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Spike Lee è universalmente riconosciuto come un maestro della cinematografia contemporanea. Dopo l'esordio con &quo

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Questa è la mia storia e non ne cambio una virgola
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. ??.~~~~~~~ Spike Lee , QUESTA E LA MIA STORIA E NON NE CAMBIO UNA VIRGOLA

·ke Lee QUESTA È LA MIA STORIA E NON NE CAMBIO UNA VIRGOLA Con la collaborazione di Kaleem Aftab Traduzione di Elena Cantoni Spike Lee è universalmente riconosciuto come un maestro della cinematografia contemporanea. Dopo l'esordio con Lola Darling, si è imposto sempre più come"regista di successo e come autorevole rappresentante dell'orgoglio nero, con i suoi toni provocatori, i temi scomodi, i film che hanno fatto discutere. In questo libro che ce ne racconta la vita privata e pubblica, passando in rassegna la sua produzione artistica, la voce di Spike Lee si unisce a quella dei suoi familiari (la moglie Tonya, i fratelli, la sorella Joie, interprete di molti suoi film), del suo entourage e di alcune delle star che hanno recitato per lui (ha lavorato tra gli altri con Denzel Washington, Harvey Keitel, John Turturro, Jodie Foster), oltre che a quella del suo biografo, il giornalista Kaleem Aftab. Si affiancano e susseguono perciò interviste, testimonianze e aneddoti narrati da esponenti della cultura afroamericana e dell'industria cinematografica. E ne viene fuori il ritratto di un personaggio complesso, forte, di indole appassionata, la cui esistenza spazia dall'arte alla politica, dall'impegno civile al successo commerciale, e di un artista che ha ormai lasciato u n suo indelebile segno nella storia del cinema; e questa è anche la storia di un polemico e nuovo modo di fare cinema, mentre sullo sfondo emerge l'universo dei neri d'America. Spike Lee (Shelton Lee) è nato nel 1957. Regista sceneggiatore, attore e produttore, vive a New York. Nel 1986 gira il suo primo lungometraggio, Lola Darling; seguono poi tra gli altri film: Fa' la cosa giusta (1989), Mo' Better Blues (1990), Jungle Feuer (1991), Malcolm X (1992), Clockers (1995), Girl 6: sesso in linea (1996), Bus: in viaggio (1996), He Got Game (1998), Summer of Sam - Panico a New York (1999), La 25a ora (2002), She Hate Me (2004), All the inuisible children (2005) e lnside Man (2006). Kaleem Aftab scrive per "Independent", "Hotdog", "Bbc Collective" ed è direttore di una società di produzione cinematografica e televisiva. Vive a Londra. ISBN 978-88-07-8 1978--0

In copertina: © Chris Buck. cover design: ufficio grafico Feltrinelli

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Spike Lee , QUESTA E LA MIA STORIA E NON NE CAMBIO UNA VIRGOLA

Con la collaborazione di Kaleem Aftab

Titolo dell'opera originale THAT'S MY STORY ANO l'M STlCKlNG TO IT

© 2005 Kalecm Aftab © 2006 Kowalski editore Sri

Tradul'.ione dall'americano di ELENA CANTONI

© Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano

Prima edizione nell"'Universale Economica" - VITE NARRATE maggio 2007 Su licenza Kowalski editore Sri ISBN 978-88-07-8 1978-0

Benedizio ni

Desidero dedicare questo libro alle quattro persone che hanno avuto maggiore influenza sulla mia vita. Posso affermare senza tema di smentita che non è un caso che siano l11lle africane-americane, e tutte donne (be', una forse è un po' giovane: diciamo una ragazza). Si tratta della signora /.1mmie Shelton, mia nonna materna; la signora Jacquelyn Shclton Lee, la mia adorata madre; la signora Tonya Lewis I.L·c, la mia amata consorte; e la signorina Satchel Lewis I.l'C, primogenita e unica figlia mia e di Tonya. Ciascuna di queste volitive donne africane-americane ha l,1llo di me un essere umano migliore. Tutte mi hanno spinlo a riflettere, impegnarmi, sforzarmi, creare e puntare verso obiettivi che io stesso non avrei mai pensato di poter raggiunl'(Te. Rappresentano una vera e propria genealogia, e condividono tratti che personificano quanto c'è di meglio nelle famivl1c africane-americane. Sono la loro spina dorsale. Grazie, "Marna", per tutte le benedizioni che mi hai dato, l'('r aver permesso al ,tuo primo nipote di studiare al Mo1~•house College e alla New York University Graduate Film Sd100I.

Grazie, mamma, per tutte le benedizioni che mi hai dato.

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1.

Insieme a papa 1111 hai pen11c~su di c1111,.1re in u, 1 .111 1111 11 mondo dell'arte rin da bambino. Grnzie per es,L·n· ,tata t 01 me ventiqu,lttr'rnc ~u venttquattro e selle girn 111 -,u -,d\L nei periodi ptu u 11ic1 della mia vita, quando an·\ o perduto la

40 Acres and a mule

via e non sapevo più chi fossi né chi potessi diventare. Grn,ie, Tonya, per la tua francheua al la-,er. Gra,ie per la benedi,ione del tuo AMORE e del tuo I CORAGGIAMENTO. Un tempo ero scettico sulle questioni di cuore, ma poi ho conosciuto te, e non lo sarò mai più. Credo oggi e crederò sempre che un Essere Supremo abbia permesso ai

Un veliero solca l'Oceano Atlantico. Ammassati nella sti-

nostri spititi di incontrarsi. E grazie a Satchel. Gra1ic per tutto ciò che hai fatto per

lcn,io. Per comunicare tra loro -,i sono creati un pacoi.\ fatto

mc, perché insieme a tuo fratello Jack.son hai reso la mia \i-

Ji JX'rcussioni. Nessuno ha tramandato i loro nomi, che co-

ta una celebrazione di gioia.

munque sarebbero stati presto cambiati dai loro padroni

vu, uomini e donne in catene, imbavagliati e costretti al si-

hianchi, per affermarne il possesso. Strappato alla Lasa e al-

la famiglia, questo "bestiame umano" dalla pelle nera ven-à

VI AMO CON TUTTO ME STESSO.

l

hiavizzato su quelle medesime tetTe in cui un tempo vaga-

vuno liberi i nati\i americani. Questi "animali selvaggi" so-

Spike

no gli avi di Ft-ederick Douglass, Booker T. Washington,

M11n:11s Gancv, Marv Bethurn:-Cookman, Ella Fit1.gerald, Jacki'-' Robinson, Willie Ma_vs, Joe Louis, Muhammad Ali,

dam Clayton Powell Jr., Stokcly Carmichael, Martin l ulht'r King, Malcolm X, Jesse Jack.son; pc,· non parlare dei oldati che hanno combattuto nella Rivolu1.ionc americana, ndla Gucn-a di secessione, nella Prima e nella Seconda gucn-a mondiale, in Corea, m Vietnam , nel Golfo e in molti uh, i rnnflitti I Sl'gni del retaggio schiavistico sono ancora molto evidenti negli Stati Uniti, dove più di un abitante su dicci è afncano•amcricano. E il piimo impatto con la storia atroce dello ~chiaYbmo è un'csperien1.a descritta in modo memo-

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rabile da Malcolm X nella sua celebre Autohwgra/ia: "Non dimenticherò mai lo shock subito quando cominciai a leggere degli orrori della schiavitù. Ebbero su di me un effetto enorme ... Lo schia\'ismo è il crimine più mostruoso della storia; i peccati e il sangue di cui si sono macchiate le mani dell'uomo bianco sono quasi impossibili a credersi". Anche Shelton Jackson Lee - noto al mondo come "Spike" - si è fatto carico della storia degli africani-americani. Il nome di Lee esplose sulla scena americana con l'uscita del suo primo lungometraggio, Lola Darling, nel 1986. Il film, una produzione indipendente costata centosettantacinquemila dollari, ne incassò otto milioni. Un successo simile sarebbe stato già sufficiente ad attirare l'attenzione dei media, ma non era questo l'unico elemento di attrattiva del cineasta. Spike Lec era nero, aveva fatto un film sui neri, interpretato da neri e destinato a un pubblico di nei;. Insomma, dal punto di vista di Hollywood, decisamente troppo "nero"! Lola Darling era prodotto dalla 40 Acres and a Mule Filmworks; il nome scelto da Spike Lee per la sua casa di produ,ione era già un chiaro indizio delle sue scelte politiche e della sua storia. La promessa di "quaranta acri e un mulo" fu il primo tentativo che gli Stati Uniti fecero all'indomani della Guerra di secessione al fine di compern,are gli schiavi per il disumano trattamento subito (ma l'origine precisa dell'espressione rimane incerta). La IV sezione del First Freedmen's Bureau Act offriva un lotto di quaranta acn di ten-a a ogni schiavo affrancato, ma la proposta \'Cnne blessa vita di Gator, quindi interpretare quel ruolo era s tata quasi una catarsi: rappresentava la fine di quella parte della mia vita, e mi aveva permesso di passare a una nuova fase. Per questo era impm-tante che impersonassi Gator in modo molto realistico, diverso dai toni sopra le righe in cui la gente è abituata a vedere i tossici di crack. Credo che la mia esperienza personale mi abbia permesso di arricchire il personaggio di elementi non presenti in copione". Quando Spike tornò da Cannes (dove il premio della Clitica per il miglior film era stato assegnato a Young Soul Rebels - LA radio privata, del regista inglese nero Isaac Juline), Straight Out o[ Brooklyn aveva incassato due milioni e selle-

centomila dollari alla sua uscita il 2 maggio, due settimane prima della distribuzione di Jungle Fever, che incassò trentadue milioni, una cifra di molto inferiore ai ricavi di New Jack City. Ripensando al successo riscosso in quell'anno dai

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film che parlavano della droga nel ghetto, Spike sostiene: "Il problema di Jungle Fever fu che sottolineare il tema dell'epidemia di crack 1ispetto a quello della relazione interrazziale non soddisfaceva gli obiettivi dei media, probabilmente perché non attribuiscono un grande valore alla vita dei neri. Quindi si concentrarono sugli aspetti del film che avevano a che fare con i bianchi. Nello stesso modo, alcune recensioni di Fa' la cosa giusta si erano lagnate dei danni alle proprietà dei bianchi, senza dedicare nemmeno una parola alla perdita di una vita, all'uccisione di Radio Raheem. Nella loro scala di valori, una vita nera non vale molto". È pur vero che il trailer di Spike, quella che lui considerava l'esca del film, si concentravano chiaramente sulla storia d'amore interrazziale, e possiamo quindi essere indulgenti con i media per aver dato priotità a questo tema nel giudicare il film. La stampa di New York sembrava soprattutto interessata

solo stato sincero. La posizione di Malcolm X era ben diversa: 'Le donne bianche sono il demonio'. Le dichiarazioni di Muhammad Ali erano prese di peso dalla predicazione del venerabile Elijah Muhammad: 'State alla larga dalla donna bianca"'. La stessa Sciorra non crede affatto che Spike avesse dawero preso in considerazione l'ipotesi di non awalersi dei suoi servizi: "Quella scena d'amore l'abbiamo girata forse nella prima settimana di riprese: se avesse voluto licenziarmi ne aveva tutto il tempo". Poteva essere che Spike, che ormai andava dichiarando apertamente di essere, insieme a Madonna, la celebrità più abile al mondo nel marketing della propria immagine, stesse appositamente gonfiando la notizia per attirare l'attenzione sul suo film? Quando i media cominciarono a parlare dei loro dissapori, Sciorra telefonò a Spike per chiedergli delucidazioni sui commenti che gli venivano attribuiti. "lo ne ero rimasta devastata, e in certa

alle voci che circolavano sulle liti tra Spike e Annabella Scionhington? [ ... ] In quel caso

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nessuno avrebbe tralasciato di far notare che sono solo gli organizzatori fomentatori di odio razziale. Lo stesso vale per il ministro Lotùs Farrakhan". Persino il presidente Clinton, per bocca del portavoce della Casa Bianca, Mike McCurry, dichiarò di nutrire "profonde riserve su tutti gli organizzatori della marcia, compreso il reverendo Farrakhan". Farrakhan rispose ai suoi critici con una versione revisionista della propria storia, sostenendo di non avere mai fatto le dichiarazioni antisemite che gli venivano atti;buite: e questo a dispetto della documentazione registrata di alcuni suoi discorsi nei quali definiva l'ebraismo "una religione spazzatura" e giustificava il termine "sanguisughe" usato per descrivere gli ebrei o altri che aprono attività nei quartieri delle minoranze e poi ne portano i profitti altrove. In un altro discorso aveva affermato: "Gli ebrei mi chiamano 'Hitler'. È un appellativo che non mi dispiace affatto. Hitler era un

forse, alla luce di ciò che stiamo vedendo oggi, è aITivato il momento di metterci seduti i ntorno a un tavolo e parlare. Senza alcun preconcetto. Voi soffrite. E anche noi. Provate dolore. E anche noi ... " Farrakhan formulò una propria particolare visione set·ondo la quale il progresso e l'impegno imprenditoriale dei neri avrebbero confutato j pregiudizi dei bianchi: "Fratello nero, non serve scagliare accuse contro i bianchi: tutto quello che dobbiamo fare è tornare a casa e trasformare le no,tre comunità in luoghi produttivi". Nel suo discorso, circonfuso dell'incandescente retorica del predicatore, il m inistro aveva qualcosa da dire anche all'industria dello spettacolo, sempre più dominata dalle immagini esasperate dei presunti vantaggi dello stile di vita "gangsta": "Ogni volta che spariamo su un passante da un finestrino, ogni volta d1e rubiamo una macchina, ogni volta che usiamo un liniuaggio sconcio e blasfemo, ogni volta che produciamo film l' musica culturalmente penrerse, che facciamo indossare alle nostre donne un perizoma per metterle in mostra davanti .1 tutto il mondo ... stiamo alimentando la mente perversa d d la supremazia bianca... Sii mondo, fratello nero, e sarai rispettato e onorato. Sei caduto come il figliol prodigo: ti sei ridotto a mangiare ghiande e a curare i maiali".

brav'uomo ... " I musulmani ortodossi sconfessavano la Nation of Islam come una setta che non aveva niente a che fare con gli insegnamenti del profeta Maometto. Le dichiarazioni di Farrakhan erano indifendibili, e tuttavia in quell'occasione il ministro si comportò da consumato politico, e nella preparazione della Million Man March si dichiarò disponibile a un "dialogo" con i rappresentanti ebrei della Anti-Defamation League, affermazione che ebbe a ripetere alla marcia davanti all'enorme folla che si era raccolta (persino più numerosa dei duecentocinquantamila che avevano seguito Martin Luthcr King): "Non mi piace questo battibecco con i membri della comunità ebraica ... Il reverendo Jackson ha parlato ai dodici presidenti delle organizzazioni ebraiche e

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Haskell Wexler aveva girato un film, The Bus, sul viaggio in autobus di alcuni partecipanti alla marcia di Washington dd 1963, che Spike Lee, sorprendentemente, non aveva mai visto. Spike non aveva nessuna intenzione di fare un film sulla marcia di Farrakhan fino a quando, come ricorda, "venni chiamato dal responsabile del casting e produttore

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Reuben Cannon, che mi disse: 'Io e i miei ragazzi abbiamo avuto l'idea di fare un film sulla marcia, e abbiamo già un autore, Reggie Bythewood'. Mi s piegò la loro idea: un viaggio attraverso il Paese s u un autobus, da Los Angeles a Washington, con interpreti che rappresentassero diversi 'tipi' di neri". Spike, rifacendosi a lle tesi sostenute nella Autobiografia di Malco/m X, disse a Reuben Cannon che "sarebbe stato meglio trovare finanziatori rigorosamente africani-americani. E se si pensa ai principi della Million Man March, la mia posizione era corretta: un investimento dei neri per un'iniziativa di neri. on volevo rivolgermi alle stesse persone che avevano contribuito al finanziamento di Malcolm X, quindi stilammo insieme un nuovo elenco. Johnnie Cochran, Reggie Bythewood, Wesley Snipes, Danny Glover e io. Abbiamo partecipato tutti. Il nostro era un investimento, non un regalo, come nel caso di X." Complessivamente la produzione riuscl a raccogliere due milioni e cinquecentomila dollari. I realizzatori speravano di poter distribuire il film in occasione del primo anniversario della marcia. (''Eravamo convinti di sbancare," dice Mike Ellis). Spike avrebbe dovuto lavorare molto in fretta per rispettare la data prevista, e questo significò iniziare la produzione prima che la sceneggiatura lo soddisfacesse del tutto. "Il film cosl come è stato realizzato è troppo 'parlato'," riflette Spike, "ma è cosl che era stato scritto. Non c'era modo di aggirare il problema, e quando ho accettato la regia ne ero consapevole. La parte dawcro difficile era trovare il modo in cui rendere interessante o visivamente avvincente un film che si srnlgcva quasi esclusivamente all'interno di un autobus." 370

Spike aveva bisogno di attori capaci di rawivare le cose, l' t:hiamò Roger Smith. L'attore racconta: "Per me è stata un'opportuntà per fare un po' di (reestyling, per an;cchire il lilm di elementi che non erano previsti dal copione. Per tutli noi è stata un'esperienza straordinariamente emozionanll'. Abbiamo girato il film in diciotto giorni, e credo che quella finestra di tempo fosse pcrfctla: nel film i personaggi rnpitano insieme per caso, sono un gruppo di estranei. Con un budget più consistente, ci saremmo potuti permettere di prnlungare le riprese, lavorando insieme per otto o nove setti mane e dormendo tutti insieme in albergo: ne sarebbe 11,t:ito un film completamente diverso". Ma Mike Ellis impallidisce ancora oggi al ricordo delle difficoltà logistiche imposte da un calendario cosl rigido: "Quattro Stati in dil'iotto giorni. Una cosa impossibile. Ogni giorno giravamo dicci, undici pagine di copione, una vera impresa, e alla fine siamo riuscili a mettere su pellicola tutto quello che ci serviva Ma se morissi oggi, sono sicuro che andrei dritto in paradiso: mc lo sono guadagnato, ho già fatto penitenza um Bus ..." Spike chiamò stù set anche Ossie Davis, che non aveva .ihbandonato le sue riserve sulle ramificazione della marcia a mi il film ispirava: "Avrei voluto che Louis Farrakhan e la Nation of Islam compissero un gesto capace di parlare in modo persuasivo alla comunità. Se si fossero impegnati a l'Ostruire un'università o un ospedale davvero efficienti al• lora avrei messo da parte tutti i miei dubbi e mi sarei schierato con loro. Ma non credo che la Million Man March avrà risultati del genere. Ho accettato di partecipare al film solo perché mc lo ha chiesto Spike, e perché mi sono innamora37 1

lo del mio personaggio, Jeremiah. Un ruolo cosl potevo interpretarlo a occhi chiusi, e Spike mi ha anche permesso di scrivere parte del mio materiale. Ho cercato dj comunicare il mio messaggio soprattutto nella scena in cui Jeremiah suona i tamburi, che è il suo modo di parlare del potere del popolo africano nel mondo e della necessità di essere orgogliosi di ciò che sono e di assumersi le proprie responsabilità. Il personaggio di Jeremiah poleva contribuire a spiegare il significato del movimento e i suoi scopi sia al pubblico africano-americano sia agli spettatori bianchi. Jeremiah poteva dare al discorso una maggiore profondità e la giusta prospettiva". Spike nutriva il medesimo interesse per questo aspetto del progelto: "I.:aspetto interessante dal mio punto di vista non era necessariamente la destinazione, ma il viaggio: ciò che accade tra sconosciuti che rappresentano facce diverse della comunità africana-americana, uomini capitati insieme per caso e che si affrontano e si scontrano nel corso di un viaggio attraverso tutto il Paese. È stato semplicissimo decidere di cosa avrebbero parlato. Abbiamo preso in esame i diversi temi affrontati da Farrakhan sulla comunità nera, e ci è parso logico che i passeggeri dell'autobus parlassero proprio di questo mentre si dirigevano alla marcia". Sull'autobus ci sono venti uomini, ciascuno in viaggio per motivi diversi. Il leader del tour (Charles S. Dutton) è l'autista e il moderatore, un veterano del Movimento per i diritti civili ancora fedele a quegli ideali. Roger Srnith (che si distingue, come in Aule turbolente, per la carnagione chiara) è un poliziotto di South Central Los Angeles. Una coppia di padre e figlio (rispettivamente Thomas Jefferson Byrd e De'aundre Bonds) viaggia ammanettata per ordine del tri-

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bunale: i due uomini rappresentano il fuorviarnento della 11uova generazione, e al tempo stesso un chiaro riferimento alla schiavitù. Wendell Pierce fa un'apparizione carneo come venditore d'auto, designato come l'idiota del gruppo dal momento in cui mette piede sull'autobus. Attraverso il personaggio di Pierce, Spike affronta di nuovo il dibattito sull'uso del termine "negro", polemizzando con il suo impiego M.'mpre più frequente da parte degli africani-americani. Il personaggio di Pierce è tormentato dall'odio per la propria razza: "È per questo che usa continuamente la parola 'negro"', dice Spike. Alla fine viene buttato fuori dall'autobus dagli allii personaggi, che hanno capito quanto il suo atteggiamento I inisca per danneggiare la comuni là africana-americana. Uno studente di cinema della Uda viene soprannominai o scherzosamente "Spike Lee". Una coppia omosessuale l hc ha deciso di partecipare alla marcia a dispetto delle dihiarazioni omofobiche di Farrakahn, si attira le ingimie dt'i passeggeri meno progressisti. (Ancora una volta Spike respinge l'accusa che le opinioni dei suoi personaggi siano da attribuire a lui personalmente: "Siamo seri: non sono io ,, dire certe cose, è un personaggio in un film. È stupido pensare che anch'io la pensi così".) Un attore sull'autobus si chiede perché i rapper come lce-T ottengano tanti ruoli and1c nel cinema. Pure in questo caso, l'opinione di Spike diflerisee da quella del suo personaggio: "Sam Jackson li di,prezza. Io non sono d'accordo. Mos Def è un grande attore. Anche Q-Tip mi piace. In Three Kings Ice Cube ha dato un'interpretazione magnifica. È impossibile generalizzare: dipende sempre dalla persona di cui stai parlando". Sull'autobus è presente anche un membro della Nation l

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of Islam, che non dice una parola per tutto il viaggio. Ma Spike non aggira il dibattito sull'anliscmitismo di Farrakhan. Il secondo autista dell'autobus è un ebreo che esprime esplicitamente le proprie riserve personali sulle dichiarazioni di Farrakhan contro gli ebrei. La discussione che ne deriva è molto accesa, e qualcuno fa un confronto tra i sessanta milioni di neri uccisi dallo schiavismo e i sei milioni di ebrei uccisi dai nazisti. Spike ritiene che in quel contesto il confronto fosse necessario: "Molti africani-arnet;cani hanno l'impressione che, nel dare rilievo all'Olocausto, gli ebrei tralascino lo schiavismo. La morte dei sei milioni

  • Cttembre, ma il problema per noi era molto sempli• l•" wntivamo che girare un film come questo a New York, (osi poco tempo dopo l'attacco, ci imponeva di doverlo rea11:nm l· anche come se fosse un commento sulla città di New Ym k dopo 1'11 settembre. Per questo abbiamo trasformato Nrw York in un personaggio della storia, trattandola come um, , iltà ferita, popolata da persone che cercano sempliceftlt'llh· di vivere la propria vita. Ma qualunque cosa stiano f•t endll, i newyorkesi non smettono mai di pensare agli aet I , lw ,i sono schiantati contro le due Torri. Così ho cercato cli ll'llcrlo presente anch'io. Ho pensato che la soluzione n1l1tll111 l' fosse trasformare il padre di Monty Brogan in un \11111,• dl'I fuoco, e dare a Bany Pcpper un appartamento che I allnn ,ava direttamente sul Ground zero. Il resto è venuto

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    da sé: il padre è un vigile del fuoco, ed è proprietario di un bar. :C.:ovvio passo successivo è che il personaggio abbia dedicato una parte del suo locale aUa memoria dei vigili caduti vittime dell'attacco. I n quel periodo gli americani erano assetati di sangue; dovunque andassi c'era gente che indossava quelle t-shirt con la scritta 'Bin Laden: Wanted Dead or Alive', o cose anche peggiori. Ma non è stato per 1'11 settembre che ho deciso di fare La 25'" ora. Non l'ho fatto per mostrare il dolore di New York, perché un film deve raccontare una storia. Abbiamo usato l' 11 settembre come sfondo perché ritenevamo che contribuisse a raccontare meglio la sto1ia". :C.:elemento newyorkese del copione trovò profonda risonanza in Philip Seymour Hoffman: "Spike non si perde in cazzate; punta dritto al qui e ora di New York, cd è esattamente questo che ha fatto con La 25° ora, in un modo che credo abbia colto la gente del tutto alla sprowista. Spike ha affrontato di petto la questione dell'll settembre, e ha legato la storia alla cillà, riconoscendo esplicitamente che era accaduto qualcosa di orribile: la vita sarebbe cambiata, niente poteva più essere come prima, né per Monty Brogan né per la città. Come newyorkese lo apprezzo mollo, perché credo che abbia ragione; è stato molto schietto nel descrivere lo stato della città in quel periodo. Credo che abbia colto in modo magnifico l'atmosfera successiva a quell'immane tragedia. Il film presenta quel magnifico tocco di Spike Lee di saper mostrare New York esattamente com'è, e questo, oltre a commuovermi, mi rende orgoglioso di viverci". "New York è una città straordinaria," afferma Spike, "e una città è fatta di persone. C'è una battuta molto importante nel film, quando nell'appartamento che si affaccia sul Ground zero

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    Jacob chiede a Frank: 'Pensi di traslocare altrove?' e Frank risponde: 'Col cazzo. Per quanto mi riguarda, bin Laden può wnire qui e farlo di nuovo se ne ha il coraggio'. Quello non è ~olo Frank che parla: sono otto milioni di newyorkesi che dichiarano: 'Noi da qui non ce ne andiamo'." Il clima successivo all'l 1 settembre viene evidenziato g.i à dai litoli di testa, che scorrono sulla ripresa di un aereo in volo nella skyline di Manhattan. "Cerchiamo sempre di utili n:are la sequenza di apertura dei titoli come un momento Pl'I portare lo spettatore subito al cuore di ciò che sta per \'l'dcre," dice Spike. "Jn questo caso abbiamo mostrato il llll'lllOriale di luce delle 'Iwin Towers che era stato allestito le 111 quei grandi riflettori per un certo periodo dopo il gior1111 dell'attentato. Quando l'ho visto ho saputo subito che do\l'v,11110 usarlo. Quanto all'aereo, quello è stato un colpo di 1111 luna: abbiamo puntato la cinepresa, e l'aereo è passato ,li Ilio attraverso l'inquadratura. I momenti migliori, quelli ilnvvl·rn magici, sfuggono al tuo controllo. D'altronde, come ho pì('t e.letto, un film è per metà una questione di fortuna. Ai" lw se sci Lu a renderla possibile. Le cineprese stavano ri111 rmll•ndo: non eravamo mica 11 a grallarci le palle. Stavamo l,,vorando." I,· purcti del pub irlandese di proprietà del padre di M1111 ty Brogan sono tappezzate di fotografie dei vigili del h1ou, m•wyorkesi morti nella catastrofe. Ed è proprio qui, n I l"·l mezzo di un'accesa discussione a un tavolo, che M1111I\. ,1 didge a grandi passi verso il bagno per vomitare liv 1111i ,Ilio specchio il furibondo monologo razzista che t•lkc• 11\l'Va persuaso Benioff a rimettere in copione. "Credo 111 111uliabilmente la scena più memorabile del film," am-

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    mette Benioff. "Sen7.a dubbio è quella che la gente cita più spesso quando mi parla del film. E, naturalmente, è una sequenza che porta chiaro il marchio di fabbrica di Spike Lee. C'è una scena molto simile in Fa' la cosa giusta." Spike sostiene che non si era trattato di mera autocitazione: "Era necessario inserire qualcosa per evidenziare lo stato mentale di Monty Brogan: 'Cos'ho fatto, mio Dio cosa ho fatto?' Ma ci siamo divertiti a girare quella sequen7.a. Nei monologhi di Fa' la cosa giusta si parlava di 'quindici portoricani in una macchina'; in quello di I.A 25a ora ne abbiamo messi ventidue. Ho dovuto esasperare ulteriormente la situazione. Ma quello che la esaspera davvero è che in Fa' la cosa giusta quei 'quindici po11oricani in una macchina' non si vedono, mentre in La 25° ora tutto ciò che Ed dice possiamo anche vederlo, e quindi vediamo anche i portoricani pigiati nel-

    !'a bi taco lo". "È magnifico che non mi sia sentito schiacciato, anche se quella scena è cosl palesemente un tipico momento alla Spike Lee," dice Ed Norton. "Leggendo il testo si ha l'impressione che sia un momento troppo intimo, ma Spike ci metle le mani e lo fa esplodere in un pezzo magnifico di cinema visivo. Potresti pensare: 'Ma il problema razziale è davvero ancora tanto provocatorio quanto lo era all'epoca in cui lui ha cominciato a lavorare?' E magari ti rispondi di no, e pensi che sia una fortuna. Ma quando è uscito il trailer di LA 25° ora, e parlo solo del trailer, il film non era nemmeno ancora uscito nelle sale, ho ricevuto una lettera anonima da una coppia non so se della Virginia o del Maryland, che in sostanza diceva: 'I tuoi film ci sono sempre piaciuti, ci sono sembrati magnifici, e adesso ti vediamo che baci una ragan.a

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    nera? Come puoi fare una cosa del genere? Non andremo mai più a vedere un tuo film ... "' La produzione di La 25° ora proscgul senza intoppi e in

    un clima amichevole, sebbene Mike Ellis fosse in attesa di un momento inevitabile: "Spike perde le staffe almeno una volta sul set, tutti hanno occasione di subire una sua sfuria111 almeno una volta. Ma è impossibile prevedere quando. c·upita spesso che si arrabbi e se ne stia li da solo davanti al monitor a borbottare tra i denti. Ma quando succede qualrnlia che lo fa incaa:are davvero sono io il primo a capirlo 11en:hé lavoro proprio di fianco a lui. Tn La 25n ora stavamo la4.:rndo una scena in un piccolo bar: Rosario Dawson entra , lnl:ontra Barry Pepper e Philip Seymour Hoffman. E Bany ~I dkl•: 'Vorrei provare qualcosa dj diverso, credo che sarebbe ffll'&lio se il mio personaggio .. .' Spike si limita a rispondere: lenti, a questo set non servono dicci milioni di regiMi del lìAUO, Lu scena la facciamo come dico io'. Insomma, se n'è uacho in una delle sue classiche sfuriate, bello incauato. ldw111 d è scoppiato a ridere. Jo lo sapevo che sarebbe succeslO p1lma o poi..."

    Bari) Brown ricorda che per il film Spike gli chiese di ,n.,varc: un nuovo approccio al monlaggio: "Non credo sia ,-.lblll• evitare di farsi influenzare da Mtv. Se consideri IIUlto i.Id lavoro che ho fatto per Spike, direi che in genere IIDh c,:I 110110 lungaggini, il ritmo è sempre piuttosto sostenuMa ix-• T.a 25° ora, Spike mi chiese di lasciare alle scene ,eca rtt1pirn". A Sam Pollard bruciava ancora l'esperienza di •,nhum.led, ma si lasciò comunque convincere a tornare llovllc per tagliare un paio di sequenze: "Mi sono occupato . . munlnggio della scena in cui Monty e Naturelle sono se-

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    duti sui gradini di casa, e quella della grande lite. Credo che Spike mi stesse in realtà facendo un enonne favore, perché mi pagò un ottimo compenso, e Barry poteva cavarsela benissimo anche senza di me. Forse si sentiva generoso, sai com'è. Non è un tipo molto espansivo, ma a volte fa un gesto e ti viene da pensare: 'Questo l'ha fatto perché mi vuole bene davvero"'. Registrando le musiche a Londra, Spike e Terence Blanchard inserirono in orchestra delle cornamuse e decisero di sperimentare un accostamento lra la musica tradizionale irlandese e quella islamica. Blanchard spiega: "Spike mi disse che voleva che la New York sopravvissuta all'l 1 settembre diventasse un vero e proprio personaggio del film, e quindi impegnai a fare in modo che non ce ne si dimenticasse mai guardando il film. Attraverso le musiche credo che Spike stesse cercando di comunicare un messaggio sull'America. Troppo spesso la musica islamica e la musica irlandese sono state associate solo a determinati segmenti della vita americana, mentre quello che Spike stava cercando di dire è: 'Tutto questo è America"'. All'undicesima ora Spike trafficava ancora con gli ultimi dettagli: "Il momento più stressante di tutto il processo è verso la fine," dice Benioff. "Spike era al lavoro con Brian Cox, stavano registrando la voce fuori campo per l'ultima sequenza, e mi telefonò per dirmi: 'Ho una bellissima ripresa di cinque minuti nel deserto, ma la voce fuori campo dura solo quattro minuti. Mi serve un'altra pagina di copione'. E io: 'D'accordo, te la faccio avere. Va bene tra una settimana?' E. lui: 'No, forse non hai capito: sono con Cox nello studio di registrazione in questo momento. Mi serve tra un'ora'.

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    Fortunatamente sentivo di conoscere il personaggio abbastanza bene per descrivere quello che gli passava per la testa , ,:nza starci troppo a pensare. O forse non mi sono fatto prentll•rc dal panico solo perché non ne avevo il tempo." La voce fuori campo commenta una sequenza immagi11.ida nella quale Brogan, in viaggio in macchina verso il penilcnziario, sogna come sarebbe la sua vita se decidesse di l11ggire. Per un momento allo spettatore sorge il dubbio: lo l,11à davvero? Ed Norton ricorda. "Una delle cose che amo di Spike è stato il suo approccio alla reazione del pubblico ,d linale del film. Doveva lasciare gli spettatori nell'incerlez'1,1? Oppure mostrare il personaggio che fuggiva, o al contraI 111 che enlrava in carcere? Spike non ha avuto dubbi: disse l lll' non c'era motivo di fare il film se il personaggio non fos,. finito in carcere. 'No, niente da fare: in galera! Questo qui llr11sce in gattabuia.' li tema profondo del film sono le con"">t11cnze delle scelte che facciamo. Ma il film pone anche 1111111 i altri quesiti morali interessanti. I suoi amici sono repunsabili di quello che gli è successo? Avrebbero dovuto 1111 gli qualcosa? Sono da considerarsi suoi complici per non 1vergli mai detto nulla? La legge sugli stupefacenti è troppo n•wra, e lui una vittima? Oppure è tutta colpa della scelta , lw ha fatto, quella di trarre profitto dalla sofferenza delle 11e1,onc?" I ,. recensioni di La 25a ora andarono da un estremo al1111111 o. Mick LaSalle del San Francisco Chronicle lo definì u11 Iilm tliste e potente, i] primo grande film del Ventunesi"'" ,,•colo su un tema del Ventunesimo secolo", mentre R.il1111d Corliss lo licenziò con un "piuttosto letargico". I crili1111 ,diicrarono su due fronti opposti: quelli elettrizzati dal

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    peana di Lee a New York, e quelli convinti che si fosse limitato ad affrontare un tema già noto. Indubbiamente si tratta del film di Spike più accessibile dai tempi di Crook/yn. David Denby dichiarò dalle pagine del New Yorker: "Il film coglie alla perfezione il clima amareggiato, teso quasi oltre i limiti, della città dopo 1'11 settembre, e spero che la Disney trovi il mondo di portarlo aspro e brillante com'~ al grande pubblico che merita". L'augurio, e l'implicita lagnanza, venivano formulati perché La 25a ora venne distribuito il 22 dicembre 2002 in cinque sale, per potersi qualificare agli Oscar ed evitare le date assegnate a concorrenti del calibro di Gangs ofNew York e del sequel del Signore degli anelli. Ed Norton trovò la situazione molto frustrante e argomenta: "Nel complesso ritengo che la reazione della critica sia stata molto positiva, in quasi tutti casi. Ritenni solo un

    peccato che la Disney l'abbia fatto uscire nel momento sbagliato, anche se scelsero quella data animati dalle migliori intenzioni. Mike Eisner aveva detto ai suoi dipendenti: 'Voglio dei film da Oscar', in sostan:ca li aveva incaricati di trovare dei film da inserire in concorso. A Eisner il film era piaciuto moltissimo, e quindi credo si siano concentrati a tal punto per farlo uscire in tempo per poter partecipare agli Oscar da non aver pensato: 'Ok, è già dicembre inoltrato, i cavalli sono già ai cancelletti di partenza. Se entri in gara cosl tardi, i cinque favoriti in realtà sono già stati scelti. Non puoi prendere un piccolo film come questo, farlo uscire di soppiatto nell'ultima settimana di dicembre e pretendere che la cosa funzioni'. Credo sia stato un grosso etrore. Secondo mc avrebbero dovuto aspettare, magari presentarlo al Festival di Cannes, dove era molto più probabile che venisse

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    appn!zzato davvero, e farlo uscire in un periodo più tranquillo, magari in primavera. Posso dire che per nessun altro film al quale io abbia partecipato altrettanti membri della comunità del cinema siano venuti a dinni che è uno dei loro film

    prdcriti degli ultimi cinque anni. Sono certo che nell'amhlc.·nte sia stato molto apprezzato. Solo che la strategia di di111ribuzione è stata pessima, e questo è dawero un peccato". Un'altra spiegazione per l'incapacità del film di realizza1c più di tredici milioni di dollari sul suolo nazionale polrt'hbe trovarsi nel torpore del pubblico a fronte della fenonu.-nalc produttività del regista: persino alcuni dei suoi più Jt t ,·si sostenitori faticavano a tenere il passo. Jon Pierson ammc.•tte: "Devo confessarti una cosa dawero tremenda, tm ,. un segno di come gli anni e i film ci sfuggano di mano: lo non ho mai visto La 25a ora. Non ero in città quando è Ili< ho, e quando sono tornato per qualche motivo non sono "1111 1 luscilo a trovare il tempo di mettermi in pari. Per la ptlmu \'Olla nella mia vita mi sono trovato indietro di un

    hlm di Spike". Cllr ando l'America e l'Europa per promuovere il film , lplkrion ha pubblicato Fa' la cosa giusta in dvd chiunque avesse meno di trentacinque anni è corso subito a comprarsene una copia, perché è stato uno dei film decisivi della nostra vita. E lo stesso per Malcolm X. Ai miei occhi Spike è il Woody Allen della nostra generazione, ed è riconosciuto come tale. Se guardi la carriera di Scorsese, ti accorgi che quella di Spike segue una parabola molto simile. In questo momento si trova nel punto in cui si trovava Scorsese prima cli Goodfellas, riconosciuto da una generazione che è diventata adulta avendo lui per maestro, come uno dei grandi vir1uosi dello stile, una delle voci dawero originali, una delle persone capaci di affondare il coltello per analizzare le distorsioni peggiori della nostra generazione. Quello che Taxi Driver ha rappresentato per la generazione dopo il Vietnam, Fa' la cosa giusta e gli altri film di Spike lo hanno rappresentato per noi. Spike non avrà il riconoscimento che gli spetta fino a quando la generazione sulla quale ha avuto l'influenza più grande non avrà raggiunto socialmente la maggiore età". "Credo che la cosa più importante che Spike abbia fatto," dice Lisa Jones, "sia stata decidere di non voler essere solo un artista: ha voluto creare un patrimonio tramandabile all'interno di una particolare industria. Un obiettivo gigantesco, perché non si è limitato a fare un paio di film: ha realizzato un'opera. E non ha trovato soltanto un lavoro per sé: ha permesso a un'intera generazione di giovani di avere ac517

    cesso all'industria. Credo che questo sia stato il suo contributo più importante. Spike ha fatto da subito una scelta fondamentale, prendendo davvero posizione, perché si è detto: 'li traguardo non riguard a solo me: il traguardo i:; cambiare l'industria cinematografica". E la persona più vicina a Spike, la moglie Tonya, aggiunge: "Spike ha sempre voluto guadagnare dei soldi con i suoi film. Non penso che la sua vocazione fosse l'arte per l'arte, o che volesse essere semplicemente un artista che crea qualcosa per gettarla allo sbaraglio nel mondo. Spike ha trafficato e spintonato, adoperandosi perch