Rose di Gaza: gli scritti retorico-sofistici e le Epistole di Procopio di Gaza

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Rose di Gaza Gli scritti retorico-sofistici e le Epistole di Procopio di Gaza a cura di

Eugenio Amato

Edizioni dell'Orso Alessandria

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ISBN 978-88-6274-233-7

Indice del volume

Premessa (E. Amato)

p.

IX

Introduzione 1. Dati biografici e cronologia di Procopio di Gaza (E. Amato) 2. La produzione letteraria di Procopio (E. Amato) 3. Discorso figurato ed allegoria cristiana negli scritti retorico-sofistici di Procopio (E. Amato) 4. Procopio e il dies rosarum: eros platonico, agape cristiana e rappresentazioni pantomimiche nella Gaza tardoantica (E. Amato) 5. Procopio TJ001tOtTJTIKoç (G. Ventrella) 6. Procopio panegirista: struttura e topoi del Panegirico per l'imperatore Anastasio (G. Ventrella) 7. L'ideologia imperiale in Procopio (G. Ventrella) 8. Le Epistole (F Ciccolella) 8.1. Le Epistole di Procopio, tra retorica, filosofia e messaggio cristiano 8.2. Procopio e il suo network 8.3. Procopio e il genere epistolografico 9. Edizioni e traduzioni 9.1. Le Epistole (F Ciccolella) 9.2. Gli scritti retorico-sofistici (E. Amato) 10. Nota al testo ed alla traduzione (E. Amato)

1 10 46

56

71 94 107 120 121 134 142 151 155 159

Testo, traduzione e note di commento Op. Op. Op. Op. Op. Op.

I: Dialexis sulla primavera I (E. Amato) II: Dialexis sulla primavera II (E. Amato) III: Dialexis sulla rosa (E. Amato) IV: Etopea del pastore (E. Amato) V: Etopea del mercante marittimo (E. Amato) VI: Etopea di Afrodite (E. Amato)

166 172 180 186 192 196

VI

Indice Op. VII: Etopea di Fenice (E. Amato) Op. VIII: Descrizione dell'orologio (E. Amato) Op. IX: Descrizione dell'immagine (E. Amato) Op. X: Panegirico per lo stratego Asiatico (E. Amato) Op. XI: Panegirico per l'imperatore Anastasio (testo ed apparato di E. Amato e G. Ventrella; traduzione e note di G. Ventrella) Epistole (F Ciccolella, con la collaborazione, per Epp. 166 e 169-174, di E. Amato)

200 204 214 238 240 288

Appendici 1. Coricio di Gaza, Discorso funebre per Procopio (A. Corcella) 2. Prokop: Die Kunstuhr in Gaza 2.1. Einleitung (B. Biibler) 2.2. Fakt oder Fiktion? -Prokops Beschreibung der Wasseruhr in Gaza (A. Schomberg) 3. Prokop von Gaza: Der Gemaldezyklus (B. Biibler)

507 528 528 532 560

Abbreviazioni bibliografiche

619

Tavole

673

Premessa

Meno fortunato dell'omonimo storico di Cesarea, Procopio di Gaza fu non solo maestro di retorica nella locale scuola da lui diretta, ma anche sofista celebre ed apprezzato in tutto l'impero d'Oriente, una delle ultime voci, ma solo in senso cronologico, della sofistica greca. Della fama del retore possiamo intravedere le ragioni nei suoi scritti di apparato, forbiti ed elegantissimi, ma fruibili, all'occorrenza, anche dal più vasto uditorio delle adunanze pubbliche in virtù di un ideale di equilibrato atticismo, capace di corrispondere efficacemente alle esigenze della comunicazione, senza rinunciare per questo a quel diletto estetico che fu tratto indelebile della cultura classica. Ma la voce di Procopio affascina e sorprende ancora oggi. Nei suoi scritti rivive, infatti, una Gaza assai lontana dall'attuale, una città raffinata, ricca di opere di notevole pregio artistico, una città dalla vita culturale vivace, e scenario, alla vigilia della conquista araba, di una convivenza tra popoli e tradizioni differenti, oltre che di un inatteso e sorprendente dialogo tra paganesimo e cristianesimo, tra classicità e attualità, tra periferia e centro dell'impero, una sintesi culturale che spiega il ruolo cruciale svolto dagli intellettuali gazei nel ripensare l'eredità classica e nel consegnarla, attraverso il Medioevo greco, al mondo occidentale. Eppure, rispetto ad una figura così eminente nel panorama letterario tardoantico, la sua produzione cosiddetta "profana" (gli opuscoli retoricosofistici e le Epistole), solo sporadicamente e molto parzialmente tradotta in lingua moderna, continuava a rimanere appannaggio di pochi specialisti del settore, con preclusione ad un'ampia porzione di potenziali fruitori, nonché alla comprensione di numerosi aspetti della cultura greca di età tardoantica a Gaza. Il presente volume, frutto della collaborazione di sei studiosi (filologi, specialisti di letteratura di età imperiale e tardoantica e storici dell'arte), intende colmare tale vuoto, proponendo per la prima volta in lingua moderna la traduzione completa di tutti gli scritti "profani" di Procopio, affiancando ad essi, nel caso degli opuscoli retorico-sofistici, in editio minor, un rinnovato testo greco, che sostituisca in parte quello recentemente edito nella «Bibliotheca Teubneriana» dal curatore stesso del presente volume (in collaborazione, per il Panegirico per l'imperatore Anastasio, con

VIII

Premessa

G. Ventrella) 1• Di tale edizione si ripropone qui il solo apparato delle varianti, su cui è stato costituito e rivisto, espressamente per la presente occasione, il testo degli scritti di Procopio; resta inteso, per il resto, il rinvio costante agli apparati delle fonti e dei loci similes, predisposti ed allestiti per la citata edizione teubneriana, ed in particolare alla Prae/atio, contenente, tra l'altro, la descrizione dei manoscritti e la storia delle edizioni, di cui restano imprescindibili i principi editoriali. Per il testo delle Epistole, in attesa di una nuova edizione critica, si ristampa, debitamente expolitus, quello, per le Epp. 1-166, procurato nel 1963 da A. Garzya e R. J. Loenertz2, e quello, per le Epp. 167, 168 e 169-174, edito rispettivamente da E. V. Maltese3, L. G. Westerink4 ed E. Amato5 • Oltre le note di commento, tentano di contribuire alla comprensione dei testi qui raccolti i saggi introduttivi a cura di Federica Ciccolella, Gianluca Ventrella e del sottoscritto: in essi vengono presentati in maniera completa e dettagliata tutti gli aspetti riguardanti la biografia e la cronologia dell' autore, il contenuto dei suoi scritti, lo stile e la struttura degli stessi, nonché talune delle numerose e rilevanti implicazioni ideologiche e filosofico-religiose, che interessano gli opuscoli e le Epistole di Procopio. Si è deciso, invece, di non indugiare con analisi specifiche sulla lingua e la prosa ritmica di Procopio, aspetti per i quali si dispone già di apprezzabili contributi scientifici per quanto bisognosi di ammodernamenti ed aggiunte varie6.

Procopius Gazaeus. Opuscula rhetorica et oratoria, omnia primum collegit, edidit, apparatu critico instruxit E. Amato, adiuvante G. Ventrella, cum testimoniis et fragmentis (quorum ineditum unum ex Re/utatione Procli institutionis theologicae). Accedunt Procopii et Megethii rhetoris epistulae mutuae sex, Berlin-New York 2009. 2 Procopii Gazaei Epistolae et declamationes, ediderunt A. Garzya et R. J. Loenertz, Ettal 1963. 3 E. V. Maltese, Un'epistola inedita di Procopio di Gaza, «PP» 39, 1984, pp. 53-55. 4 L. G. Westerink, Ein unbekannter Brief des Prokopios van Gaza, «BZ» 60, 1967, pp. 1-2. 5 Amato, Procopius, cit., pp. 125-134. 6 La lingua di Procopio (in particolare per le Epistole) è stata studiata in prima battuta da L. Galante, Studi sull'atticismo, Firenze 1904, pp. 53-124, cui hanno fatto seguito, in tempi più recenti, diversi lavori mirati di G. Matino (Considerazioni linguistiche e testuali sul Panegirico per l'Imperatore Anastasio I di Procopio di Gaza, in U. Criscuolo [ed.], MNEMOSYNON. Studi di letteratura e di umanità in memoria di Donato Gagliardi, Napoli 2001, pp. 375-386; Nota all'epistolario di Procopio di Gaza, «RAAN» 71, ~002, pp. 161-171 [ripreso quasi identico in La lingua delle lettere di Procopio di Gaza, m T. Creazzo - G. Strano (edd.), Atti del VI Congresso Nazionale dell'Associazione Italiana di Studi Bizantini. Catania-Messina, 2-5 ottobre 2000, Università di Catania 2004, pp. 531-541]; Lessico ed immagini teatrali in Procopio di Gaza, in E. Amato [ed.], A. Roduit - M. Steinriick [coll.], Approches de la Troisième Sophistique. Hommages à 1

Premessa

IX

In appendice al volume, la traduzione annotata (la prima in lingua italiana) a cura di Aldo Corcella del Discorso funebre di Procopio ad opera del suo allievo Coricio contribuisce alla ricostruzione della biografia di Procopio, restituendoci un commosso ricordo delle attività del maestro, mentre i due saggi a cura di Balbina Babler ed Anette Schomberg consacrati ad indagare le fonti ed i modelli tecnico-artistici alla base della Descrizione del!'orologio e della Descrizione dell'immagine richiamano l'attenzione e appagano la curiosità dei lettori su due dei capolavori orgogliosamente custoditi ed esibiti a Gaza: l'orologio idraulico, miracolo della meccanica antica, che, collocato nella piazza centrale della città, stupiva i visitatori per i suoi congegni tecnici e la ricca ornamentazione, ed un ciclo pittorico sulle vicende mitiche di Fedra ed Ippolito e su alcuni episodi del III libro dell'Iliade, oggetto di ammirazione ancora nell'ormai cristianizzata Gaza. Il volume che qui si offre al pubblico vuole idealmente accompagnare ed in parte sorreggere la comprensione del citato testo greco edito nella «Bibliotheca Teubneriana»; ad esso farà ben presto seguito un ulteriore volume, a cura di Bastien Kindt e del sottoscritto, per la collana «Corpus Christianorum. Thesaurus Patrum Graecorum» dell'editore belga Brepols, contenente la concordanza lemmatizzata degli scritti di Procopio. Mi sia consentito esprimere il mio più sincero e profondo rigraziamento, che va ben oltre l'espressione di rito, al caro amico e collega, Enrico V. Maltese, il quale ha prontamente accolto il volume nella prestigiosa collana da lui diretta. Un grazie particolare vada, inoltre, ad Aldo Corcella, la cui profonda conoscenza della lingua greca ha fatto sì che fossero evitati taluni insidiosi errori nella traduzione, così come all'associazione francese THAT («Textes pour l'Histoire de l'Antiquité Tardive»), nella persona del suo attuale presidente, Pierre-Louis Malosse e all'Université de Nantes, in partiJacques Schamp, Bruxelles 2006, pp. 482-494). In particolare, sulla lingua del Panegirico, si veda anche M. Minniti Colonna, Prolegomena a una nuova edizione del Panegirico per l'imperatore Anastasio di Procopio di Gaza, in J. Noret (ed.), ANTIMlPON Hulde aan Dr. Maurits Geerard bij de voltooiing van de Clavis Patrum Graecorum, Wetteren 1984, I, pp. 89-99: 97-98; K. Hult, Syntactic Variation in Greek o/ the 5th Century A.D., Goteborg 1990, passim e G. Matino, Procopio di Gaza. Panegirico per l'imperatore Anastasio, introduzione, testo critico, traduzione e commento, Napoli 2005, pp. 31-37 e passim. Quanto alla prosa ritmica, si dispone dell'ottimo contributo di W Horandner, Der Prosarhythmus in der rhetorischen Literatur der Byzantiner, Wien 1981, pp. 74-76 e, per la sola Descrizione dell'orologio, di C. Pernet, Procope de Gaza. La Description de l'Horloge. Traduction, commentaire, lic. diss., Université de Fribourg (Suisse) 2006, pp. 10-16; ma cf. già C. Kirsten, Quaestiones Choricianae, diss., Vratislaviae 1894, pp. 46-59; L. Galante, Contributo allo studio delle epistole di Procopio di Gaza, «SIFC» 9, 1901, pp. 207-236 e C. Kempen, Procopii Gazaei In Imperatorem Anastasium Paneg;yricus, diss. inaug., Bonnae 1918, pp. VIII-Xli.

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Premessa

colare all'EA 4276 («Textes, Langages, Imaginaires I Marges, Modernités, Antiquités»), diretta da Philippe Forest7. Nel consegnare il volume ai lettori, mi sia consentito di accompagnarlo con una preghiera agli stessi, che lo guardino benevoli come un punto d'inizio e non il punto d'arrivo, consapevoli che «fuor del pericolo, ognuno è bravo». Salerno, 11 luglio 201 O

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Eugenio Amato

Gli autori greci, così come le raccolte epigrafiche e papirologiche, sono in genere citati secondo le abbreviazioni del LSJ. Per le restanti abbreviazioni adottate all'interno del volume, si rinvia alle pp. 619-672. Gi opuscoli retorico-sofistici, così come tutti i frammenti di tradizione indiretta di Procopio e le testimonianze su di lui, sono citati secondo la numerazione (ivi compresa quella dei paragrafi e delle linee) della menzionata edizione teubneriana, l'unica completa.

Introduzione

1. Dati biografici e cronologia di Procopio di Gaza

Eugenio Amato

Le uniche fonti, di cui attualmente disponiamo, che ci permettano di ricostruire per grandi linee la biografia di Procopio di Gaza1, sono l'Epita/io scritto in suo onore dall'allievo Coricio2 ed il cod. 160 della Biblioteca di Fozio3, donde dipende l'anonimo autore (Gennadio Scolario?) della Vita Choricii, trascritta nel codice Riccard. gr. 12 (f. 101)4; ad essi vanno aggiunte le informazioni autobiografiche, provenienti dal corpus epistolare di Procopio stesso5 e/o dalle lettere a lui indirizzate da uno dei suoi corrispondenti, il retore Megezio6 . Originario della città di Gaza, dove ricevette la sua prima formazione 7 , Procopio, divenuto ben presto orfano di padre, proseguì i suoi studi, come la maggior parte dei studenti di allora, ad Alessandria8 , sotto la probabile guida, tra gli altri, del filosofo Olimpiodoro il Vecchio9 . Divenuto sofista, si La più approfondita ricostruzione della biografia di Procopio resta quella redatta nel 1957 da Wolf Aly per la RE (Aly, Prokopios). Tutte le testimonianze sulla vita e l'opera di Procopio sono state raccolte per la prima volta insieme da Amato, Procopius, pp. 312. 2 Cf. Choric., op. VIII, 4-5; 9; 12-13; 15; 21; 23-25 e 47-49 Foerster-Richtsteig = Procop. Gaz., TI; III-VI e X-XI Amato. Su tale epitafio molto utili sono le analisi condotte da Corcella, J;Epita/io e da Westberg, Celebrating, pp. 101-115. Utile per la ricostruzione degli anni della vecchiaia di Procopio si mostra anche l'argumentum di Choric., op. XI (p. 151, 1-5 Foerster-Richtsteig) = Procop. Gaz., T XIII Amato. 3 Cf. Phot., Bibl. cod. 160, 102b, 42-103a, 6 Henry = Procop. Gaz., T XIV Amato. Sul codex in generale di Fozio, vedi l'analisi di Amato, The Fortune, pp. 270-274 e 287-289. 4 Il testo per intero di tale Vita, trascritto e tradotto dal Paris. gr. 2967 (f. 100), copia del Riccardiano, si legge in Amato, The Fortune, pp. 287-289, cui si rinvia anche per la relativa discussione delle fonti. 5 Di grande rilievo, da questo punto di vista, sono in particolare le Epp. 31; 38; 46; 72 e 114 Garzya-Loenertz e l'Ep. I Amato. 6 In particolare, l'Ep. 166 Garzya-Loenertz e le Epp. II e VI Amato (tradotte e commentate in Amato - Corcella, oltre che infra, pp. 431 e 437). 7 Su Gaza in età tardoantica, vedi Meyer, History, pp. 59-69; Glucker, The City, pp. 4351; Médebielle, Gaza, pp. 11-19; Saliou, Gaza de 407. 8 Per una ricostruzione della vita studentesca nel tardoantico, con particolare riferimento all'area siro-palestinese, vedi Poggi, Severo; Blazquez, La vida (I); Blazquez, La vida (II). In generale, sulla scuola di Alessandria, vedi ora Watts, City, pp. 204-231. 9 Tale, almeno, è l'ipotesi di Kustas, Studies, pp. 7, n. 3 e 105-107, seguito da Litsas, 1

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Introduzione

consacrò ancora giovane all'insegnamento della retorica - capitando pure che tra i suoi studenti vi fossero taluni coetanei -, prima in Panfilia ed a Cesarea, quindi a Gaza, dove successe, verso il 491/495, al ben noto Enea di Gaza - il quale fa probabile esplicita menzione di Procopio in una delle sue lettere, appellandolo eµòc; TipoK61ttoç10 - nella direzione della celebre scuola locale di retorica 11 • Invitato a professare il suo insegnamento in altre rinomate città dell'Impero (tra cui Antiochia, Beirut e Tiro), è a Gaza che Procopio decise di stabilire la propria attività - arrivando per questo a ricevere forse un salario pubblico12 - fino ad età avanzata, allorché preferì ritirarsi a vita privata, decidendo probabilmente di non esibirsi più in pubblico e stimando giusto di vedere succedergli alla testa della scuola il suo stesso allievo, Coricio 13 • Choricius, pp. 7, n. 2 e 302, n. 22, sulla base di Choric., op. VIII, 15 (p. 114, 23-115, 3 Foerster-Richtsteig) = Procop. Gaz., T IV Amato. Su Olimpiodoro, maestro anche di Proda, da non confondere con l'omonimo più famoso allievo di Ammonio, vedi Saffrey, Olympiodoros. 1 Cf. Ep. 19 Massa Positano = Procop. Gaz., T XV 0 Amato, donde si evince che un certo Procopio è stato probabilmente ammesso alla scuola di Enea, su raccomandazione del medico Gessio; a costui Enea raccomanda, a sua volta, l'ammissione nella propria scuola di medicina del figlio di un certo Elpidio. Dubbi sull'identificazione del primo dei due giovani studenti con Procopio di Gaza sono espressi, forse a torto, da Massa Positano, Enea, p. 111. Nulla esclude, infatti, che Procopio abbia potuto inizialmente studiare a Gaza proprio sotto la guida di Enea, maggiore di età, per poi trasferirsi, come il suo maestro, ad Alessandria, dove apprese la filosofia. Per la cronologia, quanto mai incerta, di Enea, la cui nascita è probabilmente da collocarsi al più tardi nel 445 ca., ed una ricostruzione della sua biografia, vedi Segonds, Ainéas, pp. 82-84. Del tutto erronee sono le ipotesi cronologico-biografiche di Massa Positano, Enea, p. 7, n. 1 e di Minniti Colonna, Enea, pp. VII-VIII, le quali fanno di Procopio un coetaneo tout court di Enea. 11 Cf. Duneau, Les écoles, p. 263. Sulla scuola di Gaza, oltre Duneau (pp. 251-278), si veda Stark, Gaza, pp. 631-636; Seitz, Die Schule, pp. 1-9; Abel, Gaza, pp. 5-8; Balazs, A gazai iskola, passim; Downey, The Christian; Downey, Gaza, pp. 99-116; Kennedy, Greek Rhetoric, pp. 169-177; Wilson, Scholars, pp. 30-33; Glucker, The City, pp. 51-57; Ciccolella, Cinque poeti, pp. 121-126. 12 Se così si interpreta la richiesta di aiuto finanziario, che si legge in Ep. 84 GarzyaLoenertz. Vedi in proposito ancheJones, The Later, II, p. 998 e III, p. 333, n. 30. 13 Non certo Marciano - vescovo di Gaza almeno dal 530 al 549 (cf. Saliou, Gaza, pp. 398-400), cui Coricio stesso dedica ben due elogi (opp. I-II Foerster-Richtsteig) -, così come erroneamente supposto da Litsas, Choricius, pp. 12, 68, 308 e da Ashkenazi, Sophists, pp. 200-201, sulla base dell'elogio dello stesso (op. VIII, 52-54 Foerster-Richtsteig), inserito da Coricio subito dopo le lodi di Procopio nel discorso funebre in suo onore. Che lo tEpEuç, apostrofato in tali paragrafi da Coricio, sia Marciano, è ipotesi che risale a Graux (CEuvres, p. 27, n. 16), seguito da Kirsten (Quaestiones, pp. 8-9) e da Wiirthle (Die Monodie, pp. 101-102). Questa identificazione, pressoché unanimemente accolta (vi si era opposto il Draseke, Prokopios, p. 85, il quale vi intravedeva piuttosto il

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1. Dati biografici e cronologia di Procopio

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Procopio ebbe tre fratelli (Filippo 14 , Vittore 15 e Zacaria 16 ), cui volentieri vescovo Cirillo, ma ciò solo per sostenere una datazione più alta, da lui stesso proposta, della nascita di Procopio [450]), è dichiarata ora incerta da Saliou (I:orateur, pp. 176177, n. 138), i cui argomenti, però, non sembrano convincenti. 14 Stando ad Ep. 6 Garzya-Loenertz, Filippo («Philippus 7», PLRE II, pp. 875-876) era funzionario imperiale a Costantinopoli insieme al fratello Zacaria: fu forse impiegato nella cancelleria (cf. Ep. 59 Garzya-Loenertz), non trascurando probabilmente neppure l'avvocatura (cf. Ep. 47 Garzya-Loenertz). 15 Procopio indirizza a Vittore («Victor 6», PLRE II, p. 1159) la sola Ep. 28 GarzyaLoenertz. Un Vittore («Victor 7», PLRE II, p. 1159) compare, insieme ad uno Stefano e ad un Giovanni, in Aen. Gaz., Ep. 11 Massa Positano, come membro del «circolo di dotti, amici di Enea» (Massa Positano, Enea, p. 90), facente capo al consularis Mariniano. 16 Molte delle lettere dell'epistolario di Procopio sono indirizzate al fratello Zacaria («Zacharias 1», PLRE II, pp. 1193-1194), dalle quali risulterebbe un retore (Epp. 18 e 38 Garzya-Loenertz), che divenne funzionario a Costantinopoli presso il consistorium imperiale insieme ad un altro fratello, Filippo (Ep. 45 Garzya-Loenertz), esercitando, altresì, la professione di giudice (Ep. 154 Garzya-Loenertz). Da Ep. 12 risulta pure che Zacaria fu probabilmente governatore a Rodi (èipxrov: praeses insularum), forse prima di trasferirsi a Costantinopoli. Incerta è l'identificazione, proposta, tra gli altri, da Krumbacher (Geschichte, p. 432), Russos (Tpeiç I'a{aioi, pp. 48-51), Kriiger (Zacharias, col. 593) ed in particolare da Honigmann (Patristic, pp. 194-204), con l'omonimo scrittore gazeo, Zacaria Scolastico o Zacaria Retore (465/466 - 536 ca.), vescovo di Mitilene, autore, tra l'altro, del dialogo intitolato Ammonio, di una Re/utatio contro i Manichei, di una Historia ecclesiastica e della Vita di Severo (il patriarca di Antiochia). I problemi maggiori, che si oppongono a tale identificazione, sono di natura essenzialmente cronologica; essi sono stati discussi nel dettaglio da Sikorski (Zacharias, p. 2) e da Minniti Colonna, Zacaria, pp. 17 -20: Zacaria stesso testimonia nella propria Vita Severi (p. 95 Kugener) di un malanno (forse la morte) occorso al padre, subito dopo il suo rientro a Gaza, nell'estate del 491, a seguito del quale egli dovette trasferirsi a Costantinopoli, per poter esercitare con maggiori profitti la professione di avvocato e fare fronte così alle difficoltà economiche della sua famiglia. Tale informazione è assolutamente inconciliabile con la notizia fornita da Coricio (op. VIII, 4, p. 110, 22-23 = Procop. Gaz., T I Amato), per la quale il padre di Procopio si spense quando costui era ancora un bambino (7tCxtOiov). A ciò si aggiunga il dato, alquanto curioso, del silenzio completo su Procopio da parte di Zacaria Scolastico, il quale pure menziona nella Vita Severi avvenimenti vari legati alla propria famiglia ed ai suoi illustri concittadini di Gaza (ad es., Enea); in particolare, egli cita (p. 39 Kugener) il nome di un fratello, Stefano, che studiò lettere e medicina ad Alessandria, abbracciando, poi, la vita monastica, del quale non vi è traccia alcuna nell'epistolario di Procopio. Resta, dunque, da escludere che Zacaria Scolastico sia lo stesso Zacaria, fratello di Procopio. Tale identificazione contrastata in passato già da M. A. Kugener ap. Kriiger, Zacharias, coll. 594 e 597 ed in GGL, p. 1033 - è data, tuttavia, come probabile ancora di recente da Cavarra, Le città, p. 143; Pummer, Early, p. 232 e da Horn, Asceticism, p. 157. Il fratello di Procopio, cui vi sarebbe allusione, secondo Foerster - Richtsteig (Choricii, p. 564, s.v.), anche nel discorso funebre di Coricio (op. VIII, 31, p. 121, 9 Foerster-Richtsteig = Procop. Gaz., T

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Introduzione

indirizza le sue lettere, e probabilmente anche una sorella17 ; condusse una vita semplice, lontana dai piaceri mondani, impegnata al servizio di poveri e malati. Egli godette, inoltre, di un prestigio notevole a Gaza ed anche oltre, non solo in qualità di retore (nel senso di professore di retorica), ma anche in quello di conferenziere pubblico (crocj>tcr't'T)ç) e di oratore ufficiale, come dimostrano i suoi due panegirici per la laureata imago dell'imperatore Anastasio e per il dux Asiatico ed i vari discorsi (declamazioni, dialexeis, etopee, epitalami, ekphraseis, ecc.) recitati nella sua città natale ed altrove 18 , in occasione di feste pubbliche e private o per l'inaugurazione di opere d'arte: il pubblico, che assisteva numeroso alla pubblica lettura dei suoi discorsi, arrivava finanche a richiederne, con entusiastica ammirazione ed una certa inIX Amato [dove, per distrazione, alla l. 3 si legge 'tÒV IlpoK6mov in luogo di 'tOU IlpoKo1tiou]), è forse da identificare con il µqaÀ.01tpE1tÉa'tCX'tOç Zaxapiaç ò raça'ioç, dedicatario in parte di uno dei componimenti di Giovanni di Gaza (anacr. 2 Ciccolella): vedi Honigmann, Patristic, p. 201, n. 4; giustamente più dubbiosa Minniti Colonna, Zacaria, p. 17, n. 24. 17 Ciò è quanto si ricava dalla lettura di Choric., op. VIII, 31 (p. 121, 12 Foerster-Richtsteig = Proc. Gaz., Test. IX Amato) e di Ep. 9 Garzya-Loenertz. Erroneamente Hercher (Epistolographi, p. 561) e, più di recente, Matino (Procopio, p. 14) hanno ritenuto di riconoscere in Ep. 31 Garzya-Loenertz l'allusione ad una consorte di Procopio, laddove, invece, è chiaro che si tratta della sorella dello stesso Procopio o, comunque, di una sua parente. Parimenti errata è l'ipotesi di Christou, llpo,c6moç, col. 616, secondo cui Procopio avrebbe avuto dei figli: tale supposizione si fonda su un'interpretazione letterale errata di alcuni passaggi delle Lettere (cf. in particolare Epp. 54, 2; 87, 15-16; 148, 1 e 162, 16-17 Garzya-Loenertz) e dell'Epita/io di Coricio (p. 112, 18 et 126, 10-13 Foerster-Richtsteig = Procop. Gaz., T III e X Amato), in cui col termine 1ta'i6Eç, yovai, YEVVTJµam ci si riferisce alla produzione letteraria di Procopio stesso (vedi Litsas, Choricius, pp. 8-9). In precedenza, anche Aly (Prokopios, col. 262) aveva concluso, sulla base di Epp. 125 e 164 Garzya-Loenertz, che Procopio avesse potuto avere moglie e figli: l'ipotesi è nuovamente errata, in quanto in suddette epistole vi è riferimento ai congiunti del destinatario (Gessio) e non di Procopio. Del tutto impossibile è, infine, sostenere con certezza che il giovane Procopio, per il quale Coricio compose uno dei suoi epitalami (op. VI Foerster-Richtsteig), sia da identificare con il nipote del nostro, così come vorrebbe Aly, Prokopios, coll. 272-273; contra, Haury, Zur Beurteilung, pp. 20-29, per il quale il giovane laudandus sarebbe piuttosto da identificare con Procopio di Cesarea (che quest'ultimo abbia potuto studiare inizialmente a Gaza è ipotesi probabile, variamente condivisa: vedi Balazs, A gazai iskola, passim; Downey, Christian, p. 314; Downey, Constantinople, p. 156; Downey, Ancient Antioch, p. 112; Evans, Procopius, pp. 31-32; dubbi sono, tuttavia, espressi, tra gli altri, da Cameron, Procopius, pp. 5-6 e Mordechai Rabello, Giustiniano, p. 158; per una messa a punto, vedi Greatrex, Stepha-

nus). 18 È da supporre, infatti, che la Monodia di Antiochia (F I Amato) sia sta letta nella città di Siria.

1. Dati biografici e cronologia di Procopio

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sistenza, copie da diffondere all'esterno o da passare in prestito al pubblico assente 19 • Va in tal senso, ad es., una delle epistole indirizzate a Procopio dal citato Megezio (Ep. 166 Garzya-Loenertz = Procop. Gaz., T XXVII Amato): Quando, recentemente, hai dato lettura tra noi della tua orazione funebre, a tal punto mi sono deliziato del tuo miele attico, da ritenere che il Musegete in persona, assieme alle Cari ti, avesse messo mano con te ali' orazione. Di fatto, ad ogni singola tua parola io e quanti erano ad ascoltare riempimmo il teatro di applausi, ciascuno gridando forte come Stentore. Rientrati che fummo poi in città, ecco che più si estendeva l'ammirazione per te, e i tuoi aurei scritti erano sulla bocca di tutti. Li si giudicava, mettendoli a confronto l'uno con l'altro, giacché nulla vi è che stia loro alla pari, senza riuscire a concludere a quale occorresse più di ogni altro tributare la palma della bellezza. A tal punto fuoriuscivano da ogni parte pari grazie20 . Poiché, dunque, quanti, per i vari impegni, non ebbero la sorte di ascoltare l'orazione pregavano di poter gustare, attraverso me, il tuo miele attico, spedisci l'orazione, ben certo che, una volta incoronatala con nuove mille elogi, te la rispediremo subito indietro.

L'incanto, suscitato nel pubblico dall'arte della parola di Procopio, è confermato parimenti da Coricio, il quale fornisce al contempo una compiuta descrizione dell'attività del maestro nel campo dell'insegnamento della retorica (op. VIII, 7-9 Foerster-Richtsteig = Procop. Gaz., T II-III Amato) 21 : Sono due, in effetti, gli elementi in base ai quali si giudica la capacità di un maestro di eloquenza: saper impressionare l'uditorio con il senno e la bellezza dei discorsi, saper introdurre i giovani ai misteri degli antichi autori[. .. ]; ma egli, per naturale disposizione e in virtù di faticoso studio, sapeva illustrare con cristallina esattezza, quasi che avesse egli stesso contribuito al processo creativo di ciascun autore, le opere di tutti. 8. Tale era nello spiegare; e nell'ascoltare gli elaborati dei giovani22 ? Non v'era parola estranea all'uso attico che gli sfuggisse, né idea

Vedi al riguardo Amato - Corcella, p. 3 e n. 10 e Amato, 'Pljw1p, p. 274. Si integra qui la lezione ou'tro 7tOV'tCXX00Ev: vedi infra, p. 501, n. 803. 21 Sul passo, vedi le analisi di Corcella, J;Epita/io, pp. 145-147 e di Westberg, Celebrating, pp. 106-108; cf. anche Walden, The Universities, pp. 210-211; Browning, Teachers, p. 98 e Ashkenazi, Sophists, pp. 205-206. 22 Differente è l'interpretazione del passo offerta da Browning, Education, p. 860, per il quale le parole 1tpòç OÈ 't1)v 't µTJOÈ o~q>, 'totç "Apmç 1tmmv, àUà AtKit KaÌ 0ɵt6t àva0TJµa Ka0apòv 6vrov). Commentando il passaggio, Russell-Wilson ammettono il loro imbarazzo: «What sword is this? Can apparently sometimes stand for the ius gladii: Philostr. VA 4. 42, TtyEÀ.À.tvoç ucp' q> 'tÒ l;ioç iìv 'tO'U NÉprovoç. But àva06>µEv suggets that M(enander) envisages an actual sword» (Russell- Wilson, Menander, p. 330, ad!.). Un corretta interpretazione è suggerita, al contrario, da Garda - Gutiérrez, Menandro, p. 223, n. 260, per i quali Menandro nel passo in esame «[p]arece riferirse a una espada empleada en el ritual de salutacion». Il parallelo procopiano, così come da noi inteso, viene felicemente a sostenere tale interpretazione. 39 Non mancano, tuttavia, ulteriori divergenze rispetto al modello ideale menandreo: è stato notato, ad es., che la sezione del Panegirico consacrata all'elogio delle azioni dell'imperatore in tempo di pace (§§ 11-21) rispecchia un ripartizione, che non è quella suggerita da Menandro, vale a dire secondo l'ordine delle quattro virtù cardinali, bensì

2. La produzione letteraria di Procopio

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Per il resto, la struttura dell'orazione di Procopio si conforma sostanzialmente alle regole del l3amì..t1Còç wyoç teorizzate da Menandro il Retore39 , di cui riproduce lo schema e la linee di sviluppo generali così come numerosi dei 't61tot letterari, delle espressioni stilistiche ed anche degli atteggiamenti ideologici da lui consigliati ali' oratore: il sovrano presentato come un benefattore dei sudditi, un valoroso soldato ed un modello di virtù; il suo regno paragonato alla mitica età dell'oro; il numero infinito delle sue gesta e delle sue azioni. Si tratta di una batteria di 't07tOt, che ritroviamo differentemente dispiegata anche in Elio Aristide, in Libanio, in Sinesio ed in Temistio, i cui discorsi in onore dei vari imperatori di turno costituiscono un punto di riferimento continuo e quasi obbligato per Procopio. Il Panegirico di Procopio, conosciuto ed utilizzato fin già dai suoi contemporanei (è il caso, ad es., di Ennodio40 ), finirà, a sua volta, per rappresentare un modello imprescindibile per gli scritti di taluni autori di età bizantina, quali il Discorso per l'imperatore Alessio Comneno di Teofilatto d'Acrida, l'Encomio di Manuele II Comneno di Simeone di Tessalonica, il Discorso per l'imperatore Isacco Angelo di Niceta Coniata, l'Epita/io per Giovanni Duca di Giorgio Acropolita e la Vita di Basilio I da attribuire senz'altro a Costantino VII Porfirogenito41 . Non è forse un caso, da questo secondo una suddivisione amministrativa (vedi Alexander, Secular, p. 194-209: 199 e Minniti Colonna, Prolegomena, p. 92; cf. anche Viljamaa, Studies, pp. 102-104, il quale offre un confronto tra la disposizione delle azioni di pace di Anastasio in Procopio e quella che ritroviamo nel Panegirico di Prisciano e nei frammenti del panegirico anonimo di PVindob. 29788 A-C, dallo studioso finlandese stesso attribuiti agli Isaurica di Cristodoro [contro tale attribuzione vedi, tuttavia, Livrea, Pamprepio e McCail, P Gr. Vindob.]); risultano, inoltre, del tutto assenti le sezioni, ugualmente raccomandate da Menandro, riguardanti i 0auµama relativi alla nascita dell'imperatore (vedi Minniti Colonna, Prolegomena, p. 91; Westberg, Celebrating, pp. 55, 61-62), la sua discendenza (vedi Chauvot, Procope, p. 114), la descrizione delle sue fattezze fisiche al fine di esaltarne la bellezza, l'elogio dell'imperatrice, cui Procopio accenna solo fugacemente in§ 23, il paragone con personaggi mitici, quali Eracle o Achille, con cui mettere maggiormente in evidenza le doti del sovrano (vedi Minniti Colonna, Prolegomena, p. 91); ecc. Non si capisce, dunque, come possa concludersi tout court che il piano del Panegirico procopiano rilevi la più stretta aderenza allo schema menandreo (così Seitz, Die Schule, p. 48; Kempen, Procopii, p. XIV, condiviso espressamente da Matino, Procopio, p. 25; Previale, Teoria, pp. 87-88, il quale arriva finanche ad indicare la presenza sezioni canoniche, in realtà assenti in Procopio!). Molto più sensato al confronto il giudizio di Chauvot, Procope, p. 114, per il quale «Procope n'a donc pas été prisonnier d'un plan préétabli; il s'est servi d'un canevas, et, à partir de celui-ci, a distribué la matière à traiteD>. Comunque, per un esame dettagliato della struttura del nostro Panegirico col richiamo alle fonti, vedi infra, cap. 6. 40 Vedi Rota, Su un passo, p. 145; Rota, Magno, p. 72. 41 Vedi Alexander, Secular, pp. 198-199; Portmann, Geschichte, pp. 195-198; Gallina, Genere, p. 193 e n. 19; cf. anche Valdemberg, Le idee, p. 70. Per l'attribuzione a Costantino della Vita Basilii, contenuta nel V libro del cosiddetto Teophanes Continuatus, vedi Rambaud, I:Empire, pp. 137-164; Hirsch, Byzantinische, pp. 225-267 e, più di recente, Sevcenko, Storia, pp. 99-100.

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Introduzione punto di vista, che, nel XII secolo, Ps.(? )-Gregorio Pardo (Ilt:pì crov-rac;. p. 127, 2228 Kominis [p. 320, 187-321, 192 Donnet] = Procop. Gaz., T XXII Amato) annoveri Procopio tra i modelli più ragguardevoli per il genere del panegirico. Il fatto che Procopio menzioni, al§ 23, l'imperatrice Ariadne come ancora in vita, lascia supporre che il Panegirico fu redatto prima del 515, anno di morte della stessa42. L'allusione, poi, ai§§ 7 e 19, rispettivamente alle vittorie riportate sulle tribù arabe dei Kinditi e dei Ghassanidi, con i quali Anastasio concluse un trattato di pace nel 50243 , ed al restauro del porto di Cesarea, avvenuto probabilmente sempre nello stesso anno44, quanto il suo insistere sul clima generale di pace, che regnava finalmente nell'impero, fanno concludere che il Panegirico fu composto verso la primavera del 5024 , vale a dire a seguito del menzionato trattato di pace e prima del-

Cf. Marcellin., Chron. s.a. 515 con Hartmann, Ariadne e PLRE II, pp. 140-141. La data del trattato di pace è testimoniata da Theophan., Chron. I, p. 144, 3-6 de Boor, su cui vedi Chauvot, Procope, p. 135; Shahid, Byzantium, pp. 4-12; Haarer, Anastasius, pp. 29-47. Lo storico arabo al-Ya'qubi ci informa, inoltre, che i Ghassanidi si stanziarono, con espresso consenso di Anastasio, tra la regione posta tra Damasco e Bostra (cf. Ya'qubi, Ta'rikh, pp. 147-148 al-waraq [http://alwaraq.com]). Su tale stanziamento, vedi Sauvaget, Les Ghassanides; Sartre, Trois études, pp. 177-188; lnnes McAdam, Settlements; Zeyadeh, Settlement. 44 Probabilmente subito dopo lo tsunami, che interessò la fascia costiera del territorio palestinese: vedi Hohlfelder, Anastasius, con richiamo alla bibliografia precedente; cf. anche Raban - Holum, Caesarea, passim, in part. pp. 368, 375-378 e 656-658 e Kingsley, Specialized, II, pp. 295-296. 45 Tale è l'ipotesi anche di Chauvot, Procope, pp. 96-97, condivisa da Matino, Procopio, pp. 28-29; ma vedi già Kempen, Procopii, p. XXV(« ... haud [. .. ]multo post a. 501»), seguito da GGL, p. 1029, da Aly, Prokopios, col. 259 e da Cameron, Porphyrius, p. 154. In precedenza, il Kirsten (Quaestiones, p. 12), seguito da Valdemerg (Le idee, p. 69), aveva pensato ad una data successiva al 512 (e precedente al 515), in quanto nel Panegirico vi è una chiara allusione (§ 21) alla fortificazione da parte di Anastasio - pace Croke, The Date, che attribuisce all'imperatore la costruzione originale di tale difesa del cosiddetto Muro Lungo (Mmcpòv 'tdxoç), che egli datava appunto al 512. In tal caso, però, come notato per primo dal Kempen (Procopii, pp. XXII-XXV), mal si spiegherebbe il silenzio da parte di Procopio su eventi precedenti tale data e di notevole interesse per la politica di Anastasio, quali l'edificazione della fortezza di Dara negli anni 505-507 (su cui, vedi Capizzi, I:imperatore, pp. 216-221; Stein, Histoire, pp. 99-101; Greatrex - Lieu, The Roman, p. 74; Haarer, Anastasius, pp. 67-70) e la guerra contri i Persiani tra il 502 ed il 506 (su cui, vedi infra). Come che sia, si è attualmente d'accordo sul fatto che la ricostruzione del Muro Lungo avvenne nel 500 ca. e non già nel 512 (vedi Bury, History, I, pp. 435-436; Capizzi, I:imperatore, pp. 202-204; Stein, Histoire, p. 89; Whitby, The Long Walls, pp. 560, 579-580; Chauvot, Procope, pp. 131-132; Haarer, Anastasius, pp. 106-109; Meier, Anastasios, pp. 141-147); il che fa del tutto cadere l'ipotesi di Clinton (Fasti, Il, p. 325, n. s) e di Seitz (Die Schule, p. 9), i quali, per parte loro, attribuendo l'operazione di ricostruzione delle mura al 507, proponevano di datare lo scritto procopiano tra il 508 ed il 515 (sulla stessa linea si era sostanzialmente mosso in precedenza il Del Furia, il quale propendeva per una data tra il 508 ed il 509: cf. Del Furia, Procopii, ff. lOv e 12r; Del Furia, De' sofisti, pp. 111; ad una data tra il 512 ed il 42

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2. La produzione letteraria di Procopio

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l'inizio tanto delle ostilità con i Persiani, che ebbero luogo tra agosto del 502 e novembre del 50646 , quanto delle lotte, a partire dal 506, contro i vescovi calcedoniani47_ Comunque sia, il Panegirico di Procopio, in coppia con quello analogo di Prisciano (pronunciato successivamente nel 513/51448 ), pur alla luce delle evidenti semplificazioni storiografiche49 , volte ad enfatizzare i meriti del laudandus e come tali richieste dal genere letterario di appartenenza50 , costituisce un'importante fonte di 515 pensa, invece, Valdenberg, Le idee, p. 69 e n. 3, ma senza reali argomenti). Elementi utili per la datazione del Panegirico per Anastasio vengono, tra l'altro, anche dall'allusione in esso (§§ 9-10 e 13) alla vittoria sugli !sauri ed all'abolizione del chrysargyron nel 498 (per la cronologia di tali avvenimenti, vedi Bury, History, pp. 432-433 e 441; Capizzi, Uimperatore, pp. 89-100 e 148-150; Stein, Histoire, pp. 81-84; Karayannopoulos, Das Finanzwesen, pp. 129-137; Chauvot, Procope, pp. 148-154; Haarer, Anastasius, pp. 26-28 e 194-197; Meier, Anastasios, pp. 118-136), così come alle soppressioni delle venationes (§ 15) e delle pantomime(§ 16), avvenute rispettivamente nel 499 (vedi Capizzi, Uimperatore, p. 241; Stein, Histoire, p. 79; Chauvot, Procope, pp. 16-164; Haarer, Anastasius, p. 228; Meier, Anastasios, pp. 167-170 e, in particolare, Epplett, Anastasius) e nel 502 (vedi Bury, History, p. 438; Capizzi, Uimperatore, p. 241, n. 31; Chauvot, Procope, pp. 163-166; Trombley- Watt, The Chronicle, pp. xvi-xvii; Haarer, Anastasius, p. 228; Webb, Demons, pp. 147-150). 46 Per una ricostruzione recente di tale conflitto, con un'antologia delle fonti storiche antiche, vedi ora Greatrex - Lieu, The Roman, pp. 62-77; cf. inoltre Stein, Histoire, pp. 92101; Haarer, Anastasius, pp. 47-65; Meier, Anastasios, pp. 174-222. Per Haarer, Anastasius, p. 278, il silenzio di Procopio sui Persiani non fornisce alcun elemento utile per la datazione del Panegirico, che la studiosa colloca di conseguenza tra il 503 ed il 504. 47 Per un quadro dettagliato ed aggiornato, vedi Meier, Anastasios, pp. 250-288; cf. inoltre Charanis, Church. 48 Nel 513 ritengono Chauvot, Observations; Chauvot, Procope, pp. 98-107 e Coyne, Priscian, pp. 7-16; nel 514, invece, Ballaira, Un'omelia. Di recente, però, è stato proposto di retrodatare il Panegirico di Prisciano all'inizio del 502 da Haarer, Anastasius, pp. 272-277, la quale ritiene anche che il Panegirico di Procopio sia posteriore a quello di Prisciano; ipotesi questa affatto condivisibile: se, infatti, Prisciano menziona (vv. 10-15) espressamente Pompeo Magno come antenato di Anastasio, Procopio (§ 3) mostra un certo imbarazzo nell'indicare gli antenanti del nuovo imperatore, mostrando, così, di ignorare che tra questi vi fosse Pompeo (sugli ascendenti di Anastasio, che ebbe anche un nipote e due pronipoti di nome Pompeo, vedi Chauvot, Procope, p. 177). Ne consegue - come giustamente rilevato da Tissoni, Cristodoro, p. 22 (il quale, però, per la datazione del Panegirico di Prisciano, accoglie ancora la data del 503, sostenuta da Bury, History, II, p. 12, n. 2 e da Cameron, The Date) - che Procopio non conoscesse affatto il Panegirico di Prisciano (ma neppure la Descriptio di Cristodoro [vv. 401-404], scritta non molto dopo il 503 ed in cui Anastasio è ugualmente fatto discendere da Pompeo Magno). 49 Ad es., come opportunamente rilevato da Whitby (Long Walls, p. 578), dalle parole, con cui Procopio elogia il Muro Lungo (§ 21), si potrebbe evincere che Anastasio sia stato l'ideatore della sua stessa edificazione e non già della sola fortificazione. 50 Vedi Giardina [- Silvestrini], Il principe, pp. 604-613.

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Introduzione notizie per la ricostruzione del personaggio dell'imperatore Anastasio, delle sue opere pubbliche e dei suoi interventi in materia fiscale a favore dei sudditi51 .



Il Panegirico per il generale Asiatico (op. X Amato: (§ scena del pastore, dei servitori e dello stesso Eracle non vada interpretata come un'abile allegoria cristiana (per l'allegoria Eracle-Gesù Cristo, vedi Pfister, Heracles; Simon, Hercule, pp. 49-71 e 180-184; Aune, Herakles; cf., inoltre, Amato [- Ventrella], pp. 1112; in generale, sul compito di guida delle ekphraseis nel disvelare i simboli allegoricointellettuali presenti, talora, nelle opere d'arte, vedi James - Webb, 'To Understand'; Webb, The Aesthetic, pp. 64-70; Nelson, To Say; Boorsock, Rhetoric; J ames, Art; per le ricadute nella poesia tardoantica, vedi Agosti, Poemi, pp. 139-141; Agosti, Nonno, pp. 209-214; Agosti, Immagini, pp. 355-361). Dal punto di vista iconografico è, comunque, da segnalare la presenza in un tiaso dionisiaco (ove compare, tra gli altri, anche Pan) di Eracle trasportato da un pastore con in mano una verga: il parallelo è segnalato da Talgam, The Ekphrasis, pp. 221-223 e fig. 7, la quale vi riconosce un'allegoria del benessere e della gioia della vita. 84 Tale collocazione non è, però, pacifica, in quanto dal testo di Procopio potrebbe anche supporsi che le figurine dei due schiavi stessero in acroterio attorno a Diomede. 85 Secondo Pernet (Procope, pp. 89-90), il quale rinvia per i paralleli a TGL V, coll. 2492-2494 (s.v.), col termine owov Procopio farebbe riferimento propriamente al pesce, che si acquistava appunto all'alba. Si tratta di un'interpretazione, che non si appoggia, tuttavia, su alcun dato certo. 86 Potrebbe qui nascondersi un'allusione al bagno preso da Eracle alla fine della fatica relativa alla pulizia delle stalle di Augia. Dal punto di vista iconografico, tale motivo ricorre, ad es., in alcune anfore del V sec. a.C. e su alcune monete di età imperiale (cf. Boardman, Herakles, p. 797 [n° 1322 e 2304]). 87 Renaut, Les déclamations, p. 199, n. 10 è incerta, se Procopio descriva un affresco pittorico o mosaicato. Tale incertezza non pare sia da condividere, dal momento che il sofista gazeo, oltre al generico EÌ.JCrov sia nel titolo che all'interno dello scritto (cf. §§ 3, 31; 16, 168; 18, 195 Amato), impiega, per designare l'opera da lui descritta, anche itermini ypaqni (cf. §§ 23, 248; 36, 374;42, 452 Amato) e ypaµµa (cf. § 3, 31 Amato), i quali, assieme a çroypacpoç (cf. §§ 3, 30; 8, 66; 10, 85 Amato; ecc.), rimandano piuttosto alla pittura. Per un ulteriore indizio in tal senso, vedi infra, n. 90. 88 Per distrazione, nell'apparato ad l. dell'edizione teubneriana, si fa riferimento a tale personaggio come all'autore stesso dell'immagine descritta. Per l'identificazione di tale committente, vedi infra, p. 282, n. 143. 89 Non aiuta molto all'individuazione precisa della carica, rivestita da Timoteo, l'averlo rappresentato nell'affresco, stando a Procopio (§ 42, 454-455 Amato), crEµvo'tEpoç 'tU 'tCOV Ù7ta'trov cr'toÀij. L'espressone cr'tOÀTJ Ù7ta'trov ricorre anche in Ep. 53, 5 Garzya-Loenertz per indicare genericamente dei dignitari imperiali. 90 Procopio, infatti, scrive(§ 42, 451-452 Amato): omoç É1t èiKpou ~ç ypacpiìç ÉçÉxrov. Il verbo ÉçÉXEtV è termine tecnico usato, ad es., da Filostrato (VA 2, 20) per indicare il 0

2. La produzione letteraria di Procopio

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42, 452-453 Amato) 91 - ed ugualmente visibile a Gaza92 : vi erano rappresentate, sotto forma forse di megalografia 93 , talune vicende ispirate all'Ippolito di Euripide, relative, cioè, al mito di Teseo ed al famoso dramma amoroso di Fedra ed Ippolito molto caro, quest'ultimo, agli scrittori della scuola retorica di Gaza ed in generale all'ambiente artistico siro-palestinese94 - ambientato ora nel chiuso del palazzo reale, ora all'aperto in un paesaggio campestre; al di sopra di tale serie di pitture stavano ben quattro scene, ispirate al III libro dell'Iliade di Omero e lì dipinte sia per arricchire e variare il motivo base(§ 36, 372-373 Amato: 1mm1tot1CtÀÀ.rov 'tCl 6t11'Y1iµarilievo in pittura, quale adoperato, tra gli altri, da Zeusi, Polignoto ed Eufranore. La pratica di ritrarre i donatori all'interno dei dipinti o dei mosaici da essi commissionati è un fenomeno comune nell'arte tardoantica e bizantina: vedi al riguardo Lipsmeyer, The Donar (interessata, tuttavia, esclusivamente al fenomeno delle chiese) e Franses, Sym-

bols. U Friedlander, che stampa Èv µtacp vErov, pensa ad un ricco armatore locale, data anche la vicinanza al mare di Gaza (il cui porto era Maiuma). Pare, invece, senz'altro preferibile seguire la lettura Èv µtacp vEq> di Paul Maas, avanzata invero in precedenza già da Stark (Gaza, p. 604) ed accolta in seguito, con buoni argomenti, da Gerstinger (ree., p. 110) e da Renaut (Les déclamations, p. 209, n. 58). A tal fine, si può forse rimandare ad un interessante parallelo, offerto da Michele Psello nel suo Epita/io per il patriarca Michele Cerulario (p. 383, 1-3 Sathas), dove si legge: EÌatTJKEtç OÈ o'ÒK Èv µtacp 'tq> 'tOU VEÒ> ÈOCl«pEt, àXA/J. aE ai µE'tÉropot Kaì 7tÉpt!; Elxov awai; cf. anche Ps.-Luc., Am. 13 (11 µÈv oùv 0Eòç Èv µtacp [se. VEq>] Ka0i6pmm) e Georg. Man., Chron. p. 584, 13-14 de Boor (Èv 'tq> µtacp OÈ 'tOU vaou 'tÒ ayaì..µa amou Ù7rf!PXE µtya Kaì q,oj3Ep6v). L'espressione procopiana ha un valore esclusivamente laudativo e non descrittivo. In ogni caso, sembra curioso immaginare in un affresco, in cui le varie immagini sono collegate tra di loro da ricercate analogie, la presenza ex abrupto di navi, tra le quali si staglierebbe la figura (a rilievo?) del committente. 92 Diversamente dalla Descriptio horologii, Procopio non indica nella Descriptio imaginis in quale luogo della città di Gaza fosse situato l'affresco da lui descritto; ad un bagno pubblico pensa dubbiosamente Manganaro, Figurazioni, p. 56. 93 È l'ipotesi suggestiva di Manganaro, Figurazioni. 94 U tema ritorna, ad es., in Coricio (opp. XXI, 1; XXIX, 31-32 e XXXV, prae/ 3 Foerster-Richtsteig) ed in Giorgio Grammatico (anacr. 5-6b Ciccolella): vedi in proposito il saggio di Ciccolella, Phaedra. Esso, inoltre, costituisce il soggetto di due mosaici pavimentali, ritrovati a Sheikh Zwed, a sud-ovest di Gaza, e nella chiesa della Vergine a Madaba: vedi rispettivamente Clédat, Fouilles; Olszewski, Mauvais; Merkelbach - Stauder e Piccirillo, La Chiesa, p. 396; Piccirillo, Madaba, pp. 50-60; Piccirillo, Mosaiques, pp. 67-74; Piccirillo, Les mosaiques, pp. 263-265; Gatier, lnscriptions, pp. 127-131; Agosti, Fedra. Un rapporto di dipendenza del mosaico di Madaba (la cui datazione cade nella seconda metà del VI sec.) dalla Descriptio imaginis di Procopio è stato intravisto da Buschhausen, I:église; cf. anche Bowersock, Mosaics, pp. 55-58. Lungi, tuttavia, dal ritenere che l'anonimo mosaicista si sia ispirato direttamente alla descrizione letteraria di Procopio, si può piuttosto ipotizzare l'esistenza di un modello comune, cui si sarebbe rifatto anche l'autore dell'affresco descritto da Procopio. Per un confronto tra quest'ultimo dipinto ed altri di aria siro-palestinese, vedi Talgam, The Ekphrasis, pp. 219-220; cf. anche Levi, Antioch, pp. 71-74.

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Introduzione m) sia probabilmente per compiacere il gusto del committente, il quale, come tutta la società dei curiali gazei e come lo stesso Procopio, autore tra l'altro di un libro di Meta/rasi di versi omericz95 , era stato educato allo studio ed all'amore per Omero fin dagli anni della scuola96 . La scena principale della prima serie di pitture doveva rappresentare Fedra in atto di scrivere ad Ippolito per dichiarargli il suo amore segreto. All'agitazione di Fedra si oppone la serenità di Teseo, còlto mentre riposa nel suo sontuoso talamo, all'interno del palazzo reale. Un'altra doveva, invece, mostrare Ip~olito a caccia, nel momento in cui la nutrice gli consegna la lettera scritta da Fedra 7. In conseguenza di tale atto, la nutrice era rappresentata per terra in atto di estrema disperazione e quasi giacente morta per i colpi dei compagni d'Ippolito, allorché proprio uno di essi per pietà non le scansa il colpo mortale. Passando alle scene di soggetto iliadico (§§ 38-41), le cui figure, come awiene, ad es., anche nelle miniature della cosiddetta Ilias picta ambrosiana, sembrano procedere da sinistra verso destra98 , esse sviluppavano un'illustrazione continua della parte centrale del libro III dell' Iliade99 - la cosiddetta monomachia di Paride e Menelao ed il salvataggio in extremis del primo ad opera di Afrodite, la quale, in seguito di ciò, introduce il principe troiano nel talamo di Elena, persuadendo quest'ultima a lanciarsi nell'amplesso 100 -, nella quale, tuttavia, dovevano essere introdotti, particolari assenti nel poema omerico; donde è logico supporre che Procopio - il quale non ha evitato, ben inteso, di intervenire personalmente con varie infiorettature sofistiche 101 - abbia effettivamente descritto un oggetto reale e non letterario 102 . Ad es., nella

Vedi infra, pp. 40-41. La fortuna iconografica dei poemi omerici in ambiente gazeo potrebbe, comunque, essere assicurata dall'"EK:cppamç opoµou 'tCOV TIP(l)(l)V, ispirata al libro XXIII dell'Iliade, che, attualmente conservata nel corpus delle opere di Libanio (progymn. 12, 3 Foerster), è ricondurre, a quanto pare, alla scuola di Gaza (cf. Friedliinder, Spiitantiker, p. 86, n. 1). 97 Si tratta di un motivo iconografico relativamente attestato, che troviamo, ad es., nel bassorilievo di un sarcofago di Villa Albani a Roma (inizio IV sec.) o in un altro (III sec.), quanto mai celebre, nella Chiesa di S. Nicola ad Agrigento (su quest'ultimo, vedi la descrizione di Tusa, I sarcofagi, pp. 1-4). Nelle decorazioni di uno dei cubicoli della Casa dell'amore fatale o di Giasone a Pompei (IX, 5, 18) compaiono ugualmente Fedra e la nutrice, quest'ultima recante in mano una lettera. 98 Cf. Friedliinder, Spà"tantiker, p. 75 e Manganaro, Figurazioni, p. 57. Sulle miniature dell'Iliade Ambrosiana, si rinvia al classico studio di Bianchi Bandinelli, Miniatures. 99 Si tratta, nel dettaglio, dei w. 259-263 (I scena= § 38, 384-393 Amato), 264-265 (II scena=§ 39, 394-416 Amato), 314-315 (III scena=§ 40, 417-437 Amato), 382-446 (IV scena= § 41, 438-449 Amato). Le prime due scene di soggetto iliadico sono erroneamente interpretate da Talgam (The Ekphrasis, p. 213) come «a free interpretation of Iliad VII, 345-404». 100 Quest'ultima scena, di fine gusto ellenistico, è stata giustamente confrontata con quella di Afrodite e la sposa nelle Nozze Aldobrandine (I sec. d.C.) e con la scena sul lato destro presente nella miniatura XXV dell'Iliade Ambrosiana: cf. Bertelli, ree., p. 462 e n. 1 e Manganaro, Figurazioni, p. 58; cf. inoltre Friedlander, Spiitantiker, pp. 82-83. 101 Cf. Aly, Prokopios, coll. 264-265. 102 In effetti, come opportunamente osserva Manganaro, Figurazioni, p. 58, «se si fosse 95

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2. La produzione letteraria di Procopio

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prima scena descritta, in cui veniva illustrato l'episodio omerico di Il. III, 259-263, accanto al vecchio Priamo, sul carro da lui guidato, vengono collocati, in più di Antenore, «alcuni armati per far guardia al re»: tale figure sono del tutto assenti nel modello letterario omerico; analogamente, nella terza scena, relativa ad Il. III, 314-315, vengono inseriti o personaggi assenti in Omero (è questo il caso di Priamo, rappresentato addirittura disperato e inorridito, benché dai vv. 303-313 dell'Iliade si evinca chiaramente che egli fosse stato in realtà allontanato dal duello) o particolari, che denotano lo sforzo dell'artista di modernizzare gli schemi compositivi tradizionali, tenendo conto dei gusti dell'epoca (così si spiega la scelta di cogliere Odissea nell'atteggiamento tipico di chi assiste al duello con l'ardore di un appassionato spettatore di corse circensi o quella di ritrarre Aiace Telamonio «col petto nudo fino all'ombelico»103 [§ 40, 418-419 Amato]); per finire, va segnalata nella quarta scena, quella relativa al talamo con Paride ed Elena, l'abbigliamento succinto di quest'ultima, del tutto ignoto al testo di Omero. Innovazioni del medesimo genere, rispetto questa volta al testo euripideo, si riscontrano anche nella prima serie di quadri pittorici; esse provano ulteriormente, se ve ne fosse bisogno, che Procopio ha descritto un oggetto reale e non letterario: nella tragedia di Euripide non vi è, ad es., menzione alcuna di Teseo dormiente, né delle percosse patite dalla nutrice per mano dei compagni di Ippolito 104; risentono, invece, senz'altro dell'influsso della cultura del tempo e dell'ambiente gazeo la sostituzione del cinghiale normalmente cacciato da Ippolito con il leone ed in particolare la presenza del falconiere (§ 26, 293-294 Amato), figura che ritroviamo al centro del mosaico d'Ippolito a Madaba: tale motivo dimostra la popolarità dell'arte della falconeria nel VNI secolo, considerata come parte integrante dell'educazione dell' élite105. Se, di primo acchito, potrebbe sembrare che il soggetto della serie di pitture iliadiche non presenti alcuna analogia con l'argomento dei quadri relativi alla prima saga mitica, un esame più accurato degli stessi mostra, al contrario, come le due rappresentazioni siano legate non meno nell'invenzione e nella composizione artistica che nell'intenzione, per così dire, morale dell'artista 106: ché, se il talamo di Teseo e trattato di finzione retorica, Procopio avrebbe semplicemente seguito, come in una metafrasi, il filo narrativo e i particolari di Omero». Per l'autenticità dell'opera descritta da Procopio, vedi anche Maguire, Rhetoric, pp. 119-120, oltre che Talgam, The Ekphrasis, pp. 216-219. 103 Si tratta di un tipo di rappresentazione tarda, attestato, ad es., in alcune descrizioni di opere d'arte di Libanio (progymn. 12, 23, 3 Foerster; si tratterebbe, in realtà, di una descrizione da attribuire allo Pseudo-Nicola di Mira oppure ad Aftonio: per lo status quaestionis, vedi Hebert, Spiitantike, pp. 8-9) e di Cristodoro (descr. 271); cf., inoltre, Q. S., I, 377; III, 279; IV, 232, 479 e 496. Riesce, dunque, difficile da comprendere, perché il Friedlander (Spiitantiker, p. 79) tenesse il motivo per oscuro. 104 Per quest'ultima immagine è stato richiamato inopportunamente dal Friedlander (Spiitantiker, p. 48) e dal Levi (Antioch, p. 74) un parallelo iconografico pompeiano: vedi Talgam The Ekphrasis, p. 212. 105 Vedi Àkerstrom-Hougen, The Calendar, pp. 97-99, richiamato da Talgam, The Ekphrasis, p. 220. 106 U primo, a nostra conoscenza, che abbia evidenziato tali analogie è stato Brunn, Ippolito, p. 62. Per altre possibili analogie, vedi Talgam, The Ekphrasis, p. 214.

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Introduzione Fedra trova il suo corrispettivo nel talamo di Elena, nel quale entra Paride, guidato da Afrodite dopo che questa lo ha sottratto alla furia omicida di Menelao, la molteplicità di personaggi, tra cui i cacciatori a cavallo, che troviamo nella scena all'aperto della serie di Ippolito e Fedra, corrisponde alla molteplicità di personaggi omerici, che accompagnano sulla quadriga Priamo in vista del combattimento. Ma, analogie tra i gruppi principali delle due serie pittoriche sono ugualmente rinvenibili: come non cogliere, ad es., lo stretto legame tra il motivo informatore del gruppo della nutrice e quello di Paride, l'una salvata dal colpo mortale di uno dei compagni d'Ippolito, l'altro da quello micidiale di Menelao? In entrambe le rappresentazioni, inoltre, si tratta della punizione di un adulterio o compiuto o tentato. Non dovevano mancare, infine, motivi iconografici secondari, introdotti dall'artista ÈJC 7tEptoucriaç (§ 8, 66 Amato) per variare ed abbellire il contenuto principale del suo vasto affresco. Tra essi vanno segnalati la rappresentazione della favola del Minotauro, aggiunta come decorazione del talamo di Teseo e Fedra, la raffigurazione del Sonno su Teseo dormiente e quella di Dafne compagna d'Ippolito nella caccia107. Per il genere letterario, i due scritti di Procopio rientrano a pieno titolo nella letteratura di origine progimnasmatica, relativa alla descrizione di opere d'arte 108 , di cui essi forniscono un tangibile esempio di composizione finalizzata non già alla declamazione all'interno della scuola e basata su di un soggetto inventato o realmente

107 La presenza di Dafne, non attestata altrove, ha un senso, se la si interpreta come personificazione e simbolo della corona d'alloro, premio per gesta ed azioni virili in genere (quali la caccia) o più in particolare, vista la probabile destinazione della descriptio per il "giorno delle rose", che ricadeva forse all'interno della festa per i martiri di Gaza (vedi infra, cp. 4), per il martirio dei fedeli in Cristo (vedi Marrou, Palma, pp. 128-131): appare, infatti, sospetto l'insistere più volte da parte di Procopio nel corso della descriptio sulla continenza di Ippolito e sulla sua fedeltà, fino alla morte, al giuramento preso in tal senso. D'altro canto, non si dimentichi neppure che la vicenda del figliastro di Fedra aveva già ispirato Prudenzio, il quale vi aveva rinvenuto numerosi elementi in comune con la storia del martirio di sant'Ippolito (originario di Alessandria o, secondo vari scrittori orientali, così come Papa Gelasio I, di Bosra in Siria: vedi, per lo status degli studi, Saxer, La questione), sapientemente riutilizzati, attraverso la mediazione della Fedra senecana, nell'inno a lui consacrato (Philost. 11) ed indirizzato al vescovo di Calahorra, Valerio (vedi da ultimo Bertini, La Fedra, donde è possibile ricavare la bibliografia precedente). Per un'altra possibile spiegazione di tale originale associazione (simbolo dell'ideale di verginità di Artemide), vedi Talgam, The Ekphrasis, p. 212. 108 Su tale genere retorico-letterario, vedi, tra l'altro, Friedlander, Kunstbeschreibungen, pp. 1-103; Downey, Ekphrasis; Palm, Bemerkungen; Maguire, Art, pp. 22-52; Aygon, I:«ecphrasis»; Dubel, Ekphrasis; Tissoni, Cristodoro, pp. 45-54; Elsner, The Verbal; Ravenna, Per l'identità; Bargellini, Per un'analisi, pp. 43-49; Webb, Ekphrasis; cf. anche Agosti, Nonno. In particolare, per un repertorio tematico delle ekphraseis, vedi Brattico, Per un indice. Vale la pena di ricordare che, tra i tecnigrafi antichi, il primo ad includere espressamente le opere d'arte come soggetto dell' ekphrasis è stato Nicola di Mira, prog;ymn. 69, 4-11 Felten (su tale passo, cf. Fruteau de Laclos, Nicolaos, pp. 329-330), benché, tuttavia, già Aftonio (prog;ymn. 12, 4-12 Patillon) esemplifichi tale progimnasma con la descrizione del Serapeion di Alessandria.

2. La produzione letteraria di Procopio

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esistente ma citato a memoria 109 , bensì alla pubblica recita in Piiazza 110 (forse divisa in più momenti 111 ), nell'àmbito probabile di un agone festivo 12 , dinanzi alla stessa opera d'arte descritta e, nel caso della Descriptio imaginis, finanche alla presenza del dignitario, che ne ha finanziato la realizzazione 113 . Da questo punto di vista, dunque, le due descrizioni di Procopio, assieme a quelle che ritroviamo inserite in talune orazioni di Coricio 114 ed all'"EKcppacnç 'tOÙ KocrµtKOÙ 1tivaKoç Év 'tq> XEtµt::piq:, À.Ompq> di Giovanni di Gaza 11 5 , rappresentano un testimonium di grande rilievo per 109 È tale il caso, ad es., delle immagini descritte da Filostrato Maggiore, da Filostrato Minore e da Callistrato, su cui vedi, nel panorama recente, Ghedini, Pilastrata; Ghedini, Le "Immagini"; Ghedini, Pilastrata Minore, pp. 180-181 e 184-187; Babler, Autopsie; Abbondanza, Filostrato, pp. 11-16 (con status quaestionis). In generale, sullo spinoso problema dell'ispirazione (reale o immaginaria) delle descrizioni artistiche, vedi Mango, Byzantine; Maguire, Truth; Maguire, Art, pp. 2-8 e passim; Camer, Ekphrasis; James -Webb, To Understand. 110 Procopio si rivolge in entrambe le descrizioni al suo pubblico con il vocativo cò cptÀo'tT]ç (cf. opp. VIII, 3, 34; IX, 9, 79 e 23, 246 Amato), espressione che ritroviamo numerose volte anche negli scritti di Coricio e sempre nell'àmbito di dialexeis introduttive alla recitazione di discorsi o declamazioni (cf. opp. I, [dia!.] 4; II, [dia!.] 4; XI, 4; XIII, 16; XV, 1; XVI, 2; XXI, 5; XXVII, 1; XXVIII, 1; XXXI, 2; XXXVI, 1; XXXIX, 8; XLI, 2 Foerster-Richtsteig); ciò a riprova del valore generico della stessa, da intendere nel senso di "o beneamato pubblico". D'altronde, nella Descriptio imaginis, Procopio non manca neppure di rivolgersi al pubblico con il pronome alla seconda persona plurale (cf. op. IX, 27, 304 e 307; 3, 325 Amato). l1l Vedi supra, n. 71. 112 Vedi Friedlander, Spiitantiker, p. 25, seguito da Renaut, Les déclamations, p. 215, il quale ipotizza, come quadro di riferimento, l''Hµtpa 'tCOV p6orov; il che spiegherebbe il riferimento, nel prologo della Descriptio imaginis (§ 1, 12-13 Amato), alla triste storia d'amore di Afrodite ed Adone, simboleggiata dalla rosa. Su questo aspetto, vedi infra, cap. 4. Quanto alla possibilità che la Descriptio imaginis fosse preceduta da una 1tpoA.aÀta, in cui vi era allusione all'agone stesso, vedi infra, pp. 39-40. 113 Vedi al riguardo Renaut, Les déclamations, p. 209 e n. 58. 114 In particolare, le due descrizioni delle chiese di San Sergio e di Santo Stefano di opp. I, 15-78 e II, 25-41 Foerster-Richtsteig: su di esse e sull'importanza della testimonianza coriciana per la conoscenza dello spazio urbano di Gaza, oltre al contributo di Abel, Gaza, vedi Saliou, L'orateur, donde è possibile ricavare ulteriore bibliografia. Quanto propriamente alla tecnica retorica messa in pratica da Coricio, vedi Greco, "A,cap1ra. 115 Che essa sia stata recitata a Gaza, in occasione della Festa delle rose, è ipotesi ampiamente condivisibile, così come ora sostenuto da Renaut, Les déclamations, pp. 214-215 e Gigli Piccardi, [;occasione. Quanto al dipinto in essa descritto, è piuttosto da condividere la ricostruzione di Friedlander, Kunstbeschreibungen, pp. 111-112, secondo il quale esso adornava la parete di un bagno pubblico a Gaza (o anche la cupola, come sostenuto da Cupane, Il ,couµi,còç e da Renaut, La description), che non quella di Cameron, On the Date, per il quale Giovanni avrebbe, in realtà, descritto l'affresco di un bagno di Antiochia (si esprime ora contro tale ipotesi anche Westberg, Celebrating, p. 159). Sulla tecnica retorica di Giovanni, vedi Gigli Piccardi, AEPOBATEIN e Bargellini, Per un'analisi, pp. 49-64.

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Introduzione la ricostruzione della fisionomia artistica ed architetturale della città di Gaza nel VI secolo 11 6.



Tre Dialexeis (opp. I-III Amato), di cui la prima acefala 117 , che descrivono il ritorno

116 Non si capisce, francamente, come si possa dubitare dei particolari descritti da Procopio: tale è, almeno per la Descriptio horologii, la posizione, piuttosto isolata, di Guillou (I.:abitazione immaginaria, p. 365), per il quale addirittura Procopio non direbbe nulla né della struttura, né del volume dell'orologio. 117 Il confronto le altre due dialexeis (composte rispettivamente di 103 e 70 linee) lascia agevolmente concludere che dell'incipit della prima dialexis (la cui attuale lunghezza è di 72 linee) non molto sia andato perduto. A tale conclusione porta anche l'analisi del contenuto dello scritto: come giustamente rilevato per primo da Westberg, Celebrating, p. 183, n. 16, poOi'tT]ç - ÈsT1ÀOTIJ1tEt 'tÒV vfov), passo che si ritrova quasi identico in Comm. in Is. 18 in PG 87/2, col. 2137, 52-53 (l':' q> sTIÀOtt.lmicmç "Ap11ç-rìv yàp m'.itfiç È:pacr'tllç- dç cruv µE'tUKacrtv à1tayyÉÀÀEtv. "Aµro OÈ: (se. IlpoK6moç Kaì XopiKtoç) i\cr'tl]v EUCJEl3ÉE, KOÌ 7tOÀÀaXOU 1:01.ç wyotç au,:éòv O'UOÈ: 1tapÉpyroç, 7tEpÌ tfiç ÌEpéiç EtlCOVOupyiaç OtaÀaµl3civo'UCJt. 18 Su cui, si veda Milazzo, La chiusa, pp. 40, 62-63, 69-70; Milazzo, Un tema, p. 263. 19 Vedi, al riguardo, le illuminanti pagine di Pricoco, Filoso/i e di Garzya, Visages. 20 Quanto mai condivisibili, da questo punto di vista, le conclusioni, cui pervengono Penella, From the Muses, pp. 140-143 e Bowersock, Mosaics, pp. 31-63; cf. anche Corcella, I:Epita/io, pp. 158-159. 21 Per le allusioni, invero numerose, di matrice cristiana presenti negli opuscoli retorico-sofistici del nostro si rinvia agli apparati dell'edizione teubneriana di riferimento; alcune di esse sono discusse supra, pp. 29, n. 83 e 34, n. 107. Una ricognizione attenta e mirata del corpus di Coricio potrebbe dare in tal senso analoghi positivi risultati: è evidente, ad es., che, con l'espressione TJ OÈ: 'tTJV XE'ìpa 1tpocrciyoucra 1:ou 0Eiou 1tci0ouç XProµÉVTI CJ'Uµl3oÀq> di op. VII, 22 Foerster-Richtsteig, Coricio abbia voluto riferirsi al s;-

3. Discorso figurato ed allegoria cristiana

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La risposta non solo è negativa, ma, attesa la correttezza della nostra esegesi, è destinata ad avere importanti ricadute sull'interpretazione stessa degli scritti retorico-sofistici di Procopio ed il loro contesto recitativo, in particolare delle tre òtaA.él;etç, con cui egli verosimilmente introdusse in pubblico altrettante declamazioni, tutte malauguratamente perdute. Andiamo per grado. Nella ~taì..El;tç dç tò poòov (op. III, 50-68 Amato), a commento della triste vicenda d'amore di Adone e Afrodite, Procopio scrive: Eu o'i.aç àyyd.iaç à1rnuEtv EOEt nìv 'AcppoOt'tT]V 1mì i\KoucrE. 7tÀTJydcra OÈ 1:cp wycp 'tO'U 1ta0ouç OÀTJ 'tE rìv, KaÌ OUOÈV Èoioou 'tq> Àoytcrµcp, àU' dç MSTJv ÈÀ0ofoa 'tO'U 1tpÈ1tov1:0ç, roç EÌXÈ 'tE àvfo'tl] KaÌ op6µcp Otà 7tClV'tCOV ÈcpÉpE'tO. Otl KpTJµvoì 'tCl'U'tT]V ÈKOOÀUOV, Otl cpapayyEç ECJ'tT]CJaV, Otl 1tomµòç È7tEtXE 7tÀTJµµupcov 1:o'ìç uoamv. - roç cbµoi 1:tvEç rìcrav oi "EpCO"tEç. - d1tE1:o yàp ii µii'tTJP EK p6ocp nìv 0fov, KaÌ 'tO'U a'iµa,:oç 'tÒ XPCOµa ,:o'ìç p6ootç cpumç ÈyÉVE'tO. rìv yàp O'tE ÀEUKÒv imfiPXE, Kaì dç 1:60E µEmj3Éj3ÀTJ'tat, Kaì nìv 7tÀTJYTÌV Emuxd 't'iìç 'Acppooi'tl]ç, KaÌ d1totç àv aunìv dK6va 'tO'U XPÒlµCl'toç U7tClPXElV 'tq> p6ocp. 'tO'U't(fl CJ'tEavouv1:at µÈv ai 1tacr1:a0Eç (1tpÉ1tEt yàp oiµm 1:à 1:cov EpCO'toç ipycov mci> KocrµEtcr0at), otov 1tpòç àÀÀTJÀClç ai Xapt1:Eç. 1:0u1:o Kaì Atovfocp µEtX0Èv µtµEt1:m CJCOTT]piav àv0p(l)7tCOV. i\OTJ ,:o'ìç p6ootç Kaì wyot 7tCl't'tOµEVOl xapiEv 'tl 'tE KaÌ È1tapoOt'tOV yiVE'tClt22 .

Cosa avrà mai voluto intendere l'oratore con le parole toùto (se. tò poòov)

1mì ~wvucrcp µEtX0Èv µtµeìtm crom,piav àv0pcomov? Il Boissonade, confessando il proprio personale imbarazzo, onestamente commenta: «non intelligo quid velit µtµEt'tat crom,piav àv0pCÒ7trov»23 . Tacciono, al contrario, del tutto A. Garzya e R. J. Loenertz. La soluzione non può essere che una: Procopio introduce nella sua opera un'allegoria (di qui l'uso del verbo µtµEt'tat, nel senso di "rappresenta", "simboleggia") relativa al mistero del vino eucaristico. Se si pone, infatti, attenzione a quanto precede nel testo greco, la rosa vale fuori metafora per il sangue (quello, appunto, versato da Afrodite e da cui la rosa stessa prende il gno della croce; ed ancora il concetto di op. VII, 32 Foerster-Richtsteig, secondo cui le anime dei puri, una volta che i loro corpi siano stati tumulati, godono di poteri più ampli, richiama il dogma della comunione dei santi. Per ulteriore materiale, vedi H.-P. Miiller, Eine griechische Parallele 1.u Motiven van Genesis I-II, «VT» 47, 1997, pp. 478486 e Corcella, J;Epita/io, p. 149. 22 Per la traduzione di tale passo, vedi infra, pp. 183, 185. 23 Cf. Boissonade, Choricii, p. 133, n. 5.

Introduzione

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proprio colore), Dioniso - in maniera quasi scontata - per il vino24; significativo è, altresì, l'impiego del verbo µei:yvuµt, che rimanda innegabilmente ad un'azione tipica del mescere e del versare di elementi liquidi, quali il sangue ed il vino. Quanto, poi, all'espressione O"CO't'TIPia àv0po'mcov, è forse anche superfluo ricordare che essa ricorre, talora alla lettera, fin dall'origine, nei testi degli autori cristiani, in cui vi è menzione, appunto, del vino eucaristico. Sono da citare almeno i seguenti paralleli: 1) I Clem. 7, 4: 'AtEviawµev Eiç "tÒ atµa "tou Xpta"tou 1mì yvcoµev, coç fonv tlµtov "t(!) 1ta"tpÌ amou, O'tt Otà TIÌV Tlµk:"tÉpav CJO>"tT!Pl.OV EKXU0Èv 7tOV"tÌ "t(!) KOCJµq> µemvoiaç xaptv E7tTIVfòY1CEV

2) lgn., +Smyrn. 6, 1: t':àv µ11 "ttç ma"tEUCTU, Xpta"tòv 'Iriaouv t':v aapKÌ 1tE1toÀt"tEua0at, Kaì òµowy11cru "tòv amupòv amou Kaì "tÒ 1tci0oç Kaì "tÒ atµa, 8 t':l;tXEEv Ù7tÈp "tiìç "tOU Koaµou CJO>"tT!Ptaç; 3) Just., Apol. 66, 2: où yàp coç Kotvòv èipwv oÙOÈ Kotvòv 1t6µa mu"ta ì..aµJkivoµev· àU' 8v "tp61tov Otà ì..oyou 0mu aap1Co1totri0dç 'Iriaouç Xpta"tòç ò aW"tJÌp T1µcov KaÌ aapKa KaÌ atµa Ù7tÈp CJO>"tT!Piaç Tlµcov ECJXEV, omwç KaÌ TIÌV ot' EÙXftç Àoyou "tO'U 1tap' O'U"tO'U EÙXOPtCJ"tTt0EtCJOV "tpOyot 1tatt6µEVOt, xapiev ti te Kat È1taç a1toq,pci6a nìv iJµépav Kaì..E'ìç. Credevo che tu celebrassi la festa dei martiri qui da noi e ci concedessi di riuscire finalmente a vederti; mentre tu, anche se vedi in sogno il maiuma, a quanto pare, ne provi fastidio e, temendo il presagio, chiami il giorno nefasto3 .

La convivenza, all'interno di una medesima 1taVTJyuptç, di un momento religioso, più serio, ed uno profano, più ilare ed allegro, è ampiamente attestata35: sant' Agostino, ad es., nel ricordare i Rosalia a Cartagine, fa chiaramente allusione, senza alcun tipo di disprezzo alcuno, all'allegria che il suo arrivo suscitava nel pubblico cristiano: Iam /orte /ideles audientes: Iocundamim: convivia meditantur, calices praeparant, rosarum tempus expectabant3 6 • Ancora, Giovanni Lido testimonia che i Rosalia di Ostia inglobavano anche

Per la bibliografia, vedi Belayche, Pagan, p. 15 e nn. 53-55. Vedi Belayche, Pagan, p. 19. 33 Tra di essi, saranno stati probabilmente inclusi anche i martiri gazei Timoteo, Alessandro e Silvano, ricordati da Eusebio nel suo scritto Sui martiri di Palestina (3, 1 e 3; 13, 4; altri martiri anonimi, tra cui anche talune donne, sono ricordati in 8, 4-8). 34 Che Procopio alluda qui al maiuma in quanto festa e non a Maiuma, sobborgo marittimo di Gaza (come ritengono Garzya - Loenertz, Procopii, ad l.), pare potersi dedurre non solo dal contesto in sé, in cui il maiuma viene ironicamente opposto alla celebrazione in onore dei martiri, ma anche dall'uso dell'aggettivo "nefasto" (a1toq,pciç): esso compare in Giuliano Imperatore (or. 7, 15, 346c Lacombrade), ad indicare significativamente quel raro giorno di pausa, in cui è concesso all'imperatore di non dover presenziare la festa di turno, in onore di qualsivoglia divinità, spostandosi nei confini dell'impero. 35 Su tale aspetto in generale delle 1taVT]yupnç nel tardoantico, vedi ora Belayche, Des 31

32

lieux. Aug., Enarr. in Ps. 96, 19 (PL XXXVII, col. 1251); che il passaggio faccia riferimento ai Rosalia è indiscutibile: cf. Poque, Des roses, p. p. 158 e n. 26.

36

4. Procopio e il dies rosarum

61

un maiuma locale, legato a pratiche e cerimonie senz'altro più secolari37 . Per restare propriamente alle feste in onore dei martiri, è nuovamente sant' Agostino a testimoniarci come esse fornissero spesso il ptetesto per organizzare in contemporanea spettacoli di pantomime, canti e trastulli di ogni genere38 • Come che sia, nessuno finora ha dato reale peso alla testimonianza di Procopio, che, invece, più di ogni altra può aiutarci ad identificare correttamente il "giorno delle rose" proprio con la festa dei santi martiri a Gaza, ovverosia un adattamento del dies rosae in onore dei morti, festeggiato fin dal I secolo, nell'àmbito dei Rosalia, dai collegi funerari romani39 con la celebrazione di un banchetto comunitario "con pane e con vino" 40 • Se è difatti indiscutibile che le rose con le loro spine ed il sangue che ne deriva (così come la stessa storia mitica della morte di Adone e la conseguente disperazione di Afrodite41 ) simboleggiano il martirio .di Gesù Cristo e dei suoi fedeli 42 , è da tempo dimostrato come il dies rosae in onore dei morti sia stato rimpiazzato col tempo dalla cosiddetta àyam1 in memoria dei martiri43 • Ed è risaputo che gli antichi cristiani celebravano due specie di àycim144 : quella sacramentale, in cui si commemorava l'Ultima Cena con la relativa eucaristia, e quella non sacramentale, che però ugualmente riuniva attorno alla mensa dei fratelli che si amavano in Cristo (ed in cui, occorre notarlo, «il vino e i cibi che si mangiavano, le candele che si accendevano e i doni che si distribuivano erano piuttosto di sollievo ai vivi che ai morti»45 ).

Cf. Jo. 4'd., Mens. IV, 80, su cui vedi Belayche, Pagan, pp. 17-18. Vedi Poque, Spectacles e Saxer, Morts, pp. 134-140; cf. anche Hamman, Les repas. Sul fenomeno, che interessò anche l'Impero d'Oriente, cf. anche Pasquato, Religiosità. 39 Vedi Waltzing, Étude, p. 143 ed in particolare p. 294: per la celebrazione dei Rosalia, il collegio di Esculapio e di Hygia, che dispone di sette banchetti funebri annuali, ne celebra uno 1'11 maggio, nel "giorno della rosa". 4 Cf. CIL VI, 10234: [. .. ]Item V Id(us) Mai(as) die rosae eodem loco praesentib(us) dividerentur sportulae vinu et pane. 41 Vedi supra, pp. 53-54. 42 Vedi nel dettaglio Poque, Des roses, pp. 159-166, la quale riporta e discute i numerosi passi riguardanti tale consumata simbologia, che ritroviamo, ad es., nelle Passiones dei martiri, in Prudenzio, Tertulliano, Ambrogio, Cipriano, ecc. 43 Vedi De Rossi, Roma, pp. 495-507 e Poque, Des roses, p. 159. 44 Vedi Allo, Saint Paul, p. 292. Sull'origine delle «agapi», vedi Hamman, Sulle origini; per il valore del termine, da intendere anche come "festa" tout court, cf. Papaconstantinou, L'agapè. Per il banchetto funebre attorno alle tombe dei martiri, vedi in generale Duval, Loca, pp. 525-542. Per alcune attestazioni archeologiche, vedi Barrai i Altet, Mensae; Février, Le culte; Février, À propos. 45 Così Testa, Il Golgota, p. 202. 37

38

°

Op. V AMATO(= Ethop. 2) tÀTt Kaì 'tOÙ 0uµoù µEtaf3éf3ÀTttat. 1tavta " KaÌ "oci µE

lemma addidi: 'H001toii:a èµ7t6pou Boiss. I 8 ò 6è cruv'iiYE - Ò1tÈKp'U1ttov (ordine inverso in V) restitui I 13 KÒV corr. Boiss.: KOV V K~V oscitans Mai I K'\JVllYO'llvta perperaIJl Ga./Loe. I 18 KTtputtov Ga./Loe. I 24 6e'ì. µoi 4>11mv perperam Ga./Loe. I 25 yuµVTI corr. Mai quem Boiss. et Ga./Loe. secuti sunt sed non necessario cf. enim EPHR. Adv. impr. mul. 205, 3-4 Phrantzoles I 26 ii 6e Mai ii 6É ut dicentis Ga./Loe. sed perperam I 4>11mv tacite corr. Ga./Loe.

Op. V AMATO

Etopea del mercante marittimo

Quali parole pronuncerebbe un mercante marittimo al riapparire della primavera51

1. Finalmente vedo il frutto delle mie preghiere, e il mio proposito si mette così in pratica. Dirada la minacciosa guerra delle nubi, nuovo corso ha la luce, ancora una volta il sole è tra di noi. Con l'arrivo della stagione la mia sofferenza si è dissolta: ora il mare è amico ed ha mutato il suo animo. Gli elementi tutti hanno firmato tregua con gli uomini: cielo, aria, astri ... il mare. Se, infatti, il cielo con i suoi continui fiocchi di neve arrecava pericolo alle abitazioni, l'aria aggrottava le ciglia, gli astri tenevano celata la loro vista, il mare era completamente agitato dai venti. Ora è possibile vedere con limpidi occhi l'Orsa a noi cara, che dappertutto guida la navigazione. Essa, infatti, non tramonta insieme con gli altri astri, per non permettere che il marinaio si perda, bensì rimane sempre immobile, araldo delle città per chi è in mare5 2 • E possibile scorgere pure il grande Orione, come a caccia tra le stelle53. Ogni volta che intravedo Andromeda, ne commisero le catene e compiango la sua sorte; ma allorché intravedo Perseo levare la destra contro il mostro marino, "Coraggio!" dico alla fanciulla, la conforto per quanto sta in me e mi rallegro con lei della sua sorte54 • Gioisco ora alla vista delle Pleiadi, pritani della primavera55 , ora a quella di Argo, scafo nunzio in cielo di antiche leggende: Pelia, il vello, Medea, gli amori, Giasone56 . _2. E allora, perché ancora tentenno ed esito a prendere il largo? Ero stufo d1 stare fermo in un sol posto, di spendere in continuazione senza nulla guadagnare. D'altronde, i doni elargitimi dal commercio, l'inverno li aveva esauriti, e mia moglie, ahimè, non si sopportava affatto più dell'inverno! Con~inuava, infatti, ad infliggermi perdite, sostenendo spese quanto mai impre~iste. "Ho bisogno" - esclama - "di una veste per alleviare il peso della stag1o?e!". Gliela accordai (quanto non avrei voluto!); ma lei di nuovo ari~~lars1 d~mna, di nuovo a gravare sulla situazione. E aggiunge: "La mogli_e 1 tal dei tali rifulge di un abito d'oro!" e "Bisogna che io ne trovi di sim1-

4. Procopio e il dies rosarum

63

espressioni queste che rimandano tutte al sacrificio di Gesù Cristo e dei martiri53 , ma anche ai riti, "commemorativi" appunto, dei banchetti funebri in onore dei defunti54. 4. Nella Descriptio imaginis (op. IX, 250 e 305-320 Amato), recitata probabilmente anch'essa nel "giorno delle rose" 55 , Procopio testimonia di un soggetto iconografico mai attestato altrove, vale a dire Dafne compagna di caccia d'Ippolito. Le spiegazioni finora tentate di tale accostamento, che ha stupito i lettori della descrizione procopiana fin dalla metà del XIX secolo, sono varie e tutte, a mio awiso, insoddisfacenti: Dafne rappresenterebbe vuoi la personificazione della corona d'alloro, premio per le gesta e le azioni virili in genere (quali la caccia)56 , vuoi l'ideale della verginità di Artemide, abbracciato da Ippolito57 . È possibile, invece, che, alla luce dell'inte,pretatio Christiana e del contesto recitativo cui era rivolta la descrizione di Procopio, Dafne incarni, sì, il simbolo della corona d'alloro, ma per il martirio dei fedeli cristiani58 .

Risulta difficile, a questo punto, immaginare per l'11µépa trov p6òcov un contesto diverso da quello della 1taviry-uptç in onore dei martiri, testimoniata per Gaza da Procopio stesso e che doveva probabilmente svolgersi in due momenti distinti: uno a carattere privato e strettamente religioso, all'interno di una medesima comunità di fedeli, riunita, per l'occasione, attorno al "fraterno banchetto d'amore" ed alle celebrazioni sacramentali ad esso legate, l'altro pubblico e festoso, sotto forma di maiuma, cui l'intera cittadinanza prendeva parte, che non doveva escludere agoni letterari di tipo sofisticooratorio. Tale maiuma, com'è lecito dedurre dai maiuma di Antiochia e di Ostia, doveva comprendere giochi acquatici, rappresentazioni sceniche e pantomime. A confermarlo è probabilmente lo stesso Procopio: in effetti, fra gli opuscoli superstiti, ve ne sono alcuni che potrebbero essere stati composti e recitati proprio per introdurre una serie di rappresentazioni pantomimiche59, al fine di decriptarne i contenuti mitologici rappresentati in danza e divenuti col tempo sempre meno noti al pubblico cristiano.

Vedi supra, p. 55 e n. 46. Sull'importanza del temine µV11µT1 all'interno delle formule istituzionali per indicare i banchetti funebri, vedi Lietzmann, Korinther, pp. 131-132; Lietzmann, Messe, p. 223; Weiss, Das Urchristentum, p. 506, n. 1; Clemen, Religionsgeschichtliche, p. 179; Windisch, Paulus, p. 53; Finegan, Die Uberlie/erung, p. 66; Fridrichsen, Église, p. 353; Benoit, Le récit, p. 386, n. 2 e l'attenta discussione diJeremias, La Ultima, p. 262-274. 55 Vedi supra, p. 35, n. 112. 56 Cf. Bruno, Ippolito, p. 62. 57 Vedi Talgam, The Ekphrasis, p. 212. 58 Vedi supra, p. 34, n. 107. 59 La bibliografia su tale genere coreutico-teatrale, quanto mai diffuso in età imperiale e 53

54

64

Introduzione

La pratica è ben attestata da sant' Agostino, il quale testimonia come, ad es., a Cartagine, proprio per la medesima ragione, un praeco prima dello spettacolo annunciasse al pubblico l'argomento della pantomima stessa: Illa enim signa quae saltando /aciunt histriones, si natura, non instituto et consensione hominum valerent, non primis temporibus saltante pantomimo praeco praenuntiaret populo Carthaginis quid saltator vellet intellegi. Quod adhuc multi meminerunt senes, quorum relatu haec solemus audire. Quod ideo credendum est, quia nunc quoque si quis theatrum talium nugarum imperitus intraverit, nisi ei dicatur ab altero quid illi motus signi/icent, frustra totus intentus esf'O. L'osservazione agostiniana non è, come pure si è ritenuto61 , aneddotica o etnologica: essa prende di mira non solo gli eccessi gestuali della pantomima, ma implicitamente anche la sua distanza dalla cultura media della popolazione, che conosceva sempre meno il patrimonio mitologico pagano di riferimento. In altri termini, «Augustin attaque [ ... ] le fond culturel qui, devenu presque étranger à la masse du public, impose une exégèse préalable. Il prend parti dans un vaste débat entre paganisme et christianisme sur ce point essentiel qu' est la danse dramatisée des mythes, base populaire de la culture pai'enne. Augustin insiste sur l' écart, la distance prise par rapport à cette partie de la culture de son époque pour mieux démontrer l'inadaptation. Au théatre, la représentation du mythe, qui, précisément, montre une culture pa'ienne de plus en plus ébranlée, n' aurait plus de sens pour l'homme du siècle»62 • Lette in tale ottica ben si comprenderebbero le finalità e la funzione stessa in particolare delle tre dialexeis procopiane (opp. I-III Amato), finora ritenute come delle introduzioni ad altrettante perdute declamazioni o erroneamente come delle declamazioni tout court63• Ciò anzi aiuterebbe a spiegare, tra l'altro, per quale motivo tali dialexeis siano pervenute monche, prive, cioè, della relativa declamazione o discorso oratorio cui farebbero da preambolo, diversamente da quelle di Coricio, tutte seguite dalla declama-

ve

tardoantica, è piuttosto vasta: ci si limita qui a rinviare al recente volume di Garelli, Danser, donde è possibile ricavare la bibliografia precedente (cui vanno aggiunti almeno i seguenti contributi, alcuni fondamentali, stranamente sconosciuti alla studiosa francese: Angrisani Sanfilippo, Testimonianze; Anastasi, Libanio; Gianotti, Sulle tracce; Gianotti, Letteratura, pp. 312-329; Gianotti, Forme; Tedeschi, Lo spettacolo, pp. 115129); di grande interesse anche i saggi, a cura di vari autori, raccolti in Hall - Wyles, New Directions. 60 Aug., doctr. christ. II, 25, 38. Sul passo, vedi Rotolo, Il pantomimo, p. 15; Tedeschi, Lo spettacolo, p. 127 ed in particolare Garelli, Danser, pp. 322-323 e 366. 61 Cf. Miiller, Das Biihnenwesen, p. 45. 62 Così Garelli, Danser, p. 323. 63 Vedi supra, p. 12 e n. 21.

4. Procopio e il dies rosarum

65

zione, di cui costituiscono l'introduzione, e perché in esse non compaia alcun elemento di ordine contenutistico o anche personale, che permetta, così come pure avviene nelle dialexeis coriciane, di collegare le stesse alla realtà scolastico-epidittica, di cui partecipano, oppure alla declamazione, che doveva subito dopo essere sviluppata dall'oratore. Da questo punto di vista, va rilevato, invece, come nella chiusa di alcune di esse (opp. II, 102-103 e III, 69-70 Amato), Procopio sembri annunciare ed anticipare le cerimonie rituali connesse alla festa di riferimento ovvero le stesse rappresentazioni pantomimiche: è sintomatico, in tal senso, l'utilizzo del verbo àç È:1toiEt Q[Ù'taç.] ÀÉ:youot o' oùv èiµq,ro, d 7t(I) ÈyÒl q,rovfìç òpvi0rov È:1taKoucrat OEtvoç, cilç 'AutKaì 1tap0Évot Kaì 1ta'ì0Eç nav0~9y9ç. [ò] oÈ TTJpd,ç U1tTÌPXEV èiotKov 'tt xpfìµa Kaì 1tEpì 1tap0Évou q,uÀ.Et 'tTJV uPptv, KaÌ crtyroCJTJç È:OEiKV'U'tO. 'tOU OÈ 7tat0Òç navotovuµÉVTI èiv0Eµcx. 't

Ermogene

Commentatori di Aftonio

cmcpiivEtcx

Schol. in Aphth. Prog;ymn. 11 (RhetGrW II, p. 647, 2-6)

yopy6't'Tlç

]o. Dox., Comm. in Aphth. Prog;ymn. 11 (RhetGrW II, p. 503, 26-29)

]o. Dox., Comm. in Aphth. Prog;ymn. 11 (RhetGrWII, pp. 503, 30-504, 5) Schol. in Aphth. Prog;ymn. 11 (RhetGrWII, pp. 646, 26-647, 2)

YÀUKU't'Tlç e àcpÉÀEtCX (Kcx0cxp6't'Tlç, Optµu't'Tlç, àl3pòç Myoç) , àm1UcxyµÉvq> 7tpOt't'TIV, Il motivo ripetuto da Procopio in op. Il, 6, 92-93 Amato si ritrova ancora in Theoc., 19; Mosch., 1, 21; AP (Mel.) V, 178, 6; Aristaenet., Ep. I, 8, 16-17 Mazal. 28 Per la distinzione del personaggio etopeico in definito ed indefinito, cf. Ps.-Hermog., Progymn. 9, 3 (p. 200 Patillon). 29 Per la distinzione delle etopee in semplici e duplici, cf. Ps.-Hermog., Progymn. 9, 4 (p. 200 Patillon); Prisc., praex. 45, 21-25 Passalacqua. 30 Per le componenti e i fattori dell'ethos, quali età (iJì..tJCi.a), natura (umç), condizioni di fortuna (wxT1), professione (È7tt'tTJOEuµa), disposizione d'animo (ota0Emç), ben enucleate da Giovanni di Sardi (cf. Comm. in Aphth. Progymn. 11 [RhetGrR XV, p. 196, 715]), sulla scorta delle lucide riflessioni di Elio Teone (progymn. 8 [pp. 70, 28-71, 4 Patillon-Bolognesi]), cf. [Amato-] Ventrella, p. 20. 31 Nonostante le numerose allocuzioni, il pastore non si rivolge ad alcun reale interlocutore. 32 Per la definizione di etopea etica fissata dal retore antiocheno (progymn. 11, 2, [p.

on

5. Procopio ii0o1t01:rrnK6ç

77

me «mista», qualora si voglia riconoscere nella reazione del personaggio dinanzi allo spettacolo della natura rinata un a/fectus incidentalis3 3 , un vero e proprio mi0oç foriero di gioia e di entusiasmo. La scansione temporale prevede in ordinata successione34 : presente (§ 1: "Q 1catvotÉ:pou ... x;poviav àcrn:asEcr0E), passato (§ 2: flpql'TlV yàp ... ÉKCÒV È1tEtcr9Tt), ritorno al presente (§ 3: Tcix;a OÈ KÉ:KµTJKE ... µEtpaKiou KaÀo'Ù), futuro (§§ 4-5: Ei OÈ Kaì 1tivetv ... ,;µ'iv àvaÀaµ'lfat). STILE. Tenuto conto del carattere del parlante e della generale tematica bucolica, appare congruente la scelta di Procopio di fare dei generi della «semplicità» (àÉ:ÀEta) e della «dolcezza» (yÀ.uKU'tTJç35 ) la cifra stilistica più caratteristica dell'eloquio di un personaggio ingenuo, privo di malizia36 • Una più schietta vivacità espositiva, che non rifugge neppure dai più decisi e perentori toni della «veemenza» (croop6tTJç), restituisce la gioia del pastore per il ritorno della primavera e l'irritazione, non sopita, per i disagi subiti a causa dell'inverno.

147, 4-7 Patillon]), ma criticata dal Dossapatre (Comm. in Aphth. Progymn. 11 [RhetGrWII, pp. 500, 30-501, 3]), cf. [Amato-] Ventrella, pp. 20-22. 33 Si consideri a tal proposito la dottrina espressa da Emporio (Ethop. 562, 19-20 Halm), Nicola di Mira (progymn. 9 [p. 65, 8-13 Felten]), Giovanni Geometra (ap. Jo. Dox., Comm. in Aphth. Progymn. 11 [RhetGrW II, p. 499, 32-33]) e Dossapatre (Comm. in Aphth. Progymn. 11 [RhetGrW II, p. 495, 12-20]), per la quale si rinvia ancora una volta a [Amato-] Ventrella, p. 21. 34 La ripartizione temporale stabilita da Aftonio (progymn. 11, 3 [p. 145 Patillon]) prevedeva la sequenza presente/passato/futuro. Essa si era imposta su altre dottrine progimnasmatiche, come quella professata da Emporio (se non di Minuciano, secondo Stramaglia, Amori, pp. 224-225; sulla questione cf. anche Pirovano, /;insegnamento, p. 208), che prevedeva un ordine lineare basato sulla successione passato/presente/futuro. La scansione temporale seguita da Procopio è quella aftoniana, integrata e spiegata da Nicola di Mira (progymn., p. 65, 18-21 Felten), secondo cui il passaggio al futuro deve essere preparato da una breve transizione al presente (cf. Patìllon, Corpus, p. 145, n. 235). Che la teoria di Nicola fosse compatibile e non alternativa a quella di Aftonio è testimoniato dalla circostanza per cui lo stesso retore antiocheno, nella prassi (come si può agevolmente dedurre dall' exemplum di etopea che egli fornisce a dimostrazione concreta della sua dottrina), seguiva la medesima sequenza temporale che sarà solo successivamente proposta da Nicola (cf. Urefi.a, Homero, p. 334, n. 37; Stramaglia, Amori, pp. 223-224). A ciò si aggiunga anche che proprio il testo di Nicola verrà utilizzato in Schol. in Aphth. Progymn. 11 (RhetGrW Il, p. 645, 11-15) allo scopo di chiarire quello più asciutto di Aftonio. 35 Cf. Hermog., Id. 328, 23-24 Rabe. 36 Secondo Ermogene (Id. 322, 14 Rabe), rientrano nella categoria degli à(j)EÀrov JCaÌ àJCciKrov àv0pomrov donne, giovani innamorati, cuochi, rustici paesani, e simili (ib. 323, 14-15 e 324, 1-4). Inoltre, alla semplicità stilistica, afferma Ermogene, è ascrivibile «la maggior parte, per non dire la totalità, delle Bucoliche» (ib. 323, 21-22).

78

Introduzione

"Evvoiai. In coerenza con l'ethos del personaggio e la cornice bucolica, le appaiono improntate alla naturalezza e alla freschezza caratteristiche delle ambientazioni pastorali37 . Esse si ispirano al mondo animale e vegetale38; la presenza dei racconti mitici39 e dell'elemento erotico40 accresce la piacevolezza dell'esposizione. Gli elementi naturali risultano talvolta personificati in entità partecipi del sentire dell'uomo41 . Così, gli alberi sembrano mettersi a lutto d'inverno e compatire il dolore dell'uomo, mentre in primavera il sole mostra un aspetto «benevolo», e il cielo «distende le ciglia42». La descrizione del paesaggio primaverile si anima in quadretti idilliaci in cui gli animali esprimono, ciascuno a proprio modo, la gioia per il ritorno della bella stagione43 , mentre le vicende di Narciso e Giacinto44 , di Apollo e Dafne, di Pan ed Eco45 , degli Amorini46 e di Eros47 , così come la presenza stessa delle Muse e delle Cariti tra i prati riportano su di un piano di mitico nitore la bellezza di una natura festosa e spensierata. Carattere edonistico assume anche la sezione relativa al futuro, in cui il pastore proietta la promessa, per il proprio gregge e per sé stesso, di nuovi piaceri48 , quali saranno, in estate, una fonte dissetante, l'ombra del pino, il suono del flauto, il canto dell'usignolo, l'amore di una pastorella. Mé8o8oç. Pensieri e azioni sono presentati nella loro essenzialità referenziale rispettando la consequenzialità cronologica49 . A rendere più vivace l'esposizione contribuisce l'uso, proprio dello stile della yopy6'tr1c;, di frequenti EVVOtat

Cf. Hermog., Id. 322, 13 Rabe. Cf. Hermog., Id. 325, 21-326, 4 Rabe. 39 Cf. Hermog., Id. 330, 3-4. 20-21 Rabe. 4 Cf. Hermog., Id. 333, 5 Rabe. 41 Cf. Hermog., Id. 333, 17-20 Rabe. 42 Cf. Proc. Gaz., op. IV, 1, 5-6 Amato: vuv ilì..toç µi:v E'ÒµtVllç, CÌTJP OÈ: OtÉÀOOE 'tàç 6q,puç. 43 Cf. Proc. Gaz., op. IV, 4, 53-61 Amato. 44 Cf. Proc. Gaz., op. IV, 3, 41 Amato. 45 Cf. Proc. Gaz., op. IV, 4, 50-51 Amato. 46 Cf. Proc. Gaz., op. IV, 1, 9 Amato. 47 Cf. Proc. Gaz., op. IV, 5, 66-71 Amato. 48 Come ricorda Ermogene (Id. 331, 6-14 Rabe), a proposito dei pensieri dello stile dolce, «tutto ciò che dona piacere ai nostri sensi - parlo della vista, del tatto, del gusto e di qualsiasi altra cosa possa procurare godimento - ci apporta piacere anche solo ad essere enunciato» (1tavm, ocra mtç aì.cr0iJaEmv 11µéòv fon v 116fo, À.Éyro OÈ: TU O'lfEt iì acpfj iì yE'ÒO"Et ii 'tlVt OÀÀ.1J à1t0Àa'ÒO"Et, 't(l'l)'t(l J((lÌ ì..Ey6µeva 1160VTJV 7tOtd). 49 Secondo Ermogene (Id. 327, 21; 335, 25-26 Rabe), gli stili della semplicità e della dolcezza desumono la loro µÉ0o6oç dalla 1ca0ap6n1ç (purezza) e dalla E'ÒKpivna (chiarezza). 37

38

°

5. Procopio ii0o1totT]'ttKOç

79

apostrofi rivolte verso soggetti differenti50 • Ne risulta una metabasi che movimenta e ravviva il discorso51 . Aéçzç. Secondo l'uso degli stili della aÉÀ.Eta e della yÀuKUT11ç, l'espressione non è dura né trasferita52 • Tuttavia, Procopio non rinuncia alla possibilità di utilizzare espressioni metaforiche che consentano al pastore di esprime con determinazione5 3 tutta la propria insofferenza per gli incomodi della stagione invernale appena trascorsa: in tal senso andranno lette le immagini del cielo "assediato" dalle nubi (§ 2, 13 Amato: totç vÉEcn 1toÀ.€µouµevoç), di Zeus che "trasloca il cielo" (§ 2, 32 Amato: µetacrKeuaçrov tòv oùpavov) o della stagione che "si spoglia della vecchiaia" (§ 3, 38 Amato: tò yiìpaç a1toòucraµevov), oltre al confronto della condizione del pastore e del suo gregge con quella dei detenuti rinchiusi in una cella sotterranea (§ 2, 21-22 Amato: C001tEp èv EipKTfl ttj'> 0"7tTJÀ.aicp òecrµ&rm yeyovoteç). Ez17µam-KroÀa. Il pastore non utilizza che la costruzione diretta54 e le figure che rifuggono da ogni forma di complicazione55 , in ossequio ai precetti aftoniani. Risponde ad una esigenza di chiarezza e perspicuità (EÙKpiveta) del testo l'uso, nel finale del§ 2, dell'interrogativa (ti Et À.Éyetv;) cui segue immediata la risposta56 : con tale espediente, Procopio segnala il passaggio cronologico del ritorno al presente e mira a rendere evidente l'articolazione ·dei pensieri. L'esclamazione incipitaria CQ Kat votÉpou rotoç) rende con naturalezza57 il profondo coinvolgimento emotivo del pastore, il cui eloquio recupera, nel corso dell'etopea, un tono più disteso e pacato, anche attraverso la nobiltà sentenziosa58 di un piano yvroµoì..oyeìv 59 • Non mancano neppure figure più ricercate quali l'aneresi (o epanafora della negazione) e la parisosi delle sillabe finali 60 , che, rimarcate dalla solidità del ritmo binario, mitigano l'asprezza delle immagini invernali evocate (op. IV, 2, 25-26 Amato): Il pastore si rivolge ora a Zeus (Proc. Gaz., op. IV, 2, 33 Amato: ro ZEu), ora ai suoi stessi agnellini (ib. 2, 39: èipvEç). 51 Cf. Hermog., Id. 314, 1-5 Rabe. 52 Cf. Hermog., Id. 229, 9 Rabe. 53 Cf. Hermog., Id. 258, 8-9 Rabe. 54 Cf. Hermog., Id. 229, 19 Rabe. 55 Cf. Hermog., Id. 329, 5; 231 Rabe. 56 Cf. Hermog., Id. 239, 7-11 Rabe. 57 Cf. Hermog., Id. 352, 22-353, 16 Rabe. 58 Cf. Ps.-Aristid., Rh. I, 22 Rabe. 59 Si veda, infatti, la gnome àpydv yàp µovov fo·ùv àq,opTJWV (Proc., op. IV, 4, 62 Amato). 60 Si tratta di figure tipiche l'una dello splendore (Hermog., Id. 267, 9 Rabe) e l'altra della bellezza (ib. 304, 25). 50

80

Introduzione II-PO II-PP II-PO II-OPr

ovyàp ~V É'tOtµcoç OÙ 7tOùaç KtVetV,

ov xdpaç Eiç Mov EK'tEivt:tv, ov KaÀaµotç Eµ1tvt:iv, ovK aùì..oùç i:vapµoçrnem.

In oùòèv òè Moum,c; TJKO'UEtO, CÌÀ..À..à IWÌ XEÀtOCÒV ii ÀaÀoc; ÈKCX0EUOEV, olµm (§ 2, 28-29 Amato), la figura della rettificazione trasmette alle parole del pastore un'impressione di spontaneità61 , amplificata dall'uso del «commento personale dubitativo» (olµm), con cui Procopio sembra interpretare62 il dolore, ancora vivo, del pastore. Tra i cola, di varia lunghezza, non mancano quelli che, nel più tipico stile della dolcezza, tendono alla brevità e alla uniformità del ritmo. Si vedano, ad es., le seguenti sequenze isocoliche, laddove più marcata appare la ricercatezza stilistica: 0appEt'tE vuv aÌyEç Kaì 0pi:µµam, KaÌ 1t6av XPOViav àcrn:açEa0E. 63

10 10

II-PPr II-PPr

èi!;ro 'tà 1t0Uà 'trov à1tEtÀ.ouµevoc;) e della "tregua degli elementi"(op. IV, 1, 9-10 Amato: 1tClVta ... mtÉVÒEtat taxa - op. V, 1, 6-7 Amato: 7tClVta mtÉVÒEtat tOtç àv0p(J)1tOtç). :Ezrjµam-KroÀa. Come nel caso della precedente etopea, le figure sono quelle della purezza e chiarezza, scevre da ogni forma di complicazione83 • Non compare, infatti, che la costruzione diretta84 • Allo stile della EÙKpiveta è riconducibile, inoltre, il fingere di porsi domande per scandire l'articolazione logica dei pensieri85 • Ad una ricerca di vivacità espositiva (yopyfrrr1c;) può ascriversi l'uso di commata ridotti ad un solo nome86 o a un solo sintagma nominale87 ; mentre l'iperbato per trasposizione88 , che divide l'aggettivo dal sostantivo in 1eaì yfi òtacj>opotc; Eµ1toµ1tEUEt t0tc; èiv0emv, e l'epanafora, abbellita dalla ripetizione epiforica89 in vùv 1ea1erov TJA.EU0Épcoµm, vùv E1ttµtl;im tate; 1toì..Emv EA.Eu0Éptot, ingentiliscono l'eloquio del personaggio in conformità alla piacevolezza del tema. Tra i cola, tutti di varia lunghezza,

°Cf. Hermog., Id. 326, 15-24 Rabe.

8

Cf. Hermog., Id. 229, 9 Rabe. Cf. Hermog., Id. 258, 8-9 Rabe. 83 Cf. supra, n. 55. 84 Cf. supra, n. 54. 85 Cf. supra, n. 56. 86 Cf. Hermog., Id. 316, 4-5 Rabe. 87 Cf. op. V, 1, 21-22 Amato: "tÒV flEÀiav, "tÒ Kcooç, "tTJV MiJOEtav, "toùç Ep(J)'taç, "tÒV 'Ici81

82

mova.

Cf. Hermog., Id. 305, 16-21 Rabe. L'iperbato per trasposizione è figura tipica della eleganza e bellezza, usate per mitigare altre qualità del discorso, quali chiarezza, ampiezza e autorità (ibid. 296, 7 -10). 89 Sulla figura dell'epifora, ~f. Lausberg, Handbuch, pp. 283-284 e 291 (§§ 631 e 648.2).

88

84

Introduzione

non è possibile distinguere alcuna sequenza isocolica, ciò che accresce l'impressione generale di una estrema vivacità di stile. Ethop. 3 (Op. VI Amato) TEMA E PERSONAGGIO. Il tema è attestato in un'altra etopea di Giovanni di Gaza90 e, con prospettiva invertita, in Giorgio Grammatico, presso il quale a prendere la parola è lo sposo di Afrodite, Ares 91 • La fortuna della dea come 1tp6crom:ov è testimoniata da altre due composizioni dello stesso Giorgio Grammatico92 , oltre che da un'anonima etopea metrica databile sempre al V/VI secolo e proveniente dalla vicina area egizia93 . FONTI, MODELLI. A fronte della fortuna che tema e personaggio godevano nella scuola di Gaza, non stupisce ritrovare non pochi elementi di raffronto nell'àmbito della stessa, primo tra tutti, il motivo dell'esperienza dolorosa, da parte di Afrodite, dei suoi stessi dardi94 • Numerosi sono anche i luoghi paralleli istituibili con la poesia innodica e tragica laddove emerge l'immagine di una Afrodite e di un Eros cosmici95 , al cui potere universale

90 Cf. Joh. Gaz., anacr. 6 Ciccolella: Tivaç d1t0t ì..oyouç TJ 'Aq,pooi't'Tl çT]wuaa 'tÒV "AoroVtv' avnq,0ÉyyE'tµEvoç. 91 Cf. Georg. Gramm., anacr. 3 Ciccolella: Tivaç d1t0t ò "ApT]ç 't'iìç 'Aq,poOi'tT!ç 'tpro0EicrTJç 'Ù7tÒ a1Cciv0T]ç p6oou. Un caso analogo di un tema etopeico affrontato da prospettiva opposte è rappresentato dalla vicenda di Briseide, sviluppato sia da Libanio (ethop. 15 [VIII, pp. 408, 8-411, 4 Foersterl: Tivaç àv d1tot ì..oyouç 'Axiì..ì..Eùç aq,mpouµEvoç 'tl]V BptcrTJiOCX) che da Severo di Alessandria (ethop. 1 Amato: Tivaç àv d1tot ì..oyouç BptcrTJ·tç, a1tayoµÉVT] 'Ù7tÒ 't'ucnç) divina a quella di madre degli Amorini, dal sentimento amoroso (1tpoaipecnç) che la lega ad Adone alla condizione di moglie del geloso Ares. Frutto di "affetti" diversi è il pathos della dea alla notizia della morte di Adone, nonché dalla ferita che le impedisce di raggiungere l'amato per rivederlo un'ultima volta, prima che la morte

cmv, Èvq6pEoov èim:potç - Soph., Ant. 785-786: (j)ottQç o' U1tEp1t6vnoç Ev ,:' I àypov6µotç aùA yÉvEt, I EVECJ'tt o' Èv XÉpcrou 1:E1:pcxCJKEÀEt yovij; Eur. Hipp. 447-448: vroµQ o' Èv oi.rovo'ìm 1:oùKdVTJç 1t1:Ep6v I ~ttéit o' àv' cxi.0tp', fon o' Èv 0cxwcrcrirot I KÀ.uorovt Kooptç; ib. 1269-1273: crùv o' 6 1tOlKtÀo7t'tEpoç àµq,t~CXÀCÒV I CÒKU't(l't(l)t 7t'tEprot I 7tO'téÌ'tCXt OÈ ycxtcxv E'OOXTJ'tOV 0' I àì..µupòv È1tÌ 1t6v1:0v. Sulla dimensione cosmica del potere di Eros (e di Afrodite), cf. Calarne, I.;Éros, pp. 201-217; Thomton, Eros, pp. 124-126; Giannini, Eros, pp. 339-343; Westberg, Celebrating, p. 180. 96 Proc. Gaz., op. VI, 2, 27 Amato: oÙOÈ:v 'tTJV ȵiJv ouvcxcr1:dcxv otÉ(j)uyE - h.Hom. 5, 26: ~ 'tE 0EOtcrtV È7tÌ yÀUKÙV tµEpov ù>pCJE / KCXt ,:' ÈOCXµacrcrCX'tO q>UÀCX KCX'tCX0VTJ'tffiV àv0p(J)7tùlV' I oi.rovouç 'tE Ott7tE'tÉCXVOU Ku0EpdTJç; ib. 34-35: 'tffiV o' èiUrov ou 1tÉp n 7tEq>uyµÉvov fo,:' 'A(j)poOt'tTJV I O'U'tE 0Erov µcxKaprov O'U'tE 0VTJ,:rov àv0p(l)7tùlV; Orph., H. 55, 4: U7tEçE'l)S(I) ot 'tE K6crµov; S., Ant. 788: KCXt cr' ... ustµoç ouodç; S. fr. 941, 8 Radt: 1:iç oùxì TIICJOE nìç 0EOU 1t6poç; E., Hipp. 443: Kooptç yàp où q>opTJ'tOç, 11v 1tOÀÀ.TJ puij; ib. 1280: I:uµ1tav1:rov J3cxcrtÀ.TJtOCX n-/µav, Koopt, 'tffiVOE µ6vcx KpCX't'UVEtç; Georg. Gramm., anacr. 2, 25-26 Ciccolella: 1:ò yÉvoç 1:ò 1:rov 'Ep(J)'trov I Kpcx1:ÉEt. Si confrontino, inoltre, le parole con cui Apollo commenta la propria condizione di infelice amante in Giorgio Grammatico: p6ootç Kpcx1:Etç µE; (anacr. 4, 34 Ciccolella); p6oov 1:ò tjç Ku0iJpTJç I Ilcxq>iTJç 7tÀÉOV ocxµaçEt (ib. 4, 35-36 Ciccolella). 97 Proc. Gaz., op. VI, 2, 26-27 Amato: KCXÌ KCX'tà 0Erov 7tÉpEtV É7ttCJ't(lCJ0 (§ 2, 26-28 Ama136

137

°

92

Introduzione

sivo della vista dell'oggetto amato 143 , superiore ad ogni discorso morale e filosofico (Kaì OtOacrKaÀ.ou Kpdttrov yuvii, Kaì KOPTJ crocj>où § 4); l'inevitabile fallimento, per l'ambasceria, di ogni tentativo di persuasione su di un animo ottuso a causa dell'ira e dell' amore 144 . In questo modo, Fenice sembra farricadere sullo stesso Agamennone, solo troppo tardi decisosi a restituire Briseide ad Achille 145 , la responsabilità dell'insuccesso della missione diplomatica. Aéçiç. Mai trasferita, l'esposizione tende piuttosto alla nobiltà dell' espressione nominale 146, assai frequente, soprattutto laddove Fenice descrive la propria gloria militare 147 . Izrjµam-KroÀa. L'uso del «commento personale dubitativo» nella forma di un breve inciso 148 (olµm), già in apertura, esprime, con naturalezza e sarcasmo149, il disappunto dell'eroe per quanto sta accadendo nel campo acheo, oggetto di derisione, probabilmente, persino da parte dei Troiani (yéÀ.rota TpoiiKov), ben informati della contesa nello schieramento nemico: O'ÙOÈ Tpcocç yàp olµm tCOV llµEtÉprov ÒVTJKOOt 1ta9TJµatroV. Risentimento esprimono anche l'uso dell'apostrofe 150 e dell'imperativo 151 con cui, non senza ironia, a conclusione dell'etopea, - quando Fenice ha ormai chiaro il quadro della situazione e ha assunto piena coscienza della propria impotenza - invita Achille a godere della sua schiava con tutta la vergogna che gliene deriverà: crù OÈ vùv, 'AXtÀÀEÙ, tftc; aixµaÀ.cotou µEtà tftc; ÈvtEU0Ev àool;iac; à1toÀ.auE. A nulla sono valsi, infatti, gli insegnamenti dei suoi illustri maestri. Le «interrogative incriminanti» 152 , giustapposte secondo il metodo della Èmµovii, fanno risaltare con vigore la colpa dell'eroe: tauti crot XEiprov 1tapéOroKE; taùta µEt' ÈKEÌvov Èyco; (§ 2, 21-22 Amato). Diversamente,

to). La simmetria è evidenziata anche nei primi due cola dall'epanafora della congiunzione finale. 143 Si consideri, infatti, la specularità dei seguenti cola: KaÌ 'tCl'UtTJV ~Àt7tCOV U7tÉKU'lfE ... 1tpoacprovdv 1:0mouç OTJµOcri.Q 1:àç 7t6ì..Etç ixf,' évòç éhou oùv trov apiatrov 1m1:à 'tTJV 1tmodav C007tEp 811µoaiçi nvì q,mvfì 1mì Kotv

>. Il processo di cristianizzazione dell'ideologia imperiale, awiato da Eusebio, fu, infatti, quanto mai lento: esso si attuò in maniera più sistematica solo a partire dall'età giustinianea8 . Il culto dell'imperatore, ben attestato per tutto il basso impero, restò a lungo anche in seguito all' esperienza costantiniana e pur sotto una vaga patina cristiana, «dans le droit fil de l' antique tradition pa"ienne9», che al sovrano romano attribuiva, appunto, un carattere sacro e sovrumano 10, riconoscibile tanto nel cerimoniale di corte, quanto nell'iconografia ufficiale 11 • La venerazione per le immagini dd sovrano rappresenta un segno evidente di quella mistica imperiale di tradizione pagana, ma tollerata e ammessa dai cristiani12 e ancora viva ai tempi di Procopio, il quale pronunciò il Panegirico per Anastasio proprio in occasione dell'arrivo a Gaza di un ritratto dell'imperatore, accolto in città con tutti gli onori solitamente riservati all' adventus del sovrano in persona. Il richiamo, costante in Procopio, alla tradizione ellenica e romano-imperiale non appare, dunque, anacronistico né come una vuota e sterile ripetizione di schemi formali ereditati dal passato 13 ; esso, piuttosto, risulta pienamente orCosì Cavarra, Ideologia, p. 23. Sul ritardo con cui fu recepito il processo di cristianizzazione del panegirico così come su quello dell'ideologia imperiale attuato dal vescovo di Cesarea, vedi Lepelley, Y eut-il. 9 Lepelley, Y eut-il, p. 113. 10 Sull'immagine e sul motivo del «Kaiser-Heiland», cf. Alfoldi, Die monarchische, p. 12; L'Orange, TheAdventus, p. 177; Andresen, Erlosung, p. 170 Heim, Virtus, pp. 182205; Lehnen, Adventus, p. 70. 11 Cf. Grabar, I:empereur, p. 10; Heim, Virtus, p. 183. 12 Cf. supra, pp. 14-15, n. 29. 13 Si tratta di un rischio frequente nella letteratura d'apparato, nel momento in cui «[l]es termes religieux appliqués à l'empereur ... étaient devenus si exsangues, que !es empereurs chrétiens !es ont repris dans leurs édits» (Heim, Virtus, p. 189). In effetti, a partire dal IV secolo, non era più pensabile una riproposizione di quell'ideologia che vedeva nell'imperatore la fonte della potenza produttrice di ogni prosperità per l'impero (sull'ideologia del «Kaiser-Heiland», cf. supra, n. 10): tanto i pagani quanto i cristiani ritenevano che tale potenza derivasse dall'alto e venisse trasmessa all'imperatore, il quale, in sostanza, non era più considerato come un dio. Una reminiscenza della convinzione pagana circa i poteri sovrumani dell'imperatore, capace, se opportunamente pregato di portare il buon tempo al marinaio, di garantire il ritorno a casa al viaggiatore, di dare buoni presagi ai combattenti, come dichiara Pacatus (Pan. Lat. XII, 6, 4) dinanzi Teodosio nel 389, è forse la constatazione entusiastica con cui Procopio afferma che ormai, sotto il regno di Anastasio, «[l]'alternanza delle stagioni è ben regolata, e tutto si produce secondo natura»(§ 29, 512-513 Amato-Ventrella: Tà OÈ 1:còv ropcòv 'tE,:ayµÉva, Kaì 1tav,:a Kmà cpumv 1tpoé:pxE1:at ... Kaì cpmopaì µtv a\. 1t6ì..Eiç). In partico7

8

7. L'ideologia imperiale in Procopio

109

ganico rispetto al carattere conservativo dell'ideologia imperiale, la quale tendeva, come si è detto, a mantenere una propria specifica autonomia rispetto al pensiero cristiano 14 • Aretologia e topica imperiale. Pur omettendo ogni riferimento ad un imperator Christianus, quale fu Anastasio, Procopio, tuttavia, non viene meno all'esigenza di restituire l'immagine di un imperatore piissimo e sinceramente devoto. Le virtù cardinali in base alle quale tessere l'elogio del laudando, benché rigidamente fissate da Menandro Retore 15 , non costituivano, nella pratica, un canone inderogabile, non definivano un ideale astratto di regalità16. L'oratore poteva adattare la riflessione filosofica alle qualità dell'individuo concreto e allo scenario politico contingente, farsi cioè interprete delle aspettative che gravitano intorno alla figura del sovrano. Non appare allora casuale che, nel definire le virtù cardinali di un imperatore noto per il suo zelo religioso, Procopio abbia posto a fondamento delle stesse proprio l'd>crÉ~Eta17 che, in generale, negli encomii giocava «un ròle étonnamment réduit18». Quale dote precipua del monarca essa era stata già teorizzata da filosofi e scrittori pagani 19 prima ancora che dagli autori di fede cristiana20 , cui risultò ben gradito come topos encomiastico. La pietas, del resto, era enlare sulla «beneficiai influence of the emperor's arrivai on seasons», vedi MacCormack, Change, p. 728. 14 Neppure i sovrani cristiani sembravano disdegnare le forme proprie del culto imperiale. Pacato qualifica come deus (Pan. Lat. XII, 4, 5; 30, 1) o numen (ib. 21, 2; 47, 2) il pur cristianissimo Teodosio, sui cui tratti divini anche Temistio insiste (cf. [Amato]-Ramelli, !.:inedito, pp. 29-30). 15 Cf. supra, pp. 100-102. 16 Formatosi in stretto rapporto con gli ideali civici della polis (per una ricostruzione delle virtù riconosciute in età pre-platonica sulla base delle testimonianze epigrafiche, vedi Whitehead, Cardinal), il canone delle virtù 1tpéiYtatlprincipales, ovverosia 'cardinali' (sull'origine di tale definizione, cf. North, Sophrosyne, p. 358) fissato nella tetrade platonica di sophia, andreia, sophrosyne, dzkaiosyne (sull'argomento, si veda in dettaglio Kunsemiiller, Die Herkun/t) ha subito un continuo cambiamento per adattarsi all'evoluzione del contesto sociale, politico e culturale. Per una ricostruzione di tale processo fondamentale resta il contributo del North, Canons. 17 Cf. Proc., op. XI, 2, Amato-Ventrella. 18 Cf. Pemot, La rhétorique, p. 171. 19 Cf. X., Cyr. I, 5, 6. 14; D. Chr., or. 1, 15; 3, 51; Aristid., or. III, 596 (V3, p. 491, 15-17 Lenz-Behr) Luc., Im. 17; Ps.-Aristid., or. 35, 15 (II, p. 257, 6 Keil);Jul., or. 3 (2), 16, 3031. 28, 6-7 Bidez. Per Platone, invece, la pietà (virtù autonoma in Prt. 330b, 249b) poteva rientrare nella categoria della OtJCatoouVT] (Euthphr. 12e). Sulla pietà regale o imperiale in altri elogi, cf. Pernot, La rhétorique, p. 171, n. 241. 2 Cf., e.g., Syn., op. 1, 10, 1 Lamoureux. Sul processo di cristianizzazione della tetrade platonica, che porterà al riconoscimento dell'eusebeia come virtù cardinale in Atenagora di Atene (II sec.) ed in Origene (II-III sec.), vedi North, Canons, p. 181.

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Introduzione

trata a pieno diritto nell' eulogia imperiale da quando il senato romano aveva fatto dono ad Augusto del clypeus virtutum2 1 e da quando, a partire dalla conversione costantiniana, costituiva ormai la «neue Grundlage des Kaisertums22». Eusebio la riconosceva stabilmente a Costantino, egli stesso persino E'ÙcrE~Eiaç òtòarnmÀv23 . In Agapeto, inoltre, l'imperatore si distingue dal suo contrario, il tiranno, se porta la «corona della pietà24 » e se è «immagine di pietà fatta da Dio25 ». Procopio, in particolare, fa di tale virtù, riconosciuta all'imperatore anche da altre fonti storiche26, la maggiore dalla quale tutte le altre discendono, quella che informa ogni pensiero ed azione di Anastasio. Da questa Procopio fa derivare anche la tÀ.av0p(J)7tta27 , che si pone come intermediaria tra il mondo divino e l'umano: essa, infatti, colmando gli uomini di beni, imita la provvidenza divina, ne costituisce una sorta di prolungamento sulla terra28 . Già scritta nell'assetto storico-geografico della città natale29 , la filantropia di Anastasio ha tutta la ricchezza semantica solitamente caratteristica del termine3°. Essa, infatti, nel corso dd panegirico si definisce ora come clemenza verso i nemici sconfitti31 (per Cf. Res Gestae Divi Augusti 34, 2. Sulla natura e la scelta delle virtù di Augusto, vedi North, Canons, p. 177; Dvornik., Early, p. 491; Alfoldi, Die monarchische, pp. 206-207; Wallace-Hadrill, The Emperor, pp. 302-305. 22 Bellen, Christianissimus, p. 10. 23 Cf. Eus. v.Const. I, 5. Sulla pietas di Costantino celebrata da Eusebio, cf. Chesnut, Middle Platonic, p. 1331. 24 Cf. Agap., cap. 15: t11ç EÙO"Ej3Eicxç 'tÒ cr'tɵµcx 'tÒV ~cxmì..fo 1cocrµà 25 Cf. Agap., cap. 5: EUcrEj3Eicxç 0EO'tEU1C'tOV aycxì..µcx. 26 Cf. la Vita di Daniele Stilita (91 [p. 86, 4 Delehaye]), nella quale Anastasio è definito, al pari di Ariadne, come cptÀ.OXPtcr'tOç. 27 In generale sulla semantica di filantropia, vedi Le Déaut, 1À.av8p0»ria. Come ha osservato, North, Canons, p. 178, nell'àmbito della letteratura greca di età imperiale, la fi. lantropia costituisce l'aggiunta più significativa alle virtù della tetrade platonica. 28 Su tale aspetto della filantropia nel I sec. d.C., vedi Spicq, La philantropie; Boojamra, Christian, p. 349; Roberto, Bamkvç, p. 191. 29 Epidamno/Durazzo era stata fondata dai Feaci (Proc. op. XI, 2, 57 Amato-Ventrella), popolo ospitale e magnanimo (cf. D. Chr., or. 7, 90), ed era protesa in mare come avoler accogliere benevolmente i naviganti (Proc. op. XI, 2, 47-48 Amato-Ventrella). 3 Cioè di «libéralité, bienveillance, humanité, clémence», secondo Le Déaut, TJV KClÌ oilìuµov OV'tùlç Éçfìç f'.7tt(Jl(E7t'tÉoV cptÀav0p(l)7ttClV. 41 Cf. Bréhier, [;origine, p. 164. 42 In generale sul concetto di filantropia, vedi Downey, Philanthropia; Hunger, 1Àav8ppocruVT1 per i suoi stessi sudditi, le cui nozze, sull'esempio di quelle dell'imperatore, divengono crroq>povEç (Proc., op. XI, 22, 343 Amato-Ventrella). Egli è capace di insegnare la crco(j>pocruVT1 anche ai barbari, impedendo loro di abbandonarsi alle violenze su donne e bambini (cf. Proc., op. XI, 7, 164-174 AmatoVentrella); riconduce alla crco(j>pomJVTI anche quanti, tra i suoi sudditi, hanno ceduto alle passioni che snaturano la condizione umana (ib. 16, 356-358 Amato-Ventrella), anche a causa della visione di spettacoli degeneri, quali le venationes (sull'abolizione di tali spettacoli, cf. Cameron, Porphyrius, p. 242; Eppelt, Anastasius) e le rappresentazioni di pantomimo (sulla cui proibizione, cf. Cameron, Porphyrius, pp. 228-232; Cameron, Circus Factions, p. 226; Westberg, Celebrating, p. 60, n. 34). Sulla semantica della voce, oltre a North, Sophrosyne, si veda anche Rademaker, Sophrosyne. 45 In particolare la Ot1mtocrilVT1 costituisce la sola virtù stabilmente presente tra le altre della tetrade filosofica. Pur attestata tra le altre virtù imperiali, come ha dimostrato la De Salvo, la sua presenza statistica tende tuttavia a subire un netto regresso a causa di un progressivo processo di eticizzazione del diritto, che già awiatosi a partire dall'età ellenistica, porta, nel nuovo Empir chrétien, a identificarsi con il concetto di carità cristiana, pur restando la terminologia «ancora quella 'collaudata': indulgentia, clementia, mansuetudo, humanitas, pietas, ecc.» (p. 92). Non c'è dubbio che, in linea con l'evoluzione descritta dalla studiosa, la nozione di giustizia nel senso di applicazione severa e rigorosa del diritto appaia anche in Procopio statisticamente minoritaria rispetto all'esaltazione, come si è visto poc'anzi, delle virtù della pietas e della filantropia in tutte le sue diverse accezioni. 46 Sulla temperanza come qualità del principe, cf. Socr., Apophth. I C 186 et 291 Giannantoni; Isoc., 2, 29; PI., R. 579c, 7-9; X., Ages. 10, 2; Diotog., p. 72, 28-29 Thesleff; D. Chr., or. 1, 14; 13, 33; 49, 9; 62, 1. 4; Lib., or. 16, 18 (II, p. 167, 10-11 Foerster); 59, 121 (IV, p. 269, 8-9 Foerster); Them., or. 2, 35b-c (I, p. 48, 2-10 Schenkl-Downey); Syn., op. 1, 10, 7 Lamoureux; Choric., op. XXIII, 56 (p. 270, 26 Foerster-Richtsteig); Agap., Cap. 68. 47 Cf. lsoc., 2, 16. 27; X., Cyr. VIII, 1, 39; Them., or. 5, 67a-b (I, p. 98, 12-14 SchenklDowney); 8, 118c (I, pp. 177, 19-178, 4 Schenkl-Downey);Jul., or. 3 (2), 31 Bidez; Lib., or. 2, 41 (II, p. 252, 5-10 Foerster); Anon., Paneg. Iul. Imp. 9-11 Guida; Syn., op. 1, 27, 3 Lamoureux; Anon., Pol. V, 54-56 Mazzucchi; Diosc. Aphr., op. 18, 43 Fournet; per il mondo latino, cf. Calpurn. Sic., 1, 69-71; Pan. Lat. XI (3) 21, 1. 25, 3; Symm., In Valentinian. sen 1, 23; Pro patre 10; Claud., De III cons. Han. 187-188. Sul fenomeno della corruzione in età tardo antica, vedi Veyne, Clientèle. 48 Cf. Proc., op. XI, 12, Amato-Ventrella. 49 L'idea dell'ubiquità del monarca attraverso i suoi funzionari è frequente nell'ideologia imperiale: cf. D. Chr., or. 1, 32; 3, 86-87; Lib., or. 51, 3 (IV, p. 7, 16-20 Foerster);

114

Introduzione

porti familiari, sociali e commerciali51 e la sicurezza dai delatori52 • Non dissimile da quello lumeggiato da Pietro Patrizio, il ritratto di Anastasio fornito da Procopio, ci presenta un imperatore53 che raccoglie in sé ogni sorta di virtù54 • Sicché egli può degnamente incarnare l'ideale del voµoç Eµ'lmxoç non solo nel senso platonico e aristotelico di 'creatore' della legge, ma anche in quello stoico e neopitagorico di 'osservante' della legge e, in quanto tale, egli stesso modello di comportamento per i sudditi e fondamento etico per la loro condotta. La definizione di voµoç Eµ'lfuxoç, risalente al trattatello Ilepì v6µro 1wì ouwwavvaç dello ps.-Archita, nel quale era fissata per la prima volta l'identificazione del sovrano con la legge55 in quanto interprete ed esecutore della stessa, era stata ripresa arricchita di implicazioni metafisiche nella successiva letteratura neo-pitagorica, assai sensibile all'idea dd sovrano quale immagine del dio tra gli uomini56 . Coniugandosi al teo-mimetismo cristiano e alla concezione trascendentale e metastorica del potere imperiale, la teoria divenne la base della rifondazione del diritto romano in età giustinianea, le cui linee programmatiche sembrano in qualche modo essere già anticipate dallo stesso Procopio57 • Men. Rhet., III, 375, 18 [88 Russell-Wilson]; Them., or. 15, 196d-197a (I, p. 283, 11-16 Schenkl-Downey); Syn., op. 1, 11, 4 Lamoureux. 50 Sull'idea del popolo che si conforma al tropos del suo capo, cf. Isoc., 2, 3; 7, 22; X., Cyr. VIII, 1, 8. 30; 6, 10. 13; 8, 5; Ages. 7, 2. 10, 2; Vect. 1, 1; D. L., VII, 7; D. Chr., or. 3, 7; Ps.-Aristid., or. 35, 26 (II, p. 260, 3-6 Keil); Men. Rh., III, 376, 8 [90 Russell-Wilson]; Jul., or. 1, 11, 15-16; 3 (2), 29, 9-11 Bidez; Them., or. 15, 192b. 195d (I, pp. 277, 22-24. 282, 7-8 Schenkl-Downey); Syn., op. 1, 28, 3 Lamoureux. 51 Cf. Proc., op. XI, 22, 431-435 Amato-Ventrella. 52 Sul topos dell'imperatore che libera i sudditi dalle false testimonianze dei delatori, pericolose per l'ordine costituito, cf. Plin., Paneg. 34-35; Claud., De IV cons. Hon. 494495; De cons. Stil. II, 120; vedi, inoltre, Chauvot, Procope, p. 241, n. 47. 53 In Costantino Porfirogenito, infatti, il popolo costantinopolitano chiede all'imperatrice un sovrano sordo al richiamo della CÌ1tÀT]CJ'tl.CX e della q>tÀXPTJµOOUVT] (Const. Porphyr., De caerem. I, 92 [419, 15-16 Reiske]: oòç 11µ'iv È:1ti.yEtov àq,tì..apyupov PcxmÀ.Éa tij oÌ.lcoUµÉVIJ); l'Augusta presenta il nuovo sovrano come un uomo 6p06ooçov KCXÌ a:yv6v (ib. [421, 13 Reiske]) e il popolo lo invita, infine, alla OtKCXtoO'UVT] (in tal senso deve intendersi la richiesta di cacciare dall'impero i delatori (ib. [424, 17-18 Reiske] 'tO'Ùç OT]Mwpcxç t!;ro PaÀE; la lotta contro sicofanti e delatori è elogiata anche in Jo. Ant., fr. 308, 2 Roberto). 54 Cf. Proc., op. XI, 24, 460-462 Amato-Ventrella. Sul topos, cf. Ps.-Arist., or. 35, 27 (II, p. 260, 6-8 Keil); Lib., or. 13, 51 (II, p. 81, 13-17 Foerster); Plin. Paneg. 4, 5-6; Pan. Lat. XII (2) 5, 3; Claud., De cons. Stil. I, 24-26. 55 Cf. Ps.-Archyt., p. 33, 9 Thesleff. 56 Cf. Squilloni, Il concetto, pp. 107-135. 57 Per la posizione assunta al riguardo dall'anonimo autore del dialogo Sulla scienza politica, da Agapeto, oltre che per gli orientamenti più strettamente giurisprudenziali (cf.

7. L'ideologia imperiale in Procopio

115

Il carattere teocratico e democratico della regalità. È per ricompensare l'd>crÉ:~Eta di Anastasio che un Myµa 0Eìov5 8 decide di far ricadere su Anastasio il voto unanime del popolo, un voto approvato dal senato e dai dignitari di Costantinopoli e ratificato dall'imperatrice5 9 • Ma se la volontà divina opera sul piano trascendentale, sul piano storico sono i meriti personali di Anastasio a spingere il popolo ad acclamarlo imperatore: il lungo periodo di fedele servizio alla corte imperiale, lo ha posto a contatto con le reali esigenze dell'impero; egli ha potuto così maturare, attraverso una vasta esperienza politica e sociale, un'acuta e profonda percezione dei reali bisogni dei cittadini dell'impero, grazie alla quale è riuscito ad intercettare il gradimento e l' approvazione delle diverse componenti dell'impero60 • La successione awiene senza quello spargimento di sangue cui gli intrighi di corte avevano abituato i sudditi61 • Come si è detto, il potere temporale dell'imperatore sembra derivare, da un lato, direttamente dalla volontà divina, dall'altro, da quella superiorità morale che tutti concordemente riconoscono ad Anastasio e che gli consente di pervenire al soglio non per diritto dinastico, ma in ragione dei suoi meriti personali62 • Procopio, in definitiva, sembra integrare il concetto Just., Nov. 105 [p. 507, 9 Schoell-Kroll]), si vedano Valdemberg, Le idee, p. 74; Hunger, Prooimion, pp. 117-122; Dvornik, Early, pp. 659-723; Pertusi, La concezione, pp. 568-569; Dagron, Empereur, pp. 127-134; Matino, Procopio, pp. 21 e 108-109. In generale, sul concetto del sovrano come v6µoç tµwuxoç, vedi Ramelli, Basileus. 58 Il topos dell'investitura divina è assai comune nell'ideologia politica imperiale di età tardoantica: cf. Them., or. 6, 73c. 74b [I, pp. 109, 4-5 et 110, 6-7 Schenkl-Downey]; 8, 109b [I, p. 165, 6-7 Schenkl-Downey]; 13, 178d [I, p. 256, 4 Schenkl-Downey]; Lib., or. 12, 68 [II, pp. 33, 24-34, 1 Foersterl; 13, 16 [II, pp. 68, 18-23; 70, 9 Foerster]; 18, 104 [II, p. 280, 11-12 Foerster]; Diosc. Aphr., op. 17, 32 Fournet. 59 Cf. Proc., op. XI, 5, 119-121 Amato-Ventrella: «Un decreto divino, per la verità, faceva ricadere su di te il voto e come per unanime decisione il popolo tutto ti acclamava, il senato si associava, l'imperatrice acconsentiva e l'elezione veniva ratificata» (A6yµa 'tl 0EtoV ùlç ClÀTJ0roç È1tÌ OOÌ 'tTIV 'JITlcpV ÈKtVEl, KClÌ µan à1tap'tiçEtv. [. .. ] É7tEt01Ì 'toivuv ɵÉ, d Kaì aKovm Kaì àva~aì..Mµevov, 1Ì yaÀtvOYCCl'tT] aùyouam 'AptClOVT] tjì OtaKptaEt 'tCOV U7tepq>UEO'tCl't(l)V 1tpOYCEUOV't(l)V Kaì 'tiìç Évool;o'ta'tT]ç auyKì..iJwu iJ ÉKÀO'YTJ Kaì 'tcov ouvmcov a'tpm01ii6rov, wu 'tE Ka0omroµÉvou ì.aou ii auvaivEmç 1tpòç 'tÒ àvaM1;aa0m 'tiìç ~mÀEiaç 'tCOV 'Pcoµairov 'tTJV q>pov'tioa, 1tpoT]youµÉvroç 'tiìç ÉmEtKdaç 'tiìç 0daç 'tptaooç, 1tpoExcopT]aEv («È noto che il potere umano dipende dall'assenso della Gloria suprema. [. .. ] Poiché dunque per decisione della serenissima Augusta Ariadne e degli illustrissimi primati e per la scelta del gloriosissimo senato e dei potenti eserciti, come pure per il consenso del sacrosanto popolo sono stato spinto, sotto la guida della benevolenza della divina Trinità, ad assumere la cura dell'Impero»; trad. A. Pertusi). 74 Sulle diverse le ipotesi formulate per spiegare l'assenza di ogni riferimento al ruolo ~ell'esercito, vedi Chauvot, Procope, pp. 203-204. 76 Sul senso di tale omissione, vedi infra, n. 80. 77 Cf. Vald~nberg, Le idee, pp. 75-77; Chauvot, Procope, p. 204. In effetti, come ricorda Chauvot, Procope, p. 205, il popolo rappresenta l'unico «portateur de la notion fondamentale d'unanimité». Sul concetto fondamentale del consensus u~iversorum (elemento che distingue il principe dal tiranno) cf. lnstinsky, Conse,;Pittet, Le mot, pp. 43-44 e, da ultimo, Lobur, Consensus. Forse non va sottovalutato il peso del contesto performativo, un'assemblea, appunto, 72

;t;

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Introduzione

cornice del discorso (una pubblica assemblea in un giorno di festa per la città), inoltre, inducono a ritenere che Procopio non intendesse formulare una precisa norma 'elettorale': l'ordine evocato da Procopio non sembra avere il valore di un ordo legale, di una procedura da ritenere valida in astratto e da riproporre per il futuro 79 • Imperium e sacerdotium. Ben più significativo appare forse il silenzio assoluto circa la figura del patriarca. Il rapporto dell'imperatore con il divino è diretto, non mediato da altre figure 80 • L' eusebeia su cui Anastasio ha da sempre fondato la propria esistenza consente al sovrano neoletto di coniugare al j3acnUcoç ax;fiµa la tEpécoç yvroµ11, uno spiritus sacerdotalis che sembra emanciparlo dal controllo ecclesiastico. Occorre chiedersi se l'oratore volesse, in questo modo, legittimare il diritto dell'imperatore ad intervenire nelle questioni spirituali ed ecclesiastiche81 , anche in contrasto con il soglio di Pietro. L'associazione imperiumlsacerdotium non è fondata su una argomentazione teorica ma sul vissuto reale dell'imperatore, che poco prima dell'elezione si era dato ad una vita seriamente religiosa: tra le altre attestazioni della sua pietas vi era la pratica di pronunciare continue prediche da un pulpito che si era fatto costruire forse nella chiesa di S. Sofia a Costantinopoli82 • Quella del sacerdote per Anastasio non può essere intesa come una realtà di fatto (Anastasio non rivestì mai alcuna carica sacerdotale), ma neppure come una metafora tout court, volta ad esprimere la profonda giustizia dell'imperatore, com'era consuetudine, almeno quando le relazioni tra potere politico e potere religioso erano più distese. In tempi di contrapposizione tra i due poteri il modello dell'imperatore-sacerdote era malvisto dalla gerarchia ecclesiastica: contro di esso, Gelasio, in una lettera indirizzata proprio ad Anastasio nel 494, evoca attraverso la figura di Melchisedech, «roi et pretre de l'Ancien analoga a quella costantinopolitana, artefice a suo tempo della proclamazione di Anastasio. 79 Pace Pertusi, I principi, p. 15. 80 L'omissione del ruolo del patriarca è stato spiegato con il generale disinteresse dimostrato da Procopio per le questioni religiose (cf. Valdenberg, Le idee, pp. 75-77) o, assai più verosimilmente, con la volontà dell'autore di negare alla Chiesa alcuna forma di controllo politico (Chauvot, Procope, p. 203). L'incoronazione da parte del patriarca, benché le fonti storiche la facciano risalire a Marciano (450-457), si impose come pratica a partire da Leone I (457-474), come argomentato da Ensslin, Zur Frage, il quale tuttavia esclude una connessione tra l'incoronazione da parte del patriarca e l'idea per cui il potere sia un dono divino (cf. anche Ensslin, Das Gottesgnadentum). Sulla questione, vedi Charanis, Coronation. Sulla cristianizzazione del cerimoniale di incoronazione ai tempi di Anastasio, cf. Dagron, Empereur, pp. 88-89; cf. anche Maier, Anastasios, pp. 7475. 81 Non è, infatti, possibile sottrarsi alla suggestione di una lettura politica dell'esaltazione della pietas di Anastasio. Cf. Cavarra, Ideologia, p. 20. 82 Sull'episodio, vedi supra, p. 100, n. 39.

7. L'ideologia imperiale in Procopio

119

T, rament, le mélange diabolique des "deux pouvoirs" sous !'Empire pai"en,

e~ faisait de l'empereur un ponti/ex maximus, et leur séparation définitive à (u~enue du Christ83 ». Non sarà forse priva di una certa vis polemica nei a nfronti di Gelasio, che tendeva a circoscrivere alla sola sfera privata la pie~~s dell'imperato~e84, la rip~oposizione da parte di ~~ocopio di quello ste_sso modello, incompmto nel mito e perfetto nella realta mcarnata dal nuovo unperatore: se Eumolpo lo fu in momenti differenti, Anastasio è contemporaneamente [3amì..euc; e iepeuc; secondo Procopio; e questo in perfetta sintonia con l'ideale romano della comunione dei due poteri nell'unica figura dell'imperatore investito, a partire da Augusto e fino ai tempi di Graziano85 , del titolo di ponti/ex maximus. Del resto, era stato lo stesso Anastasio a definirsi in una lettera al senato86 come ponti/ex inclitus87 • Omettendo ogni riferimento al patriarca e riconoscendo all'imperatore non solo un rapporto privilegiato con la divinità, ma anche qualità e prerogative sacerdotali, Procopio sembrerebbe anticipare - attenendosi pur sempre al linguaggio della tradizione - l'impianto dottrinario del cesaropapismo caratteristico dell'ideologia giustinianea88 • Né è forse casuale che le parole con cui Procopio commenta l'elezione di Anastasio, «svanivano le tenebre del mondo89», costituisca, in tutto il Panegirico, l'unica reminiscenza cristiana, come a volere rimarcare il carattere trascendentale di un imperium voluto dal dio dei cristiani. Dagron, Empereur, p. 311. In una lettera indirizzata ad Anastasio, il papa Gelasio (PL 59, col. 43B), dichiarava infatti : «nec me latet, imperator Auguste, quod pietatis tuae studium fuerit in privata tua». Sulla questione, cf. Chauvot, Procope, p. 279, n. 91. 85 Sulla soppressione del titolo di ponti/ex maximus e sulla rinuncia all'unità di imperium I sacerdotium in Graziano e Teodosio, vedi Stepper, Augustus, pp. 210-223. 86 Anastasio, Ep. 113 (p. 506, 20 Giinther). 87 Ricorrendo all'aggettivo inclitus, secondo Rosch, Onoma, pp. 86-87 ripreso da Stepper, Augustus, p. 219, Anastasio avrebbe evitato di utilizzare un aggettivo (maximus) troppo compromesso da un «heidnischen Kultgebrauch». 88_Il r~conoscimento delle qualità sacerdotali all'imperatore bizantino a partire da Eusebio d1 Cesarea (su cui, vedi Sansterre, Eusèbe; Bréhier, 1epe'Ùç, Dagron, Empereur, pp. 141-168 e 369-378; Amerise, Eusebio, pp. 64-67) finiva con il precludere alla gerarchia ecclesiastica ogni possibilità di controllo sullo stesso, giacché il sovrano ha il diritto, per volontà divina, di esercitare la propria signoria tanto sullo Stato quanto sulla Chiesa. Non sorprende che i padri della Chiesa, sia greci che latini, si dimostrassero restii ad a~c?~liere pienamente il sistema teocratico di Eusebio (cf. Pertusi, I principi, p. 11; Pic;~mt, La regalità, p. 6). d Cf. Pr~c._, op. Xl, 5, 119 Amato-Ventrella: 'tCOV 1tpayµa'trov àxì.ùc; OtEÀUE'tO. Di ascenI enza cristiana risultano tanto l'immagine delle 'tenebre del mondo' (cf. Ph., spec. leg. 4, 5; ACO II, 1, 1 [p. 93, 21 Schwartz]), quanto quella del loro dissolversi (cf. Cyr. I ex., Os.-Mal. I, p. 69, 26 Pusey; Is. in PG 80, col. 988; Soz., h.e. II 7, 7 [p. 262, 1 Grilet/Sabbah]; Procl. Const., Mystag. in bapt. 3, 15, 2 Leroy). 83

84

lf'

8. Le Epistole'

Federica Ciccolella

Con le sue 169 lettere attualmente note (cui si aggiungono cinque lettere di uno dei suoi destinatari, il retore Megezio), l'epistolario di Procopio di Gaza rappresenta un documento di importanza fondamentale. Esso si colloca nel contesto dell'epistolografia bizantina, che comprende circa 150 collezioni databili dalla tarda antichità fino ad oltre la caduta di Costantinopoli. Pur nella loro stilizzazione e obbedienza alle convenzioni del genere epistolare, le lettere di Procopio contengono preziose informazioni su diversi aspetti culturali, economici e sociali dell'area mediterranea orientale prima dell'invasione mussulmana dell'inizio del VII sec. Inoltre, la veste linguistica e lo stile rendono queste lettere estremamente utili per far luce su una fase cruciale dell'evoluzione del greco letterario dall'antichità all'età bizantina. Singolare il destino delle lettere di Procopio. Sebbene assai apprezzate in ambiente bizantino e umanistico, come prova l'elevato numero di manoscritti che le tramandano, in età moderna esse sono state raramente considerate per se2, forse a causa della difficoltà del linguaggio e dell'oscurità dello stile o, più in generale, del pregiudizio estetico che tuttora grava sulle opere letterarie tardoantiche e bizantine3. Alcune lettere sono state usate da storici e archeologi per trarre informazioni sull'ambiente in cui Procopio viveva e operava, la Palestina tardoantica, mentre filologi, linguisti e storici della letteratura si sono soffermati sulla complessità della lingua e dello stile per inSalvo dove espressamente indicato, la numerazione delle lettere di Procopio corrisponde a quella dell'edizione di Garzya-Loenertz, Procopii. 2 Si veda, ad esempio, Garzya - Loenertz, Procopii, p. V: «La présente édition fut entrepise à l'occasion de celle des lettres de Démétrius Cydonès, comme contre-épreuve d'un point de méthode: vérifier si la comparaison de l'ordre des pièces dans une collection de lettres peut contribuer à resoudre les problèmes posés par la tradition manuscrite». 3 Per quanto riguarda l'epistolografia bizantina, Mullett (Theophylact, pp. 23-24) riporta una serie di giudizi critici negativi di studiosi moderni e conclude (p. 24): «Even the most experienced editors of Byzantine letters are unsure of their value once they are edited». Nonostante ciò, l'attività di edizione e studio delle raccolte epistolografiche tardoantiche e bizantine è molto aumentata negli ultimi decenni. Si veda Hatlie, Epistolography, p. 215. 1

B. Le Epistole

121

dividuarne le relazioni c~n la tradizione ~lassica_ e la lingua d'uso .. Tuttavia! è ancato finora uno studio completo e sistematico delle lettere di Procopio, he ne esplorasse il ruolo non solo all'interno della molteplice produzione loro eclettico autore, ma anche nel contesto più generale della scuola di Gaza e della cultura greca del V-VI secolo d.C., oltre ai rapporti con le altre raccolte di lettere tardoantiche4•

del

8.1. Le Epistole di Procopio tra retorica, filosofia e messaggio cristiano Secondo la definizione data da Michael Trapp all'inizio del suo studio sull'epistolografia antica greca e latina, ciò che caratterizza una lettera è la sua natura di messaggio interpersonale, che presuppone un passaggio "fisico" da un mittente a un destinatario; la lettera è in sostanza un testo scritto in una forma che comporta una serie di formule convenzionali, in particolare all'inizio e alla fine5. Il bisogno della lettera nasce quando le due parti coinvolte nel processo sono fisicamente distanti o comunque separate. Tuttavia, questo bisogno di comunicazione non comporta necessariamente che la lettera rispecchi del tutto la realtà: consciamente o no, l'autore della lettera fornisce la propria rappresentazione e persino interpretazione della realtà in base alla percezione del proprio status e di quello del destinatario, opera una selezione degli elementi da presentare e li esprime in modo da convincere il destinatario della sua visione. Di conseguenza, l'autore di una lettera finisce per proiettarvi una versione personalizzata non solo della realtà ma anche di se stesso, cioè una persona6. Nel caso dell'epistolario procopiano bisogna considerare che esso ha subìto un processo editoriale in almeno due fasi: al momento della sua formazione, quando l'anonimo editore o l'autore stesso operò una selezione del materiale da includere, e nel corso dei secoli, quando le lettere vennero adattate per essere inserite in raccolte ed utilizzate come modelli. Infatti, co-

4

Sugli approcci moderni all'epistolografia bizantina, si veda Hatlie, Epistolography. Trapp, Letters, p. 1 (definizione ripresa da Muir, Li/e, p. 1): «A letter is a written message from one person (or set of people) to another, requiring to be set down in a tangible medium, which itself is to be physically conveyed from sender(s) to recipient(s). Formally, it is a piece of writing that is overtly addressed from sender(s) to recipient(s), by t~e use at beginning and end of one of a limited set of conventional formulae of sal~tat1on (or some allusive variation of them) which specify both parties to the transact1on». 6 Trapp (Letters, p. 4) al riguardo aggiunge: «Letter writers construct and project a persona which may bear ali kinds of relationships . . . to their character as perceived by t~ers than their correspondent of the moment». Si vedano anche le considerazioni reb"ttve all'epistolario di Libanio da parte di Gonzalez Galvez, Libanio, pp. 15-16 e Critore, School, pp. 3-4. 5

122

Introduzione

me per ogni testo letterario tramandato dall'antichità, ciò che leggiamo solo in parte rispecchia quanto di fatto uscì dalla penna dell'autore, e va piuttosto considerato come il risultato di un processo le cui fasi possono essere ricostruite con una certa difficoltà. Nell'esaminare le lettere di Procopio di Gaza e degli altri epistolografi antichi bisogna, dunque, evitare di considerarle come specchio fedele di una personalità, un ambiente o un'epoca; è invece necessario tenere ben distinta la realtà dalla sua rappresentazione, la persona dell'autore dal suo mondo. Già ad una lettura superficiale appare evidente che le lettere dell'epistolario procopiano vertono sui contenuti più diversi e rivelano molteplici atteggiamenti da parte dell'autore. Procopio è al centro di una nutrita cerchia di amici e conoscenti per lo più legati a lui da esperienze comuni, come gli studi compiuti insieme, la pratica della stessa professione o l'aver frequentato la sua scuola. Come Libanio, Procopio mantiene i contatti con i suoi ex-allievi, alcuni dei quali hanno seguito le sue orme diventando a loro volta insegnanti, mentre altri occupano posizioni importanti in qualità di giudici, avvocati o funzionari imperiali. Che Procopio consigli o esorti, rimproveri o lodi, chieda favori o raccomandi, consoli o scherzi, un lettore percepisce sempre un atteggiamento di sicurezza nelle proprie capacità (nonostante la frequente professione di umiltà e l'esplicito rifiuto dell'arroganza) velato di ironia e, spesso, di sottile umorismo. Ma non si può comprendere a fondo l'immagine che Procopio dà di sé senza esaminare il suo modo di concepire la propria professione, cioè l' elemento che determinava il suo ruolo e la sua funzione all'interno del suo ambiente culturale. Nell'epitafio a lui dedicato, il suo allievo Coricio lo definisce senz'altro come crotcr'tTJç, che eccelleva in entrambi i requisiti della sua arte: pronunciare pubblici discorsi epidittici ed insegnare ai giovani la retorica degli antichi7• Infatti, in quella sorta di manifesto della sofistica gazea che è la lettera n° 18, Procopio risponde alle beffe del fratello Zacaria difendendo orgogliosamente il suo mestiere di sofista, un'arte cui si dedica con passione: Op. VIII, 7, p. 111 Foerster-Richtsteig (= Proc. Gaz., Test. II Amato): ooo yàp ovtrov, olç àpE"tTJ ~cxcrcxviçE'tat crocptcr'toU, 'tOU 'tE KCX't