Rileggere la «Scienza della logica» di Hegel. Ricorsività, retroazioni, ologrammi 8843063138, 9788843063130

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Rileggere la Scienza della logica diHegel

Carocci editore

I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore via Sardegna 50, oo187 Roma, telefono o6 l 42 81 84 17, fax o6 l 42 74 79 31

Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it

Franco Chiereghin

Rileggere la Scienza della logica di Hegel Ricorsività, retroazioni, ologrammi

Carocci editore

Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di filosofia dell'Università degli Studi di Padova, con fondi PRJN MIIJR 20o8

edizione, dicembre 20!1 © copyright 20!1 by Carocci editore S.p.A. , Roma r'

Realizzazione editoriale: Studioagostini, Roma Finito di stampare nel dicembre 2011 dalla Litografia Varo ( Pisa)

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume

anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Introduzione

9

I.

La

Scienza della logica come logica generativa

I. I.

La

Scienza della logica in rapporto alla metafisica e alla logica

13

della tradizione

13

I.2.

L'idea di sistema in Kant

16

I.3.

L'idea di sistema in Hegel: continuità e rottura rispetto alla tra­

I.4.

Il ruolo del soggetto nell'organizzazione del sistema

20

I.5.

Le forme logiche come " p rocessi"

23

r .6.

La ricorsività dell'organizzazione della logica e il suo anteceden­

dizione

18

te aristotelico

25

Il contenuto della

27

r.8.

Scienza della logica in quanto "scienza" La " verità" della Scienza della logica

I. 9 .

Carattere multiprospettico e reticolare dell'organizzazione lo­

I.7.

33

gica

2.

2.r.

La logica come

sistema della ragion pura

39

Unitarietà, connettività globale e totalità quali caratteri del "si­ stema "

39

2.2.

La funzione dell' autoriferimento

41

2.3.

L'efficacia euristica dell ' autoriferimento tra " cattiva " e " vera infinità"

2.5.

L' autoriferimento nella "differenza" Il cammino del pensiero tra stagnazione e autodistruzione

2.6.

Ancora un esempio di autoriferimento: l'idea assoluta

2.7.

Le regole dell'organizzazione sistematica

6

!�DICE



Organizzazione e auto-organizzazione nella

Scienza della logica

55

3·l.

Organizzazione

55

3.2.

Struttura del sistema e funzione della sua organizzazione

57

3-3 ·

La ricorsività quale principio dell 'organizzazione

59

3+

Dali' organizzazione all'auto-organizzazione

61

3· 5 ·

La definizione e la sua insufficienza rispetto al concetto

63

3.6.

Un esempio di concetto concretamente esistente

64

3·7· 3.8.

Il duplice aspetto della ricorsività del concetto

67

La riforma lessicale imposta dalla capacità formatrice del concetto

68

3·9·

n carattere a-spaziale e a-temporale della processualità dellogos

69

3.IO.

Pensiero e linguaggio

71

3.II.

Splen dore e miseria dei nomi

73 75

3.I2.

La soppressione del significato

3·13.

La parola del pensiero

3·14 .

Linguaggio naturale e proposizione speculativa



77 81

L'auto-organizzazione come espressione delle dinamiche del pensiero

85

4-I.

Un esempio riassuntivo delle dinamiche di auto-organizzazione

85

4.2.

Il processo logico dal lato della "verità"

86

4.2.1. Retroazione negativa l 4.2.2. Retroazione positiva

4·3·

Il processo dello "sviluppo"

4·4·

Unificazione dei processi della "verità " e dello "sviluppo"

91

4·5·

Il ritorno dell'essenza all'immediatezza dell'essere

94

4.6.

Dalla necessità dell'essenza alla libertà del concetto

96

4·7·

Forme di attuazione della libertà del concetto

97



Alcune verifiche testuali: l'internarsi dell'essere nell'essenza

5·I.

Le dinamiche della connettività globale del pensiero: corrispon-

p.

Inclusione delle determinazioni dell'essere nelle essenzialità del-

denze, inclusioni, circoli autofondanti la riflessione

88

I01

I01 I02

5·3 ·

Gli antecedenti del "positivo "

105

5+

Gli antecedenti del "negativo "

109

5.4.1. La funzione "essenziale" del non l 5.4.2. li "distinguere" l 5-4·3· Dalla negazione alla contraddizione

INDICI::

5 · 5.

Gli antecedenti dell"' esistenza"

7

II8

5.5.1. Dal "divenire" all"' essere determinato" l 5-P· Dal "fondamento"

all ' "esistenza" 5.6.

Ulteriori esempi

Il passaggio dall"'essere" al "qualcosa" e il rapporto tra "cosa" e "proprietà" l 5.6.2. "Costituzione" e "destinazione" nell'essere e nell'essenza l 5.6.3. Dialettica continuo-discreto e tutto-pani l 5.6-4- La "necessità" nell'essere e nell'essenza

5.6.r.

6. 6. I.

L'internarsi dell'essere e dell'essenza nel concetto La " potenza creatrice " del concetto nei confronti dell'essere e dell'essenza

6.2.

12 9

!2 9

Universalità, particolarità, individualità del concetto e i loro antecedenti nell'essere e nell 'essenza

130

6.2.1. "Semplicità" dell'inizio e "universalità" del concetto l 6.2.2. "De­

terminatezza" e "differenza" nella "particolarità" del concetto l 6.2.3. Il "questo" e la "cosa" nell"'individualità" del concetto l 6.2.4. "Iden­ tità", "differenza" e "contraddizione" nel concetto 6.3.

La ripresa delle determinazioni dell'essere e dell'essenza nel giudizio e nel sillogismo Discontinuità della logica del concetto rispetto alla logica og­ gettiva

13 9

6-4-r. Lo "scopo" l 6-4-2. L'"individuo vivente"

6.5.

L'essere dell'inizio e della fine

6. 6.

Il principio ologrammatico

il "passare" dell'esse­ re e il "riflettersi" dell'essenza l 6.6.2. La presenza nel giudizio ipote­ tico delle forme dell"'esser-altro" della logica dell'essere e dell'essenza

6.6.r. L'originario dividersi del giudizio contiene

6.7.

Il carattere ologrammatico della

Conclusione

Scienza della logica

I55

Appendice

r6o

Indice dei nomi

1 74

Introduzione

In un volume, apparso una dozzina di anni or sono e dedicato alla " teoria dei sistemi'", la curatrice Karen Gloy osservava nell'Introduzione che, rispetto alla p rontezza con cui le scienze empiriche si erano impadronite dell' ap­ proccio sistemico ai diversi campi di loro competenza, la filosofia sembrava invece venire buona ultima, giocando il suo solito ruolo ritardatario, quasi di guardiano notturno di una realtà già compiuta alle sue spalle, senza il suo contributo'. Tuttavia, continuava la Gloy, questa convinzione poteva benis­ simo essere rovesciata nella sua contraria: la filosofia non ha alcuna necessità di configurarsi come un'indagine sistemica particolare, perché in realtà nel suo più che bimillenario cammino non si è occupata d'altro che di questo3 • Dalla lettura dei contributi contenuti nel volume\ ero rimasto colpito, oltre che dal molto che vi ho appreso, da due osservazioni apparentemente marginali, ma che per il percorso delle mie ricerche sull'idea di sistema in Hegel, in cui ero impegnato, acquistavano un sapore del tutto particolare. La prima è contenuta in un passo del contributo di Wolfgang Neuser, Zur Logik der SelbstorganisationS, del quale avevo apprezzato il modo in cui, addentrandosi nell'analisi delle strutture logiche soggiacenti all'attuale concezione dell'auto-organizzazione, aveva a più riprese istituito dei fecon­ di paralleli con la tradizione neoplatonica. In ciò trovavo la conferma della possibilità di fare interagire importanti filoni di pensiero del passato all'in­ terno di un dialogo produttivo con i quadri concettuali della scienza odier-

r. K. Gloy, W. Neuser, P. Reisinger (Hrsg. ), Systemtheorie. Phtlosophische Betrachtungen ihrer Anwendungen, Bouvier Verlag, Bonn 1998. 2. Cfr. K. Gloy, Einleitung, in Gloy, Neuser, Reisinger ( Hrsg. ) , Systemtheorzé, cit., p. 9 · 3 · Cfr. ibid. «Concetto e teoria dei sistemi non sono unicamente un'invenzione del xx secolo, ma sono altrettanto antichi quanto la filosofia stessa>> (K. Gloy, Systemtheorie - Das neue Parad1gma .�. ivi, pp. 227-41 , qui p. 228J. 4· Essi sono dedicati sia alla logica della teoria dei sistemi e alla sua possibilità di fungere da principio multidisciplinare sia all'efficacia con cui la teoria opera all'interno della fisica, della biologia, della cosmologia, della sociologia e della teoria della scienza. 5 · Gloy, Neuser, Reisinger ( Hrsg . ) , Systemtheorie, cit. , pp. 1 5-34-

IO

R I LEG E R E LA SC/E,'>ZA DELLA

LOGIC:A DI IIECEL

na. Tuttavia, leggendo la parte finale del contributo, trovai un'espressione che mi fece particolarmente riflettere. Uno dei cardini, su cui poggia la teoria dei sistemi, è l'affermazione dell'irriducibilità del tutto a semplice somma delle parti . Sia che si consideri staticamente il tutto come " struttura " sia che lo si consideri dinamicamente come " p rocesso " , vi sono proprietà che emergono solo a livello di totalità e che non sono possedute né dalle singole parti né dalla loro somma. Eb­ bene, in sede conclusiva e quasi a suggellare con un 'espressione riassuntiva il nocciolo della teoria dei sistemi, l' autore scrive: «Wenn das Wahre das Ganze ist ecc.»6• Probabilmente l'autore ha ritenuto di non dovere eviden­ ziare in qualche modo che questa frase è propriamente un citazione, tanto è risaputo che l'espressione «il vero è l'intero» si trova nella Prefazione alla Fenomenologia dello spirito e che in essa Hegel ha voluto riassumere, come in una parola d'ordine, il contenuto della propria filosofia7• Tuttavia pro­ p rio la naturalezza con cui una famosa espressione hegeliana si adattava ad esprimere un tratto tra i più caratteristici della teoria dei sistemi mi aveva rafforzato nella convinzione che fosse possibile rileggere il pensiero hegelia­ no alla luce di tale teoria. Un ulteriore conforto in questa direzione mi venne dalla lettura del con­ tributo di Peter Reisinger, N. Luhmanns Paradoxie un d ein Blick auf Hegel', dove l'autore ricorda l'importanza che ebbe, per l'elaborazione di una teoria dei sistemi autoreferenziali, il nuovo paradigma della «differenza di identità e differenza», che Luhmann intendeva opporre a quello della tradizione dialettica (l'identità di identità e differenza ) . Nonostante ciò, e a dispetto della distanza da ogni trascendentalità e speculatività, Luhmann si è mostra­ to disposto a concedere che nella Scienza della logica di Hegel è presente il confronto con quanto di paradossale è contenuto nel paradigma della diffe­ renza9 e che questo apre la possibilità di «leggere di nuovo» la grande opera hegeliana10• Stimolato da questi suggerimenti, ho cercato di rileggere la Scienza del­ la logica alla luce della teoria dei sistemi complessi. Via via che procedevo nella ricerca, più volte interrotta e ripresa nel corso degli anni, mi trovavo a essere, per così dire, preso per mano dalle " cose stesse" nel percorrere il cammino sotto la guida di tre concetti chiave del pensiero " complesso":

6. lvi, p. 31.

7· (G. W. F. Hegel, Phiinomenologie des Geistes, in Gesa m ­

melte Werke, Bd. 9, h rsg. von W. Bonsiepen, R. Heede, Meiner, Hamburg 1980, p. 1 9 ) . 8. I n Gloy, Neuser, Reisinger ( Hrsg . ) , Systemtheorie, cit . , p p . 129-44. 9· In effetti è Hegel stesso a impiegare la formula: . Cfr. , ad esempio, WdL, I I I , pp. 1 50, 202, 246-7, 251 (pp. 8 29, 892, 948 , 95 J l .

I . L A SCIENZA D E L L A L O GICA COME LO( ; JCA G E N E RATI VA

25

la relazione tra oggetti «riduce sulle prime l'influsso a una non ostacolata continuazione della determinatezza dell'un oggetto nell'altro»35, come acca­ de nella comunicazione del movimento da un corpo all'altro e, come H egel stesso ricorda, con «il calore, il magnetismo, l'elettricità e simili»36• Ciò che conta, negli esempi addotti, è la forma di un rapporto, il quale ha la caratte­ ristica di rimanere esteriore ai termini rapportati e non si esplica certo come autodeterminazione né li concerne nella loro individualità: pur coinvolgen­ doli in una forma di comunanza, questa è talmente superficiale da !asciarli indipendenti e indifferenti l'uno accanto all'altro. Tale è il primo configurar­ si della relazionalità propria di ciò che Hegel chiama " p rocesso meccanico " . 1 .6 La ricorsività dell'organizzazione della logica e il suo antecedente aristotelico

Se quindi la nostra attenzione rimane concentrata sull' attività che le forme logiche dispiegano di per se stesse, diventa più agevole cogliere nella sua evidenza la caratteristica fondamentale dell'organizzazione sistematica. Essa ha carattere eminentemente ricorsivo, nel senso che , alla conclusione di ogni ciclo, i risultati raggiunti vengono utilizzati all'interno del nuovo ciclo che nel frattempo si apre37• Le forme e i modi che il processo logico va matu­ rando, una volta venuti alla luce, non vengono accantonati né, tanto meno, perduti, ma sono ripresi a un livello ulteriore non per essere semplicemente ripetuti, ma per interagire con gli elementi costitutivi del nuovo livello. In questo modo essi trasformano e rimodulano continuamente sia se stessi sia gli elementi con cui interagiscono attraverso il processo globale. Esamineremo più avanti in dettaglio questa caratteristica dell' organiz­ zazione sistematica. Essa sembra ispirarsi a un modello di crescita organica (per intussusceptionem, direbbe Kant) che non pare avere molti antecedenti nella storia del pensiero. Forse ciò che sta sullo sfondo come principio ispi­ ratore dell'impresa hegeliana è uno degli aspetti teoreticamente più rilevanti del De anima di Aristotele. È ben nota l'ammirazione professata da Hegel nei confronti di quest'opera aristotelica38, dove uno dei temi centrali e più innovativi è il modo in cui Aristotele, in recisa polemica antiplatonica, con­ cepisce l'esplicarsi della funzione della t�Jvxf] nelle diverse specie di viventi. A differenza di quanti sostengono l'esistenza di una pluralità di anime di35· lvi, p . 138 (p. 8r4l. 36. Ibid. (pp. 8r4- 5 L 37- Sulla ricorsività cfr. più ampiamente infra, PAR. 3-3· 38. Di essa ci rimane un saggio di traduzione dei capp. 4-5 del libro Ili, eseguita forse mentre egli si accingeva alla stesura della Fenomenologia o, più probabilmente, a Norimberga. Cfr. Eine Ùbersetzung Hegels zu De anima III, 4-5, mitgeteilt un d erlautert von W. Kern S . ] . , in "Hegel-Studien" , I, 1961, pp. 49-88.

R I LE G G E R E LA SCIENZA DELLA L O GICA

DI H E G E L

verse, a seconda della diversità di funzioni presenti nel vivente (principal­ mente la vegetativa, la sensitiva e l'intellettiva) , Aristotele afferma l'esistenza in ciascun vivente sempre di un'unica lj;vxr'J . Se nelle piante l'anima vege­ tativa o nutritiva è il principio sufficiente a esplicarne i modi di esistenza, quando nell'animale compare la sensazione non è che l'anima sensitiva vada ad aggiungersi alla vegetativa, cooperando con essa, ma la riassorbe in sé svolgendo sia le p roprie funzioni sia quelle dell'anima vegetativa; altrettan­ to, quando nell'uomo compare la comprensione intellettuale del mondo, l'anima intellettiva contiene in potenza la vegetativa e la sensitiva e ne espli­ ca, all'occorrenza, ogni funzione, così che l'anima è in ogni caso sempre e soltanto una39• Il rapporto di consecuzione tra le anime fa sì che da un lato l'anima inferiore sia la condizione "materiale " dell'esistenza di quelle superiori: la funzione dell'anima vegetativa è simile a quella svolta in ambito geometrico dal triangolo, che è la condizione materiale dell'esistenza di ogni altra figu­ ra geometrica. Dall'altro, però, l'anima vegetativa non contiene in potenza quella sensitiva né questa l'intellettiva40• Essa ha quanto basta per esplicare integralmente l 'esistenza dei vegetali e la sua perfezione si esaurisce nell'a­ dempiere compiutamente a tale funzione. Quando invece compare la sen ­ sibilità, tutto ciò che era giunto a maturazione nel ciclo vegetativo viene ricompreso alla luce di un principio più alto4'. Il fatto che il livello anteriore sia ora presente in quello posteriore in modo potenziale non significa che l'anteriore sia sminuito o privato di alcune sue prerogative, ma al contrario: esso ora viene immesso in un nuovo ambito che ne arricchisce le caratteristi­ che in un modo che era impensabile dall'interno delle funzioni puramente vegetative. Altrettanto accade al comparire del livello intellettivo: il fatto che ora le funzioni vegetative e sensitive siano presenti in esso in potenza fa sì che esse si lascino plasmare dal nuovo livello secondo una pluralità di pos­ sibilità espressive della loro natura che emergono in un modo indeducibile dalle loro precedenti forme di esistenza. La riutilizzazione ad ogni nuovo ciclo di tutti i risultati ottenuti nei ci­ cli inferiori di elaborazione della natura del vivente costituisce il carattere ricorsivo della concezione aristotelica dell'anima ed è questo l'antecedente storico più significativo che credo di potere indicare come quello che può avere guidato Hegel nell'articolazione e nella specificazione degli aspetti più originali della costruzione bottom-up della sua organizzazione sistematica4>. 39· Cfr. Aristot. , De an. , II, 3 , 414 b 20-41 5 a 1 3 . 40. Cfr. ivi, 4 1 4 b 28-31. 41 . Per totum cfr. le osservazioni di G. Movia in Aristotele, L'anima, trad., introd. e com ­ mento di G. Movia, Loffredo Editore, Napoli 1979, pp. 60-1, 292- 5 . 4 2 . Sulla possibilità d'intendere le «problematiche filosofiche di stampo idealistico-tra­ scendentale» alla luce della teoria della ricorsività cfr. F. D ' Agostini, Logica del nichilismo. Dialettica, differenza, ricorsività, Laterza, Roma-Bari 2000, p. n8.

I. LA SCIENZA D E L L A L O G I C A C O M E LOG I C A G E N E RA T I VA

ll contenuto della

27

1 .7

Scienza della logica in quanto "scienza"

Che cosa intende presentarci Hegel con la Scienza della logica? La domanda potrebbe apparire storiograficamente oziosa. È risaputo che Hegel ha volu­ to presentare le pure essenzialità del pensiero così come esse si producono in virtù di una dialettica generativa che le fa scaturire le une dalle altre, dalle più povere e indeterminate alle più ricche e complesse. Nella varietà dei processi dialettici che così si produce, Hegel ravvisa alcune caratteristiche di fondo che consentono di raccogliere le determinazioni logiche secondo tre grandi raggruppamenti. n primo raccoglie le determinazioni la cui carat­ teristica dialettica è di essere sospinte sempre al di là di se stesse in un inces­ sante trapassare (ubergehen ; logica dell'essere ) . Il secondo raccoglie le de­ terminazioni che, pur nella pretesa di sussistere indipendentemente per sé, si richiamano l'una all'altra con una reciprocità dialettica che porta ciascuna a riflettersi nel suo altro e viceversa (sich reflektieren; logica dell'essenza) . Il terzo raccoglie le determinazioni nelle quali ogni residuo di esteriorità viene vinto e ciascuna determinazione mostra di svilupparsi da se stessa in connessione organica con tutte le altre (sich entwickeln; logica del concetto) . S e questo è storiograficamente esatto, non dice ancora nulla s u quale sia la natura del pensiero di cui Hegel intende esporre il movimento. Si è ricordato sopra come nell'idea logica nulla sia " in riposo " , ma tutto sia, per Hegel, essenzialmente "processo " . Questo significa che il pensiero non è niente al di fuori delle sue dinamiche: il pensiero è le sue dinamiche. Pur essendo sempre il medesimo, il pensiero puro, che è a tema nella Scienza del­ la logica, produce una pluralità di modi di organizzazione profondamente diversificati, che si distribuiscono all'interno dei tre grandi raggruppamenti dell'essere, dell'essenza e del concetto. La ragione di tale pluralità sta nella diversità delle dinamiche che il pensiero genera da sé quali principi del pro­ prio ordinamento. Questo punto, relativo al valore costruttivo delle dinamiche del logos, è di particolare importanza e per chiarirlo può forse tornare utile rifarsi a un esempio molto semplice, tratto dal mondo fisico. n lettore non me ne vorrà se abuserò un po' della sua pazienza, avventurandomi su un terreno che pur non essendo di mia competenza, è tuttavia di facile accesso e può offrire indicazioni interessanti per la comprensione dell'intento hegeliano. È un fenomeno ben noto quello per cui le medesime molecole di H,O, sotto diverse condizioni di temperatura e di pressione, possono passare dal­ lo stato gassoso (ad esempio, le nubi) a quello liquido (la pioggia) e a quello solido (il ghiaccio) . Nel passaggio dall ' uno all'altro di questi stati l'energia atomica globale della materia coinvolta muta in misura minima, eppure ac­ cade ogni volta una drastica e repentina differenziazione qualitativa del suo modo d'essere. Responsabili di queste differenziazioni sono i mutamenti

2!!

R I L E G C E R L L A SU E.�ZA DELI.A U){;/CA D I H E G E I .

delle dinamiche dei costituenti materiali e, quindi, delle leggi che le gover­ nano. Le leggi e le dinamiche dei fluidi sono infatti diverse e inderivabili da quelle dei gas e le leggi dei solidi da quelle dei fluidi. La sostituzione del plesso delle leggi e delle dinamiche proprie a ciascuno stato con quelle del successivo è ciò che si suole chiamare "transizione di fase " , la quale com ­ porta, a ognuno dei passaggi ora descritti, la rottura di alcune simmetrie possedute dalla materia nello stato iniziale. Ora è proprio nella transizione di fase e nella rottura di simmetria che il prodursi delle dinamiche caratteristiche di ciascuno stato contiene gli aspet­ ti dotati di maggior efficacia esemplificativa rispetto alla diversificazione e alla varietà delle dinamiche del pensiero puro messe in luce da Hegel. Forse non è superfluo ricordare che la simmetria di un oggetto è tanto più grande quanto maggiore è il numero delle operazioni che possono esse­ re compiute su di esso !asciandolo inalterato43• Rispetto allo stato liquido e allo stato solido, le molecole di H,O allo stato gassoso godono del massimo di simmetria, nel senso che fluttuando casualmente nello spazio, non han­ no alcun principio di ordinamento reciproco che le vincoli e quindi molte sono le operazioni che si possono compiere su di esse senza che subiscano alterazioni44• Qualcosa di tale simmetria si va invece riducendo quando, per raffred­ damento e condensazione, avviene il passaggio allo stato liquido. In esso, le dinamiche delle molecole d'acqua presentano un grado di maggiore ordine e determinatezza, perché ciascuna molecola è governata da fattori di ordi­ namento che la pongono in una relazione necessaria con le altre45• Esse non sono più indifferenti all' orientazione nello spazio (propria della simmetria

43· Nel lessico dei fenomeni fisici, espressioni quali "massima simmetria " o " stato di equilibrio " connotano situazioni di disordine, di minimo contenuto informazionale e di mi­ nima capacità innovativa; al contrario, espressioni come "lontananza dall 'equilibrio " e " tran­ sizioni di fase" con " rottura di simmetria" connotano situazioni favorevoli alla comparsa di nuove strutture, ordinate e stabili, e concorrono a individuare i comportamenti complessi dotati di un alto contenuto informativo. Una situazione di equilibrio è, ad esempio, quella di una stanza dove la sorgente di calore è stata spenta e si è progressivamente cancellata ogni differenza di temperatura tra la sorgente e l'ambiente. Anche le piccole fluttuazioni di tem­ peratura rilevabili qua e là non sono mai tali da pregiudicare l'equilibrio del sistema e ogni differenza viene presto riassorbita nell'uniformità e nell'indifferenza reciproca dei costituenti del disordinato moto molecolare. 44· Esse godono sia di simmetria traslazionale, per cui il potere esplicativo delle leggi cui obbediscono non cambia da punto a punto, sia di "simmetria rotazionale" , per cui la loro struttura globale rimane invariata, qualunque sia il tipo di rotazione che viene loro impressa. 45 · Dal momento in cui, all'interno delle molecole, l'idrogeno tende a raccogliersi da un lato e l'ossigeno dal lato opposto, ciascuna di esse si compatta come un dipolo elettrico e il lato dell'ossigeno risulta sempre adiacente a quello dell'idrogeno della molecola vicina e vice­ versa. La comparsa sia del dipolo elettrico sia di forze di coesione che ora legano le molecole fra loro, attivano dinamiche governate da leggi che pongono un limite al massimo di simmetria proprio del fluttuare casuale e disordinato delle molecole allo stato gassoso.

I . Lr\ �Cll::. .\ ZA D E I. LA L O G I CA C . O �l E L O C J C A G E N E R AT I VA

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rotazionale) , anche se godono ancora della " simmetria traslazionale " , vale a dire dell'indifferenza al luogo in cui si trovano. Quest 'ultima simmetria viene ulteriormente ridotta quando, raffred­ dando l'acqua al di sotto della soglia di 0°, compaiono le strutture cristalline del ghiaccio. Qui le medesime molecole risultano avere un grado ancora più alto di ordinamento e di determinatezza, perché si trovano a essere cattu­ rate in un reticolo di prismi esagonali che permette solo alcune specifiche simmetrie e non altre46• Verrà spontaneo obiettare che, una volta concluso il processo di cristallizzazione, ogni dinamica sembra essere scomparsa e l'incremento di ordine e di determinatezza, così ottenuto , viene pagato al prezzo della perdita del dinamismo e della processualità. In realtà, le dina­ miche continuano a sussistere, solo che si producono a livello molto più fine rispetto a quello molecolare. Esse continuano a essere presenti a livello atomico, dove, l ungi dall'es­ sere incompatibili con l' aspetto macroscopico della staticità del cristallo, ne costituiscono anzi la ragion d'essere e il fondamento. Responsabili dell'or­ dinamento cristallino sono infatti quanti di onde elastiche47, le quali provve­ dono a trattenere gli atomi nelle loro celle reticolari48 • Si dirà: che cosa ha a che fare tutto questo con le dinamiche del logos? Transizioni di fase e rotture di simmetria sono strumenti concettuali che svolgono un ruolo essenziale nell'interpretazione di una sterminata varietà di fenomeni, dalla genesi del nostro universo alle dinamiche quantistiche, dalle reazioni chimiche alla comparsa della vita in ogni sua forma. Possia­ mo escludere in partenza che esse svolgano un ruolo significativo anche all'interno dei processi di costituzione del pensiero puro, il quale ( se non è un mero truismo ricordarlo) è, tra l'altro , la condizione di possibilità del riconoscimento di quelle dinamiche e dell'enunciazione delle loro leggi? In effetti, nella descrizione delle dinamiche del pensiero, data da Hegel, vi è più di un aspetto che richiama le diverse fasi attraversate dal medesimo ele­ mento nei processi ora descritti. Si tratta di aspetti, sui quali ci soffermere­ mo con analisi dettagliate nei luoghi opportuni, ma vale la pena ricordare fin d'ora alcuni caratteri generali.

46 . Ad esempio, le rotazioni di 6o0 attorno a determinati assi, mentre la densità varia a seconda delle direzioni assunte nello spazio dai cristalli. 47· Dette fononi, quanti di energia meccanica delle vibrazioni degli atomi di un reticolo cristallino. 48 . I fononi, che realizzano dinamicamente la fase cristallina delle molecole di H,O, col­ legano fra loro gli atomi vibranti facendoli interagire anche su grandi distanze. Nonostante la sua apparente staticità, il cristallo può quindi essere considerato come > ( G . Vitiello, My Double Unveiled. The Dissipative Quantum Mode! o/ Bra in , John Benjamins Publishing Company, Amsterdam -Philadelphia wor, p. 14l .

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R I L E G G E R E L A 5CIE.�ZA DEL LA L O (; J C A DI H E G E L

Già un luogo tra i più commentati (e criticati} della logica hegeliana, qual è la dialettica iniziale di essere e nulla, può mostrare dei lati insospettati alla luce di quanto ora detto. Il carattere fondamentale di ciò che è in gioco in quest'inizio è l'assenza di determinazione e quindi l'assoluta indifferenza alla relazione ad altro dei termini in questione. Si potrebbe dire che l' astra­ zione dell 'inizio, descritta da Hegel, è l'analogo di uno stato di massima sim­ metria, dal momento che qualunque operazione venga tentata sulla coppia essere-nulla la lascia inalterata nella sua indisponibilità al rapporto ad altro : non vi è alcuna ruga, piega o appiglio su cui fare presa per lasciare emer­ gere una differenza e, conseguentemente, un principio d'ordine. Ordinare, infatti, significa potere operare distinzioni tra le cose , mentre qui, nell'ini­ zio, è proprio la possibilità della distinzione che viene a mancare, in quanto essere e nulla risultano indistinguibili. A questo livello la simmetria è quindi massima, come accade ogni volta che qualcosa risulta intercambiabile- con o indistinguibile-da qualunque altra. Qualsiasi passo innanzi si faccia a partire da quest'inizio, esso è reso possibile solo da successive rotture di simmetria, a cominciare da quella che origina il Dasein , l'essere determinato, dove la dinamica dell' autoriferi­ mento , come si vedrà tra poco, svolge una funzione essenziale49• Ora quello che è importante sottolineare è che tutt'intera la sfera dell 'essere riceve la sua impronta fondamentale dall'indeterminatezza e dall'indifferenza che ne caratterizzano l'avvio. Per quanto la perfetta simmetria iniziale venga progressivamente ridotta, la sua tonalità di fondo non viene mai meno. Se non temessi di suscitare un involontario effetto comico, mi azzarderei a dire, proseguendo nell' analogia con gli stati fisici descritti sopra, che la logica dell'essere mostra, nelle sue dinamiche e attraverso tutte le sue fasi , sempre u n comportamento " gassoso " , cioè analogo a quello delle molecole di un gas. Le rotture di simmetria, che si producono a ogni avanzamento del pote­ re di determinazione del logos, non tolgono m ai del tutto l'indeterminatezza dell'origine e hanno quindi più il carattere di successivi riordinamenti di­ namici della medesim a simmetria iniziale che non quello di un suo radicale superamento. Quando Hegel individua nell'ubergehen il carattere comune alle diverse dinamiche presenti nella logica dell'essere vuole esprimere pro­ prio questo: nessuno dei momenti logici che vi compaiono ha sufficiente de­ terminatezza per darsi una configurazione stabile, ma tutti incessantemente dileguano nel loro successivo, così come nelle molecole di un gas qualunque fluttuazione o increspatura non ha alcuna durevolezza, ma viene immedia­ tamente riassorbita nell'uniformità indifferenziata .

. 49 · Cfr. in/ra,

PAR.

2.2.

I . LA SCIENZA DELLA LOGICA C O M E L O G I C A G E N ER A T I VA

31

La vera e propria transizione di fase, con la conseguente rottura della simmetria fondamentale della logica dell'essere, si ha nel passaggio alla lo­ gica dell'essenza. Qui appaiono le prime, non transitorie differenze, che si consolidano via via in strutture relazionali di crescente complessità. L'indif­ ferenza si rompe a favore di una fitta rete di polarità e del gioco reciproco di attrazioni e repulsioni. Tuttavia l'indifferenza non è ancora superata fino in fondo. Pur avendo le dinamiche dell'essenza una natura eminentemente relazionale, permane una fondamentale indifferenza di ciascuna determina­ zione nei confronti di quella cui è correlata. Nonostante che la relazione al proprio " altro" sia ora riconosciuta " essenziale" , ciascuna determinazione continua a fare valere la pretesa di avere un'esistenza indipendente anche al di fuori della relazione. Come si vedrà diffusamente più avanti50, proprio questo è il residuo non superato d'indifferenza: quanto più una determina­ zione pretende l'indipendenza tanto più essa è indifferente al rapporto ad altro. Continuando nell'analogia, potremmo dire che il livello dell'essenza è ben esemplificato dalle opposte polarità presenti all'interno di ciascuna molecola d 'acqua aella fase liquida, dove la comparsa del dipolo elettrico diventa un fattore d'ordine e di legame tra le molecole stesse. Nel medesi­ mo tempo, però, gli aggregati molecolari, che così si formano, fluttuano tra aggregazioni, rotture e disaggregazioni, nelle quali le molecole tornano ad assumere, sia pure in modo effimero, forme di esistenza indipendente. Se Hegel ravvisa nel sich re/lektieren il tratto comune, in grado di connotare le dinamiche del logos nella sua fase " essenziale " , ciò accade perché il " ri­ flettersi " esprime bene lo stare in rapporto di termini che non rinunciano alla pretesa di sussistere anche al di fuori della relazione. Così, ad esempio, l'immagine riflessa da uno specchio è strutturalmente legata all'oggetto che vi si riflette e tuttavia entrambi hanno un'esistenza distinta e a sé stante. L'indeterminatezza e l'indifferenza reciproca sono definitivamente su­ perate nella logica del concetto. Qui vi è un unico processo che non por­ ta più ogni determinazione a dileguare e a perdersi nella successiva (come nella logica dell'essere) né si frantuma distribuendosi in una molteplicità di termini indipendenti eppure rapportati. Nelle dinamiche del concetto tutto si conserva, perché i processi del logos non sono più dispersivi in forme mai compiutamente vinte di esteriorità. Al tempo stesso ogni determinazione concresce su se medesima generando tutte le altre, coniugando così il mas­ simo di stabilità col massimo di dinamismo. Nella logica del concetto la struttura principe che emerge è l' architettu­ ra del " sillogismo" . Secondo Hegel, essa esprime la razionalità intrinseca di tutto l'esistente ed è a questo livello che torna particolarmente utile istituire un'analogia tra questa terza e ultima fase delle avventure del pensiero e la

50. Cfr. in/ra,

PAR.

4·5·

32

R I L E C ; G ERE LA SC/E8ZA D E L L II L O GICA DI H E C ; E L

transizione alla fase cristallina. A livello del logas, nulla sembrerebbe esserci di più " cristallizzato " della struttura sillogistica, cosa che le ha procurato non pochi sarcasmi nella storia del pensiero. Il reticolo di nessi razionali , attraverso cui essa dispiega la sua efficacia relazionale, sembra infatti tenere intrappolati i propri contenuti entro i rapporti d 'inerenza e di consecuzione che caratterizzano le diverse forme e figure sillo gistiche. Tuttavia le peculiari dinamiche che Hegel scorge all'opera all'interno del concetto e, a maggior ragione, in quel suo compiuto sviluppo che è il sillogismo, portano a una radicale revisione del modo in cui queste forme di attuazione del pensiero erano intese dalla tradizione. Rispetto a quanto si vedrà più avanti1' , si può anticipare che l'aspetto più significativo di tale revisione consiste (in analogia con i processi di cristal­ lizzazione) nell'esistenza di dinamiche, le quali correlano tutti i termini in gioco, di modo che ciascuno è intimamente connesso a tutti gli altri, tanto quanto ogni altro è debitore a ciascuno del suo sussistere. Se nel suo aspetto macroscopico la forma sillogistica si " cristallizza " in forme e figure stabili e ordinate, ciò è dovuto alle dinamiche microscopiche che la pervadono e sen­ za le quali il pensiero stesso è nulla. Per questo si può ripetere per la forma sillogistica quello che Hegel afferma del concetto: essa è «la semplice pulsa­ zione vitale tanto degli oggetti stessi, quanto del loro pensiero soggettivo»52• Se Hegel condensa il carattere comune a tutte le dinamiche della logica soggettiva nel sich entwickeln, ciò che egli intende per " svilupparsi " è non solo la crescita che si può trovare esemplificata in un organismo vivente, ma, come vedremo, un tipo di processualità che, nella sua purezza, è pro­ pria solo del pensiero: essa consiste nell'esplicarsi di un nucleo dinamico fondamentale che produce e al tempo stesso riassorbe in sé i modi e i mezzi attraverso i quali perviene a manifestarsi13• Il pensiero è quindi, originariamente, queste sue dinamiche. Dietro a tutto ciò che la tradizione ha individuato come determinazioni pure del pen­ siero (essere, finito , infinito, quanto, identità, differenza, sostanza, causa, concetto ecc. ) vi sono tre grandi modalità di operare del logos che sono il trapassare, il riflettersi, lo svilupparsi. Non ci sono prima le determinazioni e poi il pensiero che le connette secondo tre differenti tipi di processualità, ma le determinazioni sono generate dalle dinamiche del pensiero. Di conseguenza, per comprendere a fondo la complessità della Scienza della logica non è sufficiente ricondurla alla pur ragguardevole quantità del­ le determinazioni che vi compaiono, alle loro diversificazioni, alla densità delle loro connessioni. Questo, infatti, significherebbe continuare a porre e a ritenere le determinazioni logiche come il primum da cui occorre partire. 51. 52. 53·

Cfr. in/ra, PARR. 3-4-3-7WdL, I V . p . 1 5 (p. I6). Cfr. infra, PARR. 4· 3 ·4+

I. LA 5CIE.�ZA DELLA UJ(,' /CA C O M E L O G I C A G E I' ERATI VA

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I n realtà, esse sono qualcosa d i " secondo " , perché sono tutte risultato dei processi che, attivi alle loro spalle, le hanno generate. La complessità e la ricchezza delle determinazioni logiche sono la manifestazione macroscopica di ciò che avviene a livello microscopico. E a livello microscopico dominano le dinamiche del logos e le proprietà di simmetria e di successive rotture di simmetria, mediante cui il logos realizza la transizione di fase da una moda­ lità all'altra del suo triplice modo di operare. 1 .8 La "verità" della

Scienza della logica

Se nella sua originaria purezza il logos è attività che si autodifferenzia in queste tre forme di processualità e se le pure essenzialità poste a tema nella Scienza della logica sono il risultato delle dinamiche del pensiero, qual è la "verità " che Hegel attribuisce loro in forma assoluta e come essa si confi­ gura? Per rispondere a questi interrogativi, occorre preliminarmente resti­ tuire tutto il suo peso alla parola " scienza " che figura nel titolo dell'opera. Hegel intende presentare la " scienza" della logica: questa sarebbe un'inutile ridondanza se la logica possedesse già il carattere che usualmente le viene attribuito e cioè di essere, come H egei stesso ricorda, la «scienza del pensare in generale» 54• Se il titolo non significa "scienza della scienza del pensare in generale " , ciò accade perché Hegel è convinto che la logica non abbia ancora forma scientifica e che questa non possa scaturire da un nostro in­ dustrioso intervenire e affaccendarci su di essa. Il carattere scientifico della logica potrà dispiegarsi davanti al nostro sguardo in modo tanto più rigoro­ so quanto più manterremo salda la decisione iniziale di stare semplicemente a guardare il movimento della " cosa stessa " , del pensiero nel suo generarsi. È evidente che la " scientificità" della logica, cui qui mira Hegel, ha ben poco in comune con quello che fino a lui è stato inteso con tale termine. La logica hegeliana né descrive come pensiamo né dice come si debba pensa­ re ottemperando alle regole universali del logos. Non concerne neppure le leggi dell'intelletto e della ragione in quanto si riferiscono a oggetti a priori, come vorrebbe la logica trascendentale. Si potrebbe dire che la scientificità hegeliana della logica si costituisce prima e alle spalle di tutte le altre forme in cui la logica si è presentata come scienza. Rispetto a queste, essa è una sorta di loro inconscio comune'\ un carattere originario del pensiero che agisce o giace segretamente al fondo delle diverse configurazioni con cui si è manifestata di fatto la logica come scienza.

5 4 · WdL,

IV,

p. 28 (p. 24) .

5 5 · Hegel stesso parla della logica come di un [ivi, p . 43 (p. 42) ) .

34

R I L E G G E R E LA 5 C I E .\IZA D E L L A L O C; I C A DI H EG E L

L'averlo portato alla luce e la sua appropriazione cosciente non sono senza conseguenze non solo per il modo tradizionale d'intendere la logica, ma più in generale sia per il pensiero ordinario sia per le singole scienze. Secondo Hegel, in ciascuno di questi ambiti deve prodursi la consapevolez­ za che la loro esistenza e il loro particolare grado di stàbilità sono espres­ sione di un particolare stadio di sviluppo della processualità originaria del logos. Nella rete della connettività globale del pensiero ciascun ambito si appropria della porzione di relazioni e di vincoli necessari al costituirsi del proprio campo espressivo. Il raggiungimento di una tale consapevolezza, soprattutto da parte delle scienze particolari56, è una delle mete che Hegel si propone di conseguire con la sua Scienza della logica. Egli annette a tale presa di coscienza tanta importanza da ritenere essenziale che l'elemento logico , così com 'è da lui concepito, debba venire alla luce all'interno delle scienze stesse come loro risultato: Così l'elemento logico non ottiene la giusta estimazione del suo valore, se non in quanto sia divenuto il risultato dell'esperienza delle scienze. Esso si presenta allora allo spirito come la verità universale, non come una conoscenza particolare accanto ad altra materia e ad altre realtà, ma come l 'essenza di tutto questo rimanente con­ tenuto57.

Quando Hegel afferma che la natura del pensiero, a tema nella Scienza della logica, è il pensiero nella sua forma più pura e necessaria, apparentemen­ te sembra allinearsi con le caratteristiche tradizionalmente riconosciute al pensiero logico. Solo che per lui " puro " qualifica il carattere del pensiero che è lasciato essere nel suo automovimento e " necessario " qualifica tale movimento in quanto genera da se stesso la propria organizzazione. Quando il pensiero si espone puramente nel proprio movimento , la logica diventa scienza non nel senso che la scientificità sia uno dei tanti caratteri che il pensiero può assumere accanto ad altri, ma esso è scienza proprio in quanto si mostra nel suo autogenerarsi. Del modo tradizionale d'intendere il "ne­ cessario " , la Scienza della logica conserva, formalmente, il " non poter essere altrimenti " . Ma esso assume il suo significato specificamente hegeliano in questo: che il succedersi l'uno all'altro dei contenuti di pensiero è tale per cui nel successore si presenta la ragion d'essere sia del processo che l'ha generato sia dell'antecedente da cui sembra provenire. Hegel non è così dissennato da pensare che ciò che ha esposto e, soprattutto, il modo in cui lo ha esposto «non resti ancora suscettibile di molti perfezionamenti, di molti

56. Tali sono per Hegel non solo le scienze matematiche e fisiche, ma tutte quelle che, passibili di una considerazione filosofica, egli fa rientrare nell 'EnCiclopedia delle scienze filo­ sofi"che. 57· WdL, I V , p. 42 (p. 41 ) .

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rifinimenti per ciò che riguarda i particolari»58• Tuttavia non h a dubbi che la verità è quella del metodo da lui seguito : stare a vedere l' autogenerarsi del pensiero e accompagnarlo nell'intero ciclo del suo autosviluppo. Si potrebbe vedere nell 'impresa hegeliana il coronamento del sogno di ciò che per Spinoza era l'unica, autentica definizione di qualcosa: la de­ finizione genetica. Se si definisce il cerchio come quella figura «le cui li­ nee, condotte dal centro alla circonferenza, sono eguali , tutti vedono che tale definizione non spiega l'essenza del cerchio, ma solo una qualche sua proprietà»59• L'essenza è invece presente quando viene mostrata la causa della sua genesi e il cerchio viene definito come la figura «descritta da una linea qualsiasi, un'estremità della quale è fissa, l'altra è mobile»60• Questa definizione è "vera " perché mi fa assistere alla generazione del cerchio ed è tale che da essa posso ricavare tutte le sue proprietà. Così per Hegel solo un'esposizione "generativa " del pensiero può pretendere di essere "vera " in un senso che è anteriore a qualsiasi altro senso possa assumere la parola " verità " in altri contesti: anteriore alla verità matematica, logico-formale, trascendentale, fattuale, storica, religiosa ecc . , e questo perché tutte queste articolazioni del concetto di verità presuppongono che alle loro spalle si sia già generato il pensiero. Senza tale generazione e senza le leggi che la go­ vernano , quelle verità non potrebbero nemmeno prodursi ed è per questo che le loro leggi sono " seconde" e derivate rispetto alle leggi che il pensiero m anifesta nell'atto del suo generarsi. Gli antecedenti più immediati della verità (e quindi della scientificità) come autogenerazione del pensiero Hegel poteva trovarli in Kant e, più an­ cora, in Fichte. Tuttavia con una riserva fondamentale: che in essi le de­ terminazioni del pensiero procedono dall'appercezione trascendentale o dall 'io e dai modi delle loro attività, mentre per Hegel accade esattamente il contrario. Non è l'io o l' autocoscienza che tengono in loro potere le pure forme del pensiero e le subordinano a sé come al loro centro generatore. Se già relativamente alle nostre sensazioni, agli istinti, alle passioni e agli interessi noi non diciamo che ci serviamo di essi, quanto piuttosto che, per la loro forza e potenza, sono essi a tenerci sotto il loro dominio, a maggior ragione non dobbiamo credere che le forme del pensiero, di cui sono intes­ sute «tutte le rappresentazioni, tutti gli scopi, tutti gl'interessi e tutte le azio­ ni», «servano a noi; che cioè siamo noi, che le abbiamo in nostro possesso , e non piuttosto quelle, che hanno in possesso noi. Che cosa rimane a noi di fronte ad esse ? Come potremmo noi, come potrei io mettermi al di sopra di

58. I vi, p. 38 (p. 37l. 59· Spinoza, Trattato sull'emendazione dell'intelletto, in Spinoza, Opere, a cura e con sag­ gio introduttivo di F. Mignini, trad. e note di F. Mignini, O. Proietti, Mondadori, Milano 2007, p . 63. 6o. Ivi, p. 64.

R I L L < ; G L R L LA \ U L\ Z..t D U U /J!C l !A DI H L < ; LL

esse come più universale, al di sopra di esse, che sono appunto l' universale come tale ?»6' . Non si tratta, dunque, di dedurre dall'io le determinazioni del pensiero, ma di considerare queste in sé e per se stesse, nelle dinamiche che le generano sia in sé sia nei loro rapporti reciproci . L'io o la coscienza sono ancora prigionieri dell'opposizione all' oggettività e quindi sono in sé finiti; quando il pensiero è nella forma dell'io o della coscienza, esso è l'ul­ timo ostacolo che rimane da superare per pervenire al pensiero come forma assoluta: «La forma, la quale è così giunta a essere pensata nella sua purezza, contiene allora in sé stessa di determinarsi, ossia di darsi un contenuto, e propriamente un contenuto nella sua necessità, - come sistema delle deter­ minazioni del pensiero»6' . 1. 9

Carattere multiprospettico e reticolare dell'organizzazione logica

Si è già osservato sopra come i contenuti del pensiero , alla cui nascita Hegel ci fa assistere, non siano tanto " cose " , ma processi e come dietro ai loro nomi non vi siano " sostanze " , ma nodi di pure relazioni. La logica che ap­ partiene al movimento originario del pensiero e che agisce al fondo sia del discorso ordinario sia delle varie scienze, potrebbe essere detta, in prima approssimazione, una logica dell'interconnessione globale: "multiprospetti­ ca " nel suo momento analitico , " reticolare " e " interattiva " nel suo momento sintetico. L'uno e l'altro momento appartengono unitariamente alla dialetti­ ca, quale carattere fondamentale della processualità del pensiero. Per intendere il modo in cui il carattere " multiprospettico" e quello " re ­ ticolare" s i coappartengono bisogna rifarsi a quello che per Hegel è l '«unico punto» necessario «per ottenere il progresso scientifico»: il principio della "negazione determinata " , «intorno alla cui semplicissima intelligenza occor­ re adoperarsi»63 • Si tratta anche qui dello sviluppo di un grande principio spinoziano, esposto nella epistola 50, e che afferma: determinatio negatio est. Se Hegel annette a esso «una importanza infinita»6\ ciò accade perché esso sta alla base dell' automovimento del pensiero quale vero e proprio motore della processualità dialettica. Nulla, infatti, può sussistere che non sia in qualche modo determinato, ma anche la più labile, povera ed evanescente delle determinazioni richiede, per sussistere, di distinguersi da ciò che essa non è. E tale negazione non è qualcosa di accidentale, che possa essere tra-

6r. WdL, 1v. pp. 15, 14 (pp. 15, 1 4 ) . 62. lvi, p. 48 ( p . 47) . 6 3 . lvi, p. 3 8 ( p. 3 6 ) ; cfr. anche PhG. p . 5 8 ( p . 1 57 l . 64- WdL , l\' , p . 101 ( p . 108 ) .

l. L\ i C I L.\ LI O H LI UJC I C A C C J �I E L O G I C A C dc � L R A TI \'A

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scurato, ma entra a costituire positivamente la natura del determinato («la determinatezza è la negazione posta come affermativa») 61 • Quanto o r a detto vale, naturalmente, anche per ogni passo del manife­ starsi del pensiero puro. Il nostro «stare a vedere» è tanto più «puro» quan ­ to più la sua visione è "multilaterale " , in grado cioè di accogliere l'intreccio di relazioni che si sviluppa da ogni determinazione in quanto è negazione dell'altro da sé. È evidente che lo sguardo che contempla l' autosviluppo del pensiero non può essere solo quello unilaterale del Verstand, che si attiene al positivo senza vedere il negativo che esso implica necessariamente. L'in­ telletto è necessario quale attività che scinde analiticamente ogni determi­ nato nei suoi componenti essenziali, ma non ci si può arrestare al carattere " multilaterale " che così viene alla luce, se esso non si connette, a opera della Vernunft, con quello " reticolare " e " interattivo " . Ciascuna determinazione, infatti, attiva una serie di dinamiche connes­ se al tipo di negazione che la concerne specificamente e sviluppa così da sé una serie crescente di disuguaglianze e di opposizioni che finiscono per mettere in crisi la sua configurazione iniziale. Questo momento di crisi «non si risolve nello zero, nel nulla astratto»66 , ma da esso emerge una nuova de­ terminazione che presenta, per così dire, un "valore aggiunto " rispetto alla determinazione precedente, un valore imprevedibile per il Verstand, che si attiene alla determinazione di partenza presa isolatamente per sé. Il novum che emerge dipende quindi essenzialmente dalle interazioni: è dalla multi­ forme relazione di ciascuna determinazione all'alterità che può svilupparsi una rete di ramificazioni, in cui ogni determinazione di pensiero è collegata a tutte le altre in un contesto di connettività globale.

65. lbid. 66. lvi, p. 38 (p. 36l .

2

La logica come sistema della ragion pura

2.1 Unitarietà, connettività globale e totalità quali caratteri del "sistema"

Due sono le caratteristiche complessive di fondo della logica generativa che Hegel presenta come scienza. Da un lato essa si configura «come il sistema della ragion pura, come il regno del puro pensiero»'; dall'altro, tale sistema deve «in generale, costruire se stesso, - e completarsi per un andamento irresistibile, puro, senz 'accogliere nulla dal di fuori»2• " Sistema" e " auto­ organizzazione " sono quindi le due parole chiave, di cui occorre prelimi­ narmente chiarire il significato per potere accedere alla scientificità propria della logica hegeliana. Nella nozione hegeliana di " sistema" si possono scorgere, stratificati, i significati che la tradizione ha elaborato e variamente intrecciato fra loro, a partire dall'etimo della parola. Se " sistema" significa l' " essere collegato " , lo " stare-in-unità " di una pluralità di elementi, ciò che conta è il modo della loro connessione , perché è dalla qualità e dalla quantità delle relazioni che scaturisce la natura propriamente " sistematica " dell'insieme. Che la logica, pur essendo parte del sistema complessivo delle scienze filosofiche, abbia già in se stessa carattere sistematico è Hegel stesso ad af­ fermarlo a più riprese: non solo nella formulazione ora ricordata che pone la logica come " sistema della ragion pura " , ma anche là dove egli usa esplicita­ mente l'espressione «sistema della logica»3 o dove qualifica il metodo della logica come «sistema della totalit໕. Dovendo individuare le caratteristiche fondamentali di tale sistematicità, potrebbe apparire pleonastico ricordare che la prima caratteristica della logica quale " sistema della ragion pura " è

Ì. WdL, IV , p. 34 (p. 3 1 l . Corsivo mio.

2. Ivi, p. 38 (p. 36) .

3· I vi, p. 42 (p. 41 l . Cfr. su queste tematiche A. Nuzzo, Logica e sistema. Sull'idea hegeliana difiloso/ia, Pantograf, Genova 1992, pp. 1 67-291. 4· WdL, III, p. 250 (p. 953).

RI L E C ( ; E K L U \ U L \LA D E IL \ L O G I CI DI H F C L L

l a s u a unitarietà e che ciò che assicura tale carattere unitario è l a comune appartenenza di tutti i suoi elementi al pensiero. Tuttavia, non è forse superfluo richiamare ancora una volta il carattere speciale di questo '' regno del puro pensiero " . Gli elementi che lo costitui­ scono, per potere interagire fra loro come un tutto unitario , devono godere di proprietà condivise. Ora la proprietà fondamentale che li accomuna è la medesima che dovrebbe assicurare la possibilità di un'esposizione " s cienti­ fica" del loro interagire. Infatti ciò che è comune a tutte le determinazioni di pensiero della Scienza della logica è che esse sono colte " alla fonte " , nel momento della loro genesi e formazione. Le dinamiche che esse manifesta­ no in questa loro scaturiginc non sono riducibili a qualcosa di ancora più elementare ed è proprio tale carattere " fontale " che, non da ultimo , rende le leggi e i modi del loro organizzarsi così poco familiari con i modi usual­ mente praticati d'intendere la logica. Non si tratta, infatti, della chiarifica­ zione di concetti-chiave già impiegati da determinate scienze né di studiare la struttura deduttiva già presente nelle teorie scientifiche o di evidenziare le forme di razionalità già immanenti ai discorsi sufficientemente rigorosi. In tutti questi casi si è in p resenza di qualcosa di già costituito, mentre l'impre­ sa hegeliana mira all' atto del costituirsi e ai processi di formazione di quei nodi di pure relazioni che stanno alla base dei discorsi umani sul mondo e dei diversi livelli del loro rigore. Un'altra caratteristica (apparentemente ovvia) della logica come sistema della ragion pura riguarda i vincoli di reciproca dipendenza che legano fra loro gli elementi costitutivi del sistema. Sembra scontato che uno dei requi­ siti minimi per potere qualificare come " sistema " un determinato insieme sia il coordinamento e il condizionamento reciproco dei suoi elementi. Solo che anche questi requisiti acquistano, all'interno della logica hegeliana, una loro fisionomia peculiare. Essi infatti non scaturiscono da un principio esterno al sistema, che ordina la successione dei processi logici e i loro rapporti Ln base a uno schema o a un progetto presupposto (a noi, infatti, spetta il «puro stare a vedere») . E nemmeno derivano da un principio interno al sistema. Nel sistema non c'è un nucleo di controllo che irradia le proprie direttive dal centro alla periferia, ma il sistema è, per così dire, " acentrico " perché " onnicentrico " , nel senso che ogni suo elemento contiene potenzialmente in sé } ' " informazione " relativa al tutto . Tale informazione è però tenuta a freno e liberata solo parzialmente, a causa del particolare reticolo di rapporti in cui un determinato elemento del sistema si trova inserito e che lo vincola al suo livello di appartenenza. L'insieme sistematico risulta quindi dalle dinami­ che che si sviluppano "localmente " e autonomamente dai singoli costituenti (bottom-up) ed è il modo del loro svilupparsi, governato dal principio della negazione determinata, che conferisce al sistema il carattere di totalità. Congiuntamente all'unitarietà e all'interconnessione fra gli elementi costituenti, la totalità è il terzo requisito fondamentale del sistema. Come si

2 . LA L O G ! C. A C:O�I L SISTEMA D E L L A R A G \ 0 0: P l! R A

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è ricordato, la logica hegeliana comincia dalla differenza più radicale, la di­ varicazione essere-nulla, e tale punto di partenza è essenziale per intendere come il massimo d'integrazione, che viene raggiunto alla fine del cammino nell'idea assoluta, possa conferire allo sviluppo sistematico il carattere di totalità. Nel puro essere dell'inizio ogni determinazione è estinta e la sua radicale impermeabilità a qualsiasi rapporto ad altro fa sì che esso sia uni­ camente questo semplice riferimento a sé. Ma lo stesso può venire detto del nulla. La differenza iniziale è, quindi, tanto una differenza abissale quanto un 'identità, perché nell' atto in cui essere e nulla si respingono assoluta­ mente, altrettanto spariscono l'uno nell' altro a causa dell'indeterminatezza che li accomuna. Quest'estremo della divaricazione intrecciato all'evane­ scenza della medesima conferisce al sistema, nel suo momento iniziale, il m assimo dello squilibrio sia strutturale sia dinamico . Strutturalmente, per­ ché non si saprebbe immaginare uno sbilanciamento più radicale di quello che sussiste tra una differenza massima che è insieme un'identità. Dinami­ camente, perché lo sparire l'uno nell' altro degli opposti genera l'assoluta ir­ requietezza del divenire, dove si estingue sul nascere qualunque differenza determinata. 2.2 La funzione dell' autoriferimento

Strutturalmente, la lontananza dall' equilibrio dell'inizio sembra essere pro­ mettente per il sistema, perché quanto più essa è radicale tanto più ampio è lo . sp azio per ospitare un ricco e esaustivo tessuto di relazioni: nella di­ stanza che separa l'essere dal nulla c'è posto per tutto il resto. Ma se tale distanza scompare nell'identità degli estremi, allora non c'è più posto per nulla . Il massimo di lontananza dall'equilibrio si estingue nell'equilibrio che essere e nulla ottengono all'interno del divenire e quello che sembrava essere l'aspetto più favorevole per lo sviluppo del sistema, si trasforma nel suo rischio più grave, perché qui il pensiero rischia d'impaludarsi fino a esaurirsi. È Hegel stesso, infatti, a qualificare il divenire quale equilibrio in cui si compone l'opposizione di essere e nulla ( o , più dinamicamente, quella tra il sorgere e il perire) . Nel divenire, l'opposizione è mantenuta e insieme dissolta, essere e nulla vi sono presenti né prima Ci i dissolversi l'uno nell'altro né dopo che si sono già dissolti, ma si unificano nell'equilibrio dell'atto di dissolversi : «l'equilibrio , in cui si pongono, il nascere e il perire, è dapprima il divenire stesso»'. s� così fosse, non si vede per quale motivo mai il pensiero dovrebbe fuoriuscire da tale stato di equilibrio . Né vale a sormontare la difficoltà os-



WdL,

tv,

p. 93 (p. 99 l .

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R I L E < ; G E R L LA IC/ E.\ZA D E L L ! U)(;J CA DI J I F. ( ; E L

servare che l'equilibrio esprime solo un aspetto del divenire, quello della sua provenienza dalla dialettica di essere e nulla, mentre, preso in se stesso , il divenire manifesta l'opposta natura di essere «una sfrenata inquietudine»6• Se, come si è visto, niente di determinato può emergere dall'incessante spa­ rire l'uno nell'altro di essere e nulla, il pensiero sembra essere preso in una trappola che rischia di paralizzarlo mentre, col piede per aria, non ha ancora fatto il primo passo: o s'impaluda nella stagnazione improduttiva dell'equi­ librio tra essere e nulla o soggiace all'anarchia e all'assoluto disordine di un'incessante distruzione. Eppure il pensiero che si dipana davanti al reines Zusehen sormonta questo rischio mortale e lo fa affidandosi a un dispositivo che deve appar­ tenere alla sua natura più profonda, se esso interviene ricorsivamente nei punti nevralgici del suo sviluppo. Tale dispositivo è l'autoreferenzialità. Qui all'inizio, essa è l'unica possibilità che resta per trovare l'uscita di sicurezza dall'aporia: il divenire, senza uscire da sé, deve fare reagire su di sé se stesso e diventare così il divenire del divenire. Se " divenire" significa " dileguare dell'essere e del nulla " , ora tale dileguare non concerne più soltanto l'essere e il nulla, ma concerne anche il dileguare medesimo, è «il dileguarsi del dile­ guarsi stesso»7• Riferendosi a sé, il divenire retroagisce sui propri costituenti e sia il divenire sia i costituenti ne escono trasformati. Tale trasformazione prende il nome di Dasein , l'essere determinato, in cui essere e nulla sono ancora presenti, ma non più come dileguanti, bensì come costituenti sta­ bili di nuove forme di p rocessualità dialettica. Se il Dasein si presenta agli occhi di Hegel come «un risultato calmo»8, la sua calma è tale rispetto alla " sfrenata inquietudine " del divenire, ma in sé è proiettiva e predittiva di un movimento ulteriore. Come si può vedere, l'autoreferenzialità mostra di obbedire a una lo­ gica della totalizzazione che lungi dal bloccare il movimento del pensiero , ogni volta lo riapre: nel caso ora esaminato, il divenire è " totale " quando è il divenire anche di se stesso . Quando una p articolare determinazione di pensiero procede in avanti fino al punto in cui il suo percorso è costretto a piegare all'indietro nell'autoriferimento, essa sembra conseguire il mas­ simo della chiusura circolare con se stessa, presentandosi come un tutto in sé concluso. Se così fosse, l' autoreferenzialità avrebbe unicamente il senso di una sorta di ripiegamento narcisistico della determinazione su di sé. In realtà, mediante quest' autoaffezione , la determinazione trasforma se stessa e i suoi costituenti in modo tale che, p roprio grazie a questo processo di totalizzazione, «il singolo circolo, essendo in sé totalità rompe anche i limi-

6 . Ibtd. 7· Ibtd. 8 . Ibid.

2.

L A L O C ; J r : A C : 0 .\1 F. 1 '1\ Tf.\!A O EL L \ R A C I O � P l %\

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ti del suo elemento e fonda una più ampia sfera»9 (non, quindi, nonostante il suo presentarsi come un tutto , ma proprio grazie al raggiungimento della totalità autoriflessiva è possibile procedere oltre verso ulteriori determina­ zioni di pensiero ) . 2. 3

L'efficacia euristica dell' autoriferimento tra "cattiva" e "vera infinità"

L'essenzialità dell'auto riferimento al processo di totalizzazione (a sua volta determinante per lo sviluppo del logos) , fa sì che questo doppio movimento, da una determinazione alla successiva e da questa nuovamente alla prima, costituisca un carattere fondamentale del metodo scientifico: A che la totalità sia posta si richiede il doppio passaggio, non solo il passaggio dell'u­ na determinatezza nella sua altra, ma parimenti anche il passaggio di quest'altra, il suo ritorno, nella prima. Per mezzo del primo passaggio si ha l'identità delle due determinazioni soltanto in sé; - [ad esempio] la qualità è contenuta nella quantità, che con ciò è però ancora una determinatezza unilaterale. Che viceversa questa sia parimenti contenuta nella prima, e sia quindi, a sua volta, solo come tolta, la prima, ciò risulta nel secondo passaggio, - nel ritorno alla prima determinatezza. Questa osservazione sulla necessità del doppio passaggio è di grande importanza per l'insie­ me del metodo sciéntificow.

Avremo più volte occasione di vedere come quest' aspetto del metodo scien­ tifico attraversi l'intero percorso logico, fin dentro alla logica soggettiva del concetto. Qui, con maggiore esplicitezza che altrove , si renderà evidente come il ritorno di un determinato momento logico nel suo antecedente coincide col processo di autosuperamento in un momento ulteriore. Se dunque la chiusura autoriflessiva non significa isolamento, ma è con­ dizione dell'apertura al novum, si potrebbe obiettare che all o ra si finisce per incorrere nel pericolo di consegnare il pensiero a una forma di " cattiva infinità " , in cui chiusura e apertura si susseguono l'una all'altra, all'infinito. Guardando le cose un po' più da vicino, ci si accorge però che esse stanno ben altrimenti. Innanzitutto, ciò che Hegel chiama " cattiva infinità " , con­ nota un processo che non raggiunge mai la meta verso cui è diretto; nel pen­ siero speculativo, invece, il cerchio si chiude, ciò che si doveva raggiungere è stato ottenuto e proprio la sua conquista è condizione del p rodursi di una nuova cerchia di determinazioni.

9· Enz. C, § 15 (p. 1 9 ) . I O . WdL, l \' , p. 320 ( p p . 360-d .

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R I L E G G E R E LA \C/L\ ùl DHL!t /. 0 ( : / CA DI I I E C L L

Inoltre, il processo all'infinito si verifica ogni volta che il potere euristi­ co del principio della "negazione determinata " viene soffocato e annullato entro le maglie di una contraddizione irrisolta. Questa si verifica quando, da un lato, si riconosce e si tiene fermo il vincolo che lega ogni determinazione alla sua negazione; dall'altro, sia la determinazione sia il suo negativo ven ­ gono concepiti come dotati di una propria esistenza indipendente" . Accade così che quando si tiene ferma l'unità garantita dal vincolo, i termini corre­ lati fanno valere la loro pretesa all'indipendenza e quando essi affermano il diritto alla propria indipendenza, si fa avanti la necessità della loro unità: «Il progresso all'infinito è quindi la contraddizione che non è sciolta, ma si continua sempre ad enunciare solo come presente»". Ciò che si crede di sorpassare si ripresenta immutato, perpetuando l'avvicendarsi irrisolto di unità e di opposizione, d'indipendenza e di relazione: «Il progresso all'in­ finito non è quindi che il ripetersi dello stesso, un solo e medesimo noioso

avvicendamento»'3 • Il pensare speculativo, al contrario, scioglie questa contraddizione estrinseca (e per fare questo «non c'è che da accogliere nel pensiero quello appunto che si ha dinanzi»'4) e ciò che sta davanti agli occhi è che il deter­ minato ha il suo negativo non fuori di sé, come qualcosa d'indipendente, ma in se stesso e altrettanto il negativo ha in sé la determinazione che esso nega, così che ciascuno è la contraddizione intrinseca di essere tanto il suo altro quanto se stesso. Sapere scorgere questo riferirsi a sé nel trapassare in altro significa sapere scorgere il "vero infinito " '5• Ma per ottenere questo risultato occorre fare intervenire ancora una volta l' autoriferimento. Se infatti la " cattiva infinità " è «un astratto sorpas­ sare, che rimane incompiuto», ciò accade «in quanto non si sorpassa questo sorpassare stesso»'6• Si può quindi uscire dalla cattiva infinità non introdu­ cendo un elemento nuovo , estraneo a essa, ma, al contrario, facendo reagire il suo tratto più caratteristico (il sorpassare) su sé medesimo. Così come per il divenire l'uscita dal dileguare avveniva mediante il " dileguare del dilegua­ re " , altrettanto qui è solo l' autoriferimento del "sorpassare " che può arre­ stare l'indefinito progredire della cattiva infinità e operare il passaggio dalla contraddizione estrinseca e irrisolta alla "vera infinità " della contraddizione intrinseca e costitutiva di ciascuno dei membri contrapposti.

11. [ivi , § 445 (pp. 406-7) ] . 8 3 . A differenza dall'edizione originale, licenziata da Hegel, dove l'attacco del paragrafo è quello qui citato (>. Credo tuttavia che il testo originale di Hegel andrebbe mantenuto, almeno per due motivi, uno storico e uno teoretico. Storicamente, il «wieder>> potrebbe offrire, con una sobrietà certamente ruvida, ma preziosa, un'ulteriore testimonianza della persistenza dell'eredità aristotelica del De anima anche in questa parte della sua Filosofia dello spirito soggettivo. In fin dei conti, anche per Aristotele l'intelligenza (il vou ç ) è «due volte», una prima volta come voùç 7W.8f]T LK6ç e una seconda volta come voùç 7tOLT]TLK6ç. Lo sdoppiarsi dell 'attività conoscitiva in una fun­ zione passiva e in una funzione attiva viene riproposta da Hegel quando ricorda che l'anima. intesa da lui come «la sostanza, e quindi il fondamento assoluto di ogni particolarizzazione e individualizzazione dello spirito» [ivi. § 389 (p. 357) ] dev'essere equiparata al «voùç passivo di Aristotele che. sotto l'aspetto della possibilità, è tutto» (ibid ) mentre l'estremo vertice dell 'intelligenza come " pensiero " è assimilabile alla funzione del voùç 7t O LT] T LK6ç . Dal punto di vista teoretico, il «wieder>> indica in modo più incisivo che non il «wiedererkennend», la strada che occorre percorrere per intendere in che senso l'esercizio più alto dell'intelligenza abbia la ricorsività come principio della sua auto-organizzazione. 84. WdL , Iv, p. 17 (p. 1 8 ) . 8s. Ibid. (p. 19 l . ,

R l L L C C r. R L L\ I U L\ 7,1 D LL I.A L I J ( , /CI I l i H E C E L

8o

terminazione del concetto come tale: si potrebbe dire che l'intera logica s i presenta come «il flusso d i processi che si manifestano sotto l a specie di forme apparentemente persistenti»86. Quello che nell'espressione linguistica si fissa nello spazio della scrittura e si distende nel tempo di una sequenza di unità discrete, deve lasciare trasparire la realtà profonda di una concet­ tualità che, come tale , non è alla portata né dell'intuizione né della rappre­ sentazione, ma che solo la filosofia può portare alla luce. Essa «è soltanto oggetto, prodotto e contenuto del pensiero, ed è l'essenziale quale è in sé e per sé, il logos, la ragione di ciò che è, la verità di quello che porta il nome delle cose»8". Hegel rivendica alla filosofia il diritto d'individuare nel linguaggio quo­ tidiano quali sono le espressione in grado di approssimarsi al concetto e, al tempo stesso, le riconosce il diritto di non doversi giustificare davanti alla rappresentazione per le proprie scelte. Non è certo il linguaggio ordinario che può rilasciare patenti di legittimità relativamente al nesso tra una deter­ minata parola e il concetto e questo per la semplice ragione che il linguaggio ordinario ha solo rappresentazioni e non concetti (ovviamente nel senso he­ geliano del termine " concetto " ) . La validità del nesso dipende unicamente dal modo in cui la parola funge all'interno dell'articolazione concettuale del

logos: La filosofia ha il diritto di scegliere dal linguaggio della vita ordinaria, che è fatto per il mondo della rappresentazione, quelle espressioni che sembrino avvicinarsi alle determinazioni del concetto. Non si può trattare di provare, per una parola scelta dal linguaggio della vita ordinaria, che anche nella vita ordinaria si colleghi con codesta parola quel medesimo concetto per il quale l'adopera la filosofia, perché la vita ordinaria non ha concetti ma rappresentazioni, e la filosofia stessa è conoscere il concetto di quello che altrimenti è semplice rappresentazioneR8•

La " filosofia della logica " , presente nella Scienza della logica, costituisce an­ che una guida lessicale per intendere le trasformazioni in atto nelle rappre­ sentazioni linguistiche, quando esse vengono " torturate" per approssimarle al concetto . La Scienza della logica viene così a costituire un'organizzazione linguistica che tende all' autosufficienza, il cui ideale regolativo è di costitui­ re un sistema di segni la cui potenza significatrice non deriva da determina­ zioni anteriori ed esterne a essi, ma unicamente dal tessuto di relazioni che li connette tutti globalmente. In questo modo, il senso che pervade e tiene unito il tutto è il prodotto e l'effetto del sistema linguistico stesso.

86. M. Ceruti, La hybris dell'onnisciema e la sfida della complessità, in G. Bacchi. M. Ceruti ( a cura di ) , La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano 1 9 8 22, p . 37· 87. WdL, l \ ' , p . 1 7 (p . 1 9 l . 88. WdL, I I I , p . 1 30 (p. 8o5 l . Traduzione modificata.

J . O R C ; A � I Z Z .\ Z I O ;-; � F. A t : T CJ - O R C A ;-; I Z Z .U I O I' F. I' LL L A ; C / E ."\ùl D U. I.A L () r; J ( .-1

8!

Come s i è già osservato sopra, questo non significa che il nome e il lin ­ guaggio ordinario dismettano la loro funzione, anzi, per un certo verso, que­ sta risulta potenziata una volta che sia stata posta in relazione al concetto. Il linguaggio ordinario viene spinto dalla concettualità filosofica a riconoscere che esiste una differenza tra il suo impiego quotidiano e un'ulteriorità di significati che senza la filosofia rimarrebbe inesplorata e ignorata . Al tempo stesso, nelle rappresentazioni emergono sfumature che acquistano un inso­ spettato risalto proprio grazie al " concetto " , perché mostrano di approssi­ marsi a esso con una capacità che, ancora una volta , rimarrebbe inespressa se il concetto filosofico non fosse già presente: Deve quindi bastare che in quelle sue espressioni che vengono adoperate per delle determinazioni filosofiche la rappresentazione sappia intravedere approssimativa­ mente una qualche differenza, come in quelle espressioni può accadere che vi si conoscano sfumature della rappresentazione, le quali si riferiscono più strettamente ai corrispondenti concetti89.

In definitiva, ciò a cui Hegel vuole addestrarci attraverso il percorso lo­ gico è di arrivare non solo a conoscere nei nomi le cose ( ciò che costitu­ isce in generale la funzione del linguaggio ordinario) , ma di conoscere nel nome la cosa come " cosa del pensiero " e quindi di vedere riverberare nel nome tutta la complessità del concetto, la rete di rimandi, il flusso ininterrotto in cui tutto si trova avvolto e compenetrato da tutto e che ha nell 'immagine della circolarità il limitato supporto rappresentativo da offrire al pensiero . 3-14

Linguaggio naturale e proposizione speculativa

Si possono portare delle esemplificazioni di come possa avvenire questa ri­ generazione speculativa del linguaggio. Se, ad esempio, parliamo di " per­ corso " logico e impieghiamo l'immagine dell' «avanzamento» in esso, l' avan­ zamento «non è da prendersi come uno scorrere da altro ad altro», perché «il concetto si conserva nel suo esser altro, l'universale si conserva nella sua particolarizzazione» e, senza perdere né tralasciare nulla, «porta con sé tut­ to quello che ha acquistato e si arricchisce e si condensa in se stesso»90• Per parte sua, il linguaggio può approssimare tale processo di " condensazione" ( che integra e completa quello di " abbreviazione" quale specifico dinami89. Ibid. Sulla distinzione tra linguaggio ordinario rappresentativo e linguaggio del con­ cetto e sul significato dialettico della presunta ambiguità o vaghezza del linguaggio speculativo di Hegel cfr. A. Nuzzo, The Language o/ Hegel's Speculative Philosophy, in J. O'Neill Surber ( ed . ) , Hegel and Language, State University of New York Press, Albany (NY) wo6 , pp. 75-91. 90. WdL, I I I , p . 250 (p . 9 5J ) .

R I L E G G E R E LA

\ CIE.\;ZA DELLA L O GICA DI

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smo dell ' " attuosità" del pensiero) , solo se è in grado di accogliere in sé un intreccio di dimensioni diverse e contrastanti, nel quale ciò che la pratica linguistica ordinaria tende a separare si mostra invece indissolubilmente connesso. Il linguaggio dell 'intera Scienza della logica viene da Hegel torturato, vessato e piegato per assolvere a questo compito di adeguatezza all 'intima costituzione del logos. Esso deve potere esprimere come nell 'elemento logico «ogni nuovo grado dell' andare fuori di sé, cioè di ulteriore deter­ minazione, è anche un andare in sé, e la m aggiore estensione è p arimenti una più alta intensità. Il più ricco è quindi il più con creto e il più sogget­ tivo, e quello che si ritira nella più semplice p rofondità è il più potente e invadente»9' . Queste coppie di proposizioni opposte in modo speculare (l'andare fuo­ ri di sé è l'andare in sé, la maggiore estensione è la profondità più alta, il ritrarsi nella profondità è invadere l'esteriorità) costituiscono un esempio di rigenerazione del linguaggio naturale in quella che Hegel chiama " pro­ posizione speculativa " . La proposizione diventa " speculativa " proprio in quanto riesce a non tralasciare nulla e a portare con sé tutta la massa dei contenuti compresi tra gli estremi delle opposizioni più radicali. Pur essen­ do composta da più proposizioni del linguaggio naturale, essa costituisce un'unica proposizione, perché ciò che conta in essa è il flusso ininterrotto di rimandi e di retroazioni, il vincolo necessario che connette la pluralità delle proposizioni naturali in un intreccio che dev'essere letto e compreso come un unico e indissolubile " atto in atto " 92• L'unica immagine che può essere offerta alla rappresentazione del te­ nersi insieme di determinazioni multidimensionali e in sé opponentisi è quella del circolo. Se infatti «ogni passo del progresso nel determinare ul­ teriormente, mentre si allontana dal cominciamento indeterminato, è an­ che un n'avvicinamento ad esso» e se «quello che dapprima può sembrare diverso , il regressivo fondare il cominciamento, e il progressivo determinar­ lo ulteriormente, cadono l'uno nell'altro e sono lo stesso», allora siamo in presenza di un processo «che così si attorce in un cerchio»93• Anche se la Scienza della logica si presenta come una serie discreta di proposizioni che si susseguono linearmente l'una all'altra, la sua lettura " speculativa " deve saper cogliere, nella torsione imposta al linguaggio, l'impronta del carat­ tere continuo del pensiero, dove percorsi diversi e contrastanti si attivano contemporaneamente in vista di un'unica funzione, quella di esprimere

91. lvi, p. 251 (pp. 953-4l. 92. Sul din amismo della proposizione speculativa e la sua capacità di esplicitare le po­ tenzialità del linguaggio ordinario cfr. Chong-Fuk Lau, The Dialectic o/ Hegel's Speculative Proposition , in O'Neill Surber (ed. ) , Hegel and Language, cit . , pp. 55-74. 93 · WdL , m , p. 251 (p. 954l .

J . O R C A '-: I ZZ A Z ! O !'; E E A U T O · O RG A !'; I Z Z A Z ! O I'; L ;-; E L L A SC/ESZA D E L L A [, ()(,fr.'A

83

l' attuosità del concetto. Proprio in quanto è " scienza " , l'elemento logico si p resenta allora «come un circolo attorto in sé, nel cui cominciamento il fondamento semplice, la mediazione ritorce la fine . Con ciò questo circolo è un circolo di circoli; poiché ogni membro [ . . ] è il ripiegamento in sé che, in quanto ritorna nel cominciamento, è insieme il cominciamento di un nuovo membro»9". .

94· lvi, p. 252 (p. 955 ) .

4

L'auto-organizzazione come espressione delle dinamiche del pensiero

4· 1

Un esempio riassuntivo delle dinamiche di auto-organizzazione

Finora ci siamo serviti dei testi hegeliani relativi alla logica in ordine sparso, per estrarre indicazioni di metodo riguardo ai modi in cui il pensiero pro­ cede alla propria auto-organizzazione. Credo sia opportuno a questo punto riferirei a un unico testo, il quale, pur nella sua brevità, sia in grado di mo­ strare con particolare evidenza come l'auto-organizzazione p roceda dalle dinamiche specifiche del logos . Mi riferisco a un passo della " Scienza della logica" dell'En ciclop edia del 1 8 3 0 , che sembra raccogliere in poche, dense espressioni i caratteri salien ­ ti dell'auto-organizzazione: la ricorsività, l' autoriferimento e la retroazio­ ne, nel suo doppio movimento di retroazione positiva e negativa. Si tratta dell'annotazione al § 159 che svolge l'importante funzione di traghettare il pensiero dalla logica dell'essere e dell'essenza a quella del concetto . La sua esposizione e commento costituiranno l'occasione per precisare ulterior­ mente il compito che Hegel assegna al " concetto " quale «base assoluta»! di tutta la logica. Giunto al termine della logica dell'essenza, Hegel getta uno sguardo complessivo sul cammino percorso e nota come tale esito si presti a una doppia lettura: Poiché il concetto si è provato come la verità dell'essere e dell'essenza, i quali en­ trambi sono tornati in lui come nella loro ragion d'essere [ Gru n dJ , così, per converso, esso [concetto] si è svolto dall'essere come dalla sua ragion d'essere [GrundJ '.

Come si vede, qui si trovano esemplificati i tratti essenziali della ricorsivi­ tà: il termine superiore (il concetto) è ciò in cui s'internano gli antecedenti (esso è la verità dell'essere e dell'essenza) . Non solo, ma esso è anche ciò in

I. WdL . III, p. Il (p. 65! ) . 2 . Enz. C, § 1 5 9 Anm. (pp. 142-3 ) .

86

R I L F C C E R E U 1 ( / D ZA D E L U /. OC;I> [ivi, § 577 (p. 529) ] ,

R I L F. G C F. R E L A \"r:IE.\ZA D E L l.A /J)(, / U D I H L G E L

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i] ÈVÉQY E LC< -rotrro u (ed è per questo che danno a noi gran godimento il vegliare, il sentire, il pensare, e a causa di questi le speranze e il ricordareJ��52• Il godimento è quindi un tema centrale della teologia aristotelica, ma per intendere quale sia l'i]bovr'j attribuibile all'assoluto, occorre richiamarsi alla grande trattazione del piacere che Aristotele presenta nel VII e nel x libro dell Etica nicomachea. Qui Aristotele introduce una distinzione tra i piaceri che sorgono da un processo di estinzione del dolore e del desiderio e quelli invece che si attuano a partire da stati non difettivi del soggetto. I primi sono sempre legati alla corporeità e sono passibili di quegli eccessi che finiscono per distruggere il piacere stesso, assieme all'attività cui si accompagna. I se­ condi, invece, sono intimamente fusi a quelle attività che non hanno alcun fine da raggiungere all 'infuori di se stesse, perché non sono in sé manchevoli di nulla 53. Aristotele ricorda che «i piaceri dell'apprendimento, infatti, i pia­ ceri sensibili derivanti dall'olfatto, molte sensazioni uditive e visive, ricordi e speranze sono privi di dolore»54• n godimento presente in essi ha un suo particolare dinamismo che gli impedisce d'impigrirsi nella quiete soddisfatta di sé e spinge il soggetto a incrementare indefinitamente il piacere. Tali sono, ad esempio, i piaceri «che derivano dalla contemplazione e dall'apprendi­ mento», i quali «faranno sì che noi contempliamo e apprendiamo sempre di più ( flàAÀOV)»55• Nonostante che tali atti siano o in sé già perfetti (come nella contemplazione) o approdino a un compimento ( come quando si è appreso qualcosa) , il piacere che essi procurano sospinge a godere ancora di più e se continuano a rinviare a un " di più " , quest'ulteriorità, lungi dall'essere segno d 'indigenza o di manchevolezza, indica la sovrabbondanza dell'inesauribile. Sotto questa luce, si comprende perché Hegel rawisi nella beatitudine (qua­ le espressione compiuta del godimento) una delle forme in cui si realizza la "liberazione" . Giunto al sapere assoluto della filosofia, lo spirito è finalmente libero. Ma libero per che cosa? Negativamente, libero dall'avere a che a fare unicamente con la costrizione di una necessità legata agli stati difettivi del dolore e del desiderio. Positivamente, invece, lo spirito è libero per le opere messe in atto dalla libertà ed è la beatitudine connessa a tale operare che rea­ lizza in sé la struttura della " liberazione" . Se la liberazione consiste nel trovare nell'altro reale non qualcosa di estraneo, ma l'essere suo proprio, la beatitudi­ ne consisterà nel produrre, quali opere della libertà, individualità altrettanto libere, in cui la libertà riconosce se stessa. Beato sarà quell'operare in cui la dipendenza dell'opera dallo spirito che l'ha prodotta si esaurisce interamente nella generazione della sua indipendenza e libertà . Solo così la transizione dal produttore al prodotto si presenta come passaggio da libertà a libertà. '

5 2 . Aristot. , Metaph. , X I I , 7, 1072 b 14-18. 5 3 · Cfr. Aristot. , Ethic. Nic. , \' I l , 1 3 , u 5 2 b 33-u53 a 3 5 · 54· lvi, x. II73 b 16-19 ( Aristotele, Etica Nicomachea , introd . , tra d . e parafrasi di C. Maz­ zarelli, Milano 1979 . p . 41 7 ) . 5 5 · lvi, \'I I , 1 3 , u 5 3 a 2 2 - 23 ( p . 3 2 6 l .

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Alcune verifiche testuali: l'internarsi dell'essere nell'essenza

5· 1

Le dinamiche della connettività globale del pensiero: corrispondenze, inclusioni, circoli autofondanti

Come si è più volte sottolineato, ciò che costituisce la complessità del pen­ siero non è tanto il numero degli elementi in cui si articola, la quantità e la qualità delle connessioni, la ricchezza dei livelli gerarchici in cui si trova distribuito e la varietà dei legami che li connettono. Questi sono ingredienti necessari della complessità, ma non ancora sufficienti alla sua realizzazione. Se ci fermassimo a essi, ci restituirebbero lo scheletro di un pensiero da cui manca ancora la vita . Determinanti sono invece le çlinamiche generative che attraversano tutti i livelli gerarchici del " sistema della logica " . Ciò che dal punto di vista globale dell'auto-organizzazione del sistema denominiamo " complessità" non è che la risultante macroscopica delle dinamiche che ge­ nerano e organizzano fin nel più delicato dettaglio ciascuna delle determi­ nazioni in cui si espone il movimento del pensiero. Dalle dinamiche dipende l'essenziale creatività del logos . Dove la sta­ gnazione dell'equilibrio rischierebbe d'impaludare il pensiero, interviene l' autoriferimento a risolvere la paralisi; quando le spinte centrifughe ten­ derebbero a disgregare l'organizzazione, la retroazione negativa riporta il sistema in equilibrio. Ma è soprattutto il carattere ricorsivo delle dinamiche che assicura l'incessante comparsa di nuove strutture ordinate, la provviso­ ria egemonia che ciascuna di esse esercita sul sistema, il loro tramontare in un livello superiore, il quale, nell'atto stesso in cui le avvia alla fine rivela di essere il grembo che le ha generate. Nell'essenziale, tre sono i dispositivi che Hegel mette in atto per forma­ re il nostro sguardo alla comprensione di ciò che ci è massimamente vicino, qual è il pensiero , ma che può rimanere anche massimamente lontano ri­ spetto alla consapevolezza che dovremmo avere della sua complessità origi­ naria. Innanzitutto, egli sollecita il nostro " puro stare a guardare" a cogliere le corrispondenze che legano tra loro i diversi momenti dello sviluppo del logos; in secondo luogo egli evidenzia le inclusioni mediante cui momenti

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appartenenti a ambiti logici diversi s'internano gli uni negli altri; infine egli si addentra nei circoli auto/andanti, in cui il pensiero presenta col massimo di unitarietà il modo in cui la propria realtà multidimensionale si compatta e si condensa all'interno di una connettività globale. Qui di seguito verranno portati alcuni esempi dell'operare di questi tre dispositivi. Essi sono stati scelti tra quelli che sono sembrati partico­ larmente significativi per approssimarsi alle dinamiche specifiche del pen­ siero. I dispositivi sono così intimamente intrecciati fra loro che l'esporli separatamente comporterebbe, oltre a un'artificiosa violenza nei confronti dell'unitarietà dello sviluppo del pensiero logico, anche ridondanze e ri­ petizioni . Si è preferito rispettarne l'intreccio , segnalando di volta in volta quando, a partire dalla semplice corrispondenza tra momenti logici diversi , si produce la loro inclusione ricorsiva a livelli via via più complessi, che si arricchiscono e si completano mediante processi circolari autofondanti e autorinforzanti. 5·2

Inclusione delle determinazioni dell'essere nelle essenzialità della riflessione

Il fatto che Hegel si soffermi a più riprese a indicare le precise corrispon­ denze che sussistono tra momenti diversi dello sviluppo del logos non ha certo lo scopo di segnalare delle curiosità accidentali o di sfoggiare simme­ trie esornative. Al contrario, si tratta di evidenziare connessioni intrinseche che si diffondono a largo raggio tra fasi e momenti anche molto distanti tra loro: sono nessi e corrispondenze che dipendono dalla costituzione stessa del pensiero e che trovano unicamente in questa la loro giustificazione. Uno dei luoghi più interessanti per esemplificare la funzione dei tre di­ spositivi, ora ricordati, è l'annotazione al § II4 della " Scienza della logica " dell'En ciclop edia , dove Hegel si accinge a indicare i modi in cui le deter­ minazioni della sfera dell'essere corrispondono a quelle dell'essenza. Egli dichiara che tali corrispondenze sono possibili «poiché l'unico concetto è la sostanza di tutt0»1• Ancora una volta, dunque, è la funzione fondamentale svolta dal " concetto" a costituire l'elemento connettivo che tiene insieme il sistema delle pure determinazioni di pensiero ed è in riferimento a quest 'u­ nica base che le corrispondenze e i rimandi tra le determinazioni non si limitano a segnalare somiglianze estrinseche e superficiali, ma spianano il cammino per cominciare a intendere la specifica costruttività del pensiero. Hegel comincia col notare come «nello svolgimento dell'essenza [ . ] s'incontrano le medesime determinazioni che si sono avute nello svolgimen .

1. Enz C, § II4 Anm. ( p . I IJ ) .

.

5 · A L < . L' :\ L \' L R I FI C : H E T E S T C A L I : L ' I N T E R N A R S J D E L L ' E S S E R E 1\ E E E ' L S S E 1\ Z A

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t o dell 'essere, ma in forma ri/lessa»2• Chiuso il ciclo della logica dell'esse­ re, nulla di ciò che è maturato al suo interno va perduto o viene lasciato indietro , ma tutto viene ripreso all'interno dello svolgimento dell'essenza. Naturalmente, non si tratta di una semplice iterazione del già accaduto, ma le determinazioni dell' essere sono assunte all 'interno del movimento fonda­ mentale della logica dell 'essenza, che è la riflessione. Come si è già ricordato, nell'essenza le determinazioni di pensiero non sono più sospinte l'una fuori dell'altra in un incessante oltrepassarsi (come accade nella logica dell'es­ sere ) , ma, come vedremo determinatamente fra poco, in tanto il pensiero accede all'essenza in quanto si ri-flette in sé e in questo rapportarsi a se stesso ciò che si presenta come " altro " non è più qualcosa di esterno, in cui trapassare, ma è coinvolto come momento all 'interno di una mediazione immanente3• La ripresa e l'inclusione delle categorie dell'essere nel nuovo orizzonte della riflessività dell'essenza le trasforma profondamente, tanto che spesso non è semplice né immediato il riconoscimento della vecchia determinazio­ ne nella nuova veste in cui si è trasmutata. Tuttavia l'impronta fondamentale permane ed è quella che legittima l'indicazione della corrispondenza del livello anteriore col successivo . Hegel prosegue, infatti, indicando quali si­ ano le costellazioni concettuali della logica dell'essenza che corrispondono a quelle dell'essere: Così in luogo dell'essere e del niente si hanno ora le forme del positivo e del nega­ tivo; quello, corrispon dente dapprima all'essere privo di antitesi, all'identità; que­ sto, sviluppato ( apparente in sé) come la differenza . Così, inoltre, si ha il divenire quale ragione dell'essere determinato, il quale, riflesso sulla ragione, è esistenza, e così via•.

Già in queste scarne indicazioni si può comprendere in quale direzione oc­ corre guardare per cogliere il senso delle corrispondenze . Se andiamo alla Scienza della logica del r 8 u - r 6 , troviamo che Hegel ha già avuto parecchie oc­ casioni d'indicare, fin dalle fasi iniziali della logica dell'essenza, come essere , nulla, divenire e essere determinato siano posti in corrispondenza a momen-

2 . Ibid. 3 ·