Teologia del pluralismo religioso 9788826316840

[Italian below] Systematic exposition of the 'theology of religious pluralism', the youngest branch of theolog

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Teologia del pluralismo religioso
 9788826316840

  • Commentary
  • Prefazione di Andres TORRES QUEIRUGA.

Table of contents :
Prefazione Pag. 5
Presentazione « 9
Impostazione del corso « 11
I. Motivazione e obiettivi « 11
II. Metodologia «latino-americana» « 13
III. Il corso come studio personale individuale « 14
IV. Metodologia specifica per il lavoro di gruppo « 14
V. Domande per dialogare/riflettere « 16
Capitolo primo
A partire dalla nostra esperienza « 19
Obiettivo « 19
Schema di domande per condividere la nostra « 19
Esercizio raccomandato: «Vero o falso?» « 21
Capitolo secondo
La nuova situazione del pluralismo religioso « 22
I. Sviluppo del tem a « 22
II. Testi antologici da leggere e commentare « 29
III. Domande per riflettere e per dialogare « 30
IV. Esercizi raccomandati « 31
A partire dalla storia. Dalla prospettiva del pluralismo « 33
I. Per presentare il tema « 33
II. Testi antologici « 33
« 37 IV. Domande per condividere e approfondire « 38
Bibliografia « 39
III. Per sviluppare il tema 497
Capitolo quarto
Il pluralismo religioso nella storia dell’America Latina Pag. 41
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici «
III. Domande per riflettere e per dialogare
IV. Esercizi raccomandati
Bibliografìa
Capitolo quinto
L’ermeneutica del sospetto «
I. Per sviluppare il tema
II Testimonianze antologiche per esercizi
didattici in gruppo «
III. Applicazioni alla vita «56 « 57
Bibliografìa « 57
Capitolo sesto
Strumenti logici: nomi, concetti e classificazioni
I. Per sviluppare il tema « II. Testi antologici
IV. Domande per riflettere e per dialogare
III. Esercizi pedagogici raccomandati
IV. Domande per riflettere e per dialogare in gruppo Bibliografìa
Capitolo settimo
Visione generale: esclusivismo, inclusivismo e pluralismo «
I. Per sviluppare il tema «
II. Esercizi didattici raccomandati III. Domande per lavorare in gruppo
Bibliografìa
Capitolo ottavo
Una nuova comprensione della Rivelazione 73
I. Per sviluppare il tema
II.Testi antologici 498
III. Domande per riflettere e per dialogare
Bibliografia
Capitolo nono
Due principi fondamentali: il pluralismo è positivo e voluto da Dio. Non ci sono eletti
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici ed esercizi raccomandati
III. Domande per riflettere e per dialogare Bibliografia
Capitolo decimo
Aspetti biblici e gesuanici
I. Per sviluppare il tema
II. Domande per lavorare in gruppo Bibliografia
Capitolo undicesimo
Aspetti ecclesiologici del pluralismo religioso
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici
III. Domande per riflettere e dialogare Bibliografia
Capitolo dodicesimo
Aspetti dogmatici cristologici
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici
III. Domande per riflettere e dialogare Bibliografia
Excursus al capitolo dodicesimo
La costituzione del dogma cristologico
Come l’hanno saputo? Alcune riflessioni
Capitolo tredicesimo
La «regola d’oro». La dimensione etica delle religioni
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici
III. Domande per riflettere e lavorare in gruppo
Bibliografìa
Capitolo quattordicesimo
Un altro modello di verità « 261
I. Per sviluppare il tema « 261
II. Testi antologici « 282
III. Domande per riflettere e per dialogare « 283
IV. Poster () « 284
Bibliografìa
Capitolo quindicesimo
Tutte le religioni sono vere
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici
III. Domande per riflettere e per dialogare IV. Poster
Bibliografia
Capitolo sedicesimo
Tutte le religioni sono vere... e false
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici
III. Domande per rifletterre e per dialogare Bibliografìa
Capitolo diciassettesimo
Limiti concreti del cristianesimo
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici
III. Domande e suggerimenti per lavorare
in gruppo Bibliografìa
Capitolo diciottesimo
Macroecumenismo latino-americano
I. Per sviluppare il tema II. Testi antologici
III. Domande per lavorare in gruppo
Bibliografìa
Capitolo diciannovesimo
Un nuovo tempo assiale. Ampliamo gli orizzonti
I. Per sviluppare il tema
II. Esercizi raccomandati Bibliografia
Capitolo ventesimo
Spiritualità del pluralismo religioso
I. Per sviluppare il tema
II. Testo antologico
III. Esercizi raccomandati Bibliografìa
Capitolo ventunesimo
Morte e resurrezione della missione
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici
III. Attività raccomandate
Bibliografìa
Capitolo ventiduesimo
Mondializzazione e religioni
I. Per sviluppare il tema
II. Testo antologico
Bibliografia
Capitolo ventitreesimo
«Molti poveri, molte religioni»: Liberazione mondiale e religioni
I. Per sviluppare il tema
II. Testi antologici
Bibliografìa
Capitolo ventiquattresimo
La pratica del dialogo
I. Per sviluppare il tema
II. Suggerimenti concreti per la pratica
Bibliografìa
Pagine in rete
Bibliografìa complementare in italiano

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4 «

Teologia del pluralismo religioso

J o sé María Vigil

Teologia del pluralismo religioso Verso una rilettura pluralista del cristianesimo

Boria

T itolo o rig in a le

Teología del pluralism o religioso. Curso sistem ático de Teología Popular © 2008, E d iz io n i B o ria s.r.l. v ia delle F o rn a c i, 50 - 00165 R o m a E d iz io n e ita lia n a e tra d u z io n e a c u ra d i F e rd in a n d o S u d a ti e C inzia T h o m a re iz is C o lla b o ra z io n e di J o s é A n to n io P a d o v a e N ic o le tta R o tu n d o IS B N 978-88-263-1684-0

Prefazione

La pluralità delle religioni, in u n m ondo al centro di una unificazione tanto accelerata come m ai la storia ha cono­ sciuto, pone tutti noi, credenti e non credenti, davanti a uno dei com piti più urgenti e decisivi. Non c e più spazio né per la reciproca ignoranza né p er la neutrale distanza. Il con­ tatto risulta continuo e il contrasto inevitabile. Questo non possiam o cam biarlo, come Karl Jaspers diceva delle situa­ zioni-limite: ciò che sta nelle nostre m ani è la possibilità di m odificare e di configurare il proprio atteggiam ento. Il fu­ turo dipenderà, in effetti, dal m odo in cui riuscirem o ad af­ frontare la sua sfida. E la sua opportunità. In realtà, basta uno sguardo sul nostro m ondo per rendersi conto di ciò che è in gioco. Niente m eno che la com pren­ sione del religioso come tale, in prim o luogo. N on solo pa­ re m essa in discussione la verità specifica della propria reli­ gione, che h a cessato di essere l’«unica» ed è stata notevol­ m ente corretta da ogni esclusivismo, etnocentrism o o pre­ tesa di privilegio; m a anche la verità della religione in se stes­ sa, m inacciata dalla sua stessa pluralità, disparità e con­ traddizione. In gioco sta la stessa convivenza, perché sareb­ be disum ano vivere solo a lato di persone che, per quanto diverse siano le loro idee, speranze o pratiche religiose, si ri­ m ettono in definitiva allo stesso M istero che a tutti fa da fon­ dam ento e tutti avvolge. Si deve persino, alla fine, tem ere per la stessa sopravvivenza, in un m ondo dove il religioso, chiam ato a essere pace e concordia, diventa troppe volte pol­ vere e spada: lo m ostra ogni giorno l’orrore dei conflitti ar­ m ati e lo ricorda il m otto di H ans Kùng, che afferm a non esserci pace tra le nazioni, se non c e tra le religioni. Q uesta lunga e u n po' solenne considerazione ten ta di es­ sere u n ingresso di sensibilizzazione p er un libro che h a preso con serietà la sfida. Lo fa con intelligenza e cuore: con quefl’am abile intelligenza che appartiene alla genuina riflessione teologica. L’am abilità salta all’occhio im m ediatam ente, com e gene5

rosa apertu ra all’altro e a ciò che è dell’altro, rifuggendo da ogni indizio di privilegio e con chiara ripugnanza di­ nanzi a qualunque segno d’im posizione. Di qui la decisa sim patia e la chiara opzione p er la prospettiva pluralista. Decisam ente ispirato alle proposte di John Hick, m a sen­ za sottom ettersi più di tanto a esse, José M aria Vigil p ro ­ pone u n a visione religiosa che riallaccia im m ediatam ente a Dio ogni persona e ogni cultura, senza «elezioni» di fa­ vore o privilegi arbitrari. Con u n realism o storico che cer­ ca di vedere ogni religione m entre nasce per se stessa dal­ la com une radice divina; benché, naturalm ente, questo non neghi l’influsso e l’interinflusso, l’aiuto e la critica, la co­ m unione e la collaborazione tra le diverse tradizioni. Il cristianesim o è così confessato con gioia e vissuto con dedizione, senza che per questo sia necessario appellarsi a proclam i di unicità né a pretese di esclusività. T utto ciò che in esso - grazie soprattutto alla parola, alla vita, alla m orte e resurrezione di Gesù di N azareth - è scoperto co­ me speranza e liberazione o vissuto come profondità, de­ finitività e grandezza, non viene considerato possesso esclu­ sivo, bensì dono da condividere, che non nega né m ette in discussione le ricchezze degli altri; né, ovviam ente, rifiuta di lasciarsi fecondare da esse. La generosa accoglienza del­ la «inreligionazione» serve da categoria m ediatrice, che fa­ cilita u n a com unione senza rinuncia al proprio e senza ne­ gazione dell’altrui. È chiaro che questo atteggiam ento cordiale obbliga l’au­ tore a essere profondam ente consapevole della rivoluzio­ ne teorica che presuppone l’assum ere con tu tte le sue con­ seguenze questo lim pido atteggiam ento del cuore. Vera­ m ente la nuova situazione convoca la teologia affinché ri­ pensi m olto a fondo tu tti i suoi tem i basilari, con l’avven­ tu ra e il rischio che sem pre com porta l’addentrarsi, come il m arinaio portoghese, «per m ari m ai prim a navigati». Non basta, benché sia necessario e così lo fa l’autore, rive­ dere la storia del problem a e la stessa storia del cristiane­ simo, con le sue m agnifiche luci e le sue terribili ombre. S’im pone di ripensare, sul fondam ento di una erm eneutica aggiornata e prestando attenzione alla plurale chiam ata del­ le diverse religioni, concetti tanto gravi e decisivi com e quel­ lo di rivelazione e di verità religiosa. È necessario reimpo6

stare alla radice - con l’am pia ristrutturazione di m entalità e di pratiche che questo im plica - il problem a della m is­ sione. La stessa figura di Cristo, tanto decisivam ente cen­ trale per la specificità cristiana, chiede di essere inquadra­ ta in u n fondam entale teocentrism o, che faccia giustizia della presenza salvifica di Dio nelle altre religioni. Un sem ­ plice sguardo all’indice m ostrerà subito al lettore o alla let­ trice la ricchezza e l’am piezza della trattazione. Una cosa eccellente della stessa - forse il m aggiore m erito del libro - è che, m algrado tan to am pia com plessità, l’au ­ tore abbia raggiunto u n ’esposizione chiara, graduale e pie­ na di sfum ature, che escludono ogni genere di affrettata sem plificazione. A ogni passo della riflessione sa regolare l’inform azione, cercando di dare parola intelligibile e ri­ sonanza cordiale a questioni talvolta m olto sottili. Cosa che, del resto, poteva aspettarsi chiunque conosca qualche suo libro precedente. La qualità pedagogica di José M aria apre qui l’intero ventaglio delle sue possibilità. Non si tratta, pertanto, di m era retorica quando il libro si presenta com e «corso sistem atico di teologia popolare». Popolare, devo chiarire im m ediatam ente, p er questa chia­ rezza e per il suo senso pratico e realistico, non per ca­ renza di profondità o di sufficiente inform azione. La sua conoscenza della bibliografia sul tem a sorprenderà più di u n a volta perfino gli specialisti (dalla Spagna, m a con ra g ­ giunta di chi p resta u n ’attenzione m aggiore di quanto sia abituale tra noi alle pubblicazioni di lingua inglese, così ricca su questo problem a). Se, infine, si tiene conto che al passo con le lezioni offre u n ’au tentica antologia di testi e piste per il lavoro di gruppo, il risultato è quello di un ve­ ro strum ento di form azione autentica, critica e riflessiva. Vale a dire, u n libro che, senza venir m eno al rigore, r i­ sulta accessibile n o n solo al «teologo», m a anche al letto ­ re com une non specializzato, e perciò stesso può essere utilizzato com e m an u ale di studio per gruppi di fo rm a­ zione nella pastorale ordinaria. N on è estranea a q u esto deciso atteggiam ento pedagogico la parresìa evangelica, cioè quella libertà di parola che in u n ’epoca di pesante «silenzio della teologia» risulta ta n to necessaria p er ren d e re credibile la fede e alim entare u n a speranza veram ente incarnata. In tal senso, questo libro ha u n a speciale freschezza, com e tanti altri richiam i che 7

ci giungono dall’Am erica Latina. C ontinua a spirare di là quell’aria liberatrice che arriva alla vecchia E uropa carica della libertà, dell'im pegno e dell’energia che nascono dal vivo contatto con le necessità elem entari, con il grido del­ la povertà e dell’oppressione. La realtà in carne viva non tollera parole vuote né paure ufficiali: esige il ricorso alla libertà evangelica, nella sequela di colui che non nascose la luce sotto il m oggio né rivestì di am biguità il suo m es­ saggio alla città degli uom ini. Chiara, dunque, e coraggiosa l’esposizione, non ignara del­ la rivoluzione teologica che com porta l’addentrarsi p er sen­ tieri così scarsam ente o, a volte, ad d irittu ra p er nulla per­ corsi. Ma, proprio p er questo, ap erta e in cam m ino. Non siam o davanti a u n ’opera che cerchi di presentarsi come conclusa e finita. Appare, piuttosto, com e ricerca aperta, disposta al dialogo e cosciente della provvisorietà delle sue proposte. B asterà la lettura a dim ostrarlo con sufficiente chiarezza. Inoltre, ho avuto personalm ente il privilegio di assistere in dialogo fraterno alla sua lotta, decisa e onesta, con alcune difficoltà che prendono d ’assalto tu tti noi quan­ do ci affacciam o a quell’abisso insondabile che è il pro­ cesso della salvezza di Dio nella storia um ana; sop rattu t­ to, quando ci avviciniam o, stupiti e grati, alla sua decisiva m anifestazione in Cristo, senza p er questo ignorare la sua straripante presenza in altre figure che han n o elevato ed elevano la coscienza e la vita religiosa dell’um anità. In m a­ niera significativa, m i scriveva in u n a lettera: «Credo che siam o tu tti profondam ente coscienti del "movim ento di prospettive” in cui siam o im m ersi. È com e quando uno viaggia e vede che il paesaggio si allunga, si curva, si re ­ stringe... e continua a dispiegare davanti ai nostri occhi stupiti viste nuove e sconosciute... L’um iltà di sapere che non possiam o bloccarci su posizioni chiuse, già fatte, in ­ discutibili... è essenziale. Per m e lo è, sinceram ente». So bene che u n a prefazione si p resta sem pre alla retorica e all’esaltazione amichevole. M a credo di non esagerare quando afferm o che non è facile trovare u n libro che, co­ me questo che dalla su a America di adozione ci consegna José M aria Vigil, a p ra tante prospettive teoriche e incida tanto profondam ente sui com piti della vita reale. A ndrés T orres Q ueiruga 8

Presentazione

Questo è u n libro di «teologia delle religioni», ram o gio­ vane della teologia che oggi si è soliti definire «teologia del pluralism o religioso». Vuol essere però un libro di «teolo­ gia popolare», pensata cioè anche per il lettore com une, non solo p er gli specialisti o gli accadem ici. Oltre a questi ultim i, p o tranno leggerlo con uguale profitto le com unità, i giovani (di età o di spirito), gli operatori di pastorale, gli educatori popolari... e tu tti coloro che vorranno sceglierlo come m anuale di base p er organizzare attorno ad esso un corso di teologia popolare, anche con l’aiuto di qualche anim atore o anim atrice. Logicam ente, p o trà essere utilizzato anche p e r la lettu ra individuale, sia dal cristiano com une che dall’accadem ico o teologo. In questo caso, il lettore po trà saltare alcune p a r ­ ti m inori chiaram ente pensate per la pedagogia di gruppo, benché la lettu ra com pleta l’aiuterebbe probabilm ente a captarne e assim ilarne m eglio il contenuto. Per il resto, le lezioni o i capitoli cercano di essere com pleti in se stessi, anche a rischio di ripetere qualche dato. Il fatto che si presenti come «corso sistem atico» indica so ­ lo la finalità pedagogica con cui è stato concepito, m a n o n certo che si tra tti di una m ateria che oggi possiam o d a re p er acquisita e conclusa, solida e definitiva... La teologia del pluralism o religioso, so p rattu tto quella che si inscrive nel paradigm a pluralistico, è ancora u n ’avventura che in i­ zia a com piere i suoi prim i passi... Come ogni teologia, avrà bisogno di tem po e dialogo p er crescere e m atu rare a n c o ­ ra di più. Siam o appena agli inizi del cam m ino, m a so n o già m olte le persone che con sana inquietudine in tu isco n o le sfide che appaiono all’orizzonte, e che desiderano a f­ frontarle... Q uesto libro è per loro, per le persone in q u ie ­ te e in ricerca. N on per coloro che preferiscono la s ic u ­ rezza al rischio, il possesso alla ricerca, ciò che è n o to a ciò che è ancora da conoscere. 9

L’autore è il prim o a essere consapevole della provvisorietà di queste im postazioni, della necessità di u n a ricerca per­ m anente... ed è più che disposto a rivedere, correggere, m i­ gliorare... In ogni caso, ritiene che la cosa p iù sicura sia... continuare a cercare. J osé M aria Vigil

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Impostazione del corso

Questo capitolo costituisce una traccia per impostare e ini­ ziare il corso; è rivolto a un gruppo di studio condotto da un animatore o un «facilitatore». Chi voglia compiere questo percorso attraverso la lettura per­ sonale individuale può passare direttamente alla prim a le­ zione, capitolo primo. I. Motivazione e obiettivi «Teologia del pluralism o religioso» (TPR) è il nuovo nom e che sta adottando ai nostri giorni la «Teologia delle reli­ gioni» (TR), che, a sua volta, è u n nuovo ram o teologico, il cui sviluppo ebbe inizio a partire dagli anni ’60 del se­ colo scorso. È così recente che la m aggior parte degli ope­ rato ri di pastorale e dei teologi non l’hanno studiata nella loro form azione nei sem inari o nelle università. La TPR o TR è «teologia», è riflessione, alla luce della fe­ de, sul tem a del «pluralism o religioso», cioè sulla pluralità delle religioni, sul fatto che la religione non è «una» m a molte: cosa significa ciò nel piano di Dio? Dio lo ha effet­ tivam ente voluto? O è piuttosto qualcosa di «naturale»? È forse un errore um ano? O m agari è «una», la religione vo­ luta da Dio? La n o stra è quella vera e le altre sono false? O tu tte le religioni sono uguali? C’è di più. Q uesta teologia, negli ultim i 20 anni, non solo si è sviluppata, m a h a fatto nuovi passi che suppongono u n salto qualitativo rispetto a posizioni teologiche che e ra ­ no state conservate per secoli e persino m illenni. Alcuni aspetti che la TPR sta afferm ando sono nuovi a tal p u n to che m ai i nostri predecessori avrebbero potuto im m agi­ narli, e nem m eno m olte persone intorno a noi. Infatti q u e­ sta teologia oggi sta suscitando u n vivace dibattito, e non m ancano critici o d etrattori scandalizzati. 11

Studiare la TPR significa allora aprirsi ad u n tem a real­ m ente nuovo, che ancora si sta form ando e di cui m olte persone ignorano l’im portanza del significato. La TPR ha così l’incanto della novità, dell'apertura verso orizzonti sco­ nosciuti, dove siam o provocati da valutazioni che a volte tu rb an o le nostre convinzioni più profonde, convinzioni possedute pacificam ente da sem pre... Per noi credenti, lo studio della TPR non è lo studio di qualcosa di esterno, di separato da noi, di u n a teoria che non ci riguarda... È piuttosto qualcosa che ci tocca inti­ m am ente, che può m ettere in crisi la nostra fede, il senso stesso della nostra vita... E ci può portare, senza dubbio, a reintrepretare, a ricom prendere, a esprim ere in un altro m odo m olte di quelle form ule che abbiam o ripetuto dalla più tenera infanzia, che abbiam o sem pre pensato fossero così... «perché sì», e che m ai avrem m o im m aginato che sa­ rebbe arrivato il giorno in cui avrem m o osato esam inarle criticam ente e persino m odificarle... Ciò che lo studio della TPR può offrire non è quindi l’ac­ quisizione di nuove conoscenze, su un piano puram ente teorico, m a una discussione e u n a rifondazione delle no­ stre conoscenze religiose già acquisite, un rinnovam ento delle convinzioni religiose di base che ci po rterà ad una nuova form a di vivere la religione, ad una p ratica nuova. Si dice che ciò che alcune scuole di TPR propongono sia un «nuovo paradigma», cioè una nuova form a globale di arti­ colare e com binare gli elementi della fede, a partire da al­ cune nuove basi e da alcuni presupposti globalm ente diffe­ renti. Il nostro corso vuole aprirsi a questa mutazione di pa­ radigma che è in avvicinam ento e che perm arrà. Per questo non si rivolge a persone che per principio sono chiuse a tut­ te le possibilità di cam biam ento, né a chi, anche con la m i­ gliore buona volontà, non si sente capace di cam biare... Q uasi sem pre la TPR è posta in relazione con il «dialogo interreligioso», perché, effettivam ente, non si può preten­ dere di dialogare con persone di u n ’ altra religione senza p rim a aver posto le basi di questo dialogo, cosa che è evi­ dentem ente il significato della religione e del pluralism o delle religioni. T uttavia non è sufficiente avere esperienza di dialogo tra le religioni per studiare la TPR, né la TPR sarà utile solo p er chi ha la m issione o la possibilità di dia12

logare con persone di altre religioni. T utte le persone che com piono u n cam m ino religioso han n o bisogno di affron­ tare il tem a del significato della pluralità delle religioni, perché si trovano a vivere in u n unico m ondo che è di­ ventato «piccolo com e un fazzoletto», grazie ai m ezzi di com unicazione. In ogni caso, lo studio della TPR serve per­ ché possiam o dialogare tra di noi sulla n o stra stessa reli­ gione, per realizzare cioè un «intra-dialogo», com e direm o più avanti. II. Metodologia «latino-americana» Il corso segue la m etodologia «latino-am ericana», quella che si m uove secondo il noto schem a «vedere, giudicare e agire». Parte dalla realtà, non da principi teorici e astratti. Si p ro ­ pone di «vedere» la realtà, non tan to quella storica, q u an ­ to quella attuale, dal punto di vista , ovviam ente, del plu­ ralism o religioso. In seguito cerca di «giudicare» questa realtà e, per farlo, deve illum inarla. È qui che ricorre alla teoria: si dota di strum enti logici, m ette m ano ai principi e li rivede c riti­ cam ente. Tutto ciò riconduce infine alla realtà, avendo acquisito u n nuovo m odo di vederla; ciò si traduce in u n «agire» diver­ so, in u n a nuova pratica. Ci sono persone che vivono in m aniera conflittuale il ra p ­ porto tra teoria e pratica: alcune hanno in avversione la teoria (anti-intellettualism o), altri si rifugiano in u n a teo ­ ria che non fa riferim ento alla p ratica (idealism o, specu­ lazione p ura)... Il rapporto corretto è di unione e m u tu o servizio tra teoria e pratica. La pratica h a bisogno della teoria per essere lucida e la teoria ha ragione d'essere in rap p o rto alla p ratica (cos’altro, se no?). Noi afferm iam o che «non c’è niente di più pratico che u n a buona teoria e che la m igliore p ratica è quella che com prende la co n o ­ scenza della p ropria teoria». Il nostro corso vuole in se rir­ si in questa linea di unione tra teoria e orizzonte pratico, tipica della prassi latino-am ericana.

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III. Il corso come studio personale individuale Benché il corso presenti u n a m etodologia pensata per il la­ voro di gruppo, è stato anche concepito per essere affron­ tato com e studio personale individuale. Il percorso di idee di un corso collettivo è lo stesso che deve essere com piu­ to anche nella lettura personale. Il singolo lettore seguirà l’itinerario accom pagnato dalle spiegazioni dell’autore co­ m e fosse u n a riflessione collettiva. Anche se i capitoli sono autonom i e possono essere letti singolarm ente, l’ordine in cui sono posti non è casuale, per­ ciò si raccom anda u n a lettura che segua la sequenza dell’iti­ nerario logico del corso sistem atico. L’insiem e dei tem i se­ gue un pensiero ed u n a costruzione organici. Vengono in prim o luogo avvicinati i tem i fondam entali, che sono b a­ se e filtro per i successivi; senza la loro revisione e ap­ profondim ento critico non sarebbe possibile avanzare en­ tro gli altri tem i da essi, in qualche m aniera, dipendenti. Il singolo lettore p o trà saltare alcune delle p arti riferite al­ la m etodologia di gruppo (preparativi del corso, indica­ zioni p er l’anim atore...), però gli sarà utile leggere le do­ m ande suggerite p er le riunioni di gruppo; p er esem pio, dovrà riflettere e cercare di rispondere, con la certezza che ciò gli perm etterà di calarsi più approfonditam ente nella com prensione del tem a. IV. Metodologia specifica per il lavoro di gruppo Il corso è pensato p er essere realizzato da gruppi di gio­ vani o adulti di m edio livello culturale. Non è un corso per esperti o per teologi - e nem m eno per censori! R accom andiam o la m etodologia utilizzata dalla cosiddet­ ta Teologia popolare: sessioni di lavoro o riunioni di stu­ dio con frequenza settim anale, possibilm ente con l’ac­ com pagnam ento di u n anim atore o un’anim atrice. Con 24 sessioni a frequenza settim anale il corso viene svol­ to in 8 o 9 mesi, tenendo conto delle settim ane di festa, delle vacanze e di difficoltà impreviste. Se 24 incontri so­ no troppi per il gruppo, si può decidere di sopprim ere qual­ che sessione o di u n irn e alcune. Se, al contrario, si valuta che gli incontri siano pochi, il gruppo p o trà sdoppiare le 14

u n ità più complesse, o p o trà intro d u rre altro m ateriale ori­ ginale che risponda alle caratteristiche del gruppo. La d u rata abituale di ogni sessione di lavoro o di studio dipenderà dalla disponibilità di tem po di ogni gruppo. Ge­ neralm ente è sufficiente u n ’ora e m ezzo. Eventuali letture di preparazione o successive all’incontro e attività com ­ plem entari possono aiutare ad approfondire il tem a. Le un ità didattiche che presentiam o per ogni sessione of­ frono di norm a i seguenti elementi: • sviluppo del tem a • testi antologici di com m ento • dom ande per la discussione e l’approfondim ento di gruppo • suggerim enti di attività com plem entari • bibliografia. L’anim atore del corso preparerà in anticipo la sessione, con la libertà di selezionare ciò che valuterà più adeguato, di arricchire il m ateriale con altri elem enti che crederà op­ p o rtu n i e di ad attare la sessione al livello e al tipo di vita dei m em bri del gruppo. Probabilm ente in ogni sessione dovrà fare u n a selezione entro l’am pio num ero di suggerim enti, di testi antologici e dom ande che le u n ità didattiche offrono. Le riunioni dovranno svolgersi in un clim a di fiducia, di totale libertà di opinione, di «dem ocrazia religiosa», dove ognuno possa esprim ere ciò che sente e crede, quello che non gli è chiaro, ciò in cui non crede, l’evoluzione di ciò che sente e crede durante lo svolgim ento del corso. Perché il corso, con m olta probabilità, porrà delle sfide, colpirà, obbligherà ad assum ere posizioni anche nuove, in asp e tta ­ te, persino sconcertanti... Da u n a parte il gruppo realizzerà collettivam ente u n p e r­ corso di conoscenza, con un m etodologia partecipativa. Dall’altra, si costituirà come una «comunità» di p ersone che condividono la ricerca nella fede, ricerca che include la revisione di sicurezze antiche, la condivisione di crisi, sfide, perplessità, dubbi, tim ori, decisioni... Per questo è così im portante e im prescindibile creare un clim a di fid u ­ cia e di rispetto.

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V. Domande per dialogare/riflettere A) Se non è stato ancora fatto, si può iniziare con una p ri­ m a presentazione personale d a parte di ciascuno: nome, provenienza, lavoro o studio, situazione personale e qua­ lunque altro aspetto di se stessi che pensiam o possa inte­ ressare gli altri (Fare un giro, uno dopo l’altro, parlando fino a un m assim o di tre m inuti ciascuno, o più, secondo l’opinione dell’anim atore). B) Per approfondire la presentazione, si può fare un se­ condo giro rispondendo a queste dom ande: • Come ho saputo di questo corso? • Perché m i sono deciso a farlo? Perché m i interessa? • Che cosa m i aspetto? • Ho qualche tim ore? Qualche speranza? • Che cosa h o sen tito dire finora della teologia delle reli­ gioni e del pluralism o religioso? C) Se tra i m em bri del gruppo c’è u n a certa confidenza, sa­ rà bene condividere il sign ificato religioso che h a per lo­ ro frequentare questo corso. L’anim atore vedrà com e far­ lo. La seguente può essere una traccia per condividere: • Che significa per m e, dal p unto di vista religioso, la de­ cisione di fare questo corso? • Sento il tem a del pluralism o religioso com e qualcosa di teorico, o come qualcosa che pone una sfida alla m ia fe­ de? E in che senso? • H o dei dubbi (che forse non riesco a form ulare con chia­ rezza, m a ci sono) che vorrei affrontare e risolvere? • Ci sono temi del pluralism o religioso che ho p a u ra di af­ frontare perché m i sem bra che potrebbero farm i dubitare di alcuni «principi fondam entali della fede» ? Per esem pio... • Sono disposto a rifondare la m ia fede, se ce ne fosse bi­ sogno? In che senso? • Posso considerare questo corso com e un cam m ino di di­ scernim ento p er la m ia fede? Sono disposto a m odificare i m iei atteggiam enti di fede se qualcosa si dim ostra sba­ gliato o se scopro qualche nuova prospettiva? • Posso rim anere chiuso a tu tti i cam biam enti, o devo es­ sere aperto alla possibilità di «conversione»? 16

Invitiam o a com m entare questo testo di R aim on Panikkar: «Perché sia reale, il dialogo interreligioso deve essere ac­ com pagnato da un dialogo intra-religioso, cioè deve co­ m inciare col m ettere in questione m e stesso e col traccia­ re la relatività delle m ie credenze (che non è la stessa co­ sa del relativism o), accettando il rischio di un cam bia­ m ento, di u n a conversione, di u n rivolgim ento dei m iei m o­ delli tradizionali». Q uaestio m ihi factus sum , «io stesso so­ no diventato dom anda, diceva il grande africano Agostino. N on si può en trare nel cam po del dialogo interreligioso senza questo atteggiam ento autocritico» (Il dialogo intrareligioso, Assisi 2001, p. 115). D) T erm inare la sessione prendendo d ecisio n i con crete sui seguenti punti: • Q uanto tem p o possono d u rare le nostre sessioni? • Possiam o prep arare prim a i tem i attraverso alcu ne le t­ ture? • Possiam o com pletarli successivam ente con qualche a tti­ vità com p lem en tare raccom andata? • Che calendario d i sessioni di lavoro possiam o stabilire? • Dove e quando terrem o le nostre riunioni? • Chi sarà l'anim atore del gruppo (sia pure supponendo una m etodologia partecipativa?) • Chi parteciperà? • Ci sono altre person e che possono partecipare e che p o s­ siam o invitare? • Ci sono altre dom ande da porre?

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Capitolo primo A partire dalla nostra esperienza

Obiettivo Nella presentazione abbiam o detto che questo libro si ispi­ ra alla m etodologia latino-am ericana del «vedere, giudica­ re, agire». Inizia dunque partendo dalla realtà. L’obiettivo di questa prim a sessione di lavoro è proprio «partire dalla realtà» della nostra esperienza riguardo al tem a. Inizierem o col m ettere in com une questa esperien­ za perché ognuno si arricchisca conoscendo quella degli altri, ed anche p er arricchire gli altri esprim endo loro le reazioni che queste esperienze suscitano in noi. N on si tra tta dunque, in questa sessione, di «risolvere p ro ­ blemi», quanto di im postarli nella m aniera più am p ia e dettagliata. Nello stesso tem po ci conoscerem o e stringerem o legam i, che faranno del nostro gruppo di studio qualcosa che as­ som iglia ad u n a com unità di amici. Il seguente schem a ci può aiutare a condividere questa no­ stra esperienza per gradi o livelli progressivi, in m odo ordi­ nato. Se avremo tem po, potrem o dialogare in m aniera infor­ m ale a partire dalle dom ande e dalle frasi del punto 4, sen­ za pretendere di svilupparle tutte né di giungere a tu tti i co­ sti ad u n accordo comune. Schema di domande per condividere la nostra esperienza1 1. Cosa ci hanno insegnato - Cosa m i hanno insegnato durante la m ia infanzia (scuo1 L’animatore può adattare questo schema di domande secondo il proprio criterio. 19

la, collegio, catechism o, congregazione, fam iglia...) riguar­ do alle altre religioni? 2. La nostra esperienza riguardo al pluralism o religioso - In che am biente religioso si è sviluppata p rim a d’ora la m ia vita? Descrivere com ’era, che problem i (o vantaggi) aveva, cosa si pensava al riguardo, nel m io am biente fa­ m iliare, sociale o ecclesiale... - Com’è oggi l’am biente in cui m i trovo dal punto di vista della pluralità delle religioni? - I m iei fam iliari appartengono a u n a o a varie religioni? Spiegare. - Qualcuno di noi ha letto libri riguardanti altre religioni? Q ualcuno ha letto i libri sacri di altre religioni (indigene, afro, islam, induism o, buddhism o...)? - Posso presentare al gruppo qualche esperienza signifi­ cativa riguardo al nostro tem a, che ritengo interessante da condividere? 3. Cosa pensiamo adesso - Quali opinioni abbiam o sentito quando eravam o bam bi­ ni rispetto alle altre religioni (prim o punto), che non ci ser­ vono adesso? In quali cose, in cui allora credevam o, oggi non crediam o più? - In conclusione, com e spiegare in poche parole ciò che penso riguardo alle altre religioni? 4. Se c ’è tempo parliamo di... - C'è salvezza al di fuori della n o stra religione? - È necessario convertire al cristianesim o le persone di al­ tre religioni, p er far piacere a Dio? - Come può essere che dopo 2000 anni i 2/3 del m ondo non siano ancora cristiani? Chi ha sbagliato: - Dio, la Chie­ sa, i m issionari, i cosiddetti «infedeli»? - Cosa si potrebbe fare per accelerare la «conversione del m ondo» alla religione cristiana? O basta che si converta a Gesù Cristo? O non è necessario nem m eno questo? 20

Esercizio raccomandato: «Vero o falso?» In prim o luogo si scelga una delle affermazioni della lista se­ guente e, a turno nel gruppo, ognuno la definisca «vera» o «falsa», senza commentare. Poi, in un secondo giro, ognuno dica le m otivazioni del pro­ prio giudizio, ascoltando quelle degli altri, senza discuterne. Infine apriamo il dialogo tra le differenti opinioni dei parte­ cipanti, senza necessariamente cercare di giungere ad una conclusione, m a semplicemente condividendo i diversi p u n ­ ti di vista. Se c ’è tempo si scelga un'altra frase e si ripeta il procedi­ mento. - «Solo Cristo salva». - «San Francesco Saverio che, quando andò in India e G iap­ pone come m issionario, credeva che tu tti gli asiatici che non conoscevano Cristo fossero destinati alla condanna, si sbagliava». - «Dio voleva u n a sola religione e in questa creò Adamo ed Eva, m a il peccato originale e la dispersione del genere um ano, dopo l’episodio della torre di Babele, furono ciò che consentì l'apparire delle false religioni». - «La pluralità delle religioni procede dal m ale, non da Dio». - «Se non ci fosse stato il peccato originale, non avrebbe dovuto aver luogo la Redenzione; la storia avrebbe segui­ to il Progetto originale di Dio e il Piano di Salvezza in i­ ziato nella Creazione». - «Nel cristianesim o è Dio che cerca l'uom o; nelle altre re ­ ligioni sono gli uom ini che cercano Dio». - «Fede è solo quella dei cristiani; nelle altre religioni n o n c’è fede, m a "credenze”». - «Solo la Chiesa cattolica ha diritto di chiam arsi "Chie­ sa"». La fam osa barzelletta di M ingóte (um orista spagnolo): «Una pia vecchietta com m enta con u n ’am ica: in cielo ci r i­ troverem o... sem pre noi». - «La fede cristiana è vera? È verità? È la verità? È u n a ve­ rità tra m olte? È "verità per qualcuno"? È "la verità p er tu ttl »?

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Capitolo secondo La nuova situazione del pluralismo religioso

Una volta condivisa la nostra esperienza personale sul tema, apriremo gli occhi sulla realtà esterna più ampia. Come si colloca il pluralism o religioso nel mondo di oggi? Secondo il nostro metodo teologico, siam o ancora nella fa­ se del VEDERE: partiamo dai diversi livelli di osservazione della realtà. I. Sviluppo del tema Il tem a del PR non è un tem a teorico, che sorge come ri­ flessione speculativa o com e pensiero di qualche intellet­ tuale che lo vuole trasm ettere alla società. Il PR, la sua sfi­ da, la sua istanza, i suoi interrogativi, provengono dalla realtà del m ondo di oggi, dalla realtà dell’attuale società. E in questo corso noi vogliamo «partire dalla realtà» a t­ tuale. Nel bene e nel m ale, il m ondo è cam biato sia nell’am bito religioso che in quello culturale. Siam o u n m ondo in cui attualm ente «le carte si sono m escolate», com pletam ente mescolate. Dagli albori dell’um anità, da tem pi im m em orabili, le so­ cietà um ane sono esistite come in «com partim enti stagni»: ogni società nel suo piccolo m ondo, nel suo habitat, chiu­ sa in se stessa e isolata dalle altre, senza conoscere quasi nessun’altra cosa tranne la p ro p ria esistenza. È certo che le m igrazioni u m an e e gli scam bi com m erciali sono an ti­ chi. M a tutto ciò è niente a confronto con ciò che succede oggi. Grazie al progresso e al m iglioram ento dei mezzi di com unicazione (trasporti, viaggi, com unicazioni, teleco­ m unicazioni...) le società si sono m iscelate in u n a in tera­ zione e conoscenza reciproca, in un processo che sta ac­ celerando esponenzialm ente, ta n to che negli ultim i decen­ ni il maggiore fenom eno sociologico è la m ondializzazio22

ne (che distinguiam o da «globalizzazione», term ine che è divenuto proprio dell’aspetto finanziario e neoliberale). M ondializzazione significa che il m ondo sta diventando uno, che tu tti gli elem enti e le dim ensioni delle società del nostro pianeta si stanno inter-relazionando e diventando reciprocam ente dipendenti. Ogni società non è più «un m ondo a parte», m a diventa m em bro di u n insiem e socia­ le più grande, integrata in «un unico m ondo» che le ab­ braccia tu tte com e sub-società. I viaggi, le m igrazioni (principalm ente per ragioni econo­ miche), il turism o, i legami fam iliari fanno sì che non esi­ stano quasi più luoghi «vergini» del pianeta, in cui vivono solo gli aborigeni, senza relazione con le altre società. Allo stesso m odo, ci sono sem pre m eno zone isolate dal contat­ to e dalle influenze m ondiali. Noi tutti siam o sem pre più coinvolti reciprocam ente, con m aggiore intensità e m aggio­ re im m ediatezza in reti sem pre più am pie e num erose1. Q uesto fenom eno, cresciuto esponenzialm ente nel XX se­ colo grazie allo sviluppo dei m ezzi di com unicazione do­ vuto alle nuove tecnologie, sta trasform ando il m ondo in u n a unica grande società (m ondializzazione), in u n «vil­ laggio globale» in cui le culture e le religioni di ogni so­ cietà, che finora hanno vissuto isolate e senza conoscersi tra loro, si sono fatte vicine e si vedono obbligate a convi­ vere. Oggi, «praticam ente tu tte le religioni sono entrate in contatto»12 e tu tte sono presenti lu n a all’altra, inevitabil­ m ente. A nticam ente, da che m ondo è m ondo, la vita abituale del­ le società trascorreva in cen trata unicam ente nella p ro p ria cu ltu ra e nella p ropria religione. Certo si sapeva che esi­ stevano società con altre culture e altre religioni, p erò la distanza faceva sì che la loro esistenza non fosse u n d ato di cui far conto e non era nem m eno pensabile dialogare con le loro religioni; rim anevano confinate piuttosto nella 1 «Le trasformazioni tecnologiche attuali s’intrecciano con altre tra­ sformazioni, la mondializzazione, e insieme stanno creando un nuo­ vo paradigma: l'era delle reti» (PNUD, Informe sobre desarrollo hu­ mano 2001, Mundi-Prensa, México 2001, p. 12). 2Torres Queiruga, Andrés, El dialogo de las religiones, Sal Terrae 1992, p. 38. ID., La revelación de Dios en la realización del hombre, Cri­ stiandad, Madrid 1987, pp. 390-391. 23

sfera dell’im m aginazione o della classica letteratu ra fanta­ stica di viaggio verso luoghi esotici. Nel m ondo attuale è un dato di fatto che le religioni e le culture si vedano obbligate a convivere. Molte società so­ no pluriculturali, vi si integrano gruppi che provengono da altri paesi, ci sono quartieri abitati prevalentem ente da di­ verse etnie o specifiche culture. Le diverse religioni non so­ no più lontane, m a si trovano nella stessa società e persi­ no nella stessa città. Con u n a sem plice passeggiata in una grande città possiam o avvicinarci a tem pli e cappelle di differenti confessioni cristiane, alla sinagoga, alla pagoda, alla m oschea, al tem pio indù o al tem pio B ahai... I cre­ denti delle altre religioni non sono più separati da oceani, m a vivono vicino, nella stessa strad a o persino nello stes­ so palazzo. N on è più necessario viaggiare o uscire dal pro ­ prio am biente per incontrare altri credenti, perché orm ai m olte famiglie - so p rattu tto tra i più giovani - han n o m em ­ bri, consanguinei o acquisiti, di u n ’altra religione rispetto a quella «tradizionale» della fam iglia. Il PR non è u n a teo­ ria, è un fatto che si avvicina sem pre di più a noi in tu tti gli ambiti: nella società, nella città, nel lavoro, nella co­ m unicazione, anche nella fam iglia... e nessuno può sot­ trarsi a questo nuovo paesaggio um ano. La pluralità delle culture nel m ondo è considerata in m a­ niera crescente com e un fattore di conflittualità. Dopo la caduta del m uro di Berlino, gli analisti politici del prim o m ondo, i quali pensano che siam o orm ai alla «fine della storia» e che il problem a ideologico è risolto, h an n o lan­ ciato la tesi che il conflitto principale del m ondo attuale non è più ascrivibile al piano econom ico, m a a quello cul­ turale: sono le grandi civiltà che creano i blocchi in con­ flitto. Il libro di Sam uel P. H untington, Lo scontro delle ci­ v iltà , sarebbe il p iù qualificato sostenitore di questa tesi. Gli atti di terrorism o dell’l l settem bre 2001 han n o ancor più accentuato la visione del «prim o m ondo», secondo cui il conflitto sarebbe di n a tu ra culturale, tra civiltà. Ovvia­ m ente, là dove si fronteggiano blocchi culturali, il plurali­ sm o religioso è in prim a linea, poiché in buona p arte i bloc­ chi culturali si m ascherano da blocchi religiosi.3

3 Garzanti, Milano 2001. 24

Oltre a questa convivenza fisica - pacifica o conflittuale tra persone di diverse religioni, c'è anche u n a convivenza nella conoscenza. Oggi conosciam o già o possiam o cono­ scere le religioni con un livello di profondità che non era possibile ai nostri antenati. In qualunque società sviluppata oggi si trovano buoni li­ bri, seri, docum entati, profondi e accessibili, che offrono alla p o rtata di tu tti u n a conoscenza valida e sufficiente di m olte religioni del m ondo. I m igliori antropologi cu ltu ra­ li vendono tanto quanto i teologi, e i libri sacri orientali sono venduti quanto la Bibbia. In Occidente alm eno, è ter­ m inato quel tem po in cui in ogni società c’erano solo a di­ sposizione libri che difendevano apologeticam ente la reli­ gione ufficiale «contro» le altre. B asta scorrere i num erosi canali televisivi disponibili in m olti paesi4 p er dim ostrare che in qualunque m om ento del giorno e della notte qualche canale sta trasm ettendo u n re ­ portage su u n a religione indigena am ericana o sui m o n a­ ci di u n a religione orientale del sud est asiatico, o u n ’in­ tervista seria e coscienziosa con un filosofo che difende p o ­ sizioni agnostiche o atee... Le tecnologie dell’inform azione e della com unicazione (TICs) di am bito m ondiale, che hanno creato la possibilità di un incontro um ano ininterrotto che sta per giungere ad u n a dim ensione universale, hanno anche creato la possi­ bilità di un incontro interreligioso m ondiale. «Lo stru ­ m ento unificante dei sistem i elettronici di com unicazione di am bito m ondiale crea u n forum per l’incontro m o n d ia ­ le delle diversità religiose. N on possiam o più evitare r in ­ contro interreligioso. Le altre religioni si sono fatte p ro s­ sim e nell’incontro con i nostri vicini. Non possono più es­ sere tra tta te come sistem i di credenza astratti rap p re sen ­ tati da culture straniere, o pratiche religiose attu ate a di­ stanza di sicurezza in terre lontane. H anno u n volto u m a ­ no: i volti dei nostri vicini»5. Oggi potrem m o quasi dire che, se non dialoghiam o inter4 Le previsioni dicono che ci stiamo avvicinando al momento in cui da qualunque parte del globo ci potremo sintonizzare con circa cin­ quecento canali della televisione. 5 Schwòbel, Christoph, Encontró inter-religioso e experiencia frag­ mentaria de Deus, in Concilium 289 (2001/1), p. 114. 25

religiosam ente con qualunque grande religione, è perché non abbiam o preso l’iniziativa, m a i nostri possibili inter­ locutori sono qui, a nostra portata. Novità storica Siamo la prima generazione in tutta la storia dell'umanità che si trova in questa situazione. È la prim a volta che una gran parte dell’Um anità vive in un am biente religioso veram ente plurale. È la prim a volta che la parte di um anità, che ha pas­ sato la vita senza alcuna relazione con persone e istituzioni di altre religioni, ha tra le m ani questa possibilità: se non pratichiam o il dialogo interreligioso è per m ancanza di abi­ tudine e di im m aginazione, non di possibilità. La coscienza delle nuove generazioni, dal canto suo, deve m isurarsi con u n a offerta di senso, culturale e religioso, enorm em ente plurale e, naturalm ente, né convergente né arm onico, con un pluralism o sem plicem ente giustapposto, senza un ordinam ento né un dialogo interno, alm eno fi­ nora. È una trasform azione che suppone u n a «vera rivo­ luzione nella coscienza religiosa dell’Um anità; stiam o vi­ vendo in un m om ento della storia in cui 1’ accesso alle di­ verse religioni h a u n ’am piezza e u n a profondità senza pre­ cedenti»67. «L’evoluzione del m ondo e della sua cultura, così come il contatto vivo tra le diverse religioni ci hanno reso coscienti che l’esperienza vitale religiosa si trova in u n a situazione nuova e, riguardo ad alcuni aspetti im portanti, radical­ mente nuova»1. Le religioni, però, non sono teorie; sono i credenti, sono persone in carne ed ossa. Noi possiam o vedere la trasfor­ m azione e l’influsso che la religione com pie sulla loro vi­ ta, persino sulla loro santità. Q uesto ci dà u n a «conoscen­ za viva» delle religioni, m olto più rilevante della conoscenza teorica che troviam o nei libri di d o ttrina e teologia. 6 Arthur, Chris, Religious Pluralism. A Metaphorical Approach, The Davies Group, Aurora, Colorado 2000, p.l. 7 Torres Queiruga, A., El dialogo de las religiones en el mundo actual, in El Vaticano III, Herder-El Ciervo, Barcelona 2001, p. 69. I corsivi sono nostri. 26

In alcuni am bienti questo è già u n a realtà: p er esem pio nel m ondo dei giovani universitari. Figli, liberi e inquieti, di u n a generazione ab itu ata a risposte pronte ricevute in ere­ dità, e allo stesso tem po figli dei m ezzi di com unicazione (davanti ai quali han n o passato p iù ore che coi loro p ro ­ fessori), non accettano più spontaneam ente im postazioni m onoreligiose «perché è così»; di fronte a qualunque in­ terrogativo ultim o etico o filosofico chiedono qual è la ri­ sposta delle altre religioni; vogliono m etterle a confronto, forse scegliere la m igliore. N on si sentono p iù vincolati spontaneam ente a u n a religione che dovrebbe essere per loro «la» religione. Si considerano persone libere, senza vincoli ufficiali verso u n a certa religione, cittadini di un m ondo plurireligioso, dove p otranno discem ere e sceglie­ re la p ropria religione. La prospettiva del pluralism o reli­ gioso è entrata, senza dubbio, nella coscienza della gene­ razione più giovane8. Cause Sono q uattro i grandi fattori che, secondo Jean Claude B as­ set, originano l’attuale situazione del pluralism o religioso: «L’interreligiosità è, allo stesso tem po, un fenom eno so­ ciale e culturale. In senso sociale si tra tta dell’interazione di minoranze religiose im portanti e attive ( u n a situazione che caratterizza il subcontinente indiano da m olto tem po, ed anche l’attuale E uropa occidentale, con la presenza di m ilioni di m usulm ani e di com unità buddhiste, indù o sik, insiem e a cristiani ed ebrei), lavoratori emigrati, rifugiati politici, studenti, dirigenti che p er il loro lavoro co nduco­ no u n a vita cosm opolita che li rende cittadini in te m a z io ­ nali, cittadini del m ondo; si m oltiplicano anche i m atri­ m oni m isti in senso religioso e la conseguente form azione religiosa dei bam bini; assistiam o anche alla diffusione di inform azioni e opinioni religiose diverse attraverso i m ez­ zi di com unicazione»9.

8 Davis, Charles, Christ and the World Religion, Herder & Herder, New York 1971, p. 25. 9 Basset Jean Claude, El diàlogo interreligioso, Desclée, Bilbao 1999, p. 7.

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Sfide Questa situazione presenta profonde sfide, soprattutto per la generazione nata in società che conoscevano una sola re­ ligione: «la visione di un m ondo coerente e certo viene tu r­ bata dal contatto con altre prospettive, la scala di valori sta­ biliti entra in concorrenza con altri valori e altre norm e. Non solo si è ingrandito il cam po delle conoscenze, viene anche sottoposta a giudizio la nozione stessa di verità. La filosofia occidentale diventa una corrente di pensiero tra le altre, co­ me la m usulm ana, l’indiana, la cinese, ecc.»10. Q uesta interpenetrazione delle società con le loro culture e religioni, che si fanno presenti lu n a all’altra, p en etran ­ do l’una nell’altra, riem piendosi di PR, è u n fenom eno nuo­ vo (la novità è nella sua dim ensione m ondiale), e in que­ sto senso è appena iniziato. N on sappiam o com e si svi­ lupperà. Non sappiam o che uom ini e che donne divente­ ran n o i bam bini che oggi crescono entro questo plurali­ sm o religioso, che è in atto e perm arrà. Non possiam o og­ gi esprim ere le riflessioni che ascolterem o fra tre n t’anni, quando questa nuova generazione, nata e cresciuta in un am biente pluralista, prenderà la parola e ci dirà com e per­ cepisce il m ondo secondo la propria esperienza che noi, n ati e form ati in u n am biente di singolarità culturale e re­ ligiosa, non possiam o im m aginare. L’Um anità, le 800 o più generazioni che si dice abbiano percorso il nostro pianeta, han n o sem pre vissuto con la convinzione che la realtà avesse UNA form a determ inata, la form a descritta e presentata dalla propria cultura e dal­ la propria religione. L’U m anità, nel corso dell’attuale ge­ nerazione, ha com inciato a vivere con la presenza vicina e perm anente di tu tte le religioni e culture chiam ate «uni­ versali», che devono convivere in com petizione tra loro nell'indicare u n orizzonte di senso. Un cam biam ento sostanziale sta avvenendo nella storia deH’Umanità. Noi ne siam o testim oni. Q uesto è il piano di rea ltà da cui vogliam o partire, il contesto in cui vogliamo innestare le nostre dom ande sul pluralism o religioso. Che ripercussioni ci saranno o sono già in atto di questo plu10 Ibid.

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ralism o che è già parte della realtà? Che trasform azioni im ­ plica o esige nelle religioni stesse? Le religioni, che hanno vissuto ognuna nel proprio m ondo senza la presenza delle altre, possono continuare a dire e a ripetere in questo con­ testo totalm ente diverso, le stesse cose che hanno sempre afferm ato? È possibile prevedere una trasform azione profonda delle religioni? Questi cam biam enti fanno paura? Con uno sguardo di fede, si può dire che questa situazione costituisca, allo stesso tem po, u n a sfida di Dio alle religioni e u n grande opportunità, un «kairòs»? E in che senso? II. Testi antologici da leggere e commentare Quasi 450 im am in questo m om ento presiedono le orazioni in 500 m oschee distribuite in tu tta l’Olanda. Secondo dati dei centri ufficiali di statistica, nell’anno 2015 quasi il 50% degli abitanti di 4 grandi città - A m sterdam , R otterdam , L’Aia e U trecht - proverrà da m inoranze etni­ che. Di questi, l’80% sarà m usulm ano (El País, M adrid, 5 ottobre 2002). In Spagna, l’Islam non è u n credo estraneo agli spagnoli. Le statistiche lo situano com e il più num eroso dopo la chie­ sa cattolica, data la sua crescita negli ultim i anni, soste­ n u ta dall’ondata m igratoria. Più di m ezzo m ilione di resi­ denti sono seguaci dellTslam e la cifra è in crescita (E l País, M adrid, 19 settem bre 2001). Secondo il Sunday Times dell’l l m aggio del 1997, il n u ­ m ero di m usulm ani p ratican ti in Gran B retagna su p e ra quello degli anglicani pratican ti nell’anno 2002. D ati del 1995 indicavano 536 m ila m usulm ani p ratica n ti co n tro 854 anglicani praticanti; in pochi anni si prevede che la cifra sarà: 760 m ila fedeli p er l’islam e solo 756 m ila p er la chiesa anglicana (Adista, n. 39, m aggio 1997, pp. 10-11). Già ci sono più di mille m ilioni di m usulm ani nel m ondo. L'islam ism o h a sorpassato il cattolicesim o nel n u m ero di fedeli nel 1986 ed h a continuato a crescere. A questo rit­ m o, ci saranno 1100 m ilioni di credenti nell'anno 2000. Il num ero di adepti aum enta anche in aree trad izio n alm en ­ te cristiane, com e l’Europa, l’Africa occid en tale e g li Sta29

ti Uniti. E persino in Brasile: rivista Super interessante (m aggio 1997) p. 59*. Si possono consultare i dati principali aggiornati rig u ar­ danti le religioni del m ondo in «Panoram a delle religioni del m ondo e in Am erica Latina» di Franz D am en in Agen­ da Latinoamericana 2003, pp. 36-37. Anche: Siamo sorpresi di scoprire che negli Stati Uniti ci sono più m usulm ani che episcopaliani, più m usulm ani che m em bri della chiesa presbiteriana e più m usulm ani che ebrei, circa 6 milioni. Restiam o attoniti nel sapere che Los Angeles è la maggiore città buddhista del m ondo, con una popolazione buddhista che copre tutte le categorie dei buddhism i asiati­ ci, dallo Sri Lanka alla Corea, insieme a u n gran num ero di statunitensi buddhisti. In tutto il paese, il num ero di perso­ ne di religione buddhista raggiunge circa i 4 milioni. Gli Stati Uniti sono diventati il paese più differenziato del m ondo, dal p unto di vista delle religioni. La nuova era di em igrazione è diversa dalle precedenti, non solo nella sua am piezza e com plessità, m a anche p er la sua stessa dinam ica. M olti degli em igranti che arrivano oggi negli Stati Uniti, m antengono forti legam i con i paesi d’ori­ gine, m ediante viaggi e reti di com unicazione transnazio­ nali, posta elettronica o fax, linee telefoniche satellitari e notiziari televisivi via cavo. Riescono a vivere qua e là, in tu tte le form e che le m oderne com unicazioni e telecom u­ nicazioni hanno reso possibile (ECK, D iana L., A New Re­ ligious America, pp. 3-5). III. Domande per riflettere e per dialogare - È davvero plurale la società in cui viviamo, il nostro pae­ se, l’am biente in cui p ersonalm ente ci m uoviam o? * Secondo il World Christian Database, solo recentemente (maggio 2007) i musulmani, con 1.322 milioni di aderenti, avrebbero supera­ to i cattolici, calcolati in 1.115 milioni. Bisogna però tener presente che mentre il calcolo dei cattolici è preciso, a motivo dei registri par­ rocchiali, quello degli islamici è approssimativo, dal momento che per convertirsi all’islam è sufficiente recitare dinanzi a testimoni la «shaada», vale a dire dichiarare che non c e che Dio aU’infuori di Al­ lah e che Maometto è il suo profeta [N.d.T.]. 30

- Q uante persone ciascuno di noi conosce che non ap p ar­ tengono alla nostra religione? Facciam o il conto: nella no­ stra fam iglia, nelle nostre am icizie, nel lavoro, negli studi, nel nostro palazzo, nella nostra via... - Quali libri, video o altre docum entazioni conosciam o ri­ guardo al tem a delle religioni del m ondo? - Quali mezzi, motivi, possibilità ha u n a persona del no­ stro am biente di conoscere altre religioni e di porsi in re­ lazione con loro? - È vero che i problem i che affliggono il m ondo non sono di natura economica, m a culturale e religiosa come sem bra afferm are Sam uel H untington? Questa tesi sarà fondata o sarà una form a per occultare il conflitto economico? IV. Esercizi raccomandati - E n trare in vari m otori di ricerca di Internet e trovare p a ­ gine relative alle diverse religioni - Fare un elenco delle religioni che sono presenti nel no­ stro quartiere o città. - Cercare in Internet il tem a «pluralism o religioso» , «teo­ logia delle religioni» e altri term ini relazionati (in inglese: «religious pluralism », «theology of religions»). - Cercare di stabilire contatti con qualcuno di u n ’altra re­ ligione per m ezzo di Internet (posta o chat). In seguito va­ lutare l’esperienza.

Bibliografia Artur Chris , Religious Pluralism. A Metaphorical Approach, The Davies Group Publishers, Aurora, Colorado, USA, 2000. B eversluis J oel, Sourcebook o f the World's Religions, New World Library, Novato, California 2000. E ck Diana L., A New Religious America. H ow a «Christian Coun­ try» has become the World’s Most Religiously Diverse Nation, Harper & Collins, New York 2001. H untington S amuel, El choque de civilizaciones y la reconfigura­ ción del orden mundial, Paidós, Buenos Aires-México-Barcelona 1997. K n itte r P aul, N o Other Name, Orbis Books, NY 1985, pp. 1-6. V. a p. 69 l’ediz. ital. 31

K üng H ans, En busca de nuestras huellas. La dimensión espiritual de las religiones del mundo, Debate, Barcelona 2004. Sam uel A lb e rt, A s religióes hoje, Paulus, Sao Paulo 1997. S chw übel C hristoph, Encontró inter-religioso e experiencia frag­ mentaria de Deus, in Concilium 289 (2001).

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Capitolo terzo A partire dalla storia. Dalla prospettiva del pluralismo

Secondo il nostro proposito di «partire dalla realtà», esten­ deremo il nostro sguardo anche alla dim ensione temporale: come è stato il pluralism o - o la m ancanza di pluralism o nella storia? Noi, forse senza saperlo, ci portiam o dentro la storia che ci ha preceduto. Per questo è necessario tenerla presente, perché non ci condizioni e non ci induca a ripe­ terla. N essuno parte da zero, benché lo crediamo... I. Per presentare il tema Per studiare il tem a del pluralism o è im portante guardare indietro, al tem po dal quale proveniam o, alla storia dell’U m a­ nità. Oggi abbiam o già, più o m en o tutti, acquisito un sen­ so di pluralism o e di tolleranza, alm eno superficialm ente, però la storia che abbiam o alle spalle è fatta di secoli e per­ sino di m illenni di atteggiam enti contrari al pluralism o. Ne parlerem o a p artire dall’esperienza dei cristiani, in p a r­ ticolare a p artire dalla tradizione cattolica (crediam o a n ­ che che, probabilm ente, potrem m o p arlarne allo stesso m o­ do rispetto ad altre tradizioni cristiane, o persino risp etto ad altre religioni). Ci riferirem o a vari m om enti sim bolicam ente im p o rta n ti entro questa n o stra storia, attraverso i seguenti testi a n to ­ logici. II. Testi antologici Nell’A ntico Testamento Tutti i testi che nell’AT si riferiscono alle divinità degli a l­ tri popoli, i popoli vicini, qualificano dispregiativam ente tali divinità com e «idoli» e le descrivono negativam ente: sono «opere di m ani um ane», «cose m orte» (Sap 13,10), 33

sono «niente» (Is 44,9), «ciò che è vano» (Ger 2,5; 16,19), «menzogna» (Ger 10,14; 2,4; B ar 4,7). Solo Yahvè è «il ve­ ro Dio» (Ger 10,10). D’altra parte il popolo giudeo dell’AT ha la convinzione di essere u n popolo diverso, «il popolo di Dio», «l’eletto» che deve vivere separatam ente dai «gentili», non m escolarsi con loro. «Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nel paese che vai a prendere in possesso e ne avrà scacciate davanti a te m olte nazioni: gli H ittiti, i Gergesei, gli Amor­ rei, i Periziti, gli Evei, i C ananei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, quando il Signore tuo Dio le avrà m esse in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le vote­ rai allo sterm inio» (Dt 7,1-2). Israele dovrà senza com pas­ sione distruggere gli altari e le im m agini di questi popoli sconfitti e scacciati, e non fare alleanza né im parentarsi con loro. L’Israele del D euteronom io ha la convinzione di essere il popolo eletto, il santo, di fronte agli altri popoli che adorano idoli vani (Dt 7,3-6). Questa posizione così aggressiva espressa nel D euterono­ mio non può essere considerata come qualcosa che a ttra ­ versa tu tta la Bibbia, m a solo com e un p unto culm inante, simbolico, che richiam a l’attenzione. Nel secolo X V Nel secolo XV in E uropa em erge un altro punto culm i­ nante, sim bolicam ente m olto im portante. Il Concilio di Fi­ renze nell’anno 1452 dichiarò «di credere ferm am ente, di professare e insegnare che nessuno di coloro che si trova­ no fuori dalla chiesa cattolica, non solo i pagani, m a an ­ che i giudei, gli eretici e gli scism atici po tran n o parteci­ pare alla vita eterna. A ndranno al fuoco eterno che è sta ­ to preparato dal diavolo e dai suoi angeli (Mt 25,4), a m e­ no che prim a di m orire si incorporino alla Chiesa... nes­ suno, per quanto generose siano le sue elem osine o persi­ no sparga il suo sangue a causa di Cristo, p o trà salvarsi se non rim ane nel seno e nell’u n ità della Chiesa cattolica» (DS 1351). «Extra Ecclesiam nulla salus» (fuori della Chiesa non c’è salvezza), si diceva. Tutti coloro che m uoiono fuori della Chiesa (in quel m om ento non esisteva la Chiesa prote34

stante) non potran n o entrare nella vita eterna, m a finiranno nel fuoco eterno. L’afferm azione può sem brare forte, m a non è p ro p ria solo del Concilio di Firenze, bensì è u n ’af­ ferm azione cristiana com une in tu tto il M edio Evo. Nel secolo X IX Gregorio X V I, nell’enciclica M iran Vos del 15 agosto 1832, afferm a: «Veniamo ora a u n ’altra sorgente trabocchevole dei m ali da cui com piangiam o afflitta al presente la chiesa. L’“indifferentism o” vogliam o dire, ossia quella perversa opi­ nione che p er fraudolenta opera degli increduli si dilatò in ogni parte, che cioè in qualunque professione di fede si possa conseguire l’etern a salvezza dell’anim a, se i costu­ m i si conform ano alla norm a del retto e dell’onesto. [...] Di questa inquinatissim a sorgente dell’"indifferentism o” scaturisce quell’assu rd a ed erronea sentenza, o piu tto sto delirio, che si debba am m ettere e g arantire p er ciascuno la lib ertà di coscienza: errore velenosissim o a cui ap p ia ­ na il sentiero quella piena e sm odata libertà d ’opinare che va sem pre alim entandosi a danno della chiesa e dello sta ­ to, non m ancando chi osa vantare con im pudenza sfron­ ta ta provenire da siffatta licenza alcun vantaggio alla re ­ ligione. [...] m entre l’esperienza di tu tti i secoli fin dalla più rem o ta an tich ità lum inosam ente dim o stra che città per opulenza, p er dom inazione, p er gloria le più fiorenti, p er questo solo disordine, cioè p er u n a eccessiva lib ertà di opinioni, p er la licenza delle conventicole, p er la sm a ­ nia di novità, andavano infelicem ente in rovina» (nn. 3637, Enchiridion delle Encicliche, voi. 2, EDB, B ologna 2002 ) . Questo è solo uno dei rifiuti che i Papi di quel tem po lan ­ ciano solennem ente contro «gli errori dell’epoca»: il p en ­ siero m oderno, le libertà sociali, la dem ocrazia, ciò che noi oggi riconosciam o com e diritti u m ani... Nel testo in que­ stione, che risale a non più di due secoli fa, si negano fro n ­ talm ente e con eccesso di disprezzo, la libertà di coscien­ za, la libertà religiosa e il pluralism o religioso, con tu tta la solennità del m agistero pontificio.

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Nel Concilio Vaticano II (1965) «Questo Concilio V aticano dichiara che la persona u m an a h a il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di u n a tale libertà è che gli esseri um ani devono essere im m uni Halla coercizione da parte dei singoli individui, di gruppi socia­ li e di qualsivoglia potere um ano, così che in m ateria reli­ giosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia im pedito, entro debiti lim iti, di agire in conform ità ad essa: privatam ente o pubblicam ente, in form a indivi­ duale o associata. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realm ente sulla stessa dignità della per­ sona um an a quale l’hanno fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione» (Dignitatis H um anae, n. 2). «La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei m odi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stes­ sa crede e propone, tuttavia non raram ente riflettono un raggio di quella verità che illum ina tu tti gli uom ini» (N o­ stra Aetate, n. 2). La «Dominus lesus» del Cardinale Ratzinger (2000) «È contraria alla fede della Chiesa la tesi circa il carattere limitato, incom pleto e im perfetto della rivelazione di Gesù Cristo, che sarebbe com plem entare a quella presente nelle altre religioni (6). Deve essere, quindi, ferm amente ritenuta la distinzione tra la fede teologale e la credenza nelle altre religioni [...], che è esperienza religiosa ancora alla ricerca della verità asso­ luta e priva ancora dell’assenso a Dio che si rivela. Questo è uno dei m otivi per cui si tende a ridurre, fino talvolta ad annullarle, le differenze tra il cristianesim o e le altre reli­ gioni (7). I libri sacri di altre religioni, che di fatto alim entano e gui­ dano l’esistenza dei loro seguaci, ricevono dal m istero di Cri­ sto quegli elementi di bontà e di grazia in essi presenti (8). Quanto lo Spirito opera nel cuore degli uom ini e nella sto­ ria dei popoli, nelle culture e religioni, assum e u n ruolo di preparazione evangelica e non può non avere riferim ento a Cristo (12). 36

Se non sono escluse m ediazioni partecipate di vario tipo e ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unica­ mente da quella di Cristo e non possono essere intese co­ m e parallele e com plem entari. R isulterebbero, tuttavia, contrarie alla fede cristiana e cattolica quelle proposte di soluzione, che prospettassero un agire salvifico di Dio al di fuori d ellu n ica m ediazione di Cristo (14). È chiaro che sarebbe contrario alla fede cattolica conside­ rare la Chiesa com e una via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni (21). Se è vero che i seguaci delle altre religioni possono rice­ vere la grazia divina, è pure certo che oggettivamente si tro ­ vano in u n a situazione gravem ente deficitaria se parago­ nata a quella di coloro che, nella Chiesa, han n o la pienez­ za dei m ezzi salvifici» (22). III. Per sviluppare il tema Abbiam o m esso in evidenza alcuni m om enti im p o rtan ti di u n a storia segnata da gesti e azioni contrari all’accettazio­ ne del p luralism o religioso. Anche se non possiam o qui di­ m ostrarlo, il bilancio globale di questa storia potrebbe es­ sere sintetizzato così: • Ci sono stati praticam ente 20 secoli di esclusivismo: q u a­ si 2000 anni nei quali il cristianesim o h a pensato global­ m ente, ufficialm ente e in m aggioranza che è l’u n ica vera religione, che tu tte le altre religioni sono false, o sono in ­ venzioni um ane o u n a sem plice «preparazione p er il v an ­ gelo», o, in ogni caso, u n a «partecipazione» alla religione cristiana. • Nel m ondo cattolico l’esclusivism o è stato ab b an d o n ato da m eno di 50 anni, con il cam biam ento suscitato dal C on­ cilio V aticano IL Q uesto significa che tale m u ta m e n to è iniziato solo nell’attuale generazione, cosa che spiega co­ m e nell’im m aginario popolare non abbia an co ra avuto te m ­ po né p er diffondersi né per radicarsi; al contrario, la m en ­ talità popolare com une m antiene ancora nel p ro p rio subcosciente la «certezza ancestrale» che il cristian esim o è l’«unica vera religione».• • La posizione pluralista - secondo la quale Dio si rivela in tutte le religioni, senza discrim inazioni d a p a rte di Dio 37

- è u n a posizione teologica che suscita ancora sorpresa e incom prensione. • È il pensiero civile, filosofico, scientifico, pro fan o ... quel­ lo che h a p o rtato alle Chiese queste trasform azioni del pensiero. Sono stati la scienza, la filosofia, i m ovim enti sociali e politici in generale ciò che h a spinto le Chiese cristiane ad ab b an d o n are posizioni di m onopolio, di esclu­ sivismo, di «cristianità», forzando la trasform azione del­ l’im m aginario della società.D eplorevolm ente m olte Chie­ se cristiane han n o assunto nella storia posizioni co n tra­ rie a tutte le «m oderne libertà», e sono anche ufficial­ m ente contrarie al «pluralism o religioso». H anno soltan­ to preso l’iniziativa di p raticare il dialogo religioso là do­ ve ne hanno bisogno p er il fatto di trovarsi in m in o ran ­ za... Le istituzioni religiose sono n orm alm ente m olto in­ fluenzate dai loro interessi istituzionali, com ’è facilm en­ te dim ostrabile. • In ogni caso bisogna segnalare che u n altro volto del cri­ stianesim o è sem pre esistito: pensatori, filosofi, teologi che, in modo eccezionale, intuirono che l’atteggiam ento di chiu­ so esclusivismo non rispondeva alla verità, e si aprirono ad atteggiam enti più tolleranti e pluralisti (E rasm o da Rot­ terdam , Nicola Cusano, R aim ondo Lullo, M arsilio Ficino...), furono però l’eccezione che conferm a la regola. • Il Concilio V aticano II costituì per la Chiesa Cattolica l’accettazione di bu o n a parte delle critiche che la cultura m oderna aveva fatto agli atteggiam enti integralisti della Chiesa negli ultim i secoli. Si è tra tta to di u n aggiornam ento e di una riconciliazione col m ondo m oderno. Però fu su­ bito evidente che quel rinnovam ento non bastava, che si doveva elaborare u n a nuova lettu ra del pluralism o religio­ so. Nonostante ciò si produsse in seguito u n a involuzione della Chiesa cattolica e la d o ttrin a ufficiale rim ase indie­ tro rispetto all’evoluzione della teologia. IV. Domande per condividere e approfondire - Le religioni dei popoli che circondavano il popolo d’Israe­ le, di cui ci parla l’Antico Testam ento, erano religioni buo­ ne, valide? Cosa pensa l’Antico Testam ento di queste reli­ gioni e dei suoi dei? 38

- Cosa pensiam o riguardo alle afferm azioni del Concilio di Firenze del 1452? - Per Gregorio XVI, orm ai nel sec. XIX, la libertà d’espres­ sione e la libertà di coscienza sono negative. C'è oggi qual­ cuno che lo pensa ancora? Sappiam o se questo atteggia­ m ento negativo di fronte alle libertà m oderne fu solo di Gregorio XVI o del M agistero della Chiesa C attolica nel suo insieme? - Ci sono religioni che oggigiorno pensano che la libertà religiosa, diversa dalla propria, sia negativa. Per esem pio? - Cosa dice il Concilio Vaticano II sulla libertà di coscien­ za e la libertà religiosa? Siam o d’accordo con ciò che af­ ferm a? - Un esercizio interessante può essere studiare il caso del­ la storia del proprio paese: che ruolo vi ha giocato la reli­ gione, le religioni? C’è stata qualche religione che ha cer­ cato di escludere le altre nell’identità nazionale? È u n a con­ vivenza basata su u n a coscienza convinta di pluralism o o sem plicem ente rassegnata?

Bibliografia Aebischer -Crettol M onique, Vers un oecuménisme interreligeux; jalons pour une théologie chrétienne du pluralisme religieux, Ceri, Paris 2001. Canobbio Giacomo, Chiesa perché: salvezza dell’umanità e media­ zione ecclesiale, San Paolo, Cinisello Balsamo 1994, pp. 72-100. Lucchetti B ingemer M aria Clara (org.), Violencia e religiào. Cri­ stianismo, islamismo, judaismo, Loyola, Sào Paulo 2002. Leon M ario A. R odriguez, «A invasào e a evangelizado na Amé­ rica Latina (sec. XVI)», in DUSSEL, Enrique (ed.). Historia Liberationis; 500 anos de historia de Igreja na América Latina, Paulinas/CEHILAS, Sào Paulo 1992. S ullivan F rancis A., Hay salvación fuera de la Iglesia?, Desclèe, Bilbao 1999, collezione Teoria, n. 2. L’autore ripassa tutta la storia della Chiesa Cristiana cercando di ripercorrere l’evolu­ zione lungo i secoli del principio: «fuori della Chiesa non c’è salvezza». Teixeira F austino, Teología de las religiones. Una visión panora­ mica, collana «Tempo Axial», Abya Yala, Quito 2005. L’unico manuale di teologia delle religioni scritto finora in America Latina. Nella sua prima parte compie un excursus storico del­ le diverse valutazioni sulle religioni nel cristianesimo. 39

T hion P aul, Retour aux missions? Une lecture de I'Encyclique Re-

demptoris Missio, in Nuovelle Revue Theologique 114/1 (1992) p. 81.

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Capitolo quarto Il pluralismo religioso nella storia dell’America Latina

Con lo sguardo rivolto ancora alla storia, dedichiamo speci­ ficamente un capitolo all'America Latina. I. Per sviluppare il tema Il continente latino-am ericano ha una storia con caratte­ ristiche proprie che lo rendono particolarm ente rilevante per la prospettiva del pluralism o religioso. In effetti, è l’unico continente in cui la m aggioranza della popolazione attuale è erede di u n a invasione proveniente da u n altro continente (altro gruppo um ano, altra cultura, altra religione). La popolazione originaria fu in gran p a r­ te decim ata, m entre i suoi attuali superstiti sopravvivono relegati in angoli lontani o dislocati in settori m arginali della società. E questo è il risultato di u n processo che fu com piuto con la presenza di u n a religione che, di fatto, con la sua «evangelizzazione» legittim ò una «conquista». Il con­ tinente oggi, com e noto, è in m aggioranza cristiano (e la m età dei cattolici del m ondo vive nelle A m eriche)1. Succede, però, che «in America attualm ente non esiste un solo m onum ento religioso rituale che abbia origini pre­ ispaniche. T utti furono d istru tti e in m olti casi i loro m a­ teriali furono utilizzati per la costruzione di nuovi tem pli o palazzi coloniali. Q uesto non è accaduto, per esem pio in m olti luoghi dell’E strem o O riente (Giappone, Cina, Tai­ landia, Giava), d e llln d ia o del Vicino O riente e dell’Africa, dove, nonostante l’arrivo di m issionari dall'Europa, at-

1 Secondo i dati dell'Annuario Pontifìcio 2004, «Il 50% dei cattolici vi­ ve nel continente americano, il 26% in Europa, il 12,8% in Africa, il 10,3% in Asia e lo 0,8% in Oceania». 41

tualm ente si pratica il culto in m olti luoghi che sono m il­ lenari»2. La dom anda è: c o m e possibile che popoli cristiani abbia­ no com piuto u n a «invasione» e u n a «conquista» in un Con­ tinente già abitato? C om e possibile che l’invasione p o rta­ ta a term ine dai cristiani abbia d istrutto popoli e religio­ ni? Che «atteggiam ento verso le altre religioni» ebbe la re­ ligione dei conquistatori? Nel dom andare che «atteggia­ m ento verso le altre religioni» avevano i conquistatori, stia­ m o dom andando - con parole m oderne - che «teologia del­ le religioni» (che idea del valore o del significato delle al­ tre religioni) avevano i conquistatori, consciam ente o in­ consciam ente, a parole o realm ente. Elaborerem o i lineam enti di questo atteggiam ento - la «teo­ logia delle religioni» dei conquistatori - prendendo in con­ siderazione le seguenti testim onianze storiche. II. Testi antologici • II prim a catechism o che venne scritto in Am erica (pro­ babilm ente tra il 1510 e il 1521), quello di Pedro di Cor­ doba, com incia con la rivelazione di «un gran segreto che voi m ai conosceste né udiste»: Dio ha fatto il cielo e l’in ­ ferno. In cielo stanno tu tti quelli che si sono convertiti al­ la fede cristiana ed hanno vissuto bene; all’inferno stanno «tutti quelli che tra di voi sono m orti, tu tti i vostri an te­ nati: padri, m adri, nonni, parenti e quanti sono esistiti e sono passati p er questa vita: e là andrete anche voi se non sarete amici di Dio e non vi battezzerete e diventerete cri­ stiani, perché tu tti quelli che non sono cristiani, sono ne­ m ici di Dio»3. • Riscoperto nel 1924, abbiam o oggi un libro prezioso, do­ vuto all’ammirevole lavoro di ricerca di Fra B ernardino di Sahagún, intitolato «I colloqui dei dodici apostoli». In esso si raccoglie nella lingua n áh u atl l’ultim o atto pubblico di alcuni saggi e sacerdoti aztechi sopravvissuti, che difesero 2 Siller, Clodomiro, El monoteismo indígena, in Teología India, tomo II, Abya Yala, Quito 1994, p. 94. 3 Cf. Duran, J. Guillermo, Monumenta catechetica ispanoamericana, voi. I, Buenos Aires, 1984. 42

le loro credenze religiose e la loro form a di vita davanti ai m issionari giunti in Messico. Questi predicavano loro che ciò che gli antenati aztechi avevano insegnato e lasciato co­ me eredità «è tutto m enzogna, vanità, finzione; non con­ tiene nessuna verità»4. «Sappiate e siatene certi che nessu­ no degli dei che adorate è Dio né datore di vita; tu tti sono diavoli infernali»5. • I saggi rispondono: «Avete detto che non conosciam o il Signore... che non erano veri i nostri dei. È u n a nuova p a­ rola questa che voi dite. Da essa siam o sconvolti, da essa siam o offesi. Poiché i nostri progenitori... ci diedero le lo­ ro norm e di vita, onoravano gli dei, ci insegnarono tu tte le loro form e di culto, tu tti i m odi di onorare gli dei. E ra dot­ trin a dei nostri avi che è per gli dei che si vive. Noi sap­ piam o a chi dobbiam o la vita... com e si deve invocare, co­ m e si deve pregare. E d ora dovrem o distruggere l’antica regola di vita? E già m olto che siam o stati sconfitti, che ci sia stato im pedito un nostro governo. Lasciateci dunque m orire, lasciateci orm ai perire, visto che i nostri dei sono m orti!»6. • Fra Vincente Vaiverde, cappellano ufficiale che accom ­ pagnava Francisco Pizarro in quella che di fatto fu l’«inva­ sione» dell’im pero inca, intim ò ad A tahualpa di adorare Dio, la croce e il Vangelo, «perché tu tto il resto è una burla». A tahualpa rispose che egli «non adorava che il Sole che non m uore m ai e gli dei che aveva anche nella sua legge»7. • Il fam oso m issionario Antonio Vieira, a Bahia, in B rasi­ le, poteva dire agli schiavi negri: «La vostra schiavitù non è una disgrazia, m a un grande m iracolo, perché i vostri p a­ dri sono all’inferno per tu tta l’eternità. Voi, al contrario, vi siete salvati, grazie alla schiavitù»8. 4 Cf. Los coloquios de los doce apóstoles, in Monumenta..., cit., p. 215 5 Ibid. 187. 6 Leon Portilla, Miguel, El reverso de la conquista, Mortiz, México, 1990, pp. 23-28. Il testo completo è contenuto in Agenda Latino-ame­ ricana 1992, p. 51. Consultabile anche in . 7 Leon Portilla, Miguel, El reverso de la conquista, cit., pp. 113-121, dove si trova il racconto completo. Un riassunto sufficiente si può trovare in Agenda Latinoamericana 1992, pp. 74-75. Consultabile an­ che in . 8 Vieira, A., Sermone quattordicesimo (1633). Cf. Sermóes, voi. 4, to mo 11, n. 6, Lello & Irmao, Porto 1959, p. 301. 43

• Si può anche ricordare che non solo i m issionari venuti nelle «Indie Occidentali», m a tu tti i m issionari cristiani, p er m olti secoli, la pensarono com e il fam oso Francisco Javier, che andò nelle «Indie Orientali» convinto che chi non ascoltava e accettava il vangelo era privato della sal­ vezza. • In occasione della visita di Giovanni Paolo II in Perù nel 1985, M axim o Flores, del M ovim ento Indio di Kollasuyo (aym ara), E m m o Valeriano, del Partito Indio (aym ara) e R am iro Reynaga, del M ovim ento Indio TupacK atari (keshwa) consegnarono al Papa u n a lettera nella quale scri­ vevano: «Noi, indios delle Ande e dell’America, decidiam o di approfittare della visita di Giovanni Paolo II p er resti­ tuirgli la sua Bibbia, perché in cinque secoli essa non ci ha dato né am ore, né pace, né giustizia. Per favore, riprenda la sua Bibbia e la restituisca ai nostri oppressori, poiché loro hanno bisogno dei suoi precetti m orali più di noi. Per­ ché dalla venuta di Cristoforo Colombo sono stati im posti all’America con la forza, u n a cultura, una lingua, u n a reli­ gione e valori propri dell'Europa. La Bibbia arrivò a noi co­ m e parte del progetto coloniale im posto. È stata l’arm a ideo­ logica di questo assalto colonialista. La spada spagnola che di giorno attaccava e assassinava il corpo degli indios, di notte diventava u n a croce che legava l’anim a india»9. III. Domande per riflettere e per dialogare Una volta lette queste testim onianze storiche, im postiam o le questioni teorico-pratiche che da esse em ergono: - Quali tratti consideriam o caratterizzanti l’atteggiam ento che il cristianesim o ebbe verso le religioni indigene che in­ contrò al suo arrivo in America? - Pensavano i cristiani che le religioni indigene avessero qualche valore? O ppure avevano persino u n valore negati­ vo, ai loro occhi? Come si spiega che non ebbero alcuna riserva nello sradicarle e nel distruggerle? Anticipando la tem atica del nostro corso, possiam o ora in ­ terrogarci e conversare: 9Agenda Latino-americana 1992, p. 57. 44

- Le religioni indigene precolom biane (e le religioni non cristiane in generale) hanno u n valore salvifico? - Si può dire che gli indigeni erano idolatri se non cono­ scevano il Dio di Gesù Cristo e adoravano i loro Dei? - È accolta da Dio la preghiera che gli indigeni rivolgono ai loro Dei? - Le religioni indigene contengono qualche parte di verità o tu tta la verità? - Se Cristo ci portò la salvezza ed essi non conobbero Cri­ sto, può giungere a loro la salvezza dello stesso Cristo? - Perché essi non conobbero Cristo? Perché Dio si m ani­ festò nel Continente eurasiatico e non in quel luogo che chiam iam o «am ericano»? È u n ’ingiustizia da parte di Dio privarli di qualcosa di essenziale per la salvezza? Forse che Dio per secoli lim itò il suo rapporto con gli essere um ani ai confini del m ondo giudeo, di cui ci n a rra l’AT? - Bisogna essere cristiani p er salvarsi? - E se non bisogna esserlo, a cosa serve il cristianesim o? - H anno senso le m issioni, i m issionari, l’evangelizzazio­ ne m issionaria? Che senso hanno? (Non si deve pretendere di rispondere a tutte le dom ande né di giungere a u n accordo fra tu tto il gruppo in questo dialogo, che servirà solo ad attivare questa tem atica nel gruppo; m a più avanti tornerem o su questi tem i). IV. Esercizi raccomandati - Studiare le origini della presenza della religione a ttu a l­ m ente m aggioritaria nel nostro paese, che sia o non sia il cristianesim o, in qualunque continente il gruppo si trovi. Come giunse quella religione in questa terra? C’era u n a po­ polazione autoctona di u n ’altra religione? Qual è stato l'at­ teggiam ento (la «teologia delle religioni») della religione che giunse? Come avvenne l’«incontro»? Fare uno sforzo per conoscere la storia dei rapporti tra le religioni che so­ no state presenti sulla nostra terra. - Vari tra i libri indicati nella bibliografia seguente con­ tengono elem enti m olto im portanti sul com portam ento del cristianesim o al suo arrivo nel Continente am ericano e il suo rapporto con le religioni indigene. Dove sia possibile, si può distribuire u n a selezione di letture tra i com ponen­ ti del gruppo; p rim a della sessione di lavoro e, d u ran te es45

sa, ciascuno espone non solo il contenuto della lettura m a anche il giudizio che l'atteggiam ento del cristianesim o di fronte alla religione indigena si è m eritato; tu tto ciò se­ guito da u n dibattito generale.

Bibliografia Anonimo, El libro de los libros de Chilam Balani, Fondo de Cul­ tura Econòmica, México (1948), 1985. C asaldaliga P ed ro , L os indios crucificados. Un caso anonimo de martiro colectivo, in Concilium 183 (marzo 1983) pp. 383-389. D e Las Casas B artolomé, Brevísima relación de la destrucción de África, Editorial San Esteban, Salamanca 1989. De Las Casas B artolomé, Obra indigenista, Alianza editorial, M a­ drid 1985. D ussel E nrique, Historia General de la Iglesia en América Latina. 1/1, Introducción general, Sígueme, Salamanca 1983. È il pri­ mo dei volumi che la CEHILA (Comisión de Estudio de la Hi­ storia de la Iglesia en LatinoAmérica) ha publicato, durante vari decenni. Galeano E duardo, Las venas abiertas de América Latina, Siglo XXI Editores, México-Buenos Aires-Madrid-Bogotà 1971. L eon P ortilla M iguel , Visión de los vencidos. Relaciones indíge­ nas de la Conquista, UNAM, México 1989. L eon P ortilla M iguel, El reverso de la conquista, Mortiz, Méxi­ co 1990. Lopez García, José Tomás, D os defensores de los esclavos negros en el siglo XVII (Fray José de Jaca y Epifanio de Moirans), Uni­ versidad Católica Andrés Bello, Caracas 1981. Lopez Vigil, J osé I gnacio y M aría, Quinientos engaños. Otra ca­ ra de la historia, Nueva Utopía, Madrid 1990. P rezia B enedito, H oornaert E duardo, Brasil indígena, 500 anos de resistencia, FTD, Sao Paulo 2000. P rezia B enedito, H oornaert E duardo, Esta terra tinha dono, FTD, Sao Paulo 1989. R ezende Valéria, Nao se pode servir a dois senhores. Historia da Igreja no Brasil, período colonial, Edi^óes Paulinas, Sao Pau­ lo 1987. In spagnolo: Historia de la Iglesia en Brasil, período colonial, nella Biblioteca di Servicios Koinonía http://servicioskoinonia.org/b iblioteca T homas H ugh, La trata de esclavos. Historia del tráfico de seres hu­ manos de 1440 a 1870, Planeta, Barcelona 1998. T odorov Tzvetan, La Conquista de América. La cuestión del otro, Siglo XXI, México 1987. 46

Vigil J osé M aria, Valor salvifico de las religiones no cristianas, ; Diakonía 61 (mar­ zo 1992) pp. 23-40, Managua. Estudios Ecuménicos 33 (enero 1993) pp. 23-29, México.

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Capitolo quinto __ L’ermeneutica del sospetto

Per completare il nostro «partire dalla realtà>>o «vedere», ci confronteremo con un atteggiamento o critefio interpretati­ vo che consideriamo necessario sia perché la nostra visione della realtà sia matura e critica, sia per suscitare in noi un atteggiamento di vigilanza, perché le nostre elàborazioni teo­ logiche non siano inconsapevolmente influenzate da interessi propri o altrui. I. Per sviluppare il tema Ciascuno di noi deve fare il bilancio di questo sguardo che abbiam o dato alla storia nelle lezioni precedenti, con l’a t­ tenzione posta al tem a del pluralism o religioso. Il bilancio critico che noi proponiam o è piuttosto preoccupante: - la Scrittura e le tradizioni fondanti del cristianesim o di­ sconoscono di principio il pluralism o religioso; - il cristianesim o, che era una religione m arginale e p er­ seguitata alla sua origine, più tardi, quando fu accettata dall’im pero rom ano, andò a sostituire la religione di quel­ lo stesso im pero, im ponendosi com e unica, perseguitando le altre e legittim ando in ultim a istanza l’im pero...; - la religione cristiana visse m olti secoli u n ita al potere, com e religione di Stato (regim e di cristianità), im posta ob­ bligatoriam ente, intollerante, ritenendosi l’unica e assolu­ ta religione; - la religione cristiana h a intrapreso guerre religiose con­ tro altre religioni (le crociate innanzitutto) e ha convissu­ to tranquillam ente con alcune delle m aggiori violenze del­ la storia, legittim andole nella pratica (la schiavitù, la «con­ quista» del C ontinente am ericano, la globalizzazione del capitalism o, l’u su ra dell’attuale debito estero...); - il cristianesim o si lasciò condurre per m ano dai poteri 48

d’E uropa nell’invasione dell’Am erica e nella persecuzione e distruzione delle religioni indigene; più tard i avrebbe a p ­ profittato dell’espansione neocoloniale dell’Occidente la­ sciandosi condurre verso gli altri continenti; - la teologia e la spiritualità cristiane, in ognuno dei loro testi e dei loro gesti, lasciano trasparire la convinzione di essere l’unica religione vera e assoluta, il destino religioso finale p er tu tta l’um anità. In queste convinzioni hanno vissuto i cristiani du ran te qua­ si 20 secoli (fino ad appena 40 anni fa), continuando tra n ­ quillam ente e senza discussione a essere convinti che la lo­ ro fosse l’unica religione vera, l’eletta, la predestinata, quel­ la chiam ata a evangelizzare tutto il m ondo con le sue m is­ sioni e i suoi m issionari, quella a cui presto o tardi tu tta l’u m an ità si sarebbe convertita. Senza dubbio, l’evoluzio­ ne del m ondo, lo sviluppo delle com unicazioni e dei m o­ vim enti m igratori, la crescita dem ografica dei paesi del Ter­ zo M ondo, l’espansionism o dell’islam , la nuova situazione di convivenza plurireligiosa sorta com e conseguenza di tu t­ to ciò, e lo sviluppo di u n a m entalità più cosciente e criti­ ca, h a n n o favorito il sorgere di un atteggiamento di sospet­ to, che spinge m olti cristiani e teologi a interrogarsi su que­ ste convinzioni fino ad ora intoccabili. Sta apparendo sem pre più chiaram ente ai cristiani, spe­ cialm ente agli storici e ai teologi, la possibilità che tali con­ vinzioni che pretendevano di apparire com e nettam ente teologiche e puram ente religiose, potrebbero essere anche frutto di m otivazioni occulte e interessi nascosti, cosicché potrebbero in realtà fungere da «ideologie», vale a dire, da «costruzioni teoriche razionali destinate a giustificare i p ro ­ pri interessi corporativi»1. T ornando a guardare la storia del cristianesim o con u n cuore sensibile verso i poveri e le vittim e, vediam o che è u n a storia di m olta sofferenza, di grande m ancanza di li­ bertà, di num erose religioni assoggettate, perseguitate, di­ stru tte... è u n a storia di conquiste e colonizzazioni di ter­ ritori, di sfruttam ento econom ico intem azionale dei pove-

1Vi è un altro significato positivo della parola «ideologia»; qui la con­ sideriamo in questo significato critico negativo. 49

ri da p arte di u n Nord ricco... e «cristiano». È evidente che tu tto questo non è positivo né può pretendere di giustifi­ carsi com e volontà di Dio... La dom anda è: in tu tta questa storia di violenza, di espan­ sione, di conquista, di dom inazione... e con questo bilan­ cio, avrà giocato qualche ruolo la d o ttrina dell’unicità e il carattere assoluto del cristianesim o? La dottrina, la teolo­ gia, la spiritualità... saranno state autonom e, indipenden­ ti, neutre, puram ente religiose, sorte direttam ente dalla fonte divina stessa... o saranno state anche, in qualche m o­ do, frutto degli interessi um ani dei loro protagonisti? Cioè, avranno avuto u n a com ponente «ideologica»? Un buon m etodo per adottare u n atteggiam ento coscien­ tem ente critico consiste nel farsi la vecchia dom anda del diritto rom ano: «Cui bono?», ossia, per il bene di chi? A be­ neficio di chi, u n a determ inata teologia o dottrina? È pos­ sibile che certe dottrine si siano sviluppate teologicam en­ te per influsso dell’interesse di determ inati gruppi, i quali, beneficiandone, potevano giustificare la loro egem onia o dom inare su altri gruppi... È possibile... perché è m olto um ano. Alcuni autori chiam ano questo atteggiam ento critico di so­ spetto «erm eneutica del sospetto»: un atteggiam ento «in­ terpretativo» (questo significa la parola «erm eneutica») che si occupa di scoprire le radici e i fattori inconsci o effetti­ vam ente nascosti che sono intervenuti nella elaborazione della teoria o della dottrina, in questo caso della teologia cristiana. Con questo atteggiam ento è necessario riesam inare nuova­ m ente la storia e vedere in quanti casi alcune dottrine, teo­ logie o disposizione ecclesiastiche... m algrado si presentas­ sero apparentem ente come afferm azioni strettam ente reli­ giose, abbiano svolto la funzione di giustificazione ideolo­ gica delle azioni di forza che il gruppo cristiano ha eserci­ tato contro altri gruppi che furono le vittim e del nostro egoi­ sm o corporativo, m ascherato religiosamente. Affermiamo questo principio: tu tta la d o ttrin a o teologia o spiritualità che nel passato h a prodotto effetti deleteri di oppressione, dom inio, disprezzo, che è stata causa di do­ lore o di distruzione... contro altri gruppi, popoli o reli50

gioni, deve essere sottoposta a critica in base a questa er­ m eneutica del sospetto e deve, alm eno, essere riconsidera­ ta, perché di principio è sospettata di essere u n ’ideologia. Questo principio apre la strad a alla seconda parte del no­ stro corso, il «giudicare». Andrem o a riesam inare e rico­ struire la nostra teologia da questa prospettiva della plu­ ralità delle religioni, m olto attenti a che la nostra teologia non sia u n ’ideologia, cercando di renderci consapevoli - e liberi - degli interessi di ogni genere che s’intrecciano al di sotto delle nostre afferm azioni teologiche. «L’erm eneutica del sospetto» non è l’invenzione di nessun genio filosofico e nem m eno un sem plice frutto della criti­ ca m oderna; in realtà ha u n fondam ento anche evangelico, poiché può riferirsi direttam ente alle parole di Gesù: «Non può un albero buono dare frutti cattivi» (Mt 7,15-20; Le 6,43). Una do ttrin a che produce frutti dannosi o peccam i­ nosi non può essere considerata corretta o veritiera. Non può essere «ortodossia» (dottrina corretta) poiché in se stessa non è neppure «ortoprassi» (pratica corretta). Molte opinioni e dottrine che abbiam o potuto vedere nel­ la storia del cristianesim o non adem piono al «m inim o eti­ co», questa «regola d’oro» che il Vangelo esprim e: «Non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te» (Mt 7,13; Le 6,31). Ci sentirem m o m olto offesi se le al­ tre religioni assum essero nei nostri confronti atteggiam enti sim ili ad alcuni di quelli che noi abbiam o ten u to verso di loro nelle nostre posizioni dottrinali. D obbiam o sottopor­ re nuovam ente al giudizio del Vangelo queste d o ttrine che per tanto tem po abbiam o potuto ingenuam ente procla­ m are, sottoponendole all’erm eneutica del sospetto e ri­ considerandole2. Due osservazioni • A dottando questa «erm eneutica del sospetto», in realtà stiam o dando un orientamento non neutrale alla «Teologia 2 «Dobbiamo seguire la regola d’oro e concedere all’esperienza reli­ giosa delle altre grandi tradizioni la stessa presunzione di possibilità di affidabilità cognitiva che reclamiamo per la nostra» (Hick, God has Many Names, The Westminster Press, Philadelphia 1982, p. 24). 51

delle religioni» che stiam o elaborando. Deve essere u n a teo­ logia a p artire «dall’opzione per i poveri», intendendo con «poveri» tu tto il forte e am pio significato della parola: non solo chi è econom icam ente povero, m a anche colui che è culturalm ente povero (per essere «altro»), la persona em ar­ ginata per ragioni di genere (per essere «altra»), la razza considerata inferiore, la cultura disprezzata, la classe sfrut­ tata, la m inoranza em arg in ata... Dal punto di vista dell’op­ zione p er i poveri, «povero» è la persona «che subisce in ­ giustizia»3. Da questa prospettiva, da questa opzione, che è la prospettiva e l’opzione del Dio della Vita e della Giu­ stizia, vogliamo costruire dal prim o m om ento la nostra «teologia del pluralism o religioso». • Bisogna anche osservare che questa «erm eneutica del so­ spetto» non si applica solo al carattere «ideologico» delle dottrine religiose nel cam po degli interessi socio-economici-politici, m a in tu tti i cam pi. Per esem pio, nel carhpo «culturale». La religione è, antropologicam ente parlando, parte della cultura ed è, in buona m isura, debitrice del con­ testo culturale in cui si è storicam ente sviluppata. La cul­ tura, che è nel com plesso u n a sorta di «conoscenza inte­ ressata», si basa a sua volta su aspetti m ateriali che la con­ dizionano e la rendono possibile, favorendone sviluppi e interpretazioni differenti in funzione delle necessità della vita. Oggi è già m olto studiato, da parte dell’antropologia culturale, il legam e della religione con questi condiziona­ m enti m ateriali e interessi sociali del gruppo um ano, sen­ za che questo sia di ostacolo al suo carattere al contem po autonom o. Tutto ciò è anche u n aspetto dell’erm eneutica, culturale in questo caso, che non affrontiam o ora, m a che è necessario ten er in conto. M ediante l’«erm eneutica del sospetto», dunque, si può e si deve evidenziare il possibi­ le carattere «ideologico» e «interessato» di u n a dottrina, rispetto a qualunque dim ensione della realtà: econom ica, politica, culturale, di genere...4. 3 J.M. Vigil, La opción por los pobres es opción por la justicia y no es preferencial, in Rivista Teológica Xaveriana, 49, gen.-mar. 2004, Bo­ gotá. In Enfoque, giugno 2004, Cochabamba. 4 Mary Aquin O’ Neill dice, per es., che questa è una delle costanti nella metodologia della teologia fatta dalle donne. «Noi donne ci av­ viciniamo ai testi del cristianesimo con un sospetto. Convinte che c’è un pregiudizio androcentrico, non possiamo più accettare semplice52

II. Testimonianze antologiche per esercizi didattici in gruppo • Il «Requerim iento» (intim azione - ingiunzione) è il testo che la Spagna conquistatrice del secolo XVI decise di «leg­ gere» ai capi indigeni per far loro conoscere i titoli che cre­ deva legittim assero il suo diritto a im possessarsi di «Isole e Terraferm a». Se, avendo ascoltato queste ragioni, i capi indigeni non si fossero sottom essi, sarebbero stati consi­ derati ribelli contro la Corona, il che avrebbe giustificato la guerra contro di loro. Poiché non poteva essere diver­ sam ente, in quell’epoca e nel paese dei Re Cattolici, il «Re­ querim iento» è un docum ento giuridico che rim anda ad argom enti nettam ente teologici e religiosi. È istruttivo esa­ m inare la teologia soggiacente ed esplicita che utilizza, e definire se ha realm ente un fondam ento teorico o ideolo­ gico. Il «Requerim iento» è il ragionam ento, l’argom enta­ zione che la Spagna del secolo XVI dà a se stessa, per giu­ stificare il suo «diritto» a im possessarsi delle terre di cui aveva appena conosciuto l’esistenza. E la G iunta di Valla­ dolid affida quest’argom entazione al teologo Palacio R u­ bio, che fonda quella pretesa econom ica e politica sui p rin ­ cipi più universali della sua teologia5. Dopo la lettura, si dibatta in gruppo ciò che in quella teolo­ gia strum entalizzata è vero principio e ciò che ha funzione ideologica. Si applichi (d’ermeneutica del sospetto». • All’epoca del fam oso «triangolo negriero» tra E uropa, Africa e America, per tre secoli non solo si tollerò la schia­ vitù negra, m a anche di fatto la si giustificò utilizzando af­ ferm azioni esplicitam ente teologiche e religiose6.

mente come rivelato quello che ci è stato detto di accettare...» (La naturaleza de la mujer y el método de la teologia, in Selecciones de Teo­ logia 142 (1997) p. 99. 5 II testo cartaceo si può trovare in Agenda Latinoamericana 1992, pp. 18-19; in internet si può vedere nell’archivio dell’Agenda Latinoame­ ricana (), cercando nell’anno 1992. E in molti libri storici. 6 II testo è una selezione (la seconda parte) dell’articolo La misión profètica de la Vida Religiosa ante el neoliberalismo, in Diakonia 68 (die. 1993) pp. 16-25, Managua, di José Maria Vigil. Accessibile an­ che in . 53

Si discuta poi se le affermazioni teologiche che si facevano erano realmente ortodosse o eterodosse, puram ente religiose o interessate e «ideologiche». • «Il rom ano pontefice, vicario di Gesù Cristo e successo­ re del padrone delle chiavi del cielo, esam ina con atten ­ zione p a te m a tu tti i luoghi del m ondo e le qualità delle genti che in essi vivono. E cercando la salvezza di tutti, o r­ dina e dispone ciò che crede sarà gradito alla Divina M ae­ stà e porterà all’unico gregge del Signore le pecorelle che gli sono state affidate, ottenendo per loro il perdono e il prem io dell’eterna felicità [...] Considerando con la debita attenzione tu tto quanto abbia­ m o esposto, così come, poco tem po fa in un altro docu­ m ento, abbiam o concesso facoltà e piena libertà al citato re Alfonso di invadere, conquistare, espugnare, ridurre e soggiogare tutti i regni, ducati, principati, dom ini, posse­ dim enti e beni m obili e im m obili dei saraceni, pagani e al­ tri nemici di Cristo, e di ridurli in perpetua schiavitù, e di appropriarsi per sé e per i suoi successori... dei regni, du­ cati, principati, dom ini, possedim enti e beni, dichiariam o ora che l’Infante ha acquisito e possiede legittim am ente tu t­ te le isole, terre, porti e m ari di questo genere... e con la presente Lettera glieli doniam o perpetuam ente e ne diam o la proprietà al citato re Alfonso, all’Infante e ai loro suc­ cessori...». E a tutti i fedeli cristiani... proibiam o con questo decreto di portare, direttam ente o indirettam ente, arm i, ferro, o al­ tre cose proibite dalla legge, in tutti i luoghi... conquista­ ti o in possesso del re Alfonso e dei suoi successori, di n a ­ vigare o pescare nei suoi m ari, di introm ettersi... o ten ta ­ re di ostacolare, direttam ente o indirettam ente, il pacifico possesso di questi luoghi da parte del re Alfonso o dei suoi successori...»7. Ci sono solo poche premesse teologiche in questo testo, rife­ rite al ministero di Pietro, m a sono sufficienti per far deri­ vare da esse u n ’«autorità apostolica» come facoltà di ripar­ tire il mondo e autorizzare la schiavitù perpetua dei suoi abi­ tanti, a favore dei principi cristiani che si supponeva rice­ vessero queste ricompense per meglio continuare a combat7 Bullarium Romanum, V, pp. 111-114. 54

tere «per la salvezza delle anim e e la gloria della santa Fede cattolica». Può essere ortodossa una concezione del m ini­ stero papale che, appellandosi al Vangelo (Mt 16,17-19), de­ duce da questo sim ili terrificanti diritti sui «saraceni, paga­ ni e altri nem ici di Cristo»? Qualcuno può pensare che le pa­ role di Gesù rivolte a Pietro avrebbero potuto concedergli una simile autorità imperiale, assoluta e totale su tutto il m on­ d o ? Ha un carattere ideologico questa «teologia del prim ato di Pietro»? È vera o falsa questa teologia? • «L’afferm azione fondam entale della teologia della cri­ stianità è quella secondo cui "al di fuori della Chiesa non c’è salvezza”. Per questa ragione gli indios e i negri devo­ no assum ere i valori, gli usi e i costum i della civilizzazio­ ne occidentale»8. • «Nessun testo e nessuna ricerca (né nessuna teologia o d o ttrin a religiosa), per quanto oggettivi p retendano di es­ sere, possono evitare di essere guidati da u n orizzonte d’in ­ teresse. Conoscere è sem pre interpretare. La stru ttu ra er­ m eneutica di tu tto il sapere e di tu tta la scienza è tale che il soggetto sem pre entra con i suoi m odelli, paradigm i e categorie nella com posizione dell’esperienza dell’oggetto m ediata dal linguaggio. Il soggetto non è ragione pura: è inserito nella storia, nel contesto socio-politico e si m uove per interessi personali e collettivi. Per questo, non esiste un sapere esente dall’ideologia e puram ente disinteressa­ to»9. Commentare questo testo che esprime in sintesi una convin­ zione filosofica propria dell’e poca moderna: non esiste un te­ sto, una scienza, una tecnica... e neanche una dottrina reli­ giosa o una teologia che siano «neutri», puram ente «oggetti­ v i», asettici, apolitici, senza ideologia, senza interessi consa­ pevoli e inconsapevoli... • «Chi è senza ideologia scagli la p rim a pietra», fam oso in ­ tervento di Mons. Sm ith, vescovo ausiliare di Lim a, nella IV Conferenza del C elam a Santo Dom ingo, 1992. Com­ mentare. 8 Ferraro, Benedito, Cristologia, Vozes, Petrópolis 2004, p. 23. 9L. Boff, Pasión de Cristo, pasión del mundo, Indoamerican Press Ser­ vice, Bogotá, 1978, p. 15;oanche in Jesucristo y la liberación del hom­ bre, Cristianidad, Madrid 1981, p. 289. 55

• «La verità, Pilato, è questa: porsi di fianco agli um ili e a quelli che soffrono» (Van der M eersch)101, Commentare. Q uesta frase è disponibile in poster nei Servicios K oinonia (). • Esercizio raccom andato: Il Concilio di Lim a (anno 1567) proibì le ordinazioni sacerdotali degli indios • Facciamo l’e­ sercizio collettivo di im m aginare quali ragioni teologiche e bibliche poté addurre per giustificare la sua decisione. Al contem po «sospettiamo» quali ragioni economiche, politi­ che, culturali... furono anche la causa di quella proibizione di aprire il m inistero sacerdotale cristiano agli indigeni11. III. Applicazioni alla vita Tale «erm eneutica del sospetto» studiata in questa sessio­ ne è u n principio di m assim a applicabilità alla vita, tanto a livello collettivo, civile o ecclesiale, com e a livello indivi­ duale o personale. Tutti dobbiam o sapere che non esisto­ no i principi neutri, né la scienza neu tra e neanche la tec­ nologia neutra... così com e nem m eno la teologia o la spi­ ritualità neutre... Tutto è situato entro la «correlazione di forze» sociali, entro il confronto d’interessi della società e della storia. Anche la m ia opinione, la m ia scienza, la m ia teologia e la m ia spiritualità sono collocate in questo cam po m agneti­ co degli interessi p ropri e altrui, ai quali n o n posso sot­ trarm i. Perciò devo esam inare l’influsso che possono eser­ citare su di m e, e fino a che punto perm etto di lasciarm i portare da essi... A livello collettivo, ecclesiale o del cristianesim o nel suo in­ sieme, posso considerare di essere un cristiano adulto che giudica la propria storia, per non giustificare né ripetere i soprusi che noi cristiani abbiam o com m esso nella storia, con la Bibbia e la teologia in m ano. Vogliamo chiedere per­ dono per i com portam enti ideologizzati espressi nel passa10 Alfonso Comin, in Misión Abierta 70 (marzo 1977), ultima pagina. 11 Vedere il documento del Concilio di Lima in Marzal, Manuel e al­ tri, O rostro indio de Deus, Vozes, Petrópolis 1988, PP- 202-203. An­ che Marzal,, M., La transformación religiosa peruana, Pontificia Uni­ versidad Católica, Lima 1983, p. 322. 56

to e trasform are la storia con un presente e un futuro di ve­ rità fedele al Vangelo e a coloro che, fino ad ora, sono stati le vittime. Un altro cristianesim o è possibile... Fare queste analisi non è ansia di criticism o, né sottigliezza intellettuale, m a sem plicem ente m ettere in opera con la m assim a attenzione la parola di Gesù: «Non fare agli altri ciò che non vorresti gli altri facessero a te», o quelle sotti­ li percezioni tipicam ente sue: «Non chi dice “Signore, Si­ gnore”, m a chi fa la volontà del Padre mio». IV. Domande per riflettere e per dialogare - Qual è il tuo personale bilancio della storia del cristia­ nesim o rispetto al tem a del pluralism o religioso? È altro rispetto a quanto qui presentiam o? In quali aspetti? Con­ dividi e dialoga con i com pagni/e. - La parola «ideologia» è utilizzata a volte con significato negativo e a volte con significato positivo. Sono due signi­ ficati diversi. Si possono distinguere? Spiega la differenza. - Cosa si può rispondere all'obiezione di coloro che h a n ­ no u n a visione m olto idealista e pensano che se lo Spìrito guida il Popolo di Dio, questo non può lasciarsi tra sc in a ­ re da interessi m eschini o a d d irittu ra peccam inosi? - È certo che i nostri interessi influenzano la n o stra m a­ niera di pensare? C om m enta quel proverbio che dice: «Vi­ vi com e pensi, perché se no finirai per pensare com e vivi». - Si può argom entare contro u n a d o ttrina o teologia, non con assunti teorici m a appellandosi ai suoi effetti p ratici e sociali? N on è una form a inadeguata di argom entazione? - Solo per com inciare a esplorare il tem a: quali afferm a­ zioni teologiche o bibliche han n o potuto fungere, di fatto, com e fondam ento ideologico del m achism o nella società e nella chiesa? Fare u n elenco delle possibili basi bibliche e teologiche del patriarcalism o.

Bibliografia K n itte r P aul, N o Other Name? A Critical Survey o f Christian At­ titudes Toward the World Religions, Orbis Book, Maryknoll 2000 (12° ristampa); alle pp. 163-165 parla espressamente dell’ermeneutica del sospetto. 57

PiXLEY J orge , Es possible una evangelizaciòn no imperialista? Ri­ cerche bibliche in: . R ezendee Valérla, Historia de la Iglesia de Brasil. Periodo colo­ nial, nella biblioteca di Koinonia (). Si tratta di una rilettura della storia della Chiesa brasiliana coloniale con l’«ermeneutica del sospetto» e dalla prospettiva dell’opzione per i poveri. Tratta molto be­ ne il tema afro-americano, piuttosto sconosciuto, in genera­ le. Vigil , J osé M aría., La misión profetica de la vida religiosa ante el neoliberalismo, RELaT n. 48, Diakonia 68 (dicembre 1993) pp. 16-25, Managua; Enfoque, Conferencia Boliviana de Religio­ sos, 87 (settembre 1994) pp. 5-14, La Paz; Nuevo Mundo, 165166 (1994) pp. 157-172, Caracas.

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Capitolo sesto Strumenti logici: nomi, concetti e classificazioni

Abbiamo detto che il nostro metodo consiste nel «vedere, giu­ dicare e agire». Per quanto riguarda il «vedere», ci siam o ac­ costati a diversi aspetti della realtà. È il m om ento di passa­ re alla seconda parte: quella di «giudicare» la realtà che ab­ biamo cercato di «vedere». Per questo è necessario, in pri­ m o luogo, dotarci di alcuni strum enti con i quali poter ri­ flettere sulla realtà conosciuta. Concretamente abbiamo bi­ sogno di: a) un chiarimento di linguaggio (concetti, nomi, definizio­ ni, distinzione dei term ini...); b) una classificazione delle possibili posizioni che l’esperienza suggerisce di adottare rispetto al tema, per iniziare a orien­ tarci. I. Per sviluppare il tema 1. N om i e concetti T eologia d elle religion i (TR): la «teologia» può essere de­ finita in m olti m odi, m a nel suo significato più am pio è un concetto che, in ogni caso, appartiene al com une bagaglio culturale. Teologia è riflessione alla luce della fede. «Teo­ logia» significa studio su Dio. Per estensione, teologia è ogni riflessione che si fa a partire dalla fede su qualsiasi oggetto o tem a adeguato. La teologia che riflette su qualche oggetto o dim ensione concreta del m ondo della fede è u n ram o della grande teo­ logia. Possiam o così enum erare diversi ram i: la teologia dei sacram enti o sacram entaria, la teologia sulla Chiesa o ecclesiologia, la teologia sulle realtà ultim e o escatologia, ecc. La «teologia delle religioni» è dunque il ram o della teolo­ gia che fa delle religioni l’oggetto della p ro p ria riflessione. 59

Le religioni sono l’«oggetto m ateriale» della TR, com e i sa­ cram enti lo sono della teologia sacram entaria o la Chiesa 10 è della ecclesiologia. La TR vuole riflettere sul signifi­ cato delle religioni, il significato che hanno nel piano di Dio, la loro validità salvifica, i rap p o rti fra di esse, ciò che han n o in com une e ciò che le differenzia, ecc. Questo sa­ rebbe l’«oggetto formale» della TR. T eologìa d el pluralism o religioso (TPR): è sem plicem en­ te u n nuovo nom e della teologia delle religioni (TR). È un sinonim o, significa la stessa cosa1. È u n nuovo nom e che si sta im ponendo, perché i teologi pare stiano scoprendo che il «pluralism o religioso», cioè la pluralità delle religioni, il fatto che siano m olte e non u n a sola... è il grande tem a oggi centrale in questa teolo­ gia. All’inizio, alcuni decenni fa, è stato il tem a della sal­ vezza a costituire il centro della TR, la discussione p rin ­ cipale era: c’è salvezza nelle «altre» religioni? O ra c’è un consenso com une riguardo al tem a della salvezza nelle «al­ tre» religioni (tu tti ritengono che ci sia salvezza nelle al­ tre religioni), m entre la grande questione attualm ente in discussione oggi è la plu ralità stessa delle religioni, il p lu­ ralism o religioso12. Oggi «una teologia delle religioni non può non essere, in definitiva, u n a teologia del pluralism o religioso»3. 11 cristianesim o, lungo i suoi venti secoli, si è interessato al tem a della presenza della salvezza nelle religioni non cri­ stiane4. In ogni epoca ci sono stati pensatori o teologi che, 1 Utilizzeremo indifferentemente i due nomi, soprattutto per evitare - come diremo in seguito - il facile equivoco tra pluralismo (la plu­ ralità delle religioni) come contenuto della TPR e pluralismo come schema di posizionamento (paradigma) aH’interno della classifica­ zione delle diverse posizioni adottate dai teologi che hanno fatto TR. 2 Dupuis spiega le ragioni del cambiamento di nome che si sta im­ ponendo in questo ramo della teologia in Verso una teologia cristia­ na del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997, pp. 18-19. 3 J. Dupuis, ibid., p. 271. 4 Può risultare interessante rivedere il libro di F.A. Sullivan, ¿Hay sal­ vación fuera de la Iglesia?, Desclée, Bilbao 1999, che passa in rasse­ gna la storia dell'assioma «extra Ecclesiam nulla salus», dall’inizio del cristianesimo sino ai nostri giorni. Lì si può vedere come questa domanda sul significato delle altre religioni - soprattutto per la que­ stione della presenza o assenza in esse della salvezza - non ha mai 60

in m odo diretto o indiretto, si sono interrogati e hanno da­ to le loro risposte, m a non è m ai esistito u n corpo d o ttri­ nale che potesse essere considerato u n a riflessione siste­ m atica sulle religioni, non c’è stata u n a vera TR. Q uesta appare com e teologia nella seconda m età del XX secolo. Si ritiene infatti che il prim o libro di TR sia stato quello di H einz R obert Schiette, intitolato Le religioni come tema della teologia, pubblicato nel 19635. Il Concilio V aticano II è stato l’occasione, senza precedenti né paragoni in tu tta la storia, nella quale u n a Chiesa cri­ stiana h a p arlato di più e più positivam ente delle religioni non cristiane6. Le afferm azioni fatte significarono u n a po r­ ta aperta p er i teologi, che rapidam ente avanzarono su que­ sto terreno non ancora dissodato. T utti sentivano - e an ­ cora sentono - che eravam o e che ci troviam o di fronte a u n tem a inedito, in u n a nuova tap p a del rap p o rto tra le re ­ ligioni, che è anche ciò che ci perm ette di fare questa nuo­ va riflessione. Ancora oggi alcuni dei più fam osi autori di TR riflettono nei pro p ri libri questo essere in costruzione: «Verso u n a teologia cristiana del pluralism o religioso» è il titolo dell’opera più rappresentativa di Jacques Dupuis. La vivacità del dibattito, che il tem a h a po rtato nella discus­ sione teologica, riflette la stessa cosa, così com e la reazio­ ne di vigilanza e censura che tra i cattolici è stata adotta­ ta dalla Congregazione p er la do ttrin a della fede (ex Sant’Uf­ ficio). L’aggettivo «cristiana», nel titolo citato dell’opera di Dupuis, ci offre l’opportunità di segnalare u n a distinzione. «Teolo­ gia» è una parola e u n concetto di origine greca, che in realtà esisteva prim a del Cristianesimo. Tuttavia, attualm ente «teo­ logia» è considerata di fatto come un concetto che appar­ tiene alla religione cristiana, anche se in tutte le religioni è presente una teologia, spesso espressa con altri nom i. In ogni religione, effettivamente, è presente «una riflessione a par­ tire dalla fede», u n a fede che cerca di com prendere e riflet-

cessato di accompagnare le chiese cristiane, anche se mai ne è stato fatto un trattato sistematico, un ramo teologico, come sarebbe avve­ nuto più tardi con la «teologia delle religioni». 5 H.R. Schiette, Die Religionen als Thema der Theologie, Verlag Her­ der K.G., Freiburg im Breisgau 1963. 6 Sullivan, ibid., p. 195. 61

tere più o m eno sistematicamente. Ciò vuol dire che legitti­ m am ente la TR non esiste solo tra i cristiani. Non solo c e una TR cristiana, m a ci può essere una TR m usulm ana, buddhista, o induista... Forse in alcune religioni non si chia­ m erà «teologia» - ad esempio nell’induismo, a cui è alieno il concetto stesso di Dio, «Theos» - ma, per intenderci, pos­ siam o parlare di «teologie» delle religioni elaborate da altre posizioni religiose diverse dal cristianesimo, e dobbiam o sa­ pere che esistono o possono esistere ed è bene che esistano. Sorge allora u n a dom anda: è possibile costruire u n a TR che non sia cristiana né m usulm ana né di qualunque altra religione, m a che pretenda di essere «inter-religiosa», aper­ ta a tutte le religioni? Ci sono posizioni a favore e contra­ rie. In questo m om ento non c’interessa prendere posizio­ ne, m a sem plicem ente essere consapevoli che esiste una «teologia cristiana delle religioni» - e che di principio ci m uoverem o nel suo am bito, finché non direm o altrim en­ ti, m a esiste anche una teologia non cristiana delle reli­ gioni e forse si potrebbe anche pensare a u n a «teologia in­ ter-religiosa delle religioni». Non è necessario sottolineare, essendo ovvio, che dobbia­ m o distinguere chiaram ente la TR dalla scienza delle reli­ gioni, dall'antropologia delle religioni, dalla storia com pa­ ra ta delle religioni, ecc. Sono anch’esse scienze m olto gio­ vani, nate da poco più di un secolo. 2. Classificazioni: «mappa» dei modelli della TR Nonostante la sua giovane età, la TR ha già fatto u n buon cam m ino e guardando indietro si può osservare che con­ ta una m arcata v arietà di posizioni, una m olteplicità di ri­ sposte date dai teologi al problem a centrale del significa­ to della pluralità delle religioni. Negli ultim i 25 anni sono stati fatti vari tentativi di classificazione di queste posi­ zioni. Il farci u n ’idea, sia pure som m aria o schem atica, di com e si possono raggruppare o classificare, ci d a rà una vi­ sione d’insieme della storia e della situazione attuale del­ la TR e com incerà a fornirci elem enti di giudizio per po­ ter prendere anche la nostra posizione all’in tern o di que­ sta «mappa». Ci aiuterà a captare quali sono in questo m o­ m ento i punti decisivi o più im portanti dell’edificio in co­ struzione della TR. 62

Le classificazioni sono parecchie, m a ci riferirem o solo al­ le principali. M etterem o in prim o piano u n a classificazione tripartita, che è stata accettata universalm ente per la sua chiarezza e sem plicità (forse perché - com e si vedrà - scaturisce in m an iera logica dalla stessa stru ttu ra della realtà). Alcuni teologi la considerano insufficiente, ed è logico, perché tu t­ to ciò che è sem plice sem plifica e deve successivam ente es­ sere reso com plesso con ulteriori ripartizioni che diano ra ­ gione delle sfum ature che esistono nella realtà7. La classificazione più sem plice8 e, in qualche m odo, uni­ versalm ente riconosciuta dei m odelli o delle posizioni en­ tro la TR è la seguente: A. E sclusivism o. Si chiam a esclusivism o la posizione teo­ logica che sostiene l’esistenza di u n a sola religione vera, che è quella rivelata da Dio e che possiede in esclusiva la verità, m entre le altre sono religioni false, o religioni sem ­ plicem ente um ane, o naturali, che non salvano. Nel Cristianesim o questa posizione è stata quella dom i­ nante e ufficiale nei venti secoli della sua storia sino agli anni '60 del secolo scorso9*il. B. Inclusivism o. È la posizione di chi sostiene che sebbe­ ne la Verità e la Salvezza siano in u n a determ inata reli­ gione, esse si fanno presenti - in form e più o m eno defi­ citarie o im perfette - anche nelle altre religioni, m a come u n a partecipazione della Verità e della Salvezza presenti nell’unica vera religione. Nel cristianesim o questa posizione viene espressa quando si sostiene che solo la religione cristiana possiede la Verità e la Salvezza e, sebbene anche in altre religioni ci siano 7 A volte questo significa solo che questi teologi si sentono a disagio a essere classificati senza sfumature come pluralisti o inclusivisti. 8 Nella sua opera principale, Verso una teologia cristiana delle religio­ ni, e sebbene non condivida la classificazione, Dupuis scrive, di pas­ saggio: «servendoci, per chiarezza, della classificazione di Schind­ ler...» (ibid., p. 252). Quella di Schineller è di fatto la classificazione tripartita, anche se c’è una suddivisione nel terzo punto. 9 «Il Corano afferma che le buone opere senza la fede [musulmana] sono vane, una illusione (6,88; 18,103-105; 24,29...). Allo stesso mo­ do, la maggioranza dei teologi [musulmani] delle più diverse scuole non esita a destinare all'infemo ogni non musulmano, qualunque sia il valore delle sue opere» (R. Caspae, Para una visión cristiana del Islam, Sal Terrae, Santander 1995, p. 181). 63

«elementi di verità», Dio le ha depositate pienam ente solo nella religione cristiana. La salvezza per l'U m anità sareb­ be stata conquistata concretam ente da Gesù Cristo, che l’ha depositata nella sua Chiesa. Partecipano alla Salvezza an ­ che i non cristiani, non per u n a presunta validità delle lo­ ro religioni, m a per il potere di Cristo, che li raggiunge «in una m aniera conosciuta solo da Dio»101. In realtà i non cri­ stiani non si salvano «in quanto» partecipano alla propria religione, bensì «malgrado» aderiscano ad essa. Q uesta posizione è quella che si fece strada nel m ondo teo­ logico - a partire so p rattu tto dalla Chiesa cattolica - in­ torno agli anni del Concilio V aticano II. C. P luralism o11. È la posizione teologica di chi afferm a che tutte le religioni partecipano della salvezza di Dio, ognuna a suo m odo e autonom am ente. Vàie a dire: non c e una religione che stia al centro stesso dell’universo reli­ gioso... Al centro c’è solo Dio. Le religioni ru o tan o atto r­ no a Dio, come i pianeti atto rn o al sole. In tu tte le religio­ ni Dio viene incontro all’uom o, senza che ci sia u n ’unica religione vera, neppure u n a religione privilegiata inclu­ dente, a cui tutte le altre sarebbero debitrici o sussidiarie. Nel cristianesim o questa posizione sostiene che lo stesso cristianesim o non occupa il centro, m a ru o ta com e una delle religioni atto rn o al centro, che è occupato solo da Dio. Il pluralism o come posizione teologica esplicita ed elabo­ ra ta è una posizione nuova nel m ondo teologico cristiano, è m olto recente e im plica u n cam biam ento radicale. Sebbene abbiam o esem plificato i tre casi riferendoci al cri­ stianesimo, le tre posizioni non sono proprie di questo né di alcuna religione: in qualunque religione può venire adot­ tata lu n a o l’altra posizione. Ci sono posizioni inclusiviste anche nell’Induism o e nell’Islam , così com e ci sono posi­ zioni pluraliste tra i m istici sufi, ecc. Logicamente, questa classificazione può essere arricchita dando spazio ad altre suddivisioni, sfum ature, variazioni... È ciò che affronterem o nella lezione seguente. 10 GS 22. 11 Si tenga conto di quanto detto prima: qui «pluralismo» non indi­ ca la «pluralità delle religioni», ma un concreto modello di posizio­ ne dentro la TR. Non entriamo nella distinzione tra «pluralismo» e «pluralità»: cf. l’articolo di Jayanth citato nella bibliografia. 64

In am bito cristiano, questa classificazione trip a rtita è so­ lita utilizzare anche altre categorie e altri nom i, che corri­ spondono specularm ente ai tre citati, nel seguente modo: A. E cclesiocen trism o. Di fatto, nel cristianesim o, la posi­ zione esclusivista non può che porre al centro di tu tto la Chiesa cristiana (qualunque essa sia). La Chiesa cristiana è al centro del piano di salvezza di Dio. Solo la Chiesa è depositaria della salvezza e tu tte le altre religioni sono de­ stinate a scom parire e ad essere incluse nella Chiesa. T ut­ to nel m ondo e nella storia u m an a guarda alla Chiesa co­ m e al suo centro e alla sua destinazione. Q uesta posizione è esem plificata nella nota sentenza: «Fuori della Chiesa non c e salvezza»12. B. Cristocentrism o. Sarebbe il nom e cristiano dell’inclusivismo. In questa posizione non si pensa più che solo nella Chiesa cristiana c e salvezza e che le religioni sono prive del­ la presenza salvifica di Dio... Si pensa piuttosto che anche fuori del cristianesim o, anche nelle altre religioni non cri­ stiane, sono presenti la Verità di Dio e la sua Salvezza, però si continua a ritenere che questa Verità e questa Salvezza siano proprie del cristianesim o, quelle m anifestate da Gesù Cristo, il Figlio di Dio venuto in questo m ondo. Nessuno dunque si salva se non per la m ediazione di Cristo, anche se appartiene a u n ’altra religione e non conosce Gesù Cri­ sto. Per questo parliam o di cristocentrism o. Una frase esemplificatrice di questa posizione è: «Solo Cristo salva». C. T eocentrism o. Nel cristianesim o13 questa terza posi­ zione sostiene che al centro vi è Dio e solo Dio. Intorno a lui ci sono tutte le religioni, che si rap p o rtan o direttam ente a lui, senza la m ediazione cristiana. Cristo e il cristianesi­ m o stanno a fianco delle altre religioni, senza che debba­ no essere considerati com e m ediazioni assolute per esse. La p rim a e la seconda classificazione che abbiam o visto sono identiche, dal p u n to di vista di u n a logica stru ttu ra ­ le, solo che la seconda utilizza u n a term inologia cristiana. 12 Extra Ecclesiam nulla salus. 13 Non prendiamo ora in considerazione l’obiezione di coloro che di­ cono che questa posizione non è cristiana, che non è compatibile con le principali credenze del cristianesimo; affronteremo la questione a suo tempo. 65

Noi, in questo corso, preferiam o utilizzare la prim a no­ m enclatura, che è più universale e si può applicare a qua­ lunque religione; anche se potrem o adottare la seconda quando ci riferirem o all'am bito cristiano. Vediam o qualcun'altra delle classificazioni più conosciute in m ateria di TR. K nitter è l’autore che ha proposto più schem i di classifi­ cazione e nom enclature. Nel 1985, nella sua fam osa ope­ ra Nessun altro nom e? 14 dava questa classificazione: a) il m odello evangelico conservatore (esclusivism o ra ­ dicale) b) il m odello protestante generale (esclusivism o m ode­ rato) c) il m odello cattolico (inclusivismo) d) il modello teocentrico (pluralismo). Nel 1986, in un articolo d’antologia15, ne diede u n ’altra, più simbolica: a) Cristo contro le religioni (esclusivismo) b) Cristo dentro le religioni (inclusivismo) c) Cristo sopra le religioni norm ativam ente (pluralism o normativo) d) Cristo con le altre religioni (pluralism o). Nel 2002, nell’ultim o libro in cui rielabora tu tto il suo la­ voro teologico degli ultim i 30 anni, ci offre u n a nuova pro­ posta: a) il modello della sostituzione, totale o parziale (esclu­ sivismo) b) il modello del com pim ento (inclusivism o assolutista) c) il modello della reciprocità (pluralism o) d) il modello dell’accettazione (pluralism o post-m oder­ no?)16.

14 Cf. la bibliografìa a fine capitolo. 15 P. Knitter, La. teología de las religiones en el pensamiento católico, in Concilium 203, gen. 1986, pp. 123-134. Anche in . 16 I nomi nell’orignale inglese sono: the replacement model; the fulfil­ lment model; the mutuality model; the acceptance model. Cf. P. Knit­ ter, Introducing Teologies of Religions, Orbis Books, Maryknoll 2002. 66

R aim on Panikkar presenta a sua volta due classificazioni quadripartite: a) esclusivism o b) inclusivism o c) parallelism o d) interpenetrazione. O ppure quest’altra: a) m odello geografico: cam m ini che conducono alla ci­ m a della m ontagna b) m odello fisico: l’arcobaleno c) m odello geom etrico: la variante topologica d) m odello antropologico: il linguaggio17. Juan José Tamayo ha proposto ultim am ente una tipologia di sei atteggiam enti18 ispirata, come quella di Knitter, a Nie­ buhr, però più ampia: a) Cristo contro le religioni e la cultura: cristologia ed ec­ clesiologia escludenti b) Cristo al di sopra delle culture e i cristiani anonim i c) A rm onia tra Cristo e la cultura d) N orm atività di Cristo per la salvezza e) Plurali m anifestazioni di Dio e p lu ralità di m ediatori f) Salvezza attraverso la prassi storica di liberazione. 3. Difficoltà Questo tem a delle classificazioni e corrispondenti catalo­ gazioni, che im plicitam ente ci troviam o a fare, di teologi e teologie, risulta tanto utile e necessario quanto difficile e fastidioso. A nessuno piace essere catalogato rigidam ente in u n a classificazione che non ha stabilito o i cui presup­ posti categoriali nem m eno condivide: dobbiam o rispettare questa ritrosia a lasciarsi catalogare. D’a ltra parte è una ne­ cessità intellettuale il cercare di com prendere la realtà nel17R. Panikkar, Il dialogo intrareligioso. Cittadella Editrice, Assisi (1988) 20012, pp. 27-58. 18 J.J. Tamayo Fundamentalismo y dialogo entre las religiones, Trotta, Madrid 2004. 67

la su a m olteplicità, scoprendo i punti com uni e gli elem enti che la differenziano: in questo consiste, tra l’altro, l’attività intellettuale in generale e la teologia in particolare. Si tra t­ ta quindi di trovare un equilibrio tra il rispetto - sem pre dovuto - alla rivendicazione da parte di ognuno d’interpre­ tare la propria posizione e la perentoria necessità profes­ sionale di conoscere e com prendere, e p er questo di classi­ ficare e catalogare, fatto salvo il legittim o diritto di riven­ dicare la propria divergenza. Un chiaro esem pio può essere la difficoltà che incontra­ no le teologie africane e indiane dell’America Latina a ri­ trovarsi in queste classificazioni, a giudicare dal m alesse­ re che avvertono alcuni dei suoi rap p resen tan ti di fronte ad esse. Le categorie teologiche che sono alla base di al­ cune di queste classificazioni, potrem m o dire che a p ­ paiono loro com e «incom m ensurabili», im possibili da tra ­ durre, non suscettibili di applicazione né di equivalenza con le proprie categorie, così che dicono di non poterle accettare. In realtà, n onostante questa difficoltà - forse sem plicem ente interculturale - il dialogo teologico e lo sforzo di com prendere la realtà, in u n m odo o nell’altro, prim a o poi a n d rà avanti. Ciò che non possiam o fare è re ­ stare paralizzati con la scusa della diversità culturale del­ le categorie utilizzate. D’altra parte le classificazioni, com e la teologia stessa, so­ no vive e si evolvono: con il tem po e il dialogo si vanno creando nuove sezioni all’interno delle classificazioni, m en­ tre alcune tra quelle antiche vengono abbandonate o scom ­ paiono. .. Possiam o riferirci al caso dell’«inclusivismo aper­ to», term inologia oggi praticam ente in disuso, che accolse p er alcuni anni teologi che si sentivano a disagio nell’inclusivismo - evidenziando così clam orosam ente la neces­ sità di un superam ento - m a che non potevano accettare di essere catalogati com e «pluralisti» a causa dell’associa­ zione allora inevitabile tra pluralism o e relativism o... Og­ gi i principali autori riuniti sotto l’om brello deH’«inclusivismo aperto» preferiscono p arlare di «pluralism o asim ­ metrico», e con ciò hanno dato u n apporto notevole al p a­ noram a teologico delle religioni: hanno m esso in evidenza il carattere «realistico» del pluralism o, che solo quando è estremista p otrà negare le differenze reali, concrete e ine68

vitabili19tra le religioni, sebbene pluralisticam ente le si con­ sideri tu tte vie di salvezza... N on si tra tta di teologi transfughi, che m igrano da u n a po­ sizione all’altra, m a del fatto che ci troviam o in un ram o della teologia m olto giovane, che si sta sviluppando e, con esso( tu tti stiam o crescendo e im parando quasi ogni gior­ no. È u n segno di vitalità. C oncludiam o ricordando ed esplicitando u n a distinzione a cui abbiam o accennato solo di passaggio: la parola «plu­ ralism o» h a dunque, attualm ente, due significati nell’am ­ bito della TR. In prim o luogo, ha il significato del dizio­ nario: pluralism o religioso è la pluralità di religioni, il fat­ to che le religioni siano m olte; è u n significato diretto e semplice. M a altro è il significato della parola pluralism o quando ci si riferisce a uno dei tre (o più) m odelli in cui si classificano le posizioni presenti nella TR (esclusivismo, inclusivism o, pluralism o). Questo secondo significato - che è u n significato tecnico - non è quello im m ediato del di­ zionario, m a allude a una form a specifica di concepire i rapporti tra le religioni, in contrapposizione all’esclusivi­ sm o e aH’inclusivism o. Bisogna fare attenzione, poiché m ol­ te persone, quando sentono la parola «pluralism o», la in­ tendono nel prim o significato (quello del dizionario) an ­ che se lo si sta utilizzando in senso tecnico; è u n a confu­ sione m olto com une, fonte di m olti equivoci, perché i due significati non sono com parabili. Per spiegarci meglio: se parliam o della «teologia del plura­ lism o religioso» è risaputo cosa lì significhi la parola «plu­ ralismo» (pluralità di religioni); m a se parliam o di u n a «teo­ logia pluralista del pluralism o religioso», intendiam o dire che l’aggettivo «pluralista» si riferisce a u n a teologia non elaborata sul m odello esclusivista né su quello inclusivista, m a dalla «posizione del pluralism o». La m aggiore novità nel cam po della TR non è il pluralism o religioso come plu­ ralità di religioni, m a il m odello «pluralista» di concepire le relazioni tra le religioni. M a tutto questo lo vedrem o più am piam ente nella lezione seguente.

19 Non per volontà di Dio, ma per gli stessi limiti umani. 69

II. Testi antologici • Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendom i conto che Dio non fa preferenze di persone, m a chi lo te­ m e e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto» (At 10,34-35). • C e u n a m aniera sicura di non arrivare a Dio, ed è in­ stallarsi in u n a religione (Raim ondo Lullo). • N on possiam o pretendere che u n a religione abbia la ve­ rità totale, né incasellare Dio in una di esse. D obbiam o la­ sciare a Dio di essere Dio, al di sopra delle nostre catego­ rie e definizioni. Perché nella m isura in cui rinuncerem o a possederlo, lo incontrerem o come il Dio vero. Il vero Dio non è m ai a nostra m isura, come dice Eloi L edere. Il futuro principale del dialogo è la conversione a Dio. Non si tratta prim a di tu tto di cam biare religione; che ognuno segua quella che più lo convince. Anche se siam o convin­ ti che la religione cristiana è la m igliore, dobbiam o ri­ spettare gli altri, che sono a loro volta convinti che la pro­ pria sia la migliore. N essuno possiede la verità com pleta. Solo Dio (Antonio Peteiro Freire, vescovo cattolico di Tan­ ged, in Vida Nueva 2308, dicem bre 2001, p. 50). • Quando uno acquisisce u n a quantità infinitesim ale di Amore, si dim entica di essere m usulm ano, m ago, cristia­ no o infedele (Ibn ‘Arabi, 1165-1240). • Internet produce un num ero incalcolabile d’im m agini che com paiono su m ilioni di scherm i di com puter in tutto il pianeta. In questa galassia d’im m agini e suoni apparirà il volto di Cristo e si sentirà la sua voce? Perché solo quan­ do si vedrà il suo volto e si sentirà la sua voce il m ondo conoscerà la buona notizia della nostra redenzione. Que­ sto è il fine dell’evangelizzazione. E questo è ciò che con­ vertirà Internet in uno spazio autenticam ente um ano, dal m omento che se non c’è posto per Cristo, non c’è neanche posto per l’uom o. Pertanto, in questa giornata m ondiale delle com unicazioni, voglio esortare tu tta la Chiesa a... (Messaggio di Giovanni Paolo IIp e r la XXXVI Giornata m on­ diale delle com unicazioni sociali, 12 m aggio 2002).• • Quanto lo Spirito opera nel cuore degli uom ini e nella storia dei popoli, nelle culture e religioni, assum e u n ruo70

lo di preparazione evangelica e non può non avere riferi­ m ento a Cristo [...]. «Gli uom ini non possono entrare in com unione con Dio se non per m ezzo di Cristo, sotto l’azio­ ne dello Spirito» (D om inus lesus, 12). III. Esercizi pedagogici raccomandati Catalogare aH’interno delle varie classificazioni presentate i testi antologici riportati, o altri delle lezioni precedenti. Cercare testi di altri autori, di scrittori religiosi classici (cri­ stiani o no), o anche di preghiere o testi liturgici (cristia­ ni o no)... e catalogarli secondo alcune di queste classifi­ cazioni; analizzare poi nel gruppo se la catalogazione che si è fatta è corretta. IV. Domande per riflettere e per dialogare in gruppo - Che cos’è la «teologia»? - «Ogni cristiano o cristiana è un teologo». Vero o falso? - Spieghiam o con le nostre parole che cos’è la teologia del­ le religioni. - Il tem a centrale della teologia delle religioni adesso è la pluralità stessa delle religioni. Qual era prim a? Perché c’è stato questo cam biam ento? - Ogni teologia è cristiana? - Avevamo già sentito qualche volta la classificazione di queste posizioni in m ateria di teologia delle religioni? Do­ ve? - A quale posizione tra quelle esposte (inclusivism o, esclu­ sivismo, pluralism o...) apparteneva il cristianesim o nel quale sono cresciuto e divenuto cristiano? - Qual è la posizione della m ia chiesa locale? - Qual è la m ia posizione personale? - H o sperim entato nella m ia vita qualche evoluzione su questo punto, o sono nella stessa posizione di sem pre? Pos­ so spiegare a che cosa è dovuta questa evoluzione, se c’è stata? - Nell'espressione: « teologia pluralista del pluralism o re­ ligioso», spiegare la differenza di significato delle due pa­ role «pluralista» e «pluralism o». 71

Bibliografia Commissione T eologica I nternazionale, II cristianesimo e le reli­ gioni, Roma 1996, nn. 10-12. D’costa Gavin, Theology and Religious Pluralism: The Challenge o f Other Religions, Oxford 1986. D upuis J acques, Gesù Cristo incontro alle religioni, Cittadella Edi­ trice, Assisi 1989, pp. 139-149, in cui dà una buona informa­ zione anche sulle varie classificazioni. J ayanth M athew, De la pluralidad al pluralismo, in Selecciones de Teologia 163, settembre 2002, pp. 163-176. K nitter P aul, Nessun altro nome? Un esame critico degli atteg­ giamenti cristiani verso le religioni mondiali, Queriniana, Bre­ scia 1991, l’originale è del 1985. K nitter P aul, Introducing Theologies o f Religions, Orbis Books, Maryknoll 2002. P anikkar R aimon, Il dialogo intrareligió so, Cittadella Editrice, As­ sisi 2001, pp. 27-58, l’originale inglese è del 1978. R ace Alan, Christians and Religious Pluralism, London 1983. S chineller J.P., Christ and the Church: a spectrum o f views, in Theological Studies 37 (1976) pp. 545-566. T eixeira F austino, Teología de las religiones. Una visión panorá­ mica, Abya Yala, Quito 2005. T orres Queiruga Andrés , El diálogo de las religiones. Sal Terrae, Santander 1992, p. 8ss.

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Capitolo settimo Visione generale: esclusivismo, inclusivismo e pluralismo

Nella lezione precedente abbiamo elaborato i concetti fon­ damentali con cui muoverci nel campo che ci proponiam o di percorrere, quello della teologia delle religioni. Ora ci oc­ cuperemo d ’introdurci in una visione ampia delle diverse po­ sizioni teologiche, che lungo la storia si sono presentate nel campo della teologia delle religioni. Le presenteremo attra­ verso un metodo storico-genetico, cercando di scoprire la lo­ gica interna che spiega l’evoluzione storica di queste posi­ zioni teologiche. I. Per sviluppare il tema 1. Quasi venti secoli di esclusivism o cristiano... Fino a bu o n a parte del XX secolo, la posizione teologica egem onica nel cristianesim o è stata quella dell'esclusivi­ smo. È certo che in u n a storia tan to dilatata nel tem po e tan to estesa nello spazio, non è difficile incontrare pensa­ tori e correnti ecclesiali nelle quali si affaccino elabora­ zioni di una concezione più am pia della salvezza1. Però, nonostante queste eccezioni, l’accento esclusivista può es­ sere segnalato chiaram ente com e quello che dom ina in que­ sta storia con u n peso, esplicito e ufficiale, schiacciante. Le eccezioni, in questo caso, conferm ano solo la regola. La m assim a espressione sim bolica di questo esclusivism o è costituita dalla fam osa afferm azione «extra ecclesiam nul­ la salus» (fuori della Chiesa non c e salvezza). A ttribuita da alcuni al pensatore cristiano Origene, e da altri a san Ci­ priano, la form ulazione letterale pare essere di Fulgenzio, vescovo di Ruspe nel secolo VI, form ulazione che in se1 Meritano una distinzione speciale Erasmo (1467-1536), Raimondo Lullo (1232-1316) e Nicolò Cusano (1401-1464). 73

güito fu assunta dal Concilio di Firenze nel 1442 nel suo decreto p er i Giacobiti, parole che p er la loro ferm ezza e ufficialità m eritano di essere qui citate. Il Concilio di Firenze afferm ò di «credere fermamente, pro­ fessare e insegnare che nessuno di quelli che si trovano fuo­ ri della Chiesa cattolica, non solo i pagani, ma anche i giu­ dei, gli eretici e gli scismatici, potranno partecipare alla vita eterna. Andranno nel fuoco eterno che è stato preparato dal diavolo e dai suoi angeli (Mt 25,4), a m eno che prim a della fine della loro vita siano incorporati nella Chiesa... N essu­ no, per grandi che siano le sue elemosine, o persino se spar­ ga il suo sangue a causa di Cristo, potrà salvarsi se non per­ mane nel seno e nell’unità della Chiesa Cattolica»23. Nel cattolicesim o, la dottrina si è m an ten u ta costantem ente afferm ata ai più alti livelli. Ascoltiamolo dalle labbra del Papa Pio IX (1846-1878) orm ai alla fine del XIX secolo: «...quella parim enti empia e funesta opinione, che in ogni religione, cioè, possa trovarsi la via dell’eterna salute. [...] Poiché si deve tener per fede che nessuno p u ò salvarsi fuori della Chiesa Apostolica Romana, questa è l ’unica arca di sal­ vezza; chiunque non sia entrato in essa perirà nel diluvio. Ma nel tempo stesso si deve pure tenere per certo che coloro che ignorano la vera religione, quando la loro ignoranza sia invincibile, non sono di ciò colpevoli dinanzi agli occhi del Signore»1. Per i cattolici, la dottrina era, in definitiva, m olto chiara: in questo mondo, solo la Chiesa cattolica è stata istituita da Dio, da Dio stesso in persona, p er m ezzo di suo Figlio, e so­ lo essa è depositaria della rivelazione e della salvezza: ogni altra religione o qualsiasi ram o che si separa dalla Chiesa cattolica si trovano fuori dalla verità e dalla salvezza. Solo le persone che accettano questo disegno salvifico e aderi­ scono alla Chiesa cattolica visibile raggiungeranno la sal­ vezza. Delle persone che non fanno parte di essa, solo co2 Sacrosanta Romana Ecclesia «firmiter credit, profìtetur et praedicat, nidios intra Catholicam Ecclesiam non existentes, non solum paganos, sed nec Judaeos, aut haereticos atque schismaticos aetemae vitae fieri posse participes, sed in ignem aetemum ituros, qui paratus est diabo­ lo et Angelis eius...» (Denzinger 1351). 3 Pio IX, Sìngulari Quadam, Acta Pii IX, III, p. 626 (). 74

loro alle quali ciò non può essere colpevolm ente im putato p otranno salvarsi. Da qui segue l’urgenza dell’azione m is­ sionaria, per far conoscere la volontà salvifica di Dio e ren ­ dere possibile che quelli che non la conoscono possano in­ corporarsi nella Chiesa, unica possibilità di salvezza. Per questo, in cam po cattolico, l’esclusivismo, com e paradigm a della teologia delle religioni, è equivalente all’ecclesiocentrism o: la Chiesa si converte in m ediazione obbligata della salvezza, diventa il centro, la porta. In cam p o p rotestante l’esclusivism o acquisisce u n a for­ m a non «ecclesiocentrica», m a cen trata su «l’u n ica Fede, l’u n ica Grazia, l'unica Scrittura». Anche fuori da queste non c’è salvezza. Figura tipica, sim bolo im portante della posizione p ro te­ stante è quella di Karl B arth (1886-1968). La sua posizio­ ne divenne celebre per il suo radicalism o teologico, ben­ ché non fosse del settore fondam entalista protestante. B arth concepisce la «religione» com e lo sforzo che l'um a­ nità com pie per cercare Dio, sforzo a cui egli contrappo­ ne radicalm ente il fatto della rivelazione, attraverso la qua­ le Dio «si fa gratuitam ente incontro» all’um anità. Nella ri­ velazione, è Dio che cerca l’U m anità. Q uesta distinzione sarà la chiave p er Barth: le religioni - tu tte m eno la biblico-cristiana - sono in definitiva uno sforzo um ano, un ten ­ tativo per captare la benevolenza di Dio, e p er tanto, u n desiderio di «m anipolare Dio». La religione così intesa è dunque m ancanza di fede, m ancanza di fiducia in Dio, un voler dom inare Dio, in definitiva qualcosa di peccam ino­ so. La salvezza viene unicam ente dall’affidam ento dell’es­ sere u m an o - m ediante la fede - alla g razia che Dio stes­ so le offre in Gesù Cristo. Solo l’accettazione della grazia di Dio venuta p e r m ezzo di Gesù Cristo può salvare l'esse­ re u m an o 4. Fuori dal cristianesim o, che è la religione per­ fetta e l’unica vera, tu tto è tenebra e lo n ta n a n za da Dio. La visione protestante del m ondo era anche profondam ente pessim ista. Ancora nel 1969, al Congress on World Mission a Chicago, si dichiarava: «Negli anni che sono passati dal­ la guerra, più di mille m ilioni di anim e sono passate all’eter­ nità, e più della m età di esse sono a n d a te al torm ento del

4 Barth, K., La revelación corno abolición de la religión, Madrid 1973. 75

fuoco infernale, senza nem m eno aver u dito parlare di Ge­ sù Cristo: chi fu e perché m orì sulla croce del Calvario»5. Anche se espressa con parole differenti nel caso dei catto­ lici (lo zelo per la salvezza delle anim e, l’apostolato p er la conversione dei peccatori, lo sforzo m issionario per por­ tare gli infedeli alla santa m adre Chiesa...), la m edesim a visione esclusivista della salvezza è stata dom inante nel cri­ stianesim o fino alla m età del secolo XX, sia nel cam po cat­ tolico che in quello protestante. Si tra tta di u n a posizione teologica che al giorno d’oggi è stata praticam ente abbandonata dal cristianesim o nel suo insieme. Solo gruppi fondam entalisti, alcuni «nuovi movi­ m enti religiosi» fanatici e «sette» religiose m arginali so­ stengono oggi u n a posizione esclusivista. Il cristianesim o, in m aggioranza, h a abbandonato questa posizione per pas­ sare all’inclusivism o che vedrem o più avanti. R iflessioni

È opportuno che riflettiam o con attenzione su ciò che ha significato l’esclusivism o e qual è la sua eredità p er noi, p er varie ragioni: a) Perché tutto il capitale sim bolico cristiano che abbiam o attualm ente - eredità della storia giudeo-cristiana da più di tre millenni - è stato sviluppato, com preso e assim ilato in u n am biente di m entalità esclusivista. Il linguaggio, i ri­ ferim enti, i sim boli... trasu d an o inevitabilm ente esclusivi­ sm o, sebbene d’altra parte noi ci riconosciam o oggi in una posizione inclusivista. Q uesta è una delle schizofrenie che si fanno sentire con dolore e che richiederebbero u n a so­ luzione urgente. b) Perché il cristianesim o non può non dare im portanza al fatto notevole che, du ran te quasi il 98%6 della sua esisten5 J.O. Percy (ed.), Facing the Unfinished Task: Messages Delivered at the Congress on World Mission, Chicago, 1960, p. 9, citato da John Hick, God has many names, p. 30. 6 Ciò significa un’eccezione di appena 40 anni rispetto a 2000 anni di esistenza. 76

za, ha continuato a pensare e ad afferm are, form alm ente e ufficialm ente, in m aniera consapevole, solenne, bellige­ rante e persino intollerante, che le altre religioni erano fuo­ ri dalla salvezza. N on è stato un piccolo errore di calcolo, né l’equivoco di un m om ento, né l’opinione di u n settore m inoritario, o un semplice errore in un cam po di m inor im ­ portanza... Fu u n enorm e errore riguardo a se stesso e ri­ guardo a Dio stesso, che coinvolse la Chiesa nel suo insie­ me e i suoi organi direttivi più alti, e in m odo sostenuto; fu u n errore a causa del quale scom unicam m o m olte persone e disprezzam m o popoli, culture e intere religioni. È una ir­ responsabilità considerare ciò u n a pagina della storia del­ la quale possiam o disinteressarci senza scrupoli né m ag­ giori conseguenze7. Quasi venti secoli in cui è stato affer­ m ato solennem ente u n errore tanto grave non ci perm ette di continuare a «pontificare» sopra la posizione teorica che si debba m antenere oggigiorno in u n a m ateria - la teologia delle religioni - nella quale, fino ad appena 50 anni fa, ab­ biam o sostenuto ciò che oggi pare u n a «m ostruosità»8. La considerazione e la ponderazione di questo fatto, come un sano atteggiam ento penitenziale, forse ci darà u n po’ di um iltà necessaria e ci eviterà di inciam pare per altri seco­ li sulla stessa pietra. In questa m ateria, la cosa migliore che la Chiesa potrebbe fare è non pontificare più. 2. Mezzo secolo d ’inclusivism o A bbiam o già visto precedentem ente cosa significhi il con7 Fa precisamente così la Commissione teologica intemazionale del­ la Congregazione per la dottrina della fede del Vaticano - erede quest’ultima dell’Inquisizione e del Sant’Ufficio - nella sua dichiarazio­ ne «Il cristianesimo e le religioni», del 1996, al n. 10. In solo sei ri­ ghe, entro le 70 pagine, liquida il tema, dicendo semplicemente che «è stato frutto di un determinato sistema teologico o di una com­ prensione errata della frase extra ecclesiam nulla salus». Con altre tre righe al n. 70 la redime: «non è più in contraddizione con la chia­ mata di tutti gli uomini alla salvezza». 8 La parola è di Torres Queiruga, in El dialogo de las religiones, Sal Terrae, Santander 1992, p. 4 e 7. Con altre parole lo dice il titolo me­ desimo del testo dì Pedro Casaldáliga nella sua collaborazione al li­ bro El Vaticano III, El Ciervo, Barcelona 2001, p. 95: Como hemos podido ser tan brutos durante siglos? (Come abbiamo potuto essere tanto bmtali per secoli?). 77

cetto d ’«inclusivismo». Sorprendentem ente fu la Chiesa cattolica che fece questo salto, al tem po del Concilio Vati­ cano II. D iciam o «sorprendentem ente»9perché era proprio la Chiesa cattolica, entro il cristianesim o, la Chiesa rim a­ sta indietro nel cam po dell’attualizzazione biblica e teolo­ gica, in confronto con il trem endo sforzo di rinnovam en­ to che il protestantesim o aveva già in precedenza dispie­ gato. Due furono nella Chiesa cattolica le posizioni che prepara­ rono il cam m ino al Concilio Vaticano II: la teoria del com ­ pim ento e quella della presenza di Cristo nelle religioni. A) T eoria

del

«co m pim en to »

Si chiam a così perché sostiene che per le religioni il cri­ stianesim o viene ad essere il «compimento», cioè la loro realizzazione e, in questo senso, il loro term ine, la loro pie­ nezza e anche il loro superam ento. La teoria del com pim ento significa u n certo avanzam ento rispetto all’esclusivismo. Propone di considerare che le re ­ ligioni non cristiane non hanno capacità salvifiche per se stesse, poiché sono religioni «naturali», opera dell’essere um ano che cerca Dio (pensiero som igliante a quello di K. Barth). Tuttavia, la salvezza di Cristo giunge alle persone che seguono queste religioni perché Dio risponde alle aspi­ razioni degli uom ini e delle donne che lo cercano con le m ediazioni di cui dispongono. Le loro religioni non cri­ stiane non li salveranno, perché sono religioni semplicem ente «naturali»10, però avranno com piuto la loro funzio­ ne di «preparazione p er il Vangelo» nella vita di questi u o ­ m ini e donne. Essere «preparazione evangelica» (non «cam­ m ino di salvezza») è il m assim o valore che possiam o rico­ noscere alle religioni non cristiane, questo è ciò che affer­ m a la teoria del com pim ento.

9 Knitter, P., Introducing Theologies of Religions, Orbis, Maryknoll 2002, pp. 63-64.

10 Umane, non divine; elaborate dall’essere umano, non rivelate da Dio. 78

In questa corrente si collocano, con differenti sfum ature, Jean Danielou, H enry de Lubac e H ans Urs von B althasar, teologi dell’am biente preconciliare e conciliare11. Danielou, forse il teologo che più em erge di questa cor­ rente, distingue nettam ente tra il «naturale e il sopranna­ turale». Per lui solo la religione cristiana è so p ran n atu ra­ le; le religioni non cristiane sono naturali, u n a sorta di «an­ tico testam ento» o «preistoria della salvezza» p er gli uo­ m ini e le donne che si trovano in esse, chiam ati pertanto a passare al Nuovo Testam ento della religione so pranna­ turale, che a noi è stata d ata solam ente in Cristo. La teoria del com pim ento è u n a elaborazione inclusivista che da una parte non incentra più tutto sull’appartenenza alla Chiesa, come la posizione esclusivista classica, né dà un valore negativo alle religioni non cristiane, come faceva K. Barth. A queste religioni viene riconosciuto orm ai un certo valore positivo: u n valore «naturale» e un valore di «prepa­ razione per la venuta del Vangelo», sebbene non si ricono­ sca loro u n intrinseco e autonom o valore di salvezza. I se­ guaci di queste religioni - dice la teoria del com pim ento non si salveranno attraverso di esse, m a nonostante esse; si salveranno in definitiva a causa di Cristo. Alle religioni non cristiane si riconosce dunque un valore salvifico, però si di­ ce che quel valore salvifico è cristiano, è di Cristo, ossia que­ ste religioni non sono indipendenti da Cristo, Cristo è colui che opera entro di esse. Con lui, abbiam o incluso le religio­ ni non cristiane dentro il cristianesim o. Q uesta teoria del com pim ento, seppure superata negli svi­ luppi successivi, avrà eco nei docum enti di Paolo VI e per­ fino in quelli di Giovanni Paolo II. B) «I

CRISTIANI ANONIMI»

Q uesta teoria, elaborata da K arl R ahner (1904-1984), si­ gnificò un grande passo in avanti, ed è il pensiero che più h a influenzato il Concilio V aticano II. R ah n er afferm a che le religioni non possono essere considerate sem plicem en- 1 11 Si vedano le loro opere più rappresentative nella bibliografia di questo capitolo. 79

te com e «naturali», m a che han n o valori salvifici positivi, giacché attraverso di esse, di fatto, la grazia di Dio giun­ ge ai loro m em bri. Sono anche religioni soprannaturali. R ahner p arte da u n a visione am pia della storia della sal­ vezza, che è coesistente e coestesa alla storia dell’um anità. Non ci sono due storie, m a l’azione salvifica di Dio nella storia l’abbraccia tu tta. A livello personale, l’autocom unicazione di Dio trasfo rm a l’essere um ano situandolo in u n ’atm osfera esistenziale di Grazia. Ogni uom o fa in qual­ che m odo u n ’esperienza originaria di Dio, seppure in una form a atem atica e talvolta apparentem ente areligiosa. T ut­ ti coloro che accettano liberam ente l’offerta di autoco­ m unicazione di Dio m ediante la fede, la speranza o l’am o­ re, entrano p er R ahner nella categoria dei «cristiani an o ­ nimi», categoria che si applica tan to ai m em bri delle al­ tre religioni q u an to agli atei. L’autocom unicazione di Dio in Cristo può essere vissuta da queste persone - al di là p ertanto dei lim iti della Chiesa - in m odo non tem atico, quello che dà origine all’espressione «cristiani anonim i». Si vede facilmente che questa im postazione ha presupposto un notevole avanzam ento. E ra la prim a volta che nel cri­ stianesimo si diceva in m odo tanto esplicito e fondato che la grazia e il m istero di Cristo oltrepassano com pletam ente la Chiesa. Era una visione piena di ottim ism o, di fronte al pessimismo della visione esclusivista, sem pre avara al m o­ m ento di definire il raggiungim ento della Salvezza. Quello di R ahner è u n inclusivism o cristocentrico: tu tta l’um anità resta inclusa nella salvezza di Cristo. La Chiesa, le chiese cristiane, sono piccole e m inoritarie in rapporto all’um anità, m a Cristo colm a non solo la Chiesa m a anche le altre religioni. Il cristianesim o esplicito è piccolo, ma il cristianesimo im plicito o «anonimo» è tanto esteso quan­ to tu tta l'Umanità di buona volontà, che nel suo cuore è disposta ad accogliere l’autodonazione di Dio. Nel contesto di queste riflessioni si è espresso quanto poi divenne quasi uno slogan, che dice: il cam m ino ordinario di salvezza sono le religioni non cristiane, m entre la Chie­ sa sarebbe il cam m ino straordinario di salvezza12. Le reli-

12 Sebbene normalmente l'espressione sia attribuita tanto a Rahner 80

gioni non cristiane sarebbero il cam m ino «ordinario», o r­ dinario per il fatto di essere m aggioritario. Si ponga que­ sta visione in rapp orto con l’assiom a esclusivista («fuori della Chiesa non c e salvezza»); ora quello che si dice è che fuori della Chiesa c’è salvezza, e c’è più salvezza - qu an ti­ tativam ente - che dentro di essa, sebbene qualitativam en­ te la m ediazione più com pleta della salvezza possa trovarsi nella Chiesa cristiana. Q uesta posizione di R ahner fu accettata dal Concilio Va­ ticano II, il che im plicò u n salto qualitativo, un balzo in avanti m olto im portante. D’altra parte, d ata la brevità del­ la sua durata, il Concilio tralasciò di dirim ere aspetti dog­ m atici im portanti che avrebbero m eritato u n discerni­ m ento più preciso. Sem plicem ente sbloccò la rigidità del pensiero precedente e aprì u n a p o rta attraverso la quale s’incam m inò la nuova via della riflessione teologica. Ma vediam o più precisam ente. Il Concilio V aticano II, in prim o luogo, sm ise di identifi­ care la Chiesa cattolica com e l’u n ica concretizzazione del­ la «Chiesa di Cristo». Fino al Concilio si era sem pre det­ to che la Chiesa di Cristo «è» la Chiesa Cattolica, e così diceva lo «schema», il testo base proposto ai p adri conci­ liari, m a questi cam biarono espressam ente il verbo e la­ sciarono scritto che «la Chiesa di Cristo sussiste nella Chie­ sa cattolica»13. L’aver evitato di esprim ere quell'identifi­ cazione, così com e la seguente afferm azione, che elem enti di grazia e di sa n tità si trovano anche in altre com unità cristiane, fecero com prendere chiaram ente che si voleva dare p er su p erata quella identificazione esclusiva («la Chiesa di Cristo è la Chiesa Cattolica») passando ad u n a identificazione più sfum ata, topica («nella Chiesa cattoli­ ca vi è, sussiste la Chiesa di Cristo», senza negare che po­ teva essere identificata anche in altri luoghi)14. Q uesto sai-

come a Küng, sembra che in origine si debba a H.R. Schiette, Le re­ ligioni come tema della teologia, Morcelliana, Brescia 1968, pp. 85-86. 13 Lumen Gentium 8. 14 Sullivan, Francis A., «In che senso la Chiesa di Cristo sussiste nel­ la Chiesa cattolica romana?», in Latourelle, René (ed.), Vaticano II: bilancio e prospettive; venticinque anni dopo (1962-1987), voi. 2, Cit­ tadella Editrice, Assisi 1988, p. 817. 81

to in avanti, per essere u n passo fatto dal Concilio Vatica­ no II in piena consapevolezza, è irreversibile15. Il Concilio afferm ò di rispettare e valorizzare tu tto ciò che di buono e santo lo Spirito suscita nelle altre religioni16. E riconobbe che la salvezza degli uom ini va m olto più in là dei confini della Chiesa, e che m olti sono quelli che si salvano al di fuori di essa, non senza u n legam e con Cri­ sto 17. Come abbiam o detto, il Concilio Vaticano II ha parlato del­ le religioni non cristiane in m odo più positivo di quanto nessun altro docum ento ufficiale della Chiesa cattolica ab ­ bia precedentem ente fatto18. H a am m esso la presenza del­ la salvezza oltre la chiesa, ha proclam ato che Dio salva l'um anità «per strade solo da Lui conosciute»19, e ha rico­ nosciuto gli elem enti positivi di vita e santità presenti nel­ le religioni non cristiane. Il Concilio non ebbe tem po di a n ­ dare oltre: non si pose la questione se fosse possibile af­ ferm are che le singole religioni non cristiane siano per i loro m em bri cam m ini di salvezza di per se stesse, e non per u n a loro partecipazione al m istero di Cristo. L’inclusivismo è attualm ente la posizione m aggioritaria nel cristianesim o, sia cattolico che protestante.

15 II primo compito del Vaticano III, secondo la mia opinione, con­ sisterebbe nel proteggere i chiari insegnamenti del Vaticano II con­ tro l’offuscamento e la ritrosia che li attanagliano. Sarebbe molto po­ sitivo riaffermare energicamente i principi capitali del decreto Unitatis Redintegratio, in modo che non fosse più possibile ignorarli o interpretara in astratto. Tra questi principi merita speciale attenzio­ ne il seguente: «La Chiesa di Gesù Cristo non s’identifica solo con la Chiesa cattolica. Sussiste certamente nel cattolicesimo, ma è anche presente in modi diversi e in differenti gradi in altre comunità cri­ stiane nella misura in cui si mantengono fedeli a ciò che Dio iniziò in Gesù e obbediscono allo Spirito di Cristo [...]» (Cardinale Avery Dulles, Ecumenismo: problemas y perspectivas para el futuro, in TracyKüng-Metz, Hacia el Vaticano III, Cristianidad, Madrid 1978, p. 97). 16 Nostra Aetate 2; Unitatis Redintegratio 3; Lumen Gentium 13. 17 Gaudium et spes 22. 18 Sullivan, F., Hay salvación fuera de la Iglesia?, Desclée, Bilbao 1999, p. 195. 19 GS 22. 82

C) B ilancio dell’inclusivismo

G uardando indietro ai 19 secoli di esclusivismo ecclesiocentrico vissuti pensando che fuori dalla Chiesa non c’era salvezza, in cui le altre religioni erano considerate prive di valore salvifico o catalogate come semplici religioni natu ra­ li, le im postazioni inclusiviste della teoria del com pim ento o del cristianesim o anonim o o la posizione finale concilia­ re significarono, come abbiam o detto, u n salto qualitativo m olto grande, realm ente una «nuova epoca». I settori inte­ gralisti e conservatori si risentirono m olto, poiché nella Chie­ sa si accantonavano posizioni teologiche che fino ad allora erano state considerate «dogmatiche e irrefutabili». Però l’ac­ coglienza generale del Popolo di Dio fu m olto positiva ed entusiasta. L’ecum enism o fece un salto da gigante e le rela­ zioni interreligiose com inciarono a essere prese in conside­ razione in m olti settori dove, sem plicemente, non erano sta­ te nem m eno program m ate. Il passare del tem po e la riflessione, ciò nonostante, avreb­ bero dato subito luogo a nuovi ragionam enti e sfide. Già dal prim o m om ento la tesi dei «cristiani anonim i» fu cri­ ticata da alcuni autori, com e per esem pio H ans Kiing, che la considera u n m odo per «conquistare m ediante un a b ­ braccio»: si loda ed elogia il non cristiano, per andargli a dire che in fondo è cristiano. Paul K nitter, da parte sua, afferm ò che l’inclusivism o introduce i non cristiani nella Chiesa dalla p orta di servizio20. L’inclusivism o suppone, com e abbiam o detto, u n gran pas­ so in avanti rispetto all’esclusivismo, però forse ha ancora in com une con esso non pochi elem enti, per esempio: - l’inclusivism o apre la porta ad una valutazione positiva delle altre religioni, m a lim itata: le altre religioni non h a n ­ no valore p er se stesse (m a grazie al cristianesim o), non sono autonom e e il cristianesim o continua ad essere la fon­ te del valore salvifico a cui possono partecipare; - nella visione inclusivista, il cristianesim o continua ad es­ sere il centro del piano universale della salvezza, la reli­ gione unica, l’eletta, la religione istituita sulla terra da Dio 20 Knitter, P., El cristianismo como religión verdadera y absoluta?, in Concilium 156, 1980, p. 27. 83

stesso... In qualche m odo, l’inclusivism o è un esclusivismo stem perato, u n esclusivismo che non disprezza le altre re­ ligioni, che riconosce loro qualche valore, m a che si riser­ va ancora in esclusiva la Verità, la pienezza della rivela­ zione e della salvezza; - entram bi continuano a m antenere l’afferm azione del ca­ rattere assoluto del cristianesim o21; - è facile vedere che le im plicazioni perverse che l’esclusi­ vism o com portava, continuano a essere possibili con l’in­ clusivismo: la cultura occidentale cristiana può continua­ re a essere religiosam ente legittim ata come superiore, e la superiorità dell’Occidente bianco e cristiano potrebbe in­ sinuarsi facilm ente e condurre inconsapevolm ente a qual­ che tipo di dom inazione o im perialism o o neocoloniali­ sm o ...22 - è chiaro che, consciam ente o inconsciam ente, in qua­ lunque società cristiana l’esclusivismo della «nostra reli­ gione» si converte nel «nostro esclusivismo»: ap p artenia­ m o a u n gruppo um ano esclusivo, perché privilegiato, p e r­ ché unico, perché superiore, perché «preferito da Dio»... Gesù stesso dovette correggere l’«esclusivismo di gruppo» che i suoi discepoli com inciavano a sviluppare per proprio co n to ...23

21 I teologi cattolici sono soliti intendere il carattere assoluto del cri­ stianesimo nel senso che esso non solo è di fatto la più elevata delle religioni esistenti, ma che costituisce anche la definitiva manifesta­ zione di Dio a tutti gli uomini di tutti i tempi, manifestazione che, per essenza, è insuperabile, esclusiva e universalmente valida. W. KA­ SPER, Carácter absoluto del cristianismo, in Sacramentum Mundi, II, Herder, Barcelona 1976, p. 54. Anche in RELaT: . 22 Esperti in missiologia come Aloysius Pieris, Tissa Balasuriya e Ignace Puthiadam hanno alluso all’imperialismo e criptocolonialismo na­ scosti dietro la facciata del modello inclusivista, che, secondo essi, proclama la bellezza delle altre religioni per poi includerle e fagoci­ tarle. Knitter, Dialogo inter-religioso e afào missionària, Sào Paulo, CNBB, Comina 1994, p. 9. 23 Cf. Me 7, 38-40: «Abbiamo visto uno che non era dei nostri e che fa­ ceva uso del tuo nome per cacciare gli spiriti maligni, ma glielo abbia­ mo proibito, poiché non è dei nostri». Gesù rispose: «Non proibiteglie­ lo, poiché nessuno può fare un miracolo in mio nome e poi parlare ma­ le di me. Chi non è contro di noi è con noi». Per quei discepoli, il sup84

D) Crisi dell’inclusivismo?

Questo bilancio, che abbiam o appena fatto, indica di per se stesso che sarebbero subito sorte nuove dom ande e svi­ luppi. - Dopo venti secoli di autointronizzazione assoluta del cri­ stianesim o m ediante l’esclusivismo, possiam o tranquilliz­ zarci sem plicem ente rendendo più flessibile questa posizio­ ne, passando così alla autointronizzazione relativa che l’inclusivism o suppone? - Se per venti secoli abbiam o sbagliato24, dove andiam o a prendere u n a base solida p er afferm are la nuova posizio­ ne, l’inclusivismo? Non sarà necessario cam biare d rasti­ cam ente tono, atteggiam ento, sicurezza... nell’elaborare o afferm are la nuova posizione? - Se l’inclusivism o non cessa di essere u n «esclusivismo am m orbidito», non sarà da esigere una reim postazione più profonda, più radicale, che cerchi di ascoltare ciò che lo Spirito ci fa sentire oggi nella coscienza dell’u m an ità e nei segni dei tem pi? P otrà essere l’ora di un «cam biam ento di paradigm a», di u n a ro ttu ra che ci porti fuori da ciò che l’esclusivism o e l’inclusivism o hanno in com une, paradig­ m i nei quali siam o ancora prigionieri dopo venti secoli? - È possibile pensare che l’inclusivism o, com e l’esclusivi­ smo, sia stato u n m eccanism o culturale spontaneo, che si esprim e anche in altre religioni, che obbedisce alla stru t­ tu ra stessa della conoscenza u m an a... e che non dobbia­ m o aver p a u ra di abbandonare? L’inclusivism o è in crisi. Qualsiasi cristiano lucido e qual­ siasi teologo che sia sincero riconosce che sono gravi gli interrogativi che pesano sopra questa posizione teologica. In cam po cattolico l’ufficialità prem e per im pedire qua­ lunque avanzam ento teologico che vada più in là dell’inclusivism o, e nel contem po riconosce che la posizione plu­ ralista «esercita una grande attrazione e u n a grande pres­ sione intellettuale sui teologi». posto esclusivismo di Gesù si trasformava in privilegio esclusivo di tutti i membri del gruppo... 24 Con uno sbaglio che oggi tutti riconosciamo unanimemente e con­ sideriamo, come è stato detto, «una mostruosità». 85

N onostante, però, questa pressione di contenim ento che in cam po cattolico si sta esercitando per im pedire l'espansio­ ne della posizione pluralista (che vedrem o tra poco), altri fattori prem ono fortem ente in senso contrario, a favore del­ la posizione pluralista. Li potrem m o riunire in tre blocchi: a) C e uno spirito nuovo, u n a nuova «spiritualità del plu­ ralism o religioso» che germ oglia ovunque, che im pone in m odo dolce m a forte, u n a valutazione nuova delle religio­ ni, u n a valutazione positiva del pluralism o religioso, u n ri­ getto della «teologia dell’elezione» classica... u n a nuova im ­ m agine di Dio, in definitiva25. È un argom ento che agisce a priori. b) A differenza del M edioevo, quando il cristianesim o pen­ sò di abbracciare tu tto e di essere stato predicato a tu tto il m ondo conosciuto, oggi il cristianesim o esprim e u n a for­ te im m agine regionale, tanto nello spazio geografico come nel tem po storico, perfino nella dim ensione dem ografica. Come può u n a religione così regionale continuare a recla­ m are pretese assolute e universali di unicità? È u n argo­ m ento a posteriori. c) Influisce anche u n argom ento profondam ente sentito: sono sempre di più i credenti (inclusi i teologi) adulti, che optano per u n pensiero teologico adulto, non condiziona­ to, disinibito, senza p a u ra 26, che scoprono che m olte volte l’unica ragione27 p er m antenere posizioni tradizionali è la paura, l’attaccam ento fideista a ciò che «è sem pre stato co­ sì», a «ciò che h a sem pre detto la santa m adre Chiesa». 25 Vigil, J.M., Spiritualità del pluralismo religioso: un’esperienza spiri­ tuale emergente, in I volti del Dio Liberatore - Le sfide del pluralismo religioso - I, a cura di M. Barros-L.E. Tomita-J.M. Vigil, EMI, Bolo­ gna 2004, pp. 119-134. 26 La paura colpisce tutti i teologi cristiani perché facilmente intui­ scono che la posizione pluralista esige una «decostruzione e una ricostruzione» di tutto l’edifìcio teologico cristiano. 27 Knitter insiste sul fatto che «l’unica ragione» che in fondo trattie­ ne molti teologi dal muovere il passo e «attraversare il Rubicone» è l’attaccamento alle posizioni tradizionali, la paura della rottura che la posizione pluralista comporta, l’argomentazione riguardante l’au­ torità della Bibbia e della Chiesa in «ciò che si è sempre detto e cre­ duto...» non vere ragioni né argomentazioni. Hans Kiing’s Theologi­ cal Rubicon, in Swidler, Leonard (ed.), Toward a Universal Theology of Religion, Orbis Books, Maryknoll 1988, pp. 224-230.

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Scoprendo u n a nuova percezione, sono sem pre di più i cri­ stiani e le cristiane che avvertono di potere e di volere «at­ traversare il R ubicone»... Tutti questi fattori fanno sì che stia crescendo la corrente chiam ata pluralista, che si contrappone contem poranea­ m ente all’esclusivism o e all’inclusivism o. A ffrontiam ola fi­ nalm ente. 3. Verso un nuovo paradigma: pluralism o Nella precedente u n ità didattica abbiam o spiegato cos’è il «pluralismo» religioso (che non è la sem plice pluralità di religioni). Per presentarlo ora dal punto di vista storico, ri­ m andiam o alla persona il cui nom e è abitualm ente il più evocato quando si parla di pluralism o: Jo h n Hick28, consi­ derato l’autore em blem atico di questa posizione teologica, il suo più rilevante rappresentante. Inglese, che h a vissuto parecchi anni negli USA, conta tra le sue opere la sua biografia teologica29. In un prim o pe­ riodo della sua vita egli sentiva «l’infinito tedio» del cri­ stianesim o ufficiale d’Inghilterra. Una «conversione» spi­ rituale fece di lui u n cristiano fortem ente «evangelico» e fondam entalista: Gesù divenne per lui il suo «am ato Si­ gnore e Salvatore, il figlio di Dio incarnato, il salvatore u n i­ co dell’um anità». Hick diventò m inistro della Chiesa Pre­ sbiteriana d’Inghilterra. Q uando continuò gli studi di filosofia e teologia, tuttavia, non poté sm ettere di sentire i persistenti interrogativi che assediavano le sue chiare convinzioni evangeliche. Il p u n ­ to che più lo stim olava era la diversità delle rivelazioni. Il fatto e la sfida del pluralism o religioso, specialm ente co­ m e Hick lo sperim entò nelle num erose com unità m usul­ m ane, sik, induiste ed ebree da cui era attorniato a Bir­ m ingham , lo portarono ad u n a nuova «conversione», nel­ la quale m antenne il suo im pegno personale con Gesù Cri­ sto, però a p artire da una teologia com pletam ente rim o28John Hick ha una sua pagina ufficiale in rete: . 29 A spiritual journey, in God has Many Names, Westminster Press, Philadelphia 1980, pp. 13-28. 87

dellata30. Sperim entò ciò che denom inò u n a «rivoluzione copernicana», che è ciò che d’allora iniziò a proporre teo­ logicam ente. Nel 1973 - essendo forse questo l’atto pionieristico che darà origine alla corrente pluralista com e oggi noi la conoscia­ m o - Hick lancia il proclam a31 sulla necessità di accettare u n a «rivoluzione copernicana» e tracciare «una nuova m ap­ pa» dell’universo delle fedi. La sua proposta si regge d’al­ lora e continua ad essere ascoltata dalle università, dalle Chiese, dagli studiosi credenti. L’im m agine della rivolu­ zione copernicana continua ad essere il suo em blem a ca­ ratteristico. Oggi tutti sappiam o che la terra e gli altri pianeti girano intorno al sole. La visione anteriore era quella tolem aica ossia di Tolomeo - secondo la quale si pensava che la ter­ ra si trovasse al centro dell’universo e che tu tti gli altri cor­ pi celesti - incluso il sole - girassero in torno ad essa. E ra il «geocentrismo». Copernico fu colui che, a p artire dalle sue osservazioni astronom iche, tracciò e propose di costruire un nuovo m o­ dello cosmologico, u n a «nuova m appa» non geocentrica m a eliocentrica, con il sole al centro e gli altri corpi cele­ sti che giravano intorno a esso. Ciò significò u n cam bia­ m ento totale della concezione del m ondo, u n a «rivoluzio­ ne copernicana», tan to profonda, che non poté essere ac­ cettata né dalla società né dalla Chiesa del tem po. Q uindi Hick ritiene che l’esclusivismo sia, teologicam ente parlando, u n a concezione tolem aica, «geocentrica», ossia u n modello che pone la Chiesa o il cristianesim o al centro, e che im m agina tu tte le altre religioni che girano intorno a questo centro, m entre il pluralism o è teologicam ente co­ pernicano, «eliocentrico», cioè un m odello con Dio al cen­ tro e con il cristianesim o che gira in torno a Dio com e un pianeta in più. H ick afferm a con forza che è necessario adeguare il n o stro pensiero teologico alla realtà teocentri­ ca m ediante u n a rivoluzione copernicana. È necessario, di30 Così anche Knitter ci presenta la biografia di Hick, in No Other Na­ me?, p. 146. 31 Hick, J., God and the Universe o f Faith. Essays in the Philosophy of Religion, Macmillan, London 1973, p. 131.

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ce, costruire u n a nuova m appa nel cui centro c e Dio, non il cristianesim o; quest’ultim o girerà, insiem e alle altre re ­ ligioni, intorno a Dio. Si tra tta quindi di passare al teo­ centrism o, dall’ecclesiocentrism o o dal cristocentrism o. Quando Copernico propose il nuovo paradigm a, dopo aver osservato anom alie nelle traiettorie dei pianeti che fino ad allora si diceva che girassero intorno alla terra, i difensori del geocentrism o si sforzarono di trovare form ule di aggiu­ stam ento che spiegassero queste anomalie; quelle formule, chiam ate «epicicli», risultavano sem pre parziali e non da­ vano m ai una spiegazione completa. Con quegli «epicicli» dice Hick - cercavano di m antenere in piedi quella vecchia teoria che crollava davanti alle osservazioni scientifiche. Hick dice che, nella teologia delle religioni, le teorie dell’a p ­ partenenza alla Chiesa attraverso il battesim o di desiderio implicito, l’ignoranza invincibile, la presenza della salvez­ za cristiana in altre religioni, la teoria del com pim ento o dei cristiani anonim i, ecc., sono «epicicli» teologici, con i quali vogliam o giustificare le incoerenze che gli schem i esclusivista e inclusivista presentano e che sono insolubi­ li all’in te m o del loro vecchio schem a. Perché - dice Hick - è oggi necessario creare u n a «nuova m appa», nella qua­ le riconosciam o la realtà così com ’è, ossia l’eliocentrism o teologico, il teocentrism o. Al centro non c’è la Chiesa o il cristianesim o, nem m eno Cristo, m a solo Dio. La Chiesa, Cristo e le altre religioni girano attorno a Dio. Hick dice: dobbiam o sm ettere di continuare a cercare nuo­ ve teorie che spieghino il vecchio m odello, aggiustam enti parziali e incom pleti, vecchi «epicicli teologici», che non sono altro che un ponte che ci sta conducendo a poco a poco verso il teocentrism o... È necessario che attraversia­ m o decisam ente il ponte e riconosciam o che l’universo del­ le fedi è organizzato e disposto in m odo diverso da quello riflesso dalla vecchia m appa, fatta quando non si cono­ scevano gli altri pianeti, le altre religioni, così come le co­ nosciam o oggi. La rivoluzione copernicana che Hick espone è realm ente u n a grande sfida. Forse è la m aggiore sfida teologica del­ la storia, poiché presuppone u n a reim postazione qualita­ tiva e totale: bisogna decostruire tu tto per ricostruirlo se­ condo u n altro paradigm a. 89

Come facilm ente si può vedere, il cam biam ento fondam en­ tale, la rottura sta nel cam biam ento del centro: si passa dal geocentrism o all’eliocentrismo, dall’ecclesiocentrism o o dal cristocentrism o al teocentrism o. Che la Chiesa non stia al centro, oggi non è più un gran problem a, dal m om ento che orm ai da 50 anni l’esclusivismo è stato abbandonalo in m ag­ gioranza dai cristiani. Ma che Cristo «non stia nel centro», come pare stia proponendo Hick, è senza dubbio l’elem en­ to più difficile della posizione pluralista. Il carattere assolu­ to del cristianesim o e l’unicità di Cristo come Salvatore è ciò che non legittim a adeguatam ente il pluralism o, ragione per cui i suoi critici lo considerano una posizione «non cri­ stiana», fuori dall’attuale ortodossia32. Hick continua da 30 anni a riflettere, a dialogare ed elabo­ rare il tema. Il suo libro del 1977, The Myth o f God Incar­ nate, suscitò un im patto trem endo nella società inglese e fu l’inizio di un dialogo teologico d’allora ininterrotto. Nel 1993 h a pubblicato una nuova versione della sua posizione, più m atura ed elaborata33. Noi affronterem o dettagliatam ente questo punto nel capitolo corrispondente agli aspetti della cristologia e del dogma. Per com pletare questa presentazione succinta del p a ra ­ digm a pluralista dobbiam o far riferim ento ad alcu ne ac­ cu se che gli si fanno. Se il pluralism o sta agli antipodi dell’esclusivismo, è logi­ co che una concezione sem plificata del pluralism o lo pos­ sa intendere com e l’inverso sim m etrico dell’esclusivismo, cioè: se l’esclusivismo dice che «solo una religione è vera e che tutte le altre sono false», il pluralism o concepito co­ m e posizione sim m etricam ente in contraddizione sosterrà che «tutte le religioni sono ugualm ente vere ed equivalen­ ti», sia perché giudica che tutte sono uguali o tu tte sono la stessa, sia perché ritiene che, p u r essendo differenti, so­ no tutte ugualm ente vicine (o lontane) dalla verità. 32 Per esempio, Dhavamony, M., Teologia de las religiones, San Pablo, Madrid 1998, p. 203; Dupuis, J., Jesucristo al encuentro de las religio­ nes, Paulinas, Madrid 1991, p. 152; Boff, C., Retomo a la arché de la teología, in Alternativas 18/19 (gen.-lugl. 2001) p. 122, Managua. 33 La metáfora de Dios encamado, Abya Yala, Quito 2004 Due capi­ toli di questo libro sono pubblicati, in castigliano e in portoghese in RELaT, . 90

Tale concezione del pluralism o agli antipodi dell’esclusivi­ sm o può essere un esercizio corretto di logica classica (con­ cetto di contraddizione), m a non corrisponde alla realtà. Le posizioni teologiche pluraliste che conosciam o sono molto più sensate e non sono elaborate per sim m etria in opposi­ zione all’esclusivismo (non sono «il contrario dell’esclusivi­ smo»). Di fronte ad alcuni critici bisogna ricordare che il plurali­ sm o non è definito dalla posizione di Hick, m a che, al con­ trario, la posizione di Hick può essere segnalata nell’insie­ m e delle posizioni pluraliste, essendo solo una tra le m ol­ te, seppure la più em blem atica; cioè, il pluralism o è più am pio di H ick e indipendente da lui. D’altra parte, Hick ha per m olti anni riflettuto, scritto e svi­ luppato le sue posizioni teologiche. N on c'è dubbio che agli inizi fu particolarm ente radicale e polem ico, m a non si de­ ve nem m eno dim enticare che nei suoi ultim i anni h a of­ ferto opere di sintesi, espressione della m aturazione della sua posizione arricchita da tu tto il dibattito suscitato. Hick si sforza di chiarire che non è sostenitore del relativism o né dell’indifferentism o, e che il suo pluralism o non è «egualitarista»34. In ogni caso, da questo m om ento tralasciam o di far riferim ento a Hick, per riferirci alla posizione co­ m une, rivendicata da m olti altri autori. Questa posizione pluralista rivendica una uguaglianza di base delle religioni, non un egualitarism o che le voglia praticam ente rendere identiche. Cos’è questa «uguaglianza di base»? È essenzialm ente la negazione della possibilità deU’inclusivismo. Cioè, il paradigm a teologico pluralista so­ stiene che le religioni sono «basilarm ente uguali» nel senso - e solo nel senso - che non c’è «una» di esse che sia quel­ la vera o depositaria della salvezza, della quale tutte le altre sarebbero debitrici o sussidiarie o partecipazioni, m a che tutte possiedono uno statuto salvifico fondam entalm ente.

34 Personalmente penso che Hick si limiti a parlare delle «grandi reli­ gioni», precisamente perché suppone che nelle «piccole» (senza che «grandi» o «piccole» sia una questione di numero) è evidente che ci siano anche religioni di seconda classe, che portano molto chiaramente le impronte «ideologiche» della loro origine. Nemmeno per Hick tutte le religioni sono uguali, sebbene i suoi critici lo affermino. 91

Dopo aver afferm ato la loro «uguaglianza di base», il plu­ ralism o accetta e riconosce la disuguaglianza reale delle concrete religioni, che hanno sviluppi differenti, sensibi­ lità e capacità diverse, itinerari ed evoluzioni più o m eno avanzate o arretrate in ciascun caso. Il pluralism o non si nasconde questa evidente disuguaglianza, è realista. Non tutte le religioni sono uguali, nem m eno per il pluralism o35. Forse dobbiam o ai teologi che u n a decina d’anni fa prefe­ rivano essere chiam ati teologi dell’«inclusivismo aperto» e in seguito del «pluralism o asim m etrico», la convinzione che si è aperto m aggiorm ente u n passaggio, che questa «asim metria» è essenziale al pluralism o sensato. Un plu­ ralism o egualitarista sarebbe irreale, m ancante di reali­ sm o36. Ogni pluralism o realista è asim m etrico, finché non si afferm i altro. E se è asim m etrico perché realista, non può nem m eno es­ sere indifferentista. Ciò che non è uguale non può essere indifferente di principio, poiché è differente. Che non ci sia u n a religione sopra le altre (inclusivism o) non signifi­ ca che orm ai tutte le religioni sono uguali e che, pertanto, siano per noi indifferenti. Il pluralism o riconosce e accet­ ta le differenze reali e valorizza le identità specifiche, m ol­ te volte incom parabili, intraducibili, irriducibili. Un tem a che h a danneggiato l’im m agine teologica del p a ­ radigm a pluralista è anche il rapporto con la c o n c e zio ­ n e kantiana d ella conoscen za, che proviene - an co ra u n a volta - dall’associazione con il pensiero di Hick. L 'autore si avvale di questa concezione kantiana nel suo intento di creare questa nuova m appa teocentrica, in cui solo Dio è al centro e le altre religioni gli girano attorno. P er Hick la m olteplicità delle religioni e il loro rapporto con Dio p o ­ trebbe essere esem plificata con la pluralità delle a p p a re n ­ ze «fenomeniche» corrispondenti a u n «noum eno» che si trova al di là di queste, secondo la concezione k an tian a del­ la conoscenza. Il problem a è che u n a concezione com e q u e­ sta ipotecherebbe l’obiettività della conoscenza religiosa. Semplificando: di Dio, come del «noum eno», n o n cono­ sceremmo altro che le nostre versioni «fenom eniche», le 35 Lo sarebbero solo per un pluralismo estremista. 36 Un pluralismo egualitarista oggi esiste solo come concetto logico; non c’è nessuno che lo difenda. 92

quali, poiché non giungono alla realtà in sè, risulterebbe­ ro equivalenti e rifletterebbero solo la diversità delle no­ stre posizioni... N on è il m om ento di entrare in un dibattito di filosofia del­ la religione, m a solo di sottolineare che la filosofia kan­ tian a non appartiene né è parte del paradigm a teologico del pluralism o, p er quanto a Hick sia stato utile (o m eno) il riferim ento a essa per spiegare la sua particolare conce­ zione del pluralism o. N on fa parte del pluralism o teologi­ co l’afferm azione che la varietà form ale delle religioni è puram ente fenom enica e non contiene in alcun m odo una verità reale (noum enica) in ciò che afferm a di Dio. Insi­ stiam o: la teoria kantiana della conoscenza non fa parte del paradigm a pluralista, sebbene alcuni possano far rife­ rim ento a essa per spiegare la propria posizione, forse più p er analogia che per univocità. Si può essere pluralisti e afferm are che le religioni veicolano, possiedono u n a co­ noscenza reale (benché sem pre inadeguata, precaria e in revisione). Per questo, la verità delle religioni è anche rea ­ le (non m eram ente «fenomenica») e sono reali anche le lo­ ro differenze. Ogni differenza nella verità proclam ata dal­ le diverse religioni non è indifferente. Cade nel relativism o la posizione teologica pluralista? Co­ sì sostengono alcuni suoi detrattori, creando intenzional­ m ente un nem ico m entale da com battere, u n nem ico che praticam ente non esiste nella realtà. Il pluralism o afferm a la relatività delle form e religiose, non il relativism o di fron­ te alle religioni. Bisogna esprim ersi con pro p rietà e rico­ noscere che una cosa è relatività e u n ’altra è relativism o. Il pluralism o riconosce la relatività di alcune cose che era­ no state indebitam ente ritenute assolute, m a non cade per questo nel relativism o. Riconosce come assoluto ciò che è assoluto, e come relativo ciò che è relativo, com preso ciò che equivocam ente fu ritenuto tale. E per evitare il relati­ vism o non cade nell’errore di assolutizzare il relativo. Ossia, è possibile u n a posizione pluralista serena, specifi­ ca, asim m etrica, non egualitarista, non indifferentista, né scettica di fronte alla conoscenza reale che le religioni vei­ colano, non relativista, bensì capace di riconoscere ^ u g u a ­ glianza di base» fondam entale delle religioni insiem e alla loro disuguaglianza concreta, inevitabile ed evidente... Pos­ sono esserci nella realtà anche le posizioni del pluralism o 93

estrem ista, che in teoria sono possibili, m a è bene non com ­ battere nem ici inesistenti quando non si dim ostri che ef­ fettivam ente sono contro di noi. Q uanto detto è sufficiente per u n a p rim a caratterizzazio­ ne del paradigm a pluralista. Ulteriori sviluppi sorgeranno quando accosterem o i successivi aspetti dell’edifìcio che stiam o costruendo. Qual è il futuro della posizione pluralista? Copernico era tanto convinto che la società e la Chiesa del suo tem po non fossero preparate ad affrontare la sfida della sua visione, che si preoccupò m olto riguardo alla pubblicazione delle sue teorie, in m odo che vedessero la luce solo quando l’In ­ quisizione non avrebbe potuto colpirlo, poiché era già sul letto di m orte. Anni più tardi, il peso dell’Inquisizione e della Curia ro m an a sarebbe ricaduto su Galileo, nel più fa­ m oso caso di conflitto tra la scienza e la chiesa. La Chie­ sa cattolica non accettò l’eliocentrism o fino al 1822, quasi tre secoli dopo che Copernico aveva invitato i cardinali a osservarlo attraverso il suo telescopio37. Q uanto tard erà a essere accettata - se u n giorno giungerà a esserlo - la po­ sizione pluralista? II. Esercizi didattici raccomandati - Entrare in un m otore di ricerca di Internet e vedere ciò che si trova in queste ricerche: «esclusivismo», «inclusivismo», «pluralismo religioso». Farsi un’opinione su come stanno questi temi in questo m om ento nella rete. - La celebrazione del Giubileo del 2000 abbondò in espres­ sioni sul significato del cristianesimo. Ricordare frasi, gesti, interpretazioni... che furono in voga allora. Per es. «Cristo centro della storia», « solo Cristo salva»... Qualificare teo­ logicamente queste affermazioni. - Prendere da Internet esem pi del discorso teologico o ec­ clesiastico, e identificare fram m enti nei quali si possono sco37 Gonzàles Faus parla di un tipico e consueto ritardo storico di due secoli e mezzo, «una cifra che pare indicare la media del ritardo che ultimamente la Chiesa (cattolica) porta rispetto alla verità storica», nell’accettazione delle scienze, la comprensione moderna della rive­ lazione biblica e della esegesi, ecc. Cf. La autoridad de la verdad, Her­ der, Barcelona 1996, p. 109. 94

prire posizioni inclusiviste (o anche esclusiviste o pluraliste, se si trovano). Portarle al gruppo e verificare che siano ben catalogate. III. Domande per lavorare in gruppo - Mi è risu ltata chiara l’esposizione dell’evoluzione del pen­ siero teologico entro le posizioni teologiche presentate in questa u n ità didattica? È espressa in m odo genetico? In che senso? Con quale posizione io m i sento in sintonia, con quale di esse m i identifico? P resentare nel gruppo le differenti po­ sizioni dei suoi com ponenti e dialogare su di esse. - A quale posizione teologica appartengono determ inate persone, entità, libri... che so che hanno u n a posizione su questo tem a? - Se è il m io caso, posso farm i la dom anda che si fa Jo h n Hick (God has m any names, p. 26): quale trasform azione ha sperim entato la m ia fede quando ho accettato il c a ra t­ tere salvifico delle altre religioni, quando ho accettato che il cristianesim o giri, insiem e alle altre religioni, com e u n pianeta intorno a Dio...? - Se questo non fosse il m io caso, che paure provo davan­ ti alla possibilità di adottare u n a posizione pluralista nel­ la m ia fede cristiana? Bibliografia Nella precedente lezione abbiamo già citato la bibliografia che si fa carico delle classificazioni delle posizioni teologiche in m a­ teria di teologia delle religioni. In questa lezione segnaliam o so­ lamente alcune opere che sono considerate com e le più rap­ presentative o le più opportune per studiare ciascuna delle cor­ renti. • Esclusivismo Kern W., Ausserhalb der Kirche kein heil? Freiburg in Br. 1979. Knitter P., Introducing Theologies o f religions, Orbis, New York 2002, pp. 19-62. K ung H ans, La Iglesia, Herder, Barcellona 1969, pp. 373-380. S ullivan F rancis A., Hay salvación fuera de la Iglesia?, Desclée, Bilbao 1999, collana Teoria n. 2. Molto utile per studiare la 95

storia dell’esclusivismo cattolico fino ai nostri giorni (l’auto­ re si colloca nella posizione inclusivista). • Inclusivismo Concilio Vaticano II, LG (Lumen Gentium), GS (Gaudium et Spes), NA (Nostra Aetate), UR (Unitatis Redintegratió). Danielou J., Le mystère du salut des nations, Paris 1946. De Lubac H enry, Paradoxe et mystère de l’Eglise, Paris 1967. Dhavamony M ariasuSai, Teología de las religiones. Reflexión si­ stemática para una comprensión cristiana de las religiones. San Pablo, Madrid 1997. Dupuis J., Verso una teologia del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997. R a h n e r K., L os cristianos anónim os, in Escritos de Teología 6, Taurus, Madrid, 1969, pp. 535-544; El cristianismo y las reli­ giones no cristianas, in Escritos de Teología 5, Taurus, Madrid 1964, pp. 135-156; Curso fundamental de la fe, Herder, Bar­ celona 1976. Von B althasar H.U., Dare we hope that all men be saved?, San Francisco 1988. • Pluralismo G omis J oaquim (coordinador), El Concilio Vaticano III. Cómo lo imaginan 17 cristianos, H erder Barcelona 2001; cf. specialmente i testi di A. T orres Q ueiruga e P. Casaldàliga. H ick J., God Has Many Names, Macmillan, London 1980; The Westminster Press, Philadelphia 1982. H ick J., The metaphor o f God Incarnate, SCM Press, London 20052; trad, sp.. La metáfora de Dios encamado, Abya Yala, Quito 2004. Due capitoli dell’opera sono in K nitter P.F., No Other Name? A Critical Survey o f Christian Atti­ tudes Toward the World Religions, Orbis Books, Maryknoll (1985) 200012. Knitter P.F., Jesus and the Other Names. Christian Mission and Global Responsability, Orbis Books, Maryknoll 20012. M elloni J avier, El Uno en lo Múltiple. Aproximación a la diversi­ dad y unidad de las religiones, Sal Terrae, Santander 2003. Panikkar R., Toda religiào autèntica é caminho de salvagào, in AA.W., Ecumenismo das religióes, Vozes, Petrópolis 1971. P anikkar R., The Unknown Christ o f Hinduism, Maryknoll, NY 1981, l’originale è del 1964. 96

Tamayo J uan J osé , Fundamentalismo y diálogo entre las religiones, Trotta, Madrid 2004. Tamayo J.J., Hacia un nuevo paradigma teológico intercultural e interreligioso, in Alternativas 27 (giugno 2004) pp. 57-88, Ma­ nagua. T orres Q ueiruga A., Dios y las religiones: inreligionación, univer­ salismo asimétrico y teocentrismo jesuánico, capitolo 6 del li­ bro Del terror de Isaac al Abbá de Jesús, Verbo Divino, Estella 2000. T orres Q ueiruga A., Cristianismo y religiones: «inreligionación» y cristianismo asimétrico, in Sal Terrae 997 (gennaio 1999) pp. 3-19; RELaT n. 241: . T orres Q ueiruga A., Diálogo de las religiones y autocomprensión cristiana, Sal Terrae, Santander 2005; cf. El diálogo de las re­ ligiones nella biblioteca di Koinonía: . Vigil J.M., Macroecumenismo: teología de las religiones latinoame­ ricana, in Alternativas 27 (junio 2004) pp. 109-126, Managua. Vigil , Tomita, B arros (ASETT-EATWOT), Por los muchos cam i­ nos de Dios - II. Hacia una teología cristiana y latinoamerica­ na del pluralismo religioso, Abya Yala, Quito 2004.

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______________ Capitolo ottavo______________ Una nuova comprensione della Rivelazione

Siam o nella seconda parte del corso, che corrisponde al «giu­ dicare». Nella lezione precedente abbiamo ripercorso le prin­ cipali posizioni teologiche che di fatto si esprimono, o sono state espresse, in materia di teologia delle religioni. Proba­ bilmente avremo già sperimentato intuizioni, sintonie... ri­ guardo al nostro modo di guardare teologicamente alle reli­ gioni. Ma non cercheremo di discemere le nostre opzioni: non abbiamo ancora la capacità di farlo. Arrivati a questo punto, in cui abbiamo già dispiegato tutto il panoram a del­ la teologia delle religioni, dobbiamo passare ad un altro pia­ no ed approfondire altri elementi. Dobbiamo avvicinare e rivedere in modo sistematico gli ele­ m enti fondamentali che ci daranno la possibilità di costrui­ re ordinatamente l’edificio della teologia delle religioni. Il pri­ mo elemento è la Rivelazione. In effetti una sbagliata com ­ prensione della Rivelazione distorce tutta la nostra visione teologica. Nella presente unità cercheremo di assumere, in sintesi, la trasformazione che si è prodotta nella compren­ sione della rivelazione entro il moderno cristianesimo, per essere liberi da influenze negative dovute all’utilizzo di m e­ diazioni improprie. I. Per sviluppare il tema Esclusivismo e fondam entalism o Oggi, chi pensa in m odo esclusivista viene detto «fonda­ m entalista»1. Fondam entalism o è un concetto che ha avu­ to origine in am bito cristiano protestante statunitense al1 Quando diciamo «fondamentalismo» potremmo dire integralismo, conservatorismo, tradizionalismo, immobilismo, pensiero reaziona­ rio... Noi ci atteniamo al termine più diffuso, proveniente dal prote­ stantesimo statunitense. 98

l'inizio del XX secolo. Oggi, più am piam ente, chiam iam o fondam entalista la posizione di chi m antiene un pensiero chiuso in se stesso, senza dialogo con il m ondo m oderno, poggiato su u n a interpretazione letterale della B ibbia (o, in generale, delle sacre S critture della propria religione), considerata l’unica fonte religiosa di verità, nella quale non ci sarebbe alcun errore... Quello che noi oggi chiam iam o fondam entalism o o, sem ­ plicemente, m entalità conservatrice, è stata la posizione do­ m inante nel cristianesim o per secoli, per m illecinquecento anni. Il protestantesim o è stato il prim o ad aprirsi a un m o­ do di pensare «moderno», critico, lungo un processo labo­ rioso e persino doloroso2, che cominciò già nel XVIII seco­ lo. Il cristianesim o sarebbe rim asto chiuso al rinnovam en­ to teologico e biblico del m ondo protestante, alm eno fino agli anni '40 del XX secolo3. Cioè i cristiani, nel loro insie­ me, provengono da una teologia e da una spiritualità sim i­ li a quelle che oggi chiam iam o fondam entaliste. Appena 60 anni fa per i cattolici, 100 o 200 per alcuni settori dei pro­ testanti, i «padri della fede» erano fondam entalisti. L’edu­ cazione religiosa delle persone che si sono form ate p rim a di quegli anni è stata chiaram ente somigliante agli atteggia­ m enti che oggi chiam erem m o fondam entalisti. In un certo senso potrem m o dire che, per la m aggior parte, noi cristia­ ni proveniam o tutti dal fondam entalism o... Possiam o forse dire che questo fondam entalism o è orm ai scom parso dal cristianesim o e che ce ne siam o liberati? Senza dubbio no. Per esempio: benché l’esclusivismo sia stato «felicemente superato» nel com plesso del cristiane­ sim o, m olti degli elem enti principali del fondam entalism o che lo sostenevano continuano a perm anere nell'inclusivism o da cui è stato sostituito4. Si vedano, per esem pio, al2 Diceva Tillich che il cristianesimo protestante è stata l’unica reli­ gione che ha fatto uno sforzo serio per dialogare con la modernità. Segnalava che, allora, né il cattolicesimo, né l’ebraismo, né l’Islam lo avevano ancora fatto. 3 L’enciclica Divino Afflante Spirita, di Pio XII nel 1943, significò l’apertura, l’ammissione entro il cattolicesimo dei metodi scientifici o critici di accesso alla Scrittura. Il consolidamento di questa aper­ tura non ci sarebbe stato fino al Concilio Vaticano II, nel 1962-1965. 4 Non dimentichiamo che, come abbiamo detto nella lezione prece­ dente, l’inclusivismo non cessa di essere un «esclusivismo modera99

cune afferm azioni che ancora perm angono nella m aggior parte dell’am bito del cristianesim o attuale, e che conti­ nuano a risuonare com e esclusiviste: - solo la B ibbia è Parola di Dio; i «libri sacri» delle altre religioni sono «letteratura religiosa»; li possiam o leggere con rispetto e am m irazione, m a non com e «rivelazioni», né possiam o utilizzarli nell’am bito liturgico; - solam ente a noi Dio è venuto incontro ed ha donato la sua Parola nella sua rivelazione; le altre religioni tentano di incontrare Dio, lo cercano a tentoni...; - la nostra religione è «la» vera religione, perché è l’unica che Dio ha stabilito in questo m ondo; - per questo dobbiam o predicare la nostra religione, come una m issione, a coloro che ignorano il m essaggio di sal­ vezza, che Dio ha confidato a noi perché lo portiam o fino ai confini del m ondo... Benché il cristianesim o nel suo insiem e e la teologia in p a r­ ticolare siano avanzati significativam ente nella revisione del proprio pensiero, si verifica un conflitto - a volte m a­ nifesto - tra la cu ltu ra m oderna e la cultura religiosa di m olti cristiani di oggi. La loro visione religiosa continua a essere fondam entalista, conservatrice, an co rata a posizio­ ni incom patibili con la m entalità m oderna. In questo m o­ do non è possibile procedere nel rinnovam ento del pen­ siero teologico e nem m eno, concretam ente, nel cam po del­ la teologia delle religioni, di cui ci stiam o occupando. Senza una revisione dei presupposti teologici fondam en­ tali, la persona non può distaccarsi dagli schem i classici conservatori e non può avanzare verso posizioni più aper­ te e realiste. Allora dunque, il concetto principale che è alla base della visione conservatrice del cristianesim o - e nel concreto dell’esclusivismo - è il concetto di «rivelazione». Q uando dom andiam o ad u n a persona con m entalità esclusivista quali sono le ragioni «ultime» della sua posizione, inva­

io»: nell'inclusivismo continuano a esserci molti elementi detenuti «in esdusiva» dalla religione inclusivista. Ormai non è più quest’ultima ad avere e a mantenere la salvezza in esclusiva; ora la salvezza è presente anche al di fuori di essa, però continua ad appartenerle, a essere «sua»... 100

riabilm ente invocherà la Bibbia, la rivelazione: «È Dio che ci h a detto la verità e noi dobbiam o accettarla con religiosa sottom issione». Q uando alcuni cristiani di oggi si oppon­ gono alla posizione pluralista (come quando gli inquisitori del XVI secolo si opponevano aH'eliocentrismo), la loro ragione ultim a era e continua ad essere la Bibbia, la rive­ lazione cristiana: è Dio stesso - dicevano e continuano a dire - che ci h a rivelato la verità, che ci ha detto quello in cui dobbiam o credere, e questa rivelazione è letteralm en­ te certa e lo è in m aniera im m utabile. Per questo è m olto im portante riesam inare questo tem a della rivelazione, che è parte dei fondam enti stessi di qua­ lunque posizione si possa adottare, non solo nel cam po del­ la teologia delle religioni, m a anche in tu tta la teologia e nell’insiem e della fede cristiana. Il vecchio concetto di rivelazione Ci stiam o m uovendo nel cam po della rivelazione cristiana che, com ’è noto, ha nella B ibbia la sua m assim a espres­ sione e il suo p unto di riferim ento. Potrem m o segnalare vari punti com e elem enti chiave del­ la rivelazione biblica - nella visione classica - che in se­ guito sono stati superati. C ercherem o di descriverli. • Il prim o di questi elem enti lo potrem m o definire: «Dio è l’autore», inteso in m odo estrem o e unilaterale. La Bibbia è parola «di Dio», intendendo con ciò che non è opera de­ gli uom ini, m a è un libro interam ente divino e per niente um ano. In questa visione, sebbene non sia u n libro lette­ ralm ente «caduto dal cielo», però è qualcosa di equivalen­ te: u n libro che è stato ispirato da Dio agli uom ini che lo hanno scritto. Questi erano strum enti in m ano di Dio5. Al livello più estrem o di questa interpretazione si è arrivati a dire che è stato «dettato» da Dio6. Nella m entalità popola­ re la B ibbia si riveste di un alone m agico, a volte feticista: 5 Molte riflessioni teologiche sono state compiute riguardo al tipo di causa strumentale che gli scrittori sacri rappresentavano nelle mani (o nella bocca) di Dio. Le elaborazioni che alla fíne hanno indicato le linee sono state quelle di sant’Agostino. 6 Nel caso della Bibbia ci fu un caso estremo, quello di J. Gerhard, 101

vedere e toccare la parola di Dio in u n libro nelle proprie m ani, contenente parole con le quali Dio parla personal­ m ente a noi... porta con sé la tentazione di ricorrere ad es­ se per trovare risposte im m ediate a qualunque dei nostri problem i. • Un altro elem ento chiave è la verbalizzazione esagerata che s’im possessò della concezione stessa della rivelazione biblica. N onostante il Concilio Vaticano II abbia recupe­ rato la presenza delle «opere» nello sviluppo della rivela­ zione7, la concezione che di questa si è avuto durante più di m illecinquecento anni, e che al fondo perd u ra nel subcosciente collettivo cristiano, è che la rivelazione è so­ prattutto parola, con tutto ciò che questo com porta di ver­ balism o e concettualism o; una rivelazione intesa fonda­ m entalm ente come dottrina, verità rivelate, «deposito» di verità che bisogna osservare e preservare intatte... • Un altro elem ento è il biblicism o letterale che si è speri­ m entato: il porre la Bibbia, come testo m ateriale, sopra la realtà, fuori dalla storia, più in là dell’um ano, adornata di qualità uniche come l’«inerranza», l’im possibilità a conte­ nere errori, l’infallibità... Per chi ha questa visione della Bibbia è possibile prendere qualunque testo, estrarlo dal contesto, non dom andarsi nem m eno quando è stato scrit­ to, né da chi, né che cosa voleva dire l’au tore... e leggerlo direttam ente, con ingenuità acritica, e applicarlo nel suo più semplice significato letterale a qualunque situazione um ana... • Un altro elemento che non siam o soliti affrontare e di cui non siamo coscienti, m a che è presente in questa conce­ zione fondam entalista della Bibbia, è la sua «unicità»: so­ lo la Bibbia è ciò che è. N on c’è niente di uguale o di si­ mile al m ondo. Solo la Bibbia è p aro la di Dio, e perciò m e­ rita la nostra fede e la nostra cieca obbedienza. Non può esserci u n ’«altra» parola di Dio. Ogni altra che pretenda di essere Parola di Dio, è falsa. che giunse ad affermare che la Bibbia era stata dettata persino nei suoi segni vocalici, quelle vocali che , precisamente, l'ebreo non scri­ ve. Cf. A. Bea, Inspiration, IV. Die Lehre bei Protestanten, in LThK 5 (1960) col. 709; cf. coll. 708-711. 7«Questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole in­ timamente connessi» (Dei Verbum 2). 102

Questa unicità, evidentem ente, è basata in definitiva pro­ priam ente sulla parola della Bibbia, come un «criterio in­ terno a priori», o come un ragionamento circolare: la Bibbia è la parola di Dio, e solo essa lo è perché vi è scritto... Q uan­ do si sollecitano i cristiani restii a passare dall’inclusivismo al pluralism o a esprim ere qual è la ragione ultim a della lo­ ro resistenza, appare come ultim o term ine l’argom ento dell’autorità della Bibbia e della tradizione: la Bibbia lo di­ ce, abbiam o sem pre pensato così, così ci dissero i nostri pa­ dri, così la Chiesa c’im pone di pensare. Si tratta, come ab­ biam o detto, di u n ragionam ento circolare8, della m ancan­ za di pensiero adulto e critico. La crisi Questo vecchio concetto di rivelazione (vecchio e contem ­ poraneam ente ancora attuale) è andato poco a poco sgre­ tolandosi nell’im patto col pensiero m oderno. Non descri­ verem o questa crisi, che è presente in m olti m anuali d’in­ troduzione alla Bibbia, e che raccom andiam o a tu tti di stu­ diare o di ricordare, se già li conoscono. Ciò che è im portante dire è che questa evoluzione fu real­ m ente una crisi; da u n a parte ci furono i teologi e i bibli­ sti a studiare, scoprire, proporre... e dall'altra le chiese isti­ tuzionali, che rifiutavano le scoperte com provate e le ipo­ tesi proposte com e plausibili. Il conservatorism o è legge p e rle istituzioni religiose. Nel cam po religioso, le resistenze intellettuali sanno rivestirsi di argom entazioni «infallibi­ li», in difesa della fede e dell’«onore di Dio». A volte, una nuova m entalità può farsi strada solo col passare del tem ­ po, quando si fa avanti u n a nuova generazione u m an a già cresciuta con u n a nuova com prensione della fede, com pa­ tibile con le nuove im postazioni culturali. A questo proposito, è interessante ricordare il caso che si ve­ rificò quando Lessing pubblicò nel 1778 l’opera di Reimarus, la prim a ricerca «scientifica» di linea critica riguardo alla vita di Gesù. L’im m agine prefabbricata che si aveva si­ no ad allora della vita di Gesù, che non aveva sostegno cri­ tico nella Scrittura, fu scartata. Molti sem inaristi abbando8 Nella logica classica, questo errore logico si definisce «petizione di principio». 103

narono il sem inario in cerca di un’altra occupazione per la loro vita9... È un segno chiaro ed eloquente: le teorie teolo­ giche non sono teorie inutili né superficiali, che ci possano essere indifferenti, m a elem enti simbolici essenziali nei qua­ li è in gioco il senso della vita dell’uom o. È m olto e molto profondo ciò che è in gioco in questi tem i e problem i... Questa opposizione dell’istituzione alla trasform azione del pensiero che sta dirigendo e arm onizzando il rapporto del­ la fede con gli avanzam enti culturali, sem bra essere legge della vita e legge della storia. Ciononostante, le idee m uo­ vono il m ondo, spingono in avanti la storia e spingono in avanti anche le religioni. È dunque la trasform azione del concetto di rivelazione ciò che sta alla base dell’emergere del pluralism o di fronte all’inclusivismo, come paradigm i in successione nello sviluppo della teologia delle religioni. Così come la «fine della cri­ stianità» fu confusa dai teologi conservatori come la «fine del cristianesimo», allo stesso m odo la posizione pluralista è confusa con la negazione del cristianesim o. Così come l'eliocentrismo fu considerato in contrasto con la Bibbia, co­ sì anche oggi il teocentrism o pluralista - in una rivoluzione teologica copernicana simile a quella astronom ica - è con­ siderato da alcuni teologi anch’esso in contrasto con la Bib­ bia. La concezione classica della rivelazione è in ogni caso il punto centrale delle resistenze dell’avanzam ento della m en­ talità pluralista. Ed è per questo che è necessario ap­ profondire questo tem a della trasform azione del concetto di rivelazione. Visione attuale della rivelazione Dove ci h a p ortato questa trasform azione del concetto di rivelazione? N em m eno qui farem o u n a presentazione este­ sa, m a una rapida sintesi degli elem enti principali di que­ sta nuova visione che rende possibile, tra le altre trasfor­ m azioni teologiche, uno slittam ento di m entalità dall’inclusivismo verso il pluralism o. 9 Così è testimoniato da Semmler nel prologo della sua confutazione di Reimarus. Cf. A. Schweitzer, Gesichte der Leben-Jesu-Forschung, Munich/Hamburg 1976, p. 67 (trad. sp. Investigaciones sobre la vida de Jesús, Edicep, Valencia 1990, p. 76). 104

• La rivelazione si esprim e in un processo um ano dentro la storia. La rivelazione non cade dal cielo «già fatta». «La rivelazione - sia quello che sia, nella sua intim a essenza non è apparsa com e parola com piuta, com e oracolo di una divinità ascoltato da un veggente o da un indovino, m a co­ m e esperienza um an a viva, come un “rendersi conto” a p a r­ tire dai suggerim enti e dalle necessità dell’am biente e so­ stenuto nel contatto m isterioso con il sacro»101. La rivelazione non è in realtà alcune parole o alcuni testi, bensì è il processo vitale di u n popolo che h a fatto una esperienza religiosa, che alla fine si è m aterializzata in una espressione scritta. La rivelazione non è il testo, non sono le parole, non è u n libro. È piuttosto il processo, l’espe­ rienza religiosa stessa per la quale questo popolo, come tu tti gli altri popoli, ha cercato di dare u n senso alla p ro ­ pria vita a p artire dai m iti del m ondo religioso e culturale in cui viveva, m a caratterizzato e ricostituito attraverso l'esperienza di Dio che ha vissuto nella p ropria sto ria11. N on esiste rivelazione allo stato p u ro ... La rivelazione si esprim e solam ente nella ricchezza dell’um ano, nel labo­ rioso processo delle tradizioni, nella capacità culturale dell’am biente e nelle possibilità del linguaggio, nello sfor­ zo per rispondere alle dom ande e alle necessità concrete delle diverse com unità, nella riflessione teologica di figu­ re individuali e di determ inate com unità. «Si dà in» tutto questo; non diciam o che «si riduce a» questo12. La rivela­ zione è «la m anifestazione della profondità dell’essere a t­ traverso la conoscenza um an a» 13. • La rivelazione è u n processo universale, che si m anifesta in tu tti i popoli. Tutti i popoli sono um ani ed è parte dell’es­ sere um ano la necessità di dotarsi di un senso religioso, sia individuale che com unitario. I paleontologi pensano di trovarsi di fronte a u n ritrovam ento archeologico di resti «umani» e non di sem plici «ominidi» quando vi osservano la presenza di segni religiosi, p er esem pio nelle sepolture... Potrem m o dire che l’hom o sapiens è dal principio equipa­ rabile all’uom o religiosus. 10 Torres Queiruga, Andrés, La revelación de Dios en la realización del hombre, Cristianidad, Madrid 1987, pp. 66-67. 11 Ibid. 12 Ibid. 13 Tillich, Paul, Teología sistemática, I, Barcelona 1972, p. 128. 105

Nel cosiddetto «periodo assiale» (800-200 a.C.) u n buon nu­ m ero di popoli del m ondo antico sperim entarono uno stes­ so tipo di trasform azione religiosa, che dette origine alle grandi religioni m ondiali, le «grandi religioni» o «religioni universali» che ancora oggi perm angono. Gli scienziati del­ la religione, così come gli antropologi, gli archeologi, i teo­ logi, i biblisti... sono d'accordo riguardo al fatto che il pro­ cesso interno vissuto dal popolo di Dio che si riflette nella Bibbia è un processo strutturalm ente simile ai processi re­ ligiosi degli altri popoli, sviluppati al m argine e prim a del processo del popolo di Israele14. • Tutte le religioni sono rivelate: ci fu un tem po nel quale gli storici delle religioni hanno distinto tra religioni «na­ turali» e religioni «rivelate»; però «uno studio più attento ha dim ostrato che questa antitesi risulta m olto difficile da m antenere»15. Da parte nostra noi cristiani tendiam o logi­ cam ente a considerare la B ibbia com e un m ondo a parte, senza neppure contatti con la realtà circostante, come n a­ ta interam ente da se stessa, senza influssi né contam ina­ zioni... In realtà oggi nessun teologo serio avrà la pretesa che le scritture ebree e cristiane possano essere conside­ rate a parte rispetto alle altre opere nelle quali sono con­ segnate le credenze e le esperienze religiose delle altre re­ ligioni16. «La rivelazione appartiene all’autocom prensione di ogni la religione, che sem pre considera se stessa come creazione divina e non m eram ente um an a» 17. «Tutte sono religioni della rivelazione»18. • Nel linguaggio classico potrem m o dire che Dio si vuole

14 Norbert Lohfink parla del caso di Mari, dove, mezzo secolo prima di Mosè, prima che Israele esistesse come popolo, un intero millen­ nio prima del culmine della profezia in Israele, esistevano già uomi­ ni che, nonostante tutte le differenze concrete, si presentavano in mo­ do simile a quello dei profeti successivi del popolo giudeo. Los pro­ fetas, ayer y hoy, in Gonzaléz - Lohfink - Von Rad, Profetas verdade­ ros, profetas falsos, Sígueme, Salamanca 1976, p. 107. Cf. Torres Queiruga, ibid., p. 69. 15 E.O. lames, Introducción a la historia comparada de las religiones, Cristiandad, Madrid 1973, p.16. 16 Torres Queiruga, ibid., p. 29. 17 C.M Edsmann, Offenbarung I. Citato da Torres Queiruga, ibid., p. 28. 18 Torres Queiruga, ibid., p. 32.

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rivelare a tu tti gli esseri um ani e a tu tti i popoli, e vuole ri­ velarsi nella sua m assim a espressione, sem pre, in tu tti i m om enti. D obbiam o pensare che il lim ite di questa rive­ lazione sia un lim ite nel recepirla e sia un lim ite n o stro 19, di ogni popolo, di alcuni più che di altri... • Q uesta nuova com prensione della rivelazione com porta u n a presa di coscienza «deH’am pliam ento del cam po rivelatorio». È da «scoprire tu tta la realtà come m anifestazio­ ne di Dio. Essa è il luogo della forza rivelatrice del Signo­ re sullo spirito dell’essere um ano. In m odo che, anche nel­ la radicale e costitutiva oscurità, c’è evidenza della rivela­ zione in tu tto il reale. Nella m isura in cui qualcosa è, c’è m anifestazione di Dio»20. • «Le religioni sono, in definitiva, i punti dove si conden­ sa questa ‘evidenza’ generale, i luoghi dove la forza rivela­ trice riesce a rom pere espressam ente l’opacità dello spiri­ to finito. La religione biblica non risulta in questo senso diversa. Perciò, lontano dagli esclusivismi caduchi, si de­ ve p artire dall’assiom a fondam entale: ‘Tutte le religioni so­ no vere’, nel senso che in esse si cap ta realm ente, anche se non adeguatam ente, la presenza di Dio. I lim iti stanno nel m odo e nella definitività»21. • Potrem m o dire che, in un certo senso, la parola «rivela­ zione» ci può sem brare inadeguata. Perché si riferisce a un m istero, a una profonda dim ensione dell’essere um ano, che viene espressa m ediante u n ’im m agine proveniente da un pensiero magico: «ri-velazione», ossia «dis-velamento», spo­ stam ento del velo che ci impediva di vedere qualcosa, spo­ stam ento che evidentem ente viene attribuito a qualcosa di esterno a noi... per quanto attualizziam o la com prensione di questo m istero - come abbiam o appena cercato breve­ m ente di fare - succede che la stessa parola «rivelazione», per associazione spontanea di idee, ci tradisce inconsape­ volmente nell’evocare, in m aniera surrettizia, la vecchia com ­ prensione che precisam ente volevamo superare. Le parole non sono innocenti. Siamo persuasi che sia meglio non uti-

19 Queste sono conclusioni sintetiche del trattato sulla Rivelazione di Torres Queiruga, ibid., p. 459, epilogo. 20Ibid., p. 466. 21 Ibid., pp. 467 e 471. 107

lizzare la parola, o alm eno, renderla con altri sinonim i che non siano caricati di alcun pensiero magico nella letteralità deH’im m agine che veicolano. Quella che abbiam o chiam ato classicam ente «rivelazione» potrebbe essere, con vantaggio, definita «processo um ano di acquisizione di coscienza», «processo di riflessione religiosa»... Con queste conclusioni di Andrés Torres Queiruga, term i­ niam o anche noi questa presentazione concisa della tra ­ sform azione del concetto di rivelazione che, com e abbia­ m o potuto vedere, ci lascia con u n a predisposizione m ol­ to diversa di fronte al pan o ram a dei paradigm i o delle di­ verse posizioni teologiche della teologia delle religioni. Evidentem ente la sintesi qui presentata non ci dispensa dall'utilità di u n avvicinam ento personale più am pio alla questione. E sortiam o vivam ente il lettore a farlo. Per que­ sto segnaliam o alcune opere nella bibliografia. II. Testi antologici • Si veda il capitolo 2 di Enigmas de la Biblia, 2, di A riel À lvarez V a ld és . R accom andiam o vivam ente la lettura dell’opera com pleta. • G onzalez F aus J.I., Avanzadillas de la crítica bíblica, in La autoridad de la verdad, H erder, B arcelona 1996, pp. 108109, 162-163.• • La parola di Dio è parola di uom ini che parlano di Dio. Dire sic et sim pliciter che «la B ibbia è parola di Dio» non corrisponde alla verità. È solo indirettam ente parola di Dio. Gli scritti biblici sono testim onianze di uom ini di Dio che hanno vissuto u n a storia e hanno m anifestato Dio. Q uan­ do la Bibbia dice: «Dio ha detto. C risto h a detto...» non è Dio che lo ha detto, non è Cristo in senso proprio che lo h a detto, m a gli uom ini che hanno raccontato la loro espe­ rienza di rapporto con Dio. La loro esperienza viene dallo Spirito e, in questo senso, si può co rrettam ente afferm are che la Bibbia è ispirata. Allo stesso tem po però è necessario tener presente la m e­ diazione um ana, storica, contingente. N on si dà m ai un in­ contro diretto, a tu p er tu, di Dio con l’uom o, m a sem pre at­ traverso m ediazioni. Sono gli uom ini che parlano di Dio. Per la ricerca teologica e per intendere l’evoluzione dei dog­ mi, questo è m olto im portante. Non si può com prendere la 108

nuova teologia senza questo concetto di rivelazione mediata dalla storia, dall’esperienza interpretativa degli uom ini. Quando non si accetta la m ediazione, si cade necessaria­ m ente nel fondam entalism o (cf. E. S chillebeeck x , Soy un teòlogo feliz, Sociedad de Educación Atenas, M adrid 1994, pp. 72-73)22. • Succede non solo nella coscienza com une, m a anche nel­ la predicazione ordinaria, nei libri di divulgazione e p er­ sino in non pochi teologi. La concezione che si è soliti d a ­ re com e ovvia e presupposta, si può contraddistinguere coi seguenti tratti: a) Dio si è rivelato p er m ezzo di apparizio­ ni, visioni e parole ascoltate o dettate, perché fossero scrit­ te, a determ inate persone com e i profeti o gli apostoli; b) queste persone le trasm ettono agli altri oralm ente o per iscritto, a volte conferm andole con segni e m iracoli; c) gli altri si fidano di loro e, appoggiati alla loro testim onianza, credono che Dio ha detto o h a rivelato ciò che loro dico­ no. In definitiva, credere nella rivelazione sarebbe «accet­ tare qualcosa come parola di Dio, perché qualcuno dice che Dio glielo h a detto perché lui lo dicesse agli altri» (A. T o r r es Q ueiruga , voce «Revelación», in Diez Palabras cla­ ve en Religión, Verbo Divino, Estella 1992, pp. 179-180). III. Domande per riflettere e per dialogare - A che età ho conosciuto per la prim a volta la Bibbia? Per­ ché la B ibbia non era quasi conosciuta nel popolo cattoli­ co p rim a del Concilio V aticano II? R icordare le cause sto­ riche. - Com’era l’im m agine della B ibbia che m i han n o dato qu an ­ do ero bam bino? - Ho avuto l’opportunità di rinnovare la m ia form azione biblica? - Che rapporto vedo tra questo tem a e le fam ose posizio­ ni teologiche in m ateria di teologia delle religioni (esclu­ sivismo, inclusivism o e pluralism o)? - La B ibbia afferm a che solo essa è «parola di Dio»? Do­ ve? E se lo dice, questa è parola di Dio o è u n a form a se22 Edizione originale italiana. Sono un teologo felice, EDB, Bologna 1993. 109

condo cui noi la percepiam o? Aprire u n dialogo riguardo a ciò nel gruppo. - Che iniziative, che possibilità, libri, corsi, risorse... co­ nosciam o p er il rinnovam ento delle nostre cognizioni bi­ bliche? - Abbiamo visto qualche altro «libro sacro» di altre reli­ gioni? Si possono acquistare nel nostro paese e dove? Qua­ li altre religioni im portanti (m ondiali o locali) sono pre­ senti nella società in cui viviamo? Che libri sacri «do­ vremmo» conoscere p er apprezzare la qualità della reli­ gione dei nostri fratelli e sorelle di altre religioni? - Quali altri «libri sacri» abbiam o letto? Com m entare l’esperienza di ognuno. - È possibile dare uno spazio adeguato alla lettura della «Parola di Dio» delle altre religioni nella m ia preghiera per­ sonale, nei nostri m om enti di preghiera com unitaria, nel­ le nostre celebrazioni paraliturgiche, nell’e u caristia... ? Per­ ché?

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____________ Capitolo nono_____________ Due principi fondamentali: il pluralismo è positivo e voluto da Dio. Non ci sono eletti

Ricapitoliamo l’itinerario che abbiamo seguito fino ad ora. Dopo aver osservato la realtà attuale e la storia dal p u n to di vista del pluralism o religioso, dopo esserci messi in allerta ricorrendo all’ermeneutica del sospetto e dotati di alcuni stru­ m enti e classificazioni, nell'unità precedente ci siam o ad­ dentrati in un tema che si pone alla base ed è previo alla teo­ logia delle religioni, un tema che filtra e precondiziona tutti gli altri: il concetto di rivelazione. Abbiamo dunque la capacità di entrare in pieno nel cuore stesso della teologia delle religioni. E ci addentriamo in que­ sto nucleo centrale dichiarando quello che consideriamo pos­ sa essere un «principio» nuovo fondamentale: l ’a ffermazio­ ne del carattere positivo del pluralism o religioso, che per ciò stesso non è solo un pluralism o di «fa tto », m a anche di «di­ ritto», per principio... Subito dopo stabiliremo un altro grande criterio che lo com ­ pleta e lo definisce, che ci porterà a rinunciare alla categoria dell’«elezione»... I. Per sviluppare il tema A) Primo principio: «Il pluralism o religioso è positivo e voluto da Dio» V isione

classica d e l pluralism o r e l ig io so

Com’era visto classicam ente il pluralism o religioso (la plu­ ralità delle religioni)? Com’era considerato? Possiamo dom andarlo in prim o luogo a noi stessi: cosa ci è stato detto nella n o stra form azione religiosa sul fatto che esistessero altre religioni, persino m olte religioni? Proba112

bilm ente la m aggior parte di noi ricorda che non ci è sta­ to detto praticam ente nulla, alm eno in m odo esplicito. Il tem a non figurava tra i tem i di form azione, non faceva p a r­ te delle preoccupazioni teologiche di allora. Però, affondando nei nostri ricordi, forse potrem o scopri­ re che qualcosa ci è stato detto, alm eno im plicitam ente. In qualche m aniera tu tti noi abbiam o captato, di conseguen­ za, che le altre religioni non erano m olto im portanti. Si po­ trebbe procedere nella vita senza conoscere granché di es­ se. Potrem m o dire che non avevano u n gran significato reli­ gioso, nonostante fossero delle religioni, alcune delle q u a­ li persino grandi religioni. C ertam ente, non si disconosceva il fatto stesso dell’esisten­ za di altre religioni, m a si può dire che questo fosse un dato esterno alla religione cristiana. N on era incorporato nella visione cristiana della vita. A ddirittura era u n dato, un fatto deplorevole, negativo... Se l’accesso a Dio da p a r­ te dell’uom o si offriva attraverso la religione che Dio stes­ so aveva rivelato all’U m anità per m ezzo del proprio figlio Gesù, che senso avevano quelle altre religioni estranee? Come si spiegava che a Dio fossero rim aste «fuori» dal suo (unico) «piano di salvezza» quelle m asse um ane lontane, che n o n partecipavano all’unica religione, la religione of­ ferta all’U m anità da Dio stesso, la religione cristiana? Il Il pluralism o religioso, la pluralità delle religioni era con­ siderata negativam ente. E ra un m isterioso «sbaglio» del piano di Dio. O ppure uno sbaglio tollerato da Dio forse per m etterci alla prova, poiché Dio raccom andava a noi cri­ stiani di portare la salvezza cristiana a quei popoli. Che ci fosse u n a pluralità di religioni era, dunque, u n a situazio­ ne tem porale, destinata a sparire di fronte all’espansione del cristianesim o grazie all’azione m issionaria, che aveva tard ato troppo (venti secoli!). Riassum endo, il pluralism o religioso era dunque un fatto, considerato però negativo, deplorevole, n o n voluto da Dio, forse sem plicem ente tollerato, transitorio e pertanto de­ stinato a sparire, il prim a possibile... Se non era an co ra scom parso, ciò era dovuto alla m ancanza del nostro spiri­ to m issionario.

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(Non ci addentriam o adesso a riferire come la tradizione giudeo-cristiana abbia valutato lungo la sua storia queste re­ ligioni che compongono il blocco del pluralism o religioso. In certi tempi, primitivi, si pensò che le religioni fossero pro­ prie di ogni luogo, come gli dei stessi, vincolati alla terra e con una giurisdizione localizzata geograficam ente1... In al­ tri tempi, gli dei delle altre religioni furono considerati dia­ bolici, idoli, falsi dei, vanità, causa di tutti i m ali12...). U na nuova valutazione SI FA STRADA

del pluralismo relig io so

Abbiamo già parlato in vari punti dell’u n ità precedente del­ la «novità» di u n a nuova tap p a dei rapporti tra le religio­ ni, di un nuovo spirito nella valutazione cristiana delle re­ ligioni... Ebbene, giungiam o al centro di questo scenario. Una chiara novità em erge nel centro della teologia delle re­ ligioni e nel centro del nuovo spirito3 che si percepisce in questo ambito: sorge e si avverte ovunque una nuova va­ lutazione positiva del pluralism o religioso. Esprim iam olo così: quel pluralism o religioso che, com e ab ­ biam o appena detto, è stato da sem pre considerato come un pluralism o di fatto, negativo, senza significato, tem po­ rale, è passato: - da essere considerato negativo —» a essere considerato positivo - da pluralism o di fatto —» a pluralism o di diritto, di p rin ­ cipio

1 Mezenes, Rui De, Pluralismo religioso en el Antiguo Testamento, in Selecciones de Teologia 163 (sett. 2002), pp. 178-179 2 Teixeira, F., Teologia das religiòes. Urna visào panoramica, Paulinas, Sào Paulo 1995, pp. 15-16, presenta una sintesi di questa valutazio­ ne negativa tanto frequente. 3Vigil, J.M., Espiritualidad del pluralismo religioso, in Comisión Teolo­ gica della ASETT, Por lo muchos caminos de Dios. Desafíos del plu­ ralismo religioso a la teología de la liberación - I, Verbo Divino, Qui­ to 2003. ID., Macroecumenismo: teología de las religiones latinoame­ ricana, in ASETT, Por los muchos caminos de Dios - IL Hacia una teologia pluralista de la liberación, Abya Yala, Quito 2004, collana «Tiempo Axial» n. 3. 114

- da pluralism o deplorevole —» a pluralism o con u n a firn zione4 nel piano di Dio - da pluralism o che deve essere ridotto all'unità —» a plu­ ralism o che dev’essere accettato - da pluralism o tem porale, provvisorio —>a pluralism o for­ se per sem pre... Quella vecchia visione (tante volte sem plicem ente incon­ sapevole, m ai espressa) del pluralism o religioso com e di u n pluralism o di fatto, negativo, senza senso, destinato a scom parire... è in crisi. Si estende nel popolo cristiano la sensazione che il pluralism o religioso non sia negativo, ben­ sì positivo, ossia, voluto da Dio... Che u n a religione s’im ­ ponga infine su tu tte le altre sostituendole, non è più visto come l’ideale... Che ragioni fondano questa nuova valutazione positiva? Possiam o raggrupparle in q uattro aspetti: a) u n a nuova immagine di D io: non è accettabile pensare che Dio abbia potuto lasciare u n ’im m ensa parte dell’Um a­ nità senza attenzione, abbandonata alla p ropria iniziativa sem plicem ente um ana, senza «andarle incontro», nell’a t­ tesa che arrivasse l’azione m issionaria della Chiesa cri­ stiana... b) u n a nuova immagine della rivelazione5: questa non è un'azione positiva di Dio lim itata al suo rapporto con un solo popolo, bensì un processo legato all’esistenza di ogni essere um ano e di ogni popolo, in cui tu tta la realtà stori­ ca si converte in rivelazione6; c) u n a nuova immagine dell'uomo', adesso com prendiam o m olto m eglio la n a tu ra culturale dell’essere um ano, e co­ m e perciò Dio deve necessariam ente relazionarsi con lui tram ite u n a form a di «ecclesialità» che, entro la propria cultura, può essere veicolata solam ente attraverso la pro4 Un pluralismo che ha una esplicita raison d'etre, dirà C. Gefré (La singolarità del cristianesimo nell'età del pluralismo religioso, in «Filo­ sofía e teologia» 6/1, 1992, pp. 38-58, citato da Dupuis, Verso una teo­ logia. .., p. 19). Una pluralità «che ha un suo posto nel disegno di Dio per la salvezza dell’umanità», dirà da parte sua Dupuis, ibid. p. 271. 5 Abbiamo trattato questo punto nella lezione precedente 6 Torres Queiruga, A., La revelación de Dios en la realización del hom­ bre, Cristiandad, Madrid 1987, p. 466. 115

p ria religione; ogni essere um ano, ogni popolo si trova nel­ la condizione di ricevere l’azione rivelatrice di Dio, perché «tutti gli uom ini sono elevati all'ordine della salvezza»7... d) u n a nuova immagine del cristianesimo, che, in questa nuo­ va epoca della storia, si vede m esso a confronto, come m ai prim a d'ora8, con le proprie lim itazioni di fronte alla sua pretesa di universalità9. Dopo aver attraversato epoche sto­ riche nelle quali aveva creduto di aver predicato il m essag­ gio cristiano a tutto il m ondo abitato101, ed epoche come l’ini­ zio del XX secolo, in cui riteneva che in pochi decenni avreb­ be convertito religiosam ente il resto del mondo, sem bra ora riscoprire che il suo limite num erico è insuperabile11, e che l’azione m issionaria destinata alla conversione del mondo, in questo senso, ha fallito12... Benché non sia necessario, dobbiam o chiederci: c o m e sta­ ta possibile una valutazione negativa del pluralism o religio­ so per due m illenni da parte del cristianesim o e p er quasi trem ila e cinquecento anni da parte del giudaism o?

7 Casaldàliga - Vigil, Espiritualidad de la liberación, Envío, Managua 1992, pp. 33ss.; Sai Terrae 1992, pp. 34ss. 8 «Una tale situazione non era mai esistita prima nella storia»; P. Ber­ ger, The ereticai imperative, New York 1979, p. 35. 9 Torres Queiruga, A., ibid., p. 335. 10 Sì giunse di fatto a pensare ciò già dal tempo di sant'Agostino: « Si dice che sono ormai pochissime e molto remote le persone alle quali (il Vangelo) non è stato ancora predicato» (Agostino, De Natu­ ra et Gratia, II, 2; PL 44, 905). 11 Di fatto, benché le statistiche dell’Annuario Pontifìcio del 2002 re­ gistrino un aumento quantitativo della popolazione dei cattolici nel mondo, che sono passati da 757 milioni nel 1978 a 1070 milioni nel 2002, in percentuale rispetto alla popolazione mondiale continuano a diminuire, passando dal 17,99% del 1978 al 17,20 % del 2002. Cf. ulteriori dati in REB 255 (luglio 2004) p. 723, Petrópolis. 12 Dupuis parlerà del «fallimento della missione cristiana»: Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, Queriniana, Brescia 1997, p. 518. «Dal punto di vista umano è necessario riconoscere che sto­ ricamente viviamo l’esperienza di un pluralismo religioso apparen­ temente insuperabile. Questo coincide con la coscienza di un certo fallimento della missione della chiesa, soprattutto quando si pensa al piccolo numero di cristiani del continente asiatico» (Geffré, C., O lugar das religiòes no plano da salvando, in Texeira, org., O dialogo inter-religioso corno afìrmagào da vida, Paulinas, Sào Paulo 1997, p. 112 ) .

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Suggeriam o - in questo m om ento non pretendiam o nien­ te più che suggerire - tre risposte: a) In prim o luogo, il pensiero m oderno h a infranto l’im ­ postazione classica della questione della verità, u n a im po­ stazione greca, fondam entalm ente aristotelica, che si b a­ sava sulla visione della m etafìsica e della ontologia classi­ ca, in cui la Verità (Verum) è sem pre Una {Unum), e non può entrare in contraddizione con u n ’altra verità. Ciò che è non può non essere, ed «è im possibile che, p er il m ede­ sim o rispetto, la stessa cosa allo stesso tem po sia e non sia» [Aristotele, Metafisica, Rusconi, M ilano 1994. p. 145, N.d.T.]... Il pensiero m oderno percepisce u n a verità che è com patibile con la pluralità, che sorge persino dalla «coin­ cidenza degli opposti», dal «caos»13... b) In secondo luogo si tra tta del tributo di alcune lim ita­ zioni della conoscenza, dovute alle leggi stesse della evo­ luzione dell’U m anità. Perché tu tti i popoli originari hanno pensato di essere il centro della realtà? Perché hanno p en ­ sato che la loro religione fosse «la» vera religione? Perché hanno valutato negativam ente la pluralità delle altre reli­ gioni? È successo per una legge che potrem m o definire «na­ turale»: l’essere um ano, l'essere in evoluzione, com incia a conoscere a partire da se stesso, e percepisce la realtà, dal prim o m om ento, in rapporto a se stesso che occupa il cen­ tro di tutte le percezioni. A partire da questo centro, am ­ plierà poco a poco il cam po della conoscenza, e solo con questo am pliam ento otterrà nuove prospettive... «Ognuno riceve secondo le proprie capacità», dice l’adagio classico tom ista scolastico14. L’esclusivismo religioso che, come ab­ biam o detto nelle lezioni precedenti, è stato il m odello stru t­ turale spontaneo di (praticam ente) tutte le religioni, obbe­ disce a questa legge (non è un «peccato» peculiare di nes­ suna religione, m a un «difetto naturale», forse inevitabile). Così, la valutazione negativa dell’insiem e della pluralità re­ ligiosa che ci circonda, è stata u n m eccanism o spontaneo, naturale, dovuto strutturalm ente alla condizione evolutiva e processuale dell’essere um ano, considerato sia indivi­ dualm ente che collettivam ente.

13 Affronteremo il tema della verità nel capitolo 14. 14 Summa Teologica, I q. 79, a. 6 in corp. 117

c) Perché allora a questo punto della storia dell’u m an ità ir­ rom pe la coscienza del pluralism o? Si può anche dire che questa irruzione sia l’effetto delle nuove condizioni dei tem ­ pi. Ci troviam o in u n ’ora di m ondializzazione (globalizza­ zione). Con la rivoluzione delle com unicazioni, la facilita­ zione dei viaggi e l’intensificazione delle m igrazioni15, le religioni hanno orm ai preso contatto tra loro. È term ina­ to il tem po del loro isolam ento, ognuna confinata nel suo «piccolo m ondo», inteso com e «l'unico m ondo esistente». In questa situazione non si può non porre a tem a u n a ri­ flessione religiosa e teologica riguardo a questa pluralità di religioni prim a ignorata. Nell’osservare le altre religio­ ni, lo sguardo di ognuna di esse non può cessare di vol­ gersi di riflesso su se stessa. Ogni religione com incia a con­ siderare e a sperim entare se stessa come «una» religione. Inevitabilm ente tutte devono rivedere la p ropria «teologia delle religioni»: cosa significa questa pluralità delle reli­ gioni. La percezione che em erge come evidente è che la propria religione è «una in più», «una tra le altre», anche se que­ sta visione si scontra con l’eredità esclusivista originale di ogni religione. In un prim o m om ento la soluzione di com ­ prom esso16 è un inclusivism o più o m eno m oderato. A lun­ go term ine tu tto fa pensare che ci troviam o di fronte a un lungo cam m ino verso un paradigm a p lu ralista17. Però, a parte le apparenze dell’evoluzione del pensiero, il plurali­ sm o religioso dev’essere fondato teologicam ente. F ondamento teologico DEL «PLURALISMO RELIGIOSO DI PRINCIPIO»

Quali possono essere i fondam enti teologici del pluralism o religioso di principio? In realtà, se riflettiam o un poco, pos­ siam o tutti trovare i princìpi di base che sostengono que­ sta valutazione positiva del pluralism o. Sarebbero:

15 Cf. il capitolo 2. 16 Si tratterà di un nuovo «epiciclo», come dice John Hick? 17 II fatto può essere comparato con il fenomeno della «detradizionalizzazione», di cui parla Giddens, Anthony, Consecuencias de la mo­ dernidad, Alianza, Madrid, 1993; Cf. anche Mardones, José M., A dón­ de va la religión?, Sal Terrae, Santander 1996, pp. 108ss. 118

- l’universale volontà salvifica di Dio; - la sovrabbondante ricchezza e varietà delle autom anife­ stazioni di Dio airU m an ità18. E ntram be le afferm azioni teologiche sono di tale calibro e di tale profondità che risultano indiscutibili. Sono praticam ente assiom i o postulati che, posti in collegamento, susci­ tano l’evidente afferm azione - a partire dalla nostra odier­ na sensibilità - del «pluralismo di principio». Possiamo aggiungere con Dupuis: «Il fatto che Dio abbia par­ lato "molte volte e in diversi m odi” prim a di parlare attra­ verso suo Figlio (Eb 1,1), non è casuale; nem m eno il carat­ tere plurale dell’autom anifestazione di Dio è una m era cosa del passato. Il carattere decisivo della venuta del Figlio nella carne di Gesù Cristo non cancella la presenza e l’azione uni­ versale del Verbo e dello Spirito. Il pluralism o religioso di principio si fonda sull’im m ensità di un Dio che è Amore»19. C o n seg u en ze

teo lo g ic h e di questa valutazione positiva

Ne enum ererem o solo alcune. Cam bia l’im m agine di Dio L’im m agine di Dio del Prim o (Antico) T estam ento era l’im ­ m agine di u n Dio - così alm eno sem bra adesso a noi, con tu tto rispetto - m olto «giudeo», m olto circoscritto al suo popolo, m olto legato alla cultura di u n ’etnia. Anche il Dio cristiano del tem po della cristianità era un dio parziale, che potrebbe sem brare ingiusto nella sua preferenza per la sua Chiesa e la sua tolleranza di fronte alle m alefatte dei suoi figli verso gli altri popoli e religioni. Forse anche in altre religioni, che hanno vissuto la loro religiosità entro 10 stesso paradigm a di esclusivismo, è successo lo stesso: 11 Dio dell’esclusivism o è u n Dio «nostro», del nostro p o ­ polo, che, potrem m o dire, la pensa com e noi, parla la no­ stra lingua, si sente uno del nostro popolo, ci difende cie­ cam ente dai nostri nem ici ed è parziale a nostro favore al di sopra dell’interesse universale della giustizia20... 18 Dupuis, ibid., p. 520. 19 Ibid. 20 Sono innumerevoli questi casi, come quello di «Santiago Mata119

Il «pluralismo di principio», il sapere che il pluralism o è vo­ luto da Dio, cam bia la nostra immagine di Dio, la purifica da questo sciovinismo e da questa chiusura etnocentrica di cui ha sofferto nelle religioni eclusiviste. Dio non è «nostro», Dio non è della nostra razza né della nostra cultura, sebbe­ ne noi lo pensiam o e ne facciam o esperienza attraverso di essa. Dio non è parziale nei nostri confronti come gli dei na­ zionali, o i «demiurghi intercessori», o gli «dei della tribù o del clan» dei popoli primitivi. Dio è oltre tutto ciò e non è m anipolabile. Dio è pluralista, universale, di tutti i popoli... Ciò com porta m olte conseguenze, come possiam o im m a­ ginare... Cam bia la concezione di «Popolo di Dio» Il tem a «Popolo di Dio» conta m olti precedenti nella Chie­ sa e nella Bibbia stessa, ed è un tem a di grande im por­ tanza. D im enticato p er alcuni secoli, il Concilio Vaticano II ebbe il m erito di riscattarlo e di rim etterlo in prim o pia­ no. D urante alcuni anni il tem a e le parole Popolo di Dio furono il leitm otiv principale della teologia e della spiri­ tualità postconciliare. Il Sinodo del 1985 sem brò avere co­ m e obiettivo, tra gli altri, quello di spostare in secondo pia­ no questo concetto21. Di fatto, negli ultim i anni, è stato p ra ­ ticam ente spogliato di ogni protagonism o. Lasciando da parte questa variazione congiunturale dell’ul­ tim a ora e tornando all’im postazione del Concilio Vatica­ no II stesso, che continua ad essere la m assim a autorità, occorre dire che la sua im postazione non era u n p u n to di arrivo, quanto di parten za22. Le posizioni teologiche attuali moros» in Spagna, o di molti luoghi deH’America Latina, dove la tra­ dizione fa sfoggio della protezione divina o mariana ricevuta in di­ fesa contro gli indigeni, per esempio. 21 Si veda un’esaustiva informazione e argomentazione a riguardo in J. Comblin, O povo de Deus, Paulinas, Sao Paulo 2002, pp. 115-132. 22 È necessario riconoscere che oggi, passati ben pochi anni, il testo conciliare ci risulta stranamente timido e restrittivo (cf. Torres Queiruga, El diàlogo de las religiones, Sal Terrae 1992, p. 3. Altrove Tor­ res Queiruga dice che il seme di ciò che il Concilio Vaticano II af­ fermò in materia di dialogo delle religioni è cresciuto come un seme piantato... (cf. El diálogo de las religiones en el mundo actual, in Joa120

sono andate avanti. Oggi l'attuale teologia cristiana delle religioni non è più capace di parlare «del Popolo di Dio» al singolare, identificandolo globalm ente nella storia con il popolo della tradizione religiosa giudeo-cristiana, o iden­ tificandolo attualm ente con il cristianesim o o con u n a de­ term in ata Chiesa. Come m inim o dobbiam o considerare il concetto com e polisem ico, e non univoco o unico. Ci sono m olti «popoli di Dio», ognuno dei quali lo invoca con u n proprio nom e. Il popolo di Dio trascende le fron­ tiere non solo di u n a razza, m a anche di u n a religione. Dio non solo non fa preferenze di persone, m a nem m eno di re­ ligioni. «Dio non fa preferenze di persone, m a chi lo tem e e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga è a lui accetto» (At 10,34-35). Esiste u n popolo di Dio trasver­ sale a tu tti i popoli, costituito da u n a «m oltitudine di figli e figlie di Dio di ogni tribù, lingua, popolo e nazione»23 (Ap 5,9-10), u n popolo gradito e accetto a Dio. Non possiam o dunque continuare a identificare in m aniera univoca, esclu­ siva e costante il concetto di «Popolo di Dio» con quello di cristianesim o o di u n a determ inata Chiesa cristiana. «Popolo di Dio» è stata u n ’espressione che oggi, nel nostro tem po, necessita di u n a reinterpretazione. Non possiam o più utilizzarla «come sem pre», con ingenuità acritica. Non possiam o più ritenere che il popolo di Dio sia il popolo di u n a razza, com e tanti popoli pensarono di se stessi, e nem ­ m eno possiam o pensare che il Popolo di Dio sia uno solo, o che s’identifichi con una cultura o con u n a religione... o che quell’unico Popolo di Dio siam o precisam ente noi e in esclusiva... Fine della «sindrom e degli eletti» e della «sindrom e dell’unigenito» La classica valutazione negativa del pluralism o religioso è all’origine di tu tti gli im perialism i, le invasioni, le conqui­ ste, i colonialism i, i neocolonialism i, le cam pagne di proquim Gomis, ed., El Concilio Vaticano III, Herder-El Ciervo, Barce­ lona 2001, p. 71). 23 Nel libro dell'Apocalisse, e in tutto il mondo antico, fino al mondo medievale incluso, nel concetto di «nazione» è contenuto quello di religione propria di quella nazione. 121

selitism o m issionario (religioso, culturale, político24)... che sono stati e sono intrapresi dalle religioni esclusiviste. Bisogna ricordare che l’esclusivism o e la valutazione ne­ gativa del pluralism o religioso sono realtà correlate: se c’è una, c’è anche l’altra. E quando si m anifestano entram be, si crea u n a coscienza personale e com unitaria - u n a «sin­ drome» - che ci predispone a giustificare tu tti quegli er­ rori: se noi siam o gli unici, coloro che godono del favore di Dio, gli unici a conoscere la rivelazione, e siam o cir­ condati da popoli abbandonati dalla m ano di Dio, che non Lo conoscono, che possono salvarsi solam ente se li ren ­ diam o partecipi della nostra religione... è chiaro che sia­ m o in una situazione di superiorità che giustifica l’assun­ zione paternalistica della loro «protezione». È la «sindro­ me degli eletti». Abbiamo già visto nella terza e nella quar­ ta lezione abbondanti testim onianze di questa sindrom e nella storia della Chiesa. Questa sindrom e può anche m anifestarsi, logicam ente, all’interno di u n a stessa società. È il caso dei settori fon­ dam entalisti, che ragionano così: se la Parola di Dio - co­ sì come noi la conosciam o - è la Verità, essa deve regna­ re ovunque sia possibile25, anche se p er questo sia neces­ sario conquistare e im porre questa possibilità. La Verità religiosa percepita da noi (a volte non solo nella sua di­ mensione strettam ente religiosa, m a anche culturale e so­ ciale) può essere im posta all’insiem e della società: noi di­ ventiamo allora fautori della società confessionale, della società «di cristianità» nel caso cristiano, im ponendo a tu t­ ti di sottom ettersi a questa fede che è la Verità. N essuno ha il diritto di violare questo regim e confessionale nella so­ cietà, perché la n o stra religione è quella vera, e perché «l’er­ rore non ha diritti»; non ha altro diritto se non di conver­ tirsi e sottom ettersi alla Verità che è, fortunatam ente, no­ stra. Non solo il pluralism o religioso, m a anche quello sem ­ plicemente sociale, ideologico, culturale... restano irrea­ lizzabili con questa visione fondam entalista della valuta­ zione negativa del pluralism o religioso; diventano anche impossibili la dem ocrazia, la tolleranza, il rispetto delle

24 II missionario - si diceva - «fa la Chiesa e fa la Patria». 25 Acat, Fundamentalismos. Integrismos. Urna Amea$a dos direìtos hu­ manos. Paulinas, Sào Paulo 2001, p. 35. 122

m oderne libertà di espressione, di pensiero, di religione (!)... così come il rispetto dei diritti um ani. H anno diritti um ani solo coloro che sono nella verità (nostra), non co­ loro che potrebbero utilizzarli a servizio dell’errore... M erita u n a m enzione speciale quella che vorrem m o chia­ m are la «sindrome dell’unigenito», riferendoci - con questo simbolo - alla coscienza psicologica di chi si considera er­ roneam ente figlio unico. Im m aginiam o u n a famiglia n u ­ m erosa che vive nella stessa casa, nella quale uno dei fra­ telli o delle sorelle, m olto affettuoso con suo padre, avesse l’abitudine di rivolgersi a lui non tenendo m inim am ente in conto la presenza degli altri suoi fratelli nella stessa abita­ zione. Nel dialogo con suo padre, egli non fa m ai riferim ento ai fratelli, né li guarda né rivolge loro la parola, né li ascol­ ta, né dom anda, né risponde loro... Si relaziona solam ente con suo padre, come se fosse u n figlio unico, l’unico figlio a essere stato generato, come se gli altri non esistessero, no­ nostante essi, di fatto, siano lì... È questo l’atteggiam ento che vogliamo chiam are «sindrome dell’unigenito». Vediam o allora che questa sindrom e si è m anifestata sto­ ricam ente e continua a farlo attualm ente nel cristianesi­ m o, perché si abbina anche alla coscienza dell’esclusivi­ smo. Se io sono l'unico che ha il privilegio di conoscere la verità, se gli altri procedono a tentoni nell’oscurità, se Dio h a m anifestato tan to chiaram ente la sua predilezione per me, in realtà io non ho bisogno di nessuno se non di Dio. Gli altri è com e se non esistessero. Si trovano al di fuori della m ia relazione con Dio, che considero unica. Così, b a­ sta ripensare alla spiritualità ufficiale, p er esem pio, alla li­ turgia, ai m essali, all’ufficio divino... per vedere che siam o il fratello che si rivolge a suo Padre m olto affettuosam en­ te, con grande am orevolezza, però disconoscendo to tal­ m ente i fratelli delle altre religioni, che assolutam ente non appaiono nell’orizzonte della nostra relazione con Dio (ec­ cetto se preghiam o per la «evangelizzazione dei popoli» o nel giorno delle «missioni», dove essi appaiono come og­ getti della nostra pietosa m isericordia...)26. T utta la litur-

26 «Entro ogni tradizione, nella vita religiosa normale, procediamo di fatto come se esistesse solo una religione: la nostra» (J. Hick, God Has Many Names, p. 40).

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già dev’essere riform ulata, dalla prim a all’ultim a parola, perché è stata com pletam ente concepita, pensata, redatta e vissuta dal presupposto dell’esclusivismo e del plurali­ sm o religioso considerato negativam ente. Il cam biam ento della valutazione del pluralism o religioso fa sì che la persona che ha questa nuova sensibilità scopra presto di sentirsi a disagio, soffocata dall’aria di esclusivi­ sm o che tutte le nostre classiche orazioni ufficiali respira­ no. E ciò che abbiam o detto della liturgia, lo possiam o di­ re della teologia e delle altre realtà e dim ensioni della no­ stra fede. Questa novità esige da noi u n radicale rinnovam ento. «Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi» (Me 2,22)... R ottura dei vecchi schem i Osserviamo il p u n to difficile, la difficoltà teologica m ag­ giore. Benché stiam o parlando della valutazione positiva del plu­ ralism o in generale, in cui rientrano m olte sfum ature, è chiaro che, per ipotesi, u n a valutazione positiva della plu­ ralità delle religioni si dirige al suo estrem o verso u n a va­ lutazione m assim a di tutte le religioni. Poniam oci - come ipotesi m etodologica - in questa posizione: Dio ha voluto tutte le religioni, tu tte loro fanno parte del suo piano di salvezza, tutte sono salvifiche... Una pluralità di religioni intesa, inoltre, a p artire dal «pluralism o com e paradigm a» (in contrapposizione all’inclusivism o e all'esclusivismo) è una forte sfida a dim ensioni ed elem enti che classicam en­ te sono stati considerati com e «essenziali» p e r il cristia­ nesimo, come im prescindibili; ci riferiam o p e r esem pio al carattere assoluto della religione cristiana, alla m ediazio­ ne salvifica universale di Cristo, alla sua unicità, ecc. Per alcuni teologi e , logicam ente, per la teologia ufficiale, un pluralism o religioso tanto positivam ente considerato e as­ sunto secondo il paradigm a pluralista, uscirebbe dalla cor­ nice di questi lim iti cristiani essenziali, pro d u rreb b e una «rottura», non sarebbe più cristiano... Per chi adotta u n a posizione esclusivista - o anche inclusivista - la questione della verità, il quadro epistem ologi­ co, i criteri m assim i di giudizio... coincidono, sono coe124

stesi con la sua religione esclusivista (qualunque essa sia). Se parliam o di cristianesim o esclusivista, succede che fuo­ ri dalla chiesa non solo non c’è salvezza, m a non c’è nem ­ m eno Verità piena... Se dall’esclusivism o passiam o al plu­ ralism o estrem o, questa cornice epistem ologica coestesa con la Chiesa va in mille pezzi, e la coscienza che dirim e la verità non è più rinchiusa nel quadro del cristianesim o istituzionale, m a si m anifesta u n a «rottura epistem ologi­ ca» del quadro globale della V erità... Senza anticipare tem i che tratterem o più avanti, ciò che dobbiam o dire adesso è che effettivam ente questo cam ­ biam ento di valutazione del pluralism o è troppo profondo p er non im plicare u n turb am en to dei vecchi criteri e del­ le tradizioni sacre e venerabili che, storicam ente, sono sta­ te intronizzate com e «essenziali», vale a dire «sine qua non». Segnerebbero, cioè, alcuni lim iti oltre i quali non si potrebbe più p arlare propriam ente di cristianesim o... È im portante notare che non è la prim a, né la seconda, né la terza volta che il cristianesim o si vede forzato a rivede­ re i suoi supposti «limiti essenziali oltre i quali non c e cri­ stianesim o», p er rendersi conto che, sebbene non cam bi­ no le verità profonde, possono tuttavia cam biare m olto profondam ente le form e e persino il quadro complessivo in cui esse si esprim ono. Sem brò a m olti che am m ettere i m etodi storico-critici nel­ lo studio della B ibbia distruggesse il concetto di rivelazio­ ne che fino ad allora era considerato essenziale... e sulla base di questo tim ore si fece guerra ai m etodi scientifici di studio della B ibbia... inutilm ente, fino a che furono final­ m ente am m essi e cosi cadde, sì, quel vecchio concetto di rivelazione, m a fu sostituito da u n a sua nuova com pren­ sione. Ciò che fu d istru tta non è stata la rivelazione, ben­ sì la sua vecchia e inadeguata com prensione. Certam ente questo processo non ebbe luogo senza tensioni, paure, p a­ zienza e im pazienza. M a non ci troverem o forse oggi in un m om ento storico di trasform azione, nel quale sem bra che siano sfidate e m esse in pericolo form ule classiche tenute sem plicem ente com e «essenziali», fuori dalle quali si pen­ sava di essere fuori dal cristianesim o? Non sarà possibile trovare nuove espressioni e u n a m igliore form ulazione dei contenuti di sem pre, che perm ettano l’avanzam ento di que­ sta nuova valutazione del pluralism o religioso, u n a valu125

tazione positiva che ci s’im pone e dalla quale non possia­ m o tirarci indietro? C ontinuerem o a ricom porre questa sfida da altri fronti nel­ le prossim e lezioni. B) Secondo principio: «non ci sono eletti» L ’elezio n e

nella

B ibbia

Né il «pluralismo», né l’«esclusivismo» sono parole e con­ cetti che si trovano nella Bibbia o nella teologia classica. Sono stati creati e coniati ultim am ente. Quale sarebbe il concetto biblico equivalente a essi (direttam ente o indi­ rettam ente)? Sebbene questo: l’«elezione». Secondo la visione classica già citata, Dio avrebbe «eletto» u n popolo tra tutti i popoli. Quel popolo si trova ad esse­ re «il popolo di Dio», il depositario delle prom esse, il re­ ferente di Dio entro l’um anità. «Io sarò il tuo Dio e tu sa­ rai il m io popolo». Il Prim o T estam ento riflette nelle pagi­ ne già citate la sua visione degli altri popoli e dei loro dei: procedono disorientati, sottom essi ai loro idoli, che sono «cose m orte» (Sap 13,10), «niente» (Is 44,9), «vuoto» (Ger 2,5; 16,19), «menzogna» (Ger 10,14; Am 2,4; B ar 6,50), «de­ moni» (Dt 32,17; B ar 4,7); «le belve sono m igliori di loro» (Bar 6,67). Il culto degli idoli è «principio, causa e fine di ogni male» (Sap 14,27). Solo Yabvè è un «Dio vero» (Ger 10 , 10) .

Perciò «il» popolo di Dio deve essere un popolo «separa­ to», che non si m escola con gli altri popoli. Q uando il po­ polo eletto arriverà alle terre prom esse da Dio, le nazioni che lì vivono saranno sconfitte, espulse e sacrificate: «quan­ do il Signore tuo Dio le avrà m esse in tuo potere e tu la avrai sconfitte, tu le voterai allo sterm in io ... M a voi vi com ­ porterete con loro così: dem olirete i loro altari, spezzere­ te le loro stele, taglierete i loro pali sacri, brucerete nel fuo­ co i loro idoli. Tu infatti sei un popolo consacrato al Si­ gnore tuo Dio» (Dt 7,2; 5-6). Dt 7,7-25 è il luogo classico dell’«elezione» nel Prim o Te­ stamento. Lì si dice: «Tu sei benedetto più di tutti i popoli. Il Signore allontanerà 126

da te ogni infermità e non manderà su di te alcuna di quel­ le funeste malattie d'Egitto, che bene conoscesti, ma le m an­ derà a quanti ti odiano. Sterminerai dunque tutti i popoli che il Signore tuo Dio sta per consegnare a te; il tuo occhio non li compianga; non servire i loro dei, perché ciò è una trappola per te» (7,15-16)11. Si tra tta di u n concetto, quello dell’elezione, che presenta due aspetti: da u n a parte nella B ibbia si insiste che non si verifica p er m erito proprio, che non è che il popolo se la sia m eritata, che si tra tta di u n a elezione gratuita, un «ca­ priccio» di Dio che, in particolare, sem bra eleggere chi m e­ no se lo m erita... Però d’altra parte presenta virtualm ente tu tto ciò che consacra l’eletto com e u n privilegiato: è quel­ lo scelto da Dio tra tu tti gli altri, è colui che gode dell’in­ tim ità di Dio di fronte a tu tti gli altri, è il protetto, il favo­ rito, il figlio speciale e più am ato degli altri. Si tra tta di u n concetto centrale in tu tta la B ibbia2728. Essa è com pletam ente attraversata dalla consapevolezza che tu t­ to ciò che succede a questo popolo, tu tto ciò che a lui si riferisce è detto e celebrato alla luce della coscienza che si tra tta «del popolo eletto». Anche quando ciò non viene espresso, è un presupposto im plicito che agisce in questo scenario. G erhard Lohfink, che sottolinea l’im portanza e la centra­ lità di questo concetto nella Bibbia, riconosce anche che nella m entalità m oderna viene sottaciuto29. Tuttavia, lun­ go tu tta la storia del giudeo-cristianesim o fino a oggi, ha regnato nella sua sfera libero da qualunque obiezione. Non sono m ancate in tu tto questo tem po le spiegazioni sia teo­ logiche che apologetiche: perché Dio sceglie? fa bene a sce-

27 È opportuno leggere tutto il testo, sebbene in alcune Bibbie figuri scritto in lettere più piccole, come a indicare che è d’importanza mi­ nore... 28 Lohfink, Gerhard, Necesita Dios la Iglesia?, San Pablo, Madrid 1998, pp. 58-59. 29 «Attualmente questo concetto trova più detrattori che difensori. Per alcuni è uno scandalo insuperabile. Sembra che non sia democrati­ co, che contraddica il tanto difeso pensiero aperto e universale, ed è indizio di pericoloso fondamentalismo. Il termine elezione è diven­ tato poco attraente» (G. Lohfink, ibid., pp. 57-58).

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gliere? e i non eletti? Lo stesso Lohfink fa u n ’esposizione m agistrale delle ragioni dell’elezione. Lohfink segnala che p er realizzare la salvezza Dio ha bi­ sogno di un luogo concreto, e che questo luogo è Israele30. Perché Israele? L’autore risponde appellandosi a u n a «co­ stellazione». La costellazione fa riferim ento alla coinci­ denza o alla com binazione di tre elem enti: «il luogo con­ veniente, il m om ento propizio e le persone adeguate»31. E «ragiona» in m odo am pio e convinto del perché Israele era il luogo opportuno e del perché fu realizzato tu tto nel m o­ m ento propizio. In quanto al fatto che il piano di Dio si realizzò con le persone giuste, l'argom entazione di Lohfink si appella agli stessi testi biblici, senza p oter evitare quel carattere bifronte dell’elezione: da u n a parte si tra tta di u n ’elezione im m eritata, u n ’elezione tan to im m eritata e gra­ tuita che quasi rasenta «l’irrazionale», però d’altra parte si sottolinea che Dio sceglie quella com unità u m an a che più gli serve e che si m ostra più capace di rispondere. Due aspetti piuttosto contraddittori. Ciò nonostante, Lohfink argom enta tu tto in m aniera così am pia e chiara, con un tale dispendio di erudizione e convincim ento, che alla fi­ ne si ha la sensazione di aver com preso la stessa strategia di Dio, che il m istero si sia disvelato, tanto che to m a alla m ente il detto: «se lo com prendi, non è Dio». Non possiam o negare che la posizione di Lohfink ci cau­ sa una profonda insoddisfazione. Perché u n concetto bibli­ co chiaram ente superato necessita di ta n ta apologetica? Perché tan ta «concordanza», che ci ricorda l’epoca del li­ bro «La Bibbia aveva ragione»? N onostante tante parole e lam biccati ragionam enti, qualcosa dentro di noi dice che non è valida u n a così com plessa discussione, e che per dirim erla «basta l’intuizione com une»32. Nel nostro tem po e

30 Purtroppo Lohfink costruisce tutta la sua argomentazione pren­ dendo come punto di partenza - a volte come semplice espediente letterario - l’antitesi tra il modo di procedere di Dio e il modo di pro­ cedere delle rivoluzioni popolari anticapitaliste (!). Una deplorevole impostazione [ibid., pp. 42-43, 46). Vogliamo però riferire la posi­ zione di questo autore perché si tratta di un notevole biblista attua­ le e di un testo molto recente, del 1998. 31 Ibid., p. 49. 32 Ibid., p. 322. 128

nel m om ento attuale della teologia è chiaro che il concet­ to biblico di elezione necessita di u n a decostruzione so­ stanziale. Vogliamo com pletare questo avvicinam ento al tem a dell'«elezione» facendo riferim ento a u n altro autore, Torres Q ueiruga, la cui evoluzione, anche su questo punto, c’illu­ m ina sulla situazione attuale del tem a. Anni fa, egli ha spie­ gato plasticam ente il tem a con la «parabola del Tetra gram m aton»33, essere potente e felice che viveva nella q u ar­ ta dim ensione e si proponeva di com unicare la propria fe­ licità agli esseri che vivevano nella terza dim ensione. Egli si m ette in com unicazione con tutti, m a in questa com u­ nicazione incontra u n gruppo di alcuni esseri che per di­ verse circostanze rispondono con m aggiore ricettività; al­ lo ra egli coltiva di più questo gruppo tra quelli a cui si do­ na, p er trasm ettere meglio, a p artire dalla loro esperienza, il m essaggio destinato a tutti. «Quello che poteva sem bra­ re u n privilegio p er coloro che erano stati ‘scelti’, non è al­ tro che la strategia del suo am ore: coltivarne intensam en­ te uno solo, è il m iglior m ezzo per giungere p iù rapidam en­ te a tutti»34. È facile notare che questa interpretazione dell’elezione di­ sta m olto dal concetto com une che si ha di essa. Torres Q ueiruga non concepisce u n ’elezione realizzata direttam ente da Dio, capricciosa e arbitraria, «gratuita», che se­ p a ra p er sua volontà un popolo p er privilegiarlo, com e tra ­ dizionalm ente fu in terp retata l’elezione. N on crede in que­ sto tipo di elezione, che sarebbe u n privilegio e un favori­ tism o. L’«elezione» realm ente esistente - se così si può chia­ m are, cosa che in seguito affronterem o - h a u n ’altra base, che egli esem plifica con u n altro paragone: quella del p ro ­ fessore, che avendo percepito che u n alunno sta captando la sua spiegazione più chiaram ente degli altri, lo segue u n po’ di più perché la capti pienam ente e così possa stim o­ lare la com prensione degli altri alunni. Si noti che qui non si tra tta p ropriam ente dell’«elezione» capricciosa, da p a r­ te del m aestro, di u n alunno; qui si tra tta più propriam ente dell’adozione di u n a «strategia pedagogica» da parte di un 33 Ibid., pp. 312ss. Anche in Dialogo delle religioni e autocomprensio­ ne cristiana, EDB, Bologna 2007, pp. 126-127. 34 Ibid., p. 313. 129

m aestro intelligente, che consiste nell’aw alei'si della m ag­ giore capacità di riposta di u n alunno per utilizzarla a fa­ vore degli altri. Non è u n ’elezione arbitraria, m a effettua­ ta su u n a base reale. E non è realm ente u n ’elezione, ben­ sì u n a strategia pedagogica. La base reale di questa elezione è la m aggiore capacità di risposta di un alunno. Non è u n favoritism o arb itrario del professore: è l’utilizzo pedagogico a favore di tu tti del van­ taggio di cui u n alunno gode, per m otivi indipendenti dal­ la volontà del professore. Si fonda pertan to sulla base rea­ le della inevitabile disuguaglianza reale, tenendo conto inol­ tre che la «sensibilità per il divino non coincide necessa­ riam ente con le doti “dei savi e dei p ru d en ti” di questo m ondo (cf. Mt 11,25)». Con ciò Torres Q ueiruga vuol dire che la cosiddetta «elezione» di Dio non può essere intesa come u n a elezione capricciosa che fa favoritism i, m a che h a basi reali nella disuguaglianza reale. In effetti, benché da parte sua Dio voglia com unicare il più possibile con tu tti gli esseri um ani e senza alcuna lim ita­ zione in tu tti i m odi possibili, di fatto, d a ta la finitezza um ana, non è possibile u n a risposta uguale né tra gli uo­ m ini né tra i popoli33*35. L’autore insiste sull’am ore gratuito e senza distinzioni di Dio verso tu tti gli uom ini e tu tti i po­ poli, da sem pre. M a la capacità di ricevere questo am ore è condizionata dalla finitezza um ana, che crudelm ente ren ­ de impossibile l’uguaglianza, in m aniera stru ttu ra le 36. Però Dio lotta contro questa diseguaglianza, non precisam ente rinforzandola con il favoritism o dell’elezione, m a utiliz­ zando le differenze a favore di tutti. «Non c’è nella storia u n ’altra universalità reale»37. Il popolo d’Israele sarebbe stato u n popolo che, in m ezzo alla com unicazione di Dio a tu tti i popoli, avrebbe svilup-

33 «È il generale e terribile problema della disuguaglianza a tutti i li­ velli, ed è legato al problema del male. Se questo dipendesse da una decisione arbitraria di Dio, da un favoritismo, sarebbe spaventoso. Se non è possibile che le cose siano diverse... occorre accettarlo e, nella giusta misura, comprenderlo, sempre che, nonostante sia ine­ vitabile, Dio cerchi di utilizzare i fattivi vantaggi per il bene di tutti» (Torres Queiruga, pro manuscripto). 36 Torres Queiruga pro manuscripto, p. 323. 37 Ibid., p. 330. 130

pato u n a speciale sensibilità per captare la pressione reli­ giosa di Dio sulla coscienza dell’um anità. In questo grup­ po Dio trova la possibilità di continuare a potenziare un cam m ino verso la sua totale m anifestazione38. Questa interpretazione dell’elezione che Torres Queiruga ci presenta è m olto lontana dalla concezione classica dell’«elezione». C’è di più: potrem m o dire che siam o di fronte all’uni­ ca form a accettabile d’intendere oggi delezione». In qua­ lunque altra form a, l’elezione come privilegio e favoritismo non è accettabile. Nasce con ciò la dom anda: possiam o con­ tinuare a chiam are «elezione» il contenuto di questa rein­ terpretazione? C ontinuando a utilizzare la parola «elezione» non si continuerà a indurre in errore e a dare per scontata la vecchia interpretazione? Da parte nostra aderiam o di tu tto cuore alla decisione p re­ sa ultim am ente da Torres Q ueiruga di proporre l’ab b an ­ dono questa categoria. Ci riferiam o al testo con il quale egli «imm agina», p er incarico dell'editore dell’opera col­ lettiva Joaquim Gomis, quello che in un eventuale Conci­ lio V aticano III sarebbe dichiarato rispetto «al dialogo del­ le religioni nel m ondo attuale». Accogliamo questa im m a­ ginata dichiarazione del V aticano III che, con Torres Quei­ ruga, sottoscriviam o: «Per ciò, consapevoli della novità teologica che esso su p ­ pone e della necessaria attualizzazione dell’erm eneutica che si im pone nella lettu ra dei n o stri testi sacri, questo Concilio h a deciso di rin u n c iare alla categoria di “elezio­ ne”. Dio "non fa preferenze di p erso n e”; né, aggiungiam o, di religioni. R ispetto al suo am ore siam o tu tti uguali, sen ­ za la m inim a discrim inazione, figli e figlie m olto a m a ­ ti»39. B reve

excursus : gli eletti so no ... i poveri !

Dopo ciò che abbiam o appena term inato di presentare e afferm are, più di u n lettore si starà chiedendo: allora, Dio

38 Ibid., p. 327. 39 Torres Queiruga, El dialogo de las religiones en el mundo actual, 1. c., p. 70. 131

non ha «scelto» nessuno? Anche se oggi ci appare chiaro che Dio non fa preferenze di persone né di religioni, Dio non ha eletto il popolo d’Israele? Che base reale storica esi­ ste nella tradizione dell'elezione, che la B ibbia raccoglie in tutte le sue pagine? Come risposta darem o alcune brevi pennellate. Ci sono tre ipotesi sulTorigine di Israele. La prim a è quella che la parola stessa della Bibbia ci narra: discendenza di Abramo, spostam ento in Egitto, esodo, traversata del de­ serto e conquista della terra di Canaan. Questo popolo sa­ rebbe anticam ente disceso dai patriarchi e più recentem en­ te sarebbe venuto con l’esodo dall’Egitto. Oggi tutti gli ese­ geti scientifici riconoscono che queste afferm azioni sono teo­ logiche, e non hanno nessuna base storica probabile. La seconda ipotesi è quella secondo la quale la presenza d’Israele nella terra di C anaan si deve alla m igrazione di gruppi sem inom adi40. La popolazione che venne a costi­ tuire Israele sarebbe nata nella steppa e nel deserto, e sa­ rebbe em igrata in seguito verso terre coltivabili. N em m e­ no questa ipotesi della m igrazione pacifica, che è stata l'in­ terpretazione classica, resiste oggigiorno alle critiche degli attuali esperti. La terza ipotesi è che Israele si form ò nella seconda m età del XIII see. attraverso una rivoluzione agrario-contadina nelle m ontagne d’Israele41. Secondo questa ipotesi, nel sec. XIII C anaan è popolata da città-stato indipendenti sotto l’egem onia politica e religio­ sa dell’Egitto, che sfrutta la regione esìgendo tributi, il cui peso ricade principalm ente sui poveri. Nell’acuirsi di una delle crisi sociali ed econom iche della regione, gli «hapiru» (gruppi di persone sfollate, senza terra, escluse, m olto num erose in tu tto il vicino O riente di quell’epoca) sono protagonisti di una rivoluzione agrario-contadina fuggen­ do sulle m ontagne, dove si em ancipano dallo sfruttam en­ to economico dell’im pero dell’E gitto e dei piccoli regni del40 Albrecht ALT, Die Landnahme der Israeliten in Palàstina, in Kleine Schùften, vol.l, 1968, pp. 89ss., 126ss. 41 Questa ipotesi è stata presentata principalmente da Norman Gottwald, The Tribes of Yahweh. A Sociology of religion of liberated Israd- 125-1050 B.C.E., Orbis, New York 1979. 132

le città-stato, e anche dalla loro dom inazione religioso-ideo­ logica. Q uesta rivoluzione si com pie in nom e del dio «El» (che è quello che figura nel nom e teoforo di Isra-El), la cui volontà è la costruzione di u n a società diversa, senza sfrut­ tatori né sfruttati, senza re né esercito, b asata su un idea­ le di fraternità collettiva. È ciò che più tard i d arà luogo al­ la confederazione delle trib ù d ’Israele sulle m ontagne di Canaan. Lì, in queste m ontagne, si fondono vari gruppi con tradi­ zioni religiose m olto sim ili e danno origine al nascente Israe­ le. Uno dei gruppi è quello m osaico (di Mosè), che viene dall’Egitto, la cui teologia è quella che prevarrà, assunta da tutti, ed è quella che verrà raccolta nel libro dell’Esodo. Israele è u n popolo giovane. N on nasce p rim a del già ci­ tato XIII secolo. Chi fu il soggetto costitutivo dell’origine di Israele, il gruppo um ano che fece l’esperienza religiosa profonda che rese possibile e veicolò la rivelazione bibli­ ca? Questo gruppo furono gli «hapiru»: il gruppo sociale dei più poveri, gente esclusa dalla società delle città-stato, persone dedicate a volte ad attività um ili p e r riuscire a so­ pravvivere. Possiam o dire che alla base storica reale dei racconti biblici, dal punto di vista sociologico e archeolo­ gico si trovano gli hapiru, che non sono u n popolo né po­ liticam ente né com e etnia, non sono u n a razza né u n a n a ­ zione, m a sono «i più poveri». Oggi direm m o «gli esclusi». Ciò significa che, anche rim anendo nel contesto biblico, di fatto Dio non ha scelto nessuna razza, nessun popolo, m a h a scelto i poveri, gli hapiru. È curioso ricordare che lo stesso racconto dell'esodo dice che dall’Egitto uscì «una grande m assa di gente prom iscua» (Es 12,38), non e satta ­ m ente u n popolo di razza perfettam ente identificata. E af­ ferm a varie volte: «Il Dio degli "hapiru” si è presentato a noi» (Es 3,18; 5,3). Un’esperienza religiosa «rivelatoria» s’im pose loro e condusse gli hapiru, i poveri, a fuggire ver­ so u n a terra nuova, quella delle m ontagne di Canaan, p e r costruire u n Nuovo Popolo, in alleanza con il suo Dio, Yahvè Eloim. Dalla parola «hapiru» è derivata la parola «ebreo» (ha le stesse consonanti, poiché la p e la b sono foneticam ente equivalenti). Gli hapiru finirono p e r essere gli ebrei, orm ai costituiti in popolo, m a questo sarebbe accaduto m olto p iù 133

tardi. Alla base reale della storia biblica si trova l’esperienza religiosa degli h ap iru (dei più poveri) di diverse p arti del M edio Oriente, che si espresse in quella rivoluzione agra­ rio-contadina che confluì nelle m ontagne di Israele, per dirlo in m aniera m olto sem plificata. Gli unici dei quali si potrebbe dire che furono «scelti» da Dio. II. Testi antologici ed esercizi raccomandati T o r r e s Q u e ir u g a . A ., El diálogo de las religiones en el m u n ­ do actual, i n G o m i s , J o a q u im ( o r g .) , El Concilio Vaticano 111, Desclée, Bilbao 2001, pp. 67-84. In si può leggere una versione riassunta. Organizzare un dibattito su questo testo.

III. Domande per riflettere e per dialogare - Cosa ricordo che m i è stato detto riguardo al pluralism o religioso (la p luralità delle religioni non cristiane) nel pe­ riodo della m ia form azione religiosa? E ra valutato positi­ vam ente o negativam ente? - È possibile che p er m olto tem po abbia avuto an ch ’io una valutazione negativa delle religioni sconosciute? - Che tratti, dettagli, afferm azioni... scopro nel cristiane­ simo, che appaiono com e sintom i di u n a valutazione ne­ gativa del pluralism o religioso? - Si scorgono anche alcuni sintom i di cam biam ento, di passaggio verso u n a valutazione positiva delle altre reli­ gioni? - Cosa penso della «sindrom e dell’unigenito o dell’eletto»? È presente nella n o stra religione? In che cosa lo vediam o o non lo vediam o? - Che ruolo ha giocato in m e il pensiero di essere «eletto», «chiam ato personalm ente a u n a m issione»?

Bibliografia D upuis J acques, Verso una teologia cristiana del pluralismo reli­ gioso, Queriniana, Brescia 20034, pp. 19-20, 271, 518-520. D upuis J., El pluralismo religioso en el pian divino de la salvación, in Selecciones de teologia 151/38 (1999) pp. 241-253. 134

Lohfink , N., ¿Necesita Dios la Iglesia?, San Pablo, Madrid 1999, pp. 42-59. L ohfink , N., Option for the Poor. The Basic Principle o f Liberation Theology in the Light o f the Bible, Bibal Press, Berkeley (Ca­ lifornia) 1987. M enezes R ui De , Pluralismo religioso en el Antiguo Testamento, in Selecciones de Teología 163 (sept 2002) pp. 178-179. ROmer T homas El tema de la elección en el Antiguo Testamento: lo que está en juego, in Selecciones de Teología 38/152 (1999) pp. 323-330. T orres Q ueiruga A., La revelación de Dios en la realización del hombre, Cristiandad, Madrid 1987.

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Capitolo decimo Aspetti biblici e gesuanici

Netta lezione precedente siam o entrati in pieno nel cuore del­ la nuova teologia delle religioni, affermando i due principi fondamentali. Ora dobbiamo ripercorrere dettagliatamente i diversi aspetti che si presentano in ogni costruzione teologi­ ca, per continuare a suggerire le reimpostazioni che questa nuova visione comporta nell’edificio globale della teologia delle religioni. Il primo di questi aspetti è quello biblico. Daremo speciale attenzione a ciò che si riferisce a Gesù. E, dato che il nostro obiettivo è specificamente teologico, accosteremo i tem i bi­ blici in modo deliberatamente selettivo e funzionale. I. Per sviluppare il tema Abbiamo già afferm ato in unità precedenti che la «nuova com prensione della rivelazione» costituiva u n «fondam en­ to» per la costruzione della teologia delle religioni che stia­ mo elaborando. In effetti, senza questa nuova com pren­ sione, ci avvicinerem m o ora alla B ibbia con l’ingenua aspet­ tativa di vedere chiarite le nostre dom ande sul pluralism o religioso sem plicem ente con una serie di citazioni bibli­ che, prese e accettate alla lettera. Lo fanno ancora m olti che non hanno assunto quella «nuova com prensione bi­ blica»; il risultato è che finiscono col form are un am alga­ ma di citazioni bibliche, dove credono di trovare riassu n ­ ta la «risposta di Dio» alla dom anda della loro ricerca teo­ logica. Per q u an to ci riguarda, siam o in grado di affronta­ re il tem a con u n a visione più adulta e critica1. 1 Vogliamo dire che ci troviamo lontani dal «biblicismo» classico che crede di poter trovare direttamente nella Bibbia la risposta alle do­ mande teologiche. Un’espressione sia pure più critica di questa po­ sizione possiamo vederla nell’opera di G. Odasso, Bibbia e religioni. 136

Nell’itinerario logico del nostro corso siam o già passati una p rim a volta per la «rivelazione biblica» (ottava unità), sia per m ettere correttam ente a fuoco la m aniera di affron­ tarla sia per dare fondam ento alle nostre afferm azioni cen­ trali, due «principi» che hanno già posto alcune colonne basilari del nostro edificio. Ora torniam o alla B ibbia per tentare di trovare alcune luci concrete nei confronti del pluralism o religioso. A. Aspetti biblici (Primo Testamento) Nell’a w ic in a re la B ibbia dobbiam o renderci conto, in p ri­ m o luogo, che non possiam o pro iettare su di essa le no­ stre proprie idee, nel senso che quando, p e r esem pio, leg­ giam o «dio» nel Prim o T estam ento, dobbiam o sapere che il concetto lì p resen tato è m olto diverso da quello che noi evochiam o nella n o stra m ente quando leggiam o quella p a ­ rola. Testi scritti più di due m ila anni fa, o provenienti da tradizioni orali an co ra più antiche, non possono essere letti in m odo diretto, ignorando ingenuam ente le d ista n ­ ze di ogni genere che ci separano dal loro contenuto. È necessario in n an z itu tto prendere coscienza di queste di­ stanze. In secondo luogo è necessario rendersi conto dell’enorm e diversità che si esprim e all’interno della Bibbia. Q uesta non è un libro, m a, come indica il suo stesso nom e, è un in­ siem e di libri, u n a «biblioteca», scritta - per m aggior com ­ plicazione - durante un periodo di più di m illecinquecen­ to anni, se si include la «redazione orale». Perciò in un «mondo» come quello della B ibbia così diverso, è possibi­ le trovare tutto: sostenere una certa posizione... e sostene­ re anche quella contraria; rispetto al contenuto della Bib­ bia è im possibile fare generalizzazioni assolute, perché tu t­ to ha la sua eccezione e la sua attestazione contraria. Com inciam o col riferirci ad alcune di queste distanze che

Prospettive bibliche per la teologia delle religioni, Urbaniana Univer­ sity Press, Roma 1998, 20002. L’autore sostiene che la teologia delle religioni è stata elaborata fino ad ora a partire da istanze storico-cul­ turali e da considerazioni teologiche generali senza sufficiente ricor­ so alla Bibbia (pp. 21-22). 137

rendono impossibile trasporre direttam ente p er noi il pen­ siero della Bibbia riguardo al pluralism o religioso. L’am biente religioso prim itivo riflesso dalla bibbia nell’An­ tico Testam ento è politeistico, e l’AT presenta m olte trac­ ce testuali nelle quali si rispecchia questa situazione di po­ liteismo. Così, nel vicino Oriente, in quei tem pi biblici era com une pensare che, dal m om ento che ogni nazione ave­ va il suo dio, questo dio aveva giurisdizione su quel terri­ torio. Su ogni territorio aveva giurisdizione un dio, e a lui bisognava dare culto quando si stava in quel territorio. Astarte era la divinità dei sidoni, K em osh quella dei m oa­ biti, M ilcom quella degli am m oniti (IR e 11,33), Beelzebul 10 era nel territorio filisteo2. Prim a del tem po dell’esilio nessuno negava realtà ontologi­ ca agli dei di altre nazioni. Davide lam enta che fuggendo da Saul e uscendo dalla sua terra dovrà adorare altri dei (cf. 2Sam 26,19). Rut abbandona M oab ed em igra a Betlemme, e con ciò potrà condividere l’adorazione del dio di sua suo­ cera Noemi, già fuori dalla terra del dio di M oab (Rut 1,16). 11 Deuteronom io predice che nell’esilio gli israeliti dovran­ no servire altri dei fatti da m ani um ane (cf. Dt 4,28). La di­ vinità era legata alla terra. N aam an il siro, curato dal pro­ feta, porterà con sé un po’ di terra per potere adorare con gratitudine, quando si troverà nel proprio paese, il dio d’Israele nel cui nom e il profeta l'ha curato (cf. 2 Re 5,1-19). I testi dell’AT anteriori all’esilio riflettono il pluralism o re­ ligioso dell’epoca con tu tta la loro vivacità: il politeism o. Il senso del m onoteism o app arirà p iù tardi, in u n secondo m om ento dello sviluppo della storia biblica. Abbiamo già detto nella lezione precedente dell’atteggia­ m ento m olto negativo che, soprattutto nel D euteronom io3, si sviluppa in Israele verso gli dei delle altre nazioni. Qui il politeismo è visto da u n a prospettiva esclusivista. Da lì, 2 Cf. Rui de Menezes, Pluralismo religioso en el Antiguo Testamento, in Selecciones de Teologia 163 (settembre 2002) p. 179. Su questo pun­ to lo seguiamo da vicino. 3 II Deuteronomio non è un libro di origine mosaica, bensì posterio­ re, probabilmente del secolo V ili o VII a.C., «scoperto» nel regno di Giosia circa nel 627 a.C. (cf. 2Re 22-23). «Probabilmente facilitò a Giosia l'ideologia necessaria per abbattere l’odiato giogo assiro che pesava su Israele» (Menezes, ibid., p. 181). 138

la critica alle divinità degli altri popoli, la critica agli idoli4. È con alcuni profeti che l’AT com incia ad aprirsi verso una visione più universale: in futuro le nazioni del m ondo con­ fluiranno verso il m onte di Sion per adorare il Signore (Is 2,1-5; Mi 4,1-3). La luce della salvezza di Yahvé arriverà fi­ no agli estrem i del m ondo (Is 49,6; 56,7; 66,23)... Si tra t­ ta di un certo universalism o, com e in quel tem po era pos­ sibile concepire, m a non è realm ente pluralism o: sono gli altri popoli che verranno ad adorare Yahvè... (cf. S o f 2 ,ll) . M ichea è forse colui che giunge più lontano, fino ad esse­ re tollerante con il culto delle nazioni, alle quali viene ri­ conosciuto il diritto di adorare Dio e i suoi dei: «Tutti i po­ poli m arciano ciascuno nel nom e del suo dio; noi m arcia­ m o nel nom e del Signore, nostro Dio in eterno e sempre!» (Mi 4,5). Ma, com e dicevam o all’inizio, questo testo è q u a­ si l’eccezione a tu tto l’insiem e dell’AT, giusto perché non si possa dire che u n pluralism o tollerante sia com pietam ente assente dalla Bibbia. In conclusione: difficilm ente possiam o trovare rispecchia­ ta u n a realtà di pluralism o religioso accettato nel Prim o Testam ento. Ancor m eno sarà possibile trovare argom en­ tazioni o citazioni a suo favore. Il Prim o T estam ento si colloca in u n ’altra sfera m entale, in u n ’altra prospettiva (generalm ente eclusivista), e non possiam o pretendere di basare su di esso... ciò che «Dio ha rivelato all’Um anità» - o ciò che questa è arrivata a p er­ cepire - m olto più tardi, ciò che solo oggi noi ci stiam o prospettando. B. Aspetti gesuanici A ddentrandoci nel Nuovo Testam ento, prenderem o in con­ siderazione da u n a parte ciò che è relativo a Gesù di N a­ zareth, e dall’altra ciò che è relativo al resto del NT. In questo paragrafo vogliamo vedere se in Gesù di N aza­ reth, a differenza dell’AT, troviam o atteggiam enti e parole che ci illum inino sul problem a del pluralism o religioso. Di­ ciam o «aspetti gesuanici», e non «cristologici», riferendo­ ci alla n o ta distinzione tra il «Gesù storico» e il «Cristo del-

4 Cf. la lezione precedente, in «L'elezione nella Bibbia: 139

la fede». Vogliamo guardare direttam ente Gesù di Naza­ reth, questa persona storica concreta, non l’im m agine che su di lui è stata costruita posteriorm ente in virtù della fe­ de (l’aspetto esplicitam ente «cristologico» dogm atico lo af­ fronterem o nella lezione 12a). Nel tentativo di avvicinarsi a Gesù, bisognerebbe interro­ garsi sulla sua capacità di dare u n a risposta e un orienta­ m ento riguardo al pluralism o religioso: è possibile che un cam pagnolo galileo, che praticam ente non uscì dai confi­ ni della propria terra, che non conosceva nulla delle gran­ di religioni, né delle diverse altre culture presenti nella sua zona... possa aiutarci a illum inare il giudizio religioso e teologico sul problem a del pluralism o religioso come og­ gi, all'inizio del terzo m illennio, ce lo stiam o prospettan­ do? Piuttosto che rispondere in anticipo, lasciam o sospe­ sa la questione, e chiediam o alla sua stessa vita e alla sua parola se hanno qualche risposta illum inante. Quali atteggiam enti di Gesù richiam ano la nostra atten ­ zione dalla prospettiva del pluralism o religioso? Vediamo. Gesù è stato... T eo- regnocentrico 5

Questo è indiscutibile: il sogno, la Causa, l’utopia, l’ideale, il centro... della vita e della persona di Gesù è stato il Re­ gno di Dio6, e il Dio del Regno, com e u n ’unica realtà d u a­ le78. Il Regno di Dio è concretam ente la sua Causa, Yipsissima verba lesti*, e soprattutto Yipsissima intentio lesti9. Per

5 Ricordiamo che l’esclusivismo è ecclesiocentrico, l’inclusivismo è cristocentrico e il pluralismo è teocentrico. I teologi pluralisti parla­ no anche del soteriocentrismo (tutto è incentrato nella salvezza, in ciò che salva) e del regnocentrismo. 6 Boff, Leonardo, Gesù Cristo liberatore, Cittadella Editrice, Assisi 19904, cap. 3° «In definitiva, che cosa pretese Gesù Cristo». 7 Sobrino, J., Jesús in America Latina, Sai Terrae 1982, pp. 133-134. 8 Espressione latina con la quale tecnicamente si designano le «stes­ sissime parole di Gesù», quelle che esegeticamente, a livello scienti­ fico, non per motivi di fede, siamo praticamente sicuri che procedo­ no dal Gesù storico. 9 In senso metaforico si usa la stessa espressione, ma per riferirsi non a parole pronunciate da Gesù, bensì a quella che sarebbe - pure con 140

il Gesù storico il Dio del Regno è il centro, e non c e nes­ sun altra m ediazione verso di Lui se non la prom ozione del suo stesso Regno. La m issione di Gesù non è altro che l'annuncio e la pro ­ m ozione di questo Regno (Le 4,16ss). Che con parole e con atti di liberazione si annunci ai poveri il Regno di Dio è il grande segno m essianico, il segno che avalla Gesù com e il M essia atteso (Le 7,18-23). «Il Regno di Dio e la sua giu­ stizia» (Mt 6,33) è quello che deve essere cercato al di so­ p ra di tu tto *101, perché tu tto il resto «verrà in aggiunta...» o può attendere. È facile vedere com e questo atteggiam ento di Gesù - che è il suo atteggiam ento centrale, ricordiam olo - può essere il m igliore fondam ento per un pluralism o religioso di p rin ­ cipio, positivo. Il paradigm a pluralista, a differenza di quel­ lo esclusivista e inclusivista, è teocentrico. Nel linguaggio del vangelo di Gesù, Dio è sem pre il «Dio del Regno», e il Regno è sem pre il «Regno di Dio», in m odo che teocentri­ sm o e regnocentrism o si im plichino a vicenda. Per questo abbiam o voluto chiam are Gesù «teo-regnocentrico», a m o­ tivo di questo atteggiam ento. M acroecumenico

Gesù ha u n a com prensione m acroecum enica11 del Regno di Dio. Perché il Regno è Vita, Verità, Giustizia, Pace, G ra­ zia, A m ore12... Per questo, là dove c’è presenza di tu tte que-

ogni sicurezza «scientifico-storica» - la sua intenzione personale as­ solutamente cosciente. 10 Sentiamo qui l’eco di quella famosa espressione dell’enciclica Evangelii Nuntiandi, di Paolo VI come frutto del Sinodo del 1974: «Solo 11 Regno è assoluto. Tutto il resto è relativo». Dovremmo tutti tene­ re questa frase impressa nel nostro cuore e su un bel cartello nella nostra casa e nel luogo di lavoro. 11 Casaldàliga -Vigil, Espiritualidad de la liberación, capitulo sul «Ma­ croecumenismo» . 12 II Regno «di Dio» non può senz’altro identificarsi con un regno «ec­ clesiastico», cioè, non consiste principalmente nel battezzare, cate­ chizzare, distribuire i sacramenti, costruire l’istituzione ecclesiasti­ ca... Tutto questo è rilevante per il Regno di Dio, ma non è certa­ mente equiparabile ad esso. 141

ste realtà, c’è presenza di Regno... Dove si dà il bene, lì c e il Regno13. Gesù è ottim ista: nonostante tutto, c e m olto di buono nel m ondo. Suo Padre che fa sorgere il sole su giu­ sti e peccatori (Mt 7,7-11), opera e non cessa di operare (Gv 5,17), ed è per questo che il cam po è cresciuto e p ron­ to per la m ietitura. Gesù, nonostante quello che la fanta­ sia apostolica dei suoi seguaci dirà in seguito, non invia m ai nessuno a sem inare, né si lam enta che sia necessario inviare qualcuno a fare questo lavoro... Gesù vede il m on­ do come u n im m enso cam po nel quale ciò che più urge è precisam ente m ietere (non sem inare), il tanto di buono che c e dappertutto, per questa presenza senza frontiere del Re­ gno... Gesù non è sciovinista. N on pensa che «solo» noi, o «so­ lo» i nostri siano nel R egno... Dice al gentile: «Non sei lon­ tano dal Regno di Dio», e dice del centurione, com e della donna cananea, am bedue pagani: «Non ho trovato tan ta fede in Israele» (Mt 8,10; Me 7,24-30). Del resto, non vede nemici e concorrenti ovunque, al contrario: «Chi non è con­ tro noi, è con noi» (Le 9,50). Per Gesù la salvezza h a u n nom e: il «Regno», e di questa salvezza si appropria l’essere um ano - qualunque essere um ano - con la pratica dell’am ore e della giustizia, che è l’atto più universale e alla p o rtata di chiunque. Dove si co­ struisce l’am ore e la giustizia, lì c’è il Regno di Dio e per­ tanto il Dio del Regno. Lo sguardo universalista di Gesù e il suo spirito pluralista si riflettono m anifestam ente nella sua parabola sul «Giu­ dizio delle nazioni» (Mt 25,3lss). T utte le nazioni sono giu­ dicate per l’am ore e la p ratica della giustizia verso gli op­ pressi, con i quali Egli personalm ente s’identifica: «l'avete fatto a me» (Mt 25,40). N on sa rà tenuta in conto la loro identità religiosa, né saranno interrogati sul com pim ento di nessun dovere «religioso». B asterà la pratica dell’am o­ re e della giustizia, la costruzione del Regno nei term ini del Vangelo. Da O riente e da O ccidente verranno m olti a sedersi a tavola nel Regno escatologico (Mt 8,10-11; 11,2024), m entre alcuni che ora si considerano cittadini del Re­ gno, scopriranno che non appartenevano ad esso...

13 Ubi Bonum, ibi Regnum.

142

Questo è un atteggiam ento di Gesù che si trasform a anche in chiaro fondam ento di u n «pluralism o di principio» che i suoi seguaci potrebbero adottare oggi. T e o p r a s s ic o

Gesù è di quelli che pensano che «bisogna m ettere in p ra ­ tica Dio»14. O, detto con linguaggio biblico, che si deve «conoscerLo», sapendo però che nella Bibbia, questo «cono­ scere» è sem pre pratico, prassico, etico, di com portam en­ to, d'intervento nella storia... Per Gesù, Dio non è u n a en­ telechia, u n a ragione suprem a, u n a teoria, né u n a d o ttrina o una ortodossia. In continuità con la m igliore tradizione profetica (Ger 22,16), Gesù proclam a che Dio vuole la p ra ­ tica della giustizia e dell’am ore. Fuori da questa pratica, la religione, ridotta a confessione orale, a ortodossia do ttri­ nale o a liturgie ritu ali15, diventa inutile: «Non chiunque m i dice: “Signore, Signore”... m a chi fa la volontà del Pa­ dre mio» (Mt 7,21-27); «Beati piuttosto quelli che ascolta­ no la Parola di Dio e la m ettono in pratica» (Le 11,27-28). La religione è «teoprassi», m essa in pratica della volontà di Dio. Q uesto sarebbe un criterio per m isurare la veridi­ cità di ogni religione, secondo Gesù. Gesù pone nella prassi il criterio di verifica del nostro di­ scorso su Dio e con Dio: quale dei due fratelli h a fatto la volontà del Padre, quello che h a detto di sì, m a in realtà si è eclissato, o quello che ha detto che non sarebbe andato m a in realtà vi è andato? (Mt 21,28-32). Quello che «è a n ­ dato», dice Gesù, non quello che «ha detto che sarebbe a n ­ dato». Ossia: Gesù giunge a dire che m entre rim aniam o nel terreno delle parole e dei propositi, non si può defini­ re la verità decisiva; bisogna aspettare che arrivi l’ora del­ la pratica, e lì ciò che im porta è quello che si fa, non quel­ lo che si dice. È proprio della Verità l’essere principalm ente p raticata, e non sem plicem ente confessata, dichiarata, am ­ m essa m entalm ente, creduta o riconosciuta. 14 Gustavo Gutiérrez, El Dios de la Vida, Centro de Estudios y Publi­ caciones, Lima 1982, p. 6. 15 «Poiché questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora solo con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me e il suo culto ver­ so di me non è altro che comandamento di uomini, che è stato loro insegnato», dice Isaia (29,13) nella stessa linea «teoprassica». 143

Non ha m olta im portanza ciò che una religione dice, la bel­ lezza della sua teologia, l’elaborazione del suo credo o la brillantezza dei suoi dogm i, bensì la storia della sua p ras­ si, il suo com portam ento storico, il bene o il m ale che ha com piuto o tralasciato di fare. Si ricordi il contenuto dei prim i capitoli del nostro corso, com e anche l’«erm eneutica del sospetto» nei riguardi della teoria delle religioni... Gesù è deciso e afferm a: «Dai loro frutti li riconoscerete... Non può un albero buono dare frutti cattivi» (Mt 7,16-18; Le 6,43). A nticultuale

È un altro aspetto, più dettagliato, dello stesso carattere teoprassico di Gesù: la prassi dell’am ore e della giustizia si colloca al di sopra... perfino del culto e delle «pratiche religiose». Si tratta di u n carattere anticultuale già conosciuto nella tradizione dell’AT. I profeti sono stati in generale poco am i­ ci dei sacerdoti e dei tem pli. Il conflitto di Amos col sa­ cerdote del tem pio regale di Betel, Amasia, è un caso esem ­ plare. E Gesù è un altro caso esem plare, nel suo conflitto col Tempio. Le diatribe, le polem iche di Gesù coi farisei (persone som ­ m am ente religiose) m ostrano che Gesù non era un uom o dell’istituzione religiosa, non era u n a persona ossessiona­ ta dal com pim ento delle prescrizioni, leggi, regole, proibi­ zioni e m an d ati... Gesù ha u n a visione e u n a p ratica della religione che rom pe gli schem i della religione stabilita nel­ la sua so cietà... Gesù è u n a persona religiosa, profondam ente religiosa, m a non bigotta. N on è una persona di sacrestia, neanche un «uomo del Tempio». N aturalm ente non è sacerdote, né fre­ quenta i circoli che si m uovono in torno al tem pio. È un laico. Alcune delle sue parabole sono certam ente anticle­ ricali e non m ettono in bu o n a luce il personale religioso qualificato (la parabola del buon sam aritano, p er esem pio Le 10,25-37). La sam aritana gli fa u n a «dom anda di religione»: do v e che bisogna ad o rare Dio, a G erusalem m e o al G aritzim ? (cf. Gv 4,20). Cioè: quale religione è la vera, quella degli ebrei 144

o quella dei sam aritani? Gesù sorvola la dom anda - come per dirle che tale dom anda è m al posta - e le dichiara che la Verità non è rinchiusa nell’u n a o nell’altra religione, m a al di là di entram be: «viene u n ’ora in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4,24). Gesù non pensa a una religione piuttosto che a u n ’altra, bensì a una «religiosità» che sta oltre le convenzioni di questa o di quell'altra religione... Oggi sappiam o che non pensò di fonda­ re u n a Chiesa o u n a nuova religione. Sarà che Gesù è oltre ogni religione? Sarà che egli stava invitando non a u n a nuova religione, bensì al superam en­ to della religione stessa? Thom as S heehan16 sostiene che la novità di Gesù consiste nell’abolizione di tu tte le religioni, in m odo che possiam o riscoprire il nostro rapporto con Dio nel processo stesso della creazione e della vita, nella storia. Forse Gesù è sta­ to frainteso17. Forse 2000 anni dopo possiam o scoprire che il suo m essaggio era sovrareligioso e che dev’essere anco­ ra com preso e m esso in pratica. È risaputo - e accettato perfino dai cristiani - che Gesù è più grande del cristia­ nesim o, che Gesù non appartiene alla Chiesa. La sua p a ­ rola e il suo atteggiam ento critico verso la religione, le sue forti insinuazioni che m irano a u n a religione al di là del­ la religione, non potrebbero essere un m essaggio m olto adeguato per l’attuale situazione religiosa pluralistica? A questo si aggancia il punto seguente: Gesù fu...

16 The First Corning: How the Kingdom of God Became Christianity, Random House 1986. 17 «Lungo i secoli, molti milioni di persone hanno venerato il nome di Gesù; ma molto poche lo hanno compreso, e ancora minore è sta­ to il numero di quelle che hanno cercato di mettere in pratica quel­ lo che egli voleva si facesse. Le sue parole sono state travisate fino al punto da poter significare tutto, qualcosa o nulla. Si è fatto uso ed abuso del suo nome per giustificare crimini, per spaventare i bam­ bini e per ispirare eroiche pazzie a uomini e donne. Gesù è stato ono­ rato ed è stato oggetto di culto più per ciò che non significava, che per quello che realmente significava. Il colmo dell’ironia sta nel fat­ to che alcune delle cose alle quali più energicamente si era opposto nella sua vita sono state le più predicate e diffuse in lungo e in lar­ go per il mondo... a suo nome!» (A. Nolan, ¿Quién es este hombre?. Sal Terrae, Santander 1981, p. 13). 145

N on

ecclesiocentrico

Anche a rischio di dire qualcosa di troppo evidente, p er il suo «anacronism o», riteniam o im portante sottolineare questo aspetto, senza lim itarci a darlo p er scontato. In effetti, se abbiam o detto che Gesù è stato