Romolo. La fondazione di Roma tra storia e leggenda

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Romolo. La fondazione di Roma tra storia e leggenda

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Università di Trento Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche Pubblicazioni di Storia Antica 4

ATTILIO MASTROCINQUE

ROMOLO

(la fondazione di Roma tra storia e leggenda)

LffiRERIA EDITRICE ZIELO E STE

Volume pubblicato con il connibuto del Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche dell'Università di Trento © by Libreria Edinice Zielo 1993 via Europa 43 35042 Este (Padova) disnibuzione: "ll Libraccio" via Portello 42 35 129 Padova tel.049/8075035

Prefazione

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Prefazione Questa monografia si propone di studiare alcuni aspetti della saga romulea e di individuarne i paralleli entro altri cicli di leggende romane, e soprattutto quelle di Ercole e di Fauno, ma anche entro le storie degli ultimi re di Roma. Ci sono infatti parecchi racconti su Romolo che ritornano pari pari con altri personaggi, storici o mitici, come protagonisti. Ad esempio, sia Romolo e Remo che il fondatore di Praeneste e lo stesso re Servio Tullio sarebbero nati da un genio uscito dal focolare. Saranno soprattutto due temi mitici che attireranno la nostra attenzione: i furti di bestiame alle origini della città e la nascita del fondatore o del capostipite. Questi due temi sono particolarmente interessanti perchè offrono la più ampia gamma di paralleli fra vari cicli di leggende, e perchè meglio permettono di individuare la genesi e lo sviluppo, fin da tempi remoti, di saghe sempre uguali fra loro, ma insieme sempre mutanti nel tempo per quanto riguarda i particolari e i nomi dei protagonisti. Come secondo scopo ci si propone l'individuazione di una cronologia relativa che collochi Romolo prima o dopo i pro­ tagonisti alternativi di leggende analoghe alle sue. Poi si cercherà di vedere qual era la dimensione storica dei fatti cui si riferivano le leggende parallele di Romolo e dei suoi omologhi Ercole, Ca­ co, Fauno, Servio Tullio ...Per far questo cercheremo di vedere se era il ciclo romuleo che aveva agganci con realtà storiche, oppure se li avevano piuttosto i cicli di altri personaggi. In altri termini, si vedrà se i diversi racconti ricevono un senso quando hanno Romolo come protagonista oppure quando hanno prota­ gonisti alternativi. Anche i dati archeologici contribuiranno a fornire elementi per stabilire priorità. La saga di Romolo serviva per creare uno spazio storico fitti­ zio entro il quale calare la rappresentazione che i Romani (certi Romani) si erano fatti delle loro origini. Tale rappresentazione

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Prefazione

creata usando materiale narrativo tratto da altri cicli "delle ori­ gini " , nei quali pure si parlava di eroi fondatori, civilizzatori, ca­ postipiti dei Romani e dei Latini, vale a dire di Fauno ed Ercole, per un verso, Tarquinio Prisco e Servio Tullio, per un altro. Scopo di questo lavoro è individuare da dove, e in quale modo fu tratto il materiale narrativo che andò a costituire la leggenda del era

fondatore, ma è anche quello di studiare come tale materiale è stato rielaborato e soprattutto quali novità vi sono state introdotte. Non tutti i problemi concernenti Romolo saranno qui trattati, ma si sceglieranno quelli che meglio potranno chiarire la genesi antica della saga. L'impresa è certamente difficile, a causa della natura infida delle fonti, ma non per questo si deve rinunciare in partenza a cercar di capire e di mettere in luce i problemi. Sono grato a tutti coloro che mi hanno dato ai uto, con i loro consigli e suggerimenti , e in p articolare agli amici proff. Dominique Briquel, Giovanni Colon na, Emilio Gabba, Mario Torelli . Dura nte un semestre del 1991 ho lavorato a questo libro presso le Università di Aqui sgrana e di Colonia grazie alla Alexander von Humboldt-Stiftung, ospite dei proff. Hartmut Galsterer e Werner Eck. Sono pertanto grato a queste istituzioni e ai miei ospiti. Ringrazio anche la Fondation Hardt, ove ho la­ vorato durante un breve soggiorno nel 1992. Attilio Mastrocinque

Introduzione

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Introduzione Questo libro non si propone lo scopo di stabilire chi realmente fondò Roma, nè come o quando, ma di capire che cosa i Romani pensassero a proposito di tali questioni. Probabilmente la storia antica conosce pochi problemi dibattuti come questo, ma, ciò no­ nostante, diversi morivi inducono ad un'ulteriore riflessione. Prima di tutto, si ha l'impressione che spesso i moderni abbiano spesso trattato la saga di Romolo come se fosse l'unica leggenda di fondazione. Si è dato molto peso alla storia di Romolo anche perchè si è creduto che essa costituisse la "tradizione ufficiale" sulla fon­ dazione. In realtà le opinioni degli antichi erano assai più varie­ gate.

È vero che

l'unico a compiere il rito etrusco di fondazione

tracciando il solco con l'aratro fu, secondo le fonti, Romolo, ma è pur vero che un'importanza pari al fondatore veniva attribuita al capostipite! dei Romani, al primo re della nuova comunità. E la tradizione conosce capostipiti almeno altrettanto importanti e anti­ chi quanto Romolo: Fauno, Latino, Ercole, Evandro, Pallante, Caco. Il carattere di fondatori o di capostipiti, che è proprio an­ che di questi personaggi, risulta in certi casi evidente, in certi altri invece risulta cancellato e trasformato. Un secondo motivo per cui si ritiene utile un'ulteriore rifles­ sione sui fondatori di Roma consiste nel fatto che alcune im­ portanti scoperte archeologiche hanno recentemente rimesso in discussione il problema delle tradizioni su Romolo. Si tratta degli scavi sul Palatino, che hanno riportato alla luce la cosiddetta casa di Romolo e il cosiddetto muro e pomerio romulei. Tali scoperte potrebbero far credere che si siano trovate le tracce del fondatore lA Lavinio, ad esempio, si venerava un nume chiamato Indiges, e ad Indiges conisponde talora in greco yEvap)(TIS', cioè "capostipite", "antenato": Diod.XXXYII.ll; Lyd., De mens.IY.l55.

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Introduzione

e della fondazione. Non sarà dunque superfluo esaminare il modo in cui i Romani si posero di fronte al problema del loro antenato e vedere come nel tempo le loro opinioni fossero cambiate e non fossero univoche neppure alla fine della repubblica. In altre pa­ role, anche se trovassimo le tracce della fondazione di Roma, non sarebbe sicuro che esse siano le tracce di Romolo. Pochi elementi sono certi nella vicenda del fondatore quanto il fatto che Romolo non ha fondato Roma. Ma se Romolo non ha fondato Roma, sarà da vedere piuttosto come fu creato il personaggio Romolo. Verrebbe spontaneo rispondere che l'han­ no creato gli storici e gli eruditi romani. Si vedrà però che l'han­ no creato anche i movimenti politici ed ideologici antichi e che l'hanno creato gli archeologi. Infatti Romolo, in una certa misu­ ra, è un parto dell'archeologia e, a ben riflettere, l'archeologia moderna sta soltanto partorendo una seconda volta lo stesso per­ sonaggio che era stato partorito dall'archeologia e dall'antiquaria degli antichi Romani. Come tutti gli uonùni, così anche i Romani erano curiosi di sapere chi fosse stato il primo abitatore della loro terra, l'antenato, il fondatore, il primo re, l'uomo originario che dalla preistoria condusse alla storia, dalla ferinità alla civiltà. Solo quando i Romani si sentirono e si considerarono dei "cittadini" poterono concepire una "saga di fondazione", mentre nei tempi più antichi non potevano, ovviamente, che fantasticare sopra un leggendario "capostipite". La tradizione ha conservato il ricordo di una capanna del Palatino che venne considerata, ad un certo momento, la casa di Romolo e che per questo fu conservata religiosamente. Il fondo di tale capanna è stato recentemente (ri)scoperto dagli scavi diretti da Patrizio Pensabene. Anche i Romani antichi avevano scavato a Roma, ed erano stati loro ad interpretare certi reperti come le reliquie del fondatore: è il caso della scoperta del lituus di Romolo ritrovato sotto il tempio di Marte, sul Palatino 2, ma non diverso è il caso del corniolo di Romolo, un vecchio albero del Palatino3 interpretato come il ger­ moglio nato dalla lancia dell'eroe scagliata dall'Aventino, o il 2n ritrovamento sarebbe avvenuto dopo il sacco gallico, ma in realtà la tradizione dev'essersi formata al tempo di Si lla; cf. M. Sordi , Si/la e lo 'ius pomerii proferendi', in Il confine nel mondo classico, "CISA" 1 3 , 1987, p.208. 3P1ut., Rom. 20; Serv., Aen. III.46; Amob.IV.3. Cf. J.Bayet, Croyances et rites dans la Rome antique, Paris 1 97 1 , pp.l6·22.

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lntroduzione

caso della ficus Ruminalis presso la quale si ambientò la scena dell'allattamento dei gemelli; un cippo d'età giulio-claudia dal­

l'area del "pomerio palatino" con l'iscrizione Remureina forse do­

cumenta che un bel giorno qualcuno scoprì le tracce del luogo

dove Remo fu ucciso dal fratello.

Analoga fu la vicenda della

sepoltura arcaica di Lavinio, che fu interpretata come la tomba di Enea4. Si trattava di "prove" e insieme di nuovi elementi della storia romulea.

Beninteso, le "invenzioni" non erano sempre basate su ele­ menti tangibili desunti dall'archeologia, ma derivavano anche, e soprattutto, da motivazioni di varia natura. Per esempio, da un

certo momento la propaganda e l'ideologia della gens Iulia fecero sì che un tale Giulio Proculo avesse visto Romolo che saliva al cielo, ove sarebbe diventato Quirino5.

Archeologia, propaganda, ideologia, politica, erudizione, lette­

ratura: tutto concorreva alla creazione del personaggio Romolo,

ma la creazione non nasceva dal nulla, bensì utilizzando materiale

derivato da altri ambiti storici e mitologici. Elementi della storia

dei "re etruschi", Tarquinia Prisco, Servio Tullio e Tarquinia il Superbo, ed elementi dei miti di Ercole, Fauno e Caco conflui­

rono nella saga romulea conservando invariati gli schemi narrativi e mutando semplicemente il nome dei protagonisti.

Ma anche

temi desunti dalla tradizione relativa al sacco gallico e all'epoca di Camillo contribuirono alla formazione della saga romulea.

Lo scopo principale che ci si propone è quello di stabilire una

cronologia relativa per la saga romulea in rapporto alle principali saghe con cui è imparentata.

Per questo scopo non ha molta

importanza ottenere delle certezze in merito alla cronologia asso­

luta delle leggende relative ai re etruschi di Roma. Si dedicherà in questo libro uno spazio maggiore allo studio dei miti di Ercole, di Caco e di Fauno rispetto a quanto non se ne dedicherà a Romolo stesso, perchè entro quei miti troveremo le tracce dei modelli

principali seguiti dalla tradizione romulea. Ed entro tale ricerca

tenteremo di risalire alle fasi più antiche della concezione romana relativa alle origini. A tale scopo sarà opportuno affrontare lo

4Cf. F.Castagnoli, Lavinium, l, Roma 1972, pp.96 ss. 5Liv.I.I6.5-8; Dion.Hai.II.63.3; Ovid., Fasti 11 .499 ; Plut., Numa 2. Il personaggio di Proculo costituisce un'invenzione relativamente antica, poichè era noto già a Cicerone (Rep. 11.10.20); cf. C.Ampolo-M.Manfredini, Plutarco. Le vite di Teseo e di Romolo, Milano 1988, p.337.

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Introduzione

studio della festa dei Lupercalia, nella quale veniva ritualmente evocato il caos selvaggio precedente la fondazione; caos posto in rapporto dialettico con la vita civile instaurata dai protagonisti della mitologia lupercale: Fauno (e Pico), Ercole, Romolo. Per addentrarsi nello studio del pensiero romano relativo alle origi ni è necessario che il nostro metodo di indagine si adegui, per quanto possibile, al modo di pensare dei Romani antichi. Per questo gli aspetti leggendari presenti nelle trame storiche non sa­ ranno condannati a priori, a favore di racconti più "razionali". Se la storia di Romolo risulterà analoga, per certi aspetti, alla storia di Servio Tullio, o a quella di Caco o di Tarquinio il Superbo non dovremo stupirei, nè rifiutare le analogie o estenderle più del do­ vuto. Se il destino dei Fabii, discendenti di Ercole, sembra ripe­ tersi più volte nella storia non ci si deve stupire. Era infatti una tendenza tipica del pensiero storico romano (ma anche di quello etrusco) quella di proiettare nel passato, a più riprese, avve­ nimenti recenti, per concepire la storia come un ripetersi ciclico di eventi. E maggiormente forte era questa tendenza quando si trattava del passato remoto delle origini, poichè il fondatore rac­ chi udeva in sè tutte le premesse del futuro. Tutta la storia e il destino di una città o di un popolo erano racchiusi virtualmente nel fondatore e nella fondazione; virtualmente o anche come ex­ emplum primo, destinato a ripetersi. Ad esempio, se gli auspici di Romolo avevano ricevuto la benedizione di Giove, anche gli auspici dei suoi successori, e soprattutto dei consoli, avrebbero dovuto riceverla; se Romolo era stato fortunato, anche Roma avrebbe dovuto esserlo. Nel momento in cui si ritenne Romolo capostipite dei Romani si proiettò nella sua storia ciò che dal tempo dei re etruschi era tipico della nascita dei fondatori o degli eroi: essi dovevano nascere da una Vestale fecondata da un dio. I miti dei principali eroi e capostipiti dei Romani erano con­ cepiti secondo schemi narrativi ricorrenti. Ed è altrettanto vero che un mito ne generò un altro simile, ma, pur sempre diverso : cambiavano i protagonisti, cambiavano alcuni particolari . . . Ciò non avveniva casualmente. Dietro le operazioni di intervento nel mito e nella storia tradizionale agivano motivazioni precise: spinte politiche ed ideologiche, spinte nazionalistiche, scelte di campo nella politica internazionale, ambizioni gentilizie o altri motivi, che solo in qualche raro caso possono essere precisati. Se Romolo segu iva le orme di Caco, di Ercole, di Servio Tu llio, di

Introduzione

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Tarquinio il S uperbo, è però vero che dai suoi modelli egli si differenziò; e proprio nelle differenze il personaggio Romolo porta impresse le tracce di un'epoca e di un'ideologia entro le quali venne assumendo la sua fisionomia definitiva. Tale epoca coincide con i primi secoli della repubblica e tale ideologia con l'ideologia del patriziato. Romolo infatti fu concepito come il

fondatore degli auspici e dell'ordine patrizio. Un simile perso­ naggio non poteva essere che il parto della propaganda del pa­ triziato nell'epoca in cui esso detenne il controllo degli auspici pubblici, cioè, grosso modo, dalle fasi antiche della repubblica al­ l'epoca delle leggi Licinie-Sestie. E tutto questo spero che possa essere dimostrato nel corso della nostra indagine.

Parte prima

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l)

Il

furto dei buoi di Gerione

§ l. Fondazioni di città e furti dei buoi di Gerione È cosa nota che Roma ebbe due saghe di fondazione: quella legata al mito di Enea e quella di Romolo e Remo. Negli ultimi decenni si è assistito ad un'eccezionale fioritura di studi su questi due cicli mitologici6 , fioritura connessa con rinnovati approcci storici alle fonti e con le mirabili scoperte archeologiche di Lavinio. Per la verità, esiste pure un terzo ciclo mitologico di fonda­ zione, quello legato alle avventure di Ercole nel sito della futura Roma, un ciclo che, come si vedrà, ha tutti i caratteri di saga di fondazione? e che pertanto va studiato anche in relazione agli altri due cicli ben più noti ed indagati. Che la storia di Ercole caratterizzasse la fondazione di Roma era creduto anche da autori romani, per lo meno negli ultimi due secoli della repubblica: C.Acilio8 credeva Roma fondazione greca proprio in base alla tradizione antichissima del culto erc uleo

6S i vedano, fra le molte pubblicazioni: H.S trasburger, Zur Sage der Griindung Roms, in "Sitzungsber. Heidelb.Ak." 1 968, 5; G.K.Galinsky, Ae­ neas. Sicily and Rome, Princeton 1 969; A.AifOidi, Die Struktur des voretrus­ kischen Romerstaates, Hcidelbcrg 1 974 ; T.J.Comell, Aeneas and che Twins:

the D e velopment of the Roman Foundation Legend, in "Proc.Cambr. Philoi.Soc . " 20 1 , 1 975, p I - 32; A.Brelich, Tre variazioni romane sul tema delle origini, Roma 1 9 76 ; G.Dury-M oyacrs, Enée et Lavinium, Bruxelles 1 98 1 ; F.Castagnoli, La leggenda di Enea nel Lazio, in "SL.Rom ." 30, 1 982, pp. I-15 ; A . Mom igl iano, 1/ow to recon cile Greeks and Trojans, in " M ededci.Kon.Ncderi.Ak." N.R. 45 .9, 1 982, pp.23 I -254 = Seuimo Contri­ bu t o , Roma 1984, pp.43 7-462 (dal quale si cita); F.Castagnoli (a c.di). Lavinium . 1-11, Roma 1972 c 1 97 5 ; J.N.Brcmm cr- N.M .Horsfall, R o m a n Myth a n d Mythography, " BICS " Suppl .52, London 1 987. 7 E.J. Bickerman, Origines gentium , in "CPh" 47, 1 9 52, p.65 e n . 3 , af­ ferma che "Ercole entra indirettamente nelle leggende romane di fondazione". Sarà nosuo compito cercare di chiarire, in concreto, che cosa possa significare "cntm indirettamente". KFr. l P. = Strab.V . 3 . 3 = 230 l sul problema di lettura testuale: C.Acilius o Coclius (scii. Antipatcr). cf. R.Pctcr, in Rosch cr, Ausf. Lex. 1.2, s.v. 1/crcu/cs, c.22X Il.



Il furto dei buoi di Gerione

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all'Ara Massima; secondo Plutarco9 , alcuni autori credevano che Rome, l'eponima di Roma, fosse figlia di Telefo e n ipote di Eracle. Al tempo di Commodo, e per la precisione nel 192 d.C., furono emesse monete raffiguranti, al rovescio, Ercole che ara con i buoi, accompagnato dalla legenda HERC ROM CON­ DITORIIO. Ma non è possibile stabilire se l'imperatore, che si credeva un novello Ercole, avesse inventato la leggenda di Ercole fondatore di Roma, o se avesse enfatizzato tradizioni preesistenti. Antonino Pio, tra i ll40 e ill43 d.C., fece coniare un medaglione raffi gurante Ercole e un animale che all atta un bambinoI l :

potrebbe trattarsi di Telefo con la cerva, ma non ne abbi amo la certezza. Neppure possi amo essere ceni sui motivi per cui i

Romani scel sero Ercole e i due gemelli sotto la lupa per il dritto e il rovescio di una emissione argentea (fig. l) degli anni 269-266 a.c.t2: forse i n tendevano mettere in evidenza, di fron te ad un'opi nione pubbl ica internazionale, le figure dei loro capostipiti , m a questa i nterpretazione p u ò essere cena soltanto per i l rovescio con i due gemelli.

fig. l Didracma romano-campana Non sono però i pareri più o meno personali dei vari autori o

le interpretazioni dei con ii monetali romani a provare che la saga erculea fosse una saga di fondazione, quanto piu ttosto i confronti

con moltissime altre saghe di fondazione, le quali si servono dei medesimi schemi narrativi che ritroviamo a Roma. A tal fine si studieranno i due temi principali sui quali si articola la leggenda

9ptul.,

Rom.2. 10H.Maningly - E.A.Sydcnham, The Roman Imperia/ Coina11c. 111, London 1930,pp.394,436-7,nr.247,616,624. 11F.Gnccchi, l meda11/ioni romani, 11.1, Milano 1912, p.19, nr.92 c tav.53.2, ave si descrive ratbcro sono il quale sta Ercole come ficus Rumi­ nalis c l'animale come una cerva che allaua Telefa. 12M.H.Crawford,Roman Repuhliwn Coina11e. Cambridge 1971, nr.20; sui tipi cf. p.714 c n.7.

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Pane prima

romana: il furto dei buoi di Gerione e l'accoppiamento dell'eroe con una fanciulla regale; dal confronto con moltissime leggende simili attestate presso altre città e altri popoli risulterà evidente il carattere di saga di fondazione assunto dal nùto romano di Ercole. La leggenda resa canonica da Virgilio (Aen.VIII.193-270)l3 narra che Ercole giunse nel sito ove sarebbe sorta Roma, condu­ cendo la mandria di Gerione. Il mostro Caco, figlio di Vulcano, che abitava in una caverna presso l'Aventino, rubò all'eroe otto capi di bestiame e li nascose nel suo antro. Ercole però sentì i loro muggiti e trovò un passaggio attraverso il quale scendere nella caverna. Caco invano si difese sputando fuoco e fumo dalla bocca, poichè Ercole lo vinse e lo uccise. Dopo di che egli fe­ steggiò la vittoria inaugurando il sacrificio del bue all'Ara Mas­ sima. Prima di esaminare le molte varianti romane sul tema del ladro di bestiame, passiamo a confrontare questa trama con alcuni rac­ conti ambientati soprattutto in Magna Grecia e Sicilia, ove la ve­ nuta dell'eroe e l'uccisione del ladro di bestiame contraddistin­ guono la nascita di città o di luoghi di culto. A Crotone Eracle fu ospitato dall'eroe Crotone ed uccise Lacinio, il quale aveva tentato di rubargli il bestiame, ma uccise pure, anche se involontariamente, lo stesso Crotone. L'uno di­ venne eponimo del capo Lacinio, l'altro della città stessa, destina­ tario di un culto eroico istituito da Eracle l4. Ovidiol5 racconta che Ercole fu ospitato da Crotone e a lui predisse che quello sarebbe stato il luogo dove sarebbe sorta la città dei suoi discen­ denti; poi l'eroe apparve in sogno a Miscello e lo convinse a fon­ dare la colonia di Crotone. Eracle era considerato fondatore di questa città almeno dal V secolo, visto che uno statere crotoniate della seconda metà di questo secolo mostra l'eroe affiancato dalla leggenda oikistàs ("fondatore") l6. 1 3 Sostanzialmente conformi alla versione virgiliana (per lo meno in relazione a gl i argomenti che stiamo trattando) sono Dion . Hal .l .39-40; Liv.l.7; Ovid., Fasti 1.543-584; Prop.IV.9; Serv ., Aen. VIII.l79-276; Ful­ gent Mythol. 11.3. 4 l Diod.IV.24.7; Serv . , Aen.III . 55 2.

ISMet.XV.9-59. '6B.V.Head, Historia numorum, London 1 9 1 1 2 pp.9 6 7. ,

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Il furto dei buoi di Gerione

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Cononel 7 racconta che Locro venne dall'isola dei Feaci in ltalìa, ove fu ospitato da Latino, di cui sposò la figlia Laurinel8. Un giorno venne Eracle con la sua mandria e fu ospitato da Locro, il quale, mentre cercava di proteggerlo da Latino, ladro di bestiame, fu involontariamente ucciso dall'eroe. Locro fu sepolto e onorato da Eracle, il quale apparve poi in una visione al popolo ed ordinò di fondare una città presso la tomba di Locro. Racconti affini riguardano le origini di altre città e i loro epo­ nimi. Presso lo stretto di Messina Eracle uccise il mostro marino Scilla, che aveva cercato di rubargli i buoi, ma poi lo fece risusci­ tarel9 ; Scilla divenne l'eponima di Scillezio. Eracle venne poi nella Sicilia occidentale, ove Erice, figlio di Afrodite, pretendeva che l'eroe si stabilisse lì coi suoi bovini; ma Eracle non era d'accordo, e così fu sfidato da Erice, che ovviamente ebbe la peggio; le terre furono date dal vincitore agli indigeni con la pro­ messa che esse sarebbero passate a quello dei suoi discendenti che le avesse rivendicate; fu poi Dorieo a rivendicar le e a fondare Eraclea20. Motye sarebbe stato il nome di una donna che denunciò a Eracle i ladri del suo bestiame e Solous un inospitale uomo che fu ucciso dall'eroe2 1. L'una divenne eponima di Mozia, l'altro di Solunto. Ionios, futuro signore ed eponimo dello /onios kolpos (l'Adriatico)22, sarebbe stato ucciso per errore da Eracle, di ri­ torno dalla fatica di Gerione, mentre combatteva a fianco di suo padre Dyrrachos, eponimo di Durazzo e figlio di Epidamnos, 11FGII26, F 2 .111. 1 8 La correzione Latinos>Lakinos, proposta dal Duker ed adottata dallo Jacoby, è probabilmente giustificata; infatti in Tzetzes, in Lycophr. l 007 si parla di Laurete (o Laure), figlia di Lacinio, eponimo del capo Lacinio, sposa di Crotone, epon imo della colonia achea. Dunque le tradizioni mitiche riportate in Cononc fanno confusione fra Locri e Crotone, mentre a livello di trasmissione del testo c'è stato un intervento che ha confuso la leggenda locrese con quella latina; anche il nome della fanciulla vi si prestava: Laurine poteva richiamare Laurentum. 1 9Lycophr.44-49; Schol.Lycophr.46; Schol.Hom., Od. XIII.85. 20Diod.IV.23. Apol lod . , Bìbl. 11 5 .10 dice che Erice era figlio di Posidone, che Eracle lasciò i buoi in custodia ad Efesto quando andò alla ricerca del toro che Erice aveva mescolato fra i suoi armenti, causando la sua punizione da parte di Eracle. Cf. anche Paus.III.l6.4-5; IV .36.4; Tzetz., Chi/. 11 .346 ss. ; Schol.Lycophr.866; Verg . , Aen. V.4 1 0 ss.; Serv., A e n . 1 .570. 2 1 Hecat., FGH l, F 76-77 85-86 Nenc i. 22Theopomp., FGH 115 F 129. .

=

,

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Parte prima

fondatore dell'omonima città, della quale però Eracle in seguito fu considerato il vero fondatore23. In territorio ligure l'eroe vinse due ladri di buoi figli di' Posidone: Derkynos e Ialebion o Albion24, il quale divenne eponimo della città di Albion25. Queste leggende trasmettono un medesimo messaggio mitolo­ gico: grazie alle vittorie di Ercole, l'eliminazione dei briganti e la

fine del periodo di violenza vengono a costituire la premessa alla nascita delle città e della cultura urbana. Ercole non è propria­ mente il fondatore, ma è la conditio sine qua non e insieme il preludio alla fondazione. In origine si tratta di un tema mitico greco nel quale una grande importanza viene attribuita all'accoglimento dei Greci da parte dei popoli anellenici, secondo la norma dell'ospitalità. Come nel caso del mito di Busiride o in quello di Lityerses, Ercole svolge sempre il ruolo di colui che punisce chi maltratta gli stranieri. Questo tema mitico venne fatto proprio dai Romani e da altre po­ polazioni dell'Italia antica presso le quali fu introdotto il culto del nume greco.

§ 2. La cronologia Probabilmente questi sono solo pochi esempi tramandati all'interno di una più vasta tradizione relativa al medesimo tema leggendario. Si tratta di saghe di fondazione estremamente antiche, dato che a Crotone Eracle era considerato ecista almeno nella seconda metà del V secolo, come prova la moneta di cui si è detto, e dato che Ecateo, verso gli inizi del V secolo, già cono­ sceva le saghe di Mozia e di Solunto. È certo probabile che simili leggende di fondazione fossero presenti nella Gerioneide di Stesicoro, composta intorno al 600 a.C., ma purtroppo i fram­

menti di questo poema non ci forniscono dati interessanti al 182 Page, P.M.G.) riportato riguardo. In un frammento (9 B. da Pausania (VIII.3.2) è detto però che il poeta, nella Gerioneide, =

23 App., B. c. 11. 39. Secondo Solin. 11.6 e Man.Cap.VI.642, Ione, figlia di Autocio, sarebbe stata una brigantessa uccisa da Eracle, la quale divenne eponima dello Ionio. 24 Apollod.II. 1 09; Tzetz., in Lycophr.649; Chi/. Il.34 1 ; Mela Il.5 .78. 2sstrab.IV .6. 2 = 2 . 02

Il furto dei buoi di Cerione

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aveva parlato della città arcade di Pallantio26, in relazione alla storia del centauro Folo. Ciò non significa che Stesicoro avesse parlato del Palatino (che venne chiamato, come si vedrà, Pal­ lantio), ma i suoi versi probabilmente poterono fornire spunti per successive elaborazioni di temi romani in cui il Palatino risultava popolato da Arcadi 27. Le arti figurative dimostrano, per altro verso, che fin dal­ l'inizio del VII secolo il mito di Ercole e i buoi di Gerione era noto agli Etruschi . Infatti sul cratere etrusco-corinzio "dei gob­ bi", databile agli inizi del VII secolo, è raffigurata la lotta fra Er­ cole e Gerione ed i prodigiosi buoi , pegno della vittoria28. Alla

fine del VI secolo è databile illebes del Barone, proveniente da Capua, sul quale è raffigurato Ercole con la mandria e un ladro di buoi legato a un albero per punizione (fig.2)29.

fig.2

particolare del lebes del Barone (da Thuillier)

Un particolare all'interno di questo schema mitico è degno di essere approfondito: l'uccisione involontaria degli ospiti da parte

di Eracle. Crotone, Locro e Ionio, nonostante fossero stati buoni ospiti, perirono sotto i colpi dell'eroe. Ciò si spiega, a mio av-

26Cf. la tradizione (S uda, s.v. sarebbe nato a Pallantio.

2::TTJa(xopos) secondo cui il poeta stesso

27Peraltro, un mitico Evandro di Tegea, figlio di Echemo, era noto già a Esiodo (in Serv., Aen. VIII.130 = fr.168 M.= W.); cf. J .Bayet, Les origines de l'Hercule romain, Paris 1926, pp.191-3. 28 M .Martelli, in M. Martelli (a c.di), La ceramica degli Etruschi, Novara 1987 pp.289-91. 24c r. recentemente J.-P.Thuillier, La frise gravée du /ébès Barone de

Capoue, in L'ltalie préromaine et la Rome républicaine, Méi.J.Heurgon,

Roma 1976, pp.981-990.

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Parte prima

viso, alla luce della credenza secondo cui lungo la strada percorsa dall'eroe con le mandrie, la via Eraclea, i viandanti, greci o bar­ bari, erano rispettati dalle genti del luogo, le quali avrebbero dovuto pagare il fio qualora i viandanti fossero stati oggetto di malversazionPO. Per questa ragione i principi dei luoghi nei quali erano avvenuti furti di bestiame avevano pagato il fio con la loro vita, anche se innocenti.

§ 3. Varianti romane sul tema Veniamo ora alle molteplici varianti che a Roma furono con­ cepite sullo schema principale della narrazione, costituito dalla vittoria dell'eroe sul ladro di bestiame e dall'ospitalità che il pro­ tagonista ricevette. Quello che risulta sempre invariato è Io schema, il pattern mitico, mentre i personaggi variano con una facilità incredibile; si può assistere addirittura ad inversioni cla­ morose dei ruoli, come nel caso di Caco, che può essere sia ladro che ospite, a seconda delle versioni della leggenda. In Cassio Emina e in Verrio Flacco31 viene chiamato Garanus o Recaranus il forte eroe possessore di begli armenti, il quale uccise il brigante Caco. Diodoro32 narra che Eracle fu accolto da due fra i più nobili abitanti del Palatino, Kakios e Pinarios. Lo storico aggiunge che i Pinarii ancora ai suoi tempi erano una gens patrizia e che dal Palatino scendevano le scale lapidee di Cacio, presso quella che una volta era stata la casa di questo eroe. Plutarco e Solino con­ fermano l'esistenza delle scalae Cacj33, che dal Palatino porta­ vano verso il Circo Massimo, e affermano che Romolo abitò vi­ cino a queste scale34. La tradizione non ha tramandato notizia di una eventuale uccisione involontaria dell'ospite Cacio da parte di Ercole, sulla falsariga delle leggende di Magna Grecia, ma è certo che l'ospite dell'eroe tirinzio era connotato positivamente; del re30ps.Aristot., De mir.ausc. 85. 3 1Cass.Hem . , in Ps.Aur.Vict., Origo gentis Rom. 6 [in cui Recaranus è un soprannome di Ercole; Cassio (Emina) , in Ps.Aur.Vict., Origo gentis Rom.6.2, parla di Caco, che sarebbe stato Evandri servus, nequitiae versutus et praeter ceterafuracissimus]; Verr.Flacc . , in Serv., Aen. VIII.203. 32JV.2 1 . Sulla discussione relativa all'eventuale derivazione del brano da Timeo cf. Bayet, Hercule romain, pp.l33, 135-6. 33E quindi confermano anche l'identificazione di Cacio con Caco 34Piut., Rom. ; Solin.l.l8. 2

l/furto dei buoi di Gerione

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sto, il suo nome non suona più come Cacus/KaKos, che sarebbe stato sentito, anche dai Romani 35 , come un sinonimo di KaK6S', cioè "malvagio", ma è trasformato in gentilizio, KaKLOS. Fu forse l'esistenza stessa delle scale di Caco a dar origine alla tradizione dell'ospite Cacio residente sul Palatino; ma il fatto che tali scale si trovassero sulle pendici di quel colle fa sospettare che esse pre­ supponessero già una tradizione che collocava sulla sommità del Palatino la dimora di Caco, visto che sul Pala tino risiedevano gli altri eroi primigenii e fondatori , quali Romolo ed Evandro, il buon ospite di Ercole. Cacio e Pinario probabilmente svolgevano lo stesso ruolo della coppia Potizio e Pinario, che sarebbero stati i primi a celebrare i riti in onore di Ercole a Roma. Servio36 afferma che Caco devastava le campagne col fuoco, ma fu denunciato a Ercole dalla sorella Caca, che per questo ot­ tenne in seguito un culto ed un sacello presso il quale sacrifica­ vano le Vestali. Lattanzio 3 7 precisa che Caca aveva denunciato il furto di buoi ad opera del fratello. Evidentemente in questa ver­ sione ritorna il tema che avevamo ritrovato per Mozia, l'eponima della città siciliana che aveva denunciato all'eroe il ladro di be­ stiame. Vi sono, infine, le due versioni di Dioni sio e Soli no, di carat­ tere apparentemente evemeristico 38 , che fra loro presentano molte affi nità: secondo Solino, Caco, ambasciatore di Marsia presso Tarconte, fu da quest'ultimo imprigionato; si liberò e andò a con­ qui stare, anche ai danni degli Arcadi, un regno presso il Vol­ turno, ma fu affrontato e sconfitto da ErcoJe 39; secondo la versio­ ne di Dionisio, egli fu assediato nella sua fortezza40, nel sito della 35Cf. Scrv., Aen. VII1.190. 3 6Aen. VIII.190; Mylhogr.Vat., 11.153; 111.13; cf. G.Wissowa, Religion und Kultus der Romer, Miinchcn 1912, p.161, n.16. 31/nst. 1.20.36. 38 Anche in allJ'i passi di Dionisio Eracle è a capo di un esercito, ad esempio quando combatte conlJ'o i Liguri (IV.19.1; V.24.2); dunque all'eroe solitario del mito è stato sostituito un più "storico" generale di corpo d'armata. 39Solin.1.8; il suo racconto si rilà all'annalista Gnco Gellio, del II secolo a.C.: fr.7 P. 40Qui, in Dionisio, si parla di fortezza, mcnlrc Diodoro parla di una casa c la Notit. Urb. in Reg.VIII, Forum Rom., imag./42 (p.553 Jordan) parla di un atrium Caci, cioè di un suo palazzo. Per Virgilio c Columclla (1.3.7) egli abitava l'Aventino, per Solin.1.8 la località detta Salinac presso porta Trige-

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Parte prima

futura Roma, dai Greci condotti da Ercole e dagli Aborigeni di Fauno, i quali, dopo la vittoria, si insediarono nella zona4 1. In Solino il Volturno è localizzato in Campania, ma con ogni probabilità si tratta di una falsa interpretazione, poichè la storia è evidentemente ambientata a Roma; infatti l'alleanza fra gli Arcadi ed Ercole è tipica del mito romano, e Volturno è il nome etrusco del Tevere42. In queste due versioni Caco avrebbe avuto un regno nel sito della futura Roma, ma in questo caso egli non funge da ospite dell'eroe greco, come in Diodoro, ma fa la parte di un coman­ dante militare ostile a Ercole. Va detto che la versione di Diodoro costituisce una sorta di lectio diffi cilior, perchè è molto facile che da un Caco ospite si sia passati a un Caco malvagio e ladro, in quanto KaK6s, mentre è pressochè impossibile che il ladro KaK6s sia stato trasformato nella figura del buon ospite43. Il tema delle origini è connesso con le imprese di Ercole a Roma già dallo stesso Polibio44, secondo il quale la cittadina (polisma) che preesisteva a Roma era Pallantium (chiamata poi Palatium), la quale doveva il suo nome a Pallante, il giovanetto che qui morì e fu sepolto da Evandro e che era nato da Eracle e Launa45, figlia di Evandro. Polibio non dice se Pallante fu uc-

mina, nell'area del Foro Boario, come confenna Polem.S ilv., Latercu lus. p.269 Mommsen (" Abhandlungen der Sllchsischen Gesellschaft" 3, 1 857). 4 1 Dion.Hal.l.42.2- 3 . 42C.De Simonc, /1 nome etrusco del Tevere. ContribuJo per l a storia delle più antiche relazioni tra genti latino-italiche ed etrusche, in "SE" 4 3 , 1 975, pp. l l 9- 1 57 ; cf . F.Coarelli, I l Foro Boario, Ro ma 1 988, p. 1 3 3 . Recen­ temente G.Colonna, Una proposta per il cosiddetto elogio tarquiniese di Tarchon, in Tarquinia: ricerche, scavi e prospettive. Atti Conv.Milano 1987, Milano 1 987, pp. 1 53-7, pur non respingendo la localizzazione romana del mito ne ha valorizzato la dimensione campana. 4� In Diodoro, peraltro , non v'è traccia di polemica antiromana, che, eventualmente, avrebbe giustificato la presenza di un malvagio sovrano dci Romani vinto da Ercole. 44VI. l l a.l = Dion . Ha1.1.32. 1 ; cf. Eustath ., in Dion.Per. 347. 45Che corrisponde a Lavinia; anche nel cod. A di Dion.Hal.l.59 è presente la fonna "Launa". Cf. il caso dell'eroe Aventino, re degli Aborigeni, morto e sepolto presso il colle omonimo: Serv., Aen. V II.657 . Virgilio (A en. V I I . 6 5 5 s s . ) conosce un eroe Aventino, figlio di Ercole, nato in u n bosco del colle romano. F.Aithcim, Romische Religionsgeschichte, Il, Berlin-Leipzig

Il furto dei huoi di Ce rione

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ciso in volontariamente, come nel caso di Ionio, figlio di Dyrrachos, o nel caso di Crotone e Locro, ucc isi nello stesso modo e divenuti oggetto di culto eroico, ma è evidente che la leg­ genda nota a Polibio si orientava secondo schemi tipici delle sa­ ghe di fondazione.

§ 4. Caco e Cecu/o Per molti aspetti la figura di Caco (ma altrettanto vale per lo stesso Romolo, di cui si parlerà in seguito) trova confronti nella figura del fondatore di Praeneste, Ceculo46 . Questi era figlio di Vulcano, come Caco, nato da una scintilla che aveva fecondato la sorella di due person aggi detti divi o Digidii o Depidii; egli fu esposto (come Romolo) e poi trovato presso un fuoco con gli oc­ chi rimpiccioliti dall'esposizione alla fiamma e al fumo47 ; fu sal­ vato da vergini che andavano ad atti ngere acqua, passò la gio­ vinezza compiendo brigantaggi (come Caco}, e infine riunì una massa di pastori, o di genti circonvicine (come fece Romolo nel suo asilo), durante una festa, e le convinse, grazie all'apj arizione di un fuoco miracoloso, a fermarsi e fondare Praeneste4 .

1932, p.80 propone di correggere Aaiìva in �aiìva (il che non sarebbe improponibile dal punto di vista palcografico). forma fem minile di Daunus, che è foneticamente equivalente a Faunus. Personalmente sarei propenso a seguire il suo parere perchè una forma Launa non aveva molte probabilità di essere collegata con l'etnico dei Latini o con Lavinio (ci saremmo aspettati Latina, Lavinia, Lavina). Ceno è però che la figura di Launa svolge il medesimo ruolo che toccherà alla Lavinia virgiliana, e per questo possiamo condiderarla il prototipo di quest'ultima. 46cf. so�rattutto A.Brelich, Tre variazioni romane su/ tema delle origini, Roma 1976 pp.42-51; G.Binder, Die Aufsetzung des Konigskindes: Kyros und Romulus, Meisenheim am Gian 1965, pp.30-1, 145; J.N. Bremmer N.M.Horsfall, Roman Myth and Mytho/ogy, " B ICS" Suppl .52, London 1987 pp.49-62 (ove ulteriore bibliografia). 41verg. Aen . VIII.251-261; 265-267 parla degli occhi terribili di Caco in mezzo al fumo della sua spelonca. Cf. Brelich, o.c., p.44. 48 Solin . I I .9; Schoi. Ver.Aen. VI1.681 (i quali si rifanno a Catone e a Varrone); Serv., Aen. VII .681; cf. Myth.Vat.1.84; Serv., Aen. VII.679 (erant etiam illic duofratres, qui divi appellabantur. Horum soror dum adfocum sedere/, resiliens scintilla eius uterum percussit, unde dicitur concepisse. Postea enixa est puerum iw:ta templum lovis abiecitque. Virgines aquatum euntes iw:ta ignem inventum sustulerunt, qui a fonte haud long e era t; unde Vulcani dictus est filius. . ); X .544; Tenui l., Ad nat. 11.15. •

·

,

.

22

Parte prima

§

Purtroppo ci manca la possibilità di distin uere le fasi attra­ verso le quali si era evoluto il mito di Ceculo4 : così come lo co­ nosciamo, esso rappresenta l'unica versione, con scarse varianti al suo interno, nota ai Romani all'incirca dal II secolo a. c. so Sarebbe interessante sapere che tipo di brigantaggio praticava Ceculo: il suo omologo romano rubava buoi di Gerione. Per al­ tro verso, sappiamo che questa saga era particolarmente legata alle tradizioni gentilizie dei Caecilii, che si credevano discendenti da Caeculus e che avevano una particolare inclinazione per il culto di Vulcano51 . Ciò che però è sufficiente per la nostra ricerca è stabilire che Ceculo aveva caratteristiche in comune con Caco ed era conside­ rato fondatore di una città.

49Cf. Bremmer, o.c., p.49. 5°Già Catone ne faceva parola. 5 1 Paul.Fest., p.38 L.: Caecu/us condidit Praeneste. Unde putant Caeci­ lios ortos. Coniazione di M.Cecilio Metello (probabilmente il console del 1 1 5) con immagine di Vulcano: Crawford, nr.263/2. Cf. T.P.Wiseman, Legendary Genea/ogies in late republican Rome, in "G&R" 2 1 , 1 974, p. l 55, il quale rileva che il primo Caeci lius console a Roma fu L.Caecilius Metellus Denter nel 284 a.C.

Ercole e le donne

23

Il) Ercol(! e le donne § 5. Gli amori di Ercole Di notevole interesse risulta il confronto fra il tema dell'unione

di Ercole con una fanciulla presso le rive del Tevere e una serie di

miti relativi ad analoghe sue unioni avvenute in altri luoghi della terra. Tali accoppiamenti hanno in genere una caratteristica fon­ damentale: essi danno origine agli eponimi e ai fondatori di città e di popoli. Eracle si unì con Keltine o Kelto, da cui nacque il capostipite dei Celti, Keltos o Galates 52 ; era noto anche un altro figlio dell'eroe, Nemausos, eponimo di Nemausus 53 . Eracle si unì con Pirene 5 4 , eponima dei Pirenei e del la città di Pirene. In Scizia egli si unì con una dea metà umana e metà serpentiforme e ne nacque Scite, capostipite degli Sciti 55 . Dall'amore di Eracle con una schiava di Iardano discese il capostipite della stirpe regale Eraclide di Lidia 56 . Dall'unione di Ercole con Tinga, eponima di Tingis, sarebbe nato il capostipite da cui discese la dinastia di Giuba, re di Mauritania 5 7 . Figlio di Ercole e Omphale sarebbe stato Tirreno 5 8 , oppure il re Tuscus 5 9 , capostipiti dei Tirreni. Manto, eponima di Mantova, sarebbe stata sua figlia60 . L'elenco degli amori e dei figli illustri dell'eroe potrebbe con­ tinuare ancora a lungo, ma credo che siano sufficienti gli esempi citati per farci intuire che se Ercole lasciò un figlio a Roma, quest'ultimo era destinato ad essere considerato il capostipite della città, o della popolazione del luogo. 52Diod.V.24; Parthen.30; Etym.Magn. . s.v. K�hol. 53Steph.Byz., s. v .Nlj.laiiO"OS'. 54Si i. It. III.4 15 -4 46 . SSHerJV.9-10. Karthago, figlia di Ercole, fu l'eponima di Cartagine Cic.,

De nat.deor.III.42.

56Her.l.7. Sui figli nati da Eracle in Lidia cf. D.Briqucl,

dienne des Etrusques. Histoire de la doctrine dans /'antiquité,

p. 14 2 , n . 61.

5 7 Plut., Sert. 9. ssoion.Hai.I.28; Paus JL21. ; Hygin., Fab. 274 . S9fest., p .4 87 L.; Paui.Fest.,3 p.486 L. 60Serv., Aen. X . l 98 .

L'origine ly­

Roma 1991,

Parte seconda

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Come già si è detto, secondo Polibio61 Ercole si sarebbe unito con Launa, figlia di Evandro, da cui sarebbe nato l'eponimo del Palatino, Pallante. Dionisio di Alicamasso62 asserisce che Ercole ebbe due figli: Pallante da Lavinia, figlia di Evandro, e Latino da una fanciulla che aveva portato con sè dall'Iperborea e che poi, partendo per la Grecia, aveva ceduto in isposa a Fauno, che da molti fu creduto padre di Latino. Sileno63 narrava che il Palatino prese il nome dalla figlia di Iperboreo, Palantho, amata da Ercole. Giustino64 narra che Ercole violentò la figlia di Fauno, da cui nacque Latino; Tzetze65 conferma che Latino era figlio di questa coppia. Dall'esame di questi miti emergono due versioni principali: a) Ercole avrebbe amato una donna iperborea, oppure b) avrebbe amato la figlia o la futura moglie di Fauno, o la figlia di Evandro. La critica moderna ha messo in luce come la figura di Evandro ricalcasse fedelmente quella di Fauno, costituendone una sorta di doppione66; per questo abbiamo ridotto a due le versioni della 61 Vl. l l a l = Dion.Hal.l. 32. 1 ; cf. Dion.Hal.l.43. l . 62J .43 . l . 63 FGH 1 75, F 8 (in Solin.I. l 5); Paui.Fest., p.245 L. Credo che Sileno, lo storico di Annibale, souolineasse l'importanza delle imprese di Ercole in Occidente (cf. il F 9) in relazione alle pretese del suo condouiero di essere il nuovo Ercole conquistatore dell'Italia (cf. R.Dion, La vo ie héracléenne et l'itinéraire transalpin d'Hannibal, in Hommages à A lbert Grenier, l, Bruxelles 1 96 pp.527 ss.; G . Piccaluga, Minuta/, Roma 1 974, pp. I I I ss.). XLIII. l .9. 65 Schoi.Lycophr. l 23 2 ( = Cass.Dio, fr. 4.3 Dind. = 3 . 2 Mclber) . In Tzetze e in Dion .Hal .I.43 Fauna è moglie o futura moglie di Fauno. Anche Fest., p.245 L. fa di Latino un figlio di Ercole, mentre per Verg., A en . VII.47, e Origo gentis Rom . 9 .1 egli era figlio d i Fauno. Dalle fonti risulta che in Roma non ebbe una particolare fortuna il tema delle nozze di Eracle ed Ebe, figlia di Hera, identificata con luvcntas. Cf. unicamente Liv . X XI.62.9 (lcctistcmio per luventas c supp/icatio ad aedem Herculis); cf. Kroll, in RE. XX, s.v.luventas, c . l 359. o 6Evandro sarebbe stato figlio di H ermes (Dion.Hal.l . 3 1. 1; Ps.Plut., Par.min. 38 = 3 15 C; Origo gentis Rom. 5 . 1; Paus.VIII.43 .2), come lo era Pan, che veniva, a sua volta, identificato con Fau no (cf. per es. Dion.Hai.I. 3 2 . 3 ; Ovid . , Fasti 11. 359; 111. 3 12; IV.650; V.9 3 ; 99; S uid ., s.v.cl>aiJVOS", che identifica addirittura Fauno con Hermes). Ercole si sarebbe unito con la figlia di Evandro o con quella di Fauno, come si è appena dello. Ospite dell'eroe sarebbe stato, nella vulgata resa celebre da Livio, Evandro, ma secondo un'altra tradizione l'ospite sarebbe stato Fauno (Ps .Plut., Par. min . 38 = 3 1 5 C; cf. Lact., De f als.re/. 1.22.9). Evandro avrebbe inaugurato il culto di Fauno (Eratosth., in Schol. Plat., Phaedr. 244 B; Cincio e Cassio, in Serv., G eorg. l.IO ( = Cincius, fr.2 P.; Cass.Hem., fr.4 P.) ; Verg., A en . VIII; 3 4 3 -4 ; Ovid . , F as t i 11.279; V . 99- 1 00; Liv.l .5 ; Dion . H a l . I . 3 2;



Ercole e le donne

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saga, delle quali una, quella relativa alla don na iperborea, con­ tiene elementi mitografici che rinviano alla storia del IV secolo, e può essere considerata come una creazione finalizzata ad avvalo­ rare il diritto di conquistare Roma da parte dei Galli (identificati con gli lperborei) , alleati dei Latini e di Dionisio il vecchio (un greco, come greco era Eracle) 67 . Dunque la versione più antica risulta essere quella di Ercole che si unisce con la figlia di Fauno.

lustin.XLIII.I.7; Plut., Rom. 21; Origo gentis Rom. 5.2; Serv., Aen .VIII. 282) e sarebbe stato marito o figlio di una profetessa, cui vengono attribuiti principalmente i nomi di Nicostrata o di Carmenta (Dion.Hal. 1.31.1; 32.2; Strab.V.3.3 = 230; Plut., Quaest.Rom . 56 = 278 B-C; Paus.VIII.43.1 ss.; Origo gentis Rom . 5.4; Serv., Aen . Vlll.336), ma anche Fauna, moglie o figlia di Fauno, sarebbe stata dotata di capacità profetiche [lustin.XLIII.I ;8; Lact., lnst. 1.22.9; Serv . , Aen. VII.47 (che commenta la versione virgiliana secondo cui la ninfa laurente Marica sarebbe stata moglie di Fauno, cd affer­ ma - cf. Lact., lnst. 1.21.23- che Marica si identificava con Circe, la quale, secondo Esiodo, sarebbe stata madre di Latino)]. Su questi elementi paralleli e sull'identità Fauno-Evandro cf.S.A.Bormann, Kritik der Sage vom Konige Evandros, Rosslebcn 1853; A.Schwegler, Romische Geschichte, l, Tiibingen 1853, pp.357-8; J.A.Hild, in D.A., 11.2, s.v.Faunus, p.l021; Wcizsacher, in Roscher, Ausf.Lex., l.I, s.v.Evandros, c. l 395; Wissowa, ibid., 1.2, s.v.Fau ­ nus, c.l455; Escher, in RE. Xl, s.v .Evandros, c.840; Bayet, Hercule romain, pp.I73-4 e 193; E.Montanari, Roma. Momenti di una presa di coscienza cul­ turale, Roma 1976, pp.172-4; B.Liou-Gille, Cultes héroi"ques romains, Paris 1980, pp.66-67. Alcuni autori moderni sono dell'idea che il nome stesso di Evandro (dl-av8pos- - che rappresenta anche il contrario di KaK6S" ), nel suo valore semantico, cercasse di rendere il valore proprio di Faunus (dafaveo); cf. Schwegler, p.357; Bayet, o.c., pp. l 73, 186 e 193: G.Radke, Die Gotter Altitaliens, Mtinster 1965, pp. l14, 120. Su Fauno e/o Evandro introduttori della civiltà cf. infra, nota 602. Carmenta, dea romana della nascita e della profezia, è stata identificata da alcuni studiosi moderni con Fauna/Bona Dea: J.A.Hartung, Die Religion der Romer, l, Erlangen I 836, p.200; L.Preller, Romische Mythologie, Berlin 18813, pp.405-6; Bayet, Hercule romain, pp.3 67 ss. Ma più che di identificazione si dovrebbe parlare di collegamenti molto stretti, trattandosi di due personalità divine distinte. 67Cf. L.Braccesi, Diomedes cum Ga/lis. in H esperia, Il, Roma 1991, pp.89- 102: uno studio in cui si cerca di storicizzare diverse leggende, so­ prattutto relative a Diomede, che sono state concepite in funzione (pro o contro) della politica di Dionisio di Siracusa in Italia. Alle pp.97-8 l'autore ha collegato il tema di Latino figlio di Ercole e della fanciulla iperborea con l'attacco gallico contro Roma, infatti gli lperborei erano identificati con i Celti, i quali avrebbero potuto accampare diritti su Roma in quanto discen­ denti della capostipite del nomen Latinum. Si può aggiungere che i Latini combatterono contro Roma nel IV secolo e furono alleati di Dionisio il vecchio, che a sua volta si serviva dei Galli come mercenari e strumenti della sua politica nel Lazio. Cf. M.Sordi, l rapporli romano-cerili e l'origine della civitas sine suffragio, Roma 1960, pp.l60-I; Ead., Virgilio e la storia

Parte seconda

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A Roma si raccontava anche la storia di un amore di Ercole

con l'etera Acca Larenzia, la quale era considerata anche l a n utrice di Romolo e Remo68. S i n arrava6 9 che il c u stode del tempio di Ercole avesse un giorno perso ai dadi 70 con i l dio e avesse pagato la scommessa procurandogli una bel l a prostituta, Acca Larenzia,

la quale fu premiata dal nume facendola sposare col ricco Tar(r) u­ zio (o Tarutilio o Caruzio); l a donna i n fine, d iven u ta eredi tiera,

l asciò al popolo rom ano le sue proprietà, cioè i campi Turace ,

Sem urio, Luti ri o e Solinio, e ricevette per questo onori d i v i n i

dopo la morte 7 1 . I l racconto ri s u l ta evidentemente m u t i l o nel la

ro mana, i n "Athenaeum " 42, 1 964 , pp.80 ss.; A . Fraschelli , Le sepo lture rituali del Foro Boario, in Le délit religieux dans la cité antique, Tab/e ronde 1978, Roma 1 98 1 , pp. 5 1 ss., parl. 90- 1 1 5 . La versione di S i leno, secondo cui Palanlho sarebbe stata la fanc iulla ipcrborea amala da Eracle eponima del Palatino, è evidentemente destinala a creare diriui ered i tari su Roma da parte degli lpcrborei, cioè dci Gal l i , in un momento in cui questi ulti m i stavano combauendo a fianco d i Ann ibale, che era il protagon ista delle storie di Si leno. 68Li v . l . 4 . 7 ; Ovid . , Fasti 1 1 1 . 5 7 ss.; Pl ul., R o m . 4; Quaest . R o m . 35 2 72 E-273 B; Macrob. I. IO; Pau i . Fest . , p. I 06 L . ; G el i . V I I . 7 . 8 (da Masurio Sabino) ; Lacr., lnst . 1 .20.4. 69p) u l . , Rom. 5; Quaes t . R o m . 35 2 7 2 E-273 B ; G e l i . V I I . 7 .6; Ma­ crob. I . I O. I 2 e 15 (che chiama Caruzio i l ricco c i ttad ino); Verr.Fiacc . , Fasti Praen. 23 dcc. (lnscr.lt. X l l l .2, p. 1 39 ove i l ricco si chiama Tarutilio); Lact., lnst. 1.20.4 -5 (che cita Verrio); Tert . , Ad nat. 1 1 . 1 0; Aug . , Civ.Dei V I . 7 (ove la protagon ista è della Larenti na). 70Jn un giorno festi vo, secondo le fonti, che D.Sabbatucci, Il mito di Acca Larentia, in " S M S R " 29, 1 9 5 8 , pp. 6 1 -62 (c f. F.Coarell i , Il Foro Romano , l, Roma 1 9862, p.278; I.Paladino, Fratres Arvales. Storia di un collegio sacerdotale romano, Roma 1 988, pp.249 -252) ha identificato con i Saturnal i a , durante i quali era permesso a Roma il gioco dci dad i . Sul l'aspcllo m antico del gioco dei dadi cf. E . M oskovszky, Larentia and the Cod. Arc haeological Aspects of an ancient Roman Legend, in " A A rc h . 25, 1 9 7 3 , pp.24 1 -264. Cf. soprauuuo Fasti Praen . , l . c . , ove sono menzionati i Laren lal ia in onore di Acca Larenzia ed è narrata la famosa storia del suo amore. Plut. , Rom . 5 , narra che l'ex prostituta Larenzia sarebbe scomparsa presso la tomba della Larenzia nutrice dei Gemel l i . Esi steva anche una tradizione secondo cui Flora sarebbe stata una meretrice che nom inò suo erede i l popolo romano e per questo riceveue onori di culto durante i Floralia (Lac l . , ln st. 1.20; cf. M i n u c . Fel . , Oct. 25 ; Cypr. , De idol.van . .4). Sembra evidente che le due tradizioni sono collegate fra loro, ma non è possibile stabi lire con sicurezza quale delle due avesse dato l uogo all'altra. In ogni caso, la tradizione su Flora prostituta trovava rispondenza nel rito dei Floral ia, che prevedeva la presenza di balleri ne· che si denudavano, mentre nel caso dci Larental ia non s i verificava nulla del genere. =

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Hu�."

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Ercole e le donne

parte finale, circa le conseguenze della notte d'amore. Forse la soppressione del tema della figliolanza di Acca Larenzia fu con­ comitante con l'affermarsi della credenza secondo cui ella sarebbe stata una prostituta, ma vedremo in seguito che si possono proporre spiegazioni migliori. Un racconto analogo a quello di Acca e Taruzio, come si è visto, riguardava Ercole e la fanciulla iperborea con cui l'eroe si era unito prima di !asciarla a Fauno in isposa; da lei sarebbe poi nato Latino, figlio naturale di Ercole72 . Ma anche il tema di Ercole padre di Pallante 73 doveva essere analogo, poichè secondo la tradizione più diffusa, e consacrata dai versi di Virgi lio, Pallante era figlio di Evandro e non di Ercole; dunque si può presupporre che anche in questo caso l'eroe fosse considerato il vero padre ed Evandro il padre puta­ tivo. Per ritornare alla maternità di Larenzia, va detto che il suo stesso nome, Acca, presuppone la maternità; Acca significa in­ fatti, con ogni probabilità, "madre " , e Acca Larenzia significa "madre dei Lari"74 _ Gli autori7 5 che identificavano la nutrice di 7 2Dion.Hal.l.4 3 . 1 . Si pensa di solito che il tema di Acca Larenzia sia introdotto secondariamente, da autori che speculavano razionalistica­ mente sull'ambivalenza del termine lupa, animale che allattò i gemel li, op­ pure prostituta; e quindi fu chiamata in causa una prostituta famosa nella leg­ genda [cf. ad es. Bremmer (- Horsfall), p.32; Strasburger, pp.26-32]. Non credo però che si possa esser sicuri che Acca fosse da sempre considerata semplicemente una prostituta. Le fonti relative alla donazione dei campi af­ fermano che ella fu oggetto di culti funerari, celebrati ai Larentalia del 23 di­ cembre (Varro , L.L. VI.23 -24 ; Cic . , Ad Brut. 1 . 1 5.8; Ovid., Fasti 111.57; Fasti Praen . , l.c.; Plut . , Rom. 4 ; Quaest.Rom. 34 2 7 2 E; Gell.VI1.7.7; Macrob. 1 . 1 0. 1 1 ; Lact., /nst. 1.20.4). 73 Pol .V1 . 1 1 a l Dion .Hal.l.32. 1 ; cf. Dion.Hal.l.43. 1 . 74P.Kretschmer, Einleitung in die Geschichte der griechischen Sprache, Gl\ttingen 1 896, p.35 1 ; Roscher, in Roscher, Ausf.Lex. , I, s.vAcca, c.5; E . Tabeling, Mater Larum , Frankfurt a . M . 1 932, pp.39-44 , part. 44; A.Momigliano, Tre figure mitiche: Tanaquil/a, Gaia Cecilia, Acca Larenzia ( 1 938), in Quarto Contributo, p.472; A.H.Krappe, Acca Larentia, in "AJA" 46, 1 942, p.490; A.llluminati , Culti, luoghi di culto e aristocrazie locali, in "Scienze del l'Antichità. Storia Archeologia Antropologia" 2 , 1 988, p.304. J.Scheid, Romulus et ses frères, Roma 1990, pp .587-604, evidenzia come nei riti degli Arvali la Mater Larum non fosse confusa con Acca Larenzia (per quanto risulta) e come gli Arvali non prendessero parte alla parentatio per Acca Larenzia del 23 dicembre (per quanto ne sappiamo). T.J.Cornell, stato





Aeneas and the Twins: the Development of the Roman Foundation Legend,

in "Proc.Cambr.Philol.Soc." 20 1 , 1975, pp.30-3 1 , sostiene che forse i Lares praestites, tradizionalmente due, potevano essere connessi con i gemel li fondatori, visto che Lares significava "antenati ". Quest'ultimo punto si basa

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Parte seconda

Romolo e Remo, Larenzia, con la Larenzia prostituta non si av­ vedevano della stranezza costituita da una prostituta che allatta, e che dunque era madre. Per di più, secondo Valerio Anziate7 6 Acca Larenzia avrebbe nominato proprio erede il re Romolo. La stessa cosa diceva Licinio Macro 77, secondo il quale Acca l...are nzia sposò prima Faustolo e poi Taruzio, il ricco etrusco, da cui ereditò i beni che poi destinò a Romolo. La versione di Licinio fa coincidere la Larenzia del ciclo di Ercole (del quale fa­ ceva parte Taruzio) con la Larenzia del ciclo romuleo (del quale faceva parte Faustolo). Faustolo, il porcaro che allevò i gemelli, svolgeva lo stesso ruolo di Taruzio, padre putativo o adottivo del capostipite. Esiste poi una tradizione gentilizia relativa all a stirpe dei Fabii, secondo la quale essa sarebbe discesa da Ercole e da una donna del luogo78. Secondo Plutarco79, il primo Fabio sarebbe nato da

su uno studio del Weinstock (Two archaic lnscriptions from Latium, in "JRS" 50, 1 960, pp. l 1 6-7) sul Lar Aeneia. Madre dei Lari sarebbe stata Ta· cita, detta anche Muta o Lara, violentata da Mercurio (Ovid., Fasti 11.61 5-6) , la quale Lara si sarebbe identificata con la Mater Larum, cioè Acca Larenzia. L'accostamento fra i Lares praestites e i gemelli è interessante, e verrà discusso più oltre. 7SVaJ.Ant. in Ps.Aur.Vict. , Origo gentis Rom. 2 1 . 1 ; Ovid . , Fasti I I I . S S 57; Plut. , Rom. 4; Macr. I . l 0. 1 7; Lact., lnst. 1.20.4. 76Fr. 1 P . , in Gel l . V I 1 .7.6. 77Fr . 1 P. = Macrob.I. 1 0 . 1 7 . 78Fest. , p . 7 7 L. (Fabii d a Favi , c h e a s ua volta viene da Fav i , dal nome della fovea dove Hercules concubuit, e dove fu generato il pri mo Fabio; oppure dalle foveae per catturare orsi e lupi, la cui realizzazione fu insegnata da Ercole). Il Wiseman, Domi nobiles and the Roman cultura / élite, in Les "bourgeoisies" municipales italiennes aux Ile et ler sièc / es av.J. - C . , Col / .Napo li 1 981 , Pari s-Napoli 1 9 8 3 , p . 303 , sospetta che dietro questa tra­ dizione poco gloriosa sull'origine dei Fabii ci fosse la versione filocartaginese di S i leno. M .Corsano, "Sodalitas" et gentilité dans l'ensemble lupercal, in "RHR" 1 9 1 .2, 1 977, p. 1 4 3 , n. 1 , sottolinea gli ulteriori legami attestati fra i Fabii ed Ercole: consacrazione in Campidoglio di una statua del dio, presa a Taranto, da pane di Q.Fabius Maximus Verrucosus (Plul , Fab. 22); dedica di un suo tempio in Gallia ( 1 20 a.C.) da parte di Q.Fab ius Allobrogicus (Strab. I V . 1 . 1 1 = 1 85 ) . Il M ilnzer, i n RE . , V, s . v Fabius, cc . l 739-4 0 (cf. Crawford, p.727, n .2), riteneva che la leggenda degli amori di Fabola con Ercole e l'etimologia di Fabius da Fodius/Fovius non risali ssero oltre l'età augustea e fossero probabilmente un'i nvenzione di Verrio Fiacco. Se per l'etimologia il M ilnzer potrebbe forse avere ragione, per i legami mitologici tta i Fab ii ed Ercole la sua posiz ione è molto imprudente, considerata l'antich i tà dei legami fra Ercole e il ciclo di Fauno, e considerato il ruolo primario dei Fabii entro la cerimonia dei Lupercalia.

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Ercole e le dnnne

una ninfa, o da una donna unitasi con Ercole; Silio Italico80 preci­

che ella era una regia virgo, cioè una vergine figlia del re Evandro, lwspite vieta sacro, cioè piegata dal volere del sacro

sa

ospite. Plutarco8 1 poi asserisce che l'etera Larenzia, amata dal­ l'eroe, era detta Fabola, la quale da Verrio8 2 è chiamata Faula. È

possibile che Fabola/Faula fosse un nome collegato col

Fabium 83 ,

nomen

oppure che fosse il ri sultato di una delle tante

speculazioni etimologiche sul nome Fauna84, ma forse le due ipo­ tesi non si escludono a vicenda poichè la paretimologia sul nome

Fabola non poteva avere come obiettivo che i Fabii (o le fabae) 8 5 . Esiste però un'altra spiegazione ancora, forse più adeguata: Fabu­ la significava "chiacchierona"86 (cf. lat. fabula, fabella, fari) , e tale era la madre dei Lares praestites nel racconto ovidiano

Il.583-6 1 6)

che ha come protagoni sta Lara/Lala (cf.

(Fasti ÀaÀE'i: v),

trasformata i n Tacita, o Muta, d a Giove, che la privò della lingua; alla fine della vicenda ella fu violentata da Mercurio8 7 . Ma si è

appena detto in nota che anche il nome di Fauna/Fatua veniva

79Fab. l . SOVI.63 3 - 5 . Sulla discendenza dei Fabii da Ercole cf. Ovid., Fasti 11.237; Ex Pont. III . 3 . 100; !uv. VII . 14. Cf. T.P.Wiseman, Legendary Genea/ogies in late repub/ican Rome, in "G&R" 2 1 , 1 974, p. 1 54. 8 1 Q u a e s t . R o m . 3 5 = 2 2 F: � S'ha( pq Aapf vT ( Q 4>a�6Àav 7

br(KÀT)O'LV flvaL Àt')'OVO'L V.

82J n Lact. , lnst. 1.20.5 (ove ella viene distinta da Larenzia). Il solo codice Lipsiense di Lauanzio riporta la forma FabuJa. 83Cf. W. Otto, Romische Sagen lll . Larentalia una Acca Larentia, in "WS " 3 5 , 1 9 1 3 , p.72; Id., in RE. VI, s.v.Faunus, c.2064; E.Tabeling, Mater Larum , Franlcfurt a.M. 1 932, p.48; contra : Momigliano, Trefigure mitiche, p.475, n.49; Liou-Gille, Cultes hérofques, p.6 8 . Sul rapporto tra i nomi Fabius e Fabullus (simile al rapporto tra Fabms e Fabula): W .Schiilze, Zur Geschichte der lcueinischen Eigennamen, Berlin 1 904 , pp. 1 62 e 46 1 , n.4. 84S ulle varianti Fatuae, Fantuae, Fanae (legate a fari e a fanum) cf. Donat . , Ter., Eun . V . 8 .49; Mart.Cap.I I . l 67 (Panes, Fauni, Fones, Satyri, Silvani, Nymphae, Fatui Fatuaeque ve/ Fantuae ve/ etiam Fariae, a quibus fana dieta, quod soleant divinare); un'altra speculazione paretimologica è in Paul.Fest., p.68 L.: Bona Dea è detta Darnia e il suo sacrificio damium , a contrarie/ate, perchè minime 8a�6mov id est publicum. Su Fauno e Favo­ nio cf. infra, n.297. 8SFaula potrebbe presupporre invece un collegamento con auMs-. 8fi(:f. Mommsen, Die echte und die fa/sche Acca Larentia, in Romische Forschungen, II, Berlin 1 879, p.6, n . l 6 : "Schwatzmaul " . 87S i veda in proposito J . Aronen, luturna , Carmen/a e Mater Larum. Un rapporto arcaico tra mito , calendario e topografia, in "Opuscula Inst.Rom . Finlandiae" 4, 1 989, pp. 72-7 5 .

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Pane seconda

collegato con il verbo fari, "parlare", e con la funzione della favella. Se il nome di questa donna poteva avere vari significati, è però ceno che fabula indicava anche l'anima del defunto88, ciò che del mono restava, vale a dire il racconto della sua vita, il "mito". In qualunque modo stia la questione etimologica di Fabula, ac­ canto alla versione che chiama in causa le origini del n omen Larinum ne esisteva una legata alle origini del nomen Fabium89 . Esisteva, peraltro, anche una tradizione secondo cui i Vitellii derivavano il loro nome da Vitellia, che si era unita con Fauno, re degli Aborigeni90; mentre la stirpe di Marco Antonio pretendeva di discendere da Ercole stesso91 , e lo stesso si diceva della gens Antia, i cui magistrati monetali scelsero spesso il tema di Ercole trionfatore (fig. 3 )92 _

�i\·) � fig.3

Denario della gens Antia

La tradizione che definisce come vergine o vergine sacra la fanciulla amata da Ercole (o da Fauno o da Mane) è bene attestata da molteplici varianti, mentre la tradizione che parla di una prosti88 Hor . , Carm . 1 .4 . 1 6; Pers.V . l 52 (cinis et manes et fabula fies); Sen . , Troad. 405-6; cf. Ter . , Hec. 620; Ps. Acro, in Hor . , Carm . 1.4. 1 6 ; CIL X I V . 3565 (jabulas manes ubi rex (scil.Averni) coercel). Cf. G.Piccaluga, J"uzione di un passato irreversibile nella realtà cultuale romana, in "SSR" l , 1 977 pp .54 - 55. 891 Fabii, per altro verso, si ricollegavano alla tradizione di Ercole anche attraverso la figura di Fauno-Luperco, poichè uno dei due collegi di Luperci era quello Fabiano, mentre l'altro era il Quinzio, cf. , per es., S uet. , Aug. 3 1 ; Ovid . , Fasti ll . 375-380. S u Ercole e i Lupercalia cf. infra. 9°S uet. , Vi te /l . l . 9 1 Plut., Ant. 4 , 36, 60 ; Rom . 3 ; cf. C. Ampolo-M . Manfredini, Plutarco , Le vite di Teseo e di Romolo, Milano 1 988, p.28 1 . M . Antonio fu, come tutti sanno ,, Luperco: Plut., Ant. 4; App., B.c. 111.1 6.60; 1 9 . 7 2 . Cf. il nome dell'eroe Anteo, fratello di Romo e Ardea, eponimo di Anzio e figlio di Odisseo, secondo Xenagora, FGH 240, F 29. 92Crawford , nr.4 5 5 . Si ipotizza che gli Antii avessero preteso d i discendere da Antiades, figlio d i Eracle e Aglaia (Apollod. , Bibl. 11.7.8); cf. Crawford, pp.4 70- 1 .

Ercole e le donne

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tuta, Acca Larenzia, è del tutto isolata e non facile da spiegarsi9 3 . A ben riflettere, essa appare come un monstrum di fronte alla normale prassi giuridica dei Romani : una nota prostituta che ac­ cede al matrimonio94, laddove le prostitute erano generalmente estranee ai riti matrimoniali romani, che furono addirittura loro proibiti dalle leggi lulia e Papia9 5 . E poi , il fatto paradossale è che Acca Larenzia avrebbe fatto personalmente testamento96, quando nessuna donna, a Roma, poteva fare personalmente testa­ mento9 7 . Anche nella versione che faceva di Acca Larenzia la nutrice dei gemelli è presente, come si è detto, il tema del testa­ mento, in favore di Romolo questa volta98. Per di più, una ver93Secondo lo Strasburger, o.c . , pp.23-33, il tema della prostituta sarebbe stato introdotto dalla propaganda dei nemici di Roma nel III secolo; secondo D . S abbatuc c i . I l mito di A cca Larentia, in "' S M SR"' 29, 1 9 5 8 , p . 5 5 e D.Briquel , Les enfances de Romulus et Rémus, in Hommages à R . Schilling, Paris 1 9 8 3 , pp . 5 7 - 8 , questo tema, insieme al tema dei pastori/briganti, rappresenta la fase pre-.j3av lnnhn o. 292 1.8. Sul clima culturale tardo-repubblicano in cui Gellio (che in altri frammenti parla dei Marsi, di Marsia, Angizia e Medea: fr.8 e 9 P.) operava, e sulla riscoperta delle saghe locali di fondazione cf. T.P.Wiseman, Domi nobiles and the Roman cultura/ élite, in Les "bourgeoisies" municipa/es italiennes ma Ile et Ier sièc/es av.J. -C .. Col/ .Napoli 1 981 , Paris-Napoli 1983, pp 3 0 2 3 . 293E.S., V , tav . l 27. 29 4 Cf. J .P.S mall, Cacus and Marsyas in Etrusco-Roman Legend, Princeton 1 982, pp. l 1 2- 1 23 . 295 H .Brunn , G.Kauvoç É pT)�ov6�0S' TvpC7T)vlBos d