Riassunto di concetti di meccanica analitica [A, 1 ed.]

Table of contents :
Meccanica lagrangiana......Page 5
Primo principio variazionale di Hamilton......Page 6
Meccanica Hamiltoniana......Page 9
Struttura simplettica......Page 11
Trasformazioni canoniche......Page 12
Integrabilità......Page 13
Struttura di Poisson......Page 15
Equazioni delle onde......Page 16
Meccanica quantistica......Page 17
Cambi di coordinate......Page 19
Flusso e canonicità......Page 20
Teoria delle perturbazioni......Page 23
Medie temporali......Page 24
Esercizi......Page 25

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MISCIOSCIA ALESSIO

MECCANICA ANALITICA

2

Questo testo non vuole essere un manuale, ma semplicemente un riassunto di nozioni fondamentali e una piccola raccolta di esercizi. Non é stata completata la parte di teoria delle perturbazioni e dello stesso capitolo non sono stati svolti gli esercizi. A. Miscioscia

Copyright © 2019 Miscioscia Alessio tufte-latex.googlecode.com First printing, September 2019

Indice

Meccanica lagrangiana

5

Meccanica Hamiltoniana

9

Teoria delle perturbazioni

23

Esercizi

25

Meccanica lagrangiana Ricapitolando ciò che già si era visto nei corsi precedenti si ha che partendo dall’equazione di Newton ˙ t) M X¨ = F ( X, X, Si ottiene, sotto la condizione che le forze ammettano una componente conservativa l’equazione più generale della meccanica lagrangiana: d ∂L ∂L − =Q dt ∂q˙ ∂q dove abbiamo definito le forze come F = − grad U + F e di con∂X seguenza Qi := F · . La funzione L è la funzione chiave di tale ∂qi formulazione, si dice per ciò lagrangiana e vale ˙ t) = K (q, q, ˙ t) − U (q, t) L(q, q, Se poi le forze ammettono potenziale conservativo si trova l’equazione di Eulero-Lagrange: d ∂L ∂L − =0 dt ∂q˙ ∂q Elenchiamo le proprietà fondamentali della Lagrangiana cambio di coordinate Le equazioni di Eulero-Lagrange sono invarianti in forma per cambiamenti di coordinate (ovvero le soluzioni di una sono le soluzioni dell’altra a cui è stato applicato il cambiamento di coordinate); lagrangiane equivalenti Per ogni c 6= 0 e funzione F (q, t) la lagrangiana L e la lagrangiana L0 = cL + F˙ sono equivalenti, ovvero le equazioni di Eulero-Lagrange ad esse associate sono le stesse; integrale di Jacobi Se

∂L = 0 allora l’ integrale di Jacobi ∂t H (q, q˙ ) =

è un integrale primo;

∂L · q˙ − L(q, q˙ ) ∂q˙

Ricordiamo la definizione dell’energia cinetica : K :=

1 ˙ X · M X˙ 2

6

Teorema di Nöther Prendiamo una famiglia di un solo parametro di tasformazioni di coordinate q → Q = Φ2 (q, t) tale che Φ0 (q, t) = q. Allora si ha che se   d ∂ =0 L Φs (q, t), Φs (q, t), t ∂s dt s =0 allora la funzione Ju = u ·

∂L ∂q˙

∂ s Φ (q, t) dove u := è integrale primo (costante lungo le ∂s s =0 soluzioni).

Primo principio variazionale di Hamilton Definiamo il funzionale d’azione AL [q] :=

Z t2 t1

L(q(t), q˙ (t), t)dt

E definiamo quindi la derivata di Gateaux d δAL := AL [q + eδq] de

Attenzione che t → q(t) è una curva (la prendiamo differenziabile) e che quindi lo è anche δq. e =0

Teorema (Primo principio variazionale di Hamilton). I punti critici del funzionale d’azione sono le soluzioni delle equazione di Eulero-Lagrange: δAL = 0 ∀q ⇔

d ∂L ∂L − =0 dt ∂q˙ ∂q

Dimostrazione. Per calcolo diretto si ottiene che  Z t2  ∂L d ∂L δAL = − dt ∂q dt ∂q˙ t1 Quindi l’implicazione ⇐ è ovvia, l’implicazione ⇒ si dimostra per assurdo: infatti se così non fosse allora averi una componente non nulla dell’integrale e (per permanenza del segno) avrei un integrale non nullo per qualche scelta di δq. ∂L = 0 allora H è integrale primo, ∂t consideriamo allora la superficie Σ E = {(q, q˙ ) : H (q, q˙ ) = E}, possiamo allora definire l’ azione ridotta Sappiamo anche però che se

AE = dove p =

∂L . ∂q˙

Z t2 t1

( p · q˙ ) dt

7

Teorema (principio variazionale di Maupertuis-Jacobi). I punti critici dell’azione ridotta sono le soluazioni delle equazioni di Eluero-Lagrange: δA E = 0 ∀q ⇔

d ∂L ∂L − =0 dt ∂q˙ ∂q

Dimostrazione. Si ha che (in Σ E ) H (q + eδq, q˙ + eδq˙ ) = E, allora ∂H ∂H · δq + · δq˙ = 0 ∂q ∂q˙ Siccome p · q = L + H si ha che δA E = δ

Z t2 t1

(+ H )dt =

Z t2  ∂L t1

d ∂L − ∂q dt ∂q˙



· δqdt+   Z t2 ∂H ∂H + · δq + · δq˙ dt ∂q ∂q˙ t1

da cui la tesi segue come nel principio variazionale.

Meccanica Hamiltoniana L’idea ora è di utilizzare come variabile indipendente ∂L ˙ t) (q, q, ∂q˙

p=

∂2 L formano una matrice non ∂q˙ 2 ˙ quindi si definisce singolare allora esiste una funzione f (q, p, t) = q, la funzione hamiltoniana : ciò che accade è che se le derivate

H(q, p, t) = p · f (q, p, t) − L(q, f (q, p, t), t) vediamo però come si scrivono le equazioni del moto Lemma. Per un’hamiltoniana H si ha q˙ = inoltre si ha che

∂H ∂p

p˙ = −

∂H ∂q

∂H ∂L =− ∂t ∂t

Dimostrazione. É sufficiente differenziare l’hamiltoniana dH = −

∂L ∂L · dq + f · dp − dt ∂q ∂t

ora ricordando che q˙ = f si trova la tesi. Si osservi che l’hamiltoniana e l’integrale di Jacobi sono definiti in modo simile, in effetti sono la stessa funzione in spazi diversi: H (q, f (q, p)) = H(q, p) Come nel caso delle lagrangiane si può costruire il funzionale d’azione Z AH [q, p] :=

t2

t1

La definizione è esattamente la stessa!

[ p · q˙ − H(q, p, t)]dt

Teorema (Secondo principio variazionale di Hamilton). Le soluzioni delle equazioni di Hamilton sono i punti critici del funzionale d’azione con le condizioni che q(t1 ) e q(t2 ) siano fissate:

Ricordiamo che un punto critico è in realtà una curva.

10

 ∂H    q˙ = ∂p ∂H ⇔ δAH = 0    p˙ = − ∂q Dimostrazione. Si calcola che     Z t2  ∂H ∂H · δp + − p˙ − · δq dt + p · δq|tt21 δAH = q˙ − ∂p ∂q t1 e si ottiene la tesi in quanto δq(t1 ) = δq(t2 ) = 0 in quanto fissati. Definiamo ora l’azione: S(q, t) :=

Z t t1

[ p · q˙ − H(q, p, t)] dt

differenziando si ottiene dS =

∂S ∂S · dq + dt = p · dq − Hdt ∂q ∂t

Il che significa che p=

∂S ∂q

∂S + H(q, p, t) = 0 ∂t Mettendole insieme si trova l’equzione di Hamilton-Jacobi   ∂S ∂S + H q, , t = 0 ∂t ∂q Enunciamo ora le principali proprietà della funzione hamiltoniana: Integrale primo Lungo le soluzioni si ha che dH ∂H = ∂t dt quindi se l’hamiltoniana non dipende dal tempo è un integrale primo; hamiltoniane equivalenti Due hamiltoniane del tipo H ed H 0 = H + ψ(t) sono equivalenti, cioè portano a le stesse equazioni del moto; problema autonomo Dato un problema non autonomo di hamiltoniana H si può sempre associare un problema autonomo definito dall’hamiltoniana K (q, ξ, p, η ) = H(q, p, ξ ) + η ∂K con ξ (0) = 0 e tale che ξ˙ = = 1. ∂η

11

Parentesi di Poisson Chiedersi quale sia l’evoluzione temporale di una funzione equivale a calcolare d ∂F ∂F ∂F F˙ = F (q(t), p(t), t) = · q˙ + · p˙ + dt ∂q ∂p ∂t Utlizzando poi le equazioni di Hamilton si ottiene che ∂F ∂H ∂H ∂F ∂F · − · + F˙ = ∂q ∂p ∂q ∂p ∂t Data l’importanza dell’evoluzione temporale definiamo le parentesi di Poisson :

{ F, G } =

∂F ∂G ∂G ∂F · − · ∂q ∂p ∂q ∂p

in modo che si abbia ∂F F˙ = { F, H} + ∂t Le proprietà di tale operatore sono • { F, G } = −{ G, F }; • { aF + bG, H } = a{ F, H } + b{ G, H }; • (identità di Jacobi) { F, { G, H }} + { H, { F, G }} + { G, { H, F }} = 0; • (regola di Leibniz) { FG, H } = F { G, H } + { F, H } G L’algebra delle funzioni definite sullo spazio delle fasi dotata di {, } è un’algebra di Lie di tipo Leibniz e si dice algebra di Poisson.

Struttura simplettica Definiamo x =

  q e la matrice simplettica (standard) p J2n :=

On −1n

1n On

!

Si ha quindi che x˙ = J2n gradx H( x ) Il gruppo delle matrici che soddisfano S T JS = J si dice gruppo simplettico. Osserviamo poi che

{ F, G } = hgradx F, J gradx G i = grad F · J grad G

Così si ha che  grad H = gradx H =

∂H ∂H , ∂q ∂p



La matrice simplettica ha determinante 2 = − 1 , J T = J −1 = − J unitario, J2n 2n 2n 2n 2n

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Trasformazioni canoniche Si dice che un cambio di coordinate (q, p) → ( Q, P) = (V (q, p, t), U (q, p, t)) ( con ( Q, P) → (q, p) = (v( Q, P, t), U ( Q, P, t))) è detto trasformazione canonica se associa ad una hamiltoniana H(q, p, t) una hamiltoniana K ( Q, P, t) e manda equazioni di hamilton in equazioni di hamilton. Cerchiamo ora di caratterizzare queste trasformazioni. Sappiamo per il secondo principio variazionale che le equazioni di hamilton corrispondono a punti critici dell’azione, nel nostro caso corrisponderanno per l’hamiltoniana H a AH =

Z t2 t1

( p · q˙ − H) dt

e per l’hamiltoniana K si otterrà AK =

Z t2 t1

 P · Q˙ − K dt

cerchiamo quindi una soluzione di questo tipo: AH = cAk + ∆F per uno scalare non nullo c e una funzione F (q, Q, t). Si dimostra che in questo caso la trasformazione mappa equazioni di Hamilton in equazioni di Hamilton, per verificarlo basta calcolare la variazione δAH = cδAk + δ∆F = cδAk e quindi i punti critici di AH sono i punti critici di AK e quindi sapendo che ai funzionali di azioni sono associate le equazioni di Hamilton abbiamo mappato equazioni di Hamilton in equazioni di Hamilton. La funzione F (q, Q, t) si dice generatrice mentre la costante c si dice valenza. In effetti questo è l’unico modo di operare, infatti ponendo che δAH = 0 ⇔ δAK = 0 si ottiene AH + cAK = c0 e scegliamo c0 = ∆F. Sostituendo appropriatamente si trova che  dF p · q˙ − H = c P · Q˙ − K + dt da cui segue che dF = pdq − cP · dQ + (cK − H)dt da cui segue che ∂F =p ∂q

Si possono definire le forme di Poincarè-Cartan:δω = p · dq − Hdt e δΩ = P · dQ − Kdt e si ha che dF = δω − cδΩ.

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∂F = −cP ∂Q ∂F = cK − H ∂t Per ottenere una coordinata dall’altra è sufficiente usare il teorema della funzione inversa ma dobbiamo richiedere che  2  ∂ F det 6= 0 ∂q∂Q Si trova quindi che K ( Q, P, t) =

1 c



H(v, u, t) +

∂F (v, Q, t) ∂t



Possiamo anche scrivere il determinante di F come dF = pdq − c ( Q · dP + P · dQ) + cQdP − (cK − H)dt = pdq − cd( P · Q) + cQdP − (cK − H)dt e definisco quindi una nuova funzione S(q, P, t) = F (q, Q, t) + cQ · P ⇒ dS = p · dq + cQ · dP + (cK − H)dt che soddisfa ∂S =p ∂q ∂S = CQ ∂P ∂S = cK − H ∂t E anche questa funzione genera una trasformazione canonica e si dice generatrice di secondo tipo.

Integrabilità Si dice che un sistema hamiltoniano definito da un’hamiltoniana H(q, p, t) con spazio delle fasi in R2n è integrabile (alla Liouville) se ammette n integrabili primi funzionalmente indipendenti f 1 (q, p, t), · · · , f n (q, p, t) in involuzione, ovvero se ∂ fj + { f j , H} = 0 ∂t n

∑ c j grad f j (q, p, t) = 0 ⇔ c1 , · · · , cn = 0

j =1

{ fi , f j } = 0 Molto spesso uno degli integrali primi è proprio H (caso autonomo).

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Ora arriveremo al teorema di Liouville. Consideriamo un insieme di livello (a ∈ Rn ) degli integrali primi e prendiamone una componente connessa. Prima di tutto prendiamo, per il teorema del Dini p1 = u1 (q, t, a), · · · , pn = un (q, t, a) in Ma . Utilizzando ora le equazioni di Hamilton e differenziando la relazione si trova che ! ∂u j ∂H ∂u j ∂H ∂ui ∂ui ∂H +∑ − =− −∑ ∂t ∂q j ∂qi ∂p j ∂qi ∂qi ∂p j j j p=u(q,t,a)







∂u ∂u − Quindi date le definizioni rot U = ∂q ∂q ∂H ˜ q, t) = H (q, u(q, t, a), t) si ha che e H( ∂p p=u(q,ta)

T , v(q, t) =

∂u + rot(u)v = − gradq H˜ ∂t Ora dobbiamo fare una piccola digressione sull’equazione di Eulero, che vedremo essere analoga a quanto abbiamo trovato per il sistema integrabile:  2  ∂u |u| + rot(u)u = − grad +p ∂t 2 Nel caso dei fluidi però si deve imporre anche che div u = 0, se ora impongo la vorticità nulla ω = 0, questo ci dice che u = grad ϕ. L’equazione diventa ora simile all’equazione di Hamilton-Jacobi. In effetti l’idea chiave della dimostrazione è proprio questa: le condizioni di integrabilità sono equivalenti a rot u = 0. Prendendo

É molto evidente la somiglianza se si pensa ad

H(q, p, t) =

p · M−1 (q, t) p + V (q, t) 2

se poi M = In la cosa è evidente.

f i (q, u, t) = ai e derivando si trova

∂ fi ∂ f ∂ur +∑ i =0 ∂qs r ∂pr ∂qs

Quindi si ha che 

{ fi , f j } =

∂f ∂p



 rot u

∂f ∂p

Conti non impossibili, basta applicare la definizione per poi usare la relazione

T ! ji

Quindi imponendo { f i , f j } = 0 si impone anche rot u = 0. A questo punto è sufficiente porre u = grad S e da f i (q, grad S, t) = a1 si trova   2  ∂f ∂ S = 1n ∂p ∂q∂a

∂ fi ∂ f ∂ur = −∑ i ∂qs r ∂pr ∂qs quindi osservare che ci sono due indici muti che possono quindi essere rinominati.

La condizione di indipendenza (funzionale) degli integrali primi equi 2  ∂ S vale ora a det 6= 0, quindi ci siamo, partendo dall’identità ∂q∂a dq S = u · dq si ha per semplice integrazione che S(q, t, a) − S(0, t, a) =

Z q a

u(q0 , t, a)dq0 =

Z 1 a

u(λq, t, a) · qdλ

Abbiamo quindi dimostrato il teorema di Liouville:

In alcuni testi quetso teorema ed il seguente si trovano compattatti sotto il nome di teorema di Liouville-Arnol’d.

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Teorema (di Liouville). Sia un sistema hamiltoniano definito da H Liouville integrabile in Γ ⊂ R2n e sia a ∈ Rn tale che l’insieme di livello Ma := {(q, p) ∈ Γ : f 1 (q, p, t) = a1 , · · · , f n (q, p, t) = an } non sia vuoto. Sia Ma0 una componente connessa (non vuota) di Ma . Allora esiste una funzione S(q, t, a) tale che p · dq| Ma0 = dS(q, t, a) ed S è un integrale primo delle equazioni di Hamilton-Jacobi, cioè genera una trasformazione canonica C : (q, p, H , t) 7→ (b, a, 0, t). Un altro teorema fondamentale è il seguente Teorema (di Arnol’d). Sia una hamiltoniana H integrabile in Γ ⊂ R2n e a ∈ Rn , sia Ma0 una componente compatta dell’insieme di livello non vuoto Ma = {(q, p) ∈ Γ : f 1 (q, p) = a1 , · · · , f n (q, p) = an } R allora Ma0 è diffeomorfo al torno Tn = T1 × · · · T1 con T 1 = 2πZ il 0 gruppo dei reali modulo 2π. Inoltre esiste un intorno U di Ma in Γ tale che sia canonicamente diffeomorfo a Tn × B con B ⊂ Rn+ , ovvero esiste una trasformazione canonica C : U → Tn × B : (q, p) 7→ ( ϕ, I ) tale che H(C −1 ( ϕ, I )) = E( I ) e f j (C −1 ( ϕ, I )) = Φ j ( I ).

Struttura di Poisson Dal punto di vista topologico lo spazio delle fasi deve essere di Banach per permettere esistenza e unicità delle soluzioni, ma c’è di più, in dimensione finita uno spazio di Banach è anche di Hilbert. Chiamiamo Γ lo spazio delle fasi, definiamo A(Γ) l’algebra delle funzioni differenziabili (C ∞ ); chiameremo una parentesi di Poisson una funzione {, } : A(Γ) × A(Γ) → A(Γ) che sia antisimmetrica, lineare da sinistra, rispetti l’identità di Jacobi e la regola di Leibniz. La coppia (A(Γ){, }) si dice algebra di Poisson ed è un’algebra di Lie che soddisfa la regola di Leibniz. Data questa costruzione un sistema hamiltoniano è un sistema dinamico su Γ con equazione differenziale del tipo x˙ i = ui ( x ) = [ XH ( x )]i := { xi , H} dove H ∈ A(Γ) è detta Hamiltoniana. In coordinate locali si ha che

{ F, G } = grad F · J grad G := ∑ j,k

con F, G ∈ A(Γ) e Ji,j := { x j , xk }.

∂F ∂x j

!

 Jjk ( x )

∂G ∂xk



In altre parole U è localmente triviale (anche globalmente visto che è un intorno).

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Lemma. Vale l’identità di Jacobi su

{ F, G } = grad F · J grad G := ∑ j,k

∂F ∂x j

!

 Jjk ( x )

∂G ∂xk



La dimostrazione non viene svolta, ma è un calcolo diretto. Si svolgono i conti delle parentesi di Poisson in coordinate locali, quindi si otterrà il risultato.

se e solo se





s

∂J ∂J Jis ik + Jjs ki ∂xs ∂xs



+ Jks

∂Jij =0 ∂xs

Ciò che si trova è che XH := { x, H} = J ( x ) gradx H( x ) La matrice J ( x ) si dice tensore di Poisson. Dato ora un tensore di Poisson J ci si può chiedere se esitano funzioni con parentesi di Poisson nulle. La risposta è sì, esistono infatti funzioni C ( x ) tale che grad C ( x ) ∈ Ker( J ( x )), queste si dicono invarianti di Casimir e si calcola in effetti che

{ F, G } = grad F · J grad C = 0 Di conseguenza queste funzioni sono costanti del moto per ogni sistema Hamiltoniano con tensore di Poisson J, indipendentemente dall’hamiltoniana.

Equazioni delle onde L’equazione delle onde è un esempio di sistema hamiltoniano di dimensione non finita: ∂2 u ∂2 = c2 2 2 ∂t ∂x dove dobbiamo porre le condizioni iniziali u(t, 0) = u(t, L) = 0 e ∂t u(t, 0) = ∂t u(t, L) = 0. Passiamo ad un’equazione al primo ordine ( ∂t u = v ∂ t v = c2 ∂ x ∂ x u Cerchiamo un integrale primo, verifichiamo che va bene

H(v, u) =

1 2

Z L 0

[v2 + c2 (∂ x u)2 ]dx

infatti d H= dt

=

Z L 0

Z L 0

= c2

 v∂t v + c2 ∂ x u∂t ∂ x u dx =  vc2 ∂ x ∂ x u + ∂ x v∂ x u dx =

Z L 0

(v∂ x ∂ x u − v∂ x ∂ x u) + [c2 ∂ x uv]0L = 0

Ci si chiede ora cosa sia la regola di Jacobi, ciò che veramente significa è questo: ˙ G } + { F, G˙ } { F,˙G } = { F, (per dimostrarlo abbiamo bisogno dell’identità di Jacobi). Quindi l’identità di Jacobi è equivalente alla regola di Leibiniz per le derivate temporali.

17

Scriviamo ora la funzione u in espansione di Fourier, scegliamo come base ortonormale di L2 ([0, L]) r   2 πkx ϕk ( x ) := sin L L allora espandiamo e troviamo u(t, x ) =

∑ qk (t) ϕk ( x )

k ≥1

v(t, x ) =

∑ pk (t) ϕk ( x )

k ≥1

Nelle equazioni trovate prima si ottiene ( q˙ k = pk p˙ k = −ω 2 qk Ma allora

p k (0) sin (ωk t) ωk ma quindi risommando tutti questi termini si ottiene la soluzione cercata   p k (0) sin (ωk t) ϕk ( x ) u(t, x ) = ∑ qk (0) cos (ωk t) + ωk k ≥1 qk (t) = qk (0) cos (ωk t) +

Ora in questa forma è ovvio che l’integrale primo che abbiamo trovato prima è l’hamiltoniana del sistema, infatti l’hamiltoniana del sistema dei coefficienti è hk =

p2k + ωk2 q2k 2

quindi l’hamiltoniana del problema sarà la somma su questi coefficienti, e infatti 1 L 2 [v + c2 (∂ x u)2 ]dx = 2 0 Z Z 1 L 2 c2 L = v dx − u∂ x ∂ x udx = 2 0 2 0 1 1 = hv, vi + hu, −c2 ∂ x ∂ x ui = 2 2 1 1 = ∑ p2K + ωk2 q2k = ∑ hk 2 k 2 k

H=

Z

Meccanica quantistica Prendiamo una hamiltoniana classica per N particelle soggette ad un potenziale U ( x ): N | p |2 j + U (x) H=∑ 2m j j =1

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e mandiamo p j → −i¯h∂ j . Si trova quindi N

Hˆ = − ∑

j =1

h¯ 2 ∂2j im j

+ U (x)

L’operatore è definito chiaramente in L2 ( D ) con D ⊂ R3 . Si ha che

hHˆ F, G i = h F, Hˆ G i che significa che l’operatore è autoaggiunto, ovvero H† = H. Assumiamo poi l’equazione di Shrödinger i¯h

∂ψ = Hˆ ψ ∂t

Dove la funzione ψ è detta funzione d’onda. Essa soddisfa ψ|∂D = 0. Assumiamo ora che lo spettro dell’energia sia discreto, prendiamo { Ej } j e denotiamo con {Φ j } j le corrispondenti autofunzioni ortonormali. Si ha quindi Hˆ Φ j = Ej Φ j e hΦk , Φ j i = δkj e si può scrivere ψ = ∑ j c j Φ j . Da ciò si trova che i c˙k = ωk ck Ek . Queste equazioni sono le equazioni h¯ del moto delle coordinate di Birkhoff, quindi si ha che dove abbiamo definito ωk =

∑ Ej |c j |2 = hψ, Hˆ ψi

K (c, c∗ ) =

j

è detta valore di aspettazione dell’energia. Questo valore si conserva se Hˆ non dipende esplicitamente dal tempo. Un’altra quantità ovviamente conservata è kψk che di solito si pone unitaria. Cerchiamo di risolvere l’equazione di Schrödinger. Formalmente si ha ˆ

ˆ t ψ (0) ψ(t) = e−i(H/¯h)t ψ(0) = U ˆ t Φj = Utilizzano quindi la base {Φ j } j ciò che si torva è che U e−i(Ej /¯h)t Φ j da cui si trova che ψ(t, x ) =

∑ ck (0)e−i(Ek /¯h)t ΦK (x) k

dove abbiamo posto ck = hΦk , ψi. Per concludere mostriamo la struttura hamiltoniana dell’equazione di Schrödinger: se H = hψ|Hˆ ψi allora si ha che δH = Ma allora

d H(ψ + eδψ + ψ∗ + eδψ∗ ) = hδψ|Hˆ ψi + hψ|Hˆ δψi de δH = Hˆ ψ δψ∗

Si indica il laplaciano con ∇2 .

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Inserendo tali informazioni nell’equazione di Schrödinger si trova che ∂ψ 1 δH = ∂t i¯h δψ∗ ∂ψ∗ 1 δH =− ∂t i¯h δψ Che si può riassumere in   1 ∂ ψ = ∂t ψ∗ i¯h

0 1 −1 0

!  δH  δψ δH δψ∗

=

1 J grad H i¯h

Nella formula si ha che il gradiente viene fatto rispetto alle cooridinate (ψ, ψ∗ )

Che ha la classica struttura hamiltoniana!

Cambi di coordinate Prendiamo un sistema hamiltoniano con legge del tipo x˙ = J ( x ) gradx H( x ) e applichiamo un cambio di variabili f : x 7→ y = f ( x ) (invertibile), con inversa g : y 7→ x = f −1 (y). Si trova senza troppa difficoltà che  T ∂f grady gradx = ∂x Si otterrà un’equazione del tipo

Occorre ricordare che   −1 ∂g ∂f ( g(y)) = ∂y ∂x Se x ∈ Γ allora y ∈ f (Γ).

˜ y) y˙ = J # (y) grady H( Dove l’hamiltoniana H˜ la si può trovare semplicemente cambiando di variabile, ovvero ˜ y) := H( g(y)) H( Quindi con pochi passaggi si trova   −1  −T ∂g ∂g # J (y) = J ( g( x )) ∂y ∂y Vediamo ora cosa accade alle parentesi di Poisson: Lemma. Le parentesi di Poisson hanno proprietà non dipendenti dalle coordinate. Dimostrazione. Prendiamo la parentesi { F, G } = grad F · J ( x ) grad G ( x ), applichiamo il cambiamento f : x 7→ y, diciamo F˜ (y) := F ( g(y)), si ha allora che { F,˜G } = { F, G }( g(y)) = !  T  T ∂f ∂f grady F · J ( x ) grady G = = ∂x ∂x x = g(y)   −1  − T ! ∂g ∂g = grady F˜ (y) · J ( g(y)) grady G˜ (y) = ∂y ∂y ˜ G˜ }# (y) = grady F˜ (y) · J # (y) grady G˜ (y) := { F,

Significa che un cambiamento di coordinate manda parentesi di Poisson in parentesi di Poisson.

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˜ G˜ }# (y) soddisfa tutte le proprietà. Si può ora verificare che { F, In sostanza si è dimostrato che ˜ Γ ) , { , }# } {A(Γ), {, }}={ ˜ A(

Trasformazioni canoniche Le trasformazioni canoniche (che avevamo già visto) sono quindi cambi di variabili definite da

Non si ripetono le condizioni

{ yi , y j } = { f i , f j } ◦ g

J # (y) = J (y) Per quanto detto ora è ovvio che le matrici del cambiamento di coordinate canonico deve rispettare

{ F ◦ g, G ◦ g} = { F, G } ◦ g queste sono tra loro equivalenti ed equivalenti anche a J # = J.

(∂ f ) J (∂ f )T = J il che significa che le matrici jacobiane di un cambiamento di base canonico sono le matrici del gruppo simplettico . Si mostra anche che per una trasformazione canonica si ha ˜ G˜ }# { F,˜G } = { F,

Flusso e canonicità Denotiamo con ΦsG il flusso del sistema di hamiltoniana G. Definiamo allora la derivata di Lie associata

Quindi LG F = { F, G }.

˙ LG := {, G } = ( J grad G )grad Lemma. Per ogni funzione F si ha

Si osservi che all’esponente abbiamo un operatore.

F ◦ ΦsG = esLG F Dimostrazione. Diciamo Fˆ = F ◦ ΦsG , osserviamo che G˜ (s) = G e F˜ (0) = F; abbiamo che d ˜ F (0) = { F, G } = LG F ds Allora si trova che F˜ (s) ◦ ΦhG − F˜ (s) d ˜ F˜ (s + h) − F˜ (s) F (s) = lim = lim = { F˜ (s), G } = LG F˜ (s) ds h h h →0 h →0 risolvendo l’equazione differeziale si ottiene la tesi. Vediamo ora un’altra proposizione importante Lemma. Se G non dipende da s allora il cambio di variabili x 7→ y = s Φ− G ( x ) costituisce un gruppo ad un parametro di trasformazioni canoniche.

21

Dimostrazione. Definita D (s) := { F ◦ ΦsG , H ◦ ΦsG } − { F, H} ◦ ΦsG = {esLG F, esLG H} − esLG { F, H} Ci basta mostrare che essa è identicamente nulla. Si ha che dD ˜ H} + { F, ˜ LG H} − LG { F,˜H} = = { LG F, ds ˜ + { F, ˜ G˜ }, H} ˜ {H , G˜ }} − {{ F,˜H}, G˜ } = = {{ F, ˜ + {{ G, ˜ , F˜ } − {{ F,˜G }, H} ˜ = ˜ H} ˜ G˜ }, H} = {{ F, ˜ − { F,˜H}, G˜ } = { D (s), G } = LG D (s) ˜ H} = {{ F, La soluzione di D 0 = LG D (s) è nulla perchè D (0) = 0. Applichiamo questo risultato Lemma (Di Nöther). Se una hamiltoniana H è invariante rispetto al flusso di K allora K è integrale primo per H:

H ◦ ΦsK = H ⇒ LH K = 0 Dimostrazione. Si ha che 0=

d d H ◦ ΦsK = LK esLK H = {H , K } ◦ ΦsK ds ds

valendo questo per ogni s vale in particolare per s = 0, ovvero {H , K } = 0 Lemma. Se f s è un gruppo ad un parametro di di trasformazioni canoniche s rispetto ad un J ( x ) non singolare allora f è un flusso hamiltoniano (ovvero s ∂ f ( x ) vale = J ( x ) grad K ( x )). ∂s s =0

Lemma. Se f s è un gruppo canonico ad un parametro di simmetria allora esiste un’hamiltoniana K tale che sia un integrale primo. Quindi ricapitolando l’idea è trovare un gruppo di trasformazioni canoniche f s , quindi derivare in s e calcolare la derivata in zero, quindi la derivata è J grad H.

Teoria delle perturbazioni Consideriamo l’hamiltoniana

Hλ = h + λP1 + λ2 P2 + · · · + λn Pn + Rn+1 dove λ è un parametro piccolo, h, Pj sono funzioni date; h è un’hamiltoniana integrale (alla Liouville ad esempio). L’hamiltoniana H si dice quasi-integrabile e P(λ) = Hλ − h si dice perturbazione . L’idea dello studio della perturbazione è quella di trovare un cambio di variabili che "rimuova completamente o parzialmente" la perturbazione dall’hamiltoniana. In generale in realtà non è possibile trovare un cambio di variabile che elimini la perturbazione, quindi ci si accontenta di una rimozione parziale. Si dice che una hamiltoniana Kλ è in forma normale di orine n rispetto ad h se è nella forma n

Kλ = h +

∑ λ j S j + R n +1

j =1

 dove {S j , h} = 0 e Rn+1 = O λn+1 . Per poter eseguire uno studio dobbiamo ora porre delle ipotesi: abbiamo già detto che ci serve che h sia integrabile, questo significa che il flusso Φth (ξ ) è ben definito in ogni punto. Servirà poi che tale flusso sia contenuto nell’insieme di integrabilità di h, ovvero ci serve che esista una C tale che kΦth k ≤ C per una qualche norma. Siamo pronti per cercare un cambio di coordinate che mi porti l’hamiltoniana Hλ nella sua forma normale Kλ , cerchiamo quindi tale cambio di coordinate C prossimo all’identità, in formule H˜ = Hλ ◦ Cλ−1 = Kλ

Cλ : x 7→ y = C( x ) = x + O(λ) La seconda condizione, ovvero la prossimità all’identità serve perchè il limite per λ → 0 sia un’hamiltoniana integrabile. Converrà però supporre che la funzione C sia una composizione di flussi hamiltoniani n

n −1

2

λ −λ −λ −λ Cλ = Φ− Gn ◦ Φ Gn−1 ◦ · · · ◦ Φ G2 ◦ Φ G1

24

e si ha quindi n −1

n

2

Cλ−1 = ΦλGn ◦ ΦλGn−1 ◦ · · · ◦ ΦλG2 ◦ ΦλG1 dove le hamiltoniane Gj si dicono generatrici della trasformazione canonica. Risulta però chiaro che queste funzioni non sono uniche (in realtà sono infinite) e quindi la forma normale di una hamiltoniana quasi integrabile non è unica.

Medie temporali Si definisce media temporale di una funzione F rispetto all’hamiltoniana h la grandezza 1 n→∞ t

h F ih = lim

Z t 0

( F ◦ Φsh ) ds

e quindi si dice fluttuazzione di una grandezza δF = F − h F ih Lemma. La media temporale è invariante rispetto al flusso di h:

h F ih ◦ Φrh = h F ih ⇔ Lh h F ih = 0 Dimostrazione. Per calcolo diretto si scrive dF ◦ Φsh = Lh F ◦ Φsh = { F, h} ◦ Φsh = { F ◦ Φsh , h} ds Quindi si ha che Z F ◦ Φth − F 1 t { F ◦ Φsh }ds = {h F ih , h} = t t 0

Esercizi Esercizio 1. Mostrare che se H corrisponde a L allora H 0 = cH ∂F corrisponde a L0 = cL + F˙ con =0 ∂t Soluzione. Si tratta di un calcolo diretto, infatti si osservi che ∂F dF = · q˙ F˙ = dt ∂q H0 =

= = = =

∂L0 · q˙ − L0 = ∂q˙ ∂L ∂ F˙ c · q˙ + · q˙ − cL − F˙ = ∂q˙ ∂q˙ ∂F ∂L · q˙ + · q˙ − cL − F˙ c ∂q˙ ∂q ∂L c · q˙ + F˙ − cL − F˙ = ∂q˙ ∂L · q˙ − cL = cH c ∂q˙

Esercizio 2. Consideriamo la Lagrangiana ˙ t) = L( x, x,

1 q m| x˙ |2 + A( x, t) · x˙ − qϕ( x, t) 2 c

1. Mostrare che le equazioni di Eulero-Lagrange portano a   1 m x¨ = q E + x˙ × B c 2. Osservare che E, B sono invarianti rispetto alle trasformazioni di gauge A → A0 = A + grad χ 1 ∂χ c ∂t mostrare poi che sono invarianti anche le equazioni di EuleroLagrage. ϕ → ϕ0 = ϕ −

3. Mostrare l’invarianza di una trasformazione del tipo L → L0 = q L + F˙ con F = χ. c

E := − grad ϕ −

1 ∂A e B = rot A c ∂t

26

4. Mostrare che l’integrale di Jacobi è H ( x, x˙ ) =

1 m| x˙ |2 + qϕ( x ) 2

e mostarne l’invarianza sotto trasformazioni di gauge. Soluzione. Il primo punto si svolge per calcolo diretto (per evitare errori si può fare nelle componenti). Per il secondo punto basta una sostituazione:   1 ∂χ 1 ∂A 1 ∂χ E0 = − grad ϕ − + − grad =E c ∂t c ∂t c ∂t e anche il campo magnetico: B0 = rot( A0 ) = rot( A + grad χ) = rot( A) = B Il terzo punto è sostanzialmente equivalente al punto precedente, ma fatto sulle Lagrangiane:

L0 =

q q q ∂χ d q  m| x˙ |2 + A( x, t) − qϕ( x, t) + grad χ + = L+ χ 2 c c c ∂t dt c

Infine l’ultimo punto è di nuovo un calcolo diretto: H ( x, x˙ ) =

∂L q · x˙ − L = m| x˙ |2 + A( x, t) · x˙ − ∂ x˙ c m| x˙ |2 q m| x˙ |2 − − A( x, t) · x˙ + qϕ( x, t) = + qϕ( x, t)s 2 c 2

Esercizio 3. Per un oscillatore armonico con frequenza unitaria e q˙ 2 − q2 lagrangiana L = ed equazioni associate q¨ = −q e preso 2 t1 = 0, t2 = T, q(0) = a, q( T ) = b mostrare che con k ∈ Z • se T 6= kπ il problema ha soluzione unica; • se T = kπ e b = (−1)k a il problema ha infinite soluzioni; • se T = kπ e b 6= (−1)k a il problema non ha soluzioni. Soluzione. L’equazione differenziale è facilmente risolvibile, la soluzione è semplicemente il calcolo: q(t) = A sin t + B cos t Ora imponiamo le condizioni al contorno, nel primo caso si ha che la condizione su t1 = 0 e q(0) = a implicano che q(t) = A sin t + a cos t Se poi t2 = T 6= kπ, q( T ) = b: si trova che q(t) =

b − a cos T sin t + a cos t sin T

27

Se invece T = kπ e b = (−1)k a non si riesce a determinare uno dei parametri per cui ottengo q(t) = A sin t + a cos t Se però b 6= (−1)k a non è possibile avere soluzioni perchè q( T ) = ± a! Esercizio 4. Consideriamo la Lagrangiana di una particella immersa in campo elettromagentico: ˙ t) = L( x, x,

m 2 q | x˙ | + A( x, t) · x˙ − qϕ( x, t) 2 c

mostrare che

p − q A( x, t) 2 c H= + qϕ( x, t) 2m Soluzione. Abbiamo già trovato l’integrale di Jacobi: H ( x, x˙ ) =

m 2 | x˙ | + qϕ( x ) 2

basta ora applicare una trasformazione di Legendre, quindi p=

∂L q p q = m x˙ + A( x, t) ⇒ x˙ = − A( x, t) ˙ ∂x c m cm

Quindi l’hamiltoniana vale p − q A( x, t) 2 c H=H= + qϕ( x, t) 2m Esercizio 5. Consideriamo la Lagrangiana

L=

q m| x˙ |2 + A( x, t) · x˙ − qϕ( x ) 2 c

e l’hamiltoniana associata H. Si dimostri che l’hamiltoniana associata a L0 = aL + F˙ è   p − gradx F ∂F 0 H ( x, p, t) = aH x, ,t − a ∂t Soluzione. Si tratta di un calcolo diretto, si calcola prima che ∂L0 ∂L =a + gradx F = p ∂ x˙ ∂ x˙ ∂L0 · x˙ − L0 = ∂ x˙ ∂L ∂F =a · x˙ + gradx F · x˙ − aL − gradx F · x˙ − = ∂ x˙ ∂t ∂L ∂F · x˙ − aL − =a ∂ x˙ ∂t Quindi con la definizione data di p si ha che   p − gradx F ∂F H( x, p, t) = aH x, ,t − a ∂t ˙ t) = H 0 ( x, x,

28

Esercizio 6. Sia l’hamiltoniana   p − gradx F ∂F H0 ( x, p, t) = aH x, ,t − a ∂t Mostrare che la trasformazione (q, p) 7→ ( Q, P) definita da P = ( p − grad F )/a, Q = aq è una trasformazione canonica generato dalla funzione generatrice (di secondo tipo) S(q, P, t) = aq · P + F (q, t) + ψ(t). Mostrare poi che la nuova hamiltoniana è K ( Q, P, t) = H 0 ( Q, P, t) +

∂F + ψ˙ = aH( Q, P, t) ∂t

Applicare poi ciò al campo elettromagnetico. Soluzione. Prendiamo una funzione generatrice di secondo tipo, se dimostriamo che questa genera la trasformazione allora questa deve essere canonica. Una funzione generatrice deve soddisfare il differenziale dS = p · dq + cQ · dP + (cK − H)dt Quindi anche ∂S = p = aP + grad F ⇒ S = aP · q + F (q, t) + ϕ( P, t) ∂q ma anche ∂S = cQ = caq = aq + gradP ϕ ⇒ c = 1, S = aq · P + F (q, t) + ψ(t) ∂P Cerchiamo ora l’hamiltoniana nuova: ∂F ∂S = K−H = + ψ˙ ∂t ∂t che è ciò che cerchiamo. Esercizio 7. Data una trasformazione q → Q = V (q, t) mostarre che il completamento canonico è dato da  P=

∂V ∂q

− T

( p − grad ϕ(q, t))

Mostrare che la generatrice è S = V · P + ϕ. Scrivere poi l’hamiltoniana nelle nuove coordinate. Soluzione. Un completamento canonico è per definizione di valenza unitaria. Cerchiamo la funzione generatrice del secondo tipo con differenziale dS(q, P, t) = p · dq + Q · dP + (k − H)dt Quindi ∂S = Q = V (q, t) ⇒ S = V (q, t) · P + ϕ(q, t) ∂P

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utilizzando poi la seconda equazione si trova ∂S = ∂q



T

∂V ∂q

∂ϕ ·P+ =p⇒P= ∂q



∂V ∂q

− T 



∂ϕ p− ∂q

La nuova hamiltoniana ∂S ∂V ∂ϕ ∂V ∂ϕ = ·P+ = K−H ⇒ K = H+ ·P+ ∂t ∂t ∂t ∂t ∂t Esercizio 8. Data la trasformazione puntuale p → P = U ( p, t), trovare il completamento canonico. Soluzione. Il completamento canonico è per definizione a valenza unitaria. Prendiamo una funzione generatrice del tipo G ( p, Q, t) = F (q, Q, t) + q · p che significa che ha differenziale dG = q · dp − P · dQ + (k − H)dt Si ha quindi che ∂G = − P = −U ( p, t) ⇒ G = −U ( p, t) · Q + ϕ( p, t) ∂Q poi si ha invece che ∂G =− ∂p



∂U ∂p

T

·Q+

∂ϕ =q⇒Q=− ∂p



∂U ∂p

− T  q−

∂ϕ ∂p



Esercizio 9. Data l’equazione di Eulero dei corpi rigidi: L˙ = L × I −1 L, si descriva in forma hamiltoniana il sistema. Si scriva esplicitamente la parentesi di Poisson tra due funzione F, G. Si provi poi che le funzoni C ( L) := f (| L|2 ) sono invarianti di Casimir. Soluzione. Cerchiamo l’hamiltoniana: sappiamo che l’energia è K=

1 1 1 L p × Ω = Ω · IΩ = L · I −1 L ∑ 2 p 2 2

Quindi possiamo scrivere L˙ = L × I −1 L = J ( L) grad L H = J ( L) I −1 L confrontando questa equazione con l’equazione di Eulero si trova che 

0  J ( L ) = L × =  L3 − L2

− L3 0 L1

 L2  − L1  0

Con gli indici abbiamo Jij ( L) = − ∑ eijk Lk k

30

Scriviamo quindi la parentesi di Poisson di F, G:

{ F, G } = grad L F · J ( L) grad L G = grad L F · ( L × grad L G ) = L · (grad L G × grad L F ) Infine si osservi che le funzioni C ( L) soddisfano J ( L) grad L C ( L) = L × (2 f 0 (| L|) L) = 0 Esercizio 10. Mostrare che il tensore  0  J ( L ) = L × =  L3 − L2

− L3 0 L1

 L2  − L1  0

soddisfa la relazione

∑ s

 jis

∂jjk ∂jij ∂j + jjs ki + jks xs xs xs



=0

Soluzione. Sappiamo che Jij = −eijk Lk (in notaizone di Einstein). ∂L a Quindi abbiamo che s = δsa L

∑ s

 jis

∂jjk ∂jij ∂j + jjs ki + jks xs xs xs



=

  ∂ ∂ ∂ = ∑ eisc Lc s (ejkaL a ) + e jsc Lc s (ekiaL a ) + eksc Lc s (ejiaL a ) = ∂L ∂L ∂L s

= ... = 0 Esercizio 11. Consideriamo l’oscillatore armonico di hamiltoniana H =  1 2 ωq + ip p + ω 2 q2 . Si introducano le varibilli di Birkhoff z = √ e il 2 2ω suo coniugato z∗ . Si scriva l’hamiltoniana H (z, z∗ ) e si trovi il tensore √ di Poisson. Si introducano poi le varibili angolo azione z = Ieiϕ e √ z∗ = Ieiϕ . Si trovi di nuovo l’hamiltoniana e la matrice di Poisson associata. Soluzione. Per una semplice osservazione si vede che ˜ z, z∗ ) = ω |z|2 H( Si calcola ora che p˙ = −

∂H(q, p) = −ω 2 q ∂q

q˙ =

∂H(q, p) =p ∂p

Quindi si ha che z˙ =

ω q˙ + i p˙ ωp − iω 2 p ∂H˜ √ √ = = −iωz = −i ∗ ∂z 2ω 2ω

Se non si vede basta fare un cambio di variabili.

31

ω q˙ − i p˙ ∂H˜ √ = iωz∗ = i ∂z 2ω Da queste equazioni si ricava che il tensore di Poisson è ! 0 −i J (z) = (= σ2 ) i 0 z˙ ∗ =

Allora stesso modo per le equazioni in angolo azione è sufficiente effettuare un cambio di variabili per ottenere ˆ ϕ, I ) = ωI H( Siccome Hˆ ∝ I si ha che I˙ = 0 e da z˙ = −iωz segue che ϕ˙ = ω. Quindi è evidente che il tensore di Poisson in queste coordinate è la matrice simplettica standard. Esercizio 12. Consideriamo l’esercizio precedente (con le coordinate di Birkhoff). Cercare il tensore di Poisson e scrivere la parentesi di Poisson tra F e G utilizzando un generico cambiamento di variabili. Soluzione. Si tratta solo di utilizzare la formula   T ∂ f ∂f J# = ·J ∂x ∂x

x = g(y)

dove f è il cambio di coordiante. Si trova che ! √ √ ∂f ω/2 i/ 2ω √ = √ ∂x ω/2 −i/ 2ω A questo punto il conto è banale e si trova in effetti J # = σ2 . Per le parentesi di Poisson definiamo F˜ = F ◦ g, si trova quindi che   ˜ G˜ }# = grad F˜ · σ2 grad G˜ = −i ∂F ∂G − ∂F ∂G { F, G } = { F, ∂z ∂z∗ ∂z∗ ∂z ˆ i con ψ = ˆ i e G (c, c∗ ) = hψ, Gψ Esercizio 13. Sia F (c, c∗ ) = hψ, Fψ ∑ ck Φk ; mostrare che

ˆ Gˆ ] = Fˆ Gˆ − Gˆ F. ˆ Si ricorda che [ F,

k



{ F, G } =

1 ˆ ˆ ψ, [ F, G ]ψ i¯h



Soluzione. Si tratta di un semplice calcolo

{ F, G } = −

i h¯

i =− h¯

=∑ k,r

∂F ∂G

∂F ∂G

∑ ∂cs ∂c∗ − ∂c∗ ∂cs s

s

∑ s

∑ k

=

s

! c∗k Fˆks

Si utilizza l’espressione matriciale, si ha che hΦi | Fˆ |Φ j i = Fˆij dove {Φi }i è una b.o.n.

∑ cr Gˆ sr

 cr c∗k Fˆ Gˆ − Gˆ Fˆ kr = i¯h

r



!



∑ ck Fˆsk

1 ψ, [ F, G ]ψ i¯h

k



!

∑ r

!! cr∗ Gˆ rs

=

32

Esercizio 14. Consideriamo la matrice simplettica standard standard J. Mostrare che le condizioni necessarie e sufficienti perchè una trasformazione x = (q, p) → y = ( Q, P) = f (q, p) sono

{ Qi , Q j }q,p = 0

{ Pi , Pj }q,p = 0

{ Qi , Pj }q,p = δij

Applicare ciò al caso delle matrici angolo azione per un oscillatore armonico. Dimostrare che il cambiamento di coordinate (q, p) 7→ √ √ ( ϕ, I ) definito da q = 2I/ω cos ϕ, p = − 2ωI sin ϕ è canonico. Soluzione. Sappiamo che le matrici jacobiane di f devono stare nel gruppo simplettico, ovvero    T ∂f ∂f J =J ∂x ∂x Esplicitamente (per blocchi) otteniamo che "     # ∂Q ∂Q T ∂Q ∂Q T − = { Qi , Q j } p,q = 0 ∂q ∂p ∂p ∂q ij

"

"

∂P ∂q

∂Q ∂q





∂P ∂p

∂P ∂p

T



T



∂P ∂p

∂Q ∂p





∂P ∂q

∂P ∂q

T #

= { Pi , Pj } p,q = 0 ij

T #

= { Qi , Q j } p,q = δij ij

Nel caso dell’oscillatore armonico si ha che ω 2 q2 + p2 2ω   p ϕ = − arctan ωq I=

Da cui derivando si ottiene

{ ϕ, I }q,p =

p2 1 1 + =1 p2 ω 2 q 2 1 + p2 1 + ω 2 q2 ω 2 q2

Esercizio 15. Si consideri la struttura hamiltoniana per i corpi rigidi 1 con la formula di Eulero L˙ = L × I −1 L, J = L× e H = L × 2 I −1 L. Consideriamo una rotazione del tipo L0 = RL: mostrare che è canonica. Trovare poi la nuova hamiltoniana. Soluzione. Ci basta vedere che J # = J: prendiamo un generico vettore ξ   J # ( L0 )ξ = RJ ( L) R T ξ = R ( R T L0 ) × ( R T ξ ) = L0 × ξ = J ( L0 )ξ e ciò vale per ogi vettore ξ. La nuova hamiltoniana è 1 H˜ ( L0 ) = H ( R T L0 ) = L0 · I˜−1 L0 2 con I˜ = RIR T .

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con p, q ∈ R3 .

Esercizio 16. Consideriamo l’hamiltoniana

H=

| p |2 + V (q) 2m

Determinare la condizione di invarianza per traslazione e il corrispondente integrale primo. Poi fare la stessa cosa per le rotazioni R(s) = esA con A matrice antisimmetrica. Soluzione. Le traslazioni sono definite dalla funzione     q q + su fs = p p con u vettore unitario ed è un gruppo ad un parametro di trasformazioni canoniche. Dobbiamo imporre che V (q + su) = V (q) ⇒ u · grad V = 0 Cerchiamo l’integrale primo:   ∂ f s u = = J grad K = ∂s s=0 0

0 −1

1 0

!

∂q K ∂pK



Quindi si ha che ∂q K = 0

∂pK = u

Che significa che l’integrale primo è K = p · u (il momento lungo la direzione u). Per le rotazioni abbiamo che      sA  e q q R(s)q f = = sA p R(s) p e p Che è un gruppo ad un parametro di trasformazioni canoniche. La condizione che dobbiamo imporre è che V ( R(s)q) = V (q) ⇒

d V (esA q) = Ax · grad V = (u × x ) · grad V = 0 ds

dove u è un generico vettore tale che Ax = u × x (ed esiste perchè A è antisimmetrica). Vediamo ora l’integrale primo:     ∂ f s Aq u×q = = = j grad K ∂s s=0 Ap u×p Da cui ∂q K = −u × p ∂pK = u × q Da cui si ottiene K = (u × q) · p (che poi è il momento angolare). Esercizio 17. Rifare il problema precedente con il problema quantizzato.

Il passaggio è ovvio portando tutto ad un membro e riconoscendo un rapporto incrementale.

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Soluzione. L’hamiltoniana quantizzata è h¯ 2 ∇2 Hˆ = − ∑ + U (q) 2m i Perchè sia invariante per traslazioni la condizione è V (q) = V (q + su) ⇒ u · grad V = 0 Definiamo ψ0 ( x, s) = ψ( x − su). Cerchiamo l’integrale primo:   ∂ψ0 1 u = J grad K =− 0 ∂s s=0 i¯h Da cui l’equazione ∂ψ∗ K = −i¯hu ⇒ K =

Z

ˆ i ψ∗ u · (−i¯h∇)ψd3 x = hψ, u · pψ

Quindi la quantità conservata è di nuovo il momento. Similmente per le rotazioni, la condizione è come prima che

hψ0 | Hˆ |ψ0 i = hψ| Hˆ |ψi ⇒ (u × x ) · grad V = 0 con u vettore tale che u × x = Ax (esiste per l’antisimmetria di A). Definito ψ0 ( x ) = ψ(e−sA x ) si ha che 1 ∂ψ0 = −(u × x ) · grad ψ = −u · ( x × grad ψ( x )) = − J grad K ∂s s=0 i¯h Quindi si ha che K=

Z

ψ∗ (u · ( x × pˆ ))ψ = hψ|u · ( x × pˆ )|ψi

che è il momento angolare.

Basta mandare p 7→ −i¯h∇.