Teologia e politica al crocevia della storia 9788897553373

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Teologia e politica al crocevia della storia
 9788897553373

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Lo spazio della politica l. Collana diretta da Alessandro ARESU, Moris GASPARRI. Matteo ScURATI e Stefano TASSONE www.lospaziodellapolitica.com

Se pareba bave.,·, alba pratalia araba, et albo versori teneba, negro semen seminaba. Gratia tibi agimus, potens sempiternus Deus.

Questo libro è stato realizzato con il contributo dell' ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI via Monte di Dio, 14 - Palazzo Serm di Cassano - Napoli e con la collaborazione di CASA DELLA CULTURA - MILANO

Massimo

CACCIAR!,

Mario

TRONTI

TEOLOGIA E POLITICA

Al crocevia della storia

~

Proprietà letteraria riservata Edizioni AJboV~rsorio, M1hmo 2007 1 - 2015i

www alboversorio.ir ma1l-to: mfo(w.alboversorio.it tel.: +3'J3409247340 ISBN: 9788897553373 Direzione editoriale: Erasmo Silvio STORACE Progetto gratico copertma: Massim1hano L. CAPPUCCIO. Impaginazione a cunt di: Claudio BoNALDI

INDICE

P RESENTALJONE di Ferruccio CAPELLI

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}N1'/WDUZ/ONE

di Moris

I.

IJ.

GASPARRI

MARIO TRONTI

MASSIMO

C ACCIARI

15

23 33

POSTILLA

LA CHIESA E di Massimo

IL KATECHON

eACCIARI

NOTA B/0-BIBL/OGRA.FICA

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LO SPAZIO DELLA POLITICA

Qual è oggi lo spazio della politica? Chi suno i suoi attori, quali sono i suoi confìni in un 'epoca che ne ridisegna costantemente volti e luoghi?

Lo Spazio della Politica è un'associazione politico-culturale nata nel 2006 in collaborazione con la Casa della Cultura di Milano. L'idea che ha anima il nostro lavoro di ricerca è quella di avviare una riflessione culturale sui grandi problemi politici del nostro presente; cercare di comprenderne in profondità i tratti e gli aspetti principali; relazionare politica e cultura. Tutto ciò è un compito decisivo della nostra epoca e del nostro presente. Il nostro progetto si caratterizza per un approccio multidisciplinare alle questioni di volta in vo1ta affrontate. Attraverso il dialogo con alcuni grandi protagonisti della cultura contemporanea, abbiamo voluto dar vita ad una koinè feconda tra diverse disciphne. Da una collaborazione con la casa editrice Alboversorio e con L'Istituto italiano per gli Studi Filosofici di Napoli nasce ora questa 9

nuova collana editoriale; al suo interno verranno raccolti seminari e saggi dedicati ali' approfondimento di alcuni importanti temi del pensiero politico contemporaneo.

PRESENTAZIONE FERRUCCIO CAPELLI

Direttore della Casa della Cultura

La Casa della Cultura, un centro culturale ricco di storia, ricerca un rapporto di scambio e di collaborazione con le realtà più vive del mondo giovanile: con un lavoro di ascolto paziente e sistematico ci si propone di captare e di dialogare con umori, tendenze e sollecitazioni che si agitano tra i giovani. Anni fa, nella fase montante del movimento new - global si era sviluppato un intenso rapporto con alcuni collettivi di studenti universitari. Con la loro collaborazione si era riusciti a gettare uno sguardo critico verso le profonde trasformazioni del mondo globalizzato e ci si era confrontati con alcune categorie fondamentali della politica proponendo, in consapevole controtendenza, una rinnovata attenzione al pubblico e al bene comune. Negli ultimi due, tre anni si è realizzato un incontro fecondo con due interessanti realtà 11

Ferruccio Capelli

giovanili che si muovono nell'ambito degli studi filosofici: '•A/boversorio", una piccola casa editrice nata dentro l'Università Statale òi Milano, e ·'Lo Spazio della Politica", un'associazione di studenti di filosofia presso l · Umversità San Raffaele. Insieme abbiamo promosso incontri pubblici di notevole risonanza e abbiamo avviato un percorso di ricerca. Il rapporto con °A/boversorio" e ·'Lo Spazio de!ia Politica'' si sta consolidando: è il segno che queste due realtà stanno definendo il proprio profilo con proposte nuove e stimolanti che la Casa della Cultura ritiene doveroso sostenere. Sono in cantiere molte iniziative congiunte e si sta delineando un progetto complessivo di ricerca per affrontare con linguaggio e rigore filosofico gli interrogativi più ditlicili che emergono in questo passaggio storico. Si tratta di iniziative che confluiscono unaturalmente" e armonicamente nel progetto complessivo di lavoro della Casa delJa Cultura: stimolare un dibattito pubblico consapevole evitando la duplice trappola dello specialismo accademico e del)' inconcludente chiacchericcio mediatico. La discussione pubblica ha bisogno, per evi tare la tendenza dilagante alla spettacolarizzazione e ali' omologazione, di sollecitazioni nuove, di stimoli, di provocazioni 12

Presentazione

costruttive. La vita pubblica presenta ultimamente scadimenti di tale gravità da generare, talvolta, perfino la sensazione che si stia spegnendo la sorgente di idee decenti e civili. Proprio mentre scriviamo queste righe lo scenario pubblico è occupato dall'iniziativa di un comico che ha lanciato un "vaffa day" nel quale la critica corrosiva alla politica si mescola alla volgarità e alla aggressività. Nello stesso momento coloro che dovrebbero condurre una battaglia politica e ideale contro questa ondata di populismo sono impegnati a emettere "grida" contro i più poveri e emarginati, contro i lavavetri e i mendicanti indicati al pubblico ludibrio quali nuovi "untori", o meglio nuovi capri espiatori. Si tratta di uno spettacolo triste, indegno di un paese civile, alimentato da una indecente agitazione mediatica. Il centro di irradiazione di queste campagne velenose è collocato proprio qui, a Milano, dove hanno messo le loro radici quei poteri mediatici che sono oggi i I principale punto di coagulo e di irradiazione di un populismo aggressivo e incivile. Una città nella quale sono state pensate e scritte opere quali "Dei delitti e delle pene " e "La storia della colonna infame", che ha avuto la dignità di dedicare una strada al barbiere Giangiacomo Mora, giustiziato come presunto untore, oggi 13

Ferruccio Capelli

è il centro propulsore di inquietanti ondate populiste. Vi sono quindi tutte le ragioni per tornare a riflettere seriamente, con profondità. E, per quanto consentono le forze a disposizione, c'è bisogno urgente anche di agire. Ecco allora l'importanza della nuova e coraggiosa iniziativa di "Alboversorio" e de "Lo Spazio della Politica": una collana editoriale pensata e progettata da giovani studiosi, che mdte in circolo interrogativi e ragionamenti rigorosi e civilmente impegnati, che sollecita la ripresa di un discorso pubblico serio, non urlato e demagogico. È una scommessa difficile e coraggiosa, nel segno di una cultura filosofica che non sfugge alle proprie responsabilità civili: per la Casa della Cultura è un atto doveroso assecondarla e sostenerla.

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INTRODUZIONE MORIS GASPARRI

Il piccolo volume che presentiamo in queste pagine inaugura la nuova collana editoriale di Alboversorio dedicata alla filosofia politica. Esso raccoglie gli interventi tenuti da Mario Tronti e Massimo Cacciari in occasione di un seminario, svoltosi nello scorso gennaio alla Casa della Cultura di Milano, che è nato e si è sviluppato attorno al tema della "teologia poi itica", l'importante campo di indagine teorica portato alla ribalta agli inizi del Novecento dal giurista e politologo tedesco Carl Schmitt. Nonostante il fiorire negli ultimi anni di una vasta pubblicistica ad essa dedicata, quest'espressione rimane ancora in attesa di una problematizzazione rigorosa; definire con precisione i suoi fondamenti concettuali e misurare la validità ermeneutica di questo nuovo orizzonte diventa oggi uno dei compiti del pensiero politico contemporaneo. Le riflessioni che presentiamo nelle pagine seguenti, pur nel loro 15

Moris Gasparri

carattere aperto e non sistematico, rappresentano quindi un importante e prezioso contributo in questa dirc:lionc. Che cos'è la "teologia politica"? La risposta da cui partire sta nella celeberrima "sentenza" data da Carl Schmitt sulla derivazione teologica dei principali concetti della scienza politica moderna: '"Tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati. Non solo in base al loro sviluppo storico, poiché essi sono passati dalla teologia alla dottrina dello Stato, facendo - per esempio - del Dio 01inip0Lente 1'onnipotente legislatore, ma anche nella loro struttura sistematica. " l Teologia politica: quallro capitoli sulla dottrina della sovranità, contenuta nella raccolta "Le categorie del politico ·· curata da Gianfranco Miglio, edizioni Il Mulino, Bologna 1972 ). Sebbene l'intreccio tra la dimensione religiosa e quella politica sia caratteristico del pensiero di alcune grandi figure del Novecento filosofico - da Benjamin a Rosenzweig, da Kojève a Taubes - è infatti in Schmitt che la ··teologia politica" diventa per la prima volta argomento di una trattazione specifica. Nata per denunciare l 'mfondatezza di un pensiero politico incapace di padroneggiare l'origine dei suoi concetti fondamentali, attraverso di 16

Introduzione

essa il giurista tedesco giunge ad offrire un'interpretazione originale di una delle categorie pregnanti della modernità, quella di secolarizzazione. Il bersaglio polemico della sua posizione - come Schmitt chiarirà in uno dei suoi ultimi scritti espressamente dedicato a questo tema - quindi si allarga. Analizzando il "transito nell'immanenza" di alcuni concetti della teologia medievale essa entra infatti in radicale contrasto con la lettura ingenua e riduttiva che vede nel processo di secolarizzazione unicamente lo stacco, la cesura del Moderno da ogni legame o dipendenza con la dimensione religiosa. Questo "transito" non è però così lineare e privo di conseguenze come potrebbe apparire ad un primo sguardo, bensì genera degli effetti retroattivi sulla stessa teologia. La politica moderna, appropriandosi ed incorporando al suo interno la componente teologica, si rende autonoma rispetto alla sua pretesa egemone, ne destituisce il "controllo" veritativo sulla sua azione. Il "Silete theologi in munere alieno" del giurista Alciato è infatti il motto che, con la consueta capacità retorica, Schmitt eleverà nell'ultima fase del suo pensiero a simbolo del momento inaugurale della modernità. A distanza di quasi un secolo la nota "sentenza" schmittiana va però riveduta e corret17

Moris Gasparri

ta. Non per rovesciarne dialetticamente i presupposti, come fatto recentemente da qualche lucido interprete, bensì per allargarne lo sguardo, per rispondere agli interrogativi ed alle aporie che lascia insolute. Come emerge dai due interventi che presentiamo in questo volume, diverse sono le direzioni in cui la prospettiva schmittiana può essere rielaborata e ripensata. Innanzitutto operando uno spostamento ali 'indietro della sua genealogia temporale: lo sguardo della prospettiva storica di Schmitt è infatti troppo corto. Come sottolinea Massimo Cacciari nel suo intervento, il passaggio ~pocalc decisivo per comprendere l'origine della "teologia politica" è invece quello rappresentato dalla soglia iniziale del cristianesimo. In qu~sto contesto fondamentale si rivela la figura di Paolo, in particolare la sua visione escatologica della storia. Articolando il tempo storico lungo l'asse di un Hpresente-futuro" dominato dalla resurrezione del Cristo e di un ~'passato" sconfitto dal suo annuncio salvifico, l'escatologia paolina, oltre a fornire lo sfondo per la successiva visione agostiniana delle due città, è alla base di alcuni concetti decisivi della politica occidentale - centrali anche nel pensiero schmittiano - come quelli di decisione e conflitto. La volontà di fare della Hteologia poli18

Introduzione

tica" una forma particolare di ermeneutica delle vicende storico-politiche moderne, in particolare di quelle novecentesche, è invece l'istanza che anima l'intervento di Mario Tronti. La sua riflessione apre gli spazi per andare non solo oltre Schmitt, ma anche oltre i confini del pensiero filosofico, per approdare al terreno della grande storia. Guardare al Novecento come al secolo della ''teologia politica" significa infatti non fermarsi all'esteriorità dell'uso di simboli e linguaggi derivanti dal mondo religioso fatti propri da alcuni dei suoi movimenti politici principali. Piuttosto, interrogare quest'esteriorità per portare alla luce il rapporto stretto, non accidentale, che lega la teologia e la prassi politica ai suoi livelli d'espressione più alti. Un rapporto che lega la teologia con il potere, con le sue articolazioni, con alcune delle sue manifestazioni storiche. L'epoca della "teologia politica" può dirsi oggi compiuta? La fecondità di questo campo di ricerca si arresta allo scavo "'genealogico" delle forme della politica occidentale oppure può parlare e significare qualcosa anche al nostro tempo? A ben vedere una figura che, più di altre, consente di riattivare nel nostro presente il cortocircuito tra dimensione teologica e dimensione politica c'è. Ci riferiamo al 19

Moris Gasparri

katechon, l'espressione usata per la prima volta da Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi per descrivere la misteriosa forza frenante che con la sua opera ritarda l'avvento dell'Anticristo. Identificata da una lunga tradizione con 1'azione storica dell' impero romano, ma accostata anche al ruolo politico della Chiesa, il suo simbolo si presenta carico di una forza hattuale" tutta da sondare. In un'età globale percorsa da contlitti e tens10ni, alla politica ed alle sue istituzioni viene infatti domandata quella capacità di messa-in-forma, di contenimento delJ'anomia propria della figura teologica paolina. Quale forza o istituzione storica possa assumere oggi il compito dì katechon è però l'interrogativo che si affaccia senza risposta sulla nostra epoca.

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AVVERTENZA

Gli interventi di Mario Tronfi e Massimo Cacciari che presentiamo nelle pagine seguenti sono stati prima trascritti e poi riveduti. Per questo motivo conservano ancora tracce della loro ongznaria impronta "orale", che abbiamo voluto lasciare immodificate nella speranza che possano restituire al lettore tutto il loro fascino evocativo.

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I. MARIO TRONTI

Io prendo questo tema della uteologia politica" nella storia di oggi in un modo un po' trasversale, nel senso che cerco di aggirarlo per sorprenderlo alle spalle. E lo faccio temporalmente e spazialmente. Temporalmente perché preferisco collocarlo nel Novecento: noi siamo ancora alle prese con il passaggioNovecento e il secolo appena trascorso non è stato attraversato efficacemente dal pensiero critico. È stato catturato dal pensiero dominante, in quanto i vincitori dcli' età delle guerre civili europee e mondiali hanno imposto il loro senso della storia, della storia passata, un senso che oggi è diventato senso comune intellettuale di massa. Allora un compito è quello non tanto di una critica, come si è detto, delle narrazioni ideologiche del Novecento, quanto quello di una critica delle narrazioni ideologiche sul Novecento, che sono, appunto, seguite alla conclusione del 23

Mario Tronti

secolo. Questo per quanto riguarda il tempo; per quanto riguarda lo spazio preferisco muovermi in un mondo che conosco, che mi appartiene, che è appunto quello deJl 'Occidente. Religione e politica sembra oggi un tema piuttosto extra-occidentale. Ma non è così; credo che dobbiamo trovare una misura, una sobrietà, sui tema, nel senso che dovremmo occuparci di ciò che siamo, di ciò che ci riguarda, più che occuparci di come dovrebbero ess~re gli altri. Anche tutta la discussione conente ha i caratteri di una narrazione ideologica sui fondamentalismi extraoccidenta1 i, soprattutto quello islamico, con la pretesa di mettere bocca su tutto, da come devono istituzionalizzarsi i sistemi politici a come dovrebbero vestirsi le donne. Credo che, invece, noi siamo dentro un discorso che ci riguarda direttamente e che riguarda un po' il lungo tramonto ddl'Occidente, che ha appunto attraversato il Novecento. E mirando al cuore del problema, direi che questo non è rintracciabile in gran parte delle cose che vengono dette oggi. Ci sono delle espressioni ricorrenti: religione civile, per esempio, patriottismo costituzionale. repubblicanesimo. Ecco, sono espressioni d"una certa dignità culturale, di dignità culturale rispetto alla deriva empirista del pensie24

I

ro, soprattutto analitico, contemporaneo, ma anche queste espressioni culturali non colgono, poi, l'essenziale. La tradizione d'un pensiero forte, d'un pensiero del conflitto e nel conflitto, ci ha un po' abituati a cercare la contraddizione fondamentale, il Grund del problema. Ed allora direi così: siamo arrivati al punto, esattamente dopo il Novecento, in cui possiamo verificare un dato, che è un dato evenemenziale, per dirla con una parola di storici contemporanei, che è questo: il fallimento del progetto moderno. Fallimento del progetto moderno al di là di tutte le apparenze, anch'esse ideologiche, che sembrano invece attestare il contrario, e cioè il trionfalistico approdo nell'attuale paradiso terrestre dell'Occidente. Il problema è che di fronte alla modernizzazione oramai compiuta, od in via di compimento nella forma che si dice della globalizzazione, la verità è che non possiamo più dirci come ci siamo detti fin qui: il faut étre absolument moderne s. Questo è un passaggio non di poco conto. Ma in che senso fallimento? Ed in che senso parliamo di progetto moderno? Si trattava di quel grandioso tentativo di tradurre la paideia in humanitas, radicandola nell'uomo storico, l'uomo del Rinascimento in quanto copula del mondo, che aveva la pre25

Mario Tronti

tesa, come la verità, di essere figlio del tempo. E qumdi st trattava di quel regnum hominis che veniva rivendicato e, appunto, progettato non solo baconianamente sulla natura, ma poi marxianamente sulla storia: una instauratio magna in tutti e due i casi, ed era progetto grandioso. Ma non interessa ora la critica dell'inizio, e cioè la messa sotto accusa del paradigma razionalista e storicista, cosa già ampiamenle elaborala ed anche già archiviata. Mi interessa proprio la critica della fine di questo progetto. È convinzione mia profonda, oggi, che siamo meglio in grado di elaborare un pensiero della fine piuttosto che un pensiero dell 'imzio. Questo regnum hominis doveva essere esteso a tutta l'umanità: l'uomo del Rinascimento doveva diventare un progetto per tutti gli uomini. In questo senso la prospettiva marxiana si introduce in questo progetto e lo vorrebbe portare alle ultime conseguenze: questo diceva la frase di Marx uiì proletariato, emancipando sé stesso, emanciperà tutta l'umanità". Si trattava, appunto, d'una rinascita: anche questa era una formula religiosa. Rinascita, una seconda venuta, seconda nascita: "come si può nascere da vecchi?'1 chiede Nicodemo. Ecco, proprio questo - questa escatologia secolarizzata -è quelio che non è poi accaduto, che non si è 26

I

realizzalo. Le "promesse mancate", come vedete, hanno una storia lunga. Ora voi vi chiederete: cosa centra tutto ciò con i1 tema religione e politica? Tutto questo serve per rimettere il discorso sui piedi: il Novecento, europeo soprattutto, ci ha lasciato un prodotto di alta qualità culturale, che è la teologia politica. Essa vive dentro lo stato d'eccezione delle guerre civili europee e va ad estinguersi con esse, con la fine di questa età. Riappare poi debolmente ogni volta che, debolmente, si ripresenta uno stato d'eccezione. Ecco, una caratteristica del nostro tempo: anche lo stato d'eccezione si presenta debolisticamente, e questa è forse la ragione detrcsistenza d'un pensiero debole. Ma con questo stato d'eccezione debole io riesco ad interpretare anche questa passeggera espressione neo-con americana di cui si è tanto parlato e che oggi sembra già arrivata alla sua conclusione. Ecco, teologia politica è la congiunzione tra Cristianità, ovvero Europa, da una parte, e forma-Stato dall'altra. Più precisamente e più specificamente una congiunzione tra cattolicesimo romano e forma politica. È il compimento quindi di quella moderna, machiavelliana e weberiana, autonomia della politica che interpreta però a quel punto l'altro da sè come un oltre da sè: il 27

Mario Tronti

trascendente diventa paradossalmente una immanenza della politica e cioè diventa suo fatto costitutivo, fondativo, o , come è stato detto, genealogico. '~Gesù è il Cristo", appunto il cristallo di Hobbes diventa categoria interpretativa della storia. Il rapporto che l'Europa del Novecento propone, o si propone di sviluppare, tra religione e politica si esprimerebbe meglio nel rapporto tra teologia politica e filosofia politica. lo mi limito a registrare un altro fallimento del progetto moderno. Le due rivoluzioni del Novecento, la rivoluzione operaia e la rivoluzione conservatrice ( questa è stata la grande alternativa novecentesca, e su questo poggia la grandezza del '~nostro" secolo), sono due atti teologico-politici. Pongono ti problema politico verticalmente, tra il basso della società e l' aito del potere. Un rapporto però non di banale rappresentanza ma di seria decisione. Decisione-rappresentazione. Se queste sono le istanze rivoluzionarie, ecco che le realizzazioni traducono questo in altro e quasi nel1'opposto. Traducono per esempio l'istanza rivoluzionaria in forme di totalitarismo politico. Allora la decisione diventa dominio, la forza diventa vioienza, la legittimità si contrappone alJa legalità in un ritorno di, tutto sommato, vecchio, assolutismo. Noi siamo 28

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ancora lì a chiederci se questo passaggio era fatalmente necessitato dalle premesse ed è facile rispondere di sì, ed è la risposta corrente, però è una risposta che secondo me chiude ogni spazio di ricerca. Il compito intellettuale è invece, secondo me, riaprire questo varco mettendolo a confronto con gli esiti della vittoria di questa Zivi/isation sulla Kultur. Ecco, perchè è così accaduto? Qui e' è il grande tema del perchè il progetto fallisce sempre, perchè l'idea si realizza a volte nel suo contrario. Perché, in politica, se il pensiero fonda una prassi, quella prassi poi falsifica il pensiero. È un grande tema di filosofia della storia, un compito di autocritica dell'idea moderna di rivoluzione. Che cosa c'è stato dopo, di conseguenza? Ecco questo è il punto secondo me cruciale del discorso. Le due rivoluzioni hanno perso, ha vinto la restaurazione democratica. Guardate, nel Novecento c'è stata un'età rivoluzionaria complessa a cui è seguita una semplice età di restaurazione. Questa restaurazione non si è rivestita, come le antiche Restaurazioni~ di legittimismo, ma di democrazia progressiva. Qui è il nodo essenziale. L'Europa è arrivata alla fine della sua storia in un mondo ormai in movimento che attualmente la sormonta e la sovrasta. È interessan29

Mario Tronti

te vedere queste civiltà antichissime che si affacciano da padroni sul fronte del postmoderno e, di fronte a questo, c'è un'Europa che arranca. Più si espande quantitativamente più s~mbra perdere di qualità, più mclude più si esclude dal resto del mondo. E in Occidente è accaduto che l'homo aristocraticus del Rinascimento è diventato l'homo democraticus, l'umanesimo ha prodotto alla fine l'ultimo uomo. Più la società diventa di massa, più cresce e più comanda una sorta di massa damnationis. È paradossale che il processo tanto decantato di individualizzazione stia realizzando tali attuali perdite umane senza precedenti. Francamente~ più del degrado ambientale, mi preoccupa la decadenza del la piania-uomo. Cè stato nei fenomeno globale/locale dell'ultimo capitalismo, Ja riproduzione allargata di questo corpaccione centrale delle società occidentali, celo medio di massa falsamente acculturato, che non fa opinione, impone opinione. La rappresentazione forse classica è data dalla figura del cosiddetto lavoratore autonomo, in cui, anche qui paradossalmente, si unifica la figura del padrone e dell'operaio: non sono più due persone una di fronte all'altra, è la stessa persona che ha m sé stessa due figura alternative. Questa è una forma di 30

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massa molto laicista, ostile a qualsiasi declinazione del politico in senso autonomo, anzi sostanzialmente antipolitica, dotata di una sua propria religione. Ecco, io non credo che oggi siamo di fronte ad un ritorno di sentimento religioso in Occidente, di bisogno di una ricerca di senso da parte di grandi masse. Vedo piuttosto un certo ritorno di superstizione, tipico delle società troppo secolarizzate: sette, riti di appartenenza, suggestioni orientaleggianti, mode spiritualeggianti, nelle librerie scaffali enormi con sopra scritto New Age, ecc., però si tratta sempre di minoranze. La religione largamente maggioritaria è la religione democratica con i suoi dogmi, i suoi valori universali indiscutibili, le sue chiese: istituzioni, partiti, i suoi riti: il rito elettorale sempre più diretto e sempre più ritualizzato nel senso del rapporto diretto tra folla e leader. La mia tesi, concludendo, è questa: appunto la celebre definizione schmittiana... "Tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello stato sono concetti teologici secolarizzati". Parafrasi: "Tutti i comportamenti più pregnanti della moderna vita politica sono comportamenti religiosi secolarizzati". E qui c'è questo passaggio dalla teoria al comportamento che è già appunto una caduta d'epoca. Quello che nel Novecento si è posto come rap31

Mario Trollti

porto tra teologia politica e filosofia politica, che ha messo insieme una costellazione di pensatori di eccezionale: valore dal giovane Lukàcs a Rosenzweig a Benjamin a Bloch a Schmitt a Kojève a Taubes, bene tutto questo oggi si presenta come un rapporto tra religione democratica e politica