processo convettivo naturale, ossia cciii fluido mosso esclusivamente da cause termiche hanno consentito di individuare le grandezze che determinano il coefficiente medio di convezione termica a alla superficie. Esse sono: 1. le caratteristiche geometriche, espresse in questo caso dall'al. tezza della parete l; 2. le cause del processo, quali la componente (in valore assoluiti) dall'accelerazione di gravità I g, l = l gcos y l, il coefficiente dell'c. spansione termica isobara D, la differenza di temperatui-;i A t = t, - t,; le grandezze g , 1 , /3 e A t compaiono solo nell'c spressione della forza specifica f, sotto forma di prodotto p (g, l A t , che può quindi ritenersi grandezza unica; 3. le proprietà fisiche del fluido direttamente influenzanti il campo di moto, quali densità e, viscosita dinamica p ed il trasporto di calore, quali conduttività termica A, calore specifico e, (il processo e isobaro). Con la notazione della (7.4) si ha per il coefficiente di convezioiii. medio nel tratto verticale:

Si scelgano, al solito, come grandezze fondamentali implicate nci fenomeni meccanici e termici quelle del S.I.: lunghezza, massa, tempci e temperatura, di dimensioni rispettive L, M, T, 8. La (8.7) in tale sistema di unità coerenti è dimensionalmente omogencii, essendo presenti ai due membri tutte le dimensioni fondamentali. Il teorema ,di Buckingam assicura che la (8.7) si può riscriverc iii forma di relazione tra una serie completa di prodotti adimensioii;ili del tipo:

Le dimensioni delle singole grar-idczzc nclla (8.8) i n fiinzioiic. delle dimcnsioni dcllc gr-:iridczzc f'otid;iiiiciii;ili s i i r i i i :

[h] = MLTm3O-' [C,] = T p 2O - ]

[a] = M T - ~0-I

La matrice dimensionale (7.8) è di conseguenza:

La matrice ha rango 4 essendo non nullo il determinante dcl minore di ordine 4 costituito dalle ultime quattro colonne. Il numero di prodotti adimensionali indipendenti formati con Ic 7 variabili del fenomeno è quindi 7 - 4 = 3. Seguendo i criteri già esposti nel caso della convezione formki entro i condotti, si vuole che a, variabile dipendente, appaia ;irl esponente unitario in un prodotto adimensionale (che sarà rluricyiic dipendente) e analogamente le variabili indipendenti /3 l g, l A i c C,,, perché consentono un agevole controllo sperimentale del moto C delle caratteristiche termofisiche del fluido. Usando ancora il metodo [3] si modifica l'ordine delle v:iri;iliili; Iii matrice dimensionale risulterà allora:

Anche in tale matrice il determinante del minorc di citdiiic 4 coi-itencnte le ultime 4 colonne è diverso da zero. In base :illa (7.13) gli esponenti del prodotto adiincnsioii;ilc (X.8) sono st~luziciiii~ l c lsistcina lirie;irc cimogcnco:

L: M: T: 8:

h2+2h3+h4-3h5-h6+h7=0 hl-ths+h6+h7=0 -3hl-2h2-2h3-h,-3h7=0 -hJ-h3-h7=0

Si esprimano ora in funzione degli esponenti delle prime tre grandezze ( h , , h2, h,) tutti gli altri:

e n3,giA incontrati nella convezione forzata, sono rispettivamente il numero di Nusselt ( N u ) e di Prandtl ( P r ) ; D,, caratteristico invece della convezione naturale, è denominato numero di Grashaf

fl1

(W-

+

Tutti gli altri prodotti adirnensionali formati con le altre variabili del fenomeno sono ottenibili in forma di prodotto di potenze di Nu, Gr, PP. Questi ultimi però hanno un significato fisico preciso e sono assai efficienti nel rappresentare i dati sperimentali; sono perciò universalmente accettati nei problemi di convezione naturale. La (8.7) pub allora essere sostituita, in base al teorema di Buckingam, con la correlazione adirnensionale:

L: - h l + 3 h 2 + h 4 - 3 h 5 = 0 M : - 2 h 2 + h 5 = 0 da cui h5=2h2

Nu = F(Gr, Pr)

h7 = - hl - h3

L: - hl + h2 + h3 h4 - 3 hs - h6 = O M: -h3+hs+h6=0 T: - 2 h Z + h 3 - h 6 = 0 dacui: h,=-2h2+h3

L: - h l - 3 h 2 + h , = 0

dacui: h 4 = h l + 3 h 2

I1 legame F si può approssimare in modo soddisfacente con prodotti del tipo: Nu = C G r mPr"

In definitiva si ha:

h 4 = h 1+3h2 h5=2h2 h6= -2hz + h 3 h,=-h,-h, Una serie fondamentale di soluzioni si ottiene al solito ponendo uno degli esponenti h ] , h2, h, e contemporaneamente = O gli altri. La matrice delle sotuzioni è allora: =1

(8.10)

(8.11)

Si può dimostrare inoltre che, se si trascurano le forze d'inerzia rispetto alle forze viscose ed alla forza f, (ipotesi valida nella maggioranza dei casi), m = n , ovvero: Nu

I1 prodotto G r Pr = Ra =

= C (Gr Pr)"

13Blgx1A*va

(8.12a)

è detta numero di Rayleigh;

quindi è pure:

8 . 3 . Correlazioni nella convezione naturale 11 minore di ordine 3 costituito dalle prime tre colonne è matricc unitaria; le righe della matrice delle soluzioni sono perciò indipcii dcnti e la serie n,,4, 4 è dunque completa. Si sono ottenuti in corrispondenza i prodotti adimension a I'I I ~ C ' gucnti:

In anni recenti sono state ottenute correlazioni generalizzate (in forma adirnensionale) sia risolvendo le equazioni differenziali dello strato limite, sia applicando ad esse il metodo integrale. Si e fatto largo tiso, nel primo caso, di metodi numerici associati alle possibilità offerte tl;ii tiiodci~rii c:ilcol:irciri.

Le espressioni ottenute si affiancano a quelle, numerose, empiriche e semiempiriche preesistenti, ricavate sulla base di lunghe ed estese sperirnentazioni e tutt'ora valide e raccomandate nei calcoli tecnici per la loro semplicità ed affidabilità. Le correlazioni ottenute risolvendo modelli fisici migliorano comunque l'accuratezza nell'interpretare i dati sperimentali, nonostantc la maggiore complessità della loro struttura formale. Non è questa ta sede per una completa rassegna del vastissimri settore; per essa si rimanda alla letteratura specializzata. È però opportuno ricordare le correlazioni più frequentementc citate ed usate.

tecnici in ogni regime di deflusso. I1 parametro geometrico in G r e Nu è l'altezza della parete E. Le proprietà fisiche del fluido sono valutate alla temperatura media di film tf = (t, + t,)/2.

8.3.1. Pareti verticali piane e cilindriche Si è visto come nella convezione forzata il regime del deflusso (laminare o turbolento) è stabilito dal valore di Re. Nella convczione naturale tale ruolo è stato attribuito al numero di Rayleigh. Ciò è essenzialmente di evidenza sperimentale, anche se non si i. ancora raggiunta una conclusione definitiva 1261. Per un determinato fluido (valore di Pr) infatti il valore critico di Gr non è determinabile in modo univoco; il moto laminare si trasforma gradualmente in turbolento, attraverso una progressiw amplificazione di perturbazioni ad onda. Vi è quindi un intervallo di transizione nei valori di R a ( = G r P i - ) , situato tra 7.108 e 1,2.1Oi0; solo all'esterno di esso si ha, rispettivamente, regime laminare e regime turbolento stabile e sviluppato. La transizione tra moto laminare e turbolento si fissa generalmente e convenzionalmente al valore Ra = l o 9 . I dati sperimentali per pareti piane verticali, a temperatura urrrforme, larghezza tale da rendere trascurabile l'effetto dei bordi c per superfici cilindriche verticali si dispongono attorno alla curva di fig. 8.3. Con superfici cilindriche circolari, ai fini di evitare l ' i i i fluenza della curvatura, lo spessore dello strato limite deve esscrc trascurabile rispetto al diametro esterno; un criterio è, ad cs.. indicato in [27]:

I1 diagramma di fig. 8.3 determina il valorc dcl cocfficiciitc ~ t r r j l l i r ~ di scwnhio tcrmico pcr l a supesficic cc1 1: iiicctiin;ind;ito iici c;ilc.ol~

-

1

1

3

5 7 9 i'g[Gr Prl

1

1

1

3

Fig. 8.3. Diagramma generalizzato nel caso di convezione naturale in presenza di superfici piane o cilindriche verticali (t, = cost).

a ) Regime laminare (Ra

lo9)

Molto usata è la correlazione empirica [IO]:

se

1O4 < Ra < 109

(t, = cost)

che approssima bene la curva di fig. 8.3 nell'intervallo indicato. La soluzione delle equazioni dello strato limite, ottenuta pcisuperfici pianc verticali consente di porre per il cuefficieiitci l o c d r ) dcll» scarnt-iio termico [20]:

oppure, introducendo una certa approssimazione: dove f (Pr) = 0,600 pr " ' se Pr+ O f ( P r ) = 0 , 5 M Pr114 se P r + m Recentemente [26] la (8.14) è stata posta nella forma:

3 Nu, = - A (Gr, pr)Il4 4

I1 metodo integrale porge invece le seguenti espressioni [13, 2hl:

(8.15)

dove A = A (Pr). Dato che il coefficiente di scambio termico medio E per la parete di altezza l e:

e , essendo E = -

4 al: 3

I valori ottenibili mediante le (8.2Oa), (8.20b) concordano eiiii.ti i l 10% con quelli delle (8.14), (8.15), (8.17) nell'ampio inter-v;illo io-' PP < io3 [ 2 q .

si ha in base a (8.15):

b ) Regime turbolento (Ra > 10') Mediante il metodo integrale applicato alle equazioni dello sti'iilii limite per valori di Pr non troppo piccoli (fluidi non metallici) si 6 ottenuto [26], per il coefficiente locale dello scambio termicci. Iii relazione:

ossia:

Nu,

(q, Nu, valori locali al17altezza E). Se si definisce ora il numero di Nusselt medio:

= 0,0295 Gr4I5Pr 7/1s( l

+0 , 4 9 4 ~ r ~ ' ~ ) -li5

(H.21 i l )

Se si trascura l'influenza della porzione laminare inizialc c si assume quindi ovunque moto turbolento la (8.21a), per iiitcpriizione, porge il valore medio:

Un'analisi più recente ed accurata [28] dei meccanismi di scainhici turbolento entro lo strato limite è invece alla base della cori*cl;i. zione:

4

Nu = - Nu, = A (Gr Pr)li4 3 I1 valore di A è stato empiricamente espresso dalla: A4 = Prl(2,43478 + 4,884 ~r I"

+ 4,9528-3 Pr)

(H. 18)

verificala con buona accuratezza dai dati sperimentali negli intcrvdli

0,7 45" si interpolano linearmente i valori relativi alle configurazioni verticale ed orizzontale.

perciò:

~rPr=9,3.10~~0,7=6,51.10~ Poiché IO3 < Gr Pr < IO9 si può usare la relazione (8.29) con C = 0,531

Nu = 0,53(Gr Pr)'" = 0,53(6,51. 1 0 ~ ) =" 0,53.50,5 ~ = 26,77 I1 coefficiente di convezione medio circonferenziale è allora:

8.3.4. In fercapedini tra pareti verticali a ) Inbercapedini aperte

Il flusso termico ceduto dal tubo all'aria P :

8.3.3. Superficie piane orizzontali Benché in questo caso .la configurazione dei moti convetiivi i. assai diversa da quella in prossimità di superfici verticali, si irnpic. gano ancora espressioni approssimate del tipo delle (8.13), (8.24) Per piastre quadrate, riscaldate sulla faccia superiore o rafl'rcil date sulla faccia inferiore ( y = W), si ha [lo]:

se lo5< G r ~r < 2 lo7 (regime laminare presso la supcrficic)

C:

I molteplici casi di applicazione pratica della convezione termica naturale entro intercapedini verticali, ad es.: convezione tra 16 alette di superfici alettate, tra gli elementi di corpi scaldanti in uso negli impianti di riscaldamento, ecc., si sono affrontati per vili sperimentale ricavando diagrammi generalizzati del tipo rapprcscritato in fig. 8.5, valido in particolare per superfici piane olic I c distanti b. Gr e Nu sono basati sul parametro b; le propricth dcl fluido si calcolano alla temperatura delle superfici ad eccezioric di 1.1 che si riferisce a t , (temperatura del fluido indisturbato all'cstcriici dell'intercapedine). Per condotti verticali di varia sezione, il coefficientc di coiivczione medio al lato interno si calcola con i diagrammi mostrali i n fig. 8.6; 1 è l'altezza del condotto, r un parametro gcomctricii caratteristico della sezione così definito: r-2

area sez. normale perirnerro

Nu e Gr contengono r; per le proprietà fisiche si seguono i critcii del caso precedente. Se i condotti sono inclinati di un angolo sulla verticale l'accelerazione di graviti g in Gr si riduce alla coni ponente gcos y.

Fig. 8.5. Diagramma generalizzato nel caso di convezione naturale tra due piane parallele verticali.

paicii

b ) Intercapedini chiuse Queste intercapedini trovano impiego nel campo dell'isolamento termico, dato che gli scambi termici, in presenza di moti convenivi di modesta entità, sono dovuti in gran parte alla conduzione entro gas ed alla radiazione; esempi comuni di applicazione sono i vetri doppi per finestrature e le cavità che circondano il cuore dei reattori nucleari. 11 processo di scambio termico entro intercapedini chiuse non e semplice; notevoli sono le difficoltà per stabilire e sviluppare modelli adeguati che consentano un calcolo con previsioni attendibili. Gli strati limite delle pareti infatti interferiscono tra loro ed il comportamento dinamico e termico si discosta perciò da quello proprio della convezione naturale in strati di fluido illimitati da un lato. Studi non ancora definitivi riportano soluzioni analitiche e numeriche per casi di intercapedini piane e cilindriche e confronti con i non numerosi dati sperimentali esistenti. Per cavità a pareri piane parallele si definisce il coefficiente medio di scambio termico di convezione:

ove q, è il flusso termico scambiato depurato dal contributo della radiazione (i contributi si sommano essendo i fenomeni disaccoppiati); A l'area della superficie della parete, t,,, tp2 le temperature delle superfici affacciate. Se si definisce ora il numero di Nusselt per la cavità:

Fig. 8.6. Diagramma generalizzato nel caso di convezione noturalc entro vcriic;ili con sezioni di forma varia.

coiiilo~ii

Si C soliti pure definire la conduttivitri termica equivalente per lo %t 1';ilO:

per strati verticali. il confronto di (8.39) con (8.38) porge allora:

Se ci fosse solo conduzione termica il flusso termico sarebbc:

da (8.37), (8.42)' (8.40) e (8.41), paragonando il flusso t c r - i i i i i . ~ attuale con quello per conduzione pura, si ha: Gr

I risultati di estese sperimentazioni su strati d'aria verticali L Y I orizzontali sono mostrati in fig. 8.7 [15], ove in funzione di t;!, basato sullo spessore della cavità 6, viene riportato l'andamento i11 Nu = & / h ; la conduttività I è valutata alla temperatura nic.ili;i (Ep, + t p J I 2 . In fig. 8.7 si nota come. per Gr €2000 nella disposizione orizziiii tale e Gr < 8000 nella disposizione verticale, Nu = 1 , cioè A = A,., ossia q, = qcond:lo scambio termico è di pura conduzione attravci\o lo strato d'aria. Per valori maggiori di Gr lo scambio termico diviene più attivi) ;i causa dei moti convettivi. I1 regime è laminare fino a Gr s6 . I O ' , segue un intervallo di transizione verso il regime turbolento, evidl.ii ziato da una marcata indipendenza dello scambio termico da ( ; t . . Per Gr>2 . I O 5 il regime è completamente turbolento e si sono usare le correlazioni [15]:

per strati orizzontali e

ttltf

Fig. 8.7. Diagramma generalizzato nel caso di convezione naturale entro sir1111 d'aria piani chiusi.

Un'analisi più approfondita delle intercapedini piane verticali mostiii

I

che Nu dipende oltre che da Ra e Pr anche dal rapporto di forma - . b Al variare del numero di Rayleigh si rendono evidenti divcrsc configurazioni di moto. Per Ra< lo3 i moti convettivi ascendenti al lato caldo e discendenti al lato freddo sono assai deboli ed occupano l'intero spessore della cavità. Questi moti però non sono tali da alterare il profilo delle temperature che appare lineare ovunquc ad eccezione delle zone vicine ai confini inferiore e superiore. L'andamento delle temperature indica uno scambio termico di pura conduzione, quindi sarà:

con

Se R a > IO3 si passa gradualmente ad una configurazione dinx mica con strati limite alle pareti nettamente distinti ed a marciiti gradienti di temperatura orizzontali, separati da una zona, postii attorno al piano mediano, con temperature pressoché costanti i11 direzione orizzontale e linearmente crescenti in direzione verticalc. Lo scambio termico è quindi per convezione pura essendo trasciirabile il flusso termico per conduzione orizzontale tra gli strati limite. In realtà la zona tra gli strati limite, inizialmente pressoché i r i quiete, per valori di Ra = 3 .IO5 è sede di formazione di celle iri rotazione concorde con la circolazione generale presso le pareti. Al crescere di Ra le celle divengono sempre più numerose cd attive, promuovendo, a Ra=106, la formazione di altre celle ; I senso di rotazione invertito. Tali moti secondari e terziari conferiscono una struttura fine >il campo termico, con variazioni di temperatura entro le singole cellc che comunque non superano il I 2 % del valore di (t,, - t,;); gli effetti possono perciò in prima, ma sufficiente approssimazione, essere trascurali. Nell'intervallo I O 6 < R a < l o Y , le circolazioni secondaria e terzi;iria, sempre più vigorose, determinano instabilità del moto clic penetrano negli strati limite rendendoli turbolenti (per Ra > l o 9 ) . In corrispondenza dei diversi regimi di moto sono state ricavaic sulla base di modelli di varia complessità, correlazioni generalizzate. verificate dai dati sperimentali entro il 20%. Per temperature uniformi sulle superfici, in regime di conduzionc pura, ove si voglia tener conto dell'influenza dei lati orizzontali superiore ed inferiore della cavità, vale per aria [33]:

A=0,0782,rn=0,3594

perl/b=l

Sono pure raccomandate l351 le correlazioni:

se

2000 < Ra < 20000 (strato limite laminare)

se

20000 < Ra < 1,l - 10' (strato limite turbolciiici).

Come al solito Gr(eRa) è riferito allo spessore b e a At = t,,, -- i,,,. le proprietà termofisiche alla temperatura media (t,! + t p , ) / 2 . Si noti inoltre che, nel regime turbolento, per rapporti di forrii:i llb assegnati, la (8.47b) indica l'indipendenza di a, dallo spcssoic della cavità. In condizioni di flusso termico specifico uniforme sulle supcrf'ici sono state ottenute per liquidi le correlazioni [36]:

IO4 < Ra < 10' (strato limite laminare) l < Pr < 20000 10 < l / b < 4 0

In regime a strato limite si ha [33]: 10" Ra < l o 9 (strato limite turbolento) I p , (cfr. 9.24) ed il liquido è perciò surriscaldato. Il surriscaldamento t,. - 1, in condizioni di equilibrio termico e meccanico (t,. temperatura di saturazione alla pressione del liquido p,), si può determinare con l'equazione di Clapeyron-Clausius, nell'ipotesi di comportamento ideale per il vapore e trascurando il volume specifico del liquido:

essendo p, v = R,, T, . In prima approssimazione e: p,, - p /

dp (Tlm - T V ]dT

perciò:

In assenza di equilibrio termico se T,,< T,, ossia: TI - T, >

2~, T;' ,a rp1a

il calore si scambia per conduzione all'interfaccia liquido-vapore, parte del liquido evapora e la bolla cresce; se T , > T,, ovvero:

il pr. t") le temperature dei due fluidi (nel senso precisato quando si è trattata la convezione termica) e con t: e t:' le temperature sulle due superficie della lastra piana: queste temperature si considerano per ora uniformi in corrispondenza a tutta la superficie di scambio di area A . Il flusso termico scambiato per convezione tra il fluido a temperatura t' e la superficie della lastra a temperatura t>! che questo lambisce si può esprimere come:

q = a ' A (t'

- t:)

(10.1)

avendo indicato con a' il relativo coefficiente di convezione termica, che viene supposto di valore uniforme in corrispondenza all'intera area di scambio. Per l'ipotesi di regime permanente il medesimo flusso termico deve essere trasmesso per conduzione attraverso la parete piana omogenea; vale la relazione: J.

q = - A (t: S

- t:')

avendo indicato con s lo spessore della lastra e con A la conduttivitii termica del materiale di cui la lastra stessa è costituita; h è supposto costante nell'intervallo di temperatura ti - t;'.

I1 coefficiente K, che rappresenta la trasmittanza specifica globale nel passaggio del calore tra i due fluidi, è espresso dalla relazione:

e viene chiamato coefficienre di scambio rermico globale. In termini di resistenza ci può scrivere:

ove :

Fig. 10.1. Trasmissione globale del calore in una lastra piana omogenea

R, e la resistenza termica globale dello scambio termico, somma di tre resistenze in serie: R ' ed R " - resistenze termiche convettive tra le facce della lastra ed i fluidi rispettivi che le lambiscono; R * resistenza termica di conduzione attraverso la lastra. II calcolo delle temperature t > e rp sulle superfici della lastra, in funzione delle temperature dei due fluidi e delle resistenze termiche, si può effettuare con le relazioni:

Osservando, sempre per l'ipotesi di regime stazionario, che i l medesimo flusso termico deve essere trasmesso per convezione dallii superficie della lastra a temperatura t;' al fluido a temperatura t " , \ I può scrivere:

nelle solite ipotesi e con ovvio significato dei simboli. Se si esplicitano nelle differenze di temperatura le relazioni ~ 1 ; i (10.1) a (10.3) e si sommano quindi membro a membro, si riciiv;~ subito, dopo semplici passaggi:

.+.Si

us;t scrivcre la relazione (10.4) nella forma:

ricavate uguagliando la (10.5) alla (10.1) ed alla (10.3) rispettivamente. Immediata è ora l'estensione della trattazione al caso di trasmissione globale del calore in regime stazionario tra due fluidi separati da una parete piana composta multistrato. 11 flusso è ancora esprirnibile con l a relazione (10.5), ove questa volta i l coefficiente di trasmissione globale del calore assume l'espressione:

avendo indicato con s, lo spessore dello strato generico j-esimo componente la parete rnultistrato, e con h, (costante) la conduttivitli termica del materiale di cui è costituito. Risulta n a t ~ r a l m e n t ~ anche:

con ovvio significato dei simboli. Per il calcolo delle temperatusu alle superficie di separazione dei vari strati componenti la parctc. piana multistrato si può utilizzare il fatto che (a regime pernikincnte) il rapporto tra la differenza di temperatura e la resistenzli termica attraverso cui questa ha luogo ha valore uguale al fluisti termico. Non è infrequente il fatto che delle singole resistenze termiche i i i serie componenti la resistenza termica globale uno o piii termiiii siano in pratica trascurabili rispetto ai rimanenti: immediate sono i11 questo caso le semplificazioni che ne derivano nelle relazioni ripor late più sopra. Una situazione molto importante di trasmissione globale si Ii;i quando due fluidi si scambiano calore attraverso una parete a strato cilindrico circolare semplice, come rappresentato nella figura 10.2:

questa geometria è comune negli scambiatori di calore quando il flusso termico è scambiato tra due fluidi. uno fluente all'interno e l'altro forzato a lambire la superficie esterna di tubi generalmente metallici. Sempre nelle ipotesi di scambio termico in condizioni di regime permanente si indichino con t, e t, ( t , >t,) ( l ) rispettivamente la temperatura del fluido interno e quella del fluido esterno, e con r,, e t,,, le temperature rispettivamente sulla superficie interna e sulla superficie esterna dello strato; queste temperature si considerano per ora uniformi con riferimento a tutto lo strato cilindrico considerato. Siano a, ed a, i valori (supposti uniformi) dei coefficienti di convezione relativi rispettivamente alla superficie interna (di area A,) e d alla superficie esterna (di area A,) dello strato con riferimento ai relativi fluidi che le lambiscono; siano ancora r,, r, e d l rispettivamente il raggio interno, il raggio esterno e la profondità assiale dello strato, e A la conduttività termica (costante) del materiale costituente lo strato. In maniera analoga a quanto già visto per lo strato piano. si può esprimere il flusso termico scambiato tra i due fluidi con la relazione:

ove R,, resistenza termica globale. è la somma delle tre resistenze in serie R, ed R, di convezione, ed R * di conduzione:

E conveniente anche in questo caso mettere in evidenza un'area di scambio (quella relativa alla superficie interna oppure quella relativa alla superficie esterna) e poter così definire i relativi coefficienti di scambio termico globale. Si ottiene:

ove K;, coefficienre di rrasrnissione globale riferito alla superficie interna, ha l'espressione:

interno riferito alla superficie esterna. In termirii di resistenze termiche risulta naturalmente:

sempre nelle ipotesi che sia trascurabile la resistenza di conduziiinc ove: Analogamente, mettendo in evidenza l'area della superficie esterna piuttosto che quella della superficie interna, si può scrivere:

ove K,. coefficiente di trasmissione globale riferito alla superficie esterna, ha l'espressione: Ke =

l

I re + -

r n ( r )

+- I

La resistenza termica globale allo scambio termico R, è naturalmente esprirnibile come:

ed il flusso termico è valutabile dall'espressione:

Negli scambiatori di calore a tubi lisci è pih usuale il riferimento all'area della superficie esterna; spesso inoltre risulta trascurabile !:i resistenza termica per conduzione attraverso lo spessore del tubo (usualmente metallico): si usa in queste ipotesi l'espressione (10.17), ove K , si calcola con l'espressione: K, =

I I a,,

7

+- l ae

ove a , , = a , r,i r , vicnc chianiiitn coeffirienre di rnnvezione del flirido

con ovvio significato dei simboli; in particolare con a,, si è indiciitii il coefficiente di convezione esterno riferito alla superficie intcriiii, aer= ae relri. Non è neppure infrequente i l fatto che delle singole resistcii/i termiche componenti la resistenza allo scambio termico globale. ~ i i i ; ~ abbia valore nettamente preponderante rispetto alle altre, che pii sono quindi essere ritenute trascurabili. La resistenza termica prc. ponderante condiziona lo scapbio termico; se ad esempio questi1 C la resistenza di convezione esterna, risulta:

Qualora in una situazione di scambio termico globale uno dei diic coefficienti di convezione risulti di valore molto minore dall'altrii, può essere conveniente adottare una geometria con superficie estcsii (dettata) dal lato cui compete il coefficiente di convezione rninorc, onde diminuire la relativa resistenza termica possibilmente fino anche a renderla dello stesso ordine di grandezza dell'altra rcsistenza termica convettiva. Si è già visto come l'estensione della superficie di scambio (interna od esterna) di un tubo mediaiitc alettature non riduca proporzionalmente alI1aumento di area la relativa resistenza termica. anche rimanendo invariato il coefficiente di convezione, in quanto la superficie aggiunta con le alettature ha efficacia minore, agli effetti dello scambio termico, della superficie originale del tubo. Allo scopo di valutare la resistenza termica di una superficie alettata è stato introdotto nel Cap. IV, il parametro adimensionale (di valore minore di uno) Q * , detto efficienza tcitalc della supcrficic alettata. Riferendo la resistenza del tubo diil liitci dcll';ikti:itill~i alla diffcrcnza tra la tcmpcritturii ticllii 1i;isc iIc.ll';i-

letta (supposta uguale alla temperatura della superficie di tubo trii le alette) e la temperatura del fluido con cui la superficie a l e t t a ~ scambia calore per convezione, risulta:

relazione che si applica a quella superficie del tubo (interna od esterna) che risulta alettata; beninteso nella (10.22) A è la superficie totale di scambio (interna od esterna), comprendente la superficie delle alette e la superficie di tubo rimasta libera tra le alette. l i bene far notare esplicitamente che la resistenza R della forrnulii (10.22) non è più di tipo solo convettivo, conglobando anche I;i resistenza di conduzione lungo le alette. Si ha di conseguenza che, se ad esempio la superficie alettata dcl tubo è solo quella esterna, il flusso termico scambiato tra f l u i d o interno e fluido esterno si può esprimere come:

mancano comunque esempi in cui il riferimento e fatto all'area della superficie alettata, o addirittura all'area di una superficie convenzionale. Nella trattazione dei tubi alettati riportata più sopra. come già osservato, non si è supposta trascurabile (come invece usualmente accade) la resistenza termica di conduzione attraverso lo spessore del tubo. La trattazione della trasmissione globale del calore tra due fluidi separati da una parete a strato cilindrico composto segue immediatamente considerando le diverse resistenze in serie: lo sviluppo delle formule relative a questa geometria viene lasciato al lettore. ESEMPIO 10.1

Un fluido condensa isobaricarnente alla temperatura t, = 100 "C all'interno di un tubo di ottone (di condurtivita termica 1= 80 W l ( m K)). realizzando un coefficiente di convezione a, = 1400 W / ( m 2 K ) . I1 tubo ha diametro interno d, = 5 cm. spessore s = 4 mm e lunghezza 1 = 2 m. Il tubo e investito esternamente (in direzione ortogonale) da aria in convezione forzata alla temperatura re = 25 "C; i1 relativo coefficiente di convezione realizzato vale a- = 60 Wi(m2K ) . Valutare il flusso termico scambiato tra i due fluidi. e le temperature t,, e i,, sulle superficie interna ed esterna del tubo. Soluzione

ed i coefficienti di trasmissione globale riferiti ad un tubo dettato esternamente, con efficienza totale della superficie alettata esterni1 L?:, assumono la forma:

In maniera analoga si può trattare la trasmissione globale i1c.l c;rloi-c rispetto a due fluidi che lambiscono la superficie di un tuliil ;ilcttalo internamente. Ncl caso di tubi alettati da una sola parte è spesso ccinvc~ii~iiii* rii'crirc il Ilwiso sc;irnbiaro all'arca dclla superficie non iilcttiii>i; i1o11

Si calcola dapprima il coefficiente di scambio termico globale riferito alla superficie interna, relazione (10.16) (si preferisce valutare il coefficiente di trasmissione globale riferito alla superficie interna per successivo confronto di questo dato con quanto verrà ricavato nell'esempio successivo):

Dai valori riportati più sopra si vede che la resistenza di conduzione ha valorc trascurabile rispetto alla resistenza convettiva esterna. che condiziona lo scambio termico essendo superiore di venti volte anche rispetto alla resistenza convettiv;i interna. Il flusso termico scambiato si ricava ora immediatamente dalla relazrone (10.15).

.

Risulta: A, = A , - A ; ove A :: area esterna del tubo libera da alette SI ricava: A , = 1 8 . 2 r r I r , = I 8 ~ 2 x ~ 2 ~ 0 , 0 2 9 = 6 . 5m' 60

A ; = I l 2 ~ 2 x r e I = n ~ 0 , 0 2 9 ~ 2 = 0 , 1rn2 82 A , = 6,560 - 0,182 = 6.378 m' A,'A, = 6,37816,560 = 0,972

Q",

l -0,972(1 0 . 8 0 ) = 0 , 8 0 6

Si può ora calcolare 11 coefficiente globale di trasmissione del calore riferito alla superficie interna: l,< = t,, -

q R * =t,, -

4

2 x l Alln(rJr,)

Alternativamente:

ESEMPIO 10.2 Lo scambio termico considerato nell'esempio prxedente realizzato con uri tubo che è alettato trasversalmente nella sua superficie esterna. I1 diametro interno e quello esterno (alla base dell'aletta) del tubo, la sua lunghezza ed il materiale t11 cui è costituito sono uguali a quelli considerati nell'esempio precedente; anche I coefficienti di convezione realizzati si considerano invariati rispetto al caso precedente. La geometria dell'alettatura è tale che la superficie totale esterna di scambio realizzata è I8 volte l'equivalente superficie esterna del tubo non alettato: nellc condizioni di impiego l'efficienza termica dell'aletta vale 8 = 0,80: alla base lo spessore di ogni aletta è uguale all'interspazio tra due alette contigue. Si determini 11 flusso scambiato in questa situazione.

Dai risultati riportati più sopra si vede come la presenza del!e alette ha ridotto la resistenza esterna allo stesso ordine di grandezza della resistenza convettiva interna, nonostante la grande diversità dei relativi coefficienti di convezione realizzati. Il flusso termico scambiato può essere ora calcolato mediante La relazione (10.23): q = K ,A,(t, - t,) = 570.2n.2. 0,025(100 - 25) = 13439 W

i**

Se non si fosse tenuto conto della resistenza di conduzione attraverso lo spessore del tubo si sarebbe trovato K, = 587 w/(rn2K ) , cioè un risultato differente per solo il 3%. L'incertezza insita soprattutto nella previsione dei coefficienti di convezione avrebbe senz'altro permesso di trascurare la resistenza di conduzione attraverso lo spessore del tubo.

10.2. Tipi di scambiatori di calore

Soluzione Si deve dil~pri1113 determinare l'efficienza del sistema alettato .. i o n e (4.93) risulta: - -A" ( I - Q)

4

iivc: A,: area toi;ile di scambio; A,; :iicii di scambio relativa alle dette.

a:. Dalla

rela-

Si descrivono in questo paragrafo a grandi linee i tipi più comuni di scambiatori di calore, limitatamente a quelle apparecchiature ove lo scambio termico tra due flussi di fluido ha luogo per trasmissione globale di tipo conduttivo-convettivo; non vengono invece presi in considerazione scambiatori concepiti per scambi termici radiativi, o comunque quelli per i quali gli scambi termici per radiazione non possono csscrc ir;isclir;iti

Un primo tipo di scambiatore di calore e quello a tubi cottw~i trici. di cui la fig. 10.3 fornisce una rappresentazione semicostriii tiva; come si vede dalla figura questo tipo di scambiatore è essc5ti zialmente costituito da più elementi formati da due tubi dispci\ii' coassialmente uno entro l'altro: un fluido (il cosiddetto fluidi1 interno) scorre all'interno del tubo interno, scambiando calore c i i l fluido (esterno) che scorre nell'intercapedine tra i due tubi. Qualcii-;i i due fluidi entrino nello scambiatore dalla stessa estremita, e pchi corrano perciò lo scambiatore nello stesso verso, la disposizione Cdetta in equicorrente; viceversa se i due fluidi entrano nello scaiii biatore dalle opposte estremità, e percorrono perciò lo scambiatciic. in verso contrario, la disposizione è detta in controcorrente; si vedi;i nei prossimi paragrafi come la disposizione in controcorrente C i r i generale più efficace dal punto di vista dello scambio termico reali/ zato.

Per questioni di ingombro e costo lo scambiatore di calore a tubi concentrici non si presta a realizzare superficie di scambio eccedenti 15-20 m2 (valore riferito a tubo liscio). Superficie di scambio notevolmente più elevate si possono ottenere negli scambiarori di calore a fascio rubiero. Questi scambiatori sono costituiti da un fascio compatto di tubi fissati alle estremità (per mandrinatura o, meno frequentemente, per saldatura) su due piastre tubiere generalmente circolari; questo fascio di tubi è alloggiato entro un corpo cilindrico detto mantello o fasciame. Due opportune testate di estremita distribuiscono un fluido entro i tubi (fluido interno), mentre l'altro fluido scorre esternamente ai tubi dentro il fasciame (fluido esterno). Frequentemente. come illustrato nella fig. 10.4, nel fasciame si dipongono dei diaframmi ortogonali ai tubi (comunemente a forma di segmento circolare; si veda la figura 10.5 per l'illustrazione dei tipi più comuni di diaframmi) col compito di elevare la turbolenza del fluido esterno ed ottenere così coefficienti di convezione termica più elevati. I diaframmi svolgono anche funzione di supporto dei tubi. Con opportuni setti divisori nelle testate si può far percorrere al fluido interno più volte la lunghezza dello scambiatore successivamente entro gruppi di tubi del fascio: si parla allora di scambiatori a più passaggi nei tubi. Anche i l fasciame può essere provvisto di

I l

Fig. 10.3. Scambiatore

di

Scambiatori di calore ad elementi concentrici possono aiiclitessere realizzati con il tubo interno alettato longitudinalrnente (11cll.i sua superficie interna, od esterna, od in entrambe le superficie); \ i usa il tubo alettato quando uno dei fluidi è un gas (anchc i 1 1 prcssionc). un liquido altamente viscoso ci più generalmente t i r i Iluido pcr i l quale non si riesce a realizzare un alto valorc i1c.I coclficiciitc di convczione termica (ad esempio per i l hasst) v i i l o i r ~

k

l

l

;

porlah). ~

.

. :

".

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-1

.

,

.

.

calore a tubi concentrici con deflusso in controcorrentc

I

d

i

I

l

*I

I

t u b del fdcciri diaframmi pastre tbbere testdte

I I I

i

U-LI

I

J

A SEGMENTO

Ls e t t o

longitudinale

tubi

Fig. l0.6a. Scambiatore di calore a facio tubiero tipo 2-4. Per semplificazione grafica non sono segnati i diaframmi trasversali.

A DOPPIO SEGME N T O

ISCO E A N E L L O Fig. 10.5. Tipi più comuni di diaframmi trasversali impiegati negli scambiatori di caloi-L, a fascio tubiero.

un setto longitudinale, che costringe il fluido esterno a percorrere due volte la lunghezza dello scambiatore, il quale viene detto allorii a due passaggi nel fasciame: lo scambiatore illustrato nella fig. 10.ha è del tipo a due passaggi nel Fasciame e quattro passaggi n c i tubi. c perciò viene detto scambiatore 2-4; nella figura 10.hh i. invece illustrato tino scambiatore di calore, sempre del tipo a fascio tuhicro. dctto con tithi ud il: vi è in questo caso u n a sola piiixti;~ tiihicrii.

Fig. 10.6b. Scambiatore di calore a fascio tubiero con tubi ad U.

Il numero dei passaggi dei fluidi nei tubi (massimo 16) e riel fasciame (usualmente uno o due) e scelto così da ottenere valori ottimali delle velocità dei fluidi. che diano luogo a valori sufficientemente elevati dei coefficienti di convezione e contemporaneiimente a perdite di carico accettabili; per il fluido esterno si pu0 influire su queste grandezze anche agendo sulla distanza dei diaframmi. oppure sul passo o reticolo dei tubi; si veda a questo proposito la figura 10.7.

t

-- RETICOLO T R I A N EQUILATERO

p

-

p

-

-

p

RETICOLO QUPDRATO

-.

.

---

t

impaccate a pressione in un opportuno telaio; si veda la fig. 10.8. Le piastre, ottenute per stampaggio in pressa, presentano opportune corrugazioni a rilievo nella zona centrale, quattro aperture circolari

--

RETICOLO QUADR R U O T A T O

Fig 10.7. Differenti poss~bilitàdi disposizione dei tubi (reticolo) negli scambiaiori di calore a fascio tubiero. guarnizione

plastrà

Gli scambiatori di calore a fascio tubiero possono essere realizzati anche con 'tubi alettati; quando I'alettatura e all'esterno dei tubi tali scambiatori potranno essere impiegati o quando non sono previsii depositi incrostanti. o quando tali depositi possono essere rimossi anche con metodi non meccanici. Pur limitando in questa sede la trattazione ad una illustrazioiic sommaria di solo alcune tra le più importanti tipologie di scambia tori di calore (tra le molte ideate per soddisfare le più svariiiic csigenze). sembra opportuno descrivere con un certo dettaglio gli .scnnzbiurori di calore a piastre. per le particolari ed interessai111 c:iratteristichc che li contraddistinguona, e che ne hanno favorito u n crcsccntc impiego in questi ultimi tempi in numerose applicazioiii. Ouesto scambiatore consiste essenzialmente di una scric di piasirc. iiiibi;illicIic.,di Iorrna apprrrssirn;itivamcntc rctt;inpoliirc. clic vciipiriii

Fig. 10.8. Scambiatore di calore a piastre.

1

saldate, come i l titanio. di uso assai favorevole ad esempio con l'acqua di mare, per l'elevata resistenza alla corrosione.

in corrispondenza agli angoti, e perirnetralmetite dei solchi per l'al loggiamento delle guarnizioni. Le corrugazioni, oltre a conferir^. maggiore rigidità alle piastre (che hanno spessore metallico di O,.? 1,2 mm), permettono il formarsi di serie di canali di passaggio per i fluidi tra le piastre stesse quando queste sono impaccate; la spazi~i tura delle piastre nel pacco, per effetto delle corrugazioni e dell;i presenza delle guarnizioni, è compresa tra 1,5 e 5,5 mrn. Le apci ture circolari agli angoli delle piastre, quando queste sono accostali. nel pacco, formano i condotti di distribuzione e ripresa dei fluidi; I : i presenza delle guarnizioni opportunamente disposte, come rnostraii~ nelle due piastre (alternativamente disposte nel pacco) rappresrii late nella fig. 10.8, permette di far passare alternativamente i dui. fluidi negli spazi tra le piastre in configurazione di controcorrentc pressoché perfetta (almeno nello scambiatore illustrato in figura). Nella figura 10.8 è illustrato uno scambiatore a piastre con dispii sizione della totalità dei canali in parallelo; sono possibili anclii differenti disposizioni con collegamento in serie di più pacchi, ci;( scuno con canali in parallelo, nello stesso telaio. Impiego tipico degli apparecchi a piastre è quello dello scamhili termico tra liquidi senza cambiamento di fase, con coefficienti t11 scambio termico ( e perdite di carico) sensibilmente superiori ;I quelli comunemente riscontrati negli apparecchi a fascio tubiero. Carattcristichc peculiari positive degli scambiatori a piastre s c m ~ Ic seguenti:

Fattori negativi che invece talora ostacolano l'impiego degli scambiatori a piastre sono: g) la particolare struttura e il materiale delle guarnizioni limitano i valori della temperatura massima e della pressione d'esercizio per questi apparecchi: valori limite usuali sono 150 "C e 1,5 MPa, anche se con costruzioni e materiali particolari questi limiti possono essere ecceduti; h ) rag~oni di costo coinparativo non giustificano l'impiego degli scambiatori a piastre (nei confronti degli apparecchi a fascio tubicro) se non quando questioni di igienicità (industria farmaceutica o alimentare) o di resistenza alla corrosione richicdono I'inipiego di materiali speciali (acciai inossidabili, titanio, Cupronichel. Incoloy, Inconel, Hastelloy, etc.). Attualmente la più grande piastra in commercio ha area di scambio a 3,63 m', che può permettere di realizzare uno scambiatore su singolo telaio di area di scambio totale fino a 2174 m'. La piastra più piccola attualmente disponibile in commercio ha area di scambio di 0,032 m'. Qualora si debba realizzare lo scambio termico tra un liquido (all'interno dei tubi) ed un gas a pressione moderata, trovano estesa applicazione scambiatori di calore a flussi incrociati con tubi ad alettatura trasversale esterna disposti in fascio compatto; in tali apparecchiature il gas. che ovviamente fluisce all'esterno dei tubi, ha velocità con direzione ortogonale all'asse dei tubi stessi. Tipici di questa categoria di scambiatori sono gli economizzatori, i condensatori raffreddati ad aria e le batterie alettate per il trattamento dell'aria negli impianti di climatizzazione; spesso in questi scamhiatori Ic alette sono di tipo continuo, cioè realizzate in pezzo unico pcr tutti i tubi del fascio. Un esempio di batteria alettata con alette continue è rappresentato nella fig. 10.9.

a ) lo scambiatore può essere facilmente e rapidamente disassciii

blato nei suoi singoli componenti per operazioni di pulizia mCi: canica o ispezione; h) Io scambiatore può, in molti casi, essere facilmente adeguaici ; i mutate condizioni d'impiego con l'aggiunta di nuove piastre o 1;i soppressione parziale di quelle esistenti; C) l'alta turbolenza indotta nei fluidi e la mancanza di zone morii* nei canali di piastra rendono lo scambiatore meno affetto d;i sporcamento nel confronto di altri tipi di apparecchiature i11 scambio termico; L!) perdite del fluido per difettosa tenuta delle guarnizioni i i i i i i vanno ad inquinare l'altro fluido; C) I'clcvnio grado di uniformità nel tempo di permanenza i l c l t i particelle fluidc ncllu scambiatore lo rendono particolariiiciiii ;id;irtii nci trattariicnti icrrnici quali la pastririzziizionc. la sterili/ z;izionc o la cottura; ];i fornialura clcllc ptiistrc pcr staiiipaggit, alla prcssii pcriiiriii. t) l ' i ~ t i l i ~ / o; i i ~ c ltli~ ~n~i~tcriali ~ . h c111;il si PrC~tiillt);i ~ ~ ~ I ~ I I Z

I ~ I L I

La figura 10.10 illustra un refrigerarore ad aria; e questo un tipo di scambiatore di calore largamente impiegato nell'industria chimica pcr raffreddare fluidi di processo (che percorrono il lato interno di hanchi di tubi con alettatura trasversale nelta superficie esterna); il c d o r c di raffreddamento è rigettato all'aria atmosferica, che è fori i i ~ i i :i p:iss;irc esteriiaiiiciitc al banco di tubi alettati, in direzione or-tiigoii:ilc :ill';issc. tlcgli itccsi. Iicr I'azic-iiie di opportuni ventilatori.

separanti alternativamente le correnti fluide che si scambiano calore; un esempio di scambiatore compatto è mostrato in fig. 10.lla; un altro tipo di superficie compatta, realizzata con passaggi tubolari con fitta alettatura continua, è mostrato nella fig. 10.1lb. Questi scambiatori sono usualmente impiegati per realizzare lo scambio termico tra due correnti gassose, come ad esempio negli impianti di potenza a turbina a gas con ciclo rigenerativo.

Fig. 10.9. Batteria alettata.

Fig. 10.1l a Esempio di superficie di scambio compatta.

f-'ig. 10.10. Refrigeratore ad aria

Supcrficic di scambio molto elevate in rapporto al volumc occii piito vengono realizzatc nei cosiddetti scambiatori comparii. 1xis;ii

I

cwmpio sulla possibilità di formare, attraverso svariate tcciiiclic., Iiiiii scric di passaggi con ampie superficie cstesc tra piani i i i c ~ a l l i i . ~ iid

Fig. 10. I l h ITwnipiir di superficie di scambio crinipatta

La tecnica delle superfici compatte permette di raggiungere valor I di «densità d'area di scambio* da 700 fino anche a 6.000 m21tii (area di scambio per metro cubo d'ingombro totale); a titolo t l i confronto si consideri che, negli scambiatori a fascio tubiero o .I piastre, la densità d'area di scambio assume comunemente va101i attorno a 150-200 rn2/m'. Non si vuole infine tralasciare di menzionare i rigenerarori, appi recchi con i quali si realizza lo scambio termico tra due corscriil gassose facendole alternativamente fluire attraverso una opportiir1.1 «matrice. (corpo di riempimento) usualmente metallica; quesiii matrice si riscalda quando 2 attraversata dalla corrente calda, p c I cedere succcssivarnente il calore accumulato alla corrente freclii~i quando è questa che la attraversa. Per realizzare lo scambio terniii.{l con continuiti si possono usare due apparecchi, alternativanie~i!~ uno in fase di riscaldamento e l'altro in fase di raffreddrirncrii(i oppure si impiega un rigeneratore di tipo rotativo (vedi la 10.12). I vantaggi dei rigcneratori rispetto agli scambiatori a supcr l i cie sono le dimensioni ridotte, I'economicità e l'effetto di autopiii i tura delle superficie favorito dall'alternarsi periodico del verso i I i passaggio dei fluidi. Gli svantaggi sono l'inevitabile parziale miscc!;i mento dei due fluidi e (nel tipo rotativo) le difficoltà di tci-i~ii;i. t i i l

SEZIONE

CD

specie quando le correnti gassose sono a pressione sensibilmenie differente (ad esempio nei rigeneratori per impianti di potenza a turbina a gas). 10.3. Dirnensionamenro degli scambiarori di c a h r e

In questo paragrafo si vogliono ricavare delle relazioni che permettono di procedere al dimensionamento almeno di scambiatori di calore di geometria più semplice, quando siano verificate alcune ipotesi restrittive. Le ipotesi poste a base delle considerazioni che seguono sono le seguenti: a) i fluidi nello scambiatore di calore fluiscono e scambiano calore in condizioni di regime permanente; b) i l coefficiente globale di trasmissione del calore K tra i due fluidi nello scambiatore ha valore uniforme in corrispondenza all'intera superficie di scambio. C) il calore specifico di ognuno dei due fluidi nella trasformazione nello scambiatore ha valore costante, oppure uno od entrambi i fluidi subiscono un cambiamento di stato isotermo (evaporazione o condensazione isobara di un Fluido monocomponente); d ) le perdite termiche verso l'esterno sono trascurabili; cioè lo scambiatore si può ritenere adiabatico verso l'esterno. Qualora ambedue i fluidi nello scambiatore subiscano cambiamenti di stato ri temperatura costante, la differenza di temperatura tra i due fluidi ha valore uniforme in corrispondenza a tutta la superficie di scambio termico, e si possono applicare direttamente le formule della trasmissione globale riportate nel paragrafo 10.1; ad esempio per il calcolo dell'area dello scambiatore, noti il flusso termico q da scambiare, il coefficiente di trasmissione globale K e la differenza di temperatura tra i due fluidi ( t ' -t1'). si può utilizzare l'espressione:

Escludendo quindi nel seguito il caso banale che nello scambiatore entrambi i fluidi evolvano a temperatura costante, vengono ora sviluppate due analisi estesamente impiegate in problemi di dimensionamento di apparecchiature di scambio termico: il metodo della differenza rnediu efficace delle temperature, ed il cosiddetto metodo F-NTU. Le ipotesi da a ) ;i ci) richiamate più sopra si considerano in ogni c;isti vcrificatc.

10.3.1. I1 metodo della differenza media efficace delle temperature

Quando le trasformazioni subite dai fluidi nello scambiatorc hanno calore specifico di valore finito (e costante per ipotesi). IL, temperature delle correnti fluide nello scambiatore variano, e la differenza delle temperature dei due fluidi ha valore non uniformc in corrispondenza all'area di scambio; l'espressione (10.26) è applicabile solo in termini differenziali per ogni elemento d A dell'area di scambio in relazione alla differenza di temperatura locale tra I fluidi. Si consideri dapprima uno scambiatore di calore a tubi concentrici; si è già osservato che tale scambiatore può realizzare l'equicorrente o la controcorrente perfetta tra i due fluidi. La fig. 10.13ii riporta l'andamento della temperatura dei due fluidi nello scambititore nel caso di disposizione in equicorrente; la fig. 10.13b riporta invece l'andamento della temperatura dei fluidi nello scambiatorc. nel caso di disposizione in controcorrente; in ascissa dei diagrammi di fig. 10.13 è riportata l'area di scambio computata convenzionalmente a partire dalla estremità dello scambiatore ove entra il fluido caldo (quello cioè che nello scarnbiatore cede calore). Con riferimento ancora al fluido caldo si indichino rispettiviimente con t ; , t ; e t ' la temperatura del fluido all'estremità inizialc dello scambiatore, all'altra estremità dello scambiatore, ed in un;i posizione generica dello scambiatore; si indichino infine con m ' c c' rispettivamente la portata di massa ed il calore specifico dcl fluido nelio scambiatore. Le analoghe grandezze per il fluido freddo (quello cioè che nello scambiatore riceve calore) siano t;'. t:, ril

I

a) EQUICORRENTE

e e". 11 flusso termico elementare d q (espresso positivamente) scanibiato tra i due fluidi attraverso l'elemento generico di superficie di scambio di area dA si può esprimere con le seguenti relazioni:

d q = K dA ( t '

(10.27)

- t")

L---- - - - - - m - -

dq

= cumvdtM

(equicorrente)

dq

= - cwhvdin

(controcorrente)

Si cisscrvi chc nella relazione (10.27) l'area della superficie di scarii Iici A 2 quella LI cui k riferito i l coefficicntc di trasmissione glotwlr.

---

- - m

b) CONTROCORRENTE

Fig. 10.13. Profili di tempcratiira rie~liwirnbiaiori di calore a tubi concentrici.

del calore K (cioè o I'area della superficie interna o quella dellii superficie esterna del tubo interno dello scambiatore). Dalle relazioni (10.28) e (10.29) si ottiene: d ( t f - r")

=dA =

- M dq

avendo indicato con A la differenza A l'espressione:

= t 1- t v ;

(10.30)

la costante M h;,

(equicorrente) (10.7 l 1

(controcorrente)

Sostituendo nella espressione (10.30) il valore di d q dato dall;~ (10.27) si ricava: dA A

-

Sostituendo il valore di M ricavato dalla (10.35) nella (10.34) si ricava, dopo sernplice passaggio:

Non e difficile osservare che alle medesime relazioni (10.33) C (10.36) si perviene anche nel caso che nello scambiatore a tubi concentrici uno dei due fluidi subisca un cambiamento di stato isoterrno; in questo caso il valore di M E sempre dato dalle espressioni (10.31), ove il rapporto ] / ( c m ) relativo al fluido che evolve a temperatura costante assume valore nullo. Viene chiamata differenza niedia logaritmica delle temperature. ed indicata con Ai,,,, l'espressione:

KMdA

Integrando la (10.32) tra l'estremità iniziale dello scambiatore nvc la differenza di temperatura tra i due fluidi vale A, ed una posi zione generica nello scambiatore ove la differenza di temperatuvi1 tra i due fluidi vale A , e chiamando A , I'area di scambio trii l'estremità dello scambiatore e la posizione generica rnenzionatc. S I ottiene:

espressione che fornisce l'andamento della differenza di temperatui.;~ tra i due fluidi lungo I'area di scambio. Sempre l'espressione (10.32), integrata tra le estremità dcllo scamhiatore, fornisce:

Risulta allora: q = K A Al,,

(10.38)

L'espressione (10.38) è impiegata per i l dimensionamento di uno scambiatore; permette ad esempio di valutare I'area A necessaria per realizzare In scambio del flusso termico q tra due fluidi tra fissate temperature estreme quando il coefficiente globale di scambio termico realizzato vale K . Non sembra inutile osservare esplicitaniente che. prefissate le temperature di ingresso e uscita dei fluidi nello scambiatore, il valore della differenza media logaritmica delle temperature, sempre calcolabile con l'espressione (10.37) secondo la simbologia adottata, risulta diverso per disposizione in equicorrente oppure in controcorrente. Indicando infatti con t,' e fu' rispettivamente la temperatura di ingresso e la temperatura di uscita del fluido caldo nello scambiatorc. e analogamente con r," e r,:' rispettivamente la temperatura di ingressti c li1 temperatiira di uscita del fluido freddo, risulta, come si pu0 vcrkrc dall;~figur;] l O. 13:

equicorrente:

Al = r,'

controcorrente: Al = t,'

- tI1' ; - t:

;

A, = t i

- ti

A2 = t,,'- t1"

A parità dei valori delle temperature estreme dei due fluidi nello scambiatore, la disposizione in controcorrente dà luogo ad unii differenza media logaritmica delle temperature (At,,), maggiorc (od eguale) della differenza media logaritmica delle temperaturr. relativa alla disposizione in equicorrente ( A ) Risulta S AI,,,,)^^ = (Ar,,),, solo nel caso in cui almeno uno dei due fluidi evolva isoterrnicamente nello scambiatore. La disposizione in controcorrente è quindi più efficace per quanto concerne lo scambio termico, e si impone quando si voglia riscaldare il fluido freddo nello scambiatore fino ad una temperatur:~ superiore od anche uguale a quella di uscita del fluido caldo (operiizione che non è possibile con disposizione in equicorrente; si vedii ancora la fig. 10.13). Sviluppando in serie il logaritmo che compare al denominatorc dell'esprecsione (10.37), ed indicando con At, la media aritrnetic;~ delle differenze di temperatura estreme nello scambiatorc. At,,, = (A, + 4,112, si può ricavare:

equicorrente accanto a scambi termici in controcorrente interessanti differenti porzioni della superficie di scambio, come appare evidente nella fig. 10.14, che illustra qualitativamente l'andamento della temperatura dei fluidi in uno scambiatore di calore a fascio tubiero tipo 1-2. Nelle ipotesi già precedentemente formulate per il caso di scarnbiatori di calore a tubi concentrici, e supponendo inoltre che l'area di scambio risulti ugualmente divisa tra i diversi passaggi, anche per queste configurazioni di deflusso si può arrivare per via analitica ad esprimere il flusso termico scambiato proporzionalmente all'area totale di scambio A , al coefficiente di trasmissione globale del calore realizzato nello scambiatore K , e ad un opportuno valore medio efficace della differenza di temperatura dei due fluidi dr (calcolabile dai valori estremi di temperatura dei fluidi nello scambiatote):

Si usa esprimere il valore medio efficace della differenza di temperatura come:

1 relazione che permette di valutare l'errore che si compie quando. anziché il valore medio logaritmico, nella espressione (10.38) vienc. usato il valore medio aritmetico delle differenze di temperatur~i. Dalla relazione (10.39) si ricava in particolare che tale errore rel~itivo è inferiore a 2% quando risulta 0,62 G A 1 / A 2< 1,6. Per quanto concerne gli scambiatori di calore a fascio tubiero s i può intanto osservare che alcune configurazioni di questo tipo di scarnbiatori (ad esempio i tipi 1-1 oppure 2-2 etc.) realizzano l'eqtiicorrente o la controcorrente perfetta tra i due fluidi (la presenm dei diaframmi trasversali nel fasciame non modifica sostanziaImenrc questa conclusione); per queste configurazioni degli scambiatori di calore a fascio tubiero si possono perciò applicare le medesinic. relazioni ricavate con riferimento agli scambiatori di calore a tutii concentrici. Una situazione sostanzialmente differente si ha invece negli sciin1 biatori di calore a fascio tubiero con numero di passaggi nei tiihi differente dal numero di passaggi nel fasciame; in qucstc conf'igiir;~ iiiwi soiio inl'aiii contcrnpor;inc:tmcnic prcsenti sciirnlii Icrriiic~i i i i

Fig. in. 14. Profilo di temperatmi in uno scambiatore di calore a fascio tuhiero tipn l -L

ove (At,,,),, è i l valore medio logaritmico della differenza di tempc ratura calcolato come se lo scambiatore operasse nella configur:~ zione di controcorrente perfetta, ed F, , detto fattore di temperano-(t è un numero minore od al più uguale ad I , usualmente riportato i i i diagrammi (caratteristici del tipo di scambiatore a fascio tubicr-11 considerato) in funzione dei parametri R ed S così definiti:

R

=

t!' - t,;

t?:- ti1'

; S=

t" - 1,'' l4

t,' - tI1'

ovc si C al solito indicato con t,' e t:' Ic temperature di ingresso dc.i fluidi nello scambiatore, e con t,: e t,:' le temperature di uscita; ,CI, apici ' e " indicano rispettivamente il fluido caldo cd il fluido fredtio (ma questa notazione può anche essere invertita ai fini della v a l ~ i i , ~ zione del fattore di temperatura F,) . Risulta in definitiva:

I l fattorc di temperatura Fr fornisce quindi una indica7iiiiii~ diretta. relativamente all'opcrazionc di scambio da realizzare. di quanto lo scambiatore considerato si discosti, per quanto conccriii. l'efficacia del profilo termico realizzato, da uno scambiatore c l i ~ , realizzi la controcorrente perfetta tra i due fluidi; di solito miii risulta conveniente utilizzare scambiatori di calore rispetto ai quali c F, < 0,75. Nella figura 10.15 è riportato il diagramma per la valutazione dc.1 fattore di temperatura F, relativamente ad uno scambiatore a fascici tubiero del tipo 1-2; lo stesso diagramma si può impiegare, s c n n errori sensibili, anche per scarnbiaiori con piu di due passaggi ( F U I . ché in numero pari) nei tubi. cioè tipo 1-4 oppure 1-6 etc. Da no tare che il valore di F, non dipende da quale dei due fluidi scorr-:I nei tubi e quale nel fasciame. Diagrammi analoghi a quello di fig. 10.15. relativi a differciiii configurazioni di scambiatori a fascio tubiero. sono reperibili in tcsii specializzati [ l ] . Aiichc per gli scambiatori di calore che presentano c)il prodotto del calore specifico per la portata di massa per i singoli fluidi: q
; i rente;

b) la piastra captante, che ha il compito di assorbire la radiazione solare e di trasferirla al fluido termovettore; deve avere ovviamente caratteristiche di elevato assorbimento alle radiazioni elettromagnetiche dello spettro solare. Sensibili vantaggi nei riflessi delle dispersioni termiche verso la parte superiore si hanno realizzando una superfiche che, ritenendo elevato valore dell'assorbimento nell'ambito delle radiazioni dello spettro solare, presenti contemporaneamente bassa emissività per lunghezze d'onda maggiori di 2 3 pm, così da limitare l'emissione radiante propria: si parla allora di superficie selettiva; C) un sistema di tubazioni o condotti in buon contatto termico con la piastra captante, entro il quale scorre il fluido termovettore; d) l'isolamento termico sulla faccia inferiore della piastra captante, realizzato con 8= 10 cm di opportuno materiale isolante; e) il cassone di contenirnento.

-

fissati i valori dclla temperatura ambiente e del fluido tern.iovcitore, esistc iiri viilorc minimo di soglia dell'irradiazione totnlc i;, al di sotto dcl qiialc non si raccoglie potenza utile. Per lo sl'riitt;inicnto termico dell'energia solare a temperaiiir;~ superiorc di qu:into concesso dai collettori piani bisogna ricorrcrc ;I realizzazioni pii1 sofisticate, quali i collettori a tubi evacuati, opprin. a concentrazione; per dettagliate informazioni sull'argoincniti si rimanda ai tcsti specializzati 171.

C)

Le prestazioni di un collettore solare possono essere espresse considerandone la cosiddetta efficienza istantanea q, definita da:

rapporto tra la potenza termica utile raccolta q, (disponibile nel fluido termovettore) e l'irradiazione totale sul piano del collettore

C,. Si pud dimostrare, e la sperimentazione conferma, come l'efficienza istantanea di un collettore piano dipenda linearmente (con approssimazione generalmente accettabile nei calcoli tecnici quando l'angolo di incidenza della componente diretta dell'irradiazione solare rispetto alla normaie al piano del collettore è inferiore a 40") dal parametro (6 - t , ) / G , , ove:

r f : temperatura media del fluido termovettore nel collettore; t,: temperatura dell'ambiente esterno.

La figura 12.15 riporta appunto gli andamenti tipici delle «rette di efficienza» di collettori solari piani a liquido di differenti caratteristiche realizzative. Si può osservare come: a) il valore del rendimento istantaneo aumenti all'aumentare dell'irradiazione totale sul piano del collettore G,; b) il valore del rendimento istantaneo diminuisca all'aumentnrc della differenza tra le temperature del fluido termovettore c dcll'ambiente esterno;

Fig. 12. 15 Andamento tipico delle rette di efficienza di collettori solari pitiiii :i l i i l i i i i l i i di differenti caratteristiche realizzative (piastra captante sclcttiv;~t ) iiriri selettiva; una o due coperture trasparenti).

ESEMPIO 12.4 Calcolare il valore della costante solare assumendo Le seguenti ipotesi: - il Soie è un corpo nero a forma sferica di diametro dz = 1384. 106 m e teiiip-i;i tura (di radiazione) uniforme T2= 5760 K; - la distanza media Terra-Sole vale r12 = 14,95 - IO'" m.

Soluzione Con riferimento alla figura 12.16 (ovviamente non in scala) si indichi ciiii ii.4. I'iircii di iin elemento generico dclla superficie solare. e con tlAl 1';irc:i di i111 clcmeiitci di sulicrficic ortogc?n:ilc alln congiungenf e Solc-Tcrro. dispcistii i i i liiiiif i ~ l ~ ~ l l ~ i ~ ~tcrichlrc. ~ ~ i i i s f f