Teatro della vista e dell'udito. La musica e i suoi luoghi nell'età moderna
 9788870969269

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ARNALDO MORELLI

TEATRO DELLA VISTA E DELL'UDITO LA MUSICA E I SUOI LUOGHI NELL'ETÀ MODERNA LIBRERIA MUSICALE ITALIANA

Studi e Saggi

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Volume pubblicato con il sostegno del Dipartimento di Scienze umane dell'Università dell'Aquila

Grafica e layout: Ugo Giani In copertina: Johann Heinrich Schonfeld, Musikalische Unterhaltung (ca.

1670),

Dresda,

Gemalde Galerie (particolare)

© 2017 Libreria Musicale Italiana srl, via di Arsina 296/f,

55100 Lucca

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978-88-7096-926-9

ARNALDO MoRELLI

TEATRO DELLA VISTA '

EDELL UDITO

LA MUSICA E I SUOI LUOGHI '

'

NELL ETA MODERNA

LIBRERIA MusiCALE ITALIANA

Sommario

Musica e architettura Un antico rapporto verso una nuova prospettiva storiografica

VII

TEATRO DELLA VISTA E DELL'UDITO

«Sull'organo et in choro ». Spazio architettonico e prassi musicale nelle chiese italiane durante il Rinascimento Dalle «camere della musica» alle musiche per la camera Luoghi della musica nelle corti di Roma nel Seicento

3

31

«La vista dell 'apparato superbo, l 'udito della musica eccellente a più cori» Spazio architettonico e dimensione sonora nelle chiese romane dell'età ��

«La cour de Rome ne varie jamais». Immutabilità apparente e simbolismo del potere nella prassi musicale della Cappella Pontificia



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MUSICA E ARCHITETTURA

UN ANTICO RAPPORTO VERSO UNA NUOVA PROSPETTIVA STORIOGRAFICA

«Le conquiste maggiori si raggiungono, piuttosto che al centro di una disciplina, sul terreno impervio, rischioso e scarso d'orme dove due discipline s'incontrano» (Giuseppe Billanovich)

N el 1567, richiesto di un parere sul progetto del nuovo duomo di Brescia, Andrea Palladio rispose che le chiese dovessero essere costruite «in modo e con tal pro­ portione, che tutte le parti insieme una soave armonia apportino agli occhi de ' riguardanti», perché «le proporzioni delle voci sono armonia delle orecchie, così quelle delle misure sono armonia degli occhi nostri».1 Anche il grande architetto non sfuggiva al fascino del rapporto tra musica e architettura, che per secoli aveva alimentato, come in un gioco infinito di specchi, reciproche influenze interpreta­ tive. Un rapporto longevo, che è sempre stato in grado di rigenerarsi e adattarsi ai profondi mutamenti della cultura dal medioevo ai giorni nostri, sfruttando le facili suggestioni dei numeri e di un lessico comune, comprendente termini quali ritmo, proporzione, armonia, misura, simmetria, ed altri ancora. In tempi molto più recenti - ormai consumate per l 'uso visioni simboliche, metaforiche, numerologiche, mistiche e strutturali - l'interesse per i rapporti fra musica e architettura si è orientato verso una più concreta prospettiva storica, per considerare le parti di un edificio in relazione alle pratiche musicali che in esso potevano aver luogo. Ci si è dunque interrogati sui rapporti di volta in volta inter­ correnti fra spazio architettonico e suono, dal punto di vista fisico-acustico, stori­ co-sociale e antropologico. Del nesso tra luoghi e musica furono ben consapevoli gli autori di trattati sulla teoria e la prassi della musica della prima età moderna. A metà del Cinquecento, Nicola Vicentino, nel suo celebre saggio L'antica musica 1. Cit. in RuD O LF WITTKO WER1 Principi architettonici nell'età dell'Umanesimo, Torino, Einau­ 1 9 641 p. 1 1 3 (ed. originale: Architectural principles in the age ofHumanism, London, Warburg lnstitute, 1 949 ) . di,

· MUSI CA E ARCHITETTURA ·

ridotta alla moderna prattica (Roma, 1555 ) trattò del problema di fare musica «nel­ le chiese e in altri luoghi spatiosi et larghi», suggerendo di eseguire « messe, dia­ loghi, et altre cose da sonare con varij stromenti mescolati con le voci», a due e tre cori «per far maggiore intonatione ».2 Nel Seicento teorici e compositori fu­ rono consapevoli della molteplicità degli stili di suonare e cantare rispetto a quelli del secolo precedente. 3 N el dirimere una controversia sui differenti stili musicali verso la metà di quel secolo, il compositore romano Marco Scacchi, maestro di cappella del re di Polonia, divideva la musica in tre stili: ecclesiasticus, cubicularius e theatralis, 4 ovvero in base ai luoghi ai quali la musica era destinata. Tale afferma­ zione ci fa ben comprendere come gli stili, intesi come complesso di pratiche al tempo stesso compositive e performative, fossero strettamente correlati a luoghi, convenzioni sociali e modalità di esecuzione. Di conseguenza, lo spazio architet­ tonico non era un contenitore neutro per la musica che vi risuonava; e la musica, di rimando, era tutt 'altro che indifferente al luogo cui era destinata. La distribu­ zione degli spazi interni di un edificio e il posizionamento dei musicisti rispetto al pubblico sono rivelatori della mentalità di un 'epoca e del senso che la musica assumeva per un determinato gruppo sociale in un dato contesto, talvolta in modo più eloquente di quanto potrebbe esserlo una qualsiasi partitura. La riflessione su queste tematiche mi spinse circa venticinque anni fa a iniziare una ricerca sulle relazioni fra spazi architettonici e musica, affrontando questioni apparentemente semplici - la posizione degli organi e delle cantorie nel corso del tempo -, ma forse per questo poco o nulla considerate nel campo della musicologia storica. 5 Le profonde trasformazioni della prassi musicale fra medioevo e prima età moderna, specialmente se osservate su un arco di tempo lungo qualche secolo, diventano - a mio giudizio - ancor più chiare, se illuminate da una riflessione sugli spazi architettonici e gli eventi musicali che vi avevano luogo. I mutamenti epocali intervenuti nella musica sacra fra Cinque e Seicento, quan­ do la prassi polifonica a cappella cedette progressivamente terreno alla prassi con­ certata per voci e strumenti, sarebbero meno comprensibili se non cogliessimo 2. Cit. in LAURA M O RETTI1 Musica policorale e spazio architettonico, in Tesori della musica veneta del Cinquecento. La policoralità, Giovanni Matteo Asola e Giovanni Croce, catalogo della mostra, a cura dilain Fenlon- Antonio Lovato, Venezia, Fondazione Levi, 20 1 0, pp. 45-69 : 45· 3· L O RENZO B IAN C O NI, Il Seicento, Torino, EDT1 1 9 8 21 p. 47 (Storia della musica a cura della Società italiana di Musicologia, 5 ) . 4· MARCO S cACCHI, Breve discorso sopra la musica moderna, Varsavia, Peter Elert, 1 649. 5· Queste mie ricerche, iniziate all'inizio degli anni Novanta, ebbero un decisivo impulso grazie a unfellowship dello Harvard University Center ofltalian Renaissance Studies Villa I Tatti, Firenze, nell'armo accademico 1 994- 1 9951 per il progetto Organ, liturgy, and religious architecture in Re­ naissance Italy. Vorrei qui ricordare con affetto e gratitudine il compianto direttore Walter Kaiser e la responsabile della Morrill Music Library di Villa I Tatti Kathryn Bosi, del sostegno offertomi durante quell'anno e, come research associate, negli anni successivi. · VIII ·

· UN ANT I C O RAP P O RT O VERSO UNA NUOVA PRO SPETTIVA S T O RI O G RAFI CA ·

alcuni eloquenti dettagli del nuovo assetto architettonico dell 'interno delle chiese avvenuto nello stesso periodo, che comportò la ricollocazione di organi e cantorie in punti dell'edificio ben visibili dall 'assemblea. 6 Dallo spazio ecclesiastico le mie ricerche si sono poi estese anche allo spazio della corte, un tema che, sulla scia del magistrale libro sulla società di corte di N or­ bert Elias/ negli ultimi decenni del Novecento è diventato il punto focale di un importante filone storiografico.8 L'esame della «foresta di simboli»9 formata da cerimoniali, rituali e protocolli, ha permesso di mettere a fuoco quel sistema se­ mantico che rendeva esplicita la rappresentazione del potere. Attraverso questa chiave storico-antropologica si è investigata anche la sistemazione architettonica dell 'interno dei palazzi aristocratici in risposta alle mutevoli esigenze di posiziona­ mento sociale e dei protocolli cerimoniali, tramite i quali veniva reso manifesto 'al mondo ' lo status dei proprietari, membri delle élite di uno Stato.10 La mia indagine intende offrire dunque alla musicologia storica un diverso punto di vista per di­ stinguere e comprendere il senso di generi e forme musicali, altrimenti classificati fin qui secondo astratti schemi tassonomici, concepiti sul modello positivista della Musikwissenschaft ottocentesca. In questi ultimi due decenni le relazioni tra spazio architettonico e musica, in passato rimaste neglette dagli studi dell'una e dell 'altra disciplina, hanno suscitato un discreto interesse, soprattutto fra alcuni storici dell 'architettura, che hanno vo­ luto far luce su determinati aspetti progettuali e funzionali degli edifici, tanto eccle­ siastici che civili, fino ad allora rimasti inesplorati. L'architettura di chiese, oratòr� palazzi e ville è stata perciò riletta da una nuova angolazione sulla base di documen­ ti e rilievi, e in taluni casi accompagnata da un tentativo di verifica sperimentale

6. ARNALD O M o RELLI, «Per ornamento e servizio» : organi e sistemazioni architettoniche nelle chiese toscane del Rinascimento, «l Tatti Studies»1 vn, 19971 pp. 279-3 031 e ID., «Sull'organo et in choro». Spazio architettonico e prassi musicale nelle chiese italiane durante il Rinascimento, in Lo spazio e il culto. Relazioni tra l 'edificio ecclesiale e uso liturgico dal XV al XVII secolo, atti del convegno (Firenze, Kunsthistoriches lnstitut, 27- 2 8 marzo 2003 ), a cura diJorg Stabenow, Venezia, Marsi­ Ho, 20061 pp. 209-2 2 6. 7· No RB ERT E LIAS1 Die hofische Gesellschajt. Untersuchungen zur Soziologie des Konigtums und der hofischen Aristokratie, Neuwied- Berlin, Luchterhand, 1 9 69 (tr. ital.: La società di corte, Bolo­ gna, Il Mulino, 1 9 8 0 ) . 8. Per un bilancio su questo filone di studi nel contesto italiano, cfr. La corte e lo spazio: trent' an­ ni dopo, a cura di Marcello Fantoni, Roma, Bulzoni, 20 1 2. 9· In questo senso l'espressione, mutuata dall' etnoantropologia, è utilizzata da MARCELLO F ANT O NI1 La corte del granduca. Forme e sim boli del potere mediceo fra Cinque e Seicento, Roma, Bulzoni, 1994, p. 1 5 . 1 0 . Fondamentale al riguardo è l a monografia di PATRI CIA WAD D Y1 Seventeenth-century Rom an p al ace. Use and the art of the pi an, Ne w York- Cambridge ( MA) , Architectural History Foundation - MIT Press, 1 990. ·

IX ·

· MUSI CA E ARCHITETTURA ·

per mezzo di prove acustiche negli edifici esaminati.11 Difficile credere, tuttavia, alla fedeltà assoluta di queste ricostruzioni acustiche, tali e tante sono le compo­ nenti in gioco. A tali criticità va aggiunto il fatto, non irrilevante, che le indagini condotte da storici dell 'architettura appaiono fondate su nozioni storico-musicali generiche, che non tengono in debito conto la complessità - e in certi casi perfino l'imprevedibilità - delle pratiche musicali in relazione agli ambienti, alla liturgia, ai cerimoniali. È ormai assodato che la musica scritta non possa rendere la varietà delle pratiche musicali non scritte, né potrà mai restituirei un 'idea precisa e og­ gettiva di come 'suonasse ' una determinata musica in un determinato ambiente. Ciononostante, soltanto in tempi recenti una parte forse piccola ma feconda della musicologia storica ha abbandonato l 'idea di considerare written e unwritten tradi­ tion - per usare un 'espressione cara a Nin o P irrotta - come campi separati della trasmissione musicale, rovesciando, dunque, la tradizionale prospettiva storiogra­ fica, per cogliere nella musica scritta le tracce di pratiche non scritte che ne sono a fondamento.12 In tale rinnovata prospettiva, lo studio dei luoghi d'esecuzione può, quindi, rivelarsi come uno strumento di non trascurabile utilità. La storiografia, per vivere, deve rinnovare i propri metodi e porsi di continuo nuove domande. « Ogni oggetto storico - come ha affermato Marrou - solleva

1 1 . Oltre al pionieristico lavoro di MICHAEL F oRSYTH1 Buildings for music: the architects, the musician1 and the listenerfrom the seventeenth century to the present day, Cambridge, Cambridge Uni­ versity Press, 1 9 8 5 ( tr. ital.: Edifici per la musica: l'architetto, il musicista, il pubblico dal Seicento a oggi, Bologna Zanichelli, 1 9 8 7 ) , si vedano i più recenti volumi collettanei Architettura e musica nella Venezia del Rinascimento, a cura di Deborah Howard - Laura Moretti, Milano, Brur10 Mondadori, 2oo6; Sound and space in Renaissance Venice. Architecture1 music1 acoustics, ed. Deborah Howard Laura Moretti, N ew Haven, Yale University Press, 2009; The music room in early modern France and Italy. Sound, space1 and object, ed. Deborah Howard - Laura Moretti, Oxford, Oxford University Press, 20 1 2; e le monografìe di LAURA MoRETTI1 Dagli Incurabili alla Pietà. Le chiese degli Ospe­ dali Grandi di Venezia tra architettura e musica (1 522-1 79 0), Firenze, Olschki, 2oo8; e MAssiMO BISSO N, Meravigliose macchine di giubilo. L'architettura e l'arte degli organi a Venezia nel Rinascimen­ to, Venezia - Verona, Fondazione Giorgio Cirri - Scripta, 20 1 2. 1 2. Senza pretesa di completezza, vorrei ricordare almeno i lavori di ANNA MARIA BussE BERGER1 Mnemotechnics and Notre Dame polyphony, ; i gentiluomini sono in piedi dietro di esse lungo le pareti. Un cantante, seduto in primo piano accanto al clavicembalo, canta accompagnato da alcuni strumenti musicali: un clavicembalo, un violone, una tiorba e due violini (Fig. 2.7 ) .

Fig. 2.7: Roma, Palazzo Falconieri, Balletto di ninfe e pastori, in Festafatta in Roma a lli 25 dijebraio MD CXXXW ( 1635). 3 7· Festa fatta in Roma alli 25 difebraio MD CXXXW, Roma, Vitale Mascardi, 1 63 5 , p. 1 2 . Cfr. F ILIPPO CLEM ENTI, Il carnevale ro mano, Rome, Tip. Tiberina, 1 8 9 9 , p. 405; MAU RIZIO FAG I O L O D ELL'ARCO - S ILVIA CARAND INI, L'effi mero barocco . Strutture della festa a Roma del '6o o, 2 vols.,

Rome, Bulzoni, 1 9 7 7, I, pp. 8 7 - 9 2; HAMMOND, Music and spectacle in B aro q ue Rome, pp. 2 1 4- 2 24.

· LUO GHI DELLA MUSICA NELLE CORTI DI ROMA NEL SEICENTO ·

Le riunioni accademiche, stabili o occasionali, che non raramente comprende­ vano esecuzioni musicali, potevano essere ospitate in ampie sale ad esse riservate all 'interno dei palazzi.38 Nel palazzo Riario alla Lungara, dal 1662 residenza della regina Cristina di Svezia per oltre trent'anni, esisteva una grande «stanza dove si faceva l'accademia » ( di m 24X1o ) ; essa venne quasi certamente ricavata non prima del 1674, anno in cui Cristina aveva istituito l 'Accademia reale, dall'unione di due ambienti comunicanti al secondo piano sopra la sala dell'Udienza.39 Alla morte di Cristina, nel 1689, nella «stanza dove si faceva l'Accademia» era montato un palco ( «coro dei musici e sonatori» ) così descritto nell 'inventario dei beni: 40 «coro dei musici e sonatori con sette scalini, cinque dei quali grandi, cioè quattro di tavola e uno di muro mattonato, longhi palmi trentuno e due terzi [= m 7, o 8] e larghi palmi cinque e mezzo [= m 1,23 ] , e l' altri due piccoli lon­ ghi palmi 28 e tre quarti [ = m 6,42 ], e la facciata davanti di detti scalini sono dipinte come di marmo giallo, e da piedi a' sudetti scalini vi è una balaustrata con 34 balaustri intieri et altri mezzi torniti e dorati con cornice da capo e da piedi nelli termini vi sono le sue cascate di legno di fogliami dorati e la detta balaustra è longa al pari delli sudetti scalini e vien s ostenuta da sette architravi di legno foderato di tela dipinta e dorata di chiaro scuro » .

A conti fatti, un palco di queste dimensioni poteva ospitare quasi un centina­ io di esecutoriY La sala, inoltre, doveva forse essere dotata di un organo, a quel tempo non più in uso, dal momento che in una sala contigua sopravvivevano «diverse canne d'organo, cessate dal suo sesto, con telaro parimenti d'organo, con due mantici» . 42 Alcuni disegni ci mostrano la sistemazione della «stanza

3 8 . Nel gennaio 1 6731 «si riaprl e [ si] tenne nella solita sala del palazzo de' signori Mancini nel Corso l'accademia de l'Humoristi». Cfr. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana1 Barb. lat. 63 771 c. 1 3r1 avviso di Roma, 14 gennaio 1 67 3 . 39· BJURSTROM1 Feast and theatre1 pp. 8 9 1 1 3 2 nota 7 ; ELENA P ovoLED 01 Aspetti dell 'allesti­ mento scenico a Roma al tempo di Cristina di Svezia, in Cristina di Svezia e la musica, atti del con­ vegno ( Roma, s-6 dicembre 1 9 9 6 ) , Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 19981 pp. 1 69-2 1 5 : 1 8 2- 1 8 6; ENZO B oRSELLINO, Palazzo Corsini alla Lungara. Storia di u n cantiere, Fasano, Schena1 1 9 8 8, pp. 3 3 -3 4· 40. Roma, Archivio di Stato, Notai A.C., notatio Lorenw Belli, vol. 9 1 71 cc. 68s-686; parzial­ mente trascritto in TRINCHIERI CAMIZ1 Gli strumenti musicali nei palazzi, p. 607. 4 1 . L'esistenza di questa «scalinata per i musici e suonatori» è testimoniata anche nei diari dell'avvocato concistoriale Carlo Cartari; cfr. ARNALDO MoRELLI, La musica a Roma nella seconda metà del Seicento attraverso l'archivio Cartari-Febei1 in La musica a Roma attraverso lefonti d'archivio, pp. 1 07- 1 3 6: 1 3 1 . Nel settembre 1 68 81 nel «gran salone della regina» fu replicata una serenata, già data in onore dell'ambasciatore francese Lavardin, che «fu straordinaria per la quantità degli strumenti e delle voci»; cfr. Istoria degli intrighi galanti della regina Cristina di Svezia e della sua corte durante il di lei soggiorno a Roma, ed. mod. a cura diJ eanne Bignami Odier - Giorgio Morelli, Roma, Palombi, 1 9 791 p. 1 40. 42. PovoLED01 Aspetti dell 'allestimento scenico a Roma, pp. 2 1 2-2 1 3 .

· DALLE «CAMERE DELLA MUSICA» ALLE MUSICHE PER LA CAMERA·

·1Jamc

n • r ?o

Fig. 2.8 a-b: Sistemazione del palco dei musici e dei posti per i cardinali e per le dame nella « stanza dell'Accademia» di Cristina di Svezia in palazzo Riario, in occasione della solenne accademia in onore del re d' Inghilterra (febbraio 1687 ).

dell'Accademia» i n o ccasione della solenne accademia i n onore del r e d ' Inghilter­ ra che si tenne nel febbraio 1687, alla presenza dell ' amb asciatore di Roger Palmer conte di C astlemain (Fig. 2.8, 2.9 ) .43 Per le altre o ccasioni di rappresentanza, non legate all' attività dell ' accademia, che prevedevano l' esecuzione di musiche, veniva prob abilmente utilizzata la « Ca­ mera dell' udienza grande de' principi», situata al piano nobile del palazzo; nell ' in­ ventario del palazzo, infatti, questo ambiente è descritto anche come «la stanza grande dove si faceva musica » .44 Questa sala era arredata con numerosi quadri alle 43. I disegni sono co mmentati e riprodo tti in

PovOLEDO,

Aspetti dell 'allestimento scenico a

Roma, pp. 183-185. 44. Roma, Archivio di Stato, Notai A. C., notaio Lorenzo Belli, vol. 917, p. 639.

· LUOGHI DELLA MUSICA NELLE C ORTI DI ROMA NEL SEI CENTO ·

Fig. 2.9 : Giovan Battista Piranesi, Veduta del Palazzo Panfilio dalla parte del Collegio Ro­ mano (1745).

pareti, con ritratti di uomini illustri e soggetti che alludevano alla musica; vi era inoltre conservato «Un organo piccolo con canne di legno», con portelle dipinte raffiguranti santa Cecilia e Davide, e «diversi angiolini in atto di cantare».45 Una sistemazione dei « musici e sanatori» simile a quella della «stanza dell 'Ac­ cademia» in palazzo Riario fu predisposta a palazzo Pamphilj, nella « gran sala» si­ tuata al piano nobile sul lato prospiciente la piazza del collegio Romano (Fig. 2.10, 2.11 ) , in occasione di due oratori, la cui esecuzione è ben illustrata nei resoconti che ne furono redatti: il primo, del letterato Giovanni Andrea Lorenzani, riferi­ sce dell 'oratorio Santa Maria Maddalena de' Pazzi, fatto eseguire il 9 giugno 1687 dal suo librettista e padrone di casa, il cardinale Benedetto Pamphilj in onore di Francesco Maria de ' Medici, che in quello stesso giorno aveva ricevuto il cappello cardinalizio:46 4 S · Roma, Archivio

di

Stato, Notai A. C., notaio Lorenw Belli, vol. 9 1 7, pp. 5 6 3 - 5 64.

L'inventario precisa che «Stava largo detto organo palmi quattro e mezw e poco meno detto qua­ dro de l 'altezza del medesimo quadro un palmo e due terzi, e mantici

di detto organo » .

4 6. GI OVANNI ANDREA LoRENZANI, Lettera famigliare . . . a l signor Diacinto Maria Marmi . . .

dove

lo ragguaglia dell'apparato del palazzo dell ' eminen.mo sig.r prencipe cardinale Francesco Maria de

· DALLE « CAMERE DELLA MUS ICA» ALLE MUS ICHE PER LA CAMERA ·

Fig. 2.1 0 : Roma, Palazzo Doria-Pamphilj, «gran sala» al piano nobile.

«E la sera del detto giorno detto Panfilio a sentire

un

[9 giugno

1687 ] andò invitato dal cardinale Bene­

oratorio sopra detta santa [Maria Maddalena de'

Pazzi ] , rappresentato con ogni magnificenza e generosa splendidezza, non

tanto per l ' eccellenza della musica, e numerosissimo di cento istromenti e ac­ co mpagnamento di trombe, ma anco per

un

bellissimo apparato fatto nella

sala dove si cantava, quale veniva coperta di paramenti fiorati d' oro, et illumi­ nata da quantità di lampadari di cristallo di monte con moltitudine di cande­ lotti di cera, e nel frontispizio della medesima sala in forma di teatro erano in sì bell 'ordine disposti quelli che sonavano, che ciascuno havea

un

legìo davanti

con il suo lume, senza che fosse dall'uditorio scoperto, che in vero era fatto con

un

disegno maraviglioso » .

P er il secondo oratorio1 Santa Beatrice d'Este1 fatt o eseguir e dal cardinale Pamphilj il 31 marzo 1 6 891 la « gran sala»1 riccament e apparata con broccati1 era o ccupata a un' estremità « da un palco come di scena sulla quale stava situata la prosp ettiva di

Medici, Roma, Gio. Battista Molo, 1 6 8 7, p. [ s ], cit. in HANS J oACHIM MARX, Die « Giustificazioni della casa Pamphilj» als musikgeschichtliche Q;.ielle, « Studi musicali», xrr, 1 9 8 3, pp. 1 2 1 - 1 87 : 1 3 0 . D ai pagamenti risultano pagati 2 8 violini, 8 «violette», 1 1 violoni, 4 contrabassi, 3 «leuti » ( arci­ liuti ) , 2 trombe e un trombone, ma non clavicembali e organi; cfr. ibid., p. 1 p . . so .

·

LUOGHI DELLA MUSICA NELLE C O RT I DI ROMA NEL SEICE N T O

·

Fig. 2.11: Filippo Juvarra, apparato della «gran sala» al palazzo della Cancelleria di Roma per gli «oratorii della settimana santa», in Pensieri, scene e apparecchie fatte per il servizio dell' em.mo Ottoboni in Roma per il suo teatro alla Cancelleria da me suo architetto l'anno 1708 in sino al 17121

Torino, Biblioteca Nazionale.

una grande scalinata», ai piedi di essa stava l' orchestra47 alta un braccio da terra per gli cantanti e li cembali et altri strumenti necessari per l'accompagnamento dei medesimi

[ ... ].

La pienezza degli strumenti col fondo di tanti contrab assi, uniti

alle trombe, faceva tal rimb ombo che pareva ne risentisse la sala».48 47. Il termine « o rchestra» è qui us at o nell ' accezio ne del teatro classico come spazio antistan­ te il palco; in questo caso è il palco dove sono po sti i cant anti, davanti alla gradinat a che o spit a i suo natori.

48. Disposizioni dei musici e suonatori nella sala del sig. cardinale Panfilio et apparato di essa, in

occasione del solenne oratorio di Santa B eatrice d'Este rappresentata da Sua Eminenza alli 3 1 marzo 1 6 89, in M o de na, Archivio di Stato, Archivio Estense, Musica 3, documento integralmente riportato da Adriano Cavicchi nella tavola ro to nda Problemi di prassi esecutiva, in Studi corelliani, atti del convegno

( Fusignano,

s-8 settembre 1968) , a cura di Adrano C avicchi, Os car Mischiati, Pierluigi

Petrob elli, Firenze, Ols chki, 197 2, pp. 116-117.

· DALLE « CAMERE DELLA MUSICA» ALLE MUSI CHE PER LA CAMERA ·

Anche il cardinale Pietro Ottoboni, desideroso di primeggiare sulle altre cor­ ti cardinalizie e principesche di Roma, nel 169o aveva fatto sistemare nel palazzo della Cancelleria una grande sala per destinarla ai concerti destinati alle riunioni dell 'accademia « delle belle lettere e dei musicali concerti», 49 che vi aveva creato:50 « Il cardinale Otto b ono ha fatto inalzare in una delle sale della Cancelleria un nobilissimo teatro per l'academia di musica che pensa di tenervi in giorni de­ terminati, et ha fatto tenere una bellissima tapezzeria di ricchissimi broccati che doveranno adornare le sue stanze, avendone posti in mostra alcuni teli nella collegiata di San Nicolò in Carcere Tulliano il giorno della sua festa, alla quale furono invitate tutte le creature e molti altri cardinali» .

L'ambiente destinato all'accademia corrisponde alla cosiddetta sala Riaria, facil­ mente accessibile dalle scale d 'ingresso attraverso un loggiato coperto prospiciente il cortile internoY La sala Riaria fungeva infatti da «anticamera » dell 'apparta­ mento nobile del cardinale, ed era stata dotata di «Varii balconi dorati per i musici, essendo questo luogo stabilito per gli oratorii»Y n disegno dell'architetto Filip­ po Juvarra per l'allestimento della « gran sala » in occasione degli « oratorii della settimana santa», probabilmente il mercoledì santo del 1708, 53 furto su richiesta del cardinale Ottoboni, mostra effettivamente una sorta di ampia cantoria, della

49· GI OVANNI GIUSTINO CIAMPINI1 Il teatro de ' grandi. Discorso accademico, Roma, Giovanni Giacomo Komarek, 1 69 3 1 p. 1 5 . s o . Ci ttà del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ott. lat. 3 3 5 61 c . 26r1 avviso d a Roma, 9 dicembre 1 6901 cit. in MARIA LETIZIA VoLPICELLI, Il teatro del cardinale Ottoboni al Palazzo della Cancelleria, in Il teatro a Roma nel Settecento, 2 voll., Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1 9 89, n , pp. 68 1 -7 8 2 : 6 8 3 . 5 1 . ARMAND O ScHIAVO, Il palazzo della Cancelleria, Roma, Staderini, 1 9 64, pp. 1 87- 1 89. 5 2 . FRANCESCO Po sTERLA, Roma sacra e moderna, Roma, Francesco Gonzaga, 1 7071 p. 25 1 : «Nell'anticamera miransi varii balconi dorati per i musici, essendo questo luogo stabilito per gli ora torti, degni parti di quell'eminentissimo ingegno, che sa unire con la gravità dell'altre scienze che possiede l'amenità delle muse». 53. La raccolta di disegni diJuvarra, «Pensieri, scene e apparecchie fatte per il servizio dell' em. mo Otto boni in Roma per il suo teatro alla Cancelleria da me suo architetto l'anno 1 708 in sino al 1 7 1 2 »1 è conservata alla Biblioteca N azionale di T orino. Cfr. S CHIAvo, Il palazzo della Cancelleria, pp. 1 89- 1 90; e MERCEDES VIALE FERRERO, Filippo Juvarra scenografo e architetto teatrale, Torino, Edizioni d'arte Fratelli Pozzo, 1 9 701 pp. 7 11 295. ll disegno va riferito quasi certamente all'Intro­ duzione all'oratorio della Passione di nostro Signor Gesù Cristo, più noto con il titolo La Colpa, il Pentimento, la Grazia, di Alessandro Scarlatti. Per un breve ragguaglio sul ciclo di oratori della qua­ resima 1 708, cfr. ARNALDO MoRELLI, Alessandro Scarlatti maestro di cappella in Roma ed alcuni suoi oratori. Nuovi documenti, «Note d'archivio per la storia musicale», ns., n, 1 9 84, pp. 1 1 7- 144: 1 27- 1 28.

· LUO GHI DELLA MUSICA NELLE CORTI DI ROMA NEL SEICENTO ·

larghezza della sala, su cui verosimilmente avrebbero trovato posto cantanti e stru­ mentisti (Fig. 2.11 )Y Francesco Valesio descrive alcuni dettagli dell 'allestimento nel suo diario : 55 « questa sera [mercoledì 4 aprile 1708] il cardinale Ottob oni fece recitare nel suo palazzo della Cancelleria un bellissimo oratorio in musica sopra la passio­ ne del Redento re . Era la gran stanza in cui si cantò ap parata di damaschi trinati d' oro et, all'aprirsi un luogo nel quale era un crocifiss o, calarono subitamente a ricoprire le mura alcuni apparati negri» .

N ella sala della Cancelleria, l 'accademia istituita da Ottoboni teneva le sue riunio­ ni ogni quindici giorni, « coll 'intervento di eminentissimi cardinali e ambasciator� e gran nobiltà »;56 in questa cornice venivano eseguite musiche strumentali, can­ tate, e, specialmente in tempo di quaresima, importanti oratori, perlopiù su libret­ to del cardinaleY Una notizia riportata dal cosiddetto Foglio di Foligno descrive dettagliatamente il cerimoniale della seduta accademica in cui venne eseguito un oratorio scritto e patrocinato da Ottoboni: La Giuditta: 58 «D omenica 20 marzo [ 1694] fu in Cancelleria fatto un sontuosissimo oratorio dell'eminentissimo Ottob oni, comp osto dal medemo e messo in musica dal famoso Bernardo Pasquini e cantato dal Pistocco, dal Ferrini, da Valentino e da altri celebri musici con infiniti stromenti et illuminatione di tutto il mae­ stoso appartamento. V'intervennero moltissimi cardinali, quasi tutta la prela­ tura, numerosissima nobiltà e ne' coretti v'era l'eccellentissimo ambasciatore dell'impero . Il soggetto dell' oratorio fu la sacra istoria di Giuditta, sopra cui disse un breve et elegante sermone il padre procuratore generale [dei Servi­ ti] di San Marcello . Quattro cavalieri poi dissero un sonetto per ciascheduno per non tralasciare in tal sera il co nsueto eserciti o della ben' ordinata accade­ mia di sua eminenza nella medema Cancelleria, la quale essendo comp osta 54· Alcuni esempi di «tribune» destinate ai musicisti nei palazzi sei-settecenteschi sono segna­ late da S cHIAVO, Il palazw della Cancelleria, pp. 1 8 8- 1 89, 55· FRAN CESCO VALESIO, Diario di Rama [ 1 704- 1 742], a cura di Gaetana Scano con la colla­ borazione di Giuseppe Graglia, 6 voll., .Milano, Longanesi, 1 9 77- 1 979, IV, p. 55· 56. Avviso di Roma, 8 maggio 1 6941 dt. in GLORIA STAFFIERI, Colligitefragmenta. La vita musi­ cale romana negli «Avvisi Marescotti» (1 683-1 707), Lucca, LIM, 19901 p. 1 1 5 . Vale la pena di ricor­ dare che le Sonate a tre . . . opera quarta (Roma, Giovanni Giacomo Komarek, 1 694) di Arcangelo Corelli erano state «composte per l'Accademia dell'eminentissimo cardinale Ottoboni»1 come si legge nel frontespizio. 57· HANsJoACHIM MARX, Die Musik am Hofe Pietro Kardinal Ottobonis unterArcangelo Corelli, in Studien zur italienisch-deutschen Musikgeschichte V, hrsg. von Friedrich Lippman, Koln - Graz, Bohlau, 1 9 68, pp. 1 04- 1 77: 1 45 (Arlalecta musicologica, 5 ) . 58. 0RIETTA SARTORI1 Notizie d i interesse musicale i n u n antico periodico a stampa: i l «Foglio di Foligno», «Esercizi Musica e Spettacolo », n. 1 6- 1 71 1997-9 81 pp. 87- 1 1 9 : 1 07. A differenza di quanto riportato dal Foglio di Foligno, l'oratorio era stato posto in musica da Alessandro Scarlatti, che nel 1 69 3 - 1 694 aveva inviato da Napoli la musica al cardinale Otto boni. Cfr. MARX, Die Musik am Hofe, p. 1 4 1 .

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di s oggetti di distinto riguardo, e per letteratura e per le altre prerogative, si crede voglia superare in breve ogn' altra accademia dell'Italia, intervenendovi egli medemo co n tanta maniera e decoro che rapiscie et infiamma alla virtù ognuno » .

Anche in questo caso la forma dell 'evento e la disposizione dei musicisti appaiono molto simili a quelle dell 'accademia di Cristina, con la sola comprensibile differen­ za che, se a palazw Riario la cantata era intramezzata da una «lezione accademi­ ca », alla Cancelleria l 'oratorio era intramezzato da un «breve et elegante sermone [ . . . ] sopra l' istoria di Giuditta», cui faceva seguito la recita di alcuni sonetti ispira­ ti anch'essi al soggetto dell'oratorio. 59 N el palazw della famiglia Borghese in Campo Marzio il giovane Marcantonio Borghese, figlio del principe Giovan Battista, tenne più volte negli anni Settanta del Seicento un ' «accademia delle lettere », comprendente anche esecuzioni mu­ sicali, nella « sala della Regina di Saba », che per queste occasioni veniva apparata con « damaschi verdi con colonne rosse di fiorato » e «arazzi dell 'historia dell'im­ peradori con li sopraporti del medemo ».60 La sala, affrescata nel 1615 dal pittore veneto Paolo Piazza, si trova al piano nobile nel lato del palazw prospiciente via di Fontanella Borghese (Fig. 2.12), vale a dire l'ala del palazzo che non era occu­ pata dagli appartamenti del principe e della principessa, e che dunque era situata in punto dell 'edificio fucilmente accessibile agli ospiti, entrando dal portone di via di Fontanella Borghese (Fig. 2.13).61 Nell 'ampia sala adiacente, la cosiddetta « sala vecchia » - cioè il salone dell 'ala vecchia del palazw avevano luogo le recite tea­ tral� spesso comprendenti prologhi, balli e intermedi cantati, destinate comunque a un pubblico che non si estendeva oltre la cerchia familiare (Fig. 2.14). N ella sala veniva montato un palco con scene e prospettive dipinte, con un recinto che ospi­ tava gli strumentisti collocati davanti al palco. 62 L'esecuzione di musiche sacre, devozionali o spirituali in particolari momenti dell 'anno liturgico avevano luogo nella cappella, di solito collocata negli spazi più interni degli appartamenti di un palazw nobiliare. A tali esecuzioni, infatti, pre­ senziavano soltanto i membri della fumiglia del padrone di casa e alcuni dei suoi 59· Tra le poesie composte per questa circostanza, il «sonetto recitato nel palazzo della Cancelleria Apostolica in occasione di un'accademia dell' emirlentissirno cardinale Otto boni, ove fu cantato l'oratorio di Giuditta» di Giovan Battista Zappi, Aljin con teschio d' atro sangue intriso, in Rime degli Arcadi, tomo I, Roma, Antonio de Rossi, 1 7 1 6, pp. 1 8 3, 3 9 6. 6o. ARNALD O MoRELLI, Un modello di committenza musicale: i Borghese nella seconda metà del Seicento, in Musikstadt Rom. Geschichte, Forschung, Perspektiven, atti del convegno ( Roma, 2 8 - set­ tembre 2004 ) , hrsg. Markus Engelhardt, Kassel, Barenreiter, 20 1 11 pp. 204-2 1 7 : 2 1 1 . 6 1 . Sull'architettura e la decorazione degli interni del palazzo cfr. WADDY, Seventeenth-century Rom an palaces, pp. 73 - 1 271 3 63-3 7 s; e ELENA FUMAGALLI, Palazzo Borghese: committenza e deco­ razione privata, Roma, De Luca, 1 9 9 1 . 6 2 . MoRELLI, Un modello di committenza musicale: i Borghese, p. 209.

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più stretti dipendenti. Il principe Giovanni Battista Borghese, per esempio, orga­ nizzava regolari musiche devozionali in due momenti dell'anno liturgico, per la no vena di Natale e per la settimana santa, nella piccola cappella ( o « oratorio» ) situata in fondo alla sui te di camere del suo appartamento al primo piano, più pre­ cisamente nella «stanza avanti la cappella al piano di sopra verso la loggia di Ripet­ ta» ( Fig. 2.15 ) . 63 La sistemazione dei musicisti in alcune occasioni sfida la nostra più fervida immaginazione: non avremmo mai potuto immaginare che per ovviare alla ristrettezza di questo ambiente, in un palazzo che contava decine e decine di stanze, sale e saloni, cantanti e strumentisti dovessero essere collocati in un «Cas­ sone», una sorta di scatola di legno, montata a sbalzo fuori della finestra per queste occasioni. 6 4

Fig. 2.12: Alessandro Specchi, Palazzo dell'ecc.mo principe Borghese, in n quarto libro del nuovo teatro delli palazzi in prospettiva di Roma moderna ( 1699 ) . Vista dal lato di via di F ontanella Borghese. 6 3 . C ittà del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Arch. Borghese 5 60 7 , n. 1 3 4. Sull ' o ratorio

e le musiche che vi erano eseguite cfr. ARNAL D O M O RELL I, La virtù in corte. Bernardo Pasq uini (1 63 7-1 71 o), Lucca, LIM, 20 1 6, pp . 2 2 - 2 7 . 6 4 . N e l cont o d e l falegname, datato 24 dicembre 1 68 o , è desc ritto il lavo ro « p e r aver fatt o

un cass one per mettere in opra fora della finestra dell ' o rat orio p e r quanno se fa mus ica per la novena [ di Natale] e per l ' o rat o ri o che se fanno la settimana santa, fatt o tutto da scomp o ne re e levare e mettere sec o ndo il bisogno »; cfr. Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Arch .

Borghese 1 477, n. 7 9 2/ 1 2 . . 55 .

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Fig. 2.13 : Roma, Palazzo Borghese, pianta del piano nobile: nel cerchio la «Sala della Regina di Saha».

Fig. 2.14: Roma, Palazzo Borghese, pianta del piano nobile: nel cerchio la «sala vecchia».

· LUO G H I DELLA MUS ICA N ELLE C O RT I D I ROMA NEL SEICENTO ·

Fig. 2.15: Roma, Palazzo Borghese, pianta del piano nobile: nel cerchio la « stanza avanti la cappella al piano di sopra verso la loggia di Ripetta». N ei mesi estivi, quando la nobiltà preferiva ritornare in città, eventi musicali di gran de richiam o potevano aver luogo in spazi all' aperto com e giardini, logge o cortili. B en noto, dal punto di vista spettacolare, è «il nobilissim o rinfresco dato dal cardinale [Flavio] Chigi alla signora donna C aterin a Ro spigliosi et altri princi­ pi e principesse», il 15 ago sto 1668 «nel giardino di monsign or S alvetti alle Quat­ tro Fontan e», con uno straordinario app arato scenico curato dall' architetto C arlo Fontana.65 C ome «intro duttione del rinfresco » fu eseguito l' « encomiastico com­ ponim ento», su testo di S ebastian o B aldini, messo in musica da Giovan B attista Mariani, una sorta di cantata scenica con quattro personaggi, rappresentata nello stesso giardino che venne utilizzato com e scena dell' azione. Meno noto è il fatto che il comp onimento fosse preceduto da « un b ellissim o recitativo interrotto da un echo doppio replicato», cantato dal celebre soprano Giulia M asotti. Po ssia­ mo identificare questo «recitativo » con un singolare « capriccio per musica» del poeta Giovanni Filippo Ap olloni intitolato Eco amoroso ( «Arsi già d'una fiam­ ma» ), p o sto in musica da Alessandro S tradella, per soprano due violini e basso 6 5 . CARLO F oNTANA, Risposta [ . . . ] alla lettera del signor Ottavio Castigliani, Roma, Angelo Bemabò, 1 6 6 8, p. 1 7 . Più precisamente il banchetto-spettacolo fu dato in onore di Caterina e Maria Maddalena Rospigliosi, nipoti di papa Clemente IX allora regnante. Cfr. anche ALESSAN D RO ADEMOLLo, I teatri di Roma nel secolo decimosettimo, Roma, Pasqualucci, 1 8 881 pp. 1 06- 1 o8; BJU RST ROM, Feast and theatre, pp. 6 5 -69. · 57 .

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continuo, che presenta, per l' appunto, «l' artifizio di due echi », un insolito espe­ diente musicale, che non avrebb e potuto trovare migliore impiego che in un a mu­ sica all ' ap erto .66 S ulla «loggietta dell' appartamento nobile» alla Cancelleria, il cardinale Ot­

toboni fece eseguire un a « cantata con stromenti » n el luglio 169 4.67 N ell' agosto dello stesso anno, sulla loggia del suo p alazzo, prospiciente il p orto di Ripetta, il principe di Rossano Marcantonio Borghese fece cantare una seren ata, cogliendo 8 l' o ccasione della festa della vicina chiesa di san Rocco ( Fig. 2.16, 2.17 ) .6

Fig. 2.16: Roma, Palazzo Borghese, pianta del piano nobile: nel cerchio la «loggia di Ripetta».

66. G IORGIO Mo RELLI, L'Apolloni librettista di Cesti, Stradella e Pasquini, « Chigiana», xxx rx, 1982, pp. 2 1 1-264: 244. Stradella il 6 agosto 1668 ricevette un dono da Flavio Chigi, probabilmen­ te da mettere in relazione con la festa nel giardino delle Quattro Fontane; cfr. D AVID M ERRELL B RID G ES, Ihe social setting of musica da camera in Rome, 1 667- 1 70 0, Ph.D. diss., George Peabody College, 1976, pp. 32-33. La partitura della cantata è conservata a Modena Biblioteca Estense, Mus. F. 1 152. Lo scrivente ha in preparazione uno studio e un'edizione di questa cantata. 67. MARX, Die Musik am Hofe, p. 143. 68. Il 1 6 agosto 1 694, «il principe di Rossano [Marcantonio] Borghese per la festività di san Rocco fece fare di notte una bellissima serenata sopra la loggia dalla parte del fiume con gran con­ corso di dame e cavalieri [ . . . ] Altre due serenate sono state fatte in questa settimana una dal conte­ stabile Colonna, e l 'altra alla villa Ludovisa del duca di Sora»; avvisi di Roma, 2 1 agosto 1 694, cit. in STAF F IERI, Colligite.fragmenta, p. 1 1 7.

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LUOGH I D ELLA MUSI CA N ELLE CORTI D I ROMA NE L SEI C EN T O

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2.17: Alessandro Specchi, Altra veduta del palazzo dell'ecc.mo sig. principe Borghese, Il quarto libro del nuovo teatro delli palazzi in prospettiva di Roma moderna , Roma

Fig. in

Domenico de Ro ssi,

1699. Vista dal porto di Ripetta con la loggia di palazzo Borghe se.

Nell ' agosto 1700, «Madama O rsini», Anne-Marie de la Trémoille, vedova del duca di Bracciano Flavio Orsini, dopo aver posto « sul portone del suo palazzo l ' arma di Francia

[

. . .

]

la stessa sera da una loggia del medesimo fece cantare una

nobilissima s erenata» .69 Anche i cortili erano teatro all ' esecuzione di serenate, come quelle fatte ese­ guire negli anni 1692-96 dal contestabile C olo nna, 70 ma anche di oratori, come quello fatto fare, nell ' agost o 1705, dal cardinale Ottoboni nel cortile del palazzo della C ancelleria, per l ' o ccasione abbellito con un superbo apparat o scenografico e grandi luminarie.71

Avviso di Roma, 8 agosto 1 700, cit. in STAFFIERI, Colligitefragmenta, p. 1 3 9. LucA DELLA LIBERA- JosÉ MARiA DoMiNGUEZ, Nuove fonti per la vita musicale romana di fine Seicento: il Giornale e il Diario di Roma del Fondo Bolognetti a ll'Archivio Segreto Vaticano, in La m usiq ue à Rome a u xvne siècle. Études et perspectives de recherche, études réunies par Caroline Giron-Panel et Anne-Madeleine Goulet, Roma, École française de Rome, 20 1 2, pp. 1 2 1 - 1 8 5 : 1 5 6, 69.

70.

1 60, 1 74- 1 7 8 . 7 1 . Si tratta dell'oratorio I l regno d i Maria Vergine, con musica di Scarlatti, su libretto dello stes­ so Ottoboni. Una lunga e dettagliata descrizione del fastoso apparato e dello straordinario evento è trascritta in MoRELLI, Alessandro Scarlatti, pp. 142- 1 44 . Da questo documento si apprende che l'o­ ratorio aveva già avuto un anteprima destinata a un pubblico ristretto, nell'ambito «nell'accademia

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Altra fonte di preziose informazioni per questa ricerca si sono rivelati gli inven­ tari dei beni mobili delle residenze nobiliari, di solito redatti alla morte dei pro­ prietari. Prima di tutto va rilevato come, dopo i cardinali Del Monte e Antonio Barberini, dalla metà del diciassettesimo secolo in poi nessun aristocratico avesse più posseduto una collezione altrettanto ricca di strumenti. Inoltre, a differenza delle abitudini cinquecentesche, gli strumenti presenti nei palazzi, per la maggior parte a tastiera, non erano più conservati in una particolare camera, ma erano di­ stribuiti nei diversi ambienti in cui si articolava l 'edificio. In generale, possiamo os­ servare come dalla seconda metà del Seicento clavicembali e spinette costituiscano gli strumenti più comuni nelle residenze nobiliari; nello stesso arco di tempo gli organi di ogni tipo, che ancora sopravvivevano dal secolo precedente, scompaiono dalle sale dei grandi palazzi. 72 Sappiamo, infatti, che ancora nella prima metà del Seicento organi di grandi dimensioni erano ancora collocati nei saloni di alcuni palazzi, come, per esempio, quelli del cardinale Ippolito Aldobrandini (poi passato per eredità ai Borghese),73 del cardinale Andrea Carlo Peretti in Borgo Vecchio (1629 ), 74 del principe Giovanni Angelo Altemps. 75 Tuttavia, nella seconda metà del secolo alcuni di questi organi vennero rimossi, in qualche caso per essere ricolloca­ ti in qualche chiesa. Il principe Camillo Pamphilj nelle « stanze dell 'appartamento abbasso » del suo palazzo a piazza Navona possedeva «Un organo finito con sue canne grandi alto palmi venti incirca tutto dorato e tre mantici a otto registri», che [Sua Eminenza] è solita tenere nel suo palazzo de' più eruditi virtuosi et poeti più celebri». Si comprende dunque che la scelta del luogo - sala o cortile - era funzionale al pubblico che si voleva invitare e, di conseguenza, al significato che si intendeva conferire all'evento. 72. Lo stesso può dirsi del claviorgano, strumento, molto in voga fra Cinque e Seicento nei palazzi nobiliari. Se ne vedano significativi esempi nei documenti citati in TRINCHIERI CAMI Z1 Gli strumenti musicali nei palazzi, pp. 597-598. 7 3 · «Organo grande con le canne grandi, quadre, fatte tutte di legno che era stato del cardi­ nale d'Aragona», verosimilmente il cardinale Ignazio d' Avalos d'Aragona, morto nel 1 6oo; cfr. TRI NCHIERI CAMI Z1 Gli strumenti musicali nei palazzi, p. 603 . Lo strumento, comprato dal cardi­ nale Pietro Aldobrandini, era passato per via ereditaria al giovane nipote cardinale lppolito. Nel 1 6 3 81 alla morte del cardinale, la madre Olimpia ne ereditò i beni e, unitasi in matrimonio con Paolo Borghese, lo fece collocare nel palazzo del marito. Nell'inventario Aldo brandini del 1 625-2 6 lo strumento è descritto come «un organo grande con canne quadre fatte tutte di legno che il sig. card.le Hippolito ha guarnito con legno intagliato et dorato». In una cartina sciolta è poi ag­ giunta la seguente nota di aggiornamento: «L'organo grande con le canne quadre a c. 77 sta nel palazzo Borghese nelle camere dell' ecc.mi ss.ri padroni». Cfr. Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Arch. Borghese 62 1 91 c. 77s. 74· «Nella galleria [ . . . ] un organo intagliato di noce con mascarone et imprese con due co­ lonne scannellate di frontespizio con l'arma del sig. Carlo alto palmi otto et largo cinque»; cfr. TRINCHIERI CAMI Z1 Gli strumenti musicali nei palazzi, p. 604. 75· ll principe Giovanni Arlgelo Altemps possedeva numerosi strumenti a tastiera, fra cui un «organo grande in salone»1 come si legge inun inventario del 1 62o; cfr. J O NAT HAN P. CoucHMAN1 Felice Anerio' s music for the church and for the Altemps cappella, Ph.D. diss., University of California at Los Arlgeles, 1 9 89, p. 456. · 60 ·

· LUO GHI DELLA MUSICA NELLE CORTI DI ROMA NEL SEICENTO ·

collocato in una apposita « stanza dell ' organo ».76 Nel 167o, quattro anni dopo la sua morte, l'organo fu donato dal figlio alla chiesa degli agostiniani scalzi di San Nicola da Tolentino, dove tuttora si trova.77 Negli stessi anni, anche il cardinale Flavio Chigi, che nel t662 aveva fatto collocare un organo in una sala al piano ter­ reno del suo palazzo in piazza Santi Apostoli (oggi palazzo Odescalchi), soltanto pochi anni dopo lo inviò in dono alla cappella del Voto nel duomo di Siena.78 La scomparsa degli organi dai saloni e dalle gallerie dei palazzi non si spiega soltanto con i mutamenti del gusto musicale, ma con l 'esigenza di non essere vin­ colati a fure musica in un determinato ambiente, scegliendolo di volta in volta, in base al rango e al grado di fumiliarità degli ospiti, e al tipo di occasione. Non è un caso, dunque, se dalla metà del Seicento in avanti, gli strumenti che vediamo regi­ strati negli inventari dei palazzi aristocratici e nei conti di riparazione sono quasi sempre clavicembali e spinette. Tali strumenti si prestavano più agevolmente ad essere spostati da un ambiente all'altro ed erano più facilmente accordabili e perfi­ no modificabili nella loro sonorità.79 I clavicembali di grandi dimensioni erano probabilmente concepiti per essere posti negli ambienti di rappresentanza più grandi, quali la galleria, la sala dell 'u­ dienza o la grande sala del palazzo, come vediamo nei palazzi Orsini, Peretti, Al­ temps, Lancellotti e della regina Cristina di Svezia. Lo dimostrano bene le loro caratteristiche fisiche: questi clavicembali erano infatti di grandi dimensioni (da m 2 a 2,50 di lunghezza) e assolvevano a una doppia funzione: sonora e visiva; si trattava, iniàtti, di strumenti riccamente decorati, talvolta con dipinti di artisti ri­ nomati: Annibale Carracci dipinse il coperchio di un clavicembalo collocato nella

76. ] é'>RG GARMs, Quellen aus dem Archiv Doria-Pamphilj zur Kunstiitigkeit in Rom unter Innocenz X, Wien, Bolhau, 1 9721 p. 42 1. 77· PATRIZIO BARBIERI, S. Nicola da Tolentino in Roma: documenti sui Pamphilj, la chiesa, l'or­ gano, «Amici dell'organo [di Roma] »1serie n, n, 1 9 8 31 pp. 25-34. Per le spese della rimozione dell' «organo disfatto che stava nella sala al palazzo di piazza Navona» e del suo ricollocamento a San Nicola da Tolentino, cfr. ALEXANDRA NIG IT01 La musica alla corte di Giovan Battista Pamphilj, Kassel, Merseburger, 20 1 2, pp. 1 3 71 1 47- 1 5 1 . 78. O SCAR MI SCHIATI, Arte organaria e committenza papale: il caso di Alessandro VII, in Organi e cantorie nelle chiese di Roma, Roma, Istituto Poligrafìco e Zecca dello Stato, 19941 pp. 27-3 61 155- 1 69. 79· In un caso è documentata una sorprendente spesa per la rimpennatura di un clavicembalo, «per averli impenato delicato per camera bisognò impenarlo di novo tutto più gagliardo in chie­ sa»; cfr. ARNALDO MoRELLI, Storia della cembalaria e tipologia della documentazione: alcuni esempi, in Fiori musicologici. Studi in onore di Luigi Ferdinando Tagliavini nella ricorrenza del suo LXX com­ pleanno, a cura di François Seydoux - Giuliano Castellani - Axel Leuthold, Bologna, Pàtron, 200 11 pp. 3 79 - 3 9 6 : 3 9 3 ·

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galleria di palazzo Lancellotti;80 Ludovico Gimignani, tra il t682 e il 1697, dipinse coperchio e cassa di un sontuoso clavicembalo appartenuto a Maria Camilla Palla­ vicini Rospigliosi, oggi di proprietà privata (Fig. 2.18).81 Inoltre, in qualche caso, i clavicembali erano appoggiati su piedi artisticamente intagliati, le cui forme richiamavano un elemento araldico della fumiglia proprie­ taria: per esempio, lo stambecco per gli Altemps; la sirena « con in braccio una colonna » per i Colonna; il leone per i Peretti; le api per i Barberini; l 'aquila per i Pallavicini. 82 Strumenti a tastiera di pregio erano collocati poi in altri ambienti probabilmente utilizzati per riunioni accademiche, conversazioni o trattenimenti - in luoghi più facilmente accessibili agli invitati, come le stanze al piano terre­ no o al primo piano vicino alla scala d'accesso, come la «galleria» o la «camera dell 'audienza», dove non è infrequente trovare clavicembali e altri strumenti. Qui di seguito vengono offerti alcuni esempi a campione tratti dagli inventari dei palaz­ zi nobiliari romani del tempo. Palazzo Ludovisi, inventario dei beni del cardinale Ludovico Ludovisi (1633 ) : « Nel palazzo grande [ . . . ] stanza che segue la gallerietta [ . . . . ] un gravicemba­ lo longo palmi 9 con tastatura d'avoli o e d'ebano coperto di co rame di levante tutto dorato con suoi piedi di legno dorato, intagliato e profilato con cinque colonne che lo sostentano e l' arme del signor cardinale con la sua coperta di corame dorato» .83 Palazzo Borghese, appartamento del cardinale Pier Maria Borghese (1642) : « nella seconda stanza a destra [a cap o la scala] [ . . . ] un cimbalo a tre registri con tasta tura d'avoli o con cassa tutta dipinta, con coperta di co rame oro e ver­ de, con piedi indorati» . « Nel terzo appartamento [ . . . ] nell'altra stanza conti­ gua [ . . . ] un graviorgano con arme di S u a Eminenza et un cimbalo nelle stanze dell'audienza di S .E. con piedi dorati e cassa dipinta di detto cimbal o » .84 So. PIETRO BELLORI, Nota delli musei . . . 1 Roma, Falco, 1 6641 p. 291 cit. in TRINCHIERI CAMIZ1 Gli strumenti musicali nei palazzi, p. 599· 8 1 . DANIELA DI CASTRO, L'arredo del palazzo Pallavicini Rospigliosi, in Il palazzo Pallavicini Rospigliosi e la galleria Pallavicini, Torino, Allemandi, 1 9991 pp. 2 67-3 1 1 : 278; EAD., Musica nei palazzi romani: gli strumenti dei Pallavicini e dei Rospigliosi, in Meraviglie sonore: strumenti musicali del barocco italiano, a cura di Franca Falletti - Renato Meucci - Gabriele Rossi Rognoni, Firenze, Giunti, 20071 pp. 1 3 1 - 1 3 6: 1 3 2- 1 3 3 . 8 2 . Cfr. rispettivamente CoucHMAN1 FeliceAnerio 's music, p . 45 6; TRINCHIERI CAMIZ1 Gli stru­ menti musicali nei palazzi, p. 6o4; HAMMOND1 Music and spectacle in Baroque Rome, pp. 94-9 s, 3 04; DI CASTRO, L'arredo del palazw Pallavicini Rospigliosi, p. 278; EDUARD A SAFARI K1 Collezione dei dipinti Colonna. Inventari 1 61 1 -1 79 51 Monaco, K.G. Saur, 19961 p. 273. La ragguardevole spesa di 2 6 scudi per l'intaglio di «Un piede di cimbalo » è registrata nei conti del principe Giovan Battista Pamphilj nel settembre 1 676; cfr. NI GIT01 La musica alla corte, p. 206. 83. Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Arch. Boncompagni Ludovisi 3 25, c. s8. 84. Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Arch. Borghese 5 11 Inventario dei beni della bo. me. del card. Pier Francesco Borghese per la illustrissima d. Ortensia Borghese redatto il 30 giugno 1 642, cc. 203, 2 2 1 .

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Fig. 2.18: Clavicembalo appartenuto alla principessa Maria Camilla Pallavicini Rospi­ gliosi, decorato dal pittore Ludovico Gimignani (1682-1697 ca.), proprietà privata.

Palazzo Riario, inventario dei beni di Cristina di Svezia ( 1689) : nella «galleria al piano nobile [ . . . ] un cembalo a 3 registri, di cipresso, con sue corde tastatu­ ra e salterelli con sua cassa di legno, longo palmi nove e mezzo e largo tre e un quarto, e detto cimbalo si dice che sia di Girolamo [Zenti] ».85 Palazzo Pallavicini Rospigliosi, piano terreno ( 1708) : «nella seconda stanza verde [ . . . ] un cimbalo grande [in ottava stesa] e tutto dorato, con cornici do­ rate intagliate che gli fanno festone con diverse e quantità di putti dipinti dal Gimignani pittore, con tre angeli sotto che formano piede con trofeo di musi­ ca e due delfini, tutto dorato con copertina di corame dorato».86 Palazzo Colonna, sala dell'appartamento terreno ( 1714) : «Un cimbalo a coda a tre registri con tastatura d'avorio et ebano largo quattro palmi in circa e lon­ go palmi dodici in circa con suoi piedi torchini dorati coperto di corame di color turchino e fiorami d'oro il tutto usato» . Nell'appartamento di sopra: «Un cimbalo a coda longo palmi dodici in circa tutto scorniciato intagliato con tastatura d'avorio et ebano a due registri con piede di legno che vi è una sirena che tiene in braccio una colonna e tre puttini il tutto di legno bianco, spettante come sopra [alla primogenitura] ».87 8 5 . Roma, Archivio di Stato, Notai A. C., vol. 9 1 7, cc. 5 3 7- 5 3 8 .

8 6 . DI CASTRO, L'arredo 87. SAFARIK,

del palazzo Pallavicini Rospigliosi, p. 278. Collezione dei dipinti Colonna, pp. 25 3, 273.

· DALLE « CAMERE DELLA MUSICA» ALLE MUSI CHE PER LA CAMERA ·

Palazzo Colonna, appartamento del cardinale Carlo Colonna ( 1714) : «Un cimbalo a due registri coperto di corame torchino con fogliami dorati lungo palmi sei in circa, con piedi a colonne tinte simili alla cuperta suddetta, spet­ tante come sopra [a Sua Eminenza] » . «Un cimbalo a coda a due registri con tastatura di busso e cassa tinta rossa e scorniciata d' oro longo palmi otto e largo in facciata palmi tre, co n suoi piedi di legno tinti verde filettati d'oro, spettante come sopra [a Sua Eminenza] » . Nella « camera dell' audienza [ . . . ] un cimbalo a due registri coperto di corame torchino co n fogliami dorati lun­ go palmi sei in circa con piedi a colonne tinte simili alla cuperta suddetta, spet­ tante come sopra [a Sua Eminenza] » . 88

Un 'immagine finora poco considerata come fonte iconografica ci può dare un 'i­ dea di un intrattenimento musicale in una galleria di un palazzo principesco, for­ se romano. Si tratta del Musikalische Unterhaltung (ca. 1670) del pittore tedesco Johann Heinrich Schonfeld, che aveva soggiornato a Roma più volte tra il 1633 e il 1638 e di nuovo verso il 164 7, godendo della protezione del principe Paolo Gior­ dano Orsin� noto musicofilo. 89 N el dipinto di Schonfeld l'esecuzione, o forse la prova dell'esecuzione, si svolge nella galleria di un palazzo tappezzata di quadri; il gruppo di musicisti - una donna alla spinetta traversa, un violinista, un violonista, un tiorbista, un chitarrista e una cantante - è disposto al centro della sala, mentre il pubblico, assente nell 'immagine, avrebbe assistito dalle poltrone disposte tutte intorno (Fig. 2.19 ) . La scena richiama quella di un quadro, oggi perduto, di Nicola Morelli, raffigurante un 'allegoria della musica, in cui un gruppo di celebri musicisti - tra i quali Corelli e Pasquini - in «una stanza di galleria, in mezzo alla quale avvi un cembalo», sta «per dar principio all 'accademia di musica e suono » .90

8 8 . SAFARI K, Collezione dei dipinti Colonna , p. 3 3 71 3 67, 5 5 3 · 89. ll quadro, dipinto forse per i l borgomastro Jenisch di Augsburg, è p o i passato in varie col­ lezioni settecentesche (Vrsovec, Wallenstein), fino ad arrivare in quella della corte di Dresda nel 1 7 4 1 . Sul quadro e il suo autore cfr. Gemiilde Galerie Alte Meister Dresden. Katalog der ausgestellen Werke, hrsg. Anneliese Meyer-Meintschel - Angelo Walther - Harald Marx, Dresden - Leip:zig, Staatliche Kunstsarnmlung - E.A Seemarm, 1979, pp. 3 49-3 50. Ringrazio vivamente Michele Maccherini per avermi fornito la scheda di questo catalogo. 90. Nel dipinto, di cui resta la descrizione pubblicata in un opuscolo del 1 7031 figuravano il cembalista Bernardo Paquini; i cantanti Pasqualino Tiepoli, Francesco Besd e Girolamo Besd; i violonisti Arcangelo Corelli e Francesco Valentini, e il violoncellista Filippo Amadei; il composito­ re Carlo Francesco Cesarini e Francesco Grassi; cfr. ANGELA LEPORE, Le «primitie dell 'ingegno». Sonate a tre a Roma al tempo di Corelli, in Studi corelliani V, atti del convegno (Fusignano, 9- 1 1 set­ tembre 1994 ) , a cura di Stefano La Via, Firenze, Olschki, 1 9 9 6, pp. 3 29-345: 3 3 8-3 3 9; MoRELLI, La virtù in corte, pp. 3 5 6-3 57.

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L U O G H I D ELLA MUSICA NELLE C O RTI DI ROMA NEL SEI C E N T O

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Fig. 2.19 : Johann Heinrich Schonfeld, Musikalische Unterhaltung (ca. 167o ), Dresda, Gemalde Galeri e. I musicisti sono disposti al centro di una galleria di un palazzo, deco­ rata con una ricca collezione di quadri.

· DALLE « CAMERE DELLA MUSICA» ALLE MUSI CHE PER LA CAMERA ·

Altri clavicembali o spinette, di minori dimensioni e decorati in modo più so­ brio, erano invece collocati nelle stanze degli appartamenti riservate ai padroni o in quelle dei loro familiari e dipendenti. In certi casi gli strumenti trovavano posto nelle stanze più intime dell'appartamento dove i padroni si ritiravano a giocare, a scrivere o a dormire.91 Nella prima stanza dell'appartamento personale di Cristina di Svezia era custodita una preziosa «spinetta d'ebano intarsiata » insieme con dei «tavolieri da dama ».92 Un modesto «cimbalo di legno ordinario a due registri di Francesco Fiorentino » era collocato nella «stanza dove dormiva» il nobiluomo Paolo Falconieri, nel suo palazzetto su via Giulia.93 Un raro « organo a forma di cimbalo » era conservato nella « stanza dove dormiva l 'estate » il principe Flavio Orsini.94 Nell 'inventario del palazzo del duca Ippolito Lante Della Rovere alla Lungara, redatto del t667, «Un cembalo d 'un registro con sua cassa di cipresso di color di noce » si trovava «nella quinta camera dove scrive il sig. duca nell 'apparta­ mento da basso » .95 Mentre un «Un cembalo di due registri con sua cassa e piedi di albuccio e cassa di cipresso di color noce e suoi filetti d'oro dentro dipinto con pa­ esino, marina e figure » era posto nella camera dove dorme la signora duchessa».96 Quest'ultimo esempio richiama l'attenzione sul consumo privato della musi­ ca da parte delle donne. Un numero non trascurabile di raccolte manoscritte di 9 1 . Anche a palazzo Barberini alle Qauttro Fontante gli strumenti erano disseminati in varie stanze nelle diverse zone degli appartamenti: «Music could enjoyed in the apartments. Antonio [Barberini] grouped most of his collection of musical instruments in room B 2 7 in Palazzo Barberini1 and additional cembali were in rooms B 2 3 1 B 2 81 C231 C291 and C39. Meanwhile, in the «casa grande» ai Giubbonari1 a cembalo was in the «room before chapel» in the apartment toward via dei Giubbonari1 and two were in the room between Taddeo 's audience room and his bedroom». Cfr. WADD Y1 Seventeenth-century Rom an palace1 p. 54· Le sigle nel testo si riferiscono alle piante del palazzo Barberini che corredano la monografia di Waddy. I numeri preceduti da B si riferiscono al primo piano ( o piano nobile ) ; quelli preceduti da C al secondo. 9 2 . Roma, Archivio di Stato, Notai A.C., notaio Lorenzo Belli, vol. 9 1 71 cc. 650-65 1 : «Una spinetta d'ebano intarsiata la tavoletta davanti e ponticello, e la tavola di dietro di madreperla con le sue corde, tartaruga d'avorio e d' ebbano1 con sua cassa d' ebbano e quadrata, con cornicetta tutta nera, con sua chiave e con il martello d'argento per accomodare detta spinetta, e per li fianchi di detta cassa vi sono due bottoncini d'ottone dorato da poter trasportare». 93· Inventario dei beni di Paolo Falconieri, redatto alla sua morte, il 2 3 luglio 1 707. In uno «stanzione incontro al giardino » erano conservati anche «un cimbalo grande a due registri», «un altro piccolo a un registro» e «un concerto di viole numero sette»; cfr. D ALMA FRASCARELLI1 Paolo Falconieri tra scienza e Arcadia, Roma, Campisano, 20 1 21 pp. 2 1 2-2 1 31 2 1 5-2 1 6. 94· Roma, Archivio di Stato, Trenta not. cap., Uff. 291 notaio Simon de Comitibus, vol. 2 8 11 1 2 aprile 1 6981 c . 1 2o6v: «Un organo a forma di cimbalo, longho palmi 1 1 di p assetto, con la fodera di tavola dipinta con diverse figure in chiari oscuri, fondo dorato, con sua coperta di corame1 posto sopra due piedi di tavole traforati dipinti di chiaro scuro, quale non sona per essere guasto». 95· «Inventario di tutte le robbe che stanno poste nel palazzo alla Longara fatto il mese di mar­ zo 1 667»; Roma, Archivio di Stato, Lante della Rovere, 6 8 8 (I), c. 1 5 . 9 6 . «Inventario di tutte l e robbe che stanno poste nel palazzo alla Longara fatto i l mese di mar­ zo 1 667»; Roma, Archivio di Stato, Lante della Rovere, 6 8 8 (I), c. 1 5 . - 66 ·

· LUO GHI DELLA MUSICA NELLE CORTI DI ROMA NEL SEICENTO ·

arie e cantate realizzate a Roma, presenta stemmi nobiliari femminili, a riprova di un consumo 'femminile' di musica, che trovava spazio negli ambienti più intimi dell 'appartamento di una nobildonna. Tra le dame che facevano parte della corte di una principessa o di una duchessa c'erano anche buone cantant� e di tanto in tanto erano chiamate a intrattenere con il canto la loro padrona. N e troviamo con­ ferma in una lettera del 1707 con la quale la principessa Anna Camilla Borghese, inviando alla cognata Livia Spinola alcune ariette d 'opera, scrive:97 «Ve ne sono alcune delle ariette quali, non essendo male, ne servirò l' E.V., che li serviranno di divertimento nel tedio del letto, quando starà di parto, avendo donna abbile [sic] al cantare » .

La consuetudine era talmente diffusa che se ne trovano esempi in alcune scene teatrali del tempo, come nel primo atto dell 'opera Dal male il bene (1654), di An­ tonio Maria Abbatini e Marco Marazzoli, su libretto di Giulio Rospigliosi, quando la servitrice Marina, esortata dalla sua padrona, Leo nora, canta un 'aria da un libro di musica.98 La variabilità dei luoghi di esecuzione in risposta alle differenti esigenze sociali e protocollari indotte dal tipo di pubblico e dalle situazioni di ascolto non può non riflettersi sulle caratteristiche di una determinata musica adeguata alle circostanze. Un oratorio o una cantata spirituale destinati al ristretto pubblico della cappella privata di un palazzo - un ambiente che un contemporaneo avrebbe più precisa­ mente definito «Un oratorio famigliare o per meglio dire domestico »99 - mostra­ no spesso uno stile dotto e ricercato, più da camera che da teatro - per riprendere la classificazione di Scacchi e Berardi -, le cui radici affondano nel madrigale, come si nota, per esempio, nelle musiche composte da Pasquini per la cappella del principe Borghese. 10° Completamente diverso è invece lo stile di un oratorio quando viene eseguito nella grande sala di un palazzo, come quelli promossi dai cardinali Benedetto Pamphilj e Pietro Ottoboni, davanti a un pubblico ampio e colto, riunito in forma di adunanza accademica. In questi casi, stile compositivo, prassi esecutiva e modalità di ascolto di un oratorio sono identici a quelli di una 97· Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, Arch. Borghese 657 11 c.n.n., lettera da Napoli, 8 febbraio 1 707. 98. ARNALD O MoRELLI, Seventeenth-century Rom an cantata manuscripts as a source for a mate­ ria/ history, in Musical text as ritual object, ed. Hendrik Schulze, Turnhout, Brepols, 20 1 51 pp. 1 9 1 1 9 8 : 1 94- 195· 99· L'espressione è tratta da una lettera del marzo 16 5 81 in cui l'abate fiorentino Alessandro Magalotti chiedeva al poeta romano Sebastiano Baldini alcuni componimenti per musica per la quaresima. Cfr. FLAVIA CARDINALE, Introduzione, in Sebastiano Baldini (1 61 5 -1 68 5). Le poesie per musica nei codici della Biblioteca Apostolica Vaticana. Incipitario e fonti musicali, a cura di Giorgio Morelli, Roma, lbimus, 20001 pp. 7-46: 3 4· wo. MoRELLI, La virtù in corte, pp. 252-270.

· DALLE « CAMERE DELLA MUSICA» ALLE MUSI CHE PER LA CAMERA ·

cantata accademica, ovvero di un' «accademia per musica », eseguita nei palazzi o nei collegi all'interno di grandi sale fastosamente apparate con arazzi e splendide illuminazioni, con un palco a gradinata destinato a ospitare un organico di decine di strumentisti e cantanti.1 01 Anche se condivide molti aspetti con le grandi cantate accademiche, sia di genere encomiastico che mitologico o pastorale, la serenata presenta peculiarità proprie: 102 1 ' esecuzione all'aperto, in un giardino, in un cortile, su una loggia o sulla piazza antistante il palazw del committente o dell ' omaggiato, comporta la drastica riduzione delle sezioni in recitativo, che non sarebbero state ben percepibili in certe situazioni d'ascolto, e l 'impiego di un numero di strumenti fuori dall'ordinario, per ottenere non soltanto un effetto sonoro ma anche visivo ( Fig. 2. 2 o ) . Inoltre, a differenza di oratori e cantate accademiche, all 'esecuzione delle sere­ nate prendevano spesso parte anche un paio di « canterine », vale a dire due voci femminili di soprano, che venivano valorizzate grazie all 'uso di arie particolarmen­ te brillanti e scritte per tessiture molto acute. La varietà dei caratteri delle cantate 'da camera', per poche voci, con o senza strumenti, fa pensare che venissero eseguite all 'interno di ambienti e contesti so­ cialmente diversi. Il concetto di accademia, per esempio, comprende sia quei so­ dalizi regolati da statuti e pratiche formalmente prestabilite, sia quelle forme di intrattenimento colto, che si tenevano nei palazzi di nobili, prelati e cardinali, o nelle case private di artisti o di musicisti. 103 Ad esse potevano essere destinate, per i loro contenuti poetic� cantate di soggetto storico, che vedono protagonisti celebri personaggi della storia ( Germanico, N ero ne, Lucrezia romana, Coriolano, Ales­ sandro Magno, Marcantonio e Cleopatra, Solimano ), dell'epica classica ( Didone ) o cavalleresca ( Erminia, Armida, Clorinda ) , e della mitologia ( Narciso, Arianna, Orfeo ), in genere di particolare intensità drammatica, che presentano sezioni piut­ tosto estese di recitativo, caratterizzato da particolare forza espressiva, come pure 1 0 1 . Per esempio, n colosso della costanza. Cantata musicale in lode dell'invitissimo re della Gran Bretagna Giacomo II, componimento a quattro voci e strumenti con musica di Pasquini, eseguito nel 1 689 al Seminario romano, è definito «oratorio » in alcuni resoconti del tempo. Cfr. EGILS 0ZOLINS1 The oratorios of Bernardo Pasquini, Ph.D. diss., University of California Los Angeles, 1 9 8 31 p. 2 1 7; MoRELLI, La musica a Roma nella seconda metà del Seicento, pp. 1 1 1 - 1 1 21 1 3 4 ( doc. 70). 102. Sulla contiguità tra questi due generi basti un solo esempio: Lo schiavo liberato, componi­ mento di Sebastiano Baldini viene classificato come «cantata a 4» dal poeta stesso, e come «se­ renata o accademia» nella partitura di Stradella. Cfr. Sebastiano Baldini (1 61 5 -1 68 s). Le poesie per musica nei codici della Biblioteca Apostolica Vaticana. Incipitario e fonti musicali, a cura di Giorgio Morelli, Roma, lbimus, 2ooo, p. 9 1. 1 0 3 . Per esempio, Antonio Maria Abbatini ricorda in una poesia autobiografica l'accademia di musica da lui stesso organizzata in casa sua; cfr. BIANCONI, n Seicento, pp. 2 80-2 87. L' «accademia eretta dal sig. Giovan Battista Giansetti» è menzionata da CARLO MANNELLI, Sonate a tre [ ] Opera seconda, Roma, Giovanni Angelo Muzi, 1 68 21 nella dedica al cardinale Benedetto Pamphilj . . . .

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Fig.

2.20:

(1687 ) ,

LUOGHI DELLA MUSICA NELLE CORTI DI ROMA NEL SEICENTO

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Cristoforo Schor, Festa per l'onomastico della regina Maria Luigia di Spagna

palco con cantanti e orchestra che esegue una serenata in piazza di Spagna da­

vanti al palazzo dell'ambasciatore spagnolo.

cantate morali e spirituali,104 e in qualche caso perfino madrigali.105 Ben diverso il carattere di cantate e ariette destinate al consumo domestico, nelle quali domina una vena poetica leggera, ora maliziosa, ora umoristica, ora delicatamente patetica, cui fa riscontro uno stile canoro di facile presa e non eccessivamente virtuosistico. L'indagine sui luoghi e sulle modalità d'esecuzione ci spinge, dunque, a ricon­ siderare i diversi generi di musica da un punto di vista inconsueto, ma molto più aderente alla realtà delle pratiche musicali di quanto non siano certi criteri tasso­ nomici ereditati dall'Ottocento. 104. N el 1672, in una riunione dell'Accademia degli Infecondi- come riferisce An ton Stefano Cartari in una lettera al padre-, «Si udì questa mistura di poesia e di musica per la prima volta. Al principio dell'accademia si udì il suono del cimbalo assai ben sonato e cantarono Pedino, Siface et il servitore di Fede. Poi recitò il discorso il sig. [Michele ] Brugueres in lode della musica: riuscì dotto ma non sforgiato; si udì di nuovo la musica, cioè Fede, Pedino et il detto tenore. Le parole non so di chi fussero; si rappresentava la Vita humana e la Virtù con intramezzi d'ariette»; cfr. MORELLI,

La musica a Roma nella seconda metà del Seicento, pp. 114, 124 ( doc. 25) . 1o 5. Per le «pubbliche accademie tenute in Roma dal sig. Antonio Maria Abbatini», negli anni 1663-1668, furono composti gli undici madrigali morali e spirituali «al tavolino» della raccol­ ta dell'allievo DoMENICO DAL PANE, Secondo libro de' madrigali a cinque voci, Roma, Successore del Mascardi, 1678. Cfr. GALLIANO CILIBERTI, Antonio Maria Abbatini e la musica del suo tempo

(1595-1679), Perugia, Tip. Gestisa, 1986, pp. 435-446.

«LA VISTA DELL'AP PARATO SUPERBO, L'UDITO DELLA MUSICA ECCELLENTE A PIÙ CORI» SPAZIO ARCHITETTONICO E DIMENSIONE SONORA NELLE CHIESE ROMANE DELL' ETÀ BAROCCA

Per descrivere l'effetto di luce che dal Cristo dipinto nel lanternino della chiesa di Sant'Andrea della Valle si sparge sulle figure che affollano gli affreschi di una cupo­ la barocca romana, conferendo «rilievo dei corpi in somma unione delle parti», Giovan Pietro Bellori, il teorico del bello nelle arti visive, non trovò miglior para­ gone che quello di una solenne «piena musica» : 1 «Onde con ragione questa pittura è stata rassomigliata a una piena musica, quando tutti li tuoni insieme formano l'armonia, perché allora non si osserva minutamente particolar voce alcuna, ma piace il misto e l'universale misura e tenore del canto. E sì come in questa sorte di musica si richiede all' orec­ chio una maggiore distanza, così il colore lontano si unisce e riesce soavissimo all' occhi o » .

Il parallelo fra le pittura e la musica non fu scelto a caso : esso metteva fianco a fianco due aspetti che, forse meglio di altr� possono simboleggiare l'essenza stes­ sa del barocco romano. Se ai giorni nostri può apparire scontato il riferimento al grande ciclo di affreschi che decora la maestosa architettura di una delle cupole che caratterizzano il profilo urbano della città papale, meno ovvio è il metterlo a paragone con una «piena musica » che « richiede all 'orecchio una maggiore di­ stanza». Con l 'espressione «piena musica» Bellori alludeva quasi certamente a quel genere di musica che si è soliti definire 'policorale ', diffusasi, pur con prassi diverse, nell 'Italia del Seicento, ma che nella città papale prosperò in misura e in forme decisamente straordinarie, diventando una cifra peculiare della ritualità ro­ mana, di pari passo al sorgere delle imponenti architetture delle chiese edificate a partire dal tardo Cinquecento.

1. GIOVAN PIETRO BELLORI, Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, Roma, Successore del Mascardi, 1 672, p. 3 72. ll riferimento è alla cupola affrescata da Giovanni Lanfranco tra il 1 625 e il 1 627.

· «LA VI STA DELL'APPARATO SUPERB 01L'UDITO DELLA MUSI CA ECCELLENTE A PIÙ CORI» ·

Dall 'ultimo quarto del sedicesimo secolo a Roma si possono cogliere i segni di un marcato sviluppo della musica sacra: in questo periodo, cresce il numero di istituzioni che si dotano di una cappella musicale stabile; aumentano le festività celebrate in forme solenni e il numero di musicisti coinvolti in queste occasioni. 2 Oltre all 'incremento quantitativo, in quegli anni prendono corpo alcune novità che toccano aspetti sostanziali della prassi e di conseguenza della composizione. Si notano, infatti, i primi esempi delle nuove pratiche emergenti: i 'concerti negli or­ gani', eseguiti da cantori e strumentisti sulle cantorie degli organi, e la musica poli­ corale, in cui la spessa trama polifonica è ripartita fra più gruppi distinti di cantori e strumentisti. Concerti e policoralità hanno in comune una nuova concezione dello spazio all 'interno dei nuovi edifici ecclesiastici costruiti nell 'età della Controrifor­ ma. Se per lunghi secoli la musica sacra aveva avuto come luogo deputato l'area del coro (o presbiterio), dalla metà del sedicesimo secolo l 'affermarsi della nuova prassi dei 'concerti negli organi' aveva condotto cantori e strumentisti a esibirsi, in occasione di particolari solennità, da postazioni fisse (pergami, poggioli, cori, cantorie) ma anche amovibili (palchi), elevate e visibili dall'assemblea dei fedeli perché al di fuori dell'area del coro. Nel secondo Cinquecento, dunque, cambia­ rono radicalmente modi di esecuzione e di percezione della musica sacra: cantori e strumentisti furono collocati in posizione tale da essere ben percepiti, non solo uditivamente, come avveniva in passato, ma anche visivamente, allo scopo di coin­ volgere e impressionare l'assemblea che assisteva ai riti e ad altre forme di devozio­ ne. Dal tardo Cinquecento i resoconti di solenni cerimonie religiose non mancano di accennare anche alla percezione visiva di cantanti e strumentisti distribuiti in gruppi su cantorie e palchi soprelevati. Nel Seicento la musica assume un carat­ tere magniloquente all'interno della liturgia, tàcendosi sempre più spettacolare, perché destinata più che all 'eccitazione alla pietà, al «movere », ovvero a coinvol­ gere emotivamente il pubblico in forme e modi diversi dal passato. 'Pubblicità ' - come ha da tempo evidenziato Lorenzo Bianconi - è parola-chiave ad ampio spettro semantico che definisce il campo in cui si muove la musica del Seicento, quale «attributo sonoro, requisito pedagogico delle classi egemon� strumento di propaganda e persuasione ».3 Nel contesto post-tridentino la musica diventa, per­ ciò, strumento di propaganda ma anche di amplificazione della parola sacra, che 2. Per un bilancio approssimativo cfr. 0 S CAR MISCHIATI1 Una statistica della musica a Roma nel 1 6941 «Note d'archivio per la storia musicale», n.s., 11 1 9 8 31 pp. 209-227; ARNALDO MoRELLI, Le cappelle musicali romane del Seicento: questioni di organizzazione e prassi esecutiva, in La cappella mu­ sicale nell'Italia della Controriforma, atti del convegno (Cento, 1 3 - 1 5 ottobre 1 9 8 9 ) , a cura di Oscar Mischiati - Paolo Russo, Firenze, Olschki, 1 9 9 3 1 pp. 1 7 5-203; PATRIZI O BARBIERI, An assessment of musicians and instrument-makers in Rome during Handel' s stay. The 1 708 grand taxation, «Early music »1 XXXVII/ 41 20091 pp. 597-620. 3 · LORENZO BIANCONI, Il Seicento, Torino, EDT1 1 9 8 21 p. 67 (Storia della musica a cura della Società Italiana di Musicologia, 4 ) .

· SPAZIO ARCHITETTONICO E DIMENSI ONE SONORA NELLE CHIESE ROMANE ·

contribuisce all'edificazione interiore e all'incitamento alla devozione. Tuttavia, la funzione di propaganda e quella di edificazione non bastano a spiegare il palpabile incremento qualitativo e quantitativo che segna la musica sacra a Roma sul finire del sedicesimo secolo, tanto più se pensiamo che il concilio di Trento non aveva dato specifiche direttive al riguardo, e da taluni sinodi diocesani era venuto, sem­ mai, un richiamo alla moderazione. N el contesto romano la musica, in linea con l 'architettura, le arti visive e l'oratoria sacra che contrassegnano gli eventi festivi, vuole rappresentare piuttosto una grandiosa immagine sonora, attraverso cui tra­ smettere, in tutta la sua potenza, il messaggio, politico e religioso a un tempo, di una Chiesa riorganizzata e trionfante, che vuole rispecchiarsi nell 'immagine della città rinnovata: la Roma sancta dei nuovi assetti urbanistici promossi da Sisto v, degli ospedali, dei collegi e dei numerosi edifici sacri che sorgono ex novo o sono completamente rinnovati. Roma, la 'novella Babilonia ' distrutta e umiliata nel sac­ co del 1527, raccoglie dunque le forze per trasformarsi nella 'nuova Gerusalemme ' e le concentra nel tentativo di recuperare la centralità politica e spirituale nell 'Oc­ cidente cristiano. La musica è parte integrante e sostanziale del programma e, del resto, i resoconti estasiati dei pellegrini stranieri che giungono nella città eterna, colgono perfettamente i canti e i suoni che decorano le liturgie delle chiese roma­ ne, come leggiamo, per esempio, nella Roma sancta del gesuita inglese Gregory Martin: 4 «ls the most blessed varietie in the world, where a man may go to s o many churches in one day, chose where he wil, so heavenly served, with such mu­ sike, such vo ices, such instrumentes, al ful of gravitie and majestie, al moving to devotion and ravishing a mans hart to the meditation of melodies of angels and saintes in heaven» .

Dagli anni dei pontificati di Gregorio XI I I e di Sisto v un senso di grandiosità per­ vade non soltanto le imprese architettoniche che cambiano il volto della città o gli apparati effimeri delle feste, ma anche la prassi litugica e di conseguenza anche la musica sacra che di questa è parte integrante. Se ne avverte un riverbero nelle solenni parole con cui Palestrina dedica a papa Gregorio XIV i suoi Magni.ficat octo tonus liber primus (1591) : quasi a voler giustificare le novità che si vanno introdu­ cendo nella prassi musicale, Palestrina azzarda un parallelo fra i pontefici romani e Salomone, il re che «introdusse nel grandioso tempio [di Gerusalemme] cori tanto vari e un gran numero di cantori che, se il fatto non fosse confermato dalla 4· « [A Roma] si può andare in moltissime chiese in un giorno solo, scegliere quelle che si vuo­ le, esse sono divinamente offidate, con tali musiche, tali voci, tali strumenti, tutti pieni di gravità e maestà, tutti capaci di muovere alla devozione e rapire il cuore umano verso la meditazione delle melodie celesti degli angeli e dei santi». Cfr. GREG ORY MARTIN, Roma sancta (1 581)1 a cura di George Bruner Parks, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1 9 691 p. 9 6.

· «LA VI STA DELL'APPARATO SUPERB 01L'UDITO DELLA MUSICA ECCELLENTE A PIÙ CORI» ·

sacra scrittura, potrebbe apparire incredibile » .5 Al di là dell 'iperbole - comune in questo genere di dedicatorie -, le parole del maestro di cappella della basilica vaticana testimoniano dei reali e profondi mutamenti della musica nelle chiese ro­ mane del suo tempo. A partire da quegli anni, infatti, messe, salmi e mottetti a due, tre, quattro e perfino cinque cori sembrano entrare nell 'uso corrente in occasione delle feste solenni, tanto che numerose composizioni, originariamente scritte per doppio coro, vengono rielaborate per l'esecuzione a tre e quattro cori. La prassi, inoltre, non è prerogativa soltanto delle grandi basiliche, ma si diffonde presto an­ che nelle chiese di congregazioni religiose e confraternite. A San Rocco, per esem­ pio, nel 1582 per la festa patronale furono eseguite musiche «a tre cori con diversi stromenti nella messa e doi vesperi». A Sant'Agostino nel 1595 vengono pagati «dui palchi di musica», l'anno seguente tre «palchi di musica », e nel 1604 «doi balchi grandi per la musica ». 6 Alle feste celebrate alla Trinità dei Pellegrini sembra da collegarsi, almeno in parte, una raccolta manoscritta, copiata anteriormente al 1584, comprendente composizioni a dodici, sedici e perfino venti voci, ripartite in più cori (in un caso con due cori «in eco » ), di autori come Palestrina, Zoilo, de Macque/ L'attecchimento della prassi policorale è confermato anche da vari do­ cumenti, che negli anni Ottanta del Cinquecento riferiscono di palchi e palchetti «per la musica», vale a dire piattaforme lignee amovibili, che scorgiamo raffigu­ rate negli affreschi di quegli anni nel salone Sistino della Biblioteca Vaticana (Fig. 3.1 ).8 Nel decennio successivo anche in altre chiese, come Sant'Agostino e Santa Maria in Vallicella ( Chiesa Nuova), è documentato l'impiego di due o tre «pal­ chi grandi per la musica» in occasione di particolari festività, versomilmente per disporvi cantori e strumentisti che eseguivano le musiche policorali. Alla Chiesa Nuova, per esempio, i « quattro cori» utilizzati per la musica eseguita in occasione 5· «Magnificentissimo templo tam varios choros et tantam cantorum multitudinem introduxit, quae nisi divino testimonio confirmaretur1 incredibilis videri posset»1 cit. in ARNALDO MoRELLI, «Musica nobile e copiosa di voci et istromenti». Spazio architettonico, cantorie e palchi in relazione ai mutamenti di stile e prassi nella musica da chiesa fra Sei e Settecento, in Musik in Rom im 17. und 18. Jahrhundert: Kirche und Fest, hrsg. Markus Engelhardt - Christoph Flamm, Laaber1 Laaber Verlag, 20041 pp. 2 9 3 - 3 3 4: 3 0 2 ( Analecta musicologica1 3 3 ) . 6. ARNALD O MoRELLI, Musica e musicisti in S. Agostino a Roma dal Quattrocento al Settecento, in Musica e musicisti nel Lazio, a cura di Renato Lefevre - Arnaldo Morelli, Roma, Palombi, 1 9 851 P· 3 25 - 3 4 8 : 3 3 2. 7· N OEL O'REGAN1 Institutional patronage in post-tridentine Rome. Music at Santissima Trinità dei Pellegrini, 1 5 5 o-1 6 s o, London1 Royal Musical Association1 1 995. 8. Se ne vedano i dettagli nel catalogo della mostra Roma di Sisto V. Le arti e la cultura, a cura di Maria Lusia Madonna, Roma, De Luca, 1 9 9 3 1 tav. vn, Fig. a, e p 5 1 21 Fig. 3 · AMBRO GIO M. PIAZZONI - ANTONIO MANFREDI - DALMA FRAS CARELLI - PAOLO VIAN - ALESSANDRO ZuccARI1 La Biblioteca Apostolica Vaticana1 Milano - Città del Vaticano, Jaka Book - Musei Vaticani - Libreria Editrice Vaticana1 20 1 21 pp. 2971 fig. 209 ( Concilio lateranense III); 2991 fig. 2 1 0 ( Concilio di Lione) .

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del quarto anniversario della morte di Filippo Neri nel 1599, erano disposti su tre postazioni: probabilmente sui due « chori delli musici», cioè le cantorie stabili, in pietra, esistenti nel transetto ai lati del presbiterio, e sopra «Un palco grande, tutto parato dove era un coro di musica con un organo, cembalo, liuti, tiorbe et altri istrumenti» collocato «nella croce della chiesa ».9 Quanto alla disposizione dei «COri», all'interno dello spazio architettonico de­ gli edifici sacri, la musica policorale romana mostra ben presto una sua peculiare concezione. A differenza della prassi in voga nell 'Italia settentrionale, che prevede cori separati ma diversi in quanto a numero di componenti ( « coro favorito » dei solisti l «cappella » o cori «di raddoppio » ), tessitura delle voci (coro acuto l coro grave), peso e ruolo degli strumenti, 10 nella prassi romana ciascun coro è identico agli altri in quanto a numero e altezza delle parti vocali, e, soprattutto, le parti di ciascun coro formano una struttura musicale armonicamente completa. 1 1 Tali ca­ ratteristiche consentono ai cori di essere autonomi ovvero - per usare un termine architettonico - 'autoportanti', e poter quindi essere dislocati in punti separati e distanti l 'uno dall'altro, al fine di sonorizzare più uniformemente l 'intero edificio ed evitare di creare punti favorevoli o sfavorevoli all'ascolto, così da coinvolgere interamente il foltissimo pubblico che accorreva nelle feste solenni. Dai primi decenni del Seicento, la prassi policorale romana stabilizza le sue con­ suetudini: il numero di cori impiegati aumenta vistosamente fino a punte di dieci e anche dodici; ciascun coro è disposto su una propria cantoria, laddove esistente, o su palchi amovibili posti lungo la navata centrale secondo un principio di simme­ tria. Particolarmente interessante la descrizione della prima messa del musicista romano Giovanni Francesco Anerio, solennemente celebrata al Gesù nel 1616, ri­ portata da un 'avviso ' del tempo: 1 2 «D omenica mattina [ 7 agosto 1 616] nella chiesa del Giesù, parata nobilmente, concorse grandissima quantità di pop olo per una messa novella cantata dal 9· ARNALD O MORELLI, n tempio armonico. Musica nell'oratorio dei Filippini in Roma (15 75 Laaber, Laaber Verlag, 1 9 9 11 p. 9 1 . 10. Un esemplare descrizione della prassi è quella offerta da LUD OVI CO VIADANA, Salmi a quat­ tro chori per cantare e concertare nelle gran solennità di tutto l 'anno, Venezia, Alessandro Vincenzi1 1 6 1 2. Il Modo di concertare i detti salmi a quattro cori si legge anche in CLAUDIO GALLI CO, L'età dell 'umanesimo e de/ Rinascimento, Torino, EDT, 1 9781 pp. 1 44- 1 45 ( Storia della musica a cura della Società italiana di musicologia, 3 ) . 1 1 . GRAHAM DIXON1 The origins of the Rom an 'colossal baroque ', «Proceedings of the Royal Music Assodation», CVI1 1 979-801 pp. 1 1 5- 1 2 8 : 1 1 8; NoEL O REGAN1 The early polichoral music of Orlando di Lasso. New lights from roman sources1 «Acta musicologica»1 LVI1 1 9 841 pp. 2 3 4-25 1; In., Early Roman polychoral music: origins and distinctiveness, in La scuola policorale romana del Sei­ Settecento ( atti del convegno, Trento 1 9 9 6 ) , a cura di Francesco Luisi - Danilo Curti - Marco Gozzi, Trento, Provincia autonoma, 19971 pp. 43 -64. 1 2 . JoHN BuRKE1 Musicians of Santa Maria Maggiore, Rome 1 6 00-1700. A social and economie study, Venezia, Fondazione Levi, 1 9 8 41 pp. 74-75. 1 705 ) ,

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sig.r Gio : Francesco An eri o, mastro di cappella della Madonna de ' Monti, fa­ vorita dall'intervento di tutti gli altri maestri di cappella, et da grandissimo nu­ mero di musici delle più elette voci di Roma, che cantorno una comp ositione di detto Anerio a 8 chori, inventione nuova che sarìa stata più grata et meglio goduta se la situazione dei chori fosse posta per linea diretta oltre la distanza delli primi quattro propinqui alla tribuna dall'altri verso la navata della chiesa, et li pilastri posti nell' angoli non havessero forzato li musici a voltarsi le spalle, et in conseguenza impedita l'unione delle voci, onde apparve maggiormente la peritia delli musici, et di quelli che li guidavano non vi essendo se quìto erro­ re o dissonanza di sorte alcuna» .

L' «inventione nuova» della singolare dislocazione dei cori e dell'insolita massa di musicisti coinvolti, fu colta anche da Girolamo Gigli, che nel suo diario annotò ulteriori dettagli di questa solenne cerimonia: 13 «A dì 7 di agosto disse la prima messa cantata nella chiesa del Giesù Giovan Francesco Anere o [ sic] maestro di cappella del papa, essendo il giorno dell' ot­ tava del beato Ignazio Loiola, et con questa occasione furono adoprati otto chori delli quattordici, che allora si erano finiti in detta chiesa sopra le cap­ pelle, non vi essendo da principio se non que ' due che più vicini sono all'altar maggiore . Vi concorse pop olo infinito ad udire in quella chiesa tutti i musici di Roma, che divisi in otto chori fu senza dubbio cosa non più intesa sino a quel temp o » .

In questo caso entrambi i resoconti s i soffermano sull ' «inventione nuova» della musica a otto cori, specificandone dettagliamente la disposizione. Gli otto gruppi dei musicisti avevano preso posto nei due coretti della tribuna, nelle due cantorie del transetto, e nei quattro coretti lungo la navata (due a destra e due a sinistra) . Dalla prima testimonianza s i nota come d a subito emergessero problemi pratici e difficoltà per la concertazione di queste grandiose musiche, che richiedevano, oltre che la «peritia delli musici», la presenza di figure supplementari che fungessero da guida, allo scopo di «portare la battuta » ovverosia di replicare il gesto con cui il maestro di cappella batteva il tempo. Musiche ancor più colossali si organizzava­ no a San Pietro, dove per la festa patronale del 1628 « fu cantato un solennissimo vespero a 12 chori musicali, tutti con l 'organo et altri strumenti musicali, opera nova del maestro di cappella di detta basilica [Paolo Agostini ], sendovi stati da 150 musici». 14 1 3 . GIROLAMO GI GLI, Diario romano (1 6o8-1 67o), ed. mod. a cura di Giuseppe Ricciotti, Roma, Turninelli, 1 9 5 81 p. 3 7· Anerio è erroneamente indicato come «maestro di cappella del papa»; all'epoca egli era invece maestro di cappella della Madonna dei Monti e comunque non fece mai parte della cappella pontificia. 1 4. GIANCARLO Ro sTIROLLA, Policoralità e impiego di strumenti nella basilica di San Pietro in Vaticano durante gli anni 1 5 9 7-1 6o o, in La policoralità in Italia nei secoli xVI e XVII, atti del convegno, ( Messina, 1 9 8 o ) , a cura di Giuseppe Donato, Roma, Torre d'Orfeo, 1 9 8 7, pp. 1 1 -5 3 : 3 3 - 3 4·

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Nel giro dei primi tre decenni del Seicento si fissarono dunque quelle consuetu­ dini che rimasero in uso fin quasi alla fine del secolo, quali la disposizione dei cori sulle cantorie fisse, se esistenti, e sui palchi provvisor� disposti simmetricamente lungo la navata, in modo che i gruppi di musicisti potessero mantenersi in contatto visivo e uditivo fra loro; precisa corrispondenza fra numero di palchi e numero di cori/5 presenza di un organo trasportabile su ciascun palco per assicurare a ogni coro il suo proprio strumento per il basso continuo; 1 6 presenza di uno o due musi­ cisti ingaggiati appositamente «per battere », cioè per portare il tempo, replicando il gesto del maestro di cappella, così da permettere una perfetta sincronia dei cori. La ricostruzione dei dettagli di queste musiche policorali si basa in larga parte sugli elenchi dei musicisti coinvolti in queste occasioni 'straordinarie ', conservati negli archivi delle basiliche di San Pietro e Santa Maria Maggiore, o della chiesa na­ zionale di San Luigi dei Frances� e anche, ma più raramente, sulle futture presenta­ te dagli apparatori e dai falegnami che montavano i palchi su cui trovavano posto i musicisti, o sulle relazioni scritte da diaristi o cronisti del tempo. 17 In un unico caso disponiamo di una testimonianza iconografica: si tratta di un'incisione risalente al 1665 che mostra l 'interno di San Luigi dei Francesi apparato con sei palchi posti negli intercolumni della navata, tre a destra e tre a sinistra, sollevati all'incirca tre metri dal pavimento (Fig. 3 . 2 ). 18 1 5 . Un esempio inequivocabile lo si trova a Santa Maria Maggiore, dove per le musiche a quat­ tro cori sono pagati al falegname «li soliti quattro palchi»; cfr. LucA DELLA LIBERA, La musica nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, 1 676-1 7 1 2 : nuovi documenti su Corelli e sugli organici vocali e strumentali, «Recercare»1 vn, 1 9 951 pp. 8 7- 1 6 1 : 1 00. 1 6. Per esempio, a S. Maria in Trastevere1 per la festa dell'Assunta del 1 62 3 1 «la musica è stata fatta a tre chori et con tre orgarri piccoli»; cfr. DIXON1 The origins ofthe Roman 'colossal baroque ', p. 1 2 1 . N ella basilica vaticana per il vespro della festa di san Pietro sono presenti « 1 2 chori musicali, tutti con l'organo »; cfr. Ro sTIROLLA, Policoralità e impiego di strumenti, pp. 3 3 - 3 4; e nella «Nota delli cantori che han servito per il vespro di S. Pietro nell'anno 1 6 3 7 » sono elencati sei orgarri e sei orgarristi; cfr. BERNHARD ScHRAMMEK1 Zwischen Kirche und Karneval. Biographie1 soziales Umfeld und Werk des romischen Kapellmeister Virgilio Mazzocchi, Kassel - Lucca, Barenreiter - LIM1 2 0001 p. 1 1 4. È interessante notare che a Roma durante il diciassettesimo secolo si affermò un particolare modello di organo portatile, detto 'ad ala' per la disposizione degradante delle carme, molto adatto ad essere trasportato e issato sui palchi. 17. ]EAN LIONNET1 La musique à Saint-Louis des Français de Rome au XVIIe siècle, 2 voll., Venezia, Fondazione Levi, 1 9 8 5 - 1 9 8 6; O'REGAN1 Institutional patronage; DELLA LIBERA, La mu­ sica nella basilica di Santa Maria Maggiore; ]EAN LIONNET1 Les musiques polychorales romaines: pro­ blèmes d'interpretation1 in La scuola policorale romana del Sei-Settecento, pp. 1 0 3 - 1 1 8; MoRELLI, «Musica nobile e copiosa di voci et istromenti». 1 8 . Riprodotta in MAURIZIO FAGIOLO DELL'ARco - SILVIA CARANDINI1 L'effimero barocco. Strutture della festa nella Roma del '6 o o1 2 voll., Roma, Palombi, 1 9 771 n, p. 276. La chiesa di San Luigi dei Francesi possedeva almeno cinque palchi che venivano montati per la festa patronale e in altre solenni occasioni; cfr. LI ONNET1 La musique à Saint-Louis des Français1 I1 p. 1 1 1 . Cfr. anche FLORIAN BASSANI GRAMPP1 On a Roman polychoral peiformance in August 1 66 51 «Early music»1 XXXVI/ 3 1 20081 pp. 4 1 5 -4 3 4.

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Fig. 3.1 Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Salone Sistino, Concilio late­ con il palco dei cantori ( 1589-1590).

ranense III, particolare

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Le più significative caratteristiche della prassi policorale sono perfettamente eposte da André Maugars, un musicista francese che soggiornò a Roma nel 1638. Nella sua Résponse faite à un curieux sur le sentiment de la musique d'Italie, egli de­ scrisse lucidamente i particolari relativi alla musica ascoltata durante un solenne vespro fàtto a Santa Maria sopra Minerva per la festa di san Domenico: 19 « Outre ces grands avantages qu'ils ont sur nous [français ], ce qu'il fait encore trouver leurs musique plus agréables, c'est qu'ils apportent un bien meilleur ordre dans leurs concerts et disposent mieux leurs choeurs que nous, mettant à chacun un petit argue qui les fait indubitablement chanter avec plus de ju­ stesse . P our vous faire mieux comprendre cet ordre je vous dannerai un exem­ ple, en vous faisant une description de plus célèbre et du plus excellent concert que j'aye ouy dans Ro me la veille et le j our de saint Dominique en l'église de la Minerve. Cette église est assez longue et spacieuse, dans la quelle il y a deux grands orgues élevez de deux costez du maistre autel, où l' o n avoit mis deux choeurs de musique . Le longue de la nef il y avoit huit choeurs, qua tre de une costé et quatre de l' autre, élevez sur de eschafaux de huit à neuf pieds de aut, éloignez de pareille distance les uns et les autres e n regardans touts. A chaque choeur il y avoit un argue p ortatif, camme c' est la coustume : il ne faut pas s'e n estonner puisqu ' o n en peut trouver à Rome plus de deux cens, au lieu qu'à Paris à peine e n sçauroit- on trouver deux du mesme ton. Le maistre comp osi­ teur battoit la principale mesure dans le premier choeur, accompagné des plus belles voix. A chacun des autres il y avoit un homme qui faisoit autre chose que jetter les yeux sur cette mesure primitive, afin d'y conformer la sienne, de sorte que tous les choeurs chantoient d'une mesme mesure, sains traisner. Le contrepoint de la musique estoit figuré, remply de beaux chants et de quantité d'agréables récits . Tantost un dessus du premier cho eur faiso it un récit, puis celui du 3.me, du 4.me et du to .me respondoit. Quelquefois chantoient trois, quatre et cinq choeurs ensemble de différens choeurs, et d'autrefois les parties de tous les choeurs récitoient chacun à leur tour à l' envy les uns des autres. Tantost deux choeurs se battoient l'un contre l'autre, puis deux autres respon­ doient. Une autre fois ils chantoient trois, quatre, et cinq choeurs ensemble puis une, deux, trois, quatre et cinq voix seulesj et au Gloria Patri tous les dix choeurs reprenoient ensemble » . ( « O ltre a i grandi vantaggi [già esposti] che [gli italiani] hanno s u n o i francesi, c'è anche il fatto che [gli italiani] hanno una prassi di gran lunga migliore nei loro concerti e disp ongono meglio di noi i loro cori, mettendo un piccolo or­ gano accanto ognuno di essi, così da farli cantare, senza dubbio, con maggiore precisione . Per farvi comprendere meglio questa prassi, vi fornirò un esempio, 1 9 . ANDRÉ MAUGARS, Réponse faite a un curieux sur le sentiment de la musique d'Italie1 Rome 1 63 9, presentation, notes et traductions par Joel Heuillon, Paris, GKC, 1 9 9 2 . Testo francese con traduzione italiana si leggono anche nell'articolo André Maugars : «Risposta data a un curioso sul sentimento della musica d'Italia», trad. it. con testo francese a fronte e annotazioni a cura di Jean Lionnet, «Nuova rivista musicale italiana», XIX, 1 9 851 pp. 6 8 1 -707: 684-685.

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facendovi una descrizione del più rinomato e più eccellente concerto che io abbia ascoltato a Roma, la vigilia e il giorno di san Domenico, alla chiesa della Minerva. Questa chiesa è assai lunga e spaziosa, e ha due grandi organi p osti ai lati dell'altar maggiore, dove erano stati disp o sti due cori di musica. Lungo la navata c' erano otto cori, quattro da un lato e quattro dall'altro, collocati su dei palchi [di legno ] alti otto o nove piedi, parimenti distanziati l'uno dall'altro a guardarli tutti. Ogni coro, come d'uso, aveva un organo p ositivo : ciò non deve destare meraviglia, dal momento che [a Roma] se ne p ossono trovare più di duecento, quando a Parigi a malapena se ne troverebbero due accordati allo stess o corista. Il maestro comp ositore batteva il temp o nel primo coro, for­ mato dalle migliori voci. Accanto a ciascuno degli altri cori c' era una persona che non faceva altro che tenere gli occhi sul temp o [battuto dal maestro ] per conformarvi il suo, in modo che tutti i cori cantassero allo stesso temp o, senza che qualcuno restasse indietro . Il contrappunto era fiorito, pieno di belle me­ lo die e di una quantità di gradevoli asso li. A volte un soprano del primo coro cantava a solo, poi rispondeva un soprano del terzo, poi del quarto e del deci­ mo. Talvolta tre, quattro o cinque cori cantavano insieme, e qualche altra volta le voci di tutti i cori cantavano a turno degli assoli, risp ondendosi l'un l'altra. A volte due cori duellavano l'uno contro l' altro, poi altri due risp ondevano . Un'altra volta tre, quattro o cinque cori cantavano insieme, poi una, due, tre, quattro e cinque voci sole i e al Gloria Patri tutti e dieci i cori riprendevano [a cantare ] insieme » ) .

Esistono, naturalmente, varianti allo schema qui sopra esposto, in risposta a par­ ticolari esigenze imposte dall'ambiente. La vastità davvero unica della basilica vaticana spiega «quel gran musicone », riferitoci da Pietro Della Valle, «che il me­ desimo [Virgilio] Mazzocchi fece in San Pietro, non so se a dodici o sedici cori, con un coro di eco fino alla cupola, che intendo che nell'ampiezza di quel vasto tempio fece effetti maravigliosi». In questa particolare modalità esecutiva - tutt'altro che leggendaria dato che trova conferma documentaria in alcuni pagamenti a gruppi di musicisti «che andorno sopra la cupola » negli anni 1637, 1639, 1644, quando Mazzocchi era maestro della basilica e in alcune composizioni di Benevoli «con tre cori d'obbligo e due di ripieno colla cupola» 20 -, in cui si è voluto vedere una sorta di teatralizzazione del passo biblico Pleni sunt coeli et terra gloria e tuae, dove chiaramente la cupola simboleggerebbe i cieli e il piano della basilica la terra; va però detto che tale prassi non sembra trovare analogie in altre chiese di Roma pur dotate di cupola. 21 Altri esempi che divergono leggermente dalla prassi ordinaria poc 'anzi descritta, li troviamo, per esempio, alla chiesa del Gesù: nel 164o venne eseguita una musica «a quattro chori con un organo sopra la porta »; e nel 1646, 20. RAINER HEYINK, «Al decoro della Chiesa, & a lode del Signore Iddio». I vespri concertati nella Roma del Seicento, Roma, Torre d'Orfeo, 1 9991 p. 3 1; ScHRAMMEK, Zwischen Kirche und Karneval, p. 1 1 8. 2 1 . SCHRAMMEK1 Zwischen Kirche und Karneval, pp. 1 68- 1 69.

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per la festa della Circoncisione, fu fàtta una musica «a quattro chori et il secondo vespro a 5 chori sul cornicione della porta grande »Y Nella chiesa di Sant'Ivo, in­ corporata nel palazzo della Sapienza, sede dell 'università romana, la musica per la festa patronale era sempre a tre cori ( con tre organi ) , dal momento che questi trovavano posto sulle tre cantorie costruite negli angoli di uno dei due triangoli equilateri fra loro intersecanti, su cui Francesco Borromini impostò la pianta della chiesa. 23 A Santa Maria Maggiore, dove nelle feste più importanti di norma si face­ va musica a quattro cori posti su quattro palchi, il 6 luglio 1667, per festeggiare l' ele­ zione di papa Clemente IX, già arciprete della basilica, si svolse una solenne liturgia con musica a otto cori disposti intorno, «quasi per corone », all 'altare montato per l ' occasione: 24 «Avanti l'altare papale tra le due tribune fu eretto un altare, ove avevasi a ce­ lebrare dal sudetto eminentissimo sig. arciprete, che fu adornato di ricchissimi candelieri e croce d'argento, et alla maestà di questa funti o ne i intorno poi qua­ si per corone di così superb o apparato, vi si vedevano otto grandissimi cho ri di musica che con le loro debite distanze com partiti in varii siti si s ollevavano dal pavimento e terminavano con simetrica proportione in vaghe e bellissime gelosie, apparati tutti i fianchi et i corpi di damaschi et arazzi pregiatissimi» .

L a musica policorale, come leggiamo anche nel passo qui sopra citato, s i inserisce stabilmente accanto ai «superbi apparati» e alla «molteplicità dei lumi», come parte di uno spettacolo sinestesico, che dà primariamente risalto alla vista, ma in­ clude subito dopo l 'udito e non esclude l 'olfatto. 25 A San Pietro, nel t668, la descri­ zione del «maestoso teatro » allestito per la beatificazione di Rosa da Lima sembra procedere come un «movimento a spirale avvolgente dal visivo al sonoro » : 26 «Accompagnava la magnificenza dell'apparato la quantità delle fiaccole che [ . . . ] accrescevano con la multiplicità de ' lumi maestà e splendore alla chiesa, 22. GRAHAM DIXON, Musical activity in the church of Gesù in Rome during the early baroque, «Archivum Historicurn Sodetatis Jesu», XLIX, 1 9 80, pp. 3 2 3 - 3 3 7: 3 3 5-3 3 6. illteriori dettagli sulle disposizioni dei cori al Gesù sono presentati da FLORIAN BASSANI, Musiche policorali nella Chiesa del Gesù: aspetti di prassi esecutiva, in La musique à Rome au XVIIe siècle. Études etperspectives de recherche, études réunies par Caroline Giron-Panel et Arme-Madeleine Goulet, Roma, École française de Rome, 20 1 2, pp. 3 57-3 77· 2 3 . LucA DELLA LIBERA, La musica a Sant'Ivo alla Sapienza nel Seicento, in Musica tra storia e filologia. Studi in onore di Lino Bianchi, a cura di Federica N ardacd, Roma, Istituto Italiano per la Storia della musica, 20 1 01 pp. 1 3 5- 1 5 2 : 1 3 9. La chiesa venne consacrata da Alessandro VII nel 1 66o. Nella seconda metà del Seicento le musiche straordinarie vennero dirette da Orazio Benevoli, Vincenzo De Grandis e Alessandro Melani. 24. B URKE1 Musicians of Santa Maria Maggiore, pp. 8 2-8 3. Ciascun palco misurava palmi 1 6 x 1 5, all'incirca m 3 1 6 x 3,4; ibid, p. 84. 25. GINO STEFANI1 Musica barocca. Poetica e ideologia, Milano, Bompiani, 1 9 741 pp. 20-2 1 . 26. STEFANI, Musica barocca, p . 2 1 .

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come ancora dall' odore suavissimo che rendevano molti braggieri grandi d'argento con pretiosissimi profumi. Nello spatio della gran tribuna ergevasi maestoso teatro [ ] . Sei chori de ' migliori e più rinomati musici di Roma, benissimo scompartiti sopra sei palchi pure nobilmente apparati, dove [ ] si sentirono co mp ositioni nuove fatte a quest'effetto dal signor Horatio Be­ nevoli degnissimo maestro di cappella di S. Pietro, e portate non solo da vo ci es quisite al maggior segno, ma accompagnate da soavissima armonia di molti e varij instrumenti musicali» . . . .

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Nel contesto romano del Seicento la policoralità assurge dunque a simbolo stesso della ecclesia triumphans, tanto da essere additata ad esempio del sommo grado di perfezione raggiunto dalla musica sacra nel pieno diciassettesimo secolo e diven­ tare perfino uno strumento di persuasione nei confronti dello scettico e del non fervente, come si legge nel dialogo L'ateista convinto di Filippo Bonini, nel passo in cui l 'autore vuol convincere un pervicace «ateista» ad assistere a un grandioso vespro in San Pietro piuttosto che a una «bella comedia » Y Filippo : N o n voglio perdere un vespro che si canterà oggi alla basilica del pren­ cipe degli ap ostoli. Ateista: Mi dispiace di non p otervi essere, dilettandomi in estremo la musica, ma devo andar [ ] a una bella co media. Filippo : Sarà il mio trattenimento più degno del tuo e non haverò da pagare l' ingresso [ ] . Ateista: M a chi fa la musica? Filippo : Il maestro di cappella è Horatio Benevoli, uno de ' più celebri com­ positori d'Europa, il quale non s olo è giunto allo stile del Palestrina, ma di gran lunga l'ha superato, avendo saputo framischiare fra l'ecclesiastico una divotione armonio sissima che diletta e muove in un medemo temp o, giuntavi poi un artificio che fa trasecolare chi s'intende del mestiere . Oh, quanto ci vuole a comp orre a quattro chori reali con ripieno co ntinuo, con un basso che cammina di grado, e fare ottima armonia e trovare un'infinità di pro p o rzioni che stancano la mente e snervano l' immaginativa ! Ateista: Dunque il Benevoli è giunto a questa perfettione ? Filippo : Al s ommo ! . . .

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L'uso della prassi policorale si estendeva, tuttavia, oltre i confini dello spazio sacro. Ben sette cori vennero disposti in piazza Navona per la festa della Resurrezione, organizzata nel 1604 dalla confraternita degli spagnoli: sei lungo il perimetro della lunga piazza e uno al centro « avanti al santissimo sacramento », coinvolgendo «82 musici fra mastri di cappelle, voci et instrumenti», e allo stesso modo anche negli

27. FILIPPO BoNINI1 L ' ateista convinto, Venezia, Pezzana, 1 665, pp. 27 1 -273.

· SPAZIO ARCHITETTONICO E DIMENSI ONE SONORA NELLE CHIESE ROMANE ·

anni successivi. 28 N el t6so l 'apparato ideato da Carlo Rainaldi prevedeva «quattro torri con palchi dentro per i musici», in parte visibili nell 'incisione di Domini­ que Barrière (Fig. 3.3).29 L'impiego di due, tre e perfino quattro cori di cantori e strumentisti accentua la grandiosità delle musiche che intramezzano le solenni e fastose cerimonie per la laurea dei rampolli della grande nobiltà al collegio Ro­ mano o alla Sapienza.30 L'acme sembra toccato nel 1676, quando nella chiesa di Sant'Ignazio, fastosamente apparata con l 'esorbitante spesa di 6ooo scudi, il gio­ vane Benedetto Pamphilj difese le sue tesi di laurea in teologia davanti a un folto e sceltissimo pubblico, che comprendeva quarantuno cardinali oltre a innumerevoli membri della curia, della prelatura e della nobiltà romana. L'evento è puntualmen­ te descritto nei diari dell 'avvocato concistoriale Carlo Cartari: 31 «Alli lati del quadro del papa [dalla parte dell'altare del beato Luigi Go nzaga] in forma di teatro ovato dui chori a foggia di due ringhiere, una sopra l'altra dove stavano parte de ' musici. In faccia a questo teatro se ne vedeva un altro parimente in forma di ovato nella parte di sopra et il palco per le prencipesse e dame con gelosie dorate et alli lati di questo erano due cori per li musici, che venivano avanti li pilastri [ . . . ] . Fu l' altro dis ordine che fu cominciato a canta­ re avanti che tutti li cardinali fussero entrati nel teatro, che per la gran copia di pop olo non p otevano passare, né erano bastanti li pochi svizzeri a fargli luogoj e perciò per il tumulto e susurro per buo n spazio di temp o la musica non fu sentita [ . . . ] . Furono accese quattro torcie alli quattro cori di musica. [ . . . ] . Mentre si fece la prima cantata di musica, c o n voci esquisite, con sinfonie ma­ ravigliose e col suono di due trombe a battuta di musica, furono distribuite alli sig.ri cardinali le conclusioni di seta e di cartaj il libretto delle parole della musica e mazzi di fiori di seta [ . . . ] . Dopodiché [dopo la prima conclusione ] fu fatta la seconda cantata. [ . . . ] Mentre dunque si faceva la terza cantata il sig.r don Benedetto [Pamphilj ] si portò a tutti li cardinali. [ . . . ] Si partì a un'hora di notte» .

28. FRANCESCO Lursi, S. Giacomo degli Spagnoli e la festa della Resurrezione in piazza Navona, in La cappella musicale nell 'età della Controriforma, atti del convegno ( Cento, 1 3 - 1 5 ottobre 1 9 8 9 ) , a cura di Oscar Mischiati - Paolo Russo, Firenze, Olschki, 1 9 9 3 1 pp. 75- 1 0 3 . 2 9 . GIUSEPPE FIORENTINO, Musica e fosta nella Roma barocca: i l caso d i piazza Navona, i n La musique à Rome au XVIIe siècle. Études et perspectives de recherche, pp. 55-7 2 : 70. Un'altra fonte rife­ risce di altri quattro cori «nelli altri due tempii», probabilmente nelle edicole montate sulla piazza; ibid., p. 70. Cfr. anche FAGIOLO DELL'ARco - CARANDINI, L'iffi m ero barocco, I, pp. 1 3 9- 1 4 1 . ln questo caso è verosimile che i cori cantassero a turno al passaggio della processione. 30. Sulle cerimonie per le lauree, cfr. ARNALDO MoRELLI, La musica a Roma nella seconda metà del Seicento attraverso l'archivio Cartari-Febei, ir1 La musica a Roma attraverso le fonti d'archi­ vio, atti del convegno ( Roma, 1 9 9 2 ) , a cura di Bianca Maria Antolini - Arnaldo Morelli - Vera Vita Spagnuolo, Lucca, LIM, 1994, pp. 1 07- 1 3 6: 1 1 2 - 1 1 3 . Cfr. anche ANTONELLA PAMPALONE, Cerimonie di laurea nella Roma barocca. Pietro da Cortona e i frontespizi ermetici di tesi, Roma, Gangemi, 20 1 4. 3 1 . MoRELLI, La musica a Roma nella seconda metà del Seicento, p. 1 27.

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«LA VIS TA DELL'APPARATO SUPERBO,L'UD ITO D ELLA MUS ICA EC CELLENTE A P IÙ CORI»

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