Siamo poi gente delicata. Bologna Parma, novanta chilometri

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Contromano

ULTIMI VOLUMI PUBBLICATI

Mauro Covacich Trieste sottosopra. Quindici passeggiate nella città del vento

Edoardo Fassio Blues

Giuseppe Culicchia Ecce Toro

Nicolas Bouvier Il pesce-scorpione

Antonio Pascale Non è per cattiveria. Confessioni di un viaggiatore pigro

a cura di Stefania Scateni Periferie. Viaggio ai margini delle città

Antonella Cilento Napoli sul mare luccica

Elena Stancanelli Firenze da piccola

Francesco Piccolo L’Italia spensierata

David Randall Tredici giornalisti quasi perfetti

Mauro Covacich Storia di pazzi e di normali

Wendy Uba con Paola Monzini Il mio nome non è Wendy

Lisa Ginzburg Malìa Bahia

Paolo Nori Siam poi gente delicata

Paolo Nori

Siam poi gente delicata Bologna Parma, novanta chilometri

Editori Laterza

© 2007, Gius. Laterza & Figli Prima edizione 2007

Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel luglio 2007 SEDIT - Bari (Italy) per conto della Gius. Laterza & Figli Spa ISBN 978-88-420-7901-9

Quando la gente ha smesso di credere in Dio si è messa a cercare il modo di esprimere l’assurdità del mondo inventando il futurismo e l’espressionismo e il dadaismo e il surrealismo e l’esistenzialismo e il teatro dell’assurdo. Patrik Ourednik

Indice

Prologo. Comunque

3

Prima parte. Il senso mio soggettivo che do io alla parola disperazione

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Seconda parte. Ho una figlia

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Terza parte. Precisazione sulla disperazione

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Quarta parte. Sempre vivere così nel presente

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Quinta parte. L’allacciatura dei sandali

95

Sesta parte. I posti dove andare

107

Settima parte. Ricevuta di ritorno

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Epilogo. Comunque

149

Nota

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Siam poi gente delicata

Prologo

Comunque

0.1. Come dico io Se il mondo andasse come dico io.

Prima parte

Il senso mio soggettivo che do io alla parola disperazione

1.1. Un chilo d’oro Ci son dei momenti, nella mia vita, che uno pensa Adesso posso anche morire. Ce ne sono degli altri che invece sarebbe un peccato, morire in quei momenti lì. Quando si è in mezzo a qualcosa che si vuol vedere come va a finire. Io adesso per esempio sarebbe un peccato, morire in questo momento qui. Sono in mezzo a qualcosa che se morissi domani, per dire, appena prima di morire penserei Che peccato. Ho letto in un libro che gli arabi, i mussulmani, tra di loro un augurio che si scambiano è Buona morte. Da noi, se qualcuno ti augura Buona morte, non ti vien neanche la prontezza di dirgli Buona morte anche a lei. Oggi dovevano consegnarmi il letto ho pensato Dài che stanotte si dorme in un letto. Poi mi han telefonato stamattina che sono bloccati in autostrada me lo consegnan domani. Vengon da Bologna. Io sto a Parma. Bologna Parma, novanta chilometri. Tutto il giorno bloccati in autostrada. Prima abitavo a Bologna anch’io. Il periodo che un editore mi ha commissionato una guida di Bologna e io ho accettato. E adesso è venuto il momento di scriverla proprio il momento che son venuto via, da Bologna. Noi la nostra testa come funziona, qui in occidente, che noi non moriremo mai. È un modo di ragionare che si potrebbe sintetizzare come Buttare il cervello oltre l’ostacolo. Sono andato da mio fratello, mi son fatto prestare il sacco a pelo, dormo nel sacco a pelo. 9

Gli arabi, a Baghdad, nel settimo secolo, Solimano il magnifico, che aveva fondato il famoso centro di traduzione internazionale di Baghdad, settimo secolo, per ogni libro tradotto i traduttori li pagavano a peso. Un libro di un chilo, ti davano un chilo d’oro.

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1.2. Il lavoro del tempo Questa è una cosa che ho pensato tantissime volte quindi verrà giù un po’ fiappa, come idea. I primi tempi che l’avevo pensata mi sembrava un’idea fulminante adesso ho l’impressione che sia diventata un po’ fiappa. Solo che dovendo scrivere una guida di Bologna, uno che non sta a Bologna è costretto a usare un po’ tutto quello che ha, sia le idee fulminanti che quelle fiappe. Questa è un po’ fiappa. Tempo fa un decennio fa se non addirittura un tredicennio, fa, a fare i calcoli giusti, c’è stato un periodo che io ho abitato in una città moscovita della Moscovia sovietica, la capitale, cioè Mosca. In quel periodo all’inizio io come posto, a Mosca, io abitavo all’estrema periferia, su su vicino alla tangenziale che per arrivare in centro dove lavoravo a una tesi di laurea che chissà come mai mi è venuto in testa di fare una tesi del genere ma non parliamo di questo parliamo d’altro, io quel periodo lì che abitavo nella Moscovia sovietica, cos’è successo? Che tutti i giorni andare a lavorare in centro io facevo piedi, autobus, metrò, piedi, ci mettevo un’ora, più o meno. Allora poi quando sono tornato a Parma io pensare che andare a Bologna ci si mette un’ora, in treno, io mi ricordo avevo pensato che Parma era una specie di quartiere di periferia della città Bologna Modena Reggio Emilia Parma così come Medvedkovo, che era il quartiere su su dove abitavo era un quartiere della capitale della Moscovia sovietica, significa dell’orso, Medvedkovo, per dire, ma non importa. 11

Allora Bologna, che è il centro della città Bologna Modena Reggio Emilia Parma, scrivere una guida di Bologna stando nel quartiere periferico Parma forse non è così assurdo come non sarebbe assurdo scrivere una guida di Mosca stando a Medvedkovo, ho pensato. Se uno scrive una guida di Mosca Dove sei stato, a scriverla? gli chiedono, se lui risponde A Mosca non stanno a guardare se era in centro o in periferia, Va bene, gli dicono. E niente, questa è la cosa che ho pensato tantissime volte, non quella della guida, quell’altra della periferia, l’ho pensata così tante volte che ho l’impressione che sia ormai un po’ fiappa, come idea, e difatti a rileggerla, mi sembra proprio un po’ fiappa. Però magari poi dopo succede che tra dieci anni, diciamo, questa idea che oggi sembra così fiappa sarà tornata ancora fulminante, chissà. Che il tempo fa delle cose che noi non abbiam neanche idea, del lavoro del tempo.

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1.3. Col chicco Un mal di collo. Non siamo più abituati, alla durezza del mondo, qui in occidente. Io perlomeno non son più abituato. Io è da una vita che pensavo che l’università più antica del mondo era l’università di Bologna, col chicco, l’università di Bologna. E l’università Azhar del Cairo? E l’università Nizamiyha di Baghdad? E l’università fondata da Al Hakam II a Cordoba? Neanche la più antica d’Europa, quella di Bologna. Col chicco, la più antica del mondo. Sembrava tanto erudito, Giuseppe Balsamo, docente di biblioteconomia all’università di Parma fondata tardissimo nel medioevo o anche dopo. Devo andare a Bologna a far girare mia figlia in piazza Maggiore. A aspettare il letto resta mia mamma. Dalle undici alle quindici, ci han detto. Ho portato qua tutti i miei libri. Quelli di Bologna, quando stavo a Bologna, quelli di Basilicanova, quando stavo a Basilicanova. È incredibile, certi libri che ho comprato, nella mia vita. Per esempio L’islam spiegato agli infedeli, di Lucas Catherine. Non mi ricordavo, di averlo comprato. Difatti mi viene il dubbio di averlo rubato a Giulio. Giulio è mio fratello. Ha sei anni meno di me, ma è già grande lo stesso. Col chicco, che arrivano dalle undici alle quindici. Arrivano alle diciotto e trenta e il letto non lo montan neanche per via che sono in ritardo. Non c’è più serietà, dice mia mamma. Non c’è più serietà, vecio Dio, dice. 13

Comunque dormire in un letto, ah, dormire in un letto. Però bisognerebbe trovargli il suo posto, che il posto dove l’ho messo, testa a nord ovest, non va mica bene. Comunque anche testa a nord ovest dormire in un letto, ah, dormire in un letto. Adesso io dir che son povero, con tutta la gente nel mondo che vive di niente, faccio fatica, a dir che son povero, però io ormai eran degli anni che prima di comprare un libro non ci pensavo, che costava dei soldi, lo compravo e basta adesso invece ci penso e il più delle volte poi non lo compro quindi direi che son povero. Anche se rispetto a tutta la gente nel mondo che vive di niente, si fa fatica, a dir che son povero. Lo si dice solo perché si sa che quella gente lì i romanzi non li leggono mica, se no col chicco, che lo si diceva. Io prima di smettere di fumare, coi soldi che spendevo io tutti i giorni a fumare, sei euro, diciamo, la gente che vivon di niente ci campavano in sei. Coi miei cerini e le mie sigarette. A me non sembra, normale. Su queste cose ha già scritto un libro Lev Nikolaevicˇ Tolstoj che si intitola E allora cosa dobbiamo fare che dimostra che anche la beneficenza, col chicco, che serve, la beneficenza. Un libro che io a suo tempo ho comprato ce l’ho qui a casa mia nella mia libreria nuova. Metter su casa si può lavorar fino a tardi non si deve pensare, quei periodi che si è dentro una cosa che da un lato si vuole vedere come va poi a finire, dall’altro non ci si vorrebbe minimamente pensare. Uno dice il rinascimento, Leonardo da Vinci. Però dopo 14

delle volte si leggon dei libri, che si scopre che quattro secoli prima di Leonardo da Vinci, Abbas ibn Firnas, oltre a essere uno dei padri della musica andalusa e inventore del metronomo, inventò anche il cristallo e fu il primo arabo a tentare di volare con l’aiuto di un abito particolare dotato di ali fatte di piume. Si dice che riuscì, a alzarsi in volo, ma atterrando si fece molto male. Secondo Al Maqqari, ciò dipese dal fatto che non aveva previsto la coda. Leonardo, quattro secoli dopo, aveva un aiutante che si chiamava Zoroastro, soprannome Astro, che gli provava tutte le macchine volanti prima che fossero finite era sempre ingessato. E dalla radio parla della gente che fanno politica e facendo politica si salvan la vita. Certo che dover scrivere una guida su Bologna proprio il momento che son venuto via, da Bologna. Forse potrei metterci dentro un po’ delle cose che scrivevo quando abitavo, a Bologna, che anche allora mi avevano chiesto di scriverci sopra un romanzo, a Bologna, avevo rinunciato perché dopo l’inizio non riuscivo più andare né avanti né indietro. Mi ero come incastrato. Una cosa che ho scritto tanti anni fa che non avevo ancora una figlia avevo una morosa, come si dice. Un pezzo che leggerlo adesso, dico la verità, può sembrare un po’ fiappo.

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1.4. Inizio di un romanzo che come inizio non c’è neanche male, solo poi non riesco più andare avanti A Bologna d’estate c’è un caldo che non si può stare, a Bologna, d’estate, c’è un caldo. Parlami di Bologna, mi dice, A Bologna d’estate c’è un caldo che non si può stare, di Bologna, gli dico. Ignorante, mi dice, mi tira per la camicia e mi dice Ignorante, sotto i portici di via Marsala, che sotto i portici di via Marsala d’estate c’è un caldo che non si può stare, sotto i portici di via Marsala. Ignorante, potrei anche esser d’accordo, che sono ignorante, non sono mica sicuro al cento per cento, che non sono ignorante, solo dipende da chi me lo dice, Ignorante. Se fosse Gilles Deleuze, a dirmi Ignorante, sarebbe poi un altro discorso, Gilles Deleuze io non lo conosco, dicono tutti che è così acuto così intelligente, Gilles Deleuze, non direi mica niente, se fosse Gilles Deleuze, che mi dice Ignorante. Non è mica Gilles Deleuze, che mi dice Ignorante. Se fosse Guattarì, a dirmi Ignorante, a Guattarì gli darei probabilmente ragione, io Guattarì non lo conosco, dicon tutti che è così bravo così preparato, Guattarì probabilmente non batterei ciglio, se fosse Guattarì, che mi dice Ignorante. Non è mica Guattarì, che mi tira per la camicia mi dice Ignorante. 16

Ignorante, mi dice, mi tira per la camicia e mi dice Ignorante, sotto i portici di via Marsala, che sotto i portici di via Marsala c’è un caldo che non si può stare, sotto i portici di via Marsala a Bologna d’estate. Derridà? È forse Derridà che mi tira per la camicia mi dice Ignorante, sotto i portici di via Marsala? Non è mica Derridà, che mi tira per la camicia mi dice Ignorante sotto i portici di via Marsala. Era meglio se continuavo a dormire, mi vien da pensare, era meglio se non uscivamo neanche, era meglio se restavamo a letto a dormire nel pomeriggio di giugno, era meglio non leggerle niente, mi vien da pensare, era meglio se facevamo come la gatta, che la gatta è ancora nel letto che dorme a Bologna, solo la stanza da letto nel pomeriggio d’estate c’è un caldo che non si può stare, che la gatta si vede che lei ha un metabolismo tutto diverso, Non suda, ha detto Francesca dopo che l’ha guardata dieci minuti con attenzione, invece noi sudavamo. Era meglio se stava in camera a guardare la gatta, Francesca, invece di dirmi Andiamo da Feltrinelli International che c’è l’aria condizionata e poi fermarsi tirarmi per la camicia dirmi Ignorante, sotto i portici di via Marsala che sotto i portici di via Marsala Bologna d’estate c’è un caldo che non si può stare. Bologna, fa l’editore, non senti com’è evocativo già questo 17

titolo, Bologna, fa l’editore, cosa ti vien da pensare sentire questa parola Bologna, fa l’editore. Bologna è una grassa signora dai fianchi un po’ molli, mi vien da pensare, faccio io all’editore, invece mi sono sbagliato, adesso ho cambiato parere. Adesso lo so, cosa dirgli io all’editore quando mi chiede Bologna cosa ti vien da pensare a sentire questa parola Bologna. A Bologna d’estate c’è un caldo che non si può stare, mi vien da pensare a sentire, questa parola, Bologna. Ignorante, mi dice Francesca, mi tira per la camicia mi dice Ignorante, non una volta qualsiasi, una volta che a Bologna c’è un caldo che non si può stare, non in un posto qualsiasi, sotto i portici di via Marsala, non un giorno qualsiasi, il giorno che devo cominciare questo romanzo che devo pensare chi devo chiamare sentirlo per questo romanzo che devo iniziare e invece non ci posso pensare, chi devo chiamare, che mi devo difendere che Francesca mi tira per la camicia mi dice Ignorante. Chi conosci a Bologna, mi fa l’editore, conosci Eco? Non lo conosco. Conosci Bifo? Non lo conosco. Conoscerai i nuovi scrittori, chi conosci, conosci Lucarelli? Non lo conosco. Simona Vinci, la conosci? Non la conosco. La Mazzuccato, la conosci, la Mazzuccato? Non la conosco. Conosci Brizzi, Enrico Brizzi, lo conosci? Non lo conosco. Conosci i Blissett, conosci Fois, chi cazzo conosci, a Bologna? I Blissett e Fois non li conosco, conosco Mimì. Mimì? E chi è, Mimì? Emidio Clementi, si chiama, è il cantante dei Massimo Volume, non li conosci? Sono famosi, a Bologna, ho detto io all’editore. 18

Ignorante, mi dice Francesca, mi tira per la camicia Ignorante, mi dice, non dirmi più che sono bellissima, Ignorante, mi dice. Che io ho fatto lo sbaglio di leggerle una cosa che ho scritto due anni fa che il protagonista diceva che la sua morosa era bellissima, Anche a me mi dici bellissima, mi dice Francesca, Ignorante. Sai quanti sono gli studenti del Dams? mi fa l’editore, Sai quante copie vendiamo di un romanzo che si chiama Bologna che parla di loro? Editore, faccio io all’editore, io non te l’ho detto, ma adesso io qui tra poco io vado in Russia, già comprato i biglietti, cosa comincio a fare un romanzo che si chiama Bologna se qui tra poco io vado in Russia già comprato i biglietti? In Russia? mi fa l’editore. In Russia? mi fa. Sai quanti sono i comunisti in Italia? mi fa l’editore. Sai quante copie vendiamo di un romanzo che si chiama Bologna che c’è dentro anche la Russia? Ignorante, mi dice Francesca, te lo dici a tutte, Ignorante, mi dice, e mi tira per la camicia sotto i portici di via Marsala a Bologna d’estate con il caldo che c’è, Non dirmelo più, che sono bellissima, dice. Va bene, le dico, non te lo dico.

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1.5. Noi stessi Qui ogni giorno arriva uno nuovo. Oggi c’è un altro nome sui campanelli uno che si chiama Beceresjan. Che dal nome sembra un armeno solo che io non ne vedo, di armeni, su per le scale. Un moldavo sì, un moldavo che si chiama Nikolaj che di cognome fa Kompan che sembra più russo, che moldavo. Qui ogni giorno arriva uno nuovo. Io ormai è quasi un mese, che sono qua. Un mese tra quindici giorni. L’altro giorno mi chiaman da Genova dicono Perché non vieni a trovarci che ti offriamo la cena? Io ormai mi muovo solo per lavoro, gli dico. E poi dopo penso Son diventato un impiegato. Da quando son qui ho un sacco di tempo. Non solo i miei lavori, quando finisco i miei lavori di sera leggo anche i lavori degli altri. Son diventato un impiegato. Da quando son qua, tra quindici giorni è già un mese, non sono uscito una sera. Sono solo andato una volta allo stadio. Ma lo stadio è vicino. Si va in bicicletta. I russi loro quello che dicono spesso, la parola che usan più spesso, forse non più spesso, ma spesso, una parola che usano spesso, i russi, è uzˇas, orrore. C’era un freddo, veder la partita. Soprattutto il secondo tempo dopo che ho cambiato posto. Son diversi da noi, i russi. Non che non mi piacciano, a me piacciono. 20

Ho cambiato posto dopo che al Parma gli avevan dato un rigore, il primo rigore che gli danno quest’anno, credo, non va molto bene, quest’anno, il Parma. Se poi dopo non gli danno i rigori. E se poi quando gli danno i rigori li sbaglia. Io le due città che mi commuovono, nella mia vita, una è la città dove son nato e sono vissuto di più e vivo ancora adesso, cioè Bologna Modena Reggio Emilia Parma in particolare il quartiere di Parma, l’altra è una città dove ho vissuto a varie riprese per circa un anno e che è il posto nella mia vita dove forse ho più amici di tutti sicuramente molti più amici di quelli che ho a Bologna che ci ho vissuto sei anni probabilmente anche più amici di quelli che ho a Parma, se ci mettiamo d’accordo sul senso della parola amici e li contiamo, gli amici. Comunque l’ha vinta, poi il Parma, quella partita. La poteva vincere senza patemi d’animo, come hanno scritto i giornalisti, invece l’ha vinta con patemi d’animo. Allora, in questa seconda città dove ho vissuto a varie riprese che sarebbe poi Pietroburgo, o San Pietroburgo, qualcuno la chiamano Leningrado, ancora, qualcuno confidenzialmente la chiamano Piter, qualcuno anche Petropol’, quelli vogliono fare i raffinati, c’era anche una rivista, così raffinata che non si leggeva, io ce l’ho, una copia, guai al mondo se l’ho mai letta. Col chicco, che la leggo, Petropol’, con un titolo così. A un bel momento, metà circa del secondo tempo, calcio d’angolo per il Parma, fischio dell’arbitro, incertezza generale, io mi volto verso il mio vicino Rigore per il Parma, gli dico. Non ci posso credere, mi dice lui. 21

Io oggi intanto che camminavo pensavo che adesso quello che mi è successo nella mia vita, io magari quest’anno ci torno, a Leningrado. O a San Pietroburgo. Magari mi è utile anche. Magari sto là anche un paio di mesi, ho pensato, adesso dopo quello che mi è successo nella mia vita. Mi piace moltissimo, a me, camminare, nel pomeriggio, all’inizio magari c’è freddo, dopo dieci minuti camminando ti scaldi, mi piace moltissimo, a me, camminare, in questo periodo, dopo quello che mi è successo nella mia vita. Dopo il Parma ha tirato il rigore, Simplicio, l’ha tirato, il portiere del Cagliari l’ha parato. Allora il mio vicino si volta verso di me Non ci posso credere, mi dice. Se andassi a Pietroburgo anche per due o tre mesi o anche di più, ho pensato al sole di fine dicembre intanto che tornavo a casa da casa di mio fratello dove avevo preso dei dischi e dei libri che secondo me sono miei anche se non sono proprio sicuro di tutti e a lui non posso chiedere che è andato in Africa in Burkina Faso, se non sbaglio, se andassi a Pietroburgo anche due o tre mesi ogni giorno scriverei all’Irma per esempio le scriverei Cara Irma, qui c’è un freddo che tu non ti puoi immaginare e stamattina sono andato in biblioteca prestissimo che c’era un buio, in giro, c’era buio come le caccole del naso. Stai bene e salutami tua mamma, firmato Il tuo babbo. Quando la squadra di casa è ultima in classica e sta giocando contro la quintultima in classifica e sta vincendo uno a zero e ha un rigore a favore e lo sbaglia, dopo nello stadio dove ci sono tutti spettatori di casa tranne una trentina di spet22

tatori cagliaritani che sono comparsi dopo mezz’ora che era cominciata la partita dietro uno striscione Sconvolts, sembravano finti, a fare i cori in trenta dietro lo striscione Sconvolts, quando la squadra di casa è ultima in classifica e le danno un rigore che potrebbe far finire la partita senza patemi, dopo quando sbaglia il rigore, la squadra, dopo tutto lo stadio di casa cercano di non pensarci, che c’è stato un rigore. In tutto lo stadio dopo unanimemente si diffonde questo pensiero Pazienza, facciamo finta che il rigore non c’è neanche stato. Tanto vinciamo. Pazienza. Non pensiamoci più. Questo pensiero Pazienza, facciamo finta che il rigore non c’è neanche stato tanto vinciamo pazienza non pensiamoci più, si diffonde in tutto lo stadio tranne che in un gruppo di Sconvolts sardi che esultano come se erano in tanti e in uno di fianco a me che subito dice Non ci posso credere. E un minuto dopo dice Nooo, hanno sbagliato un rigore, non ci posso credere. E dopo due minuti dice Noo, hanno sbagliato un rigore, non ci posso credere. E dopo tre minuti dice Ben ma, sbagliare un rigore, non ci posso credere. Dopo un’altra lettera, penso, potrebbe essere Cara la mia Irma, qui c’è ancora più freddo di ieri e quando sono uscito dalla biblioteca stasera c’era un buio, non come le caccole, adesso ti insegno, fai aprire la bocca a tua mamma, avvicinati, guardaci dentro, più dentro, più dentro, più dentro ancora, hai visto? Ecco, così. Adesso allontanati, fai chiudere la bocca a tua mamma, salutamela, stai bene. Il tuo babbo. E dopo cinque minuti Nooo, sbagliato un rigore. Non ci posso credere. E dopo sei minuti Pensa, sbagliare anche un 23

rigore. E dopo sette minuti Ma pensa se una volta che ci danno un rigore bisogna sbagliarlo, noooo. E un’altra lettera, ho pensato nel sole, scriverei Cara Irma, ti ha spiegato tua mamma come ti abbiam messo il nome che ti abbiam messo? No? Ti spiego. Noi prima ti volevamo chiamare Leone, poi abbiam cambiato idea volevamo chiamarti Lupo, poi abbiam cambiato idea volevamo chiamarti Renzo, poi abbiam cambiato idea l’ultima volta abbiamo deciso di chiamarti Pacchetto di sigarette. Ci piaceva moltissimo, Pacchetto di sigarette, per noi era deciso che tu ti saresti chiamata Pacchetto di sigarette. Solo che poi l’impiegata dell’anagrafe ha sbagliato a trascrivere, e allora te ti sei chiamata Irma. Chiedi pure a tua mamma, se non ci credi, e salutamela, anche. Firmato: Il tuo babbo che ti scrive da un paese lontano. Dopo otto minuti Nooo, non ci posso credere. Dopo nove minuti Ma dài, sbagliare un rigore. Nooo. Dopo dieci minuti Nooo, non ci posso credere, sbagliare un rigore. Dopo undici minuti voi cambiate posto e vi accorgete che sedervi in un posto nuovo viene un freddo al culo. Un gran freddo al culo, un mercoledì sera di dicembre, gli ultimi dieci minuti di una partita tra l’ultima e la quintultima in classifica con la paura di prendere un gol che era una paura che si poteva evitare, se non si sbagliava il rigore, e si evitava probabilmente anche il freddo al culo. Dopo quando sono arrivato ho acceso la radio ho sentito uno che faceva una trasmissione buddista faceva parte di 24

un’organizzazione buddista aveva un accento italiano poco buddista e lui con il buddismo si salvava la vita. Dopo in quella trasmissione buddista c’era un altro che citava un buddista diceva Non c’è nessun nemico al di fuori di noi stessi. E io che invece di ascoltare la radio, dovrei scrivere una guida di Bologna non faccio niente per scriverla. Ho la scusa di essere in periferia, posso scriverla lo stesso anche dalla periferia, forse, diceva Brodskij che dalla periferia si vedono meglio le cose, diceva, Brodskij, che era disoccupato in un posto dove nessuno era disoccupato difatti l’hanno anche processato per parassitismo.

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1.6. Come Dante Alighieri Di Bologna una volta per una rivista volevo registrare le impressioni di un bolognese, su Bologna, uno anche moderatamente famoso solo che poi lui, quando l’ho chiamato al telefono che mi ha detto che lui non sapeva, che a lui la città poi non piaceva, che lui il suo rapporto con Bologna era un po’ come quello di Dante Alighieri con Firenze io quella volta lì ho registrato poi le impressioni di uno studente svizzero della svizzera italiana che lui quello che voleva fare, nella sua vita, insegnare storia a Mendrisio.

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1.7. Rumore Di notte il sabato sera si sente nettissimamente il cigolio del letto dei moldavi di sopra. I sospiri no, solo il cigolio. È un rumore anche comico, il cigolio sempre più veloce di un letto sentito da un piano di sotto senza i sospiri un sabato sera. Sembra un movimento anche stupido, sentirlo così. Un po’ comico e un po’ anche stupido.

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1.8. L’età della pietra Io per molto tempo ho pensato che se era per me, eravamo ancora all’età della pietra. Invece adesso ho uno stendibiancheria in ferro che sono come venti metri di filo e costa tredici euro e settanta comprato alla Ferramenta San Lazzaro insieme a una tenda per doccia, a un reggitenda per doccia, a degli anelli in alluminio per tenda per doccia e reggitenda per doccia. E ho una lavatrice Candy sensor system activa smart che ho usato oggi per la prima volta la prima lavatrice che faccio nella mia vita. E poi dopo mi sono sorpreso, dopo che ho tirato fuori la biancheria e l’ho stesa sul mio stendibiancheria in ferro e dopo che ho alzato il termosifone perché asciughi e dopo che mi son dimenticato tutte queste cose perché intanto ho fatto dell’altro e dopo che nel tardo pomeriggio mi è venuto lo stimolo di andare in bagno e quando mi sono seduto sul cesso con davanti la lavatrice mi sono sorpreso a farle una carezza, alla mia Candy sensor system activa smart. Adesso uno vedere tutte queste minuzie, lo stendibiancheria in ferro che sono come venti metri di filo e costa tredici euro e settanta comprato alla Ferramenta San Lazzaro insieme a una tenda per doccia, a un reggitenda per doccia, a degli anelli in alluminio per tenda per doccia e reggitenda per doccia, la carezza alla Candy sensor system activa smart, uno potrebbe pensare Che minuzie.

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1.9. Le minuzie Dice Lucas Catherine che quando abitava a Dar es Salaam, conosceva degli sciiti che seguivano l’ayatollah Khui e quando gli veniva un dubbio sulle cose da fare gli scrivevano tutti i mesi in Iraq e poi ricevevano la risposta. Anche Khomeini, dice Lucas Catherine, ha scritto un manuale pratico dove i problemi quotidiani sono trattati dal punto di vista religioso. Per il cibo, scrive Khomeini, dovete astenervi da undici cose: mangiare quando non avete fame. Mangiare in quantità superflua, il che d’altra parte è proibito dal Corano. Guardare i convitati durante il pasto. Mangiare cibo troppo caldo. Soffiare sui piatti per farli raffreddare. Cominciare a mangiare prima che sulla tavola ci sia il pane. Tagliare il pane con un coltello invece di spezzarlo (con le mani). Utilizzare il pane come piatto o sottopiatto. Rosicchiare un osso finché sia sparito l’ultimo brandello di carne. Sbucciare la frutta. Gettar via un frutto mangiato a metà. La carne di cavallo, di asino e di mulo, scrive Khomeini, è sconsigliabile. La loro carne è proibita se la bestia da viva è stata sodomizzata da un uomo. In questo caso, si deve portare la carne in un’altra città e venderla là. Il vino e le altre bevande alcoliche sono vietate. Chi ne consuma perde la maggior parte della sua anima e quel che resta è macchiato e maligno. Il bevitore è maledetto da Dio, dagli arcangeli e dai profeti. Le sue preghiere sono rifiutate per i quaranta giorni successivi alla sua cattiva azione. Il giorno della resurrezione, il suo viso diventerà scuro e poi nero, la 29

lingua gli penderà dalla bocca, la bava gli colerà sul petto e soffrirà la sete in eterno. Il vino e le altre bevande sono impure, scrive Khomeini, ma l’oppio e l’haschisch non lo sono. Se l’uomo sodomizza il figlio, il fratello o il padre di sua moglie, il matrimonio con la donna resta valido. Anche il Corano, secondo Lucas Catherine, molte delle sue sure derivano dalla vita quotidiana. Per esempio una volta Maometto sembra si sia innamorato di Zaynab, che aveva il difetto che era sposata con il suo figlio adottivo, di Maometto. Il figlio adottivo, che si chiamava Zayid ibn Haritha, per fare cosa gradita al profeta, molto volentieri ripudiò la moglie, ma il diritto dell’epoca non permetteva di sposarsi con la propria nuora, anche se ripudiata. Allora Dio, scrive Lucas Catherine, rivelò a Maometto la sura 33, in cui si dice che il credente non si deve preoccupare per le mogli dei figli adottivi. Se un figlio adottivo ha ripudiato la moglie e te la offre, c’è scritto nella sura 33, prendila pure.

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1.10. Il rumore del trapano C’è stato un periodo quando facevo l’università che andavo sempre da un mio amico che studiava all’università e era pugliese ma in realtà veniva dalla Svizzera, dove era stato prima di venire a Parma a fare l’università. Allora quando ero da lui, e c’ero spesso, lui metteva su una cassetta di un gruppo svizzero o tedesco che facevano rock in svizzer deutsch o in tedesco e si chiamavano Elements of crime e quella lì secondo me era l’unica casa italiana dove si sentivano, gli Elements of crime. Dopo mi ero fatto una copia della cassetta, io ancora oggi, se li ascolto, gli Elements of crime, mi saltano negli occhi le immagini della casa di quel mio amico svizzero che si chiamava Amodeo. Oppure un’altra volta sono andato in macchina ho fatto un viaggio lungo, quattro giorni, avevo poche cassette, ascoltavo soprattutto una cassetta di vecchie canzoni parmigiane che le cantava un amico di mio babbo che si chiama Fabio Bonati io ancora adesso, quando sento Pärma voladora, davanti agli occhi vedo la Repubblica Slovacca. Cioè secondo me, data la capacità di costruire le immagini che hanno i suoni, varrebbe la pena di costruire dei monumenti sonori, se uno avesse un po’ di testa, un pubblico amministratore. L’unico difetto, forse, dei monumenti sonori, c’è da dire, che valgono per una o due generazioni. Però c’è da dire che rispetto ai monumenti degli scultori costano meno, i monu31

menti sonori, in materiale costan pochissimo poi anche gli scultori sonori, soprattutto all’inizio, sono un mestiere che si deve affermare, hanno poche pretese, secondo me. Io adesso tra un po’ di tempo tutte le volte che sento il rumore del trapano, mi ricordo del natale di quest’anno. Anche nella mia vita, se registrassi le cose, potrei costruire dei monumenti sonori che uno dopo li va a sentire, gli saltano fuori le immagini meglio di un album di fotografie. Invece sto provando, sopra un quaderno, a tener tutti gli scontrini delle cose che spendo. Quest’anno, tornato a casa dopo il pranzo di natale con mia mamma, io non credevo fosse così, invece passare la giornata di natale da solo senza neanche mia figlia, uno dei primi natali che ho una figlia, io piuttosto di farmi prendere dalla disperazione io per la prima volta nella mia vita ho fatto dei buchi col trapano ho fissato alla parete tubo aggancio 016 da 60 centimetri in cucina sopra il secchiaio, appendino in ottone 4 ganci made in China importato da M. Uno trading Imola (Italy), tubo reggitenda in alluminio diametro venticinque universale made in Italy by Bacchetta srl Via Cave Oltrefiume 49 28831 Baveno (VB), al quale tubo reggitenda ho poi fissato tramite appositi ganci in alluminio la speciale tenda vinile tevere centimetri 180 per 200 riciclabile spessore 120 micron.

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1.11. Invano Ho fatto un giro per Parma, ho visto un cartellone di una mostra di un certo Alfredo Vicini sul cartellone ho letto, virgolettato, L’importante è essere vissuti invano. Che persona interessante, ho pensato, questo Alfredo Vicini, quasi quasi vado alla mostra. Solo che poi ho letto bene, L’importante è non essere vissuti invano, c’era scritto. Allora alla mostra non ci sono andato son tornato a casa.

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Seconda parte

Ho una figlia

2.1. Adsl Tornavo da Guastalla, avevamo mangiato E be’, ho pensato, intanto che in macchina tornavamo da Guastalla, cosa ci vuole a lavar l’insalata come si deve? Domani vado al supermercato, compro il bicarbonato, lavo l’insalata col bicarbonato, poi l’asciugo, cosa ci vuole? ho pensato. Dopo la mattina dopo sono andato al supermercato, mi sono scordato di comprare il bicarbonato. Il resto l’ho comprato, tranne il caffè che mi sono scordato anche il caffè. Quando vai a vedere tua figlia? mi aveva chiesto Daniele. Venerdì, gli avevo detto, e mi era tremata appena la voce perché intanto avevo pensato Cazzo, mia figlia, ho una figlia, l’Irma non è solo l’Irma, è anche mia figlia. Dicono tanto S’è bruciata la biblioteca d’Alessandria, S’è bruciata la biblioteca d’Alessandria, Oh, che disgrazia, dicono, s’è bruciata la biblioteca d’Alessandria. Ma lo sapete chi l’ha bruciata? Giulio Cesare. Cara la mia Irma, qui c’è sempre molto buio ma comincia a esserci un po’ più pulito. Ti farà piacere sapere che un mio amico ha chiesto a tuo babbo E tua figlia? E mia figlia, gli ho risposto io, non ha paura di niente. Ciao Irma. Firmato: il tuo babbo. Un mattino di quei giorni lì ero in stazione stavo andando a Bologna al mattino alle otto e mezza mi è suonato il cellulare ho risposto Nano Nano Nano Nano. Nano Nano Nano Nano Nano Nano Nano Nano Nano Nano, ho sentito dire 37

dentro il telefono. Che poteva essere Mork, l’extraterrestre protagonista di un telefilm di qualche anno fa che il suo modo di salutare era quello lì Nano Nano, oppure l’Irma che aveva rubato il telefono a sua mamma e mi diceva la prima cosa che le usciva dalla bocca. Irma, ho detto al telefono. Tre secondi di silenzio, poi han messo giù. Dopo poi il pomeriggio dopo avevo pensato che ci andavo poi al pomeriggio, a comprare il bicarbonato, dovevo prendere anche il caffè, solo che il pomeriggio ho incontrato un ragazzo che veniva al bar dove andavo io da ragazzo abbiam cominciato a parlare, il mio incidente, il suo incidente, l’incidente di suo cugino che fa il pilota d’aereo, una balla, l’altra, alla fine ho preso il caffè me ne sono accorto quando son stato a casa, che mi ero scordato il bicarbonato. E allora ho continuato a vivere ancora un po’ in una casa senza bicarbonato che io esternamente sembrava che pensassi Be’, che differenza fa, però internamente io lo sapevo, che una casa senza bicarbonato non è una vera casa.

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2.2. Aspettare le cose Io da prima dell’ultimo dell’anno io aspettavo due cose, che mi venissero a mettere il telefono, che una casa senza telefono non era una vera casa, e che mi arrivasse il pacchetto dell’Adsl, che una casa senza collegamento internet anche quella, non è una vera casa. Allora questa cosa dell’Adsl ancora prima che finisse l’anno mi avevano telefonato mi aveva detto Lei è a casa il ventinove dicembre? Sì. Ecco allora in mattinata noi le portiamo il pacchetto dell’Adsl. Dopo ero stato in casa tutto il giorno l’Adsl però non era mica arrivato, a pensarci. Allora il giorno dopo, cioè non il giorno dopo che era il penultimo giorno dell’anno c’era da fare, un giorno dopo le feste tipo il tre di gennaio adesso non mi ricordo ma non è molto importante è successo che ho telefonato Guardi, mi han detto, a noi risulta che l’Adsl non gliel’hanno portato perché in questo periodo c’è carenza di pezzi che stanno arrivando. Dopo io avevo pensato che una casa senza bicarbonato, era un conto, poi il bicarbonato va bene che un giorno ti scordi, ma se davvero vuoi, il bicarbonato, è la tua volontà, ti alzi e vai a prenderlo, difatti in questo momento che scrivo io l’ho comprato ce l’ho, adesso, il bicarbonato, ho pensato, l’Adsl invece non ce l’han mica, al supermercato, l’Adsl non è mica la tua volontà, ho pensato, difatti adesso in questo momento che scrivo io, anche se comprarlo l’avrei anche comprato, io non ce l’ho, in questo momento, l’Adsl, ho pensato. 39

Cioè comprato, non l’avevo proprio comprato, me l’avevano regalato. Cioè regalato, tre mesi, il regalo, e poi se non mi piaceva lo staccavo non dovevo neanche pagare. Dopo il giorno dopo tipo il tre di gennaio ho telefonato ancora al servizio speciale dell’Adsl per sollecitare e anche un po’ per verificare che mi dicevano le stesse cose che non mi prendevano in giro. Dicevano le stesse identiche cose però hanno aggiunto di provare a telefonare al corriere Tnt Traco per vedere anche loro, che cosa dicevano. E per radio dicevano Mi corregga che sbaglio. Io ho pensato Va bene, domani chiamo la Tnt Traco, poi domani mi sono accorto che non avevo il numero, della Tnt Traco, allora ho richiamato il numero Telecom un po’ per avere il numero della Tnt Traco, un po’ per riepilogare tutto con precisione perché nel frattempo si avvicinava l’epifania, già l’epifania era una scadenza che bisognava pagare, per passarci in mezzo, poi dopo l’otto gennaio doveva tutto esser pronto se no cosa veniva a fare, il tecnico Telecom che doveva venire l’otto gennaio. Telecom era una società che avrebbe dovuto essere pubblica invece adesso era diventata privata e si vedeva, la differenza, ho pensato. Dopo poi confermavano di chiamare la Tnt Traco al numero che c’è sull’elenco o che si trova anche sul loro sito in40

ternet basta cercare su google Tnt solo che io appunto, non avevo l’elenco non avevo la linea telefonica non avevo nemmeno l’accesso a internet allora non ho chiamato ho rimandato tutto al giorno dopo che voleva dire poi rimandare di due o tre giorni perché il giorno dopo dovevo andare a fare un seminario dovevo svegliarmi prestissimo e star via tutto il giorno.

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2.3. Buonumore Al mattino sembrava di essere in un romanzo di fantascienza, tutti ingobbiti, alle sette del mattino che c’erano in giro più autobus che persone. C’era un amico dell’autista, che era venuto su in via della Repubblica, o all’arco di San Lazzaro, rideva, rideva, cosa ridi, alle sette del mattino? E poi in treno due siciliani con una valigia rossa pesantissima che si fanno le fotografie. Cosa vi fate le fotografie, alle sette e mezza del mattino, con tutte quelle cicatrici sulla faccia?

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2.4. La Telecom Dopo poi il giorno dopo tornato da Bologna richiamavo la Telecom, Vedo che ha già chiamato ieri, mi dicevano loro, Sì, gli dicevo io, chiamavo per aver la conferma di dove è il mio Adsl, e lui anche lui mi consigliava di chiamare la Tnt Traco che mi davano il numero del corriere regionale che doveva consegnarmi l’Adsl che probabilmente erano quelli che mi avevan detto Lei è a casa il ventinove mattina? Sì, gli avevo risposto io, e poi dopo non eran venuti. Solo che quando chiamavo rispondeva una voce registrata che dicevano che avevano appena chiuso da dieci minuti, il corriere regionale con il mio Adsl, di riprovare domani. Mi ci vuole un gatto, a casa, mi ci vuole il mio gatto ma devo aspettare che per l’Irma gliene trovano un altro. Si trova così bene, con il mio gatto. Dopo il giorno dopo richiamavo ancora la Telecom soprattutto perché il giorno dopo ancora venivano a metter la linea telefonica solo che cosa vuoi mettere la linea telefonica, se non ho il mio kit Adsl da installare, cosa lo faccio poi ritornare, il tecnico del telefono? E allora mi diceva, la signorina della Telecom, che invece l’Adsl era autoinstallante e il tecnico metteva solo la linea telefonica di non preoccuparmi per il tecnico, mi diceva la signorina della Telecom che mi sembrava la stessa voce che mi aveva detto Lei è pronto domani a ricevere l’Adsl, e invece io ero pronto ma l’Adsl non me l’avevan mandato. Comunque io, Guarda, l’Adsl è autoinstallante io non li 43

chiamo neanche, ho pensato, questi del corriere regionale. In questo periodo hanno tanto da fare, figurati se li chiamo per il mio Adsl, è autoinstallante, ho pensato, ormai l’anno è passato, gli otto euro ormai li ho pagati. Che io per pagare gli affitti, devo pagare due affitti, dal mese scorso, quello dell’Irma e il mio che fino a un mese fa eran lo stesso affitto nella stessa città adesso sono due affitti in due città diverse io per pagare gli affitti la mia banca mi han dato uno strumento che genera ogni minuto una password speciale solo per me che così posso andare in rete non spendo niente, a fare i bonifici per pagare gli affitti, invece se li faccio in banca, come ho fatto poco prima dell’ultimo dell’anno, quattro euro l’uno, quattro euro l’altro, totale otto euro. Otto euro per dodici mesi, novantasei euro all’anno. A me serve l’Adsl, ho pensato.

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2.5. I giornali Da quando abito da solo, una cosa bella che ho fatto, che ho smesso di comprare i giornali. Lo compravo tutti i giorni, novanta centesimi al giorno erano più di trecento euro all’anno, trecentoventiquattro, se consideriamo trecentosessanta giorni, ci sono dei giorni che i giornali non escono. Delle volte ne compravo anche più di uno al giorno, ma lasciamo stare. Lasciamo stare i soldi.

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2.6. Autoinstallante Dopo ho parlato al telefono con Daniele che mi ha detto che la sua fidanzata l’Adsl gli avevano detto che era gratis tre mesi solo ci han messo due mesi a installarlo. Ma non è autoinstallante? No, non è autoinstallante, te lo devono installare loro. Eh, gli ho detto io, anche a me tardano a consegnarmelo. No no, mi ha detto Daniele, a consegnarglielo gliel’han consegnato anche subito, han tardato a installarlo. Ma non è autoinstallante? No, non è autoinstallante.

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2.7. Una lingua straniera Io più che i soldi, non comprare i giornali, è il tempo. Cioè metti un’ora al giorno, per leggere i giornali, in un anno sono trecentoventiquattro ore. In trecentoventiquattro ore uno impara una lingua straniera. Cioè poi trecentoventiquattro erano i soldi, ma c’è poca differenza.

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2.8. Una scala Poi un mattino che mi sono svegliato Che cazzo me ne frega, ho pensato, a me dell’Adsl? Non lo volevo neanche, io. È stata quella che me l’ha venduto, che voleva vendermelo per forza. Tanto è gratis i primi tre mesi, se poi non lo vuole non lo usa. A me che cazzo me ne frega, ho pensato. Poi ho pensato che devo fare i bonifici. Devo pagare due affitti al mese, io. Porca puttana miseria. E non li puoi fare con la posta elettronica banda stretta? E, potrei, forse, solo che ho paura di non esser capace. Ho provato anche da casa di mio fratello, a collegarmi con il mio computer portatile svizzero, non son mica riuscito. Era proprio il giorno che ero riuscito a ricordarmi di comprare il bicarbonato ero tornato a casa avevo lavato l’insalata col bicarbonato l’avevo mangiata e dopo Una casa senza telefono non è ancora una casa, avevo pensato. Per fortuna poi il giorno dopo eran venuti a mettermelo, poi dopo, il telefono, un tecnico del telefono piacentino che aveva addosso quel pessimismo tipico dei piacentini Ah, aveva detto scrollando la testa dopo aver dato un’occhiata alle scatole del telefono di casa mia, Qui non è mica un lavoro tanto semplice. Poi mi aveva guardato Lei ce l’ha una scala? mi aveva chiesto, Una scala? gli avevo detto, Una scalina, tre gradini. Ah, aveva detto scuotendo la testa, qui non è mica un lavoro tanto semplice. Nel frattempo ho anche informatizzato la mia rubrica telefonica. Pian piano. Una o due o tre o poche più lettere al giorno. Tra natale e la fine dell’anno. 48

Io fin quando non è venuto il tecnico della Telecom, che deve essere stato il primo estraneo che è entrato in casa mia, io fino allora ho pensato che era molto pulita, casa mia. Dopo è successo tutto d’un tratto che appena è entrato in casa mia il tecnico della Telecom ho cominciato a vedere lo sporco che si era infilato sotto il tavolo della cucina, negli angoli dello studio, sul lavabo, in bagno, dappertutto. Come una specie di cartina di tornasole, ha funzionato, il tecnico della Telecom.

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2.9. Schivazocca Che poi, nonostante quell’aria che aveva che sembrava che pensasse che non ci sarebbe mai riuscito, a finire quel lavoro lì, dopo un po’ lo ho aiutato io, Faccia questo giochino, mi diceva, non era mica un giochino, star sopra una scala a tenere ferma una scatola nera con dei fili attaccati, un po’ l’ho aiutato io, un po’ si è dato da fare lui Mi sono anche tagliato, mi ha detto a un certo momento, gli avrei dato un cerotto, non avevo neanche cerotti, una casa senza cerotti, comunque nonostante quell’aria che aveva che sembrava che pensasse che non ci sarebbe mai riuscito alla fine c’è riuscito, a farmi andare il telefono, la cosa che non c’è riuscito a rimettere la scala sulla sua macchina non si incastrava, non ne voleva sapere, di incastrarsi come si deve. Mi ha guardato Eh, mi ha detto, non la tiro mai giù. Allora dopo avere il telefono io finalmente ho comprato un antivirus che era scaduto su tutti i computer, una bella spesa, però ero d’un contento, cavarmela come un grande senza bisogno di consulenti informatici, solo che poi quando l’ho messo su mi sono accorto che dovevo andare in rete era un antivirus che se non lo registravo entro quindici giorni non funzionava e allora non avevo l’Adsl come facevo, andare in rete, ho telefonato alla Telecom a chiedergli notizie del mio Adsl loro mi han detto di chiamare il corriere che mi ha dato il numero di un altro corriere che mi han detto che il mio Adsl non era ancora arrivato che lo doveva mandare la Telecom. Allora nel frattempo il giorno dopo mi era arrivata una lettera della Telecom che mi diceva che se loro non mi avevano installato l’impianto in tempo la colpa era mia che non mi ero 50

fatto trovare allora avevo telefonato alla Telecom che mi avevano detto che No, quelle lettere lì noi le mandiamo perché non sempre riusciamo a rispettare i tempi contrattuali allora per precauzione, mi han detto, eran molto gentili anche nel tono solo mi veniva un nervoso, li avrei mandati volentieri affanculo solo che avevo bisogno, dell’Adsl, dovevo autenticare l’antivirus, con tutto quello che l’avevo pagato Era meglio se usavo un consulente informatico, avevo pensato, mi era venuta su un’agitazione che a un bel momento ero così agitato che alle tre del mattino mi ero alzato ero andato nello studio avevo scritto sopra un foglietto Chiamare Schivazocca, e d’un tratto mi ero calmato, ero tornato a letto, Hai visto le proprietà della scrittura? avevo pensato.

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2.10. La Svizzera Il giorno dopo avrei dovuto allora chiamar Schivazocca, il consulente informatico che ho a Parma si chiama così, Schivazocca, avrei dovuto chiamar Schivazocca ero deciso a chiamar Schivazocca me l’ero anche segnato solo che al mattino avevo pensato che forse il centro assistenza del mio computer portatile svizzero mi potevan spiegare come mai il mio computer portatile svizzero, che è nuovo, ed è svizzero, non dovevo riuscire a collegarmi a internet, per quanto a consumo e a banda stretta, e allora avevo cercato nei documenti, nella casa nuova il vantaggio era un relativo ordine di libri e di documenti, che se fossi morto in quel momento un italianista che fosse stato interessato ai miei documenti avrebbe fatto relativamente poca fatica, a capirci qualcosa, e anch’io quando si trattava di cercare qualcosa, non sempre, non tutto, ma il più delle volte la trovavo quasi subito e così anche il numero dell’assistenza svizzera del mio computer portatile che gli spiegavo il mio guaio lui mi spiegava la soluzione, facilissima, era. Difatti dopo provavo, funzionava. Una cosa talmente bella, esser collegati a internet, per quanto a consumo e a banda stretta. Solo a pensarci esser stato tanto tempo così senza collegarmi, anche da casa di mio fratello, per un motivo così stupido, mi son sentito non tanto furbo. Però non lo sapeva nessuno, tranne quelli dell’assistenza informatica svizzera del mio computer portatile svizzero. Se 52

io fossi un italianista che indaga su di me, con tutta la ricchezza di documentazione che c’è nel mio appartamento, per esempio con tutte le spese documentate con gli scontrini incollati su un apposito quaderno, io il primo posto che andrei a cercare, se fossi un italianista che indaga su di me, per scoprire gli aspetti reconditi del mio carattere, in Svizzera.

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2.11. Va bene Dopo chiamavo la Telecom, Sapete il mio ordine dell’Adsl? Quello che ho tre mesi gratis? Quello lì autoinstallante? Che non è ancora arrivato che voi mi avevate detto di telefonare al corriere? Quello che costa molto di più del collegamento a consumo cioè circa il triplo? Ecco, non lo voglio più. Datelo a un altro. Dopo venti giorni dopo mi arrivava una chiamata Buongiorno sono il corriere della Telecom devo consegnarle il suo Adsl. No, guardi, ho rinunciato, gli dico io. Ah, dicono loro, allora lo mandiamo indietro. Va bene.

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Terza parte

Precisazione sulla disperazione

3.1. Dove stai andando? Certo che dover scrivere una guida di Bologna proprio adesso che mi son trasferito qua a Parma. Toccherebbe andare a Bologna già ci vado due volte alla settimana per veder l’Irma. L’altro giorno, stavo andando a Bologna mi ha chiamato una mia amica, Dove sei? mi ha chiesto, Sono sulla via Emilia. Dove stai andando? Sto andando a trovare la mia bambina.

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3.2. Sulle mattonelle del bagno Poi quel giorno lì la mia bambina qualcuno le aveva regalato una bambola Barbie con dei capelli biondi lei la usava come scopetto, ho scoperto, sulle mattonelle del bagno e sul parquet dell’ingresso, mica perché è mia figlia, però veramente mi sembra che c’è del buono, in questa bambina che vado a Bologna due volte la settimana a trovarla e mi piace occuparmi di lei, più che di Bologna che come città non si sopporta come avrebbero dovuto scrivere anche su la Repubblica. Che la Repubblica, il giornale, nel senso, un po’ di tempo fa, ero ancora indeciso se cercare un appartamento qua in periferia o se cercarlo in centro, già non abitavo più a Bologna, abitavo da mio fratello qua in periferia ma era una cosa un po’ temporanea tutto d’un tratto all’improvviso una ragazza mi ha telefonato mi ha detto Ascolta, io curo per la Repubblica una rubrica che degli scrittori dicono che ci son degli indizi che il mondo sta cambiando non mi scriveresti tu un pezzo sopra un indizio del cambiamento del mondo che tu hai osservato dal tuo osservatorio privilegiato tuo di osservatore? Va bene, le ho risposto io. E cosa scriveresti? mi ha chiesto qualche tempo fa questa ragazza che lavora per la Repubblica. E io gliel’ho spiegato e lei ha detto Va bene e dopo tre giorni era già pronta una cosa che parlava tra le altre cose delle campane della raccolta differenziata.

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3.3. Smsssare Una condizione economica sono messo in un modo che sto riciclando i quaderni. Scrivo su un quaderno che ho già usato un anno e mezzo fa. Quando ero ricco i quaderni non li finivo mai. Adesso li giro e via, verso nuove avventure. Allora io non so come mai, cioè invece lo so, m’è venuto in mente, allora io lo so come mai, la disperazione. La disperazione è successo di un giorno che dovevo chiamare Francesca, la mamma dell’Irma, e ho chiamato a casa m’ha risposto la mamma della mamma dell’Irma. Una volta molti anni fa mi è successo che avevo sete, era estate, ho aperto il frigo, c’era una bottiglia di birra ghiacciata già aperta, Ah, ho pensato, che bello, e l’ho presa, l’ho stappata, quei tappi di alluminio e gomma da usare nei frigo, l’ho stappata, l’ho alzata e via, delle lunghe sorsate. Solo che la prima sorsata, niente, la seconda sorsata, Be’, ho pensato, la terza sorsata Oooh, ho pensato, la quarta sorsata No, ho pensato intanto che mi fermavo alla quarta sorsata, è minestrone, ho pensato. Allora, io sentire la mamma della mamma dell’Irma, che era una persona che avevo promesso che non avrei mai più visto nella mia vita, è vero che sentire e vedere son due cose diverse, ma anche sentirla m’ha lasciato dentro la bocca un sapore come di minestrone. Che dopo giravo per casa a provare a toglierlo da dentro la bocca, non sapevo cosa fare, nella casa deserta senza uno 59

sfogo immediato allora ho preso il telefono, ho cercato Daniele, Daniele non c’era. Allora ho posato il telefono, ho girato nella casa deserta senza uno sfogo immediato, avevo ancora dentro la bocca l’odore di minestrone, ho ripreso il telefono, ho cercato Ugo, Ugo non c’era. Allora ho posato il telefono, ho girato nella casa deserta senza uno sfogo immediato avevo ancora dentro la bocca l’odore, ho ripreso il telefono, ho cercato Giulio, Giulio non c’era. Allora ho posato il telefono, ho girato nella casa deserta senza uno sfogo immediato avevo ancora dentro la bocca, ho ripreso il telefono, ho chiamato Annalisa, Annalisa non c’era. Allora ho detto Va be’, mandiamo magari un sms. E ho mandato il primo sms della mia vita.

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3.4. Altrimenti Per radio dicono che bisogna parlare con i propri figli altrimenti magari si giocheranno con le droghe testa e salute.

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3.5. In bocca Io non so cosa m’era successo, ero contento, era il giorno che avevo firmato un contratto di soldi molti ma sudati si vede l’euforia sai cosa avevo fatto? Ero andato in rete a vedere i commenti su di me che eran dei mesi che non lo facevo io non devo, andare in rete a vedere i commenti su di me, se no poi dopo devo fare poi un’altra cosa che tolga dalla bocca il sapore dei commenti su di me della rete e allora avevo pensato di chiamare Francesca, non che avessi molto da dirle, solo volevo togliere di bocca il sapore e allora chiamo Francesca e trac, minestrone.

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3.6. Non sempre Cara Irma, volevo dirti che non devi credere a chi ti dice che il tuo babbo ha sempre ragione. Tuo babbo delle volte ha ragione e delle altre volte no e è bravo uguale come la tua mamma, e non è che siano poi quegli stinchi di santi, c’è stato un periodo che anche loro per un po’ si sono giocati con le droghe testa e salute e con delle altre cose se le giocano ancora per esempio con la pastasciutta, o i gelati, tuo babbo c’è stato un periodo che i gelati erano molto pericolosi, per lui, comunque voleva dirti, tuo babbo, di andare avanti tranquilla senza far caso e senza far drammi, e intanto io sono qua e due volte la settimana sono anche lì e qui c’è un freddo che secondo me tra un po’ nevica, vedrai, se viene la neve, che bianco. Il tuo babbo.

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3.7. Una rivoluzione Allora poi per la prima volta nella mia vita mando degli sms, una rivoluzione, ma la rivoluzione vera l’avevo già fatta era stata informatizzare l’agenda del cellulare adesso ci sono i risultati, della rivoluzione, cioè mandar gli sms ne mando due a due mie amiche che stanno a Milano che loro le novità son più vicine all’Europa le prendon su prima non si telefona più, adesso, si mandan messaggi così non si disturba. Io mi ero appena abituato al telefono, ci ho messo degli anni, abituarmi, al telefono, adesso che mi sono abituato al telefono vengon di moda i cellulari la gente di pomeriggio non si può più parlare tocca adattarsi anche a noi telefonisti a queste usanze barbare di smsssare, scrivo su uno di questi messaggi sull’altro scrivo Ho appena firmato il contratto. Poi dopo però una telefonata delle volte è uno sfogo, un sms non tanto, mi accorgo, ho ancora addosso tutto il nervoso del minestrone e provo a scappare per strada a vedere cosa succede faccio un giro mezz’ora fino a barriera Repubblica poi torno indietro mezz’ora e vado a far spesa quando sono a far spesa mi chiama una di queste mie amiche Come stai? mi chiede, Sono un po’ disperato, le dico, e lei tace e a me vien da aggiungere Ma no, guarda che a me va bene così. Cioè son disperato, ma di quella disperazione bella che mi fa fare le cose, buchi col trapano, non so. Poi sento che tace ancora allora aggiungo A me, divertirmi, non mi è mai piaciuto. Ah, dice lei. C’è qualcuno lì che ti ascolta?

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Quarta parte

Sempre vivere così nel presente

4.1. Fuori da tutto Su Repubblica on line c’è scritto che se non hai l’Adsl sei fuori da tutto. Sono andato su Repubblica on line perché non mi aveva scritto nessuno allora intanto che mi ero connesso sono andato su Repubblica on line e loro mi dicono che se non hai l’Adsl sei fuori da tutto. Oggi è domenica sono andato in stazione a prendere i biglietti che domani devo andare a Milano poi tutto il giorno son stato chiuso in casa a lavorare non ho voluto che venisse nessuno anche della gente che era a Parma che volevano passarmi a salutare Vado a letto, gli ho detto, e poi invece ho controllato il conto corrente che con il bancomat adesso è un momento, fregarmi. E poi non trovavo più la carta di credito l’ho cercata un’ora alla fine l’avevo messa nella cartella degli affitti intanto che c’ero ho messo in ordine tutto che se stasera veniva quell’italianista che dovrebbe venire trovava i documenti messi in un modo che il suo saggio era già bell’e che scritto. Io più divento vecchio più divento diffidente tempo fa non so perché pensavo che sarei stato un vecchio bellissimo adesso invece penso che sarò un grande spaccamaroni. E già adesso qualsiasi cosa che devo fare penso sempre Che due maroni per esempio quando dovevo andare a Siena a fare un seminario Che due maroni, ho pensato prima di andare. Per esempio domani che devo partire andare a Milano a vedere un nuovo libro che sta per uscire Che due maroni, 67

penso. Per esempio quando quelli di sopra ricominciano a far cigolare il letto la quarta volta che fiondano questo fine settimana Che due maroni, penso. E vivere sempre così nel presente, si può? Io per esempio sono due giorni che non vedo l’Irma mi sembra che sia un sacco di tempo che faccio una vita vuota di Irma, l’altro ieri, venerdì, tornavo a casa da due giorni che stavo cinque ore al giorno con l’Irma mi sembrava di fare una vita piena di Irma. Anche essere fuori da tutto, anche questa alternanza, fuori da tutto, dentro di tutto, fuori da tutto, dentro di tutto. Si può? È normale? O son solo io? Comunque l’Adsl, davvero io sono contento, di essere senza. Non scherzo mica. Non lo dico mica per darmi le arie.

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4.2. Il coso lì, il coso della cosa lì, l’articolo che ho mandato a la Repubblica Quando abitavo a Bologna, da casa mia, in centro a Bologna, se avevo voglia di un chilo di pane dovevo fare cinquecento metri, se avevo voglia di farmi una lampada nel giro di cinquanta metri potevo scegliere tra quattro diversi centri di abbronzatura. È una città molto bella, Bologna, ma viverci è abbastanza difficile, per chi non sia studente universitario o non partecipi a una fiera. Se uno è studente universitario o è lì per la fiera, è lì temporaneamente, per qualche giorno, o qualche anno, le sopporta, le assurdità, ma se uno pensa di viverci tutta la vita, le assurdità da sopportare per tutta la vita sono pesanti, da sopportare. Uno per dire pensa Adesso faccio la raccolta differenziata, e si mette a cercare le campane della raccolta differenziata, non ci sono, in centro a Bologna, le campane della raccolta differenziata, e perché non ci sono? Perché non stan bene. Stonano. Allora niente raccolta differenziata. Anche questa storia che è successa adesso degli extracomunitari che coverebbero il terrorismo islamico che non li vuole nessuno, a Bologna, anche questo fatto che Bologna improvvisamente da città estremamente civile sarebbe diventata di colpo una città razzista, non è vero, a Bologna per il momento si fa fatica a accettare gli extracomunitari perché gli extracomunitari si rifiutano di adeguarsi alla moda. Io non ho mai visto un extracomunitario farsi una lampada, per dire. Però se domani diventasse di moda essere pallidi, c’è da stare sicuri che, per dire, i polacchi, sarebbero subito tutti integrati. A parte che i polacchi oramai son comunitari anche loro. Ma lasciamo stare. 69

Io non lo so, a me ultimamente mi è tornata in mente una cosa che ho letto qualche anno fa che la popolazione a Bologna negli ultimi anni è diminuita di quasi centomila persone, non c’è da stupirsi, Bologna non è una città da abitarci, Bologna è una città parassita dove passar qualche anno o qualche giorno a spender dei soldi e far degli affari e poi tornare a vivere in un posto normale con dei supermercati, se vuoi comprare dei chili di pane, con delle campane per la raccolta differenziata, se vuoi fare la raccolta differenziata, dei posti non molto alla moda ma non è che si può vivere sempre in dei posti alla moda.

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4.3. Le arie Cioè per esempio una volta, me lo ricordo ancora benissimo, era uscita, uscita, eravam stati in copisteria a ciclostilare cento copie di una rivista che facevamo noi che si chiamava Mur, per via che eravam stati a Murmansk, sul Mar Bianco, era uscita, uscita, questa cosa, io ci avevo pubblicato un po’ di cose anche brutte, certune, solo che io questo fatto, me lo ricordo ancora, seduto per terra con la schiena contro il muro e vedevo il balcone e i gerani, sulla mia destra, e un pezzetto di cielo e ho pensato Ecco, adesso posso anche morire. Invece adesso. Stasera per dire i miei vicini moldavi del piano di sopra ho sentito che gli vibrava il telefonino. Frrrrr, si sente, e poi i passi di uno che si avvicina al telefonino. Le parole, quello che dicono, non si sentono mica. Dei muri. E sì la casa è vecchia. Allora è probabile che dopo loro abbiano sentito anche loro un disco Melòdia, del ministero della cultura dell’Unione Sovietica, un disco che dice che la mamma, è l’anarchia, il babbo, un bicchiere di vino cattivo. Il ministero della cultura dell’Unione Sovietica facevan delle cose, meravigliose. Ieri son stato a Milano avevo un appuntamento con una mia amica davanti a un negozio di libri ero arrivato in anticipo avevo lo zaino con dentro il computer appena son stato dentro ho pensato Ecco, adesso mi si sono smagnetizzati tutti i file del computer, con queste cose che ci sono all’ingresso dei negozi questi smagnetizzatori di file di computer che ci sono ormai dappertutto all’ingresso di tutti i negozi. 71

Dopo sentir quella musica di quel gruppo russo che ascoltavo molto dieci anni fa quando dicevo Adesso posso anche morire, dopo sentire quella musica lì da un lato vengon fuori le immagini di quegli anni lì, dall’altro però da un certo punto di vista vengon fuori anche delle immagini di un futuro possibile che quella musica e quelle parole come La mamma è l’anarchia il babbo è un bicchiere di vino cattivo e anche altre parole secondo me, andavan bene venti anni fa in Unione Sovietica, ma dette adesso dove viviamo noi in questo periodo vanno ancora meglio, mi sembra. No perché per esempio, il mercato, il libero mercato, dicono tutti, è meglio il libero mercato, be’, questa faccenda del mercato sarebbe bene sciffrarla, come diceva mia nonna quando diceva Bisogna sciffrar la faccenda. Ci son questi treni, al mattino, per pendolari. Con la stazione con i cartelloni coi treni che c’è scritto In attesa connessione web service, e nient’altro. La luce alle sette e mezza del mattino, più scuro che chiaro, i primi di gennaio, a uscire dalla stazione, con i resti di un po’ di neve, son cose che uno se le ricorda. Come anche un campo arato, visto dal finestrino del treno, attraverso la nebbia, sembra fatto apposta per me. Però il libero mercato, a parte che, provate a aprire una radio, avete i soldi, mettete su un’antenna, comprate dei dischi, assumete dei digèi, ve la fanno aprire? Col chicco, che ve la fanno aprire. 72

E la libertà di stampa? Uno può scrivere quello che vuole? Sì, nel suo computer, può scrivere quello che vuole, ma poi bisogna vedere, che se va in un negozio gli si smagnetizza il computer può aver scritto anche La divina commedia, addio. Davvero. Succede proprio così. Non lo dico mica per darmi le arie. Invece prima, in treno, un negro con una giacca a vento grigia, ha un rosario in mano e bisbiglia piano delle cose, come se pregasse, e la gente poi dopo, man mano che ci avviciniamo a Milano che si riempie il treno, nessuno si va a sedere di fianco a lui. E prima, quattro piacentini vecchi, vecchi sui cinquanta, come me, quasi, quattro piacentini vecchi prima parlano alla televisione, Pappalardo, Vespa e poi anche degli altri. E il negro prega, prima. E ha anche i baffi. Poi all’improvviso, dal finestrino, una curva. Ve’ che sono una cosa, le curve. C’è tutta una filosofia, in una curva. Non lo dico mica per darmi delle arie.

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4.4. Solo che poi, la Repubblica Dopo poi la Repubblica, quando han ricevuto il pezzo sul centro di Bologna che son tutti abbronzati mi ha telefonato mi ha detto, quella ragazza, Bello, quel pezzo lì, anche al redattore è piaciuto adesso entro pochi giorni dovrebbe uscire poi ti telefono per pagarti. Dopo passa un mese, non esce. Passan due mesi, non esce. Passan tre mesi, non esce. Passan quattro mesi, non esce. Dopo tutto d’un tratto all’improvviso mi telefona quella ragazza là mi dice Ascolta, ti devo parlare.

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4.5. Le mani Dopo mi treman le mani, mi treman le mani, mi treman le mani se devo pensare che devo chiedere quando mia mamma può veder sua nipote mi treman le mani, a pensarlo, e poi passo davanti a una foto dell’Irma mi viene da ridere. Dopo poi i treni non son più Trenitalia, sono di Ferrovie dello stato, negli annunci in stazione, però gli orari sono in attesa di connessione web service anche oggi. Anche questa settimana poi vedo l’Irma due giorni di seguito. Irma Irma, non Irma non Irma non Irma, Irma Irma, non Irma non Irma non Irma Irma. Oggi per esempio sto insieme all’Irma e parliamo tutto il pomeriggio ci lamentiamo l’un l’altro delle nostre vite che delle volte sono noiose e poi torno a casa prendo su la posta e a Bologna è rimasto l’unico giornale che leggo che si chiama Umanità nova è un giornale anarchico e lo apro e a pagina due c’è scritto che venerdì sera, a Parma, nella sala civica di via Ugoleto c’è una manifestazione anarchica contro il ministro delle infrastrutture e poi sabato, a Basilicanova, c’è una manifestazione contro il ministro davanti alla sua casa di Basilicanova. La cosa strana, è che adesso io abito in via Ugoleto e che mia mamma abita a Basilicanova ci ho abitato anch’io si può dire che è la mia seconda casa, Basilicanova. Però intanto io devo andare giù a Roma dove c’è una manifestazione per radio in occasione dell’uscita di un libro dedicato al cantautore De Andrè. 75

Allora vado e prima di leggere ho una bella paura dentro le gambe e sempre l’impressione di non entrarci per niente. Per niente. Però la sala dove leggiamo devo dire è una sala bellissima con il pavimento di gomma tutto tagliato con dei tagli neri che stanno malissimo, sul bianco della gomma, è chiaramente una sala pubblica, se fosse un locale privato quel pavimento l’avrebber cambiato da anni invece col chicco, che l’hanno cambiato. Sembra di essere in Unione Sovietica. Dopo c’è anche un gruppo che suona e ci sono gli scrittori che leggono e dopo ci sono anch’io a leggere e dopo mi chiedono ma la faccia, di De Andrè, e io gli rispondo che De Andrè, la sua faccia, nonostante il successo che ha avuto, è uno che stranamente gli è rimasta la faccia. E poi non dico nient’altro. Stamattina uscire di casa, dalla finestra dei miei vicini moldavi usciva a tutto volume la voce e la musica di Eros Ramazzotti. Dopo vorrei anche dirgli che lui, che era un anarchico libertario, è uno che è rimasto anarchico libertario anche quando l’hanno rapito che non è una cosa facile. Che per esempio, avrei voluto dirgli, negli anni settanta in Italia era facile essere antirazzisti, non c’era neanche un negro, adesso è un po’ più difficile, andate a vedere sui treni, i posti liberi vicino a chi sono, avrei voluto dirgli e invece non gli ho detto niente. 76

Dopo poi mi viene in mente che gli extracomunitari, vederli da fuori, anche quelli giovani, la figa, per dire, noi da adolescenti la figa è sempre stata un pensiero, gli extracomunitari, vederli da lontano, in Italia, anche quelli giovani, la figa sembra che sia la loro ultima preoccupazione. E niente. C’è uno che mi si avvicina dopo che ho letto Molto divertente, mi dice. A me, non so come mai, mi viene il nervoso, quando mi dicono Molto divertente, di quello che ho letto. Non so come mai. Dopo dormo a casa di una mia amica che le ho portato dei biscotti di Parma che si chiamano scarpette di Sant’Ilario che sono arrivate tutte sbriciolate, poverine. Io adesso di trovare tutti questi scrittori, a me fa molto piacere, una volta ogni tanto aver delle cose da fare anche sociali, non solo da solo, con gli altri, solo che tra questi scrittori, bisogna dire, nessuno di loro è una mamma, per me. Nel senso che io, i primi scrittori che ho conosciuto, dieci anni fa, quando ho cominciato, io pensavo che gli scrittori fossero tutti così, discreti, timidi, all’antica, che disprezzan la moda, che gli piace il salame, che fumano, che bevono vodke prima di cominciare a mangiare, che hanno dei guanti da neve, che quando arrivano agli aeroporti posano la valigia e poi la lasciano lì, che se devon parlare in pubblico si preparano prima, e poi quando parlano delle volte si metton la mano davanti alla bocca che si vergognano, che usano le camicie, poco le cravatte, che gli piace camminare, che studiano il tedesco, che quando scrivono ascoltano la musica classica, che vivon da soli, che puliscono poco, che odiano i cani, soprattut77

to quelli delle loro sorelle, pensavo che fossero tutti così, gli scrittori, invece. Però io davvero, come un’oca di Lorenz, li ho visti loro per primi, pensavo che tutti dovessero esser così. Allora con gli altri, anche se son miei amici, quando sento per esempio un mio amico dire che lui vive tra Salerno e Napoli a me viene da scrivere, sul quaderno che mi porto sempre dietro quando vado in giro per strada, Paolo Nori, nato a Parma nel 1963, vive tra l’uscio e l’assa. E a questo punto l’italianista dirà Aaaah, ma allora qui non c’è Learco Ferrari, non c’è Learco Ferrari. Dopo poi un’altra cosa succede che è un po’, oramai, che sono da solo, solo che non s’è messo in moto per adesso nessun movimento sessuale. Gli italianisti, la cosa che gli interessa, a loro, dei libri, se c’è dentro Learco Ferrari o se c’è fuori Learco Ferrari. Cioè adesso la letteratura italiana, la cosa importante, se c’è Learco Ferrari o non c’è Learco Ferrari. I Promessi sposi, non c’è Learco Ferrari. La divina commedia, non c’è Learco Ferrari. Un week end postmoderno, non c’è Learco Ferrari. Difatti sono anche uguali. Le cose non sono le cose, c’è Learco Ferrari. Bassotuba non c’è, c’è Learco Ferrari. I quattro cani di Pavlov, c’è Learco Ferrari. Difatti sono uguali. Storia della Russia e dell’Italia, non si capisce bene. Storia 78

della Russia e dell’Italia è una specie di ornitorinco, della letteratura italiana. Non c’è stato nessun movimento sessuale. Anzi ogni tanto, andare allo stadio, per dire, uno che va allo stadio dopo tanto tempo che non ci andava dovrebbe esser contento, difatti ero anche contento, solo che intanto che ero contento poi tutto d’un tratto mi veniva da piangere, a pensare a quello che non c’è più. Come uno che ha addosso un male che se lo porta dovunque va, anche allo stadio. Allo stadio, mi han dato un biglietto che ho incollato nel mio quadernetto delle spese che l’italianista se deve rispondere a delle domande del tipo Dove sarà stato la sera del quattro febbraio del duemilaesei?, se appena mette le mani su questo quadernetto non solo sa dir dove ero, a veder Parma Roma allo stadio Tardini in curva sud, ma c’è anche segnato con una crocetta il posto preciso che mi ci sono seduto. Che però è una balla perché poi lì allo stadio la gente in curva sud, e anche in curva nord, si siede poi dove vuole. I documenti delle volte mentono. Sembra che sei seduto da una parte, invece sei seduto da un’altra. Qualcuno dice che mentono sempre. L’Ariosto, per esempio, che dice che se Nerone ne parlano male, vuol dire che era bravo. Una cosa, non che sia importante, ma delle volte gli italianisti han delle curiosità. Un italianista che si chiedesse, per dire, Quante volte sarà andato in bagno, quella volta che è an79

dato allo stadio quel quattro febbraio del duemilaesei? Vogliamo lasciarlo nel dubbio, un italianista del genere? Per quanto bizzarra possa sembrar la domanda? Vogliamo rifiutargli un aiuto? Cosa ne sappiamo noi delle conseguenze che potrebbe avere la nostra risposta iscritta nella logica della sua ricerca? Quattro volte. C’era un freddo. L’ho scoperto poi dopo al telefono, che quando c’è freddo vien da pisciare più spesso. A quarantadue anni, uno lo deve scoprire i primi di febbraio del 2006, non allo stadio, ma dopo al telefono, che quando fa freddo ti vien voglia di pisciare. Che però freddo c’era per tutti, al gabinetto ci andavo io e basta. Quattro volte. (Nessun sapria se Neron fosse ingiusto, / né sua fama saria forse men buona, / avesse avuto e terra e il ciel nemici, / se gli scrittor sapea tenersi amici) Tutti quelli che vengono a casa mia si sorprendono tutti di come è pulito. La prima volta che sono andato in bagno, allo stadio, quando sono uscito dai bagni ho letto sopra lo stipite, scritto col pennarello, Stanic titolare, con quattro punti esclamativi. E poi, intanto che tornavo al mio posto su in gradinata, ho pensato che uno, per essere così interessato al fatto che Stanic fosse titolare da scriverlo sopra lo stipite della porta dei bagni col pennarello con quattro punti esclamativi, dev’essere stato uno singolare che mi piacerebbe conoscerlo. 80

Per pulire bene la casa la cosa fondamentale, è la scopa, ho scoperto. Dopo la seconda volta che sono andato in bagno, allo stadio, ho scoperto che vicino agli orinatoi c’era scritto, col pennarello, Crespo spàiot. (E se tu vuoi che il ver non ti sia ascoso, / tutta al contrario l’istoria converti: / Che i Greci rotti, e che Troia vittrice, / e che Penelopea fu meretrice) Spàiot vuol dire svegliati, è in dialetto e si può tradurre con spàgliati, cioè sta su da letto, nel senso di letto come paglia, nel senso dei contadini che erano i parmigiani quando parlavan dialetto, non tutti, ma quelli che dormivan sulla paglia, credo, non so, mi devo informare. I parmigiani, ho scoperto nello scrivere gli altri dieci o undici libri che ho scritto, son così permalosi. Allora adesso ci sto attento. Non tutti, i parmigiani, sono permalosi. Anche i modenesi, sono permalosi. Non tutti. La cosa fondamentale, per le pulizie di casa, la scopa, ho scoperto. Io ne avevo una basta che sia, c’era sempre sporco, in casa. Dopo consigliato da mia mamma, ho comperato una scopa Tonkita con setole laterali inclinate per pulire anche negli angoli pratica e leggera e lavabile con innesto manico a vite italiana, tutt’un’altra cosa. La terza volta che sono andato in bagno ho trovato scritto, di fianco alla porta Crespo è umano, perseverare è diabolico. E poi, tra parentesi, Stanic tit. 81

Quelle scritte lì sui muri che il pennarello ti pianta a metà, dev’esser bruttissimo per quelli che scrivono. Ti vien voglia di cancellare subito, credo, a quelli che scrivono. Se un giorno lo conoscessi, questo qua di Stanic titolare, avrei proprio voglia di chiederglielo, come si è sentito quando il pennarello l’ha piantato a piedi nel bel mezzo del suo cavallo di battaglia. Quelle cose lì della scopa Tonkita, ho conservato quasi due mesi il cartone, per poterle scrivere. È stato un mese sulla scrivania, poi mi faceva impressione, è ingombrante, questo cartone, dava un’idea di disordine, l’ho messo sulla libreria, un po’ in alto quasi non si vedeva. Adesso che ho scritto lo posso fiondare nella spazzatura, il cartone. La quarta volta che sono andato in bagno non ho scoperto niente. Sotto di me allo stadio sulle gradinate c’era un signore che aveva una coperta di lana sulle ginocchia. La prima volta che la vedo, una cosa del genere, allo stadio. Solo nei film canadesi, mi sembra. Il fatto è che, non so se è una legge che vale sempre, ma secondo me in generale c’è un rapporto, tra la pulizia della casa e la disperazione. Cioè più una casa è pulita, più uno è disperato, in generale, secondo me. Un uomo con la casa in disordine, mi è venuto in mente, vuol dir che sta bene, un uomo con la casa in un ordine perfetto, mica tanto. 82

Cioè io per esempio quando pensavo che se era per me eravamo ancora all’età della pietra, si vede che stavo bene. Col chicco, mi è venuto in mente, che restavamo all’età della pietra, nelle condizioni in cui sono adesso come son messo.

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4.6. Bologna è così Ascolta, ti devo parlare, mi ha detto questa ragazza dopo che ha letto il mio pezzo sulla città di Bologna, sul centro, della città di Bologna e sull’abbronzarsi. Ascolta, mi ha detto, è cambiato il caporedattore e col nuovo caporedattore il direttore ha guardato tutti i pezzi e ha detto che lui ha deciso di tagliar tutti i pezzi che hanno in sé uno spirito un po’ pessimista. Il tuo purtroppo era un po’ pessimista anche il tuo. Però tieni presente che se vuoi scrivere un pezzo ottimista te lo pubblicano. Non è che ce l’hanno con te, han bocciato anche Orson Welles, ti dico solo questo. Non era Orson Welles, era uno che non mi ricordo, un regista, forse Kusturica, non era Kusturica. Forse Aki Kaurismäki o forse suo fratello, non era lui. Neanche suo fratello. Un americano, forse John Ford, non era John Ford. A me m’è venuto il nervoso No, le ho detto, guarda, devi dirgli al direttore che io scrivo solo delle cose pessimiste. Dopo poi ho chiamato Ugo.

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4.7. Càmelo A Reggio Emilia succedon delle cose, stranissime. Lo sapevo già anche prima, però poi una cosa come quella che è successa a me e a Marco non mi era mai successa neanche a Reggio Emilia dove succedon delle cose, stranissime. Càmelo. Chissà che lingua è, càmelo. Forse è persiano. Dovrei proprio mettermi lì a imparare il persiano. Era facile essere antirazzisti, in Italia, negli anni settanta, non c’era neanche un negro. E non solo i negri, non c’era neanche uno slavo. Solo italiani, in Italia, negli anni settanta. Invece adesso, duemilaesei, c’è pieno di negri, in italia. E anche di slavi. Anche a Parma. Andare in giro a piedi, a Parma, o in autobus a certe ore, in giro ci sei solo te e degli slavi. Di negri meno, i negri camminano meno. Anche a Reggio Emilia. Qualcuno mi ha detto Càmelo, ma non riesco a ricordarmi chi è stato. Dopo sono andato a vedere sul dizionario, niente. Non c’è niente. In nessuno dei dizionari neanche in quello di venticinque volumi che c’è dentro tutto. A Reggio Emilia ci siamo andati con Marco per via che c’era la presentazione di un libro di una russa che aveva scritto dei libri che era presente anche l’assessore della cultura di Reggio, quella sera lì, lui con il suo dolcevita e il suo completo in velluto marrone e diceva, questo assessore, Dar contezza del contesto. Che io ero lì che ascoltavo e ho pensato Va bene. Proprio non riesco a ricordarmi chi mi ha detto Càmelo. Già un’altra volta ho fatto un incidente che mi ero addormen85

tato, natale duemilaequattro, ho fatto un piccolo frontale, quando sono uscito dalla macchina mi si è avvicinato uno mi ha dato una sigaretta Questa è col filtro, mi ha detto, e poi se ne è andato era uno che sapeva che io fumo senza filtro. Ma chi è stato? Esisteva? Perché ero un po’ rimbambito, quella volta lì, dopo l’incidente. Forse non esisteva. Oppure è stato l’arcangelo Gabriele. Che sia stato l’arcangelo Gabriele? O l’italianista? Mah. Non è stato l’incidente più grosso che ho fatto. L’incidente più grosso che ho fatto è stato a Basilicanova che ero dentro a una macchina che si è messa a bruciare, mi son trovato all’improvviso in un ospedale che litigavo col medico. Del periodo tra una cosa e l’altra non mi ricordo niente mi han poi detto che è stato un egiziano, a tirarmi fuori, ma io non mi ricordo. Può darsi che sia stato un egiziano, ma può anche darsi che sia stato l’italianista. O l’arcangelo Gabriele. Quella volta lì a Reggio Emilia è stata molto interessante, la presentazione di quei libri che aveva scritto quella scrittrice russa, è stata interessante soprattutto per via della traduttrice. Càmelo. Mi ricordo era in un ristorante che mi han detto Càmelo. 86

La traduttrice lì era una signora che era a capo di una associazione di badanti che faceva anche lei la badante che il russo, o il bielorusso, non importa, lo sapeva benissimo, ma l’italiano aveva un italiano tutto suo che era un idioletto molto interessante. Io in quei giorni lì, dopo, bisogna dire, la mia disperazione che mi era ormai talmente abituale da essermi entrata dentro le vene che rappresentava un po’ il mio carburante che mi faceva girare, io in quei giorni lì la mia agitazione abituale che guardavo il mondo stupito era aumentata dal fatto che io, in quei giorni lì, stava per uscire un altro libro, scritto da me, in quei giorni lì che andavo lì a Reggio Emilia che contavo i miei libri che avevo scritto, bisogna dire, e insomma alla fine, non so come sia, me la ricordo benissimo, quella presentazione lì. Cioè questa traduttrice capiva benissimo, quello che diceva la russa, solo che quando poi traduceva, la faccia impazzita, la china, i chinesi, nello stesso mondo, non si capiva molto. A un certo punto la russa ha detto che tempo fa in Russia il cibo era più genuino, la traduttrice ha tradotto Adesso non c’è più, il cibo Giannino. Dopo la russa ha detto che lo scrittore francese Flaubert a suo tempo diceva di sé di essere un uomo penna, io invece, diceva la russa, sono una donna orecchio, e la traduttrice traduceva Lo scrittore francese Flaubert diceva di sé di essere un uomo birro. Ecco, chi non sapeva il russo, era una serata surreale, quel87

la serata lì. Chi sapeva il russo ancora ancora, chi non sapeva il russo era come l’inferno, quella sera lì a Reggio Emilia. Un’altra volta a una festa, sarò stato ubriaco, una ragazza mi ha letto la mano mi ha detto Ma tu farai un grave incidente. E io, sarò stato ubriaco, le ho chiesto Perderò l’uso delle gambe? No, mi ha detto lei. E difatti poi dopo ho fatto un grave incidente non ho perso l’uso delle gambe. Chissà chi era. Non mi ricordo chi era. Dopo aveva detto, la russa, che la sua poetica era come quella di Dostoevskij, che lei voleva sapere quanto di umano c’era in un uomo. E la traduttrice aveva tradotto che la scrittrice russa aveva una poetica come Dostoevskij, cioè che lei voleva sapere quanti uomini ci sono in un uomo. Son belli, gli errori di traduzione, certuni son tanto belli che non sembrano neanche errori come la frase È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel regno dei cieli, che la traduzione giusta sarebbe È più facile che una fune passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel regno dei cieli, che sarà anche giusta, ma che immagine bella, quella del cammello e dell’ago, altro che la fune, il càmelo, come mi ha detto qualcuno, chi me l’ha detto? Bisognerebbe saperli riconoscere, quando passano, nella tua vita. Cara Irma, volevo chiederti una cosa. Sei te che mi hai det88

to del Càmelo? E se sei te, volevo chiederti anche: chi sei? Un’italianista, per caso? Ciao Irma, stai bene e sappi che ti pensa sempre, il tuo babbo.

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4.8. Il mio pezzo pessimista Ho chiamato Ugo, gli ho raccontato del mio pezzo pessimista, Zio imberlato, ha detto Ugo, che fascisti. Ah, ma io, gli ho detto, li ho messi a posto, gli ho detto Di’ al direttore che io scrivo solo cose pessimiste. Ugo ha taciuto un po’ poi ha detto Ma se te invece gli scrivevi un bel pezzo ottimista come quelli di Walser?

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4.9. Nella circolarità della mia vita A Reggio Emilia, che è un quartiere qua non nell’immediata periferia, un po’ più verso il centro, ma mica tanto, a Reggio Emilia succedon delle cose, stranissime. Bisogna stare attenti, quel che succede, a Reggio Emilia. Se uno non sta attento, gli posson poi succedere delle cose anche strane. Uno va in biblioteca, a Reggio Emilia, e dice Sono tranquillo. Col chicco, che sei tranquillo. Io, quando succedono i disastri, nella mia vita, non me ne accorgo mai quando mi succedono, me ne accorgo sempre dopo. Dopo dei mesi. Poi dopo, una serata bruttissima non so perché, o perché nella biblioteca ho trovato un libro che mi scombussola tutto dalla testa ai piedi, o perché è uscito il mio libro e mi metto in casa a aspettare dei complimenti e le prime notti giro su internet come un malato a vedere chi parla di me e poi dopo arrivano, i complimenti, arrivano e poi, nella circolarità della mia vita, torno a un periodo che mi dicevo Se valgo o no, io non lo so, ma meno male che ci sono meno male che ci sono meno male che ci sono. A Reggio Emilia, andare e tornare in treno da Parma, costa quattro euro.

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4.10. Il mio bel pezzo ottimista come quello di Walser Bologna è così L’altro giorno, uscivo da casa di mia figlia, a Bologna, c’era un’aria così leggera che ho pensato che non avrei preso subito il treno che avrei fatto volentieri una passeggiata. Mi sono incamminato per via Indipendenza, tutti quei bei negozi così raffinati e così tipicamente bolognesi, non ci si poteva sbagliare, eravamo proprio dove eravamo e poi anche il sole, c’era un sole che un sole così bolognese io non l’avevo mai visto nella mia vita, mi sembrava l’altro giorno. A un bel momento ho visto una ragazza così carina, e sembrava proprio che guardasse me, mi sono voltato, non c’era nessuno, dietro di me, mi son rivoltato, lei ha fatto sì con la testa come per dire Guardo proprio te, scioccone. Allora mi sono avvicinato Buon giorno, le ho detto Ciao, mi ha detto lei, andiamo al cinema? mi ha chiesto. Be’, le ho detto io, veramente, è un momento che preferirei non allacciare relazioni, per il momento, però ti ringrazio, sei molto gentile e molto carina, anche. Ma guarda che qua a Bologna siamo tutte così, mi ha detto lei, dovresti veder mia sorella. Vieni a casa mia, mi ha detto, che te la presento. Io ho scosso un attimo la testa Ma non per allacciare una relazione con lei, scioccone, mi ha detto lei, e aveva un modo così bello, così bolognese di dire Scioccone che io ho sentito la bocca che mi si allargava in un sorriso e ho detto Va bene, vengo. Difatti poi sono andato, abitava nella centrale strada Maggiore in un appartamento a pianterreno con una cucina molto 92

luminosa dove una signora tipicamente bolognese sui cinquant’anni ancora molto piacente che stava tirando la sfoglia ci ha accolti con un sorriso luminoso Ciao Nàni, ha detto alla ragazza, hai portato un ospite? Si ferma a mangiare? Aspettami qua, scioccone, che vado a chiamar mia sorella, mi ha detto la ragazza e io mi sono seduto, la signora mi ha guardato mi ha detto Lo sa che Bologna è la più antica università del mondo, lei di dov’è? Di Parma. Ah, Parma, ha detto lei, bella città, Parma, e si è rimessa a tirar la sua sfoglia e io ho sospirato Poi dicono che il mondo è corrotto, ho pensato.

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4.11. Zio imberlato Dopo due giorni la Repubblica mi han scritto Ho mandato il pezzo al caporedattore, io non mi pronuncio. Dopo tre giorni mi han scritto Al caporedattore è piaciuto molto adesso lo legge il direttore. Dopo cinque giorni mi han scritto Al direttore è piaciuto moltissimo esce l’undici marzo. L’undici marzo non è uscito. Il diciotto marzo non è uscito. Il venticinque marzo non è uscito. Il primo aprile non è uscito gli ho scritto È cambiato ancora il caporedattore? Dopo tre giorni mi han risposto mi han detto Non so cosa succede, sollecito, sollecito, non mi dicono niente. Ho telefonato a Ugo gli ho raccontato Zio imberlato, mi ha detto Ugo, si sono accorti che li hai presi per il culo.

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Quinta parte

L’allacciatura dei sandali

5.1. La ricerca come motore di sviluppo Le parole chiavi, dicon per radio dei premi Nobel che a uno gli verrebbe da dire Imparate l’italiano, invece di prendere dei premi Nobel. A Reggio Emilia, nella celebre biblioteca di Reggio Emilia, biblioteca Panizzi, uno trova un libro russo e dopo nel tornare a Parma comincia a leggerlo, lettura sapienziale, anche se subito non sembrava. La ricerca come motore di sviluppo, dicono la radio, ma sviluppo di cosa? Dopo a un certo punto a pagina sette di quel libro lì di letteratura russa, trovato alla biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, uno a leggere si accorge che a pagina sette, di quel libro lì, qualcuno a matita ha tracciato un apostrofo tra un e amico. Dopo a Reggio Emilia, città sapienziale, bisogna sapere che tra gli altri vari gruppi sapienziali che si occupano di varie attività sapienziali c’è un gruppo che come attività sua sapienziale, bisogna sapere poi dopo, colorano le poesie. Allora la coloratrice principale di questo gruppo sapienziale gli chiede, a uno che va a Reggio Emilia e in biblioteca trova un libro sapienziale Perché non mi scrivi una poesia, da colorare? Allora questo viaggiatore sapienziale che non ha mai scritto poesie se non una poesia qualche tempo fa Se valgo o no, io non lo so, ma, meno male che ci sono meno male che ci so97

no meno male che sono e poche altre, allora questo viaggiatore una volta sul treno gli viene da scriverla e scrive di lui e di un suo amico che sono rimasti gli unici due che si parlan al pomeriggio al telefono. Tutti gli altri nel mondo sapienziale che noi ci viviamo sono impegnati a fare della ricerca un motore di sviluppo, lui e quel suo amico lì passano i pomeriggi al telefono come se erano ancora nei tardi anni ottanta periodo di recessione sapienziale, com’è noto. Dopo a pagina diciannove, in quel libro lì sapienziale trovato alla biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, biblioteca sapienziale di una città sapienziale di sapienza emiliana, a pagina diciannove si trova che qualcuno che non si capisce chi sia ha tracciato a matita, tra la parola buon e la parola uomo, un apostrofo. E questo viaggiatore sapienziale dopo aver trovato questa cosa in treno gli è venuto in mente il premio Nobel e i suoi discorsi al telefono col suo amico e la coloratrice sapienziale che gli aveva detto Perché non mi scrivi una poesia? e ha scritto una poesia che si intitola Il Pil. Io e Ugo, quando ci troviamo, non parliamo di politica, non parliamo di musica, non ci raccontiamo i film che abbiamo visto non ci raccontiamo niente della nostra vita. Io e Ugo quando ci troviamo ci chiediamo: Ma chi è che calcola il Pil? 98

Ugo dice che sopra di noi c’è una grande calcolatrice che ogni tanto se uno stringe gli occhi e guarda fisso il cielo per tre ore la riesce anche a vedere. È quella che Spinoza chiama Ente Supremo, dice Ugo, ma non è sicuro. Io dico Sì, va bene, la calcolatrice, ma per farla andare, ci vuol su qualcuno, perciò si torna alla domanda Ma chi è che calcola il Pil? Sono cose che a pensarci fan star male, uno crede di sapere, cosa vuoi sapere, se non sai neanche rispondere alle cose basilari, ai problemi naturali tipo Ma chi è che calcola il Pil? Quella coloratrice di poesie apparteneva a un gruppo di coloratori di poesie che si chiamavano Te la do io, la paga, che qualche tempo prima, fuori da uno studio radiofonico, a Roma, col linoleum tutto spaccato, sovietico, a uno che poi sono io gli avevan chiesto E i Te la do io la paga? Non ne coloran più, di poesie? E lui, che poi son io, fuor di metafora, Io la conosco, avevo pensato, e poi ci eravam visti, in un ristorante all’antica, con dentro i bagni una lavatrice, e lei mi ha 99

chiesto Non sembra un posto sovietico? e io ho pensato È poco spaccato. E abbiam parlato del piangere e a lui, che poi son io, è venuto in mente un suo amico che credeva di essere clinicamente depresso, e non mangiava, e è andato avanti un mese e mezzo, ha perso undici chili, ha incontrato un medico che gli ha chiesto Come stai? Son clinicamente depresso, ha detto lui. Il medico l’ha guardato e gli ha detto Lo escluderei, e allora è guarito. E dopo dei turchi, avevan parlato, e di come stai bene il giorno che firmi le dimissioni, e a uno, che poi sono io, gli han poi chiesto dei suoi fratelli, se si vogliono bene, e io Mio fratello, ho risposto, il giorno che è uscito il mio primo libro, nel posto dove lavorava ne ha vendute trentadue copie. E poi della scuola, hanno parlato, e della pensione come uscire dal carcere, e il viaggiatore, che poi son io, ha detto che un suo amico che quando poteva scegliere dove insegnare ha scelto il manicomio criminale, perché non c’erano incontri coi genitori. E di comportarsi come se Dio fosse vivo, abbiam parlato, e non nel senso che si intende di solito. Non in quel senso lì, in un altro. E alla fine, io mi ricordo, qualcuno ha detto Perché non mi scrivi una poesia, che la coloro?

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5.2. Allora addio Il problema, poi problema, che nei momenti di disperazione a uno gli viene da dire Va bene, ci credo. Va bene, d’accordo, facevo finta, di non crederci. Va bene, da solo non ce la faccio, avevate ragione, va bene. Ci credo. Allora addio. Dopo quelli lì son troppo pesi. Uno minimamente sano riesce a stare con loro cinque minuti poi dopo basta. E allora? Allora addio. Come fa a farcela se non ce la fa? Come fa? Come fa? Dopo a pagina venticinque qualcuno tra la parola un e la parola uomo ha tracciato a matita un apostrofo. E poi tra la parola un e la parola ampio ha tracciato un altro apostrofo. Un ampio cappello. Cioè, un’ampio cappello. Comunque al mattino a casa mia c’è una luce, al mattino, che è stupefacente. Oggi ho scoperto che fare i bonifici in internet, si paga un euro. Quindi risparmio non otto euro, al mese, sei euro, al mese, risparmio, ogni mese, settantadue euro all’anno, praticamente. Dopo a pagina cinquantacinque qualcuno tra la parola un e la parola atleta ha tracciato a matita un apostrofo. E sempre a pagina cinquantacinque tra la parola un e la parola elegantissimo qualcuno, che sia stato lo stesso?, ha tracciato un altro apostrofo. Un elegantissimo fazzoletto. Anzi: un’elegantissimo fazzoletto. 101

Qui bisogna stare attenti a non essere fraintesi come se ci si volesse, non ci si vuole, non ci si vuole. Dopo a pagina cinquantanove tra la parola un e la parola estraneo qualcuno ha tracciato un apostrofo. E a pagina sessantasette tra la parola un e l’espressione uomo per bene, un apostrofo. E a pagina sessantanove tra la parola un e la parola anello, un apostrofo. E sempre a pagina sessantanove tra la parola un e la parola odore, un apostrofo. Ma chi li ha tracciati, tutti questi apostrofi? Un italianista? O l’arcangelo Gabriele? O non sarà mica stato un mio amico? Che io ho un amico, mi è venuto in mente stamattina, insomma amico, è un poeta che è morto nel ventidue che una volta ha scritto una poesia che diceva che ci son delle signorine, che anelando l’altezza si comprano le scarpe coi tacchi e che ci son certi popoli che son privi d’anima che vanno dal vicino e si comprano l’anima. E poi scrive Le ragazze, quelle che camminano, con stivali di occhi neri, sui fiori del mio cuore. Io una cosa che mi ha sempre stupito, è l’anima. Com’è fatta? Io qualche anno fa avrei detto Non esiste, ma adesso che mi sembra che si può vivere come se Dio era vivo, questo discorso dell’anima forse è tutto un altro discorso. O un’altro discorso. Allora quel mio amico, insomma amico, su di lui ci ho scritto la tesi e anche un romanzo e è uno che quando ha potuto mi ha sempre aiutato, anche se è morto nel ventidue, che succede, la gente la aiutano, quelli che sono morti nel venti-

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due, io una coloratrice di poesie una volta mi ha detto, l’altroieri, Te mi ti ha mandato la mia bisnonna. E a pagina settantaquattro tra un e individuo, qualcuno ha tracciato a matita un apostrofo grigio. Che sia stata l’Irma? Cara Irma, volevo chiederti, sei te che fai degli sbordacci sui libri della biblioteca Panizzi di Reggio Emilia? Se sei te, mandami un telegramma, per cortesia, perché io son tre giorni che ci ragiono, sui tuoi sbordacci, se sono sbordacci. Altrimenti ti abbraccia sempre, il tuo babbo.

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5.3. Razzismo e antirazzismo Dopo succedono ancora delle cose che io non lo so, cosa mi sta succedendo, le cose. Una volta un po’ di tempo fa una mia conoscente mi ha chiesto di scrivere un pezzo sulla biblioteca dove lei ci lavora, che è una biblioteca dove vado anch’io, qualche volta. Le serviva questo pezzetto per pubblicarlo poi nel bollettino della di lei biblioteca per i loro utenti, per cortesia. Ma non so cosa scrivere. Ma va benissimo anche quella cosa che mi hai raccontato di tua figlia. Ah. Davvero? Sì sì. Allora ho scritto un pezzetto che si chiama Delle volte che gliel’ho anche mandato. Delle volte Nella biblioteca Sala Borsa c’è una mia conoscente che ci lavora che mi ha chiesto di scrivere una cosa io però a dire il vero non ho niente da scrivere. Io ormai nella biblioteca Sala Borsa vengo solo in quella dei piccoli che c’è una sala che veniamo io e mia figlia delle volte che è una sala molto bella che i bambini ci possono giocare tranquillamente. Delle volte quasi sempre ci sono dei bambini più grandi che trattano male mia figlia perlomeno così sembra a me lei però va all’asilo è abituata poi ha un buon carattere non se la prende. Delle volte io che non son mai andato all’asilo mi viene un nervoso e prendo mia figlia da parte e le dico Non prendertela, son dei meridionali, non san stare al mondo. E questo è uno. Poi delle volte mia figlia forse per l’accordatura coi suoi coetanei che ha avuto per il fatto di aver fatto l’asilo una volta un bambino americano con 104

una mamma americana si è messo a piangere allora sentire un suo coetaneo che piangeva anche mia figlia stava per mettersi a piangere anche lei. Allora delle volte quella volta lì io le ho detto Ascolta, non piangere. Lui piange perché è americano. Tu sei italiana. Di madre bolognese di padre parmigiano. Non hai nessun motivo di metterti a piangere, tu, le dico delle volte a mia figlia quella volta lì. Dopo delle volte mi vien da pensare che era facile, negli anni sessanta, essere antirazzisti. A Parma, non c’era altro che dei parmigiani, a Parma, negli anni sessanta. Se c’era per caso un bolognese, era Il bolognese, era un caso strano, delle volte negli anni sessanta, a Parma, un bolognese. Adesso oggi è molto più difficile, mi vien da pensare a me delle volte, essere antirazzista. Questa cosa gliela dico ogni tanto anche a mia figlia. Oggi è più difficile, le dico, essere antirazzista. Ecco. Allora oggi, dopo qualche settimana, quella mia conoscente mi scrive che loro questo mio pezzetto non lo possono pubblicare nel loro libretto che non sa se lo capirebbero, i loro utenti. Un pezzo così semplice.

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5.4. Io non lo so Io non lo so, se si può far così. Siamo poi gente delicata. Io non lo, se si può far così. Siamo poi gente delicata. Dopo poi passa tutto, però, siamo poi gente delicata. Io non lo so. Siam poi gente delicata. Noi dovremmo imparare a allacciarci i sandali, e basta. A allacciarci i sandali, dovremmo imparare. Siamo capaci? Non siamo capaci. Non solo, non siamo capaci, non abbiam neanche i sandali. Non è per fare del vitimìsom, per fare del vittimismo, non abbiam neanche i sandali. Prima cosa, trovare dei sandali.

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Sesta parte

I posti dove andare

6.1. In pieno centro L’altro giorno son stato dall’Irma, a Bologna, in pieno centro, di Bologna, son stato dall’Irma, l’altro giorno, eravamo in camera sua che disegnavamo, lei a un bel momento le è venuto in mente che voleva colorare le lenzuola. Allora le ho detto No, vieni che laviamo le mani, e lei ha guardato le mani ha trovato che erano sporche ha pensato che era d’accordo. Dopo quando siam stati a lavare le mani le abbiamo lavate dopo lavate le mani lei voleva fare il bagno con lo shampoo alla bambola. Io le dicevo Irma, vieni via, lei si metteva a piangere si buttava per terra. Allora io la prendevo, la portavo a letto, lei piangendo si metteva le mani in faccia piangendo gridando e poi da un angolo guardava dov’ero. Io la guardavo Aah, le dicevo, ti ho visto, e lei scoppiava a ridere. Poi voleva colorare le lenzuola. Io ho una cartellina con su scritto Evidenza, ci metto dentro le cose che mi sembrano importanti. Non sempre, quando mi ricordo. Dopo succede che non trovo più delle cose, di solito dopo tre o quattro ore che le cerco vado nello studio, apro la cartellina Evidenza, son lì. Parlavo l’altro giorno con una mia amica, ha avuto un figlio da poco, mi ha detto che secondo lei la cosa che si prova per un figlio, è strano, ma non è molto diverso dall’amore, diceva lei. 109

Io dicevo sì, è vero, ma è anche vero che quando uno si innamora, dopo la prima volta, più o meno, la seconda volta la terza volta la quarta volta, è abituato al benessere che gli viene addosso. Se lo aspetta, un po’. È uno star bene che è paragonabile con degli star bene che ci son stati prima. Per quanto non sia mai uguale, è comunque paragonabile, le dicevo io. Invece la cosa con un figlio, per me, non è proprio paragonabile con niente, per me. Che poi è una figlia, la mia. Si chiama Irma ed è bionda e vuole fare il bagno con lo shampoo alla Barbie più sporca dell’Europa occidentale. Per forza è sporca, la usa come scopetto. Oggi ho pescato una borsa di plastica dalla borsa di plastica dove tengo dentro tutte le borse di plastica, è venuto fuori un momento di un mese fa. Questo appartamento in questa casa abitata da degli extracomunitari che il mattino, quando esco, Eros Ramazzotti a tutto volume, questo appartamento è come se avesse una capacità di storicizzare le cose che io è il primo appartamento, che trovo così, con la capacità di storicizzare le cose che brutta parola, storicizzare. Io una cosa del genere una cosa paragonabile alla cosa dell’Irma l’ho provata solo una volta con il mio gatto, è tornato, il mio gatto, lo sono andato a prendere perché l’Irma andava al mare Aspetta che porto a casa il gatto, ho pensato. E adesso son qui in questa casa istoricante insieme al gatto e intanto fuori, oltre le finestre, il mondo. Una casa senza gatto non una è casa, adesso questa casa c’è 110

il divano, c’è il gatto, c’è il telefono, c’è il collegamento internet, c’è il bicarbonato. Manca una spazzola. Ce l’avevo, non la trovo più. Servirebbe. Che il gatto, tutti i peli sul divano, lascia. Oggi dalla borsa di plastica ho tirato fuori una borsa di plastica da mettere nella pattumiera, guardo, una borsa di plastica del Palace hotel di Genova, un pezzo di storia. Il gatto qualche anno fa, quando stava a Bologna, nel centro, di Bologna, una volta era sceso nel cortile a fare un giro, era un periodo che era rotto il cancello elettronico del cortile, io ho vissuto là sei anni, secondo me quattro anni, è stato rotto, quel cancello lì, stava giusto tre giorni poi si rompeva stava rotto un mese e mezzo, non si capiva mai chi doveva farlo aggiustare alla fine lo faceva sempre aggiustare una gattara che lì dentro aveva tre dei suoi gatti randagi, una volta il mio gatto è andato giù, andava giù abbastanza spesso a litigare coi gatti randagi che non lo volevano quando si sentivano i miagolamenti qualcuno correva giù a aprire al mio gatto d’un tratto una sera, si sente un gran abbaiare di cani, scendo in ciabatte, mi ero appena svegliato, erano le nove di sera, era un periodo strano, lavoravo di notte dormivo a delle ore strane, scendo, non c’è più il gatto. Ci mettiamo a cercarlo Learco, Learco, si chiama Learco, il mio gatto, è una gatta, a dir la verità, Learco, Learco, Learco, niente. A Genova ci son stato tre mesi fa un periodo strano della mia vita quei periodo lì che sei tra l’uscio e l’assa, come dicono a Parma, i periodi più belli della mia vita, se devo dire. 111

Allora torniamo in casa, dopo un po’ sentiamo il gatto che miagola su per la scala. Scendo per prenderlo, non si lascia prendere e sopra al parquet si vede che perde anche del sangue. Allora il gatto guardiamo sull’elenco la clinica per i gatti telefoniamo chiamiamo un taxi prendiamo il taxi lo portiamo in clinica in clinica c’è una veterinaria che dice che è grave la deve operare deve chiamare anche un aiuto di andare a casa che poi ci chiamava lei per farci sapere com’era andata. Allora io mi ricordo quella notte quando sono andato al telefono che aveva suonato alle due e mezzo di notte che io ero a letto ma non dormivo, l’emozione che ho patito quella volta lì col mio gatto Learco che poi è una gatta io credo di non dire una bestialità a dire che è stata simile a quella quando l’Irma piange che io la scopro che le dico Aah, ti ho visto. Io dopo che son stato a Genova di questa mia esperienza a Genova ho scritto una cosa che è stata pubblicata sul Corriere mercantile che io quasi quasi la metto qui dentro anche a quella. Che va be’ che questa è una guida di Bologna, però chi può escludere che a qualcuno che sta visitando Bologna non gli possa succedere improvvisamente di dover andare a Genova. Nessuno, può escluderlo. Allora se uno una cosa del genere gli succede davvero, avere una guida di Bologna che parla anche di Genova può essere solo un vantaggio.

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6.2. La macchina per parlare a se stessi Arrivare a Genova in treno, per uno come me che viene dalla pianura, la prima cosa che ti sorprende all’inizio è il tramballo, voce dialettale per traballìo, oscillazione protratta o continua, provocata in particolare dal movimento di un mezzo di trasporto, ma non solo, mia nonna diceva sempre Cosa tramballi? quei giorni che ero agitato che andavo avanti e indietro per casa senza combinar niente, e io ero talmente agitato che non me ne accorgevo neanche Tramballo? le chiedevo a mia nonna. La cosa che ti sorprende di Genova in treno e poi dopo anche in autobus è quell’oscillazione protratta che ti sbatte a destra e sinistra e poi dopo quando scendi dagli autobus la gente, che un po’ sembra che son fulminati, colpiti dalla folgore, e in particolare dalla folgore divina, un po’ invece la maggior parte che si parlan l’un l’altro che sembra che abbiano un sacco di cose da dirsi, i genovesi. E ti viene in mente una cosa che hai letto in un romanzo di Matteo Galiazzo di quando hanno aperto un McDonald’s a Genova che ai camerieri avevano detto di sorridere e ai genovesi questo fatto dei camerieri che sorridevano gli dava fastidio Prendon per il culo? pensavano, e ripensi a quando sei stato in America che gli americani bianchi eran tutti sorrisi How do you do? ti dicevano, e te pensavi Mi prendon per il culo? I neri invece no, i neri non sorridevano andavano bene. La terza cosa è la luce, una luce che sembra che arrivi da tutte le parti che ti dice che la città è aperta da tutte le parti, che ci puoi entrare da tutte le parti, che non ci son mura, hai l’impressione. 113

La quarta cosa è una cosa che vedi nell’ufficio della preside della scuola statale secondaria di primo grado V. Centurione, e è un piccolo imbuto con un grande cerchio di rame che se ti accosti alla bocca l’imbuto e ci parli dentro il cerchio di rame va a finir nel tuo orecchio è la macchina per parlare a se stessi dell’artista veneto Giovanni Morbin e alla fine quando stai per partire e a Genova Brignole ti chiedi, per l’ennesima volta, Ma cos’ho tanto da tramballare, cosa tramballo? ti sembra che Genova è un po’ come quella macchina lì di Morbin.

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6.3. E la coloratrice di poesie? La coloratrice di poesie, non è mica facile colorare le poesie. Una parte che vuol colorarti delle poesie, poi non te ne colora neanche una. Succede. E poi io sono in un periodo che forse è meglio che non mi colorino nessuna poesia. Io, trovare qualcuno che mi colora le poesie dopo poi mi sembra di avere una personalità, meglio di no. Dopo una ti colora le poesie allora dopo poi tu entri dentro una personalità che ha le sue abitudini di coloritura di poesie, meglio di no. Io i periodi che mi piaccion di più son quelli che sono senza personalità. La mia personalità non è una cosa che mi riguarda, la mia personalità è un problema degli altri io preferisco vivere senza personalità, se ci riesco. Io preferisco stare attento alle cose che vedo qua in periferia, invece che alla mia personalità che io ho quasi quarantatré anni mi ha rotto i maroni, la mia personalità.

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6.4. Ha cagato il gatto, ha cagato il gatto Mi ricordo una volta ero nel campo con mio nonno, a Basilicanova, avrò avuto sei anni, accompagnavo mio nonno che piantava dei pali, pianta il primo palo, va bene, pianta il secondo palo, va bene, pianta il terzo palo guarda se è in fila con gli altri con un occhio chiuso dopo si mette a cantare Massì che va, massì che va, massì che va, che va. Pianta il quarto palo, guarda se è in fila con gli altri con un occhio chiuso dopo si mette a cantare Massì che va, massì che va, massì che va, che va. Dopo poi il gatto l’avevano operato gli avevan tagliato l’intestino che i cani gliel’avevano aperto. Era pieno di vermi, mi aveva detto la veterinaria. Ecco io quel momento lì, che ero nel campo con mio nonno che cantava Massì che va, è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Dopo poi il gatto gli avevan dato degli analgesici ogni giorno l’andavo a trovare i primi tempi non mi riconosceva. Aveva gli occhi grandissimi, ha gli occhi grandissimi, il mio gatto, aveva gli occhi giallo verdi ancora più grandi e come più densi e non mi riconosceva. Dopo poi tutti i giorni si riprendeva. Dopo poi dopo quattro giorni l’ho portato a casa. Aveva il pelo tagliato e era pieno di punti, tutta la schiena senza pelo solcata di punti sembrava un gatto punk. Quattro giorni senza mangiare la prima volta che ha mangiato poi bisognava vedere se riusciva a cagare se riusciva scampava, se non riusciva era desti116

nato a morire che il suo stomaco evidentemente non avrebbe più funzionato, così pieno di punti anche i condotti dentro lo stomaco. Ecco io mi ricordo quando sono andato a vedere nella sabbia qualche ora dopo che aveva mangiato che ho trovato la merda di gatto, io mi ricordo sono entrato in casa gridavo Ha cagato il gatto, ha cagato il gatto, un altro dei momenti più belli della mia vita.

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6.5. Il mio quartiere nel quartiere di Parma Vicino al più grande centro commerciale di Parma, il Centro Torri, hanno costruito un centro commerciale ancora più grande l’han chiamato Euro Torri. Vicino a casa mia, appena oltre la via Emilia, c’è il supermercato più a buon mercato della città, han scritto sulla Gazzetta di Parma un’inchiesta che è uscita qualche anno fa. All’Euro Torri hanno un posto che si chiama Brico Center che davanti c’è un bar che vende solo prosciutto di Parma. Vicino a casa mia, dall’altra parte della via Emilia, c’è una Coop piccolissima che han solo due vetrine che io tra me e me l’ho chiamata ipocoop. Vicino all’ipocoop c’è una lavanderia con un’insegna grandissima rossa Lavanderia Eurosec Luciana. Nel supermercato più a buon mercato della città dal lato delle casse ci sono delle panchine che ci si siedono i vecchi con il cappello a guardare i clienti che escono con le loro spese. Vicino a casa di mio fratello c’è un supermercato che i gestori son tutti parenti e anche i clienti li chiaman tutti per nome non sembra neanche un supermercato. Tanti anni fa, quando avevano aperto il centro commerciale Panorama, quando sono andato una volta a vederlo mi era sembrato un posto molto moderno che nella mia testa lo mettevo vicino alle telenovelas. 118

C’è un posto che si chiama Marco Polo che è qui vicino, a Parma, ma potrebbe essere uguale da qualsiasi altra parte, e è un posto che i commessi hanno delle pettorine arancioni; hanno un atteggiamento, star dietro i banconi, che sembra che per assumerli li hanno estratti a sorte.

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6.6. In treno Comunque quando ho portato a casa il gatto da Bologna, l’ho portato a casa in treno, ero così preoccupato, non aveva mai preso il treno, il mio gatto, invece è stato bravissimo e poi gli altri passeggeri mi han fatto un sacco di complimenti. Ma che carino, ma che bel gatto, Ma è maschio o è femmina, Ma quanti anni ha? Ti fan più complimenti se vai in treno con un gatto che se ci vai con una bambina. L’Irma se deve dire mano dice manno, se deve dire piede dice pedde, se deve dire mela dice mella. Pensavo che avesse un difetto di pronuncia. Invece poi ho pensato Per forza, le abbiamo insegnato a dir mamma babbo nonna nonno pappa cacca. Se noi le insegnavamo subito aiuola o ortopedia, parlava benissimo fin da subito, secondo me. La mamma la poteva chiamare aiuola, il babbo ortopedia. In treno le cose a me succedono sempre quando vado a Voghera. C’è un musicista amico mio di Voghera che quando vado da lui poi tornare indietro in treno succedon delle cose, mica delle gran cose, una volta era un eurostar uno era montato a Piacenza a accompagnare sua mamma poi quando ha provato a scendere il treno era già partito. Andavamo pianissimo, eravamo ancora in stazione, ma le porte erano sbarrate non si poteva scendere e questo ragaz120

zone con una vocina in falsetto che si sentiva che dava dei pugnoni alle portiere e diceva Cristo santo, io devo scendere, Cristo santo! Dopo si è sentito un rumore di bip bip di portiera aperta e dopo un po’ si è sentito uno che ha detto Ma cosa fa? Ma è pazzo? Ma si butta giù? Allora è arrivata sua mamma, una signora meridionale sui sessant’anni vestita con l’ombelico fuori come una diciottenne che diceva Figlio mio, figlio mio che hai fatto mai, figlio mio! I nonni poteva chiamarli ortofrutta. Ortofrutta la nonna, ortofrutto il nonno. Veniva su con degli organi fonatori, l’Irma, eccezionali. Dopo il controllore è andato dalla mamma, Ma cosa ha fatto, suo figlio? e la mamma Ma anche voi, chiudere le porte così, gli ha risposto, e poi dopo il controllore ha chiamato la stazione han detto di controllare se si era fatto male e di fermarlo per fare il verbale e poi dopo dalla stazione hanno chiamato che non l’avevan trovato e la mamma l’ha chiamato al cellulare e il controllore le diceva quello che doveva dirgli Sì, gli diceva la mamma, hai ragione anche tu, figlio mio, che avevi un appuntamento, però non va bene far così, ma no, lo diciamo per la tua salute. C’eravam dovuti fermare per risistemare la porta, eravamo arrivati con un’ora e mezzo di ritardo, quella volta lì. Con l’Irma ogni tanto le faccio delle fotografie, ho comprato una macchina fotografica che mi serve per fare un lavoro, con l’Irma ogni tanto le faccio delle fotografie qualcu121

na anche insieme, che non ne avevamo, a vedermi in quelle fotografie mi sono accorto di come son vecchio. Mi si vede il teschio sotto la faccia. Un’altra volta, partivo sempre da Voghera, eravamo sempre a Piacenza, la stazione prima di Piacenza, San Nicolò, c’era il treno che molte porte sul lato destro del treno non funzionavano, è incredibile come questi ultimi anni si sono rotte le porte dei treni, prima funzionavano tutte era un caso eccezionale, trovare una porta del treno che non funzionava, adesso ogni treno minimo non ne funzionan due o tre su quel treno dalla parte di destra ce n’eran tre in fila che non funzionavano c’era una signora che doveva scendere il treno è ripartito la signora è andata dal capotreno Ci son tutte le porte rotte, siete ripartiti prima che riuscissi a scendere, gli ha detto, e il capostazione Scende a Piacenza, gli ha detto cattivo come se era colpa sua, della signora, e la signora Ah, va bene, ha detto. Irma, le dico all’Irma, hai un babbo vecchio che gli si vede il teschio, gli si vede il teschione sotto la testa, le dico, e l’Irma ride. Queste cose succedono soprattutto vicino a Piacenza, estrema periferia di questa città, quasi al limitare delle colonne d’Ercole, se siete pratici. Invece sui treni in città, Bologna Parma, non succede molto. Solo una volta l’altro giorno un controllore invece di allungare la mano per il biglietto Ciellegì? m’ha detto. Ferroviere? No? Non fa il macchinista? 122

M’aveva preso per un suo collega, un macchinista. Uguale, mi ha detto. Ci dev’essere qui in città un macchinista vecchio che gli si vede il teschione. E poi dopo un’altra volta, alla fine di marzo, ho preso un treno che veniva da Ancona è arrivato a Bologna in ritardo di un paio d’ore quando è entrato il controllore nello scompartimento qualcuno gli ha chiesto come mai del ritardo lui ha scosso la testa C’è stato uno che si è buttato sotto il treno, ha detto. Succede sempre, ha detto, alla fine di marzo. Dev’essere il cambio di stagione.

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6.7. Le onde del mare Dopo se siete in città vi può capitare, se per caso sentire parlare male di qualcuno, non preoccupatevi. Le voci del mondo sono come le onde del mare, dice un proverbio.

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6.8. Lavorare L’Irma del gatto non ha nessuna nostalgia. Da quando è tornata dal mare, è come se il gatto non fosse mai esistito. Io non lo portavo a casa mia perché prima l’Irma si trovava così bene, prima, col gatto. Miccio miccio miccio, diceva. Improvvisamente partiva, andava dal gatto, si chinava per dargli un bacino. Quando arrivavo a trovarla mi diceva sempre Miccio miccio miccio, mi portava a vedere il miccio e anche quando la chiamavo al telefono, il primo di cui mi parlava era sempre il miccio. Adesso non l’ha neanche più in nota. E se sparisco io? ho pensato. Delle volte con l’Irma io quando la chiamo al telefono, lei mi fa dei discorsi lunghissimi mamma, dice, babbo, nonna, nonno, minna, chicco, nanni, bubba, famme, malle, latte, melle, ollio, ollio ollio. Chicco è suo cugino, minna è una gatta randagia che sta nel cortile, ollio è lo yogurt. Le piace molto, lo yogurt. Il gatto io sono molto contento, che è tornato, solo adesso il mio divano blu è un disastro. Non è colpa sua. Se avessi un gatto blu, non ci sarebbe problema. O un divano tigrato.

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6.9. Cos’è successo ancora Io, il periodo che uscivamo, con la coloratrice, andavo un sacco al cinema. Io quando esco con delle donne sono gli unici periodi della mia vita che vado al cinema, mi sono accorto. Non so mai cosa fare, quando esco con delle donne, vado al cinema. Io, con la coloratrice, quando andavamo al cinema, sia prima che dopo, cercavo sempre di non parlare, dell’Irma, come se l’Irma fosse una specie di morosa segreta che quando esci con una donna non ne devi parlare. Ogni tanto però mi scappava.

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6.10. Dopo poi Oggi poi ho pulito in casa, anche nelle pulizie di casa c’è stato un momento, pulivo meno, oggi ho pulito tutta la casa tranne la camera da letto che la camera da letto c’eran tutti i panni invernali per terra che son da mettere via domani li mando a mia mamma, io non ho di armadi, nella mia casa, una casa senza armadi forse non è una gran casa, credo, ho pulito bagno cucina studio tutti i locali tranne la camera da letto dopo ho preso su il computer portatile son venuto qui a scrivere in camera da letto. Io non lo so, come mai faccio così. Dev’essere il cambio di stagione. Una volta, ero stato a Bologna, con l’Irma, eravamo andati in un parco vicino al Lumière, un parco tristissimo che c’eravamo solo noi e degli extracomunitari però l’Irma le piace tutto è bellissimo l’atteggiamento che ha perché pensa che il mondo sia suo, tutti i posti son casa sua, vuole entrar nei negozi, se si apre una porta intanto che camminiamo per strada lei vuole andare dentro, ero stato a Bologna in quel parco e lei ha cominciato a andare che sembrava uno sputnik e poi all’improvviso quando è arrivata lì vicino alla rete ha cominciato a dare dei cansi alla rete a dire coccò, chicco, mamma, chicco, coccò, mamma, coccò, nonno, chicco, coccò, e io ero lì che la guardavo ho pensato Irma, non sarai mai così piccola, e mi è venuto da piangere.

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6.11. Come lavoro Cara Irma, ti chiederai forse cosa sta facendo il tuo babbo, come lavoro. Il tuo babbo come lavoro, devi sapere, sta scrivendo la guida di una città che è una grande città che parte dal centro arriva proprio fino alla fine della periferia. E cosa si fa, ti chiederai forse, in questa città? In questa città quello che si fa, si può andare al cinema, se non sai cosa fare, si può andare in centro da una bambina, se hai una bambina, si può andare in giro a legger le cose, se diventi una che legge le cose. E cosa son queste cose, ti chiederai. Queste cose, devi sapere, quelle che leggerai te non so come saranno, quelle che leggo io sono cose scritte in un modo che per spiegarle ho fatto una schedina te la copio qua dietro così lo vedi anche te, cosa son queste cose, se devo esser sincero. Il tuo babbo

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6.12. Il repertorio In questa paginetta spiego quello che faccio di solito nelle letture sulla letteratura. Di solito io mi metto lì e leggo delle cose del repertorio, per esempio Pronto Pronto di Raffaello Baldini. E allora la gente che ascoltano di solito pensano Ma guarda come vengon giù dritte, queste cose. E allora io dopo leggo delle altre cose del repertorio, per esempio Vite sbobinate di Alfredo Gianolio. E allora la gente che ascoltano di solito pensano Accidenti. E dopo poi leggo delle altre cose del repertorio. E la gente che ascoltano pensano Puttana vacca. E dopo poi leggo delle altre cose sempre del repertorio. E la gente di solito pensano Ma dài. E dopo gli chiedo, alla gente che ascoltano, Avete sentito queste cose? Adesso provate a sentire questa. E quando leggo quella cosa lì la gente che ascoltano non pensano niente, perché quella cosa lì è cacofonica, non si lascia sentire. Ecco. Quella cosa lì cacofonica, che non si lascia sentire, è il 98 per cento dei libri che si trovano oggi nelle librerie. 129

6.13. Forse Son stato a teatro. E mi son rimesso a fumare e ho smesso di tenere il conto dei soldi. Non so cosa vuol dire. Se dobbiamo morire, moriamo, forse vuol dire. O forse è il cambio di stagione. Andare a teatro, in prima fila, se uno appoggia la testa alla poltrona, guarda per aria e poi chiude gli occhi, gli sembra di essere dal dentista. Devo dire è una bella sensazione. Lo spettacolo non mi è tanto piaciuto, troppo teatrale. A me piacciono gli spettacoli teatrali che non sembrano spettacoli teatrali, mi piacciono i film che non sembrano film. Anche i matrimoni, l’unico matrimonio che m’è piaciuto, tra quelli a cui sono andato, era un matrimonio che non sembrava un matrimonio. Mi piacciono i romanzi che non sembrano romanzi, gli scrittori che non sembrano scrittori. Forse anche per quello, scrivo delle guide che non sembrano guide di città che non sembrano città.

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Settima parte

Ricevuta di ritorno

7.1. Distillazione, traspirazione Io delle volte la gente gli chiederei Cosa volete nascondere? Cosa volete rifar la realtà come volete voi? È una gran fatica. Una gran fatica continua che intanto fuori le cose, non sono quelle che volete voi. Le cose, fuori dai vostri uffici, sono sempre le cose. Le cose, sono sempre le cose. Le cose, sono le cose. Le cose, sono le cose. Le cose, sono le cose. Cosa volete nascondere? Io una cosa, la coloratrice, una volta che aveva visto che quando scrivevo tenevo accesa la radio Ma come a fai a concentrarti? mi aveva chiesto. Non mi concentro, le avevo risposto. No perché i matrimoni che non sembran matrimoni, son poi sempre matrimoni. Gli scrittori che non sembrano scrittori, son poi sempre scrittori. I romanzi che non sembrano romanzi, son poi sempre romanzi. Le guide che non sembrano guide, son poi sempre guide. Nel centro della città di Bologna, un po’ a nord, del centro, a dire il vero, appena appena, nel centro nord della città di Bologna c’è un piccolo parco dove di giorno ci vanno i bambini e gli extracomunitari tipo badanti a amoreggiare con i loro galanti, di notte ci vanno i tossicodipendenti a drogarsi, dicono, io non lo so, di notte io ritorno in periferia, Parma, come periferia, nord est di Parma, a dire il vero, periferia della periferia. 133

Il processo mio di scrittura delle cose, le ho detto alla coloratrice, non è un processo di distillazione. È un processo di traspirazione. Cioè io non ho bisogno di concentrarmi, ho bisogno di avere caldo. D’estate, si alza la temperatura, salta fuori un romanzo o due. Lì in montagnola ci andiamo io e l’Irma che c’è un leone che all’Irma le piace molto, onne, onne, onne. Per lei uscire andare in montagnola lo chiama onne. Dopo quando è là al leone non ci fa più caso le piace molto fare scappare i piccioni. Anche tutti gli altri bambini che vanno in montagnola, corrono dietro ai piccioni. Io ci son due ragazze che conosco che hanno il terrore, dei piccioni. Forse l’Irma vien fuori così. Invece Hrabal, uno scrittore che non sembrava uno scrittore, dicon che sia morto allungandosi da una finestra per fare una carezza a un piccione, dicono, ma chissà se è vero. Comunque i piccioni gli piacevano davvero, basta leggere i suoi romanzi che non sembran romanzi. Anche a mio nonno, piacevano, i piccioni. Li coltivava sul tetto della sua casa di campagna, sud ovest della periferia della città, se così si può dire.

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7.2. A far cosa? Passo un sacco di tempo a far cosa? A pensare a un romanzo che deve uscire a settembre. Ma smettila, penso, invece poi passo un sacco di tempo a rimbambirmi la testa con un romanzo che deve uscire in settembre. Ma finisci prima questo, mi dico. Invece poi passo un sacco di tempo a pensare a un romanzo che deve uscire a settembre.

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7.3. Il quartiere di Modena Non ho detto niente di un altro quartiere di questa città che è vicino al centro, il quartiere di Modena. Mi stanno scappando di mano le cose. Il quartiere di Modena io l’ho frequentato qualche anno fa, andavo anche in biblioteca, a Modena. Adesso ci vado più raramente, adesso vado in centro, a Bologna, a trovare l’Irma, nell’estrema periferia, Parma, quartiere dormitorio, e in periferia, Reggio, la city, a fare i lavori e vado anche in biblioteca, nella city. Ho scritto un libro, sul quartiere di Reggio e su dei fatti che sono successi nell’anno 1960, quando Bologna Reggio Emilia Parma e Modena erano ancora delle vere e proprie città separate dal resto, un libro che deve uscire a settembre ci penso continuamente. Devo riprendere in mano le cose. Ci sono delle biblioteche anche a Parma, solo sono dei posti, le biblioteche di Parma, non la Palatina, quelle altre, tristi, come se leggere i libri fosse una cosa triste. Non lo frequento più tanto, il quartiere di Modena, però quando lo frequentavo mi è successa una cosa che forse vale la pena di raccontarlo, quel che è successo a Modena qualche anno fa che se uno va a Modena si fa una benché minima idea del quartiere di Modena fin da prima di andarci.

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7.4. Ripopolazione Qualche anno fa il comune del quartiere di Modena hanno pensato di ripopolare una zona a nord della via Emilia che non ci andava più quasi nessuno, e come strategia di ripopolazione tra le altre cose hanno deciso di appendere sopra una casa degli striscioni con dei racconti e uno l’han chiesto anche a me, che è vero son di un altro quartiere, ma è la stessa città, dopotutto. Allora io gli ho mandato un pezzetto di un mio romanzo che avevo già pubblicato che diceva così: I modenesi, se te vai a Modena, sono sempre dietro a parlare di soldi. Contrattare, computare, confrontare, contestare. A Modena, i modenesi, tutti quelli che incontri parlano solo di soldi, meno che i miei amici scrittori, che quelli son bravi. Te vai a Modena, la gente che la vedi in giro a due a due o a tre a tre o a quattro a quattro eccetera eccetera sono sempre lì che discuton di soldi, contrattare, computare, confrontare, contestare. La gente che la vedi da sola, li vedi che son lì pensierosi, interdetti, che nella loro testa son sempre dietro a pensare a dei problemi di soldi. Meno che i miei amici scrittori, che quelli pensano alle storie da scrivere, loro son bravi. Te vai a Modena, ti avvicini a uno di questi tutti interdetti, che capisci che nella sua testa è lì che contratta, che computa, che confronta, contesta, Posso aiutarla, gli dici, posso darle un consiglio? Vedrai cosa ti risponde. Lo sai cosa ti risponde? Non darmi un consiglio, ti rispondono a Modena. Non darmi un consiglio, ti rispondono, dammi un milione. A Carpi, uguale.

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7.5. Son stato a Verona Son stato a Verona a fare una lettura, non voglio parlar di Verona, che Verona con la nostra città non c’entra niente non divaghiamo, son stato a Verona a fare una lettura dopo siamo andati a pranzo c’era un altro scrittore che presentava il suo libro a un bel momento mi han chiesto a me cosa pensavo dei ragionamenti su questo libro che si parlava della fine della famiglia, io ho detto che secondo me, questi ultimi tempi, la cosa che è successa è stata la fine di una figura che ha retto la nostra società negli ultimi due millenni e sulla quale è fondato il nostro diritto fin dal diritto romano: il buon padre di famiglia. Il buon padre di famiglia non c’è più e non è stato sostituito da niente, ho detto a Verona, e dopo ho pensato che su questa cosa del buon padre di famiglia se fossi uno normale ci scriverei tre romanzi, una trilogia, io invece ne parlo così di sfuggita in una guida della città di Bologna e della periferia le butto proprio via, io, le cose.

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7.6. Meglio Cara Irma, te hai un babbo che le cose che ha le butta via. Ti poteva andar meglio, come babbo. Cosa vuoi fare. Bisogna portare pazienza. Te ricordati di portare pazienza e cerca di stare bene. Il tuo babbo

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7.7. Un’offesa a tutti i modenesi Il quartiere di Modena, dopo che hanno appeso il mio racconto, qualche giorno dopo, sulla Gazzetta di Modena son cominciati a comparir degli articoli che si intitolavano Un’offesa a tutti i modenesi. Fiacca ingiuria con pretesa letteraria. Uno striscione solo per far parlare. Che scivolone da qualunquista. Dai muri pendono insulti ai modenesi voluti dal comune: e tanti applaudono. Lo striscione delle polemiche resterà. Un parmigiano: i modenesi pensano solo ai soldi. C’era anche qualche intervento che diceva Non facciamoci ridere dietro, ma la maggior parte degli interventi pubblicati sulla Gazzetta di Modena, lo striscione non gli era piaciuto, e certi chiedevano Quanto l’ha pagato, il comune, quel poeta lì, mi chiamavan poeta, per scrivere quello striscione? Mi ha telefonato anche un giornalista della Gazzetta di Modena, mi ha chiesto da dove veniva quella poesia, la chiamava poesia, poi m’ha chiesto Ma quanto l’hanno pagata? Io son scoppiato a ridere lui m’ha detto No, davvero, quanto l’hanno pagata? Non me lo vuole dire? Potrebbe anche dirmelo.

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7.8. Paura Son qui che domattina devo svegliarmi alle quattro, non vado mica a letto. Devo tornare a Verona. Già le undici e mezza. Ci son questi posti, che fuori dalla città ci vado spesso, Verona, Siena, Milano. Come se fossero gemellati con la città. Tempo fa c’era anche Roma, adesso non c’è quasi più. Faceva paura, Roma. La città, dà sicurezza. Però un po’ mi piace, ogni tanto, andar fuori. Avere paura. C’è anche del fascino, avere paura. Una cosa che a me piace dei paesi dell’est, per esempio, che fanno paura. Poi tutte queste cose, ho pensato, segnarsi i soldi, tenere pulito, non fumare, son tutte cose che servivano a aver sicurezza. A esser sicuri di quello che si stava facendo. Delle volte a me mi succede di chiedermi Ma cosa stai facendo? Ecco delle volte quelle cose, se uno un mese fa mi chiedeva cosa stavo facendo, Sto spendendo millecentocinquanta euro al mese, a parte gli affitti, gli avrei risposto. Adesso invece, non so. Non so cos’è successo, qualcosa è successo. Quando ho finito l’università, il momento che sono uscito nel mondo, ho avuto un momento come di mancanza di gravità che non sapevo com’ero girato. Ero giovane, anche se avevo già trentatré anni. Non sapevo niente. All’università quello che avevo imparato, andare a lezione e dare gli esami, non mi serviva a niente. Non c’era nessuno, fuori, che mi dava dei voti mi diceva Sei andato bene, sei andato male. Nessuno, non c’era. Non avevo neanche l’impressione dell’ange141

lo Gabriele, nel senso lato del termine, non nel senso stretto, non l’angelo Gabriele quello tradizionale, l’angelo Gabriele che potrebbe esser mio nonno, o mia nonna, o mio babbo, o Velimir Chlebnikov, che Dio li benedica quanti sono. Ad ogni modo lì all’università questo fatto di non sapere com’ero girato di essere perso mi faceva paura. Adesso io, una volta siamo andati insieme a Daniele a una festa che c’era fuori città, in Piemonte. A un certo momento c’eravam messi a parlare abbiam passato l’uscita dell’autostrada dove dovevamo uscire. Allora siamo usciti l’uscita dopo dopo un po’ ci siam persi. Ci abbiam messo un’ora, a ritrovare il posto. Quell’ora lì, è stata l’ora più bella del viaggio che avevam fatto.

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7.9. In bocca Ho un male. Sono dieci giorni che ogni volta che bevo un caffè, un male. Meno male non suono più la tromba. Se facevo il trombettiere, di mestiere, dovevo andare in cassa malattia. Son cominciati i mondiali, mi son chiuso in casa a pensare che in questo periodo, io, faccio la vita del disperato. Volevi questo? Volevi chiuderti in casa a fare la vita del disperato? Bravo, ci sei riuscito. Ho un male. Scrivere, son cinque giorni, che non scrivo, e non che nel frattempo non abbia fatto niente, ho lavorato giorno e notte, a parte andare dall’Irma e le partite dei mondiali e le trasmissioni del dopo mondiale, ma quelli i mondiali son cominciati ieri poco traffico, di mondiali, ancora. Ero nel quartiere di Modena, in un teatro, avevo un appuntamento con una persona, ero in questo teatro molto bello, semivuoto, ero l’unico con i jeans, quando hanno cominciato a cantare, queste cantanti vestite in un modo, sembrava carnevale, il direttore d’orchestra altissimo, delle braccia enormi, un grande uccello stempiato, due giapponesi che cantano in napoletano, sembrava carnevale, nell’intervallo esco a fumare poi torno dentro intanto che stan cominciando il secondo tempo, torno a sedere al mio posto in quinta fila poi decido di andare indietro casomai quello che devo incontrare voglia andar via prima, vedo un posto in penultima fila, mi avvicino, sento l’applauso che accoglie il direttore, faccio per sedermi, mi manca un piede, perdo l’equilibrio, cado, batto con la bocca contro il bracciolo di legno della poltroncina. Un male. 143

Nel silenzio del teatro, le luci che stanno calando, sento che tutti si voltano verso di me. Mi metto a sedere, stringo gli occhi Che facciata, dico piano. Il gradino maledetto, mi dice quello della fila davanti. S’imbalzano tutti, mi dice. Dopo cinque minuti esco ancora a fumare. Mi sanguina in bocca. Non ci dovevo venire, mi vien da pensare. Però gentile, mi vien da pensare, quello che mi ha detto S’imbalzano tutti.

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7.10. Lei non può Devo dar la disdetta alla Telecom, nella casa vecchia. Son sicuro che mi fan dei problemi. Lei non può Lei non può Lei non può. E allora rimando. E più rimando più son sicuro che mi faran dei problemi. Lei non può Lei non può Lei non può. Chissà quanti soldi mi chiedono. Son ricaduto un po’ dentro una vita, che, non so come dire. Ho portato in casa anche la televisione. Per forza, ci sono i mondiali. O forse è il cambio di stagione. L’altro giorno ero a Napoli, uno mi ha sentito parlare mi ha detto Lei non è di qua. No, gli ho detto, sono di Bologna Reggio Emilia Modena Parma. Ah, mi ha detto lui, Bologna Reggio Emilia Modena Parma si sta rovinando, mi ha detto. Come si sta rovinando? gli ho chiesto. E lui mi ha raccontato che son successi un po’ di fatti di cronaca nera. Io non leggo i giornali, non li sapevo, però con lui ho fatto finta che li sapevo Sì sì, gli ho detto, ma è il cambio di stagione. Succede sempre così tutti gli anni.

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7.11. Il telefono e la raccomandata A Napoli c’ero andato per andare a vedere una conferenza stampa dentro un teatro che mi avevano invitato. Quando sono arrivato non mi volevano fare sedere in prima fila Il comitato artisti, dicevano, Il comitato artisti. E io, scusi, chi sono? Ah, mi han detto loro, non lo sappiamo. Allora io torno a casa. Allora mi han fatto sedere. Dopo, ma dopo, ho scoperto che Il comitato artisti erano quelli che collaboravano in pianta stabile con il teatro mi sono alzato da solo mi sono andato a sedere su una seggiolina, di fianco, sempre in prima fila, un po’ vergognandomi. Dopo ha parlato l’assessore provinciale ha detto che erano molto contenti del rapporto con questo teatro e che la cosa più rimarchevole, di questo rapporto, che loro avevano dato i soldi, e poi non avevan mai fatto neanche una telefonata. Dopo ha parlato l’assessore comunale ha detto che erano molto contenti di questo teatro e che questo teatro aveva lavorato bene anche e soprattutto per il fatto che loro avevan dato i soldi, ma poi non avevan mai fatto neanche una telefonata. Dopo ha parlato l’assessore regionale ha detto che eran molto contenti di questo teatro e soprattutto dell’indipendenza, di questo teatro, che loro va bene che davano i soldi, ma poi la gestione era completamente indipendente non avevan mai fatto neanche una telefonata. Dopo ha parlato il presidente della regione ha detto che 146

adesso il suo partito hanno tutto, tutto, tutto, regione provincia comune e stato, e che non ci sono scuse, e che il teatro deve continuare a andar bene e andare avanti così e che uno dei motivi che l’han fatto andar bene, che in questi anni, nessuno ha mai fatto neanche una telefonata. Dopo ha parlato il direttore del teatro ha detto che è vero, che lui non ha mai ricevuto neanche una telefonata. Dopo han cominciato a chiamare gli artisti del comitato artisti. Il primo artista che hanno chiamato era un cantante molto popolare che veniva dal popolo che ha detto che qualche anno prima lui un famoso scultore che lui non conosceva gli ha fatto una festa che gli ha fatto conoscere tutti gli intellettuali di Napoli tra i quali il presidente della regione che quando ha saputo che lui, il cantante del popolo, non aveva mai cantato in un teatro della sua città, al massimo al Cinema Gloria, ha preso su il telefono, dopo una settimana lui il cantante ha fatto una serata in questo teatro, Pensate, diceva il cantante. Dopo io son venuto a casa di corsa che c’erano i mondiali difatti son tornato e poi progressivamente sono sparito sotto i mondiali mi sono abbrutito. L’unica cosa che mi ricordo di avere fatto, questi mondiali, è stato mandare una raccomandata con ricevuta di ritorno alla signora novantaquattrenne che era la mia padrona di casa a Bologna, l’Irma e Francesca han trovato un altro appartamento vanno a star via Gentile signora, le ho scritto, con la 147

presente annullo il contratto di locazione per l’appartamento che sa che ci ho abitato sei anni. Vorrei anche che sapesse, gentile signora, che io in quella casa sono stato felice. Cordiali saluti. Dopo mi vergognavo. Io quella parola lì, felice, non la uso mai, la vado a usare in una raccomandata.

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Epilogo

Comunque

0.1. Come dico io Quando sono in stazione che arrivano i treni, mi viene l’impulso di buttarmi in avanti sotto le ruote dei treni. E l’altro giorno, ero a casa, a un certo punto ho detto, rivolto a me stesso: Mi piace molto casa tua, è molto bella. E poi una volta ero al cesso, ho detto rivolto a me stesso Aaaah, che bella pisciata. E poi una volta ho preso il caffè, ho detto, rivolto a me stesso, Aah, che buono il caffè. E poi quando mi stendo che devo dormire, mi sembra che una gamba che ho ce l’avrò ancora per poco. Che la saluto. Che me la maciullo in qualche incidente che poi la saluto.

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Se un uomo al mattino è cattivo, invece di sera è vivace e pieno di speranze, è un brutto uomo, questo è un segno sicuro. E se succede il contrario, è il segno di un uomo mediocre. E di buoni, non ce n’è, come si sa. Venedikt Erofeev

Nota

Il sottotitolo di questo libro, in origine, era Fallimento di una guida della città Bologna Modena Reggio Emilia Parma. È stato sostituito (dopo essere diventato, per poco tempo, Fallimento di una guida della città di Bologna e della periferia e Fallimento di una guida della città di Bologna) da quello che c’è adesso, perché il curatore di questa collana ha pensato che difficilmente qualcuno sarebbe stato attirato da un libro che dichiara, sin dall’inizio, di essere un fallimento. Ho accettato perché il sottotitolo nuovo mi piace, e perché i sottotitoli vecchi tradivano un po’ il senso del libro; qui non si prova a scrivere una guida senza riuscirci, qui non ci si prova neanche perché è successo dell’altro. Detto questo, mi sembra che, se togliamo di mezzo la questione della guida, questo libro resta, in tutto e per tutto, un fallimento. E mi sembra anche, al di là del valore di questo libro, che anche come fallimento forse vale poco, che il fallimento, come genere letterario, sia un genere che vale la pena di frequentare. P. N. Parma, 8.2.2007

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