Ta hellenikà. Esercizi. Corso di lingua e cultura greca. Per il primo biennio del Liceo classico. Con e-book. Con espansione online. Vol. 2 [2]

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Ta hellenikà. Esercizi. Corso di lingua e cultura greca. Per il primo biennio del Liceo classico. Con e-book. Con espansione online. Vol. 2 [2]

Table of contents :
Premessa......Page 8
Indice generale......Page 10
Unità 1 - Il futuro primo attivo e medio: sigmatico, asigmatico, attico e dorico......Page 28
Unità 2 - L'aoristo primo o debole attivo e medio......Page 46
Unità 3 - Il terzo, il quarto e il quinto gruppo dei verbi in -ω - L'aoristo secondo o forte attivo e medio......Page 70
Unità 4 - L'aoristo terzo o fortissimo......Page 97
Unità 5 - L'aoristo passivo primo o debole e secondo o forte - Il futuro passivo primo o debole e secondo o forte......Page 115
Unità 6 - Il raddoppiamento - Il perfetto attivo primo o debole e secondo o forte - Il piuccheperfetto attivo primo o debole e secondo o forte......Page 144
Unità 7 - Il perfetto attivo terzo o fortissimo - Il piuccheperfetto attivo terzo o fortissimo......Page 170
Unità 8 - Il perfetto medio-passivo - Il piuccheperfetto medio-passivo - Il futuro perfetto o secondo attivo e medio-passivo......Page 188
Unità 9 - Gli aggettivi verbali - I verbi politematici......Page 212
Unità 10 - I verbi in -μι del primo gruppocon il tema del presenteuguale al tema verbale......Page 242
Unità 11 - I verbi in -μι del primo gruppocon il tema del presente raddoppiato - I verbi in -μι del secondo gruppo......Page 267
Versioni di ricapitolazione......Page 315
Letture antologiche......Page 328
A. La satira - Luciano......Page 329
B. La storiografia - Senofonte - Plutarco - Tucidide - Polibio......Page 349
C. L'oratoria - Demostene - Isocrate......Page 397
D. La poesia lirica - Mimnermo - Archiloco - Ipponate - Saffo - Alceo - Anacreonte......Page 409
E. Il teatro: la tragedia - Eschilo - Sofocle - Euripide......Page 428
F. Il teatro: la commedia - Aristofane......Page 444
Appendice - Proverbi e sentenze......Page 451
Dizionario - Italiano-Greco......Page 476
Indice dei brani di versione......Page 490
Indice delle rubriche e delle schede......Page 497

Citation preview

S139/2 Amalia Vanacore

Amalia Vanacore

Corso di lingua e cultura greca GRAMMATICA: • 26 lezioni con trattazione chiara, sistematica e completa del sistema linguistico greco. • Nozioni di grammatica storica. • Nozioni relative a particolarità ed eccezioni. • 7 appendici utili per l’approfondimento della lingua.

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S139/2

®

2 2-

00

-2

Sa+ rz - g< e$role*mg - a$kka*notri(m) - e>rerhai. Ð essere per supplicare - colei che persuaderaÁ (compl. ogg.) - tu regnerai - io diroÁ la veritaÁ - noi manifesteremo - essi si renderanno schiavi - egli accoglieraÁ - essere per scrivere - a colui che si volgeraÁ - coloro che chiederanno (sogg.) - di coloro che nutriranno - quelle che si uccideranno (compl. ogg.) - essere per accogliere - loro due condurranno - a colui che accoglieraÁ - voi due vi nutrirete - essere per danneggiare - colui che si manifesteraÁ (compl. ogg.) - quelle che manderanno (sogg.) - essere per inseguire - a quelle che manderanno per se - di quelli che supplicheranno - egli diraÁ - voi vi raccoglierete. Volgi le seguenti voci verbali dal presente al futuro e viceversa, lasciando inalterati il modo, la persona il numero e la diaÁtesi; poi traduci.

pe*lpx - utka*notri(m) - a$no*leha - hatla*folem - wet*rerhai - sot+| jat*romsa| r{*rei - ke*comsai - pirset*eim - oi< a$jot*romse| - poig*roiem - bke*pesai - rixpg*rese ar-oi-mso

SING.

Infinito e>r-e-rhai («essere per essere», lat. fore)

Es. n. 8 d

Participio M. F. N.

e$r-o*-lemo| («che saraÁ», lat. futurus) e$r-o-le*mg e$r-o*-lemom

Analizza le seguenti frasi, individuando le voci verbali espresse con il futuro e distinguendo quelle di forma attiva da quelle di forma media; poi traduci. 1. Cexqco*| si| a$pohmg*rjxm soi&| tikecem. «$Acqo+m tqvotrim oi< a$qvo*lemoi ot$j a>jomse| tcx

sottolinea le voci verbali espresse con il futuro contratto; quindi traduci.

1. leimom sot& rouot&; - 9. Oi< poke*lioi g>kpifom sg+m la*vgm rtma*weim jai+ sa+| jx*la| jat*reim. - 10. $Em s{ & sx & m a$mhqx*pxm bi*{ ai< gkkom pe*lpoi, a= vqg+ pqa*sseim rglamot&msa, ot$s$ at$so+| uai*moiso. - 2. %Ode o< sx & m e$ug*bxm o%qjo| g#m. «Sa+ o%pka jai+ $ $ sa+ irerhai pqo+| so+m bi*om. - 8. >Omse| uikolahei&|, sg+m peqi+ sx & m a$mhqx*pxm jai+ hex & m a$kg*heiam e$nesx & lem. - 9. $Ecjqasg+| ' m et$dojilg*rei|, a$kka+ lg+ di$ x ' m et$poqg*rei|. e>rz, e$a+m moli*fz| ei#mai je*qdg e$jei&ma di$ x # 10. Rt+m heoi&|, x pai&, so+m a$cx & ma tmola jai+ leca*kgm dt*malim.

LABORATORIO LESSICALE Dal sostantivo maschile a$cx*m, -x & mo| («piazza, circo, assemblea, lotta, giochi, combattimento, gara, processo, pericolo») derivano i seguenti termini greci: ± a$cxm-i*a (lotta, gara, angoscia) ± a$cxm-irlo*| (lotta, gara) ± a$cxm-ia*x (io gareggio, lotto, sono in ansia) ± a$cxm-irsg*| (lottatore, atleta, combattente, attore) ± a$cxm-i*folai (io lotto, gareggio, combatto) ± a$cxm-irsijo*| (che riguarda la lotta, agonistico, ± a$cxm-ijo*| (che riguarda la lotta) battagliero) ± a$cx*m-io| (delle gare) ± a$cxmo-hese*x (io organizzo i giochi pubblici) ± a$cx*m-irla (lotta, gara, contesa, premio della gara) ± a$cxmo-he*sg| (organizzatore o presidente dei giochi pubblici) d Dei termini precedenti memorizza quelli evidenziati in neretto. Anche in italiano vi sono alcuni vocaboli derivanti da a$cx*m: ± ± ± ±

agoÁne agognare agonale agonõÁa

± ± ± ±

agonismo agonistica agonistico agonizzare

d

Con l'aiuto del dizionario italiano, indica il significato dei termini evidenziati in neretto. Il futuro primo attivo e medio: sigmatico, asigmatico, attico e dorico

± ± ± ±

antagonismo antagonista antagonistico protagonismo

± protagonista

13

Es. n. 25 - Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci verbali espresse con il futuro; poi traduci. d

LA LINGUA GRECA... mo*lo|

1. Sx & m pokeli*xm pkgriafo*msxm, oi< poki&sai pa*msa sa+ elekkom. - 2. Oi< sg&| po*kex| ui*koi soi&| poki*sai| ot$ sa+ g%dirsa, a$kka+ sa+ a>qirsa rtlbotket*rotrim. - 3. Oi< a$mdqei&oi sx & m rsqasixsx & m qrsai soi&| a$mhqx*poi|. - 5. 'Xm raug+| e>rsai g< a$mdqei*a, tmse|, ke*comsai sa+ sg&| Et$qx*pg| e>rvasa jasarvei&m (occuparono). - 7. At$soi+ he*kotri* le ei#mai rsqasgco+m ja$cx+ rsqasgco+| e>rolai. - 8. mhqxpo| o< pokkot+| e$vhqot+| e$m s{ & bi*{ e>vxm, e$m sz& a$ma*cjz ot$de*ma ui*kom etkkoi| heoi&|.

Es. n. 26 - Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci verbali espresse con il futuro; poi individua d d

le proposizioni subordinate; quindi traduci.

1. Jai+ g#m le+m o%se oi< Kajedailo*mioi e$pelekot&mso o%px| a>nioi ei#em gqnotrim g/ o%px| a>nioi sot*sot e>romsai. (da SENOFONTE) - 2. kecem. «%Gnx jai+ a$pa*nx t l'aoristo debole sigmatico attivo e medio di un verbo in -x > l'aoristo debole asigmatico attivo e medio di un verbo in -x Sintassi: > la proposizione temporale > i verbi impersonali Elementi di lessico: sostantivi e verbi di alta e media frequenza

^ AbilitaÁ: d

d

d

d

d d

d

riconoscimento dell'aoristo debole sigmatico e asigmatico attivo e medio di un verbo in -x riconoscimento della proposizione temporale e dei verbi impersonali capacitaÁ di coniugare l'aoristo debole attivo e medio di un verbo in -x memorizzazione e organizzazione delle conoscenze lessicali capacitaÁ di svolgere esercizi di vario tipo capacitaÁ di analizzare e tradurre frasi e brani di varia difficoltaÁ

TEST DI VERIFICA DEI PREREQUISITI Rispondi alle seguenti domande. 1. L'aoristo eÁ un tempo principale o un tempo storico? 2. Quale azione esprime l'aoristo all'indicativo?

4. Quali sono i modi dell'aoristo? 5. Come si distingue l'aoristo debole? 6. Qual eÁ il suffisso temporale dell'aoristo debole sigmatico?

3. Quali sono le tre diaÁtesi e i tre tipi dell'aoristo?

AORISTO DEBOLE SIGMATICO ATTIVO E MEDIO Es. n. 1 -

Forma l'aoristo debole sigmatico dei seguenti verbi.

a$nio*x (io reputo degno) - dajqt*x (io piango) - bariket*x (io regno) - joka*fx (io punisco) - ha*psx (io seppellisco) - y>dx (io canto) - moe*x (io penso) - uobe*x (io spavento) - ctlma*fx (io esercito) - o$qt*rrx (io scavo) - pei*hx (io persuado) - uke*cx (io brucio) - botket*x (io consiglio) - dix*jx (io inseguo) - jake*x (io chiamo) - rpet*dx (io mi affretto) - lirho*x (io doÁ in affitto) - pme*x (io soffio) - rse*ux (io incorono). L'aoristo primo o debole attivo e medio

19

Es. n. 2 -

Coniuga l'aoristo debole sigmatico attivo e medio dei seguenti verbi.

a>qvx (io comando; m. a>qvolai, io comincio) - dija*fx (io giudico) - sqe*ux (io nutro). Es. n. 3 -

Analizza e traduci le seguenti voci verbali.

Ð e$di*xna| - g$qna*lgm - g$co*qetram - bqe*naiem - g< a$qnale*mg - pirset*rxri(m) rtmebot*ketre(m) - a/m pat*raili - a>qnai| - y>raio - rpei&rai - dix & nai - sot+| jke*wamsa| - o< cqa*wa| - e$de*namso - a$coqetra*sx - o< pat*ra| - s{ & dix*namsi - e$ce*kara - o< mijg*ra| - e$sqewa*lgm - a/m cqa*waiso - s{ & sqe*wamsi - cqa*wz| - e$si*lgra| - lirhx & rai - g$ni*xra - e>metre(m) - a/m mijg*raili - ai>merom - jke*wxlai - lirhx*rarhai - e>hawe(m). Ð coloro che iniziarono (compl. ogg.) - egli persuase - tu cantasti - di colui che seppellõÁ - colei che persuase (sogg.) - avendo comandato (nom. masch. sing.) - a quelle che si esercitarono - egli avrebbe giudicato per se - esercita tu - a colui che si punõÁ - aver spaventato - voi cominciaste - scaviamo noi - voi avreste potuto punire - aver inseguito - di quelle che piansero - essi si sarebbero incoronati - a quelli che si affrettarono - aver cantato. Es. n. 4 -

Scegli la traduzione corretta tra quelle proposte.

1. e$je*ketre(m) & egli comando Á & egli comandava & essi comandarono 3. o< dqa*ra| & colei che fece & colui che fece & colui che fa 5. g$cxmi*raso & egli gareggera Á & egli gareggiava & egli gareggio Á < * 7. ai ktrarai & quelle che scioglieranno & quelle che sciolsero & quelle che hanno intenzione di sciogliere Es. n. 5 -

2. e>qqiwam & essi gettavano & essi si gettavano & essi gettarono 4. oi< pket*ramse| & coloro che navigarono & coloro che soffiarono & coloro che lavarono 6. g$qna*lgm & io cominciai & egli comincio Á & cominciare 8. a/m mijg*railem & io potrei vincere & noi vinceremo & noi potremmo vincere

Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci verbali espresse con l'aoristo; poi traduci.

d

LA LINGUA GRECA... a>qvx

SCHEDA SEMANTICO-SINTATTICA...

a>qvx

20

1. hawem. - 2. hawe(m) e$poig*raso e$rsqa*setra jxkt&rai ht*ramse| g$cxmira*leha rtcjakera*lemo| a$persei*kase e>jkima| pat*rarhai a$jot*rara > jire(m) { uomet*rgrhe e>ugma rpei&qom rug*kaiem e$je*qdamam jkatrai*sgm utka*naiso saqa*nxmsai rtma*wase Es. n. 13 - Traduci le seguenti voci verbali espresse con l'aoristo, poi indica accanto a ciascuna di esse la

corrispondente forma dell'imperfetto e del futuro con la relativa traduzione. L'esercizio eÁ avviato. 1. e$stqa*mmetre(m) egli fu tiranno e$stqa*mmete(m), egli era tiranno stqammet*rei, egli saraÁ tiranno 2. e$je*ketra| 3. e>kalwa 4. e$mijg*ralem 5. e$jqi*marhe 6. e>ugmam

L'aoristo primo o debole attivo e medio

25

7. e$utkana*sgm 8. e$bke*wx 9. e$vqgra*lgm 10. g$cei*qaso

Le proposizioni temporali Per introdurre le proposizioni temporali, che appartengono al gruppo delle subordinate

S C H E D A complementari indirette (o avverbiali), per quanto riguarda la forma esplicita, si usano SINTATTICA

in greco le seguenti congiunzioni:

Ð o%se, oIkiom. so+ de+ ot$v ot%sx| e>vei. a$kk$ o< Kaole*dxm sg+m po*kim e$sei*virem. - 2. kecem. «Pa*sanom le*m, a>jotrom de*.» - 3. Li*kxm o< * > lxm a$qa*lemo|, e$m $Oktlpi*y dia+ le*rot sot& rsadi*ot Jqosxmiasg|, sat&qom e$pi+ sx &m x at$so+m e>ueqem. - 4. vxm, rt+m soi&| ecceikom o%si sz&de jei*leha (noi giacciamo), soi&| e$jei*mxm moli*loi| peira*lemoi. - 6. bkawem (aor. gnomico). - 8. oijem, «sembra»), i quali si costruiscono con l'infinito o con l'accusativo e l'infinito: ^ Oi< rsqasix & rai. & sai e$botket*omso o% si vqg+ poig I soldati si consigliavano su cioÁ che fosse necessario fare.

Ð IIa categoria I verbi di questa categoria sono usati alla 3a persona singolare passiva (come ke*cesai, «si dice»; ue*qesai, «si tramanda»; onx pqorseivifole*mg pokta*mhqxpo| e$ci*cmeso. Ce*kam de+ $Amsi*uglo| e$j Emsilo| e$j Jqg*sg| e$poi*jot| a$caco*mse| (avendo condotto) joimz& e>jsiram, e>sei pe*lps{ jai+ serraqajors{ & lesa+ Rtqajotrx & m oi>jirim. Jai+ sz& po*kei a$po+ sot& Ce*ka $ > posalot& sotmola eci*cmeso.

UNO SGUARDO AL PASSATO Le colonie greche

Q

uando i Dori, intorno al 1000 a.C., penetrarono nella penisola greca, alcuni gruppi di Ioni e di Eoli, che giaÁ dimoravano in Grecia, andarono a stabilirsi sulle coste egee dell'Asia Minore e sulle isole antistanti. A questo movimento migratorio, chiamato ``prima colonizzazione'', parteciparono in un secondo tempo anche i Dori; esso portoÁ, nella zona microasiatica, alla formazione di una regione affine alla Grecia continentale, divisa in tre parti: Eolide a nord, Ionia al centro, Doride a sud. Le colonie piuÁ importanti furono: Smirne, EÁfeso, Mileto e Alicarnasso (nella Ionia). Tra l'VIII e il VI sec. a.C. vi fu una nuova ondata migratoria, chiamata ``seconda coloniz-

m Metaponto (Matera), Tempio di Era.

32

UNITAÁ 2

zazione''; essa fu determinata da molteplici cause: la scarsa fertilitaÁ del suolo greco, l'incremento demografico, i contrasti tra i diversi gruppi sociali. Questa seconda colonizzazione interessoÁ non solo le coste dell'Asia Minore, ma anche quelle del Ponto Eusino (l'attuale mar Nero) e alcune zone dell'Africa e dell'Italia Meridionale (che fu poi denominata Magna Graecia). Le colonie (a$poiji*ai) piuÁ importanti fondate in Italia furono: Cuma, Pitecusa (Ischia), Posidonia (Paestum), Taranto, Sibari, Crotone, Reggio, Metaponto, Zancle (Messina) e Catania. I Greci che, come coloni (e>poijoi, a>poijoi), si stabilirono nelle nuove cittaÁ, sorte sulle coste meridionali della penisola italica e della Sicilia, vennero chiamati rispettivamente Italioti e Sicelioti.

d §

5. BuceÁfalo, il cavallo di Alessandro s jsirem. sg+m le+m Mi*jaiam, sg&| mi*jg| sg&| jas$ $Imdx & m e$px*mtlom, x$mo*larem, sg+m de+ Botjeuaki*am ei$| sot& %ippot sot& Botjeua*kot sg+m lmg*lgm, o=| tueqem. Oi< de+ ke*cotrim o%si le*ka| g#m jai+ e$pi+ sg&| jeuakg&| ketjo+m rg&la ei#vem. $Epei+ ot'so| o< %ippo| e$m sz& sx & m $Imdx & m vx*qy s{ & $Akena*mdq{ e$peuai*meso, o< bariket+| pqoejg*qtne sot+| sg&| vx*qa| oi$jg*soqa| so+m %ippom et$ht+| a$pa*ceim. s

dd §

s

6. TeÁseo e il Minotauro

s

se ise sai&| e$piuamersa*sai| pqa*neri pa*msx| e>mersi dg*kxri| a$qesg&| g/ jaji*a|, a$kka+ pqa&cla bqavt+ pokka*ji| jai+ qluarim g>hot| e$poi*gre la&kkom g/ la*vai ltqio*mejqoi jai+ paqasa*nei| ai< le*cirsai jai+ pokioqji*ai po*kexm. %Xrpeq ot#m oi< fxcqa*uoi sa+| onio*| e$rsi rseuamot&rhai, o< sa+| pomgqi*a| mijx & m, g/ o< la*kirsa qnamso, jaha*peq sx & m sei sot*s{ jahieqx & rai. * + * + + * + + * Mijgramse|, de sx & m cemolemxm (delle cose nate) sa lem jasehtram, sa de jahieqxram. $Auoqi*a| de+ ot>rg|, o< vqgrloko*co| g>cceikem xAqei e$peug*liram, g i verbi in -x con il tema del presente ampliato con il suffisso nasale > i verbi in -x con il tema del presente ampliato con il suffisso -rj- / -irj> i verbi in -x con il tema del presente o il tema verbale ampliato con -e> l'aoristo secondo o forte attivo e medio > l'aoristo forte con raddoppiamento > i verbi piuÁ comuni che hanno l'aoristo forte Sintassi: > i significati di o%si > il complemento di materia e il complemento di qualitaÁ > i verbi con il doppio accusativo Elementi di lessico: sostantivi e verbi di alta e media frequenza

^ AbilitaÁ: d

d

d

d d

d

d

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d d

riconoscimento dei verbi in -x con il tema del presente ampliato con il suffisso nasale e con il suffisso -rj- / -irjriconoscimento dei verbi in -x con il tema del presente o il tema verbale ampliato con -ericonoscimento dell'aoristo secondo attivo e medio riconoscimento dei significati di o%si riconoscimento del complemento di materia e del complemento di qualitaÁ riconoscimento dei verbi con il doppio accusativo capacitaÁ di coniugare l'aoristo forte attivo e medio di un verbo in -x memorizzazione e organizzazione delle conoscenze lessicali capacitaÁ di svolgere esercizi di vario tipo capacitaÁ di analizzare e tradurre frasi e brani di varia difficoltaÁ

c Isola di Egina, Tempio di Atena Afaia.

Il terzo, il quarto e il quinto gruppo dei verbi in -x L'aoristo secondo o forte attivo e medio

d

43

d

TEST DI VERIFICA DEI PREREQUISITI Rispondi alle seguenti domande. 4. Quali diaÁtesi ha l'aoristo forte?

1. Sai indicare il tema verbale dei seguenti verbi del terzo gruppo: dt*mx, bai*mx, pi*mx, se*lmx, at$na*mx, lamha*mx, kalba*mx e stcva*mx?

5. Perche l'aoristo forte eÁ detto anche radicale?

2. Ricordi alcuni verbi del quarto gruppo? Elencali, distinguendo quelli con il suffisso -rj- da quelli con il suffisso -irj-.

7. Oltre ad etcacom eÁ considerata una delle poche forme di aoristo forte raddoppiato?

TERZO GRUPPO DEI VERBI IN -x (T. P. = T. V. + SUFFISSO NASALE -m-/-me-/-am-) AORISTO FORTE ATTIVO E MEDIO Es. n. 1 -

Forma l'aoristo forte dei seguenti verbi.

ai$rhamolai (io percepisco) - sicca*mx (io tocco) - ja*lmx (io mi stanco) - o$kirha*mx (io sdrucciolo) - lamha*mx (io imparo) - pi*mx (io bevo) - kamha*mx (io sto nascosto) daqha*mx (io dormo) - imola g#m, a$maba*mse| (essendo saliti) jai+ so+m Et>neimom po*msom o>qo|, { heara*lemoi, tolai) - essere per volere (he*kx) - essi avranno bisogno - io feci pascolare - essere per combattere - tu spingevi (x$he*x) - a coloro che si rallegreranno - essere per sembrare - essi distribuirono - di coloro che si allontanano - voi due spingerete - essi vollero (he*kx) - essere sembrato - coloro che sono addolorati (compl. ogg.) - essere a cuore - essi erano nutriti (bo*rjx) - era a cuore - essi stavano per andar via (oi>volai) - essere per essere spinto - di colui che volle (bot*kolai) - di coloro che pregheranno (de*olai) - a quelle che rimarranno - egli combatte - essi si rallegrarono (vai*qx) - noi siamo spinti - essi vollero (bot*kolai) - a quelle che pregano - voi due rimanete - colei che eÁ spinta (compl. ogg.) - di colui che volle (he*kx) - tu domandasti (e>qolai) - a quelle che dormiranno (jahet*dx) - noi saremo debitori (o$uei*kx) - tu andavi via - coloro che credettero (sogg.) - essere per distribuire - coloro che andranno via (compl. ogg.) - tu sei debitore. Es. n. 16 - Completa il seguente schema, annotando per ciascuna voce verbale i dati richiesti.

L'esercizio eÁ avviato. Voce verbale e$la*holem

Vocale Tema tematica e verbale desinenza lah-

-o-lem

Modo e tempo indicativo aoristo

Persona e numero

DiaÁtesi

prima persona attiva plurale

Traduzione «noi imparammo»

g>cacom ka*bese e$ce*motso

Il terzo, il quarto e il quinto gruppo dei verbi in -x L'aoristo secondo o forte attivo e medio

d

49

a$pohamei&m e>utce| ki*pgsom ervese sqa*uoiso

Es. n. 17 - Analizza e traduci le seguenti voci verbali.

Ð a$ca*cxri(m) - ka*vz - oi< laho*mse| - jqacei&m - e>hakem - sz& kipole*mz - a/m ut*coi| soi&| perot&ri(m) - sx & m sqapo*msxm - sg&| sqapole*mg| - sejei&m - kipe*rhai - soi&| utcot&ri(m) - kipot& - e>sejom - a/m ki*poiso - g$ca*cese - ki*pxlai - e$ki*polem - oi< pero*mse| - pthot& - a/m pe*roili - g< sejot&ra - pqo*bake(m) - o< stvx*m - e>kabom e>kave(m) - o< a$cacx*m - a/m la*hoi| - a$poutcei&m. Ð voi conduceste - io lasciai per me - egli condusse - noi due fuggimmo - colei che fuggõÁ (sogg.) - a colui che diventoÁ - egli si accorse - essi si informarono - di quelle che sbagliarono - di coloro che stettero nascosti - tu diventasti - voi due soffriste trova tu - coloro che si volsero (sogg.) - aver lasciato - egli morõÁ - tu ti saresti informato - noi ci stancammo - quelle che ottennero in sorte (compl. ogg.) - di coloro che si informarono - di colei che imparoÁ - essendosi informato (nomin.) - a colui che si volse - fuggite voi. Es. n. 18 - Volgi le seguenti voci verbali dal presente indicativo all'aoristo indicativo e viceversa,

lasciando inalterati la persona, il numero e la diaÁtesi; poi traduci.

peqie*bakom - a$ui*jeso - jase*vx - e>lahe(m) - z>rhomso - e>kipe| - pqoa*cei| - pi*psolem e>cqawe(m) - a$pe*hamom - abake|

& & &

5. e$ki*polem

& & &

7. sqa*uese

& & &

9. la*hxri(m)

& & &

egli venne egli veniva vieni tu

2. g>cace(m)

tu lanciavi tu lanciasti egli lancioÁ

4. et'qom

noi lasciavamo noi lasciamo noi lasciammo

6. kabe*

voi nutriste voi nutrivate nutrite voi

8. e$sqapo*leha

& & & & & & & & & & & &

essi imparano essi impararono che essi imparino

10. e$ut*cese

& & &

egli condusse egli conduceva essi condussero io trovavo io trovai essi trovavano prendi tu egli prendeva tu prendevi noi ci volgemmo noi ci volgiamo che noi ci volgiamo fuggite voi voi fuggivate voi fuggiste

Es. n. 20 - Completa le seguenti frasi secondo le indicazioni fornite, poi traduci. d

1. Sot& Jo*dqot (part. pres., genit. masch. sing. di bariket*x)

,

soi&| Pekopommgri*oi| e>donem e$pi+ sg+m po*kim gvotra, a$pelpokg&rai he*kotra. - 2. Oi#lai sot+| lahgsa+| s{ & didarja*k{ ot$de+m a$kghe+| ke*ceim. $ * + * 3. Epauo|, sx & m Aictpsixm bariketxm, sgm Le*luim sg+m sot& Mei*kot htcase*qa calei& (pres. storico). - 4. Rt*lpara g< Ai>ctpso| - xutcom. 2. Jako*m e$rsi so+ lgde+m ei$| sot+| ui*kot| apelwem ei$| Ra*lom jg*qtja ke*nomsa so+m sg&| Ai$ct*psot barike*a sg+m uiki*am diakt*eim bot*kerhai, o%si o< Poktjqa*sg| ot$j et# le*kkoi seketsg*reim. t%rseqom ca+q o< st*qammo| ai>rvirsa e$seket*sgrem.

Analisi guidata d

COMPRENSIONE TESTUALE

1. Di quale paese era re AmaÁsi? 2. Chi era PolõÁcrate? 3. Quale contenuto aveva la lettera che AmaÁsi scrisse a PolõÁcrate? 4. Che cosa accadde in seguito? d

COMPETENZA LINGUISTICA

1. Quali forme di comparativo e di superlativo sono presenti nel testo? 2. Quali sono i verbi del terzo, quarto e quinto gruppo? 3. Qual eÁ il valore sintattico dei participi hatla*ra| (r. 2), se*lmomse| (r. 10), a$jot*ra| (r. 11) e ke*nomsa (r. 11)? 4. Quali proposizioni relative si possono individuare? 5. Quale tipo di proposizione eÁ so+m ... bot*kerhai (r. 11)? dd §

s

11. Roma e gli Etruschi

s

Lesa+ de+ sg+m sg&| cxm e$j Joqi*mhot, jai+ denale*mxm at$so+m Saqjtmgisx & m (i Tarquini), cemmy& Kotjot*lxma e$n e$pivxqi*a| ctmaijo*|. Cemo*lemo| de+ >Acj{ Laqji*{ s{ & barikei& sx & m utce(m)

egli fuggõÁ

uet*cei, egli fugge

2. e>sqauom (3a pers. pl.) 3. e>ut| 4. e>uhgm 5. e>bqxram 6. e>cmx 7. e>rpeira 8. e>bglem 9. ehamom (1a pers. sing.) 11. e>pketra| 12. e>lahe(m) 13. e$ug*mase 14. e>bkewam 15. e$jt*qralem

L'aoristo terzo o fortissimo

71

Es. n. 4 -

Traduci le seguenti voci verbali; indica, poi, per ciascuna di esse la corrispondente forma del presente con la relativa traduzione. L'esercizio eÁ avviato.

1. g$qx*sgre(m)

egli interrogoÁ

e$qxsy&, egli interroga

2. jake*ra| 3. paho*msa| 4. ceme*rhai 5. e>romsai 6. kt*reim 7. ut*cxri(m) 8. a$pojqi*marhai 9. g#khe(m) 10. a$paccei&kai (inf.) 11. e$pe*sana| 12. e%nx 13. ce*moiso 14. cmo*mse| 15. lahx*m 16. e$meqcara*lemoi 17. uqa*rxm 18. e$utka*ssolem 19. e>bgse 20. e$rjg*pseso Es. n. 5 -

Indica ``vero'' (V) o ``falso'' (F) per ciascuna delle seguenti affermazioni. VERO FALSO

V 1. Bg&hi eÁ la seconda persona singolare dell'imperativo aoristo di bai*mx. & & V 2. Doje*x significa soltanto «io credo».

& V & V & V & V

& F & F & F & F & F & F

7. Hanno l'aoristo debole asigmatico solo i verbi con il tema in liquida & V (k e q).

& F

3. Il tema verbale di dt*x eÁ dt-. 4. ir{ vqo*m{. 2. %Ora ei#pom oi< $Ahgmai&oi jai+ oi< Kajedailo*mioi, g/ le*kkomse| (inf. fut. att. di pokele*x) g/ e$m at$s{ & poke*l{ g>dg (part. pres., nom. masch. pl. di ei$li*) , vakepo+m g#m e$loi+ sg+m at$sg+m a$jqi*beiam sx & m ko*cxm (inf. aor. deb. att. di dialmglomet*x)

.

3. jeim soi&| Pekopommgri*oi|. 4. Sx & m Epeisa so+m Jke*aqvom paqeja*kere rt*lbotkom,

% rse dt*o b. o$qt*rreim dix*qtva et#qo| x sqig*qei| pkei&m opaifem. Jai+ o< Rxjqa*sg| pose+ tsi mgpi*ot pai*fxm. vxm, soi&| at$sx & m paidi*oi| pa*mt ruo*dqa e$se*qpeso, lesa+ . sx & m oi$josqi*bxm pai*fxm la*kirsa de+ e$m soi&| rtlpori*oi| at$soi&| se*qperhai e$ui*kei. c Gruppo bronzeo proveniente da capo Artemision, che rappresenta un fanciullo che sprona un cavallo. Atene, Museo Archeologico Nazionale.

L'aoristo terzo o fortissimo

79

d §

s

2. Ciro offre sacrifici agli deÁi

s

hte pqx & som le+m Dii+ barikei&, e>peisa de+ jai+ soi&| a>kkoi| heoi&| jai+ z$sei&so %ikex| jai+ et$lemei&| o>msa| gkko| hex &m a$meuai*meso, ot$demo+| g$le*kei. (da SENOFONTE)

d §

s

3. Zeus e gli uomini

s

jaiqo|. (da ESOPO) d §

s

4. I MaceÁdoni si impadroniscono dei familiari e dei beni di Dario s

So+ sot& Daqei*ot rsqaso*pedom et$ht+| estvom (avevano inviato per caso). $Epei+ jai+ o< Daqei&o| sa+ sx & m vqgla*sxm pokka+ jai+ o%ra a>kka leca*k{ barikei& rsqasetole*m{ e$rsi*m ei$| Dalarjo+m e>pelwem, e$m s{ & rsqasope*d{ ot$ pkei*oma g/ sqirvi*kia sa*kamsa ejsirla, -aso|, pena pecuniaria, multa

8. L'esercito dei Galli arriva a Roma

s

Oi< nio| ei#, o=| sat&sa ke*cei|. Laude dignus es, qui haec dicas. Sei degno di lode, poiche (tu che) dici tali cose.

La causale implicita si esprime con: Ð dia+ so*, e$j sot&, e$pi+ s{ & in unione con un infinito sostantivato, Ð il participio predicativo del soggetto, dopo i verbi che indicano sentimenti dell'animo, Ð a%se in unione con il participio congiunto (per la causale oggettiva), Ð xEpeisa de+ e$jakei&so Rst*lugko| a$po+ Rstlug*kot sot& >Aqex| paido*|. Ot'so| ca*q, so+m tiEpeisa de+ e$jkg*hg $Akueio+| di$ ai$si*am soiat*sgm. $Akueio*|, ei'| sx & m so+ ce*mo| a$u$ si pa*lpam, at$rsgqo+| de+ jai+ uiko*pomo|, rtme*rei se cmx*lg| jai+ deime*o| le+m x

106

UNITAÁ 5

% rse at$so+m e$pi+ soi&| ko*coi| e$ja*kotm oi< qirsom e$m soi&| %Ekkgri qbake ctmai&je| e$ce*momso. (da APOLLODORO)

UNO SGUARDO AL PASSATO Deucalione e Pirra

D

eucalione, figlio di PromeÁteo e di ClõÁmene, sposoÁ la cugina Pirra, figlia di EpimeÁteo (fratello di PromeÁteo) e di Pandora. Un giorno Zeus, per punire gli uomini di quella etaÁ, detta del bronzo, che erano diventati malvagi e pieni di vizi, invioÁ sulla terra un diluvio: tutti morirono, tranne Deucalione e Pirra, gli unici ritenuti onesti dal dio. Essi, infatti, opportunamente consigliati da Zeus, avevano costruito un'arca, nella quale galleggiarono sulle onde e approdarono sui monti della Tessaglia. Quando il diluvio cessoÁ, Zeus invioÁ presso Deucalione e Pirra il messaggero degli deÁi Ermes, per esaudire un desiderio dei due sposi. Deucalione disse che desiderava avere dei compagni e Zeus ordinoÁ a lui e alla moglie di gettare le ossa della loro madre dietro le spalle. A quelle parole, Pirra rimase terrorizzata, ma Deucalione non si spaventoÁ, poiche aveva capito

dd §

s

m Peter Paul Rubens, Deucalione e Pirra (1636). Madrid, Museo Nazionale del Prado.

che le ossa della madre erano le pietre della terra, madre di tutti gli uomini, e, ubbidendo al comando di Zeus, i due sposi gettarono delle pietre dietro le loro spalle: quelle gettate da Deucalione si trasformarono in uomini, quelle gettate da Pirra divennero donne. CosõÁ la terra si ripopoloÁ e il genere umano fu salvato.

11. I Chiusini chiedono aiuto a Roma contro i Galli

s

Oi< Caka*sai, pqo+| po*kim Stqqgmi*da Jkot*riom rsqaset*ramse|, e$pokio*qjotm. Oi< de+ Jkotri&moi, e$pi+ sot+| kecem at$s{ & pa*msa sa+ emsa, pa&ram sg+m a$kg*heiam paq$ e$jei*mot e>lahem. ddd §

s

16. Un sogno di Ecuba

s

cmx - e>dtlem - dqa&se - bg&se - cmx & ri(m) - dt*z| - a/m dqai&som - bai&em cmoi*gm - sg&| dt*rg| - e>bqx| - e>utram - dqa&se - bg&hi - cmx & mai - euhglem rjkg&mai - e>psgm - skg&mai - cmo*msxm - dt*sx - dqa&mai - g< cmot&ra - e>skg| - e$qqt*gram e$uhi*lgm - bg&mai - o< dqa*| - sot& ba*mso| - e$bi*xm - a/m skai&em. Es. n. 5 -

Analizza e traduci le seguenti voci verbali.

g$kka*cg| - e$ba*ug - hamasxhg*rolai - lmgrhgro*leha - e$ua*mgm - cqaug&som - a/m daqei&lem - ai$mehg*rz - rsqaug*rerhom - e$la*mgram - cqauei&em - jqtug&mai - o< bkabei*| sot& uikghgrole*mot - a/m a$jtrhei&em - g< pkacei&ra - sqa*ughi - e$sa*cgse - a$carhg*romsai - paidethg&mai - sahg*rerhe - peirhg*rerhai - a/m pkthei&se - e$ua*mhg - g$qa*rhg| jqihg*roimso - z$rvt*mhgm - e$botkg*hgram - r{hx & ri(m) - e$de*qvhg - e$wet*rhglem - sg&| uobghei*rg| - rsakg*rolai. Es. n. 6 -

Volgi le voci verbali dell'es. n. 3 dall'aoristo al presente, lasciando inalterati il modo, la persona, il numero e la diaÁtesi; poi traduci.

Es. n. 7 -

Distingui le voci verbali dell'esercizio n. 5 in due gruppi: quelle espresse con l'aoristo passivo e quelle espresse con il futuro passivo. Volgi, poi, quelle del primo gruppo dall'aoristo passivo al presente attivo, lasciando inalterati il modo, la persona e il numero; quindi traduci.

Es. n. 8 -

Scegli la traduzione corretta tra quelle proposte.

ESERCIZIO INTERATTIVO

114

1. so+m posalo+m die*bg| & attraversavi il fiume & attraversasti il fiume & attraverso Á il fiume

RECUPERO UNITAÁ 3-5

2. %ima ut*coiem & affinche fuggisse & affinche fuggissi & affinche fuggissero

3. ot$j e$uobg*hgram & non ebbero paura & non ebbi paura & non avevano paura 5. %ima lg+ cemx*leha & cosõÁ che non diventiamo & affinche diventiamo & affinche non diventiamo 7. pqi+m jqihg&mai & prima di essere giudicati & dopo essere stati giudicati & prima che giudicassero 9. jakx & | sqaug*romsai & sara Á nutrito bene & saranno nutriti bene & saranno nutriti male 11. bako*mse| e>uhgram & fummo i primi a colpire & fu il primo a colpire & furono i primi a colpire Es. n. 9 -

ESERCIZIO INTERATTIVO

4. a$pohamo*mso| sot& pasqo*| & essendo morto il padre & mentre moriva il padre & prima della morte del padre 6. trsei jai+ rtmehirhei+| e$m sai&| rsqasei*ai| lirhouoqei&m, sa+ le+m ejxm pqozqei&so sg+m pokisei*am dioijei&m at$so*|. $Epoi*gre de+ jai+ lirhouo*qa sa+ dijarsg*qia Peqijkg&| pqx & so|, a$msidglacxcx & m pqo+| sg+m Ji*lxmo| et$poqi*am. vxm ot$ri*am, pqx & som le+m sa+| $ + * > > * joima| kzsotqcia| ekzsotqcei kalpqx & |, epeisa sx & m dglosx & m esqeue pokkot*|. e$ng&m ca+q s{ & botkole*m{ sx & m Kajiadx & m jah' e il periodo ipotetico Elementi di lessico: sostantivi, aggettivi e verbi di media e alta frequenza

^ AbilitaÁ: d

d

d d d

d

d d

riconoscimento del raddoppiamento e del perfetto attivo debole e forte riconoscimento del piuccheperfetto attivo debole e forte riconoscimento dei diversi usi dell'infinito riconoscimento dei vari tipi di periodo ipotetico capacitaÁ di coniugare il perfetto attivo debole e forte e il piuccheperfetto attivo debole e forte di un verbo in -x memorizzazione e organizzazione delle conoscenze lessicali capacitaÁ di svolgere esercizi di vario tipo capacitaÁ di analizzare e tradurre frasi e brani di varia difficoltaÁ

TEST DI VERIFICA DEI PREREQUISITI Rispondi alle seguenti domande. 1. Di quale tempo il raddoppiamento eÁ una caratteristica costante? 2. In che cosa consiste? 3. Quali verbi hanno il raddoppiamento per la formazione del perfetto? 4. In quali verbi esso eÁ sostituito dall'aumento temporale? 5. Quali verbi hanno come raddoppiamento ei$-? 6. Che cosa ricordi del raddoppiamento attico e di quello che riguarda i verbi composti?

7. Come si formano il perfetto attivo debole e quello forte? 8. Qual eÁ il significato dei seguenti perfetti: pe*uacja, pe*ugma, pe*peija, pe*poiha? 9. Il piuccheperfetto eÁ un tempo storico o principale? 10. Da quale tema si forma? 11. Quali diaÁtesi ha questo tempo? 12. Come si formano il piuccheperfetto attivo debole e quello forte?

Il raddoppiamento d Il perfetto attivo primo o debole e secondo o forte Il piuccheperfetto attivo primo o debole e secondo o forte

d

117

PERFETTO ATTIVO DEBOLE Es. n. 1 -

Forma il perfetto attivo debole dei seguenti verbi.

e$a*x (io lascio) - a$rje*x (io esercito) - asi vqx*leha; - 4. dqarem, g%rtvo| a/m g#m. Si iuste se gessisset, tranquillus esset. Se egli avesse agito (ma non lo ha fatto) con giustizia, sarebbe tranquillo.

Il raddoppiamento d Il perfetto attivo primo o debole e secondo o forte Il piuccheperfetto attivo primo o debole e secondo o forte

d

)

121

± Periodi ipotetici misti Oltre ai quattro fondamentali tipi di periodo ipotetico, in greco si usano anche periodi ipotetici misti, con la proÁtasi di un tipo e l'apoÁdosi di un altro; essi derivano spesso da effetti retorici particolari: ^ Ei$ sg+m a$kg*heiam cicmx*rjoi| (proÁtasi di 3o tipo), ot$ sat&sa a/m e$poi*gra| (apoÁdosi di 4o tipo). Se tu conoscessi la veritaÁ, non avresti fatto queste cose.

± ProÁtasi espressa in forma implicita Una forma di proÁtasi possibile espressa in forma implicita eÁ costituita dal participio congiunto (cfr. lat.) o dal genitivo assoluto (cfr. in lat. ablativo assoluto): ^ At$soi*, sat&sa pqa*rromse|, am. Essi, se facessero (lett. facendo) queste cose, sbaglierebbero.

± Periodi ipotetici dipendenti Sono definiti dipendenti i periodi ipotetici con apoÁdosi dipendente da un'altra proposizione. Per quanto riguarda la proÁtasi, essa rimane inalterata, se dipende da un tempo principale. Se, invece, essa dipende da un tempo storico, non subisce mutamenti, se il periodo ipotetico eÁ di terzo o quarto tipo; si puoÁ esprimere con l'ottativo obliquo, se il periodo ipotetico eÁ di primo o di secondo tipo. Per quanto attiene all'apoÁdosi, se essa eÁ introdotta da verbi che si costruiscono con l'infinito o il participio, viene espressa con l'infinito o il participio, uniti alla particella a>m se il periodo ipotetico eÁ di terzo o quarto tipo. Se, invece, l'apoÁdosi eÁ introdotta da verbi che si costruiscono con xErsqoua (indicativo perfetto forte di rsqe*ux) si forma dal tema verbale rsqau-.

& V

& F

4. La voce verbale e$cg*ceqja (indicativo perfetto debole di e$cei*qx) si forma con il raddoppiamento attico.

& V

& F

V 5. Per la formazione del perfetto attivo si usano le desinenze principali attive. &

& F

6. >Ecmxja| eÁ la seconda persona singolare dell'indicativo perfetto debole di cicmx*rjx.

& V

& F

7. Il raddoppiamento eÁ limitato solo all'indicativo del perfetto.

& V

& F

8. La voce verbale lmgrhg*rolai (indicativo futuro passivo debole di lilmg*rjolai) ha valore attivo e significa «io mi ricorderoÁ».

& V

& F

9. $Euha*qgm eÁ la prima persona singolare dell'indicativo aoristo passivo & V forte di uhei*qx.

& F

10. $Edeg*hgm (indicativo aoristo passivo debole di de*olai) significa «io fui pregato».

& V

& F

11. Nella voce verbale e$bkg*hgm (indicativo aoristo passivo debole di ba*kkx) si nota il fenomeno della metaÁtesi quantitativa.

& V

& F

12. $Ecmx*rhgm eÁ la prima persona singolare dell'indicativo aoristo passivo debole di cicmx*rjx.

& V

& F

Es. n. 15 - Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci verbali espresse con il perfetto attivo; poi d

LA LINGUA GRECA... kei*px

SCHEDA SEMANTICO-SINTATTICA...

kei*px

traduci.

1. cceko*m sima ei$| Je*qjtqam pepo*luari so+m po*kelom a$ccekot&msa. - 5. Emioi de+ ke*cotrim at$so+m ot$de+ dajqt&rai, a$kka+ bog&rai. «Ot$j g$cmo*otm at$so+m hmgso+m cecemmgje*mai.»

Il raddoppiamento d Il perfetto attivo primo o debole e secondo o forte Il piuccheperfetto attivo primo o debole e secondo o forte

d

135

dd §

s

4. Gli Ateniesi combattono presso il fiume EgospoÁtami

s

Oi< $Ahgmai&oi ei$| so+m Ai$co+| posalo+m a$msi*om sg&| Kalwa*vot e$pepket*jeram Рo< d$ mhqxpoi moli*fotri poiche gli uomini ritengono

2. a$mabogra*msxm sx & m ui*kxm (? prop. temporale) 3. sot& pasqo+| ei$po*mso| (? prop. causale) 4. cqauole*mxm sx & m bibki*xm (? prop. temporale) 5. at$sx & m ptmhamole*mxm (? prop. temporale) 6. sot& rsqasgcot& a$rhemg*ramso| (? prop. concessiva) 7. sx & m pokeli*xm uetco*msxm (? prop. causale) 8. weuirale*mxm sx & m pokisx & m (? prop. concessiva) 9. le*kkomso| sot& barike*x| ht*eim (? prop. temporale) 10. memijgjti*a| sg&| rsqasia&| (? prop. concessiva)

Es. n. 5 -

Completa le seguenti frasi secondo le indicazioni fornite, poi traduci.

d

LA LINGUA GRECA... pa*rvx e pa*ho|

1. Ot'soi e>kecom o%si o< Jt&qo| le+m (3a pers. sing. dell'indic. piucch. di hmz*rjx) , o< $Aqiai&o| de+ e$m s{ & rsahl{ & (3a pers. sing. dell'indic. piucch. di uet*cx) lesa+ sx & m a>kkxm baqba*qxm. o%si o< Ktjot&qco| lamei+| so+m 2. (1a pers. pl. di oi#da) atkcg pahx*m , (3a pers. sing. dell'indic. aor. di a$pohmg*rjx) e$sx &m dt*o jai+ o$cdog*jomsa.

146

UNITAÁ 7

4. Aqcei a$pe*hamem. $ 5. ug ± o%si ot$j ro*m e$rsim (2a pers. sing. del piucch. di oi#da)



LABORATORIO LESSICALE Dal verbo pa*rvx («io provo un sentimento, soffro», T. V. pah- / pemh- / pomh-) e dal sostantivo neutro pa*ho|, -ot| («cioÁ che si prova, sofferenza, passione, pietaÁ, dolore») derivano molti vocaboli italiani: ± allergopatõÁa ± empatõÁa ± omeopatõÁa ± patologico ± angiopatõÁa ± encefalopatõÁa ± pateÁma ± patoÁlogo ± antipatõÁa ± epatopatõÁa ± patetico ± psicopatõÁa ± apatõÁa ± gastropatõÁa ± patofobõÁa ± simpatõÁa ± cardiopatõÁa ± miopatõÁa ± patoÁgeno ± simpatico ± dermopatõÁa ± neuropatõÁa ± patologõÁa ± telepatõÁa d

Con l'aiuto del dizionario italiano, indica il significato dei termini evidenziati in neretto.

Es. n. 6 d

Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci verbali espresse con il perfetto attivo fortissimo; poi traduci.

1. Ke*cotri sg+m la*vgm pa*mt i$rvtqa+m cecome*mai jai* e$m at$sz& pokkot+| sx & m cmxqi*lxm sehma*mai. - 2. mhqxpoi, jajoi+ o>mse|, e$de*diram ot$ lo*mom sot+| a>kkot| a$mhqx*pot|, a$kka+ jai+ sot+| heot+| pa*msa okko e$rsi+m g/ so+ dojei&m rouo+m ei#mai lg+ o>msa.» 7. Oi< pakaioi+ e>kecom sg+m Pekopo*mmgrom ut*kk{ pkasa*mot so+ rvg&la ei$je*mai. - 8. dei so+m tidg sehmgjo*sa. - 9. Pokkoi+ oi>omsai pkei&rsa ei$de*mai, jai*peq ot$de+m ei$do*se|. - 10. Oi< a$mdqei&oi rsqasix & sai gmdqe|, sot+| et$stvei&m dojot&msa| pqo+ sot& hama*sot lg+ fgkot&se.

LABORATORIO LESSICALE Dal sostantivo neutro ua*qlajom, -ot («droga, farmaco, medicamento, veleno») derivano in italiano: ± farmaceutica ± farmacista ± farmacopeÁa ± farmaceutico ± farmaco ± farmacoterapõÁa ± farmacia ± farmacologõÁa ± psicofarmaco d

Con l'aiuto del dizionario italiano, indica il significato dei termini evidenziati in neretto.

Il perfetto attivo terzo o fortissimo d Il piuccheperfetto attivo terzo o fortissimo

147

Es. n. 7 d

LA LINGUA GRECA... ei$li*

SCHEDA SEMANTICO-SINTATTICA...

ei$li*

Es. n. 8 d

Es. n. 9 d

148

Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci verbali espresse con il perfetto e il piuccheperfetto attivi fortissimi; poi traduci.

1. Oi< a>mhqxpoi dedi*ari so+m ha*masom, et# ei$do*se| o%si jajo*m e$rsim. - 2. Ot$ qamhqxpoi oi= sa+| sg&| st*vg| lesaboka+| seska*mai ei>romsai. - 5. Oi< le+m so+ o%kom ei$do*se| jai+ so+ le*qo| a/m ei$dei&em, oi< de+ so+ le*qo| lo*mom ei$do*se| so+ o%kom ot$j >irarim. - 6. #X / m jai+ rsqasix & sai, o%px| jai+ tutcom. Pochi riuscirono a sfuggire ai nemici. ± verbi che hanno il significato di «credere in», «giurare su» (come moli*fx, «io credo in»; o$lmt*x, «io giuro su»): ^ Sot+| heot+| moli*fx. Credo negli deÁi. ± verbi la cui accezione eÁ «vergognarsi di» (come ai$rvt*molai, «io mi vergogno di»): ^ Sa+ ai$rvqa+ ot$j ai$rvt*mesai. Egli non si vergogna delle cose disoneste. ± verbi che significano «guardarsi da» (come utka*ssolai, «io sto attento a, mi guardo da»): ^ #X ne*me, e$jei*mot| sot+| a$mhqx*pot| utka*ssot. GuaÁrdati, o straniero, da quegli uomini. ± verbi con il significato di «mancare a» (come e$pikei*px, «io vengo meno a,manco a»): ^ qvomsai, a$pejqi*maso. «%Osi oi< le+m ot$j >irarim x de+ >irarim.»

Es. n. 11 - Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci verbali espresse con il perfetto e il d d

piuccheperfetto fortissimi; poi traduci.

1. se paqejkg*hg ot>se paqece*meso ot>se oi#de sot& pqa*claso| ot$de*m. (da LISIA) - 2. >Irhi sg+m le+m e$j sx & m pqa*nexm e$lpeiqi*am ot#ram ruakeqa*m, sg+m d' e$j sot& uikorouei&m paidei*am bebai*am. (da DEMOSTENE) - 3. Peqi+ de+ sg&| gccekoi sx x & m ot$qamx & m ot$de+ o< tideram at$so+m sehmgjo*sa. (da SENOFONTE) - 5. Oi#rha jai+ rt*, { $ $ vqtrot&m rjg&psqo*m ersi so+ sg+m barikei*am diar{ & fom, akk' oi< pirsoi+ ui*koi ei$ri+ rjg&psqom a$kghe*rsasom jai+ a$ruake*rsasom soi&| bariket&rim. (da SENOFONTE) - 6. Gdg >irlem o%si le+m e$pilekz&. et# de+ >irsx, x < $ < $ < % * * + * $Aqvi*dale, osi jai+ glei&| peiqaroleha epilekei&rhai x| lgpose rt epi+ sz& gleseqy uiki*y ai$rvtmhz&|.@ (da SENOFONTE) - 7. Vqg+ so+m a>mhqxpom ot$ lo*mom ei$de*mai emsa, a$kka+ jai+ o%si ke*kave hmgso+m bi*om. (da PLUTARCO) - 8. irhi, x & m pokisx & m dedi*arim. (da LISIA)

150

UNITAÁ 7

Es. n. 12 - Assembla correttamente le proposizioni della colonna di sinistra con quelle della colonna di d d

destra, poi traduci. L'esercizio eÁ avviato.

1. Oi< Stq$qqvotram.

2. Leci*rsg parx & m bog*heia* e$rsim g< paqa+ sx m hex & & m et>moia,

b. a%la jai+ qkece (r. 4)? 4. Il participio he*kxm (r. 3) eÁ congiunto o sostantivato?

dd §

s

5. Antigone, sorella di EteÁocle e PolinõÁce

s

Sx & m a>dekux & m $Eseojke*ot| jai+ Poktmei*jot| e$pi+ sai&| pt*kai| laverale*mxm jai+ a$kkg*kot| uometra*msxm, o< Jqe*xm, o=| lesa+ so+m sot& $Eseojke*ot| ha*masom sx & m Hgbx &m $ebari*ketem, pa&ri soi&| a$rsoi&| e$jg*qtrre lgde*ma sot+| sx + * * & m pokelixm mejqot| hapseim. . «ug - a>hapso| e>rsx akecem. «#X a>mdqe|, oi< Kajedailo*mioi sg+m a$jqo*pokim jase*votrim, a$kka+ lgde+m a$htlei&se. uari+ (dicono) ca+q oi< poke*lioi ot$demi+ g%jeim, o%rsi| lg+ sot& poke*lot e$qy&. $Ecx+ de*, sot& mo*lot jeket*omso| e$nei&mai (che eÁ lecito) pokela*qv{ a>mhqxpo*m sima kabei&m, ei$ at$so+| dojei& hama*sot a>nia poiei&m, kalba*mx # kovacoi*, kabo*mse| sot&som, sotsomi+ $Irlgmi*am xnx sg&| po*kex| et$ht+| e>uetcom, dei*ramse| lg+ a$poha*moiem, oi< de+ pqx & som oi>jade a$pevx*qgram. s

Il perfetto attivo terzo o fortissimo d Il piuccheperfetto attivo terzo o fortissimo

157

Á 6-7 RECUPERO UNITA (esercizi interattivi - versione con tutor) Es. n. 1 -

Coniuga il perfetto attivo dei seguenti verbi.

jake*x (io chiamo) - a>cx (io conduco). Es. n. 2 -

Coniuga il piuccheperfetto attivo dei seguenti verbi.

jtjko*x (io cingo) - uhei*qx (io distruggo). Es. n. 3 -

Analizza e traduci le seguenti voci verbali.

e$cg*qeqja| - memi*jgja - e>uhaje(m) - e$sesilg*jeram - e$rsa*kjeim - dedix*vese jejat*jalem - bebkg*jari(m) - o< seslgjx*| - e$rpei*jei - je*vgma - ei>kova| - sg&| e$uhaqjti*a| - peuacje*mai - cecqa*uz| - e$dedida*veilem - sesa*joise - peuet*cgse pe*peije(m) - a/m sesaqa*voili - e$kekoi*peisom - e$kgka*jxri(m) - ceco*moiem e$jejeket*jeiram - e$jejqi*jeise - sot+| pepqavo*sa| - die*cmxje(m) - e$rso*qceim ei$kg*ueiram - kekghe*mai - e$jsesekg*joi| - sg+m a$jgjoti&am - e$pepei*jei| - sesavo*msxm sot& peutjo*so| - sesqo*uxlem. Es. n. 4 -

Analizza e traduci le seguenti voci verbali.

o< dedix*| - e$oi*jalem - oi#de(m) - sot& cecx & so| - e$oi*jase - >irse - dedie*mai - ei$de*mai - z>dei| < < $ $ $ * * - o pepsx| - o eoijti&a - eidei&em - edediei - a/m seskai*gm - sg&| ei$dti*a| - ei$dei*g - e${*jei g#rlem - sg&| cecti*a| - g< dediti&a - se*skahi - ei$je*mai - ei$dx & ri(m) - z>dei - >irsxram e$de*diram - de*dise - seska&ri(m) - a/m hehmai&lem - o< seskgx*| - se*hmasom - sot& bebx & so| $ededi*eim - ei$dg&se - sehma*sx - beba*mai - bebx * & ri(m) - sehmai&em - bebgja|. Es. n. 5 -

Dei verbi sottoelencati indica prima il significato, poi la prima persona singolare dei seguenti tempi: futuro attivo, aoristo attivo, aoristo passivo, futuro passivo, perfetto attivo, piuccheperfetto attivo. L'esercizio eÁ avviato.

1. ba*kkx 2. saqa*rrx 3. pei*hx 4. sila*x 5. cqa*ux 6. pqa*rrx 7. rse*kkx 8. kei*px 9. sqe*ux 10. jki*mx 11. jqi*mx 12. ut*x 13. sqe*px 14. e>vx

158

io getto, bakx & , e>bakom, e$bkg*hgm, bkghg*rolai, be*bkgja, e$bebkg*jeim

RECUPERO UNITAÁ 6-7

Es. n. 6 -

Volgi le voci verbali dell'esercizio n. 3 rispettivamente dal perfetto attivo al presente attivo e dal piuccheperfetto attivo all'imperfetto attivo, lasciando inalterati il modo, la persona e il numero; poi traduci.

Es. n. 7 -

Scegli la traduzione corretta tra quelle proposte.

ESERCIZIO INTERATTIVO

Es. n. 8 -

ESERCIZIO INTERATTIVO

Es. n. 9 -

1. io ho insegnato & dedi*dava & e$di*dana & dida*nx

2. tu sai & oi#da & oi#rha & oi#de(m)

3. egli aveva conosciuto & e > cmxje(m) & e$cmx * jei & e$ci*cmxrje(m)

4. essi temevano & e$de*dilem & e$de*dise & e$de*diram

5. colui che ha onorato & oi< sesilgjo*se| & g< sesilgjti&a & o< sesilgjx *|

6. coloro che sono simili & oi< e$oijo*se| & o< e$oijx *| & ai< e$oijti&ai

Assembla correttamente i vocaboli della colonna di sinistra con quelli della colonna di destra, poi traduci. L'esercizio eÁ avviato.

1. Ei$ sg+m a$kg*heiam ei$dei&em,

a. o>lx| tkcg-ri| (dolore, sofferenza) ± a$kce*-x (io sento dolore, sono malato, soffro, ± a$kc-t*mx (io addoloro, affliggo, faccio soffrire) sono afflitto, sono turbato) Dei termini precedenti memorizza quelli evidenziati in neretto. Tra i molti termini italiani che derivano da a>kco|, i piuÁ ricorrenti sono i seguenti: d

± ± ± ± ±

algesõÁa algofobõÁa algologõÁa algoÁlogo analgeÁsico

± ± ± ± ±

antaÁlgico cardialgõÁa cefalgõÁa gastralgõÁa lombalgõÁa

± ± ± ± ±

nevralgõÁa nevralgico nostalgõÁa nostalgico odontalgõÁa

d

Con l'aiuto del dizionario italiano, indica il significato dei termini evidenziati in neretto.

Il perfetto medio-passivo d Il piuccheperfetto medio-passivo Il futuro perfetto o secondo attivo e medio-passivo

± otalgõÁa ± sciatalgõÁa

d

173

I verba impediendi e recusandi Le proposizioni introdotte dai verba impediendi e recusandi, che hanno il significato

S C H E D A di «impedire» (come jokt*x), di «essere di ostacolo» (come e$lpodi*fx), sono comSINTATTICA

prese nel gruppo delle subordinate completive volitive e si costruiscono con lg* e l'infinito (in dipendenza da una reggente affermativa, cfr. lat. ne o quomõÆnus e il congiuntivo), con lg+ ot$ e l'infinito (in dipendenza da una reggente negativa, cfr. lat. quomõÆnus o quin e il congiuntivo). In particolare jokt*x puoÁ essere seguõÁto anche dal participio predicativo: ^ Oi< ui*koi jxkt*rotri lg+ at$so+m sot&so poiei&m (jokt*rotrim at$so+m sot&so poiot&msa). Amici impedient quomõÆnus ille hoc faciat. Gli amici gli impediranno di fare cioÁ.

Es. n. 28 - Analizza le seguenti frasi, individuando le proposizioni subordinate; poi traduci. d d

SCHEDA SEMANTICO-SINTATTICA...

gmdono| ei>g. - 2. $Ea+m soi&| a$dekuoi&| jimdtmet*otri boghg*rolem, e>qcom be*ksirsom pepoigjo*se| e$ro*leha. - 3. $Aei+ oi< girx| a$luo*seqoi jajx & | e>pqanam. - 4. rse le+m ua*o| g#m a$ma+ jqa*so| sot+| pokeli*ot| e$di*xjem. xlpakim a$mesqe*peso xkabe jai+ sg+m a$rpi*da jai+ so+ so*nom. - 5. dg de+ sx & m a>kkxm diaue*qotram, sorot&som sot& ja*kkot| gmet sg&| pqo+| e$jei*mgm oi$jeio*sgso|, bi*y at$sg+m e>kabem.

LABORATORIO LESSICALE Dal tema verbale gmxhem e$pijaktuhei&ram Ð ot%sx ca+q g< Jkeopa*sqa jeket&rai ke*cesai Ð. kko uaqla*jot rglei&om e$ng*mhgrem. ddd §

s

9. Una favola narrata da Demostene

s

Dglorhe*mot| sot& qrsex| ei$| Le*caqa e$poqet*eso. mot derpo*sg| at$s{ & g$jokot*hei. So+ de+ sot& glux tmot rjia+m tmom ot$ sg+m rjia+m lirhx*rai, o< de+ lirhxra*lemo| o%si so+m o>mom jai+ sg+m rjia+m lirhx*raiso.» mhqxpo| era quella che separava gli uomini liberi, gli e$ket*heqoi, dagli schiavi, i dot&koi. Questi ultimi erano, infatti, proprietaÁ di un altro uomo o di una collettivitaÁ, e il loro obbligo era quello di servire i padroni. Tutti coloro che non fossero schiavi erano considerati liberi ed erano, a loro volta, divisi in due categorie: i poki&sai e gli ne*moi. I poki&sai, ovvero i cittadini, erano coloro che avevano il diritto di cittadinanza per discendenza, gli ne*moi (stranieri, ospiti) erano coloro che abitavano in cittaÁ senza godere del diritto di cittadinanza. Sia i cittadini che gli stranieri erano liberi, nel senso che godevano di autonomia nell'intrecciare rapporti personali ed economici, ma solo i poki&sai, tuttavia, erano membri dell'$Ejjkgri*a (che era il piuÁ importante organismo dello Stato) e potevano partecipare alla vita politica e alle guerre. Gli ne*moi, pur non godendo degli stessi diritti dei poki&sai, erano, tuttavia, tutelati dalla legge non scritta dell'ospitalitaÁ, cioeÁ della nemi*a: la persona dell'ospite era considerata sacra e chi offriva ospitalitaÁ doveva fornire alloggio e vitto. Tutto cioÁ rappresentava una testimonianza del legame tra le varie famiglie piuÁ prestigiose delle diverse cittaÁ. Mentre gli ne*moi erano gli stranieri greci, i ba*qbaqoi erano gli stranieri non greci, cioeÁ tutti coloro che parlavano una lingua non greca e che erano ddd §

s

m Particolare di una pelõÁke (coppa) attica con figure rosse su fondo nero (V sec. a.C.) proveniente da Gela, che rappresenta lo scambio di doni tra Diomede e Glauco come segno di ospitalitaÁ. Gela, Museo Archeologico Regionale.

diversi dai Greci, dagli %Ekkgme|, non soltanto da un punto di vista politico, ma anche da un punto di vista culturale ed etnico, non condividendo con l'qvolai, oqvolai

1. Sat*sgm sg+m la*vgm, o%rai dg+ baqba*qxm a$mdqx & m la*vai e$ce*momso, jqi*mx i$rvtqosa*sgm ceme*rhai, jai+ dg+ jai+ ptmha*molai ot%sx sot&so cemo*lemom. - 2. Oi< sqia*jomsa pqx & som ot=| pa*mse| z>deram e$m sz& dglojqasi*y a$po+ rtjouamsi*a| fx & msa| $ < jai+ soi&| jakoi&| jacahoi&| baqei&| o>msa|, rtkkalba*momse| tpg&com hama*sot. - 3. $Em s{ & paqo*msi di*jaio*| ei$li ei$pei&m a= oi< pase*qe| g si pa*rvoiem, glekkom. - 4. vqgre jolirhg&mai so+m sgm, jasarjeta*rai de+ pkgri*om at$sot& ptqa+m et$lece*hg. - 5. Ktri*a| o< Jeua*kot Rtqajori*xm le+m g#m come*xm, e$cemmg*hg de+ $Ahg*mgri lesoijot&msi s{ & pasqi+ jai+ # $ $ * * * + rtmepaidethg soi&| epiuamersasoi| $Ahgmaixm. - 6. $Epei gkhom ei| Kajedai*loma oi< e$jpepsxjo*se| Gdg mt+n g#m jai+ ei$| so+ a>rst e$poqeto*lgm. Era giaÁ notte, ed ecco che mi incamminai verso la cittaÁ. Jai+ ke*ce. OrsuÁ, parla!

volem jai+ so*se. Non abbiamo piuÁ la stessa libertaÁ di allora. >Akkx| se jai+ e$cx+ tkka sg+m po*kim dia+ sot+| pt*qcot| a$pehat*larem, = ot| oi< st*qammoi jasa+ uqemobka*beiam a$pe*kipom. Jasidx+m ot#m so* se marso+m at$sx &m t%wo| jai+ so+ ecqom e$rsi*m. moli*fx de+ pa*msa| /am okka sa+ cicmo*lema jasa+ euoqoi) erano cinque magistrati, eletti ogni anno dall'Apella, che esercitavano il potere esecutivo, vigilando sull'amministrazione dello Stato. Essi guidavano, inoltre, i lavori dell'Apella e della GherusõÁa, avendo il diritto di convocarle entrambe; coordinavano i due re nelle operazioni militari, avevano funzione di controllo e di giudizio sull'operato dei membri delle due assemblee e persino degli stessi re; esaminavano preventivamente le proposte degli ambasciatori stranieri, prima di decidere se sottoporle o meno al giudizio dell'Apella; provvedevano, in caso di guerra, all'allestimento dell'esercito e alle disposizioni relative alle operazioni militari. Per quanto riguarda le competenze giudiziarie, agli eÁfori spettavano quelle relative ai processi riguardanti questioni finanziarie e amministrative. Essi avevano anche poteri di polizia, che permettevano loro di deporre o imprigionare i membri dell'Apella e della GherusõÁa e persino gli stessi re, e, infine, erano responsabili dell'amministrazione del tesoro pubblico. Le tre forme di governo

L

'oratore Isocrate afferma che le tre forme di governo sperimentate nei vari stati [(monarchia (lomaqvi*a, «governo di uno solo»), aristocrazia (a$qirsojqasi*a), «governo dei nobili») e democrazia (dglojqasi*a, «governo del popolo»)] sono tutte positive, a patto che a reggere l'amministrazione dello Stato ci siano uomini onesti e capaci. Platone, a sua volta, nella Repubblica afferma che lo Stato ideale eÁ quello aristocratico e che, a causa dell'ingiustizia, esso si deteriora e si trasforma in timocrazia (silojqasi*a, «governo di

Gli aggettivi verbali I verbi politematici

d

m Merry-Joseph Blondel, Licurgo. Amiens (Francia), Museo della Piccardia.

coloro che possiedono un determinato censo»), oligarchia (o$kicaqvi*a, «governo dei pochi»), democrazia, tirannide (stqammi*|). Lo stesso Platone, tuttavia, nelle Leggi cambia opinione, dichiarando che la migliore forma di costituzione gli appare quella in cui si fondono monarchia e democrazia. Aristotele poi, nella Politica, non risparmia le sue critiche a Platone e, prendendo in esame le varie forme di governo, le distingue in due gruppi, quelle buone e quelle cattive: monarchia, aristocrazia, politeÁia da una parte; tirannide, oligarchia, democrazia dall'altra. Per Aristotele l'oligarchia non eÁ il «governo dei pochi», ma il «governo dei poveri», equivalente alla demagogia (dglacoci*a, «governo del popolo guidato dai demagoghi»). Lo Stato migliore eÁ, pertanto, la pokisei*a, «la democrazia di un ceto medio», lontana da ogni eccesso e che poggia sul consenso di una estesa classe media, alla quale appartengono i cittadini forniti di un certo censo e dediti alle attivitaÁ liberali. Polibio, infine, nel quarto libro delle Storie formula due teorie sullo sviluppo e sulla natura degli Stati. La prima eÁ nota con il nome di a$majt*jkxri| («evoluzione ciclica») e consiste

) 203

nel ritenere inevitabile la dissoluzione di uno Stato, dopo che si sia esaurito il suo ciclo, a causa del seme della degenerazione insito in qualunque forma di governo: la monarchia degenera in tirannide, l'aristocrazia in oligarchia, la democrazia in demagogia o in oclocrazia. La storia di ogni Stato, quindi, passa attraverso varie tappe e, dopo aver raggiunto il punto piuÁ alto, ritorna al punto di partenza. La seconda

Rl

Ricerca lessicale

teoria polibiana ipotizza, come forma di Stato perfetto, quella che si basa su un tipo di costituzione mista, in cui il potere dei re, quello degli aristocratici e quello del popolo coesistono in perfetto equilibrio: cioÁ si realizza, secondo lo storico, a Roma, in cui i consoli, il Senato e i comizi esprimono rispettivamente i tre poteri in fusione perfetta.

L'amministrazione dello Stato g< lomaqvi*a, -a|, monarchia, governo di uno solo g< barikei*a, -a|, regno o< bariket*|, -e*x|, re g< stqammi*|, -i*do|, tirannide g< a$qirsojqasi*a, -a|, aristocrazia, governo dei nobili g< o$kicaqvi*a, -a|, oligarchia, governo dei pochi g< silojqasi*a, -a|, timocrazia, governo di coloro che sono in possesso di un determinato censo g< dglojqasi*a, -a|, democrazia, governo del popolo g< dglacoci*a, -a|, demagogia, governo del popolo guidato dai demagoghi g< o$vkojqasi*a, -a|, oclocrazia, governo della massa g< a$maqvi*a, -a|, anarchia, mancanza di governo g< et$moli*a, -a|, buon governo, buone leggi

dd §

s

o< a>qvxm, -omso|, capo, principe, comandante, arconte, magistrato ateniese o< a>qvxm bariket*|, arconte re o< a>qvxm e$px*mtlo|, arconte eponimo o< a>qvxm poke*laqvo|, arconte plemarco oi< a>qvomse| herlohe*sai, arconti tesmoteÁti g< $Ejjkgri*a, -a|, EcclesõÁa, assemblea popolare o< >Aqeio| pa*co|, AreoÁpago, colle di Ares in Atene g< Botkg*, -g&|, BuleÁ, consiglio ateniese, decisione, parere g< pqtsamei*a, -a|, pritanõÁa (carica di presiedere a turno la BuleÁ) g< uoqo|, -ot, eÁforo (magistrato spartano con compito di ispettore) g< Ceqotri*a, -a|, GhesusõÁa, consiglio degli anziani a Sparta g< $Ape*kka, -a|, assemblea popolare spartana (in cui si riunivano solo gli SpartiaÁti)

8. Il dio DioÁniso e il re Mida

s

peirem. (da ERODOTO)

dd §

s

12. Troiani, Focesi e Siculi abitano l'antica Sicilia

s

$Iki*ot tEqtn se jai+ >Ecersa g#ram. * + | sx At$soi&| de+ pqortm{ jgram sx m Uxje xm sime & & & m a$po+ Sqoi*a| pqx & som ei$| Kibt*gm $ + * > * veilx & mi, epeisa ei| sgm Rijekiam jasemevhemsxm (sbattuti). > jotm - ei$| sg+m Rijeki*am die*bgram, Oi< de+ Rijekoi+ e$j sg&| $Isaki*a| - e$msat&ha ca+q { sot+| >Opija| e$pi+ rvedix & m uet*comse|, xmola sot&so e>vomso|, ot%sx| $Isaki*a e$pxmola*rhg. (da TUCIDIDE)

206

UNITAÁ 9

ddd §

s 13. Medea aiuta Gia Á sone nella conquista del vello d'oro

s

$Ecjahoqlirhei*rg| de+ sg&| mex*|, g'je pqo+| Ai$g*sgm $Ia*rxm jai*, sa+ e$pisace*msa tirvei jai*, dedoijti&a lg+ t * * e| ervasom ekhot&ra jimdtmot sz& pokei, diekt*eso. Jai+ o< Jije*qxm, a%parim e$pi+ ko*cot in bronzo. Parigi, Museo dtma * lei lo*mz cmx*qilo| x > m, so*se jai+ e$pi+ e>qc{ dia+ rso*laso| g#m jai+ rxsg+q e$do*jei del Louvre. peqiuamx & | a$pokktle*mz sz& pasqi*di (per la patria che andava in rovina) ceme*rhai, va*qise*| se g#ram at$s{ & paqa+ sg+m e$jjkgri*am jai+ et$ugli*ai poiji*kai. Ja*sxmo| d$ at$so+m jai+ pase*qa sg&| pasqi*do| pqoracoqet*ramso|, e$pebo*grem o< dg&lo|. (da APPIANO)

210

UNITAÁ 9

Á 8-9 RECUPERO UNITA (esercizi interattivi - versione con tutor) Es. n. 1 -

Coniuga il perfetto e il piuccheperfetto medio-passivi dei seguenti verbi.

poie*x (io faccio) - saqa*rrx (io turbo) - jqt*psx (io nascondo). Es. n. 2 -

Coniuga il perfetto e il piuccheperfetto medio-passivi dei seguenti verbi.

moli*fx (io credo) - jqi*mx (io giudico) - rse*kkx (io mando). Es. n. 3 -

Forma gli aggettivi verbali dei seguenti verbi; poi traduci. L'esercizio eÁ avviato.

1. kt*x

ktso*|, sciolto, solubile

ktse*o|, che deve essere sciolto

2. cqa*ux 3. dix*jx 4. a$qe*rjx 5. jake*x 6. poie*x 7. sg*jx 8. sqe*px 9. vqi*x 10. lilmg*rjx 11. ba*psx 12. e$cei*qx 13. e$kpi*fx 14. joli*fx 15. jqi*mx 16. jqt*psx 17. x$he*x 18. ke*cx 19. rglai*mx 20. rjeta*fx 21. sa*rrx 22. uai*mx 23. kalba*mx 24. pi*mx 25. cicmx*rjx 26. etrsqawai - pe*uamrx - g>ccekhom - kekeille*mai g#ram # ri(m) - e$memoli*rlgm - sesilgjti&a e>rz pepeirle*mo| z#| - ei$ka*lleha - peptrle*moi x peuarle*mg ei>g - g$cce*khai - je*jkgrhe - jejatrle*moi ei#em - ei>fx - e$euhaqle*mo| e>rsai pepqa*vhai - e>rsqawx - e$sesi*lgmso - e$pepei*rhgm - pepoig*rerhai - memoli*resai e$pepai*detso - g>ccekro - sesilgjo*se| e>roimso - peuikg*rerhe - kekgwo*lemo| g$ccekle*moi e$ro*leha - bebka*wz. Es. n. 5 -

Analizza e traduci le seguenti voci verbali.

aisqeve| - e$ue*qolem - e$kgkt*hei| - aiuacom zwz > uhgram dqalot&lai - e>hqenam - g$me*vhg - >idese - g>rhiom - ei#pe| - ei>qgje(m) - x g>mecjom - aidolem - dedqalg*jari(m) oi$rhg*resai - eg a$dijei&m g/ a$dijei&rhai, la&kkom a$dijei&rhai em. - 3. >Eloice ot#m dojei& sa+ jaka+ jai+ s'acaha+ a$rjgsa+ ei#mai, ot$v g%jirsa de+ sg+m rxuqort*mgm - 4. Pa*msa e$m sz& sx & m pokisx & m lmg*lz cecqa*wesai, o%ra oi< st*qammoi $ + + * som dg&lom gdijgram. - 5. $Eam sat&sa poig&se, tEpeisa, sot& jaiqot& e$pei*comso|, ei$rekho*msa Paqlemi*xma jai+ pqorsa*msa (essendosi messo davanti) sz& jki*mz di+| g/ sqi+| sot>mola at$sot& uhe*cnarhai. jai+ e$ceqhe*mso| sot& $Akena*mdqot ot%sx|, at$so+m e$qe*rhai si* t%pmom jahet*doi sot& memijgjo*so|, ot$ sot& le*kkomso| a$cxmiei&rhai so+m le*cirsom sx & m a$cx*mxm. So+m d' $Ake*namdqom ei$pei&m leidia*ramsa. `Si* ca*q; Ot$j g>dg roi memijgje*mai dojot&lem, a$pgkkacle*moi sot& pkama&rhai jai+ sot& dix*jeim e$m pokkz& jai+ dieuhaqle*mz vx*qy utcolavot&msa Daqei&om;@ (da PLUTARCO)

b Charles Laplante, Alessandro Magno con Aristotele, suo maestro (illustrazione inserita in un testo francese del 1866).

214

RECUPERO UNITAÁ 8-9

UNITAÁ 10 d

Sintesi LEZIO in slide N gruppo E 25

I verbi in -li del primo con il tema del presente uguale al tema verbale

OBIETTIVI ^ Conoscenze: d

d

d

Morfologia: > i verbi in -li del primo gruppo con il tema del presente uguale al tema verbale Sintassi: > le determinazioni di tempo > la proposizione avversativa > la proposizione eccettuativa > i verba curandi Elementi di lessico: sostantivi, verbi composti di ei$li*, ei#li e jei&lai di alta e media frequenza,

^ AbilitaÁ: d

d d

d

d

d

d d

riconoscimento dei verbi in -li del primo gruppo con il T. P. uguale al T. V. distinzione tra le diverse determinazioni di tempo riconoscimento delle proposizioni avversativa ed eccettuativa riconoscimento delle proposizioni dipendenti dai verba curandi capacitaÁ di coniugare i verbi in -li del primo gruppo con il T. P. uguale al T. V. memorizzazione e organizzazione delle conoscenze lessicali capacitaÁ di svolgere esercizi di vario tipo capacitaÁ di analizzare e tradurre frasi e brani di varia difficoltaÁ

c StoaÁ di Attalo, porticato che era ubicato nell'AgoraÁ di Atene. Completamente ricostruita, attualmente ospita il Museo dell'AgoraÁ.

I verbi in -li del primo gruppo con il tema del presente uguale al tema verbale

215

d

TEST DI VERIFICA DEI PREREQUISITI Rispondi alle seguenti domande. 1. Come eÁ detta la coniugazione dei verbi in -li? 2. In quali tempi essi differiscono dai verbi in -x? 3. In quanti gruppi sono di solito distinti? 4. Quali sono i piuÁ comuni verbi in -li del primo gruppo, che hanno il tema del presente uguale al tema verbale? 5. Qual eÁ la radice apofonica di ei$li*? 6. Quali sono i suoi tempi e i suoi principali significati? 7. Da quale verbo eÁ sostituito negli altri tempi? 8. Dal punto di vista dell'accentazione come si definiscono le voci del presente indicativo di ei$li* (tranne la seconda persona singolare)? 9. Qual eÁ la radice apofonica di ei#li?

10. Quali sono i suoi tempi e i suoi principali significati? 11. Da quali verbi esso eÁ spesso sostituito? 12. Qual eÁ la radice apofonica di ugli*? 13. Quali sono i suoi tempi e le sue voci enclitiche? 14. EÁ apofonica la radice di jei&lai? E quella di g'lai? 15. Quali sono i tempi di questi ultimi due verbi? 16. Quali sono le poche voci usate di g$li*? 17. Che cosa era originariamente il verbo impersonale vqg*? A quale espressione latina corrisponde? 18. Quali sono i verbi deponenti in -li con il tema del presente uguale al tema verbale bisillabico in -a? Scrivi accanto ad ognuno di essi il significato.

Ei$li* E COMPOSTI Repertorio lessicale d

d

d

d d

a>p-eili (io sono lontano da, sono assente, sono privo di) e>m-eili (io sono dentro, sono tra, sono in mezzo a); sa+ e$mo*msa (part. n. pl., cioÁ che eÁ possibile) e>n-eili (io ho origine da, derivo da); e>nersim (con val. impers., eÁ lecito) e>p-eili (io sono sopra, sovrasto) le*s-eili (io sono partecipe di,

Es. n. 1 -

d

sono tra); le*sersim (con val. impers., riguarda, tocca, spetta, interessa a) pa*q-eili (io sono presente, sono presso, assisto); pa*qersim (con val. impers., eÁ lecito); sa+ paqo*msa (part. n. plur., le circostanze presenti, le cose presenti, il presente); oi< paqo*mse| (part. masch. pl., i presenti)

d

d

d

peqi*-eili (io sono superiore a, sto intorno, circondo, sopravvivo) pqo*r-eili (io sono presso, sono presente); sa+ pqoro*msa (part. n. pl., le proprietaÁ) rt*m-eili (io sono insieme, abito con, favorisco); oi< rtmo*mse| (part. masch. pl., i compagni)

Analizza e traduci le seguenti voci verbali.

Ð lesg&ram - e>rerhai - e>mirhi - oi< paqero*lemoi - a$pe*rerhai - g#ram - e>rse - a/m ei>g # ri(m) - e$no*m - rtme*rsai - ai< ot#rai - o< e$ro*lemo| - a>pihi - g#rsom - x # lem - oi< o>mse| x e$roi*leha - ei$ri*(m) - e>nersim - oi< a$po*mse| - paqot&rim - a/m paqei*gm - e>rolai - sx &m o>msxm - e>roio - ei# - g#rha - ei#mai - e$rso*m - rtmeroi*lgm - e$nei&mai - rtme*rsx - >irhi - a/m # - pa*qeiri(m). ei>gm - x Ð che tu sia - essi potrebbero essere - a colei che eÁ - di coloro che saranno - di colui che eÁ - voi due eravate - essere - voi due siete - noi saremo - essendo lontano (part. nom. masch.) - essere per essere - eÁ lecito - tu eri lontano - essi saranno - a coloro che sono - io sono dentro - egli era - essi avranno origine - io fui - a quelle che sono presenti - a colei che eÁ assente - che voi siate lontani - di coloro che sono - coloro

216

UNITAÁ 10

che sono intorno (sogg.) - che io sia superiore - essendo presente (part. nom. masch.) - di coloro che sono sopra - a quelli che sono insieme - essere intorno - tu sei - essere assente - essendo superiori (part. nom. femm.) - essere partecipe - sii presente tu - voi due potreste essere superiori.

Le determinazioni di tempo SCHEDA SINTATTICA

Ð «al tempo di» GRECO: e$pi* e il genitivo LATINO:

temporõÆbus, aetate e il genitivo r $Epi+ sot& Jai*raqo|, ei$| $Ari*am e>bglem. Caesaris aetate, in Asiam ivõÆmus. Al tempo di Cesare, andammo in Asia.

Ð «verso» GRECO: jasa*, a$lui*, peqi*, tixlem

& & &

3. z#ram

& & &

5. z>eirha

& & &

7. z#lem

& & &

9. ei$de*mai

& & &

Es. n. 6 -

che noi andiamo noi andiamo che noi siamo

2. >irsx

essi dicevano essi andavano essi erano

4. g#lem

tu sai tu eri tu andavi

6. e>rsom

noi eravamo che noi siamo noi andavamo

8. e>rse

essere sapere andare

& & & & & & & & & & & &

10. >iari(m)

& & &

sappia egli vada egli sia egli noi andavamo noi eravamo noi sapevamo siate voi due sappiate voi due andate voi due voi siete siate voi che voi siate essi sanno essi vanno essi sono

Trasforma i seguenti participi congiunti (che esprimono una proposizione subordinata implicita) in una proposizione subordinata esplicita, secondo le indicazioni fornite; poi traduci. L'esercizio eÁ avviato.

1. i$x*m (? prop. temporale) 2. petro*lemoi (? prop. finale)

o%se ei#ri quando va

3. kabo*mse| (? prop. temporale) 4. ai$rhamo*lemo| (? prop. causale) 5. uobot*lemoi (? prop. concessiva) 6. cicmx*rjomse| (? prop. avversativa) 7. bka*wxm (? prop. finale) 8. a$cce*kkomse| (? prop. condizionale) 9. imhqxpom, so+ le+m at$sot& hmgso+m a$pohmg*rjei, so+ d$ a$ha*masom oi>vesai a$pio*m. - 3. Sx & m Lg*dxm e$pio*msxm, oi< $Ahgmai&oi diamoghe*mse| sg+m po*kim e$jkipei&m, ei$| sa+| mat&| ei$rba*mse|, matsijoi+ e$ce*momso. - 4. At$so+| ei$| vei&qa| s{ & Jt*q{ i$e*mai ot$j g>hekem, pqi+m g< ctmg+ at$so+m e>peirem. - 5. ixlem.» - 6. Soi&| pqo+| sg+m rsoa+m i$ot&rim, g=m Poiji*kgm o$mola*fotrim, e>rsim utcom. I cittadini videro i nemici e, poiche erano stati terribilmente colpiti, fuggirono dalla cittaÁ.

Ugli*, jei&lai E COMPOSTI, ja*hglai, g$li*, vqg* Repertorio lessicale d

d

d

a$ma*-jeilai (io sono offerto, sono consacrato) dia*-jeilai (io mi trovo in una certa situazione, sono disposto) e$pi*-jeilai (io sto sopra, minac-

Es. n. 9 -

d

d

cio, sovrasto, incombo su) peqi*-jeilai (io giaccio intorno, porto intorno a me, sono cinto da) pqo*-jeilai (io giaccio innanzi,

d

mi trovo innanzi, sono esposto, mi protendo) tugrha - ua*mai - e$pi*jeisai - ua*hi jei*romsai - a/m uai*g - uz*|. Ð di' tu - essi giacevano - noi diciamo (ugli*) - giaccia egli - di coloro che dicono - essi sono disposti - voi potreste dire - giacere - voi state intorno (peqi*jeilai) - di colei che dice - egli potrebbe giacere - essere sottoposto - che essi dicano - colei che giace

222

UNITAÁ 10

(compl. ogg.) - era necessario - sta' seduto tu - di coloro che minacciano (e$pi*jeilai) - voi dicevate - a coloro che giaceranno - essendo necessario - quelle che saranno sottoposte (compl. ogg., tm, dopo un tempo principale) o dall'ottativo obliquo (dopo un tempo storico). La negazione eÁ lg*. )

224

UNITAÁ 10

Nella forma implicita queste proposizioni si possono costruire con l'infinito, l'accusativo e l'infinito, il participio predicativo: ^ Uqomsi*fx o%px| pqa*nei| a$ni*a| e$latsot& pqa*nx. Curo ut res me dignas faciam. Mi preoccupo di fare azioni degne di me.

$Erpot*danem xse jahet*deim dt*malai, ot>se (infin. pres. di jasa*jeilai) , e>si okauo| e$m Oi$mo*z, vqtro*jeqx|, $Aqse*lido| i lxm, dia+ sg&| $Aqjadi*a| g$pei*ceso. x Lesa+ $Apo*kkxmo| de+ >Aqseli| rtmstvot&ra [essendosi incontrata per caso (con EÁracle)] a$uzqei&so jai+ so+ ivim jas$ at$sot& e$qvo*lemom, ei$| so+m posalo+m ese t%daso| rsoivei&om a$ruake*| e$rsim. (da ESOPO)

ddd §

s

7. Le ultime parole di Ciro

s

# >Emioi* uari x * * * pai&de|, osam seketsgrx Ð eug Ð, lgs$ em vqtr{ & lgs$ em aqctq{ hg&se (ponete), a$kka+ sz& cz& xdg ca+q g< wtvg+ e$jkei*peim loi uai*mesai. Ei$ ot#m si| tnx pa*rg| sakaipxqi*a| e>rolai. * / > pelwem a$ccekot&msa| xktrem, x msa, a po sx & & m derlx & m kthe*msa, po*am kalba*momsa, $amerji*qsa jai+ e$uqta*sseso jai+ wo*uom pokt+m g>ceiqe. jai+ ai< sx & m o$qx & m ua*qacce| rtmepg*votm. Sot+| de+ rsqasix*sa| a>kkom a$kkavot& rjedarhe*msa| (sparpagliatisi) e$je*ketre

232

UNITAÁ 10

dipka& jai+ sqipka& ptqa+ a$majat&rai. Oi< de+ Pekopommg*rioi, s{ & sg&| jqatcg&| pkg*hei jai+ $ > vomso. s{ & sot& wo*uot lece*hei uemajirhe*mse|, atsi*ja uet*comse| { ddd §

s

12. Il re dell'Armenia viene catturato da Ciro

s

dxje (lo concesse).» $Emsat&ha dg+ o< $Aqle*mio|, sg+m a$ma*cjgm cicmx*rjxm, { jase*baimem jai+ o< Jt&qo|, jai+ e$jei&mom jai+ sot+| a>kkot| rt+m at$s{ & kabx*m, e$rsqasopedet*raso. ddd §

s

13. Le ultime parole di Pericle

s

>Omso| g>dg pqo+| s{ & seketsa&m sot& Peqijke*ot|, peqijahg*lemoi oi< be*ksirsoi sx &m $ $ < * + * + + * + pokisx & m jai oi peqiomse| sx & m uikxm sa| atsot& pqanei| amelesqot&mso jai so sx &m sqopai*xm pkg&ho|. e$mme*a ca+q g#m a= mijx & m trsgrem (innalzoÁ). Sat&sa de+ at$soi+ pqo+| a$kkg*kot| dieke*comso. jeiso, pa&ri so+m mot&m pqore*vxm, jai+ uhecna*lemo| ei$| le*rom e>ug hatla*feim o%si sat&sa at$sot& e$paimot&ri jai+ lmglomet*otrim, a= jai+ pqo+| sg+m st*vgm joima* e$rsi jai+ g>dg pokkoi+ rsqasgcoi+ pepoig*jarim, so+ de+ ja*kkirsom jai+ le*cirsom ot$ ke*cotri. «Ot$dei+| ca*q Ð e>ug Ð sx &m $ < * + * * $Ahgmai*xm di$ ele lekam ilasiom peqiebakeso.» ddd §

s

14. Coriolano incontra la madre Veturia

s

Sat&s$ ei$pot&ra e>q$qse reatsz& ot>s$ e$loi*. sg+m e$jve*a| da*jqta ei#pe. «Mijy&|, x le+m ca+q pasqi*da re*rxja|, e$le+ de+ so+m et$rebg& jai+ uiko*rsoqcom timha so+m koipo+m sg&| gEpeih$ ai< le+m ctmai&je| ei$| sg+m po*kim a$pz*eram, o< de+ La*qjio| e$m e$jjkgri*y sa+| ai$si*a| a$pe*dxje (spiegoÁ) soi&| paqot&ri di$ a=| e>lekke kt*eim so+m po*kelom. (da DIONIGI DI ALICARNASSO)

I verbi in -li del primo gruppo con il tema del presente uguale al tema verbale

233

UNO SGUARDO AL PASSATO La famiglia Il matrimonio

I

l matrimonio (ca*lo|) per gli antichi Greci era uno dei momenti piuÁ importanti della vita. Il fine fondamentale di esso era la procreazione di figli legittimi, soprattutto maschi, che perpetuassero la famiglia (oi#jo|). Sposarsi era sentito quasi come un dovere; ad Atene non era obbligatorio per legge, tuttavia i celibi non godevano di buona fama; a Sparta, come sembra, il celibato era persino punito. Nei tempi piuÁ antichi il matrimonio aveva il carattere di un rapimento, come viene testimoniato nei poemi omerici; infatti, colui che desiderava sposare una donna la rapiva e successivamente pagava al padre di lei, quasi come se la comprasse, il prezzo per l'acquisto, cioeÁ i doni nuziali (e%dma, terre o bestiame), che costituivano una specie di dote, versata al suocero come pegno del matrimonio. Con il passare del tempo ad Atene si diffuse l'uso, pienamente attestato in etaÁ classica, secondo il quale era il padre che assegnava alla figlia una dote, per cui, da oggetto quasi comprato dal marito, la donna si trasformoÁ in una vera moglie. Il matrimonio ateniese prevedeva un iter molto

complesso e scandito da rituali ben definiti. La fanciulla, all'etaÁ di quindici anni circa, era promessa a un uomo che, in genere, era piuÁ anziano di lei e che la chiedeva in moglie al padre o al fratello di lei, nel caso in cui il padre fosse morto. Il matrimonio, per essere considerato valido, almeno a partire dal V secolo a.C., doveva avvenire tra due cittadini ateniesi; solo in questo modo, infatti, potevano essere generati figli legittimi. Il ca*lo| era preceduto dalla promessa di matrimonio (e$cct*gri|), una cerimonia durante la quale vi era lo scambio di una promessa tra l'aspirante sposo e il futuro suocero oppure, in mancanza del padre della sposa, un fratello maggiore, un nonno, uno zio o un tutore. In tale occasione, alla presenza di testimoni, era redatto un contratto, in cui, veniva anche stabilita la dote (ueqmg*) della sposa (case, terreni, schiavi, bestiame, denaro). La dote rimaneva proprietaÁ della sposa, ma era data in usufrutto allo sposo, che rispondeva dell'amministrazione e della conservazione dei beni della moglie. La cerimonia delle nozze durava tre giorni. Nel primo giorno il padre della sposa faceva offerte agli deÁi protettori delle due famiglie, poi presentava la sposa ai parenti dello sposo. Dopo un

)

m Particolare di un epõÁnetron (conocchia) proveniente da Eretria, che rappresenta i preparativi nuziali. Atene, Museo Archeologico Nazionale.

234

UNITAÁ 10

sposo rimaneva a guardia della porta, affinche nessuno disturbasse gli sposi. Il terzo giorno, cioeÁ quello dopo la prima notte di coabitazione, la sposa riceveva doni inviati dal padre e dai parenti (vestiti, calzature, oggetti vari) e per la prima volta dopo le nozze si mostrava senza velo. Poi lo sposo offriva un banchetto al quale partecipavano i membri della sua famiglia. Il divorzio (g< sot& ca*lot dia*ktri|) poteva avvenire per volontaÁ del marito o della moglie o di terzi. L'uomo non aveva bisogno di particolari motivi per chiedere lo scioglimento del matrimonio, pur essendo tenuto alla restituzione della dote; in genere, egli chiedeva il divorzio o per la sterilitaÁ della moglie o per un suo adulterio. Anche la donna aveva il diritto di divorziare o per maltrattamenti o per percosse. m Particolare di un vaso in ceramica, che rappresenta l'abbigliamento di una sposa. Mosca, Museo PusÏkin delle Belle Arti.

sacrificio a Zeus e ad Era, i genitori della sposa la conducevano sull'acropoli, dove si offriva un altro sacrificio ad Atena, alla quale la fanciulla di solito offriva una ciocca di capelli e i suoi giocattoli. In seguito gli sposi facevano un bagno di purificazione con l'acqua attinta dalla fonte Calliroe. Nel secondo giorno nella casa della sposa, ornata a feste con ghirlande di fiori, avveniva il banchetto nuziale (hoi*mg calijg*), offerto dal padrone di casa. Ad esso la sposa partecipava velata, dopo essere stata preparata dalla accompagnatrice della sposa (mtluet*sqia), che l'assisteva durante tutto lo svolgimento della cerimonia. La sera, terminato il banchetto, aveva luogo il corteo (polpg*) nuziale, formato da parenti e amici, che, al lume delle torce, accompagnavano la sposa verso la casa del marito, intonando l'imeneo (tmet («senza») e il genitivo di un sostantivo (cfr. lat. sine e l'ablativo di un sostantivo): ^ Bot*kolai la*verhai a$jimdt*mx| (a$ji*mdtmo|, a>met jimdt*mxm). Sine periculis pugnare volo. Voglio combattere senza correre alcun rischio.

$Ape*qvolai ot$de+m a$jot*xm. AbeÆo nihil audiens. Me ne vado senza ascoltare nulla. Es. n. 2 -

Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci verbali di di*dxli e composti; poi traduci.

d d

LA LINGUA GRECA... di*dxli

SCHEDA SEMANTICO-SINTATTICA...

di*dxli

1. mhqxpo| htcase*qa ctmai&ja a$cah{ & a$mdqi+ e$di*dot . - 2. Oi< Pe*qrai i$rvtqx &| e$jo*kafom sot+| va*qim a$podido*mai lg+ botkole*mot|. - 3. Pqo+| so+m Rxjqa*sgm Ai$rvi*mot ei$po*mso|. «Pe*mg| ei$li+ jai+ a>kko ot$de+m e>vx, e$latso+m de* roi di*dxli», o< Rxjqa*sg| ei#pem. «#Aq$ ot#m ot$j ai$rha*mz sa+ le*cirsa* loi didot*|;» - 4. vxm s{ & lg+ e>vomsi lesadido*sx. - 5. rst bai*mxrim. Cavent ne in urbem eant. Si guardano dall'andare in cittaÁ.

Es. n. 10 - Volgi dal singolare al plurale le seguenti voci verbali, lasciando inalterati il modo, il tempo,

la persona e la diaÁtesi; poi traduci.

%iesai - %irsarai - %irsg| - %irsaro (imperat.) - ikkai po*kei| e$m bqavei& a$uersg*notrim. ' m g< pokisei*a rtme*rsgjem. o< a>qvxm, o< dijarsg*|, o< i$dix*sg|. - 4. Sqi*a e$rsi+m e$n x 5. Pokka*ji| ai< rtluoqai+ sot+| a$mhqx*pot| rxuqomerse*qot| jase*rsgram (aor. gnomico). - 6. Ei$ sot+| a>kkot| paidet*eim bot*kei, sg+m reatsot& rxuqort*mgm paqa*deicla soi&| a>kkoi| save*x| jasarsg*hi. - 7. Lxq{ & simi timola s{ & ti{ & hg*resai «So+ e$lo*m ± e>ug ± o>mola e%nei ja$cx+ a>met o$mo*laso| lemx & .» - 8. pqarrom, o%px| soi&| baqba*qoi| uo*bom e$mhei&em. - 10. cgle sg+m sot& kkoi| paqg*cceikem,

b. ei$| sg+m a$qvg+m jasarsa*|.

3. kecem.

Es. n. 28 - Analizza e traduci le seguenti frasi. d d

1. Le tue parole riempirono di gioia il mio animo. - 2. Il prigioniero fu legato e condotto nell'accampamento. - 3. I nostri si accostarono (m. di pqorsi*hgli) subito ai nemici e li vinsero. - 4. Lo schiavo fu lasciato libero (a$mi*gli) dal padrone. - 5. Non mi sono opposto (m. di a$mhi*rsgli) a voi in questa decisione. - 6. L'esercito assedieraÁ (m. di peqii^rsgli) la cittaÁ e la prenderaÁ in pochi giorni. - 7. Il nemico brucioÁ tutte le case della nostra cittaÁ. - 8. Sia a noi che a voi giova fare cioÁ. Es. n. 29 - Analizza e traduci le seguenti frasi. d d

1. I re dei due popoli si accordarono (m. di rtmi*gli) e la guerra cessoÁ. - 2. I cittadini che tradiranno (pqodi*dxli) la patria saranno severamente puniti. - 3. L'auriga si pose (m. di e$pisi*hgli) subito sul carro. - 4. I fanciulli si sono raccolti (m. di rtmi*rsgli) nella piazza. 5. Vogliamo restituirgli (a$podi*dxli) tutti i suoi beni. - 6. Il re daraÁ in matrimonio (m. di e$jdi*dxli) la figlia. - 7. I soldati resistevano (m. di a$mhi*rsgli) per lungo tempo, poi abbandonarono (a$mi*gli) la lotta. - 8. Ho intenzione di rinunziare (le*kkx + inf. fut. di lehi*gli) a tutto, tranne che alla libertaÁ.

VERBI IN -li CON IL TEMA DEL PRESENTE IN -mtli Es. n. 30 - Analizza e traduci le seguenti voci verbali.

Ð deijmt*gsai - fetcmt*ari(m) - leicmt*xlem - a/m deijmt*oi - qcmtri(m) - e$fet*cmtram - pg*cmtro - deijmt*z| - e>ana| - g< leicmtle*mg pgcmt*sx - dei*jmtrhai - a>neim - e$li*cg| - o$lot&lai - o< deijmt*| - o>kxka| - pg*neim e$ft*cgm - a/m deijmt*oimso - e>deine(m) - x$ko*lgm - le*leiclai - dei*jmt| - o$ke*rei - e>{ca > kera| - leivhg*rg - dei*nei| - e>qqgne(m) - de*deiva|. e$a*vhg - e$fetna*lgm - qmsxm vqgla*sxm rtllei*cmtsai* se jai+ diajqi*mesai.» - 9. Oi%sime| dijaiort*mgm e$pideijmt*oimso, sot*sot| o< Jt&qo| pkotrixse*qot| e$poi*ei. 10. #X rsqasix & sai, e>qcoi| sg+m a$qesg+m a$podeijmtx*leha.

Es. n. 32 - Analizza le seguenti frasi, individuando le voci dei verbi in -li; poi traduci. d d

1. Ai< de+ la*vaiqai trsaram a$luose*qxhem sg&| ovomse| sa+ do*qasa, hex*lemoi sot+| e$nio*msa|. (da SENOFONTE) - 9. %Osam g< e$jjkeri*a jahirsg&sai, e$peida+m peqi+ oi$jodoli*a| oi< poki&sai rtlbotket*xrim, sot+| oi$jodo*lot| lesape*lpomsai rtlbot*kot|. (da PLATONE) - 10. kktli) una bella statua di Zeus. - 6. Solo gli sciocchi sono soliti mescolare il bene con il male. - 7. Mostrami il tuo valore ed io ti stimeroÁ uomo degno della mia amicizia. - 8. Hanno giurato delle cose, ma ne fanno altre.

VERBI IN -li CON IL TEMA DEL PRESENTE IN -mmtli Es. n. 35 - Analizza e traduci le seguenti voci verbali.

Ð vqx*rei| - rbe*reim - a/m pesammt*oili - o< jeqammt*| - o< rbemmt*lemo| - pesa*rei| jeqa*mmtlem - a/m rsqxmmtoi*leha - jqelarse*a - e%mmtlai - joqe*mmtrhai - e$fx*mmt - o< rjeda*rxm - e$je*qara| - e$pe*sare(m) - e>rbg - jqela*mmt - rberso*| - rsqx*rx jqelarhg*resai - e$rjeda*rhg - e>qqxlai - je*jqarlai - o< g$luierle*mo| - e$rsqx*hg| qrbere(m) - qqqxra - rjedarhg*rerhai rsqxso*|. Ð di coloro che si stendono - tu ti saziavi - voi due stendete - mischia tu - essi si disperdevano - tu mischi - voi due spegnerete - egli stendeva - mischiarsi - colui che appende (compl. ogg.) - tu colorerai - egli si spense - colui che rinforzoÁ (sogg.) - di coloro che si stesero - essere sul punto di saziarsi - io dispersi - tu spegnesti - essi stenderanno - aver spento - tu hai mischiato - essi sono stati rinforzati - tu sei forte (perf. m. di qse fx & mso| ot>se seketsg*ramso|.

I verbi in -li del primo gruppo con il tema del presente raddoppiato I verbi in -li del secondo gruppo

d

261

LABORATORIO LESSICALE Dal sostantivo neutro g#ho|, -ot| («dimora, sede, consuetudine, uso, costume, istituzione, carattere, modo di agire») derivano i seguenti termini greci: ± ± ± ± ± d

g$h-ake*o| (solito, abituato, consueto) g$h-a*| (abituato, pratico, familiare) g$h-ijo*| (che riguarda i costumi, morale, etico) g$h-ijo*sg| (moralitaÁ) g$ho-cqaue*x (io descrivo i costumi, dipingo il carattere)

± g$ho-koce*x (io imito i costumi, rappresento il carattere) ± g$ho-poie*x (io formo il carattere, descrivo il carattere)

Dei precedenti termini memorizza quelli evidenziati in neretto.

Da g#ho| derivano anche alcuni vocaboli italiani: ± bioetica ± etica d

± eticitaÁ ± etico

± etologõÁa ± etoloÁgico

± etoÁlogo ± etopeÁa

Con l'aiuto del dizionario italiano, indica il significato dei termini evidenziati in neretto.

Es. n. 38 - Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci dei verbi con il tema del presente in -mmtli; d d

poi traduci.

1. S{ & derpo*sz o< le+m jki*mgm rsqx*mmtrim, o< de+ sqa*pefam jorlei&. - 2. mhqxpo| pomgqo*| loi dojei&; Num ille improÆbus mihi videtur? Forse che quell'uomo mi sembra malvagio?

Oratio obliqua . # qa lg+ e$jei&mo| o< a>mhqxpo| $ mhqxpoi g#ram oi= so+m barike*a e$re*bomso. Multi homines erant qui regem coleÆrent. Vi erano molti uomini che veneravano il re.

$Epeidg+ rt+ sg+m a$kg*heiam ke*cei|, jai+ e$cx+ sat$so+ poig*rx. Quia verum dicis, etiam ego idem faciam. Poiche tu dici la veritaÁ, anch'io faroÁ la stessa cosa.

Oratio obliqua Pa*mse| e>kecom o%si at$so+| uai*g ei#mai pokkot+| a$mhqx*pot|, ot=| a/m so+m barike*a re*berhai. Omnes dicebant eum adfirmare multos homines esse qui regem coleÆrent. Tutti dicevano che egli affermava che vi erano molti uomini che veneravano il re. Pa*mse| moli*fotrim, e$peidg+ rt+ sg+m a$kg*heiam ke*cei|, jai+ e$le+ sat$so+ poig*reim. Omnes putant, quia verum dicas, etiam me idem facturum esse. Tutti pensano che, poiche tu dici la veritaÁ, anch'io faroÁ la stessa cosa.

Analizza le seguenti frasi, sottolineando le voci dei verbi con il tema del presente in -mmtli;

Es. n. 39 - poi traduci. d

LA LINGUA GRECA... ji*mdtmo|

1. So+ pacjqa*siom e$j ptclg&| jai+ pa*kg| le*lijsai. - 2. Sg+m a$kg*heia*m roi dei*nx, a$kka+ a>jxm. - 3. Oi< kaiom sg+m uko*ca at$na*mei jai+ e$piqqx*mmtrim. - 5. kecem; (irrealtaÁ nel passato). Chi avrebbe detto cioÁ? >Edqalem a>m (azione iterativa). Correva spesso.

266

UNITAÁ 11

)

Nelle proposizioni subordinate eÁ usata: Ð nelle relative, temporali e finali espresse con il congiuntivo (eventualitaÁ), Ð con il participio o l'infinito (possibilitaÁ o irrealtaÁ): ^ Oi< rsqasix & sai a$mdqei*x| la*vomsai, o%px| a/m sg+m pasqi*da r{*fxrim (eventualitaÁ). I soldati combattono coraggiosamente, per poter salvare la patria.

Moli*folem at$sot+| a$cahot+| pai&da| a/m ei#mai (possibilitaÁ). Crediamo che essi potrebbero essere buoni figli. Es. n. 41 - Analizza e traduci le seguenti frasi. d d

1. L'amico chiedeva al vecchio se avesse accumulato (vx*mmtli) molte ricchezze. - 2. Dopo quella sconfitta nel cuore del generale fu spento ogni desiderio di vivere. - 3. La padrona indossoÁ (a$luie*mmtli) il mantello e si recoÁ con le ancelle al tempio. - 4. Noi pensiamo che, poiche tu sei forte (perf. m. di qEpeisa de*. «$Ea+m de+ pqo+| so+m ji*mdtmom a$podeikia*rgse, e$jei&moi tdeinem. ddd §

s

9. Ettore e Achille

s

ug. «#X $Avikket&, mt&m g/ at$so+| a$pokot&lai g/ a$pokx & re. >Olmtli de+ so+ ro+m rx & la lg+ ktlamei&rhai, e$a+m o< Fet+| e$loi+ sg+m $ + + + % * mi*jgm did{ , a kka sa le m o pka rot rtkg ra|, a$majqelx & & lmglei&a sg&| mi*jg| o>msa, so+ de+ < $ $ * + > rx & la s{ & r{ & pasqi apodxrx. Ei loi olokocei&|, satso+ jai+ rt+ o>lorom e$loi*.» Ot$ le*msoi o< $Avikket+| e$pei*rhg, a$kk$ e$pei+ so+m %Ejsoqa a$pe*jseimem, so+ at$sot& rx & la, e$j sot& a%qlaso| dg*ra|, dia+ sot& pedi*ot ei'kjem, e$pideijmt*lemo| o%si sot& e$vhqot& ot>se fx & mso| ot>se seketsg*ramso| uei*desai. Jai+ o< %Ejsxq ot>se sa+ sx & m ui*kxm da*jqta ot>se sot+| molifole*mot| e$macirlot+| ot$j a/m e>rvem, ei$ oi< heoi+ lg+ e$je*ketram so+m $Avikke*a s{ & pasqi+ Pqia*l{ so+ rx & la a$podido*mai, xse tse tse tse tse tg jai+ o< Uaqma*bafo|, at$sot& rt*llavo|, lesa+ sot& pefot&. At$soi+ ot#m sat*sgm sg+m gleimam, sz& de+ tg jai+ matlavei&m jai+ pefolavei&m. Sz& de+ pqoseqai*y, e$peidg+ x si| lei*fx fgsoi&, ot$de*pose a/m etvgrem. o%hem ai< Mgqgi*de| g$lg*miram jai+ Poreidx m, at sai | rtmoqcirhei & & $ se epi+ sg+m vx*qam e>pelwe jai+ jg&so|. >Allxmo| de+ vqg*ramso| sg+m a$pakkacg+m sg&| rtluoqa&|, e$a+m g< Jarriepei*a| htca*sgq $Amdqole*da pqosehz& s{ & jg*sei boqa*, sot&so o< Jeuet+| e>pqanem, a$macjarhei+| tix.

3. Vqg+ o%si uqomsi*folem

c. o=m mt&m cicmx*rjotrim a$mdqei&om ei#mai.

4. Moli*fese, e$peidg+ tveso. dd §

s

2. La saggezza del tiranno Pisistrato

s

kkoi| uika*mhqxpo| jai+ pqa&o| jai+ soi&| arsei, a$kka+ jasa+ sg+m vx*qam dierpaqle*moi diasqi*boiem, lg*se, sx & m lesqi*xm et$poqot&mse|, rvoka*foiem sx & m joimx & m e$pilekei&rhai. fgrem, so+ de+ rt*lpam e$p$ e$mme*a jai+ sqia*jomsa e>seri jai+ lgri+ pe*mse jai+ gjorim e>fgrem. qna|, e$m a$jlz& sg&| do*ng| a$pe*hamem.

Versioni di ricapitolazione

289

qirso| e$jqi*hgm. Jai+ sot*| se Jeksi*bgqa| ei'kom a$deku{ & x jai+ Cakasx & m e$jqa*sgra sx & m eqg sa+ peqi+ so+m $Gqidamo+m a%pamsa jase*dqalom jai+ a$marsa*sot| sorat*sa| po*kei| e$poi*gra. Sg+m de+ pedimg+m $Isaki*am e$veiqxra*lgm jai+ le*vqi sx & m se sot& >Allxmo| tise heo+| ei#mai pqorpoiot*lemo|, a$kk$ a>mhqxpo| ei#mai omsa| jai+ dtramajkg*sot| pqo+| so+ joimo+m pa*msxm rtlue*qom, e>rsi d$ o%se (talvolta) jai+ diaueqole*mot| a$kkg*koi| jai+ pokelot&msa|. >Epeihe ot#m jasa+ dg*lot| jai+ ce*mg, oi< le+m i$dix & sai jai+ pe*mgse| e$mede*vomso savt+ paqa*jkgrim at$sot&, soi&| de+ dtmasoi&| a$bari*ketsom pokisei*am pqot>seime jai+ dglojqasi*am, at$s{ & lo*mom a>qvomsi poke*lot jai+ mo*lxm ut*kaji vqgrole*mgm [che avrebbe avuto (il verbo eÁ usato con il doppio dativo)]. peihem, oi< de+ sg+m dt*malim at$sot& dedio*se|, leca*kgm ot'ram g>dg, jai+ sg+m so*klam, e$bot*komso peiho*lemoi la&kkom g/ biafo*lemoi sat&sa rtcvxqei&m. dd §

10. Il fiume Scamandro s Rja*lamdqo| posalo*| e$rsi sg&| Sq{a*do|. e$jakei&so de+ pqo*seqom Na*mho|, lesxmola*rhg de+ di$ ai$si*am soiat*sgm. Rja*lamdqo|, Joqt*bamso| jai+ Dglodi*jg| pai&|, sx & m sg&| kabem. sat*sgm oi< jase*vomse| ot>se uamsari*am ot>se heo+m o$uhe*msa uobot&msai. Paqa*jeisai d$ at$s{ & o>qo| >Idg, so+ pqo*seqom d$ e$jakei&so Ca*qcaqom. s

(da PLUTARCO)

290

VERSIONI DI RICAPITOLAZIONE

dd §

s

11. EndimioÁne, re della luna

s

+ * > * otdem caq otde rouiralemg xmgra rt caq, ameq, ot lomom otj epaidet*hg|, a$kka+ jai+ vei*qxm reatsot& ce*coma|.» dd §

s

13. Il contadino e la serpe

s

% qy o>uim etkecem. «Di*jaia pa*rvx, so+m pomgqo+m oi$jsei*qa|.» vxm so+m posalo+m so+m Mei&kom, e$jei&hem de+ diaba+| so+m po*qom g'jem e$| Le*luim. jai+ ht*ei e$jei& soi&| se a>kkoi| heoi&| jai+ s{ & >Apidi jai+ a$cx & ma e$poi*gre ctlmijo*m se jai+ lotrijo*m. g'jom de+ at$s{ & oi< a$lui+ sat&sa sevmi&sai e$j donem at$s{ & o< vx & qo| ja*kkirso| jsi*rai e$m at$s{ & po*kim jai+ ceme*rhai a/m et$dai*loma sg+m po*kim. Po*ho| ot#m kalba*mei at$so+m sot& e>qcot jai+ at$so+| sa+ rglei&a. sz& po*kei e>hgjem. (da ARRIANO)

Versioni di ricapitolazione

291

dd §

s

15. Pirro eÁ sconfitto dai Cartaginesi

s

Pqerbei*a sx & m Rtqajotri*xm ei$| Rijeki*am so+m Pt*qqom a$pg*cacem. oi< ca+q Jaqvgdo*mioi diaba*mse| sa+| sx & m po*kexm lpei# qoi gram, St*qioi Uoi*mije| so+ a$qvai&om o>mse|, sot*sxm e$mamsi*a e$bot*ketre matlavg&rai soi&| $Gpeiqx*sai| vqx*lemo|, oi= lgde+ amdqe|).» So*se de+ o< Pt*qqo|, x mia moli*foiem, x cmx*lgm e>veim, ei$ pa*msa pkot*sot jai+ vqgla*sxm x >irarim, soi&| de+ Kajedailomi*oi| o$qci*ferhai, o%si sg+m pemi*am jai+ sg+m a$poqi*am sg+m mt&m paqot&ram soi&| $Ahgmai*oi| lo*mom oIxri rtllavg*romsa|, pokt+ x$qci*rhg. Et$ht+| ot#m so+ so*nom z>serem, kabx+m de+ at$so+ jai+ o$]irso+m e$pihei*|, a>mx ei$| so+m ot$qamo+m a$ug&je jai+ sot&so poix & m e>ug, xvei|, po*kex| sg&| peisa de+ o%si roi jasoqhx*ramsi* se jai+ lg+ stvo*msi pa*msxm a$mhqx*pxm tqvotram.» (da DIONIGI DI ALICARNASSO)

ddd §

s

29. La strage degli abitanti di Selinunte

s

Sx & m Rekimotmsi*xm ei$| sg+m a$coqa+m rtmdqalo*msxm, ot'soi le+m e$msat&ha lavo*lemoi, pa*mse| a$mzqe*hgram, oi< de+ Jaqjgdo*mioi, jah$ o%kgm sg+m po*kim rjedarhe*mse|, sg+m le+m e$m sai&| oi$ji*ai| et$dailomi*am rtmg*qparam, sa+ de+ sx & m e$cjasakeiuhe*msxm rx*lasa e$m sai&| oi$ji*ai| rtcjase*jaiom, sx & m d$ ei$| sa+| ose ut*rim, ot>h$ gueqom. (da DIODORO SICULO)

ddd §

s

30. L'imperatore Tiberio

s

%Ose o< At>cotrso| a$pebi*x, o< Sibe*qio| sg+m lomaqvi*am diede*naso. At$so+| de+ et$pasqi*dg| g#m jai+ e$pepai*detso, sg+m de+ cmx*lgm poijikx*saso|, sot+| ko*cot| sz& ' m ca+q e$bot*keso sa$mamsi*a e>kecem, a>kka le+m e$m pqoaiqe*rei e$mamsi*ot| poiot*lemo|. x uqeri+ jet*hxm, a>kka de+ ke*cxm, jai+ o$qci*ferhai pqorpoiot*lemo| e$m oi'| ot$j x$qci*feso, jai+ e$piei*jeiam rvglasifo*lemo| e$m oi'| e$htlot&so. vhirsom xnia rtlbebgje*mai jai+ at$s{ & ht*eim dei&m jaha*peq ei$ cecomo*si he{ &.

ddd §

s

s

33. La saggezza di Filippo il MaceÁdone

s

wim ei$dx & m (dagli occhi), oi| eluai*mesai so+ gho|, amakalba*motrim (ritraggono), e$ka*virsa sx & m koipx & m leqx & m uqomsi*fomse|, ot%sx| gse pomot&rim e$| so+ & $ $ $ * * > * joimom. Otde si akko amacjg| epei&mai [(si dice che) incomba] soi&| rouirsai&|, o%si lg+ (se non) ht*eim sa+| htri*a| soi&| heoi&| tdqara|. 35 che hai fatto tu. ZEUS. Dici questo, che saroÁ scacciato dal mio dominio? FETR. Sot&so uz*|, e$jperei&rhai* le sg&| a$qvg&|; # Fet&. Pkg+m soiot&so* si PROMEÁTEO. Che non accada, Zeus. Se non che l'uPQOLGHETR. Lg+ ce*moiso, x px. - 27.-28. jai+ ... lamseto*lemo|: il part. ha valore condizionale. - 30. Paqa+ ... at$sz&: eÁ sott. badi*fei| e rtmero*lemo| (part. fut. di rt*m-eili) ha valore finale. Teti, dea del mare, eÁ la madre di Achille. - 31. e>cmx|: ind. aor. fortissimo di cicmx*rjx. - si* ... sot*s{: sott. e$rsi*. - 31-32. Dojei&| ... e$qei&m: costruzione personale di doje*x; e$qei&m eÁ inf. fut. dal tema e$q- (pres.: ke*cx). - 33. joimxmg*rz|: cong. aor. con val. esortativo negativo. - 33.-35. Se Teti avraÁ un figlio da Zeus, questi faraÁ al dio quel che egli ha

c

fatto a suo padre Saturno, cioeÁ lo detronizzeraÁ. - g>m (= e$a*m) regge il cong. aor. jtouoqg*rz. - sevhe*m: part. aor. pass. (con valore sostantivato) di si*jsx. - e$qca*resai: costruito con due accusativi - 36. Sot&so: prolettico dell'inf. fut. e$jperei&rhai (pres.: e$j-pi*psx), che regge il gen. - 37. Lg+ ce*moiso: ottativo aor. forte desiderativo. 39. Vaiqe*sx: imperativo pres., terza persona sing. - 40. e$pi+ sot*soi|: compl. di causa.

TESTI A CONFRONTO

b

PromeÁteo discute con il coro delle Oceanine (Eschilo, Prometeo Incatenato, 226-276) PQ. Â...Ã =O d$ ot#m e$qxsa&s$ ai$si*am jah$ g%msima ai$ji*fesai* le, sot&so dg+ raugmix &. %Opx| sa*virsa so+m pasq{ & om e$| hqo*mom jahe*fes$, et$ht+| dai*lori me*lei ce*qa a>kkoirim a>kka jai+ diersoivi*feso a$qvg*m, bqosx & m de+ sx & m sakaipx*qxm ko*com ot$j e>rvem ot$de*m$, a$kk$ ai$rsx*ra| ce*mo| so+ pa&m e>vqzfem a>kko uist&rai me*om. Jai+ soi&rim ot$dei+| a$mse*baime pkg+m e$lot&. $Ecx+ d$ e$so*klgr$ . e$nektra*lgm bqosot+| so+ lg+ diaqqairhe*msa| ei$| %Aidot lokei&m. S{ & soi soiai&rde pglomai&ri ja*lpsolai, pa*rveim le+m a$kceimai&rim, oi$jsqai&rim d$ i$dei&m. hmgsot+| d$ e$m oi>js{ pqohe*lemo|, sot*sot stvei&m ot$j g$nix*hgm at$so*|, a$kka+ mgkex &| > d$ e$qqt*hlirlai, Fgmi+ dtrjkeg+| he*a. x VO. Ridgqo*uqxm se ja$j pe*sqa| ei$qcarle*mo| o%rsi|, Pqolghet&, roi&rim ot$ rtmarvaky& lo*vhoi|. e$cx+ ca+q ot>s$ a/m ei$ridei&m sa*de e>vqzfom ei$ridot&ra* s$ g$kct*mhgm je*aq.

A - LA SATIRA

PROMEÁTEO. [...] Quanto a cioÁ che chiedevate, per quale motivo, cioeÁ, (Zeus) mi oltraggia, (ve) lo spiegheroÁ. Non appena si insedioÁ sul trono del padre (Crono), subito distribuõÁ alle diverse divinitaÁ vari doni e regolava il (suo) potere, ma 230 non ebbe considerazione alcuna degli infelici mortali, anzi aveva intenzione di distruggerne tutta la stirpe, per crearne una completamente nuova. E nessuno si opponeva a queste cose tranne me. Io ebbi il coraggio (di oppormi): liberai i mortali dalla discesa nell'Ade dopo essere stati sterminati. 235 PercioÁ sono affaticato da tali pene, dolorose a sopportarsi, miserabili a vedersi; io che ebbi commiserazione dei mortali, non fui ritenuto io stesso degno di ottenerla e senza pietaÁ sono punito, spettacolo disonorante per Zeus. CORO. Chi, o Prometeo, non si affligge con te per i tuoi 240 dolori, ha il cuore di ferro ed eÁ fatto di pietra: io, infatti, non avrei voluto assistere a questo spettacolo ed avendovi assistito, ne sono stato straziato nel cuore. 245

307

Jai+ lg+m ui*koi| e$keimo+| ei$roqa&m e$cx*. Lg* pot* si pqot*bg| sx & mde jai+ peqaise*qx; Hmgsot*| c$ e>patra lg+ pqode*qjerhai lo*qom. So+ poi&om et para. Pqo+| soi&rde le*msoi pt&q e$cx* ruim x Jai+ mt&m ukocxpo+m pt&q e>votr$ e$ug*leqoi; $Au$ ot' ce pokka+| e$vlahg*romsai se*vma|. Soioi&rde dg* re Fet+| e$p$ ai$sia*larim ... Ai$ji*fesai* ce jot$dalz& vaky& jajx & m. Ot$d$ e>rsim a>hkot se*qla roi pqojei*lemom; Ot$j a>kko c$ ot$de*m, pkg+m o%sam jei*m{ dojz&. Do*nei de+ px & |; Si*| e$kpi*|; Ot$v ohkot d$ e>jktrim fg*sei sima*. PQ. $Ekauqo*m, o%rsi| pgla*sxm e>nx po*da e>vei, paqaimei&m mothesei&m se sot+| jajx &| pqa*rromsa|. et# de+ sat&sa pa*ms$ g$pirsa*lgm. m ± ei$pe* loi pqo+| sg&| Rstco*|, roi jt*xm jai+ at$so+| x oi'o| g#m o< Rxjqa*sg|, oj, a$kk$ e$pei*peq a$macjai&om at$so+ edei pahei&m, xvoili, e%x| sot& rsoli*ot soklgqoi+ jai+ a$mdqei&oi, sa+ de+ e>mdohem e>kecvo| a$jqibg*|. LEMIPPOR. $Ecx+ de+ px & | roi jasekgkthe*mai e>dona; # Le*mippe, a$ni*x| sot& ce*JEQBEQOR. Lo*mo|, x * + + mot|, jai Diocemg| pqo rot&, lg+ a$macjafo*lemoi ei$rz*eise lgd$ x$hot*lemoi, a$kk$ e$hekot*rioi, cekx & mse|, oi$lx*feim paqaccei*kamse| a%parim. 2. jt*xm: Menippo eÁ un filosofo cinico («cinico» deriva da jt*xm, «cane») e percioÁ si ritiene parente di Cerbero, il > m: part. con valore causale. - sg&| cane infernale. - x Rstco*|: lo Stige eÁ uno dei fiumi infernali. - 3. oi'o| g#m: prop. interrogativa indiretta introdotta da ei$pe*. - omsa: part. con valore causale. - 5. okko gmsi: part. congiunto con valore causale, concordato con roi*. - 22. jase*heso: ind. aor. fortissimo medio di jasa-si*hgli. - 25. Rtccmx*lg: sott. dei& ei#mai. - 26. x$qe*vhg: ind. aor. pass. di o$qe*colai. do*ng|: gen. retto da x$qe*vhg. - gqcom sat&sa hqgmei&rhai la*sgm. a$kk$ a$qjse*om so+ pqa&cla rt+m sa*vei simi*. #X Ha*mase Ha*mase, mt&m l$ e$pi*rjewai lokx*m. jai*soi re+ le+m ja$jei& pqoratdg*rx ntmx*m. # uaemmg&| gpos$ at#hi| t%rseqom. # cg&| ikk$ e$m %Aidot soi&| ja*sx lthg*rolai.

c

850

855

860

queste cose invano; bisogna agire con una certa rapiditaÁ. O Morte, Morte, ora vieni e guardami; tuttavia anche laggiuÁ (negli Inferi) ti parleroÁ e staroÁ con te. A te, invece, o luce splendente di questo giorno, e a te, carro del sole, voglio rivolgere la parola per l'ultima volta, infatti in seguito non (potroÁ farlo) piuÁ. O luce, o sacra pianura della mia terra, Salamina, o focolare dei miei antenati, o splendida Atene, stirpe fraterna, fonti, fiumi e campi troiani, o mio nutrimento, io parlo a voi, vi saluto; a voi Aiace rivolge queste ultime parole, il resto lo diroÁ nell'Ade ai morti.

TESTI A CONFRONTO

b

Aiace ricordato da Ugo Foscolo (Dei Sepolcri, 213-225) Felice te (1) che il regno ampio de' venti (2) Ippolito, a' tuoi verdi anni correvi! 215 E se il piloto ti drizzoÁ l'antenna (3) oltre l'isole egeÁe, d'antichi fatti certo udisti suonar dell'Ellesponto (4) i liti, e la marea mugghiar portando alle prode reteÁe (5) l'armi d'Achille sovra l'ossa d'Aiace: a' generosi 220 giusta di glorie dispensiera eÁ morte; ne senno astuto (6), ne favor di regi (7) all'Itaco (8) le spoglie ardue serbava, che alla poppa raminga le ritolse 225 l'onda incitata dagli inferni Dei (9).

(1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9)

Felice te: il poeta si rivolge ad Ippolito Pindemonte. il regno ampio de' venti: il mare. l'antenna: la nave. Ellesponto: attuale stretto dei Dardanelli. alle prode reteÁe: sulle spiagge del promontorio ReteÁo, dove era sepolto Aiace Telamonio. ne senno astuto: si riferisce a OdõÁsseo. ne favor di regi: si riferisce ad Agamennone. all'Itaco: a OdõÁsseo, re di Itaca. inferni Dei: gli deÁi degli Inferi.

A - LA SATIRA

317

DIALOGHI MARINI ($Ema*kioi dia*kocoi) 1. Poseidone e le NereÁidi (POREIDXMOR JAI MGQEIDXM) Poseidone conversa con le NereÁidi, divinitaÁ marine, figlie di Nereo e DoÁride, che abitano in un palazzo in fondo al mare. Nel corso del dialogo viene ricordato il mito di Frisso ed Elle, figli di NefeÁle e di Atamante, il quale, per consiglio della sua seconda moglie Ino, volle sacrificare i suoi figli a Zeus. Il dio, tuttavia, mandoÁ ai due bimbi un ariete alato dal vello d'oro, che li portasse in salvo. Nel corso del viaggio Elle cadde in mare (che da lei si chiamoÁ Ellesponto), ma suo fratello giunse sano e salvo in CoÁlchide. Poseidone, nel corso di questo dialogo, ordina alle NereÁidi di sollevare il cadavere di Elle e portarlo nella TroÁade, affinche sia seppellito. AnfitrõÁte, una delle NereÁidi e sposa di Poseidone, afferma che eÁ preferibile per la fanciulla essere sepolta nel mare che da lei porta il nome. Poseidone, tuttavia, crede che sia una consolazione, per Elle, essere sepolta nella sua terra natia e aggiunge che tra non molto anche Ino cadraÁ in mare, ma bisogneraÁ salvarla, per fare un favore a DioÁniso, di cui Ino eÁ nutrice. [1.] POREIDXM. So+ le+m rsemo+m sot&so, e>mha g< pai&| jasgme*vhg, qa si* pahot&ra jase*perem a$po+ sot& jqiot&, o< a$dekuo+| de+ o< Uqi*no| a$ruakx &| o$vei&sai; POREIDXM. Ei$jo*sx|. meami*a| ca+q jai+ dt*masai a$mse*veim pqo+| sg+m uoqa*m, g< de+ tEqi| paqa+ so+ dei&pmom e$m Hessaki*y, dio*si lg+ jai+ at$sg+ e$jkg*hg ei$| so+ rtlpo*riom; CAKGMG. Ot$ rtmeirsix*lgm tcxce. o< ca+q # Pamo*pg, a$jt*lamsom e$m Poreidx & m e$je*ketre* le, x * * + * sorots{ utkasseim so pekaco|. Si* d$ ot#m e$poi*grem g< >Eqi| lg+ paqot&ra; PAMOPG. dg jai+ o< Pgket+| a$pekgkt*heram e$| so+m ha*kalom tEqi| de+ e$m sorot*s{ kahot&ra pa*msa| Ð e$dtmg*hg de+ qp-eili (ei#li). - 26. diacmx & mai: inf. > m: part. congiunto con aor. fortissimo di dia-cicmx*rjx. - x valore causale. - 26.-27. a/m ... jqi*mai: ottat. potenziale. 29. a$pi*arim: ind. pres. di a>p-eili (ei#li), con valore di

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# Pamo*pg; CAKGMG. Si* ot#m ai< heai*, x GALEÁNE. Che cosa, dunque, (faranno) le dee, o PanoÁpe? Á PE. Oggi, credo, andranno sull'Ida e qualcuno # $ $ * + * * PAMOPG. Sgleqom, oilai, apiarim e| sgm >Idgm, jai PANO si| g%nei lesa+ lijqo+m a$pacce*kkxm gGdg roi* ugli, ot$j a>kkg jqasg*rei sg&| GALEÁNE. Io te lo dico giaÁ, non vinceraÁ nessun'altra se eÁ $Auqodi*sg| a$cxmifole*mg|, g/m lg+ pa*mt o< diaisgsg+| in gara Afrodite, a meno che l'arbitro (non sia) molto a$lbktx*ssz. miope. futuro. - 30. g%nei: ind. fut. di g%jx. - lesa+ lijqo*m: sott. vqo*mom. - a$pacce*kkxm: part. pres., congiunto con valore finale. - sg+m jqasot&ram: part. con valore relativo-

sostantivato. - 31-32. sg&| $Auqodi*sg| a$cxmifole*mg|: gen. assoluto con valore condizionale. - 32. g>m: equivale ad e$a*m.

3. MenelaÁo e ProÁteo (LEMEKAOT JAI PQXSEXR) Conversano tra loro MenelaÁo e ProÁteo, un dio del mare che abita non lontano dalla foce del Nilo e guida al pascolo le foche e gli altri animali marini. Egli possiede il dono della profezia, ma non vuole fornire informazioni sul futuro agli uomini che lo interrogano, per cui, per sottrarsi ad essi, si trasforma in vari aspetti. MenelaÁo afferma di meravigliarsi non tanto del fatto che ProÁteo diventi acqua, essendo un dio marino, o albero o leone, ma del fatto che egli si trasformi in fuoco. ProÁteo gli risponde di essere come il polipo, il quale, accostandosi allo scoglio, vi aderisce con i tentacoli e muta il suo colore imitando quello dello scoglio. # [1.] LEMEKAOR. $Akka+ t%dxq le*m re ci*cmerhai, x Pqxset&, ot$j a$pi*hamom, e$ma*kio*m ce o>msa, jai+ de*mdqom e>si uoqgso*m, jai+ ei$| ke*omsa de+ ei> px| a$kkacei*g|, o%lx| ot$de+ sot&so e>nx pi*rsex|. ei$ de+ jai+ pt&q ci*cmerhai dtmaso+m e$m sz& haka*rrz oi$jot&msa* re, sot&so pa*mt hatla*fx jai+ a$pirsx &. # Leme*kae. ci*cmolai ca*q. PQXSETR. Lg+ hatla*rz|, x # LEMEKAOR. Eidom jai+ at$so*|. a$kka* loi dojei&| Ð ei$qg*resai ca+q pqo+| re* Ð cogsei*am sima+ pqora*ceim s{ & pqa*clasi jai+ sot+| o$uhaklot+| e$napasa&m sx & m okka, %ima e>si la&kkom oi< botko*lemoi tpx g/ a>mhqxpom.'' $Ele+ de+ he{ & le+m ot$j ei>jarem, a$mhqx*pxm de+ pokk{ & pqoe*jqimem tcxce a$msi+ pepoi*gja* si x Dio+| jai+ %Gqa| jai+ sx & m rt+m sot*soi| hex & m ot>se ht*xm siri+ jaimoi&| dai*lorim ot>se o$lmt+| ot>se o$mola*fxm a>kkot| heot+| a$mape*ugma. [25.] Sot*| ce lg+m me*ot|

B - LA STORIOGRAFIA

pronunciato nei miei riguardi. [16.] Chi dunque, a vostra conoscenza, eÁ meno schiavo di me dei desideri del corpo? Chi degli uomini eÁ piuÁ disinteressato di me, che non accetto da nessuno ne doni ne ricompensa? Chi dunque voi stimereste a ragione piuÁ giusto di un uomo che si eÁ adattato cosõÁ bene a cioÁ che possiede che non ha nessun bisogno di aggiungervi beni altrui? Come ci si potrebbe ragionevolmente rifiutare di chiamarmi un uomo saggio, io che, dal momento in cui ho cominciato a comprendere quello che si diceva, non ho mai cessato, secondo le mie possibilitaÁ, di cercare e di apprendere cioÁ che eÁ bene? [17.] Dell'efficacia dei miei sforzi non vedete voi la prova in questo, e cioeÁ che molti dei miei concittadini, fra quelli che vogliono raggiungere la virtuÁ, e anche molti stranieri scelgono me, a preferenza di ogni altro, per essere miei discepoli? Come spiegare che tutti sanno che io non potrei assolutamente dare in cambio denaro e che tuttavia molti desiderano farmi doni? E che nessuno mi chiede di essergli riconoscente dei suoi benefici, mentre molti confessano di dovermi gratitudine? [...] [19.] E me, che mi comporto cosõÁ, Meleto, tu accusi di corrompere i giovani? Noi, tuttavia, sappiamo bene Ð non eÁ vero? Ð come sono i giovani corrotti. Dimmi dunque se conosci un giovane che la mia influenza abbia reso da pio empio, da moderato violento, da temperante prodigo, da sobrio ubriaco, da laborioso pigro, o infine schiavo di qualunque altro miserabile piacere.» [20.] «Per Zeus Ð rispose Meleto Ð io so quelli che tu hai persuaso ad ubbidire a te piuttosto che ai loro genitori.» «Te lo concedo Ð replicoÁ Socrate Ð, almeno se si tratta dell'educazione, perche essi sanno che io mi sono interessato alla cosa. Ora, quando eÁ in questione la salute, gli uomini ascoltano i medici piuttosto che i loro genitori. Nelle assemblee del popolo tutti gli Ateniesi Ð non eÁ vero? Ð ascoltano gli oratori piuÁ sensati piuttosto che i loro congiunti. Non scegliete voi dunque, come strateghi, a preferenza dei vostri padri e dei vostri fratelli, e anche, per Zeus, a preferenza di voi stessi, quelli che voi ritenete abbiano la migliore intelligenza delle cose della guerra?» «SõÁ, Socrate Ð disse Meleto Ð, cioÁ eÁ a nostro vantaggio ed eÁ la consuetudine.» [21.] «Non ti sembra dunque Ð riprese Socrate Ð strano anche questo, e cioeÁ che coloro i quali dimostrano le piuÁ alte capacitaÁ negli altri campi non sono soltanto considerati alla pari degli altri, ma sono anche piuÁ onorati di loro, mentre io, perche da alcuni sono stimato il piuÁ capace nel bene piuÁ grande degli uomini, voglio dire nell'educazione, incontro per questo motivo da parte tua un'accusa capitale?» [...] [24.] Una volta pronunciata la sentenza, Socrate dichiaroÁ: «Ebbene, o giudici, quelli che hanno fatto la lezione ai testimoni, dicendo loro che bisognava, spergiurando, addurre contro di me false testimonianze, e quelli che si sono lasciati subornare da loro devono necessariamente avere consapevolezza di aver commesso una grande empietaÁ e una grande ingiustizia. Ma perche a me converrebbe stimarmi ora meno di quanto mi stimavo prima della condanna, dal momento che non sono stato convinto di nessuno dei delitti per i quali sono stato perseguito? Non sono stato mai visto, infatti, mentre trascuravo Zeus, Era e gli deÁi che sono loro associati, ne sacrificare a divinitaÁ nuove ne giurare per loro ne nominare altri deÁi. [25.] E i giovani, come potrei corromperli abituandoli ad una vita di resistenza e di

325

px & | a/m diauhei*qoili jaqseqi*am jai+ et$se*keiam pqorehi*fxm; $Eu$ oi'| ce lg+m e>qcoi| jei&sai ha*maso| g< fgli*a, iloice dojei& ei#mai o%px| pose+ e$ua*mg tqcom a>niom e$loi+ ei$qcarle*mom. [26.] $Akk$ ot$de+ le*msoi o%si a$di*jx| a$pohmz*rjx, dia+ sot&so lei&om uqomgse*om. ot$ ca+q e$loi+ a$kka+ soi&| jasacmot&ri sot&so ai$rvqo*m e$rsim. Paqalthei&sai d$ e>si le jai+ Pakalg*dg| o< paqapkgri*x| e$loi+ seketsg*ra|. >Esi ca+q jai+ mt&m pokt+ jakki*ot| t%lmot| paqe*vesai $Odtrre*x| sot& a$di*jx| a$pojsei*mamso| at$so*m. oi#d$ o%si jai+ e$loi+ laqstqg*resai tse a>kk{ ot>se sot*sxm ot$demi*, ot=| oi< diaba*kkomse| e$le* uarim e$lot+| lahgsa+| ei#mai. $Ecx+ de+ dida*rjako| le+m ot$demo+| px*pos' e$cemo*lgm. ei$ de* si*| lot ke*comso| jai+ sa+ e$latsot& pqa*ssomso| e$pihtlei& a$jot*eim, ei>se mex*seqo| ei>se pqerbt*seqo|, ot$demi+ px*pose e$uho*mgra, ot$de+ vqg*lasa le+m kalba*mxm diake*colai, lg+ kalba*mxm de+ ot>, a$kk' o m a/m ke*cx. Jai+ sot*sxm e$cx+ ei>se a$pojqimo*lemo| a$jot*eim x si| vqgrso+| ci*cmesai ei>se lg*, ot$j a/m dijai*x| sg+m ai$si*am ' m lg*se tpqassom ot%sx| x uo*bo| de* loi rtlpaqolaqsx & m lg* si e$m s{ & e$pio*msi vqo*m{ g/ >idoili g/ a$jot*raili g/ pa*hoili vakepo*m, ot$j ei>a seke*x| le le*ca uqomei&m ot$d$ et$uqai*merhai e$jpepsale*mx|. [8.] Mt&m d$ g/m seketsg*rx, jasakei*px le+m tdora*m loi oi< heoi+ ceme*rhai. jasakei*px de+ pasqi*da jai+ ui*kot| et$dailomot&msa|. % rse px [9.] x & | ot$j a/m e$cx+ dijai*x| lajaqifo*lemo| so+m a$ei+ vqo*mom lmg*lg| stcva*moili; Dei& de+ jai+ sg+m barikei*am le g>dg raugmi*ramsa jasakipei&m, xdg, e>ug, e$jkei*peim loi uai*mesai g< wtvg+ o%hempeq, xoijem, pa&rim a>qvesai a$pokei*potra. Ei> si| ot#m tlla sot$lo+m fx & mso| e>si pqoridei&m e$he*kei, pqori*sx. o%sam d$ # pai&de|, lgdei+| e>s$ e$cx+ e$cjakt*wxlai, ai$sot&lai trolai, xsi jajo+m pahei&m, lg*se g/m lesa+ sot& hei*ot ce*mxlai lg*se g/m lgde+m # . okhxrim, sot*sot| et# poig*ramse| e>si x ug, le*lmgrhe* lot seketsai&om, sot+| ui*kot| et$eqcesot&mse| jai+ sot+| e$vhqot+| dtmg*rerhe # ui*koi pai&de|, jai+ sz& lgsqi+ joka*feim. Jai+ vai*qese, x a$pacce*kkese xira| mat&|, Hqart*kk{ d$ $Aqirsoce*mg|. [31.] Ot%sx d$ e$sa*vhgram, %ima lg+ die*jpkotm didoi&em. vei&qom ca+q e>pkeom. Ai< de+ sx & m Kajedailomi*xm a$msisesacle*mai g#ram a%parai e$pi+ lia&| xjorim at$soi&| a$mdqa*rim e$jso+| o$ki*cxm sx & m pqo+| sg+m cg&m pqoremevhe*msxm, sx &m de+ Pekopommgri*xm Kajxmijai+ le+m e$mme*a, sx & m parx &m ot$rx & m de*ja, sx & m d$ a>kkxm rtlla*vxm pkei*ot| g/ eEdone de+ jai+ soi&| sx & m $Ahgmai*xm rsqasgcoi&| emsa| jai+ sx & m sania*qvxm sima+| pkei&m e$pi+ sa+| jasadedtjti*a| mat&| jai+ sot+| e$p$ at$sx & m a$mhqx*pot|, sai&| de+ a>kkai| e$pi+ sa+| les$ $Eseomi*jot sz& Ltsikg*mz e$uoqlot*ra|. Sat&sa de+ botkole*mot| poiei&m a>melo| jai+ veilx+m diejx*ktrem at$sot+| le*ca| cemo*lemo|. sqo*paiom de+ rsg*ramse| at$sot& gt$ki*fomso.

trovava Pericle; in appoggio a Diomedonte Erasinide; a fianco di Diomedonte (erano schierate) le dieci navi dei Samii su una sola fila, comandate da un cittadino di Samo, Ippeo; vicino a lui le dieci navi dei tassiarchi, anch'esse su una sola fila; dietro di queste (vi erano) le tre navi dei navarchi e quello che poteva esserci ancora dei vascelli alleati. [30.] Teneva l'ala destra Protomaco con quindici navi; accanto a lui (c'era) Trasillo con altre quindici; dietro Protomaco si era schierato Lisia con un uguale numero di navi; dietro Trasillo (si trovava) Aristogene. [31.] Gli Ateniesi avevano assunto questa formazione per evitare una rottura della loro linea, perche le loro navi erano meno veloci. Le navi spartane, di fronte ad essi, erano tutte disposte su una sola linea e si trovavano in questo modo pronte alle manovre di rottura e di aggiramento, perche erano piuÁ veloci. CallicraÁtida teneva l'ala destra [...] [33.] Allora si ingaggioÁ una battaglia navale, che duroÁ lungo tempo, dapprima in ordine serrato, poi in ordine sparso. Ma quando CallicraÁtida, caduto in mare nel momento in cui la sua nave abbordava il nemico, fu scomparso nelle onde e Protomaco e quelli che erano con lui ebbero, nell'ala destra, vinto l'ala sinistra avversaria, allora i Peloponnesiaci si misero a fuggire, la maggior parte verso Chio, un certo numero anche verso Focea. Gli Ateniesi ritornarono alle ArginuÁse. [34.] Andarono perdute, degli Ateniesi, venticinque navi con i loro equipaggi, tranne alcuni uomini trasportati dal mare verso la terra; dei Peloponnesiaci (andarono perdute) nove navi spartane su un totale di dieci; degli altri alleati piuÁ di sessanta. [35.] Gli strateghi ateniesi decisero, tra le altre cose, che con quarantasette navi Teramene e TrasibuÁlo, che erano trierarchi, e alcuni dei tassiarchi si portassero in soccorso delle navi sinistrate e dei loro equipaggi e che il resto della flotta andasse ad attaccare le navi ancorate sotto il comando di Eteonico, davanti a Mitilene. Queste erano le loro intenzioni, ma furono fermati dal vento e da una tempesta che sopravvenne con forza; cosõÁ, dopo aver levato un trofeo, restarono sul posto.

Spartani (su una sola fila)

CallicraÁtida

Trasonda (?)

ALA DESTRA

Aristocrate Diomedonte (15 navi) (15 navi) Pericle (15 navi)

Samii (10 navi) Navarchi (3 navi)

Erasinide (15 navi)

(su una sola fila)

Isole ArginuÁse

Tassiarchi (10 navi) alleati (?)

Trasillo (15 navi)

Protomaco (15 navi)

Aristogene (15 navi)

Lisia (15 navi)

COSTA D'ASIA

MARE APERTO

ALA SINISTRA

Ateniesi Schema dello schieramento degli Spartani e degli Ateniesi durante la battaglia delle ArginuÁse.

B - LA STORIOGRAFIA

331

c

TESTI A CONFRONTO

b

Socrate parla della battaglia delle ArginuÁse (Platone, Apologia di Socrate, cap. XX) # $Ahgmai&oi, a>kkgm le+m a$qvg+m ot$deli*am `$Ecx+ ca*q, x px*pose g#qna e$m sz& po*kei, e$bot*ketra de*. jai+ e>stvem gEmha dg+ lesedi*doram ' m ei#vom e%jarsoi. >Emha de+ so+ pt&q e$jai*eso a$kkg*koi| x diasgjole*mg| sg&| vio*mo| bo*hqoi e$ci*cmomso leca*koi e>rse e$pi+ so+ da*pedom. ot' dg+ paqg&m lesqei&m so+ ba*ho| sg&| vio*mo|. [7.] $Emset&hem de+ sg+m e$piot&ram gg. [8.] $Epeidg+ de+ ei#pe* si| at$s{ & sx &m e$lpei*qxm o%si raux & | botkilix & ri ja>m si ua*cxrim a$marsg*romsai, peqix+m e$pi+ sa+ t pot* si oEmha dg+ oi< le+m o$pix rhout*kaje| a%se tdqalom ei$| sot+| pokeli*ot|. oi< de+ ja*lmomse| a$majqaco*mse| o%rom e$dt*mamso le*cirsom sa+| a$rpi*da| pqo+| sa+ do*qasa e>jqotram. Oi< de+ poke*lioi dei*ramse| g'jam atvoi jai+ ... tvxm: part. congiunto con valore relativo. - xrheso: prop. temporale. - lg+ a$pokei*perhai: prop. completiva retta da e$dei&so. - ke*cxm: part. congiunto con valore modale. - seketsx & m: part. predicativo. - a/m dt*marhai: eÁ sott. un verbum dicendi. - [17.] jqa*sirsom ei#mai: infinitiva soggettiva retta da e>done. - lg+ e$pipe*roiem: prop. completiva retta dal verbum timendi uo' m: attrazione del pronome relativo. - [18.] a%se bg&rai. - x tdg si paqakt*omso| sg&| so*klg|, ei>se sg+m e$notri*am jai+ so+m o>cjom, xuqare so+ a$kghe*|, a$kk$ xdgm e>vxm sot& uomet*eim jai+ rjo*sot| o>mso|, a$ma*jkgrim e$rg*lamem. e$kat*mxm de+ pqo+| so+ jimdtmet&om le*qo|, g>jotre jah$ ohmg d$ e$veiqx*raso sqiajo*ria, ltqia*ri de+ paqasana*lemo| jasa+ le*qo| sqiajori*ai|, ekka| de+ sorat*sa| e$fx*cqgrem.

superoÁ, all'altro ancora per la stranezza e la difficoltaÁ dei costumi con i quali venne a contatto, e a quell'altro per la mitezza e la condiscendenza nei riguardi dei vinti, all'altro per i donativi e i favori nei riguardi dei commilitoni, [5.] a tutti poi per il numero delle battaglie combattute e il numero degli avversari eliminati. Infatti, pur non avendo combattuto in Gallia nemmeno dieci anni, egli conquistoÁ a forza piuÁ di ottocento cittaÁ, assoggettoÁ trecento popoli e, schierandosi in tempi diversi contro tre milioni di uomini, ne uccise un milione in battaglia e altrettanti ne fece prigionieri.

c Busto di Gaio Giulio Cesare (44-30 a.C.). Roma, Musei Vaticani.

4. Cesare attraversa il Rubicone (Plutarco, Vita di Cesare, 32, 1-8) Nel 50 a.C. Cesare riceve l'ordine dal Senato di ritornare in Italia senza esercito, tuttavia teme che, facendo cioÁ, possa essere messo da parte o persino arrestato. Decide, allora, di attraversare con la tredicesima legione il Rubicone, pur sapendo che un generale romano che ritorna da una guerra, arrivato al Rubicone, deve lasciare il comando dell'esercito e che, in caso contrario, egli eÁ dichiarato ``nemico pubblico'' di Roma. Di qui nasce la sua incertezza e varie sono le riflessioni sull'audacia del suo gesto. Alla fine, tuttavia, pronunzia la celebre frase «Il dado sia tratto» e attraversa il fiume di corsa.

B - LA STORIOGRAFIA

341

[1.] #Gram le+m ot#m peqi+ at$so+m ot$ pkei*ot| iAkpexm a$pokekeille*mom e>lekkom ' m e$mi*a>neim oi< peluhe*mse|. Â2.Ã uodom ot$ poktveiqi*a| deole*mgm e$m s{ & paqo*msi, la&kkom de+ ha*lbei se so*klg| jai+ sa*vei jaiqot& jasakgpse*am ot#ram (e$jpkg*neim ca+q a$pirsot*lemo| qmet sx & m a>kkxm o%pkxm jasarvei&m $Aqi*limom sg&| Jeksijg&| leca*kgm po*kim, xdei: impers., regge le infinitive soggettive coordinate tra loro a%pamsa| ... jasa*qnarhai (pres.: jasa*qvolai) e cet*rarhai. - [12.] xmdqa sx & m e$piuamx & | t| se sg+m botkg+m jai+ so+m dg&lom z$micle*mxm tdeire jai+ sehxqajirle*mom at$so+m oi% se dtmasoi+ pa*mse| a$po+ sg&| oi$ji*a| jai+ sx & m me*xm pokkoi+ jasg*cacom ei$| so+ pedi*om. Â8.Ã Sot& de+ hx*qajo| e$pi*sgde| > lxm sot& visx tmse| jai+ o$qeco*lemoi sot& pqx & so| e%jarso| ci*cmerhai e$sqa*pomso jah$ gkkoi| vxqi*oi|, ot$ le*msoi sorot&so*| ce koilo+| ot$de+ uhoqa+ ot%sx| a$mhqx*pxm ot$dalot& e$lmglomet*eso ceme*rhai. Â4.Ã Ot>se ca+q i$asqoi+ g>qjotm so+ pqx & som heqapet*omse| a$cmoi*y, a$kk$ at$soi+ la*kirsa e>hmzrjom o%r{ jai+ la*kirsa pqorz&ram, ot>se a>kkg a$mhqxpei*a se*vmg ot$deli*a. o%ra se pqo+| idg. Â3.Ã Kece*sx le+m ot#m peqi+ at$sot& x pose jai+ at#hi| e$pipe*roi, la*kirs$ a/m e>voi si pqoeidx+| lg+ a$cmoei&m, sat&sa dgkx*rx at$so*| se morg*ra| jai+ at$so+| i$dx+m a>kkot| pa*rvomsa|. Â49, 1.Ã So+ le+m ca+q e>so|, xkka| a$rhemei*a| e$st*cvamem o>m. ei$ de* si| jai+ pqot*jalme* si, e$| sot&so pa*msa a$pejqi*hg. Â2.Ã Sot+| de+ a>kkot| a$p$ ot$delia&| pqoua*rex|, a$kk$ e$nai*umg| tmsa| pqx & som le+m sg&| jeuakg&| he*qlai i$rvtqai+ jai+ sx & m o$uhaklx & m e$qthg*lasa jai+ uko*cxri| e$ka*lbame, jai+ sa+ e$mso*|, g% se ua*qtcn jai+ g< ckx & rra, et$ht+| aisopom jai+ dtrx & de| g$ui*ei. Â3.Ã e>peisa e$n at$sx & m psaqlo+| jai+ bqa*cvo| e$peci*cmeso jai+ e$m ot$ pokk{ & vqo*m{ jase*baimem e$| sa+ rsg*hg o< po*mo| lesa+ bgvo+| i$rvtqot&. jai+ ose vkxqo*m, a$kk$ tjqa| vei&qa| jai+ po*da|, jai+ pokkoi+ rseqirjo*lemoi sot*sxm die*uetcom, ei$ri+ d$ oi= jai+ sx & m o$uhaklx & m. Sot*| de+ jai+ kg*hg e$ka*lbame paqatsi*ja a$marsa*msa| sx & m pa*msxm okka vakepxse*qx| g/ jasa+ sg+m a$mhqxpei*am ut*rim pqore*pipsem ekko si o/m g/ sx & m ntmsqo*uxm si. sa+ ca+q o>qmea jai+ sesqa*poda o%ra a$mhqx*pxm a%psesai, pokkx & m a$sa*uxm cicmole*mxm, g/ ot$ pqorz*ei g/ cetra*lema dieuhei*qeso. Â2.Ã Sejlg*qiom de*. sx & m le+m soiot*sxm o$qmi*hxm e$pi*keiwi| raug+| e$ce*meso, jai+ ot$v ese a>kkx| ot>se peqi+ soiot&som ot$de*m. oi< de+ jt*me| la&kkom ai>rhgrim paqei&vom sot& a$pobai*momso| dia+ so+ ntmdiaisa&rhai.

c

dopo. [5.] A chi lo toccava dall'esterno, il corpo non appariva molto caldo ne pallido, ma rossastro, livido, coperto di piccole pustole e di ulcere; ma le viscere, invece, bruciavano cosõÁ che essi non sopportavano di essere coperti di vesti leggere o di lenzuoli fini, non potevano stare altro che nudi e si sarebbero gettati molto volentieri nell'acqua gelida. Molti degli ammalati trascurati lo fecero, gettandosi nelle cisterne, spinti da una sete inestinguibile; e il bere di piuÁ o di meno era lo stesso. [6.] E l'impossibilitaÁ di riposare e l'insonnia li affliggevano continuamente. Il corpo, per tutto il tempo in cui la malattia era in fase acuta, non deperiva, ma resisteva inaspettatamente alla sofferenza, cosõÁ che i piuÁ morivano dopo nove o sette giorni, a causa del calore interno, avendo ancora un po' di forza, oppure, se scampavano, penetrando la malattia nell'intestino, sopraggiungendo in esso una violenta ulcerazione e verificandosi contemporaneamente una diarrea violenta, i piuÁ morivano in seguito ad essa per debolezza. [7.] Infatti il male passava attraverso tutto il corpo, iniziando dall'alto, stabilitosi dapprima nella testa e, se qualcuno si salvava da cose piuÁ gravi, l'ammalarsi delle estremitaÁ era un sintomo di esso. [8.] Colpiva, infatti, anche gli organi sessuali e le punte delle mani e dei piedi e molti scamparono privati di queste parti; alcuni rimasero privi anche degli occhi. Alcuni, appena guariti furono colti da un'amnesia di tutte le cose allo stesso modo e non riconoscevano ne se stessi ne i loro familiari. [50, 1.] Il carattere della malattia era superiore a qualunque ragionamento ed essa si abbatte su ciascuno in maniera piuÁ terribile di quanto sopportasse la natura umana e in questo soprattutto si riveloÁ come una malattia diversa da quelle comuni: infatti gli uccelli e i quadrupedi che si nutrono di carne umana, benche ci fossero molti cadaveri insepolti, non li toccavano o, se ne assaggiavano, morivano. [2.] Questa ne eÁ la prova: la sparizione di tali uccelli divenne chiara e non se ne vedevano ne altrove ne presso un cadavere; i cani, poi, offrivano una piuÁ chiara possibilitaÁ di osservazione di cioÁ che accadeva, per il fatto che vivono insieme all'uomo.

TESTI A CONFRONTO

b

La peste di Atene descritta da Lucrezio (De rerum natura, VI, 1141-1173, 1197-1229, 1250-1286) Nam penõÆtus veniens Aegypti finibus ortus, aera permensus multum camposque natantis, incubuit tandem populo Pandionis omni. Inde catervatim morbo mortique dabantur. Principio caput incensum fervore gerebant et duplices oculos suffusa luce rubentis. Sudabant etiam fauces intrinsecus atrae

Sorta e venuta dalle estreme regioni dell'Egitto, varcando gran tratto di cielo e fluttuando sulle pianure, infine (l'epidemia) gravoÁ sopra tutta la gente di Pandione (1). E allora cadevano a mucchi in preda al contagio e alla morte. 1145 Dapprima avevano il capo bruciante di un grande ardore, gli occhi iniettati di sangue per un bagliore diffuso. E la livida gola internamente sudava sangue,

(1) Pandione: era uno dei mitici re di Atene.

B - LA STORIOGRAFIA

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sanguine et ulceribus vocis via saepta coibat atque animi interpres manabat lingua cruore debilitata malis, motu gravis, aspera tactu. 1150 Inde ubi per fauces pectus complerat et ipsum morbida vis in cor maestum confluxeÆrat aegris, omnia tum vero vitai claustra lababant. Spiritus ore foras taetrum volvebat odorem, rancida quo perolent proiecta cadavera ritu. 1155 Atque animi prorsum vires totõÅus et omne languebat corpus leti iam limine in ipso. Intolerabilibusque malis erat anxius angor assidue comes et gemitu commixta querella. Singultusque frequens noctem per saepe diemque 1160 corripeÆre assidue nervos et membra coactans dissoluebat eos, defessos ante, fatõÅgans. Nec nimio cuiquam posses ardore tueri corporis in summo summam fervesceÆre partem, sed potius tepidum manibus proponeÆre tactum 1165 et simul ulceribus quasi inustis omne rubeÅre corpus, ut est per membra sacer dum diditur ignis. Intima pars hominum vero flagrabat ad ossa, flagrabat stomacho flamma ut fornacibus intus. Nil adeo posses cuiquam leve tenueque membris 1170 verteÆre in utilitatem, at ventum et frigoÆra semper. In fluvios partim gelidos ardentia morbo membra dabant nudum iacientes corpus in undas [...] Octavoque fere candenti lumine solis aut etiam nona reddebant lampade vitam. Quorum siquis, ut est, vitarat funeÆra leti, ulceribus taetris et nigra proluvie alvi 1200 posterõÆus tamen hunc tabes letumque manebat, aut etiam multus capitis cum saepe dolore corruptus sanguis expletis naribus ibat: huc hominis totae vires corpusque fluebat. Profluvium porro qui taetri sanguõÆnis acre 1205 exieÆrat, tamen in nervos huic morbus et artus ibat et in partis genitalis corpoÆris ipsas. Et gravõÆter partim metuentes limõÆna leti vivebant ferro privati parte virili, et manibus sine nonnulli pedibusque manebant 1210 in vita tamen, et perdebant lumõÆna partim: usque adeo mortis metus his incesseÆrat acer. Atque etiam quosdam cepeÅre oblivia rerum cunctarum, neque se possent cognoscere ut ipsi. Multaque humi cum inhumata iaceÅrent corpoÆra supra1215 corporibus, tamen alituum genus atque ferarum aut procul absiliebat, ut acrem exiret odorem, aut, ubi gustarat, languebat morte propinqua. Nec tamen omnõÅno temeÆre illis solibus ulla comparebat avis, nec tristia saecla ferarum 1220 exibant silvis. Languebant pleraque morbo et moriebantur. Cum primis fida canum vis strata viis animam ponebat in omnibus aegre; extorquebat enim vitam vis morbida membris.

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LETTURE ANTOLOGICHE

cosparsa di ulcere si chiudeva alla via della voce, e la lingua, interprete dell'animo, stillava sangue, fiaccata dal male, inerte e ruvida al tatto. Quando poi il violento contagio attraverso la gola invadeva il petto e affluiva per intero al cuore dolente dei malati, allora, in veritaÁ, tutte le barriere della vita vacillavano. L'alito effondeva dalla bocca un orribile lezzo, come quello che emanano i marci cadaveri non sepolti. Le forze dell'animo intero e tutta la fibra del corpo languiva sulla soglia stessa della morte. Agli atroci dolori era assidua compagna un'ansiosa angoscia e un pianto mischiato a continui lamenti. E spesso un singulto continuo di giorno e di notte, costringendoli a contrarre assiduamente i nervi e le membra, tormentava e sfiniva gli infermi giaÁ prima spossati. Ne avresti potuto notare alla superficie del corpo la parte esteriore bruciare di ardore eccessivo, ma piuttosto offrire alle mani un tiepido tatto e insieme tutto il corpo arrossato da ulcere simili a ustioni, come quando il fuoco sacro si sparge su tutte le membra. Ma l'intima parte dell'uomo ardeva fino al fondo delle ossa, una fiamma bruciava nello stomaco come dentro un forno. Non potevano giovare alle membra dei malati vesti leggere e sottili, ma essi cercavano sempre vento e frescura. Alcuni, arsi dalla febbre, abbandonavano il corpo ai gelidi fiumi, le nude membra distese nelle onde [...] Di solito all'ottavo apparire della chiara luce del sole, o al nono splendore del giorno, esalavano l'ultimo respiro. E se qualcuno di loro, come accade, aveva evitato la morte, per le orribili piaghe e il nero profluvio del ventre anche per lui rimaneva piuÁ tardi la consunzione e la morte, o anche sgorgava sovente, con dolori di capo, grande quantitaÁ di sangue corrotto dalle narici piene: qui fluivano tutte le forze e la fibra dell'uomo. E inoltre chi fosse scampato a quell'acre profluvio di orribile sangue, a lui il morbo scendeva nei nervi, negli arti e persino negli organi genitali. Alcuni, atterriti di giungere alle soglie della morte, vivevano mutilando col ferro gli organi virili, altri, amputati delle mani e dei piedi, tuttavia rimanevano in vita e altri perdevano il lume della vista. A tal punto il timore intenso della morte era penetrato in questi. E anche certi furono presi dall'oblio di ogni cosa, cosõÁ da non poter riconoscere nemmeno se stessi. Benche molti cadaveri insepolti giacessero gli uni sugli altri, le razze degli uccelli e delle bestie selvagge balzavano lontano da essi per fuggirne il fetore, oppure, dopo averne gustato, languivano di una prossima morte. Del resto per nulla in quei giorni gli uccelli osavano mostrarsi, o le feroci famiglie delle belve uscivano dai covi silvestri. Languivano i piuÁ in preda al morbo e morivano. Soprattutto la fedele muta dei cani esalava miseramente l'anima, distesa per tutte le strade;

Incomitata rapi certabant funeÆra vasta. 1225 Nec ratio remedi communis certa dabatur; nam quod ali dedeÆrat vitalis aeris auras volveÆre in ore liceÅre et caeli templa tueri, hoc aliis erat exitio letumque parabat [...] Nec poteÆrat quisquam reperiri, quem neque morbus1250 nec mors nec luctus temptaret tempoÆre tali. Praeterea iam pastor et armentarius omnis et robustus item curvi moderator aratri languebat, penitusque casa contrusa iacebant corpoÆra paupertate et morbo dedõÆta morti. 1255 Exanimis pueris super exanimata parentum corpoÆra nonnumquam posses retroque videÅre matribus et patribus natos super edeÆre vitam. Nec minimam partem ex agris is maeror in urbem confluxit, languens quem contuÆlit agricolarum 1260 copia conveniens ex omni morbida parte. Omnia complebant loca tectaque; quo magis aestu confertos ita acervatim mors accumulabat. Multa siti prostrata viam per proque voluta corpoÆra silanos ad aquarum strata iacebant 1265 interclusa anima nimia ab dulcedine aquarum, multaque per populi passim loca prompta viasque languida semanimo cum corpoÆre membra videÅres horrida paedore et pannis cooperta perire corpoÆris inluvie, pelli super ossibus una, 1270 ulceribus taetris prope iam sordeque sepulta. Omnia denõÆque sancta deum deluÅbra replerat corporibus mors exanimis onerataque passim cuncta cadaveribus caelestum templa manebant, hospitibus loca quae complerant aedituentes. 1275 Nec iam religio divum nec numõÆna magni pendebantur enim: praesens dolor exsuperabat. Nec mos ille sepulturae remanebat in urbe, quo prius hic populus semper consuerat humari; perturbatus enim totus trepidabat, et unus 1280 quisque suum pro re compostum maestus humabat. Multaque res subõÆta et paupertas horrida suasit. Namque suos consanguineos aliena rogorum insuper exstructa ingenti clamore locabant subdebantque faces, multo cum sanguõÆne saepe 1285 rixantes potius quam corpoÆra desererentur.

la violenza del male strappava la vita alle membra. Funerali desolati e deserti si susseguivano. Ne era data una forma sicura di comune rimedio; infatti cioÁ che a uno aveva permesso di respirare il soffio vitale dell'aria e guardare gli spazi del cielo, cioÁ stesso era rovina di altri e ne causava la morte [...] Ne poteva trovarsi nessuno che in questo frangente non fosse toccato dal male, dalla morte o dal lutto. Inoltre giaÁ il pastore e il guardiano di armenti e il robusto guidatore del ricurvo aratro languivano e dentro la modesta capanna giacevano a mucchi i corpi consegnati alla morte dalla miseria e dal male. Non di rado avresti osservato gli esanimi corpi dei padri giacere sugli esanimi corpi dei figli, e al contrario i figli spirare sulle madri e sui padri. Il contagio in gran parte si diffuse dai campi nella grande cittaÁ, portato da una folla indebolita di contadini affluiti da tutte le zone giaÁ infette. Riempivano ogni luogo, ogni asilo, e in tal modo la morte piuÁ facilmente ammucchiava la folla ondeggiante. Molti, prostrati per la sete, giacevano riversi e distesi accanto agli sbocchi delle fonti, il respiro mozzato dalla dolcezza eccessiva dei sorsi e molti ne avresti visti qua e laÁ per le strade e nei pubblici luoghi abbattuti coi corpi morenti e squallidi e lerci perire, coperti di cenci e lordure del corpo; sulle ossa soltanto la pelle quasi tutta sepolta da orribili piaghe e marciume. La morte aveva riempito persino i santuari degli deÁi di corpi inerti e tutti i templi delle divinitaÁ restavano ingombri di cadaveri sparsi e ammucchiati, luoghi che i custodi avevano affollato di ospiti. Non piuÁ si teneva in onore, infatti, il culto divino e il potere dei numi: il dolore presente vinceva. Ne piuÁ vigeva in cittaÁ quel costume di funebri riti, che da sempre abituava le genti a inumare pietose gli estinti; infatti tutti si affannavano in preda al disordine e ognuno angosciato inumava i suoi cari composti come poteva. La miseria e l'evento improvviso indussero a orribili azioni. Con alto clamore ponevano i loro congiunti sulle grandi cataste erette per il rogo di altri, appiccandovi il fuoco e spesso lottando fra loro in zuffe cruente piuttosto che abbandonare i cadaveri.

c Michiel Sweerts, La peste di Atene (1652-1654). Los Angeles (USA), County Museum of Art.

B - LA STORIOGRAFIA

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3. La spedizione ateniese in Sicilia si rivela un disastro (Tucidide, Storie, VII, 75, 1-4) Dopo alcuni successi, la spedizione in Sicilia si riveloÁ ben presto un disastro: in breve tempo gli Ateniesi, dopo una grave sconfitta navale, iniziarono la ritirata in modo disordinato. Abbandonavano l'accampamento dopo aver perduto tutte le navi; i cadaveri giacevano insepolti, mentre quelli che erano feriti o ammalati invocavano i compagni di condurli con seÂ, ma poi venivano lasciati indietro tra lacrime e lamenti. [75, 1.] Lesa+ de+ sot&so, e$peidg+ e$do*jei s{ & Miji*y jai+ s{ & Dglorhe*mei idg sot& rsqaset*laso| sqi*sz gwei emsxm, oidoi sima+ sx & m e$pisgdei*xm jei*lemom, e$| kt*pgm lesa+ uo*bot jahi*rsaso, jai+ oi< fx & mse| jasakeipo*lemoi sqatlasi*ai se jai+ a$rhemei&| pokt+ sx & m sehmex*sxm soi&| fx & ri ktpgqo*seqoi g#ram jai+ sx & m a$pokxko*sxm a$hkix*seqoi. Â4.Ã Pqo+| ca+q a$msiboki*am jai+ o$koutqlo+m sqapo*lemoi e$| a$poqi*am jahi*rsaram, a>ceim se rua&| a$niot&mse| jai+ e%ma e%jarsom e$pibox*lemoi, ei> sima* pot* si| >idoi g/ edg a$pio*msxm e$jjqelammt*lemoi jai+ e$pajokothot&mse| e$| o%rom dt*maimso, ei> s{ de+ pqoki*poi g< qmet % rse o$ki*cxm e$piheiarlx & m jai+ oi$lxcg&| tdgkom poiot*rg| ese soi&| hgqi*oi| ot>se soi&| tsi pqorua*sx| a$peqqxcti*a|, e$msat&ha pa*kim a$htlg&rai jai+ diasqapg&mai rtme*bg so+ pkg&ho|. Â8.Ã So+ le+m ot#m pqx & som e$peba*keso peqiekhei&m sa+| dtrvxqi*a| o< sx & m Jaqvgdomi*xm rsqasgco*|. e$picemole*mg| de+ vio*mo| jai+ sat*sgm a$dt*masom poiot*rg| sg+m poqei*am, a$pe*rsg sg&| e$pibokg&|. Â55, 1.Ã So+ ca+q rtlbai&mom >idiom g#m jai+ paqgkkacle*mom. $Epi+ ca+q sg+m pqot]pa*qvotram vio*ma jai+ dialelemgjti&am e$j sot& pqo*seqom veilx & mo| a>qsi sg&| e$p$ e>sot| pepsxjti*a|, sat*sgm le+m et$dia*jopsom ei#mai rtme*baime jai+ dia+ so+ pqo*ruasom ot#ram amdqa sg&| la*vg| dia+ so+ lg+ do*qari lgde+ ni*ueri vqg&rhai sot+| a$cxmifole*mot|, sz& le+m et$veqei*y jai+ so*klz pqoei&vom oi< lirhouo*qoi sa+| a$qva*|, jai+ pokkot+| jasesqatla*sifom sx & m msa ' m mtmi+ pepoi*gjem e>pqanem ot$de+ sortlla*vxm, ot$de+m a/m x # a>mdqe| $Ahgmai&oi rat*sgm e$jsg*raso dt*malim. $Akk$ ei#dem x $ $ % * sot&so jakx | e jei mo|, o si sat le m e rsim a%pamsa sa+ vxqi*$ & &sa & a#hka sot& poke*lot jei*lem$ e$m le*r{, ut*rei d$ tvei, sa+ le+m

C - L'ORATORIA

[2.] Innanzi tutto, Ateniesi, non conviene scoraggiarsi per l'attuale situazione, anche se appare del tutto negativa: proprio quello che piuÁ ha nociuto per il passato, piuÁ conforta per l'avvenire. Cosa? Che la situazione sia brutta per la vostra inerzia: se, infatti, cosõÁ stessero le cose e tuttavia voi faceste il vostro dovere, non ci sarebbero davvero speranze. [3.] In secondo luogo bisogna che noi ci ricordiamo, sia quelli che l'hanno sentito dire da altri, sia quelli che l'hanno visto e se lo ricordano, quale poderoso apparato bellico spartano, non molto tempo fa, voi avete affrontato, agendo splendidamente e in modo del tutto degno della cittaÁ, combattendo in difesa dei vostri diritti. Perche dico questo? Affinche voi sappiate, Ateniesi, e osserviate che, quando siete vigili, nulla eÁ temibile per voi; ma, in caso contrario, le vostre aspirazioni restano deluse: valgano come esempio la forza che allora avevano gli Spartani, che pure voi sconfiggeste con il vostro impegno, e le sopraffazioni di costui, che ci provocano agitazione, perche non ci preoccupiamo di cioÁ che dovremmo. [4.] Se poi qualcuno di voi, Ateniesi, ritiene che Filippo sia invincibile, osservando l'imponenza del suo esercito e la perdita da parte nostra di tutte le nostre piazzeforti, certo ragiona rettamente; consideri, peroÁ, questo: che un tempo noi, o Ateniesi, avevamo Pidna, Potidea e Metone e tutta la zona lõÁ intorno era nostra, e molti popoli, che ora sono dalla sua parte, erano liberi e autonomi e preferivano essere in buoni rapporti con noi piuttosto che con lui. [5.] Se dunque in quell'epoca Filippo avesse avuto chiaro che senza alleati sarebbe stato difficile combattere contro gli Ateniesi, che minacciavano il suo territorio con tali fortificazioni, nulla di quello che ha fatto avrebbe realizzato e non avrebbe la forza di cui dispone. Ma lui sapeva bene una cosa, Ateniesi: che tutte quelle posizioni strategiche sono, per cosõÁ dire, a disposizione, come premio del conflitto, e che i beni di chi eÁ assente e non se ne cura appartengono naturalmente a chi eÁ presente e vigile e affronta le fatiche e i pericoli. [6.] E infatti, proprio sulla base di questa con-

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xseq vqtrg&| $Auqodi*sg|; Sehmai*gm, o%se loi lgje*si sat&sa le*koi, jqtpsadi*g uiko*sg| jai+ lei*kiva dx & qa jai+ et$mg*, oi'$ g%bg| a>mhea ci*mesai ahgje heo*|.

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Quale la vita, quale il piacere senza l'aurea Afrodite? Che io possa morire, quando non mi stessero piuÁ a cuore queste cose, cioeÁ l'amore segreto, i dolci doni e il letto, quali sono i fiori della giovinezza desiderabili per gli uomini e per le donne; ma quando sopraggiunga, dolorosa, la vecchiaia, che rende l'uomo turpe e spregevole nello stesso tempo, sempre lo consumano nell'animo tristi affanni, ne si rallegra di vedere i raggi del sole, ma diventa odioso per i fanciulli, spregevole per le donne: cosõÁ penosa il dio rese la vecchiaia.

TESTI A CONFRONTO

b

Il tema della fugacitaÁ della vita in Catullo (Carme 5) Vivamus, mea Lesbia, atque amemus, rumoresque senum severiorum omnes unõÅus aestimemus assis. Soles occideÆre et redire possunt: nobis cum semel occõÆdit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. Da mi basia mille, deinde centum, dein mille alteÆra, dein secunda centum, deinde usque alteÆra mille, deinde centum. Dein, cum milia multa fecerõÆmus, conturbabimus illa ne sciamus, aut nequis malus invideÅre possit, cum tantum sciat esse basiorum.

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Viviamo, Lesbia mia, ed amiamoci, e i brontolii dei vecchi troppo austeri valutiamoli, tutti insieme, un soldo. Il sole puoÁ tramontare e tornare, ma noi, quand'eÁ tramontata la nostra breve luce, dobbiamo dormire una sola notte perpetua. Dammi mille baci, e poi cento, poi altri mille e altri cento, poi ancora altri mille e altri cento. Quando poi ne avremo fatti molte migliaia, li confonderemo per non sapere piuÁ il loro numero, e per evitare che qualche malvagio possa invidiarceli, conoscendo un numero cosõÁ enorme di baci.

TESTI A CONFRONTO

b

Le riflessioni di Leopardi sull'inesorabile vecchiaia (Il tramonto della luna, 20-68) [...] Tal si dilegua, e tale lascia l'etaÁ mortale la giovinezza. In fuga van l'ombre e le sembianze dei dilettosi inganni; e vengon meno le lontane speranze,

D - LA POESIA LIRICA

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ove s'appoggia la mortal natura. Abbandonata, oscura resta la vita. In lei porgendo il guardo, cerca il confuso viatore invano del cammin lungo che avanzar si sente meta o ragione; e vede che a se l'umana sede, esso a lei veramente eÁ fatto estrano. Troppo felice e lieta nostra misera sorte parve lassuÁ, se il giovanile stato, dove ogni ben di mille pene eÁ frutto, durasse tutto della vita il corso. Troppo mite decreto quel che sentenzia ogni animale a morte, s'anco mezza la via lor non si desse in pria della terribil morte assai piuÁ dura. D'intelletti immortali degno trovato, estremo di tutti i mali, ritrovaÁr gli eterni la vecchiezza, ove fosse incolume il desio, la speme estinta, secche le fonti del piacer, le pene maggiori sempre, e non piuÁ dato il bene. Voi, collinette e piagge, caduto lo splendor che all'occidente inargentava della notte il velo, orfane ancor gran tempo non resterete; che dall'altra parte tosto vedrete il cielo imbiancar novamente, e sorger l'alba: alla qual poscia seguitando il sole, e folgorando intorno con sue fiamme possenti, di lucidi torrenti inonderaÁ con voi gli eterei campi. Ma la vita mortal, poi che la bella giovinezza sparõÁ, non si colora d'altra luce giammai, ne d'altra aurora. Vedova eÁ insino al fine; ed alla notte che l'altre etadi oscura, segno poser gli Dei la sepoltura.

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2. Gli uomini sono come le foglie (Mimnermo, fr. 2 W.) Gli uomini sono paragonati alle foglie, che hanno breve vita: allo stesso modo i mortali godono per poco tempo della giovinezza, poiche ben presto sono in agguato la vecchiaia e la morte, che in ogni caso eÁ preferibile all'ultimo periodo della vita. Durante la vecchiaia,

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LETTURE ANTOLOGICHE

infatti, o si soffre per la rovina della casa e per la povertaÁ, o per la mancanza di figli, o per qualche grave malattia. % qg kko| d$ at# pai*dxm e$pidet*esai, x iqvesai ei$| $Ai^dgm. a>kko| mot&rom e>vei htlouho*qom. ot$de* si*| e$rsim ' Fet+| lg+ jaja+ pokka+ didoi&. a$mhqx*pxm {

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Noi, come le foglie, che la fiorita stagione di primavera fa germogliare, non appena sono fatte crescere dai raggi del sole, ad esse simili godiamo per breve tempo dei fiori della giovinezza, non conoscendo ne male ne bene da parte degli deÁi; ma le nere Chere ci sono accanto, l'una con il termine della dolorosa vecchiaia, l'altra con quello della morte; dura un attimo il frutto della giovinezza, per quanto tempo il sole si diffonde sulla terra. E quando questo termine di tempo sia trascorso, allora eÁ preferibile essere morti che vivere; molti, infatti, sono i mali nell'animo: talvolta la casa va in rovina e sopraggiungono le vicende dolorose della povertaÁ; un altro soffre per la mancanza dei figli e, desiderando sommamente questi, scende sottoterra nell'Ade; un altro ancora ha una malattia che gli consuma la vita; non vi eÁ nessuno degli uomini, al quale Zeus non dia molti mali.

TESTI A CONFRONTO

b

La similitudine tra gli uomini e le foglie in Omero (Iliade, VI, 146-149) Oi%g peq ut*kkxm cemeg*, soi*g de+ jai+ a$mdqx & m. Ut*kka sa+ le*m s$ a>melo| vala*di| ve*ei, a>kka de* h$ t%kg % qg. sgkeho*xra ut*ei, e>aqo| d$ e$pici*cmesai x = | a$mdqx x & m cemeg+ g< le+m ut*ei g< d$ a$poke*cei.

Com'eÁ la stirpe delle foglie, cosõÁ anche la stirpe degli uomini. Le foglie, alcune le getta a terra il vento, altre la selva fiorente le nutre e giunge la stagione di primavera; cosõÁ le stirpi degli uomini: l'una nasce, l'altra svanisce.

c Immagine di Omero (incisione dell'edizione dell'Iliade tradotta da Vincenzo Monti, 1825).

D - LA POESIA LIRICA

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ARCHILOCO

(VII sec. a.C.) cenni biografici e opere

m Busto di Archiloco (copia romana). Mosca, Museo PusÏkin delle Belle Arti.

Archiloco nacque a Paro e visse nel VII sec. a.C. Fu soldato mercenario e morõÁ probabilmente in battaglia. AmoÁ una fanciulla che egli chiama NeobuÁle, il cui padre, Licambe, venuto meno alla promessa di dargliela in moglie, fu ingiuriato aspramente dal poeta: secondo la leggenda fu cosõÁ grande la vergogna che Licambe si sarebbe impiccato con NeobuÁle. Archiloco compose elegie, epigrammi e giambi. La poesia giambica, diversa dall'elegia e originariamente recitata con l'accompagnamento di uno strumento musicale simile ad un'arpa, fu preferita dal poeta per il suo tono mordace, polemico e aggressivo. Di lui ci restano 275 frammenti, in cui si rivela anticonformista, spontaneo, realista, spesso autobiografico e violento nei riguardi di coloro che hanno commesso ingiustizie contro di lui o l'hanno tradito. Contrassegno della condizione umana, nei versi archilochei, eÁ la precarietaÁ, che non consente di prevedere il futuro: i valori tradizionali della poesia epica (valore in combattimento, onore, gloria, cercata anche con la morte sul campo di battaglia) risultano svuotati, per cui l'uomo deve conoscere il ritmo del destino, i mezzi per poter fronteggiare gli eventi sia tristi che lieti, senza eccessi di esaltazione o disperazione, e per poter gustare ogni attimo della vita. Gli uomini devono esporsi al pericolo quando eÁ necessario, ma devono anche salvaguardare la propria vita, per cui non eÁ piuÁ un disonore, come lo era per i guerrieri omerici, abbandonare lo scudo in battaglia. Accanto al tema del vino, che spesso appare come conforto alle asperitaÁ della vita militare, la tematica erotica eÁ un altro degli aspetti fondamentali della poesia archilochea: nella storia dell'amore frustrato per NeobuÁle il motivo della vendetta ha una funzione importante, ma non mancano tenere immagini, usate dal poeta per descrivere la fanciulla amata. b Isola di Taso, resti archeologici dell'AgoraÁ. In questa isola, ubicata nel mar Egeo, fu fondata una colonia dal padre di Archiloco.

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LETTURE ANTOLOGICHE

1. Archiloco guerriero e poeta (Archiloco, fr. 1 W.) In questo frammento Archiloco definisce le due piuÁ importanti attivitaÁ della sua vita: quella del poeta, ispirato dalle Muse, e quella del guerriero. Egli eÁ soldato, tuttavia, non come gli eroi dell'epica omerica, in quanto nella vita militare cerca i mezzi di sussistenza, ed eÁ poeta non come Omero, poiche non canta nobili gesta, ma canti ispiratigli dal suo animo. Ei$li+ d$ e$cx+ heqa*pxm le+m $Emtaki*oio a>majso| jai+ Lotre*xm e$qaso+m dx & qom e$pirsa*lemo|.

Io sono scudiero del signore Enialio (dio della guerra identificato con Ares) e conosco l'amabile dono delle Muse (cioeÁ la poesia).

2. Lo scudo abbandonato (Archiloco, fr. 5 W.) Il poeta afferma di aver abbandonato lo scudo, durante un combattimento contro i Sai, per fuggire piuÁ facilmente. La scelta di abbandonare lo scudo, quindi il posto di combattimento, si inquadra in una nuova concezione della guerra rispetto a quella del mondo omerico: il soldato, specialmente quando eÁ mercenario, non combatte piuÁ per la gloria e la fama e, quando lo impone l'andamento sfavorevole di una battaglia, fugge per salvare la vita. $Arpi*di le+m Rai^xm si| a$ca*kkesai, g=m paqa+ ha*lm{ e>mso| a$lx*lgsom, ja*kkipom ot$j e$he*kxm. at$so+m d$ e$nera*xra. Si* loi le*kei a$rpi+| e$jei*mg; $Eqqe*sx. e$nat&si| jsg*rolai ot$ jaji*x.

c

Qualcuno dei Sai va fiero del mio scudo, che, arma perfetta, io abbandonai, non volendo, presso un cespuglio: ma io mi salvai. Che m'importa di quello scudo? Vada alla malora: in seguito ne acquisteroÁ uno non peggiore.

TESTI A CONFRONTO

b

Il tema dello scudo abbandonato in Orazio (Carmina, 2, 7, 1-16) O saepe mecum tempus in ultimum deducte Bruto militiae duce, quis te redonavit Quiritem dis patriis Italoque caelo, Pompei, meorum prime sodalium cum quo morantem saepe diem mero fregi coronatus nitentis malobaÆthro Syrio capillos? Tecum Philippos et celeÆrem fugam sensi relicta non bene parmuÆla, cum fracta virtus et minaces turpe solum tetigeÅre mento. Sed me per hostis Mercurius celer denso paventem sustuÆlit aere; te rursus in bellum resorbens unda fretis tulit aestuosis [...]

D - LA POESIA LIRICA

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Chi ha restituito con pieni diritti ai patrii Penati e al cielo d'Italia te, o Pompeo, spesso sospinto con me, sotto il comando di Bruto, fino all'estremo pericolo? Te, il piuÁ caro dei miei compagni, con il quale spesso bevendo abbreviai le lunghe giornate, inghirlandato i capelli, lucidi di unguento di Siria? Con te io provai Filippi e la veloce fuga, abbandonato senza gloria lo scudo, quando fu infranto il valore e quelli che (prima) minacciavano toccarono col mento il suolo insanguinato. Ma attraverso i nemici, me pauroso sollevoÁ d'un tratto Mercurio entro la nebbia; te il flutto, riassorbito dai gorghi tempestosi, spinse di nuovo nella battaglia [...]

15

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3. L'esortazione al proprio cuore (Archiloco, fr. 128 W.) Commossa eÁ l'esortazione che il poeta fa al proprio cuore, affinche si difenda dalla malvagitaÁ dei nemici, non esultando se vittorioso, ne piangendo se sconfitto, ma affrontando in modo equilibrato tutte le vicende della vita. Htle*, ht*l$, a$lgva*moiri jg*derim jtjx*leme, a$ma*det, dtrlemx & m d$ a$ke*neo pqorbakx+m e$mamsi*om rse*qmom e$mdo*joirim e$vhqx & m pkgri*om jasarsahei+| a$ruake*x|. jai+ lg*se mije*xm a$lua*dgm a$ca*kkeo, lgde+ mijghei+| e$m oi>j{ jasaperx+m o$dt*qeo, 5 a$kka+ vaqsoi&ri*m se vai&qe jai+ jajoi&rim a$rva*ka lg+ ki*gm, ci*mxrje d$ oi'o| qvei.

c

O cuore, cuore, sconvolto da mali senza rimedio, su, in piedi, e difenditi lanciando il petto contro i nemici, stando saldamente piantato negli scontri con i nemici vicino a loro; non esultare pubblicamente, se vinci; non piangere, se sei stato vinto, crollando a terra in casa; ma gioisci delle gioie e affliggiti per i mali, peroÁ non troppo, sii consapevole di quale ritmo governa gli uomini.

TESTI A CONFRONTO

b

Orazio esorta Dellio a serbare l'animo sereno (Carmina, 2, 3, 1-8) Aequam memento rebus in arduis servare mentem, non secus in bonis ab insolenti temperatam laetitia, moriture Delli, seu maestus omni tempoÆre vixeÆris, seu te in remoto gramõÆne per dies festos reclinatum bearis interiore nota Falerni [...]

RicoÁrdati, o Dellio, di conservare nelle avversitaÁ l'animo sereno e libero ugualmente da una gioia sfrenata, tu sei destinato a morire, sia che triste tu trascorra tutta la vita, sia che, adagiato in un prato lontano, nei giorni festivi, ti ristori con il Falerno di piuÁ antica data [...]

5

4. Una invettiva contro Licambe (Archiloco, fr. 172 W.) Il poeta si rivolge a Licambe, che non ha mantenuto la promessa di concedergli in moglie la figlia NeobuÁle: certamente qualcuno gli ha sconvolto il senno e per questo motivo eÁ diventato oggetto di scherno per i suoi concittadini. Pa*seq Ktja*lba, poi&om e$uqa*rx so*de; Si*| ra+| paqg*eiqe uqe*ma| z'| so+ pqi+m g$qg*qgrha; Mt&m de+ dg+ pokt+| a$rsoi&ri uai*meai ce*kx|.

c

Padre Licambe, che cosa hai meditato? Chi ti ha stravolto il senno, che precedentemente avevi saldo? Ma ora sei oggetto di molto riso per i tuoi concittadini.

TESTI A CONFRONTO

b

Catullo si rivolge con violenza a Ravido, suo rivale in amore (Carme 40) Quaenam te mala mens, miselle Ravide, agit praecipõÆtem in meos iambos? Quis deus tibi non bene advocatus vecordem parat excitare rixam? An ut pervenias in ora vulgi? Quid vis? Qua lubet esse notus optas? Eris, quandoquõÆdem meos amores cum longa voluisti amare poena.

388

LETTURE ANTOLOGICHE

5

Quale infelice pensiero, povero Ravido, ti spinge a precipizio contro i miei versi? Quale dio non opportunamente invocato ti esorta a provocare una folle contesa? Forse per andare sulla bocca di tutti? Che cosa vuoi? Ti fa piacere essere noto in qualunque modo? Lo sarai, dal momento che il mio amore hai voluto amare ad ogni costo.

IPPONATTE

(VI sec. a.C.) cenni biografici e opere

m Guillaume RouilleÂ, immagine di Ipponatte (incisione tratta dal testo Promptuarii Iconum Insigniorum).

Ipponatte nacque ad Efeso intorno alla metaÁ del VI sec. a.C., probabilmente da una nobile famiglia. AndoÁ in esilio a Clazomene, quando la sua cittaÁ natale fu occupata dal tiranno Atenagora, e lõÁ conobbe forse l'amarezza della povertaÁ. Dai frammenti autobiografici si apprende che ebbe una lite con due scultori, BuÁpalo e Atenide, i quali lo avevano raffigurato in modo caricaturale: secondo una leggenda i due artisti furono attaccati cosõÁ violentemente dalle invettive del poeta che furono costretti ad impiccarsi. Sono ignoti il luogo e la data della sua morte. Secondo alcuni la causa della povertaÁ, di cui parla in alcuni frammenti, non fu l'esilio, ma il fatto che il patrimonio di famiglia fu dissipato da un suo avo. Delle due raccolte del poeta che gli antichi conoscevano, possediamo quasi 200 versi appartenenti a circa 80 frammenti, in cui prevale il metro giambico. Ipponatte, come Archiloco, eÁ aggressivo e polemico, ma i suoi versi sono originali e pieni di umorismo e realismo; talvolta si mostra misogino e spesso, realizzando la parodia della poesia epica, usa termini volgari: per tutti questi motivi da alcuni critici viene considerato come un precursore della poesia comica. Per molto tempo, per l'immagine che si ricava dai suoi versi, egli eÁ stato definito poeta plebeo e pitocco, protagonista di una vita picaresca. In realtaÁ l'ambiente che Ipponatte colloca sullo sfondo delle sue poesie eÁ una societaÁ costituita da emarginati e diseredati, in cui prevalgono sesso e violenza, risse e minacce. Recentemente, tuttavia, si eÁ giunti alla conclusione che la sua poesia non sia altro che il ``gioco'' di un poeta raffinato, aristocratico e anticonformista e la parodia di una nuova classe emergente, quella dei mercanti. L'arte di Ipponatte, infatti, non si risolve unicamente nella dimensione dell'invettiva e della comicitaÁ, ma alcuni critici lo individuano anche come un moralista, che si serve della rappresentazione di una vita abietta, per confutarla, esasperando i caratteri e le situazioni fino al limite del paradosso.

c Carta geografica con l'indicazione di Clazomene, cittaÁ della Ionia (Asia Minore) in cui Ipponatte trascorse il suo esilio.

D - LA POESIA LIRICA

389

1. La preghiera ad Ermes (Ipponatte, fr. 42 Dg.) Ipponatte, come nessun poeta aveva osato fare prima di lui, si rivolge in tono confidenziale e ironico al dio Ermes, chiedendogli un mantello, una piccola tunica, dei sandali, delle pantofole ed un'elevata somma di denaro. mdqe| ei$ri*m, e$pei+ jeuakg+m jai+ cot*masa Rei*qio| a>fei, at$ake*o| de* se vqx+| tdg ei>g pesqai*g se rjig+ jai+ Bi*bkimo| oi#mo|, la*fa s$ a$lokcai*g ca*ka s$ ai$cx 590 & m rbemmtlema*xm, jai+ boo+| thopa pime*lem oi#mom, e$m rjiz& e$fo*lemom, jejoqgle*mom g#soq e$dxdg&|, a$msi*om a$jqae*o| Feut*qot sqe*wamsa pqo*rxpa jqg*mg| s$ ai$ema*ot jai+ a$poqqt*sot, g% s$ a$ho*kxso|, 595 sqi+| t%daso| pqove*eim, so+ de+ se*sqasom imot.

Quando il cardo fiorisce e la cicala canora, posata sull'albero, versa l'acuto canto continuo di sotto le ali, nel tempo dell'estate faticosa, allora molto pingui son le capre e piuÁ buono eÁ il vino, molto lascive le donne e molto fiacchi gli uomini, poiche Sirio inaridisce la testa e le ginocchia e la pelle eÁ secca per la calura. Io abbia allora l'ombra di una rupe e vino di Tracia e dolce pane e latte di capre, che non allattano piuÁ, e carne di giovenca allevata nel bosco, che non ha ancora partorito, e di capretti di primo parto; (possa) inoltre io bere sopra (a tutto questo) vino nero, sdraiato all'ombra, sazio nel cuore di cibo, il viso rivolto al vivido soffio di Zefiro, e da una fonte eterna, fluente e non torbida, attingere tre parti d'acqua e versarvene una di vino.

c Vari tipi di crateri (vasi in cui si mescolava vino con acqua) usati nella Grecia antica.

D - LA POESIA LIRICA

397

ANACREONTE

(VI-V sec. a.C.) cenni biografici e opere

m Immagine di Anacreonte, proveniente dall'archivio del ``Progetto Gutenberg''.

Anacreonte, nato a Teo, in terra ionica, nel 570 a.C. circa, fu costretto, a causa dell'invasione persiana del 545 a.C., a fuggire dalla propria patria, per recarsi in Tracia. Successivamente andoÁ in giro di corte in corte, ospitato da alcuni tiranni di quel periodo: fu, infatti, presso Policrate a Samo, Ipparco ad Atene, Echecratide in Tessaglia. Non partecipoÁ alla vita politica, poiche egli aspirava ad un'esistenza serena e tranquilla; morõÁ in etaÁ avanzata e fu sepolto a Teo. L'opera complessiva di Anacreonte oscillava tra 5 e 10 libri: di essi possediamo circa 200 frammenti. Oltre ad elegie ed epigrammi scrisse anche giambi; nelle sue invettive ha come modello Archiloco, ma senza l'eccessiva violenza dell'espressione. Il leitmotiv della sua poesia eÁ l'amore, cantato peroÁ senza eccessivo tormento o pena, ma come godimento sensuale. Un altro topos eÁ quello della fugacitaÁ della giovinezza, sopportata con rassegnazione e spesso senza pessimismo. Abbastanza ricorrente eÁ in Anacreonte anche il tema del vino, che egli invita a bere abbondantemente, a piccoli sorsi, in mezzo a bei canti. Anche se il poeta eÁ affascinato dalla bellezza femminile, non eÁ insensibile all'amore efebico e all'avvenenza dei ragazzi.

m Teo, OdeÁon (piccolo teatro in cui si svolgevano gare musicali). Teo, ubicata nella Ionia (Asia Minore), era la patria di Anacreonte.

398

LETTURE ANTOLOGICHE

1. Dolorosa eÁ la vecchiaia e inevitabile la morte (Anacreonte, fr. 36 G.) Dolente ma rassegnata eÁ la consapevolezza di Anacreonte di essere ormai vecchio e di non avere ancora molto tempo da vivere. Accanto al rimpianto della giovinezza vi eÁ la constatazione di un evento ineludibile, la morte: eÁ inevitabile, infatti, la discesa nell'Ade ed eÁ preclusa, a chi vi scende, ogni possibilitaÁ di risalita. Pokioi+ le+m gdg jqo*sauoi ja*qg se ketjo*m, vaqi*erra d$ ot$je*s$ g%bg pa*qa, cgqa*keoi d$ o$do*mse|. cktjeqot& d$ ot$je*si pokko+| bio*sot vqo*mo| ke*keipsai. Dia+ sat&s$ a$marsakt*fx hala+ Sa*qsaqom dedoijx*|. $Ai*dex ca*q e$rsi deimo+| ltvo*|, a$qcake*g d$ e$| at$so+m ja*sodo|. jai+ ca+q e$soi&lom jasaba*msi lg+ a$mabg&mai.

Canute ormai ho le tempie e bianca la testa, non c'eÁ piuÁ l'amabile giovinezza e i denti sono deboli: della dolce vita non mi rimane piuÁ molto tempo. Per questo io singhiozzo, temendo spesso il Tartaro, poiche eÁ pauroso il recesso dell'Ade e dolorosa eÁ la discesa in esso: eÁ destino, infatti, per chi vi scende non tornare su.

5

10

c

TESTI A CONFRONTO

b

Per la Sibilla la morte eÁ un viaggio senza ritorno (Virgilio, Eneide, VI, 125-131) [...] «Sate sanguõÆne divom, 125 Tros Anchisiade, facilis descensus Averno; noctes atque dies patet atri ianua Ditis; sed revocare gradum superasque evadeÆre ad auras, hoc opus, hic labor est. Pauci, quos aequos amavit Iuppiter aut ardens evexit ad aetheÆra virtus 130 dis genõÆti potueÅre [...]»

[...] «O Troiano figlio di Anchise, rampollo del sangue degli deÁi, scendere eÁ facile nell'Averno; giorno e notte eÁ aperta la porta del fosco Dite; ma volgere i passi indietro, tornare alle superne sedi, questa eÁ l'impresa, questa eÁ la fatica. Pochi, che il giusto Giove predilesse o che sublime virtuÁ sollevoÁ al cielo, generati da deÁi, poterono fare cioÁ [...]»

c Andrea del Castagno, La Sibilla Cumana (1450). Firenze, Cenacolo di Sant'Apollonia.

D - LA POESIA LIRICA

399

c

TESTI A CONFRONTO

b

Ai morti eÁ impossibile risalire dall'Ade (Properzio, Elegie, IV, 11, 1-8) DesõÆne, Paulle (1), meum lacrimis urgeÅre sepulcrum: pandõÆtur ad nullas ianua nigra preces; cum semel infernas intrarunt funeÆra leges, non exorato stant adamante viae. Te licet orantem fuscae deus audiat aulae: 5 nempe tuas lacrimas litoÆra surda bibent. Vota movent supeÆros: ubi portõÆtor aera receÅpit, obseÆrat herbosos lurida porta rogos [...]

Non insistere, Paolo, sulla mia tomba in pianto: l'oscura porta non si apre a nessuna preghiera; quando i morti hanno assunto le leggi infernali, si erge una porta di inflessibile acciaio. Ascolti pure le tue preghiere il dio dell'oscuro regno, sorde rive nondimeno berranno le tue lacrime. I voti commuovono i celesti; ma quando il nocchiero (Caronte) ha avuto la mercede, su erbose tombe squallida una porta si chiude [...]

2. La puledra Tracia (Anacreonte, fr. 78 G.) In questo frammento si nota un giocoso disimpegno in amore da parte del poeta, il quale vive il sentimento amoroso senza drammaticitaÁ, come un gioco. Egli si rivolge ad una fanciulla, che lo provoca con lo sguardo, ma poi si mostra ritrosa, definendola ``puledra Tracia''. Tutta la lirica eÁ basata sull'accostamento donna-cavalla, mentre il linguaggio eÁ caratterizzato da varie metafore: come una puledra, che saltella libera nei prati, ha bisogno di un abile cavaliere, che sia in grado di metterle il morso, cosõÁ la fanciulla ha bisogno di un uomo, che riesca a conquistarla e domarla. Px & ke Hqzji*g, si* dg* le kono+m o>llari bke*potra mgkex & | uet*cei|, doje*ei| de* l$ ot$de+m ei$de*mai rouo*m; >Irhi soi, jakx & | le+m a>m soi so+m vakimo+m e$lba*koili, gvxm rsqe*uoili r$ a$lui+ se*qlasa dqo*lot. Mt&m de+ keilx & ma*| se bo*rjeai jot&ua* se rjiqsx & ra pai*fei|. 5 denio+m ca+q ivei| e$pelba*sgm.

c

O puledra Tracia, perche mai, guardandomi di traverso con gli occhi, fuggi ostinatamente e credi che io non sia buono a nulla? Sappi allora che io saprei metterti bene il morso e, tenendo le redini, ti farei girare intorno alle mete dello stadio. Ora, invece, tu pascoli i prati e, saltellando leggera, scherzi: non hai, infatti, come cavaliere un abile esperto di cavalli.

TESTI A CONFRONTO

b

Orazio paragona Cloe ad una cerbiatta (Carmina, 1, 23) Vitas inuleÆo me similis, Chloe, quaerenti pavõÆdam montibus aviis matrem non sine vano aurarum et siluae metu. Nam seu mobilibus veris inhorruÆit adventus foliis seu virõÆdes rubum dimoveÅre lacertae, et corde et genibus tremit. Atqui non ego te tigris ut aspeÆra Gaetulusve leo frangeÆre perseÆquor: tandem desõÆne matrem tempestiva sequi viro.

5

10

Cloe, tu mi fuggi come una cerbiatta, che sugli impervi monti la sua trepida madre vada cercando con timore vano del vento e del bosco. Poiche sia che l'arrivo della primavera abbia agitato le mobili foglie, sia che le verdi lucertole abbiano scosso un rovo, trema in cuore e nelle ginocchia. Eppure non t'inseguo, per ucciderti come selvaggia tigre o leone di Getulia: smetti dunque di seguire tua madre, essendo ormai matura per un uomo.

(1) Paulle: eÁ Emilio Paolo Lepido, che fu console nel 34 a.C. A lui si rivolge l'ombra della moglie Cornelia (figlia di P. Cornelio Scipione), per consolarlo della propria morte.

400

LETTURE ANTOLOGICHE

E IL TEATRO: d

LA TRAGEDIA Eschilo Sofocle Euripide

ESCHILO

(525-456 a.C.) cenni biografici e opere

m Busto di Eschilo. Roma, Musei Capitolini.

Eschilo nacque nel 525 a.C. nel demo ateniese di Eleusi dalla nobile famiglia degli Eupatridi. Nel 499 a.C. partecipoÁ al primo concorso drammatico e nel 490 a.C. combatteÁ, durante la prima guerra persiana, nella battaglia di Maratona, nella quale morõÁ suo fratello Cinegiro. Successivamente partecipoÁ anche alla battaglia di Salamina (480 a.C.). Durante la sua vita compõÁ vari viaggi: in particolare si ricorda quello a Siracusa del 476 a.C. RiportoÁ in tutto 28 vittorie nei concorsi tragici, di cui 13 in vita. Sulla sua morte si tramanda una leggenda, secondo la quale il poeta sarebbe stato ucciso da una testuggine, lasciata cadere giuÁ da un'aquila. Sappiamo con certezza, tuttavia, che egli morõÁ nel 456 a.C. a Gela e lõÁ in suo onore fu eretto anche un monumento. Eschilo portoÁ il numero degli attori della tragedia da uno a due, perfezionoÁ le maschere ed arricchõÁ l'abbigliamento e lo scenario. Le sue tragedie, tranne quella dei Persiani, si ispirano agli antichi miti tebani, argivi e del ciclo troiano. I grammatici alessandrini gli attribuirono 89 tragedie: a noi ne sono pervenute solo 7: i Persiani, i Sette a Tebe, le Supplici, il Prometeo incatenato e la trilogia(1) dell'Orestea (di cui fanno parte l'Agamennone, le Coefore e le Eumenidi). I Persiani sono l'unica tragedia storica che ci eÁ stata tramandata; essa eÁ ambientata a Susa, capitale dell'impero persiano: i vecchi Persiani del coro sono preoccupati per Serse, il giovane re che ha condotto la seconda spedizione militare contro la Grecia. Non meno angosciata eÁ la regina Atossa, madre di Serse e vedova di Dario. Ma ecco giungere un messo, che annuncia la sconfitta della flotta persiana a Salamina. Atossa chiede al messo notizie del figlio e viene a sapere che eÁ vivo. Improvvisamente appare l'ombra di Dario, il quale condanna la condotta di Serse e dice che la rovina dei Persiani eÁ stata causata dalla superbia, dall'arroganza e dalla mancanza di moderazione

(1) trilogia: eÁ un insieme di tre tragedie.

E - IL TEATRO: LA TRAGEDIA

401

di suo figlio. A questo punto giunge sulla scena Serse, logoro e abbattuto, ed ha inizio un dialogo lamentevole tra lui e il coro. Nei Sette a Tebe il tema trattato eÁ l'odio sorto tra i due fratelli EteÁocle e PolinõÁce, figli di EÁdipo, per il possesso della cittaÁ di Tebe. PolinõÁce, scacciato dal fratello, si allea con gli Argivi e muove all'assalto di Tebe attraverso le sette porte. Arriva presso EteÁocle un messaggero, il quale descrive le armature dei sette duci argivi e il loro schieramento: EteÁocle, allora, contrappone a ciascuno di essi un guerriero tebano e poi affronta egli stesso il fratello all'ultima porta. Ritorna poi il messo, per riferire che i due fratelli sono entrambi morti e che EteÁocle saraÁ sepolto, mentre PolinõÁce saraÁ dato in pasto agli avvoltoi. Nelle Supplici viene trattato il mito delle cinquanta figlie del re Danao, le quali si sottraggono alle nozze con i loro cugini, i figli di Egitto, e giungono ad Argo con il padre, chiedendo protezione al re del luogo, Pelasgo. Quest'ultimo accoglie le giovani supplici, ma sopraggiunge un messo di Egitto, per ordinare alle fanciulle di tornare in patria. Pelasgo scaccia il messaggero, mentre le Danaidi rivolgono agli deÁi una preghiera di ringraziamento, per essere scampate al pericolo. La scena del Prometeo incatenato eÁ una zona montuosa della Scizia, dove il titano eÁ stato incatenato da Efesto ed eÁ confortato dal coro delle Oceanine. PromeÁteo, come narra lui stesso, ha sottratto il fuoco agli deÁi, donandolo agli uomini, per cui eÁ stato condannato ad un tremendo supplizio: a lui, incatenato a una rupe, un'aquila divora il fegato, che ricresce immediatamente, per cui il tormento dura ininterrottamente. Ecco che giunge Io, mutata da Zeus in giovenca, che narra a PromeÁteo le sue sciagure; poi arriva Ermes, che cerca di conoscere il segreto che riguarda la fine di Zeus e promette in cambio al titano il perdono da parte del re degli deÁi. PromeÁteo, tuttavia, eÁ irremovibile e preferisce precipitare nel baratro, insieme con la rupe a cui eÁ incatenato. L'Orestea eÁ l'unica trilogia intera da noi posseduta. Nell'Agamennone, la prima tragedia dell'Orestea, viene rappresentato il ritorno del re di Argo da Ilio in patria. Mentre il coro dei vecchi rievoca le vicende della guerra di Troia, giunge l'araldo, per annunciare che sta per arrivare Agamennone. Quest'ultimo, che reca con se Cassandra, figlia di Priamo e sua preda di guerra, viene accolto dalla moglie Clitemnestra, la quale finge di essere contenta. Cassandra, intanto, annuncia un imminente delitto: poco dopo, infatti, si odono dall'interno della reggia delle grida, che rivelano l'uccisione del re e di Cassandra da parte di Clitemnestra e del suo nuovo compagno, Egisto. La regina, alla fine, appare sulla scena con le mani piene di sangue e cerca di giustificare il suo gesto. Il titolo della seconda tragedia dell'Orestea, le Coefore, deriva dal coro delle ancelle di Clitemnestra, che portano libagioni sulla tomba del re. Oreste, figlio di Agamennone, torna in patria per vendicare l'uccisione del padre e reca con se l'amico Pilade. Egli giunge sulla tomba di Agamennone e lõÁ incontra la sorella Elettra, che lo riconosce grazie ad un ricciolo di capelli deposto sulla tomba. Oreste rivela ad Elettra la sua intenzione, poi, compiuto l'omicidio di Clitemnestra e di Egisto, afferma di aver fatto giustizia, ma viene subito perseguitato dalle Erinni, le Furie vendicatrici del delitto. Nell'ultima tragedia della trilogia, le Eumenidi, Oreste si reca nel santuario di Apollo a Delfi: il dio gli ordina di recarsi ad Atene, nel tribunale dell'AreoÁpago, per essere giudicato. LõÁ egli, mentre le Erinni gli danzano intorno, viene sottoposto a giudizio ed assolto con il voto decisivo della dea Atena, la quale placa le Furie, che diventano Eumenidi, cioeÁ «benevole».

402

LETTURE ANTOLOGICHE

1. I figli di EÁdipo, EteÁocle e PolinõÁce, si uccidono in duello (Eschilo, Sette a Tebe, 811-820) Durante l'attacco degli Argivi alle mura di Tebe sono morti tutti gli eroi, tranne il re Adrasto, che non eÁ stato abbattuto dai Tebani. Anche se la cittaÁ eÁ salva, il prezzo della vittoria eÁ stato molto alto: i figli di EÁdipo, EteÁocle e PolinõÁce, si sono uccisi in duello, trascinati nella tomba dalle imprecazioni paterne. ACCEKOR. Ot%sx| a$dekuai&| veqri+m g$mai*qomh$ a%la. VOQOR. Ot$d$ a$luike*jsx| lg+m jaserpodgle*moi. ACCEKOR. Ot%sx| o< dai*lxm joimo+| g#m a$luoi&m a>cam, at$so+| d$ a$makoi& dg&sa dt*rposlom ce*mo|. Soiat&sa vai*qeim jai+ dajqt*erhai pa*qa, 815 po*kim le+m et# pqa*rrotram, oi< d$ e$pirsa*sai, dirrx+ rsqasgcx*, die*kavom rutqgka*s{ Rjt*hz ridg*q{ jsgla*sxm palpgri*am. %Enotri d$ g=m ka*bxrim e$m sauz& vhomo*|, pasqo+| jas$ et$va+| dtrpo*slx| uoqot*lemoi. 820

MESSAGGERO.

CosõÁ si uccisero l'un l'altro con mani fraterne.

CORO.

Forse abbattuti l'un l'altro nella polvere.

MESSAGGERO.

CosõÁ il destino fu per entrambi fin troppo comune; esso annienta del tutto la stirpe sventurata. Per tali eventi eÁ possibile insieme rallegrarsi e piangere, per la cittaÁ che eÁ salva; ma i capi, i due condottieri, si divisero tutto il patrimonio con il ferro scitico, lavorato con martello. Avranno la terra che occupano nella tomba, trascinati laÁ infelicemente, secondo le imprecazioni del padre.

2. Agamennone ritorna in patria (Eschilo, Agamennone, 810-825) Terminata la guerra contro Troia, Agamennone torna in patria e proclama che la potente cittaÁ nemica eÁ stata ridotta dagli Achei a un cumulo di rovine fumanti, mentre i vincitori hanno saccheggiato tutti i tesori. Egli per questo ringrazia gli deÁi di Argo, che hanno reso possibile il suo ritorno e la distruzione della cittaÁ di Priamo. ACALELMXM.

Pqx & som le+m >Aqco| jai+ heot+| e$cvxqi*ot| 810 di*jg pqoreipei&m, sot+| e$loi+ lesaisi*ot| ' m e$pqana*lgm po*kim mo*rsot dijai*xm h$ x Pqia*lot. di*ja| ca+q ot$j a$po+ ckx*rrg| heoi+ jkto*mse| a$mdqohmg&sa| $Ikiouho*qot| ei$| aihemso. s{ & d$ e$mamsi*{ jt*sei e$kpi+| pqorz*ei veiqo+| ot$ pkgqotle*m{. Japm{ & d$ as$ et>rglo| po*ki|. >Asg|, ht*ekkai fx & ri. rtmhmz*rjotra de+ rpodo+| pqope*lpei pi*oma| pkot*sot pmoa*|. 820 Sot*sxm heoi&ri vqg+ pokt*lmgrsom va*qim si*meim, e$pei*peq va$qpaca+| tjxm pa*msa|, xstpse|; >Ecxce* r$, et$mox & m se jai+ jgdo*lemo|. Ei$pe+ dg* loi, ot$ ja$le+ roi+ di*jaio*m e$rsim et$moei&m ors$ et$moei&m, so+ st*pseim; Px & | ca+q so+ le+m ro+m rx & la vqg+ pkgcx & m a$h{ & om ei#mai, sot$lo+m de+ lg*; Jai+ lg+m e>utm e$ket*heqo*| ce ja$cx*. «Jka*otri pai&de|, pase*qa d$ ot$ jka*eim dojei&|;» Ug*rei| moli*ferhai rt+ paido+| sot&so sot>qcom ei#mai. e$cx+ de* c$ a$msei*poil$ a/m xsioi. Sa+ dglo*ria ca+q lirhouoqot&mse| vqg*lasa i$di*y rjopei&rh$ e%jarso| o% si si| jeqdamei&, % rpeq Ai>rilo| jtki*mdesai. so+ de+ joimo+m x >Gm ot#m e$loi+ pei*hgrhe, rxhg*rerh$ e>si. Sai&| ca+q ctmaini+ ugli+ vqg&mai sg+m po*kim gmdqa| e$pisqi*botrim x % rpeq jai+ pqo+ sot&. Loivot+| e>votrim e>mdom x % rpeq jai+ pqo+ sot&. Atq$ o>qmi|. (Aristofane, Uccelli, v. 601) Nessuno conosce il mio tesoro tranne un uccello.

D Mot&| okka jxua+ jai+ stuka*. (Epicarmo, fr. 249 Kaibel) La mente vede, la mente sente, le altre facoltaÁ sono sorde e cieche.

D $Alahi*a le+m hqa*ro|, kocirlo+| de+ o>jmom ue*qei. (Tucidide, Storie, II, 40, 3). L'ignoranza produce baldanza, il ragionamento indugio.

D Pokkx&m d$ a$mhqx*pxm >idem a>rsea jai+ mo*om e>cmx. (Omero, Odissea, I, v. 3) Vide le cittaÁ di molti uomini e ne conobbe la mentalitaÁ.

D $Epi*rsasai d$ ot$d$ a>kua rtkkabg+m cmx&mai. (Eronda, 3, 22) Non eÁ in grado di riconoscere neppure la lettera alfa.

D #Xsa Â...Ã stcva*mei Â...Ã a$mhqx*poiri e$o*msa a$pirso*seqa o$uhaklx&m. (Erodoto, Storie, I, 8, 2) Le orecchie sono per gli uomini meno degne di fede degli occhi.

b) La giustizia

D $Aluo*seqoi jkx&pe|, jai+ o< dena*lemo| jai+ o< jke*wa|. (Pseudo-Focilide, v. 136) Entrambi (sono) ladri, sia chi ha ricevuto sia chi ha rubato.

D Lgde+ di*jgm dija*rz|, pqi+m a$luoi&m lt&hom a$jot*rz|. (Pseudo-Focilide, v. 87) Non esprimere un verdetto prima di aver ascoltato entrambe le parti.

D Mo*lo| o< pa*msxm bariket*|. (Pindaro, fr. 169 a, 1 Maehler) La legge regna su ogni cosa.

D Di*jgm tmo| da*jz jt*ma. (Zenobio, 3, 20)

IntenteraÁ un processo, anche se un asino morderaÁ un cane.

D Oi< leca*koi jke*psai so+m lijqo+m a$pa*cotrim. (Diogene Laerzio, 6, 45) I grandi ladri portano in prigione il piccolo.

D Me*leri| de* ce pa+q po*da| bai*mei. (Diogeniano, 6, 80) La punizione viene dietro (alla colpa).

D $Apo*do|, ei> si o$uei*kei|. (Vangelo di Matteo, 18, 28) Restituisci, se sei debitore di qualcosa.

D %Or$ a/m o< la*ceiqo| e$nala*qsz, st*psesai Â...Ã at$kgsg*|. (Eubulo, fr. 60, 3 K.-A.) Per gli errori del cuoco viene colpito il flautista.

D $Adijei& sot+| a$cahot+| o< ueido*lemo| sx&m jajx&m. (Arsenio, 1, 34 a) Commette ingiustizia verso i buoni colui che risparmia i cattivi.

D Ei$ d$ a$macjai&om ei>g a$dijei&m g/ a$dijei&rhai, emdqe| ot>px sqo*paiom e>rsgram. (Platone, Crizia, 108 c) Uomini senza coraggio non issano mai un trofeo.

D $Amg+q o< uet*cxm jai+ pa*kim lavg*resai. (monostico di Menandro) L'uomo che fugge combatteraÁ di nuovo.

D Oi>joi le+m ke*omse|, e$m la*vz a$kx*peje|. (Aristofane, Pace, vv. 1189-1190) In casa leoni, in battaglia volpi.

D Ai$e+m a$qirset*eim jai+ tllemai a>kkxm. (Omero, Iliade, VI, v. 208) Comportarsi sempre da eroi ed essere superiori agli altri.

D Eiqirso|, a$lt*merhai peqi+ pa*sqg|. (Omero, Iliade, XII, v. 243) Un solo augurio eÁ il migliore: combattere per la patria.

D Ot> oi< a$eije+| a$ltmole*m{ peqi+ pa*sqg| sehma*lem. (Tirteo, fr. 6 Gentili-Prato) Non eÁ certo disonorevole morire per chi combatte per la patria.

D Lg+ pqo+| ke*omsa doqja+| a%wxlai la*vg|. (Diogeniano, 6, 59)

Io (che sono) una gazzella, non potrei combattere con un leone.

D Pokka+ jaima+ sot& poke*lot. (Aristotele, Etica Nicomachea, 1116 b 7; Polibio, Storie, 29, 16) Molti (sono) i fattori inattesi della guerra.

D Cktjt+ a$pei*qoiri po*kelo|. (Pindaro, fr. 110, 1 Sn.-M.)

Per coloro che sono inesperti la guerra eÁ una cosa dolce.

D Lg+ jimei&m sa+ a$ji*mgsa. (Platone, Filebo, 15 c) Non muovere cioÁ che eÁ fermo.

D Pa*mse| Â...Ã oi< kabo*mse| la*vaiqam e$m lavai*qz a$pokot&msai. (Vangelo di Matteo, 26, 52) Tutti coloro che hanno impugnato la spada moriranno di spada.

D /Oui| g/m lg+ ua*cz o>uim dqa*jxm ot$ cemg*resai. (Apostolio, 13, 79)

Un serpente non diventeraÁ grosso se non mangia un altro serpente.

D Pt&q lavai*qy lg+ rjaket*eim. (Diogene Laerzio, 8, 18; Ateneo, 10, 452 d; Plutarco, Vita di Numa, 14, 6; Porfirio, Vita di Pitagora, 42)

Non attizzare il fuoco con la spada. d) La vita sociale e politica

D Ai$rvt*mg po*kex| poki*sot abkawe pqx&som {' botket*esai. (frammento tragico adespoto)

Quando la divinitaÁ daÁ a un uomo dei mali, danneggia prima la mente di colui contro cui macchina.

D Fet+| jasei&de vqo*mio| ei$| sa+| diuhe*qa|. (Zenobio, 4, 11; Diogeniano, 4, 95 a) Zeus guarda dopo molto tempo nelle pergamene.

D Sa+ trsim o%rsi| pa*ms$ a$mg+q et$dailomei&. (Euripide, fr. 661, 1 N.) Non c'eÁ uomo che sia felice in tutto.

D Ot$de+m ci*cmesai e$j sot& lg+ o>mso|. (Diogene Laerzio, 10, 38) Niente nasce da niente.

D $En o$ki*cot rpimhg&qo| a$he*ruaso| ai>hesai t%kg. (Pseudo-Focilide, 144) Per una piccola scintilla prende fuoco un immenso bosco.

D Ei$ Â...Ã rlijqo+m e$pi+ rlijq{& jasahei&o jai+ hala+ sot&s$ e>qdoi|, sa*va jem le*ca jai+ so+ ce*moiso. (Esiodo, Opere e giorni, vv. 361-362) Se poni una piccola cosa su (un'altra) piccola cosa e fai questo continuamente, presto diventeraÁ una grande cosa.

D Jajg&| a$p$ a$qvg&| ci*cmesai se*ko| jajo*m. (Euripide, fr. 32 N.) Da un cattivo inizio deriva una cattiva fine.

D Jaqpo+m o=m e>rpeiqa| he*qife. (Macario, 4, 93) Raccogli il frutto che hai seminato.

430

APPENDICE

D $Aqvg+ g%lirt pamso*|. (Platone, Repubblica, 2, 377 a; Polibio, Storie, 5, 32, 1) L'inizio eÁ la metaÁ di tutto.

D $Aqvg+ dg*pot pamso+| e>qcot vakepx*seqo*m e$rsim. (Appendix proverbiorum, 1, 41) Certo l'inizio di ogni azione eÁ alquanto difficile.

D >Akkose lgsqtig+ pe*kei gkkose lg*sgq. (Esiodo, Opere e giorni, v. 825) Talvolta una giornata eÁ matrigna, talvolta madre.

D Sqovo+| sa+ a$mhqx*pima. (Appendix proverbiorum, 4, 100; Apostolio, 17, 33) Le vicende umane (sono come) una ruota.

D Be*baiom ot$de*m e$rsim e$m hmgs{& bi*{. (Difilo, fr. 109 K.-A.; monostico di Menandro) Nella vita umana nulla eÁ costante.

D Lesabokg+ pa*msxm cktjt*. (Euripide, Oreste, v. 234) Il cambiamento di tutto eÁ cosa piacevole.

D $Au$ %ippxm e$p$ o>mot|. (Zenobio, 2, 33; Diogeniano, 1, 96) Da cavalli ad asini.

D Sa+ hmgsa+ pa*msa lesaboka+| pokka+| e>vei. (monostico di Menandro) Tutte le cose mortali hanno molti cambiamenti.

D >Aekpsom ot$de*m. pa*msa d$ e$kpi*feim vqex*m. (Euripide, Hypsipyle, fr. 761 N.) Niente (eÁ) inaspettato: bisogna aspettarsi tutto.

D $Ekpi*de| e$m nxoi&rim, a$me*kpirsoi de+ hamo*mse|. (Teocrito, 4, 42) I vivi hanno le speranze, privi di speranze sono i morti.

D >Amhqxpo| a$stvx&m r{*feh$ tqiom.

(Giovanni Crisostomo, Omelie sulla seconda epistola ai

Corinzi, 9, PG 61, 462)

Dammi l'oggi e prenditi il domani.

D >Amhqaje| gidiom e$pameqve*rhx at$he*msgm. (Anna Comnena, 2, 64, 8) Un'azione malvagia ricada su chi l'ha compiuta.

D cjtkom o$de*pos$ o$qho*m. (frammento comico adespoto; Diogeniano, 6, 92) Un legno storto giammai (saraÁ) diritto.

D Jajot& jo*qajo| jajo+m {$o*m. (Zenobio, 4, 82; Diogeniano, 5, 39; Apostolio, 9, 20) Da un cattivo corvo (nasce) un cattivo uovo.

D $Ej sot& jaqpot& so+ de*mdqom cicmx*rjx. (Diogeniano, 5, 15; Apostolio, 6, 90) Dal frutto riconosco l'albero.

432

APPENDICE

D Pokka+ sa+ deima*, jot$de+m a$mhqx*pot deimo*seqom pe*kei. (Sofocle, Antigone, vv. 332-333) Molte (sono) le cose straordinarie, ma niente eÁ piuÁ straordinario dell'uomo.

D Ot$j e$paimehei*g| ot$d$ e$m peqidei*pm{. (Zenobio, 5, 28; Diogeniano, 7, 24) Non potresti essere lodato neppure nel banchetto funebre.

D Paq$ g'| so+m a>qsom g< jt*xm ot$ kalba*mei. (Difilo, fr. 91, 2 K.-A.) (Colei) dalla quale una cagna non accetta il pane.

D >Akkg pqo+| a>kko cai&a vqgrilxse*qa. (Euripide, fr. 742 N.)

Una terra eÁ migliore per un prodotto, un'altra per un altro.

D Sessa*qxm o$bokx&m a>nio|. (Apostolio, 16, 35) Vale quattro oboli.

D >Anio| sqivo*|. (Aristofane, Rane, v. 614; Zenobio, 2, 4; Diogeniano, 1, 93) Non vale un pelo.

D Pa*msose sz& wtvz& vqg&sai ot>rz sekei*y o< rpotdai&o|. (Diogene Laerzio, 7, 128) L'uomo onesto ha sempre la coscienza interamente pura.

D Pgko+| ot'so|. (Fozio, Lessico, 428, 1) Costui (eÁ) di fango.

D Jajo+| a>cco| ot$ jka&sai. (Apostolio, 9, 36) Un brutto vaso non si rompe.

D $Ep$ a>jqy ckx*ssz so+ uikei&m e>vei|. (Massimo Tirio, 6, 7; Apostolio, 7, 63) Hai l'affetto sulla punta della lingua.

D Oi'o| o< sqo*po|, soiot&so| o< ko*co|. (Elio Aristide, De rhetorica, 2, 392) Il discorso eÁ tale qual eÁ il carattere.

D Fx&lem Â...Ã ot$v xdg ci*cmesai. (Aristotele, Retorica, 1, 11) L'abitudine diventa ormai una qualitaÁ naturale.

D Akkxm i$asqo*|, at$so+| e%kjerim bqt*xm. (Euripide, fr. 1086 N.) Medico degli altri, ma egli stesso pieno di piaghe.

D Ot$ai+ lt*qlgji pseqoi&| a$qhe*msi. (Siracide, 2, 8-14) Guai alla formica che si alza in volo.

D >Eqdoi si| g=m e%jarso| ei$dei*g se*vmgm. (Aristofane, Vespe, v. 1431) Ognuno faccia il mestiere che conosce.

D Lg+ e$pihtlei&m a$dtma*sxm. (Diogene Laerzio, 1, 70) Non aspirare a cioÁ che non si puoÁ ottenere.

D %Xrpeq Â...Ã %ippo| et$cemg*|, ja/m z# ce*qxm, e$m soi&ri deimoi&| htlo+m ot$j a$px*kerem, a$kk$

o$qho+m ot#| %irsgrim. (Sofocle, Elettra, vv. 25-27) Come un nobile cavallo, anche se eÁ vecchio, di fronte ai pericoli non si perde d'animo, ma tiene le orecchie diritte.

D Se*ssico| et$uxmo*seqo|. (Apostolio, 16, 37) PiuÁ intonato di una cicala.

D Jai+ jeqalet+| jeqalei& jose*ei jai+ se*jsomi se*jsxm jai+ psxvo+| psxv{& uhome*ei jai+ a$oido+| a$oidx & . (Esiodo, Opere e giorni, vv. 25-26) Il vasaio si adira con il vasaio, l'artigiano con l'artigiano, il mendico invidia il mendico, il poeta (invidia) il poeta.

D Pokka+ wet*domsai a$oidoi*. (Solone, fr. 25 Gentili-Prato) I poeti raccontano molte bugie.

D Jai+ sot& le*kiso| so+ pke*om e$rsi+ vokg*. (Antologia Palatina, 16, 16) Anche l'eccesso di miele eÁ bile.

D Pke*om g%lirt pamso*|. (Esiodo, Opere e giorni, v. 40) La metaÁ eÁ maggiore del tutto.

D Lgde+m a>cam. (Platone, Ipparco, 228 e) Niente di troppo.

D Lgde+m tkkoi x>mamso. (Zenobio, 1, 65; Diogeniano, 2, 13) Alcuni si affaticano, altri guadagnano.

D ivmia ux+q e>lahom. (Callimaco, Epigrammi, 43, 6) Da ladro conobbi le orme di un ladro.

D Uikei&m le+m pqodori*am, pqodo*sgm de+ lirei&m. (Plutarco, Vita di Romolo, 17, 3) Amare il tradimento, ma odiare il traditore.

D qcom. (Pseudo-Focilide, 162) Nessuna opera per gli uomini eÁ senza fatica e facile.

D Sg&| d$ a$qesg&| ihgjam a$ha*masoi. (Esiodo, Opere e giorni, vv. 289-290)

Gli deÁi immortali posero il sudore davanti alla virtuÁ.

D Vakepa+ sa+ jaka*. (Platone, Repubblica, 4, 435 c; Cratilo, 384 a; Ippia maggiore, 304 e) Le imprese belle sono difficili.

D Se*skahi dg*, jqadi*g. jai+ jt*mseqom a>kko pos$ e>skg|. (Omero, Odissea, XX, v. 18) Sopporta, o mio cuore: sopportasti un tempo altre cose anche piuÁ gravi.

D Lgde*m$ o$kbi*feim, pqi+m a/m se*qla sot& bi*ot peqa*rz lgde+m a$kceimo+m pahx*m. (Sofocle, Edipo re, vv. 1529-1530)

Non considerare nessuno felice prima che abbia superato la soglia finale della vita, senza aver sofferto nulla di terribile.

D Pqo+ seketsg&| lg+ laja*qife lgde*ma. (Siracide, 11, 28) Prima della morte non chiamare nessun beato.

D Pa*msa qmaq a>mhqxpo|. (Pindaro, Pitiche, 8, vv. 136-137) L'uomo (eÁ) un sogno di ombra.

D Vakepo+m e$rhko+m e>llemai. (Platone, Protagora, 339 a; Diogene Laerzio, 1, 76) (EÁ) difficile essere virtuosi.

D >Amhqxpo| irsim etktpom ot$demo*|. (Menandro, fr. 341 K.-Th.) Non eÁ possibile trovare la vita di uno che sia priva di dolori.

D Po*mo| po*m{ po*mom ue*qei. (Sofocle, Antigone, v. 595; Aiace, v. 362) L'affanno porta affanno su affanno.

D Ot$de+m jajo+m qqeim e>nx po*da pgkot&. (Apostolio, 1, 65) Sollevare il piede dal fango.

D >Emh$ ot>se li*lmeim a>melo| ot>s$ e$jpkei&m e$y&. (Eschilo, fr. 250 R.) Dove il vento non permette ne di stare fermi ne di navigare.

l) I rapporti interpersonali, l'ambiente, le circostanze

D $Ont*seqom oi< cei*some| bke*potri sx&m a$kxpe*jxm. (Appendix proverbiorum, 4, 31) I vicini hanno la vista piuÁ acuta delle volpi.

D Le*ca cei*somi cei*sxm. (Alcmane, fr. 123 Page)

Il vicino eÁ una cosa importante per il vicino.

D $Ajkgsi+ jxla*fotrim e$| ui*kot| ui*koi. (Diogeniano, 1, 60; Zenobio, 2, 46; Apostolio, 1, 92) Gli amici vanno a banchettare dagli amici senza invito.

D Bo*sqt| pqo+| bo*sqtm pepai*mesai. (Appendix proverbiorum, 1, 60; Apostolio, 5, 5) Un grappolo d'uva matura davanti a un altro grappolo.

D $Adt*masom so+ ptqi+ rtrsqeuo*lemo*m sima lg+ japmi*ferhai. (Gregorio di Nissa, PL 46, 1012) EÁ impossibile, rannicchiandosi vicino al fuoco, non affumicarsi.

D vei. (monostico di Menandro) Ogni cosa eÁ gradita nel suo momento.

D Lgde+ trsx so+ tAkko| bi*o|, a>kkg di*aisa. (Zenobio, 1, 22; Diogeniano, 1, 20) Altra vita, altre abitudini.

D $Akk$ e%pot vx*qa| sqo*poi|. (Appendix proverbiorum, 1, 20) Ma segui i costumi del paese.

D >Akkose d$ a$kkoi&om seke*heim jai+ vx*qy e%perhai. (Zenobio, 1, 24; Apostolio, 1, 39) Comportarsi in modo sempre diverso e adattarsi al paese.

D %Apa| le+m a$g+q ai$es{& peqa*rilo|, a%para de+ vhx+m a$mdqi+ cemmai*{ pasqi*|.

(Euripide, fr.

1047 N.)

Tutto il cielo (eÁ) attraversabile per l'aquila, mentre tutta la terra (eÁ) patria per l'uomo nobile.

D Pamsavot& ce pasqi+| g< bo*rjotra cg&. (Euripide, fr. 777 N.)

La patria (eÁ) dovunque (vi sia) una terra che daÁ nutrimento.

D >Am lg+ paqz& jqe*a|, sa*qivom rseqjse*om. (Zenobio, 1, 84; Diogeniano, 1, 5) Se non c'eÁ carne, bisogna accontentarsi del pesce salato.

D Deikot+| et# e>dqomsi lasaiosa*sg va*qi| e$rsi*m. >irom jai+ rpei*qeim po*msom. (Teognide, vv. 105-106)

Fare del bene a persone dappoco eÁ il piuÁ sciocco dei benefici: eÁ come seminare il mare.

D Dx&qom d$ o% si d{& si|, e$pai*mei. (Zenobio, 3, 42) Loda il dono che qualcuno ti daÁ.

D Do*ri| d$ o$ki*cg se ui*kg se. (Omero, Odissea, VI, v. 208) Un piccolo dono (eÁ) simbolo di amicizia.

D Lesa+ sg+m do*rim sa*virsa cgqa*rjei va*qi|. (monostico di Menandro) Dopo il dono ben presto la gratitudine invecchia.

D $Xjei&ai va*qise| cktjeqx*seqai. (Antologia Palatina, 10, 30) I favori fatti velocemente (sono) piuÁ dolci.

D =A pa*rvomse| tvxm, mo*life heratqot+| e>veim. (monostico di Menandro) Se hai degli amici, pensa di avere dei tesori.

D $Amdqo+| jakx&| pqa*ssomso| e$cct+| oi< ui*koi. (monostico di Menandro) Quando un uomo sta bene, gli amici gli sono accanto.

D $Amdqo+| jajx&| pqa*rromso| e$jpodx+m ui*koi. (Sofocle, fr. 667; Diogeniano, 1, 45; Apostolio, 2, 82)

Quando uno sta male, gli amici (sono) lontani.

D $Em soi&| jajoi&| Â...Ã a$cahoi+ raue*rsasoi ui*koi. (Euripide, Ecuba, vv. 1226-1227) Nelle sventure si vedono molto chiaramente i buoni amici.

D Joima+ sa+ sx&m ui*kxm. (Menandro, fr. 10 K.-Th.) Gli amici hanno (tutto) in comune.

D $Iro*sg| uiko*sgsa a$peqca*fesai. (Platone, Leggi, 6, 757 a) La somiglianza rende perfetta l'amicizia.

D Ajaiqo| et>moi$ ot$de+m e>vhqa| diaue*qei. (Zenobio, 1, 50; Diogeniano, 1, 48; Apostolio, 1, 91) La benevolenza inopportuna non differisce affatto dall'ostilitaÁ.

D $Akk$ a$p$ e$vhqx&m Â...Ã pokka+ lamha*motrim oi< rouoi*. (Aristofane, Uccelli, v. 375) Ma molte cose i saggi imparano dai nemici.

D Ai< Â...Ã e$lpepkgrle*mai carse*qe| Â...Ã sa+| peimx*ra| a$cmot&rim. (Giovanni Crisostomo, Orazioni sulla Genesi, 6, PG 54, 603)

I ventri sazi non conoscono gli affamati.

D Sot&s$ e$rsi+ so+ fg&m ot$v ekkxm uqo*mei. (monostico di Menandro) Pensa agli affari tuoi, non preoccuparti di quelli degli altri.

D Ug*lg d$ ot> si| pa*lpam a$po*kktsai, g%m sima pokkoi+ kaoi+ ugli*fxri. heo+| mt* si*| e$rsi jai+

at$sg*. (Esiodo, Opere e giorni, vv. 763-764) La fama, che molta gente diffonde, non perisce mai del tutto: in fondo eÁ essa stessa una dea.

D Ckx&rra, poi& poqet*z; Po*kim a$moqhx*rotra jai+ po*kim jasarsqe*wotra;

(Zenobio, 2, 99;

Diogeniano, 4, 49)

Lingua, dove vai? A salvare e a distruggere la cittaÁ?

D Lgde+ vekido*ma| e$m oi$ji*y de*verhai. (Plutarco, Quaestiones conviviales, 727 a) Non accogliere rondini in casa.

D Dajst*k{ dei*jmtsai. (Arsenio, 5, 81 a) EÁ mostrato a dito.

D Ouim sqe*ueim jai+ pomgqo+m et$eqcesei&m sat$so*m e$rsim. (Arsenio, 13, 79 a)

Nutrire un serpente e fare del bene ad un malvagio sono la stessa cosa.

D Uikg*joom ei#mai la&kkom g/ pokt*kakom. (Diogene Laerzio, fr. 1, 63, 3 D.-K.) EÁ meglio ascoltare che parlare molto.

D Ot$ ke*ceim st*c$ e$rri+ deimo*|, a$kka+ rica&m a$dt*maso|. (Gnomologium Parisinum, p. 20) Tu non sei abile a parlare, ma incapace a tacere.

D So+ rica&m pokka*ji| e$rsi+ roux*sasom a$mhqx*p{ mog&rai. (Pindaro, Nemee, 5, v. 18) Spesso il tacere eÁ per l'uomo pensare nel modo piuÁ saggio.

D At$so+ de+ so+ rica&m okko lgsqtia&| jajo*m. (monostico di Menandro) Nessun altro male eÁ piuÁ terribile di una matrigna.

D Dt*$ gmdqa| etvomsa|. (Apostolio, 15, 93; Plutarco, Lacedaemoniorum apophthegmata, 232, c)

Le fanciulle devono cercare marito, le donne devono tenere quelli che hanno.

D Pa&| cot&m poigsg+| ci*cmesai, ja/m a>lotro| z# so+ pqi*m, ot' a/m >Eqx| a%wgsai. (Platone, Simposio, 196 e)

Ognuno diventa certo poeta, quando lo tocca l'amore, anche se prima non era incline alle Muse.

D Stukot&sai peqi+ so+ uikot*lemom o< ui*kxm. (Platone, Leggi, 5, 731 e) Chi ama eÁ cieco nei confronti dell'amato.

D %Oqjot| e$cx+ ctmaijo+| ei$| t%dxq cqa*ux. (Sofocle, fr. 811 R.) I giuramenti di una donna li scrivo sull'acqua.

D %Oqjo| $Auqodi*sg| rtccimx*rjesai. (Macario, 6, 47; Appendix proverbiorum, 4, 33) Si perdona al giuramento d'amore.

D Sot+| e$m e>qxsi o%qjot| lg+ dt*meim ot>as$ e$| a$hama*sxm. (Callimaco, Epigrammi, 25, 3) I giuramenti d'amore non giungono alle orecchie degli deÁi.

D Peimx&rim Â...Ã g< Jt*pqi| pijqa*. (Acheo, fr. 6, 2 Snell-Konnicht) Per chi ha fame Venere eÁ amara.

D Mejqo+m $Auqodi*sg Diomt*rot di*va jai+ Dg*lgsqo|. (Apostolio, 12, 2) Afrodite eÁ morta lontano da DioÁniso e DemeÁtra.

D Ctmaiji+ lg+ pi*rsete, lgd$ a/m a$poha*mz. (Diogeniano, 4, 4; Macario, 3, 13) Non fidarti di una donna, neanche se muore.

D Ctmaiji+ lg+ pi*rsete so+m ratsot& bi*om. (monostico di Menandro) A una donna non affidare la tua vita.

Proverbi e sentenze

441

D $Em Â...Ã ctmaini+ pi*rsim ot$j e>ners$ i$dei&m. (monostico di Menandro) Non eÁ possibile vedere fedeltaÁ nelle donne.

D Ctmaiji+ d$ a>qveim ot$ di*dxrim g< ut*ri|. (monostico di Menandro) Alla donna la natura non concede di comandare.

D Jai*soi so*d$ ai$rvqo*m, pqorsasei&m ce dxla*sxm ctmai&ja, lg+ so+m a>mdqa. (Euripide, Elettra, vv. 932-933)

Certo eÁ turpe che nella casa comandi la moglie, non il marito.

D Jajo+m a$macjai&om ctmg*. (Filemone, fr. 165 K.-A.) La donna eÁ un male necessario.

D Veilx+m jas$ oi>jot| e$rsi+m a$mdqa*rim ctmg*. (Arsenio, 18, 19 a; monostico di Menandro) La donna (eÁ) per gli uomini una tempesta in casa.

D Ce*qxm e$qarsg+| e$rva*sg jajg+ st*vg. (monostico di Menandro) Un amante vecchio eÁ l'estrema cattiva sorte.

D So+ le+m pt&q o< a>melo|, so+m de+ e>qxsa g< rtmg*heia e$jjai*ei. (Mantissa proverbiorum, 3, 11) Il vento attizza il fuoco, la consuetudine l'amore.

D $Ej sot& Â...Ã e$roqa&m ci*cmes$ a$mhqx*poi| e$qa&m. (Diogeniano, 4, 49; Macario, 3, 72) Dallo sguardo proviene agli uomini l'amore.

D Pat*qoi| a$mhqx*pxm a$qesg+ jai+ ja*kko| o$pgdei&. (Silloge teognidea, v. 933) Pochi tra gli uomini hanno virtuÁ e bellezza.

D Ctmaini+ pa*rai| jo*rlom g< ricg+ ue*qei. (Sofocle, Aiace, v. 293; monostico di Menandro) A tutte le donne il silenzio porta abbellimento.

D Deimai+ Â...Ã ai< ctmai&je| etut. (Euripide, Medea, v. 928)

La donna eÁ una fragile femmina e per natura eÁ incline alle lacrime.

D Ha*karra jai+ pt&q jai+ ctmg+ sqi*som jajo*m. (monostico di Menandro) Il mare, il fuoco e la donna sono tre mali.

n) Le bugie, le apparenze

D Pa&| a>mhqxpo| wet*rsg|. (Paolo, Epistola ai Romani, 3, 4) Ogni uomo eÁ bugiardo.

D ut. (Euripide, Fenicie, v. 469) L'esposizione della veritaÁ eÁ semplice.

D Rlijqo+m uqomsi*ramse| Rxjqa*sot|, sg&| de+ a$kghei*a| pokt+ la&kkom. (Platone, Fedone, 91 c)

Curandosi poco di Socrate, molto di piuÁ della veritaÁ.

D Wetdo*lemo| ot$dei+| kamha*mei pokt+m vqo*mom. (monostico di Menandro) Nessun bugiardo rimane nascosto per molto tempo.

442

APPENDICE

D Pa*ms$ e$jjakt*psxm o< vqo*mo| ei$| so+ ux&| a>cei. (Sofocle, fr. 918 R.) Il tempo, svelando tutto, lo porta alla luce.

D Ei$ le+m uqa*rx sa$kghe*|, ot$vi* r$ et$uqamx&. ei$ d$ et$uqamx& si* r$ ot$vi+ sa$kghe+| uqa*rx. (Agatone, fr. 12 K.-Sn.)

Se ti diroÁ la veritaÁ, non ti faroÁ piacere; se ti faroÁ piacere, non ti diroÁ la veritaÁ.

D Sorot&som o>ueko| s{& wet*rsz, o%si jai+ a$kghg& ke*cxm pokka*ji| ot$ pirset*esai. (Esopo, 226 Hausrath)

Il bugiardo ci guadagna questo, cioeÁ che spesso non viene creduto, pur dicendo la veritaÁ.

D $Akxpeji*feim pqo+ eOmo| kt*qa| a$jot*ei| jimx&m sa+ x#sa. (Luciano, Adversum indoctum, 4) Come un asino ascolti la lira scuotendo le orecchie.

D >Om{ si| e>kece lt&hom. o< de+ sa+ x#sa e$ji*mei. (Zenobio, 5, 42; Diogeniano, 7, 30) Un tale raccontava una favola a un asino e quello muoveva le orecchie.

D Ckat&ja ei$| $Ahg*ma|. (Aristofane, Uccelli, v. 301) (Portare) una civetta ad Atene.

D >Aqjsot paqot*rg| >ivmg lg+ fg*sei. (Zenobio, 2, 36; Apostolio, 3, 89) In presenza dell'orsa non cercarne le tracce.

D Ri*dgqom pkei&m dida*rjei|. (Apostolio, 17, 41) Insegni a un pezzo di ferro a navigare.

D Di+| e$nalaqsa*meim sat$so+m ot$j a$mdqo+| rouot&. (monostico di Menandro) Sbagliare due volte nella stessa azione non eÁ dell'uomo saggio.

D $Ajqohi*mia ptclai&a jokorr{& e$uaqlo*feim. (Apostolio, 15, 2; Filostrato, Vitae Sophistarum 1, 19) Adattare ad un gigante le spoglie dei Pigmei.

D Dekui&ma mg*verhai dida*rjei|. (Zenobio, 3, 30; Diogeniano, 1, 65) Insegni a nuotare a un delfino.

D Di+| pqo+| so+m at$so+m ai$rvqo+m pqorjqot*eim ki*hom.

(Zenobio, 3, 29; Diogeniano, 4, 19; Polibio,

Storie, 31, 11, 5)

EÁ indecoroso inciampare due volte nello stesso sasso.

D Dijst*{ a>melom hgqy&|. (Zenobio, 3, 14; Diogeniano, 2, 28) Cacci il vento con la rete.

D So+ Â...Ã sa+ peso*lema dix*jeim so+ fgsei&m a/m ei>g sg+m a$kg*heiam. (Aristotele, Metafisica, 1009 b, 39) Cercare la veritaÁ sarebbe come inseguire gli uccelli.

D $Aeso+m %ipsarhai dida*rjei|. (Eliano, Natura animalium, 15, 22) Insegni a volare a un'aquila.

D Stuk{& ja*sopsqom vaqi*fz. (Appendix proverbiorum, 5, 12) Regali uno specchio a un cieco.

D Jxu{& odei. (Macario, 6, 73) Nessuno, quando ha fame, canta bene.

D $Amdqi+ peimx&msi jke*pseim e>rs$ a$macjai*x| e>vom. (Macario, 2, 14) Per l'uomo che ha fame rubare eÁ necessario.

D Kac{& peimx&msi jai+ pkajot&mse| ei$| rt&ja. (Suda, k 28)

Per una lepre affamata anche le focacce (diventano) fichi.

D $E| po*da| e$j jeuakg&|. (Omero, Iliade, XVI, v. 640; XXIII, v. 169) Dalla testa ai piedi.

D $Eke*uamso| diaue*qei| ot$de*m. (Diogeniano, 4, 43; Suda, e 816) Non differisci in nulla da un elefante.

D $Aki*cjiom a$rse*qi jak{&. (Omero, Iliade, VI, v. 401) Simile a una bella stella.

D Pqerbt*seqom re*bot. (Diogene Laerzio, 1,70) Onora chi eÁ piuÁ vecchio.

D Ce*kx| ba*qahqom jai+ ce*qotri jai+ me*oi|. (Diogeniano, 2, 27) Il riso (eÁ) un abisso per i vecchi e per i giovani.

D %Ippot cg&qa|. (Dione Crisostomo, 6, 212 R.) Vecchiaia da cavallo.

D Pemi*am ue*qeim jai+ cg&qa*| e$rsi dt*rjokom. (monostico di Menandro) EÁ gravoso sopportare la povertaÁ e la vecchiaia.

D $Amdqo+| ce*qomso| ai< cma*hoi bajsgqi*a. (Diogeniano, 1, 78; Apostolio, 3, 9) Le mascelle sono il bastone del vecchio.

D Cg&qa| ke*omso| jqei&rrom a$jlai*xm mebqx&m. (Apostolio, 5, 41) Un leone vecchio eÁ piuÁ forte di cerbiatti giovani.

D Di+| pai&de| oi< ce*qomse|. (Aristofane, Nuvole, v. 1417) I vecchi sono due volte fanciulli.

D >Owom a>qirsom po*mo| s{& cg*qy. (Apostolio, 13, 84)

Il lavoro (eÁ) il miglior companatico per la vecchiaia.

446

APPENDICE

D Ot$v ai< sqi*ve| poiot&rim ai< ketjai+ uqomei&m. (monostico di Menandro) Non sono i capelli bianchi a produrre il senno.

D >Avho| Â...Ã so+ cg&qa| ai$ei+ baqt*seqom Ai>sma| rjope*kxm e$pi+ jqasi+ jei&sai. (Euripide, Hercules furens, vv. 637-639)

La vecchiaia sta sempre sulla testa come un peso piuÁ gravoso delle rocce dell'Etna.

D #X cg&qa|, oi%am e$kpi*d$ gvei| jai+ pa&| si| re+ bot*kes$ a$mhqx*pxm lokei&m. kabx+m de+ pei&qam, lesale*keiam kalba*mei. (Euripide, fr. 108 N.) O vecchiaia, quale speranza di piacere tu hai! Ognuno degli uomini vuole arrivare a te, ma, quando ti ha provato, si pente.

D Lajqo+| Â...Ã ai$x+m rtluoqa+| pokka+| e>vei. (monostico di Menandro) La vecchiaia ha molti malanni.

D So+ cg&qa*| e$rsim at$so+ mo*rgla. (Apollodoro di Caristo, fr. 20 K.) La vecchiaia eÁ di per se una malattia.

D De*mdqom pakaio+m lesautset*eim dt*rjokom. (monostico di Menandro) (EÁ) difficile trapiantare un albero vecchio.

D Cmx&lai d$ a$lei*mot| ei$ri+ sx&m ceqaise*qxm. (Euripide, fr. 291, 2 N.) Migliori sono i consigli dei piuÁ vecchi.

D Cmx&lg ceqo*msxm a$ruakerse*qa me*xm. (monostico di Menandro) Il parere dei vecchi (eÁ) piuÁ sicuro di quello dei giovani.

D Me*o| x/m a$jot*eim sx&m ceqaise*qxm. (monostico di Menandro) Tu che sei giovane ascolta i piuÁ vecchi.

D >Eqca le+m mexse*qxm, botkai+ d$ e>votri sx&m ceqaise*qxm jqa*so|. (Euripide, fr. 508 N.) Le azioni sono la forza dei giovani, i consigli, invece, quella dei vecchi.

D Pe*utjem g< le+m dt*mali| e$m mexse*qoi|, g< de+ uqo*mgri| e$m pqerbtse*qoi| ei#mai. (Aristotele, Politica, 7, 139 a, 14-16)

EÁ naturale che la forza sia nei piuÁ giovani, la saggezza nei piuÁ vecchi.

D Ce*qxm a$kx*pgn ot$v amx. (Euripide, Alcesti, vv. 985-986) Piangendo non richiamerai mai i morti su dall'oltretomba.

Proverbi e sentenze

447

D $Elot& hamo*mso|, cai&a livhg*sx ptqi*. (frammento tragico adespoto) Dopo la mia morte, la terra si mescoli (pure) al fuoco.

D Lo*mo| hex&m Â...Ã ha*maso| ot$ dx*qxm e$qy&. (Eschilo, Niobe, fr. 161, 1) La morte sola tra gli deÁi non ama i doni.

D Et>jokom e>uarje sg+m ei$| %Aidot ooija. appena che, non appena, cong. temporale, e$peida+m (e$peidg+) sa*virsa. appendere, jqela*mmtli. apprendere, lamha*mx. approvare, dojila*fx, e$p-aime*x. aprire, a$m-oi*cx, a$m-oi*cmtli. Arabo, >Aqaw, -abo|, o