Scritti alchemici. Con il commentario di Sinesio. Edizione critica del testo greco, traduzione e commento di Matteo Martelli 9788872523193

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Scritti alchemici. Con il commentario di Sinesio. Edizione critica del testo greco, traduzione e commento di Matteo Martelli
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Textes et Travaux de Chrysopceia -------

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Pseudo-Democrito

Scritti alchemici Con il commentario di Sinesio Edizione critica del testo greco, traduzione e commento di Matteo Martelli

Prefazione di Tiziano Dorczndi

Opem pubblicata sotto il patrocinio della Union Académique Intemationale (progetto "Testi alchemici") con il sostegno del THETA (Centre ]ean Pépin, CNRS) e del CAPHÉS (École Normale Supérieure

l CNRS)

S.É.H.A.

ARCHÈ

Paris

Milano 2011

Le opere alchemiche tramandate sotto il nome dell'antico atomista Democrito sono qui per la prima volta riedite (dopo la datata edizione del Berthelot-Ruelle), con traduzione italiana, assieme ad alcuni nuovi frammenti attribuiti al filosofo e al commentario dell ';;tlchimista Sinesio. I testi, stabiliti sulla base di una nuova analisi della tradizione greca e siriaca, sono commentati sia dal punto di vista filologico che dottrinale:

particolare enfasi è stata posta sulla spiegazione dei pro­

cessi tecnici illustrati dalle ricette alchemiche, sulla identificazione delle sostanze impiegate e suli' interpretazione delle principali teorie alla base dei procedimenti descritti. Un'ampia introduzione, suddivisa in tre capitoli, chiarisce i principali problemi sollevati dalla tradizione manoscritta del Corpus alchemicum graecum, discute l'identificazione degli autori dei trattati riediti tanto quanto la loro struttura originaria, e tratteggia le caratteristiche principali deli'alchimia greco-egiziana nella sua fase più antica, con particolare attenzione ai possibili influssi vicino-orientali.

ISBN 978-88-7252-319-3

9788872 523193

€ 45

Textes et Travaux de Chrysopcria -------

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Pseudo-Democrito

Scritti alchemici Con il commentario di Sinesio Edizione critica del testo greco, traduzione e commento di Matteo Martelli Prefazione di Tiziano Dorandi

6-y '

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Opera pubblicata sotto il patrocinio della Union Académique Internationale (progetto "Testi alchemici") con il sostegno del THETA (Centre Jean Pépin, CNRS) e del CAPHÉS (École Normale Supérieure

l CNRS)

S.É.H.A.

ARCHÈ

Paris

Milano 2011

©

2011 Archè, via Troilo 2, 20136 Milano ISBN : 978-88-7252-319-3 Stampato da INGRAF s.r.l. - Milano

Diffusion en France : Edidit s.a.r.l. 4 rue Basfroi, 75011 Paris

Ai miei genitori

PREFAZIONE TESTI ALCHEMICI FRA TRADIZIONE GRECA E TRADIZIONE SIRIACA

Gli alchimisti greci hanno vissuto negli ultimi anm, m particolare in Francia, un momento eccezionale. La "Collection des Universités de France" ("Collection Budé") ha dato spazio, sotto la direzione di Henri Dorninique Saffrey, a un'operazione editoriale consacrata all'alchimia greca. Dopo il volume di Robert Halleux con l'edizione dei papiri alchemici di Leida e di Stoccolrna (1981), che inaugurava la serie, Les alchimistes grecs si sono arricchiti di altri tre torni (rispettivamente volumi IV l , X e XI della collezione): Zosime de Panopolis, Mémoires authentiques, curato da Michèle Mertens (1995); L 'Anonyme de Zuretti (2000, 20022) e Recettes alchimiques (Par. Gr. 2419; Holkhamicus 109), Cosmas le Hiéromoine- Chrysopée (2010), entrambi per le cure di Andrée Colinet Lo scopo di questo programma è quello di rimpiazzare la benemerita, ma invecchiata raccolta di Marcelin Berthelot e Charles- Érnile Ruelle, Co/lection des anciens alchimistes grecs (CAAG), pubblicata a Parigi tra il 1887 e il 1888. Due convegni internazionali hanno poi cercato di fare il punto sullo stato della ricerca. Gli Atti del primo, tenutosi a Parigi nel 1991, sono stati pubblicati nel 1995 da Didier Kahn e Sylvain Matton con il titolo Alchimie: art, histoire et mythes. Il secondo, intitolato Gli alchimisti greci. Testi, dottrine, confronti l Les alchimistes grecs. Textes, doctrines, comparaisons, è stato organizzato il 5-7 dicembre 2007 a Venezia da Cristina Viano. Gli Atti sono in stampa. Le opere degli alchimisti greci sopravvivono in un numero non ampio di manoscritti, uno di veneranda antichità, il Marcianus gr. 299 del X/Xl secolo. Si tratta di testi la cui tradizione fu sempre estremamente fluida, aperta a aggiunte, ritocchi, riscritture, aggior­ namenti che rendono difficile e complesso il compito degli editori. Come molte opere scientifiche (ma lo stesso discorso vale anche per i trattati di lessicografia e di grammatica), questi scritti erano considerati alla stregua di testi d'uso, di strumenti che potevano essere riadattati, senza troppi scrupoli, alle esigenze specifiche del momento; essere aggiornati alla luce delle scoperte più recenti e delle esperienze condotte dall'autore o da uno o più dei fruitori del loro contenuto. È questo aspetto di fluidità con la conseguente trasmissione 'anomala' di tali opere, per le quali i criteri abituali della filologia classica si rivelano spesso insufficienti e inadeguati, che attira da tempo la mia attenzione. Trova così una spiegazione, se non una giustificazione, il motivo che mi ha fatto accettare di scrivere una Premessa all'edizione degli excerpta alchemici dello Pseudo-Dernocrito e del suo commen­ tatore Sinesio curata da Matteo Martelli.

VIII

TESTI ALCHEMICI FRA TRADIZIONE GRECA E SIRIACA

Martelli ha consacrato a questi testi lunghi anni di paziente lavoro all'Università di Bologna, Ateneo in cui si è formato, dapprima laureandosi in Lettere Antiche e in seguito preparando la sua tesi dottorale, sotto la guida del Professore Vinicio Tammaro. I risultati della ricerca, condotta non solo a Bologna, ma anche a Parigi, Filadelfia e ora a Berlino vedono infine la luce. Il volume si struttura in tre parti distinte. I primi tre capitoli costituiscono una intro­ duzione ai trattati riediti, nei quali Martelli affronta diverse problematiche connesse alla tradizione manoscritta, sia bizantina sia orientale (siriaca), di quelle opere, all'identifica­ zione dei loro presunti autori e ai temi principali in esse sviluppati. Segue l'edizione critica e la traduzione di vari excerta alchemici attribuiti a Democrito e del commento a parte di questi, ascritto a Sinesio e indirizzato ad un sacerdote del Serapeion di Alessandria, Dioscoro. Martelli, nello specifico, propone una nuova edizione dei seguenti testi, finora disponibili solo nella CAAG di Berthelot e Ruelle: La versione epitomata degli originari quattro libri pseudo-democritei sulle tinture, di cui i codici tramandato due estratti, intitolati rispettivamente tPvcmcà Kaì J.LVO'rtKa, «Questioni naturali e segrete» (CAAG II 41-49) e llEpì àufg.Lov trolTjO'Emç, «Sulla fabbri­ cazione dell'argentm> (CAAG II 49-53); Alcune sezioni dei Ka-ra).oyoz pseudo-democritei, tramandati all'interno di una colle­ zione di ricette detta dai primi editori (Berthelot-Ruelle) Chimie de Moise (CAAG II 306307). L'attribuzione allo Pseudo-Democrito, non esplicitamente indicata nei codici, è sostenuta sulla base del confronto con il commento di Sinesio; Il commento di Sinesio all'opera alchemica pseudo-democritea, intitolato EvvEuiov qJlÀOO'OfPOV trpòç LllOO'KOpov Eiç 'rrlV {3i{3).zov LITJJ.LOKpirov mç ÉV uzo).iozç, «Del filosofo Sinesio a Dioscoro, annotazioni sul libro di Democrito» (CAAG II 56-59). Da questo trattato, tramandato in forma incompleta, sembra dipendere anche un estratto anonimo, riportato dai codici con il titolo di llEpì ÀEVKWO'Emç, «Sull'imbianchimento» (CAAG II 211). Cerchiamo di entrare più nei dettagli. La prima e più consistente parte dell'indagine prende in considerazione i codici greci anteriori al XVI secolo. Una breve illustrazione dello status quaestionis permette a Martelli di definire i possibili rapporti tra i tre codici poziori: il Marcianus gr. 299 (=M, X/Xl sec.), il Parisinus gr. 2325 ( B, XIII sec.) e il Parisinus gr. 2327 (= A, XV sec.). La base testuale su cui è condotto il confronto tra i tre manoscritti non si limita alle sole opere riedite nel volume, ma è allargata a tre ulteriori sezioni, ovvero alla parte finale della nona A.ÉI;tç dell'alchimista Stefano, alle liste dei segni alchemici tramandate dai suddetti testi­ moni e al Lessico sulla fabbricazione del/ 'oro. Particolare attenzione è riservata anche allo studio dei marginalia. Nonostante B sia allo stato attuale lacunoso, l'analisi di una sua copia diretta, il Parisinus. Gr. 2275 (= C, XV sec.), realizzata prima della mutilazione dell'antigrafo, consente al Martelli sia di proporre una prima edizione della lista dei segni =

IX

TIZIANO DORANDI

alchemici propria di B/C sia di ricostruire la presenza in B di alcune annotazioni marginali, perdute a causa delle successive rifilature subite dal codice. L'ipotesi della dipendenza di C da B, già avanzata da vari studiosi, è confermata grazie a un studio autoptico dei due testi­ moni, che mette in evidenza come le principali divergenze dipendano semplicemente dal riposizionamento in C di un bifoglio staccatosi dalla sua posizione originaria. Il carattere antologico dei manoscritti esaminati solleva anche il problema della genesi di simili florilegi alchemici. In particolare l'analisi del manoscritto B, che può essere defi­ nito come un codice miscellaneo organico, mette in luce la presenza di numerose cesure testuali, probabile indizio del ricorso a più fonti nella compilazione della silloge. Lo studio dei marginalia e degli errori (almeno per i testi presi in esame) non è sufficiente a provare con certezza una dipendenza di B da M. Le numerose varianti di B rispetto a M e la presen­ za in B di opere non tramandate da M portano Martelli a insistere sul probabile carattere composito della miscellanea tramandata da B: l'impiego di differenti antologie per la compilazione del codice potrebbe aver influito non solo sulla scelta degli scritti, ma anche sul loro testo, nato dalla combinazione di versioni differenti della medesima opera. Simili considerazioni sono rafforzate dall'analisi di A, sicuramente frutto della colla­ zione di modelli distinti. In particolare, la presenza di estratti copiati due volte (e talora cancellati dallo scriba stesso) e di numerose varianti annotate nei margini confermano che il copista di A, Teodoro Pelecano, ebbe a disposizione più modelli. Da un lato, infatti, la prima parte del codice ricalca piuttosto fedelmente l'ordinamento degli scritti di B (con il quale A condivide anche la maggioranza degli errori rispetto a M); dall'altro, le numerose varianti annotate in A nei margini del testo di Sinesio derivano da un codice imparentato con M. Inoltre i testi di cui A è il più antico testimone (dunque assenti in B) e le numerose lezioni che distinguono il testo di A da quello di B, suggeriscono che Pelecano avesse a disposizione anche altri codici nei quali avrebbe reperito alcune lezioni peculiari di A. In sostanza, il testo trasmesso da A è fortemente contaminato. La ricognizione della tradizione bizantina prosegue con lo studio di due ulteriori testimoni, il Laurentianus gr. 86,16 ( L XV sec.) e il Vaticanus gr. 1174 ( V XIV/XV sec.), dei quali solo il secondo è giudicato utile alla constitutio textus dei trattati riediti. Infatti, la dipendenza di L da A, già ipotizzata seppur prudentemente da alcuni studiosi, è confermata - almeno limitatamente ai testi presi in esame - sulla base del confronto delle annotazioni marginali presenti in A che sono confluite, in maniera meccanica, nel testo di L. Più complesso è il caso di V. Innanzitutto, V va retrodatato al XIV/XV secolo, in quanto esplicitamente menzionato in cataloghi umanistico-rinascimentali della collezione vaticana (in particolare nel catalogo redatto nel 1475 da Bartolomeo Platina, Vat. lat. 3954). Impor­ tanti sono anche alcune specificità del testo di V, in particolare l'anomala suddivisione degli excerpta alchemici pseudo-democritei. Quest'ultima trova una plausibile spiegazione se supponiamo una sorta di lavoro filologico del copista, che potrebbe aver modificato la normale forma dei suddetti excerpta - quale testimoniata dal resto della tradizione - sulla base di elementi desunti dalla tradizione indiretta. Tali considerazioni, che sembrano attri=

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X

TESTI ALCHEMICI FRA TRADIZIONE GRECA E SIRIACA

buire a V uno statuto speciale, sono in parte confermate dall'analisi degli errori che esso condivide ora con M ora con B/A; non si può escludere, ancora una volta, una conta­ minazione. Una attenzione tutta particolare è rivolta, infme, alle tradizioni siriaca e latina. Martelli descrive tre manoscritti siriaci (due conservati a Londra e uno a Cambridge) che traman­ dano due differenti antologie di scritti alchemici greci tradotti in siriaco: un elemento significativo di novità è rappresentato dallo studio del codice Mrn. 6. 29 dell'University Library di Cambridge, finora rimasto inedito (solo una parziale traduzione francese era stata pubblicata da M. Berthelot, R. Duval, La chimie au Moyen Age. 2. L 'alchimie syriaque, Paris 1893). Esistono anche due versioni latine delle opere dello Pseudo­ Democrito (esclusi i cosiddetti Cataloghi) e di Sinesio, la prima edita nella seconda metà del XVI secolo dal dotto calabrese Domenico Pizzimenti; la seconda composta da Mathaeus Zuber agli inizi del XVII secolo e conservata in forma manoscritta dal codice Vindobonensis lat. 1 14 27. Un serrato confronto tra i due excerpta greci dei tPvaudx K'aÌ J-LVanK'a e del Ilepì àm]J-LOV !tolT,aemç e le corrispondenti sezioni nel Corpus alchemico siriaco guidano Martelli nella ricostruzione di ciò che rimane dei quattro libri originari sulle tinture dello Pseudo-Democrito: soprattutto i due libri sulla fabbricazione dell'oro e dell'argento, che costituiscono la parte meglio conservata. Numerose citazioni di ricette appartenenti ai due trattati sono identificate nell'opera di alchimisti successivi allo Pseudo-Democrito: Martelli ripropone il testo di queste sezioni sulla base di una autopsia diretta dei codici e le con­ fronta con quello dello Pseudo-Democrito, per ricostruire fin dove possibile l'originaria struttura dei quattro libri sulle tinture. Un analogo procedimento, basato sul confronto tra l'opera di Sinesio e alcune liste di sostanze tramandate in un ricettario legato al nome del patriarca biblico Mosè (conservato solo da A), permette infine di isolare nuove porzioni del testo pseudo-democriteo, indicate generalmente dalla tradizione indiretta con il termine Ka'tétA.oyot.

La datazione delle opere alchemiche considerate e le possibili identificazioni dei loro rispettivi autori sono accuratamente indagate. Innanzitutto, l'identificazione più volte sostenuta dello Pseudo-Democrito con l'egiziano Bolo di Mende è rifiutata sulla base di un argomento cronologico. Ampio spazio è dedicato comunque alla discussione di Bolo, la cui opera in base alle notizie conservate dalle fonti - non sembra presentare elementi specifici della successiva tradizione alchemica. Martelli insiste anche sulla fama che Democrito ottenne a partire dall'età tardo-ellenistica come esperto in varie 'tÉXvat: la connessione tra l'atomista e alcune abilità artigianali, quali la colorazione di metalli e pietre non viene semplicemente ricondotta alla figura di Bolo di Mende, ma è inserita in una più ampia letteratura pseudo-democritea di carattere tecnico, di cui i libri alchemici costituisco­ no un importante esempio. Uno studio del termine XEtp6Kj.11l'ta, attestato sia per l'opera di Bolo sia negli scritti dell'alchimista Zosimo di Panopoli, mette in evidenza la centralità di -

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tale espressione in numerosi àmbiti tecnici- quali farmacologia, tintura o in genere 'scien­ ze naturali'- che sembrano mostrare numerosi elementi in comune. Ancora sulla base di un argomento cronologico - supportato da una analisi di passi significativi di opere di Sinesio di Cirene - Martelli nega la possibilità di identificare Sinesio, autore del commentario alchemico, con l'omonimo filosofo neoplatonico e vesco­ vo di Cirene. Martelli mette poi in evidenza i principali elementi sia dottrinali sia tecnico-artigianali presenti negli estratti pseudo-democritei e nel commento sinesiano, non rinunciando a inserire tale esame nella più complessa questione della definizione dell'alchimia greco­ egiziana nelle sue fasi più antiche. Particolare importanza è attribuita alla centralità dei processi di tintura- non applicati esclusivamente ai metalli, ma anche alle pietre e ai tessuti - all'interno dei trattati pseudo-democritei e, verosimilmente, di parte della produzione coeva (quella attribuita dalle fonti, sia greche sia siriache, aOstane e a Maria l'Ebrea). La trasformazione cromatica è del resto considerata un elemento centrale nell'analisi di ciò che resta dei quattro libri attribuiti all'atomista, nei quali Martelli sottolinea lo sforzo tasso­ nomico compiuto dall'autore nel tentativo di riorganizzare una complessa tradizione artigianale. Ulteriori elementi sono messi in luce sulla base della testimonianza di Sinesio, che costituisce una fonte essenziale per ricostruire alcune notizie, altrimenti perdute, sulle prime fasi dell'alchimia greco-egiziana: per esempio le testimonianze sullo sviluppo di particolari strumenti, quali l'alambicco. Né vengono trascurati presunti debiti di deriva­ zione orientale - di matrice sia persiana sia egiziana - alla base dell'opera pseudo­ democritea. Tre elementi distinguono la nuova edizione di Martelli da quella di Berthelot-Ruelle. Nell'apparato critico vengono riportati, così come compaiono nei codici, i segni alchemici utilizzati per compendiare il nome delle sostanze. Tale peculiarità della tradizio­ ne manoscritta qui riconsiderata può essere alla base di errori o varianti nella trasmissione degli stessi testi o può portare a diverse interpretazioni del medesimo passo. Ogni simbolo è seguito dall' interpretazione proposta dai precedenti editori o dallo stesso Martelli, qualora egli dissenta dalle esegesi fmora suggerite. Numerose varianti o lezioni peculiari della tradizione siriaca sono registrate nell'ap­ parato, seguite, quando possibile, dalla ricostruzione dell'originale testo greco o, nella maggior parte dei casi, da una traduzione latina delle stesse. La tradizione siriaca è usata o per confortare la scelta di specifiche lezioni della tradizione bizantina o per proporre correzioni congetturali al testo greco. In modo analogo, seppure con minore frequenza, sono citate alcune congetture proposte dai due traduttori latini, Pizzimenti e Zuber. Molta attenzione è dedicata alla tradizione indiretta, di cui Martelli dà notizia negli apparati che accompagnano la traduzione italiana. Il confronto con tale tradizione - spesso fondamentale per ricostruire una fase della trasmissione del testo precedente a quella fissatasi nei codici bizantini- è alla base di vari emendamenti.

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TESTI ALCHEMICI FRA TRADIZIONE GRECA E SIRIACA

Le scelte testuali o i differenti interventi proposti sono discussi nel commento. Qualora si disponga della testimonianza della tradizione indiretta o della versione siriaca, una nuova edizione di questi sezioni (basata sulla ricognizione dei manoscritti) viene proposta prima della discussione sul loro apporto alla ricostituzione dei testi dello Pseudo-Democrito e di Sinesio. Sono inoltre prese in considerazione le proposte degli studiosi che, dopo Berthelot­ Ruelle, si sono occupati di tale collezione di testi alchemici. Uno studio analitico è riservato infme all'interpretazione tecnica delle ricette o dei processi alchemici descritti, spesso proposta col confronto con testi similari, preservati dalla tradizione greca (i papiri alchemici di Leida e Stoccolma, ma anche altre opere del Corpus alchemicum), siriaca o latina (le ricette della cosiddetta Mappae clavicula). I passi sono spesso citati, tradotti e commentati per intero, nel tentativo di offrire al lettore gli strumenti necessari per una corretta comprensione dell'interpretazione proposta. Le sostanze impiegate dagli antichi alchimisti sono interpretate in base a una moderna nomenclatura scientifica, sebbene in molti casi non si riesca a arrivare a una sicura e univoca identificazione. Da qualche anno, e non solo durante i mesi che Martelli ha passato a Parigi, ho seguito con attenzione crescente e da vicino i progressi delle sue ricerche. Evidentemente, il poco che ho potuto apportare al suo lavoro non solo di editore, ma anche di traduttore e di esegeta di questi difficili testi è stato minimo e limitato per lo più a una discussione frut­ tuosa (almeno per me) sulle relazioni dei manoscritti fra loro, su certi punti della constitutio textus e sulla redazione degli apparati. Se dovessi fare un bilancio di chi più ha imparato da questa esperienza comune, non esiterei ad affermare che la bilancia penderebbe dalla mia parte. Non solo Martelli ha una padronanza della letteratura alchemica, della storia di quelle opere e della loro tradizione manoscritta, ma in più egli si è fatto una preziosa esperienza della lingua siriaca. Lo studioso ha presentato una sintesi dei suoi risultati nel capitolo Chymica Graeco-Syriaca. Osservazioni sugli scritti alchemici pseudo-democritei nella

in D. Cevenini, S. D'Onofrio, 'Uyiin al-Akhbiir. 2. Incontri con l'altro e incroci di culture, Bologna 2008,219-249. La conoscenza della lingua e della tradizione siriaca ha portato buoni frutti a Martelli non solo per i testi alchemici, ma anche per una delle opere farmacologiche del medico Galeno di Pergamo. In un articolo recente, Medicina e alchimia. 'Estratti galenici' nel Corpus degli scritti alchemici siriaci di Zosimo, «Galenos» IV (2010) 207-228, egli è ritornato sull'antologia di estratti alchemici conservata nel codice siriaco di Cambridge, University Library Mm. 6.29. Il manoscritto conserva infatti sotto il nome di Zosimo di Panopoli, alcuni testi senza dubbio dipendenti dall'opera liEpì llpauEmç !laÌ ovvapEmç rmv a1l'Àmv rpappallmv, De simplicium medicamentorum temperamento et facultate di Galeno. Martelli descrive accuratamente le quattro sezioni che compongono tali estratti e presenta alcuni specimina del testo siriaco confrontato con l'originale galenico. Egli lavora attualmente all'edizione completa degli estratti in siriaco del liEpÌ llpauEmç llaÌ tradizione greca e siriaca,

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8vvéq.J.emç Tmv cbrlmv rpappaKwv. Il confronto con l'originale greco apporterà senza dubbio un aiuto concreto alla nuova edizione moderna dell'opera, che leggiamo ancora nell'inadeguato testo di Kiihn (XI 379-XII 377). Non so se Martelli avrà voglia, dopo la parentesi consacrata a Galeno, di ritornare per qualche anno ancora agli alchimisti greci. Pur convinto fermamente che nella vita di uno studioso si deve evitare di fossilizzarsi sullo studio di un singolo autore o dominio di ricerca, non posso non formulare l'augurio che egli continui a mettere la sua esperienza al servizio dell'edizione di quei testi. Le persone che si occupano con la necessaria compe­ tenza di alchimia greca non sono molte e non rischiano di aumentare nei prossimi anni. Martelli occupa fra loro una posizione di rilievo. Tiziano Dorandi

PREMESSA

Il presente lavoro nasce dalla rielaborazione della mia tesi di laurea, in cui tentavo una prima ricognizione dei principali codici contenenti gli estratti alchemici pseudo-democritei (Lo Pseudo-Democrito: alle origini dell 'alchimia greca, Bologna 2002), e della disserta­ zione di dottorato in Filologia greca (Zosimo di Panopo/i e Sinesio: due commentatori dell'opera alchemica pseudo-democritea, Bologna 2007), incentrata sull'analisi di alcuni commentari - nello specifico l'opera di Zosimo di Panopoli e di Sinesio- dedicati ai libri attribuiti a Democrito. Una simile indagine ha subito messo in evidenza la ricchezza degli scritti alchemici legati in varia misura al nome di Democrito sia nella tradizione bizantina sia in quella orientale (nello specifico siriaca), materiale che solo in parte ha trovato spazio nel presente volume. La mia attenzione si è focalizzata sui quattro libri sulle tinture, dei quali ho cercato di ricostruire la struttura originaria e di rieditame gli excerpta tramandati dai codici bizantini sotto il nome di Democrito. L'analisi della tradizione indiretta - ovvero dei numerosi passi pseudo-democritei citati dagli alchimisti successivi o inclusi ali 'interno di ricettari anonimi- e del codice siriaco Mm. 6.29 (Cambridge University Library) permette di isolare ampie sezioni attribuite al filosofo atomista di Abdera, i cui complessi rapporti con gli estratti da me riediti devono essere ancora opportunamente indagati. Sono ricorso alla testimonianza della tradizione indiretta solo per meglio interpretare (o editare) tali sezioni o per individuare alcuni lacerti di cataloghi di sostanze attribuibili ai suddetti libri sulla base del confronto col commentario di Sinesio. La fortuna di Democrito alchimista non mancò di produrre un sicuro ampliamento di un più antico (e forse ristretto) nucleo di scritti nel corso della loro tradizione bizantina ed orientale: il materiale che ho raccolto sarà illustrato in un secondo volume autonomo dedicato alla fortuna dell'atomista all'interno delle collezioni di testi alchemici in lingua greca e siriaca, che costituirà - mi auguro - un utile complemento agli estratti qui presi in esame. Nel corso di questi anni di studio, dai miei primi e un po' maldestri tentativi ermeneutici sull'alchimia greco-egiziana alla redazione di questa edizione, ho contratto numerosi e profondi debiti di riconoscenza nei confronti di molti studiosi ed amici che mi hanno aiutato e guidato nei diversi e a volte tortuosi percorsi della ricerca. Senza il loro generoso sostegno - sia nella discussione di numerose problematiche che nella rilettura di consistenti parti del testo - avrei più volte perso il cammino e molti aspetti del presente lavoro sarebbero stati sicuramente manchevoli. Tutte le ingenuità e le lacune che rimangono sono naturalmente da imputare a me solo. Vorrei dunque ringraziare il Profes­ sore Vinicio Tammaro, che nonostante l'estraneità del soggetto rispetto al suo campo di studi, ha accettato di seguire il mio progetto già dalla stesura della tesi di laurea, sempre disposto a discutere i numerosi e spesso spinosi problemi sollevati dalla lettura dei testi qui riproposti. Il Professore Marco Beretta, prodigo di preziosi consigli nei difficili momenti

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PREMESSA

del post-dottorato: egli non solo ha accettato di essere mio supervisore in un secondo dottorato in Storia della scienza, ma mi ha sostenuto e guidato con la sua passione e competenza nella storia della chimica. I membri del Centre Jean Pépin di Villejuif (CNRS UPR 76), che mi hanno accolto con grande affetto e disponibilità durante i miei soggiorni parigini: Michael Chase, con cui ho discusso varie sezioni del libro; Tiziano Dorandi, che non solo mi ha aiutato ad affrontare i vari e complessi problemi filologici sollevati dalla tradizione presa in esame, ma che ha inoltre generosamente accettato di scrivere la prefazione al volume; Sylvain Matton, che fm dai nostri primi incontri mi ha incoraggiato a pubblicare il lavoro nella collana da lui diretta, avendo la pazienza di attendere i miei lenti e faticosi progressi. Ancora a Parigi, inoltre, la mia preparazione ha potuto beneficiare dei preziosi e competenti consigli di Didier Kahn, le cui puntuali osservazioni mi hanno guidato nel difficile lavoro di revisione, Jean-Marc Mandosio e Cristina Viano, con cui ho potuto discutere consistenti parti sia dell'introduzione che del commento. Questo lavoro non avrebbe potuto giungere alla conclusione senza il generoso sostegno di varie istituzioni, nelle quali ho avuta la fortuna di trascorre alcuni periodi di ricerca. Sono particolarmente riconoscente alla Chemica/ Heritage Foundation (Philadelphia) ed al di­ rettore del Beckman Center, il Dottore Ronald Brashear, che mi hanno accordato la M. Edelstein fellowship di nove mesi, durante i quali ho potuto non solo terminare la stesura del libro, ma anche arricchire le mie conoscenze grazie all'intenso scambio con i colleghi e alle proficue discussioni con il Professore Lawrence M. Principe. Una profonda gratitudine e stima mi lega, infme, al Professore Philip Van der Eijk, che mi ha accolto a partire da ottobre all'interno del suo prestigioso progetto sulla medicina antica, dandomi la possibilità di proseguire le mie ricerche presso la Humboldt-Universitat zu Berlin. Un nostalgico ed affettuoso pensiero va, inoltre, ai professori del Dipartimento di filologia classica e medievale di Bologna ed agli amici e colleghi, Lorenzo Biagini, Stefano Caciagli, Sofia Carrara, Marco Ercoles, Rachele Pierini, Daniele Tripaldi, Andrea Villani, che hanno reso i miei anni di dottorato più ricchi ed intensi: grazie in particolare al Professore Camillo Neri, che ha riletto attentamente la mia tesi di dottorato, ed a Stefano Valente, che ha accettato di revisionare le bozze dei testi critici qui proposti. Un immenso debito di gratitudine mi lega, da ultimo, a chi ha saputo restarmi vicino con affetto e comprensione, anche nei momenti in cui ampie distanze geografiche si sono frapposte per periodi prolungati: ai miei genitori, a mio fratello e ad Irene. Berlino, giugno 2011