Stratigrafia dell’architettura e ricerca storica [Paperback ed.] 8843048384, 9788843048380

Perché gli architetti dovrebbero utilizzare come metodo di studio l'analisi stratigrafica? Quale contributo può app

404 61 5MB

Italian Pages 127 [130] Year 2009

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Stratigrafia dell’architettura e ricerca storica [Paperback ed.]
 8843048384, 9788843048380

Citation preview

STRATIGRAFIA DELL'ARCHITETTURA E RICERCA STORICA

Silvia Beltramo

3rocc1

LE BUSSOLE

LE BUSSOLE Chiare, essenziali, accurate: le guide di Carocci per orientarsi nei principali temi della cultura contemporanea

ARCHITETTURA

STRATIGRAFIA DELL'ARCHITETTURA E RICERCA STORICA

Perché gli architetti dovrebbero utilizzare come metodo di studio l'analisi stratigrafica? Quale contributo può apportare quest'ultima alla ricerca storica? È possibile estendere la lettura stratigrafica ad ambiti più ampi, come quello territoriale e urbano? Il testo fornisce gli strumenti utili per affrontare un'indagine su edifici antichi e architetture moderne che presentino una successione di fasi e di interventi costruttivi. La stratigrafia può essere impiegata per studiare tutti quei casi in cui è leggibile una presenza pluristratificata di azioni naturali o antropiche, dalle strutture a carattere monumentale all'architettura rurale, ai centri storici, alla trama del paesaggio antico. Silvia Beltramo, architetto e dottore di ricerca,

insegna discipline storiche presso la 11 facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, dove svolge attività di ricerca nell'ambito della storia dell'architettura e della città in età medievale e moderna presso il dipartimento Casa-Città.

1 1 111 1 1 1 1 1 1 111 1

ISBN 978-88-430-4838-0

9 788843 048380

l' edizione, febbraio 2009 © copyright 2009 by Carocci editore S.p.A., Roma Finito di stampare nel febbraio 2009 da Eurolit, Roma ISBN

978-88-430-4838-0

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Via Sardegna 50 00187 Roma. TEL 06 42 81 84 17 FAX 06 42 74 79 31 Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it

Silvia Beltramo

Stratigrafia dell'architettura e ricerca storica

Carocci editore

Ringraziamenti

Ringrazio Carlo Tosco per avermi seguito in questo progetto, per i preziosi consigli Donatella Calabi, Rosa Tamborrino, Daniele Mana­ corda, Marco Frati, Marco Subbrizio, Maurizio Gomez, Patrizia Borliz­ zi, Valeria Ghiotti, Paola Paletto e la mia famiglia, alla quale dedico questo libro. L'autrice rimane a disposizione di quanti vogliano fornire suggerimen­ ti e commenti al testo ([email protected]).

Indice Introduzione 7 1.

Che cos'è la stratigrafia? g

1.1. 1.2. 1.3. 1.4.

La stratigrafia geologica g La stratigrafia archeologica 11 La stratigrafia applicata all'architettura 15 La dimensione territoriale e urbana 20

2.

Sviluppi del metodo stratigrafico 24

2.1. Ricerche in Europa 24 2.2. Orientamenti e prospettive in Italia 30

3.

Un metodo per molte discipline 44

3.1. Stratigrafia e restauro 44 3.2. Stratigrafia e pianificazione urbana 46 3.3. Stratigrafia e storia dell'architettura 51

4. Analisi del costruito 54 4.1. 4.2. 4.3. 4.4.

Macrostratigrafia e microstratigrafia 54 La sequenza costruttiva 58 Diagramma stratigrafico delle murature 65 Cronologia relativa e assoluta 68

5.

Datazione dell'edilizia storica: metodi diretti e indiretti 70

5.1. Le datazioni dirette 70 5.2. Le datazioni indirette 84 5

6.

L'analisi delle murature 89

6.1. Le murature 89 6.2. Criteri di catalogazione go

Appendice. Presentazione di due casi studio 99 Bibliografia 116

5

Introduzione Lo studio stratigrafico in architettura è utilizzato soprattutto nell'ambi­ to del restauro, mentre compare relativamente poco nella ricerca stori­ ca. L'intento di questo contributo è di proporre l'uso del metodo a differenti scale di ricerca e di cronologia. L'analisi stratigrafica dell'ele­ vato non mostra limiti temporali per il suo impiego: l'indagine può essere svolta su edifici dell'antichità come su architetture moderne che presentino una successione di fasi e d'interventi costruttivi. Inoltre, la metodologia permette di avvicinarsi a qualsiasi tipo architettonico, dalle strutture a carattere monumentale all'architettura rurale, ai centri storici, alla trama del paesaggio antico: in cucci quei casi in cui è leggibi­ le una presenza pluriscracificaca di azioni naturali o antropiche. L'obiet­ tivo è quello di arrivare a proporre una successione di processi che hanno segnato la vita del manufatto nel corso del tempo. La ricerca si apre sempre di più al confronto era discipline diverse, che offrono possibilità di studio e di confronto. La capacità che lo storico dell'architettura dovrebbe acquisire è quella di ascoltare e d'interpretare l'edificio, ma anche di sapere quali domande porsi di fronte al costruito e quali mezzi utilizzare per far emergere i segni del tempo. La necessità di leggere un manufatto in una chiave critica durante cucco il percorso di analisi costituisce un'esigenza ineludibile per uno studio architetto­ nico. L'invito rivolto ai giovani è quello di porsi tante domande!

7

1.

Che cos'è la stratigrafia?

L'applicazione del metodo stratigrafico in architettura deriva dalle espe­ rienze maturate in campo geologico e archeologico. La diffusione della stratigrafia in archeologia si deve all'inglese Edward C. Harris, che ha mutuato i suoi concetti dai pionieristici studi del geologo Charles Lyell, risalenti alla metà del xrx secolo. L'utilizzo del criterio stratigrafico nello scavo archeologico ha trovato una sua elaborazione teorica e pratica nella scuola archeologica britannica alla fine degli anni settanta del xx secolo. Punto di partenza della teoria dello scavo stratigrafico è il concetto di stratificazione archeologica: mutuando la definizione dalle scienze geologiche, il processo è definito come l'esito delle tracce lasciate nel terreno dalle diverse attività naturali (ecofatti) e antropiche (manufat­ ti). La principale differenza tra i fenomeni osservati dalle due discipline consiste nel fatto che la stratigrafia geologica analizza i risultati delle sole azioni naturali. L'applicazione del metodo alla storia dell'architettura è recente e si verifica, come vedremo più avanti (cfr. CAP. 2), a partire dagli anni ottanta del xx secolo. 1.1. La stratigrafia geologica In geologia si considera la strati­ grafia come lo studio delle cause e dei materiali che hanno formato gli strati della crosta terrestre, la loro successione cronologica, i reciproci rapporti di giacitura, gli ambienti nei quali si sono formati e la loro distribuzione geografica. Gli strati geologici si formano per un proces­ so naturale di sedimentazione. Il materiale di formazione segue un ciclo ricorrente: erosione, trasporto e sedimentazione che provoca l'accu­ mulo di strati nel corso del tempo (FIG. 1). La ricostruzione stratigrafica dei livelli awiene secondo due principi gene­ rali: a) lo strato più basso di una serie è da considerarsi normalmente il più antico; b) i depositi stratigrafici sono coordinati tra loro in modo seriale. Come in archeologia, anche nelle analisi geologiche per la ricostruzione degli awenimenti che hanno caratterizzato la deposizione della serie si devono individuare le caratteristiche petrografiche di ogni strato, dalla tipologia dei resti fossili agli ambienti di sedimentazione, ai tipi di rocce minerali presenti. L'individuazione dei "fossili guida", animali sviluppati9

si ed estintisi in precisi e limitati archi temporali, è determinante per la geologia, perché è proprio tramite il riconoscimento dei fossili guida negli strati che i geologi possono darne una datazione anche molto precisa. I dati raccolti, analizzati petrograficamente e chimicamente, andranno confrontati con la giacitura, la direzione, lo spessore e la dislocazione dei livelli e serviranno a compilare sezioni stratigrafiche. Queste sezioni, ricavate da strati disposti nelle varie zone della superficie terrestre, saranFIGURA 1

L'erosione di un versante*

çf:;1�\ .....--.J-...__J

--·---- - -\X

"'

* Per agenti naturali e antropici si formano strati in base ai processi di erosione, movimento e deposito.

10

no confrontate con altre di analoga composizione. La comparazione serve ad ottenere un quadro d'insieme per le diverse regioni esplorate, permet­ tendo di stabilire le dinamiche complesse delle trasformazioni geologiche. 1.2. La stratigrafia archeologica Un percorso di ricerca analogo per lo scavo archeologico viene individuato da Edward Harris (1979). L'idea fondante che guida il metodo consiste nel riconoscere una profon­ da analogia tra la stratificazione geologica e quella archeologica. La diffe­ renza fondamentale tra le due discipline sta nel fatto che la stratigrafia archeologica è la combinazione di forze naturali e antropiche. L'inter­ vento dell'uomo è responsabile di attività di distruzione, trasporto, accu­ mulo, così come in natura le forze sono il risultato di azioni di erosione, movimento e deposito. La trasformazione di un territorio e l'analisi dei segni lasciati dalle attività antropiche e naturali costituiscono il bacino della stratigrafia archeologica. L'esame dei fossili guida consente di data­ re gli strati e interpretare la funzione per ricostruire la scoria di un ambi­ to (Manacorda, 2008). La formazione di una stratificazione avviene per cicli: ci saranno perio­ di di attività e altri di pausa, durante i quali lo strato non cresce. Nella stratigrafia l'azione è rappresentata dallo strato, mentre la pausa dalle superfici degli strati. Carandini descrive le superfici come sottili pelli­ cole, denominate in geologia interfacce. li lasso di tempo che intercorre era la formazione degli strati stabilisce l'interfaccia dello strato inferio­ re; su questa andrà a posizionarsi il livello superiore. Un'azione di depo­ sito o accumulo forma sempre uno strato e la sua superficie o interfac­ cia, mentre l'erosione o la distruzione determina una mancanza di strato, che si può definire come interfaccia negativa o superficie in sé (Carandini, 1981). Ogni strato è quindi caratterizzato da un'interfaccia e da un volume; l'interfaccia permette di distinguere uno strato da quello che lo rico­ pre, mentre il volume è la parte compresa tra questa superficie e quella degli strati soprastanti. 1.2.1. Lo scavo archeologico stratigrafico La pratica di uno scavo strati­ grafico archeologico procede, dopo aver individuato l'area di scavo, con l'asportazione successiva degli strati di terreno, individuando per ogni 11

azione un'unità stratigrafica (us), che verrà numerata in modo da essere riconoscibile durante lo scavo, nella fase di rilievo, nella successiva catalo­ gazione e rielaborazione dei dati ottenuti. Le us possono essere positive, dovute a deposito di materiale, accumulo o costruzione, o negative, esito di fenomeni di erosione, sottrazione o distruzione. Ogni asportazione di materia si manifesta con un'assenza di terreno, visto che ciò che è stato sottratto si è trasformato in altre unità stratigrafiche. Questa assenza si può rilevare e documentare come dato, ma ovviamente non scavare. È neces­ sario dividere e differenziare le unità stratigrafiche negative da quelle posi­ tive, che individuano i volumi e l'aspetto fisico dello strato (FIG. 2). L'asportazione degli strati di terreno e la relativa individuazione delle diverse us avviene nell'ordine inverso a quello in cui sono stati deposi­ tati. Durante lo scavo si procede, negli strati di origine naturale, all'indi-

.I. .

FIGURA 2 Sezione di scavo

•I· . .

!.

.. 'I_.

.

• • .• I

3 I

-2

[1] La buca e il suo riempimento sono il frutto di tre azioni diverse: 1. terreno intatto; 2. interfaccia negativa dovuta all'azione di asporto (scavo della buca); 3. riempimento della buca con la terra.

12

viduazione di livelli artificiali nei quali viene riconosciuta la posizione del reperto; in quelli di origine antropica, si opera per livelli orizzontali di omogenea composizione, che vengono singolarmente documentati, prima di passare allo strato successivo. Dei reperti riscontrati all'interno di ogni strato è fondamentale rilevare tutti i dati che servono alla loro catalogazione: la posizione, la provenienza, lo strato originario di appar­ tenenza, l'aspetto materico e compositivo. Nel caso dello scavo di un edificio in crollo bisognerà procedere in maniera analoga, sezionando e rilevando i diversi strati di terreno, con particolare attenzione alle superfici del rudere. Se si ritiene di dovere eliminare alcune interfacce o strati, per proseguire lo scavo, sarà neces­ sario procedere alla loro documentazione grafica e fotografica. A segui­ to dell'analisi degli strati, della relazione tra gli stessi, della catalogazione dei reperti ritrovati e delle eventuali strutture, si arriva a definire una successione cronologica e alcune prime considerazioni sull'area di scavo. 1.2.2. La sequenza stratigrafica Di rilevante importanza per gli archeo­ logi è il riconoscimento della sequenza stratigrafica, cioè la correlazione tra le interfacce e gli strati di scavo. L'indicazione delle corrispondenze tra i differenti strati può essere schematizzata in diagrammi che eviden­ ziano le relazioni individuate. L'insieme delle diverse unità stratigrafi­ che individuate compone la sequenza stratigrafica, come risultato dello studio della stratificazione (Manacorda, 2008). L'esito di uno scavo archeologico deve essere la costituzione di una sequenza stratigrafica, cioè la «deposizione degli strati o della creazione di superfici in sé su di un sito nel corso del tempo» (Harris, 1983, p. 170). Nella maggior parte dei casi le sequenze non corrispondono all'ordine della stratificazione indicata nelle sezioni, ma sono astrazioni e come tali possono essere rappresentate o descritte tramite schemi. È necessario, in prima istan­ za, definire i rapporti di sovrapposizione tra i diversi strati; essi possono non avere alcun legame fisico o giacere uno sull'altro, oppure essere in relazione in quanto parti originarie di un singolo deposito. Il collega­ mento tra le diverse unità stratigrafiche avviene attraverso l'identifica­ zione dei rapporti fisici che risultano leggibili. La raffigurazione grafica di questi rapporti è definita dal matrix messo a punto da Harris (1983), che individua le sequenze stratigrafiche rappresentando le relazioni di 13

sovrapposizione e le correlazioni degli strati documentati in uno scavo (FIG. 3). In questa fase si attua una selezione, eliminando i rapporti considerati superflui per la lettura del sistema di correlazioni. La sequenza stratigra­ fica riflette il procedimento di uno scavo per strati. Il diagramma verrà definito dall'alto verso il basso, dal più recente al più antico, così come da scavo stratigrafico. La definizione delle fasi degli strati e delle interfacce avviene in due momenti successivi: la prima è la costruzione della sequenza stratigrafi­ ca, mentre la seconda individua le fasi e i periodi. La sequenza è l'esito dell'individuazione delle correlazioni stratigrafiche, dello studio dei

FIGURA 3

Sezione stratigrafica e relativo matrix*

IL

n 1

I



'

.Jo I

-15

* La sequenza stratigrafica viene rappresentata in modo sintetico nel diagramma stratigrafico, esito dell'osservazione delle leggi teorizzate da E. Harris (1983). Fonte: Carandini (1981).

14

rapporti di sovrapposizione delle interfacce e dell'applicazione della legge di successione stratigrafica (Harris, Reece, 1979). Secondo questa legge «ogni unità stratigrafica prende posto nella sequenza stratigrafica di un sito, dalla sua posizione compresa tra la più bassa di tutte le unità che le giacciono sopra e la più alta di tutte quelle che le giacciono sotto e con le quali essa abbia un contatto fisico, mentre tutte le altre relazioni di sovrapposizione vengono considerate ridondanti» (Harris, 1983, p. 172). In questa fase l'archeologo riassume e analizza i dati emersi dalla sua attività di scavo senza alcun raffronto con dati storici o documentari. La suddivisione della sequenza in fasi o periodi, che raggruppino gli strati e le interfacce sulla base della loro posizione stratigrafica, è il momento di sintesi successivo. La posizione stratigrafica costituisce il criterio per la suddivisione in fasi. L'analisi dei materiali rinvenuti, insieme a segni stra­ tigrafici evidenti come un livello edilizio o la ripresa di uno scavo di un fosso, può contribuire all'identificazione di una successione cronologi­ ca (Manacorda, 2004). Nello scavo archeologico la datazione di uno stra­ to costituisce l'obiettivo finale da raggiungere per comprendere quando gli eventi si siano svolti. Per poter datare una stratificazione archeologi­ ca è necessario studiare i reperti ritrovati e contenuti nei diversi strati. La disposizione degli strati, e la loro successione per fasi o periodi, viene definita come cronologia relativa. I ritrovamenti di ogni singolo strato dovranno essere successivamente analizzati in rapporto agli altri presenti nella sequenza stratigrafica. Ogni oggetto ha una sua cronologia in quanto manufatto, che non coincide con la cronologia dell'elemento inserito in un contesto. Risul­ ta quindi indispensabile stabilire una cronologia relativa che i manu­ fatti e gli ecofatti assumono all'interno della sequenza stratigrafica e una assoluta dei singoli componenti delle stratificazioni. Se la cronologia assoluta degli elementi costituisce un dato fondamentale per datare lo strato nel quale si collocano, l'osservazione dei rapporti di cronologia relativa precede l'analisi assoluta, ed entrambe si verificano e si giustifi­ cano l'una con l'altra (ibid.).

1.3. La stratigrafia applicata all'architettura La conoscenza di un edificio nello studio della storia dell'architettura è l'obiettivo prima­ rio della disciplina. Il manufatto edilizio deve essere considerato una 15

fonte storica diretta: la capacità di analizzare e leggere i numerosi segni che conserva costituisce oggi un tema centrale nella ricerca storica. Non è solo un oggetto materiale, ma un insieme di testimonianze delle attivi­ tà umane che, attraverso l'architettura, ci permette di leggere la capacità e il lavoro di diverse generazioni. Come un investigatore, lo storico dell'architettura deve interrogare il suo testimone, per comprendere ogni elemento che lo riguarda e lo descrive. I metodi per la conoscenza sono molteplici e ogni ricercatore utilizza quelli più consoni alla propria formazione, ma sono l'unione e il confronto di approcci disciplinari differenti che permettono di arrivare alla risoluzione del caso, cioè la conoscenza dell'edificio. L'analisi dei dati materiali insieme allo studio delle fonti documentarie permetterà di comprendere i diversi momenti della storia del manufatto. L'utilizzo dei metodi archeologici nello studio dell'architettura riveste un ruolo primario per l'analisi di quei segni che sono stati lasciati nel corso dei secoli. L'edificio diventa fonte di sé stes­ so, dal quale raccogliere il maggior numero di informazioni utili al percorso di conoscenza. I materiali scelti per la costruzione, le tecniche utilizzate per porli in opera, le trasformazioni subite, i restauri, le rico­ struzioni, i cambiamenti di destinazioni d'uso o di distribuzione inter­ na sono tutti indizi da rilevare e interpretare su un manufatto. Semplificando, gli obiettivi prioritari dell'archeologia dell'architettura sono: la determinazione delle fasi costruttive di un manufatto architet­ tonico attraverso lo strumento stratigrafico, la caratterizzazione delle tecniche costruttive e lo studio dei diversi aspetti legati alla cultura materiale (Parenti, 2000). L'analisi stratigrafica del!'elevato non mostra limiti temporali per il suo impiego: l'indagine può essere svolta su edifici dell'antichità come su architetture contemporanee, che presentino una successione di fasi e di segni rilevabili e classificabili. Anche se ad oggi la stratigrafia viene impiegata per lo più nello studio di edifici tardoantichi e medievali, si assiste ad un suo uso sempre maggiore anche nelle analisi delle archi­ tetture del periodo moderno, costruite con tecniche tradizionali. L'elemento fondante dello studio stratigrafico è quello di arrivare a proporre una successione di fasi, che hanno segnato la vita del manufat­ to nel corso del tempo. L'individuazione della datazione assoluta non deve essere il fine dell'analisi e può essere in alcuni casi fuorviante se non 16

s'inserisce all'interno delle relazioni e delle sequenze individuate con uno studio stratigrafico (Ferrando Cabona, 2002). 1.3.1. La funzione, il tempo e lo spazio Le componenti fondamentali per la realizzazione di un edificio utili per comprendere i momenti stori­ ci di un'architettura sono: la funzione, il tempo e lo spazio (Tosco, 2003a). L'analisi di queste tre variabili definisce la storia dell'edificio e del contesto in cui è nato, vissuto e si è trasformato, ed è quindi fondamen­ tale la loro individuazione e conoscenza. Ogni edificio nasce con una precisa funzione e viene costruito in base ad una destinazione d'uso determinata. Si individua così il ruolo sociale dell'edificio in un contesto collettivo, che suggerisce non solo la funzione, ma spesso anche il "tipo" d'architettura: ad un determinato uso corrisponde, infatti, un modello storico che lo identifica in base alla sua funzione. In un edificio, che non può essere considerato un prodotto finito, ma un sistema aperto di rela­ zioni stratificate, la variabile tempo riveste un ruolo predominante. Concluso il cantiere per la costruzione di un'architettura, inizia la fase più articolata per il fabbricato, il momento del suo uso. Nel corso di un arco temporale, il manufatto verrà trasformato, ristrutturato, cambierà destinazione d'uso e ogni proprietario e ogni epoca lasceranno segni del loro passaggio (FIG. 3). La successione di tutti gli eventi sarà rappresen­ tata sul manufatto attraverso testimonianze differenti. Il ricercatore deve imparare un codice di lettura, una possibilità di comprendere questi segni e interpretarli in modo corretto. Sarà necessario destrutturare le informazioni presenti sui muri, sui rivestimenti, su tutte le partiture architettoniche per poterle trasferire in un linguaggio che contribuisca alla conoscenza della microstoria del manufatto. 1.3.2. Il metodo La stratigrafia applicata al costruito offre uno spaccato preciso delle tecniche costruttive, dei materiali e, in generale, delle fasi di un'architettura. Il passaggio dallo scavo archeologico allo studio dell'ele­ vato ha comportato necessari adeguamenti rispetto al metodo origina­ rio, utili per affrontare meglio l'analisi degli edifici conservati in alzato. I criteri di registrazione impiegati sono quelli mutuati dallo scavo archeologico: un rilievo grafico a scala opportuna e «redatto a'contatto diretto delle murature e il riversamento delle osservazioni su schede 17

appositamente predisposte, con lemmi anch'essi quasi tutti mutuati dalla ricerca archeologica» (Parenti, 2000, p. 41). Il punto di partenza per ogni analisi stratigrafica è, quindi, l'esecuzione di un accurato rilievo, geometrico e architettonico. Particolare attenzio­ ne viene data alla documentazione dei materiali e dei rivestimenti del paramento murario. I rilievi grafici e fotografici costituiscono gli stru­ menti tramite i quali si possono rappresentare e riprodurre tutte le osservazioni che emergono sulle superfici. L'elemento fondante per poter applicare l'analisi stratigrafica al costrui­ to è la capacità di determinare sul manufatto architettonico le parti costruttive omogenee, accertando il loro contorno sulle superfici e la cronologia relativa fra le diverse parti. Il riconoscimento di unità strut­ turalmente omogenee, in base all'identità di impiego di materiali, di tecniche e di azioni costruttive, determina le unità stratigrafiche mura­ rie (usM). Il limite tra una USM e un'altra è dato da un confine, che indi­ ca l'interruzione di un'azione e l'inizio di un'altra con caratteristiche differenti. Tale confine, definito interfaccia, indica le superfici di contatto che creano una soluzione di continuità, cambiando colore, consistenza e tessitura del muro (FIG. 4). Le USM evidenziate su un rilievo sono positive, se frutto di interventi di costruzione, oppure negative, se esito dello smontaggio di una parte o di una rottura. La superficie intonacata dell'edificio presenterà unità stra­ tigrafiche di rivestimento (usR). Le USM non hanno una grandezza predefinita; secondo la scala scelta per l'indagine stratigrafica, possono essere una porzione di muro o un unico prospetto. Ogni USM, a segui­ to della sua identificazione, oltre ad essere rappresentata sul rilievo, deve essere descritta nell'aspetto, nella caratterizzazione dei materiali, nella sua funzione rispetto ali'edificio e nei rapporti con le altre USM. A segui­ to della descrizione delle USM, con l'ausilio di schede che facilitano l'operazione, si può procedere con la creazione della sequenza stratigra­ fica. Esattamente come in uno scavo archeologico, le USM vengono raggruppate per fasi, per riuscire a comprendere i diversi momenti di fabbricazione o di trasformazione dell'edificio. Il diagramma stratigrafico o matrix è la rappresentazione delle relazioni fisiche delle diverse USM; permette la visualizzazione dei rapporti che costituiscono la sequenza stratigrafica (FIG. 3). La costruzione del 18

matrix segue la sequenza delle unità, segnando per prima l'us M che nello scavo copriva tutte le altre (cfr. PA R. 4.3). Sulla linea delle ascisse si dispone la posizione delle unità nello spazio, mentre sulle ordinate il tempo relativo intercorso tra una USM e un'altra. Il grafico che si ottie­ n e rappresenta la sequenza relativa delle diverse attività che hanno contraddistinto il manufatto e l'esito della fase analitica della stratigra­ fia. Il diagramma stratigrafico evidenzia i rapporti fisici esistenti tra le parti dell'edificio, identificate con le usM (Brogiolo, 1988). La succes­ sione delle stratificazioni di un complesso edilizio, così come emerge dal matrix, costituisce la cronologia relativa del manufatto. Si tratta di collo­ care l'oggetto dell'analisi in una sequenza di elementi costruttivi, legati tra loro da rapporti di contemporaneità, posteriorità, anteriorità, senza riferimenti ali' epoca effettiva di realizzazione. La cronologia assoluta identifica con precisione i periodi di costruzione e di trasformazione del manufatto, con una data o con un intervallo cronologico. L'analisi stra­ tigrafica fornisce soltanto un quadro di cronologia relativa del nostro

4 Un esempio di analisi stratigrafica applicata all'elevato*

FIGURA

- · 50 o�c:::)o J"""\c:1:

o· a

LX�

1 . e:::::,

o·.-oo

. O: ·

q·Q s �OcS

�e

I •I

* La figura individua le fasi costruttive omogenee per tecnica e materiali e la definizione del la sequenza stratigrafica attraverso la realizzazione del diagramma stratigrafico o matrix.

19

edificio. Come nella stratigrafia geologica e archeologica di scavo, dove vengono utilizzati i fossili guida per datare uno strato, anche l'archeo­ logia dell'architettura necessita di elementi per poter determinare una cronologia assoluta. Questi elementi si riscontrano all'interno delle U S M , in relazione alle forme, alle tecniche costruttive e ai materiali che le compongono (Mannoni, 1984). I sistemi di datazione utilizzabili per un'architettura possono essere di due tipi: diretti e indiretti. I primi impiegano informazioni derivate direttamente dal manufatto, mentre i metodi indiretti si basano sullo studio delle fonti documentarie di diversa natura. Tra i metodi di data­ zione diretti troviamo le analisi di /,aboratorio (radiocarbonio, termolu­ minescenza, dendrocronologia ecc.), le indagini archeometriche e gli esami co mparativi che si avvalgono del confronto con altri edifici dello stesso ambito (cfr. CAP. 5). 1.4. La dimensione territoriale e urbana Il metodo stratigrafi­ co di analisi dell'architettura può essere applicato con opportune varia­ zioni anche ad una scala urbana e territoriale. Il passaggio dall'analisi di una singola architettura al territorio compor­ ta un aumento della complessità dell'ambito di ricerca che spesso viene ridotto ad una scala bidimensionale. La riduzione di scala risulta inde­ bita perché i fenomeni e gli oggetti architettonici mantengono la loro tridimensionalità. Lo studio territoriale comporterà quindi, necessa­ riamente, un adeguamento nel metodo stratigrafico, una maggiore generalizzazione giustificata dalla variazione di scala, pur mantenendo i medesimi principi di metodo. L'impiego di tecnologie informatiche offre la possibilità di collegare i dati acquisiti e di georeferenziare ogni elemento in un programma territoriale di catalogazione G I S (Geogra­ phical lnformation System). L'uso dell'analisi stratigrafica per un territorio è legittimato dalla forma­ zione stessa di un ambito urbano o territoriale, che avviene proprio a seguito della sovrapposizione di strati differenti a livelli storici successi­ vi (F I G . 5). Immaginando di dividere un contesto storico in fogli sovrapposti sarà possibile comprendere la successione delle fasi analiz­ zando la formazione dell'area. Lo studio delle diverse componenti di un territorio, naturali e antropiche, e la loro trasformazione in sezioni 20

remporali differenti, costituisce la base del metodo stratigrafico appli­ cato su larga scala. L 'impiego di questa metodologia per lo studio del territorio è ancora poco sperimentato: diverse esperienze confinate in ambiti disciplina­ ri specifici necessitano di un'apertura e di un confronto per poter esse­ re impiegate in un medesimo contesto. Risulta evidente che con l'am­ pliarsi del contesto e del rapporto di scala, aumentano le possibilità di indagine e le fonti a disposizione. Una stratigrafia di dimensione urbana non dovrebbe limitarsi all'analisi del sottosuolo, eseguita secondo i criteri dell'archeologia di emergenza. È noto che la maggior parte degli scavi archeologici urbani derivano dall'apertura nelle città dei grandi cantieri di trasformazione delle infrastrutture. Un approc­ cio stratigrafico urbano comporta la connessione dei dati emergenti da indagini di tipo differente, che interpretate insieme possono permettere di leggere i segni del passato. Lo studio dei paesaggi strati­ fìcati nelle città identifica le azioni antropiche che hanno definito

5 Il territorio è frutto di numerose stratificazioni che si succedono in un arco temporale

FIGURA

Fonte: Ferrando Cabona, Crusi (1980).

21

l'abitato, ma anche il tessuto connettivo determinato dalle reti di comunicazione e di servizio. Le tecniche di valutazione di una ricerca stratigrafica urbana si caratte­ rizzano per due aspetti principali: a) un maggior numero di informazio­ ni disponibili rispetto ad un singolo manufatto e b) la minore efficacia di alcune tecniche diagnostiche (Brogiolo, 2000). La ricchezza di fasi che si possono rilevare in una città contemporanea di antica fondazio­ ne sono tali da rendere necessaria la loro organizzazione attraverso stru­ menti cartografici. La realizzazione di carte tematiche stratificate a scale cronologiche differenti risulta fondamentale per organizzare i dati rilevati. Analoga situazione emerge ampliando ulteriormente la scala d'indagi­ ne a livello territoriale. L'interpretazione dei segni risulta essere ancora il tema dominante di queste analisi. Il territorio muta per azioni sia naturali sia antropiche. Lo studio delle modifiche territoriali e delle forme assunte da queste trasformazioni viene codificato dagli studiosi di geomorfologia (Mannoni, 1994). L'intervento antropico può acce­ lerare o variare le mutazioni naturali di un territorio. L'uomo contribui­ sce alla modifica di un paesaggio inserendo gli insediamenti necessari allo svolgimento della sua vita: costruisce abitazioni ed edifici per il lavoro in aree pianeggianti vicino ai corsi d'acqua o, quando è in situa­ zione di pericolo, si sposta in zone di altura più facilmente difendibili. I manufatti possono essere utilizzati per diverso tempo, ma anche abbandonati o distrutti, quando non più utili allo scopo iniziale; ali'am­ biente circostante si riconsegnano i materiali che costituivano l'edificio, lasciando che si definiscano forme anomale e artificiali sul terreno. L'es­ sere umano incide sul territorio per ragioni lavorative: taglia i boschi per il riscaldamento, per l'allevamento e le coltivazioni, divide il territorio in aree per delimitare le proprietà, consuma i beni forniti dal terreno circostante, cercando di smaltire scarti e rifiuti della sua produzione. Estrae dal territorio pietre, materiali da costruzione, materie prime che gli permettono migliori condizioni di vita, alterando strati originari fino al limite necessario. I segni della storia su un paesaggio sono il frutto di differenti attività umane in grado di ridisegnare uno spazio, che può quindi essere inter­ pretato per strati, così come un'architettura o un deposito geologico. 22

C li insediamenti cambiano dimensioni e, spesso, nella loro crescita i nglobano tracce di periodi differenti che rimangono incluse nelle n uove metamorfosi, in attesa di uno studio che restituisca loro un rife­ ri m ento cronologico. Si introduce quindi il tema dell'archeologia globale, che indica un approccio di apertura verso dati differenti, rispet­ to a quelli che tradizionalmente vengono indagati. L'applicazione di una visione stratigrafica allargata ad un territorio è quindi auspicabile, anche se non si nasconde la maggior complessità richiesta a questo tipo di studio. I fattori interpretabili sono numerosi e solo un approccio critico permetterà al ricercatore di individuare i segni maggiormente utili all'indagine in corso, nella consapevolezza che una selezione sarà essenziale per ottenere un progetto di ricerca complessivo.

23

2.

Sviluppi del metodo stratigrafico

2.1. Ricerche in Europa Negli ultimi decenni si è assistito in Euro­ pa ad un profondo rinnovamento nella disciplina archeologica applica­ ta allo studio degli elevati. Il metodo assume nomi e applicazioni meto­ dologiche differenti: in Francia viene chiamata Archéologie du bati o Archéologie des élévations, in Gran Bretagna Archaeology ofbu ildings o Bu ilding archaeology, in Spagna A rqu eologia de /,a arquitectu ra e Baufor­ schu ng in Germania. Senza pretendere di fornire un profilo completo ed esaustivo, per esigenze di sintesi, si presenta un quadro di alcuni percor­ si di ricerca recenti a livello europeo e italiano. 2.1.1. Spagna La Spagna sembra essere stata negli ultimi decenni la nazione europea che maggiormente si è valsa dell'analisi stratigrafica negli studi dell'elevato. Il seminario internazionale di archeologia dell'architet­ tura organizzato nel 2001 e coordinato da J uan Antonio Quiros Castillo (cfr. PAR. 2.2.1) sembra confermare questa tendenza. Pubblicato nel 2002 nel primo numero della rivista spagnola "Arqueologia de la Arquitectura" (Quiros Castillo, 2002a), l'incontro ha visto la partecipazione di nume­ rosi ricercatori europei, soprattutto italiani e spagnoli, che hanno portato la loro esperienza confrontando le metodologie applicate nei diversi studi. Il punto della situazione sull'attività spagnola nel campo dell'archeologia dell'architettura viene proposto dallo stesso curatore in un saggio che sintetizza in periodi la formazione e lo sviluppo della disciplina. Dagli anni ottanta alla metà dei novanta del xx secolo, i numerosi scavi archeologici che si sono inaugurati a seguito della decentralizzazione dei poteri gestio­ nali del patrimonio storico, costituiscono un ottimo bacino di sperimen­ tazione per lo studio del patrimonio architettonico. Nel 1990, J. A. Aparicio Bastardo presenta gli esiti di un lavoro svolto a Burgos con la proposta di un registro estratigrdfico, per catalogare le rela­ zioni riscontrate tra i diversi elementi analizzati. Il gruppo archeologico della Depu taci6n di Barcellona codifica un protocollo di intervento per lo studio stratigrafico degli edifici analizzati, acquisendo appieno le tecniche archeologiche allo studio dell'elevato. L'attività del Servei de Catalogacio i Conservacio de Monuments de Barcelona si rivolge al patrimonio archi24

tettonico, in particolare quello da restaurare, con l'intento di analizzare i diversi aspetti strutturali, sociali e costruttivi di ogni singolo edificio. L'ar­ cheologo che si è occupato di trasferire i dati metodologici della stratigra­ fia dallo scavo ali' elevato, nell'ambito dell'attività dell'Istituto, è Lopez Mullor, che dall'inizio degli anni ottanta è attivo in numerosi cantieri. Negli anni novanta il confronto con le esperienze italiane sarà il perno dell'attività del gruppò avente come referente Luis Caballero Zoreda. Egli ha acquisito il metodo archeologico applicandolo allo studio dell'archi­ tettura altomedievale spagnola. Il Centro de Estudios Hist6ricos (csrc) di Madrid viene spesso coinvolto in cantieri di scavo e di restauro come quello della chiesa di Erustes di Toledo. Il tema di ricerca sugli edifici alto­ medievali ha avuto come esito l'impostazione di unAtlas arquitect6nico de época alto medieval che conserva tutta la documentazione acquisita negli anni dal gruppo di lavoro (Caballero Zoreda, Fernandez Mier, 1997). La precisione richiesta nell'analisi di un manufatto si riflette nell'impiego della metodologia stratigrafica e nella lettura delle tessiture murarie. Negli stessi anni si forma un altro gruppo di ricerca nell'ambito dell'U­ niversitad de Vitoria del Pais Vasco (area Archeologica) diretto da Agusdn Azkarate. L'attività si è concentrata nella regione di Alava su alcuni edifici religiosi: l'impiego della lettura stratigrafica degli elevati e i l confronto con le fonti documentarie hanno reso possibile attribuire l'edificio a fasi storiche differenti. La ricerca del gruppo si rivolge anche ad altre tipologie edilizie come gli edifici rurali, l'architettura civile e i grandi complessi monumentali. Negli ultimi decenni si assiste ad una maggiore organizzazione e programmazione delle attività sul patrimonio costruito spagnolo con la pubblicazione dei primi esiti delle ricerche in corso. Il 1995 è un momento di transizione in quanto vengono editi due importanti contributi. Il primo è un numero monografico dal titolo Leer el docu ­ mento construido della rivista di architettura "Informes de la Construc­ ci6n ", mentre pochi mesi dopo viene pubblicato da Caballero e Velasco il volume A rqu eologia de la A rquitectu ra. El método arq u eol6gico aplica­ do al proceso de estudio y de intervenci6n en edificios hist6ricos . La presen­ tazione al pubblico dei due testi segna la definitiva acquisizione dei metodi dell'archeologia applicati ali' architettura (Quir6s Castillo, 2002a). Lo sforzo è quello di rendere sistematico e di normare i criteri 25

degli studi e gli interventi sull'architettura nel paese iberico. Nel 1996 in Portogallo si pubblica una delle prime esperienze di archeologia del costruito da parte di Magalhaes Ramalo, mentre alcune letture strati­ grafiche si sono sperimentate negli stessi anni a Cuba e in Messico. In Spagna, oltre all'applicazione del metodo stratigrafico al costruito, si sta sperimentando, con buoni risultati, la mensiocronologica dei laterizi (cfr. PAR. 5.1.4): una curva mensiocronologica dei laterizi è stata approntata per Valencia, Oviedo, Toledo, Cuenca, Sevilla, Madrid. 2.1.2. Francia Il campo di studi che si occupa di analizzare l'architettu­ ra con gli strumenti e i metodi derivanti dall'archeologia viene definita, in Francia, l'Archéologie du bàti. Nella maggior parte dei casi, le indagi­ ni archeologiche si estendono anche alle strutture in elevato nei cantie­ ri di studio o di restauro. Sono quindi gli archeologi ad essere attivi in primis sui temi del costruito e sempre più spesso i funzionari dei Monu­ ments Historiques si rivolgono a loro per intraprendere gli studi preli­ minari ai progetti di restauro. Tra gli anni ottanta e novanta del xx seco­ lo si sono svolte alcune ricerche nelle quali l'analisi archeologica ha coinvolto anche lo studio di edifici in elevato. Particolarmente significa­ tivo è stato lo scavo di alcuni edifici del complesso della cattedrale di Autun, iniziato nel 1985. Si tratta di un esempio di un complesso archi­ tettonico che rimanda alla scala urbana. L'indagine, che ha interessato parte degli spazi comuni come il chiostro, la sala capitolare, il refettorio e le gallerie, si è estesa anche all'analisi dei prospetti con una campagna di accurati rilievi. In ambito urbano, alcuni progetti di ricerca hanno individuato una serie di abitazioni antiche nel centro delle Cordeliers a Orange, grazie ad uno studio delle strutture ancora conservate. L'impie­ go di metodologie archeologiche nello studio dell'elevato nelle esperien­ ze francesi si connota per una particolare attenzione verso l'uso degli strumenti di lavorazione e delle tecniche costruttive (Bessac, 1986). Lo studio dei materiali e l'esecuzione di rilievi di dettaglio sono gli strumen­ ti che hanno maggiormente caratterizzato l'archeologie du bdti. Il rilievo pierre à pierre, con l'analisi dei singoli conci lapidei, della cattedrale di Saint Paul-Trois-Chateaux ad Arles, da parte del ricercatore tedesco Andreas Hartmann Virnich, ne costituisce un ottimo esempio. Le carat­ teristiche delle tecniche costruttive e dell'impiego dei materiali, analiz26

zate con ampio dettaglio, sono stati gli strumenti per rivedere una data­ zione ampiamente condivisa dalla storiografia. L'osservazione del parti­ colare in scala al vero spesso costituisce la base delle indagini sugli edifi­ ci costruiti in pietra nelle regioni francesi. Il Sud della Francia è sicuramente il territorio maggiormente indagato, al quale si affiancano gli studi per il Sud-Est e la Borgogna effettuati dal gruppo di ricerca di Lione diretto da Nicolas Reveyron e Joelle Tardieu. L'ampia bibliografia edita, sul tema dei segni dei lapicidi rinvenuti sui conci di pietra degli edifici religiosi e sulle analisi stratigrafiche degli edifici storici, si arricchisce di nuovi contributi di anno in anno. Si ricordano le monografie tematiche della collana "Les Documents d'Ar­ chéologie en Rhòne-Alpes et en Auvergne" (DARA), che pubblicano gli esiti delle ricerche dei siti, oggetto di scavi archeologici e di studi strati­ grafici sull'elevato, delle due regioni francesi. Un'occasione significativa per poter applicare le analisi archeologiche al costruito è stato il cantiere di restauro per il castello di Vincennes. Diret­ to da J ean e Odette Chapelot, il progetto ha coinvolto varie professiona­ lità che hanno contribuito allo studio dell'architettura e degli aspetti tecnici costruttivi. Le grandi disponibilità finanziarie, la presenza di un'é­ q uipe di studiosi fissa e l'accessibilità a tutte le parti dell'edificio hanno permesso di acquisire la conoscenza della quasi totalità dei conci lavorati presenti e procedere ad un'analisi sistematica (Esquieu, 1997). Ai metodi più comuni della tradizione dell'archeologia del costruito in Francia si affianca un'indicativa ricerca sui metodi di datazione. Tra questi la dendrocronologia (cfr. PAR. 5.1.1) riveste un ruolo di tutto rispetto per i numerosi casi affrontati e per gli esiti raggiunti (Orcel, Orcel, Dormoy, 1993). 2.1.3. Gran Bretagna In Gran Bretagna lo studio stratigrafico degli edifici in elevato e l'applicazione delle metodologie dell'archeologia dell'architettura sono molto diffusi. Con il termine Buildings archaeo­ logy o Archaeology ofbuildings si identificano diverse esperienze che fanno capo ai principali istituti di ricerca e di conservazione del patri­ monio architettonico inglese. Il livello di conoscenza raggiunta e la diffusione della lettura archeologica sono l'esito di secoli di studi e di un proficuo dibattito sui temi dello scavo e della documentazione. 27

Tra i cantieri archeologici più indicativi, che hanno segnato la storia della disciplina inglese, si ricordano: il complesso di epoca romana del Verulamium diretto da Sheppard S. Frere, lo scavo del castello di Port­ chester seguito da Barry Cunliffe, della città romana di Viroconium e del villaggio medievale di Wroxeter coordinato da Philip Barker. Il cantie­ re archeologico aperto dagli anni sessanta del Novecento a Winchester, seguito da Martin Biddle, fu uno dei bacini di maggiore sperimenta­ zione della metodologia stratigrafica. In questo scavo si formò anche Edward Harris, figura rilevante nell'applicazione della stratigrafia allo scavo archeologico (cfr. CAP. 1). Egli individuò la necessità di utilizzare il concetto di sequenza stratigrafica per organizzare la numerosa serie di unità stratigrafiche, oltre diecimila, esito dello scavo della Lower Brook Street di Winchester. Una delle istituzioni inglesi più antiche è senza dubbio la British Archaeological Association, che dal 1843 si dedica allo studio dell'ar­ cheologia, dell'architettura e dell'arte. L'approccio multidisciplinare testimoniato nelle conferenze annuali garantisce una pluralità di meto­ di nello studio dei temi dell'architettura. Sebbene siano raramente presenti argomenti di stratigrafia, negli atti delle conferenze spesso vengono raccolti contributi che analizzano l'architettura attraverso lo studio delle tecniche costruttive e dei materiali impiegati. Le moltepli­ ci esperienze maturate in questo campo dalla scuola inglese sono oggi un punto di riferimento per gli studi sulle cronotipologie e sulle tecni­ che impiegate nei cantieri medievali e moderni ("Journal of the British Archaeological Association", 2006). L'applicazione della metodologia stratigrafica nei cantieri archeologici è oggetto di studio e di discussione da parte di un gruppo di ricercatori provenienti dai principali centri universitari e culturali inglesi. Nel 1992 si è costituito l'Interpreting Stratigraphy Group, con la finalità di discu­ tere e confrontare casi studio che hanno applicato la stratigrafia come metodo. Gli interessi del gruppo, che organizza momenti di dibattito, incontri e conferenze, si focalizzano sull'analisi dei contesti di scavo, la definizione delle interfacce, l'applicazione del metodo di Harris e di altre matrici, l'integrazione tra la stratigrafia e altre tipologie di ricerca. La lettura stratigrafica viene impiegata sia per le indagini di scavo sia per l'elevato (standing building) . 28

Tra le istituzioni che si occupano di analisi stratigrafica in Gran Bretagna, n ell'ambito dell'Institute of Field Archaeologists, risulta particolarmen­ te significativa l'esperienza del Buildings Archaeology Group ( BAG ) . L'impiego delle tecniche archeologiche di documentazione, di scavo e di studio, impiegate in edifici di qualsiasi periodo, funzione, materiale e grado di conservazione, costituisce l'area di interesse del gruppo. Le inda­ gini condotte coprono diverse cronologie e manufatti: dallo studio delle strade e dei ponti all'edilizia rurale, dalle ville della campagna inglese alle fabbriche. Il metodo stratigrafico sembra essere particolarmente sentito nelle città di formazione industriale, come Sheffield, dove l'amministra­ zione cittadina e i privati stanno procedendo ad una serie di ristruttura­ zioni per trasformare gli edifici industriali dismessi in residenze o locali pubblici. Questa vitalità nella riconfigurazione del tessuto urbano ha permesso di avviare numerosi casi di studio, registrando e documentan­ do gli edifici prima della loro distruzione o ristrutturazione. Uno dei principali interpreti della Buildings archaeology, attivo nel BAG, è Jason Wood dell'Heritage Consultancy Services. In un suo testo egli descrive i principali termini dello studio degli elevati in Gran Bretagna (Wood, 1994). Dalle esperienze di Warwick Rodwell, il primo a defi­ nire una guida per lo studio archeologico degli edifici, usando le chiese come esempio applicativo, si è passati ad un'ampia sequenza di indagi­ ni condotte dall'English Heritage finalizzate alla conoscenza dei manu­ fatti architettonici e delle tecniche costruttive impiegate nei cantieri storici. Le prime esperienze di Buildings archaeology tendevano a soffer­ marsi su particolari tecnici o temi architettonici e a non studiare la superficie nel suo insieme. Un passo avanti si è fatto quando al cantiere di conoscenza si è applicato anche quello di conservazione. L'interesse da parte della comunità locale e la presenza di differenti professionalità sul luogo hanno identificato una procedura più completa per lo studio dell'edificio o dell'architettura. La conservazione del tessuto edilizio, che vede un diffuso impiego del legno, ha consentito di incrementare notevolmente gli studi sulla dendrocronologia e sulle tecniche costrut­ tive che adottano il legno come materiale costruttivo. Un altro istituto di ricerca attivo nel campo dell'archeologia del costrui­ to è l'Università di Oxford con i dipartimenti di Archaeology Buil­ dings e di Historic Buildings. Tra gli innumerevoli cantieri di scavo e 29

di studio portati avanti dall'istituzione inglese, vi è quello della Stowe House nel Buckinghamshire. Il National Trust ha intrapreso un progetto di restauro coinvolgendo alcuni ricercatori che, attraverso indagini storiche approfondite e lo studio delle tecniche impiegate nella costruzione, sono riusciti a comprendere la stratificazione dell'edificio e le fasi di realizzazione delle singole parti, in particolare i numerosi dettagli tecnici della realizzazione delle volte e delle coperture. 2.1.4. Polonia L'esperienza degli archeologi polacchi nell'impiego della metodologia stratigrafica è fondamentale. La storiografia ricono­ sce alla scuola legata all'Istituto di Storia della cultura materiale dell'Ac­ cademia polacca delle Scienze, un ruolo di primo piano nel dibattito e nell'applicazione della stratigrafia nello studio di ampi contesti urbani e territoriali. A partire dalla fine degli anni settanta, il gruppo del quale facevano parte Stanislaw Tabaczynsky e Przemylaw Urbànczyk lavora sull'analisi dei siti pluristratificati e sulle possibilità di scavo legate ai processi di formazione delle unità stratigrafiche. La presenza di questo gruppo, diretto da Witold Hensel, in Italia, per seguire gli scavi a Torcello, fu significativo per la circolazione, nel nostro paese, del meto­ do impiegato dall'équipe polacca, che successivamente lavorerà anche a Castelseprio (vA). Sul piano metodologico si sottolinea un divario significativo rispetto alle esperienze italiane di quegli stessi anni (Geli­ chi, 1997). Allo scavo archeologico vero e proprio si affiancano una serie di esperienze specifiche a carattere naturalistico, legate allo studio petro­ grafico dei materiali, alle analisi chimico-fisiche delle malte e dei vetri. Il tema del processo di stratificazione è l'asse portante di tutta l'attività della scuola polacca: la formazione degli strati e la loro affidabilità - cioè la quantità di valore che le testimonianze contenute hanno conservato - sono interpretate con un notevole sforzo di sistematizzazione, deriva­ to da un criterio fortemente scientifico (Donato et al., 1986). Al rigore del metodo e all'approccio inedito è seguita la pubblicazione tardiva degli esiti dei lavori di scavo. 2.2. Orientamenti e prospettive in Italia L'importanza del ruolo svolto dagli studiosi italiani nell'ambito dell'archeologia del costruito è riconosciuta da tutta la comunità scientifica internazionale. 30

Se si deve principalmente alla figura di Andrea Carandini ( 1980) l'ave­ re introdotto in Italia le regole del metodo stratigrafico nello studio degli alzati, il suo impiego nell'analisi dell'architettura nasce da un gruppo di tre studiosi di formazione archeologica, Gian Pietro Brogio­ lo, Roberto Parenti e Tiziano Mannoni. Nel 1996, pubblicano il primo volume della rivista "Archeologia dell'Architettura" , come supple­ mento ad "Archeologia Medievale", che raccoglie gli esiti dei principa­ li studi di stratigrafia dell'architettura. Gli articoli pubblicati sui numeri della rivista permettono di compren­ dere il frastagliato panorama degli studi in corso in Italia inerenti al tema dell'archeologia dell'architettura. Le esperienze legate alla stratigrafia del!'elevato sono le più numerose. A queste si affiancano ricerche sull'im­ piego degli indicatori cronologici nello studio di manufatti o complessi architettonici, sul rapporto tra fonti documentarie e materiali, sulle conoscenze delle nuove tecniche di analisi dei materiali, sui modi di costruire e di abitare. Per comprendere, quindi, quali sono i principali temi di ricerca del settore e capire i nuovi orientamenti dello sviluppo della disciplina, la rivista "Archeologia dell'Architettura" costituisce un ottimo punto di partenza che dovrà essere necessariamente arricchito dalla lettura della storiografia locale. Non sempre gli esiti di progetti di ricerca rilevanti vengono resi pubblici o diffusi a livello nazionale, rima­ nendo in alcuni casi sconosciuti alla comunità scientifica. L'impiego del metodo stratigrafico nello studio di complessi architetto­ nici vede una discordante diffusione nel territorio nazionale. I centri universitari maggiormente attivi in questo campo sono: in area lombar­ da il gruppo di Gian Pietro Brogiolo, a Genova l'attività dell'Istituto di Storia della cultura materiale, fortemente voluto da Tiziano Mannoni, e in Toscana l'attività archeologica decennale di Roberto Parenti e Riccardo Francovich, maturata nel dipartimento di Archeologia e Storia del!'arte dell'Università di Siena. 2.2.1. Toscana La ricerca svolta dal gruppo toscano è stata principal­ mente segnata dalla capacità di sperimentare, nei diversi scavi condotti dall'università, i principi stratigrafici dello scavo anche ali'elevato (Paren­ ti, 1997). Lo studio degli insediamenti abbandonati, come quello fortifi­ cato di Montarrenti, a partire dall'inizio degli anni ottanta del xx secolo, 31

ha consentito di applicare il metodo stratigrafico ali'analisi dei resti delle fortificazioni. Si è trattato di individuare i primi principi metodologici, attraverso la sperimentazione delle tecniche impiegate in uno scavo archeologico (Parenti, 1983). Si sono utilizzate le schede di rilievo delle unità stratigrafiche anche per i prospetti, impiegando la fotogrammetria per lo studio delle superfici murarie. Le linee guida del metodo vengono esplicate con maggior dettaglio da Roberto Parenti nel 1985, identifican­ do la lettura stratigrafica degli elevati come il mezzo per il riconoscimen­ to, in un edificio, di parti omogenee e dei rapporti che le legano (Paren­ ti, 1985a). Gli esiti dello scavo di Rocca San Silvestro, presentati nello stesso anno, costituiscono un'ulteriore conferma della metodologia appli­ cata, sottolineando la necessità di indirizzare l'attenzione sullo studio dei materiali e delle tecniche costruttive (Parenti, 1985b). In particolare s'inaugura un nuovo percorso di ricerca incentrato sull'analisi dei segni degli strumenti di lavorazione rintracciabili sui laterizi o sui materiali lapi­ dei. La classificazione era sconosciuta in Italia, mentre in altre parti d'Eu­ ropa - Francia e Gran Bretagna - erano già noti diversi studi sull'impie­ go dei differenti utensili da parte degli scalpellini. L'individuazione dei tipi murari riscontrati a Rocca San Silvestro costituirà uno dei primi contributi alla definizione di cronotipologie in area toscana. In area pisana, a partire dalla fine degli anni settanta, si segnalano nume­ rosi apporti allo studio archeologico e stratigrafico. Tra questi si eviden­ ziano gli studi di Gabriella Garzella (1990) e di Fabio Redi (1991), ora dell'Università dell'Aquila. L'archeologia urbana costituisce il ramo principale dell'attività di ricer­ ca del gruppo toscano, al quale spesso si avvicinano i temi del restauro. Riccardo Francovich dell'Università di Siena, già dai primi momenti della nascita dell'archeologia dell'architettura, poneva l'accento sulla necessità di confronto tra le diverse competenze attive nell'ambito della conservazione. La volontà di costruire progetti, che implicano la colla­ borazione tra restauratori e archeologi, è stato uno degli obiettivi della sua attività scientifica di questi ultimi decenni. Il contesto urbano è il terreno che richiede il maggior controllo nei cantie­ ri archeologici e di restauro; l'esigenza di conoscere la storia stratificata di un edificio prima di intervenire per la sua conservazione è un dato che si acquisisce a partire dagli anni ottanta. Il tessuto urbano è quello più sensi32

bile alle trasformazioni denunciate sulla struttura e sulle murature degli edifici. Un rilevante cantiere archeologico, che ha posto l'accento su questi temi, sperimentando le problematiche più attuali, è stato quello per lo scavo e il restauro della Cryp ta Balbi a Roma, sotto la direzione di Daniele Manacorda dell'Università di Roma (allora all'Università di Siena). Il rigoroso ricorso alla lettura stratigrafica dello scavo e degli eleva­ ti ha consentito di indagare le trasformazioni avvenute in un isolato della città dall'età imperiale fino al XIX secolo (Manacorda, 1988). Le esperienze maturate e l'opportunità di confrontare approcci di ricer­ ca differenti portano alla decisione di organizzare il primo ciclo di lezio­ ni sull'archeologia dell'architettura applicata al restauro. L'iniziativa, voluta dal C N R e dal dipartimento di Archeologia e Storia dell'Arte dell'Università di Siena, viene pubblicata con il titolo Archeologia e restauro dei monumenti, a cura di Riccardo Francovich e di Roberto Parenti (1988). Il seminario vede i contributi di numerosi studiosi che in quegli anni stavano sperimentando le metodologie stratigrafiche e le diverse possibilità di datare alcuni edifici. L'esperienza della Summer School on Archaeology di Pontignano del 1 987 segna l'inizio dell'autonomia dell'archeologia dell'architettura, che da questo momento in poi si arricchirà di nuove sperimentazioni. Uno degli apporti forniti al ciclo di lezioni è stato quello tenuto da Luigi Marino dell'Università di Firenze (facoltà di Architettura, dipartimen­ to di Storia dell'architettura e Restauro archeologico), che pose l'ac­ cento sulla necessità di operare indagini preventive al restauro per una migliore conoscenza del manufatto e per poter definire un progetto d'intervento corretto rispetto alle stratificazioni storiche. Nel 1986 Luigi Marino e Rosario Paone hanno proposto una scheda di Elemento strut­ turale (ES) che affianchi quella di USM, calibrata sulle esigenze di cono­ scenza strutturale di un complesso architettonico. L'applicazione della lettura stratigrafica nei complessi archeologici oggetto di un progetto di restauro è una prassi consolidata per il gruppo fiorentino. Alcuni esiti di ricerche nel campo del restauro archeologico in Italia e nel bacino del Mediterraneo, sono state raccolte nel volume Restauro architettonico. Lezioni ed esercitazioni (Marino, 1996). L'Università di Firenze è attiva nel campo dell'archeologia dell'architet­ tura anche con Guido Vannini del dipartimento di Storia, a cui si rico-

33

nosce il merito di aver impiegato l'analisi stratigrafica in ambito post­ medievale; è, inoltre, responsabile di un progetto sulle tecniche mura­ rie, per la definizione di un Atlante delle tecniche costruttive nell'area di Prato e di uno per il territorio del Mugello. A Siena l'attività del laboratorio di Archeologia dell'architettura è forte­ mente consolidata e vede attivi diversi studiosi ( Giovanna Bianchi, Fabio Gabbrielli, Marco Valenti), uniti dal coordinamento di Roberto Parenti. Una sintesi del lavoro svolto dal gruppo in questi ultimi decen­ ni è stato edito da Giovanna Bianchi (Bianchi, 2003), in occasione del I I I Congresso di Archeologia Medievale. Le dinamiche del ciclo produtti­ vo, la circolazione delle maestranze e delle tecniche costruttive sembra­ no essere uno dei più recenti sviluppi della ricerca senese (Bianchi, 1996). Lo studio delle strutture murarie di Siena costituisce un riferimento per le indagini in corso, che tendono ad analizzare il sapere tecnico come frutto della capacità delle maestranze e delle committenze. I temi dell'archeologia del costruito e della stratigrafia sono i riferi­ menti fondamentali per la cospicua attività scientifica di J uan Antonio Quir6s Castillo. Formatosi alla scuola toscana di Francovich e Paren­ ti, Quir6s Castillo ha indirizzato la sua ricerca sullo studio stratigrafi­ co dell'elevato in cantieri di scavo in Toscana e in Spagna, analizzan­ do, in particolare, i materiali ceramici e i laterizi. A lui si devono diversi contributi sulla produzione dei laterizi a Lucca, Pistoia e la definizio­ ne di curve mensiocronologiche {cfr. PAR. 5.1.4) nel territorio tosca­ no ( Quir6s Castillo, 1997 e 2002b). Numerosi sono i libri pubblicati da Quir6s Castillo sull'argomento dell'incastellamento in Toscana: si ricordano lo studio sulla Valdinievole, su Lucca e su alcuni castelli del grossetano. In tutti i casi lo studio del sistema di formazione dell'abi­ tato fortificato o delle strutture del castello è stato eseguito con ampie letture stratigrafiche degli elevati. 2.2.2. Liguria Le ricerche archeologiche e stratigrafiche in Liguria hanno seguito un percorso fortemente caratterizzato dall'attività di Tiziano Mannoni. Le precoci esperienze, rispetto al resto dell'Italia, del Centro ligure per la Storia della cultura materiale (divenuto nel 1976 Istituto di Storia della cultura materiale, I S C U M ) sono state definite, fin dagli anni sessanta, dalla ricerca di una metodologia per la registra34

zio ne e l'elaborazione dei dati ottenuti dagli scavi archeologici. L'anali­ si dei cicli produttivi dei materiali da costruzione riveste un ruolo p rimario nell'attività di ricerca del gruppo ligure (Mannoni, 1976), volto alla definizione di banche dati sulle tessiture murarie e sulle tipo­ logie costruttive di differenti apparati (Gelichi, 1997) . La necessità di operare in scavi archeologici non distruttivi, finalizzati alla conservazio­ ne di ogni tipo di dato emerso del contesto, emerge dall'attività svolta nel complesso di San Silvestro a Genova. In questo cantiere si sono indi­ viduati e attuati i primi strumenti diagnostici e modelli conoscitivi lega­ ci alla stratigrafia dell'architettura, che costituiranno i temi del confron­ to degli anni successivi. Nella presentazione dello scavo nel 1975, alla tavola rotonda sull'Ar­ cheologia medievale, Mannoni utilizza per la prima volta il concetto di " archeologia globale", inteso come strumento di conoscenza storica fondata sull'ambiente naturale e sulle componenti antropiche (Manno­ ni, 1985) . Si rileva, inoltre, l'importanza dello studio analitico dei resti murari in elevato, sulla base di una lettura stratigrafica delle strutture, indipendentemente dal loro valore monumentale. In parallelo agli scavi urbani e alla comunicazione degli esiti alla comunità scientifica, l' 1scuM continua la sua attività su un altro fronte, quello della meto­ dologia della datazione tipologica. Rivolto soprattutto ali'analisi dell'e­ dilizia minore, che trova scarso riscontro nelle fonti documentarie, lo studio delle tipologie architettoniche si distacca dai noti canoni stilisti­ ci impiegati nell'architettura monumentale, per definire un proprio filone metodologico. Le banche dati costituite nel corso degli ultimi decenni dal gruppo ligure sui portali e sulle finestre degli edifici rurali dell'Appennino ligure-toscano permettono di datare la maggior parte dell'edilizia dei centri minori dell'Appennino. All'inizio degli anni ottanta l'attività dell'Istituto si è rivolta soprattutto ad approfondire lo studio dei materiali con tecniche archeometriche, in precedenza impiegate nei cantieri di scavo archeologico. Lo studio delle architetture rurali nelle aree montane attraverso indagini stratigrafiche risulta più efficace in quanto le modifiche subite sono quantitativamen­ te minori e più facilmente leggibili. La presa di coscienza della limitatez­ za dell'impiego della metodologia stratigrafica per definire una cronolo­ gia assoluta, quando non affiancata da altre indagini, ha portato ad una

35

forte specializzazione del gruppo di ricerca sui temi della dendrocrono­ logia, istituendo anche un laboratorio all'interno dell'Istituto, della mensiocronologia e della datazione delle malte (Ferrando Cabona, 1998). L'esito delle campagne di acquisizioni dati e di sperimentazioni metodologiche vedrà la diffusione in alcuni scritti, tra i quali l'articolo di Mannoni, Metodi di datazione dell'edilizia storica, (Mannoni, 1984), che ancora oggi costituisce uno dei riferimenti per comprendere le diver­ se tecniche di datazione dei manufatti architettonici. Negli anni novanta il dibattito sull'impiego delle tecniche stratigrafiche e di datazione dell'edilizia storica si sposta verso i temi del restauro, coinvolgendo in prima istanza i gruppi di ricerca toscani e quelli che nel corso degli anni si erano formati soprattutto in Lombardia e in Veneto (cfr. CAP. 3). Si assiste ad una sempre maggiore esigenza di confronto tra gli studiosi che si occupano degli stessi temi, in occasione di incontri pubblici o nella condivisione di programmi di ricerca come quello per la tutela del patrimonio dal rischio sismico, finanziato dal ministero dei Beni culturali e affidato all'Università di Siena (Roberto Parenti) per la schedatura delle murature dell'Italia centrale, e all'Università di Genova (Tiziano Mannoni) per quelle dell'Italia settentrionale. La banca dati costituita da 640 murature delle quali il 70% datate, permet­ te di confrontare le tessiture murarie di un ampio bacino geografico. Nel 1994 l'Istituto pubblica una serie di volumi della collana "Venticin­ que anni di archeologia globale", che ripercorre le pubblicazioni edite nel corso degli ultimi decenni dai ricercatori dell'rscuM, suddivise in cinque temi principali (Mannoni, 1994). 2.2.3. Lazio L'esperienza del Lazio è differente rispetto ai casi della

Toscana e della Liguria fino a qui analizzati. L'ambito in cui maturano esperienze di archeologia del costruito e di stratigrafia sono afferenti alla conservazione del manufatto. La tradizione della scuola romana è legata alle attività della facoltà di Architettura e della Scuola di restauro dei monumenti, quindi la maggior parte degli studi effettuati hanno come finalità un intervento di restauro (De Minicis, 1997). Il tema portante delle ricerche architettoniche svolte è l'analisi delle murature, nel contesto dell'edilizia civile laziale. Dalla consistente espe­ rienza maturata sono emerse aree geografiche con analogie nell'impie36

go di materiali, anche se in contesti tipologici a volte diversificati. La metodologia d'indagine è quella dei restauratori che procede con la realizzazione di un rilievo architettonico del complesso, suddiviso in piante, prospetti e sezioni, con eventuali approfondimenti grafici e fotografici per le parti di maggior interesse. Lo studio degli elevati prevede diversi livelli di dettaglio: una visione analitica di un singolo edificio, privilegiando la lettura stratigrafica, la ricerca a carattere urba­ no con la schedatura delle tipologie architettoniche e delle tecniche costruttive, e quelle territoriali di più ampio raggio. Il rilievo stratigra­ fico è visto come una delle componenti dell'analisi complessiva del manufatto, che deve essere eseguita per comprendere le strutture ogget­ to di studio (Guidoni, De Minicis, 1993). Le torri sono state uno dei temi dominanti dell'attività di ricerca dell'area romana. Quattro conve­ gni sul tema hanno reso possibile il confronto tra diverse aree geografi­ che e metodologie di studio: si ritrovano, pubblicate negli atti, analisi puntuali di edifici con riscontri documentari e ricerche legate all'anali­ si materiale (Guidoni, De Minicis, 1996, 2001, 2005). Lo studio delle murature, tema portante della produzione scientifica dell'area laziale nel campo dell'archeologia dell'architettura, si arric­ chisce delle analisi condotte da Margherita Cecchelli sui materiali e sulle tecniche edilizie degli edifici paleocristiani di Roma (Cecchelli, 2001), e da Maria Letizia Mancinelli per le chiese della Sabina Tiberina (Manci­ nelli, 2003). Lo studio stratigrafico dell'elevato costituisce una componente essenziale nella ricerca di Enrico Guidobaldi, del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, consolidato nei numerosi cantieri di scavo nei quali ha lavora­ to. Gli esiti dei progetti di ricerca sui temi dell'archeologia e dell'architet­ tura tardoantica vengono presentati periodicamente in occasione dei congressi di Archeologia Cristiana, giunti alla xvi• edizione. L'area del restauro architettonico ha intrapreso dal 1996 la pubblica­ zione della collana "Storia della tecnica edilizia e restauro dei monu­ menti", diretta da Giovanni Carbonara, sui temi delle tecniche murarie laziali, confrontando analisi materiali e fonti documentarie. Il primo volume della serie dedicato al Lazio meridionale affronta il tema nella sua molteplicità, riferendosi alle diverse fonti disponibili per una ricer­ ca architettonica, indagando gli aspetti storici, tecnici e compositivi di

37

un edificio (Fiorani, 1996). Nella stessa collana sono stati editi i volumi sulle murature a tufelli e sulle tecniche costruttive nelle aree della Sabi­ na e della Tuscia. All'attività svolta dal gruppo di ricerca negli ultimi decenni è dedicato un libro di saggi nel quale si riassumono le linee guida degli studi sulle tecniche costruttive dell'architettura medievale e moderna nell'area laziale e campana (Fiorani, Esposito, 2005). 2.2.4. Lombardia In Lombardia l'archeologia dell'architettura è stata protagonista dell'attività di Gian Pietro Brogiolo e dei suoi collaborato­ ri a partire dagli anni ottanta. Dal 1980 è nato un progetto archeologi­ co di ricerca per la città di Brescia che, attraverso un'indagine a caratte­ re urbano su edifici pluristratificati, ha fornito risultati interessanti. Il grande cantiere archeologico e di restauro del complesso di S. Giulia e il censimento sistematico delle murature medievali della città sono stati i bacini di sperimentazione della stratigrafia in ambito lombardo (Stella, Brentegani, 1992; Brogiolo, 1993). Una prima edizione critica del metodo stratigrafico, pubblicata da Brogiolo, è Archeologi.a dell'edi­ lizia storica: il testo ancora oggi costituisce il manuale di riferimento per chi vuole avvicinarsi alla stratigrafia applicata all'architettura (Brogio­ lo, 1988). Il volume è il risultato del corso tenuto a Como tra il 1978 e il 1988 dal titolo Analisi archeologi.ca dell'edilizia storica e delle esperienze maturate nella scuola regionale di Botticino, dove tra il 1978 e il 1979 vennero attivati alcuni corsi per tecnici archeologici. Le attività compre­ se nella formazione prevedevano le schedature di alcuni edifici di centri storici e delle tecniche murarie medievali della città di Brescia e del Garda (Brogiolo, 1989). Il progetto di ricerca sulle murature contem­ plava la realizzazione di un atlante tipologico delle tecniche murarie a scala regionale, non ancora completato. Un momento di confronto su questi temi e di discussione con gli altri gruppi nazionali è stato il conve­ gno tenutosi a Brescia nel 1995, edito in un volume a cura di Stefano Della Torre (1996). Vi parteciparono per l'area romana Donatella Fiorani e Daniela Esposito, per quella ligure Aurora Cagnana e Anna Boato, mentre l'Italia meridionale era presente con i contributi di Giuseppe Fiengo, Luigi Guerriero e Maria Russo. Il gruppo di studiosi lombardi, milanesi e bresciani era particolarmente nutrito; essi forni­ vano il loro apporto con gli esiti di ricerche puntuali o di sintesi. Il 38

processo conoscitivo attuato da Brogiolo prevede una precisa gerarchiz­ zazione delle unità stratigrafiche, semplificando i livelli e i metodi di registrazione e rendendo maggiormente applicabile il metodo nei siste­ mi complessi. L'esperienza maturata nel settore dell'analisi stratigrafi­ ca ha portato Brogiolo ad evidenziarne alcune lacune, come la mancan­ za di attenzione per l'attività di degrado che subisce un manufatto, derivate anche dal continuo confronto con gli altri studiosi del settore archeologico e del restauro (Brogiolo, 1996). Anche nell'area milanese l'attività stratigrafica di scavo e di elevato ha raggiunto risultaci interessanti. Tra il 1981 e il 1983 viene aperto un cantie­ re di archeologia urbana a seguito dei lavori per la realizzazione della metropolitana, affidato agli archeologi inglesi David Andrews e Domine Perring. Nel corso degli anni novanta si è riusciti a produrre una curva mensiocronologica dei laterizi milanesi risalenti all'arco cronologico compreso tra la metà del xv e il XVI I secolo (Casolo Ginelli, 1998). Nell'indagine sul battistero di San Giovanni alle Fonti di Milano è stata condotta una ricerca con i metodi dell'archeologia dell'architettura. Oltre alla lettura stratigrafica del complesso, sono state svolte analisi mineralo­ gico-petrografiche delle malte e degli intonaci, che con l'applicazione di metodi di datazione assoluta come la termoluminescenza e il radiocarbo­ nio, hanno restituito un quadro completo dell'insieme architettonico. Nell'ambito dell'attività del dipartimento di Conservazione e storia dell'Architettura del Politecnico di Milano, nel corso degli anni novan­ ta sono emerse significative esperienze del metodo stratigrafico applica­ to al restauro e alla conservazione del costruito (cfr. CAP. 3). Nel grup­ po di Gian Paolo Treccani, Rica Tagliabue, Francesca De Grossi e Gianfranco Percoc si è sperimentata una metodologia stratigrafica applicata all'architettura, finalizzata alla conservazione di tutte le fasi presenti in un edificio (Treccani, 1996 e 2000). Lo scontro dialettico e metodologico era il campo archeologico e quello del restauro ha visto, non senza problemi, nella sperimentazione del metodo stratigrafico l'elemento di unione tra le due discipline. 2.2.5. Veneto I centri universitari di Padova e Venezia sono i poli che si distinguono nell'area veneta per le esperienze maturate nell'ambito cieli' archeologia dell'architettura. Lo studio dei materiali, connesso

39

all'attività di conservazione e restauro, sembra essere il filo conduttore delle ricerche dei centri. I due atenei sono i promotori dal 1985 dei convegni di Bressanone, ai quali si sono affiancati nel corso delle edizio­ ni successive altri centri di studio. Le analisi sui materiali, dall'intonaco alla pietra, al laterizio, hanno trovato un'ottima visibilità nei convegni organizzati negli anni novanta. I contributi presentati hanno affrontato i vari aspetti tecnologici, chimi­ ci e storici, con una particolare attenzione verso l'impiego nei contesti architettonici e artistici in prospettiva di interventi di conservazione. Nel 1996, il convegno di Bressanone fu interamente dedicato ai temi dell'archeologia dell'architettura. Il titolo Dal s ito archeologi.co all'ar­ cheologi.a del costruito. Conos cenza, Progetto e Cons ervazione denuncia la molteplicità di autori che hanno dato vita ad un dibattito serrato e costruttivo (Biscontin, Drussi, 1996). Inoltre la presenza di architetti, storici, storici dell'architettura, restauratori, storici dell'arte, chimici, funzionari delle Soprintendenze, provenienti da differenti ambiti regio­ nali, ha garantito una pluralità di approcci difficilmente riscontrata in altri appuntamenti. Tra gli anni ottanta e novanta si distingue l'operato della scuola di restau­ ro dello I UAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia), con il gruppo di lavoro di Francesco Doglioni, che applica il metodo stratigra­ fico ai numerosi cantieri di restauro in cui opera (cfr. CAP. 3). Questa ricchezza di esperienze maturate in pochi anni costituisce la base per una propria visione del metodo stratigrafico, che individua i limiti dell'applicazione in maniera costruttiva, proponendo alternative signifi­ cative. In particolare il campo d'indagine è rivolto ali'analisi e alla conser­ vazione degli strati superficiali di "pelle", gli intonaci e i rivestimenti che sono i primi a subire i danni del degrado e di interventi di restauro poco consoni. Nel 1 997 Doglioni pubblica un manuale divenuto un testo fondamentale per chi si occupa di temi stratigrafici, dal titolo Stra­ tigrafia e restauro. Tra conos cenza e cons ervazione dell'architettura, nel quale illustra l'impie go dell'analisi stratigrafica nei cantieri di restauro, specificando il sign i ficato della metodologia, attraverso i casi studio presentati (Doglioni , 1 9 97). Tra i progetti di restauro eseguiti da Doglio­ ni ri cordiamo il cant i e re del convento dei SS. Cosma e Damiano a Vene­ zia, dove il tema pregn a nte dell'intervento era il trattamento dei nume-

rosi strati di rivestimento conservati. La fase di registrazione degli into­ naci recenti era dunque particolarmente importante vista la successiva eliminazione. Da diversi anni è attivo sullo studio degli intonaci di Vene­ zia, e più in generale sulle tecniche costruttive storiche dell'area laguna­ re, Mario Piana, docente dello IAUV, che ha condotto un programma di ricerca, finanziato dal Corila, sulla catalogazione degli intonaci storici della città lagunare che ha avuto come esito numerose pubblicazioni e un sistema web-G1s per la gestione dei dati (Piana, 2000). 2.2.6. Piemonte In altre regioni italiane sono soprattutto gli archeo­ logi che rivolgono la loro attenzione all'applicazione della stratigrafia ali'elevato, creando gruppi di lavoro che includono professionalità differenti. È il caso di uno scavo in Piemonte, a Lu Monferrato, dove un cantiere archeologico dal 1991 al 1998, diretto dal dipartimento di Studi umanistici dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale, con la responsabilità scientifica di Gisella Cantino Wataghin, ha indagato il territorio e l'edificio della pieve di San Giovanni di Mediliano (Deme­ glio, 2004). Gli elevati sono stati esaminati con analisi stratigrafiche che hanno consentito di ricostruire le numerose trasformazioni storiche del complesso. L'Università di Torino ha impiegato diffusamente la metodologia stratigrafica nei cantieri diretti, di cui il più noto è quello che ha interessato San Michele di Trino nel vercellese, con la direzione di Maria Maddalena Negro Ponzi Mancini dell'Università di Torino. Lo scavo, durato oltre dieci anni, è stato intrapreso a seguito della neces­ sità di operare un restauro delle strutture dell'antica pieve ed è stato impostato come cantiere didattico per gli studenti dell'ateneo torinese ( Negro Ponzi Mancini, 1999). La riflessione interdisciplinare che ne è scaturita, con il coinvolgimento di professionalità differenti, è stata indicativa per il panorama scientifico di quegli anni. L'attività della Soprintendenza per i Beni archeologici per il Piemonte in questi ultimi decenni si è caratterizzata per un'attenta applicazione delle metodologie stratigrafiche sia per i cantieri di scavo archeologico sia per l'analisi dell'elevato, soprattutto per gli edifici risalenti al Medioevo (Mercando, Micheletto, 1998). Si deve in particolare ad Egle Micheletto l'impiego delle letture dell'elevato e delle analisi speci­ fiche sui materiali. Due cantieri indicativi del carattere di multidisci41

plinarità sono stati l'abbazia di San Dalmazzo di Pedona e la chiesa di San Pietro di Cherasco. Entrambi hanno unito una parte di conoscen­ za ad un progetto di restauro, coinvolgendo i differenti organismi di tutela e il mondo accademico dell'Università e del Politecnico per la fase di ricerca (Micheletto, 1999a; Micheletto, Moro, 2004). Nel cantiere archeologico dell'antica abbazia di San Dalmazzo di Pedona (c N), diretto da Egle Micheletto, lo scavo e l'indagine sugli elevati sono stati condotti con metodi stratigrafici. Ricerche specifiche sono state affron­ tate su tutti i materiali riscontrati: ceramica, intonaci, affreschi, litoidi. L'intervento su San Pietro di Cherasco ha interessato in particolar modo la facciata: lo studio dei vari materiali costituenti il prospetto come i bacini ceramici, i frammenti scultorei e lapidei sono stati inda­ gati con la realizzazione di approfondite carte tematiche. Il metodo stratigrafico è stato applicato anche allo scavo e all'elevato in ambito urbano, nei numerosi interventi nelle città della regione, in parti­ colare Alba, Asti e Torino. I molteplici cantieri aperti in occasione dei lavori per le Olimpiadi invernali del 2006 e per le grandi opere di trasfor­ mazione della città hanno dato modo di operare diversi scavi archeologi­ ci documentando le stratificazioni che hanno segnato l'evoluzione di Torino. Gli esiti di queste ricerche sono stati pubblicati sui Quaderni della Soprintendenza per i Beni archeologici per il Piemonte. Un caso risulta essere particolarmente significativo per la durata del cantiere e per i risultati forniti: lo studio e il restauro del Palazzo Madama in piazza Castello a Torino. L'edificio, da porta romana a castello medievale, fino a divenire residenza sabauda, è stato oggetto di diverse campagne di scavo e di ricerca, in parallelo ad un imponente intervento di restauro. Anche in questo caso la pubblicazione dei risultati del lavoro ha reso noto l'impie­ go dell'analisi stratigrafica per gli elevati di alcune parti significative, come la sala detta il Voltone e l'atrio (Pejrani Baricco, Maffeis, 2006). Nell'ambito del Politecnico di Torino, facoltà di Architettura, da alcuni anni si è costituito un gruppo di ricerca, composto da Carlo Tosco, Silvia Beltramo e Chiara Occelli, che unendo professionalità differenti, della st or ia dell'architettura e del restauro, sta sperimentando nuove applica­ ii oni del metodo stratigrafico anche a contesti cronologici recenti, utiliz7-rizzontali, con conci spaccati e zeppe in pietra calcestruzzo con aggregati arrotondati o spezzati a spina-pesce, con ciottoli e frammenti di laterizi irregolare senza corsi, a blocchi spaccati con zeppe irregolare a blocchi sfaldali irregolare a blocchi spaccati a corsi sub-orizzontali con zeppe a corsi orizzontali e paralleli a corsi orizzontali sub-paralleli, con conci spaccati e zeppe

a corsi orizzontali con conci sfaldati e spaccati a corsi ondulati "araba· "isodoma� altro

a cuneo con coda ribassata : a jiarallelepll>'ldO con coda ,

!_ paralleleplPJ!dO no coda altro nessuna conformazione ricorrente

101

una maggiore o minore specializzazione nella tecnica esecutiva. A parte alcuni singoli casi, come la tessitura riscontrata nella torre di Ville (Arnad) e in altre dello stesso periodo, non sembra esserci una concordanza tra paramento mura­ rio e periodo storico. Tra X I V e XVI secolo non si riscontra una significativa variazione nella tessitura. Il secondo passo del progetto di ricerca è consistito nella catalogazione delle murature nel territorio di Fenis. La scheda (B) è stata strutturata in 5 sezioni diffe­ renti, suddivise in campi e sottocampi. La prima sezione è di carattere generale e racchiude le informazioni per definire e localizzare l'oggetto dello studio. Oltre ai riferimenti amministrativi e catastali, sono stati previsti campi per definire la posizione dell'elemento rispetto al complesso architettonico (FIG. 13). Una seconda parte introduce alla lettura della fonte materiale con l'analisi della muratura nelle sue componenti fisiche e materiali. Spesso l'unico paramento leggibile è quello esterno in quanto unica facciata rilevabile. La provenienza dei litici, registrata nel campo Geolitologia, è di frequente la medesima; ad esclusione di alcuni rari casi di elementi architettonici di parti­ colare pregio, i conci murari provengono da detriti di falda e di morena, composti prevalentemente da serpentino, calcescisto, prasinite e gneiss. La terza sezione è la più complessa e costituisce la parte principale dell'analisi muraria. I diversi campi permettono di registrare la provenienza dei conci (banchi di cava, massi erratici, detriti, ciottoli), la loro lavorazione ed eventua­ li segni lasciati dagli strumenti per la lavorazione e la fin itura. Il campo seguente è dedicato alla malta e ai suoi componenti: vengono osservati il legante e gli inclusi, inserendo i dati desunti dall'analisi macroscopica e di laboratorio, e la lavorazione dei giunti di malta (stilati, paralleli, irregolari, regolari, invadenti). La sezione sulla tessitura muraria è suddivisa in due parti che esaminano il tipo e la conformazione dei conci. Nei casi approfonditi sono stati riscontrati quattro diversi metodi di lavorazioni dei blocchi. La scheda presenta due ulte­ riori campi per l'analisi delle sezioni murarie e delle coperture. Gli allegati della scheda costituiscono la quinta e ultima sezione: per ogni manufatto è stata reperita la mappa catastale attuale, con l'individuazione della localizzazione, un rilievo metrico, nei casi possibili, e il rilievo fotografico, con una selezione delle immagini più significative. A.1.2. Segni di lavorazione Durante la schedatura delle tessiture murarie si sono rilevate tracce dovute all'impiego degli strumenti dei muratori e degli scalpellini. Alcuni degli edifici presentano segni attribuibili alle fasi di lavora102

zione, preparazione e finitura dei conci litici. Quelli legaci alla finitura sono stati rintracciaci sugli edifici di maggiore prestigio, come ad esempio sulle murature del castello di Fenis. Lo strumento maggiormente utilizzato a Fenis sembra essere la gradina, usata con diverse inclinazioni, quasi a voler imprimere una geometria decorativa. Sulle murature del castello la finitura del blocco è particolarmente accurata con segni paralleli e vicini tra loro. Su molti edifici sono leggibili solchi poco profondi lasciaci da uno strumento a più punte, come nel caso della casaforte Challant dietro al castello e su alcuni edifici nelle frazioni di M iseregne e Cuignon. Tracce di picchiarello sono state riscontrate su alcuni conci della casaforte di Pleod e su un architrave a carena a Miseregne.

A.1.3. Serie tipologica delle murature: abaco grafico e fotografico Dal!' ana­ lisi delle tessiture murarie dell'area di Fenis sono emerse alcune osservazioni che hanno permesso di costruire una serie tipologica delle murature in pietra, rappresentate in un abaco grafico e fotografico. Nel compilare le voci della scheda si è notata una certa ricorrenza nell'uso di determinate classificazioni murarie. In particolare, le definizioni a corsi orizzon­ tali, sub-paralleli con bozze, a corsi sub-paralleli, con conci spaccati e zeppe, irre­ golare a blocchi spaccati, a corsi sub-orizzontali, e irregolare senza corsi, con bloc­ chi spaccati, risultano essere quelle maggiormente utilizzate. Si è ritenuto opportuno raggruppare nelle quattro classi tutte le murature schedate, all'in­ terno delle quali è stato necessario creare dei sottogruppi. Il criterio di classifi­ cazione si è basato sulle caratteristiche della tessitura muraria emersa dall'ana­ lisi delle schede tralasciando altri parametri ritenuti di minor importanza. Le quattro categorie individuate sono: • a conci conforte orizzontamento: l'appartenenza a questa classe è facilmente individuabile in una muratura per la presenza di conci molto lunghi, spaccati seguendo la scistosità della roccia. I casi riscontrati sono cinque: nei primi tre esempi la tessitura è molto simile e regolare, mentre gli ultimi due, in partico­ lare il caso di Cretes, mostra una minor precisione segno di una realizzazione più recente; • con cantonali (blocchi angolari) a corsi orizzontali o sub-orizzontali: questo tipo di tessitura si riscontra in molci casi e sembra associabile ad un'edilizia che emerge dal panorama del!' architettura rurale per caratteri di maggior pregio. È stato necessario suddividerla in due sottogruppi a seconda della forma e della lavorazione dei cantonali. Un primo gruppo presenta i conci angolari, di gros­ se dimensioni, di forma leggermente arrotondata, definita à cuneo con o senza 103

FIGURA 14

Esempi di abaco della muratura*

* A conci con forte orizzontamento, con cantonali parallelepipedi a corsi orizzontali e con zeppe.

104

coda (cantonali a cuneo). Nel secondo gruppo rientrano tutti quei casi in cui i cantonali hanno una forma prevalentemente parallelepipeda con o senza coda terminale (cantonali parallelepipedi); • con zeppe di pietra: è una delle tipologie maggiormente diffuse nel!' area in esame. Questa tecnica affianca a blocchi di più grandi dimensioni piccole scaglie e frammenti di pietra per l ivellare la muratura, creando effetti geome­ trici particolarmente interessanti. È molto diffusa nel gruppo di edifici incor­ no al mulino della frazione di Barche, segno di un i mpiego della medesima tecnica da parte delle stesse maestranze; • mista con ciottoli e blocchi spaccati: è la tessitura maggiormente diffusa, quel­ la più semplice, che non presenta nessuna geometria ricorrente se non l'oriz­ zontamento dei corsi, costituita da ciottoli di fiume e blocchi spaccati. Questa classe è la più difficile da datare, vista la sua ampia diffusione in un ambito terri­ toriale assai vasto ( F I G . 14) . A.1.4. Un esempio di stratigrafia architettonica: la casaforte Chenoz La casafor­ te Chenoz si trova a mezza costa sopra la borgata Tillier, l'ultima del territorio comunale di Penis verso St. Marce!. L'edificio principale si sviluppa in altezza per quattro piani fuori terra ed è inglobato in costruzioni successive che non permet­ tono una completa visibilità. La sua posizione isolata costituiva una scelta strate­ gica per i committenti, probabilmente vicini agli Challanc feudatari di Penis. Il mancato riscontro, nelle fonti documentarie, delle fasi più antiche dell'edi­ ficio costituisce un grosso limite allo studio della storia dell'architettura di questo manufatto. L'indagine stratigrafica ha definito una cronologia relativa di fasi. Le analisi di laboratorio e cronotipologiche hanno permesso di arrivare a precisare meglio gli intervalli temporali. Il livello di dettaglio della lettura stratigrafica intrapresa per la casaforte è l'uni­ tà stratigrafica muraria, visto che lo studio ha interessato i soli prospetti nord e sud, gli unici liberi da altre strutture addossate. Il grado di approfondimento stabilito ha reso necessario realizzare un rilievo geometrico di dettaglio in scala 1 :100. Per il rilievo grafico della casaforte Chenoz si è scelto di utilizzare il metodo del raddrizzamento fotografico ( F I G . 15). La fotogrammetria è lo strumento maggiormente utilizzato oggi nel campo dell' ar­ chitettura per la restituzione grafica dell'elemento architettonico oggetto di studio. La possibilità di leggere discontinuità delle murature, le asimmetrie e le deformazioni del costruito e una maggiore facilità nella restituzione grafica digi­ talizzata sono le principali motivazioni che hanno guidato questa scelta. Tale metodo consente di riportare il fotogramma in condizioni di perpendicolarità 10 5

tra l'asse ottico della camera da presa e l'oggetto. Alcuni limiti sono riscontrabi­ li nel fatto che l'oggetto venga assimilato ad un piano, eludendo gli eventuali elementi in aggetto. Il risultato è quindi una struttura architettonica differente rispetto a quella iniziale e, se l'analisi stratigrafica si pone come obiettivo quello di ricostruire le diverse fasi, ne vengono escluse alcune a priori. Il rilievo schematizzato ha reso possibile l'identificazione degli ambiti omogenei definiti dal contorno delle U S M ( F I G . 16) . La documentazione delle USM è stata eseguita in un primo momento direttamente sul campo, tramite un'analisi descrittiva e grafica, a cui è seguita una schedatura, dove si sono evidenziati i diversi rapporti stratigrafici tra le differenti unità. Per ogni U S M sono stati indi­ viduati i rapporti fisici di anteriorità, posteriorità e contemporaneità. Una descri­ zione di maggior dettaglio è stata approntata per gli elementi architettonici ( EA), quali finestre e portali ad arco, che hanno costituito un abaco tipologico. Dopo aver definito gli ambiti omogenei , caratterizzati da una determinata tecnica muraria, si è proceduto alla redazione del diagramma di Harris, per deli-

FIGURA 15

L'immagine fotografica del prospetto sud della casaforte Chenoz e il suo raddrizzamento

-·,.. .

f

..

·.'(I. . ', ··(9,, 1

) (;. oc·:--:

··e.

•· i_ __- .

'

. .

�-

.

.

--

n •·.• ..1. �·• t .

-�� '•. •, :1.. ..

--, ..

106

._,,.,·l

'.{ ;,,•

,' -

,.

neare una cronologia relativa. Sul matrix i rapporti fisici certi sono disegnati con una linea continua, mentre quelli incerti con una linea tratteggiata. Dalla lettura del diagramma si evince una presenza di fasi relativamente modesta, riconducibili a cinque per il prospetto sud e a tre per quello nord. A Prospetto sud:

• fase E: è la fase principale, che corrisponde alla costruzione della casaforte. Ad essa appartengono le USM 1 1 23, 1 1 0 1 , 1 1 0 2 , 1 1 0 3 , 1 1 04, 1 1 0 5 , 1 1 0 6 , 1 1 07, 1 1 22, 1109, 1 1 10 , 1 1 1 1 , 1 1 1 2, 1 1 1 3 , 1 1 14, 1 1 1 5 , 1 1 17, 1 1 1 8 , 1 1 1 9 ;

• fase D: di poco successiva alla precedente, è individuata dalle U S R realizza­ te ancora nella fase del cantiere di costruzione. Si tratta degli intonaci sulla ghiera dell'arco dei due portali ( 1 201 ) , nella fascia che riveste l'ultimo piano ( 1 21 0 ) e di quella che riveste parte del prospetto ( 1 2 1 1 ) ; FIG U RA 16

Eidotipo (schema di rilievo) del prospetto sud della casaforte Chenoz con individuazione delle usM e usR

B

lffil

0 •0.1

O not.

ON O L,

A&U

a

l,U.

� �

8

o-

B., ....

...

,......

o

o

11a1

..ci.o,

M�5

"""

UM,

o

IIU.

El

"&lo

QB go

U!,S

107

• fase C: è il momento della riapertura del cantiere a Chenoz per la realizza­ zione dell'edificio rurale posto a fianco del prospetto principale. Presenta un linguaggio architettonico e una muratura di modesto valore. A questa fase appartengono le usM 1 1 24, 1125, 1 1 27, 1128, 1 1 29, 1130 e le buche pontaie 1131, 1 1 32, 1133, 1134, 1135; • fasi B e A: sono i momenti più recenti, che hanno portato al tamponamen­ to di un'apertura e ad interventi di rifacimento dell'intonaco, attribuibili alla generazione precedente l'attuale proprietario. B Prospetto nord: • fase C: segna la costruzione del prospetto nord e corrisponde alla fase E del prospetto sud. È caratterizzata dalle USM 1 148, 1 149, 1 1 50, 1 1 52, 1 1 53, 1 1 54, 11 55, 1 1 56, 1 146, 1137, 1 143, 1 140, 1144, 1139, 1138, 1 142, 1 146, 1 1 57, 1145; • fase B: è la fase del rivestimento della facciata. L'unico frammento d'intona­ co conservato è l'usR 1216 in corrispondenza della piccola apertura della torre; • fase A: è quella più recente, contemporanea alla fase A del prospetto sud. Si tratta di interventi minori, come la realizzazione di un'apertura (1 136) e il rive­ stimento di alcuni tratti della muratura con un intonaco leggero ( 1 214, 1213, 1215). La definizione di una cronologia relativa costruisce il primo passo nel percor­ so conoscitivo della casaforte. Il confronto con i pochi dati documentari, le analisi petrografiche e delle malte, l'individuazione di cronotipologie per i portali, le finestre e le murature hanno costituito la seconda fase della ricerca.

A.1.5. Indicatori cronologici per la datazione della casaforte Analisi delle malte e dei litoidi I prelievi di malta sono stati effettuati in punti del manufatto ritenuti significativi, sfruttando situazioni di microfratture che hanno agevolato il distacco dei campioni. Hanno fornito alcune conferme ad ipotesi di studio e implementato la conoscenza del materiale utilizzato a Chenoz, confrontato con altre realtà dell'area di Fenis. I trenta campioni prele­ vati, compresi quelli di Chenoz, sono stati analizzati macroscopicamente e per i più rilevanti si è optato per un'analisi diffrattometrica a raggi X. I campioni provenienti dalla casaforte risultano costituiti da malte con calce aerea come legante e aggregato siliceo, composti principalmente da quarzo. Sono malte assai ricche di aggregato, piuttosto " magre " per la scarsità di legante. L'analo­ gia del materiale impiegato nella casaforte, rispetto agli altri campioni preleva­ ti nel territorio di Fenis, conferma la consuetudine di reperire il materiale da costruzione in loco. 108

I risultati delle indagini sui litoidi utilizzati nel cantiere hanno portato ad una serie di indicazioni, verificate anche per gli esempi delle schede, per i quali si è proceduto con analoghi prelievi ; si attesta una diffusione sul territorio dei medesimi materiali costruttivi, provenienti da detrito di falda o di morena del luogo. Le varietà più omogenee sono state utilizzate come pietra da taglio, per la realizzazione di elementi architettonici, come stipiti, cornici e architravi. La maggior parte dei conci e dei blocchi costituenti le murature sono in calcesci­ sto per la facilità di reperimento e di lavorabilità. Un'altra pietra riscontrata nelle architetture di Fenis è lo gneiss, impiegato in maniera minore per la sua durezza, che ne rende difficoltosa la lavorazione. Nel caso della casaforte è stato usato per i cantonali, ma può essere lavorato anche per ottenere le lose per le coperture dei tetti. Il serpentino, classificato tra le pietre verdi, è il tipo di litoi­ de maggiormente impiegato dell'area di Fenis: nonostante la sua durezza e la difficoltà nella lavorazione, viene utilizzato sia per la realizzazione di conci di forma irregolare impiegati nella muratura sia per i blocchi squadrati dei canto­ nali per le proprietà di resistenza allo schiacciamento del materiale. Le pietre verdi (ofiolitiche) si distinguono per la loro tonalità cromatica derivante dalle rocce vulcaniche. In questa categoria rientra anche la prasinite, più simile al calcescisto per la migliore lavorabilità in quanto costituita da minerali relati­ vamente teneri e a grana fine. L'utilizzo della prasinite è legato agli elementi architettonici di pregio come aperture e finestre. In alcuni edifici di particola­ re rilevanza è stato utilizzato anche il marmo, come per i davanzali delle fine­ stre della casaforte Chenoz.

Cronotipologie di elementi architettonici Lefinestre Sul territorio valdostano si assiste ad una diffusione capillare e ad una buona conservazione di alcuni elementi architettonici, quali aperture e portali, tale da essere considerata una fonte primaria di datazioni. Per arrivare ad un confronto con i tipi impiegati nella casaforte Chenoz, si è fatto riferimen­ to all'ampia bibliografia edita e al rilievo diretto dei casi riscontrati. L'indagi­ ne si è concentrata sulle aperture con stipiti e architravi smussati in pietra, sulle finestre crociate e sui portali ad arco a tutto sesto. Nel primo caso, si è limi­ tata l'indagine all'area di Fenis, vista la considerevole diffusione delle finestre in conci lirici. Invece, per l'analisi dei portali ad arco a pieno centro e per le fine­ stre crociate, è stato necessario rivolgersi anche ad altre realtà territoriali regio­ nali. Un elemento che aiuta la ricerca di una cronologia è la presenza di date incise sui portali. Un'attenta analisi nei rapporti stratigrafici tra i blocchi e la 109

muratura deve essere compiuta per attribuire, ad una stessa fase, la data e la costruzione della muratura circostante. La maggior parte degli esempi si riscontra su edifici databili intorno ai primi decenni del XVI I secolo: il termine post quem è dato dalla finestra di Cuignon (1 574) , mentre quello ante quem (1646) è stato ritrovato su un edificio della stessa frazione. Al di fuori dell'area di Fenis sono rintracciabili moltissimi altri esempi riconducibili allo stesso periodo, mentre alcuni precedenti sono testi­ moniati su edilizia di maggior rilevanza, come i casi di Quart e d'Avise, data­ bili al xv secolo. Nel caso della casaforte Chenoz, la lavorazione degli stipiti e dell'architrave, maggiormente rettilinea rispetto ai casi di Fenis, porterebbe a proporre una datazione alla fine del xv secolo.

Lefinestre crociate La diffusione delle finestre crociate in Valle d'Aosta è assai ampia. Questa tipologia segna l'architettura del tardo Medioevo in tutto l'ar­ co alpino, ed è riscontrabile soprattutto nell'edilizia signorile d'oltralpe, in particolare borgognona. Negli esempi valdostani è evidente l'uso riservato ad edifici di pregio e la loro presenza è una delle testimonianze del livello sociale acquisito dal proprietario. L'arco cronologico in cui si diffonde la finestra crociata è ampio, ma il periodo di maggiore attestazione risulta essere il xv-xv, secolo. Se negli edifici più importanti sembra certa la cronologia del xv seco­ lo, l'impiego nell'architettura minore è attestato anche per il secolo successi­ vo. Nella casaforte Chenoz la finestra crociata si conserva sul prospetto sud, in corrispondenza dell'ambiente principale del!'edificio.

Portali ad arco L'evoluzione dell'arco, da rutto sesto a sesto acuto, è uno dei nodi fondamentali della maturazione dell'architettura, nel passaggio tra romanico e gotico. Per tutto il Xl i i secolo in Valle d'Aosta predomina l'arco a tutto sesto. I primi ad accogliere questo cambiamento sono le maestranze atti­ ve nei cantieri dei castelli, che inseriscono nelle proprie lavorazioni questa nuova geometria. Un esempio di applicazione di un timido arco a sesto acuto è nel portale della torre di Montmayeur e nell'unica finestra trilobata che sopravvive ai rifacimenti della fine del xiv secolo, nel castello di Fenis. Nel contempo, però, l 'arco a pieno centro non viene abbandonato; i n fatti ad Ussel , nel 1343, dominano ancora i profili a tutto sesto, mentre se ne radica sempre di più l'uso nell'architettura privata. Gli edifici realizzati dalla picco­ la nobiltà e dalla classe notarile importano il linguaggio architettonico conso110

lidato dell'architettura castellana, protraendo nei secoli alcuni elementi archi­ tettonici, tra i quali anche l'arco a sesto acuto, di cui si conoscono esempi data­ ti XVI secolo. La fase di costruzione della casaforce Chenoz a Fenis sembra risalire alla fine del xv secolo o ai primi decenni del successivo. Le cronotipologie dei portali e delle finestre e le tecniche costruttive impiegate nel cantiere avvicinano la casaforte ad altri edifici coevi. La cura nella costruzione, la disposizione volumetrica degli spazi, la presenza di una scala a chiocciola in pietra (viret) denotano un'at­ tenzione al cantiere, attribuibile ad una committenza rilevante. La presenza sul terrirorio della famiglia Challant, feudataria di Fenis tra Medioevo ed età moderna, attiva nella costruzione del castello e di altre due caseforti, rende plausibile ipotizzare un'analogia di committenza per Chenoz, pur in mancan­ za di fonti documentarie che ne attestino un coinvolgimento diretto.

A.2. Esempio di stratigrafia urbana e territoriale: Villafalletto (cN) Villafalletto è un comune della pianura cuneese, definito dal corso del torren­ te Maira, posto ali' estrema fascia occidentale della pianura verso il primo pede­ monte. L'apertura di un cantiere edile nel centro storico di Villafalletto ha offerto l'opportunità per ampliare gli studi sul territorio e sul ricetto, median­ te l'utilizzo di differenti tecniche d'indagine basate anche sulla ricostruzione cartografica. La ricerca si è articolata su più fronti paralleli. Una prima fase è stata dedicata allo studio e all'individuazione delle consistenze architettoniche medievali ancora conservate, testimonianze delle fasi più antiche di costruzio­ ne ( Beltramo, 2006). Il rilevamento sul campo ha consentito di individuare le cellule edilizie antiche, il sistema dei recinti delle mura e dei fossati incorno al castello e al ricetto, l'accessibilità e la viabilità interna, le strutture architetto­ niche (esempi di coperture a volta), le rittane (intercapedini tra i muri peri­ metrali degli edifici per lo scolo delle acque) e i pozzi. I dati acquisiti sono stati trasferiti sulla planimetria catastale corrente, evidenziando con simboli e trat­ ti grafici gli elementi differenti ( F I G . 17) . La restituzione dei dati emersi dallo studio di macrostratigrafia delle strutture perimetrali e dallo schema di rilievo dell'area del cantiere edilizio ha consentito di determinare alcune caratteristi­ che architettoniche e urbane del tessuto del ricetto medievale. A.2.1. Macrostratigrafia di un ed ificio medieva le La demolizione di un fabbricato nell'abitato di Villafalletto, nel blocco di abitazioni parallele alle mura ovest, ha reso visibili, pur cancellandone completamente l'articolazione 111

interna, le strutture perimetrali del lotto medievale, portando a vista le murature e permettendo una parziale lettura delle tessiture. L'area di sterro, di 10,3 metri di lunghezza per circa 7 di larghezza, è collocata a ridosso dell'antico perimetro murario del ricetto, in affaccio sulla pianura del fiume Maira.

FIG U RA 17

Schema ricostruttivo del sistema ricetto/castello di Vil lafalletto Presunto l3 perimetro del fossato

E]

Perimetro ricetto conservato

E] Perim etro

del castrum

[::] Asse viario

E:] �eri !Ti elro ricetto E] Rittana 1pot1zzato

mlii Cel l u l a edil izia - tard o m e d i oeva le � Ed ificio con volta

a botte

Su una planimetria catastale attuale sono stati rappresentati i dati emersi dallo studio sul ricetto di Villafalletto, evidenziando con simboli e tratti grafici gli elementi costituenti il tessuto urbano, quali il perimetro delle mura, le cellule edilizie medievali, le porte, gli assi viari, le rittane e i pozzi. 112

Dal!' analisi stratigrafica delle strutture perimetrali rimaste in elevato emerge che la cellula edilizia smantellata era il risultato delle trasformazioni avvenute nel corso dei secoli sull'originario impianto medievale, evidenziando un'arti­ colazione abbastanza complessa dell'antico lotto, presumibilmente analoga agli edifici confinanti. Il prospetto nord è costituito da due blocchi. Il primo (EDF), verso via Barbe­ ris, di circa 6,90 metri, è suddiviso in tre murature differenti: un setto mura­ rio F, una muratura di riempimento O, con arco a sesto ribassato, e un muro di spina E. La seconda parte della parete è costituita da un muro di tampona­ mento H e dal maschio murario G. Analoga stratificazione si presenta sul prospetto sud, anche se con alcune differenze ( F I G . 18 ) . Le unità edilizie riscontrate (uE) sono state rilevate, indicando le caratteristiche morfologiche, le dimensioni dei conci , il trattamento dei giunti, la tecnica esecutiva, i rapporti con le altre unità e le eventuali superfici incerte. Le UE che hanno mostrato una correlazione tra loro dall'analisi della tecnica costruttiva all'im­ piego dei materiali e alla finitura sono state raggruppate in cinque unità difase (UF), che coincidono con le fasi di costruzione e di trasformazione rilevabili sulle murature. L'analisi denota come il blocco A sia il risultato di un'unica fase di cantiere, ascri­ vibile all'intervento di costruzione dell'intero edificio, definibile come una singoFIGURA 18

Uno dei due prospetti dell'edificio rilevati e studiati con un'indagine di macrostratigrafia che ha permesso di ricostruire la tipologia di un lotto del ricetto medievale di Villafalletto PROSPETTO NORD G ��1;::::rl. -�

�uperflc1e

1n latermo

superfme

in parte

m crollo

f

1' r

- - --- ..._ _ _ __ _ _

---

E

o

"I t'o,:,_� . ,.� -r:----- - - - -------"---- �� �!...�

1

m u ratura dr

tamponamento H _

m appoggio

a1 setti G ed E

"---..

-

- J __

Q a,, e:n

113

la unità architettonica (uA A) , strutturalmente autonoma rispetto all'edificio residenziale originariamente collocato in adiacenza. Dalle caratteristiche dimen­ sionali e dall'analisi dei materiali utilizzati si può supporre che il cantiere sia proceduto per fasi omogenee, definendo prima il cordolo perimetrale con l'uti­ lizzo dei conci squadrati agli angoli e continuando con la posa del paramento murario dei quattro prospetti perimetrali. Dal confronto tra i dati materiali e l'iconografia storica emerge che la casa, oggetto del cantiere di ristrutturazione, inglobava la struttura di un preceden­ te edificio medievale ( UA A), di planimetria quadrangolare, posto sull'angolo a ridosso dell'antico perimetro delle mura del ricetto. Tra l'edificio e la cinta muraria era presente l'area di lizza (3,40 m), lo spazio di rispetto prossimo alle mura, in seguito occupata da abitazioni civili, quando ormai le mura avevano perso la loro funzione originaria. La superficie del lotto edificabile emersa dal!'area di sterro di Villafalletto risulta congruente ad esempi analoghi di altri ricetti del!'area piemontese. Il fronte strada della cellula edilizia di Villafalletto è di 7 metri, analogo per dimensione agli altri conservati in elevato all'interno dello stesso recinto, compresi tra 6,90 e 7,30 metri. La struttura delle abitazio­ ni di Villafalletto è costituita da murature portanti di spessore variabile tra i 90 e i 60 cm per i muri di cortina e per i traversi. A.2.2. Atlante delle murature Durante la fase di rilievo nel centro di Villa­ falletto, osservando significative varianti nell'apparecchiatura dei tratti mura­ ri, si è ritenuto utile indagarle in maniera puntuale, definendo una scheda di rilievo delle tessiture murarie. Il tracciato della scheda è articolato in tre parti, una dedicata al rilievo fotografico, una alla localizzazione nel contesto urbano attuale e una descrittiva delle caratteristiche delle murature in oggetto. Si sono documentati i tratti conservati del perimetro del castello e del ricetto, ma anche i prospetti delle abitazioni medievali e i muri di divisione tra i lotti. Gli esiti dell'abaco delle murature hanno permesso l'individuazione di nove tipi diffe­ renti, con proprie caratteristiche fisiche e tecniche. La lettura ha rivelato la presenza di diversi paramenti murari che, pur utilizzando prevalentemente i ciottoli di fiume come materiale da costruzione, mostrano una diversificazio­ ne nella tessi tura. A.2.3. Stratigrafia di un territorio Lo studio del paesaggio si è basato sui resti materiali, sulle fonti documentarie e iconografiche a disposizione. L'ambito comunale di Villafalletto è rappresentato in due catasti risalenti alla metà del XVI I I secolo e all'inizio del successivo. Si tratta del catasto geometrico-parcel114

lare sabaudo settecentesco, o catasto antico, datato 1760, composto da un'uni­ ca grande mappa, e da quello del periodo napoleonico risalente al 1807, artico­ lato in più mappe topografiche suddivise per masse di coltura. L'analisi delle particelle catastali antiche all'interno del perimetro del ricetto ha permesso di verificare la coerenza dei sedimi attuali rispetto a quelli storici . Inoltre, la sovrapposizione delle cartografie ha reso possibile l'individuazione degli spazi all'interno del recinto e la loro suddivisione tra particelle edilizie, terreni e aree libere. I lotti identificati sono stati riportati sulla planimetria catastale corren­ te, rendendo possibile la realizzazione di una mappa stratificata di territorio. A livello territoriale si è proceduto con uno studio stratigrafico ad ampia scala. Si sono identificate le principali trasformazioni dell'uso del suolo e degli inse­ diamenti, scomponendo l'area per livelli. Il metodo di ricostruzione storica si basa sul sistema del filtraggio cartografico che consente, dai dati storici acquisi­ ti, di costruire una mappa stratigrafica del territorio. L'esito è stato rappresen­ tato su alcune carte tematiche, utilizzando come base la Carta tecnica regiona­ le (CTR; scala 1 : 10.000 ) , segnando tutte le variazioni avvenute sul territorio oggetto dell'indagine. Le sezioni storiche individuate per il territorio di Villa­ falletto sono state tre: la prima, caratterizzata da un habitat disperso, testimo­ niato dalla pieve attestata tra x e XII secolo; la seconda, con un abitato accen­ trato nei pressi del castello (xm -x1v) ; la terza, dove la disposizione diventa intercalare, con lo sviluppo di nuclei insediativi esterni, a partire dal xv seco­ lo. Da questo momento, infatti, si afferma nel territorio di Villafalletto un nuovo quadro insediativo: dall'abitato raccolto intorno al nucleo del castello si procede ad una dispersione di tipo intercalare, che darà luogo alla nascita di numerose cascine e aziende isolate nella campagna. Le diverse carte difase, che forniscono una lettura diacronica del paesaggio, registrano, attraverso la lettu­ ra dei toponimi, l'uso del suolo e l'attestazione dei primi centri nati intorno a nuclei religiosi. La sovrapposizione delle diverse sezioni ha permesso di individuare le trasfor­ mazioni e la perdita delle permanenze dirette. Dal punto di vista grafico, per garantire un'immediata comprensione dei dati, si è scelto di sovrapporre le carte rappresentate a fogli lucidi. Analogo risultato fornisce l'uso dei sistemi informa­ tici, attribuendo ad ogni sezione cronologica un livello (layer) diverso.

115

Bibliografia Letture consigliate

Sui temi della stratigrafia costituiscono strumenti di conoscenza fondamenta­ li: F R A N C OV I C H , P A R E N T I ( 1 9 8 8 ) , F R A N C OV I C H , M A N A C O R D A ( 20 0 0 ) e B RO G I O LO ( 1 9 88 ) .

Capitolo 1

Sui temi inerenti allo scavo archeologico, sui metodi e sugli strumenti: P . BARKER, Tecniche dello scavo archeologico, Longanesi, Milano 1981; R . F RA N C O ­ V I C H , o. MANAC O R DA (a cura di) , Lo scavo archeologico: dalla diagnosi all'edi­ zione (Certosa di Pontignano, 1989), All'Insegna del Giglio, Firenze 1 9 9 0 ; E . ZAN I N I , Scavo archeologico, in F RAN COVI C H , MANACO RDA ( 2000 ) , pp. 2586 5 . Per approfondire i concetti principali della geologia applicata all'archeolo­ gia, si veda M. C R E M A S C H I , Manuale di geoarcheologia, Laterza, Roma-Bari 2000. Un inquadramento generale sull'archeologia dell'architettura lo si ritro­ va in PARENTI ( 2000 ) , pp. 258-64. Sul concetto di paesaggio stratificato: T o s c o ( 20036) e I D . , Ilpaesaggio come storia, il Mulino, Bologna 2007, mentre sull'archeologia dei paesaggi F. CAM B I , Archeologia dei paesaggi antichi: fonti e diagn ostica, Carocci, Roma 2 0 0 3 , e F. CA M B I , N . T E R R E NATO, Introduzione all'archeologia dei paesaggi, Carocci, Roma 1 994.

Capitolo 2

Una sintesi complessiva aggiornata sulla situazione degli studi di archeologia dell'architettura e di stratigrafia in Italia è fornita da D ' U L I Z I A ( 200 5 ) ; per l'am­ bito lombardo, vedere anche L. R I N A L D I , Archeologia dell'architettura e restau­ ro. Esperienze lombarde, in "Archeologia dell'Architettura", 1, 1996, pp. 163-8, mentre per l'area toscana il contributo di PARENTI ( 1 9 9 7 ) . Sull'impiego della stratigrafia nei paesi europei e sugli esiti di alcune ricerche: o. P R I N G ENT, J. Y. H VNOT, Archéologie et monuments historiques, in " Dossiers d'archéologie", 205, 2000, pp. 72-5; P. B E R NARDO, Sources écrites et archéologie du bàti, in "Archeologia dell'Architettura", I I , 1997, pp. 141-6; F. J O U R NOT, Archéologie du bàti, in La construction en pierre, Errance, Paris 1999, pp. 133-63, mentre per i paesi anglosassoni s. R O S KAM S , Interpreti ng Stratigraphy. Site Evaluation, Recording Procedures and Stratigraphic Analysis, lnterpreting Stra­ tigraphy Conferences 1993-1997, British Archaeological Reports, lnternational

116

Series 910, Oxford 2000 , pp. 107-34; R. K. M O R R I S , The Archaeology ofBuil­ dings, Sutton Publishing, Stroud 2000. La produzione scientifica spagnola nel campo della stratigrafia applicata all'architettura è analizzata da QU I R6 s CASTI LLO (2002a) .

Capitolo 3

Sul dibattito tra restauro e analisi stratigrafica molti contributi sono giunti da P. MARCON I , Finalità della conservazione: conoscenza e recupero, in F RANCO­ VICH, PARENTI (1988), pp. 39-46; G. P. BROGIOLO, Lo stato del dibattito dopo il convegno di Brescia, in Patrimonio archeologico, progetto architettonico e urba­ no, Atti del convegno ( Milano, 1996) , Firenze 1997, pp. 72-3; R. F RANCO­ VICH, Restauro architettonico e archeologia stratificata, in L. Marino, C. Pietra­ mellara (a cura di ) , Contributi sul restauro archeologico, Fi renze 1982, pp. 59-68, e da TRECCANI (2000). Il punto della situazione tra le discipline e l'ana­ lisi del confronto tra architetti e archeologici sono forniti da R. TAG LIAB UE, Architetto e archeologo. Confronto fra campi disciplinari, Guerini Studio, Mila­ no 1993. Il rapporto fra stratigrafia e città è affrontato da M . o. H . CARTER, Valutazio­ ne, strategia e analisi nei siti pluristratificati, in "Archeologia Medievale", x, 1983, pp. 49-72, e nel recente G. P . B ROGIOLO, Urbana-Archeologia, ad vocem, in FRANCOVI CH, MANACORDA (2000), pp. 3 50-5. Sulle differenze metodologiche riscontrate tra archeologia e architettura risul­ ta utile il punto di vista di A. CARAN D I N I , A rcheologia, architettura, storia dell'arte, in FRANCOVI CH, PARENTI (1988), pp. 31-8. Il metodo stratigrafico può essere l'elemento di unione tra le due discipline, cosl come auspicato da P I E ROTTI, QU I R6S CASTI LLO (2000).

Capitolo 4

Sui temi della macrostratigrafia e microstratigrafia e sul dibattito in corso BROGIOLO (1988); PARENTI (1988a) ; Tosco (2003a) . Le sequenze d'uso e stati­ che sono trattate da P E RTOT (1997), TRECCA N I (2000) e B ROGIOLO (1996) . Sul concetto di cronologia e sull'importanza che riveste in archeologia si veda MANACORDA (2007) e B I ETTI SESTIERI (2000).

Capitolo 5

Una panoramica sui diversi metodi di datazione del costruito è fornita da MAN N O N I ( 2000 ) , da F E RRAN DO CABONA ( 2002) e dal recente volume di BOATO (2008). Sull'uso del laterizio in architettura e sulla sua conservazione, 117

Le superfici dell 'architettura: il cotto. Caratterizzazioni e trattamenti, Atti del convegno, Bressanone 30 giugno-3 luglio 1992, Arcadia Ricerche, Padova 1992. S ulla datazione delle murature i n laterizio, s. F O S SA T I , Possibilità di datare complessi di mattoni, in "Archeologia Medievale", XI, 1984, p. 395, e I D . , La data­ zione di mattoni: una proposta di metodo, in "Archeologia Medievale", XI I , 198 5, pp. 731-6; F . vARO S I O , Mensiocronologia dei laterizi a Venezia: ricerche, verifiche di applicabilità, stesura di una prima curva, in "Archeologia dell'Architettura", V I , 2002, pp. 49-59; R. CORSI, A. M E N N U C C I , L a teoria mensiocronologica, in E. Boldrini, R. Parenti (a cura di) , Santa Maria della Scala, Archeologia e edilizia sulla piazza dello Speda/e, All'Insegna del Giglio, Firenze 1991, pp. 161-71 . Sulle tecniche murarie lapidee: o. P R I G E N T , La pierre de construction et sa mise en