Sistema di logica come teoria del conoscere, volume 1 9788860876072

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Sistema di logica come teoria del conoscere, volume 1
 9788860876072

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OPERE COMPLETE DI

GIOVANNI GENTILE A CURA DELLA FONDAZIONE GIOVANNI GENTILE PER GLI STUDI FILOSOFICI

GIOVANNI GENTILE

OPERE v

LE LETTERE

GIOVANNI GENTILE

SISTEMA DI

L OGIC A COME TEORIA DEL CONOSCERE VOLmiE PRIMO TERZA EDIZIO:SE RIVEDUTA

LE LETTERE

Copyright © 2012 by Casa Editrice Le Lettere - Firenze ISBN 9 78 88 6087 607 2 www.lelettere.it

VI

PREF.\ZIOXE

tempo senza essere e

base

tal

la

ve

r i tà d'ogn i

tempo, e quindi grado

ad ogni costruzione superiore, e co n co rren te per

g u isa a una verità

complessiIE

YALORE

89

sato. Chè la natura è l 'oggetto astratto dell'esperienza: ossia quello che è contenuto della nostra esperienza, ma in quanto noi lo stacchiamo da questa esperienza e lo assumiamo, o meglio, lo presumiamo come quel che già era perchè empiricamente lo potessimo cono­ scere.

E in tanto perciò si presenta nell'esperienza

presente, in quanto, per sè, come natura, c'è hià. C'è

già,

anche quando sia per realizzarsi domani, come il

ritro\'arsi del sole a un certo punto dell'orizzonte, o, fra millennii,

come lo spegnersi di esso :

giacchè la

previsione non consiste se non nella constatazione d'un processo, che è già attuato e non può più mutare

1.

Bene perciò fu detto che la natura è pensiero pietri­ ficato. E tu tto è natura, se non è spirito, ma suo limite e condizione.

In natura,

ormai è chiaro, si converte

lo stesso spirito in quanto lo vediamo nella natura, attività di quell'uomo, che è uno degli esseri che sono oggetti della nostra esperienza. E questa natura non ha valore. Il naturalismo spinoziano, che è la forma più logica della filosofia della realtà intesa come presup­ posto dello spirito (come sostanza, nel linguaggio dello stesso Spinoza), è, si può dire, tutto scolpito in quelle famose parole del Trattato politico : Politicam

(e

altrettanto

ITÀ DEI VALORI

1 35

più l'unit à, perchè l 'uni t à non c' è , come obbiomo osser­ va t o, nello molteplicit à . "C n o diade non è più unit à ; perchè dei d u e termini dello diode l 'uno è affott o estroneo o ll 'oltro e chiuso in sè ; chè oltrimenti lo conterrebbe in sè e ci sorebbe quindi ,

oltre i

du e , la relozione, e quindi

lo triode

della mono triode . E lo stesso dicosi di qualsiosi oltro numero che ci si provi o sostituire al d u e . Il tre dello mono triode invece non è numero, mo lo quolitotivo determinozione dello svolgimento come negozione del­ l ' essere im mediot o . E si ritrovo perciò in ogni svolgi­ mento empiricamente dis tinguibile come s volgimento determinato , mo inteso sempre come otto dello spi­ ri to : così nel conoscere come nel volere : così i n questo, come in quest 'altro conoscere ; e i n questo come

in

quest 'altro volere. Dove però, � empre che s ' opprezzi come spirito ]o reoltà che si voglio i ntendere, si ottuo un m edesimo

ritmo

triodico di svolgimento ; che è

quello che s 'è di sopro illustroto come costitutivo dello verità ; e che nullo vieto si posso olcuno volto consi­ derore costitutivo d 'un volore oltrimenti denominoto . Purc hè sotto ollo differenzo dei differenzo

di

punti

nomi ,

derivonte do

di visto empiricomente determi­

n ati , non si pretendo for possore valori , processi spiri­ tuali , essenziolmente diversi come toli . II.

-

Il con oscere come valore assoluto .

l'Ilo l 'orgomento dovrà esser ripreso nello terzo port e di questo Logico ; e qui bosterà notore do ultimo che questo unificazione di conoscere e volere, e di verità e bene, di logico e moralità, non è uno tesi che ci par di dover difendere come, nella sua necessaria connes­ sione col resto dello dottrino esposta , un difetto dello nostro dottrina. Anzi es::a è il miglior titolo di merito

CAPITOLO VII .

YE RIT À ASTRATTA E VE R I TÀ CONC RETA I.

-

A strattezza del logo a cui ha mirato ogn i logica precedente.

Troendo la conclusione , a cui pore indirizzata di proposito

t u t to lo

serie

delle

discussioni

precedenti,

altri s 'ospetterà una con donna d'ogni logica fondota sul

concetto

dello

verità

troscendente :

ossio

d 'ogni

logico che ci sio fi noro stoto. Poichè, se con Kont e con

Hegel obbiomo

detto essersi il problema logico

on;oto per uno nuoYo strodo, il cui punto di portenzo è il principio di quello logica t roscendentole che nego l'opposizione dell 'oggetto ol soggetto e dell'essere ol pensiero , non s'è

detto con ciò che K ont ed Hegel

obbiono poi seguito questa nuovo logico del pensiero che non presuppone il suo logo . I n reoltà, senza t or­ n are su Kont, del quole s'è ovvertito l 'ostocolo incon­ troto n ello svolgimento del vitole principio contenuto nello suo sintesi a priori

1,

la logica hegeliano,

con

tutto lo suo m occhinoso ricostruzione del logo come essere del pentiero , dioletticomente concepi t o , non rie­ sce o sottrorsi ol folso concetto del logo troscendente ; l

Cfr. sopra Introd . , cap . I I I , § 9 -

V E R I T..\

.-\

1 39

STRATTA E VERIT..\ CO:\ CRET.-\

noturo ; mo Yeramente obit o eterno, di là dollo noturo , lo quole obbedisce o quell o eterno legge, incontomi ­ n oto dol t empo e dollo spozio, in cui lo naturo universo si spiega . Sicchè anche ad Hegel il logo , eterno m o d ello dello vito e della coscien zo dello vi to, s i roppresento com e un d i l à , do c u i il pensiero, in quonto pensiero in otto , q uel pen siero c h e s i volut o come filosofio, ottinge i l proprio volore. I l pensiero che si voluto non è, o dir yero, quello stesso che voluto. Ed ecco, volore e volu­ toto sono ancoro uno volto due termini , quontunque nè il primo, per Hegel, posso store senzo i l secondo , n è questo senzo d i quello . Onde, o chi esomini otten­ t amente lo suo logico, come scienzo di questo ideo in sè, esso si SYelo non uno dialettico nel suo dinomi­ smo, mo un sistemo chiuso di conce t t i , onologo ollo pla tonico xo �'Jwv(x -:w v yevwv : un sistemo che, presuppo­ sto tutto com 'è, r:on si può che onolizzore

col pensiero

dal principio fino ollo fine . E in sostonzo, ol più pro­ fondo concetto dello diolettico, c h e non è lo legge del pensore se non in quonto è l ' ott o stesso del pensore

1,

Hegel non si può dire, o rigore, che si sio offocciota .

Xè pure Hegel adunque si sottrorrebbe ollo con­ d anno,

se il proposito e lo reole miro degli esposti

ragionomenti

fossero lo condonno d'ogni logico fon­

doto sul concetto dello troscendenzo dello verità. 2.

-

Significato della crdica intorno al concetto del lago astratto .

�l o il significoto dello critico è ben diverso : poichè esso

ho

bili tà 1

di mostroto

dello

soltonto

interpretozione

di

l ' ossurdità un

e

insosteni­

principio,

di

cui,

Questa è la tesi del mio stu dio citato su Lr. Riforma della

D ialettica hegc!ia n a .

qo

IL LOGO O LA

d'oltro porte ,

non obbiomo

VER I TÀ

moncoto

di oddit are ,

o

più riprese, il motivo di vero : di un principio, che s ' è ovuto i l torto

d i concepire

astrottomente,

mo

che,

è chioro , non si potrebbe nè pur concepire nel modo concreto ,

o cui rimondo chi oppunto di ostrattezzo

codesto concetto , s e esso fosse interomente folso e do estirpore perciò dolle rodici .

J.

-

Motivo di vero della logica del logo astratto.

Il nocciolo sostonziole

di pensiero

che

si

celo in

fondo ollo dottrino dello verit à troscendente , do met­ tere in luce e o profitto, è il momento dello oggetti­ vit à del pensiero, in cui , se son vere tutte le prece­ denti considerazio ni , si risolve , si ottuo e vole lo verità. Giocchè questo pensiero , con cvi l o verità nostro s ' im­ medesimo, non è per noi quel pensiero o cui l o verità concepito come troscendente si opponevo e sovroppo­ nevo. Lo verità infotti intendevosi sottrorre ol flusso del pensiero in quo nto soggetto. Questo motivo è omplissimomente sviluppoto nello filosofio rosminiono, trovogliotasi per un ventennio dello più loborioso meditozione sopro questo problemo : come roggiungere col pensiero l o reolt à, posto che quello che il pensiero conosce è bensì essere, mo l 'essere nello formo in cui esso

è rispetto

ol pensiero,

cioè

nello

formo ideale ? Nè il Rosmini volle moi consentire col Gioberti che lo stesso essere,

che è essere pel

pen­

siero, sio l 'essere reole , lo stesso l 'essere in sè, Dio . Mo con

tutto lo

curo

più

scrupoloso

di

mantenere

uno rodicole distinzione tro essere e pensiero , il Ro­ smini tuttovio non potè o meno di fore che :

Io

oll 'essere

reole non si posso come che sia spingere il pensiero se non movendo do quell'essere ideole , che è, in quanto t ole, relotivo ol pensiero ; 2 ° che questo essere ideole ,

YERIT..\ .-\ STR.-\ T L\. E VERITA C"OXCRETA

qr

di

esterno al

che pur dovevasi tenere come

un

soggetto,

soggetto,

non

si

cogliesse

dal

che

mercè l ' in­

tuito che fa i ntelletto il suo intelletto, dentro lo stesso soggetto che lo intuisce, quale contenuto del proprio i ntuito . Ebbene, questa oggettività, da cui il pensiero attinge i l Yero di ogni sua conoscenza, e che è norma perciò della libertà che gli è propri a ; quest 'oggettività, lungi dall 'essere, in se stessa,

un i dolo illusorio d 'una fal­

lace speculazione, s'è svelat a a noi come un momento essenziale della prima e più salda verità che ci sia, ossia del concetto appunto della verità. Soltant o, essa è un momento di questo .:oncetto, non t utto il con­ c e t t o ; perchè in tanto l 'oggettività è rientrata

per

noi i n que to concetto, i n quanto il concetto del

og

get t o ,

con cui s ' immedesima la verità, s ' è allargato

in modo da c omprendere in sè t anto il vecchio sog­ get to, di cui adombrava, p. es. , il

Rosmini ,

quanto

il vecchio oggetto, che egli mirava a garentire da ogni pericolosa 4-

-

mischianza

con

quel

soggetto.

In clze modo nel n uovo concetto del soggetto sia da mantenere l'oggettività del lago.

Il soggetto, invero, nel cui processo consiste la dia­ lettica dell a verità, è un processo in quanto , secondo che abbiamo c hiarito, è soggetto ed è oggetto ; è, in uno, la libertà del soggetto e la necessità dell'oggetto. E come, contro c hi nella equivalenza della verit à col divenire ha vedu to un abbassamento di essa da valore a semplice fatto, abbi amo dimostrato che il divenire è

un

fat t o

soltanto

per

chi gli

faccia trascendente

l 'essere del valore (o il valore come essere) ; così con­ tro chi obbiettasse che la nostra soggettività non può pre tendere

a

comprendere

dentro

di sè l ' oggettivi t à

YERIT..\ .>.STR.-\TT.>. E YERITÀ CO:s"CRET.>.

1 43

alla sensazione e il sapere che muove dall a sensazio ne non sia sviluppat o , e si può tuttavia credere ingenua­ mente che , separato con una linea netta ogni soggetto da tutto l 'oggetto del suo conoscere , sia bile

quel loro

c o mmercio

per

pur possi­

cui l 'oggetto,

agendo

sul soggetto, generi la cognizione, e il soggetto , agendo sull ' oggetto,

crei il

mondo della volont à ;

ferma re­

stando l a separazi one, il soggetto per se stesso è vuoto d ' ogni cognizione,

e

quindi d'ogni verità,

che pure ,

a sua volta, dovrebbe essere il contenuto della cogni­ zione. E

quando,

comunque ,

sia messo i n grado di

riempirsene, se ne riempirà, senza poter mai esaurire l 'oggetto che nella n atura è sterminato, e senza poter mai perciò aspirare a costituirsi i n possesso di tutta la \·erità,

essendo, al contrario,

sempre i n i stato

e

d ' ignorare e di credere di sapere i gnorando, e perci ò di errare.

j.

-

Soggetto

tra

soggetti, e soggetto eome puro eonoseere.

D'altra parte, il soggetto, quale l 'esperienza storica, nel

senso dianzi avvertit o , ce lo mostra, è Aristotele,

p . es., e non è Galileo : Aristotele che sa e non sa, tanto che , quando sarà Galileo , saprà di più, e quel di più è veri tà che da Galileo si dimostra e sserci , malgrado Aristotele, il scesse .

La

maestro di eolor che s a nn o ,

storia,

facendoci

non la cono­

assistere alla sfilata dei

sogge t t i , che pur sono, ad uno ad uno, soggetto , ci fa toccar con mano che il soggetto è limitato, e però da meno della verità , e incongruente con essa, che è in­ fini t a .

Se questo è il soggetto (soggetto tra soggetti e tra oggetti), quale cioè apparisce a chi empiricamente lo consideri , nessun dubbio che esso, come i n dividuo parti­ c olare e come tot alità degl ' i n dividui, i n cui può i mma-

VERIT..\ ASTRATTA

E

\'"ERIT..\ CO::\CRETA

145

loro rapporto è perciò un fatto dommaticamente am­ messo, in quanto esso stesso oggetto di osservazione empirica,

che constata il fatto del conoscere in cui

tale rapporto consiste. Il conoscere pertanto, sia dal punto di Yista empirico sia dal punto di vista meta­ fisico,

è sempre conoscere empirico:

fatto,

che non

può dedursi certamente dalla dualità, che ne è il pre­ supposto, perchè la dualità, come tale, sarebbe piut­ tosto l'esclusione d'ogni rapporto di qualunque sorta. Il conoscere puro invece non presuppone nulla,

ma

pone sì il soggetto e sì l'oggetto nella loro viva unità, in guisa che l'oggetto non sia se non la realtà dello stesso soggetto nella sua idealizzazione; e il soggetto perciò non possa avere altro limite che quello che egli stesso pone a se medesimo, con un atto che è insieme auto-limitazione perchè

il

e

aggettivazione

conoscere

è

attuazione

di del

sè.

E

appunto

soggetto,

non

limitato da altro, ma solamente autolimitantesi, il co­ noscere, il vero conoscere, è puro: cioè non misto di nulla di empirico; di nulla che importi nel soggetto del conoscere l'accessione (l'intuizione) di qualche cosa di estrinseco alla sua essenza. Il conoscere puro insom­ ma è quello che non ha fuori di sè il conosciuto, ma il cui conosciuto è l'atto stesso del conoscere: soggetto che è soggetto in quanto oggetto a se medesimo.



-

Dualità immanente nel soggetto.

Tale essendo il concetto del soggetto del puro cono­ scere, non solo è chiaro perchè a questo soggetto sia immanente

quella

verità,

che

dal

vecchio

soggetto,

empiricamente concepito, doveva legittimamente sepa­ rarsi, e dichiararsi

n

oggettiva >>; ma è chiaro anche per­

chè, negata quella concezione dell'oggettività del vero, IO.

VERIT..\ ASTRATTA E VERITÀ COXCRETA

8.

-

L'unità

I4 7

della dualità.

L 'un ità pertanto, da cui bisogna rifarsi e non pre­ sci ndere dualità

mai ,

non

esclude,

anzi

i nclude la

dualità:

non intesa essa stessa astrattamente, m a con­

cepita nella dialettica della sua vita concreta .

E in

questa dualità, i n cui l 'unità s i pone, ecco risorgere , come ragion d ' e ssere dell'altro termine, insieme col quale esso realizza l'unità del conoscere , l 'oggetto : l 'oggetto , assoluto opposto del soggetto, a c u i pure è i dentico . Assoluto opposto ; ma non meno i dentico che opposto. Quest o punto convien bene fermare, se si vuoi ricono­ scere l ' i mport anza di tutte le ricerche filosofiche in­ torno alla logica, che non raggiunsero, i n passato, il punto di Yista del puro conoscere . L 'oggetto immediatamente è, verso il soggetto a cui

è oggetto, opposto, e nien t ' altro che opposto . Io che penso , poniamo , il teorema di Pitagora, penso imme­ di atamente questo teorema, ma non penso me pen­ sante il teorema di Pitagora : cioè nell'oggetto

mihi)

(obiectum

non c ' è altro che l ' oggetto, e non ci sono i o .

Xarciso c h e s 'innamora della s u a immagine, n o n vede se stesso amante nell ' immagine che gli sta innanzi . Questa è la posizione i mmediata dell'oggetto di fronte al soggett o . )la se questa posizione esclude affatto l 'oggetto dalla sfera del soggetto, essa, in quanto i mmediata, non è posizione di pensiero, perchè pensiero è la negazione d'ogni

immedi atezza.

E

quindi la posizione dell'og­

getto di contro al soggetto è un'opposizione reale nel pensiero i n quanto esce d alla propria i m me di atezza, e d è essa stessa contenuto di pensiero, atto di coscienza. Cioè l 'opposizione è reale nel pensiero in quanto co­ scienza dell 'opposizione. Gi acchè se i o pensassi il teo-

149

VERITA ASTRATTA E \"ERIT..\ COXCRETA

cioè come

pensiero mio,

che s ' annullerebbe appena ve­

nisse meno il mio pensiero ; quel pensiero appunto con cui, pensando questo teorema, lo distinguo da me, e pongo perci ò pure un m e , soggetto, di

contro

all 'og­

getto .



-

L 'astratto lago non solo negato, ma anehe affermato.

L'opposizione dunque c'è come i dentità. Il sogget to che pone sè e pone il suo opposto, non si differenzia i n modo da smarrire nella dualit à il suo essere unico, anzi allora soltanto , come uni c o , lo realizza, quando lo distingue attraverso la dualit à dell'opposizione . E i n questa identi t à degli opposti consiste l a concretezza dell 'opposizione, la quale altrimenti non sarebbe pen­ sabile . Orbene, la verità è bensì del conoscere puro, ma non è

dell 'astratto soggetto,



dell'astratto oggetto,



della loro astrat ta opposizione, poichè il conoscere è il superamento di tutte queste astrattezze . Il che i m­ porta che non può nè anche ragguagliarsi al conoscere (come parve ad Hegel) se questo conoscere s'i ntenda come risoluzione definitiva (tutta positiva, e che abbia esaurito il proprio processo) di tutte le astrattezze . Perchè ogni astrattezza consiste nell 'immediatezza e nel sottrarsi alla dialettica del processo ; sicchè ,se lo stesso processo esaurisce il suo compito , e ci dà il conoscere come una concretezza, la quale abbia avuto una buona volt a ra­ gione di tutti gli astratti ; ecco che il concreto stesso di vent a un astratto , e la concretezza, in cui consiste la ,; t a in atto del pensiero, riesce un fallace miraggio , e una verità ancor più irraggiungibile che

non sia,

alla natura e all 'uomo che ne partecipa, l'idea nica.

plato­

Atfinehè si attui la eoneretezza del pensiero, che

150

IL

LOGO

O

LA

VERITÀ

negazione dell'immediatezza di ogni posizione astra tta , necessario che l'astrattezza sia non solo negata ma anche affermata; a quel modo stesso che a mantenere acceso è

è

il fuoco che distrugge il combustibile, occorre e che ci si a sempre del combustibile, e che questo non sia sot­ tratt o

alle

fiamme divoratrici, ma sia effettivamente

combusto. IO.

-

Posizione del problema della logica dell'astratto.

Nel fuoco del pensiero che incenerisce il suo combu­ stibile per trarne luce e calore, il combustibile, non per anca cenere, è momento essenziale, ineliminabile . Sic ­ chè una logica d e l puro conoscere c h e , c o m e di alettica della realtà idealizzantesi , nega la sussistenza di una realtà statica, puro oggetto del pensiero, sottratto al flusso della vita; una tale logica, quale pur noi l 'in­ tendi amo , se non s alvasse la verità come ferma torre che non crolla giammai la cima , oggetto eternamente opposto alla libertà del soggetto , non varrebbe di pi ù d 'u n fuoco che altri volesse ali mentare di niente . La vera dialettica non è quella che nega l 'oggetto , bensì quella che ha coscienza della sua astrattezza , e quindfj della concretezza, i n cui esso attinge i succhi della sua eterna vit alit à. E se dialettica diciamo la logica del

concreto,

ossia del puro conoscere , che è l'unità del

soggetto e dell'oggetto, oltre la dialettica bisogna pure ammettere, grado alla stessa dialettica, una logica dei­

l'astratto,

o del pensiero in quanto oggetto, nel momento

dell'oppotizione, senza di cui non è attua bile l ' unità, in cui il concreto risiede. S 'intende che questa logica dell 'astratto è grado a quella del concreto solo in quanto è costruit a dal punto di vista della dialettica, ossia della verità immanente. Punto di vista a

(quale

non si sono mai collocati i lo-

151

\'ER!TÀ ASTR.-\TT.-\ E \"ERITÀ COXCRET.-\

gici precedenti; che costruivano una logica dell'astratto fermi nel convincimento che questo astratto fosse il vero concreto. Laddove la verità,

p er

dir così, nella

verità oggettiva, fissata come verità, statica nella sua posizione immediata, è una verità la quale, come ormai deve veder chiaramente chi ci abbia seguito fino a questo punto, è soltanto una parte o un aspetto della verità: e invece la verità non può mai esser altro che tutta la verità, o la verità nell'unità di tutti i suoi aspetti. Il logo della logica è il puro conoscere, in cui l'og­ getto è lo stesso soggetto, oggetto a se stesso. Il logo dunque è pure l'oggetto del soggetto; ma in quanto questo oggetto è il soggetto che si fa oggetto

a

se stesso,

e cioè puro conoscere.

II.

L'epoca organica e l'epoca critha del pensiero nella loro unità.

-

Togliendo la terminologia da una famosa distinzione volgata, che divideva le epoche della storia in e

organiche critiche: le une determinate come certi assetti sociali,

resultate dai movimenti anteriori, e le altre consistenti nei movimenti stessi, dissolventi gli anteriori assetti, e a grado a grado preparanti nuove condizioni di equi­ librio delle forze sociali, si potrebbe dire che c'è una

logica organica (astratta) e c'è una logica critica (con­ creta); a patto di non fare successivi e quindi giustap­ posti l'uno all'altro, e quindi l'un dall'altro separati, il logo della organicità e il logo della critica; e a patto di avvertire che il logo è organico in virtù di una ener­ gia attuale organizzatrice, che è la stessa energia dis­ solvente di un organismo da cui sia fuggita la vita,

e

restauratrice di un altro vitale organismo. Così come il �zb:o; e la �ì.On;:; del sistema di

Empedocle, che,

CAPITOLO VI I I .

F O RM E STORICHE P R I N C I PALI DEL LOGO ASTRATTO

I.

-

Il lago di Parmenide.

Il fondatore, si può dire , della logica dell ' astratto, come quegli che pri mo cominciò a intendere i n tutto il suo rigore il concetto del logo quale presupposto del pensiero ,

è

Parmenide.

Il quale ,

riducendo

alla sua

coerenza la ricerca della scuola ionica d'una sostanza assoluta, e quindi superando il dualismo

pitagorico,

concepì la realtà come essere . Essere , s 'intende, natu­ rale, immedi ato .

Il quale non può mutare, perchè il

mutare importa non essere prima quel che si è dopo, e non essere dopo quel che si è prima : cioè importa un concetto della realtà come essere insieme e non-es­ sere, laddove il reale è soltanto essere, e il non-essere non è. Si milmente, esso è i m mobile . Quindi pure , n o n è nato , n è morrà : è eterno . N o n p u ò essere i n parte , e i n parte no : è c ontinu o . Uno, perchè molteplicità i mporterebbe

discontinuità.

Nè è li mitato

da

altro .

Nè quindi s i o ppone al pensiero , poichè se i l pensiero è, esso non può essere altro che l 'essere stess o .

FOR�IE

STO R I CHE

P R I XCI P A L I

DEL

L O GO

A S T RATTO

155

momento d ell 'identità, ma anche quello della differenza e dell 'opposizione. E quest 'ultimo nel concetto dell'essere immutabile non è possibile. 2.

-

Dissoluzione del lago di Parmenide.

Sicchè l 'essere per essere realizzato come veramente i mmut abile, deve : r0 non esser pensato (o non esser pensato come pensato) ; zo (pensato

come)

berebbe e

immutabile .

non essere propriamente Infatti

i l pensiero tur­

annullerebbe l ' immobilit à dell 'immutabile;

mentre, prescindendo dal pensiero, l 'immutabile n o n è p i ù t ale ; perchè non mutare è essere i dentico; e i dentità import a A =A, ossia una riflessione su di se stess o , c h e è propri a soltanto d e l pensiero, e c h e su c i ò c h e n o n s i a pensiero p u ò essere esercitata soltanto d a l pensiero . Donde le conclusioni negative e scettiche che il gran sofìsta Gorgia di Lentini ricavò dall'intrepido unizzare di tutti gli Eleati : l 'essere, non essere; se fosse, n o n esser conoscibile ; se fosse conoscibile , non essere enu n­ ciabile

1.

J.

-

Il lago degli Atomisti.

l!n'altra forma della realt à come

essere

sorge nella

filos ofia presocratica con l ' at o mismo di Leucippo e di Democrito ; per cui, di fron t e alle difficoltà che i l con­ cetto dell 'essere unic o creava rispetto all'esperienza, si cerca di

mantenere

quel

concet t o ,

i ndispensabil e

al

puro naturalismo, facendo l ' essere molteplice : quindi introducendo il vacuo dello spazio nel pieno , rompendo l a continuità del reale, e polverizzando quasi l a massa 1

Ps.- ARIST.,

De Jielisso, p. 979 a 12; e SEsTo E�IP., A dv.

]lfath., YII, 65 86.

FOR�IE

S T O R I CHE

PRI X CIPALI

DEL

LOGO

157

AS TRATTO

dell 'atomo come essere , non è possibile, per la stessa ragione che dissolve il monismo degli Eleati nello scet­ ticismo . C o n questo di peggio : c he l 'essere parmenideo è tra ­ vagliato

soltanto da questa discordia intestina, tra s è

i ndifferenziato (e quindi nè divers o , n è i dentico) e sè identico i n quanto differenziato ; laddove Democrito

è combattuto

e

minato

da

l 'atomo

dentro

e

di da

fuori . D a dentro , come l 'Uno di Parmenide ; e da fuori perchè esso , a differenza di quell ' Un o , si trova a dover affermare l a propria unità e i mmediatezza o ident i t à astra t t a anche contro gli altri Uni , c h e fan ressa attorno a lui e dai quali bisogna che egli , per essere, si distin­ gua. E

distinguersi è differenziarsi dagli altri , anche

A non essendo B (negand o, B) , A non è soltanto A ; ma è A e oltre B, c ' è B', B", B"', e i nsomma

dentro di sè. Perchè se A è escludendo da sè

non-B.

E poichè

infiniti

B, A

non può essere se stesso , senza contenere

i n sè i nfiniti rapporti (di esclusione reciproca) con gl 'in­ finit i

B,

concorrenti nel sistema a cui

A

appartiene .

E in conclusione, se l ' i dentico essere di Parmenide è costretto ,

almeno una volta, a contraddirsi, differen­

ziandosi , l ' essere egualmente identico di Democrito è costretto a differenziarsi e a negare se stesso , o la pro­ pria identità, infinite volte .



-

Dissoluzione del logo degli A tomisti.

L'atomi smo perci ò - attraverso Protagora e l ' era­ clitismo

contemporaneo

ch'esso nello scetticismo,

a

Protagora

- sbocca

an­

a cui s 'oppone Socrat e .

Il

quale rialza l a bandiera della scienza, con l 'afferma­ zione del concetto universal e . Non più l ' essere presup ­ posto

al processo

d e l c onoscere c h e comi n ci a

dalla

sensazione ; m a u n altro essere , che in certo modo è il

IL LOGO O LA VERITÀ

100

di esso non trova i n se me d esim o il proprio essere : m a deve ricorrere all' altro p e r avere c i ò onde consta l 'esser suo; e q uest ' altro deve perciò essere per lui non solo diverso , m a anche i dentico . L'astratt a i dentità dell'essere na.turale d i Parmenide e di Democri t o qui è vin t a .

6.

-

Importanza del soeratismo nella storia della logiea.

Ma l a mediazione socratica, se risolve l 'i mmediatezza della natura, e , i n quanto la risolve , rende possibile l 'identità dell'essere naturale mediante il pensiero, ha la sua forma l ogic a i n una nuova realtà immediat a . E questa è l a natura come pensiero, o il pensiero come natura; quel pensi ero , presupposto dello spiri t o , e quind i nuovamente immediato, che è l 'idea platonica. La vwv(IX -rwv yevwv del

Sofìsta,

ossia

la

dialettica

zot­

quale

oggetto dell 'intuito sinottico del filosofo , non è altro che la sistemazione dell 'opLufLÒ; socratico : sistema delle idee, nel quale ciascuna idea immanente ha un conte­ nuto onde si definisce , che a sua vol t a è soggetto di definizion e , in guisa che tutte si ordinano in una rete universale di rapporti , il cui tipo è la stessa mediazi one già affermata nella singola definizione particolare di Socrate . Nel sistema dei rapporti definitorii sorge, accanto al rapporto della definizione, e lo integra, quello della divisione, che non è altro che l ' inerenza d 'uno stesso concetto a più definizi o ni . Ma la dialettica platonica supera il tipo

di mediazione dualistica, in cui ogni

termine, da qualunque parte si volga, ha relazione con u n altro t ermine, per ritornare quindi i mmediatament e a se stesso; mentre si suppone una molteplicità illimi­ tata fuori di ogni rapporto .

FO R�!E

S T O R I CHE

P R I );C I PA L I

DEL

LOGO

ASTR.\TTO

161

In conclusione, nella logica di Platone come in quella di Socrate, l'astrattezza dell'immediato essere naturale cede il luogo a quella concretezza che era la flagrante negazione dell'astratto essere, in quanto se ne predi­ cava l'identità. Qui l'identità c'è; e c'è, ripeto, perchè non siamo più di fronte alla natura, sibbene di fronte al pensiero. Ma poichè questo pensiero stesso è imme­ diato, e il rapporto tra soggetto e predicato della defi­ nizione (o divisione) è statico, cioè già posto, esso è tutto,

nella sua unità complessiva,

un'immediatezza

astratta.

7· Questa

nuova

-

Il lago di Platone.

immediatezza

supera

Aristotele

col

sillogismo, che non è pensiero già posto, ma pensiero che si pone; non affermazione a cui ci troviamo innanzi, c ome ad un fatto; (essere,

un

sibbene

determinato

dimostrazione.

Il soggetto

essere) non si dà immedia­

tamente come identico con un predicato (riflettendosi su se stesso il pensiero, onde l'essere si pensa); ma me­ diante un terzo termine (medio), si dimostra identico al predicato.

Il rapporto perciò da

diadico diventa

triadico, e il termine onde si compie ha la f unzione di render possibile il passaggio dall'uno all'altro termine della diade in quanto ne è l'unità. Il sillogismo era implicito nella dialettica platonica; ma tra Platone e Aristotele esso rappresenta una diffe­ renza importante nella consapevolezza della necessità della mediazione per l'essere che si pensa e che si può pensare. Con la teoria del sillogismo vien data l'ultima mano alla elaborazione che era possibile della dottrina socratica del concetto. E si svolge fino al suo limite estremo possibile il principio della mediazione neces­ saria al concetto dell'essere affinchè sia pensabile. Più Il,

162

IL LOGO O LA VERITÀ

in là si sarebbe dovuto superare lo stesso concetto del­ l'essere i n quanto essere . Se n o n che, n o n superando il concetto dell 'essere , la stessa forma sillogistica, mediata rispetto alla defi­ nizione,

come

questa è mediata rispett o

all 'astrat t o

essere natural e, n o n p u ò se n o n ribadire l 'imm ediatezza propria

dell'essere,

e

fissare, in

forma intelligibile o

i deale, una nuova natura, oggetto del pensiero . Giacchè il sillogismo ma

aristotelico

sistema dell'oggetto

non

è processo conoscitivo ,

del conoscere ;

quin di,

se

è

u ni t à della diade, non si può pensare nè come unità che si dualizzi, nè come dualit à che si u nizzi .

�on

c'è l a medi azione, m a il m e di at o : il quale , senza l ' a t t o o processo della mediazione, è , nella s u a s t e s s a tria­ dica complessit à, un'immediatezza : un che di naturale , che il pensiero conoscente non può che presupporre . Ma come potrà conoscerlo ?

8.

-

Il logo di A ristotele eome verità del logo soeratico­ platonieo; e sua interna diffieoltà .

La rispost a a questa domanda si aspe t t a invano n el periodo

della decadenza della speculazione grec a .

Si

tratta di cogliere quell'unità da cui sorgono le di ffe­ renze .

È

l'alta mira a cui volgesi la filosofia alessan­

drina, che sul tramonto del paganesimo torna a unizzare come, al dire di Aristotele

1,

quei primi padri

dell a

speculazi one logica greca, gli Eleati . Il pensiero grec o si conchiude così ritornando circolarmente s u se stesso . I n Platino le idee si ricongiungono formare l'essere, il

:x.6crflo; vo·tj--:6;.

tutte insieme

Il quale

a

non è p i ù

un semplice ogget t o astratto, m a è contenuto d e l

vr:.::iç.

Se non che questo intellet to, che contiene in sè l'i n1

EEVocp:iv·r,� 8è: .:pw-:-o� -;o{r:w'l iv(a:x;: Jfetaph., I, 5, g86 b 21.

163

FOR�!E STORICHE PRI!'CIP.-\LI DEL LOGO ASTRATTO

telligibile, non è il termine ultimo della mente che cerchi la realt à prima, o l 'essere d a cui tutti gli esseri derivino. L'intelletto è soggetto ed h a di fronte l'og­ getto

(l 'intelligi bile) :

dualità, che non può essere ori­

ginaria, m a è generata da ciò che genera il numero: il semplice, l 'Uno, senza di cui non si concepisce il due

1.

Quest'l'no è di là dall'intelletto, c o me dall' essere che è oggetto di que sto; nè quindi è attingibile per mezzo della scienza,

opera

dell 'intelletto .

L'anima

deve sottrarsi

a ogni di fferenza, onde è legata alla molteplicità sot­ t ostante all 'Uno e dall ' Uno derivante ; deve sottrarsi, dentro se stessa, ad ogni stato che i mporti opposizione ed alteri t à, per raggiungere l a propria radice, semplice oggetto d'una contemplazione i n cui il contemplatore s'i mmedesima

affatto

e

s'immerge

in u na specie di ebrietà, di furore, di

nel

contemplato

estasi.

Il pensiero

deve trascendere se stesso per cogliere l ' u nità, dove solo è possibile la pace, con l ' appagamento del bisogno che sospinge l 'a ni m a in cerca del sapere .

L'unità in

cui si risolve il mondo ideale di Platone, c o sì come viene scrutato da Aristotele : unità i n fondo alle dif­ ferenz e . L'unità , dunque, a cui mette capo l a filosofia grec a, è quella stessa da cui era esprim e i n verit à la sofia. Essa è l 'unità

partit a; e il suo concetto

qui ntessenza di tut t a quella filo­ della natura, che

anche nel

suo

movimento e nelle sue differenze è i mmediata , perchè presupposta tutta

come

realizzata

anteriormente

processo dello spirito per cui deve valere come

al

verità.

Quindi il concetto della verit à i n tutto lo svolgimento della filosofia greca dimostra bensì la tendenza a su­ perare l 'astrattezza del momento oggettivo immedi ato; ma non raggiunge mai la concretezza a cui aspira . 1

Cfr. Emz., V, I, 5·

FO R'IE

S T O R ICHE

P R I::\CIPALI

DEL

LOGO

ASTRATTO

165

si fa dell 'uomo con Dio padre ; poichè il mediatore ces­ serebbe d ' essere tale se i termini mediati , Dio e l 'uomo , venissero meno .

Quindi identità del figlio c o l padre;

ma anche differenza. I dentità con differenza che im­ porta in Dio un proce

o

pirituale, lo Spirito

Dio è

sì uno , ma in quanto trino ; e però è spirito . D ' altra parte , che è l 'uomo ? In quanto Dio lo redime in Ges ù , esso è volontà divina ; m a lo redime, i n quan to esso è per se stesso peccato : peccato originale, essenziale alla sua natura.

Natura tanto necessaria, affinchè la

mediazione dell 'uomo-dio sia intelligibile, quanto ne­ cessario,

come

abbiamo

della mediazione, Dio .

osservato ,

è

l ' altro

termine

Dunque , la grazia suppone il

peccat o , e l 'unità di questi due termini è nella reden­ zione operata dal Salvatore ; come l 'unità di

Dio e

dell a natura è in Dio inc arn ato nel figli o . La media­ zione stessa, i nterna alla monotri ade, importa la distin ­ zione della natura dallo spirito, i n quanto lo spirito vien concepito c o me conciliazione di una du ali tà pree­ �istente. IO.

-

Il logo cristiano ne' suoi dommi fondamentali.

�on sfugga per altro in questa deduzione l ' ambiguità d 'uno dei termini che sono in giuoco : l'ambiguità che è il punto oscuro della Patristic a,

prima e

dopo il

concilio di Nicea ; e rimane il compromesso di tutta la teologia cristiana, librantesi e

in

bilico tra la filosofia

la religione. Il termine ambiguo è

l'uomo,

il centro

di

tutto il

Cristianesimo , che gli stende al di sotto tutta la n a­ tura e gli colloca al di sopra tutto il divino . L'uomo, termi ne della mediazione i n cui consiste la monotriade, è l 'uomo redento . L 'uomo invece che è n atura, peccato originale, privo, i n se stesso , del principio della propria

166

IL

s alvazione,

LOGO

O

LA

VERITÀ

non è l'uomo redento,

ma

da redime re .

L'uomo insomma è peccato originale e grazia, in quanto o ra è n atura e ora è uomo . Quell'amore che attua

1,

secondo Paolo, la fede, dovrebbe i m portare la grazi a, perchè l'amore è l'adempimento della

legge ;

e

un verbo, ne rappresenti il nome, così, se è vero che il verbo non è