Teatro (1900-1910) [Vol. 2] 8820766639, 9788820766634

La difficile reperibilità delle commedie di Vincenzo Scarpetta, non ha consentito, fino ad oggi, di conoscerne la fecond

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Teatro (1900-1910) [Vol. 2]
 8820766639, 9788820766634

Table of contents :
Copertina
Frontespizio
Copyright
INDICE
PREMESSA
LA BELLE ÉPOQUE DI VINCENZO SCARPETTA - Maria Beatrice Cozzi Scarpetta
Illustrazioni
Copioni
DDOJE GOCCE D’ACQUA (o “L’ALTRO IO”)
È FEMMENA O È DIAVOLO?
L’ALBERGO DEL SERPENTE (o TANTA GUAJE PE DURMÌ)
LA SIGNORINA COCHELICÒ
IL SIGNOR… 39
Quarta di copertina

Citation preview

Vincenzo Scarpetta

T(1900-1910) EATRO VOLUME II

a cura di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta L IGUORI E DITORE

BIBLIOTECA

Testi 18

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Vincenzo Scarpetta

Teatro (1900-1910) volume

II

a cura di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta

Liguori Editore

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Per Luca

INDICE XI Premessa 1 La Belle Époque di Vincenzo Scarpetta di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta

Copioni Trascrizione diplomatica di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta

14 Ddoje gocce d’acqua 90 È femmena o è diavolo? 159

L’albergo del Serpente (o Tanta guaje pe durmì)

237

La Signorina Cochelicò

303

Il Signor… 39

PREMESSA

“La vera storia del teatro dialettale e degli attori di Napoli è ancora tutta da fare: in essa bisognerà dedicare un capitolo a parte al figlio di Eduardo Scarpetta, non soltanto per illustrarne e lodarne le particolari eccezionali risorse, ma per registrare soprattutto in quali forme inconsuete i suoi sessant’anni di teatro, sia pure nei limiti di una rinuncia che non ha precedenti, avessero ugualmente raggiunto una distinzione e uno stile. Con il dono che egli ancora conservava di una naturale, straordinaria simpatia, con un disinvolta, ma raffinata eleganza di abiti e di maniere […], egli mascherò benissimo l’intima amarezza di non essere riuscito, per obbedienza filiale e per napoletano potere di adattamento, ad evadere pur avendone le doti […].” Così scriveva Roberto Minervini nel suo bel libro1. L’intento di questo lavoro è di colmare, almeno in parte, la lacuna lamentata da Minervini, presentando 14 commedie di Vincenzo Scarpetta, di cui 13 inedite, che andranno ad ampliare la scarna offerta editoriale esistente. Chi volesse avvicinarsi al suo teatro, infatti, troverebbe edite solo “’O tuono ’e marzo” e, con un pò di fortuna, “Era zetella ma...” : ben poco rispetto al centinaio di commedie che scrisse nella sua vita. Arduo è stato il dover scegliere i testi da proporre avendone tanti a disposizione: alla fine l’attenzione si è rivolta alle commedie in cui l’autore, per argomento o per ruolo, mostrava maggiormente la sua sensibilità e la sua abilità d’attore, e a quelle che Eduardo De Filippo scelse per metterle in scena con la sua compagnia “La Scarpettiana” nella seconda metà degli anni 50. Da questa opera sono escluse le parodie musicali come “La donna è mobile” e “L’uomo è stabile o L’eredità di Cocò”, lavori che avrebbero 1

R. Minervini, I due Scarpetta, «Il Fuidoro. Cronache napoletane» 2 (1955), n. 3/4, pp. 124-126.

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PREMESSA

consentito un ulteriore elemento di valorizzazione dell’artista ma, la complessità dei testi e dei numerosi spartiti musicali a corredo, ne ha reso problematica l’attuazione. Le commedie proposte, divise in tre volumi, coprono un arco temporale che va dai primi anni del novecento all’inizio degli anni trenta: il periodo, cioè, più fruttuoso e che meglio rappresenta l’evoluzione di Felice sempre più Vincenzo e sempre meno Sciosciammocca, fino a sparire quasi del tutto e conservarne solo il celebre nome come “marchio di famiglia”. Il lettore entrerà nell’officina teatrale di questo autore che deride una borghesia godereccia e vacua popolata da giovani sfaccendati e spendaccioni, genitori ruffiani, uomini solo all’apparenza rispettabili, canzonettiste interessate, figli “illegittimi”, potenti per casta, mariti traditori ma gelosi e donne vittime di uomini bugiardi e meschini. Ogni commedia sarà preceduta da una scheda riassuntiva in cui parleremo della sua “storia”, basandoci sui documenti conservati nell’Archivio Privato come il “Registro prime rappresentazioni” e il Registro “Repertorio” curati da Eduardo e Vincenzo Scarpetta. Altra fonte di riferimento, è stata una “Raccolta articoli giornali”, sorta di album in cui Vincenzo incollava ritagli di quotidiani spesso senza data e riferimento alla testata, fotografie, lettere e quant’altro testimoniasse la sua vita e la sua attività artistica. In presenza di più copioni per il medesimo testo, la scelta è andata al manoscritto autografo dell’autore o, in mancanza, al manoscritto del copista: in entrambi i casi la trascrizione che proponiamo riproduce fedelmente il testo originario e, quando necessario, indica, con note a piè di pagina, le modifiche operate dall’autore in un secondo momento. Questa collana non seguirà un ordine strettamente cronologico ma inizierà col presentare quattro testi del decennio 1910-1920, sorta di omaggio a “‘O tuono ’e marzo”, l’unica commedia di Vincenzino che ancora viene rappresentata con successo e che noi proponiamo nella sua prima stesura. 1. Volume Statte attiento a Luisella ’O tuono ’e marzo La vendetta di Ciociò ’O guardiano ’e muglierema

PREMESSA

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2. Volume Ddoje gocce d’acqua È femmena o è diavolo? L’Albergo del Serpente (o Tanta guaje pe durmì ) La signorina Cochelicò Il signor… 39 3. Volume La chiamavano Tu-tù E s’è scetato ammore Ero casto e puro ’O figlio ’e Donna Checca Tu mo che faciarrisse? Ogni volume, infine, sarà corredato di disegni e caricature, soprattutto di attori, a testimonianza della sua versatilità artistica. Si è cercato, insomma, di dare una visione d’insieme quanto più varia e completa possibile sulla personalità poliedrica di Vincenzo Scarpetta.

LA BELLE ÉPOQUE DI VINCENZO SCARPETTA di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta

Nel primo volume di questa edizione del teatro di Vincenzo Scarpetta sono state pubblicate quattro commedie scritte tra il 1910 e il 1920; questo secondo volume ci porta indietro nel tempo di dieci anni, ossia al decennio 1900-1910. Pubblicare le commedie in ordine non cronologico fu una scelta dettata, a suo tempo, dal desiderio di rendere in qualche modo omaggio a Eduardo De Filippo che, con la messa in scena di ’O tuono ’e marzo, ha permesso che il nome di Vincenzo non fosse dimenticato. A distanza di un anno dall’uscita del primo volume, sento di dover dedicare questo nuovo lavoro alla memoria di Luca De Filippo, raffinato interprete delle commedie di Vincenzo Scarpetta, che mi ha sempre incoraggiata e sostenuta in questo progetto editoriale. Se nelle commedie proposte per il decennio 1910-1920 si può cogliere la maturità raggiunta dall’autore che appare ormai “libero” di esprimersi nella scelta di temi che a volte vanno oltre la semplice satira della società borghese, in quelle ora selezionate per il decennio precedente si ha la netta sensazione che Vincenzo si “diverta” a prendere in giro la gaudente borghesia napoletana affascinata dalle novità della vita moderna ma ancora saldamente ancorata al doppio binario della morale pubblica e della licenziosità privata. A tal proposito, piace sottolineare come Vincenzo si riveli, anche nel suo teatro, piuttosto emancipato nonostante fosse stato educato in una famiglia in cui potere e libertà erano appannaggio esclusivo dell’Uomo, come ben testimonia la disinvoltura del padre con i suoi numerosi figli illegittimi. Per Vincenzo la donna non è più solo la cocotte con cui divertirsi o la moglie devota che tutto subisce: è una donna cosciente di sé che inizia a essere consapevole della propria parità con l’uomo.



TEATRO (1900-1910)

L’attenzione, tutta moderna, alle prime rivendicazioni femminili Vincenzo la mostra appieno nell’appassionato monologo di Virginia in cui è descritta efficacemente tutta l’ira di una donna che non si sente adeguatamente considerata e desiderata dal marito. Senza mezzi termini, Virginia rivendica il suo ruolo di moglie e non di serva, nonché il suo diritto ad una vita sessualmente appagante.1 Virginia: Te faccio vedè chi è sta scema, sta stupida e che servizio te sape combinà!...N’aggia fa parlà tutta Napole, aggio da fa cose de pazze! (Felice sbadiglia) Pecchè non me l’avive da fa chesto! Io si t’aggio spusato non è stato per interesse, è stato p’affezione, pe tenè nu giovene vicino che m’avesse voluto bene, (marcato) ch’avesse penzato nu poco a me, ch’era figliola, che teneva sangue dinto a li vene, nun già acqua cauda... Haie capito!!! (Felice comincia ad addormentarsi) Ma tu a chesto non nce hai penzato, te si’ nzurato credenno de tenè la mugliera pe femmena de servizio, pe tenè na femmena qualunque ch’avesse penzato sulo a la casa, a badà a l’economia, mentre tu poi, comodamente, te jve spassanno cu l’auti femmene! Ah! No! Te si’ sbagliato, caro mio!... Fortuna che me ne so’ addonata ambressa. T’aggio da fa chiagnere a tanto de lagreme, t’aggio da fa jastemmà lu momento che m’haie conosciuto, t’aggio da fa tanta dispiette e tanta dispiette che... 2

Sotto l’influsso dei movimenti emancipazionisti, e della lotta per la rivendicazione dei diritti delle donne – primo fra tutti il diritto al voto – nelle commedie di inizio secolo, comincia a profilarsi una diversa considerazione dell’universo femminile, una maggiore energia drammatica dei personaggi del “gentil sesso”, pur essendo il contesto, ancora quello di un teatro comico disimpegnato, destinato a un pubblico borghese. Così, quando meno te lo aspetti, nelle situazioni più esilaranti faranno capolino riflessioni e rivendicazioni inattese di stampo protofemminista. Da fine ’800 fino allo scoppio della prima guerra mondiale, Napoli, come Parigi, vive la sua Belle Époque; è una città culturalmente viva nonostante le contraddizioni e le misere condizioni in cui versa gran parte della popolazione. La canzone napoletana, diffusa e sponsorizzata soprattutto durante le Feste di Piedigrotta, raggiunge la massima notorietà grazie anche al sostegno di una vera e propria industria che nasce allo scopo; si hanno i primi esperimenti cinematografici che fecero della 1 Questo monologo sarà più “castigato” nel copione dal titolo Tanta guaie pe durmì. Vedi nota 4 nel primo atto di L’Albergo del Serpente. 2 L’Albergo del Serpente (Atto I, scena ultima)

LA BELLE ÉPOQUE DI VINCENZO SCARPETTA



città una delle capitali della “settima arte”; si apre il 15 novembre 1890 il Salone Margherita, primo cafè chantant d’Italia, tempio del divertimento per la società dell’epoca, mentre i teatri propongono spettacoli di grande richiamo come quelli di Fregoli, mago del trasformismo. Vincenzo vive appieno e da protagonista questi anni, spaziando dal teatro alla musica e al cinematografo. In ambito teatrale si esibisce con successo in spettacoli “fregoliani” che richiedono velocità e presenza scenica. Comincia nel febbraio 1898 quando il padre mette in scena, al Teatro Bellini, Leopoldo Fregoli e le sue trasformazioni; Vincenzo “attrezzato di un vestiario fulmineo e a sorpresa, meravigliò il Bellini non si sa più per quante sere”3 e, come scrive Eduardo Scarpetta4, suscitò “un vero fanatismo”. Sarà poi la volta di Eldorado in cui dà vita, alla maniera di Fregoli, a ben sei personaggi: il clown parodista (Tom Leo Fre), il baritono (Sig. Ugo Civetta), la sciantosa eccentrica (Mad. lle Juliette), il clown musicista (Sol Do Mi), la romanzista (contessa Cipolla) e il Signore col cappello (Monsieur Nadars). La sua abilità nelle trasformazioni lo porta a parodiare, al Fiorentini, anche la stella del momento Eugénie Fougère con cui vivrà un’intensa storia d’amore: “A vent’anni al Fiorentini, dopo la commedia, si presentava nell’arguta es audace imitazione di Eugénie Fougère, sfolgorante Etoile de Paris, che allora sbrigliava al Salone Margherita, dal quale, ogni sera, dopo che gli ammiratori l’avevano tanto sospirata e festeggiata, andava lei ad applaudire, con le sue manine luminose, da un palchetto del Fiorentini la sua incredibile incarnazione, per giunta fatta da un uomo, attore brillantissimo pieno di versatilità e possibilità nella gonna breve e pajettata di una diva profusa di anguillanti seduzioni con pronuncia montmartroise.”5

Nel 1900 scrive e rappresenta il Bozzetto drammatico a trasformazione A chiar’’e luna in cui ricopre da solo sette personaggi6 con3 Cfr. F.Cangiullo, Quando Napoli rideva. Vincenzo Scarpetta don Felice Sciosciammocca. “Il Tempo” del 5 dicembre 1949 , cit., pag.5. 4 Cfr. E. Scarpetta, Cinquant’anni di palcoscenico, cit., p.349. 5 Vedi nota 3 6 In questo bozzetto drammatico, Vincenzo Scarpetta si presenta al pubblico ricoprendo il ruolo di un giovanotto della mala vita, Ciccillo, che vuol sposare Carmela, la figlia del vecchio pescatore Biase. La ragazza, però, ama, riamata, Giulio giovane di nobili origini. Il guappo scopre i due giovani in dolce colloquio e, preso dall’ira, uccide Giulio nella bottega di un vinaio. Tutti questi personaggi e la “voce interna” che coordina l’azione, sono interpretati da Vincenzo Scarpetta che imita alla perfezione Fregoli. Infine Vincenzino appare in un palco di seconda fila truccato da spettatore che applaude l’autore, cioè se stesso.



TEATRO (1900-1910)

sacrando così la sua abilità in questo genere di recitazione come lui stesso ammette “[...] Che stu Leopoldo Fregoli sul’io saccio imitare!”7 A Parigi il 14 aprile 1900 si inaugura l’Esposizione Universale. La tecnologia ammalia i visitatori e anche Vincenzo, che “andava scorazzando per Parigi in compagnia di Eugénie Fougère”8. Invenzioni modernissime come la prima scala mobile o il primo motore diesel, i primi cortometraggi dei fratelli Lumière proiettati su grande schermo o il primo registratore magnetico a filo e finanche le cartoline pubblicitarie di Jean-Marc Côté, l’artista “visionario” che immaginava la vita nel 2000, lasciarono un segno indelebile nel giovane Scarpetta. A Napoli intanto è l’epoca d’oro della canzone napoletana9 e delle case editrici nate proprio per commercializzarla e diffonderla. È un’industria fiorente e in continua espansione che vede partecipare firme illustri tra i poeti e i musicisti napoletani. Vincenzo, che ha una profonda conoscenza della musica e anche una bella voce, partecipa, grazie all’editore Morano, alla Piedigrotta Scarpetta del 1903, con quattro canzoni di cui è autore sia della musica che dei versi10. L’anno successivo viene edito, sempre da Morano, un altro fascicolo con sei canzoni di cui solo la musica è sua mentre i versi sono di Capurro, Barbieri, Gabrielli, Bovio, Mattiello e Buffon.11 Infine, partecipa alla Piedigrotta del 1909 con L’ommo che vola; il fascicolo contiene canzoni tratte prevalentemente dall’omonima “Grande Commedia Rivista Fantastico Musicale” del 190812. In questi tempi spumeggianti, Vincenzo vive il suo periodo più intenso. Giovane, elegantissimo, attore ormai di successo nonché autore di commedie che il padre Eduardo metteva in scena, non tralascia di dedicarsi al cinematografo. Il 17 settembre 1907, firma con i fratelli 7 Parte finale del Prologo in versi martelliani del Bozzetto drammatico a trasformazione ‘A chiar ‘’e luna. 8 Maria Scarpetta – Felice Sciosciammocca mio padre – A. Morano Editore Napoli 1949, pag. 82 9 Basta ricordare, a titolo d’esempio, quei capolavori assoluti che uscirono tra il 1898 e il 1907: 1898 ‘O sole mio (Giovanni Capurro-Eduardo Di Capua), 1900 Io te vurria vasà (Russo-Eduardo Di Capua), 1904 Voce ‘e notte (Eduardo Nicolardi – E. De Curtis) Uocchie c’arraggiunate (Falcone-Rodolfo Falvo), ‘A vucchella (D’Annunzio-Tosti), Torna a Surriento (Fratelli De Curtis), 1907 Tarantelluccia (Ernesto Murolo) 10 La Piedigrotta Scarpetta edita da Morano nel 1903 pubblica le seguenti canzoni: Le unghie, Che ne sarrà? Non ire tu, Senza Core. 11 La Piedigrotta Scarpetta edita da Morano nel 1904 presenta le seguenti canzoni: Piripignoccola (Capurro-Scarpetta), Vuje! (Gabrielli-Scarpetta), Dinto? O fore? (Mattiello -Scarpetta), Canzona spruceta (Buffon-Scarpetta), Nu mistero (Bovio-Scarpetta), Voglio campà (Barbieri-Scarpetta) 12 L’ommo che vola, commedia in un prologo, tre atti e undici quadri, fu scritta da Eduardo Scarpetta e Rambaldo (Rocco Galdieri) con la musica di Vincenzo Scarpetta.

LA BELLE ÉPOQUE DI VINCENZO SCARPETTA



Troncone, i primi veri cineasti napoletani, un contratto in piena regola per produzioni filmiche e, nel 1910, sperimenta anche la regia con i film Il suonatore di chitarra e Marito distratto e moglie manesca.13 Oltre i predetti campi di interesse, Vincenzo scrive una ventina di lavori teatrali tra scherzi comici, bozzetti e commedie14 in cui “rivela molteplici e diversificati gusti teatrali, ma al tempo stesso è sempre disponibile a seguire le orme paterne nel confrontarsi con l’ingombrante Sciosciammocca […] e con il genere della pochade verso il quale in ogni caso evita l’atteggiamento censorio.”15 Non solo il mondo francese ma anche la cronaca mondana napoletana diventa fonte di ispirazione per una divertente commedia dal titolo ‘A riggina d’’o mare. Definita dallo stesso autore “Commedia musicale d’attualità” fu concepita il 13 settembre 1909 il giorno dopo l’elezione di Ersilia Lucarelli a vincitrice del primo concorso di bellezza nazionale indetto dal proprietario dello stabilimento-teatro Eldorado-Lucia.16 Questo concorso appassionò a tal punto l’opinione pubblica napoletana che si formarono fazioni rissose a sostegno dell’una o dell’altra candidata, accompagnate da accuse di brogli e interminabili discussioni sulla “moralità” delle concorrenti. Vincenzo trae spunto da queste vicende per scrivere la sua commedia “d’attualità” regalandoci uno spaccato di quel che avvenne a Napoli in quei giorni. In un dialogo tra una comare e il fidanzato di un’aspirante al concorso di bellezza, così l’autore ci descrive l’avversione ai concorsi di bellezza da parte dell’uomo che ha visto quel che è successo a Napoli: 13 I film citati sono andati dispersi. Per approfondire la conoscenza sugli albori del cinema napoletano, vedi Pionieri del cinema napoletano – Le sceneggiature di Vincenzo e i film perduti di Eduardo Scarpetta, a cura di Pasquale Iaccio e Maria Beatrice Cozzi Scarpetta, Liguori Editore. In fase di stampa. 14 Cfr. Bibliografia delle commedie a cura di Maria Beatrice Cozzi, in Vincenzo Scarpetta – Teatro (1910-1920) – Vol.1 – Liguori Editore- Napoli- 2015, pag. 371 15 Cristiana Anna Addesso, Vincenzo Scarpetta: “Sciosciammocca in miniatura?”, ivi, pag.5 16 La kermesse, organizzata dal giornalista napoletano Giovanni Bellezza, con tanto di regolamento che accettava fanciulle di “chiara e specchiata onestà” fra i 15 e i 20 anni, era composta da una prestigiosa giuria di artisti, giornalisti e uomini di cultura napoletani tra cui Salvatore di Giacomo, Ferdinando Russo, Diego Petriccione e il pittore Eduardo Dalbono. Al concorso partecipò pure Elena Vitiello, la bellissima attrice che diventerà poi famosa col nome di Francesca Bertini. Le cronache raccontano che Salvatore Di Giacomo parteggiasse furiosamente ma inutilmente per la bella Elena invisa, però, al giornalista Diego Petriccione per la sua attività d’attrice che la qualificava come donna di dubbia moralità. Elena Vitiello, nonostante fosse la più ammirata, fu costretta a ritirare la sua candidatura per porre fine alle polemiche. Il 12 settembre risultò vincitrice la giovane Ersilia Lucarelli che, a bordo di barca d’onore, frutto del talento artistico di Dalbono, giunse scortata da un corteo di barche allo stabilimento Eldorado per l’incoronazione a “Riggina d’’o mare”.



TEATRO (1900-1910)

 Mimì:

E questo è stato il guaio. Signora mia, perchè Don Peppe, ‘o padre, profittando di questo, la vuole presentare al concorso di bellezza che se farà qua. Capite?  Giulia: E che male ce sta, scusate? Anzi, quella se resulta, come ne sono certa, sarà la Regina del nostro mare, e sapete che feste le faranno, che onori, che regali...e quale più bella soddisfazione per voi che siete l’innamorato!  Mimì: Chi? Che cosa? Addò?... Che dite?...Io aggio visto chello ch’ànno fatto a Napole mo e non permetterò mai questa cosa. Essì, permettevo che ‘a nnammurata mia facesse la comodità degli altri, che speculassero sulla sua bellezza tutte quante, con la scusa dei ricevimenti e dei doni? Con la scusa di fare cosa grata al pubblico cominciano a uscire le cartoline, i ritratti, me la devo vedere in tutti i cinematografi, Regina del mare da qua, Regina del mare da llà, chi la chiama da na parte, chi l’invita da un’altra, ed io dovrei subire, dovrei permettere, che ognuno per l’interesse proprio, per la propria reclame, me la sfrutta come hanno fatto a Napoli, comme meglio le pare, comme meglio le fa comodo?... Ma Signora mia, ma voi, qua dentro (mostra la fronte) ci avete pancotto o ci avete cipolle? Abbiate pazienza!... Voi ve ne venite che male ci sta? Tutto il male possibile! E poi, quella Mariuccia è così fina, gentile, delicata, se mette a fa chella fatica che ha fatto Ersilia Lucarelli a Napole? Curre ‘a cca, curre ‘a llà, spuoglie, vieste, ricevimenti, colazione, pranze, il giorno dell’incoronazione, signò, io me credeva che chella poverella asceva pazza!... ‘A popolazione accossì attuorno a essa. Strille, allucche, applause, bande, orchestra, fische a vapore, mamma mia, ‘a stunaiene a chella povera figlia, chella sera s’avetta j’ a cuccà pe morta!...17

I riferimenti a quanto visto o vissuto e a quel che accadeva nel mondo scientifico sono continui e presentati in modo esilarante; ne segnalo alcuni lasciando al lettore il gusto di coglierne altri. Accennando all’Esposizione Universale di Parigi, vengono menzionati i disegni “visionari” di Jean-Marc Côté, un pittore che aveva avuto l’incarico di disegnare cartoline pubblicitarie per l’evento. L’artista produsse quadri rappresentanti la vita nel 2000 immaginando robot, macchine volanti e mille altre diavolerie che all’epoca sembravano fantascientifiche. Uno di questi marchingegni fantastici lo ritroviamo nella commedia La Signorina Cochelicò immaginato da Nicolino Scorza, inventore “futurista” di una mirabolante macchina culinaria. L’uomo, in cerca di un finanziamento, cerca di convincere l’inizialmente incredulo An17 Nell’Archivio privato Vincenzo Scarpetta, è conservato solo il secondo atto di questa commedia; il primo atto, invece, è custodito nel Fondo Eduardo De Filippo presso la Biblioteca Lucchesi Palli. I dialoghi proposti sono tratti dalla scena terza del 1° Atto

LA BELLE ÉPOQUE DI VINCENZO SCARPETTA



tonio dell’eccezionalità della sua invenzione capace anche di diventare incubatore di uova. Antonio: Ma perdonate...uno mette l’uovo lloco dinto e doppo otto juorne jesce ’o pullaste vivo?! Nicolino: Esce ’o pullasto vivo, sì! E perciò v’ho detto ch’è na cosa straordinaria. Antonio: A me, scusate che v’’o dico, mme pare na cosa impossibile... (ridendo) Nicolino: E avete ragione, amico mio! 50, 60 anni fa, se uno diceva che si poteva avere la macchina che parlava, la carrozza che camminava senza cavalli, il telegrafo senza fili, la fotografia vivente, la macchina per volare e tutti questi palloni indigeribili, vi ridevano in faccia e dicevano ch’era na cosa impossibile. Antonio: Questo poi è vero.18

La frenesia di inventare prende anche il velleitario Ing. Felice che, con risultati non proprio esaltanti ma con molta pubblicità sui giornali, lancia il suo sistema di riscaldamento “brevettato” ad acetilene: Carluccio: Ah, sì, io lessi sui giornali questa tua invenzione…Oh, e perché poi puzza?... Felice: È l’acetilena, capite, quello è calorifero ad acetilena. Eccolo là. (mostrandolo) Carluccio: Ah! Neh!...Oh! Ma aspetta, a me me pare che c’era il calorifero ad acetilena? Felice: No, no, no. C’era quello a petrolio, ma era sporco, puzzava. Il calorifero mio pure puzza, è vero, ma mo sto studiando il modo come non farlo più puzzare. Carluccio: Ah! Mbè!19

Nemmeno gli studi sulle applicazioni dell’ipnosi, che tanto appassionavano i dibattiti scientifici ed i salotti napoletani, sono immuni dalla satira e il cameriere Felice si prende gioco con spirito irriverente del dott. Peppino Cornetti, illustre e famoso medico specializzato nella terapia ipnotica. Peppino: Felice: Peppino:

18 19

Un momento, adesso sapremo la verità. (a Felice) Miettete llà! Pecchè? Miettete llà te dico! (in fondo a destra presso il divano) A te, tieneme a chisto e nun mm’’o fa movere ’a lloco.

La Signorina Cochelicò (Atto I, scena II) Ddoje gocce d’acqua (Atto I, scena VIII)



TEATRO (1900-1910)

Carluccio: E ma pecchè, ch’avita fa? Peppino: ’O sacci’ io, tienelo forte. (Carluccio si mette dietro a Felice e lo tiene per le braccia) Vuje mettiteve ’a ccà, e zitto, non fiatate nemmeno, aggia parlà io sulo!... (Tutti passano a sinistra solo Felice è nel mezzo della scena) Tutti: Ma ch’avita fa? Peppino: Psss!...Silenzio!...(poi rivolto a Felice lo guarda fisso negli occhi e fa dei movimenti con le braccia per ipnotizzarlo. Felice piano piano chiude gli occhi) Felice: (Aggio capito tutte cose!) Peppino: Psss...Silenzio!...(Ripete i movimenti, Felice sempre piano piano chiude del tutto gli occhi e finge di dormire) È fatto. Ll’aggio addormuto! (a gli altri) Felice: (Seh! Stai frisco!) Peppino: (soliti gesti) Felice!...Vieni qua!...Lo voglio!...(Felice con passo automatico viene un po’ avanti) Rispondi bene! (gesti c.s. Tutti guardano Felice attentamente. Felice, sbrocando per rispondere, sputa in faccia a Peppino) Luigino: Dottò, v’ha risposto? Peppino: Sì, m’ha data na sputazza nfaccia!20

In tutte le cinque commedie di questo volume – Ddoje gocce d’acqua (1904), È femmena o è diavolo? (1904), L’albergo del Serpente o Tanta guaje pe durmì (1906), La Signorina Cochelicò (1907) e Il Signor 39… (1908) – il ruolo di Felice è sempre appannaggio del padre Eduardo. Questo accade anche se la parte non è da protagonista come nella commedia Il Signor 39…. o, in modo ancora più evidente, in È femmena o è diavolo?. Solo ne La Signorina Cochelicò, che andrà in scena tre anni dopo la stesura, cioè quando Eduardo Scarpetta comincia a ritirarsi dalle scene, Vincenzo, dovendo interpretare il ruolo che era del padre, conserva per sé il nome di Felice ma muta il cognome da Sciosciammocca in Filetti. È da notare che in tutti i manoscritti presenti nell’Archivio Privato come nelle locandine, quando recitava il padre, accanto al personaggio di Felice non era specificato il nome dell’interprete, essendo palese che solo Eduardo Scarpetta poteva coprire il ruolo di Sciosciammocca. La Signorina Cochelicò è una delle prime commedie in cui appare un Felice a metà, privato del suo cognome storico; questo perché l’autore voleva sottolineare la differenza con il padre, unico vero Sciosciammocca che non voleva imitare, o per scrollarsi di dosso, almeno per metà, l’amata-odiata fissità del personaggio? 20

Il Signor 39... (Atto III, scena X)

LA BELLE ÉPOQUE DI VINCENZO SCARPETTA



A mio avviso sono vere entrambe le ipotesi perché Vincenzo ha vissuto nell’adorazione del padre ma, nello stesso tempo, non possiamo dimenticare che proprio in quegli anni avrebbe voluto abbandonare la compagnia paterna per dedicarsi a un teatro di genere diverso, in cui musica e trasformismo avevano un ruolo preponderante, né che gli era stato impedito di partire per Parigi dove l’attendeva un prestigioso contratto all’Olympia. Vincenzo deve quindi accontentarsi di una soluzione di compromesso, cercando di conciliare le regole imposte dai modelli del repertorio paterno con la sua personale passione e abilità per la recitazione “en travesti”. Ed ecco che, per raggiungere i suoi scopi, Felice “si sdoppia” come avviene in Ddoje gocce d’acqua o addirittura “si fa in tre” – cambiando pure sesso – come accade in La Signorina Cochelicò.21 Anche È femmena o è diavolo? può essere inscritta tra le commedie “a trasformazione” con la particolarità, in questo caso, che non è Vincenzo-Felice a travestirsi bensì una donna che nel corso della vicenda assume, per necessità o per vendetta, tre identità diverse: quelle di moglie-mantenuta-cameriera. La vita libertina, le avventure e le follie notturne dei “giovani della Napoli bene” sono oggetto di una satira non innocua in L’Albergo del Serpente 22. Il protagonista di questa commedia, ormai sposato e marito innamorato, sconta a caro prezzo gli eccessi della vita da scapolo, soffrendo ora di una “debolezza virile” quanto mai imbarazzante ed inconfessabile e che nemmeno gli ultimi ritrovati della farmacopea riescono a risolvere. Felice:

[...] E chello ch’aggio fatto cu li femmene, mammamia!...Sette, otto nnammurate a l’anno. Aggio spiso pure belli denare, vi’!... Papà, buon’anima, me mannava la mesata per farmi studiare, pecchè steva cu la capa che io aveva fa l’avvocato, e io me la sfeziavo!...Doppo chesta vita, capisce, uno sente proprio il bisogno de s’arreposà, de sta coieto, de durmì sulo. Alberto: Ah! Se sape! Felice: E me ne so’ accorto, disgraziatamente, tre mise doppo spusato. Nei primi tempi nun era accussì, mo che saccio che s’è afferrato...Io, sai, faccio tutto il possibile di distrarmi, d’essere svelto, de sta scetato!...Bevo cafè comme a nu turco, piglio tabacco, insomma eccitanti...niente, non ne ricavo niente! La sera mpunto

21 Cfr. Cristiana Anna Addesso, Vincenzo Scarpetta: “Sciosciammocca in miniatura?” cit., pagg.28-31 22 Commedia andata in scena col titolo, che poi verrà mantenuto, di Tanta guaje pe durmì

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TEATRO (1900-1910)

li nove, stateve bene, me vene tale na sonnolenza che tu non puoi credere...23

L’ironia e la satira con cui l’autore ridicolizza la morale e i conportamenti del tempo sono ben presenti in tutte le commedie citate; l’uomo è ritratto gaudente e libertino, pavido e traditore nonché, paradossalmente, “vendicatore del proprio onore”; le donne, invece, più che vittime, appaiono scaltre giustiziere capaci di difendere il loro diritto alla dignità e al rispetto indipendentemente dalla “morale” maschile, diventando anche abili ed implacabili maestre di vita per le mogli troppo ingenue e fiduciose. Un marito modello “per forza” è così descritto dalla moglie: Adelina:

Fedeltà? Carluccio? Tu si sapisse chillo che piezzo de scostumato che è!... Chillo quanno vede na femmena non conchiude chiù. Quanta vote m’avarria tradita…col pensiero! Ma dal tradimento ideale, alla pratica, è lloco che te voglio!... A me non me la fa!... Eh, cara mia, io conosco tutte li mbroglie, tutti i sotterfugi, tutte li malizie de sti galantuomini. A me storielle non me ne ponno contà, e Carluccio lu ssape. Vedi, io sono capace, fra mille marite, riconoscere chi è chillo che tradisce la mugliera! Dall’odore solamente!24

L’uomo, scoperto nei tradimenti, perde tutta la baldanza vedendo allontanarsi la sicurezza e le comodità della sua casa: (la guarda con rabbia) Signò…ve facite la resella?...Signò, io se vi accido è poco!... Avete giurato di vedermi distrutto e ci siete riuscita!... Io volarria sapè che male v’aggio fatto che me perseguitate tanto! Adelina: A me???... No! Lo facevate a delle amiche che voglio bene chiù de la vita mia!... Felice: Ah, neh? Tutta sta collera ch’avite dato a muglierema l’avete fatto pecchè la volete bene? Adelina: Si capisce, pecchè l’aggio fatta scoprire il vostro tradimento. E po chella è collera momentanea, pecchè mo vaco dinto, acconcio tutte cosa e ve faccio fa pace. Felice: Sicuro. Comme sta chella, facimmo pace.25 Felice:

Vincenzo infierisce ancora sull’uomo meschino e furbetto che crede di poter correre la cavallina impunemente con bugie e inganni, facendogli dare una solenne lezione dalla sua ex amante. La donna, 23 24 25

L’Albergo del serpente (Atto I, scena II) Ddoje gocce d’acqua (Atto I, scena II) Ddoje gocce d’acqua (Atto III scena VII)

LA BELLE ÉPOQUE DI VINCENZO SCARPETTA

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nonostante il suo status di mantenuta, ha una sua dignità e non esita a trasformarsi nel nume tutelare della moglie troppo ingenua e fiduciosa. Emma:

Felice: Emma:

Guè, grandissimo mbruglione! Nun di cchiù buscie ca te mengo ’o campaniello nfronte sa’...È gelosa, cammina c’’o rasulo dint’’a cazetta...busciardo! Traditore che si’. Io saccio tutto, capisce, tutto! E perchè nun mme dicive francamente: sai, Emma, io nun pozzo sta cchiù cu te, fenimmola, separammece...pecchè? C’era bisogno ’e mme dicere tanta buscie, tante falsità?... Fingere in quel modo, fino a farmi credere che chiagnive, te disperave, e io comme a na stupida, p’essere troppo fiduciosa te sentevo...e te credevo... Ma senti, Emma, io … Zitto! Che certamente diciarrisse n’ati ciente buscie! E t’aviss’’a credere che si so’ venuta ccà, è stato per rimproverarti de chello che m’hai fatto? No!...Tu si’ ommo e chesto mme l’avev’’a aspettà, ma il modo come me l’hai fatto, questo non ti perdonerò mai! E assicurete che si so’ venuta ccà, non è stato nemmeno pe fa nu scandalo, o per pregarti di ritornare. So’ venuta pe te dicere che tu haje fatto sempe chesto, nn’’e pigliata una e nn’’e lasciata n’ata. Ma accommincianno da oggi, capisci bene da oggi, tu a mugliereta nun ll’’e a tradì cchiù.26

E che dire della disarmante giustificazione con cui Felice replica all’accusa di aver insidiato una fanciulla sconosciuta approfittando dell’oscurità? Elvira: Felice:

Elvira: Felice:

[…] E bravo! Avete fatto na bella cosa. Signò, io non aggio fatto niente! Aggio fatto chello che avarria fatto chiunque. […] Po...mme sentette afferrà ...e io mme facette afferrà... Me sentette abbraccià...e abbracciaie pur’io!...Saglietteme nzieme n’ato poco, arrivate vicino ’a porta, mme sentette vuttà dinto...ch’aveva fa?...Trasette!...Capii che fu un equivoco, che questo Giacomino teneva l’appuntamento e non nce jette,... ma zitto! Pecchè essa diceva: “Nun parlà, nun fa remmore!... ’A cammera steva pure ’o scuro!...Nc’assettaieme ncopp’a nu divano... Nc’assettaime ncopp’ a stu divano...e sempre senza parlà... me l’abbracciaie e mm’a baciaie!!... Oh!!! Oh che?...Scusate, nu giovine come me, sulo, vicino a na guagliona...27

Anche la vendetta maschile per lavare l’onta di un presunto tradimento della moglie, viene trattata con ironia da Vincenzo Scarpetta che 26 27

È femmena o è diavolo? (Atto II scena VII) La Signorina Cochelicò (Atto I, scena VII)

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TEATRO (1900-1910)

mette in risalto come l’uomo si preoccupi più dell’affronto subito e del dileggio della gente che delle molestie di cui è stata vittima la donna. L’onta, nel caso del dr. Peppino Cornetti, non sarà lavata con un duello che quest’ultimo non avrebbe il coraggio di affrontare, ma con una meschina macchinazione ai danni dell’incolpevole moglie di Celestino. Peppino: Ebbene...tutto è fatto! Celestino: Tutto è fatto che cosa? Peppino: Mme so’ vendicato! (con disprezzo) Celestino: […] Ve site vendicato? In che modo? Peppino: In un modo terribile! Tremendo!...E tu stesso mme diciste che avarrisse fatto peggio si fosse succieso a te. L’ho pagato...con l’istessa moneta sua!... Celestino: Che?!...Mi avete tradito...cioè...l’avete tradito c’’a mugliera forse?... Voi? Peppino: Io? Mai!...Pecchè allora avarria avut’’a ingannà a muglierema e questo mai! Mi sono servito di un altro, che tu stesso ll’’e portato dint’’a cammera! Celestino: E chi? Peppino: Ll’’e strignuto ’a mano poco primma... Celestino: ’O cammariere? Peppino: Perfettamente!! Che?...Comme te pare?...Hai visto che t’ha combinato l’amico tuo? Celestino: (fremendo) Ma...ma...c’’a mugliera ’e chi è succieso chesto? Peppino: (semplicemente) Uh! C’’a mugliera ’e chi? E nun ll’’e capito? C’’a toja!.. […] Celestino: Che vergogna!...Che vergogna!...Cu nu cammariero? Con un misero cameriere mio!...È terribile!!...Ma me la pagheranno però!... Faccio scorrere ’o sangue a llave!..28.

Con le commedie di Vincenzo Scarpetta si ride insomma, ovvero, per dirla con le parole di Teodoro Rovito, “si sente il bisogno di ridere, e quelli che riescono a muovere il riso devono considerati benemeriti della pubblica salute. Vincenzo Scarpetta è indubbiamente fra questi.”29 Ma non è improbabile che il teatro leggero e disimpegnato di Vincenzino lasciasse nello spettatore un retrogusto amaro e una vaga inquietudine. Al lettore il giudizio e la risata finale!

28

Il Signor 39... (Atto III, scena VII) Citazione tratta da un frammento di articolo di giornale, conservato nell’Archivio privato. Teodoro Rovito era un giornalista napoletano che collaborò a riviste e giornali come il Roma, il Giornale d’Italia, la Tribuna, il Monsignor Perelli e il Corriere del mattino. 29

Prologo in versi martelliani recitato da Vincenzo Scarpetta ad introduzione del “bozzetto drammatico a trasformazione” A chiar’ ’e Luna (1900)

Antonietta Giordano

Concetta Arola

Gennaro Della Rossa

Eduardo Gallo

Maria Perrella

Gabriele D’Annunzio

Vincenzo Bottone

Eduardo Scarpetta in La Geisha

Da sinistra: Vincenzo Scarpetta, Antonio Schioppa e Gennaro Della Rossa

Vincenzo Scarpetta o la Signorina Cochelicò

Copioni Trascrizione diplomatica di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta

DDOJE GOCCE D’ACQUA (o “L’ALTRO IO”) commedia in tre atti

“Iniziata il 30 luglio 1904, finita il 30 agosto”, questa commedia è una riduzione de La Frustata (Le coup de fouet) di Maurice Hennequin e Georges Duval . La prima rappresentazione, al Mercadante di Napoli, avvenne sabato 12 novembre 1904 ed ottenne “uno di quei successi d’ilarità che bastano ad assicurare al botteghino una lunga serie di tutto esaurito”1. La commedia fu messa in scena più volte nel corso degli anni, almeno fino al 1931, come attestano i timbri delle Prefetture di Bari e di Roma apposti sui testimoni conservati nell’Archivio2. Nella rappresentazione del 1904, il ruolo di Felice fu appannaggio di Eduardo Scarpetta, gli altri personaggi furono assegnati ai seguenti attori : Giovannino

Vincenzo Scarpetta

Don Carluccio

Gennaro Della Rossa

Don Alessandro

Antonio Schioppa

Luigi Gennaro Curatoli Beatrice

Rosa Gagliardi

Adelina

Antonietta Giordano

Bianchina

Renata Morandi Gherardini

Elvira Maria Perrella Nannina 1 2

Elvira Giordano

Ritaglio stampa senza testata, archivio Vincenzo Scarpetta. Nell’Archivio Privato sono presenti 2 cp.ms. di cui uno datato e firmato e 1 cp.ms. di copista.

DDOJE GOCCE D’ACQUA

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La trascrizione proposta è tratta da un copione manoscritto di 119 pagine più due foglietti volanti, datato, firmato e con timbro della Prefettura di Napoli del 10 novembre1904.

Abstract Donna Beatrice, soprannominata la Colonnella, è fermamente convinta che suo genero, l’ingegnere Felice Sciosciammocca, tradisca la moglie Bianchina ed a nulla valgono la sicurezza della figlia e la mancanza di prove per convincerla. Tutto sembra dar torto alla sospettosa suocera che, non dandosi per vinta, fa rovistare bene dinto a lu studio, ncoppa a la scrivania, dinto a lu stracciacarte... dal fido servitore Luigi, certa com’è che prima o poi troverà le prove dei tradimenti. Stesso trattamento è riservato a Giovannino, il romantico segretario di Felice segretamente e infelicemente innamorato di Bianchina. La Colonnella, infatti, è convinta che il genero l’ha fatto venì p’essere dato mano a tutte li mbruoglie ch’ha da fa!. In questo clima di sospetti, giungono, graditissimi ospiti, il maresciallo Alessandro Folgore, che è sulle tracce dell’uomo che sorprese con la sua amante “Giovanna d’Arco”, nonché Carluccio ed Adelina, vecchi amici di Felice e Bianchina. Adelina, a differenza dell’amica che ha una fiducia cieca nel marito, è una donna che dubita per principio della fedeltà degli uomini di cui conosce tutte le debolezze. È una donna che, come confessa avvilito il marito, non se fa mbroglià de nisciuna manera perché sape tutto il repertorio di Eduardo Scarpetta a mente, tutti gli argomenti, tutti gli intrighi, tutte li mbroglie che chill’ommo ha potuto scrivere. Grande, di conseguenza, è lo stupore di Adelina quando Bianchina le racconta dell’esistenza di un certo Antonio Cornacchia, così somigliante a Felice da essere scambiato per questi. Questo “clone” altri non è che Felice che, per evitare di essere scoperto, ha inventato, senza bisogno di aiuto per avere nuove idee, na mbroglia infallibile, originale in cui pure Adele che sape tutto il repertorio di Scarpetta, nce cadarria magnificamente! E cu chesta mbroglia, attualmente, fa la corte a na vedova, na certa Elvira. Questa trovata gli permetterà, tra l’altro, di liberarsi della scomoda presenza della suocera, del servitore e del segretario di cui scoprirà gli intrighi. Ma Felice sottovaluta la furba Adelina che, subodorato l’inganno, lo mette alle corde con grande astuzia costringendolo a confessare e ad invocare il perdono dell’ingenua e innamoratissima moglie.

Ddoje gocce d’acqua (o “L’altro io”) commedia in tre atti

Personaggi Felice Bianchina Beatrice Giovannino Don Carluccio Adelina Alessandro Folgore Elvira Luigino Nannina La scena è in Napoli. Inverno

Atto 1° Un salottino. Tre porte laterali ed una finestra 1a quinta a destra. In fondo, nel mezzo, comune, a destra, mensola con specchio ecc. Uno stipone con abiti da donna dentro situata a sinistra in fondo. Vicino alla finestra vi sarà un calorifero. Un piccolo divano sul davanti a destra, con due poltroncine ai lati. Sul davanti a sinistra, un tavolino tondo con sopra campanello, occorrente per scrivere, ed un album di fotografie con quella di Felice. Tendine a tutte le porte. Sedie, quadri alle pareti. La finestra sarà chiusa. Scena prima Beatrice e Bianchina Bianchina (È seduta al divano con le braccia piegate.) Beatrice Stupida, stupida, cento volte stupida!...(passeggia agitata) Bianchina Ma che bolite che faccio, ma ch’aggio da fa, pe sapè?... (quasi ridendo) Beatrice Non t’haie da fa convincere de chello che te dice, non haie da essere accossì fiduciosa, comme te l’aggio da fa capì? Bianchina Ma che convincere, che fiduciosa, io veco che Felice me vo’ bene, site vuie che v’immaginate tanta cose e li date pe certe. Beatrice Ah, so’ io? So’ io che immagino? Bianchina E se capisce, pecchè fino a mo non avite avuto nisciuna prova che Felice me tradisce. Beatrice Fino a mo? Ma la debbo avere! Stammatina per esempio, se n’è asciuto a l’otto e meza, quanno maie è asciuto a chest’ora? Addò è ghiuto a chest’ora? Bianchina Aieressera dicette che ghieva a lo studio a parlà d’affari con altri ingegneri. Beatrice Ecco, lui t’ha detto così e tu ingenuamente ci hai creduto. Ah! Che la colpa è stata mia, perché dopo la morte di mio marito, il valoroso Colonnello Pallone, io non avrei dovuto mai e poi mai dar la mano di mia figlia ad un semplice borghese. Ma …mi salvò la vita, (con rabbia) perché non si può negare, sei anni fa mi ha salvato la vita…chillo svergognato! Bianchina Oh! Sarebbe bella che mo nce ne faie pure nu rimprovero. Beatrice Sicuro! Perchè lui ha profittato di quella occasione per carpirmi la tua mano. (azione di Bianchina) E tutti i giorni nun fa altro che parlare di questa sua bravura, del suo gran coraggio. E come se tutto ciò non bastasse poi, noi nce avimmo da sopportà a puzza d’acetilena pe tutta la casa. Bianchina Chesto lo sapite che è lu calorifero.

DDOJE GOCCE D’ACQUA

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Beatrice Lo so, lo so che è il calorifero, la sua famosa invenzione… che fete de chella manera e me fa sta la casa chiena ’e fummo. Ma…fosse tutto chesto, quello che mi interessa è la tua felicità, il tuo avvenire. Chill’ommo a me non me fa capace, non è sincero. [Pecchè quann’io l’addimmanno da do vene, pare che se mbroglia,...cerca de cagnà discorso...? Bianchina [Chesto non è overo, per esempio, pecchè l’aggio ntiso risponnere sempe franco e risoluto.] Beatrice [Ah?]1 Ma a me non me la fa! Io so’ chiù fina d’isso, e quanno è la sera che se retira e voglio sapè addò è stato, io ce lo domando con un sorriso gentile, ingenuo: D. Felì addò site stato? (sorridendo, poi cambiando voce) Perchè se no, diversamente, chillo se n’addona de quacche cosa, se n’addona che io lo sorveglio, se mette in guardia. [Ma mostrandomi buona, sorridente, ingenua, chille dice, cheste so doje pachiochie,]2 ed io non scoprirò mai niente. (Bianchina ride) Ride? E po te faccio vedè! Bianchina Eh, sì, po,... po quanno? So’ sei anne che vi mostrate buona, sorridente, ingenua…e mai niente avite scoperto. Iatevenne mammà, [lassatelo in pace]3non perdite tiempo inutilmente. Beatrice Perdo tiempo? E va bene! Scena seconda Luigi e dette (dal fondo con telegramma) Signorì, mo proprio è venuto stu telegramma pe vuie. Bianchina Pe me! Damme ccà. (prende il telegramma l’apre) Vene da Roma. (guarda la firma) “Adelina” (dopo pausa) Uh! Mammà…è Adelina Fiore, chell’amica mia che s’è stabilita a Roma cu lu marito. Beatrice Ah! Sicuro, e che dice, che dice? Bianchina [(leggendo) “Arriveremo ore 13”]4(legge piano) Ah! Che piacere! Dice che arriva co lu marito all’una e meza e vene ccà. Beatrice Ah! Bravo! Me fa piacere de vederla, dopo tanto tempo. Bianchina Chella me lo screvette, che, a la primma occasione, m’avarria fatta na sorpresa. E dimme na cosa mammà, mo nce conviene farle restà ccà a mangià, a dormì? Luigi

1

La parte tra parentesi quadre è chiusa in un riquadro. Vedi nota 1. 3 Battuta cancellata. 4 Vedi nota 3. 2

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TEATRO (1900-1910)

Beatrice Si capisce, dopo le gentilezze che ci usò il marito…s’ha da fa subito preparà la camera granata che è libera. Bianchina Brava mammà! Luì, dì a Nannina che preparasse subito la camera granata, che nce mettesse tutta la biancheria pulita. Luigi Va bene. Beatrice E dille che mettesse pure duie poste de cchiù a tavola. Luigi Subito, signora colonnella. (facendo il saluto militare) Beatrice Ah! (mostrando un’espressione di gioia) Bravo! [Per fianco destro…destr!...March!... Unò, duè… (Luigi via a passo di militare)]5 E po viene n’auta vota. Luigi Va bene. Colonnella! (ripete il saluto) Beatrice Per fianco destro...destr! March!...Unò, duè, unò, duè... (Luigi va via pel fondo, lato sinistro a passo di militare, poi torna) Ah! Colonnello, vedete come vi rispetta ancora! A proposito, e chill’auto pazzo de D. Giovannino, lu segretario, non s’è visto ancora? Bianchina No, non l’aggio visto stammatina. Beatrice E sì, avimmo miso a ngrassà lu puorco! Chesta è n’auta cosa che pure dovrò scoprire. Volarria sapè chillo che fatica fa pe le dà 90 lire al mese. Non sono rubate? Bianchina Ma come, chillo va, vene, mo a nu giornale, mo a n’auto per la pubblicità dei caloriferi. Venene vote che lu veco scrivere na jornata sana. E po, è tanto nu bravo giovine, tanto educato. Beatrice Sarà, ma io le tengo l’uocchie ncuolle pure a isso. A me nisciuno me lu leva da la capa che maritete l’ha fatto venì p’essere dato mano a tutte li mbruoglie ch’ha da fa! Bianchina Ma no, mammà, finitela na buona volta. Felice me vo’ bene, ne so’ sicura; e poi D. Giovannino non è giovene de chesto, per carità. Basta, io vaco dinto a da n’uocchio a Nannina. E persuadetevi, mammà, Felice me vo’ bene! Voi v’ingannate, v’ingannate! (via a sinistra 2a porta) Beatrice M’inganno? Speriamo! Luigi (ritornando) Signora Colonnella, ho fatto l’imbasciata a Nannina. Beatrice Bravo, vieni qua. (Luigi le si avvicina facendo il saluto e resta sull’attenti. Con tuono di comando) Riposo!...(Luigi esegue il movimento) Bravo! (con precauzione) Dimme na cosa...hai scoverto niente di D.Felice, hai rovistato bene dinto a lu studio, ncoppa a la scrivania, dinto a lu stracciacarte... 5

Vedi nota 3.

DDOJE GOCCE D’ACQUA

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Luigi

Signora Colonnella, io l’ho fatto, l’ho fatto, ma ancora niente aggio da trovà, si no, ve pare, non ve l’avarria ditto. Beatrice Che corrivo!... Tu seguita sempe però, seguita sempre a frugare, e na piccola cosa che scopri, fammella subito sapè! Luigi Va bene, signora Colonnella, lasciate fa a me. Io a chillo lo tengo nganno!... Da che è muorto chillo povero Colonnello me sta trattanno manco li cane. Sempe ca me capita sotto… Beatrice Sì, ma tu nun l’hai da fa capì niente, t’ haie da mostrà sempe buono, servizievole… Luigi Ah! Se sape. Scena terza Bianchina di d° e detti poi Giovannino Bianchina (di d° chiamando) Mammà, mammà. Beatrice Che d’è? Che vuoi? Bianchina (c.s.) Venite no momento ccà, io non trovo li chiave de lu comò, addò stanno? Beatrice Aspetta, che vengo io. (poi a Luigi) Ci siamo intesi? Fingi e così scopriremo. (via 2 a a sinistra) Luigi Non dubitate. (fa il saluto) Mannaggia l’arma de la mamma, sempe che me capita sotto, lu voglio fa fa marenna! M’aggio da scontà tutte li cancariate che me fa. Giovannino (comparisce in fondo senza parlare, col cappello in una mano e tre giornali dall’altra. È un po’ pallido. Capelli in disordine. Veste con eleganza relativa.) Luigi (fa per andare) (Lu vi’ lloco, lu vi’! ... Chisto po è lu malaurio mio! Chiagne sempe!) Giovannino Buongiorno. (mettendo cappello e giornali su di una sedia) Luigi Bongiorno. (Vi’ comme sta colorito! Teh!... Te fa venì lu golio de lu guardà!) Giovannino D. Felice è in casa? Luigi (col medesimo tono di voce) Nonsignore, è uscito!... Giovannino (con gioia fra sè) (Uscito!) Luigi E buie comme va, l’avite fatta chiù tarde stammatina? Giovannino Sì,... aggio avuto che fa!... (sospirando) Ah!... Luigi (All’ossa toia! E chisto mo more!) D. Giovannì ma vuie che avite? Che ve sentite? Vuie tenite sempe la faccia manco la cera…ma che magnate allesse e pane la matina?... E mangiatevi un poco di carne, questo che cos’è. Giovannino Luì non pazzià, te prego, pecchè non tengo genio. Sto così...pecchè...non me sento buono.

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TEATRO (1900-1910)

Luigi

Ah? Me dispiace!...E pecchè non ve facite vedè? Facite na bella cura, ve mettite nforze, vuie site giovene, stateve allegro, chesta è cosa de niente, stateve allegro. (e via pel fondo, lato destro) Giovannino (pausa) Non lo posso!...L’allegria è morta per me!... Questa donna mi ha rovinato l’esistenza...l’avvenire!... Stammatina quando me so’ alzato, pensando a lei, m’è scappato nu pianto accossì forte che me sentiva soffocare! Bianchina mia, io ti amo! Io non appartengo più a nessuna, io sono cosa tua! Lo sento!...(si asciuga una lagrima) Stammatina, poi, mentre facevo i versi a D. Felice per la reclame dei caloriferi, nce aggio fatto pure na poesia a essa. Eccola qua…(caccia dalla tasca una carta e legge) “A Bianchina mia!” [“E mai, e mai pietà potrete avere [D’un giovine, d’un cor che unicamente [Batte per voi e sente di godere, [E sente d’adorarvi intensamente? [Che in voi, di voi, per voi vive soltanto? [Che fino all’imo ha inciso il vostro viso? [Che ad uno sguardo vostro, ad un sorriso, [Si sente invaso da mille virtù? [Che gli occhi vostri, che la vostra bocca….]6 (vedendo venire Bianca dalla sinistra conserva la poesia) Essa!...(passa a destra) Scena quarta Bianchina e detto, poi Beatrice Bianchina (dirigendosi in fondo) Luì, di’ a Nannina...(vedendo Giovannino s’arresta) Oh! Buongiorno D. Giovannì. Giovannino Ai vostri ordini. (inchinandosi) Bianchina Prego. Con permesso?...(p.a.) Giovannino No, non permetto, non lo posso, non lo posso permettere che v’allontaniate. Voi sapete bene che se ho consentito tre mesi fa a restare in casa come segretario di vostro marito, collocando la mia povera musa al servizio delle sue reclames, è stato semplicemente per la speranza di avervi vicino qualche minuto, perché dunque volete privarmi di questa suprema gioia? Bianchina Ma... Giovannino (con trasporto) Oh! Bianca mia!...(per abbracciarla) 6

Vedi nota 3.

DDOJE GOCCE D’ACQUA



Bianchina (severamente) Oh! D. Giovannì,... ma voi forse dimenticate ch’io sono la Signora Sciosciammocca? Giovannino Ah!... E non eravate la signora Sciosciammocca il giorno felice in cui v’incontrai...abbascio a S. Lucia?... Pioveva... Ed io era tutto bagnato...perchè non teneva lu mbrello! Voi mi vedeste e, gentilmente mi offriste un posto nella vostra carrozza... Bianchina Non c’era niente di male, un impiegato di mio marito... Giovannino Un momento. Mentre la carrozza s’incamminava per la via della vostra casa, io vi svelai il mio amore ardente. Voi ve ne volevate scendere...ma io vi pregai, vi supplicai di rimanere. (avvicinandosi) Vi strinsi le mani...me le avvicinai al petto così...(prendendole le mani e trasportandosi sempre più) Vi parlai quel linguaggio arcano che tien sede soltanto in core, (animandosi) e fu allora che, vinta da pietà come la Regina Margot col poeta Chartier, “L’obolo ottenni d’un sol bacio in fronte!” Bianchina (inceppata, cercando le parole) Io?!... Ma site pazzo!...Badate comme parlate! Ve l’avite creduto vuie,...quello fu un movimento della carrozza... Giovannino No, signò, quello fu un movimento della bocca!...E fu sotto il peso dell’emozione che io svenni ai vostri piedi, e tuzzai cu lu naso ncopp’ a lu sportellino!... Bianchina D. Giovannì, D. Giovannì, ve ne scongiuro, io non posso darvi retta, io voglio troppo bene a Felice e,... Giovannino No! Non lo posso, non lo posso credere! Voi non potete volergli bene. Non è possibile che una donna come voi, possa preferire l’amore volgare d’un mercante di caloriferi, d’un uomo che non fa, tutti i giorni, che parlare di caloriferi…e oggi caloriferi, e domani caloriferi, e sempre caloriferi… e in mezzo a tanti caloriferi non sarete mai…stufa, o signora? Preferite questo amore, a quello ideale d’un giovine poeta, che ha inventato il verso di tredici piedi, e che a soli 24 anni, ha già scritto due tragedie in versi…e 2750 poesie! [(estraendo la carta della scena precedente) Ecco l’ultima scritta per voi. (legge) “A Bianchina mia!” Bianchina Ma insomma, finitela, si esce quaccheduno. Giovannino Non avete paura! Ve ne prego, sentitela. “A Bianchina mia!”]7 Bianchina Ma Felice ha fatto assai chiù de vuie, ha salvato la vita a mammà. 7

Vedi nota 3.

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Giovannino Ah! È solamente questo che vi trattiene? Va bene! (risoluto fa per andare 1a a sinistra) Bianchina (fermandolo) Addò jate? Giovannino A dire a vostra madre che se gittasse nu momento a mare e mi impegno io a salvarla. Bianchina Neh, non ve movite da ccà, ma che site pazzo? Giovannino Sì! D’amore! D’amore per voi!...Questa notte vi ho scritto una poesia, la volete sentire? Bianchina D. Giovannì, finitela, ccà si esce quaccheduno io me ncoieto. Giovannino Non avete paura, non vene nisciuno. Ve ne prego, sentitela. (estrae la medesima carta della scena precedente e legge in tono comicamente drammatico). E mai,…e mai pietà potrete avere D’un giovane, d’un cor che unicamente Batte per voi, e sente di godere, E sente d’adorarvi intensamente? Che in voi, di voi, per voi vive soltanto? Che fino a l’imo ha inciso il vostro viso? Che ad uno sguardo vostro, ad un sorriso, Si sente invaso da mille virtù? Beatrice (dalla 1a a sinistra, meravigliata vedendo i due) ( Seh, me piace!...) Giovannino (seguitando) Che gli occhi vostri, che la vostra bocca… Beatrice (viene avanti dando qualche colpetto di tosse) Ehm! Ehm!... Bianchina (Mammà!...) Giovannino (La signora!) (continuando comicamente imbarazzato) Che gli occhi vostri, che la vostra bocca… M’han riscaldato tanto che mi sembro… La stufa brevettata…Sciosciammocca!...” Eh?...Che ne dite signora? (facendole dei segni e conservandosi la poesia) Bianchina Bravissimo! Avete avuto na bella idea. (fingendo di vedere allora Beatrice) Ah! Mammà, vuie stiveve ccà? Giovannino (salutando) Oh! Signora. Facevo sentire alla signora Bianca la nuova reclame in versi che ho scritto per i caloriferi. Beatrice Ah! (rassicurata) Era la reclame? Giovannino Già. Per il “Mattino”. Ho voluto fare na cosa nuova. Sarebbe una specie di dialogo fra due amanti, che dopo parlato nu poco, alla fine lui dice: “Che gli occhi vostri, che la vostra bocca…M’han riscaldato tanto che mi sembro…La stufa brevettata… Sciosciammocca!...” Beatrice Ah! Bravo! (Bella robba!)

DDOJE GOCCE D’ACQUA

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Scena quinta Felice, Luigi e detti (di do) Luì, lasciame stare, t’ho pregato che non è niente, sei seccante sa! Che ne puoi capire tu? Bianchina Ecco ccà Felice. Beatrice (Prepariamogli il solito sorriso meccanico.) Felice (fuori, Luigi lo segue) Quando t’ho detto che è niente, me pare che la putarrisse fernì. Oh! Bianchina mia, stai qua? Cara mammà. Beatrice (sorridendogli) Buongiorno genero mio. Felice (Mo accomencia chesta, la vi’!) (dando il cappello ed il bastone a Luigi) Tiene ccà, portale dinto. Lu barbiere è venuto? Luigi Sissignore, ha ditto che tornava verso l’una e meza, li doie. Felice Quanno vene lu faie trasì dinto a lu studio pe l’auta porta e me viene subeto a chiammare. Luigi Va bene. (via 2a a destra, poi torna) Felice (sedendo al divano, stende la gamba destra e vi fa dei massaggi sul polpaccio con la mano) Mannaggia ll’arma de lu delore… non posso arrivà a capì che diavolo è. Bianchina N’auta vota lu solito delore? (sedendosi alla poltroncina vicino a lui) Felice N’auta vota, n’auta vota. Beatrice (c.s.) Oh! E quello v’era passato. Felice E mo è venuto!... Ma sta vota vi assicuro che è stato tremendo. Nun potevo fa chiù nu passo. Ncopp’a lu studio non sapevo chiù che nce mettere. E pecchesto aggio tricato. Pecchè aggio avuta sta più de n’ora assettato, senza potermi muovere. Bianchina Ma mo t’è passato? Felice Sì, mo è passato, è finito tutto, e si no comme venevo. Ed è questo che non aggio potuto ancora capì. Quanno me vene è n’affare serio, non me fa movere cchiù, po basta che stongo assettato na mez’ora, nu tre quarte d’ora, senza me movere, me passa e cammino meglio di primma. Bianchina Ma fatte vedè a quacche buono chirurgo, chesto che cos’è. Felice E sì, mi debbo decidere, si no comme faccio, quella è una schiavitù. Basta, e tu comme staie? Me pare na rosella di maggio. (alzandosi) A voi, mammà, non ci vogliono domande, me sembrate na pasca!... Beatrice Ed anche voi, genero mio, avete un bel colorito questa mattina. (carezzandolo leggermente) Felice

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Felice

TEATRO (1900-1910)

Sì, è vero, stamattina me so’ alzato proprio buono. Si non fosse stato pe chillo cancaro de delore...(vedendo Giovannino) Oh! D. Giovannì, vuie stiveve ccà, e chi v’aveva visto da lloco dereto. Giovannino (viene avanti nel mezzo) Buongiorno. Era per non dare fastidio. Felice E che fastidio? Oh, sarebbe bella, voi siete il mio segretario. Mbè, e come va la reclame? Hanno pubblicato quegli ultimi versi? Giovannino Sicuro, e vi ho portato i giornali. Sono tre. (prendendo i giornali che ha portati all’uscita) Il Mattino, Il Pungolo e il Monsignor Perrelli. Questi due primi li sapete perché ve l’ ho fatti sentire, quelli nel Monsignor Perrelli no, quelli sono nuovi. Felice Ah! Bravo. E sentiamo, sentiamo. Giovannino (apre il giornale e legge) “Se soffia un vento boreal nembifero, Raffreddasi la stanza, ma evitato Vien questo, se mettete un calorifero, sistema Sciosciammocca brevettato!” Felice Benissimo! Sangue de Bacco! E bravo D. Giovannino. Me piacene, sì! Giovannino Grazie. Ma poi...ce ne stanno certi altri, quelli però non ve li faccio sentire adesso, quando se so’ stampati. (mostrando Bianchina) Domandate a la signora comme so’. Bianchina Ah!...Sì!...Quelli pure so’ carini. (con intenzione) Giovannino L’ho fatti sentire solo a lei. Felice E te piacene, te piacene? Bianchina Oh! Tanto. (c.s., poi sale la scena e passa vicino a Beatrice) Felice Allora, per la fine del mese, io vi aumento lo stipendio. (alle donne) Eh! Se lo merita. Invece di 90 lire, ve ne darò...129. Siete contento? Giovannino Che domanda? Contentissimo. (Vi’ che aumento m’ha fatto.) Intanto, se permettete, vado un momento all’ufficio di pubblicità del Mattino a portare quell’altra nuova reclame. (prendendosi il cappello) Felice Seh, bravo, non perdete tempo. Andate. Giovannino (salutando) D.Felice. (alle donne) Signore. (e via pel fondo) Felice Buono figlio sto D.Giovannino, ne sono proprio contento. E poi mi piace, perchè è un tipo romantico, ideale, platonico, interessante. Bianchina A proposito, Felì, indovina stammatina chi vene ccà, e se sta qualche giorno con noi?

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Felice Chi? Bianchina Adelina cu lu marito. Felice Adelina? Chi Adelina? Bianchina Comme? Chella amica mia che te n’aggio sempe parlato. Adelina Fiore. Felice Ah! Sì, sì, quella che se sposò a D. Carluccio lu dottore? Bianchina Perfettamente. Felice Ah! Bravo, me fa piacere, ... e quando arrivano? Bianchina All’una e mezza. È vero mammà? Beatrice (sempre col solito sorriso) Sì, poco prima ha ricevuto un telegramma. Felice Bravo. Me dispiace solamente che giusto oggi non posso essere a tavola con voi. Beatrice (alzandosi d’un colpo, sempre sorridente) Oh!... E perché genero mio caro? Felice Cara mammà, che volete, sono stato invitato a colezione in casa d’ un amico mio ingegnere, che me vo’ fa vedè dei progetti di macchine…di edifizi, e vo’ pure l’approvazione mia, capite. Si troveranno pure altri ingegneri amici suoi. Dovrò parlare poi del mio calorifero…Na mezza seccatura in sostanza, ma non posso mancare assolutamente. Beatrice Ah!...Bene!...(marcato) Se è per parlare di progetti di macchine, di edifizi,...allora si capisce, vi conviene d’andare. Bianchina Che peccato, just’ ogge. Felice Embè, che ci vuoi fare? Beatrice (sempre sorridente) E la settimana passata siete stato due volte a mangiare fuori casa, e ci siete andato anche per parlare d’affari, non è vero genero mio? Felice Si capisce, e si no pecchè ce dovevo andare. Beatrice Eh!...E se no perchè ce doveva andare. (fremendo) (Uh! Le scepparria tutta la faccia!) Felice (a Bianca) [E poi, voglio parlare anche del mio calorifero, voglio vedè de mettere na rappresentanza a Parigi. Io lo so, a te te fa dispiacere, ma capirai, un uomo d’affari comme a me non è mai padrone del suo tempo.]8 Va, permetti nu momento, vado dinto a lu studio a sistemare tutte quelle carte, chè stammatina non aggio avuto tiempo. (poi con finta passione) Suocera mia cara, datemi il permesso. Beatrice Fate pure, genero mio. Felice E ricordatevi che se voi mi dovete la vita, (azione di Beatrice) io devo a voi la vita di sposo felice,...di marito contento. 8

Vedi nota 1

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(abbracciando Bianca le bacia la mano e via comicamente 2a a destra) Beatrice (parlando piano, con rabbia) Ma comme se po’ fa, comme se ponno credere tanta bugie, comme si può resistere a tanta falsità!...Lu delore dinto a la gamba, pecchesto ha tricato, la colezione dall’ingegniere, le macchine, i progetti...le volarria combinà io nu progetto come si conviene. Ma non vedi che la faccia de chill’individuo non è sincera, che chillo è nu mbroglione!... Bianchina Io non veco niente!... Veco sulamente che si seguitate accossì, nce ne facite addonà, e si non ha fatto niente fino a mo, succede che nce lu facite fa. Lasciatelo sta, lasciatelo fa, non ve n’incarricate chiù me lu veco io, me lu veco io!... (via 2a a sinistra) Beatrice No, me lu veco io, capisce, me lu veco io, perché io sono tua madre e la tua felicità me preme. Vedete che fiducia, vedete come l’ha saputo suggestionare, chillo svergognato! Scena sesta Luigi e detta, poi Alessandro (dal fondo di d°) Signora Colonnella! Signora Colonnella! (fa il saluto) Beatrice Eh! Che hai? Luigi Sapete chi è venuto e sta aspettanno dinto a lu salottino? Beatrice Chi? Luigi Non ve lo potete mai immaginare. D.Alessandro, lu capitano. Beatrice D.Alessandro Folgore? Luigi Sissignore, Colonnella. Beatrice Lui proprio? Luigi Proprio luio! Beatrice Oh! Ma avanti, presto, fallo passare. Luigi Subito. (fa il saluto e via pel fondo correndo, poi torna) Beatrice Oh, chesta è proprio na bella sorpresa, sono sei anni che non ci vediamo. Luigi (ritornando. Prima dentro) Favoresca Sigr Capitano. (fuori) Favoresca. Alessandro (tipo di maggiore di cavalleria. Parrucca grigio scuro all’Umberto, grossi baffi in su. Redingote nera, lunga. Gilet a fantasia, pantalone idem. Speroni. Frustina, cappello a cilindro. Portamento nobile). Grazie. (poi a Beatrice) Oh! Eccola lì, la mia Colonnella. Luigi

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Beatrice Signor Capitano, ma c’è bisogno di farsi annunziare. Venite qua, un abbraccio… Corpo di un cannone! Alessandro Con tutto il cuore! (corre ad abbracciarla dando solo il cappello a Luigi) Beatrice Accomodatevi. (mostrandogli il divano) Prego. Alessandro Grazie. (siede) Beatrice (sedendo sulla poltroncina accanto) E così, come si va, benone, si vede. Alessandro Ma…ci difendiamo abbastanza.... A voi non si domanda, sempre fresca, sana, sempre quel carattere energico, vivo!.. Beatrice Sempre! Alessandro Brava! (a Luigi) E tu, eh? Come si va? Luigi Bene. (facendo il saluto) E sempre ai comandi del Signor Capitano. Alessandro Maggiore, vuoi dire. (ridendo) Beatrice Ah?...E già, sono passati sei anni. Alessandro Proprio, sei anni. Beatrice Ma bravo, il nostro Maggiore. (battendogli la mano sulla gamba) Luigi Che bella cosa! Signor Maggiore, scusate, e Tetella comme sta? Alessandro Chi Tetella? Luigi Comme? La cavalla mia? Alessandro (ridendo) E che ne so io, fra tanti cavalli. Beatrice Ma sta zitto, stupido! Andiamo, a rango. Fianco sinistro… march!...(Luigi va via a passo militare, dopo aver fatto il saluto) Alessandro Ah! Ah!Ah! (ridendo) Sempre così buffone! Beatrice Perdonatelo. Dopo la morte di mio marito, che gli voleva tanto bene, non ho avuto il coraggio di mandarlo via. E così, Maggiore, da quanto tempo siete in Napoli? Alessandro Da mezz’ora soltanto, Colonnella, è la prima visita che faccio. Beatrice Oh! Siete il modello degli amici. Alessandro E la signorina Bianca? Beatrice Sta dentro. Mo la facciamo chiamare. È maritata. Alessandro Maritata? Benissimo! Ad un militare certamente? Cavalleria? Fanteria? Beatrice (con un sospiro) Fumisteria! Alessandro Fumisteria?! Come s’intende? Beatrice Un ingegniere, fabbricante di...caloriferi. Alessandro Un borghese? Beatrice Un borghese!

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TEATRO (1900-1910)

Alessandro Non me l’aspettavo! Beatrice Un borghese che trovò la via di salvarmi la vita e così... Ma non ne parliamo di questo, ve ne prego. Ditemi un poco, come va che state a Napoli. Forse cambiamento di guarnigione? Alessandro No, no, Colonnella. Sono a Napoli… per affari miei… per causa di…Giovanna d’Arco! Beatrice Giovanna d’ Arco? Alessandro Proprio, ma non si tratta di quella, la mia non ha niente di storico. È semplicemente una birbona che m’ha fatto passare delle ore felici, incantevoli, e che io le avevo messo quel soprannome per la sua altezza, per la sua robustezza. Capite. Beatrice Ah! Ho capito! Alessandro Un giorno, ch’avevo avuto nu permesso de 48 ore, pensai di farle una dolce sorpresa. Arrivo a casa sua che erano le 8 di sera. Trase, mi fermo nu momento sotto la porta della camera, con l’intenzione di aprire piano piano le tendine e dirle dolcemente: Giovanna d’Arco, sono io, il tuo Lulù... Perchè essa poi mi chiamava Lulù. Ebbene, Colonnella, non aveva ancora aperto bocca, e sento una voce d’uomo, poi, un rumore di baci, e poi… (con rabbia) quella svergognata lo chiamava Lulù!... Beatrice Oh!... Alessandro Corpo d’una mitragliatrice! Il sangue mi salì alla testa! Mi precipito nella camera, ma siccome steva a lu scuro, nel correre ntoppo nfaccia a lu divano e cadette uno piso ncuollo a lloro. Non per questo mi avvilii. Me susette. L’arrivo a afferrà pe pietto, ma nel momento che stavo per strangolarlo…me sento arrivà nu schiaffo, ma uno schiaffo, mia cara Colonnella, che non è stato mai dato e ricevuto al mondo! Me ntronaie tutta la capa!...Senza perdermi di coraggio, e senza mai lasciarlo, accominciaie a menà ponie e cauce a la cecata! Quel vigliacco però, nella lotta, riesce a svincolarsi, arape la fenesta e se ne scappa pe lu giardino. Beatrice Oh!... E avete visto chi era? Alessandro E come? Se eravamo all’oscuro. Ma però, ho scritto ad un’agenzia d’informazioni qui, a Napoli, alla quale ho fornito tutte le indicazioni che mi erano possibili, e ieri ho ricevuto questo telegramma (lo caccia e legge) “Venite domani ore 16, conosciamo nome di falso Lulù”. Beatrice. Ah! E allora va bene.

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Alessandro Oggi, dunque, alle 4, saprò il nome ed alle 4 e un quarto il signor Lulù avrà la lezione che merita. Me voglio mangià sulamente li recchie e lu naso e po lu lasso! Scena settima Bianca e detti, poi Luigi



Bianchina (uscendo) Ma che vedo, non m’inganno, il Capitano Folgore? Alessandro (alzandosi e andandole incontro) Io proprio, signorina. Oh, pardon!...Signora. Bianchina (dandogli la mano) Oh, che piacere!... Ma state comodo, prego. Alessandro Grazie. (ritorna al posto) Bianchina E com’è che state a Napoli? (siede vicino al tavolo) Alessandro Eh!...per... affari, signora Bianca, per affari. (osservandola) Per Bacco, ma come è cresciuta, come si è fatta bella!... Bianchina Oh!...Bella poi, Capitano… Beatrice (ridendo) Maggiore, Maggiore… Bianchina Maggiore? (Alessandro accenna di sì) Oh! Ma bravo! Beatrice A proposito, Maggiore, perché non restate a pranzo con noi? Ci fareste proprio un gran regalo. Bianchina Ah, sicuro. Restate, vi farò poi conoscere mio marito. Alessandro Fortunatissimo signora. Ma siccome ho qui, in Napoli, una nipote, le ho telegrafato che arrivavo e che passavo l’intera giornata con lei. Beatrice Ah, avete una nipote, Maggiore? Alessandro Sicuro, Elvira. Sono diversi anni che non la vedo. Bianchina È giovane? Alessandro Ha 29 anni ed è già vedova. Bianchina Oh! Beatrice Alessandro Eh, sì! Suo marito è stato così cretino di morire 2 anni fa. Beatrice Oh! Poveretta! Alessandro Eh, ma Elvira, tempo fa, mi scrisse che si era già presentato un successore. Beatrice Ah! Bravissimo. Ma allora portate anche a lei, Maggiore, verrete tutti e due, senza cerimonie. Bianchina Dice bene mammà! Venite tutti e due. Alessandro (confuso) Oh! Signore, veramente non saprei… Beatrice Ma Maggiore, fareste forse dei complimenti con la Colonnella Pallone? La madre del vostro reggimento? (ridendo) Bianchina Oh! Non ci mancherebbe altro!

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Alessandro Ebbene…volete così…per ubbidirvi. Bianchina Benissimo Beatrice Alessandro Ma ad una condizione, che prima verrò a presentarvi Elvira. Beatrice Sempre con cerimonie, il Maggiore. Va bene. Allora verso le 3 vi aspetteremo, ed alle 7 si pranzerà. Alessandro Sta bene. (s’alzano) Beatrice (chiamando) Luigi? Luigi? Bianchina Ò tanto desiderio di conoscere questa vostra nipote. Alessandro Oh! Un vero angelo, una perla. Istruitissima poi. Figuratevi, dieci anni in collegio a Torino. Dipinge, conosce il francese, suona il piano divinamente. È maestra di pianoforte, e tiene parecchie lezioni. Bianchina Ah?... Alessandro Eh,…si no comme faceva, poverella, rimasta vedova. Basta, alle 3 precise saremo qui. (stringendo le mani alle donne) Colonnella… Signora Bianca… Luigi (dal fondo) Comandate, signora Colonnella. Beatrice Accompagnate il Sigr Maggiore. Luigi Va bene. (si pianta sotto l’uscio facendo il saluto) Alessandro Grazie, non c’era bisogno. (prendendosi il cappello e dando un piccolo schiaffo a Luigi, ridendo) Cammina, buffone, non siamo in quartiere qui, vai avanti. (Luigi via) Signore. (salutando di nuovo sotto la porta poi via) Beatrice Mo s’adda dicere a lu cuoco che facesse qualche altra cosa. Che saccio, dei polli, del pesce,... tanto chiù che nce sta pure Adelina col marito. Bianchina E si capisce. Scena ottava Felice e dette, poi D.Carluccio e Adelina, poi Luigi (dalla 2a a destra entrando piano) Neh, scusate, chi era che parlava poco prima ccà fora? Beatrice (sorridendo) Perché, genero mio? Felice (Dalle, dalle.) Niente, così, per curiosità. Beatrice Era un amico di mio marito, che mi è venuto a trovà. (scendendo verso destra) Felice Ah! (Era una voce che io conosco…m’ha fatto una certa impressione a sentirla… (appaurato) M’ha ricordato nu fatto…ma non po’ essere isso!...) Bianchina Dunque, Felì, assolutamente non può restà a colezione? Felice

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Felice

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Non posso, Bianchina mia, sai, so’ affari, per il pranzo sì. Fa tu le mie scuse col dottore con Da Adelina, dille che io sono dispiaciutissimo ma non ne poteva fa a meno. Carluccio (di do) Ma lascia sta giovinò, che annunziare, noi siamo della casa. Adelina (di do) Ma sì, non c’è bisogno, grazie. Bianchina Ah! Ecco Adelina…(corre in fondo) Ma avanti, venite. Adelina (fuori) Mia cara Bianchina. Signora Beatrice, ben trovata. Beatrice Grazie, cara amica. Felice (salutando) Signora bella. Adelina Caro D. Felice. (va a stringergli la mano) Felice E vostro marito? Adelina Sta trasenno. (ritorna da Bianchina) Felice Neh, D. Carlù, dottò, venite. Carluccio (fuori) Eccomi qua. (Luigi lo segue con due valigie) Caro Felice. (stringendogli la mano) Signora Bianca… (poi a Beatrice) Signora. (poi va a mettere il cappello sulla mensola) Beatrice Egregio dottore. Felice Neh, accomodatevi. Dottò prego. (mostrandogli il divano) Carluccio Grazie. (siede con Felice al divano. Le donne intorno al tavolo. Bianchina in mezzo di faccia al pubblico, Adelina a destra, Beatrice a sinistra) Felice Venite da Roma? Carluccio Già. Bianchina E avite fatto un buon viaggio? Adelina Buono, grazie. Luigino Signora Colonnella, sti valigie addò vulite che li mette? Beatrice Dentro a la camera di Bianchina. (Luigi via 2a a sinistra, poi torna) Carluccio Neh, ma sapete che io ve trovo buono assaie a tutte quante? Adelina Veramente, state proprio na bellezza. bianchina E vuie pure. Carluccio Stu diavolo de Felice ha l’abilità de non cambiare mai. Sta sempe lu stesso. Felice (ridendo) E voi pure vi mantenete, state buono, sangue de Bacco. (battendogli sulla spalla) Carluccio Sì, sì, sto bene, mi mantengo ancora, grazie al Cielo. (poi cambiando voce, mostrando i capelli) Chiste me stanno lassanno, li bi’!... Felice ’E capille è ovè?... Carluccio Embè, comme s’adda fa!... Adelina (a Bianchina) E dimme na cosa, che avite ditto quanno

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avite letto lu telegramma mia? Che facciamo pochi complimenti? Bianchina Ma che dici, ce ponno essere complimenti fra di noi? Beatrice Ma certamente. (Luigi esce e via pel fondo) Carluccio Capisco bene, signora, ma domandare ospitalità così sfacciatamente… Felice Ma che, questa è casa vostra, per carità. Carluccio Grazie tante. [Io la verità, non volevo darvi questo incomodo, volevo andare a l’albergo, ma quella ha cominciato: No, io all’albergo non nce voglio j’, doppo tanto tiempo che manco da Napoli, voglio j’ addò Bianchina, voglio vedè Bianchina! Ha fatto revotà la casa. Tanto che ho dovuto cedere, prima per farla contenta, po (pe sparagnà l’albergo) e poi perchè anch’io avevo piacere di vedervi. Sotto a lu colpo ha fatto il telegramma, ed eccoci qua! [Bianchina Ed io vi ringrazio tanto tanto, a vuie e a essa.]9 Beatrice Nce avite fatto proprio nu gruosso piacere. E quanto tempo vi trattenete? Bianchina Almeno un mese, che diavolo. Carluccio Eh, nu mese…? Voi scherzate, signora mia. Con piacere, vi pare, ma come faccio, io a Roma tengo la clinica, tengo tutte li clienti... Bianchina Nce iate vuie, e lassate Adelina ccà. Carluccio Adelina qua? E sto io solo a Roma? No! Chesto no, io senza mia moglie non nce posso stare. Non è possibile, neanche na giornata. Me sembrerebbe così brutto, me sembrerebbe!... Felice Ma si capisce, e io so lo stesso. Tale e quale. Io si starria lontano da quella palommella e da quella cara suocera mia, ne potarria piglià pure na malatia. E quando, qualche volta, sono forzato a rimanere na giornata fuori casa, ma per me è una tortura, non vedo l’ora de me ritirà. Bianchina E allora quanto ve trattenite? Adelina Mo vedimmo, na quindicina ’e giorni. (poi a Carlo) Che dici? Carluccio Ecco, quindici giorni sì. Il tempo di fare le visite regolamentari. Felice Le visite? Bianchina E che visite? Adelina Ah, già, lloro non lu ssanno. Mio marito si presenta candidato all’Accademia di Medicina. Le donne Ah! Sì? 9

Vedi nota 1

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Felice Veramente? Carluccio Sì, sì...ma solo come membro corrispondente. Beatrice Le nostre felicitazioni. Carluccio Grazie. Felice E bravo il nostro D.Carluccio, si presenta come membro. Carluccio Sì, e perciò sono venuto, … (poi fiutando) Neh…ma fosse lu naso mio?...Io sento na puzza accossì curiosa…scusa Felì sa?... Felice Na puzza? Adelina Sì, la verità, pur’io l’aggio ntisa quanno so’ trasuta. Beatrice Ah! Sissignore…dovete scusare, è il calorifero di mio genero... che ha inventato... Carluccio Ah, sì, io lessi sui giornali questa tua invenzione…Oh, e perché poi puzza?... Felice È l’acetilena, capite, quello è calorifero ad acetilena. Eccolo là. (mostrandolo) Carluccio Ah! Neh!...Oh! Ma aspetta, a me me pare che c’era il calorifero ad acetilena? Felice No, no, no. C’era quello a petrolio, ma era sporco, puzzava. Il calorifero mio pure puzza, è vero, ma mo sto studiando il modo come non farlo più puzzare. Carluccio Ah! Mbè! Bianchina Basta, Adelì, vuò venì dinto? Te lieve lu cappiello, te miette nu poco in libertà, senza cerimonie, sai. Adelina Ma sì, come vuoi. (s’alzano tutti) Beatrice Venite, venite. Con permesso, dottore. Carluccio Fate pure, signora bella. Adelina D. Felì, permettete. Felice Prego. (Beatrice, Bianca e Adelina viano 2a a sin.) Carluccio Felì, (sempre fiutando)…io ho fatto na riflessione…ccà la puzza aumenta! Felice E mo arapo nu poco la fenesta. Quello tutto sta a farci l’abitudine, capite. (va ad aprire, poi guardando dirimpetto) Eccola là, che bella guagliona, sangue de Bacco!... Carluccio Chi è, chi è?... Felice Eh, chi è: è na cosa troppo fina, nu pezzo de burro. È na canzonettista che sta al Salone Margherita. Ma…avite da alzà l’idea. La combinazione… chella vene de casa iusto de rimpetto a me. Ogne vota che m’affaccio e la veco, me fa saglì tutt’ lu sangue ncapo! Carluccio Neh! (ridendo, poi guardando nella 2a a sin.) Felì…Felì…la voglio vedere! Felice La volite vedè? Nun ce pare, lu vi’!

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Carluccio E m’ haie fatto venì lu golio, agge pacienza Felice E venite. Carluccio (Avesse da ascì muglierema, non voglia maie lu Cielo!) (fa per avvicinarsi alla finestra. Piccola pausa) Felice E bravo! Carluccio Ch’è stato? Felice Se n’è trasuta. Carluccio Stateve bene. Aggio fernuto de vedè. Felice (venendo in mezzo) Ma già, vuie po doppo che la vediveve, ch’avarrisseve fatto? Io lo so, voi non tradite vostra moglie. Carluccio (guardandosi intorno) Io mo che t’aggia dicere a te...(a mezza voce) Non so’ io che non tradisco a essa, è essa invece che non se fa mbroglià de nisciuna manera. Tu la vide fredda fredda, semplice, semplice, Felice mio non te la puozze manco sonnà. Felice Ma iatevenne, faciteme stu piacere! È quistione che non avite saputo trovà ancora na bona mbroglia, bene studiata, bene calcolata per ingannarla. Carluccio Tu che dici!...Io nun saccio chiù che immaginare, che scusa trovare, che inventare. Ho esaurito va, non nce sta niente chiù, ne sono sicuro. Quella, devi sapere, che ha avuta l’abilità de mpararse a mente tutte le commedie di Scarpetta. Parola per parola. Quanno steveme a Napole, primma de me stabilì a Roma, non c’era serata che non se jeva addo Scarpetta. Tutte le sere! Pure si se faceva lo stesso spettacolo. E quanno era la matina appriessa, quella ti ripeteva scena per scena tutta la commedia. Felice Oh, guardate no poco! Carluccio Na passione, che ci vuoi fare, na passione come un’altra. E mo, a Roma, tutte le volte che viene Scarpetta aggia j’ a lu teatro e m’ aggio da fa chiudere le due poltrone per tutto il tempo che sta, si no se revota la casa. Dice che io non la voglio fa divertì, che le faccio fa na vita di clausura, se mette cu tanto nu musso e per una settimana non nce se po’ parlà. Felice Oh, ma chesta è bella, sapete. Carluccio No, chesta è brutta! Perchè quella, come t’ho detto, sape tutto il repertorio a mente, tutti gli argomenti, tutti gli intrighi, tutte li mbroglie che chill’ommo ha potuto scrivere. Ed in questo modo, quando io ho tentato di fare quacche scappatella, ho cercato insomma qualche scusa per ingannarla, la sentive dicere: Eh! Mio caro, trova qualche cosa di nuovo, questo sta nella tale commedia di Scarpetta, atto tale, scena tale...

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Felice (ridendo) Ah!Ah!Ah! Carluccio E aggio voglia d’inventare, di studiare, che non ne caccio niente. Quell’uomo ha sfruttato tutto. Non nce sta più che immaginare! Di modo che me so’ seccato e ho finito per rinunziare. Felice (pausa, lo guarda ridendo) Vuie mo state co la capa che veramente non nce sta nisciuna mbroglia chiù per ingannarla? Carluccio Niente Felì, non c’è niente chiù. Ho esplorato tutto. Felice Ma iatevenne. Dite piu tosto che non volete darvi la pena di cercare, come ho cercato io dopo l’avventura con Giovanna d’Arco!... Carluccio Giovanna d’Arco?!... Felice Psss!! (gli fa cenno di zittire, poi guardando in tutte le porte, viene avanti) Proprio, Giovanna d’Arco! È nu soprannome. Carluccio Ah! Mbè! Felice Era una bella signora che io nce tenevo relazione 3 anne fa. Ma D. Carlù, ve raccomando, silenzio sa? Carluccio Oh! Ma ti pare, che mi hai pigliato pe nu guaglione. Felice Na sera io, come al solito nce jette, e mentre steveme dint’ a lu salotto, in dolce colloquio,…all’oscuro, arriva nientemeno ’o nnammurato! Figuratevi!...Succedettene mazzate de morte! L’azzeccaie nu schiaffo, D. Carluccio mio, ca non saccio si le schiattaie n’uocchio, lu scommaie de sangue, io non lo so. Saccio però che si non me scappavo pe la fenesta de lu giardino, chillo m’avarria sparato certamente. Carluccio Scusa!... E mugliereta non ha saputo maie niente? Felice Mai, perchè fortunatamente steveme oscuro. E fu dopo questa avventura che sei mesi fa io dicette: No, qua così non può andare, ccà nu juorno o n’auto muglierema li vene ad appurà tutte sti mbroglie meie. Qua ci vuole un metodo sicuro, na mbroglia infallibile. Carluccio E l’hai trovata? (con interesse) Felice Se capisce. Che m’avite pigliato pe buie, io aggio pensato la notte pe lu juorno. E cu chesta mbroglia, attualmente, faccio la corte a na vedova, na certa Elvira, na bruna, nu pare d’uocchie nire ’e chesta manera, na vocchella ch’ è na cerasella, na manella sfusata sfusata, e poi che forme… che forme… Carluccio (trasportandosi) Felì…Felì…statte zitto, agge pacienza, me sento nu prurito pe tutte li carne. Aspetta nu momento, scusa. (corre alla finestra e s’affaccia) Felice Che d’ è?

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Carluccio (dopo guardato) No, niente, volevo vedè si chella s’era affacciata; me sento i nervi tutti in movimento, me staie facenno venì lu golio n’auta vota. (ridendo) Dunque? Felice Non vi parlo dell’istruzione, è maestra di piano forte, e comme sona, che sonate…che sape fa co chelli mmane!... E con questa vedova, se mia moglie mi sorprende, co la mbroglia che ho messa in opera, essa stessa s’inganna e può giurare che sono innocente e puro! Carluccio Essa stessa? Felice Essa stessa. E non solamente essa, ma pure vostra moglie, che sape tutto il repertorio di Scarpetta, si fosse muglierema nce cadarria magnificamente! Carluccio Tu che dici? Felice Eh! Che dico! Carluccio E sta mbroglia l’haie trovata tu? Felice Io proprio! Carluccio Nisciuno t’à ditto niente? Felice Nessuno!... Io solo!...Caro D.Carluccio, io non ho bisogno di aiuto per avere nuove idee. Carluccio Ma allora tu sei nu genio! Felice Po’ essere!... Carluccio E comm’ è sta mbroglia, Felì, dimmella… Felice Che cosa?... No, non nce pensate. Non posso. E poi…non siete il tipo voi,... llà ci vuole prontezza di spirito, coraggio, s’adda fa l’artista, s’adda tenè la faccia tosta. Carluccio E io la tengo la faccia tosta, la tengo, dimmella... non ti negare al tuo più caro amico. Felice È impossibile, D.Carlù, non posso, non ve lo posso dire. Non potimmo essere duie a fa l’istessa mbroglia. Capite o no. (vedendo venire Beatrice) Psss! Zitto, mia suocera. Scena nona Beatrice e detti, poi Luigi (dalla 2a entra senza parlare si dirige verso il fondo) (sorridendo) Mia cara suocera, dove andate? (sorridendo) A dire in cucina che approntassero la colazione. Volete che ci vado io? No, no, grazie, grazie, ci vado io. Non volevo farvi incomodare, sapete bene che la vostra salute mi preme,…non per niente vi ho salvata la vita. Beatrice Grazie. Con permesso. (via fondo a sinistra) Carluccio Neh, Felì, ch’ haie ditto? L’haie salvato la vita?

Beatrice Felice Beatrice Felice Beatrice Felice

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Felice

Accossì non l’avesse fatto!... Mentre se steva piglianno nu bagno co la figlia, se ne fuiettene li suvere da sotto a li bracce e se ne steva scennenne. Io me trovavo vicino, e nzieme ad altri signori che currettene, la purtaieme ncopp’a l’arena. Me pareva la balena llà nterra! Luigi (dal fondo) Signor Colonnello! (facendo il saluto) È venuto il barbiere, sta aspettanno dinto. Felice Va bene. Ma…t’ho pregato che io non voglio essere chiamato accossì. Luigi Aggiate pacienza signor ingegniere, quella è l’abitudine. Felice E leva sta mano da lloco. (Luigi scende la mano) Vattenne fore. (Luigi via minacciando) Chill’ era lu trabante de lu patre de muglierema, e ogne tantillo m’aggio da sentere: Colonnello, Colonnello! Basta, iammo dinto, D. Carlù, me fate compagnia mentre me faccio la barba. Carluccio Sì, sì che poi me voglio fa na passatella pur’io. Ma chella mbroglia che hai pensata me l’haie da dicere po. Felice No! Non nce pensate, non posso dirvela. (viano parlando 2a a destra) Scena decima Adelina e Bianchina, poi Felice (senza cappello) Ah! Ma chesta veramente è na bella casa. Larga, ariosa. Bianchina Sì, sì, e po, è comodissima pe Felice, pecchè sta vicino a lu studio suio, a lu vico appriesso. Adelina Tutto al contrario di mio marito. Tene la clinica lontana assaie de la casa, ed è nu guaio, pecchè se ne vanno nu sacco de denare a tramme, e a carrozzella. (naturalmente seggono al divano) Bianchina (ridendo maliziosamente) O è nu guaio pecchè non le può sta vicino, e non può sapè chello che fa? Adelina No,no, no, t’inganni. Pe stu fatto ccà sto coieta de pensiero, dormo a ciento cuscine, pecchè saccio che Carluccio nun me po’ tradì. Bianchina (meravigliata, ridendo) Oh! Come sei sicura della sua fedeltà! Adelina Fedeltà? Carluccio? Tu si sapisse chillo che piezzo de scostumato che è!... Chillo quanno vede na femmena non conchiude chiù. Quanta vote m’avarria tradita…col pensiero! Ma dal tradimento ideale, alla pratica, è lloco che te voglio!... A me non me la fa!... Eh, cara mia, io conosco Adelina

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tute li mbroglie, tutti i sotterfugi, tutte li malizie de sti galantuomini. A me storielle non me ne ponno contà, e Carluccio lu ssape. Vedi, io sono capace, fra mille marite, riconoscere chi è chillo che tradisce la mugliera! Dall’odore solamente! Bianchina Ah! Brava!... È sempe na bella virtù! Adelina E maritete che fa? Te vo’ sempe bene? Se porta sempe buono comme me scrivive? Bianchina Ah! Sempe, sempe lu stesso! È mammà che nun lu crede, dice che Felice non è sincero, che me mbroglia, me tradisce. Vedi quanto s’inganna, che na matina io ricevette pe la posta, na lettera anonima, addò diceva: “Signora, vostro marito vi tradisce. Martedì pranzava da Pallino con una donna.” E invece chillo juorno era stato dint’ ‘a casa, senza ascì tutta la sera. Adelina Oh! Bella questa! Bianchina Quinnece juorne doppo, aggio n’auta lettera, pure anonima: “Signora, D.Felice vostro marito, è stato visto giovedì in carrozza con una giovine, sopra Capodimonte.” E quel giovedì, invece, ereme jute a mangià tutte li duie a Posilleco! (ridendo) Adelina (ridendo) Oh!...Chesta veramente è curiosa! Bianchina Aspetta. Doppo tre settimane aggio n’auta lettera!... Adelina Anonima? Bianchina Anonima! Addò diceva: “Signora, ma voi sarete sempre cieca? Sabato, vostro marito, ha passato la sera in casa di una signora alla via Pace.” Adelina E chella sera? Bianchina Erame jute a lu teatro nzieme, e no s’era mosso nu minuto da vicino a me. (ridendo) Adelina E ma allora come si spiega, scusa? Bianchina In un modo semplicissimo. Na matina Felice vene e me conta che pe mmiezo Toledo era stato fermato da nu sconosciuto, lo quale le strignette la mano e le dicette: “Oh, caro Totonno! Finalmente si’ venuto a Napole, comme staie?” Adelina Aspetta…Totonno?! Bianchina Siente! “Scusate, dicette mariteme, io prima cosa non vi conosco, e poi non mi sono mai chiamato Totonno io!”. Basta, venettene a na spiegazione, chisto tale le cercaie scusa dell’equivoco, dicennole che nce poteva capitare chiunque, perché Felice somigliava perfettamente, proprio come a duie gemelli, comme a doje gocce d’acqua, a n’amico suio di Casoria, nu certo D. Antonio Cornacchia!

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Adelina Oh!... Guarda nu poco… Bianchina Ma una somiglianza precisa, me contaie Felice. Dice che chillo rimmanette co la vocca aperta!... Diceva: “ Ma comme, la stessa faccia, la stessa età, li stesse mosse, la stessa voce! Ma cheste so’ cose d’ascì pazze!” (ridendo) E da chillo juorno, quanno Felice esce, na quantità de gente lo piglia pe stu D. Antonio Cornacchia! Naturalmente, a chisto quanno lu trovano, lu pigliano pe Felice. (ridendo) Ed eccoti spiegata la ragione de tutte li lettere anonime. Adelina Ah, ecco! Ho capito adesso. Bianchina Io po sti lettere nce li facette leggere a mariteme, e quanta resate nce facetteme. Adelina Ma intanto, si pe caso uno de chilli juorne, o una de chilli sere che dicene sti lettere, D. Felice fosse asciuto, chi sa tu che avarrisse potuto credere. Bianchina Già. E chesto dicette Felice. Adelina E su questo aveva ragione. Ma dimme na cosa,…(sospettosa) da quell’epoca le succede sempe de ncuntrà a quaccheduno che cade nell’equivoco? Bianchina Sempe, …ma diece, vinte vote, dinto a na iornata. Adelina (c.s. Pensando) E…quanno esce cu te, le succede? Bianchina (pausa come per ricordarsi) No, mai! Adelina (fra sé) (Ah! Ah!)... Bianchina Ma pecchè me faie sti domande? Adelina No…niente…per curiosità!... (La trovata è nuova, se vogliamo!) Bianchina Adelì, ma che hai? Adelina Ma niente te dico, niente... Bianchina Ma no, tu parle de na manera…Non cride forse che a Felice le succede chesto?... (controscena di Adelina che si mostra dubbiosa) Sospettarrisse qualche cosa? Adelina No…(c.s.) E poi…non credo che sopra un semplice mio sospetto… Bianchina (subito) Ah! Dunque, tu sospiette de qualche cosa? Adelina No…è per modo di dire… Bianchina Ah! No! Adelì! Tu me si’ amica da tanto tiempo, tu hai capito quacche cosa, e non me vuò dì niente…Tu l’hai addorato a mariteme e chi sa che sospiette, dimme la verità!... Adelina Ma no, vedi…è…che…non me pozzo fa capace che quann’esce sulo le succede chill’equivoco e quann’ esce cu te, mai! Ecco!... Nun me vo’ trasì ncapo!... Io invece sospetto…

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Bianchina Parla, parla, fa ambressa. Adelina Io sospetto...anzi, sono sicura di non ingannarmi, che chesta non è auto che na bella mbroglia de D. Felice! Bianchina (con un grido) Eh?!...Na mbroglia?...Tu sospiette chesto?... E comme po?...Pe qua’ ragione m’avev’a dicere che somigliava a n’auto? Adelina Quanto si’ ingenua!...Ma tu vuò che te dico tutto chello ch’aggio pensato de maritete? Bianchina (ansiosa) Sì, tutto, tutto. Fallo per carità. Adelina (si alza, va a guardare nelle porte, poi viene avanti) Supponi che un giorno tu incontri tuo marito in carrozza cu na femmena. Bianchina Bene. (con interesse) Adelina Naturalmente, chesto, te dispiace, e aspetti il momento che se retira pe le fa na scenata. Bianchina Benissino, ma che vuò dì co chesto? Adelina Che voglio dì?... Che D. Felice poi, per discolparsi e comparire innocente, te dice che non era isso, ma che era invece questo mitologico signor Cornacchia! Bianchina (altro grido) Eh!...Possibile?... Adelina Si’ contenta mo? Bianchina Ma…aspetta…e comme spieghe po li lettere anonime? Adelina (ridendo) Fabbrica di tuo marito per allontanare qualunque sospetto. (azione di Bianchina) Bianchina Vale a dire…che…secondo te, chisto D. Antonio Cornacchia non esiste? Adelina Non lo giurerei, ma me pare n’invenzione. Bianchina (scattando) Ah! Traditore, infame!...(gridando) Adelina Psss…nun alluccà... Bianchina Ah! Mammà aveva ragione, era io na stupida che lo credeva. Mo capisco le continue colezioni fuori casa, gli affari… Chi sa addò jeva. Felice (di do) Ma sì, ma sì, fate il comodo vostro. Adelina Zitta, ecco ccà maritete, non te fa vedè accossì, te ne prego, sii calma, ragionevole; sono idee mie, me pozzo pure sbaglià. (parlando piano) Bianchina No, è così, quanto chiù nce penzo, chiù vedo che è overo. Adelina Zitta, lu vi’ ccà!... Felice (uscendo) Ma sì, senza cerimonie… Adelina D. Felì, mariteme sta dinto? Felice Sì, se sta facenno la barba pur’isso. Io intanto faccio le mie scuse signora se non faccio colezione con voi, l’ho detto anche a D. Carluccio,… sono proprio dispiaciuto…

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Bianchina (fremendo)Ah!...Già…è proprio dispiaciuto…(Adelina le tira l’abito di dietro per farla zittire) Felice (guardando meravigliato Bianca per il modo come parla) Sì…proprio dispiaciuto… (ad Adelina) Ma si tratta d’una colezione d’ affari sapete… debbo parlare del mio calorifero… Bianchina (c.s.) Già…e capisce…non po’ mancà… Adelina (E tiene mente si la fenesce.) Felice Comme manco, ... è impossibile. Bianchina (c.s.) Eh!...(a Adelina) Lu siente, è impossibile!...E allora va, Felice mio, e torna ambressa! Anze, sì ncuntre ancora qualche amico del signor D. Antonio Cornacchia, …me lu salute tanto tanto da parte mia! (ironica) Adelina (Mo certo fa nu guaio!) Felice Bianchì, ma tu che hai? Ched’ è? Bianchina (per inveire, Adelina l’arresta) Ched’è? Ah! Niente…ch’adda essere, t’aggio cercato lu piacere de me salutà…(molto marcato) gli amici di D. Antonio Cornacchia!... Adelì, vuò venì nu poco dinto a lu salotto? Te voglio fa vedè che belli cartoline che tengo. Adelina Con piacere, andiamo. Bianchina (guardando Felice meravigliata) (Ma chillo non s’è fatto né bianco e né russo, chesta che dice?) (via a sinistra 1a porta) Adelina Con permesso. Felice Neh, scusate, signò, ch’è stato? Bianchina che ave? Adelina (ironicamente) Niente, non vi preoccupate...sta nervosa... ecco! Uscite, uscite, andate a colezione senza penzieri, state tranquillo, chella mo le passa. (e via appresso) Felice Sta nervosa? E pecchè? Ah! Ccà qualche cosa nce sta sotto! Scena undicesima Don Carluccio e detto, poi Luigi, poi Giovannino Carluccio (dalla destra, spolverandosi l’abito con la mano) Oh! Ecco fatto... Felice D. Carlù ccà se sta mbroglianno l’acqua. Carluccio Perché, perché?... Felice Moglierena.... Carluccio Aspetta nu momento, scusa. (corre ad affacciarsi) Niente sa, non la pozzo arrivà a vedè. Felice D.Carlù, venite ccà, non è momento de penzà a chella mo. Carluccio No, so’ rimasto cu lu golio nganno, hai capito. Basta, stive dicenno?...

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Felice

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Moglierema da che era così ingenua, così fiduciosa, tutte nzieme pare che se fosse cagnata. Poco primma, nnanze a la mogliera vosta, ha parlato mazzecato assai. Io me ne so’ addonato! E comme se spiega chesto? Chi l’ha potuto fa cagnà da nu mumento a n’auto? Carluccio Aspetta…ma tu l’haie trovata nzieme co moglierema? Felice Già. Carluccio E allora è stata essa! Felice Vostra moglie? Carluccio Ne sono certo! Non nce penzà! Felice Ma non po’ essere, chella invece cercava di calmarmi, ha ditto: Uscite, uscite, state senza pensieri, state tranquillo, chella mo lle passa. Carluccio E se capisce, per pigliarti in trappola più facilmente. Caro Felice, si moglierema se mmesca mmiezo a stu fatto, sei perduto, sei rovinato!... Felice (calmo e sorridente) Io perduto? Io rovinato? Ma voi scherzate! (resta a pensare) Carluccio Eh, scherzo. Sì! Tu non la conusce a chella! T’ho pregato che chella conosce tutto il repertorio Scarpetta,...chella è fina assaie… Felice (poca pausa) Statte! Aggio fatto la penzata!... Mo vedimmo chi è chiù fino, se io o essa. D.Carlù, mo nce vo’ la mbroglia, la vi’! (da questo momento sino al finale, tutto dovrà essere recitato con vita, con brio) Carluccio Chella che non m’haie voluto dicere? Felice Proprio. (poi parlando verso la 1a a sinistra) Eh! Cara signora Adelina, fra un’ora, sarete voi la prima ad essere imbrogliata! (suona restando col campanello in mano) Carluccio Felì, ma che vuoi fare? Felice Poi vedrete. (suona e chiama) Luigi... Luigi... Luigi (dal fondo) Comandate Sigr Colonnello? Felice Mo te mengo lu campaniello nfronte. Luigi Aggiate pacienza... Felice Va me piglia lu cappiello e lu bastone, presto! Luigi Subito. (via a destra, poi torna) Giovannino (dal fondo) D.Felì, tutto è fatto, la reclame è consegnata! Felice Bravo! D. Giovannì, io debbo uscire, verrò verso le 6, le 6 e mezza, (azione di Giovanni di gioia) se viene qualcheduno parlateci voi, fate voi le mie veci. Giovannino Va bene. Felice Iatevenne dinto a lu studio. Giovannino Eccomi! (Se n’esce, Cielo te ringrazio!) (nell’entrare urta

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con Luigi che usciva col cappello ed il bastone) All’arma de mammeta!... Luigi Eh!!!... Ecco servito. Felice (mettendo il cappello) Vattenne fora! E si muglierema t’addimmanna, le dice ch’essa sape addò so ghiuto. Luigi Va bene (via pel fondo) Carluccio Felì, ma addò vai? Felice (ridendo) Lu sacc’io!...(arriva sotto la porta in fondo e si volta) Caro D.Carluccio, se vostra moglie conosce tutto il repertorio di Scarpetta, qua ci sta quello di Sciosciammocca...che lo supera! (volgendosi poi verso la 1a porta a sinistra) Mo t’acconc’io!!...(e via. Carluccio resta meravigliato a guardarlo senza capirci nulla). Fine del primo atto

Atto 2° Medesima scena. Scena prima Luigi e Giovannino, poi Bianchina ed Adelina (esce dal fondo con un vassoio con le tazze da caffè ed una salvietta sul braccio. Fa per andare 2a a sinistra) Giovannino (dalla destra) Luigì, hanno finito? Luigi Sissignore, s’hanna da piglià sulo lu cafè. (e via poi torna) Giovannino Si nce potesse parlà nu momento a sulo a sulo, sarria nu piacere. Na vota che lu marito è asciuto e se retira a li 6, potarria scennere mo, cu na scusa qualunque e venire da me, sarria nu bello colpo! Ma comme avarria da fa pe nce parlà?... Quanto è stata cara poco prima quanno nnanze a Da Adelina m’ha invitato a colezione: -D.Giovannì, venite a far colazione con noi. – Non lo posso...Vi ringrazio, signora, ma non lo posso!...Debbo scrivere dei versi per vostro marito e non vorrei distrarmi. – Non era vero!... Me ne sono andato invece abbasso al giardino,...a piangere vicino a lu gallenaro!...Sì, ma qua una risoluzione bisogna prenderla. O essa vene ogge co me e fa chello che dico io, o si no io faccio nu guaio! Io sparo a essa, a lu marito, a la mamma, io sparo a tutte quante! (poi piangendo comicamente) E po me spar’io!...Perchè vivere così non è possibile! Io non lo posso!...Non lo posso!... (e via a destra) Bianchina (dalla 2a a sinistra) Sì, sì, va buono, Adelì, tutto chello che dice tu, sta tutto buono, ma io non nce credo. Chillo m’ha ntiso parlà de chella manera mazzecato e non se l’ha fatto passà manco pe la capa. Io l’aggio ditto: Salutami gli amici del Sigr Cornacchia...e chillo non s’è fatto né bianco né russo. Si era, comme dice tu, n’invenzione sua, ...che saccio...da l’uocchie ,...da lu parlà...se sarria visto che se mbrogliava, chillo invece non s’è mosso (siede al tavolo. Luigi esce e via pel fondo)

Luigi

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(sedendosi all’altro lato) Ma Bianchina mia, a me me fa piacere si non è comme aggio ditto io! Capirai benissimo che se tuo marito ti tradisce, non me trase niente dinto a la sacca, anze, al contrario, me ne dispiacerebbe tanto. (tornando con vassoio con 4 tazze da caffè, zuccheriera, caf[Luigi fettiera, cucchiaini ecc.ecc.) Signorì, lu cafè è pronto. Bianchina Va, va, che mo venimmo. (Luigi via 2a a sinistra, poi torna)]1 Adelina Ma tu hai voluto che io te dicesse tutto chello che sospettavo, e te l’aggio ditto. E te torno a ripetere che scommetterei pure mille lire che li lettere anonime te so’ state mannate da maritete, e che questo famoso D. Antonio Cornacchia non esiste!... [Dico che l’affare de la colezione non me persuade; va trova addò aveva da j’, e ha trovato chesta scusa. Amica mia tu si’ ancora figliola e hai ragione de tenece tanta fiducia. Lu vularria fa essere marito mio pe mez’ora!]2 Adelina

Scena seconda Luigi e dette, poi Felice (con un biglietto da visita e al colmo dello stupore) Signorì... Signorì… Bianchina Ched’è? Ch’è stato? Luigi Fore... nce sta nu signore....ma nu signore... Bianchina Nu signore? Luigi Che...va trovanno lu signore!... Bianchina E pecchesto te faie tanta meraviglia? Luigi E a forza,...pecchè chillo, si lu vedite…io mo perdo la capa!... Bianchina Ma pecchè? Chi è? T’ha dato la carta de visita? Luigi Sissignora, la vedite ccà. (gliela dà) Bianchina (con un grido di gioia) Che?? (s’alza leggendo) Antonio Cornacchia? Adelina (balzando in piedi con sorpresa) Eh!?... Bianchina (ad Adelina) Isso?! Adelina (pigliandosi la carta e leggendo) Antonio Cornacchia? Bianchina (contenta) Ma allora esiste?... Nce sta?... È overo allora? (a Luigi) Dimme na cosa, è uno che rassomiglia nu poco a Felice? Luigi Nu poco?... Signorì, quello è una cosa: la stessa faccia… tale e quale… Vedite quanto ca io me credeva ch’era lu signore che aveva pazziato. Luigi

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La parte tra parentesi quadre è stata racchiusa in un riquadro. Vedi nota 1

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Bianchina (ad Adelina) Si’ contenta mo?... (a Luigi) Va, Luì, fallo trasì. (Luigi via) Va bene? Te si’ fatta persuasa mo? Intanto si facive la scommessa mo avarrisse perduto mille lire. (ridendo) No, no, assicurate, Feliciello me vo’ bene, e non sarria stato capace de fa na cosa de chesta. Luigi (ritornando) Favorite, favorite. (Io mo esco pazzo!) Felice (dal fondo. Vestito e pettinato differentemente dal tipo del 1° atto. Accento provinciale) Grazie. (viene avanti un poco. Luigi via.) Bianchina (con un piccolo salto guardandolo) (Oh! Tale e quale, sapete!) (ad Adelina) Adelina (Ma proprio una faccia!) Bianchina (sempre esaminandolo attentamente) Venite avanti, signor Cornacchia…prego… accomodatevi. (mostrando il divano) Felice Grazie. (va a sedersi al divano) Bianchina (ad Adelina) (Ma guarda, la stessa cammenatura, la stessa voce, tutto!) Adelina (osservandolo) (È straordinario!) (seduta al tavolo) Bianchina (avvicinandosi a Felice, siede alla poltroncina accanto) Il servo mi ha detto che voi cercavate di mio marito? (sempre guardandolo attentamente) Felice Ah! Siete voi la signora Sciosciammocca? Bianchina Sicuro…io… Felice Piacere tanto…(fa per alzarsi) Bianchina Prego, prego…(lo fa sedere) Aspettate...non vi muovete...! (guardandolo) La stessa vocca…li stesse uocchie…Adelì, pure lu naso è tale e quale a chillo de Felice. Felice Oh, ma scusate, ma allora è vera sta cosa, veramente nce sta tutta sta rassomiglianza con vostro marito? Bianchina Ah! Voi dunque sapete?… Felice Come!... Io sto a Napoli da sei mesi e non posso dà nu passo, che me sento dicere: Buongiorno Felì,…bonasera Felì!... Bianchina Ah?... (ridendo) Proprio come mio marito. Felice Allora stammatina ho detto: Mbè, jammo a vedè nu poco se sta cosa è overa, se stu D.Felice Sciosciammocca veramente me somiglia tanto da fa succedere tutte sti equivoci. Ho cercato l’indirizzo in una guida, ed eccomi qua! Bianchina (che non cessava di guardarlo meravigliata) Vedete, vedete… pure li mosse….tale e quale. Felice (ridendo) Pure li mosse?...Oh! questa è bella, questa! Bianchina A proposito…scusate…vi presento la mia amica Adelina Fiore.

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(alzandosi) Fortunatissimo. (strette di mano) State comodo, prego... (sempre esaminandolo attentamente) Dunque, se po’ vedere sto D. Felice Sciosciammocca? Lo voglio conoscere. Bianchina Non c’è, è uscito. Ma aspettate... (va al tavolo e dall’album estrae una fotografia di Felice. Adelina non cesserà di guardarlo) Felice (con voce naturale) (Seh, guarda tu, ca io mo me smovo!... Nce l’aggio fatta cattera!) Bianchina (dandogli la fotografia) Ecco, vedete, questo è l’ultimo ritratto che s’ha fatto. (guardando un po’ il ritratto e un poco Felice) Tale e quale, guardate. (lo dà) Felice (guardandolo comicamente sorpreso) Oh!... Preciso!... Sangue de Bacco!... Voi vedete, voi vedete!... Sembra nu ritratto mio!...Non nce sta che lu vestito che è de n’auta manera,…’a pettinatura… (le dà il ritratto, e Bianchina, a sua volta, lo dà ad Adelina. Quest’ultima senza farsi vedere osserverà attentamente ora il ritratto ora Felice) E allora se capisce che tutte quante se sbagliano! Noi siamo proprio come doie gocce d’acqua! Bianchina E voi non potete credere, signore, come sono contenta, felice, all’idea che voi esistete realmente. Felice Come sarebbe a dire? Non capisco! Bianchina (un po’ confusa) Già…perché…(poi guardando Adelina) Io credeva…sospettava… cioè, io no, …n’amica mia…m’aveva fatto credere che…mio marito… Felice (subito con voce naturale) (Lu bi’ ch’era stata essa!) Bianchina Basta, poi vi racconterò!... Felice Adelina Felice

Scena terza Don Carluccio e detti, poi Beatrice Carluccio (di do) Adelì, bella mia, e ccà lu cafè se fa friddo. Bianchina (ridendo ad Adelina) Maritete! Zitta, non dì niente… (si alzano e passano a sinistra) Carluccio (fuori) Adelì, Da Bianchì, e venite. (vedendo Felice) Ah! Felì, tu sei ritornato? Bianchina (battendo le mani e ridendo) Bene!...Pur’isso nc’è caduto! Ah!Ah!Ah!... (a Carlo) Vi presento il sig. Antonio Cornacchia, di cui abbiamo tanto parlato a colezione. (azione di Carlo) Il signor Carlo Fiore, medico e chirurgo, marito della signora qui presente. Felice Piacere tanto di fare la vostra conoscenza. Carluccio (guardando Felice stupefatto) Fortunatissimo!...Ma, aspetta-

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te, il signore è quel tale D. Antonio Cornacchia che m’avete parlato a tavola? Bianchina Perfettamente. Carluccio Possibile?!... Neh, scusate nu momento (mettendosi le lenti, lo esamina) Oh! Ma è il ritratto spiccicato di Felice! Voltateve nu momento, perdonate! Felice Fate il vostro comodo. (si volta) Carluccio (guardando in tutti i modi) È spaventevole!... Sapete!.. È un fenomeno!... Un vero fenomeno antropologico!... (guardandogli il collo) La parte posteriore del collo è identica!... (guardandogli la pancia) Uhm!... Trovo solo un poco di differenza nella linea dell’epigastro, all’addome... (mostrando su Felice) Sicuro!... C’è una deviazione che in Felice non esiste. (guardandogli la testa) La conformazione della scatola cranica, per esempio, è differente da quella di Felice. Felice Ma dicevo bene io, possibile che non c’è nessuna differenza fra me e lui! Carluccio Sì, ma sono diversità fisiche che sfuggono all’occhio volgare. L’ho potuto vedere io col mio occhio di scienziato! Felice (Bell’animale!) Beatrice (di do) Neh, ma voi venite o no? Bianchina Uh! Zitto! Mammà! Mo vedite che nce cade pur’essa. (a Felice) Signore, non dite subito chi siete, nce avimmo da fa quatte rise!... Felice Con piacere, signora, perché è na cosa che me diverte! (ridendo, poi guardando Adelina) (E tiene mente chella si me perde de vista nu poco.) Beatrice (fuori) Neh, Dottò, e che avete fatto, ve ne site juto voi pure?... (vedendo Felice gli farà subito il solito sorriso) Oh! Genero mio, siete ritornato?... È già finita questa gran colazione d’affari? Se sapeste come mi è sembrato brutto non vedendovi a tavola!... Genero mio! (carezzandolo) Tutti (meno Adelina scoppiando in una grande risata) Ah!Ah!Ah! Beatrice Neh, che cos’è? Perché ridete? Che avete? Bianchina Niente, niente. (ridendo) Carluccio Ridiamo, ma non ridiamo per voi, pe n’altra cosa. Beatrice Ma genero mio, spiegatemi voi... Felice Ve domando scusa, ma non ne poteva più. Voi avete fatto na faccia talmente buffa che non ho potuto resistere senza ridere. [Io non sono vostro genero, sono invece chillo che le somiglia, Antonio.]3 3

Vedi nota 1

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Bianchina (a Beatrice) Ti presento il sig. Antonio Cornacchia! Beatrice (con un grido) Che?...Isso?... Bianchina Ce si’ caduta pure tu, comme nc’ è caduto lu dottore. (poi a Felice) Mia madre, la signora Pallone. Felice Fortunatissimo signora!... Beatrice. Oh! E ma cheste so’ cose d’ascì pazza, quella è una faccia! Felice Scusate tanto signora Pallone, ma è stata vostra figlia che ha voluto fare uno scherzo. Io non mi sarei mai permesso…Signora Pallone!!! Anzi, scusate, mo che me ricordo, voi siete forse parente al famoso Colonnello Pallone buon’anima? Bianchina L’avete conosciuto? Felice Altro che. Io ho fatto il volontario giusto nel suo reggimento. Bianchina Oh! Guardate che combinazione. E mia madre è la sua vedova. Felice Come?... Voi, signora, eravate la moglie di quel valoroso militare? Beatrice Sicuro. Felice Oh!... Me ne congratulo. Bianchina (ad Adelina) (Haie visto? Conosce pure a papà.) Felice Che uomo!...Che soldato! Che cuore!... Beatrice. (stringendogli la mano con trasporto) Oh! Grazie signore, grazie. Accomodatevi. (siede vicino a lui) Ve ricordate che bel pezzo d’uomo? Felice Eh, me lo volite mparà a me. Beatrice Quando montava la sua cavalla Berta, era un amore, ve ricordate? Felice Come? Eravamo tanto amici. Carluccio Cu la cavalla? Felice (ridendo) No!...Cu isso!...Eh, me voleva tanto bene. Non c’era giorno che non mi invitava a passeggiare con lui. Che cuore!...Un cuore d’oro. Beatrice (c.s.) Grazie, grazie, signor Cornacchia, ma vi prego, non parliamo più di lui, non me ne fate ricordare. Spero che ci farete il piacere di pranzare con noi questa sera? Felice Io?...(Adelina lo guarda attentamente negli occhi) Ma…vedete…non vorrei… Bianchina Ma sì, sì, restate, senza cerimonie, ci farete gran piacere. Felice Prego…il piacere è tutto mio, trovandomi in sì bella compagnia. Bianchina Troppo gentile. [Beatrice Ci sarà pure un’altra persona che voi certamente dovete conoscere, perché era amico intimo della felice memoria di

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mio marito. Non vi voglio dire chi è per darvi la sorpresa (ridendo)]4 Adelina E poi…ci sarà anche D.Felice, e sapete quanto le farà piacere di vedervi… Felice Neh?...E già…co la cosa de sta somiglianza nostra…sa che piacere ne avrà nel vedermi! (Io mo comme la combino?) (con voce naturale) Adelina Restate, restate, che gli farete gran piacere. Forse non potete per affari vostri? Felice No, no, io non ho affari di premura…posso restare. (azione di Adelina) Era per non dar fastidio. Beatrice Ma che fastidio,... vi pare…dunque, restate? Felice (guardando Adelina) Ma sì, con piacere… Beatrice Bianchina Ah! Bravo! Carluccio Beatrice Sono proprio curiosa di vedere la faccia di mio genero davanti alla vostra! Felice (E mo la vide, sì!) E io? Io non vedo l’ora di trovarmi faccia a faccia co sto D. Felice! (guardando Adelina) Perché, giusto come ha detto il dottore, una differenza ci dev’essere. Carluccio No, no, un momento, io la differenza l’ho trovata nella scatola cranica e nella linea dallo epigastro all’addome. Ma la somiglianza de la faccia vosta…. Felice (A la faccia de mammeta!) Carluccio (seguitando)…E quella di Felice, è perfetta. Vedete che, a prima vista, ci siamo tutti ingannati. Bianchina Ma chiunque se sarria ingannato. Felice (ad Adelina) E voi, signora, che ne dite della mia scatola cranica? Adelina (ironica) Eh, caro D.Felice…(azione di tutti) Cioè…me so’ sbagliata...Caro D. Antonio…io non ho la scienza di mio marito, e per accertare questa differenza, avarria sta D. Felice ccà… (marcato) affianco a voi! (guardandolo attentamente) Ma, disgraziatamente, volendo conoscere D.Felice, avete scelto proprio il giorno che non è in casa!... Felice (subito) Ma se l’avessi saputo, capirete, sarei venuto ieri o domani. Adelina (con intenzione) Ah! Già! Ma del resto, voi ci avete fatto l’onore di rimanere a pranzo, e quanno po è stasera, con D. Felice presente, posso accertare la differenza. 4

Battuta cassata.

DDOJE GOCCE D’ACQUA

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Carluccio E dice bene. Mi figuro che risate ci faremi questa sera. Felice Uh!... Carluccio E che sorpresa avrà Felice!... Felice E io?... Me parene mill’anne che lo veco, che conoscerò finalmente quest’anima mia gemella, questo celebre ingegnere, inventore del calorifero. Bianchina Ah! N’avite ntiso parlà? Felice Come!... [Ma al mio paese, a Casoria, non se parla che di questo, e a Napoli tutti i giornali ne sono pieni.]5 Anzi, per dirvi la verità, io pure per questo so’ venuto, per acquistare 4 o 5 caloriferi per la mia casa. Bianchina Ah, sì? Ma se volete parlare col suo segretario.... Felice Sì, me farebbe piacere, così combino lesto lesto. Bianchina Vi faccio subito accompagnare. (suona. Tutti si alzano) Felice Grazie. Voglio levare l’uso che ho a casa del braciere per tutte le stanze, è sempre pericoloso. Beatrice Oh! Certo. Scena quarta Luigi e detti, poi Giovannino di do Luigi Comandate? Bianchina Luigì, accompagna il signore da D. Giovannino, che devono parlare d’affari. Luigi Subito. (guardando sempre meravigliato) Felice Grazie signora. (strette di mano, poi ad Adelina) Con permesso… Adelina Prego (Ah! Ma sentite, si è isso, tene na bella faccia tosta!) Felice (a Beatrice) Signora… (a Carluccio) Signore…(a Luigi) Per dove si va? Luigi (c.s.) Da questa parte. Favorite. (Felice si inchina di nuovo e via 2a a destra. Luigi lo segue poi ritorna) Giovannino (di do) Oh! D. Felì, siete tornato presto? Felice (di do) Nonsignore…io non sono D. Felice Tutti (meno Adelina) Ah!Ah!Ah!... Carluccio C’è caduto pure lu segretario! (ridendo) Bianchina Ah! Ma che somiglianza perfetta! Beatrice (È curiosa…io mo a D. Felice non lu pozzo suffrì, e chisto che le somiglia tanto, mi è simpatico.) Carluccio Io intanto, signò, se permettete, me vado a bere n’altro bicchierino di Chartreuse che l’ho trovato eccellente! 5

Vedi nota 4



TEATRO (1900-1910)

Beatrice Ma sì, andiamo, senza complimenti, voglio avere il piacere di offrirvelo io. Carluccio Grazie tante. Po me voglio fumà nu bello sigaro toscano fuori alla terrazza, se sta tanto bene. Beatrice Ma sì, fate il vostro comodo. Andiamo. Da Adelì, venite, un altro bicchierino di Chartreuse. Adelina No, vi ringrazio, ne ho bevuto due bicchieri. Carluccio (a Bianchina) E voi nemmeno ne volete? Beatrice No, mia figlia non beve liquori. Carluccio Ah! Mbè. E allora andiamo noi. Prego. (la fa passare avanti e viano 2a a sin., Luigi esce ridendo dalla destra e via pel fondo) Bianchina E così…te si’ fatta persuasa? Ti sei convinta che D. Antonio Cornacchia esiste? Adelina No!…Niente!…Non nce penzà! Non sono persuasa! Bianchina Uh, mamma mia, chillo steva llà assettato, l’haie visto tu stessa! (ridendo) Adelina (breve pausa) E si era maritete chillo llà? Bianchina Chi?... Chillo che steva mo ccà, è mariteme Felice? (ridendo) Ah!Ah!Ah! Chesta è bella!... Adelì vattenne cu sti sospetti tuoi, famme stu piacere... [Era mai possibile che Felice teneva tanto coraggio de se presentà a me sotto altro nome?]6 Chillo maritete nce ha trovato tanta differenza. E po, Felice veneva ccà, sotto altro nome, me steva vicino, me parlava e io non me n’addonavo? Io? La mogliera?... Mi credi troppo stupida!... E si era Felice po, comme dice tu, te pare che avarria accettato l’invito a pranzo che l’avimmo fatto? Adelina Può essere una gran prova d’abilità. Bianchina Uh! Vattenne Adelì, tu nun ragiune! Del resto chillo mo sta ccà, stasera mangia cu nuie, s’adda retirà Felice. Adelina (col medesimo tono di voce) E lloco te voglio!... Fino a che D. Antonio Cornacchia sta ccà, maritete…non se po’ mai retirà! (ridendo scioglie a sinistra in modo da non vedere l’uscita di Alessandro con Elvira) Bianchina Eh! Va buono, comme dice tu!... Scena quinta Luigi e dette, poi Alessandro ed Elvira Luigi Signorì, è venuto il Maggiore nzieme cu la nepote. Bianchina Oh! Bravo, falle trasì. Luigi Favorisca, Signor Maggiore. (si pianta vicino a l’uscio facendo il saluto) 6

Vedi nota 1

DDOJE GOCCE D’ACQUA

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Alessandro Grazie. (Elvira lo segue. Luigi via. Cacciando l’orologio) Le 3, signora, puntualità militare. Bianchina Bravo! Alessandro Ecco mia nipote Elvira, la vedova. (poi ad Elvira) La signora Bianca Sciosciammocca. Elvira Signora. (inchinandosi) Bianchina Piacere tanto. (strette di mano) Adelì, ti presento il Maggiore Alessandro Folgore e sua nipote Elvira. (Alessandro si inchina) Adelina Ma che vedo?... Non m’inganno,…Elvira? (con gioia) Elvira Adelina?! (con gioia) Adelina Oh, che piacere, damme nu bacio. Elvira Co tutto lu core. (va da Adelina, si baciano) Bianchina Ma come? Vi conoscete? Adelina Altro! Siamo vecchie amiche. Simme state tant’anne dinto lu stesso collegio a Torino. Alessandro Oh! Guardate che combinazione... Bianchina Ma una fortunata combinazione, (ad Adelina) così avremo in comune una simpaticissima amica. (stringendo di nuovo la mano ad Elvira) Elvira Troppo gentile signora. Alessandro Ed io ne sono contentissimo, è stata per me una fortuna, perché avremo la figlia del gran Colonnello Pallone che ci protegge, e non abbiamo paura di nessuno. (ridendo) Adesso, permettete un momento ho ancora delle visite da fare, poi farò un salto all’agenzia. Bianchina Quale agenzia? Alessandro Ah! Niente…un’agenzia d’informazioni…devo sapere il nome di un individuo…di un falso Lulù! Bianchina Ah! Sicuro, mammà me n’ha parlato a tavola. Alessandro Ah, vi ha raccontato...ritenete che lo pescherò…oh se lo pescherò!…Basta, Elvira, io ti lascio in buona compagnia, fra poco ci vedremo. Bianchina Non vi dimenticate che si pranza alle 7. Alessandro Oh! Sarò qui anche prima (ad Adelina) Signora...(a Bianca) Signora Bianca. Ciao Elvira. (fa p. a.) Elvira A rivederci, zio! Alessandro (vedendo che Bianca l’accompagna) No, no, prego, signora Bianca, non vi disturbate. Bianchina Ma sì, permettete Maggiore. (escono pel fondo) Adelina Viene ccà, …. damme n’auto bacio. (si baciano) Assettate. (siedono al divano) Eh! Quanno penso a lu collegio, te ricuorde, nce chiammavano: le inseparabili. Elvira E invece, le combinazioni della vita, ci hanno separate…

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Adelina Elvira Adelina Elvira Adelina Elvira

Adelina Elvira Adelina Elvira Adelina Elvira

Adelina Elvira

Adelina Elvira Adelina Elvira

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La solita storia del matrimonio. Ti sei maritata? Sì, con un dottore – Carlo Fiore, medico e chirurgo. E tu? (con un sospiro) Vedova! Oh! Povera Elvira! No, no, non mi compiangere, sai, è stato meglio accussì. Nu giocatore, nu bevitore, pe niente s’appiccecava e cacciava lu revolvere. Poi, continui contrasti a casa, me maltrattava…teneva lu vizio de menà mane. Insomma, passaie nu vero guaio spusannemillo! Mo do lezione de pianoforte e vado avanti così. Ah!...E tieni molte alunne? Eh! Non me pozzo lagnà. E non pensi a rimaritarti? Che faie accossì? (sorridendo) Sì…tengo…nce sta qualche cosa in vista. Ah! Benissimo. Sì. È uno che m’è venuto appriesso pe tanto tiempo. Na sera me ritiro, e lu trovo sotto lu palazzo che m’aspettava. – Oh, finalmente, signora, ve site ritirata, io sto qui da stammatina.- E chi v’ha pregato de venì? – Dicette io.- Oh, ma via, sarete sempre così crudele, io vi amo, senza di voi non posso vivere, io mi ucciderò! – Stateve zitto, dicett’io, ca sente lu guardaporta. – E allora andiamo sopra!... – Haie capito?... Vuleva saglì ncoppa l’amico! – Ma che site pazzo? Pe chi m’avite pigliato? Io so’ vedova, sto sola, e va trova la gente che se crede. – Ma io vengo per fini diretti, io ti voglio sposare. Sei vedova? Benissimo, io adoro le vedove! Poi, io sono ricco, vivo di rendita, quase tutta Casoria è robba mia… – pecchè è de Casoria isso… Ah, neh? Già. – Tu farai la signora, a te non te mancarrà niente… – Sai, siccome po se vedeva che non era uno ‘e chisti soliti giovinotti, se vedeva ch’era un uomo serio, le dicette: Va bene, lassatemece penzà qualche giorno e poi vi darò la risposta. La matina appriesso nce lu screvette a zio Alessandro, me risponnette che le faceva assai piacere se mi rimaritavo, e per abbreviarti il discorso, accettai la sua proposta, e sono sei mesi che abbiamo relazione. Bravo! E quanno t’ha ditto che te sposa? De chesto…’a verità…non me n’ha parlato chiù!… Come?... E a chi aspetta?...Elvira, sta in guardia, sa!... Oh! Non c’è bisogno! Tengo a zio Alessandro, e co chillo non se pazzea!

DDOJE GOCCE D’ACQUA

Adelina Elvira

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Ma comme se chiamma chisto? Chi è? Te l’aggio ditto, è uno de Casoria, se chiamma Antonio Cornacchia. Adelina (con un grido di meraviglia) Eh?!...Antonio? Elvira Cornacchia!... Adelina Antonio Cornacchia?... Elvira Ma pecchè te faie tanta meraviglia? Adelina No... niente…aspetta…(s’alza e prende il ritratto di Felice). È chisto? Elvira Sicuro, chisto è isso. E comme se trova stu ritratto ccà? Adelina Ah! Se trova ccà…pecchè chisto... non è D. Antonio…pare invece, che questa…sia un’altra persona che gli somiglia… Elvira (subito) D. Felice Sciosciammocca? Adelina E comme lu saie tu? Elvira Lu saccio pecchè na matina, io ricevette na lettera anonima che diceva: “Signora, D. Antonio vi tradisce, ieri, lunedì, alle 3, passeggiava con una donna sopra viaTasso.” La matina appriesso, ne ricevo n’auta: “Signora, ma sarete sempre cieca? D.Antonio è stato visto alle 6 sabato e Domenica, a Fuorigrotta con una modista.” Adelina Bene? Elvira E invece, proprio chilli juorne, e a chella stessa ora, era stato co mme la casa. Pochi giorni dopo, vene D. Antonio, e me contaie che, mmiezo San Ferdinando, nu sconosciuto, l’aveva fermato dicennole: Guè Felì, comme staie? Che se dice? Comme vanno gli affari?...Scusate, dicette D. Antonio, io non ho il piacere di conoscervi, e poi, non mi sono mai chiamato Felice io. Allora, dice che venettene a na spiegazione… Adelina (vivace) ...E D. Antonio viene a sapere con sua grande sorpresa, che somiglia perfettamente… Elvira Proprio comme a doie gocce d’acqua, a nu certo… Adelina D. Felice Sciosciammocca! Elvira Proprio così! Adelina (con un grido di vittoria) Ah! Ah! Lo diceva io!... Elvira Adelì, ma che hai? Adelina Ah! Niente, niente…n’affare mio. Prima di tutto, devi sapere, che tu ti trovi proprio in casa di questo D. Felice Sciosciammocca, il marito, cioè, di quell’amica mia che poco prima steva ccà. Elvira Oh! Guarda che combinazione! Adelina (guardando ne la porta a destra, 2a) Ah! Zitto! È isso che vene. (si alzano)

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Elvira Adelina Elvira Adelina

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Isso chi? (colpita da un’idea) No, no, aspetta annascunnete da llà dereto, sotto a lu portiere... (mostrando la finestra) Neh, pecchè? È na bella sorpresa che te voglio dà. Va, va, e non parlà, non fiatà, quanno te faccio segno io allora te presiente. (nasconde Elvira dietro la tendina della finestra e passa a sinistra). Amica mia, mo te faccio vedè io si me so’ sbagliata o no! Scena sesta Felice e dette

Felice Elvira Adelina Felice Adelina Felice Adelina Elvira Felice Adelina Felice Adelina Felice Adelina Felice Adelina Felice Adelina Felice

(di do a destra) Ma no, grazie, state comodo. (ed esce) (dalla tendina) (Isso? D. Antonio?) E così, caro Signor Cornacchia, avete combinato tutto col segretario per l’acquisto del calorifero? Sì, sì, tutto. Ne ho commissionati cinque. Il segretario m’ha fatto vedè tutti i modelli, il modo di usarli, e sono rimasto meravigliato! Quel D.Felice Sciosciammocca è in genio. Ah! Sicuro. Soltanto…siccome D. Felice viene…viene... (fa dei segni ad Elvira che esce piano piano e si situa dietro a Felice) nu poco tarde, forse finirete per seccarvi... Seccarmi? Quando ho la fortuna di trovarmi in compagnia di una signora amabile come voi?..Oh! Vi pare… Ad ogni modo, io per precauzione, ho pregata un’amica mia di tenervi compagnia. (mostrando Elvira) Eccola! (pigliandola per la mano la passa in mezzo). (sorridendo) Vi saluto. (con un salto, fra sé) Elvira!?... (Mo aggio passato lu guaio!) (con voce naturale) Ve piace sta bella sorpresa? Uh!!... Avete voglia!! (Chesta comme sta ccà?) (c.s.) E vi prevengo che Elvira, vi riserva un’altra sorpresa! (fermando l’imbarazzo) N’altra sorpresa? Pure bella come questa? No, superiore!... (ad Elvira) Nce la vulimmo dicere? (c.s.) Sicuro, dite, dite, dite!... (ridendo) Nientemeno stammatina è arrivato…D. Alessandro, lu zio!... (pausa. Poi al colmo dell’imbarazzo) Ah! Neh?...Oh! Che piacere! Essa ci ha tutto raccontato…! (c.s.) Pure?!

DDOJE GOCCE D’ACQUA

Adelina Felice Adelina Felice Adelina

Felice

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Già. Quindi, caro D. Antonio, datevi da fare, e preparatevi a domandargli la sua mano! (E stai fresca!) (fingendo gioia) Oh! Elvira mia, mia cara Elviruccia, è arrivato tuo zio? Oh! Come sono contento! Io non ti posso dire quello che provo!... (marcato) (Lu credo!) (Aggio sudata na cammisa!) Vedete dunque, caro Sig. Cornacchia, che con questa amica vicino, potete aspettare, senza annoiarvi, il ritorno di quell’altro brav’uomo di D.Felice Sciosciammocca, modello di marito e d’ingegnere!!... (con significato) (con intenzione) Oh! Certamente!! (naturalmente tutti i tre passano un po’ a destra) Scena settima Bianchina e detti, poi Beatrice



Bianchina (dal fondo) Mie care amiche... (scende a sinistra) Felice (Muglierema!) (siede al divano avvilito) Bianchina Scusatemi se mi sono allontanata, ma aggio avuto nu poco che fa. Adelina Ma fa il comodo tuo, ti pare. Elvira Certamente. Beatrice (dalla 2a a sin.) Neh, Bianchì, D.Alessandro è venuto? Bianchina Sicuro, ed ecco la simpaticissima sua nipote Elvira. (poi ad Elvira) Mia madre. Elvira Sono lieta di conoscerla. (va vicino) Beatrice Fortunatissima. (strette di mano) Felice (Ma ccà stamme nel paese delle conoscenze!) Beatrice E vostro zio dov’è? Elvira È andato per altre visite, ma fra poco verrà. Adelina Cara Bianchina, arrivi proprio a tempo, e pure voi signora, perché debbo darvi una notizia a dirittura strepitosa. (guardando Felice) Bianchina Beatrice E quale? Adelina La mia amica Elvira, se mmarita n’auta vota! Bianchina Oh! Brava! Beatrice E co chi, co chi? Felice (alzandosi prontamente ed avanzandosi sorridendo) Con D. Antonio Cornacchia!... (azione di Adelina) Beatrice Con voi? Bianchina Possibile?

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Adelina Bianchina Elvira Adelina

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Sicuro, proprio con lui!... (a Felice) E non ci avete detto niente? Perché niente c’era ancora di ufficiale. Già, ma adesso sì, perché D. Antonio aspetterà D.Alessandro lo zio e ci parlerà!... Felice (col medesimo tono di voce) Proprio così! Beatrice (ad Elvira) Le mie felicitazioni. Bianchina (a Felice) Congratulazioni anche a voi. Felice (con significato) Troppo buona, signora, troppo buona!... Bianchina (ad Elvira) E avete saputo l’affare della somiglianza straordinaria... Elvira Sì, sì, ho saputo… Bianchina Faremo conto di avere sposati due fratelli gemelli. (ridendo) Adelina (guardando Felice) Già…gemelli! Felice Sicuro…gemelli!... Intanto, signore, se mi permettere… voglio scendere un momento… Adelina (Ah!...Ah!...) Felice Voglio arrivà fino all’albergo, me voglio cambià d’abito, se tratta de fa conoscenza co D. Alessandro…e…capirete… Adelina (subito) Oh! Ma no, non vi incomodate, state bene così! Non è vero Elvì? Elvira Ma sì, e po zi zio è tanto alla buona. Felice È vero? Ma era buono mettermi l’abito nero,…lasciateme andà…(p.a.) Adelina (trattenendolo) Ma no, Dio mio, non c’è bisogno, venite qua! D. Antò…ma voi che avete? Io non saccio comme ve veco… Felice Ah! Niente!...Capirete…la sorpresa…la bella e dolce sorpresa…quando uno non se l’aspetta…(pausa, poi) lasciatemi andà... fateme stu favore. Ci tengo specialmente a presentarmi poi a tavola come si deve. (p.a.) Adelina E datele, dà, quando vi si è detto che state bene… (A forza se ne vo’ scennere.) Noi non facciamo cerimonie. Bianchina Ma si capisce. Beatrice Non ci piacciono i complimenti. Felice Capisco, ma io conosco le regole della buona società… (pausa, poi) Lasciateme andà!...Ci tengo, ripeto. Beatrice Ah! Se veramente ci tenete poi... Felice Sì, ci tengo, parola d’onore che ci tengo! Io vado e torno subito, non nce metto proprio niente. Permettete…(fa per andare, ma d’un tratto ritornandogli il dolore al piede, non può più camminare. S’arresta, con lo sguardo fisso sugli altri, con mille contrazioni del volto, e restando col piede un poco alzato)

DDOJE GOCCE D’ACQUA

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(Mamma mia, lu delore, lu delore, lu delore n’auta vota!) (fa qualche passo e zoppica) Adelina D. Antò, che cos’è? Bianchina Vi sentite male? Elvira Uh! Mamma mia! Ch’è stato? (subito, correndogli vicino e mettendolo in mezzo) Beatrice. Ch’è successo? Felice Niente…un giramento di testa…(ccà mo se n’addona muglierema e io passo lu guaio!) (a stento arriva al divano e si siede). Nu giramento de testa terribile! (stende la gamba facendo tremare il piede) Veco avutà tutte cosa tuorne tuorne! Elvira Uh! Povero D.Antonio…! Fosse convulsione? (si toglie il cappello e correndogli vicino, verso destra, gli tocca il polso) Beatrice E chiamate a D. Carluccio, chesto che cos’è. Adelina (alla porta 2a a sin.) Carlù, Carlù,…viene ccà nu mumento…subito! Bianchina Io vaco a piglià nu poco d’aceto. (via fondo a sin.) Beatrice E io lu liquore anodino. (via 1a a sinistra) Elvira (spaventata) D. Antò?... D. Antò? Adelina Signor Cornacchia?...Sigr Cornacchia? Felice (con gli occhi chiusi e sempre con la gamba tesa facendo tremare il piede) Aiutateme!... SCENA 8 Carlo e detti Carluccio Che cos’è?...Ch’è successo? Elvira È venuto nu svenimento a D. Antonio! Carluccio Nu svenimento? (ad Adelina) Levete da lloco, famme vedè. (avvicinandosi a Felice gli prende il polso) Lu polso è buono. (poi gli bassa la gamba con forza) Felice (con un grido) Ah!! (Mannaggia chi t’ha allattato!) (dà una spinta a Carluccio) Carluccio Ah! Ah! Chisto mena ponie!... Elvira D.Antò? D, Antò? Ma che s’avarria fa? (a Carluccio) Carluccio E chisto, pe tramente, s’avarria mettere ncopp’ a lu lietto. Avarria sta tre o quatt’ore in posizione orizzontale. Elvira E mettimmelo, abbiate pazienza... Felice (lamentandosi) No!... Sopra a lu letto no!... Elvira Ma sì, state meglio! Felice No, me ne voglio andare… Adelina Levatele lu soprabito, sta chiù libero, capite! Felice (c.s. con significato) No! No! No!...

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Sì, levatevillo! Meh, chiano chiano! (malgrado le proteste di Felice, le donne gli levano il soprabito) Adelina (mette il soprabito nello stipo, chiude e porta via la chiave) (Mo voglio vedè comme se ne va!) Carluccio Voi intanto, scusate, andate in cucina, e fate fare na bella cassarola d’acqua calda, subito, subito, bollente adda essere. Le mettimmo li mmane da dinto, capite? Adelina Ah! Sicuro. Elvira Jammo, jammo! (viano pel fondo a sin. correndo) Felice (quando Elvira è partita) Ma che avita da spennà li pullastielle?...Neh! Estratto de stupidaggine? Carluccio Neh, cos’è neh? Felice Cos’è? È che site nu cretino che non nce sta lu simile!... (seduto) Carluccio Oh! Signor Cornacchia! (indignato) Felice Qua’ Cornacchia e Cevettola! Io so’ Felice! Quanno ve n’addonate? Carluccio Felice!... Felice Zitto, non allucate!...All’arma vosta! Carluccio Felice!...Ah! Mo capisco la mbroglia che hai immaginato!... Felice E tanto ce voleva! Carluccio Non è overo sta cosa de la somiglianza? Felice Nonsignore!...Vuie po ve ne site venuto mettimmolo ncopp’a lu lietto? Carluccio Io po che sapeva! E mo che vuoi fare? Felice Comme, ch’aggia fa? Io me n’aggio da j’, io ccà non nce pozzo sta! Carluccio E vattenne fa ambressa, trov’ io na scusa. Felice E non me pozzo movere, m’ è venuto lo solito dolore dinto a lu pede e non pozzo cammenà. Levatemi voi da questo impiccio! Carluccio E in che modo? Felice Io non lo so. Squartate a mia suocera, addormite a Bianchina, avvelenate vostra moglie, io non lo so, trovate voi nu mezzo, ma levateme da ccà. Carluccio Ma si te ne vai io credo ch’ è peggio, faie capì tutta la mbroglia. Felice E comme faccio?! Lo capite che fino a che Cornacchia sta ccà, Felice non potrà mai venire. Carluccio E chesto pure è overo!... Felice Perciò a qualunque costo me n’aggio da j’… Addò sta lu soprabeto? Elvira

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Carluccio E che ne saccio, lu teneva muglierema mmano…addò l’ha miso? Felice (Uh! Che pozza passà nu guaio, va!) E pecchè nce l’avite dato? Ma quella donna ha giurato di vedermi distrutto! Carluccio Io te ll’aggio ditto, quella è terribile! Felice Nun mporta, venite ccà, dateme lu soprabete vuosto. (l’afferra per le falde) Carluccio Aspetta, Felì, non tirà, ca se ne venene li falde. Felice E levatillo, facite ambressa. Carluccio Ma io pozzo piglià nu catarro. Felice Non me preme, io non ragiono, non discuto in questo momento. Dateme ccà. Carluccio No, tu haie da discutere, comme s’intende. Felice D.Carlù, dateme lu soprabito, sa. (minacciando) Che io pozzo fa qualunque pazzia!... (tirandolo) Carluccio Aspetta! (Vuò vedè che mo abbusco appriesso.) (se lo leva) Tiene ccà. Ma chesto mo non te va. Felice Nun mporta, comme va va. (aiutato da Carluccio mette il soprabito che gli andrà stretto.) Accompagnateme fino abbascio lu palazzo, me metto dinto a na carrozzella e me ne vaco. (si mette sotto al braccio) Carluccio Io scengo accossì abbascio a lu palazzo? Felice D.Carlù non vi opponete, non me facite attaccà la nervatura. (fa qualche passo). È impossibile! Non pozzo cammenà. (siede) Carluccio Ma che diavolo è? Forse qualche nervo ncavalcato? Felice E che ne saccio!...Venite ccà, portateme a casciocavuoglio!... Carluccio Ch’haie fatto? A casciocavuoglio? Io te faccio pazzo! E chi se fide! Felice D.Carlù, non vi negate. Venite ccà, vedimmo, facimmo la prova. Mettiteve a quatte piede nterra. Carluccio Felì, tu che me vuò fa fa? Ccà jamme nterra tutte li duie. Felice Nonsignore, mettiteve, mettiteve, priesto. Carluccio (si mette a quattro piedi vicino a Felice) Sia fatta ‘a volontà de lu Cielo! Jammoncenne! Felice Aspettate, piano piano, non ve movite. (a stento e reggendosi sul braccio del divano, riesce a mettersi a cavalcioni a Carlo. Lazzi) Ecco fatto! Cammenate, cammenate. Carluccio Eh! Cammenate! È na parola. Chi se fida! Felice D. Carlù, cammenate, facite ambressa. (dandogli dei scappellotti) Jammo, ascite! Carluccio Eh!!...Felì, e tu t’haie da sta sodo cu li scoppole.

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TEATRO (1900-1910)

Felice E ghiamme!... Carluccio Io nun me fido! Tu pise!... Felice (colpito da un’idea) Ah!...Aspettate, D. Carlù, facimmo de n’auta manera. (piano piano si alza e ritorna a sedere) Susiteve. Carluccio (s’alza lamentandosi) Ah!...Li rine!...Li denocchie!... Felice (togliendosi il soprabito) Tenite ccà, pigliateve n’auta vota lu soprabete, e facite nu zumpo fino a lu studio mio, ccà, a lu vico appriesso, n° 54, 1° piano, chesta è la chiave. Dinto a la seconda cammera, ncoppa a na seggia, nce stanno li panne che teneva stammatina, mettitele dinto a nu pare de giurnale, e portatemille subeto ccà. Carluccio (rimettendosi il soprabito) Mbè, e po che faie? Felice Non ve n’incarricate, jate, e facite ambressa. Carluccio E si muglierema me va trovanno? Felice Le dico che site iuto pe me fino a la farmacia. Carluccio Ah mbè! (mettendosi il cappello vede venire Beatrice) Psss... Da Beatrice, Da Beatrice. Fa vedè che duorme, fa vedè che duorme! (Felice s’abbandona su sé stesso chiudendo gli occhi) Scena nona Beatrice e detti, poi Luigi, poi Bianca, poi Giovannino Beatrice Ecco ccà lu liquore anodino. Carluccio Psss!...Non alluccate! (mostra Felice) S’è addormuto nu poco. Io vado nu mumento a la farmacia. Nun lu facite scetà, fatelo riposare…io mo vengo. Voi andate in cucina, jate a vedè si l’acqua calda è fatta!. (esce stropicciandosi le reni) Ah!... Beatrice Povero Cornacchia, come dorme tranquillo. Vedete nu poco, chillo steva tanto bello! Luigi (dal fondo) Signora Colonnella…Signora Colonnella scusate, ch’è stato? Beatrice È venuto nu svenimento a D.Antonio. Luigi Uh! E comme? Beatrice De bello. Mo lu dottore è corruto a la farmacia, chi sa ch’è ghiuto a piglià, ha ditto nun lu scetate, lasciatelo riposare. Luigi E se capisce. Beatrice Viene ccà mò, dimme nu poco. Si’ ghiuto vedenno dinto a lu studio di D. Felice, hai rovistato bene nelle sue carte, sulla scrivania? (Felice apre un po’ gli occhi) Luigi Signora Colonnella, io stammatina nun l’aggio potuto fa, pecchè nc’è stato sempe lu segretario dinto. Ma aiere facette na bona revista, iette vedenno dinto a tutte li sacche

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de li vestite, fino a dinto a la fodera, ma ancora niente aggio potuto truvà. Beatrice Ah! Tu nun può credere che corrivo me sento. Tu va vedenno sempe, sa, e nun te n’incarricà, verrà il giorno che il Sigr D. Felice lascerà qualche letterina di donna. Ah! Te voglio fa vedè tanno che femmena so’ io e de che so’ capace. Ne lu voglio caccià a cauce e a mmaleparole come l’ultimo dei mascalzoni!... Felice (Ah! Grandissima papera vecchia…! E io che le salvaie pure la vita!...) Luigi E si manco accussì se ne va, signora Colonnella, po nce penz’io po; ne lu voglio fa j’ carreco ’e meraviglia, le voglio fa pruvà li cauce mieie po! Mo vedimmo!...Basta, io vaco fora, commannate niente? Beatrice Niente, va. (Luigi via) Bianchina (dal fondo) Mammà, ll’acito non nce steva, l’aggio mannato a piglià e ancora addà venì. Comme sta? L’è passato? Beatrice E che ne saccio, mo sta dormenno, lu dottore ha ditto de nun lu scetà. Io vaco a vedè si l’acqua calda è fatta. (via fondo a sinistra) Giovannino (uscendo con cappello in mano) (Ah! Eccola qua!...) Signora… Bianchina Psss! D. Antonio sta dormenno... Sapite chello che l’è succieso? Giovannino No. Bianchina Comme? L’è venuto nu svenimento, nce avimmo miso na paura… Giovannino Oh! Me dispiace…per voi, ma pe isso che me ne preme. Bianchina Ma voi avete visto comme somiglia a Felice? Giovannino Oh! Non ne parlate, è straordinario, una faccia, proprio antipatico come lui. (azione di Felice) Bianchina (in tono di rimprovero) Oh!...D.Giovannì!... Giovannino Perdonate… ma se sapeste quanto sembra brutto il marito della donna che si ama. (azione di Felice) Bianchina Oh!...D. Giovannì…, io vi proibisco di parlarmi così! Finitela una buona volta. Giovannino Non lo posso!... Io vi adoro!... (Felice c.s.) Signora, io per voi darei la vita!... Come ve lo debbo dire? Ve ne prego, vediamoci in un posto dove meglio vi piacerà, io vi aspetterò con una carrozza chiusa, voi verrete e ci faremo una bella e romantica passeggiata! (avvicinandosi) Che ne dite? Bianchina D.Giovannì, ma vuie site asciuto pazzo! Va a fernì che dico tutto a mio marito e ve ne faccio caccià! Giovannino Sì, sì!... Ditecelo pure! Io non ho paura di lui!... Perché vi amo!... Vi adoro! (l’abbraccia)

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Felice Eh!!! (s’alza, fa per scagliarsi ma, pel dolore, s’arresta subito, restando un po’ col piede alzato, poi l’abbassa piano piano e siede) Bianchina Ah! (con un grido) S’è scetato!... (via correndo 1a a sinistra) Giovannino (Oh! Chisto mo ha visto tutte cosa!) (pausa, abbottonandosi il soprabito, dirà con tono risoluto) Signore,... voi avete visto che io ho abbracciata quella donna. Sentitemi bene e pesate le mie parole!... Se voi avete l’ardire, capite, l’ardire, di dire una sola parola a D. Felice, guai a voi, io vi ammazzo come un coniglio!... Ci siamo intesi? Addio! (via pel fondo) Felice (seduto) Io mo sa quanta cauce l’avarria date a chillo ietteco?... Ma comme me moveva? E po, muglierema avarria scoperto tutte cosa! E bravo!... Ccà chesto nce sta sotto? Scena decima Carlo e detto Carluccio (dal fondo, correndo, affannando, con un pacco sotto il braccio) Felì…Felì…io sto ccà!... Non nce aggio miso manco 10 minute!... Tiene ccà!... Chiste so’ li panne! E chesta è la chiave. Felice (intascando la chiave) Ah! Bravo!... Mettite tutte cosa dinto a chillo stipo. Carluccio Dint’’o stipo? (allo stipo) Felì, e ccà sta chiuso. Felice E la chiave non sta nfaccia? Carluccio No!... Felice Pure sta combinazione. Venite ccà, jate dinto a lu studio, pigliate la chiave de la scrivania, chella pure arape lloco. Jate, facite ambressa. (Carlo via correndo 2a a destra, poi torna) E bravo D.Giovannino!... Te voglio recrià io lu stommaco! Pecchesto faceva il romantico!... Il poetico!... Va bene!... Carluccio (ritornando) Ecco ccà la chiave! (va allo stipo, apre, e vi mette il fagotto dentro e chiude). È fatto… (mettendo il cappello sul tavolo) Felice (pensando) Benissimo! Oh! Mo avarria trovà nu mezzo pe ne fa scennere nu momento a Da Adelina, a Elvira, a moglierema... a tutte quante...(con rabbia) Ma comme? Comme ne li faccio scennere? Carluccio Guè, Felì, senti, da miezo a la strada, mo che so’ venuto, aggio vista a una affacciata derimpetto a te, fosse la canzonettista? Felice È una bionda? Carluccio Sicuro, co nu bello camice rosa.

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Felice (distratto) E sì, è essa! Carluccio (con interesse) È essa? (corre alla finestra e s’affaccia) Ah! Felì...Felì...quant’è bona!.. Felice (pensando) Comme avarria fa?... Nce volarria na bella trovata... Carluccio (entusiasmato) Felì…Felì…chella, la canzonettista, mi ha reduto nfaccia…! Neh, qua che cos’è? ( guarda di nuovo) Felice Ah!... Benissimo! Ecco trovato!... La canzonettista!...Ecco lo stratagemma!....(s’alza) Carluccio (c.s.) Felì…Felì…chella m’ha salutato! (risponde al saluto con la testa e con le mani) Felice (avvicinandosi piano piano al tavolo) Facenno n’auta calligrafia…sicuro... (scrive) “Mio adorato Totò… Carluccio (c.s.) Neh, ma songh’io o non songh’io? Chella me pare che me sta chiammanno! (guardando) Sissignore!... (fa dei segni) Oh! Sangue de Bacco, e comme avarria fa pe nce j’ nu momento?... No!... Io questa occasione non la perdo! (fa altri segni) Felice (terminando di scrivere) “A te, cuore mio, anima mia, per la vita! Nina”. … Speranzella n.17”…Ecco fatto. (chiude la lettera) D.Carlù…D. Carlù…(s’alza. Più forte) D. Carlù... Carluccio (voltandosi) Chi è?... Felice Venite ccà. Io mo metto sta lettera nterra (esegue) e vuie mettiteve ad alluccà. Soccorso! Aiuto! Cornacchia se n’è scappato! Carluccio E chillo escene tutte quante ccà fore? Felice E io chesto vaco trovanno! Avite da dicere che appena sono rinvenuto me ne so’ scappato. Voi m’avite afferrato, e nella colluttazione m’è caduta chella lettera... (mostrandola) Carluccio (guardando la finestra) Ma…pecchè…Felì, che vuoi fare? Io non aggio capito niente. Felice Lu capite appriesso. Annasconnite chillo cappiello. Carluccio (prende il cappello di Felice e poi lo getta sullo stipone) Felice E mo alluccate. Carluccio Quanno mo? Felice E quanno? Dimane? Carluccio Ah, mbè! Sai che la canzonettista m’ha chiammato? Felice Non è momento de penzà a essa. Alluccate. Carluccio Ma ch’aggia dicere? Felice (annoiato) Aiuto! Soccorso! Cornacchia se n’è scappato!... Carluccio Ah! Sì, sì. Felice E ghiamme! (piano piano va allo stipo e si nasconde) Carluccio (gridando comicamente) Aiuto! Aiuto!...Soccorso!... Cornac-

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chia se n’è scappato!... Se n’è scappato Cornacchia! Va buono accossì? Addò sta? È sparito!...(gridando) Aiuto! Aiuto!... Scena 11 Adelina, Bianca, Elvira e detti, poi Luigi Adelina (dal fondo a sin.) Ched’è, neh, Carlù? Bianchina (dalla 1a a sin.) Ch’è successo? Elvira (dal fondo) Ch’è stato? Carluccio D. Antonio se n’è scappato!.. Le donne Scappato!? Carluccio Sissignore!...Appena è rinvenuto senza dicere manco na parola se n’è scappato!... Adelina Ah!...E tu, stupido, l’hai fatto scappà! (nervosissima) Carluccio Moglie mia, ho fatto tutto il possibile per trattenerlo, ma non ci sono riuscito. Chillo m’è sfoiuto da dinto a li mmane comme a n’anguilla!... E nella colluttazione , l’è caduta chella lettera da dinto a la sacca. Adelina (precipitandosi sulla lettera, la raccoglie e la legge) Vediamo! (Elvira e Bianchina saranno vicino ansiose di sapere) Carluccio Ma state sicure che io l’arrivo! Io lu trovo, non ce pensate! (assicurandosi che le donne non lo vedono corre alla finestra) (La vi’ llà, sta ancora affacciata!... Quant’è bella! (fa dei segni come per dire Aspetta! Aspetta!) No, io nce aggio da j’, muglierema sta occupata per Cornacchia,…chisto è lu mumento!) (va a prendersi il cappello) Io l’arrivo! Io lo trovo!...Non nce penzate! (e via correndo pel fondo) Adelina Ah! (dopo letto) E bravo D. Antonio!...(marcato) Elvira Ma che dice? Che dice? Adelina (leggendo) “Mio adorato Totò. Non dimenticare che ti aspetto alle 4. Fremo pensando alle delizie che proverò nelle tue braccia. A te, cuore mio, anima mia, per la vita. Nina... Speranzella 17”. Elvira Comme? Possibile? Chesto dice la lettera? Adelina Chesto dice. Elvira Ah! Traditore!... Infame!... Teneva na nammurata!...E mo llà è ghiuto! Adelina Non te n’incarricà, Elvì, mo te faccio vedè io che le combino! (suona con vivacità) (Eh, caro D. Felice, se credete di avermela fatta, vi sbagliate, e mo ve lu faccio vedè!). Luigi (dal fondo) Comandate? Adelina Va dinto a chella cammerra, (1a a sin.) va me piglia lu cappiello…subito, pure chillo de la signorina.

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Luigi Subito. (via, poi torna) Bianchina Pure lu mio? Adelina Se capisce! Bianchina E pecchè? Adelina Haie da venì tu pure. Bianchina Io? Adelina No! Tu hai da venì!... (con significato) Tu anze haie da essere la primma a venì! Bianchina Ma pecchè? Adelina Pecchesto!... Ci tengo che mi accompagni. Elvira Che birbante!... Che busciardo!...(si è messa il cappello) Luigi Ecco ccà li cappielle!... (li dà e via, poi torna) Adelina Bravo!... (se lo mette nervosamente) Bianchina (mettendosi il cappello) Ma addò avimmo da j’?... Adelina E non l’hai capito? Dalla signorina Nina, ccà nce sta l’indirizzo. Bianchina E che nce vengo a fa io? Adelina Presto lo saprai. Iammoncenne!... (via pel fondo correndo) Elvira Birbante! Traditore!... (e via appresso. Bianchina la segue) Felice (uscendo dallo stipone. Col pantalone del 1° atto messo, col soprabito sul braccio, abbottonandosi il gilet sul braccio. Caccia la testa piano piano ridendo) Ci sono riuscito, sangue de Bacco! (sarà pettinato come il 1° atto) Lu delore m’è passato pure… Cielo ti ringrazio. (battendo il piede) Niente, niente, passato completamente. Mo volarria Giovannino sotto, lu bi’!... Ma, quanno torna…mo m’aggia da spassà nu poco co mia suocera!... Grandissima vecchia strega!... Me faceva fa la revista per dinto a li sacche! La voglio recrià io lu stommaco. (quando si è del tutto rivestito, suona) S’erano miso d’accordo essa e chillo sconciglio de Luigi. Hanno ditto che me ne vonno caccià a cauce...li voglio acconcià io!... Luigi Comandate?...Oh! Signor ingegnere...(alquanto stupefatto) Felice (lo guarda fremendo) Andate a chiamare la signora Beatrice. Ditele che la voglio io. (passa a destra) Luigi Subito. (Ma è isso o no?) (va in fondo) La vedite ccà, sta venenno. (e via) Scena 12 Beatrice e detto, poi Luigi Beatrice L’acqua calda è fatta…(vedendo Felice gli fa il solito sorriso) Oh! Genero mio, siete ritornato? Felice (La vi’ lloco, la vi’!...Sta vecchia gesuita) ( ridendo a denti stretti e fregandosi le mani con rabbia) Mia cara suocera…vi

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ricordate quando a mare io vi salvai la vita?... Vi ricordate che se non era per me a quest’ora sareste già cadavere?... Ma badate bene...che se non vi ho fatto morire allora... ve pozzo fa murì mo, o cu na siggiata ncape, o ve faccio rusciulià pe tutte li grade! Beatrice Oh! Che dite signore? Felice Che dico? (riscaldandosi) Dico che non posso più sopportarvi, che me so’ seccato de tenè na vecchia dinto a la casa che me fa fa la revista dinto a lu studio, dinto a li ccarte, fino a dinto a li ssacche (azione di Beatrice) e che se mette a ridere quanno me sta avvelenanno! Io so tutto! Voi siete falsa!...Voi mi odiate!... Beatrice (scoppiando) E sì, sì, è overo, è overo! Io ti odio, io ti detesto, io non te pozzo vedè… Io non te pozzo vedè… Felice (al pubblico) Eccola qua!... Questa è la suocera autentica! Beatrice Perché sei un ladro... M’ hai rubato mia figlia!... Sei un ricattatore! E si non t’haggio pigliato ancora a cauce è stato perché mi sono ricordato d’essere una signora e non ho voluto sporcarmi i piedi!... (con grandissimo disprezzo) Felice Oh!... Oh!... Senti, stipone di antico modello!...Senti, corazzata messa fuori combattimento!...Non m’insultare, pecchè io uno caucio che te dongo ncopp’a sta trippa… te la schiatto sa!... Beatrice Guè, non te fa sotto ca te dongo lo calamaro nfronte, sa!!... Felice E vattenne mo proprio! Nun me fa tuccà chiù la nervatura! … Non mi spingere agli estremi! Beatrice Si capisce che me ne vado! Andrò da mio fratello a Firenze e gli racconterò tutto! Ma mia figlia verrà con me!... Carnefice!!... Felice Cu te?... Seh, seh!...Vedremo!... Beatrice Vedremo!...Mo me ne vaco dinto a la cammera mia, me calme primma nu poco, po me faccio lo bauglio e me ne vado! Vedremo! Vedremo poi, quando lo saprà mio fratello il magistrato, se mia figlia resterà con te. Vedremo!... (e via 1a a sinistra, battendo la porta) Felice (con un grosso sospiro) Oh!...È una!...N’aggio sballato a una!...(suona). Mo m’aggio da spassà cu Luigi mo,...me voglio fa venì la recchia mmano!... Luigi Comandate? Felice (correndo da lui e prendendolo per l’orecchio) Viene ccà… Viene ccà!…(lo porta avanti) Luigi Ah!...Signò…vuie me facite male! Felice Zitto! Dimme na cosa,…(senza lasciarlo) Poco primma, nnanze a Da Beatrice hai ditto che si non me pigliava a

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Luigi Felice Luigi Felice Luigi Felice

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cauce essa, m’avarrisse pigliato a cauce tu? (scuotenendolo) Dillo n’auta vota, dillo n’auta vota!... Ah! Signò, stateve sodo!...Sì, sì, l’aggio ditto!...L’aggio ditto!... Ah! L’haie ditto?...E tiene! (tenendolo per il colletto lo prende a calci, facendolo girare) All’arma vosta, stateve sodo!...Ah!... Stateve sodo. (gridando) (sempre a furia di calci lo spinge fuori della porta in fondo, poi parlando verso l’interno) E mo proprio fatte la casciolella e vattenne! (di do) Eh!...Sì, sì, va buono! Po parlammo, lu sa. Quanno vuò tu!... (viene avanti) E doie!...Iammo chi auto nce sta?...

Scena 13 Carlo e detto, poi Adelina, Elvira, Bianca, poi Beatrice, Alessandro, poi di nuovo Carlo, Adelina ed Elvira di nuovo. Carluccio (entra correndo,appaurato, smarrito senza cappello e bastone, gli abiti impolverati, la cravatta disfatta, pallido, i capelli in disordine) Felì…Felì…aiutami...aiutami...(cade sul divano) Felice Ch’è stato, neh, D.Carlù... Carluccio Una rovina... un precipizio!... Io l’aggio ditto, non potrò mai...mai tradire mia moglie!... Felice Ma addò site stato? Carluccio Addò la canzonettista!... Felice Come? Carluccio Sì...la canzonettista derimpetto...Allora allora era trasuto dinto a lu salottino…e steveme parlanno…quando de bello trase Adelina muglierema comme a na furia… Figurati, pe fuì so caduto pe tutte li grade. Adelina (di do) Lasseme Elvì! Lasseme! Addò sta? Addò sta? Lle voglio spaccà la capa!... (col bastone di Carlo ed il cappello) Felice Da Adelì calmatevi... Adelina Quanto a voi, egregio signore, ci vedremo a tempo e a luogo!...Ma addò sta...addò è ghiuto? (via 2a a sinistra.) Elvira Adelì, viene ccà, ma che vuò fa!... (via appresso) Bianchina Felì, tu si’ venuto? Felice (serio) Sì, poco fa,... e mmiezo a la via aggio ncontrato ed ho conosciuto finalmente questo signor Cornacchia,... il quale… (marcato) mi ha parlato di un certo…D. Giovannino.

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Bianchina (Uh! Mamma mia!) (avvilita) Felice Di una scarrozzata che se voleva fare con voi…(avvicinandosi) Bianchina (So’ perduta!) (c.s.) Felice (guardandola comicamente con gli occhi spalancati) Di un abbraccio che vi siete fatto dare… Bianchina (L’ha ditto tutte cosa!...) (c.s.) Felice Disgraziata!... Bianchina Ah! Felice mio, perdoname, io te giuro che sono innocente, chillo m’ha abbracciata all’improvviso… Felice Zitta!...Inginocchiatevi…! Bianchina Sì! (s’inginocchia) Felice Giurate che siete innocente? Bianchina Lo giuro! Felice Giurate che mai più mi parlerete così mazzecato comme a stammatina? Bianchina Lo giuro!... Felice Che non avrete mai sospetti sulla mia condotta? Bianchina Mai! Lo giuro! Felice Riconoscete in me il marito più fedele del mondo? Bianchina Sì, lo riconosco!... Felice Benissimo!...Alzatevi!... Beatrice (irritatissima chiamando) Luigi?...Che vedo?! Mia figlia ai suoi piedi?! Scostati da questo brigante. Alessandro (di do gridando) Signora Beatrice, signora Colonnella! (fuori) Ho saputo il nome del falso Lulù, si chiama Felice Sciosciammocca!... Bianchina (mostrando Felice) Mio marito?! Beatrice (mostrando Felice) Lui?! Alessandro (a Felice) Voi?! (l’afferra pel braccio e gli dà un fortissimo schiaffo. Bianchina gridando trattiene Alessandro che inseguirà Felice. La porta 1a a sinistra si apre violentemente e uscirà correndo Carlo gridando aiuto inseguito da Adelina e si nasconde dietro il divano) Adelina Assassino!…Te voglio spaccà la capa!...Lassateme! (Elvira e Beatrice trattengono Adelina, nella confusione generale, cala la tela) Fine del secondo atto

Atto 3° Medesima scena. Scena prima Nannina e Felice poi Carlo La camera sarà in una mezza oscurità. La finestra è chiusa. Felice è disteso sul divano avvolto in un copertino bianco e dorme. Tutte le porte sono chiuse. Nannina (dal fondo) Stanno dormendo ancora. (viene avanti, vedendo Felice sul divano) Vedite lloco stu povero patrone comme avuta passà la nottata. E D. Carluccio, chill’auto pover’ommo, che ha dormuto dinto a la stanza de pranzo ncopp’’a tavola, …co chisto friddo, chille songhe addeventate duie cicole llà ncoppa!... Vi’ ch’ammoina succedette aieressera! Strille, mazzate, convulsione, Luigino ne l’hanno mannato, nisciuno vulette mangià, all’11 po, se iettene a cuccà tutte quante. La signorina dinto a la cammera soia, Da Adelina dinto a la cammera granata, e Da Beatrice llà. (1a a sin.) Se chiudettene da dinto a chiave e a sti duie povere disgraziate li rimanettene da fore!... (ridendo) Ma mo sarranno sicuro li nove, lu cafè ll’aggio fatto,…mo li sceto. (avvicinandosi a Felice) Signorì… Signorì…Signorì… Felice (svegliandosi e sbadigliando) Ah!...Chi è…chi è?... Nannina Signorì, so’ li nove, ve pozzo portà lu cafè? Felice Ah! Sei tu?...Mamma mia, che dolore de capa…Che ora è? Nannina Saranno li nove. Felice D. Carluccio s’è scetato? Nannina Nonsignore. Vulite che lu vaco a scetà? Felice E sì, va lu sceta, ch’ è tarde. (si mette a sedere sempre avvolto nel copertino e toccandosi la fronte.) Ah!..Nannina! (Nannina va prima ad aprire la finestra e a scena si rischiara, poi via 2a a sin.) Che nottata! Che nottata! Chi si poteva mai credere che lu nnammurato de Giovanna d’Arco era lu zio d’Elvira!... Vedete che pasticcio!... Che mbruoglio ch’aggio

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combinato!!! Avette chillo pacchero io aieressera!... Chi cancaro nce dicette lu nomme mio a chillo, io non lo so!... Eh! Ma co la lettera che l’aggio scritta certamente stammatina me vene a cercà scusa. Nannina (ritornando) Signorì...l’aggio scetato. (ridendo) Pover’ommo!... Si vedite che faccia ianca che tene. Ha ditto che ha fatto la nottata chiara chiara. (ridendo) Felice E già...e tu ride? Nannina Aggiate pacienza, signorì, ma chillo è curiuso overo!... Basta, io vaco a piglià lu cafè. Felice Va, va, fa ambressa, che tengo la vocca amara manco lu fele. Nannina Mo ve servo. (via fondo a sin. pausa) Carluccio (dalla 2a a sinistra, pallidissimo, avvolto in un lungo tappeto da tavola che gli nasconde le mani, un grosso fazzoletto legato in testa, cammina lentamente, stanco, abbattutissimo, sfinito. Viene fuori senza parlare tremando dal freddo). Felice (vedendolo) (Mamma mia! Lu spireto!...Vide a chillo che à combinato!) Carluccio Felice mio…questo significa menà accidere nu pover’ ommo!... Tengo li rine rutte! Nun aggio potuto chiudere uocchie tutta la nottata… (siede al divano vicino a Felice, di faccia al pubblico) La caduta che pigliaie mmiez’ a li grade de la canzonettista, na nuttata ncoppa a na tavola…e io dimane so’ muorto!...Co chillo friddo che faceva stanotte…(starnuta) Lu bi’!... Già aggio pigliato lu catarro!... Io mo m’avarria da piglià na cosa calda e avarria sta cuccato tutta la jornata! Felice Chella mo nce porta lu cafè e nce scarfamme nu poco. Carluccio Eh! Si’ arrivato!...Po, fra le altre cose, sto diuno da aiere matina all’otto, aiessera nun avimmo magnato...e tengo, na famma mo, Felice mio, che non puoi credere!... (lamentandosi) Ah! Li rine, li rine!... Oh! Ma famme capì, tu mo comme faie co D. Alessandro, ritieni che chillo stammatina torna ccà! Felice Lo so, lo so che torna, e tornerà per farmi le sue scuse. Carluccio Come si intende? Le scuse? Felice Se capisce!... Fra mezz’ora, tre quarti d’ora al più, il maggiore D. Alessandro Folgore mi verrà a domandare scusa e mia moglie si butterà per la 2a volta ai miei piedi. Carluccio Felì tu che dice?...Doppo chella ammoina che succedette... Felice Doppo chell’ammoina che succedette, mia moglie ed il maggiore, mi verranno a chiedere scusa. Ma vuie ve credite

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che io me ne so’ stato calmo calmo come a buie? Per vostra regola io ho lavorato ieri sera, ho messo un parafulmine e posso aspettare contento la tempesta!...Caro D.Carluccio, ad estremo male, estremo rimedio!... Carluccio Ma che hai fatto? Felice Aieressera all’11, aggio scritto na lettera a lu maggiore, che a quest’ora avrà certamente ricevuto, e mi sono salvato completamente. Carluccio Neh?...Oh! Pe me che hai pensato? Bada che si me trovo dinto a stu mbroglio è stato per causa toia. Felice Pe causa mia? Carluccio Se capisce. Pecchè si tu non mettive chella canchera de lettera nterra, muglierema addo la canzonettista non nce ieva, e non me ncocciava!... Perciò, pensa tu a salvarmi mo, miette nu parafulmine pure pe me!... Io stanotte, verso li doie, so’ ghiuto a bussà vicino a la porta de moglierema, aggio ditto chesta mo arape, me vede in ginocchio, pentito, in questo stato, ne avrà compassione e mi perdonerà. Addò!...Aggio tuzzuliato doie o tre vote ma nessuno m’ha risposto!... Felice E perchè avete fatto questo?...Perchè volevate domandare perdono? Per vostra regola con le donne non si confessa mai. Carluccio E già, tu si’ nu bello tipo. Come dovevo giustificare la mia presenza in casa della canzonettista? Felice Aviveva da dicere ch’ireve iuto appressio a D. Antonio Cornacchia. C’era na scusa chiù bella de chesta? Quanno la vedite stammatina, l’avite da dicere: Moglie mia, io era corruto appriesso a D. Antonio e l’avevo ncocciato ncoppa a la casa de la canzonettista, ma tu sei entrata come una furia, ed io per evitare uno scandalo me ne so’ foiuto. Carluccio È ovè? Credi che sia una buona scusa? Felice Magnifica, se l’ha da credere a forza. Scena seconda Nannina e detti, poi Adelina Nannina (con un vassoio con due tazze con caffè) Signorì, lu cafè. Felice Ah! Bravo, miette ccà! (prende una tazza, Carlo un’altra. Nannina lascerà il vassoio sul tavolo) E poi (sorbendo il caffè) quando le dicite chesto, v’avite nfocà, avite da fa l’ommo, avite da alluccà: E tu poi mi credi uomo di questo?... Io non voglio che tu hai questi sospetti su me! Cattera!... E

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se tocca, rompete qualche cosa, sbattite na seggia nterra!… Così date più importanza. Carluccio Ah! Neh? Pozzo rompere qualche cosa? Felice Si capisce. (di do campanello) Va arape, va arape, fosse D.Alessandro. (Nannina via poi torna) A proposito, voi poi non sapete che me steva combinanno D.Giovannino lu segretario? Carluccio Che te steva combinanno? Felice S’era miso a fa la corte a moglierema, e l’ho sorpreso proprio quando la steva invitanno a farse na...passeggiata co lui in carrozza. Carluccio Oh!...E ch’haie fatto, ne l’hai cacciato? Felice Pe mo aggio dato ordine a lu guardaporta che non lu facesse saglì cchiù, e po quanno lu ncoccio mmiezo a la strada lu voglio fa fa marenna. Nannina (ritornando) Signorì è lu barbiere. Felice Ah! Sì, fallo trasì dinto a lu studio. Nannina Va bene. (via pel fondo poi torna) Felice (alzandosi e mettendo la tazza nel vassoio sul tavolo) E io che le voleva aumentà pure la mesata!... Sempe che lu incoccio! Dunque voi mo, avete capito? Voi non dovete mostrarvi pentito, sottomesso, avvilito... Vedete comme faccio io. Co chisti mbruoglie che so’ succiesse, con quel chiasso che succedette aieressera, che cosa faccio io?... (calmo) Me vado a fare la barba!... (via 2a a destra) Carluccio (sorbendo ancora il caffè, s’alza e viene in mezzo) È inutile! Non c’è che dire, è un grand’uomo!... La pensata che ha fatto è stata bona, e intanto io non nce ero iuto a l’idea… (Nannina esce, e vedendo Carlo parlare solo, ride fra sé) Mo che Adelina esce, le dico: Io non voglio che tu hai sospetti su me!... Io non voglio… (accorgendosi di Nannina che ride, la guarda un poco – poi seguita) Io non voglio che tu dubiti del mio affetto,…perché io sono un marito…(guarda Nannina c.s.) Io sono un marito che adora la moglie!...E quando... (Nannina c.s.) Sa, nennè, me staie toccando li nervi! Sei scostumata e screanzata!... Nannina Pecchè signorì? Carluccio Pecchè è mez’ora che staie redenno da lloco dereto, io me ne so’ accorto, hai capito? Nannina Ve sbagliate, io sto ccà, sto aspettanno che ve fernite de piglià lu cafè, pe me portà li tazze. Carluccio Nun mporta! Nun te n’incarricà, quanno me l’aggio pigliato chiammo io a te!

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Nannina Va bene. (lo guarda un po’ poi via ridendo) Carluccio Eh!.. A la faccia de mammeta, sì!... M’ha fatto scordà che stevo dicenno. (ricordandosi) Ah! (mette la tazza nel vassoio sul tavolo e viene nel mezzo) Io non voglio che tu abbia sospetti su me! (starnuta) L’aggio pigliato lu catarro! (Adelina esce dalla 2a a sinistra, e si mette a sentire) Io non voglio che tu hai sospetti su me!...Io non voglio che tu dubiti del mio affetto!... Perché io sono un marito che adora la moglie! …(continua con altre parole, poi nel fare un gesto si volta e vede Adelina seduta al tavolo) Oh, Adelì, tu stavi qua?... Hai dormito bene?... Adelina Magnificamente. Carluccio Adelina…senti…io ti giuro… (commosso) Adelina (fermandolo col gesto) No, no, no, ve prego, stateve zitto, non vi domando nessuna spiegazione.... Carluccio Ma ti volevo dire… Adelina (assai calma) Niente, niente... Oggi partiremo, ed arrivati a Roma, voi andrete a dormire alla clinica ed io a casa. Non credo che, dopo quello che c’è stato, pretendete dormire a casa con me. Carluccio Ma che nc’è stato? Ma tu credi ancora che se io sono andato in casa di quella donna è stato per qualche cosa di male?... Io ci sono andato pecchè correvo appriesso a D. Antonio Cornacchia che se n’era scappato appena rinvenuto! Lu ncocciaie llà, e mentre le steva dicenno che se ne fosse tornato co mmico, trasiste tu, comme a na furia… e chi sa che cosa hai creduto... (gridando comicamente) Ma io non voglio che tu hai sospetti su me!... Io non voglio che tu dubiti del mio affetto!... Io ti voglio bene, cattera! (prende il vassoio con le tazze e lo sbatte con forza sul tavolo). Adelina All’arma de mammeta! Che paura m’ha fatto mettere!... Ma tu fusse asciuto pazzo? Che te cride che staie a la casa toia? Carluccio Non te n’incarricà, lasceme fa! (Felice ha detto che pozzo rompere quacche cosa.) (ripigliando il tono di prima) Hai capito?...Io sono nu marito che adora la moglie!... E quando t’ho visto venire in quella casa, per evitare uno scandalo, per non farti sospettare niente…me ne so’ scappato. (starnuta) Lo vedi che catarro m’hai fatto prendere? Adelina (È tutta na storiella che l’ha suggerito D. Felice, pecchè isso non sarria stato capace d’inventarla.) Ah! Dunque lu fatto accossì è ghiuto? Carluccio Se capisce! (Se l’ha creduto, se l’ha creduto, sangue de Bacco.)

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Adelina Ah!... Mbè…D. Antonio steva llà ncoppa? Carluccio Già! E l’ho visto io, sa!!! Adelina L’avite visto?... Carluccio Sicuro! Adelina (sempre calma ed ironica) Allora, secondo voi, stu D. Antonio Cornacchia esiste? Carluccio Come s’intende? Adelina Ah! No, niente, na cosa mia. (suona) Carluccio Che faie? Adelina Niente…nun lu vedite?...(c.s.) Sto sunanno lu campaniello! Carluccio (E grazie de la notizia!) Scena terza Nannina e detti Nannina Comandate. (ad Adelina) Ben levata, signorì. Adelina Grazie. Famme ’o piacere, Nannì, dinto a la cammera addò aggio dormuto, c’è il cappello ed il bastone del signore, portatele ccà. Nannina Subito. (entra 2a a sin. guardando Carlo e ridendo, poi torna) Carluccio (Embè, va a fenì che io sciacco a chella guagliona!) Neh, pecchè vuoi lu cappiello e lu bastone mio? Adelina (calma e sorridente) Non l’avete capito? Carluccio No! (starnuta) Adelina (c.s.) Io non vi ho domandata nessuna spiegazione, voi per forza me l’avete voluta dare, e siccome sono donna, vale a dire,... curiosa, v’ho mandato a prendere lu cappello e lu bastone per farvi andare a prendere a sto D. Antonio Cornacchia e portarlo qua!... (azione di Carlo) Nannina (tornando) Ecco ccà lu cappiello e lu bastone. Adelina Grazie. (pigliandoli) Fammi il piacere adesso, sbarazza il signore di quella roba. Pigliate chillo fazzoletto, chillo tappeto… Nannina Sissignore. (va da Carlo ridendo) Carluccio Mbè, nennè, te dongo nu schiaffone che non sai che cos’è!... Tiene ccà. (levandosi il tappeto) Nannina Ma vuie ch’avite combinato? Vuie me parite la vecchia ’o carnevale!... (pigliandosi il fazzoletto ed il tappeto e via 2a a sin. poi torna) Adelina (s’alza e gli dà cappello e bastone) A voi. Carluccio Ma…moglie mia…io mo addò lo trovo? Adelina E che ne so!... (marcato) L’avite da trovà!!! Andate a vedere dalla canzonettista.

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Carluccio E se non nce sta? Adelina Iate vedenno pe tutta Napule…e non vi ritirate se non mi portate D. Antonio qua!!.. (marcato. Nannina risorte, prende il vassoio con le tazze e via pel fondo guardando Carlo e ridendo. Questi la guarda impaziente) Carluccio Ma vedi…io sto stanco… Adelina Niente!...Non tornate senza D. Antonio!...(scioglie a sin.) Carluccio (E comme la combino? Potesse avvisà a Felice? (poi come colpito da un’idea) Ah! No! Statte! Aggio fatto la penzata!) (si mette il cappello con forza e dirà risolutamente) Ebbene, sì!... Vado!... Lo vado a pigliare!.. Perché vedo che tu sospetti ancora! (va in fondo e resta sotto la porta, presso lo stipo) Ed io non voglio che tu sospetti di me! (gridando come prima) Io non voglio che tu dubiti del mio affetto!... Non voglio! Sangue de Bacco!... (dando un pugno con forza allo stipo) Non voglio!...(altro pugno e via pel fondo. Ai due pugni di Carlo lo stipone si apre e si vedranno gli abiti di Cornacchia lasciati da Felice al 2° atto) Adelina (guardando nello stipo) Ma che vedo!...(corre allo stipo) Ma sicuro!...(prende gli abiti e viene avanti) Chiste so’ li panne che teneva ncuollo il caro D.Antonio Cornacchia?... (con un grido di vittoria) Ah!...Finalmente!...L’ho scoverto!... Ma se io n’era sicura che non esisteva! (guardando i panni) Sissignore, lloro so’!...E bravo D.Felice! E mio marito come lo seconda bene!...Ha ditto che lu jeva a piglià... (ridendo) Voglio vedè a chi porta ccà!...Sti panne mettimmole n’auta vote ccà dinto. (rimette gli abiti nello stipo e chiude) Mo m’aggio da spassà nu poco, mo!... Scena quarta Bianca e detta, poi Beatrice, poi Nannina, poi Alessandro Bianchina (dalla 2a a sin. esce nervosissima) Buongiorno Adelì. (siede al tavolo) Adelina Buongiorno. (le va vicino) Hai dormito bene? Bianchina (pausa, guardandola) Che dormì, Adelì, ch’addimmanna me faie!... Aggio fatto la nottata chiara chiara a passià pe tutta la stanza. Era mariteme, capisce, era mariteme il falso Lulù, era isso lu nnammorato di Giovanna d’Arco, l’amante del maggiore! Era isso, chillo svergognato! Beatrice (dalla 1a a sin. Nervosa) Oh! Da Adelì, buongiorno! Adelina Buongiorno, signora. Bianchina (alzandosi ed abbracciando la madre piangendo) Ah! Mamma mia cara cara!...

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Beatrice Te lo diceva io!... Mo che t’avarria fa? Non volete mai sentire a chi è più vecchia. Bianchina Ma pecchè m’ha fatto chesto?... Io lu voleva tanto bene. (ritorna a sedere) Beatrice Non te n’incarricà, questa sera partiremo subito per Firenze, tu nun nce haie da sta chiù vicino a st’assassino. Nce ne jammo llà, addò frateme, e lui penserà a darti tutta la soddisfazione. Io non ci voglio più parlare con quel lazzarone, con quel villano!...Aiere, n’auto poco, veneveme a li mmane, ed io sono una donna d’età, e non posso avere queste emozioni. Nce ne jammo llà e starramme coiete tutte li doie. (campanello di do) Adelina Ma nonsignore, addò avit’ da j’, cheste so’ cose che s’acconcene. Mo nce parlo io e finirà tutto facendo pace. Beatrice Pace?... Da Adelì, ma voi scherzate, nuie non lu volimmo vedè manco pittato chiù. Nannina (dal fondo) Signorì, è venuto lu maggiore, D.Alessandro Folgore. Bianchina (s’alza appaurata) Uh! Mamma mia... addò sta Felice, chillo me l’accide! Beatrice E farria buono! Adelina Ma no, non te mettere paura. Beatrice Fallo trasì. Nannina Favorite, maggiore. (e via) Alessandro (con aspetto affaccendato, salutando) Colonnella! (a Bianca) Signora... (ad Adelina) (guardando intorno) Ma dov’è vostro marito?...Dov’è Sciosciammocca? Bianchina Maggiore, per carità, pensate che mi dareste un gran dolore…non me lo toccate!... Io adesso lo faccio venire, vi faccio domandare scusa... Alessandro A me?... Ma sono io che devo domandargli scusa! Bianchina Adelina Come? Beatrice Alessandro Certo!... Perché non è lui che ha avuto…contatto con Giovanna d’Arco! Bianchina Non è lui? Beatrice Come!... Alessandro Non è lui!...Questa mattina alle otto ho ricevuto una lettera, eccola. (la caccia) Sentite. (legge) “Egregio Sigr. Maggiore, non accusate più il signor Felice Sciosciammocca. Il falso Lulù sono io. Profittando vilmente della mia somiglianza con questo signore…” (lasciando di legge-

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re). Perchè pare che questi due si somigliano in un modo spaventevole. Bianchina Sicuro. Alessandro Dunque (legge) “Profittando vilmente della mia somiglianza col signor Felice Sciosciammocca, davo ad intendere che ero lui alla buona Giovanna d’Arco… Ma l’ora della responsabilità è suonata. Il signor Sciosciammocca ha moglie, e non voglio compromettere un innocente. Capirete che dopo simile confessione non sono più degno della mano di Elvira vostra nipote. E comprendendo tutto il male che ho fatto, non accusate nessuno della mia morte. Quando leggerete la presente avrò fatto giustizia di mia propria mano. Un bacio ad Elvira ed un ultimo saluto a voi. Antonio Cornacchia” Adelina (Mamma mia e che mbroglione!) Bianchina Ma comme, D. Antonio s’è acciso? Alessandro (mostrando la lettera) Eh, è chiaro! Bianchina Ma allora Felice è innocente? Ah! Lo sapeva! Lo sapeva!... Beatrice E vostra nipote? Alessandro È a casa che piange e si dispera!... Beatrice Povera figlia!... Alessandro Oh! Ma ha fatto bene a suicidarsi, altrimenti l’avrei ammazzato io!... Scena quinta Carlo e detti, poi Felice Carluccio (dal fondo, fingendo aver premura) Signori!...Dove sta mia moglie? (vedendola) Ah!...Io sto qua…mo proprio ho lasciato D. Antonio Cornacchia! Tutti (con un grido) Eh!?!! Alessandro (a Carlo) Che avete detto? Carluccio Che mo proprio ho lasciato a D. Antonio Cornacchia. Alessandro Cornacchia? Antonio Cornacchia? Carluccio Sicuro. Adelina (ridendo fra sé) (E chesta nce mancava mo!) Carluccio Io era sciso pe lu j’ trovanno, appena so’ asciuto fora lu palazzo l’aggio visto che steva fermato vicino a lu cafè... capirai, questa volta non me l’aggio fatta fa, le so’ curruto vicino, ll’aggio afferrato pe lu vraccio: “No, mo non me scappe chiù, mo hai da venì ncoppa mo! Isso non voleva venì, io lo tirava e gli faceva capire in che posizione infame mi aveva messo con mia moglie. Basta lu faccio trasì dinto a lu cafè e l’ho

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obbligato a scrivere questa lettera. (la caccia) È scritta a lapis, tanto per non perdere tiempo. (la dà ad Adelina) Tiene ccà!... (L’ha scritta lu cammariere de lu cafè!) Alessandro Ah! Ma chesto è forte, sapete. Leggete signora Adelina (leggendo) “Signora Adelina, avrei voluto attestare a viva voce l’innocenza di Carluccio, ma sono obbligato a partire di premura per Casoria, (azione di tutti) chiamato da mia moglie malata e dalla voce dei miei sette figli. Vi saluto. Antonio Cornacchia”. (lo guarda sorridendo fra i denti) Alessandro Sette figli?... Beatrice Ammogliato?... Carluccio (Se l’hanno creduto, sono salvo!) Alessandro Ma allora perché a me mi ha scritto che si era ammazzato? Carluccio Chi? Alessandro Cornacchia. Carluccio Cornacchia? Cornacchia v’ha scritto che si era ammazzato? Alessandro Sicuro, ecco la lettera…“non accusate nessuno della mia morte…ecc.ecc.” Carluccio (fra sé, pietrificato) (Uh! Aggio fatto lu guaio!... Chesta è la lettera che l’ha mannato Felice.) Alessandro Dunque mi ha preso in giro?...È vivo, è ammogliato, ha sette figli, e faceva la corte ad Elvira, ed era lui l’amante della mia Giovanna d’Arco? Benissimo!...Signore, (a Carlo) a che ora parte? Carluccio (inceppato) E…che so…me pare che ha detto alle 11… Alessandro Alle 11?.. (guarda l’orologio) Sono le 10 meno 20. Abbiamo ancora tempo! Signore, accompagnatemi. Carluccio Addò? Alessandro A la stazione. Aspetteremo insieme questa canaglia, questo vile di Cornacchia!... Voi lo conoscete meglio di me. Carluccio Ma vedete… Alessandro (pigliandolo per il braccio) Niente! Io non vi lascio finchè non me l’ avrete messo nelle mani... Andiamo!... Adelina Bravo! Non lo lasciate se non trova Cornacchia! Carluccio (E io comme faccio mo!) Alessandro Andiamo…venite… (tirandolo) Carluccio (Chillo cancaro de Felice addò sta?) Alessandro Venite!... Chè voglio prendermi la pelle di quel vigliacco!... La pelle!... La pelle!... Carluccio (Chisto mo me fa isso la pelle a me!) Alessandro Andiamo!...Signora, fate le mie scuse a vostro marito. (a Carluccio) Andiamo! Carluccio (Eh! Cielo mannammella bona!) (viano pel fondo)

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(ridendo) Ah!Ah!Ah!... (Ave voglia d’aspettà lu maggiore!) Ah! Ah!Ah! Bianchina Pecchè ride? Adelina Perchè maritemo mo se trova nu poco imbrogliato a trovare il signor Cornacchia, e questa sarà la sua punizione pe chello che ha fatto. Beatrice Oh! Ma scusate…pecchè se trova mbrogliato? Adelina Perchè, vi ripeto per la millesima volta, che D. Antonio Cornacchia non esiste! Bianchina Pecchè è muorto? Adelina No!... Pecchè non è stato mai vivo!... Beatrice Uh! E io mo perdo la capa! Bianchina E chi te capisce! Adelina Non me capisce?... Mo te lu faccio capì de n’auta manera. (guarda intorno, poi va a suonare) Mo te faccio vedè come tuo marito ti confesserà lui stesso che questo Cornacchia era isso in persona. Adelina

Scena sesta Nannina e dette, poi Felice Nannina Comandate?... Adelina Nannì, vieni qua, se D.Felice te chiamma e vo’ sapè se è venuto il maggiore, tu dille che no, che ancora ha da venì. Nannina Va bene. Adelina Nuie avimmo da fa na pazzia cu isso, hai capito? Nannina Ah!...Va bene, non dubitate. Adelina (vedendo venire Felice) Zitto!...Sta ascenno ccà fora. Beatrice D. Felice? Adelina Sissignore. Beatrice Non lo voglio vedere. (via subito 1a a sin.) Adelina Iammoncenne dinto nuie pure, mo te dico chello che hai da fa. Bianchina Comme te piace de perdere lu tiempo. (entra 2a a sin.) Adelina Non te n’incarricà, cammina. Nannì, te raccomando, non ridere sa? (via appresso) Nannina Non nce penzate. (finge di mettere in ordine la camera) Felice (uscendo) Nannì, D.Carluccio addò sta? Nannina Nun saccio signorì, me pare ch’è asciuto. Felice Sai se è venuto D.Alessandro lu maggiore? Nannina Nonsignore. (e via) Felice E comme va, mo nce vo’ poco pe li 10. A chest’ora lu maggiore già avarria avuto da sta ccà e farmi le scuse.

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Forse lu fattorino de la posta ha tardato a ce purtà la lettera. Quanno lu maggiore è venuto e m’ha cercato scusa, tanno te faccio vedè cu muglierema. La voglio fa sta addenocchiata mez’ora! Accossì se mpara a mme fa passà la nuttata ncopp’a nu divano. Scena settima Bianca e detto, poi Adele e Beatrice Bianchina (esce sorridente) Ah! Felì, stai ccà? Felice (Essa!...È arrivata troppo ambressa!) Bianchina Stammatina credo che farraie colazione con noi? (sempre sorridendo) Felice Oh…Si capisce…(E che vo’ dicere stu cambiamento?) Bianchina Si sapisse aiere comme simme state brutto senza te, (s’avvicina e l’abbraccia) che saccio, quanno tu manche de la casa, chella jornata sto accosì afflitta, sto tanto de malumore che tu non può credere. Ch’ aggia fa, Felice mio, te voglio tanto bene, (controscena di Felice che si meraviglia sempre più) e te volarria tenè sempe, sempe vicino a me, a core a core…comme stamme mo. Felice (E io mo esco pazzo!) (escono Adelina e Beatrice e fanno capolino) Bianchina Felì, ma che hai, pecchè me guarde accossì,… mo è fenuto tutte cosa, avimmo fatto pace…(azione di Felice) Nun te sta accossì... (sorridente e con finta passione) Me vuò dà nu bacio? Felice Nu bacio?... (confuso) Bianchina Sì, ccà, nu bello bacio. (porge la guancia) Felice (Neh, ma io sto dormenno o sto scetato?) Vuoi nu bacio?... (non sapendo cosa dire) Con piacere! (la bacia) Bianchina No!... Accossì no!... Non lo voglio accossì!... Me l’ haie da dà bello, forte forte, comme me l’haie dato stanotte! Felice (allontanandosi con un grido) Eh?!... Io?!... Io stanotte t’ho baciata?.. Bianchina, bada a quello che dici!... Bianchina Eh!…Comme…m’hai dato certi baci così belli, così caldi, così forti... che me pare de li sentì ancora! (toccandosi le guance) Felice (fremendo) Bianchina…Bianchina... tu vuoi scherzare…tu non stai dicendo sul serio?... Bianchina No, seriamente te dico. Doppo fatto pace, me sì venuto a bacià. Felì, vattenne, vuò fa vedè che non te ricuorde. Felice No!... Bianchina mia, te lo giuro,... non mi ricordo... e te prego... (spalancando gli occhi) fammene ricordare...

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fammene ricordare...rinfrescami la mente!...(passandosi la mano sulla fronte) Bianchina (maliziosamente) Ma comme…non te ricuorde... che stanotte… Felice (con ansia) Stanotte?... Bianchina Verso l’una, l’una e mezza… Felice (c.s.) Mbè?... Bianchina Hai bussato vicino a la porta mia…ma io non te volevo arapì, pecchè me so’ ricordato de chella femmena…chella tale Giovanna d’Arco… Felice (c.s.) Mbè, e poi…? Bianchina E po…tu haie seguitato a bussà…(facendo il gesto con la mano) Po, po, po! E po m’haie ditto cierti parole accossì doce, accossì aggraziate,…che non aggio potuto chiù resistere, me so’ menato d’’o lietto… Felice (subito) E po? Bianchina E t’aggio apierto!... Felice (con affanno) E... io? E io?... Bianchina E tu si’ trasuto! E m’haie abbracciata, e m’haie dato cierti bace che non me li pozzo chiù scordà! (tutto ciò sarà detto con grande espansione) Felice (scoppiando) Ah! Bianchina!... Bianchina, dimme ch’è stato nu suonno che t’haie fatto!... (pigliandola per mano) Bianchina Ah! Felì, tu me faie male!... Ch’è stato? Felice Ch’è stato?... È stato che stanotte non sono stato io che ho fatto... po, po, po!!!... (con significato) Non sono stato io che ho bussato!... Bianchina Comme?... Felice No!... Perchè io stanotte sono stato llà sopra, capisci, su quel divano, e non ho chiuso occhio tutta la notte!... Bianchina Tu che dice?... E chi è stato allora? Felice E io che ne saccio!!! Bianchina Uh, mamma mia!... E comme se spiega che non me ne so’ addonata?... Io aggio appicciata pure la cannela e aggio visto che ire tu,... tu proprio! Felice Silenzio, che non è possibile! Bianchina (guardandolo attentamente negli occhi, lo fissa un poco, poi gettando un grido e portandosi le mani al viso) Ah!... Aggio capito!... È stato ….Ah! Ce so’ caduta n’auta vota!... (siede al tavolo col viso tra le mani) Felice (correndole vicino) Chi è stato? Dimme chi è stato?... Bianchina (con finto pianto) È stato D. Antonio Cornacchia!.... Felice (gridando) Che D. Antonio Cornacchia!!!...Cornacchia non esiste, sono io che l’ho inventato!!

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Bianchina (alzandosi di botto) Ah!...Benissimo! Svergognato che si’!... Beatrice (avanzandosi) Imbroglione, traditore!... Adelina D. Felì, arreparate mo! (ridendo) Felice Perchè? Che significa questo? Bianchina Significa che si’ nu mbroglione, che tutto chesto che t’aggio ditto non è niente vero, l’aggio fatto apposta pe te fa confessà a te stesso che stu D. Antonio Cornacchia non esiste!... Felice Come?... Bianchina Sì! Sì!... Io e Adelina nce simme mise d’accordo e finalmente t’avimmo fatto cadè! Assassino!... Felice (vedendosi avvilito subito si risolve) Ma...Stupide che siete, non ve ne accorgete che sono io che faccio apposta!... (gridando) Per vostra regola D.Antonio esiste!... Adelina Sicuro!...Ed esiste anche il vestito!...(corre allo stipone l’apre e ne prende gli abiti di Felice del 2° atto) Eccolo qua!... Felice (al colmo dell’avvilimento) (Sangue de Bacco! Lu vestito llà dinto!...Steteve bene!!) (cade sul divano) Bianchina Che rispunne mo?... Beatrice Negatelo adesso!... Felice (Aiutateme!) Beatrice Sappiamo noi quello che ci resta da fare. (a Bianchina) Cammina dinto. Bianchina Svergognato! Traditore che si’! (e via 1a a sin.) Beatrice Ah! Siete stato voi che l’avete inventata sta mbroglia. E siete un gran porco!... (via appresso) Adelina (ridendo) Ah! Ah! Ah! Felice (la guarda con rabbia) Signò…ve facite la resella?...Signò, io se vi accido è poco!... Avete giurato di vedermi distrutto e ci siete riuscita!... Io volarria sapè che male v’aggio fatto che me perseguitate tanto! Adelina A me???... No! Lo facevate a delle amiche che voglio bene chiù de la vita mia!... Felice Ah, neh? Tutta sta collera ch’avite dato a muglierema l’avete fatto pecchè la volete bene? Adelina Si capisce, pecchè l’aggio fatta scoprire il vostro tradimento. E po chella è collera momentanea, pecchè mo vaco dinto, acconcio tutte cosa e ve faccio fa pace. Felice Sicuro. Comme sta chella, facimmo pace. Adelina Nonsignore fa pace. Basta prometterle che non facite chiù pazzie, e non facite chiù risuscità quel famoso D. Antonio Cornacchia. Noi altre donne, abbiamo tesori di bontà!...

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Felice

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Basta na parola...Mo vado io e accomodo tutto, vi farò subito perdonare. (via 1a a sin.) Puozze passà nu guaio, va!... Vi’ che nce teneva chesta ncuorpo! Chella mo, sta eccitata de chella manera piglia e me perdona! Vulesse lu cielo! Scena ottava Carlo e detto, poi Bianca e Adelina

Carluccio (dal fondo, senza vedere Felice) Cu na scusa aggio lassato lu maggiore e me ne so’ scappato, io da do’ lu piglio stu cancaro de Antonio Cornacchia!...(vedendo Felice) Guè Felì!... Mannaggia ll’arma de mammeta, a te, a D. Antonio, e chi non te lu dice. Me staie facenno passà chisti guaie da che so’ venuto dinto a la casa toia! Felice No, voi avete messo l’inferno nella mia casa. Vostra moglie non ave chiù comme me sfruculià!... Poco primma tanto ha studiato che finalmente m’ha fatto cadè e mi ha fatto confessà che Cornacchia non esiste. Carluccio Eh!?... Tu che dice? Ce l’haie ditto tu stesso? Felice Perfettamente. Carluccio Uh, mamma mia, e comme te vene ncapo. Io l’aggio ditto che Cornacchia esisteva, che l’aggio visto ncopp’ addò la canzonettista, m’aggio fatto scrivere na lettera e aggio ditto che l’ha scritto isso!... Felice E avite fatto buono!... Carluccio Uh! E io comme faccio mo? Mannaggia lu mumento che so’ venuto dinto a la casa toia. Felice Overo!... Basta, venite ccà, facimmo nu tentativo, vedimmo si accossì pozzo fa pace cu muglierema e po acconcio pure a buie. Iammoncenne dinto a lu studio è più naturale. Carluccio Eh, Cielo, aiuteme tu! (viano 2a a destra, poi faranno capolino) Bianchina Niente, niente, Adelì, non insistere che non ne ricave niente. So’ decisa, me voglio spartere, non lu voglio vedè chiù!... Adelina Ma vattenne, che spartere e spartere. L’ hai da perdonà invece. Si tutte li mugliere tradite se volessero spartere, allora matrimonie non se ne farriano chiù. Chillo m’ha giurato che nun lo fa chiù e che te cerca scusa. Se sa, tutti i mariti fanno li scappatelle, e po ritornano affezionate comme a primma. (Felice e Carlo faranno capolino) Bianchina Oh! Ma famme capì, tu, a maritete, lu perdunarrisse?

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Adelina Certamente. (azione di gioia di Carlo) Cu lu paliatone ch’avette aiere, cu la nottatta che ha passato ncopp’a na tavola e cu la paura che s’ha miso cu lu maggiore, sono sicura che non se mette a chisto rischio n’auta vota. Carluccio (A chi? Addò?) Bianchina E lu perduone? Adelina Se capisce. Bianchina E allora è segno che lu vuò ancora bene, ma io no, io nun lu pozzo chiù vedè a Felice, io l’odio, l’odio, l’odio!... (siede piangendo) Adelina No! Bella mia! Chesto non è odio! Questo è ammore! È gelosia!.. Felice ( Iate, D. Carlù, chisto è ’o momento.) (e si ritira) Carluccio (viene avanti) Ah! Mamma mia! Che disgrazia! Che disgrazia!... Adelina Ch’è stato? Bianchina Ch’è succieso? Carluccio (con voce strozzata) Felice…Felice…non ho la forza di dirlo. Bianchina Parlate…ch’ è stato? Carluccio Felice, disperato che voi non volete perdonarlo…ha aperto lu balcone…e s’è menato abbascio! Bianchina (s’alza al colmo dello spavento) Ah!!!... Felice mio!...(via correndo nella 2a a destra) Adelina E pecchè ha fatto chesto? ( p.a.) Carluccio Viene ccà, aspetta, questa è stata una finzione pe la fa j’ dinto e pe li fa fa pace! Adelina Non è overo? Carluccio Nonsignore. Adelina Puozze scolà, tu e isso!... Mo moro!... Carluccio Vieni qua, abbracciami, Adelina mia, è vero che m’hai perdonato? Adelina Sìssignore, vi ho perdonato, ma n’auta vota che lu facite… Carluccio No! Mai più! Te lo giuro. Scena ultima Bianchina e Felice, e detti, poi Alessandro, poi Beatrice (uscendo abbracciato con Bianchina) Sì, sono stato io che ce l’ho detto per farti venì da me ed essere perdonato. Bianchina Mammamia, mo moro de la paura!... Carluccio Avete fatto pace? Bianchina Sì pecchè lu voglio troppo bene e m’ha giurato che non lu fa chiù. Felice

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Adelina Benissimo!... Alessandro (di do) È permesso? Carluccio Lu maggiore!... (scappa nella 2a a sinistra e fa capolino) Bianchina Avanti, avanti. Alessandro (entrando e salutando in fretta) Signori!... (poi ad Adelina) Non è venuto qui vostro marito? Adelina No, qui non c’è. Alessandro Non c’è?...Sta bene! Grazie!... Andrò io solo! Andrò io solo a Casoria, ed allora sarò contento, quando vi porterò la pelle del sig. Cornacchia! A rivederci!... (via correndo) Felice (E va, ca mo lu truove!!) Beatrice. (dalla 1a a sin.) Che vedo! Abbracciata con lui. Bianchina Sì, mammà, l’aggio perdonato e resto cu isso. Beatrice Ah! Te si’ fatta mbroglià n’auta vota da li chiacchiere soie? Peggio per te! Questa sera partirò io sola! Felice (E ci fai immenso piacere!) (fra sé) Carluccio Felì, haie visto muglierema col repertorio di Scarpetta che ha saputo fa? Felice Stateve zitto, nun me lu facite sentere chiù stu nomme. Da oggi in poi qualunque commedia si farà di Scarpetta io la vado a fischiare!...(poi al pubblico) Se poi l’applaudite, trovandomi io solo fra tanta gente, l’applaudisco anch’io!!... Cala la tela Fine della commedia

“È FEMMENA O È DIAVOLO?” commedia in tre atti

È femmena o è diavolo? è una riuscitissima riduzione, molto probabilmente del 1904, tratta da Nelly Rozier dei francesi Paul Bilhaud e Maurice Hennequin. Rappresentata a Napoli per la prima volta il 5 gennaio 1905, come riportato nel “Registro prime rappresentazioni”, ebbe numerosissime repliche in varie città d’Italia almeno fino al 1930, come attestano i visti delle Prefetture apposti sui copioni. Fra le tante rappresentazioni, merita ricordare quella del 25 aprile 1929 al Teatro Nuovo di Napoli in cui Eduardo De Filippo interpretava la parte di Mimì, il giovane studente mezzo scemo irresistibilmente attratto dalle grazie delle giovani cameriere. È femmena o è diavolo? fu messa in scena, al San Ferdinando di Napoli, anche dalla Compagnia “La Scarpettiana”1 nel novembre del 1956 e nel 1969 da Ugo D’Alessio e Pietro De Vico. Nell’Archivio privato sono conservati due copioni manoscritti di cui uno non datato e non firmato – ma con l’indicazione degli attori e dei rispettivi ruoli – che sembrerebbe essere una delle prime stesure della commedia. A questa conclusione si è giunti osservando proprio l’attribuzione dei ruoli che sono tutti specificati tranne che per Sciosciammocca, destinato “d’ufficio” ad Eduardo Scarpetta.

1 Interpreti: Helen Remy (Emma), Ugo D’Alessio (Totonno), Franco Sportelli (Felice Sciosciammocca), Gila Genny (Virginia), Vera Nandi (Leonilda) Pietro De Vico (Mimì), Pietro Carloni (Achille), Gennaro Genovese (Michele), Gennarino Palumbo (Ciccillo) e Tina Dei (Ninetta).

È FEMMENA O È DIAVOLO?

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Gli attori indicati in questo testimone sono: Felice Mimì

Vincenzo Scarpetta

Emma

Roselli Tina Cappelli

Totonno

Gennaro Della Rossa

D.Michele

Francesco Amodio

Virginia

Amelia Bottone

Leonilda

Maria Perrella

Achille

Giuseppe Rivoli

Ninetta

Ida Bottone

Ciccillo

Giuseppe Majuri

La trascrizione che proponiamo è tratta dal testimone finito di copiare da Giuseppe Majuri alle ore 9 del 19 marzo.

Abstract La commedia ruota attorno al personaggio della bella Amalia Piperno che, lasciata dal marito Michele per i suoi troppi ammiratori, cambia per “convenienza” la propria identità in Emma Roselli. La donna, mantenuta dalla generosità dei suoi amanti, vive col fratello Carluccio, un ragazzo un po’ ritardato e affetto da una morbosa attrazione per le giovani donne. Nonostante sia una mantenuta, le relazioni di Emma con gli uomini sono basate sul ferreo principio morale che una donna che tiene alla propria dignità può ingannare il marito ma l’amante no. Il suo ultimo spasimante, l’avvocato Felice Sciosciammocca, decide di rompere la relazione perché lo spesato è troppo; ma, non avendo il coraggio di dirle la verità, accampa come pretesto la folle gelosia della moglie, un Otello vestuto ’a femmena che cammina col rasoio nella calzetta per sfregiare le presunte rivali. In realtà, la moglie Virginia è una donna ingenua e semplice che crede a tutte le bugie che le propina il marito e non si accorge nemmeno della corte serrata che l’uomo rivolge alla sua amica Leonilda ed alla giovane cameriera Ninetta. Emma scopre la

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verità proprio da Ninetta che le confida di aver lasciato casa Sciosciammocca perché ‘o signore la ncuitava. Alla notizia, poi, che Felice fa la corte anche ad una certa Leonilda sotto all’uocchie d’’a mugliera, Emma, che se suppurtava l’altra è pecchè l’era mugliera, ma chest’ata, no, decide di vendicarsi facendosi passare per Concetta, un’umile donna che per vivere fa la domestica. Con questa nuova identità, si fa assumere da Virginia che nulla sospetta. Grandi sono la meraviglia e lo spavento di Felice nel vedere in casa sua l’ex amante! Emma gli manifesta tutto il suo disprezzo per il modo in cui l’ha liquidata e gli intima di non tradire più la moglie se non vuole che scoppi uno scandalo. L’uomo, terrorizzato, è costretto a rinunciare a tutte le sue avventure galanti e cerca inutilmente un mezzo per liberarsi della presenza di EmmaConcetta. Un aiuto insperato gli giunge dal suo compare Michele che, tornato dall’America per ottenere la separazione dalla moglie Amalia (alias Emma, alias Concetta), la sta cercando tramite un’agenzia investigativa. Felice, per non far scoprire a Michele ed alla moglie i suoi trascorsi con Emma, corrompe gli investigatori affinché rilascino informazioni estremamente positive sulla donna. Alla fine tutto si risolve per il meglio, le coppie si ricompongono e Virginia, grazie ad un consiglio squisitamente femminile di Emma na femmena intelligente che vo’ bene ’o marito, e vo’ essere voluto bene a isso, di tanto in tanto s’ha da trasformà, s’ha da rinnovà, riconquista l’attenzione di Felice.

È femmena o è diavolo? commedia in tre atti

Personaggi Felice Sciosciammocca, avvocato Mimì Emma Roselli Totonno, servo D. Michele Piperno, marito di Emma Virginia, moglie di Felice Leonilda, sua amica Achille Rivelli Ninetta, cameriera Ciccillo, servo La scena è in Napoli

Atto 1° Salottino elegante in casa di Emma. Tre porte laterali ed una finestra a 2a quinta a sinistra, porta in fondo, una mensola con specchio a sinistra in fondo con sopra vasi di fiori finti, orologio ed un cabaret con bicchiere ed una bottiglia d’acqua. In fondo a destra un pianoforte con sediolino davanti, e nell’angolo sempre a destra un’etagére con molte carte di musica. Un quadro al muro di destra sopra il piano. Sul davanti a destra un piccolo tavolo. Sul davanti a sinistra un tavolino tondo con album di fotografie e giornali illustrati, sedie intorno. Due poltrone a destra e a sinistra della mensola. Tende a tutte le porte. Sul piano vi saranno altri due vasi di fiori finti. Sulla amensola altro piccolo vaso vuoto. La mobilia è di noce. Scena prima Totonno e poi Mimì Totonno (di dentro) Passa llà! Passa llà!...(si sentirà un rumore di roba che si rompe) Mannaggia ll’arma de mammeta, mannaggia! Mme l’ha fatto n’ata vota!...(pausa, poi verrà in scena) Sangue de Bacco, pe quanto è certa ’a morte ’a strafocarria! M’ha fatto n’ato guaio chella canchera ’e canella! È zumpata n’copp’’o tavolino e ha fatto cadè tazze, bicchierine, tutte cose!...Chi ’a sente a chella dinto mo? Poi dice che uno commette un canicidio!! Meno male che ’a signora nun ha ntiso e quanno se n’addona io che lle dico? E che mme ne preme a me, nc’’o ddico...è stata Fifì, io non so niente!...Ma quanto è bona chella patrona mia! Che bella carnagione che tene...Ogne braccio è na coscia d’’a mia!... Mo se sta vestenno p’ascì...putesse fa nu poco ’a spia ’a dinto ’o pertusillo d’’a mascatura? (va alla 1a a sinistra sulla punta dei piedi e spia) Eh! Nun se vede niente. Che bella femmena!..Che sciasciona!...Lassemene j’ a ccà vicino! Si no ’a capa se nne va, scasso ’a porta e chello che nne vene vene!...

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(di dentro poi fuori dal fondo cacciando la testa) Totonno, addò cancaro stai? Totonno Chi è? (Ah! ’O vi’ lloco stu turzo ’e carcioffole!) Trasite sto ccà, che d’è? Mimì (fuori) Emma sta dentro? Totonno Gnorsì, sta dentro ’a stanza ’e toletta, se sta vestenno. Mimì Ah! Allora pozzo trasì. (viene avanti vestito da collegiale, avrà una cartiera a tracolla con dentro libri e quaderni) Totonno Ma che d’è? Nun site juto a ’o collegio stammatina? Mimì Sì, ma io aveva sbagliato, quello si riapre dopo domani, ho trovato ’o palazzo chiuso. Totonno Ah! Doppo dimane fenescene ’e ffeste? Mimì Già. Totonno Oh! E mo è l’una e mmeza, addò site stato fino a mo? Mimì Appena me ne so’ andato da ’o collegio, me so’ messo dentro a na carrozzella e sono andato passeggiando fino a Posillipo. (ridendo) Totonno Ah! Neh! E bravo! Mimì Llà po, indovina a chi so’ ghiuto a trovà? Totonno A chi? Mimì Guè, ma nun dicere niente a mia sorella sa, pecchè si no te dongo ’e carocchie po! Totonno (lo guarda) Voi date ’e ccarocchie a me? (Tienemente che pacienza aggia tenè cu stu pede ’e vruoccole!) Nonsignore non dico niente. Mimì Mbè. So’ ghiuto a trovà, nientemeno...a Carolina. (ride comicamente) Totonno (Vi’ comme ride brutto!) Ah! Site juto a trovà a Carolina? ’A cammerera che se n’è ghiuta? Mimì Già. Ma nun l’aggio trovata, steva sulo ’o padre, ’o quale appena m’ha visto m’ha detto: Guè, sa che t’avviso, non venì più qua, pecchè si no n’ata vota te faccio ruciulià pe tutt’ ’e scale! Totonno Ah? Mimì Po m’ ha detto pure tante cattive parole. All’ultimo m’ha chiammato scigna. Totonno (Chello che si’!) Mimì E io mentre me n’andavo, l’aggio sputato in faccia e me ne so’ scappato. Aggio fatto ppuh! (sputando in faccia a Totonno) Totonno (P’’a faccia ’e mammeta! Vi’ che ha fatto!) Ma scusate si v’ha ditto ’e mmale parole, mme pare che aveva ragione. Si era io v’avarria pigliato a cauce! Mimì

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Mimì

Già, mme pigliave a cauce...e po io nun nc’’o ddiceva a mia sorella, che d’è? Totonno Eh, ma la signora nun poteva dicere niente, pecchè vuje a chella povera Carolina nun ’a faciveve sta nu momento cujeta...pizzeche, vase...l’ata sera, dice, che ’a steve a ncuità dinto ’a stanza soja! Mimì Sì...(ridendo) Chesto è overo!...Embè che debbo fa...quella me piaceva tanto. Totonno E pe cchesto ’a signora nne l’ha mannata!... Mimì Che peccato...Comme era carella, è vero? Chiatottella chiattolella, colorita, allegra!...Ah! Sì, mi piaceva più di tutte le cameriere che so’ state qua; perchè poi Carolina...è stata con me più gentile delle altre...se faceva tuccà, se faceva bacià...tutte cose se faceva fa quella!... Totonno Neh? Mimì Caspita! Aviss’ avuta vedè... Totonno Neh? Ma io vi avverto na cosa: badate che forse forse venarrà nepoteme a servì ccà, stateve cujeto, nun ’a tuccate e faciteve ’e fatte vuoste. Mimì Eh! Se è na bella piccerella, nun mme saccio abbraccià e vasà pure a nepoteta, che d’è? Totonno E io nun ve saccio arapì tutto chesto? Che d’è? Mimì Già...vorrei...vedere...io porto spia a Emma, perchè tu sei il servitore e mi devi rispettare. Totonno E vuje pure avit’’a rispettà a nepotema. Si no io uno muorzo ve dongo e mme magno mezza capa! Mimì Seh, va bene. Basta, io me ne vado dentro ’a cammera mia, pecchè stammatina mia sorella m’ha sgridato un’altra volta, io l’ho risposto brutto, e mme ne so’ scappato a ’o collegio, perciò chella mo si mme vede, certo mme dà duje schiaffoni!...(la porta 1a a sinistra si apre) ’A vi’ ccà, ’a vi’ ccà. (siede in fondo, prende un libro dalla cartiera e finge di studiare) Scena seconda Emma e detti Emma (in elegantissimo camice) Totonno? Totonno Comandi, signorì. Emma Nun te scordà che s’ha da portà passianno Fifì na mez’ora, chella povera bestia so’ duje juorne che non esce. Totonno Va bene, signurì, cchiù tarde mm’’a porto io nu poco. Emma Bravo! E hai fatto sapè a ’o sensale che avevo bisogno d’’a cammarera?

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Totonno Sissignore ce l’ho detto e l’ho fatto sapere pure ’o panettiere ccà vicino. Emma E non s’è visto nisciuno ancora? Totonno Nonsignore! Emma Ah!...E tua nipote? Tu mme diciste che tenive na nipote che faceva ’a cammerera e che forse poteva venì, te ne si’ occupato? Totonno Sissignore, in giornata vene. Però, vedite, signurì, se mia nipote vi conviene e combinate, vuje avite avvisà a D. Mimì che nun mm’’a ncujetasse, che ’a facesse sta cujeta. Emma Oh! No, no, nun ce penzà. Mimì nun fa niente chiù, mo ’o sorveglio io mo. Totonno Pecchè, capite, chella è na bona figliola, onesta, cujeta e faticatora. Se ne va da do sta, pecchè ’a signora, dice che aveva pigliato gelosia d’’o marito, avess’’a succedere che venenno ccà, D. Mimì se n’avess’’a j’ ’e capa, s’avess’ allummà? Emma Oh! No, no, sta a pensiero cujeto, nun succede chesto. Totonno Accussì sperammo. Io vaco fore, commannate niente? Emma Niente và. (Totonno fa per andare e passando dinanzi a Mimì gli fa capire con segni: nc’aggio ditto.) Mimì Spiò, vattenne! (un poco di mormorio fino a che Emma si volta e lo vede. Totonno via pel fondo) Emma Chi è? Che d’è neh? (vedendo Mimì) Tu stai lloco? Nun si’ ghiuto a ’o collegio? Mimì Sì, ma io aveva sbagliato, quello si riapre dopo domani. Emma Ah?...Siente, nu te permettere n’ata vota ’e mme risponnere comme a stammatina che mme faccio venì ’a recchia mmano! E nun t’azzardà ’e fa ’o scostumato, ’o puorco cu st’ata cammarera che vene, si no va a fernì che te chiudo addirittura dinto ’o collegio, e nun te faccio vedè cchiù luce ’e libertà! E tu ’o ssaje che quanno dico na cosa la faccio! Porcheria!...Nisciuna cammarera po’ durà dinto a sta casa... dinto a nu mese nn’aggio avuta cagnà tridece! Le quali vanno sparlanno po, e mme faje fa chesti figure a me? Mimì Tu si’ curiosa!...Chelle so’ tutte bone sti cammarere! Scena terza Felice e detti Felice Emma

(di dentro) Grazie, Totò, grazie. (Ah! Ecco ccà Felice, meno male, chisto mo me fa calmà nu poco.)

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Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma Mimì Felice Emma Felice Emma Mimì Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Mimì Emma Mimì

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(fuori con fiori in mano) Mia cara Emma! (le bacia la mano e le dà i fiori) Buongiorno, Felì. Oh! Che belli fiori. Saccio che te piacene tanto i fiori. Ah! Sì grazie. Comme staje? Eh, non c’è male. T’è passata la collera che te pigliaste l’atriere pe Mimì? Eh, così, in parte...(mostrando Mimì)’O vi’ llà, ’o vi’!... Ah! Tu staje ccà? Almeno saluta ’a gente. (mette il cappello sul tavolo) Agge pacienza, Felì, chillo è nu scostumato, nun nce fa caso. Buongiorno, D. Felì. (Eh! ’A faccia ’e mammeta!) E ’a cammarera è venuta? No, sto aspettanno ancora. Spero che mo che vene chest’ ata ’a faje sta quieta? (a Mimì) (piano) Bravo! Dille quacche cosa tu, io aveva appena cominciato. (va a mettere i fiori in un vaso.) (Mo comincia chisto mo.) Te pare che sia na bella cosa fare questo in casa di tua sorella? Va a finire che te chiudimmo addirittura dint’a nu collegio e non vedrai più luce di libertà. (Chesto nce l’aggio ditto, Felì) (Ah! Nce l’haje ditto?) Vizioso, porco! Dint’ a nu mese s’hann’ avut’’a cagnà tridece cammarere! (Chesto pure nce ll’aggio ditto!) (Pure nce l’haje ditto?) Vergogna!...Ma non capisci che sta gente va parlanno pe dint’ ’o quartiere, e che figura fai fare a questa povera donna. (Ma chesto nce l’aggio ditto, Felì!) (E che l’aggia dicere allora, tu l’haje ditto tutte cose.) Se seguiti ad agire così, io qua non ci vengo più, non ci accosto più. (Chesto pure nce ll’’e ditto?) (No, chesto no!) (E nc’’o dico io chesto, nc’’o ddico io!!) (più forte) Scuorno alla tua età! Alla mia età? E scusate quanno l’aggia fa? Quanno tengo 50 anni? Ma finiscela e vattenne fore, nun mme fa attaccà cchiù ’a nervatura! Eh!...Mme ne vaco, ’o vi’ ccà, mme ne vaco. (via pel fondo)

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Felice Emma

Felice Emma

Felice Emma Felice

Emma Felice

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(Io faccio peggio d’isso.) (ride) Ah! Ah! Ah! Ma è proprio nu bello tipo. È nu miezo stupido, che nce vuò fa. Doppo chella caduta che pigliaje con l’occipite quanno era piccerillo, è rimasto accussì miezo scimonito. Io po ’o strillo, faccio tanta ammuina, ma po mme calmo, pecchè penso che nun è isso. Ah! Se capisce! Po, lle so’ sora, sai, simme rimaste io e isso sule, pecchè comme tu sai, il mio signor marito mme lassaje senza nisciuna ragione e capirai, senza n’ommo vicino, chillo se n’approfitta e fa delle pazzarie!...Tu naturalmente, nun può sta sempe ccà pecchè hai da penzà pure agli affari tuoi, a mugliereta, a la casa, anzi, fai pure assaje pe me e pe isso. Eh, che peccato che tu haje avuto da essere nzurato. E che nce vuò fa...ma del resto nuje nce vedimme quase ogne ghiuorno e nce vulimmo bene. E mme vuò veramente bene tu? Ma ti pare, io allora so’ felice, allora so’ contento quanno pozzo passà na meza jurnata cu te. ’A casa mia nun te può credere comme mme secco. A vedè chella femmena che penza solamente ad accuncià cazettielle, a rinaccià, a cosere, sai una di quelle donne di paese, di Casoria, a fa conserva, rosolio, vasiette ’e percucata, è n’affare serio. Invece quanno vengo ccà, no, quanno vengo ccà, trovo a te, così elegante, così scicca e mme consolo tutto quanto Emmuccia mia. E dimme na cosa, nun si’ stato a ’o tribunale stammatina? Sì, na mez’ora, aggio fatto differì na causolella che teneva, e mme ne so’ venuto ccà vicino a te. Ch’aggia fa, non pozzo stare un momento senza vederti, simpaticona mia! (l’abbraccia) Scena quarta Totonno e detti, poi Mimì

Totonno (viene dal fondo) Signurì, scusate ...fore nce sta na giovene, dice che è ’a cammarera che ha mannato ’o sensale. Emma Ah, sì, sì. Vengo. (Totonno via) Felì, permetti nu momento, mo vengo. (alzandosi) Felice Va, va sciasciona mia! Emma Grazie. (va in fondo, poi sotto la porta) Ah! Sì, tu sulo sai ’a femmena comme s’ha da piglià! (via poi torna) Felice ’O ccapisco, io sulo saccio ’a femmena comme s’ha da piglià, ’o mbruoglio è comme s’ha da lassà, e l’aggia lassà, nun ce

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stanno chiacchiere, lo spesato è troppo, io ccà vaco ’a lemmosena. Ajere facette ’o cunto, da quatte mise che vengo ccà, se ne so’ ghiute chiù de seimila lire, e che so’ pazzo! Fortunatamente se crede tutto chello che lle dico...e io aggio trovato ’o mezzo p’’a lassà, na bella penzata. A n’ato ppoco riceve na lettera che m’ha da salvà, nun nce stanno chiacchiere. Mimì (sporgendo la testa dal fondo) Psss, D. Felì...D. Felì...sentite, mo che viene mia sorella, ditele accussì che non se la pigliasse a chella cammarera nova ch’è venuta. Felice Pecchè? Mimì Pecchè nun me piace: è vecchia, è secca secca, è longa longa e tene ’a sguessa, io non la voglio, nun mme piace... nun me piace! (entra) Felice E chesta è quaresima? Vuje vedite chillo micco si ’a vo’ fernì. Emma Eccomi qua...(ridendo) Neh, Felì, tu te vuò fa na risa? Sai pecchè sta cammarera nun vo’ restà cu me? Felice Pecchè? Emma Pecchè dice che la sua camera non affaccia ’a strada! (ride) Felice (ridendo) Oh! Chesta è bella! Emma So’ cose che succedono sulo a me. Ll’aggio fatto vedè ’a cammarella soja, dice: no, chesta affaccia all’interno nun mme piace, l’aggio rimasta fore e mme ne so’ ghiuta. Felice E che voleva, ’affacciata a Toledo? Emma A proposito, Felì, io ajere steva dint’’o tram e te vedette a Mergellina cu mugliereta. Sarraggio na stupida, ’o saccio, ma che vuò da me...vedennete cu mugliereta...che saccio... mme facette n’effetto... Felice Cu muglierema? Emma Eh!...Pecchè non era essa? Felice Ah! Sicuro! (Chella era Leonilda!) Oh, ma tu po comme hai conosciuto che era muglierema, si tu nun ’a saje? Emma Ce vuleva tanto. Felice cu n’ata femmena...dal momento che chesta femmena no era io, non poteva essere che tua moglie. Felice Ah! Già è giusto. Emma È na simpatica donna bruna, e po se vede che ve vulite bene, pecchè stiveve abbastanza azzeccate. Felice No, che azzeccate... Emma Ma sì, è inutile che ’o nnieghe, io nun so’ affatto gelosa! Anze, tu cchiù vuò bene a mugliereta e più sono lusingata, e se capisce! Se tu l’inganni cu me, chesto prova che mme vuò bene cchiù d’essa. Non è overo? Felice Oh certamente!

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Scena quinta Totonno e detti Totonno Signurì, è venuta sta lettera per voi, mo proprio l’ha purtata ’o The espresso. Felice (’A vi’ ccà ’a lettera.) Emma (che si è pigliata la lettera) E aspetta la risposta? Totonno Nonsignore se n’è ghiuto. Emma Va buono, vattenne fore. Totonno Se volete ch’a porto passianno mo a Fifì, io nu aggia che fa. Emma Sì, sì, ma nun sta tanto tiempo sa’, ricordete che stammo sule, nu quarto d’ora, 20 minuti. Totonno Va bene! (via pel fondo) Emma (guardando la busta) E de chi è stu carattere? Nun ’o conosco...Permetti Felì. (apre la lettera) Felice Fai. Emma (guardando la firma) Uh! Felì, na lettera anonima?! Felice Na lettera anonima? Eh! ’O ssollito, va trova chi si diverte. (simulando disprezzo) Emma (gettando gli occhi sulla lettera) Eh! (sorpresa) Felice Che d’è? Emma Parla ’e mugliereta! Felice (fingendo sorpresa) ’E muglierema? Come sarebbe a dire? Emma (leggendo) “Signora. Badate a ciò che fate, diffidate della signora Sciosciammocca. Essa è di un carattere terribile, violento, la gelosia potrebbe farle commettere qualunque pazzia. Se vi preme la vostra esistenza, state in guardia! Badate che quella donna cammina col rasoio nella calzetta! Vi saluto. Un amico” (pausa) Felì?...E che vo’ dicere chesto? Felice (fingendo un’aria desolata) Che vo’ dicere? Chisto sarrà stato ’o figlio ’o dottore ’o secondo piano che sente sempe allucche, fracasse e...Vo’ dicere che ereme troppo felici. Emma Comme? Che dici? Felice Dico chello che nun t’avarria voluto mai dicere. Ma doppo sta lettera, nun me pozzo sta cchiù zitto. Tu nun te può credere muglierema quanto è gelosa, è un Otello vestuto da femmena. Emma Ma pecchè po nun me n’hai mai parlato? Felice Pecchè certamente quanno vengo ccà, nun vengo pe te parlà d’essa e d’’a gelosia soja...Ma io, cara Emma, aggio passato nu vero guaio spusannome a chella! Quanno esco, vo’ sapè addò vaco, quanno mme ritiro vo’ sapè da do’ vengo. È una tortura! Una tortura! Capisco che tutto questo è affezione,

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è amore, ma ’o ttroppo è troppo. Num me pozzo affaccià a ’o balcone dice che io faccio ’a commedia ch’’e signurine di rimpetto, è na pazza, na pazza che nne vuò sapè. Emma Eppure quanno viene ccà staje tanto ’e buon umore, tanto allegro... Felice Pe nun t’affliggere ch’’e guai miei, ma mo che lo sai, dimme francamente, se si’ convinta che te voglio bene, pecchè tenenno ’a casa chella femmena terribile, pure so’ venuto, nun aggio mai mancato e mme so’ miso a brutti rischi. Capirai si chella appura sta cosa, noi siamo rovinati, chella è capace di tutto. Figurati che quanno era zetella s’appiccicaie c’’a sora e lle dette na rasolata nfaccia. Avette quatto mise ’e carcere e sta sempe c’’o rasulo ncuollo. Mannaggia ’o momento che mm’’a spusaje! Emma E viene ccà, Felì, nun te disperà...nun te piglià collera, vedimmo che se po’ fa. Dimme nu poco, tu che dice a mugliereta pe venì quase tutt’’e juorne ccà? Felice Ma nu sacco de scuse, nu sacco de pretesti! Come avvocato, capirai, trovo sempe na scusa. Mo lle dico che vaco in tribunale, mo che vaco a parlà cu nu cliente. Stammatina per esempio l’aggio ditto che ghieva a fa colezione col Cavaliere Favetti consigliere Municipale. Emma E invece il consigliere sono io! (ridendo in piedi vicino a lui) Felice Perfettamente. L’autriere sei stata Notaio e mercoledì usciere. E giovedì andevina tu chi si’ stata? Emma Chi? Felice ’O professore Cardarelli! Dicette che ghieva pe mme fa scrivere una cura ricostituente. Insomma ogni ghiuorno aggia dicere na buscia. Emma (con passione) Tu! Tu che sei così sincero! Felice E lo sai! (quasi piangendo) Emma Oh, ma dimme n’ata cosa. Tu po nce pienze a prevenì sti signori? Felice (c.s.) A prevenirli di che? Emma Che si caso mai, mugliereta va llà pe s’informà, dicessero che tu nce si’ stato? Felice (alzandosi) Sangue de Bacco, dice buono, io nun l’aggio fatto mai chesto, nun nc’aggio mai pensato! Emma Oh, Felì...ma tu nc’avive ’a penzà a chesto! Cu na mugliera gelosa comma ’a toja? Oh! Ma cheste so’ stupidaggini, scusa! Se vede ch’è ’a primma vota che la tradisci. E si a mugliereta lle vene ncapo stammatina de j’ a vedè ’a casa di quel tale Favetti si veramente nce stje, succede che nun te trova?

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Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma

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E già succede che nun mme trova! Uh! Mamma mia, e comme se fa? Mo haje da correre immediatamente dal Consigliere, devi prevenirlo che si mugliereta va llà, facesse dicere che non nce sta, che site jute a mangià fore casa. Già, dice buono, aggia correre...l’aggia prevenì. Certo. So’ favori che gli uomini si scambiano spesso fra loro. Si capisce. ’O cappiello...addò sta ’o cappiello? Llà, ncopp’’a consola. (mettendoselo) Statte bona, nun voglio perdere cchiù tiempo. Che animale! Che animale! Nun nc’aveva pensato. (p.a.) Aspetta, scinne ’a ccà, p’’a scala d’’a cucina, fai cchiù ampressa. (mostra la 2a a destra) Sì, dice buono! E te raccomanno, sii cauto in appresso, statte attiento, pensa che dispiacere sarria, si nc’avessem’’a separà! Non me ne parlare...che io a chesto penso! (via) (fermandosi sotto la porta guardando, pausa, poi) Va, va, fa priesto. Vedete, vedete che stupido! Nun pare mai avvocato...fortunatamente che nce stongo io ccà. Scena sesta Totonno e detta, poi Achille

Totonno (dal fondo) Permettete? (con carta da visita) Emma Che d’è? Trase. Totonno Signurì, scusate, io ve vuleva dicere na cosa...badate che non è stata colpa mia. Emma Ch’è stato? Totonno Io aveva portata Fifì passeggiando, ccà vicino, pe sotto ’o palazzo, quando ’e bello chella è corruta ncuollo a nu signore che passava... Emma E l’ha mozzecato? Totonno No, anze se l’ha miso ad alleccà tutto quanto, l’ha fatto nu sacco ’e cerimonie. Allora ’o signore, ha ditto: Uh! Guarda! Questo è il cane della signora Piperno. Emma (subito e con sorpresa) Eh?! La signora Piperno? Totonno Già! Naturalmete io l’aggio risposto: ma signore, lei si sbaglia sapete!...Che Piperno e Piperno! Qua non c’è nessuna signora Piperno. Ma sì, ha ditto isso, io riconosco il cane, accompagnami da questa signora e ha voluto venì a fforza ccà, sta fore.

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Emma Sta fore? Totonno Gnorsì, m’ha dato pure ’a carta ’e visita. Emma (si prende la carta di visita) Ma io non voglio ricevere nessuno! Chi è chisto? (legge) “Achille Rivetti” Oh! D. Achille! (con sorpresa) Ma fallo entrare subito! Totonno Lo faccio entrare? Emma Ma sì, priesto, chillo è tanto amico mio. Va fallo passà. Totonno Eccome ccà. (via) Emma È stata proprio na sorpresa, doppo tanto tiempo che non nce vedimmo. Achille (di do) È permesso? Emma Avanti, avanti. Achille Ah! Eccola là! Ma se io n’era sicuro! E quella bestia del servitore diceva che no. Finalmente vi trovo! Emma (ancora sorpresa) Ma come!...Voi qui!...Che piacere!...Accomodatevi...Vi prego. (seggono al divano) Come state? Achille Benissimo! Grazie. A voi non serve la domanda, sempre fresca, sempre simpaticissima. Emma Grazie. E quanno site tornato? Achille Da 48 ore!...E ’o primmo pensiero arrivanno a Napoli, fu quello di precipitarmi a casa vostra, all’antica casa vostra, ma ’o guardaporta mme dicette che aviveve cambiato casa da 3 anni senza lasciare indirizzo. Emma Già, già. Achille E intanto, vedete la combinazione, passanno pe sta strada, chi trovo? La mia cara Fifì che mme corre ncuollo comm’’o ssolito, e mme fa nu sacco ’e cerimonie: Sangue de Bacco, dico, ma questo è il cane della signora Piperno...ed insisto allora col cameriere di farmi salire. Oh! Signora, se sapeste quanto sono contento, felice di vedervi dopo tanto tempo. Emma Anch’io. Achille E come sta vostro marito, il caro D. Michele? Sempre bene, non è vero? Emma (sospirando) Credo! Achille Non è in casa? È uscito? Emma Sì!...È uscito da tre anni ...e non s’è ritirato ancora. Achille (All’arma d’’a cammenatella che s’ha fatta!) Oh, signò, voi che dite? Emma La verità! Voi sapete com’era geloso? Achille Caspita! E come si fa a non esserlo?...Siete tanto bella! Tutti gli amici suoi vi facevano un po di corte...io p’’o primmo...ma il più accanito, ed io me n’era accorto, era D. Alberto l’ufficiale.

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Emma

Proprio! E isso fuje la causa de tutte ’e guaje meje! Ogne ghiuorno contrasti, scene ’e gelosia, sempe pe causa del signore Alberto, che in fondo poi, m’era abbastanza antipatico, e non se curava, nun se n’incarricava ’e vuje...che pure mme faciveve ’a corte e m’eravate assai più simpatico. Achille Come? Possibile! Vi ero simpatico? Uh! E io lasciai Napoli per voi, sono 3 anni che mi sono allontanato perchè mi ero fissato che vuje nun mme potiveve vedè. Emma Povero D. Achille. Achille No, che bestia, avit’’a dicere. Sicchè adesso state sola, separata? Emma No, niente separata. Pe causa ’e D. Alberto si fissò, mme lassaje e se ne jette. Ma nun parlammo cchiù d’isso, ve prego. Achille Ah, sì, parliamo invece di voi...di me, cara Amalia. Emma No, Amalia, no...chiamatemi Emma oggi. Achille Emma? Emma Da che rimanette sola, capite, la mia posizione diventò critica e mi feci chiamare la signora Emma Roselli. Achille Ah! Bene. Scena settima Totonno e detti, poi Mimì Totonno (di do) È permesso? Emma Avanti. Totonno Scusate, signurì, fore nce sta na giovene, na cammarera che l’ha mannata ’o panettiere. Emma Sì, sì, va bene, mo vengo. Totonno Signurì, venite mo, aggiate pacienza, l’ho lasciata sola cu D. Mimì...capite... Emma Cu Mimì? (alzandosi subito) Vengo, vengo. (Totonno via) Achille Chi Mimì? Vostro fratello? (s’alza) Emma (salendo la scena) Sì. Achille Ah! Bravo! E come sta quel caro Mimì? Emma Oh! Bene...troppo bene!...Permettete, mo vengo, mo vengo. Achille Fate...prego. (Emma via) Sangue de Bacco!...Non poteva capitare meglio a proposito!...Sola! Teneva na simpatia per me, e che vaco trovanno cchiù! Mo vedimo se sta vota nce riesco!...Ma è stata sempe na bella femmena e l’ho voluta sempre bene! Mimì (dal fondo, tra sè) Questa qua, per esempio, si se combina n’aggio piacere...pecchè è na simpaticona!

È FEMMENA O È DIAVOLO?

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(vedendolo) Oh! Eccolo qua! Mimì, come stai? (non riconoscendolo) Buongiorno, signore. Eh, che d’è, nun mme conusce cchiù? Uh! Sì aspettate...D. Achille Rivelli? Io proprio. Uh! Che bella cosa! D. Achille!... (lo ripete due o tre volte a piacere con aria d’idiota) Accomodatevi. Come state? Achille Benone! Grazie. Tu pure staje buono? Mimì Eh, così...Ve ricordate quanta sigarette mme deveve vuje a me? Achille Annascuso ’e soreta! Mimì Già, ve ricurdate? (ridendo) Achille Come! Mimì ’A tenite una mo, sì? Achille Sicuro! (caccia l’astuccio e gli dà una sigaretta) Tiene. Mimì Grazie. (Achille gli dà i cerini, Mimì accende) Achille Avess’’a venì soreta? Mimì No, e che fa, quella lo sa che io adesso fumo, sono grande, tengo 18 anni e mezzo... Achille Ma non t’ha detto niente che io steva qua? Mimì No!...Quella m’ha pigliato p’’o braccio, e m’ha mannato dentro ’a cammera mia, pecchè m’ha trovato parlanno c’’a cammarera nova. Io non capisco, pecchè fanno chesto cu mmico? Ma che d’è, io forse non so’ uomo come gli altri, che d’è?...Sentite, mo che vene, pregatela voi che se la pigliasse a questa cameriera, pecchè me piace tanto...è bona... parlateci voi, quella a voi non si nega, vi vuol tanto bene... Achille Me vo’ bene?...Tu che dici...Ma pecchè, l’haje ntiso parlà quacche vota ’e me? Mimì Sempre! Quella parla sempre di voi! Achille Veramente? Mimì Parola d’onore!...Per esempio, quando mio cognato, D. Michele, se ne andò...voi forse non sapete niente? Achille Sì, sì, so tutto me l’ha raccontato. Mimì Ah, sì?...Embè, quando D. Michele se ne andò, non saccio pe qua’ ragione, essa rimasta sola, ’a senteva che diceva: Ah! Si mo nce stessse D. Achille. Achille Mimì tu dice overo? Chesto diceva? Mimì Già, e po sempe che ave quacche dispiacere, ’a sentite sempe che dice: E D. Achille che non nce sta! Achille Possibile? E quali dispiaceri? Mimì Che saccio, quando qualche amico non ci viene più a trovare, allora pensa a voi. Achille Mimì Achille Mimì Achille Mimì



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Qualche amico? (inquieto) Già, quando per esempio, s’appiccecaje cu D. Errico ’o giornalista, non so su quale giornale scriveva, pure pensò a voi. Achille D. Errico? Mimì Sì, nu buon amico sapete…pure mme dava tanta sigarette lui. A mia sorella la voleva tanto bene, veniva tutti i giorni a trovarci! Achille Ah? (con intenzione) Mimì Poi siccome lui disse che doveva partire per affari, mia sorella non voleva; sotto, sopra, s’appiccecajene, e questo pigliaje ’a via e nun nce venette chiù. Allora mia sorella per il gran dispiacere che ebbe jeva dicenno pe tutt’a casa: Ah! E D. Achille che nun nce sta! Achille Ah!...Mbè! (c.s.) Mimì E lo stesso dicette pure quando se n’andò D. Luigi ’o chirurgo. Achille D. Luigi? Mimì Già, un altro amico nostro, che se n’andò perchè, che saccio, dice che doveva andare a vivere con sua madre. Achille (tra sé) (D. Errico, D. Luigi...) Mimì La verità, a me mme dispiacette nu poco ’e perderlo, perchè lui mi faceva fa na bella figura ’a scola. E po era tanto buono, nun mme strillava mai comme fa mo l’avvocato. Achille (sempre più sorpreso) L’avvocato pure? (Chesto che cos’è?) Mimì Avit’’a vedè l’avvocato comme mme strilla, manco si fosse mio padre! Va trova qua’ giorno di questo nc’appiccecammo buono! ’O faccio male sull’onore di mia sorella va’! Achille (facendo il gesto fra sé) (Mo nc’’o dongo nu buffo...se ne vene sull’onore della sorella!...D. Errico, D. Luigi, l’avvocato...Che diavolo!) Achille Mimì

Scena ottava Emma e detti Emma

Mimì Emma

(di do poi fuori) Addò sta, addò sta? (uscendo vede Mimì, scende a destra) Oh! Ma insomma, ’a vuò o nun ’a vuò fenì cu sti cammarere? (ad Achille) Finalmente aveva trovata a una che faceva pe me, e quanno stongo pe combinà ’a mesata, vengo a sapè che il signorino l’aveva promesso che si era gentile, amabile con lui, poteva guadagnà ccà quanto voleva. (Che animale! Nc’’o vvà a dicere!) Capirete n’aggia avuta mannà pure a essa.

È FEMMENA O È DIAVOLO?

Mimì Emma Mimì Emma Achille

Emma Achille Emma Achille Emma Achille Emma Achille Emma Achille Emma Achille

Emma Achille Emma



Ma chella... Zitto, nun tte fa menà na cosa nfaccia!...Vattenne dinto, cammina! (andandosene) (Vi’ che spiona chell’ata!) (via 2a a sinistra) D. Achì, perdonate se davanti a voi... Oh! Per carità, siete in casa vostra...Dovete compatirlo, non è lui. Se ha detto quello alla cameriera, so’ sicuro che ce l’ha detto ingenuamente, come ingenuamente m’ha parlato de nu certo D. Errico ’o giurnalista, D. Luigi ’o chirurgo, dell’avvocato. Ah! Ve l’ha ditto Mimì questo? (Puozze sculà, va’! Lle va a dicere tutt’’e fatte mieje.) Caro D. Achille comme aveva fa? Senza mezzi...e cu nu frate da vivere... Ah! Già, per vostro fratello...(pausa) E ...ve trovate contenta di quest’ultimo? Ve vo’ bene? Oh! Assai! (con enfasi) E bravo! Sicchè non potrò sperare niente da voi? Ah! No! Una donna che tiene alla propria dignità può ingannare il marito ma l’amante no! (ironico) Ah! Già!...E io che mme ne so’ ghiuto viaggianno 3 anne, sperando di dimenticarvi...e invece penso sempre a voi! Oh! Sempre poi!...(sorridendo) Sempre signò. Credetemi! Sempre! Ve ringrazio allora, ma pur troppo bisogna dimenticarmi. Mi proverò. A rivederci. Non volete restare con me a pranzo? Ve ringrazio, ma vado a mangià dall’avvocato mio amministratore dei miei beni, e siccome, in confidenza ho bisogno di un piccolo anticipo, non vorrei mancare francamente. Se mi dà questo anticipo farò un altro viaggio. Nun mme venite manco a salutà allora? Ah! Questo sì, ve lo prometto. A rivederci. (sotto la porta saluta di nuovo e via dimenticando il bastone) (ridendo) Povero D. Achille! È veramente uno ’e chille che non tenene fortuna. Tre anne fa se ne partette troppo ampressa e ogge...è arrivato troppo tarde! Scena nona Felice e detta

Felice

(dalla 2a a destra esce correndo, agitatissimo, il cappello all’indietro, i capelli in disordine, la cravatta sciolta.Va a sedersi vicino al tavolino mostrandosi abbattutissimo) Mamma mia! Mamma mia!

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(con un salto) Chi è? (s’alza) Felice?!... (gli corre vicino) Oh! Dio mio! Felì, ch’è succieso? (chiamando) Felice! (appaurata) Felice (con un fil di voce) Damme nu poco d’acqua. Emma Uh! Mamma mia! Ma ch’è stato? Parla! Felice Non posso...damme primma a bevere! (si asciuga gli occhi col fazzoletto) Emma Sì! (Ma che lle sarrà succieso?) (va a prendere il bicchiere e la bottiglia d’acqua sulla mensola e versando l’acqua nel bicchiere) Tiene ccà, bive. Felice Grazie.(beve poi mette il bicchiere sul tavolo) Emma Ma tu in che stato sei. Felice mio, che t’è succieso? (va a posare la bottiglia) Parla! Felice Vengo...dall’amico mio...il consigliere Favetti... Emma Ah! Benissimo! (con ansia) Felice E muglierema steva llà!! Emma Ah! Io te l’aveva ditto!...E Favetti naturalmente l’avrà ditto che non t’aspettava? Felice (avvilito) Perfettamente! Emma Oh! Immagino che scenata avrà fatto? Felice S’è menata ncuollo comme a na tigre! Ha aizata ’a vesta, ha miso mano dint’’a cazetta e ha cacciato ’o rasulo. Emma Uh! Mamma mia! E tu che haje fatto? Felice Mme ne so’ scappato, che aveva fa? Mme so’ miso dint’’a carrozzella, aggio fatto aizà ’o mantice...ed eccomi qua! (ad un tratto poi gridando ed alzandosi) Emma! Emma! (si dà un colpo di mano sulla fronte) Emma Ched’è Felì? (si alza impaurita) Felice E si chella mm’è venuta appriesso? Emma Mo moro!...Ma no, viene ccà, sperammo che no! Nun te mettere appaura. Felice (siede) Che vuò ’a me, io saccio quanto è terribile. Emma Tutto sommato, mugliereta non ha ancora che semplici sospetti, perciò, mo me farai la gentilezza de tornà ’a casa subito, immediatamente...E dice a mugliereta che avive scritto a Favetti che nun nce potive j’ e che forse la lettera s’è perduta! Felice Ah! Tu mme consigli ’e fa chesto? Emma S’intende, e subito! Felice Aggia dicere n’ta buscia, n’ata buscia, io che sono così sincero, tanto leale! (piangendo) Emma È necessario, Felice mio, comme vuò fa? E po haje da essere ragionevole, e pe na quinnicina ’e juorne non haje da venì cchiù ccà. Emma

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Felice



Come? Che dici? Pe na quinnicina ’e juorne, io nun aggia venì cchiù ccà? Emma Se capisce! Felice Ah, no, no, questo mai! (piangendo) Quinnece juorne senza te vedè, è impossibile!! E che vita sarà la mia che mme ne faccio dint’’a sti 15 juorne? (disperandosi) Emma (persuadendolo) Penserai a me...sarraje cchiù affezionato cu mugliereta pe farla rassicurà e quanno vide che la cosa s’è calmata, tuorne a venì. (Felice protesta ancora) No, Felì, voglio così, meh, jammo, va ’a casa e vide che tutto s’acconcia. Felice (singhiozzando) Io comme faccio...comme faccio 15 juorne luntano ’a te? Emma Ma sii ragionevole, s’ha da fa a fforza, Felice mio!...Jamme, nun chiagnere cchiù! (commovendosi) Io nun pozzo vedè chiagnere...me faje venì na cosa dint’’o stommaco! (si asciuga una lagrima) Felice (disperandosi e singhiozzando più forte) Ah! Emma mia! Emma mia! (piangono insieme) Emma (s’asciuga una lagrima) Meh, jammo Felì, e finiscila, che nce vo’ a passà 15 juorne...va, va ’a casa. Felice (s’asciuga le lagrime) E comme scengo...l’avess’’a ncuntrà mmiez’’a strada? Emma Ah, già. Aspetta, che bella idea, nun te muovere, mo vengo. (via 2a a sinistra poi torna) Felice Aggio fatto ’o colpo, ’a penzata è stata bona. Essa stessa mme ne manna ’a casa. So’ nu grand’ommo sangue de Bacco! E a n’ato ppoco vene st’ata lettera. L’ urdema mbomma (legge) “Mia adorata Emma, ti scrivo col cuore addoloratissimo, con gli occhi pieni di lagrime...” Mme so’ scurdato ’e llagrime. (spruzza acqua sulla lettera) Ecco ccà ’e llacreme. Emma (di do) Ecco ccà Felì... Felice (Emma!) (nasconde la lettera e subito si mette a piangere) Ah! Comme faccio! Comme faccio! Emma (fuori con occhiali bleu scuro, un cappello ed un soprabito) Tiene ccà, Felì, e feniscila, mme pare nu guaglione! Chesta è ’a lente ‘e Mimì p’’o sole, e chisto è nu soprabito e nu cappiello viecchio ’e maritemo, miettatille, accussì difficilmente può essere conosciuto. (gli mette le lenti) Tiene ccà. (gli mette il cappello e glielo scende nelle orecchie) Così...’o bavero aizato... (gli alza il bavero) Sfido chiunque a conoscerti! Ma che d’è, tu staje tutto nfuso?



Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma

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(piangendo) So’ lagrime...so’ lagrime! M’aggio annettato l’uocchie ch’’e mmane pecchè non trovavo ’o fazzoletto. E nun chiagnere chiù, jammo, nun perdere cchiù tiempo, e te raccomanno famme sapè tutto, scriveme. (sempre singhiozzando) Sì, te pare...Oh, ma io mo che vaco facenno accussì? Chiste ’e guagliune mme pigliene a torze. Che te mporta, te miette dint’’a na carrozzella...Va statte buono. (c.s.) Mme ne scengo ’a ccà, è meglio. Statte bona! (la bacia) Statte buono e scriveme sai? Te faccio sapè tutto non dubità. (piange) Pensa sempe a me...non ti scordar di me... (parlando parlando scoppia in un pianto dirotto) Uh!...Uh!... Ah!... (via 2a a destra) Povero Felice! Mme vo’ veramente bene!... (viene avanti) Steveme tanto belle cujete...nce voleva sta mugliera mmiezo mo! Scena decima Totonno e detta, poi Ninetta

Totonno Permettete? Emma Avanti. Totonno Signurì, è venuta nepotema Ninetta, ’a pozzo fa trasì? Emma Oh! Finalmente! Avanti, falla entrare. (Totonno via poi subito torna) Almeno mme distraggo nu poco. (va a sedere) Totonno Trase, trase, ’a signora te vo’ vedè, nun te mettere scuorno. Eccola ccà signurì.(la porta per mano) Emma Oh! Simpaticissima ragazza. Totonno Bontà vosta, eccellenza. Emma Si chiama Ninetta? Totonno Sissignore. Emma E quant’anne tene? Totonno È piccerella signorì. Chesta è nata al 600... Ninetta Eh! Totonno Tene sidece anne, ma sape fa tutto, sapete, tutto. Emma Brava! Vedremo. Tu intanto Totò, va mme chiamma na carrozzella pecchè aggia j’ a d’’a sarta. Totonno Aggi’ ascì? (indeciso) Sissignore... (poi avvicinandosi) allora v’’a lasso a buje?...Stateve attiento signurì. (sottovoce) Emma ’E che cosa? Totonno Pe D. Mimì, capite. Emma Oh, ma che, nce sto io ccà.

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

Totonno Ah! Mbè! (forte) Ninè, io scengo nu momento, nun te muovere ’a ccà, haje capito? Permettete. (via pel fondo) Emma (a Ninetta) Avvicinati. (Ninetta esegue) E che facive da chella ’ata signora addò stive? Ninetta Tutto, signurì. Stirava, lavava quacche cosa, po saccio ricamà, saccio rinaccià buono. Emma E tiene quacche certificato? Ninetta Sissignore! (da una borsa di stoffa caccia delle carte e le mostra) ’E vvedite ccà. Emma No, damme l’ultimo, quello dell’ultima signora addò si’ stata. Ninetta Ah! Sissignore. (lo cerca e glielo dà) Emma (legge) “Attesto di avere avuto al mio servizio, durante 2 mesi...(poi fra sé) (Due mesi? È poco!)...Durante due mesi la giovane Mariannina Tarallo, e non posso che darne eccellenti informazioni sul suo servizio e sulla sua condotta. Virginia” (leggendo male) Scio...Scios... Ninetta Sciosciammocca, signurì. Emma Eh! Sciosciammocca? ’A mugliera dell’avvocato Sciosciammocca? Ninetta Sissignore. ’A conoscite? Emma Sì...di nome...(Neh, vuje vedite ’a combinazione) (legge) “Strada di Chiaia 85” Oh, e pecchè po nun nce si’ rimasto dalla signora Sciosciammocca? Certamente pe licenziarte c’è dovuta essere na ragione. Ninetta No...vedite signurì...llà nisciuno m’ha licenziata...So’ stata io che me n’aggio voluta j’. Emma Oh! E pecchè? Ninetta Pecchè...pecchè ’o signore mme ncuitava! Emma Ah! Bravo! Ma comme, si ziete m’ha ditto ch’è stata ’a signora che ha pigliato gelusia d’’o marito e te n’ha mannata? Ninetta Nonsignore, so’ stat’io che l’aggio ditto accussì, si no chillo sapite che se faceva afferrà. Ma qua’ gelosia, chella ’a signora nun sape manco che d’è ’a gelusia. È tanto bona, è na pasta ’e mele, è proprio na santa. Emma (comincia a turbarsi un poco) Ma...Ninè, vedi io parlo della signora Sciosciammocca, la moglie dell’avvocato. (alzandosi) Ninetta Gnorsì. Emma E non è gelosa? Ninetta Addò sta! Vuje pazziate! È n’ora che l’aggio lassata, D. Felice era asciuto, e essa steva tanto bella, calma, tranquilla, allegra. (azione di Emma) Steva mettenno cierti cerase dint’’o spirito. Che gelosia!...E forse chesto fa male, a non

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Emma Ninetta Emma Ninetta Emma Ninetta Emma Ninetta Emma Ninetta Emma

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essere gelosa. Pecchè... (quasi piangendo) si arapesse nu poco l’uocchie dint’’a casa... (c.s.) Basta, cheste certo so’ cose che a buje nun ve premono, che v’’e conto a fa? (nascondendo l’agitazione) No...no, anzi...mme premene... cioè...mme piace ’e te sentì parlà. Dunque, si ’a signora arapesse nu poco l’uocchie dint’’a casa? Eh! Fernarria ’a jacovella, signora mia, fernarriene ’e se fa vuommeche tutt’’e dduje. (c.s.) Tutt’’e dduje chi? D. Felice e Da Leonilda, n’amica d’’a mugliera che vene sempe in casa...na signora bruna antipatica e superba. Na femmena bruna? Già, che D. Felice nce fa la corte sotto all’uocchie d’’a mugliera. È nu scuorno o no? Se n’approfittano d’’a bontà ’e chella povera Da Virginia. (a denti stretti) (Ah! Svergognato!) Cu chella mugliera vicino ch’è overamente na simpaticona. Ah!!! (E allora, ajere a Mergellina era sta Da Leonilda? Era ’a nnammurata? Ah! Birbante!) Ve raccomanno, nun dicite niente a zi Totonno. Oh, nun ce penzà...(E tutte chelli cose che m’ha ditto, so’ state tutte buscie? M’ha ngannato chillo piezzo ’e mbruglione!) Scena undicesima Totonno e detti

Totonno Signurì, mo proprio è venuto n’ommo e ha portata sta lettera per voi, dice ch’è di gran premura. Emma Va buono, miette ccà, vattenne. Totonno ’A carrozzella l’aggio chiammata, sta aspettanno. Emma (osservando la calligrafia sulla busta) È ’o carattere sujo! (apre e legge fra sé) “Mia adorata Emma” (azione) Ti scrivo col cuore addoloratissimo e con gli occhi pieni di lagrime. Mia moglie sa tutto!...” Ah! Ma io pure mio caro!...(legge) “Essa mi ha seguito con una carrozzella! Non puoi immaginare a casa che scenata. Quella successa in casa del Consigliere è stato uno scherzo in paragone...” Che canaglia!...(legge) “Voleva venire per forza da te col rasojo!... Scusami se lascio di scrivere, le lagrime mi soffocano!... Felice” (mostrando la lettera) E sta tutta nfosa! Avarrà sbancato na butteglia d’acqua. Assassino! Ninetta Signurì, scusate, quacche brutta notizia forse?

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Emma

Ninetta Emma

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No, no, no, tutt’altro!...Siente, Ninè, mo nun tengo tiempo ’e combinà cu te...(agitata) Aggia scrivere...aggia fa tanta cose...famme ’o piacere...vattenne dinto a chella cammera...lasseme sola...agge pacienza...ti chiamerò. Va bene, signurì, facite ’o commodo vuosto, io nun vaco ’e pressa. Permettete. (passeggia agitatissima) Mbroglione! Mbroglione! E io comme a na stupida che mme credeva tutte cose!...Ciuccia, ciuccia ciente vote. Scena dodicesima Achille e detta poi Totonno

Achille Emma Achille Emma Achille Emma Achille Emma Achille Emma Achille Emma

Achille Emma Achille Emma Achille Emma Achille

(fuori) Signora scusate ho dimenticato il bastone. Oh! D. Achille...Amico mio! Tutte tutte l’uommene so’ busciarde! Ah! Non tutti! E dire che 10 minuti fa, io era tanto fiduciosa, tanto sicura ’e chello che mme diceva. Ma pecchè? Ch’è stato? Ah! D. Achille mio, non ve lo potete mai immaginare!... Che infame!...Che infame! (con gioia) Ma pecchè ve site appiccecato con l’avvocato? Sì...e mi ha dato l’addio...cu na butteglia d’acqua!! (mostra la lettera) Cu na butteglia d’acqua? Sì!...No!...N’affare mio! Vuol dire che finalmente arrivo a tiempo sta vota, e non parto cchiù? (con rabbia) Mme pare de vederlo, mme pare de vederlo a chill’assassino, contento, allegro che dice: Ah! Finalmente mme ne sono liberato...Ma se io suppurtava l’altra è pecchè l’era mugliera, ma chest’ata, no, ah! no!...Me la pagherà D. Felice! (agitatissima) (con slancio) Signora Emma, io sono pronto... D. Achì, abbiate pazienza, non è momento mo, lasciateme sta! E mi lascerete sperare adesso? Dimane, dimane venite e nne parlammo. (c.s.) Sto nervosa mo...aggia passià, aggia penzà...aggia sta sola insomma. È giusto, avete ragione. Allora a domani! (senza badarlo) Sì, sì, dimane. Oh, grazie, signora, grazie. (le bacia la mano) (Aggio fatto ’o colpo!) (via pel fondo)



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(passeggiando) Che potarria inventà, che potarria penzà pe vendicarme ’e chillo piezzo ’e mbruglione? (si ferma vicino al tavolo e pensa) Totonno (viene dal fondo e guarda intorno) E Ninetta addò sta? Emma (dando un colpo sul tavolo, con un grido di gioia) Ah!!! Totonno (fa un salto) Vi’ che zumpo m’ha fatto fa!! Emma Che idea! Benissimo! (decisa) Sicuro!...Chesto aggia fa! Chiamando) Totonno? Ah! Stai ccà? Va dint’’a cammera mia, pigliame chella giacca e ’o cappiello che sta ncopp’ a ’o divano...priesto... Totonno Subito!... (p.a.) Ma scusate, signò, Ninetta addò sta? Emma (senza mostrare) Sta dinto, sta dinto, nun te mettere paura...Va, subito, fa priesto. Totonno Eccome ccà. Emma E famme venì a Mimì. Totonno Va bene! (via 2 a a sinistra) Emma Sulamente...nce vularria na veste, nu cappiello cchiù semplice...Comme faccio?...Ah! Aspetta!...Mme faccio prestà na cosa da sta signora a fianco a me. Sì, chesta è l’unica penzata, non poteva trovarla meglio! Evviva D. Felice!...Lle voglio fa vedè chi songh’io e che songo capace ’e lle fa! Emma

Scena tredicesima Mimì e detta, poi Totonno e di nuovo Mimì (dalla 2a a sinistra appaurato) Emma, m’hai fatto chiammà? Che vuò? Emma Dinto ’a cammera ’e toletta, ncopp’’o tavolino nce sta ’o portafogli. Portammillo subito. Va fa priesto. Mimì Va bene! (via 1a a sinistra) Totonno (esce con giacca e cappello) Ecco ccà ’a giacca e ’o cappiello. Emma Bravissimo! (mette il cappello in fretta e la giacca) Totonno Signurì, ma Ninetta addò sta? Mimì (ritornando col portafogli) Tiene ccà, chisto è ’o portafoglio. (Totonno passa a destra) Emma Bravo! (prende tutto e lo intasca) Mimì Emma, ma ch’è stato, addò vaje? Emma Addò vaco? Addò vaco? ...’O saccio io! (sale la scena) Mimì Vuò che t’accompagno? Emma È inutile! Totonno Signurì, ma Ninetta addò è ghiuta? Mimì Siente a me mo t’accompagno. Emma Non c’è bisogno! Mimì

È FEMMENA O È DIAVOLO?

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Totonno Mimì Totonno Emma

Signurì, ma Ninetta addò sta? Pozzo venì. Signurì, mme vulite dicere Ninetta... (gridando) E nun mme rompere la capa, tu, nepoteta, Ninetta, l’arma ’e mammeta, jateve a fa squartà tutte quante! (via-pausa) Mimì (scoppiando comicamente in una risata) Ah! Ah! Ah! (mostrando Totonno) Totonno All’arma ’e mammeta a te e a sta risata antipatica!... (via 1a a destra chiamando) Ninetta? Ninetta? (via) Mimì Che diavolo sarrà succieso? Scena quattordicesima Ninetta e detto poi Totonno (uscendo) Sto ccà, zì Totò, sto ccà. (vede Mimì, s’arresta) (Uh! Chi è chisto?) Mimì (vedendo Ninetta) (Che bella guagliona!) (Ninetta fa per andare in fondo) Tu forse sei la nuova cameriera? Ninetta Sissignore. Mimì Ah! Brava! Tu sei una bella piccerella, tu me piace assai. E dimme na cosa...hai visto ’a cammera toja, hai visto ’a casa? Ninetta No ancora! Mimì No? Oh! E come? Tu sei la cameriera, devi vedere tutto... devi conoscere la casa...(Totonno rientra e riesce subito con una scopa in mano) Viene cu me, mo te porto giranno io... te faccio vedè io tutto, viene...viene cu mmico...(viano 1a a sinistra Totonno senza parlare si mette la scopa sulla spalla e li segue...Appena a pochi passi dall’uscio cala la tela) Ninetta

Fine del primo atto

Atto 2° Salottino in casa di Felice. Comune nel mezzo in fondo. N°3 porte laterali. Quella a 2a quinta a sinistra dà nel giardino, vi saranno quindi due battenti con vetrine e tendine di merletto. Le porte degli altri vani sono pure a due battenti. In fondo a destra una 2a porta. Finestra 2a a destra. Un piccolo divano in fondo a sinistra. Poltroncine e tavolinetto davanti. Un tavolino ovale sul davanti a destra con sopra occorrente da scrivere, campanello a timbro, cestino da lavoro con entro un pezzo di merletto, con gomitolo di cotone, croscè, aghi e rocchetti di filo bianco. Tre sedie thonet intorno al tavolo. Sul tavolo del divano vi saranno dei manifesti reclame col seguente avviso stampato “Jean Manuel – Rettifilo 139 – Ricerche nell’interesse delle famiglie”. In fondo su d’una colonna vi sarà un vaso per fiori. Sedie. La mobilia è di mogano. Al muro quadri, fotografie ecc. Scena prima Virginia e Ciccillo poi Felice (seduta al tavolo. È in abito semplicissimo di casa, senza eleganza, è pettinata alla Bandeaux, scrive. Ciccillo in piedi vicino a lei. Dopo scritto) Ecco ccà, accussì nun te mbruoglie, siente buono (legge) “Zucchero in polvere due chili, spirito mezzo litro, vaniglia 2 soldi, albicocche 1 kg., 4 vasetti per conserva, una matassa di spago e 2 soldi di carta caporisma”... Tiene ccà, ’e solde te l’aggio dato, piglia tutta sta rrobba e viene ambressa. Ciccillo Va bene. Virginia E quanno viene ’o miette ncopp’’a tavola dint’’a stanza ’e pranzo. Ciccillo Va bene. (via pel fondo) Virginia (prendendo il croscè e lavorando) E Ninetta se ne va just’oggi che nce steva tanto da fa. Vularria sapè a chella chi l’aveva ditto niente che se n’è voluto j’ accussì, ’e bello, senza nisciuna ragione. M’è dispiaciuto ’a verità, pecchè era na guagliona obbediente, faticatora, fidata. Intanto mo coVirginia

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mincia n’ata vota da capo a mparà ’o sistema a chest’ata che vene, la quale speriamo che sia na bona figliola, ogge è tanto difficile trovà a una ’e cheste lloco...onesta. Felice (dal fondo con dei fiori sciolti in mano. Uscirà un momento prima, resta sotto l’uscio contemplando Virginia e mostrandola al pubblico) Eccola qua! Questa sarebbe la moglie gelosa. Otello vestuto ’a femmena! (ridendo nasconde i fiori dietro e viene avanti) Eccomi a te, Virginiella mia! (porgendo i fiori) Virginia Oh! Che belli fiori. So’ per me? Felice Sì, per te, simpaticona, aggraziatona mia! (l’abbraccia) Virginia Eh! (ridendo) tu che hai, comme stai allegro oggi? Stammatina te ne si’ asciuto accussì preoccupato, accussì serio! Felice Ah! Stammatina? Ma ogge no!...Ogge è n’ata cosa, oggi è finita, mme so’ liberato finalmente. Virginia ’E che cosa? Felice Ah! De na causa, Virginia mia, de na causa importantissima che poteva diventare molto seccante, ma io l’ho vinta e perciò sto allegro, perciò mme vide accussì. Dimme na cosa, mi vuoi sempre bene? Virginia Che domande, Felì, ma ti pare, sempre! Si’ tanto buono cu me, tanto gentile, tanto affezionato a me. Felice E non solo a te, a tutto quello che t’appartiene. Chello che piace a te, piace pure a me, chille che vuò bene tu voglio bene pur’io. Chell’amica toja, per esempio, Leonilda, pecchè me piace e ’a voglio bene? Pecchè tu pure ’a vuò bene. Virginia Grazie, Felice mio. Felice E ogge vene? Virginia Credo di sì, oggi è sabato, e secondo ’o ssolito avarria venì a ’e quatte. Felice Ah, già, è overo, ma tu l’aviss’’a dicere ’e venì chiù spisso ccà, poverella, sta sempe sola, almeno ccà se distrae nu poco e fa pure compagnia a te. Virginia Quanto si’ buono! Io t’’o voleva dicere da tanto tiempo chesto, ma mme credeva che te fosse dispiaciuto. Felice E che dispiacere, ma te pare? Se è na cosa che te fa piacere tanto, pecchè te n’aggia privà? Aggio capito, quanno è oggi che vene, nce parlo io, nc’’o ddico io che ha da venì ogni ghiuorno pecchè io così voglio. Virginia Oh! Grazie, Felice mio! (l’abbraccia) Felice No, no, io mo accussì aggia fa cu tte. L’altro ieri per esempio, nce vulette tanto tiempo pe mme dicere che vulive fa durmì ccà ’o cumpare tujo D. Michele. Virginia Mme metteva paura che te seccave.

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Ma che seccare. Anze chillo è tanto simpatico, tanto buono, mme fa pena poveriello, so’ tre ghiuorne che va trovanno ’a mugliera pe tutto Napole e nun ’a po’ trovà. Io mo non sapeva che ’o compare tujo era nzurato. E quanno mme cresemaje io pure credeva che era scuitato, in seguito po aggio saputo ch’era nzurato e steva diviso d’’a mugliera. Sicchè tu ’a mugliera nun ’a conusce nemmeno? Nun saccio manco chi è. (ridendo) Ma che tipo! Che tipo! Scena seconda Don Michele e detti

(dalla 2a a sinistra agitato) Oh! Buongiorno commarè. (scende verso destra) Buongiorno Avvocà. Felice Buongiorno! Virginia Ah! Eccolo qua, mo proprio steveme parlanno ’e vuje! (s’alza va a mettere i fiori in un vaso e ritorna a sedere) Michele (siede e si toglie il cappello) Ah! ’E gamme, ’e gamme!...Nun mme fido cchiù! Va trova addò s’è mpezzata chella scellerata!... (ai due) Poco prima a ’o portone d’’o vico, aggio ncontrata a na femmena, me credeva che era muglierema, e invece non era essa, so’ ghiuto pe vedè, ed era n’ata femmena che somigliava perfettamente. Ah! ’E rine, ’e rine!.. Chi mme l’avev’’a dicere che nu juorno io aveva j’ correnno appriesso a muglierema. E perchè? Per avere la sua firma. Felice Eh, caro D. Michele, la legge è legge. Michele Ma che legge...è na legge stupida la vostra. Felice Sarà, ma secondo il vostro contratto matrimoniale, voi non potete vendere i vostri beni senza la firma di vostra moglie. Michele La firma?...E essa ha avuto bisogno della mia firma per corrispondere a D.Alberto l’ufficiale? Svergognata! (si alza e passeggia) Virginia E va buono, calmateve, che ne vulite piglià na malatia pe causa soja? Michele Mme calmo? È na parola! Io quanno penso a chillo fatto, mme vene tale nu nervoso che mme mangiarria l’aria! L’aria mme mangiarria!! (a denti stretti, poi siede di nuovo) Felice E non ci dovete pensare. Michele E come si fa a non pensarci, essa sapeva che chillo D.Alberto m’era antipatico, che nun ’o vuleva ricevere in casa, nce Michele

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l’aveva ditto tanta vote. Na sera mme ritiro e ’o trovo che scenneva p’’e ggrade correnno correnno e contemporaneamente sentette sbattere la porta d’’a casa nosta. Saglio, addimmanno a essa, e mme dice che l’ufficale non era venuto addò nuje, e addò è ghiuto? E chi ’o ssape: nun è venuto ccà, crideme, nun scenneva ’a ccà. E addò scenneva? Può essere che calava dal piano superiore. E non po’ essere, pecchè chilli duje piane ereno. Noi abitavamo asteco e cielo. Forse era stato ncopp’’e tittole? Compà ve prego nun pazziate. Da chella sera nun aggio ragionato cchiù, ’a voleva accidere, ma po dicette: No, pecchè aggia j’ ngalera e mme ne partette pe Roma. Da Roma passaje a Genova, e finalmente m’imbarcai per l’America. Solo con un viaggio così lungo mme ne potevo dimenticare e non pensarci più. Mme fermaje a Rio Janeiro. (Areto ’o vico!) Dove sapevo che c’era n’amico mio, ricchissimo negoziante, lo trovai, lle cuntaje tutto ’o fatto, n’ebbe compassione di me e mi fece rimanere con lui in qualità di segretario! Sto comme a nu principe, cari miei. E perciò sono ritornato in Italia, per riordinare i miei affari, mme vengo tutte cose, mme ne torno in America e mme stabilisco llà. Eh, ma si nun trovate ’a mugliera vosta, è inutile. Eh, lo capisco, lo so...Chi sa addò sta, chi sa addò se l’ha carriato chillo galiota! Ma aspettate, sentite, voi perchè non fate na cosa, invece de j’ correnno pe tutto Napole e trapazzarvi tanto, perchè non vi rivolgete ad un’agenzia d’informazione? Llà certamente ve ponno fa sapè quacche cosa. Ah! Sicuro! ’O saccio! Io nc’aveva penzato, ma chi te la dà st’agenzia? Addò sta? Comme! Chesto che cos’è?... Al Rettifilo, da poco s’è aperta. Ccà nc’hann’’a sta cierti manifesti con l’indirizzo. (va al tavolo e cerca tra le carte) Eccoli qua, è una reclame che hanno mandata per tutte le case. Leggete, è na società francese. (legge) “Jean Manuel Rettifilo 135. Ricerche nell’interesse delle famiglie.” Possibile! Avvucà puzzate sta buono, e nun mm’’o ddiciveve primma? E che volete, nun c’aggio penzato manco io, cu tante affari p’’a capa.

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Michele Ma allora io ci vado subito. (prende il cappello) Felice No, se volete, posso telefonare io. Michele No, no nce voglio j’ io stesso, nce voglio parlare io, lle voglio fa capire l’importanza, capite...Permettete, io mo vengo, mo vengo. (legge) “Rettifilo 135” Va bene. Stateve buone! (via 2a a sinistra correndo e portandosi i manifesti) Virginia Ah! Ah! Ah! Che tipo! (ridendo) Scena terza Ciccillo e detti, poi Emma Ciccillo Signurì, io aggio accattata tutt’’a rrobba, sta dint’’a stanza ’e pranzo. Virginia Va buono mo, vengo. Ciccillo Fore po nce sta na cammarera, dice che l’ha mannata ’o fruttajuolo. Virginia Ah, meno male. Felice Na cammarera? Virginia Ah, già, tu non saje niente. Io sto senza cammarera. Felice Pure tu? Virginia Comme pur io? Felice (subito) Sì, perchè pure nu cliente mio stammatina aspettava na cammarera. E Ninetta? Virginia Se n’ha voluto j’, accuss’’e bello, senza nisciuna ragione. Ciccillo ’A faccio trasì ccà, signurì? Virginia Sì, sì, falla trasì. (Ciccillo via poi torna) Felice Io me ne vaco dinto, Virgì. Virginia Nun ’a vuò vedè tu pure? Felice Che ’a veco a fa? Se piace a te, piace pure a me. E poi voglio preparà ’o trimestre pe D. Achille Rivelli che come sai sono il suo amministratore giudiziario e non posso trascurarlo. Chillo stammatina certo venarrà. Vidatello tu, fa tu. (via 1a a sinistra) Ciccillo (ritornando) Favorite, ccà sta ’a signora. (introduce Emma e via) Emma Grazie! (indosserà un abito semplicissimo e cappello idem. Si mostra gentile ma un po’ commossa) Virginia (siede al tavolo) Avanti, avanti. Emma Grazie! (guarda intorno) Virginia Comme vi chiammate? Emma Concetta Spina! Virginia E quanto pigliate pe mesata? Emma Signurì, io aggio pigliato sempe 25 lire.

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Virginia

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Ah! Benissimo, chello che do io...E che faciveve da chell’ata signora? Emma Stirava la biancheria, serviva a tavola, ’a vesteva, ’a pettinava io...Si quacche vota per esempio avite bisogno ’e ve fa...na camicetta, nu basso, v’’o pozzo fa io, pecchè saccio cosere buono. Virginia Ah, sicuro, mme fa piacere! E tenite quacche certificato? Emma Sì signora. Tengo chello dell’ultima padrona. (lo prende dalla borsetta) Ecco! (lo dà) Virginia (legge) “Dichiaro io qui sottoscritta di aver avuto al mio servizio durante due anni Concetta Spina e non posso che darne eccellenti notizie su lei, e sul suo servizio. Intelligente, poi, discreta, fidata e di una condotta onestissima...” (rivolgendosi ad Emma sorridente) Brava! (la guarda un poco) (È una simpatica donna!) (legge) “Perciò con tutta fiducia si può ammetterla in casa. Emma Roselli” (guardando la firma, poi a lei) Roselli, è vero? Emma (con un sospiro) Roselli, sì, signora! Virginia “Via Pace 75”. E perchè l’avete lasciata? Emma Perchè...Voi non conoscete la signora Roselli? Virginia No, chi è? Emma È...(stentata) na signora...sola... Virginia Ah, capisco...una signora ….un poco equivoca? Emma (con un sospiro) Perfettamente! E siccome so’ stata sempe cu famiglie bone, modeste, quiete, ho preferito lasciarla. Virginia Brava! E in casa mia potete star sicura che vi troverete bene, perchè è proprio una di quelle buone, modeste e quiete; ma i lucri, regali, straordinari che c’erano in casa Roselli, ccà nun nc’’e trovate. Emma Ah signurì, io non vengo pe chesto, basta che mme vulite bene e mme tenite cu piacere, so’ contenta ’e nce sto pure pe senza niente. Virginia Oh! Chesto po no. (Che buona donna!) P’’a sortita poi, la do ogni 15 giorni. Emma Ve ringrazio signurì, ma io non esco mai. Virginia Ma come, qualche volta. Emma No, no, non esco mai, preferisco de sta’ dint’’a casa. Virginia Comme volete. (È na perla sapete.) Va bene, voi mi piacete molto e vi tengo. Emma Grazie... (piano a parte) (Finalmente!) Virginia E sono sicura che piacerete anche a mio marito. Emma Accussì sperammo. Virginia Ah certamente. E ’a robba ve l’avite portata?

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Emma Virginia

Nonsignore, ma stasera mme vaco a piglià tutte cose. Benissimo! Ah! N’ata cosa, ’a matina v’avite scetà priesto pe fa ’o ccafè, capite? Emma Nun ce penzate signurì, a ’e 6 sto nterra. Ve faccio ’o ccafè, ve vengo a vestì, a pettinà. Virginia No, no, non c’è bisogno, pecchè io mme vesto e me faccio ’a capa io stessa. Emma (E se vede!) Virginia Vuje nun avit’’a penzà che arricettà bona ’a casa, tenere tutto in ordine, rinaccià tutta la biancheria, questo poi vi raccomando. Io la faccio lavà ’a casa ’e mammà, e mm’’a manna pulita ogni 15 giorni dentro a na canestra, voi capitate proprio il giorno che arriva. Quanno vene, ci metteremo vicino, e ve faccio vedè io tutte cose. Oh! Vulite vedè ’a cammera vosta? Emma Come volete. Virginia (alzandosi) Venite! (fa per andare in fondo ma subito si ferma) Uh! (dando un’inciampata sull’abito) Emma Ch’è stato, signurì? Virginia (sollevando la gonna, lascia vedere una sottogonna bianca, semplicissima di tela) Aggio miso ’o pede ncopp’’o basso, e mme dispiaciarria si s’è stracciato. Emma Mme vulite fa vedè a me? (guardando. Poi a parte con una certa pietà) (Vide che sottanine tene chesta!) Nonsignore signurì, è solamente ’a trena che s’è scosuto, è cosa da niente. Virginia Vedite dint’’a chillo cestino nc’ha da sta’ l’ago c’’o ffilo, aggiate pacienza, datece nu punto. Emma Subito. (si toglie il cappello e lo mette su d’una sedia, poi va a cercare l’ago ed il filo) Virginia (È proprio n’angelo ’e femmena, una vera perla!) Scena quarta Leonilda e dette Leonilda (di d° dal fondo) Va bene, grazie, grazie. Virginia Oh! Eccola qua l’amica mia Leonilda! (azione di Emma) Avanti, avanti. Leonilda Mia cara Virginia! (strette di mani e baci) Emma (Essa!...È essa, chella che ghieva cammenanno cu isso a Mergellina) (guardandola attentamente) Virginia Assettete! (la fa sedere alla sua destra) Scuse nu momento, quanno me faccio dà nu punto ccà vicino.

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Ti prego. Concè, avite trovato l’ago? (ricomponendosi subito) Sissignore, signurì, ’o sto nfelanno! (piano a Virginia) Neh chi è, na cameriera nuova? (piano) Sì, mo prorio l’aggio pigliata! (c.s.) E Ninetta se n’è ghiuta? (c.s.) Se n’è ghiuta, accussì, senza ragione. Ah! Ma si vedisse chesta che angelo ’e femmena che è, comme è educata, come è buona. (c.s.) Sì? (guardando Emma) È una simpatica donna sai. (guardandola sempre) (guardando di sbieco) (Guardame, guardame che mo faje marenna pure tu!) (c.s.) È stata a servì 2 anni cu na certa Emma Roselli... una signora...un poco equivoca. (c.s.) Eh?...E ’a faje sta’ cu te? (c.s.) Oh! Non ti spaventare, aggio visto comme ’a pensa, mme so assicurata bona. Se n’ha voluto j’ da do steva appunto pe chesto. Signurì, se volete... (che ha infilato l’ago) Sì, sì. (a Leonilda) Permetti? Ma fai. (Emma si mette in ginocchio vicino a Virginia e ricuce la trina) E D. Felice sta bene? Bene grazie. E stamattina più del solito. Mo sta dint’’o studio, mezz’ora fa s’è ritirato, ma così allegro, così contento che tu non puoi credere. (cucendo) (Piezzo d’assassino!) (contenendosi) Po m’ha portato ’e fiori, steva tanto di buon umore, colorito, vivace che mai l’aggio visto accussì. Oh! E come? Dice che ha vinta na causa importantissima. (’O saccio!) (c.s.) Na causa che lo seccava nu poco, e stammatina s’è ritirato allegro, contento dicenno: Virginia mia, è finita finalmente, me ne sono liberato! (c.s. Con un grido) Ah!!! Che d’è, neh, Concè? (subito rimettendosi) Ah...niente...signurì...m’è ghiuto l’ago dint’’o dito. Uh! E stateve attiente. (guardando la porta dello studio e cucendo con rabbia) (Grandissimo porco, te voglio accuncià io te voglio.) E che fai oggi, esci? Io aggio avuto regalato nu palco a

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San Carlo per la rappresentazione delle 5 ½ vuò venì tu pure? No, te ringrazio, sei molto gentile, ma sai, la musica non mi attira...e po oggi tengo tanto da fa, arriva ’a cesta d’’e panne pulite, sai, e si nun ’e mmetto in ordine io, chi ’o ffa? Che peccato, avarria avuto tanto piacere de nce j’ cu te... ma dal momento che non puoi, vuol dire che nun nce vaco neanch’ io e mme sto ccà cu te. Oh, no, e pecchè ti vuoi privare di un divertimento per causa mia? No, che mme preme, si venive pure tu...pecchè po capirai, na femmena sola... Ma io dico a Felice che t’accompagnasse. (azione di Emma) A D. Felice? Sola con D. Felice? (sorridendo) Non sarebbe molto conveniente. Perchè? Si nun ’o ssapesse io va bene, ma na vota che so’ io che ti prego. (Che bestia, mamma mia!) Ti dispiace forse? A me? Tutt’altro. Forse a D. Felice potrà dispiacere. A mariteme? Oh, ma tu non sai mariteme quanto te vo’ bene, come sarà contento d’accompagnarti. Sì, allora va bene, na vota che vuò accussì...Bisogna confessà che non sei affatto gelosa. Gelosa?...Io?...Ma che si’ pazza, e chesto ce mancarria. (rivolgendo le parole alla parte dello studio) (Mbruglione mbruglione!) (si alza) Ecco servita signurì. (va a mettere l’ago nel cestino) Oh! Grazie. (si alza) E po pure si fosse gelosa, non lo sarei di te. (ridendo) Ti conosco abbastanza. (Ll’aggio visto!) Scena quinta Ciccillo e dette, poi Felice

Ciccillo Signurì, hanno portato ’a cesta d’’a biancheria. Virginia Ah, sì. Vengo. (Ciccillo via) Scusa, Leonì, se ti lascio un momento, quanto faccio vedè ’e panne a sta figliola. Leonilda Ma sì, fa il tuo comodo, senza cerimonie. Virginia Aspetta, mo chiammo a Felice, te tene isso compagnia nu poco (va alla 1a porta a sinistra) Emma (Dalle!...Dalle forte!)

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Leonilda Ma no...se è occupato, non vorrei incomodarlo. Virginia Ma che incomodo, statte zitta! (chiamando) Felì? Felì? Può lascià nu momento? È venuta Leonilda, l’amica mia. Felice (di dentro) Ah! È venuta? Bravo, lascio tutto, vengo subito. Virginia Haje visto? Parlece tu d’’o palco, io mo vengo. Concè, vulite venì? (via pel fondo 2a porta) Emma Eccomi! (s’avvia) (Ah! No! Felice da ccà nun s’ha da movere a rischio di qualunque cosa!) (via appresso) Felice (fuori, vedendo Leonilda) Oh! Gentilissima signora! (strette di mano, poi guarda in fondo) Leonilda Caro D. Felice! Felice E Virginia dove sta? Leonilda È ghiuta dinto pecchè è arrivata ’a cesta d’’a biancheria. Felice Oh, ma allora siamo soli? Benissimo! (per abbracciarla) Leonilda Che benissimo! Vuje v’avit’ ’a sta’ cujeto. Felice Come s’intende, m’aggia sta’ cujeto? Non vi ricordate la promessa che mi faceste jeri a Mergellina? Mi diceste: “Va bene, domani se ne parla. Dunque? Leonilda Ah, no! Mio caro! Domani...è sempre domani! (ridendo) Io v’ ’o ddicette pe ve fa sta’ cujeto. Felice E perchè? Mi avete ingannato? Leonilda Pensate a vostra moglie! Felice Ma che moglie e moglie! A mia moglie non ci pensiamo! Scena sesta Emma e detti (tranquillamente esce dal fondo 2a porta e si dirige verso il tavolino senza parlare, semplicissima.) Felice (scorgendola vicino al tavolino dà un grido di stupore) Eh!... Emma (dopo aver preso il cestino da lavoro va via pel fondo 2a porta dicendo) Scusate! (e via con la medesima semplicità poi torna) Felice (la seguirà con lo sguardo, assolutamente sbalordito, poi a Leonilda) Chi è chella? Leonilda Comme? Nun ’o ssapite? È la cameriera nuova che ha pigliata Virginia. Felice (guardando sempre più stupefatto la porta in fondo) (Ma io sto durmenno o sto scetato?) Leonilda D. Felì, ch’è stato? Felice (c.s.) No, niente...scusate, non sapeva...che chella era ’a cammarera... Leonilda Sentite, io alle 5 e ½ vado al San Carlo, ho avuto regalato un palco, se voi mi giurate di essere galantuomo, e non fate lo scostumato, io mme faccio accompagnà da voi. Emma

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Felice San Carlo vescovo e martire? Leonilda Che dite? Felice Oggi è San Carlo? Leonilda No, io parlo del teatro. Felice Ah!...Sicuro...(non sapendo che dire) è un bel teatro! Una bella sala... Leonilda E che c’entra questo?...Ma voi che avete, neh, D. Felì? Felice (preoccupatissimo) Scusate...signora...è la gioia...il piacere d’accompagnarvi...(No, io m’aggia assicurà!) (suona) Perdonate, ma io non m’aspettavo questo grande onore. Emma (viene dal fondo come prima sorridendo, come per chiedere cosa si desidera) Che comandate signurì? Felice (È essa! È proprio essa!) (al colmo dello stupore, e balbettando, non sapendo cosa dire) Volevo...’a buatta ...d’’e sigarette. Emma E addò a tenite, scusate? (sempre sorridendo) Felice (guardandola attentamente) Llà! (mostra la 1a a sinistra) nello studio! Emma Vi servo subito. (tranquillamente entra, Felice la seguirà con lo sguardo) Leonilda (assiste a questa scena meravigliata guardando Felice) (Che d’è neh?) Felice (agitatissimo) (Emma? Dint’’a casa mia? Da cammarera?) Leonilda (sorridendo) D. Felì, scusate, voi forse conoscete Emma Roselli? Felice (subito) Io?...No!...No... Leonilda Oh, non lo negate! (sempre sorridendo) Voi la dovete conoscere...Siete stato da lei...e la prova è che siete abbastanza seccato d’ avè trovata ’a cammarera soja ccà, pecchè ve mettite paura che nun avess’’a dicere quacche cosa ’a mugliera vosta. Felice Ma come, chesta è ’a cammarera di Emma Roselli? Leonilda Sissignore!! (vedendolo turbato) E dire che ieri m’avete giurato che non avete mai ingannato vostra moglie! (ride) Ah! Ah! Ah! Felice Mai! E lo giuro ancora. Leonilda Jatevenne, faciteme stu piacere!...Con Emma Roselli poi! Scena settima Ciccillo e detti, poi Emma Ciccillo (a Leonilda) Signurì, ha ditto ’a signora Virginia si vulite j’ nu momento dinto, ve vo’ fa assaggià ’e confetture e ’o rrosolio che ha fatto ajere.

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Leonilda Ah! Sì, con piacere. ’A voglio pure salutà pecchè me ne vaco. Voi mi accompagnerete non è vero? Felice (pensando ad altro) Ah!...Sicuro!...(guardando nella 1a a sinistra) Leonilda (guardandolo e ridendo ironicamente) (Sta cammarera nun mme fa capace.) (sale la scena) Ciccillo Da chesta parte, signurì, favorite! Leonilda Grazie! (via per la porta del fondo a destra. Ciccillo la segue, chiude, poi via pel fondo dal mezzo) Emma (con scatola di sigarette) Ecco servito. (Felice guardandola stupito, prende macchinalmente la scatola delle sigarette) Spero che vostra eccellenza resterà contento di me, comme n’era l’ultima padrona addò so’ stata! Na certa Emma Roselli!! ’A cunuscite signurì?....No?...Uh! Che peccato! Avarrisseve conosciuto proprio na bona signora. Affezionata, de core, fiduciosa...Oh! Troppo fiduciosa!! Era bona, capite, e tutto chello che lle jevene a cuntà, essa s’’o mmuccava, ’o ccredeva overo, mentre po, vaje pe vedè, e chella era una buscia, era na mbroglia!! Vostra eccellenza mme po’ pure dicere: “Ma che mme ne preme a me de tutte sti ccose che mme state cuntanno? È ovè? È giusto! E io sapenno quanto site buono, ve cerco scusa...e mme ne vaco fore... vostra serva, signurì, schiavuttiella vosta. (fa p.a.) Felice Emma!...Che significa sta finzione? Pecchè si’ venuta ccà? Tu saie muglierema quanto è gelosa. Emma Guè, grandissimo mbruglione! Nun di cchiù buscie ca te mengo ’o campaniello nfronte sa’...È gelosa, cammina c’’o rasulo dint’’a cazetta...busciardo! Traditore che si’. Io saccio tutto, capisce, tutto! E perchè nun mme dicive francamente: sai, Emma, io nun pozzo sta cchiù cu te, fenimmola, separammece...pecchè? C’era bisogno ’e mme dicere tanta buscie, tante falsità?... Fingere in quel modo, fino a farmi credere che chiagnive, te disperave, e io comme a na stupida, p’essere troppo fiduciosa te sentevo...e te credevo... Felice Ma senti, Emma, io … Emma Zitto! Che certamente diciarrisse n’ati ciente buscie! E t’aviss’’a credere che si so’ venuta ccà, è stato per rimproverarti de chello che m’hai fatto? No!...Tu si’ ommo e chesto mme l’avev’’a aspettà, ma il modo come me l’hai fatto, questo non ti perdonerò mai! E assicurete che si so’ venuta ccà, non è stato nemmeno pe fa nu scandalo, o per pregarti di ritornare. So’ venuta pe te dicere che tu

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Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma Felice Emma

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haje fatto sempe chesto, nn’’e pigliata una e nn’’e lasciata n’ata. Ma accommincianno da oggi, capisci bene da oggi, tu a mugliereta nun ll’’e a tradì cchiù. Ma che tradire e tradire, mai più, e quanno vuò sapè ’a verità è stato ’o rimorso che m’ha fatto allontanà da te, perchè povera moglie mia non se lo merita. (ironica) Veramente? Te lo giuro … per quanto è certo … Vattenne, nun ghiurà, assassino! Che ogne vota che faje nu giuramento, è pe dicere na buscia! Non mi credi? (esagerata) Comme!... (incrociando le braccia e sorridendo) E la signora Leonilda? (azione di Felice) L’amica carissima di tua moglie, che poco primma steva ccà, e che tu ci fai la corte? Io? … Quando mai! Amico, poche chiacchiere. Tu mme farraje ’o piacere ’e dicere a sta signora che a San Carlo, ogge, nun l’accompagne. Come? E io ce l’ho promesso? (calma) Nun l’accompagne! Ma siente ccà Emma... (c.s.) Nun l’accumpagne! Ma è impossibile, pare brutto, che scusa trovo? Che scusa? (calma) Cerca!...Trova!...Inventa!...Se tratta ’e dicere na buscia, e non ti devi trovare tanto imbarazzato! Scena ottava Leonilda e detti poi Virginia

Leonilda (dalla porticina in fondo a destra parla verso l’interno) Statte bona, Virgì, nce vedimmo dimane! Emma (Essa?!) Chesta è la scusa, guarda! (si slancia al collo e bacia rumorosamente Felice) Leonilda (vedendoli abbracciati) Eh!...(scende a sinistra calzandosi i guanti) Emma (fingendo di scorgerla allora) Uh! Scusate! (scappa pel fondo dal mezzo poi ritorna. Felice, resta pietrificato. Pausa) Leonilda (con ironia) Vi domando scusa, caro D. Felice, se vi ho disturbato. Felice (finge di non capire) Disturbato? Leonilda Sentite, tutto poteva supporre, ma questo no. (ridendo) Felice Ah! Forse pecchè avite visto... Leonilda Aggio visto e aggio ntiso!...

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Felice

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E avete creduto che io...Ah..Ah...Questa è bella mo. Ma già tutte quante avarrieno creduto accussì...Quella giovine, dovete sapere che stava in palpiti pe na causa che teneva ’a mamma cu n’usuraio, ’o quale se l’aveva miso sotto e l’aveva sequestrato tutt’’a rroba d’’a casa, io l’ho difesa. Stamattina è asciuta la sentenza tutta favorevole a essa, l’usuraio è stato condannato pure alle spese. Mo che nce ll’aggio ditto, puverella, tanto d’’a priezza m’ha abbracciato e m’ha vasato. Questa è la verità. Leonilda Ah! Già!...(ridendo) Voi avete difeso la causa, la sentenza è stata tutta favorevole a lei e quella pe riconoscenza v’ha abbracciato e v’ha vasato. Basta io me ne vado...volete accompagnarmi? Felice Ma si capisce, e me lo domandate? (No, io st’occasione non la perdo! Sangue de Bacco!) (si mette il cappello corre in fondo e si trova di fronte Emma ch’è immobile con le braccia piegate. Felice dà un grido, Leonilda al grido di Felice, si volta e vede Emma) (E comme passammo, chella sta llà fore.) (disperandosi. Emma sparisce) Leonilda (con finta premura) D. Felì, ch’è stato, che avete? Felice Ah!...Nun mme sento buono. Leonilda Oh!...volete che chiami qualcheduno? La cameriera? Felice (rapidamente) No! Virginia (dalla porticina in fondo a destra) Uh! Che d’è neh? Vuje state ancora lloco? Leonilda Sì, pecchè D. Felice nun se sente buono. Virginia (con premura) Uh! Felì, che te siente? (correndogli vicino) Felice No, na cosa ’e niente, mme fa male ’a capa, sarria meglio si nun ascesse. Leonilda (ironica) Oh, si capisce! Virginia Ma tu è perchè lavori troppo, Felice mio, te stai delle giornate intere vicino a nu tavolino. Leonilda Già!...Voi non vi dovete tanto applicare, non pensate tanto alle cause, pensate nu poco alla salute. (marcato) Basta, Virgì, io me ne vado. Virginia Mme dispiace che Felice nun te po’ accompagnà. Leonilda Oh, non fa niente, te pare...statte bona, nce vedimme dimane. (a Felice) Avvocato! (salutando) Felice (avvilito) Signora! Leonilda (vedendo che Virginia l’accompagna) No, no, statte, non t’incomodare. Virginia Pecchè...anzi...(viano pel fondo) Felice Ah no, ccà sta cosa nun po’ durà accussì. Emma se n’ha

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da j’, se n’ha da j’ a qualunque costo. Mo dico a Virginia che sta cammarera nun mme piace e che nn’a mannasse immediatamente. Scena nona Virginia e detto poi Emma Virginia

Felì, siente, na vota che nun ghiesce cchiù, te voglio parlà nu poco d’’a cammarera nova. Felice E io pure a te. Virginia Ah! Pecchè l’hai vista? Felice Sicuro! Virginia E comme te pare? Felice Che m’ha da parè. Da oggi in poi quanno hai da piglià na cammarera, me faje ’o favore d’addimmannà primme a me, hai capito? Virginia (stupefatta) Ma io l’aggio fatto chesto, si’ stato tu che nun te nne si’ mai voluto occupà. Felice E accomminciammo da oggi, me ne voglio occupà. Virginia E va bene...n’ata vota. Felice Per esempio, chesta come s’è presentata? Chi te l’ha proposta? Virginia ’O fruttajuolo. Felice Brava! Bella cosa! ’O fruttajuolo propone ’a cammarera. Bisogna andare ad un’agenzia di collocamento che garantisce la persona. Virginia Sempe accussì s’è fatto. Del resto a mme me pare na bona figliola, onesta, educata...Mi ha fatto leggere nu certificato che ne parla tanto bene. Felice Bella ragione, e nun po’ essere nu certificato falso? Virginia No, mme pare incapace Concetta. Felice Concetta? Ah! T’ha ditto che se chiamma Concetta e tu l’hai creduto? (riscaldandosi) Virginia Felì, ma pecchè te piglie tanta collera? Nun te piace forse? Felice Niente affatto!...(a questo punto la porticina a destra in fondo si apre dolcemente, Emma comparisce ed ascolta. Virginia non vede tutto ciò.) Tene na faccia che non me persuade, nu modo ’e parlà così antipatico, non me piace insomma! (gira lo sguardo e resta stupefatto, immobile. Gli occhi spalancati nello scorgere Emma che gli fa segno di minacce) Virginia Se non ti piace, io mo ’a chiammo e la licenzio! (Emma minacciando Felice gli fa dei segni come per dire: Ah! No, bada, questo mai!)

È FEMMENA O È DIAVOLO?

Felice Virginia Felice Virginia Felice Virginia Felice Virginia Felice Virginia Felice Virginia Felice Virginia Felice

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(imbarazzato) Licenziarla? E chi t’ha ditto chesto? Uh! Mamma mia! Tu ’e ditto che nun te piace! (nervosissimo, guardando Emma) E...e mo...e mo mme piace! Ecco! (Emma sparisce) Cu te nun se po’ parlà che subito piglie na cosa pe n’ata. Io piglio na cosa pe n’ata? Tu ’e ditto che tene ’a faccia che non te persuade! Sì, è vero...pare comme si fosse doppia, maligna, nun me pare na bella cosa veramente. (Emma comparisce di nuovo) Felì, tu mo mme faje perdere ’a capa! Te piace o nun te piace? (scorgendo Emma) Ma sì, quanta vote te l’aggia dicere... mme piace, mme piace! (segni di soddisfazione di Emma) Allora me la tengo? (suo malgrado, con rabbia) Tienatella! (Emma fa di nuovo segni di soddisfazione) Oh! Finalmente! (Emma sparisce) (No, io aggia trovà n’ato mezzo, chesta se n’ha da j’.) Mme dispiaceva ’e nn’’a mannà, perchè credo d’avè capitato proprio una de chelli figliole veramente fidate, e che restano 14, 15 anne dint’’a na casa. (14, 15 anne?...E io moro!!) Permetti, Felì, lle vaco a dicere che a tte te piace e sei contento di tenerla. (via pel fondo) E chisto è un guaio ch’aggio passato!...Io mme tengo a chella 15 anne? E chesta sarria na tortura pe me! Nun mme potarria cchiù movere, nun putarria fa niente cchiù. No, se n’ha da j’, se n’ha da j’. (si dirige alla porticina di destra in fondo) Scena decima Emma e detto, Virginia poi Ciccillo

Emma Felice Emma Felice Emma Virginia Emma Virginia

(apre la porticina di fondo a destra e si mostra immobile, seria) (allontanandosi) (’A vi lloco! Nce simme!) (avanzando) Tu, a mugliereta nun ll’’e a tradì cchiù. (Mannaggia chi t’ha allattata!) E non tentare cu quacche mbroglia ’e mme ne fa mannà, pecchè si no io quanto piglio e dico a mugliereta la vera ragione pecchè mme trovo ccà. (di dentro) Concetta? Concetta? (chiamando) Sto ccà, signurì. (fuori) Ah! State ccà?

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Emma Virginia

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Comandate, signurì. No, niente, ve voleva dicere che voi piacete tanto anche a mio marito e siamo contentissimi di tenervi. Emma Grazie tante, signurì, appunto chesto mme steva dicenno ’o marito vuosto. Ciccillo (di dentro) Permesso? Virginia Avanti. Ciccillo (fuori a Felice) Signurì, nce sta D. Peppino Stoppa, ’o notaro, dice ch’è venuto pe chill’affare che sapite. Felice Eccomi qua, vengo, mo vengo! (riscaldandosi) E quanno te muove, t’aggio ditto che mo vengo, e chillo se sta llà comme a nu palo senza se muovere... (al servo) Ciccillo Va bene (via) Virginia Eh. Felì, che hai? Felice (sorride subito) Niente, niente. Virginia Stive tanto allegro poco primme. Felice E lo sono ancora! Lo sono ancora! Capisci, tante affare, cause, ’o notaro ’a llà, tu ’a lloco chesta ’a ccà. Mannaggia. (via in collera) Virginia Venite ccà, ve voglio fa vedè la lista d’’e panne che s’ hann’’a mannà a mammà. (va a sedere al tavolo cacciando un taccuino dalla saccoccia) Emma (esaminandola) (Guardate llà, vedete se è possibile che na femmena s’ha da pettinà e s’ha da vestì ’e chella manera! Se capisce che ’o marito l’ha da ingannà!) Virginia (che sfogliava il taccuino) Ecco ccà, guardate... Emma Signurì, scusate se vi faccio na domanda? Virginia Dite. Emma È stata idea vosta ’e ve fa a capa accussì? Virginia No, mammà. Emma Ah, mo va bene. (Chella è de Casoria.) Virginia Pecchè? Nun ve piace? Emma (gentilissima) ’A verità, signurì...ve sta malamente...ve fa cchiù vecchia! Se mi permettete, ve posso fa vedè io quacche pettinatura moderna...svelta...che vi ringiovanisce... Comme pure, poco primma aggio visto tutta ’a biancheria vosta...e francamente...mme ne so’ meravigliata. Tenite cierti sottanini... Virginia Pecchè, che nce truove? So’ de tela, sai? Na tela magnifica, forte, resistente. Emma Oh, nun ve parlo della resistenza..ma chille so’ sottanine... da vedova...da bizzoca...Nun avarriano da essere accussì. Virginia E comme?

È FEMMENA O È DIAVOLO?

Emma



Di seta … morbidi ...eleganti...seducenti comme a chisto, guardate! (solleva un po’ la gonna e mostra un’elegantissima sottogonna di seta) Virginia (stupita ed esaminandola) Comme è bello!...Se vede però ch’è stato un regalo della Signora Emma Roselli...non è vero? Emma Proprio accussì, mm’’o dette essa stessa. Virginia Ah, mo va bene! Ma io po nun mme mettarria nu sottanino accussì lussuoso! (pudica) Emma E perchè? Credete forse che a D. Felice nun lle piacesse? Virginia Oh, no, certamente! Sarria troppo differente da chille che porto io. Felice è abituato a vederme accussì, e se ne potarria dispiacè, vedenneme cambiata. Emma Niente affatto, signorina mia, ve sbagliate, cambiare abitudini cu n’ommo è buono. La moglie intelligente questo fa. Pecchè all’uommene piace il cambiamento, il moderno, la novità, la… rinnovazione! L’ommo cu na mugliera che fa chesto se vede pur’isso rinnovato...trasformato! Lle pare comme si ‘a mugliera nun fosse cchiù chella. Lle pare n’ata femina...e st’ata femmena invece d’’a j’ trovanno a quacch’ata parte, come spesso succede, tenennela ’a casa, nun nce pensa cchiù, e difficilmente tradisce ’a mugliera. Ma vuje, signurì, nun l’avite avuto a male si v’aggio ditto tutto chesto? Virginia (pensosa) No, anzi... Emma Forse mo ve credite che D. Felice ve potesse tradì? Virginia Ah, no! Mariteme nun è capace ’e chesto, ne so’ sicura! Solamente ve voleva addimmannà, si sapisseve addò ’e pozzo truvà sti sottanine. Emma Oh, è na cosa facilissima, se volete, ce pozzo penzà io, e ve ne vaco accattà uno io … Virginia Sì, mme faciarrisseve piacere! Na vota che ve trovate, pigliatene duje. Emma Va bene ...ma vedite...’e cammise che tenite po, nun nce farranno na bella figura ’a coppa. Virginia È ovè? Emma Eh!...certo! (insinuante) Se volete v’accatto pure doje, tre cammise assortite: ’e ccalze, ’e mmutandine, nu bello pare ’e giarrettiere... Virginia Sì, sì, brava, brava! Pigliate tutte cose vuje, pensatece vuje! Scena undicesima Felice e dette poi Ciccillo poi Achille Felice

(di dentro) A rivederci, a rivederci.



Virginia Emma Virginia

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Mariteme!...Nun dicite niente nnanze a isso, ve raccomanno! Va bene. Mo facimmo na notarella, e ghiate accattà tutte cose. (parlano fra loro) Felice (fuori) (Ancora nzieme!) (scende a sinistra) Emma (Lle vulite fa na sorpresa? Aggio capito!) Virginia (Brava! Jatevenne dint’’a cammera vosta, io mo vengo!) Emma Va bene! (via dal fondo per la porticina a destra) Felice (guardando Emma che va via) (Va trova che lle steva dicenno!) Virginia Ah! Felì, tu stive ccà, non puoi credere quanto so’ contenta de sta cammarera nova. Che buona donna! Si sapisse quanta consiglie m’ha date. Felice (subito) Consiglie?...Che consiglie? Che t’ha ditto? Virginia Ah, no...Nun te pozzo dicere niente!...È nu segreto nuosto. Felice (c.s. Inquieto) Nu segreto?! Virginia Na sorpresa! Felice Na sorpresa? E che sorpresa? Virginia (ridendo) Eh! Nun ’o saccio...po vide, po vide...(via per la porta in fondo a destra) Felice Nu segreto! Na sorpresa!...E che sarrà?...Che l’avarrà ditto? Che m’avarrà combinato mo!...Mannaggia ’o momento che ’a conoscette!...Comme aggia fa pe nn’’a fa j’? (resta pensoso) Ciccillo Signor Avvocato, fore nce sta chillo signore che venette ajere, e che vuje lle disteve l’appuntamento pe ogge. Felice Chi signore? Ciccillo D. Achille Rivelli. Felice Ah, sì, sì. Fallo trasì. (Ciccillo via pel fondo poi torna. Felice come colpito da un’idea ) Sangue de Bacco!...Che bella idea...si D.Achille mme potesse fa ’o piacere ...Sul’isso mm’’a putarria levà da tuorno. Chillo và appriesso a tutt’’e femmene, quanno vede na figliola bona fa cose ’e pazze. Isso sulo mme putarria salvà. Ciccillo Favorite, favorite. Achille Grazie. Carissimo D. Felice. Felice D. Achille egregio!...Accomodatevi, prego. Achille (siede con Felice) Grazie. D. Felì, io sono venuto a riscuotere quel trimestre, se state comodo però. Felice Sentite D. Achì, io vi debbo confessare una cosa, nu guaio ch’aggio fatto. Achille Nu guaio? V’avite mangiato ’o trimestre mio, dicite ’a verità. Felice Che mangiato! D.Achì, pe chi m’avite pigliato! Io sono

È FEMMENA O È DIAVOLO?



un galantuomo. ’O trimestre è pronto, jate dint’’o studio, faciteme ’a ricevuta e ve dongo ’e denare. Achille Ah, mbè, scusate allora. Felice Io parlava ’e n’ato guaio, nu guaio assaje cchiù gruosso ’e chisto, e solamente voi mi potete ajutare. Achille Io? E di che si tratta? Felice Dovete sapere che io teneva na relazione cu na signora da molto tempo, stamattina ho deciso di lasciarla, aggio trovata na scusa e l’aggio lassata. Achille Ah! Bravo! Felice Seh, bravo!...Chella sapite che m’ ha combinato pe se vendicà? Achille L’ha scritto a vostra moglie? Felice No, poco prima, invece s’è presentata ccà comme a cammarera e muglierema se l’ha pigliata. Achille Come! Possibile? Jatevenne avvocà, nun pazziate! Felice Che pazzià, parola d’onore vi dico! Achille (ridendo) Ah! Ah! Ma allora questa è bellissima, graziosissima! Felice D. Achì, non ridete, queste nun so’ cose da ridere, abbiate pazienza!...Voi siete libero, site scuitato, vuje sulo mme putite ajutà. Achille Io? Felice Sì, voi la dovete innamorare, avit’’a fa vedè che site pazzo pe essa, perchè poi veramente ne vale la pena, è na scarda ’e figliola nummero uno. Ve la pigliate e v’’a purtate a fa nu viaggio cu buje. Basta che nun mm’’a facite vedè cchiù. Se mi fate questo favore io sono pronto a fare tutto per voi. Achille Vedete, D. Felì, mi dispiace dirvelo, ma mi chiedete una cosa che non potrà mai succedere. Io so 3 anne che faccio la corte a na signora, e mo che questa finalmente può essere mia, piglio e mme ne vaco viaggianno cu n’ata? È impossibile! Felice Come! Vi negate? Achille Per forza, D. Felice mio. Felice E bravo!...Era il primo favore che vi chiedevo. Siete nu bell’amico veramente. Non fa niente, vi ringrazio lo stesso. Vado a prendere il vostro trimestre. Achille No, aspettate, D. Felì, io avrei bisogno di un anticipo su quell’altro trimestre. Felice Un anticipo? Achille Sì, mme servene duje, tremila lire. Felice Mi dispiace ma non posso.

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Achille Felice Achille Felice Achille Felice Achille

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E già...capisco. Se invece accettavo d’andare a fare un viaggio c’’a nnammurata vosta... Ah, che c’entra, ve l’avrei date subito, favore per favore mio caro. Ma quando vi dico che non posso. E va bene, vuol dire che vi darò solamente il trimestre. Io a questo sono obbligato...il trimestre. (fa p.a.) Ma vedete avvocà... Mi dispiace, ma non posso...Io debbo darvi il trimestre … e ve lo darò tutto due centesimi... (via a sinistra) Oh! E io mo comme faccio?...A me mme servono assolutamente! Scena dodicesima Emma e detto poi Virginia poi Michele

Emma (dalla 2a a destra) Mo ve servo signurì, mo ve servo. Achille (dà un grido) Eh! Amalia! Emma D. Achille? Zitto, per carità! Achille Da Amà, voi che fate qua? Emma Pss...Sono la cameriera di D. Felice Sciosciammocca! Achille La cameriera?...Ah, aspettate, voi siete che...Oh! Ma allora va bene. (E allora io me la porto con piacere!) Emma Pe carità, D. Achì, se veramente mi amate, non parlate, non dite che mi conoscete. Virginia (di dentro) Concetta? Concetta? Emma Eccomi, signurì. (prende il taccuino dal tavolo) Achille Concetta? Emma Zitto, vi raccomando! (via per la porticina in fondo a destra) Achille Sangue de Bacco! Vedete che combinazione. Da Amalia Piperno è la cameriera dell’avvocato? Essa era chella tale signora che m’ha ditto D. Felice? Ma allora io me la piglio e me la porto immediatamente! (con gioia) Michele (dalla 2a a sinistra) Ah! Eccomi qua...nun mme fido cchiù! Achille (con grido di stupore) Che vedo? D. Michele?! Michele D. Achille Rivelli?! Achille D. Michè...ma siete voi? Michele E non mi vedete? (strette di mano) Come state? Achille Eh...così. Ma come, voi qua a Napoli? Michele Sì, da poco so’ ritornato dall’America! Achille Ah? E conoscete l’avvocato Sciosciammocca? Michele Lo conosco? Quello s’ha sposato na commarella mia! Achille (sbalordito) Possibile!

È FEMMENA O È DIAVOLO?

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Michele Già, e io qua dormo. E dal mio ritorno nun aggio potuto sapè che n’è successo d’Amalia mia moglie. Achille (guarda la porta dove è uscita Emma) Ah! Come? Non sapete... Michele Niente! Niente! So’ 3 ghiuorne che sto correnno pe tutto Napole. A proposito, ma voi la conoscete, vuje veniveve sempe ’a casa, sapete voi qualche cosa? Sapete voi che se n’è fatta? Achille Io?...No!...Niente!...Non ne so niente! Io da poco sono tornato dal Paraguay... Michele Nientemeno! Achille Già...Oh! Ma mo che pensate ’e fa? Michele Ch’aggia pensà? Perduta ogni speranza e consigliato da D. Felice, mi sono rivolto ad un’agenzia d’ informazioni. Achille Come? Che dite? È stato D. Felice che v’ha consigliato chesto? Michele Sicuro! Scena tredicesima Felice e detti (con denaro in mano, vedendo Michele) Ah! D. Michè, site tornato priesto? Michele Sì, ho fatto subito subito, e parlavo appunto di quell’agenzia coll’amico Rivelli. Felice Vi conoscete? Michele Eh, siamo amici vecchi. Achille Sicuro! Felice Ah! Bravo! Che avete combinato all’agenzia? Michele M’hanno fatto pagà 300 lire, pecchè dice che se paga anticipato, promettendomi che prima di 24 ore, mme facevano sapè muglierema che se n’è fatta. Felice Avite visto? Mo potite sta a pensiero cuijeto. Achille (Ma ccà s’avarria avvisà a D. Felice, chillo nun sape che chella è ’a mugliera!) Felice Io dico che chella s’è cambiato nome, appunto pe nun se fa trovà. Michele Svergognata! Achille D. Felì, scusate, io vi dovrei parlare a quattr’occhi. Felice Mo non è momento, mi dispiace, mo aggia parlà cu D. Michele. Io si fosse a buje, farei tutto ’o ppossibile ’e sapè pure ’o nomme d’’o nnammurato e così avrei la separazione dal tribunale. Michele È vero? Già, dite bene. Felice

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Achille

Ma no, non dice affatto bene! Nun lle facite fa chesto, caro D. Felice. (marcato) Felice Perchè? Io sono il suo avvocato. Achille (Pure!) Ma vedete, io vi pregherei... Felice Io vi pregherei de farce parlà. Questi non sono affari che vi riguardano. Jate a firmà ’a ricevuta dint’’o studio e statevi bene! Achille Ma io... Felice Ma site seccante sa ...V’aggio ditto jate a firmà ’a ricevuta. (riscaldandosi) Achille E vado, sì, vado! (Che mme ne mporta a me, s’’o chiagnene lloro!) (via 1a a sinistra) Felice Vuje avit’’a sentì a me. Vi dovete separare. Mo telefono all’agenzia che ce facesse sapè pure ’o nomme d’’o nnammurato. Aspettate nu momento. Michele Sì! Accussì aggia fa, mi debbo dividere, non la voglio vedere più! Scena quattordicesima Emma e detto poi Felice poi Achille (dalla porta in fondo a destra, ha in mano una lista che va ricapitolando a mezza voce, attraversa così la scena per giungere in fondo, senza guardare intorno. Michele, udendo il calpestio si volta naturalmente e rimane stupefatto, non credendo ai propri occhi e guardandola sbalordito. Emma leggendo) “Camicie da donna 10, da uomo 7, lenzuola 4, calze 8” (via leggendo pel fondo) Michele (con voce soffocata) Sangue de Bacco! Ma...ma chella è muglierema? (stropicciandosi gli occhi) Felice Tutto è fatto! Michele (commosso) Muglierema! ...Muglierema!...(p.a. In fondo) Felice Addò jate? Michele Addò muglierema...mo è asciuta da dint’’a chella cammera e se n’è ghiuta da llà!! Felice Vostra moglie? Che state dicenno? Ma che site pazzo? (esce D. Achille) Michele L’aggio vista buono! Era essa, era muglierema! Achille (Ah!! L’ha vista!!) Michele Se n’è ghiuta da chella parte. Permettete nu momento. Me ne voglio assicurà. (via pel fondo) Felice Ma chillo overo è pazzo! Achille No, caro D. Felice, scusate, ma ’o pazzo site vuje. Felice Io? E perchè? Emma

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

Achille Felice Achille

Perchè la vostra cameriera sapete chi è? ’O saccio, è Emma Roselli. Niente affatto! È Da Amalia Piperno, la moglie di D. Michele! Felice Che!...La Signora Piperno? Achille Perfettamente! Che per non farsi scoprire, si chiamare Emma Roselli. Felice Comme? Achille La vostra amante, capite? D. Felì dateme ’o trimestre. (porgendo la mano) Felice Dateme ’o ricevo! E voi come lo sapete? Achille Io la conosco da tanti anni, e poi mme l’ha dittto stammatina essa stessa! Felice Uh! Mamma mia!...’A mugliera? Era ’a mugliera ’e D. Michele?...E io l’aggio ditto che avesse appurato pure ’o nomme d’’o nnammurato!...E chisto songh’io...E m’avite fatto pure telefonà all’agenzia? Perchè non me lo avete detto prima? Achille Ma se non m’avete voluto fa parlà. (‘O trimestre – ‘O ricevo) Felice Ah! Ritenete che qualunque cosa succede, voi me la pagherete! (facendo questa scena, don Achille dirà sempre ’o trimestre e don Felice ’o ricevo. Quando sarà alla fine della scena si scambiano trimestre e ricevo e don Felice via correndo pel fondo) Achille Io?...Ce la pago io?...Oh, chesta è bella! Questa è graziosa!...Vi’ che ato bello tipo! Scena quindicesima Michele e Felice, poi Virginia, poi Ciccillo in ultimo Emma (ritornando tenendo Michele per le falde dell’abito) Ma sentite D. Michè... Michele Niente!...La voglio vedere! Felice Ma no, non è essa! Michele No, è essa! Felice Vi siete sbagliato! Michele Ma no … vi assicuro ch’è essa! Felice Ma nonsignore, sentite a me, pigliateve ’o cappiello e ghiammoncenne! Michele Addò? Felice Cammenanno nu poco, così vi distraete! (prende il cappello di Michele) Vuje state sbarianno, jammoncenne! Virginia (dalla porta in fondo a destra) Neh, che d’è, ascite? Felice

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Felice Sicuro, usciamo! Ciccillo (dal fondo) Il pranzo è pronto! (via) Felice (gridando e ridendo fingendo allegria) Che pranzo e pranzo, ogge nun mangiammo ccà, nce ne jammo tutte quante a Posilleco! Jammo! Emma (dal fondo) Signurì a tavola! Michele (gridando) Ah! Eccola qua, è muglierema! Emma (Michele!!) Virginia ’A mugliera! Achille (Stateve bene!) Felice (Aggio passato ’o guaio!) Fine del secondo atto

Atto 3° La medesima scena dell’atto 2°. Scena prima Ciccillo, poi solo Felice indi Virginia (con scopettino, spolverando. Avrà un lungo grembiale di cameriere) Vi’ che poco ’ammuina sta succedendo dint’’a sta casa. Felice (dalla 1a a sinistra) Ciccì, D. Michele s’è sosuto? Ciccillo Sissignore, avvocà, mo proprio l’aggio portato l’acqua calda p’’a barba. Felice E comme sta d’umore, sta nquartato, sta nervoso? Ciccillo Eh! Sapete sta ancora arraggiato. Felice Bada, che ha da venì na lettera dell’agenzia d’informazioni, appena arriva nc’’a puorte a D. Michele. Ciccillo Va bene! Felice Mo va nu momento dint’ addò isso e dincello che io l’aggia parlà. Ciccillo Subito. (via 1a a destra) Felice Aggio avut’’a dà 300 lire all’agenzia pe le fa risponnere a D. Michele na lettera cu tutte informazioni bone p’’a mugliera, ’a facette io stesso ajessera e nc’’a purtaje. ’O segretario nun ’a vuleva fa: “Voi scherzate, noi dobbiamo dare tutte informazioni precise, non possiamo dire bugie.” Fortunatamente è venuto ’o direttore a tiempo e ha ditto: “Va bene, in linea eccezionale pagate 300 lire e vi serviamo”. Cu 300 lire diceno ’e buscie. Virginia (dalla porta in fondo a destra) Felì, haje parlato c’’o comparo? Felice No ancora, l’aggio mannato a chiammà. Virginia M’immagino comme starrà! E intanto chillo jeva correnno tutto Napole pe trovà ’a mugliera, e chella steva dint’’a casa nosta. Felice Oh, ma essa che fa, che dice? Virginia Niente. Doppo l’incontro c’’o marito, se ne trasette dint’’a cammera soja e nun ascette cchiù. Ciccillo

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Felice Virginia Felice Virginia Felice

Virginia Felice Virginia Felice Virginia Felice

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E stammatina che ha ditto? L’haje vista? Sì, ma nun ha ditto niente. L’aggio trovata che arricettava ’a stanza ’e pranzo, fredda fredda, cujeta cujeta, e mo sta facenno ’a stanza nosta. E tu nc’’o ffaje fa? Nce l’aggio ditto che mme dispiaceva, ma chella nun m’ha voluto sentì. Ma nuje nun putimmo permettere chesto. Tenè pe cammarera ’a mugliera d’’o compare tujo! È impossibile...Na vota che ’o marito l’ha trovata, mettimmece na bona parola, facimmele fa pace, accussì chillo s’’a piglia e s’’a porta. Ah, sicuro! Bravissimo! Mo nc’’o vaco a dicere! (p.a.) A chi? (fermandola) A Concetta...o sia a Da Amalia! Nonsignore, tu nun t’’e a ntricà ’e sti ccose, s’ha da parlà primme cu D. Michele, mm’’o vveco io. Comme vuò tu. Falle capì che a qualunque parte ’a mugliera è stata a servì, so’ rimaste tutte contente, che tene buone certificati. Va bene, nce penzo io. Scena seconda Michele, Ciccillo e detti

Michele

Felice Michele Virginia Michele Felice Michele Felice Michele Felice Michele Felice Michele

(di dentro 1a a destra) Mo vengo, mo vengo, è inutile, nun mme rompere la capa, mme voglio vennere tutte cose. Voglio la firma. (Ciccillo dalla 1a a destra traversa e via pel fondo) Mamma mia e comme sta! (fuori) Oh! Buongiorno cari miei. Buongiorno compà. Avvocà, voi dice che m’avita parlà? Sì, d’’o fatto d’’a mugliera vosta. Eh! Mo che aggio trovato a muglierema, andrà a gonfie vele! … Mi mette la sua bella firma, mme vendo tutte cose, ci separiamo e mme ne torno in America. Ma nonsignore, che separare e separare, non vi conviene! Come? Se jeri me l’avete consigliato? Ajere? Ma oggi no! Voi non potete più separarvi da vostra moglie. E pecchè? Pecchè Da Amalia non è colpevole. Non è colpevole? Voglio ’a firma! Non è colpevole?

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Felice

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Niente affatto! Pecchè si fosse accussì, quanno tre anne fa ’a lassasteve, benissimo si poteva dare alla vita galante. Invece voi, senza prevenire nessuno, siete ritornato, e addò l’avite trovata? Qua, in casa mia, in una casa onesta, e in qualità di che? Di cameriera! Virginia Cu 25 lire ’o mese! Felice E tre lire p’’o vino! E ha avuto per fino la delicatezza di presentarsi sotto un altro nome per non compromettere il vostro, capite? Se faceva chiammà Emma Roselli. Virginia No, Concetta Spina! Felice (si riprende subito) Ah! Già, Concetta Spina! Virginia Emma Roselli era ’a padrona soja. Felice Emma Roselli era ’a padrona soja. E poi che certificati che tene. Ciccillo (dal fondo) Signurì (a Michele) hanno portato sta lettera pe buje. Michele Pe me? Damme ccà. (Ciccillo dà la lettera e via. Michele guardando sulla busta) “Jean Manuel, agenzia d’informazioni” Ah! Cheste so’ ’e nnotizie che mme danno ’e muglierema, e che mme ne preme mo, mo l’aggio trovata. Felice Sì, ma è buono leggere, accussì sapite ’a verità. Michele (apre la busta e legge) “Signore. Vostra moglie è la più nobile, la più virtuosa, la più onesta delle donne!...(si ferma, un poco sorpreso) Felice Avete visto? Che vi ho detto? Michele (legge) “...Voi avete lasciato Napoli tre anni fa, abbandonando vostra moglie con un fratello sulle spalle. Ridotta ben presto alla miseria, senza pane, senza fuoco...” Virginia Poverella! Felice È commovente, sapete, è commovente. Michele (c.s.) “...si presentò come cameriera in casa di una signora, chiamata Emma Roselli, con la quale non volle restare per onestà.” Felice Per onestà, capite, per onestà! Avete trovate le mie parole? Tutte verità ve stanno dicenno!... (S’hanno pigliato 300 lire) Leggite, leggite appriesso. Michele (c.s.) “Lasciata poi quella casa, oggi è al servizio dell’ avvocato Felice Sciosciammocca, una delle glorie del Foro Napoletano!” (chiude il foglio) Felice (simulando) Ih! Chesto era inutile, per esempio. Virginia Povera femmena!...Jatevenne compà, che brutto core che tenite!

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Felice

E in questo tempo che ha servito, qual’è stata la vostra condotta? Vediamo il rovescio! Michele Chi è il rovescio? Felice Siete voi! Ve ne site juto in America a godere la vita, ve site juto spassanno forse cu quacch’ata femmena! È ovè? Michele Cu due...cu due! (un po’ commosso) Felice Cu doje? Meglio!... E nun ve mettite scuorno d’’o ddicere? E mi parlate ancora di separazione? Oh! Ma caro D. Michele, abbiate pazienza, non ve lo posso perdonare! Trattare in quel modo un’innocente che ha sofferto la fame si può dire...Ah, no, avete torto, avete torto! Voi in tribunale fareste una cattiva figura, e io non v’’a difendo sta causa, chiammateve a chi vulite vuje. Michele (pausa. Poi a Felice e a Virginia) Ma insomma voi che mi consigliate. Ditemi sinceramente che fareste al mio posto. Virginia Ma io me menarria a ’e piede ’e muglierema e ’a cercarria perdono. Felice Si capisce! E lle diciarria: Fatte ’a valigia e vienetenne con me in America. Michele Cu me? In America?...E credete che nce venarria? Felice Ma si capisce. Quella è una perla, è un angelo! Virginia Ma na vota che avarriano fatto pace, pecchè portarla accussì lontana? Ve state ccà, a Napoli cu nuje. Felice (vivamente) No!...Ma che!...Chillo llà tene gli affari, tutto!...Nonsignore! Se n’’ha da j’ llà!!! Scena terza Ciccillo e detti Ciccillo (dal fondo con due grandi scatole, a Virginia) Signurì, nu fattorino ha portata sta rrobba pe buje. Virginia (subito) Ah, sì, sì...aggio capito, miettelo dint’’a cammera mia, che mo vengo. Ciccillo Va bene. (via pel fondo 2a porta poi torna) Felice Che so’ chelli scatole? Virginia Niente, na cosa mia! Michele (ch’era rimasto a riflettere con le braccia piegate, dirà risolutamente) Dove sta mia moglie? (un poco commosso) Dove sta mia moglie? Felice Ve site deciso? Michele Sì! Virginia Ah! Bravo!...Permettete un momento, io mo vengo. (via fondo 2a porta)

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Michele Dove sta? Dove sta? Felice E addò ha da sta’, starrà stiranno, starrà scopanno. Sunate, sunate ’o campaniello e chella vene. Michele Ah! sì. Avvocà voi fateme ’o favore, jatevenne, lassateme sulo cu essa. Felice Ah! Si capisce. E cercate di commuoverla, vedete se potete piangere un poco. ’E femmene quanno vedono ’e llagrime subito cedono. Michele Chiagnere, io?...Ma proprio ch’’e lagrime? Felice S’intende! Michele Mo vediamo! Io vengo dall’America capite. Felice Pecchè in America nun se chiagne? Michele Llà si pensa agli affari...Perciò sono un poco duro a piangere. Felice (guarda intorno) Mo ve imparo io nu mezzo semplicissimo, una mia trovata. Michele Pe chiagnere? Felice Già. (quello che dice farà) Voi cacciate ’o fazzoletto, e facite vedè che v’ annettate l’uocchie. Naturalmente poi, senza farne addunà, dateve nu bello pizzeco forte mpont’’o naso, basta far questo che subeto ve vedite ascì ’e llagrime dall’uocchie. Michele Veramente? Felice Parola d’’onore. È un mezzo infallibile, l’aggio fatto tanta vote. Michele Ch’’e ffemmene è ovè? Felice No, in tribunale per commuovere i giudici, ’o ffaccio sempre. Michele Neh?...Mo vedimmo, mi proverò. Felice Io sto llà dint’’o studio, vi raccomando, commovetela! Pezzecateve ’o naso, pezzecateve ’o naso e nun ve n’incarricate. (via 1a a sinistra) Michele (suona poi passa a sinistra) Come è buffa la vita. Io mo aggio chiammata ’a cammarera, e chella piglia e se presenta muglierema. Scena quarta Emma e detto Emma Comandate? (vedendo Michele non può esprimere un movimento) (Michele!) Michele (Eccola qua!) (poi supplichevole) Amalia...Amalia mia ...io …

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(venendo avanti) Che? Amalia?...Ma io, signurì, mme chiammo Concetta, so’ ’a cammarera ’e D. Felice. Michele Sì, lo so, so tutto! Conosco la tua esistenza dal giorno che t’ho lasciata. Emma (Oh! Diavolo!) Michele Saccio che ridotta alla miseria, senza pane, senza fuoco... te mettiste a fa ’a cammarera. Emma (alquanto rassicurata) Ah? ...E...chi ve l’ha ditto tutto chesto? Michele L’agenzia d’informazioni, guarda, chesta è la lettera. (la dà) Emma Possibile! (prende la lettera e legge fra sé) Michele Sicuro! Ci andai jeri per sapere tue notizie, pe sapè che te n’ire fatta. Emma (Eh! Ccà nce sta la mano ’e Felice certamente!) Michele E dopo queste informazioni, io non voglio che tu fai ancora ’a cammarera, voglio che mme perduone d’averte sospettato ingiustamente, facimmo pace e ritorni con me in America. Emma Con voi? (ridendo fra i denti) Michele Sì, partiremo insieme e subito senza perdere tempo. Emma (Ah! No! Felice mm’’a pagarria troppo a buon prezzo!) Michele Che dici? Emma (dandogli la lettera) Rifiuto! Resto cameriera! Michele Come? Nun vuò venì? Ma quann’io te cerco scusa. Emma E ve credite che basta tutto chesto, doppo d’averme trattata ’e chella manera? È poco mio caro! Michele Vale a dire che nun mme vuò perdonà? Nun vuò fa pace? Emma Vedremo...in seguito...quando vi sarete purgato! Michele Ch’aggia fa? M’aggia purgà? Emma Proprio! Quando vi sarete purgata l’anima con una penitenza, per il vostro errore! Michele Ma io sono pronto a fare tutto perchè tu mi perdoni, mme metto a fa pur’io ’o cammariere, ’o guardaporta se vuoi. Certamente si facette chella scenata, fu per la gelosia, pecchè te voleva troppo bene, e te ne voglio sempe! (piangendo) Stu tiempo che so’ stato lontano io aggio pensato sempe a te...sempe...(piange) Guardame Amalia...guarda, sto chiagnenno veramente, non ho bisogno ’e mme pizzecà ’o naso. Emma ’E ve pizzecà ’o naso? Michele Già...D.Felice m’ha mparato nu mezzo pe chiagnere apposta; basta che uno se pizzeca forte forte ’a punta d’’o naso, subeto l’escene ’e llagrime dall’uocchio. Emma

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Emma Ah! D. Felice ve l’ha mparato? Michele Sì, ma non c’è stato bisogno. Emma (Piezzo ’e galiota! Va trova quanta vota s’è l’ha pizzecato cu mmico!) Michele Che dici? Che risolvi? Emma Niente! Rifiuto! Michele Ma se io sto chiagnenno veramente? Emma Troppo tardi, tornatevenne sulo in America! E allora vi perdonerò quando avrete fatto grandi sacrifici per me. Con permesso? Vado a vestire la signora. (via 2a porta a destra) Michele Uh! E comme faccio? Che mezzo trovà? Che sacrifici aggia fa? Scena quinta Achille, Ciccillo, Mimì e Totonno (di dentro dal fondo) È permesso? Avanti. Chi è? (fuori) Oh! Buongiorno D. Michè! Oh! Don Achì, siete voi? (l’abbraccia piangendo) Amico mio! Achille Che cos’è, perchè piangete? Io so’ venuto pe sapè comm’è ghiuto a fenì c’’a mugliera vosta, avite fatto pace? Michele Che pace e pace, nun ne vo’ sapè, ha ditto che pe fa pace debbo fare grandi sacrifici, e ave ragione, ave ragione. Perchè io sono stato un porco. (colpito da un’idea) Statte! Che bella idea che m’è venuta. Sicuro, chesto aggia fa. Permettete nu momento, mo vengo. Achille Addò jate? Michele Pss...zitto. Cominciano i sacrifici. Mi vado a purgare! (esce per il fondo a sinistra) Achille Se va a purgà, che dice chillo! (ridendo) Ah! Ah!, che bello tipo! Chell’ata nce n’ha fatto tante, e mo vo’ pure ragione. Intanto sarria curioso ’e sapè D. Felice comme s’è regolato. (scende a sinistra) Ciccillo (dal fondo ridendo) Favorite, favorite. (Vi’ quanto so’ belle chiste!) Mimì Grazie. (Totonno lo segue) Achille (Mimì?!...Mimì ccà?) Mimì (vedendo D.Achille) Uh! D. Achille! Totonno (ad Achille) Oh! Voi state qua? Achille (Pure chist’ato!) Ciccillo Vaco avvisà ’o patrone. Achille Michele Achille Michele

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No, no è inutile, D. Felice mo viene, potete andare. (Ciccillo via) Vuje che site venute a fa ccà? Totonno Signorino mio, questo ha avuto l’abilità ’e mme chiudere ’a bocca d’’o stommaco. Sta facenno un’arte d’ajere, uno lamiento a chiagnere sempe. Vo’ sapè ’a sora addò sta, che l’è succieso. Mimì E se capisce. Aiessera non s’è ritirata, fino a chest’ora ancora ha da venì, embè e che facciamo? Totonno Allora io p’’o calmà, l’aggio consigliato ’e venì ccà e domandà a D. Felice Sciosciammocca ’o nnammurato d’’a sora! Achille Pss...statte zitto pe carità. E tu Mimì statte zitto nun chiagnere ...soreta sta bona! Nun l’è succieso niente. Totonno Ah! L’avite vista ’a signorina? Achille Sissignore. Mimì E che v’ha ditto, pecchè non s’è ritirata? Io ’o vvoglio sapè. Certo l’è succiesa quacche disgrazia e vuje nun mm’’o vvulite dicere. (piange forte) Io voglio a mia sorella! Achille (turandogli la bocca) Statte zitto! Totonno (Ma comme, chella mamma accussì brutto l’aveva fa?) Achille T’aggio ditto che nun l’è succieso niente. (Ccà mo si esce D. Michele e ’o vede, chisto lle dice tutte ’e fatte d’’a mugliera e succede ’o guaio!) Mimì tu te nn’’e a j’, tu nunn può rimmanè ccà. Soreta sta bona, parola d’onore, nun l’è succiesa nisciuna disgrazia, ma la tua presenza in questa casa, potrebbe rovinarla. Mimì Pecchè? Achille

Scena sesta Michele e Ciccillo (di do dal fondo) Ciccillo? Ciccillo? (D. Michele!) (ai due) Pe carità, nun dicite na parola, non parlate, si no facite nu guaio a chella poverella! Si v’addimmannano ’e me e D. Felice, dicite che nun nce conoscite! Facite ’e scieme, ’e stunate, facite vedè che nun sapite niente. Mimì Ma pecchè? Achille Pecchesto. Si nun vuò fa passà nu guaio a soreta, fa accussì. (a Totonno) (Chillo che sta ascenno è ’o marito! Capisce!) Totonno (Acqua!!!) Achille Perciò, mme raccomanno … facite ’e scieme, ’e stunate, non parlate. Totonno Va bene! Michele Achille

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(fuori) Ciccillo? Ma addò cancaro sta? (vede Mimì, grande sorpresa) Che vedo! Mimì? Mimì Guè, D. Michele...Uh! È tornato D. Michele. Michele Caro Mimì...comme staje, sì venuto a trovà soreta? Achille Già...già...pe chesto è venuto. (sottovoce e presto) (Te raccomanno non parlà) Mimì (Va bene, aggio capito pecchè.) Achille Con permesso. D. Michele vaco a fa nu servizio e torno. Michele Prego! Achille (È meglio che me ne vaco io!) (via pel fondo) Michele (a Totonno) Scusate, voi chi siete? Totonno (presentandosi) Antonio Tarallo, a servirvi! (dà la mano) Michele Favorirmi. Siete forse amico della famiglia? Totonno Eh, caro Michele, senza di me non si fa niente in casa. Io sono il servo del signorino. Michele E lassa...(tirando la mano) Guè, chillo me stregne pure ’a mano!...Vedete nu poco!... (a Mimì) Viene ccà, Mimì, assettete vicino a me, te si’ fatto gruosso sa’. (seggono al divano) (Aspetta, Sangue de Bacco, chisto è ’o frate, la potesse convincere isso a farme perdonà?) (poi ridendo) E bravo Mimì! Staje buono. Era paricchio tiempo che nun nce vedeveme, è ovè? Mimì (assumendo un fare idiota) Eh! (ridendo) Michele Ma che vuoi...fui chiamato in America per affari e...avette da partì pe forza. Mimì Eh!... (c.s.) Michele Oh! Mo siente Mimì, cognato mio caro caro...io t’avarria cercà nu piacere. Mimì (c.s.) Eh!... Michele Mo si’ gruosso, capisce, e te pozzo parlà seriamente! Mimì (c.s.) Eh!!! Michele (lo guarda) Siente ccà...io ti debbo parlare di tua sorella Amalia! Mimì Eh!!... (c.s.) Michele Mimì ma tu che hai? Ah! Ho capito...(a Totonno che si è seduto presso il tavolo) Forse l’emozione nel vedermi, ’o fa sta’ nu poco stunato. Totonno (come Mimì) Eh!! (ridendo) Michele (guarda un poco Totonno poi a Mimì) Dunque, ti dicevo, debbo parlarti di tua sorella Amalia. Mimì (c.s.) Ah! Michele (lo guarda) Figurati la mia sorpresa quanno aggio saputo che faceva ’a cammarera. Mimì (serio, meravigliato, guardando Totonno) Ah? Michele

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Totonno (c.s.) Ah? Michele (li guarda) E che faceva ’a cammarera proprio ccà, dinto a sta casa. Mimì (c.s.) Ah? Totonno (c.s.) Ah? Michele (pausa) Io era convinto che arrivando la trovava cu quacche nnammurato. Mimì (con significato a Totonno) Ah! Ah! Totonno (c.s.) Ah! Ah! Michele (li guarda impaziente e fremendo) (Mme stanno accommincianno a tuccà ’e nierve!) Neh, invece, la trovo che faceva ’a cammarera. Mimì (ridendo) Eh!! Totonno (c.s.) Eh!!(ridendo) Michele (nervosissimo) Soreta, haje capito? Mimì (c.s.) Ah! Michele (c.s a Totonno) Pecchè chisto tene na sora... Totonno (c.s.) Ah! Michele (c.s.) E chesta è muglierema... Totonno Ah! (c.s.) Michele (c.s.) Perciò ...io te so’ cognato... Mimì Ah! Michele (c.s. a Totonno) Llè so’ cognato...(si alza) Totonno (c.s.) Ah! Michele (c.s. a Mimmi) Simme pariente... Mimì (c.s.) Eh! Michele (stringendo i pugni, nervosissimo) Embè, pe quanto è certa ’a morte, si nun ’a fenite, ve scommo ’e sangue! (mostra i pugni) Cu chi ve credite ’e trattà? Mimì (appaurato) Ah! Totonno (c.s. Appaurato) Ah! Michele Susiteve! Mannaggia l’arma vosta!...Stateve zitte! (per inveire) Mimì (appaurati) Ah!! (piano piano salgono la scena) Totonno Michele Fenitela! (nervosissimo) Puzzate scolà! (gridando) Mimì Ah!! (c.s.) Totonno Michele Mannaggia chi v’ha allattato!..Ascite fore!... Mimì Ah!! (c.s.) Totonno Michele Ascite fore!...Zitto!...(a calci spinge i due in fondo ed entrano a sinistra. Michele sempre gridando e Totonno e Mimì dicendo sempre Ah!!!...entrati del tutto, Michele chiamerà) Ciccillo? Ciccillo?

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Ciccillo (dal fondo a destra fermandosi sotto l’uscio) Comandate? (poi introduce Leonilda) Favorite, signurì, favorite! (poi verso il fondo a sinistra) Eccome ccà, comandate? (via) Scena settima Leonilda, Emma, poi Ciccillo Leonilda (fuori) Dice che Virginia sta dint’’a cammera soja, se sta vestenno...meglio accussì. Tenarraggio ’o tiempo ’e vedè sta famosa cameriera di Emma Roselli e parlarci...A me nisciuno mm’’o lleva d’’a capa che chella è Emma Roselli in carne ed ossa!...(guardando la 2a porta a destra) Ah, eccola qua. Emma (uscendo) (Essa?!) Leonilda Scusate, buona donna, trica assai a vestirsi la signora? Emma Gnernò...n’ati dduje minuti ed è pronta, ma si mentre si veste, volite che ve vaco a chiammà ’o signore? Leonilda No, no ...vi ringrazio...aspetterò. Emma Come volete. Voi...avete una grande simpatia per D. Felice, è vero? Leonilda E voi più di me … se non sbaglio!...Ieri v’aggio ncucciata mentre lle diveve nu vaso! Emma Ncucciata! (ridendo) Ma io ’o ffacette apposta pecchè ve vedette trasì. Leonilda Ah!! Emma (decisa) Sì, pecchè avit’’a sapè che io nun songo ’a cammarera, ma so’ invece, ’a nnammurata ’e D. Felice, Emma Roselli. Leonilda Ah! Ecco!...Io l’aveva ditto, mme n’era accorta sapite. Emma E si mme so’ finta cammarera e so’ venuta ccà, è stato primme pe conoscere a voi personalmente e poi per sorvegliarlo e nun farle chiù tradì ’a mugliera. Leonilda Ah! Brava!...Ma voi forse non sapete che a me, D. Felice, nun mme passa manco p’’a capa, è stato isso che s’è ammuinato sempe, io non ci ho mai pensato. Si, nce teneva na simpatia, solamente pecchè era ’o marito dell’amica mia strettissima, pecchè ’o credeva buono, affezionato cu essa. Ma doppo ’o fatto d’’o bacio, capirete ne ho ben altra opinione. Povera Virginia! Emma Possibile! Vale a dicere allora che nuje stamme perfettamente d’accordo? Che voi allora mi ajuterete a mettere st’ommo nella posizione de non farlo cchiù ingannà ’a mugliera?

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Leonilda Oh, certamente!...Farò di tutto. Emma Ah, grazie. (strette di mano) Allora sentite. Nuje avarriame da pensà na trovata da rendere D. Felice fedele pe forza. Leonilda E in che modo? Emma Ce vularria per esempio qualche lettera sua compromettente, qualche prova della sua infedeltà, da presentarla in ogni occasione. Leonilda Pe chesto ve servo io! Fra un quarto d’ora vi porterò una sua lettera compromettente. Emma Veramente? Leonilda Proprio! (suona) Vuje jatevenne fore ’o giardino e tanno venite quanno sentite duje tocche ’e campaniello. (Emma via) Ciccillo (dal fondo senza grembiale) Comandate? Leonilda Dite all’avvocato, se può venire un momento che l’aggia parlà. Ciccillo Subito. (via) Leonilda Se tratta de farle scrivere na lettera compromettente, mo nce penz’io. L’amico se voleva spassà cu mmico e l’aveva trovata. Scena ottava Felice, Ciccillo e detta (Fuori. Ciccillo lo segue) Signora mia, state qua? M’avete fatto chiamare? (al servo che si è fermato in mezzo attendendo gli ordini) Via voi!! (Ciccillo via pel fondo) Leonilda (con finta passione e con sorriso gentile) Sì...ve voleva vedè. Ajere quanno mme ne so’ ghiuta, v’aggio lassato che nun ve sentiveve buono, ve ricurdte? E tutta stanotte nun aggio potuto chiudere uocchio...aggio fatta ’a nuttata chiara chiara...pensanno sempe a buje. Si m’addormevo nu momento...mme sunnava a vuje che stiveve malato, ma tanto malato. Stammatina nun nne poteva cchiù. Avevo tanto bisogno di vedervi per assicurarmi. Felice Possibile signora? Veramente? Avete pensato a me? Vuol dire allora che pure voi mi amate come io vi amo? Leonilda Sì. Felice Oh, donna divina! (l’abbraccia) Leonilda (si difende gentilmente) No, no … D. Felì ...stateve sodo... ve ne prego! (con passione) Aggio fatto male a tornà...aggio fatto male a ve dicere tutte sti cose. Felice Ma no, perchè? Anzi, al contrario...voi sapete che io vi voglio bene, e vi vorrò sempre bene! (con affetto) Felice

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Leonilda (inebbriandosi) Ah...quanno mme parlate accossì...D. Felì...io nun saccio che mme sento. Felice ’O saccio io, ’o saccio io che ve sentite. È la simpatia reciproca che si sveglia. Quanto site bona! Leonilda Stateve attiento, D.Felì, avess’ascì ’a mugliera vosta? Felice No, chella sta dinto. Lasciatemi parlare. V’aggia dicere tante cose... Leonilda E io pure...Ma ccà nun è possibile!... Felice Avete ragione...qua non è cosa...Ah! Aspettate. Io tengo n’amico, ’o quale abita in un quartino lui solo; se volete, ci possiamo vedere llà, così saremo soli, quiete quiete e nce potimmo dicere tutto chello che volimmo nuje senza paura. Che mme dicite? Io mo lle scrivo na lettera, e lle dico che per questa sera ho bisogno del suo quartino. Leonilda Stasera? Felice Sì, Leonilda, stasera. Accettate, fatemi questa grazia. Io mo ’o scrivo subito subito e lle faccio portà immediatamente ’a lettera. Che mme dicite? Leonilda (pausa, poi slancio) Ebbene...sì!...accetto! Felice Oh! Grazie, Leonilda, grazie. (corre al tavolo) Leonilda (ridendo) (E staje frisco!) Felice (scrive in fretta) “Caro Alberto. Ho assolutamente bisogno per questa sera del tuo quartino. Alle 7 in punto verrò con una simpatica donna. Grazie anticipate. Felice Sciosciammocca.” Leonilda (avvicinandosi e guardando sulla lettera) D. Felì, nun nc’avite scritto niente di compromettente per me? Nc’avisseve miso ’o nomme mio? Felice Oh! Ma che, vi pare. Leggete voi stessa. (Le dà la lettera) Facimmo l’indirizzo mo. (scrive sulla busta) Leonilda (legge a parte la lettera poi ridendo piega la lettera in due e fa per andare a 2a a sinistra) Felice (scrivendo) Signò, addò jate? Leonilda (gentilissima) Vado a portare io stessa la lettera, è chiù sicura, capite!... Felice (ridendo) Che volete fare? E l’indirizzo sta ccà. Leonilda Oh! Arriverà lo stesso. Volete vedere? (suona due volte) Scena nona Emma e detti poi Virginia Emma Felice

(dopo la seconda suonata entra immediatamente) (alzandosi) (Emma!) (guarda le due trasalendo)

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Leonilda (dando la lettera a Emma, poi volgendosi a Felice sorridendo) È arrivata! Felice Che?!! Leonilda Badate che in meno di un quarto d’ora siete stata servita. Emma (che ha già letta la lettera) Ed io ve ne faccio tutti i miei complimenti. (stretta di mano) Felice (Stevene d’accordo!...Ajutateme!) Emma D. Felì, mo avit’’a chiagnere nu poco, obbì, mo v’avit’’a pizzecà nu poco ’o naso. Felice (Pure chesto ha saputo! Chillo piezzo d’animale nce l’ha ditto!) Emma Egregio, signor avvocato, un’altra scappatella che fate, io piglio questa lettera, e la presento a vostra moglie! Felice (Mme l’hanno pigliata bona ’a mesura!) (passa a sinistra verso il divano) Emma Tu a muglierete nun l’haje ’a tradì cchiù! Leonilda Maje cchiù! Felice (Puzzate sculà tutt’’e ddoje!) (siede avvilito con le spalle alle donne) E già, se capisce, pecchè chelle, in qualunque occasione, presentano ’a lettera...(Emma, mentre Felice consuma la seguente battuta, fa cenno come per chiamare, alla porticina del fondo a destra, Virginia, la quale si presenta in scena totalmente trasformata. Indossa un camice elegantissimo, ricco, decoltè, una pettinatura più moderna, più giovanile che le modifica completamente il volto. Si ferma indecisa, vedendo Emma, con gesti, le domanda che deve fare. Emma le indica Felice e sempre a gesti le dirà: Andate, andate dunque da lui. Virginia sulla punta dei piedi si avvicina a Felice) M’hanno rovinato...Sono un uomo finito...un uomo condannato tutta ’a vita soja a stà mmiez’’e vasette d’amarena percocata, in mezzo alle calzette di cottone e ’e sottanine mpusemate. (le due donne in fondo assistono alla scena e ne godono) Virginia (piano piano si è avvicinata non vista da Felice, abbracciandolo poi affettuosamente, col braccio destro, lo carezza con la mano sinistra e gli dice dolcemente) Che staje dicenno Felì? Felice (balzando in piedi non riconoscendola) Eh?!...Chi è? Virginia Che d’è, nun mme conusce cchiù? Felice (al colmo dello stupore) Muglierema! Virginia Sì, Virginia toja! Felice (c.s.) Virginia! Tu? Così elegante? Virginia Te piace stu camice? Felice (c.s.) Bellissimo!

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(lasciando vedere delle calze di seta ed una sottana elegantissima) E ’e ccalze? ’O sottanino? Felice (ammirando, trasportatissimo) Magnifico! Virginia E ’a pettinatura te piace? Felice Oh! Assai!...Ma pecchè ’e fatto chesto? Virginia Aggio pensato che na femmena intelligente che vo’ bene ’o marito, e vo’ essere voluto bene a isso, di tanto in tanto s’ha da trasformà, s’ha da rinnovà. Nun t’è dispiaciuto chesto? Felice Dispiaciuto? Anzi, mi hai fatto gran piacere, era chesto che te mancava, era chesto che io voleva! (si abbracciano) Leonilda Bravo! Bravo! Emma Virginia Ah! Da Amalia mia! Aggio l’obbligazione a vuje! Grazie. Felice A essa? Virginia Sì, essa è stata che me l’ha suggerito! ⏟

Virginia

Scena ultima Michele e detti poi Mimì e Totonno (dal fondo in manica di camicia, col grembiale di Ciccillo, ha in mano una scarpa ed una spazzola per lucidarla, quasi piangendo dirà) Amalia mia. Eccomi qua!...guardami!... Tutti (meno Emma, ridendo) Uh!...Ah! Ah! Ah!... Virginia Cumpà che state facenno? Michele Sto facenno ’o servitore, mme so’ purgato! Mimì (dal fondo con giacca, grembiale e berretto da cuoco. Ha in mano una grattugia sulla quale triterà comicamente un pezzo di formaggio) Io pure, io pure! Totonno (con macinino di caffè) Io pure! Io pure! Felice (Mimì e Totonno?!) Emma (a parte) (Frateme!) Mimì (a parte) (D.Felice!) Totonno (a parte) (D. Felice!) Michele Mimì, ti presento il mio avvocto, Felice Sciosciammocca. Mimì Eh! E io ’o co...(riprende l’aria d’idiota) Ah...Eh...Eh... Totonno Io pure lo cono...(come Mimì) Eh!...Eh!...Eh!... Michele Mo accomminciate n’ata vota? Dunque, Amalia mia, che dici? Mi perdoni? Tutti Ma sì, andiamo! Emma E mi prometti di non essere più geloso? Michele Mai più! Te lo giuro! (s’abbracciano) Tutti Bravissimo! Michele

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Mimì

Bravo!...Avite fatto pace? E mo ve ne venite ’a casa? Vuje mo ve ne venite ’a casa? Oh! E D. Felice? Michele E che c’entra D. Felice? Mimì Ah!...(ripigliando l’aria d’idiota) Eh!...Eh!... Totonno (imitandolo) Eh!...Eh!... (cala la tela) Fine della Commedia Roma 19 marzo 1910 ore 9 a.m. termino Majuri G.

L’ALBERGO DEL SERPENTE (o TANTA GUAJE PE DURMÌ) commedia in tre atti

Il vaudeville La Marmotte di Antony Mars e Léon Xanrof, andata in scena a Parigi nel Théâtre du Palais Royal il 19 ottobre 1903, fu ridotta da Vincenzo Scarpetta con il titolo L’albergo del serpente, luogo in cui Don Felice Sciosciammocca subisce una serie incredibile di guai solo per aver cercato una dormita ristoratrice. “Finita di scrivere a Milano il 13 luglio 1906”, come indicato sul copione, la commedia debuttò al Teatro Valle di Roma il 6 dicembre 1906 con il titolo Tanta guaje pe durmì.1 Le prime rappresentazioni a Napoli si ebbero nei mesi di marzo ed aprile del 1907 al Teatro Fiorentini e al Mercadante, registrando successo e numerose repliche. In tempi più recenti, Tanta guaje pe durmì fu riproposta dalla “Compagnia La Scarpettiana” al San Ferdinando di Napoli il 12 febbraio del 1959 e al Quirino di Roma il 21 ottobre dello stesso anno2 con il titolo È dolce Dormire. Dalla locandina del debutto romano del 1906 al Teatro Valle, veniamo a conoscenza degli attori con i rispettivi ruoli: Felice

Eduardo Scarpetta

Alberto

Vincenzo Scarpetta

1 Tanta guaie pe durmì è il titolo con cui è conosciuta la commedia. Lo stesso titolo compare anche sul manoscritto conservato nel Fondo Eduardo De Filippo presso la Biblioteca Lucchesi Palli. 2 Attori/Personaggi: Salvatore Cafiero (Giacomino, cameriere), Sara Pucci (Nannina, cameriera), Rosalia Maggio (Virginia), Annamaria Ackermann (Elvira), Elena Tilena (Teresina), Giuseppe Anatrelli (Alberto), Gigi Reder (Luigino), Nello Ascoli (Ciccillo), Ugo D’Alessio (Achille), Franco Sportelli (Felice), Tecla Scarano (Giulietta Fleury), Giuliana Gargiulo (Liliana, cameriera), Antonio Allocca (Don Carluccio), Benito Artesi (un invitato). Regia: Mario Mangini.



TEATRO (1900-1910)

Achille

Gennaro Della Rossa

Da Giulia

Rosa Gagliardi

Elvira

Ester Blanche

Virginia

Tina Cappelli

Teresina

Maria Perrella

Luigino

Armando Cammarano

Carluccio

Vincenzo Bottone

Nannina

Armida Cozzolino

Delegato

Luigi Langella

Carolina

Amelia Bottone

Giacomino

Gennaro Curatoli

a

1 Guardia

Luigi Esposito

2a Guardia

Arturo Arola

Confrontando i testi de L’Albergo del Serpente e Tanta guaje pe durmì non si notano modifiche sostanziali nella commedia ad eccezione del monologo di chiusura del 1° Atto che, in Tanta guaje pe durmì, è stato privato delle rivendicazioni femministe di Virginia. Il taglio forse si rese necessario per non incorrere in censure, ma il monologo di Virginia risulta così edulcorato e depotenziato3. La trascrizione che si propone è tratta dal manoscritto autografo di L’albergo del serpente, l’unico testimone completo dell’Archivio Privato (di Tanta guaje pe durmì è presente solo il terzo atto). Il fascicolo è di 120 pagine con molti foglietti e appunti aggiunti a margine delle battute.

Abstract Una vita dissoluta da scapolo ha le sue conseguenze e Felice, ormai sposo fedele ed innamorato, soffre di una imbarazzante sonnolenza che lo colpisce inesorabilmente ogni sera nei momenti meno oppor3

Nella trascrizione proposta riportiamo entrambe le versioni dell’Autore.

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

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tuni. Felice si sente come una cestunia che dorme sempe! L’uomo cerca invano di nascondere agli amici, ma soprattutto alla moglie Virginia, questa sua condizione ma non riesce ad evitare che la donna cominci a sospettare del suo amore. Virginia, che invece è frungillo… sempe scetato, scambia per indifferenza questo comportamento del marito, istigata anche dall’amico Achille che le fa una corte spietata e cerca ogni mezzo per mettere in cattiva luce Felice. Il pover’uomo non trova soluzione migliore che recarsi in un albergo, di cui ha trovato l’indirizzo su un giornale dimenticato a casa sua da una coppia clandestina, per farsi una bella dormita. L’ignaro ed innocente Felice si ritrova, però, al centro di un’incredibile situazione e, suo malgrado, scopre i tradimenti dei suoi amici nei confronti dei rispettivi coniugi. Equivoci, svenimenti, fughe, schiaffi, guardie… Lo stesso Felice, sospettato di tradimento da Virginia, ne passerà di tutti i colori, compreso un arresto, fino a quando non sarà ristabilita la verità.

L’Albergo del serpente (o Tanta guaje pe durmì) commedia in tre atti

Personaggi Felice Achille Cav. Ciccio, farmacista Alberto, id D. Carluccio, negoziante di vini Da Giulia Pappagone, proprietaria pensione Virginia, moglie di Felice Elvira, moglie di Achille Teresina, moglie di Ciccio Giacomino, servo di Felice Carolina, cameriera di Da Giula Nannina, cameriera di Felice Due agenti di P.S. Delegato La scena è in Napoli Epoca presente - Inverno -

Atto primo Salottino in casa di Feliciello. Porta in fondo, tre laterali ed una finestra 2a quinta. In fondo a destra divano, davanti al quale un piccolo tavolo tondo con sopra vaso di fiori. A destra e a sinistra del tavolo due poltrone. In mezzo tavolo ovale con tappeto, album, timbro, giornali, scatola per sigari, ceneriere, cerini etc. in fondo a sinistra uno stipone con entro abiti da uomo. Tendine a tutti i vani. La porta in fondo, aprendosi, lascia vedere la stanza da pranzo. Scena prima Giacomino, Nannina, poi Teresina, Virginia, Elvira, Alberto, Ciccio e Carluccio. All’alzarsi del sipario la scena è vuota. La porta in fondo è chiusa. Internamente si sentirà ridere e parlare confusamente. Giacomino (pantalone nero, gilet bianco, frak largo e lungo, guanti di filo bianco, tovagliolo in mano. Esce dal fondo e richiude la porta) Mannaggia ll’arma vosta! Vi’ si la fernesce!!...Vi’ se se ne vanno!...Stongo allerta da tre ore, non me ne fido chiù. Me moro de famma e de suonno. Nannina (dalla 1a a destra con pacco di sigari e sigarette) Tiene ccà, Giacomì, ccà stanno li sicarre e li sigarette. Giacomino E miettele dinto a la scatola. (Nannina va al tavolo e mette i sigari e le sigarette nella scatola) Guè, si’ venuta ambressa, la verità! Nannina Guè, tu non m’haie da seccà, sa’? Io ccà non so’ venuta pe fa la vaiassa, pe scennere e saglì, io sono venuta come cameriera. E la cameriera non scenne a fa servizio. Giacomino E già...quella era entrata al servizio del Duca di Ventrepeloso!...Io faccio un’ arte da la matina a la sera, saglie, scinne, vaie, viene...(di do altra confusione) Nannina Ancora stanno facenno chesto? Giacomino E va trova quanno la fernescene. Nce sta D. Alberto, lu capo giovine de la farmacia de D. Ciccio, ch’è lu chiù sfrenato. Me sta mettenno ncroce stasera.

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



Nannina Pecchè? Giacomino Pecchè D. Feliciello stammatina m’ha ditto, cu la cosa ch’era la nascita soia: “Giacomì, bada che stasera tengo gente a magnà e nun voglio che sierve a tavola cu sta giacchetta. Vide chi te po’ mprestà na sciassa, nu cazone niro... ma accossì nun te voglio vedè.” Va bene, aggio risposto io. So’ ghiuto addò lu compare mio, ch’è cammariere, e m’ha mprestata chesta. Me va larga, ma ch’aggia fa? Nannina Larga? Chella è na vesta da cammera. (ridendo) Giacomino E che vuò da me, chillo chesta teneva. E D. Alberto, da che m’ha visto, me sta ncoitanno! Va a fernì che sfasterio, aizo ncuollo e me ne vaco. (di do voci confuse) Nannina Psss...stanno ascenno. (via 1a a destra. Giacomino finge di aggiustare i sigari nello scatolo) Teresa (dal fondo) Ah! S’ha da dicere la verità, è stato nu pranzetto proprio squisito. (Elvira la segue) Luigi (dal fondo) Luculliano! Alberto (dal fondo) Bravo! Ben detto! Luculliano! Carluccio Ah! Me so’ proprio conzolato! Elvira Chilli pullastielle erano nu latte! Tiennere na bellezza. Luigi Ah! Sì, teneri, buoni...(piano ad Elvira) (Mai quanto l’amor mio però!) (esce D. Ciccio) Elvira Zitto! (Chisto afforza me vo’ fa ncoità!) Alberto Del vino poi non ne parlammo, dite la verità, D. Carlù? Carluccio Ah! Magnifico! E io me ne intendo, sapete. Alberto E lo so, voi siete negoziante di vini, se non ve ne intendete voi, chi volete che se ne intende! Carluccio Figuratevi, me ne passene pe li mmane tanta qualità. Vine francese, vine tuscane, vine de Puglia, vine rumane, uh! Avite voglia! Chesto de D. Feliciello addà essere tuscano. Addò lu pigliate, Da Virgì, scusate? Virginia A nisciuna parte, è nu vino che nc’hanno regalate cierti pariente de Feliciello che stanno a Firenze. Carluccio Ah! Ecco, toscano, l’aveva ditto. Chello che piace a muglierema. Virginia A proposito, D. Carlù, perchè non l’avete portata a Da Clementina? Carluccio Bella mia, non ha potuto venì, puverella, la tengo dint’’o lietto cu delore de panza. Virginia Oh! Me dispiace. Carluccio Stanotte ha fatto la nottata chiara chiara a vommecà sempe. Alberto (Scostumato. Vedite si è cosa de dicere chesto doppo magnato!)

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TEATRO (1900-1910)



Carluccio Ma...chello po è cosa de niente, è nu poco de imbarazzo, haie capito. Stammatina l’aggio purgata... Alberto (Dalle dà! Io non capisco perchè l’invitano a stu lazzarone!) Giacomino Signori, ccà stanno li sicarre e li sicarrette. Virginia Ah! Benissimo. Alberto (a Giacomino) Guè, D. Samuè, tu staie lloco? (tutti ridono) Giacomino (E tiene mente si la fernesce!) Virginia Signori, vi prego servitevi. (offre i sigari) Carluccio Grazie. Sei veramente cortese e geniale!...(prende un sigaro. Tutti si servono.) Virginia (a Ciccio) D. Cì, nu sigaro?... Ciccio (un po’ pallido e preoccupato) No...grazie...io non fumo. Teresa Ciccì, marito mio, ma tu che hai? Da che te si miso a tavola staie tutto preoccupato, tutto penzaruso... Alberto Sicuro, me ne so’ accorto pur’io. Teresa Ma ched’è? Carluccio Veramente, D. Cì, ma che avete? Ciccio (guardando Teresina) Niente...me fa male nu poco la capa... (No, no, non è possibile che Teresina me potesse ngannà... ma intanto sta lettera anonima parla chiaro...) Elvira (a Virginia) Questa sera, spero, ci farai sentire la tua bella voce. Teresa Uh! Veramente, Virgì, canta nu poco chella canzonetta che piace tanto a maritete...comme se chiamma... Virginia Oh! Aggio capito...Voce ’e notte? Teresa Brava! Voce ’e notte. Carluccio Ah! Voce ’e notte! Vi’ che canzone! Io la canto sempe, è la passione mia. (canta) “Si sta voce te sceta int’’a nuttata mentre t’abbracce lu sposo tuo vicino...” Bella! Bella assai!... Luigi (Ma che sta abbascio Porta Capuana, chillo!) Teresa Vuie non nce l’avite maie ntise cantà a Da Virginia? Alberto Carluccio No, mai. Luigi Elvira Ah! Sentirete! La canta angelicamente. Virginia Oh! Per carità...Cchiù tarde ve canto tutto chello che vulite vuie. Tutti (meno Ciccio) Brava! Carluccio Brava! Sempe accussì è stata, gentile e converzevole! Teresa Neh, ma a proposito, D. Achille e D. Feliciello, addò stanno? Virginia Sarranno rimaste dinto a la stanza da pranzo.

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

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Scena seconda Achille e detti, poi Feliciello (di do dal fondo cantando) Viva il vino spumeggiante, nel bicchiere scintillante ecc... Elvira Lu vi’ ccà, se ne vene cantanno. Luigi (Quanto m’è antipatico!) (esce Achille) Carluccio Cavaliè, addò stiveve? Alberto Le signore vi vogliono. Achille Abbiate pazienza, so’ rimasto a guardare la gabbia con gli uccelli che sta dinto vicino a lu balcone. Me sentite, so’ n’amore chill’animalucce. Zompene da ccà, zompene da llà, volano ncoppa, volano sotto...ah!...Che animali felici. Quanto pagarria pe tenè li scelle pur’io...(guardando amorosamente Virginia) Luigi (Bello marvizzo spennato!) Achille (cantando e guardando Virginia) “Se avessi l’ali, ti verrei a rapire ecc...” Virginia (Chillo che bo’ da me?) Achille Neh, sigari ce ne sono? Virginia Sicuro. (prende la scatola) Servitevi...toscani, napoletani... Achille (con significato) No! Vorrei...Virginia. Virginia E avite da j’ da lu tabaccaro! Achille Non ce ne sono? Oh! Che peccato. Allora...un toscano!... (si serve) [(È tosta, ma io l’arrivo però.)]1 Elvira (Voglio vedè si la fernesce de fa lu farenella!) Achille (È tosta, ma io l’arrivo però.) Luigi Cavaliè, e D. Feliciello dove sta? Achille È andato in cucina, non so che è andato a fare. Giacomino (Vuò vedè che sta dormenno dinto a la cucina?) Virginia Giacomì, valle a chiammà. Giacomino Subito (via pel fondo, poi torna) Achille Eh! Che simpatico amico chillo Feliciello, dite la verità. Tutti Ah!...Sì...(Ciccio va a sedersi al divano preoccupato. Gli altri pure si seggono) Achille Peccato però che il suo passato..l’accusa nu poco. Virginia (turbandosi) Che passato?... Achille Eh! Che passato, signora mia...Chillo n’ha fatto delle belle! E canzonettiste, e ballerine, e cammarere, e lavannare... nun ne lassava una coieta. Carluccio Uh! Ma se capisce, scusate, tutte li giovinotte fanno chesto. Achille

1

La battuta tra parentesi quadre è stata cancellata.

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TEATRO (1900-1910)

Ma po, doppo lu matrimonio, mettono capa, addeventano serie, vonno bene la mogliera e abbandonano quella vita. Tutti Certo. Achille Sarà...io ci ho tutti i miei dubbi! Elvira Oh!...Ma vedete se è momento questo de parlà de sti cose! Teresa E dice buono Elvira, scusate. Giacomino (tornando) Ecco ccà lu signorino. (Io l’aggio ditto che steva durmenno.) Felice (fuori. Ha in mano una tazza di caffè) Eccomi qua, eccomi qua...scusate se me so’ allontanato...Me so’ ghiuto a piglià dinto a la cucina n’ata tazza de cafè, mai comme a sta vota Nannina ha fatto lu cafè così buono. Virginia Ah! chesto è overo. Achille Seh, va bene...site jute dinto a la cucina pe lu cafè...o ci siete andato per fare una visita a Nannina? (marcato. Virginia si turba) Felice No, che Nannina! (ridendo) Nun pazziate, cavaliè, ca chesta se lu crede.(mostrando Virginia) [È finita per me quell’epoca]2 Ma che, io mi sono dedicato completamente alla mia cara Virginia. (beve il caffè) Carluccio Bravissimo! Tal’è lu dovere vuosto! Felice Stammatina pe la nascita mia sapite che m’ha regalato? Un magnifico taglio di costume e un portafoglio con le mie cifre F.S. in oro. Tutti Brava! Virginia Grazie...è stato nu semplice ricordo... Felice (sbadigliando) Pure Giacomino, lu servitore mio, m’ha voluto fa lu regalo...già...m’ha fatto na poesia, na specie di brindisi...m’aggio fatto nu sacco de resate. (poi siede al tavolo, a sinistra) Teresa Uh! A proposito...Ciccì?...Ciccì? Ciccio Chi è?...Che buò?... Teresa Tu avive preparato lu brindese pe lu dicere a tavola, te si’ scordato?... Ciccio Ah! Già!...io avevo preparato lu brindese...(alzandosi) Alberto (Eh!...Se n’è addunato ambressa!) Carluccio E va bene, non fa niente, ditelo adesso, è lo stesso, non è vero? Virginia Oh! Certamente. (Felice comincia ad addormentarsi a poco a poco) Ciccio Ma no, vedete, non è più il caso di dirlo adesso...l’aveva 2

Vedi nota 1

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

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dicere quanno è asciuto lu sciampagna, ma...(marcato) me so’ distratto... Elvira E nun mporta, lo dicite mo, che fa. Tutti Meh, jammo, D. Ciccì... Carluccio Avanti, non vi fate pregare. Ciccio Volete così, eccomi qua. (estrae dalla tasca una carta) Poche parole so’, ma sincere. Carluccio Sentiamo. Achille Sì, sentiamo il nostro D. Ciccio che ha saputo dire a quel fortunato di Feliciello (guardando amorosamente Virginia) Luigi Silenzio, sentiamo. Alberto D. Cì, addò jate? Ciccio Me metto mmiezo, è meglio. (si situa dietro il tavolo, nel mezzo, di faccia al pubblico) Luigi (Ma ch’adda fa, li gioche?) Ciccio (leggendo) “Amici! Io no sono oratore” Carluccio Siete farmacista? E lo sappiamo questo. Teresa E nu momento, lassatelo leggere, scusate. Ciccio (c.s.) “Io non sono un oratore! Ma non voglio far passare il momento nel quale lo champagne fa la schiuma nei bicchieri... Achille (Uh! Fa la schiuma!) D. Cì, scusate, era più adatto: spumeggia nei bicchieri, sotto vostra correzione. Ciccio Già!...Va bene, è lo stesso; fa la schiuma, spumeggia... sempe scumma è!... Carluccio Ma se sape, e po a me me piace chiù “Fa la scumma nei bicchieri...” È più italiano. Seguitate. Ciccio (c.s.) “Ma non voglio far passare il momento nel quale lo champagne fa la schiuma nei bicchieri, senza approfittarne per augurare al nostro amico Felice, in occasione della sua nascita. Tutto quello che può desiderare, ammettendo che si possa desiderare di più quando uno è già il marito da sei mesi...(parlato a Virginia) Sei mesi è vero? Virginia Sicuro. Ciccio (c.s.) “...quando uno è già il marito da sei mesi della giovane, gentile che ci ha invitati a questo pranzo. Bevo perciò alla salute della felice coppia e non dico niente più...!” Tutti Benissimo! Achille Bella sta chiusa! (Tutti applaudiscono. Felice si sveglia di soprassalto e fa rovesciare la tazza col caffè sul tappeto) Ciccio D. Felì, che fate, mo me faciveve j’ lu cafè ncuollo! Felice Scusate...so’ ntuppato cu la mano... Giacomino (S’è addormuto n’auta vota!) Ciccio Che peccato! Sopra lu tappeto...

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TEATRO (1900-1910)

Felice Ma no, è niente, cu nu poco d’acqua se leva, è cafè a la fine. Virginia Giacomì, fa cu nu poco d’acqua e po lu miette ad asciuttà. Giacomino Va bene. (via pel fondo) Achille E bravo D. Ciccio, ha fatto nu bello brindisi! Teresa Virgì, volimmo j’ dinto, vuò venì a cantà? Virginia Jammo. (tutti si alzano) Feliciè, tu viene? Felice Sì...subito, vengo... Alberto (offrendo il braccio) Da Teresì, prego. Teresa Grazie. Alberto (piano) (Ma si può sapè maritete che ave stasera?) Teresa (c.s.) (E che ne saccio, avesse sospettato quacche cosa?) Virginia (ai due) No, no, no, D. Albè, vi prego, niente cerimonie! Alberto (lasciando Teresina) Come volete! (Tutti ridendo e parlando entrano nella 2a a sinistra. Restano in scena soltanto Alberto, Felice e Giacomino) Felì, tu permetti che me piglio n’auta sigaretta? Felice (seduto al tavolo, questa volta a destra) Piglia, piglia, fa quello che vuò tu. (sbadiglia) Ah!... Alberto (Si serve, poi con preoccupazione) Feliciè,... giacchè stammo sule, te voleva cercà nu piacere... Felice (pausa) Albè, tu vulisse ancora denare? Alberto Proprio, nce haie ndovinato. Felice E ma Alberto mio, nuie addò volimmo arrivà? Alberto Agge pacienza, Feliciè, chesta è l’ultima vota. M’haie da mprestà na trentina de lire...(guarda intorno) Dimane aggio da j’ a colezione cu...na signora ncopp’a n’albergo, e tengo sulo cinche lire, comme faccio? Felice Albè, ma quanno me li daie po? Chelle songo da ciente lire che t’aggio mprestate. Alberto Mo, alla fine de lu mese, te dongo tutte cosa, parola d’onore...agge pacienza. Felice (caccia il portafoglio) E va bene, tiene ccà. (gli dà le trenta lire) A la fine de lu mese? Alberto Non ce penzà, quanno aggio ditto parola d’onore basta. (conserva il denaro) Grazie tante Feliciè, e se hai bisogno di me comandami pure, sono sempre ai tuoi ordini. Felice Grazie. (pausa. Riflettendo) Aspetta,...sicuro, forse tu mi potresti salvare... Alberto Salvare? Felice Proprio. Sì, cu te sulo me pozzo confidà. Alberto Parla, de che se tratta? (siede al tavolo a sinistra) Felice Ecco qua...non saccio comme farte capì...Tu saie che cos’è la cestunia? Alberto E comme nun la saccio.

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

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Felice Benissimo! E lu frungillo? Alberto Sicuro. Felice Bravo. Dimme nu poco, che differenza ce sta tra na cestunia e nu frungillo? Il frungillo… sta sempe scetato, mentre la cestunia dorme sempe. Alberto Già. Felice Ora mo, se tu piglie na cestunia e nu frungillo e li faie spusà, che succede? Alberto (pausa) Oh! Ma Feliciè, tu stisse ascenno pazzo! Felice Ma che pazzo!...Che succede? Che lu frungillo s’appicceca da la matina a la sera cu la cestunia pecchè dorme sempe, e la cestunia, povera bestia, si lagna, pecchè lu frungillo sta troppo scetato. Hai capito? Alberto Manco na parola! Felice E bravo! Insomma Albè, Virginia, muglierema, è lu frungillo, e io...songo la cestunia! Capisce mo? Alberto Ah!...Aggio capito mo...aspetta...A te, te piace de sta sempe calmo, tranquillo, sulo, e mugliereta invece... Felice È na diavola!...Vo’ sempe parlà, vo’ sempe cantà, vo sempe... sunà! È un affare serio!...A me pure me piace...il divertimento, ma lo troppo è troppo! La sera, dinto a lu lietto, ...vo’ parlà fino a li doie, li doje e meze doppo mezanotte! E sarte, modiste, moda...è nu guaio! Nun me fa durmì! Dieci, undici anni fa, sai, a 17, 18 anne, chi durmeva, addò, io la notte la faceva juorne, ncè aunevamo tre o quatte amice, ognuno cu la nammurata soia, e facevame cose de pazze. Me ricordo na sera, doppo cenato, passiaveme pe dinto a la villa, mbriache comme a tanta puorce, faccio la scommessa che me menavo dinto a la fontana de li paparelle. Alberto E te menaste? Felice Cu tutte li panne! Alberto Ma cheste overo so’ cose de pazze! Felice Seh, e chesto ched’è? Io n’auta sera, doppo che m’aveva magnato quatte piatte e lu dolce, jammo a Toledo, truvaieme nu maruzzaro, me magnaie 11 piattielle de maruzze! Alberto E chesta era lopa! Felice Po trasetteme dinto a la farmacia de Scarpitti e me pigliaie na purga!... Alberto Eh!...Overo? Felice Seh, overo. La notte e che delore ncuorpo!... E chello ch’aggio fatto cu li femmene, mammamia!...Sette, otto nnammurate a l’anno. Aggio spiso pure belli denare, vi’!...Papà, buon’anima, me mannava la mesata per farmi studiare,



Alberto Felice

Alberto Felice Alberto Felice Alberto Felice

TEATRO (1900-1910)

pecchè steva cu la capa che io aveva fa l’avvocato, e io me la sfeziavo!...Doppo chesta vita, capisce, uno sente proprio il bisogno de s’arreposà, de sta coieto, de durmì sulo. Ah! Se sape! E me ne so’ accorto, disgraziatamente, tre mise doppo spusato. Nei primi tempi nun era accussì, mo che saccio che s’è afferrato...Io, sai, faccio tutto il possibile di distrarmi, d’essere svelto, de sta scetato!...Bevo cafè comme a nu turco, piglio tabacco, insomma eccitanti...niente, non ne ricavo niente! La sera mpunto li nove, stateve bene, me vene tale na sonnolenza che tu non puoi credere. È curiosa. A essa certamente nun le posso confessà la vita ch’aggio fatto, pecchè io l’aggio ditto lu contrario, si no chella non me spusave, perciò vide che lotta mantengo io. Hai ragione. Dimme tu mo, comme m’aggio da regolà? Io basta che dormo, nun te dico assaie, ma nu 12, 13 ore, così, ogni due giorni, songo n’auto ommo, sto vivo, allegro, pazzeo... E che te pozzo dicere... Damme nu consiglio! Comme aggio da fa’? Ccà non è possibile, non me fanno durmì! Scena terza Virginia e detti, poi Nannina

(di do) Aspettate, mo vaco io, vaco io. Virginia!...Albè, zitto sa. Te pare. (fuori) Feliciè, e tu quanno viene? Ah! Eccomi!...Steva dormenno cu l’amico...(ripigliandosi) steva parlanno cu l’amico qua, d’una sua invenzione, una cosa pe fa durmì... Alberto Sicuro...proprio così...Con permesso. Virginia Prego. (Alberto entra 1a a sinistra) Nun è overo, tu non stive parlanno, tu stive durmenno. Dì la verità! Felice Io? Steva durmenno? Oh! (ridendo) Chesta è bella! Domanda ad Alberto... Virginia Tu tiene l’uocchie de suonno. Felice Io? Ma t’inganni!...Io tengo chisto pare d’uocchie apierte!...Teh!... Virginia Ma comme, io a tavola t’aggio visto, capuzziave continuamente!... Virginia Felice Alberto Virginia Felice

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

Felice



Capuzziavo? No!...Ti sei sbagliata...io...approvavo chello che dicevano l’aute. Facevo accussì (gesti col capo) Virginia Ah!...Perciò...E quanno haie miso lu sale ncopp’a la pizza de crema? Felice Lu sale ncopp’a pizza de crema? Ah! Sì...e me so’ distratto, che buò da me. Virginia E lu cafè ch’haie fatto cadè ncopp’a lu tappeto? Felice E so’ tuzzato cu la mano...chesto che cos’è!...Si nun pozzo manco ntuppà nfaccia a na parte mo... Virginia No, no, tu stive durmenno, t’aggio visto, haie capito. E nun è la primma vota che vengo pe te sta nu poco vicino, pe parlà nu poco, e tu dice che stai stanco, te sicche, sbadiglie e te vuò j’ a cuccà. Nun tiene nisciuno impiego, nisciuna occupazione, vive de rendita, dunque che d’è tutta sta stanchezza?...Ah, no, sai,...me ne so’ accorta mo, nun ire accossì li primme juorne spusate. Mo me vaie sempre fuienno, staie sempe friddo friddo... Felice Pecchè è inverno bella mia!... Virginia Nun fa lo spiritoso! Nannina (uscendo dalla 1a a destra) Signorì, hanno portato la stufa co li gelate. Virginia Falle caccià e portale dinto a la stanza de pranzo. Nannina Va bene. (via) Virginia P’essere accussì indifferente mo, cu mmico, chi sa che vita haie avuto da fa primma de me spusà. Felice Io?...Ma io era la perla dei giovanotti, io non...(sbadiglia) Virginia Lu bi’, lu bi’ ch’aggio ragione. Felice Ma no, scusa, me fai sbadiglià tu, parlanno sempe de sti cose. Virginia No, no, e no! Nun te credo!! Tu nun haie fatto na bella vita, me so’ informata, me l’hanno ditto. Canzonettiste, ballerine, cammerere, lavannare...e dopo che ti sei ben divertito, quanno te si proprio stancato, te ne si’ venuto a la via mia...pe t’arreposà!... Felice Ma no, Virginia mia, viene ccà... Virginia E chi sa se dura ancora chella vita?...Ma però, guè, tu te ricuorde chello che te dicette? Si me tradisce, tremma, faccio lo stesso pur’io! Scena quarta Giacomino e detti, poi Teresina Giacomino Signurì, li gelati so’ pronti. Virginia Portale dinto a lu salotto. (Giacomino via)



TEATRO (1900-1910)

(uscendo) Neh, e vuie ch’avite fatto? Quanno trasite? Ah! Eccoci!...Io era venuta... Aggio capito tutte cosa, jate trovanno de sta sule, ve jate sperdenne, e si capisce, chi meglio di vuie...Va bene, a n’auto poco nce ne jammo tutte quante. Virginia Ma no, io era venuta pe vedè se li gelate erano pronte. Jammo dinto, viene. (viano 2a a sinistra) Felice (sbadiglia) Ah!!...Io aggio passato lu guaio! Comme me venette ncape de me nzurà. Chella da na parte ave ragione, ma io manco aggio tuorto. (Giacomino viene dal fondo con gabaret di gelati ed entra 2a a sinistra, poi torna) Se crede che io continuo a fa la vita d’una vota, seh, e sta fresca. Va trova chi cancaro nce l’ha ditto, chi mi ha combinato stu servizio. Se quella me faciarria durmì almeno nu 8 ore, io potrei provarle il contraio de chello che dice. Eh! E lloco te voglio!...(sbadiglia) Mamma mia, che suonno!... Poco primma, dinto a la cucina, me songo addormuto co la capa ncopp’a lu gallenaro...chella chi sa che se crede, mentre io la voglio tanto bene! (pausa) Me potesse fa na dicina de minute a na parte qualunque, chillo mo se stanno piglianno li gelate, non c’è paura...ma addò me metto... (guardando lo stipone) Sangue de Bacco! Che bell’idea! Mo me metto dinto a lu stipo!..Sicuro! E chi me vene a vedè llà dinto. (Giacomino ritorna col gabaret vuoto) Viene ccà Giacomì, chiude chella porta. Giacomino Pecchè, ch’è stato? Felice Chiude, all’arma de soreta! Giacomino Eh! Lu vedite ccà! (chiude la 2a a sinistra) Felice (va ad aprire lo stipone) Va llà, pigliami chella seggia, fa ambressa...(Giacomino prende la sedia) Damme ccà. Giacomino Signò, ma ch’avite da fa? Felice Cionca a te e sta zitto! (prende la sedia e la mette nello stipone, vi entra e si siede) Chiude mo, chiude lo stipo. Giacomino Ah! Aggio capito, state pazzianno a nasconnere. Felice Nonsignore, animale, voglio durmì nu poco, haie capito? Giacomino Vulite durmì? Uh! Mamma mia! Vulite durmì lloco dinto? Felice Sì, sì! Giacomino E si chille ve vanno truvanno? Felice Me viene a chiammà tu. Vattenne, chiude. Giacomino Ma vuie... Felice Chiude! Mannaggia mammeta! Giacomino Ecco ccà. (chiude) Cheste so’ cose de pazze, sapete. Io non me faccio capace chisto comme s’è cagnato tutte nzieme. Teresa Virginia Teresa

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



Chillo cinche, sei anne fa asceva da dinto a lu fuoco, n’avimme fatte pazzie io e isso...chi ne capisce niente. (fa per andare) Scena quinta Virginia e detti, poi Achille Virginia (uscendo) Giacomì... Giacomino (La signorina!) Comandate? (guarda lo stipo) Virginia Va me piglia lu libro de li canzonette dinto a la cammera mia. Giacomino Subito. Virginia Feliciello addò sta? Giacomino (imbarazzato) Ah!...Sta dinto, nun l’avite visto? Virginia No, dinto non nce sta. (passa a destra) Giacomino Gnorsì, è trasuto pe ll’auta porta. Virginia Va buono, va me piglia li canzone. Giacomino Subito. (si avvicina allo stipone e dà dei calci col piede) Virginia E quanno vaie? Giacomino Eccomi. (altri colpi) Virginia Ma che stai facenno cu stu pede? Giacomino Ah! Niente, è la scarpa che me va stretta. (altri colpi e via) Achille (dalla 2a a sinistra) (Ah! Eccola qua!) Virginia Oh!...Cavaliè, ched’è, volite quacche cosa, un altro sigaro? Achille No!... Virginia Jate trovanno a Feliciello? Sta dinto, mo ve lu vaco a chiammà. Achille (fermandola con passione) No!...Lasciamolo stare dove si trova! Io v’aggio visto ascì e ve so’ venuto appriesso. Virginia Mo accomminciate n’auta vota, neh, Cavaliè? Achille Ma io non ho mai finito! Io vi amo...io ti amo, Virginia, e t’amerò sempre. Virginia Lassateme j’ dinto, ca m’aspettano. Achille No, n’auti duie minute, te ne prego!... Virginia (Vi’ che pacienza!) Achille Sei mesi fa, quando hai sposato l’amico mio Felicietto, restai incantato, affascinato, paralizzato dalla tua bellezza, e dissi fra me: questa ragazza deve essere mia a qualunque costo! (tragico) Virginia Neh? Achille Sì, Virginia mia! Fammi contento! Vuoi che m’inginocchi?...Eccomi ai tuoi piedi!... Virginia Cavaliè, susiteve! (Achille s’alza) E mettiteve buono chesto

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ncapo, senza che ve pascite d’aria: Io, a Feliciello, non le faccio mai na cosa de chesto, avite capito?.. Achille Ah! Povera innocente! Mi fai pena!...Ma tu cride che Feliciello te vo’ bene, che è nu marito affezionato? Oh! Come t’inganni! Lu saccio io a chillu llà!...Chillo te lu sta facenno dinto a l’uocche e tu, per la tua bontà, non te n’adduone! Virginia Comme? Ma pecchè, che sapite quacche cosa? Tenite quacche prova? Achille No! Virginia E allora? Achille Ma l’avrò! Tu vuoi la prova? E io te la porto...Sorveglierò Felice, seguirò i suoi passi, e quando l’avrò colto, dimmi, angioletto mio, resisterai ancora? (con comica passione) Virginia Ah! Ritenete, cavaliè, se me portate na prova del suo tradimento... Achille Verrai subito con me? (gridando entusiasmato) Virginia Psss!... Achille (piano) Verrai subito con me? Virginia Cu buie? Ah! No, levatavello da capo. Achille Perchè? Virginia Perchè site lu marito d’Elvira, un’amica mia carissima. Achille E che c’entra? Io pure non so’ l’amico di Feliciello? Anze, quanno è ddoppo sento che lu vularraggio bene chiù assaie! Scena sesta Giacomino e detti, poi Luigino ed Elvira Giacomino (con libro) Ecco qua le canzonette. Virginia Bravo. Cavaliè, scusate, portatelo dinto. (gli dà il libro) Achille Subito. (Mo aveva da venì chillo piezzo d’animale!) (via 2a a sinistra) Virginia (fra sé) (Comme avarria fa pe m’assicurà, pe nn’essere certa?... Po’ essere pure che lu cavaliere m’ha ditto nu sacco de buscie, po’ essere pure che non è overo...Ma comme faccio pe lu sapè?...) Luigi (dal fondo, tra sé) (Aggio fatto segno a Da Elvira che ascesse nu momento) (vedendo Virginia) (Da Virginia!) Scusate, signò, avete visto na portasigarette qua dentro? Virginia No, nun ncè aggio badato... Luigi L’avarraggio lassata dinto a lu palettò. Virginia Ma se volete sigarette, Feliciello li tene. Luigi Ah?...E ma dentro non c’è vostro marito.

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Giacomino (Puozze sculà va!) Virginia Starrà dinto a la cammera de lietto, mo ve lo vaco a chiammà... Luigi (vivamente) No, no...Lasciatelo sta...signò...signò...(Virginia entra 1a a sin.) (Vedete che combinazione!) Giacomino (Comme faccio pe lu scetà cu chisto nnanze?) Signorì, scusate, se volete le sigarette, ccà nce stanno. (mostra il tavolo) Luigi Sì, sì, va buono, vattenne. (accende una sigaretta) Giacomino Subito. (dà dei calci allo stipo) Luigi Chi è? (si volta) Che faie? Giacomino Ah!...No!...Me prude da dereto lu tallone, e facevo accussì (colpi più forti) pe me grattà!...Permettete!...(via pel fondo 1a a destra) Luigi (vedendo venire Elvira) Ah! Eccola qua. (chiama) Signò, venite... Elvira (esce dal fondo e chiude la porta) State sulo? Luigi Solissimo. Non avite paura. Elvira No, D. Luigì, ccà sta storia adda fernì sa, io nun pozzo sta cu sti palpiti pe causa vosta, mettitavelle ncapo na vota pe sempe, io non sono libera, lo volete capì sì o no? Luigi Ma comme, non pozzo avè lu piacere de fa colezione na vota cu buie, che male nce sta? Elvira Tutto il male possibile! Voi capite che io so’ conosciuta e dimane matina appurannese na cosa de chesta che figura me faciarrisse fa. Luigi Ma comme s’appura, scusate? La carrozza la pigliammo chiusa, l’albergo addò jammo è na parte sicura, so’ tanto amico de la padrona, che paura avete?...Non ve negate, signò, ve ne prego, non mi fate più soffrire. Ricordatevi i sacrifizi che ho fatto per voi, ricurdateve quanto v’aggio voluta bene primma de ve mmaretà. E si avesse tenuta na posizione v’avarria spusata io...ma io steva de chella manera disperato, come potevo pretendere la vostra mano. Per voi ho lasciato la clientela, amici, tutto, tutto!...(rumore nello stipo) Elvira Zitto! Chi è? Luigi Nisciuno, signò. (guarda intorno) Elvira Ma sì, aggio ntiso nu remmore da chella parte...stesse quaccheduno dinto a lu stipo? Luigi Ma no, chi po’ essere dinto a lu stipo. Elvira E vedite, vedite... Luigi Ma che veco a fa? (di nuovo rumore, poi colpi di tosse)

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Elvira Luigi Elvira Luigi

Avite ntiso?...Pure la tosse...vene da dint’a lu stipo! Ah! Sì, mo l’aggio ntiso, mo. E chi è? Non ve mettite paura, mo vedimmo. (va in fondo ed apre lo stipo. Si vedrà Felice seduto che sbadiglia) D. Feliciello?! Elvira (avvilita) (L’aggio ditto io, certo steva facenno la spia!) Luigi D. Feliciè?...D. Feliciè?...(Felice si sveglia del tutto) Felice Chi è?...Che cos’è?... Luigi Vuie che facite lloco dinto? Felice Ah! Io?...stavo qua...pecchè...pecchè...(esce dallo stipo) Io stava qua, pecchè...voleva fa nu scherzo co tutte gl’invitate! Già! Appena ascevano ccà fora pe se ne j’, io arapevo lu stipo e li facevo mettere na paura!... Luigi Ah! Pecchesto ve site annasconnuto? Felice Già. (va a togliere la sedia dallo stipo e chiude) Elvira (piano) (Non è overo, chillo steva sentenno nuie che dicevame. Avite visto che guaio mi avete fatto!...) Luigi (Mo ve lasso sola cu isso, cercate de sapè si ha ntiso quacchecosa.) Elvira (Va buono, jatevenne.) Luigi D. Felicè, permettete, io vaco dentro. Felice Prego. Non dite niente però che m’avite trovato dinto a lu stipo, si no fernesce la sorpresa, capite? Luigi Ah! Se sape, non dubitate. (via 2a a sin.) Elvira (a Felice) Vale a dire che, stanno dinto a lu stipo, avite ntiso chello che diceva D. Luigino? Felice (sbadigliando) No! Elvira No?...Nun avite ntiso niente? Proprio niente? Felice Niente. Elvira (Cielo te ringrazio!) Uh! Che peccato, quanto me dispiace. Nuie parlaveme de vuie. D. Luigino me diceva che...voi... siete un gentiluomo perfetto, (vicino a lui) incapace di commettere una scortesia, un marito modello, insomma. Felice Ah! Questo dicevate? Grazie, signora! (dà la mano) Scena settima Virginia e detti, poi Giacomino Virginia Felice Virginia Felice

(dal fondo) Ah! Feliciè, tu stive ccà? (con tono sciolto) Sì, stevo ccà, pecchè? Nun t’aggio potuto trovà a nisciuna parte. (con grazia) Stive cu Elvira? Già...stavo cu Elvira...cioè con la signora Paletta.

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Virginia Elvira

(E che facevano tutte li duie sule?) D. Feliciello me steva dicenno che voleva fa na sorpresa agli invitati, le voleva fa piglià na paura. Felice Già...me voleva annasconnere dinto a lu stipo. Virginia (incredula) Ah! Bravo!...graziosa la sorpresa. Basta, volite venì dinto, io vaco a cantà. Elvira Ah! Sicuro, te pare. (passa) Felice E che canti? Virginia Quacche canzonetta. La voce ’e notte. Felice Ah! Brava, la passione mia. E andate, io vengo subito. Voglio dì a Giacomino che preparasse li palettò, li cappielle, perchè credo che dopo cantato i nostri invitati se ne vorranno andare, se fa troppo tarde po! Elvira Oh! Se capisce! Felice E andate, io mo vengo. (Elvira e Virginia entrano 2a a sinistra) Mannaggia ll’arma lloro!...Steva dormenno accussì bello, chillo cancaro de Luigino m’è venuto a scetà. Si mentre Virginia canta me potesse addormì n’auta vota, sarria proprio buono...Pecchè so’ sicuro che chella stanotte vo’ parlà, vo’ discutere...almeno me trova nu poco chiù risoluto, chiù scetato...(siede alla poltrona che è in fondo a sinistra vicino al divano ,voltandone un po’ lo schienale contro il pubblico.) Ah! Ccà sto meglio! (di do si sente al piano l’introduzione di “Voce ’e notte”) Giacomino (esce con precauzione. Guarda intorno, poi va allo stipo) Ah! Non nce sta chiù, s’è scetato, meno male. (Virginia comincia a cantare “si sta voce te sceta int’’a nottata”) Voce ’e notte!...Che bella canzone. Uh! A proposito. (va al tavolo di mezzo e tasta il tappeto) È ancora nfuso. (toglie gli oggetti che sono sul tavolo e li mette su di una sedia) È meglio che lu levo, si no ccà la tavola s’arrovina da sotto. (toglie anche il tappeto e lo getta sulla poltrona dov’è Felice coprendolo così tutto. Poi con la falda del frak pulisce sul tavolo.) Mo che s’asciutta lu metto n’auta vota. (rimette sul tavolo gli oggetti tolti). Scena ottava Alberto, D. Ciccio e detti. (dal fondo) Oh! Ma chill’aucielle veramente so’ n’amore, è vero D. Cì? Ciccio Sicuro. Alberto Uh! Da Virginia sta cantanno, volimmo j’ a sentì? Alberto

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Ciccio

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No, no...stammece ccà...è meglio, se sente meglio da ccà, capite, da lontano...(a Giacomino) Neh, giuvinò, tu haie che fa ccà? Giacomino Nonsignore, comandate quacchecosa? Ciccio No, niente...aggio da parlà cu l’amico qua, vattenne nu momento. Giacomino Subito. (fa per andare 1a a destra) Alberto (a Giacomino) Neh! D. Samuè! D. Samuè!...(ride) Ah! Ah! Ah!... Giacomino Dalle! Dalle! Ncase la mano! Lu sa! (via) Ciccio D. Albè...io v’aggio da parlà seriamente. Alberto A me? Ciccio Sì, a voi! Voi lo vedete io come vi tratto, maie comme a lu capo giovine mio, ma comme nu fratello, nu figlio... Alberto Vi ringrazio... Ciccio No! Lo meritate sotto tutti i rapporti. La farmacia, senza vuie nun putarria j’ nnanze, siete tanto nu bravo giovane, onesto, fidato e con voi posso parlare, me pozzo confidà! Alberto Ma parlate! Ciccio D. Albè, mia moglie, Teresina, ... mi tradisce! Alberto Eh? Vostra moglie! (turbato) No!...(rassicurandolo) Ciccio Sì, sì, ho la prova. Alberto (E chi nce la ditto, sangue de Bacco!) Ciccio Che d’è? Che dicite? Alberto Ah! no...diceva, come vostra moglie capace di... Ciccio Proprio così! Ingannare me, un farmacista, un chimico tanto conosciuto. Alberto (balbettando) E...mo che penzate de fa? Ciccio Che penzo de fa? L’aggio da accidere a stu carognone! Alberto (appaurato) Ah!...Ma pecchè? Sapite chi è? Ciccio No!...Saccio sulo che è uno dei miei migliori amici, capite. Ma domani, però, domani li sorprenderò in flagrante delitto ncopp’a l’albergo addò se danno l’appuntamente. Alberto Ah!...Bravo!...Ma scusate, voi poi come l’avete saputo? Ciccio Cu na lettera...na lettera anonima. Alberto (cerca di prendere la cosa leggermente, ridendo) Ah! Ah! Ah!... Na lettera anonima? E voi credete alle lettere anonime? Ma D. Ciccio mio, mi dispiace che siete voi. Non date retta, questo è nu scherzo che v’hanno fatto. Ciccio Lo credete? (con un po’ di speranza) Alberto Ma ne sono sicuro. Volete scommettere che dimane ncopp’a st’albergo che v’hanno ditto, non trovate a nisciuno? Volite scommettere 50 lire?

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Ciccio Alberto

50 lire?... Se capisce, pecchè io so’ sicuro, certissimo, che non trovate a nisciuno. Ciccio Embè sì, voglio scommettere, è ghiuta? (strette di mano) Alberto È ghiuta! Ciccio Resta fatto! Ma m’avite d’accompagnà però. Alberto Io? Ciccio E me pare, avimmo da j’ nzieme. Alberto E va bene, v’accompagno. Qual’è l’albergo? Ciccio La lettera dice “All’albergo del serpente – Torretta 103” Alberto (Tutto l’hanno ditto sa!) Va bene, domani ci andremo. Ciccio Grazie tanto. Alberto (Mo vaco dinto e avviso a Teresina!) (di do forti applausi e approvazioni) Scena nona Luigino e detti, poi Elvira (un po’ imbarazzato vedendo i due) Oh!...Ched’è, vuie state ccà? Ciccio Sì, avimmo ntiso da ccà fora. Ah! Bella, bella voce. Permettete? (entra nella sala) Brava, brava Da Virginia! (Alberto lo segue e chiude la porta. Elvira esce con precauzione dalla 1a a sinistra) Luigi (ad Elvira) Venite, venite, mo non nce sta nisciuno. Elvira Aspettate. (va in fondo e guarda nello stipo) Mo va bene. Io so’ passata pe la cammera de Feliciello, nisciuno m’ha vista. Dunque, facite ambressa, che volite? Che m’avite da dicere? Luigi (guarda intorno) Dinto a lu Mattino, in quarta pagina, aggio trovato l’indirizzo de l’albergo che aggio ditto, addò ve porto a fa colezione. È n’albergo sicuro e tranquillo. (caccia il giornale) Tenite, liggite vuie stessa, ve l’aveva signato cu lu lappese russo. So’ due giorni che cammino cu stu giornale dinto a la sacca. Elvira (leggendo) “Albergo del serpente. Ottime camere da 1,50 a 4 lire. Servizio inappuntabile. Massima segretezza e sicurezza per tutti. Pranzo a table d’hôte oppure in camera. Torretta 103 – Napoli” (a questo punto Felice sternuta di sotto al tappeto) Salute. Luigi Salute, signò. Elvira Salute? Ched’è nun l’avite fatto vuie lu sternuto? Luigi No! Nun site stata vuie? Luigi

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(appaurata) No! E chi è stato? (c.s.) E io che ne saccio. (Felice starnuta di nuovo) Lu sentite? È uno che sta ccà dinto. Felice (si alza, sempre coperto dal tappeto e va a chiudere la finestra di faccia a lui a 2a quinta a destra) Vi’ che corrente viene da sta fenesta. Elvira (c.s.Vedendo Felice) Uh! Mamma mia! Chillo certo è mariteme...aiutateme...(lascia cadere il giornale sul tavolo e siede avvilita) Felice (ritorna alla poltrona) Ma pecchè hanno stutato tutto cosa?...Che tengo ncuollo?...(si toglie il tappeto) Luigi D. Feliciello? Elvira N’auta vota isso? Felice (Chi me l’ha miso stu coso ncuollo?) Elvira (a Luigi piano) (D. Luigì, chisto ce fa la spia, non nce penzate!) Luigi Ma chesta è bella, sapete!...Chesta è la seconda vota che ve trovammo annasconnuto. E pure pe fa nu scherzo? Felice (sbadigliando) Ah!...Sicuro! Perchè ho detto, chillo mo, D. Luigino certamente l’ha ditto agl’invitati, mo trovo n’auto pizzo. Luigi Ah! Neh? Elvira (Nun è overo, sentite a me!) Felice E io non steva dormenno, sa!...Badate! Luigi Ah!...Vuol dire che avete ntiso quello che dicevamo io e la signora? Felice Sicuro. (spavento dei due. Pausa. Elvira è al colmo dell’avvilimento) Luigi Del resto, po, nun diceveme niente de male...(riscaldandosi) Ma vi prevengo, D. Felì, se dite una sola parola, di quello che sapete, a chi sapete, guai a voi! L’avrete a fare con me!...(alzando un po’ la voce) Avete capito? Con me!... Felice (gridando) E perchè?... Elvira (vedendo aprire la 2a a sinistra) Zitto! Vene gente! (Luigi prende subito delle sigarette dal tavolo e ne offre una a Felice, un’altra per Luigi. Esce Virginia) Elvira Luigi Elvira

Scena decima Virginia e detti, poi Alberto Luigi

(cambiando tono, gentilissimo, a Felice) Come perchè?...Perchè voglio così. Se non accendete prima voi, io non ac-

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cendo. (gli dà un cerino acceso. Felice, perciò, resta col cerino in una mano e la sigaretta nell’altra senza capirci nulla.) Virginia Felicè, e ch’haie fatto? Nun si’ venuto chiù dinto? Felice No...stevo ccà fora...con questi amici... Luigi (accendendo la sigaretta) Sì...si fumava, si parlava...ma veniamo subito. Con permesso D. Felicè. (avvicinandosi, piano) (Avete capito? Si dicite una parola...guai a voi!!...) (molto gentile, poi a Virginia offrendo il braccio) Prego. Virginia Grazie. (s’avviano) Elvira (piano a Felice e subito) Ve raccomanno D. Feliciè...silenzio... Virginia (voltandosi) Elvì, ched’è? Che vai trovanno? Elvira Ah! Niente...niente, eccomi. (viano) Felice (li guarda uscire stupefatto) Oh! Chillo che bo’ da me stasera?...Eh! Ma io ho capito na cosa!...Va trova che mbruoglio sta llà sotto?...Oh! Povero cavaliere... Alberto (di do ) Buona notte, buona notte a tutti. (fuori con cappello e paletot) Ah! Felicìè, tu staie ccà? Felice Te ne vaie? Alberto E sì, bello mio, è tarde, so’ quase ll’unnece e meze, dimane aggio tanto che fa. Statte buono. Felice Bona notte. Tu mo te vaie a cuccà, è ovè? Alberto Sì, pecchè? Felice No, niente...(sbadiglia) ah!!...Beato te! Alberto Ma dimme na cosa, ma comme tu nun putarrisse vedè de durmì la matina pe sta nu poco chiù risoluto la sera? Felice Ch’aggio da durmì, comme dormo ccà de matina? Nun me fanno durmì. E po, haie capito che io, a Virginia, ce la voglio nascondere questa mia sonnolenza. Ca chello è!... Alberto E allora va duorme a n’albergo, a na cammera mobigliata, nce vo’ tanto?...A proposito Felì, te cerco nu piacere, me lu faie? Felice (mettendo la mano in tasca) Aggio capito. Alberto No, no, non se tratta de denare sta vota. Voleva essere regalato nu pare de butteglie de chellu vino ch’avimmo bevuto a tavola, era magnifico, sa, magnifico! Felice Eh! Lu saccio. Quello è “Palo del Colle”. Buono assaie. Me lo manna mio zio!...Due bottiglie ne vuò? Alberto Sì, e quante me ne vuò dà! Io ce ne voglio purtà na bottiglia a na sora mia monaca e n’auta me la bev’io e pateme a la casa. Felice E sì, mo nce lu dico a Giacomino...(chiama) Giacomino?... Giacomino?...

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[Alberto No, no, non ti incomodà, mo passanno nce lu dico io stesso. Grazie tanto, statte buono. [Felice Bonanotte. [Alberto (p.a.) Tu mo haie capito? Vide de durmì nu poco la matina, accussì la sera staie risoluto. Bonanotte. (via 1a a destra)]3 Scena undicesima Giacomino e detti, poi Achille Giacomino Comandate? Felice Piglia doje butteglie de vino de zi Alfonso e portale ccà. (Giacomino va via pel fondo, poi torna) Alberto Grazie Felì, sa. Felice Ma te pare...E chisto era lu piacere? Nun sapeva che volive. Allora tu me consigliarrisse de j’ a durmì a n’albergo la matina? Alberto E sì, na vota che ccà nun te fanno durmì. Felice Quello po non se tratta de tutte li juorne, doie o tre vote la settimana nce jarria a durmì, truvarria na scusa cu Virginia e la sera starria bello, risoluto... Alberto Ma sì, chisto è l’unico mezzo, siente a me. Giacomino (con due bottiglie) Ecco servito. Alberto Oh! Bravo. (pigliandosele) Felice Nun nce lu sapive mettere nu poco de carta attuorno? Giacomino Io sapeva chesto. Alberto Nun mporta Felì, mo è de sera, chi me vede. Statte buono, grazie tanto. Felice Ma niente. Bona notte. (Alberto via. Giacomino lo segue) La penzata è stata bona. Dormenno sei o sette ore la matina, sarria nu piacere. (siede al tavolo e naturalmente prende il giornale lasciato da Elvira) La sera avarria voglia de parlà, de cantà, de sunà...starria scetato io!...(facendo cadere per caso lo sguardo sul giornale) Ched’è ccà stu segno russo? (legge l’avviso che alla scena precedente ha letto Elvira) Sangue de Bacco!...E questa è proprio la manna nel deserto. E io pozzo j’ a durmì ccà! Me piglio na cammera de na lira e meza e dormo semp’io!...Sicuro!...Mo me lu segno st’indirizzo e dimane nce vaco. (caccia un lapis e scrive su di un pezzo di carta) Achille (esce e osserva ciò che fa) (Che sta facenno?) (passa in fondo)

3

Battute chiuse in un riquadro e cancellate.

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

Felice

Achille

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“Albergo del Serpente. Torretta 103”. Benissimo! (allegro) Aggio fatto lu colpo! Dimane me ne voglio vedè bene! Voglio sta cuccato tutta la jurnata!...(entra 1a a sinistra) (appena Felice è entrato, sulla punta dei piedi va al tavolo, prende il giornale e legge il medesimo avviso.) “Albergo del serpente..” (il resto lo scorre con gli occhi, poi ad alta voce) Torretta 103”. E pecchè s’ha signato st’indirizzo? Quacche appuntamento tene!...Cu quacche femmena?... (trionfalmente)Ah! Finalmente!...Sei in mia mano! Ecco la prova!!! (mette il giornale in tasca) Scena dodicesima Virginia e detto

Virginia (uscendo) Felì, ma tu quanno... Achille Oh!...Virginia mia! L’ora della vendetta è suonata! Virginia Ch’è stato? Achille Ch’è stato? Tuo marito t’inganna! Virginia Che?...Chi ve l’ha ditto? Achille Ne sono sicuro! Tu volevi la prova? E sta qua! (batte sulla tasca) Virginia Possibile!...e vuie me lo dicite accussì, redenno? E non sapite chi è la nnammurata? Non lo sospettate? Achille No! E tu? Virginia Forse!...(Sì!...È essa!...È Elvira. È chiaro!) E st’animale de lu marito che nun sape niente!... Achille Che dici, che dici? Virginia Niente, niente. (Sì! Essa è, me ne so’ accorta poco primma!...Ma comme se po’ fa...Elvira, n’amica mia?) Achille Io, nientemeno, ho sorpreso Felice, ccà, che se copiava l’indirizzo dell’albergo del Serpente che sta alla Torretta. Certamente addà j’ llà cu quacche femmena! Virginia Lu sacc’io cu chi adda j’! Achille Po se n’è ghiuto dicenno: Dimane me ne voglio vedè bene! Voglio sta cuccato tutta la jurnata!... Virginia Chesto ha ditto? (Li voglio recrià io lu stommaco a tutte li duie!) Cavaliè, dimane assolutamente aggia da j’ ncopp’a st’albergo, e vuie m’avite da accompagnà! Voi sarete il mio amante!... Achille Io? Veramente? Ti servi di me per la vendetta? Oh! Gioia!!...(Ma io lo sapevo che l’arrivava!...)

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Virginia

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(Eh! Cara amica, si tu l’haie fatta a me, io lu faccio a te, ritieni!) Scena tredicesima Carluccio, Teresina, Luigi, Elvira, Ciccio e detti, poi Felice, Giacomino e Nannina



Carluccio (dalla 2a a sinistra) Ah! Eccola qua. Da Virgì, noi ce ne andiamo, vi leviamo il fastidio. Virginia Per carità, anzi... Elvira Statte bona, Virgì, e grazie sai... Virginia (ironica) Oh! Grazie a te...della bella compagnia! Luigi (a Virginia) Signora. Virginia Buona notte. Felice (dalla 1a a sinistra) Neh, che cos’è? Ve ne andate? Teresa Sissignore, ce ne andiamo. (con intenzione) Felice Ve ne andate? Uh! Vedete!...Così presto? Ciccio Presto? Mo so’ ll’unnece e meze. Felice Già. Ciccio Li cappielle addò stanno? Virginia Llà, dinto a la cammera de Feliciello. (chiamando) Giacomino? Nannina? Mo ve li manno a piglià, aspettate. Carluccio Ma no, nce jammo nuie, lasciate sta. Elvira Ma sì, è inutile. Felice Ma nonsignore, aspettate... Giacomino Comandate? Nannina Eccome ccà, signorì. Virginia Jate a piglià li cappielle, li mmantelle, moviteve. Giacomino Subito. (viano 1a a sin.) Nannina Felice Dicite la verità, cavaliè, avimmo passata na bella giornata? Achille Bellissima. Me so’ proprio divertito!...(guardando poi Virginia) Eh! Ma domani passerò una giornata più bella di questa!... Felice Ah! Sì? Perchè? Achille Ah! No, niente, so’ stato invitato a n’altra parte. Scena quattordicesima Giacomino e detti, poi Ciccio, Teresina, Elvira, Luigi, Carlo e Nannina Giacomino (piano a Felice) Signò...D. Felì?...(col cappello ed il paletot di Achille)

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

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Felice (Ched’è?) Giacomino (Ve site assettato vuie ncopp’a la poltrona vicino a lu lietto?) Felice (Io? Ah! Sì, pe vedè de durmì nu poco, pecchè?) Ciccio (di do) Ma che scherzo e scherzo me jate contanno! Chillo m’hanno arrovinato lu cappiello nuovo!... Teresa (di do) E lu mio, guardate ccà, me n’hanno fatto na pizza! Che peccato!... (Giacomino va da Achille e gli dà il cappello ed il paletot) Ciccio (fuori con paletot indossato ed in mano un cappello schiacciato) D. Feliciè, scusate, ma chi è che se permette de fa sti scherzi? Vedete qua che m’hanno combinato! (mostra il cappello) Teresa (con giacca indossata ed un cappello in mano schiacciato) E a me? Vedite ccà comme me l’hanno ridotto! Ma cheste so’ pazzie che non se fanno, scusate!...Mo quando piglio e lu jetto. Virginia Io ve cerco scuse, amici miei,...ma vi assicuro che nisciuno ha pazziato. Che specie de pazzia sarria stata? Giacomì, ma tu ogge addò l’haie mise sti cappielle? Giacomino Ncopp’a la poltrona, vicino a lu lietto de lu signorino. Virginia E chi è stato che l’ha ammaccate de chella manera? Felice Chi è stato...(a Giacomino) È meglio che si dice, caro mio, certo questi amici non te magneranno!...Chillo, Giacomino, è ghiuto dinto poco prima pe me piglià nu fazzoletto, a lu scuro è ntuppato nfaccia a la poltrona ed è caduto ncopp’a li cappielle. Mo me l’ha confessato!...(azione di Giacomino) Poveriello!...Sta chiù muorto che vivo!... Ciccio Ah! Tu si’ stato? E nuie te ringraziammo. Felice Abbiate pazienza, D. Ciccì, pagherò io tutto, e po me lu tengo da copp’a la mesata, capisci, stonate che sì’!...Tu nce avive da badà che steva la poltrona mmiezo. Ciccio Ma che avite da pagà, ve pare, D. Felì, io me credeva ch’era stata na pazzia, perciò me dispiaceva, ma na vota che chillo è ntuppato...(lancia un’occhiata a Giacomino) Elvira (con cappello e mantella) Ma io l’aggio ditto, non poteva essere nu scherzo. Felice Ma chi si permetteva. Virginia Agge pacienza, Teresì, scusa tanto... Teresa Nun fa niente, nce aveva da capità justo io!...Va, statte bona. Virginia Bona notte. (si baciano) Luigi (con paletot e cappello in mano) D. Felì, grazie tante e buon riposo.

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Felice Altrettanto, grazie a voi. Carluccio (con paletot e cappello in mano) Da Virginia, buon riposo e fate sogni color di rosa! Virginia Grazie. Felice Signora buona notte. (ad Elvira) Elvira Buona notte e di nuovo tanti auguri. Felice Grazie. (strette di mano. Virginia li osserva sospettosa) Luigi (ad Elvira) Prego. (offre il braccio) Elvira Grazie. Achille Oh! Come è compito chillo D. Luigino! Che bellezza! Che amico... Luigi È dovere. (piano) (Dimane v’aspetto all’albergo, sa!) Elvira (Zitto!) (Tutti si scambiano i saluti e viano 1a a destra. Felice li accompagna sbadigliando) Virginia Sissignore, è essa, e che aggio da vedè chiù pe lu credere! E brava la signora Elvira, me faceva l’amica, me faceva. Ecco pecchè Feliciello sta accossì, ecco pecchè da quacche tiempo a sta parte me trascura, è friddo, indifferente...e se capisce, è chiaro, deve coltivare l’amore della signora Paletta, non po’ penzà pure a me!...Grandissimo porco!... Te voglio acconcià io, te voglio! Scena quindicesima Felice e detta. Felice Virginia Felice

Virginia Felice Virginia

(ritornando con candeliere acceso) (Se ne so’ ghiute, finalmente!) Oh! Virgì, mugliarella mia, che buò fa, è tarde, te vuò j’ a cuccà? Me voglio j’ a cuccà? (ironica) E... scusa...pecchè nun dice: Nce volimmo j’ a cuccà? Ah! Già...sicuro...Ma siccome aggio da scrivere doie lettere lunghissime, uh, longhe assaie, pe nun te fa aspettà a me, aggio ditto: Te vuò j’ a cucca. Tu staie stanca, se vede, tiene ll’uocchie de suonno. Va, va...va te cocca, tiene. (fa per darle il candeliere) Aspetta...ma dico accussì, nun li può scrivere dimane sti lettere?...Afforza mo?... E sì, Virginia mia, pecchè...(sbadigliando) Ah!!...Dimane, a primma matina, l’aggio da mpustà, capisce. Va, tiene, va te cocca...(c.s.) Nu momento...Allora scrive, io t’aspetto. Meh, assettate. (lo fa sedere al tavolo) Scrive!...scrive!...

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

Felice

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Ma no, me dispiace, Virginia mia...tu tiene ll’uocchie russe russe, staie stanca, si’ stata allerta tutta la jornata, te miette aspettà a me che scrive doje lettere?...Ma no, non lo posso permettere...Va, va te cocca, tiene...(c.s.) Virginia (scattando) No!...no!...nun me voglio j’ a cuccà!...Tu si’ nu birbante, nu scellerato, nu nfame! Ma che te pienze che io so’ na scema?...Che so’ na stupida? Che nu aggio capito pecchè tu faie chesto cu mmico? La matina, me vaie fuienno, la sera nce vo’ l’eccellenza pe te fa venì a cuccà!...E sa pecchè? Pecchè te si’ seccato de me!... Te si’ stancato de me tenè vicino! E tutte li promesse, tutte li giuramente che me facive, erano tutte, tutte buscie! Felice Ma no...tu non sai... Virginia Zitto! Ch’aggia sapè, ch’aggia sapè chiù de chello che saccio! Tu hai fatto na vita infame, si’ ghiuto correnno appriesso a tutte li femmene, e seguiti ancora, sì, sì, seguiti ancora, puorco che si’!...(Felice sbadiglia) Ma bada, Felì, bada, tremma sa!...Si chello che m’hanno ditto è overo, si te ncoccio, guaie a te! Te faccio vedè chi è sta scema, sta stupida e che servizio te sape combinà!...N’aggia fa parlà tutta Napole, aggio da fa cose de pazze! (Felice sbadiglia) Pecchè non me l’avive da fa chesto! Io si t’aggio spusato non è stato per interesse, è stato p’affezione, pe tenè nu giovene vicino che m’avesse voluto bene, (marcato) ch’avesse penzato nu poco a me, ch’era figliola, che teneva sangue dinto a li vene, nun già acqua cauda...Haie capito!!! (Felice comincia ad addormentarsi) Ma tu a chesto non nce hai penzato, te si’ nzurato credenno de tenè la mugliera pe femmena de servizio, pe tenè na femmena qualunque ch’avesse penzato sulo a la casa, a badà a l’economia, mentre tu poi, comodamente, te jve spassanno cu l’auti femmene! Ah! No! Te si’ sbagliato, caro mio!... Fortuna che me ne so’ addonata ambressa. T’aggio da fa chiagnere a tanto de lagreme, t’aggio da fa jastemmà lu momento che m’haie conosciuto, t’aggio da fa tanta dispiette e tanta dispiette che...(vedendo Felice che dorme) Uh! Neh, chillo se sta addormenno!...(disperandosi, vorrebbe inveire, poi risoluta) Dimane! Dimane parlammo! (via agitatissima 1a a sinistra. Felice, come è detto sopra, alla metà di questa scena ha cominciato ad addormentarsi sempre col candeliere in mano. Appena entrata Virginia, apre un poco gli occhi, li richiude, è annoiatissimo, lotta terribilmente contro

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il sonno, vorrebbe esser sveglio ma è vinto. Piano piano si addormenta del tutto, lasciando cadere per terra il candeliere.)4 Fine del primo atto

4 Si riporta, per una riflessione, la battuta finale di Virginia, come è in “Tanta guaje pe durmì”. L’Autore taglia tutte le recriminazioni della donna; forse perché quelle parole potevano apparire troppo forti e sovversive in una società fortemente maschilista in cui tutto era permesso all’uomo cacciatore? Forse perché l’eco delle proteste delle suffragette inglesi, Christabel Pankhurst e Annie Kenney, arrestate nell’ottobre del 1905 e delle loro continue battaglie per la dignità delle donne era vivo e temibile? Questa “prudenza” l’Autore l’andrà via via perdendo come ben si nota nella figura di Sofia di ‘O tuono ‘e marzo che non vuol cedere ad un matrimonio riparatore e senza amore. (Cfr. M.B.Cozzi, V. Scarpetta – Teatro 1910-1920. – Liguori Editore)

Virginia Zitto! Ch’aggia sapè, ch’aggia sapè chiù de chello che saccio? (Felice sbadiglia) Ma bada, Felì, bada, tremma sa!...Si chello che m’hanno ditto è overo, si te ncoccio, guaie a te! Te faccio vedè chi è sta scema, sta stupida e che servizio te sape combinà!...N’aggia fa parlà tutta Napole, aggio da fa cose de pazze! (Felice sbadiglia) Pecchè non me l’avive da fa chesto a me! Fortuna che me ne so’ addonata ambressa. (Felice comincia ad addormentarsi) T’aggio da fa chiagnere a tanto de lagreme, t’aggio da fa jastemmà lu momento che m’haie conosciuto, t’aggio da fa tanta dispiette e tanta dispiette che tu...(vedendo Felice che dorme) Uh! Neh, chillo se sta addormenno!...(vorrebbe inveire, poi risoluta) Dimane! Dimane parlammo! (via agitatissima 1a a sin. Felice cade con la testa sul tavolo dormendo)

Atto secondo L’albergo del Serpente. Due camere ammobiliate contigue. Quella a destra del pubblico è più grande. Un tramezzo, con porticina di comunicazione, divide il palcoscenico. Nella camera di destra, in fondo nel mezzo, un letto di faccia al pubblico, accanto a questo un comodino, scendiletto, ecc. In fondo, verso destra porta d’entrata. A 1a quinta, balcone praticabile, con tende di merletto. 2a quinta, porta. Ai piedi del letto una poltrona. Accanto al letto, verso la sinistra, una porticina che dà in un gabinetto da toletta. Una stufa a gas presso il balcone. In fondo a destra, nell’angolo, un piccolo tavolo tondo con lungo tappeto ed un vaso per fiori vuoto. Sedie. Sul comodino vi sarà un candeliere. La stanza di sinistra, rappresenta un salottino. Porta d’entrata in fondo, a due battenti. Sedie tappezzate, mobili diversi. A 1a quinta a sinistra, pianoforte con sopra due vasi per fiori, gingilli, ecc. nel mezzo un tavolino tondo con tappeto. Campanello elettrico al muro in fondo. Nel mezzo del plafond un lampadario spento. Alla 2a quinta a sinistra, porta che dà in una camera da letto. Alla porticina della divisione vi saranno i lucchetti da tutte e due le parti. Tendine di stoffa alle porte. Scena prima Carolina, poi Giulia Carolina (nella camera di destra, terminando di aggiustare il letto) Ecco ccà, è fatto. E questa è la quarta vota che faccio stu lietto da stammatina. Voglio vedè si me lu fanno magnà stu poco de marenna. M’aggio accattato due solde de pane e nu solde d’arenga, nun pozzo avè duie minute de tiempo pe me lu magnà. (al tavolo in fondo prende del pane e mangia) Mamma mia! Ccà se fa sempe n’arte. (siede alla poltrona) Nun t’arrepuose maie!...E po, io jeva trovanno na bona piazza, na casa coieta, onesta...Ccà sagliene e scennene coppie de nnammurate a meglio a meglio, da la matina a la sera! All’arma de l’onestà ch’aggio trovato...A chi! Io me ne voglio j’, stasera nce lu dico a la padrona. Mo, per esempio, si me vedarria che me sto magnanno pane e

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Giulia Carolina Giulia Carolina Giulia Carolina Giulia Carolina Giulia

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arenga, sa che se faciarria afferrà! Dice che so’ cibi ordinari e non se fida de sentere chella puzza! (dal fondo della stanza a sinistra, di dentro) Carolina?...Carolina?... Uh! La vi’ ccà!...(subito s’alza e nasconde il pane sotto i cuscini del letto) (fuori) Carolina?...Ma dove diavolo s’è ficcata? Carolina? Eccome ccà, signò, sto ccà. (per la porticina del tramezzo entra a destra) Ah! Stavi qua?...Me fa tanto piacere. E intanto, l’acqua ai pesciolini non si è cambiata ancora. Ma signora mia, s’io faccio na cosa nun ne pozzo fa n’auta. Mo aggio fernuto d’arricettà ccà e vaco a cagnà l’acqua a li pesciolini... E va, fa presto, miettece pure na mollechella de pane. Va bene. (via per la porticina del tramezzo e quindi pel fondo della camera a sinistra) (sospirando) Eh!...Chi lo doveva dire che io, Giulia Pappagone, la più elegante, la più ricca, la più simpatica e vezzosa fioraia di Napoli, doveva ridurre in questo stato e fittare camere ammobigliate!...Ah! Si mo arapesse l’uocchie lu Barone quante me ne diciarria!...Nun volette sentere a chill’ommo, e mo ben mi sta. E tutto per Augusto, per quell’ingrato di pittore, che dopo tante giuramenti, tante promesse, doppo che se magnaie fino a ll’ultima lira mia, se ne scappò in America con una canzonettista, e non si curò più di me. Birbante!... Fortunatamente conoscevo un amico, un capitano dei bersaglieri, al quale...ero molto simpatica...s’interessò della mia posizione e mi volle comprare questo appartamentino di sei camere, delle quali adesso ne fitto qualcheduna. Lu cielo se l’ha chiammato pure a isso e stateve bene. Scena seconda Alberto e detta

Alberto Giulia Alberto Giulia

(dal fondo della camera di destra con le due bottiglie di vino del 1° atto) Ah! Da. Giù, vuie state ccà? Oh! D. Albè, favorite... Psss....embè signò, io ve pregaie, vuie nun l’avite dicere lu nomme mio. Ah! Sì, è vero, ma non abbiate paura, non m’ha ntiso nisciuno. Ma ched’è, l’avite fatta chiù ambressa? Vuie me dicisteve che veniveve a mezzogiorno.

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

Alberto Giulia



No!...Io non nce pozzo venì chiù, voi che dite! Oh! E perchè? Ah! Capisco! Avete fatto quistione con la vostra bella? Alberto Ma che, non è chesto; chillo, lu marito, ha appurato tutte cosa pe mezzo de na lettera anonima che l’hanno mannato! Vularria sapè proprio chi m’ha combinato stu servizio. Giulia Possibile? Alberto Fortunatamente lu marito nun sape che so’ io, non nce l’hanno ditto. Giulia Meno male. E cumme ve regolate mo? Alberto Siccome isso ha ditto che stammatina assolutamente vo’ venì a sorprendere la mugliera ccà ncoppa e io l’aggio da accompagnà, aiessera avvisaie a Teresina e mo so’ venuto ad avvisà a buie. A n’auto poco che io torno cu isso, si v’addimanna, dicite che la mugliera, ccà, nun ncè venuta maie, che nun la cunuscite. Avete capito? Giulia Oh! Sicuro, non nce penzate. Alberto E dicite che neanche a me cunuscite, sempe è buono. Giulia Va bene. Alberto Avvisate pure a Carolina, fateme stu favore. Giulia Non dubitate, ci penso io. Alberto Grazie tanto, abbiate pazienza, signò... Giulia Ma vi pare, lo faccio con piacere. Voi siete l’unico cliente ch’io voglio bene, voi mi risvegliate tanti cari e dolci ricordi...perchè somigliate perfettamente al mio Augusto, il mio giovane pittore! Alberto Veramente? (Vi’ che piacere teh!) Giulia Vi manca solamente la barbetta...oh! La barbetta di Augusto non l’ho potuta più dimenticare. Alberto Va bene, signò, ma vuie non nce avite da penzà chiù a la barbetta, penzate a me mo, vuie v’avisseve da stonà. Giulia Oh! Non ci pensate per questo. Ma a che ora venite col marito? Alberto A n’auta ora, n’auti tre quarte d’ora. Giulia Va bene, lasciate fare a me. Alberto Grazie tante. (dandole il vino)Tenite, signò, astipateve sti doie botteglie, è nu vino magnifico che me manna ziemo da Firenze, buono assaie, ve ne faccio un regalo. Assaggiatelo e po me sapite a dicere che d’è. Giulia Oh! Voi siete un garbato giovine, l’accetto con piacere. Alberto Saccio che ve piace lu vino buono. Giulia Caspita. Eh!...Ai tempi miei, quando Giulietta la fioraia era l’idolo dei napoletani, ne ho bevuto che ne ho bevuto vini forestieri. Vi ringrazio del pensiero.

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Alberto

Ma che, ve pare, anze scusate, è na cosa proprio da niente. Basta, io me ne vaco. Mi raccomando. Giulia State senza penziero. Alberto Grazie. Arrivederci. Giulia Buongiorno. (Alberto via) Che bravo giovine, che persona gentile. (leggendo l’etichetta) “Palo del colle”. Caspita! Chesto me pare che è vino toscano, sicuro! Me ne servirò per quei clienti chic, pe chille che ponno spennere, nce lu metto diece lire la butteglia!... Scena terza Carolina e detta, poi Luigino Carolina (dal fondo della camera di destra) Signò, l’acqua ai pesciolini l’ho cambiata. Giulia Brava. Tiene ccà, pigliate sti doie butteglie, mettele dinto a la dispensa. (Carolina prende le bottiglie e fa per andare) Aspetta. Bada che è venuto D. Alberto lu farmacista per avvisarci... Carolina Ah! Gnorsì, l’aggio trovato ccà fore a lu curreturo, e m’ha ditto tutte cosa. Va bene, io non dico niente a nisciuno, nun nce penzate. Giulia Brava. La cammera de D. Carluccio è pronta? Carolina Chesta ccà? ( 2a a destra) Sissignore. Da stammatina. Giulia E chillo mo te lo vide venì, aiere me screvette. Quanto m’è antipatico chillo lazzarone. (di do campanello) Ah! Lu vi’ lloco, va vide, fosse isso. (Carolina via) Che essere pesante! Che carattere impossibile!...Pe niente alluccà, mena li mane, caccia lu revolvere!...L’aggio da subì, l’aggio da sopprotà...perchè...me prestaie 300 lire quatte mise fa e nun nce l’aggio date ancora. Carolina (ritornando) Signò, signò, nun è D. Carluccio, è n’auto signore, è nu cliente nuovo. Giulia Un nuovo cliente? (con premura) Carolina Gnorsì. Giulia (in fondo) Avanti, avanti, signore, prego. Luigino (dal fondo della camera di destra con un mazzo di fiori) Grazie. Scusate, voi siete la padrona? Giulia A servirvi. Giulia Pappagona. Luigino Piacere. (Vi’ che bello tipo!) Ho letto l’avviso che avete messo nel “Mattino” e sono venuto per avere una camera. Aspetterò una signora, una mia amica, una forestiera che... da poco è venuta a Napoli, faremo colezione qui, insieme. Giulia Bravissimo. In camera o a table d’hôte? Luigino No, no, in camera, stiamo più comodi.

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Giulia Luigino

Va bene...ho capito!...E a che ora volete mangiare? Più tardi ve lo dirò io. Badate però che quella signora domanderà del Conte Piroli, sono io. Giulia Va bene. (Nu Conte!) Carolina? Carolina Comandate? Giulia (marcato)Mettete in ghiaccio due bottiglie di quel vino toscano che è arrivato stamattina. Serve per il signor Conte. Carolina Va bene. (via pel fondo) Luigino E la camera, scusate, quale sarebbe? Giulia Questa, se volete. Guardate, c’è un bel balcone che affaccia alla strada, un’aria sublime. (alla 2a poi a destra) Questa è un’altra camera più piccola, ma è già fittata. Però quando viene la persona si chiuderà a chiave. Luigino Ah! Mbè, mo va bene. Giulia Si capisce. Luigino (mostrando il gabinetto da toletta in fondo a sinistra) E quella porticina che cos’è? Giulia Ah! Quello è il gabinetto da toletta, oh! Pieno di comodità. Questo poi è un salottino. (passa per la porticina del tramezzo, Luigi la segue. Di do campanello) Luigino Ah! Carino. Giulia E si entra per quella porta. (quella di fondo) c’è il corridoio che va fuori alla sala e che comunica con tutte le camere. (alla 2a a sinistra) Questa poi, è un’altra camera da letto, pure bella, ariosa, larga. Prego, favorite. Potete anche prendere questa se vi piace. Luigino Grazie. (entra 2a a sinistra. Giulia lo segue) Scena quarta Carolina, Carluccio, poi Giulia Carolina Favorite, D. Carlù, la padrona sta ccà. Carluccio (dal fondo della camera di destra) Va buono, lassela j’, nun la chiammà ca nun nc’è pressa. Io le voglio dicere che nun aggio da essere ncoitato da nisciuno, affianco a la cammera mia non nce voglio ammoina comme l’auta vota, si no iesco, e a chi paleo paleo!... Carolina Ma nonsignore, nun nce penzate, sta vota nun succede niente. Tanno succedette chell’ammoina pecchè chillo signore ncocciaie la mugliera nzieme cu lu nnammurato, proprio dinto a sta cammera ccà affianco a la vosta, e facette chillo chiasso. Carluccio Lu saccio lu fatto. Io non ascetto da llà dinto e me lu magnaie pe nu puro miracolo. Ma sta vota succede, vide

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che te dico. Essa, quanno stongh’io llà dinto, sta cammera nun l’ha da affittà, e si l’affitta adda dicere che nun hanno da fa ammoina. Basta, la cammera è pronta? Carolina Da stammatina. Carluccio Brava. Apparecchiame pure na bella tavolella cu duie poste, stammatina faccio marenna ccà cu na guagliona che conoscette l’altra sera al Salone Margherita. Nun nc’è male, è na bella faccella, ma mi fa una pena che tu non puoi credere. Carolina E pecchè? Carluccio Pecchè nun tene né mamma e né patre, capisce, è sola, e io l’ho presa a proteggere. Giulia (ritornando) Va bene, va bene signor Conte, fate come vi piace. (chiamando) Carolina? Carolina Comandate? (apre la porticina del tramezzo) Giulia Lu Conte ha scelto la cammera primma de lu salottino, va nce miette la biancheria pulita. Carolina Va bene. Ccà sta D. Carluccio. Giulia (entra a destra) Oh! Caro D. Carluccio. Carluccio Buongiorno. Vuie avite avuto la lettera mia, è vero? Giulia Sicuro, aiere. E tutto è pronto, tutto è all’ordine. (a Carolina) Aspetta, Carolì... Carolina Che volite? Giulia Se viene una signora velata e domanda del Conte Piroli, l’accompagni da quel signore. Carolina Va bene. (via pel fondo) Carluccio Da Giù, vedete ca io ce l’ho avvisato pure a Carolina. Ccà si stammatina succede lu fatto de la settimana passata, io esco e faccio revutà la casa, pecchè io voglio sta coieto, nun voglio seccature affianco a me. Giulia Nonsignore, non avrete nessuna seccatura. Vuie lu vularrisse fa succedere sempe? E io accussì chiudarria l’albergo. Non nce penzate, iatevenne dinto, che stammatina nessuno vi disturba. Carluccio Meglio accussì. Quella la piccerella a n’auta mezz’ora vene, ce vularria fa trovà na colezione sciccolella, saporita, va. Giulia Non dubitate, voi sapete io come vi tratto...Trasitevenne che mo vaco io stessa dinto a la cucina a preparare tutto. Chiuditeve dinto così state più sicuro, quanno vene la signorina la faccio passà pe l’auta porta de lu curreturo. Carluccio Va bene. Permettete. (via 2a a destra e di do chiude a chiave. Campanello) Giulia Ah!...che noioso! Si non fosse pe chelli 300 lire che l’aggio da dà...

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Scena quinta Luigi e detta, poi Carolina e Feliciello (esce dal fondo della camera di destra chiamando) Padrona? Chi è? Eccomi! (entrando)Ah! State ccà?...Signora mia, quella camera è impossibile, quella è nu gelo, llà se more, po nce sta na puzza de nzogna fritta che te fa votà lu stommaco. Giulia E quello è il friggitore che sta proprio sotto la finestra. Ho fatto tanti reclami, non ne ho mai ricavato niente... Luigino E ma ve pare che io pozzo ricevere na signora llà dinto, cu chella puzza? Me piglio chesta, tanto per voi è lo stesso. Giulia Oh! Certo. Solamente questa è un poco più cara, perchè c’è il gabinetto da toletta, la stufa a gas, il balcone che affaccia alla strada... Luigino Va bene, quant’è è, piglio questa. Giulia Come volete. Con permesso. Luigino Prego. (mette i fiori sulla poltrona) Giulia (andandosene e guardandolo attentamente) (Simpatico!) Luigino Chella che bo’? (guardando l’orologio) L’appuntamento è a mezzogiorno...manca poco! Ce so’ riuscito, sangue de Bacco! Nun c’è voluto poco però. (accende una sigaretta) Carolina (dal fondo della camera a sinistra precedendo Felice) Favorite, signorì, favorite. Felice Grazie! (ha un pacchetto in mano) Carolina Chesta è la primma vota che venite, è ovè signorì, pecchè non v’aggio visto maie. Felice Sicuro, è la prima vota. Luigino Mo l’appiccio la stufa, è meglio, troverà l’ambiente riscaldato. (accende) Felice E dimme nu poco, nennè...come ti chiami? Carolina Carolina, a servirvi. Felice Brava. Dimme nu poco, se sta coiete ccà, se sta tranquillo? S’avessene da sentere rummore, allucche, è meglio che me lo dice primma. Carolina Nonsignore, signorì, e pecchè s’ha da fa remmore, pecchè s’ha da alluccà? Felice No, pecchè ci tengo a non essere disturbato, voglio passà sti cinche o sei ore coiete, tranquillo, senza seccature. Carolina Va bene signorì, non ce penzate. Felice Io so’ venuto ccà pe dormì nu poco coieto, perciò te l’aggio avvisato. E se mi contentate io verrò ccà tutti i giorni. Carolina Tutte li juorne? (meravigliata) Luigino Giulia Luigino

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Felice Carolina Felice Carolina Luigino

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Sì, sulo la dommeneca no! Uh! E pecchè? La domenica dormo a casa! (E chi ne capisce niente!) Tengo la freva, sapete, me pare mill’anne che vene. Mo l’aspetto affacciato. (esce fuori dal balone e chiude i battenti dietro di sé.) Felice E quale sarebbe la camera? Carolina Da chesta parte, favorite. (apre la porticina del tramezzo ed entra a destra. Felice la segue) Felice Ah! Na bella stanza. Carolina È la chiù grande che tenimmo. Nce sta lu gabinetto de toletta (lo mostra) la stufa a lu gas, nu bello balcone che affaccia a la strada...e potite aspettà...quando viene ...madama! Felice No, che madama, addò, io so’ venuto pe durmì sulamente. Carolina Seh, va bene, tutte quante accussì dicene. (sorridendo) Felice No, accussì è. Carolina Comme volute vuie. Felice (mostrando la 2a a destra e la porta in fondo) E quelle due porte che so’, altre camere? Carolina (mostrando la 2a ) Chella sì, ma è affittata, e chella va fora a lu curreturo pe do simme passate. Felice Ah! Ho capito. Allora, va bene, resto ccà. Carolina Restate ccà? Allora scusate signorì, nun facite tanta ammoina ccà dinto, pecchè ccà, affianco a buie, nce sta pure uno che nun vo sentì remmore, nun vo’ essere disturbato. Felice E chi lo disturba? … Io mo me cocco, m’addormo e stateve bene. Carolina No, ve l’aggio avvisato pecchè chillo è nu materiale, nu lazzarone, pe niente allucca e revota la casa. Felice Io non me movo manco. Sulamente stutame chella stufa, pecchè cu lu gas appicciato nun voglio durmì. Carolina Subito. (spegne la stufa) Felice Oggi poi, verso le 5 me viene a scetà. (mette il pacchetto sul letto) Carolina Aggio capito, quanno arriva madama. Felice Qua’ madama, guè, s’è fissata! Carolina Va bene, ve vengo a scetà. (di do campanello) La porta. Permettete. (apre la porticina del tramezzo e passa a sinistra) Chiuditeve da dinto, è meglio. Felice E se capisce, lu dice pure. (chiude a chiave la porticina. Carolina via pel fondo.) La cammera è bella, pulita, ariosa...va trova quanto me la mettono...ma che me mporta,

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pure cinche lire a lu juorne, abbasta che m’arreposo, che dormo nu poco coieto. Intanto, chella mo Virginia se lu po’ immaginà che io faccio chesto pe essa, pe la vedè allegra, pe la fa contenta? No! Stammatina s’è scetata cu tanto nu musso! Povera Virginia!...(ridendo) Chella ave ragione...è figliola! Ma io manco aggio tuorto. (guardando intorno) Oh! Ma ccà attaccapanne non nce ne stanno? Ah! Forse dinto a lu gabinetto de toletta. (entra in fondo a sinistra e chiude la porticina) Scena sesta Luigi, poi Achille e Carolina, poi Felice Luigino

Carolina Achille Carolina Achille Carolina Achille

Carolina Achille Carolina Achille

(dal balcone)E nisciuno se vede! È già mezzogiorno e nu quarto!...Eh! Ma se capisce, trattandosi di una signora, pure mezz’ora de ritardo non significano niente, è sempre esattezza. L’aggio portato sti fiori, chella le piacene assaie, mettimmole llà ncoppa. (li mette sul tavolino in fondo, nel vaso.Vedendo poi la stufa spenta) E ched’è?...Io me pare che l’aggio appicciata la stufa!...Sicuro! E chi l’ha stutata?... So’ cose de pazze. (riaccende la stufa) (dal fondo della camera a sinistra) Favorite, signorì, da chesta parte. (entra guardando in fondo con premura) Grazie. (Chisto che ave?) Dimmi un poco, bella ragazza...poco prima qua è venuto nu giovanotto...sbarbato...sicco...bruno...cu nu palettò chiaro... E scusate, pecchè lu volite sapè? Ah! No, niente, siccome è amico mio, lu conosco da che era piccerillo, ho saputo che aspetta la nnammurata, e so’ venuto pe le fa nu scherzo, m’aggia da fa nu sacco de resate!...Tu però, m’haie da fa lu piacere de non dicere niente, si no fernesce lu bello!...Capisce! Dunque, è venuto? Ce sta? Vedite signò, ccà è venuto nu giovene comme avite ditto vuie e s’ha pigliata sta cammera ccà. (indica la porta dal tramezzo) Ah! E’ venuto? Sta ccà? Eh! Sorte, ti ringrazio! E ma scusate, avimmo da vedè si è isso, po’ essere pure che me so’ sbagliata. Aspetta, da dinto a mascatura potimmo vedè...(va a guardare dal buco della serratura)

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Carolina Se vede? Se vede? Achille Addò! Ccà non nce sta nisciuno dinto a la stanza. Carolina Eh! Nun nce sta nisciuno. Chillo mo è trasuto, ha voluto essere stutata pure a stufa. Luigino E Da Elvira quanno vene?...Che diavolo sarrà succieso?... (esce di nuovo fuori al balcone) Carolina Aspettate, mo veco io. (guarda dal buco della serratura) Felice (dal gabinetta da toletta in maniche di camicia) Bellella chella cammarella de toletta, piena di comodità...bagno, lavamano...tutto!... Carolina (che guardava sempre) Lu vedite ccà, vedite si è isso. Achille (guarda) Ah! Sissignore, è isso!...(al colmo della gioia) (Guè, già s’è spogliato, l’amico non nce ha perzo tiempo!) Siente, bella figliò, a me me serve na cammera assolutamente vicino a chesta...a qualunque prezzo. Carolina E chi me la dà? Chelle tre songo li cammere de lietto e stanne affittate. Chesta ccà (2a a sin.) poco primma se l’ha pigliata nu Conte! Si veniveve chiù ambressa... Achille E ched’è, tre cammere de lietto tenite? Carolina Gnorsì. Achille E me lu chiamate albergo? Ma po io voglio na cammera qualunque, non me preme si non è cammera de lietto, basta che sta vicino a chesta, capisce?..(guarda di nuovo dalla serratura) Felice (che tastava il letto) Lu lietto è buono, pulito, morbido. (vedendo la stufa riaccesa) E ched’è? Chella me pare che l’ha stutata la stufa! Sicuro!...Forse è trasuta e l’ha appicciata n’auta vota. So’ cose de pazze. (va a spegnerla) Achille Ma dimme nu poco, stu salottino me lo può affittà? Carolina Sicuro. E perchè no. Achille Ah! E allora va bene, me piglio chesta. Io nu pare d’ore nce aggio da sta. Ti do nove lire, va bene? Carolina E io non me ncarico de chesto, avite da parlà cu la padrona. Achille Va benissimo, parlerò con la padrona. Io a n’auto poco vengo. (Oh! Virginia, finalmente sei mia! Mo proprio la vaco a chiammà!) Oh! Piccerè, n’auta cosa, io non volarria essere visto da nisciuno, chillo stu Conte avesse d’ascì ccà fora? Carolina Nonsignore, io mo chiudo la porta e state sicuro. Tanto la cammera tene pure n’auta uscita fora a lu curreturo. (chiude a chiave la 2a a sinistra) Achille Ah! Benissimo! Allora io vado, mo nce vedimmo. Haie voglia de ridere a n’auto poco, haie voglia de ridere! (marcato) (Eh! Caro amico, te tengo dinto a li mane! Te voglio

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

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combinà io lu piattino! Mo t’acconc’io!...Mo t’acconc’io!) (via pel fondo di corsa) Carolina (pausa, lo guarda uscire) La verità, a me chisto non me persuade!...Nun me pare che volesse fa na pazzia...(pausa) Uh! Mammamia! Me vene nu penziero...chisto fosse lu marito de chella madama ch’aspetta stu giovine? E sarrà ghiuto a chiammà a lu delegato...li guardie, pe li fa sorprennere. Sissignore! Mo ce lu vaco ad avvisà a la padrona e a stu poverietto, almeno stamme in guardia. (via pel fondo) Felice (durante questa scena, ha aperto il pacchetto che aveva messo sul letto e ne ha cavato una camicia da notte) Mettimmoce la cammisa, e arrivederci alle cinque! (si toglie la sua camicia amidata. Poi vedendo i fiori sul tavolo) E che so’ sti fiori? Poco primma me pare che non nce stevano...E chi ce l’ha mise? Aggio capito, è stata Carolina, credenno de me fa piacere...E sì, dormo cu li fiore dinto a la cammera, che bestia!...(apre la porta in fondo, prende il vaso con i fiori e lo mette fuori, per terra, poi richiude) Ecco fatto. (fa per mettersi la camicia da notte) Scena settima Carolina e detto, poi Achille, Virginia, poi Luigi Carolina (dal fondo della camera a sinistra) Aggio avvisata la padrona, avvisammo a chisto mo!...(bussa alla porticina del tramezzo) Signorì? Signorì? Felice Chi è? Carolina Songh’io Carolina. Potite arapì nu momento? Felice Pecchè, ch’è stato? (mette sul letto la camicia) Carolina V’aggio da avvisà na cosa. Arapite. Felice (aprendo) Ch’è succieso? Carolina (entrando) Uh! Vuie ve site spugliato? Felice E che me cuccavo vestuto? Carolina Pe carità, vestiteve n’auta vota, ca chillo mo torna, e ccà succede lu guaio de la settimana passata! Felice Chi torna? Carolina Isso! Felice Isso chi? Carolina Lu marito! Io comme a na ciuccia l’aggio ditto che buie stiveve ccà! Felice Ma lu marito de chi? Carolina Eh! A forza me vo’ piglià pe scema chisto!...Lu marito de madama, de chella che buie aspettate! Aggio ntiso che ha

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Felice Carolina Felice

Carolina Felice Carolina Felice Carolina

Felice

Achille Virginia Achille Virginia Achille Virginia Achille

Luigino

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ditto: Eh! Caro mio, te tengo dinto a li mmane, mo! Po ha fatto la spia da dinto a lu pertuso de la mascatura e se n’è ghiuto dicenno: Mo t’acconc’io, mo t’acconc’io!... (semplicemente) Ah! Chesto ha ditto? Sì, pe carità, jatevenne non facite succedere nu scandalo ccà ncoppa. Jatevenne! Carolì, tu te n’hai da j’ tu! Io non aspetto nisciuna madama, lu vuò capì o no? Me vuò fa durmì o no?...Chillo aveva da essere quacche pazzo! Vattenne va, lasseme cuccà, ca nun aspetto a nisciuno, nun me fa perdere tiempo! Ma comme, overamente non aspettate nisciuno? Uh! Mo me staie seccanno mo! Vattenne, lasciame in pace. E te prego, nun me l’appiccià chiù la stufa! E fiori nun me ne mettere ca nun ne voglio! Qua’ stufa? Qua’ fiori? Va buono, statte bona, vattenne! (Chi lo capisce che dice!) (passa a sinistra e Felice chiude) Vedite, chillo vene ccà ncoppa e nun aspetta nisciuno, allora che nc’è venuto a fa? (di do campanello. Carolina via per il fondo) Nun sapeva che era succieso!...Chillo va trova de chi parlava...(si toglie i pantaloni) Sicuro! Aspettavo na femmena! E steva fresca!...È finita quell’epoca! Questa sera sarò tutto per mia moglie! Tutto per Virginia mia! (prende la camicia amidata ed i pantaloni e via nel gabinetto da toletta) (precedendo Virginia dal fondo della camera a sinistra) Vieni, vieni Virginia, l’infame è venuto. (agitatissima )Addò sta? Addò sta, chillo piezzo d’assassino! Psss!...Sta qua, in questa camera! (quella di destra) Possibile! Ma l’avite visto proprio vuie? Io proprio! Con questi occhi!...Ma la nnammurata però ancora addà venì. Ingrato! Birbante! Ma pecchè m’ha fatto chesto?...Mamma mia!...M’avota la capa!...Faciteme assettà!... Che cos’è neh? Virginia? Virginia? È svenuta! Oh! Sangue de Bacco!...(la fa sedere) Neh, cameriere? Quaccheduno!... (va a bussare il campanello elettrico in fondo) Virginia? (ritorna a lei) (dal balcone) È arrivata, è arrivata! L’aggio visto scennere da dinto a la carrozzella! Ah! Finalmente!...(vede la camicia da notte di Felice sul letto e la prende) Ched’è chesta?...Na cammisa?...Ah! Ccà danno pure li cammise, bravo!...(la mette sulla poltrona) Mo che vede li fiore sa come sarà con-

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Achille Virginia Luigino Achille Virginia



tenta!... E addò stanno li fiori?... Chi se l’ha pigliate? Ah! Forse la cammerera mo che avrà portata la cammisa?...E già! Vedite che stupida! (va in fondo chiamando) Cameriera?...(apre la porta) Uh! Chella me l’ha mise llà nterra!... Vi’ che piezzo d’animale!...(prende il vaso e lo mette sul comodino accanto al letto) Virginia?...Virginia?... Vedete la combinazione!...Vi’ si vene nisciuno!...Virginia? (Virginia rinviene) Ah! meno male, rinviene. È niente, grazie, nu semplice giramento de capa. E quanno saglie? (ritorna fuori il balcone) Te vuoi bere qualche cosa? Nu poco de cognac? Sì, nu bicchierino. Scena ottava Carolina e detti, poi Luigi, poi di nuovo Carolina

Carolina (dalla sin.) Signorì, avite chiammato vuie? Achille Eh, fusse venuta dimane. Porta nu poco de cognac, presto. Carolina Cognac? E ccà nun ne tenimmo, chi nce lu dà! Achille Vuie quanno lu chiudite st’albergo, pe sapè?... Carolina Ve pozzo portà nu bicchierino de vino, ma buono però, scicco! Achille Porta lu vino, basta che faie ambressa. Carolina Subito! (E chi sarà chella? Quacche auta madama! E io a chisto l’aveva pigliato pe lu marito!...Che bestia!) (via) Achille Levate lu cappiello, stai meglio. Virginia Sì, grazie. (si toglie il cappello. Achille lo mette sul pianoforte) Luigino (dal balcone) Neh, ma cheste so’ cose de pazze! Chella da vascio mi ha fatto segno che nun vo’ saglì e se n’è ghiuta. Eh! ma io l’arrivo però. (via di corsa per il fondo) Achille Ti senti meglio? Virginia Sì, sì, grazie. Svergognato! Traditore che si’. (fa per entrare) Achille (la trattiene) No!...Ferma, che vuoi fare. Virginia Voglio trasì, le voglio sceppà tutta la faccia. Achille Nonsignore, non ti conviene, chillo è capace che se nega tutte cosa! Nuie l’avimmo da sorprendere cu la nnammurata! Virginia Avite ragione, ma nun songh’io, e lu currivo che me sento. Carolina (con un vassoio, dentro al quale due bicchieri e una bottiglia del vino che ha portato Alberto) Ecco servito. Signorì, mo ve consolate ccà. (stura e versa) Vi’ che colore, teh. (leggendo sull’etichetta) Palo del Colle.

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TEATRO (1900-1910)

(scattando) Eh?...Che dice? Damme sta butteglia. (legge) Palo del Colle. Sissignore! Chesto è lu vino nuosto. La butteglia è la stessa. Achille Veramente? Virginia (saggiando il vino) Ma sì, è lu stesso. Chi ve lu dà stu vino? Carolina È buono è ovè?...Nce l’ha regalato nu cliente nuosto, antico de la casa! Uno che viene spisso ccà. Virginia Ah! Viene spisso ccà!...E bravo!...(Ah! Ma sentite, è forte sapite, chillo ave lu vino da fora e lu porta ccà) haie ditto che è un vostro cliente, antico della casa? Carolina Gnorsì. Virginia E comme se chiamma, scusa. Carolina Vedite signò, lu nomme nun lu pozzo dicere, la patrona nun vo’. Virginia Ah! Neh? Achille E se capisce, chillo non è scemo! Virginia Va buono, vattenne! Carolina Permettete. (via pel fondo) Achille Sei contenta mo, vuoi sentire niente più? Virginia Birbante! Traditore! Achille Chillo ave lu vino da lu zio, e lu porta ccà. Haie ntiso la cammerera comme ha ditto? Che è nu cliente vecchio della casa. Virginia L’aggio ntiso, l’aggio ntiso! Ecco pecchè era sempe friddo, indifferente co me. E se capisce, il signorino tornava dalle sue visite, stanco, seccato!... Achille Se sape, è chiaro. (va a guardare dalla serratura) Virginia Ah! Ma non la passa liscia vi’, nun la passa liscia. Virginia

Scena nona Felice e detti, poi Carolina Felice

Achille Virginia Felice

(dal gabinetto in mutande e maglia) Oh! Eccomi qua. Brr!... Fa frischetto sa! (va a chiudere il balcone, poi va al letto) E la cammisa addò sta?...(cerca per la camera) Io l’aggio rimasta ncoppa a lu lietto. (vedendola sulla poltrona)Ah! No! A vi’ llà! (mette la camicia) Eccolo qua, se sta mettenno la cammisa. Levateve, faciteme vedè. (nervosissima va a guardare dalla serratura) (vedendo i fiori sul comodino) Uh! Mannaggia mammeta! Va!... Chella m’ha trasuto n’auta vota li fiori!...Aspè, mo te faccio vedè si li trova chiù. (prende il vaso e lo mette nel comodino)

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Virginia Achille Virginia

Achille Virginia Achille Virginia Felice

Carolina Felice Carolina Felice Virginia Achille Virginia Achille Felice Carolina

Felice Carolina Felice Carolina

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Non lo veco chiù...fosse arrivata la nnammurata? E chi lu sape, po’ essere...Dunque, Virginia mia, per carità, non farmi più soffrire. Mi hai promesso un bacio, quando me lo darai? Non ti bastano queste prove? Ah! No! L’aggio da sorprendere apprimma, e a l’istessa ora, a l’istesso momento m’aggio da fa sorprendere abbracciata cu buie. Ve voglio fa ridere, Cavaliè! Ci tengo, capite, che chella amica falsa me trovasse abbracciata cu buie. Chi amica? La nnammurata! È amica toia? Oh! Una carissima amica!...Vuie nun la conoscite...ma io sì!...(torna alla serratura) (Durante queste battute si è messo al letto, ma nel coricarsi trova sotto il guanciale il pane lasciato da Carolina) Ched’è ccà sotto? Che nce sta?...(tira fuori il pezzo di pane) Nu piezzo de pane?...Cu n’arenga mmiezo?...(scende dal letto e viene avanti osservandolo) Ma che porcheria è questa?... Chi nce l’ha miso? Io voleva dicere, sentevo nu fieto!... Ma cheste overamente so’ cose de pazze! Quaccheduno se l’avarrà scordato!...È meglio che non me n’incarico si no perdo tiempo e quanno m’addormo po?...Ma quanno è ogge te faccio sentere. (di do dal fondo della camera di destra ) È permesso? Chi è? Avanti! (entra) Songh’io, signorì. N’auta vota? Ah!...È trasuta na femmena! (allegro) È la nnammurata? Ah! No! È la cammerera! (serio) Pozza sculà! Che buo’? Ve so’ venuta a dicere che state senza penziero, io aveva sbagliato. Chillo signore appriesso nun è nu marito, è n’auto nnammurato, s’ha purtato na signora maritata. Non c’è male, è simpatica. E che me ne preme a me! Oi né, lassame durmì, va fa chello ch’haie da fa. Si a volite vedè, da dinto a la mascatura... Va llà, vattenne, nun voglio vedè niente. Dimme na cosa, chi nce l’ha miso stu pane e arenga sotto a lu cuscino?... Uh! A proposito, me l’aveva scordato, dateme ccà. L’aggio miso io, scusate.

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Felice Tu? Carolina Gnorsì, pe nu lu fa vedè a la signora. Aggiate pacienza!... Felice Ma comme, io vaco pe me cuccà, e me sento chillo fieto sotto a lu naso!... Carolina Scusate...nun dicite niente a la padrona...me so’ scordato de lu levà. Scusate tanto. (via) Felice Sia fatta la volontà de lu Cielo!... Virginia Va trova che sta dicenno nun se capisce niente. S’ha miso pure la camicia da notte lu svergognato! Achille E me pare. (fanno scena) Felice (curioso) Eppure...va trova chi sarrà sta signora maritata...e va trovanno chi sarrà chillo ciuccio de lu marito! Adda essere proprio nu cavolicchione!...(ridendo) Vorrei vedere comm’è sta signora. (va a guardare dalla serratura) Virginia (contemporaneamente guarda anche lei) Uh! Cavaliè, ha appelato lu pertuso, nun veco niente chiù. (senza muoversi) Felice E ccà sta tutte cosa a lu scuro, nun se vede niente...avarranno appelato lu pertuso. (s’allontana) Virginia Cavaliè, cavaliè... Achille Ch’è stato? Virginia L’ha spilato. Achille Meno male! Felice Peccato che non se vede niente...una guardatella me l’avrei fatta con piacere. (poi parlando a se stesso) Neh, Felì, e che stai dicenno?...Te si’ scordato che sei ammogliato? Che tiene n’angelo pe mogliera? E che non si’ venuto ccà pe guardà la gente...che fa l’ammore!...E va te cocca, va, vizioso che sei!...(si bussa alla porta di fondo) N’auta vota mo?...Embè, si è Carolina, parola d’onore la votto abbascio. Chi è? Avanti. Scena decima Giulia e detti (entrando) Buongiorno signore. Buongiorno. (Chi è chesta?) Scusate come mi trovate ma me stava coricando... Giulia Oh! State comodo, prego. Io sono la padrona dell’albergo. Felice Ah! Voi siete? Giulia Sicuro. Felice (Bella caudara d’allesse!) Virginia (c.s.) D. Achì, D. Achì, n’auta femmena, chesta sarrà la nnammurata!... Giulia Felice

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

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Famme vedè, famme vedè. (guarda dalla serratura) Addò!... Chella è la padrona!...M’ha fatto fa tanto nu core!... Virginia È la padrona? Giulia Carolina mi ha detto ...che...voi non aspettate nessuno... Ma io ho capito subito. Avete avuto certamente un contrordine!...Mi dispiace per voi!...Che cosa seccante è vero? Specialmente per un uomo ammogliato!...Mentre uno ha preparato tutte cosa...quella piglia...e non viene...Eh! Lo so, è seccante!...Però...se, tanto per non stare in ozio,... volete che vi tenga io compagnia... Felice Jate, jate, signò...(mo la vommeco ncuollo a chesta). No, io veramente non aspetto nessuno, so’ venuto ccà pè durmì solamente. Giulia Ah! Sì?...Oh! Guardate...Allora sentite, cercate di non fare rumore, vi prego, perchè in questa camera c’è un signore... Felice Sì, sì, lo so, me l’ha detto la cameriera. Non dubitate, io me stongo zitto. Giulia Grazie, bravo. Quella adesso è arrivata pure la sua...signorina, e stanno facenno colazione. Felice Buon appetito, ch’aggio da fa!... Giulia Allora io me ne vado...Non avete proprio bisogno di niente?...(marcato) Felice Nonsignore. Giulia Permettete, allora. Felice Fate. Giulia (va in fondo, sotto l’uscio poi, sospirando)Ah!!...(e via) Felice All’ossa de mammeta e de patete!...(chiude l’uscio) Virginia La padrona se n’è ghiuta! Ma la nnammurata quanno viene? Achille Un momento, mo la vide venì. Felice Vedite llà, chella tene l’anne de Noè, e vo’ fa ancora la graziosa. Mo vedimmo se me fanno durmì. (si corica) La cosa graziosa è che nun tengo l’ombra de lu suonno!...È incredibile!...Mo che putarria durmì nun tengo suonno. Eh! Ma aggio da durmì, o voglio o non lo voglio. Stasera aggio da sta scetato non ce stanno chiacchiere. Achille Virgì...Virgì...fammi baciare almeno un poco la mano. Virginia Niente!...Avimmo da aspettà che vene la nnammurata. Achille Ma nu minuto de chiù, nu minuto de meno nun è lu stesso? E facciamo che quella non viene? Virginia Nce ne jammo e turnammo n’auto juorno. Na vota l’aggio da ncoccià. (Felice si agita nel letto) Achille Come? E pretendi che io aspetto...Oh! Ma Virginia mia, questo significa farmi morire. Vieni qua, senti...(si avvicina) Se è vero che mi ami... Achille

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Virginia Io? Ma vuie sarrate pazzo! Achille Come? Virginia Jatevenne, e chesto nce mancarria. Achille Come s’intende? Allora perchè hai scelto me? Virginia Ah! E chesto chiù tarde lu sapite! (marcato) A n’auto poco lu capite pecchè m’aggio fatto accompagnà da vuie. Achille E chi te capisce, cara mia. Virginia Chiù tarde me capite. Felice Ma è forte, sapete, nun pozzo dormì de nisciuna manera. (si volta dall’altro lato) Virginia (guardando dalla serratura) E ma chesta quanno vene?...D. Achì, pecchè non ghiate ad addimmannà a la patrona a che ora vene la nnammurata? Achille No, non ci voglio andare. Hai detto che non m’ami, ingrata!... Virginia Non è overo, io aggio pazziato, l’aggio fatto pe vedè che diciveve. Achille Veramente? Allora me lo darai un bacio? Uno solo? Virginia Sissignore, ma chiù tarde. Appena arriva la nnammurata. Achille E va bene, aspetterò. Oh! E addò sta la padrona? Io non conosco la casa. Virginia Fore, addimmannate a quaccheduno. Achille Va bene. Quanto sei simpatica! Vita mia. (via pel fondo) Virginia E staie frisco. Lu bello è quanno vene la mugliera e me trova abbracciata cu isso! Ah! Ce l’aggio da fa!...Amica falsa!...Mo che vene la conzolo io!... (pausa) Eppure sarria chiù cuntenta si nun venesse! Feliciello sa che corrivo se sentarria!... Po’ credere che chella ce l’ha fatto apposta...se ne turnarria a la casa e allora...io...lu perdonarria forse... (cambiando tono) Eh! Ma no subeto subeto però!...Almeno pe duie juorne nun l’aggio da guardà nfaccia! (pausa) Si potesse, per esempio mo cu qualche mezzo, farle ricurdà de me, farle penzà a me, mo, a chistu momento...chi sa, lu rimorso...lu faciarria cagnà penziero, lu putarria fa pentì, lu putarria fa turnà in sé...(vedendo il pianoforte) Aspetta, che bella idea...sicuro! (va al piano forte e suona la canzonetta “Voce ’e notte” mettendovi tutta l’anima. Dopo poche battute Felice alza la testa piano piano, poi siede in mezzo al letto guardando intorno meravigliato.) Felice Voce ’e notte?...La canzone che me sona Virginia?...Ma fosse nu suonno? Virginia (commossa) È impossibile!...nun pozzo sunà! (piangendo) Felice Ched’è? È fernuto!...No ma che, me l’aggio sunnato!...(poi

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

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allegro) Ma aspetta, si è nu suonno, allora vuol dire che sto durmenno?...Ah! Sto durmenno? E allora va bene!... (si ricorica) Scena undicesima Achille, Carolina e detti, poi Elvira, poi di nuovo Carolina (dal fondo della camera a sinistra) Uh! Carolì, va buono, mo! Io voleva la padrona. Carolina E sunaveve lu campaniello! Lu sapite che nun sta bene a ghi tuzzulianno pe tutte li porte. Nce stanne gente che non se vonno fa vedè. Achille Va buono, vattenne, mo la tire troppo a luongo. (Carolina via) No, chella ave ragione! (ridendo a Virginia) M’è venuta de faccia na signora velata e s’ha miso na paura appena m’ha visto. (ridendo) Ha jettato nu strillo e se n’è scappata!... Virginia E chi era, chi era? Achille E chi lu sape! Elvira (entrando nella camera di Felice senza fiato e nella più grande agitazione. Ha un velo fittissimo in testa che le nasconde completamente il viso. Appena entrata richiude la porta e senza vedere Felice siede alla poltrona scoprendosi il viso) Mamma mia! Mo moro de la paura! Mariteme!...Era mariteme!... (resta appoggiata abbattutissima) Virginia (impaziente) Va buono, Cavaliè, nun me preme. Che v’ha ditto la padrona? Achille E chi l’ha vista. Chella la cammarera me n’ha voluto fa trasì. Virginia E allora aspettammo. Achille (suo malgrado) Aspettammo! Elvira (riavendosi a poco a poco) Che paura!!...Meno male che aggio trovata sta cammera aperta e subeto me so’ mpezzata. Luigino mo non saparrà che sto ccà, pecchè quanno aggio ncontrato a mariteme fore a lu curreturo, isso steva parlanno cu la padrona fore a la sala. Comme se fa mo! Carolina (entra nella camera di destra in fondo) Signorì, scusate, ch’è succieso? Elvira Chi è?...Ah!...No, niente...Famme lu piacere, di a quel signore, al Conte Piroli, che io sto qua, che venisse subito. Carolina Va bene. (Guè a duie a duie li tene la compagna!...E chist’auto ha ditto che no aspettava a nisciuno!...) (via) Virginia Cavaliè, me vene nu pensiero; chella tale ch’avite ncontrata fosse la nnammurata de Feliciello? Achille

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Achille Virginia

TEATRO (1900-1910)

È probabile. (correndo alla porticina del tramezzo e guardando dalla serratura) Ah! Sì!...È venuta, Cavaliè, è essa! È la nnammurata!... Achille Oh! Finalmente! È venuto alla fine il momento... Virginia Jammo! Levateve lu soprabito, priesto. Achille Pecchè? Virginia V’hanno da truvà spogliato, facite ambressa!...(va a guardare) Achille Eccomi. (si toglie il soprabito cantando al colmo della gioia) “Alfin suon tuo, alfin sei mia!...” Virginia (Canta cà, mo faie marenna!) Spicciateve, non perdite tiempo! (guarda poi con finta sorpresa) Eh?...Che vedo!... Cavaliè, chella è la mogliera vosta!... Achille Eh?...Muglierema?...Che dici? Virginia (tranquillamente) Dico che l’amante di mio marito è vostra moglie!... Achille Neh, vattenne. Me vuò fa n’altro scherzo. (ridendo) Virginia Guardate. Achille (va a guardare dal buco della serratura) Ah!...Sicuro!...Essa è!...È muglierema!... Virginia Cavaliè, mo avite da cantà. Achille Muglierema?...Essa?!...Ah! Disgraziata!...(per scagliarsi) Virginia No, che facite, aspettate, nuie nce avimmo da fa sorprendere. Levateve lu gilè e lu cazone. Achille Che gilè e cazone!...Io me l’aggio da magnà vive a ttutte li duie. Ma tu non sapive ch’era muglierema la nnammurata? Virginia No, io lo sapeva, e perciò aggio scelto a vuie! Achille (furibondo) Ah! Lu sapive? E nun m’haie ditto niente? Virginia E che ve lo dicevo a fa? Nun ve n’incarricate, venite ccà, abbracciatemi, vendichiamoci! Achille Che abbraccià...Seh, mo penzo justo a chesto. Virginia Ma l’accordo chisto è stato, appena arrivava la nnammurata de Feliciello... Achille Ma io non sapeva che se trattava de muglierema! Levate, famme passà! Virginia No! V’avite da levà primma lu gilet e lu cazone! Achille Virginia, fammi passare, non farmi trascendere...(Virginia lo trattiene) Ah! No?...E io mo vaco a chell’auta parte. (si svincola dalle mani di Virginia, prende il soprabito ed esce correndo pel fondo) Virginia Cavaliè? Cavaliè?...Che bestia! Io non nce l’aveva dicere!... Che corrivo!

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

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Scena dodicesima Luigi e detti, poi Achille, poi Carluccio (dalla destra per il fondo) Signò, state ccà? (entra e chiude a chiave) Elvira Ah! D. Luigì, finalmente. (si toglie il velo) Luigino Ch’è stato? Elvira Mariteme sta ccà! Luigino Vostro marito? Ma che! Elvira Ma sì, l’aggio visto io, ccà, dinto a lu curreturo. Scappammoncenne. Luigino No...Sta vota non me la facite, chesta è na scusa, da ccà non ve ne faccio scennere. Sta vota non me facite scemo! Vi’! (batte il cappello sulle ginocchia di Felice e fa per abbracciare Elvira) Felice (svegliandosi) Chi è? So’ li cinque? Elvira D. Felice? Luigino Isso? Felice Oh! Voi state qua? Luigino Ma quest’uomo è la nostra persecuzione. Virginia (che era rimasta a meditare) Sì, accossì aggio da fa. Na vota che non mi pozzo vendicà comme dico io, l’aggio da piglià a schiaffe a chillo svergognato!...(va alla porticina e fa per aprire) Sta chiusa!... Achille (bussando alla porta in fondo nella camera di destra) Aprite, signora, aprite!... Elvira Mariteme!!! Avete visto? Luigino Sangue de Bacco, è overo!... Elvira So’ perduta! Virginia Non s’apre...mo vaco pur’io da chell’auta parte! (via di corsa pel fondo) Luigino Qua’, signò, nascondetevi qua. Elvira (corre alla 2a a destra) Sta chiusa!...(batte forte) Carluccio (di do) Chi è? Elvira La voce di D. Carluccio!... Luigino Pure!!...Ccà, da chesta parte...(apre la porticina del tramezzo e la fa scappare) Elvira Io non tengo chiù sangue ncuollo!...(scappa pel fondo della camera a sinistra) Achille (di do)Aprite, sangue de Bacco! Felice (ridendo e sbadigliando) Vedite che razza de suonno me sto facenno!! (Achille batte sempre) Luigino Con voi poi, faremo i conti. Voi ci avete traditi!... Vigliacco!!!(gli dà uno schiaffo e via appresso ad Elvira) Achille Aprite!...Aprite, se no faccio nu guaio! Luigino

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TEATRO (1900-1910)

Scena tredicesima Giulia e detti, poi Carluccio (di do gridando) Eh!...Ma che significa questo chiasso? Ma finitela! Achille (di do) Non me rompite la capa! Giulia (c.s.) Ma chesta la porta si scassa. Achille E che me preme! (batte. Dopo un po’ la porta cede sotto le spinte ed entra furioso) Addò sta? Addò sta? Giulia (seguendolo) Ma signore, vi prego... Achille Silenzio!...(vede Felice) Ah! Scellerato! Stai tu solo? (gli corre addosso e gli dà uno schiaffo) A te, grandissima carogna!...Essa addò sta?...Addò s’è nascosta? Forse llà?...(va alla seconda a destra) È chiusa! (batte energicamente) Aprite! Carluccio (di do gridando) N’auta vota mo? Chi è? Giulia Ma signore, per carità, voi mi disturbate tutti i clienti!! Vostra moglie llà non nce sta. Achille E addò sta? Ah! Forse da chella parte? (via per la porticina di comunicazione e quindi pel fondo. Giulia lo segue protestando) Carluccio (di do) Chi è, se po’ sapè? Felice (alzandosi) No, e io mo me soso, nun è cosa, nun pozzo durmì...tengo lu suonno troppo agitato. Mo me vesto...Chisti, li schiaffi pare che songo overo!...(via nel gabinetto da toletta) Giulia

Scena quattordicesima Virginia, Carluccio, Felice (dal fondo di destra) Addò stanno? Addò se so’ annasconnute chilli piezze de birbante? (va alla 2 a a destra e bussa forte) Carluccio (di do gridando) Uh! Mannaggia la mamma de mammeta!...Rusinè, aspetta, famme vedè chi è. Virginia D. Carluccio! Sta ccà? Pur’isso cu na femmena? Carluccio (c.s.) A buoni cunte nun la volite fernì? E mo la fernesco io! Virginia Stessene llà dinto? (via per la porticina di comunicazione) Felice (dal gabinetto con tutti i suoi indumenti) È fatto, ecco ccà, mo me vesto e me ne vaco, che buò durmì, sto troppo nervoso. Virginia E ched’è? Sto n’auta vota dinto a lu salottino? Aspetta, stessene llà? (via 2a a sinistra) Carluccio (apre di do la porta ed esce leggermente brillo) Nun te movere da lloco tu! (parlando verso l’interno. Poi vedendo Felice) Ah! Virginia

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



Tu si’? E che m’haie pigliato pe lu curiuso tuio? (ha in mano un bastone) Felice Che cosa? Carluccio Che cosa? Faie a vedè lu scemo? Tu si’ na carogna! (gli dà uno schiaffo) Felice All’arma de mammeta! Carluccio Jesce fora, carognò. (Felice scappa pel fondo, gridando aiuto) Ah! Me so’ consolato! Mo vedimmo si me fanno sta coieto!...Guè, chillo pecchè m’è amico se credeva ch’io era lu chiachiello suio! Seh, seh, pazzea cu mmico!...(via 2a a destra e richiude la porta) Virginia (ritornando) Non nce sta nisciuno! Stessene dinto a chillo stanzino? (passa nella camera di destra e va a guardare nel gabinetto da toletta) Felice (dal fondo della camera a sinistra entra e chiude a chiave) Mamma mia, io mo moro de la paura!...Ma D. Carluccio ch’è asciuto pazzo?...La capa! Che delore de capa!... Virginia Nisciuno! Nun nce sta nisciuno! Scena quindicesima Delegato, due guardie, poi D. Ciccio, Alberto e detti Delegato (di do dal fondo della sinistra) Chi è in questa camera, aprite! ...In nome della legge! Felice La guardia mo!... Virginia La guardia! (va a spiare dalla porticina) Felice Mo me trovano ncazonetto, tiene mente! Va trova che se credeno. Delegato (di do) Aprite, dico. (Felice apre. Il Delegato entra, due guardie lo seguono, dietro queste vengono D. Ciccio ed Alberto) Che nessuno esca da questa camera. (alle guardie, poi a Ciccio) Dov’è vostra moglie? Ciccio E chi lu sape, l’avimmo da j’ trovanno. (vedendo Felice) Che vedo! D. Felice? Ncazonetto? (Quale sospetto!) Che stiveve facenno ncazonetto ncopp’a sta casa? Felice Io?...E...scusate, che vi importa di saperlo?...Sto qua per ragioni mie. Ciccio Ah! Per ragioni vostre? Felice Sicuro! So’ venuto a trovà n’amico... Ciccio Neh? E ncazonetto lu site venuto a trovà? Felice Ah! Già...ma io sto ncazonetto...perchè...voleva... Ciccio Ah! Te mbruoglie, non c’è più dubbio. Signor Delegato, ecco l’amante di mia moglie!...



Virginia Alberto

TEATRO (1900-1910)

(Eh?...Chillo che sta dicenno?) Ma nonsignore, non dite bestialità. Vostra moglie non ha amanti!... Delegato Silenzio! (poi a Felice) Amico, poche chiacchiere, il signore qui presente ha domandata la mia assistenza per constatare il vostro adulterio colla signora Teresa Trementina, sua moglie. Felice Io? Delegato Voi sì, ed il vostro abbigliamento lo conferma. Virginia (fremendo) (Pure cu Teresina!) Felice Ma signor Delegato, io sto così perchè... Delegato Silenzio! Dov’è la signora? Dove si è nascosta? Alberto Ma sentite a me, Delegà, la mugliera ccà non nce sta. Delegato Voi dovete farmi il favore di non immischiarvi in certi affari che non vi riguardano. Vediamo in questa camera. (poi ad una guardia) Voi andate a vedere in quell’altra. (la guardia via 2a a sinistra. Il delegato apre la porticina di comunicazione e vede Virginia che durante la sue ultime parole ha messo il velo in testa lasciato da Elvira e che le copre il viso) Ah! Eccola qua!... Ciccio Svergognata!... Felice (E chi è chella?) Delegato Venite, signora, non abbiate paura. (Virginia protesta) Sì, sì, capisco il vostro imbarazzo. Ma non temete, restate velata, rispondete solo con i gesti: Siete la signora Trementina, è vero? (Virginia fa cenno di sì) Alberto Ma che dite, nun po’ essere!...(Virginia fa con la testa parecchi cenni di sì) Felice (L’amante mia? Oh! Chesta è bella!) Alberto (Ah! Dunque è overo lu fatto?...) Bravo D. Felice!...Faremo i conti! Delegato Ma ve volite sta zitto o no? Ma siete voi il marito? Alberto No! Delegato E dunque, fate silenzio. Ciccio (a Felice) Miserabile! Amico falso e traditore!... Felice Ma D. Cì, io... Ciccio Zitto! Mascalzone!...(gli dà uno schiaffo) Alberto Ommo de niente!...(gli dà uno schiaffo) Felice (gridando) Eh!...Basta, sangue de Bacco!...Mo la capa se ne va... Ciccio E che faie? Ma che faie? Alberto Muovete, lassame vedè. (alzano i bastoni) Delegato Silenzio!...(la guardia che è entrata a 2a a sinistra, risorte)

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



Scena sedicesima Giulia, Carolina e detti, poi Achille

Ciccio Alberto Felice

(gridando dal fondo) Ma che cos’è? Che succede qui? (gridando) Vuie facite li guappe pecchè state ccà ncoppa. Scennite abbascio...(per inveire. Giulia lo trattiene) Lassateme!...Quando li scommo de sangue a tutti li duie! ⏟

Giulia Felice

A chi? A chi?

A buie! (a Giulia) Lassateme!...E lassateme!...(poi gridando) All’arma de mammeta! Lassa!...(dà uno schiaffo a Giulia che manda un grido e cade svenuta nelle braccia di Carolina) Delegato (gridando) Guardie, arrestate quell’uomo! Felice (dibattendosi fra le guardie) Perchè? Io sono un galantuomo! Io sto ccà pe durmì!... Delegato Via! Portatelo via!... Achille (dal fondo della camera a destra) Niente, nun l’aggio potuta truvà!...(va a guardare fuori al balcone.Virginia profitta della confusione e scappa, sempre velata, pel tramezzo e quindi pel fondo della camera a destra. Achille vedendola e scambiandola per la moglie sua, grida) Ah! Eccola llà!...Mo non me scappa!...(via correndo appresso. Tutti gridano. Confusione generale) Fine secondo atto

Atto terzo La medesima scena del 1° atto. Scena prima Giacomino e Carluccio Giacomino (dalla 1a a destra, introducendo Carluccio) Favorite, D. Carlù, favorite. D. Feliciello non nce sta, si lu vulite aspettà. Carluccio Ancora s’ha da retirà? Giacomino Gnernò. È asciuto da stammatina a li diece e meze e non s’è retirato ancora. Carluccio E la mugliera? Giacomino Pur’essa è asciuta. Carluccio Va bene, nun mporta, torno a n’auto poco, io l’aveva dicere una e doie parole. Isso addà ringrazià lu Cielo ca io stevo cu la nnammurata mia e nun la vuleva fa spaventà. Quanno se n’è scesa lu so’ ghiuto truvanno pe tutto l’albergo e nun nce steva chiù si no lu padrone tuio nun la passava liscia, vi’!...Cu tutto che m’è amico! Giacomino Ma pecchè? Ch’è stato? Ve site appiccicate? Carluccio No, niente, certi fatte nuoste. Tu, quanno se retira, le dice sulo, è venuto D. Carluccio e v’ha da parlà, lu riesto me lo veco io!...Haie capito? Giacomino Oh! Ma scusate...io lu voglio sapè ch’è stato! Se tratta de lu patrone mio, e per lui mi farebbe anche uccidere!... Perciò, si l’avite da dicere quacche cosa, potite parlà pure cu mme!...(con aria spavalda) Carluccio Lete da lloco, vattenne, parlate cu mme, mo te dongo nu buffo, te faccio fa sette capriole!...Vedite llà chi parla, l’urdema scolatura de l’uommene!...Stu ziracchio d’ommo! Se permette de dicere parlate cu mme!...Mo te la mbriaco na bastonata mmocca! Sia fatta la volontà de lu Cielo!...(poi ridendo) Vo’ parlà cu mmico, vo parlà...vattenne, statte buono, ca tu nun vai niente!...Statte buono. (via)

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



Giacomino Nun vaco niente, è ovè? Haie ragione che stongo dinto a la casa de li padrune e nun me pozzo movere, si no nun me la dicive sta parola! Scena seconda Nannina e detto, poi Virginia Nannina (dal fondo) Ch’è stato neh? Cu chi allucche? Giacomino Cu D. Carluccio lu canteniere!...Se crede che ccà stanno li mazze de scope!... Nannina Pecchè, ch’è stato? Ve site appiccicate? Giacomino No, niente, cierti fatte nuoste!...E nun me rompere la capa tu pure, mo sa comme stongo cu la nervatura! Levete da lloco si no me la sconto cu ttico!... Nannina Neh, ma tu fusse asciuto pazzo? Guè, chillo vi’ comme s’avota!...Se la sconta cu mmico...mo overamente te piglio a cauce!... Giacomino Tu piglie a cauce a me? Va llà, vattenne! Mo te dongo nu buffo te faccio fa sette capriole! Vedite llà chi parla, l’urdema scolatura de li femmene!...Se permette de dicere te piglio a cauce. Mo te la mbriaco na bastonata mmocca!... Sia fatta la volontà de lu Cielo! (ridendo) Vattenne, statte bona, ca tu nun vai niente! Statte bona! (via pel fondo) Nannina No, chillo è asciuto pazzo, certamente. O è asciuto pazzo o sta mbriaco!... Virginia (dalla 1a a destra col velo del 2° atto in testa, entra agitatissima, senza parlare) Nannina (vedendola) Uh! Signorì, vuie site venuta? E chi ve l’ha aperta la porta? Virginia (in tono di rimprovero) Steva aperta, pecchè steva aperta? Nannina L’avarria rimasta D. Carluccio che mo se n’è ghiuto. E l’avite chiusa? Virginia Se capisce. Felice è tornato? Nannina No ancora. Virginia Va bene. Nannina (stupefatta vedendola col velo in testa) Signorì, scusate...ma che ve site juta a fa la comunione? Virginia Pecchè? Nannina E io ve veco cu nu velo niro ncapo. Virginia Ah!...Sì...ma che comunione...me l’aggio accattato stammatina, lu cappiello me pesava troppo... Nannina Ve pesava?...E addò l’avite rimasto? Virginia Che cosa?



TEATRO (1900-1910)

Nannina Lu cappiello. Virginia (Vi’ comme è seccante!) Mo me lu porta la negoziante. (mette il velo sul tavolo) Nannina Ah!... Virginia Tu intanto va dinto a la cammera de lietto e famme lu bagaglio de tutta la robba mia. Biancheria, veste, scarpe, tutto. Va che mo vengo pur’io. Nannina Ma pecchè, che partite? Virginia So’ affari che a te non te riguardano. Va me fa la cascia e statte zitta. Nannina Eccome ccà! (Che diavolo è succieso?) (via) Virginia (passeggiando agitata) Quanno è rimasto sulo, po’ fa tutto chello che vo’ isso, po’ j’ addo chi vo’ isso! Non avrà l’incomodo della mia presenza, né io me piglio chiù tanto veleno! Me ne vaco addo ziema a Foggia, e non lo voglio vedè chiù. Piezzo de birbante! Teneva pure a Teresina, teneva!...Una nun le bastava. Nannina (ritornando) Signorì, aggio da mettere pure li vestite d’està? Virginia D’està, d’inverno, tutto!...Quanno t’aggio ditto tutto. Nannina Va bene. (via) Virginia Ecco perchè era così indifferente con me, steva sempe seccato e s’addormentava allerta allerta! E se capisce. Ma è finita però, nun lo voglio vedè chiù, maie chiù. (di dentro campanello) La porta!...Fosse isso? (chiamando) Giacomino?... Scena terza Giacomino e detta, poi D. Ciccio ed Alberto Giacomino Comandate? Virginia La porta, va vide chi è. Giacomino L’aggio ntiso signorì, steva ienno. Virginia Bada che si è Felice io non nce stongo, haie capito, non nce stongo mai chiù!...(via 2a a sin.) Giacomino Va bene. Ma chesto che cos’è? Ccà tutte quante nce l’hanno cu chillo puveriello? Ch’è succieso? (via, poi torna) Favorite, accomodateve. Ciccio (entra. Sempre pallido, serio, preoccupato) Grazie tanto. Alberto Grazie tanto. Giacomino Si volite a D. Felice ancora s’ha da retirà. Alberto Ah! Ancora s’ha da retirà? Giacomino Gnernò. Alberto Va bene, l’aspettammo! (fregandosi le mani) Adda parlà nu poco cu mmico D. Felice! Me faceva l’amico, me faceva! Va bene!...

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



Giacomino (E se n’è venuto n’auto!!) Aggiate pacienza, ma diciteme ch’è stato? A buoni cunte nun pozzo sapè pecchè nce l’avite tutte quante cu lo padrone mio? Ma che v’ha fatto, pe sapè? Alberto Mo me lu metto a dicere a te ch’ha fatto. Giacomino E sicuro, lu voglio sapè, pecchè a D. Felice lu pozzo difendere sempe io!...Pare che lu sapite!... Alberto Va llà, vattenne fore, nun me rompere la capa. Lu difende isso!...Mo te lu dongo lu cappiello nfaccia!...(Ciccio lo trattiene) Giacomino Lu cappiello nfaccia? A me?...(per inveire ma s’arresta) (Ah!...mannaggia che nun me pozzo movere!) (via) Ciccio D. Albè, siate calmo, bello mio, ve ne prego. Alberto D. Cì, chiavatelle ncapo, io na cosa ll’aggio da fa. Isso aveva da rispettà l’amicizia. Li schiaffe ch’avuto ncopp’a l’albergo nun abbastano, ha d’avè ll’aute, D. Cì!... Ciccio Ma pensate, D. Alberto mio, che qua state in casa sua... Alberto Nun me ne preme, so’ risoluto!... Ciccio Ma nonsignore, venite ccà...io vi ringrazio di questo che state facendo per me, siete un vero amico, e l’ho detto sempre, sempre l’ho detto...ma riflettete. Alberto E dire che io non nce voleva credere! E si non avesse confessato essa stessa nnanze a lu Delegato, io nun lu credarria ancora! Ciccio Spudorata!...Mettersi poi con chi?...Con D. Felice!... Alberto Cu n’ommo che m’ha mprestato sempre denare! Si avesse creduto Da Teresina capace de fa na cosa de chesta,vi giuro D. Cì, che me l’avarria magnata a morze. Ciccio (stringendogli la mano) Grazie, D. Albè, avere un amico come voi, uno se consola tutto quanto. Alberto Che c’entra, è mio dovere! (E bravo Da Teresina!...Me faceva l’appassionata, diceva che me voleva bene,....e bravo!...Ma io nun lu credo ancora, me pare nu suonno!... Comme se po’ fa!) (passeggia su e giù agitato) Ciccio (Vedete llà, parla isso sulo, vedete quanta collera se sta piglianno, manco si Teresina avesse ingannato a isso!...Che amico!...Che cuore d’oro!...) D. Albè, e non vi pigliate chiù collera. Alberto D. Cì, lassateme sta. Lassateme sfucà. Ma lo capite che chello che hanno fatto a buie...l’hanno fatto pure a me? Ma lo capite che pigliandosi vostra moglie è comme si s’avessero pigliata la mia? Ciccio Lo so, lo so, voi siete un angelo, siete la perla degli amici, ma calmatevi.



TEATRO (1900-1910)

Alberto

Voi però, sia detto tra noi, avete avuto torto, voi dovevate sorvegliare meglio a Da Teresina. Ciccio Che volete...avevo fiducia. Alberto E avite visto che v’ha combinato? Ciccio Sì, avete ragione, sono stato troppo debole. Alberto Ma quanno site iuto a la casa ch’ha fatto, ha negato tutte cosa? Ciccio Già, s’è menata ai piedi miei, s’è misa a chiagnere! Alberto Mentre che po, ncopp’a l’albergo ha confessato ch’ era essa. Ciccio E che saccio...chi ne capisce niente... Alberto Basta, D. Cì, sentite, a me m’è venuta n’idea, mo le scrivo nu biglietto a D. Felice, le dongo appuntamento pe stasera abbascio lu Chiatamone. Dinto a la casa soia, avite ragione, non conviene. E cu chello che le scrivo si tene core mpietto, si nun è na carogna, addà venì! Jammo da chesta parte, dinto a lu studio suio. Ciccio Come volete voi, io faccio tutto chello che dicite vuie. Alberto Venite. (entra 1a a sinistra) Ciccio Ah! Mamma mia, li rine!...Stongo allerta da stammatina! Nun me ne fido chiù...(via appresso) Scena quarta Giacomino e Felice Giacomino (di do) Venite ccà D. Feliciè, chiano chiano, appujateve ncuollo a me!...(fuori sostenendo Felice) Ma ch’è succieso?... Assettateve. (e lo fa sedere vicino al tavolo) Felice (ancora in mutanda. Indosserà un vecchio soprabito che gli va lungo e largo ed avrà in testa un cappello anche vecchio che gli scende sulle orecchie. Con un fil di voce) Va me scarfe nu poco de cafè. Giacomino Subito. Ma diciteme apprimma ch’è stato, che v’hanno fatto, dicitemello a me. Felice (Pausa. Poi mostrando la guancia sin.) Vide...sta ntorzato da chesta parte?... Giacomino (guardando e toccando) Nu pucurillo... Felice No, no, chiano, e tu nun haie da ncasà! Guarda sulamente... Giacomino Gnorsì...nu pucurillo nturzato. Ma ch’è stato? Lu pozzo sapè?...Da do venite? Felice Nun lu saccio...nun te lu saccio dicere! So’ capitato ncopp’a n’albergo addò nce stevano spirite pazze, mbriache|...Nc’era iuto pe durmì nu poco. Dico a la cammarera: Stutame chella stufa a gas. Chella la stuta. Torno...e la trovo appicciata! La torno a stutà...la trovo appicciata

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



n’auta vota!...Dinto a la cammera non nce stevano fiori... de bello trovo nu mazzo de rose ncopp’a nu tavolino! Li metto nterra, fore a la stanza, torno e li trovo ncopp’a la colonnetta! Metto la cammisa ncopp’a lu lietto e la trovo ncopp’a la poltrona. Me cocco...e trovo n’arenga sotto a lu cuscino. Finalmente m’addormo...e chi m’ha scetato?...Lu terramoto!!...Proprio, lu terramoto è succieso llà ncoppa! Lu primmo pacchere me l’ha dato D. Luigino lu miedeco... lu secondo lu Cavaliere, D. Achille, lu terzo D. Carluccio..., lu quarto, D. Ciccio, lu quinto Alberto, lu sesto... Giacomino Eh! Quante n’avite avute! Felice Ah! No, aspetta, so’ state cinche, sì, mo me ricordo, cinche pacchere. Lu sesto l’aggio dato io a chella vecchia! Po è venuto lu delegato cu li guardie e m’hanno arrestato. Giacomino V’hanno arrestato? E pecchè? Felice E chi lu sape? Quanno po simme arrivate ncoppa a la questura, lu delegato ha ditto: Io v’aggio avuto d’arrestà a forza si no llà ncoppa ve facevano la pelle, voi vi siete troppo spinto! Basta, aggio chiarito l’equivoco, fortunatamente nce steva nu brigadiere che me conosceva, e me n’hanno fatto scennere. Giacomino Ma sta rrobba chi ve l’ha data? Felice Me l’ha fatto dà lu brigadiere. È de n’ommo ch’hanno arrestato stammatina. Nu certo Totonno...nu vagabondo, nu malvivente, che ho conosciuto llà sopra! Me l’hanno fatto mettere pe me fa retirà, si no comme veneva, ncazonetto?...Dimane nce l’aggio da mannà n’auta vota. Nce li puorte tu e dai pure nu pare de lire a chillo Totonno... Giacomino Va bene. Felice Va me scarfe lu cafè, fa ambressa. Giacomino Sissignore. Ma io voleva sapè... Felice Va Giovanni, fa ambressa, bello mio, nun voglio aspettà, te lu conto doppo lu riesto. Va me scarfe lu cafè. Giacomino Subito. (via pel fondo) Felice (solo) No, lu voglio ringrazià ad Alberto, me dette nu bello mezzo pe durmì coieto!...Meno male che muglierema nun sape niente. Scena quinta Virginia e detto Felice Virginia

(vedendo venire Virginia) Llà vi’ lloco! Sta venenno. (vedendo Felice) (Isso!)



Felice Virginia

TEATRO (1900-1910)

(E si m’addimmanna de chi è sta rrobba, io che le dico?) (Vedimmo si tene lu curaggio de negà. Si confessa nce sta ancora nu poco de speranza). E accossì, Feliciè, te si’ ritirato finalmente, addò si’ stato fino a chest’ora? Felice Io?...Dove so’ stato?...So’ stato...al Circolo. Già, al Circolo dei Commercianti. Virginia Ah! Si’ stato a lu Circolo dei Commercianti?...Bravo!... (Vi’ che busciardo!) Oh! E dimme na cosa...de chi è stu palettò, stu cappiello?...Rrobba toia nun è. Felice (E comme arreparo mo ccà!) Ah!!...Stu palettò e stu cappiello?...Sicuro...(ridendo) Questa non è rrobba mia!... È de n’amico mio de lu Circolo che pe sbaglio s’ha portato lu palettò e lu cappiello mio, e io m’aggio portato lu suio. Virginia Ah! È de n’amico tuio. E comme se chiamma? Felice L’amico? Non saccio... Virginia Comme, nun saie? Felice E sì, nun me ricordo, sai, fra tanti amici che tengo llà ncoppa!...Ma perchè, nun me cride? Virginia Sì, comme, te pare... Felice Ah! Mbè. (starnuta) Virginia Salute. Felice Grazie. (estrae dalla tasca del paletot un fazzoletto di colore e si pulisce il naso) Virginia Aspetta...de chi è stu fazzoletto? Lu tuo no, certo. Felice No...questo è de Totonno... Virginia Totonno? Chi è stu Totonno? Felice Chillo amico de lu Circolo che t’aggio ditto... Virginia E tu dice che nun te ricuorde lu nomme? Felice Ah! Sicuro...Ma Totonno nun è lu nomme suio...no! Totonno è il nome di battesimo. Virginia Ah!...Ecco!...(Nun sape ammentà manco na buscia!) E nun s’ha scurdato niente chiù dinto a li sacche, Totonno? Famme vedè. Felice No, no, non sta bene mettere li mane dinto a li sacche de la gente... Virginia (estraendo fazzoletti di ogni forma e colore) E ched’è...quanta fazzolette. Felice Sì...chillo è nu viecchio tabaccuso, se scioscia ogne tanto lu naso...(Guè, Totonno va bello ad arrubbà fazzolette, sa!) Virginia (frugando nelle altre tasche) Na pippa? Felice Sì, da poco se l’ha accattata...è inglese... Virginia Qua’ inglese, chesta è na pippa da duie centeseme. Felice (esaminandola) Ah! Sì, sì..hai ragione...tene pure la pippa de duie centeseme...eh, sai, è fumatore conosciuto...

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



(c.s.) Nu mazzo de carte? Nu mazzo de carte?...(ridendo) Ah!...Sicuro, mo me ricordo...fa sempre sulitarie, cammina cu li carte dinto a la sacca... Virginia Ah! Ho capito. Basta, levatillo mo stu coso da cuollo...nun credo che te lu vuò tenè pe la casa... Felice A n’auto poco me lo levo... Virginia Pecchè a n’auto poco...ch’haie da fa cu stu palettò pe la casa?...Levatillo, mo t’aiuto io... Felice (Stateve bene!) No, non c’è bisogno, me lu levo io. (si leva il soprabito e appare in mutande) (E che dico mo?) Virginia Uh!...Chd’è?...Tu staie ncazonetto? E li panne tuoie addò stanno? Felice A lu Circolo!... Virginia Te si’ spugliato ncopp’a lu Circolo? Felice Sì, faceva calore llà ncoppa!... Virginia Calore? A lu mese de dicembre? Felice E sì, pecchè chille llà ncoppa sai appiccene li stufe pe tutte li cammere, se more addirittura de lu calore...allora capisce, stevo accussì pe la casa...me freschiavo...me sciasciavo... Virginia Ah! Te freschiave?...Te sciasciave?... Felice Già...ma pecchè, nun me cride? Virginia (sempre incredula) Sì...E mo lu dice n’auta vota? Comme, nun te credo...e pecchè nun t’avarria credere?...Haie ditto maie buscie tu? Felice Mai!... Virginia Si forse nu marito comme a l’aute? Capace de me ngannà? Di abusare della mia bontà? Felice No!...E tu lu saie!... Virginia E allora, scusa, avarria tuorto si nun te credesse. Felice Grazie, grazie...Virginia mia! Fai bene a credermi!...Pecchè capisco che a prima vista, vedennome ncazonetto chi sa che potive j’ all’idea...Ma fai bene, fai bene a credermi!... Virginia Comme! (c.s.) Solamente viestete mo, che faje accossì... Felice Sì, mo me metto la veste da cammera... Virginia Bravo. Io me ne vaco dinto...si me vuò me chiamme! (Che birbante!...Manco na parola de pentimento, nega l’assassino!...(risoluta) Mo me vaco a fa la cascia e me ne vaco! Nun lo voglio vedè chiù) (via a sinistra) Felice Non saccio comme aggio arreparata!...Meno male che s’ha creduto tutto cosa. Ah! Mamma mia, la capa!...Ma che belli pacchere ch’aggio avuto!....Che bella cosa!...Chella canchera de Da Teresina, vorrei sapere pecchè l’è pruduta Virginia Felice



TEATRO (1900-1910)

la capa de dicere a lu Delegato che io era lu nnammurato suio. Cose de pazze... Scena sesta Giacomino e detto, poi Teresina Giacomino (dal fondo con caffè) Ecco ccà lu cafè. Felice Bravo, miette ccà. (di do campanello) Va, vide chi è. (prende la tazza. Giacomino via) So’ cose che succedene sulo a me. Aspetta...me vene nu pensiero...che Da Teresina se fosse annammurata de me?...E pecchè no, po’ essere pure!... Giacomino (annunziando) La signora Trementina Felice (scattando come una molla) Essa?...È venuta ccà?...Dincelle che non nce stongo. Giacomino E chella sta trasenno. Teresina (dalla prima a destra un po’ turbata) Oh! Buongiorno D. Felì... Felice Tante cose... Teresina Me so’ trovata a passà da ccà e so’ sagliuta pe salutà a Virginia. (azione di stupore di Felice) Giacomì, va nce lu dice che io sto ccà. Felice No!...Giacomino non andare, vattenne fora. (Giacomino via) Teresina Pecchè, non nce sta? È asciuta? Felice Sì!...No!...Nun lo saccio! (guardando intorno, poi piano) Ma voi sapete che avete na bella faccia tosta? Teresina Io? Oh! D. Felì, vi prego di credere... Felice E che site venuta a fa? Teresina Ve l’aggio ditto, so’ venuta a trovà a Virginia. Felice A trovare Virginia? E ne avete il coraggio dopo quello che è successo? Teresina Che è successo? Felice Mo me fa l’ingenua!...Lu velo niro ncapa... Teresina Lu velo niro? Felice Sopra l’Albergo del Serpente... Teresina (turbata) (L’Albergo del Serpente!) Felice Avete avuto il coraggio de dicere ch’ireve la nnammurata mia. Teresina Io?...Io aggio ditto chesto? A chi? Felice Al Delegato. Teresina A lu Delegato? Felice E l’avete fatto certamente per salvare lu nnammurato vuosto...lu vero nnammurato vuosto. E menate la culata ncuollo a me? Queste sono azioni che non si fanno!...Compromettere

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



a me, pe salvà a isso. Ma queste so’ purcarie!...So’ scostumatezze! Perchè io so’ nzurato! Voglio bene a mia moglie! E ne pigliarria na malatia si nce avesseme da spartere! Capite?... Teresina D. Felì, ma vuie che cancaro state dicenno? Felice Eh! Sì! Che sto dicenno!...Faciteme lu favore, Da Teresì, fate come ho fatto io, negate, negate sempre, negate tutto! Teresina Ma che aggio da negà? Io non ve capisco! Felice Brava! Così!...Dicite sempe accussì, che non capite. Va, jatevenne mo. Teresina Me n’aggio da j’? Felice Sì, nun voglio che Virginia ve vede...jatevenne. Scena settima Virginia e detti (vedendo venire Virginia) La vi’ ccà, sta ascenno. Signora, per carità, non dite niente... Teresina Ma de che cosa? (parlano fra loro piano) Virginia (esce e vede Teresina) (Essa!...Cu Feliciello?...Che stanno dicenno?) Cara Teresina. Teresina Buonasera Virgì. Virginia Che bella sorpresa. Felice Non è ovè? È stata proprio na bella sorpresa! Peccato però che va tanto di pressa! Mo me lu steva dicenno, che se n’ha da j’ subito subito. Teresina No, no, ve sbaglaite, io non vaco de pressa, anze... Felice (Puozze sculà!) Teresina Me ne so’ venuta nu poco ccà, amica mia, pe me distrarre e pe me calmà nu poco. Si sapisse ch’è succieso a la casa. Virginia (sempre con finta premura) Ch’è succieso? Teresina Me so’ appiccecata cu Ciccillo. Ha avuto il coraggio di dire che io l’inganno, che io tengo nu nnammurato!... Virginia (c.s. Ironica) Oh! Veramente?... Teresina Veramente. Felice (E ma chesta me vo’ fa passà nu guaio!...) Teresina E stammatina è ghiuto ncopp’a n’albergo per sorprendermi. Felice (Che te pozzano accidere! Chella mo le conta tutte cosa!) Teresina Naturalmente, capirai bene, nun nce ha trovato nisciuno, (azione di Felice) pecchè io fortunatamente stammatina nun so’ asciuta, nun me so’ proprio mossa da la casa. Felice (La tene la faccetta, sa!) Teresina Si sapisse che collera m’ha dato! Ah! Ma me l’ha da pagà!...Quanno se retira, s’ha da menà a li piede mieie e Felice

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TEATRO (1900-1910)

m’ha da cercà scusa!...Pecchè io nun so’ femmena de fa na cosa de chesta!...Io rispetto troppo mio marito!...Tenè nu nnammurato, io?... Felice (piano) Ma allora a lu Delegato pecchè avite ditto che io... (seguita a gesti) Teresina Comme? Felice (guardando sua moglie) Niente! Niente!...(La tene la faccia tosta, la tene!) Teresina (Chi lu capisce a chisto!) Felice Ma io direi na cosa mo, pecchè nun ghiate a la casa e l’aspettate? Queste cose s’hanno da fa subito, frienno magnanno. Teresina E nun nce sta, è asciuto n’auta vota. Felice Po’ essere che s’è ritirato, nun ve trova e lu facite suspettà quello che non è. Teresina È ovè? Felice Se capisce. Jatevenne a la casa... Teresina Aspettate, e nun tirate... Felice No, ve voglio fa fa ambressa. (Chesta si nun se ne va me fa lu guaio!) Jate, jà...jate a la casa. Teresina Ma io voleva... Felice Jate, signò, sentite a me, non perdete tempo. Mo v’accompagno, ve metto ncarrozzella e ve ne jate. Venite!... Teresina E nu momento, che modi...(viano 1a a destra. Teresina protestando e Felice tirandola) Virginia (sola) Ma allora vo’ dicere che Teresina nun è colpevole? Che nun teneva l’appuntamento cu Felice? D. Ciccio ha pigliato nu sbaglio? Feliciello aspettava sulo a Elvira? Scena ottava D. Ciccio, Alberto e detta (dalla 1a a sinistra) Jammoncenne mo, D. Albè, me voglio retirà, me sento stanco. Virginia D. Ciccio? Ciccio Oh! Signora. (salutando) Alberto Buonasera. Virginia Stiveve ccà? E Teresina mo proprio se n’è ghiuta. Ciccio Ah! E’ venuta ccà? E mo proprio se n’è ghiuta? Meglio così, meglio che non me so’ incoiteato. Assassina! Svergognata! Non sapete che m’ha fatto?...Mi ha tradito!... Capite!...Tene nu nnammurato. Virginia Ma no, levateve sti penziere... Ciccio La lettera anonima ch’aggio avuto purtroppo parlava chiaro. Ciccio

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



Virginia

Na lettera anonima? Ah! Accossì l’avite saputo? Ma non date retta. Ciccio Nun dongo retta? Io l’aggio ncocciata ncopp’a lu fatto. Alberto E nce steva pur’io. Virginia (ridendo) Ma addò? Ncopp’a l’Albergo del Serpente? Alberto Perfettamente. Ciccio Proprio. Virginia E non era Teresina. Ciccio Comme nun era Teresina? Virginia Niente affatto...(ridendo) Alberto E chi era? Virginia Ero io! Ciccio Voi?! Alberto Possibile?! Virginia Possibilissimo! E si ne volite na prova...guardate. (prende dal tavolo il velo e lo mostra) Questo è il velo che io teneva ncapo quanno lu Delegato ha aperta la porta. Ciccio Sissignore, è isso. (osservandolo) Ireve vuie da sotto? Veramente? Parola d’onore?... Virginia Parola d’onore!... (strette di mano) Alberto Ma io ve lu dicevo, chella nun me pare Da Teresina!... Ciccio Uh! Che bella cosa! Allora mia moglie è innocente? Non è colpevole?...D. Albè, io mo moro de la contentezza!...Ma allora scusate, perchè vi siete fatta credere mia moglie? Virginia Pe fa cogliere a Felice in flagranza ed ottenere la separazione. Pecchè lu birbante me tradisce, e no cu Teresina, teneva l’appuntamento cu n’auta femmena ncoppa a chillo albergo. Ciccio E ve servite de lu nomme de muglierema? Ma signò, aggiate pacienza, cheste so’ cose che non se fanno. Io poteva pure accidere. Alberto Compromettere una signora onesta non sta bene. Virginia Ma intanto vuie site iuto per sorprenderla? Ciccio Non è la stessa cosa, che c’entra. D. Albè, jammo a la casa, jammole a cercà scusa. Scena nona Felice e detti, poi Giacomino, poi Elvira Felice Ciccio Felice

(entra senza vedere gli altri) Se n’è ghiuta! Cielo te ringrazio! D. Felice!...(andandogli incontro) D. Felì, venite qua... D. Ciccio e D. Alberto?!...(rinculando) Non me toccate, sa!...Nun me toccate ca ve dongo na seggia ncapo!...



Ciccio

TEATRO (1900-1910)

Ma nonsignore, venite ccà, io ve voglio cercà scusa de chello ch’è succieso. Alberto E io pure. Viene ccà, damme la mano... Ciccio Voi siete un vero amico! Dateme n’abbraccio...(fa per abbracciarlo) Alberto E pure a me. (c.s.) Felice No!...Non v’accostate, sa!...Mo non me la facite chiù. (prende una sedia) Ciccio (ridendo) Ah! Ah! Ah!...Se mette paura de lu fatto...(fa il segno dello schiaffo) Ma nonsignore, venite ccà... Felice No, no, stateve bene, stateve bene... Ciccio (ridendo) Ah! Ah! Ah! D. Albè, jammo a la casa, non perdimmo tiempo. Signò, permettete. Virginia Prego. (scambio di saluti ed Alberto e Ciccio viano a 1a a destra) Felice (E sì!...Avevano trovato lo scemo!...Quello che non capisco è stu cambiamento ch’hanno fatto!...D. Ciccio redeva... Alberto pure...Abbasta che non hanno ditto tutte cosa a Virginia.) Virgì, scusa, de che stiveve parlanno cu D. Ciccio e Alberto? Virginia Oh! Niente, se parlava de lu tiempo, che nun ha fatto tanto friddo stammatina... Felice Ah! Ho capito...(Meno male, nun sape niente.) Giacomino (annunziando) La signora Paletta. Felice (Da Elvira!) Virginia (Essa!) (a Felice) Felì, ched’è? Che hai? Felice Io? Niente. (Chella m’ha visto ncoppa a l’albergo.) Virginia Falla trasì. Felice (subito) No!... Virginia Pecchè no? Felice Ah!...Pecchè sai...sto cu stu caso ncuollo...pare brutto riceverla accussì...mo me lu vaco a levà, che dici? Virginia Già, dice buono, va te lu leva. Felice (Eh, Cielo, nun la fa parlà!) (via 1a a sinistra) Giacomino Po’ trasì? Virginia Sissignore, falla trasì. Giacomino Favorite, signorì. (e via) Virginia (Tene pure lu curaggio de venì ccà!...La voglio fa parlà nu poco cu mmico!) Elvira (dalla 1a a destra, agitatissima) Virginia mia, amica mia cara, io so’ perduta, so’ rovinata!... Virginia (ironica) Oh! Pecchè? Ch’è stato? Elvira Damme nu consiglio, pe carità.

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

Virginia Elvira



Ma parla. Haie da sapè che a me me fa la corte nu giovene ch’io conoscetto primma de me mmaretà. Nun l’aggio dato mai retta però, è stato sempe isso che m’è venuto appriesso. Virginia (credendo che parli di Felice) Ah! È stato semp’isso? Elvira Sì, crideme, te lo giuro. Aieressera me dette l’appuntamento pe stammatina ncopp’a n’albergo pe fa colezione cu isso. Virginia (fremendo) Bravo!... Elvira Io ce so’ ghiuta, e fore a lu curreturo indovina a chi trovo? Virginia (c.s.) A chi? Elvira A mariteme Achille! Figurate la paura mia, nun saccio comme non so’ morta pecchè m’ha visto, capisce, lu sentevo alluccà: Addò sta muglierema?...Addò sta chella scellerata!...E mo me starrà jenno truvanno ancora!...Ma primma che m’accide, primma che succede nu guaio, te so’ venuta a cercà nu cunsiglio: io me ne voglio scappà cu chillo giovine!... Virginia (scattando) Eh?!...Comme?! (E me lu dice nfaccia la svergongnata!) Elvira Nun appruove forse sta penzata nmia? Virginia (nervosissima) Sicuro che l’approvo!...Ma si’ certa po che stu giovene acconsente? Elvira Aspetta, mo lu chiammo e nce lu dico nnanze a te!...(corre alla finestra) Virginia Nnanze a me? (Oh! Ma chesta è faccia tosta overo!) Elvira (fa segno a qualcuno di salire) Sì, sì, venite. Virginia (Che sta facenno?) Elvira Nun te dispiace che lu faccio saglì ccà? Virginia (stupita) Lu faie saglì? ...A chi? Elvira A chillo giovine che t’aggio ditto. Virginia Sta abbascio? Elvira Sì, nnanze a lu cafè! Virginia Nnanze a lu cafè? Elvira Sì. E saie chi è?...Te lu dico pecchè so’ sicura che tu non parle. È D. Luigino Cirella. Virginia Che?...D. Luigino Cirella?...Lu miedeco? Elvira Sì. Virginia Chisto è chillo che te fa la corte? Elvira Sicuro. Virginia Cu isso tenive l’appuntamento? Elvira Cu isso, sì. Virginia (con gioia) Uh! Mamma mia! Ma tu dice overo o pazzie? Elvira Veramente te dico. Ma tu che hai?



Virginia Elvira Virginia

TEATRO (1900-1910)

Ah! Niente...(Allora era D. Luigino? Feliciello non aspettava a nisciuno?) Virgì, ma ch’è stato? Niente, niente, po te conto, po te conto. Scena decima Luigino e dette

(di do 1a a destra) È permesso? Ah! Eccolo ccà! Fallo trasì. D. Luigi, trasite. (entrando) Io sto ccà, che cos’è? (vedendo Virginia) (Da Virginia!) Elvira No, non ve spaventate, Virginia sape tutte cosa, l’aggio contato ogni cosa. Luigino Oh! Sì? Virginia Sissignore, nun ve mettite paura che io non dico niente. Ma diciteme la verità, vuie le disteve l’appuntamento? Luigino Sissignore, sopra a l’Albergo del Serpente e avimmo passato chillo guaio. Virginia Ah! Che piacere! Luigino Ve fa piacere? Virginia No, niente, na cosa mia! Elvira Nun perdimmo tiempo mo. D. Luigì, voi siete disposto a scappare con me? Luigino Scappare?! Elvira Sì, pecchè nnanze a mariteme nun pozzo comparì chiù. Che ne dite? Luigino Signora mia, voi scherzate, comme scappo?...Lascio famiglia, clienti, tutto? Comme se fa!...È impossibile! Elvira Come? Vi rifiutate? E preferite farve accidere da mariteme? Luigino M’accide? Comme m’accide? M’ha pigliato pe nu sorece la signora! Ccà nisciuno v’ha fatto niente! Nisciuno v’ha tuccato, signò!... Elvira Lu saccio, ma chillo nce accide lu stesso, ritenete. Virgì, damme tu n’idea...comme avimmo da fa? Virginia Viene ccà, statte zitta, io aggio fatto na penzata per salvarti completamente. Elvira Possibile? Virginia Trasite tutti li duie dinto a chella cammera, mo vengo pur’io e combinammo comme v’avite da regolà. Trasite. (2a a sinistra) Luigino Elvira Virginia Elvira Luigino

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)



Elvira Ah! Grazie, amica mia! Virginia Iate, D. Luigi. Luigino Eccomi. (Elvira e Luigi viano) Virginia Oh! Che piacere! Che contentezza! Vale a dire che Feliciello è innocente? Nun aspettava a nisciuno? E allora che nc’è ghiuto a fa ncopp’a l’Albergo del Serpente?..Eh!...Ccà nce sta ancora quacche cosa sotto!...Ma comme potarria sapè....(pausa, poi come colpita da un’idea) Ah! Aspetta, che bell’idea, Giacomino me po’ informà...sicuro!...(suona) Sta da tanto tiempo cu isso...se vonno bene...facennolo parlà cu na scusa...chi sa... Scena undicesima Giacomino e detta Giacomino Comandate? (fermandosi sotto l’uscio) Virginia Viene ccà. (Giacomino le va vicino) Dimme nu poco...tu lu vuò bene assaie a Feliciello è ovè? Giacomino Caspita!...Vi’ ch’addimmanna me facite. Nuie nce canuscimme da piccerille. Pateme era lu guardaporta de lu pate de D. Feliciello. Ncè simme crisciute quase nzieme, e pe isso me faciarria pure accidere. Virginia Ah!...E allora è inutile. Allora te rieste cu isso. Pecchè nuie nce spartimme, cioè, so’ io che lasso a Feliciello. Giacomino Lu lassate? Uh! Pecchè? Chillo ve vo’ tanto bene. Virginia (fingendosi commossa) Eh!...Si me volesse bene, non faciarria chello che sta facenno! Giacomino Che sta facenno? Virginia Me tradisce a me puverella, me nganna, capisce!... Giacomino D. Feliciello? Jatevenne, nun state a sentì chiacchiere. Virginia (c.s.) No, nun so’ chiacchiere. Stammatina teneva l’appuntamento cu na femmena ncopp’a n’albergo. E nce va spisso, pecchè aggio saputo che è vecchio cliente della casa. Giacomino Lu signorino? Virginia Lu signurino, sì! E fra le altre cose llà ncoppa porta pure lu vino che ave da lu zio da Firenze! Chello bello vino. Giacomino Lu vino toscano? No! Chesto po nun po’ essere, manco si lu veco cu ll’uocchie!...La chiave de la cantina la tengo io, e manco meza butteglia n’è asciuta, ve lu pozzo assicurà. (riflettendo) Ah! Gnernò, aspettate... Virginia Ched’è? Dì...parla!... Giacomino Me me ricordo, gnorsì, ne songo asciute doie botteglie, aieressera, se li portaie D. Alberto lu farmacista.



TEATRO (1900-1910)

Virginia D. Alberto? Giacomino Già. Nce li regalaie D. Felice. Virginia E si’ sicuro che non ne songhe asciute chiù? Giacomino Gnernò, da fore di chelli doie, manco una chiù. Virginia (Allora il vecchio cliente è D. Alberto!) (con gioia, poi) Eppure, Feliciello, che tu dice che me vo’ bene, stammatina è ghiuto ncopp’a n’albergo, e s’ha pigliato na cammera. Aspettava na femmena certamente, si no pecchè nce jeva? Giacomino Nonsignore, vuie che chicchera avite pigliata? Chillo lu poveriello è ghiuto a durmì llà ncoppa. Virginia A durmì? Giacomino Gnorsì, pe se rinfrancà de tutte li nottate ch’ha fatte. Virginia Che nuttate? Giacomino Quanno era scuitato!...Vuie si sapisseve che vita ’e notte ha fatto chillo, e quanta nnammurate teneva. Virginia Ah! Bravo! Giacomino Ma signorì, ve raccomanno...(fa segno di zittire) E siccome chesto a buie nun ve lu poteva dicere quanno spusasteve, lu povero giovene ha cercato sempe de s’arreposà nu poco annascuso vuosto. Io saccio tutte cosa, signorì, ma me steva zitto, capite. Virginia Allora, tu cride che llà ncoppa nc’è ghiuto pe durmì, è ovè? (con gioia) Giacomino Ma ne songo certo, pecchè me l’ha ditto isso stesso. Virginia Ah! Che piacere. Era pe durmì, povero Feliciello!... Scena dodicesima Nannina e detti, poi Achille, poi Elvira, Luigi Nannina Signorì, la cascia è pronta. Virginia Che cascia e cascia, leva n’auta vota tutte cosa, nun serve chiù. Nannina Nun serve chiù? (E chieste me fanno ascì pazza!) (campanello di do) Virginia Jate ad aprì. (i due viano 1a a destra) Puveriello, era juto pe durmì...pe fa contenta a me, pe se fa truvà sempe risoluto, bello, scetato...ah! Quanto so’ contenta! Alberto (di dentro con poca voce) È permesso? Virginia Chi è? Oh! D. Achì, favorite. Achille (fuori, senza cappello e pallido) Grazie tanto. Virginia D. Achì, ch’è stato? Achille Nun me fido chiù de cammenà! So’ doie ore che sto correnno comme a nu pazzo. Nun aggio chiù addò vedè. Virginia M’avite fatto fa chella figura abbascio a l’albergo: “Scopriti donna infame! Ti ho conosciuta!...Dov’è il tuo amante?...”

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)

Achille



Embè, e che aggio da fa? Io me credeva che era muglierema! Ah! Mamma mia, li rine!...E bravo D. Felice!...Me lu steva combinanno lu piattino! (siede) Virginia (con malizia) E buie nun nce lu stiveve combinanno pure a isso? Achille È ovè? È giusto!...E il Cielo mi ha punito!...Ma addò cancaro l’ha miso a muglierema? A la casa non nce sta, addo la commara nemmeno, allora ho pensato che fossene venute ccà! L’avite vista? Virginia No! Ccà nun è venuta. Achille E addò sta?...Io non me fido chiù de cammenà!...Che delore de capa, mamma mia!...(s’appoggia alla tavola con una mano in fronte) Mo che aggio saputo che preferisce a n’auto, parola d’onore, credetemi, sento che l’amo, sento quanto l’adoro! Elvira mia!...(commosso) Virginia Veramente? Achille Veramente! Virginia Allora la lezione è stata bona! Achille Che lezione? Virginia A Elvira, ncopp’a l’albergo l’aggio fatta venì io, per darvi un castigo e pe ve mparà comme se rispettano li mugliere de ll’aute!...(marcato) Achille Possibile? Ah! Aggio capito mo!...Allora Elvira è innocente? Virginia Si capisce! Steveme d’accordo. Achille E Feliciello? Virginia Feliciello...era del complotto!... Achille Tu che dici? (E io l’aggio dato chillo pacchero? E chillo mo se me vede, a mazzate fernesce!) Ma allora tu saie addò sta muglierema? Virginia Me pare. (alla 2a a sin. chiamando) Elvì, iesce, abbraccia a maritete. (Elvira e Luigi escono) Isso è pentito de chello che ha fatto e te vo’ cercà scuse!...(marcato con segni d’intelligenza) Achille Sì, perdonami, non lo faccio chiù!... Elvira (comprendendo i segni di Virginia) Va bene, non ne parliamo più, vi perdono. Achille (abbracciandola) Angelo mio!...(poi vedendo Luigi) Oh! D. Luigì, voi pure state qua? Luigino (imbarazzato) Sicuro...io...già... Virginia D. Luigino stava qua pecchè pur’isso aveva da fa la parte soia, ma fortunatamente non se n’è avuto bisogno. (altri segni) Luigino Già...proprio... Achille Ho capito. Voi pure eravate del complotto? Luigino (senza capirci nulla) Già, io pure! (Qua’ complotto?)



TEATRO (1900-1910)

Scena tredicesima D. Ciccio, Alberto, Carluccio, Giacomino, Nannina e detti. Ciccio (di do) Ma calmatevi... Alberto (c.s.) Ma D. Carlù, finitela... Carluccio (c.s.) Lassateme sta, voglio fa chello che me dice a capa. Achille Che d’è, neh? Ch’è succieso. Ciccio (fuori) Oh! Signori, buonasera. Llà sta D. Carluccio fora, lu quale vo’ parlà a forza cu D. Felice, che sa che vo’ fa isso, io l’aggio ncontrato mmiezo a la via e so’ venuto pur’io cu D. Alberto, pecchè sta troppo nfuriato D. Carluccio. Carluccio (di do) Levete, lasseme passà. Giacomino (di do) Aspettate. (fuori, spinto da Carlo) Carluccio (fuori) Lete!...Mo vedimmo si non me la sconto cu ttico!...Da Virgì, poche chiacchiere, chiammate a D. Felice, io stammatina l’aggio dato nu pacchero, si vo’ sudisfazione, ccà stongh’io! Jammo chiammatelo. (Alberto e Nannina lo seguono) Virginia Ma no, ma che significa chesto, io mo lu chiammo e ve faccio fa pace. Carluccio Che pace e pace. [Io non aggio mai cercato scuse a nisciuno. [Virginia (a Giacomino piano) Giacomì, va dinto, cu nu pretesto trattiene a Felice, nun lu fa ascì. [Giacomino Va bene. (via 1a a sinistra) [Carluccio Sicuro, per cercare scusa… [Virginia Ma no, io non ve sto dicenno chesto. ]1 Carluccio Io non voglio fa pace!... Virginia (a Giacomino piano) Giacomì, va dinto, cu nu pretesto trattiene a Felice, nun lu fa ascì. Giacomino Va bene. (via 1a a sinistra) Carluccio Pe fa pace l’avarria cercà scuse, e io non aggio mai cercato scuse a nisciuno. Pare che lu sapite. Virginia (avvicinandosi, piano) (D. Carlù, finitela, facite pace cu Feliciello, si no io dico a la mugliera vosta che buie stiveve ncopp’a l’albergo nzieme a na certa Rosinella.) Carluccio (No! Zitto! Pe l’ammore de lu Cielo!...Ma comme vuie sapite...) Virginia (V’aggio ntiso io stessa quanno avite ditto: “Rosinè, aspetta, famme vedè chi è!) Carluccio (tra sé) (Tiene mente la combinazione!...) Ireve vuie che tuzzuliaveve?

1

Battuta cancellata.

L’ALBERGO DEL SERPENTE (O TANTA GUAJE PE DURMÌ)





Virginia (Io proprio!) Carluccio (E va buono, ncè faccio pace, ma non dicite niente pe carità!...) Virginia (Non dubitate!...) Giacomino (ritornando, piano a Virginia) (Signorì, chillo D. Feliciello sta durmenno ncopp’a la poltrona, io ve l’aggio ditto... ch’aggio da fa, lu sceto?) Virginia (No, no, non te n’incarricà.) (poi chiamando) Nannì, viene ccà. Nzieme cu Giacomino, portateme a Feliciello ccà, cu tutta la poltrona, ma chiano chiano, nun lu facite scetà! Voglio fa na pazzia! Giacomino Va bene. (viano) Nannina Elvira Virgì, ma ch’è stato? Che staie combinanno. (ridendo) Virginia Ah! Niente...aggio mannato a chiammà a Feliciello. Achille E comme se fa mo? Io l’aggio dato chillo buffo innocentemente. Ciccio E io pure. Alberto E pur’io. Carluccio E io? N’auto poco lo scommavo de sangue. Luigino (Sì, pecchè lu mio è stato scemo!) Virginia Ma non ve n’incarricate, Felice già s’è scordato de tutto, ne so’ sicura. Mo acconcio io tutte cosa, nun nce penzate. Ah! Zitto eccolo ccà. Scena ultima Felice, Giacomino, Nannina e detti. N.B. Giacomino e Nannina trasportano piano piano Felice sulla poltrona. Egli ha indossata la veste da camera e dorme profondamente. Virginia (ai due) Ccà, ccà, mettitelo ccà vicino. (lo fa situare vicino al tavolo) Ciccio Che d’è, neh? Carnevale? Virginia Psss....zitto!... Sta dormenno. Luigino Ma che volete fa? Virginia Zitto, mo vedite. Acconsentite a tutte chello che dico io. (va vicino a Felice e lo scuote energicamente. Tutti guardano attentamente) Feliciè? Feliciè?...Uh! Mamma mia! E ch’è succieso? (forte) Feliciè?...Feliciè?... Felice (svegliandosi di soprassalto) Chi è?...Che cos’è?...Oh! Scusate, m’era addormuto!...(guardando intorno) Uh! mamma mia! Chiste stanno ccà? (vuole scappare) Virginia Viene ccà, ch’è stato?...M’haie fatto mettere chesta paura, mo moro!...



TEATRO (1900-1910)

Felice Virginia

Paura? Pecchè? Comme pecchè?...Tu staie dormenno da jeressera! So’ 17 ore che duorme! Achille (ridendo) Scuse! Ciccio Ve l’avite fatto nu scampolillo! Felice Io?...Neh, vattenne... Virginia Veramente! Giacomino Sissignore, D. Felì, io ve voleva scetà ma la signorina nun ha voluto. Felice Ma comme? Io aggio dormuto 17 ore? Senza me scetà maie? Virginia Mai! Giacomino Gnorsì, una vota, quanno m’ha cercato la veste de cammera. (marcato) Virginia Ah! Già...Po te votava, te girave, parlave nsuonno, smaniave...T’haie avuto da fa brutti suonne, è ovè? Felice Altro che brutte, Virginia mia! Ma nu momento...aieressera nun te si appiccicato cu mmico? Virginia Sì, pecchè mentre io parlavo tu dormive, allora me so’ ghiuta a cuccà e tu si’ rimasto lloco. Felice Ah! Neh?...(guardando gli altri) E nun so’ stato ncopp’a l’Albergo del Serpente? Achille (ridendo) Addò esiste stu Serpente? Virginia Te l’haie sonnato! Felice Comme? Questi signori nun m’hanno pigliato a schiaffe? Tutti A schiaffe?...(ridendo) Ah! Ah! Ah! Giacomino Ve l’avite sunnato! Felice E nun so’ stato arrestato da doie guardie? Virginia Li guardie? Tutti Ve l’avite sonnato! Felice (prendendo la testa fra le mani) Uh!...Vedete... Virginia Chesto succede quanno uno è stanco pe la vita che ha fatto. Felice Comme? Tu saie? Virginia Tutto, e te perdono pecchè te voglio troppo bene. (l’abbraccia) Felice Ah! Virginia mia!...(a tutti poi) Embè, sentite, de stu suonno che m’aggio fatto, parola d’onore, ne voglio scrivere una commedia e la voglio intitolare “L’albergo del Serpente”! So’ certo che faciarria nu chiasso!... Virginia Comme? Ne si’ proprio certo? Felice Cioè, certo no...lo spero! Fine della commedia Milano, 13-7-906 - Ore 12 p.m.

LA SIGNORINA COCHELICÒ commedia in tre atti

Originale

Con questa “brillantissima commedia in tre atti originale”, l’Autore torna al suo amore per la recitazione en travesti che tanto successo gli aveva procurato nei primi anni del 900. La Signorina Cochelicò è una commedia in cui gli scambi di persona, le situazioni più strane e i travestimenti più esilaranti si succedono vorticosamente permettendo all’attore Vincenzo Scarpetta di mostrare tutto il suo spirito comico, la sua abilità e la sua conoscenza del palcoscenico. La prima rappresentazione avvenne al Teatro Valle di Roma il 12 novembre 1910; seguirono poi numerose repliche al Quirino di Roma nel 1911 e al Trianon di Napoli fino agli anni trenta. Nell’archivio privato sono conservati 4 copioni di questo lavoro nessuno dei quali autografo1; la scelta per la trascrizione è caduta sul manoscritto di 84 pagine “finito di copiare il 12 agosto 1907 da Giuseppe Majuri con i suoi sinceri auguri di un gran successo”. Sul copione in esame si notano subito le modifiche apportate sui nomi di due personaggi e, di conseguenza, sulla distribuzione dei loro ruoli. Il motivo di questi cambiamenti è dovuto al lasso di tempo trascorso tra la stesura della commedia e la sua rappresentazione; nel 1907, anno di scrittura del testo, Eduardo Scarpetta calcava ancora le scene e il ruolo di Felice era di suo appannaggio anche per le commedie scritte dal figlio. Sul testo in esame, infatti, accanto al nome di Felice, originariamente non era indicato nessun attore e questo accadeva, come sappiamo, quando il ruolo era coperto dal padre. 1

1 cp.ms. del 1907 del copista Giuseppe Maiuri, 1 cp.ms del 1911 a cura di Domenico Iannone, 1 cp.ms. del 1930 copiato da Renato Puglia e 1 cp. dts.



TEATRO (1900-1910)

Questa commedia, però, fu rappresentata nel 1910 quando Eduardo Scarpetta recitava ormai saltuariamente; l’Autore, che nel 1907 immaginava per sé il ruolo di Celestino Filetti, il protagonista trasformista della storia, apporta, a questo punto, le seguenti modifiche: l’inventore pazzoide Felice cambierà il suo nome in Nicolino Scorza e Celestino Filetti in Felice Filetti. Il 12 novembre 1910, La signorina Cochelicò debutta al Teatro Valle di Roma con Vincenzo Scarpetta nel ruolo di Felice Filetti e con Gennaro Della Rossa in quello di Nicolino Scorza. Gli altri ruoli, come riportato sulla locandina della commedia, furono così distribuiti: Antonio Serra

Antonio Schioppa

Marchese Penna

Antonio Milzi

Lucia Bianchina De Crescenzo Elvira Tina Cappelli Concetta Barile

Rosa Gagliardi

Nannina

Anna (Nina) De Filippo

Carlino Luigi Esposito Michele

A. Kalotta Vellotti

Luigi Giuseppe Rivoli Ciccillo

Michele Migliatico

Errico Arturo Arola Barone Zella

Luigi Langella

Saverio Giuseppe Majuri 1a Guardia Municipale a

Francesco Paolillo

2 idem

G. Cacciuottolo

3a idem

G. Salines

4a idem

Gennaro Mirone

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Abstract Felice Filetti ha fatto chello che avarria fatto chiunque trovandosi al buio con la bella Nannina; ora però deve sfuggire alla terribile Concetta Barile, zia della ragazza, che lo sta inseguendo armata di una misteriosa bottiglia piena forse di vetriolo. Per evitare di essere riconosciuto, Felice si nasconde nella casa di Antonio Serra, titolare di un’agenzia d’affari, dove si traveste da donna grazie all’aiuto della padrona di casa Elvira. In questi panni, viene scambiato per la signorina Livia Cochelicò vivamente attesa dal Serra come istitutrice della marchesina Lucia, figlia del ricchissimo Marchese Penna. Felice sfrutta la sua nuova identità di dama di compagnia per fare nu bello colpo: sposare na bella guagliona e mezzo milione di dote. Per raggiungere lo scopo deve, però, assumere ancora un’altra identità ed ecco che si trasforma nel corteggiatore Romeo Fiorelli. Lucia ben presto s’innamora di lui confortata anche dalla ovvia benedizione della Cochelicò che la sprona a non respingere il giovane. Tutti questi continui e repentini travestimenti sono possibili grazie al coinvolgimento di Nicolino Scorza, uno strambo e squattrinato inventore, che si presta ad aiutare Felice in cambio della promessa di un ricco matrimonio che gli consenta di realizzare la sua mirabolante macchina culinaria. La situazione si ingarbuglia ancora di più alla notizia che la vera signorina Cochelicò è in fuga con un principe inglese: Nicolino e la falsa Cochelicò vengono scoperti e accusati di truffa. Il complicato intreccio si scioglierà solo con la confessione di Felice e il lieto fine avrà il sopravvento.

La signorina Chochelicò brillantissima commedia in tre atti originale

Personaggi Nicolino Scorza Felice Filetti Antonio Serra Marchese Achille Penna Lucia, sua figlia Elvira, moglie di Antonio Concetta Barile Nannina, sua nipote Carlino, suo nipote Michele, albergatore Luigi, brigadiere Ciccillo, parrucchiere Errico, cameriere Barone Zella Saverio, impiegato 1° Guardia Municipale 2° idem 3° idem Arturo

Gennaro Della Rossa Vincenzo Scarpetta Antonio Schioppa Antonio Milzi Bianchina De Crescenzo Teresina Cappelli Rosa Gagliardi Mariella Gioia Luigi Esposito A. Kalotta ? Giuseppe Rivoli Michele Migliatico Arturo Arola Luigi Langella Giuseppe Majuri

La scena è a Rocca pulita. Estate.

Atto 1° Studio in casa di Antonio. In fondo porta nel mezzo con sopra la scritta “Sala d’aspetto”. Un divano in fondo a destra con tavolo davanti sul quale giornali, timbro, ecc. Sul detto divano, attaccato al muro, vi sarà un manifesto piuttosto grande “Agenzia di collocamento e d’informazioni. Regolamento – ecc.ecc..” firmato dal direttore “Antonio Sezza”. A sinistra in fondo, discosta dal muro una scrivania con sopra libri, giornali, carte, occorrente per scrivere ecc., una poltrona dietro e cestino. Al muro calendario che ha la data: 14 agosto. Più appresso un porta-carte con ricevute, molti telegrammi ecc. ecc. Altro manifesto “Ricerche nell’interesse delle famiglie – Tariffe: Per l’Italia L. 100,00. Per l’estero L. 200,00” Qualche quadro alle pareti libere. Una porta a 2a a destra con la scritta: “ Segretario”. Finestra a 1a a destra. A sinistra due porte. Sulla 1a vi sarà la scritta “Direttore”. Altro tavolo nel mezzo con giornali ecc., sedie intorno. Portiere a tutti i vani. Al plafond lume elettrico spento. Scena prima Saverio, Elvira poi Antonio Saverio

Elvira Saverio Elvira

1

(parlando verso il fondo) Buongiorno,...arrivederci. E puortete bona, sa. (viene avanti) Quanto era sciasciona sta cammarera. [Che bell’uocchie che teneva.]1 ’O direttore l’ha fatto piazzà ncopp’a l’Albergo del Sole che sta ccà. Eh!... E nne vo’ avè pizzeche llà ncoppa. (ridendo) Intanto, chisto è stato nu buono posto che m’aggio trovato. Perchè oltre al mensile, ogne cammarera che si piazza mme dà ’o sottomano!... (dal fondo) D. Savè, Totonno addò sta? Signorì, sta dint’’o gabinetto suio. Sta screvenno cierti lettere. Ancora?...Io so’ asciuta a ’e sette pe ghì a ’o bagno, laggio lassato screvenno, mo so’ ’e diece e sta screvenno ancora?

La battuta fra parentesi quadre è stata cancellata.

LA SIGNORINA COCHELICÒ



E chisto vo’ perdere ’a salute, isso e l’agenzia. ’A sarta è venuta? Saverio Nonsignore, è venuta ’a discepola e ha ditto che scusate tanto pecchè ’a princepale è stata malata e chiù tarde ve manna ’o vestito2. Elvira Va bene. (togliendosi il cappello) Portate stu cappiello dentro, scusate. Saverio Subito. (Prende il cappello e via 2a a sinistra) Elvira Io mo sarria curiosa ’e sapè chi è chillo giovinotto che tutt’’e mmatine, ncopp’’o bagno, mme ncontra e mme saluta. Dev’essere un signore, perchè è molto elegante. Aiere m’aspettaie for’’o bagno, e quanno io passaie mme dicette: Ha bisogno di compagnia, bella signora? - Grazie, dicett’io, e lle facette na cera. Stammatina però nun s’è visto, se sarà offeso, meglio accossì. Antonio (dalla 1a a sinist. chiamando) Saverio?...Oh! Elviruccia mia, sei venuta, hai fatto buon bagno? Elvira Bene, grazie. Antonio (toccandosi la fronte) Ah!...Pare na pazzia, ...m’è venuto delore ’e capa!...Aggio scritto seie lettere, una chiù longa ’e ll’ata. Elvira Ma Totonno mio, ma tu che buò fa, te vuò accidere proprio. Si ’e pigliato a D. Saverio come segretario, fancello fa a isso. Antonio Eh! No, mugliera mia, nun era cosa che poteva fa D. Saverio. So’ lettere ch’hanno ’a j’ a l’Estero, per informazioni importanti, e l’aggia fa io sulo. (Saverio torna e siede alla scrivania) A proposito, sai che stammatina finalmente arriva la signorina Livia Cochelicò, quella istitutrice che io proposi per la figlia del Marchese Penna? Elvira Ah! Stammatina arriva? Antonio Già. Eh! Chillo è stato nu buono affare ch’aggio fatto. Tu pazzie! Chillo ’o Marchese è milionario, mi pagherà bene. Io non la conosco sta signorina, è stata l’agenzia Chalamont di Parigi che me l’ha proposta: me la raccomandò tanto, pregandomi di piazzarla in Italia cu quacche bona casa, na casa nobile, perchè è di buona famiglia e che si ce riuscivo mme deveno una forte mediazione. Capirai bene, appena ’o Marchese mi fece la richiesta, io m’impegnai sott’’o colpo! Screvette a Chalamont che avesse fatto subito partì sta signorina perchè il posto era pronto. 2

“vestito” sostituito con “spolverino”



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Elvira Antonio

Bravo! E sti denare ll’’e avute? No. È stabilito che la mediazione me la mandano appena la signorina prenderà servizio. Ma è affare fatto, te pare...aiere ricevette ’o telegramma da Chalamont che la signorina era partita e che arrivava stammatina, ’o Marchese vene pur’isso stammatina nzieme c’’a figlia, p’’a vedè, p’’a conoscere e s’’a portano all’Albergo, dunque, ’e denare comme già stessene dint’’a cascia ’e fierro, mugliera mia!...D. Savè, pigliate chelli lettere che stanno ncopp’’a scrivania mia e ghiatele a mpustà. Saverio Subito. (via 1a a sinistra poi torna) Antonio Stammatina, meno male, nun se vede tanta folla. Sulo na giovene è venuta, na cammarera, e subito l’aggio piazzata all’Albergo del Sole. Ma aiere è stata proprio na giornata di battaglia!...Cammariere, serviture, giovinotti che vanno trovanno impieghi, signori per avere informazioni...mamma mia! Mme jette a cuccà acciso. Elvira Ma allora, caro mio, se gli affari aumentano, piglie a n’ato pare ’e giovinotte, n’ato segretario, comme può fa tutte cosa tu sulo. Antonio Sì, proprio così, pecchè ’o lavoro è troppo. A n’ato poco aggia j’ ’a stazione pe ricevere sta Cochelicò ch’arriva. Sperammo che ’o treno nun facesse ritardo. Saverio (ritornando) Direttò, io vaco. Antonio Sì, jate. Ah! Aspettate...mo mme scordavo...(caccia dalla tasca una busta chiusa) Questa la porterete al Barone Scarda. Sono le informazioni che lui voleva sul conto di suo figlio che sta a Londra, cunsignatela proprio mmano a isso, e aspettate pecchè v’ha da dà 200 lire. Saverio Va bene. Antonio Vi raccomando, proprio mmano a isso. Saverio Non dubitate. (via pel fondo) Elvira Va trova a che ora mangiamme stammatina...ajere nientemeno erano ’e 5 e ½. Antonio No, stammatina non se fa chest’ora. Chella signorina mo arriva, ’o Marchese s’’a porta e stateve bene. Saverio (ritornando con carta da visita) Direttò, fore nce sta stu signore. Antonio Chi è? (prende la carta e mette le lenti) Saverio È venuto pure aiere, ma vuje stiveve troppo occupato e io nn’’o fecette j’. Antonio (leggendo) “Nicolino Scorza3. Ingegnere, geometra, elettrotecnico, meccanico, chimico, inventore di nuovi motori 3

Cancellato “Felice Sciosciammocca” e sostituito con Nicolino Scorza. In tutto il manoscritto sarà sostituito il nome di Felice (Sciosciammocca) con Nicolino (Scorza).

LA SIGNORINA COCHELICÒ



per automobili e stantuffi per aeroplani, desidera parlare al signor Antonio Serra.” E che vo’ chisto ’a me? Fallo passà. Saverio Va bene. (via per la comune) Elvira Io mme ne vaco dinto, Totò, fa gli affari tuoi. (via 2aa sinistra) Antonio Sì, sì, vai. Justo mo aveva venì chisto, io aggia j’ ’a stazione...basta, mo ’o spiccio lesto, lesto. Scena seconda Nicolino e detto Nicolino (di do) È permesso? Antonio Avanti, avanti, signore. Nicolino (fuori. Giacca e pantaloni bianchi. Piccola paglia. Cartiera in mano.) Grazie. Il signor Antonio Serra? Antonio Sono io. Nicolino Direttore dell’Agenzia di collocamento e d’informazioni? Antonio A servirvi. Nicolino Favorirmi sempre, prego. (strette di mano) Vengo a proporvi un affare, che se siete disposto ad accettare potreste fare la vostra e la mia fortuna. Antonio Ah! Sì? Accomodatevi, allora, prego. (Seggono al tavolo di mezzo. Nicolino a destra) di che si tratta? Nicolino Un momento. [(Potessi fa ’o colpo co chisto ccà?)]4 Dovete sapere, amico mio, che io sono Napoletano, ho viaggiato molto, so’ stato a Parigi, a Londra, a Berlino, so’ stato tre anni in America, insomma so’ na persona abbastanza intelligente; voi non parlate cu nu stupido, sa?, ma con un grande artista, con un genio!... Antonio (Me piace ch’è modesto). Ho già letto le vostre belle qualità sulla carta da visita. Nicolino Seh, e chello che d’è, avete voglia. Antonio Ah! Nce sta chiù rroba? Nicolino Eh! In fatto di meccanica, mio caro Serra, io aggio fatto vedè belli ccose in Germania5, aggio fatto vedè ’e surece russe. Ho fatto solamente 49 invenzione e 27 scoperte. Sono amico strettissimo di Edison, di Marconi, di Lumiere...Che Lumiere!...[Io sono superiore a sta gente lloco... io so’ n’artista, io so’ nu genio!

4 5

La battuta tra parentesi quadre è stata aggiunta a matita. Sul manoscritto, sostituito con “...aggio fatto vedè belli ccose all’estero”

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[Antonio (Mo ’o dice n’ata vota!)]6 Nicolino Non mi hanno compreso, cioè non ho avuto fortuna. A quest’ora io avarria essere milionario. Ma chi sa...chi sa. Dunque, l’affare che io vi propongo è questo: io ho inventato una macchina, na cosa straordinaria, l’ho studiata 10 anni, 10 lunghi anni! Antonio Nientemeno? Ma che cos’è una locomotiva!? Nicolino No! Che locomotiva! È una macchina culinaria e che se po’ tenè in cucina, nella stanza da pranzo, a qualunque parte. Ecco, vedete, questo è il disegno. (aprendo la cartiera) Antonio Ah! Benissimo!...E a che serve? Nicolino Ecco qua. (apre il disegno sul tavolo e mostra col dito) Voi pigliate un uovo, fresco però, lo mettete qua, vedete, nel buco A, girate tre volte il manubrio B,...premete il bottone C,... alzate questa leva D,...passate questa spina da E a F...aprite la valvola G...svitate questa rotella H, ...tirate la catena I... Antonio Amico, e ccà si se tratta d’arrivà fino a zeta, io moro vicino ’a machina. Cheste so’ doje ore ’e ginnastica. Nicolino È finito, ci siamo. Svitate la rotella H, tirate la catena I,...e aprite questo sportello sotto l’apparato. Lasciatela sta così per otto giorni, poi ritornate, ripetete tutti i movimenti,...e indovinate che ve vedite ascì ’a sotto? Antonio Che m’esce ’a sotto? Nicolino Un pollastro vivo! Antonio Uh! Ah! Ah! Ah!...Neh, jatevenne, non dite sciocchezze. Nicolino Sciocchezze? Nfaccia a me voi dite sciocchezze? Ma sapete che io so’ n’artista,...so’ nu genio?... Antonio Ma perdonate...uno mette l’uovo lloco dinto e doppo otto juorne jesce ’o pullaste vivo?! Nicolino Esce ’o pullasto vivo, sì! E perciò v’ho detto ch’è na cosa straordinaria. Antonio Ma nc’’o mettite primma? Nicolino Niente affatto! Lo crea meccanicamente il mio apparato con metamorfosi elettrostatica dell’uovo. Antonio Ah? Eh!...sarà Nicolino Sarà? È così. E non è tutto. C’è più roba. Antonio Ancora? Nicolino Già, e questo è meraviglioso! (poi mostrando il disegno) Se aprite il forrnello M,...e ci mettete il pollastro vivo, chiudete subito spingete il pomo N,...pigliate queste due palle in mano e premete: allora dal buco O...vedrete uscire un fumo, tirate 6

Battute cancellate.

LA SIGNORINA COCHELICÒ

Antonio Nicolino Antonio Nicolino

Antonio Nicolino Antonio Nicolino

Antonio Nicolino Antonio Nicolino Antonio Nicolino Antonio Nicolino Antonio

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l’anello P...e aspettate. Dopo un quarto d’ora si sente un fischio, aprite il fornello M,...tirate la graticola e il pollastro che prima era vivo, vi uscirà morto, spennato e cucinato! (ridendo sottovoce) (Chisto è pazzo!) E scusate, comm’esce, arrostito? Già, arrostito per il forte calore elettrico. Ah! Ecco!...Oh!! E se uno ce vo’ due patatine per contorno? Ci ho pensato!...Si mettono prima, tagliate a piccoli pezzi, in questa scatola N°10. Mettete in comunicazione questi due fili del N° 12, alzate un poco l’asta del 14, mettete un dito nel buco del 16 e premete! Dopo dieci minuti vi troverete le patatine belle e cotte. Ah! Bravo!... È na cosa straordinaria poi vedrete... A me, scusate che v’’o dico, mme pare na cosa impossibile...(ridendo) E avete ragione, amico mio! 50, 60 anni fa, se uno diceva che si poteva avere la macchina che parlava, la carrozza che camminava senza cavalli, il telegrafo senza fili, la fotografia vivente, la macchina per volare e tutti questi palloni indigeribili, vi ridevano in faccia e dicevano ch’era na cosa impossibile. [La fotografia vivente, la macchina per volare e tutti questi palloni indigeribili… [(Vide che l’esce ’a vocca a chisto). ]7 Questo poi è vero. E dunque. Aspettate e poi giudicate. Va bene, ma insomma io che c’entro cu sta machina, che volete da me? Ecco qua. Io so che voi avete molte conoscenze con persone ricche, che state in corrispondenza con le primarie case all’Estero e voi mi dovete incoraggiare. In che modo? Vedete, se voi siete buono a trovarmi chi mme presta vintemila lire, io in 19 giorni costruisco la macchina e voi avrete una forte ricompensa. Bello mio, e chi volite che se mette a caccià chesta somma. Se voi vi ci mettete, lo troviamo. Voi siete conosciutissimo, io lo so, e con una parola vostra potete trovare altro che ventimila lire. Se po le volete caccià voi... Io?...No...io non mi occupo di queste cose. Va bene, vedrò io, ...cercherò io qualche persona...(Accussì mm’’o levo ’a tuorno!)

Vedi nota 4

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TEATRO (1900-1910)

Nicolino Grazie tante. Io poi ritornerò e mi farete sapere qualche cosa. Antonio Sissignore. (si alzano) Nicolino Il disegno ve lo lascio, ve po’ servì. Antonio Già, se capisce. Nicolino Stateve attento addò ’o mettite, solo questo tengo. Antonio Non dubitate. Nicolino E se ci riuscite...io poi non me lo tengo. Gli utili faremo mieze pedone. Siete contento? Antonio Sta bene. Nicolino A rivederci, signor direttore, e state sicuro che noi faremo la nostra fortuna. Antonio Speriamo. Nicolino No, è così. Voi scherzate, questo è il non plus ultra del meccanismo! Voi lo capite sì o no?...Questo mi farà diventare immortale! Chi è che ha avuta la mia abilità? Nessuno!... Io solo, col mio ingegno, col mio talento!...forse dalla presenza non sembra, ma ccà dinto ccà...(a fronte) c’è roba da alzà l’idea...da ccà dinto scatorisce roba...grossa assai! Antonio (Quanno tiene ’o catarro, hai voglia!) Già,...no, quello se vede... Nicolino A me non m’hanno conosciuto, ma io sono un grande artista...io so’... Antonio Nu genio! Ho capito.A rivederci, stateve bene. Nicolino Di nuovo. (via pel fondo) Antonio Vedete ch’ato pazzo è venuto ’a chesta via!...’A machina, ll’uovo, ’o pollasto vivo, po se coce, ...’e patatine...(riflettendo) Ma...riflettendo...potrebbe pure essere. Oggi niente si può dire impossibile. Basta, vedremo. Scena terza Saverio e detto, poi Elvira (dal fondo con telegramma) Direttò, le lettere l’aggio mpostate. Aggio portato l’informazione al Barone Scarda e cheste so’’e 200 lire. Antonio Bravo. Date qua, e screvitele subeto dint’’o libro. (prende il denaro e lo mette nel portafogli) Saverio Chisto è nu telegranna mo mo venuto (lo dà e va alla scrivania) Antonio (apre il telegramma e legge. Dopo letto) Uh! Sangue de Bacco!...Ma questa è un’infamia...cheste so’ cose ’e botte ’e curtiello!... Saverio

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Saverio (dalla scrivania) Direttò, ch’è stato? Antonio La signorina Cochelicò nun vene chiù! Saverio Uh!!... Antonio E chisto è nu guaio...nu guaio!...(chiamando) Elvira? Elvira? E io che figura faccio col Marchese?...Chillo a n’ato ppoco vene c’’a figlia!... Elvira Ch’è stato? Mm’’e chiammata? Antonio Moglie mia, nientemeno la Cochelicò non arriva più! Elvira Tu che dici? Antonio La verità. Chisto è ’o telegramma che m’ha mannato. Siente. (legge) “Avvenimento improvviso costretta rinunziare posto. Parto lungo viaggio. Cochelicò” Capisci?...Io che lle dico a ’o Marchese? Che figura faccio? Se po’ credere che io l’ho ingannato. Che sono un imbroglione, un impostore qualunque! Perdo un affare d’oro e uno dei miei migliori clienti...Comme se fa!...Chillo ce teneva tanto ad avere questa istitutrice per la figlia. Mo che vene io a chi lle presento?...Mannaggia all’arma d’’a mamma a essa e a me che mme ce so’ miso!!... Elvira E va buono, nun te piglià chiù collera, quanno vene ’o Marchese lle faje vedè ’o telegramma... Antonio Sì, e chillo mme crede. Che giustifica è per me un telegramma!...Sì, ma io mo telegrafo a Chalamont. Lui me la propose e lui mi risponderà dei danni! Scena quarta Ciccillo e detti, poi Carlino Ciccillo (di d° dal fondo) È permesso? Elvira Avanti, chi è? Ciccillo (Fuori con giacca chiara a righe, da parrucchiere, ha in mano una scatola con dentro una parrucca bionda da donna) Servo signorì. (poi ad Antonio) Signor Direttore. (inchinandosi) Antonio No, Ciccì, stammatina nun è cosa. Seh, tengo justo ’a capa ’e mme fa ’a barba. Sto occupato, aggio che fa, nun po’ essere. Ciccillo Io nun nce metto manco cinche minute... Antonio Nun po’ essere Ciccì...viene dimane... Ciccillo E dimane nun pozzo venì. Antonio Pecchè? Ciccillo Pecchè facimm’’o sciopero. Antonio ’O sciopero? Pure ’e giuvene ’e barbiere fanno ’o sciopero mo?

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Ciccillo Embè!...Perciò si v’’a volite fa mo, bene, si no avit’aspettà cinche o seie juorne, quanno fenesce ’o sciopero. Antonio (nervoso) Pure chesto nce voleva...pure ’o sciopero!...Va bene facimmela mo. Ciccillo Pozzo trasì? Antonio Sì, sì, va dinto, prepara tutto che io mo vengo. Ciccillo Va bene. Sta scatola ’a lasso ccà, signorì, è n’ordinazione ’e na signora. Elvira Va bene. (Ciccillo via 1a a sinist. lasciando la scatola sul tavolo in mezzo) Antonio Io mo direi di non far sapere niente al Marchese, tenimmo mmano, pigliamme tiempo. Vedimmo primma Chalamont che mme risponne da Parigi. Comme te pare? Elvira Sicuro. Antonio D. Savè, vuje jate ’a casa ’e D. Errico l’avvocato mio, facitemmillo venì mo proprio ccà. Si nun sta ’a casa jate ’o tribunale, ’o cafè, vedite d’’o truvà. Saverio Va bene (via pel fondo) Antonio Io vaco dinto. Elvì, si vene ’o Marchese chiammame subeto. Se poi viene qualche altro cliente lo fai aspettare. Elvira Va bene. (Antonio via 1a a sinistra) Comme lle venette ncapo a chisto ’e mettere st’agenzia io nun ’o saccio! Carlino (di d° dal fondo) [No, no, grazie, è inutile, io vengo perché debbo parlare col direttore d’un affare importantissimo. Grazie, grazie. (piccola pausa)]8 Permettete? Si può? Elvira Avanti. Carlino (Fuori. Tipo di giovane sui 32 anni. Temperamento nervoso, brillante) Grazie. Si può parlare col direttore? Elvira In questo momento no, perchè è occupato, se volete aspettare, sarà questione di dieci minuti... Carlino Sicuro, aspetto anche mezz’ora...Che me mporta! Elvira Accomodatevi. Carlino Grazie. (seggono al tavolo. Carlino a sinistra) Elvira (Neh, quanto è bello chisto!) Scusate, voi venite forse per avere un impiego? Carlino No! Che impiego! Elvira Per qualche informazione? Carlino No! Qua’ informazione!... Elvira Per entrare a servire in qualche casa? Carlino E che faccio ’o servitore io? Io so’ nu signore! Elvira E allora perchè siete venuto? 8

La battuta tra parentesi quadre è stata cancellata.

LA SIGNORINA COCHELICÒ

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(sorridendo) Eh!!...Per una ragione assai più importante!... So’ venuto per conoscere una ragazza che io con le mie grazie, con le mie premure debbo innamorare e poi sposare. Elvira Ah! Ve volite nzurà?... Carlino Eh! Sì!...mo, sì mo!...Non mme fido chiù de sta solo! Mo mme so’ fatto che appena veco na giovene che mme piace mi viene tale un desiderio d’abbracciarla che se non lo faccio subito mme po’ venì pure na cosa! Elvira Ah?...Ma potite avè pure nu pare ’e schiaffe! (marcato) Carlino Voi vedete quanto so’ simpatico io? Embè, quanno mme piglia quel desiderio, divento n’ orrore!...Mme va tutto ’o sangue ncapo, spaparanzo tanto nu pare d’uocchie...paro nu pazzo! Voi mo, certamente, ve mettete paura che io... (fa il gesto dell’abbraccio) No, no!...State sicura che non v’abbraccio!...V’aggio già riflettuta...nun mme piacite... non siete na gran cosa!... Elvira (Vi’ quanto è bello isso! Mme pare nu micco9!) Carlino Io, cara signora, mo tengo 30 anni, si nun me nzoro mo, quanno me nzoro po? Elvira Ah! Già! (E chi ’o passarria stu guaio!) Però potevate farlo un poco prima. Carlino Lo so, per me l’avarria fatto primma, ma zi Concetta non ha voluto pe paura che fosse capitato male! Elvira E voi a 30 anne, state ancora soggetto a zi zia? Carlino Se capisce, pecchè io non tengo a nisciuno, papà è morto, mammà è morta, tutti morti, tengo sulo a essa. La quale sta bene, vive ’e rendita, e nun m’’a voglio disgustà. Per ora sto in casa sua e faccio ’o signore, non mme manca niente, mo che mi ammoglio ha detto che mi passerà 180 lire al mese, mangià e dormì gratis. Elvira Eh! Non c’è male. Carlino Voi non sapete a zi Concetta? Elvira No! (Io saccio a zi Concetta!) Carlino Comme? Da Concetta Barile, la vedova di D. Pietro Barile, ricco negoziante di Aversa? Conosciutissima. Elvira E io nun ’a conosco! Carlino Ah!...Na simpatica donna...vedete a me, vedete a essa! Ma comme è nervosa, mamma mia!...Quanno se nquarta chella vene ’o terramoto! Aiere me dicette: Carlì?...Pecchè io mi chiamo Carlino Corella di Aversa, Carlì t’aggio troCarlino

9

Micco vuol dire scimmia.



TEATRO (1900-1910)

vata ’a mugliera che fa pe te! Veramente? - Veramente – E addò sta? Chi è? - Dimane t’’a faccio conoscere. Elvira Oh! Ma scusate signor Corella, io vorrei sapere che cosa c’entra il direttore col vostro matrimonio, che c’entra mio marito in tutto questo? Carlino Marito? Ah! Voi siete la moglie del direttore? La moglie di Antonio Serra? Elvira Sicuro. Carlino Oh! Piacere tanto. Eh! Che piacere sarà pe me, quanno io pure pozzo dicere: La signorina Cochelicò è mia moglie. Elvira La signorina Cochelicò? A quella vi dovete sposare? Carlino Perfettamente. Voi non sapete ’o fatto? Mo v’’o dico io. Dovete sapere che zi Concetta tene nu fratello a Parigi, questo fratello tene na nepota...questa nipote si chiama Livia Cochelicò, questa Cochelicò me la sposo io! Siccome ogne anno venimmo a villeggià ccà a Roccapulita, avimmo saputo che ’a signorina arriva stammatina e va come istitutrice in casa di un Marchese, ricco signore di Napoli. Nuie nun ’a conoscimmo che solamente di nome, pecchè è stata sempe fore. Ha viaggiato sempe. Però zi Concetta sape che è molto istruita, pecchè l’ha scritto na vota in francese, na vota in inglese, na vota in italiano, non solo, ma pare che tenesse pure na bona dote. Io l’aspetto ccà, per ordine ’e zi Concetta, quando arriva mi presento, l’accommencio a fa nu poco ’e corte, e al più presto me la sposerò! Ecco tutto. Elvira (Eh! E staje frisco! L’avarria sapè che non arriva chiù!) Carlino Zia Concetta sarria venuta pur’essa ad aspettarla, ma non ha potuto venì!...[In questo momento lavora per la sua vendetta! Elvira Una vendetta? Carlino Già!]10 Sta correnno appriesso a n’assassino! Un certo Felice11 Filetti, maestro di scherma. Nientemeno, il seduttore di mia cugina Nannina!... (sottovoce) Elvira Ah!...Un romanzo!... Carlino Romanzo?...Tragedia!...Io si l’arrivo a trovà mm’’o magno vivo! Elvira Ah! ’O conoscite? Carlino No! Nemmenno Nannina ’o conosce. Elvira E allora? 10

Battute racchiuse in un riquadro. Cancellato “Celestino” e sostituito con “Felice”. In tutto il manoscritto sarà da intendersi questa sostituzione. 11

LA SIGNORINA COCHELICÒ

Carlino Elvira



Ma zi Concetta sì, però. L’ha visto aieressera mmiez’’e grade. Ah! Va bene allora. (vedendo venire Antonio) Ah! Ecco mio marito! (si alzano) Scena quinta Antonio e detti, poi Saverio

(in maniche di camicia con asciugamano in mano) No, no, basta, non pozzo perdere chiù tiempo...(vedendo Carlino) Chi è?...Scusate...non sapeva... Carlino Buongiorno, signore. Antonio Buongiorno. Chi è il signore? (ad Elvira) Carlino Io sono Carlino Corella. Vengo per la signorina Cochelicò. Antonio Eh?! Voi?! Voi forse sapete qualche cosa della signorina? Carlino Sicuro. Antonio Oh! Che fortuna. Prego, accomodatevi. Carlino Grazie, so’ stato assettato fino a mo. Antonio Avete forse qualche imbasciata da farmi? [Quacche bona notizia? Qualche speranza? Carlino Sicuro,...spero di riuscirci. (tic) Antonio E stateve cujeto, mme facite votà ll’uocchie. Carlino Non ci badate, so’ i nervi.]12 No. Da na lettera d’’o fratello ’e zi Concetta che sta a Parigi, avimmo saputo che la Cochelicò arriva stamattina, e che si deve presentare a voi. Antonio Ah! Ma allora voi non sapete niente? Carlino Di che cosa? Antonio (riprendendosi) Ah! No! Na cosa mia...E scusate, quando l’avete ricevuta sta lettera? Carlino L’altro ieri. Antonio E avete avuto mo qualche telegramma? Carlino No, solo la lettera. Antonio (E nun sape niente allora. Nun sape che la Cochelicò nun arriva chiù! Meglio così.) Vedete, signore, io credo che la signorina Cochelicò ha perduta la coincidenza e fino a domani non può arrivare... Carlino Ah! Sì?...Lo credete? Antonio E sì, pecchè a chest’ora già avarria sta ccà. Carlino Allora torno domani, comme ve pare? Antonio Tornate domani. Carlino Va bene. Neh, si ’a vedite primma ’e me, fateme nu favore... dicitele che Carlino, il suo Carlino l’aspetta così, con le brac-

Antonio

12

Vedi nota 10.



Antonio

Saverio Elvira Antonio Saverio Antonio Elvira Antonio

TEATRO (1900-1910)

cia aperte! Permettete. Vaco a dà na mano a zi Concetta. Andiamo trovando uno scellerato, Felice Filetti...che...va bene! Avrà da fare con me!...Signor Direttore...(stretta di mano) Signora....(stretta di mano e via) A domani. (via pel fondo) Vi’ che bello tipo!...Mme credeva che mme poteva dicere qualche cosa della Cochelicò, e chillo non sapeva niente. Va trova addò arma d’’a mamma s’è ghiuta a rompere ’e gamme! (dal fondo con scatola da sarta) Signorì, ’a sarta ha portato ’o spolverino. Portalo dinto. Neh, site stato da l’avvocato? Sissignore, e non po’ venì pecchè sta cuccato cu delore ’e panza, ha ditto che ghiate vuje llà. (va nella 2a a sinistra poi torna) Pure st’ata combinazione. E va bene, vaco io llà. (prende il cappello e fa p.a.) Che faje? Jesce mmaneca ’e ncammisa? Uh! Overo!...E che vuò da me...sto stunato...penso alla Cochelicò!... Scena sesta Ciccillo e detto, poi Saverio poi Antonio

Ciccillo Antonio Ciccillo Antonio Ciccillo Saverio Ciccillo Saverio Ciccillo Saverio Antonio

Direttò, io ch’aggia fa? Mme nn’aggia j’? Sì, aggio che fa, nun pozzo perdere tiempo... Manco na pettinata ve volite fa? (esce Saverio) Tu qua’ pettinata, che mme mporta...se ne parla quanno è fenuto ’o sciopero (via 1a a sinistra) Va bene. Ciccì, agge pacienza, te truove ccà, famme na passatella pure a me. (allude alla barba) Padrone, pecchè no. Addò nce mettimmo? Ccà, dint’’a cammarella mia. E ghiamme. Con permesso? (ad Elvira) Permettete signò. (viano 2a a destra) (uscendo. Si è vestito) Eccomi qua. Elvì, io vado dall’avvocato. Lle voglio domandà che danne pozzo cercà alla casa Chalamont, capisci...mi hanno combinato chist servizio!... Statte bona...mo mme ne scengo p’’a scala d’’a cucina, faccio chiù ampressa. Mo che vene ’o Marchese tu dici che nun saje niente, che aggio avuta na chiamata ’o telefono e che vengo subito. Io po trovo io ’a scusa.

LA SIGNORINA COCHELICÒ

Elvira



Va bene. (Antonio via 2a a destra) Chisto da che arapette st’agenzia nun ave chiù che guaio passà. E io nc’’o diceva: Stammece a Parigi, nun nce movimmo a ccà. Niente, tuosto, se licenziaie con la casa Chalamont addò isso steve comme secondo segretario e se ne volette venì ccà mmiezo a sti quatte cafune d’’e paisane suoie, pe mettere pur’isso l’agenzia. Nne poteva fa proprio a meno. (voltando le spalle alla porta d’ingresso) Scena settima Felice Filetti e detta, poi Ciccillo e Saverio

(dal fondo. Abito bianco. Piccoli baffi e barbetta. Entra in fretta. Guarda intorno) Scusate, signora... Elvira (voltandosi) Chi è? (riconoscendolo) (Chillo giovinotto ’e copp’’o bagno?) Felice (’A signora d’’o bagno!) (viene avanti) Elvira (seria) Signore, ma sapete che la vostra è una bella imprudenza? Venire anche in casa a disturbarmi? Finiamola una buona volta. Lasciatemi stare, se non volete che ve lo faccia dire da mio marito! Felice Ah! Voi siete maritata? Elvira Sicuro, e adoro mio marito. [Per chi mi prendete? [Felice Signora...io voleva prendervi...per me, ma dopo la cera che me facisteve ajere, mi sono allontanato, perchè ho visto che non siete una donna di spirito. [Elvira E già!...Si ve guardavo e ve redeva nfaccia, ero una donna di spirito? [Felice Se capisce! Elvira [(E chello se sapeva.) E adesso]13 cosa volete da me? Felice Niente signò. Io nun sapeva che vuie abitaveve ccà, si no non ce sarria venuto. Passanno pe stu vico, currenno, mme so’ mpezzato dint’a stu palazzo e so’ sagliuto; pe fortuna ’o secondo piano trovo ’a porta aperta e so’ trasuto! Elvira E pecchè? Che vulite? Felice Un momento, lasciateme piglià fiato!...(siede al tavolo) Diteme na cosa, chella fenesta affaccia ’a strada? Elvira Sicuro. Felice Affaccia ’a strada? Grazie. (s’alza e corre alla finestra) Ah!!!Stanno llà...stanno llà, signò!... Elvira Chi? Felice

13

Vedi nota 10

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TEATRO (1900-1910)

Felice

’A vecchia, ’o giovene e ’a giovene!....Venite cà, venite a vedè. (Elvira va alla finestra) Vedete di rimpetto, llà, na vecchia corta e chiatta? Elvira Sì. Felice Vedete vicino a essa na guagliona e nu giovine piuttosto curiuso? Elvira Sì. Felice E vedete che chella vecchia tene na botteglia mmano? Elvira Sicuro. Felice [Ebbene, signora,...chillo miezo litro è d’’o mio!...È per me!]14 Sapete dentro che nce sta? Elvira Che nce sta? Felice Vetriolo!! Elvira Vetriolo? Felice Sì! Chello sarrà! Elvira E pe fa che? Felice Pe fa che? Pe m’’o menà nfaccia! Per vendicarsi...per sfigurarmi...per cecarmi! Elvira Oh! E pecchè? Felice Tenete nu fucile signò? Nu fucile? Elvira Ch’avit’’a fa? Felice ’E voglio sparà a tutt’’e tre!! Elvira Ma pecchè, scusate,...chi è chella vecchia? Felice Na certa Concetta Barile, na strega, na diavola!... Elvira Concetta Barile? Felice ’A conoscite? Elvira No...me n’hanno parlato poco prima. (poi ricordandosi) Ah! Nu momento...e voi forse siete il signor Felice Filetti? Felice Sicuro, sto qui a villeggiare. Elvira Maestro di scherma? Felice Sicuro. Elvira Ah! Bravo!...Allora siete voi che avete sedotta una certa Nannina! (pausa) Felice E comme ’o sapite? Elvira Pecchè ’o cugino è stato ccà e m’ha contato. E bravo! Avete fatto na bella cosa. (siede) Felice Signò, io non aggio fatto niente! Aggio fatto chello che avarria fatto chiunque. Dovete sapere che ieri sera verso le nove, jetto a trovà n’amico mio strettissimo che steva malato, a via Mercato n.8, 4° piano. ’A scala steva oscuro, 14

Vedi nota 6.

LA SIGNORINA COCHELICÒ



’a combinazione non tenevo cerine. Chiammaje ’o guardaporta, ma...chi v’’o dà...voi sapete, chisto è nu paese che all’otto nun truvate a nisciuno chiù, stanno dormenno tutte quante!...Io non ci feci caso, sapevo ’a scala, sapevo ’a porta e cominciai a salire piano piano. A la metà, verso il 2° piano, dint’’o scuro, sento na voce ’e femmena che dice...“Saglie Giacomì, saglie, nun te mettere paura, io sto sola, zi Concetta è asciuta, Carlino sta dormenno!” Po...mme sentette afferrà ...e io mme facette afferrà...Me sentette abbraccià...e abbracciaie pur’io!...Saglietteme nzieme n’ato poco, arrivate vicino ’a porta, mme sentette vuttà dinto...ch’aveva fa?... Trasette!...Capii che fu un equivoco, che questo Giacomino teneva l’appuntamento e non nce jette,...ma zitto! Pecchè essa diceva: “Nun parlà, nun fa remmore!... ’A cammera steva pure ’o scuro!...Nc’assettaieme ncopp’a nu divano... Nc’assettaime ncopp’ a stu divano...e sempre senza parlà... me l’abbracciaie e mm’a baciaie!!... Elvira Oh!!! Felice Oh che?...Scusate, nu giovine come me, sulo, vicino a na guagliona...Mentre stevemo tanto bello, sentimmo a chillo canacaro d’’o cugino che ’a chiammava. Essa me facette scappà dicenno: “Viene dimane a sera. Giacomì, dimane a sera!...Me votta fore’a porta...e chi trovo ’e faccia? ’A zia!...D.a Concetta!...Cu na cannela mmano!...’A guagliona se ne scappa dinto, ’a vecchia m’afferra pe canne...[pecchè non potete credere, è na carabiniera, tene na forza indiavolata, n’ato poco mme strafocava!]15 “Chi siete voi? Che facevate in casa mia a quest’ora?...” Io non lo so comme facette, lle dongo na vottata e me ne scappo. Mme cadette ’o portafoglio, ma chi se n’incarricaie. Stammatina aveva fatto la penzata ’e mme ne scappà a Napole, col primo treno. Mentre jevo ’a stazione,...ppà!, ’A vecchia ’e faccia nzieme cu na giovene. Era chella tale!!! Ferma! Ha ditto ’a vecchia!...Si no te mengo chesta nfaccia! (cambiando tono) ’O vetriuolo!...Tu sei Felice Filetti! Ho trovato il tuo portafogli! Tu hai ingannato mia nipote Nannina! Hai preso il posto di un altro, adesso tu la sposerai! Elvira Bravo!...Sposatela! Felice Chi? Io!...Signora mia...llà c’è nu Giacomino prima di me!!!...Capite?!...S’’a sposa isso!!...’A zia nun ne sape niente!...Allora io, vedenno ch’essa chiù se nfuriava, senza 15

Vedi nota 10.



TEATRO (1900-1910)

perdermi di coraggio, aggio votate ’e spalle,... e mme ne so’ scappato! Lloro appriesso. Io curreva nnanze, lloro ’a dereto alluccanno: mme so’ mpezzato dinto a stu palazzo, so’ sagliuto...ed eccomi qua. Elvira E bravo! E ’a ccà mo comme scennite? Chille stanno abbascio. Felice E chesto sto penzanno! Ciccillo (uscendo con pennello e rasoio in mano che avvolge in una carta) Statte buono, Savè! Saverio (da dentro) E grazie, sa. Felice (spaventato) Chi è? Elvira È ’o barbiere ’e mariteme. Felice Ah! Mo moro d’’a paura. (poi come colpito da un’idea) ’O barbiere?!... (a Ciccio) Voi siete barbiere? Ciccillo Sissignore. Felice E questo mi riguarda. Voi mi dovete salvare. Voglio essere levato barba, mustacce e capelli. Così tosato e spelato non sarò riconosciuto e pozzo scennere liberamente. Ciccillo Ma scusate... Felice No, niente, che scusate, io non scuso...l’idea è splendida e non la discuto. Jammo piglia ’a tovaglia, l’acqua, ’o sapone...votta ’e mmane. Ti regalo dieci lire. [Ciccillo Ma io non posso... [Felice Te ne do 15...20..40...50.]16 Ciccillo 50 lire? Mo ve levo quanta pile tenite! Felice Bravo! Addò avimma j’? Ciccillo Favorite ’a chesta parte, dint’’a stanza addò s’’a fa ’o direttore. Elvira Ah! Sicuro, llà c’è tutto. Felice Benissimo!...Signò, voi scuserete il fastidio, ma ccà se tratta ’e vetriuolo, capite. (entra con Ciccillo 1a a sinistra) Elvira (ridendo) Si è comme ha contato isso ’o fatto, allora ave ragione. Scena ottava Errico e detta, poi Felice, poi Ciccillo Errico Elvira Errico

16

(dal fondo) È permesso? Uh! Mamma mia, fossero lloro? (chiude la 1a a sin.) Avanti. (fuori. Pantalone nero, gilet idem scollato, cravatta nera e giacca di colore) Servo, signorì.

Vedi nota 4.

LA SIGNORINA COCHELICÒ

Elvira Errico



Chi siete? Signorì, io songo Errico, ’o cammeriere ’e l’Albergo del Sole, vularria parlà c’’o direttore. Elvira Il direttore non c’è, è stato chiamato al telefono, tuorne chiù tarde... Errico Io so’ venuto pure aiere, ma ’o signore steva troppo occupato e nun ’o vulette disturbà. Lle voleva dicere ’e mme trovà n’ata piazza, pecchè signorina mia, addò stongo mo è nu murì!...Faticamme d’’a matina ’a sera, e quanno vaje pe vedè, che t’ ’e abbuscato? Poco o niente. Aspettaveme tanto che fosse venuta ’a stagione pe vedè quacche buono signore...quacche furastiere...addò, che sa ch’è succieso st’anno, mme pare nu camposanto ’o paese. Doje o tre famiglie stanno all’Albergo nuosto e so’ cierti ggallette!... Perciò, dicitencelle vuje a ’o signore, mme mannasse addò vo’ isso, a Napole, a Roma, in Francia, a Pozzuole...addò vo’ isso, a me nun mme preme! Elvira Va bene, lle dico io qualche cosa, ma sempre è buono che ce parle tu. Errico Sissignore eccellenza. Quanno volite che torno? Stasera no, pecchè songo ’e guardia. Elvira No, tuorne a n’ato pare d’ore. Errico (guarda l’orologio) A miezo juorno? E nun pozzo venì, tengo ’a colazione...Doppo ’a colazione? Elvira Doppo ’a colazione. Errico Va bene. Servo, eccellenza. E grazie tanto. Elvira Niente, niente... Errico Bona giornata. (via pel fondo) Felice (dalla 1a a sin. un asciugamano al collo. E’ senza baffi e senza barbetta) Signò, … come ve pare?...Credete che me ponno conoscere? Elvira Oh! Macchè, è proprio n’ata faccia...Siete irriconoscibile, parola d’onore. Felice Aggio fatto ’o colpo! ’E capille lassamme sta, è inutile... Elvira Ma sì, è inutile proprio!...Non c’è bisogno. Felice Si no sta capa pare proprio nu carusiello. Neh, giovinò, venite qua, nun mporta, ’e capille lassamme sta. Ciccillo (fuori) Come volete voi. Felice Tiene ccà, cheste so’ ’e 50 lire. E mi raccomando...silenzio! Ciccillo Io nun arapo manche ’a vocca. Felice Bravo. Ciccillo Grazie tante. Comandate niente chiù? Felice Niente chiù, puoi andare. (si toglie l’asciugamano)



TEATRO (1900-1910)

Ciccillo Na pettinata? Felice Niente pettinata, statte buono. Ciccillo Servo vostro. (M’aggio abbuscato 50 lire...che bella cosa!) (distratto, via pel fondo, lasciando la scatola) Felice (correndo alla finestra) ’E vi’ llà!...Stanno ancora llà! E se capisce! Chille nun se muovene, aspettano a me. E hanno voglia d’aspettà! (ride, poi smettendo ad un tratto) Uh! Mamma mia, signò! Elvira Ch’è stato? Felice Mo che ce penzo...che bestia!...E io sto vestuto bianco, mo che scengo, ’a vecchia nel vedermi può avere qualche sospetto...qualche dubbio...’a cammisa po,...chella vede ’a cammisa colorata, mi riconosce certamente... Elvira Ah! Già, sicuro... Felice Mannaggia ll’arma lloro!!!...E io comme faccio?...Comme scengo?...(con rabbia) Dateme na cosa p’’a sparà...nu revolvere, na pistola qualunque...(guardando in tutte le tasche) Ah!!...(credendo di aver trovata un’arma, caccia una piccola pipa inglese) Ah! No!...Chella è ’a pipparella mia!...’E voleva sparà c’’a pippa!...(la conserva) E comme s’ha da fa, signò, trovate pure vuje nu mezzo...pozzo rimmanè ccà ncoppa? Elvira A chi?...Ma che site pazzo? Vuje nun ce potite sta chiù ccà. Pecchè vene mariteme e a chi volite fa compromettere! Felice E comme mme ne vaco, scusate, vuje site nu bello tipo. Mme ne pozzo scennere annudo? (siede al tavolo) Elvira Vuje vedite che guaio aggio passato cu chisto! Felice Maledetto il momento che trasette dint’ a chella casa! Maledetto il momento!!! (dà un pugno sulla scatola lasciata da Ciccillo) Uh! Scusate, non ci ho badato...abbiate pazienza. È rroba vosta? Elvira (osservandola) No! Ah! Chesta è robba d’’o parrucchiere se l’ha scordata ccà ncoppa. Felice Oh! Va trova che ll’aggio rutto mo a chillo. (apre la scatola) Ah! No, meno male...è na perucca ’e femmena. Elvira Ah! Ah! Sì. Ha ditto ch’era n’ordinazione pe na signora. Felice (cacciandola) Bella!!...(Poi, fissando la parrucca, lascia sorgere sul viso un’espressione come di chi è colpito da una magnifica idea) Elvira Ch’ato lle vene mo!! Felice Signò...Zitta!...Sono salvo!... Elvira E come? Felice Me la metto io!!!(mette la parrucca) Elvira (ridendo) E accossì volite scennere?...

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Felice

No!...Mme prestate vuje na veste. Vestuto ’a femmena non c’è più paura d’essere conosciuto. Scendo col sesso cambiato!... Elvira E già, io metto na vesta mia ncuollo a buje, se trova a venì mariteme, ’a vede, ’a conosce, e simme accise tutt’’e duje! Felice Oh! Dio mio, signò, quante difficoltà. Iusto mo ha da venì ’o marito vuosto? E po, nun tenite na cosa vecchia che vostro marito nun se ricorda chiù...na cosa qualunque... Elvira Aspettate, dinto tengo nu spolverino che mo m’ha mannato ’a sarta. Felice Benissimo! Vostro marito nun l’ha visto, m’’o pozzo mettere. Addò sta sta rrobba? Elvira Dinto. Felice E ghiammo...veniteme a dà na mano!! Elvira Ma aspettate...chello po si se sporca, si se straccia, m’’o pagate vuie! (lo segue protestando) Scena nona Marchese Penna e Lucia Marchese (dal fondo) Segretario?...Signor Segretario?...È permesso?...(fuori – Lucia lo segue) Oh! Questa è bella...ccà manco nce sta nisciuno? No, mme piace! ’A porta aperta, nisciuno se vede, e ccà ’e mariuole ponno fa chello che vonno lloro!...(ridendo) Lucia Ma papà, vuje ve ricordate buono?...Alle 10 e mezza avevate l’appuntamento? Marchese Alle 10 e mezza precise. Così rimanemmo cu D. Antonio. Mi faceva trovare questa famosa istitutrice, questa signorina Cochelicò, me la presentava, ci parlavo e ce ne jeveme all’albergo. (si sono seduti) Lui me ne ha parlato molto bene, dice che è persona di buona famiglia, istruita, parla francese, inglese, italiano bene e difatti scrissi ad un mio amico di Parigi e ne ebbi ottime informazioni. Dice che è na giovine de nu 29, 30 anni...gentile, onesta, fidata... insomma tutte quelle belle qualità che io cercavo. Lucia Ma comme v’è venuta tutt’ assieme st’idea ’e me piglià n’istitutrice? Marchese Cara Lucia, ne ho vista la necessità. Dopo la morte di tua madre, avvenuta tre anni fa, noi non possiamo stare più soli. Tu hai bisogno di una giovine perbene che te curasse, te stesse attienta, te facesse compagnia, specie poi in quei momenti ch’io sono occupato per affari, per tanti impegni assunti. Ma pecchè, forse non te fa piacere?



TEATRO (1900-1910)

Lucia A me? Vi pare!...Io nun veco ll’ora ’e conoscere sta signorina. Marchese Nuje mo ’a vedimmo. Se ti piace, se ti è simpatica, nc’’a portammo all’Albergo, se no si pagano le spese che se so’ fatte e penseremo diversamente. Comme te pare? Lucia Come volete, papà. Marchese Ma chesta fosse già venuta, stesse dinto e nuje stamme aspettanno ccà? Lucia Eh! Po’ essere. Marchese Entriamo là, dal segretario, domandiamo a lui. (entrano 2a a destra) Scena decima Antonio, Concetta, Nannina, Carlino, poi Elvira e Felice (da donna) (dal fondo) Favorite signori, vi prego accomodatevi. (depone il cappello) Concetta (dal fondo. Ha in mano una bottiglia. E’ agitatissima. Entra e guarda intorno) Grazie! Carlino Grazie! Nannina Grazie! (un po’ addolorata) Antonio Ma vi pare, egregi signori, che mia moglie faceva annasconnere nu giovine dint’’a casa mia?...Nella mia assenza. Non lo dite neanche per ischerzo! Concetta No! Qua deve stare! ’O guardaporta ci ha detto che stu palazzo tiene due soli piani, il 1° è sfittato e sta chiuso, dunque ccà è trasuto pecchè d’’o portone non è asciuto, ve lo garantisco io. Vostra moglie po’ essere pure che nun nne sape niente, pecchè chillo sforcato sarrà trasuto zitto zitto e chi sa addò s’è annasconnuto. Fateme sta grazie, voi che ci perdete che mme facite vedè nu momento. [Antonio (Tu vide nu poco...io tengo ’e guaie mieie...)]17 Concetta Abbiate pazienza, scusate il fastidio... Antonio E favorite...jate vedenno, è fatto. Concetta No, dovete entrare voi pure, noi soli non entriamo, scusate. Antonio Io pure? Concetta Si capisce. Antonio E vengo pur’io. Favorite. Concetta Carlì? Carlino Zizì? Concetta Nannì? Nannina Zizì? Antonio

17

Vedi nota 6.

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Concetta Andiamo. (Tutti viano 1a a sinistra) Elvira (dalla 2a a sin. Ha in mano la pipa, il fazzoletto ed un portamonete di Felice) Ascite...nun nce sta nisciuno, ascite. Felice (da donna. Ha una borsetta di stoffa in mano) Signò, ma ’a verità, sto buono. Sono irriconoscibile? Elvira Ah! Mo sì, sfido chiunque a conoscevi. Oh! Ma D. Felì, vuje v’avita sta attiento...io m’’o ffaccio pagà sa. Felice Nun dubitate... Elvira Tenite, pigliateve ’a pippa...’o fazzoletto, ’o portamonete. Felice Ah! Sì, mo mme scordavo. (mette tutto in borsa) Elvira ’E panne vuoste addò l’avite miso? Felice Dint’ a l’armadio, dimane po ve faccio sapè addò mme l’avit’’a portà. Elvira V’’e porto io?...E già, tene ’a cammarera ccà! Ma chisto è originale, sapete! Felice Ho sbagliato, signò. Voleva dire, addò mme l’avita mannà. E per l’istessa persona ve manno ’a rrobba vosta. Stateve bene e grazie di tutto. (stringe la mano) Comandatemi!... (bacia) Sono il vostro servo! (bacia) Elvira E che d’è ’o fatto? (ritirando la mano) Felice E che c’entra...e io so’ donna mo. Elvira (marcato) E io so’ cavallo e stateve bene. Scena undicesima Saverio, Marchese, Lucia e detti (uscendo) Vi prego signor Marchese, favorite nel salotto. (Felice che sta per uscire si arresta, Saverio la guarda e si inchina) (E chesta chi è?) Lucia (guardando Felice) (Papà, fosse quella la signorina?) Marchese (Sicuro, po’ essere.) (a Felice) Scusate...voi forse siete la signorina Cochelicò?... Felice (guarda Elvira che ride sottovoce, poi fra sé) (Chi è mo sta Cochelicò?) (sorridendo) Sicuro, sono la Cochelicò!...E me ne debbo andare chè m’aspettano. A rivederci. (fa p.a.) Marchese Un momento, signorina, e sono io che v’aspetto. Io sono il Marchese Achille Penna di cui v’hanno parlato. Voi forse volevate andare all’albergo?...E non lo sapevate che era qua l’appuntamento? Felice (guarda Elvira c.s.) No...non lo sapeva... Marchese Ah! Ecco. (poi ad Elvira salutando) Signora... Elvira (salutando) Marchese...signorina... Lucia (salutando) Signora. Saverio



TEATRO (1900-1910)

Marchese (guardando Felice, piano a Lucia) (È una simpatica giovine, è vero?) Lucia (Molto simpatica, papà.) Marchese (E anche elegante.) Lucia (Sicuro.) Marchese (a Felice) Brava! Siete molto simpatica! Avete fatta una bella impressione a mia figlia! Non è vero Lucia? Lucia Bellissima! E voi dice che avete 34 anni? Non ci sembrano però.[Potete dire benissimo d’averne 27. (molto gentile) Marchese Proprio!]18 Lucia Abbiamo poi saputo tutte le vostre belle qualità, le vostre virtù e sono veramente felice d’avervi sempre vicino a me. Felice Io sono confuso...sa, confusa proprio...tanta bontà...(Ma chi so’?) Marchese [Io ho ricevuto tutte le vostre ottime informazioni e siamo perfettamente d’accordo. Con gran piacere vi prendiamo.]19 Voi da oggi in poi, dovete stare sempre vicino a mia figlia. Felice (carezzando Lucia) Oh! Sempre cara! (Chesta overo è bona!!...) Marchese Io l’affido a voi...dovete essere per lei una seconda madre. Guidarla, consigliarla bene. Felice Oh! Non dubitate, state tranquillo Marchese! Vostra figlia...sotto di me, starà a meraviglia!... Elvira (Ma ccà mo che mbruoglio succede?) Marchese Voi siete francese, è vero? Felice (non sapendo cosa dire) Già...sicuro... Marchese Ma parlate molto bene l’italiano. Felice Eh! L’ho studiato tanti anni. Marchese La ragazza però di francese e italiano ne sa abbastanza... un po’ di tedesco20 non mi dispiacerebbe. Voi lo conoscete, me l’hanno detto. Felice Eh! Figuratevi...conosco l’inglese come...come si può conoscere, non so … ….il...cataplasma!... Marchese (ridendo) Brava. Noi stiamo all’Albergo del Sole. La vostra camera è già pronta vicino a quella di Lucia. Se vogliamo andare faremo subito ritirare i vostri bagagli. Felice (E staie frisco! Io mo p’’a strada lle dico tutte cose...) Marchese Io ho assegnato a mia figlia una dote di 250 mila lire, alla mia morte ne avrà altrettante e formeranno la bella somma di mezzo milione. 18

Vedi nota 6 Vedi nota 10 20 “tedesco” sostituito con “inglese” 19

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Felice Mezzo milione?!....Bravo!... Marchese Sapete quanta moschiglione tene attuorno chesta? Ma non ne ha mai voluto sapere di matrimonio, perchè mai ha trovato un giovine di suo gusto. Io non impongo nessun matrimonio, voi vigilerete, sorveglierete e quando mia figlia vi dirà: “Signorina, io amo quel giovine...” se a voi piace, se vedete che è un perfetto galantuomo, me lo direte e lo sposerà. Se invece qualche partito si presenta a me, io lo manderò a voi. Felice Oh! Siete un padre pieno di nobiltà e di cuore. Lasciate fare a me!...Ci sono io, e penserò io alla sua felicità! (E che so’ scemo! Mezzo milione?...E chi lle dice niente chiù, chi arape ’a vocca! Audacia per audacia! Vedimmo si ce riesco!!) Marchese Signorina, date il braccio a mia figlia e andiamo all’albergo. (i due eseguono) Scena dodicesima Antonio, Concetta, Nannina, Carlino e detti (dalla 2a a sin.) Sentite a me, chillo se n’è asciuto p’’o palazzo e voi non ve ne siete accorta. Concetta (sempre con la bottiglia) Proprio così! (con rabbia) Ah! Ma si m’’o trovate... Antonio (vedendo Achille) Oh! Marchese rispettabile...signorina (a Lucia) Marchese Ah! Direttò, voi stavate qua? (strette di mano) Felice (’A vecchia?!...Eh! Mamma, aiutame tu!) Marchese Sappiate che noi siamo contentissimi della signorina Cochelicò! Bravo direttore! Sarete ricompensato come meritate. Antonio Grazie...ma vedete, signor Marchese, quella...avrà sbagliata la coincidenza...verrà domani!... Marchese Ma voi che dite? Qua’ coincidenza...qua’ domani...volete scherzare?...Quella sta qua (mostra Felice) Ecco la signorina Cochelicò! Antonio Concetta Che?! (con gioia) Nannina Carlino Antonio Voi siete la Cochelicò? (a Felice) Voi? Oh! Che fortuna... che onore! (strette di mano. Elvira ride) Concetta (con slancio) Oh! Livietta mia, vieni qua, damme n’abbraccio!...(strette di mano e abbraccio) Eh! Lo so, tu non ti puoi



Antonio



TEATRO (1900-1910)

ricordare di me...quanno te ne jste a Parigi cu frateme Eugenio ire proprio tantella...(gesto analogo) Tuo zio non t’ha parlato mai di me? Concetta Barile...Questi sono gli altri nipoti miei. Nannina e Carlino... Felice (alterando un po’ la voce) Oh! Voi siete la sorellina di zio Eugenio? Che piacere!...E questa è Nannina? E questo è Carlino?...Oh!...qua...un abbraccio! Lo zio mi ha parlato sempre di voi altri!...Cugini miei! Carlino A me, a me pure un abbraccio! Felice Ma sì! Anche a te! (l’abbraccia) Carlino (Quanto è bona!) Concetta Un altro a me, un altro a me. Felice Ma sì...(’A butteglia ’a vi’!) (l’abbraccia) Marchese Ma scusate, voi siete parenti della signorina Cochelicò? Concetta Sicuro. Antonio (presentando) Il Marchese Achille Penna. Sua figlia Lucia. (s’inchinano) Concetta Fortunatissima. Marchese Tanto piacere. Allora, se alla signorina non dispiace, perchè non facciamo una cosa? Io sono all’Albergo del Sole, mi trattengo ancora una quindicina di giorni, volete essere nostri ospiti? Concetta Oh! Con piacere, starriame vicino a Livietta... Carlino (Sarria buono pe me!) Concetta Ma ci sembra troppo fastidio... Marchese Niente fastidio, gran piacere invece, così sarà contenta anche la signorina. E’ vero? Felice Io? Vi pare!!!Noi siamo parenti e mo m’’a facite venì vicino a me? (Puozze scolà va!) Antonio (ridendo) Signorì, m’avite fatto passà chillo quarto d’ora... col telegramma!... Felice Quale telegramma? Antonio Come? (glielo dà) Questo qua. Felice (legge, poi) Ah! La signorina Cochelicò non viene più? Antonio Comme? Marchese Che dite? Felice No...dico...vedete un po’...la signorina Cochelicò non viene più. E chi l’ha fatto questo telegramma...Sarà stato uno scherzo. Antonio E io ’e ringrazio. Felice (La Cochelicò nun vene chiù! Benissimo!!!) Carlino (Quanto è carella! Che bell’uocchie che tene! Appena rimanimme sule a l’albergo le faccio la mia dichiarazione!)

LA SIGNORINA COCHELICÒ

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Marchese Dunque si va? Concetta Come volete. [Marchese Penserò io a farvi trasportare i bagagli. Concetta [Grazie Marchese.]21 Carlì? Carlino Zizì? Concetta Nannì? Nannina Zizì? Concetta Andiamo. [Marchese Direttore, domani vi aspetto in albergo. Antonio Va bene. Marchese (a Concetta per farla passare avanti) Prego... Concetta Grazie.]22 Ah! Un momento, scusate...(pigliando 50 lire dalla borsa) Direttò, secondo la vostra tariffa, queste sono le 50 lire. (le dà) Informatevi bene e fate pedinare il signor Felice Filetti. Antonio Va bene. Segretario, mettete in cassa, prendete nota. (gli dà il denaro) [Saverio Va bene. Felice (E state frische!)]23 Concetta Vogliamo andare? Tutti (meno Saverio, Elvira e Antonio) Andiamo, andiamo pure. (Felice nel camminare impacciato, inciampa nelle sottane e cade) Tutti. Signorina!! (si affollano intorno per alzarlo) Marchese Che è stato? Carlino Un capogiro forse? Nannina Poverella! Lucia Vi siete fatta male? Felice No, no, ...sono inciampata nell’abito... Elvira (Addio spolverino!) Lucia Ma vi siete fatta male? Felice No, no, un poco qui, al polso...(mostrando la mano destra dove ha la borsa) Mi dispiace solo se si è rotta la pipa. (la prende) Tutti La pipa? Marchese Voi fumate la pipa? Felice (riprendendosi) No...io no...l’ho presa a Parigi...è un regalo...un regalo che volevo fare...(guardando poi Carlino) a mio cugino. 21

Vedi nota 10 Vedi nota 10 23 Vedi nota 6 22

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TEATRO (1900-1910)

A me? (con grande gioia) Sì!...Tieni, prendi... È inglese sai. Che pensiero gentile! (con grande slancio) Oh! Grazie Livietta, grazie! (prende la pipa e la bacia con grande effusione)Signori, questa pipa...è il più bel giorno della mia vita!!! [Tutti Ah! Ah! Ah!]24 [Marchese Andiamo, date il braccio a mia figlia, pigliate subito confidenza, voi dovete essere come due sorelle. Sappiamo che persona siete. Andiamo, abbracciatevi, baciatevi. Lucia, incoraggiala...baciatevi... [Lucia Con piacere. (l’abbraccia e bacia, lazzi di Felice) [Marchese Bravo! Così, bravo! [Elvira (Eh! Conzolete!) (mentre Felice bacia cala la tela.)]25 Carlino Felice Concetta Carlino

Fine del primo atto

24 Il primo atto, nel manoscritto, finiva con questa battuta; poi l’Autore ha apportato le modifiche descritte in nota 25. 25 In prima stesura, la posizione di queste battute, che poi l’Autore ha deciso di posporre, era nella scena undicesima dopo quella di Lucia “Abbiamo poi saputo tutte le vostre belle qualità, le vostre virtù, e sono veramente felice d’avervi sempre vicino a me.”

Atto 2° All’Albergo del Sole. A sinistra, in fondo, porta, dalla quale si vede un’altra porta con sopra il n°9. Nel mezzo, finestra ad alcova, accanto a questa, a destra, pianoforte, sul quale vi saranno vasi, fotografie ecc..Al muro un calendario con la data: 22 agosto. Quattro porte laterali. La 1° a destra ha il n°6, la 1a a sinistra ha il n° 7 e la 2a il n° 8. Comune 2a a destra un tavolo con tappeto sul davanti a sinistra. Poltrone, sedie. Quadri alle pareti. Sul tavolo campanello. Alla 1a a destra, in mezzo alla porta, è attaccato un cartoncino con la scritta: NON CHIAMATE. DORMO! Detto cartoncino è rivoltato dalla parte bianca per cui le parole vengono nascoste. Scena prima Michele, poi Errico, Arturo poi Felice (parlando in fondo a sinistra) Va bene, eccellenza, non dubitate, mo ve faccio subeto servì. (chiamando alla porta 2a a destra) Errì?...Errì?...viene ccà. Errico (dalla 2a a destra) Che vulite? Michele ’O nummero 12 ha ordinata na tazza ’e cafè e quatte biscotte, nc’’a volite portà sì o no? V’’ha ordinata ’a mez’ora. Errico Qua’ mez’ora, chillo poco primma ha chiammato. E po ’o stanno facenno, pecchè non nce ne steva, si nun è pronto che lle porto? Michele E va llà, va abbascio ’a cucina, dincello che spicciassero ’a mano, tanto nce vo’ a fa na machinetta ’e cafè? Va, fa ampressa, ca io nun voglio avè lagnanze d’’e signure. E quanno te muove? Errico Patrò, io chella scala d’’a cucina nun m’’a fido da fa chiù. Sto facenno chesto ’a stammatina. Saglie, scinne...e ch’avite pigliato che songo ’e fierro! Comme ’o potimmo fa ’o servizio io sulo e na cammerera. Pigliate ’a gente, pigliate ’e cammariere. Chesta che purcaria è!...Che simme fatte animale? (via 2a a da)

Michele

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TEATRO (1900-1910)

Michele Giovinò, tu è quacche tiempo che staje caccianno troppo ’a capa ’a fore ’o sacco!...’O ssaje che me staje seccanno bastantemente? Purcaria e nun purcaria...[Va a fernì che mme faie sfasterià... Errico E che facite? Pe ssapè? Mme ne mannate? E io ve ringrazio, pecchè chesto vaco trovanno. Aggio parlato già cu chi aveva parlà e ’o primmo ’e Settembre mme so’ pure piazzato. Pare c’’o ssapite, accussì ve regolate. Michele Ah! Te si’ deciso? ’E pigliata ’a risoluzione? Sia benedetto ’o Cielo che t’’ha miso ncore, ...pecchè si no...nu juorno ’e chisto, te ne mannavo io ’e n’ata manera. Errico ’E che manera?...(si avvicina) Michele ’O sacc’io! E aggio tenuto pacienza pe nun mme sporcà ’e mmane ncuollo a tte! Va llà, va fa chello ch’’e ’a fa! (Errico via 2a a destra guardando e mormorando)]1 Ave ragione ca nun voglio fa ammuina ccà ncoppa, ma quanno è ’a fine ’o mese parlammo. (via appresso) [Felice (dalla 1a a destra, sempre da donna. Senza cappello, ricca vestaglia e al collo catenina con ventaglio) Nun nce sta nisciuno!... (esce e chiude la porta a chiave.Volta il cartellino che vi è appeso) Ecco fatto. (legge) “Non chiamate. Dormo!” In questo modo nessuno verrà a disturbare il signor Romeo Fiorelli. (guarda intorno) E questo signor Fiorelli...so’ io! (ridendo) Songhe cinche juorne che mi sto trasformando senza che nisciuno se n’addona. Venene momenti però che nun mme ricordo chiù si songo ommo o so’ femmena! Stu cammese m’’o facette prestà d’’a mugliera ’e n’amico mio e subeto mannaje ’o vestito a Da Elvira. ’E panne mieie ’e tengo dint’’o nummero 6, mm’’e mannaje ’o juorno appriesso. Se mi riesce ’a penzata che aggio fatta, faccio nu bello colpo. Mme piglio na bella figliola e mezzo milione! Coraggio Felice! Coraggio Romeo! Coraggio Cochelicò!!!! (ride)] 2 1

Battute racchiuse in un riquadro. Sul copione la battuta di Felice è racchiusa in un riquadro e si rimanda a quanto scritto su fogli aggiunti; questo nuovo testo va a sostituire quanto originariamente trascritto dal copista. Dal raffronto con gli altri testimoni, si nota che l’Autore ha aggiunto il personaggio di Arturo che, nella prima stesura e nella prima rappresentazione della commedia, non era previsto. Qui di seguito quanto riportato su detti fogli e su tutti i successivi testimoni. Arturo (dalla 1a a destra, va a guardare in fondo poi viene avanti) Nun nce sta nisciuno, jesce. Ma staie bello, staie bello overo! (ridendo) Felice (dalla 1a a destra da donna. Camice e catenina con ventaglio) No! T’hê ’a stà! Sto buono assaje. (poi va verso la porta, la chiude a chiave e volta il cartellino che vi è appeso) Ecco fatto. E chesto sto facenno ’a cinche juorne. 2

LA SIGNORINA COCHELICÒ

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Scena seconda Errico e detto Errico Felice Errico

Felice Errico Felice Errico Arturo Felice Arturo Felice Arturo Felice

Arturo Felice

Arturo Felice Arturo Felice Arturo Felice

(con guantiera, entro la quale una tazza di caffè e biscotti. Traversa e fa p.a. In fondo a sinistra) Oh! Signorina...(inchinandosi) Ciao, caro. Tu sei quel cameriere che si vroccolea con la cameriera del Marchese? Gnorsì...Facimmo ammore già ’a nu mese...(ridendo) Che volete...signorì, mme piace...tene na bella carnagiona!...È proprio na simpaticona!...Nun dicenno mancamento!...Aiessera, a ’o terzo piano, fore ’o curreduro d’’a cammera soja... ma signorì, vuje nun mme strillate? Non mi sgridate va? Io? Ma no, anzi...(prende un biscotto e lo mangia) Queste cose mi divertono. Racconta. Fore ’o curreturo d’ ’a cammera soja...lle dette nu vaso. (fingendo di non capire) Cosa? Le dette nu vaso. Un bace!

E che dice? (legge) “Non chiamate, dormo!” In questo modo nessuno verrà a disturbare il signor Romeo Fiorelli. Oh! E aspetta mo...stu Romeo Fiorelli chi è? Songh’io, sempre io. So’ cinche juorne che mi sto trasformando senza che nisciuno se n’addona. Venene momenti però, che nun me ricordo chiù si songo ommo o so’ femmena. Ah! Ah! Ah! Bella chesta. Stu cammese m’ ’o facette prestà d’’a mugliera ’e n’amico mio e subeto mannaje ’o spulverino a Da Elvira. ’E panne mieje ’e tengo llà dinto, m’’e mannaje ’o juorno appriesso. Se me riesce sta penzata faccio nu bello colpo, me piglio na bella guagliona e mezzo milione. Embè, io me sonno ch’aje nu brutto paliatone!... Che paliatone, statte zitto. ’A guagliona, me ne so’ addonato, ce sta trasenno!... Fuje na penzata splendida che facette. Ciccillo ’o parrucchiere me cubinaje na barbetta e nu pare ’e mustaccielle comme ’e teneva io, e cinque giorni fa, diventato uomo, mme presentaje ncopp’a st’albergo col finto nome di Romeo Fiorelli, mme pigliaie ’a cammera n°6, e cominciai a far la corte alla signorina Lucia. È al n°6, dove io adesso cambio sesso! (ridendo) E llà me faccio ’a barba ogne ghiuorne, pecchè si se n’addonene che ’a barba me cresce...stateve bene!... Guè, ma Artù, ’e tutto chesto che t’aggio contato, zitto sa!... Oh! Ma te pare, sai che amico so’ io e quanto te voglio bene. Grazie. Oh! Ma tu che faie ncopp’a st’albergo? Comme che faccio? Sto qua, a villeggiare, a fare quattro bagni. (guardando l’orologio) Anze, lasseme j’, ch’è ora. Gli amici mi aspettano. Oggi poi, me vaco a spassà nu poco ’a sala ’e scherma che sta ccà...Me so’ perfezionato, sa? Sì, ma cu mme nun te può mettere... Grazie, tu sei maestro, si capisce. Va statte buono (strette di mano e via 2a a da) Mo vedimmo si ce riesco a mme spusà io ’a marchesina. Coraggio Felice!... Coraggio Romeo! Coraggio Cochelicò!...(ride) Al libro, Scena seconda.



Felice Errico

Felice Errico Felice Errico Felice [Errico Felice Errico Felice

TEATRO (1900-1910)

Ah! Un bacio! Ho capito. Bravo! [Porcelluzzo che non sei altro.]3 Io nun mme fidava chiù, n’ato ppoco mureva. [Ma che vocca, che diente, che bella cosa.]4 Ma vuje v’avissev’a credere che io ci avessi cattiva intenzione? Nonsignore!... Io m’’a voglio spusà!...(Felice continua a mangiare biscotti e bere il caffè) Essa ’o ssape, nc’aggio ditto pure. Ma però aggio pigliato ’e tiempo un altro anno, pe vedè d’acconcià meglio ’e fatte mieje, capite. Poco primma l’aggio trovata ccà fore e l’aggio ditto si stasera voleva ascì nu poco cu mmico...ha ditto ch’ha da cercà permesso a buie, che mo vuje site tutte cosa dint’ ’a casa, e se volete voi essa viene. Signurì, datencillo ’o permesso, facitela venì, sì? (che ha bevuto tutto il caffè) Va bene, vedo che sei un buon giovine,...e ti farò contento. Questa sera, Giulietta, uscirà con te. Overamente? Grazie tanto, signurì, pozzate campà mill’anne, pe stu bello core che tenite!...Vuje nun site na femmena! Nun site na femmena! E come lo sai?...Cioè...che dici?...Io non sono una femina? Addò! Voi siete un angilo! Ah!...Capisco. (Puozze murì ’e subeto!) Io mo che ’a veco e nc’’o dico, chella sa che piacere che n’ave.]5 Solo mi dispiace che parlando parlando ho mangiato i biscotti e ho bevuto il caffè... L’aggio visto. E che fa, che ve mporta, vaco a ordinà l’ato. Permettete. Servo eccellenza, e grazie, grazie tanto. (via 2a a destra) Sempe meglio è a mme tenè ’o cammariere d’’a parte mia!...(guardando dalla 1a a sinistra). Ah! Ecco qua Lucia. Coraggio! Scena terza Lucia e detto

Lucia Felice

3

(dalla 1a a sin.) Oh! Signorina, state qua, e dove siete stata? Non vi ho potuta trovare. Mi sono trattenuta in giardino...c’era una panca...mi sono seduta...e leggendo leggendo mi sono addormentata.

Battuta aggiunta a matita. Battuta cancellata. 5 Vedi nota 4 4

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Lucia Ah! Ecco perchè. Felice Sì. E ho sognato...oh! Che brutto sogno, signorina. Lucia Sì? Felice Oh! Sì!...Oh! Sì!...Ho sognato che nientemeno vi rapivano...e ho tanto pianto. Non so...ho visto un giovine...che vi diceva delle parole dolci...diceva d’amarvi...e per sempre. Lucia (Ah! Si fosse overo!) (agitata guarda la 1a a destra) Felice (pausa. Poi) Signorina, ma cosa avete?...Voi siete agitata, perchè? Lucia Perchè...perchè sono infelice! (poggiando la testa sulle spalle di Felice piangendo) Felice Ma...mio Dio!...Che avete bimba cara?...(la bacia) Confidatevi con me. Lucia Non ho il coraggio. Felice Ma dite...qualche pericolo vi minaccia? Lucia No...ma...io...(guarda la 1a a destra) No! Un’altra volta ve lo dirò. Felice (carezzandola) Cara bimba...forse io indovino...dite la verità...[confidatevi con me...]6 voi forse amate qualcuno? Lucia (decisa) Ebbene, sì, avete indovinato. Felice Oh! Allora parlate! Lucia Sì! Io amo un giovine, simpatico, gentile, elegante...e poi l’amo perchè non potete credere come la sua voce somiglia alla vostra. Felice (’O capisco!) Lucia Ma tale e quale. Io non mi so spiegare... Felice Niente di anormale, cara. Capirete che fra milliaia e milliaia di voci, qualcuna deve bene assomigliarsi. E dove avete visto questo giovine? Lucia Qua, nell’albergo, sono 5 giorni che è arrivato. Ha preso quella camera n°6, di fronte alla mia. Felice Va bene...calmatevi Lucia...io m’interesserò...vedrò...ci parlerò. Lucia Non mi sgridate? Felice Ma no! Vi sarò alleata! Lucia Oh! Grazie, Livietta, grazie!.. Felice Amate, amate, fanciulla mia! Senza l’amore tutto è buio... anche a mezzogiorno!...Io che vi parlo...anch’io amo una persona, e forse...la sposerò. Lucia Vi maritate? 6

Vedi nota 4

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Felice Lucia Felice Lucia Felice

TEATRO (1900-1910)

Sì!...E voglio maritarmi nello stesso giorno che vi maritate voi ...col n°6! Oh! Grazie!...Voi mi fate sperare...ed io vi amerò sempre, sempre! Più del n°6? (dopo pausa) Come il n° 6! E grazie!! (Lucia via correndo nel n°7) Vaco bello! Vaco bello overo!!!... [’A guaglione è cotta, stracotta! Fuie ne penzata splendida che facette. Ciccillo ’o parrucchiere mme combinaie na barbetta e nu pare ’e mustaccielle comm’’e teneva io,e cinque giorni fa, diventato uomo, mme presentaie ncopp’a st’albergo col finto nome di Romeo Fiorelli. Mme pigliaie la camera n.6 e cominciai a far la corte alla signorina Lucia. È al n.6 dove io adesso cambio sesso! (ridendo) E llà mme faccio ’a barba ogne ghiuorne. Pecchè si se n’addonene che ’a barba me cresce...stateve bene.]7 Chello che mme secca, è sta diavola ’e Da Concetta Barile che ’o Marchese volette fa venì ccà nzieme ch’’e nepute...D. Carlino che mme fa ’a corte, Nannina che chiagne sempe, e ’a vecchia che parla sempe di Felice Filetti. Seh, e mo ’o trova! (ridendo) Scena quarta Concetta, Carlino e detto, poi Errico

Concetta (dalla 2a a destra sempre con la bottiglia) Carlino mio, agge pacienza, mo non è momento ’e penzà ’a colezione,...arreposammece primme nu poco. (a Felice) Liviè, scusa se ti abbiamo lasciata...Quel birbante di Felice Filetti ci ruba tutto il nostro tempo. Felice Ma dunque non si trova questo furfante? Carlino Niente, cugina mia, niente. Stiamo camminando da stamattina. L’istesso movimento m’ha sviluppato un appetito... Concetta Eh! Ma io ne ho dato parte alla questura...l’ho denunziato. Chillo cancaro e D. Antonio nun mme sapette dicere niente, e che faceva mme steva accussì? Felice E Nannina dov’è? Concetta L’ho lasciata a casa del compare, si sta llà a mangiare...Povera ragazza! Dove se l’aspettava...D.Giacomino, il fidanzato, saputo il fatto l’ha abbandonata e non s’è visto più. Felice Ah! Questo D. Giacomino era il fidanzato? 7

Vedi nota 1

LA SIGNORINA COCHELICÒ

Concetta [Felice Concetta Carlino Felice



Già, quelli dovevano sposare subito. (Chille erano già spusate ’a nu piezzo!)]8 E quella canaglia le combina quel servizio!... ’O vulesse avè dint’’e mmane! Calmatevi cugino...e voi pure zia. Voglio interessarmi anch’io un po di questo fatto. Voglio vedere se io sola riesco a pescare questo vigliacco. Carlino Tu? Concetta Come? Felice Però, voi non ve ne dovete più occupare, devo agire da sola. Prima di tutto date a me questa bottiglia, possiamo vendicarci diversamente senza ricorrere al vetriolo. (prende la bottiglia) Concetta No...questo non è vetriolo... Felice No? E che cos’è? Veleno? Concetta Nemmeno. Questo è il famoso Hakali! Felice Come? Concetta E’ il famoso Hakali!... Felice E che cos’è? (leggendo l’etiquette) “Hakali. Potente narcotico giapponese. Basta fare esalare i suoi vapori, per cadere in sonno profondo” Ah! Un sonnifero?... Concetta Già, è una nuova invenzione, ha fatto un chiasso. Ne hanno parlato tutti i giornali. Nientemeno ha la potenza di far parlare la coscienza. Se arrivo a afferrà stu D. Felice, nc’’o mengo nfaccia e quanno s’è addormuto nun mme scappa cchiù. La coscienza gli parla e mi domanderà la mano di Nannina! Felice Ah! Ho capito. Errico (dalla 2a a destra ha in mano una guantiera, con altri biscotti ed altro caffè. Traverserà per entrar in fondo a sinistra) Carlino Neh, giovinò, scusa, è cafè chesto? Errico Sissignore, è p’’o nummero 12. Carlino Pe chi è, è...mo m’’o piglio io. Io nun mme fido chiù. Ah! Nce stanno pure ’e biscotte, bravo. Agge pacienza, va piglia l’ato p’’o nummero 12. (prende la guantiera e siede al tavolo mangiando) Errico Ma chillo sta aspettanno. Felice E il povero cugino ha fame. Lasciatelo aspettare il 12. Va a prendere l’altro. Errico Quando me lo dite lei...mi precipito! (via correndo 2a a destra) Felice Mangia, mangia...simpatico Carlino. Carlino (con gioia) (M’ha chiammato simpatico! Che bella cosa!) 8

Vedi nota 4.

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TEATRO (1900-1910)

Felice Dunque, allora il Hakali lo tengo io. Avete fiducia? Concetta Ti pare, Livietta mia, e se riesci a trovarlo tutto quello che mi cerchi avrai. Felice Oh! Grazie. Mi diceste poi che Nannina ha 20mila lire di dote? Concetta Già, e il corredo al di fuori. Felice Va bene. Lasciate fare a me. Penso io a trovarvi il signor Felice. Concetta Grazie, Livietta, tu sei una santa. Carlì, jammoncenne dint’’e cammere noste. Livietta ha bisogno di star sola, di riflettere, di pensare e non dobbiamo disturbarla. Carlino È giusto. (prende la guantiera) Livietta mia, permetti? [Concetta Mi raccomando... Felice State sicura. ( Concetta via nel n° 9. Carlo la segue con la guantiera in mano e chiude la porta).]9 Felice (guarda prima intorno) Aggio fatta n’ata magnifica penzata!...Si tratta di trovare un altro Felice Filetti che se sposasse a Nannina. E l’ho bello e trovato! So’ diversi giorni che sta jenno e venenno nu certo D.Nicolino Scorza, nu meccanico mandato da D. Antonio Serra al Marchese pe lle fa vedè nu progetto ’e na machina che fa l’ove, fa ’e galline... che saccio!...Ogge ha da venì pe se piglià ’a risposta. D’’a faccia aggio visto che ha da essere nu miezo mbroglione, e mediante il danaro, ’o pozzo fa fa chello che voglio io. Scena quinta Nicolino e detto Nicolino (si presenta sotto la porta a destra 2a quinta come in cerca di qualcuno) Oh! Signorina Cochelicò, io giusto a voi andavo trovando. [Felice Oh! Guarda, e proprio adesso pensavo a voi.]10 Nicolino D. Antonio Serra mi fece sperare che il Marchese m’avrebbe aiutato a costruire quella mia macchina...so’ venuto per sapere qualche cosa... Felice Caro mio, mi dispiace dirvelo ...ma il Marchese non ne vuole proprio sapere. Però non vi scoraggiate… [Dice che sono imposture, cose impossibili a succedere. [Nicolino Come? Possibile? Vale a dire che il Marchese mi crede un ciarlatano? 9

Vedi nota 4 Vedi nota 4

10

LA SIGNORINA COCHELICÒ



[Felice Proprio!... [Nicolino E bravo! Dopo che ho buttato il sangue per studiarla! (con rabbia) Mannaggia che non tengo i mezzi!...Si tenesse nu 19, 20mila lire, volarria dà io na risposta a taluni!...Il Marchese non ne vuol sapere?...Va bene!...Penserò diversamente. Statevi bene. (fa per and.) Felice Ma no,...venite qua. Se il Marchese non vuole c’è chi vi aiuterà.Ve l’ho trovato io.]11 Ho trovato io chi vi aiuterà. Nicolino Voi? Veramente? E chi è? Felice Ditemi una cosa...(guarda intorno) Se io vi propongo un matrimonio, l’accettate? Nicolino Un matrimonio? Felice Una simpatica giovine che conosco io, con 20mila lire di dote. Nicolino Voi che dite? E me la posso sposare io? Felice Se voi volete, perchè no? Nicolino Se voglio? Uh! Mamma mia! Voi scherzate...Se capisce che voglio! 20mila lire! Io mme mengo ’e capa. Posso impiantare la macchina...diventerò celebre...farò... (cambiando tono) Signorì, questo è uno scherzo che mme state facenno! Ho capito!... Felice Niente scherzo. Vi do la mia parola che fra 24 ore voi sarete fidanzato. Nicolino Veramente? Felice Qua la mano. Però dovete fare tutto quello che vi dico io, essere insomma il mio schiavo per poco tempo. Giurate? Nicolino Lo giuro! Farò tutto...e ve pare. Felice Benissimo! Questo è proprio il momento, nessuno ci vede. Venite con me in quella camera e di tutto quello che vedrete...silenzio! Nicolino Non dubitate. Felice Venite. (viano nel n°6) Scena sesta Michele e Luigi (dalla 2a a destra con grande interesse) Trasite, D. Luì, ’a chesta parte. Chella è ’a cammera n°6, ’a vedite. Luigi Benissimo! Michele È venuto cinche juorne fa, ma vuje po comme l’avite saputo? Michele

11

Battute racchiuse in riquadro con frego.

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Luigi

Michele

Luigi

Michele Luigi Michele Luigi

Michele Luigi Michele Luigi

Michele Luigi 12

’A questura ’e Napole ha telegrafato a tutt’ ’e paisielle vicino, promettenno na forte ricompensa a chiunque era buono ’e truvà stu Principe Inglese, che steva a Parigi e so’ 10 juorne che se n’è scappato cu na femmena e nun se trova chiù. Ma allora ’e furtunate simme state nuje, pecchè d’’e connotate che m’avite date, se vede ch’è isso, è chillo llà certamente. (mostra il n°6) Nu Princepe, na persona reale dinto all’albergo mio?...E chesta è na fortuna ch’aggio avuta. Vuje pazziate, ccà mo se revota Roccapulita quanno s’appura. Ma nuje però, Michè, si nun nne simme chiù che sicure, sta cosa s’ha da mantenè segrete, nun s’ha da fa penetrà niente, chesta è stata ’a primma cosa che m’ha raccomannato ’o Sinneco. Pecchè po’ essere che te si’ sbagliato e che figura po facimmo nfaccia a l’ati paise! Ah! Se sape. Oh! Ma dico, vuje po site sicuro ch’è scappato cu na femmena? Pecchè chisto, ccà, è venuto sulo. Chesto lloco nun vo’ dicere niente. Se sape ch’aveva venì sulo...pe nun fa vedè. Nuje però sapimmo cu certezza che ’a femmena sta ccà, dinto all’Albergo. Sta ccà? Vuje che dicite? E chi po’ essere? (guarda prima intorno) Tu staie d’’a parte nosta, perciò pozzo parlà, te pozzo mettere al corrente di tutto. Stu princepe Inglese dice che steva a Parigi pe divertimento. S’annammoraie ’e na signorina...che saccio...na maestrina, na certa Livia Cochelicò, e se nne so’ scappate tutt’’e dduie, ’o stesso juorno che sta maistrina aveva venì a Roccapulita in casa d’’o Marchese Penna. Vuje che dicite? Chella femmena [che se n’è scappata]12 è la signorina Cochelicò? Ussever’ ’e pazze! E allora sta ccà, a ’o nummero 8!... ’O bbi’? ’E visto? Nuje già ’o sapeveme. E ’o Marchese tene ’e stanze appriesse nzieme c’’a figlia. ’O saccio, aggio saputo tutte cose ncopp’ ’a l’agenzia ’e D. Antonio. Allora aggio fatto chisto ragionamento: si sta signorina Cochelicò sta all’Albergo del Sole, ’o Princepe ha da sta ’a ccà ttuorno!... E già. Ah! Che piacere si fosse chillo d’’o nummero 6! D.Luì, pecchè nun nce parlate...c’’abbilità vosta...chi sa...’o putisseve fa confessà...sarria na gran fortuna pe me. Comm’è ditto ca se chiamma?

Vedi nota 3

LA SIGNORINA COCHELICÒ

Michele Luigi

Michele Luigi Michele Luigi Michele Luigi Michele Luigi

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Dint’’o registro mme facette signà Romeo Fiorelli. Ma po’ essere pure nu nomme fauzo. Se capisce. Pe mo nun nce pozzo parlà, nun pozzo movere nu passo. Chesta è na cosa che s’ha da portà delicatamente. Nc’avimma primme accertà si cu sta maistrina e stu n°6 ca tu sospiette c’esiste na ntesa, na relazione. Quanno avimmo scoperto chesto, avimmo fatto ’o colpo, nun nc’è chiù dubbio, chisto è isso! (mostra il n°6) Dimme na cosa, tiene na cammera vicino a chesta? Gnorsì, ccà fore, ’o n°5. (mostra la 2a a destra) Bravo. Io nun m’aggia movere chiù ’a ccà, capisce, ll’aggia tenè ll’uocchie sempe ncuollo! ’O sinneco m’ha prommiso 300 lire e ’a medaglia ’argiento. E capirai,...tengo ’a freva. Avite ragione. Tu pure avarraje ’a parte toia, vi’! Grazie tante. Brigadiè, ve pozzo offrì qualche cosa? Comandate. Seh, na cosarella pe mme suppuntà, nun aggio fatto manche marenna stammatina. Na tazza ’e cafè buono, ve nfunnite quacche cosa dinto? Seh, bravo! Scena settima Errico e detti, poi Felice e Nicolino poi Lucia

(con altra guantiera entro la quale caffè e biscotti. Traversa come le altre volte) Michele Ah!...Ecco ccà, a tiempo a tiempo. (a Errico) Miette ccà stu cafè. Errico Chesto è d’’o nummero 12. Michele ’O nummero 12 aspetta, vaje a piglià ll’ato, chesto l’aggia dà a ’o brigadiere. Miette ccà ncopp’a stu tavolino. Luigi No...fammello portà dint’’a cammera, è meglio. Michele Comme vulite vuje. Portalo dint’ ’o nummero 5, e va piglia ll’ato p’’o 12, ca mo vaco io ncoppa e nc’’o dico ch’aspettase n’ato momento. Errico Va bene (via 2a a destra) Michele D. Luì, jate, mo vedite che cafè facc’io. Luigi ’O saccio. (via 2a a dest. Michele fondo a sinistra) Felice (dalla 1a a da. Da uomo, elegantemente vestito, redingote, piccoli baffi e barbetta) Venite...[nun nce sta nisciuno]13...ascite... Errico

13

Vedi nota 3

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TEATRO (1900-1910)

Nicolino (dalla 1a a da con la vestaglia, la parrucca e il ventaglio di Felice) Cheste so’ cose ’e pazze, sapete!...Giovinò ca nuje abbuscammo sa!... Felice Ma che, nun avite paura. Nicolino Ma mo ch’aggia fa accussì combinato? Felice Si tratta di prendere il mio posto per un momento. Venite ccà, assettateve ccà e cummugliateve ’a faccia c’’o ventaglio. (lo fa sedere al tavolo) Facite vedè che dormite, e di tutto quello che io faccio, voi non ve ne occupate...durmite, durmite sempe. (sentendo rumore) Aspettate...mme pare...(guarda nella 1a a sinis.) Ah!...Zitto...è essa. Nicolino Essa chi? Felice Stateve zitto. Cummugliateve ’a faccia e dormite...nun ve movite...(si nasconde nel n°6) Lucia (dal 7) Io vorria sapè sta signorina...(vedendo Nicolino) Uh! Chella sta dormenno n’ata vota?...E ma chesta dorme sempe! Felice (presentandosi) Signorina... Lucia (tra sé con grido di gioia) (Isso!!) (p.a.) Felice Signorina, un momento, non ve n’andate. Lucia Pss...per carità, la signorina Cochelicò potrebbe svegliarsi... Felice Non abbiate paura...parlerò zitto zitto! Poche parole vi dirò. Avvicinatevi...perchè scappate, vi faccio paura? Lucia No! (piano piano s’avvicina) Felice Io vi debbo dire Lucia, che la mia vita non è più vita...è un martirio...che quest’amore per voi è troppo forte, troppo potente...Ditemi una parola, una sola parola, fatemi sperare! (tirandola dolcemente a sé. Nicolino abbassa il ventaglio e assiste. Lazzi.) Lucia Vedete io... Felice Voi, voi che cosa, vuie me vulite bene, ’o saccio, dicitemmello, signurì, diciteme che nun me so’ ngannato! Me volite bene? Lucia Embè, sì, sì, io pure ve voglio tanto bene. Felice Oh! Signorina!...Voi siete un angelo!...(bacia la mano. Lazzi di Nicolino) Voi siete un tesoro!...Giuratemi, giuratemi Lucia che sarete sempre mia! Lucia Sempre! Ve lo giuro!... Felice Oh! Grazie! [Signorina, voi mi trasportate in Paradiso!]14 Lucia Bisogna però parlarne alla signorina Cochelicò e poi a papà. 14

Vedi nota 4

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Felice

A papà, a mammà, alla signorina, a chi volete, perchè vi amo troppo. Per ora lasciatemi sola...solo! Io mo sceto ’a signorina e ce parlo (l’accompagna alla porta) Lucia Sì, sarà meglio non stia presente. E mi amerete poi sempre? Felice Sempre, Lucia, sempre!...(Lucia via 1a a sinistra) So’ nu grand’ommo? Ce so’ riuscito! Mezzo milione! Che bellezza! (poi si volta, vede Nicolino che lo guarda e ride) Nicolino ’A tenite ’a faccia tosta! M’avite fatto tenè chesta cannela? Felice Non nce badate. Venite ccà mo, nun nce perdimmo in chiacchiere. Jammo dinto e spogliateve. Adesso si tratta della vostra felicità! Ve faccio pezzecà ventimila lire ’e dote! (l’abbraccia) Nicolino Veramente? Felice Ma avit’’a fa tutto chello che ve dico io. Avit’’a fa n’ata finzione mo. Nicolino N’ata finzione? (Si avviano abbracciati verso la 1a a destra) Scena ottava Michele e detti, poi Luigi, poi Marchese e Barone (dal fondo) ([Sangue de Bacco!!]15 ’O nummero 6 abbracciato c’’a Cochelicò!...) (i due entrano) [Felice (piano) (Nun nce penzate, lassate fa a me.) (viano abbracciati)]16 Michele (E che voglio vedè chiù! E comme se mette chiù in dubbio!) (alla 2a a da ) D. Luì, D. Luì, brigadiè?...Venite ccà! Luigi (uscendo) Che d’è? Ch’è stato? Quacche novità? Michele Seh!...Niente niente! ’O nummero 6 è isso! È ’o princepe mpersona! Luigi Tu che dice? E comme ll’’he saputo? Michele L’aggio trovate abbracciate ccà, a tutt’’e duje, a isso e ’a Cochelicò! Luigi Abbracciate? Ll’’he trovate abbracciate? Michele Sissignore! Luigi E allora è isso! È isso! Nun nce penzà chiù!... Michele Uh! Che bella cosa! Io mo moro p’’a contentezza.! Nu Princepe Inglese dint’ all’albergo mio! Luigi Zitto mo Michè, sa, ...nun nne fa addonà ancora a nisciuno. Io vaco a avvisà ’o Sinneco. ’A bandiera Inglese ’a tiene? Michele

15 16

Vedi nota 4 Vedi nota 4



TEATRO (1900-1910)

Michele Luigi Michele Luigi

No, tengo ’a nosta. E comme, neh, Michè, te faje mancà ’a bandiera Inglese!... E io sapeva chesto! ’A volessemo fa, subeto subeto? E sì, ’a faie ’e carta...l’ha pigliata pe na cometa! Nun mporta, miette ’a bandiera nosta. Michele Va bene. Marchese (di do 2a a da) Venite, venite, da questa parte. Luigi Zitto! Fatte ccà. (salgono la scena) Marchese (fuori) Mio caro Baroncino, per me non vi trovo nessuna difficoltà, bisogna interrogare mia figlia. Per me sareste un ottimo partito. Baroncino (seguendolo. Tipo di giovanotto elegante, affettato ma senza esagerazioni) E mi permettete di starle vicino, circondarla di premure, di gentilezze...farle un po di corte? (Michele e Luigi viano appena entrati questi due) Marchese Ma sì, perchè voi siete un galantuomo, sono intimo amico di vostro padre, e vi ripeto, sareste un ottimo partito per mia figlia. Ma dovete fare il possibile di entrare nelle grazie della Cochelicò, una distinta signorina, che ormai è l’anima di mia figlia. Se riuscite ad avere anche il consenso della Cochelicò, mia figlia sarà vostra. Baroncino Io vi ringrazio e spero di riuscirvi. Che volete, mi piace assai Lucietta e gliel’ho detto sempre a papà. Papà, presentami al Marchese e alla figlia, papà, combiniamo stu matrimonio, a me la Marchesina mme piace, parliamo col padre e felicenotte. Dove sta Lucietta, mi potete presentare adesso? Marchese Sicuro, perchè no. Aspettate, vi posso offrire qualche cosa? Baroncino No, no, grazie, non vi incomodate, proprio adesso aggio finito ’e fa colazione. Marchese Benissimo! Allora un buon caffè per digerire. Baroncino Come volete. Scena nona Errico e detti, poi Luigi, poi Errico di nuovo Errico (con altra guantiera etc.etc.) Marchese Oh! Bravo, Errì, a tempo a tempo, di chi è stu cafè? Errico E’ d’’o nummero 12. Marchese E nun mporta, dalle a me, vaje a piglià ll’ato per il 12, non vorrei fare aspettare il baroncino. Baroncino Troppo buono. Marchese Portalo in camera, va. Teh, questa è una lira per te. (la dà) Errico Grazie eccellenza. (via 1a a sinistra, poi torna)

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Marchese Baroncì, favorite, prego. Baroncino Grazie. (entrano) Luigi (uscendo) ’O sinneco è stato avvisato...ma io però mme ne volesse accertà buono... Errico (uscendo) Mo che vaco ncopp’’o nummero 12, ’o signore mme piglia a cauce. Permettete, brigadiè. (via 2a destra) Luigi Fa ’e fatte tuoie. (la 1a a destra si apre) S’arape ’a porta... (si nasconde in fondo a sinistra e fa capolino) Scena decima Felice e detto, poi Nicolino (con la bottiglia di Hakali in mano. Nuovamente da Cochelicò. Parlando verso l’interno) Nun nce penzate, lassate fa a me. Badate che voi adesso vi chiamate Felice Filetti. E ricordatevi tutto chello ch’avit’ ’a dicere quanno vedite ’a vecchia. (s’allontana) Mo faccio avvisà a Da Concetta che il signor Felice è nelle mie mani. D. Nicolino se sposa a Nannina, s’’a porta e io m’aggio levato nu brutto guajo ’a cuollo! Lasseme j’ nu poco a d’’a signorina mo...riprendiamo il nostro posto. (entra nella n°7) Luigi (che faceva capolino, viene avanti) Nun aggio potuto capì sotto ’a porta che lle diceva. Eh! Ma non c’è più dubbio, la relazione esiste, chillo è ’o Princepe! Uh! Sangue de Bacco, sta ascenno ccà fore. (s’aggiusta il kepì, si pulisce la tunica e resta in fondo) Nicolino (da uomo, come la 1a uscita di Felice al 1° atto. Barbetta, baffi, camicia colorata, panama ecc.) Mme sento scennere per dint’’e rine ca ogge abbusco! Mo m’ha combinato accussì, mo! Sia fatta la volontà d’’o Cielo! Luigi (Coraggio!) (viene avanti) … Qua sappiamo tutto!...Adesso è inutile che vi nascondete. Voi non siete quello che volete far credere! Voi avete cambiato nome! (ridendo) Nicolino Oh! E come lo sapete? Luigi Eh! Lo so. Nicolino (Ce l’avarrà ditto D. Felice) Ve l’ha detto forse la signorina Cochelicò? Luigi Perfettamente! Nicolino E vi ha detto perchè mme so’ travestito così? Luigi Tutto! Nicolino L’affare delle 20mila lire? La macchina mia? Luigi Eh! Lo so, lo so che state macchinando un piano, un matrimonio. Dunque, voi non lo negate? Siete voi? Voi proprio? Felice

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TEATRO (1900-1910)

Nicolino Io proprio! Luigi (con slancio) Oh! Principe! Principe...voi non sapete che consolazione mi date. Voi non sapete, o Principe, che onore ricevo io in questo momento! (prostrandosi) Nicolino (Chisto che dice?) Luigi Principe, mi autorizzate adesso che siete stato conosciuto, a dire a tutti il vostro vero nome? Nicolino Ma perchè, per quale ragione? Luigi Come? Per gli onori che vi spettano , per onorare voi e la vostra sposa. Nicolino La mia sposa? Luigi La Cochelicò! La vostra reale famiglia acconsente al matrimonio, la notizia è ufficiale. Nicolino La mia reale famiglia?... Luigi Sì, Altezza. Che dite? Posso andare? Posso comunicarlo a tutti? Nicolino (non sapendo che dire) Andate. Luigi Grazie, Altezza, grazie. Voglio essere io il primo a dare la notizia della vostra presenza in questo misero paese. (facendo il saluto militare) Ai comandi Altezza!...(passa a destra) (M’aggio abbuscato 300 lire e ’a medaglia ’argiento! Mo vaco avvisà ’a banda e telegrafo subeto a Napole!) (si volta sotto la porta) Altezza!! (a il saluto e via 2a a destra) Nicolino Chisto che mbruoglio è!! Altezza! Principe! ’A famiglia reale! (ridendo) Va trova pe chi m’ha pigliato. Scena undicesima Felice e detto, poi Concetta e Carlino Felice Nicolino Felice Nicolino Concetta Felice

Concetta

(sempre con la bottiglia di Hakali) Voglio vedè si D. Nicolino...Ah! Vuje state ccà? Avite visto ’a vecchia? No ancora. Guè, ma state buono sa, preciso. Oh! Ma famme capì na cosa, mbruglione che si’,...io ccà fore aggio trovata na guardia... (di dentro dal n°9) Viene, Carlì, jammo nu poco dinto d’’o Marchese. Zitto! Zitto! ’A vecchia!...Assettateve ccà, mettiteve stu giurnale mmano, e facite vedè che durmite. Ricordateve tutto chello ch’avit’ ’a dicere. Sta butteglia mettimmola ccà. (la mette sul tavolo dove ha fatto sedere Nicolino e passa a destra) (aprendo il n°9) E sì, pare brutto si no. (Carlino la segue)

LA SIGNORINA COCHELICÒ



[(’A vi’ccà, attiento D. Nicolì!)]17 (a Concetta) Pss...zitta, signora! Per carità!... Concetta Che cosè? Felice Come che cos’è? D. Felice Filetti è nelle vostre mani!... Concetta Possibile! (con gioia) Felice Eccolo là dorme! (indica Nicolino) Concetta (guardando attentamente Nicolino) Ma sì...chillo costume...’a cammisa...’a barbetella, ...ma sì, è isso!...(osservandolo bene) Ma che saccio...mmiez’’e grade mme pareva chiù sicco! Ah! Forse con la poca luce della candela... Felice (subito) E già ...la poca luce...Ma è lui! Carlino E comm’hê fatto p’’o trovà? Felice Per una combinazione. Io veniva dal giardino, lui stava qua e diceva al cameriere: Segnate sul registro Felice Filetti. E si è messo a leggere. Figuratevi io! Piano piano, sulla punta dei piedi, sono andato di dietro e gli ho gittato l’Hakali in faccia!...Lui ha dato un piccolo salto e dopo un poco si è addormentato. Concetta Brava Livietta! Carlino E ha parlato? Ha ditto niente in sogno? Felice E no, non ancora, io mo ce l’ho gettato il Hakali!...In questo momento la coscienza lavora, si contorce, si pente... Carlino Uh! Zi Concè, mme pare che se sta movenno. Concetta Sicuro. (Nicolino dà delle scosse col corpo. Con gli occhi chiusi, parla muovendo solo le labbra comicamente. Carlino si è avvicinato e lo guarda. D’un tratto Nicolino gira la testa dalla sua parte con lazzi e Carlino scappa.) Carlino Mamma mia!!!(appaurato) Felice È il Hakali!... Concetta Che potenza! (Nicolino continuando sempre il giuoco di cui sopra comincia gradualmente ad alzare la voce, pronunziando mezze parole. Lazzi a piacere) Carlino Neh, ma a mme pare che sta jastemmanno!... Concetta Zitto! Sentimmo. Nicolino (cominciando a parlare più chiaro) Sì!...Sono un gran peccatore!...(piange) Felice (a Nicolino) Signore, che avete, che vi sentite? Nicolino (sempre con gli occhi chiusi) Che mi sento?...Mi sento...Un affare...che si muove...davanti...qui, sul cuore... Concetta (La coscienza!) Felice Ma chi siete? Come vi chiamate? Felice

17

Vedi nota 4

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TEATRO (1900-1910)

Nicolino Felice..Felice..Felice Filetti. (apre piano piano gli occhi) Dove sono? Per pietà, chiamatemi zi Concetta...voglio cercarle...la mano di Nannina!... Concetta (con slancio) E sono qui! Io sono Concetta Barile! Nicolino (Pigliandole la mano e fissandola) Voi? Siete voi?...E Nannina dove sta?...Fatemela vedere. Concetta Sta a d’’o compare, ma l’andremo subito a chiamare. Nicolino Bravo. È vero che tiene 20mila lire di dote? Concetta Sicuro, e il corredo al di fuori. Nicolino Bravo. (a Carlino) E tu, bel giovine, chi sei? Carlino Sono il cugino di Nannina. Concetta Carlino. Nicolino Ah! Benissimo!...[E quanno mme l’aggio sposata, quando posso finalmente fare la mia macchina, vedete chi so’ io, saprete veramente io chi sono e Nannina sarà doppiamente felice...]18 (offrendo il braccio a Concetta) Andiamo dentro, zi’ Concè, parliamo più chiaro del matrimonio. (marcato) Concetta Ma sì, andiamo. Grazie, Livietta, di tutto quello che hai fatto. Uno dei miei sogni si è avverato. Felice Perchè, ce n’è un altro? Concetta Eh! (marcato) C’è Carlino adesso! (via con Nicolino al n° 6) Carlino (seguendoli, si ferma sotto la porta, guarda Felice e sospira dicendo) Ah!! (via appresso) Felice (All’ossa ’e zieta!) Scena dodicesima Baroncino, Marchese, Lucia e detto, poi Michele di dentro poi Errico di dentro Baroncino (uscendo) Signorina Cochelicò, perchè ci avete lasciato? Marchese (uscendo) Il Baroncino Zella vi ha detto lo scopo della sua visita? Io lo ritengo un partito eccellente per Lucia, ma non impongo niente, occupatevene voi. Felice (E state frisco!) Marchese...io vi ringrazio della fiducia... ma...vedete...il Baroncino...forse...arriva un po’ tardi... Baroncino Come? Marchese C’è già un altro? (ridendo) Felice (dopo pausa) Pare. Marchese Che ne volete sapere, Baroncino mio. (mostrando Lucia) Chesta, ’e tene accussì! (fa il gesto delle dita) Michele (di dentro 2a a da gridando) Nun te n’incarricà, lassa sta ’o cafè, nun ’o dà audienza. Miette ’a bandiera for’’a balconata. 18

Vedi nota 1

LA SIGNORINA COCHELICÒ

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Errico (di do c.s.) Va bene. Michele (fuori) Che bella cosa! Che onore! Marchese Che cos’è, neh Michè? Michele Signor Marchese, una grande notizia!...Dint’a l’albergo mio sapite chi nce sta? Felice Lucia Chi ce sta? Marchese Baroncino Michele Nientemeno sua Altezza Lord Mario Loffman, principe inglese! Marchese Oh! Un principe? Felice Qua nell’albergo? Michele Seh, facite vedè ancora che nun sapite niente. Eh? Mo l’avimmo conosciuto, cara signorina...D. Luigi nc’ha parlato e m’ha ditto ’o vero nomme. Ah! Ah! Ah!...Diceva che se chiammava Romeo Fiorelli! (azione di Felice) Marchese Ma dove sta? Michele Ccà, dint’’o nummero 6. Lucia (con un grido di gioia) Che?...Isso!...’O signore d’’o n° 6 nu Principe!...(sviene) Uh!...Mamma mia!... Marchese Figlia mia!...Che cos’è? Baroncino Si sente male? Michele Ch’è stato? Marchese Nu poco d’acqua! Michele Subito. (via) Felice (Ma che d’è, mo so’ principe mo? E ccà nce adda sta n’equivoco! Ccà mo s’appura tutte cosa. Chi l’ha fatto stu mbruoglio?) Marchese Zitto! Zitto! Rinviene. Lucia...ma che cosa è stato?...Voglio sapè perchè t’è venuto stu svenimento. Parla. Felice Ve lo dico io!...Sappiate che il signore del n°6 ...è venuto qui ...per vostra figlia! Baroncino Per lei? Marchese Il Principe? Felice E’ venuto cinque giorni fa...sotto un altro nome, è stata un’invenzione per studiare il carattere della signorina Lucia e domandarvi poi la sua mano. Vostra figlia mi ha confessato che l’ama, io ho parlato con lui poco fa, quindi date il consenso e buona notte! Marchese Signorina Cochelicò...voi che dite...Lucietta mia ma è vero tutto ciò?...Tu amavi il principe? Lucia Sì papà, ma io non sapeva che era una persona reale.

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TEATRO (1900-1910)

Marchese Baroncì, voi sentite? Baroncino Ho inteso! Marchese Un principe inglese? Baroncino Che io sfiderò! Per Bacco! Scena tredicesima Concetta, Carlino e detti, poi Errico Concetta (uscendo) Jammo Carlì, mettimmece ’e cappielle, jammo a piglià a Nannina! Che compitezza, che persona gentile. [Carlino Tale e quale a D. Giacomino...quel discolo.]19 Marchese Scusate, Da Concè, voi venite dal n°6, avete parlato con quel signore? Concetta Sicuro! Che galantuomo! Che educazione!...E come è contento di questo matrimonio! Livietta con un nostro specifico, l’ha fatto domandare la mano poco prima. Marchese Che sarà subito accordata. Concetta Certamente. Jammo Carlì, facimmo ampressa. (viano nel 9). Baroncino Marchese, ma io non posso permettere questo, io amo troppo vostra figlia, io ne morirò. Marchese Ma caro Baroncino, che volite ’a me, site venuto troppo tarde, mi dispiace...ma non ho che farvi. Errico (con bicchiere d’acqua) Ecco ccà l’acqua. Marchese No, nun serve chiù, puoi andare. (Errico via) Signorina, accompagnate mia figlia nella sua camera, fatela mettere un po’ sul letto, poverina, l’emozione...se sa, l’ha scossa un poco... Felice Venite, carina, andiamo e state allegra, voi lo sposerete... Lucia Ma è una persona reale. Felice Mo vediamo. (viano nel n.7) Scena quattordicesima Nicolino e detti Nicolino (ancora da uomo) (Mo mme parene mill’anne che veco a sta Nannina. Si fosse na bella guagliona sarria na fortuna. Bella, cu na bona dote, e che voglio chiù?) Marchese (Ah! Eccolo qua. Ecco il Principe!) Baroncino (Isso!) Marchese (andando vicino a Nicolino con molta gentilezza) Io so tutto, ormai siete stato scoperto. Poco fa l’albergatore ci ha detto tutto, adesso so chi siete. Io sono il padre della signorina. 19

Vedi nota 4

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Nicolino (Uh! ’O padre ’e Nannina!) Tanto piacere, signore. Spero che voi pure sarete contento. Marchese Figuratevi! [Nicolino Vedrete, vedrete che avvenire io preparo per vostra figlia. Nessuno lo immagina quello che sono adesso, e quello che sarò un giorno quando... [Marchese Lo so, lo capisco e per me è un grande onore, non meritavo tanta fortuna. [Nicolino Vi hanno parlato della mia invenzione? [Marchese Sicuro, so che avete inventato un nome qualunque quando vi siete presentato per vedere mia figlia. [Nicolino Ah! Già, v’hanno detto pure questo? Sissignore, ho detto un falso nome.]20 Baroncino Marchese, con permesso. (a Nicolino) Signore, io sono il Barone Zella. Vorreste accordarmi dieci minuti? Nicolino Per fare cosa? Baroncino Per domandarvi quando avremo l’onore di misurarci. Nicolino Sicuro, perchè no. Io sono un metro e 55, e voi? Baroncino Vi prego di non fare lo spiritoso! Io dico misurarci sul terreno!...A voi la scelta delle armi. Nicolino Le armi? Baroncino Sì, sappiate che anche io amo la signorina che voi volete sposare!...E capirete bene, uno di noi due deve sparire dal mondo! Marchese Ma basta, Baroncino, ricordatevi con chi avete a che fare. Scena quindicesima Luigi e detti, poi Felice Luigi

Eccomi qua! Principe...La notizia della vostra presenza è stata comunicata a tutti! Fra poco verrà il Sindaco, con la banda Municipale e vi faranno quegli onori che ben meritate. Nicolino Ma voi l’avete con me? Luigi Con voi Altezza! Nicolino Ma voi che dite?...Che Altezza! Che Principe! Io mi chiamo Nicolino...cioè Felice, Felice Filetti! Luigi O pure Romeo Fiorelli. Ricordatevi bene (ridendo) Ah! Ah! Questi sono tutti nomi inventati da voi. Lo sappiamo. Voi siete Lord Mario Loffman, principe inglese. Nicolino Io?...Ma voi siete pazzo! 20

Battute racchiuse in un riquadro e cancellate.

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TEATRO (1900-1910)

Luigi

Eh! So’ pazzo, sì. Lo fate forse per non compromettere la signorina Cochelicò. Marchese La signorina Cochelicò? E che c’entra lei? Luigi Fatela chiamare e poi vedete se c’entra. Marchese Ah! Eccola qui. (esce Felice senza parlare) Luigi Bravo! Signorina, scusate, una domanda...questo signore è o non è il n°6 ? (mostra Felice) Felice Sicuro, lui è il n°6!... Luigi Benissimo! È o non è il Principe Lord Mario Loffman? Felice (non sapendo cosa dire) Sicuro...è lui!... Caro Principe, come state? (va da Nicolino e dice piano e in fretta) (Acconsentite, si no abbuscammo tutt’e duje! Voi perdetete 20 mila lire e io miezo milione.) Ma perchè forse diceva che non era lui? Luigi Già. Felice Ah! Quello scherza, non ci badate. Luigi Ma lo so, vi pare. Principe, adesso che viene il Sindaco, gli darete l’onore di andare con lui in carrozza? Nicolino Dove?... Luigi A casa sua. Vi hanno preparato un pranzo degno d’un vostro pari. Nicolino (con sussiego) Oh! Sì!...Quando si tratta di mangiare verrò dove volete...(dalla strada si sente un mormorio di popolo che comincia piano e gradualmente cresce.) Marchese Che cos’è? (va alla finestra) Dio!...Quanta gente!... Luigi È il popolo che vuol vedere il Principe!... Scena sedicesima Errico e detti, poi Concetta e Carlino (correndo) D.Luì, ha ditto ’o patrone che currite abbascio, llà stanno ’a 2000 perzune sott’’o palazzo che vonno saglì, vonno vedè ’o Principe!... Luigi ’O ssentite?...(al colmo della gioia) Principe, fatevi vedere dalla finestra! Fateli contenti. Venite. ( Lo conduce alla finestra. Appena Nicolino sporge la testa si sente gridare “Evviva il Principe” Applausi. Anche quelli che sono in scena applaudiscono, meno però il Baroncino che passeggia nervosissimo) Concetta (dal n° 9 con cappello) Neh, che d’è st’ammuina? Carlino (con cappello) A chi s’applaudisce? Nicolino (viene avanti) Che brava gente! Concetta (a Nicolino) D. Felì, ch’è stato? Luigi Ma che Felice e Felice...Voi forse non sapete niente ancora? Questo sapete chi è? (di dentro grida di evviva) Errico

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Marchese (a Nicolino portandolo alla finestra) Affacciatevi!...(resta con lui alla finestra) Concetta (a Luigi) Chi è? Luigi È nientemeno che Sua Altezza Lord Mario Loffman, Principe Inglese!...(corre alla finestra) Concetta (fortissimo grido) Che?!...Nu Principe!!...Nannina se sposa a nu Principe?... Carlino Nannina diventa principessa? Concetta Mamma mia...aiutateme!!!(sviene dalla gioia su di una sedia) Carlino Zizì! Zizì!...(soccorrendola) Dalla strada la banda attacca subito una marcia, contemporaneamente cori di Evviva il Principe ed applausi. Quelli che sono in iscena gridano applaudendo, e mentre Nicolino ringrazia tutti agitando il fazzoletto, cala la tela. Fine del secondo atto

Atto 3° La stessa scena del secondo atto. Il calendario porta la data: 23 agosto. Scena prima Felice, poi Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico Felice Errico

Felice Errico Felice

(ancora da Cochelicò, parlando verso il n°6) Nonsignore, chesta è cosa ’e niente, mo ve passa, susiteve, che nce facite dint’’o lietto. (dalla 2a a destra con bottiglia d’acqua) Signorì, ecco ccà l’acqua. Cu chesta è ’a quarta butteglia che se beve ’o Principe, chesto faciarria ’e granavottole ncuorpo! All’arma d’’a seta. (E se capisce, chillo pigliaie chella pella aieressera!) Ma comme sta? Comme sta? Meglio, meglio...sai, ha mangiato un po’ troppo a casa del Sindaco, ha bevuto più del solito e gli ha fatto male, poverino! A voi vi dispiace, è vero? Eh! Se capisce, si non dispiace a voi che siete l’innamorata, a chi ha da dispiacè? Ma cosa dici? Io sono l’innamorata del Principe? Almeno, accussì hanno ditto, accossì dicene tutte quante. Poco primma però, signorì, è venuto D.Luigi ’o brigadiere nzieme cu D. Antonio Serra e l’aggio visto parlà a tutt’’e duie cu tanta segretezza. Io, passanno, aggio ntiso sulo che D. Luigi diceva: “D. Antò, chisto è stato n’inganno che nc’hanno fatto. ’A signorina Cocchelicò, nun è chella che sta mo c’’o Marchese, nc’hanno mbrugliato. Po hanno visto a me e se so’ state zitte. Ma che d’è stu mbruoglio? Vuje nun site ’a signorina Cocheliccò? Ma sì. Questo è un equivoco che hanno preso. Porta l’acqua al Principe, che poi ti spiegherò ogni cosa. (un po’ turbato) (al n°6) È permesso?...(dopo un poco entra poi torna) Ccà certamente avarranno appurato tutte cose, hanno scoperta ’a mbroglia!...E ma comme l’appuravano, chi ha potuto parlà?

LA SIGNORINA COCHELICÒ

Errico Felice Errico Felice Errico Felice



(ritornando) Signurì, ha ditto ca se sente chiù meglio, sulo ’a panza lle ffa male ancora. [Ma si capisce, è l’indigestione presa.]1 Comandate altro? No, grazie. Sempre a servirvi. (via 2a a destra) Mannaggia l’arma d’’a mamma, chest’ato nce voleva mo. Lle fa male ancora ’a panza, e se sape, chillo venette ccà mbriaco comme ’a nu puorco, ’o purtajene mbraccio. Sulo isso m’ha potuto fa ’o guaio! Mbriaco comme steva, avarrà ditto quacche cosa. Eh! Ma io primma che ’o fatto se scommoglia chiù assaje, è meglio che addevento n’ata vota ommo e confesso tutte cose a Lucia. Ormai essa è innamorata, io pure ’a voglio bene, dunque, è meglio finirla e salvare il mezzo milione che vedo in pericolo. (via nel n°6) Scena seconda Marchese, Luigi, Antonio e Lucia

Marchese (dal n°7) Possibile? Ma è vero tutto questo? Luigi Verissimo signor Marchese, chella signorina che sta co buie non è la Cochelicò, v’hanno mbrugliato. Marchese D.Antò, voi sentite!...E questa è la serietà della vostra agenzia?...Mi darete spiegazioni però. Antonio Marchè, vuje che vulite ’a me, io sono innocente, ccà ’o primmo a essere mbrugliato so’ stato io!.. Lucia (a Luigi) Ma scusate...ma vuje ve site informato buono, avisseve pigliato nu sbaglio. Luigi Che sbaglio, Marchesì, voi scherzate. Ccà stanno e duie telegramme d’’a Questura ’e Napole ch’ha avuto ’o Sinneco. Favorite, leggete voi stessa. Questo è arrivato ’e seie stammatina. (dà il telegramma) Lucia (leggendo) “Il principe Loffman è stato trovato Berlino con sua amante signorina Cochelicò. Sospendete ricerche.” Luigi E chist’ato è arrivato mez’ora fa. Tenite, leggite. (le dà l’altro telegramma) Lucia (legge) “Principe Loffmann giunto Parigi insieme Cochelicò. Arrestate subito falso principe e sua complice”. (siede al tavolo) Luigi Avite capito? Marchese È chiaro, non c’è più dubbio. 1

Battuta cancellata con frego.



Antonio

TEATRO (1900-1910)

Vedete un poco...Io che figura faccio mo che s’appura. Vale a dire che chillo telegramma che ricevette io ’a settimana passata era proprio della signorina Cochelicò. Luigi Avisteve un telegramma? Antonio Già, addò diceva che non veneva chiù perchè partiva per un lungo viaggio. Ma po se presentaie chest’ata, dicenno che nun era vero, che era nu scherzo ch’avevano fatto e io m’’o credette comme se l’avarria creduto chiunque. Marchese E io, sicuro di tutte le vostre belle informazioni, l’aveva miso vicino a figliema. E quella poi che se va a innammorare del Principe, di quel furfante! Lucia E io che ne sapeva! (Che birbante!) Antonio D. Luì, e ’o Sinneco ch’ha ditto? Luigi Ch’aveva dicere? S’ha pigliata cu mmico!...M’ha fatta na cancariata nnanze a tutte quante ca mme so’ muorto d’’o scuorno. E ha ditto che si pe stasera nun riesco a l’arrestà a tutt’’e duie, mme suspende ’a paga pe nu mese. Perciò, vuie m’avite ’a fa ’o piacere, ’e tutto chesto che v’ aggio ditto, nunn’ avit’ ’a fa parola a nisciuno!...Si no sti duie mbrugliune l’appurano, se ne scappano e io passaria nu brutto guaio. Antonio Ah! Se capisce. Marchese È regolare! Luigi Io mo vaco ’o muncipio e mme porto n’ati tre guardie. Pe tutta stasera l’aggia combinà ’o servizio. Antonio E io vaco a telegrafà a Chalamont. Lui mi risponderà dei danni. Mme propone a una che invece ’e venì se ne scappa a Berlino cu nu Princepe? Marchese E andiamo, scendiamo insieme, io vado al bagno perchè è ora. (a Lucia) Tu non vuò venì? Lucia Che bagno papà!...Pe stammatina nun mporta...sto seccata, sto nervosa...mme fa male pure nu poco ’a capa. Marchese E statte ccà, ce vado io solo. Vattene in camera, chiudete ’a dinto e nun parlà cu nisciuno. Si vene a bussà quaccheduno tu non risponnere. (a Luigi e Antonio) Vogliamo andare? Antonio Eccoci. Io mo sarria curiuso ’e sapè chi so’ sti duie che se so’ presentate. Luigi Nun ve n’incarricate, stasera ’o sapimmo. (viano 2a a destra) Lucia (sola) Che birbante!...Teneva na nnammurata, la sedicente signorina Cochelicò, e faceva l’appassionato cu me, diceva che mme voleva bene!..Assassino! Mbruglione!...

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Scena terza Felice e detta, poi Nicolino (da uomo come al 1° atto) (Eccomi pronto. Tentiamo l’ultimo colpo. Mo confesso tutte cose a Lucia, pare che accussì...Ah!...Eccola qua!) (salutando) Signorina. Lucia Eh! Voi!! E avete il coraggio di presentarvi a me? Ingrato! Felice Perchè? Lucia Perchè?...Perchè m’avete ingannata! Felice Io? Lucia Voi sì!...Scappate, scappate, altrimenti vi arresteranno. Felice A me? M’arresteranno? Lucia Sì! Con la vostra amante. La signorina Cochelicò. Ho saputo tutto. D. Luigi ’a guardia m’ha fatto vedè ’e telegramme. Voi non siete il Principe e quella signorina non è la Cochelicò che noi aspettavamo. Felice Sì, questo me l’hanno detto. Ma comme l’hanno saputo? Chi l’ha scoperta ’a mbroglia? Lucia Ah! Dunque voi confessate?...Bravo!... Felice Ebbene,... sì lo confesso. Per amor vostro io ho preso il posto della Cochelicò, il posto di Romeo Fiorelli, il posto del Principe...ma vi giuro, Lucia, che non è stato per colpa mia. Tante combinazioni m’hanno forzato a fa sti mbroglie. Lucia Ma come...la signa Cochelicò? Felice (levandosi la barbetta e i baffi) Eccola qui! Lucia (grande meraviglia) Che?!...Ma sì, ’a stessa faccia!... Felice Vuje mme truvasteve ncopp’a l’agenzia ’e D. Antonio, mentre io cercavo ’e scappà vestuto ’a femmena pe nun mme fa conoscere ’a Da Concetta Barile, m’avete presa per la Cochelicò, papà nce volette fa bacià...isso se recriava, io mme recriavo chiù d’isso! Vi ho trovata tanto sciasciona che da quel giorno non ho potuto più allontanarmi, e per starvi vicino feci camminare l’equivoco! Ecco tutto! Lucia Ma io sto dormenno o sto scetata. Ma come, voi eravate la Cochelicò che io mme c’era tanto affezionata, e che voleva tanto bene? Felice Io proprio. Lucia E Romeo Fiorelli? Felice (rimettendosi la barbetta) Eccolo qui! Solo la testa però, quello di sotto è di Felice Filetti. Lucia Felice Filetti? Felice È il mio vero nome. Felice Filetti, maestro di scherma. Per farvi la mia dichiarazione penzaje ’e mme mettere sta barbetella e stu mustacciello finto. Felice



Lucia Felice

TEATRO (1900-1910)

E io che nun mme ne so’ accorta. E allora il Principe? Avarria essere io, ma è chillo povero D. Nicolino Scorza, chillo d’’a machina che fa ’e pulcine, ’o quale è meglio avvertirlo si no mo l’arrestano. Lucia Mamma mia!...Io mo perdo ’a capa. Insomma, voi solo, eravate tre persone? Felice Proprio! Padre, figliuolo e Spirito Santo! E se ne volete una prova...aspettate. (entra nella 1a a destra poi torna) Lucia Ma nc’ha voluto nu bello coraggio a fa chesto, na bella prontezza di spirito. Chillo se sta chiù ’e na settimana vestuto ’a femmena?...Pe mme sta vicino? Se vede allora che nce tene na premura! Che mme vo’ bene! Ah! Comme so’ contenta!... Felice (ritornando con la vestaglia e la parrucca della Cochelicò) Ecco qua. (poi mostrando la sua testa) Questo è Romeo Fiorelli....(mostrando il corpo) Questo è Felice Filetti...(mostrando la vestaglia e la parrucca) e questa è la Cochelicò!... (ridendo) Lucia (ridendo) Ah! Ah!...Ma sapete che siete stato abbastanza di spirito. Nicolino (dalla 1a a da in mutande e berretto da notte, a Felice) Tu che arma de mammeta ’e ditto? Mme n’aggia scappà pecchè si no m’arrestano? Lucia Chi è chillo, che scostumato! (si volta) Felice Ma siete un bello porco sapete! Ve presentate in mutande nnanze a na signorina? Nicolino Scusate...io non sapeva...(toccandosi il ventre) Ah! Sta panza che mme sta facenno! Felice Mettiteve chisto ncuollo, non fate l’indecente. (gli mette la vestaglia che aveva in mano e la parrucca sul berretto da notte) Nicolino Vide ’e mme salvà sinò te sciacco, sa! Dinto a stu guajo mme trovo pe causa toia, e tu devi riparare, grandissimo imbroglione! Questo è stato un tradimento. ’A sposa, ’e vvintemila lire...(avverte qualche dolore) ma io però...queste bugie...(c.s.) queste bugie le punisco...(altre parole a soggetto poi non potendo più resistere per forti dolori, scappa pel fondo a sinistra con le mani sulla pancia). Lucia (ridendo) Ah! Ah! Ah!...Comme è curiuso. Ma quanno ’a signurina steva dormenno ccà assettata, chi era? Felice Era appunto D. Nicolino pregato da me! Lucia Era isso?...Mamma mia, vuje quanta mbroglie avite fatto? (ridendo)

LA SIGNORINA COCHELICÒ

Felice Lucia Felice



Voi però mi amerete lo stesso, e mi perdonate di quello che ho fatto? Ma sì, ve perdono, pecchè vedo che ve site miso a tanta brutte rischie pe me. E po ch’aggia fa, ve lo confesso...ve voglio tanto bene! (stringendole le mani) Oh!...Grazie! Anima sublime... Scena quarta Carlino e detti, poi Barone

(di dentro 2a a da) Dove sta? Dove sta la signorina Cochelicò?...(fuori) Dove sta? Oh! Signori, buongiorno (a Nicolino) [Ah! Voi state qua? Meglio così.]2 Questa signorina Cochelicò se deve sposare a me, si no faccio revotà Roccapulita!...Comme, quella mi regalò na pipa pe ricordo suo, m’ha ditto tanta belli parole, mme n’ha fatto j’ primm’’e capa a me povero giovinotto, e poi per mezzo dell’albergatore appuro che è ’a nnammurata ’e stu signore?... Voi siete Principe? Ma voi potete essere pure Imperatore ma la Cochelicò s’adda spusà a me! Si ’o ssape zi Concetta, quella, ritenete, che la squarta. Perchè essa a vuie v’ha da lassà sta! Vuie v’avita spusà a Nannina! Si no facimmo a carocchie ccà!... Lucia Ma zi Concetta dove sta? Carlino È rimasta ncopp’a d’’o compare addò steva aiere Nannina. ’A povera sora mia appena sapette che se sposava nu Princepe, lle venette nu svenimento pure a essa, che lle duraie quase doie ore! Avimmo dormuto llà stanotte pe paura, p’’a sta attiento. Ma dove sta la Cochelicò, l’avete vista? Felice Sicuro, è andata da quella parte. Carlino Sì?... Permettete. (via correndo fondo a sinistra) Lucia Ch’avite fatto?...(ridendo) Mo succede n’ato mbruoglio! Felice Mo mme trovo mo! Jatevenne dint’ a cammera vosta che al resto ci penso io! Bella!...Simpaticona! (fa per baciarla) Lucia (retrocedendo) Che volite fa? Felice Ve voleva dà nu bacio. Lucia Ah!...questo poi no! Felice Signorì, io ve n’aggio dato tante!... Lucia Ah! Quanno ireve femmena...ma mo site ommo mo!...(via 1a a sinistra) Carlino

2

Battuta aggiunta



TEATRO (1900-1910)

E già!...è giusto! (ridendo) Ma quanto è cara, che occhi, che bocca, che grazia! (resta vicino alla porta) Baroncino (dalla 2a a da) (Ah! Eccolo là!...) Signor Principe, ieri per la confusione che c’era non ho potuto parlarvi e me ne andai. Adesso sono ritornato per domandarvi: siete sempre deciso a sposare la signorina Marchesina? Felice Sempre! Baroncino Bravissimo! Allora, siccome io pure amavo quella ragazza, sarete tanto gentile di battervi con me?... Felice (Pausa. Lo guarda con aria di disprezzo, poi risoluto) Quando? Baroncino Anche subito! Senza che guardate cu st’aria spavalda perchè io non ho paura! Eccovi la mia carta da visita. (la dà) Felice E questa è la mia!...(la dà) Baroncino Grazie tante. (legge. “Felice Filetti, maestro di scherma”. Appaurato) (Uh! Mamma mia! Chisto è maestro ’e scherma!...Nun è ’o Princepe?...Oh! Aggio fatto stu guaio!) Felice Dunque, svelto svelto,...A che ora? Baroncino (tremando) Signor Maestro...io ve cerco scusa...io nun sapeva... Felice Che cos’è?...Nun ve volite battere chiù? Baroncino Se non vi dispiace, maestro...lassamme sta...ve cerco scusa e non ne parliamo più!... Felice No, mio caro, che scusa e scusa, vi dovete battere! Baroncino Maestro mio, voi scherzate...io mi batto con voi, è impossibile...io appena appena so fare nu poco il mulinello! L’ho detto per spaventarvi...senza sapere... Felice [Niente, niente]3Queste so’ tutte chiacchiere. Diteme nu poco, volete morire così, tutto d’un colpo, o volete na mezz’oretta d’agonia? Capite, se si tratta di farvi un piacere... Baroncino E già. (Comme avesse ditto: volete un caffè o na mezza granita?...) Sentite Maestro... Felice No, no, non sento. Solo ad una condizione vi lascio libero. Baroncino L’accetto, l’accetto. Che debbo fare? Felice Dovete ottenere, per me, a qualunque costo, la mano della Marchesina. Jate a d’’o padre e lle dicite che io sono Felice Filetti, che sono un galantuomo... Baroncino Sicuro. Felice Che amo Lucietta... Baroncino Sicuro. Felice Che Lucietta pure mi ama… Felice

3

Vedi nota 1

LA SIGNORINA COCHELICÒ



Baroncino Sicuro. Felice Che voi siete un cretino.... Baroncino Sicuro. Felice E che non ne volete più sapere. Baroncino Sicuro. Felice Vi do tre ore di tempo. Se fate questo saremo buoni amici, se non lo fate ve spanzo!... Baroncino No!...Va bene, lo farò, lo farò! Il Marchese mi vuol tanto bene e sono sicuro di riuscirci. Permettete. Sono fortunatissimo di aver fatta la vostra conoscenza. Felice Piacere è mio!...(strette di mano) Ricordatevi, tre ore di tempo. Baroncino Va bene. Mamma mia, mo moro d’’a paura! (via 2a a da) Felice Ah! Ah! Ah! S’ha miso ’a semmentella!... Scena quinta Elvira e detto poi Carlino Elvira (di do a da gridando) Eh! Ma che siete cieco! Che modo di camminare!...(fuori) Mo mme faceva j’ nterra! Felice Uh! Signora bella! Come state? State bene?...(stringe la mano, la bacia, poi l’abbraccia) Che bella sorpresa! Elvira (dandogli una spinta) E che d’è ’o fatto! Mo v’azzecco nu schiaffo! Felice Ecco, io mme l’aveva scordato...non avete tanto di spirito. Elvira Nun mporta, nun ve n’incarricate! Felice Ma ch’è stato? Pecchè alluccaveve? Elvira Pecchè nu curiuso ccà ffore, correnno, m’ha dato na vottata, n’ato poco mme faceva j’ nterra. Io era venuta, pecchè stammatina mariteme ha fatto revotà ’a casa, dice che s’è scoperto ca chella signorina che se presentaie non è la Cochelicò. Allora aggio penzato subeto a vuje. Aggio ditto, llà mo se ne so’ accorte che chillo è ommo, e so’ venuto pe sapè quacche cosa. Felice Quanto siete buona...v’interessate di me. Elvira Così, per curiosità, non per altro. Ma che d’è, v’avite cresciuto n’ata vota ’a barbetta? Felice No! Chella è finta. Vedete. Elvira Uh! E pecchè? Felice Poi saprete. Trasite dint’a sta cammera, mo vengo io e... ve conto tutte cose. Ve faccio fa nu sacco ’e resate. Elvira Ma ’o Marchese ch’ha ditto? Felice Po ve conto, trasite.



TEATRO (1900-1910)

[Elvira Felice

E stu falso Principe chi è? [Trasite, ca mo v’’o cconto. (Elvira entra nel n.6)]4 Voglio j’ a contà tutte cosa a Lucia! Che sbruffone! (via nel n.7) (dal fondo) Io nun l’aggio potuta trovà. Stesse llà? (via nel n.6)

Carlino

Scena (sesta) quinta5 Luigi, 1 , 2 , 3 guardia, Michele e Antonio poi Carlino, Concetta e Nannina a

a

Luigi

Michele Antonio Luigi Carlino Luigi Carlino Concetta Carlino Concetta Nannina Luigi Carlino Michele

a

Trasite, venite ccà. (alla 1a e 2a guardia) Vuje duje mettiteve llà. (fondo a sinist.) Annascunniteve a dereto ’a porta. (le due guardie eseguono) Tu, miettete ccà ffore e nun fa passà a nisciuno (la 3a guardia via 2a a da) Vedite lloco che scandalo dint’a l’albergo mio!...Quanno maje so’ venutte ’e guardie! Pss! Statte zitto! Michè? Embè?...E lassame fa!...(S’aggiusta il kepì, il cinturino ecc. e con aria imponente, si avvicina al n°6 e apre la porta)Signori, in nome della legge, vi lascio in arresto! (uscendo meravigliato) A me? E pecchè? Io nun aggio fatto niente... Chi è chisto? Pecchè stiveve llà dinto? Ieva trovanno ’a signorina Cochelicò! (piangendo) (dalla 2a a da, Nannina la segue) Che cos’è, neh? (piangendo) ’A zì, venite ccà, chiste mme vonno arrestà! A mio nipote? Perchè? (spaventata) (spaventata) Uh! Carlino mio!... Nonsignore, nun ve mettite paura, nun è a isso che avimm’’a arrestà. E dinto a chella cammera nun nce sta nisciuno chiù? Nisciuno chiù. Come s’intende...chillo steva cuccato, ha ditto che teneva delore ’e panza. Scena (settima) sesta Nicolino e detti, poi Felice e Lucia

Nicolino (Dal fondo, sempre da donna col berrettino da notte. Le guardie gli impediscono l’uscita) Che cos’è? Lasciatemi passà!... 4 Tutta la scena quinta viene eliminata tranne le battute che seguono la parentesi quadra risultando,di conseguenza, far parte della scena quarta. 5 La numerazione delle scene scala di un’unità a seguito dell’eliminazione dell’originaria scena quinta.

LA SIGNORINA COCHELICÒ



(vedendo Nicolino) Ah! Ecco la Cochelicò!..Tenetela forte. (Nicolino e le guardie vengono avanti) Concetta Ma aspettate, che siete pazzo, questa non è la Cochelicò! Antonio (D. Nicolino? Chillo che fa ’e pullaste c’’a machina!) Luigi ’O saccio che nun è essa. È una però che s’è finta tale! Bella giò, mo faje marenna!... Antonio (ridendo) Qua’ bella giò, chisto è ommo! Tutti Ommo??... Nicolino Sissignore. Vedete! (alza la vestaglia) Antonio Questo è un povero diavolo, io lo conosco, è un galantuomo. Nicolino M’hanno fatto fa sti mbroglie pe mme fa spusà ’a nepota vosta. (a Concetta) Concetta Come? Voi siete quello dell’ Hakali? Chillo che steva dormenno? Nicolino Sissignore! Concetta E ’a barbetta che nn’avite fatta? Nicolino Me l’ho tagliata! Nun ve n’ incarricate d’’a barbetta. Addò sta ’a guagliona? Badate che io me la debbo sposare, me l’avete promesso. Concetta Sicuro, eccola qua! Nicolino Ah! Questa è? Simpatica. (le va vicino) Concetta Abbraccialo, nipote mia, ecco il Principe. Nicolino Signò, qua’ Princepe, chisto è stato n’equivoco che hanno pigliato tutte quante. Io nun so’ niente!... Concetta Comme, nun site Principe? Nicolino Addò! Concetta Uh! Guardate! Luigi Nu momento! Allora se non siete la Cochelicò, siete il finto Principe, quindi, io vi arresto!...(alle guardie) A voi, prendetelo! (due guardie arrestano Nicolino) Nicolino Nonsignore, per carità... Felice (uscendo) Un momento! Lasciate quest’uomo! (è senza barbetta, Lucia lo segue) Concetta Livietta!!! Nannina Carlino Vestuta ’a ommo?! Concetta Eccola llà, quella è la Cochelicò! Luigi Chella? Antonio Sissignore, questa si è presentata da me! Luigi Benissimo! ’E tengo a tutt’ ’e duie! Arrestatela! (l’altra guardia arresta Felice) Felice A chi! Nu momento! Qua nessuno ha fatto niente! Io non sono la Cochelicò! Io songo ommo! ⏟

Luigi



TEATRO (1900-1910)



Concetta Nannina Che?!...Possibile? Carlino Antonio Pur’ isso? Nicolino Sissignore, isso è stato che m’ha fatto trovà dint’a stu mbruoglio. Dincello, puozze passà nu guaio! Felice Ma sì, lasciatelo, il vero colpevole sono io! Io che pe’ sta vicino ’a Marchesina, aggio ditto ch’era la Cochelicò, ch’ero Romeo Fiorelli, insomma tutte sti mbruoglie ll’aggio fatt’io pe mme spusà a Lucietta! Luigi Neh? E allora venite ncopp’ a d’’o Sinneco e mettite nchiaro stu fatto. Scena ultima Marchese, Barone, Lucia e detti



Marchese (fuori) Dove sta, Baroncì, dove sta?... Baroncino (seguendolo) Adesso ve lo chiamo. Felice E’ inutile, sono qui. Volete a me? Marchese Che vedo? La falsa Cochelicò?! Lucia Ma no papà, chisto è ommo, è nu giovine che io voglio bene e che mme voglio subeto spusà! Marchese Come? È quel giovine che m’ha detto il Baroncino? Felice Sono io... Marchese Voi? E ’a barbetta? Felice (impacciato) Ah!...Me l’ho tagliata adesso, perchè a Lucia non le piaceva. Marchese Va bene...(al Barone) Una volta che voi lo conoscete, che è un perfetto galantuomo... Baroncino Galantomone!!! Marchese (a Felice e a Lucia) Sposatevi e che il Cielo vi benedica! Felice Finalmente!!! (abbracciandosi) Lucia Carlino E io a chi mme sposo mo? Felice Ci ho pensato io!...Te l’ho trovata io! Carlino Veramente? E chi è? Addò sta? Felice Zì Concetta, ’a vi’!... Carlino Nun mme rompere ’a capa!!! (gli altri ridono) Cala la tela Fine della commedia Napoli 12 agosto 1907. Ricopiata dall’attore Majuri G. Che fa i suoi sinceri auguri per un gran successo.

IL SIGNOR… 39 commedia in tre atti

Il 2 maggio 1907 debuttò al Théâtre des Folies di Parigi “Le N.18” di Henri Keroul e Albert Barre; questa commedia fu poi ridotta nel 1908 con il titolo Il Signor 39… da Vincenzo Scarpetta, che la portò sulle scene nel gennaio 1909 al Sannazaro di Napoli e poi al Valle di Roma con successo di pubblico e critica. […] Ed Il Signor 39…, diciamolo subito, fu un altro clamoroso, strepitoso successo d’ilarità. Il pubblico rise e si divertì per tre ore di seguito. La nuova riduzione mostra ancora una volta che Vincenzo Scarpetta […] ha nel sangue tutte le qualità paterne: la perizia scenica, la perfetta conoscenza del pubblico, la verve inesauribile del dialogo, la comicità zampillante da ogni scena, da ogni personaggio. […]1 Confrontando i nomi degli attori indicati in uno dei testimoni conservati nell’Archivio Privato2 con quelli riportati in un ritaglio di un giornale romano3, riusciamo a ricostruire la distribuzione della compagnia che mise in scena questa commedia nel 1909 al Teatro Valle di Roma: Felice

Eduardo Scarpetta

Celestino Trippicella Vincenzo Scarpetta Giuseppe Cornetti

Gennaro Della Rossa

Achille Pallone

Antonio Schioppa

Teresina

Tina Cappelli

1

Ritaglio di giornale, senza indicazione di testata, sulla prima al Sannazaro di Napoli. Nell’Archivio è conservato un cp.ms. firmato, 1 cp.ms. datato 1908, 2 cp.ms. di copista, 1 cp.dts. completo e 1 cp.dts del solo terzo atto. 3 Anche in questo caso, non abbiamo nessun riferimento alla testata del giornale e alla data in cui è stata scritta la recensione. 2



TEATRO (1900-1910)

Amelia Elvira Giordano Adelina

Amelia Bottone

Carmela

Maria Perrella

Pasquale Mussillo

Antonio Milzi

Don Ciccio

Vincenzo Bottone

Luigi Penna

Luigi Langella

Carluccio

Luigi Esposito

Totonno

Giuseppe Majuri

Un facchino

Arturo Arola

Un Signore

Paolillo

Rappresentata più volte nel corso degli anni, ricordiamo la messa in scena di Ugo D’Alessio e Pietro De Vico negli anni 70 e della Compagnia ETC nel marzo del 2000 al Teatro San Ferdinando4. La trascrizione proposta è tratta da un manoscritto di 100 pagine, finito di copiare il 2 giugno 1910, scelto per la “pulizia” del testo.5

Abstract Celestino, albergatore nel paese di Roccarossa, si ferma a pernottare in un albergo di Napoli dove conosce l’ attraente Amelia che non sembra essere indifferente alle sue avances; a tentare ulteriormente l’uomo è anche la contiguità delle loro camere: lui ha la stanza n.39, lei la n.38 e ... fra le altre cose, internamente, c’è una porta di comunicazione! Preso da un irresistibile desiderio, verso l’alba, entra nella stanza di Amelia ma, sul più bello, torna il marito ed è costretto ad una fuga precipitosa. Tornato a Roccarossa, Celestino confida, turbato, l’accaduto all’amico Luigi: Chello che mme secca, è che pe fuì m’aggio scordata 4

Interpreti: Antonio La Raina (Celestino), Ugo D’Alessio (Giuseppe Cornetti), Pietro De Vico (Felice Sciosciammocca), Nello Ascoli (Achille Pallone), Nino Guida (Pasquale Mussillo), Pino Sales (Ciccio), Antonio Ferrara (Luigi Penna), Antonio Allocca (Carluccio), Gennaro Beneduce (Totonno), Bianca Sollazzo (Teresina), Lucia Valeri (Amelia), Graziella Marino (Adelina), Nory Amoretti (Carmela). Regia Mico Galdieri. 5 Gli altri testimoni avrebbero reso problematica la trascrizione per le moltissime modifiche e cancellature presenti.

IL SIGNOR … 39



’a valigia dint’’a cammera mia… Llà nce sta ’a biancaria, doje cammise, fazzolette, calzettini...Ah! Nce sta pure ’o ritratto ’e D. Achille, l’avvocato, mm’’o dette primm’’e partì… Intanto, il marito di Amelia, il dottor Peppino Cornetti, medico famoso per i suoi esperimenti sull’ipnosi, ha giurato vendetta: Se arrivo a ncoccià questo signor 39, questo vile...nn’’o voglio fa j’ a cascetta a ll’omnibus!... Tra l’altro, Peppino crede che il seduttore sia l’uomo ritratto nella fotografia trovata sul fondo della valigia dello sconosciuto fuggiasco. Il dottore, amico di vecchia data della famiglia di Celestino, si reca all’albergo di Roccarossa per presentare agli amici la giovane moglie e racconta, allo sgomento Celestino, quello che gli è accaduto mostrandogli anche la foto di Don Achille della cui colpevolezza è certo. In realtà Don Achille è un pavido avvocato che trascorre le sue vacanze nell’ albergo di Roccarossa con la speranza di sposarne la proprietaria, donna Teresa. Nonostante tutti i piani architettati da Celestino per evitare che Peppino si imbatta in Achille, lo “scontro” avviene e toccherà proprio a lui dover confermare l’innocenza dell’Avvocato: Ma sì, dottò, questo è un equivoco, il signore è nostro amico, sta qua a villeggiare, e so’ 15 giorni che non va a Napoli. La situazione si ingarbuglia sempre più fino a quando Celestino, ipnotizzato dal dottore, non confesserà lui stesso la verità: ...Andate trovando un signore...che teneva la camera...n.39...e che alle 6 di questa mattina...è entrato per una porta di comunicazione...dentro alla camera...di vostra moglie!... Stava in manica di camicia...teneva la mutanda bianca...coi pallini rossi...è entrato si è avvicinato a vostra moglie...e v’ha fatto... Si chiama...Cel...Cel... Celestino! Peppino, al colmo del furore, decide di vendicarsi ripagando di ugual moneta l’amico traditore. A tal fine organizza un incontro clandestino tra il cameriere Felice Sciosciammocca e Adelina la moglie di Celestino, di cui il dipendente è perdutamente innamorato senza speranza. La vendetta però ha un esito ben diverso da quello previsto… Alla fine tutto si risolve grazie alla prontezza del furbo Felice.

Il Signor … 39 commedia in tre atti

Personaggi Celestino Trippicella Achille Pallone, avvocato Don Ciccio Giuseppe Cornetti, medico Pasquale Mussillo, fotografo Luigi Penna, parrucchiere Felice Sciosciammocca Carluccio, cameriere di Felice Totonno, giardiniere 1 Facchino d’albergo 1 Signore Teresina, vedova Amelia, moglie di Peppino Adelina, moglie di Celestino Carmela, moglie di Ciccio La scena è a Roccarossa. Estate

Atto 1° Giardino. A sinistra un albergo con sopra l’insegna “Albergo del Sole”. Fanale davanti con scritta “Albergo” dinanzi alla porta due gradini, tutto praticabile dal palazzo. In fondo due muretti con cancello. A destra 1a quinta il caffè dell’albergo, a 2a la sala del bigliardo. Sedie da giardino. 2 tavoli, 4 sediolini vicino al caffè. Sedile di marmo al muro di destra in fondo. Molti vasi grandi e piccoli con piante vere. Al muro di sinistra in fondo un piccolo divano di vimini con due poltrone di paglia e tavolo. Scena prima Un Signore, Carluccio e D. Ciccio, poi Carmela Signore Cameriere? Bigliardiere? Carluccio (dall’albergo) Comandi? (esce Ciccio e guarda nell’albergo) Signore Portateci due toscani, qua, nel bigliardo. (via) Carluccio Subito. (al caffè) Due toscani nel bigliardo. Ciccio Salute Carlù. Carluccio Oh! D. Ciccio bello. Ched’è?...A chi jate trovanno? Ciccio No...niente...(Embè! Sta femmena mme fa passà nu guaio a me! Sta femmena ha jurato ’e mme fa j’ a chiagnere ’a vita mia dint’’a na galera.) Carmela muglierema sta ’ncoppa? Carluccio Credo. Ah! ’A vedite lloco. Carmela (dall’albergo da cameriera) Guè, tu staje ccà? Ciccio Seh,...justo a te jeva trovanno. Carmela Neh? E pecchè? Ch’è stato? Ch’ato guaio è succieso? Che ata cosa te so’ venute a dicere ’e me? Ciccì, bada, feniscela cu sta gelosia, nun me tormentà cchiù, si no na vota ’e chesta overamente t’’o ffaccio. Me metto a fa ’ammore c’’o primmo che mme capita. Pecchè nun me ne fido cchiù. M’he seccata! M’he stancata. Carluccio Carmè, e zitta, ca sente ’a signora ’a coppa. Ciccio Ah!...Te si’ stancata? Te si’ seccata? (fremendo) Te miette a fa ’ammore c’’o primmo che te capita? (per inveire. Carlo lo trattiene) Io v’accido a tutt’’e dduje si succede!

IL SIGNOR … 39



Carluccio D. Cì, va buono, che maniera è chesta. Ciccio E ma tu ’a siente comme parla? Carluccio Va bene, chella ha ditto pe ddì, Carmela nun è femmena ’e chesto! Ciccio Chella è na faccia tosta, cevettola! Tu staje ’a poco ccà e nun ’a conusce! ’A cunosco io! Ll’ata sera lle truvaje dint’’a sacca na buttigliella d’addore...che n’aveva fa essa? Aveva j’ a quacche parte e se volette profumà. Carmela Io? E pe chi mm’’e pigliata? Io so’ na femmena onesta,’e capito? Carluccio (Si ’o cride!) Carmela Chell’era na meza buttigliella ’e violetta, m’’ha regalaje na signora ch’è partuta, e io mme ne volette servì perchè mi piace la pulizia e mme volette profumà. (a Carlo) Se voi ci vedete del male in questo, ma ditemelo, ditemelo. Carluccio Ncopp’a chesto, scusate, nun avite che lle dì. Ciccio Jatevenne, chella s’aveva profumà pe fa ’a bellella ccà ncoppa cu tutt’’a gente che vene! Ma io si mme n’addono ’e nu tanto che mme faje, si te ncoccio...tu ’a vide chesta? (caccia una sfarziglia e la spiega) Carluccio (trattenendolo) Scuse!... Ciccio Io nganne t’’a chiavo, a te e a isso! (la conserva) Carmela E chesto dice sempe. Chesto facimmo continuamente. Dint’’a na jurnata vene sette, otto vote, e mme dà chesto ppoco ’e veleno. Quanno aggio ’a sortita, ve credite che pozzo avè ’o piacere ’e j’ cammenanno nu poco cu isso? Chi!...Addò!... Sta jettato dint’’a na cantina d’’a matina ’a sera a ghiucà e a bevere cu na mmorra ’e magna franche ribusciate! E io puverella, aggia sta sola ’a casa a mme chiagnere ’e guaje mieje! Carluccio Eh! Perdonate, avete torto. Ciccio Io voglio fa chello che voglio io! Nun aggia dà cunto a nisciuno! E mo basta mo! N’avimmo parlato assaje ’e sta cosa! Mo nun te dico niente cchiù, mo faccio ’e fatte mo!...Cammina deritto, si no so’ guaje...so’ guaie! Carlù, permettete. (stretta di mano) Carluccio Serviteve. Ciccio (arriva in fondo, poi si volta) So’ guaie! (via a destra) Carmela Puozze sculà! Puozz’essere acciso! Vuje vedite addò mme steva astipata sta sciorta! Mannaggia ’o mumento che ’o cunuscette! Carluccio (gentilmente) E va buono, meh, nun te piglià cchiù collera... nun t’acità cchiù ’o sanghe.



TEATRO (1900-1910)

Carmela Sfaticato, magnafranco! Chillo steva buono ’e posizione, era patrone ’e carrozze, p’’a capa soja, pe ghi c’’amice jucanno e bevenno, è ridotto ’e chella manera. Po se ne vene c’’a gelusia, se ne vene. Carluccio Tu po ll’hê ’a compatì...(avvicinandosi) Io, si tenesse na mugliera comme a te...faciarria peggio! Sciasciona mia! (l’abbraccia) Ah! Che bellezza! Comme addure Carmè! (di dentro, dal caffè, si sente un fortissimo rumore di un gabaret che cade con tazze e piattini) Carmela Ch’è stato?...Che s’è rutto? Carluccio (guardando nel caffè) Ah! E io ’o ssapeva. È D. Felice. Va trova che ato ha rutto. Carmela E ma chisto ’a fine ’o mese nun le trase niente cchiù. Chisto rompe rrobba a meglio a meglio... Basta, porta na tazza ’e cioccolata e duje biscotte ’o N.21, mo me scordavo. Pe bia ‘e chillo buono cristiano, ma mo vedimmo, mo vedimmo si nun ‘a faccio fenuta! (via nell’albergo) Carluccio (Quanto è bona!...Che simpaticona!) Scena seconda Felice e detto (di do dal caffè) E va bene, sissignore, pagherò nun dubitate. Come ho pagato jeri, pago pur’ ogge. (fuori con tovagliolo in mano) Sangue de Bacco! Non me ne riesce una bona sa’. Mannaggia ’o pavimento… (Carlo ride) Guè, tu nun ridere, pezzo d’animale! (toccandosi il fianco) Ah! Mme so’ struppiato, sa’. Carluccio State jenno bello overo!...Che ato avite rutto mo? Felice Steva portanno na guantiera cu seje tazze ’e cafè a certi forestieri, so’ sciugliato ncopp’’o pavimento ’e marmo, e so’ caduto io, ’a guantiera, ’e tazze, tutte cosa! Carluccio Ma chesta non è arta vosta, quanne maje avite fatto ’o cammariere?... So’ chilli tale capricce... Felice Tu ntrichete d’’e fatte tuoje! Capricce e nun capricce! (guarda intorno) ’A lettera a Da Adelina nce l’hê data? Che t’ha ditto?...Che risposta t’ha dato? Carluccio Qua’ risposta, signò, io nun nc’aggio dato niente. Felice E pecchè? Carluccio Ma che ll’avite pigliata pe na cosa facile? Llà sta sempe ’a zia nnanze, cammariere, gente che vanno e veneno...nun nc’aggio potuto dà. Felice

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Felice



E si’ na bestia! Nun si’ buono a niente! Già, io ll’aveva capì che purtanneme a te appriesso nun ne ricavavo niente. Addò sta ’a lettera? Carluccio ’A vedite ccà. (la dà) Felice (conserva la lettera) Mo penzo io ’e n’ata manera. Carluccio D. Felì, nun ve n’incarricate chiù, sentite a me. Turnammoncenne a Napoli. Ccà si D. Celestino, o ’a zia, se n’addoneno che nuje nun simme cammariere, ca è na finzione, nce potimmo ncuità buono, potimmo avè nu paliatone. Felice Ll’aje tu ’o paliatone, no io, capisci. Chillo ’o marito è nu stupido, nu guaglione imbecille. Carluccio Sarrà mbicillo, ma è sempe ’o marito. E po, stamme ’a 15 juorne ccà, e ch’avite combinato cu sta signora? Niente! Chella nun ne vo’ sapè...vuje pecchè perdite stu tiempo? Felice Chiste so’ affari che non riguardano a te, riguardano a mme, voglio sta ccà pure n’ato mese, n’ati duje, n’at’anno. Carluccio Comme vulite vuje. Ma ce l’avite fatto sapè che vuje site nu signore, nu galantomo? Felice Sì, chesto ’o ssape, ’a ncocciaie sola for’’o giardino e nc’’o dicette che so’ nu signore, che vivo di rendita, che tu si’ ’o cammariere mio, che aggio fatta sta finzione pe essa, pe lle sta vicino... Carluccio Ah! Mbè, e che ve risponnette? Felice Dice: Ah! Vuje nun site cammariere? Vuje site nu signore? Me lassaje comme a na carota e se ne jette! Carluccio E nun ’a date retta, nun ’a curate cchiù. Felice No, Carlù, mi piace, mi piace assai... E po mo nce so’ trasuto c’’o corrivo, è per puntiglio!... (esaltandosi) Ma che simpatia! Che grazia!... Carluccio Ah! sì. Chesto è overo, è na bella figliola. Signurì...e io pure sto combinanno na cosarella cu Carmela, ’a cammarera d’’o primmo piano. Felice ’A mugliera ’e D. Ciccio? Carluccio Gnorsì. (ridendo) Ll’aggio fatto capì quacche cosa...e ’a compagna s’’a tene ’a posta!...(dal caffè si bussa.) Felice Pure tu, pure tu...e bravo! E s’’a tene ’a posta? Carluccio Caspita! Felice Vedite llà nu servitore è più fortunato di me. (dal caffè si bussa c.s.) Pronto! Viene! Carluccio A proposito, io aggia portà ’a cioccolata a N.21. (per entrare) Felice Aspetta, levete ‘a lloco, indietro, aggia trasì primme io che sono il tuo padrone.



TEATRO (1900-1910)

Carluccio Che c’entra, nuje ccà simme duje cammariere. Felice Dentro, ma quando stiamo fuori si’ sempe ’o servitore mio e mi devi rispettare. Scostati, lasciame passà. Pronto, viene. (via nel caffè) Carluccio Eccomi, vengo! (segue Felice) Scena terza Achille e Pasquale, poi Felice indi Carluccio (dal fondo. Tipo di vecchio ganimede, baffetti all’insù. Capellatura piuttosto folta. Fiore all’occhiello, caramella, guanti, paglia piuttosto piccola, senza gilet. Camicia colorata. Costume attillato. Di dentro poi fuori.) Favorite, D. Pasquà, favorite, da questa parte, riposiamoci un poco. (Fuori) Voglio avere il piacere di offrirvi qualche cosa. Pasquale (lo segue. Borsa a tracolla, paglia. Dietro di lui un facchino con una macchina fotografica a mantice piuttosto grande.) Come avete detto? Achille (Eh! E ccà nce vo’ ’o cannarone d’acciajo cu stu surdo!) Ho detto voglio offrirvi qualche cosa. Pasquale Oh! Grazie! Achille Accettate? Pasquale ’O cetrato? Achille (Eh! ’O cremore ’e tartaro!) Pasquale E che c’entra stu cetrato a quest’ora? Achille Ho detto, accettate, accettate. Pasquale Ah! Con piacere, vi pare. Achille Un vermuth? A seltz? Pasquale Quello che volete. (alla comparsa che porta la macchina) Miette ccà ncoppa a te, e vattenne. (la comparsa depone sul tavolino la macchina e via) Achille (chiamando) Cameriere? (poi a Pasquale) Accomodatevi, prego. Pasquale Troppo gentile. Achille Cameriere? (c.s.) Felice Comandate? (si dirige distratto verso l’albergo e guarda) (’A potesse vedè.) Achille (a Felice) Guè, oh! Adò vaje? T’avimmo chiamato nuje ’o ssaje? Felice (senza badargli) (Quanto è bella!) Achille (c.s.) Guè, nce vuò dà nu poco ’e confidenza sì o no? Felice Oh, scusate! Se n’è scappato il canario della padrona, è da stamattina che cerchiamo di trovarlo e non si vede! Achille

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

Achille Va buono, lassa sta ’o canario mo e penza a nuje ccà. Felice Dite, che volete? Achille Due vermut a seltz. Felice (distratto) Due espressi a pomidoro? Achille Eh, doje genovese. Ma che stammo dint’’a trattoria! Felice Oh scusate, avete detto? Achille Due vermouth a seltz. Felice Subito! (verso dentro) Due vermouth a seltz. (via) Achille D. Pasquà, avete fatta qualche fotografia stamattina? Pasquale Come? Achille Fotografie, stamattina ne avete fatte? Pasquale Sicuro! Embè, perchè sto qua. Io, lo sapete, lavoro per conto di quella casa tedesca che ne fa tutte vedute e cartoline, e ogni giorno aggia fa sei, sette lastre. (Carluccio esce dal caffè con un gabaret dentro al quale una tazza di cioccolata e biscotti e via nell’albergo) Stamattina m’aggio pigliato due bei punti: il Duomo col campanile e la marina. Domani mi faccio la cascata, la piazza con la fontana...mo nun mme fido cchiù, sto allerta ’a stammatina! Felice (con gabaret con entro due bicchieri col vermuth e sifone. Si dirige sempre verso l’albergo guardando) Achille Adò ’o puorte, cammariè? Felice Ah! Ecco servito! (mette tutto sul tavolo) Achille Ancora c’’o canario neh? Felice Era un bell’ animale, capite! Volete che verso? Achille Se capisce! Felice Ecco ccà! (versando il seltz fa lazzi facendolo andare su Pasquale e bagnandolo) Pasquale Mamma mia! Achille Tu che stai combinanno? Felice Oh! Scusate! So’ questi benedetti sifoni che sono così laschi di molla che appena si toccano... (col tovagliolo pulisce Pasquale) Achille E statte attiento! Felice Volete altro? Permesso? (guardando sempre verso l’albergo cessando senza badare e facendo mosse dà il tovagliuolo nell’occhio a Pasquale) Pasquale Ah! M’ha cecato! (Felice via) Achille Ma chillo è n’ammorrone1 overo? (col bicchiere in mano) Alla vostra! Pasquale (lo guarda un poco, poi) ’A gnostra? 1

Ammorrone: persona dai modi bruschi, sciatta.



Achille Pasquale Achille

Pasquale Achille

Pasquale Achille Pasquale Achille

Pasquale Achille Pasquale Achille

TEATRO (1900-1910)

(ridendo) No! ’O calamaro!...(più forte) Alla vostra, alla vostra salute! Ah!...Io aveva capito: ’a gnostra!...(ridono) Alla vostra, prego. (toccano i bicchieri e bevono.) Eh! Qua a Roccarossa ce stanno dei bei siti, belle cose da fotografare. A me mme piace assai stu paesello. (guardando nell’albergo) Ci vengo ogni anno a villeggiare. E diteme nu poco D. Pasqualì, ll’ati seje copie d’’o ritratto mio saranno pronte per domani? (parlando forte) Sicuro. E quelle si debbono cilindrare solamente. Ah! Bravo. Pecchè io nun nne tengo chiù, sapete. N’aggio data una pedono a tutti i membri del Club dei Canottieri, dove io sono Presidente, un’altra a D.Celestino prima di partire, e io so’ rimasto senza. (Pasquale lo guarda). Site rimasto ’e renza? (Eh! So’ rimasto accovato!) Sono rimasto senza, nun ne tengo chiù. Ah! E ho capito. Domani ve le porto. Grazie tanto. Ci tengo, perchè è riuscita bona assai. Somigliantissima, precisa, perciò voglio ll’ate. Ne debbo dare na copia...a na persona...(guardando nell’albergo) a na persona...che m’ha fatto perdere la pace! (tra sé) Oh! Teresina, tu mi mantieni un fuoco continuo, qui, nel cuore! (batte la mano sul cuore) (guardando l’azione) Avite perzo ’o portafoglio? Qua’ portafoglio? Pecchè avite fatto c’’a mano accussì? Ah! Niente, na cosa mia, non ve n’incarricate. Bevete. (bevono. Achille dopo bevuto si pulisce la bocca col fazzoletto) Scena quarta Don Ciccio e detti poi Felice

(esce camminando lentamente e guardando sospettoso nell’albergo) Pasquale (fiutando)Ah! Che bell’odore...’o ttenite vuje avvocà? Achille Sì, nel fazzoletto. (glielo fa odorare) Violetta, violetta di Parma. Eh! Io tutto me faccio mancà ma il profumo no! (ridono) Ciccio (passa davanti a Pasquale ed Achille e li guarda sospettoso, poi fiuta meravigliato) Sangue de Bacco!...Io sento ’a stessa addora che teneva muglierema ll’ata sera ncuollo. (fiuta avvicinandosi sempre più ad Achille) Sissignore...(fiutando sulla spalla di Achille) Essa è! Ciccio

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

(Alzandosi) Che d’è, neh? Che volete voi? Ah! No vedete...senteva na bella addore...capite...’O ttenite vuje ncuollo? Achille (a Pasquale) Io non sapeva che era… (a Ciccio) Sicuro, eccolo qua. (gli fa odorare il fazzoletto) Violetta. Ciccio Ah!!... Che bellezza! Comme addore bello...(Chella scellerata mme steva combinanno ’o servizio cu chisto?) (piccola pausa, poi ai due) Signori. Achille (salutando) Carissimo! Ciccio (va via lentamente guardando sempre minaccioso Achille) (Eh! Carognone...nun te lasso chiù ’e pede mo!) (via) Achille Neh, che cos’è? Quello mi pare che minaccia. Pasquale Quello?...Rinaccia? Achille No, scose! (lo guarda impaziente) (Ah! Ma chisto è n’affare serio!) (più forte) Minaccia...Minaccia!... Pasquale Ah! Minaccia? E perchè, l’avete fatto quacche cosa? Achille A me? Chi ’o conosce. Felice Avvocà, scusate, ’o sifone ve serve cchiù? Achille No, puoi levare. Quant’è? Felice Cinquanta lire. (distratto) Achille Eh!...Che stai dicenno? Felice Cinquanta centesimi. Achille Ah! Mbè! (paga, poi) E quattro soldi a te, prendi. Felice (pigliandosi la moneta) (Vedete che mi tocca soffrire...Un signore...un proprietario come me, deve avere questa umiliazione!...Me mette quatte solde mmane!...A me!... Vattè. (getta via con rabbia la moneta e via nel caffè) Achille Neh, chillo ha jettato ’e 4 solde?... E che voleva na lira?... Pasquale Ha gittato i quattro soldi. (Fa il lazzo che trova il nichel e se lo mette in tasca) Achille Sia fatta la volontà d’’o Cielo. E mo lle dongo niente chiù, sta frisco. Achille Ciccio

Scena quinta Celestino, Luigi e detti, poi Felice, poi Carmela, poi Carluccio Celestino (di do) No, no, no, Luigi non insistere che mme faje piglià collera. (fuori) Questa sera devi mangiare e dormire qua. (Luigino lo segue con due grosse scatole di cartone in mano) Oh! Avvocato egregio. Carissimo D. Pasquale! (strette di mano) Achille Mio caro Celestino! Pasquale Ben tornato. Celestino Grazie!



TEATRO (1900-1910)

Achille

Che d’è, neh? Tiene na brutta faccia, stai nu poco pallidolillo, pecchè? Non te fide? Celestino No...nu poco ’e dolore ’e capa...(Eh! Nu poco, io aggio passata chella nottata!) Achille E sei tornato adesso da Napoli? Celestino Sicuro, in questo momento, e ’a stazione aggio trovato stu simpaticone, stu pazzaglione che se ne steva partenno. (presentando) Luigino Penna. Parrucchiere teatrale, il primo di Napoli. Achille Pallone, avvocato, e D.Pasquale Mussillo fotografo. (Luigino si inchina, Pasquale guarda certe fotografie e non gli dà retta.) Non nce badà, Luì, assettete, te vuò piglià quacche cosa? Luigi (siede) Grazie tante, non v’incomodate. Celestino Avvocà, questo è n’artista, ma nel vero senso della parola. Questo fa lavori in capelli, roba straordinaria, che Parigi, che Londra, se mette sotto a tutte quante. Tiene dodici medaglie, sei diplomi, serve poi tutta l’aristocrazia napoletana, tutti i dilettanti da lui si servono, e io pure, da parecchi anni mi servo da lui, quando debbo fare qualche recita con gli amici, è lui che mi viene a truccare. Ieri sera qua dice che c’è stata na recita al teatrino? Achille Sicuro, i soliti amici. Celestino Embè, isso l’ha truccate. L’hanno mandato a chiammà appositamente a Napole. È n’artista!...N’artista!...(sbadiglia) Ah! Achille Che d’è neh, Celestì, tiene suonno? Celestino No, fame piuttosto! (a Luigi) Più tardi te faccio mangiare, stasera te staje cu me, duorme ccà e dimane te ne vaje a Napole. Tanto, ogge nun avive che fa, è Domenica2! Luigi Comme vulite vuje. Celestino D. Achì, questo è un gran bravo giovine, galantuomo, spassuso, pazzariello po, e io perciò ’o voglio bene. Luigi Bontà vosta! Celestino (chiamando) Cammariè, Carluccio?...Chi c’è lloco, neh? Felice Comandate? Oh! Ben tornato. Celestino Grazie. Famme ’o favore, domanda sopra se c’è niente per me di posta e famme venì a Carmela. Felice Subito. (fa per andare nell’albergo) Domanderò anche alla signora? Celestino No e che c’entra ’a signora? Felice No, chi sa il portiere avesse consegnato alla signora la posta! 2

Domenica: cancellata e sostituita a matita con Lunedì.

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

Celestino Eh! Sì va buono. Felice La potessi parlare. (via nell’albergo poi torna) Celestino Chisto pure è nu buon’ommo, ma me sta scassanno tutte cose!...Nun se po’ movere che fa nu guajo. Achille Scostumato bastantemente, poco primma m’ha menato nu quatto solde nfaccia. Celestino (ridendo) Ma è onesto però, fidato, educato, s’è presentato giorni fa nzieme cu nu compagno sujo. Mme cuntajene che stevano a spasso, nun avevano addò j’, mme fecero pena e mme l’aggio pigliate. Felice (ritornando con due giornali parlando fra sé e passando innanzi ai personaggi che sono in scena) (Niente sa’, non mi ha guardato neanche...proprio un’ antipatia personale). Celestino Neh! Guè, te si’ scordato che aspetto. Felice Ah! Sì. Solo questo c’era. (gitta i due giornali ai piedi di Celestino e via) Celestino (ridendo) Ah...Ah...Ah...Ma è curiuso... Achille Da ccà si vede l’educazione. Celestino Me fa ridere ch’aggia fa! (conserva i due giornali) Luigì, a proposito, che nce tiene dinto a chelli scatole? Luigi Parrucche, barbe, mustacce, tutt’’a rrobba ch’è servita aieressera e che mme so’ venuto a ritirà stammatina. Carmela (dall’albergo) Ben tornato signurì. M’avite fatto chiammà? Celestino Sì, ’o numero 24 è libero? Carmela Sissignore! Celestino Benissimo. Preparalo tanto bello, miettece la biancheria pulita pecchè s’ha da coccà stu giovene stanotte. Carmela Va bene. (esce Carluccio) Celestino Sti scatole miettancelle dint’’a stanza...bada addò ’e mmiette, sa’. Carlù, dalle na mana, portatene una pedono, n°24. Carluccio Subito. (poi a Carmela, gentile) Lassate sta, Da Carmè, mo porto tutto io. Carmela (gentile) Grazie! Carluccio (c.s.) Dovere! (prende le due scatole ed entra nell’albergo. Carmela lo segue) Luigi (guardando i due) (Che d’è neh?) Celestino E voi, avvocà, ve trovate sempe buono dint’a l’albergo nuosto? Achille Oh! Vi’ che dice, buono assai. Con queste comodità che ci stanno adesso. Celestino Bagno, ventilatori, bigliardo...erano cose che ci volevano. Achille Oh! Certo.



TEATRO (1900-1910)

Celestino E tutte cose io aggio fatto. Tutto io. Doppo ’a morte ’e zi Ferdinando, ’o quale st’albergo ’o teneva abbandonato mmane a gente estranea, nun se n’incarricava ’e niente, steva sempe a Napoli, io ne presi la direzione, e facette rinnovà tutte cose, facette fa’ tante comodità e ogge se po’ chiammà ’o primm’ albergo ’e Roccarossa. Achille Sicuro. Celestino E faccio tutto io mo. Zi Teresina è ’a padrona, ma tutte addu me veneno. Adelina, muglierema, penza a l’argenteria, a tutta la biancheria che ci vuole, a farla lavà, farla stirà, e io al resto. Ogne 3 mise po, se portano ’e cunte a zi Teresina. Oh! L’ho regolato bene il servizio nun nce penzate. Achille Eh! Si vede, si vede. Basta, Celestì, pecchè nun nce facimmo na partita al bigliardo, ce facimmo na pulla3, passammo nu poco ’e tiempo. Celestino Ah! Sicuro. (Io m’avarria j’ a cuccà mo!) Achille D. Pasquà, venite? Pasquale Granite? No, grazie, m’aggio pigliato ’o vermuth e basta. Achille Ho detto: Venite...venite... Pasquale Addò? Achille Qua, a fare na partita al bigliardo. (forte) Pasquale Ah! Seh! Ma io non so giuocare tanto bene. Achille Nun mporta, passammo nu poco ’e tiempo. (agli altri) Vogliamo andare? Celestino Sì, jate, nuje mo venimmo. Achille D. Pascà, trasite, prego. Pasquale Grazie. (viano al bigliardo2a a destra) Luigi D. Celestì, scusate, ma ch’è surdo chillo signore? Celestino Surdo? Nun sente manche ’e cannunate! Luigi Ah! Perciò! Celestino Ah!... Mamma mia...’a capa!...Me sento acciso!... Luigi D. Celestì, ma vuie ch’avite?...Che saccio...nun ve veco comme ’o ssolito...State pallido...stunato...seccato...ch’è succiesso?... Celestino (guarda intorno) No...niente....(poi piano) Luì...io aggio passata na nuttata d’inferno...io nun saccio comme so’ vivo... Luigi Pecchè? Che v’è succiesso? Celestino Luì, ma pe carità, nun parlà sa’! Luigi Ve pare. 3

Pulla: partita.

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

Celestino Devi sapere che l’altra sera, avett’’a j’ a Napole a ordinà da Mele certa biancheria pe l’albergo, e pe n’ato affaruccio nostro d’interesse. Mme pigliaje na stanza all’albergo della Follia, a Toledo. Ieri sera, a pranzo, a table d’hôte, s’assettaje vicino a me na figliola...ma Luì, na cosa fina assai, bruna, nu pare d’uocchie nire accussì, na simpaticona! Luigi Sempe ’o stesso carattere, sempe! (ridendo) Celestino Doppo tre o quatto cacciate, ’o cammariere passaje ’o piatto c’’o dolce, certi cannoli alla siciliana. Vene addò me, e ’a combinazione c’era rimasto uno cannuolo. Che avarrisse fatto? Gentilmente, galantemente, presi il cannuolo e l’offrii a sta figliola. Era mio dovere. Luigi Certo[, ed io al vostro posto avrei fatto lo stesso, avarria pigliato ’o cannuolo e ce l’avrei offerto. E vuje, ’o perdisteve? Celestino No, io l’avette doppo.]4 Essa mi ringraziò con un bel sorriso, molto gentile, mme facette na guardata...abbastanza languida! Ca chello fuje, sinò chi ’a deva retta. Luigi Aggio capito,...era na figliola a di tierze5. Celestino No, no, a di tierze no...nu pocorillo capa all’erta! Ecco. Basta, finito ’e mangià, stetteme n’ato ppoco assieme, po verso l’unnece essa dicette che se voleva j’ a cuccà. Io naturalmente l’accompagnaje fino a ncopp’’a stanza, e sotto ’a porta lle strignette ’a mano forte forte...(ridendo) e nc’’a steva pure vasanno...ma...nun ’o putette fa pecchè chella subeto s’’a tiraje dicenno: Oh! No, signore...per chi mi prendete, io sono una donna onesta, io sono maritata! Se tiraje ’a porta e se chiudette ’a dinto! Luigi Maritata? Celestino Già. Luigi E steva sola? Celestino Sola!...Mme ne trasette dint’’a cammera mia, che disgraziatamente per me, steva affianco ’a soja. Luigi Stiveve vicino? Celestino Vicino!...Essa teneva il 38 e io il 39!...E fra le altre cose, internamente, c’era la porta di comunicazione! Figurati, chi ha dormuto stanotte!... Sola, maritata, e la porta di comunicazione!...La nottata chiara chiara aggio passata, sulo c’’a mutanda a passià sempe. 4

Le battute tra parentesi quadre sono racchiuse in un riquadro. A dì tierze: letteralmente “da due tierze”. ‘E tierze erano gli interessi sui titoli che si pagavano trimestralmente, in questo caso vuol dire che era una ragazza “molto cara”, che costava doppi interessi. 5



TEATRO (1900-1910)

Luigi (ridendo) Ah! Ah! Ah! Celestino Stammatina, verso ’e 6, ti dico la verità, nun mme so’ fidato cchiù, mme sentevo murì...mme pareva nu pazzo... Chiano chiano, cu ’e ponte d’’e piede, so’ ghiuto vicino ’a porta di comunicazione, zitto zitto aggio tirato ’o licchetto ’e coppa e chillo ’e sotto e l’aggio aperta nu poco. Luigi Benissimo! Celestino Essa steva durmenno. Quanto era cara. Doje schiocche ’e russo ccà, ’e capille che lle scennevene tutte ncopp ’a sta spalla. Nun saccio comme nun so’ ghiuto luongo luongo nterra. Mme ne so’ ghiuto ’e capa, mme so’ accostato, l’aggio afferrato ’a mano: (prendendo la mano di Luigi) Signora, per carità svegliatevi...(bacia la mano di Luigi) Io vi amo!...(bacia) e se non mi dite una parola di speranza... (bacia) io mi ammazzo qui dinanzi a voi! Luigi D.Celestì chesta è a mana mia. Bravo!...Ce l’avite vasata finalmente ’a mano! Celestino Eh! Mme n’aggio visto bene po. Luigi Bravissimo! Celestino Seh! Bravissimo!...Chella dint’’o suonno nun ha ditto niente, pecchè m’ha pigliato p’’o marito, appena se n’è addunata ch’era io, s’è mise a fa strille ’e pazze: Vigliacco!...Mascalzone!...Uscite!...Come vi permettete di entrare nella camera di una signora!...Io ’a vuleva calmà... addò! Chella ha pigliata ’a brocca ’a copp’’o lavamano, m’’a steva adderezzanno nfronte! Tutto nzieme hanno tuzzuliato nfaccia ’a porta...bu...bu...bu...Apri Amelia, chi ce sta lloco ddinto?...Era ’o marito!... Luigi Ah!!!! Celestino Essa l’ha apierto..., eh, ma io primma che isso traseva, p’’a stessa porta ’e comunicazione, mme ne so’ trasuto dint’’a stanza mia, e mme so’ vestuto, appena aggio ntiso c’’o marito è trasuto, aggio aperta ’a porta, mme so’ menato p’’e grade, aggio dato 5 lire mmano ’o padrone e mme ne so’ scappato. Luigi Meno male!! Celestino Va trovanno che sarrà succieso doppo. Chello che mme secca, è che pe fuì m’aggio scordata ’a valigia dint’’a cammera mia. Luigi E vuje screvite ’o padrone e v’’a facite mannà. Celestino Io?... No caro mio, nun ’o pozzo fa chesto, è pericoloso, se saparria subito che il signore del 39 so’ io. Luigi Ah! Già!...

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

Celestino Comme se fa?...Llà nce sta ’a biancaria, doje cammise, fazzolette, calzettini...Ah! Nce sta pure ’o ritratto ’e D. Achille, l’avvocato, mm’’o dette primm’’e partì e mme dispiace si se perde...Luì, ma pe carità, nun parlà, sa’, ccà si l’’appura Adelina, zi Teresina ccà se revota l’albergo. Luigi Ma ve pare, a me dicite chesto. Celestino (guardando l’albergo) Zitto, zitto, ’a vi’ ccà muglierema. Buon giorno Adelina mia!... (le va incontro) Scena sesta Adelina e detti. poi don Ciccio, poi Pasquale, poi Felice (dall’albergo) Celestì, tu ire venuto e nisciuno mme diceva niente. Celestino E Carmela nun te l’ha ditto? Adelina No, nun l’aggio vista. Celestino Che bestia! Luigi Servo signora! (in fondo comparisce D. Ciccio passeggiando, con le mani nelle tasche dei pantaloni, fumando e guardando sospettoso l’albergo e il caffè, poi sparisce. A suo tempo ritorna e ripete l’azione) Adelina Oh! Voi state qua? Celestino Sì, e resterà fino a domani mattina, stasera se sta nu poco cu me. È l’anniversario del nostro matrimonio e avimm’’a fa baldoria stasera. Luigi ’O signurino accussì ha voluto...tropp’onore è pe me. Adelina E si’ stato addò Mele? Hai ordinata ’a biancheria? Celestino Se capisce, n’ati 12 lenzuole, n’ati 24 asciugamani, 24 mappine...tutto, tutto. Pasquale (uscendo con una stecca in mano) Neh, D. Celestì, e llà è tutto pronto, quanno venite? (salutando) Signora. Celestino Adelì, permetti, nce stanno aspettanno pe na partita al bigliardo, scusa se ti lasciamo. Adelina Ma te pare!... Celestino Luì, jammo, che doppo mm’’e a fa pure na passatella... (alludendo alla barba) Luigi Tutto quello che volete...(entrano 2a a destra. Adelina sale un po’ la scena) Felice (uscendo, vede Adelina) Ah! Eccola qua! (guarda intorno) Signò... Da Adelì... Adelina Chi è? (voltandosi e vedendo Felice fa per andare) Felice Nu momento, signò, sentite, non mi disprezzate così. Adelina



TEATRO (1900-1910)

Adelina

Felice

Adelina Felice Adelina

Felice Adelina

Psss...Ma vuje mme vulisseve fa passà nu guaio, dicite ’a verità? V’aggio pregato ’a primma, ’a seconda, ’a terza e ’a quarta vota, lasciatemi stare! Site n’affare serio, nun saccio comme v’aggia fa capì? (dal caffè si bussa) Vi voglio bene, ch’aggia fa, che ci posso fare io. Nun v’abbastano ’e pprove che v’aggio dato a Napole, e mo cca, pe ve sta vicino, per vedervi mi sono finto cammeriere. (dal caffè si bussa c.s. ) Un momento, non posso adesso! Siente c’animale! Ch’aggia fa cchiù p’essere creduto. So’ n’ommo a la fine, nun so’ nu guaglione. (Ma comme aggia fa pe mme levà a chisto ’a tuorno?) Insomma, io ve lo dico per l’ultima volta: Jatevenne, fenimmo sta storia, si no dico tutte cose a mariteme. Io sono una giovine onesta e non l’ingannerò mai con voi. Non l’ingannerete mai cu me. E cu chi? Cu nisciuno! Ah! Ma chisto è arrogante, sapete.

Scena settima Teresina e detti, poi D. Ciccio, poi Totonno, poi Celestino Teresina (di do dall’albergo) Adelina? Adelina? Adelina Zi Teresina!... (a Felice) Jatevenne! Mannaggia ll’arma vosta!...(Felice scappa nel caffè) Sto ccà zi Teresì. Teresina (fuori) Ah! Staie ccà? (avrà al collo un laccio con piccolo ventaglio ricamato con molte paillettes d’argento) Adelina Sì. Celestino è arrivato ’o ssapite. Teresina Ah! È venuto? Adelina Sì, sta dint’’o bigliardo. Teresina Ha ordinato ’a biancheria? Adelina Tutto, tutto. Teresina Bravo. Te vuleva dicere che pe stasera aggio ordinato pure ’o gelato a ’o cuoco, e ce vonno ’e piattine buone, ’e cucchiarine d’argento, a n’ato ppoco va ncoppa e cacciala sta rrobba. Adelina Va bene. Avite fatto fa pure ’o gelato. Brava!... Penza a tutto chella zia nosta! Teresina Eh! Ce voleva. Oggi è l’anniversario del vostro matrimonio e bisogna solennizzarlo come si deve. Adelina Grazie, zia mia!...(don Ciccio passeggia c.s.) Teresina ’E butteglie ’e sciampagna e ’o mmarsala già stanno nfrisco. Adelina E quante simme a tavola, avite invitato a nisciuno? Teresina Sì, vene Concettina, chell’amica mia, Don Achille Pallone, l’avvocato che sta ccà, Don Pascale ’o fotografo e nuje tre.

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

Totonno (dal fondo. Blusa e paglia) Signurì, ’o fattorino ha portato stu telegramma pe buje. Teresina Pe me? Damme ccà. (Totonno lo dà e via.) Chi sarrà? (Guarda la firma) Oh! Guarda, guarda...è Don Peppino Cornetti, ’o dottore, l’amico stretto ’e frateme Gennarino. (legge) Adelina Ah! sì. D. Peppino, mme ricordo. Teresina (dopo letto) Oh! Ma bravo! Dice che oggi arriva c’’a mugliera. Adelina Già, già, Celestino m’’o dicette che s’era nzurato. Teresina Ah! Ma si vide che simpatica giovine, pazziarella, vivace, allegra. Io l’aggio conosciuta a Marcianise l’anno passato. Adelina E nc’’o volimmo dicere a Celestino? Teresina Sicuro, chiammalo. Adelina (va al bigliardo) Celestì? Celestì? Celestino (di do) Chi è? Che cos’è? Adelina Lascia nu momento, col permesso dei signori. Celestino (c.s.) Pecchè, che d’è? Adelina T’avimm’a dì na cosa, viene. Celestino (c.s.) Neh, permettete nu momento. (fuori) Luì, attento alle palle, ca chisto D. Achille mbroglia! (ridendo viene avanti) Che cos’è? Che m’avit’’a dì? Oh! Zi Teresina buongiorno. Teresina Buongiorno! Adelina Indovina ogge chi arriva? Celestino Chi arriva? Teresina Don Peppino Cornetti, ’o dottore! Celestino Il Dottore Giuseppe Cornetti? L’amico stretto della felice memoria di papà? E comme ’o ssapite? Teresina Mo proprio aggio ricevuto stu telegramma sujo, dice che arriva nzieme c’’a mugliera. (si soffia col ventaglietto) Celestino Oh! Che bella sorpresa! È chiù ’e n’anno che nun ’o veco a D. Peppino, sicuro, ’a primm’’e se nzurà. Finalmente ’a potimmo conoscere sta signora. (fissando il ventaglio di Teresina) Adelina Ah! Tu nemmeno ’a cunusce? Celestino Nun saccio manche chi è. Isso però mme screvette che appena steva nu poco libero, sarria venuto a passà qualche giorno con noi e a presentarce ’a mogliera. Teresina E allora ce conviene farle trovà na stanza pronta. (si soffia c.s.) Celestino Si capisce! (fissando il ventaglio) Adelina ’A faccio preparà? Teresina Sì, va tu, dincello a Carmela che preparasse chella stanza vicino ’a cammera vosta. (c.s.)



TEATRO (1900-1910)

Adelina Va bene! (via nell’albergo) Teresina S’hanna mettere pure duje poste ’e chiù a tavola...Celestì... che d’è...che guarde?... (c.s.) Celestino (stropicciandosi gli occhi) No...niente...guardavo ’o ventaglio...tutte chelle paillettes che ce stanno vicino...mme fanno abbaglià ’a vista. Me fanno avotà ’a capa. Già, io veramente nun saccio che mm’è afferrato...nun pozzo vedè luccicà na cosa che mme fa tanto male alla vista...mme pigliene cierti vertigini...dei capogiri...(barcolla) ’O vi’!... Mo m’ha pigliato n’ata vota... Teresina (reggendolo) Uh! Mamma mia!...Assettete. Celestino No...no...è leggiero...nun è tanto...ma certi vvote mme piglia tanto forte...mme fa stonà talmente che mme piglia na sonnolenza straordinaria. (stropicciandosi gli occhi) Chiuditelo stu ventaglio, aggiate pacienza. Teresina E ma che cosa curiosa è chesta?...Pecchè nun nc’’e ditto mai niente? Celestino Pe nun ve fa spaventà...Ma stammatina a Napole, mme l’ha fatto brutto assai. Io steva assettato vicino ’o Gambrinus, nu lazzariello, ’o sole, cu nu pezzullo ’e specchio mmano se divertiva a fa ’a palommella nfaccia. M’ha fatto talmente abbaglià ’a vista...m’ha pigliata chella tale sonnolenza...e mme so’ addormuto ncopp’’a seggia! Teresina Addormuto? Celestino Già. Sarrà na debolezza nervosa...che cancaro sarrà, ma mm’aggia fa vedè assolutamente. Teresina E sicuro. Chesta è na cosa brutta assai. Celestino Nun dicite niente a Adelina, si no chella se spaventa. Io cercherò di fare una cura, quacche cosa... Teresina E se sape. Scena ottava Achille e detti, poi D. Ciccio Achille (con stecca in mano) Neh, Celestì? Tocca a te. Celestino Ah! Sì, eccomi. (via nel bigliardo) Teresina Avvocà, vuje pure stiveve llà? Achille Sì...ai vostri ordini. (strette di mano) Teresina Oh! Preghiere! Achille No! L’avvocato Achille Pallone è sempre ai vostri ordini. (questa battuta, marcata e spianata) Teresina Grazie. Permesso? ( p.a.) Achille Signora... mi permettete di dirvi due sole parole?

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

Teresina Parlate. Achille (guardando intorno) Non ho avuto mai il coraggio di dirvele, ma adesso non ne posso più!... L’occasione si presenta, e se non parlo...mme po’ venì pure na paralisi. Teresina Eh?!...(ridendo) Achille Seh, e ce vo’ tanto? Comme stongh’io c’’o sango ’a via ’a capa... Teresina Tenite ’o sango ’a via ’a capa? Achille Sì! Per voi!!...(spalancando gli occhi) Per te!...Donna adorabile!...Tu mi hai rovinato! Tu mi hai sconcertato con la tua bellezza! Quando sto vicino a te, quando ti guardo, o Teresina, io mi vedo cambiato, trasformato!...Il signor Pallone, l’avvocato serio, calmo, tranquillo, sparisce e un altro Pallone ti trovi davanti, pieno di fuoco, di passione,... pronto a tutto per te, perchè ti amo!...(con grande slancio, battendo la stecca in terra e restando in posa) Teresina (ridendo)Avvocà...quanto site curiuso! Achille E no, tu nun ’e ’a ridere!...(ripigliando il tono appassionato) La notte io non posso più riposare. Io ti amo troppo e ti ripeto sono pronto a fare tutto per te. (prendendole la mano) Teresina (ridendo) Avvocà, jatevenne, nun pazziate. Achille No, io nun pazzeo, ti parlo seriamente. Io ti voglio sposare. Teresina mia! Sei vedova? Uh! Io vaco pazzo p’’e vvedove. Dunque, che dici? Che rispondi? Teresina Ma comme...vuje mme vularrisseve spusà? Achille Con piacere, con gran piacere. Tu sei libera, io pure, dunque? Teresina Vedete, la proposta mi lusinga molto...ma... (guardandolo dalla testa ai piedi) sapete...ogni donna tiene il suo ideale... il suo tipo...la sua corda sensibile... Achille E io forse non ti tocco la corda? Teresina Ecco qua...Vuje ve site maje appiccecato? Achille Io?...Sicuro, una volta sola, cu nu cucchiero, e mme dette duje schiaffe! D’allora aggio evitato sempe. Teresina Ecco!...Vedete? E allora non siete il mio tipo!...Che volete, so’ fatta accussì. Da piccerella mm’è piaciuto sempe l’ommo curaggiuso, forte, audace e mme spusaje ’a bon’anema ’e Ferdinando pecchè proprio accussì era. Forte, robusto, un leone!... Il primo schermitore del mondo!...Quanno jeva sott’’o braccio ’e chillo era sicura d’essere rispettata. Eh!...Che uomo!! Che potite fa vuje? Vuje ve facite vattere ’a nu cucchiere. Achille (dopo aver riflettuto un poco, deciso dirà) Sta bene!...Sta bene, Teresina! È un leone che tu vuoi?...Ebbene...l’avrai!! (fra sé)



TEATRO (1900-1910)

(Cu chi mme putarria appiccecà?...Ce vulesse quaccheduno che m’insulta!) (dal fondo comparisce D.Ciccio e passeggia c.s.) Teresina E che volite fa? Achille Tutto!...Faccio tutto per te, per te che amo ed amerò fino alla morte. (cade in ginocchio davanti a lei) Scena nona Carmela e detti, poi D. Ciccio, poi Carluccio, poi Teresina Carmela (di do) Va bene, signurì, mo ce vaco io. Teresina (subito) ’A cammarera! Susiteve! (gli passa davanti e gli dà una spinta facendolo cadere sulle mani, e resta verso l’albergo) Achille (a quattro piedi) Seh! È na parola, e chi me sose cchiù ’a cca nterra? (cammina un poco) Carmela (fuori) Signò, ’o cuoco vo’ sapè pe che ora ha da essere pronto ’o pranzo. Teresina Per le otto. E miette n’ati duje poste a tavola. (via 2a a dtra) Carmela Va bene. (ad Achille) Signurì che d’è, ch’avite perzo quacche cosa? (gli va vicino) Achille Sì...na lira...na lira ’argiento...è ruciuliata...va trova addò è ghiuta...nun mporta... Damme na mano, agge pacienza. (Carmela l’aiuta ad alzarsi) (Chest’ata pure è bona sa’!) (la guarda sorridendo) Ciccio (che un momento prima è comparso in fondo passeggiando, si scaglia) Ah! Grannissema scellerata! T’aggio ncocciata!... Negammello mo si si’ femmena. (Carluccio al grido esce e trattiene D. Ciccio) T’aggio vista io mo!... Achille Ched’è neh? Carmela (scoppiando in una risata) Uh!...Ah! Ah! Ah!...E ch’’e visto? Ch’’e creduto? Ca io steva ccà pe... (ride) Ciccio (inveisce. Carluccio lo trattiene) Ah! Sangue... Carmela Aspetta...(ad Achille) Signò, cuntatele ’o fatto. (via ridendo) Ciccio Seh!...Chella ’a piglia a resata?... Va bene, po parlammo!...A te, carognò, susete ’a lloco nterra, ’e ’a fa ’e cunte cu mmico mo! Jammo, susete. Achille M’avit’’a da’ na mana. Cammariè, agge pacienza. (Carluccio l’aiuta ad alzare) Io, dovete sapere... Ciccio (mordendosi le labbra) Carognò...ccà nun pozzo parlà,... nun me pozzo movere...jesce ’a via ’e fora... Achille Ma io dovete sapere... Ciccio Jesce ’a via ’e fora...e parlammo! (Teresina fa capolino) Achille Ecco ccà io...(Che veco? Teresina sta llà! Che bella combinazione.) (aggrottando le sopracciglia lo guarda di sbieco assu-

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

mendo comicamente un’aria minacciosa, senza però esagerare) Oh!...Ma...pe sapè...(si tira su i pantaloni e sputa) Tu cu chi ll’haje?...Chi è carognone? Tu si jesce ’a via ’e fore, sa quanta pacchere te dongo! (si avvicina con malcelato timore) Ciccio (trattenuto da Carluccio) Tu daje ’e pacchere a me? Achille Eh!...Sì, a te!... (Tienelo, Carlù!) Carluccio D. Cì, ma nu momento,... chisto è n’equivoco... Ciccio Tu si’ na pecora...tu nun vaje niente!... Achille A me?!...(gli dà uno schiaffo, prende la stecca e scappa sulle scale dell’albergo) Nun te fa sotto che t’’a spezzo ncapo!... (Teresina rientra) Ciccio (sempre trattenuto) Nu schiaffo a me? A Don Ciccio ’o cucchiere? ’E ’a murì!...(a Carluccio) Lassa!...(mette la mano in tasca, caccia la sfarziglia, la spiega e inveisce) Achille All’arma ’e mammeta! (scappa nell’albergo, poi torna) Carluccio Ma fermateve!... Pe carità! Ma che vulite fa nu guajo? Ciccio Te ne si’ foiuto, carognò...Lassa! Mannaggia ’a morte! (a Carluccio scuotendolo) Carluccio Ma che site pazzo?... Jatevenne!...Chisto è nu sbaglio ch’avite pigliato. Ciccio (conservandosi il coltello) Nu sbaglio?...(affannando per rabbia) Va bene! È stato nu sbaglio!...(abbottonandosi la giacca nervosamente) Nu schiaffo a me!...A me!... (guardando nell’albergo) Ma ce vedimmo carognò!... Ce vedimmo!... (poi sotto l’uscio) Ce vedimmo!...(via) Carluccio (ridendo) L’ha combinato chillo sordiglino!...All’arma d’’o sbruffone! Achille (cacciando la testa, ha in mano un revolver che nasconde dietro la schiena) Neh! Se n’è ghiuto? Se n’è ghiuto? Carluccio Sissignore, se n’è ghiuto. Vuje avite passato ’o guaio mo. È meglio che ve ne fuite mo. Chillo è terribile!...Chillo si torna certo v’accide. Achille Sempe che torna ’o sparo!...(mostrando poi il revolver) ’O vi’!...Mo ’o tengo mo! Primma no!... Carluccio Ch’avita fa!...Posate stu coso. Achille No! Mm’’e a fa fa mo!...Ha voluto ’o lione? E sarò leone! Carluccio Qua’ lione? Achille No! N’affare mio!...Guai a chi mme dice na parola mo!... Sono feroce! Sono terribile!...Sono un leone! E tu mi sei testimone ’e chesto ch’aggio fatto!... Falle sapè a tutte quante. (via nel bigliardo) Carluccio Ma sentite, avvocà, venite ccà. (via appresso)



TEATRO (1900-1910)

Scena decima Peppino e Amelia, poi un facchino (di do dal fondo) Neh, giovinò, ciardeniè, famme ’o favore, paga chella carrozzella che io nun tengo spicce... L’albergo dov’è? Da questa parte? Grazie, grazie tante. (fuori portando Amelia sotto il braccio e con un ombrella aperto per il sole) Ah! Mannaggia l’arma d’’o sole, mannaggia!...M’ha scaudato tutt’’e rine!... (fa per chiudere l’ombrello e siccome non si vuol chiudere perchè guasto dice) Me pare no lavativo stu mbrello (lo chiude) Ah! Meno male! Qua c’è un poco d’ombra!... Assettete, Amè, arreposete nu poco e po saglimmo. (seggono) Te siente stanca è ovè? Amelia Eh...Te pare...a fa chisto viale, cu chisto sole, dint’’a na carruzzella che mme pareva na scorza ’e noce...cu chella nottata ch’aggio passata! Facchino (dal fondo con tre valige e una scatola di cappello) Signurì, sta rrobba a che nummero va? Peppino E non saccio ancora che cammera m’hanno destinata. Miettele ncoppa, pe mo, e dì ai padroni che qua c’è il dottore Giuseppe Cornetti e sua moglie. Facchino Va bene! (via nell’albergo) Amelia (quasi piangendo) E quanno penzo che io...che da piccerella mme so’ miso scuorno pure si pateme, se po’ dicere, m’accarezzava, stanotte n’assassino, uno che io non conosco, profittando che io steva sola... Peppino Carognone!...Vigliacco!...Si ’o trovo mme l’aggia magnà a morze!...E dire che è stata tutta colpa mia!...Io nun t’aveva lassà sola ncopp’ a n’albergo a Napole, t’aveva portà cu mmico. Amelia Già, nu dottore ave na chiammata ’e pressa pe n’operazione se porta ’a mugliera appriesso? Nun dì ciucciarie. Peppino E si sapeva che durava fino a ’e sseje d’’a matina, te portava, ritieni! Amelia ’O vulesse avè dint’’e mmane! ...’O strafucarria!...Nun saccio chi m’ha trattenuto a nun lle scassà ncapo ’a brocca cu tutta l’acqua ’a dinto. Peppino E quanno io so’ trasuto e mme so’ precipitato alla porta di comunicazione, quell’assassino se n’era già scappato p’’a porta d’’a camera soja!... Amelia Proprio!...Il numero 39! E nun puterlo conoscere, e nun sapè chi è pe poterlo piglià a schiaffe. Peppino (marcato) Eh!...Chi sa che non te la do io questa soddifazione!...Se arrivo a ncoccià questo signor 39, questo vile... Peppino

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Amelia Peppino Amelia Peppino



nn’’o voglio fa j’ a cascetta a ll’omnibus!...Fra le altre cose nun s’avevano pigliato ancora ’o nomme sujo all’albergo, si no, a chest’ ora...ma...chi sa!...Chi sa che non l’appuro. E comme? Si nun tenimmo n’indirizzo, nu segno, quacche cosa...niente...niente! (tra sé) (Tengo ’o ritratto e mme basta!) Una cosa, invece ’e restà quinnece juorne ccà, comme aveveme stabilito... dimane, c’’o primmo treno, jammo a Napole n’ata vota. E pecchè? Comme pecchè? Pe ghi truvanno a stu galiota, pe mme vendicà... Scena undicesima Felice e detti, poi Teresina, poi Adelina

Felice Buongiorno signori. Comandano qualche cosa? Peppino (ad Amelia) Te vuò piglià quacche cosa? Amelia No, niente, nun voglio niente. (a Felice) Grazie. Felice Dovere!...(a Peppino) E voi nemmeno? Peppino Io nemmeno, grazie. Felice (ad Amelia) Un bicchierino di Chartreuse...anisette di bordò... qualche granita... Peppino Amico, nun vulimmo niente. Felice No, perchè qui abbiamo tutto, non ci manca niente. (Che simpatica figliola!) Peppino Lo sappiamo, ma avete inteso che la signora non vuole niente, insistere non mi pare corretto la verità, scusate. Felice Avete ragione, voi dunque, nemmeno volete niente? Peppino V’aggio pregato, nun volimmo niente. Felice (andando via e verso il caffè) Niente per due! (via) Peppino Che bell’ordinativo ha dato chillo. Teresina (uscendo) Chi è? Buongiorno signori. Oh!...’O dottore, e chi v’aveva conosciuto ’e spalle! Peppino (alzandosi) Signora bella! Teresina State comodi, prego. Questa è la vostra signora, è vero? Peppino Già. Amelia. (presentando Teresa ad Amelia) La signora Teresa Bacchetta, moglie di quel famoso schermitore Ferdinando Bacchetta, buon’anima, mio cliente. Amelia Ma io conosco la signora...(a Teresa) Ve ricordate, ce simme viste ’a stazione ’e Marcianise. Peppino Ah! Sicuro, mme ricordo. (a Teresina) Voi aspettavate la coincidenza. Teresina Sissignore.



TEATRO (1900-1910)

(dall’albergo) Zi Teresì, dice che è arrivato ’o dottore. Eccolo qua. Oh!...Carissimo D. Peppino! (strette di mano) Signora. Ma io ve trovo bona assai, ve site ngrassata, ’o matrimonio v’ha fatto bene! (ridendo) Teresina (presentando Amelia ad Adelina) La signora Amelia, moglie del dottore. Adelina Ah! Questa è la vostra signora? Finalmente ho il piacere di conoscerla. (strette di mano) Amelia Per carità, sono io fortunata. Teresina Mia nipote Adelina. (inchini di Amelia e Adelina) Peppino Moglie di Celestino Trippicella, chillo giovene che t’aggio sempe parlato. Amelia Ah! Bravo! Teresina E avete fatto buon viaggio? Peppino Eh, così, non c’è stato male. Teresina Signò, ma non fate cerimonie sa’, se volete andare sopra, a lavarvi, spolverarvi, llà ’a cammera è pronta. Peppino E va Amè, va, questo sono amici sai, nun so’ persone de soggezione, puoi stare con la tua libertà. Teresina Ma se capisce, è chello che voglio. Adelì, va tu, accompagnala. Adelina Con piacere. Da questa parte, signora. Amelia Grazie. (a Peppino) Tu aspiette ccà? Peppino Sì, io mme sto nu poco c’’a signora. Amelia (a Teresina) Con permesso, allora. Teresina Prego. (Adelina e Amelia via nell’albergo) Dottò, e che fate, ve restate na quindicina di giorni? Peppino Vedete signò...questa era l’intenzione mia...ma… disgraziatamente...non posso...un affare importantissimo mi obbliga a partire domani mattina per...Marcianise. Teresina Uh!... Dimane? Accussì ambressa? Peppino Embè...non ne posso fare a meno. Adelina Teresina Adelina Peppino

Scena dodicesima Celestino e detti, poi Felice Celestino (dal bigliardo) Sì, sì, mo vengo, mo vengo. (vedendo Peppino) Uh!...’O dottore! Peppino Guè, Celestino bello! Celestino E comme, nisciuno me diceva niente? Teresina E io mo l’aggio visto. Celestino Comme state? State buono?

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

Peppino Benone grazie. Tu pure staje buono. Celestino Eh! Così... Peppino Già, io v’aggio trovato a tutte quante buone, tutte quante ngrassate. Celestino Non potete credere quanto so’ contento di vedervi. Peppino E pur’io. (seggono) Celestino È quase n’anno e mmiezo che nun nce vedimmo. Peppino Già, sicuro, n’anno e mmiezo, haje ragione, ancora m’aveva nzurà. Celestino E addò sta ’a signora, ’a voglio conoscere. Peppino Sta ncoppa, s’è ghiuta a lavà, mo scenne. Celestino E site stato sempe a Marcianise? Peppino No, che Marcianise...so’ stato pe fore, viaggianno sempe, sai, conferenze sull’ipnotismo, sul magnetismo, sul sonnambulismo...ultimamente po, a Roma, aggio fatto nu chiasso con la trasmissione del pensiero, cose ’e pazze, nu successone! Celestino Bravo! Peppino Sai che è il mio forte. Già, llà tutto sta a trovare il tipo, il soggetto adatto alla suggestione. E io ’o trovaje a Roma. Na cammarera ’e l’albergo. Vecchia, brutta, secca, malata, ma faceva cos’’e pazze. Io l’addormevo, l’ordinavo na cosa qualunque e immediatamente la eseguiva. Cose straordinarie! Cose incredibili! Celestino Basta, mo credo che state nu poco libero, che potimmo sta nu poco assieme? Teresina Addò, chillo ha ditto che dimane ha da partì. Celestino Dimane? Peppino Già. Celestino Oh! Che peccato. Peppino Embè, che nce vuò fa, pure a me mme dispiace tanto, ma è la professione mio caro, questa benedetta professione che nun te dà un momento di libertà. Teresina Che corrivo! Avevemo preparata ’a meglia cammera ’e l’albergo. Peppino Grazie. Ah! Una cammera avite preparata? Teresina Sicuro. La più bella. Perchè dottò? Peppino No...perchè vedete...noi siamo abituati a dormire separati...da che siamo sposati...sempre separati...ci siamo abituati adesso!!... Celestino Cosa ’e poco momento...Se prepara n’ata stanza vicino... Peppino Mme farrisse piacere. Celestino Ma vi pare...Zi Teresì, jatencello a dicere, facitela preparà. Teresina Subito. Permettete.



TEATRO (1900-1910)

Peppino Signò, perdonate... Teresina Ma che...voi siete il padrone di tutto l’albergo. Mo ’a faccio subito preparà. (via) Peppino (dopo guardato intorno) Celestì...cu te pozzo parlà liberamente, si’ stato sempe nu guaglione serio, segreto e te pozzo dicere ’a verità. Celestino Ch’è stato? Peppino Nun è overo che io, per affari, aggia partì dimane pe Marcianise. Aggia j’ invece a Napole pe ncuccia nu piezzo ’e carognone, un mascalzone...che m’ha combinato ’o servizio. Celestino Che servizio? Peppino (comicamente commosso) Celestino...amico mio...io sono un marito disgraziato! Celestino Che?...Aspettate...’a mugliera vosta forse...vi ha tradito? Peppino No!...Muglierema è na guagliona onesta e nun sarria stata capace ’e mme fa na cosa ’e chesta! Celestino Allora non v’ha tradito? Peppino Sì!...Ma nun l’ha fatto apposta!... Celestino E chi ve capisce. Peppino Eh! Sarria na cosa troppo longa a te contà tutt’’o fatto. Ma...m’aggia vendicà! L’aggia accidere a stu piezzo ’e nfame! Celestino Eh! Si capisce! Il duello è inevitabile in questi fatti d’onore! Peppino No, che duello...sicuro...è capace che m’accide isso a me, e po? No, io sacc’io comme mme l’aggia levà a tuorno. Capirai, so’ miedeco, tengo mille mezzi. Celestino L’avvelenate? Peppino (dopo un po’ di pausa) Forse...chi sa!! (Esce Felice e pulisce i tavoli) Celestino Avete ragione. Se io fosse a buje faciarria ’o stesso. Si quaccheduno tentasse solamente ’e guardà a muglierema, v’assicuro che m’’o magnarria a muorze! (Felice fa cadere un tavolo e scappa) Chi è?...Ah!... È chillo arrunzone...Io te manno ossà. Peppino Chesto è bello, uno pe tramente sta parlanno se sente na botta areto! Celestino Embè e che nce vulite fa, è n’arrunzone ’e cammariere che ne l’aggia mannà a qualunque costo. Oh!...E diciteme na cosa: ma vuje ’o conoscite a stu tale? Sapite chi è? Peppino No, e manche muglierema, nun s’’o ricorda, chella steva ’a dint’’o suonno chella povera figlia. Celestino ’A dint’’o suonno? Peppino Proprio! Mentre chella poverella dormeva, stu tale è trasuto dint’’a stanza soja, pe na porta di comunicazione.

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

Celestino (che comincia a capire) Pe...na porta di comunicazione?... Peppino Già...teneva ’a stanza a fianco ’a nosta. Nuje 38 e isso 39!... Celestino (Uh! Mamma mia!!) E...scusate...quanno è stato chesto, quanno è stato? Peppino Stammatina, ’e sseje. All’Albergo della Follia a Napole, addò m’era fermato nu giorno pe n’affare. Celestino (Ajutateme! Aggio passato ’o guaio.) Peppino Io veneva ’a Roma, aveva avuto na chiammata ’e pressa a Castiellammare pe n’operazione, torno stammatina a Napole...e m’hanno fatto trovà chesta colazione! Celestino E va bene...nun ve pigliate cchiù collera...Nun nce penzate chiù mo, nun mporta... Peppino Nun mporta?... Celestino E sì...che nce vulite fa mo? Na vota che nun ’o cunuscite né vuje, né ’a mugliera vosta, a chi accedite? (tremando) Peppino No, caro mio, io nun saccio addò sta, ma si ’o veco ’o conosco subito. Celestino (intontito) Ah! Vuje nun sapite addò sta, ma si ’o vedite ’o conoscite subito. Oh! E come? Peppino Quanno io ’o so’ corruto appriesso dint’’a cammera soia, isso pe fuì s’è scordata ’a valigia ncopp’’a na seggia. Celestino Sicuro. (lazzo) Peppino Io me ne so’ impossessato, capisci, pe vedè ’e trovà na carta, nu biglietto ’e visita, ’o nomme nfaccia a nu fazzoletto, nfaccia a na cammisa...ma niente, proprio niente! Celestino (Meno male!) Peppino Però, scavanno scavanno, in fondo ’a valigia, aggio trovato ’o ritratto. Celestino ’O ritratto? Peppino Psss...Nun fa sentì. Io nun nce l’aggio fatto vedè a muglierema, pe nun lle fa avè n’emozione si ’o ncocciammo. (guarda intorno, poi dalla tasca caccia il ritratto di Achille) Eccolo qua. Celestino (guardando. Grande sorpresa) (’O ritratto ’e Don Achille!!!) (fa per conservarlo) Peppino Che faje?...Miette ccà. (lo riprende) Io solo questo indizio tengo pe ghi piscanno a stu scellerato! A st’ommo ’e niente!...Puh! Pe la faccia toja! (vi sputa sopra e se la mette in tasca) Jammo ncoppa va, mme voglio lavà pur’io, mme voglio cagnà. E ti raccomando il silenzio. Celestino Oh! Non ci pensate. Jate vuje, io mo vengo, debbo dare alcuni ordini. Peppino Allora t’aspetto ncoppa. Te voglio presentà a muglierema. (via nell’albergo)



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Celestino Eh! A chella m’’e ’a presentà! Mamma mia bella, ajutatemi voi. E chisto è nu guaio ch’aggio passato! Chella signora era ’a mugliera? Era ’a mugliera!... Scena tredicesima Luigino e detto Luigi (dal bigliardo) D. Celestì, ma che d’è, nun vulite jucà chiù? Celestino Che ghiucà!...Ccà è succieso nu guaio!...’O marito ’e chella signora ’e stammatina sta ccà! Luigi Sta ccà? Celestino Mo se n’è sagliuto. È D.Peppino Cornetti, ’o miedeco, un amico mio, capisci, sta ncoppa nzieme c’’a mugliera! E isso ha trovata ’a valigia mia, s’ha pigliato ’o ritratto ’e D.Achille che ce steva dinto e se crede che D. Achille è stato. Luigi Oh! Chesta è bella! Celestino No, chesta è brutta. Pecchè si D.Peppino vede a D.Achille, c’’o ritratto che tene ’o conosce immediatamente, succede nu chiasso, na scenata, D. Achille proverà la sua innocenza, Da Amelia che mme conosce certamente, per salvarlo, dirà che so’ stat’ io, muglierema, zi Teresina, appurano tutte cosa e addò mme vaco a mettere?...Ccà me danno ncuollo tutte quante! Luigi Avite ragione. Ma comme ’o teniveve chillo ritratto dint’’a balice? Celestino D. Achille mm’’o dette dint’’o treno l’atriere, primm’’e partì, sapevo chesto? Io comme faccio?... Comme faccio?... Chillo D. Peppino sta ’e chella manera! Chillo è capace ’e tutto pe se vendicà. Luigi D. Celestì, ccà l’unico mezzo è chillo ’e nne fa j’ a D.Achille ’a ccà. Celestino E comme n’’o facimmo j’? Chella zi Teresina l’ha invitato a mangià ccà! Luigi Pure?...Facitele mannà nu telegramma ’a Napule che ’o vonno subeto ’a casa soja! Celestino E nun nce sta stu tiempo. Chillo se n’avarria j’ mo. Chiudimmolo a quacche parte. Luigi E addò? Scena quattordicesima Achille, Pasquale e detti, poi don Ciccio, poi Felice, poi Totonno Achille

(con aria coraggiosa e audace) Neh? Ccà che se dice? A ch’ ora se magna? (Pasquale lo segue con la macchina che lascia sul primo tavolo ben in vista dal pubblico)

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

Celestino (’O vi’ lloco! ’O vi’ lloco!...) (in fondo compare D.Ciccio e cerca di non farsi vedere, pronto a scagliarsi su Achille) D. Achì, per carità, nascondetevi a quacche parte, nun ve facite vedè. (lo trascina verso il fondo. Intanto D.Ciccio si è nascosto dietro il muricino di sinistra) Achille Pecchè? Ah! Forse pe D. Ciccio? Io nun mme metto paura ’e chillo sbruffone!...Io a chillo pe tutta stasera ’o sparo!... Ciccio (avanzandosi lo afferra per il braccio) E spara! Carognò! (gli dà un fortissimo schiaffo e subito mette la mano in tasca e caccia la sfarziglia) Spara si si’ ommo, mo!... Felice (esce, si precipita su Ciccio e lo trattiene) Eh! Fermatevi! Celestino (trattenendo Achille) D. Achì, me ch’è stato? Luigi (trattenendo subito D. Ciccio) Bell’o’...ma che significa? Achille (con la rivoltella impugnata) Lassa! Celestì...lassa!... Pasquale Gente! Ajuto!...Ccà s’accidene! (gridando) Ciccio Spara!...Carugnò!!! Lassateme!!... Celestino (a tutti) Stateve zitto!...Ca senteno ncoppa! Totonno (accorrendo dal fondo) Ch’è stato? (vedendo le armi) Scuse!! (trattiene il braccio armato di Achille) Scena quindicesima Peppino, Carmela, Carluccio e facchino Peppino Ch’è succieso?...Fermateve!...(trattiene D.Ciccio) Celestino (Don Peppino!!) (abbandona Achille e non sapendo come nascondergli il volto prende la macchina fotografica di Pasquale ne tira il mantice tutto intero e glielo mette in testa) Achille (con la macchina in testa) Che m’avite miso ncapo! Lassateme!... (Carmela, Carluccio, Felice e Peppino trattengono D.Ciccio. Il facchino con Totonno e Luigi trattengono Achille il quale fa partire due colpi di rivoltella fracassando i vetri della finestra di faccia a lui Nella grande confusione cala la tela. NB. Da quando D.Ciccio ha dato lo schiaffo ad Achille, tutta la scena segnata deve essere contemporaneamente fatta da tutti i personaggi comme alla prova.) Fine del primo atto

Atto 2° Una sala dell’albergo. Porta in fondo a sinistra che dà nella sala da pranzo verso sinistra e alle camere superiori verso destra. Altra porta in fondo a destra che dà nella cucina verso sinistra, e all’uscita verso destra. Fra queste due porte un divano. Al muro in fondo nel mezzo, lampadaro acceso e diversi avvisi reclame. n. 4 porte laterali. Le due di destra hanno i numeri 17 e 18, le due di sinistra 19 e 20. accanto al divano, a sinistra un tavolo con tappeto, giornali e libri. Sulla porta in fondo a sinistra vi sarà un cartellino stampato che dice: “Dal n.21 al 30”. poltroncine e sedie. Le 4 porte laterali sono chiuse. Alla 1a e 2a a sinistra ed alla 1a a destra vi è lo scrocco. Le due porte in fondo sono a due battenti e saranno aperte all’alzata del sipario. Sulla 1a porta a sinistra vi è un finestrino praticabile al mezzo. Vicino alla porta in fondo a sinistra vi sarà l’interruttore per la luce elettrica. Sulla porta 1a a sinistra e propriamente sul battente vi è un finestrino con relativo sportello. Scena prima Carmela, poi Carluccio, poi Felice (di do, fondo a sin.) Va bene, signurì, mo ve servo, mo ve servo. (fuori) Mannaggia ll’arma vosta! Nun te danno ’o tiempo manco ’e cammenà. Ce vuleva pure ’o pranzo stasera, ce vuleva. Meno male ch’hanno fenuto. Aveva cadè malato ’o cammariere pe mme fa accidere a me ’e chesta manera. Carluccio (dal fondo a da lato sinistro) Ah! Carmela mia, mme sento acciso! Carmela Tu?...Io tengo ’e gamme rotte. Sto facenno chesto ’a ll’otto e meza. Saglie, scinne, vaje, viene. Carluccio Oh! Ma che intenzione teneno? Quanno se vonno j’ a cuccà? ’A poco su sunate ll’unnece. A proposito, Carmè, mariteto pecchè ha fatto chell’ammuina ogge? Pecchè s’è appiccecato cu D.Achille? Carmela Pecchè è nu pazzo! Che t’aggia dicere. Se credeva che D.Achille era ’o nnammurato mio!...E c’è voluto ’o bello e Carmela

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

’o buono p’’o capacità e pe n’’o fa j’. Vedite, D. Achille era ’o nnammurato mio!... Sia fatta ’a volontà d’’o Cielo! (esce Felice dal fondo a da lato sinistro e s’arresta vedendo i due) Carluccio Ah! Perciò? Carmela Io po mme metteva cu chillo casciabanco! Carluccio Che c’entra...tu tieni altro gusto...a te ci vuole il giovinotto svelto...friccecariello!... (l’abbraccia) Quanto si bona! Pappona mia!... Felice Neh! Guè!... Carmela (subito, separandosi) Carlù, t’aggio ditto tanta vote statte cujeto co ’e mmane. Va trova qua’ juorno ’e chisto nc’appiccecammo buono!...Vi’ ch’arteteca che tene! (sale la scena e via pel fondo a da lato sin.) Felice (col medesimo tono) Vi’ che faccia tosta tene essa! (a Carluccio) Ma insomma ch’avimma fa cu te. So’ venuto pe fa ’ammore io ccà, o tu? Va llà, va abbascio ’a cucina, ’o ccafè è quase pronto, saglielo tu ca io nun voglio fa n’ato guajo, avess’’a rompere tutte cose...Va tu. (passa a sinistra) Carluccio Sissignore. (via appresso a Carmela) Felice (che guardava in fondo a sin.) Sangue de Bacco! ’A mugliera ’e stu dottore ha avuto l’abilità ’e mme fa scordà ’e Da Adelina. Che occhi...Che grazia!...Mentre serveva a tavola, p’’a guardà, aggio rutto due bicchieri. Io fino a mo avarraggio rutto a nu paro ’e centenare ’e lire ’e rrobba. Lle volesse fa capì quacche cosa, vulesse dà na bella risposta a Da Adelina, mi ha trattato in quel modo oggi... Ma comme faccio? Chille dice che dimane partene. (facendo mosse con le mani, accovacciandosi, lazzi.) Scena seconda Celestino e detto, poi Luigino Celestino (dal fondo a sin. sorprende Felice in quell’atteggiamento. Lazzi.) Neh, cammariè!...Chisto fosse pazzo! (lazzi) E stu ccafè ’o ppotimmo avè? Felice È pronto, n’ ati dduje minute. Celestino E fa sollecità, questo che cos’è. Felice Subito! (via fondo a destra lato sin. facendo mosse) Celestino Che giornata! Che giornata!... Mme sento acciso! E che se pazzea?... Doppo chella nuttata, chella paura che m’aggio miso, aveva capità ’a mugliera ’e D.Peppino ccà, ’o ritratto ’e D.Achille mmano ’o marito, tutte le combinazioni, manco si s’avesse voluto fa apposta. Intanto sto ncopp’’e



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spine!... Volesse sapè Luigino ch’ha combinato, addò se l’ha purtato a D. Achille. (sbadiglia) Ah!! Tengo nu delore ’e capa e nu suonno che nun se po’ credere. Luigino (dal fondo a da, asciugandosi il sudore) Ah!... Don Celestì, io sto ccà. Celestino Guè, Luì, finalmente, io mo a te penzavo. Ch’’e fatto cu D. Achille, cu D. Ciccio, ch’è succieso? Luigino Aggio acconciato tutte cosa. Io, Totonno ’o ciardeniero, e Carmela, nc’’avimmo portato a tutt’’e dduje ’a parte ’e ciardinette, ll’avimmo fatto capì ch’ha pigliato nu sbaglio, che Carmela era innocente, D. Achille pure, basta, doppo tre ore ’e storie, discussione, giuramente, s’è fatto capace, se so’ strignute ’a mano e è fernuto tutte cose. Celestino Ah! Mbè...e D. Achille? Luigino D. Achille po, doppo fatte pace, voleva venì ccà, perchè dice ch’era stato invitato al pranzo. Celestino E comm’’e fatto? Comm’’e fatto pe nun ’o fa venì? Luigino Aggio ditto: ma che pranzo, addò avit’’a j’...vuje state accussì sbattuto, accussì nervoso, calmateve primme nu poco e po jammo all’albergo. Sì, dice buono, ha ditto isso, facimmece na cammenatella, è meglio che mme calmo apprimme, accompagneme. (poi ridendo) All’arma d’’a cammenatella! Io, passo passo, chiano chiano, parlanno parlanno, l’aggio fatto fa sicuro tre miglie appede! Celestino Benissimo! (ridendo) Luigino Quanno ha visto che s’erano fatte ’e nnove e mmezze, ha ditto: Luì, e vutammo, figlio mio, mo mme so’ calmato, pigliammoce na carrozzella e retirammece. Seh, e chi v’’a dà, dinto a nu paese, a chest’ora, jate trovanno ’a carrozzella? Cammenate, jammoncenne, cu sta bella serata, chesta luna, e simme arrivate mmiez’’a piazza all’unnece. (ridendo) Aggio ditto ncap’ a me, mo ’o pozzo purtà ncoppa, se saranno pure cuccate e simme venute. Celestino E addò sta mo? Luigino Sta abbascio, dint’’o giardino, ha ditto che se voleva arreposà nu poco e po saglieva e se cuccava. Celestino Luì, tu che m’’e combinato? Luigino Pecchè? Celestino Ccà stamme ancora tutte quante scetate, stamme ancora a tavola. Luigino Ancora?...Vuje che dicite! Celestino Nc’avimm’’a piglià sulo ’o ccafè. Luigino E io che nne sapeva, scusate, puteva immaginà che all’undice stiveve ancora a tavola?

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

Celestino Uh! Mamma mia! E comme se fa mo?... E chillo si saglie e ’o vede D.Peppino, stateve bene, succede ’o guaio! Scena terza Achille e detti (dal fondo a destra asciugandosi il sudore, è stanchissimo) Oh!!... Celestì, tu staje ancora scetato? Menomale, mme può fa dà quacche cosa, tengo na famma che nun nce veco cchiù. Luigino (Seh, e io!) Vuol dire che chella cammenatella v’ha fatto bene? Achille ’A cammenatella? Nuje n’ato ppoco arrivaveme a Napole se po’ dicere! Sto una zuppa. M’ha seccato che m’hai fatto mancare al pranzo. Celestino No, che pranzo, qua non s’è fatto niente, avimm’avuta stipà tutte cose... Achille Uh!... Pecchè? Celestino E... pecchè...Zi Teresina, doppo chell’ammuina che è succiessa cu D.Ciccio... Vuje sparasteve chilli colpe de revolvere... s’è ntisa male e s’è ghiuta a coccà. Capirete, senza essa a tavola...sembrava brutto mangiare. Luigino Ah! Si capisce. Celestino Allora per educazione se so’ ghiute a cuccà tutte quante e il pranzo s’è rimandato a domani. Achille Ah! S’è rimandato? Meno male, nun aggio fatto na brutta figura. Mme dispiace pe Da Teresina. E tutto pe chillo cancaro ’e D.Ciccio. Celestino Perciò...nuje mo che nce facimme ccà?...Mo faccio stutà tutte cose e nce ne jammo a cuccà nuje pure. Jate, D.Achì, saglitevenne, ch’aggia stutà. Achille Aspè, nun stutà ancora...io aggia magnà apprimma, io mo moro. Luigino Eh!...Capirete...na cosa nc’’avimma magnà. Celestino Ah! Sicuro...e saglitevenne che mo ve faccio purtà na cosarella in camera. Tanto siete vicini. Achille Ah! Sta vicino a me? Celestino Già al n.24, e voi al n.25. Meh, jate, ch’aggia stutà. Achille (a Luigi) Tu vieni? Luigino Jate, jate, io mo vengo, quanno è pronta ’a cena saglio. Achille Mbè,...Celestì, statte buono, buon riposo. Celestino Grazie, altrettanto. Meh, jate, ch’aggia stutà. Achille Quanto mme dispiace pe Da Teresina...ma è cosa ’e niente? Celestino Sì, na sciocchezza...nu poco ’e dolore ’e capa. Achille



TEATRO (1900-1910)

Achille

Ah! Mbè...bonanotte, bonanotte. Doppo cenato, me cocco e faccio nu suonno fino a dimane. Chi mme sceta cchiù!... Celestino E bonanotte, va c’ aggia stutà. (lo spinge). Achille E stuta. Tu quanto sei seccante, neh? (via fondo sinistro lato destro) Celestino Puozze murì ’e subbeto! Vi’ che nce voleva...Ah! Finalmente! Sono salvo! Sono salvo! Luigino Aspettate...e dimane po comme facite? Celestino Che dimane, che mme mporta ’e dimane, stasera era ’o mbruoglio, stasera D. Peppino nun l’aveva vedè. Dimane c’’o primmo treno se ne va isso e ’a mugliera e tutto è finito. (salta per la gioia) Luigino E quanno v’ha visto Da Amelia, comme avite combinato? Ch’ha fatto? V’ha conosciuto? Celestino Comme, te pare, nun mme conosceva. S’è fatta una lampa ’e fuoco! Chella ha avut’’a murì, ritiene. M’ha fatta na cera!...’A cumbinazione, a tavola, so’ capitato n’ata vota vicino a essa...m’ha dato cierti pizzeche ’a sotto nfaccia a sta coscia...m’ha rovinato. Tene ’o vveleno ccà. Eh! Ma io nc’aggia parlà, lle voglio cercà scusa, lle voglio dicere che nun mme facesse nu guajo. Scena quarta Peppino e detti, poi Teresina, poi Carmela, poi Carluccio Peppino (dal fondo a sinistra) Neh, Celestì, e stu ccafè? Celestino È pronto, viene subito, nc’’aggio ditto. Peppino Se fa troppo tarde po, capisce, e io dimane m’aggia sosere ambressa. A proposito, Celestì, zieta m’ha cuntato stu fatto tujo...sti mmosse che te veneno, ’e che se tratta? Dice che ’e bello t’adduorme, che sei sonnambulo, che parle nzuonno? Celestino Ah! V’ha cuntato? Sì...non saccio io stesso che m’è afferrato. Vularria sapè che è? Peppino Dimane, primm’’e partì te voglio fa na bella visita. Te voglio studià nu poco. Tu devi essere un tipo molto facile alla suggestione, alla trasmissione del pensiero. Domani ti visiterò. Celestino Grazie tanto, Dottò. Teresina (dal fondo a sinistra) Insomma non s’è potuto sapè D.Achille addò è ghiuto? Celestino (guardando Luigino con significato) Ah!!..È venuto, zizì, è venuto...sta ncopp’’a cammera soja. Doppo chillo contrasto che ha avuto s’è ntiso tanto male che s’ha avuto j’ a cuccà.

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

Teresina Oh! Guardate. E mo comme sta, hai domandato? Celestino Io...se ho domandato...No, ma quanno l’aggio visto io steva male, è ovè Luì? Luigi Sicuro! Carmela (uscendo) Ah! Signurì, state ccà? ’O ccafè è pronto. (Carluccio la segue con grosso gabaret entro al quale sei tazze con caffè) Teresina Carmè, famme ’o piacere, va un momento ncoppa addò D.Achille, addimanna si vo’ niente, comme se sente. Carmela Ma pecchè sta malato? Teresina Già, s’è cuccato. Carmela Uh! Vedite, chillo steva tanto bello ogge. Celestino E sì, è stata na cosa che ll’è venuta tutte nzieme. Ma lasciatelo sta, nun ’o disturbate... Teresina Ma no, pare brutto...Va Carmè. Carmela Subito. (via fondo a sinistra lato destro poi torna) Teresina E D. Luigino addò è ghiuto? Luigino (guardando Celestino) Ah! Io? So’ ghiuto a piglià...’e sigarette a D. Celestino...’e ttogos. Celestino Già...Povero Luigino, ha avuta j’ fino abbascio ’a strata nova. Luigino Siccome in paese non se ne vendono [togos...capite...aggio avuto j’ fino ’a stazione...pecchè lo capo stazione... [Celestino Fa ’o tabaccaro...(lazzi) [Luigino No, fuma anche lui le togos...(Teresina fa scena con Peppino) [Celestino (piano a Luigi) (Luì, comme se fa mo? Chella mo ncoppa ’o trova susuto.) [Luigino E che ve pozzo dicere. [Peppino Sapete,Da Teresì, io ve faccio i miei complimenti chillo pranzo era magnifico, chella genovese era no latte, e l’arrosto? E ’o gelato? Meglio non se poteva fa. [Teresina Ah! V’avite sta’, ’o cuoco che tenimmo nuje nun ’o tene nisciuno. ]1 Celestino (Luì, sa che vuò fa, renza renza, va tu ncoppa, fanne scennere a Carmela e po tuorne cu na scusa...dice che sta durmenno (Luigi fa per andare) Carmela (ritornando) Signurì, vuje ch’avite ditto, qua’ malato, chillo m’ha risposto accossì bello ’a dint’’a cammera! (movimento di Celestino) Teresina D. Achille? Carmela Gnorsì. Io aggio tuzzuliato vicino ’a porta, aggio ditto: Signurì, D.Achì, comme ve sentite? Eh! Comme m’aggia sentere, an1

Battute cassate.



TEATRO (1900-1910)

cora stanco, bella mia...’A signora, abbascio vo’ sapè si vulite niente...’A signora? Ha risposto. Chi signora? Da Teresina... Che d’è, Da Teresina sta scetata? Sta susuta? Uh! Mme fa piacere. Dincello che io mo scengo, ’a voglio salutà e lle voglio spià comme se sente. Eh! Vuje dicite che sta malato. (via) Teresina Celestì, tu ’e ntiso? Celestino Eh! Aggio ntiso...e che saccio, chillo nun se fidava, tremmava tutte quanto. Eh! (alza le spalle, lazzi) Teresina Se sarrà ntiso meglio e mo s’è sosuto. Celestino E già, se sarrà ntiso meglio e mo s’è sosuto. Luigino (E mo succede ’o guajo!) Teresina E po vo’ sapè io comme me sento? Celestino E già...e sì...pecchè io...ce l’aggio ditto che ve site miso paura quanno ha sparato, ogge. Teresina Ah! (Carluccio avrà ritirate tutte le tazze ed è uscito pel fondo a destra) Celestino Neh, ma jammece a piglià ’o cafè, venite. Peppino No, io ’a verità cafè non ne voglio. Stasera se more d’’o caldo. Me ne vaco no poco sopra ’a terrazza e llà...(alzando le mani e le spalle) Celestino Ve ne volate? Peppino No, respiro no poco! (via con Teresina) Celestino Comme se fa mo, Luì, damme tu nu mezzo, truvammo n’ata scusa pe nun fa scennere a D. Achille. Luigino E che scusa, che mezzo trovate chiù? (riflettendo e poi cambiando tono) D. Celestì, addò mme l’aggia j’ a magnà na cosa? Io mo vaco nterra ’o ssapite? Celestino Luì...Luì...è momento ’e penzà a magnà chisto, po se ne parla. Scena quinta Amelia e detti, poi Adelina Amelia (esce e si dirige verso la 2a a destra, vedendo Celestino si arresta) Celestino (Ah! Chesta è essa, ’a vi’ Luì!) Signò che d’è, volete quacche cosa? Amelia (senza guardarlo) Niente! Luigino (Chesto è ’o momento ’e ce parlà, cercatele scusa, io vaco ncoppa voglio vedè si pozzo trattenè a D.Achille.) Con permesso signora. Amelia Fate. (Luigi va in fondo a destra, lato sinistro. Amelia fa per rientrare.) Celestino Signò, scusate, v’aggia dicere na cosa.

IL SIGNOR … 39

Amelia



Io pure!...Che m’avite dicere?...Che ghiate truvanno?... Meh, jammo, parlate... (marcato) mo sto scetata mo! Vulisseve avè 5 o 6 pacchere, e sette, otto cauce? Jammo, parlate, parlate. Celestino (No, aggio accomminciato buono!) Nu momento, signò, piano piano...Io non ve voglio offendere... Amelia Vuje avete ragione che io voglio troppo bene a maritemo e nun l’aggio voluto fa passà nu guajo, pecchè si no, quanno v’aggio visto ccà, lle diceva tutte cose e ritenete che chillo v’accedeva! Ma, pe nun fa succedere nu chiasso e pure pe nun dà nu dispiacere a chella povera figliola d’’a mugliera vosta, mme so’ stata zitta, [aggio ditto a Peppino che non mme ricordava, che nun ve cunusceva.]2 Celestino Grazie tante, Da Amè, io questo ve voleva pregà...’e nun dicere niente. Io ve cerco scusa, mille scuse, sono stato un mascalzone, non dovevo fare quello che ho fatto, perdonatemi. Nun fuje io: capirete, ddoppo mangiato, ’o ppoco ’e vino ’a via ’a capa...Io po non ve conosceva si no nun faceva na cosa ’e chesta a n’amico comme a D. Peppino. Fortunatamente nun tene nisciuna prova mia, tene sulo nu ritratto ’e D. Achille, chisto è ’o guaio! Amelia D.Achille? Celestino Già, ’o truvaje dint’’a balicia mia e se crede che isso è stato. Adelina (di do) Sissignore, zizì, vaco a piglià ’e cchiave. Celestino Muglierema!! (Amelia scappa nella 2a a destra poi torna) Adelina (fuori) Celestì, e tu quanno viene? Celestino Addò? Adelina A piglià ’o ccafè. Celestino Ah!...Mo veneva...steva venenno. E tu che si’ scesa a fa? Adelina So’ venuta a piglià ’e chiave d’’a cristalliera. Zi’ Teresina vo’ ’a butteglia ’e Scialtrosa ch’’e bicchierine. (entra nella 1a a sinistra poi torna) Celestino Cielo ti ringrazio! Da na parte mme so’ salvato e sto cujeto ’e penziero. Da Amelia non parla e chesto è assodato. ’O mbruoglio è D. Achille mo. Comme avarria fa pe nun ’o fa vedè a D.Peppino. Adelina (ritornando con un mazzo di chiavi) Celestì, e va ncoppa, pare brutto. Celestino Eccomi...io steva jenno. (Via fondo a sinistra. Esce Amelia con ventaglio) 2

Battuta cassata.



Adelina Amelia Adelina

TEATRO (1900-1910)

Ah! Vuje site scesa? Sì, mme so’ venuta a piglià ’o ventaglio. Permettete. (via fondo a sinistra) (chiamando) Carmela?... Carluccio? Carmela? Carluccio? Scena sesta Felice e detta, poi Carmela poi Celestino

(dal fondo a destra lato sinistro) Comandate? (dopo un po’ di pausa) Ma io aggio chiammato a Carmela, a Carluccio, no a buje. Felice Perdonate, scusate...mme so’ trovato a passà, aggio ntiso che chiammaveve e so’ venuto. Adelina E nne potiveve fa ammeno. (chiamando) Carmela?...(passa a destra) Carmela? Carmela (dal fondo a destra) Comandate signurì? Adelina Cheste so’’e cchiave d’’a cristalliera. Piglia ’a butteglia ’e Scialtrosa e caccia pure ’e bicchierine. Carmela (portando via le chiavi) Va bene. (entra.) Adelina (fa per entrare) Felice Ma insomma, mm’aggia fa proprio capace? Nun nc’aggia proprio penzà cchiù a buje? Adelina Ah! Vuje ancora ll’avita capì?...Bello mio!... Ve faceva chiù intelligente. Ve n’avita j’, sinò abbuscate!.(via in fondo a sinistra) Felice E che nc’appuro chiù ccà? Che perdo a fa chiù ’o tiempo. È meglio che mme ne vaco e nun nce penzo chiù. Dimane, quanno Da Amelia parte c’’o marito, parto pur’io...No! Quella occasione poi non la perdo! (via fondo a destra) Celestino Comme se fa...Io nun mme pozzo allontanà da ccà bascio. Ccà si D. Peppino vede a D. Achille vene ’o trentuno. (voce di Achille interna) ’O vi’ ccà...’o vi’ ccà!...(corre in fondo e subito lo porta in scena) D. Achille nostro! Il simpatico D. Achille!... Felice Adelina

Scena settima Achille, Celestino e Luigino (Fuori portato da Celestino. Ha indossata una giacca da camera) Neh, ma famme capì, tu ch’’e ditto? Che Da Teresina steva malata? Celestino Sicuro. Achille E chella Carmela ha ditto che steva susuta, steva scetata? Celestino Ah! Già...e si...s’è ntisa meglio e s’è sosuta. Achille

IL SIGNOR … 39



Achille Ah! Mbè. E addò sta mo? Celestino Addò sta? Sta...llà...sta ccà... Achille Llà, ccà, addò sta? Celestino Dint’’a stanza ’e pranzo. Achille Ah! Mbè...e lasseme j’, va... Io ci voglio parlare, lle voglio cercà scusa. Celestino Aspettate...va bene... c’è tiempo...parlammo nu poco. Luigino Seh...parlamme nu poco d’’o mmangià...è pronto ’o mmangià pe nuje?...Addò nc’avimm’’a assettà? Celestino Nonsignore, non è pronto ancora...(marcato) Mme so’ distratto...nun nc’aggio penzato chiù. Luigino Ve site distratto?...E bravo!...Io mo sconocchio. Achille E io pure, sa’. Celestino E sì, mo chiammo ’o cammariere e ve faccio portà na cosa... Luigino Addò sta? Mo ’o vaco a chiammà io. Celestino Llà, ’a chella parte...(fondo a destra lato sinistro) abbascio ’a cucina, nce sta pure ’a dispenza, magnete chello che buò tu. Va, abbasta che nun te sento cchiù. Luigino Mo va bene! (via fondo a destra lato sinistro) Achille Celestì, lasseme j’, pare tanto brutto, chella ha mannata a Carmela ncoppa a spià, se vede chiaramente che mo ce tene na certa premura pe me, che sono riuscito a qualche cosa cu chello ch’aggio fatto, che pur’essa mme vo’ bene! (turandosi subito la bocca con la mano) Uh!!.. Celestino (piccola pausa) Comme avite ditto? Pur’essa ve vo’ bene? Achille L’ho detto?...M’è scappato? Tanto meglio!...Sì, Celestino, io amo quella donna, io adoro tua zia. ’A duje mise che sto ccà chella femmena m’ha fatto perdere ’a capa! Aggio lassato affari, amici, clienti, tutti, tutti per lei! Celestino Bravo!...Vuol dire che è proprio na passione sfrenata? Achille Che passione!...Non è passione...È delirio, delirio! (spalancando gli occhi) Celestino (con lo stesso tono) Quanto site brutto!... Achille E pe essa mme songo appiccecato cu D. Ciccio. Già. Pecchè dice che l’ommo lle piace curaggiuso, forte, audace, nu leone, insomma, ed io l’’’ho servita, sono diventato leone... Celestino E avite avuto nu schiaffo! Achille Sì, ma io nc’’aggio dato ’o primmo. Celestino Ah! Neh? Achille E mme pare. Dunque, sono diventato leone, e sono pronto a diventarlo ancora per lei, per ottenere la sua mano! (con grande passione) Faccio tutto, qualunque cosa, qualunque sacrifizio per essere il marito della mia Teresina. (c.s.)



TEATRO (1900-1910)

Celestino (Che bell’idea!) (simulando) Eh!...mio caro amico...io nun aveva ancora capito...voi volete proprio sposarla? Achille Se capisce, quanto chiù ampressa po’ essere. Celestino Eh!...Lo vedo nu poco difficile. Achille Pecchè? Pecchè? (con interesse) Celestino Pecchè?...Pecchè...v’’o pozzo dicere? Achille Ti prego, parla. Celestino Pecchè...’a faccia vosta...i lineamenti vostri nun lle piacene, l’affliggono. Achille Tu che dice? Celestino Proprio. Poco primma nne parlava ccà, cu nuje. Diceva: Sì, ha dimostrato del coraggio, nc’ha voluto nu bello core pe s’appiccecà cu chillo cammorrista...ha dato na bella prova...ma che peccato che chella faccia...chilli capille... Insomma ha fatto capì che cu sti mustacce, sti capille... lle ricordate ’a bon’anema ’e zi’ Ferdinando, ’o marito...ce somigliate nu poco...sicuro...’o quale murette in duello cu na sciabolata ncapo. Fu un assassinio. Un vero assassinio! Essa se l’avette tanto a duro che nne stava piglianno na malatia. E capirete, ogne vota che se ricorda, s’attacca ’e nierve, se mette ’e malumore, lle scappa a chiagnere... Achille Sangue de Bacco...vedete che combinazione, e io si sapeva chesto mme tagliava tutte cose, barbetta, mustacce, che mme mportava. Sicchè, tu credi che nun nce sta nisciuna speranza? Celestino Eh! Vedete...dipende da voi. Vuje pe v’’a spusà site pronto a fa qualunque sacrifizio? Achille So’ pronto a fa tutto, tutto!... Celestino Benissimo! Allora trasite ccà, dint’’a cammera mia! (1a a sinistra) Achille Pecchè? Celestino Mo vedite. Trasite, io mo vengo. Achille (entrando) Vedete la combinazione, justo io aveva somiglià ’o marito! (via 1a a sinistra) Scena settima ottava Luigi e detto, poi Carmela, Carluccio poi Celestino, poi Adelina e Amelia, indi Felice Luigino

D. Celestì, llà ’o cuoco nun nce sta, se n’è ghiuto, ’a cucina sta ’o scuro, ’e cammeriere dice nun tenene ordine. Aggio trovato cierti tozzole ’e pane e nove pummarole a fiaschette ncopp ’a nu tavolino...

IL SIGNOR … 39



Celestino E t’’e magnate? Luigino E io nun mme fidavo chiù. Celestino E si’ nu bello puorco. Basta, viene ccà, viene nu momento dint’’a cammera mia. Tiene ’a forbice, ’o rasulo ncuollo? Luigino No. Nun mme serveva. Celestino Ah! Va buono, nun fa niente, tengo ’o mio dinto. Luigino Ve volite fa ’a barba? Celestino Che barba, trase, mo vide. (Luigi entra nella 1a a sin.) Sulo accossì D. Peppino nun ’o conosce e tutto è aggiustato. (entra anche lui) Carmela (dal fondo a destra lato sinistro. Ha in mano un gabaret con dentro una bottiglia di Chartreuse ed un tirabouchon) Jammo, cammina, che ccà c’abbiata ch’hanno pigliata pure all’una mme vaco a cuccà. Carluccio (la segue. Ha in mano un gabaret con 8 bicchierini) Carmè, siente,...te voglio dì na cosa...Poco primma, ’a dint’’a dispenza, mm’aggio pigliata: miezo pullo, tre felle ’e genovese, nu poco ’e frittura, nu poco e presutto e doje butteglie ’e vino. Aggio miso tutte cose dint’’a nu bello panaro, e ll’aggio annasconnuto dint’’a cammarella mia. Quanno è cchiù tarde, che se so’ ghiute a cuccà tutte quante, io, zitto zitto, vengo ncopp’’a cammera toia e nc’’o magnammo tutt’’e duje a testa a testa. Che nne dice? Carmela Carlù, vattenne, ’appurano ’e patrune e facimmo nu poco d’opera. Carluccio Comm’appurano? Chi nce ’o ddice? E po, che facimmo ’e male? Nce magnammo na cusarella nzieme, chesto è tutto. Carmela E si avessa venì mariteme? Carluccio Comme vene, quanno maje è venuto ’e sera? Che vene a fa? Che dice?... Famme contento! Carmela Va buono, jammo dinto, po ne parlammo (via fondo a sinistra) Carluccio No, Carmè, io ’o porto ’o panaro, io ’o porto. (via appresso) Celestino (esce e chiude) Luigino ’o sta tusanno buono buono. S’’ha miso sotto... Adelina (seguita da Amelia) Celestì, ma tu che hai stasera? Saglie, scinne, te ne vaje n’ata vota... Amelia ’A zia s’è mmise a alluccà, ’o ssapite? Celestino E me so’ ghiuto ’a piglià nu... fazzoletto dinto che m’aveva miso sotto ’o cuscino. Adelina E D.Achille è sciso? Celestino Nun saccio...nun l’aggio visto.



TEATRO (1900-1910)

Adelina E Luigino ’o parrucchiere? Celestino ’O sta tusanno! (lazzi) Ah!... Sta abbascio ’a cucina, sesta mmonnanno na mela e aggio ditto ’o sta tusanno. A proposito, Adelì, dint’ ’a cammera nosta, nterra, nce stanno cierti balice, ’e chi songo? Adelina Ah! Sì...che stonata, mme so’ scordata ’e v’’o dicere. (ad Amelia) So’ ’e valigie voste, l’aggio fatte passà io ccà. (mostra la 1a a sin.) Amelia Oh! E perchè? Adelina Pe ve fa sta chiù comoda. Ce mettimmo nuje llà, nel 17, e vuje ve mettite dint’’a cammera nosta, che è pure bella, grande, ariosa, ce sta nu bello spogliatojo primma. Amelia Oh! Quanto siete buona, ma pecchè tanto fastidio? Pe na notte... Adelina Ma che fastidio... Celestino È un dovere. Brava! Hai fatto molto bene. (poi chiamando) Cameriere? Cammariè? (rumore di porcellana che cade Felice esce sbigottito con una scopa in mano) Che ato guajo m’avarrà fatto chillo? Felice Comandate? Finalmente nc’ aggio dato na bona mazzata ncapa. Celestino Ch’è stato? Felice Chella cancara ’e gatta che da stammatina me sta perseguitanno, mo era sagliuta ncopp’’o tondino adò stevano ’e tazze, l’aggio data na mazzata che l’avarraggio accisa e chella pe scappà ha fatto abbuccà tutte cose. No, io me ne vaco. Celestino No, tu overo te n’è a j’. Tu me scasse tutto. Basta. Piglieme ’a scatola ch’’e sicarre e ’e sigarette. Felice Subito. (per andare via urta nel tavolino) Celestino Statte attiento. (Felice via) (un orologio interno suona un tocco) Amelia Ched’è neh? Adele È ’o relogio dint’’o ciardino, so’ ll’11 e ½. Celestino (asciugandosi il sudore) Ah!...Ma stasera se more sa’. Amelia Overo, fa nu caldo... Adelina E mo è meno, ma stammatina... Celestino E lloro stanno ancora dint’’a stanza ’e pranzo? Adelina Sì. Celestino Dicimmencelle, nce ne jammo no poco ncopp’’a terrazza. (Felice con scatola di sigari) Felice Ecco i sigari. Celestino Portala ncopp’’a terrazza. Prego, signora. (ad Amelia facendola passare avanti) Amelia Grazie. (Via fondo a sin., Celestino la segue, Adelina fa per seguirli)

IL SIGNOR … 39

Felice Adelina Felice Adelina Felice Adelina Felice Adelina Felice Adelina



(chiamandola subito) Signò?... Signò? (Adelina viene un po’ avanti) Che volete? Niente! Niente più da voi!...Per obbedirvi, domani partirò. Ma vi prego nun mme facite j’ accossì senza accordarmi almeno un bacio su quella bella mano. Ma vuje avita suffrì ch’’e cerevelle, sapete. Ma scusate, siate ragionevole, nu bacio ncopp’’a mano che male ce sta. Si no io nun parto, vi’, ccà resto, ah ritenete! No, vuje avita partì. E faciteme bacià nu poco ’a mano, un bacio solo, il bacio d’addio! (dopo breve pausa) E dimane partite? Ve lo giuro! (lazzo scatolo) (suo malgrado) E va bene! (Io nun capisco st’uommene che sfizio ce trovene). (stende la mano) Baciate. Scena nona Peppino e detti, poi Luigi e Achille

(dal fondo a sinistra, s’arresta vedendo i due e si ritira un po’) Oh! Grazie signora, grazie! (bacia) (entrando) Neh...e sti sicarre? Ah!...’E vvedite ccà...’e steva portanno io. (ha tolta subito la scatola di mano a Felice) Voi potete andare. (Felice via pel fondo a destra) Dottò, servitevi. (offrendo i sigari) Peppino Grazie. (prende una sigaretta) Adelina Permettete! Peppino Prego! Adelina (andandosene) (N’ato poco e vedeva tutte cose!) (via fondo a sinistra) (soggetto di mimica: Felice fa capire a Peppino che l’ha interrotto nel più bel momento e poi via) Peppino Seh!...Ccà chesto ce sta sotto?...Oh! Povero Celestino!...’A mugliera lle sta combinanno chisto piattino. E non lo sospetterà nemeno! Cu nu cammariero? Che diavolo!...(pausa) Intanto, isso nun sape niente, isso è contento. Ma io sì, io ne tengo la prova palpabile! ’O ritratto ’e chillo carognone!...(caccia la fotografia di Achille) Eccolo qua! (guardando con disprezzo con le spalle alla 1a a sin. in maniera da non vedere l’uscita di Achille) Luigino (esce ridendo e guardando verso l’interno) (Chillo è curiuso overo!) Jammoncenne, venite! (via pel fondo a sinistra sempre ridendo) Peppino Felice Peppino Adelina



TEATRO (1900-1910)

(uscendo. E’ completamente raso di baffi e capelli. Contento e allegro) Eh! Sangue de Bacco!...Così tosato e spelato è proprio n’ata faccia!...Mo nun po’ dicere chiù ch’arrassomiglio ’o marito!...(scorgendo Peppino) Oh! Chi è?...Sarrà quacche invitato. Peppino (al ritratto) T’aggia ncoccià! Grandissimo porco! Achille (Va trova cu chi ll’ave!) Peppino (voltandosi per andare) Uh! Mamma mia! (E chi è chisto? L’imperatore d’’a Cina?) Achille (salutando) Signore. Peppino Buonasera! Achille Da Teresina, scusate, sta dint’’a stanza ’e pranzo? Peppino Sissignore! Achille Ah! Bravo! Grazie. (fa per andare) Peppino Ma scusate, voi chi siete? Achille Io? L’avvocato Achille Pallone di Napoli, sono qua a villeggiare. Peppino Piacere. Ah! Siete avvvocato? Di Napoli? Achille Sicuro. Peppino Bravo. E...scusate, na domanda, come avvocato conoscerete molte persone di Napoli, tenete molte relazioni? Achille Uh! Avete voglia quante persone conosco. Peppino E...diteme nu poco, conoscete, così per combinazione, l’originale di questo ritratto? (glielo mostra) Achille (vedendo il suo ritratto) L’originale? (ride) Oh! Chesta è bella! Chesta è graziosa! Peppino E pecchè redite? Achille E chisto songo io! Peppino Voi?...Nun pazziate, ve prego. Achille No, che pazzià, questo sono io com’era nu quarto d’ora fa. Ma mo è n’ata cosa, è proprio n’ata faccia, è vero? Peppino Dunque...stu ritratto è ’o vuosto? Achille Indubitatamente. Peppino Chisto ccà site vuje? Achille Io proprio! Peppino Ah! Grandissima camaglia!...Si’ tu? Si’ tu? Achille Neh...che cos’è, neh? Peppino Che cos’è? È la provvidenza che mme t’ha fatto ncoccià! Svergognato!... Vigliacco!... Achille Ma nu momento, amico, ch’è stato? Io nun ve conosco. Peppino ’O ssaccio!! A me nun mme cunusce, tu cunusce a muglierema! Ma ’o nomme mio ’o saje, ll’’e ’a sapè. (marcato) Io sono il dottore Giuseppe Cornetti. Achille

IL SIGNOR … 39

Achille Peppino Achille Peppino Achille Peppino Achille Peppino Achille Peppino Achille Peppino



Giuseppe Cornetti? Sicuro... Ah! Mo mme cunusce? Sì, ho inteso parlare molto di voi. Ho letto i vostri successi. Amico, non cagnà discorso!...Basta. Tu già sai di che cosa si tratta. Questa mattina...a Napoli...all’Albergo della Follia...nella camera n.38... Io songo ’o marito capisci? ’O marito ’e chi? Di 38...di Amelia! Chi Amelia? Non negare che te ceco n’uocchio sa’?! Oh! Amico ma voi che siete pazzo? (gridando) Ah! So’ pazzo? (gridando e senza lasciarlo mai) E se capisce. (c.s.) So’ pure pazzo? (c.s.) Scena decima Celestino e detti

Celestino Psss...eh!...Che cos’è? Peppino Celestino, amico mio, aggio trovato a chillo scellerato e stammatina, il Signor 39...Eccolo qua! (mostra Achille) Celestino (D. Achille? E comme ’ha conosciuto accossì combinato?) Peppino Tu nun ’o può conoscere, pecchè nfaccia ’o ritratto che t’aggio fatto vedè è de n’ata manera. S’è tosato così pe nun se fa conoscere ’a me. Achille A chi? Voi che state dicenno, io mme so’ tosato accossì pe n’affare mio...Celestino lo sa perchè. Peppino Non sento!...Tu stammatina stive a Napole, all’Albergo della Follia!... Achille Addò?...Chi?...Quanno?...Io so’ 15 juorne che nun mme movo ’a ccà. Celestì, bello mio, e parla! Celestino Ma sì, dottò, questo è un equivoco, il signore è nostro amico, sta qua a villeggiare, e so’ 15 giorni che non va a Napoli. Achille E domandate a Da Teresina, a Da Adelina, a ’e cammariere, a chi volete... Peppino E allora si nun site vuje, stu ritratto comme se trovava a Napoli? Achille E che vi posso dire...Aspettate, questa può essere una delle copie che io regalai giorni fa. (azione di Celestino) Peppino Come?...Come?...avete regalato delle copie?... Achille Di questo ritratto, sicuro. Peppino Aspettate nu momento...Per conseguenza ve potite ricordà a chi ll’avite regalato? (azione di Celestino)



TEATRO (1900-1910)

Achille

Sì, ma chisto è nu ritratto che m’ha fatto D. Pascale Mussilo ’a settimana passata, e mme ne dette doje dozzine. Peppino E che nn’avite fatte? Achille L’aggio regalate tutte quante. Peppino E a chi? Achille A tutti i membri del Club dei Canottieri che sta qua, di cui sono il Presidente. Peppino Il Club dei Canottieri?...E allora è uno ’e chisti lloco! Signore, ditemi comme se chiammano sti membri! Jammo, diciteme ’e nomme ’e tutte quante. (caccia un taccuino e un lapis) Celestino Ma questa è una pazzia, caro D. Peppino...Chille so’ 24 perzune. Peppino Nun mme mporta, pure si so’ 50... jammo, diciteme sti nomme. (fa per scrivere) Achille Celestino vi può dare la lista, è il nostro segretario. Celestino (Uh! Che te pozzano accidere!) Peppino Celestino? Ah! Tu pure staje llà ncoppa? (sospettoso) Celestino Sì...ma non è na ragione chesta. Pecchè sto llà ncoppa... aggia essere io stu...signore che ghiate trovanno? Peppino (rassicurato) No!...Scusa...hai ragione, tu nun può essere. (ad Achille) Nun è guaglione ’e chesto. Celestino Ma vi pare... Scena undicesima Teresina prima dentro poi fuori e detti Teresina (di do) Neh, ma che d’è ccà stasera? (Achille si nasconde.) (Teresina fuori dal fondo a sinistra) Signori miei, ma che se fa ccà? Mo se ne va uno, mo se ne va n’ato. Peppino (subito a Celestino) (Zitto! Zitto!) No...signò...steveme passianno nu poco pe sti cammere...ce sta na bella corrente... se respira nu poco. Celestino Già, fa nu caldo stasera...opprimente... Peppino Uh! Terribile. Se squaglia! Teresina Vulite nu poco ’o ventaglio? Peppino Ah! No, grazie. Teresina Ma sì, tenite...(toglie il ventaglio dal laccio) Peppino Ma lasciate sta...E voi po? Teresina No, io non ho bisogno...nun ’o sento tutto stu caldo. (dà il ventaglio) Tenite. Peppino Volete così...e io ve ringrazio. (si soffia) Ah!! Celestino Jammo dinto, venite. (prende il braccio di Peppino e fa per andare)

IL SIGNOR … 39



Peppino (Ma tu mm’’e ’a dà chella lista, sa’.) Celestino (Va bene, po se ne parla...) (viano fondo a sinistra) Achille (si è avanzato e con grande passione dirà) Sei contenta, Teresina? Teresina (voltandosi) Chi è? (Uh! Quanto è bello chisto!) Chi siete signore? Achille Il tuo maritino!...Il tuo Achilluccio!... Teresina (sopresa) D. Achille? Achille Io proprio!... Teresina (scoppiando in una risata) Ah! Ah! Ah!!... Vuje ch’avite combinato? Achille Il tuo leone ha fatta tagliare la mia criniera!... Teresina (sempre ridendo) E pecchè avite fatto chesto? Achille Per te, per farti piacere, per non somigliare a tuo marito. Teresina A mariteme? Achille Già, dice che io rassomigliava a mariteto e pe nun t’affliggere col suo ricordo...m’aggio tagliato tutte cose!... Teresina E ma cheste so’ cose ’e pazze!...(sempre ridendo) E po vuje somigliaveve a mariteme? Achille Primma sì. Teresina Addò?...Neanche per idea!...Nè primma e nè doppo! Chillo Ferdinando teneva na bella barba bionda e cierti capille manche l’oro!... (ridendo) Oh! E voi mo che pretendete? Che mme spusate, e io ve tengo vicino accussì brutto?... Bello mio, aspettate che ve crescene apprimma ’e capille e ’e baffe e po nne parlammo!...Po venite addò me. Accossì nun v’arapo ’a porta, vi’!... (sale la scena ridendo) Ah! Ah! Ah!...D. Achì, vuje site brutto assaie cu sta capa!... Mme pare nu mellone capuaniello! Ah! Ah! Ah! (via fondo a sinistra) Achille Oh! E ch’aggio combinato mo ccà? Chillo piezzo d’assassino ’e Celestino che m’ha fatto fa?...Invece ’e mme fa nu bene m’ha fatto nu guajo? E se capisce...Pozzo aspettà che mme cresce n’ata vota tutte cosa?... E ccà nce vo’ n’anno e mmiezo! Addò sta chillo piezzo ’e galiota?...E io mo comme faccio?...Chella se n’è ghiuta accossì spoetizzata!...E io aggia perdere a chella sciasciona? Oh! No!...Non ci posso rinuziare, io... (poi s’arresta come colpito da un’idea) Ah!... Statte!...che bell’idea,...se potessi...Benissimo!...Chesto aggia fa! (via di corsa fondo a sinistra lato destro)



TEATRO (1900-1910)

Scena dodicesima Peppino poi Celestino (dal fondo a sin. col ventaglio in mano. Esce lentamente guardando Celestino che lo segue dormendo, dritto come un palo, con passo automatico) Sangue de Bacco...ma è forte, sapete. Io mentre parlavo aggio voluto fa na prova e chillo overo s’è addormuto?...(esce. Celestino c.s.) Facenno accossì c’’o ventaglio...(l’agita un poco) E chesta è na cosa nova pe mme. (Celestino gira per la scena. Gli alza un braccio e lasciandolo subito ricade a piombo. Conserva il ventaglio) E sta dormenno...non c’è dubbio...vuol dire che per forza di luce, ’o povero giovene resta magnetizzato, ipnotizzato. (Celestino fa qualche passo. Peppino gli va appresso) Cammina pure...E allora è il sonno ipnotico, nun nce stanno chiacchiere. (lo fissa un po’ facendo qualche gesto magnetico) Celestino...fermati...lo voglio!...(Celestino si ferma) È chiaro, è chiaro! E questo per la suggestione, per la trasmissione del pensiero sarria proprio il tipo adatto. Io mo ne pozzo fa chello che voglio ’e chillo. (poi come colpito da un’idea) Aspetta...si cu stu mezzo potesse appurà chi è stato chillo svergognato ’e stanotte...stanno pur’isso ncopp’’o Club, certamente ’o cunosce...Aspetta. (va a guardare in fondo a destra e a sinistra, poi prende una sedia la mette dietro a Celestino che nel camminare si è fermato nel mezzo della scena e gli ordina) Celestino!...Assettate!...Lo voglio!...(Celestino siede) Dimme nu poco...A che cosa sto penzanno mo?... Rispondi! (gesti magnetici) Celestino (durante tutta la scena mantiene la fisionomia sorridente) State pensando ...’o fatto ’e stammatina, all’Albergo della Follia...a Napoli. Peppino (fra sé, meravigliato) (Oh! È straordinario, sapete!) E mi puoi dire io a chi vaco trovanno mo? Celestino Sì!...Andate trovando un signore...che teneva la camera...n.39...e che alle 6 di questa mattina...è entrato per una porta di comunicazione...dentro alla camera... di vostra moglie!... Stava in manica di camicia...teneva la mutanda bianca...coi pallini rossi...è entrato si è avvicinato a vostra moglie...e v’ha fatto... Peppino (subito e con gesti magnetici) Psss...Basta!...Chello che m’ha fatto ’o ssaccio!...Io voglio sapere: È uno del Club dei Canottieri? Celestino Sì!... Peppino

IL SIGNOR … 39



E chi è, comme se chiamma? (pausa) Parla!...(gesti magnetici) Te lo comando! Celestino Si chiama...Cel...Cel...Celestino! (sempre sorridendo) Peppino (Celestino?) Chi Celestino? (Celestino tace) Parla! Lo voglio! Celestino Celestino...Trippicella! (sempre sorridendo) Peppino Trippicella? Celestino Sissignore! (c.s.) Peppino E allora si’ tu? Celestino Sissignore! Peppino (Uh! Mannaggia chi t’ha allattato! (pausa, poi cambiando idea) Ma no, nun è possibile...s’è mbrugliato...Aspetta, ha ditto che teneva ’o cazonetto bianco cu ’e pallini russe...) Celestino! (gesti magnetici) Alzati! (Celestino si alza) Spontete ’o cazone!...(Celestino non si muove) Lo voglio!... (dopo pausa Celestino obbedisce) Celestino!...Calate ’o cazone!...Te lo comando! (Celestino obbedisce e si vedrà la mutanda descritta) Ah! Sicuro!...’O cazonetto cu ’e pallottini!...Eccolo qua!...Ah! si’ tu, svergognato!...Amico falso e traditore!!... T’aggio ncocciato finalmente!... (poi con rimprovero) Aizete ’o cazone! (Celestino obbedisce) Assettete!... (Celestino siede) Nun te movere. (gli dà uno schiaffo. Celestino ride) Eh! Ride, sì... (gli dà un altro schiaffo) Ride sì!...E chesto che d’è? Io mme t’aggia magnà a morze!... Io t’aggia fa murì p’’e mmane meje! Io..No!...Che murì... nun sarria na bella vendetta!... Chillo more e bonanotte! No!... Io lo debbo torturare, l’aggia fa suffrì comme sto suffrenno io!... Ma in che modo? (pensando) Ah! Statte... Sissignore...Chesta è essa!... (gesti magnetici) Celestino! Sentimi bene. Celestino Sì. Peppino Stasera a mezzanotte in punto, ’o cammariere d’’o cafè, vene a tuzzulià vicino a chella porta...(in fondo a destra) Tu ll’arape e ’o faie trasì llà nel n.19 addò sta mugliereta e ’e cchiude ’a dinto. Celestino Sì. Peppino Bada che lo voglio! Celestino Sì. Peppino E tu po...passerai la notte solo, llà, cuccato ncopp ’a chillo divano! Te lo comando! Hai capito? Celestino Sì. Peppino Lo farai? Celestino Sì! Peppino



TEATRO (1900-1910)

Peppino

(Benissimo! E questa sarà la mia vendetta!) E mo scetate, scetete, svergognato traditore! (gli soffia sugli occhi. Celestino si sveglia e guarda intorno stropicciandosi gli occhi) Che d’è? Che guarde? (sorridendo prende il ventaglio e si soffia) Celestino Ch’aggio fatto? Peppino ’E dormuto magnificamente. Celestino Avete visto?...E accossì mme fa. Quacche vote parlo pure nzuonno. Mo aggio parlato mo? Peppino No, manche na parola. Celestino E mo nun mme l’ha fatto. E ’a seggia chi mm’ha data? (s’alza) Peppino Io. E tu stive jenno nterra! Celestino Aggio dormuto assaje? Peppino Addò, manche nu minuto. Capirai, t’aggio subito scetato. (si soffia) Celestino E levatelo stu coso ’a lloco mo, basta mo, avite fatta ’a prova. Peppino Hai ragione! (conserva il ventaglio) Ma nun nce penzà, chesto è niente, dimane te faccio na bella visita, ti curerò io, e te lieve sta seccatura. Oh! Siente, io aggio penzata na cosa, tu avive ragione, è meglio che nun mme n’incarico chiù ’e chillo fatto ’e stammatina, se fa chiù pubblicità e che figura faccio? Celestino Ah! Ecco, mo facite buono! (Cielo ti ringrazio!) Lasciate correre, mo è fatto mo. È na cosa che resterà sotto silenzio, e nisciuno sape niente. Peppino Bravo! Chello ch’aggio ditto io. Oh! Ma Celestì, ccà quanno nce ne jammo a cuccà?...Mo sarrà tarde...(caccia l’orologio) Teh!...Ce vo’ nu quarto pe meza notte. Celestino Ah!...No, e io mo nc’’o ddico dinto, e che volimmo sta fino a ghiuorne? Io tengo nu suonno che mo moro, nun mme fido chiù. (via fondo a sinistra) Peppino Sangue de Bacco! Ce vo’ nu quarto pe mezanotte? Addò sta ’o cammariere? (va a guardare in fondo a destra) Ah! ’O vi’ llà. (chiamando) Psss...psss...giovinò...Cameriè?...A te, sì. Viene ccà. Scena dodicesima tredicesima Felice e detto Felice Peppino

(uscendo) Comandate? Viene ccà, dimme na cosa...(ridendo maliziosamente) A che staje...cu madama?

IL SIGNOR … 39

Felice Peppino Felice Peppino



Chi madama? (c.s.) ’A signora, ’a signora toja... ’A signora mia? Jammo, non fa l’ingenuo, ca tu mm’’e capito... Da Adelina...’a mugliera ’e Celestino... Felice (turbandosi) Ma...io nun ve capisco... Peppino Eh! Nun capisce...io saccio tutte cosa...Comme io t’aggio visto quanno ll’e vasato ’a mana... Felice E m’avite rotte l’ova mmano.. Peppino ’O bbì?...(ridendo) Felice Pe carità, dottò, non parlate...nun dicite niente Peppino Tu sarraje pazzo! E che mme ne preme a me!... Felice Del resto, llà nun c’è stato mai niente fra me e chella, ve lo giuro sul mio onore, tanto che dimane parto, mme ne vaco a Napoli. Peppino Parte? Felice È essa che vo’ accussì. Peppino E tu te ne vaje? Felice E ch’aggia fa? Nun mporta! Mme ne vaco! Peppino Tu quanto si’ ciuccio!...Tu ’a femmena ll’’e ‘a capì subeto. Essa che t’ha ditto ’e partì? Felice Già. Peppino E tu t’’e ’a restà!...Nun t’’e ’a movere! Io saccio sti ccose, so’ volpe vecchia!... Quanno ’a femmena dice ca no, tanno dice ca sì!...Nun te fa piglià pe scemo, nun te fa piglià pe guaglione! Certamente che buò che vene essa addò te? Se sa, la donna nega sempre, è l’uomo che dev’essere audace, tenace, capace, vivace. Nun ha da perdere tiempo, se no la cosa s’arrefredda e stateve bene. Tu siente a me...quanno è chiù tarde, verso mezanotte, tuzzulea nfaccia a chella porta llà. (fondo a destra) vide che te venene a arapì...tu trase e...nun te n’incarricà d’’o riesto. Felice Comme?...Aspettate dottò...ma forse essa v’ha fatto capì quacche cosa? Peppino Io questo non lo so!...Non te lo debbo dire...Tu fa accussì e nun te n’incarricà!...Vi’ quanta cose uno ha da dicere ccà! Felice Ma nu momento, dottò... e ’o marito?... Peppino Che marito...nun nce penzà ’o marito! M’’o porto io...a na parte che...non te lo posso dire! Nun pozzo parlà. Tu fa chesto che te dico io ...e po vide. Felice Va bene... allora io tuzzuleo a sta porta ccà?... Peppino A mezanotte precisa, sa’?

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Felice Peppino Felice Peppino

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Va bene. Mme venene a arapì, io traso... E nun te n’incarricà d’’o riesto. Benissimo!... (Aggio fatto ’o colpo!) (di petto) Dottò, io po ve do 40 lire. (via fondo a destra) Neh, piezzo d’imbecille. Va trova chillo pe chi m’ha pigliato mo, ma che me mporta (rivolto a Celestino) Eh! Caro mio! ’O servizio t’’aggio combinato io mo! Scena quattordicesima Teresina e detto, Celestino, Pasquale, Adelina, Amelia, Luigino poi Carmela

Teresina Neh, dottò, vuje dice che ve vulite j’ a cuccà, non fate cerimonie sapete. Peppino Sì, mme faciarria piacere, pecchè tengo suonno ’a verità, è mezanotte. Ma si ce volimmo sta n’ato pocorillo... Teresina No, ve pare...mo ce jammo a cuccà tutte quante, io pure tengo suonno. Amelia E io pure francamente si m’arrivo a cuccà nun mme scetano manco ’e cannonate! Peppino E allora bona notte, va. (a Teresina) Buon riposo e grazie di tutto. (strette di mano) Teresina Ma che, grazie a voi. Peppino Celestì, statte buono. (c.s.) Celestino Bonanotte D.Peppì. Peppino Caro D. Pascale. (c.s.) Pasquale Che d’è?...Ve n’andate? Celestino (forte) Se va a cuccà. Pasquale Ah! Mbè. (a Peppino) Felicenotte, felicenotte. Peppino Amè, statte bona, buon riposo. Amelia Grazie, pure a te. Peppino Buonanotte a tutti. (entra nella 2a a sinistra) Tutti Buona notte, buona notte. Luigino Aspettate. D.Pascà, mo nce ne saglimmo nzieme. (Pasquale non risponde) D.Pascà... Pasquale (arrivato sotto l’uscio) Buona notte. (via fondo a sinistra lato destro) Luigino Aggio parlato io e ’o muro! Buona notte signori. Tutti Buona notte. Luigino D. Pascà!... D. Pascà!... (via pel fondo a sinistra lato destro) Amelia (a Teresina e Adelina) A domani. Buona notte. (si dirige verso la 2a a destra) Celestino No, no, signò, addò jate?... Da questa parte. (mostra la 1a a sinistra)

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Amelia Ah! Sì, è overo, m’era distratta. Celestino Teresina Buona notte. Adelina Teresina Celestì, bona notte. Celestino Felice notte, zizì, ce vedimmo dimane. (Teresina bacia Celestino e Adelina e via nella 1a a destra) Adelì, va te cocca, io vaco a fa na revista fore ’a terrazza e vengo. Adelina Va bene. (via 2a a destra. Celestino chiude la porta in fondo a destra e via per il fondo a sinistra) Scena quindicesima Don Ciccio poi Carluccio (con involto e fiasco di vino) Aggio accattato nu poco ’e cena e mm’aggia magnà a testa a testa cu Carmela... Eh! La pace dev’essere completa. So’ geluso,... ch’aggia fa,la voglio bene assai, nun pozzo sta nu momento senza vederla. Lassem’ j’, mo, zitto zitto. (via sulla punta dei piedi pel fondo a sinistra lato d o) Carluccio (dal fondo a destra. Ha un paniere in mano nel quale vi sono due bottiglie di vino e il resto della cena coperto da un tovagliuolo. Apre piano la porta ed entra a tentoni) Se so’ cuccate tutte quante!...Chisto è ’o momento ’e j’ addò Carmela mia!...Ave voglia ’e dicere, ma stasera ’a coppa nun mme movo!...Chillo ’o patrone mio ha ditto ca dimane vo’ partì e...comme faccio po?...(via pel fondo a sin., lato destro) Ciccio

Scena sedicesima Peppino, poi Celestino, poi Felice, indi Adelina, poi Carluccio, poi di nuovo Peppino

Peppino

(dalla 2a a sinistra) Se so’ cuccate tutte quante. (l’orologio interno suona mezanotte 6 tocchi) ’O vi’ ccà...ce simme. (vedendo venire Celestino che cammina lentamente dritto come un palo, gli occhi aperti e fissi in un punto. Alla porta in fondo a destra si bussano tre colpi. Pausa. Peppino fa dei gesti magnetici verso Celestino. Altri colpi. Celestino si volta e con passo automatico va alla porta e l’apre.) Felice (entrando) Eccomi qua. (Ah!! ’O marito!...) (Peppino fa sempre gesti magnetici verso Celestino) Celestino (lo prende per la mano, lo fa attraversare la scena, indicandogli col dito la 1a a sinistra)

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Felice Peppino Felice Peppino Felice Celestino

D. Celestì, io so’ venuto... (subito) Psss....zitto... Ah! Dottò, state ccà? (sottovoce) Va, va, nun perdere tiempo... (gesti magnetici) Dottò, vuje che m’avite combinato? (lo conduce alla porta, l’apre, lo fa entrare e chiude a chiave. Poi sempre suggestionato da Peppino va a sedersi sul divano. Si sente aprire la 2a a destra) Peppino Chi è? (scappa nella sua camera e chiude) Adelina (uscendo in sottana e copribusto. Ha una candela accesa in mano) Celestì?...E tu che faje lloco? Vienete a cuccà...Celestì?...Quanto si’ curiuso accussì...(ridendo) A chi aspiette?...Celestì? E finiscila, jammo, ch’è tarde...Celestì...Celestì...(lo scuote) Viene, jamme. Te vuò venì a cuccà o no? Celestino (svegliandosi) Ah!...Eccomi...eccomi... Carluccio (dal fondo a sinistra appaurato) Llà ce sta ’o marito ncoppa!... M’è venuto arapì isso ’a porta quanno aggio tuzzuliato. Io appena aggio ntiso ’a voce dint’’o scuro, ntela, e mme ne so’ scappato. Mamma mia!...Mo moro d’’a paura. (si sente aprire una porta è quella di Peppino ) Sangue de Bacco!...Vene gente...(toglie il tappeto dal tavolo, se lo mette in testa, si corica sul divano e si copre tutto) Peppino (caccia la testa, poi viene avanti sulla punta dei piedi e si avvicina a Carluccio credendolo Celestino. Ha una candela accesa in mano. La scena s’illumina) Grandissimo porco!...L’ora della vendetta è suonata! Ride mo, ri’!...Ride mo! (con disprezzo) Dinto a chella cammera nce sta ’o nnammurato ’e mugliereta. Duorme tu, resta lloco tutt’’a nuttata, lo voglio!! (con gesto imperativo, poi) Ah!!...Che bella cosa! Che contentezza, quanno uno se po’ piglià na soddisfazione ’e chesta!! (va nella camera sua contento e soddisfatto) Fine del secondo atto

Atto 3° La medesima scena dell’atto secondo. Scena prima Carmela e D.Ciccio, poi Teresina Carmela (aprendo adagio la porta in fondo a sin., guarda intorno poi viene avanti) Viene, viene Ciccì, mo può ascì, nun nce sta nisciuno. Ciccio (caccia la testa dal fondo a sinistra, poi viene avanti) Embè, io mo vulesse proprio sapè chi era chillo curiuso ch’è venuto a tuzzulià nfaccia ’a porta toja stanotte. Carmela E dalle dà, t’aggio pregato ch’aveva essere quacche passeggiero ch’ha sbagliato ’a porta. Ciccio Sarrà! Carmela No, accussì è! Guè, nun accommincià sa’!...Va, vattenne, nun te fa vedè a ’e patrune ca io nun voglio fa sapè ca ’e dormuto ccà. Ciccio Statte bona. Carmela Statte buono. (stretta di mano) Ciccio Ah! A proposito, nun hê avuto nisciuno ordine ’e carrozze pe stammatina, p’’a signora, pe quacche furastiere? Sai niente si ll’aggia fa venì? Carmela No, ma torna cchiù tarde e t’’o ffaccio sapè. Ciccio Va bene. Statte bona. (odorandole la mano, pausa, poi) Carmè, famme nu favore... Carmela Che buò? Ciccio Nun t’’o mmettere chiù st’addore ncuollo,... mm’’e fatto venì delore ’e capa stanotte. Carmela Va...va...che tu nun nne capisce niente. (Ciccio via pel fondo a destra) Chillo cancaro ’e Carluccio aiessera mme steva combinanno ’o guajo. Senza mme dicere niente se nne vene ncopp’addò me...nun saccio comme arreparaje. Teresina (dalla 1a a destra) Carmè, Adelina e Celestino se so’ susute? Carmela Nun saccio, signurì, nun hanno chiammato ancora.

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Teresina E D. Peppino, Da Amelia, D.Achille? Carmela Nemmeno. Vulite ch’’e chiammo? Teresina No, nun ’e disturbà, lascia sta. (Carmela fa per andare) (Dopo tutto che nce perdo? Mm’’o sposo a D. Achille e bona notte. Tengo sempe a n’ommo vicino. E po, se vede che mme vo’ bene, mme n’ha dato prove.) Scena seconda Achille e dette (di do dal fondo a sin. con la giacca per casa, ed ha messa una parrucca ed una barba rossa lunga) Cameriere? Teresina (Ah! Eccolo qua!) Carmela Comandate? Achille (fuori) Cameriere? (vedendo Teresina) Ah! Teresina mia, stai qua? Comme te pare? Sto buono? (Carmela ride) Teresina Vuje c’avite combinato? Ch’avit’’a fa cu sta barba, sti capille? (ridendo) Achille L’amore,...l’amore me l’ha fatto crescere. Per piacerti che cosa non farei? Teresina E chi ve l’ha data sta rroba? Achille ’O teneva Luigino ’o perrucchiere dint’’a cammera soja... Si’ contenta mo? Pare bello accossì? Teresina Sicuro, mo me parite barba rossa, mo! (ridendo) Achille E ch’aggia fa chiù pe te contentà? Per farmi amare? (guardando Carmela che si meraviglia) Sa’, oi nè, tu è inutile che faje sta faccia, ccà nun se fa niente ’e male, noi ci dobbiamo sposare, hai capito? Carmela Signò, io nun mme sto movenno. Teresina Famme portà ’o llatte va. (Carmela fa p. a.) Ne faje portà doje tazze, una pure pe D. Achille. Carmela Va bene. (via fondo a destra) Teresina La prenderete in camera con me, vi fa piacere? Achille (ridendo) Neh, vedete...se mi fa piacere?...Ma immenso, grande, straordinario piacere! Teresina Sì, ma levateve sta rrobba ’a faccia...finitela. Achille E tu dice che pare brutto senza niente, che pare nu mellone capuaniello. Teresina Va bene, io pazziaje...ho capito poi che è stato un sacrificio ch’avete fatto per me, so’ contenta e nun nce faccio chiù caso. Achille Veramente? Grazie, Teresinuccia mia...(toglie barba e parrucca) Ah!...Io mo mureva d’’o calore! Achille

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

Teresina Oh! Adesso, caro D. Achille, avimma parlà nu poco seriamente. Achille Parlammo cumme vuò tu, ma dimme quanno spusammo, dimmi quando sarà quel giorno? Teresina E proprio di questo si tratta. Jammoncenne dint’’a cammera mia e mentre aspettammo ’a colezione, potimme parlà cujete cujete e senza seccature. Achille Sì! Dici bene. Soli, soli, senza essere disturbati da nessuno. Teresina Venite. (entra nella 1a a destra) Achille Eccomi. Angelo, tesoro, sciasciona mia sciasciò! Sciasciona mia, sciasciò!...(via appresso, portandosi parrucca e barba) Scena terza Felice, poi Carluccio, poi Carmela (dal finestrino sulla 1a a sin.) Nun nce sta nisciuno. Ah!... mamma mia! Io nun mme fido cchiù!...Ccà, ncopp’’a stu mezzanino, se more d’’o calore!...No, aggio passato na bella nottata!...Almeno venesse chillo cancaro ’e Carluccio pe mme fa arapì, pe mme ne scennere. Carluccio (dal fondo a des. lato sin.) D. Ciccio credo che se ne sarrà juto...si potesse vedè a Carmela... Felice ’O vi’ llanno, o’ vi’. (sottovoce) Guè...Carlù...Carlù... Carluccio Chi è? (alzando la testa) Uh! Signò...E buje che facite lloco ncoppa?...(ridendo) Felice Nun ridere, all’arma ’e mammeta!...Viene ccà, arape sta porta zitto zitto...senza fa rummore. (entra e chiude) Carluccio (ridendo) E chi nc’’ha miso a chillo llà ncoppa?...(pausa, poi) Aggio capito tutte cosa!...Da Adelina s’è decisa e po l’ha annasconnuto ncopp’’o mezzanino! (va ad aprire la 1a a sinistra girando pianissimo la chiave) Felice (uscendo. Ha l’abito impolverato e la cravatta in disordine) Ah! Finalmente! (chiude tirando a sè la porta) Carluccio Mo pare che putite essere contento...Da Adelina s’è fatta capace... Felice A chi? Qua’ Da Adelina?...Llà nce sta ’a mugliera ’e D. Peppino ’o dottore. Carluccio Da Amelia? Felice Da Amelia, sì. Carluccio Ah!...Ve site abbuccato ’a llà mo?...Eh! Pure simpatica è. Felice Io nun mme so’ abbuccato ’a nisciuna parte!...E’ stato D. Peppino e D. Celestino che m’hanno fatto trasì llà. Carluccio D. Peppino?...’O marito stesso? Felice

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Felice

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Già, che saccio che mbruoglio è chisto... [Io mme credevo che trovava a Da Adelina e invece aggio trovato a Da Amelia che dormeva magnificamente!...Oh!...Aggio ditto ncape a me, e che faccio mo ccà?...Che pasticcio è chisto?...Ma... capirai...tanto pe nu sta senza fa niente...per non stare in ozio...(ridendo) mme so’ accostato...e ll’aggio dato duie bace!...Mentre lle stevo dando ’o terzo, s’è scetata!... Carluccio E v’ha visto? Felice No! Pecchè io subeto mme ne so’ scappato fore ’o spogliatoio, aggio chiuso ’a porta d’’a cammera e mme ne so’ sagliuto ncopp’’o mezzanino. Carluccio Ah! Bravo! Felice E llà so’ stato fino a mo. Tengo ’e rine rutte. Carluccio È stata bella chesta. (ridendo) Felice Tu, intanto, va prepare ’o bauglio e ’e balice pecchè cchiù tarde partimmo, nun mme ne voglio incaricà chiù. Carluccio Partimmo? Felice Sì, sì, sì. Carluccio (E io comme faccio cu Carmela?) Felice Mo trovammo na scusa cu D.Celestino e nce ne jammo. Carmela (uscendo) Ah! Vuje lloco state? Io ve sto ghienno trovanno pe tutte parte. Carluccio (galante) Da Carmela, ben levata. Carmela (con occhiata di rimprovero) Bongiorno. S’ha da portà ’a colazione ’e signurine, io nun pozzo perdere tiempo, aggia fa ’e stanze. Felice Eccoce ccà. Ma Carmela mia, chesta non è vita pe nuje! ’A fatica è troppo. Nuje simme venute pe sta sulo dint’’o cafè, l’albergo nun nce riguarda. Carmela E ma chillo ’o cammariere è caduto malato, sperammo che sta buono ambressa... Felice No, io stammatina nc’’o ddico a D. Celestino, a nuje non nce conviene, nce ne volimmo j’. (a Carluccio) È ovè? Carluccio (distratto a guardare Carmela) Nonsignore. Felice Comme nonsignore? Carluccio Ah! Sissignore, nce ne volimmo j’! Carmela Facite chello che vulite vuje. Pe mo jate abbascio ’o cafè e portate ’ colezione ccà, ’o n.18. Io v’aggio preparato tutte cose, s’ha da scarfà sulo ’o llatte. Felice Va bene, jammo Carlù. (via fondo a da) Carluccio (a Carmela) Permettete? Carmela Puozze sculà, puozze! Mme stive facenno chillo guajo stanotte.

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Carluccio E io che nne sapeva che steva maritete ncoppa. Carmela (vedendo venire Celestino dalla 2a a destra) Uh! Zitto, zitto, ’o signurino...Vattenne, vattenne. (Carluccio scappa pel fondo a destra e Carmela fondo a destra lato sinistro) Scena quarta Celestino e Adelina poi Carluccio



Celestino (dalla 2a a destra in costume per casa) No, no, aspetta Adelì, voglio fa primma colazione e po mme vesto. Che ora sarrà? Adelina (che lo segue) È tarde, so’ ’e nnove e mmezza. Zi’ Teresina s’è sosuta pure, l’aggio vista for’’o balcone nzieme cu D. Achille. Celestino Ah! D. Achille sta dinto? Adelina Sì. Ma ch’ ha combinato? Pecchè s’ ha tagliato barba, mustacce, capille?...Si vide quanto è curiuso. Celestino Sì, l’aggio visto aiessera, dice che...d’estate se taglia sempe tutte cosa. Sai che forse se sposa a zi’ Teresina? Adelina Veramente? Celestino Sì, mme n’ ha parlato jeri sera...ne è pazzamente innamorato. Adelina Bravo, mme fa piacere. Carluccio (con gabaret dentro al quale due tazze da latte, panini, salviettini, zuccheriera, caffettiera, cucchiaini e boccalino con latte. Si dirige alla 1a a da. A Celestino e Adelina) Buongiorno, signurì, ben levati. Celestino Buongiorno! Adelina Celestino Che d’è lloco? Carluccio È ’a colezione d’’a zia. (alla porta) È permesso? Adelina No, trase trase, chille stanne for’’o balcone, nun te sentono. (Carluccio entra poi torna) Celestino Ah!...(sbadigliando) Adelina Celestì, ma che d’è?...Che hai? Tutta stanotte si’ stato accossì smaniuso, nervoso, te vutave, te girave, pecchè?... Nun te siente buono forse? Celestino No...mme sento na stanchezza, nu stunamiento...avesse voluto durmì ancora... Adelina E ma se sape...Tu, ajeressera nc’’e dato buono c’’o sciampagna. E io t’’o ddiceva, Celestì, basta, chesto te fa male. Celestino No...ma che...appena appena duje bicchiere... Adelina Sì, duje bicchiere...Stive nu pucurillo fatto, caro mio, perciò. (ridendo) Tanto che quanno te venette a chiammà pe

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te fa cuccà, stive llà, ncopp’’a chillo divano assettato, accussì...comme a nu stunato!... (ridendo) E nce vulette ’o bello e ’o buono pe te fa venì a cuccà. Celestino Veramente? Adelina (ridendo) Veramente, sì! Celestino Non me lo ricordo affatto. Adelina E se capisce, che buò ricordà. (Carluccio esce) Celestino Ah!...Carlù, preparace ’a colezione. Carluccio Subito. Adelina No, no, nun te n’incarricà, ll’aggia preparà io pe nnuje. Portame ’a caffettera c’’o llatte e c’’o ccafè, ccà dint’’a stanza ’e pranzo. Carluccio Va bene. (p.a.) Allora signurì, mo porto pure chello d’’o dottore. Adelina Sì, sì, dice buono, chille mo se saranno scetate, porta tutte cose, pure ’o burro. Carluccio Va bene. (via fondo a da) Adelina Io vaco. Celestì, permetti? Celestino Va, va. (Adelina esce pel fondo a sinistra) No, veramente, aissera mme senteva stunato assaje...m’ avotava ’a capa... nun saccio si fuje ’o sciampagna o sti mmosse che mme venene ogne tanto. Scena quinta Peppino e detto, poi Amelia Peppino (dalla 2a a sin.) Oh! Bongiorno Celestì!... Celestino Dottore bello! (strette di mano) Avete dormito bene? Peppino Ah! Benone!...E tu? Celestino Ih!...Così...so’ stato nervosissimo...Stammatina po...mme sento na stanchezza... Peppino (E ’o ccapisco!...Na nuttata ncopp’ a nu divano!) E mugliereta?...Ha dormuto bona mugliereta? (marcato) Celestino Ah! Sì! Essa sì. Ha passato na nottata splendida. Peppino (marcato) Eh! ’O ccredo!!! Celestino Mo è ghiuta a preparà ’o llatte pe me e pe buje. Faremo colezione insieme. Peppino Ah! Bravo! Celestino Anze, mo ce vaco a dà n’ uocchio pur’ io, eh!...Il nostro simpatico dottore dev’essere servito a puntino! Deve avere il servizio come si conviene! (via fondo a sin.) Peppino ’O servizio t’ aggio fatto io come si doveva!! Grandissimo traditore! Tengo ’a vocca amara manco ’o ffele...e se ca-

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Amelia

Peppino Amelia Peppino Amelia Peppino Amelia Peppino Amelia Peppino Amelia Peppino Amelia Peppino Amelia Peppino

Amelia

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pisce...(dalla tasca caccia una scatoletta di pastiglie di menta e ne mangia una parlando) Ma, mo mme so’ vendicato comme voleva, ogge partimmo e ritorniamo alla nostra vita di prima. (guardando verso la 2a a destra) Starrà dormenno ancora. (va a bussare) Amè?...Amelia mia? (spinge un po’ la porta) Ah! Ccà sta apierto?...E allora mo ’a sceto io! Lle voglio dà nu vasillo justo mmocca!...Amelia mia! Pappona mia!...(entra poi torna) (dalla 1a a sinistra) Pare na pazzia, sapete. Vedete che cos’è l’impressione: io, tutta stanotte, aggio tenuto a D.Celestino presente, che m’abbracciava e mme baciava!...Nun m’ ha fatto durmì. (uscendo) E ccà nun nce sta nisciuno...(vedendo Amelia) Ah! Tu stai ccà? Già t’ ire susuta? Brava! (abbracciandola) Che staje mangianno? No, niente, na pezzettella ’e spiret’’amenta. E comme staje? ’E dormuto bona? Ma che, malissimo! Tutt’’a nottata aggio tenuto presente a chillo svergognato!...Nun m’ha fatto durmì. Haje ragione, bella mia, haje ragione. Ma mo è fenuto, pecchè ’o conosco a stu carogna! ’O conusce? Se capisce. E...chi è?...Chi è? Non te lo puoi mai immaginare!...(guarda intorno) È Celestino. Celestino?...Oh! Ma che, è impossibile! È isso, isso proprio! Ma comme? Nne si’ certo? Certissimo! M’’ha ditto isso stesso. Isso stesso? Perfettamente! Po te conto. Io vaco nu momento dint’’a cammera mia, mme vaco ’a fa ’e balice, tu acconcete pure ’a rrobba toja e chiù tarde partimmo. (andandosene) Traditore!...Amico falso!...(via nel 20) Ma comme? D.Celestino, isso stesso, ce l’ha ditto? Comme è possibile?

Scena sesta Celestino e detta, poi Carluccio, poi Adelina, indi Peppino Celestino (dal fondo a sin.) Oh! Signora, ben levata. La colezione a n’altro poco è pronta, ’a stanno preparanno.

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Amelia

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Eh!...Avit’’a vedè ’a colezione che sta preparata pe buje. Ma comme v’è venuto ncapo ’e contà tutte cose a Peppino? Celestino Che cosa? Amelia Comme? Che voi siete il signor 39! Celestino Io? Io jeva a dicere chesto a D.Peppino? E aveva essere pazzo! Amelia Uh! Chillo mo m’’ha ditto, che ll’ha saputo stesso ’a vuje! Celestino E se l’ ha sunnato, quanno maje. Io diceva chesto a chillo? Amelia Basta, chi nc’’ha ditto, nc’’ha ditto, ’o vero fatto è ca chillo mo ’o ssape e stateve attiento, state in guardia, pecchè ha giurato ’e se vendicà. Mme dispiace pe chella pover DaAdelina. Celestino ’E me no, è vero? Amelia E che mme mporta ’e vuje? N’ata vota ve faciveve ’e fatte vuoste. Celestino Io?...Vuje, all’albergo, a tavola mme guardaveve, e ve mettisteve a ridere quanno ve dette ’o cannolo ’a siciliana! Amelia E che significa questo? Risposi gentilmente ad una cortesia. Celestino Niente affatto, vuje mme guardasteve languido languido. Amelia Jatevenne! Io guardavo languido languido a isso. Nun aveva a che penzà. Io mo v’’aggio avvisato, stateve attiento pecchè chillo è capace ’e tutto mo, chillo v’accide mo... oh! Ritenete! Carluccio (dal fondo a destra. Gabaret in mano con entro caffettiera e boccalino per il latte. Passando davanti ai due) Permesso? (s’inchina e fa per andare in fondo a sinistra) Adelina (uscendo a Carluccio) Neh, Carlù, e quanno!... Carluccio ’O vvedite ccà, signurì, tutto è pronto. Adelina Ah! Mbè. Portalo dinto. (Carluccio via) Buongiorno signora. (ad Amelia) Amelia Cara amica. (strette di mano) Adelina Volete venì a fa colezione? Amelia Sicuro. Adelina E D.Peppino addò sta? Amelia Ah! Sta dinto. Adelina (chiamando al n.20) D. Peppì?...Dottò?...’A colezione è pronta, volite venì? Peppino (di do) Ah! Sicuro, eccomi. Adelina Celestì, tu viene? Celestino Ah!...Sì...e come...nun me vuò fa fa colezione. Peppino (fuori) Eccomi qua. Buongiorno, signora. (strette di mano) Adelina Buongiorno. Peppino E addò sta ’a colezione?

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Dint’’a stanza ’e pranzo. Venite. (via con Amelia fondo a sinistra) Peppino Celestì, amico mio, vogliamo andare?... Celestino (Seh! Staje frisco! Chillo è capace che mme mette quacche cosa dint’’o llatte e m’avvelena!) No...dottò...nun tengo genio...nun mme sento buono... tengo na brutta bocca... che ssaccio...nguacchiosa... Peppino Ah!...(sempre con ironia) E pigliete quacche cosa...Aspetta... tengo cierti pezzettelle ’e spiret’’amenta. (caccia la scatoletta di pastiglie) The, miettatenne una mmocca... (gliela dà) Celestino (pigliando la pastiglia appaurato) (Chesto è arsenico! Chesto è arsenico certamente!) Peppino Mangia, te fa bene. Celestino Lo so!!... Grazie!!...(getta, senza farsi accorgere la pastiglia e finge di mangiarla) Ah! ...Buona!... Peppino Pigliatenne n’ata. Celestino No, grazie, basta. Peppino Ma sì, piglia, mangia...(gliene dà un’altra) Celestino Grazie. (Se capisce, chillo vo’ essere sicuro l’amico!) (getta c.s. la pastiglia) Adelina

Scena settima Felice e detti poi Adelina (dal fondo a da con piatto di burro) (vedendo Felice) Ah! Eccolo qua, questo simpaticone!...Che d’è lloco ddinto? Felice ’O burro, signorì, mo proprio l’hanno portato, freschissimo. Peppino Bravo!...(battendogli una mano sulla spalla) E viene ccà, conteme nu poco, si’ stato buono stanotte? ’E passato na bella nottata? (marcato) Felice (intontito) Eh!...Così, così... Peppino Celestì, questo è un brav’ uomo, una perla! Celestino Sicuro! Peppino E comme te vo’ bene...com’è affezionato, a te, a mugliereta!...Io te lo raccomando, sa’; voglialo bene pure tu!...Anze, mme faje piacere si ll’aumiente ’a mesata...Se lo merita. Celestino (Sì, sta frisco.) Peppino Viene ccà, dalle ’a mano!... (a Celestino) Celestino Io? Perchè...scusate... Peppino Strignele ’a mano te dico...è nu giovene che merita chesto e ato! (avvicinando le due mani) Jammo, strignitevella... Felice Peppino

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così...forte...bravo!...Che giovine d’oro!...Va, va, porta ’o burro dinto, mo te ne può ghi. Felice (Io l’aggio ditto, chiste so’ pazze.) (via) Celestino Neh, dottò, comme ve vene ncapo ’e mme fa dà ’a mano ’o cammariere? Pecchè avite fatto chesto? Peppino Pecchè?... (soddisfatto) Pecchè m’ha combinato ’o capo servizio!...Sono contento adesso! Celestino Che servizio? Peppino Il fatto del Signor... 39, te lo ricordi? (fra i denti) Celestino Sicuro. Peppino Ebbene...tutto è fatto! Celestino Tutto è fatto che cosa? Peppino Mme so’ vendicato! (con disprezzo) Celestino (guardando le pastiglie a terra) (Eh! ’E vvi’ llanno ’e vvi’!) Ve site vendicato? In che modo? Peppino In un modo terribile! Tremendo!...E tu stesso mme diciste che avarrisse fatto peggio si fosse succieso a te. L’ho pagato...con l’istessa moneta sua!... Celestino Che?!...Mi avete tradito...cioè...l’avete tradito c’’a mugliera forse?... Voi? Peppino Io? Mai!...Pecchè allora avarria avut’’a ingannà a muglierema e questo mai! Mi sono servito di un altro, che tu stesso ll’’e portato dint’’a cammera! Celestino E chi? Peppino Ll’’e strignuto ’a mano poco primma... Celestino ’O cammariere? Peppino Perfettamente!! Che?...Comme te pare?...Hai visto che t’ha combinato l’amico tuo? Celestino (fremendo) Ma...ma...c’’a mugliera ’e chi è succieso chesto? Peppino (semplicemente) Uh! C’’a mugliera ’e chi? E nun ll’’e capito? C’’a toja!.. (avvicinandosi a lui piano piano con rabbia) C’’a toja, caro Signor 39!!...Si’ tu, si’ tu, pezzo di canaglia!.. E nun mm’’o può negà, sa’, mme ll’’e ditto tu stesso ajeressera! Celestino Io? Peppino Sì!...Quanno te si’ addormuto c’’o ventaglio, e nel sonno ipnotico t’aggio fatto confessà tutto! M’’e ditto tutte cosa, capisci?...E io mme so’ vendicato accossì! Stanotte stessa!... Celestino Comme?...Stanotte stessa è succieso...(ridendo) Ah! Ah! Ah!... Chesta è bella! Peppino Che c’entra sta risata? Celestino C’entra pecchè tutta stanotte nun mme so’ mosso ’a vicino a muglierema.

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Peppino

Ah! Cride tu!...Ma mugliereta è stata sola, e tu, sî stato llà, ncopp’’o divano! Celestino Ah! Sì...ma pe nu momento e po essa mm’è venuta a chiammà. Peppino E ma quanno?...Animale!...Quanno t’è venuto a chiammà?... Doppo!!! Quanno l’amico già se n’era juto!...(ride) Celestino (pausa, poi) Ah!...Quanno l’amico già...se n’era juto?... Peppino E mme pare!!...(passeggia contento fregandosi le mani) Celestino E bravo!...Avete fatto na bella cosa!...E Adelina che poco primma mme parlava cu tanta ingenuità, tanta scioltezza, e teneva chesto ppoco ncuorpo?...Ah! Ma io l’accido!...Io mm’’e magno a morze a tutt’’e dduje!! Peppino (calmissimo) Caro amico, stamme parapatte e pace!... Ti stringo la mano e vado a fare colezione...(gli stringe la mano, poi con i pollici nel gilet via pel fondo a sinistra, contento e soddisfattissimo) Celestino Che vergogna!...Che vergogna!...Cu nu cammariero? Con un misero cameriere mio!...È terribile!!...Ma me la pagheranno però!...Faccio scorrere ’o sangue a llave!... Scena ottava Adelina e detto Celestì, e quanno viene?...(Celestino la guarda spalancando gli occhi, stringendo i pugni) Che d’è neh, che t’afferra? Celestino (avvicinandosi) Che m’afferra?...E tiene ’o curaggio ’e mm’addimmannà che m’ afferra? (pigliandola per mano la porta avanti) Disgraziata!...(scuotendole fortemente il braccio) Adelina Oh! Tu mme faje male!...Che cancaro è succieso? Celestino Nun mme fa cchiù l’ingenua sa’, non negare!...Io saccio tutto mo! Adelina Tutto che? Celestino L’affare d’’o cammariere! Adelina Ah!...(bassa la testa) Celestino Ah!...Confessi?...E te pare buono chello ch’’e fatto? Adelina Ch’aggio fatto?...Ti giuro ch’è stato sempe isso che m’ha ncuitata. E io nc’aggio ditto sempe che cu me non c’era niente da sperare, che perdeva tiempo inutilmente. Celestino Ah! Neh?...Ce ll’’e ditto sempe?...Non c’era niente da sperare?...(nervosissimo) Adelì...Adelì, ca io mme magno ’o naso e ’e recchie, sa’!...’E ditto che perdeva tiempo inutilmente?...E stanotte ch’è succieso stanotte?...Addò si’ stata? Adelina

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Adelina Stanotte? (ridendo) Oh! Chesta è bella!...Dint’’a cammera mia. Celestino (sempre nervosissimo) E cu chi? Adelina Ah! Ah! Ah!...Cu te! Celestino (di petto) No!...Traditrice!...No!...Pecchè io steva ncopp’’o divano llà. Adelina Ah! Sì, pe nu momento però, po te so’ venuto a chiammà. Celestino Ah! E ma quanno? Scellerata!...Quanno mme si’ venuto a chiammà? Doppo!!! quanno l’amico ...già...se n’era juto!... Adelina (offesa) Eh?...Oh! Ma tu fusse pazzo dì ’a verità? Celestino So’ pazzo?...Te farò vedere io si so’ pazzo!... Donna infame!...Donna traditrice!... Donna senza scuorno nfaccia! Adelina Oh!...ma insomma, mo basta, mo!...’A potarrisse fenì, mo!...Pe chi mm’’e pigliata a me? Ecco la ricompensa quanno una vo’ bene ’o marito, quanno una è na figliola onesta! Grazie, sai, grazie tante! Celestino Tu sei una faccia tosta e na civetta, capisci. Adelina E tu si’ n’imbecille e nu puorco! Ecco! (via 1a a sinistra) Celestino Neh?...E bravo!...So’ pure imbecille e puorco? Va bene, signora. Lo vedremo in tribunale si so’ puorco!...Pecchè me voglio spartere, capisci!...Tu non puoi portare più il mio nome!...Me lo ritiro!... Scena nona Teresina e detto, poi Luigi, poi Felice, poi Peppino, indi Amelia (uscendo) Sì, sì, vengo subito, duie minute, aspettateme lloco. (chiude la porta) Neh, che d’è ccà fore, che so’ st’allucche? Celestino Che so’?...Che d’è ccà ffore?...Domandatelo a quella svergognata, a quella traditrice! (mostra la 1a a sinistra) Teresina Chi? Celestino Adelina!...Che mi ha coperto di disonore, di vergogna!... Non ’a voglio vedè chiù, non ’a voglio vedè cchiù!... Teresina Aspetta...siente...Ch’è succieso? (dirigendosi alla 1a a sinistra) Adelì? Adelì?... (entra) Luigino (dal fondo a sin. con le due scatole del 1° atto) Ah! D. Celestì state cca? Io ve veneva a salutà mo, pecchè mme ne vaco, aggio che fa a Napole. (Celestino passeggia agitato) D. Celestì...D. Celestì? Celestino (gridando) Che cos’è? Che buò? Luigino Ve voleva salutà, pecchè parto. Celestino E statte buono, vattenne, lasciami stare!...Sono stato tradito da mia moglie, capisci? Teresina

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

Luigino Che? Vuje che dicite? Celestino La verità, Luigino mio, la vergognosa verità!...E cu chi po?...Cu chillo sfelenza d’’o cammariere mio!...Con Felice, capisci? Luigino Possibile?...E chesta ha perza ’a capa!... Celestino Ah! Ma io ce la spacco, ritieni, io, nc’’a faccio doje parte a tutt’’e duje. (esce Felice dal fondo a sinistra) Ah!...Eccolo qua!...(per inveire, Luigi lo trattiene) Lasseme, Luì, lasseme che ll’aggia strafocà!... Luigino Ma aspettate, fosse n’equivoco? Celestino No! È overo...è overo...Lasseme!...Mm’’aggia magnà a morze!... Felice Nu momento, piano...ch’è succieso?... Luigino (trattenendo sempre Celestino) Nun ’o ssaje ch’è succieso, è ovè?...E si scinne nu momento ’a via ’e vascio te faccio sapè io ch’è succieso!... Felice Io a te non te conosco, statte zitto. Celestino Addò si’ stato stanotte?...Dinto a qua’ cammera si’ trasuto, traditore!...Rispunne! Felice Ah!...Aggio capito...E mme nc’avite portato vuje, che vulite ’a me? (esce Peppino e gode nell’assistere a questa scena) Celestino Lo so, ma io steva dormenno, ’o dottore m’aveva addormuto, ha profittato ’e chesto per vendicarsi...mi ha suggestionato...me l’ha ordinato!...Capisci!...Ma tu quanno avive visto ch’era muglierema nun t’aviva permettere ’e fa chello ch’’e fatto! Te n’aviva ascì immediatamente. Luigino E mme pare! Felice Qua’ mugliera vosta? Vuje che state dicenno? ’O dottore accossì me facette credere, ma llà nun nce steva Da Adelina, D. Peppino, forse nun ’o ssapeva. Celestino Nun nce steva muglierema? Felice Niente affatto! Celestino E chi ce steva? Felice Vedite...io parlo cu dduje galantuomini...resta fra di noi questo. Celestino Va bene, ma parla, chi nce steva? Felice Nce steva Da Amelia, ’a mugliera ’e D. Peppino! Peppino Che?!...(viene avanti) Giovinò, bada comme parle sa’!... Felice (’O marito!) Peppino Vuò truvà na scusa pe te salvà, sta bene, ma nun te permettere di nominare mia moglie!...Te piglio a cauce, grandissimo curiuso!...(gridando) Amelia (uscendo) Che d’è? Ch’è stato?

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Peppino

Stu pezzo d’imbecille, pe truvà na scusa c’’o marito, pe se salvà d’’o fatto che t’aggio contato, dice che stanotte, dint’’a cammera, nce stive tu!... Amelia Io?... Peppino Già!... Amelia E io nun l’avarria pigliato a schiaffe!... Peppino Mascalzone!...Quann’ io aggio addormuto a Celestino, t’ha fatto trasì llà (1a a sin.) addò steva ’a mugliera!... Capisce?...(azione di Amelia) Celestino (sorpreso) Aspettate...addò ’aggio fatto trasì? Peppino Llà, ’o nummero 19...E ll’aggio visto io, sa’. Celestino ’O nummero 19?...Ccà ddinto?...Ah! Ccà l’aggio fatto trasì?...(ridendo) Ah! Ah! Ah! Peppino Oh! E pecchè ride? Celestino (ridendo fra sè e cantando) (Nun era muglie-re-ma...Nun era muglie-re-ma!...) (saltando per la gioia) Peppino Ma ch’è asciuto pazzo? Celestino (alla 1a a sin.) Adelina mia, vieni qua, facciamo pace! Scena decima Adelina, Teresina e detti poi Carluccio e Achille Adelina (uscendo senza parlare, Teresina la segue) Celestino Tu non sei colpevole, è stato n’ equivoco, perdonami. (l’abbraccia) Teresina Ma io ’o ssapeva! Luigino Io ll’aveva ditto! Peppino Comme s’intende, è stato n’equivoco? Celestino Ma sì, pecchè dint’a sta cammera, stanotte, nc’ ha dormuto Da Amelia!...E’ stata Adelina che l’ha fatto passà llà. Adelina Sicuro, pecchè era cchiù larga. (esce Carluccio) Peppino Comme?...(ad Amelia) ’E dormuto llà tu? Amelia Sì! Peppino E nun mme dicite niente?...E so’ stato io stesso che ll’aggio fatto trasì?...E ll’aggio fatto pure chiudere ’a dinto?...Ah!... Sangue...(per inveire contro Felice, è trattenuto da Luigi) Allora ’o fatto è overo? Parla, svergognato, che m’’e combinato stanotte llà dinto? Adelina Io te giuro che non aggio ntiso niente, io dormeva, crideme. Peppino Ah! Dormive?...Benissimo!...Un momento, adesso sapremo la verità. (a Felice) Miettete llà! Felice Pecchè?

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

Miettete llà te dico! (in fondo a destra presso il divano) A te, tieneme a chisto e nun mm’’o fa movere ’a lloco. Carluccio E ma pecchè, ch’avita fa? Peppino ’O sacci’ io, tienelo forte. (Carluccio si mette dietro a Felice e lo tiene per le braccia) Vuje mettiteve ’a ccà, e zitto, non fiatate nemmeno, aggia parlà io sulo!... (Tutti passano a sinistra solo Felice è nel mezzo della scena) Tutti (meno Felice) Ma ch’avita fa? Peppino Psss!...Silenzio!...(poi rivolto a Felice lo guarda fisso negli occhi e fa dei movimenti con le braccia per ipnotizzarlo. Felice piano piano chiude gli occhi) Amelia Ma siente, Peppì... Peppino Zitta tu, miettete llà! Felice (Aggio capito tutte cose!) Achille (uscendo) Neh, Teresì, e tu quanno viene? Peppino Psss...Silenzio!...(ripete i movimenti, Felice sempre piano piano e chiude del tutto gli occhi e finge di dormire) È fatto. Ll’aggio addormuto! (a gli altri) Felice (Seh! Stai frisco!) Peppino (soliti gesti) Felice!...Vieni qua!...Lo voglio!...(Felice con passo automatico viene un po’ avanti) Rispondi bene! (gesti c.s. Tutti guardano Felice attentamente. Felice sbrocando per rispondere sputa in faccia a Peppino) Luigino Dottò, v’ha risposto? Peppino Sì, m’ha data na sputazza nfaccia! (a Felice) Questa notte dove sei stato? Felice (fingendo di dormire) Sono stato nella camera di Da Amelia! Peppino Benissimo! E che cosa avete fatto... tutt’’e dduje? Rispunne! Lo voglio! Felice (c.s.) Niente! Appena sono entrato nella camera, la signora dormiva. Io me ne voleva uscire, ma la porta stava chiusa. Allora me ne sono andato sul mezzanino e llà so’ stato tutt’’a nottata! Amelia ’E visto? (quasi piangendo) Peppino Psss!! (a Felice) Questo che dici è la verità? Felice (c.s.) Sì!...È la verità! Peppino Non l’hai abbracciata? Non l’hai baciata? Felice (c.s.) No!...La signora è una donna onesta ed io l’ho rispettata! Peppino E lo giuri? Felice (c.s.) Sì!...Lo giuro!... Teresina Ma fenitela, aggiate pacienza, che maniera è chesta ’e trattà ’a mugliera! Peppino

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(c.s.) Quanno tiene chesta opinione ’e me...è meglio che ce spartimmo e nun nce penzammo cchiù. (asciugandosi una lagrima) Tutti E ave ragione, scusate... Peppino (abbracciandola) No! No, mugliera mia, perdoneme, da oggi in poi non sospetterò mai più!...Te lo giuro!... Amelia Io po era capace ’e fa na cosa ’e chesta? Peppino No, hai ragione, perdoname!... Tutti Ah! Bravo! Peppino Ma nu momento...aspettate...nce sta ancora ’o fatto tujo ’e ll’ata notte!...(a Celestino) E nun credo ch’ha da fenì accossì! Mi debbo vendicare! Adelina (a Celestino) Che fatto? Amelia Ma che fatto...che vendicare...D. Celestino nun nc’ave colpa. Peppino Comme? Amelia Quanno trasette dint’’a cammera mia, io, fra veglia e suonno, ’o vedette cammenà accusì, chiano chiano, cu ll’ uocchie chiuse...ma però appena s’accostaje vicino a me, mme mettette ’alluccà, isso se scetaie: Oh! Perdonate, signora, scusate, non abbiate paura, io sono un galantuomo e appena sentette ’a voce toja se nne scappaje. Celestino Oh!...Guarda, guarda...Allora io steva dormenno, io so’ sunnambolo, capite! Peppino Ah!... Ecco perchè. Va trova che te stive sonnanno e trasiste dint’’a stanza ’e muglierema. Celestino Perfettamente. Peppino (ad Amelia) Oh! Ma pecchè nun m’’o dicive primma chesto? Amelia (un po’ impacciata) Ah!...Pecchè mme credeva che D. Celestino faceva apposta...che nun era overo...ma quanno tu stesso mm’’e contato che tene chella malatia e che è pure sonnambulo... Celestino (interrompendola) È chiaro che non sono colpevole. Peppino Ah! Ecco spiegato tutto! Allora, Celestì, scusa... Celestino Ma che, per carità...(E s’’o ccrede sa’!) Luigino E scetatolo mo a stu pover’ommo... Peppino Ah! Già...(soliti gesti) Felice! Svegliati! Lo voglio! (gli soffia sugli occhi) Felice (fingendo di svegliarsi si stropiccia gli occhi) Ma...ch’è stato? Ch’aggio fatto? Peppino Niente, niente, ho visto che sei un bravo giovine, e te cerco scusa ’e chilli parole che t’aggio ditto. Amelia

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

Felice Ma niente, vi pare...(ride fra sè) Celestino D. Peppì, jate bello overo a fa addurmì ’a gente! Siete una celebrità! Peppino Lo puoi dire forte!...Cu na mossa, cu na guardata sola, te faccio addurmì pure a mille perzune! Felice Ma non sempre, Dottò, a questi signori, per esempio, sperammo che non li ffacimmo mai addurmì!! Fine della commedia

Testi

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J.J. Winckelmann, Le scoperte di Ercolano, a cura di Franco Strazzullo B. Panvini, Poeti italiani alla corte di Federico II U. Barbaro, L’essenza del can barbone, a cura di Lea Durante C. Tenca, Delle strenne e degli almanacchi. Saggi sull’editoria popolare (1845-59), a cura di Alfredo Cottignoli G. Guinizelli, Rime, a cura di Pietro Pelosi Michelangelo Buonarroti il Giovane, La fiera. Seconda redazione, a cura di Olimpia Pelosi G. Gozzano, Nell’Oriente favoloso. Lettere dall’India, a cura di Epifanio Ajello P. Bertinetti (a cura di), La commedia inglese della Restaurazione e del Settecento S. Di Giacomo, Gli sfregi di Napoli. Testi storici e letterari sui bassifondi partenopei, a cura di Giovanni Greco, con un saggio di Stefano Scioli Anonimo portoghese (XVII secolo), L’arte del Furto, traduzione e cura di Maria Luisa Cusati F. Fontanini (a cura di), Piccola antologia del pensiero breve L. Viani, Racconti (1928-1936), a cura di Marco Veglia E. Ajello (a cura di), Carlo Goldoni. Memorie italiane Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, a cura di G.A. Camerino Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, a cura di G.A. Camerino Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, a cura di G.A. Camerino V. Scarpetta, Teatro (1910-1920), Vol. I, a cura di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta V. Scarpetta, Teatro (1900-1910), Vol. II, a cura di Maria Beatrice Cozzi Scarpetta

TESTI 18

M

aria Beatrice (Mariolina) Cozzi Scarpetta si dedica da anni allo studio di Vincenzo Scarpetta, figlio del celebre commediografo Eduardo. Dalla copiosa produzione artistica è emersa la figura poliedrica di Vincenzino non solo come acclamato attore ma anche come valente autore di commedie, musicista e pioniere del cinema muto napoletano. Per permettere il giusto recupero di una tradizione artistica e culturale, ha già pubblicato Vincenzo Scarpetta Teatro (1910-1920) Volume I (a cura di), Napoli 2015; in stampa Pionieri del cinema napoletano. Le sceneggiature di Vincenzo e i film perduti di Eduardo Scarpetta (a cura di, con Pasquale Iaccio).

In copertina: Vincenzo Scarpetta alias La Signorina Cochelicò in una caricatura del napoletano Antonio Fumo Franco, uno tra i più giovani artisti quotati nel CAM (Catalogo d’Arte Moderna) fin dal 2009.

ISSN 1972-0319

L

a difficile reperibilità delle commedie di Vincenzo Scarpetta, non ha consentito, fino ad oggi, di conoscerne la feconda e brillante produzione iniziata a fine ’800 e proseguita ininterrottamente fino a metà anni ’40. Per colmare almeno in parte questo vuoto e permettere agli amanti del genere di riscoprire un grande nome del teatro napoletano, la curatrice propone la trascrizione fedele di alcune commedie inedite, scritte nei primi tre decenni del ’900. Nel primo volume dell’opera sono state presentate quattro commedie scritte tra il 1910 e il 1920: ’O tuono ’e marzo, Statte attiento a Luisella, La vendetta di Ciociò e ’O guardiano ’e muglierema. In questo secondo volume si propongono altre cinque commedie inedite scritte tra il 1900 e il 1910: Ddoje gocce d’acqua, È femmena o è diavolo?, L’Albergo del Serpente o Tanta guaje pe durmì, La Signorina Cochelicò e Il Signor… 39. A corredo, locandine teatrali, caricature, disegni e fotografie di Vincenzo Scarpetta.