168 93 37MB
Italian Pages 536 [267] Year 1998
Antonio Giuliano
Storia dell’arte greca Nuova edizione
I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore (nuova denominazione della NIS - La Nuova Italia Scientifica) via Sardegna 50, 00187 Roma, telefono 06 / 42 or 01 97, fax 06 / 42 74 79 31 Ufficio Università via Sicilia 154, 00187 Roma, telefono 06 / 42 01 13 64 - 42 01 13 65, fax 06/ 42 7405 34 Siamo su Internet: http ://www.swen.it/carocci
Carocci editore
Indice
1.
Premessa
ri
Età protogeometrica (1050-900 a.C.)
13
Architettura
16
Urbanistica / Edifici
2. 2 11 edizione, aprile 1998 1 “ edizione, ottobre 1989 © copyright 1989 by La Nuova Italia Scientifica, Roma © copyright 1998 by Carocci editore S.p .A ., Roma Finito di stampare nell’aprile 1998 per i tipi delle Arti Grafiche Editoriali srl, Urbino ISBN
88-430-1096-4
Ceramica Terrecotte Metallotecnica
17 21 21
Età geometrica (900-700 a.C.)
25
Architettura
31
Urbanistica / Edifici
Ceramica
34
Attica / Corinto / Argo / Beozia / Eubea e Cicladi / Creta / G re cia orientale
Metallotecnica
46
Tripodi / Bronzi / Corazze / Fibule
Riproduzione vietata ai sensi di legge (art, 17 1 della legge 22 aprile 19 41, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.
Terrecotte Oreficeria Avori Gemme
53 53 53
54
7
STO RIA D E L L ’ A R T E
IN D IC E
3.
Età classica (480-323 a.C.)
201
64
Architettura
209
68
Urbanistica / Edifici: i templi / Architettura eclettica ad Atene: monumenti coregici / Monumenti greco-iranici / Pytheos: il mau soleo
75
Gli scultori / Stele funerarie e rilievi
79
Terrecotte Metallotecnica
Età orientalizzante (700-600 a.C.)
55
Architettura
5.
Urbanistica / Templi
Scultura Dedalo / Xoana e sphyrelata / Scultura in pietra
Metallotecnica
Scultura
Piccoli bronzi / Bronzistica
Terrecotte
GRECA
Creta / Peloponneso
271 3 18 320
Piccoli bronzi / Mys / Vasi
Ceramica a rilievo
82
Avori Oreficeria Gemme Monete Pittura
Creta / Cicladi
Legni Avori Gemme Oreficeria
83 83 83 85
Il v secolo / Il iv secolo
Creta / Corinto / Rodi
Ceramica
Pittura Ceramica
Il v secolo / H iv secolo
87 87
Corinto / Argo / Beozia / Eubea e Cicladi / Grecia orientale / Creta / Attica
323 323 325 326 326
6.
335
Età ellenistica (323-31 a.C.) La Macedonia
4.
Età arcaica (600-480 a.C.)
105
Architettura
113
Urbanistica / Decorazione degli edifici / Templi / Thesauroi
Scultura
136
Metallotecnica
16 1
Bronzi / Vasi
Avori Oreficeria Gemme Monete Ceramica
166 166 166 167 16 7
Corinto / Sparta / Samos / Vasi plastici / Ceramica attica a figure nere / Ceramica attica a figure rosse
8
361
Vergina / Leukadion / Pagasai / Derveni / Pella
Architettura
375
Urbanistica / Santuari / Templi / Altari / Sale di riunione. Bouleuteria / Stoai / Teatri e odeia / Mausolei / Palazzi / Architettura asiatica
Scultura
Samos / N axos / Paros / Chios / Peloponneso / Corinto / Argo / Sparta / Atene
353
407
Lisippo / Scultura fino al 280 a.C. circa / Sculture non attribuibili a scuole regionali / Scuola attica / Pergamo / Rodi / Alessandria / Scuola seleucide
Bronzi Terrecotte Ceramica Stucchi Toreutica Oreficeria Incisione e glittica Cammei
468 471 472 475 477 478 480 481 9
INDIGLI
Pittura
484
Premessa
Apelles / Protogenes / Aetion / Antiphilos / La pittura ad Ales sandria e in Asia
Mosaici
489
Egitto / Pergamo / Delos / Fonti letterarie / Documentazione in diretta sul mosaico ellenistico
Alcuni problemi della pittura ellenistica attraverso fonti indirette
492
Indicazioni bibliografiche
495
Indice delle illustrazioni
^21
Questo volume è destinato a coloro i quali desiderano iniziare lo stu dio dell’arte greca, e in particolare agli studenti universitari. L ’autore ha cercato di esporre la materia semplificando il proprio pensiero, ma rifacendosi a quanto ha già affermato, seppure in termini più problematici, in: Arte greca, 1, Dalle origini all’età arcaica·, 11, D all’età classica all’età ellenistica, Il Saggiatore, Milano, 1986-1987. Le illustra zioni vogliono essere un punto di riferimento che il lettore potrà ap profondire consultando le più recenti opere dedicate alla cultura for male del mondo antico, peraltro citate nelle Indicazioni bibliografiche. Roma, i° giugno 1988
Questa seconda edizione è resa necessaria a seguito di nuove scoper te e precisazioni critiche. Il repertorio illustrativo risulta arricchito, ma rimane insufficiente (per le dimensioni e la qualità). La bibliogra fia - ormai torrentizia - è stata sommariamente aggiornata. L ’esposi zione rimane scolastica (per questo sono stati adottati due corpi tipo grafici), in qualche caso apodittica: non è stato infatti possibile riela borare - e sostenere con il necessario bagaglio illustrativo e con gli indici - i due volumi Arte greca, 1986-1987, nei quali chi scrive ave va cercato di affrontare più criticamente l’argomento. Roma, 17 dicembre 1997 AN TO NI O G I U L I A N O
io
I
Età protogeometrica (1050-900 a.C.)
Nessuno ha saputo chiarire il problema dell’inizio della civiltà greca meglio di Tucidide: Pare che quella che oggi è chiamata Eliade non sia stata abitata stabilmente da molto tempo, ma che da principio avvenissero migrazioni; e che facil mente ogni popolo abbandonasse la propria terra, costretto da un altro di volta in volta più numeroso. Non esisteva il commercio. Mancava, sia per terra che per mare, la sicu rezza delle relazioni reciproche. Ognuno coltivava il proprio campo quanto bastava per viverci; sfornito di capitali, e senza far piantagioni, nel dubbio che da un momento all’altro sopravvenisse chi ne strappasse loro, tra l’altro indifesi da mura, il frutto. Inoltre ritenevano che dappertutto avrebbero tro vato il necessario sostentamento giornaliero. Ecco perché le popolazioni non avevano difficoltà a emigrare: sicché non disponevano né di città grandi e forti, né d’altro apparato di difesa. Specialmente le terre migliori del paese erano sempre esposte ai cambia menti di popolazione; vale a dire: i territori ora chiamati Tessaglia e Beozia, la maggiore parte del Peloponneso tranne l’Arcadia, e quanto nel rimanente era il meglio. Giacché presso alcune popolazioni lo sviluppo della loro potenza, deri vante dalla bontà del terreno, dava origine a discordie che le mandavano in rovina: oltre al fatto che queste popolazioni erano maggiormente insidiate dalle altre tribù. Certo è che l’Attica, la quale dai tempi più antichi non ha subito, per la povertà del suo territorio, lotte interne, fu sempre abitata dalla stessa popo lazione. E c’è una conferma decisiva di questo assunto —che cioè le migrazioni abbiano impedito agli altri popoli lo sviluppo che si ebbe in Attica —costi tuita dal fatto che nella rimanente Eliade r profughi più potenti di guerre esterne o intestine si ritiravano come in luogo sicuro presso gli Ateniesi; e, divenendo cittadini ateniesi, ne resero anche più grande la città, accrescen done la popolazione; tanto che in seguito Atene, non bastando l’Attica, inviò colonie fin nella Ionia.
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STORIA
( ì RI ' . CA
Per circa 150 anni dopo la caduta di Troia ( 119 4 -119 3 a.C.) una serie infinita di rivolgimenti avrebbe investito la Grecia; solo attorno al 110 0 a.C. ritorna un periodo di quiete. Da! fenomeno delle inva sioni si sottrassero, in parte, Atene e l’Attica. Certamente, in seguito a una serie di avvenimenti dei quali non è sempre facile valutare la portata, ma dei quali abbiamo notizie sia dalla tradizione, sia dalle fonti archeologiche, attorno al 110 0 a.C. (in alcuni territori, forse, più tardi) le strutture della più antica civiltà micenea erano già crollate: i palazzi distrutti e mai più ricostruiti (ra ramente riutilizzati), le popolazioni disperse in tutto il territorio. Il calo di tono culturale fu enorme: come dimostra, ad esempio, il sostanziale analfabetismo. Le necessità della società alla hne del secondo millennio erano ridotte all essenziale: gli oggetti d’uso tra i più elementari, adatti a poche e indispensabili funzioni: bronzo, rame, poco ferro, argilla, pietra ancora non squadrata, legno, lana, cuoio e pelli, vimini, osso sono materie, esclusi i metalli, a disposizione di tutti. Nel momento più grave della crisi le forme dei vasi diminuirono di numero. Nel mondo cretese o in quello miceneo, si contavano cir ca 68 forme diverse: quelle di alcuni vasi di argilla sembravano sug gerire modelli di bronzo o di metalli preziosi (l’attività del fabbrican te di vasi era sottomessa a quella dell’artigiano dei metalli, nella ricer ca di imitare un artigianato più qualificato). Alla fine del secondo millennio i vasi si ridussero, quanto a forme, a circa una decina. Vasi per contenere acqua (o liquidi o derrate solide), per versarla, vasi per bere, per conservare oggetti più preziosi. Ma col protogeometrico le forme risalirono a 17. Nella forma e nella decorazione i vasi protogeometrici tradiscono ancora l’imitazio ne di quelli di età tardo-micenea; ma il processo per rendere autono me forme e decorazioni fu molto rapido. Se questo processo è più difficile da seguire analizzando l’evoluzione delle forme (più condizionate dalla necessità d uso dei vasi e che presentano tipi più rigidi) esso si coglie più facilmente nella decorazione, per intima natura più accessoria. L irrigidirsi di un motivo naturalistico, che diviene nel tempo il simbolo di una originaria forma naturalistica, permette di comprendere i problemi dei ceramografi tardo micenei e protogeometrici. Ma il simbolo, che deriva da un più antico spunto naturalistico, rimase sempre, nella fantasia dell’arti giano e di chi possedeva il vaso, forma vivente e naturale (anche se essa è
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I.
KTÀ P R O T O G K O M K T R I C A
rappresentata astratta); aveva lo stesso valore della forma naturalistica, cire nei simbolo è concettualizzata. La riduzione a schemi geometrici di forme naturalistiche è fondamentale per comprendere l’autonomia della cultura figurativa della Grecia di età pro togeometrica.
Gli oggetti che si rinvengono nelle tombe come corredo, secondo un rituale fisso (pur con infinite varianti), destinati a uomini, donne, bambini (altissimo il tasso della mortalità infantile), documentano una sostanziale omogeneità quanto a modo di vivere. Le sepolture spesso non sono segnalate sul terreno: testimonianza che non esisteva il desiderio o la necessità di distinguere i defunti. Tutti si riconosce vano in una civiltà di massa, ben diversa da quella classista e familia re di età micenea. Sulle necessità dei singoli individui prevalevano quelle della cittadinanza; ognuno era confuso e si riconosceva negli altri. Si trattava della cultura materiale delle genti che avevano portato in crisi la struttura micenea, che insieme ne avevano raccolto parte dell’eredità: genti che presentavano un’organizzazione politica ed eco nomica semplice e livellata dall’isolamento e dal bisogno; che stabili rono le basi di una nuova civiltà, autonoma rispetto a quella prece dente. Il cosiddetto “ stile protogeometrico” è, per intima natura, inscin dibile da quello geometrico. Pur trattandosi di uno stile che è all’inizio della produzione figu rativa di età classica, nel quale tutti gli elementi che saranno poi suc cessivamente caratteristici trovano un intima giustificazione, varrà considerarlo autonomamente. Il fenomeno della cultura figurativa protogeometrica può essere compreso soprattutto attraverso l’esame della ceramica. Questa per mette infatti di definire le aree geografiche che partecipano del feno meno della cultura materiale protogeometrica e di articolare nel tem po la sua dinamica. Ceramica protogeometrica è stata ritrovata in pratica in tutta la Grecia, ed è esportata a Cipro, in Cilicia, in Siria, in Palestina. Per quanto concerne l’inizio della cultura protogeometrica, si di scute ancora se essa abbia avuto origine in Tessaglia o ad Atene: certo è che essa trovò ad Atene le manifestazioni più caratteristiche. Ciò che maggiormente sorprende è che, almeno per quanto ri guarda la ceramica, essa presenta sostanzialmente uniformità, sia per quanto concerne le forme che la decorazione, in tutte le aree dove è 15
S T O R I A D I i L L ARTI·: G R E C A
stata prodotta; i caratteri distintivi, autonomi, non sono tali da intac care questa uniformità. Probabilmente da Atene, centro dove il protogeometrico trovò le manifestazioni più caratteristiche, lo stile si diffuse in tutta la Grecia, insieme con consuetudini tipiche: come probabilmente quella di cre mare i morti. Atene, sin dal ix secolo, è la città culturalmente ege mone in tutta la Grecia. La relativa tranquillità che aveva caratterizzato l’Attica durante il periodo dei grandi movimenti, Tessersi conservata ad Atene una consuetudine artigiana, può spiegare la preminenza della città. Ad Atene la tradizione artigiana micenea subisce un sostanziale capovolgimento. E possibile riassumere i risultati delle ricerche relative allo stile protogeometrico: 10 50 circa a.C.: nascita in Tessaglia o ad Atene. 980-960 circa a.C.: trova le manifestazioni più caratteristiche, soprattutto ad Atene. 960-900 circa a.C .: si diffonde da Atene; ha manifestazioni autonome so prattutto nel Peloponneso orientale, in Beozia, nella Focide, a Itaca, nelle Cicladi settentrionali, a Sciro, nel Dodecaneso, nella Creta centro-settentrio nale. 900-875 circa a.C.: in Attica, nel Peloponneso orientale, ad Itaca, in Beozia e, forse, con lieve ritardo nel Dodecaneso, si ha la transizione nello stile geometrico. 860 circa a.C.: esportazione di vasi protogeometrici dalle Cicladi settentrio nali sulle coste della Siria. 825-800 circa a.C .: transizione al geometrico in Laconia e soprattutto nella Creta centro-settentrionale. 800-725 circa a.C.: elementi protogeometrici persistono nelle Cicladi setten trionali, in Tessaglia e in Macedonia; vasi di tradizione protogeometrica sono esportati dalle Cicladi in Siria e a Cipro.
Architettura
I.
ETÀ P R OT OGKOMKTR K' A
URBANISTICA
Avanzi di città sono evidenti a Creta. Karphi situata nella Creta centro-orientale, a circa 850 metri sul mare, circondata da alte montagne, sorge nella conca di un costone roccioso, inaccessibile da nord. Due promontori, a oriente e a occi dente, digradano verso un centro dove giunge, da sud, Tunica strada di accesso all’abitato. Il luogo è inospitale, la vegetazione stentata. Certo per fuggire maggiori pericoli, attorno al 110 0 a.C., alcune popolazioni raggiunsero il sito e fondarono la città; questa, nel perio do di massima floridezza, dovè raggiungere i 3 - 5 ° ° abitanti. Attorno al 1000 a.C. Karphi fu abbandonata definitivamente, per luoghi più ospitali. Il villaggio era formato da case a pianta quadrangolare, formate da un solo ambiente. Disposte su terrazze, si concentravano attorno a quella del più potente della città, che occupava più ambienti. Accanto a questa si trovava no i magazzini-deposito per i prodotti agricoli di tutta la comunità e un edificio adatto al culto. In rapporto con questi edifici era uno spazio lastrica to, dove parte della popolazione poteva riunirsi all’aperto: quasi un prece dente della agorà. Non è escluso che la città fosse abitata solo ritirante la buona stagione e che d’inverno la popolazione si ritirasse in siti più ospitali.
ED IFIC I
Generalmente le case erano formate da un solo ambiente, dalla pian ta ovale, di misure quanto mai varie, destinato a una famiglia. Coperte da un tetto di legno e paglia, soggette facilmente a in cendi, potevano avere zoccoli di pietra e mura di mattoni crudi (co me nel caso di una a Smirne, databile intorno al 900 a.C.). Scarsissimi gli avanzi di edifici destinati al culto: come un heroon rinvenuto a Xeropolis (Lefkandi: Eubea), databile attorno al 1000 a.C., a pianta rettangolare absidata (costruito con legno e coperto da un tetto di paglia), lungo circa 100 piedi. In questo edificio si po trebbe vedere il prototipo dei successivi templi noti a partire dall età geometrica.
Resti attribuibili a età protogeometrica sono frequenti, ma non sono facilmente interpretabili. Da scarsissimi avanzi si può affermare che già allora erano stati definiti alcuni tipi di edifici. La dispersione della popolazione con nuclei di poche migliaia di abitanti (Omero ricorda a Creta 90 o 100 città), dovè facilitare la nascita di formule urbanistiche e di tipi architettonici diversi.
Le ceramiche, numerose ad Atene e in Attica, sono caratterizzate da vasi lavorati al tornio, ricoperti da una vernice che in cottura diviene
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Ceramica
S T O R I A DFI . I , Λ RITI ORFI CA
I.
li'l'A P R OT O G ROM l i l ' R K IA
nera o bruna, rinvenuti in tombe a inumazione o a cremazione come corredo per il defunto. Le forme sono caratteristiche di una società dai bisogni elementari. Vasi de stinati a contenere liquidi (particolarmente acqua): le anfore; a raccoglierli: le hydrie; a mescolare acqua e vino: i crateri; a versare acqua o vino: le oinochoai; od olio: le lekythoi; a bere: i kantharoi; a conservare oggetti solidi e preziosi: le pissidi. Il vaso protogeometrico ha pareti solide, ventre capace, orlo spesso, pie de espanso. Specialmente le anfore testimoniano il livello raggiunto nelle botteghe; queste derivano da modelli tardo micenei, ma possiedono una tet tonica che è in quelli completamente assente. La ripartizione è in tre parti fondamentali: collo, spalla, ventre. Caratterizza il vaso una statica piena e robusta.
Le aree decorate erano quelle più significative. La decorazione era eseguita mediante un calcolo accurato. Misurata la superficie il pitto re calcolava quali elementi geometrici potevano essere contenuti in essa. Il margine di errore doveva essere minimo, affinché forme geo metriche potessero ripetersi sulla superficie. Il modulo delle forme geometriche, in rapporto alla superficie, era alla base della decorazio ne. I vasi mostrano una prevalenza di colori chiari (la superficie della terracotta) 0 scuri (la vernice stesa sulla terracotta): l’accentuazione dell’uno o dell’altro colore non è elemento distintivo di una priorità cronologica (ma si potrebbe proporre che la prevalenza dei colori scuri si andò accentuando con il tem po). La scelta delle figure geometriche fondamentali era tutt’altro che casua le. Tra forma e decorazione non. vi era quasi mai una frattura: nelle officine si era raggiunta l’unità del ritmo produttivo e plasticatori e pittori, vivevano nella stessa atmosfera creativa.
1 vasi non si diversificano quasi mai secondo una scala di valori, nel senso che l’uno è più accurato dell’altro. Il valore, maggiore o mino re, è dato dalla grandezza e dalla maggiore o minore decorazione: coincide cioè col tempo necessario alla produzione. Atene è all’avanguardia di questa produzione. Fuori dell’Attica il protogeometrico venne precocemente assimila to, ma esso non ebbe manifestazioni che potessero rivaleggiare con quelle ateniesi. irphi: pianta della città. 2. Lefkandi: assonometria ricostruttiva delPheroon.
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STORTA DI· ). ! . ARTI·, G R E C A
I.
E T À P R OT OGL i O\TETR 1C A
Terrecotte Era consuetudine offrire nei santuari vasi plastici o piccole statuette di terracotta: consuetudine documentata in gran parte della Grecia. Gli ex-voto rappresentano figure umane, essenzialmente femmini li, ma soprattutto animali: tori, cavalli, cervi, uccelli; compaiono figu re mitiche, come, ad esempio, i centauri. Alcune terrecotte, eccezionalmente deposte nelle tombe, possono essere datate: facevano cioè parte di un corredo del quale è possibile definire la cronologia. Da Xeropolis (Lefkandi), nell’isola di Eubea, proviene la scultura che permette cii definire i canoni della plastica protogeometrica. Si tratta di un vaso plastico, che rappresenta un centauro, rinvenuto in una tomba il cui corredo può essere datato attorno al 910-900 a.C. L ’importan za della figura non è tanto nel motivo iconografico, quanto nel fatto che essa ha una monumentalità sconosciuta. La potenza del corpo (le gambe fisse), esaltata dalla decorazione che segnala la forza bestiale (voluta è l’accentua zione dei posteriori), sostiene un torso tutto umano nell’atteggiamento di ri poso del braccio destro, nella fragile rete decorativa che copre il torace e l’addome. Soprattutto nella testa, costruita con assoluto rispetto per gli ele menti fisionomici umani (che sottraggono il centauro alla bestialità), l’artista mostra una misura che certo gli dovè derivare da una lunga esperienza for male.
" Metallotecnica Le tombe che contengono materiale più precisamente databile hanno restituito oggetti che documentano notevolissima pratica nella fusione dei metalli. Da tombe provengono fibule di bronzo, più raramente di ferro; spilloni di bronzo e di ferro; anelli d’oro, bronzo e ferro; spade di ferro; coltelli di ferro, a volte con manici di bronzo; punte di lancia di ferro; puntali di scudi di bronzo; coppe di bronzo. Importanti, i tripodi: possono essere suddivisi in due tipi. Uno destinato a sostenere una caldaia, ma indipendente da quella; un al tro ha invece le gambe direttamente saldate al bacile o lebete.
4 ** Corredo di una tomba tardo protogeomctrica. Atene, Museo dell’Agorà. 4. Anfora dal Ceramico. Atene, Museo del Ceramico.
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Il primo tipo, di derivazione orientale, fu imitato in Grecia: come dimostra no alcuni esemplari rinvenuti a Creta, a Tirinto, ad Atene (altezza massima 45 cm). Il luogo di fabbricazione potrebbe essere Creta.
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S T O R I A DF. l . l . ARTI' , Ci RHCA
I.
HTA P R O t o g h o m k t r i o a
Essi furono largamente usati, come possono dimostrare le imitazioni fit tili eseguite ad Atene (databili tra la (ine del protogeometrico e l’inizio del geometrico). I tripodi dovettero assumere presto indipendenza dai prototipi, come è dimostrato dai rinvenimenti a Micene, a Tirinto, in Ettbea, a Itaca e soprattutto da due modelli fittili da Atene (databili in pieno x secolo). Il rinvenim ento di alcune matrici per la fusione a X eropolis, databili forse già attorno al 950 a .C ., perm ette di afìerm are che i tripodi, già nel periodo protogeom etrico, avevano diffusione e evoluzione notevo li. P robabilm ente i calderai che fabbricavano i tripodi erano operai specializzati, che viaggiavano di città in città.
5. Ricostruzione di un tripode da Ttaca. 6. Cratere protogeometrico attico. Monaco, Ariti kensammlungen. 7. Centauro di Xeropolis, terracotta. Caìcide, Museo.
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2
Età geometrica (900-700 a.C.)
La condizione di profondo disagio che caratterizza il mondo proto geometrico sembra stemperarsi intorno al 900 a.C. Per un arco di cinque generazioni le popolazioni della Grecia erano vissute neltisolamento culturale più assoluto, nell’indigenza di fronte alle necessità del vivere quotidiano, nel pericolo di lotte conti nue per il possesso del territorio. Un notevole livellamento di civiltà era stato il risultato di questo processo: e questo aveva permesso il formarsi di una cultura sostan zialmente uniforme. Atene era la città culturalmente egemone in tutta la Grecia; da Atene i modi della civiltà protogeometrica si diffonde vano ovunque. Attorno al 900 a.C. il commercio si riattivò: soprattutto quello verso Cipro, la Cilicia, la Siria e la Palestina. Ma non si deve pensare che fattività commerciale nel Mediterra neo fosse esclusivamente in mano ai Greci. Accanto ad essi, in concorrenza, erano i Fenici che, certo con maggiore intensità di quanto non facessero i Greci, si dedicavano a traffici commerciali. Un esempio del livello economico raggiunto in questo periodo, è fornito dal rinvenimento di numerose tombe delle necropoli di Atene e più in generale dell’Attica. I corredi testimoniano notevole ricchez za. Le suppellettili, che mostrano una differenziazione delle classi so ciali, sono caratterizzate da maggiore o minore ricchezza degli oggetti deposti nelle tombe; questa differenziazione non comporta però una diminuzione, in senso qualitativo, del tono artigianale negli oggetti deposti nelle sepolture più povere, ma solo minore ricchezza del cor redo. Il livello qualitativo del prodotto rimane sempre costante. È stata rinvenuta in Atene, sulle pendici settentrionali dell’Areo pago, una tomba che permette di definire alcuni aspetti della ricca società di questo periodo. Si tratta di una tomba a cremazione (se-
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S T O R I A D K L t/
a
R T E ( ' . RECA
condo le consuetudini delle maggiori famiglie di età geometrica; con suetudini che si contrappongono alla inumazione, più caratteristica di età micenea) di una donna, databile intorno all’830 a.C. Il personag gio aveva una notevole importanza: per il seppellimento delle ceneri è stata utilizzata un’anfora di eccezionale qualità, il corredo è di altis simo livello: forse la donna era la moglie di un arconte, apparteneva certo alle famiglie del censo più elevato di Atene. Un’analisi del materiale lascia intrawedere quali erano le funzioni che caratterizzavano la vita della donna, quali i costumi della società cui essa apparteneva. Dalla tomba proviene, tra l’altro, un modello di granaio (almeno secondo l’opinione più comune), formato da cinque contenitori disposti su di una base; probabilmente a indicare che la donna aveva precise mansioni nel con trollo di aziende agricole, il prodotto delle quali era convogliato nei depositi dopo essere stato accuratamente controllato (come dimostrano alcuni sigilli di avorio che dovevano servire a chiudere i sacchi, pieni probabilmente di grano o di orzo). La donna traeva il proprio prestigio, molto elevato, dall’essere condut trice e amministratrice dei beni agricoli della famiglia: la rendita di questi beni doveva essere notevole se nel corredo funerario compaiono sigilli di avorio, materia importata dalla Siria, una collana di pasta vitrea importata dalla benicia, anelli e orecchini d ’orci. Non sappiamo se quell’oro proveni va dall’Oriente, se si era tramandato in famiglia dall’età micenea, o se era stalo rinvenuto a caso o ad arte in una tomba di quel periodo; certamente l’avorio e la pasta vitrea sono materiali di importazione, che testimoniano precisi scambi commerciali con l’Oriente. La pasta vitrea è manufatto feni cio, ma sia l’avorio che l’oro sono lavorati ad Atene; l’oro con tecnica spe cializzata e raffinata.
L ’artigianato di Atene, attorno all’850 a.C., era in grado di lavorare, con la perizia che viene dalla consuetudine, materiali preziosi, in par te acquistati grezzi in seguito a scambi commerciali.
2.
i :t à
cì f .o m h t r i c a
della contabilità commerciale che diveniva sempre più intensa), l’alfa beto fenicio fu assimilato e utilizzato per esprimere graficamente il suono della lingua greca. Certo prima di giungere ai primi documenti di scrittura bisogne rà attendere molto tempo: i primi sinora conosciuti risalgono a dopo il 750 a.C., quelli su ceramiche di Atene o dell’Attica possono essere datati circa al 730 a.C. Attorno all’800 a.C. la vita nelle città della Grecia aveva certa mente una complessità molto notevole rispetto al periodo precedente. Tebe, Atene, Corinto, Argo e Sparta (per citare solo i centri più im portanti del continente) possedevano una notevole densità urbana; si andavano definendo le aree del territorio agricolo che dipendevano da queste città, nascevano contrasti tra le città che definivano le pro prie sfere di influenza. I popoli della Grecia, a partire circa dall’800 a.C., iniziarono a riunirsi periodicamente attorno ai santuari (che forse già avevano avuto fortuna in età micenea); questo significò la possibilità di giun gere, attraverso incontri, a una maggiore uniformità di culti. Dodona, Olimpia, Delfi, Delos, iniziarono circa in questo periodo la propria fortuna. Nel 776 a.C., secondo le fonti antiche, si tenne la prima olimpiade. Atene domina, culturalmente, incontrastata: i suoi vasi sono esportati a Co rinto, Egina, Trezene, Delos, Sifno, Thera, Kos, Rodi, Creta, a C ip ro e forse in Etruria. Lo stile attico è imitato ovunque. La consapevolezza della strapo tenza della città fa sì che la sua produzione divenga sempre più specializza ta. Circa tra il 760 e il 700 a.C. ad Atene sono attive una ventina di botte ghe, che raccolgono vasai e pittori che si vanno differenziando, ciascuna con una produzione autonoma.
Il commercio con l’Oriente non significa però ancora l’assimilazione dei ca ratteri culturali del mondo orientale: se si esclude infatti la collana, gli altri oggetti preziosi sono lavorati secondo le formule della civiltà figurativa geo metrica, non aderiscono a mode d’oltremare (quasi con la consapevolezza e l’orgoglio di una civiltà che nelle ceramiche deposte nelle tombe trova le manifestazioni più elevate, quanto a tono formale).
L ’orgoglio delle grandi famiglie, che si rivestono degli atteggiamenti e delle consuetudini degli eroi di Omero, impone la codificazione del l’epica: che diviene testo fondamentale per l’educazione della gioven tù e punto di riferimento e modello di uno stile di vita (temi omerici compaiono nelle ceramiche). Ma, a partire dalla metà deU’vin secolo, un nuovo fondamentale scuotimento viene a travolgere più antichi costumi: la colonizzazione verso Occidente.
Probabilmente in questo periodo, attraverso i contatti che i Greci avevano con i Fenici, in qualcuno degli stabilimenti commerciali delle coste della Cilicia e della Siria (anche al fine di risolvere i problemi
Attorno al 730 a.C. (in qualche caso già all’inizio deH’viu secolo) e poi con intensità crescente a partire dal 733 a.C., per più di una generazione, le città di Eubea, Corinto, Sparta, le città dell’Acaia, le città di Creta e Rodi
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STORIA D KL l ’a
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TL· G R K C A
fecero emigrare, con spedizioni bene organizzate, le proprie popolazioni ec cedenti sin nell’estremo Occidente, in Italia.
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ΚΤΛ G H O M l i T K I C A
Gli elementi orientali, così notevoli, quanto a importazione, nel momento del massimo fiorire dello stile geometrico, nel ix secolo a.C., non influenza no la produzione artigiana. Lo stile protogeometrico, infatti, aveva condizio nato in modo tale l’artigianato da essere norma invalicabile di ogni successi va esperienza artistica. Esso era lo stile emblematico e prediletto di una so cietà come quella che si era formata in Grecia dopo le necessità dei secoli bui.
Questa società, orgogliosa di una propria condizione così faticosa mente raggiunta, vedeva nelle forme geometriche espresse dai propri artigiani la compiuta espressione di un proprio modo di essere, il modello insuperabile attraverso il quale ricomprendere la propria in tima natura. L ’ordine logico che condizionava le forme dei vasi, la rigida casi stica degli elementi decorativi, la precisa ripartizione di quelli sulle superfici, erano espressione di elementarità, non certo di banalità di nessi mentali; espressione della volontà di dominare l’apparenza per mezzo di concetti semplici. La misurata padronanza di una realtà povera, fatta di volumi ele mentari, di forme geometriche semplici, rappresenta ciò che i Greci dell’età più antica sapevano di avere saputo elevare a stile. Già nel ix secolo i Greci vennero a conoscenza delle forme arti stiche dell’Oriente. Ma queste forme artistiche vennero recepite più per curiosità che per intima convinzione. Con l’andare del tempo, all’inizio dell’vTTT secolo, le importazioni orientali aumentano ancora, ma esse non influenzano la produzione figurata geometrica, tranne, forse, le oreficerie. Sembra, anzi, che man mano che l’importazione di oggetti orientali aumenta lo stile geometrico si ritiri in un orgoglioso isolamento e giunga alle manife stazioni più clamorose delle proprie possibilità. Alla metà deU’vn i secolo la produzione geometrica attica raggiun ge un livello e una complessità eccezionali. Le forme dei vasi, monu mentali quelli a destinazione funeraria, hanno una tensione, una pie nezza formale non comune. I cicli decorativi si moltiplicano; quelli narrativi assumono, nell’e sempio dei primi, un’estrema coerenza. Ma dalla metà dell’v iu seco lo, dopo aver manifestato con tanto orgoglio la propria intima natura, lo stile geometrico si avvia a subire una flessione rapidissima del pro prio sviluppo. La produzione della seconda metà del secolo mostra il rapido ra refarsi delle possibilità di quello stile. Le forme, nel tentativo di inno varsi, divengono più fragili, deboli quanto a struttura, si arricchisco no di elementi plastici non funzionali; la decorazione è trita e minuta, non scandisce né esalta la tettonica dei vasi. II divorzio tra forma e decorazione, la flessione stilistica sia di questa che di quella, determina l’estinguersi delle ultime possibilità dello stile geometrico. Ma dopo un momento di crisi la padronanza dei mezzi tecnici, la tradizione operativa, permetteranno alle officine geometriche, attra
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Questo avvenimento è il più importante che si sia verificato in. G re cia a partire dalla cosiddetta invasione dorica” . Non si trattava infatti di spedizioni casuali, formate da poche persone, o di imprese di tipo commerciale che si ripagavano in un breve arco di tempo; ma di vere e proprie imprese di Stato che non potevano essere produttive prima di qualche generazione. Queste spedizioni dovettero mobilitare gran parte delle finanze delle città che vi partecipavano, in qualche caso ne impoverirono per sempre la densità demografica. L ’avvenimento fu così clamoroso che si giunse a fissarlo nell’epica: l’Odissea è, tra l’altro, il poema delle spedizioni coloniali verso Occidente. All’epica terrestre dell’Iliade, si aggiunse così (forse nella generazione immediatamente successiva) quella marinara deli’Odissea. Ma la colonizzazione in Occidente dette il colpo definitivo alla struttura della società geometrica. Si creò uno squilibrio nel sistema di produzione (le officine di Atene non hanno, ad esempio, troppa importanza nel commercio che si articolava verso Occidente; sono superate da quelle di Eubea, di Rodi, di Corinto). Le città che meno di altre, arroccandosi a più antiche tradizioni, come Atene, avevano partecipato del fenomeno della colonizzazione, fiduciose nella propria potenza, subirono una profonda flessione cul turale ed economica (dovuta anche ad avvenimenti di guerra), alme no per una generazione. Si aprì in breve per la Grecia un periodo di mutamenti. In un panorama così complesso e che si svolge durante quattro o cinque generazioni, ricco di movimenti e di contrasti, la produzione artistica attica mostra un’apparente staticità; resta arroccata sui cano ni della produzione geometrica, sia pure con una ricerca estremamen te intensa all’interno di quello stile.
S T O R I A D I - M . ’ a RT!·. Ci Ri ' . CA
verso l’assimilazione di motivi orientalizzanti, di riproporre la propria egemonia. Dati cronologici sono offerti soprattutto dalle colonie greche in Sicilia: 900-850 a .C .: primo stile geometrico (in Attica due fasi: 900-875; 875-850). Fioritura in Atene e ad Argo e poco dopo (circa 875 a.C.) a Corinto. In Tessaglia permangono accanto a motivi geometrici, altri di tradizione protogeometrica; così, in parte, in Beozia. Nelle Cicladi, in Eubea, perdurano mo tivi protogeometrici; così nella Grecia occidentale, in Laconia, a Creta. Nella Grecia orientale appaiono rari motivi geometrici. 850-750 a .C : medio stile geometrico (in Attica due fasi: 850-800; 800750). Fioritura in Atene e successivamente (circa nell’825 a.C.) ad Argo e Corinto. In Tessaglia perdurano motivi del primo stile geometrico, circa sino all 800 a.C. Nelle Cicladi e in Eubea si assiste a una fioritura dello stile medio geometrico (ma con qualche permanenza di motivi protogeometrici). In Beozia, dove il primo stile geometrico perdura sino all’ 825 circa a.C., lo stile medio geometrico continua sino al 740 circa a.C. In Laconia e nella Grecia occidentale uno stile medio geometrico, abbastanza indistinto, inizia circa il 780 a.C. A Creta, dopo una breve fase del primo stile geometrico (810-790 a.C.) lo stile medio geometrico continua sino al 745 circa a.C. In ambiente greco orientale Io stile medio geometrico è bene rappresentato dall’850 circa a.C. al 745 circa a.C. 750-700 a.C.: tardo stile geometrico (in Attica due fasi e due sottofasi: ta, 760-750 a.C.: ib, 750-735 a.C.; ita, 735-720 a.C.; ub, 720-700 a.C.). In Attica lo stile tardo geometrico si manifesta prima che altrove (760 a.C.) e termina circa nel 700 a.C. A Corinto lo stile tardo geometrico ha breve du rata e cede al primo stile protocorinzio attorno al 720 a.C.; ad Argo esso dura invece sino al 690 circa a.C. (e con una fase subgeometrica in pieno vii secolo). In Tessaglia lo stile tardo geometrico si continua a lungo anche nel v ii secolo. A Naxos e a Paros il tardo stile geometrico si trasforma in primo stile orientalizzante attorno al 700; a Melos esso continua invece in pieno v i i secolo; a Thera (intorno al 690 a.C.) il tardo stile geometrico cede a una fase subgeometrica. In Beozia attorno al 740 a.C., in Laconia intorno al 750 a.C. inizia una fase tardo geometrica, che, attorno al 690 a.C., si trasforma in un aspetto subgeometrico che perdura nel v ii secolo. Nella Grecia occidentale la fase tardo geometrica, che inizia circa il 750 a.C., cede a una fase subgeometrica attorno al 680 a.C. A Creta la fase tardo geometri ca si manifesta negli anni 745-710 circa a.C. ed è immediatamente seguita da una fase orientalizzante (preceduta da una brevissima fase transizionale: 710-700 a.C.). Nella Grecia orientale la fase tardo geometrica, che inizia circa il 745 a.C., cede, attorno al 680 a.C., a una fase subgeometrica.
Atene è alla testa del fenomeno della cultura figurativa geometrica. 30
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IITA G l i O S l t T R I C A
Nel tardo periodo geometrico, 760-700 a.C., possono riconoscersi officine differenziate o distinguere mani diverse di pittori. Argo ha notevole impor tanza. Diversa la situazione a Corinto dove il primo stile geometrico viene assimilato meno precocemente, circa nell 875 a.C., ma dove già attorno al 720 si ha un brusco passaggio allo stile protocorinzio (che diviene egemone, soprattutto nelle ceramiche esportate in Occidente). In Tessaglia lo stile geo metrico, assimilato tardivamente (circa 850 a.C.), continua anche nel vii se colo. Nelle Cicladi e in Eubea si ha una notevole differenziazione tra vari ambienti. Attorno al 700 a.C. a Naxos e forse a Paros, iniziano i primi motivi orientalizzanti; apparentemente a Melos sembra continuare una tradi zione tardo geometrica (così a Ί Itera, e in Eubea) sino all inoltrato v ii seco lo. In Beozia, in Laconia, nella Grecia occidentale, lo stile geometrico conti nua con una fase subgeometrica sino all’inoltrato vii secolo. A Creta, dove il primo periodo geometrico penetra solo circa nell’810 a.C. e perdura solo un ventennio (sino al 790 a.C.), seguito da una fase medio geometrica (790745 a.C.) e tardo geometrica (745-7TO a.C.), appare una brevissima fase transizionale (710-700 a.C.) seguita da una assimilazione molto precoce dei primi motivi orientalizzanti (nell’isola la fase geometrica non presenta forte incisività). Nella Grecia orientale manifestazioni abbastanza tradizionalistiche dello stile geometrico sono seguite da una più stanca fase subgeometrica. Questa minuta ripartizione dimostra la preminenza della cultura ateniese che culmina nel medio stile geometrico, ma insieme una egemonia un po’ statica dello stile geometrico che nella città è superato solo attorno al 700 a.C. (mentre a Corinto attorno al 720 a.C., a Creta attorno al 7 10 a.C., a Naxos e a Paros attorno al 700 a.C., motivi orientalizzanti si fanno sentire con piena vivacità).
Alla fine deH’v m secolo Corinto è alla testa nel rinnovamento dello stile geometrico, seguita da Creta, da Naxos, da Paros, e da ultima da Atene (che ha perduto il ruolo di città guida).
* Architettura Tutte le città che furono costruite negli ultimi tempi, e — dato lo sviluppo più avanzato della navigazione - con maggiore abbondanza di denaro, furo no fondate proprio sulla riva del mare, cinte di mura. Anzi i fondatori si accaparravano gli istmi per ragioni di commercio, e per essere forti ciascuno di fronte ai vicini. Le vecchie città invece, a causa della pirateria che durò a lungo, furono costruite preferibilmente lontano dal mare, sia quelle delle iso le sia quelle del continente; perché i pirati esercitavano le scorrerie fra di loro e su tutte le altre popolazioni che, senza essere marinare, abitavano il litorale. A tutt’oggi queste città sono ancora parte dell’interno.
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G R E C A
Così Tucidide. La realtà urbanistica del ix e v m secolo a.C. conferma quelle parole.
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Le località che permettono di dare un giudizio sull’urbanistica di età geometrica sono di importanza minore: Lato e Vrokastro a Creta, Emporion a Chios, Vroulià a Rodi, Thera, Zagora a Andros. A Chios una acropoli di forma ovale, difesa da mura, si distende va sulle pendici di un colle da una quota di 240 metri a una a 160 metri sul mare. Il dislivello è enorme, l’acropoli è accessibile solo da una strada da sud-ovest. Sull’acropoli, immediatamente adiacente le mura, era una casa di notevoli dimensioni aperta a sud, che presenta va internamente, sull’asse, tre colonne (e forse due sulla fronte, tra le ante); con ogni probabilità era l’abitazione del più potente dei citta dini. Ai piedi dell’acropoli, su una serie di terrazze approssimativamente parallele, si estendeva la città vera e propria; da una quota di 150 metri a una di 60 metri sul mare. Anche in questo settore si innalzavano, appoggiandosi alle terrazze, case particolarmente notevoli (una presentava all’interno due colon ne in asse e all’esterno due colonne tra le due ante). Altri edifici presentava no anch’essi colonne all’interno. Le case erano costruite da blocchi informi di pietra. Le strade erano, visti i dislivelli, estremamente ripide o serpeggian ti. I dislivelli maggiori erano superati da scale. La città distava dal porto circa mezzo chilometro. Nell’insieme, i rinvenimenti possono essere datati nella seconda metà deU’vin secolo.
K D IFIC I
Case Esse possono essere ricondotte a uno schema generale. Un rettangolo allungato, accessibile da uno dei lati brevi; il lato opposto può essere rettilineo o absidato. La casa può presentare due ante ai lati dell’in gresso; l’interno può essere suddiviso in più ambienti comunicanti: può esservi un colonnato sull’asse mediano, e colonne tra le ante. 32
8. Chios: pianta della città di Emporion. 9. Ricostruzione di un modello di cdificio^dS] l’IIeraion di Perachora. io. Samos, pianta ricostruttiva dell’Heraion: 800 circa a.C.,
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STO RIA
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"Templi Esistevano in Grecia santuari con edifici sacri; questi, sebbene abbia no ricevuto forma canonica e organica solo più tardi (nel v i i e v i secolo a.C.), erano in funzione, pur con innumerevoli varianti locali. Il tempio di Hera nel santuario di Samos, sembra aver già avuto due fasi in età geometrica. Caratteristici alcuni modelli di edifici rinvenuti, quasi tutti, in santuari di Hera; di terracotta e di pietra, essi sono stati ritrovati ad Itaca, a Perachora presso Corinto, nell’Heraion di Argo, nell’Heraion di Samos. Uno, fittile e dipinto, di particolare interesse, ricco di spunti ionici, dedica di un Andrias alla moglie Archidika (modello di una casa particolarmente fastosa che assi mila motivi da edifici pubblici) è stato rinvenuto nella necropoli di Thera: è databile però alla seconda metà del v i i secolo. LI più antico, a Perachora, è forse della metà circa deU’vm secolo; gli ultimi, tra i quali quello di Argo, sembra possono essere datati alla fine del secolo. f problemi che i modelli di Perachora e Argo propongono (gli altri sono più banali o in troppo mediocre stato di conservazione) sono molti. Essi rappresentano l’offerta di un fedele nel santuario; egli dedica (trattandosi di un santuario di lieta) la propria abitazione alla divinità, assimilando la for ma del tempio della divinità stessa. Absidato il modello di Perachora, qua drangolare quello di Argo, presentano un atrio, compreso tra ante, in corri spondenza delle quali sono sostegni o doppi sostegni. Il tetto è a doppio spiovente, molto ripido; nel caso del modello di Perachora il tetto, bombato, si prolunga sino ai sostegni lignei, nel modello di Argo si interrompe in cor rispondenza della porta. Sopra l’ingresso sono una o più aperture.
Nell’Heraion di Samos sarebbe stato costruito attorno all’800 a.C. un tempio con piccole pietre squadrate e con mattoni crudi, di cento piedi di lunghezza e di venti di larghezza (con un rapporto di 1:5). L ’edificio, suddiviso in due navate da 12 colonne di legno, avrebbe avuto tre colonne sulla fronte. Sul fondo della cella la base per il simulacro del culto. All’esterno era l’altare. Nell’v m secolo l’edificio sarebbe stato circon dato da una peristasi di 17 (?) colonne per 7.
Ceramica La documentazione più notevole è fornita dalla ceramica attica. 34
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i i . Anfora dall’Areopago. Atene, Museo dell’Agorà.
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STORIA
Dlìl.l." A R T F .
GRJiOA
AMILA.--- Primo stile geometrico (cjoo-850 a.C.) In particolare da tombe rinvenute nell’Agorà e nel cimitero del Dipylon (ma anche da Eieusi e Maratona) provengono vasi del primo stile geometrico. L ’Attica, benché non possieda ancora completa unità po litica, ha certo unità culturale. Per quanto concerne le forme si nota un’evoluzione di alcuni tipi: l’anfora, la oinochoe, la pisside. La decorazione riprende quella dell’ultima fase del protogeome trico, predomina il colore nero. Spesso, specialmente sui vasi più notevoli, un fregio decorativo sottolinea il punto di massima espansione del vaso. Gli spazi destinati alla decorazione sono calibrati con rigore. Nelle anfore con anse sul collo (in qualche caso in quelle con anse sulle spalle) l’alternan za di linee scure e più chiare scandisce la dinamica del recipiente, la decora zione si conclude con un fregio decorativo inteso a sottolineare il punto di massima espansione. Gli esemplari con anse doppie presentano un largo ri quadro decorato sull’asse del vaso; questo si continua sui lati con cerchi con centrici, separati dalle anse da motivi verticali ricchi (così come quello stesso solfasse del vaso) di rombi, triangoli, meandri generalmente ascendenti. Sul collo larghi riquadri con motivi decorativi, generalmente orizzontali, scandi scono la funzione.
La forma vascolare - il segno esterno alle tombe — era in rapporto con le persone sepolte. Probabilmente, in origine, le anfore erano de stinate a donne (emblematiche della funzione domestica di raccoglie re acqua); i crateri erano destinati agli uomini (per la consuetudine del capofamiglia di mescolare acqua e vino nei banchetti). Medio stile geometrico (850-750 a.C.) I vasi oltre che dalle necropoli di Atene provengono dall’Attica: Thorikos, Pireo, Maratona, Eieusi, Kallithea, Anavysos. Un gruppo molto notevole proviene da una ricchissima tomba di Salamina di Cipro. Il passaggio a una fase di piena maturità è improvviso e definitivo. Le officine ateniesi raggiungono pienezza tettonica e decorativa. Per quanto concerne le forme, si distinguono soprattutto le anfore. Assumo no valore particolare i grandi crateri, espansi, su alto piede (con scanalature
12 Corredo di una tomba geometrica dall’Areopago. Atene, Museo dell’Agorà, r p Crate re attico figurato: medio stile geometrico. New York, Metropolitan Museum. 14 . Partico lare di un’ anfora attica del pittore del Dipylon. Atene, Museo Nazionale. 15 . Anfora attica del pittore del Dipylon. Atene, Museo Nazionale.
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storia
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cricca
orizzontali tornite), anse pesanti, spalla elastica, orlo massiccio. Le pissidi hanno una monumentalità prima ignota. La stessa grandezza dei vasi (le anfore, generalmente, possono raggi tin gere o superare gli 80 centimetri; i crateri i 50 centimetri) documenta la ricerca di una monumentalità della quale i ceramisti sono gli interpreti più esclusivi. Accanto ai motivi decorativi si articolano, sino a prendere il predominio, quelli figurati. Alle figure dei cavalli che compaiono nelle metope (spesso disposte araldicamente in corrispondenza delle anse), si aggiungono uccelli acquatici, dal corpo pesante e sinuoso. Tra Γ800 e il 775 a.C., per la prima volta, la figura umana è il tema centrale di alcune composizioni.
Caratteristico un grande cratere, conservato nel Metropolitan Museum di New York. Il vaso è eccezionale, fabbricato e dipinto su ordinazione, esposto sulla tom ba di qualche potente signore di Atene. Alto circa un metro possiede una monumentalità che è nelle dimensioni stesse. Non si tratta di un vaso desti nato ad uso domestico: ma di un segnale destinato a documentare, di fronte a tutta la cittadinanza, l’orgoglio di un morto e della sua famiglia. La tessitura decorativa si addensa sull orlo e sul rettangolo compreso tra le anse. Ma sull asse dei rettangolo sono due metope nelle quali vengono pioposte precise raffigurazioni. Si ripete due volte la scena della esposizione del defunto. Egli è deposto sul letto funebre, sottri al quale è una serie di uccelli col collo ripiegato (forse sacrificati?), in basso, ma idealmente avanti al letto, uomini su un lato, donne sull altro, lamentano l’ultimo commiato. Al lato di una delle anse è la figura di un uomo, isolato, forse perché lontano. La lamentazione non è generica: attraverso di essa il morto è rievocato per riassumere i momenti attraverso i quali egli riuscì a manifestare la pro pria personalità. La vita del defunto è narrata nella fascia sottostante: ultima e più autentica biografia, modello per gli altri. La biografia, a sua volta, prende a modello quelle degli eroi dell’epica (nei quali il morto voleva iden tificarsi). Una grande nave ha toccato terra con la poppa e un uccello si posa su di essa. I remi sono alzati, le vele imbrogliate e qualcuno dell’equipaggio si attarda ancora sui banchi. Lunghe schiere di fanti, forse i marinai stessi che hanno indossato elmo, scudo, spada e che portano due lance, si preparano all assalto, piratesco. La lotta si accende già sul ponte, corpo a corpo, gettati gli scudi; chi saetta con l’arco su un avversario; chi a terra, gettato lo scudo, brandisce la lancia; chi, ancora sul ponte, brandisce una lancia e chi estrae la spada.
l ’ TÀ C m O M F . T R I C A
il defunto. Un ateniese ricco, che poteva armare una nave, e che ave va partecipato a spedizioni e piraterie oltremare e che era conosciuto per quelle gesta, gesta che egli stesso — e chi aveva consuetudine con lui — ritrasferiva nel mito (presente, in quanto rinnovabile con azioni gloriose da parte di molti), esaltava nella scena se stesso. Non aver voluto rappresentare la propria individualità in una figura, ma nel complesso di una scena, vuole significare che le gesta sono la solagiustificazione e il solo orgoglio di tutta la vita: 1 eroe non esiste al di fuori di esse. Tardo stile geometrico (760-700 a.C.) Si caratterizza per una estrema ricchezza di forme, di motivi decora tivi, di scene figurate. Ma le maestranze, più che creare nuovi motivi, sembrano dilatare le esperienze del passato. Le officine erano particolarmente numerose: è stato possibile ri conoscere circa 2 1 tra gruppi stilistici (intesi come insieme di perso nalità artistiche non ancora ben differenziate) e personalità di pittori vere e proprie. Le supertìci dei vasi sono completamente ricoperte di motivi decorativi, ma perdono la funzionalità prima caratteristica. Si avverte la moltiplicazione dei cicli narrativi, quasi per il desiderio di riempire con figure, articolate in sce ne, tutti gli spazi. Si assiste, per la prima volta, a una frattura nella scala dei valori dei soggetti: si giunge a una differenziazione tra scene reali o private e scene mitiche. I miti, ben circoscritti, hanno solo scarsi riferimenti con una realtà individuale. Le scene di vita privata si arricchiscono: non è rappresentata solo 1 esposizione del morto, uomo o donna, il suo trasporto funebre, il lamento, gesta di guerra per mare e per terra, il sacrificio di animali, ma compaiono anche motivi della vita di ogni giorno. Piuttosto che sui vasi monumentali, scene mitologiche possono ricono scersi in quelli minori. Rappresentazioni tratte da miti come quello di Paride ed Llena, dei Molioni ed fierakles, dei Molioni e Nestore, di Herakles e il leone nemeo, di Herakles e gli uccelli stinfalidi, della centauromachia, dell uccisione di Astianatte, del naufragio di Odisseo; tratte dalle (jprie, dall Ilìade, dall ilioupersis, dall Odissea, dall’epos di Pilo, dalle storie di Lferakles, dalla Centauro-
machia.
Un senso immediato di movimento, di tensione vitale, si contrappone alla immobilità ultima della morte, sembra accompagnare per sempre
Il primo nucleo di artigiani che può essere isolato è quello della co siddetta “bottega del Dipylon” . Erede della grande tradizione del me-
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G FO M U T R1C A
dio geometrico la bottega inizia con la sua attività intorno al 760 a.C.; per circa una generazione domina incontrastata. La produzione più caratteristica delle bottega del Dipylon è quel la dei grandi vasi funerari. Nelle anfore la scena principale è compre sa tra le anse. Su alcuni crateri ben tre registri sono riempiti con scene di funerale e di battaglia. Il pittore caposcuola della bottega del Dipylon ha realizzato ico nografie che diverranno emblematiche. Una creatività così intensa diviene maniera intorno al 735 cir ca a.C. Su un’anfora (forse anche per l’eccezionale stato di conservazio ne, il capolavoro dell'officina) è rappresentato, in uno stretto campo rettangolare, un funerale. Sul letto funebre è la morta, la veste giunge ai piedi, la testa poggia su un cuscino, la coltre che la ricopre è sollevata. Ai piedi del letto due donne inginocchiate e due uomini seduti; altri uomini sui lati, gli ultimi a sinistra armati; al capezzale un fanciullo. Il lamento è espresso in forme rituali: le figure hanno le mani portate al capo. Forse, davanti al letto erano rappre sentati i parenti più prossimi; ai lati di esso, ma immaginati sul fondo, con un ribaltamento della prospettiva caratteristico di questo momento, due vol te sette congiunti, tutti uomini. L’iterazione dei gesti, la staticità delle pose è accentuata dai riempitivi che, quasi come pilastri, distinguono e isolano chi partecipa alla scena. Sin golare la nota di umanità nella figura del piccolo che tocca con la destra il letto, nell’ultimo commiato. Nelle anfore le scene sono più schematizzate, si articolano con una ricchezza, sinora sconosciuta, nei crateri.
■ 6. 1 articolare di un cratere attico del pittore del Dipylon: scena di navigazione. Parigi, Louvre. 17. Particolare di una oinochoe attica con il naufragio di Odisseo. Monaco Antikensammlungen. 18 . Particolare di un cratere attico con scena di battaglia. Parigi, Louvre. 19. Hrammento di lebes tardo geometrico attico. Atene, Museo Nazionale.
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L ’esemplare più notevole della bottega è al Louvre: rappresenta l’apoteosi del defunto. La lunga schiera delle donne sedute e degli uomini che si la mentano, vuole essere il compianto di tutta Atene. Al pianto corrisponde il preparativo della parata funebre: su carri trainati da due cavalli, guidati da aurighi, insistono uomini che portano lance e spade, coperti da scudi da parata. E avanti o ai lati del carro, ancora uomini armati, più grandi e più piccoli, coperti di elmo, armati di spada; essi stanno a dimostrare la tempra guerriera del morto, la solidarietà dei compagni. Una delle gesta del morto è raffigurata sotto un’ansa. I vogatori si affaticano sui remi, mentre un branco di pesci sembra superare e indirizzare la nave: in cielo volano uccelli. Il ri cordo di una impresa per mare si ripresenta come rimembranza: il pittore (anche perché la rappresentazione era in uno spazio di minore ufficialità) è meno legato alle convenzioni; si esprime con maggiore naturalezza, con più
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STORIA
DELI.
ARTE
2 . I'/I'À ( I t O M l U R I C A
GRECA
struggente malinconia, nel ricordo di un avvenimento che nulla potrà richia mare.
Sul collo di una oinochoe, databile sempre attorno al 730 a.C., è la rappresentazione di un naufragio. A cavalcioni su una nave capovol ta, Odisseo; nel mare sono, insieme a pesci enormi, i corpi di dieci suoi compagni. Con ogni probabilità si tratta della rievocazione del naufragio dell’eroe. La frattura tra realtà ed epos è ormai definitiva: sul vaso è rap presentata una precisa scena Odissea.
CO RIN TO
La ceramica è stata suddivisa in tre periodi: primo, medio e tardo stile geometrico. Quella del primo stile geometrico è stata rinvenuta a Corinto, nella regione circostante, a Megara. Durante il medio periodo geometrico le fabbriche esportavano vasi sino a Delfi e Itaca. Nel tardo periodo geometrico, la ceramica corinzia è ormai egemone: essa è stata rinvenuta a Thera, Smirne, Dodona, in Magna Grecia e in Sicilia. Nei primi due periodi l’influsso attico è prevalente, le fabbriche si specializzano nella produzione di forme particolari: oinochoai e skyphoi. La decorazione, benché assimili il patrimonio attico, lo modifica. Si tratta di uno spiccato gusto grafico inteso ad esaltare la leggerezza e la lievità delle forme. La serie minuta di linee sovrapposte, i riqua dri compresi tra le anse dei vasi, danno alla ceramica corinzia un tono di lievità che non è di altre fabbriche. Tra i vasi più notevoli dello stile tardo geometrico è un cratere, da Tebe, con la rappresentazione di una nave. Anche se il repertorio al quale il vaso si rifa è quello del tardo periodo geometrico attico, esso appartiene a fabbri ca corinzia. L ’insistenza delle strisce orizzontali, appena interrotte sul finire da un tremolo di linee oblique; la rappresentazione della nave così lieve, distesa nell’ampio rettangolo compreso tra le anse; le figure dei rematori e del timoniere, di gusto miniaturistico, sono diverse e autonome da quelle attiche. Non si nota alcun desiderio narrativo, nessuna composizione in fun zione di una scena: solo Timmagine felice, quasi irreale (in quanto non circoscritta ad alcun avvenimento) di una nave (a testimoniare la potenza della città che si avviava ad essere egemone nei commerci del Mediterraneo).
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20 Cratere argivo. Argo, Museo. 2 1. Cratere corinzio da Tebe. Toronto, Ontano■ Muscutn. 22. Pithos euboico da Cipro. New York, Metropolitan Museum. 25. Anioni da thera. Ate ne, Museo Nazionale.
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ORTO, A R T I "
G R F.C A
ARGO
La ceramica argiva, rinvenuta specialmente nella ricchissima necropoli di Argo (ma anche ad Asine, Micene, Tirinto; nei santuari della re gione, ad esempio l’Heraion di Argo), è stata raramente esportata. Le forme più caratteristiche sono: i pithoi colossali, in qualche caso alti più di un metro, con piedi ad anello; i crateri; le oinochoai; le grandi pissidi. Vasi caratterizzati da una corposità e da una pesan tezza ignote alle altre fabbriche. La decorazione è sovraccarica, pleto rica. Il patrimonio decorativo è spesso privato della sua organicità. Un cratere con le figure araldiche di due palafrenieri è l’esemplare più note vole: databile alla fine dell’ν π i secolo. Impressiona nei ceramografi argivi la costanza nel decorare tutta la superficie a disposizione. Ogni spazio viene riempito di elementi geometrici o figurati: quello rettangolare risparmiato sulle groppe di cavalli sembra pesare come un basto istoriato sugli animali.
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ETÀ G EO M ET R IC A
ultime scoperte sembrano mettere in dubbio categorie troppo defini te). La predilezione per i motivi curvilinei, la ripartizione degli spazi è autonoma dalla maniera attica. La prevalenza di figure animali (vo luta l’esclusione delle figure umane), è all’opposto della maniera ate niese. A una fabbrica di Eubea deve essere attribuito un vaso eccezio nale, un pithos, rinvenuto a Kourion (Cipro); attorno a questo esem plare è stato possibile ricostruire la personalità di un pittore, attivo nell’ultimo quarto dell’v n i secolo. La forma del vaso è originale. Essa è indipendente da quelle attiche e argive. ^ Il rapporto tra il collo, il ventre, il piede è articolato con una misura eccezio nale e con un vivo senso di elasticità. La decorazione è inedita. Pochi gli elementi di tradizione attica, limitati a motivi decorativi.
Situazione analoga quella di Thera. Le officine, nella tarda fase geo metrica che inizia attorno al 720 a.C. (e che si continua nel v i i se colo in una fase subgeometrica), realizzano opere di straordinaria vitalità.
BEO ZIA
I vasi geometrici della Beozia sono particolarmente numerosi. Il predominio attico su forme e decorazioni assoluto. Nel tardo geometrico gli artisti beotici si rifanno anche a motivi corinzi e cicladici. La relativa incuranza per ritmi o raffigurazioni più meditate per mette in qualche caso maggiore freschezza narrativa. Nel tardo periodo geometrico e in quello subgeometrico alcune raffigurazio ni, come quella della caccia a un inverosimile animale, forse un cinghiale, peloso e occhiuto, tradiscono le tendenze di un mondo paesano dove esigen ze artistiche di centri culturalmente più raffinati si impoveriscono e si sem plificano.
Un’anfora colossale mostra come possano essere travolti i canoni geometrici. La predilezione per ampie superfici bianche, ritmicamente campite da serie di strisce nere; la misurata alternanza di riempitivi curvilinei e rettilinei; lo scarso interesse per le figure (compaiono solo alcune di uccelli) mostrano l’indipendenza di una officina che, pur riprendendo motivi comuni a quelle di altre delle Cicladi, si esprime con misurata eleganza.
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CRETA
A Creta si assiste all’inizio tardivo del geometrico che cede prestissi mo a uno stile transizionale. La produzione è rilevante: sia per nu mero che per qualità (soprattutto nei cimiteri intorno a Cnosso). Il tipo più interessante è un pithos, capace, destinato a contenere le ceneri dei defunti.
EUBEA E C IO ,A D I
In ambiente euboico e nelle Cicladi la produzione ceramica continua le consuetudini del protogeometrico sino a circa Γ850 a.C. Una fase medio geometrica, che continua nel secolo successivo (a Thera sino al 720 circa a.C.), si interrompe per dare l’avvio a una produzione tardo geometrica di notevole livello. Sinora è stato possibile distinguere nelle isole, oltre alla fabbrica dell’Eubea, quelle di Naxos, di Paros, di Melos e di Thera (ma le
Nella Grecia orientale e nel Dodecaneso la ceramica è numerosa. Le fabbriche, certamente più di una, riescono a fondere esigenze diver se. A un primo stile geometrico segue uno medio geometrico e uno tardo geometrico che si prolunga in una fase subgeometrica. Notevo le l’assimilazione di motivi anatolici: tettonici e decorativi.
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G R E C IA
O RIEN TA LE.
STORIA
D I ' I . I . ’ a R T F . C. Ì RKCA
Metallotecnica Si manifesta con oggetti particolarmente notevoli.
T RIPO D I
Sono stati rinvenuti tripodi soprattutto a Delfi, a Olimpia (dove la documentazione è notevole), nell’IIeraion di Argo, sull’Acropoli di Atene, a Itaca, a Creta, a Delos, a Rodi. Probabilmente essi erano fabbricati in gran parte delle città della Grecia. I tripodi raggiunsero una monumentalità notevole superando un metro e trenta di altezza. La decorazione è caratteristica sulle gambe e sui manici. Si tratta di motivi decorativi incisi o tirati a martello, o fusi direttamente nel metallo. Negli esemplari con decorazione fusa i manici possono presentare una decorazione a traforo; alla sommità di essi possono essere figurine di cavalli, gruppi, pro tomi animali. La decorazione sottolinea la funzione delle parti portanti: la caldaia è sempre liscia.
Purtroppo non è possibile definire esattamente una cronologia trop po precisa di questa classe perché i tripodi, premi di gare, offerti per lo più nei santuari, non presentano, come la ceramica, sequenze che permettano una classificazione sicura. L ’eccezionaiità degli esemplari dedicati nei santuari (e divenuti oggetti sacri), non deve far dimenti care che i tripodi dovevano essere comuni in ogni casa, come oggetti di uso (rifusi, una volta resi inservibili o passati di moda, sono in grandissima parte perduti). Considerando che a Olimpia sono documentati quasi tutti i tipi monumentali conosciuti, ricordando che le fonti antiche affermano che le gare avrebbero avuto inizio nel santuario nel 776 a.C., si po trebbe pensare che una maggiore varietà tipologica debba risalire a dopo quel momento. Non bisogna dimenticare che i tripodi di Olim pia, perché dedicati in un santuario panellenico, sono stati quasi cer tamente fabbricati in città diverse e dai cittadini di queste città (o dalle città stesse) offerti nel santuario. I manici hanno una decorazione che presenta motivi a cordone, a treccia, a spirale, a traforo. Motivi decorativi analoghi sono sui piedi. Sulla fronte (a volte sui lati) dei piedi, la decorazione sottolinea lo slancio verticale dell’ele mento portante.
24. Particolare della gamba di un tripode: uomo su cavallo. Olimpia, Museo. 25. Rico struzione dell’ansa di un tripode da Olimpia. 26. Bronzctto che sormonta l'ansa di un tripode da Olimpia: uomo e cavallo. Olimpia, Museo. 27. Particolare della gamba di un tripode da Olimpia: lotta tra Hcrakles ed Apollo. Olimpia, Museo. 28. Cervo da Olimpia. Boston, Museum of Fine Arts.
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STORTA DILLI- ARTI·; G R E C A
2.
E T À GEOMETRICA
Metope decorate sulla spalla dei supporti sono caratteristiche tra il 775 e il 725 a.C. >
Da Olimpia provengono due esemplari che presentano, nelle metope, figure umane. Il primo, databile forse tra il 775 e il 750 a.C., presenta un cavallo sul quale è un uomo o un dio: il gesto di adorazione o di epifania. Si è pensato che il tripode possa essere attribuito a fabbrica argiva. Sul secondo sono rappresentati due guerrieri che lottano per il possesso di un tripode: forse Herakles e Apollo; più in basso due leoni affrontati, araldici. Il tipo delle figure, il fatto che compaiano i leoni, permettono di datare l’esemplare tra il 750 e il 725 a.C.
Alla fine dell’v m secolo i tripodi sono in parte sostituiti da calderoni che poggiano su piedi conici laminati. Essi, di influenza orientale, di vengono in gran parte esclusivi a partire dall’inizio del v i i secolo.
BRONZI
Generalmente di piccole dimensioni (solo alcuni, eccezionali, supera no i 20 centimetri) i bronzi sono rinvenuti nei santuari: sull’Acropoli di Atene, a Olimpia, a Delfi, nell’Heraion di Samos. I soggetti sono vari.. Tra gli animali prevalgono i cavalli, compaio no anche tori, arieti, cervi, uccelli, più raramente leoni, gruppi di caccia, cerve che allattano i piccoli. Le figure umane rappresentano guerrieri nudi, coperti con un elmo. Non è possibile stabilire se nelle intenzioni degli artigiani o dei dedicanti alcune figure rappresentassero divinità, oppure se fossero i dedicanti stessi che si assimilavano alle divinità; secondo un’ipotesi alcune figure maschili da Olimpia rappresenterebbero Zeus. Così come per le rappresentazioni della ceramica, è possibile identificare solo quelle figure che sono riconoscibili attraverso caratte ri di mostruosità. Compaiono certamente figure di centauri o di minotauri; un gruppo, prove niente da Olimpia, rappresenta probabilmente il centauro Pholos che acco glie Herakles nella sua dimora in Arcadia (o forse Zeus in lotta con un gi gante che ha assunto l’iconografia di un centauro).
Accanto alle creazioni maggiori la libertà creativa dei bronzisti si ma nifesta in una serie di piccole opere che rappresentano arcieri, arti giani, suonatori, di gusto popolaresco. 48
29. Bronzetto: Zeus o guerriero, da Olimpia. Olimpia, Museo. 30. Avorio: figura femmi nile, dal Dipylon. Atene, Museo Nazionale. 3 1. Bronzetto: Ares (?), dalla Acropoli. Atene, Museo Nazionale. 32. Bronzetto con scena di caccia al leone, da Samos. Samos, Museo. 33. Gemma con Herakles e Nesso. Monaco, Antikensammlungen.
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STORTA D Iì m / a r TIì G R E C A
Poco prima della metà delTvni secolo, potè essere realizzata un’opera di particolare impegno. Rinvenuta ad Olimpia, alta poco più di 14 centimetri, rappresenta un uomo, coperto sui fianchi da una corazza, che brandisce una lancia con la destra (e forse trattene va per le redini un cavallo con la sinistra). Il bronzo raggiunge piena monumentalità: decorava forse il manico di un tripode. Ci troviamo di fronte a una compiuta opera d’arte. La misura dei gesti, la compiuta organicità del volto, il trattamento delle chiome, documen tano una concezione ormai autonoma nella ricerca di un modulo del corpo umano. Purtroppo non è possibile stabilire in quale officina sia stato fabbri cato il bronzo; forse ad Argo, comunque nel Peloponneso.
Il capolavoro della bronzistica attica è la figura, dalla Acropoli, alta poco più di 20 centimetri, di un personaggio (forse un dio: Apollo o Ares?) che, coprendosi con lo scudo, brandisce la lancia. Purtroppo la superfìcie è corrosa: ma nell’impianto d ’insieme magro e dina mico, nella misurata tensione del gesto, soprattutto nel volto, nei capelli, nel l’elmo, la figura ha un’imponenza aggressiva e una dinamicità sinora scono sciute.
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CORAZZE
La mancanza della scultura monumentale di età geometrica non deve far credere che essa fosse completamente inesistente. Per comprendere l’aspetto monumentale, anche per quanto con cerne le dimensioni, delle figure di età geometrica può essere di aiu to il rinvenimento di una corazza e di un elmo nella necropoli di Argo. Da una tomba databile circa intorno al 700 a.C. provengono, oltre all’elmo e alla corazza (che pesano rispettivamente kg 2,070 e kg 3,360), 2 doppie asce, 12 spiedi, 2 alari a forma di nave, 3 anelli e una laminetta d’oro, un’anfora, un cratere, 2 skyphoi, 4 tazze: quanto rimane di un ricco corredo purtroppo già saccheggiato in antico.
Il morto, durante il funerale, doveva apparire quasi il monumento di se stesso: chiuso nella corazza foderata di lino, il volto composto sot to l’elmo. La cura usata nel laminare l’armatura, l’indicazione dell’a natomia sulla superficie della corazza, la terribilità dell’elmo dal ci miero bullonato, fanno delle armi del guerriero di Argo lo strumento
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2 . ETÀ G E O M E T R IC A
indispensabile di chi volesse dimostrare, con esse, la propria orgoglio sa condizione e il proprio censo. Esse ci lasciano comprendere per ché Omero attribuisca tante volte così notevole valore alle armi degli eroi dell’epica. Rivestito di armi il guerriero si distingueva dagli uomini. Una volta scomparso, le armi, indissolubilmente legate alle sue gesta - a quanto di più vitale egli aveva realizzato nell’arco della vita — non potevano essere di altri. Gli alari, a forma di nave, ricordavano im prese condotte per mare. Un cratere funerario avrà ricordato nella necropoli la tomba di chi, con tanta ostentata terribilità, era apparso sulla scena della vita e ora, con cruccio e gelosia per le imprese degli altri, rimaneva per sempre nel grembo della terra. La consuetudine funeraria di età geometrica, espressione di una precisa ideologia aristocratica, continua, soprattutto in Macedonia, si no al 500 circa a.C. C IBU LE
Le fibule, oggetti abbastanza comuni, sono state rinvenute soprattut to nelle tombe; alcuni esemplari, di dimensioni molto notevoli (rag giungono o superano i 25 cm), erano dedicati nei santuari. Di ferro, in grande maggioranza di bronzo, di argento, di oro, le fibule possono avere una decorazione incisa sulla staffa o sull arco. Esemplari decorati sono stati rinvenuti in Attica, nel Pelopon neso, a Egina, in Beozia soprattutto, a Creta, a Delos, a Delfi, a Rodi. Le fibule sono state prodotte in Attica, nel Peloponneso, ma so prattutto in Beozia; esse ebbero, a partire dalla metà circa dell’v in secolo, una fortuna notevole che si continuò sino alla metà circa del v i i secolo. Le rappresentazioni più caratteristiche comprendono scene di battaglie, per mare e per terra, e scene di caccia. L ’insistenza per i miti di Herakles, eroe peloponnesiaco e tebano, ripropone una concezione aristocratica, particolar mente tenace nelle regioni più isolate, come la Beozia. Compaiono temi come la lotta di Herakles contro l’Hydra, Herakles e la cerva, Herakles e il leone, Herakles e gli uccelli stinfalidi, Herakles in lotta con i mostruosi gemelli Attorioni nella pianura di Argo, forse la lot ta di Nestore contro i mostruosi gemelli a Pilos, 1 episodio del cavallo di Troia.
STORIA
DELL
ARTE
GRECA
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ETÀ
G E O M E T R IC A
Terrecotte Figurine di terracotta sono state trovate a Creta, Samos, Mileto, R o di, Kos, Atene, Egtna, in Beozia, in Laconia, a Olimpia. Di particolare interesse sono gli esemplari rinvenuti ad Atene, in Laconia, in Beozia. Dal santuario di Apollo, ad Amyklai, vicino a Sparta, provengono due teste: capolavori della coroplastica d d l’vin secolo. Si tratta di una testa maschile, coperta di elmo, e una femminile, coperta da un berretto, o polos. Le due terrecotte sono gemelle. La cronologia è assicu rata dal confronto con la testa di un bronzetto rinvenuto sull’Acropoli di Atene e databile alla metà circa dell’ v i t i secolo: dimostra che Atene influen zava le botteghe peloponnesiache.
Oreficeria In Attica l’oro fu usato con talento artigiano. E lavorato sia come lamina che come filamento (liscio e attorto). La tecnica della granula zione è conosciuta. Gli esemplari, dalla metà dellVni secolo, hanno carattere diverso. Diademi per sostenere il mento e per ornare la fronte o la bocca ,dei defunti durante i funerali, lamine sbalzate che ornavano cassette di legno usate come cinerari. Le lamine sono state ritrovate ad Atene, a Eieusi, in Attica, in Eubea. Pre sentano a volte serie di animali: leoni e cervi. Più tardi gli animali tendono a disporsi araldicamente oppure le composizioni assumono valore narrativo. Da ultimo i fregi tendono a distinguersi in scene metopali, separate da trigli fi. Al termine della produzione le scene, a volte su registri sovrapposti, si fanno ricche di figure umane: compaiono rappresentazioni di lotta, di pugi lato, di danza, di guerra.
Avori
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L ’avorio era importato in Grecia a partire almeno dall’850 a.C.: nella tomba di una ricca signora rinvenuta sulle pendici dell’Areopago so no stati rinvenuti sigilli di avorio, lavorati ad Atene. Di avorio sono quattro fìgurette rinvenute in una tomba del Dipylon databili attorno al 750 a.C.
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STORIA
DELL
ARTI:
GRECA
Rappresentano figure femminili nude: le braccia sono portate ungo i Ranchi, i capelli discendono sulla schiena, il capo è coperto da un polos ornato da un meandro.
3 Età orientalizzante (700-600 a.C.)
La figura meglio conservata, alta appena 24 centimetri, ha una monumentalita che trova confronto solo nel bronzetto dalla Acropoli. Si nota maggiore finezza, il modellato fluido, la euritmia delle parti del corpo (soprattutto la misura nel descrivere 1 lineamenti del volto, le bande con le quali sono ri partiti , capelli), la scansione ritmica nel meandro del polos, mostrano un impegno artigiano non comune. La statuetta di Atene trae dalle figure orien tali solo un lontano ricordo iconografico: essa è esclusivamente ateniese
Gemme Le gemme non sono numerose. Incise nella steatite, o eccezionalmen te nel marmo, provengono dai santuari della Grecia continentale (Rrauron, Perachora, Sparta, l’Heraion di Argo) o delle isole (queste ultime sono generalmente incise su marmo). Qualcuna delle pietre è a forma di scarabeo. Su una Herakles saetta Nesso: essa è databile al 700 a.C „ presenta un viva ce bozzettismo.
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L ’età orientalizzante rappresenta il momento di acquisizione, da parte delle popolazioni di cultura greca, di alcuni motivi della civiltà orien tale. Questo avviene con traumi e profonde lacerazioni nel tessuto di una civiltà che per 350 anni aveva trovato nella cultura protogeome trica e geometrica intensa autonomia e consuetudini costanti in ogni città e territorio. Non bisogna credere che la cultura orientale si sia presentata im provvisamente alle popolazioni di lingua greca. Importazioni di ma nufatti orientali sono documentate sin dall’inizio del ix secolo e si intensificano nel corso di quel secolo. Ma questa assimilazione non aveva scalfito la sostanza della cultura formale greca, che aveva dimo strato profonda autonomia così da resistere, con compatta omogenei tà, a ogni sollecitazione che venisse dall esterno. Lo stile geometrico era l’unico che permettesse di interpretare figurativamente la realtà. Anche per quanto concerne alcune oreficerie, nelle quali i motivi eso tici erano implicitamente più forti, le iconografie orientali erano state prese a prestito abbastanza tardivamente, all inizio dell v m secolo, ma nel corso di esso erano state articolate secondo la consuetudine iconografica e stilistica geometrica (i motivi dello stile animalistico, assimilati dall’Oriente, erano stati ben presto riorganizzati e ricompo sti, adattati alla natura dello stile ateniese, così da perdere, nel corso di due generazioni, qualsiasi spunto originario). Coll’andare del tempo, i contatti con l’Oriente divennero sempre più intensi. Se nel ix secolo essi sono attestati con Cipro e le coste della Cilicia, della Siria e Fenicia, durante l’vn i secolo si articolano e si completano nel secolo successivo - con la Palestina, con 1Egitto, con le culture tardo-ittite, aramaiche, assire, iraniche e anatoliche. Il modello orientalizzante non può essere circoscritto a un solo ambiente, ma a una somma di ambienti culturali ognuno dei qua l fornì un contributo autonomo; spesso limitato a una sola tecnica arti stica o a un solo motivo iconografico. 55
STO RIA
d iìl l
Per quanto concerne i rapporti tra Grecia e Oriente durante v ia e il vii secolo, è indispensabile, preliminarmente, evitare ogni equivoco. Il mondo greco, specialmente tra la fine dell’viir e nel v ii secolo, non è un mondo unitario, politicamente e culturalmente Da un punto di vista strettamente formale esso mostra di saper assimila re motivi orientali e di saperli trasformare autonomamente soprattut to in quegli ambienti dove l’esperienza dello stile geometrico era stata piu creativa e duratura; in altre aree culturali l’influsso orientale di viene più perentorio e formativo (ad esempio, a Creta e nella Ionia) Non bisogna inoltre ritenere che il mondo orientale si presentasse al mondo greco con tutte le manifestazioni della cultura materiale. Esso viene assimilato dapprima attraverso oggetti preziosi (oreficerie, avo ri, bronzi, tessuti); solo in un secondo momento investirà con un più complesso patrimonio di forme e di iconografie l’artigianato più con sueto e diffuso, come la ceramica (che rimane più a lungo legata a ™ e 6 aecorazioni geometriche). Bisogna chiarire inoltre cosa è 1 Oriente che i Greci assimilano. Così come la Grecia, il mondo orientale è tutt’altro che unitario: composto da ambienti che, benché sostanzialmente sotto l’egemonia assira tra Γ883 e il 626 a.C., hanno precise autonomie culturali. For me, iconografie, stili orientali appartengono a diversi ambienti: quello assiro, quello babilonese, quello iranico, quello scitico, quello urarteo quello ittita, quello frigio, quello lidio, quello aramaico, quello sirofenicio e quello egiziano. Oggetti, iconografie e stili di ambienti ete rogenei erano proposti in momenti diversi, attraverso strade diverse. La via di diffusione più settentrionale raccogliendo esperienze scitiche, irani che, urartee forse assire, terminava nel Mar Nero, sulla costa settentrionale della penisola anatolica (1 motivi orientali potevano essere diffusi per via di mare: soprattutto da Mileto e dalle sue colonie). Una via mediana portava da Gordion a Sardi e poi sulla costa: poteva mediare motivi lidi, frigi, urartei, assiri, ittiti (in parte assimilati e riproposti dalle citta ioniche). 11 L j mendionale dalla Mesopotamia giungeva nel Mediterraneo (nella valle dell Orante 1 Greci avevano scali come Ai-Mina, forse Posideion e i Penici scali ancor più notevoli sulla costa della Siria e della Palestina’ e a Cipro ). Greci e Fenici diffondevano, con la navigazione, motivi assiri, babi lonesi, urartei, aramaici, ittiti, siro-fenici.
Il problema dei rapporti artistici tra la Grecia e l’Oriente non può certo prescindere dalle notizie relative alla mediazione fenicia Colo nie fenicie dovevano esistere in alcune città della Grecia. Erodoto ne ha coscienza quando attribuisce origine fenicia a Thera. Il santuario
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3.
’ a r t i ; c r f .c a
ETÀ ORTRNTA LIZZANTI' .
di Afrodite a Citerà era di origine fenicia. Thasos sarebbe stata fon data dai Fenici. L ’alfabeto greco sarebbe derivato da quello dei Fenici della Beozia. Stanziamenti, o comunque dediche fenicie, sono documentati per Il commercio fenicio è più volte esaltato da Omero. Padroni del mare tra Γ823 e il 730, i Fenici furono un formidabile strumento di diffusione culturale. Oltre a mediare le esperienze culturali mesopotamiche, essi furono mediatori di quelle egiziane con oggetti fabbricati nelle colonie della costa della Siria, della Fenicia, della Palestina, di Cipro, di Rodi. Bronzi lavorati, conchiglie lavorate in forma di sirene (tridacne) pietre lavorate (steatiti), avori, ori, paste vitree, tessuti fu rono commerciati dai Fenici (o dai Greci) e dedicati come oggetti particolarmente notevoli: più raramente nelle tombe, piu spesso nei santuari. . . . Accanto ai Greci e ai Fenici dobbiamo inoltre immaginare inte re famiglie che dall’Oriente, in seguito alla pressione assira, emigra rono portando il proprio patrimonio di conoscenze artigiane in al cune’ regioni della Grecia. Orafi e bronzisti nord-siriam emigrarono a Creta, forse coroplasti nord-siriani a Corinto. Famiglie greche daltra parte si stabilivano a loro volta in Oriente o in Egitto (i Nassi sembra che per primi, nel v ii secolo, si stabilissero sul Delta e qui assimilassero il canone monumentale della scultura egiziana, assieme agli Ioni-asiatici). Volendo pertanto evitare semplificazioni apodittiche, sara oppor tuno ricordare alcuni punti fermi fondamentali per comprendere i rapporti tra Oriente e Occidente. I Greci assimilarono dai Fenici l’alfabeto: nel ix secolo, forse a Posideion. Alcune parole usate in Grecia hanno origine orientale: esse indicano funzioni artigiane, come “obryza” (coppellazione dell’oro) di origine ittita; oggetti di abbigliamento, come “chitone” (di origine sumera, trasmessa dagli Ararnei, adottata anche dai Carli); cariche civili, come “tyrannos (di origine lidia). Dall’Oriente vengono assimilate precise consuetudini: le stoffe pieghettate dei chitoni; la forma di alcune cinture e fibule; quella di determinati coprica pi soprattutto femminili (come la mitra lidia); 1 uso della parrucca e delle corone d’oro, di origine siriana; il tipo di alcuni elmi; la forma di alcuni strumenti come la lira a sette corde (da modello lidio, elaborato da Terpandro di Lesbo). Innumerevoli leggende, comuni m Oriente, vengono adattate per il mondo greco: almeno tre delle saghe di Herakles; quella di Pegaso, della Chimera, della Gorgone; forse quelle di Teseo e il Minotauro, di Edipo e la sfinge. Divinità, già in origine greche, assimilano caratteri o attributi
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STO RIA
D EL IB A R T F
delle belve;
GRECA
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Alcune raffigurazioni risalgono aU’Oriente: quella dell’unione di Zeus e Hera (con Zeus a destra di Hera, secondo una consuetudine ittita); quella della signora delle belve; le sirene; i grifi; i centauri; le gorgoni; le chimere; Pegaso L iconografia del leone assimila quella ittita. Minuti motivi decora tivi - che arricchiscono o sostituiscono quelli geometrici - sono orientali: trecce, rosette, spirali. Oggetti molto umili, ad esempio in Attica, alcuni vasi funerari, riprendono forme orientali, spesso imitando modelli lavorati in materiale piu nobile (metalli, forse preziosi). I più antichi motivi dell’arc itettura ionica (basi e capitelli) sono di derivazione ittita, urartea aramaica, forse fenicia.
Purtroppo 1 dettagli di questa assimilazione ci sfuggono: spesso essa avvenne in modo confuso. Disegni di stoffe orientali furono ripresi dai Greci per la decorazione dei vasi, motivi sbalzati su lamine di rame lurono ripetuti su ceramiche. La decorazione a intarsio di alcu ni legni, caratteristica della Lidia, fu fonte di ispirazione, in Grecia per bronzi e ceramiche. Si potrebbe certo giudicare meglio questo processo se si fossero conservati gli oggetti più comuni e deperibili sia in Grecia che in Oriente: stoffe, legni, vimini. La ceramica, pro dotto dell artigianato più modesto, per la sua diffusione, può forse meglio chiarire quanto dovè verificarsi. I rapporti con l’Oriente sono testimoniati, per quanto concerne alcune ecce zionali opere d arte (che per essere esposte nei santuari possono aver parti colarmente-influenzato. I artigianato greco) dalle fonti antiche: soprattutto da Erodoto. A Delfi Mida re di Frigia avrebbe dedicato, forse attorno all’ini zio del v i i secolo, il proprio trono regale; Gige, re di Lidia (circa 685-675 a.L.), una grande quantità di argento e di oro e, tra l’altro, sei crateri Aliat te di Lidia avrebbe offerto un cratere d’argento su un sostegno saldato in ferro, opera di Glaukos di Chios, attorno al 600. Nel santuario di Apollo a Mileto il faraone Necho 11 avrebbe dedicato la veste indossata durante la vittoria sui smani del 608 a.C. Queste notizie trovano una conferma nel materiale orientale rinvenuto soprattutto nei santuari: a Dodona, Delfi Olimpia, Perachora, Argo, Atene, Samos, Efeso, Rodi, Creta, Cirene NelIHeraion di Samos, durante l’vm e il v i i secolo, furono dedicati oggetti egiziani, ciprioti, frigi, ittiti, siriani, assiri, del Luristan, urartei, caucasici
Il patrimonio formale dei ceti commerciali del Mediterraneo orientale entro a far parte della cultura figurativa di alcune popolazioni della Grecia. Esso divenne tipico delle classi imprenditoriali che si erano andate formando in contrapposizione ai più antichi ceppi familiari che traevano prestigio dalla rendita fondiaria. Quando la civiltà geo
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3 .
ETÀ
o rientalizzante
metrica giunse a maniera, neU’ultimo quarto dell’vii 1 secolo, gli spun ti dello stile orientale iniziarono ad essere rielaborati in tutta la loro complessità (determinando la crisi profonda dello stile geometrico, proponendo soprattutto temi naturalistici ben diversi da quelli geo metrici). Il sopravvento dei motivi orientalizzanti sui motivi geometrici av venne in modo diverso. In Attica lo stile geometrico mostra una maggiore durevolezza (in quanto privilegio di classi egemoni per cen so, consuetudine e privilegi; e continuò con insistenza su moduli or mai superati - così in altri ambienti ancora più legati alle convenzioni del passato, come la Beozia) in altre regioni, o m altre citta, lo stile geometrico cedette molto rapidamente di fronte ai motivi orientaliz zanti E la difesa oltranzista dello stile geometrico era assolutamente impossibile nel momento in cui, nell’ultimo quarto dell’v n i secolo, era iniziata, come fenomeno di massa, la colonizzazione. La fortuna dello stile orientalizzante è dovuta anche a un fattore psicologico: dovendo proporre temi nuovi, una nuova dimensione culturale agli emigranti, questa dimensione non poteva essere quella della cultura geometrica, legata al ricordo di una situazione subalter na. I Greci cercavano modelli ai quali rifarsi, li trovarono in quelli dei Fenici; quei Fenici che avevano dato prove mature di iniziativa imprenditoriale soprattutto nelle colonie. La colonizzazione greca ha preso a modello, almeno in parte, quella fenicia. Il fenomeno della colonizzazione fu particolarmente imponente verso Occi dente. Ma accanto alla colonizzazione in Occidente non bisogna trascurare quella nell’Egeo settentrionale, del v i i secolo. Ad e s s a partecipo Corinto (che fondò Potidea in Calcidica), Atene (con Sigeion, all ingresso dell Elle sponto), Samos (con Perinto in Tracia), Megara (forse con Bisanzio e Calcedone). I Parii conquistarono l’isola di Thasos e la vicina costa del continente con più spedizioni. . .. La colonizzazione si estese nel Mar Nero, specialmente a opera di Mileto· in Cilicia a opera di Samos. I Sami superavano verso la fine del v i i secolo le Colonne d’Èrcole, riportando in patria prodotti ricchissimi. 1 Focesi fondavano Massalia, nel 600. Mercenari cari e ioni erano attestati in Egit to già nella seconda metà del v i i secolo; ad Abu Simbel in Nubia, sono state rinvenute iscrizioni di Greci che combattevano agli ordini di Psammetichos ii (595-589 a.C.). Nella seconda metà del v ii secolo 1 Greci fondarono gli empori di Naukratis e di Daphnae, sul delta del Nilo. Attorno al 630 coloni venuti da Thera fondavano Cirene. . . . . In Grecia si assiste d’altra parte alla concentrazione di territori, piu o meno sottomessi, a singole città: l’Etolia, l’Acarnania, Corcira, Siracusa sono
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STORIA
D E L L A RTF.
nella sfera d’influenza corinzia. La Messema è conquistata da Sparta. Atene domina su Salamina e poi su Egina. Thera su Cirene e parte della Cirenaica Naxos e egemone su tutte le Cicladi, poi assieme a Paros.
La struttura cittadina si modifica, durante il v ii secolo, in tutta la recia. Una nuova classe sociale, di estrazione commerciale, prende A potere. I Bacchiadi sono rovesciati da Kypselos e dai suoi figli a Corinto; Trastbulo diviene tiranno di Mileto. Le due città entrano en presto in contatto tra di loro. Leggi nuove si rendono necessarie per 1 amministrazione dello stato: come quelle proposte da Solone. Le citta hanno contatti politici con i barbari: Corinto con Aliatte di Lidia, Psammetichos d’Egitto; Mileto con Aliatte. Un maggiore co smopolitismo caratterizza la vita cittadina. Sparta avrà sempre ottimi rapporti con 1 Oriente (nel secolo successivo in particolare con Creso di Lidia). Un litio, OIen, era, a detta di Erodoto, l’autore dei più antichi canti in onore di Apollo a Delos. La consuetudine ai viaggi, a sempre maggiori commerci, alimen ta ì santuari piu vicini alle rotte commerciali. Accanto a Olimpia, Delfi accresce enormemente il proprio prestigio; soprattutto Delos e Samos divengono sede di culti fondamentali. Nei santuari le offerte si moltiplicano: sia quelle di singole città (offerte spesso prodigiose per dimensioni e valore; quasi per orgoglio di una raggiunta ricchezza), sia le offerte individuali. Accanto ai vasi, le statue, i rilievi voti vi, g ì scudi e le corazze (a volte in miniatura) tutta una miriade di oggetti minori dimostra l’intensità del rito. Ciascuno, con propria sensibilità, può manifestare con le proprie offerte il proprio censo lanorama estremamente confuso e incerto, che non può prestarsi a banalizzazioni, che deve essere inteso in tutta la sua contraddittoria complessità. Per questo ci si può rendere conto perché sia praticamente im possibile anticipare una classificazione in periodi dell’arte orientaliz zante. Essa non ha uno svolgimento ordinato come quello di età geo metrica. Dalla metà dell’v m secolo durante il primo quarto del v i i , nel momento cioè della massima espansione coloniale, l’intrico delle varie tendenze e quasi insolubile. Si assiste alla distruzione di una difesa, rappresentata dalla normativa geometrica, e al diffondersi di orientamenti diversi che cozzano tra loro e prendono il sopravvento (a volte per un arco di tempo brevissimo). Il controllo cronologico delle varie culture è estremamente arduo, se non impossibile. Questa situazione, che si protrasse in pratica tra il 750 e il 650 a.C. (il cinquantennio 725-675 rappresenta il momen 60
3.
GRECA
ETÀ
ORIENTALIZZANTE
to più intenso), portò alla luce contraddizioni implacabili tra le citta della Grecia, lacerazioni profonde tra i ceti economici, tra 1 compo nenti di stesse famiglie. Tutto quanto il mondo di età geometrica aveva saputo proporre come necessità di ordine, articolazione di va lori sembrò travolto dalle esigenze delle nuove generazioni che con testavano ogni esperienza del passato e ne rinnegavano ogni valore. Si affacciarono allora sulla scena del mondo della Grecia 1 motivi di una irrazionalità a volte mostruosa, come m ogni momento di crisi profonda. Il mondo orientale suggeriva un modo di vivere completamente diverso da quello del passato. Le classi ordinate sulle quali basava il potere la civiltà di età geometrica, erano travolte quanto ad autonomia rappresentativa. La tra dizione, ogni tradizione, subì un tracollo, sembrò perdersi. Ma ogni rivolu zione che si manifesta in un momento di pienezza economica e culturale, che nasca da contraddizioni interne, esigenza di superamento d u in a fase di ristagno, desiderio di modificare dinamicamente l’immobilismo di classi pri vilegiate ha sempre, pur con alterne vicende, la possibilità di prevalere. At torno al 675 a.C. la situazione di crisi potè dirsi già in parte superata: m modo diverso nei vari ambienti del mondo greco.
A Corinto la crisi fu risolta con formule più mature, per la preminen za economica e culturale assunta dalla città; lo stesso può dirsi per e città delle Cicladi; nelle città di Creta l’assimilazione del mondo orientalizzante fu più intensa (si ebbe una ricezione cosi profonda di motivi orientali che sembrarono fare dell’isola una provincia del mondo orientale - la struttura della civiltà geometrica era stata peral tro particolarmente debole a Creta); a Rodi e nel Dodecaneso, così come nelle coste dell’Asia minore, attraverso la ricezione di motivi orientali, si formarono le basi di una cultura formale completamente La città che subì più intensamente il contraccolpo di questo mo mento fu Atene. Orgogliosa e indipendente, condizionata dalle pro prie classi sociali e dalle consuetudini di quelle, logorata da discor die interne, da guerre esterne, subì una diminuzione immensa del proprio prestigio. Alla civiltà di massa del periodo protogeometrico e geometrico, alle consuetudini di una cultura figurativa (che pur la sciando autonomia a singole personalità artistiche era interprete di sentimenti comuni a tutta la popolazione: le gesta dei grandi erano patrimonio di tutti), si sostituirono personalità prepotenti, estremamente individualistiche (che con esuberanza e disprezzo per la tra dizione proposero iconografie e modi stilistici che prescindevano 61
STORIA
DF.U, A R I E
GRIiCA
completamente da quelli del passato). All’arte geometrica si contrap pose un arte caratterizzata soprattutto da un impeto narrativo che frantumò qualsiasi esperienza precedente (ma che determinò il com pleto rinnovamento di una produzione, peraltro sempre particolar mente efficiente). Ad Argo, a Sparta, la tradizione geometrica, sem pre più incapace di riconvertirsi, venne bruscamente e improvvisa mente travolta da nuove tendenze: ad Argo il fenomeno fu partico larmente evidente. Bisogna tener sempre presente che i Greci nell’assimilare le fonti orientali non si impadronirono direttamente degli archetipi, bensì di interpretazioni di maniera. Interpretazioni mondane, spesso travisate, espresse su monumenti di artigianato minore: piccoli bronzi, stoffe’ avori, intagli, gioielli. L arte orientalizzante internazionale” proponeva quanto a icono grafie una mondanità guerresca, una operosità edificatoria, contadina venatoria. Il simbolismo del mondo orientale rimase sempre sostan zialmente estraneo alla mentalità greca. I Greci che conoscevano da tempo questi prodotti, li avevano considerati fenomeno di esotismo, si compiacevano della loro rarità e della loro bellezza, quasi per una necessità di moda. Ma in qualche caso una nuova classe imprenditoriale cercò di trarre dalle mode orientali, dai simboli aggressivi di potere che da esse emanavano, giustificazione della propria condizione. Se i Greci seppero in parte rinunciare alla mentalità omerica, non furono certo in grado di assimilare la mentalità implacabile, teocratica e disumana caratteristica dell’Oriente. Il patrimonio degli elementi orientali che si insinua sin nell’intimo della civiltà greca, fu presto assimilato e dominato. Ma i mostri, i simboli dell’oscuro, di un cosmo imprecisato come quello orientale (proprio perché a volte profondamente insinuatisi nelle coscienze), fu rono, tra la fine deU’vm secolo e l’inizio del v i i , esorcizzati, respinti, m qualche caso brutalmente. Alcune maschere da Tirinto e da Sparta rappresentano la pratica di questo esorcismo liberatore, che riscattò le coscienze.
3 . ETÀ O R IE N T A LIZZA N T E.
prima dell’ordine da essi stessi stabilito - e che ora cerca di rinascere. Il desiderio di rappresentare il male, non come simbolo autonomo, ma come una forza che può essere dominata, comporta la necessità di riconoscere il limite delle azioni umane. I cicli epici non furono rappresentati più solo at traverso avvenimenti gloriosi, ma attraverso quelli tragici (attraverso la rap presentazione del male, per liberarsi da esso): la morte di Achille, il suicidio di Aiace - con il suo tema di solitudine, l’uccisione di Troilo, il ratto di Piena, la morte di Priamo e la distruzione di Troia, l’assassinio di Egisto, Teseo e Arianna, Chelidon e Itys, Medea e Giasone, Aiace e Cassandra, Clitemnestra e Cassandra. Gli stessi dei non sembrano avere benevolenza: se in Omero essi intervenivano spesso a danno dei mortali, ma conservavano una loro dimensione, che li differenziava dagli uomini, nel v ii secolo furono og getto di attenzione quasi rancorosa: spietati e aggressivi ci appaiono Apollo e Artemis, indifferenti all’adulterio Ares e Afrodite.
Alla metà circa del v i i secolq il processo di assimilazione potè dirsi., definito, la situazione più stabile e controllata. La tradizione della cultura geometrica, l’ordine che essa manifestava, il senso gerarchico dei valori per le cose e le persone ricompare con assoluta fermezza. Tutto quanto era eccessivo, nel primo orientalizzante, fu dimensiona to in uno stile nuovo: sul modello proposto proprio dalla cultura di età geometrica. Le saghe trovano iconografie precise e costanti; gli animali, estrapolati da più complesse scene di caccia, sono rappresen tati in processione l’uno dietro. 1 altro. Animali feroci seguono o pre cedono tranquilli animali domestici; essi sono solo spunto decorativo.: corrispettivo alle sigle geometriche, ormai irrimediabilmente sostituite da quelle animali. La figura, sia vegetale, che animale, che umana, fu protagonista di ogni scena. La tempestosità espressiva che era alla base delle figure del primo periodo orientalizzante (tuttedinee di for za, volutamente aggressive nei profili e nelle funzioni, tese in uno sforzo senza risparmio nelle azioni), divenne organicità, potenza d’impianto. La seconda metà del vii secolo rappresentò il momento di codificazione di quanto si era verificato per un arco di tre genera zioni. Le due generazioni successive sicure ormai della giustezza della propria realtà, ormai collaudata nel tempo, misero a punto quanto
Le rappresentazioni nel secondo venticinquennio del v i i secolo articolano in particolare la narrazione di lotte contro l’inconscio: esso viene, per essere respinto, personificato. Zeus combatte i giganti, Achille Penthesilea o Mcmnon, Bellerofonte la Chimera, Herakles i centauri, Odisseo Polifemo, Perseo la Gorgone, Teseo il Minotauro. A questi avvenimenti partecipano gli eroi personificazioni di tutti gli uomini, più che gli dei. Quando gli dei appaiono, combattono anch’essi l’inconscio: i giganti e i mostri - tutto quanto esisteva
già assimilato. Attraverso la rivoluzione proposta dal periodo orientalizzante il senso di compattezza di tutta la grecità si frantumò. Ognuno com prese di avere in sé la radice e il limite delle proprie possibilità; il caso e le situazioni potevano esaltare o abbattere, nulla fu certo, solo la ricerca faticosa del proprio essere individuale, in una condizione umana sempre incerta e mutevole.
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STORIA
DELI, A RTh
GKKCA
Architettura Alcune città trovarono una definitiva sistemazione topografica. L ’edi lizia privata è quasi sconosciuta; quella religiosa è più nota.
URBANISTICA
Città Il consolidarsi delle strutture cittadine, una maggiore sicurezza eco nomica portano all’accettazione di nuove norme di vita. L ’econo mia limitata delle piccole città cede a una maggiore articolazione economica. Per sopperire alle necessità di coloro i quali, impoveriti, possede vano poco, numerose città regolarono l’emigrazione nelle colonie agricole dell Italia meridionale e della Sicilia. Si organizzarono nuove classi, sia di proprietari (che occuparono le terre degli emigrati), sia di imprenditori. Un così totale' sconvolgimento si dovè ripercuotere nell’assetto delle città. Queste, diminuite di numero, dovettero aumentare quanto al numero degli abitanti: aumentò il potenziale economico di alcune comunità. Sul continente, a un ampliamento delle città, sembra non corrispose un’adeguata regolamentazione urbana; le città avevano strade strette, il concetto di spazio pubblico era vago. Le case erano disposte casualmente; le vie, tortuose, seguivano le pendenze del ter reno. Ad Atene, ancora nel v i i secolo, si seppelliva nel piano che sarà dell’Agorà. Si accentuò l i funzione delle agorà su quella delle acropoli. Per acropoli si intende il punto più alto della città, destinato a cittadella. L ’agorà è un’area pianeggiante, possibilmente in vicinanza dell’acroP°li, possibilmente ricca di sorgenti. In essa si tiene mercato e si svolge la vita politica. Con il passaggio dall’oligarchia alla democrazia, l’agorà assume maggiore importanza, basti pensare alla definizione di Aristotele: Prima di tutto adunque la cura del mercato pubblico è tra le funzioni neces sarie. E infatti una delle imprescindibili necessità per consorzi civili la com pra e la vendita pei bisogni reciproci, essendo lo scambio il mezzo più effi cace per bastare a se stessi, scopo supremo dell’associazione ridotta a entità politica.
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3.
KTÀ O R I K N T A U Z Z A N T K
.. . J Zitta coloniali Osservazioni fatte in alcune città di età orientalizzante potrebbero far concludere che città a schema ortogonale sono nate in Asia minore. Smirne fu fondata attorno al iooo„a,C :: sin dall’inizio dove esse re un centro importante e già nel tx secolo fu cinta di mura (più volte ricostruite: sino alla distruzione completa attorno al 600 a.C., a opera dei Lidi). Di forma approssimativamente circolare, su una penisola lunga meno di 400 metri, dovè avere, in un primo momento, case isolate nel circuito difensivo. La ricchezza determinò ben presto affollamento: alla fine d ellvin secolo il circuito delle mura racchiudeva 400 o 500 capanne. Allora, forse a causa di un incendio, la città fu quasi completamente distrutta. Ricostruita all’inizio del v i i secolo ebbe un aspetto regolare. Una parte dell’area urbana fu desti nata ad agorà; adiacente a questa, su un’altura, fu costruito un tempio. Ai lati delle vie, che si snodavano in senso nord-sud, erano le case che avevano in media tre ambienti al pianterreno (uno poteva servire da cortile interno); spesso erano a due piani. Con la sisLemazione di Smirne ci troviamo, per la prima volta, di fronte a una urbanistica pianificata.
THMPU
Le forme dei templi dovettero essere diverse, a seconda dei vari am bienti geografici. Ma in questa diversità si isolano due tipi architetto nici: dorico e ionico. A Creta abbiamo una documentazione notevole per Dreros, Gortyna e Priniàs. A Dreros il tempio è adiacente l’agorà. Costruito all’i nizio del v i i secolo in pietre sbozzate, cementate da argilla, Tra pianta rettangolare. Internamente ha un focolare e uno o due sostegni che sorreggevano il tetto. Sul fondo un bancone per le offerte e un altare; sull’altare era una triade divina. Una figura maschile e due femminili (ottenute con la tecnica arcaica dello sphyrelaton), databili all’inizio, circa, del vii secolo. Probabilmente l’e dificio era dedicato ad Apollo delphinios. Manca qualsiasi suggerimento che permetta di ricostruire ragionevolmente l’alzato dell’edificio: l’ingresso aveva, forse, un portico formato da due coppie di pilastri, in asse coi muri esterni.
I l tem pio d o rico
La documentazione è fornita dall’Heraion di Argo, dell inizio del v i i secolo a.C.; dal Poseidonion di Istbmia, della fine dell vi 11 secolo;
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STO RIA
D JÌI .r. A R T I· : i i R K C A
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( ) R I H N T A I - I Z Z Λ M TK
dallo Heraion di Olimpia, della metà circa del v i i secolo a.C.; dalf’Apollonion di Thermos, della seconda metà del v i i secolo a.C. La canonizzazione degli edifìci di culto dorici è avvenuta, forse, in un Heraion, nel Peloponneso nord-orientale: a Corinto o ad Argo. Deve essere attribuita a una personalità che definì le seguenti norme. lai cella deve corrispondere alla misura sacra di cento piedi; circa venti piedi (1/5 delfinsieme) possono essere destinati al pronaos, questo può avere due colonne fra le ante. Ove esista un opistodomos esso deve avere ampiezza e torma analoga al pronaos. La cella deve essere in larghezza almeno 1/4 della lunghezza; ove si desideri più ampia le travi del tetto possono poggiare su lesene, che aderiscono ai muri interni della cella, o su due file di colonne (evitando un colonnato centrale). Il tempio deve avere portici su tutti e quat tro i lati, le colonne debbono essere sei in facciata; quelle interne devono essere allineate con quelle del pronaos. Sui fianchi le colonne debbono essere almeno il doppio di quelle della fronte. Le colonne, se di pietra, debbono avere un modulo (rapporto tra diametro di base e altezza) possibilmente fisso; esse debbono essere slanciate verso l’alto (rastremarsi) e terminare in un capitello formato da una parte ricurva (echino) e da una rettilinea (abaco). Possibilmente devono essere costruite con una sola trave (monoxili) o con un solo blocco di pietra (monoliti). Sul colonnato deve correre un architrave, liscio: su questo posano le travature terminali del tetto (triglifi), separate da spazi vuoti chiusi generalmente da lastre di argilla dipinta, di bronzo sbalzato o di pietra scolpita (metope). Il tempio deve essere orientato a oriente.
Forse, in un primo momento, il tempio fu immaginato con il tetto piano. Probabilmente a Corinto, attorno alla metà del vii secolo, fu rono creati i frontoni triangolari fé fu messo in opera un tetto a spio venti coperto di tegole di terracotta). L a canonizzazione dell’ordine dorico caratterizza l’H eraion di O lim pia. A ttorno al 6 50 esso sarebbe stato costituito da una cella di' ίσ ο piedi preceduta da un pronaos di 20 piedi con due colonne tra le ante. A lle pareti lunghe della cella avrebbero aderito quattro p ila stri che servivano a sem plificare il problem a della copertura del tetto, che doveva essere piano.
Attorno al 600 l’edificio fu ricostruito, ma la pianta della cella rimase quella precedente. Fu aggiunto solo un opistodomos sim metrico al pronaos. La cella fu circondata da colonne: 6 x 16, tutte diverse.
f ; Smirne: yeduta ri« fr u u iv a della città alla Ime del v „ sec. a.C. 39. Isthmia- veduta u costi uttiva eli parte del tempio. 40. Samos: pianta ricostruttiva dell’Heraion dopo il 670
Il colonnato originario era ligneo, più tardi le colonne furono sostituite da esemplari in calcare: una a una, in base alle offerte che i più ricchi tra i fedeli facevano nel santuario. Le ante impongono un asse per la seconda e la quinta colonna della peristasi sui lati brevi. Il portico avanti al pronaos è più
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S T O R I A D K L L ARTI·; G R E C A
profondo di quello avanti aH’opistodomos. Il tetto aveva due frontoni. Era coperto da grandi tegoloni decorati sui bordi esterni da rosette. Il frontone orientale era sormontato da un enorme acroterio decorato con vivace poli cromia: policromia che doveva essere di gran parte dell’edificio.
" Il tempio ionico Non ha una canonizzazione precisa come quello clorico. La documen tazione si limita a quella dell’Heraion di Samos: nella ricostruzione del 670 a.C. L'interesse dell’architettura ionica è soprattutto nella scansio ne delle superfici degli edifici. A Samos questo motivo.si può cogliere soprattutto nei pilastri del portico meridionale del santuario. Il numero eccezionale di questi, il senso di ricchezza che essi suggerivano, costi tuivano un punto di riferimento per i visitatori dell’Heraion. A Samos in seguito a un’alluvione dell’Imbrasos, attorno al 670, tutto l’Hcraion fu sostanzialmente ristrutturato. Esso aveva come limite occidentale e meridionale il corso del fiume: perpendicolarmente fu ricostruito il tempio, avanti ad esso l’altare e alcuni edifici sacri, parallelamente una grande stoà. Un temenos recintava l’area sacra di forma irregolare. Gli edifici furono rea lizzati attraverso il tempo. Il primo ad essere ricostruito fu il tempio. Una cella è circondata da un portico di 6 x 18 colonne. Nella cella il primitivo colonnato mediano è abolito, la statua della dea è pienamente visibile sul fondo. Sulle pareti (di blocchi di calcare squadrati), una serie di pilastri so stenevano le travi del tetto. L ’ingresso è suddiviso in tre da due pilastri. Sulla fronte quattro sostegni in asse con i muri esterni e con i pilastri centra li prolungavano la cella sino alle dimensioni di 100 piedi. Attorno alla cella una serie di pilastri, a distanza costante, probabilmente di legno. I pilastri dei fianchi (18) sono il triplo di quelli della facciata (6). Il tetto non aveva tegole: forse era coperto da argilla battuta.
Probabilmente attorno al 640 fu costruito lungo il letto del fiume un portico di 200 piedi di lunghezza; diviso in tre navate da due serie parallele di pilastri di legno: era destinato ad accogliere i pellegrini.
Scultura DEDALO
Il nome che s’impone all’origine della scultura greca è quello di Dedalo. Le fonti sembrano confermare un Dedalo, cretese, nella seconda metà deU’v iii secolo: una personalità storica. L ’esistenza anagrafica di un 68
4 1 Drcros: pianta e ricostruzioni del tempio. 42. Sphyrelata da Dietos. 4V Tympanon dall’ antro Ideo a Creta. Iraklion, Museo.
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Jraklion, Museo.
3. STORIA
K' T' A
O R I l'N T A L I Z Z .A N T h
D I - I . L ARTI · ! ( i R K C A
Dedalo può non essere fondamentale: il suo nome è infatti un epiteto, «colui che ben modella». Interessa invece la consapevolezza che le fonti dimostrano dell’esistenza di una eccezionale personalità che, a Creta, intorno al 700 a.C., aveva dato canoni inediti alla scultura. Se le fonti non parlassero di un Dedalo, e non descrivessero la sua personalità, saremmo costretti a inventare un maestro cui ascrive re i caratteri a lui attribuiti. Le fonti antiche, oltre a Dedalo, riporta no il nome di altri scultori. Allievi di Dedalo sono Dipoinos e Skvllis, cretesi. Da Creta essi si sarebbero trasferiti nel Peloponneso, a Sicione, e avrebbero lavorato a Kleonai, Argo e Ambracia. Si sarebbero specializzati nello scolpire opere in marmo parie (ma è ricordata anche la loro abilità nel lavorare il legno). La loro attività deve porsi circa intorno alla metà del vii secolo. La tecnica di plasmare figure d’argilla sarebbe stata inventata, a Corinto, da Butades (sicionio), il quale avrebbe decorato le tegole terminali di edifici templari con figure, a partire dalla metà del v i i secolo. La tecnica della scultura in marmo avrebbe avuto particolare fortuna nelle Cicladi (dove esistevano notevolissime cave di marmo: a Naxos e a Paros). Scultore è Melas, il mitico fondatore di Chios e suo figlio Mikkiadcs. Alle isole si dovrebbe riconoscere capacità nella lavorazione dei metalli: Glaukos di Chios sarebbe stato lo scopritore della saldatura col ferro.
ΧΟΛΝΑ h SPHYRKLATA
I termini “xoanon” e “sphyrelaton” ci permettono di comprendere l’aspetto di alcune statue. Xoanon indica, generalmente, una statua di culto. Il vocabolo assumerà valo re diverso attraverso il tempo: varrà a indicare opere di bronzo, di argento, di marmo; ma in origine esso doveva indicare solo opere di legno (forse anche di avorio) anche di grandi dimensioni. Le fonti relative agli xoana sono numerosissime: essi sono descritti nudi, dorati, ritti, seduti, ornati di vesti. Alcuni autori esaltano il valore magico degli xoana. Si nota un’insisten za per attribuire gli xoana a Dedalo: si giunge, in qualche caso, a una identi ficazione tra essi e le opere di Dedalo. Per sphyrelaton si intende un’opera lavorata con il martello. La tecnica è di sicura assimilazione orientale: forse importata con l’immigrazione di maestranze nord-siriane, già a partire dal ix secolo, probabilmente a Creta. Gli sphyrelata non dovrebbero essere molto numerosi; furono ben presto (forse già dalla metà circa del vii secolo) sostituiti da statue di bronzo fuso.
Nessun esemplare di xoana ci è pervenuto.
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D al tempro dr Apollo delphrntos D reros p ^ n o ^ s t ^ u e . sphyrelata che rappresentano Apollo, Artem rs c Lato. L e ligure 1 ... sono essere datate circa al 70 0 a.G . • T l,m«a veste ornata, mantellina, hanno maggiore OueUc lemmimU, con polos, lun^R Amilo è raDDre-
aveva l’attributo dell arco.
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rriduzione a scuola cretese sicura. Il raccordo tra la patte inferiore del “ ' ^ J ^ e s p L t d e v e Ì J ^ s p S e ) è con una grafia lieve) e quel a SLT^n“ ^d , schiena, nelle braccia (quello nell, cintura, che enrv, , Λ pctt„ regno di sinistro si raccorda al fianco, 1 altro Ν ^ al torso. La massa
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Peloponneso e Grecia continentale I m otivi dedalici si m anifestano in poche T ra i rilievi notevole uno rinvenuto a M icene. II frammento meglio conservati0 raPp^ ^ d o n o ^ u l l e femminile con peplo e mantello. 1 capelli scena
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spalle in bande
3 .
ETÀ O R I E N T A I , I Z Z A N T E
orizzontali, la fronte è ornata da un diadema con rosette. Non è facile stabi lire a cosa potesse appartenere il rilievo: se a una metopa, o al rilievo di un altare. Certamente si trattava della decorazione di un monumento architetto nico. La tensione del volto si manifesta nella bocca enorme, nelle narici dila tate; l’impostazione obliqua del capo, che suggerisce movimento, è risolta da una personalità di eccezione, di formazione cretese. Sembrerebbe di poter rievocare per quest’opera, databile tra il 640 e il 630, Dipoinos e Skyllis.
Da Corcira proviene la figura monumentale di un leone, di calcare. La figura di un leone era prediletta per un monumento funerario, come è attestato da un epigramma di Simonide. La belva assimila iconografie ittite, reinterpretate da uno scultore caratterizzato da pie na autonomia formale. La belva è sdraiata, ma tesa, in posizione di difesa: gli orecchi abbassati, il muso minaccioso. Carica di potenza, immagine essa stessa della morte, ma estrema difesa di chi vuole sopravvivere, nel ricordo, alla morte. Le zampe posteriori tese, la linea curva della schiena, la potenza della testa (ma insie me la compattezza del volume), dimostrano che essa è creazione di una scuola che aveva già a lungo maturato i problemi della grande scultura. Il leone trasferisce in canoni monumentali spunti che si ritrovano nei vasi pla stici: la sua datazione non può scendere oltre il 650-625 a.C.
deicìdi Il gruppo più importante di sculture dedaliche è stato rinvenuto a Delos. Le sculture sono scolpite in marmo di Naxos a grandi cristalli, testimoniano l’esistenza di una scuola di scultura in quell’isola. Su una statua dedicata nell’Artemision si leggono tre esametri di carattere epico, della metà circa del v i i secolo: «Nikandre mi dedicò alla [dea] che colpisce da lontano e gode delle frecce; la figlia di Deinodikes il nassio, eccellente fra le altre, sorella di Deinomenes, e ora moglie di Phraxos».
La scultura parla in prima persona. La kore fu dedicata da Nikan dre, in occasione del suo matrimonio con Phraxos, ad Artemis. Il tono epico dell’iscrizione, il ricordo del padre e del fratello, la indica no come appartenente all’aristocrazia dell’isola. Nikandre indossa un peplo stretto da una cintura. I capelli, lunghi, scendono in quattro trecce. Le braccia sono accostate ai fianchi; nelle mani doveva recare doni per la dea. La figura è ricavata da un
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F.T/V O R J I S N T A L I Z Z A N T F .
parallelepipedo di marmo allungato: lo scultore sembra abbia avuto cura particolare nel segnalare il viso (ora in pessimo stato di conservazione). La superficie era probabilmente arricchita da policromia, i doni che Nikandre recava nelle mani erano di bronzo. Probabilmente scolpita in marmo in quanto anathema, affinché non si danneggiasse per essere esposta all’aperto, Nikandre assimila l’iconografia dello xoanon di culto di Artemis.
L ’importanza della scultura è nell’impostazione monumentale, nelle dimensioni maggiori del vero, nella risolta difficoltà di lavorare il marmo, nell’orgoglio dell’iscrizione. La kore è la prima opera in mar mo del mondo greco: è databile attorno al 650 a.C. La iconografia della scultura sarà assimilata a Samos. A Naxos viene realizzato anche il tipo colossale della figura ma schile assimilato in tutte le Cicladi (in particolare a Thera). Dalla fine del vri secolo a Naxos si sostituirà Paros: almeno nella egemonia del le scuole di scultura.
Metallotecnica TVCCOLT BRONZI
I piccoli bronzi erano dedicati a Dodona, a Tebe, a Delfi, ad Atene, a Olimpia, a Bassae, a Sparta, a Creta. Sulle gambe di una statuetta in bronzo probabilmente dedicata nel santuario di Apollo ismenio in Beozia, databile nei primi anni del v i i secolo, sono incisi due esametri che affermano: «Mantiklos mi dedicò al [dio] che colpisce da lontano, dall’arco d’argento, come decima; e tu, o Febo, datgli] una graziosa ricompensa.
La statua parla in prima persona, il testo ha reminiscenze omeriche; Mantiklos è indicato come il dedicante, forse anche l’artigiano che aveva creato la scultura.
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II bronzo, privo del braccio destro e della parte inferiore delle gambe, rap presenta Apollo (o Mantiklos stesso assimilato ad Apollo): nella sinistra reca va l’arco. La scultura possiede un’elevatissima resa stilistica: gli occhi sono fissi, i capelli lunghi, la vita stretta, le gambe potenti. Il braccio sinistro, portato avanti, accresce la tensione della figura: ne esalta la sacralità. La figura è databile attorno al 700 a.C.
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KTA O R I E N T A L I Z Z A N T E
BRONZISTTCA
Il materiale, che proviene soprattutto da depositi votivi, è ingentissi mo. Numerosi nei santuari di Creta i rinvenimenti di armi miniaturistiche e di armi vere. Armi furono esportate da Creta per essere de dicate nei santuari di Olimpia o di Delfi.
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Hanno notevole interesse: scudi, elmi, corazze destinate a proteggere il tora ce, mithrai: placche destinate a proteggere l’addome. Ricavati da lastre di rame sbalzate presentano una decorazione e un repertorio iconografico va rio: animali feroci e domestici, mostri, figure umane si articolano spesso in scene complesse. Gli animali e i mostri sono rappresentati araldicamente o in processione; caratteristiche le scene di caccia, di guerra, quelle cultuali (signore delle belve). L ’umbone degli scudi può rappresentare una protome animale terrificante, spesso una testa di leone. I bronzi di Creta sono stati datati tra la fine del ix e l’inizio del vii secolo; oggi si tende a restringere la cronologia a circa un secolo: 750-650 circa a.C. Si è pensato a maestranze trasferitesi dall’Oriente, da uno dei centri della Siria settentrionale, a Creta, in seguito alla pressione assira, tra la fine del ix e la metà circa dell’v m secolo. Esse avrebbero, successivamente, educato maestranze cretesi.
Attorno al 650 la produzione cambia sostanzialmente. Può essere di mostrato da un rinvenimento di Arkades: il tesoro del santuario di Athena (purtroppo disperso). Sui bronzi alcuni cittadini di Lyttos avevano inciso, nel loro tipico alfabeto, alcune dediche. A volte lo stesso personaggio dedica Finterà armatura tolta a un avversario. Probabilmente le armi furono prodotte in un’officina di Gortyna (i cittadini di Lyttos dedicarono nel santuario le spoglie dei vinti della tradizionale avversaria).
Le rappresentazioni più interessanti su alcune corazze databili attor no al 650 a.C.; benché rinvenute a Olimpia debbono essere opera di officine cretesi. Su quella più notevole (uno schienale) compaiono: in alto due leoni e due tori araldici (e tra questi due sfingi e due pantere araldiche); più in basso Zeus, accompagnato da Lato e Themis, si incontra con Apollo, forse seguito da due Muse. Le figure hanno una monumentalità che non è sottomessa alla ricchissi ma decorazione incisa, scandiscono lo spazio nell’imponenza dell’incontro.
OlimpiS’S S o W ^ Ì ’
sione di Clitemnestra. Olimpia Museo Ilerakles. Parigi, Louvre.
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Calderoni e tripodi Dalla fine deU’v u i secolo e durante il ne caratteristico.
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v ii
secolo un nuovo tipo divie
3.
F . TÀ O R I E N T A L I Z Z A N T E
Il calderone poggia su un sostegno a forma di cono o su un tripode formato da sbarre di bronzo o di ferro. Calderone e sostegno sono indipendenti. Il calderone ha la bocca più stretta del diametro. Le anse sono, ove esistono, formate da un anello mobile inserito in un supporto di bronzo fuso. Sull’or lo possono essere protomi: generalmente di animali, sbalzate o fuse, rivolte all’interno o all’esterno del recipiente. I sostegni hanno la superfìcie lavorata a sbalzo. Gli esemplari più notevoli potevano essere alti sino a due metri (sommando lebete e sostegno). Essi erano soprattutto doni votivi esposti nei santuari. Potevano contenere olii profumati, facevano parte della suppelletti le sacra destinata al culto. Si tratta di oggetti fastosi, ma privi di più intima struttura.
A partire dal 650 circa a.C. le protomi fuse, spesso di forma monu mentale, divengono esclusive (per circa un secolo: la loro produzione termina circa il 550 a.C.). I bronzi dipendono da prototipi orientali. Il sostegno conico di venne sempre più raro, si affermò col tempo quello formato da sbar re di ferro. Rilievi Nel v i i secolo i santuari assumono valore sempre più notevole. Dob biamo immaginare in essi alcuni donari che, per la loro grandezza, assumevano il carattere di monumenti. Questi donari, in bronzo, non potevano essere dedicati da singole persone, ma da dinasti o da inte re cittadinanze. Qualche monumento di legno, ricoperto di lamina di bronzo, doveva sorgere nei santuari. Di essi rimangono le lamine di rivestimento. Grande capolavoro della toreutica è un rilevo rinvenuto nell’Heraion di Argo: con ogni probabilità eseguito in quella città. Sono conservati due registri: in alto le figure purtroppo frammentarie di un uomo e una donna; in basso Clitemnestra uccide Cassandra. Il rilievo deve essere . datato attorno al 650. La monumentalità delle figure, la meditata sen sibilità nel sottolineare i gesti di ferocia e di pietà, la tensione che si concen tra al centro della composizione, occupata solo dall’arma e dal braccio di Clitemnestra, che afferra una Cassandra inutilmente consapevole, fanno di quest’opera una delle più notevoli realizzazioni del mondo antico.
Terrecotte Negli ultimi anni dell’v m secolo e nei primissimi del vn si diffonde l’uso delle matrici per la fabbricazione di statuette di terracotta. 78
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STO RIA
D ELI. A R T E
GRECA
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F .T À O R I E S I T A L I Z Z A N T E
L ’uso delle matrici era tradizionale nel mondo orientale. I Greci assimilano questa consuetudine, probabilmente per mediazione feni cia, siriaca e cipriota. Il patrimonio iconografico orientale, soprattutto a Creta, poi a Corinto e a Rodi, è rielaborato a partire dal 700 a.C. Le terrecotte potrebbero essere articolate in fasi. Ad una subgeometrica: 700-680 a.C., seguirebbe una fase proto-dedalica: 680-670 a.C.; seguita da una primo-dedalica: 670-655 a.C.; da una medio dedalica: 655-630 a.C. (distinta in medio-dedalica 1: 655-645 a.C., 11: 645640 a.C., m : 640-630 a.C.) e da una tardo-dedalica: 630-620 a.C., che si continuerebbe in una sub-dedalica: 620-600 a.C.
CRETA
Le terrecotte provengono generalmente dai depositi di alcuni santua ri. Esemplari cretesi provengono, oltre che dall’isola, da Perachora, da Argo, da Taranto. I rinvenimenti di Gortyna sono quelli più note voli. I tipi iconografici sono molto vari. Prevalgono le figure femminili, nude o vestite, col capo a volte coperto da un polos: di esse può essere rappresenta ta la figura intera, il busto, la testa. Meno frequenti le figure maschili, a volte rappresentate di profilo, quelle di guerrieri. Gli animali mostruosi: sfin gi e grifi, e quelli selvaggi: leoni e pantere, sono comuni. Gorgoni e demoni alati, rappresentazioni del Signore degli animali, sono frequenti. Più rare le rappresentazioni di miti: Bellerofonte e la Chimera, l’uccisione di Agamen none. Le terrecotte possono essere a tutto tondo, a semplice rilievo. I pinakes, in qualche caso con figure a giorno, sono frequenti. La produzione più notevole è tra il 675-650 a.C.
Tra le prime, databile attorno al 700 a.C., una statuetta di Athena, da Gortyna. La dea, a capo scoperto, reggeva lancia e scudo, proba bilmente di bronzo. La parte inferiore, campaniforme, è lavorata al tornio. Il torso e le braccia sono lavorate e stecca; solo per il volto, con ogni probabilità, è stata usata una matrice. Pure attraverso una tecnica così composita la figura raggiunge robusta unità formale. PEI.OPONNESO
La produzione a Corinto è complessa. La città è aperta più di ogni altra a influssi esterni. 80
59. Terracotta da Gortyna: Athena. Iraklion, Museo. 60. Giovanetto, avorio: fiancata di lira dall’Heraion. Samos, Museo. 6 1. Avorio da Samos con Perseo e la Gorgone. Atene, Museo Nazionale. 62. Terracotta da Gortyna: busto femminile. Iraklion, Museo.
S T O R I A DF.IT. A R T I ! G R E C A
Una terracotta, databile nel secondo venticinquennio del v i i sec dimostra che esistevano in Corinto matrici siriane - o che terrecotte già lavorate veni vano importate dalla Siria. All’inizio del v,r secolo è databile una matrice che mostra motivi orientali, nord-siriani: opera di un artista orientale attivo a Coiinto o di un corinzio influenzato dai motivi orientali.
Matrici o terrecotte corinzie erano esportate certamente in Beozia e a .Rodi.
Ceramica a rilievo Già alla fine del ix secolo, poi durante l’v iu e il vii secolo a C si sviluppa la consuetudine alla fabbricazione di pithoi: spesso di di mensioni colossali, ornati da una decorazione a rilievo. I pithoi, in qualche caso funerari, sono decorati con motivi geometrici o con sce ne figurate. Queste sono ottenute plasmando l’argilla, stampigliandola con matrici piane o a rullo. Questa tecnica è caratteristica a Creta, a Rodi, nelle Cicladi.
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ET À O R I E N T A L I Z Z A N T E
della Gorgone, storie di Teseo e forse di Herakles), storie dell’epos (offerta del peplo ad Affiena, distruzione di Troia, morte di Egisto). Compaiono fi gure di animali, reali o mostruosi. Il gruppo più notevole può essere datato tra il 700 e il 650 a.C.; la produzione si esaurisce nella seconda metà del v i i secolo. Su un pithos rinvenuto a Mykonos, databile circa il 670, una rappresen tazione epica. Sul collo il cavallo di legno, su ruote, già pieno di armati che mostrano spade, scudi, elmi. Il carico di morte del cavallo mostra la sua minaccia. Attorno, in cerchio, si muovono ancora altri armati. L ’articolazio ne della narrazione ritorna in varie battute, ognuna con un avvenimento, sulla spalla e sul corpo del vaso. Scene di violenza e di morte relative alla distruzione di Ilio. Il cavallo, come sigla, campeggia sul collo: vale a testimo niare l’inganno, la frode che presiede all’avvenimento. Notevole la scena della decapitazione di una Gorgone equina (Perseo volge il capo addietro) su un esemplare della Beozia.
La possibilità di narrare avvenimenti per fasi distinte, quella di orga nizzare le figure in spazi nei quali esse campeggiano sicure, è scoper ta della ceramica cicladica a rilievo, della quale bisogna ancora valuta re l’importanza.
CRΓ/ΓΑ La produzione inizia nell’vn i secolo con esemplari caratterizzati da una decorazione geometrica. Già alla fine dell’v m secolo compaiono i primi esemplari figurati; con guerrieri, centauri.
CTCLADr
La grande maggioranza dei pithoi cicladici è stata rinvenuta nell’isola di ienos, esemplari provengono da Mykonos, Delos, Paros, Naxos Andros, Sifno, Thera, Eretria, Chios, Thasos, dall’Attica, da Tebe’ L abbondanza dei rinvenimenti di Tenos fa pensare che l’officina principale fosse nell’isola, attiva per almeno due generazioni. I vasi erano deposti nelle tombe o dedicati nei santuari.
L egn i I rinvenimenti lignei provengono quasi tutti dall’Heraion di Samos. Essi sono: statuette parti figurate di mobili, vasi, navi votive, pinakes, mobili. Il legno è tornito, inciso, intagliato a rilievo. I legni non sono tutti prodotti a Samos: una figura femminile è certamente orientale. La produzione sembra iniziare neU’vin secolo, continua per tutto il corso del vii secolo, sino a circa il 580. I rinvenimenti più notevoli sono quelli del vii secolo. Tra questi un’eccezionale figura di Hera o di un’offerente assimilata a Hera.
I pithoi possono superare r,5 o metri di altezza: hanno piede appuntito spalla ripida, collo largo e alto, labbro espanso, anse massicce, decorate a tratoro Le raffigurazioni sono disposte su registri sovrapposti: generalmente uno, al massimo due, sul collo; da uno a tre sul ventre. Gli elementi decora tivi inquadrano e distinguono i registri figurati. Le rappresentazioni più no tevoli sono generalmente sul collo. Sono rappresentate battaglie, centauromachie, divinità, scene del mito (nascita di Arhena, ratto di Europa, uccisione
La dea è in piedi, immobile, fissa. Sul capo un’altra mitra decorata con mo tivi geometrici. La veste, stretta da una cintura, scende sino ai piedi: è deco rata con una bordura ricamata, sul davanti e sull’orlo. Una mantellina, anch’essa ricamata, copre le spalle. I capelli, con riccioli sulla fronte, scendono sulle spalle; sul collo sono annodati in trecce, stretti sul dorso da un nodo. Gli avambracci, lavorati a parte, dovevano essere leggermente piegati sul da vanti; nelle mani erano gli attributi. La figura, certamente arricchita da poli cromia, era inserita in una base. Essa assimila i caratteri del simulacro di Hera. L ’impostazione richiama le creazioni della grande plastica monumen-
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liTÀ ORIliNTALIZZANTF.
tale attorno al 650 a.C. Notevole il frammento di un mobile con Zeus ed fiera, databile al 625 circa a.C. (forse da un trono).
Avori A partire dal 700 circa a.C. la consuetudine al sempre maggiore uso dell’avorio diviene comune in Grecia. I gruppi più importanti, che testimoniano botteghe specializzate, sono quelli dal santuario di Artemis orthia a Sparta, dallo Heraion di Perachora, dall’Heraion di Sa mos, dall’Artemision di Efeso. Negli anni attorno al 650 può essere datato il capolavoro della produzione in avorio. Si tratta della figura di un giovanetto, probabilmente la fiancata di una lira. La monumentalità è esaltata dalla posizione del corpo; il gusto mi nuto dei particolari non rompe l’unità formale della figura. Non è ancora possibile definire dove l’avorio sia stato creato: se a Samos stessa, o a Sparta (ma i confronti con gli avori spartani sono evidenti).
Gemme La produzione più caratteristica di sigilli è quella delle Cicladi. Nella maggioranza incisi su pietra translucida. La produzione, che forse può essere localizzata nell’isola di Melos, inizia attorno al 670 a.C.: si continua sino al 575 circa. I sigilli erano deposti come corredo nelle tombe, o dedicati come doni votivi nei santuari (anche nel continen te). I temi prediletti sono: quadrupedi, pesci, piante, animali mo struosi, esseri mostruosi, figure umane - a volte personaggi del mito (Aiace, Prometeo, Herakles), oggetti. La produzione, all’inizio ancora incerta, trova le manifestazioni più notevoli alla fine del v ii secolo quando due personalità, attive ambedue a Melos, creano scene articolate e complesse. Alcuni esemplari con il suicidio di Aia ce, con una chimera, o con una gorgone, mostrano, sia pure nella limitatezza dello spazio (le gemme misurano generalmente pochi centimetri), rara capa cità compositiva.
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6?· Orecchino da Rodi con centauro. Berlino Musei a , t Samos, Museo, naie. 65 · Met° Pa dal lempÌ° di ApoI1° a Thermos: PeTseo" Atene' M u ^ N a S
Oreficeria Una matrice di bronzo per la lavorazione dell’oro, certamente di fab brica corinzia, databile circa il 650 a.C., proviene da Corcira. I rin-
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S T O R I A D E L L ART}' , G R E C A
venimenti fanno pensare che, durante il v i i secolo, officine di orafi dovevano esistere a Corinto, a Creta, forse a Melos, a Rodi, a Efeso. ('RUTA
Nei dintorni di Cnosso, in una tomba a tholos, sono state trovate oreficerie. L ipotesi che la tomba sia stata utilizzata da una famiglia di orafi emigrati a Creta, forse dalla Siria settentrionale (che lenta mente si è adeguata alle esigenze della clientela cretese), è probabile. Gli oggetti documenterebbero il carattere della produzione tra l’8oo a.C. e il 700 a.C.
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La produzione sembra specializzarsi soprattutto nella creazione di la mine. Attorno al 700 a.C. esse presentano una decorazione geometri ca. Ma già all inizio del v i i secolo, con ogni probabilità tra il 700 e il 675, le composizioni figurate si vanno articolando. RODI
Nelle necropoli di Ialysos e di Kamiros, sono stati rinvenuti numero sissimi gioielli; qualcuno proviene da stipi votive. Erano sicuramente attive una o più officine che lavoravano l’oro, l’elettro, 1 argento. I gioielli più caratteristici sono le lamine funerarie, i diademi, gli orecchini, i pendagli, i braccialetti, gli anelli, gli spilloni, le collane o i petto rali. La tecnica più usata è quella dello sbalzo; caratteristica la granulazione e la filigrana. Le iconografie appartengono al repertorio geometrico; assimilano successivamente motivi assiri, siriaci, ciprioti. Rappresentano figure di ani mali, di donne, di uomini su carri, teste di leoni, di tori, di montoni, proto mi di serpenti, di grifi, busti o teste femminili in veduta frontale, Artemis (che a volte sostiene nelle mani due leoni, o uccelli) a volte alata, figure femminili nude, sfingi, centauri, grifi. Caratteristica Melissa: un busto femmi nile alato su un corpo di ape.
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ETÀ O R I E N T A L I Z Z A N T E
Pittura Le fonti sono d’accordo nell’attribuire a Sicione o a Corinto 1inven zione della pittura; si parla della resa del profilo delle figure (interna mente campite di colore bruno) come di scoperta corinzia. A giudi care dalla pittura dei vasi protocorinzi, notevolissime personalità sem brano attive già a partire dall inizio del secolo vii. Monumenti notevoli sono una serie di metope di terracotta dipinta, che de coravano l’Apollonion di Thermos; queste hanno caratteristiche rappresenta zioni mitiche: Perseo, il mitico cacciatore Orione, Chelidon e la sorella Aedon in atto di imbandire le carni di Itys per il padre Tereo, le Cariti, Iris, forse le figlie di Proitos re di Tirinto. A volte le figure sono accompagnate da iscrizioni esplicative con caratteri epigrafici corinzi. I colon usati sono il bianco, il giallastro, il rosso, il marrone, il nero. Le carni delle figure femmi nili sono convenzionalmente bianche, quelle delle figure maschili brune. Le figure possiedono monumentalità e sono bene calibrate nello spazio loro destinato. Un pittore corinzio, attorno al 625, fu incaricato di dipingere questi monumenti. Una delle metope sarà sostituita in età ellenistica rical cando il repertorio arcaico.
Ceramica CO RIN TO
La ceramica protocorinzia è ottenuta da un argilla di color chiaro, che in cottura diviene bruna o leggermente verdastra. I vasi sono decorati da una vernice nera o rosso bruna. Le figure sono di piccole dimensioni, completate, con l’avanzare del tempo, con la tecnica del l’incisione; in qualche caso esse presentano policromia ottenuta con bianco e paonazzo.
Attorno alla metà del v i i secolo l’oreficeria di Rodi trova le manife stazioni più clamorose con una serie di lamine d’oro, di elettro, d’ar gento ornate di figure sbalzate (soprattutto Artemis, Melissa, centau ri, sfingi, protomi femminili).
I vasi protocorinzi sono di piccole dimensioni. Si tratta di una produzione miniaturistica: la decorazione è formata da figure piccole, su registri sovrap posti. Le forme caratteristiche e più importanti sono l’aryballos, destinato a contenere essenze profumate (all’inizio di forma rotondeggiante o globulare, tende coll’andare del tempo ad assumere una forma ovoidale, successiva mente piriforme); l’alabastron, che ha la stessa funzione, le stesse dimensioni e una dinamica tettonica analoga; la kotyle, che presenta analogie con forme della ceramica attica; la oinochoe, l’olpe, la lekythos. La pisside ha general mente corpo schiacciato. In casi eccezionali la decorazione del colo degli aryballoi è plastica: a forma di leone o a testa di leone o femminile. Vasi interamente plastici, con civette, pernici, anatre, sono ancora più rari.
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ETÀ O R I E N T A L I Z Z A N T E
Vasi protocorinzi sono stati ritrovati quasi ovunque. I pezzi più ecce zionali provengono dalle città dell’Etruria meridionale, da Cuma, da Taranto, da Siracusa, da Itaca, da Corinto e da Perachora, dall’Heraion di Argo, da Egina, da Tebe, da Eretria, da Delos, da Paros, dalle città di Rodi. Uno stile protocorinzio geometrico è seguito (750-725 a seconda delle varie ipotesi) da un primo stile orientalizzante o protocorinzio arcaico (750-690: o addirittura 675) e poi da un protocorinzio medio (700-690 sino al 650 cir ca) suddiviso in due periodi (r: 700-690 sino al 675 circa; n: 675-650/640) che corrispondono approssimativamente a un primo e secondo stile a figure nere; esso si continua nel tardo stile protocorinzio (650-640 sino al 640630) che è seguito da una fase definita transizionale (640-630/625-620).
Durante il protocorinzio arcaico maturano quelle esperienze, tettoni che e decorative, che saranno della fase successiva. L ’importanza del primo stile a figure nere è soprattutto nelle sce ne narrative. Le figure giganteggiano sul vaso. Le prime rappresentazioni mostrano di scontinuità narrativa. Le figure documentano il patrimonio mitico delle po polazioni di tutta la Grecia: Zeus ed Hera, la morte di Achille, Elena e i Dioscuri avanti a una statua di Athena. Si tratta di un patrimonio abbozzato che ben presto assumerà proprietà anche da un punto di vista compositivo. Le figure divengono robuste e pesanti, cariche di movimento. I particolari sono indicati con linee graffite. Pur di dimensioni estremamente ridotte, ac quistano una monumentalità e una carica vitale sconosciute: campeggiano sul fondo con dinamica brutale, quasi costrette in fregi nei quali a fatica sanno sottomettersi. I miti hanno una carica pletorica, mancanza di misura: il ratto di Elena, il suicidio di Aiace, la lotta di Zeus contro i giganti, la morte di Achille. Compaiono scene di caccia contro animali immensi, furiosi e impla cabili. Debbono essere attribuiti al cosiddetto pittore di Aiace soprattutto gli aryballoi con il ratto di Elena e con la centauromachia. Probabilmente l’uso dell’incisione e della policromia sono sua invenzione.
Il secondo stile a figure nere rappresenta il culmine della produzione protocorinzia.
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Le forme sono calibrate e sempre più misurate. La sicurezza artigiana per mette di assimilare motivi della grande scultura. La bocca di alcuni aryballoi è in forma di protome o doppia protome femminile, di protome di leone. A questo periodo debbono essere attribuiti vasi completamente plastici: civette, anatre, pernici. La decorazione è misurata, il patrimonio decorativo pieno e
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3. STO RIA
DELL A R IE
ETÀ
O R IE N T A LIZ ZA N T E
GRECA
organico. La ripartizione dei fregi è precisa. Le figure sono tutte racchiuse entro l’incisione, la policromia più frequente. Il modulo delle figure tende a uniformarsi. Le scene si richiamano alle saghe di Herakles, ma soprattutto a quelle più tipicamente corinzie: compare più volte Bellerofonte e la Chimera, ma soprattutto è caratteristica la rappresentazione insistente di combattimenti epici: schiere di fanti si incontrano in combattimento e si scontrano non in duelli singoli, ma in schiere ordinate. Il problema delle personalità attive in questo momento è complesso. Una decina sono i pittori dei quali è possibile riconoscere Fattività. La per sonalità forse più prodigiosa è probabilmente quella del cosiddetto pittore di Bellerofonte. Il suo capolavoro è una kotyle da Egina con Bellerofonte, su Pegaso, che combatte una immensa Chimera in attesa. L ’impianto delle figu re, che occupano in altezza tutto il fregio, la rinuncia agli elementi decorati vi, la statica ansiosa e inquieta dell’avvenimento dimostrano che il pittore ha realizzato la pienezza delle sue figure monumentali.
Nel tardo stile corinzio le esperienze della produzione precedente trovano le manifestazioni più clamorose. Le forme dei vasi conti nuano quelle tradizionali. Le linee incise delle figure sono fini e manierate, la policromia raggiunge toni prima insperati. I fregi si moltiplicano. Il capolavoro di questa fase è l’olpe Chigi. Si tratta di un vaso di dimensioni eccezionali rinvenuto in una tomba nelle vicinanze di Veio: forse donato a qualche potente signore, quasi come campione. Il pittore, per la unicità del lavoro, ha forse sottomesso la propria personalità a una ufficialità di circo stanza; la monumentalità del vaso gli era inconsueta, l’imbarazzo trapela dal moltiplicarsi dei fregi. Le tecniche compaiono tutte, quasi come su un cam pionario: incisione, policromia, pittura su sfondo scuro. Spalla e ventre han no ben quattro fregi figurati; sul labbro una decorazione vegetale. Il primo fregio rappresenta due schiere di opliti che, al suono di un auleta, fanno conversione. La cura minuziosa nel descrivere le armi, il ritmo delle conver sioni ordinate, fanno di questa scena l’immagine prepotente della potenza militare di Corinto. Sul fondo nero un secondo fregio, bianco: cani inseguo no stambecchi. Il terzo fregio rappresenta il giudizio di Paride, una caccia cruenta a un leone che ha abbattuto e dilania uno dei cacciatori, un carro e una schiera di cavalieri. Nel quarto fregio ancora scene di caccia: cani che inseguono volpi e lepri, cacciatori già carichi di selvaggina che, nascosti die tro cespugli, cercano di sorprendere gli animali. In questa bibbia istoriata, elegante e sapiente, la composizione si slega. Le figure di sapore miniaturistico non reggono in spazi troppo ampi. La pittura corinzia non regge le dimensioni eccessive: fatta per gli spazi minuti stenta ad adeguarsi a registri di modulo maggiore.
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Olpe “ Chigi” . Roma, Museo di Villa Giulia.
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STO RIA
DELL ARTE
GRECA
ARCO
La produzione argiva non manifesta autonomia notevole. Pure alcuni rinvenimenti di Argo, delFHeraion, di Micene, di Tirinto permettono di affermare che, se pure sporadicamente, notevoli personalità di pit tori dovettero essere attive. Al 650 circa a.C. appartiene l’esemplare più notevole: un cratere frammen tario dove in un rettangolo della spalla è rappresentato il mito di Polifemo. Il ciclope è sdraiato, il terreno è stilizzato, rappresentato da squame (secon do una iconografìa assira). Odisseo e i suoi compagni ficcano una lancia in uno degli occhi di Polifemo, che cerca di strappare l’arma dalla ferita. La nettezza e l’equilibrio della composizione, la misura dei gesti, il ritmo incal zante dell’azione, la sensibilità cromatica fanno del frammento di Argo uno dei più notevoli prodotti della ceramografia del v i i secolo.
Br;oziA
I vasi caratteristici della Beozia sono le anfore, i crateri, le situle, gli stamnoi, le pissidi, i kantharoi, le oinochoai. L ’esemplare più caratteristico è quello con la rappresentazione di un’Artemis signora delle belve, databile attorno al 700 a.C.; sul lato posteriore la raffi gurazione di un rapace che caccia una lepre. I riempitivi di tradizione geo metrica si frantumano con spensierato gusto decorativo. Accanto compaiono elementi vegetali che perdono la loro sintassi e che raggiungono una non comune suggestione naturalistica.
EUBEA E C IC LA D I
La dispersione delle fabbriche, caratteristica di età geometrica, conti nua in età orientalizzante quando sono accertate officine con autono ma fisionomia: a Eretria, Paros, Naxos, Thera, Melos. Naxos è il centro dove spunti culturali sono assimilati e riproposti a tutte le Cicladi. L ’opera più compiuta dello stile dell’isola è un piatto da Thasos. Il pittore aveva a disposizione un ampio spazio circolare. Nel campo figurato Bellerofonte cavalca Pegaso - dalle ali spalancate, inalberato su una voluta vegetale — colpisce con la lancia la Chimera che fugge, ma volge minacciosa le fauci enormi e si scaglia con la gobba a protome di stambecco e con la coda di serpente contro l’eroe. Sul fondo avorio, modulando con diversa intensità la vernice, il pittore, con sicurezza e pochissimi pentimenti, dipinge un quadro meditato, forse attorno al 650 a.C.
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? 2 . Olpe “ Chigi” : particolare. Roma, Museo di Villa Giulia. Odisseo e Polifemo. Argo, Museo.
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Cratere frammentario:
3. STO RIA
D KI.I. A R T E
ETÀ O R IE N T A LIZZ A N T E
GRECA
A Paros è attribuita una oinochoe plastica eccezionale per forma e de corazione. Sul corpo a globo, sostenuto da un basso piede ad anello, si in nesta il collo e la testa di un grifo. Dettagli del collo e del manico sono resi con cordoni plastici di argilla, terminano con palmette. La vernice cupa si contrappone al fondo dell’argilla. Il grifo, aggressivo, dai bargigli eretti, è quasi simbolo di una crudeltà implacabile: la stessa crudeltà piena di morte che è nella rappresentazione del felino che, affaticato sulle zampe anteriori, trascina per la gola un daino. Sui lati le due figure dei cavalli - morbide, con le lunghe criniere che scendono lente sul collo e sulle fronti, i garretti sottili, le spalle e i posteriori agili e snelli - sembrano suggerire una mag giore quiete. La ceramica di Paros rinuncia a qualsiasi rappresentazione della figura umana. Una grande anfora da Melos (databile tra il 650 e il 630 a.C.) presenta scene complesse. Sul collo è la lotta di due guerrieri, forse Achille e Memnon assistiti dalle madri, Thetis ed Eos; le figure sono dipinte con sontuosità ricca di dettagli, sembrano partecipare a un torneo piuttosto che a un duello mortale. Nell’ampio spazio compreso tra le anse, Apollo suona la lira, ac compagnato dalle Horai su un carro trainato da quattro cavalli alati; sul fina le del timone un corvo, sacro al dio; incontro al fratello avanza Artemis, che torna dalla caccia e trascina un cervo. Il pittore dell’anfora di Melos mostra un talento non comune. Il ritmato e ordinato avanzare del carro, l’eleganza delle ali falcate, la ricchezza dei riempitivi, la misurata decorazione delle ve sti, nulla tolgono alla tensione della scena che si manifesta soprattutto nel ventaglio delle teste dei cavalli, in quella del cervo, nei profili delle Horai, di Apollo e soprattutto di Artemis, dal lungo naso aguzzo, l’occhio perentorio, le labbra sottili, il mento sfuggente, quasi immagine di una natura violenta e implacabile.
Ma tutta la ripartizione sinora adottata per la ceramica delle Cicladi dovrà essere rimessa in discussione in seguito ai più recenti rinveni menti.
G R E C IA
O RIEN TA LE
Attorno al 660 si nota una trasformazione del patrimonio delle fab briche. Compare il cosiddetto “stile a stambecchi”, dalla raffigurazio ne di animali più frequentemente dipinti sulle ceramiche. La trasfor mazione deve essere opera di una personalità molto qualificata. Lo stile a stambecchi viene assimilato in quasi tutte le fabbriche greco orientali. La produzione greco-orientale, prima prevalentemente limi tata a un circuito interno, ricevette dal nuovo stile un impulso note volissimo verso l’esportazione. Caratteristica la assimilazione di spunti orientali: anatolici e iranici.
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75 7 4 . Particolare di un’anfora beotica: Potnia Theron Atene, Museo Nazionale. lare di un piatto nassio: Bellerofonte e la Chimera. Ihasos, Museo.
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Partico
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GRECA
Particolare la produzione di Chios (con figure su fondo bianco). Le forme più caratteristiche della ceramica greco-orientale sono il cratere, l’anfora, il deinos, l’oinochoe, la coppa, il piatto. Particolarmente caratteristiche sono l’oinochoe, il deinos e il piatto, a volte su piede. I motivi decorativi sono vegetali stilizzati. La decorazione figurata comprende soprattutto figure di animali e di mostri. Secondo alcuni sarebbe possibile articolare le fabbriche in tre gruppi stilistici. Uno detto di Kamiros, più tradizionalista, localizzabile in una città di Rodi. Un secondo gruppo detto di Euphorbos sarebbe anch’esso localizzabile a Rodi. Un terzo gruppo è detto di Vlastos. Altri suddividono lo “stile a stambecchi” in un “ primo stile” (660-640 a.C.), in uno “stile medio” (640-600, nel quale riconoscerebbero due sottofasi), in uno “ stile tardo” (circa 600-550 a.C.). In una eccezionale oinochoe (forse databile attorno al 640) rinvenuta in Etruria (e, come la contemporanea oinochoe Chigi, campionario commercia le per l’esportazione), la forma e la decorazione sono ormai canonizzate. Il fregio di loto sul piede, l’alternanza di fregi con daini e stambecchi, le oche, gli animali mostruosi sulla spalla, le trecce che dividono i registri e si affolla no sul collo, fanno del vaso un capolavoro decorativo.
CRETA
Sembra di poter affermare che alla fine del tardo periodo geometri co, inizi nell’isola una produzione che è possibile distinguere in pri mo stile orientalizzante — circa 710-660 a.C. — e secondo stile orien talizzante — circa 660-630 a.C. Le ceramiche cretesi sono state tutte, o quasi, rinvenute nell’isola. I rinveni menti più cospicui sono quelli di Fortezza e di Arkades. Esportazioni spora diche sono documentate a Thera, Rodi, in Cirenaica, in Sicilia, in Italia me ridionale. Le forme più caratteristiche sono i pithoi e le urne funerarie, le oinochoai, gli aryballoi, gli alabastra, le kotylai, i piatti, i vasti plastici, gli scudi votivi. La decorazione è caratterizzata da elementi geometrici e da complessi motivi vegetali, corposi e massicci. Quella naturalistica soprattutto da figure di uccelli e di api. Non mancano rappresentazioni di animali mo struosi, come sfingi e grifi. Le figure umane possono essere isolate, con si gnificato cultuale; riunite in scene funerarie o mitologiche. Attorno al 650 a.C. deve essere datato uno dei vasi più notevoli: un aryballos panciuto, su basso piede, che termina con una protome femminile. Il ventre è decorato da tre scudi circolari, con decorazione vegetale. La sicu rezza tettonica e decorativa, e soprattutto l’impianto della testa, mostrano una particolare predilezione dell’area cretese per le forme plastiche monu mentali. Un aryballos da Fortezza mostra analogie tettoniche, iconografiche e formali con la ceramica corinzia.
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Oinochoe paria da Egina. Londra, British Museum. 77. Cratere frammentano da R o di con centauro. Londra, British Museum. 78. Oinochoe greco-orientale dall Etruria. R o ma, Museo di Villa Giulia. 79 · Ricostruzione grafica della scena sul collo di un anfora funeraria nassia. Atene, Museo Nazionale.
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D F.LL A RTF, G R F C A
A T TICA
Le officine ateniesi, arroccate circa sino al 700 a.C. nella tradizione geometrica, stentano a recepire i motivi della cultura orientalizzante. Vasi protoattici che assimilano caratteri orientalizzanti compaiono at torno al 710-705 a.C. a opera di un pittore la cui attività può essere seguita per circa vent’anni: il pittore di Analatos. Egli propone uno stile orientalizzante ateniese. L ’incertezza sulla acquisizione delle formule orientalizzanti si continua per circa una generazione: tra il 7 10 circa e il 680 a.C. (il cosiddetto “protoatti co antico”). Attorno al 680 a.C. il taglio con la tradizione geometrica è or mai definitivo. L’opposizione al passato è radicale: per circa una generazione tra il 680 e il 650 si cercano soluzioni autonome, non solo per quanto con cerne la tettonica dei vasi e la loro decorazione, ma anche per la tecnica stessa della pittura vascolare (l’uso, a volte indiscriminato, del bianco, inteso a sottolineare particolari più evidenti, permette di definire questo periodo come quello del cosiddetto “stile bianco e nero”). Nel periodo compreso tra il 680 e il 630 a.C., il cosiddetto “protoattico medio”, è possibile notare tentativi inediti. L ’irrequietezza e la contraddittorietà delle fabbriche si ma nifesta con alcuni capolavori, opera dei pittori più impegnati: il cosiddetto pittore della Scacchiera, quello di Polifemo, il pittore della Brocca degli arie ti. Attorno al 630 a.C. la grande crisi della ceramografia attica può dirsi superata. Il tardo stile protoattico, circa 630-600 a.C., vede personalità che portano alle estreme conseguenze la tecnica delle figure nere, assimilata dalle officine corinzie. Le forme dei vasi si canonizzano, la misura compositiva è maggiore, la stessa tecnica (l’uso sempre più notevole del paonazzo, accanto al bianco, al nero, al colore del fondo) riconducono la ceramografia attica verso caratteri più artigianali. La ceramica protoattica è stata rinvenuta in un’area ristretta, era esportata solo raramente: testimone di una crisi commerciale e politi ca. L ’ipotesi che ceramiche protoattiche siano state prodotte fuori da Atene (ad esempio ad Egina) è tutta da dimostrare. Ma certamente l’influsso dei ceramografi protoattici raggiungerà l’Argolide, così come la Sicilia e l’Italia meridionale. Per quanto concerne il protoattico an tico e medio, i vasi sono stati rinvenuti ad Atene e in Attica, a Mege ra, a Perachora, ad Argo, in Beozia, a Egina (da dove provengono esemplari qualitativamente assai notevoli), a Thera. A partire dal 630 a.C., con il protoattico tardo, l’incremento commerciale è continuo, le ceramiche vengono esportate sino in Etruria e in Egitto. I più no tevoli vasi protoattici provengono da necropoli dell’Attica: Analatos, Kynosarges, Anagyrus, Spata, località che distano pochi chilometri da Atene, oppure da Eieusi (quelli dalla necropoli del Dipylon sono più
80 A la b a s t r i figurato da Fortezza. Iraklion, Museo. 8 1. Particolare di un’anfora del pit tore di Analatos. Parigi, Louvre. 82. Cratere frammentano: lotta tra Herakles e ro; pittore della Scacchiera. Berlino, Musei.
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modesti). Sembra fossero destinati a persone che si erano volute al lontanare dalla vita cittadina, in un discreto isolamento. Il pittore di Analatos prende il nome da una hydria rinvenuta in quella località, tra Atene e il Falero. La sua attività si svolge dal 7 10 circa a.C. sino al 690 circa. La rivoluzione apportata dal pittore è caratteristica anche delle forme da lui adottate. Si tratta di vasi slanciati, anfore e hydrie; le anse hanno una decorazione con serpenti plastici e possono essere traforate. Ma il pittore, che opera in un’of ficina molto notevole, ha importanza soprattutto come ceramografo. Nella hydria dalla quale egli prende il nome, probabilmente un’opera giovanile, le iconografie sono complesse. Il capolavoro del pittore è un’anfora, dove il rifiuto della tradizione geo metrica e l’acquisizione di temi inediti è particolarmente evidente. Le sfingi, la doppia serie di coppie che danzano sul collo, al suono di un auleta, la processione dei carri sul ventre, assumono ritmi nei quali le figure hanno ciascuna una propria autonomia formale. La misurata ripartizione delle zone figurate, la dinamica dei riempitivi, quasi tutti orientalizzanti, documentano che la scelta del pittore è avvenuta con cautela, senza traumi. Il pittore di Analatos riesce a mantenere la propria misura senza lacera zioni; olimpico, riesce a sostituire un nuovo patrimonio iconografico e com positivo a quello geometrico.
La personalità alla quale possono essere attribuiti temi che saranno poi definitivi è quella del pittore della Scacchiera (il nome gli deriva da un riempitivo). Attivo attorno al 680 egli propone, dipingendo su forme vascolari originali, scegliendo una particolare tematica, un nuovo canone. Il pittore predilige vasi espansi: crateri e pithoi. Il rapporto così misurato nei crateri di età geo metrica è completamente travolto: il labbro manca completamente, le anse e il coperchio lo sovrastano. La bocca è stretta, il ventre aguzzo, teso verso il basso, il piede ripido. La decorazione è quanto mai rivoluzionaria già nelle prime opere: la negligenza per i motivi decorativi geometrici definitiva. Nel lo spazio compreso tra le anse avanzano, implacabili figure di morte, i leoni. Le figure hanno un senso di mostruosità animale sinora ignota all’arte attica: i posteriori magri, il torace enorme, la testa immensa (che spicca per essere risparmiata); un movimento cauto, fatto di contrappunti, ancora più terroriz zante. I capolavori del pittore sono stati rinvenuti a Egina. Si tratta di crate ri, o coperchi di crateri. Le scene sono di violenza e di morte. Leoni che assalgono cervi, daini, che inseguono animali, tori. Nella lotta tra Herakles e il centauro, concepita per diagonali in contra sto, nulla è superfluo: i corpi sono indicati per linee di forza, i volti con una voluta accentuazione degli occhi immensi, aggressivi. Il duello è senza rispar mio: si passa dalle armi alle mani, con una ferocia senza confini, incerta nel
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risultato: solo la spada di Herakles è simbolo della conclusione. Il pittore della Scacchiera rompe con il passato in modo perentorio e definitivo.
Legato al pittore della Scacchiera è il pittore di Polifemo. Il nome gli viene da un’anfora colossale trovata a Eieusi. La forma dell’anfora propone un modello nuovo, riprendendo probabilmen te modelli cicladici. La rappresentazione occupa solo uno dei lati, l’altro è destinato a riempitivi. Sul ventre è la rappresentazione di Perseo che, deca pitata una Medusa enfia che fluttua ormai nello spazio, è inseguito dalle so relle di quella (il capo in forma di lebete mostruoso ornato di protomi di serpenti e di leoni); Athena, implacabile, difende il suo eroe. Sulla spalla un leone avanza per attaccare un cinghiale. Sul collo Odisseo, bianco, per di stinguerlo da due compagni, infigge due lance negli occhi di Polifemo ubria co. La pittura dell’anfora è grande pittura: il pannello con la scena delle gorgoni misura m 0,52 in altezza, m 1,7 2 in larghezza. Il pittore di Polifemo ha completa padronanza di tutte le tecniche disponibili: il graffito, la campi tura nera, la vernice diluita, risparmia parte delle figure bordate solo da una linea di contorno; usa il colore bianco in qualche caso come velatura. La composizione è libera da ogni canone. Polifemo immenso si rapprende, Odisseo dà l’ ultimo balzo per conficcare le lance. E sul ventre alla avanzata delle gorgoni si oppone la piena staticità di Athena, la fuga di Perseo, lo sciabordare orizzontale di Medusa. Sui lati e sulla parte posteriore, ai riem pitivi misurati e calibrati delle scene principali, si oppongono spirali ed ele menti vegetali volutamente negligenti, tirati con vernice diluita.
Il pittore della Brocca degli arieti (dalla rappresentazione della fuga di Odisseo dall’antro di Polifemo su una brocca rinvenuta a Egina) è il protagonista principale della ceramografia protoattica. Direttamente legato al pittore di Polifemo, forse suo allievo, rie sce a canonizzare i temi proposti prima di lui. La sua attività occupa tutto il secondo venticinquennio del v i i secolo. Ritrasferendo nel mi to fatti e avvenimenti tragici, egli riesce a oggettivare la violenza che caratterizzava il pittore della Scacchiera, a raggiungere un atteggia mento meno teso. Una delle sue prime opere è un cratere da Egina. Sulle due facce due diver si temi, mitici. Un uomo, di color nero, ha gettato una rete su un personag gio, lo colpisce con una spada mentre questi ha un gesto che invoca clemen za. Ai lati due donne: una si graffia le gote in atto di disperazione. Sulla faccia opposta Artemis (e probabilmente Apollo), compie un’impresa. Sotto le anse un demone su un lato, due sull’ altro: tengono in mano alcune sfere. L esegesi delle scene è ancora discussa. Per quanto concerne la prima po trebbe essere interpretata come l’uccisione di Agamennone da parte di Egisto (o di Egisto da parte di Oreste), alla presenza di Cassandra (o di Elet-
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di Agamennone?), Particolare di un cratere: pittore della Brocot degli ^ e d O cci*one arieti. Egina, M u
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Età arcaica (600-480 a.C.)
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proprio cammino,
Nella seconda metà del v ii secolo le città della Grecia ritrovano una propria identità culturale. Esse, all’inizio del vi secolo, presentano un’autonomia definita che si articola attraverso una contrapposizione tra città del Peloponneso e città della Ionia (questa contrapposizione non può essere proposta troppo apoditticamente: si pensi, per esem pio, a Sparta che, nella prima metà del v i secolo, continua i suoi vitali rapporti con la Ionia). Le città del Peloponneso assimilano, soprattutto da un punto di vista formale, la più antica tradizione cretese, quelle della Ionia spun ti anatolici ed egiziani. La mediazione tra le due culture è operata soprattutto ad Atene che diviene tra il 57^ e il 525 a.C. l’ago della bilancia dell’intera Grecia (e non perderà mai più questa sua prero gativa). Le trasformazioni sociali che caratterizzano la Grecia in età arcai ca sono immense. Le contrapposizioni sociali di età orientalizzante si vanno stemperando, si formano classi di artigiani che si dedicano a lavori sempre più specializzati. Il benessere si diffonde in strati sem pre più ampi della popolazione, la cultura penetra in profondità nelle diverse classi sociali. Pur arroccati nei modi di un orgoglio municipale i Greci di età arcaica hanno scambi sempre più frequenti; si conoscono, soprattut to, nei santuari panellenici: in particolare a Delfi, a Olimpia. Questo può determinare a volte antagonismi culturali, mai però troppo ombrosi e testardi (come quelli che avevano caratterizzato al cune popolazioni della Grecia in età orientalizzante). La maggiore diffusione del benessere, documentato anche dalle coniazioni delle monete, si basa su una maggiore produttività. Le cit tà monopolizzano, con il proprio artigianato, precisi ambiti geografi ci. E quando Atene, circa alla metà del v i secolo, egemonizza la pro duzione ceramica, creando una vera e propria industria di esportazio ne, Corinto cerca di specializzarsi nella produzione di bronzi di lusso 104
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o di uso domestico: e vi riuscirà, dividendo questo monopolio con Sparta, sin verso la fine del vi secolo. Gli ordinamenti politici delle città si modificano, le innovazioni vengono proposte, nelle singole città, da famiglie di particolare censo. Tucidide afferma: Man mano che l’Ellade diveniva più potente e ancor più di prima badava ali acquisto della ricchezza, per lo più, nelle città, con l’accrescersi delle en trate, sorgevano tiranni [...] e l’Ellade armava flotte e tendeva più di prima al dominio del mare.
Motivi che sono alla base delle tirannie. La tirannia è un fenomeno che rappresenta rimpadronirsi del po tere da parte di una classe di imprenditori e che ha come risultato 1aumento del commercio, in particolare verso Occidente, una mag giore ricchezza e una più equa ridistribuzione di essa. Le tirannie impongono leggi e regolamenti nuovi che permettono di definire 1 modi, della vita civile delle città e del contado. Le città tendono ad articolare i propri territori, la propria sfera di influenza economica e culturale; quelle minori si trovano svantaggiate e in qualche caso si isolano nelle consuetudini più tradizionali. Intere re gioni, ad esempio Creta, vengono emarginate per l’imposizione di rotte marittime diverse da quelle che caratterizzano l’età orientaliz zante. La definizione delle città-stato impone una suddivisione del terri torio di tutta la Grecia che non subirà sostanziali mutamenti in futu ro. Per questo è necessario cercare di definire l’importanza delle sin gole città e del loro territorio agricolo. Atene che sempre era stata, sostanzialmente, l’unica città dell’Attica si trova ad avere un immenso vantaggio rispetto ad altre concentrazioni demografiche. Se Atene non riesce ad espandersi, almeno nella prima metà del v i secolo, verso Occidente, nelle ricche terre di Sicilia e della Magna Grecia (frenata da Corinto e da Siracusa e Taranto), si espande invece verso il mar di Tracia e I Ellesponto (come è documentato, tra l’altro, dai tipi delle coniazioni di quelle città). Corinto, da parte sua, mantiene durante tutto il vr secolo un’importanza notevolissima: soprattutto per il commercio verso la Grecia settentrionale (attraverso 1 Epiro), la Magna Grecia e la Sicilia (soprattutto attraverso Siracusa). Ma la sua attività trova in quella di Atene una concorrenza formidabile che diverrà sempre più pesante e che metterà in crisi la città alla fine del secolo.
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Alla politica imprenditoriale di Atene Sparta sembra opporre modi più tradizionali che si accentuano nella seconda metà del vi secolo: il possesso sempre maggiore di terreno agricolo e una minore attività commerciale, so prattutto dopo il 550 a.C. Questo fenomeno, che dovette esasperarsi alla fine del v i secolo, fu caratterizzato dall’abbandono di un maggiore cosmopo litismo e dai vitali rapporti con l’Oriente. Ma il commercio laconico verso Occidente, soprattutto attraverso Taranto, rimase molto intenso per tutta la prima metà del v i secolo; altrettanto importante quello con la Cirenaica (che offre lo spunto alla creazione più felice del pittore di Arkesilas). Le città della Ionia, in particolare Focea, Efeso, Mileto, Samos, Chios, hanno la possibilità di mediare un numero notevole di prodotti per il mon do occidentale (dalla Grecia alla Spagna), di proporre tante esperienze delle più antiche civiltà dell’Oriente. Esse hanno un ruolo di primo piano che viene inesorabilmente infranto dalla conquista persiana alla fine del vi seco lo. Samos riuscirà ad essere indipendente più a lungo, ma anch’essa termine rà il proprio potere (della sua flotta e dei suoi empori) alla fine del vi seco lo. Ma la Ionia, attraverso una rete commerciale fittissima, dal mar Nero all’Egitto alla Magna Grecia all’Etruria, riuscirà a diffondere, in particolare durante la prima metà del vi secolo, la propria cultura (anche attraverso il trasferimento di intere popolazioni nel lontano Occidente - e tra queste, evi dentemente, non pochi artigiani - in seguito alla pressione persiana). La potenza cicladica, che si manifestava con il controllo del santuario di Delos da parte di Naxos e poi di Patos, cessa alla metà del vi secolo. E Atene si sostituirà come tutnce del santuario di Apollo, divenendo essa stes sa paladina degli interessi delle isole. Questo fenomeno può essere dimostra to, tra l’altro, dal trasferimento di artisti cicladici, tra i primi, ad Atene, già nel secondo venticinquennio del vi secolo (valga la figura di Aristion di Paros, che tanta influenza ha avuto nella creazione di uno stile attico).
La storia di età arcaica è caratterizzata da avvenimenti grandiosi, che trovano nelle fonti una risonanza solo a volte adeguata. Tra questi, primo per importanza, l’espansione persiana verso Occidente. Di questa espansione Atene sembra giovarsi: cerca una politica verso le isole dell’Egeo, domina il santuario di Delos, accoglie innumerevoli profughi dalla Ionia, raccoglie l’eredità della cultura greco-orientale (con una tale intensità che la città, per quanto concerne la cultura formale, attorno al 520, sembra essere sommersa da una troppo pe rentoria proposta ionica. Ma Atene ha una lunga tradizione che le permette di reagire con autonomia a tante sollecitazioni). La storia di Atene, con Pisistrato e i Pisistratidi, è quella di una città che diviene così potente da volersi identificare in pratica con tutta la Grecia. Solo il mondo peloponnesiaco, soprattutto quello spartano (Corinto sembra aver perduto parte della propria vitalità), 107
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quello delle città doriche della Sicilia e della Magna Grecia (Siracusa T “ anj o).’ sembrf P °tersi opporre alla fortuna della città. radizione cicladica e ionica si fondono con quella ateniese oer are 1 avvio a una cultura sostanzialmente nuova. Cultura che per orgoglio di una condizione raggiunta faticosamente, consapevole del la propria forza, diviene sempre più esclusivistica Cercare di comprendere l’intima natura dei singoli Greci di età pretare dalle fontia letterarie T e dai documenti * PÌÙ è P° SSÌbÌle di delle P archeologici quella classi piu rappresentative. Ma, seppure con un margfne d^appros inazione (e con 1 alcatorietà di qualsiasi definizione), è possibikfaffer mare che la cultura materiale dei Greci d, età arcaica era c u W a so stanzialmente uniforme, non tanto per il valore degli oggetti che essi operavano, quanto per la qualità artigiana che li caratterizzava urta la popolazione e partecipe delle stesse esigenze i beni di m inore'ndln· d3SP° ng0n° si differenziano solo per la loro maggiore o preziosità, ma sono tutti lavorati con pari impegno artigiano sull^ Acropoli Γ Γ 0r8° 8lÌ° T tÌglr SOn° testimonianza ^ dediche o p e r r d T E n l1 o s ? e ffl ^ ^ dÌ PamphaÌ° S ce“ a terracotta. ^ raffig " a to in atto di tenere in mano una kylix di r a v i S f T · P‘ Ù pKZÌOSÌ’ esposti nei santuari, formano ancora la me raviglia dei visitatori; ma essi o sono dedica di dinasti orientali o appartengono a intere città (non sono più il simbolo della p“ za di do T 2 o ° l l ° ^ Una Ìamiglia)' La ^colazione dell’oro si va rarefa ven do, gioielli sono infinitamente meno frequenti di quanto non lo fos sero nel periodo precedente, l’accumulo di metallo prezioso non sem a caratteristico di una società di commercianti protesi verso il ffitu, che sembra privilegiare la circolazione, attraverso le monete di un metallo pm democratico come l’argento. L oro si accumula in mani di privati solo in aree deriferirl·^ le‘ 5 5 d e lÌo ';
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Continua, evidentemente, la produzione di ceramica dipinta (che trova, nella consuetudine monumentale e conservatrice delle anfore panatenaiche, le manifestazioni più importanti). Soprattutto nella classe meglio nota, quella di Atene (che si continua dalla fine del iv secolo sino al i a.C.), si notano alcune peculiarità notevoli. Le forme, pur continuando quelle consuete alle ceramiche classiche, tendono ad assimilare i caratteri della produzione toreutica. Sulla superficie di al cuni vasi, interamente dipinti di nero, una decorazione sovradipinta di color bianco o giallastro, spesso finita a incisione. Il repertorio è quanto mai vario, generalmente decorativo. Accanto al decadere della ceramica dipinta si ha un prevalere del la ceramica a rilievo. Convenzionalmente definita “pergamena” o “sa mia” mostra una sostanziale assimilazione di motivi toreutici (che la riconducono spesso a una condizione tettonica e stilistica subalterna, cui corrisponde una diffusione immensa). Purtroppo una classifica zione della ceramica sigillata ellenistica è ancora da definire. Presente ovunque, dalla fine del iv secolo a.C., raggiunge una qualità indu striale; a volte una proprietà formale notevole, seppure ripetitiva. Caratteristici i cosiddetti vasi “megaresi” . Si tratta di vasi emisferici, coppe, ottenuti da matrici sulle quali, con I uso del tornio, si imprimeva l’argilla; dipinta poi con vernice generalmente scura. La decorazione mostra una chiara derivazione dalla toreutica: scene di mimo, temi mitologici, figure di divinità, eroti, animali, maschere, soggetti dionisiaci, scene di palestra. Pre vale una decorazione vegeLale stilizzata con viticci o acanti, o con una serie di modanature decorative. Particolarmente importanti quei vasi che presen tano soggetti tratti daViIlia d e, dall O d issea, dal ciclo epico, ma anche dal re pertorio euripideo (più comune) o di Eschilo. Le ceramiche megaresi appartengono in sostanza alla produzione indu striale di tutto l’ellenismo. Iniziano attorno ai primi anni del in secolo, tro vano manifestazioni notevoli nel in, per poi flettersi, quanto a produzione, nel ii e ancora nel i secolo a.C. Probabilmente esse furono prodotte in un primo momento ad Atene, si diffusero poi in tutto il mondo ellenistico, a partire dal 275-250 a.C.
Un ruolo particolare assumono i vasi cosiddetti “di Hadra” . Si tratta di una classe che prende il nome da una necropoli occidentale di Alessandria che ha restituito il maggior numero di esemplari. Si trat ta di vasi di forma costante: una hydria generalmente destinata a contenere le ceneri del defunto. Non sappiamo se le ceramiche aves sero una funzione esclusivamente funeraria o fossero suppellettili di qualche rituale comune nella città (e fossero usate successivamente come cinerari).
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Le ceramiche possono essere divise in due serie. La prima, più ricca, quanto a numero (circa 200) ha una decorazione più semplice. Le figure, di colore scuro, sono dipinte sul fondo dell’argilla. Si tratta di una decora zione geometrica o floreale, a volte compaiono animali araldici: bucrani, grifi, nikai tra tripodi, eroti, profili umani, scene agonistiche, oche o arieti, delfini, ippogrifi, lotte di animali. Gli esemplari più notevoli, vivace la poli cromia, sono una minoranza e appartengono alla seconda serie. Su un’ingubbiatura chiara sono dipinti a tempera raffigurazioni di armi, di oggetti della vita quotidiana (specchi, ventagli, scarpine), di anfore panatenaiche, di centauri araldici in lotta.
La produzione tolemaica è caratterizzata, in particolare, da vasi di terracotta invetriata di color blu che recano, a rilievo, immagini di regine tolemaiche. Si tratta in grandissima parte di oinochoai, ma anche di phialai e coppe rinvenute per il 90 per cento nelle necropoli di Alessandria. L argilla è gros solana, con molte impurità, così come quella che da sempre è stata usata in Egitto; la superficie è lucida, ottenuta con ossido di rame che in cottura diviene blu cielo (eccezionalmente giallo o verde). I pezzi più notevoli supe rano di poco i 30 centimetri, contenevano circa 3 litri di liquido. La forma imita quella di vasi metallici comuni nel mondo classico. Le scene rappresen tano una regina che, reggendo una cornucopia con la sinistra, si appresta a fare una libagione su un altare. I vasi erano usati ad Alessandria durante le feste in onore delle regine: le Arsinoeia che iniziarono prima del 267-6 a.C. Conservate per ricordo del l’avvenimento erano prima spezzate, poi sepolte (in quanto legate per sem pre al proprietario) nella sua tomba. Eccezionalmente esse seguivano chi aveva partecipato alle funzioni e poi si era recato fuori di Alessandria; anche in questo caso furono sepolte con il proprietario. La preziosità è soprattutto nel colore, liquido e brillante, e in quelle immagini pacate e maestose che campiscono la superficie.
Stucchi Lo stucco è prediletto nel mondo macedone, nella decorazione dell’e sterno e dell’interno delle tombe: si prestava ad essere dipinto a co lori vivaci, risultava materiale ideale per monumenti che dovevano essere costruiti in fretta e decorati con celerità. In Egitto lo stucco trovò le manifestazioni più caratteristiche. La materia prima è praticamente inesauribile: la costa dell’Egitto è gessosa. Tutti gli edifici, le tombe, il mobilio funerario della città e del mondo tole maico sono stuccati. Gli stuccatori mostrano sicurezza e capacità: gli artigia-
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ni sono consapevoli di esprimersi con una tecnica che ben presto invade il campo delle cosiddette arti maggiori. Da Alessandria opere in stucco molto specializzate giungeranno in Afghanistan e in India, in Campania e a Roma.
Tra i documenti più notevoli un emblema con un doppio profilo di Tolemeo i e Berenice. I ritratti, che richiamano quelli di alcune mo nete (e che saranno il modello per alcuni cammei), hanno suggestio ne di impianto: il rilievo è molto alto, la fissità dello sguardo della coppia reale è imperiosa. La documentazione di stucchi necessari alla toreutica (come modelli per emblemata, cornici, manici, orli, fregi) è eccezionale. Molto importante, se pure sporadico, il gesso di un vaso acqui stato ad Athribis. Si tratta di un modello che conserva una scena particolarmente significativa. Un’azione animatissima si svolge fuori un santuario alla presenza di Isis e del piccolo Horus. Fedeli, mendicanti, piccoli commercianti, giocolieri si af follano attorno al luogo di culto; animali, architetture e vegetazione animano ancora lo sfondo. Per la complessità iconografica, il vivo senso del paesaggio, il bozzettismo delle figure, il modello è un documento insostituibile della maniera paesistica del mondo egiziano.
Toreutica La toreutica di età ellenistica è argomento di tale complessità da non poter essere definito con cifra uniforme. Per toreutica si intende la “toreutike techne” (coelatura) che consiste nel lavorare materiali malleabili (spesso preziosi) a sbalzo per dare ad essi forma e decorazione mantenendo una sostanziale complementarità tra tettonica e partitura decorativa. Tecnica che ha precedenti antichissimi e che trova ma nifestazioni caratteristiche già in età arcaica. Il materiale usato preferibilmen te è l’argento: ma lavori di toreutica sono di elettro, d’oro, di rame. I prece denti ellenistici sono già nella Atene di età classica. A Corinto dovè assume re un’importanza notevole, soprattutto quella di bronzo, per i privati. La toreutica, già nella prima metà del iv secolo, si giovò di maestranze che si dedicavano a lavori specializzati: emblemata e manici destinati a orna re il corpo dei vasi di forma più consueta. I rinvenimenti delle tombe reali di età macedone fanno pensare che in Macedonia, già alla fine del v secolo, fossero chiamati toreuti attici e soprattutto corinzi. 499. Rilievo in gesso con fregio acantino dall’Egitto. Hildesheim, Museo. 500. Oinochoe di terracotta invetriata dall’Egitto.· particolare. Stoccarda, Schlossmuseum. 501 Coppa di vetro da Trestlico. Reggio Calabria, Museo.
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Caratteristici i vasi dell’ornamento femminile. Tipici i coperchi di specchi che continuano la tradizione toreutica del iv secolo, soprat-
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STORIA
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tutto corinzia. Nel tardo periodo ellenistico, dopo il 200 a.C., la to reutica si fa ancora più complessa. Continuano le coppe emisferiche lisce o con un bordo interno e una decorazione sul fondo. Soprattut to alcune, evidentemente più eccezionali, hanno il corpo decorato a sbalzo con una decorazione vegetale (in qualche caso figurata).
Oreficeria Per quanto concerne le oreficerie quelle di età ellenistica mostrano una notevole varietà. Dipendono, almeno sino al 200 a.C., dai modi proposti dalle oreficerie macedoni che avevano avuto una vasta diffu sione in Tessaglia, Macedonia e Tracia. La grande quantità d’oro a disposizione, con Filippo e Alessan dro e i loro successori, incrementò la fabbricazione di gioielli. Le fab briche di oreficeria si spostano con facilità: esse dovevano essere fre quenti soprattutto nelle corti. Si preferiva far viaggiare gli orafi, evi dentemente, piuttosto che l’oro. Questo determinò il diffondersi di un gusto uniforme che caratterizza gran parte del materiale rinvenu to. Botteghe esistevano probabilmente presso ogni corte ellenistica. Le novità maggiori che intervengono nell’oreficeria, rispetto a quella di età classica, sino a circa il 200 a.C., sono molte. Nuovi motivi iconografici fanno la loro comparsa: tra questi, fondamentale, il nodo erculeo, con significato salutare. Tra le figure di divinità è prediletto, come spunto iconografico, Eros. Le forme si aggiornano: le protomi animali o umane, soprattutto negli orecchini, sono comunissime. Diademi con nodo erculeo si fanno sempre più frequenti a partire dal 300 a.C. circa. Le collane con pendenti di teste di animali o umane o con motivi vegetali o punte di lancia o con pietre preziose sono sempre più diffuse. Soprattutto si diffonde una nuova tecnica che vuole una policromia intensa ottenuta sia con smalto sia con l’inserto di pietre (per lo più semipreziose). Perle e smeraldi compaiono abbastanza tar di. L ’uso della filigrana, della granulazione, dello smalto caratterizza le orefi cerie, soprattutto del iv e del i t i secolo a.C. A partire dal 250 a.C. circa l’oro si fa meno frequente, gli inserti di pietre preziose più numerosi, il cangiantismo più notevole, le forme più capricciose.
I diademi sono tra i massimi capolavori dell’oreficeria ellenistica. Quelli più notevoli e fastosi sono pesanti e ricchissimi: al centro un nodo erculeo con un inserto di granato, decorato da bende filigra nate. Al nodo erculeo, si ammassano, sui lati, placche con decorazione a filigrana e smalto, e con inserti di pietre semipreziose. Da queste si dipartono una o
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502. Cammeo con coppia di dinasti tolemaici. Vienna, Kunsthistorisches 503. Particolare della Tazza Farnese. Napoli, Museo Nazionale.
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Museum.
STORIA DFXL ARTE
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più bande di maglia d’oro che terminano con chiusure decorate a filigrana e smalto.
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ETÀ E LLEN ISTIC A
spare soprattutto nel busto sul castone ovale (dove la testa è meno soffocata dai troppi simboli e attributi e mostra di rifarsi alla tradizione del ritratto del medio ellenismo).
Incisione e glittica Cammei Le raffigurazioni incise rispondono a una precisa esigenza: servivano come contrassegno di chi possedeva l’oggetto nel quale erano ricava te. Con Alessandro e poi con le dinastie ellenistiche le gemme incise divennero una necessità di stato: il sigillo o i sigilli dei dinasti, affida ti ad artisti particolarmente abili, rappresentavano il ritratto del dina sta o figure e scene che ne documentavano, attraverso simboli, perso nificazioni, allegorie, le convinzioni e il potere. La glittica di età elle nistica raggiunge un livello elevatissimo, sia nei castoni d’oro che in quelli con pietre semipreziose o preziose. Plinio afferma che Alessan dro avrebbe permesso a un solo incisore, Pyrgoteles, di rappresentare il proprio ritratto. Di lui non possediamo opere certe. L ’enorme afflusso di beni dall’Oriente determinò un amplificarsi della pro duzione glittica. Le officine dovettero mutare repertorio, creando contrappo sizioni allusive alle dinastie, alla nobiltà, agli avvenimenti di quelle classi. Le ordinazioni divennero così puntuali; gli spunti tratti a volte da grandi com posizioni, specialmente di pittura, vennero modificati sulla base delle esigen ze dei committenti. I ritratti incisi in pietre dure, a volte in castoni d’oro, furono realizzati con tecnica raffinata: in molti casi affidati agli incisori incaricati di realizzare i coni delle monete. Oltre ai castoni d’oro si usano, prevalentemente, incisio ni su pietre semipreziose, a volte di grandi dimensioni. La luminescenza del le pietre esaltava il valore delle incisioni: in particolare sulle agate striate, amatissime, utilizzate sia in piano che a taglio. Non è sempre possibile stabi lire per le incisioni una cronologia precisa (la tecnica è ovviamente ripetiti va); dati cronologici più perspicui possono essere ricavati da quelle che pre sentano ritratti di qualche personaggio noto.
Le gemme incise corrispondevano a una necessità (poter disporre di un sigillo irripetibile), mentre i cammei (a rilievo) erano destinati a decorare oggetti quanto mai vari, a dimostrare il potere le convinzio ni di chi li possedeva. La lavorazione dei cammei si sviluppò ad Alessandria probabil mente nel in secolo a.C. Le officine, che forse dipendevano dai dina sti, erano sotto il controllo di chi ordinava i pezzi e ne suggeriva le iconografie. Da Alessandria la consuetudine si diffuse in altre corti ellenistiche. I cammei rappresentavano ritratti dei dinasti (intesi come simbo lo del potere) e forse più tardi allegorie delle dinastie (spesso di non facile interpretazione: comprensibili solo a chi apparteneva alla corte o era in rapporto con essa e interpretava le intenzioni o il program ma politico dei committenti). La produzione si accentuò dopo il 150 circa a.C.
Su ambedue la testa di uno stesso dinasta. Nel primo, sul fondo ovale egli appare secondo la moda ellenistica, con benda e mantello; sull’altro, su un fondo quadrangolare, secondo la moda egiziana, con doppia corona e veste faraonica che giunge sino al collo. Rappresentano lo stesso re tolemaico sot to il duplice aspetto di dinasta ellenistico ed egiziano. Si tratta di due inci sioni gemelle, di un solo artista, certamente attivo all’inizio del u secolo a.C. Egli mostra di aver assimilato, assieme alla passionalità che caratterizzava la glittica dinastica, anche quel tanto di naturalezza, quasi malinconica, che tra-
Tra i più notevoli, un esemplare che rappresenta i profili di due re egiziani, probabilmente Tolemeo 11 e Arsinoe. Il tema iconografico è certamente tole maico: in questo caso esso è ripreso con un rilievo bassissimo che esalta i vari strati della pietra e si compiace della tenuità del colore, delle tante lumi nescenze, della lievità del risultato; è tra gli esempi più alti dell’arte ellenisti ca. II maggior capolavoro della produzione di cammei è la Tazza Farnese, già di proprietà di Federico n e poi di Lorenzo il Magnifico, La tazza fece parte del tesoro reale tolemaico: la complessa allegoria incisa nell’interno era comprensibile solo a chi fosse stato educato nell’ambiente della corte di Alessandria. Eseguita tra il 12 0 e il 100 a.C., permette di avere un’idea di come si presentavano le raccolte di vasi preziosi nei tesori delle corti elleni stiche. All’interno è la personificazione del Nilo e della fertilità delle sue pie ne. Ai piedi della figura del fiume, sdraiata su una sfinge, è la personificazio ne dell’inondazione in sembianze di Isis. Avanti è Triptolemos-Horus a do cumentare la ricchezza dei raccolti. Le figure dei giovani rappresentano i venti che favoriscono l’inondazione, quelle femminili le stagioni della piena e del raccolto. L ’allegoria di stato trova nella tazza una manifestazione irripeti bile: la narrazione è ricca di personificazioni e di simboli, tutta allusiva, inte sa a fondere programmaticamente il patrimonio culturale ellenistico con quello di tradizione egiziana, compenetrando iconografie diverse che diven-
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I capolavori maggiori deU’incisione ellenistica sono su due anelli d’oro.
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gono complementari. Opera volutamente eclettica, allusiva e insinuante nella raccomandazione programmatica del tondo interno, proposta perentoriamen te solo all’esterno della livida, quasi apoplettica, terribilità della Gorgone.
Accanto ai capolavori del mondo tolemaico quelli, seppure meno cla morosi, asiatici. Un cammeo con il ritratto di Mitridate è un capola voro dell’ultimo ellenismo. Il re, i lunghi capelli sciolti, l’espressione ispirata, in colloquio, con gli dei, mostra tutta la propria enfasi trionfale. Il rilievo bassissimo, le straordinarie luminescenze, il taglio ovale della pietra fanno di quest’opera, che appartene va probabilmente allo stesso tesoro del re, una delle massime realizzazioni dell’ellenismo.
Un incisore, Protarchos, forse attivo a Roma attorno al 70 circa a.C., si formò certamente in Asia minore. Probabilmente fu uno degli artisti di Mitridate o raccolse l’eredità di coloro che lavorava no per quel re: amantissimo di pietre preziose. Forse eseguito a Roma un cammeo con Eros sul leone domato è espressione di gu sto epigrammatico. Per quanto concerne Alessandria è importantissima (proprio alla fine del momento ellenistico della città) fattività degli incisori al ser vizio di Antonio e Cleopatra. Nelle iconografie emergono motivi dio nisiaci. La diffusione del motivo iconografico del thiasos dionisiaco obbediva a una precisa esigenza. Dionysos, il dio che ritorna dall’O riente con il thiasos di satiri e menadi, era stato prediletto da Ales sandro, che in lui si era assimilato. Il thiasos dionisiaco riproponeva l’ideologia stessa di Alessandro: la necessità di un impero universale da realizzarsi attraverso la conquista di tutto l’Oriente. L ’incisore So stratos fu l’interprete di Antonio e Cleopatra nel decennio tra il 40 e il 3 1 a.C.: decennio che si concluse tragicamente con Azio.
j o 4 . Cammeo d i Sostratos con trionfo d i Antonio-Dionysos. Napoli, Museo Nazionale 505. Cammeo di Protarchos con Eros su un leone. Firenze, Museo Archeologico.
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Il suo capolavoro è un cammeo nel quale Dionysos è sdraiato su un carro, appoggia il braccio forse a un satiro: la veste si apre come nimbo trionfale dietro di lui, un albero di platano sembra volergli fare ombra. Due psychai trascinano la biga, incitate da un erote che agita la fiaccola; un altro erote guarda il dio e spinge le ruote del carro. La composizione è allusiva alle fortune di Antonio. Il trionfo di lui (il ritorno del nuovo Dionysos dall’A r menia nel 34 a.C.) è colto in un momento di passione e abbandono. Anto nio è dio, nimbato, sempre giovane, con il proprio corteo di satiri; l’avveni mento di guerra è sottinteso, implicito nella sfrenatezza del thiasos cui nulla può opporsi. Antonio è padrone del proprio destino per merito di Eros: il corteo dei satiri è il thiasos che egli ha saputo raccogliere attorno a sé e che si rinnova nella lotta.
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STORTA D EL L A R T E
GRECA
Lo studio della personalità di Sostratos e delle esigenze che egli ma nifesta nelle sue opere è molto complesso: sarebbe un errore voler considerare l’incisore solo un illustratore della vita privata di Antonio e Cleopatra ad Alessandria. Egli seppe esprimere le esigenze della politica alessandrina di Antonio. Le due sfere, quella pubblica e quel la privata, non sono in contrasto nell’opera dell’incisore, ma comple mentari tra loro. Immagini fervide di una vita che assimila i protago nisti agli dei: il nuovo Dionysos e Afrodite. E il mondo stesso che Antonio, sciolta la «famosa associazione dei viventi inimitabili», for mata l’altra dei «compagni di morte», sentirà fuggire dopo Azio quando il destino apparve più caduco e implacabile e sembrò che nella notte fuggendo verso gli avversari «il dio che Antonio aveva per tutta la vita particolarmente imitato e assimilato, lo abbandonasse».
Pittura Notevoli i dati relativi alla pittura della prima età ellenistica, in segui to alle scoperte di Vergina; più modesti quelli della pittura più tarda. APELLF.S
I temi della pittura di età ellenistica sembra debbano essere stati de finiti, sia sul piano iconografico che su quello formale, dall’ecceziona le personalità di Apelles. Sembra che egli sia nato a Kolophon (se condo altri a Efeso o a Kos), comunque in Asia minore. Con ogni probabilità per interessamento di Pamphilos di Amphipolis fu pre sentato alla corte macedone, dove fu attivissimo, soprattutto nel rap presentare i dinasti. Prima di raggiungere la Macedonia, probabil mente, si fermò ad Atene. Era nato tra il 380 e il 370 a.C., la pie nezza della sua attività è posta al 332-329 a.C.: forse in rapporto con le maggiori imprese di Alessandro del quale le fonti affermano essere stato il solo ritrattista. E probabile che seguisse Alessandro in Asia; era certamente a Efeso nell’estate del 334 a.C. quando il sovrano posò per il pittore. Da Efeso sembra si sia trasferito nella vicina Kos, poi ad Alessandria alla corte di Tolemeo 1. Forse morì a Kos, dove si conservava una sua Afrodite finita solo nella parte superiore. Secondo le fonti di Plinio sembra che egli usasse solo i quattro colori fondamentali (bianco, giallo, rosso, nero), ma con ogni probabilità sfruttava anche
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507 506. Cammeo con Mitridate v i. Firenze, Museo Archeologico. 507. Decorazione di una tomba della necropoli di Mustapha Pasha ad Alessandria.
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STORIA
DELL ARTE
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GRECA
il verde e il blu. Famoso era il colorito di alcune sue figure, soprattutto femminili. Sembra abbia inventato una vernice scura, ottenuta bruciando l’a vorio, che gli serviva sia per preservare la superficie dei dipinti, sia per ab bassare i toni dei colori più vivi e dare all’insieme una luminosità ancora più accentuata. Apclles fu pittore di quadri da cavalletto, dove portava alle estreme con seguenze la ricerca luministica. La sua operosità dovè essere esemplare: gli viene attribuito un motto, divenuto famoso: «nulla dies sine linea». Racco mandava di seguire costantemente la propria vocazione pittorica, la grazia, evitando ogni minuzia e pedanteria. Linea funzionale e chiaroscuro furono i punti di partenza nella produzione di Apelles; questi si univano a un croma tismo acceso che creava volumi attraverso lumi (dei quali egli esaspera il significato).
Il grande quadro che rappresentava Alessandro, quasi Zeus, col ful mine in mano era caratteristico della sua arte: in esso sembrava che la folgore esplodesse dal fondo. Lo scorcio aveva per Apelles impor tanza fondamentale. Più che il panneggio, sembra egli preferisse il nudo. Il cromatismo di Apelles trionfava soprattutto nella rappresen tazione dell’epidermide delle sue figure. Ma su una personalità così complessa ben poco si può concludere.
ETÀ
ELLENISTICA
Il suo quadro più famoso rappresenta le nozze di Alessandro e Roxane di Persia. La scena doveva presentarsi gioiosa, gli amorini erano protagonisti di una allegoria che significava, attraverso il matrimonio, Γ avvenuto accor do tra Oriente e Occidente. La scena si svolgeva nel chiuso, entro la ca mera nuziale.
ANTIPHILOS
Antiphilos (che Quintiliano ricorda come uno dei sette maggiori pit tori dell’età di Alessandro) sembra fosse nato in Egitto. Dovè essere contemporaneo di Apelles, o piu anziano: invidioso della fortuna di lui, cercò di calunniarlo presso Tolemeo 1. In seguito a ciò Apelles avrebbe dipinto la sua famosa allegoria della calunnia. L inimicizia può essere stata reale: ambedue i pittori lavoravano per la stessa clientela. Sembra che, come Protogenes e Apelles, avesse una partico lare sensibilità luministica. Possedeva talento e facilità nel dipingere, a tempera e ad encausto. Dovè essere un pittore accademico, particolarmente sensibile alla segnalazio ne di annotazioni psicologiche e alla rappresentazione di interni e di contra sti luministici.
PROTOGENES LA PITTURA AD ALESSANDRIA E IN ASIA
La personalità di Protogenes è diversa, ma forse complementare di quella di Apelles. Protogenes era nato a Kaunos, in Asia minore, cit tà sottomessa a Rodi dove il pittore visse gran parte della propria vita. Nato attorno al 370 a.C., morì agli inizi del ni secolo. Forse il carattere eclettico di Protogenes lo portava a prediligere figure isola te, estrapolate da contesti iconografici anche non suoi; in qualche caso a riprodurre in pittura, elaborandoli, schemi iconografici tratti dalla scultura. Nella scelta dei soggetti, la puntigliosità nell’eseguire i dettagli, la laboriosità professionale, Protogenes mostra di essere un artista rievocativo, probabil mente di gusto classicistico.
I documenti della pittura in Egitto sono pochi, e pertanto non è pos sibile estrarre da essi un giudizio sulla pittura alessandrina. Un sovraporta dipinto nella necropoli di Mustapha Pasha, databile ancora nella prima metà del 111 secolo a.C., rappresenta tre cavalieri su cavalli im pennati, che libano con la destra. Tra di essi, alternate, due figure femminili, libano anch’esse. La scena è dipinta con scioltezza e disinvoltura nell ampio riquadro della fronte. Il pannello testimonia l’esistenza di una notevole scuo la di pittura già nel in secolo a.C.
Poche le stele dipinte dalla necropoli di Sidone. AETION
Aetion, a giudicare dal nome, sembra fosse di origine ionica. Proba bilmente, forse come Protogenes, si educò alla scuola di pittura atti ca. Era anche scultore.
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Particolarmente notevole un Dioskourides rappresentato nel naiskos di una stele decorata da uno zoccolo di finto alabastro. Il guerriero è rappresentato di profilo, con largo scudo ovale, la spada sollevata nella destra. Nel fronto ne la stella macedone. La stele può essere datata tra la fine del iv e l’inizio del
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F .T À
F .L L F .N I S T I G A
Mosaici L ’arte del mosaico trova a Pella la documentazione più sontuosa. D i verse le esigenze del mosaico ellenistico. EGITTO
Il materiale egiziano è, sul piano documentario, sostanzialmente po vero. Un mosaico da Alessandria con una figura di guerriero e una bordura con grifi araldici su tre lati presenta la tecnica macedone (è databile al 320-300 a.C.). Un grande mosaico policromo mostra una cornice molto elaborata, con torri stilizzate, doppio meandro in prospettiva, e, al centro, un emblema bordato da una treccia complessa: al centro la personificazione di una città marinara. Il mosaico è firmato: «Sophilos epoiei». Apparteneva a una casa di abitazio ne, ed è databile attorno al 200 a.C. La personificazione, probabilmente del la stessa Alessandria, è caratterizzata dagli occhi immensi, da una fissità cri stallizzata: deriva da un quadro di notevole impegno.
PERGAMO
La documentazione di mosaici è ricca soprattutto a Pergamo. Un esemplare presenta una serie complessa di bordure. Al centro un emblema, sfortunatamente scomparso, con la firma dell’artista: «Hephaistion», entro un cartiglio. Dati di scavo sembra permettano di datare il mosaico nel regno di Eumene 11 (19 7 -159 a.C.).
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Ma il mosaico più importante di Pergamo proveniente dalla cittadella, è di notevolissima fattura. E collocato in uno spazio rettangolare, entro una dop pia cornice un campo figurato, bordato sui lati lunghi da una serie di tre festoni floreali. Al centro tre emblemata: uno con la figura di un pappagallo, più in alto gli altri due con maschere. La straordinaria qualità dell’esecuzio ne, l’uso del fondo scuro sullo sfondo della figura del pappagallo, la tecnica mirabile dell’esecuzione delle maschere fanno di questo esemplare un capola voro: un prototipo certamente della prima metà del ir secolo a.C.
DELOS
508. Pittura con Alessandro in trono, forse dall’originale di Apelles. Pompei, Casa dei Vetm. 509. Mosaico firmato da Sophilos. Alessandria, Museo. 5 10 . Bordura di un mosaico dalla acropoli di Pergamo. Berlino, Musei.
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La documentazione più imponente è quella di Delos. Non è possibile stabilire con certezza a quali maestranze possano essere attribuite al489
STORTA D E M , A R T E
GRECA
cune opere: maestranze evidentemente esterne, che si recavano nell’i sola da altri centri del mondo ellenistico. I mosaici di Delos formano il gruppo più omogeneo e compatto tra quelli di età ellenistica. Tutti sostanzialmente tardi: essi sono stati messi in opera in edifici dei quali sono note le fasi edilizie, tra il 13 0 e Γ88 a.C. Alcuni mosaici, evidenti imitazioni di grande pittura, erano eseguiti in botte ghe specializzate, con tessere policrome, e inseriti più tardi, come emblemata, nei pavimenti. I temi dei mosaici policromi più notevoli derivano dalla grande pittura: così quello delle colombe che bevono in un vaso di bronzo (che Plinio attribuisce, come originale, a un Sosos di Pergamo) o quello con Dionysos sulla pantera (del quale si conoscono tre esemplari e che deriva certamente da un archetipo forse del in secolo a.C.).
FONTI LETTERARIE
Ma a questa povertà delle fonti archeologiche si può supplire attra verso una lettura delle fonti scritte. Per quanto concerne l’Egitto, in particolare Alessandria, le descrizioni della nave di Ierone n di Sira cusa donata al re d’Egitto (dopo la metà del in secolo a.C.) parlano di scene àù l’Iliade che ornavano pavimenti, evidentemente in mosai co. Opere analoghe erano di proprietà di Tolemeo iv (220-205 a.C.). Per quanto concerne Pergamo, Plinio ricorda un tale Sosos che nella città aveva eseguito un «asaratos oikos», cioè un pavimento non spazzato e un emblema con colombe sull’orlo di un vaso colmo d’ac qua nel quale si specchiavano. DOCUMENTAZIONE INDIRETTA SUL MOSAICO ELLENISTICO
La documentazione sul mosaico ellenistico non può prescindere dagli esemplari rinvenuti in Italia, a partire da un capolavoro della prima pittura ellenistica: il mosaico di Alessandro. Scoperto a Pompei nella casa del Fauno, era probabilmente stato importato, attorno alla se conda metà del 11 secolo a.C., forse da Alessandria. Di dimensioni colossali è realizzato con pietre piccolissime. La tecnica stessa mostra che con unità di colore così minute si è voluta realizzare, in materiale non deperibile, una precisa imitazione della pittura. In questo caso la copia di una grande pittura. E rappresentata una battaglia tra le più decisive:
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5 1 1 . Particolare del mosaico di Alessandro. Napoli, Museo Nazionale. 5 1 2 . Particolare di un mosaico nilotico da Palestrina. Palestrina, Museo.
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STORIA
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Alessandro vince su Dario. Non sappiamo esattamente quale battaglia sia rappresentata: probabilmente l’autore deH’originale dal quale dipende il mo saico è Philoxenos di Eretria che dipinse per Cassandra di Macedonia. L ’av venimento è drammatico e patetico. Alessandro a cavallo trafigge con la lun ga lancia un dignitario persiano. Il re Dario si volge verso di lui con un gesto di dolore dall’alto del carro reale: ma l’auriga sferza la quadriga nera per portare il signore fuori pericolo. Sul fondo un albero spoglio, le lunghe lance macedoni; in basso le armi abbandonate o infrante. Nei protagonisti atteggiamenti diversi: Alessandro ha il capo scoperto, l’occhio immenso; e chi sceso da cavallo e vista l’inutilità dell’aiuto si accinge alla fuga; chi rico nosce il dramma della propria solitudine vedendo la propria immagine rifles sa su uno scudo lucente. La rappresentazione precisa del costume achemenide, delle stoffe e delle armi, non ha nulla di esotico. La scena ha come soggetto una mischia nella quale si esaltano sentimenti tutti umani: la consa pevolezza del proprio eroismo, il dolore generoso, la paura. I colori del mosaico sono sostanzialmente ricchi, ma fusi in una scala cromatica molto uniforme. Le lumeggiature ne esaltano la densità. La gran de composizione non ha nulla di pletorico: il trionfalismo della vittoria si stempera nei molti atteggiamenti di trionfo e di disfatta.
Motivi naturalistici tornano in un mosaico, di Palestrina, purtroppo frammentario, con rappresentazioni di animali marini e di un porto (forse quello stesso di Alessandria). Fenomenale il grande mosaico con la scena di un’inondazione del Nilo. Esso offre la possibilità, su una superficie immensa, di descrivere numerosis sime annotazioni di natura animale, vegetale, minerale, di cogliere aspetti della natura topografica di tutta la valle del fiume. Ancora incerto per quan to concerne la cronologia, esso deriva da un prototipo del n secolo a.C. Specialmente in alcuni dettagli, come quello di un volo di cicogne su un villaggio, si manifesta come un capolavoro elevatissimo per composizione e gusto cromatico.
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Κ.ΤΛ e l l e n i s t i c a
Alla prima metà del tu secolo (a scuola macedone) appartengono gli origina li dai quali derivano alcune figure di una villa a Boscoreale (eseguite alla metà circa del 1 secolo a.C.). Purtroppo (ed è esempio caratteristico per quanto concerne le megalografie) la composizione di insieme è stata frantu mata per essere adattata a spunto decorativo. Nella pittura pergamena dovettero trovare manifestazioni notevoli alcune rappresentazioni delle lotte contro i Galati. Senza di esse non è possibile comprendere come si siano potute organizzare alcune iconografie dei sarcofagi romani con scene di battaglia. La ricerca di tipi iconografici, la defini zione etnografica dei protagonisti (soprattutto di quelli vinti), ci permette di ipotizzare che tra la fine del m e la prima metà del 11 secolo pitture con galatomachie dovevano essere particolarmente diffuse nella città. Le fonti indicano in Demetrios, alessandrino, un disegnatore di vedute, un ricercatore del 11 secolo a.C.: probabilmente un cartografo (nel senso proposto dalla scena dell’inondazione del Nilo nel mosaico di Palestrina). La ricerca dello spazio durante il π secolo a.C. dovè raggiungere in ogni am biente del mondo ellenistico vette notevoli. Alla fine (?) del 11 secolo dovette anche iniziare (probabilmente in Asia minore) la rappresentazione di scenografie dipinte per teatri ed edifici per lo spettacolo. La decorazione delle pareti domestiche al principio del 1 secolo, predili ge un’articolazione di scenografie architettoniche. Queste decorazioni diven gono ben presto caratteristiche in tutto il Mediterraneo: spesso a scapito della tettonica degli ambienti. Debbono aver tratto lo spunto dalle pitture che decoravano la scaenae frontes dei teatri ellenistici, in particolare dell’Asia minore. A scuola attica possono essere attribuite alcune pitture tratte dal reper torio classicistico, in modo particolare del v e del iv secolo. Tra le opere più notevoli un monocromo su una lastra di marmo, rinvenuto a Ercolano, rap presenta la riconciliazione tra Niobe e Lato alla presenza di figure femminili (due delle quali giocano agli astragali). Firmato da Alexandros di Atene, te stimonia la reviviscenza dei motivi della pittura attica dell ultimo trentennio del v secolo: le figure si articolano nello spazio come statue isolate.
Alcuni problemi della pittura ellenistica attraverso fonti indirette Il problema della pittura ellenistica si presenta molto complesso per la mancanza di originali che permettano un esame diretto delle opere di quel periodo. La stessa produzione artigiana è sostanzialmente scarsa. Pure, attraverso un esame critico, si riesce a ottenere qualche spunto per comprendere quale fosse la problematica che l’ellenismo pittorico si andava ponendo. 492
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Indicazioni bibliografiche
Generali Lessici fondamentali sono: ΓE nciclopedia d e ll’A rte A n tica Classica e O rientale, voli, i - v i i , Roma 1958-1966, più un Supplem ento, 19 73 e un Secondo Supplem en to, 1994-1997 e, per quanto concerne il repertorio iconografico, il Lexikon Iconographicum M ythologiae Classicae, voli, i - v i i i , Zurich-Munchen 19 8 1-19 9 7 . Si ricordano, inoltre, solo pochissimi studi fondamentali e alcuni contri buti, critici ed espositivi, più recenti. Il migliore inquadramento sull’arte greca è, oggi, quello di M. Robert son, A H istory o f G reek A rt, voli. 1-11, Cambridge 19 75. Finissime alcune esegesi di N. M. Kontoleon, A spects de la G rece Préclassique, Paris 1970. Edizioni di sculture: A n tik e Plastik, 1-24, Berlin e Munchen 1962-1995. Edizioni di ceramiche: K eram eus, 1-10 , Mainz 19 75-19 9 7. Sulle fonti letterarie si confronti J. Overbeck, D ie A ntiken Schriftquellen zur Geschichte d er bilden den K ù n sle b e i den G riechen, Leipzig 1868; J. Rcinach, K ecu eil M illiet, Textes grecs et latins relatifs à l ’histoire de la pein tu re an cienne, Paris 19 2 1. Per la ricostruzione dell’attività degli artisti sulla base delle fonti si veda H. Brunn, Geschichte der griechischen K iin stler, Stuttgart 1889. Sulla architettura: R. Ginouvès, R. Martin, D ictionnaire m éthodique de Γarchitecture grecque et rom aine, 1-11, Atene-Roma 1985-1992. Sulla rappresentazione di saghe mitologiche: K. Schefold, G ò lter — und H eldensagen d er G riechen in der Frùh — u nd ìlocharchaischen K unst, Munchen 1993; cfr. H. A. Shapiro, M yth into A rt. P oet and P ainter in C lassical G reece, London-New Y ork 1994 (e, per le personificazioni: Personifications in G reek A rt, Zurich 1993). Per la scultura, sino all’età ellenistica, è ricchissimo di dati Ch. Picard, M an u el d ’archeologie grecque, L a sculpture, voli, i - i v , Paris 19 35-19 59 . In ge nerale, ora: C. Rolley, L a Sculpture G recque, r, D es origines au m ilieu du sied e, Paris 1994. Interessante: editori O. Palagia - J. J. Pollitt, Personal Styles in G reek Sculpture, Cambridge 1996. Sulle fonti epigrafiche, si veda E. Lòwy, Inschriften griechischer Bildhauer, Leipzig 1885; J. Marcadé, K ecu eil des Signatures de Sculpteurs G recs, voli. 1-11, Paris 19 5 3 -19 5 7 .
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STORIA
DELL A RTF
GRECA
Età protogeometrica Gli studi sull’arte protogeometrica non possono essere dissociati da quelli relativi all’arte geometrica. La bibliografia si completa, pertanto, con quella del capitolo seguente. Per un’informazione generale si veda ora anche The Cambridge Ancient History, voi. in, parte ι, I he Prehistory of thè Balkans; thè Middle East and thè Aegean World, Tenth to Eighth Centuries B.C., Cambridge 1982 (trad. it. Milano 1985); Chester G . Starr, The Origins of Greek Civilization, New York 19 6 1 (trad. it. Roma 1964); V. R. d’A. Desborough, The
Lasl Mycenaeans and Their Successori, An Archaeological Survey, c. 1200-c. ì o o o B.C., Oxford 1964; Rhys Carpenter, Discontinuity in Greek Civilization, Cambridge 1966 (trad. it. Torino 1969); C. G . Styrenius, Suhmycenaean Studies, Lund 1967; V. R. d’A. Desborough, The Greek Dark Ages, London 19 72; D. Ridgway, L ’alba della Magna Grecia, Milano 1984; G . Buchner-D . Ridgway, Pithekoussai, 1. La necropoli, “Mon. Acc. Lincei”, l v , Roma 1993. Sulla ceramica in particolare si veda: V. R. d’A. Desborough, Protogeometric Pottery, Oxford 19 52; Lefkandi i -π, London 1979 -19 9 3. Sul centauro da Xeropolis (Lefkandi), in Eubea: V. R. d’A. Desborough, R. V. Nicholls, M. Popham, A Euboean Centaur, in “Ann. Brit. Sch. Athens” , 65, 1970, p. 2 1 ss. Sulla ceramica cretese: J. N. Coldstream, A Protogeometric Nature Goddess from Knossos, in “Bull. Inst. Class. Studies” , 3 1, 1984, p. 93 ss.
Età geometrica Fondamentale è B. Schweitzer, Die geometrische Kunst Griechenlands, Kóln 1969 (trad. inglese Greek Geometrie Art, London 19 7 1) . Si vedano pure J. N. Coldstream, Geometrie Greece, London 19 77; Archaeologia Homerica. N, 2. F. Canciani, Bildniskunst, Teil 2, Góttingen 1984. Sui rapporti tra Grecia e Orien te si veda: P. J. Riis, Sukas, 1, The North-East Sanctuary and thè First Setting of Greeks in Syria and Palestina, Kobenhavn 1970. Considerazioni sociologiche in: I. Morris, Burial and Ancient Society. The Rise o f thè Greek City State, Cambridge 1987; Death-ritual and Social Structure in Classical Antiquity, ib. 1992. Sulla scoperta della tomba di una ricca donna sulle pendici dell’Areopa go confronta: E. Lord Smithson, The Tomb of a Rich Lady, ca. 850 b.C., in “Elesperia” , 38, 1968, p. 77 ss.; J. Coldstream, The Rich Lady of thè Areiopagos and Her Contemporaries, in “Hesperia”, 64, 1995, p. 39 1 ss. Sull’urbanistica: A. Giuliano, in “Xenia” , 7, 1984, p. 3 ss.; A. Mersch, Studien zur Siedlungsgeschichte Attikas von 950 bis 400 v. Chr., Frankfurt a. M. 1996. Generali sull’architettura: Archaeologia Homerica. O. FI. Drerup, Griechische Baukunst in geometrischer Zeit, Góttingen 19 63; A. Mallwitz, Kritisches zur Architektur Griechenlands im 8. und 7. ]ahrhundert, in “Arch. Anz.” , 19 8 1, p. 599 ss.; A. Mazarakis Ainian, From Rulers’ Dwelling to Temples. Architecture, Religion and Society in Early Iron Age Greece ( 1 too-yoo B. C.), Jonsered
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INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
1997; sull’origine degli ordini architettonici, riproposta dai rinvenimenti di Eretria, P. Auberson, La reconstitution du Daphnéphoréion d’Erétrie, in “Antike Kunst” , 17 , 1974, p. 60 ss.; il problema è riproposto per il mondo corin zio da O. Broneer, Isthmia, 1, Tempie ofPoseidon, Princeton, N .J., 19 7 1. Ora: A. Mazarakis-Ainian, Contnbution à l’étude de Γarchitecture religieuse grecque des àges ohscurs, in “Ant. Class.” , l i v , 1985, p. 5 ss. Sui santuari: C. Morgan, Athletes and Oracles. The Transformation of Olympia and Delphi in thè Eighth Century B.C., Cambridge 1989. Su Emporion si veda: J. Boardman, Excavations in Chos, 1952-1955Greek Emporio, London 1967. Su Zagora: A. Cambitoglou - A. Birchall - J. J. Coulton, Zagora, 2. Excavation of a Geometrie Town on thè Island of Andros, Athens 1988. Sui modelli rinvenuti nei santuari e nelle necropoli: H. G . G . Payne, Perachora. The Sanctuaries of Fiera Akraia and Limema, 1, Oxford 1940. T. G. Schattner, Griechische Hausmodelle. Ldntersuchungen zur friègriechischen Archi tektur, Berlin 1990. Sulla plastica, ora: W. F u c h s-J. Floren, Die Griechische Plaslik, 1, Die Geometrische und archaische Plastik, von J. Floren, Miinchen 1987. Sulla ceramica è fondamentale: J. N. Coldstream, Greek Geometrie Potte ry, London 1968. Per la ceramica argiva rimane fondamentale: P. Courbin, La Céramique géometrique de l’Argolide, Paris 1966. Per la metallotecnica: Olympische Forschungen, X . M. Maas, Die geometnschen Dreifùsse von Olympia, Berlin 1978; M. Maas, Kretische Votivdreifùsse, in “Ath. Mitt.” , 92, 1977, p. 33 ss.; Fouilles de Delphes, v, 3. C. Rolley, Les Trépieds à Cuve Clouée, Paris 19 77; Olympische Forschungen, xn . W. D. Fleilmeyer, Frùhe olympische Bronzefiguren. Die Tiervotive, Berlin 1979. Per la corazza di Argo: P. Courbin, Une tombe d ’Argos, in “Bull. Coir. Hell.” , 8 1, 19 57, p· 322 ss. Sull’oreficeria: D. Ohly, Griechische Goldbleche des 8. Jhs. v. Chr., Berlin
1953-
Sulle rappresentazioni mitologiche si veda: J. Carter, The Beginnings of Narrative Art in thè Greek Geometrie Period, in “Ann. Brit. Sch. Athens” , 67, 19 72, pp. 25 ss.; G . Ahlberg-Cornell, Myth and Epos in Early Greek Art. Representation and interpretation, Jonsered T992. Sui rapporti tra fonti letterarie e cultura artistica: R. Hampe, Die Gleichnisse Homers und die Bildkunst seiner Zeit, Tiibingen 1952. Sui legni con rappresentazioni geometriche: D. Ohly, Holz, in “Ath. M itt.” , 68, 19 53, p. 77 ss.
Età orientalizzante Per l’età orientalizzante in generale si veda ora: Cambridge Ancient History, voi. in , parte 3, The Expansion of thè Greek World. Eighth to Sixth Century B.C., Cambridge 1982; L. Jeffery, Archaic Greece, London 1977.
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STORIA
DELL ARTE
GRECA
Sui problemi dei rapporti con l’Oriente è ancora utile F. Poulsen, Der Orient und die frùhgriechische Kunst, Leipzig-Berlin 19 12 . Una fondamentale impostazione critica è in T. J. Dunbabin, The Greeks and their Eastern Neighbours, London 19 57. Si veda pure P. Amandry, ha Grece d’Asie et d’Anatolie du & au 6' siècle avant Jésus-Christ, in “Anatolica” , 2, 1968, p. 87 ss.; E. Akurgal, Influences orientales sur Tari grec aux v n f et v ii siècles av. J.C., in “Ann. Arch. Syr.”, 2 1, 19 7 1, p. 5 ss. Ora, id., Griechische und rómische Kunst in der Tùrkei, Munchen 1987. Sulle importazioni orientali si veda: Samos vur. U. Jantzen, Àgyptische und orientahsche Bronzen aus dem Heraion von Samos, Bonn 19 72. Ora, in generale: I. Kilian-Dirlmeier, Eremde Weihungen in griechischen Heiligtumern von 8. bis zum Beginn des 7. jahrhunderts v. Chr., in “Jahrb. Ròm.-Germ. Zentr. Mus. Mainz” , 32, 1983, p. 2 15 ss. Su eventuali prototipi orientali presi a modello: O. W. Muscarella, A Bronze Vase form Iran and its Greek Connections, in “Metropolitan Museum Journal” , 5, 19 72, p. 25 ss. Sulla colonizzazione: J. Boardman, The Greek Overseas, London 19 8 0 5. Su Creta: P. Demargne, H. Philipp, J. Boardman, A. E. Raubitschek, Dadalische Kunst auf Kreta im 7. ]ahrhundert v. Chr., Mainz 1970. Sulla cronologia: J. Ducat, L ’arcaisme et la recherche de points de repère chronologiques, in “Bull. Corr. H ell.”, 86, 1962, p. 165 ss.; R. M. Cook, A Note on thè Absolute Chronology of thè Eighth and Seventh Centuries B.C., in “Ann. Brit. Sch. Athens” , 64, 1969, p. 13 ss.; J. M. Cook, On thè Date of Alyattes Sack of Smyrne, in “Ann. Brit. Sch. Athens” , 80, 1985, p. 25 ss.; L. LIannestad, Absolute Chronology: Greece and thè Near Easl c. iooo-yoo B. C., in “Acta Archaelogica”, 67, 1996, pp. 39 ss. Per l’architettura e in particolare per la città si veda: R. Martin, L ’Urbanisme dans la Grèce antique, Paris 1956. A. Giuliano, Urbanistica delle città greche, Milano 1966. Per i santuari: B. Bergquist, The Archaic Greek Temenos. A Study o f Structure and Eunctions, in “Act. Inst. Regni Sueciae” , 13 , Lund 1967. Per quanto riguarda i materiali e le tecniche di costruzione si veda: A. K. Orlandos, Les materiaux de construction et la technique architecturale des anciens grecs, 1-11, Paris 1966-1968. Per l’architettura in generale dell’età orientalizzante si veda: C. Weickert, Typen der archaischen Architektur in Griechenland und Kleinasien, Augsburg 1929; E. Akurgal, Alt-Smyrna, 1, Ankara 1983. Per Creta nel v i i secolo, e in particolare per Dreros si veda: S. Marinatos, Le tempie géométrique de Dreros, in “Bull. Corr. Hell.” , 60, 1936, p. 2 14 ss. Per l’architettura dorica: P. Amandry, Observations sur les monuments de THéraion dArgos, in “Hesperia” , 2 1, 19 32, p. 222 ss. Sulla decorazione architettonica in terracotta: E. Dyggve, F. Poulsen, Das Laphrion —Der Tempelbezirk von Kalydon, Kobenhavn 1948. Sulle fonti, si veda: H. Philipp, Tektonon Daidala, Berlin 1968; J. Papadopoulos, Xoana e Sphyrelata. Testimonianza delle fonti scritte, Roma 1980.
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INDICAZIONI BIBLIO G RAFICHE
Sulla critica delle fonti relative a Dedalo: B. Schweitzer, Xenokrates von Athen, Anhang 1: Daidalos und die Daidaliden in der Uberlieferung, in “ Schr. Kònigsberg. Gel. G es.”, Geistwiss. - Kl. 9, Heft, 1, 19 32 = Zar Kunst der Antike, 1, Tiibingen 1963, p. 12 7 ss. (trad. it. Senocrate di Atene, Appendice 1 : Dedalo e i Dedalidi nella tradizione scritta, in Alla ricerca di Lidia, Milano 1967, p. 277 ss.). Ora: S. P. Morris, Daidalos and thè Origins of Greek Art, Princeton 1992. Fonti epigrafiche in L. H. Jeffery, The Locai Scripts of Ar chaic Greece, rev. ed. Oxford 1990; M. Guarducci, Epigrafia greca, i-iv, Ro ma 1967-1978; M. L. Lazzarini, Le formule delle dediche votive nella Grecia arcaica, “Mem. Acc. Lincei” , viri, 19, 1976, p. 47 ss.; H. R. Immerwahr, Attic Script, A Survey, Oxford 1990. Sulle più antiche rappresentazioni mitologiche si veda: R. Hampe, Eriihe griechische Sagenbilder in Bóotien, Athen 1936; K. Schefold, Frùhgriechische Sagenbilder, Munchen 1964; K . Friis Johansen, The Iliad in thè Early Greek Art, Kobenhavn 1967; Ph. Brize, Die Geryoneis des Stesichoros und die frùhe grie chische Kunst, Wùrzburg 1980. Sull’origine della grande scultura: E. Homann-Wedeking, Die Anfànge der griechischen Grossplastik, Berlin 1930. Sulla scultura cicladica si veda soprattutto: N. Kondoleon, Theràisches, in “Ath. M iti.” , 73, 1958, p. 1 1 7 ss. Ora, con qualche perplessità: G . Kokkorou-Alevras, in “Antike Plastik” , 24, 1995. Sulla scultura cretese: C. Davaras, Die Statue aus Astritsi, 8. Beiheft, “Ant. Kunst” , Bern 1972. Sulle armi, in particolare cretesi: H. Hoffmann, Early Crelan Armorers, Mainz 19 72 (Ph. Brire, in “Ath. M itt.” , 100, 1983, p. 53 ss.). Sui bronzi cretesi: J. Boardman, The Cretan Collection in Oxford. The Dictaean Cave and Iron Age Crete, Oxford 19 6 1; F. Canciani, Bronzi orientali e orientalizzanti a Creta neU’viu e v ii sec. a.C., Roma 1970. Sui lebeti: P. Amandry, Objets orientaux en Grèce et en Italie aux v ili et v ii siècles avant J.C., in “ Syria” , 35, 1958, p. 73 ss. Sugli esemplari di Olimpia: Olympische Eorschungen vi, xi. H .-V. Herrmann, Die Kessel der orientalisierenden Zeit, voli. 1-11, Berlin 1966, 1979. Sulle terrecotte, e più in generale sulla plastica: R. J. H . Jenkins, Dedali ca, A Study of Dorian Plastic Art in thè Seventh Century B.C., Cambridge 1936; R. A. Higgins, Catalogue of thè Terracottas in thè British Museum, 1, London 1934; id., Greek Terracottas, London 1967. Sulla ceramica a rilievo: T. J. Dunbabin, Cretan Relief Pithoi in dr. Giamalakis Collection, in “Ann. Brit. Sch. Athens” , 47, 19 32, p. 15 3 ss.; J . Schafer, Studien zu den griechischen Keliefpithoi des 8.-6. ]ahrhundert v. Chr. aus Kreta, Rhodos, Thenos and Bóotien, Kallmùnz 19 37. Importantissimo il mate riale in N. M. Kondoleon, Die frùhgriechische Keliefkunst, in “Arch. E ph.”, 1949, p. 2 13 ss. Manca ancora una edizione definitiva dei pithoi a rilievo di Tinos, Mykonos e della Beozia (e degli esemplari comparsi sul mercato anti quario). Sui legni: D. Ohly, Neue Holzfunde aus dem Heraion von Samos. Befund und Kekonstruktion der Hera Statuette, in “Ath. M itt.” , 82, 1967, p. 89 ss.
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STORIA
D E L L A R TF . G R E C A
Sugli avori: B. Freyer-Schauenburg, Elfenbeine aus dem samischen Heraion, Hamburg 1966; E.-L. I. Marangou, Lakonische Elfenbein und Beinschnitzereien, Tubingen 1969. Sulle gemme: J. Boardman, Greek Gems and Finger Rings.-Early Bronze Age to Late Classical, London 1970. Sulle oreficerie: R. A. Higgins, Greek and Roman Jewellery, London 19 6 1; P. Jacobstahl, Greek Pins and Eheir Connections with Europe and Asia, Oxford 1956; R. Laffineur, E ’orfèvrerie rhodienne orientalisanle, Paris 1978. Sulla pittura N. J. Koch, De picturae initiis. Die Anfànge der griechischen Melerei im 7. Jh. v. Chr., Miinchen 1996. Sulla ceramica di età orientalizzante, in generale: R. M. Cook, Greek Painted Pottery, London 1997* (con bibliografia). In generale sul commercio di ceramiche, si veda J. Boardman, J. Hayes, Excavations at l ’ocra: 19631965, voli, i-π, Oxford 1966-1973. Sulle fabbriche corinzie: K. Friis-Johansen, Las vases Sicyoniens, Paris-Kopenhagen T923; H . Payne, idecrocorinthia, A Study of Corinthian Art in thè Archaic Period, Oxford 19 3 1; id., Protokorintische Vasenmalerei, Berlin 19 33; J. L. Benson, Die Geschichte der korintischen Vasen, Basel 19 3 3. D. A. Amyx, Corinthian Vase. Painting of thè Archaic Period, i-rn, Berkeley, Los Angeles 1988; J. L. Benson, Earlier Corinthian Workshops, Amsterdam 1989. Non fa cile da utilizzare: C. W. Neeft, Protocorinthian Subgeometric Aryballoi, Amster dam 1987. Sulle iscrizioni: R. Arena, Le iscrizioni corinzie su vasi, in “Mem. Acc. Lincei” , v m , xm , 2, Roma 1967, p. 57 ss.; F. Lorber, ìnscriften auf konntischer Vasen, Berlin 1969. Sulla cronologia è importante, per il metodo: T. J. Dunbabin, The Chronology of Protocorinthian Vases, in “Arch. Ephem .” , 1 9 5 3 - 1 9 5 4 . 2. P- 247 ss. Sulle fabbriche argive: P. Courbin, Un fragment de cratère protoargien, in “Bull. Corr. H ell.”, 79, 19 35, p. 1 ss. Sulle fabbriche beotiche: A. Ruckert, Fruhe Keramik Bóotiens, io . Beiheft “Ant. Kunst” , Bern 1976. Sulle fabbriche cicladiche: P. Bocci, Ricerche sulla ceramica cicladica, Ro ma 1962; I. Strom, Some Groups of Cycladic Vase-Painting from thè Seventh Century B.C., in “Acta Arch.” , 33, 1962, p. 2 2 1 ss. Sulle scoperte di Thasos: N. W eill-F . Salviat, Un piai du v ii' siede à Thasos: Bellérophon et la Chimère, in “Bull. Corr. Hell.” , 84, i960, p. 347 ss.; id., Plat aux lions affrontés de lArtémision Ihasien: art «rhodien» et art cycladique au v ii' siècle, in “Bull. Corr. H ell.”, 83, 19 6 1, p. 98 ss. Sulla ceramica melia: D. Papastamos, Melische Amphoren, Aschendorf 1970; Ph. Zapheiropoulou, Problemata tes Meliakes Angeiographias, Athenai 1983. Sulle fabbriche greco orientali: a a .v v , Les céramiques de la Grèce de l’Est et leur dijfusion en Occident, Centre J. Berard, Inst. Frane. Naples, 6-9, v i i , 1976, Paris 1978 (confronta anche J. Boardman, Chian and hiaucratite, in “Ann. Brit. Sch. Athens” , 3 1, 1956, p. 33 ss.). A. A. Lemos, Archaic Pottery o f Chios, ι -n, Oxford 19 9 1. Per i contatti col mondo cario, ora: D. Lenz,
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INDICAZIONI
BIBLIOGRAFICHE
Karische Keramik im Martin von Wagner. Museum, Wùrzburg, in “Jahreshefte” , 66, 1997, p. 29 ss. con bibl. prec. Sulle fabbriche cretesi: J. K. Brock, Fortetsa. Early Greek Tombs near Knossos, Cambridge 1957; R. Hampe, Kretische Lówenschale des siebten Jahrhunderts v. Chr., in “ Sitz. Heidelberg A k.” , 1969; J. N. Coldstream - H . W. Catling edd., Knossos North Cemetery. Early Greek Tombs, i - i v , “Br. Sch. At hens Suppl. 28” , Athens 1996. Sulle fabbriche attiche: J. M. Cook, Protoattic Pottery, in “Ann. Br. Sch. Athens” , 33, 19 34 -19 35 , p . 165 ss.; i d ., Athenian Workshops around yoo, in “Ann. Br. Sch. Athens” , 42, 1947, p. 13 9 ss. Fondamentale l’edizione del materiale da un deposito di Egina in R. Eilmann, K. Gebauer, C .V .A , Ber lin 1, 1938; G . E. Mylonas, Protoattikos amphoreus tes Eleusinos, Athenai 19 57; R. Hampe, Ein frùhattischer Grabfund, Mainz i960; Athenian Agora vm. E. T. H. Brann, Late Geometrie and Protoattic Pottery, Princeton 1962; S. Papaspiridi-Karouzou, Angheia tou Anagyrountos, Athenai 1963; E. Vermeule, S. Chapman, A Protoattic Human Sacrifice?, in “Amer. Journ. Arch.”, 75, 19 7 1, p. 285 ss.; S. P. Morris, The Black and White Style, New H aven London 1984 (deve essere esaminato con molta cautela).
Età arcaica Su alcuni fenomeni del commercio nell’età più antica si veda: R. M. Cook,
Archaic Greek Trade: Three Conjectures, in “Journ. Hell. St.” , 99, 1979, P· 15 2 ss. Sulla cronologia: J. Boardman, Signa tahulae priscae artis, in “Journ. Hell. St.”, 104, 1984, p. 16 1 ss. Sui modi costruttivi, in particolare arcaici: J. J. Coulton, Greek Architects at Work, Grenada 1977. Ricostruzioni di architetture arcaiche in F. Krischen, Die griechische Stadt, Berlin 1938. Su Atene, in particolare, J. Travlos, Bildlexikon zur Topographie des antiken Athen, Tubingen. 19 7 1. Sui santuari confronta, ora: G . P. Lavas, Altgnechische Temenos, Basel I9 7 4 ' . Sull’architettura templare, in generale: G . Gruben, Die Tempel der Griechen2, Miinchen 1976; A. E. Kalpaxis, Frùharchaische Baukunst in Griechenland und Kleinasien, Athen 1976; A. Bammer - U. Muss, Das Artemision von Ephesos, Mainz 1996 (con bibl. prec.). Per l’edizione dei singoli monumenti: Die archaische Poros-Architektur der Akropohs zu Athen, her. v. Th. Wiegand, Cassel-Leipzig 1904; G . Rodenwaldt, Korkyra, Archaische Bauten und Bildwerke, 1-11, Berlin 1939-1940; Eretria, I. P. Auberson, Tempie d’Apollon Daphnéphoros, Berne 1968; Alt-Agina, 1, I. W. W. Wurster, Der Apollon-Tempel, Mainz 1974; D. Williams, Aegina,
Aphaia-Tempel iv. The Inscription commemorating thè Construction of thè First Limestone Tempie and other Features o f thè Sixth Century Temenos, in “Arch.
STORTA
DKI. I. A R T F
GRECA
Anz.” , 1982, p. 55 ss.; E.-L. Schwandner, in Actes du Colloque de Stras-
sbourg: 26-28 janvier 1984, 1985, p. 75 ss. Sulla terminologia: A. K. Orlandou - 1 . N. Travlou, Lexikon archaion ar-
chitektonikon oron, Athenai 1986. Su alcuni tipi di edifici dell’età arcaica si veda: B. Dunkley, Greek Fountain-Buildings before 400 B.C., in “Ann. Brit. Sch. Athens” , 36, 1945-46, p. 14 2 ss.; G . Gruben, Die Sphinx-Sàule von Aigina, in “Ath. M itt.”, 80, 1965, p. 170 ss.; K. Hermann, Spàtarchaische Votivsàulen in Olympia, in “Ath. M itt.”, 99, 1984, p. 1 2 1 ss.; J. J. Coulton, The Architectural Development of thè Greek Stoa, Oxford 1976; F. Seiler, Die griechische Tholos, Mainz a. Rh.
INDICAZIONI
BIBLIOGRAFICHE
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lin 1996. Su Mileto confronta Istanbuler Forschungen 27. K . Tuchelt, Die archaischen Skulpturen von Didyma, Berlin 1970; V. von Graeve, Archaische Plastik in Milet, in “Miinch. Jah r.” , 34, 1983, p. 7 ss. Sulla Ionia è sempre fondamentale E. Akurgal, Die Kunst Anatoliens von Homer bis Alexander, Berlin 19 6 1; acute, anche se non sempre accettabili, le osservazioni di E . Langlotz, Studien zur nordostgriechischen Kunst, Mainz 19 75. Sui rilievi confronta E. Pfuhl-H. Móbius, Die ostgriechischen Grabreliefs, Mainz 19 77. Sulle Cicladi, fondamentale è N. M. Kondoleon, in Charisterion H. Orlandos, 1, Athenai 1965, p. 348 ss.; E. Berger, Das Basler Arztrelief, Basel 1970; J. G . Pedley, Greek Sculptures of thè Archaic Period: The Island Workshop, Mainz 1976. Su Thasos: B. Holtzmann, La sculpture de Thasos, 1, Et. Thasiennes xv, Paris 1994. Sul Peloponneso si veda: G . Rodenwaldt, Die Bildwerke des Artemistempels von Korkyra, Berlin 1939; C. Vatin, Couroi argiens à Delphes, in “Bull. Corr. Hell.” , Suppl. iv, Etudes Delphiques, 19 77, p. 13 ss.; G . S. Dontas, in Epainos I. K. Papadimitriou, Athenai 1997, p. 53 ss. Su Atene: R. Heberdey, Altattische Poros-Skulptur, Wien 19 19 ; fondamentali sono H . Payne-C. Mackworth Young, Archaic Marble Sculpture from thè Acropolis, London, s.d. (ma 1936). Die archaischen Marmorbildwerke der Akropolis, hrsg. v. H. Schrader. Die Koren: E. Langlotz; Rundwerke ausser den Koren: W. H. Schuchhardt; Giebel, Fries-fragmente·. H. Schrader, 1-11, Frankfurt a. M. 1939. Ora: H. A. Shapiro, Art and Cult under thè Tyrants in Athens, Mainz 1989; Supplement, ibid. 1995; S. Angiolillo, Arte e cultura nelTAtene di Pisistrato e dei Pisistratidi, Bari 1997. Sulla kore di Hagios Joannis Rendis “Athens Ann. Arch.” , 1, 1968, p. 34 ss.: D. Lazaridis. Sulle stele vedi: G . M. A. Richter, The Archaic Gravestones of Attica, Lon don 19 6 1. Fondamentale per la cronologia della scultura attica è Chr. Karousos, Aristodikos. Zur Geschichte der spatarchaisch-attischen Plastik und der Grabstatue, Stuttgart 19 6 1. Per la ricostruzione di alcune personalità o sculture vedi: G . Schmidt, Kopf Rayet und Torso vom Piràischen Tor, in “Ath. M itt.”, 84, 1969, p. 65 ss.; U. Knigge, Zum Kouros vom Piràischen Tor, in “Ath. Mitt.” , 84, 1969, p. 76 ss.; F. Johansen, Rayet bove der og Endoios, in “Meddelelser fra Ny Carlsberg Glyptotek” , 34, 19 77, P· 103 ss.; U. Knigge, Ein Jiinglingskopf vom Heiligen Tor in Athen, in “Ath. Mitt.” , 98, 1983, p. 45 ss.; The Archaeology of Athens and Attica under thè Democracy, Exeter 1994.
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STORIA
DliL L A RI'li G R E C A
Sui bronzi, in generale vedi: Fouilles de Delphes, v, 2. C. Rolley, Les sta tuette! de bronze, Paris 1969; Olympische Forschungen, ix. P. C. Boi, Grossplastik aus Bronze in Olympia, Berlin 1978; C. Rolley, Les Bronzes grecs, Paris 1984; id., Les bronzes grecs: recherches récents, in “Rev. Arch.” , 1984, p. 273 ss. Sui bronzetti: H. G. Niemeyer, Promachos, Waldsassen i960; N. Himmelmann-Wildschiitz, Archaischer Bronzekuros in Wien, in “Jahrbuch”, 80, 1963, p. 12 4 ss.; II. Kopcke, Fine Bronzestatuette des Zeus in der Miinchenen Glyptothek, in “Miinch. Jah r.” , 27, 1976, p. 7 ss.; Lubinger Studien zur Ar cheologie und Kunstgeschiette, 4. Der Tiibinger Waffenlàufer, Tiibingen 1977; H. Kyrieleis, Zwei samische Bronze-Kuroi, in “Ath. M itt.” , 99, 1984, p. 105 ss., taw . 17 , 18. Per i bracciali di scudo, un’edizione fondamentale è in Olympische For schungen, η. E. Kunze, Archaische Schildbànder, Berlin 1950 (M. Mass, in “Arch. Anz.” , 1984, p. 263 ss.); Olympische Forschungen, x v n . P. C. Boi, Argivische Schilde, Berlin 1989. Per i bronzi corinzi vedi: R. Joffroy, Le Trésor de Vix (Còte d’Or), in “Mon. Piot” , 48, 1, 1934. Per i bronzi laconici: A. Rumpf, Kraler lakonikos, in Chantes. Studien zur Altertumswissenschaft, Bonn 19 57, p. 12 7 ss.; H. Jucker, Die Bronzehydria in Pesaro, in “Antike Kunst”, 7, 1964, p. 3 ss.; U. Gehring, Der Krater lakoni kos, in “Arch. Anz.”, 19 7 1, p. 602 ss. (con bibl. prec.), S. Karusu, Technourgoi Krateron, in “Ath. M itt.” , 94, 1979, p. 77 ss. Sugli avori vedi: P. Amandry, Rapport préliminaire sur les statues chryséléphantines de Delphes, in “Bull. Corr. Hell.” , 63, 1939, p. 86 ss.; U. Sinn, Fin Flfenbeinkopf aus dem Heraion von Samos. Zur ostionischen Plastik im 3. Viertel des 6. Jh. v. Chr., in “Ath. M itt.”, 97, 1982, p. 33 ss. Sulle oreficerie: P. Amandry, Plaques d’or de Delphes, in “Ath. M itt.”, 77, 1962, p. 35 ss.; J. Boardman, Archaic Finger RJngs, in “Antike Kunst” , io, 1967, p. 3 ss.; P. Amandry, Statue de taureau en argent, in “Bull. Corr. Hell.”, Suppl. iv, Etudes Delphiques, 19 77, p. 273 ss. Per le monete vedi: F. Bodenstedt, Phokàisches Elektron-Geld von 600-326 v. Chr., Mainz 1976. Sulle gemme: J . Boardman, Archaic Greek Gems, London 1968; J. Boardman, Greek Gems and Finger Rings, London 1970; E. Walter-Karydi, Spàtarchaische Gemmenschneider, in “Jahrbuch der Berliner Museen”, 17, 19 7 3 , P- 5 ss. Per le terrecotte, e in particolare sui vasi plastici vedi: F. G . Lo Porto, Tombe arcaiche tarantine con terracotte ioniche, in “Boll. d’Arte” , 47, 1962, p. 15 3 ss.; J. Ducat, Les vases plastiques rhodiens archaiques en terre cuite, Paris 1966; R. A. Higgins, Catalogue of thè Terracottas in thè ... British Museum 11, London 1969; E. Walter-Karydi, Die Themen der ostionischen figurlichen Salbgefàsse, in “Miinch. Jahr.” , x x x v i, 1985, p. 7 ss. Sulla produzione corinzia vedi J. Ducat, Les vases plastiques corinthiens, in “Bull. Corr. Hell.” , 87, 1963, p. 4 3 1 ss. Sulle terrecotte in generale confronta invece H. Higgins, Greek Terracottas, cit.
IN D I C A Z I O N I
BIBLIOGRAFICHE
Sulla decorazione delle ceramiche più antiche, acute osservazioni si tro vano in: E. Homann-Wedeking, Archaische Vasenornamentik in Attika, Lakonien und Ostgriechenland, Athen 1938; D. A. Jackson, Fast Greek Influence on Attic Vases, London 1976. Tentativo di ricostruzione di una singola area culturale è quello di E. Akurgal, The Early Period and thè Golden Age of fonia, in “Am. Journ. Arch.” , 66, 1962, p. 369 ss. Sulla ceramica corinzia si vedano le opere citate per quella protocorinzia. È ora fondamentale l’edizione dei rinvenimenti da Corinto stessa: Corinth. v i i , ii. D. A. Amyx, P. Lawrence, Archaic Corinthian Pottery and thè Anaploga Well, Princeton 19 75. Su alcune forme, particolarmente importanti vedi T. Bakir, Der Kolonnettenkrater in Korinth und Attika zwischen 623 und 330, Wurzburg 1974. Sulla esegesi dei cornasti, da ultimo vedi R. Hampe, Dickbauchtànzer und Diebe auf korinthischen Krater, in “Jahrbuch” , 90, 19 75, p. 85 ss. Sui pinakes da Penteskouphia, da ultima confronta H. A. Seagan, Mythological Themes in thè Plaques from Penteskouphia, in “Arch. Anz.” , 1970, p. 3 1 ss. Sulla ceramica laconica rimangono fondamentali: B. B. Shefton, Three Laconian Vase Painters, in “Ann. Brit. Sch. Athens” , 49, 1954, p. 299 ss.; P. Pelagatti, La ceramica laconica del Museo di Taranto, in “Ann. Atene , 33-34, 19 35 -19 5 6 , p. 7 ss.; C. M. Stibbe, Lakonische Vasenmaler des sechsten ]ahrhunderts v. Chr., Amsterdam 1972; Studi sulla ceramica laconica, Roma 1986; C. M. Stibbe, Laconian mixing Bowls, Amsterdam 1989; Laconian Drinking Vessels and other open Shapes, ibid. 1994; Lakonikà, “Boll. Arte” , 1990, Suppl. Sulla ceramica greco-orientale acuti giudizi in: E. Homann-Wedeking, Zur Beurteilung ostgriechischer Vasenstile, in “Ath. M itt.”, 65, 1940, p. 28 ss. Materiale fondamentale in R. M. Cook, C.V.A., British Museum 8, London 1954; Samos, v i, 1. E. Walter-Karydi, Samische Gefàsse des 6. fahrhunderts v. Chr., Bonn 19 73, p. 3 ss. Utile la messa a punto di J. Ducat, La céramique de Samos et les céramiques de la Grèce de l’Est du G au v ii siècle, in “Rev. Arch.” , 19 7 1, p. 81 ss.; R. M. Cook, Clazomenian Sarcophagi, Mainz 19 8 1. Sulla ceramica attica, una ricostruzione del!attività del Ceramico di Ate ne è in: J. D. Beazley, Potter and Pointer in Ancient Athens, in “Proc. British A c.” , 30, 1946, p. 5 ss. Raccolta di dati e interpretazioni, spesso convincen ti, in T. B. L. Webster, Potter and Patron in Classical Athens, London 1972. Sulle forme della ceramica attica è insostituibile: The Athenian Agora, xn, I. B. A. Sparkes-L. Talcott, Black and Plain Pottery of thè 6>th, yth and 4th Centuries B.C., Princeton 1970. Sulla decorazione P. Jacobstahl, Ornamente griechischer Vasen, Berlin 19 27. Sulle rappresentazioni mitologiche vedi F. Brommer, Vasenlisten zur griechischen Heldensage, 3 a ed., Marburg 19 73 . Uti le: I. Scheibler, Griechische Tòpferkunst, Munchen 1993; ora fondamentale: M. Robertson, The Art of Vase-painting in Classical Athens, Cambridge 1992. Sulla ricostruzione di tutte le attività dei ceramografi a figure nere vedi J. D. Beazley, The Development of Attic Black-Figure, Berkeley-Los Angeles 19 5 1 (Rev. ed., ibid. 1986); una magistrale suddivisione in botteghe e in
STORIA
D I T I A RTF, G R E C A
mani è in: J. D, Beazley, Attic Black-Figure Vase-Painters, Oxford 1956. Inte ressante anche R, S, Folsom, Attic Black-Figured Pottery, New Jersey 1975. H. A. G . Brijder, Stana Cups 1 and Komast Cups, Amsterdam 1983; D. von Bothmer, The Amasis Painter and His World, Malibu-New York-London 1985. Sulla ceramica a figure rosse, una magistrale suddivisione in botteghe e in mani è in: J. D, Beazley, Attic Red Figure Vase-Painters, 2a ed,, Oxford 1963 (cfr. anche J. D. Beazley, Paralipomena, Oxford 19 7 1; T, II. Carpenter, Beazley Addenda. Additional References to ABV.ARV 2, Paralipomena 2, O x ford 1989), Utile R, S. Folsom, Attic Red Figured Pottery, Park Ridge 1976. Sulle lekythoi confronta, seppur riduttivo: E. Kurtz, Alhenian White Lekythoi, Oxford 19 73, Sulle anfore panatenaiche, J. Frel, Panatenaic Prize Amphoras, Athens 19 73. Sui vasi a fondo bianco: I, Wehgartner, Attische Weissgrùndige Keramik, Berlin 19 83, Su quelli con rappresentazioni dionisiache: T, H . Carpenter, Dionysian Imagery in Fifth-Century Athens, Oxford 1997. Sulle forme si ricorda solo: H. Bloesch, Formen attischer Schalen, Bern 1940; B. Philippaki, The Attic Stamnos, Oxford 1967; e, non solo per la ceramica: E. Diehl, Die Hydria, Mainz 1964. Ora: The Athenian Agora, x x x , Μ. M. Moore, Attic Red-Figured and White-Ground Pottery, Princeton 1997.
Età classica Sui miti tardoarcaici vedi: K. Schefold, Gòtter-und Fleldensagen der Griechen in der spatarchaischen Kunsl, Miinchen 1978; esemplari, metodologicamente, alcune ricerche come: J, Boardman, The Parthenon Frieze: An Other View, in Festschrift fùr Frank Brommer, Mainz 1977, p. 39 ss. Per l’urbanistica in generale vedi: A. von Gerkan, Griechische Stàdteanlagen, Berlin-Leipzig 1924; R. E. Wycherley, How thè Greeks Built Cities, Lon don 1949; R. Martin, Recherches sur l’agora grecque, Paris 19 5 1; id., L ’Urbanisme dans la Grece antique, cit.; F. Castagnoli, Ippodamo di Mieto e l’urbani stica a pianta ortogonale, Roma 1956; A. Kriesis, Ancient Greek Town Buil ding, in “Acta Congressus Madvigiani” (Proceedings of thè Second Interna tional Congress of Classical Studies), tv, Copenhagen 1958; F. Castagnoli,
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INDICAZrON'r
b iblio g r a fic h e
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STORIA
DKLL’ARTK
GRECA
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INI II CA/ .I ONT B I B L I O G R A F I C I I l i
Sul Mausoleo si veda, quanto all’architettura: K. Jeppesen, Paradeigmata: three Mid-Fourth Century Main Works of Hellenic Architecture Reconsidered, Aarhus 1958; The Maussoleion at Alikarnassus, 1-2, Kopenhagen 19 8 1-19 8 6 . Sugli architetti: H. Drerup, Pytheos und Satyros, in “Jahrbuch” , 69, 1934, p. 1 ss. Sulla decorazione di scultura: G . B. Waywell, The Free-standing Sculptures of thè Mausoleum at Halicarnassus in thè British Museum, London 1978; B. F. Cook, The Sculptors of thè Mausoleum Frieze, in “Boreas” , 1989, p. 3 1 ss. Su Priene e il tempio di Athena: M. Schede, Die Ruinen von Priene, Ber lin 19 6 5 2. Sulle più recenti indagini, W. Koenigs, Der Athenatempel von Prie ne, in “Ist. M itt.” , 33, 1983, p. 13 4 ss.; S. Coleman Carter, The Sculpture of thè Sanctuary of Athena Polias at Priene, London 1983. Sull’Artemision di Efeso: A. Bammer, Die Architektur des jiingeren Artemision von Ephesos, Wiesbaden 1972; B. F. Cook, The Tympanum of thè Fourth-Century Tempie of Artemis at Ephesos, in “The British Museum Quarterly” , 37, 19 73, p. 13 7 ss.; G . Kuhn, Der Aitar der Artemis in Ephesos, in “Ath. M itt.”, 99, 1984, p. 199 ss. Sulle basi di statue nei santuari, in particolare a Olimpia si veda: F. Eckstein, Anathemata, Berlin 1969. Su alcune particolarità tecniche: G . I. Despinis, Aderolita, in “Deltion” , 2 1, Erg. H., 19 75. Sulla scultura di età classica: W. Fuchs, Die Skulptur der Griechen, Mun chen 19 79 2; R. Lullies, Griechische Plastik, Munchen 19 79 4. Sempre fondamentale è G . Rodenwaldt, Das Relief bei den Griechen, Berlin 19 23. Innume revoli i contributi particolari, come ad esempio, utilissimi, fra i molti, V. H. Poulsen, Der Strenge Stil. Studien zur Geschichte der griechischen Plastik 4804yu v. Chr., in “Acta Arch.” , 8, 19 37, p. 1 ss.; T. Hólschcr, Griechische Historienbilder des 4. und 5. Jhs. v. Chr., Wùrzburg 19 73. A. H. Borbein, Die griechische Statue des 4. Jahrhunderts v. Christ, in “Jahrbuch” , 88, 19 73, p. 43 ss. Sulle copie: H . Lauter, Zur Chronologie ròmischer Kopien nach Originalen des V. Jahrh., Bonn 1966; Ch. Landwehr, Die antiken Gipsabgusse aus Baiae, Berlin 1985. Su Kritios e Nesiotes: S. Brunnsàker, The Tyrant-Slayers of Kritios and Nesiotes, Stockholm 19 7 1. Su Pythagoras di Reggio: J. Frel, L ’auriga di Mozia: un’opera di Pitagora di Reggio, in “La Parola del Passato” , x l , 1985, p. 64 ss. Sull’Auriga di Delfi: Fouilles de Delphes, iv, 5, F. Chamoux, L ’aurige, Pa ris 19 66. Sul bronzo dell’Artemision: J. Kleine, Zur Dalierung des Poseidon vom Kap Artemision, in “Festschrift Kleiner” , Tiibingen 1976, p. 49 ss. Su Kalamis: J. Dórig, Kalamis-Studien, in “Jahrbuch” , 80, 1965, p. 138 ss. (da consultare con cautela). Su Mirone: J . Dòrig, Myrons Erechtheus, in “Antike Plastik”, 6, 1967, p. 2 1 ss.; E. Berger, Zum samischen Zeus des Myron in Rom, in “Ròm M itt.”, 76, 1969, p. 66 ss.; B. e K . Schauenburg, Torso der myronischen Athena Uam-
STORIA
D E L L A RTF, G R E C A
burg, in “Antike Plastik” , 12 , 19 73, p. 47 ss.; M. G . Picozzi, Una replica della testa dell’"Atleta Amelung” da Castel Gandolfo: problemi e ipotesi, in “Rend. Pont. A cc.” , 48, 19 75-19 76 , p. 95 ss.; A. Corso, La vacca di Mirone, in “ Quad. Ticinesi” , x xm , 1994, p. 49 ss.; Competitions between Myron, Pheidias and Polykleitos, ibid., x x iv , 1995, p. 17 3 ss. Sulla scultura di Paros e di Melos, si veda sempre: Ch. Karousos, An Early Classical Disc Relief from Melos, in “Journ. Hell. St.”, 7 1, 19 5 1, p. 96 ss. Sui grandi bronzi di età classica: “Boll. d’Arte” , 3. Serie speciale, Due Bronzi da Riace, i-ri, Roma 1984 (cfr. J. Marcadé, in “Rev. Arch.” , 1986, 1, p. 89 ss.). Sulle iconografie: E. B. Harrison, The Iconography of thè Eponimous Heroes on thè Parthenon and in thè Agora, in Greek Numismatics and Archaeology. Essays in Honor of Margaret Thompson, Wetteren 1979, p. 7 1 ss. Su Fidia si veda la bibliografia a proposito del Partenone; in termini vagamente riassuntivi si ricordano: J. Liegle, Der Zeus des Phidias, Berlin 19 52; B. Schweitzer, Neue Wege zu Pheidias, in “Jahrbuch” , 72, 19 57, p. 1 ss.; E. Buschor, Medusa Rondanini, Stuttgart 1958. Sulla Parthenos: W. H. Schuchhardt, Athena Parthenos, in “Antike Pla stik” , 2, 1963, p. 3 1 ss.; N. Leipen, Athena Parthenos: A Reconstruction, On tario Museum 19 7 1; E. B. Harrison, Motifs of thè City-Siege on thè Shield of Athena Parthenos, in “Am. Journ. Arch.” , 85, 19 8 1, p. 28 1 ss.; A. Linfert, Athenen des Phidias, in “Ath. M itt.” , 97, 1982, p. 57 ss. Su Policleto si cita solo: C. Anti, Monumenti policletei, in “Mon. Ant. Lincei” , 26, 1920, c. 50 1 ss.; P. Amandry, A propos de Polyclète, in Charites, Bonn 1957, p. 63 ss. (fondamentale cronologia delle opere); Th. Lorenz, Polyklet, Wiesbaden 1972; H. von Steuben, Der Kanon des Polyklet, Tiibingen 19 73; D. Kreikenbom, Bildwerke nach Polyklet, Berlin 1990; Polyklet. Der Bildhauer der griechischen Klassik, Frankfurt a.M. 1990; Polykleitos, thè Doryphoros and Tradition, ed. W. G . Moon, Madison 1995; Polykletforschungen, ed. H. Beck - P. C. Boi, Berlin 1993. Sulla scuola policletea: D. Arnold, Die Polykletnachfolge, in “Jahrbuch” , 25, Erg. H., Berlin 1969; A. Linfert, Von Polyklet zu Lysipp. Polyklets Schule und ihr Verhaltnis zu Skopas von Paros, Giessen 1966. Su Kresilas attraente è l’identificazione di J. Frel, The «Volneratus Deficiens» by Cresilas, in “Metr. Mus. Bull.”, 1970, p. 1 7 1 ss. Sul concorso delle amazzoni di Efeso, da ultimi: M. Weber, Die Amazonen von Ephesos, in “Jahrbuch” , 9 1, 1976, p. 28 ss.; 99, 1985, p. 75 ss.; B. Schmaltz, Zu den ephesischen Amazonen, in “Arch. Anz.” , 1995, p. 335 ss. Su Agorakritos: G . I. Despinis, Symbole ste melete tou ergou tou Agorakritou, Athenai 19 7 1; B. Pétracos, La base de la Némésis dAgoracrite, in “Bull. Corr. Hell.’’, cv, 19 8 1, p. 227 ss. Su Alkamenes: W. H. Schuchhardt, Alkamenes, 126 . Beri. Winck. Pr., 19 77; E. Langlotz, Aphrodite in den Garten, in “Sitz. Heid. A k.” , Wiss. Phil. Hist. Kb, 19 53-19 54 , 2; A. Delivorrias, Das Originai der sitzenden «Afrodite-
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Olympias», in “Ath. Mitt.” , 93, 1978, p. 1 ss.; A. Linfert, Quellenprobleme: zu Alkamenes und Kolotes, in “Rev. d. Arts”, x i i , 1988, p. 33 ss. Sui programmi della generazione dei post-fidiaci: B. Schlòrb, Untersuchungen zur Bildhauergeneration nach Phidias, Waldassen 1964. Sui ritratti di età classica: B. Schweitzer, Studien zur Entstehung des Portràts bei den Griechen, in “Abh. Sachs. A k .”, Phil. hist. Kb, 9 1, 1939, 4 = Zur Kunst der Antike, Ausgewahlte Schriften, 11, Tubingen 1963, p. 1 1 5 ss.; id., Bedeutung und Geburt des Portràts bei den Griechen, in “Acta Congressi Madvigiani” , 3, 19 5 7 = Zur Kunst der Antike, Ausgewahlte Schriften, 11, Tu bingen 1963, p. 189 ss. Fondamentale è L. Laurenzi, Ritratti greci, Firenze 19 4 1; si veda: K . Schefold, Bildnisse der antiken Dichter, Redner und Denker, Basel 1943 (ora, 2“ ed., Basel 1997); G . M. A. Richter, The Portraits of thè Greeks, i -i i i , London 1965. Acute osservazioni in J. Frel, Greek Portraits in thè J. Paul Getty Museum, Malibu 19 8 1. Concettoso e disinvolto, quanto im positivo: P. Zanker, Die Maske des Sokrates. Das Bild des Intellektuellen in der antiken Kunst, Miinchen 1995 (con bibb; trad. it. Torino 1997). Sulla scultura tardo classica e del iv sec. a.C., in generale: Η. K . Siisserott, Griechische Plastik des 4. Jhs. v. Chr., Frankfurt a.M. 1938; T. Dohrn,
Attische Plastik vom Tode des Phidias biz zum Wirken der grossen Meister des iv. Jhs. v. Chr., Krefeld 19 57; L. Todisco, Scultura greca del iv secolo, Milano 1993 ’ Su Timotheos: B. Schlòrb, Timotheos, in “Jahrbuch” , 22. Erg. H., Berlin 1965. Su Kephisodotos e Prassitele: H. Joung, Zur Eirene des Kephisodotos, in “Jahrbuch” , 9 1, 1976, p. 97 ss. Chr. Blinkenberg, Knidia, Kopenhagen 19 3 3; C. Blumel, Der Hermes eines Praxiteles, Baden-Baden 1944 (nega che la statua di Olimpia sia del grande Prassitele); A. W. Byvanck, La Chronologie de Prassitele, in “Mnemosyne” , 4 ser., 4, 19 5 1: Studia van Hoorn, p. 12 ss.; G . Becatti, Un dodekatheon ostiense e l’arte di Prassitele, in “Ann. Atene”, 22, 1942, p. 85 ss. (cfr. “Boll. d’Arte” , 36, 19 5 1, p. 19 3 ss.); L. Laurenzi, Il prassitelico Eros di Parion, in “Riv. Ist. Naz. Arch. St. iVrte” , v-vi, 19561:957, P· 1 1 1 ss6 P· Gerke, Satyrn des Praxiteles, Hamburg 1968; M. Pfrommer, Ein Eros de Praxiteles, in “Arch. Anz.” , 1980, p. 532 ss. A. Corso, Prassitele. Tonti epigrafiche e letterarie, 1-111, Roma 19 8 8 -19 9 1; The Hermes of Praxiteles, in “Quad. Ticinesi” , x xv , 1996, p. 1 3 1 ss.; The Monument o f Phryne at Delphi, ibid., x x v i, 1997, p. 12 3 ss.; The Cuidian Aphrodite, in Sculptors and Sculpture of Caria and thè Dodecanese, edd. J. Jenkins - G . W. Waywell, London 1997, p. 9 1 ss. Su Skopas si cita solo: E. Buschor, Maussollos und Alexander, Miinchen 1950; G . Hanfmann-G. Pedley, The Statue of Meleager, in “Antike Plastik” , 3, 1964, p. 6 1 ss.; A. F. Stewart, Skopas of Paros, Park Ridge N .J. 19 77; A. Delivorrias, A. Linfert, La statue d’Hygie dans le tempie d’Aléa a Tégée, in “Bull. Corr. Hell.” , c v i i , 1983, p. 277 ss.; S. Lattimore, Skopas and thè Pothos, in “Am. Journ. Arch.” , 9 1, 1987, p. 4 1 1 ss. Per l’attività a Samotracia: Ph. Williams Lehmann, Skopas in Samotrace, Northampton, Mass., 19 73.
STORIA
DELL A R I E
GRECA
I N D I C A Z I O N I
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tagruppe aus Olympia, in 100. Beri. Winck. Pr., Berlin 1940, p. 27 ss.; A. Moustaka, Grossplastik aus Fon in Olympia, Berlin 1993. Sulla toreutica vedi soprattutto: B. Segai, Zur griechischen Goldschmiedekunst des vierten Jahrhunderts v. Chr., Wiesbaden 1966; D. E. Strong, Greek and Roman Silver Piate, London 1966. Sulle gemme: G . M. A. Richter, Engraved Gems of thè Greeks and thè Elruscans, London 1969. Si deve consultare con cautela, per la parte relativa all’età classica: Boardman, Greek Gems and Finger Rings, cit. Sulle monete rimangono fondamentali: C. Seltman, Masterpieces of Greek Coinage, Oxford 1949; C. Η. V. Sutherland, Art in Coinage, London 19 3 3.
Su Leochares: B. Ashmole, Demeter of Cnidos, in “Journ. Hell. Studies”, 7 1, 19 5 1, p. 13 ss.; G. Donnay, La Chronologie de Léocharès, in “Rev. Et. A nc.” , 6 1, 1959, p. 300 ss. Su Euphranor: G . B. Waywell, Athena Mattei, in “Ann. Br. Sch. Athens”, 66, 19 7 1, p. 375 ss.; O. Palagia, Euphranor, Leiden 1980 (cfr. G. Dontas, La grande Artémis du Pirée: une oeuvre d ’Euphranor, in “Antike Kunst”, 25, 1982, p. 15 ss.). Su Bryaxis: A. Adriani, Alla ricerca di Briasside, in “Meni. Acc. Lincei”, 8, 1, io, 1947, p. 433 ss. (ipercritico); J. Charbonneaux, Bryaxis et le Serapis d ’Alessandrie, in “Mon. Piot.”, 52, 1962, p. 15 ss. Su alcuni problemi particolari vedi: K. Schauenburg, Athletenbilder des vierten Jahrhunderts v. Chr., in “Antike Plastik”, 2, 1963, p. 75 ss.; R. KabusJahn, Studien zu Erauenfiguren des 4. ]ahrhunderts v. Chr., Darmstadt 1963; R. A. Stucky, Tribune d’Echmoun. Ein griechischer Reliefzyklus des 4. Jahr. v. Chr. in Sidon, 13 . Beibeft, “Antike Kunst” , Basel 1984. Sui costumi funerari: D. C. Kurtz, J. Boardman, Greek Burial Customs, London 19 7 1. Sulle stele funerarie: H. Mobius, Die Ornamente der griechischen Grabstelen, Berlin T929; H. Diepolder, Die attischen Grabreliefs des 3. und 4. Jahr. v. Chr., Berlin 19 3 1; K. Friis Johansen, The Altic Grave-Reliefs, Copenhagen 19 5 1; J. Frel, Les sculpteurs attiques anonymes (430-300), Praga 1969; B. Schmaltz, XJntersuchungen zu den attischen Marmorlekythen, Berlin 1970; G. Kokula, Marmorloutrophoren, Berlin 1984; Ch. W. Clairmont, Classical Attic Tombstones, Kilchberg 1993 + Suppl. 1995; A. Scholl, Die attischen Bildfeldstelen des 4. Jhs. v. Chr., Berlin 1996. Sulle stele non attiche: H. Biesantz, Die thessalischen Grabreliefs, Mainz 1965; G . Despinis, Kykladische Grabstelen des 5/4 Jhs. v. Chr., in “Antike Plastik” , 7, 1967, p. 77 ss. Sui rilievi onorari e votivi: U. Hausmann, Ernst und Eleiligtum, Potsdam 1948; Rh. Thònges-Stringane, Das griechische Totenmahl, in “Ath. M itt.” , 80, 1965, p. 1 ss.; L. Beschi, Il monumento di Telemachos, fondatore dell’Asklepieion ateniese, in “Ann. Atene” , 43-46, 1967-1968, p. 3 9 1 ss.; id., Contributi di topografia ateniese, ibid., p. 5 1 1 ss.; id., Rilievi votivi attici ricomposti, ibid., 47-48, 1969-1970, p. 85 ss.; G . Neumann, Probleme des greichischen Weihreliefs, Tubingen 19 77; C. L. Lawton, Attic Document Reliefs, Oxford 1995. Sui bronzi di stile severo: R. Thomas, Athletenstatuetten der Spàtarchaik und des strengen Stils, Roma 19 8 1. Bronzi femminili, L. O. Keene Congdom, Caryatid Mirrors of Ancient Greece, Mainz 19 8 1 (cfr. R. Tólle-Kastenbein, Eruhklassische Peplosfiguren, Originalen, Mainz 1980). Sui bronzi lavorati a sbalzo: W. Ziichner, Griechische Klappspiegel, in “Jahrbuch” , 14. Erg. Heft, Berlin 1942; sui bronzi e la suppellettile, S. Karusu, Der Henkel einer Bronzehydria des 4. Jhs., in “Ath. M itt.” , 99, 1984, p. 235 ss. E sempre fondamentale: P. Jacobsthal, Die melische Reliefs, Berlin 19 3 1; Higgins, Greek Terracotlas, cit.; G . Kleiner, Tanagrafiguren, Berlin 19 8 4 2. Sul le grandi terracotte di Olimpia, E. Kunze, Zeus und Ganimede, eine Terrakot-
Per la ceramica si veda la bibl. citata a proposito del capitolo preceden te. Anche: E. Simon, Griechische Vasen, Munchen 1976. Fondamentali alcune osservazioni di E. Buschor, Atlische Lekylhen der Parthenonzeit, in “Miinch. Jah r.” , 3, 19 25, p. 16 7 ss.; P. Jacobstahl, Orna mente griechischer Vasen, Berlin 1927; J. D. Beazley, Attic White Lekylhoi, O x ford 1938; E. Buschor, Grab eines attischen Màdchens, Miinchen T9592; id., Griechische Vasen, nuova ed., Munchen 1969; M. Robertson, Greek Painting, Genève 1959. Su alcuni motivi iconografici vedi: E. Bielefeld, Amazonomachia. Beitràge zur Geschichte der Molivwanderung in der antiken Kunst, Halle 19 3 1; D. von Bothmer, Amazons in Greek. Art, Oxford 1957; fondamentale è F. Brommer, Vasenlisten zu griechischen Heldensagen, Marburg i9 7 3 i. Su alcuni fenomeni sociali: B. R. Mac Donald, The Emigration of Potters Jrom Alhens in thè Late Fifth Century B.C., in “Am. Journ. Arch.” , 85, 19 8 1, p. 139 ss. Studi particolari sul pittore di Pan in: J. D. Beazley, The Pan Painter, Mainz 1974 (ed. ted.: Berlin 19 3 1) . Sul pittore di Pistoxenos e quello di Penthesilea, H. Diepolder, Der Penthesilea — Maler, Leipzig 1936; id., Der Pistoxenos —Maler, n o . Beri. Winck. Pr., Berlin 1934. Sul pittore dei Niobidi, T. B. L. Webster, Der Niobidenmaler, Leipzig 19 35; E. B. Harrison, in “Art Bull.” , 34, 19 72, p. 390 ss. Sul pittore di Achille, I. Wehgartner, Ein Grabbild des Achilleusmaler, 129, Beri. Winck. Pr., Berlin 1983; J. H. Oakley, The Achilles Painter, Mainz 1997. Sul pittore di Kleophon, G . Gualandi, Il pittore di Kleophon, in “Arte antica e moderna”, 79, 1962, p. 34 1 ss. Su Meidias, W. Hahland, Vasen um Meidias, Berlin 1930; G . Becatti, Meidias: un manierista antico, Firenze 1947; LI. Knigge, in “Ath. M itt.” , 90, 19 75, p. 13 8 ss.; L. Burn, The Meidias Painter, Oxford 1987. Sui vasi del iv secolo a.C.: K. Schefold, Kertscher Vasen, Berlin-Leipzig 1930; id., Untersuchungen zu den Kertscher Vasen, Berlin-Leipzig 1934. Sui piatti con pesci: S. Me Phee, A. D. Trendall, Greek Red-figured Fish-plates, 14. Beiheft, “Antike Kunst” , Basel 1987. Sulle rappresentazioni: H. Metzger, Les représentations dans la ccramique attique du iv ‘J siede, Paris 19 5 t . Studi particolari: G . Van Hoorn, Choes and Anthesteria, Leiden 19 3 1; N. Eschbach, Statuen auf panathenàischen Preisamphorcn des 4. Jahrhunderts v. Chr., Mainz 1985.
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STORIA
DELL ARTE
GRECA
Per quanto riguarda la pittura si ricorda che per Plinio è indispensabile l’edizione di S. Ferri, Storia delle arti antiche, Roma 1946 (ed ora quella di A. Corso, Torino 1988). Si confronti inoltre E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung der Griechen, ι -m , Miinchen 19 23; è fondamentale per perspicuità critica A. Rumpf, Malerei und Zeichnung (Handhuch der Archàologie, iv, 1), Mitnchen 19 53 ; J· White, Perspective in Ancient Drawing and Painting, London 1936; P. Moreno, Il realismo nella pittura greca del iv secolo a.C., in “Riv. Ist. Naz. Arch. St. Arte”, 13 -14 , 1964-65, p. 27 ss. Sulla possibilità di ricomprendere alcuni quadri antichi, interpretando alcune copie di età romana, resta fondamentale G . Lippold, Antike Gemàldekopien, in “Abh. Bayer. A k.” , N*F., 33, I 951 ·
Fondamentale la ricostruzione grafica delle pitture di Poiignoto a Delfi in C. Robert, Die Nekyia des Polygnot —Die Ilioupersis des Polygnot, 16 -17 . Fiali. Winck. Pr., 189 2-189 3. Dopo il riconoscimento del suo influsso sui vasi attici (Pittore dei Niobidi), “Ann. Inst.” , 1882, p. 273 ss. al Robert si deve anche la ricostruzione della battaglia di Maratona ad Atene in Die Marathonschlacht in der Poikile und weiteres uber Polygnot, 18 . Hall. Winck. Pr., 1895, di Mikon. Ora: M. Stransbury-O’ Donnei, Polygnotos’s Iliupersis: a New Reconstruction, in “Am. Journ. Arch.” , 93, 1989, p. 203 ss.; Polignotos’s Nekya: a Reconstruction and Analysis, ibid., 94, 1990, p. 2 13 ss. Su Poiignoto e Mikon da ultimi: E. Simon, Polygnotan Painting and thè Niobid Painter, in “Am. Journ. Arch.” , 67, 1963, p. 43 ss.; M. Robertson, Conjectures in Polygnotus’ Troy, in “Ann. Br. Sch. Athens”, 62, 1967, p. 5 ss. Sull’interpretazione di singole personalità di pittori si ricorda solo A. von Salis, Die Gigantomachie am Schilde der Athena Parthenos, in “Jahrbuch” , 55, 1940, p. 90 ss. (Fidia pittore), R. Bianchi Bandinelli, Parrasio, in Storicità dellArte Classica, Bari 19 7 3 5, p. 109 ss. (sul piano stilistico); A. Rumpf, Parrhasios, in “Am. Jour. Arch.” , 55, 19 5 1, p. 5 ss.; e W. Kraiker, Das Kentaurenbild des Zeuxis, in 106. Beri. Winck. Pr., Berlin 1950.
Età ellenistica Per la critica antica dell’ellenismo è fondamentale B. Schweitzer, Xénokrates von Athen. Beitràge zur Geschichte der antiken Kunstforschung und Kunstanschauung, in “ Schriften der Kònigsberger Gelehrten Gesellschaft, Geisteswissenschaftliche Klasse”, Heft 1, Helle 19 32 = Zur Kunst der Antike. Ausgewahlte Schriften, 1, Tiibingen 1963, p. 10 5 ss. Utile quanto a indirizzo metodologico è G . M. A. Hanfmann, Hellenistic Art, in “Dumbarton Oaks Papere” , 17 , 1963, p. 77 ss. Sulle scoperte in Macedonia: Ph. Petsas, O taphos tou Leukadiou, Athenai 1966; id ., Fella. Alexander thè Great’s Capital, Thessaloniki 1978; M. Andronikos, Yergina. The Royal Tombs and thè Ancient City, Athens 1984 (con bibliografia precedente).
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B I B L I O G R A F I C H E
Su singoli aspetti topografici si veda per Delos: Délos, 1, Les monuments, R. Vallois, Architecture hellénique et hellénistique à Délos jusqu’à l ’eviction des Déliens, 166 av. J.C., Paris 1944; A. Papageorgiou-Venetas, Délos: Recherches urbaines sur une ville antique, Mitnchen 19 8 1; Ph. Bruneau-J. Ducat, Guide de Délos, Paris 1983. Santuari-Samotracia: K. Lehmann, Samothrace. A Guide to thè Excavations and thè Museum\ New York 1983. Kos: R. Herzog, P. Schazmann, Kos, 1, Asclepieion, Berlin 19 32. Lindos: Lindos, fouilles de bAcropole 1902-1914 et 1952, ni, E. Dyggv Le sanctuarie dAthana Lindia et Γarchitecture lindienne, 1-11, Berlin-Copenh; gue i960. Contributi fondamentali di architettura ellenistica in A. von Gerkan, Voi antiker Architektur und Topographie. Gesammelte Aufsatze, Stuttgart 1959. Studi generali sono quello di R. Scranton, Greek Architecture, New York 1962; M. Lyttelton, Baroque Architecture in Classical Antiquity, London T974; ora fondamentale è: H. Lauter, Die Architektur des Hellenismus, Darmstadt 1986. Per Vitruvio e le sue fonti si veda l’edizione dei libri i - v i i del De Architectura, con recensione del testo, traduzione e note di S. Ferri, Rom i960 (ora di A. Coreo, Torino 1997). Per alcuni motivi particolari dell’architettura ellenistica si veda: A. von Gerkan, Der Aitar des Artemis-Tempels in Magnesia am Màander, Berlin 1929; G . Pesce, Il Palazzo delle colonne in Tolemaide di Cirenaica, Roma 1950; H. Lauter, Ptolemais in Libyen. Ein Beitrag zur Baukunst Alexandrias, in “Jahr buch” , 86, 19 7 1, p. 149 ss.; W. Hoepfner, Philadelphia. Ein Beitrag zur friihen hellenistichen Architektur, in “Ath. M itt.” , 99, 1984, p. 353 ss.; W. Hoepfner-E. L. Schwandner edd., Hermogenes und die hochhellenistische Ari tektur, Kolloquium Berlin 1988, Mainz 1990; W. Hoepfner-G. Brands edi Basileia. Die Palaste der hellenistischen Kònige, Symposion Berlin 1992, Main. 1996; P. A. Webb, Elellenistic Architectural Sculpture, Madison 1996. Pergamo: sulla cronologia dei singoli edifici vedi A. Schober, Zur Dalierung Eumenischer Bauten, in “Ost. Jahreshefte”, 1940, p. 1 5 1 ss. Sul grande altare si cita solo H. Kàhler, Der grosse Fries von Pergamon. Untersuchungen zur Kunstgeschichte und Geschichte Pergamons, Berlin 1948; A. Schober, Die Kunst von Pergamon, Wien-Innsbruck 19 5 1. È fondamentale E. Rohde, Per gamon: Burgberg und Aitar, Berlin 1982. Ora: L ’altare di Pergamo. Il Jregio di Telefo, Roma 1996. Sulla diffusione degli elementi decorativi pergameni: J. M. C. Toynbee, J. B. Ward Perkins, Peopled Scrolls: a Elellenistic Motif in Imperiai Art, in “Pa pere of thè Br. Sch. at Rome ”, 18, 1950, p. 1 ss.; Th. Kraus, Die Ranken der Ara Pacis, Berlin 19 53. Su Hermogenes, per l’assimilazione dei suoi canoni, soprattutto in Italia e a Roma si veda: P. Cross, Aurea Tempia. Recherches sur Γarchitecture religieuse de Rome à l’époque d’Auguste, Rome 1976. Per quanto riguarda le sale per contrattazione e amministrazione si veda: Délos, ir. G . Leroux, La Salle hypostyle, Paris 1909; π bis, R. Vallois, G.
MORIA
l ) l ' . l , l . ARTI · ; ( i R ! I c : A
Poniseli, Nouvellcs recherches sur la Salle Hypostyle, Paris 19 14 ; F. Krischen, Antike Rathàuser, Berlin 19 4 1. Per i teatri e gli edifici per lo spettacolo: M. Bieber, The History of thè Greek and Roman Theater, Princeton, N .J., 1 9 7 1 4. Per gli edilici effimeri si veda: Fr. Studniczka, Das Symposium Plolemaios //, in “ Abh. Sachs. A k.” , 30, tra, 19 14 . Per Lisippo confronta: E. Loewy, Lysipp und seine Stellung in der griechischen Plastik, Hamburg 18 9 1; F. P. Johnson, Lysippos, Durham 19 27; E. Sjòqvist, Lysippits, Cincinnati T966; T. Dohrn, Die Marmor-Standbilder des Daochas-Weihgescbenks in Delphi, in “Antike Plastik”, 8, 1968, p. 33 ss.; P. Moreno, Testimonianze per la teoria artistica di Lisippo, Treviso 19 73; id., Li sippo 1, Bari 1974; id., Il Farnese ritrovato ed altri tipi di Eracle in riposo, in “ Mèi. Ec. Fr. Rome, Antiquité”, 94, 1982, p. 379 ss.; id., Vita e arte di Lisippo, Milano 1987; J. Chamay, J. L. Maier (edd.), Lysippe et son influence, Genève 1987; P. Moreno, Vita e arte di Lisippo, Milano 1987; Lisippo. L ’arte e la fortuna, Roma 1995. Sulla scultura ellenistica è ancora fondamentale l’inquadramento di G. Krahmer, Stilphasen der hellemstischen Plastik, in “Róm. M iti.” , 28-29, 19231924, p. i 38 ss.; id., Die einansichlige Gruppc und die spathellenistischc Kunst, in “ Nachrichten Ges. Wiss. Gòttingen, Phil.-Hist. Klasse” , 1927-28, p. 53 ss.; id., Hellenislische Kópfe, ibid., N .F., 1, 1934-36, p. 2 17 ss. Acuti giudizi in E. Laurenzi, Lineamenti di arte ellenistica, in “Arti figurative” , 1, 1945, p. 12 ss.; id., Aggiornamento della conoscenza della scidtura ellenistica, in Alti del \ i[ Congr. hit. di Arci). Class., voi. 1, Roma 19 6 1, p. 39T ss.; M. Bieber, The Sculpture of thè ìlellenistic Ago, New York 19 6 12. Magmatico, ma ricco di dati è: A. Linfert, Runstzentren hellenistischer Zeit. Studien an uieiblichen Gewandfiguren, Wiesbaden 1976; J . J . Polliti, Art in thè Hellenistic Age, Cam bridge 1986; P. Moreno, Scultura ellenistica, 1-11, Roma 1994. Esemplari alcune edizioni di monumenti particolarmente notevoli: J. Marcadé, Au muséc de Délos. Etude sur la sculpture hellénistique en ronde bosse découverte dans l'ile, Paris 1969; Samos, xn . R. Horn, Hellenistische Bildwerke auf Samos, Bonn 19 72. Fondamentale documentazione attraverso alcuni rin venimenti in W. Fuchs, Der Schifjsfund von Mahdia, Tubingen 1963; P. C. Boi, Die Skulpturen des Schiffsfundes von Antikythera, in “Ath. Mitt.” , 2. Beiheft, Berlin 1 972; Das Wrack. Der antike Schiffsfund von Mahdia, ι -n, Kòln 1994. Studi particolari sono quelli di R. Lullies, Die kauernde Afrodite, Mtinchen-Pasing 1954; H. von Roques de Maumont, Antike Reiterstandbilder, Berlin 1958; Ι Ε B. Siedentopf, Das hellenistische Reiterdenkmal, Waldsassen 1968; E. Kunzl, Frùhhellemslische Gruppen, Kòln 1968. Ritratti e ricerche iconografiche (si veda la bibliografia citata al capitolo precedente, in particolare, Laurenzi, cit.): Délos, xm . C. Michalowski, Les Portraits hellénistiques et romains, Paris 19 32; R. P. Hinks, Greek and Roman Portrait Sculpture, London 19 35; f i . P. L ’Orange, Apotheosis in Ancient Portraiture, Oslo 1947; E. Buschor, Das hellenistische Bildnis, Miinchen 1 9 7 1 2; M. Bieber, Alexander thè Great in Greek and Roman Art, Chicago 1964; L.
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1! 1 l i 1 , 1 Ο G R Λ Γ I C I I Li
Giuliani, Bildnis und Botschaft. Hermeneutische Untersuchungen zar Bildniskunst der rómischen Republik, Frankfurt 1986; R. R. R. Smith, Hellenistic Rogai Por traits, Oxford 1988. Sulla scuola lisippea si veda: T. Dohrn, Die Tyche von Antiochia, Berlin i960; J. Frel, The Getty Bronze, Malibu 1978. Sui rinvenimenti di Sidone, V. von Graeve, Der Alexandersarkophag und seine Werkstatt, in “ Ist. Forsch.”, 28, Berlin 1970. Sulla Fanciulla d’Anzio si veda: H. Lauter, Neues zum Madchen von Antium, in “Ath. M itt.” , 86, 19 7 1, p. 1.47 ss. Su Doidalsas: L. Laurenzi, La personalità di Doidalsas di Bitinta, in “ Ann. Atene” , 24-25, 1946-48, p. 16 7 ss.; A. Corso, Nicomedc 1, Dedalsa e le Afroditi nude al bagno, in “Quad. Ticinesi” , xrx, 1990, p. 13 5 ss. Sui Boethoi: A. Rumpf, Boethoi, in “Óst. Jahreshefte”, 39, 19 52, p. 86 ss.; B. Andreae, Schmuck eines Wasserbeckens in Sperlonga, in “Ròm. M itt.”, 83, 1976, p. 287 ss. Sulla scuola attica: W. Fuchs, Die Vorbilder der neuattischen Reliefs, in “ Jahrbuch” , 20. Erg. FI., Berlin 1959. Utili alcune precisazioni di G . M. A. Richter, 'Three Criticai Periods in Greek. Sculpture, Oxford 19 5 1; F. Coarelli, Polycles, in “Studi Miscellanei” , 15 , 1970, p. 75 ss. (ora: Revixil Ars, Roma 1996); A Stewart, Attika. Studies in Atheman Sculpture of Hellenistic Age, in “Journ. Hell. Studies” , Suppl. Papers 14, 1979; Th. Stephanidou-Tiberiou, Neoattika, Athenai T979; H.-U. Cain, Ròmische Marmorkandelaber, Mainz 1985; D. Grassinger, Ròmische Marmorkratere, Mainz 19 9 1; Th. M. Galde, Putente und Verwandle Monumenta, Mainz 1997. Sul problema delle copie P. Zanker, Klassizis/ische Statuen, Mainz 1974; M. Bieber, Ancient Copies. Contribuitone to thè History of Greek and Roman Art, New York 19 77. Sulla scuola pergamena: A. Schober, Das Gallierdenkmal Attalos 1 in Pergamon, in “Ròm. Mitt.” , 5 1, 1936, p. 104 ss.; id., Epigonos von Pergamon und die fruhpergamenische Kunst, in “Jahrbuch” , 53, 1938, p. 12 6 ss.; B. Schweitzer, Das Originai der sogenannten Pasquino Gruppe, in “Abh. Sachs. Ak. Wiss., Phil.-Hist. Klasse” , 43, 1938; id., Die Menelaos-Patroklos Gruppe. Ein verlorenes Meisterwerk. hellenistischer Kunst, in “Die Antike” , 14, 1938, p. 43 ss. = Zar Kunst der Antike. Ausgewàhlte Schriften, 1, Tubingen 1963, p. 95 ss.; A. Schober, Za dem Weihgeschenke eines Attalos in Alhen, in “Ròm. M itt.” , 54, 1939, p. 82 ss.; F. Coarelli, Il «Grande donano» di Aitalo r, in I Galli e l'Italia, Roma 1978, p. 2 3 1 ss.; R. Ozgan, Bemerkungen zum Grossen Collieranalhem, in “Arch. Anz.” , 19 8 1, p. 489 ss.; S. Karusu, Der Bronzekopf aus Antikythera-ein Kynischer Philosoph, in Pro arte antiqua. Festschrift fùr H. Kenner, n, Wien-Berlin 1985, p. 207 ss. Sulla scuola rodia: L. Laurenzi, Monumenti di scultura del Museo Archeolo gico di Rodi-iii, e deU’Anliquarium di Cos, in “Clara Rhodos” , 5, 2, 19 32, p. 65 ss.; id., Monumenti di scultura del Museo Archeologico di Rodi-ιν e dell'Antiquarium di Cos-π, in “Clara Rhodos” , 9, 1938, p. 9 ss.; id., Rilievi e statue d’arte rodia, in “Ròm. M itt.” , 54, T939, p. 42 ss.; id., Ritratto di un principe ellenistico. Statuetta acefala di Cleobulo lindio, in “Clara Rhodos”, io, 19 4 1, p.
517
STORIA
ΟΙ , Ι . Ι , A R T E
GRECA
i ss., 15 ss.; id. Problemi di scultura ellenistica: la scultura radia, in “Riv. Ist. Arch. St. Arte” , 8, 19 4 1, p. 25 ss.; id., Cronologia e fase stilistica del Laocoonte, ibid., p. 70 ss.; id., Sculture inedite del Museo di Cos, in “Ann. Ate ne , 33-34, 1955-36, p. 59 ss.; id., Sculture di scuola radia dell’ellenismo tar do, in Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni, rrr, Milano 1956, p. 183 ss.; D. Pinkwart, Das Relief des Archelaos von Priene, in “Antike Plastik”, 4, 1965, p. 55 ss.; G . Gualandi, Un tema della scultura radia: lAfrodite sulla roccia, in “Arte antica e moderna” , 34-36, 1966, p. 182 ss.; E. La Rocca, Philiskos a Roma. Una testa di Musa dal Tempio di Apollo Sostano, in Alessan dria e il mondo ellenislico-romano, in, Roma 1984, p. 629 ss.; R. KabusPreisshofen, Die Hellenistische Plastik der Insel Kos, Berlin 1989. Ora: Ch. Vorster, Die Skulpturen von Pianelle Sabino, Wiesbaden 1998. Sul Laocoonte: F. Magi, Il ripristino del Laocoonte, in “Mem. Pont. A cc.” , 9, i960, p. 59 ss. Su Sperlonga: F. Coarelli, Sperlonga e Tiberio, in “Dial. Arch.” , 7, 19 73, p. 97 ss.; B. Conticello - B. Andreae, Die Skulpturen von Sperlonga, in “Anti ke Plastik”, 14, 1974; B. Andreae, L ’immagine di Ulisse: mito e archeologia, Torino 1983; Ulisse, Il mito e la memoria, Roma 1996. Su Alessandria: A. Adriani, Documenti e ricerche di arte alessandrina, Ro ma, 1, 1946, 1 1 , 1959; i d ., Repertorio d’arte dell’Egitto greco-romano, A, 1 - 1 1 ; C, 1-11, Palermo 19 6 1-19 6 3 ; II. Mòbius, Alexandria und Rom, in “Abh. Bayer. Ak. W iss.” , 59, Miinchen 1964 (fondamentale); II. Kyrieleis, Bildnisse der Ptolemàer, Berlin 19 75; K. Vierneisel, Die Berliner Kleopatra, in “Jahrbuch der Berliner Museen”, 22, 1980, p. 5 ss.; F. Queyrel, Un portrait de Ptolémée in: problèmes d’iconographie, in “La Revue du Louvre” , 4, 1985, p. 278 ss. Sui bronzi si veda: D. Burr Thompson, A Bronze Dancer from Alexan dria, in “Am. Journ. Arch.” , 54, 1950, p. 3 7 1 ss.; A. Adriani, Microasiatici o alessandrini i grotteschi di Mahdià?, in “Ròm. M iti.”, 70, 1963, p. 80 ss. Sulle terrecotte: Délos, x x m . A. Laumonier, Les figurines de terre cuite, Paris 1956; D. Burr Thompson, Three Centuries of Hellenistic Terracottas, in “Hesperia”, 2 1, 19 52, p. 1 1 6 ss.; 23, 1954, p. 72 ss.; 26, 1957, p. 10 8 ss.; 28, 1959, p. 12 7 ss.; 3 1, 1962, p. 244 ss.; id., A Clay Model of an Ephebe, ibid., 32, 1963, p. 88 ss.; id., The Origin of Tanagras, in “Am. Journ. Arch.” , 70, 1966, p. 5 1 ss.; S. Mollard-Besques, Un atelier de coroplasthe du début du 1/ siede avant J.C. à Myrina, in “La Rev. du Louvre”, 14, 1964, p. 299 ss.; S. Besques, Une Aphrodite au collier de Myrina signée par Ménophilos, in “Antike Kunst” , 26, 1983, p. 22 ss. Alcuni spunti alessandrini o di icono grafia alessandrina sulle terrecotte in A. Adriani, Un motivo «teocriteo» in un vaso alessandrino, in Mélanges offerts à K. Michalowski, Warszawa 1966, p. 3 1 ss. È fondamentale L. Bernabò Brea, Menandro e il teatro greco nelle terrecotte liparesi, Genova 19 8 1; I L and D. B. Thompson, Hellenistic Pottery and Terra cottas, Princeton N .J. 1987. Sulla ceramica si veda: U. Hausmann, Hellenistische Reliefbecher aus attischen und bòotischen Werkstatten, Stuttgart 1959; L. Guerrini, Vasi di Hadra, Roma 1964; D. B. Thompson, Ptolemaic Oinochoai and Portraits in Paience,
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B I B J .I O G R A F I C H F .
Oxford 19 73; U. Sinn, Die homerischen Becher, in “Ath. M itt.”, 7. Beiheft, Berlin 1979; The Atheman Agora, x x n ; S. I. Rotroff, Hellenistic Pottery. Athenian and Imported Moldmade Bowls, Princeton, N .J., 1982; P .J . Callaghan, R. E. Jones, Hadra Hydriae and centrai Crete. A Fabric Analysis, in “Ann. Br. Sch. Athens”, 80, 1985, p. 1 ss.; T. Dohrn, Schwarzgefirnisste Plakettenvasen, in “Rom. M itt.” , 92, 1985, p. 77 ss.; S. Ovidi, Un contributo al corpus delle hydriae di Hadra, in “Boll. Arte”, l x x i x , 1994, p. 1 ss.; The Athenian Agora, x x ix . Hellenistic Pottery. Athenian and Imported Wheelmade Table Ware and Related Material, Princeton, N. ]., 1997. Sullo stucco e la toreutica si veda: O. Rubensohn, Hellenistisches Silbergeràt in antiken Gipsabgùssen, Berlin 1 9 1 1 ; A. Ippel, Der Bronzefund von Galjub, Berlin 1922; id., Guss-und Treibarbeit in Silber, 97. Beri. Wink. Pr., Berlin 19 37; J. Hackin, J. Cari, Recherches archéologiques a Begram, Paris 1939; ]■ Hackin, Nouvelles recherches archéologiques à Begram, Paris 1954; G . M. A. Richter, Ancient Plaster Casts of Greek Metalware, in “Am. Journ. Arch.” , 62, 1958, p. 369 ss.; ead., Calenian Pottery and Classical Greek Metalware, in “Am. Journ. Arch.” , 63, 1959, P· 24 1 ss.; A. Adriani, Divagazioni intorno ad una coppa paesistica del Museo di Alessandria, Roma 1959; B. Segali, Tradition und Neuschòpfung in der frùhalexandrinischen Kleinkunst, 119 - 12 0 . Beri. Winck. Pr., Berlin 1966; M. Pfrommer, Studien zu alexandrinischer und frùhgriechischer Toreutik fruhellenistischer Zeit, Berlin 1987; id., Untersuchungen zur Cronologie friih - und hochhellenistischer Goldschmucks, Tubingen 1990. Sulle oreficerie si veda: H . Hoffmann, P. F. Davidson, Greek. Gold-Jewelry from thè Age of Alexander, Mainz 1965; E. Yuri, O kraleras lou Derveniou, Athenai 1978; Higgins, Greek and Roman Jewellery, cit.; B. Deppert-Lippitz, Griechischer Goldschmuck, Mainz 1985. Sulla glittica: M. L. Vollcnwcider, Die Steinschneidekunst und ihre Kùnstler in sp'àtrepublikanischer und augusteischer Zeit, Baden-Baden 1966; Η. P. Biihler, Antike Gefàsse aus Edelsteinen, Mainz 19 73. Sulla Tazza Farnese, ancora: F. L. Bastet, Untersuchungen zur Datierung und Bedeutung der Tazza Farnese, in “Bull. Ant. Besch.” , 37, 1962, p. 1 ss. Sui vetri: M. Cristofani, La coppa di Tresihco, in “Klearchos” , 29-32, 1966, p. 63 ss. Sulle monete: N. Davis, C. M. Kraay, The Hellenistic Kingdoms, Portrait Coins and History, London 19 73. Sulla pittura del primo ellenismo: H. Fuhrmann, Philoxenos von Eretria, Gòttingen 19 3 1; sul mosaico di Alessandro, A. Rumpf, Zum Alexander-Mosaik, in “Ath. M itt.” , 77, 1962, p. 229 ss.; B. Andreae, Das Alexandermosaik aus Pompeji, Recklinghausen 19 77; P. Moreno, Pittura greca, Milano 1987. Su Apelles: P. Mingazzini, Una copia dell’Alexandros Keraunophoros di Apelle, in “Jahrbuch der Berliner Museen” 3, 19 6 1, p. 7 ss. Su Alessandria: B. R. Brown, Ptolemaic Painting and Mosaic and thè Ale xandrian Style, Cambridge, Mass., 1957; W. A. Daszewski, Corpus of Mosaics from Egypt, 1, Mainz 1985. Pitture e mosaici di Delos: Délos, x x ix . Ph. Bruneau, Les mosdiques, Pa ris 19 72 (cfr. “Bull. Corr. Hell.” , 99, 19 75, p· 306 ss.).
5r9
S T O R ΙΛ
1 ) 1 . 1 , 1,
Λ RTF.
G R E C A
Sui rapporti tra pittura ellenistica e quella documentata a Roma e in Campania si veda: 1·’. Studniczka, hnagines llluslrmm, in “Jahrbuch” , 38-39, 1923-24, p. 57 ss.; P. Williams Lehmann, Roman Wall Paintings from Boscoreale m thè Metropolitan Museum of Art, Cambridge, Mass., 1953; id., Lefka-
Indice delle illustrazioni
dia and thè Second Style, in Studies in Classica.1 Art and Archaeology: a Tributa to P. il. voti Blanckenhagen, Locust Valley-New York 1979, p. 225 ss. Sulla pittura di paesaggio rimane insuperato e tuttora validamente pro blematico: M. Rostovzev, Die hellenistisch-ròmische Architekturlandschaft, in “ Ròm. M itt.” , 26, τρττ, p. 1 ss.
Età protogeometrica 1. Karphi: pianta della città. 2. Lefkandi: assonometria ricostruttiva deU’heroon. 3. Corredo di una tomba tardo protogeometrica. Atene, Museo dell’Ago rà. 4. Anfora dal Ceramico. Atene, Museo del Ceramico. 5. Ricostruzione di un tripode da Itaca. 6. Cratere protogeometrico attico. Monaco, Antikensammlungen. 7. Centauro di Xeropolis, terracotta. Calcide, Museo.
Età geometrica 8. 9. 10. 11. 12 . 13 . 14. 15 . 16 . 17 . 18. 19.
520
Chios: pianta della città di Emporion. Ricostruzione di un modello di edificio dallileraion di Perachora. Samos, pianta ricostruttiva dell’Heraion: 800 circa a.C. Anfora dall’Areopago. Atene, Museo dell’Agorà. Corredo di una tomba geometrica dall’Areopago. Atene, Museo dell Agorà. Cratere attico figurato: medio stile geometrico. New York, Metropoli tan Museum. Particolare di un’anfora attica del pittore del Dipylon. Atene, Museo Nazionale. Anfora attica del pittore del Dipylon. Atene, Museo Nazionale. Particolare di un cratere attico del pittore del Dipylon: scena di navi gazione. Parigi, Louvre. Particolare di una oinochoe attica con il naufragio di Odisseo. Mona co, Antikensammlungen. Particolare di un cratere attico con scena di battaglia. Parigi, Louvre. Frammento di lebes tardo geometrico attico. Atene, Museo Nazionale.
52J
STORIA
20. 2 1. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 3 1. 32. 33. 34. 35. 36. 37.
Dlil.l, Λ RTF
GRECA
Cratere argivo. Argo, Museo. Cratere corinzio da Tebe. Toronto, Ontario Museum. Pithos euboico da Cipro. New York, Metropolitan Museum. Anfora da Thera. Atene, Museo Nazionale. Particolare della gamba di un tripode: uomo su cavallo. Olimpia, M u seo. Ricostruzione dell’ansa di un tripode da Olimpia. Bronzetto che sormonta l’ansa di un tripode da Olimpia: uomo e ca vallo. Olimpia, Museo. Particolare della gamba di un tripode da Olimpia: lotta tra Herakles ed Apollo. Olimpia, Museo. Cervo da Olimpia. Boston, Museum of Fine Arts. Bronzetto: Zeus o guerriero, da Olimpia. Olimpia, Museo. Avorio: figura femminile, dal Dipylon. Atene, Museo Nazionale. Bronzetto: Ares (?), dalla Acropoli. Atene, Museo Nazionale. Bronzetto con scena di caccia al leone, da Samos. Samos, Museo. Gemma con Herakles e Nesso. Monaco, Antikensammlungen. Testa fittile da Amyklai. Atene, Museo Nazionale. Corazza dalla necropoli di Argo. Argo, Museo. Particolare di una fibula con Herakles e i fratelli Molioni. Atene, M u seo Nazionale. Ricostruzione di una cassetta cineraria, decorata con lamine d’oro, dal Ceramico di Atene.
Età orientalizzante 38. 39. 40. 4 1. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49.
Smirne: veduta ricostruttiva della città alla fine del v i i sec. a.C. Isthmia: veduta ricostruttiva di parte del tempio. Samos: pianta ricostruttiva dell’Heraion dopo il 670 a.C. Dreros: pianta e ricostruzioni del tempio. Sphyrelata da Dreros. Iraklion, Museo. Tympanon dall’antro Ideo a Creta. Iraklion, Museo. Figura di calcare: arte cretese. Parigi, Louvre. Particolare di una statua di calcare da Eleutherna. Iraklion, Museo. Rilievo di calcare: da Micene. Atene, Museo Nazionale. Leone funerario. Corfù, Museo. Figura dedicata da Nikandre, a Delos. Atene, Museo Nazionale. Bronzetto dedicato da Mantiklos: probabilmente da Tebe. Boston, Museum of Fine Arts. 30. Disegno ricostruttivo di un legno votivo dal santuario di Samos. 5 1. Leoni di marmo sulla terrazza a Delos. 52. Corazza incisa da Olimpia. Olimpia, Museo.
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in d ic i
: d i t i , iì i l l u s t r a z i o n i
53. Ricostruzione di un calderone su piede conico da Olimpia: particolare. 54. Disegno di una mithra incisa da Olimpia: uccisione di Clitemnestra. Olimpia, Museo. 35. Rilievo cretese con la disputa tra Apollo ed Herakles. Parigi, Louvre. 36. Rilievo dall’Heraion di Argo: Clitemnestra e Cassandra. Atene, Museo Nazionale. 37. Protome fusa di grifo. Olimpia, Museo. 58. Particolare di un’anfora a rilievo da Tebe con Perseo e la Gorgone. Parigi, Louvre. 39. Terracotta da Gortyna: Athena. Iraklion, Museo. 60. Giovanetto, avorio: fiancata di lira dall’Heraion. Samos, Museo. 6 1. Avorio da Samos con Perseo e la Gorgone. Atene, Museo Nazionale. 62. Terracotta da Gortyna: busto femminile. Iraklion, Museo. 63. Orecchino da Rodi con centauro. Berlino, Musei. 64. Legno con Zeus ed Hera. Già Samos, Museo. 65. Metopa dal tempio di Apollo a Thermos: Perseo. Atene, Museo N a zionale. 66. Sigillo con cavallo alato dalle Cicladi. Dresda, Antikensammlungen. 67. Ricostruzione di una kotyle protocorinzia. 68. Aryballos protocorinzio: gigantomachia. Boston, Museum of Fine Arts. 69. Aryballos protocorinzio a testa di leone: lotta di opliti. Londra, British Museum. 70. Kotyle frammentaria: Bellerofonte e la Chimera. Egina, Museo. 7 1. Olpe “Chigi” . Roma, Museo di Villa Giulia. 72. Olpe “Chigi” : particolare. Roma, Museo di Villa Giulia. 73. Cratere frammentario: Odisseo e Polifemo. Argo, Museo. 74. Particolare di un’anfora beotica: Potnia Theron. Atene, Museo Nazio nale. 75. Particolare di un piatto nassio: Bellerofonte e la Chimera. Thasos, M u seo. 76. Oinochoe paria da Egina. Londra, British Museum. 77. Cratere frammentario da Rodi con centauro. Londra, British Museum. 78. Oinochoe greco-orientale dall’Etruria. Roma, Museo di Villa Giulia. 79. Ricostruzione grafica della scena sul collo di un’anfora funeraria nassia. Atene, Museo Nazionale. 80. Alabastron figurato da Fortezza. Iraklion, Museo. 8 1. Particolare di un’anfora del pittore di Analatos. Parigi, Louvre. 82. Cratere frammentario: lotta tra Herakles e il centauro; pittore della Scacchiera. Berlino, Musei. 83. Anfora del pittore di Polifemo. Eieusi, Museo. 84. Particolare di un cratere: pittore della Brocca degli arieti (uccisione di Agamennone?). Berlino, Musei. 85. Particolare di un’hydria: pittore della Brocca degli arieti. Egina, Mu seo.
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STORIA
DI'. 1.1, \ k T E G R E C A
Era arcaica 86. 87. 88. 89. 90. 9 1. 92. 93. 94. 95. 96. 97. 98. 99. 100. 10 1. 102. 10 3. 104. 105. 106. 10 7. ro8. top. no. in . 112 . 113 .
Atene: pianta rieostruttiva della città in età arcaica. Samos: pianta ricostruttiva dell’Heraion dopo il 570 a.C. Efeso: veduta ricostruttiva dell’Artemision arcaico: particolare. Didymaion di Mileto: particolare. Particolare di una colonna istoriata dell’Artemision arcaico di Efeso. Londra, BritisH Musetim. Particolare di una colonna istoriata del Didymaion di Mileto. Berlino, Musei. Pianta ricostruttiva del santuario di Delfi in età arcaica. Veduta ricostruttiva della colonna dedicata dai Nassi a Delfi. Veduta ricostruttiva del tempio di Apollo e della stoà dedicata dagli Ateniesi a Delfi. Veduta ricostruttiva dei thesauroi dei Gnidi, dei Massalioti e dei Sifni a Delfi. Gorinto: pianta ricostruttiva della agorà e del tempio di Apollo. Gorcira: veduta ricostruttiva del frontone del tempio di Artemis. Particolare del frontone dcH’Artemision di Gorcira. Corfù, Museo. Terracotta architettonica da Kalvdon: sfinge. Atene, Museo Nazionale. Frontone di poros con Ilcrakles che combatte l’hydra. Atene, Museo dell’Acropoli. Ricostruzione del frontone orientale dell’antico hekatonpedon sull’A cropoli di Atene. Particolare del frontone orientale dell’antico hekatonpedon e cosiddet to barbablù. Alene, Museo dell’Acropoli. Gosiddetto frontone dell’ulivo. Atene, Museo dell’Acropoli. Testa di Athena, dal frontone pisistrateo del tempio di Athena poliàs. Atene, Museo dell’Acropoli. Athena ed Encelado, dal frontone pisistrateo del tempio di Athena po liàs. Atene, Museo dell’Acropoli. Pianta del santuario di Aphaia ad Egina. Ricostruzione dei frontoni del tempio di Aphaia ad Egina. Arciere (Paride?) dal frontone occidentale del tempio di Aphaia ad Egina. Monaco, Antikensammlungen. Herakles saettante dal frontone orientale del tempio di Aphaia ad Egi na. Monaco, Antikensammlungen. Particolare della figura di un caduto dal frontone occidentale del tem pio di Aphaia ad Egina. Monaco, Antikensammlungen. Metopa dal thesauros dei Sicioni: razzia dei Dioscuri e degli Apharidi. Delfi, Museo. Metopa dal thesauros dei Sicioni: Europa sul toro. Delfi, Museo. Particolare del fregio occidentale del thesauros dei Sifni: quadriga. Delfi, Museo.
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iN im at ma.LK i l l u s t r a z i o n i
114 . Particolare del Iregio settentrionale del thesauros dei Sifni: i giganti. Delfi, Museo. 1 1 5 . Particolare del fregio settentrionale del thesauros dei Sifni: gigantomachia. Delfi, Museo. 1 1 6 . Leone che azzanna una cerva, dal frontone orientale del tempio di Apollo a Delfi. Delfi, Museo. 1 1 7 . Kore, dal frontone orientale del tempio di Apollo a Delfi. Delfi, M u seo. 11 8 . Testa di cavallo, dal frontone orientale del tempio di Apollo a Delfi. Delfi, Museo. 1 19 . Metopa con Elerakles e la cerva dal thesauros degli Ateniesi a Delfi. Delfi, Museo. 120. Particolare di una metopa del thesauros degli Ateniesi a Delfi. Delfi, Museo. 1 2 1 . Samos: ricostruzione del gruppo di Geneleos nell’EIeraion. 12 2 . Kouros da Samos. Samos, Museo (la testa a Istanbul, Museo). 12 3 . Anathema di Cheramyes dall’Heraion di Samos. Parigi, Louvre. 124. Anathema di Cheramyes daH’Eleraion di Samos. Samos, Museo. 12 5 . Bronzo votivo dall’Heraion di Samos. Atene, Museo Nazionale. 12 6 . Kouros da Melos. Atene, Museo Nazionale. 12 7 . Nike di Archermos da Delos. Atene, Museo Nazionale. 12 8 . Rilievo da Paros con le Cariti. Monaco, Antikensammlungen. 129. Kleobis e Biton di [Polylmedes di Argo. Delfi, Museo. 13 0 . Kouros da Tenea. Monaco, Antikensammlungen. 1 3 1 . Sfinge da Corinto. Gorinto, Museo. 13 2 . Rilievo con una coppia eroizzata da Krisapha (Sparta). Berlino, Musei. 13 3 . Testa di Hera (?) dallTTeraion. Olimpia, Museo. 13 4 . Moscophoros: particolare. Atene, Museo dell’Acropoli. 13 5 . Testa del cavaliere Rampin dall’Acropoli, Parigi, Louvre. 136 . Kore dall’Acropoli di Atene. Lione, Museo (e Atene, Museo dell’Acro poli). 13 7 . Ligura di un cavaliere. Atene, Museo dell’Acropoli (la testa: Parigi, Louvre). 13 8 . Kore di Antenor. Atene, Museo dell’Acropoli. 139 . Kore con peplo dall’Acropoli. Atene, Museo dell’Acropoli. 140. Kore frammentaria n. 669 dall’Acropoli: particolare. Atene, Museo dell’Acropoli. 1 4 1 . Testa della kore n. 674 dall’Acropoli. Atene, Museo dell’Acropoli. 14 2. Kore n. 6 19 dall’Acropoli. Atene, Museo dell’Acropoli. 14 3 . Torso della kore n. 677 dall’Acropoli. Atene, Museo dell’Acropoli. 144. Testa della kore n. 643 dall’Acropoli. Atene, Museo dell’Acropoli. 14 5 . Stele dedicata dal ceramista Pamphaios, opera di Endoios: particolare. Atene, Museo dell’Acropoli. 146. Kore dedicata da Euthydikos. Parte superiore. Atene, Museo dell’A cropoli.
STORIA
ORLI . Λ R TK ORFICA
nihci:
ni u. i . K i l l u s t r a z i o n i
14 7. Kore dedicata da Euthydikos, particolare della gamba e della base. Atene. Museo dell’Acropoli. 148. Efebo biondo. Atene, Museo dell’Acropoli. 149. Efebo attribuito a Kritios: particolare. Atene, Museo dell’Acropoli. 150 . Testa di un kouros funerario dal Dipylon. Atene, Museo Nazionale. 1 5 1. Kouros dal Sounion. Atene, Museo Nazionale. 17 2 . Kore da Haghios Ioannis Rendis. Pireo, Museo. 15 3 . Kouros dell’Attica. Monaco, Antikensammlungen. 15 4 . Testa maschile. Berlino, Musei. 15 5 . Testa maschile. Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek. 156 . Kore: Phrasikleia di Aristion di Paros. Atene, Museo Nazionale. 15 7 . Kouros: Kroisos da Anavysos. Atene, Museo Nazionale. 13 8 . Stele frammentaria di un pugile. Atene, Museo del Ceramico. 159 . Stele frammentaria di un discoforo, dall’Attica: particolare. Atene, M u seo Nazionale. 160. Ricostruzione di una stele dall’Attica. New York, Metropolitan Museum-Berlino, Musei. 1 6 1. Stele attica con due combattenti. Copenaghen, Ny Carlsberg Glypto tek. 16 2. Particolare di una stele attica (cfr. n. 160). New York, Metropolitan Museum. 16 3. Bronzo, Zeus: fabbrica corinzia. Monaco, Antikensammlungen. 164. Suonatrice di crotali: bronzo di fabbrica laconica. New York, Metro politan Museum. 16 5. Particolare del cratere di bronzo da Vix. Chatillon-sur-Seine, Museo. 166. Avorio (eunuco) dall’Artemision di Efeso. Istanbul, Musei. T67. Bronzo dalla Ionia. Stoccolma, Museo Nazionale. 168. Avorio dall’Artemision di Efeso. Istanbul, Musei. 169. Bronzo policrateo dall’Heraion di Samos: particolare. Berlino, Musei. 170 . Moneta di Mende con Dionysos su un asino. 1 7 1 . Cratere corinzio con Herakles nella casa di Eurytios. Parigi, Louvre. 17 2 . Pinax corinzio con scena di miniera. Berlino, Musei. 17 3 . Pinax di legno da Penteskouphia. Atene, Museo Nazionale. 174. Aryballos corinzio di Polyterpos. Corinto, Museo. 17 5 . Cratere corinzio con l’ambasciata alle mura di Troia: particolare. Ro ma, Musei Vaticani. 176 . Kylix laconica con pesci. Taranto, Museo Nazionale. 17 7 . Kylix laconica con Arkesilas. Parigi, Biblioteca Nazionale. 178 . Kylix samia con un cacciatore di nidi di uccelli. Parigi, Biblioteca N a zionale. 179 . Vaso plastico di un vincitore alle panatenee. Atene, Museo dell’Agorà. 180. Kernos votivo dall’Heraion di Samos. Samos, Museo. 18 1 . Deinos del pittore della Gorgone. Parigi, Louvre. 182. Anfora panatenaica del 566 a.C. (Burgon Amphora). Londra, British Museum. 18 3. Deinos frammentario di Sophilos. Atene, Museo Nazionale.
184. Coperchio ili lekanc con Tlioupersis del pittore (corintizzante). Napoli, Museo Nazionale. 185. Kylix con Achille e Troilo del pittore di Taranto. Taranto, Museo N a zionale. 186. Particolare di un’anfora tirrenica con sacrificio di Polissena. Londra, British Museum. 187. Cratere Frangois. Firenze, Museo Archeologico. 188. Sostegno firmato da Kleitias. New York, Metropolitan Museum. 189. Particolare del cratere Frangois. Firenze, Museo Archeologico. 190. Particolare del cratere Frangois. Firenze, Museo Archeologico. 1 9 1. Kantharos frammentario di Nearchos dall’Acropoli. Atene, Museo N a zionale. 192. Kylix di Amasis con una stalla divina: particolare. New York, Metro politan Museum. 19 3. Anfora di Lydos con cavalieri: particolare. Napoli, Museo Nazionale. 194. Anfora di Amasis con Dionysos e Menadi. Parigi, Biblioteca Naziona le. 19 5. Kylix di Exekias con Dionysos su una nave. Monaco, Antikensamm lungen. 196. Anfora di Exekidas con Achille e Pentesilea. Londra, British Museum. 19 7. Anfora di Exekias con Aiace: particolare. Boulogne, Museo. 198. Anfora del pittore di Lysippides con Herakles. Monaco, Antikensamm lungen. 199. Anfora del pittore di Andokides con Herakles. Monaco, Antikensamm lungen. 200. Cratere di Euphronios con il trasporto di Sarpedon. New York, M e tropolitan Museum. 2 0 1. Particolare di una kylix di Euphronios: Leagros. Monaco, Antiken sammlungen. 202. Particolare di un’anfora di Euthymides con una scena di ratto: Teseo e Korone. Monaco, Antikensammlungen. 203. Psykter di Oltos con coro di guerrieri che cavalcano delfini: particola re. New York, Coll. Schimmel. 204. Tondo di una kylix di Epiktetos con scena di danza. Londra, British Museum. 205. Particolare di uno skyphos del pittore di Kleophrades con Iris aggredi ta dai centauri. Firenze, Museo Archeologico. 206. Particolare di un’hydria del pittore di Kleophrades con Ilioupersis. N a poli, Museo Nazionale. 207. Particolare di un’anfora del pittore di Kleophrades con thiasos dioni siaco. Monaco, Antikensammlungen. 208. Particolare di un’anfora del pittore di Berlino con un aedo. Boston, Museum of Fine Arts. 209. Particolare di un’anfora del pittore di Berlino: Herakles. Basilea, Antikenmuseum.
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STORIA
DI-LI, AR TI ·
2 10 . Interno di una kylix di Onesimos con una donna al bagno. Bruxelles, Musei. 2 1 1 . Interno di una kylix di Onesimos con un pescatore. Copenaghen, Thorvaldsen Museum. 2 12 . Particolare di uno skyphos di Brygos con scena di komos. Wurzburg, Antikensammlungen. 2 13 . Particolare di una kylix di Douris con una donna al bagno. New York, Metropolitan Museum. 2 14 . Particolare di una kylix di Makron con Paride pastore. Berlino, Musei. 2 15 . Kylix di Douris con Athena e Giasone. Roma, Musei Vaticani. 2 16 . Kylix di Douris (part.) con Eos e Memnon. Parigi, Louvre.
Età classica 2 17 . 218 . 219 . 220. 2 2 1. 222. 223. 224. 223. 226. 227. 228. 229. 230. 2 3 1. 232. 233. 234. 233. 236. 237. 238. 239. 240. 2 4 1.
Assonometria ricostruttiva di Olinto. Mileto: pianta ricostruttiva della città. Pianta di Alicarnasso: al centro il mausoleo. Mantinea: pianta della città. Priene: rimpianto urbanistico della città. Priene: assonometria ricostruttiva di un isolato. Priene: veduta ricostruttiva della città. Olimpia: pianta ricostruttiva del santuario attorno al 450 a.C. Olimpia: veduta ricostruttiva della fronte del tempio di Zeus. Olimpia: veduta ricostruttiva del frontone occidentale del tempio di Zeus. Metopa del tempio di Zeus: Herakles e Atlante. Olimpia, Museo. Particolari delle metope del tempio di Zeus ad Olimpia. Particolari delle metope del tempio di Zeus ad Olimpia. Particolari delle metope del tempio di Zeus ad Olimpia. Particolari delle metope del tempio di Zeus ad Olimpia. Figure e particolari dal frontone orientale del tempio di Zeus. Olimpia, Museo. Figure e particolari dal frontone orientale del tempio di Zeus. Olimpia, Museo. Figure e particolari dal frontone orientale del tempio di Zeus. Olimpia, Museo. Figure e particolari dal frontone orientale del tempio di Zeus. Olimpia, Museo. Particolari del frontone occidentale del tempio di Zeus ad Olimpia. Particolari del frontone occidentale del tempio di Zeus ad Olimpia. Particolari del frontone occidentale del tempio di Zeus ad Olimpia. Nike di Paionios. Olimpia, Museo. Assonometria ricostruttiva dell’Hephaisteion di Atene. Assonometria ricostruttiva del tempio di Poseidon al Sounion.
5 2 8
INDICI·:
GRECA
242. 243. 244. 243. 246. 247. 248. 249. 230. 2 3 1. 232. 253. 234. 233. 236. 257. 238. 239. 260. 2 6 1. 262. 263. 264. 263. 266. 267. 268. 269. 270. 2 7 1. 272. 273. 274. 273.
Oli i. I. IÌ
IT,LUSTRAZIONI
Veduta del cassettonato del pronaos dell’Flephaisteion di Atene. Pianta ricostruttiva di Atene nel v secolo. Ricostruzione della stoà di Zeus nella Agorà di Atene. Pianta ricostruttiva della Agorà di Atene: circa 300 a.C. Assonometria ricostruttiva della Acropoli di Atene alla fine del 1 secolo d.C. Veduta ricostruttiva della cella del Partenone. Atene: pianta ricostruttiva di un settore della Acropoli. Copia della testa dell’Athena Parthenos. Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek. Il basamento del Partenone e la curvatura delle orizzontali. Il fregio occidentale del Partenone. Metopa 1 sud del Partenone: centauro e lapita. Metopa x x x i i nord del Partenone: Hera ed Iris. Particolare del fregio settentrionale del Partenone. Londra, British M u seum. Particolare del fregio meridionale del Partenone. Londra, British M u seum. Particolare del fregio orientale del Partenone. Atene, Museo dell’Acro poli. Particolare del fregio occidentale del Partenone. Particolare del fregio settentrionale del Partenone. Dionysos dal frontone orientale del Partenone. Londra, British M u seum. Figure femminili dal frontone orientale del Partenone. Londra, British Museum. Efesto dal frontone orientale del Partenone. Londra, BriLish Museum. Iris dal frontone occidentale del Partenone. Londra, British Museum. Kekrops e la figlia dal frontone occidentale del Partenone. Atene, M u seo dell’Acropoli. Veduta del tempietto di Athena Nike sulla Acropoli di Atene. Particolare dell’Eretteo: la loggia delle Cariatidi. Balaustrata del santuario di Athena Nike sulla Acropoli di Atene: par ticolare. Atene, Museo dell’Acropoli. Acquarello di C. R. Cockerell con veduta dell’interno del tempio di Apollo a Bassae. Veduta ricostruttiva della cella del tempio di Apollo a Bassae. Tempio di Apollo a Bassae: base di colonna. Tempio di Apollo a Bassae: particolare del fregio. Londra, British Mu seum. Eieusi, fasi del Telesterion. Ricostruzione della Tholos di Delfi. Veduta del basamento della Tholos di Delfi: particolare. Pianta ricostruttiva del santuario di Asklepios ad Epidauro. Acroterio dal frontone orientale del tempio di Asklepios ad Epidauro. Atene, Museo Nazionale.
STORIA
DELL Λ RTE GRECA
i n d i c i
:
ni'LLL· i l l u s t r a z i o n i
276. Penthesilea: particolare del frontone occidentale del tempio di Asklepios ad Epidauro. Atene, Museo Nazionale. 277. Cassettone della Tholos di Epidauro. Epidauro, Museo. 278. Pianta ricostruttiva del tempio di Athena alea a Tegea. 279. Testa di un cacciatore, dal frontone orientale del tempio di Athena a Tegea. Atene, Museo Nazionale. 280. Testa di un guerriero dal frontone occidentale del tempio di Athena a Tegea. Atene, Museo Nazionale. 2 8 1. Modanatura architettonica del tempio. Tegea, Museo. 282. Atene, monumento di Lysikrates: dettagli architettonici. 283. Veduta ricostruttiva della tomba delle Nereidi di Xanthos. 284. Veduta ricostruttiva del mausoleo di Alicarnasso. 285. Fregio con amazzonomachia dal mausoleo di Alicarnasso (lastra da Genova). Londra, British Museum. 286. Testa maschile dal mausoleo di Alicarnasso. Londra, British Museum. 287. Testa di un persiano dal mausoleo di Alicarnasso. Londra, British M u seum. 288. Cavaliere persiano dal mausoleo di Alicarnasso. Londra, British M u seum. 289. Veduta ricostruttiva del tempio e dell’altare di Athena a Priene: parti colare. 290. Veduta ricostruttiva dell’Artemision di Efeso nel tv secolo: particolare. 29 1. Pianta del tempio di Athena a Priene. 292. Scultura su una base di pilastro dell’Artemision di Efeso. Londra, Bri tish Museum. 293. I tirannicidi di Kritios e Nesiotes: copie di età romana. Napoli, Museo Nazionale. 294. Auriga: particolare. Delfi, Museo. 295. Poseidon o Zeus dal Capo Artemision: particolare. Atene, Museo N a zionale. 296. Afrodite sosandra: particolare. Copia. Berlino, Musei. 297. Auriga di Delfi. Delfi, Museo. 298. Auriga di Mozia. Mozia, Museo. 299. Discobolo di Mirane: copia. Roma, Museo Nazionale Romano. 300. Discobolo di Mirane, testa: copia. Roma, Museo Nazionale Romano. 30 1. Athena di Mirane, testa: copia. Francoforte, Liebighaus. 302. Ricostruzione del gruppo di Athena e Marsia. Athena: Roma, Coll. Lancellotti; Marsia: Roma, Musei Vaticani. 303. Apollo di Fidia: copia. Kassel, Landesmuseum. 304. Athena lemma: copia. Dresda, Antikensammlungen. 305. Pasta vitrea con la testa di Kodros dal gruppo di Maratona a Delfi. Heidelberg, Universitàtssammlungen. 306. Testa di un eroe attico. Napoli, Museo Nazionale. 307. Testa di una delle statue bronzee da Riace. Reggio Calabria, Museo. 308. Torso del doriphoros. Berlino, Musei. 309. Doriphoros di Policleto: copia. Minneapolis, Museo.
3 10 . Amazzone di Policleto: copia. Berlino, Musei. 3 1 1. Diskophoros di Policleto, testa: copia. Berlino, Musei. 3 12 . Diadoumenos di Policleto, testa: copia. New York, Metropolitan M u seum. 3 13 . Guerriero ferito: copia. New York, Metropolitan Museum. 314 . Prokne ed Itys. Atene, Museo dell’Acropoli. 3 15 . Rilievo con le Peliadi: copia. Roma, Musei Vaticani. 3 16 . Lysimache: copia. Londra, British Museum. 3 17 . Ricostruzione (con alcuni frammenti originali) della Nemesis di Rhamnous. 3 18 . Rilievo con una menade: copia. Roma, Museo dei Conservatori. 319 . Leda di Timotheos: copia. Roma, Museo Capitolino. 320. Hygieia da Epidauro. Atene, Museo Nazionale. 3 2 1. Eirene e Ploutos di Kephisodotos: copia. Monaco, Antikensammlun gen. 322. Afrodite Cnidia: copia. Roma, Musei Vaticani. 323. Testa (già Kaufmann) della Cnidia: copia. Parigi, Louvre. 324. Hermes e il piccolo Dionysos: particolare. Olimpia, Museo. 323. Torso del satiro in riposo di Prassitele: copia. Parigi, Louvre. 326. Atleta: copia di bronzo da Efeso. Vienna, Kunsthistorisches Museum. 327. Herakles di Skopas: copia. Malibu, Getty Museum. 328. Perseo: particolare da Antikythera. Atene, Museo Nazionale. 329. Menade di Skopas: copia. Dresda, Antikensammlungen. 330. Testa del tipo Apollo del Belvedere: copia. Basilea, Antikenmuseum. 3 3 1. Testa di Athena in bronzo dal Pireo: particolare. Pireo, Museo. 332. Ritratto di Platone: copia. Monaco, Antikensammlungen. 333. Testa di bronzo del pugile Satyros, da Olimpia. Atene, Museo Nazio nale. 334. Stele funeraria di una fanciulla con colomba. New York, Metropolitan Museum. 333. Stele funeraria da Nisyros. Istanbul, Musei. 336. Stele Borgia. Napoli, Museo Nazionale. 337. Rilievo da Melos con Selene (?). Atene, Museo Nazionale. 338. Stele funeraria di uno studente. Grottaferrata, Museo. 339. Stele funeraria di Chairedemos e Lyseas da Salamina. Pireo, Museo. 340. Stele funeraria di Hegeso. Atene, Museo Nazionale. 3 4 1. Lekythos di Myrrhine: particolare. Atene, Museo Nazionale. 342. Stele per i caduti all’Aigaleos. Roma, Villa Albani. 343. Stele funeraria di Dexileos. Atene, Museo del Ceramico. 344. Stele funeraria dall’Ilisso. Atene, Museo Nazionale. 345. Stele funeraria di Mnason. Tebe, Museo. 346. Anthemion di una stele funeraria da Platea. Tebe, Museo. 347. Stele funeraria da Rhamnous. Atene, Museo Nazionale. 348. Bronzetto di un oplitodromos. Tubinga, Universitàtssammlungen. 349. Bronzetto di una peplophoros, sostegno di un incensiere. Delfi, Mn seo.
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531
STORIA
ΟΙ' .Ι,Ι, Λ Ι Π ’ Κ G R E C A
350. Coperchio di uno specchio con il ratto di Ganimede. Berlino, Musei. 3 5 1- Rovescio di uno specchio: Afrodite e Pan giocano con gli astragali. Londra, British Museum. 332. Avorio con il giudizio di Paride. San Pietroburgo, Ermitage. 353. Orecchino d’oro con Nike. Boston, Museum of Fine Arts. 354. Gemma di Dexamenos: ritratto. Boston, Museum of Fine Arts. 353. Particolare di un cratere del pittore di Pan: morte di Atteone. Boston, Museum of Fine Arts. 356. Particolare di una kylix dall’Acropoli del pittore di Pistoxenos con una trace. Atene, Museo Nazionale. 337. Particolare di una kylix del pittore di Pistoxenos da Locri: menade e satiro. Reggio Calabria, Museo Nazionale. 338. Tondo di una kylix del pittore di Penthesilea: coppia di giovani. Fer rara, Museo. 339. Particolare del tondo di una kylix del pittore di Penthesilea con la uc cisione della amazzone. Monaco, Antikensammlungen. 360. Particolare dell’esterno di una kylix del pittore di Penthesilea. Ferrara, Museo. 3 6 1. Particolare del cratere eponimo del pittore dei Niobidi. Parigi, Louvre. 362. Particolare di una lekythos del pittore di Achille. Atene, Museo Nazio nale. 363. Particolare di una lekythos del pittore di Achille. Monaco, Antiken sammlungen. 364. Particolare di una lekythos con un caduto accanto alla sua tomba, da Eretria. Atene, Museo Nazionale. 363. Particolare di un cratere del pittore di Kleophon. Ferrara, Museo. 366. Particolare di una pelike del pittore di Kleophon. Monaco, Antiken sammlungen. 367. Particolare di un epinetron da Eretria. Atene, Museo Nazionale. 368. Particolare di uno stamnos del pittore del Deinos. Napoli, Museo N a zionale. 369. Particolare di una hydria del pittore di Meidias. Londra, British M u seum. 370. Particolare di una lekythos di Aison. Napoli, Museo Nazionale. 3 7 1. Particolare di un cratere del pittore di Talos. Ruvo, Collezione Jatta. 372. Cratere del pittore di Pronomos. Napoli, Museo Nazionale. 373. Lebes con scena nuziale. San Pietroburgo, Ermitage.
Età ellenistica 374. Pianta ricostruttiva del palazzo di Vergina. 375. Kyane, da una tomba dipinta (di Persephone) di Vergina. 376. Particolare di una pittura di una tomha di Vergina (di Filippo il Mace done?) con scena di caccia.
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INDICI:
DliLLIi ILLUSTRAZIONI
377. Veduta assonometrica della tomba reale di Vergina. 378. Corazza di Filippo il Macedone (?) da Vergina. Salonicco, Museo. 379. Testa di avorio da un cofanetto: Filippo il Macedone (?). Salonicco, Museo. 380. Drappo con decorazione acantina da Vergina. Salonicco, Museo. 3 8 1. Cassetta ossuario: oro, da Vergina. Salonicco, Museo. 382. Ossuario e corona: oro, da Vergina. Salonicco, Museo. 383. Diadema femminile da Vergina. Salonicco, Museo. 384. Particolare di un vaso di argento da Vergina. Salonicco, Museo. 383. Particolare di un vaso di bronzo da Vergina. Salonicco, Museo. 386. Particolare di una tomba dipinta (corse di carri) di Vergina. 387. Stele dipinta dalla necropoli di Vergina. Salonicco, Museo. 388. Stele dipinta da Sidone. Istanbul, Musei. 389. Pianta ricostruttiva di una casa di Pella. 390. Mosaico, firmato da Gnosis, con scena di caccia: da Pella. Pella, M u seo. 3 9 1. Cratere di bronzo da Derveni. Salonicco, Museo. 392. Delos: pianta del quartiere del teatro. 393. Delos: veduta ricostruttiva di un settore del quartiere del teatro. 394. Veduta ricostruttiva di alcune case di Delos. 393. Mosaico da Delos: Dionysos su una pantera. 396. Pergamo: pianta ricostruttiva della cittadella. 397. Pergamo: veduta ricostruttiva della cittadella. 398. Pergamo: pianta ricostruttiva del santuario di Athena poliàs. 399. Pergamo: veduta ricostruttiva del santuario di Athena poliàs. 400. Veduta ricostruttiva della stoà dedicata da Attalo 11 di Pergamo nell’A gorà di Atene. 4 0 1. Veduta ricostruttiva dell’Arsinoeion di Samotracia. 402. Pianta ricostruttiva del santuario di Samotracia. 403. Veduta ricostruttiva dell’interno dello Hieron di Samotracia. 404. Pianta ricostruttiva dell’Asklepieion di Kos. 403. Veduta ricostruttiva dell’Asklepieion di Kos. 406. Pianta ricostruttiva del santuario di Athena a Lindos. 407. Poppa di nave scolpita lungo la strada di accesso al santuario di Allu na a Lindos. 408. Pianta del Didymaion di Mileto in età ellenistica. 409. Pianta del tempio di Artemis a Magnesia. 4 1 0 . Veduta ricostruttiva della fronte del tempio di Artemis a M agn esia 4 1 1 . Particolare del fregio dell’Hekataion di Lagina. Vienna, . ....... sches Museum. 4 12 . Disegno ricostruttivo del mausoleo di Bel evi. 4 13 . Veduta ricostruttiva del tempio di Zeus sosi polis a Magn· 1 1 4 14 . Veduta ricostruttiva dell’altare di Artemis a Magni 1,1 4 13 . Pergamo: veduta ricostruttiva del grande aliai. 4 16 . Propylon della stoà del santuario di Allu na a Γ. ........... 4 17 . Veduta ricostruttiva di una sioà ad Aig.u
STORIA ΠΓ,Ι,Ι,’ λ RTR G R E C A
418 . 4 19 . 420. 4 2 1. 422. 423. 424. 425. 426. 427. 428. 429. 430. 4 3 t. 432. 433. 434. 435. 436. 437. 438. 439. 440. 44 1. 442. 443. 444. 443. 446. 447. 448. 449. 430. 4 3 1. 452.
Particolare del grande fregio dell’altare di Pergamo. Berlino, Musei. Particolare del grande fregio dell’altare di Pergamo. Berlino, Musei. Particolare del grande fregio dell’altare di Pergamo. Berlino, Musei. Particolare del fregio con le storie di Telephos dal grande altare di Pergamo. Berlino, Musei. Particolare del fregio con le storie di Telephos dal grande altare di Pergamo. Berlino, Musei. Particolare del fregio con le storie di Telephos dal grande altare di Pergamo. Berlino, Musei. Particolare del fregio con le storie di Telephos dal grande altare di Pergamo. Berlino, Musei. Alessandria: facciata di una tomba della necropoli di Mustapha Pasha, particolare. Veduta ricostruttiva del palazzo di Tolemaide. Ricostruzione della tenda di Tolemeo 11. Particolare dell’Agias. Delfi, Museo. Ritratto di Socrate: copia. Roma, Museo Nazionale Romano. Testa di atleta: copia. Copenaghen, N y Carlsberg Glyptotek. Rilievo con riproduzione del Kairòs di Lisippo. Traù, Museo. Particolare dell’Eros che incorda l’arco di Lisippo; copia. Roma, M u seo Nazionale Romano. Alessandro, bronzeito. Parigi, Louvre. Apoxyomenos, ricostruzione del bronzo. Ritratto di Aristotele: copia. Vienna, Kunsthistorisches Museum. Ritratto di Seleuco: copia bronzea da Ercolano. Napoli, Museo Nazio nale. Testa femminile dei figli di Prassitclc, da Kos. Stoccarda, Schlossmuseurn. Tyche di Antiochia: copia ridotta. Budapest, Museo di Belle Arti. Demostene, copia. Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek. Sarcofago da Sidone: scena di combattimento. Istanbul, Musei. Fanciulla d’Anzio. Roma, Museo Nazionale Romano. Fanciulla d ’Anzio: particolare della testa. Roma, Museo Nazionale Ro mano. Afrodite di Doidalsas: copia. Roma, Museo Nazionale Romano. Fanciullo (di Boethos) che strozza un’oca: copia. Monaco, Antikensammlungen. Spinario Castellani: copia. Londra, British Museum. Fauno dormiente Barberini. Monaco, Antikensammlungen. Ritratto di Menandro: copia. Boston, Museum of Fine Arts. Ritratto di Cameade: copia. Ravenna, Museo. Ritratto di Epicuro: copia. New York, Metropolitan Museum. Ritratto da Priene. Londra, British Museum. Fanciullo fantino, bronzo dall’Artemision: particolare. Atene, Museo Nazionale. Artemis da Lykosoura. Atene, Museo Nazionale.
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i n d h '.i ·. o e l l f , i l l u s t r a z i o n i
433. Ritratto di bronzo dalla palestra di Delos. Atene, Museo Nazionale. 454. Gesso con riproduzione di una figura della balaustrata del tempietto di Athena Nike. Alessandria, Museo. 455. Particolare di un vasi.) neoattico: satiro che sostiene un sileno ebbro, da Mahdia. Tunisi, Museo. 436. Gruppo di Artemis ed Ifigenia, copia. Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek. 437. Gruppo di Menelao e Patroclo: ricostruzione B. Schweitzer. 458. Gallo morente: copia. Roma, Musei Capitolini. 439. Gallo che uccide la moglie e se stesso: copia. Roma, Palazzo Altemps. 460. Testa di un filosofo da Antikythera. Atene, Museo Nazionale. 4 6 1. Ritratto di Aitalo 1 da Pergamo. Berlino, Musei. 462. Moneta di Philetairos. 463. Persiano morto: particolare. Copia. Napoli, Museo Nazionale. 464. Testa di persiano morto dal Palatino: copia. Roma, Antiquario del Pa latino. 463. Testa femminile da Pergamo. Berlino, Musei. 466. Figure di giganti, amazzoni, galati, persiani dal piccolo donarlo di Per gamo: copie. Napoli, Museo Nazionale. 467. Ermafrodito: copia. Roma, Museo Nazionale Romano. 468. Musa, forse ispirata dal gruppo di Philiskos di Rodi. Basilea, Antikenmuseurn. 469. Afrodite da Melos. Parigi, Louvre. 470. Nike di Samotracia: particolare. Parigi, Louvre. 47T. Rilievo di Archelaos di Priene. Londra, British Museum. 472. Gruppo di due figure. Smirne, Museo. 473. Rilievo con sacrificio a Zeus ed Isis in un santuario agreste. Monaco, Antikensammlungen. 474. Gruppo di Cleopatra e suo marito. Delos. 473. Laocoonte. Roma, Musei Vaticani. 476. Particolare del gruppo della Scilla. Sperlonga, Museo. 477. Particolari del gruppo dell’accecamento di Polifemo. Sperlonga, M u seo. 478. Particolari del gruppo dell’accecamento di Polifemo. Sperlonga, Mu seo. 479. Particolari del gruppo dell’accecamento di Polifemo. Sperlonga, Mu seo. 480. Tolemeo 1. Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek. 4 8 1. Tolemeo in . Cirene, Museo. 482. Testa femminile dal Serapeion. Alessandria, Museo. 483. Cleopatra v i i . Berlino, Musei. 484. Nilo: redazione miniaturistica. Stoccarda, Schlossiuuseum 485. Gallo da Gizah. Il Cairo, Museo. 486. Ritratto di ricostruzione di Alessandro. Stoccarda, S, filo. nm .. un. 487. Figura panneggiata. Alessandria, Museo. 488. Testa femminile. Alessandria, Museo.
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STORIA 1)1 I I,
489. 490. 49 1. 492. 493. 494. 495. 496. 497. 498. 499. 300. 5 0 1. 502. 503. 304. 503. 506. 507. 508. 309. 3 10 . 311. 51 2.
arti; g r ec a
Castone di un anello con ritratto di Antioco iv (?). Parigi, Louvre. Ritratto di Antioco n i : copia, Parigi, Louvre. Ritratto di Euthydemos di Battriana. Roma, Museo Torlonia, Danzatrice, bronzo dall’Egitto. New York, Metropolitan Museum. Ritratto di stucco di Tolemeo (?). Hildesheim, Museo. Terracotta con fanciullo negro addormentato. Oxford, Ashmolean M u seum. Decorazione pittorica con rappresentazione di una hydria di Iladra. Amsterdam, Coll. Six. Coppa bronzea (sviluppo) con scena paesistica. Alessandria, Museo. Rilievo in gesso dall’Egitto con scena paesistica. Berlino, Musei. Diadema con nodo erculeo. Berlino, Musei. Rilievo in gesso con fregio acantino dall’Egitto. Elildesheim, Museo. Oinochoe di terracotta invetriata dall’Egitto: particolare. Stoccarda, Schlossmuseum. Coppa di vetro da Tresilico. Reggio Calabria, Museo. Cammeo con coppia di dinasti tolemaici. Vienna, Kunsthistorisches Museum. Particolare della Tazza Farnese. Napoli, Museo Nazionale. Cammeo di Sostratos con trionfo di Antonio-Dionysos. Napoli, Museo Nazionale. Cammeo di Protarchos con Eros su un leone. Firenze, Museo Archeo logico. Cammeo con Mitridate vi. Firenze, Museo Archeologico. Decorazione di una tomba della necropoli di Mustapha Pasha ad Ales sandria. Pittura con Alessandro in trono, forse dall’originale di Apelles. Pom pei, Casa dei Vettii. Mosaico firmato da Sophilos. Alessandria, Museo. Bordura di un mosaico dalla acropoli di Pergamo. Berlino, Musei. Particolare del mosaico di Alessandro. Napoli, Museo Nazionale. Particolare di un mosaico nilotico da Palestrina. Palestrina, Museo.
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